Never Let Me Go

di fers94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** What kind of heart doesn't look back? [Prologo] ***
Capitolo 2: *** It isn't over ***
Capitolo 3: *** Just one more chance ***
Capitolo 4: *** One step closer ***
Capitolo 5: *** Why can't we just rewind? ***
Capitolo 6: *** I am nothing without you ***
Capitolo 7: *** Dreaming about the things that we could be ***
Capitolo 8: *** I don't belong to you ***
Capitolo 9: *** Fix you ***
Capitolo 10: *** When I'm with him ***
Capitolo 11: *** Your heart's against my chest ***
Capitolo 12: *** Dancing with another man ***
Capitolo 13: *** I'm with you ***
Capitolo 14: *** I can't take my mind off you ***
Capitolo 15: *** You are the only place for me ***
Capitolo 16: *** The taste that your lips allow ***
Capitolo 17: *** Stay ***
Capitolo 18: *** We can learn to love again ***
Capitolo 19: *** Saying things we haven't for a while ***
Capitolo 20: *** Taking your time ***
Capitolo 21: *** Nobody said it was easy ***
Capitolo 22: *** Not leaving you anymore ***
Capitolo 23: *** The same soul ***
Capitolo 24: *** Save me ***
Capitolo 25: *** Not alone at all ***
Capitolo 26: *** Too late ***
Capitolo 27: *** Because I love you ***
Capitolo 28: *** Just the way you are ***
Capitolo 29: *** Wrecking ball ***
Capitolo 30: *** Say something ***
Capitolo 31: *** Never let me go ***
Capitolo 32: *** There's nowhere unless you're there ***
Capitolo 33: *** Have you ever felt this way? ***
Capitolo 34: *** All I ever wanted [Epilogo] ***



Capitolo 1
*** What kind of heart doesn't look back? [Prologo] ***





1. What kind of heart doesn't look back?
 
 
"Car is parked, bags are packed, but what kind of heart doesn't look back at the comfortable glow from the porch, the one I will still call 'yours'?"
[Breathe Again - Sara Bareilles]
 

Prologo
 

Era ormai passato un anno da quando a Ravenswood si era sistemato tutto. Da quando Caleb aveva fermato la maledizione e tutto quello che questa comportava. Ed erano passati due anni da quando Caleb ed Hanna si erano visti quell'ultima volta, a Ravenswood. Dandosi quell'addio straziante, lasciandosi andare consapevoli di amarsi ancora come il primo giorno. Caleb aveva sistemato le cose, sarebbe potuto tornare a Rosewood da Hanna. Ma non l'aveva fatto.
Non l'aveva fatto perché aveva paura di sconvolgerle la vita. Quando era riuscito a porre fine alla maledizione, Hanna si era sicuramente già diplomata e Caleb era sicuro che stesse scegliendo il college. Non voleva intralciarle il futuro.
"Magari si è rifatta una vita, ha ritrovato la sua stabilità." pensava.
"Non è giusto che io mi ripresenti dopo tutto questo tempo come se nulla fosse."
"Chi sono io per essermi fatto aspettare da una ragazza così bella e dolce?"
"Chi sono io per sconvolgerle la vita?"
"Lei sta progettando il suo futuro, ed io sono troppo in ritardo per farne parte."

Tutti questi pensieri gli balenavano in testa, eppure era ancora incerto sul da farsi. Perché lui la amava ancora, e desiderava da morire un futuro con lei. Perché si erano separati senza volerlo. Perché il loro amore meritava una seconda possibilità.
E perché gli mancava.
Gli mancava da morire. Gli mancava fisicamente; poterla toccare, stringere, baciare, accarezzare, gli mancava il suo profumo, il suo sorriso, i suoi occhi, la sua voce... E gli mancava anche sotto il punto di vista psicologico. Gli mancava tutto quello che Hanna riusciva a dargli ogni giorno; la sicurezza, l'appoggio, il sostegno, l'amore... Quell'amore così puro, incondizionato, che era sempre riuscito a vincere tutto. E Caleb stava malissimo al pensiero che avesse dovuto fermare tutto questo. Ma era stato costretto, e se fosse potuto tornare indietro, avrebbe fatto la stessa scelta un miliardo di volte ancora per salvare Hanna. Aveva rinunciato alla cosa più bella che avesse mai avuto per salvare la cosa più bella che avesse mai avuto. E che da due anni non aveva più. Non la vedeva né sentiva da poco più di due anni, e si sentiva terribilmente solo, apatico; praticamente era tornato ad essere il ragazzo che era prima di incontrare Hanna.
Combattuto nei suoi dubbi se a questo punto fosse meglio cercarla o sparire una volta per tutte dalla sua vita, Caleb aveva provato a contattare Hanna sul cellulare, ma lei non aveva mai risposto. D'altra parte, Hanna non tiene per molto tempo lo stesso numero di telefono, e lui lo sapeva bene. Caleb era troppo in ritardo anche per telefonarle. Non aveva avuto il coraggio di bussare alla sua porta a Rosewood, stavolta. Aveva paura di non essere gradito. Aveva paura di fare del male ad Hanna, ancora, dopo tutto quel tempo. E non sapeva come avrebbe reagito nel rivederla. Tutto questo lo spaventava, questa è la verità.
Così, Caleb si era arreso. Si era però detto che se un giorno il destino li avesse ricongiunti, lui si sarebbe spinto fino in fondo. Ma ripiombare così nella vita di Hanna, uscendone e rientrandone a suo piacimento per l'ennesima volta, no. Gli sarebbe sembrato vigliacco. L'aveva lasciata e ripresa troppe volte, e non voleva più farla soffrire. Non intendeva giocare con lei. Non avrebbe mai voluto farlo, ma l'impressione che le sue azioni passate davano, lo facevano sembrare davvero un perfetto bastardo nei confronti di Hanna. Se destino avesse voluto, allora sarebbe stato pronto per lei, come sempre, altrimenti non l'avrebbe più cercata e l'avrebbe lasciata andare.
Perché la amava da morire e non voleva farla soffrire. Mai più. Era già successo troppe volte.
Fu così che, risolti gli enigmi maledetti di Ravenswood, Caleb si era trasferito a Montecito da sua madre, e lì aveva trovato una sorta di distrazione a tutti i suoi tormenti. Era diventato una sorta di tirocinante in un'azienda informatica. Era riuscito a diplomarsi a Ravenswood con non poche difficoltà, dopodiché, non volendo andare al college, aveva fatto un colloquio di lavoro con l'aggiunta di una specie di test per avere un posto in quell'azienda. E ce l'aveva fatta. D'altra parte, era sempre stato un genio con il computer. Lo pagavano niente male ed era sempre lodato dal capo. Era talmente bravo, che un giorno ebbe un'opportunità enorme tra le mani. 
Dopo un anno di lavoro brillante, fu convocato nell'ufficio del suo capo. Caleb entrò, strinse la mano del direttore e fu invitato a sedersi.
«Bene, Rivers. Devo farle un'offerta importante.» esordì l'uomo.
«Mi dica tutto.»
«Beh, è solo un anno che lavora per noi, ma c'è da dire che l'ha sempre fatto egregiamente. Andrò subito al dunque, c'è poco da dire. Ecco, l'azienda organizza uno stage a New York, con il professor Norton. Per l'intero semestre, il professore terrà delle lezioni di informatica di base alla NYU, e avremmo pensato che lei, signor Rivers, sarebbe adatto per accompagnarlo in veste di assistente. Che ne pensa? Sarà ovviamente retribuito, più di quanto non lo è qui.»
Caleb non poté fare altro che sorridere a quelle parole. Era l'opportunità della sua vita. Gli si sarebbero potute aprire mille porte, avrebbe avuto una decina di sbocchi professionali diversi. Uno stage alla NYU.
«Signor Rivers, deve comunicarmi se accetta o meno entro domani, perché altrimenti dovremo contattare un altro dipendente.» continuò il direttore.
«Le comunico subito che accetto. Non ho bisogno di pensarci su, signor direttore.» disse Caleb, sicuro.
«Ne è certo?»
«Al cento per cento. La ringrazio per la fiducia.» aggiunse, annuendo.
«Bene, sono contento. Avrà una stanza pagata dalla nostra azienda all'interno del college per l'intero semestre. Parte lunedì. Se le servono info sul programma e su tutto il resto, contatti il professor Norton.» disse il direttore tutto d'un fiato, porgendo un biglietto a Caleb.
Il ragazzo lo afferrò, sorridendo. Si congedò dal direttore felice, sapendo che quella sarebbe stata una buona opportunità per staccarsi da quel punto morto della sua vita. Magari quello stage lo avrebbe impegnato abbastanza da non torturarsi più con il ricordo di Hanna.
Ma questo era impossibile, e lui lo sapeva.


Hanna aveva lasciato Rosewood non appena si era diplomata. Si era trasferita a New York con sua madre, che finalmente aveva trovato un buon posto di lavoro lì. E lei aveva iniziato i suoi studi di moda e design alla NYU.
-A era stato catturato il giorno del diploma a Rosewood. Era Ezra Fitz. Da quel giorno, Hanna, Aria, Emily e Spencer erano finalmente libere di vivere una vita normale, sebbene per Aria fosse stato il triplo difficile rialzarsi.
Aria e Spencer studiavano insieme alla UPenn, Emily a Stanford, ed Hanna alla NYU. Ma si sentivano ogni giorno, che fosse per telefono, Skype o qualsiasi altro mezzo. E appena ne avevano occasione, si riunivano per rivedersi, magari al Brew o all'Apple Rose Grill di Rosewood come punto d'incontro.
Hanna non vedeva né sentiva Caleb da due anni. Caleb era il suo punto di riferimento più grande insieme a sua madre. Lei aveva sempre avuto bisogno di lui, fin da prima di incontrarlo, e da quando l'aveva trovato, aveva sempre lottato con le unghie e con i denti per tenerlo con sé. Ma alla fine l'aveva perso, una volta per tutte.
E, per un certo periodo, era sprofondata di nuovo nel baratro. Già, di nuovo, perché era tornata a farsi divorare dalle insicurezze esattamente come un tempo, ed esattamente come un tempo, era tornata ad essere bulimica. Mangiava qualsiasi cosa a qualsiasi ora, s'ingozzava fino a non poter respirare più. Non si truccava neanche più, a stento usciva di casa, anche lei sembrava apatica. Il dolore causato dalla mancanza del ragazzo che amava con tutta se stessa l'aveva portata a questo. Dire che aveva sofferto è un eufemismo.
Fortunatamente però, era riuscita a sconfiggere la bulimia per la seconda volta. Grazie alle amiche di una vita con le quali condivideva più dolori che gioie, e grazie alla vicinanza di un ragazzo gentile e a cuore aperto come Dave. L'aveva conosciuto dalla psicologa comune ad entrambi, a New York, poco prima di iniziare il college. Lui era lì per terminare il suo processo di disintossicazione dall'alcool, mentre Hanna per terminare il suo dalla bulimia. Ed Hanna aveva voluto provare a credere che fosse possibile trovare l'amore in quel ragazzo. Si frequentavano, anche Dave era iscritto alla NYU, ma Hanna non riusciva ancora a dirsi innamorata di lui. Caleb era ancora inchiodato al suo cuore, che grondava sangue da ormai troppo tempo. E quel chiodo avrebbe potuto toglierlo solo colui che l'aveva affisso: Caleb. Perché il pensiero che si amassero ancora ma che non potessero stare insieme la uccideva. Forse solo grazie a Caleb quel cuore avrebbe smesso di sanguinare, perché era stato lui a farlo iniziare.
Ed Hanna, nel suo inconscio, stava ancora aspettando che tornasse nella sua vita, probabilmente l'avrebbe fatto per l'eternità, probabilmente invano. Anche se New York e la sua nuova vita lì stavano tagliando tutti i conti con il suo non semplice passato.

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Capitolo 2
*** It isn't over ***





2. It isn't over
 
 
"I had hoped you'd see my face and that you'd be reminded that for me it isn't over."
[Someone Like You - Adele]
 

Quella mattina iniziava il secondo semestre. Hanna vagava per i corridoi della NYU insieme a Brit, la sua compagna di stanza del college, con cui seguiva regolarmente tutte le lezioni del corso di moda e design. Brit era esuberante come Hanna, ed insieme si erano trovate fin da subito.

«Ora abbiamo la prima lezione di informatica!» annunciò Brit.
«A che diavolo serve l'informatica ad una persona che vuole lavorare nell'ambito della moda?» sbuffò Hanna, mentre entrambe raggiungevano l'aula indicata sul tabellone del dipartimento.
«Per disegnare i bozzetti, tanto per iniziare!» soggiunse Brit, dando una scherzosa gomitata alla compagna.
«Io di computer non ci ho mai capito nulla...» 
«Neanch'io, tesoro, ma forse questa è la buona occasione per sfatare il mito!» concluse Brit, mentre entrambe erano entrate in aula e prendevano posto.
L'insegnante non era ancora arrivato, quindi Brit cominciò la sua classica esplorazione panoramica sui pochi soggetti maschili tra gli allievi presenti in aula, facendo vari apprezzamenti, mentre Hanna ascoltava divertita. Dopo qualche istante, Hanna si chinò per prendere il suo quaderno di appunti, ed in quel mentre entrò l'insegnante di informatica, il professor Edmond Norton, con il suo giovane assistente.

«Hanna, le lezioni di informatica si preannunciano più interessanti del previsto!» ammiccò Brit.
«Non dirmi che ti sei innamorata del professore...» ribatté Hanna, ghignando, ancora con lo sguardo basso nella sua borsa.
«Oh no, lascia perdere il professore... Ho appena avuto un colpo di fulmine con il suo assistente!» precisò Brit, sospirando sognante.
Hanna scosse la testa ridendo, per poi sollevarsi e guardare di fronte a sé.
Magari l'assistente era davvero bello.
Oh, eccome se lo era.
Il cuore di Hanna perse qualche battito alla visione che ebbe in quel momento.
Caleb.
Caleb Rivers.
Il suo Caleb.
I capelli più corti ed i baffi, la camicia, un aspetto più adulto e professionale, quasi elegante.
Ma era sempre bellissimo.
Non era possibile che fosse lui, no.
Hanna era a New York, la sua vita era cambiata, Caleb era il suo passato.
Ma lui era lì, Hanna l'avrebbe riconosciuto anche se fosse stato di spalle. Avrebbe potuto giurare che fosse proprio lui, anche se le sembrava impossibile.
Forse sapeva che lei era lì. Forse aveva bussato alla sua porta a Rosewood ed i nuovi inquilini gli avevano detto che lei e sua madre si erano trasferite a New York. Forse era venuto per ritrovarla, anche se non aveva il diritto di cercarla ancora. Non dopo quanto si erano complicate le cose. Non dopo quell'addio straziante.
Hanna sentì una gran confusione in testa. Da un lato rivederlo era l'ultima cosa che avrebbe voluto, da un altro, invece, avvertì una grande gioia nel trovarselo davanti così improvvisamente.

«Anche tu hai avuto un colpo di fulmine? Mi dispiace ma devo ricordarti che sei impegnata... Io invece no!» bofonchiò Brit, nel vedere Hanna paralizzata alla visione di quel giovane assistente.
Ed Hanna pensò che era come diceva Brit. Lei era impegnata. Lei aveva Dave, e Caleb era solo un capitolo chiuso del suo passato, che non era giusto riaprire.

«Hanna, riprenditi! Sembra che tu abbia visto un fantasma!» reclamò ancora Brit.
Oh no, lasciamo perdere i fantasmi.
Hanna non rispose, e posò lo sguardo sul suo quaderno degli appunti, distrattamente. Non sapeva se sperare se Caleb la vedesse o meno. Non sapeva come comportarsi nell'eventualità in cui lui si fosse accorto di lei, perché magari, invece, in realtà Caleb non sapeva che lei fosse lì. Magari era tutto un caso, uno scherzo del destino. Magari doveva andare così, i loro cammini dovevano incrociarsi di nuovo.
Essendo un assistente, sarebbe probabilmente rimasto a tenere le lezioni con il professor Norton per l'intero semestre, ed i ragazzi che seguivano le lezioni di informatica non erano poi moltissimi, quindi era abbastanza probabile che prima o poi l'avrebbe vista. Ed Hanna non sapeva se questa cosa la facesse felice o meno. Più che altro, ne era spaventata. Non era pronta a fare i conti con una situazione simile. Non era pronta a fare i conti con Caleb. Probabilmente non lo sarebbe mai stata.

«Salve, sono Edmond Norton e sarò il vostro insegnante di informatica per questo semestre. Lui è il mio assistente Caleb Rivers, sarà disponibile per aiutarvi con il lavoro in qualsiasi momento.» 
Il professore continuò a parlare per un tempo indefinito, ma Hanna si fermò ad ascoltare fino a quel punto, ignorando anche i continui commenti di Brit. Si concentrò completamente su Caleb. Osservò ogni suo gesto distratto, ogni sua espressione. Si isolò da qualsiasi altra cosa, dedicandosi completamente a guardarlo anche solo muovere la testa o le mani, qualsiasi suo minimo movimento era attentamente studiato dagli occhi di Hanna. E, senza accorgersene, tremava.
«Hanna, va tutto bene?» si fece sentire Brit, seriamente spiazzata dall'atteggiamento totalmente assente di Hanna, che non aveva spiccicato una sola parola da quando aveva visto Norton e il suo assistente.
«Tutto bene.» sussurrò di tutta risposta Hanna, senza distogliere però lo sguardo da dove l'aveva.
«Perché tremi?» chiese quindi Brit, afferrandole una mano.
«È tutto okay, Brit, davvero.» 
Hanna aveva delle reazioni incontrollate quando era in agitazione, e quello era decisamente uno di quei momenti. Pensò di uscire dall'aula per riprendersi da quel momento di sconvolgimento, bocciando però subito l'idea pensando che così sarebbe potuta essere notata da Caleb.
Ma poi fu Brit a tagliare la testa al toro. Alzò la mano, e Norton se ne accorse.

«Prego, signorina.» le disse, accordandole il permesso di parlare.
«Quali libri dobbiamo comprare per questo corso?» chiese, disinvolta.
A quel punto, anche a Caleb venne spontaneo guardare in quella direzione. Ed Hanna era seduta proprio accanto a Brit.
Sarebbe voluta sparire in quell'esatto momento, perché sapeva che proprio in quell'esatto momento, lui si sarebbe accorto di lei.
E così fu.
Caleb guardò Brit, ma fu solo per un istante, perché riconobbe una figura estremamente familiare accanto a lei, e subito vi girò lo sguardo.
Hanna.
Hanna Marin.
La sua Hanna.
Ed era bellissima come sempre.
E per quale scherzo del destino la stava ritrovando lontano chilometri e chilometri da dove si erano trovati anni prima?
Non era possibile, eppure stava succedendo.
Era proprio Hanna.
A Caleb arrivò il cuore in gola, e si paralizzò. Il destino li aveva riuniti esattamente come aveva sempre sperato. Ed una gioia inesprimibile lo riempì, anima e corpo, per questo si bloccò completamente.
E quando i loro occhi si incrociarono, entrambi avvertirono un brivido percorrergli la pelle e penetrargli fino a dentro le ossa.
Rimasero a guardarsi chissà per quanto, come se fossero le uniche persone in quella grande aula della NYU. C'erano solo loro due, il resto del mondo non esisteva. Immobili, l'uno pieno dello sguardo dell'altra. E nessuno dei due osava spostarlo. Finché, come erano soliti fare nei momenti d'imbarazzo, ad entrambi scappò di mordersi il labbro inferiore, nello stesso preciso istante, quasi come se l'uno dipendesse incondizionatamente dall'altro. Ed il fatto che lo fecero contemporaneamente, non fece che triplicare il rispettivo imbarazzo e l'assurdità di quella situazione. A quel punto, fu Hanna a distogliere lo sguardo da Caleb. Riabbassò la testa sui suoi appunti e rimase così per l'intera durata della lezione, a massacrarsi di dubbi. Caleb continuò invece ad osservarla, a pensare che fosse talmente bella da fargli venire le vertigini. Sospirò, completamente inconsapevole di quello che stava blaterando il professor Norton al suo fianco. Caleb era da un'altra parte, e lì c'era un panorama che lo rapiva da qualsiasi altra cosa. Ringraziò il cielo che non sembrasse avere alcuna intenzione di fargli prendere parola, poiché, date le circostanze, era sicuro che tutt'al più sarebbe stato in grado solo di balbettare.
D'un tratto, staccò gli occhi da Hanna solo perché notò un paio di fogli poco distanti da lui. Li afferrò, e capì che fosse l'elenco degli iscritti al corso. Senza esitare, li prese e gli diede uno sguardo, mentre Norton continuava a parlare. E, con sua sorpresa, su quei fogli non c'era solo nome e cognome degli allievi, ma anche un mucchio di informazioni anagrafiche e burocratiche, tra cui il numero della stanza del college. Non poté fare a meno di raggiungere la "M" della lista e catturare la riga intestata ad Hanna Marin. "209". Era tutto quello che aveva bisogno di sapere.


Finita la lezione, Hanna scappò letteralmente via, dall'uscita secondaria, evitando di passare davanti alla cattedra. Caleb se ne accorse. Capì che lo stava evitando, ma non la biasimava.
Aveva il numero della sua stanza, ma non avrebbe mai osato presentarsi lì. L'aveva ritrovata, ma non voleva costringerla a parlargli se lei non avesse voluto. Caleb non voleva ripiombare nella sua vita se lei non se la sentiva. Non voleva stravolgerle i piani. Anche se voleva riprendersela. La voleva disperatamente.
Fece un altro paio di lezioni con Norton, dove prese parola solo un paio di volte perché interpellato da qualche allievo curioso circa la sua età particolarmente giovane, dunque la sua prima giornata di stage alla NYU terminò.
Pranzò nel bar all'interno del college, cercando con gli occhi Hanna tra la folla, senza successo. Passò gran parte del tempo a pensare se quella che avesse visto fosse davvero Hanna, incredulo. Ma sì, era lei, ne era certo. Aveva anche letto il suo nome sull'elenco. Hanna era a un passo da lui, e lui non aveva idea di cosa fare. Aveva quest'irrefrenabile voglia di bussare alla porta della sua stanza, ma non voleva disturbarla. Lei lo aveva evitato, non voleva probabilmente vederlo e lui non si sarebbe imposto, malgrado avrebbe fatto di tutto per vederla all'infuori di quelle imbarazzanti lezioni.
Poi ebbe un'idea.

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Capitolo 3
*** Just one more chance ***





3. Just one more chance
 
 
"Would you tell me I was wrong? Would you help me understand? Are you looking down upon me? Are you proud of who I am? There's nothing I wouldn't do to have just one more chance to look into your eyes and see you're looking back."
[Hurt - Christina Aguilera]



Hanna passò il resto della mattinata seguendo le altre lezioni con Brit. Era sconvolta e l'amica se n'era accorta, ma aveva rinunciato a chiederle cosa ci fosse che non andava perché Hanna rispondeva sempre che non era successo niente.
Hanna non riusciva a capire come si sentisse. Era completamente bloccata al pensiero che Caleb fosse così vicino a lei, e non sapeva come avrebbe fatto a sostenere quella situazione che sembrava prospettarsi quotidiana. Non poteva farcela. Non poteva farcela a sorreggere quegli sguardi durante le lezioni, fingendo che tutto fosse normale. Non poteva farcela ad essere indifferente di fronte a lui. Perché lui non le era indifferente, tutt'altro. A prescindere da quanto potesse essere presa da Dave, Caleb non le sarebbe mai potuto essere indifferente. Non le sarebbe mai passato. Mai. E questa consapevolezza la torturava. Ora che aveva la sua vita in mano, ecco che tutte le sue sicurezze crollavano.
A pranzo sarebbe andata fuori con Dave. E non sapeva se sarebbe riuscita a mascherare la tempesta interiore che sentiva. Ebbe poco tempo per inventarsi scuse plausibili da affibbiare ai suoi possibili strani atteggiamenti durante l'uscita, perché Dave, puntuale come pochi, venne a prenderla davanti l'aula.
«Hey!» esordì il ragazzo, raggiante.
Hanna si limitò a sorridere, dunque Dave la baciò sulle labbra.
«Okay, piccioncini, io vado a mangiare qualcosa al bar. Divertitevi! Hanna, ti aspetto più tardi in stanza... Ti ricordo che dobbiamo studiare storia dell'arte!» disse Brit, poggiando una mano sulla spalla di Hanna.
«Tranquilla, tornerò in orario. Buon appetito!» rispose lei, forzando l'ennesimo sorriso.
«Anche a voi! Ciao, Dave!» si congedò Brit.
Dave le strizzò l'occhio, quindi portò un braccio attorno alle spalle di Hanna e si incamminò verso l'uscita del college.


Dave portò Hanna in un ristorante non molto lontano dal college, elegante. Non badava a spese, soprattutto se si trattava di Hanna. Era molto innamorato di lei.
«Sei di poche parole oggi...» soggiunse il ragazzo, nel bel mezzo del loro pranzo.
Hanna stava mangiando poco e nulla, giocando con la forchetta, con lo sguardo basso e senza spiccicare una parola.
«Scusami, è che non mi sento molto bene...» rispose timidamente, inventandosi la prima scusa che le passò per la testa.
«Vuoi che ti riporti al college? O magari vuoi andare a casa da tua madre? Dimmi cosa posso fare per te, non mi piace vederti così!» rispose Dave.
«No, Dave, grazie. Finirò di pranzare e poi tornerò al college. Sai, devo studiare con Brit... Abbiamo un esame a breve! Mi passerà, non preoccuparti.» lo rassicurò Hanna.
«Come vuoi. Ma cerca di mangiare qualcosa, okay?»
«Okay.» soggiunse Hanna, forzando un sorriso.
Tentò di mangiare almeno la metà di ogni portata, poiché non voleva far preoccupare Dave.
Finito il pranzo, Dave riportò Hanna al college con la sua auto. Lui non viveva all'interno della struttura, poiché abitava molto vicino e non aveva bisogno di avere una stanza nel college. Accostò la macchina e si sporse per baciare Hanna, che non ricambiò esattamente come il ragazzo si aspettava.
«Hanna, che succede?» chiese quindi, sospirando.
«È tutto a posto, non preoccuparti.» lo rassicurò per l'ennesima volta Hanna, cercando però di evitare i suoi occhi.
Dave sospirò nuovamente.
«D'accordo. Ti chiamo più tardi.» aggiunse rassegnato.
«Okay, ciao.» disse Hanna, uscendo dall'auto e raggiungendo l'entrata della NYU.
Il breve tempo che impiegò per raggiungere la sua stanza lo passò a pensare a Caleb, come del resto tutto il tempo del suo pranzo, e della sua mattinata di lezioni. Non che avesse mai davvero smesso di pensarci da quando si erano lasciati, ma l'averlo rivisto non la stava aiutando a separarsi dal suo ricordo, anzi.


