On the road

di Anaslover
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 13 Giugno ***
Capitolo 2: *** 14 Giugno ***
Capitolo 3: *** 21 Giugno ***
Capitolo 4: *** 22 Giugno ***
Capitolo 5: *** 25 Giugno ***
Capitolo 6: *** 26 Giugno ***
Capitolo 7: *** 27 Giugno ***
Capitolo 8: *** 27 Giugno, Luke's P.O.V. ***
Capitolo 9: *** 30 Giugno ***
Capitolo 10: *** 6 Luglio ***



Capitolo 1
*** 13 Giugno ***


"Promettimi che starai attenta e chiamami appena puoi."
"Te lo prometto mamma. - cercai di rassicurarla - Sono solo 3 mesi!" dissi con naturalezza. In realtà 3 mesi erano tanti, sarebbero sembrati il triplo lontana da lei.
"La mia bambina va in America!" mi strinse in un abbraccio da togliermi il respiro. Dopo aver ricambiato per quella che mi sembrò un'infinità di tempo, sentii il clacson di una macchina.
"Mamma, devo proprio andare, mi dispiace."
La strinsi più forte e mi allontanai.
Mia madre spostò i miei lunghi capelli scuri dietro le orecchie e posizionò le mani sulle mie guance. 
"Ti voglio tanto bene Sierra. Saranno i mesi più duri della mia vita."
"Ti voglio bene anche io mamma." risposi prendendole le mani.
Nonostante fossi profondamente eccitata per il viaggio, mi si spezzava il cuore a doverla lasciare sola. Non avevo fratelli o sorelle che le avrebbero tenuto compagnia. Di mio padre... notizie non se ne avevano più da tanti anni ormai. Forse era proprio per questo, per la sua mancanza, che io e mia madre vivevamo in simbiosi, lei era entrambi i miei genitori e io ero tutto quello che lei aveva.
"Le medicine sono nel sacchetto viola, hai tutto quello che ti serve. Tira fuori i vestiti altrimenti si sgualciscono. Non tornare con tatuaggi o piercing altrimenti ti chiudo dentro casa per sempre..."
Ecco, la solita. Risi, stampandole un bacio sulla guancia e uscendo dalla porta. Calum caricò la mia valigia in macchina, mentre io salutavo mia madre, ferma sulla soglia, con un gesto della mano. Salii in macchina e feci appena in tempo a mandarle un bacio dal finestrino prima di vederla sparire dietro l'angolo.
Isabelle, la mia migliore amica, mi abbracciò.
"So che ti mancherà, ma sarà l'esperienza più bella della nostra vita."
Mi asciugai una lacrima che minacciava di scendere sulla mia guancia con il palmo della mano. Avevo già voglia di chiamarla, di sentire la sua voce.
Quando la macchina si fermò mi ridestai dai miei pensieri, allungando il collo per cercare di capire di chi fosse quella casa. Non capivo, c'eravamo tutti: io, Isabelle, Ashton, Michael e Calum. Eravamo tutti lì.
Poi vidi la figura di un ragazzo, alto e slanciato, uscire dalla porta. Aveva i capelli biondi. Lo riconobbi quando fu vicino alla macchina.
"Isabelle, perché Luke Hemmings è qui?" domandai confusa.
"Non ti avevo detto che veniva anche lui?" si finse tanto sbalordita quanto lo ero io, ma, nonostante fosse una brava attrice, io non ci cascavo.
"Perché cavolo non me l'hai detto Isabelle? Sei impazzita?"
"Rilassati Sierra."
Come potevo rilassarmi? Ma soprattutto, perché mi aveva tenuto nascosto che sarebbe venuto anche Luke? Isabelle sapeva che non ero in buoni rapporti con lui, anzi non lo sopportavo proprio. Eravamo amici da piccoli, avevo anche avuto una cotta per lui, ma ero solo una bambina di 7 anni. Abitava vicino casa mia e i nostri padri erano migliori amici. Anche tra di noi andava bene, anche se eravamo piccoli, finché un giorno quei due signori che chiamavamo 'papà' erano partiti, a detta loro, per un viaggio di affari e non erano più tornati. Chissà dove erano? Chissà se avevano preso in giro altre donne come avevano fatto con mia madre e con la madre di Luke, se si erano costruiti un'altra famiglia? La domanda che sorgeva spontanea era 'perché noi non gli andavamo bene?'. Ma con il tempo questa domanda si era accantonata nella mia mente. Non c'era bisogno di dare una risposta, il vero problema non eravamo noi, ma loro.
Luke si era arrabbiato con me, aveva detto che era colpa di mio padre, che si era portato via il suo. In realtà si era arrabbiato con l'ingenuità che solo un bambino di 8 anni poteva avere. E mi aveva chiesto scusa tante di quelle volte, sempre invano. Non che me la fossi presa, almeno non così tanto da trascinarmelo dietro per quasi 10 anni. Semplicemente non mi ero più sentita di essere sua amica. E quando lui e la mamma si trasferirono fu tutto più facile, lo vedevo poco e niente. Ecco perché l'idea di dover passare 3 mesi con lui mi aveva lasciato attonita.
Fui talmente sopraffatta dai miei pensieri che non mi resi conto che eravamo già arrivati all'aeroporto di Sydney.
Una volta fatto il check-in, ci rimaneva ancora poco meno di un'ora all'imbarco. Dopo aver preso  un caffè al bar con gli altri, mi allontanai per andare al bagno. Mi sciacquai il viso, posando le braccia sul lavandino e guardandomi allo specchio. Quella giornata non era partita nel migliore dei modi, ma non volevo far andare tutta la vacanza storta, così mi ripromisi di cercare di essere tollerante, di non arrabbiarmi con gli altri per non avermi preannunciato la presenza di Luke e soprattutto di non arrabbiarmi con Luke stesso non appena proferiva parola. Uscii dal bagno e mi diressi dove avevo lasciato gli altri.
Dietro di me qualcuno richiamò la mia attenzione. Mi voltai per trovare Luke a pochi passi di distanza da me. Aspettai che mi raggiunse e riprendemmo a camminare tra i negozi dell'aeroporto.
"Tu non sapevi che ci sarei stato anche io vero?" domandò.
Mi limitai a scuotere la testa. 
"Beh, che ne dici di provare a convivere senza cercare di ucciderci?" mi sembrava sincero in quella richiesta, forse anche lui voleva passare una bella estate con i suoi amici... e con me.
"Ci posso provare." acconsentii senza dare troppo peso alle mie parole. E quella era la conversazione più lunga che avevamo avuto nell'arco di tanto tempo.

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ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti! Ok, non so granché che dire, mi dispiace che abbiate dovuto leggere questa schifezza ma mi è venuta l'ispirazione e ho dovuto iniziare a scrivere questa storia. Da questo primo capitolo non è tutto molto chiaro, ma posso solamente dirvi un paio di cose:
- la mamma di Sierra, anche se non è fisicamente presente, ci sarà sempre, quindi non vi dimenticate di lei;
- questo non è un semplice viaggio, Sierra non ha detto tutto alla mamma, è più un'avventura, ma capirete più in là!
Un'ultima cosa, Isabelle, la migliore amica di Sierra, è Isabelle Fuhrman, la mia attrice preferita nonché una delle ragazze più belle del mondo, è l'attrice che interpreta Clove, chi ha letto o visto Hunger Games sa di cosa parlo!
Vi chiederei di lasciarmi una recensione piccola piccola pleaseeeee, giusto per dirmi se vi ho solo incuriosito un pochino.
Un bacio,
Anaslover

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Capitolo 2
*** 14 Giugno ***


"Siamo appena scesi dall'aereo. Il viaggio è andato bene. Sono emozionatissima..."

Non appena usciti dall'aeroporto ci dirigemmo a piedi trascinando le valigie per le strade del Texas, finché non ci imbattemmo in un autonoleggio in una stradina sperduta. Le auto sembravano essere passate in guerra prima di arrivare li. L'atmosfera era da vero e proprio film horror, senza neanche una casa, una persona nei paraggi. Senza rendermene conto mi trovai a ripercorrere mentalmente le strade che avevamo intrapreso nell'ultima ora per giungere da un luogo così affollato come l'aeroporto a un luogo così macabro.
Un'uomo comparse all'entrata di quel capannone fatiscente. Strizzai gli occhi per la lontananza e cercai di identificarlo meglio.
"Che volete?" domandò bruscamente. E meno male che i clienti devono essere trattati con riguardo.
Era un uomo molto massiccio, indossava una salopette di jeans per il lavoro tutta sporca di olio e un cappello con la visiera. Aveva una sigaretta tra le dita. Forse eravamo arrivati mentre era in pausa, ecco il motivo di tanta indignazione.
"Noi vorremmo noleggiare un'auto, un pick-up se possibile." fu Michael a prendere la parola.
"Ho quello che fa per voi, seguitemi."
Ci inoltrammo all'interno della struttura dove c'era chi stava lavorando a qualche macchina, chi fumava, chi beveva. No, decisamente non eravamo capitati nel posto giusto. 
Trattenni una smorfia di disgusto quando uno di quegli ultra cinquantenni, la cui unica compagna di vita era sicuramente la birra, ammiccò nella mia direzione, gesto che mi fece accelerare il passo a seguito del richiamo di Calum, che mi fece passare avanti a lui. 
Mi avvinghiai al braccio di una Isabelle tanto impaurita quanto lo ero io. 
"Ecco qua." richiamò l'attenzione quell'uomo mostrando con un gesto plateale un vecchio pick-up bianco.
Ci guardammo intorno spaesati senza sapere se prendere o meno quell'auto che probabilmente non avrebbe fatto più di 2 km.
"Quanto vuole?" domandò Michael.
"Ma che fai? - lo richiamò Luke - Non vedi che cade a pezzi?"
"O questo o andiamo a piedi Luke, che vuoi fare?"
Nonostante la mia perplessità fosse altrettanta dovetti riconoscere che Michael aveva centrato il punto. Si perché se non avessimo dovuto trovare un posto dove passare la notte, almeno non saremmo dovuti stare per terra.
Anche Luke sembrò fare il mio stesso ragionamento perché indietreggiò e alzò le mani in segno di resa.
"Datemi 150$ e tenetelo quanto vi pare." sentenziò l'uomo.
Misi subito mano al portafogli e con gli altri cercammo di racimolare la somma che ci era stata chiesta prima che quell'uomo cambiasse idea. In fin dei conti era davvero poco per un noleggio a tempo indeterminato.
Una volta prese le chiavi, Michael si mise alla guida, portandoci tutti via da quel posto. E più ci allontanavamo più mi sentivo tranquilla.
Dopo una mezz'oretta di viaggio in macchina trovammo una piccola locanda, c'erano solo un paio di macchine parcheggiate fuori. Ormai era buio e noi avevamo bisogno di un posto dove dormire.
"Ok, siete stanche, infreddolite e non avete un posto dove andare... Azione!" disse Calum, facendo un gesto come per imitare l'attrezzo per il ciac sui set dei film. Il nostro obbiettivo era pagare pochissimo. Dopo aver pagato la macchina, ci rimanevano su per giù duecento dollari a testa, con i quali, in teoria, saremmo dovuti andare avanti tutta l'estate. Certo era che prima o poi avremmo dovuto comunque trovare un modo per racimolare qualche spiccio.
Solo in quel momento mi resi conto che, tra il tempo per il viaggio e il fuso orario, non avevamo neanche mangiato da quando eravamo partiti. 
Io e Isabelle entrammo nella locanda e dovemmo suonare un paio di volte il campanellino sul bancone prima che una donna venisse ad accoglierci.
"Benvenute, come posso aiutarvi?" domandò cortesemente; per un attimo pensai che avremmo potuto veramente dormire in un letto! 
Mi presi un momento per esaminare il posto. La carta da parati verde scuro con i motivi ornamentali era rovinata, le tende un po' sgualcite, alcune lampadine fulminate. La prima cosa che mi venne da pensare era che purtroppo quel posto era stato penalizzato per il luogo in cui si trovava, non proprio una meta turistica, e quindi era stato destinato alla decadenza.
I miei occhi si fermarono sulle due teste di animali appese sopra il camino. Subito mi venne l'impulso di andare via, dettato dal fatto che io fossi vegetariana, nonché animalista più che convinta. 
"Noi avremmo bisogno di un posto dove passare la notte. Ci sono dei nostri amici fuori..."
E poi Isabelle fece quella domanda, che ci mise alla porta e spazzò via dentro di me ogni briciolo di speranza che riponevo in quel posto. "Quanto vuole?" aveva chiesto.
"70$ a persona."
Sbarrai gli occhi a quella cifra, decisamente non potevamo permettercelo. Salutammo, ringraziando per la disponibilità, e ci dirigemmo fuori con la coda tra le gambe.
"Allora?" chiese Ashton.
"Niente da fare." affermai delusa.
Michael si portò le mani tra i capelli, alzando lo sguardo al cielo. Forse stava pensando a una soluzione. Forse, come me, stava prendendo consapevolezza del fatto che quello che avevamo deciso di fare era da pazzi. Tre mesi, dodici settimane, ottantaquattro giorni con pochi soldi e assolutamente nessun programma. Lo scopo era vivere alla giornata, più un'avventura che un viaggio effettivamente. I nostri genitori non ne sapevano nulla, per loro in questo momento ci trovavamo in un letto d'albergo, e io avrei voluto tanto starci. Stavo iniziando a farmi prendere dal panico. Che cosa avremmo fatto?
"Beh, almeno abbiamo una coperta." Calum cercò di sdrammatizzare. La tirò fuori da un borsone e la stese sul cassone del pick-up, dove ci sistemammo. 
In breve tempo tutti si addormentarono, io invece ero immersa nei miei pensieri. Cosa avrebbe pensato mia madre di me, se lo avesse scoperto? Sarebbe stata delusa e io non volevo questo.
Mi alzai a sedere e posai la schiena sul materiale freddo dell'auto e mi guardai intorno.
Isabelle dormiva beatamente. Eravamo sempre state diverse io e lei, per questo ci prendevamo bene. Eravamo amiche da sempre. Quella più ribelle ero io, quella più menefreghista, più impulsiva. E lei mi compensava, era pacata, ragionevole. Quante cavolate mi aveva impedito di fare.
Accanto a lei c'era Ashton. Erano rivolti uno verso l'altra. Al massimo due settimane di tempo davo loro prima di intervenire, metterli di fronte e dire loro "Ora siete fidanzati". Ash era un tipo divertente, non lo conoscevo da molto tempo ma mi trovavo bene con lui. Aveva sempre il sorriso sulle labbra, era una di quelle persone piacevoli con cui stare.
Poi c'era Calum, il tipo più introverso e silenzioso. Quello che il primo giorno di scuola si mette nel banco in fondo alla classe e ti guarda storto se ti siedi vicino a lui. Io mi ero seduta vicina a lui e ne ero contenta, perché avevo trovato un amico come pochi, una persona davvero speciale.
Spostai lo sguardo. Luke. Me lo ricordavo senza il piercing. Che dire su Luke? Ero in difficoltà. Ogni volta che mi giravo e incontravo il suo sguardo volevo sparire. Anzi, volevo che lui sparisse. Come potevano due occhi così, un viso così, un ragazzo così, infastidirmi? E poi perché ce l'avevo con lui? Forse era arrivato il momento di superarla. Ma lui era strano, non eravamo compatibili, non potevamo essere amici. Avevamo due caratteri diversi. Io non ero più la bambina che aveva bisogno di avere un finto fidanzato per sentirsi bella come le altre. E lui non era più il bambino disposto ad esserlo e a dirmi che ero più bella delle altre. E forse un po' mi dispiaceva. Sarebbe stata una bella amicizia, la nostra, se coltivata nel tempo.
Poi c'era Michael, quello più simile a me, più impulsivo ma forse anche più riflessivo. Michael era quello che cambiava colore di capelli una volta al mese, il ragazzo che tutti pensavano essere strano. Michael era... sveglio.
Corrugai la fronte nel rendermi conto che per tutto il tempo durante il quale ero stato a guardarlo, lui era sveglio.
"Secondo te siamo stati stupidi?" domandai.
Anche lui si sedette e ci pensò su.
"Forse avremmo dovuto pensarci meglio, ma andrà tutto bene, stai tranquilla."
"Io sono tranquilla." subito mi difesi.
Sorrise. Inizialmente rimasi confusa, ma poi capii quel sorriso. Michael mi conosceva bene e non c'era da stupirsi che si aspettasse la mia risposta. Ma in realtà non ero tranquilla, e con quel pensiero in testa mi addormentai sulla sua spalla.

