White Narcissus

di maiscia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Clorinda ***
Capitolo 2: *** Claudia ***
Capitolo 3: *** L'incontro ***
Capitolo 4: *** Esmeralda ***
Capitolo 5: *** Paure e biblioteche ***
Capitolo 6: *** Insoliti avvenimenti ***
Capitolo 7: *** L'angelo e treno dell'orrore ***



Capitolo 1
*** Clorinda ***


D’un tratto a Clorinda cadde il libro dalle mani: il cielo era ormai pieno di nuvole grigie ed i tuoni si facevano sempre più cupi. I lampi, invece, le accecarono per un attimo la vista facendola sobbalzare. – Oh, che sbadata!-esclamò Clorinda e riprendendo il libro caduto dal letto guardo l’orologio sul comodino: erano le 23:55. -Oh, è già così tardi?- si chiese la ragazza parlando ad alta voce. Quella stanza era a malapena illuminata dalla piccola lampada che Clorinda aveva posto sul suo comodino per poter leggere, il che spaventava ancora di più la ragazza; se avesse spento la lampada, la stanza sarebbe stata immersa completamente dal buio della notte.- Ma questo … stavolta … non è semplice buio … - mormorò Clorinda che, intanto, riprese a leggere. Deboli. Deboli miagolii sbucarono dal letto:erano quelli del suo gattino nero e bianco, che balzò sul letto e si avvicinò a lei per farsi coccolare.-Sai gattino,- incominciò a dire lei che, scostando le ciocche dei suoi capelli ricci dal viso, prese in braccio l’animaletto e iniziò ad accarezzarlo.- penso proprio che non torneranno stasera i miei genitori. Ma vedi, ho paura di restare qui da sola … – e rise, all’idea che lei fosse stata così folle da aspettarli fino a quell’ora, quando i genitori le avevano detto che sarebbero tornati l’indomani mattina. Se solo avesse saputo che non sarebbero più tornati … All’improvviso un fulmine squarciò il cielo e stavolta fu il gatto a sobbalzare. In fretta, quindi, si rifugiò sotto le coperte. Clorinda, stanca oramai, stava per coricarsi, ma sentì la porta d’ingresso spalancarsi violentemente.- S- sono loro? Oppure no?- e rabbrividì all’idea di chi ci fosse al piano terra.- Tesoro! Siamo tornati!- esclamò una voce femminile: era quella di sua madre.- Ah, siete tornati!- le rispose la ragazza uscendo dalla sua stanza e, percorrendo le lunghe scale, andò ad abbracciare la madre, appesantita da borse stracolme di regali.- Per me?- esitò per un attimo Clorinda guardando tutti quei pacchetti. –Ma certo che sì, tesoro.- le rispose il padre sbucando dalla cucina mentre posava altre borse delle quali il contenuto non s’intravedeva-“Sono andati a fare un viaggio, ed è ovvio che mi abbiano comprato dei regali”- pensò cercando di rilassarsi, ma qualcosa la turbava : non sembravano loro … e per un attimo le sembrarono estranei … - Bè, allora apriamoli!- esclamò la ragazza scacciando ogni dubbio dalla mente; cominciò a scartare il primo, curiosissima, ma aperto lo scatolo non ci trovò niente dentro. Delusione e domande si pose la ragazza mentre scartava altri regali : a mano a mano che proseguiva non trovava mai niente. –Ma sono tutti vuoti!- ribatté Clorinda rivolgendosi ai suoi genitori. D’un tratto loro sorrisero per rassicurarla.- A dire il vero, questo è il tuo vero regalo.- le rispose la madre che le diede in mano un libro tutto ricamato e ricamato era anche il titolo. Clorinda. – Al diavolo! Sono arrabbiata! Siete stranissimi oggi!- urlò Clorinda in preda all’agitazione. Ora aveva davvero paura ed era sicura di ciò. Come poteva non negarlo? – Eh, già … - mormorò ghignando la madre. – T- tu non sei mia madre!- balbettò Clorinda indietreggiando verso le scale. Improvvisamente gli occhi della donna si tinsero di rosso e le vene si ingrossarono su tutta la faccia. Un enorme ghigno si dipinse sul volto e si avvicinò alla ragazza lentamente. – “I miei genitori! Devo chiamare i miei genitori!”- urlò nella sua testa e buttando la donna a terra più forte che poteva corse nella stanza più vicina per prendere il telefono. Digitò i tasti frettolosamente ma non riusciva a comporre il numero : aveva le mani tremanti dalla paura. Finalmente poi avvicinò il telefono all’orecchio. Uno, due, tre squilli … e si accorse che provenivano dalla cucina. Clorinda si sporse cautamente dalla porta : non c’era traccia di quei due individui. -“Demoni, dovevano  essere demoni”- e col fiato fermo in gola si avvicinò alle buste che il “padre” aveva messo sulla tavola. Gli squilli provenivano da lì. Chiudendo gli occhi, Clorinda aprì una busta ma la fece cadere a terra per il troppo spavento. Quando aprì gli occhi emise un urlò tremendo : dalla busta erano uscite le teste di sua madre e di suo padre! E i loro volti mostrarono solo puro terrore! Urlando ancora e facendo cadere il telefono, la ragazza corse nella sua camera e chiuse la porta a chiave. Respirava a fatica e cercava di riprendersi, ma riusciva solo a piangere: quello che aveva visto oramai era impresso nella sua memoria e non riusciva togliersi  quelle orribili immagini dalla mente. Accasciata a terra il suo sguardo si posò sul libro che aveva tra le mani. – “ Perché c’è il mio nome?”- si chiese e alzandosi si sedette sul letto ancora tremante. Asciugandosi le lacrime, cominciò a sfogliare il libro e ne lesse qualche frase. Si stupì notando che erano tutti suoi pensieri quelli che c’erano scritti.- “Possibile che questo sia il mio libro?”- e volendone sapere di più andò all’ultima pagina. Qualcosa intanto si avvicinò alle sue spalle o forse qualcuno : non si riusciva a capire bene. – E io, dopo che lessi  la frase sulla mia morte, venni trafitta dalla falce del mietitore oramai impazzito, che mi trascinò sotto al letto mentre lasciavo dietro di me tracce di sangue. Ma che diavolo … - E le parole divennero realtà.                               

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Capitolo 2
*** Claudia ***


Erano le sei e mezza di mattina. Si sentivano dei rumori sommessi provenire dalla stanza di Claudia che, come al solito, si svegliava per godere di quella poca mezz’ora di pace che le era consentita. Silenzio. La ragazza sospirò all’idea di andare a scuola quella mattina. Sapeva che i suoi compagni non la gradivano molto. Cercò di scacciare quei pensieri negativi dalla mente: così avrebbe pianto un’altra volta e si sarebbe sentita male.- Adesso basta.- mormorò Claudia- Già comincia a farmi male la testa … - pian piano si stava riaddormentando, quando il telefonino appoggiato sulla scrivania squillò. Lei sobbalzò e scese giù dal letto per rispondere.- Pronto?- domandò la ragazza,- Oh, ciao Massimo.- Ciao fiorellino.- salutò in modo scherzoso lui – Hai parlato con Alessia, vero?- Si, non preoccuparti. Davanti al Liceo R. alle sette e mezza, lo so.-Perfetto!- Esclamò Massimo entusiasta,- Te ne prego Claudia, mi vuoi accompagnare?- Ma certo.-rispose lei- Ok, allora ci vediamo cinque minuti davanti al R. prima che Alessia venga, ciao. - non diede neanche il tempo alla ragazza di salutarlo, che lui già aveva riagganciato.- Probabilmente adesso sprizza gioia da tutti i pori- disse con voce malinconica.- E adesso? Non posso nemmeno dirgli quello che io provo per lui.- e una lacrima le scese dagli occhi azzurri, limpidi come il mare; un mare in cui avrebbe voluto affogare. Passò la mezz’ora e iniziarono a svegliarsi i suoi genitori: il padre andò in bagno, mentre la madre, ancora assonnata, andò in cucina a preparare la colazione. Il fratellino di Claudia poteva ancora concedersi un’altra mezz’ora di sonno. E’ ancora piccolo. – disse dolcemente Claudia passandogli vicino e accarezzandolo amorevolmente. Dopo che il papà fu uscito entrò intontita la figlia, portandosi i vestiti appresso. Si sciacquò la faccia, si vestì con un maglioncino azzurro chiaro e un jeans  . Dopodiché si mise le scarpe da ginnastica. Tutto rigorosamente blu. Poi incominciò a pettinarsi e a legarsi i lunghi capelli, legandoli con un fiocco anch’esso blu, che erano di un castano scuro. Si guardò infine allo specchio: tutti la consideravano una strana ragazza, con i suoi problemi e con i suoi strani modi che la tenevano alla larga dagli altri. In realtà aveva un animo dolce e gentile. Ma nessuno l’ avrebbe voluta come amica. Perfino i suoi genitori non le prestavano tante attenzioni … Ormai aveva 15 anni, si era già abituata al Liceo R., ed, al contrario di altri era piuttosto sola. Derivava forse dal fatto che parlava da sola e che diceva sempre cose strane. Aveva un solo amico. Massimo. L’aveva conosciuto quando aveva incominciato il primo superiore e da allora erano inseparabili. Massimo aveva così tante attenzioni per Claudia. E “fiorellino” era il suo soprannome datole da lui. Solo lui la poteva chiamare così. Ma ora le cose stavano cambiando. Massimo si stava allontanando sempre più dall’amica, il che questo era comprensibile.- Chi mai starebbe con una come me?- mormorò Claudia mentre usciva dalla porta d’ingresso di casa sua. Erano le sette e cinque. Avrebbe fatto colazione in un bar. Pioveva.- Speriamo almeno che scampi- mormorò e si allontanò al ritmo del suo mal di testa.
Rumori. Rumori confusi ma assordanti. In un angolo del bar Claudia sorseggiava un po’ di cioccolata calda. Era così buono berlo dato che in quel periodo faceva proprio freddo. Guardò il suo orologio: erano le sette e un quarto. Dopo aver anche assaggiato qualche biscotto al cocco, uscì di corsa per non bagnarsi ed anche per far presto all’appuntamento. Aveva i brividi ma sapeva perfettamente che non era il freddo ad agghiacciarla. Solo a sentir parlare di Alessia le si rivoltava lo stomaco.- Ma come avrà mai fatto ad innamorarsene Massimo? Mah, questo è l’amore!- pensò e per poco non lo disse ad alta voce. Il mal di testa le era aumentato ed anche la pioggia. Erano le sette e venti. Fortunatamente era già davanti all’ingresso della scuola altrimenti si sarebbe fatta una bella doccia. Si strinse il cappotto. Non lo vedeva. Non riusciva a vederlo.- Dov’ è Massimo?- si domandò preoccupata.- Ehi, lasciatemi!- urlò un ragazzo dall’altra parte dell’edificio.- Ma è … - non fece neanche in tempo a terminare la frase che corse a perdifiato dietro la scuola.-Oh no, oh no!- bisbigliò preoccupata. Svoltò a sinistra e lo vide: era Massimo. Ma come temeva non era solo. Erano i suoi compagni che lo trattenevano. – Claudia!- urlò il povero ragazzo che non riusciva a liberarsi dalla loro presa.- Tu non ti muoverai da qui finché quella stramba non si toglierà dai piedi. Perché continui a stare con lei e ad esserle suo amico?-disse uno dei tre che lo assalivano indicando Claudia.-Lasciatemi! Claudia ti prego non dar loro retta!-Ehi tu!-esclamò un altro ragazzo che, con fare accattivante, le si avvicinò- Lui potrà essere si simpatico, amico di tutti quanti noi, ma non lo tenere per  te!  - Ma …. Ma se siete voi che …..- Sta zitta!- e urlandole le diede uno schiaffo; talmente forte che era cadde a terra facendo cadere anche l’ombrello. –Come ti permetti di toccarla! Bastardo!- urlò Massimo in preda all’ira che, svincolandosi dalle braccia degli altri due gli tirò un pugno in faccia. Fece giusto i tempo a scappare insieme a Claudia e a rifugiarsi nella scuola. Entrarono nella loro aula, la 2 A che si trovava al piano terra.- E se ci sgridano?- domandò timorosa Claudia.- Non preoccuparti, l’importante è che li abbiamo seminati. Ma mi ha fatto arrabbiare il fatto che ti abbiano messo le mani addosso. Dapprima erano miei amici, ma da quando sono stati espulsi ne hanno combinato di tutti i tipi. Sei proprio fradicia, eh? Ti senti bene? Vuoi che chiamiamo i tuoi genitori?-domandò lui preoccupato.-Aspetta qui, vedo se c’è qualcuno che ha qualcosa per farti asciugare.- e dicendo questo si allontanò dall’aula. In quel momento Claudia incominciò a piangere. Era troppo, decisamente troppo orribile da sopportare. “ Il fatto che tutti i miei compagni di scuola mi considerino una emarginata, a tal punto da mettermi le mani addosso è insopportabile. Non ce la faccio più!”avrebbe voluto gridare ma era preferibile rimanere in silenzio. Altrimenti lui l’avrebbe sentita. Altrimenti l’avrebbe reso triste solo per uno sciocco pensiero.- Ehi! Guarda qui che fortuna!- urlò Massimo entrando in aula con un asciugamano in mano- C’era già il bidello e mi ha dato un asciugamano che aveva portato con sé per queste evenienze. Tieni!- e glielo porse alla ragazza.-Grazie- sussurrò lei, tanto che aveva paura che se ne sarebbe accorto. E infatti – Ti preoccupano ancora quei tre vero? Sta tranquilla e non pensare che questo mi possa causare dei problemi.- disse lui facendola sedere e asciugandole i capelli – Ma … non erano i tuoi amici? A questo punto penso proprio che dovresti lasciarmi per- ….- Claudia non riuscì neanche a terminare la frase che Massimo  le prese il volto fra le mani guardandola arrabbiato.- Ti ho già detto che erano i miei amici prima che ti avessero messo le mani addosso … anzi … dato che tutti si comportano in malo modo con te posso dire che sarai sempre  e solo tu la mia migliore amica. Parlandone penso proprio che mi basteresti solo tu per tutta la vita. – e dicendo questo avvicinò il suo viso al suo,deciso e chiaro su cosa voler  fare-Ehi, ma Alessia … - cominciò a dire Claudia per scappare da quella situazione.- Alessia? Ma lei che c’entra?- domandò confuso Massimo e allo stesso tempo incuriosito; i suoi occhi guardarono quelli di Claudia più intensamente e le sue labbra sfiorarono quelle della ragazza. Solo per un istante. Ma allontanò il viso immediatamente.- Lo sai che Alessia è solo una compagna della mia squadra di calcio, vero? Stamattina ero solo eccitato perché lei mi voleva vedere per farmi confermare l’iscrizione al torneo. Sai è il capitano della nostra squadra, ricordi? E poi … - continuò a dire Massimo con tutta tranquillità riavvicinandosi alle dolce e gentili labbra della ragazza- … e poi … – ma non riuscì a dire altro. Stava per premere le sue labbra su quelle di Claudia che mano a mano diventavano sempre più irresistibili agli occhi di Massimo … -Ehilà! Ecco dov’eri!- urlò a squarciagola Alessia entrando nell’aula dove c’erano Massimo e Claudia. Quest’ultima respinse il ragazzo distratto e indietreggiò vergognata.-Accidenti! Vi ho interrotto, vero?- esclamò Alessia aggiustandosi  i lunghi e fradici capelli biondi: a quanto pare, anche lei se l’era fatta di corsa sotto quella pioggia. Massimo la guardò torvo borbottando qualcosa, mentre lei prendeva un modulo dallo zaino. Dopodiché glielo porse. –Compilalo e ridammelo entro domani, intesi? –gli disse Alessia severamente -Voglio che tu giochi al torneo di quest’anno: gli avversari sono di quel liceo rivoltante di cui ti ho parlato: bleah!- Già- confermò Massimo riguardandola torvo. Le fece un sorriso tirato prima di parlare. – Nient’altro da dirmi?- chiese lui mettendo il foglio nello zaino: dopo quello che era successo era sporco di fango. – Bè, un’ altra cosa ci sarebbe da dire o piuttosto da informarvi. – gli rispose contraccambiando il sorriso. Ma subito si rabbuiò in volto. Sia Massimo che Claudia se ne accorsero e si chiesero il perché. Quest’ultima, intanto, stava disegnando e si bloccò per sentire. – La … conoscete una ragazza che si chiama Clorinda di 2C? – cominciò a dire Alessia toccandosi nervosamente le ciocche dei capelli.- Si, la conosciamo. – le rispose Massimo – E allora?- chiese lui insistente. – E’ da una settimana che chiedo sue notizie, dato che è da una settimana  che non la vedo... - disse lei chinando la testa per nascondere le lacrime che scesero senza sosta sul suo volto pallido e tremante. Solo dopo qualche istante Massimo incominciò a capire, ma non disse nulla per far parlare all’amica. – Solo ieri ho saputo che è scomparsa.- e a quel punto cadde su una sedia singhiozzando. Clorinda, era stata una sua amica, ma in quel periodo avevano litigato. Il fatto è che Clorinda raccontava sempre storie su demoni e angeli della morte talmente rivoltanti per la ragazza che non ne poté più e finì col litigarci. Non riusciva infatti a credere che l’amica fosse così fanatica di queste fantasticherie fino a quel punto.  E continuava a non crederci anche dopo appresa la notizia della sua scomparsa. – E’ ridicola questa storia.- borbottò Alessia prendendo un fazzoletto e soffiandosi rumorosamente il naso. Gli occhi erano arrossati per il troppo pianto e Massimo la stava consolando tra le sue braccia. Claudia, invece, la guardava con un misto di tristezza e curiosità. Clorinda. Chi mai le ricordava? E un lampo di ricordo le attraversò la mente, ma lo rimise dentro cercando di non pensarci. – E’ ridicola, non è vero? – ripeté lei strofinandosi il viso per asciugarsi le lacrime.- Non esistono i demoni, né gli angeli della morte! – urlò lei alzandosi di scatto e facendo cadere Massimo a terra. I passi della ragazza, intanto, si fecero sempre più lontani. – Ehi, aspetta!- gridò Massimo alzandosi in piedi e uscendo dall’aula. – Claudia torno subito.- le disse Massimo cominciando a correre nel corridoio fino a che i passi rimbombanti non si persero nel silenzio. Silenzio. Stava ancora piovendo e Claudia stava ridefinendo un disegno di vitale importanza. O almeno per lei.- Ti sbagli … ti sbagli di grosso … - mormorò lei posando la matita sul banco e guardando il disegno: lì stava piovendo e una ragazza vestita di stracci la fissava. Era una dannata e ghignava mostrandole i denti marci e putridi. Fece una smorfia di disgusto e ripose il disegno nello zaino. – I demoni e gli angeli della morte …. Esistono eccome.-

