Kelsi
Temperance
Vitto
3 – Life in love
Arrivati a questo punto mi sembra doveroso raccontare alcuni
degli aneddoti più interessanti riguardanti la nostra…. nostra…
…storia.
Cosacosacosa???????
Evvai! Ha partorito!
*.* da chi ha preso i capelli?
Dalla mamma, vero?
Non in quel senso,
cretina.
Ehm…torniamo a me? Grazie….
Stavamo insieme da circa un mese, quando….
…quando mi resi conto del madornale
errore da me commesso.
Che?
Un infiltrato!
Chi sei? Confessa!
Sono Bill…
*.*
No! Anche tu qui! T_T
Per favore, vi supplico, per una volta fate raccontare tutto
a me…
Va
beeeneee…. *piedini che strisciano a terra*
Avevo deciso, non so sotto quale influsso astrale, di
rendere Bill partecipe della mia vita a tutti gli
effetti e cioè…. dong…
di presentargli i miei amici di Albuquerque.
O meglio, cercare di presentare lui ai miei amici.
Fu una bella serata, malgrado fossero presenti anche i neo coniugi Evans. Ebbene sì, c’erano anche loro. Insomma,
dopotutto lui mi aveva invitata al suo matrimonio (da me abilmente rifiutato),
non potevo che ricambiare il favore.
La parte tragica fu il rientro.
In macchina (la mia macchina guidata da moi) il dolce fanciullo ebbe un’incredibile alzata
d’ingegno.
“Senti.” E già cominciai a preoccuparmi. Non sempre era
piacevole sentirlo.
Ehi!
Taci.
“Ti ascolto.” Capitolai.
“Ma il tipo biondo, quello con il cappello e la moglie gnoc… bionda anche lei.” Si corresse al mio sguardo glaciale. “Sì, insomma, quello lì.
Perché ha fatto tutta la cena a guardarmi male? Voglio dire, l’ha capito che
noi…” Sbatté gli indici l’uno contro l’altro in un gesto eloquente. “Non è che
mi ha preso per la tua migliore amica o qualcosa del genere?”
“Mah” Cominciai diplomaticamente. “Hai presente quella
volta, davanti al salone pubblico, quando…beh, sì, quando.”
Sguardo vuoto.
“Quando?”
Al che partì una frenata con tanto di gneeek
finale.
“Scendi.Da.Questa.Macchina.” Ringhiai, indicando minacciosamente
la portiera.
…e io rimango dell’idea che la
tua reazione sia stata esagerata.
Hai il mio appoggio
incondizionato.
Polli. -.-‘
Cercando di racimolare tutta la pazienza in mio possesso,
iniziai a sviluppare il concetto espresso da quel quando.
“Lacrime, matrimonio, altra…Beethoven…
ti dice niente?”
Illuminazione: “Ah,
sì! Quando mi hanno licenziato!”
Credo che a quel punto la mia faccia fosse
più o meno così: +_+
“Stasera tu dormi sul divano. Anzi no, il divano è troppo
comodo. Dormi sul pianoforte!”
“Ma…ma….ma….nuuuuu…” ç_ç
“Oh sì.”
E così fu. Non sul pianoforte, ovviamente, ma nemmeno sul
divano. Una comoda via di mezzo costituita dal pavimento.
Sì, però non glielo dici che su
quel pavimento non ero da solo.
C’era il gatto.
Sì, in effetti
hai miagolato, ogni tanto.
UAAAARGHHHH!!!
‘chifo…..
Eh, che ci volete fare, la carne
è debole…
Avete finito? Grazie mille.
In mia difesa posso dire che si deve pur fare pace in
qualche modo, no?
Hai un modo tutto tuo per fare
pace, eh….ah, ora che ci penso…è un po’ che non litighiamo…
@_@
Con te ce la vediamo dopo….
Poi ci fu quella volta che ebbi il grande onore di ospitare
nella mia dimora…
Nostra. E non raccontarla
questa…
Mia. E certo che la racconto. Dicevo che, in una
bella sera di inizio giugno venne a trovarci tale signor Tom
Kaulitz.