"...L'albergo è bellissimo, ci siamo sistemati in camera, ora stiamo andando a letto. Buonanotte mamma, ti voglio bene."




ANGOLO AUTRICE
Buongiorno a tutti! Scusate immensamente il ritardo ma tra compiti, interrogazioni e tutto è stato impossibile scrive anche solo una riga.
Spero che da questo capitolo si sia capito un po' di più di quello che i ragazzi effettivamente stanno facendo, non il solito viaggio, ma una vera e propria esperienza dove dovranno vivere alla giornata. Ho cercato di dare una caratterizzazione dei personaggi per come li vedo io nella mia storia.
Devo dichiarare apertamente il mio amore a mika1D e Kristy01 che non solo hanno recensito la storia, ma l'hanno anche inserita tra le preferite. Vi farò una statua. 
Ora sparisco!
Un bacione,
Anaslover

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Capitolo 3
*** 21 Giugno ***


"Ciao mamma, qui sono quasi le 20.30, stiamo mangiando una pizza. Dopo penso che torneremo in albergo, siamo tutti molto stanchi..."

"È una settimana che dormiamo per strada, così non possiamo andare avanti. - Isabelle aveva alzato la voce, irritata - Io torno a casa."
Mi sedetti sul cassone del pick-up, portandomi le mani tra i capelli. Pensavo a cosa dire, a cosa fare. Forse saremmo davvero dovuti tornare indietro.
"Come possiamo tornare a casa? Ti ricordo che i nostri genitori non sanno nulla." le rispose Calum.
Esatto. Non sarei potuta andare da mia madre e dirle "Ti ho mentito e siamo tornati perché non riuscivamo a trovare un posto dove stare.", sarebbe stato come darle una pugnalata al cuore. Lei si fidava di me.
"Calum ha ragione, Isabelle. Non possiamo tornare a casa."
"Sierra ti prego, ragiona. Mangiamo solo panini da quando siamo arrivati, tra poco non avremo più soldi neanche per comprare l'acqua."
Aveva ragione. Eravamo quasi senza soldi. Ma comunque avremmo trovato una soluzione, dovevamo trovarne una.
"C'è solo una cosa da fare. Dobbiamo trovare un lavoro." esordì Michael.
"In ogni caso non ci basterebbero i soldi." disse Luke.
"Comunque non abbiamo alternativa." gli risposi brusca.
In fin dei conti era quanto più potevamo fare. Perché doveva fare l'uccello del malaugurio? Certo, nessuno ci avrebbe pagato molto, ma forse saremmo potuti andare avanti ancora un po'.
Mi fulminò con lo sguardo e capii che non gli era andato a genio il mio tono di voce.
"Scusami se sto cercando di mantenere i piedi per terra." obiettò.
"Scusa tu se stiamo cercando una soluzione."
Se a lui aveva dato fastidio la mia risposta, a me aveva dato ancora più fastidio che mi avesse contraddetto.
Lo sapevo, non avrebbe funzionato. Io e Luke non potevamo stare troppo insieme senza litigare. Come era successo quasi ogni altro giorno di quella settimana. Nessuno dei due riconosceva quando aveva torto né tantomeno permetteva all'altro di mettergli i piedi in testa.
"Non ricominciate e andiamo." Ashton si pronunciò per la prima volta da quando quella discussione era iniziata.
Rimasi posizionata dietro, sul cassone, mentre Isabelle mi veniva vicino insieme a Michael. Gli altri si sedettero sui sedili anteriori.
"Dovresti essere un tantino più accomodante."
"Isabelle, non ho intenzione di ascoltare una tua predica. Per la centesima volta, io e Luke non andremo mai d'accordo!"
Non ne potevo più di passare per quella che sbagliava, troppo impulsiva, che parlava senza pensare. La verità era che io non sopportavo Luke Hemmings. E nulla avrebbe potuto farmi cambiare idea.
Dopo meno di dieci minuti di viaggio, l'auto improvvisamente si fermò.
Ashton imprecò mentre tentava di riavviare il motore. Una, due, tre volte. Ma non ripartiva.
Niente andava come sarebbe dovuto andare.
Gettai la testa all'indietro, mordendomi il labbro inferiore, mentre cercavo di isolarmi dal mondo. Ma nonostante ciò continuavano ad arrivarmi le lamentele dei ragazzi che erano con me. Chiusi gli occhi, pregando di riuscire a venir fuori da quella situazione, di riuscire ad arrivare alla fine di quella giornata che sembrava voler finire male.
"Come cavolo abbiamo potuto scordare di fare benzina?" sbottò Luke irritato. 
Michael alzò gli occhi al cielo, come se potesse arrivargli una risposta a quella domanda.
Io, per quel che mi riguardava, ero rimasta li, con gli occhi chiusi, che mi decisi ad aprire solo quando mi accorsi che Calum, Michael e Isabelle si stavano allontanando con una tanica per cercare un distributore.
Ashton si sdraiò sul pick-up, portandosi una mano dietro la testa, mentre io ne stavo scendendo e mi stavo allontanando.
"Dove stai andando?" Luke mi richiamò.
"Non lo so." mi limitai a dire.
Sentii i suoi passi dietro di me ma non me ne curai. Nonostante i nostri continui litigi avevo il sospetto che sarebbe venuto con me. D'altronde si era ormai fatto buio e non era il massimo che io mi allontanassi sola, ma avevo un'inspiegabile voglia di starmene per conto mio, così feci finta che il ragazzo dietro di me non ci fosse. 
Proseguimmo su un tragitto rettilineo in religioso silenzio fin quando non prese parola.
"Si può sapere per quanto ancora dobbiamo camminare senza una meta?"
"Non ti ho chiesto di venirmi dietro." replicai, scontrosa, senza smettere di camminare.
"Non potevo fare altrimenti. Ti sei alzata e te ne sei andata senza dire una parola."
"Forse volevo solo stare sola." la mia risposta fu immediata. Forse ero riuscita a fargli capire che la sua presenza non era gradita.
"Scusa tanto, principessina. Ma se dobbiamo stare tutti ai tuoi ordini, hai anche bisogno di una scorta." commentò, infastidendomi con quell'appellativo.
"Come mi hai chiamata?" mi voltai con sguardo truce, puntando i miei occhi nei suoi.
Azzerò la distanza tra di noi, percorrendo quei tre o quattro metri che ci dividevano.
"Ti ho chiamata principessina. Non lo sei forse? Pretendi sempre che si faccia quel che dici tu, non accetti repliche e rispondi costantemente male."
"Io non rispondo male! - replicai indignata, puntandogli il dito contro - E non provare mai più a chiamarmi così."
Mi voltai, intenta a riprendere il mio cammino, ma fui nuovamente bloccata dalla voce di Luke.
"Vedi come fai? Sei sempre scontrosa e non provare a dire che questo non è rispondere male."
Nuovamente mi girai, guardandolo dritto in faccia. Nei suoi occhi c'era rabbia, disapprovazione. Ma i miei non dovevano essere da meno.
"Ascoltami, non ho intenzione di stare qui a farmi dire che sono una maleducata da te. Chi sei mio padre?" 
Non appena quelle parole lasciarono la mia bocca, mi mortificai per averle pronunciate. In quel caso non era una semplice frase retorica. Detta tra me e Luke era abbastanza inappropriata.
Fece finta di non accorgersene, ma io sapevo che aveva capito il motivo del mio disagio. Tutto quello che rispondeva al nome di 'papà' non era un argomento a noi molto caro.
"A volte mi chiedo anche perché non siamo amici. Sei solo una ragazzina impertinente." continuò, senza curarsi della mia ultima frase.
Questa volta fu lui a voltarmi le spalle e a incamminarsi nella direzione opposta.
"Guarda che se non siamo amici è solo per colpa tua." replicai con rabbia, sorpassandolo e ponendomi di fronte a lui, serrandogli la strada, con le mani incrociate sul petto.
Io non ero impertinente, ero ostinata. C'era differenza tra i due termini. Non avrei mai lasciato che la colpa ricadesse su di me. Un po' per orgoglio, un po' perché anche io a volte mi ero chiesta perché non fossimo amici e nel rispondermi non mi ero identificata come colpevole.
"Ancora con questa storia? - continuò esasperato - Ti ho chiesto scusa centinai di volte, ti sono stato dietro per anni, ero solo un bambino!" alzò il tono di voce.
"Beh, anche io ero solo una bambina." mi difesi, molto arrabbiata.
"Senti, io non ti chiedo di perdonarmi - esordì, placando leggermente la sua voce - ma per lo meno passaci sopra, Sierra. Non puoi vivere attaccata a quel ricordo, odiarmi per una cosa che ho detto ingenuamente. Ti chiedo scusa, ancora. Ma ora smettila e cresci."
Mi aveva forse detto di crescere? Mi aveva dato della ragazzina insolente e mi aveva detto di crescere! La rabbia ribolliva nelle mie vene, ma quello che aveva detto mi aveva lasciato abbastanza sconvolta da farmi tacere. Non ero certa che fosse mai successo prima. Ero abituata ad avere sempre l'ultima parola. Ma in quell'occasione Luke mi aveva tenuto testa e non si era lasciato intimidire dai miei modi bruschi. 
Mi superò e mi misi al suo seguito a testa bassa. Mi sentivo incredibilmente ridicola, ad andargli dietro così, senza riuscire a proferire parola. Quelle parole erano riuscite a scalfirmi, a lasciare una cicatrice invisibile sulla mia pelle. 
'Io non ti chiedo di perdonarmi, ma almeno passaci sopra, Sierra.' aveva detto.
Il problema era opposto, io lo avevo perdonato, ma non riuscivo a dimenticare.

"È tutta colpa sua! L'ha portato via." affermò con rabbia il bambino biondo, guardando con severità la piccola bambina di fronte a lui.
"Non è stata colpa di mio papà!" provò a difendersi la piccola, con gli occhi scuri colmi di lacrime.
"Se tu lo difendi è anche colpa tua. Non voglio più essere tuo amico." fu la risposta, il decreto irremovibile del biondino dagli occhi del colore del cielo. Anzi, in quel momento, sembravano di ghiaccio.
Detto ciò uscì dalla stanza, lasciando la bambina triste in preda al pianto. I lunghi capelli castani le si attaccavano al viso a causa delle lacrime. Continuò così finché non arrivò la mamma, che la tranquillizzò tra le sue braccia.

Questo ricordo era vivido nella mia mente, sembrava di averlo vissuto solo il giorno prima. Ricordavo quell'episodio mentre tornavamo indietro.
'Non puoi vivere attaccata a quel ricordo, odiarmi per una cosa che ho detto ingenuamente.'
Le parole di Luke tamburellavano nella mia testa. Io non lo odiavo, ma non volevo aprirmi di nuovo a lui.
Avevo paura a fidarmi di lui.
Paura di un nuovo abbandono.
Che fosse arrivato davvero il momento di dimenticare?
Arrivati alla macchina, tornai al mio posto dietro al cassone, trovando Ashton come lo avevo lasciato, che si tamburellava le dita della mano libera sullo stomaco. Luke era seduto sui sedili anteriori. Non si era minimamente curato di me.
'Ma ora smettila e cresci.' erano state le sue ultime parole. Quelle che mi provocavano più rabbia. Il mio rancore era legittimo e non facile da dimenticare. Con quel pensiero riuscii a convincermi di nuovo di non essere dalla parte del torto.
"Avete litigato di nuovo, vero?" domandò cautamente Ashton, attento a non farsi sentire dall'amico. Annuii, guardandolo e ricevendo un sorriso da parte sua che mi tirò un po' su di morale.
Tuttavia non vedevo l'ora che quella giornata finisse, volevo dimenticarla del tutto.

"Ora sono a letto mamma. Sto morendo di sonno. Indovina un po'... anche oggi ho litigato con Luke! Non cambierà mai nulla.
Buonanotte, ti voglio bene."



ANGOLO AUTRICE
Buonaseraaaa! Anzi buonanotte, è l'una! Allora, che dire? Non mi piace questo capitolo... 
Mi sembrava giusto che questo argomento venisse a galla e che anche Luke avesse la possibilità di esprimersi. Inoltre è riuscito a far scattare qualcosa in Sierra, che l'ha portata a riflettere sulle famose parole del baby Luke... ma lei è troppo orgogliosa per arrivare fino in fondo e capire perché, dopotutto, si sia sentita minimamente in colpa anche lei. 
Non sono riuscita ad inserire la parte del ricordo in una scrittura diversa, spero si capisca. Scusate anche per la brevità.
Non so tra quanto posterò, visto che a giorni partirò per la gita, male che va ci sentiamo al mio ritorno!
Se vi va lasciatemi una recensione.
Un bacio,
Anaslover

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Capitolo 4
*** 22 Giugno ***



"Buongiorno mamma... Sono stanchissima, stanotte non abbiamo dormito molto."