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Capitolo 3
*** L'incontro ***


Il silenzio di quell’aula era soffocante, tanto che Claudia, seppur abituata com’era a stare da sola, non riusciva a sopportarlo. Il fatto è che Massimo non era più tornato. Non sapendo cosa fare, Claudia uscì dall’aula: l’orologio posto sulla candida parete affianco all’aula segnava le 07:55; altri suoi compagni, fra poco, sarebbero entrati. Sempre se poteva definirli suoi compagni.  Ma dato che non arrivava ancora nessuno, la ragazza incominciò a gironzolare per i corridoi illuminati dalla luce bianca e accecante dei neon. Intanto aveva ricominciato a piovere, questa volta più forte e con un temporale in arrivo. Non vedeva ancora nessuno e Claudia incominciava a preoccuparsi: in poche parole non c’era anima viva! –Massimo? … C’è qualcuno? … -disse alzando la voce ma questa si perse tra le mura della scuola. Poi sentì dei passi. Passi lenti ma concisi. -C’è qualcuno?- ripeté Claudia rabbrividendo. Stava per svoltare per salire le scale, quando si imbatté in una ragazza. Claudia sobbalzò vedendola. Era Clorinda. Era morta per una fine orrenda. -C … ciao – sbiascicò Claudia cercando di nascondere il suo stupore. Il suo mal di testa riprese a tormentarla. -Ciao Claudia- le rispose Clorinda tranquilla come non mai. Era decisamente troppo tranquilla.                                                       –Così sei tornata.- fece Claudia cercando di evadere da quel silenzio. Era tutto così strano.                       –Si, ho avuto un contrattempo.- Ah, è così … --Già. Nonostante quello che mi sia successo sono ancora qui, purtroppo.-                                                                   -Così allora tu … - bisbigliò Claudia sbalordita che non riusciva a credere alle sue parole. Sentiva strani rumori in lontananza. Rumori di catene …   -Ascoltami, per favore – la supplicò Clorinda che parlò con voce rotta. Era come se si fosse trattenuta fino ad ora con quella calma.–E’ lei che mi obbliga a restare qui. Io … - ma prima che potesse concludere la frase un fascio di catene la prese per le gambe e la trascinò giù per le scale.  –Aiutami, ti prego!!!- le urlò piangendo più forte che poté mentre si dimenava, ma non riusciva a liberarsi. Era solo uno spirito e quelle catene erano troppo massicce per liberarsene. Ma non l’avrebbe condotta subito all’Inferno. Claudia, intanto, rimaneva lì in piedi atterrita e con gli occhi spalancati dal terrore. Non riusciva a gridare né a muoversi. Era completamente paralizzata dalla paura. Poi quando non la vide più ci fu silenzio. Ma fu breve, perché un urlo straziante squarciò l’aria e arrivò immediatamente alle orecchie di Claudia. E a quel punto scappò. Non riusciva a gridare, né a chiedere aiuto, era come se la gola si fosse chiusa all’improvviso e la stesse soffocando. Il mal di testa la martellava continuamente  così come il cuore che le batteva all’impazzata. D’un tratto si sentì male: le girava troppo la testa, ma non per questo rallentò. Voleva dimenticare tutto, ma era impossibile: come non credere a ciò che si era visto? Come non credere che quella dannata c’è l’aveva con lei? Perché c’è l’aveva con lei? E poi quel’urlo. Quell’urlo straziante, che le lacerò le orecchie. Come se qualcuno avesse squartato all’istante una persona senza pietà. E Claudia sapeva chi era quella persona. Allora si girò di scatto e si ritrovò a sbattere contro qualcuno. Spaventata urlò ma fu solo un debole rantolo: era troppo affannata per gridare. Solo dopo poi si accorse che era Massimo. – Ehi, calmati. Sono io. – le disse cercando di calmarla. Era praticamente fradicio. Doveva  aver seguito Alessia per la via. -Allora …. sei …. riuscito …. a …. trovare Alessia? -Ehm … si …. Ecco … ti faccio le mie scuse … -biascicò lui rattristandosi.–Tu sei venuta qui tutta da sola e non ti arrabbi nemmeno.-Di che stai parlando? Ti ho visto dall’altro lato della scuola che...  -Cosa? Ma se non sono potuto venire perché ho avuto un contrattempo … e dato che sei  una di buona fede ho cercato di venire il più presto possibile.-Vuoi dire che tu stamattina eri … a casa?-Esatto, ma perché dici che mi hai visto dietro la scuola se … fiorellino, ti senti bene?-  Il suo volto si era tramutato in una maschera di orrore, mentre le veniva un tic all’occhio. –“Ancora una volta quella dannata …. Mi ha presa in giro …. E tutto perché sono sola e ho paura di tutto ciò che mi mette in difficoltà.” -Fiorellino, riprenditi!- la scosse Massimo vedendo che non proferiva parola.–“Forza, riprenditi! Stupida, riprendi il controllo di te stessa!”- urlò Claudia dentro di sé cercando di risalire dall’oblio in cui era caduta. Ogni giorno, purtroppo, era sempre più difficile risalirne. Scuotendosi, allora, scoppiò a ridere. Dopotutto fa bene ridere, no?-Claudia … - mormorò Massimo guardandola in modo pietoso.  Continuò comunque a ridere, poi però si calmò. –Mi sa che ora sto perdendo la vista! Sono proprio invecchiata!- esclamò lei sorridendo.Ma lui non sorrideva. – E dai! Scherzavo! Sai come sono fatta, no?-Claudia … - ma prima che potesse aggiungere altro, il rumore fastidioso della campanella li fece trasalire. E immediatamente, come se fosse stata un azione programmata, i corridoi e le aule si riempirono di ragazzi, chi ancora assonnati, chi svegli nonostante il tempo non promettesse un ottobre sereno.–Ok, mi hai convinto!- esclamò allora Massimo, senza troppa convinzione e, entrando nell’aula, Claudia si preparò ad affrontare cinque lunghe ore di attesa e di speranza.                                                                                 
-“Quello sfioramento di labbra, quelle sue mani calde che mi accarezzavano li viso  erano solo … un illusione?”-pensò Claudia cercando di rimettere in ordine tutte le vicende che si erano svolte quella mattina. Mordicchiava intanto la penna guardando con indifferenza le espressioni con i prodotti notevoli da svolgere. Anche se avevano due ore a disposizione, sarebbe riuscita in cinque minuti a risolverle tutte. Non per questo era la miglior alunna della classe in matematica. –“Sarà un po’ complicato, ma devo chiedere ad Alessia di questo fatto. E’ impossibile che io sia caduta in trans o che mi sia addormentata! Un momento … potrebbe essere che … quello che è successo sia successo veramente, ma che Massimo non era veramente Massimo … si, questa tesi potrebbe stare benissimo in piedi … - e stava realizzando un presumibile colpevole di ciò. Poi sentì qualcosa sfiorarle i capelli. Qualcosa di blu e di leggero …  -“Il mio nastro blu! Già, me ne ero dimenticata! Ma allora chi ..”- e girandosi un foglio accartocciato la colpì. Prendendolo al volo lo aprì e lo lesse cercando di non farsi notare dal professore.–“Era dietro la scuola. Dato che sei  l’unica della scuola che si lega i capelli con un fiocco … Però adesso dammi il foglio in brutta. E non me ne frega se ti becca il professore”-Prima che Claudia potesse girarsi per “restituirgli” il foglio in faccia, lo girò scrivendo la risposta e con un rapido gesto lo lanciò all’indietro. Tirò un sospiro di sollievo sentendo che lo stava srotolando, ma in ogni caso la irritava dover sempre aiutare il suo compagno di classe, che l’aveva cominciata a prendere di mira dall’inizio dell’anno scolastico. Era il bullo della classe, quindi figuriamoci … -“Non ho ancora finito. La vuoi smettere di perseguitarmi? Grazie per il fiocco.”-“Non ci penso neanche!”- le rispose il ragazzo rilanciando il foglio. Sghignazzava, intanto che prendeva in giro la povera ragazza.–“Tanto non ti do il foglio, anche se dovessi farmela pagare”. Quella frase buttata giù dall’esasperazione non ebbe i risultati desiderati.–“Bene, allora dopo la scuola tieniti pronta”- le rispose lui e stavolta Claudia non gli rispose più. Si limitò solo a mettere il foglio in tasca e a dedicarsi ai calcoli. Per la paura, ne sbaglio in almeno cinque. Dopo mezz’ora sospirò e guardando di sottecchi il professore si piegò all’indietro per dare il foglio al ragazzo. Come risposta le strappò il foglio da mano e la fece cadere dalla sedia.–Ehi  cosa succede?- chiese il professore alzando la testa da quell’ammasso di fogli che aveva da compilare. Intanto ci fu una risata generale da parte dei compagni. –Mi scusi professore, ma questa ragazza stava copiando da me. E insisteva anche minacciandomi.- rispose il ragazzo indicandola.  Poi sorrise, soddisfatto della sua vendetta. Claudia lo guardò incredula. –“Oh, no! Mi sento così male all’improvviso!”- e soffocando la voce si rialzò e si sedette come se nulla fosse successo. –Claudia, è vero quello che ha detto?-No, io … -Si che è vero!- controbatte una sua compagna. Dopo di lei, seguirono anche altri, sempre più insistenti. –Aspettate! Io non … - ribatté Claudia, ma la voce le morì in gola. Era troppo imbarazzata per parlare.  –Claudia, consegnami il tuo foglio.-    -Ma … -  -Per favore, hai già creato troppi problemi. – disse con fermezza l’insegnante mentre la ragazza le consegnava il foglio uscendo dall’ aula.  –Accidenti! – si lamentò una ragazza bisbigliando a un altro compagno.–Ora che quella lì se ne andata, come facciamo a copiare adesso?- - Non preoccuparti- le rispose l’altro con cautela.-Ho visto che dava la brutta copia a Carlo, quindi … - -Se pensi che ti darò il foglio te lo puoi scordare.- ribatté il ragazzo da dietro sogghignando.– E dai! Chissà quante volte abbiamo usato questo metodo per avere bei voti in matematica.- lo spronò la ragazza girandosi. –No. Voi non fate altro che copiare da lei … - Entrambi i ragazzi alzarono un sopracciglio. –Parli proprio tu … - risposero i due rigirandosi in avanti. –Finito – esclamò Carlo alzandosi e andando a consegnare il compito.  -“Scommetto che quell’ idiota sta piangendo adesso. Chissà come ci è rimasta male: per giunta questo è il secondo compito che le faccio ritirare!”- e aprendo la porta per uscire fuori, fremeva dal vedere la sua faccia. Ma non trovò nessuno appena varcò la soglia. –Ma dove è finita?- e percorse i corridoi nella speranza di trovarla. –Può essere andata in bagno ... – e con un sorriso malefico sulle labbra si precipitò sulla soglia aspettandola. Uno, due minuti. Un quarto d’ora. Mezz’ora. Carlo cominciava ad innervosirsi , quando la vide uscire dal bagno. Singhiozzava ancora.- Ehi tu!-la chiamò il ragazzo afferrandola per un braccio. Aveva lo sguardo abbassato. – Che c’è ti ho fatto piangere?- la prese in giro lui.-Non è questo il punto … Dante … - mormorò Claudia scappando via. –Aspetta, razza di …! – e la rincorse, ma non la trovò più. Era scomparsa tra la folla che si stava accumulando vicino alla sua aula. Il tempo era come velocizzato. –“Come faceva a sapere … che … il mio altro nome è … Dante … ?”- rifletté per un po’, ma non trovò risposta. Il tempo riprese a scorrere. Il suono della campanella lo destò. – Che ficcanaso!-riuscì solo a dire dirigendosi in sala mensa.