Girò le chiavi nella serratura della porta 209 ed entrò. Brit era seduta sulla sua scrivania e stava usando il suo portatile, non certo per motivi di studio, ma semplicemente per sentire qualcosa di Pink su YouTube.
«Hey...» esordì Hanna, posando le chiavi sul comodino e buttandosi sul letto.
«Hey, Han! Sei in anticipo!» rispose Brit, voltandosi.
«Il pranzo è durato meno del previsto...»
«Oh, prima che me ne dimentichi! Quando sono rientrata in stanza, ho trovato quello sotto la porta...» rilanciò Brit, indicando un biglietto appoggiato sulla scrivania di Hanna.
Hanna si alzò dal letto e prese il biglietto.

Vediamoci alla caffetteria qui di fronte alle 6. Per favore. -C.

Le si gelò il sangue nelle vene una volta lette quelle parole. E riconobbe perfettamente la scrittura.
«È per te, sul retro del biglietto c'è il tuo nome...» aggiunse Brit, guardando un'immobile Hanna con lo sguardo ancora sul biglietto.
Hanna scosse la testa, posò il biglietto lì dove l'aveva trovato, e si ributtò sul letto.
«Beh? Non dici niente?» chiese Brit.
«Cosa vuoi che dica?»
«Hai idea di chi possa essere?»
«No e non mi interessa.»
«Hanna, lo so che stai con Dave, ma io al posto tuo sarei curiosa e ci andrei comunque, giusto per vedere chi è questo ammiratore segreto!» disse Brit, ghignando.
«Sarà un idiota, non ha importanza.» grugnì Hanna, schiacciando la testa contro il cuscino.
«Allora non ti dispiace se ci vado io? Insomma, se gli piaci tu, gli piacerò anch'io! Siamo entrambe bionde e belle, io al contrario tuo sono single, e...»
«Piantala, Brit. Nessuna di noi andrà a quello stupido appuntamento. Dobbiamo studiare tutto il giorno, ricordi?» la interruppe Hanna, spazientita.
Brit fece spallucce.
«D'accordo, scusa.» aggiunse, per poi voltarsi e chiudere il suo MacBook.
Hanna si alzò dal letto ed afferrò il libro di storia dell'arte dalla libreria, per poi sedersi alla sua scrivania, esattamente accanto a quella di Brit.
«Scusami, Brit, ho esagerato. È solo che oggi...» fece Hanna, prima di essere interrotta dall'amica.
«Lo so, è tutto il giorno che sei strana. Quando sarai pronta a parlarne, io sono qui, lo sai.»
Hanna le afferrò la mano in segno di riconoscenza e le sorrise, per poi aprire il libro ed iniziare a studiare insieme.


Caleb era nella sua stanza all'interno del college a fissare l'orologio a muro ticchettare i secondi che lo separavano dalle 6. Era seduto sul letto a mangiarsi nervosamente le unghie, e batteva il piede sul pavimento senza alcun ritmo. Erano solo le 4, dannazione. Non sapeva neppure perché avesse scelto le 6 come orario. Probabilmente per dare il tempo ad Hanna di pensare bene cosa decidere. Si chiedeva se avesse ricevuto il suo biglietto, cosa avesse pensato a riguardo, se sarebbe venuta, se avesse invece strappato il biglietto con rabbia e l'avesse mandato al diavolo. Si chiedeva qualsiasi dannata cosa, mentre sentiva il suo pranzo tornargli su dallo stomaco, provocandogli una nausea d'ansia che non aveva mai provato prima.
Spazientito, alle 5 uscì dal college e camminò fino alla caffetteria. Era in anticipo di un'ora, ma non gli interessava. Avrebbe aspettato Hanna anche per anni. Si mise in piedi, accanto al semaforo che separava il marciapiede dov'era situata la caffetteria da quello dov'era situata la NYU. Da lì vedeva anche un grande orologio che segnava l'ora. Si appoggiò al semaforo ed aspettò Hanna così, dicendosi che se non fosse venuta, l'avrebbe lasciata libera di vivere la sua vita senza intromettersi più.

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Capitolo 4
*** One step closer ***





4. One step closer
 
 
"How can I love when I'm afraid to fall? But watching you stand alone, all of my doubt suddenly goes away somehow. One step closer... I have died everyday waiting for you, darling, don't be afraid, I have loved you for a thousand years, I'll love you for a thousand more."
[A Thousand Years - Christina Perri]



La giornata di studio di Hanna e Brit proseguiva. Erano le 6:30, ed Hanna non si era presentata all'appuntamento con Caleb. Non aveva avuto il coraggio di vederlo. Non ce l'aveva fatta. Era naufragata tra le pagine del libro di storia dell'arte, tentando di controllare l'orologio il meno possibile per non venire tentata da quella parte di sé che voleva invece correre da Caleb. Si chiedeva come fosse riuscito ad avere il numero della sua stanza, si chiedeva cosa sperasse di ottenere qualora lei fosse andata all'appuntamento. Con la testa riversa sull'ottavo capitolo del suo libro, si lasciava andare a tutti questi dubbi, mentre fingeva di studiare. Brit era distesa sul letto con il suo libro, poiché aveva detto di avere mal di schiena e di stare scomoda seduta alla scrivania, ed era da una buona manciata di minuti che non diceva nulla, né riguardo la storia dell'arte né riguardo nient'altro.
Hanna si voltò per chiederle l'evidenziatore, e notò che stava dormendo profondamente. Brit era una tipa pigra anche più di lei. Hanna non poté fare a meno di sorridere, per poi alzarsi e mettere una coperta sulle spalle dell'amica. Sospirò e buttò un occhio sull'orologio. Segnava le 6:45, era ormai tardi per presentarsi alla caffetteria. E poi lei non voleva.
O forse lo voleva disperatamente?
D'un tratto, Hanna capì che doveva andare, doveva provarci. Sì, era tardi, ma quella parte di sé che voleva andare all'appuntamento convinse ogni altra parte di Hanna che doveva provarci comunque. Perché lei voleva vederlo. Al di fuori di quel dannato college dove lui era il semplice assistente del suo professore di informatica. Lei aveva bisogno di vederlo. Lui era Caleb, il suo Caleb.
Mandò tutto al diavolo e si precipitò in bagno, stando attenta a non svegliare Brit. Hanna doveva truccarsi per bene, prepararsi alla perfezione, mettersi il migliore dei suoi vestiti e correre in quella caffetteria per incontrare Caleb. Voleva farsi bella per lui, proprio come una volta. Anche se a lui sarebbe piaciuta anche se si fosse presentata in tuta e senza il benché minimo trucco.


Alle 7:20, Hanna sgattaiolò fuori dalla sua stanza, truccata perfettamente, con qualche goccia del suo profumo preferito spruzzata sul collo, e con addosso un vestitino bianco mozzafiato ed i suoi immancabili tacchi. Era rimasta la Hanna di sempre.
Con il terrore che fosse troppo tardi, scese di fretta le scale e raggiunse l'uscita del college. Il cielo era ormai scuro ed Hanna non sapeva cosa pensare. Camminò fino al bordo del marciapiede, pronta ad attraversare la strada, ma il semaforo rosso la bloccò. Fece un profondo sospiro mentre il suo sguardo avanzava, zigzagando tra le macchine in corsa, verso l'altro lato della strada.
E lì, lo vide.
Appoggiato contro il semaforo del marciapiede opposto, davanti alla caffetteria, in piedi, bellissimo, c'era Caleb.
Hanna aveva quasi un'ora e mezza di ritardo, ma lui era lì, ad aspettarla davanti quella caffetteria.
I loro sguardi si incrociarono. Caleb era incredulo. Hanna alla fine era venuta. Sapeva bene che avesse il vizio del ritardo, gli bastava pensare a tutto il tempo che aveva passato ad aspettarla in auto svariati sabato sera davanti casa sua, a Rosewood. Stavolta aveva forse esagerato coi tempi, ma Caleb l'avrebbe davvero aspettata anche tutta la notte. Non riuscì a trattenere lo spontaneo sorriso che gli si disegnò in volto alla vista di Hanna.
E com'era bella.
Una dea, come lo era sempre stata. Caleb voleva abbracciarla, Dio, lo voleva con ogni cellula del suo corpo. Hanna, dall'altra parte, non fu capace di ricambiare il sorriso, ma avvertì la stessa dannata voglia di abbracciarlo. Quel semaforo era rosso, e il tempo e lo spazio che la separavano da lui le sembravano infiniti. Ma non guardava il semaforo, guardava lui. Si lasciava penetrare dal suo sguardo, mentre sentiva il cuore battere all'impazzata.
Il semaforo più lungo della loro vita.
Quando finalmente scattò il verde, Hanna neppure se ne accorse, completamente rapita da Caleb. Fu lui che, senza distogliere lo sguardo da Hanna, alzò un braccio ad indicare che il semaforo fosse verde. Solo allora Hanna realizzò, ed attraversò di corsa la strada.
Corse, come se non fosse giusto sprecare un solo secondo.
Finché non furono esattamente l'uno di fronte all'altra.
Hanna era corsa verso di lui, impaziente, ma quando l'aveva raggiunto si era bloccata.
E neppure Caleb sapeva cosa fare.
Si guardarono negli occhi, intensamente, con il vento che gli soffiava tra i capelli. Caleb deglutì ed accennò un altro sorriso. A quel punto, Hanna prese il coraggio di parlare, da chissà dove.
«Mi hai aspettata per tutto questo tempo?» mormorò.
Caleb si limitò ad annuire, con gli occhi concentrati sul suo meraviglioso viso. Ed Hanna sorrise a quella risposta muta.
In quel momento, non ci fu più bisogno di parole. In maniera del tutto naturale, si strinsero in un abbraccio che entrambi aspettavano da un'eternità.
Caleb la strinse con tutta la forza che aveva nelle braccia, inspirando quel buon profumo che tanto gli era mancato fino a sentirselo scorrere nelle vene, accarezzandole quei morbidi capelli così ben curati. Appoggiò le labbra sulla testa di Hanna e le scoccò un bacio pieno di scuse, rimpianti, ma più di ogni altra cosa, d'amore. Hanna strinse tra i pugni la stoffa della camicia di Caleb e si lasciò cullare da quel caldo abbraccio. Caleb era tutto quello che le mancava da ormai troppo tempo.
Quell'abbraccio fu un ritorno a casa, per entrambi.
Se ne stettero stretti l'uno all'altra per un tempo indefinito, come se l'orologio del mondo si fosse fermato nell'istante del loro abbraccio. Eppure le persone attorno a loro continuavano a camminare, i taxi newyorkesi continuavano a sfrecciare, il vento continuava a soffiare.
Ma l'istante che Hanna e Caleb condivisero fu così eterno da escludere qualsiasi altra cosa attorno a loro.
Quando i loro corpi si separarono, spontaneamente, Caleb fece un cenno con la testa verso l'entrata della caffetteria.
«Lascia che ti offra un caffè.» aggiunse, in un mezzo sorriso.
Hanna annuì timidamente, asciugando la lacrima che le era scivolata in viso per l'emozione prima che lui potesse notarla, e lo seguì all'interno del locale.

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Capitolo 5
*** Why can't we just rewind? ***





5. Why can't we just rewind?
 
 
"Well, two years on and I'm still that same boy I was. No sleeping at night, but I'm going from bar to bar. Why can't we just rewind?"
[Rewind - Paolo Nutini]
 
 
«Come stai?» mormorò Caleb, una volta che lui ed Hanna si furono accomodati ad un tavolino della caffetteria.
«Bene.» rispose Hanna, con gli occhi bassi.
«Sai, ho saputo di Ezra. I notiziari ne hanno parlato. Non avrei mai immaginato che ci fosse lui dietro tutto questo... L'avete superato?» chiese lui, cercando gli occhi di Hanna.
La ragazza sospirò, facendo spallucce.
«Più o meno. Aria è ancora parecchio provata...» disse.
«Come biasimarla...» aggiunse Caleb.
Arrivò dunque un cameriere per le ordinazioni, e subito Caleb prese la parola.
«Per me un americano semplice, per la signorina un caffè alla vaniglia con una spruzzata di panna.»
Il cameriere annuì e si allontanò. Hanna fissò Caleb, esterrefatta.
«Che c'è?» chiese Caleb, sorridendo.
Dio, che sorriso che aveva. Quel sorriso di sempre. Hanna si sentì un granchio nello stomaco, ma si ricompose dopo qualche istante di silenzio.
«E se avessi cambiato gusti?» domandò di tutta risposta, anche lei lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso.
«Oh, no che non li hai cambiati!» disse lui, sempre col sorriso stampato in faccia.
Hanna arrossì all'allusione di Caleb, mordendosi un labbro e nascondendosi dietro una timida risata. Aveva ragione lui, certe cose non cambiano mai. Né i gusti in fatto di caffè, né altri tipi di gusti.
«Sapevi che studiavo qui?» chiese quindi Hanna, decisa ad andare a fondo della questione.
«No. Non si è forse capito dalla faccia che ho fatto quando ti ho vista in quell'aula?» ribatté Caleb, alzando le sopracciglia.
Hanna si morse di nuovo il labbro.
«Pensavo che fossi andato a cercarmi a Rosewood...» aggiunse.
«Non l'ho fatto. Anche se avrei voluto, non immagini quanto... Se devo essere sincero, avevo paura di come avresti reagito, e poi... Non volevo irrompere così bruscamente nella tua vita, per l'ennesima volta. Così ho provato a chiamarti, ma tu non hai mai risposto, probabilmente avrai cambiato numero. Ma a quanto pare... Era destino che dovessimo ritrovarci.» rispose lui, con sicurezza.
«E Ravenswood? E Miranda?» sputò Hanna, di tutta risposta.
«È tutto risolto. Lei se n'è andata, ce l'ha fatta. È finita, Hanna.» disse lui, con tono serio.
Hanna annuì, abbassando lo sguardo, perplessa.
«E tu come stai?» disse poi, rialzando la testa verso Caleb.
Lui sorrise.
«Bene.» disse semplicemente.
Hanna annuì di nuovo, con qualche linea d'imbarazzo.
«Come sei diventato l'assistente del professor Norton?» chiese quindi.
«Beh, ecco... Dopo aver preso il diploma a Ravenswood ed aver sistemato tutte quelle dannate faccende, mi sono trasferito a Montecito da mia madre.»
«Davvero?» lo interruppe Hanna, sorridendo.
Caleb rispose al sorriso, poi riprese.
«Già. Volevo ricominciare da zero. E sinceramente non mi andava di intraprendere nessun college. Così ho cercato qualche lavoretto, ed ho trovato posto in un'azienda informatica. Ho lavorato lì per un anno, e tecnicamente ci lavoro ancora. Mi hanno offerto di partecipare ad uno stage al fianco di Norton qui alla NYU per questo semestre, con tanto di stanza pagata all'interno del college. Io non ci ho pensato due volte ed ho accettato. Credo sia una grande opportunità per me.»
«Lo è.» disse Hanna, sorridendo.
«Raccontami di te, invece.» fece Caleb.
Hanna sospirò, quindi il cameriere servì loro i caffè.
«Dopo il diploma, ero certa di andare al Fashion Institute, ma poi mia madre ha trovato lavoro qui a New York e si è subito trasferita. Così, per restarle vicino, ho deciso che invece avrei potuto frequentare il corso di moda della NYU, che è comunque uno dei migliori qui negli Stati Uniti. E ce l'ho fatta, sono entrata. Ho preso una stanza nel college per comodità, anche se appena posso corro a trovare mia madre. Non vive lontanissimo da qui, ma nemmeno troppo vicino... Insomma, non sarebbe stato il massimo fare avanti e indietro dal college in taxi per raggiungere il quartiere dove vive mia madre!»
«Non sarebbe stato da Hanna Marin.» sorrise Caleb, facendo un sorso del suo caffè.
«Già.» si limitò a rispondere Hanna, prima di nascondersi dietro il suo bicchiere di carta, facendo anche lei un sorso di caffè.
Caleb posò il bicchiere e guardò Hanna per qualche istante, prima di riprendere.
«Sono orgoglioso di te.»
Hanna storse il naso, aggrottando le sopracciglia.
«Orgoglioso?» replicò.
«Sì. Di come hai preso in mano la tua vita, del fatto che tu sia riuscita ad entrare alla NYU, di tutto. Sono felice per te, mi fa piacere vedere che le cose ti vadano bene.»
Hanna annuì, giocherellando con la cannuccia del suo bicchiere.
«Non è stato facile, però.» aggiunse, negando a Caleb il suo sguardo e mordendosi per l'ennesima volta il labbro.
«Lo immagino.» rispose lui, sentendosi bussare dentro tutti i sensi di colpa.
«Non credo.» ribatté lei, lanciandogli un'occhiata.
Caleb sospirò e fu lui a mordersi un labbro, stavolta.
«Avevo ricominciato ad ingozzarmi.» confessò Hanna.
«Cosa?» fece Caleb, incredulo, sentendosi sempre peggio con la sua coscienza.
«Sì, è così. Mi sono fatta divorare dalle insicurezze quando tu...»
Hanna non continuò, guardando un punto fisso nel vuoto.
«Mi dispiace, Hanna...» disse Caleb, afferrandole una mano.
Hanna ritirò la sua mano dalla leggera presa di Caleb, schiva.
«Ora sto bene.» precisò.
Caleb sospirò di nuovo, stavolta più profondamente.
«Scusami, non volevo farti sentire in colpa...» disse poi la ragazza, turbata dall'espressione di Caleb.
«E invece è proprio colpa mia, Hanna. Sono io a chiederti scusa, anche se so che le mie scuse valgano ben poco rispetto a tutto quello che hai dovuto passare a causa mia... Io... Ho sbagliato... E non mi perdonerò mai per quanto ti ho fatto soffrire e... E per averti lasciata.» disse Caleb, scuotendo la testa.
Hanna rimase in silenzio, abbassando gli occhi e continuando nervosamente a giocare con la sua cannuccia tra le dita.
«Beh, ho anche dei bei ricordi legati a te.» disse poi.
Caleb sorrise.
«Sono contento.» aggiunse.
Hanna lo guardò di nuovo, annuendo.
«Come sta Ashley?» fece poi il ragazzo.
«Sta bene. Sai, non è cambiata per nulla, si preoccupa sempre parecchio per me.» rispose lei.
«Ce l'ha con me per averti fatta soffrire?»
Hanna fece spallucce, poi rispose.
«Beh, ricordi, all'inizio ti detestava, ma poi ha capito che fossi davvero un bravo ragazzo e si è dovuta ricredere sul tuo conto... Mia madre sa bene quanto tu mi abbia resa felice, e ricorda bene anche quanto tu abbia fatto per aiutarla. Lei ti ha adorato come un secondo figlio ed il fatto che tu mi abbia anche fatto soffrire non pregiudica tutto questo.»
Caleb sorrise.
«La adoro anch'io, lo sai.» aggiunse poi.
«I tuoi invece? Come se la passano?»
«Stanno bene. Non c'è bisogno che ti dica quanto sia innamorato di te mio padre, vero?»
Hanna rise a quell'intervento.
«E le altre? Che college frequentano?» riprese Caleb.
«Aria e Spencer sono alla UPenn, ed Emily è a Stanford. Ma parliamo su Skype tutte le sere, e appena ne abbiamo modo ci vediamo, anche solo per una manciata di ore.»
Caleb annuì e finì il suo caffè.
«Come facevi a sapere il numero della mia stanza?» chiese dunque Hanna, essendosi dimenticata di questo piccolo particolare.
Caleb ridacchiò, pulendosi le labbra con un tovagliolo.
«Oh, beh... Trucchi del mestiere.» aggiunse.
Hanna lo guardò storto, quindi il ragazzo decise di rispondere davvero.
«Okay, mentre ero accanto a Norton ho notato l'elenco degli allievi del corso, e accanto ai nominativi c'erano anche altre informazioni, tra cui il numero di stanza. Ho cercato il tuo nome, e... Goal.»
Hanna scosse la testa, sorridendo.
«Ho pensato che presentarmi direttamente alla porta della tua stanza sarebbe stato un po' troppo d'impatto, per entrambi.» concluse Caleb, incrociando le braccia al petto.
«Beh, in effetti credo che ti saresti preso una porta in faccia.» rispose Hanna, facendo l'ultimo sorso del suo caffè.
Caleb sorrise e guardò Hanna mentre finiva il caffè.
«Allora... Niente più imbarazzo a lezione?» chiese lui, alzando le sopracciglia.
«È per evitare futuri imbarazzi che mi hai invitata a prendere un caffè?» rigettò Hanna, con decisione.
Caleb sospirò profondamente.
«Sai che non è per questo.» disse.
Hanna rimase in silenzio a guardarlo, in attesa che Caleb dicesse qualcosa in più. Il ragazzo fece cenno al cameriere di venire al tavolino per il conto, e così fu. Pagò, quindi si alzò e fece cenno ad Hanna perché si spostassero fuori, e lei lo seguì senza dire una parola. 


Si accomodarono sulla panchina davanti l'entrata della caffetteria, e fu Caleb a riprendere a parlare.
«Ti ho invitata a prendere un caffè perché... Perché mi manchi, Hanna. Mi manchi da morire... Ho giurato a me stesso che non mi sarei più immischiato nella tua vita perché non avrei voluto più farti soffrire, ma ho giurato a me stesso anche che se per caso ti avessi ritrovata, non avrei permesso a niente e nessuno di dividere di nuovo le nostre strade. Perché tra noi è finita solo perché siamo stati sfortunati, non perché volessimo che finisse. Io e te ci siamo lasciati pur amandoci ancora, e... E non doveva andare così. Non è giusto. Io ti amo ancora, Hanna. Ti ho sempre amata. Non ho mai smesso, nemmeno per un attimo. Ed ora ci siamo ritrovati, e non permetterò che finisca male anche stavolta.» disse, tutto d'un fiato, con la voce tremante e gli occhi lucidi, e senza spostare lo sguardo da Hanna neanche per un istante.
Hanna lo guardò, mentre sentiva il cuore sgretolarsi dentro. Aveva la pelle d'oca e non riusciva a decifrare quello che sentiva dentro. Deglutì ed alzò gli occhi al cielo per evitare di piangere, ma fallì.
«È troppo tardi, Caleb...» mormorò, mentre qualche lacrima prepotente le scese lungo le gote.
Caleb scosse la testa e le appoggiò una mano su una gamba.
«No, non è troppo tardi, Hanna. Vivi di me e lascia che io viva di te. So che non è facile, ed io non pretendo tutto e subito, ma... Ma vale la pena tentare. Per noi, vale la pena. Dopo tutto quello che abbiamo passato...»
Hanna si alzò dalla panchina.
«Caleb, non rendere tutto più difficile...» sussurrò, allontanandosi.
Caleb si alzò, la prese per un braccio e la fece voltare per guardarla negli occhi.
«Hey, so che non è facile. Lo so. So che non è stato facile per te bere un caffè seduta ad un tavolino insieme a me, come due vecchi amici. So che è passato tanto tempo, ma... Se sei venuta qui stasera, sapendo che io ero qui ad aspettarti... Un motivo c'è.» insistette Caleb.
«Sì, beh... Non lo so perché sono venuta. Sono successe troppe cose, Caleb. Non è più lo stesso, io e te siamo cambiati, e... Forse ho sbagliato, forse ti ho dato un'idea sbagliata accettando il tuo invito... Mi dispiace, è colpa mia.» replicò Hanna.
«Non è colpa di nessuno, Hanna. Ed hai ragione, noi probabilmente siamo cambiati nel corso di questi anni, ma... Ma quello che c'è tra di noi non è cambiato. Perché lo sento, Hanna. Sento che anche tu provi quello che provo io. E so anche che sei orgogliosa e che non lo ammetterai mai, perché dovrai prima ammetterlo a te stessa, ma... Ma so che per te è lo stesso. Io... Io ti aspetterò. Anche tutta la vita se necessario.»
Hanna si morse ancora una volta il labbro, scuotendo la testa e sospirando profondamente.
«Io... Io devo andare, ora.» disse, semplicemente.
«Certo.» annuì lui.
Hanna voltò le spalle e fece qualche passo, poi tornò improvvisamente indietro da Caleb, che era rimasto lì a guardarla impotente, con le mani in tasca.
«Senti... Voglio che tu sappia che comunque mi ha fatto piacere rivederti...» mormorò timidamente, mangiandosi le parole.
Caleb le sorrise, tenendo le mani in tasca. Si trattenne dal toglierle da lì, perché se l'avesse fatto sarebbe stato per toccare Hanna, e non voleva rischiare di importunarla in alcun modo. Hanna rimase qualche istante a fissarlo, poi tirò fuori carta e penna dalla borsa, mentre lui la guardava confuso. La ragazza scrisse qualcosa e porse a Caleb il biglietto, che lo afferrò d'istinto.
«Non so perché lo sto facendo, ma... Non farmene pentire.» aggiunse lei, prima di voltarsi ed incamminarsi verso il college.
Caleb la guardò stordito, poi posò lo sguardo sul biglietto. Era un numero di telefono. Sorrise come un idiota.
«319!» esclamò quindi.
«Cosa?» urlò Hanna, ormai distante, voltandosi senza però fermarsi.
«La mia stanza. Non farmene pentire!» rispose Caleb, sorridendo.
Hanna scosse la testa.
«Grazie del caffè!» concluse lei, prima che il semaforo diventasse verde e le acconsentisse di lasciare Caleb solo con il suo biglietto tra le mani.