Il giorno seguente aprii gli occhi al suono del tono alto di voce di Michael, che ordinava di smettere di litigare. Strofinai le mani sulle palpebre per mettere a fuoco i ragazzi a pochi metri di distanza da me. Isabelle mi stava accanto e dormiva ancora, così come Ashton e Calum. Realizzai che ancora non c'era luce ed estrassi il telefono dalla tasca per guardare l'ora. 2.45. Tornai a catalizzare l'attenzione sulle voci che sentivo. Inizialmente pensavo fosse un altro stupido litigio per la benzina o per i soldi, invece distinsi una terza voce, a me sconosciuta. Mi alzai e raggiunsi i ragazzi che parlavano con un uomo, alto e robusto. Alle sue spalle si trovava un camion enorme con un altro uomo appoggiatovi, leggermente più basso e tozzo.
"Che succede?" domandai confusa.
"Niente." mi rispose Luke senza neanche voltare lo sguardo verso di me. Con un gesto della mano fece come per zittirmi e questo mi infastidì non poco.
Colpii la sua mano per fargliela abbassare e ottenni l'attenzione di tutti.
"Che è successo?" chiesi di nuovo, questa volta con tono che non ammetteva repliche.
"Niente davvero, Sierra, torna a dormire." disse Michael.
"Infatti ragazzina, torna su quel catorcio e non ti intromettere." la risposta di quell'uomo mi aveva dato ancora più fastidio del gesto di Luke.
"A chi hai dato della ragazzina, idiota?" feci un paio di passi in avanti verso di lui prima che Luke mi cingesse la vita con le braccia, sollevandomi e riportandomi al mio punto di partenza. Si era voltato verso quel tipo, rivolgendosi a lui con espressioni non esattamente lusinghiere e poi in un attimo era successo tutto. Se c'era una cosa in cui io e Luke eravamo simili era il fatto che non pensavamo mai prima di agire, figurarsi poi se eravamo arrabbiati. Parlavamo e basta, poi magari ce ne pentivamo, ma non c'era verso di farci rimangiare nulla. Solo che io, con questo modo di fare, ci guadagnavo magari qualche parolaccia, mentre per lui era più facile ricevere un pugno, proprio come in quell'occasione.
"Ok, andatevene, ci penso io." Michael ci aveva praticamente cacciati. Luke non era molto intenzionato a lasciar stare ma anche io mi ero accorta che non era il caso di proseguire, così lo spinsi con forza nell'altro senso lasciando Michael e quei due nello spiazzo dove era parcheggiato il pick-up. 
"Tutto questo per aver chiesto un dannato passaggio." si lamentò a denti stretti, ma decisi di non approfondire.
Camminammo una decina di minuti prima di vedere una piccola locanda.
"Siediti." con un gesto della mano lo indirizzai ad un tavolo.
Andai al bancone e chiesi alla donna del ghiaccio, che portai a Luke, ordinandogli di metterlo sull'occhio gonfio.
Mi sedetti di fronte a lui, iniziando a giocare con una bustina di zucchero.
"Perché?" mi chiese improvvisamente.
"Perché cosa?"
"Pensavo non mi sopportassi."
"È così." ci tenni a precisare.
"Allora perché ti preoccupi così tanto?"
"Non metterti in testa strane idee - posai la bustina al suo posto e spostai il mio peso sui gomiti, poggiati sul tavolo, guardandolo negli occhi - semplicemente non voglio averti sulla coscienza. Solo perché ti ho preso del ghiaccio non significa che io sia dalla tua parte, o che siamo amici."
Per interminabili secondi i nostri occhi furono fissi gli uni negli altri. I suoi cristallini erano puntati nei miei. Il suo sguardo era di sfida. E nessuno dei due avrebbe abbandonato, lo sapevo bene.
"Hey, ragazza, vieni qui." qualcuno richiamò la mia attenzione e mi alzai dalla sedia lasciando decadere li il discorso.
Mi avvicinai alla donna dietro il bancone e mi sistemai sullo sgabello davanti a lei.
"Che è successo al tuo ragazzo?"
"Non è il mio ragazzo."
"Che gli è successo?" insistette la donna.
"Ha preso un pugno in faccia." spiegai. Fece un cenno di assenso col capo.
"Lillie." mi porse la mano e io la strinsi.
"Sierra."
Prese due tazze e ci versò del caffè.
"Offre la casa."
Ringraziandola, le accettai.
"Voglio darti un consiglio: ti conviene fingere che sia il tuo ragazzo. Non so se ti sei guardata intorno, ma siamo in piena notte nel posto più sperduto del Texas. Questi qui sono camionisti. Non capita molto spesso una ragazza giovane e con un bel faccino da queste parti."
"Proverò a non vomitare." cercai di accettare il consiglio.
"Il ragazzo non è male." mi disse Lillie.
"Fidati, quando lo conosci è pessimo." mi giustificai.
Presi le due tazze di caffè e tornai al mio posto. Gliene posai una davanti, rimanendo in piedi. Stavo cercando di capire cosa fosse meglio fare. Mi voltai e vidi Lillie fare un cenno con la testa per incoraggiarmi. Guardai di nuovo Luke, che era palesemente confuso, non capendo esattamente perché ero rimasta li immobile.
"Credevo non avessi soldi con te." Ruppe il silenzio.
Roteai gli occhi al cielo, abbandonandomi sul sedile accanto al suo e alzandogli il braccio per portarlo intorno alle mie spalle.
"Se li avessi avuti sicuramente non ti avrei offerto un caffè. Sbrigati voglio andarmene via."
Ora si che aveva capito il motivo della mia indecisione. Un ghigno divertito si formò sul suo volto, ero pienamente consapevole che non ne sarebbe rimasto indifferente. Avrebbe trovato il modo di farmene pentire.
"Che c'è? La principessina ha paura dei brutti ceffi?" sussurrò vicino al mio orecchio. Almeno sembravamo davvero fidanzati.
"Ti ho detto di smetterla di chiamarmi così, a meno che tu non voglia anche l'altro occhio nero."
Ancora una volta fece quel sorriso ironico, di presa in giro. Pensava forse che non ne sarei stata capace? Glielo avrei provato volentieri se in quel momento non fosse stato il mio "fidanzato".
"Muoio dalla voglia di tirarti un calcio nello stomaco." sorrisi, come se gli avessi appena detto che lo amavo.
"Muori dalla voglia di farmi tutt'altro."
Mi aveva davvero stufato. Mi alzai dal tavolo e uscii, salutando Lillie con un gesto della mano e ringraziandola per la sua gentilezza.
Mi rimisi in cammino verso il pick-up, rimpiangendo anche il momento di essermi messa in mezzo a quella discussione, mi sarei dovuta girare dall'altra parte e continuare a dormire. 
Ogni attimo che passava accresceva in me l'odio nei suoi confronti. Quella sensazione di calore nel mio stomaco.
"Aspetta, stavo scherzando.", mi richiamò, a pochi passi di distanza da me.
"Lasciami in pace."
"Fermati!"
Mi voltai per gridargli quelle stesse parole di nuovo, con tutto il disprezzo che avevo in corpo, accellerando il passo per aumentare la distanza tra di noi.
In un attimo mi ritrovai al suolo, rendendomi conto solo dopo di essere inciampata su una pietra.
"Ti sei fatta male?" Luke accorse subito in mio soccorso, inginocchiandosi accanto a me e prendendomi la mano per farmi alzare.
"Non mi toccare." riuscii ad alzarmi da sola nonostante provassi un fortissimo dolore alla caviglia sinistra.
Iniziai a camminare, ma un lamento lasciò inevitabilmente le mie labbra.
"Ti aiuto." si offrì.
"Ce la faccio." mi difesi, scansandolo ancora.
"Ma se non riesci a camminare! Smetti di fare la ragazzina e fatti aiutare." alzò il tono di voce.
Volevo tirargli uno schiaffo, un calcio. Come si era permesso di alzare la voce con me? Di darmi della ragazzina, di nuovo?
Prima che potessi ribattere qualcosa, Luke mi prese un braccio, portandoselo dietro le spalle, mentre con l'altro mi cinse la vita, posando la sua mano sulla pelle della mia pancia lasciata scoperta dal tessuto della camicia.
Con la mano sinistra teneva la mia, per far si che il mio braccio, data la differenza di altezza non indifferente, non scivolasse. 
In ogni punto in cui toccava la mia pelle lasciava una scia di fuoco. Forse perché non avevamo mai avuto un contatto così ravvicinato.
La sua presa era salda e mi impediva di cadere.
Una volta arrivati allo spiazzo trovammo solo Michael e Calum svegli, seduti dietro il cassone del pick-up, che ci vennero incontro quando videro che zoppicavo.
"Che ti è successo?" chiese Michael prendendo il posto di Luke al mio fianco. E gli fui grata per aver posto fine a quel contatto.
"Niente, sono solo inciampata."
Salì sul cassone della macchina e poi mi porse le mani, mentre Luke mi prese i fianchi da dietro per alzarmi e farmi salire. Fuoco, di nuovo.

"... Sono anche inciampata e mi fa male la caviglia, ma ci ho già messo la crema che avevo in valigia.
Ci sentiamo dopo, mi manchi un sacco!"



ANGOLO AUTRICE
Ok, sono terribilmente mortificata per questo ritardo improponibile, soprattutto considerando che avevo parte di questo capitolo già scritta. È che non mi veniva in mente proprio niente e quindi ho dovuto anticipare la parte già scritta che indicativamente doveva essere successa il 30 Giugno. A dirla tutta, un giorno ho avuto l'ispirazione con questa scena e ho buttato giù qualcosa, poi ci ho costruito tutta la storia intorno, dunque ci tengo particolarmente a questo capitolo. E quindi un po' mi dispiace perché ho dovuto inventare un espediente per far nascere un litigio e non ne sono affatto soddisfatta. Inoltre ho paura di averlo anticipato di troppo. Vi chiedo comunque di farmi sapere cosa ne pensate del capitolo...
A questo punto aggiornerò credo dopo la prossima settimana, così, con la fine della scuola, posso concentrarmi un po' di più e far uscire qualcosa di meglio.
Vi prego però (anche se ve l'ho già detto) di dirmi se vi è piaciuto o meno.
Un bacione,
Anaslover

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Capitolo 5
*** 25 Giugno ***


"Ciao mamma. Le cose qui non vanno per il meglio, c'è un po' di tensione tra di noi..."

La situazione si era messa male e stavamo prendendo in considerazione l'idea di tornare a casa, sul serio però.
"Quanto abbiamo?" chiese Calum.
"Pochissimo." lo informò Ashton.
"Non ci bastano neanche per tre giorni." intervenne Michael, rigirandosi il piccolo mazzo di denaro tra le mani.
"Anche se volessimo, non potremmo neanche comprare i biglietti per tornare in Australia." commentò Isabelle con tono abbattuto.
Luke, alla guida, fermò l'auto e tutti scendemmo.
"Non ci posso credere. State mollando. Come potete buttare tutto all'aria senza neanche provare?" sbottò Ashton.
"Ma ci abbiamo provato. - risposi - Non saremmo qui altrimenti. A questo punto ci vorrebbe solo un miracolo."
Per tutti noi quella era una sconfitta, ma purtroppo non avevamo modo di fare altro.
"Sierra ha ragione, amico. Abbiamo fatto tutto quello che potevamo." disse Calum, poggiandogli una mano sulla spalla.
Entrammo nella struttura all'aperto del motel e ci dirigemmo verso l'area ristoro. Una volta oltrepassata la grande porta ci ritrovammo in un locale piuttosto modesto. Una fioca luce proveniva dall'unico lampadario acceso, che era posizionato proprio al centro, per il resto era tutto illuminato dalla luce proveniente dalle finestre. L'arredamento era essenziale: un bancone, tavoli con delle sedie o con delle panche, un piccolo palco con degli strumenti sopra.
"C'è nessuno?" domandò Michael.
"Sono subito da voi." rispose una voce femminile proveniente dalla cucina.
"Una batteria!" esclamò Ashton, prima di salire sul palco e iniziare a suonare. 
Poco dopo Michael lo raggiunse, aggiungendo al suono preesistente quello della chitarra.
Sorrisi nel vederli suonare spensierati. Quello era ciò che gli piaceva fare.
"Niente male." 
Una voce, la stessa di prima, richiamò la nostra attenzione. Mi voltai per trovare una ragazza alta e dal fisico esile. Un caschetto di capelli biondi le incorniciava il viso, mettendo in risalto i suoi occhi verde smeraldo. 
"Siete di queste parti?"
"No, in realtà siamo di passaggio. Stiamo cercando di trovare i soldi per tornare a casa, in Australia." spiegò Calum.
La ragazza fece un cenno di assenso, poi ci invitò ad aspettare li il suo ritorno. Entrò di nuovo in cucina e ne uscì pochi attimi dopo trascinando un uomo dalla folta barba.
"Lui è mio padre. Dicevate di avere bisogno di un lavoro se non sbaglio. Beh, noi abbiamo bisogno di un gruppo che suoni qui. Avevamo acquistato gli strumenti per dei ragazzi che poi si sono tirati indietro." 
"Si! Si, si. Assolutamente. Grazie!" accettò subito Ashton.
Guardai Isabelle incredula. La velocità con cui si era svolta la vicenda mi aveva impedito di realizzare appieno. 
"Suonano anche loro! Hanno una band. - disse Isabelle riferendosi ai due ragazzi accanto a noi, dandogli poi una spinta sulla schiena - Che aspettate? Fategli sentire qualcosa."
Sapevo che avevano una band, ero anche andata a sentirli suonare durante le prove qualche volta. Fino a poco tempo prima postavano dei video su internet e andavano piuttosto bene, ma da un po' avevano smesso. Erano sempre stati bravi. Erano migliorati però. Nulla a che vedere con l'ultima volta che li avevo ascoltati. La mia inimicizia con Luke mi aveva impedito di seguirli nella loro crescita e mi ritrovavo li ad ascoltare una canzone decisamente molto bella che non sapevo neanche avessero scritto. Mi sentii una stupida. Come avevo potuto permettere che i miei problemi con Luke interferissero con il mio rapporto con i ragazzi. Michael, Calum e Ashton erano tra i miei migliori amici e, dopotutto, anche Luke lo era stato. Mi maledissi per essere stata una pessima amica. E in quel momento decisi che non sarebbe successo più.
Battei le mani con entusiasmo e mi girai in attesa di un giudizio.
L'uomo in piedi alle mie spalle faceva un cenno in direzione della figlia.
"Si, mi piace."
Certo non contenemmo l'entusiasmo. I ragazzi iniziarono a dare libero sfogo alla loro contentezza. Io e Isabelle ci abbracciammo. Sentendoci finalmente liberate da un grosso peso.
"E voi due?" l'uomo si rivolse a noi.
Io e la ragazza al mio fianco ci guardammo senza sapere cosa dire.
"Loro potrebbero aiutarmi in sala, sono sempre sola." intervenne la bionda.
"Affare fatto. Iniziate tutti questo fine settimana. Se avete bisogno di un posto dove stare potete prendere gli alloggi del personale. Cindy accompagnali."
Detto questo il nostro benefattore si girò e tornò in cucina.
La ragazza guardò me e Isabelle sorridendo mentre dalle spalle venivamo coinvolte in un grande abbraccio da parte dei ragazzi.
"Io sono Cindy." si presentò gentilmente.
"Sierra." le strinsi la mano in modo amichevole e gli altri fecero lo stesso.
"Seguitemi, vi accompagno alle vostre camere."
Andammo verso il pick-up e ne tirammo fuori le valigie per la prima volta.
Cindy ci guidò su per le scale esterne che davano sul parcheggio e poi lungo un corridoio, bloccato da una ringhiera, che affacciava su un piccolo giardino quadrangolare circondato da altre stanze.
"Quando dovete venire giù al locale utilizzate le altre scale." ci informò indicando il lato opposto a quello dove ci trovavamo noi.
"Viene molta gente qui?" domandò Luke.
"Abbastanza. Siamo vicino l'autostrada ed è un punto di passaggio piuttosto frequentato. Oh, ecco la prima camera. Signorine, a voi l'onore." mi consegnò un mazzetto composto unicamente di un portachiavi e la chiave stessa per aprire la porta.
Assegnò poi casualmente le altre chiavi ai ragazzi, indirizzando Michael e Calum verso una stanza a due metri di distanza dalla nostra e Luke e Ashton verso quella vicino le scale che ci aveva indicato poco prima.
Io e Isabelle facemmo il nostro ingresso e ci stendemmo sul letto. Ce ne era uno solo ma questo non ci creava problemi. Non mi sembrava vero sentire una superficie morbida sotto il mio corpo. Erano settimane che non dormivamo su un vero e proprio letto ed era sembrata un'eternità.
Poco dopo mi alzai per ispezionare la stanza. Le pareti erano di una tonalità di marrone chiaro, così come ogni singolo pezzo di arredamento. Di fronte al letto c'era un armadio e, accanto a questo, una porta, che aprii.
"Isabelle, ti rendi conto che questo è un bagno vero?" dissi, indicando all'interno della stanza.
Sorrise caldamente.
"Ci pensi che finalmente abbiamo un posto dove stare? Possiamo mangiare e dormire qui. E in più avremmo anche modo di mettere da parte i soldi... per tornare a casa." la sua voce si fece flebile mentre pronunciava la fine della frase.
Ma, in fin dei conti, non era ancora detta l'ultima parola. Le cose si stavano sistemando e forse non sarebbe più stato necessario anticipare il ritorno.
"Si, ed è tutto merito di Ash che si è messo a suonare! A proposito, è da un po' che non trattiamo più l'argomento Irwin."
Mi avvicinai a lei, sedendomi di nuovo sul letto.
"Certo che no, tu sei troppo presa dalla tensione sessuale Hemmings!"
"Isabelle! - la rimproverai - Che diamine dici?"
"Non pensare di farla franca con me. Io sono la tua migliore amica, se non te le dico io queste cose, chi te le dice?" il suo tono era fermo, come se stesse affermando una cosa ovvia, che accompagnò con un'alzata di sopracciglia e una scrollata di spalle.
"Ma sono stupidaggini! Tra me e Luke non c'è assolutamente quel tipo di attrazione. Ci detestiamo a dire la verità."
Le sue parole mi avevano però fatto sorgere un dubbio. Mi interrogavo su quella sensazione di fuoco che negli ultimi giorni mi aveva pervaso. Prima non succedeva. Senza dubbio era la rabbia. Si, la rabbia. Gli atteggiamenti di Luke mi irritavano a tal punto da farmi ribollire il sangue nelle vene. Era questa la ragione.
"Se lo dici tu."
Isabelle mi conosceva bene, fin troppo bene a dire la verità, e sapeva quando era il caso di lasciarmi con le mie convinzioni.
A quel punto, l'avevo convinta, dovevo esserne contenta, giusto?
Ma qualcosa, nel suo tono di voce, mi impediva di essere certa che la pensasse esattamente come me.
"Allora, Ashton?" domandai, riportando il discorso al suo punto di partenza.
"Non lo so. Non ne abbiamo più parlato dopo quella sera..."
"Parli della sera prima di partire, quando mi hai chiamato esaltata dicendo che era passato sotto casa tua per vedere se era tutto pronto?"
"Esatto. Mi aveva detto delle cose molto carine, ma da quando siamo qui, niente. Lui mi piace, davvero."
Si portò il cuscino sulla faccia.
"Forse perché qui non ne ha avuto occasione. Ma anche tu gli piaci, è palese. Ti ha portata al ballo, siete anche usciti una volta. Manca la spinta finale. Lascia che se ne occupi zia Sierra."
Le pizzicai i fianchi per farle lasciare il cuscino e le liberai la visuale, portando poi le braccia intorno al suo collo per abbracciarla.
"Ti fidi di me se ti dico che prima o poi succederà?"
Allontanai la testa per guardarla in viso.
"Solo se tu mi credi quando ti dico che la famosa tensione sessuale è altissima quando siete insieme."
Roteai gli occhi al cielo, coprendola di nuovo con il cuscino.
Era così ostinata. E questo mi faceva sorridere.
Da quando eravamo partite non avevamo avuto occasione per stare sole, fare quattro chiacchiere, solo io e lei, e questo mancava ad entrambe.
"Davvero! - si liberò subito della mia presa - È come vi guardate, vi sfidate."
"Ok, adesso smettila, sul serio."
dissi, chiudendomi in bagno.
Raggiunse la porta, cercando di aprirla, ma io la tenevo barricata da dentro.
"Tu me lo diresti se avessi ragione, vero?" stavolta il suo tono era serio.
Mi guardai allo specchio, mentre mi facevo seria a mia volta.
"Saresti la prima a saperlo."