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Capitolo 4
*** Esmeralda ***


-Dannazione!-borbottò Massimo ingurgitando sia il purè che la lattina d’aranciata. L’aveva detto almeno cinque volte.-Ehi, così affogherai- lo calmò Alessia intenta a spiluccare la sua insalata mista. Solo Claudia non aveva toccato niente. Dopotutto quello  che era successo aveva perso l’appetito. –Non mangi?-le chiese Alessia offrendogli l’insalata. Massimo calmatosi con la bocca piena le offrì anche il suo pasto.-No, grazie- si limitò a dire la ragazza mettendo la testa sul tavolo. – Dai, vedrai che a quel presuntuoso gliela farà pagare Massimo, vero?- Il ragazzo ingoiando il boccone e finendo di tracannare l’aranciata poté finalmente parlare.-Ci puoi giurare.- confermò senza aggiungere altro. Si vedeva chiaramente la collera riempire quei meravigliosi occhi smeraldo che aveva. Se solo Claudia ci si fosse persa dentro ne sarebbe stata felice. –Ok … adesso date un occhiata a questo.- continuò  Alessia tirando fuori dallo zaino una serie di giornali. C’erano molti interviste cerchiate in rosso da lei. I due ragazzi si scambiarono un occhiata interrogativa. –Sapete, in queste ultime settimane succedono delle cose alquanto … strane.-                                               -In che senso?- chiese Massimo incuriosendosi. –Vedete queste interviste cerchiate in rosso?Bè, Ci sono testimonianze di straordinari miracoli.-E allora?-Come allora? Uomo di 35 anni che viene gettato da un palazzo alto dieci piani. Praticamente fatto a frittella dopo quella caduta … - E quindi?- E’ ancora vivo! Andiamo, quel poveretto è in ospedale che urla come un forsennato con il corpo spezzato ed è ancora vivo. Lo trovi normale?- Bè … Sì, è stato fortunato- Scommetto che c’è qualcosa sotto, invece- ribatté Alessia mentre i suoi occhi celesti luccicavano dall’eccitazione.              –Anche io so di questi strani avvenimenti. Una  95 enne è stata presa a coltellate al cuore da un ladro entrato in casa sua. Il ladro era talmente sconvolto di trovarla ancora viva che senza accorgersene si è fatto arrestare.- aggiunse Claudia rialzando la testa.-Wow … - mormorarono gli altri due.- Ok, questo è davvero un miracolo.- disse il ragazzo spalancando gli occhi. –I medici non trovano risposte a tutto ciò. E’ come se le loro anime non riuscissero più ad uscire dal corpo.- rifletté Alessia rimettendo a posto i giornali.-Oppure un angelo della morte è fuori servizio.- scherzò Massimo e si ritrovò quindi uno schiaffo dato da  Alessia.-Ehi, ma che ho detto?!- esclamò lui massaggiandosi la guancia.-Non torniamo sull’argomento.- borbottò Alessia alzandosi e allontanandosi dalla mensa.- Ma sai qualcosa Claudia?-domandò Massimo dopo un breve silenzio.-Non ne ho idea. - mentì Claudia ritornando con la faccia sul tavolo. A quanto pare ora sapeva che quello che era successo stamattina non era un illusione. –“Ma allora è stata lei?”- Claudia, ascoltami … so che in questi giorni non sono stato  molto presente e per  questo ti chiedo scusa- si rivolse a lei sedendosi più vicino. Claudia allora sorrise. Ma era come se le stavano gettando dell’olio bollente in faccia.-Non preoccuparti, in fondo hai i tuoi amici che ti cercano … - E tu quelli li definiresti amici?Ho chiesto chissà quante volte di invitare anche te, ma o facevano finta di niente o mi ignoravano. Li odio. - e batté un pugno sul tavolo. Claudia sorrise ancora. All’olio bollente si aggiunsero anche una miriade di chiodi che le entravano nella carne. Così male faceva che era sul punto di piangere, ancora una volta. – E allora?-Come “e allora?”! Non solo loro ma anche tutti gli altri!- non si accorgeva intanto di alzare la voce. Ma ormai il quarto d’ora era passato e non c’era  rimasto quasi nessuno nella sala. - Va tutto bene davvero … - ma un abbraccio la paralizzò senza aggiungere altro. La sua maschera si spezzò e delle lacrime le scorrevano in viso. Non ce l’aveva fatta.-“Che buon profumo … sono i suoi capelli … i suoi bei capelli neri ondulati … e il suo corpo … così caldo … mi fa stare bene … No, che sto facendo?!”- Massimo aspetta!- esclamò Claudia staccandosi dal ragazzo che, deluso, tenne lo sguardo abbassato.-Scusami … va bene hai vinto, ma non gliela farò passare liscia a quel bastardo, te lo prometto!- promise lui prendendola per le mani e guardandola negli occhi.-“E’ così pieno di  felicità … ma come posso stare accanto a un ragazzo amante della vita mentre io mi dispero e mi consumo sempre più?”- I disegni.-Cosa?-Me lo avevi promesso. Voglio vederli- .Confusa ma felice perché se ne era ricordato, Claudia tirò dallo zaino una cartella blu strapiena di fogli. Almeno nel campo da disegno era brava. –Sono grandiosi!-esclamò Massimo esaminandoli ad uno a uno. Anche se erano sempre in bianco in nero riusciva sempre a caratterizzare i suoi schizzi dandogli una sensazione di colore.-Sai, conosco un ragazzo che è davvero bravo a disegnare. Forse potrebbe farti iscrivere nel suo club se gli presenti questi. Sai, non sto dicendo per scherzo, ho un po’ di esperienza per questo genere di cose.-e sorridendo li rimise a posto nella cartella.-Fiorellino, cosa vogliamo fare ora?- Non saprei … se non sbaglio oggi abbiamo due ore libere … - E siamo scoperti.-aggiunse lui alzandosi.-Puoi aspettarmi un attimo qui, fiorellino?Devo chiedere una cosa, torno subito!- e si allontanò dalla ragazza di corsa. Imbarazzatissima, Claudia emise un profondo sospiro.-C’è mancato davvero poco. Se avesse parlato ancora, l’avrei baciato sulle labbra e sarei nei guai a quest’ora!- e mettendosi un mano sul cuore le vennero in mente molti pensieri felici. Pensieri che avevano ovviamente come protagonista il ragazzo. Era felice, ma non durò per molto. Ora si doveva solo concentrare su due cose: scoprire chi era quella dannata e riuscire a liberare Clorinda. Silenzio. Era incredibile che se rimaneva da sola anche solo per un attimo, la paura riuscisse a entrare dentro di lei. Era un emozione che Claudia provava spesso e per placarla bastava solo pensare al suo amico. Ma era difficile. Dopo un po’ Massimo ritornò. Il tempo riprese di nuovo a scorrere veloce, scivolava tra le dita ed era quasi impossibile fermarlo. Claudia e Massimo passarono l’ora in biblioteca divertendosi fra tante letture che incontravano e che sfamavano la loro curiosità. Le preferite di Massimo erano i racconti d’avventura. Per Claudia i racconti d’orrore. –Ehi, perché ti piacciono tanto i racconti d’orrore?-chiese all’improvviso Massimo, non staccandosi dalla lettura. Claudia alzò lo sguardo da quello che doveva essere uno dei racconti di Edgar Allan Poe. Ci rifletté un attimo con sguardo pensieroso e di sfuggita crucciato. –Non ti va di … - domandò cautamente Massimo.-Ma no, no … -si riscosse lei riprendendo a leggere.-Sai, può essere utile …. –Ci credi veramente?-Quella domanda la spiazzò.-Non si sa mai.- mormorò Claudia. Alle 14:00, cioè quando Claudia uscì da scuola, diede un occhiata intorno per scorgere Carlo in caso le facesse un agguato. Ma non lo vide o almeno una gran onda di ragazzi entusiasti di essere usciti da quella prigione la confondeva. Quindi se ne approfittò per evitarlo; non poteva di certo incontrarlo per subire altre sue ingiurie. Ritornò a casa mentre evitava con piccoli balzi le pozzanghere. A lei piaceva la pioggia. Era come se il cielo comprendesse quello che le stava accadendo e piangesse assieme a lei. –Sono tornata!- esclamò ad alta voce la ragazza pulendosi le scarpe sul tappetino rosso posto all’entrata della sua casa. Almeno non viveva in un appartamento.-Bentornata tesoro!- le rispose la madre dalla cucina.-Allora, come è andata?- le chiese intanto che le metteva in piatto in tavola. Ci pensò per un attimo prima di rispondere.-“Cosa  mi posso inventare, stavolta?”-Ah, niente di che. Il solito.- disse distrattamente mentre infilava in bocca gli spaghetti al pomodoro.- Ok. Ora devo andare a lavoro. Il resto del pranzo lo lascio sul tavolo. E stai attento a Paolo.- e Claudia la vide infilarsi il suo giubbotto nero con alcune ciocche dei suoi capelli biondi che le coprivano il viso. Aveva degli splendidi occhi celesti. Completamente diversa dalla figlia.-A stasera tesoro.- la salutò dandole un bacio sulla fronte. Poi solo un rumore di passi e la porta che si apriva e si chiudeva.-Santo cielo … - mormorò Claudia sospirando e continuando a mangiare. Passò dopo al secondo, alla frutta e a un dolcetto al cioccolato che era rimasto. Si diresse poi su per le scale per dare uno sguardo al suo adorato fratellino. –Eccoti qui.-sussurrò la ragazza mentre lo prendeva  in braccio dalla sua culla.-Il mio adorato Paolo.- e se lo cullò per un po’ tra le braccia. Era confortante sapere che almeno il suo fratellino riuscisse a calmarla.-Sei come un angelo caduto dal cielo. Tu poveretto, sei inciampato da sopra quelle nuvole, puro e innocente … - continuò a dire facendosi inevitabilmente salire altre lacrime agli occhi. Questa volta fu un pianto leggero. –Siamo davvero due gocce d’acqua.- disse guardandolo intensamente nei suoi stessi occhi azzurri.-Noi due sappiamo intenderci, vero?- e baciandolo sulla morbida guancia, lo ripose nella culla. Aveva solo sei mesi. Claudia passò poi il resto del tempo a fare i compiti e a disegnare. Forse ci avrebbe pensato su quello che le aveva menzionato Massimo … ma non era proprio il momento; aveva molte questioni da risolvere e non poteva evitarle in nessun modo. Si addormentò la sera con la speranza e la paura nel cuore.
L’ oscurità di quella notte era davvero inquietante, tanto che Claudia aveva timore di entrare nell’ospedale fuori città, dove lei stessa si trovava in quel momento; ma glielo aveva promesso e non poteva permettersi di tornare indietro. Dopotutto era la sua migliore amica. Il suo nome era Esmeralda - Angelica. Alcuni la chiamavano Esmeralda. Altri Angelica. Per Claudia non era tanto importante questo:l’importante era starle vicino il più possibile. Esmeralda adorava in un certo senso Claudia, sebbene fosse più grande di almeno 4 anni;la considerava come la sua sorellina. L’ascoltava, la seguiva, l’aiutava. Era disposta a tutto pur di rimanerle vicino, persino di rischiare la vita … Per questo Claudia si trovava lì, con gli occhi ancora umidi, sia per via della pioggia, sia per il leggero pianto, per confortarla. Purtroppo anche quel giorno non sarebbe stato possibile vederla. Già da una settima si recava lì speranzosa, ma sempre ricacciata. Qualcosa doveva essere successo. E lei voleva saperlo. Così, prendendo quel poco coraggio che le rimaneva, entrò dall’ingresso principale. Si mostrava alquanto silenziosa la segreteria, sebbene quello fosse orario di visite. Sebbene quell’ospedale doveva essere pieno di gente. Ma non c’era nessuno. S’ incamminò perciò nel corridoio, sorvolando alcuni dettagli inutili, come alcuni annunci infissi sulle pareti e alcuni orari di visite. Dov’erano andati a finiti tutti e perché? Dov’era Esmeralda? Bussando poi alle porte e aprendole ad una a una, uno stato di ansia comincia impossessarsi di lei.-Calmati … calmati!- mormorò la ragazzina a stretti denti.-Adesso basta! Dobbiamo ucciderla! Altrimenti sarà lei a uccidere noi!-urlò all’improvviso una voce di un uomo dal 1° piano. Claudia , che si trovava nei pressi delle scale, salì sopra e, senza fasi vedere, ascoltò dietro a una parete la conversazione. –E’ troppo tardi!- gli rispose poi una donna. Erano i  medici dell’ospedale che erano riuniti lì. - Ascoltate!- e tutti tacquero. Un suono melodioso di un violino attraversò l’aria. All’inizio era allegro, come in festa, ma subito dopo piombò in una melodia triste, misteriosa e cupa. – Tappatevi tutti le orecchie!- ordinò la donna chiudendo gli occhi. Gli altri fecero lo stesso. Solo Claudia rimase ad ascoltare. Aveva solo dieci anni. Non poteva comprendere quello che stava succedendo. Per questo, la melodia l’attirò a sé, uscendo allo scoperto e andando nella sua direzione. I medici che non vedendo né sentendo non si mossero da lì.-Chi sei? Esmeralda?- chiese Claudia. Non avendo coscienza di sé, la domanda le sorse spontanea: perché le venne in mente la sua amica che suonava il violino. Poi urla e rumori di catene accompagnarono la sinfonia d’orrore, mentre un rivolo di sangue raggiungeva i piedi della ragazzina. Incosciente di ciò, restava in piedi; poi il silenzio più assoluto. Claudia si destò con sua meraviglia: cos’era successo? Si voleva voltare, però rimase immobile: forse non avrebbe dovuto farlo. Guardò a terra ed emise un grido soffocato.-“Non muoverti! Sta calma! Prega per Dio, ti aiuterà.”- ed ansimando pesantemente si voltò di scattò: vide solo una scia di sangue dirigersi da dove si era girata. Fece per scappare e un suono gutturale la bloccò. Chi diavolo era?-“No. Non può essere … “- penso lei piangendo e lamentandosi.-Sei venuta a trovarmi?- domandò una voce dolce e femminile. Un paio di braccia fredde e sporche di sangue l’abbracciarono. –Girati, Claudia. E’ da una settimana che non ti vedo.- le sussurrò con voce gentile la ragazza.-Sei stata tu a ucciderli?- chiese la ragazzina impaurita e con voce tremante.-Non è colpa mia. E’ colpa loro. Gliel’avevo detto di non disturbarmi. Ma hanno insistito. E insistito. E poi non ti hanno permesso di vedermi. Mi hanno chiusa in quella stanza, sai?- e rimanendo dietro di lei la girò e indicò con un dito la porta situata in fondo al corridoio. Il braccio era praticamente ossuto e le unghie le erano cresciute parecchio. -E’ stata sigillata per bene, ma come vedi non ha funzionato. Sai che farei qualsiasi cosa per te. - e stringendola a sé la cullò tra le braccia. Claudia non poteva muoversi per paura di essere uccisa  come gli altri.- Perché sussurri? E perché sei magra e così pallida?- Bè, non mi davano da mangiare e poi non  mi faceva bene tutta quella umidità- Allora perché puzzi come carne in putrefazione?-Scoprilo tu stessa.- e voltandola la baciò con la lingua. I suoi occhi guardavano con terrore il viso degradato con due occhi neri che la fissavano cupamente. Stava per vomitare.                                                                                                   –Oh no!- urlò Claudia correndo in bagno a vomitare. Era come se avesse bevuto acqua di fogna. Ma era solo un sogno. Mentre si sciacquava la bocca sentì il suo fratellino piangere. Di solito Paolo era tranquillo di notte.-Calmati Paolo, calmati.- disse la ragazza correndo nella sua cameretta e prendendolo in braccio. –Va tutto bene … -mormorò la ragazza calmandolo e riaddormentandolo. –Cosa succede?- chiese la madre dalla camera di fianco. A quanto pare non aveva capito niente, come al solito.- Non preoccuparti, non è niente.- le rispose guardando l’orologio a forma di stella nel corridoio: erano le 5:30 di mattina. –Santo cielo. Cosa farò adesso?- si chiese ad alta voce tornando a letto, anche se, sicuramente, piuttosto che rivedere Esmeralda, non avrebbe chiuso occhio.