No! Pure lui no! Non te ne basta
uno? Casa mia è così vuota…
Dato che per mantenere la cura del corpo del mio adorabile….Bill serve poter sostenere una
spesa non indifferente, eravamo da settimane alla disperata ricerca di un lavoro
e il suddetto fratellino comunicò di averne uno a disposizione.
Prima dell’arrivo di Tom, il mio
leoncino pareva stranamente inquieto. Ora, preparare qualcosa di commestibile
con un folletto alto un metro e ottantatré che ti
saltella intorno non è facile, quindi lo presi per
mano, lo portai sul divano e accesi la tv sul suo programma preferito
(stendiamo un velo pietoso… non me la sento di dirvi quale fosse).
Stavo per tornare in cucina, quando un lagnoso “Kelsiiiiii” raggiunse le mie orecchie e automaticamente i
miei occhi si volsero al soffitto.
“Amore!” Cinguettai, esibendo il mio miglior sorriso ghgh.
“Dimmi tutto.”
“É che lui… lui
parla tanto… però non è il caso che ascolti tutto tutto quello che dice…”
“Ehm…ok?”
Perplessa.
“Sì, e poi.. sai, noi siamo proprio uguali uguali…e…
ma io ti piaccio, vero?”
“Ssssì?” Sempre più perplessa.
“Ecco, e allora magari, non so… ti potrebbe piacere pure
lui…”
Seguì un silenzio carico di significati.
“Vado a preparare la tavola.” Dichiarai.
Fin da piccolo mi sono sempre
sentito preso poco sul serio.
Oh, pover’anima…
-.-‘
Tutto andò avanti a regola d’arte fino al dessert. Tom ci provò spudoratamente con me, ma riuscì solo a farmi
ridere e Bill dopo un po’ riuscì persino a smettere
di picchiettare nervosamente le dita sul tavolo.
“Io avrei un lavoro da offrirti.” Se ne uscì ad un certo
punto Tom, portandosi un bicchiere di rhum e cola
alle labbra.
“Davvero? Accetto!” Saltò su Bill
con gli occhi a cuoricino.
“Non a te, idiota.” Amore fraterno…. “A lei.”
“A…me?” Domandai, guardandomi alle spalle per vedere se per
caso non ci fosse qualche altra lei in giro.
“Certo! Ci serve un tastierista.”
“Lui sa che suono il pianoforte?” Sussurrai, rivolta a Bill.
“Ovvio. Lui sa.”
“Sa che cosa?”
“Tutto.”
“Ma tutto tutto?”
“Tutto tutto.” Confermò Bill, inspiegabilmente garrulo.
“Divano.” Fu la mia semplice e sibilata risposta. Mi voltai
poi verso Tom. “Mi dispiace, ma non fa per me.. non posso accettare. E poi mi hanno appena offerto un
lavoro come cassiera al supermercato qui accanto…” Senza qualcuno
che rimiri le mie…ehm… curve tutto il giorno. Questo, però, non lo dissi.
Cambio scena: questa
volta niente divano e niente pianoforte… ma anche niente pavimento.
Stavo comodamente semisdraiata a letto con
tra le mani “L’interpretazione dei sogni” di Freud
(avete mai letto un libro più bello? *.*) quando notai che gli occhi di Bill continuavano a saettare verso di me
mentre lui stava stranamente zitto.
Ora basta però, eh!
Dico solo la verità. Dopo mezz’ora di tale spettacolo,
decisi che forse era il caso di sbloccare la situazione.
“Devi dirmi qualcosa?”
“Io?”
“No, il comodino.”
“No, lui non credo… però io volevo chiederti…
ma non è che.. sì, cioè, sei sicura che non l’hai fatto per me?”Attimo
di perplessità.
“Cosa?”
“Rifiutare il lavoro.”
“Oh, quello…. Per te? No.” Risposi con noncuranza, tornando
al mio libro.
Silenzio.
“Ah… no, perché… va bene, mi era sembrato…
‘notte.” Mi lanciò un ultimo sguardo prima di
infilarsi sotto le lenzuola e girarsi dall’altra parte.
Certo…se ci pensi bene avresti
molto di meglio da vedere che la sua schiena…
Avete presente quando non volete
sentirvi in colpa però proprio non riuscite a farne a meno? Dopo aver riletto
circa venticinque volte la stessa riga, mi resi conto che era una di quelle
volte. Posai con stizza il libro e gli occhiali e mi appoggiai alla sua spalla.