"Oggi abbiamo trovato un lavoro e siamo molto sollevati. Certo non ci sarà più molto tempo per noi ma almeno avremmo qualche soldo in più per ogni eventualità.
Ci sentiamo domani.
Mi manchi da impazzire!"



ANGOLO AUTRICE
Buonaseraaaa! Scusate per questo ritardo, vi avevo detto che avrei aggiornato entro la settimana scorsa ma ero bloccata. Mi perdonereste se vi dicessi che due ore fa stavo caricando il capitolo quando, all'improvviso, ho perso tutto? Così mi imparo a scrivere dal telefono.
Comunque, ho cercato di riscrivere il più velocemente possibile ma, se già prima non ero soddisfatta al 100% del capitolo, ora non lo sono per niente, non mi piace come scorre, il ritmo è troppo veloce.
Ad ogni modo, ho cercato di caratterizzare meglio l'amicizia tra Sierra e Isabelle, cosa che voglio fare, piano piano, con tutti i personaggi, e con chi iniziare se non con la sua migliore amica?
Che altro volevo dire? Ah, si! Stasera c'è il concerto dei One Direction a Milano, chi di voi è andata e chi, come me, è rimasta a casa? In realtà io non ascolto i 1D ma sarei voluta andare almeno ieri a vedere i miei amori all'incontro per l'uscita del CD. Sarei dovuta andarci ma poi non c'è stato il tempo materiale per organizzarmi. Pazienza, spero di poter andare la prossima volta. 
Prima le mie amiche mi hanno chiamato dal concerto ed ho sentito Don't Stop, Disconnected, She Looks So Perfect e un'altra canzone che non sono riuscita a distinguere perché sentivo poco e male.
Scusate se vi annoio ma posso condividere la mia amarezza con voi!
Ok, ora basta, altrimenti mi venite a cercare sotto casa!
Un'ultima cosa, per il prossimo capitolo non dovrete aspettare molto perché è già pronto, perciò raccolgo qualche commento su questo e in due, massimo tre giorni posto l'altro.
Piccolo spoiler insignificante: preparatevi perché sarà piuttosto movimentato!
Fatemi sapere cosa ne pensate e, perché no, cosa vi aspettate.
Un bacione grande grande,
Anaslover

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Capitolo 6
*** 26 Giugno ***


"Buongiorno mamma! Ti ho detto che abbiamo dovuto cambiare hotel per il lavoro? Ieri abbiamo passato l'intera giornata a riprendere le nostre cose e oggi dobbiamo disfare le valigie qui. Ci sentiamo più tardi."

Il giorno dopo sistemammo le nostre cose nelle camere.
Mi svegliai e lanciai uno sguardo ad Isabelle, che ancora dormiva. Mandai il solito messaggio mattutino a mia madre ed andai in bagno per cercare di sistemarmi. Tirai su i miei capelli in uno chignon disordinato ed entrai nella doccia.
L'acqua sul mio corpo sembrava portare via ogni tipo di preoccupazione. Gli avvenimenti del giorno precedente mi avevano risollevato notevolmente. Ma mi sentivo ancora tremendamente in colpa perché stavo mentendo a mia madre. Non le avevo mai detto una bugia e, se forse lo avevo fatto, era stata insignificante e a fin di bene, tanto da non riuscire a ricordarlo. 
Le avevo detto che avevamo pagato tutto prima di partire, che avremmo mangiato e dormito in un albergo, non in una macchina che cadeva a pezzi. E ora le avevo detto che avevamo cambiato hotel, ma quello dove eravamo, per quanto potessimo apprezzarlo, era tutt'altro che un hotel.
Mi resi conto di essere sotto la doccia da molto tempo, come mia abitudine, e ne uscii. Avvolsi l'asciugamano intorno al mio corpo e tornai nella stanza da letto.
"Oh mio Dio! - sobbalzai - Luke! Che cavolo ci fai qui?" dissi a voce alta per lo spavento.
Lui, dal canto suo, rimase colpito per il mio tono.
"Scusa... Non volevo spaventarti."
Entrambi ci rendemmo conto del piccolo pezzo di stoffa che avvolgeva il mio corpo e, mentre io cercavo di coprirmi il più possibile, Luke si girò di scatto.
"Davvero, scusa."
Raccolsi freneticamente qualche indumento a caso dalla valigia aperta sul pavimento, accanto all'armadio, e tornai immediatamente in bagno.
Mi infilai un paio di pantaloncini e un top, per poi mettere una camicia sulle spalle.
Una volta aperta la porta lo trovai esattamente come era prima, di spalle.
"Puoi girarti." lo informai con tono neutro.
Mi sedetti dal mio lato del letto, dandogli io le spalle e infilai le scarpe.
"Dovresti indossare un asciugamano meno striminzito." disse con un ghigno divertito sul volto. Questo mi infastidì molto.
"Dovresti bussare prima di entrare in camera mia!" risposi brusca.
"Ho bussato! - si difese - Ma eri sotto la doccia e non hai risposto."
"Allora non saresti dovuto entrare!" mi girai per guardarlo negli occhi.
"Senti, non sono venuto perché ne avevo voglia, semplicemente mi sono svegliato trovando un biglietto che diceva di passare a chiamarti e scendere." il suo tono era duro, come sempre, come se mi stesse rimproverando.
Sentii bussare alla porta e lo superai per aprire.
Cindy si parò davanti a me con un grande sorriso.
"Buongiorno Sierra! - mi salutò con un grande sorriso - Oh Luke, sei qui. Stavo per chiamare anche te. So che avreste dovuto iniziare domani sera, ma sono arrivate delle forniture per il locale e serve una mano per sistemarle." spiegò.
Raccolsi il mio telefono tra le coperte del letto ancora disfatte e uscii dalla porta, chiudendola a chiave.
"Non preoccupatevi - si girò mentre scendevamo le scale - ho convinto mio padre a non farvi lavorare domani, così potete venire a fare un giro con me e le mie amiche se vi va."

Dopo tre ore che scaricavamo scatoloni, montavamo tavoli e sedie eravamo sfiniti.
"Non ci avevano detto che avremmo dovuto sgobbare così." si lamentò Luke, mentre spostavamo un tavolo contro il muro.
"Siamo arrivati al momento sbagliato." sorrise Michael, cercando di allentare la tensione.
"Non sto scherzando Michael, non ci pagano abbastanza."
"Ci danno una sciocchezza in realtà." precisai.
"Dovremmo essere grati di aver trovato almeno questo."
Lo guardai alzando le sopracciglia. In fin dei conti aveva ragione e ne ero consapevole. Inoltre speravo fosse una cosa occasionale.
"Beh, non so te, ma io non sono qui per farmi sfruttare così. Pensavo di dover suonare."
Detto questo si girò e uscì dal locale sotto gli occhi di tutti.
Io e Michael ci scambiammo uno sguardo interrogativo. Scossi la testa in segno di dissenso per il suo comportamento.
Ad ogni modo uscii per parlare con lui. Aveva sempre avuto l'abitudine di tagliare corto nelle conversazioni in cui qualcuno lo contraddiceva. Ed era un po' quello che facevo io.
Lo seguii all'esterno del locale, lontano dallo sguardo di tutti gli altri.
"Non ti sembra di esagerare?" domandai retoricamente.
Non mi rispose; si limitò a girare l'angolo, continuando a darmi le spalle.
"Sto parlando con te." dissi, picchiettando sulla sua spalla.
Quando capii che non mi avrebbe risposto mi rassegnai, incrociando le braccia e andandogli dietro. Non sapevo perché lo facevo. Perché ogni volta capitolavo e mi ritrovavo a seguirlo in silenzio. Questo non succedeva con nessun altro.
Si fermò in quella che sembrava la baracca di un meccanico, a pochi minuti di distanza dal punto di partenza. C'erano macchine sporche, rotte, qualcuna forse che si poteva ancora recuperare, qualcun'altra irrimediabilmente incidentata.
Andò verso il grande ingresso del capannone ma non seppi bene perché, avevamo una macchina e non potevamo certo permettercene un'altra.
Ne uscì poco dopo, trainando una moto.
"Che devi farci con quella?"
"L'ho noleggiata."
Avrei voluto congratularmi con lui per essere riuscito a riacquistare la parola, ma la mia reazione fu di tutt'altro tipo. 
"Sei impazzito? Non abbiamo soldi neanche per comprarci da mangiare e tu noleggi una moto?"
"Rilassati, l'ho pagata solo 30$." commentò con nonchalance.
La mia perplessità doveva essere evidente perché mi rivolse uno sguardo interrogativo dopo essere salito sul catorcio ed essersi infilato il casco.
"E tu ti fidi ad andare in giro su una cosa da 30$?" chiesi, indicando il veicolo.
Tutto ciò che ricevetti in risposta fu un sospiro esasperato.
"Sali o no?" domandò porgendomi un altro casco.
"Assolutamente no!"
Un ghigno divertito si formò sul suo viso, accompagnato da un "Lo sapevo."
Lo guardai stranita, puntando i miei occhi nei suoi. Quegli stessi occhi che avevano una miriade di effetti diversi su di me. Mi intimidivano, mi congelavano, oppure, come in quel caso, mi sfidavano.
Afferrai il casco dalla sua mano, ancora sospesa a mezz'aria, e salii dietro di lui, allacciando le braccia intorno al suo busto. 
Lo sentii mormorare qualcosa di indistinto prima di dare gas e partire e solo in quel momento mi resi conto che gli avevo permesso di avere la meglio su di me ancora una volta.