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Capitolo 5
*** Paure e biblioteche ***


-Non hai  dormito bene, vero?- la voce di Massimo, sempre calda e gentile, destò per qualche secondo Claudia dalla sua sonnolenza, prima che riportasse la testa sul banco. –Dai, non dormire.- protestò il ragazzo dolcemente. –Ancora cinque minuti … - non si voleva proprio svegliare. O almeno glielo faceva credere in modo da farlo andare via.               –“ … dopotutto deve andare ad allenarsi … ha il permesso … “- pensieri confusi attraversarono la mente di Claudia che, aprendo un occhio e poi un altro, notò con sollievo che il ragazzo se n’era andato.- Meno male … si è arreso finalmente.- si tranquillizzò sedendosi normalmente e massaggiandosi la testa. Aveva ancora quella sensazione di disgusto tra le labbra mentre intanto le sfiorava leggermente.-“E pensare che dapprima era dolce e gentile … ”- poi si sentì arrivare un altro conato di vomito, tanto da farla alzare per dirigersi in bagno.- Ma guarda chi abbiamo qui.- parlò Carlo con voce divertita sbarrandole la strada.-“Forse era meglio che me ne stessi a casa”- si lamentò Claudia che a quel punto fece per tornare indietro, ma lui l’afferrò per un braccio trascinandola fuori dall’aula.-Dimmi come hai fatto!- le urlò il ragazzo lasciando la presa e facendola indietreggiare fino al muro.-A fare che cosa?-Il mio nome! Come fai a saperlo?- era infuriato ma neanche Claudia sapeva il perché.-Ah … non saprei … mi è uscito dalla bocca istintivamente … ma non lo sapevo … - rispose lei confusa. –Ah, è così?- disse lui tirandole i capelli.- Ahia! – Non ti credo. E poi non sai nemmeno reagire ai miei insulti. Non ti vergogni? O sei solo una fifona? Scommetto che i tuoi genitori non si accorgono mai di nulla, vero?- oramai ci stava prendendo gusto a stuzzicarla a quel modo. – E a te cosa importa? Cosa ti importa se io sono fifona o meno o se i miei genitori si preoccupano per me? Lasciami perdere: non ne vale la pena.-e reclinando lo sguardo cadde in silenzio.-Perché dici questo?-le chiese Carlo lasciando la presa.- E’ inutile quanto io ci provi: tutto questo non me lo merito, nemmeno essere guardata in faccia … - sembrava sul punto piangere. A quel punto anche Carlo non sembrava intenzionato a continuare.- … Tu … -Ma dove sarà finito?- la voce proveniva chiaramente da un altro bullo che passava da quelle parti. Di sicuro stava cercando Carlo.-Io mi nascondo, tu non dire nulla!-Ehi, ma che … ?!- e, senza aggiungere altro, Carlo si nascose in un’aula vicino alla sua.- Ehi, stramba!- le urlò il ragazzo avvicinandosi: era molto alto come Carlo, solo più robusto.-Dimmi dove si trova.-Chi?-chiese lei con aria interrogativa.- Carlo, naturalmente! Se non me lo dici me la pagherai!- il suo tono era abbastanza autoritario e pauroso, tanto che Claudia cadde nella tentazione di dirgli dov’era. Ma in fondo … -Non lo so dov’è.-E allora prima con chi diavolo parlavi?-Da sola. Mi ci sono talmente abituata che non ne posso fare a meno.- e mostrando aria indifferente fece per andarsene.-Un momento! Come posso fidarmi di una stramba come te?-ci volle qualche secondo prima che Claudia rispondesse.- Nessuno si azzarderebbe a chiedermi aiuto: come dici tu, io sono solo una stramba.- e voltandosi in avanti, ritornò in aula.-Questa è proprio matta … mah … - borbottò il ragazzo allontanandosi e alzando le spalle. Carlo, vedendo la scena si stupì:di certo non avrebbe mai immaginato di essere aiutato da quella tipa.-“Forse non è come la pensano gli altri … forse è diversa … “- pensò per un attimo uscendo dall’altra aula e tornando nella propria.-“Voglio sapere il perché!”- ma entrando non vide altro che i suoi compagni rumorosi e allegri come al solito: Claudia, invece non era così. - Ma dove sarà finita?-rifletté per un istante. Poi un sorriso simile ad un ghigno gli comparve sulle labbra.-Ah, già … è vero … -mormorò ritornando nel corridoio a passo veloce.
Era davvero incredibile quello che Claudia aveva appena fatto. Ma alla fine a che serviva vendicarsi? Ne avrebbe ottenuto qualcosa? Sicuramente no. Passeggiava intanto, solitaria, nel lungo corridoio illuminato dalla luce del giorno. Almeno la mattinata era cominciata bene. Almeno quella a scuola. Quella durante le ore di sonno era stata tremenda. I conati di vomito avevano cessato di infastidirla, così almeno avrebbe potuto assistere agli allenamenti mattutini di Massimo. Quindi, e con accortezza, perché non sarebbe stata bene in vista dagli altri, si diresse verso l’uscita. La brezza che poi l’accompagnò , la fece sentire meglio. Il campo di calcio dell’istituto si trovava proprio dietro a quest’ultimo. In quel momento, una marea di ragazzi erano accalcati vicino alle sbarre dell’entrata del campo e a Claudia le ci volle parecchio prima di arrivare proprio lì. Oltretutto un vociare assordante riempiva l’aria, nonostante quella non fosse nemmeno una partita.-Dai ragazzi mettiamocela tutta!-incoraggiò Alessia, il capitano della squadra, intenta ad allenarsi. Tutti i giocatori si davano da fare e persino Massimo.-“Dall’espressione che ha, si vede che è felice. Ma in realtà lo è sempre stato. Beato lui.”- si disse Claudia stringendo le sbarre con più forza. Lui era sempre stato felice. Anche se aveva mille difficoltà da superare lui riusciva sempre ad affrontarle con un sorriso.-Dai forza che abbiamo una partita da vincere!-urlò anche Massimo.-Ehi tu!-esclamò un ragazzo dalla folla rivolgendosi a Claudia. Per quanto ancora le volevano dare fastidio?-Che ci fai qui? Vattene.- continuò lui spingendola all’infuori della folla. Gli altri ragazzi, vedendo quello che stava accadendo, aiutarono il ragazzo a spingerla fuori. Alla fine Claudia si ritrovò a terra, sorpresa di ciò. Ma poi capì. –“Ma chi voglio prendere in giro? Egoista come sono, non merito di essere felice!”- e rialzandosi a testa bassa,scappò via in preda ai singhiozzi. Da quel momento passò un’ ora. Ovviamente la ragazza non si azzardò nemmeno a vedere come stessero procedendo le cose lì, vicino al campo, dove prima era stata respinta con foga.-“Solo perché sono fatta così. Non è giusto!”- protestava mentre alzava le braccia al cielo.- Claudia.- irruppe una voce molto vicina a lei. Non si era accorta che Carlo era seduto lì da un bel po’ e che stava giocando alla Nintendo.-“Ci mancava solo lui.”- Cosa vuoi?-Cosa voglio dici? Sembrerà strano ma voglio ringraziarti.-Eh?- non sembrava possibile ma era tutto vero.-Sai, quel tipo mi stava alle costole già da un bel po’ per alcuni “fraintendimenti”. Però è stato divertente guardarti … - Se lo dici tu. - lo interruppe Claudia guardando l’orologio: segnava le 9:00.-E’ tutto quello che hai da dire?- si stupì il ragazzo alzando la testa dal videogioco.-Si, meno male che almeno tu ti diverti in questo modo. Molti pare che mi disprezzano dal profondo e pensavo anche … -La pensavo così, ma ho cambiato idea. Mi sono un po’ stancato di prenderti in giro.-In che senso? -chiese lei.-Ecco … forse perché alla fine sei noiosa.- e chiudendo il videogioco si alzò e si allontanò.-Che strano ragazzo … - commentò Claudia in tono sarcastico alzandosi anch’essa in piedi e tornando dentro. Il fatto è che poi Carlo tornò per dirle un’altra cosa, ma non la trovò più.-Scompare e ricompare … vorrei davvero capirci qualcosa … - Carlo!- lo chiamò Massimo da dietro. Ora la sua espressione era di rabbia.- Bè, che vuoi?- La devi smettere di infastidirla.-Chi? Quella stramba? Ma se non sa nemmeno difendersi … E’ troppo divertente prenderla in giro. - Tu, brutto bastardo!- digrignò Massimo a stretti denti  e fece per dargli un pugno.-Cosa credi di fare? Tanto è colpa sua se si comporta in quel modo.-Tu non la conosci nemmeno! Come pensi di … -Perché, tu pensi di conoscerla meglio di me?-Certo!-   Dopo questo litigio, calò il silenzio. E all’improvviso Carlo scoppiò in una risata.-Pensi che le persone abbiano dei piccoli problemi … poi arrivano dei ragazzi come te e risolvono i problemi. Secondo te perché Claudia sta sempre da sola? Perché non reagisce agli insulti e perché tu fino ad ora non sei mai riuscito a comprendere tutto questo? Idiota!- urlò infine dandogli le spalle e tornando dentro l’edificio. Aveva ragione dopotutto. –Ehi Massimo, qualcosa non va?- le chiese Alessia dopo averlo raggiunto.-Sei solo un’idiota! Non pensare che io non mi preoccupi per lei!- e dando un calcio al muro si accasciò a terra.-“Perché non posso comprenderla?”-si chiedeva Massimo tirandosi i capelli. –“Perché non posso raggiungerla qui in petto? Forse sta davvero smettendo di vivere …. ?”-
Un altro giorno passò. Un altro di quei giorni tristi e lugubri, di cui Claudia era, come sempre, protagonista. Aveva deciso di tenersi un po’ a distanza dal suo amico, anche se sapeva che stava facendo un atto molto egoistico. Lui le ha fatto rivivere la sensazione di non essere soli, colmando quei tre anni di solitudine. Quella paura vissuta costantemente per quel straziante tempo, lui era riuscito a fargliela rintanare in remoto angolo della sua mente per almeno due anni. Quasi due anni. Perché la paura era ritornata, ma non se ne era mai andata. Aspettava, impaziente di ritornare a tormentarla, a stuzzicarla, facendole provare rimorsi. Rimorsi lontani. Rimorsi che le vennero cinque anni fa davanti a quel maledetto ospedale di quella maledetta sera.-“Che schifo, un bacio.”-aveva pensato Claudia appena uscita di corsa dall’ospedale.Aveva vomitato per un bel po’, prima di riuscire di riprendere il controllo. Ed era in quel momento che la paura si era aggrappata a lei, dominandola. Tornata a casa non pensava più a niente. Non mangiava né dormiva, s’isolò dai suoi compagni diventando schiva a tutti, taciturna, paurosa. Tremava al solo sentir parlare dell’ospedale o al rombo cupo e improvviso dei tuoni o allo scrosciare della pioggia. Rimaneva chiusa in camera e stando seduta a terra guardava a vuoto un muro bianco. Poi si alzava, si avvicinava al muro e lo tastava. Bussava e infine chiedeva, sussurrando:-Paura, sei ancora lì? Non voglio più giocare a questo gioco.-Perché tutto la riportava a quella dannata sera di temporale. E malediva quel giorno in cui aveva conosciuto Angelica o Esmeralda. Il suoi due  nomi in quei giorni, ma anche adesso, le apparivano, plagiato il suo pensiero dalla paura, come due nomi contrapposti. Angelica era la sua amica. Esmeralda era il mostro che si era impadronita di Angelica. E Claudia piangeva, pentendosi di quello che aveva detto, perché sapeva che Angelica non le avrebbe mai fatto del male …. Ma Esmeralda, sì, e gliel’aveva dimostrato quanto poteva essere pericolosa. E si crogiolava, si disperava, ci passava notti senza sonno a pensare cosa le fosse successo …. E la paura cercava di farle deviare una possibile risposta …. La sua migliore amica aveva un mostro dentro di sé, le sussurrava la paura, un mostro che crebbe man mano e che prese il sopravvento non appena Angelica fu debole …. Ma perché era debole?, domandava Claudia. La sua mente ospitava la padrona di ogni forma di timore, per cui si rivolgeva a se stessa rivolgendosi ad una persona. Ovviamente la paura non rispose. E la scoraggiava dicendole che non si sarebbe mai liberata di lei. La sua mente fu ormai al collasso e i suoi genitori non sapevano più che fare, rivolgendosi a tanti dottori o professionisti di psicologia infantile quanto erano i collassi che subiva la ragazzina. Poi, una piccola parte di sé, rispose, scostandosi da tutte quelle macerie che si erano depositate sopra di lei. E un giorno la coscienza le disse:-Rivolgiti ai libri.