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Capitolo 6
*** I am nothing without you ***





6. I am nothing without you
 
 
"I know what I did and how, so I won't let this go, 'cause it's true, I am nothing without you."
[With Me - Sum 41]
 
 
«Hey!» esordì Brit, una volta che Hanna rientrò in camera.
«Hey, Brit...» salutò Hanna, con poco entusiasmo.
Sì, poco entusiasmo. Non sapeva cosa le avesse provocato dentro quel caffè con Caleb. Sentiva talmente tante emozioni da non capire cosa davvero stesse provando. E poi, non gli aveva detto quanto fossero davvero cambiate le cose. Non gli aveva detto che adesso lei aveva un ragazzo. Non gli aveva detto un bel niente quando lui aveva fatto chiarezza sul fatto che fosse ancora innamorato di lei. Non era stata capace di essere sincera. Perché lei sapeva benissimo di amarlo ancora, ma le sembrava davvero troppo tardi per riprovare. Erano passati due anni ed ora lei aveva Dave, e non le sembrava giusto lasciarlo. Non poteva lasciarlo. Non dopo quanto quel ragazzo l'avesse aiutata quando era in terapia, non dopo tutto quello che aveva fatto per lei. Hanna era profondamente grata a Dave. Ma quella era gratitudine, non era amore. Perché il suo cuore era sempre stato solo di Caleb.
«Mi sono addormentata come un'idiota, scusami...» mormorò Brit.
«Non importa, ero parecchio stanca anch'io. Non avrei comunque potuto continuare a studiare...»
«Dov'eri?»
«Oh, ero... Ero con Dave.» mentì Hanna.
Brit annuì, quindi si alzò dalla sedia ed andò in bagno. Hanna posò il cellulare sulla scrivania e si buttò sul suo letto, esausta. Poco dopo, Brit uscì dal bagno, e in quel mentre il cellulare di Hanna squillò. Brit lesse sul display il nome di Dave, dunque porse il cellulare ad Hanna.
«Wow, vi siete separati cinque minuti fa e lui già ti chiama?» aggiunse, sorridendo.
Hanna alzò le sopracciglia e rispose alla chiamata.
«Pronto?»
«Ciao, amore... Finito di studiare?»
«Uhm, sì.» si limitò a dire Hanna, imbarazzata, cercando di controllare le risposte per farle combaciare con la versione del suo pomeriggio che aveva dato a Brit, visto che la ragazza era lì di fronte a lei.
«Ti senti meglio?»
«Che intendi?»
«Beh, oggi a pranzo avevi detto di stare poco bene...»
«Oh, sì. Sì, non era nulla. Sto bene.»
«Okay, menomale. Mi hai fatto preoccupare...»
«Mi dispiace, ma sta' tranquillo, non era niente di grave.»
«Bene. Amore, scusami ma adesso ti devo lasciare... Ci vediamo domattina in college, okay?»
«Certo. Buonanotte, a domani.»
«Buonanotte. Ti amo.»
Hanna non fu capace di rispondere e riattaccò.
«Hanna, so che te l'ho già chiesto, ma... C'è qualcosa che non va?» fece Brit, guardando Hanna, dubbiosa.
Hanna decise che avrebbe potuto dirle cosa ci fosse, senza dirle proprio tutto. Fece un profondo sospiro e si decise a vuotare, almeno parzialmente, il sacco.
«Non ero con Dave prima. Mi sono rivista con il mio ex.»
«Intendi quello di Rosewood?»
Hanna aveva raccontato parte della sua storia con Caleb a Brit, quando si erano conosciute. Non le aveva però detto del vero motivo per cui lui fosse andato a Ravenswood, ovviamente. Ed era da molto tempo che non ne parlavano più. Perché ormai c'era Dave di cui parlare. Ed era passato abbastanza tempo per far sì che Brit non ricordasse che tale ex si chiamasse Caleb, proprio come l'assistente del professor Norton, che guarda caso Hanna aveva visto quella mattina ed era rimasta fossilizzata da quel momento. Ma no, Brit non era capace di rimettere insieme i pezzi di un puzzle tanto vago.
«Sì, lui.» disse Hanna, annuendo.
«Hai tradito Dave?»
«No, sei impazzita? Siamo solo andati a prenderci un caffè insieme.»
«Era suo il biglietto sotto la porta, non è vero?»
Hanna annuì.
«Com'è che si chiama? Non ricordo...» fece ancora Brit.
Hanna si morse un labbro. Dirle "Caleb" avrebbe potuto accendere a Brit qualche scomoda lampadina, pensò.
«Calvin.» rispose, scegliendo il nome che usavano erroneamente i penultimi genitori affidatari di Caleb, cosa che ovviamente le aveva raccontato lui.
«E... Ti ha fatto piacere rivederlo?»
Hanna volle essere sincera.
«Da morire, Brit. E mi sento in colpa con Dave, anche se non ho fatto nulla di male, ma... Ma sento che lui mi manca, e forse è questo che mi fa sentire una stronza nei confronti di Dave, e...»
«Respira, Hanna.» la interruppe Brit.
Hanna alzò gli occhi al cielo e sospirò.
«Pensi di rivederlo?» chiese dunque Brit.
Hanna abbassò la testa. "Devo vederlo tutti i giorni perché è l'assistente di un mio professore!" avrebbe voluto risponderle.
«Non lo so...» disse invece.
«Ma come mai vi siete rivisti? Voglio dire, lui studia qui?»
«No, lui... È qui a New York per lavoro.» tagliò corto Hanna, dicendo la verità, alla fine dei fatti.
«Come faceva a sapere che tu fossi qui e soprattutto quale fosse la tua stanza?»
Dio, Brit era fin troppo curiosa. Hanna pensò che forse non avrebbe dovuto dirle nulla. Ma, da un'altra parte, le voleva bene e la considerava una buona amica.
«Ha un amico che studia qui, non so neppure chi sia, e... Diciamo che gli ha dato informazioni su di me.» rispose, complimentandosi mentalmente per l'originalità della sua scusa.
Brit annuì.
«Lo ami, non è vero?» aggiunse.
Dannazione, era tanto evidente?
«Credo di non averlo mai dimenticato. Sono confusa...» rispose Hanna, in tono di confessione.
Brit raggiunse Hanna e la strinse in un affettuoso abbraccio.
«Sta' tranquilla e guardati dentro. Solo tu sai cosa vuoi davvero. Riflettici.» le sussurrò.
«Non posso fare questo a Dave, Brit...»
«Devi capire se ne vale la pena, Han.»
Hanna scoppiò a piangere tra le braccia di Brit. Aveva un maledetto bisogno di svuotare tutta quella tempesta interiore attraverso le lacrime. Ripensò a quel caffè con Caleb, alla loro storia, ai momenti belli, a quelli brutti, a quando si erano lasciati, a quanto ci era stata male, a quando lei era andata a cercarlo a Ravenswood, a tutto. E poi pensò a Dave, a quanto fosse riuscito ad aiutarla, a quanto fosse dolce con lei. Non sapeva cosa fare, cosa pensare. Ma le era chiaro che fosse innamorata di Caleb, anche se questo non le sembrava giusto.
«Vuoi che vada a prendere qualcosa da mangiare al bar e che te la porti qui?» chiese Brit.
Hanna scosse la testa, quindi Brit la riabbracciò ed Hanna continuò in silenzio a piangere tra le sue braccia.


Caleb mangiò qualcosa in quella stessa caffetteria per cena. Aveva guardato Hanna allontanarsi lentamente e raggiungere il college, quindi era tornato nella caffetteria. Non aveva molta fame, infatti prese solo un tramezzino. E mentre mangiava, faceva indigestione di pensieri. Rivederla non aveva fatto altro che confermargli che fosse ancora follemente innamorato di lei. Ed il fatto che fosse venuta a quell'appuntamento gli aveva fatto capire che anche per lei c'era ancora un qualcosa che la teneva legata a lui. Hanna non gliel'aveva detto, non gli aveva detto che lo amava ancora. Ma a Caleb non servivano parole, gli era bastata vedere la luce nei suoi occhi azzurri. Quella luce. Lui la conosceva meglio di chiunque altro al mondo. Sapeva che sentiva ancora qualcosa per lui, lo aveva percepito in quei minuti passati con lei. E sorrise pensando che Hanna, malgrado tutto, gli avesse lasciato il suo numero. E quello era già un piccolo passo avanti. Caleb se la sarebbe ripresa, a qualsiasi costo. Perché il loro amore valeva qualsiasi sacrificio.


Erano quasi le tre di notte, ed Hanna si rigirava nel suo letto. Non riusciva a dormire. Aveva pianto sulla spalla di Brit fino alle undici e mezza, poi si era calmata. Ma non le era passato quel feroce tormento interiore. Non aveva neppure partecipato alla quotidiana chiamata di gruppo su Skype con Spencer, Aria ed Emily. Non ce l'aveva fatta. Non se la sentiva di parlare loro di Caleb, non perché non si fidasse, ma semplicemente perché le ragazze erano molto arrabbiate con lui perché aveva spezzato il cuore ad Hanna. E lei non aveva neppure mai potuto raccontar loro l'assurda storia di Ravenswood, che effettivamente toglieva parecchie colpe al ragazzo. Perciò, decise che per il momento avrebbe evitato l'argomento. Brit dormiva profondamente. Hanna ascoltava il ticchettio dell'orologio della camera ad occhi sbarrati. Il sonno non arrivava. Poi le vibrò il telefono. Era tardissimo, chi poteva essere? Il suo cuore perse un battito alla vista del nome "Caleb" sul display. Con tutto quel piangere, si era dimenticata di avergli lasciato il suo nuovo numero.
 
Caleb - 02:47; Hey, stai dormendo? 
 
Hanna - 02:48; No.
 
Caleb - 02:49; Come mai?
 
Hanna - 02:51; Pensieri.
 
Caleb - 02:53; Capisco. Lo stesso vale per me.
 
A quel messaggio, Hanna non sapeva cosa rispondere, perciò penso di non farlo. Ma qualcosa le fece cambiare idea. Già, perché lei aveva voglia di parlare con lui.
 
Hanna - 02:58; Quali sono questi pensieri che non ti fanno dormire?
 
Caleb - 03:00; È soltanto uno. Sei tu.
 
Ad Hanna sfuggì un sorriso. E per una volta non si volle sentire in colpa. Rilesse quel brevissimo messaggio almeno venti volte, prima di rispondere.
 
Hanna - 03:07; Dovresti provare a dormire, però. Se non sbaglio domani hai una lezione presto.
 
Caleb - 03:11; Preferisco pensare a te anziché dormire. E invece quali sono i pensieri che non fanno dormire te?
 
Hanna - 03:13; Non lo immagini?
 
Caleb - 03:15; Forse. Perché non me lo dici?
 
Hanna - 03:17; Non voglio. E non cambio idea tanto facilmente.
 
Caleb - 03:18; Tipico di Hanna Marin :P
 
Hanna - 03:20; Non posso che darti ragione.
 
Caleb - 03:22; Comunque oggi ho dimenticato di dirti una cosa...
 
Hanna - 03:23; Cosa?
 
Caleb - 03:24; Sei sempre bellissima :)
 
Ed Hanna sorrise di nuovo. Lui sapeva farla sorridere anche a notte fonda, per messaggio, anche se aveva passato l'intera serata a piangere. Sapeva farla sorridere sempre, malgrado tutto. L'aveva fatto in passato: la faceva sorridere anche se era perseguitata da -A, anche se la nuova famiglia di suo padre la detestava, anche se sua madre rischiava il carcere... Lui era sempre stato capace di farla sentire bene nonostante tutto intorno a lei fosse un disastro. E sapeva ancora farlo.
 
Hanna - 03:27; Grazie :)
 
Caleb - 03:30; Figurati, è la verità. Ma mi piacerebbe che anche tu dicessi qualcosa su di me! Ed ora non tirare fuori la scusa che si è fatto tardi :P
 
Hanna sorrise e si morse un labbro. Non gli avrebbe mai scritto la verità, ovvero che pensava che fosse bellissimo. Non sarebbe stato da lei, dannazione. Infatti non lo fece.
 
Hanna - 03:33; I baffi, Caleb. Perché? :/
 
In realtà li adorava. Gli davano un tocco di classe. Erano sexy, non c'era un'altra parola per descriverli.
 
Caleb - 03:34; Cosa? Non ti piacciono? :(
 
Hanna - 03:35; Non ho detto questo.
 
Caleb - 03:36; Quindi?
 
Hanna - 03:37; Okay, diciamo che ti danno un'aria più elegante...
 
Caleb - 03:39; Mmh, è un complimento? Guarda che se non ti piacciono, li tolgo!
 
Hanna - 03:40; Che importa quello che penso io?
 
Caleb - 03:41; È tutto quello che conta per me.
 
Per l'ennesima volta durante la loro messaggiata, Hanna sorrise. Dio, era lo stesso Caleb di sempre. Lo stesso adorabile, dolce e schietto Caleb.
 
Hanna - 03:43; Sai, mi sbagliavo oggi. Tu non sei cambiato, sei sempre lo stesso.
 
Caleb - 03:45; Sì, è vero. Sono sempre io. E tu, pensi di essere cambiata?
 
Hanna - 03:46; Non lo so veramente...
 
Caleb - 03:47; A me piaci anche adesso, se ti può consolare ;)
 
Hanna - 03:50; Posso dirti che mi hai regalato parecchi sorrisi stasera, quindi grazie :)
 
Caleb - 03:52; Non sai quanto questo mi faccia felice :) Comunque, se posso permettermi... Secondo me, anche tu sei sempre la stessa.
 
Hanna - 03:53; Cosa te lo fa pensare?
 
Caleb - 03:55; Mi è bastato vederti e parlare con te oggi. E stanotte. Sei sempre la mia Hanna.
 
Quell'ultima frase toccò profondamente Hanna. La sua Hanna. La Hanna del quale lui era innamorato. La Hanna che era innamorata di lui. Aveva ragione, aveva fottutamente ragione.
 
Hanna - 04:00; Adesso si è davvero fatto tardi. Buonanotte, Caleb.
 
Caleb - 04:01; Buonanotte, Hanna. Sogni d'oro. 
 
Hanna si addormentò pensando a lui, con il sorriso sulle labbra, malgrado tutto. E Caleb, qualche stanza più in là, fece lo stesso. Ed il cuore gli batteva più forte al solo pensiero che Hanna avesse risposto ai suoi messaggi. Gli mancava addormentarsi dopo averle scritto la buonanotte. Gli mancava lei, da morire. Perché senza di lei, si sentiva come se non fosse niente.

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Capitolo 7
*** Dreaming about the things that we could be ***





7. Dreaming about the things that we could be
 
 
"Lately, I've been, I've been losing sleep dreaming about the things that we could be, but, baby, I've been, I've been praying hard, said, no more counting dollars, we'll be counting stars."
[Counting Stars - OneRepublic]
 
 
Hanna si svegliò a causa della sua sveglia, puntuale alle sette e mezzo.
«Fanculo...» mugugnò, spegnendola e rigirandosi dall'altro lato del letto.
Beh, non aveva dormito neanche quattro ore. Anche Brit mugugnò qualche insulto dal suo letto, affondando svogliatamente la testa nel cuscino. Poi Hanna realizzò. Alle otto e dieci aveva la prima lezione della giornata, e sarebbe stata la lezione di informatica. Le sfuggì un sorriso idiota e si alzò dal letto.
«Avanti, Brit... Se ci diamo una mossa, facciamo in tempo a passare al bar per fare colazione.» aggiunse.
«Dammi un motivo migliore per farmi alzare da questo meraviglioso letto...» fece lei.
Hanna ebbe un'idea.
«Alla prima ora abbiamo informatica, e ci sarà quell'assistente figo con i baffi.» disse.
E Brit si alzò di scatto.
«Okay, ora si inizia a ragionare. Vado prima io in bagno!» disse, aprendo la porta che dava sul bagno.
Hanna scosse la testa sorridendo, e si sedette sul letto in attesa che Brit liberasse il bagno. E il suo cellulare vibrò.
 
Caleb - 07:34; Buongiorno, raggio di sole :)  Ci vediamo tra meno di un'ora.
 
Hanna - 07:35; Buongiorno anche a te...
 
Caleb - 07:37; Tu non hai sonno? Stanotte abbiamo fatto un po' tardi...
 
Hanna - 07:38; Detta così sembra diversa da com'è davvero andata...
 
Caleb - 07:39; Noi sappiamo com'è andata, questo è l'importante ;)
 
Hanna - 07:41; Vado a prepararmi. Ci vediamo dopo.
 
Caleb - 07:42; Non fare tardi o ti farò avere una lettera di richiamo :P A dopo, Marin.

 
Hanna sorrise. Adorava quando Caleb le scriveva. Le mancavano le loro messaggiate. Le mancava lui, da morire.


Caleb arrivò a lezione in anticipo. Restò fermo sul ciglio della porta dell'aula vuota a guardarsi intorno, alla ricerca di Hanna, ovviamente. Nel frattempo rilesse i suoi messaggi, sia di quella notte, sia della mattina. E sorrise come un adolescente alla prima cotta. Quando i primi ragazzi iniziarono ad entrare, anche se tra questi non c'era Hanna, entrò anche lui. Si sedette alla cattedra, in attesa di Norton. Iniziò a collegare il computer al proiettore, a sistemare i fili. E poi si voltò, quando sentì una voce familiare.
E la vide.
E lei lo vide.
Era con Brit. Lui le sorrise e le fece un occhiolino, mentre Hanna si limitò a ricambiare fugacemente il sorriso, non dovendo troppo dare nell'occhio con Brit.
«Ti ha sorriso!» sussurrò però lei, mentre prendeva posto con Hanna.
«Chi?» fece la finta tonta.
«L'assistente figo con i baffi!»
«No, ma che dici?»
«Dico la verità, Han! Peccato tu sia già abbastanza incasinata tra Dave ed il tuo ex... Altrimenti un tentativo varrebbe davvero la pena farlo!»
Hanna si sentì pugnalare all'udire il nome di Dave, ma poi sorrise a causa degli apprezzamenti che Brit aveva fatto su di Caleb.
«Lo trovi così bello?» azzardò nuovamente Hanna.
«Scherzi? È troppo sexy!»
Hanna rise a quelle parole, guardando Caleb che ovviamente aveva lo sguardo puntato sulla sua rotta.
«Ti senti meglio oggi?» chiese dunque Brit, tornando seria.
Hanna le fece un sorriso rassicurante. Effettivamente stava meglio, saranno stati i messaggi di Caleb.
«Sì, va meglio. Grazie, Brit.» aggiunse.
«Tesoro, non ringraziarmi. Sono qui per qualsiasi cosa, lo sai.»
La lezione andò avanti normalmente, se non per il fatto che Hanna e Caleb continuarono a lanciarsi occhiatine e sorrisetti. Hanna era completamente rapita da lui. Finché non le venne la brillante idea di scrivergli mentre erano a lezione.
 
Hanna - 08:36; La mia amica continua a fare apprezzamenti sul tuo conto.
 
E senza pensarci due volte, schiacciò il tasto di invio. E sorrise quando Caleb si scompose al sentire vibrare il suo cellulare. Mentre Norton parlava logorroicamente e lui stava lì più o meno solo per mandare avanti le slides, si chinò senza problemi per controllare il cellulare e sorrise al vedere che si trattasse di Hanna. Le lanciò un'occhiata dopo aver letto il messaggio, quindi rispose, senza problemi anche stavolta.
 
Caleb - 08:38; È molto carina ma non sono interessato.
 
Hanna - 08:40; Perché? È bella e single!
 

Hanna sapeva come Caleb le avrebbe risposto, e voleva semplicemente leggere quelle parole.
 
Caleb - 08:42; Ho occhi solo per te.

 
A quel messaggio, Hanna sollevò la testa e si aprì in un grande sorriso guardando verso Caleb, che le fece spallucce. Hanna tornò con la faccia sul cellulare.
 
Hanna - 08:46; Non dovresti messaggiare con me, stai lavorando.
 
Caleb - 08:48; Neanche tu dovresti, sei qui per imparare, dovresti ascoltare. E comunque, adoro le tue provocazioni :P
 
Hanna - 08:49; Provocazioni? Che intendi? Non ti seguo...
 
Caleb - 08:51; Mi segui eccome. Volevi farti dire che ho occhi solo per te. Banale, quando ieri ti ho detto che ti amo, non credi?

 
Hanna si morse un labbro e arrossì, incapace di guardare Caleb, che invece in quell'istante la stava fissando, sicuro di sé.
«Non vorrei interrompere la tua intensa messaggiata con Dave o con il tuo ex di Rosewood, ma l'assistente figo continua a fissarti...» fece Brit.
«Uhm? Ma piantala, Brit... E comunque stavo solo giocando a Candy Crush!» replicò Hanna, schiva.
«Certo, Candy Crush...»
Hanna guardò Brit, che sorrise come chi la sapeva lunga.
«Dimmi solo se era Dave o Calvin!» aggiunse.
«Okay, era Calvin.» disse Hanna, con tono di confessione.
«Posso leggere?»
Hanna mise il cellulare in borsa.
«Mi ha soltanto scritto che ha occhi solo per me, non c'è molto da leggere.» disse.
«Ma tu non hai occhi solo per lui, invece...»
Hanna sospirò, pensando a Dave.
«Ho bisogno di capire cosa voglio, Brit, e per adesso non riesco a voltare le spalle a nessuno dei due. Tengo ad entrambi.» aggiunse.
«Non si tratta di tenere a qualcuno... Qui bisogna capire chi ami.»
Hanna prese un bel respiro prima di rispondere.
«Beh, insomma, a Dave tengo, provo grande affetto per lui e gli sono estremamente grata per come mi sia stato accanto in uno dei periodi peggiori della mia vita... È stato meraviglioso con me, adorabile, ma...»
«Ma non lo ami.»
«Già.»
«E Calvin?»
Hanna fece un altro respiro prima di rispondere, forse anche più profondo del precedente.
«Lui l'ho amato con tutto il cuore. Con lui ho imparato cos'è l'amore, ho provato le prime vere emozioni della mia vita... E... Ed ha sempre un posto speciale nel mio cuore. Non lo dimenticherò mai.»
«Okay, che l'hai amato è chiaro, ma... Lo ami? Intendo, adesso lo ami?»
Hanna sospirò per l'ennesima volta, guardando verso Caleb che la stava osservando, sorridente.
«Non lo so, Brit. Non lo so.»
Brit annuì, poi guardò Caleb.
«Comunque, io voglio il numero dell'assistente. Devo documentarmi su di lui, devo scoprire se è fidanzato, dove vive, come si chiama...»
Hanna scosse la testa.
«Si chiama Caleb Rivers.» aggiunse.  
«Come fai a saperlo?»
Hanna rabbrividì. Poi ricordò che il professor Norton l'aveva presentato durante la prima lezione, per sua fortuna.
«L'ha detto ieri Norton.» disse dunque.
«Oh, sì, hai ragione... Che sbadata! Caleb, eh? Secondo te è fidanzato?»
Hanna fece spallucce, grattandosi la testa, leggermente in imbarazzo.
«Ma continua a fissare te, non c'è storia.» riprese Brit.
«Andiamo, Brit. L'hai detto tu, ho già abbastanza casini per preoccuparmi anche di lui.»
«Anch'io sono interessata!» fece una ragazza seduta nella fila dietro Hanna e Brit.
Hanna si voltò e la guardò con scetticismo. Diamine, essere gelosa senza dover farlo trasparire era una bella sfida.
«Hey, Molly. Non sapevo fossi qui!» fece Brit, allungando un braccio verso la ragazza.
Lei le strinse la mano con affetto.
«Oh, Molly, lei è Hanna, la mia compagna di stanza. Hanna, lei è Molly, ci siamo viste durante qualche lezione di grafica!» fece Brit.
«Piacere, Molly.» disse la ragazza, tendendo la mano verso Hanna.
Lei gliela strinse, forzando un sorriso.
«Hanna, piacere mio.» aggiunse.
«Allora, Molly... Hai scoperto qualcosa sull'assistente?» chiese Brit, mentre Hanna si era già voltata, non troppo felice dell'argomento della discussione.
«Caleb Rivers vive in California, ma pare che per il momento abbia una stanza qui al college, perché resterà qui per uno stage che durerà per tutto il semestre. Oh, ha vent'anni. Ma purtroppo non so altro.» disse Molly, tutto d'un fiato.
«Se posso chiedertelo, come fai a sapere tutte queste cose?» fece Hanna, voltandosi, leggermente irritata.
«Beh, gliel'ho chiesto io al termine della scorsa lezione.» fece Molly, con un sorrisetto compiaciuto.
Hanna la guardò scettica, poi si voltò di nuovo.
«Whoa, voglio i dettagli della vostra chiacchierata!» disse allora Brit.
Hanna si spazientì.
«Ragazze, ora stiamo esagerando, tra poco Norton ci richiamerà se non la smettiamo. E poi, se non vi spiace vorrei ascoltare... Sto cercando di prendere appunti.» sbottò.
«Ma se hai messaggiato fino ad ora!» disse Brit, ed Hanna sbuffò.
«Bisognerebbe scoprire il numero della sua stanza...» continuò Brit, con aria maliziosa.
"Ne ho abbastanza." pensò Hanna, alzando gli occhi al cielo. Fortunatamente, la salvò il fatto che la lezione era appena finita.
«È tutto, ragazzi. Alla prossima.» si congedò al microfono proprio Caleb, sorridendo.
«Dio, è così sexy!» squittì Molly.
«Dannatamente sexy!» la appoggiò Brit.
Hanna scosse la testa e si diresse verso l'uscita dell'aula, seminando Brit e Molly, e passando stavolta davanti Caleb.
«Hey...» la chiamò lui, nel trambusto della folla che usciva.
«Vieni a lezione con una maschera, ti prego, ne ho abbastanza di sentire le ragazze fantasticare su di te!» gli disse lei.
Caleb sorrise e scosse la testa.
«E comunque, non dovresti conversare con le allieve del tuo corso... E non parlo di me!» continuò Hanna, con aria irritata.
«Aspetta, tu sei gelosa!» disse Caleb, aprendo il suo sorriso ancora di più.
«Ti sbagli di grosso. Ora devo andare.» fece poi Hanna, frettolosamente, ed uscì dall'aula.
Caleb rise e scosse la testa, aiutando Norton a rimettere a posto il computer ed il proiettore.