Accostò al lato della strada, nonostante non passasse nessuno in quella via deserta, e si fermò. Mi tolsi il casco e scesi dalla moto, cercando di distinguere qualcosa intorno a me, ma tutto ciò che vedevo era una strada che non finiva mai e nulla intorno.
"Hai una cartina?"
Controllai nella tasca posteriore dei miei pantaloni ma non trovai nulla. Scossi la testa, voltandomi dall'altro lato. Ce la stavo mettendo tutta per non urlargli contro.
"C'era un paesino a una ventina di minuti da qui, torniamo indietro."
Tornai dietro di lui senza replicare e aspettai di vedere man mano qualche casetta che appariva ai lati della strada. 
Scendemmo accanto a quella che ci sembrava una piccola locanda. Luke provò ad entrare per chiedere qualche informazione ma la porta era chiusa.
Mi lasciai cadere sugli scalini esterni con un rumoroso lamento.
"Perché cavolo sono venuta con te? Non fai altro che causarmi problemi Luke."
Si era seduto accanto a me e fissava un punto indistinto davanti a lui. Mi ritrovai a chiedermi se avesse intenzione di smettere di parlare di nuovo. C'erano moltissime cose che avrebbe potuto dire, si sarebbe potuto scusare, avrebbe potuto controbattere, ma non faceva nulla.
"Sono stanca di te."
Mi alzai alla ricerca di qualcosa, anche se non sapevo bene cosa. Forse una persona, un edificio che sembrava avere qualcuno al suo interno. Lui si alzò a sua volta, seguendomi, e mi resi conto che almeno in quelle circostanze la situazione si era ribaltata.
In meno di un'ora avevo girato quel paesino in lungo e in largo, più di una volta, e avevo visto il sole calare.
"Hai intenzione di continuare a camminare a lungo?" domandò Luke retoricamente.
"Senti, non mi seguire, ok? Non voglio vedere la tua faccia."
Detto ciò, mi allontanai senza neanche dargli la possibilità di ribattere.
Girai l'angolo nella penombra cercando di distinguere anche solo una persona. 
Ancora una volta il mio tentativo fallì e dopo meno di mezz'ora mi ritrovai al punto di partenza. Sulla strada che stavo percorrendo vidi tre persone discutere animatamente. Quando vidi una di quelle figure sferrare un pugno nello stomaco ad un altro decisi che sarebbe stato meglio cambiare strada. Ad ogni modo una di quelle figure, più precisamente quella che in quel momento stava ricevendo un calcio, mi sembrava familiare. Ci misi un attimo a ricollegare e in men che non si dica ero protratta sul corpo di Luke.
"Sierra - si fermò per un colpo di tosse - vattene." mi intimò con voce flebile ma ferma. Era un ordine, che io ignorai.
Cercai di rimetterlo in piedi prima che uno di quei due uomini riuscisse in quella che era la mia impresa, portandolo poi con la schiena al muro. Mi precipitai su Luke, aggrappandomi al suo busto nel tentativo di costituire in qualche modo uno scudo.
Una risata roca provenne dalla mie spalle prima che il mio peso fu sollevato e mi ritrovai anche io con la schiena premuta contro il muro freddo.  
"Lasciala stare." Luke urlò contro l'uomo che mi teneva bloccata.
Quello non diede il minimo peso alle sue parole e mi esaminò, girando il mio viso prima a sinistra e poi a destra.
"Cosa abbiamo qui?"
"So io che possiamo farci con lei." intervenne l'altro.
Spalancai gli occhi iniziando a dimenarmi mentre quello infilava la mano sotto il tessuto della mia maglietta. 
"Non la toccare, figlio di puttana, o giuro che ti ammazzo." 
Luke era riuscito a liberarsi dalla stretta dell'altro uomo e si era avventato contro il mio assalitore.
Lottai con tutta la forza che avevo finché non mi sentii libera dalla sua presa. 
I miei occhi si erano serrati.
Avevo sentito un pugno che veniva sferrato, non sapevo da chi nei confronti di chi, ma mi strinsi ugualmente nelle spalle. E poi altri rumori. L'impatto con la pelle. I lamenti.
I miei occhi si aprirono nel momento in cui non riuscii più a sopportare quei rumori strazianti.
"Luke - supplicai con la voce rotta dal pianto - Basta, ti prego."
Si avvicinò a me e mi strinse tra le sue braccia, sussurrandomi che era tutto finito. Stranamente provavo una sensazione di pace tra le sue braccia. Mi ricordai di una volta, quando avevamo forse sei o sette anni, e io piangevo perché una bambina a cui stavo antipatica aveva rotto la mia bambola preferita. Luke le aveva messo il nastro adesivo intorno al collo cercando di convincermi che fosse come nuova. E io piangevo e piangevo senza la minima intenzione di smettere. E allora il piccolo biondino mi aveva abbracciata e mi aveva stampato un bacio sulla fronte.
"Perché fai così?" gli avevo chiesto.
"L'altro giorno ho visto un ragazzo grande che faceva così a una ragazza grande che piangeva. Forse anche a lei avevano rotto una bambola. E quindi l'ho fatto anch'io." aveva risposto.
Non sapevo perché stesse piangendo quella ragazza, ma io, in quel momento, che ero una 'ragazza grande', non stavo piangendo perché mi avevano rotto una bambola.
In breve mi aveva condotto via da quel vicolo, mentre mi teneva ancora stretta. Non mi interessava che si trattasse di lui, non mi interessava che fino a poco prima avevamo litigato, in quel momento volevo solo rimanere al sicuro e lui mi stava facendo sentire protetta.
Avrei potuto chiedergli perché stava litigando con quelle persone, ma non mi interessava. Ne avevo avuto abbastanza e non era la prima volta che se la vedeva brutta.
Mi allontanò dal suo corpo per controllare che stessi bene.
"Ti ha fatto qualcosa?- mi chiese premurosamente - È tutta colpa mia."
In preda alla rabbia, tirò un pugno alla parete alle sue spalle. Sobbalzai al rumore dell'impatto.
"Non è vero." cercai di rassicurarlo con voce flebile.
"Si, invece."
"No Luke - mi piazzai davanti a lui - Solo, per favore, tieniti fuori dai guai."
Mi sporsi in avanti cercando io stessa quel contatto che mi faceva bruciare la pelle. Ma in quel momento, in quella particolare occasione, stare tra le braccia di Luke non mi procurava disagio, al contrario, mi sollevava. Accanto a lui non mi sarebbe successo nulla, lo avevo capito. E in quel momento ero tornata la bambina a cui avevano rotto una bambola.
Il suo respiro sulla pelle mi provocava dei brividi lungo la schiena, che assecondavano il movimento delle sue mani sulla mia spina dorsale.  
Non capivo nulla. Il suo tocco mi infuocava la pelle ma allo stesso tempo mi sentivo di ghiaccio. Non riuscivo a muovermi. Sentivo il cuore accelerare sempre di più. La distanza tra di noi era minima.
Trovai la forza di allontanarmi ma stabilì un contatto tra i nostri occhi che non riuscii a negargli.
Per la prima volta vedevo Luke in maniera diversa. Non sentivo la necessità di urlargli contro, di colpirlo. Volevo stargli vicina, sentire le sue mani su di me.
"Come hai fatto a liberarti dalla presa di quello li? Avresti potuto farlo prima."
"Quando ho visto che ti metteva le mani addosso non ci ho visto più. Dovevo trovare la forza per metterti al sicuro."
Quelle parole mi toccarono in modo particolare. Capii che tutte le nostre discussioni, le nostre ostilità, non avevano modo di essere.
Gli sorrisi, e in quel gesto c'era tutta la mia gratitudine nei suoi confronti.
Passai il pollice sul suo labbro inferiore, da dove scendeva un rivolo di sangue. Ottenni una smorfia di dolore e mi sentii tremendamente in colpa.
"S-scusa."
Presi la sua mano destra nelle mie, mentre il suo braccio sinistro era ancora sulla mia schiena.
Esaminai attentamente le ferite sulle nocche. Avrei voluto poter fare qualcosa per farlo guarire all'istante.
"Devi metterci dell'acqua."
La mia voce era tremante e insicura. Non mi aveva mai vista così. Così vulnerabile. Questo sembrava divertirlo, a giudicare dal sorriso che si allargò sulle sue labbra.
"Non è niente." mi rassicurò.
Vidi una fontanella alla fine del vicolo e lo tirai verso di essa.
Cercai in maniera accurata di ripulire i residui da entrambe le mani arrossate, mentre lui mi osservava con fare compiaciuto.
"Ti assicuro che neanche io avrei mai pensato di fare una cosa simile." 
Lo guardai, dando voce ai miei pensieri. Sorridemmo entrambi.
Passai a ripulire la ferita sul viso. Dischiuse le labbra mentre portavo l'acqua ai lati dell'anellino nero al lato della sua bocca. Non potei non notare che fosse incredibilmente attraente. Lottai per cacciare quello stesso pensiero che in un attimo aveva fatto andare a fuoco le mie guance.
Improvvisamente sentii la porta alle nostre spalle aprirsi e mi girai di scatto.
"Per l'amor del cielo, figlioli, che fate qui a quest'ora?"
Una donna anziana fece capolino sulla soglia, stretta in una vestaglia di tessuto pesante nonostante la temperatura alta.
"Signora, la prego, abbiamo bisogno di un posto dove stare stanotte, può ospitarci?" domandai speranzosa.
"Io non saprei..."
"La prego." intervenne Luke.
Ci guardò attentamente in viso e probabilmente notò il bisogno che avevamo del suo aiuto.
"D'accordo, seguitemi." acconsentì la donna.
Mi sentii incredibilmente sollevata mentre entravo in casa. Guardandomi intorno notai che i mobili erano piuttosto antichi, non che mi fossi aspettata altro. 
La donna si presentò come Mary Anne.
Estrassi il telefono dalla tasca ma non c'era campo. Chiesi alla signora se cortesemente potevo utilizzare il telefono e così chiamai Isabelle.
"Pronto?" rispose.
"Sono io."
"Si può sapere dove diavolo siete?"
"Lascia stare, siamo finiti in un paesino dimenticato da Dio e non chiedermi come... Ad ogni modo, abbiamo trovato un posto dove passare la notte. Domattina, non appena possibile, torneremo indietro."
La congedai dopo averle spiegato in breve la situazione e tornai a sedermi sul divano.
"Allora, cosa ci fa una giovane coppia come la vostra in questo posto?" domandò curiosamente Mary Anne.
Iniziai a tossire nervosamente cercando di formulare parole sensate.
"Noi non stiamo insieme, assolutamente." risposi.
"Oh... Vi accompagno di sopra, nella camera degli ospiti."
La signora ci guidò su per le scale, fino all'ultima stanza del corridoio.
Infine ci lasciò soli per sistemarci e metterci a dormire.
"Dobbiamo finire di pulire le ferite." gli feci notare, sorridendo delicatamente.
"Posso fare da solo." mi rispose bruscamente, prima di guardare alle mie spalle e portare la mia attenzione sul letto matrimoniale alle mie spalle.
Mi rigirai con sguardo confuso. Ero in imbarazzo per la situazione, senza togliere che, in realtà, ci ero rimasta male per come mi aveva parlato pochi attimi prima.
"Non ti preoccupare. - disse - Io dormo per terra."
"Qualcosa non va?" domandai spaesata.
"No. - puntò i suoi occhi nei miei facendomi sentire a disagio - Buonanotte."
Estrasse una coperta dall'armadio che si trovava nella stanza e la sistemò a terra, lamentandosi a bassa voce per il dolore al busto causato dai colpi ricevuti in precedenza.
"Non devi dormire a terra. - cercai di sembrare risoluta ma la mia voce uscì in un sussurro - Ci dormo io."
"Senti so badare a me stesso, ok? Ora vai in bagno se ne hai bisogno e mettiti al letto."
Volevo ribattere, chiedergli quale era il suo problema, perché mi stava trattando così male. Ma dopo una giornata del genere mi mancavano le forze per litigare di nuovo con Luke, e non volevo farlo, visto quello che aveva fatto per me.
Feci come mi aveva detto. Cercai di darmi una rinfrescata e tornai nella camera comunicante al bagno. Luke era seduto all'angolo del letto che aspettava che io finissi. Mi oltrepassò come se io non ci fossi e si chiuse la porta alle spalle.
Andai verso il letto, infilandomi sotto le coperte con i vestiti indosso nonostante facesse caldo. Mi sentivo al sicuro sotto le coperte, come quando da bambini si pensa che se ci dovesse essere un mostro sotto il letto o nell'armadio, non potrebbe fare nulla di male se si è protetti dal tessuto delle coperte.
Ci misi un bel po' ad addormentarmi, ogni volta che chiudevo gli occhi sentivo delle mani estranee sul mio corpo, delle voci che decidevano "cosa fare con me". Avrei voluto chiamare Luke perché era l'unico che poteva darmi supporto, rassicurarmi, come aveva fatto poco prima, dirmi che non correvo più alcun pericolo.
Ma ora non ne voleva sapere di me ed era chiuso in bagno da più di mezz'ora. 
Avrei dovuto affrontare da sola i miei mostri, quella notte.

"Come stai mamma? Io sono a letto. Oggi è stata una giornata straziante, sono sfinita. Tra l'altro, io e Luke abbiamo passato un po' di tempo insieme e non è andata male, ma ora lui mi tratta come se fossi un rifiuto. 
Una cosa è certa: io non capirò mai Luke Hemmings."



ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti... Allora oggi non ho molto da dire. Spero che questo capitolo vi piaccia, anche se a me non fa impazzire. Ad ogni modo iniziamo finalmente a vedere un cambiamento nel rapporto tra Luke e Sierra, un Luke un po' più apprensivo nei confronti di lei e una Sierra meno scorbutica nei confronti di lui, tranne alla fine, quando i ruoli sembrano invertirsi e Luke non vuole sentire storie... Chissà cosa lo avrà infastidito tanto. 
Se vi va lasciatemi una recensione. Mi è dispiaciuto molto che il capitolo precedente non ne abbia avuta neanche una, anche perché, se prima già non mi piaceva, così ho avuto la conferma che era proprio brutto e mi dispiace perché era un capitolo ad ogni modo importante in quanto Isabelle e Sierra hanno la possibilità di stare insieme da sole e quest'ultima inizia a rendersi conto che può anche nascondere le cose a se stessa, ma non alla sua migliore amica.
Comunque, spero che sia stata una cosa eccezionale, non vorrei che la storia stia prendendo una piega che non vi piace. Se fosse così vi prego di dirmelo, nonostante io abbia abbastanza chiara la linea che voglio seguire.
Ci sentiamo al prossimo capitolo.
Un bacio,
Anaslover

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Capitolo 7
*** 27 Giugno ***


"Ciao mamma. Oggi non abbiamo in programma di fare nulla. Stasera però una ragazza che abbiamo conosciuto, Cindy, ci porta a fare un giro, con le sue amiche. Non che ne abbia molta voglia, ma almeno possiamo conoscere qualcun altro."

Al mio risveglio non trovai nessuno a terra. Per un attimo mi sfiorò il pensiero che Luke mi avesse lasciata li, ma mi resi subito conto che fosse una stupidaggine.
Non appena mi fui sistemata, scesi le scale trovandolo con Mary Anne seduto a tavola.
"Ciao piccola. Vieni mangia qualcosa." mi incalzò calorosamente l'anziana signora.
Alla mia vista, Luke non ci mise molto a finire quello che aveva nel piatto e ad alzarsi.
"Vado a recuperare la moto. Tu sei pronta?"
Annuii, prima di vederlo sorpassarmi con impressionante indifferenza.
E proprio con la stessa indifferenza tornammo indietro, fino al meccanico dove Luke lasciò la moto, e poi proseguimmo a piedi.
"Si può sapere che ti ho fatto?" domandai, facendo quello che mi ero ripromessa essere l'ultimo tentativo di chiarire quella storia.
"Niente."
"Allora guardami in faccia quando ti parlo e non mi ignorare." sbottai alzando il tono di voce.
"Non ho niente da dirti Sierra, va bene? Ora lasciami stare."
Mi voltò le spalle prima che potessi formulare un pensiero sensato per poter controbattere. E ancora una volta l'aveva avuta vinta.
Forse il problema tra me e Luke era proprio questo: ogni volta era una gara a chi aveva l'ultima parola.
E quella gara nell'ultimo periodo lui la stava vincendo troppo spesso. La conseguenza di questo era che il mio rancore nei suoi confronti cresceva. Non era qualcosa di personale, semplicemente era il mio carattere.
Ci avevo sperato, però, che qualcosa sarebbe potuto cambiare. Io non mi divertivo di certo a litigare con lui. Ma non ero disposta a lasciar correre. Se mi sentivo provocata, rispondevo per le rime. E non sarebbe certo stato Luke Hemmings a farmi cambiare.
"Cavolo, dove sei stata? Mi hai fatto preoccupare." la voce di Isabelle suonava come un rimprovero e di quello non ne avevo proprio bisogno.
"Lascia stare. Non ho voglia di parlarne."
"Sei sparita per un giorno e una notte, avrò il diritto di sapere dov'eri. Non sapevamo che fine avevate fatto. Stavamo per chiamare la polizia." 
"Beh, ma ora siamo qui e stiamo bene, ok? - alzai la voce, pentendomene all'istante - Vorrei solo riposarmi un po' e gradirei che tu non mi facessi il terzo grado." moderai il tono di voce per completare la frase.
Isabelle abbassò lo sguardo, mortificata per la mia risposta, mentre raggiungeva il letto e vi si sedeva sopra.
Come era possibile? Perché qualunque cosa io dicessi era sbagliata? Perché sbagliavo le parole, sbagliavo i toni?
"Isabelle, scusami. Sono nervosa e voglio solo dimenticare gli avvenimenti dell'ultima giornata."
"Tu non parli più con me, Sierra." il suo tono era rassegnato, dispiaciuto, la testa ancora bassa.
"Cosa?"
Mi avvicinai al letto, sedendomi accanto a lei.
"È così. Da quando siamo qui non mi dici più nulla, specialmente dopo che l'altro giorno abbiamo parlato di Luke."
Ero sfinita. Non ne potevo davvero più di lui e di come aveva preso il controllo della mia vita.
"Senti, Luke mi detesta e me ne ha dato l'ennesima prova. Sono solo di cattivo umore. Ti assicuro che tornerò ad essere quella di sempre. Tu sei la mia migliore amica e il mio cattivo umore non deve condizionarci, hai ragione." cercai di rassicurarla.
Solo in quel momento mi ero resa conto di quanto le parole di Isabelle fossero vere. Forse il mio umore si rifletteva sugli altri e non doveva essere poi così piacevole avere a che fare con una me irritabile ventiquattro ore su ventiquattro. Ed ero terribilmente dispiaciuta di questo.
Fu in quel momento che presi una decisione: i conflitti tra me e Luke dovevano restare tali, semplici discussioni tra di noi che non dovevano influire sugli altri. E dovevo smettere di essere talmente influenzata dai suoi continui cambiamenti di umore e giornate no. Da quel momento, mi imposi, Luke non aveva più alcun titolo nella mia vita, e tantomeno il diritto di rovinarmi le giornate.