- Questo solo bastò, per farle chiarire le cose. I libri. Non che ne fu mai interessata, ma, non appena cominciò a sfogliare per caso un normalissimo racconto …. quest’ultimo la rapì e la portò all’interno della sua storia …. Quanto era piacevole il desiderio sublime di affacciarsi a conoscere tante storie col solo e semplice uso della scrittura. Scacciava i pensieri negativi. Così tanto che, la paura in quei momenti, si allontanava dalla sua mente …. e Claudia ebbe capito finalmente, quanto ciò che accadde ad Angelica. Ma non direttamente. Attraverso i racconti dell’orrore, per qualche strana ragione, affrontava la paura diventandone parte. Conoscerla era l’unico modo per affrontarla, per guardarla in faccia non cadendo nelle sue lente torture, e anche per confrontarsi, schivando le sue trappole così di gran lunga temute da tutti. Perché la paura era un qualcosa che nessuno era mai riuscito ad affrontare in un modo così …. Così …. –“Così lugubre …. Sinistro … “-pensò Claudia inspirando profondamente. Leggendo, capiva che quello che aveva visto non era un allucinazione o un incubo. Era reale. –“Se esistono gli angeli, esistono anche i demoni …. “-ipotizzò Claudia stringendo in mano un pennello.-“ I demoni sono una forma del male ….. quindi il male esiste …. E se esistono i demoni che sono una forma del male, esistono anche i mostri, quelli che sono sempre stati oggetto di paure, timori …. Nei racconti.”-Sono reali, invece.”-sussurrò lei muovendo le dita. Era arrivata a questa soluzione. E non aveva dubbi, perché era stata vittima di questo male, almeno in una minima parte. Non sapeva cosa avesse fatto Angelica per arrivare ad essere schiava della paura e della rabbia. Non sapeva che avrebbe incontrato ogni forma di male, più avanti, in modo più brutale, peggio dei semplici racconti.-E’ ora.- disse Claudia intingendo il pennello nel colore nero, sempre presente in quei suoi disegni appesi al muro, dove proprio ora ci si trovava davanti. Così chiaro, questo colore si distingue dalla folla per essere il più evidente segno delle cose cattive. Sempre presente come segno di morte. Si era rinchiusa in camera, si era legata i capelli con il suo fiocco blu e per i prossimi minuti doveva solo concentrarsi su quello che aveva davanti: un enorme foglio bianco. Ogni cosa bianca avrebbe voluto riempirla di pensieri, di disegni, di domande, di risposte;tutto quello che poteva venirle in mente. Prima di cominciare diede un rapido sguardo ai suoi disegni: una ragazza che leggeva sul letto, lei e il suo migliore amico insieme a leggere e quella dannata che la fissava con quel ghigno disgustoso. –Clorinda, Massimo, Dante … da quanto ho capito, più avanti sarete preziosi per me …. Per cui …. Non cedete al male!-
-“Accidenti! Perché tarda ad arrivare?”- si chiedeva la ragazza guardando l’orologio: erano appena passate le 14:00. Era davvero strano il comportamento del ragazzo … le doveva dire qualcosa ma l’hanno dovuto trattenere alcuni dei suoi compagni per chissà cosa. Era un tantino in ansia per questo, intanto un gattino nero e bianco la fissava dall’altra parte della strada. Si chiedeva il perché e un  lampo di memoria la colpì: quello assomigliava molto al gattino di Clorinda. Curiosa e volendone sapere di più, attraversò la strada per raggiungere il gattino, ma quest’ultimo scappò entrando in una via tra due palazzi.-“E’ il suo gatto, non ci sono dubbi … ma dove va, perché scappa?”- si interrogava inseguendolo. La via che intanto Claudia percorreva si scuriva sempre di più: più si insinuava all’interno più sembrava che alla luce fosse difficile proseguire. Ma Claudia non desisteva, anzi, questo la spingeva ancora di più a proseguire finché non piombò in un buio assoluto. L’aria era fredda, quasi si congelava a stare lì fermi in piedi, non sapendo cosa fare. Claudia cercava di scrutare il gattino sperando di vederlo,ma con tutto quel buio non si riusciva a vedere niente. A quel punto pensò di tornare indietro, purtroppo era talmente disorientata da non riuscire a concentrarsi su dove andare.-“Forse se continuo a camminare in avanti, riesco a trovare l’uscita … “- e inspirando profondamente e mettendo le mani tese in avanti, continuò quindi a camminare. Era davvero strano, pareva non finire mai quella lunga via che man mano diveniva ghiacciata. Strani rumori poi udiva la ragazza, timorosa, rumori cupi e lontani. All’improvviso le sue mani andarono a sbattere contro qualcosa. Era duro e ruvido. Sembrava legno. A tastoni allora cercò di trovare una maniglia ma sotto le dita sentiva soltanto il foro dove infilare una chiave. Era sicura che quella fosse la porta, ma non c’era la chiave. Poi ci fu un miagolio e Claudia voltandosi si ritrovò in braccio il gattino di prima. –Ma che ci fai qui?- gli chiese mentre il buio che l’avvolgeva, svaniva mostrandole il tenero gattino che aveva poggiato la testa sul petto della ragazza. Ebbe un attimo di tenerezza per quel gesto, accarezzando il gattino dietro alle orecchie. Era così morbido. Era per davvero il gattino di Clorinda. Si accorse poi di un collarino con appesa una medaglietta. Dritto davanti a te. Latino. Una lingua antica  imparata grazie ai libri d’horror. –“Cosa mai significherà … ?-si domandò quando avvertì qualcosa di caldo nella sua tasca sinistra. Poggiando il gattino a terra, frugò nella sua tasca lasciando poi cadere per terra. Stranamente, da parte dei suoi sensi, era fredda come il ghiaccio. Raccogliendola non notò più nulla di strano. Per cui infilò la chiave nel foro e girandola, questa, fece un sinistro cigolio. La ragazza tremò ma non cedette e aprì la porta in avanti entrando e richiudendola alle sue spalle. Ora l’aria era calda e pesante. Diversa ovviamente da quella di fuori. E più pensava che fosse così più l’aria si caricava di caldo. Forse il trucco era non pensarci. E funzionò. Guardandosi attorno ebbe un’ idea di dove si trovasse: enormi scaffali carichi di libri lo dimostrarono. –E tu cosa ci fai qui?- chiese una donna alla giovane mentre reggeva un paio di libri sottobraccio. Non era molto vecchia, ma si notavano comunque le rughe che scorrevano sul suo viso di certo addolcito da un tenue sorriso.- Ehm … mi sono persa … - le rispose Claudia sempre più confusa.- Oh beh, allora sei venuta nel posto giusto. Vieni con me. - la invitò a seguirla camminando con passo non troppo lento, ma con una certa andatura veloce. La seguì quindi, guardandosi attorno: non c’era che dire, i libri che intravedeva erano ricoperti da svariate copertine diverse tra loro, ma tutti messi con cura e ordinati; non si leggeva né il nome né il titolo del libro. In che biblioteca era capitata?- Ehm, mi scusi … -si affrettò a dire Claudia volendo spiegazioni. Intanto erano arrivati ad un tavolino con sopra una tovaglia ricamata e del tè pronto da servire in tazze decorate con rose celesti e rose. – Accomodati, dovresti bere qualcosa per riprenderti da stanotte.- le disse la donna invitandola a sedersi. Si sedette un po’ frastornata e come un gesto automatico cominciò a bere. Il tè profumava e sapeva di menta, e sentiva che quel forte odore contrastava con il gusto piacevole del miele. Si sentiva decisamente meglio.- Allora Claudia, che intenzioni hai? Vuoi davvero sacrificarti per Clorinda?- le chiese la donna facendo riemergere in Claudia brutte sensazioni.-Mi scusi, ma chi è lei? Come fa a sapere di me e di Clorinda?- la ragazza oramai era piena di interrogativi che solo quella persona avrebbe potuto forse dare una risposta.-Prima di tutto sono la proprietaria di questa biblioteca. Mi chiamo Ermelinda e ti conosco già da fin troppo tempo.-Cosa vuole dire? E’ una mia parente?- No, ma leggere le vite degli altri mi è molto utile … -Cosa ?!-e un vento cominciò a soffiare facendo tremolare la finestra.-Ma nevica! Come è … -Claudia, se non ti rassereni, non riuscirai mai a calmarti. Sebbene tu lo nasconda, come puoi vedere il tuo stato d’animo è troppo agitato. Libera almeno per un po’ le catene che stringono il tuo cuore.-“E’ tutto così strano … è vero, mi devo calmare …” - e inspirando l’aria a pieni polmoni, il vento cessò di soffiare. Pioveva.-Mi dispiace, ma più di così non posso … -Non preoccuparti, almeno ora ti senti un pochino meglio?- Si,la ringrazio.- e continuò a bere il tè, accarezzando il gattino che era saltato tra le sue braccia.-Ti ci è affezionato da come vedo.-Beh sì, mi piacerebbe tenerlo, ma mia madre odia i gatti.-Allora ci penserò io.-Davvero? Sarebbe bello. -Figurati. Bene, adesso sei pronta a rispondere alla mia domanda?-Claudia ci pensò per qualche secondo prima di rispondere.-“Penso di potermi fidare … “- Ecco, non sono ancora pronta per affrontarla. Mi chiedo ancora perché sia ridotta a quel modo?-Forse dovresti domandarti chi l’ha ridotta a quel modo, non pensi?-Lei  … parla di Celeste?- Vedo che conosci la storia.- Beh, in realtà ho letto dei libri dove parlava di quest’angelo che per  riportare i demoni all’Inferno ha dovuto unirsi con un demone e purtroppo è diventato …. Un mietitore … - E’ quello che è diventato anche Esmeralda. Solo che la sua anima non ha retto a quella di Celeste ed è impazzita. Mi dispiace di quell’incontro che hai avuto con lei … -Non importa, in fondo quel che è passato è passato … -ma si bloccò vedendo il volto della donna che non pareva d’accordo. Aveva uno sguardo crucciato e avvicinandosi a Claudia le pose una mano sulla spalla.- No. Non è finita qui. Tu non sai quanto lei ci teneva a te quando era ancora umana. Adesso sei diventata la sua ossessione … -C -cosa vuole dire con questo … ?-Lei ti sta tendendo una trappola. Ti cerca, ti chiama. Passa giornate intere a pensare a te … Vuole portarti via. Vuole andare all’Inferno con te … -
-Claudia, svegliati!- le urlò una voce che perforò le orecchie di Claudia.-Mm … ahia …. La testa … pesante … - mormorò la ragazza confusa e mezza addormentata.-Ti senti bene?-. Non riusciva bene a distinguere il volto a causa della pesantezza delle sue palpebre … ma avrebbe riconosciuto quella voce ovunque.-Meno male, ti sei svegliata.- si rincuorò Massimo tenendole leggermente strette le spalle.-“ Un sogno … ?”- Sto bene … mi ero addormentata … - mentì Claudia ritornando con la mente lucida.-Al dire il vero non sembrava … stavi sognando e ti agitavi di continuo … sbiascicavi anche cose strane del tipo: mi sono persa, il gattino, Clorinda, mietitore … -Davvero?- fece finta di stupirsi.-Non mentirmi più. Basta. Ora mi devi dire esattamente cosa ti sta succedendo.- la rimproverò lui costringendola a guardarlo negli occhi. Come avrebbe potuto mentire a quei splendidi occhi? A quella sua voce calda e sensuale, leggermente impertinente … -No, ti sbagli … piuttosto … -Piuttosto spiacevole il fatto di nascondermi le cose. Ora o mai più, altrimenti … - il suo tono autoritario era quasi sul punto di obbligarla a parlare.-Ma guarda chi abbiamo qui: la stramba e il suo amichetto ... –li bloccò un ragazzo dietro Massimo.-  Carlo … va via!- ora il ragazzo era davvero pieno di collera. Persino Claudia ne ebbe paura.- Ehi, ehi … non si parla così davanti a una ragazza … dov’ è finita la tua gentilezza?- lo stuzzicò Carlo mentre accarezzava un gattino che aveva in braccio. – Di certo con dei bastardi come te la gentilezza non serve.-Però è anche vero che la stai spaventando. Guardala, sta tremando.-sghignazzò Carlo. Ebbe un rimorso accorgendosi di ciò che aveva fatto e se ne pentì.-Scusami … andiamocene … - sussurrò  prendendola per mano e alzandola dalla panchina su cui era seduta. Non disse o fece nulla per controbattere, anzi lo assecondò scomparendo insieme dietro l’angolo. Carlo rimase lì per un po’ assorto nei suoi pensieri.-Forse ho esagerato … mah … e tu chi sei piuttosto?- chiese al gattino tra le sue braccia.-Un collarino. Dritto …. davanti  …. a te … ma che diavolo …?!-