«Ciao, Caleb!» si sentì chiamare il ragazzo, dopo qualche minuto.
Alzò la testa e si ritrovò la ragazza a cui aveva rivolto parola il giorno prima, causa cosiddetta "curiosità femminile". 
«Ciao, posso aiutarti?» rispose, non ricordando il nome.
«Sono Molly, ricordi?»
Molly, certo.
«Sì, dimmi, posso aiutarti?»
La ragazza venne subito affiancata da quella che Caleb aveva schedato come "l'amica di Hanna".
«Io sono Brit... Ciao, Caleb!» fece.
«Ciao.» sorrise lui.
«Brit ed io volevamo delucidazioni sul corso... Magari ti andrebbe un caffè al bar?» disse Molly.
«Ho da fare con il professor Norton, mi dispiace.» sorrise gentilmente Caleb.
«Magari più tardi!» azzardò Brit.
«Norton ha il ricevimento studenti oggi, potete chiedere tutte le delucidazioni a lui, dalle 15 alle 17 in aula lettori. Io sono solo un assistente, non posso darvi informazioni su questo esame, non ne so certamente quanto lui. Mi dispiace.» tagliò corto Caleb, concludendo con un sorriso.
«Okay, effettivamente non era per parlare del corso la nostra offerta per un caffè...» riprese Molly.
Caleb, mentre riponeva cianfrusaglie, aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria interrogativa, anche se aveva perfettamente afferrato il concetto.
«È solo un caffè per conoscerti meglio... Insomma, hai la nostra età e sei simpatico, e... Mi piacerebbe sapere di più su di te, nient'altro.» fece Molly, mentre Brit le tirò una gomitata sul "mi piacerebbe".
Caleb sospirò, sorridendo.
«Mi dispiace, non è il caso.» aggiunse.
«Okay, scusami, io non potevo sapere che fossi fidanzato, e...»
«Non lo sono.»
«E allora potrei sapere qual è il problema?»
«Diciamo che ho qualcuno a cui pensare prima di addormentarmi. Ragazze, scusatemi.» si limitò a dire lui, facendo per andarsene.
«Non sarà mica Hanna?» irruppe Brit, tutt'un tratto.
Caleb si fermò e tornò a guardare Molly e Brit.
«Come, scusa?» aggiunse.
«La guardi sempre e le sorridi altrettanto, non sarà mica che ti piace? Beh, mi dispiace, ma credo che lei abbia altro a cui pensare prima di dormire!» continuò Brit, con aria antipatica.
«Non so chi sia la persona di cui parli.» mentì Caleb, turbato dalle ultime parole della "ramanzina" di Brit.
«Okay, basta, Brit. Scusa ancora, Caleb. Buona giornata.» si liquidò Molly, portando via Brit.
Caleb rimase immobile a ripensare a quel che aveva detto Brit, ma alla fine attribuì quelle parole alla semplice invidia e competizione femminile.

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Capitolo 8
*** I don't belong to you ***





8. I don't belong to you
 
 
"There are movies playing in your eyes, you dream of our fortune, but you're wrong, I don't belong to you."
[Belong - Cary Brothers]
 
 
Hanna passeggiava per i corridoi della NYU da sola, cercando di riposare la testa da tutte le chiacchiere di Brit e da tutti i suoi piccanti apprezzamenti fatti con Molly riguardo Caleb. Non sopportava sentire tali apprezzamenti, era la verità. Camminava e pensava a lui e a Dave, a come si sentisse con se stessa in una situazione tanto surreale, a tutta la sua vita che ora sembrava crollare come un castello di sabbia.
Senza sapere come, sovrappensiero, si ritrovò nei pressi del laboratorio di chimica. Sentì uno strano odore e, incuriosita, entrò nell'aula, in quel momento vuota, come l'ala del college in cui si trovava. La porta le si richiuse alle spalle a causa di una folata di vento, e quello che le si presentò davanti non le piacque per niente. Da una provetta rotta, era fuoriuscita una sostanza scura, colata per tutto il pavimento, e da lì divampavano delle fiamme. Hanna fece per aprire la porta, ma non ci riuscì, era difettosa. Si guardò intorno e non vide traccia di estintori, e come se non bastasse il suo cellulare aveva la batteria scarica. Hanna iniziò ad urlare e a bussare alla porta, ma quell'angolo della NYU era desolato, e sembrava che nessuno potesse sentirla. Come diavolo si era cacciata in una situazione del genere?
Hanna, d'istinto, prese un'altra provetta e fece per buttare il contenuto sulle fiamme per provare a placarle, ma poi pensò al fatto che, non sapendo che sostanza si trovasse all'interno della provetta, avrebbe solo potuto peggiorare le cose, quindi non fece nulla. Continuò ad urlare contro la porta, continuò ad imprecare sul perché non ci fossero né estintori né sistemi di allarme anti incendio all'interno di quella fottutissima aula, e per un attimo Caleb e tutto il resto vennero dimenticati dal terrore per quelle fiamme minacciose.
Ma solo per un attimo.
Perché a tirarla fuori dai guai, non arrivò altri che Caleb. Hanna era lì a picchiare contro la porta, quando Caleb la aprì dall'esterno. Hanna si gettò tra le sue braccia, terrorizzata, e lui la tirò fuori dall'aula, quindi premette un bottone d'allarme sulla facciata del corridoio e scattò una sirena.
«Stai bene?» sussurrò Caleb, stringendo Hanna.
Hanna annuì singhiozzante, incapace di fare altro. Caleb si tirò via solo per prendere un estintore poco più in là e dare una mano a spegnere l'incendio agli altri uomini che erano arrivati nel frattempo in cui era scattato l'allarme.


«Che ci facevi nell'ala di chimica?» chiese poco dopo Caleb ad Hanna.
Gli addetti alla sicurezza stavano rimettendo a posto le ultime cose, ed alcuni ragazzi erano venuti a vedere cosa fosse successo. E loro due erano in un angolo, con Hanna ancora sconvolta dall'accaduto.
«Non lo so, io... Ero sovrappensiero e camminavo, e... Non lo so, davvero.»
«È vergognoso che non ci fosse neppure un estintore dentro, dannazione...»
«Già... E tu che diavolo ci facevi qui?»
Caleb sorrise.
«Ti avevo vista allontanarti, e... Diciamo che ti stavo seguendo! Okay, non voglio fare lo stalker, volevo solo... Parlare con te, forse... O solo restarmene a guardarti...» rispose, un po' impacciato.
Hanna sorrise e si guardò le scarpe, imbarazzata, poi tornò a guardare Caleb.
«Grazie, Caleb.» mormorò.
«L'avrebbe fatto chiunque.» replicò lui, facendo spallucce.
«Ma chiunque non mi avrebbe seguita fino ad un desolato laboratorio di chimica in fiamme con l'unica misera speranza di parlarmi...»
Caleb sorrise.
«Io ti seguirei ovunque...» aggiunse.
«Sembra che io abbia ritrovato il mio angelo custode...» sorrise Hanna.
Caleb, a quel punto, congiunse una sua mano a quella di Hanna, facendo giocherellare le loro dita intrecciate. Nel frattempo si guardavano negli occhi, ed un mucchio di sensazioni forti ed indecifrabili affluivano nelle loro menti passando attraverso le vene. Ed il sangue pulsava più forte, più prepotente, più intensamente.
Sarebbero probabilmente rimasti a guardarsi per l'eternità, se Hanna non fosse stata raggiunta da Dave. Solo in quell'istante, le dita intrecciate di Hanna e Caleb si separarono. Dave portò un braccio attorno alle spalle di Hanna e la strinse a sé, baciandole la tempia.
«Amore, come stai?»
Hanna si sentì terribilmente in imbarazzo. Sorrise a Dave senza dirgli nulla, e non ebbe il coraggio di guardare Caleb. Fu Dave a porgere la mano aperta in direzione del ragazzo.
«Tu devi essere il ragazzo che ha dato l'allarme... Permettimi di ringraziarti per aver salvato la mia ragazza, amico! Mi chiamo Dave, e lei è Hanna, se non vi siete già presentati!»
Caleb restò inizialmente immobile, poi lanciò un'occhiata ad Hanna che gli negò lo sguardo, abbassandolo. Fece poi un profondo respiro e si fece uscire un sorriso finto, stringendo la mano di Dave.
«Piacere, Caleb.»
«Caleb, lascia che ti offra un caffè. Ce lo andiamo a bere noi tre insieme al bar. Beh, è il minimo che possa fare per ringraziarti, concedimelo.» aggiunse Dave, sorridente.
Caleb scambiò una timida occhiata con l'ammutolita Hanna e rispose alla proposta del giovane, la seconda proposta di un caffè nel giro di pochissimo tempo.
«Mi dispiace, vado di fretta. Comunque non mi dovete niente, ho fatto solo quello che dovevo. Sono io a ringraziarvi per la riconoscenza. Buona giornata e complimenti, Dave, hai una ragazza bellissima, tienitela stretta.»
Hanna sarebbe voluta scomparire. L'ultima frase di Caleb fu davvero un colpo basso, che Hanna interpretò come un'ironia di cattivo gusto riferita al fatto che ora ci fosse un ragazzo al suo fianco, un ragazzo che non era lui. Ma Caleb non poteva permettersi una cosa simile, si disse. Era stata lui a lasciarla, dannazione. Ormai era tardi.


Caleb si chiuse in camera sua. Vedere un altro ragazzo stringere Hanna e chiamarla "amore" era stata una coltellata dritta al cuore. Aveva sentito come una vertigine dentro. Era stata una sensazione orribile. Si sentì un idiota a non aver pensato prima che ci fosse qualcuno al fianco di Hanna. Dio, era così bella, era normale che nel giro di quegli anni ci fosse stato qualcuno che l'avesse corteggiata, ed Hanna aveva tutto il diritto di avere qualcuno con lei. E se fosse stata felice, Caleb non si sarebbe più intromesso nella sua vita. E d'un tratto, gli vibrò il cellulare. Era Hanna.
 
Hanna - 15:16; Possiamo parlare?
 
Caleb - 15:17; Hanna, non devi fare questo.
 
Hanna - 15:18; Fare cosa?
 
Caleb - 15:21; Darmi spiegazioni. Tu non me le devi. Sono stato io a lasciarti due anni fa, e tu avevi tutto il diritto di ricominciare. Non abbiamo niente da dirci. 
 
Hanna non rispose. Era appena rientrata in stanza dopo aver pranzato con Dave. Brit non era lì, l'aveva avvertita che sarebbe andata a fare shopping con sua sorella sulla quinta strada. Hanna si sentiva in colpa con Caleb, anche se non sapeva il perché. Insomma, lui non aveva alcun diritto di pretendere un bel niente da lei. Eppure, Hanna si sentiva in colpa, terribilmente. Forse per il fatto di non avergli detto prima di Dave. Forse per il fatto che lui, a differenza sua, fosse rimasto single. Forse per il fatto che fosse perdutamente innamorata di lui.

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Capitolo 9
*** Fix you ***





9. Fix you
 
 
"Lights will guide you home, and ignite your bones, and I will try to fix you."
[Fix You - Coldplay]
 
 
Caleb era nella sua stanza a lavorare su alcune cose per Norton sul suo portatile. Doveva riassemblare una presentazione, niente di troppo elaborato. Eppure ci stava mettendo un'eternità, perché non riusciva a concentrarsi. Pensava ad Hanna. Nella sua mente passava sempre la scena di lei abbracciata a quel ragazzo. E a Caleb veniva una stretta al petto a quel pensiero.
Erano passate le dieci di sera. Non aveva toccato cibo, la sola idea gli provocava la nausea. Ad un tratto, sentì bussare alla porta. Poteva essere solo Norton, a portargli l'ennesima chiavetta usb sulla quale lavorare. Caleb si alzò dal letto sul quale era seduto a lavorare, ed andò ad aprire con addosso solo i pantaloni del pigiama.
Ma non era Norton.
Era Hanna.
«Hanna... Che ci fai qui?» mormorò Caleb.
Hanna restò immobile a fissarlo. Scese per un attimo con lo sguardo sul busto nudo e muscoloso del ragazzo, arrossendo leggermente. Si morse un labbro e tornò a guardarlo negli occhi.
«Posso entrare?» disse poi.
«Certo.»
Caleb si accostò sulla soglia e le fece spazio per farla entrare nella sua stanza, richiudendo la porta subito dopo. Hanna si sedette sul letto, e Caleb si mise al suo fianco.
«Come mai sei qui?» le chiese lui.
«Volevo parlarti di quello che è successo oggi, insomma, di quello che hai visto oggi...»
«Ti ho vista con un ragazzo, sì. Ma ti ripeto che tu non mi devi nessuna spiegazione.»
«Caleb, avrei dovuto dirti prima di lui. Vedi, Dave è un ragazzo d'oro, mi ha aiutata a rialzarmi quando tu te ne sei andato, ed io tengo molto a lui. Ma non voglio che tu stia male per questo...»
«Beh, non credo di potertelo assicurare.»
Hanna guardò Caleb, che era serio e tamburellava con la gamba, come faceva sempre quando era nervoso. E lei lo sapeva.
«Sai, a me va bene che tu stia con lui, se è quello che vuoi, se ti fa stare bene. Ma in tal caso, mi dispiace ma non puoi chiedermi di continuare a sentirci o vederci come due amici. Puoi chiedermi tutto, ma non questo. Perché io e te non potremo mai essere amici, e tu lo sai. Basta che tu mi dica che stai bene e che sei felice, e giuro che non mi intrometterò nella tua vita. Ma devi dirmelo, Hanna.» riprese Caleb.
«Non posso dirtelo.» ammise Hanna, mordendosi un labbro.
Caleb sospirò profondamente, passandosi le mani tra i capelli, quindi riprese.
«Hanna... Io ti ho detto quello che sento per te, e penso di essere stato abbastanza chiaro. Tu a me non hai detto nulla, ma io credo di sapere lo stesso quello che provi. Non ti chiedo niente, ma... Ma ti consiglio di guardarti dentro e capire quello che vuoi. Perché continuare a vederti ed averti vicina senza poterti nemmeno toccare, è un qualcosa che mi fa impazzire. Davvero. Ti sembrerà un discorso egoista, ma non lo è. O magari ti sembrerà che io stia facendo la vittima, ma credimi, non è così. Io non voglio niente se non la tua felicità.»
Hanna sospirò ed abbassò lo sguardo.
«Non voglio che tu scompaia dalla mia vita di nuovo, Caleb.» ammise, senza riuscire a guardarlo negli occhi.
«Ma?» ribatté lui.
«Ma non posso voltare le spalle a Dave.»
«Mi stai chiedendo di rimanere amici?»
«No. Non voglio essere una tua amica, Caleb.»
«Allora cosa vuoi da me, Hanna? Perché sei venuta a prenderti quel caffè con me? Perché mi hai dato il tuo numero? Perché rispondi ai miei messaggi? Perché sei gelosa se le tue amiche parlano di me? Perché sei venuta a cercarmi nella mia stanza? Ho bisogno di saperlo!» sbottò Caleb, sollevando delicatamente il viso di Hanna con una mano, in modo da poterla guardare negli occhi.
Hanna deglutì una volta che incrociò il suo sguardo. Caleb increspò le labbra, in attesa di una risposta, e l'unica cosa che balenò nella testa di Hanna fu solo il prepotente desiderio di baciarlo. Ma si trattenne.
«Lo sai perché.» replicò semplicemente, con le lacrime agli occhi.
Caleb sospirò ed abbassò lo sguardo.
«Dev'essere sempre tutto così complicato tra di noi?» disse lui.
«Forse è destino.»
Caleb ridacchiò.
«Cosa c'è di tanto divertente?» disse Hanna.
«Le tue perle di saggezza. Mi sono mancate.» sorrise lui.
Hanna sorrise a sua volta.
«In verità, mi sei mancata tu.» aggiunse ancora Caleb.
«Mi sei mancato anche tu, Caleb.» mormorò Hanna, lasciandosi sfuggire una lacrima.
Caleb alzò una mano e gliela asciugò con il pollice.
«Hey, non piangere...» fece, prima di tirarla a sé per abbracciarla.
Hanna si lasciò avvolgere dal suo abbraccio e pianse contro il suo petto nudo. Caleb la strinse forte senza dire una parola, accarezzandole la schiena ed i capelli. Hanna pensò che aveva ragione lui su tutto, a partire dal fatto che dovesse sempre essere complicato tra di loro, fino ad arrivare al fatto che non sarebbero mai potuti essere amici. Perché si amavano. Da morire.
Hanna era tra le sue braccia, e pensò anche che Dave non l'aveva mai abbracciata così. Bastava un abbraccio di Caleb per farla sentire bene con se stessa e con il resto del mondo, anche quando tutto cadeva a pezzi. Solo lui era capace di farla stare bene, così bene. Solo lui.
«Perché piangi?» sussurrò Caleb, una volta che Hanna si fu calmata.
«Non voglio far soffrire né te né Dave...» mormorò lei, senza staccarsi dal petto di Caleb.
«Così soffrirai tu, però. Sei troppo altruista, Hanna. Per una volta dovresti pensare a te stessa, a cosa ti fa felice. A chi ti fa felice.»
Hanna sospirò, poi si mise dritta per poter guardare Caleb negli occhi. Gli accarezzò il viso, e Caleb torse di poco il capo per baciarle una mano.
«Mi hai fatto prendere un bello spavento oggi, sai?» mormorò ancora lui.
Hanna annuì, mordendosi un labbro.
«Sono sempre la solita sbadata.» aggiunse.
«Allora vedi che non sei cambiata?» fece lui, sorridendo.
Hanna sorrise a sua volta, accarezzandolo di nuovo. Caleb le portò le mani sui fianchi e la avvicinò al suo corpo.
«Ti va di fare una passeggiata?» rilanciò poi lei.
Caleb aggrottò le sopracciglia.
«Ti faccio vedere un po' New York. Sei qui da due giorni e sei uscito solo per prenderti un caffè dall'altro lato della strada...» continuò lei.
«Ma ne è valsa la pena.» sorrise Caleb.
Hanna scosse la testa, ridendo.
«Lascia che mi metta qualcosa addosso.» aggiunse il ragazzo, alzandosi dal letto.
Hanna lo guardò mentre, senza farsi alcun problema, si sfilò i pantaloni davanti a lei, rimanendo in boxer. Hanna abbassò la testa, imbarazzata. Caleb se ne accorse e rise.
«Pensavo avessimo superato questo da un bel pezzo.» aggiunse, ridacchiando.
Hanna si morse un labbro, arrossendo.
«Tu muoviti a vestirti, per favore.» disse semplicemente, senza guardarlo.
Caleb, continuando a ridacchiare, si infilò un paio di jeans ed un maglioncino di cashmere. Nel frattempo, Hanna notò il suo pc appoggiato sul materasso, aperto ma in standby. Mosse una mano sul touchpad, per curiosità. Le apparve davanti una schermata dove si richiedeva la password. Ma quello che colpì la ragazza, fu lo sfondo sottostante. Era una foto di Caleb con lei, abbracciati e sorridenti. Risaliva ai bei tempi di Rosewood, ovviamente. Hanna sorrise e sentì un groppo in gola, ma trattenne le lacrime con tutte le sue forze.
«Beh, la password la conosci. Non l'ho mai cambiata. Finisce sempre con 1105 e punto esclamativo.» sorrise Caleb, guardandola mentre fissava lo schermo del suo pc.
«Scusa, io non volevo...»
Caleb la interruppe.
«Hanna, non scusarti. Allora, ce la andiamo a fare questa passeggiata?» disse, sorridendo.
Hanna ricambiò il sorriso ed annuì. Caleb le porse la mano ed Hanna la afferrò, quindi il ragazzo la aiutò ad alzarsi. Ed Hanna si sentì sempre più in colpa. Sì, era stato Caleb a lasciarla due anni prima, ma l'aveva fatto solo ed unicamente per proteggerla dai pericoli di Ravenswood, non certo perché non la amasse. Perché lui non aveva mai smesso di amarla. Era sempre rimasto fedele al suo ricordo, e lo dimostrava lo sfondo del suo pc, la password, le sue parole sincere. Caleb non aveva mai pensato a nessun altra. Aveva davvero continuato a vivere nelle speranza di ritrovarla, un giorno. Ed il fatto che non fosse voluto piombare nella sua vita per non sconvolgerla, aveva messo in chiaro ad Hanna che Caleb la amasse da morire, che fosse innamorato di lei ancora come il primo giorno, che avrebbe sempre messo prima la felicità di Hanna della sua. Lei sapeva che era sincero. Lo conosceva troppo bene. Era sempre lo stesso Caleb. E lei era sempre la stessa Hanna. Erano sempre loro, Hanna e Caleb.


Hanna portò Caleb fino a Times Square. Il ragazzo non era mai stato a New York, ed era contento di essere in visita nella città per la prima volta con Hanna.
«È strepitoso...» mormorò lui, guardando le luci e le immense insegne pubblicitarie che lampeggiavano.
«Già. Ancora non riesco a credere che tu non sia mai stato qui. Insomma, un uomo di mondo come te!»
Caleb fece spallucce, e continuò a guardarsi intorno come un bambino in un negozio di giocattoli. Ad un tratto, gli si avvicinò un ragazzino che vendeva delle rose.
«Amico, compra una rosa alla tua ragazza! Solo tre dollari!»
Caleb ridacchiò alle parole "la tua ragazza", quindi prese dieci dollari dal suo portafoglio e li porse al ragazzino.
«Dammene tre e tieni il resto.» aggiunse.
Hanna era imbarazzata a morte, ma si aprì in un grande sorriso quando Caleb le porse le tre rose, seppur arrossendo.
«Grazie...» mormorò, prendendo in mano le rose.
«Figurati.» sorrise Caleb, alzando le sopracciglia.
Si sedettero su una gradinata, con le gambe stanche. Hanna tremava di freddo, e Caleb se ne accorse. Senza dire nulla, si tolse la giacca e gliela mise sulle spalle. Hanna si limitò a sorridergli, mentre giocava con i gambi delle rose tra le dita.
«Da quanto tempo stai con Dave?» chiese lui.
Hanna lo guardò e sospirò, poi rispose.
«Ci frequentiamo da un anno. L'ho conosciuto dalla psicologa. Io ero in terapia per uscire dalla bulimia, e lui per disintossicarsi dalla dipendenza dall'alcool. Diciamo che ci siamo dati una mano a vicenda a venirne fuori.»
Caleb annuì.
«Ti tratta bene?» disse dopo qualche istante.
«Sì, è un bravo ragazzo. Non ha mai neanche alzato la voce con me, e se non lo sapessi, non scommetteresti neanche un dollaro sul fatto che abbia avuto un passato da alcolista.»
«Lo ami?»
Hanna fece un respiro profondo, prima di riprendere a parlare.
«Dave mi ha baciata dopo essere usciti insieme per un paio di mesi. Io ero un po' sorpresa, perché pensavo ancora a te, ma poi mi dissi che non c'era un vero motivo per non provare a stare con un ragazzo carino e gentile come lui. Così ci siamo messi insieme, e lui mi ha sempre riempita di attenzioni, e... E non mi ha mai fatto mancare niente. Una sera mi ha riaccompagnata a casa di mia madre dopo avermi portata a cena fuori, e per la prima volta ha detto di amarmi. Ed io non ho detto niente. Sono scesa dall'auto e sono entrata in casa. A Dave non è importato, ha continuato ad essere lo stesso con me, se non per il fatto che dicesse di amarmi, ogni giorno. Ed io, per tutte le volte, non ho mai risposto nulla. Nonostante questo, dopo un anno, lui è ancora al mio fianco, e non pretende nulla da me. Caleb, io non sono innamorata di lui e credo che lui ne sia consapevole. Io... Io non ho mai amato nessun altro all'infuori di te.»
Caleb annuì, abbozzando un sorriso. Fu poi di nuovo Hanna a riprendere a parlare.
«Dave sa che sono finita in terapia per via di una delusione d'amore. Credo sia per questo che non si lamenti di determinati miei atteggiamenti nei suoi confronti. È un ragazzo intelligente, sa che io sono ancora profondamente legata al mio ex, e non tocca mai l'argomento perché non vuole farmi soffrire. Ed io gli sono molto riconoscente per questo. Lui mi ama senza pretendere nulla. Non gli importa che io non provi lo stesso per lui.»
Caleb si leccò le labbra, in cerca delle parole giuste.
«Capisco.» mormorò semplicemente, giocherellando con le dita.
«Ho provato con tutte le mie forze a mettere una pietra sopra di te, ma non ci sono riuscita. Malgrado il tempo passato, malgrado Dave, malgrado tutto... Tu non mi sei mai passato. Questa è la verità.» aggiunse Hanna, mordendosi un labbro.
«Non voglio che tu rinunci alla stabilità che hai trovato, Hanna. Non voglio che lasci quel ragazzo per me, se non vuoi. Ma a questo punto, non so se continuare a vederci ci faccia bene...»
«No, ti prego.» fece Hanna con decisione, poggiando una mano sulla gamba del ragazzo.
Caleb la guardò con aria interrogativa, quindi Hanna riprese.
«Sono confusa, Caleb. Ma non voglio allontanarti da me, non adesso che ti ho ritrovato. Non ci stiamo vedendo da amici, ci stiamo vedendo da Hanna e Caleb. Voglio passare del tempo con te all'infuori del college, anche se non posso comportarmi in un certo modo con te, perché tengo a Dave e non posso farlo. Ma capirei se tu non volessi più vedermi date le circostanze, però sappi che a me farebbe piacere, e...»
Caleb mise la sua mano su quella di Hanna, ancora poggiata sulla sua gamba, quindi la interruppe.
«D'accordo. Come vuoi tu.»
«Davvero?» 
«Sì. Se pensi che possa servirti a capire cosa vuoi davvero, non ti dirò di no. A patto che ci vedremo sempre da Hanna e Caleb, e non da amici.» sorrise lui.
«Da Hanna e Caleb.» annuì lei.
«Da Hanna e Caleb. Senza etichettare niente come "amici", "fidanzati", "amanti"... Solo Hanna e Caleb.»
«È perfetto.» concluse lei.
Caleb le sorrise, e pensò a quanto fosse bella. Hanna invece si rese conto che le venisse la pelle d'oca solo a sentire i loro nomi l'uno al fianco dell'altro.
«Tu non hai frequentato nessun altra? A parte, fantasmi...» fece Hanna.
Caleb ridacchiò alla precisazione della ragazza.
«No. Mi sono concentrato sul lavoro, e per il resto mi sono goduto la mia famiglia. Mia madre, mio padre quando veniva a trovarmi, e quei piccoli mostri dei miei fratellini. Ho recuperato un po' della mia infanzia smarrita. E se ho potuto farlo, anche se un po' in ritardo, il merito è tutto tuo.» rispose sorridendo.
Hanna ricambiò il sorriso. Nessuno dei due si rendeva conto che le loro mani erano ancora l'una sull'altra, sulla gamba di Caleb. Era un gesto così naturale e spontaneo da non far prestare particolare attenzione ai due ragazzi.
«Neanch'io ho mai amato nessun altra all'infuori di te, Hanna.» aggiunse ancora lui, guardandola serio negli occhi.
Il momento fu squarciato dallo squillo del cellulare di Hanna. La ragazza solo allora ritirò la mano dalla gamba di Caleb. Cercò il cellulare nella sua borsa, mentre Caleb si schiarì la voce e tornò a guardare le luci di Times Square. Sul display apparve il nome di Spencer, ed Hanna sospirò di sollievo per il fatto che non fosse Dave.
«Hey, Spence...» rispose tranquilla.
All'udire quel nome, anche Caleb si tolse un bel peso dal petto.
«Hanna, si può sapere che diavolo di fine hai fatto? Sono due sere di fila che salti la videochiamata di gruppo su Skype, senza preavviso, tra l'altro. Allora, che ti succede?»
«Sì, lo so, scusami. È che ho problemi con il pc...» mentì Hanna.
«Avresti potuto almeno scrivere un sms!»
«Hai ragione, Spence, è che ho un sacco di studio arretrato... Mi dispiace! Ti prometto che domani farò il possibile per esserci!»
«Fammi sapere!»
«Senz'altro. Da' un bacio alle ragazze e scusati con loro da parte mia. Vi voglio bene.»
«Anche noi, Han. Buonanotte.»
«Buonanotte, Spence.»
Hanna riattaccò il telefono e sospirò.
«Tutto bene?» chiese Caleb.
«Non ho detto loro che sei qui. Le ragazze ti ucciderebbero se sapessero che sei qui, ed ucciderebbero anche me se sapessero che sono con te.»
«Beh, capisco. Insomma, agli occhi di tutti sono quello che aveva la ragazza più bella e dolce del mondo e che se n'è andato da lei come un vigliacco, senza spiegazioni. Trovo lecito il loro risentimento, ti vogliono bene e per loro non sarà stato facile vederti soffrire. Non ucciderei te, ma... Anch'io ucciderei me se fossi in loro.» rispose Caleb sorridendo.
«Ma loro non sanno tutta la verità.» aggiunse Hanna.
«Già. Non sanno della storia di Ravenswood, della maledizione, di tutta quell'assurda faccenda... Ed è meglio così. E se fosse dipeso da me, la verità non l'avresti saputa neanche tu. Hai corso un grande rischio ed io l'avrei volentieri evitato.»
«Anch'io avrei evitato che certi rischi li corressi tu. Oltretutto, ti ho chiesto io di restare in quell'inquietante posto...»
Caleb sorrise.
«Ma tu non potevi immaginare tutto quello che c'era dietro.» aggiunse.
«Già. Ma se io non te l'avessi chiesto, magari tra noi sarebbe continuato ad andare tutto bene. E non ci saremmo mai persi.»
Caleb si avvicinò ad Hanna e le prese le mani.
«Non è colpa tua, Hanna. Tu sei l'ultima persona che può prendersi la colpa di tutto quello che è successo, hai capito? Non dire mai più una cosa del genere, okay?» disse lui.
«Pensaci, Caleb. Se quella sera fossi tornato a Rosewood con me, noi non ci saremmo lasciati. E probabilmente adesso staremmo ancora insieme, senza tutti questi dannatissimi problemi.» sbottò Hanna, con gli occhi lucidi.
«Hey, guardami. Noi adesso siamo qui. Questo è tutto quello che conta. Io non voglio più pensare a Ravenswood, né tantomeno tornare con la testa a quando ci siamo lasciati. E credo che non lo voglia neanche tu. Perciò adesso calmati, e pensa solo che è tutto finito e che stiamo tutti bene, e... E che oggi io e te siamo insieme a New York lontani da tutto e tutti. D'accordo?»
Hanna annuì e si asciugò una lacrima, scottata dai sensi di colpa. E Caleb la abbracciò per la seconda volta quella sera. Ed Hanna si sentì meglio non appena si trovò tra quelle braccia che la facevano sentire immediatamente a casa e al sicuro. E soprattutto, la facevano sentire sconfinatamente amata.
«Porti ancora "Fierce" di Abercrombie?» chiese Hanna, con la testa schiacciata contro il collo del ragazzo, più con tono di affermazione che di interrogativo.
Caleb fece una risatina, stringendo Hanna più forte.
«Certo. Da quando me l'hai regalato tu, non l'ho più cambiato.» aggiunse, accarezzandole i capelli.
Hanna rise, ed agganciò la presa delle sue braccia ai fianchi di Caleb, tenendosi stretta al suo corpo.
«E tu continui a portare "The One" di Dolce&Gabbana... Sappi che me ne ero accorto già da ieri.» sogghignò Caleb, baciandole la testa.
«Ottimo naso.» decretò Hanna.
«Una delle mie innumerevoli qualità.»
Hanna rise contro la pelle di Caleb, e lui fece lo stesso tra i capelli di lei.
«Scusami, Hanna...» mormorò Caleb d'improvviso, mentre continuava a stringere a sé Hanna.
«Di cosa?»
«Non avrei mai voluto che tornassi nel tunnel della bulimia. E quella sì che è stata colpa mia. Non sai quanto mi senta una merda al solo pensiero... Non posso neanche immaginare quello che hai dovuto passare mentre io non ero accanto a te, proprio quando tu avevi bisogno di me, e...»
Hanna sollevò il capo e lo guardò negli occhi, quindi lo interruppe.
«Basta, Caleb. L'hai detto tu, è tutto finito ed ora stiamo bene. E soprattutto, oggi siamo qui, insieme. Ed è la cosa più importante. Non serve a niente addossarsi le colpe di quel che è stato.» 
Caleb annuì e le sorrise. Restarono zitti e stretti l'uno all'altra per un'altra decina di minuti, prima che si decidessero a tornare al college.