"Siete pronte ragazze?" la voce squillante di Cindy echeggiò nella stanza. Mi affacciai dalla porta del bagno per darle un'occhiata. La prima cosa che avevo notato di lei era che era una bellissima ragazza, ma, cavolo, cosa erano capaci di fare un po' di trucco e un vestito attillato. L'avevano trasformata in una top model.
Abbassai lo sguardo sui miei jeans strappati e le mie vans. Per un attimo mi sentii un tantino inappropriata, prima di notare che Isabelle si era vestita più o meno come me. Poco male, noi eravamo così, prendere o lasciare. Non ci era mai interessato quello che gli altri pensavano e non ci era mai passato per la testa di adeguarci alla massa.
Raccolsi la mia borsa, dando una controllata al rossetto rosso prima di uscire. Isabelle mi aveva costretto a truccarmi un po' più del solito, ma in fondo non mi dispiaceva il risultato.
Tutti i ragazzi erano già fuori e ci avviammo per le scale.
"Le mie amiche stanno aspettando giù. Ci vogliono una decina di minuti per arrivare al centro della città da qui." spiegò Cindy.
Mi resi conto solo in quel momento di non avere la minima idea di dove fossimo. L'unica cosa di cui ero certa era che eravamo ancora in Texas.
"Loro sono Vanessa e Taylor."
Due ragazze, che facevano onore all'abbigliamento della loro amica, scesero da un auto che sembrava nuova, il che mi portò a posare lo sguardo sul catorcio su cui ci muovevamo noi da qualche settimana, parcheggiato poco più in là.
La prima delle due ragazze, che si presentò come Taylor, sfoggiava dei lunghi e ricci capelli neri. Si vedeva a chilometri di distanza che si trattava di extension. Un trucco prevalentemente nero dominava i suoi occhi cristallini, che sembravano un incrocio tra quelli di Luke e quelli di Michael. Avrei potuto giurare di non aver mai visto un colore così, e provai un po' di invidia nonostante i miei semplici occhi marroni non mi avevano mai causato problemi, anzi, mi erano sempre piaciuti.
L'altra delle due ragazze, che rispondeva al nome di Vanessa, era una semplicissima ragazza castana. Occhi scuri coperti da trucco pesante anche in questo caso. A lei non avevo niente da invidiare. Almeno lo avevo pensato prima di abbassare lo sguardo sulla sua perfetta silhouette.
Tutte quelle ragazze avevano qualcosa di perfetto. Potevano perfettamente far combaciare il viso di quella Taylor, il fisico di Vanessa e i capelli e l'abbigliamento decisamente meno provocatorio di Cindy, per ottenere una Barbie. Ma in una bambola non c'era niente di interessante. Pensavo a questo mentre mi sentivo a disagio per le mie curve, per il mio abbigliamento, per essere me stessa in generale.
Ciò non toglieva che non avrei scambiato neanche un capello con quelle ragazze. Ostentavano troppo il loro essere perfette, con vestiti scollati, trucco esagerato e modo di fare provocatorio. In poche parole, a primo impatto, non mi stavano affatto simpatiche.
Salimmo in macchina con Calum alla guida, Michael al posto del passeggero e io e Isabelle di dietro, mentre le altre avevano insistito perché Luke ed Ashton andassero con loro.
"Vorremmo portarvi tutti - avevano detto - ma non c'è posto in macchina."
Si, i ragazzi li avrebbero portati tutti di sicuro, su me e Isabelle avevo qualche dubbio.
E nel frattempo una sensazione di pura rabbia si faceva sentire nel mio stomaco.
"Siamo ancora in tempo per restare qui." dissi prima che Calum potesse uscire dal parcheggio.
"Non mi sembra affatto una cattiva idea." rispose Isabelle.
"Ragazze - ci riprese Michael - non sono poi tanto male."
Calum invece ascoltava la conversazione in silenzio e in un certo senso mi sentii appoggiata da lui che era per il "se non hai niente di carino da dire su una persona, allora taci".
"Si, lo sono." confermai.
"In realtà non capisco come Cindy possa essere loro amica. - continuò Isabelle - Insomma, è vero che non si giudica un libro dalla copertina, ma lei si è mostrata così carina e disponibile dal primo momento e loro così, così..." non riuscendo a trovare un aggettivo adatto che non fosse una parolaccia, completò la frase con un verso abbastanza disgustato.
Poco dopo ci ritrovavamo seduti ad un dannatissimo tavolo, vicino ad una ridicola discoteca. Non che mi dispiacesse un po' di movimento, ma la compagnia non era il massimo. Dopo soli cinque minuti di conversazione, Taylor e Vanessa si erano rivelate le idiote senza cervello che avevamo pensato.
Ma quella serata sembrava non voler andare bene quasi per nessuno. Io e Isabelle ci scambiavamo occhiate in ogni momento. Calum taceva, segno che non si stava divertendo, nonostante i continui tentativi da parte di Taylor di rimorchiarlo. Tentativi che non si limitavano a una persona, ma si estendevano anche a Michael, che si limitava a sorridere e a cercare di essere gentile, e ad Ashton, che guardava Isabelle in continuazione cercando di scusarsi con lo sguardo. L'unico pesce che Taylor sembrava non avere la minima intenzione di prendere all'amo era Luke, evidente preda di Vanessa, che puntava un po' troppo sul contatto fisico per i miei gusti. Allungava le mani sui suoi capelli, sulle braccia, sulle spalle, sulle gambe, e mi ritrovai a sperare per lei che si fermasse lì o avremmo decisamente avuto problemi. Non che mi interessasse qualcosa, semplicemente pensavo che, ecco, che non fosse educato, tutto qui. Non aveva niente a che vedere con quella sensazione che mi dominava e sembrava voler far partire un calcio senza il mio consenso.
"Qualcosa non va?" domandò la ragazza con un sorrisetto che si riconosceva essere falso.
"No." risposi secca. Concisa e dritta al punto. Non mi sprecai neanche per riservarle un sorriso come lei aveva fatto con me.
Mi maledissi mentalmente per la mia ostilità, quando notai che a Luke, a quanto sembrava, tutta quella situazione faceva ridere.
Mandai giù l'ultimo sorso del mio drink, desiderando che si tramutasse in qualcosa di molto più alcolico all'istante.
"Vorrei tanto vederle sparire." sibilai a denti stretti, abbastanza vicina perché solo Isabelle potesse sentirmi.
"Siamo in due."
"Che ne dite di entrare?" chiese Cindy, indicando l'edificio accanto al bar.
Avrei potuto giurare che si fosse accorta del reciproco disprezzo che si era venuto a creare tra noi ragazze e ne sembrava sinceramente dispiaciuta.
La musica, che già si sentiva chiaramente quando eravamo seduti, rimbombava nella mia testa e in ogni mio muscolo non appena fummo all'interno della discoteca. Per fortuna trovammo un tavolo libero dove poggiare le nostre cose e le amiche di Cindy in un attimo erano già a fare le putta... a scatenarsi sulla pista da ballo. Con Luke. E con Ashton e Michael.
La cosa che più mi irritava, ed era così anche per Isabelle, ne ero certa, era che i ragazzi stavano al gioco solo per gentilezza. Tranne Luke. Luke stava al gioco per il puro piacere di farmi arrabbiare, avrei potuto metterci la mano sul fuoco.
Calum invece era diverso, lo era sempre stato. Era una persona tremendamente gentile, ma se lo infastidivi, non si faceva problemi a dirtelo in faccia. E quindi lo guardavo li seduto al tavolo da solo, mentre io e Isabelle ci avvicinavamo al bar.
"Dacci qualcosa di forte." chiese lei al barista.
Il ragazzo dietro il bancone prese e rovesciò in due piccoli bicchierini trasparenti il contenuto di alcune bottiglie in maniera talmente veloce che non feci neanche in tempo a vedere di cosa si trattasse. Isabelle mi passò il mio.
"Alla lunga nottata che ci aspetta." brindai.
"Salute."
Mandammo giù il liquido in un sorso, sentendolo scendere e bruciare lungo la gola, fino allo stomaco.
"Ancora!" chiese la mia amica.
Facemmo un altro paio, forse tre giri, ma niente di che. Io e Isabelle non ci eravamo mai ubriacate, capivamo quando era il momento di smettere. Tornammo al tavolo, ma io avevo bisogno di andare al bagno, così la lasciai in compagnia di Calum.
Mentre facevo il giro della pista per non buttarmi nella mischia, allungando lo sguardo non trovai nessuno dei ragazzi che erano con noi. Mi sforzai di cacciare i disgustosi pensieri che per un momento mi balenarono in testa e continuai per la mia strada.
Nel corridoio stretto che collegava la sala al bagno mi scontrai con un ragazzo. Riconobbi subito quei capelli biondi, quegli occhi azzurri e quel piercing al labbro.
"Non ti stai divertendo?" mi chiese con un ghigno divertito sul viso.
Dio, quanto era sexy. 
Mi meravigliai di me stessa per aver pensato una cosa del genere e risposi con tono altrettanto sarcastico.
"Mi sorprende che tu non sia in bagno con la tua amichetta. Ma immagino che stia per succedere."
"Non sarai mica gelosa?"
"Stai scherzando? - avrei voluto accompagnare il tutto con una risata, ma la mia voce era seria - Non mi importa un bel niente di cosa fai con quella lì, o con la prima puttana che passa. Luke, non mi importa niente di te."
Forse le mie parole erano sembrate troppo dure, ma avevo bisogno di pronunciarle. Di convincere lui e convincere me stessa che, no, non stavo morendo di gelosia.
"Sei solo una ragazzina Sierra e non cambierai mai. Ma, sai che ti dico? Hai ragione. Non deve interessarti niente di me, perché noi non stiamo insieme e non siamo neanche amici."
Le sue parole bruciavano come mille lame taglienti sulla mia pelle mentre le pronunciava, spostandosi in avanti e bloccandomi contro il muro.
"L'hai detto tu, no?" furono le sue ultime parole prima di dirigersi di nuovo verso la sala colma di gente.
Andai subito verso l'uscita, trovando Calum appena fuori dall'edificio che fumava. Generalmente non fumava quasi mai, solo quando era particolarmente scocciato per qualcosa.
"Posso?" gli chiesi a bassa voce.
Estrasse subito una sigaretta dalla tasca dei suoi jeans, al di fuori del pacchetto.
"Sapevo che me l'avresti chiesta." mi spiegò, in risposta al mio sguardo confuso.
La accesi e mi poggiai accanto a lui, schiena al muro e sguardo perso nel vuoto davanti a noi.
Inutile dire che pensavo a Luke, alle sue parole. E per una volta non mi aveva lasciato l'amarezza di non essere riuscita a controbattere, bensì la totale confusione.
"Non deve interessarti niente di me, - aveva detto - perché noi non stiamo insieme e non siamo neanche amici. L'hai detto tu, no?"
Cosa avevo detto? Che non eravamo amici? Che non stavamo insieme? Era la verità. Solo non capivo in che occasione potessi aver detto una cosa del genere che lo aveva in qualche modo turbato da farglielo ricordare. Passai tutta la notte a pensarci.

"Che giornata di merda, mamma, non hai idea. Cindy ha delle amiche odiose e spero vivamente di non doverle vedere mai più. Ora sono distrutta. A domani.
Ti voglio bene."





ANGOLO AUTRICE
Ebbene si, sono viva! Non mi dilungo perché è tardi.
Ci tengo a ringraziare tutte voi, chi recensisce la storia, chi l'ha inserita tra le preferite, seguite e ricordate e chi legge e basta. Il primo capitolo ha superato le 400 visite, sono al settimo cielo!!!
Per ora posto così, ma non ho riletto il capitolo, perciò perdonate se ci sono degli errori. Domani ricontrollerò.
Vi chiedo di lasciare una recensione e farmi sapere cosa ne pensate.
Un bacione,
Anaslover

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Capitolo 8
*** 27 Giugno, Luke's P.O.V. ***