“Scuusaami….” Cantilenai,
giocherellando con una ciocca di capelli neri. Mi rispose un grugnito sommesso.
Il poverino nemmeno faceva finta di dormire. Giaceva semplicemente con le
braccia conserte e gli occhi fissi sul muro di fronte a lui.
“Dai, non fare così…”
Kekkarini! <3
Grazie! *.*
Mpf
“Forse un po’ per te l’ho fatto…” Gli concessi, con in allegato un bacino sulla guancia.
“Solo un po’?” Piagnucolò lui. Che bambino…
“Ok, un po’ tanto, va bene?”
“Sì!” Esclamò, tutto contento, voltandosi di scatto e
facendomi ricadere sul materasso con un urletto
sorpreso.
Hihi, sono irresistibile.
Scena tagliata vista
la possibile presenza di un pubblico minorenne.
E siamo all’ultimo aneddoto perché, dopo questo,
dubito che ce ne saranno altri.
É successo proprio l’altra settimana. Ero al lavoro (sì! Ho
trovato un lavoro!) e stavo per accingermi ad
addentare il mio adorato panino, quando il mio cellulare prese ad agitarsi
sulla scrivania. Messaggio.
“Ciao
pasticcina!” Occhi al cielo. “Stase cena da Gian Luc” Ignorai deliberatamente l’ignoranza del lessico
francese. “Ho 1a sorpresa x te. Kuss”
Dopo essere riuscita a stabilire che stasera
corrispondeva alle 20.30, ripresi a lavorare del tutto ignara
di ciò che mi aspettava.
Jean Luc
è un ristorante molto carino nel quale Bill aveva
giurato che non sarebbe entrato nemmeno sotto tortura, ma sul momento non
pensai a questo dettaglio che avrebbe dovuto inquietarmi. Arrivai alle otto e
mezza spaccate e me lo ritrovai al collo con il suo peggior vestito a righe
nere e argentate.
“Auguri tesoro!”
Nella mia mente si produsse il vuoto cosmico.
“Auguri?”
“É il nostro anniversario!”
Lampo di comprensione. Era il caso di dirgli che aveva
sbagliato di un mese? Decisi di no.
“Grazie cucciolo. Entriamo?”
Entrammo.
Il cibo era delizioso, il vino ancora meglio. Tuttavia Bill riuscì a farmi andare di traverso tutto quanto con la
sua solita classe.
Prima del dessert all’aitante giovane venne l’infelice idea
di inginocchiarsi sul pavimento, attirando l’attenzione anche di coloro che
ancora non l’avevano notato.
Ce n’erano?
Acida…
“Che cosa stai facendo?” Domandai, già invasa dal panico.
“Kelsi, amore…”
Improvvisamente apparve sopra alla mia testa una nuvoletta
dal seguente contenuto: “Nonononononono”. E invece fu sì, diretto e spietato.
“Sono ormai passati due anni da quel giorno, fuori dal salone musicale…” Cominciò a declamare, mentre io
sprofondavo e qualcuno iniziava ad estrarre la macchina fotografica.
Visto che me lo sono ricordato
del salone, eh, eh, eh??? =D
“Bill, di’ quello che devi dire,
per favore….”
“Certo, un secondo solo.” Mi intimò con un dito alzato,
mentre l’altra mano frugava in tutte le tasche dell’orrido abito alla ricerca
di qualcosa di ignoto.
“Trovato” Esclamò, estraendo con aria trionfante uno scatolino di velluto blu dalla tasca posteriore dei
pantaloni.
“Ossignore….”
“Dicevo… mi sembra il momento adatto per chiederti una cosa
importante.”
Lamento agonizzante. Qualche flash.
Dio, non voglio… sono giovane per sposarmi… non è il
momento, sto bene così… e poi dai, Kelsi Kaulitz? KK?
É così bello essere fidanzati in casa…
Apertura della scatolina con relativo momento di confusione
dovuto all’apparizione di un bellissimo anello con diamantino. Pensieri
incoerenti. E poi la frase. No, La Frase.