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Capitolo 6
*** Insoliti avvenimenti ***


C’era una nebbia molto fitta nel parco della città. Non che Claudia si aspettasse bel tempo, ma quella nebbia non ci voleva proprio. Non sapeva che cosa ci facesse lì, né come c’era arrivata. Aveva solo un ricordo vago di Massimo che le teneva molto stretta la mano e poi … vuoto di memoria.-Ma che ci faccio qui … - disse mormorando appena. – Ho sete … - mormorò ancora la ragazza strabuzzando gli occhi nella nebbia. Voci. Sussurri. Gente che passava. E imprechi.-“Che sta succedendo?”- ancora una volta la ragazza si trovò pronta ad affrontare strani eventi. E la nebbia intanto si dissolveva.-“Mi ricorda quella via che ho percorso.”- Vattene via, demonio!-urlò una donna passandole accanto. Subito dopo si accorse che non si riferiva a lei.-Figlio di Satana! Non  mi indurre in tentazione!- disse un altro, camminando circospetto. Molte persone dicevano cose simili a queste a una persona seduta su una panchina e coperta da una lunga veste nera con il cappuccio. Silenzio. Dato le profonde rughe che si intravedevano pareva molto vecchio. Perfino troppo. –Acqua … ho bisogno …  di acqua … di acqua … - ripeteva con un filo di voce. Anche Claudia aveva molta sete. Moltissima. Ed ecco che vide, a pochi passi da lei, una fontanella. Si avvicinò desiderosa di bere. Mettendo quindi le mani a coppa e prendendo l’acqua che scorreva, stava per berla, ma un mugolio la bloccò.-Mi scusi … se vuole, le posso dar da bere?- chiese la ragazza avvicinandosi con le mani piene d’acqua al povero vecchio. Girando la testa il vecchio gemette, desideroso di bere. E con le mani gli diede da bere. –Ne vuole ancora … -No, basta così … - mormorò il vecchio ripresosi.-Ti ringrazio.- le disse chinando la testa. Anche se gli occhi non s’intravedevano poté notare il volto pesantemente ossuto del vecchio su cui si mostravano lunghi tagli neri. Pareva che fossero vene, per questo la ragazza indietreggiò.-Ti prego non andare … sono così solo … già da molto tempo … anche tu, addirittura dopo che mi hai aiutato … vuoi abbandonarmi …?-No, cioè … - Il mio aspetto confonde sempre, lo so. E tu sei una delle sfortunate che possono intravedermi. Siediti. In cambio dell’acqua ti aiuterò a rischiararti le idee. – la sua voce era talmente fioca che Claudia riuscì a stento sentirla,ma infondeva in lei fiducia. Gli ricordava lei almeno un po’. Si sedette tremolante e desiderosa di risposte. –Non hai più sete?- chiese il vecchio ricordandole che dapprima stava come per soffocare.-E’ vero … ma ora non più.-Sai,se l’anima non è egoista, in cambio della sua gentilezza riceve sostegno. Ed è quello che hai appena fatto tu. Tu sei diversa dalle altre persone Claudia. Sei speciale.-Non è vero.-negò la ragazza,-Ho fatto così tanti errori per cui non definirmi gentile.-E di grazia, che cosa hai fatto per meritarti tutto quello che stai passando?-Sono stata egoista: da quella volta, sono diventata una persona chiusa, pensierosa, asociale. E solo perché ho paura. E ora ne sto pagando le conseguenze.-Non bisogna avere paura. La paura blocca l’anima, la confonde.-Ma la paura non serve solo per difendersi?-Si, è giusto, ma vedi, dipende da quanto sia alta questa tensione. Secondo te?-Penso di esserne stata un po’ troppo coinvolta dal susseguirsi degli eventi. Soprattutto in questi giorni.-Il male sta crescendo, ogni giorno di più. I demoni risalgono sulla Terra desiderosi di carne. E io sono bloccato qui, per colpa di Esmeralda … - Ah … vuol dire che … -Si. Sono io il mietitore.- In quel momento Claudia non riusciva né a parlare né a calmarsi, agitandosi continuamente.-Sei convinta che io ti possa fare del male? Sono come la morte, ma sono diverso. Sono stato, per colpa di un mio errore, condannato da me stesso per l’eternità a riportare i demoni all’Inferno, e credimi, non è semplice.-Ma che cosa c’entro io in tutto questo?-Come ho già detto tu sei speciale. No, è vero. Sei sfortunata. Da come agiranno gli eventi ti capiterà qualcosa di veramente orrendo. Mostruoso. E cupo come i miei occhi un tempo specchio di Dio e adesso fonte di morte.-Ah … - mormorò Claudia crucciata, quando sentì un odore di un fiore: molto intenso.-Qui crescono molti narcisi, lo sai? Sono fiori quasi inconsiderati, ma nel suo piccolo possono essere molto pericolosi. E prese dalla veste nera un bulbo di narciso. Dopodiché fece cadere alcune gocce del suo sangue da un dito bianco e ossuto, perforandolo con la sua unghia. Ora il bulbo era intriso di un liquido nero come la pece.-Mi dispiace … - si scusò il vecchio infilandole il bulbo tra le sue labbra. A causa di quell’ intenso odore Claudia era come paralizzata.- … ma ti ho scelta.- e la nebbia tornò a coprire l’aria, fredda come il ghiaccio e fredda come la mano del mietitore.
Claudia sobbalzò al rumore cupo del temporale, svegliandosi di colpo: era un continuo incubo il suo. Per quanto ancora doveva soffrire? Non sapeva però, che quello che sarebbe successo dopo sarebbe stato la causa della sua rovina. Era madida di sudore su tutto il corpo ed era così stanca che per un attimo non riuscì più a muoversi. Erano solo le 06:35. Se fosse stanca sarebbe dovuta riaddormentarsi, ma invano perché un forte mal di testa la colpì all’improvviso.-“C’è anche un temporale. Pazienza, mi andrò a fare una doccia.”- e si alzò a forza dal letto, trascinando il suo corpo nel bagno. Uscita poi dalla doccia si andò a specchiare.-“Sbaglio o sono dimagrita?”- si chiese guardandosi quella poca pancia che aveva effettivamente scomparsa. Inoltre due occhiaie le solcavano il viso bagnato.-Dannazione! Cosa diamine mi avrà fatto … - cercò di urlare, ma la sua voce era come strozzata. Simile ad un sussurro.-“Cominciamo bene.”- pensò sarcastica la ragazza asciugandosi e vestendosi. Stavolta preferì tenere i capelli sciolti. Il silenzio fu poi interrotto dallo squillo del suo telefonino che l’avvertì di un messaggio.-“Che numero sarà?”- si domandò guardando il mittente.  “Non farti strane idee, voglio solo parlarti. Davanti al parco.  Carlo.”-“Da non crederci!Da non crederci!”- si ripeteva Claudia sbuffando.-“Cosa mai vorrà adesso?”- si chiedeva infilandosi le scarpe davanti alla porta. Fu un gesto automatico uscire di casa lasciando un bigliettino all’ingresso, sul mobiletto. –“Forse è qualcosa di importante?”- meditò silenziosamente la ragazza attraversando le strade a gran velocità nonostante il corpo indolenzito. Infatti, fu sul punto di crollare, arrivata lì, davanti al parco. Non era uno scherzo. Era lì ad aspettarla, sotto la pioggia.-Sei arrivata, finalmente.- le disse Carlo sorridendo. –Cosa avrei dovuto fare, sennò?- le rispose Claudia con un filo di voce. – Hai mal di gola o qualcosa del genere? - Si, ma non sono affari tuoi.- Oh, scusa. Siamo già così scontrose di mattina?-Cosa vuoi?- continuò Claudia irritata.-“Non so il perché, ma la sua presenza mi irrita.”-Il gatto di Clorinda … è tuo ora, vero?-Si, ma questo che c’entra … ah … ma … come fai a sapere?-Si da il caso che sia arrivato tra le braccia di Dante ieri, ma subito è scappato quando mi ha visto. Sai, ho ucciso la sua padrona … - La paura in  Claudia iniziò a salire.-“Oh, Dio. E’ Esmeralda. E adesso che faccio?”-E’ da un po’ che cerco di … trovarti.- parlò Esmeralda tramite Carlo.- Ti nascondi ai miei occhi come un piccolo topolino.-e mentre parlava il tono della sua voce si faceva sempre più sarcastico.-Non cadrò mai nella tua trappola!- le urlò Claudia in tutta risposta.-Non ti sforzare, lo so che mi odi. Ma non posso negare i miei sentimenti per te. Io  ti voglio, ti … -Smettila di dire cose disgustose! Lasciami in pace!- e buttandola a terra scappò via, ma venne fermata.-Lasciami andare, lasciami andare! Razza di … -“Razza di” che cosa e perché mi hai spinto a terra?!- urlò Carlo adirato.-Razza di scontrosa, ma che ti ho fatto?-Ah, sei tu … scusa.- gli rispose rialzandolo.-“Se ne andata. Meno male.”-e si sentì  un po’ sollevata.-Guarda un po’… volevo solo parlarti, non litigare.-Va bene … -Ehi … la tua voce … -Mal di gola. –Ah, ok … senti, forse mi sono sbagliato sul tuo conto … pensavo fossi una di quelle depresse che non fanno altro che pensare”la mia vita è in rovina, non merito di vivere …” … -“Parla per te, dato che la mia vita è davvero in rovina.”- … invece ti stai nascondendo. Ora l’ho capito, hai paura.-affermò il ragazzo convinto di ciò. E ci aveva anche azzeccato.-No, non è vero!- E invece si!- E invece no!-E invece si! Andiamo, smettila di negarlo. Guarda che anche io ho una maschera, cosa credi … -Cosa?-Non ti ho mai odiato. Fare il bullo mi aiuta ad essere accettato … e a volte me ne pento … -Capisco … - rispose Claudia pensierosa. Poi un sorriso fece capolino sulle sue labbra.-Sei la seconda persona che mi dice di non odiarmi.- E perché mai dovrei farlo? Non sono come quei “caproni” dei nostri compagni.- la sua voce era chiara e convincente. Perché dovrebbe mentire?- Ok, ma … per quanto vuoi stare sotto la pioggia? Non ti fa bene.- e le porse l’ombrello.-Sei vuoi vieni a casa mia. E’ ancora presto  per andare a scuola.-No! Aspetta! Ora non ti sarai messa in testa che siamo amici, vero?- la cosa sembrò irritarlo, tanto da deludere Claudia.- No. Nessuno ti costringe. Anzi, tieni il mio ombrello. Ti prenderai un raffreddore.- e glielo porse restando sotto la pioggia.- Ehi, e tu?- Non importa. Mi farà più che bene. –E allontanandosi realizzò questo concetto. Era ora di piangere. Alzò quindi gli occhi al cielo mescolando sia le fredde gocce della pioggia, sia quelle calde che le sgorgavano dagli occhi.-Sono sola e lo sarò per l’eternità.-mormorò senza alcun dubbio.                                                                                                                                          –Ok, allora ti porto della cioccolata.- Grazie.- rispose Claudia al ragazzo del bancone.  Era fradicia e le gocce della pioggia cadevano copiose dal suo cappotto.–“Cosa farò adesso? Cosa mi succederà se non agirò?”– si chiese tamburellando le dita sul tavolino su cui poi si sedette.-“ Esmeralda mi sta cercando. Se mi trova allora …”- Ecco la tua cioccolata-la interruppe allegro il ragazzo porgendogli la tazza fumante. Cominciò a berla pian piano: si sentiva meglio ogni volta che mangiava o beveva qualcosa di dolce. -Eccoci qui!-esclamò un ragazzo sedendosi al tavolino posto una decina di metri più in là.-“Merd … quello è Massimo! Oh, no! Se mi vede conciata in questo modo … “- si agitava intanto non sapendo cosa fare. Massimo non era da solo. C’era Alessia con lui.-”Ma che ci fanno qui a quest’ora del mattino?”-. Era davvero insolito che loro due si trovassero lì, dato che Claudia non li aveva mai visti insieme. Erano così vicini tanto da potersi sfiorare.-Sai, è la prima volta che provo questo genere di sentimenti …. Ed è davvero difficile farli uscire fuori, soprattutto se ti piace una tua cara amica … -parlò Massimo tenendo il viso appoggiato sulle mani. La sua voce era velata da un senso di tristezza che gli impediva di alzare lo sguardo.-So cosa vuoi dire. Anche io penso che sia così … -gli rispose Alessia, leggermente tesa. Claudia non riuscire a sentire bene, così, con cautela, si spostò in un tavolo più vicino. –Ma ho capito che non devo arrendermi , perché io   …. Amo  …. – disse Massimo.- …. Anche io …. Amo …. Da sempre … -. Le voci erano spezzettate, ma Claudia intuì subito che cosa avessero detto. Lo confermò il sorriso ritornare su entrambi i volti dei ragazzi, mentre si abbracciarono.-“Allora è così, eh?”-. In quell’istante, sentiva quelle parole scagliate su di lei come delle frecce avvelenate: istantanee, efficaci e molto dolorose. Senza quindi indugiare oltre, mentre i suoi sensi pian piano si spegnevano, uscì lentamente dal bar come uno spettro, poiché nessuno la vide. Nessuno l’aveva mai ascoltata né capita fino in fondo. Persino Massimo adesso non poteva concederle un posto nel suo cuore. Un posto caldo e piacevole dove restare lì per sempre ad ascoltare il canto dei suoi sentimenti per lei. Solo per lei.-E’ impossibile. Guardatemi, adesso diventerò un mostro così da non poter più avvicinare nessuno a me. – mormorò in preda alla follia, correndo per le strade, indifferente alla pioggia che si abbatteva con violenza. Poi si sentì afferrare per un braccio.-Non ti fa bene restare sotto la pioggia: riparati sotto il tuo ombrello, dannazione e non farmi preoccupare ancora!- urlò Carlo abbracciandola. Ma la ragazza sembrava non avere più vita tra le sue braccia, stringendola ancora più forte.-“Ci sono io adesso. Non provare rancore, né tristezza, né paura. Perché adesso ci sono io.”- pensò il ragazzo sciogliendola dall’abbraccio e guardandola negli occhi vuoti. –Claudia … - sussurrò Carlo dandole un piccolo bacio su quelle labbra morbide e semiaperte.                                                                                                                               –“Aiuto! Qualcuno mi aiuti!”- voleva urlare Clorinda, ma invano. -Nessuno ti sentirà- mormorò Esmeralda che si trovava seduta a terra, di fianco a lei, poggiata al muro. Ora la ragazza guardava ad occhi sbarrati il mostro che le si trovava vicino. Non poteva muoversi perché era legata dalle catene che trapassavano il suo corpo. Non poteva parlare perché la lingua le era stata strappata via. E non poteva piangere, altrimenti lei gliel’avrebbe fatta pagare.-Ti farò gemere ancora di più se non ti stai zitta.- l’aveva  minacciata prima guardandola negli occhi e terrorizzandola sempre di più.- “ Adesso se mi lamento ancora, mi cucirà gli occhi!”- pensò Clorinda trattenendosi dal gemere. –Non potevo trattenerti con l’anima … - mormorò Esmeralda rialzandosi.- … altrimenti saresti scappata in Paradiso. Voi anime pure riuscite sempre a trovare una via di salvezza. Peccato che per te … -. E sorrideva, all’idea di averla torturata in quel modo. – Ti starai chiedendo il perché, quindi, prima che i sette giorni passino, voglio raccontarti in tutti i dettagli il come, il quando e il perché. Io sono una dannata. Non perdono. Non dimentico. Anche se non fosse stata colpa sua. Di Claudia.-la sua voce non era più come prima ma non c’era tristezza nelle sue parole.-Sono Angelica adesso. Esmeralda è il mio lato oscuro da cui non mi separo dal giorno della mia morte. La mia non si può definire nemmeno morte perché sono stata invogliata da quell’essere a diventare un  mietitore. Celeste … sai … molto tempo fa era un angelo. -. Rivolse quindi lo sguardo in alto, coperto dai suoi lunghi capelli neri e bagnati. L’unica cosa che illuminava la stanza, la numero 13, era un’unica lampadina bianca che a malapena illuminava quella stanza fredda e vuota. Solo le pareti erano un po’ macchiate di rosso. E si sentiva l’odore di corpo in putrefazione.-“Oh, cielo. Mi sento così male, ma sollevata. Per quanto resisterò?”-Si poneva fin troppe domande per riuscire almeno a chiarire qualcosa.-“Ho bisogno di spiegazioni.”-E come se l’avesse letta nel pensiero, Esmeralda cominciò a raccontare.- All’inizio, da quando Adamo ed Eva sono stati cacciati dal Paradiso, il male ha incominciato a diffondersi. La porta dell’Inferno era stata aperta. Fortunatamente Lucifero era ben incatenato nella parta più nascosta dell’Inferno. Solo Dio potrebbe rimuovere il sigillo che gli è stato imposto. E poi … c’è Celeste. Teneva molto a cuore i progetti di Dio, un angelo molto fedele anche se un po’ testardo. Voleva così tanto aiutare Dio nel suo progetto di riconciliazione con gli uomini, al punto di sacrificare se stesso. I demoni sulla Terra erano fin troppi e il peccato si era diffuso velocemente. Gli angeli non riuscivano a contrastarli … -fece un attimo una pausa di riflessione.- … Celeste fece quindi delle ricerche per poterli contrastare e uno dei demoni che era riuscito a imprigionare gli svelò il modo per poter aumentare di potere: doveva separarsi dalla sua grazia, l’essenza pura del suo essere, ed unirsi con un demone. Celeste non era tanto convinto di volerlo fare: temeva che quel demone gli stesse mentendo, ma stesso lui non sapeva cosa sarebbe successo. Passarono i giorni, meditando e combattendo ancora contro i demoni, finché non decise di attuare la sua trasformazione. Non avrebbe mai dovuto farlo: lanciò tremende urla mentre il corpo che possedeva degradava sempre di più ed anche il suo essere era irriconoscibile: io stessa non so come sia fatto, non l’ho mai guardato in faccia. Le sue ali si tramutarono in polvere,i suoi occhi si riempivano di veleno e la sua voce era simile ad un sussurro. Gli crebbero le unghie così come dei strani tagli neri simili a venature gli oltrepassarono le guancie fino alla gola. Era degradato sia dentro che fuori e in lui cresceva la voglia di uccidere demoni: aveva ottenuto un grande potere ma a un caro prezzo. Ripudiando se stesso, si nascose sotto una lunga e sottile veste nera … -Si fermò ancora cercando di calmare il suo respiro, stranamente irregolare.- … sarò breve, perché fra poco tornerà il mio alterego e non potrò dire o fare più niente per fermarla. Trascorse così i secoli avvenire a cacciare i demoni e a riportarli all’Inferno … le armi che aveva erano le catene che sbucavano dal terreno e provenivano dall’Inferno … e una enorme falce d’argento donata da Dio … crede ancora che possa ritornare … che padre che ha. Ma Celeste, come ben sapeva, non era l’unico a soffrire … il corpo che aveva preso in prestito aveva ancora il suo proprietario … stava impazzendo per tutto quel dolore che gli veniva inferto … e un giorno, quando era nella forma umana, riuscì con un potente incantesimo a liberarsi dell’essere dentro di lui … dopodiché si uccise, per evitare di farlo rientrare. Passano gli anni e Celeste continuava incessantemente a cercare un corpo disponibile, uno disposto a sopportare … e qui entro in gioco io. Una normalissima ragazza di 14 anni perseguitata dai demoni. Forte e coraggiosa. “Sei l’ideale.” Mi aveva detto per convincermi a cedergli il mio corpo … così mi feci possedere. Sopportavo molto, molto dolore. Da quel momento la mia felicità iniziava sempre di più a consumarsi …. Il mio cuore diceva di non cessare a cercarla ma la mia testa era già sul punto di collassare. E quel giorno arrivò. Stavo lottando contro un demone piuttosto resistente che non faceva altro che stuzzicare la mia parte più fragile.”Fa male vero? Allora abbandonati a quel dolore e tutto cesserà”. Continuava a ripetermelo incessantemente …. La voce di Celeste mi diceva di non ascoltarlo …. Ma era già troppo tardi. Solo dopo non troppo tempo mi ritrovai in un letto dell’ospedale,cosciente. Stavo bene. Sentivo intanto le voci dei dottori che balbettavano.”E’ caduta dal 10° piano. Oh, Dio, ma come è possibile che sia ancora viva? E’ orrenda solo a vedersi.”lo ripetevano, borbottando e rivolgendomi occhiate sfuggenti ... parsi un mostro ai loro occhi … non passò molto tempo che la delusione si trasformò subito in rabbia …. C’era però Claudia …. Già da qualche mese prima la conoscevo … graziosa e gioiosa …. L’unica mia fonte di gioia … di vita … di sincera amicizia con lei … per questo non ho perso subito il controllo … ogni giorno mi veniva a trovare portandomi sempre qualche grazioso fiorellino … - e si fermò indicando dei petali appassiti in un angolo della stanza.”Quando uscirai di qui promettimi di venirmi a prendere,”mi disse un giorno, più sorridente del solito” così potremo stare sempre insieme. Sempre. Sempre.”  Sempre, eh?- ripeté l’ultima parola non più con dolcezza. Esmeralda stava per tornare- … il giorno seguente non la vidi arrivare. E neanche l’altro.  E l’altro ancora. Ero furente e non facevo altro che fissare a vuoto la porta della mia stanza. Non viene … perché non viene? C’era qualcosa di strano …. Oscurata era la stanza … uhm … e- era colpa loro! Dei dottori! Ero imprigionata in quella stanza … il buio … a-accecò m-me …. –Si sentì male all’improvviso. Non riusciva a continuare.-“ … sento di nuovo un’ aria pesante aleggiare”- pensò Clorinda offuscata dal dolore che prima fu inspiegabilmente scomparso e che ora la trafisse con forza.- Clorinda … non avere paura di me … altrimenti … ti farò molto male.-“E’ tornata.”- pensò la povera ragazza con rammarico. Sorrise e si allontanò di scatto. C’era una piccola borsa gialla a fiorellini. La svuotò, mettendo in mostra foto, tantissime foto e una boccetta di vetro. Prese quindi una foto e la boccetta e si riavvicinò a Clorinda.La foto ritraeva Claudia da bambina e la boccetta conteneva un liquido semi-trasparente.-Graziosa, non trovi? Era un’ amore da bambina.- e baciò la foto più volte.-Presto torneremo insieme, molto presto. Promesso.- poi guardò con un ghigno la boccetta.-E tu, Celeste. Lo so quali sono le tue intenzioni, ma non me la porterai via. Sarò più furba di te. - e tacque, come per pensare. Tornò alla borsa riponendo dentro i due oggetti ed estrasse un lungo coltello. Gli occhi di Clorinda si spalancarono e il suo corpo ebbe un lungo fremito.- Dovrò aspettare ancora un altro po’ … perciò … che ne dici di giocare ancora?-. E non ci fu altro se non urla soffocate, schizzi rossi sulle pareti e un sorriso disgustoso sulla faccia di Esmeralda.                                                                                     Erano passati tre giorni da quella mattina, da quella dichiarazione inaspettata e da quel bacio inaspettato. Eppure, tutto intorno a lei, procedeva con la tranquillità di sempre. Il cielo era perennemente grigio e oscurato in quei giorni, ma non era nulla di che. O forse era un presagio di morte? Non si capiva. Tutto si svolgeva nell’ombra, senza alcuna spiegazione. E Claudia stava cambiando. Non dormiva la notte, sentendosi sempre più stanca. Era dimagrita molto ed era pallida. Camminava anche con fatica, avendo tutto il corpo pesante e indolenzito. –Ma guardatela, se sta male perché viene a scuola?- bisbigliò una ragazza ad altri suoi compagni.-Già, altrimenti ci contagerà!-replicò un altro ad alta voce.-Dovrebbe sparire un tipo come lei! Non vede che la sua presenza qui è solo imbarazzante?-Ehi … la volete finire? Siete così noiosi … - Carlo era appena entrato in aula e vedendo la situazione cercò subito di aiutare Claudia.-“Perché è ridotta in quel modo?”- Non faceva che chiederselo da giorni, osservandola e senza rivolgerle parola.          - E dai!-si lamentò un ragazzo.-Vedi un po’ di aiutarci a sfotterla prima che arrivi il professore!- Che seccatura!-esclamò Carlo scocciato-Preferisco ripassarmi la lezione di chimica … -E, facendo finta di niente, si sedette al suo posto appoggiandosi con le gambe sul banco. La ragazza non stava a sentire tutti quei battibecchi. Fissava a vuoto la finestra appoggiandosi a malapena sulla mano. Dopo qualche minuto, Claudia vide una pallina sul banco.”Andiamo! Che ti succede? Soffri d’insonnia o qualcosa del genere?” Era decisamente preoccupato dall’insistenza con cui ticchettava la penna. Voltò quindi la testa e la girò a destra e a sinistra.-“E’ ridotta proprio male.”- pensò Carlo.-“Ti prego fa che non arrivi Massimo!”-supplicava Claudia con tutte le forze.-“Meno male che non è venuto in questi tre giorni. Rivederlo sarebbe stato più doloroso di queste fitte. Che mi sta succedendo? Col passare dei giorni sono a pezzi più intensamente. Mi gira la testa, non riesco più ad addormentarmi e non faccio altro che dimagrire nonostante mangi in continuazione fino a ingozzarmi. Mi ha scelta. Perché cosa e perché proprio io?”- Le ore di lezione passarono come se nulla fossero, il tempo aveva ricominciato a giocare con il suo potere.-“Scommetto che ti diverti, eh?”- pensò la ragazza e si diede della matta. Uscì dalla scuola costretta ad alzare le sue gambe e camminando come uno storpio. E a un certo punto si fermò:.-“Oh no, è lì”-pensò Claudia vedendo Massimo a pochi metri di distanza dal cancello della scuola. Aveva lo sguardo basso e perso nel vuoto.-“Faccio bene ad avvicinarmi? No, qualcosa mi dice di non farlo … ma come posso eluderlo … “-Claudia!- chiamò lui staccandosi dal muro su cui si era appoggiato e avvicinandosi. Il suo non era uno sguardo sereno. I suoi occhi trasmettevano rabbia. Ora si trovava di fronte a lei, con gli occhi di nuovo chini.- Mi devi dare delle spiegazioni.- iniziò lui con voce bassa.-Su che cosa?- chiese intimorita Claudia. Un leggera aria fredda passò accanto ai due, con l’attesa di Claudia di una risposta da Massimo.-Cosa significa … questo?-Dalla tasca estrasse una foto. Un aggressore che colpiva con la spranga la vittima. L’aggressore era Claudia e la vittima era Alessia.-Sono stato ad accudire Alessia per tutto questo tempo. E’ ridotta male, lo sai? Non fa altro che ripetere che eri stata tu, ma all’inizio non le credei. Poi mi mostrò questa foto. E non c’erano più dubbi, almeno per la mia razionalità. Il mio cuore invece dice che non eri tu. A chi devo dare ascolto secondo te? Come sei arrivata a fare ciò e perché?-Quel discorso l’aveva decisamente spiazzata.-“Esmeralda è arrivata a fare  questo? E’ un mostro.”-Ascolta, perché tu sai che non ti ho mai mentito. – cominciò a dire Claudia a fil di voce.-Non c’entro nulla con tutto ciò. Saranno anche credibili le prove, ma ti giuro che non sono stata io. Non l’ho nemmeno vista ad Alessia in questi giorni … -E’la verità?- la guardò dritta negli occhi per ottenere conferma.-Te lo giuro.-Ed entrambi caddero in silenzio.-Sai che ti dico: non ti credo. Sei una sporca bugiarda, sei falsa. Avevano ragione i miei compagni: sei una psicopatica.-Non è vero. Che ti prende … ah!- e in attimo si ritrovò a terra. Massimo le tirò calci e la canzonava- Bugiarda, bugiarda. Non hai mantenuto la tua promessa … te la farò pagare cara … - e sotto il peso del dolore e di quelle parole Claudia cadde nel buio assoluto senza piangere.