Non saprei dire quanto dormii quella notte. Forse una, due ore.
E la cosa che più mi turbava era che il motivo della mia insonnia non erano certo le parti doloranti del mio corpo, ma la ragazza che dormiva irrequietamente a pochi passi da me.
Decisi di alzarmi, non c'era motivo di restare disteso lì a terra. Passai accanto al letto e raggiunsi la finestra. Non doveva mancare molto all'alba, così mi sedetti sulla poltroncina dall'altro lato della stanza e aspettai che il sole si facesse spazio nel cielo.
Ogni tanto Sierra si rigirava nel letto, farfugliando qualcosa nel sonno. Non era difficile da intuire che fosse agitata per gli avvenimenti del giorno prima. Un paio di volte, scattai in piedi istintivamente per poi tornare a sedermi rassegnato. Avrei voluto fare qualcosa per rassicurarla, ma, in fin dei conti, non era mio costume farlo. Non ero nessuno per lei e, visto come ci aveva tenuto a precisare quando Mary Anne aveva frainteso, evidentemente non voleva che quella cosa cambiasse.
Uscii dalla porta quando mi accorsi che stava per svegliarsi. Stavo scappando, come avevo fatto la sera precedente chiudendomi in bagno. Stavo scappando come un vigliacco. Stavo scappando da lei. Che cosa mi aspettassi poi, era un enorme punto interrogativo. Se non le avessi parlato subito, sarebbe stata questione di minuti prima che scendesse. Dovevo costruirmi una maschera, un muro tra me e lei. Reprimere tutto, qualsiasi cosa fosse quello che sentivo, era il mio obbiettivo. E così feci, la trattai con indifferenza e mi ritrassi dal darle spiegazioni quando me le chiese. E mai come in quei momenti mi sentii solo un ragazzino. Fondamentalmente il problema era che non riuscivo a dare un nome alla sensazione che mi prendeva in sua presenza. I suoi atteggiamenti mi infastidivano, e anche tanto, ma per qualche motivo continuavo a cercare di aggiustare le cose, a sperare che avrebbe dimenticato, che saremmo tornati quelli di prima. Forse era una speranza vana ma mi mancava la determinazione per demordere.
"Luke, ma dove siete stati?" fu la prima cosa che sentii dire ad Ashton non appena misi piede in camera.
Anche Michael e Calum erano lì.
"Amico, ci siamo preoccupati." intervenne quest'ultimo.
"Lasciate stare." cercai di tagliare corto.
Una cosa che apprezzavo dei miei amici era che non insistevano. Sapevano che quando non mi andava di parlare di una cosa, la conversazione era finita li per quanto mi riguardava.
Per tutto il giorno rimasi chiuso in camera e riuscii anche a recuperare un po' di sonno.
In realtà avevo voglia di fare poco e niente, ma Ashton mi ricordò che dovevamo uscire con Cindy e le sue amiche e che "sarebbe poco carino declinare l'offerta visto quello che ha fatto per noi". In tutta sincerità, non mi interessava minimamente ne di lei ne delle sue amiche. E uscire da quella stanza avrebbe comportato vedere Sierra.
Avevo una gran voglia di prendermi a schiaffi, quasi a volermi risvegliare da quel maledetto stato di trance in cui ero finito. Avevo passato tutto il giorno pensando a lei ed era una cosa che si era già verificata in precedenza. E in ogni caso, prima o poi sarei dovuto uscire, perciò cosa avevo da perdere?
"Le mie amiche stanno aspettando giù. Ci vogliono una decina di minuti per arrivare al centro della città da qui." spiegò Cindy quando fummo tutti insieme.
Scendemmo dalla parte della struttura indirizzata agli alloggi e ci ritrovammo in breve nel parcheggio.
"Loro sono Vanessa e Taylor."
Due ragazze si presentarono davanti ai nostri occhi.
Rimasi colpito? Si.
In maniera positiva? Decisamente no.
Prima di tutto, non conoscevo quelle ragazze, ma a prima vista non sembravano certo persone con cui si potevano scambiare un paio di parole sulla storia dei nativi americani o sulla tavola periodica. E il loro aspetto decisamente non aiutava. Forse potevano sembrare carine, ma erano troppo costruite per i miei gusti. Tutto di loro non mi piaceva, dall'abbigliamento al modo di fare.
Non capii bene come ma mi ritrovai con Ash nella loro macchina, mentre eravamo diretti chissà dove.
Colsi poco di quella conversazione, se non una voglia irrefrenabile di attaccare bottone da una parte e un grande imbarazzo dall'altra. Forse più da parte di Ashton, ma era ovvio che era innamorato perso di Isabelle. A me scivolavano addosso le loro continue frecciatine e i tentativi di seduzione.
Arrivammo in un bar vicino ad una discoteca. C'era un bel po' di gente che entrava e usciva da entrambi gli edifici e, mi accorsi, mi faceva piacere ritrovarmi in mezzo a così tanta gente, visto l'isolamento al quale ci eravamo sottoposti nelle settimane precedenti.
Ci sedemmo ad un tavolino all'aperto ed ordinammo da bere. Non potei far a meno di capitare seduto vicino a quella Vanessa, ma peggio, di fronte a Sierra.
Senza contare che l'opinione che avevo di quelle due ragazze si faceva sempre peggiore, mi chiedevo cosa c'entrassero con Cindy. Certo non avevo avuto modo di conoscerla, ma da quel poco che mi era dato mi era sembrata completamente diversa.
Per tutto il tempo - veramente tutto - quella ragazza non mi aveva tolto le mani di dosso, e di respingerla in maniera brusca, come avrei voluto, non me la sentivo.
"Qualcosa non va?" chiese Vanessa.
Ci misi qualche secondo a capire ce parlava con Sierra.
"No." rispose secca lei.
Le si vedeva in viso che era infastidita. Ma perché? Non aveva motivo di esserlo. Sarei un'ipocrita a non ammettere che quella situazione mi divertiva. Sul mio viso nacque un sorriso, forse troppo esplicito, vista la sua reazione. Sierra si voltò di scatto e per un momento il pensiero che potesse essere gelosa mi balenò in testa. Infondo, perché non approfittarne?
"Che ne dite di entrare?" la voce di Cindy si fece spazio tra i miei pensieri. Sembrava mortificata ed era facile intuirne il motivo.
La musica era ad un volume talmente alto all'interno della discoteca che era possibile sentirla anche da fuori e, man mano che ci avvicinavamo, il suono diventava sempre più chiaro e udibile.
Non appena fummo dentro, Taylor e Vanessa ci trascinarono sulla pista da ballo. Nonostante cercassero di non darlo a vedere, i ragazzi erano infastiditi tanto quanto me da quell'atteggiamento così autoritario. Tutti tranne Cal. Lui se ne stava seduto al tavolo con lo sguardo rivolto verso le persone ammassate al centro della sala. Feci in tempo a vedere Sierra e Isabelle andare verso il bancone, prima di perderle di vista e sorrisi di nuovo. La loro reazione dimostrava che erano un po' ingenue. Ma, in fin dei conti, per le ragazze doveva essere normale dichiararsi guerra quando si avevano caratteri completamente diversi. E quella era una certezza, perché Sierra e Isabelle erano decisamente agli antipodi di quelle due.
Certo era che me ne stavo approfittando di quella situazione per farla innervosire, ma c'era un limite a tutto e non sarei mai andato troppo oltre. In più, ero io il primo a cui l'insolenza di quelle ragazze, di una in particolare, dava fastidio.
Mi allontanai senza premurarmi di dare delle spiegazioni e mi diressi verso il bagno. Non ne avevo bisogno, ma voleva staccare un momento la spina. Volevo stare senza pensieri. Ma successe esattamente il contrario perché incontrai proprio la ragazza che avevo evitato per tutto il giorno.
"Non ti stai divertendo?" la punzecchiai, notando la sua espressione seria. Un ghigno divertito si fece spazio sulle mie labbra.
"Mi sorprende che tu non sia in bagno con la tua amichetta. Ma immagino che stia per succedere." rispose, tenendomi testa. Non mi sarei aspettato altro da Sierra.
"Non sarai mica gelosa?"
"Stai scherzando? Non mi importa un bel niente di cosa fai con quella lì, o con la prima puttana che passa. Luke, non mi importa niente di te."
Le sue parole erano ferme e decise. Inspiegabilmente però non mi provocarono una sensazione di amarezza. Al contrario sentii quasi il bisogno di farle capire che, non importa quanto facesse la dura, l'avevo stanata. 
Aveva la schiena premuta contro il muro del corridoio e sovrastavo su di lei.
"Sei solo una ragazzina Sierra e non cambierai mai. Ma, sai che ti dico? Hai ragione. Non deve interessarti niente di me, perché noi non stiamo insieme e non siamo neanche amici."
Le dissi quelle parole perché le pensavo seriamente. Forse se ci avessi riflettuto meglio avrei cercato di essere meno duro ma non mi pentii di averle pronunciate.
"L'hai detto tu, no?"
Detto questo, mi allontanai, diretto di nuovo nella sala gremita di persone. Non sapevo se aveva colto il mio chiaro riferimento alla vecchietta del giorno prima e, anzi, lo dubitavo fortemente. Ma era la verità. Lei aveva detto che non stavamo insieme e, si, mi aveva dato terribilmente fastidio. Il perché non lo sapevo.



ANGOLO AUTRICE
Salve gente!!! Allora, non sono sicura di cosa sia questa ahah ma mi sono detta "perché non dare la possibilità anche a Luke di esprimersi?" e questo è quanto ne è venuto fuori. Non ne sono completamente soddisfatta ma l'idea di scrivere i capitoli abbastanza significativi anche dal punto di Luke, la trovo carina. Certo, in questo capitolo non accade molto, ma secondo me era quello giusto per fare il punto della situazione con Lukey...
Ditemi cosa ne pensate e se magari questa cosa che ho pensato vi annoia, perché implica rileggere lo stesso capitolo due volte, ditemelo apertamente.
Per favore recensite, recensite, recensite!
Ah, dimenticavo: ovviamente mancano i messaggi all'inizio e alla fine alla mamma di Sierra. Inoltre il capitolo è venuto un po' più corto del solito mi sa. Un grazie enorme a chi segue la storia.
Un bacione,
Anaslover

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Capitolo 9
*** 30 Giugno ***


"Ciao mamma. Come stai? Qui va tutto bene.
Sono in ritardo, devo andare giù al locale, sono già tutti lì.
Ti mando un messaggio stasera.
Mi manchi tantissimo."

Chiusi a chiave la stanza e corsi di sotto. Era veramente tardi e per qualche strana ragione Isabelle si dimenticava sempre di svegliarmi. O forse lo faceva e mi riaddormentavo. Non ero certa. Ma ero sicura del fatto che non fossi una persona mattiniera.
Scendendo dalle scale, mi scontrai con una persona. Domandai scusa. Non riuscivo a capacitarmi di come qualcuno potesse alloggiare lì. Insomma, si trattava sempre di una sorta di motel, ma c'erano persone che si trattenevano più di qualche giorno. In fin dei conti però, anche noi alloggiavamo lì, quindi non ero certo la persona adatta a giudicare male quel posto.
"Dove vai così di corsa?"
Mi voltai per fronteggiare Michael.
"Ecco, io... ho il turno di mattina. In teoria."
"E attacchi più di mezz'ora in ritardo?"
"Ho detto in teoria." mi giustificai.
"Ashton ti sta coprendo."
Tirai un sospiro di sollievo, ma mi sentii comunque un po' in colpa. Poi però ci pensai bene. Isabelle anche aveva il turno a colazione. E io non ero stupida, ad Ashton piaceva Isabelle. Alla fine, ero io che stavo facendo un favore a lui.
"Mi hanno spedito a fare la spesa. Vieni con me?"
"Perché no?"
Andai con Michael al parcheggio e salimmo in macchina.
"Tu sai dove andare, vero?" domandai, un po' scettica.
"Io non sono come Luke. Mi sono fatto dare delle indicazioni." sorrise.
Mi forzai a ricambiare il suo sorriso, ma ricordare quando pochi giorni prima io e Luke eravamo rimasti sperduti nel nulla, quando era stato riempito di botte e io ero stata quasi... No, non mi faceva piacere. Anzi, mi faceva rabbrividire.
"Tutto bene?"
"Si, scusa."
"Sai, Luke non ha voluto dirci come si è fatto quei lividi."
Chissà come stava. Se gli facevano ancora male. Avevo visto che le macchie sul suo viso si erano schiarite ma erano ancora visibili.
Riuscii solo a fare un cenno con la testa in risposta.
"Sicura di stare bene?" chiese Michael.
Mi ero ripromessa di non far parola con nessuno di quella sera. Volevo solo dimenticare quanto ce la fossimo vista brutta. Ma mi portavo un peso di cui volevo solo liberarmi.
"Michael, se ti racconto quello che è successo, mi giuri che non ne fai parola con nessuno?"
Mi fidavo di lui. E Michael mi dava una sicurezza che solo un'altra persona riusciva a darmi. E quella persona era proprio Luke.
"Certo." rispose.
Feci un respiro profondo e iniziai a raccontargli tutto, senza omettere il minimo dettaglio, da quando ero salita sulla moto a quando ne ero scesa. E fu proprio in quel momento che capii.
Dissi a Michael anche della sera in discoteca e a quel punto fu chiaro anche a lui.
"È ovvio che non ha apprezzato come hai risposto alla vecchietta." disse.
"Era questo che intendeva l'altra sera. - precisai - Non può davvero essere arrabbiato per questo. Ho detto solo la verità."
"Sierra, vuoi che te la dica io la verità?"
Pensavo di volerlo, si. Ma l'inizio non prometteva bene.
"Non ne sono così sicura."
"Luke ci sta provando in tutti i modi. Prova a capirti, ad esserti amico. Ma sbatte sempre contro un muro."
Si fermò perché pensava che avrei reagito. E anche io pensavo che avrei detto qualcosa per difendermi. Ma, cavolo, era dannatamente vero quello che Michael mi stava facendo notare.
Mi diede del tempo per rielaborare e metabolizzare le sue parole. Continuò a parlare solo quando gli feci segno di proseguire.
"Secondo me, quando ha visto che ti eri aperta nei suoi confronti e poi hai detto quella cosa alla signora... Beh, ecco, io credo ci sia rimasto male."
Eravamo arrivati nel parcheggio del supermercato da un bel po' e finalmente scendemmo dalla macchina.
Michael mi aspettava a braccia aperte e non esitai un momento prima di stringerlo forte.
"Grazie." mi limitai a dire.
"Parla con lui, ok?"
"Non saprei cosa dirgli."
"La verità. Che non intendevi mancargli di rispetto."
"Ma come..."
"Io lo so che anche tu vuoi aggiustare le cose, Sierra. - mi interruppe - Dovete solo trovare un modo per farlo."
A quello non sapevo proprio cosa rispondere. Non mi ero mai posta il problema in realtà.
Ma forse era così.
"Ora andiamo a fare la spesa, dai. Abbiamo da comprare quantità industriali di roba."
Lo presi sotto braccio ed entrammo.
Ero grata a Michael. Mi aveva fatto capire tante cose ed aveva ragione: dovevo parlare con Luke.