“Vuoi…” Apnea. “…dare una svolta decisiva al nostro
rapporto?”
I presenti: *.*
*.* *.* =_=’
“E…cioè?” Terrore.
“Cioè…vuoi fidanzarti con me?”
Attimo di gelo seguito da un improvviso riscaldarsi delle
mie orecchie e uno sguardo conscio sul viso di lui.
“Dimmi, tesoro” Attaccai con un sorriso tirato.
“secondo te in questi due anni…” E qui la pazienza cedette il posto ad un’incazzatura
vera e propria “…COSA ACCIDENTI SIAMO STATI?!?!”
Guardandosi
intorno, il mio cavaliere senza macchia e senza cervello si rese finalmente
conto che gli occhi di tutti, trasformati in stelline luccicanti, erano puntati
addosso a noi.
“L’ho…l’ho messa male?”
Senza rispondere,
mi alzai, resistendo alla tentazione di svuotargli il Cabernet
sulla testa e uscii a passo di carica, seguita da un applauso da stadio.
…e quella notte non
dormì né sul letto né sul divano né sul pavimento e nemmeno sul pianoforte. A
dire il vero, nemmeno voglio saperlo dove dormì.
Tesoro…
Tesoro un paio di palle! Ha
fatto solo bene!
Ok! Via libera! Arrrriiiiivoooooo!!!
É passata una settimana. Niente lacrime, niente pianti…
niente di niente a parte una persistente incazzatura.
Il telefono squilla.
“Kelsi, sono Bi…” Click.
Secondo squillo.
“Volevo dirti…” Ri-click.
Terzo squillo. Stavolta
sono preparata.
“Vuoi lasciarmi in
pace, pezzo di cretino che non sei altro?! Te l’ho
detto, non ti sopporto più! Basta! Lasciami stare!”
“Ehm… sono Ryan.”
“Ciao.” Gelida.
“Che vuoi?”
“No, è che ieri
notte mi ha telefonato…uno…in lacrime, chiamandomi Sheila e pregandomi di
aiutarlo a riconquistarti. Ora, io Sheila non sono, però, se ti serve una
mano…”
“Ma se è nato tutto per colpa tua!”
“Ok, ho capito, sono uno stronzo,
lo so…però dai, parlarne…”
“Non lo so…”
“Lo ami?”
“Touchè….” La conversazione continua
su questi toni e, al momento di riattaccare, avrei quasi voglia di piantare
tutto e correre da Bill…poteri degli Evans…
Non ho bisogno di correre, però, perché suona il campanello
e mi appare davanti lui con una gran faccia da cane bastonato e, cosa
preoccupante, i capelli flosci.
“Sono tornato a prendere le mie cose.” Mormora con voce
funerea.
“Cretino.” Rispondo…e lui è troppo occupato a trascinarsi
sul pavimento per vedere che sto sorridendo.
“Sai, ho voluto aspettare, perché, magari…”
“Non è l’unica cosa per cui hai
voluto aspettare…”
“Già…è che io volevo dirtelo prima…era da un anno che ci
pensavo… poi, non so…forse una proposta di matrimonio sarebbe stata più azzeccata ma ho avuto paura e…ehi, ma stai ridendo?” Chiede,
alzando finalmente lo sguardo.
“In effetti, avevo il terrore che mi stessi per chiedere
quello. Dato che non l’hai fatto, forse posso perdonarti…”
*.*
-.-‘ -.-‘
Con l’espressione più felice della terra, Bill mi si avvicina e si china verso di me, proprio mentre io mi alzo in punta di piedi. Solo che,
forse, calcoliamo male le misure, perché… KABOOM! Altra testata in stile primo
incontro… questo, a modo nostro, è meglio di qualsiasi bacio.
Ç_Ç
Dai,
non piangere… c’è sempre il gemello….
DOV’É???????
*ç*
E lasciateci in pace almeno adesso…Porca l’oca!!!
FINE
Ed eccoci arrivate alla fine! Ringrazio le ragazze che hanno
commentato e anche quelle che commenteranno questo terzo capitolo (il mio
preferito) e vi
ringrazia anche Vitto. Un bacione a tutte, alla prossima!!!
Temperance