Presero un taxi e, nel tragitto, Caleb raccontò ad Hanna dei suoi fratelli, mentre lei gli raccontava aneddoti su Aria, Spencer ed Emily. Una volta arrivati, Caleb accompagnò Hanna fino alla porta della sua stanza.
«Grazie delle rose.» disse Hanna, mentre prese in mano le chiavi della stanza.
«Grazie a te della serata. Se non fossi venuta a cercarmi in stanza, sarei rimasto tutta la sera con la presentazione di Norton. Direi che per quanto riguarda la compagnia, mi sia andata molto meglio.» sorrise lui.
«Solo per la compagnia?»
«Era ironico, Han. Ah, comunque complimenti.»
«Per cosa?»
«Per esserti ricordata il numero della mia stanza. Non ricordavo che avessi una così buona memoria...»
«Riguardo quello che mi interessa, riesco a stupirmi da sola per le mie capacità intellettive.» sorrise Hanna.
«Che linguaggio colto, Marin.»
«Una delle mie innumerevoli qualità.»
I due scoppiarono a ridere davanti alla porta ancora chiusa, poi Hanna fece segno di abbassare la voce.
«È passata la mezzanotte, staranno dormendo tutti...» aggiunse.
«Hai ragione. D'accordo, allora a domani.» fece Caleb, dandole un bacio sulla fronte.
«Domani non ho lezione di informatica, Caleb.»
«Beh, questo non vuol dire che non ci vedremo.» sorrise lui.
Hanna ricambiò, quindi infilò le chiavi nella serratura.
«Buonanotte, Caleb.» aggiunse, girandole.
«Buonanotte a te, Hanna. Sogni d'oro.» rispose lui, strizzandole l'occhio.
Hanna sorrise di nuovo e sparì dietro la porta della sua stanza, richiudendola alle sue spalle facendo attenzione a non fare troppo rumore.
Brit non c'era, probabilmente era rimasta a dormire dalla sorella. Ad Hanna balenò in testa l'idea di chiamare Caleb dalla porta e dirgli di restare con lei per la notte, ma nel giro di un secondo si convinse che fosse una pessima idea, quindi non fece altro che buttarsi sul letto. E sorrise. Sorrise perché era felice che Caleb fosse lì. E che la amasse ancora come due anni prima.


Caleb tornò nella sua stanza e si buttò sul letto. E sorrise. Sorrise perché era felice che Hanna fosse lì. E che, anche se non l'aveva espressamente detto, lo amasse ancora come due anni prima.
Il suo portatile era ancora lì sul letto. Non aveva voglia e concentrazione per riprendere il lavoro, ma, fissando lo sfondo, gli venne un'idea.


Hanna si era messa a letto con il sorriso sulle labbra. Guardava il soffitto e sospirava. Non voleva ferire Dave, ma sapeva bene cosa sentisse dentro. Non poteva nascondere a se stessa un sentimento tanto forte. E poi, il suo cellulare vibrò. Ed il nome che apparve sul display la fece sorridere ancora di più.
 
Caleb - 00:36; Visto che ti fa sorridere tanto, eccola a te. Buonanotte di nuovo, principessa... E grazie della bellissima serata :)
 
Al messaggio di Caleb era allegata la foto che il ragazzo aveva come sfondo del suo portatile. Quella che Hanna aveva visto quella stessa sera. Quella che l'aveva fatta sorridere. Ed ora la stava facendo sorridere di nuovo. Le scappò anche una lacrima, che si asciugò subito, quindi si morse un labbro cercando le parole giuste per rispondere al messaggio.
 
Hanna - 00:39; È bellissima, grazie a te. Notte :)
 
Fu questo tutto quello che la ragazza riuscì a scrivere, prima che le sue palpebre si piegassero al sonno.

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Capitolo 10
*** When I'm with him ***





10. When I'm with him
 
 
"He kissed my lips, I taste your mouth. He pulled me in, I was disgusted with myself. 'Cause when I'm with him, I am thinking of you, thinking of you. What you would do if you were the one who was spending the night, oh, I wish that I was looking into your eyes."
[Thinking Of You - Katy Perry]
 
 
Caleb fece colazione al bar della NYU. Aveva lezione di lì a poco, ma non con Hanna. Mentre beveva il suo caffè, lo affiancò Dave. Caleb lo riconobbe subito, ma fece finta di nulla. Certamente non voleva fargli la bella faccia davanti quando l'unica cosa che volesse dalla vita era la sua ragazza. Ma anche Dave lo riconobbe, suo malgrado.
«Caleb?»
A quel punto Caleb lo guardò e si finse sorpreso, sorridendo.
«Hey... Dave, giusto?» aggiunse.
«Giusto. Come va?»
«Tutto bene, grazie. Tu? E la tua ragazza, come sta?»
«Io sto bene, e anche Hanna. Non so davvero come ringraziarti per quello che hai fatto ieri...»
«Non c'è problema, davvero.»
«Tu cosa studi?»
«Io? Oh, no, io... Io sono un assistente.»
«Così giovane?»
«Ho avuto una buona offerta e tanta fortuna.» sorrise Caleb.
«Chi è il professore che assisti?»
«Il professor Edmond Norton, insegna informatica. Dà lezioni anche ad Hanna.»
«Davvero? Strano che lei non mi abbia detto che fossi l'assistente del suo professore...»
Caleb fece spallucce.
«Avendoti visto così giovane, ho immediatamente immaginato che fossi uno studente... Quanti anni hai?» riprese Dave.
«Venti, quasi ventuno.»
«Beh, ti invidio, amico!»
Caleb invece invidiava lui, da morire. Perché lui era il ragazzo di Hanna.
«Tu, invece... Cosa studi?» continuò Caleb, con gentilezza.
«Architettura. Norton non è un mio professore, quindi credo che non ci vedremo in nessuna lezione.»
«Già.»
«Devo lasciarti, Caleb. Vado da Hanna. Hey, dalle un occhio visto che la vedi a lezione, okay? È un po' sbadata a volte, ma ti garantisco che è una brava ragazza. Conto su di te!»
Caleb annuì.
«Alla prossima, Dave.» aggiunse, trattenendosi dal dirgli che sapesse benissimo, probabilmente anche meglio di lui, quanto Hanna fosse una brava ragazza.
Dave fece un cenno con la mano e sparì tra la folla di allievi. E Caleb sospirò profondamente, finendo poi il suo caffè, più amaro del solito. Forse perché il ragazzo della ragazza che amava le avesse chiesto di darle uno sguardo per lui, quando Caleb aveva trascorso l'intera serata abbracciato a lei nel mezzo di Times Square. Forse perché la ragazza di quel ragazzo era la ragazza che Caleb amava più della sua vita.


Dave bussò alla porta della camera 209. Dopo il suo pranzo di ieri con Hanna, i due erano rimasti d'accordo che l'indomani il ragazzo sarebbe passato dalla sua stanza e avrebbero passeggiato per il campus prima che iniziassero le lezioni. Dave era puntuale, erano le nove, e per entrambi le lezioni di quel giorno sarebbero iniziate alle dieci. Ma Hanna non aprì, né rispose. Dave picchiò sulla porta con più insistenza, chiamando a voce la ragazza, ma niente. Fu allora che afferrò il cellulare e la chiamò.


Hanna si svegliò con il tremore del suo materasso e l'abbaglio del display del suo cellulare puntato sulle sue palpebre abbassate. Aprì debolmente gli occhi, e nel giro di un secondo capì di non aver impostato la sveglia la notte prima. Lesse il nome di Dave sul display e rispose raucamente.
«Dave?»
«Hanna, sono qui davanti. Riesco a sentire la tua voce.» ridacchiò lui.
«Che ore sono?» mormorò lei, alzandosi dal letto.
Dave non rispose, ma aspettò che la ragazza aprisse la porta della sua stanza. Una volta che l'ebbe fatto, Dave sorrise nel vederla ancora assopita e con i capelli arruffati.
«Sono le nove, amore.» aggiunse.
«Merda, non ho messo la sveglia! Scusami...» rispose lei, stropicciandosi gli occhi e chiudendo la chiamata.
Dave entrò nella stanza, ridendo.
«Ci metto un attimo a prepararmi, davvero!» disse Hanna con tono di promessa, gettando il cellulare sulla scrivania.
«Un attimo? Non dire sciocchezze! E poi, vedo che Brit non c'è...»
Dave la prese per la vita e la tirò a sé. Hanna lo guardò perplessa. Dave cominciò a tirarle su la maglia del pigiama.
«In un'ora non riusciremo a fare la nostra passeggiata al campus, visto che devi ancora prepararti, però possiamo fare qualcos'altro...» mormorò lui, raucamente.
Dave trovava Hanna dannatamente irresistibile anche spettinata, struccata, e con il suo pigiama azzurro addosso. Abbassò la testa verso il collo della ragazza, sfiorandolo col naso, mentre con le mani fece per sfilarle la maglia del pigiama. Hanna chiuse gli occhi, ma quello che provava man mano che le mani di Dave le sfioravano la pelle nuda, era disgusto. E chiudendo gli occhi, tutto ciò che vedeva era il viso di Caleb. Li aprì quindi, ma la prima cosa che catturò il suo sguardo furono le tre rose che le aveva regalato Caleb la sera precedente, poste in un provvisorio bicchiere pieno d'acqua. Dave passò dal suo collo al suo viso, baciandola sulla bocca con passione, ma Hanna mantenne la labbra serrate, incapace di reagire in nessun modo. Le mani di Dave continuavano ad accarezzarla, e la sua lingua si insidiò di prepotenza nella bocca di Hanna. E lei provò ancora più disgusto a quel contatto. A quel punto si tirò via, con decisione.
«Scusami, io... Adesso non è il momento.» balbettò, gesticolando nervosamente con le mani.
«Perché? Che c'è che non va?» ribatté lui, aggrottando le sopracciglia e riavvicinandosi ad Hanna.
«Io... Non ho voglia, Dave.»
«Hanna... Che ti prende? È da qualche giorno che sei strana, non capisco...»
«È tutto okay. Ma ora non è il momento, d'accordo? Se vuoi ancora fare un giro al campus, aspetta che mi prepari, altrimenti... Altrimenti ci vediamo più tardi.» rispose lei, decisa.
Dave sospirò, annuendo e mordendosi il labbro.
«Okay, ti aspetto al bar. Magari continuo a fare due chiacchiere con Caleb...» fece, aprendo la porta della stanza per uscirne.
«Caleb?» chiese Hanna.
«Sì, il ragazzo che ti ha dato una mano ieri. Perché non mi hai detto che è l'assistente del tuo professore di informatica?»
«Oh, beh... Che importanza ha?»
«Già, hai ragione tu.» sorrise Dave.
Hanna sorrise a sua volta, per tentare di nascondere l'imbarazzo che le suscitava parlare di Caleb, specie con lui. Dave notò poi le rose appoggiate sulla scrivania.
«Hey, e quelle rose?» fece.
Hanna si voltò e si morse un labbro.
«Credo siano di Brit, non ne ho idea...» mormorò.
«E perché sono sulla tua scrivania?»
Hanna fece spallucce.
«Lo sai com'è Brit, posa tutto dove capita... Ci vediamo giù.» tagliò corto.
Dave, solo a quel punto, uscì dalla stanza.


Hanna si preparò più velocemente del solito, e scese a cercare Dave al bar. Aveva un po' di paura di trovarlo con Caleb. Vederli insieme davanti a lei la metteva ovviamente a disagio. Per sua fortuna, quando arrivò, Dave era solo, di Caleb nessuna traccia. Anche se, a dirla tutta, rivedere Caleb non le sarebbe affatto dispiaciuto.
«Wow, devo ammettere che sei stata rapida.» sorrise Dave.
Malgrado il suo brusco rifiuto di pochi minuti prima, Dave le sorrideva come se non fosse successo nulla. Lui teneva davvero tanto a lei, e lei lo sapeva. Hanna annuì, sorridendo a sua volta.
«Caleb se n'è andato?» chiese.
«Non l'ho ritrovato qui quando sono sceso... Ma tranquilla, l'ho ringraziato nuovamente per quello che ha fatto ieri.»
Hanna annuì di nuovo, quindi prese un caffè ed uscì con Dave a passeggiare per il campus.


Caleb passò mattinata e pomeriggio a scorrazzare per le aule con Norton. Aveva la giornata piena, anche se in realtà non faceva granché durante quelle lezioni, se non far scorrere slides sul proiettore che doveva prontamente collegare e scollegare dal portatile, in continuazione. Non fece altro che pensare ad Hanna. Alla loro serata a Times Square, a quanto fosse stato bene. Nella giornata avvertì più volte il forte desiderio di scriverle per messaggio, ma poi si disse che sarebbe diventato invadente e pensò che lei sarebbe potuta essere con Dave. Con il suo ragazzo. E quindi, si trattenne, sperando malinconicamente che fosse lei a scrivergli.


Hanna tornò in stanza alle dieci di sera. Aveva passato la mattina con Dave, quindi aveva avuto lezione fino alle sette di sera, dopodiché aveva cenato nuovamente in compagnia di Dave, e alla fine era rientrata nella sua stanza. Si chiuse la porta alle spalle e sospirò profondamente.
Era stata con Dave, ma aveva pensato a Caleb per tutto il tempo. Persino quando Dave aveva iniziato a spogliarla, Hanna aveva avvertito il forte desiderio che ci fosse stato Caleb al suo posto. E questo la diceva lunga.
Dave, dal canto suo, non aveva più insistito con lei da quando era venuto a svegliarla in stanza, ma Hanna aveva chiaramente percepito che il ragazzo avesse capito che c'era qualcosa che non andava.
Si era più volte detta di scrivere a Caleb, ma poi aveva pensato che non sapeva cosa dirgli. Cosa avrebbe potuto dirgli dopo che lui e il suo ragazzo avevano amichevolmente chiacchierato seduti al bancone di un bar? Cosa avrebbe potuto dirgli quando lo amava da morire ma non riusciva a lasciare Dave per lui? Cosa avrebbe potuto dirgli quando la sera prima era tra le sue braccia e l'indomani aveva trascorso buona parte della giornata con Dave? Tutto il flusso di queste domande fu bloccato dall'entrata di Brit in camera, che stava uscendo dal bagno.
«Han, com'è andata la cena?» disse.
«Bene, grazie.»
«Allora hai scelto Dave?»
Hanna sbuffò e si buttò sul letto.
«Non ne ho la più pallida idea.» mormorò, quando sapeva che il suo cuore aveva tutte le risposte che le servivano.
Ma lei non aveva il coraggio di guardarsi dentro. Perché se l'avesse fatto, le sarebbe apparso nitidamente il fatto che il sentimento che nutriva per Caleb fosse amore puro, mentre quello per Dave semplice affetto. Ma non se la sentiva di voltare le spalle a Dave. Perché Dave l'aveva aiutata a rialzarsi dopo una caduta tremenda, dalla quale pensava davvero di non poter rialzarsi mai più, e non poteva fargli questo. Anche perché temeva che se gli avesse spezzato il cuore, il ragazzo sarebbe di nuovo caduto in tentazione con il suo demone, l'alcolismo. Hanna sapeva cosa volesse dire "cuore spezzato"; proprio questo l'aveva gettata per la seconda volta nell'abisso della bulimia, il suo demone. E non voleva che a Dave succedesse la stessa cosa, perché gli voleva bene e l'ultima cosa che voleva era fargli del male. Tantomeno così male.
«Che mi dici delle rose?» riprese Brit.
Hanna sospirò ancora, mordendosi un labbro.
«Ieri sono andata a Times Square con Calvin, e... E me le ha regalate.»
«Che romantico...» fece Brit, con un'espressione sognante.
«Okay, Brit. Basta domande, devo andare su Skype con le ragazze o mi uccideranno!»
«Non preoccuparti, filo direttamente a letto, sono distrutta.» sorrise Brit, per poi coricarsi nel suo letto.


«Stasera abbiamo l'onore di avere Hanna...» soggiunse Spencer.
Hanna, Spencer, Aria ed Emily erano tutte e quattro in videochiamata su Skype, da tre postazioni diverse, in quanto Spencer ed Aria condividevano la camerata alla UPenn.
«Sì, ne avete l'onore.» disse la bionda, abbozzando un sorriso.
«Sicuramente è colpa delle cenette romantiche di Dave se ultimamente ci consideri così poco, altro che studio e problemi col pc...» fece Aria.
«In realtà tra me e Dave le cose non vanno più troppo bene.» ammise Hanna, anche se non se la sentiva di rivelare il vero motivo, o almeno non ancora.
«Perché, Han?» chiese Emily.
«Beh, non è più come prima tra di noi, semplicemente.»
«Vi siete lasciati?» domandò Spencer.
«No, le cose non vanno bene, ma io non gli farei mai questo...»
«Già, perché se non fosse stato per lui, staresti ancora piangendo per Caleb...» irruppe Aria.
Hanna rabbrividì e si morse un labbro, chiudendosi in un silenzio di tomba ed abbassando lo sguardo.
«Aria, vacci piano...» soggiunse Emily, sapendo che la ragazza stesse toccando un tasto rimasto sempre dolente per Hanna.
«No, è a posto, solo che... Preferirei evitare di fare il suo nome, okay?» riprese Hanna.
«Scusami, Han, io non volevo...» si scusò Aria, prima di essere interrotta proprio da Hanna.
«Tranquilla, non fa nulla. Ma ora ditemi un po' come ve la passate voi!»
A quella frase, Hanna accorpò un sorriso. E le ragazze iniziarono a distrarla con le loro chiacchiere.

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Capitolo 11
*** Your heart's against my chest ***





11. Your heart's against my chest


"Settle down with me, cover me up, cuddle me in, lie down with me, hold me in your arms. And your heart's against my chest, lips pressed to my neck..."
[Kiss Me - Ed Sheeran]


Erano le undici e mezza, e Caleb era in camera sua, a lavorare al portatile, con il solito materiale di Norton. Ma, come la sera precedente, non stava combinando nulla. Ed il motivo era lo stesso della sera precedente. Caleb si stropicciò gli occhi e sospirò. Pensò alla sua chiacchierata mattutina con Dave. Al sorriso di quel ragazzo quando parlava di Hanna. Come biasimarlo, aveva la ragazza più speciale del mondo al suo fianco. Caleb non la vedeva da praticamente ventiquattr'ore, e gli sembrava di impazzire. Aveva un bisogno disperato di vederla. Fu per questo che si decise a scriverle. Si sarebbe voluto presentare alla porta della sua stanza, ma lei, al contrario suo, aveva una compagna di stanza, e tale compagna di stanza aveva anche una sorta di sbandata per lui. Quindi le scrisse un messaggio, impaziente.

Caleb - 23:36; Ho bisogno di vederti, voglio stare un po' con te. Posso passare dalla tua stanza? Ti prego...