Una volta portato tutto in cucina ed aver sistemato ogni cosa al suo posto, io e Michael decidemmo di salire.
Visto che Ashton mi aveva coperto a colazione, avrei fatto il suo turno a pranzo. Non c'era minimamente bisogno di più di una persona a servire ai tavoli, tanta era poca la gente che si fermava di giorno, eppure da quando eravamo lì, eravamo sempre in due a coprire i turni. La sera era un po' più affollato, ma più di una decina di tavoli non si riempiva mai. E i ragazzi solitamente suonavano proprio di sera, quando c'era più gente.
Comunque avevo ancora un paio d'ore prima di dover scendere e sapevo bene cosa dovevo fare.
Di certo non l'avrei dato a vedere, ma avevo le ginocchia tremanti.
Prima di bussare, mi voltai verso Michael. Mi disse di non preoccuparmi e poi entrò nella sua stanza, lasciandomi sola con una porta chiusa.
Iniziai a pensare a cosa avrei potuto dire.
"Luke, scusa. Torniamo amici come se niente fosse."
Decisamente non era da me.
"Sei un grandissimo idiota, Luke, ma passiamoci sopra."
Più nelle mie corde. Non ero certa di ottenere una reazione positiva però. Che era quello che volevo, giusto?
Ero talmente assorta che quasi non mi resi conto di aver davvero bussato e mi maledissi quando Luke venne ad aprire.
"Sierra?"
"I-io credo che dovremmo parlare."
Cavolo, non era un buon inizio. Nessun segno di cedimento o difficoltà, mi ammonii.
Si spostò per permettermi di entrare.
La stanza era praticamente uguale a quella mia e di Isabelle, ma i mobili erano disposti in maniera differente. Inoltre quella camera vantava un ordine che nella nostra di sicuro non c'era.
Ok, era arrivato il momento. Dovevo parlare. Ma cosa dovevo dire?
In quell'istante mi accorsi che preparare un discorso sarebbe stato molto più utile.
"Non puoi davvero avercela con me per questo."
Di tutte le cose che avrei potuto dire, quella non era certo la migliore. Non potevo più tirarmi indietro però. 
"Per quello che ho detto a Mary Anne l'altra sera. Luke, è solo la verità."
Cercai di non suonare ferma e autoritaria come mio solito.
"Tu non capisci, vero?"
E il suo di tono non era infastidito come mi sarei aspettata.
Finalmente mi sembrava di vedere una luce alla fine del tunnel. Saremmo davvero riusciti a mettere la parola fine ai nostri stupidi litigi una volta per tutte.
"No, non capisco. - ammisi senza esitare - Quello che so è che non mi parli, mi eviti in tutti i modi possibili e non capivo perché. Ma ora lo so, ho dato un senso alle tue parole e non vedo dove sia il problema."
Continuava a fissarmi e non sapevo se voleva che continuassi o che sparissi dalla sua vista. Ma il suo viso mi sembrava attento.
"Senti, per una volta sono qui con le migliori intenzioni. Pensavo che qualcosa stesse cambiando."
Sul finale della frasi, alzai la voce e me ne pentii.
"Anche io lo pensavo."
Lui però restava lì, seduto sul letto, utilizzando un tono pacato e calmo.
"Questo è quanto? Parla Luke! Dimmi quello che diavolo ti passa per la testa." sbottai.
E davvero, ci stavo davvero provando, ma non riuscivo a contenermi.
"Cosa avrei dovuto dire? Cosa ti aspettavi che io facessi? Che dicessi che, si, eravamo una coppietta felice in villeggiatura nel bel mezzo del nulla?"
I toni, dovevo abbassare i toni.
"Non lo so neanche io quello che mi aspettavo da te." si alzò per fronteggiarmi stavolta.
Aspettai che continuasse ma non sembrava intenzionato a farlo.
"Allora che devo fare? Leggerti nel pensiero? Non ti posso accontentare se non so neanche cosa ti aspetti. E sai cosa c'è? Non voglio neanche farlo."
Volevo solo sprofondare. Non ero stata capace di mantenere la calma e avere una normalissima conversazione con lui. 
Ma un'altra cosa di cui non ero mai stata capace era rimangiarmi le parole, tornare sui miei passi.
Passarono svariati minuti di silenzio, in cui valutai tutte le possibili opzioni per mandare avanti quel discorso.
"Ti sto solo chiedendo di parlarmi. Troviamo questo dannatissimo problema."
Ancora silenzio. Si era solo allontanato.
Decisi che quello era abbastanza, così mi voltai e mi avvicinai alla porta.
Tutto quello che volevo, però, era solo essere fermata.
"Aspetta." sentii la sua voce.
E in quel momento non lo sapevo quello che stava succedendo. Sapevo solo che lo stavo baciando e tutto era così bello. Desiderai solo averlo fatto prima, molto prima.
Allora era quello che si provava quando si metteva l'orgoglio da parte, quando si ascoltava solo il cuore. Ci si sentiva al posto giusto.
Luke stava ricambiando e non ero sicura che lo avrebbe fatto. Allora anche lui lo aspettava, quel bacio, quel contatto?
Perché non lo aveva semplicemente fatto lui?
Quando ci separammo però, il momento magico era finito. Eravamo solo vicini e ci guardavamo. 
Cosa avrei dovuto dire in una situazione del genere? Che mi dispiaceva? Che era stato magnifico?
"I-io me ne vado." balbettai.
Abbassò lo sguardo e mi liberò dalla sua presa. Anche io feci scivolare le mani dal suo petto e mi allontanai.
Questa volta non volevo essere fermata. Volevo avere del tempo per stare sola e pensare.
Sulla porta della mia camera, mi guardai alle spalle e lui era lì, appoggiato allo stipite. Fece un cenno di saluto con la mano e non potei fare a meno di abbozzare un sorriso, prima di entrare.
La stanza era vuota e ne ero felice. Non avevo avuto il tempo di pensare a cosa dire a Isabelle. In realtà, non avevo deciso se parlargliene. 
"Cazzo." mi dissi, incapace di trovare qualcosa di più sensato.

"Ho baciato Luke.
Volevo dirlo tutto d'un fiato e senza perdermi in convenevoli.
Che faccio, mamma?"




ANGOLO AUTRICE
Eccomi qui con un nuovo capitolo in cui, beh si, succede qualcosa! Finalmente.
Non voglio dilungarmi perché non so granché che dire. Personalmente, sono soddisfatta, ma il giudizio sta a voi! Fatemi sapere.
Ringrazio chiunque ha messo la storia tra le preferite, seguite e ricordate, chi legge e chi recensisce. Mi fa davvero tanto tanto piacere sapere i vostri pareri.
Alla prossima.
Un bacione,
Anaslover

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Capitolo 10
*** 6 Luglio ***


"Buongiorno mamma.
Oggi ho il turno a ora di cena al locale perciò finirò tardi. Ashton si è deciso ad invitare Isabelle ad uscire, quindi copro il suo turno. Non aspettare un mio messaggio.
So già quello che vuoi sapere ma no, non gli ho parlato.
Ci sentiamo domani."
 
Isabelle era davanti allo specchio da una ventina di minuti, cosa che decisamente non era da lei.
"Rilassati, è solo un giorno come gli altri." la ammonii.
Era circa la quarta volta che si alzava i capelli con le mani per decidere se raccoglierli o meno. Li lasciò cadere e si voltò verso il letto dove ero seduta.
"È così sbagliato voler sembrare carina?"
La guardai sorridendo.
"Tu sei sempre carina."
Lei riprese la sua frenetica danza per cercare di trovare una sistemazione ai suoi capelli, mentre io mi persi nei miei pensieri.
Vedere come Isabelle era sempre agitata all'idea di vedere Ashton, come era contenta e il modo in cui cercava di essere sempre al meglio quando lui era nei paraggi mi fece pensare all'ultima volta che avevo avuto una cotta per un ragazzo.
Pensai a Sebastian Jensen, all'asilo. Poi, per qualche strana ragione, mi venne in mente Luke. Scossi la testa e proseguii. Alec, al primo anno di superiori. Non ricordai il suo cognome, ma ricordai i suoi particolarissimi occhi verdi. Anche se avevo sempre preferito gli occhi chiari in un ragazzo. Luke. No, non di nuovo. Poi c'era stato Greg Wermont, con il quale avevo avuto una storia di qualche mese. Luke, ancora.
"Esco a prendere un po' d'aria." dichiarai, in agitazione per quegli strani pensieri con cui avevo iniziato a fare i conti.
"Tutto bene?" mi domandò Isabelle.
"Alla grande - la rassicurai - I capelli lasciali sciolti, mi piaci di più."
"Oh, d'accordo." la sua risposta mi arrivò ovattata, mentre chiudevo la porta alle mie spalle.
Decisi di scendere nel giardinetto interno su cui affacciavano le nostre stanze e mi accasciai sull'erba con le gambe incrociate.
Presi a giocherellare con l'erba, cercando di non lasciarmi sopraffare da tutto e da niente.
Complice il fatto che non ne avevo parlato con nessuno, se non con Michael, la faccenda di me e Luke continuava a tornarmi in mente. Tutto quello che avevamo passato da bambini e gli anni che abbiamo sprecato non parlandoci neanche. Pensavo al fatto che avevo lasciato un ragazzino indifeso e avevo ritrovato un uomo sicuro di sé, anche se un po' spericolato e arrabbiato con il mondo. Ma non importava, perché anche io ero arrabbiata con il mondo. Ed avevo il mio caratteraccio che mi ero costruita nel tempo a farmi sempre da scudo, a proteggermi da qualsiasi cosa avrebbe potuto ferirmi.
Avevo lasciato fuori anche lui, incurante del fatto che ci saremmo potuti aiutare a vicenda.
"Ciao."
"Ciao." non mi voltai a guardarlo, ma lo sentii sedersi accanto a me.
"Ti ho vista qui e ho pensato di raggiungerti." mi spiegò.
"Non mi devi spiegazioni, Luke."
Sorrise. Un sorriso amaro, però.
"Di norma avresti preteso delle spiegazioni da me."
"Ora non più."
Lo guardai di sottecchi. Aveva colto una margherita dal prato e se la rigirava tra le dita.
Pensai a quando lo avevo baciato, appena una settimana prima. O quando lui aveva baciato me. Insomma, a quando ci eravamo baciati.
Ripensai alla sensazione che avevo provato e al fatto che, in fin dei conti, non mi ero pentita, come chiunque mi conoscesse si sarebbe aspettato da me.
"Possiamo parlare?" chiesi, lo sguardo fisso nel vuoto davanti a me.
"Di cosa vuoi parlare?"
C'era un pizzico di amarezza nella sua voce. Avrei giurato si aspettasse che tirassi fuori qualche discorso per litigare.
"Di niente."
Si girò a guardarmi e io feci lo stesso. Ero stanca di sfuggire ai suoi sguardi, perché mi facevano sentire bene e mi infondevano sicurezza.
"Parlami di te." azzardai.
I suoi occhi brillarono mentre sorrideva.
Sarebbe bastato così poco? Davvero ero stata così superficiale? Lui aveva provato in tutti i modi a riavvicinarsi a me e io non mi ero mai neanche preoccupata di chiedergli come stava, come procedeva la sua vita.
"Non c'è molto da sapere. La mia vita è abbastanza monotona."
"Ci sarà sempre qualcosa in più da sapere rispetto a ciò a cui sono rimasta io. Tipo il gusto preferito di gelato o il colore preferito." lo incalzai.
Erano cose stupide, si. Ma era un inizio.
"Nocciola e verde."
Lo guardai confusa.
"Io adoro il gelato alla nocciola e il mio colore preferito è il verde." affermai.
"Lo so. Questi erano i tuoi. Ora vediamo se ricordi i miei."
Certo che li ricordavo.
"Vuoi dire che sei ancora il bambino che affonda la faccia nelle vaschette di pistacchio e che adora il celeste?"
"In carne ed ossa. Ma non un celeste qualsiasi, il celeste..."
Conoscevo quella frase, a memoria.
"Il celeste che lascia spazio all'arancione del tramonto. Quel tipo di celeste."
"Vedi, Sierra? Non tutto cambia così, dall'oggi al domani."
"Ma alcune cose si." lo contraddissi. Alcune cose tipo due padri di famiglia che da un giorno all'altro se ne vanno via, lasciando figli e casa sulle spalle di due povere donne.
Sapevo che mi aveva capito.
"Come sta tua madre, Luke?"
Quando ero piccola adoravo sua mamma. 
Ricordai quando ci portava i tramezzini e la spremuta fatti con le sue mani mentre noi giocavamo in giardino e quando giocava con noi a carte per insegnarci qualche trucco affinché potessimo battere i fratelli più grandi di Luke.
"Mia madre è morta. Tre anni fa."
Rimasi pietrificata a quelle parole. Non tanto per la loro gravità, quanto per il fatto che non le compresi. Come poteva esserle successo qualcosa? Ma, ancora peggio, come potevo non averlo saputo?
Mi voltai di scatto a guardarlo.
Balbettai qualcosa di incomprensibile in risposta.
"Non lo sapevi, vero?"
"I-io... Non può essere vero, Luke. Non dirmi che sono stata una persona così schifosa da non presentarmi al funerale di tua madre." sputai quelle parole con rabbia.
Come avevo potuto? Quella donna era stata una seconda madre per me e io non sapevo neanche che non ci fosse più. Da tre fottutissimi anni.
Cercai di riportare alla mente qualsiasi cosa, delle notizie di incidenti e quant'altro, ma inutilmente.
"Non lo sapevi. Lei era malata, non è stata una morte eclatante di cui tutti sono venuti a sapere."
"Non ci credo."
Nemmeno una lacrima era scesa dai miei occhi, neanche un segni di dolore, eppure ne provavo tanto, misto ad un senso di rabbia e disprezzo nei miei stessi confronti.
"Non importa."
"Smetti di dirlo - sbottai - Non è vero. Non è vero perché ora dovresti odiarmi almeno la metà di quanto mi sto odiando da sola in questo preciso istante. Sarei dovuta essere presente, non solo al funerale, ma sempre. E avrei dovuto stare vicino a lei e a te."
In quel momento lo abbracciai spontaneamente, perché era l'unico gesto che sentivo di dover fare.
Ricambiò il mio abbraccio in maniera talmente genuina che avrei potuto davvero commuovermi. 
"Sai cosa ho pensato quel giorno?" Luke ruppe il silenzio.
Alzai la testa senza sciogliere l'abbraccio e scossi la testa.
"Ti ho cercato tra la folla fuori dalla chiesa e mi sono sentito talmente arrabbiato quando non ti ho visto. Abbandonato. Poi ho pensato a te e a tutto quello che so sul tuo conto. A quel punto ho capito che non lo avevi saputo. Fanculo qualsiasi litigio, Sierra. Tu saresti venuta, lo sappiamo entrambi. È stato come se ci fossi. E no, non ho intenzione di odiarti."
A quel punto fui costretta a staccarmi in modo riluttante da lui, in primis perché avevo bisogno di guardarlo bene in viso mentre mi diceva quelle cose, e poi perché la posizione stava iniziando a diventare scomoda.
"Sono contenta che tu lo sappia. Insomma, io ci sarei stata."
Il suo sguardo era velato di tristezza, come potevo immaginare fosse anche il mio.
Ciò nonostante, Luke era forte, questo lo sapevo. Lo era sempre stato. 
Riprese a giocare con il fiorellino che aveva tenuto tra le mani senza che io quasi me ne accorgessi.
"Si è fatto tardi." disse infine, alzandosi dal prato.
Allungò poi una mano, che accettai, per fare lo stesso.
In seguito mi porse il piccolo fiore che presi tra le mani, confusa.
"E i tuoi fiori preferiti sono le margherite."
In quel momento mi accorsi di essere innamorata di Luke Hemmings.
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE
Mi vergogno come una ladra a presentarmi qui dopo non so quanto dall'ultimo aggiornamento, ma dovete credermi, tra la scuola e tutto, scrivere è impossibile. So che molte di voi possono capirmi. Di estate poi, quando si lascia tutto per parecchio tempo è difficile riprendere il filo.
Voglio essere totalmente sincera con voi: dunque, come penso che abbiate intuito, non posso garantirvi aggiornamenti regolari. Ciò nonostante, spero con tutto il cuore che voi non vogliate abbandonare questa storia.
Non ho intenzione di annoiarvi molto, faccio solo qualche piccolo appunto per quanto riguarda il capitolo:
- non ho inserito il messaggio si Sierra alla mamma alla fine, ma questa cosa, anche se prima mi sembrava carina ed originale, non mi soddisfa più, forse perché bisognerebbe ci fosse un dialogo tra le due per rendere il tutto completo, ma poi, credo, diventerebbe noioso. Non so se ora inserirò il messaggio solo all'inizio o solo alla fine o per nulla, deciderò in base ai capitoli;
- LA MORTE DELLA MAMMA DI LUKE NON ERA PREVISTA e mi odio per questo, ma mentre scrivevo ho detto "perché no?". Meno male la nostra cara Liz sta più che bene ed è viva e vegeta. Per questo non ho inserito alcun nome: non volevo inventare un personaggio fittizio per non allontanarmi troppo dalla realtà, ma non volevo neanche mettere in mezzo la poveretta;
- "In quel momento mi accorsi di essere innamorata di Luke Hemmings". A voi i commenti per questo. Cosa è successo a Sierra? Voi l'avete riconosciuta in questo capitolo? Perché io proprio no.
D'accordo basta perché sono davvero pesante.
So di averlo già detto, ma non abbandonate Sierra e gli altri perché c'è qualcosa in serbo per voi (magari tra tre o quattro anni ce la farò!).
Spero di ricevere delle recensioni e di sapere i vostri pareri. Nel frattempo ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite, le seguite, le ricordate, chi ha recensito, chi legge e basta e chi ha aspettato così tanto!
Un bacio a tutti voi!

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