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Capitolo 7
*** L'angelo e treno dell'orrore ***


–“La notte è scesa presto. Sei sicuro che la setta di cui abbiamo sentito parlare si trovi in quella casa?”-domandò  Alcide indicando un vecchio edificio degradato a poche centinaia di metri di distanza. L’uomo si trovava alquanto confuso su quanto gli era stato riferito a proposito di quella setta satanica.-“Ne sono certo, si trovano lì: sono tutti indemoniati e molto forti. Percepirei le loro anime dannate anche ad un kilometro di distanza.”-rispose Celeste senza alcuna esitazione. Ma Alcide aveva dei dubbi: c’era qualcosa che lo turbava, ma forse si sbagliava. E poi la risentiva: quella fredda e pungente sensazione di pericolo quasi quanto l’aria che lo circondava. Si trovava su un alto edificio, intento ad osservare. Sarebbe intervenuto al momento opportuno, quando il gruppo di demoni si sarebbe ritrovato davanti a quell’edificio per compiere un altro sacrificio. Aspettarono per circa un quarto d’ora finché non si sentì un vociare riempire l’aria. Immediatamente Alcide saltò giù dal palazzo per avvicinarsi: erano arrivati e saranno state 15 persone. L’aria intorno a loro era carica di tensione, con l’attesa dell’arrivo della vittima sacrificale. Alcide percepiva chiaramente la vittima, anche non vedendola. Tra le mani aveva il suo libro.-“Un’anima così giovane … “- commentò Celeste vedendola arrivare: il ragazzo era imbavagliato e cosciente; cercava invano di liberarsi, portato da due uomini in braccio che lo tenevano fermo, minacciandolo di drogarlo.-“ … non c’è niente da fare … “- continuò l’angelo guardando la scena attraverso gli occhi di Alcide.-Non c’è mai stato niente da fare.- ammise Alcide tristemente.- … ma lui in Paradiso ci andrà.-“Hai ragione. Chissà quando finirà tutto questo …”- ma si pentì di quella risposta. Sapeva che sarebbe ritornato in cielo. – Ma … è tutto strano. Non è ancora successo niente.- si stupì Alcide notando la scena immutata.-“Eppure è tutto pronto: coltelli, fuoco, lacrime ed eccitazione. E’ proprio strano.”- affermò Celeste.-Sarà il caso di avvicinarsi … ?-“Aspettiamo ancora un po’ … dobbiamo fare in modo di non farci accorgere … se non vogliamo interrompere la morte di quel povero ragazzo.”- Ma nulla sembrava muoversi. Tutti poi tacquero all’improvviso e guardarono in alto. Rivolti verso il mietitore.- Ma … le loro facce … -. Guardarono entrambi le loro facce: non avevano nessuna parte del viso. Vuote.-“E’ una trappola! Scappa Alcide!-. Ma qualcosa trattene lo spirito dell’angelo scaraventandolo nell’edificio. –Celeste!!-urlò l’uomo accorgendosi di essersi completamente staccato da lui. E si sentì debole. Troppo debole. E svenne, incapace di reagire.                                                                         Il freddo pungente che Celeste aveva provato assieme ad Alcide fuori, si trasformò in una morsa ghiacciata che gli impediva di muoversi. Non c’era bisogno di capire chi fosse stato, sapeva già chi era. O che cos’era. Allucinazioni. Confusione. Freddo. Paura. Frustrazione. Un misto di emozioni si provavano di fronte a quella creatura così sfuggente, lontana. Finché vivi. Dopo quello ti si avvicina e ti porta via, silenziosamente.-Non nasconderti, so che sei qui.- azzardò a dire Celeste scrutando l’interno in cui si trovava. Era uguale a come si presentava fuori: vecchio e degradante.-Perché pensi che mi nasconda? Sono qui.-rispose una voce rauca alle sue spalle.-Tu sei sempre stato qui. Sei sempre stato dappertutto, ovunque e in ogni tempo.-Non poteva guardarlo. Sarebbe stata la sua rovina … -Cosa … vuoi?- chiese Celeste con un brivido che gli percorse la schiena.-Volevo solo parlare … niente di che.- Sei in vena di conversazione? Strano dal tuo modo di essere … -Non c’è niente di strano.- negò l’essere tranquillamente.-Sai … parlare con un angelo è una cosa molto rara … forse è questo che è strano.-Non sono più un angelo.- ribatté duramente Celeste.-Tu lo dici, ma la tua anima afferma il contrario.- Celeste rimase per un po’ sorpreso e questo gli bastò da far sorgere in lui dei dubbi.-Vuoi dire che io non sono il tuo … tramite?-Niente in quell’ istante turbò la fredda e cupa atmosfera.   - No. Non lo sei mai stato. Ma … la cosa che mi ha sorpreso è che io non me ne sia mai accorto. Ti ho fatto soffrire … -L’ho voluto io,- lo interruppe Celeste,- hai solo accettato la mia richiesta. Un po’ già lo sapevo che non ero io quello giusto.- Non c’era alcuna di rammarico in quello che l’essere aveva detto. Nessuna.-La vita deve ancora far germogliare il seme che farò marcire. Non ho altra scelta. Dovrò pur sopravvivere a spese di un altro. Ma se … non potrà sopportarmi … dovrò darle sostegno … -Tu?- la cosa meravigliò grandemente Celeste. E gli venne da ridere. Ma a lui no.-Hai ragione … io, un essere che non prova alcuna emozione fin da quando è nato, reggere il peso del mio futuro tramite la condivisione del sentimento come la tristezza …. Ho pensato di avere un senso di colpa. E per cosa? Perché io sono io? Morte? Un mostro sono forse io che uccido ogni essere umano ogni volta … anzi … quando viene il momento di confrontarsi con il passaggio dalla vita terrena a quella eterna, freddo e irreale? Cosa sono io per dire di dare sostegno a un amina se questa la sconvolgo solo se mi rivolge sguardo? Ed ecco la dura realtà in cui vivo: intoccabile, irrefrenabile e soprattutto pericolosa.- Il silenzio che venne era asfissiante, un qualcosa di irritante, come a colmare il vuoto di quelle domande senza risposta con un’unica certezza: non ce n’erano di risposte. Quello che è, è e quello che rimane alla fine, rimarrà per sempre. Una prospettiva semplice e dura di quello che verrà. Neanche si sa come tutto andrà a finire: ci saranno sempre e solo svolte che condurranno ad altre situazioni, con persone o esseri che potrebbero cambiare gli schemi a loro piacimento. Una prospettiva per niente allettante se non per chi volesse cambiare, per salvare. O per distruggere. E quel silenzio, sordo ad entrambi, non faceva altro che intensificare quel senso di impotenza di fronte alle grandi cose, troppo grandi per poter essere controllate, perfino all’essere che potrebbe con un solo gesto far finire tutto. Anche la morte potrebbe (forse?) risentirne di quei grandi cambiamenti che avvengono nel corso del tempo.- Quanti … anni hai?- Quel lungo istante di concezione del futuro venne bruscamente interrotto. Il freddo era insopportabile.-Quasi quanto Dio, penso. O forse di più. Non me lo ricordo, tanto il tempo che è passato, senza scalfirmi. Meglio adesso che ti lasci in pace e una cosa voglio raccomandarti, una sola. Sarò solo io a cercare il mio tramite e tu non dovrai interferire. Ti ucciderò se lo farai.- e la morsa ghiacciata scomparve con la voce. Celeste si sentiva molto meglio, ma non tanto da coprire quel senso di tristezza e amarezza che lo accompagnava nel sentire la voce di Morte. Qualcosa lo stava di nuovo trascinando via mentre un flusso di pensieri agitavano la sua mente.- Chi potrà mai essere il tramite di Morte?-                                                                                 -“Non mi merito niente … “- continuava a ripetersi Claudia,appoggiando la sua mano sulla fronte e stringendola: era grondante di sudore. –“Sono cattiva, egoista e orrenda più da dentro che da fuori … non mi merito niente … “-Era da tre giorni che gli incubi la tormentavano,anche di giorno. Da tre giorni aspettava il ritorno di Massimo, temendo una sofferenza peggiore. Da tre giorni la sua mente si era consumata assieme al corpo ridotto in pelle e ossa. Il penultimo giorno di quella mattina si chiuse in camera sua: ridotta in quel modo non poteva di certo andare a scuola.-“Sennò sarebbe stato spassoso per tutti:”Ah, guardatela, che mostro!”-e sogghignò tristemente. E niente. Nessuno si accorse di niente, neanche di un singolo cambiamento in lei. Rimase quindi sul letto, con gli occhi fissi sul comodino.-“Mia madre anche se è al lavoro non ha mai notato nulla; a mio padre non gliene può importare di meno: ieri entrambi hanno appena firmato il contratto per divorziare ... Ha lasciato la casa lo stesso giorno … il mio fratellino, sebbene abbia sei mesi, piange spesso in questi giorni: farà male anche a lui vedermi così … “-allungò lentamente la pallida mano ossuta sul comodino: la foto ritraeva lei e Massimo.-“Massimo … “-Massimo- ripeté Claudia con voce sottilissima, appena percepibile.-Ho perso anche lui … Carlo … o Dante … non so nemmeno se è mio amico … chi mi rimane allora?-i suoi pensieri le galleggiavano davanti, quasi li potesse toccare. Allungò anche il braccio in alto, con un gesto di sollievo, almeno per scacciare tutte quelle brutte frasi.-Inutile … sempre lì rimangono … -il cielo era radioso.-“Forse neanche al cielo importa di me?”-pensò Claudia allo stremo.-“O forse mi vuole solo incoraggiare … ?”- Clorinda. Le venne in mente solo adesso.-Mi dispiace … non potrò salvarti dalle sue grinfie … -Ma se non la salvi svanirà.-Chi parla?-domandò Claudia alzandosi. Sentì appena il rumore delle sue ossa scricchiolare.-Chi parla?ripeté Claudia dolente e schiarendosi la voce.-“Un'altra illusione? Mah … -e fece per lasciarsi cadere sul letto-Non ti preoccupi per lei?-la voce ricomparve.-Sei per caso la mia coscienza?-chiese a sua volta Claudia alzandosi con fatica in piedi.-Sarei l’ultima persona ad esserlo … ma non lo sono. Sei al penultimo giorno. Vuoi lasciare le cose così come stanno? Guarda, adesso riesci a reggerti anche in piedi.-ribadì la voce. Con sua grande meraviglia, la ragazza constatò chiaramente quello che le aveva detto.-“E pensare che ieri pomeriggio riuscivo a malapena a muovermi … “-Cosa dovrei fare allora?- Non ci fu risposta.-Ci sei ancora?-Solo il silenzio della stanza ed un tenue bagliore che sbucava dalle tende della finestra erano presenti.-“Com’è possibile? Allora non è possibile? Allora non è un’illusione … “-Girovagò per la stanza come prova: le sua gambe non erano né dolenti né pesanti.-“Cosa faccio ora? L’unico posto in cui Clorinda è imprigionata è … l’ospedale.-Un senso di disgusto l’assalì.-“No, non ci devo pensare. Basta essere egoisti. Devo farla finita e al più presto.”-Le forze le erano in parte ritornate e si vestì in fretta e furia. Indossò un jeans grigio che dovette stringere con la cintura e un maglione con il cappuccio che sembrava più grande di due taglie. Senza far rumore si precipitò in bagno per sistemarsi la faccia: era pallidissima e aveva dei solchi profondi in viso soprattutto sotto gli occhi.-“Quanto fard  mi ci vorrà?”-prese il barattolino dall’armadietto e bombardò pesantemente la sua faccia di trucco. Funzionava a quanto pare. Uscì dal bagno rientrando in camera e prese dal sua armadio un vecchio e piccolo zaino. Qualcosa le diceva che le sarebbe servito. Percorse la scale con mille pensieri in testa: il suo fratellino sarebbe stato al sicuro nella casa dei vicini.-“Un momento … al sicuro da che cosa? E poi perché sarebbe il penultimo giorno?”-Allacciò le sue scarpe e uscì a passo veloce dalla casa. Guardò in alto a destra. Molto lontano si stagliavano nuvole nere, quelle maledette nuvole che l’avevano accompagnata fino a quel momento, in quell’ ultimo periodo. Scosse la testa. Non sarebbe mai riuscita a liberarsene.                                                                                                                                                                               Il ragazzo si sveglio, al suono dell’altoparlante del treno. Avvisava ai passeggeri di scendere alla stazione. Lui sarebbe rientrato domani in città.-Ah, ti svegliato finalmente.- esclamò Alessia tornando con lo sguardo sulla rivista su cui stava leggendo.-Ma che diavolo … - bofonchiò Massimo serrando gli occhi con forza e guardando fuori dal finestrino. L’aria fresca della mattina lo svegliò completamente. –“Avrei voluto dormire un po’ di più. Mi sarebbe stato tutto più chiaro.”- Fissava con insistenza gli edifici che gli sorvolavano davanti, mentre il paesaggio passava da intricati cespugli a piccole foreste. Non sarebbe dovuto partire questa settimana. Era troppo preoccupato per lei ed era stato un gesto molto egoista lasciarla da sola non sapendo che cosa fare.-“Ma lei non mi ha voluto dire mai niente.”-Voleva, con queste parole, cercare di giustificarsi.-“Cazzo, la conosco da più di un anno! L’ho sempre vista così emarginata da tutti! Solo con me, però … “-IL treno passava intanto sotto un tunnel.-“Che mi definisca speciale? Da quanto so, fino ad ora sono stato sempre io la sua valvola di sfogo … lei è dolcissima e molto gentile, anche se un po’ strana, ma non avrebbe senso nascondere un animo così buono come il suo … le avrò chiesto almeno mille volte se ha mai avuto brutte esperienze in passato, ma ha sempre scosso la testa … perché, perché?! Devo insistere e ancora e ancora finché non cederà … a quel punto le dirò tutto … non mi ha mai chiesto niente, neanche una dannata cosa: se lo merita!”-Massimo che ti prende?-Alessia notava già da un po’ il suo amico serrare i pugni e borbottare imprecazioni. –Cosa? No, niente.-Non dirmi che starai di nuovo pensando a quei giorni di partita in cui abbiamo perso?-Non è questo il punto!-Aveva alzato un po’ troppo la voce.-Ah … no … cioè … -Mi spiegherai tutto quando ti sarai calmato.-tagliò corto Alessia,- Scusa, vado un attimo in bagno.- aggiunse allontanandosi velocemente. La testa gli pulsava. Non poteva pensarci. Non dopo quello che aveva sognato. Ma era troppo tardi: le immagini di quegli attimi gli passarono in rassegna davanti ai suoi occhi non riuscendo a bloccarle. Vide chiaramente se stesso in quella mattina di pioggia parlare con Claudia dolcemente; erano da soli, prima che arrivasse anche Alessia: eppure lui sapeva perfettamente che  non era entrato in aula con Claudia quella mattina. Un'altra immagine, ancora più strana, vedeva lui stesso che picchiava Claudia incolpandola di aver picchiato Alessia e di non crederle … -“Qualcosa qui non mi … “- Ci fu un solo istante, uno solo, di una vista alquanto folle: una ragazza coperta da lunghi capelli neri e bagnati lo fissava dal finestrino sogghignando. Si allontanò, cadendo a terra, spaventato a morte. Sentiva delle dita premere e scivolare sulla fredda e dura superficie del finestrino.-Ehi, ragazzo, qualcosa non va?- chiese un uomo seduto di fianco a lui sull’altra fila.-“Come fanno a non vederla?!”-No, grazie, sto bene.- si limitò a dire, rimettendosi a sedere. Con cautela, si rigirò verso il finestrino: la ragazza non c’era più. C’era solo una    scritta, a sconvolgerlo. Va via da lei! La scritta gocciolava, simile a dell’ inchiostro. Un brivido lo percorse e sobbalzò non sentendo Alessia rimettersi a sedere. –Che c’è ora? Mi vuoi dire che ti sta succedendo?- Il treno si era già fermato da molti minuti alla stazione: c’erano molte persone che scendevano. Troppe. Il treno sarebbe ripartito lo stesso a momenti. Il ragazzo non parlava e guardava in basso.-Preferisco non parlarne … -Ma come? Non ti fidi di me? Dimmi cosa ti preoccupa.- e gli prese la mano.-Sembra quasi che ti scocci di stare con me.-Infatti dovrei stare con Claudia.-sibilò lui tornando di malumore. Il treno si mosse lentamente: stavano ripartendo.-  …. Sono solo preoccupato …. Dovrei stare con lei, adesso …. Qualcosa la sta tormentando …. Penso a quella strana nebbia spessa  che mi separa dal suo mondo …. Se solo riuscissi  a dissolverla …. Lo sai che vorrei stare tanto con lei.- Alessia lo guardò torva.- Io … lei è buona e dolcissima …. Ogni volta che rimanevo solo c’era lei a rischiarami con il suo sorriso o le sue poche parole gentili. Riuscivano a …. –Tenermi lontano da quell’aura maligna che era in me. – disse Alessia terminando la frase. Fece girare la testa lentamente: emise dei piccoli scricchiolii. Massimo la guardò, stranito, e riprese a guardare giù: meglio che guardare il finestrino o Alessia.-E da che pulpito esce questa … - azzardò a dire qualche momento dopo,ma l’amica non lo rispose. Si osservava a guardarlo.- … frase … ? …. Cosa c’è?- Bla, bla, bla … - rispose lei facendo il gesto con la mano. - Bla, bla, bla …. Non fai che sparare cazzate … e tu che ne sai di Claudia?- I suoi occhi si erano stretti come due fessure.-E tu chi sei per dire che non la conosco?- ribatté Massimo nervoso. Il treno non accennava a rallentare:aveva preso parecchia velocità. Alessia fece un ampio sorriso.-Non sopporto i figli di puttana come te. Non posso permettere che il mio fiorellino si ritrovi uno schifoso verme tra le braccia.-Massimo non trovava parole per risponderle.  -Ma chi diavolo sei?! Dov’è Alessia?- Sembrava assurdo che fosse davvero lei. E poi solo lui  chiamava Claudia fiorellino. Nessun’altro. L’altra finse di non aver sentito e si toccò i capelli: lentamente diventarono sporchi e neri. –Ehi, mi rispondi?- la ragazza nel voltare la testa fece scricchiolare il collo. Gli mostrò un ghigno nero : torturare Clorinda non la divertiva più. Adesso toccava a lui. – Cazzo!- urlò lui buttandola a terra e attraversando il vagone per salvarsi: gli ci volle un grande equilibrio per tenersi in piedi, per non cadere sulle altre persone. Persone? Quali persone? Aprì la portiera che portava al vagone successivo e chiamò Alessia più volte.-Alessia! Dove sei?! Alessia!-S- sono qui … - la flebile voce della ragazza si fece udire: era distesa a terra, grondante di sangue.-Oh mio Dio …. –mormorò Massimo abbassandosi. La ferita era profonda, in petto- V- vattene …. A- alt - …. –Basta, non parlare. Ci sarà pure un modo per uscire …. Ma certo! Il macchinista! Lui ….- No!-urlò Alessia bloccandolo.-Nessuno  ….. sta guidando il treno!- Un brivido percorse il ragazzo.-C- come? Ma allora …. ?–Sul treno …. Non c’è  …. Nessuno ….. a parte noi due …. Scappa …. Ti …. Prego …. – sputò del sangue e riprese a gemere pesantemente.-Oh, cielo …. –mormorò Esmeralda rimasta seduta sull’altro vagone.-Che seccatura questi due … - estrasse quindi un lungo coltello dalle pieghe degli stracci logori e sporchi che indossava. Sorrise, guardando il coltello sporco di sangue e lo leccò.-Questo sapore non mi piace …. Ma …  quello dello sporco verme sarà sicuramente meglio.- si alzò e lentamente percorse il vagone. Niente avrebbe potuto fermarla. –Che faccio adesso, che faccio?!- si agitò Massimo rialzandosi e lanciando futili occhiate. La paura stava dando i primi assaggi alla sua preda. E prima o poi l’ avrebbe divorato. L’atmosfera era fredda, pesante, tanto quanto l’aria ghiacciata; lei lo stava punzecchiando. Non ci avrebbe messo molto a farlo fuori.-M- massimo …. Gettati ….. dal …. treno …. –gli disse la ragazza con una voce flebile quanto un rantolo. –E’ tutto così insensato … -mormorò Massimo stringendo i pugni e scacciando via la paura.- Che cosa c’entra Claudia?! Te lo ripeto ancora …. –e ansimò - … chi sei?- Non c’è bisogno che te lo dica.-sibilò lei sbucando a testa in giù da sopra tenendo in mano il coltello. I lunghi capelli neri le coprivano il volto.- Sei un fastidio.- e ficcò il coltello nel collo del ragazzo che urlò e cadde a terra … ma non accadde nulla. Si rialzò e si tastò il collo più volte:nessuna ferita. Alessia lo guardava in modo interrogativo. Lui contraccambiò lo sguardo. –“Cosa c’entra Claudia?”-si chiedevano entrambi. Il treno urtò contro qualcosa e le tende si abbassarono.-Quante volte …. quante volte …. –sibilò la voce di Esmeralda nel vagone.- …. Non hai mai capito ….. – e per un attimo la vide apparire davanti agli occhi per poi scomparire.- C … capito cosa?- balbettò lui, ma lei lo scaraventò nel finestrino rompendolo.- Lo avresti dovuto capire tempo fa …. Quando la stavi conoscendo …. Quando cercavi di capirla …. – La sua voce si insinuò nelle sue orecchie come veleno e il dolore procuratosi alla testa era lancinante. Si scostò dal finestrino rotto e cadde con un tonfo a terra; non svenne per fortuna, ma sentì fitte continue sulla testa. Cercò di rialzarsi col solo risultato di sedersi sulla poltroncina e appoggiare la testa sul morbido. Aveva chiuso gli occhi per non vedere quella orrenda figura ritta in piedi, che lo fissava attraverso quei luridi capelli neri; si sentiva sul punto di cedere quando percepì sotto le sue dita un qualcosa di duro e pungente: non si accorse di aver involontariamente teso la mano sul suo stesso capo e un brivido folle lo percorse. Strappò via l’oggetto e aprì con forza gli occhi. Il dolore raggiunse l’apice. Gli era rimasto attaccato un pezzo di vetro nella tempia destra e lo vedeva davanti ai suoi occhi intriso di sangue. Era da considerare per il fatto che non fosse piccolo: era di una grandezza quanto la lunghezza del suo pollice: sarebbe potuto rimanerci secco se la scheggia si fosse infilata in profondità. Il dolore aumentò ancora e il ragazzo mugolava dal dolore e dal terrore. Capiva di trovarsi di fronte a qualcosa di neanche lontanamente umano. Non ragionava più perché la paura l’aveva agguantato e gli stava bruciando il cervello lentamente. Guardò con folle terrore il mostro dinanzi a lui: ringhiava sommessamente, cercando di controllare il suo corpo e la sua mente presi da quel piacere folle e sadico di ucciderlo. Lo detestava e bruciava dalla voglia di farlo a pezzi.- Con calma … -mormorò lei allungando le mani sul volto di Massimo. Sogghignò a stretti denti percependo il fremito di terrore nei suoi occhi. – Non ti farò il piacere di farti fuori subito e di sfuggirmi.- sibilò stringendo con le unghie il pallido volto della vittima.

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