Inviò impulsivamente, senza rileggere, sperando che Hanna fosse ancora sveglia, magari pensando a lui. Restò immobile sul letto, a gambe incrociate, attendendo una risposta. Ma il tempo passava, e la risposta non arrivava.
Mancavano ormai cinque minuti alla mezzanotte. Caleb sospirò nuovamente. Magari lei non voleva più vederlo, magari aveva capito che stare con Dave fosse la cosa più giusta per lei, malgrado non fosse quello che davvero volesse. Perché Caleb sapeva che Hanna era innamorata di lui e non di Dave, anche se non gliel'aveva detto. Ma lui lo sapeva bene.
Si distese sul letto, malinconicamente, fissando il soffitto, mentre il suo cellulare taceva tristemente.
Il suo cellulare tacque, ma non la porta.
Un delicato pugno batté contro la sua porta. Quel delicato pugno.
Caleb balzò dal letto, ed aprì la porta senza pensarci due volte.
Ed era davvero Hanna.
Caleb le sorrise largamente, facendole poi spazio per farla entrare. Hanna entrò in silenzio, mordendosi il labbro inferiore. Il fatto che Caleb, come suo solito, avesse addosso solo un paio di pantaloni del pigiama, le faceva sempre un certo effetto. Caleb chiuse la porta e si sedette sul letto, facendo segno ad Hanna di sedersi al suo fianco. Fu proprio la ragazza ad iniziare a parlare.
«C'era Brit, quindi ho pensato che era meglio che fossi io a venire da te...»
«Puoi venire qui quando vuoi, non preoccuparti.»
Hanna sorrise, poi Caleb riprese.
«Avevo davvero bisogno di vederti, io... Spero di non averti disturbata, e...»
Hanna lo interruppe.
«Se mi avessi disturbata, non sarei qui adesso. Anch'io volevo vederti, Caleb.»
Caleb le prese una mano.
«Dave ti ha detto che ci siamo visti stamattina?» aggiunse.
«Sì, me l'ha detto. Ha anche visto le tue rose, ma io ho dato la colpa a Brit.» rispose Hanna, lasciandosi sfuggire un sorrisetto.
«L'hai fatto davvero?» sorrise a sua volta Caleb.
Hanna annuì.
«La solita burlona.» sospirò scherzosamente il ragazzo.
«Cosa?» fece lei, alzando le sopracciglia in segno di stupore.
«Non fare la finta tonta... Eri e sei ancora la burlona di sempre, Marin...» ghignò Caleb.
«E tu sei sempre il solito insolente, Rivers...» ribatté Hanna, sorridendo con aria di sfida.
«Ah sì?» disse Caleb, prima di avventarsi su Hanna per solleticarle i fianchi.
Hanna rise sonoramente, scalciando per cercare di liberarsi dalla presa di Caleb. Ma lui era più forte, e la buttò di schiena sul materasso, continuando a farle il solletico. Entrambi ridevano di gusto, riversi sul letto, divertendosi come bambini.
Caleb si fermò, però, quando si ritrovò col corpo premuto su quello di Hanna, e con il viso di lei distante dal suo solo una manciata di millimetri. Entrambi smisero di ridere e si guardarono intensamente negli occhi. Hanna deglutì, mentre sentiva le mani di Caleb accarezzarle i fianchi, tracciando con le dita le linee delle sue anche. Il ragazzo abbassò poi di poco lo sguardo, sulla modesta scollatura della maglietta di lei, non potendo fare a meno di lasciarsi andare a piacevoli ricordi e pensieri peccaminosi. Di forza, allora, Hanna approfittò della distrazione di Caleb per rivoltarlo a sua volta sul materasso, facendo sì che stavolta fosse lei sopra di lui.
«Mai abbassare la guardia con me...» sussurrò, ridendo.
Caleb sorrise e cominciò ad accarezzarle la schiena con entrambe le mani, facendole scivolare lentamente verso l'alto e verso il basso. Hanna mise una mano tra i capelli del ragazzo, passando poi l'indice lungo la sua fronte, per poi farlo scivolare sul suo naso, fino ad arrivare alle sue labbra. Caleb le schiuse e morse dolcemente l'indice di Hanna, facendola ridere, e lui rise a sua volta, lasciando poi la delicata presa sul dito.
Hanna tornò seria e lo guardò, paralizzata, mentre le mani di Caleb continuavano a massaggiarle la schiena. Hanna riusciva a sentire il cuore di Caleb pulsare contro il suo petto. Riusciva a sentire le dune dei suoi addominali rigidi contro la sua pancia. Riusciva a sentire tutto il calore del suo corpo. E ben presto anche lei avvertì un improvviso caldo. Una fiammata di calore le inebriò i sensi, facendole perdere il controllo di tutto, facendola dimenticare di qualsiasi cosa, facendo prendere al suo cuore un ritmo innaturale, spropositato, tanto da farle avere l'impressione di poter arrivare a bucarle il petto.
Conosceva quel sicuro sguardo color cioccolata, conosceva quel corpo tonico, conosceva l'odore puro di muschio e salsedine impresso su quella pelle olivastra. Ed in quel momento sapeva solo di sentire il bisogno, oltre che il prepotentissimo desiderio, di abbandonarsi a lui proprio come una volta, completamente. Al suo corpo, al suo odore, al suo sapore, al suo calore. Voleva Caleb. Lo voleva in una maniera assurda, in un modo che non aveva ancora avvertito da quando l'aveva rivisto. Ma che aveva sempre inconsciamente avuto.
Le mani di lui percepivano il tepore della pelle di lei anche attraverso la stoffa scura della sua maglietta. Si muovevano lente e caute, mentre Hanna sentiva il suo corpo abbandonarsi a brividi, e la sua pelle era ormai diventata pelle d'oca. Caleb era il suo brivido, il suo brivido preferito.
Caleb sollevò quindi di poco la testa per raggiungere il collo di Hanna. Vi appoggiò le labbra e le schiuse per baciarlo, lentamente, con dolcezza. Dio, quanto gli mancava quella pelle. Hanna chiuse gli occhi e sospirò leggermente, reclinando la testa all'indietro. Dio, quanto le mancavano quelle labbra. Adorava come lui sapeva muoverle a contatto con il suo corpo. Adorava quel calore contro la sua pelle. Il ragazzo le lasciò una lunga scia di baci lungo tutto il collo, lentamente, ed Hanna pensava che sarebbe potuta impazzire per quanto le facesse piacere come Caleb la stesse toccando e baciando. I suoi baffi le solleticavano leggermente la pelle, e questo rendeva tutto ancora più piacevole. La ragazza era immobile, con le mani sul petto di Caleb, mentre quelle del ragazzo scivolarono con delicatezza lungo tutta la sua schiena, facendosi lentamente strada verso il basso, per andare infine a posarsi sul suo perfetto e lineare fondoschiena. Lei ebbe l'ennesimo brivido, e si morse un labbro, mentre Caleb smise di baciarle il collo e la guardò negli occhi, che però Hanna aveva ancora chiusi. Quando avvertì che Caleb non le stesse più baciando il collo, però, la ragazza li aprì e si ritrovò davanti il suo viso. Si perse nei suoi occhi, con le loro labbra vicine, tanto vicine.
Caleb la guardò serio, e riusciva a sentire il caldo respiro di Hanna infrangersi in maniera tentatrice contro le sue labbra. La voleva anche lui, e la voleva disperatamente. Voleva strapparle di dosso quella maglietta e quei leggins senza pensarci più e bearsi come una volta della sua bellezza nascosta, non ce la faceva più a trattenersi. I suoi occhi color ghiaccio che celavano la sua enorme passione, il suo dolce profumo, la morbidezza delle sue curve, la sua pelle liscia e candida, le sue labbra carnose e provocanti, inumidite da una lieve passata di lucidalabbra che, a giudicare dall'odore, doveva essere alla fragola. Tutto questo lo mandava davvero in tilt, il sangue gli pulsava rabbioso contro ogni angolo del corpo come a reclamare il forte desiderio di riaverla dopo tutto quel tempo, ed ora Hanna era lì, pericolosamente vicina a lui. I loro nasi si toccavano, e alle loro labbra mancava davvero pochissimo per fare lo stesso.
Il ragazzo abbassò allora lo sguardo sulla bocca di Hanna, minuta, socchiusa, al limite dell'ansimante. Tornò poi a guardarla negli occhi, azzurri e profondi, catturandola a fissargli la bocca a sua volta. Hanna ritornò dunque a guardarlo negli occhi, mentre le sue mani si abbassavano ed innalzavano con il petto di Caleb, a ritmo del suo leggermente accelerato respiro. Il desiderio di baciarsi era fortissimo in entrambi, sentivano le loro labbra attrarsi magneticamente come calamite.
Caleb si sporse leggermente di più, deciso ad eliminare quella distanza, che ormai era più vicinanza che distanza. Ed Hanna fece per andargli incontro, per fare incontrare le loro labbra a metà strada, per accontentare quell'irrefrenabile desiderio, ma improvvisamente si bloccò e si tirò indietro. Scivolò rapidamente via dalla leggera presa di Caleb e si alzò dal corpo del ragazzo, e quindi dal letto.
«Caleb, io... È meglio che vada.» balbettò, riordinandosi i capelli con le mani.
Caleb si alzò a sua volta dal letto ed annuì con rassegnazione.
«È per Dave che non ti lasci andare, non è così?» aggiunse, sospirando.
«Devo andare.» rispose semplicemente lei, prima di uscire dalla stanza di Caleb chiudendosi la porta alle spalle.
E lui non fece niente per fermarla, perché sarebbe stato inutile. Perché sapeva in che situazione si trovasse Hanna. Perché non poteva pretendere niente da lei. Perché la amava ed avrebbe aspettato tutto il tempo che le serviva.


Hanna tornò in stanza correndo, non sapendone neppure il motivo. Una volta entrata in stanza, si chiuse delicatamente la porta alle spalle, attenta a non svegliare Brit. Si mise velocemente il pigiama e si coricò sotto le coperte, in posizione fetale. Si tirò le ginocchia contro la pancia e chiuse gli occhi.
Ripensò a cosa era successo qualche minuto prima. Ripensò al frenetico piacere che Caleb riusciva ancora a darle anche solo sfiorandola. E pensò che quello che aveva provato poco prima fosse l'esatto opposto della sensazione di disgusto che aveva provato quella mattina con Dave. Lei amava Caleb, e lo sapeva. E lo desiderava, esattamente come anni prima. La scintilla tra di loro era più viva che mai. E quell'incontrollabile attrazione fisica era la stessa che avevano sempre avuto. Hanna non seppe neppure spiegarsi come diavolo avesse fatto a sottrarsene, perché voleva baciare Caleb, lo voleva follemente. Ma sapeva perché se ne era sottratta. Per Dave. Non poteva ferirlo così. Forse perché in Dave rivedeva una vecchia e ingenua se stessa, e non voleva spezzargli il cuore perché sapeva quanto facesse male. E lui no, non se lo meritava.
D'altra parte, Hanna era cosciente anche del fatto che se avesse ceduto alla fortissima tentazione di baciare Caleb, sarebbero andati sicuramente oltre. Sarebbe divampato un incendio di passione, che avrebbe mandato al diavolo buoni propositi, intenzioni, e qualsiasi altra cosa. Perché quando erano insieme, era tutto amplificato, e tutto diventava incontrollabile. Non era solo una magnetica attrazione fisica, era qualcosa di dannatamente più forte.
Era un amore folle.
In quell'istante, naufragando tra le sue riflessioni, Hanna divenne pienamente consapevole che tra lei e Caleb non fosse cambiato nulla. Si amavano di un amore troppo forte da poter essere placato, tenuto a bada. Era sempre stato così e sarebbe sempre stato così. Hanna non avrebbe potuto mai farci nulla.
Perciò, se davvero non avesse voluto ferire Dave, da Caleb sarebbe soltanto dovuta stare lontana.

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Capitolo 12
*** Dancing with another man ***





12. Dancing with another man
 
 
"Now my baby is dancing, but she's dancing with another man. Although it hurts, I'll be the first to say that I was wrong. Oh, I know I'm probably much too late to try and apologize for my mistakes."
[When I Was Your Man - Bruno Mars]
 
 
Caleb non forzò la mano per tutta la settimana successiva. Aveva palesemente capito che Hanna lo stesse evitando dalla sera in cui erano stati ad un passo dal baciarsi, e malgrado a lui facesse male, lo accettava. Lui non voleva essere un'imposizione per lei. Le aveva messo in chiaro quali fossero i suoi sentimenti, e che volesse ovviamente tornare con lei, e sapeva anche che per lei era lo stesso. Ma non era ancora pronta ad accettarlo. Le aveva anche scritto un paio di sms per cercare di spezzare quell'imbarazzo, ma Hanna non gli aveva risposto, così si era in un certo senso messo da parte, ad aspettare, zitto, in un angolo.
A lezione si vedevano, si lanciavano occhiate, ma Hanna era sempre sfuggente e si sforzava di essere indifferente di fronte a Caleb. "Per Dave" si diceva. Ma poteva solo fingere indifferenza. Avrebbe potuto nascondere i suoi sentimenti a chiunque, forse, ma non poteva certo nasconderli a se stessa. Sapeva che non ce l'avrebbe fatta ad essere indifferente con lui, lo sapeva anche quando aveva preso la decisione di evitare Caleb. Evitarlo non l'avrebbe certo portata a non amarlo. Anzi, forse la torturava ancora di più. Ma stava provando con tutte le sue forze a staccarsi da lui. Ma chi voleva prendere in giro, se non era riuscita a soffocare quell'amore neppure dopo non aver avuto il minimo contatto con lui per due anni? Come poteva pretendere che adesso ce l'avrebbe fatta dovendolo vedere praticamente ogni giorno? Come poteva pretenderlo quando era innamorata di lui? "Per Dave".
Ma non era una motivazione sufficiente. Non ci sarebbe stato niente che fosse stato sufficiente a negare a se stessa la realtà: l'amore per Caleb.


Ancora qualche giorno dopo, la NYU diede una festa in un locale del centro. Era una serata organizzata dal college, alla quale poteva partecipare chiunque, oltre agli studenti. Hanna sarebbe ovviamente andata, e così sarebbe andata Brit, e allo stesso modo anche Dave. E Caleb? Lui non era tipo da feste, ma volle andarci perché avrebbe scommesso tutto sul fatto che ci sarebbe stata anche Hanna. Ed anche se erano in una situazione non proprio rosea visto che lei a stento lo guardava, a lui sarebbe bastato poterla vedere da lontano. Anche se il non poterla toccare lo uccideva. Anche se lei sarebbe stata lì con il suo ragazzo, probabilmente. Anche se Caleb non avrebbe avuto nessuno con il quale intrattenersi per tutta la sera. Lui voleva esserci perché Hanna era l'unica cosa che contava per lui. Non le avrebbe dato fastidio, se ne sarebbe rimasto in disparte a guardarla. E sì, a sperare che magari lei si decidesse a parlargli dopo più di una settimana di silenzi.


Hanna era seduta su uno degli sgabelli del bancone, in compagnia di Dave e Brit. Stavano bevendo un drink, e si parlavano nelle orecchie per via della musica alta. Centinaia e centinaia di ragazzi ballavano sulla pista, scatenati. Qualcuno era accasciato sulle poltroncine, ubriaco e dormiente, altri pomiciavano, altri ancora fumavano nella zona fumatori. C'era un gran caos.
Caleb entrò nel locale, e subito si sentì fuori luogo. Si fece strada tra la folla e si accomodò su uno degli sgabelli del bancone, ordinando un Cosmopolitan. Sospirò ed iniziò a guardarsi intorno, in cerca di Hanna, ovviamente. Ma la gente era davvero troppa per rendersi conto di dove potesse essere. Non aveva neanche la certezza che fosse lì, anche se sentiva di non sbagliarsi. La barista gli porse il suo drink, quindi Caleb iniziò a berlo lentamente, a piccoli sorsi, continuando a scansionare il locale.
Hanna tamburellava le dita sul bancone, producendo un impercettibile rumore con le unghie contro la superficie, impercettibile a causa della musica assordante. Il suo drink era finito. Dave e Brit chiacchieravano su di un qualche telefilm, e nel frattempo lei guardava i ragazzi ballare, sovrappensiero. Pensava alle poche volte in cui era andata in discoteca con Caleb, quando stavano insieme. Ci erano andati poche volte, e per tutte quelle poche volte, avevano pagato l'ingresso senza motivo, visto che avevano sempre finito la serata a baciarsi contro le pareti dei bagni. Ed era un qualcosa che avrebbero tranquillamente potuto fare a casa, più comodamente, risparmiando qualche dollaro e la fatica di prepararsi per uscire. Hanna sorrise al ricordo.
«Amore, tutto bene?» le chiese Dave, con premura.
Hanna si voltò e gli sorrise, annuendo, quindi Dave le disse che sarebbe andato un momento in bagno. Hanna restò con Brit seduta a quel bancone, con la testa piena di pensieri.
«Sei ancora convinta della scelta che hai fatto, no?» chiese Brit.
Hanna le aveva accennato il fatto che stesse evitando "Calvin" perché sentiva davvero che non avrebbe potuto voltare le spalle a Dave, e Brit le aveva semplicemente risposto che dovesse fare quello che sentiva.
«Credo di non aver scelto proprio un bel niente...» sospirò Hanna.
«Beh, non senti Calvin da un po'...»
«Sì, ma non ti nego che ci penso spesso.»
Brit sospirò, poi fece un verso di disapprovazione, guardando più in là.
«Che ti prende?» soggiunse Hanna.
«C'è quello stronzo dell'assistente di Norton, qualche sgabello più in là.»
Hanna rabbrividì e girò timidamente la testa, scorgendo Caleb a bere quello che sembrava essere un Cosmopolitan. Non solo al college, ora doveva vederlo anche alle feste.
«Perché "stronzo"? Credevo ne andassi matta...» fece Hanna, abbassando lo sguardo per evitare che Caleb si accorgesse di lei.
Brit non le aveva ancora raccontato del loro piccolo confronto della settimana prima.
«Qualche giorno fa, Molly ed io gli abbiamo offerto un caffè, e lui ha detto che non era il caso. A quel punto Molly si è scusata dicendo che non poteva certo sapere che fosse già impegnato, e lui ha detto di essere single, ma ha aggiunto di avere qualcuno a cui pensare prima di dormire. Ha fatto il prezioso, capisci? Ma per favore... Da quel momento, per me è passato da "figo" a "stronzo".»
Hanna si morse un labbro.
«Ha detto così?» chiese.
«Sì, ha detto così.» rispose semplicemente Brit.
Hanna sospirò, guardando Caleb.
«Perché?» soggiunse nuovamente Brit.
Hanna fece spallucce, non sapeva come rispondere.
«Dai, andiamo a ballare... Dave ci raggiungerà dopo!» fece Brit, prendendola per un braccio.
Hanna tentò di declinare la proposta, ma in men che non si dica era già sulla pista a dover fronteggiare una Brit scatenata. L'idea di avvicinarsi a Caleb le bussò alla mente, ma Hanna restò fedele al suo proposito di evitarlo, ancora.
Caleb era perso nel suo Cosmopolitan, cercando con gli occhi Hanna tra la folla, senza però trovarla. D'un tratto, però, vide Dave. Stava uscendo dai bagni del locale, e Caleb lo seguì con lo sguardo, consapevole che l'avrebbe condotto dritto da Hanna. E così fu. La ragazza era sulla pista da ballo, in compagnia di Brit, e non appena arrivò Dave, il ragazzo le allacciò le braccia alla vita ed i due cominciarono a ballare. Vicini, molto vicini. Per i gusti di Caleb, troppo vicini. Caleb continuò a guardare in quella direzione, mentre buttò giù il suo drink tutto d'un fiato, chiedendone subito dopo un altro. Gli dava un fastidio immane, inspiegabile. Sentiva bruciare tutto il corpo alla vista di qualcun altro toccare Hanna, quando lui non poteva, non più. Era una tortura, eppure continuava ad osservare le mani di Dave scendere per tutto il perfetto corpo di Hanna. E chiedeva sempre più alcool nel quale affogare il suo dolore.
Hanna stava ballando con Dave, nonostante le sue mani sul corpo non le provocavano piacere. Si sentiva inadatta lì, appiccicata a quello che comunque era il suo ragazzo, e si sforzava di sentirsi adatta, appunto perché era Dave a sfiorarla. E non qualcun altro. Hanna non osò voltarsi verso Caleb, e sperò con tutto il cuore che lui non si fosse accorto di lei. Si lasciava stringere da Dave, cercando di non pensare a nulla se non a divertirsi. Ma no, la verità era che non si stava divertendo per niente.
Dopo qualche minuto di alcool e torture, Caleb non era più sobrio. Aveva la vista appannata, e lo sgabello sul quale era appoggiato gli sembrava instabile. Continuava ad ordinare e buttare giù drink su drink, mentre gli occhi rimanevano incollati su Dave ed Hanna.
«Hey, tutto solo?» fece una voce alle sue spalle.
Caleb si voltò di scatto, per poi riconoscere a fatica i contorni di Molly. Le sorrise come un idiota, per poi girarsi e scolarsi l'ennesimo bicchiere. Molly non disse nulla e si sedette al suo fianco, prendendo uno shot di tequila.
«Serata storta?» riprese la ragazza.
«Abbastanza.» rispose Caleb, emanando un forte odore di alcool a quelle parole.
Molly capì subito che il ragazzo non fosse del tutto lucido. Buttò giù il suo shot e riprese a parlare.
«Bevi per dimenticare?»
«Forse.»
«È per la persona alla quale pensi prima di dormire, non è vero?»
«Forse.»
«Sai, dovresti smetterla di bere.»
«E tu dovresti farti gli affari tuoi.» sbottò Caleb, prima di ordinare un altro drink.
«Beh, io avrei in mente modi migliori per farti dimenticare...» replicò lei, con voce sensuale.
Allungò una mano e la appoggiò sulla coscia di Caleb. Lui sorrise e scosse la testa.
«Cosa vuoi, Molly?» aggiunse.
«Allora ti ricordi il mio nome...» rispose lei, avvicinando il viso al collo del ragazzo.
«Sì, me lo ricordo...» rispose Caleb, avvicinando le labbra all'orecchio di Molly.
La ragazza soffiò contro il suo collo, e Caleb avvertì un brivido lungo la schiena. Chiuse gli occhi ed increspò le labbra, inalando il dolciastro profumo della ragazza.
«Vuoi ballare?» domandò lei, grattando le unghie contro la stoffa dei pantaloni di Caleb.
Lui era talmente ubriaco da immaginare che ci fosse Hanna al suo fianco. Un rigonfiamento spinse contro il cavallo dei suoi jeans, complice l'alcool, l'immaginazione, e la lussuria di quella provocante ragazza, che di certo non era brutta. Molly si accorse dell'eccitazione di Caleb e ridacchiò.
«Sembra che tu non voglia esattamente ballare, sbaglio?» continuò.
Caleb rise ed accasciò il viso sulla spalla della ragazza. Lei si alzò e trascinò con sé un Caleb barcollante sulla pista, a pochi passi da Dave, Hanna e Brit. Proprio quest'ultima li notò avvinghiati a fare qualcosa più simile allo strusciarsi che al ballare. Brit stava invece ballando con un ragazzo ricciolino appena conosciuto, ma Dave ed Hanna erano proprio accanto a lei. Brit si voltò e picchiettò sulla spalla di Hanna, che si avvicinò per capire cosa volesse dirle.
«Lo stronzo e Molly stanno socializzando!» ridacchiò Brit, indicando i due poco distanti da loro.
Hanna spostò immediatamente lo sguardo dove Brit aveva indicato, e si sentì malissimo quando vide Caleb appiccicato a Molly, con le mani ben più in basso della schiena e la faccia seppellita tra i capelli della ragazza. Vicini, molto vicini. Per i gusti di Hanna, troppo vicini. Caleb alzò a fatica la testa da dove l'aveva ed anche lui guardò Hanna.
Si guardarono finalmente negli occhi, entrambi tra le braccia di qualcun altro, ed entrambi avvertirono una fortissima gelosia pulsare nelle proprie vene. Caleb la guardò però con aria di sfida, come a volerle far capire che le stesse dando una punizione per averlo evitato, anche se riusciva a farlo solo perché era ubriaco fino alle ossa. Ed Hanna lo guardò con tristezza, perché capì immediatamente che avesse bevuto, e che l'avesse fatto perché lei lo stava evitando da ormai parecchi giorni. Avrebbe voluto sottrarsi alla bramosa presa di Dave, correre dov'era Caleb e toglierlo dalle braccia di quell'idiota di Molly, che ad Hanna non era mai stata simpatica. Ma sarebbe stato l'ennesimo colpo di testa. Doveva evitare Caleb, ci stava riuscendo, e non poteva mandare tutto all'aria perché era gelosa. Perché sì, era gelosa. Ed il fatto che Molly stesse chiaramente approfittando del fatto che Caleb fosse ubriaco fradicio, continuava ad abbassare la stima che Hanna nutriva verso quella ragazza. Si morse un labbro e continuò a fissare gli occhi lucidi d'alcool di Caleb, che a sua volta non spostò lo sguardo da Hanna.
Quel gioco di sguardi e provocazioni durò finché Caleb non si tirò via dalle grinfie di Molly per scappare in bagno, sentendo di dover vomitare anche le budella. Hanna se ne accorse e sussurrò all'orecchio dell'ignaro Dave di dover fare pipì, quindi sgattaiolò nei bagni del locale per cercare Caleb. Molly rimase al centro della pista come una bambina alla quale avevano appena tolto il gelato dalle mani, quindi Brit si avvicinò a lei per parlarle. Dave, invece, trovò un suo compagno di corso tra la folla e si mise a chiacchierare con lui, tranquillo sul fatto che Hanna sarebbe presto tornata da lui.

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Capitolo 13
*** I'm with you ***





13. I'm with you
 
 
"I'm looking for a place, I'm searching for a face, is there anybody here I know? 'Cause nothing's going right, and everything's a mess, and no one likes to be alone. Isn't anyone trying to find me? Won't someone come take me home? It's a damn cold night, trying to figure out this life. Won't you take me by the hand? Take me somewhere new. I don't know who you are, but I, I'm with you."
[I'm With You - Avril Lavigne]
 
 
Hanna fu sul punto di cadere più volte, poiché corse con dei tacchi di certo non bassi per dirigersi nei bagni del locale. Una volta entrata, trovò Caleb a liberarsi in uno dei due lavandini principali. Si avvicinò a lui rapidamente e gli tolse dal viso i pochi capelli che gli penzolavano in avanti. Non era la prima volta che si trovavano in una situazione del genere, anche se il più delle volte i ruoli erano invertiti. Hanna sospirò ed aspettò finché Caleb non ebbe finito, per poi aiutarlo a sollevarsi.
«Come ti senti?» mormorò, facendogli appoggiare un braccio attorno alle sue spalle, per garantirgli un sostegno.
«Una favola...» bofonchiò Caleb, ancora profondamente stordito dalla sbornia.
Hanna sospirò ed alzò gli occhi al cielo, quindi prese una decisione al volo. Si incamminò con Caleb verso l'uscita secondaria del locale, lontana da occhi indiscreti, e prese un taxi. Scrisse un messaggio a Dave, cercando una buona giustificazione.
 
Hanna - 01:56; Mia madre non si è sentita bene, sono dovuta scappare. Tranquillo, niente di grave. Ti chiamo domani.
 
A quel punto, Hanna spense del tutto il cellulare, per evitare che Dave la riempisse di chiamate e messaggi. Si voltò verso Caleb, che rideva da solo come un idiota, con la fronte schiacciata contro il finestrino del taxi.
«Dove andiamo?» chiese poi, tra una risata e l'altra.
«A casa di mia madre.» rispose Hanna, sospirando.
«Sei sicura che le faccia piacere vedermi?»
«Non è in casa, è in California per un meeting di lavoro. Tornerà tra tre giorni.»
Dave era ovviamente all'oscuro del fatto che Ashley non fosse in città.
«Perché mi hai portato via?» mugugnò Caleb.
«Per evitare che te la facessi con quella troia, per esempio.» grugnì Hanna, cosciente del fatto che Caleb non avrebbe ricordato niente del discorso.
«Anche tu te la stavi spassando, bambola...»
Hanna sospirò nuovamente.
«Allora se è a un meeting, vuol dire che tua madre è uscita dal carcere...» riprese Caleb.
Quell'intervento fece capire ad Hanna che Caleb fosse ancora del tutto ubriaco. Sua madre era uscita dalla sua fortunatamente breve permanenza nel carcere di Rosewood da quasi tre anni, ormai.
«Sì, è uscita.» rispose Hanna.
«Allora quel ragazzetto con i capelli rasati ha fatto il suo dovere...»
«Parli di Travis?» chiese Hanna.
«Sì, Travis. Mi ha spillato qualche dollaro, ma sono contento che sia servito a riportare la tua mamma a casa...»
Hanna aggrottò le sopracciglia.
«Che stai dicendo, Caleb?» aggiunse.
«Quell'idiota alla fine si era tirato indietro... Se la stava facendo sotto e diceva di non essere in grado di riconoscere tua madre, di non essere del tutto sicuro... Io mi sono innervosito e allora gli ho detto "Non fare cazzate e fai tornare la madre della mia ragazza a casa!", e gli ho dato qualche banconota. A quanto pare, con i soldi gli si è rinfrescata la memoria...»
Ad Hanna si gelò il sangue nelle vene. Caleb aveva pagato Travis per far scagionare sua madre. E lei non l'aveva mai saputo. Né da Caleb, né da Travis. Certo, sua madre era realmente innocente visto che il detective Wilden era stato assassinato da Cece Drake, ma Travis non l'aveva scagionata di sua propria iniziativa. Era stato Caleb a farlo deporre a favore di sua madre. Hanna pensò a quanto fosse stato stronzo Travis a non averglielo mai detto. Quel tipo aveva anche perso la testa per lei, e non aveva avuto neanche il degno coraggio di ammettere che aveva fatto il codardo alla stazione di polizia e che aveva preso soldi da Caleb. E Caleb, beh, lui non gliel'aveva mai detto perché l'aveva fatto per farla felice, e la maggior parte delle volte non voleva prendersene il merito. Le bastava vederla sorridere, e per lui era tutto a posto. Hanna sorrise, dicendosi che gli avrebbe chiesto spiegazioni quando sarebbe stato sobrio, perché comunque il suo era un gesto del quale avrebbe decisamente dovuto parlare.
«Perché stai sorridendo?» chiese Caleb.
«Niente, lascia stare.» ribatté Hanna, schiva.
«Sei ancora più bella quando sorridi...»
Hanna si morse un labbro ed abbassò lo sguardo, imbarazzata da un commento tanto semplice quanto dolce.
«Io stavo ballando con quella ragazza perché non potevo ballare con te... Tu sei più bella di lei, lo sai? Ed hai anche un profumo più buono... Lei non mi piace, ma tu... Tu mi piaci... Tanto, a dire il vero...» continuò a borbottare Caleb, facendo ridacchiare Hanna.


Il taxi arrivò a destinazione, quindi Hanna pagò e scese dalla vettura, aiutando poi Caleb a scendere a sua volta, e dunque lo trascinò con sé verso la casa.
«Andiamo a fare l'amore?» ridacchiò Caleb, mentre Hanna girava le chiavi nella serratura.
«No.» sbuffò lei, aprendo la porta.
Fecero qualche passo e dunque Hanna fece stendere Caleb sul divano.
«Ora hai solo bisogno di dormire. Domani ti farà un po' male la testa, ma poi ti sentirai meglio. Non ho la camera degli ospiti, quindi ti tocca il divano. Ti lascio questa bacinella a terra, nel caso in cui dovessi vomitare. E se ti serve qualcosa, urla, d'accordo?» disse Hanna, scandendo bene ogni parola per cercare di rendere tutto il più comprensibile possibile.
«No, resta qui...» mugugnò Caleb, in tono lamentoso.
Hanna lo ignorò e camminò verso le scale, decisa a raggiungere la sua camera da letto.
«Ti prego... Non andartene... Ho bisogno di te...» fece ancora Caleb.
Hanna sospirò e tornò indietro. Non ce la fece a lasciarlo lì da solo, Caleb ubriaco era di una tenerezza indescrivibile. Tornò quindi in salotto ed incrociò le braccia al petto, guardando Caleb con aria interrogativa.
«Vieni qui vicino a me...» mormorò lui, con gli occhi mezzi chiusi.
Hanna alzò gli occhi al cielo, ma alla fine decise di accontentare Caleb, anche perché non voleva più sentire i suoi lamenti. Ma quello, a dire il vero, era l'ultimo dei motivi per i quali Hanna decise di avvicinarsi a lui. Alzò con delicatezza la testa del ragazzo, quindi si sedette sul divano e gli fece riappoggiare la testa sulle sue gambe. Caleb le afferrò subito una mano, mentre con l'altra Hanna gli accarezzò i capelli, guardandolo combattere per tenere le palpebre aperte.
«Dormi, Caleb...» sussurrò Hanna, stringendo tra le dita i ciuffi castani del ragazzo.
«No... Voglio guardarti ancora un po'...» mormorò lui, accennando a un sorriso.
Hanna ricambiò quel sorriso che, seppur fatto a metà, le sciolse il cuore.
«Hanna...» bisbigliò Caleb, ormai sul dormiveglia.
«Sì?»
«Ti amo...»
Hanna si chinò per baciargli la fronte.
«Ti amo anch'io, Caleb...» aggiunse in un sussurro, aggrappandosi al fatto che Caleb l'indomani non avrebbe ricordato niente di quello che si erano detti quella sera.
«Mi vuoi sposare?» mugugnò nuovamente lui.
Hanna sospirò e si morse un labbro. Era anche arrossita, ma Caleb era troppo stordito per accorgersene. La ragazza si limitò ad annuire, continuando ad accarezzargli i capelli. E Caleb, a quel punto, si abbandonò al sonno, con il sorriso sulle labbra.


Caleb si svegliò con un mal di testa atroce. Si dovette stropicciare gli occhi per una decina di minuti prima di riuscire a vedere dove si trovasse. Realizzò di essere sul divano di una casa, con addosso una coperta, ma era sicuro di non essere mai stato in quella casa prima. Cominciò a rimettere insieme i confusi pezzi dei suoi ricordi circa la sera precedente, ma ricordava ben poco: la festa, la musica, ed Hanna abbracciata a Dave. Nient'altro. Subito capì di essersi preso una sbronza epica, e l'assordante mal di testa che sentiva ne era la più limpida conferma. Mugolò per il dolore, dunque dalla porta di quella che doveva essere la cucina, uscì nientedimeno che Hanna.
«Buongiorno...» disse lei, senza troppo entusiasmo.
«Hanna?» fece lui, balzando incredulo dal divano.
La ragazza si avvicinò al divano e gli porse una tazza di caffè.
«È amaro, ma ti aiuterà a farti passare il mal di testa.» aggiunse.
«Grazie.» fece lui, prima di bere il caffè.
Caleb fece una smorfia di disprezzo per il gusto amaro, ma lo finì, sapendo che fosse per il suo bene. Appoggiò la tazza vuota sul tavolino di fronte al divano e tornò a guardare Hanna, che era rimasta lì in piedi.
«Cos'è successo?» chiese dunque, dubbioso.
«Eri alla festa della NYU e ti sei ubriacato. Diciamo che stavi "ballando" con Molly quando sei scappato in bagno a rigettare tutto l'alcool che avevi in corpo, e... Niente, ti ho raggiunto e ti ho fatto uscire dall'uscita secondaria, ma poi ho pensato che riportarti al college in quello stato potesse sporcarti la reputazione d'assistente, e che avrebbero potuto vederti diversi studenti, così... Ti ho portato qui a casa di mia madre.» disse Hanna, facendo spallucce.
«Oh mio Dio, non dirmi che Ashley mi ha visto...» iniziò Caleb, ma Hanna lo interruppe.
«Non è qui, e non c'era neanche ieri sera.»
«Bene, sai, non vorrei che si accorgesse accidentalmente della mia abusiva presenza tra le sue mura un'altra volta...» disse lui, sorridendo nel ricordare i precedenti.
Un sorriso sfuggì anche ad Hanna, per lo stesso motivo, ma poi si ricompose subito.
«Hanna, perché mi stai evitando?» chiese poi Caleb, deciso.
Hanna sospirò, abbassando lo sguardo.
«Ho bisogno di prendere le distanze, Caleb.» aggiunse.
«Perché?»
«Perché so che quando sono con te potrei fare cose delle quali potrei pentirmene...»
«Quella sera a Times Square io ti avevo detto che forse era meglio non vederci, se tu fossi stata bene con Dave... Ti avevo detto che mi sarei fatto da parte, ma sei stata tu a chiedermi di non farlo... E ci siamo anche detti che ci saremmo comportati da Hanna e Caleb, come ci è naturale, e... Beh, Hanna, se ci viene naturale volerci dare un bacio, e se soprattutto viene naturale a te, forse dovresti capire che con Dave c'è qualcosa che non va.» replicò Caleb.
Hanna restò immobile, senza sapere cosa dire, quindi fu Caleb a riprendere.
«Scappare da me non ti porterà a niente se non a stare ancora più male, Hanna.»
Hanna si morse un labbro e tentò di sviare il discorso.
«Perché non mi hai mai detto che hai pagato Travis per far sì che scagionasse mia madre?»
Caleb rimase spiazzato.
«Chi te l'ha detto?»
«Tu. Sai, quando sei ubriaco hai molte cose da dire.»
Caleb fece un profondo sospiro, poi rispose.
«Non era necessario che tu lo sapessi. Il giorno che Travis andò a deporre, era molto nervoso. Sapeva che dalle sue dichiarazioni dipendeva un intero caso giudiziario, di omicidio tra l'altro, e... E quando dovette riconoscere tua madre tra altre detenute per scagionarla, si bloccò e chiese un break ai poliziotti. Tu eri al telefono con Aria, ed io lo notai bere un caffè, così pensai che avesse sistemato già tutto e mi avvicinai a lui. Ma quando gli parlai, lui mi disse che non ce l'aveva fatta, e che forse non ce l'avrebbe fatta a testimoniare, perché tutt'un tratto non era più sicuro di quello che aveva visto la notte dell'omicidio di Wilden. Erano chiaramente la pressione e l'agitazione che sentiva ad avergli annebbiato la mente. Io l'ho pregato di fare uno sforzo, ma lui era come nel pallone, e... Ed io ho pensato a quanto tu saresti stata male nel sapere che quello era l'ennesimo buco nell'acqua per salvare tua madre. Non volevo che soffrissi ancora, specialmente in quell'occasione in cui a tutti sembrava di essere ad un passo dal lieto fine. Hanna, io... Io non sapevo come farlo ragionare, come convincerlo che dovesse solo dire la verità, e... E gli ho dato dei soldi. L'ho pregato di fare la cosa giusta, e sono tornato da te. E con la coda dell'occhio, ho visto Travis rientrare ed ho sperato che stesse andando a fare la cosa giusta. E grazie al cielo, la fece.»
Hanna sospirò, quindi si sedette sul divano, accanto a lui.
«Ti ha mai ridato indietro i soldi?» gli chiese.
«No, ma non mi importa nulla di quegli stupidi soldi.»
«Quanti erano?»
«Hanna, non...»
Hanna lo interruppe.
«Caleb, dimmi quanti erano.»
«Settecento dollari. Era tutto quello che avevo nel portafoglio.»
Hanna sospirò nuovamente, prima di riprendere.
«Caleb, tu non dovevi farlo, tu... Tu non potevi avere la certezza che mia madre fosse innocente, e...»
Stavolta fu Caleb ad interromperla.
«Certo che ce l'avevo. E ce l'avevi anche tu. E infatti, non era stata lei. E poi, Travis ha detto la verità. La donna che ha visto quella notte era tua madre, doveva solo uscire da quello stato di tensione nel quale era caduto alla stazione di polizia.»
«Perché non me l'hai mai detto?»
«Perché ti saresti arrabbiata. E non serviva che lo sapessi, te l'ho detto.»
«Non posso credere che neanche lui mi abbia mai detto nulla...»
«Travis? E perché avrebbe dovuto?»
Hanna si morse un labbro, prima di rispondere.
«Dopo che tu mi hai lasciata, ho provato a... Lui era gentile con me, e...»
Caleb aggrottò le sopracciglia.
«Hai avuto una storia con lui?» chiese dunque.
«Non si può definirla "storia". Alla fine dei fatti, l'ho chiusa prima che iniziasse. Ho cercato di dimenticarti con lui. È stato un tentativo di "chiodo schiaccia chiodo" fallito miseramente. L'ho usato, e me ne vergogno. Ma è la verità. È stato un ripiego.»
«Che stronzo, mi ha fregato settecento dollari e pure la ragazza...» borbottò Caleb.
Hanna gli lanciò un'occhiata di disappunto per la sua indelicatezza, quindi Caleb si ricompose.
«Altri tentativi di "chiodo schiaccia chiodo"? Se posso chiedere...» disse dunque.
«Beh, non metterti a ridere, ma... Mi è scappato qualche bacio con il tenente Holbrook.» ammise Hanna.
«Holbrook?» esclamò Caleb, incredulo.
«Okay, anche lui era gentile con me, e poi non si può negare che abbia il fascino della divisa, ma... Anche questo tentativo è fallito miseramente. Nel giro di ancora meno tempo di Travis.»
Caleb annuì.
«Non ti biasimo, Hanna. Ne avevi tutto il diritto.» aggiunse.
Hanna non disse nulla, continuando a tenere lo sguardo basso.
«Poi è arrivato Dave?» chiese ancora Caleb.
«Poi è arrivata la mia depressione, nella quale credevo che vomitando cibo, vomitassi anche il dolore ed il senso di incompletezza che mi avevi affibbiato andandotene... E poi sì, è arrivato Dave, a darmi una qualche luce di speranza.» rispose Hanna.
Caleb annuì nuovamente.
«Perché mi hai portato via dalla discoteca? Voglio dire, tu non ne eri in dovere...» domandò quindi, perplesso.
«Eri in condizioni pietose, Caleb. A stento riuscivi a camminare... Non potevo lasciarti lì, vista anche la pessima compagnia che avevi...»
«Molly?»
«Sì. Ti avrebbe portato dritto nel suo letto.»
«Allora è per questo che mi hai portato via...» azzardò Caleb.
«Piantala. L'ho fatto per te.» rigettò Hanna, guardandolo negli occhi.
«Okay.» soggiunse Caleb, alzando le mani in segno di difesa.
Il ragazzo si leccò le labbra, poi proferì un'altra domanda.
«Cosa hai detto a Dave per farti lasciare andare?»
«Che mia madre aveva bisogno di me. Lui non sa che è fuori città.»
Caleb annuì, poi riprese.
«Stavo impazzendo guardandoti ballare avvinghiata a Dave, Hanna...»
Hanna sospirò, guardando nella direzione opposta a quella di Caleb. Per un attimo, gli venne in mente di dirgli che anche lei stava impazzendo guardandolo con Molly, ma se lo risparmiò, anche se qualcosa le diceva che lui lo sapesse già.
«Continuerai ad evitarmi, non è così? Stanotte si è trattato solo di un'emergenza, no? Da oggi torniamo a fare gli estranei?» riprese Caleb.
Hanna sospirò ancora una volta, incerta su come rispondere. Caleb, a quel punto, si alzò dal divano e si avviò verso l'uscita.
«Meglio che vada.» soggiunse, voltandosi verso Hanna.
Lei annuì, restando sul divano con la testa tra le mani.
«Senti... Ho detto qualcos'altro di compromettente mentre ero ubriaco?» aggiunse Caleb.
Hanna sorrise al ripensare all'irruenta proposta di matrimonio ricevuta non molte ore prima, ma ovviamente non glielo disse. Così come non gli disse che anche lei gli aveva confessato di amarlo, quando lui era abbastanza stordito da non poter intendere davvero.
«Niente di che.» rispose semplicemente.
«Okay. Beh, grazie di... Di esserti presa cura di me.» sorrise Caleb.
«Prego. Per tutte le volte che i ruoli sono stati invertiti...» disse Hanna, facendo spallucce.
Caleb ridacchiò mentre ricordava tutte le serate a Rosewood nelle quali aveva dovuto badare ad una Hanna terribilmente ubriaca. Ma per lui era sempre stato comunque piacevolissimo.
«Allora... Ciao. E quando vorrai, sai dove trovarmi.» concluse Caleb, tornando serio ed aprendo la porta.
Hanna lo fissò senza dire nulla, salvo poi un timido "ciao" una volta che ebbe abbassato lo sguardo. E così, Caleb uscì e chiuse la porta.
Hanna sospirò profondamente. Lasciò andare Caleb, quando in realtà avrebbe voluto trattenerlo con tutte le sue forze. Aveva passato buona parte della notte con la sua testa sulle gambe, a coccolarlo e guardarlo dormire innocentemente come un bimbo. Era da troppo tempo che non si beava di quell'immagine. Lo amava, sì che lo amava, e gliel'aveva detto quando lui non poteva rendersene conto. Ma Hanna era ancora fermamente piantata sulle sue convinzioni. Lei stava con Dave ora, e non poteva ferirlo per seguire i suoi veri sentimenti. Non poteva farlo.

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Capitolo 14
*** I can't take my mind off you ***





14. I can't take my mind off you
 
 
"Did I say that I loathe you? Did I say that I want to leave it all behind? I can't take my mind off you."
[The Blower's Daughter - Damien Rice]
 
 
Quel fine settimana, Hanna rimase chiusa in quella casa, dicendo a Dave di essere andata fuori con sua madre visto che si era ripresa, cosicché sarebbe potuta rimanere da sola. Sentiva di dover dedicare un po' di tempo a se stessa, malgrado avesse già le idee chiare su cosa sentisse e cosa fosse giusto fare. Anche se le due cose non coincidevano.
Caleb, invece, lavorò come un matto ai progetti per Norton, così da non farsi mangiare dai pensieri. Anche se non fu un metodo efficace.


Il lunedì successivo, Hanna e Caleb si rividero a lezione. Era un giorno particolare, visto che era il compleanno di Caleb. Hanna voleva fargli gli auguri, ma non sapeva come. Non sapeva come comportarsi con lui.
Finita la lezione ed i soliti sfuggenti giochi di sguardi tra i due, Hanna si decise a fare qualcosa. Brit uscì, ed Hanna le disse che l'avrebbe raggiunta in un attimo perché doveva chiedere una cosa al professor Norton riguardo l'esame. Ovviamente, era una scusa. Ma Brit ci credette, ed uscì dall'aula senza troppe storie. Hanna aspettò che l'aula si svuotasse abbastanza, quindi si avvicinò a Caleb.
«Hey...» disse timidamente, increspando le labbra.
«Hey...» replicò lui, sorridendo, sorpreso dall'iniziativa di Hanna.
«Buon compleanno...» farfugliò lei.
«Oh, grazie. Ti ha preceduto solo mia madre con gli auguri, congratulazioni.» rispose Caleb, strizzandole l'occhio.
Ci furono diversi attimi di silenzio, poi fu di nuovo lui a riprendere parola.
«Mi fa piacere che te ne sia ricordata, Han.» sorrise, accarezzandole innocentemente un braccio.
Hanna arrossì a quel semplice tocco, ed abbassò timidamente lo sguardo. 
«Non potevo dimenticarmene...» mugugnò poi, imbarazzata e terribilmente sotto pressione dinnanzi a Caleb.
Furono interrotti dall'ingresso di Dave nell'aula.
«Hanna!» esclamò il ragazzo, dirigendosi frettolosamente e preoccupato verso di lei.
Caleb ritirò velocemente la mano, e Dave strinse a sé Hanna.
«Allora, come sta Ashley?» chiese ancora lui, con molta apprensione negli occhi.
«Sta bene, Dave. Non era nulla di grave, e... E poi ti ho detto, questo weekend siamo state fuori città insieme e, davvero, l'ho trovata in gran forma. Non preoccuparti.» rispose Hanna, scostandosi una ciocca di capelli dal viso.
«Bene...» disse Dave, baciandole la testa.
Il ragazzo si voltò poi verso Caleb e gli tese la mano.
«Caleb, come va?» aggiunse.
Caleb gli strinse la mano e si fece uscire un sorriso.
«Alla grande, grazie.» fece dunque.
«Sai, la madre di Hanna non si è sentita bene qualche sera fa, ed Hanna è dovuta scappare via dalla festa della NYU per andare a vedere come stava... Ci siamo presi un bello spavento!» riprese Dave.
«Posso immaginarlo.» replicò Caleb, imbarazzatissimo dalla situazione che si era appena creata.
Hanna aveva lo sguardo basso. Si sentiva uno schifo nei confronti di Dave.
«C'eri anche tu alla festa, vero? Mi sembra di averti intravisto...» continuò Dave.
Caleb deglutì prima di rispondere, sperando che Dave non avesse notato il fatto che fosse ubriaco come una spugna.
«Sono venuto solo a dare un'occhiata a com'era organizzata la festa, non mi sono trattenuto molto.» proferì.
Dave annuì, sorridendo.
«Hanna si comporta bene con te?» rilanciò poi.
Caleb sentì un buco nello stomaco, salvo poi realizzare che Dave si stesse ovviamente riferendo a come Hanna si comportasse a lezione.
«Uhm, sì. Sì, certo.» sorrise Caleb, sempre più imbarazzato.
«Fiero di te!» esclamò nuovamente Dave, rivolgendosi ad Hanna e baciandola sulla fronte.
Hanna sorrise timidamente, quindi Dave si congedò.
«Noi andiamo, Caleb. È sempre un piacere rivederti, ti sono sempre grato per quello che hai fatto per Hanna.»
Caleb annuì.
«Nessun problema, Dave, davvero.» aggiunse.
Dave ed Hanna uscirono dall'aula, mano nella mano. E Caleb li guardò. Li guardò con amarezza. Dave era davvero un bravo ragazzo, ma Caleb era profondamente innamorato di Hanna, non poteva farci nulla, e lei era a sua volta profondamente innamorata di lui. Dave ed Hanna mano nella mano erano un'immagine sbagliata, un'immagine ingiusta, un'immagine finta. Dave non ne era consapevole, purtroppo, ma ne erano consapevoli sia Caleb che Hanna.
Perché sì, anche Hanna cominciava davvero a sentirsi inadatta insieme a Dave.


Caleb rientrò nella sua stanza nel tardo pomeriggio, e continuò a lavorare alle presentazioni di Norton sul suo portatile. Anche se, in realtà, passava la maggior parte del tempo a fissare la foto che aveva come sfondo del desktop.
Sentì bussare alla porta, e si alzò di scatto dal letto. Norton aveva un convegno, non poteva essere lui. Una sola idea gli balenò in testa, e si aprì in un enorme sorriso prima di aprire la porta.
Ma si sbagliava.
Dietro la porta non c'era Hanna, bensì Molly.
«Molly?» esordì Caleb, aggrottando le sopracciglia.
«Aspettavi qualcun'altro?» ribatté lei.
«Come sai il numero della mia stanza?»
«Oh, diciamo che ti ho seguito. Allora, mi fai entrare o no?»
«Cosa vuoi da me?»
«Non credi che dovremmo parlare di venerdì sera? »
«A dire il vero, no. Molly, io ero completamente ubriaco. Non so che idea tu ti sia fatta, ma... Non mi interessi, okay?»
«Andiamo, mi conosci appena, come fai a dirlo?»
«Appunto, ti conosco appena e a me basta così. Non intendo approfondire il nostro rapporto, mi dispiace.»
Molly sospirò.
«Ti prego, Caleb. Fammi entrare, ti ruberò solo due minuti...» riprese.
Caleb fece un profondo sospiro e le fece cenno con la testa di entrare. In fin dei conti, non era successo niente tra di loro, e quella ragazza meritava probabilmente delle spiegazioni per il suo comportamento.
«Grazie!» fece Molly, entrando.
I due si sedettero sul letto di Caleb. Lui si grattò la testa, quindi riprese.
«Allora, cosa devi dirmi?»
«Ecco, è che... Venerdì sembravi abbastanza... Caloroso, e...» rispose lei, poggiando una mano sulla gamba di Caleb.
Ma stavolta, lui era sobrio, ed in quel preciso istante, si pentì di aver fatto entrare Molly nella sua stanza. Le scansò la mano e si alzò in piedi.
«Te l'ho già detto, avevo bevuto. Tu non mi interessi, io sono preso da un'altra ragazza e ti posso garantire che non è solo una sbandata e che non intendo dimenticarla. Né con te, né con nessun altra. Perciò, per favore, se è tutto, esci di qui, Molly.» sbottò, indicando la porta.
Molly sospirò.
«Sei uno stronzo...» mormorò, alzandosi e camminando verso la porta.
Caleb non rispose alla sua affermazione, quindi le aprì la porta per farla uscire dalla sua stanza.
Ma dietro la porta, c'era qualcuno che stava per bussare.
Era Hanna.
Si trovò davanti Caleb in compagnia di Molly. Nella stanza di Caleb.
Hanna rabbrividì. Le passarono davanti le scene dei due appiccicati nel locale dove si era tenuta la festa della NYU, e pensò che quello che aveva davanti potesse essere la conferma di qualcosa, qualcosa che non le piaceva per niente. Poteva davvero essere come sembrava?
Hanna restò pietrificata, mentre Molly uscì e le sorrise antipaticamente.
«Arrivi tardi.» fece, mentre si diresse dall'altra parte del lungo corridoio.
Caleb rimase pietrificato a sua volta.
«Hanna, non è come sembra...» mormorò, banalmente.
«No, Caleb... Tu... Tu sei libero di fare quello che vuoi, e non mi devi nessuna spiegazione... Scusami, non so nemmeno perché sono venuta qui, io...» balbettò Hanna, prima di correre via da dov'era.
Caleb tentò di fermarla, la chiamò a gran voce per farla tornare indietro, ma Hanna continuò per la sua strada, impassibile. E Caleb non poteva vedere che avesse anche iniziato a piangere. Era successo tutto così velocemente, e Caleb si maledì per aver fatto entrare Molly nella sua stanza senza che ce ne fosse motivo o bisogno. Tornò velocemente in stanza e prese il cellulare tra le mani. Di fretta, scrisse ad Hanna.
 
Caleb - 19:04; Non so nemmeno perché l'ho fatta entrare. Le ho soltanto detto che non mi interessa. Ti giuro che non è successo niente, Hanna. Torna qui, ti prego.
 
Si sentiva in colpa anche se non aveva fatto niente di sbagliato, anche se non era successo assolutamente niente, ma sapeva che ad Hanna non era certo piaciuto vedere Molly uscire dalla sua stanza con quel sorrisino insolente sulle labbra. Perché Hanna era innamorata di lui, e lui lo sapeva benissimo. 

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Capitolo 15
*** You are the only place for me ***





15. You are the only place for me
 
 
"So close to midnight, under the streetlights, leaving behind what I don't need. I walk like a blind man, and my eyes are open, and you are the only place for me. Won't you hold on just for a while? Please don't give up on me tonight."
[Get To You - James Morrison]
 
 
Hanna lesse il messaggio di Caleb ma non rispose. Tornò nella sua stanza in lacrime, e Brit se ne accorse.
«Hey, che ti prende? Che è successo?» fece la ragazza, avvicinandosi ad Hanna.
Hanna non disse nulla, ma pianse. Non le sembrava possibile il fatto che Caleb si stesse davvero frequentando con Molly, ma allora perché quella ragazza stava uscendo dalla sua stanza? Cosa ci era andata a fare dopo che il venerdì prima aveva "socializzato" con Caleb? Forse quello che Hanna aveva evitato che succedesse quel venerdì, era già successo prima, o forse dopo, magari mentre Caleb era perfettamente sobrio. La ragazza si lasciò divorare da tutti quei brutti pensieri, mentre rifletteva sul fatto che lei non era affatto nella posizione né per essere gelosa, né per pretendere che Caleb la aspettasse, quando lei stava ancora con Dave. Eppure tutta quella situazione era come se l'avesse scottata, profondamente, e il dolore che sentiva era forte, tremendo. Perché era perdutamente innamorata di lui. E lo sapeva benissimo. Ed in quel momento, la sua stessa reazione gliene diede la definitiva conferma.
A freddo, però, pensò anche che non li aveva colti in atteggiamenti intimi, che erano entrambi vestiti da capo a piedi, che Caleb non fosse davvero quel tipo di ragazzo. E che lei volesse andare a fondo alla questione. D'improvviso allora, si alzò. Hanna era così, impulsiva. Qualche minuto prima era fuggita da Caleb, lasciandosi condizionare dallo stupido sorrisetto di Molly, ora invece stava tornando da lui, perché lui meritava di poter spiegare. E perché sì, lo amava.
«Dove vai?» soggiunse Brit, confusa dagli atteggiamenti di Hanna.
«Brit, non è niente di grave, ma devo risolvere una faccenda.» rispose lei, dirigendosi verso la porta.
«Si tratta di Dave?»
Hanna sospirò e si voltò prima di aprire la porta.
«Si tratta di me.» rispose semplicemente, prima di andare via.


Hanna si chiuse la porta alle spalle e corse nuovamente verso la stanza di Caleb, asciugandosi le lacrime in quel mentre.
Ma lo trovò ben prima della sua stanza.
Si incontrarono per il corridoio, a metà strada, perché anche Caleb stava venendo da Hanna.
«Hanna... Dove stai andando?» fece lui, afferrandola per un braccio, sorpreso di trovarla nel bel mezzo del corridoio e non nella sua stanza.
«Stavo venendo da te. Voglio capire cosa è davvero successo con Molly.» ammise lei, fermandosi e guardandolo negli occhi.
«Hanna, davvero, quando Molly ha bussato, io ho aperto solo perché pensavo che fossi tu... Lei poi ha insistito per entrare, ma... Ma una volta entrata le ho detto che non mi interessa e lei mi ha mandato a quel paese... E quando ho aperto la porta era per farla uscire, credimi, io... Io voglio solo te, Hanna. Non può interessarmi né Molly né nessun altra se non te, hai capito? Non voglio che pensi qualcosa di sbagliato... Ti sto dicendo la verità, te lo giuro...»
Hanna si morse un labbro, quindi rispose.
«Caleb, io so di non essere in diritto di chiedere delle spiegazioni, e non posso pretendere niente da te. Anche perché sono io quella che sta con un'altra persona, non tu...»
«È per questo che ti sto dicendo la verità. Hanna, io sono qui per te e...»
Caleb, a questo punto, si avvicinò di più ad Hanna ed abbassò la voce, dato che erano per i corridoi.
«E ti amo.» le sussurrò quindi in un orecchio.
Hanna, a quelle parole, chiuse gli occhi e sentì un brivido percorrerle tutta la spina dorsale. Caleb tornò a guardarla negli occhi, dunque continuò.
«Mi piacerebbe sapere cosa ti ha portata fino alla mia stanza dopo che hai passato non so più quanto tempo cercando di evitarmi... Beh, a parte l'emergenza della mia sbornia e gli auguri di compleanno di questa mattina, certo...» sorrise, facendo spallucce.
Hanna scosse la testa, lasciandosi sfuggire un sorriso.
«Volevo solo stare un po' con te visto che è il tuo compleanno...» mormorò allora.
Caleb sorrise ancora di più, senza dire nulla. Prese le mani di Hanna ed iniziò a giocarci.
«Sempre che tu voglia...» aggiunse lei, guardando le loro mani unite.
Caleb rise e l'abbracciò forte. Hanna ricambiò, mandando al diavolo il loro stupido malinteso su Molly ed anche il fatto che chiunque sarebbe potuto uscire da una qualsiasi porta e vederli, compresi tutti gli amici di Dave, dato anche il fatto che lei e Caleb si trovassero in uno dei corridoi dello scompartimento maschile. Non le importava di nulla.
«Grazie per avermi creduto...» le sussurrò lui in un orecchio.
Ed Hanna, lì con Caleb, si sentì nell'esatto posto in cui sarebbe dovuta stare.
«Allora... Ci stai per una passeggiata per le strade di New York? Mi dispiace ma non ho il regalo...» fece dunque lei, tirandosi lentamente via dalla dolce stretta di Caleb.
«Sei tu il regalo più bello che potessi ricevere.» sorrise lui.
Hanna roteò gli occhi e sorrise imbarazzata, quindi i due uscirono dalla NYU.


Hanna e Caleb ripercorsero le vie di Times Square, parlando di tutto e di niente, quindi si fece l'ora di cena. Hanna aveva appuntamento con Dave, ma disdì senza dare troppe spiegazioni. Voleva stare con Caleb. E non solo perché era il suo compleanno.
«So dove portarti a cena.» sorrise Hanna.
«Ah sì? E dove?» chiese Caleb, curioso.
«Ti sorprenderò.»
Caleb scosse la testa, ridendo, e seguì Hanna finché non arrivarono davanti al negozio di M&M's più grande del mondo, lì, a New York. Caleb le adorava, ed Hanna lo sapeva meglio di chiunque altro.
«Okay, dimmi che non è un sogno!» esordì Caleb, guardando dalle vetrine i milioni di confetti colorati esposti all'interno del negozio.
«Oh, no che non è un sogno... Cosa c'è di meglio di una cena a base di M&M's?» sorrise Hanna.
«Considerato il fatto che tale cena è in tua compagnia, direi che è davvero il massimo!»
Hanna arrossì ed i due entrarono all'interno del maxistore. C'erano M&M's ovunque, di ogni colore. Caleb sembrava un bambino per com'era impazzito di gioia. Comprarono un paio di pacchetti accuratamente selezionati dai gusti di Caleb, quindi uscirono. Mangiarono camminando per strada, mentre Hanna si improvvisava guida turistica per Caleb. Arrivarono fino a Central Park, dove si sedettero su una panchina.
«Posso farti una domanda?» fece Caleb, mangiando l'ultima delle sue M&M's.
Hanna sapeva che stava per chiederle qualcosa di meno innocente rispetto alle curiosità su New York o le considerazioni sui gusti delle M&M's, ma sapeva che prima o poi sarebbe arrivato quel momento, quindi annuì. Caleb fece un bel respiro e continuò.
«Stasera sei qui con me solo perché è il mio compleanno e non vuoi che lo passi da solo? Sei sempre convinta di volermi evitare e far finta che io sia solo il semplice assistente del tuo insegnante?»
Hanna si morse un labbro, e finalmente scelse di essere sincera. Con lui e con se stessa.
«No. Io... Io sono stata un'idiota negli ultimi giorni, Caleb. La verità è che... La verità è che mi va di stare con te, e non parlo solo di stasera. Mi va di trascorrere davvero del tempo insieme a te. Sai, evitarti mi ha fatto soltanto capire che non era affatto quello che volevo, e... E mi sei mancato. So che ho avuto degli atteggiamenti davvero stupidi nei tuoi confronti e ti chiedo scusa per questo, ma... Ma devi cercare di capirmi, Caleb. Non ho idea di cosa fare in questo preciso momento della mia vita, ma so che quando ti ho visto alla festa con Molly, mi ha dato un fastidio tremendo. E non avrei il diritto di essere gelosa, ma... La verità è questa. Ora puoi tranquillamente dirmi che sono un'idiota, perché avresti perfettamente ragione.» balbettò lei, guardandosi le scarpe per tutto il tempo e giocherellando nervosamente con una molletta per capelli tra le dita.
Caleb sorrise con tenerezza prima di risponderle.
«È tutto okay, Han. Vedi, io non penso affatto che tu sia un'idiota e posso capire come ti senti. Insomma, ho capito che Dave è davvero una brava persona ed immagino che tu non voglia fargli un torto passando del tempo con me anziché con lui. Ma d'altra parte, so anche che se non ci fosse stato lui, tra noi sarebbe probabilmente già tutto tornato al proprio posto. E non lo dico per presunzione. Lo dico perché so che sei innamorata di me così come io lo sono di te. Ma... Beh, non te la senti di fare del male a Dave perché anche se non sei innamorata di lui, gli vuoi bene, perciò non riesci a lasciarlo per me. Ma, Hanna, lo capisco. Ti capisco. Sei una persona buona e ti preoccupi per le persone a cui tieni. Non vuoi fare del male a nessuno. Io ti conosco.»
Hanna sollevò la testa e lo guardò negli occhi.
«Come riesci ad accettare il fatto che io non riesca a lasciare un ragazzo che non amo per stare con te?» chiese dunque, seria.
Caleb sospirò.
«Sono stato io a lasciarti due anni fa, sono stato io a privarmi di te come un perfetto cretino. Ed ora sono disposto ad accettare qualsiasi cosa pur di poterti stare accanto, compreso tutto questo casino con Dave. Io ho fatto un grande errore quando me ne sono andato da te. È stato l'errore più grande della mia vita, e... Ed ora ne sto pagando le conseguenze. Ma non posso lamentarmi, perché adesso tu sei qui con me, e... E quando te la sentirai di riprovare a ricostruire una storia con me, se te la sentirai, io sarò qui, sarò sempre qui per te. Non ti chiedo niente. Anzi, forse solo una cosa... Di scegliere quello che davvero ti fa felice e non quello che ti sembra giusto. Ma questo è solo un consiglio.» disse, deciso.
Hanna sospirò profondamente, ma poi sorrise a Caleb. Le sue parole erano sincere e piene di significato. Si sentiva che gli venissero dal cuore. Ed Hanna sentiva anche che l'avrebbe davvero aspettata per tutta la vita, ma non sarebbe stato giusto e lei lo sapeva.
«Ma perché sei così convinto che io sia innamorata di te?» chiese poi, dubbiosa.
Caleb ridacchiò.
«Perché so leggere i tuoi sguardi, i tuoi gesti, il modo in cui parli, in cui ti muovi... Credo di avere imparato qualcosa di te... E sai, non credo che la tua voglia di stare con me sia scaturita dal nulla o da un semplice affetto. Credo sia qualcosa di più forte, considerato anche il fatto che ti spaventava nei confronti del tuo rapporto con Dave a tal punto da aver provato ad evitarmi. Ti ripeto, non è presunzione, è semplicemente quello che penso, e a dirla tutta, ne sono quasi del tutto sicuro.» sorrise lui.
«Sei davvero sempre il solito insolente...» borbottò Hanna, sorridendo.
«Forse. Ma ti sono sempre piaciuto così, perciò...»
A quel punto, entrambi risero. Hanna si alzò poi dalla panchina, e Caleb la guardò confuso.
«Ti porto da un'altra parte.» annunciò lei, decisa.
«Ovviamente non posso chiedere dove...»
«Esatto, andiamo.»
Ed i due, distrattamente, riprendendo a camminare, si presero per mano.

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Capitolo 16
*** The taste that your lips allow ***





16. The taste that your lips allow

 
"Give a little time to me, we'll burn this out, we'll play hide and seek to turn this around, and all I want is the taste that your lips allow."
[Give Me Love - Ed Sheeran]

 
 
Qualche tempo dopo, Hanna e Caleb erano in cima all'Empire State Building. Il panorama notturno di New York era favoloso. Faceva freddo, ma entrambi si sentivano meravigliosamente, lì, sul tetto del mondo, con un panorama fantastico ed insieme alla persona amata. A prescindere dalla strana situazione in cui si trovassero, non ancora davvero chiara, stavano bene. Perché erano l'uno con l'altra. E quello era davvero tutto ciò che contava.
«Quando sono venuta qui per la prima volta, ho pensato che questo panorama fosse una delle cose più belle che avessi mai visto in vita mia...» fece Hanna, facendo qualche passo in avanti.
Caleb restò più indietro, ammirando un altro tipo di panorama.
«Tu che ne pensi?» chiese ancora lei, restando di spalle.
«Una delle cose più belle che io abbia mai visto, decisamente.» rispose, riferendosi effettivamente ad entrambi i panorami.
Hanna si voltò, non afferrando l'allusione di Caleb. Lui fece qualche passo verso di lei, finché non fu abbastanza vicino da poterle appoggiare le mani sui fianchi.
«Grazie.» mormorò, sorridendole.
«Di cosa?»
«Di essere qui. Non so se lo merito, ma non posso fare a meno di essere felice che tu sia qui con me. Sull'Empire State Building, poi. Il giorno del mio compleanno. È quasi perfetto, Han...»
Hanna sorrise, e non riuscì a fare a meno di portare le braccia attorno al collo di Caleb, come se fosse una reazione automatica per ogni volta in cui lui la toccava.
«Cosa manca per far sì che sia perfetto?» chiese la ragazza, non spaventata di quella che sarebbe potuta essere la risposta.
«Sei sicura di volerlo sapere?» fece lui, con uno sguardo serio negli occhi, sapendo che avrebbe potuto risponderle in un unico modo.
Hanna si morse un labbro ed annuì, perfettamente consapevole di cosa Caleb avrebbe fatto di lì a poco. Per una volta, scelse di lasciarsi andare.
Caleb tolse una mano dai fianchi di Hanna per portarla in alto, sul suo viso, scostandole una ciocca di capelli e portandogliela dietro l'orecchio. La riportò poi sul suo fianco, stringendo la presa. Avvicinò quindi lentamente il viso al suo, facendo combaciare le proprie fronti. Con un gesto dolce ed estremamente lento, Caleb avvicinò dunque la sua bocca a quella di Hanna, unendole finalmente in un bacio innocente, delicato, morbido, mentre entrambi chiusero gli occhi per vivere appieno quel momento.
Caleb non volle forzare troppo le cose, ma non appena percepì che Hanna fosse a suo agio, staccò le labbra dalle sue per poi ricongiungerle in un modo più appassionato, più bramoso, più affamato. Aspettò ancora qualche istante prima di spingere la lingua tra le labbra di Hanna, ma dopo qualche secondo passato semplicemente a sfiorarsi ed inumidirsi a vicenda le labbra, lo fece. Lo desiderava disperatamente da quando l'aveva rivista. Aspettava quel momento da anni.
Quando Hanna sentì la lingua di Caleb farsi largo nella sua bocca, graffiò istintivamente il retro del collo del ragazzo, ma non lo fece per protesta, dato che poi vi appoggiò il palmo della mano per spingere Caleb più vicino a sé. Lasciò che anche la sua lingua si abbandonasse a quella di Caleb, e tra le loro bocche esplose una dolce guerra di passione che entrambi aspettavano da troppo tempo.
Ad entrambi tutto questo mancava. All'uno mancava il sapore dell'altra, il modo in cui le loro lingue erano abituate ad intrecciarsi, la prepotente adrenalina che da lì pulsava attraverso i loro interi corpi, i giochi che le mani dell'uno si inventavano sul corpo dell'altra nel frattempo in cui si baciavano. In quel momento, entrambi avvertirono un groviglio di emozioni esplodergli nelle vene.
Conoscevano a memoria le labbra l'uno dell'altra; era come se le une continuassero sulle altre. Erano una cosa sola, tasselli dello stesso mosaico che si completavano a vicenda. Le une sulle altre erano qualcosa di naturale, semplicemente.
Hanna non era forse abituata a quei baffi che le si strofinavano di tanto in tanto contro il labbro superiore, pizzicandola leggermente, ma la cosa non era affatto fastidiosa, anzi. E non era fastidioso neppure quel lieve retrogusto di cioccolata dovuto alle M&M's consumate poco prima.
La verità è che in quel bacio non ci fu una sola cosa che potesse neppure avvicinarsi alla definizione di fastidioso.
Non esisteva più niente: i loro problemi, la loro strana situazione, Dave, Molly, il freddo, gli anni separati, la sofferenza... Quel bacio li fece sentire estremamente bene, portando via ogni senso di colpa o dolore che potessero avvertire.
Hanna scelse di fare quello che davvero voleva fare fin dal primo istante in cui aveva rivisto Caleb, e per cui avrebbe dato tutto in quegli anni che avevano trascorso separati. Lasciò andare le sue mani tra i capelli del ragazzo, intrecciandoseli alle dita e poi rilasciandoli, mentre lui fece salire le mani lungo tutta la schiena di Hanna fino a raggiungere le sue spalle, nel frattempo in cui disegnava cerchi immaginari con i pollici, quindi le fece riscendere nuovamente giù per la schiena, scaldandole così il corpo nel freddo di quella notte stellata. Hanna amava come Caleb la baciava, come la toccava, come riusciva a farla sentire così speciale con gesti tanto semplici quanto passionali.
I loro sapori, fusi tra le loro bocche, avevano il sapore dell'amore.
Quel bacio durò un tempo indefinito, perché come sempre quando Hanna e Caleb erano insieme, il tempo attorno a loro si fermava. Fu Hanna a tirarsi lentamente via, con un luccichio negli occhi ed un timido sorriso, facendo rumorosamente schioccare le loro labbra nel mentre in cui si separarono. Non era pentita, era felice. Caleb sorrise a sua volta, accarezzandole la guancia con una mano. Rimasero così, a guardarsi, con le fronti che ancora si toccavano.
«Ora è perfetto...» aggiunse lui, prima di baciarle dolcemente la punta del naso.
Hanna celò dietro una vergognosa risata tutto il suo imbarazzo, quindi nascose il suo viso nell'incavo del collo di Caleb, che di tutta risposta la abbracciò forte, al limite del farle male. Schiuse le labbra tra i suoi biondi capelli, mentre le accarezzava la schiena e le spalle, e con gli occhi osservò distrattamente le luci di New York.
"Buon compleanno, Caleb." pensò tra sé e sé, sorridendo e stringendo la ragazza che amava tra le sue braccia.

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Capitolo 17
*** Stay ***





17. Stay
 
 
"Not really sure how to feel about it, something in the way you move makes me feel like I can't live without you, it takes me all the way. I want you to stay."
[Stay - Rihanna feat. Mikky Ekko]
 
 
La serata volse al termine senza tante parole. Entrambi si sentivano bene l'uno con l'altra, ed Hanna si sentiva soprattutto al suo posto, a differenza di quando era insieme a Dave.
Caleb accompagnò Hanna fino alla porta della sua stanza, ormai passata la mezzanotte.
«Allora... Che fai domani?» chiese Caleb, con le mani in tasca, mentre Hanna tirava fuori le chiavi dalla borsa.
«Credo di andare a fare shopping con Brit sulla quinta strada.» sorrise lei, ancora piuttosto imbarazzata per quanto accaduto poco prima.
«Torni ancora con tonnellate di buste dopo una sessione di shopping?» chiese quindi Caleb, ridacchiando.
«Come sempre.» rispose Hanna, facendo spallucce.
«Ricordo quanto erano pesanti le tue buste dopo le intense giornate al Rosewood Mall... Toccava sempre a me portarle!»
«Già. Tu non ti divertivi molto, eppure insistevi sempre per accompagnarmi...»
«È vero, ho sempre odiato girare per negozi, specialmente quelli di abbigliamento, ma... L'importante era stare con te.» fece lui, sorridendo.
Hanna ricambiò il sorriso, scuotendo la testa ai ricordi.
«Ma quanto ci siamo amati io e te?» rilanciò quindi, lasciandosi impulsivamente sfuggire un intervento un po' azzardato.
Difatti, arrossì appena dopo aver parlato, mordendosi il labbro inferiore ed abbassando la testa. Caleb sorrise, quindi portò l'indice sotto il mento di Hanna per farglielo sollevare. Fece in modo che si potessero guardare negli occhi, e prese un bel respiro.
«E quanto ancora ci amiamo io e te?» disse dunque, con decisione.
Hanna restò pietrificata e Caleb le si avvicinò, incastrando nuovamente le labbra alle sue. La baciò in maniera decisamente più impetuosa rispetto a prima, non nascondendo il chiaro desiderio di voler andare oltre. Hanna si allontanò, però, non appena le cose si scaldarono, portandosi una mano sulle labbra come se avesse appena peccato. Caleb si accorse di aver forse esagerato e di stare pretendendo un po' troppo, quindi si morse un labbro, sospirando.
«Scusami...» disse, abbassando lo sguardo e passandosi una mano tra i capelli.
«È a posto, Caleb.» rispose lei, velocemente, voltandosi ed infilando le chiavi nella serratura.
«Buonanotte, Hanna. Sogni d'oro. E... Grazie per stasera. Di tutto.» proferì quindi lui.
Fu allora che in Hanna scattò qualcosa. A quelle parole, sentì la voce di Caleb tremante, in un misto di desiderio strozzato, mortificazione per averla messa a disagio e gratitudine per la bella serata trascorsa insieme, ma più di ogni altra cosa, vi lesse un grande amore. L'amore di sempre. L'amore che le mancava da due anni. L'amore che le riempiva il cuore e che poteva darle solo lui.
Nel giro di una frazione di secondo, mandò al diavolo qualsiasi cosa, mollando un pugno contro la parete e tornando indietro di corsa verso Caleb. Gli gettò le braccia al collo e si liberò da qualsiasi peso, congiungendo nuovamente le sue labbra a quelle del ragazzo. Si baciarono con gran passione, come se quel bacio dovesse riempire tutti quelli che per anni non si erano potuti dare. E Caleb, in quel mentre, strinse Hanna forte, facendole capire con quel contatto che lui era parte di lei esattamente come lei era parte di lui, come era sempre stato. Mentre i loro sapori si fondevano, i loro corpi, esattamente come le loro anime, si toccavano bramosi di ricongiungersi dopo tutto quel tempo che, sì, era stato davvero troppo.
I propositi di Hanna di riallontanarsi di nuovo da Caleb venivano spenti man mano che le loro lingue si abbracciavano senza regole, in un modo estremamente lussurioso, e man mano che le sue mani ripercorrevano il corpo muscoloso del ragazzo, che per tanto tempo era stato casa sua. E ad entrambi, tutto questo mancava fin troppo.
Tutti i pensieri affluirono quindi in un unico comune desiderio: quello di ritrovarsi, di riaversi, di tornare, anche solo per una notte, ad essere un tutt'uno. Quella era la loro notte. Le parole finirono ad entrambi, da quel momento in poi ci furono solo i sentimenti, che quasi esplodevano, visto tutto il tempo che avevano trascorso imbottigliati, rischiando di soffocare.
Caleb sollevò Hanna da terra con la forza delle braccia, e lei allacciò le gambe attorno al suo bacino, senza smettere di baciarsi neppure per un istante. Il ragazzo la spinse contro la parete del corridoio, con un pizzico di violenza, quindi si staccò dalle sue labbra per poter guardare la posizione delle chiavi nella serratura. Allungò la mano per girarle ed entrare nella stanza, ma Hanna lo bloccò. Lo afferrò per un polso, e Caleb la guardò dubbioso.
«Non qui... C'è Brit...» mugugnò la ragazza, col fiato corto.
Caleb annuì, quindi prese le chiavi solo per estrarle dalla serratura e gettarle a casaccio all'interno della borsa di Hanna. Si fecero strada fino alla stanza di Caleb in quella stessa posizione; Hanna avvinghiata al corpo del ragazzo sostenendosi con le gambe intrecciate al suo bacino, e lui che teneva la presa sotto le sue cosce, aprendo di tanto in tanto gli occhi tra un bacio e l'altro per guardare se stessero andando nella giusta direzione. Arrivarono finalmente davanti alla porta della stanza, ed una volta lì, Caleb faticò ad estrarre le chiavi dalla tasca dei jeans perché tale tasca era coperta da una delle cosce di Hanna, ma alla fine ci riuscì senza dover fare spostare la ragazza.
«Sei sicura?» gli sussurrò lui col fiato corto, infilate le chiavi nella serratura.
Aveva bisogno di saperlo, o meglio, di sentirglielo dire.
«Sono sicura.» rispose lei decisa, prima di ricominciare a baciarlo.


La porta della stanza 319 si aprì e ne entrarono sia Hanna che Caleb, avvinghiati l'uno all'altra. Le loro labbra rischiavano quasi di incendiarsi data tutta la passione con la quale si sfregavano. Caleb spogliò Hanna impazientemente, togliendole rapidamente la maglia e gettandola sul pavimento, staccandosi dalle sue labbra solo per farla uscire dal capo. Le sfilò poi con facilità la gonna, lasciandola in intimo. Hanna sbottonò la camicia di Caleb e gliela sfilò, poi gli sbottonò i jeans e glieli abbassò, facendoglieli scivolare fino alle ginocchia. Caleb provvide poi a toglierseli definitivamente, togliendosi anche le scarpe con il semplice aiuto dei piedi e calciando dunque via i jeans. Rimasti in intimo, separarono le loro bocche e si guardarono. Da entrambi i loro sguardi traspariva un grande desiderio.
Caleb iniziò a baciare il collo di Hanna, mentre le sue mani si dedicarono a sganciarle il reggiseno, cosa che aveva imparato a fare solo col tempo. Una volta riuscitoci, gettò anch'esso sul pavimento, quindi fece scendere lentamente la sua bocca dal collo di Hanna al suo seno nudo, baciandolo con dolcezza. Le sue mani scivolarono nel frattempo lungo i fianchi della ragazza, fino ad arrivare all'elastico delle sue mutandine di pizzo, quindi sfilò anche quelle. Hanna le lasciò cadere via, quindi indietreggiò verso il letto. Caleb la seguì, ed Hanna portò lo sguardo sull'evidente erezione che pulsava contro i suoi boxer. Con una mano, la accarezzò attraverso la stoffa, facendo sfuggire a Caleb un verso di approvazione, quindi gli tirò giù l'ultimo capo rimastogli addosso, lasciando poi a lui il compito di toglierselo del tutto, cosa che fece prontamente.
Tutta la velocità con la quale si spogliarono entrò in netto contrasto con la lentezza del momento in cui si ritrovarono nudi ad osservarsi con gli occhi di chi si ama. Non era certo la prima volta che si trovavano in quella situazione, ma da un lato era come se fosse così. A Caleb, Hanna apparve ancora più bella di quanto potesse ricordare. Dalla finestra filtrava la fioca luce della luna, che accompagnò ogni loro movimento con la dovuta delicatezza. Hanna si distese piano sul letto, accompagnata dalla mano di Caleb stretta nella sua. Lui le lasciò subito la mano per passargli le dita lentamente lungo tutto il braccio, per poi raggiungere il collo e dunque il viso, sul quale lasciò una dolce carezza, e da dove scostò una ciocca bionda, porgendogliela dietro un orecchio. Le toccò poi le labbra con il pollice, prima che lei le schiudesse per baciargli quel piccolo spazio di pelle. Caleb quindi si distese, lasciando che il suo corpo aderisse alla perfezione con quello di Hanna. Combaciavano come due tessere di un puzzle, erano letteralmente fatti l'uno per l'altra. Ripresero a baciarsi con passione, come se fosse qualcosa a cui non era possibile mettere freno, mentre si stringevano a vicenda. Caleb scese con la bocca a percorrere ogni centimetro della pelle di Hanna, baciandola dove capitava, senza seguire nessun ordine. La ragazza inarcò dunque la schiena, mettendosi seduta e lasciando ricadere le gambe dietro la schiena di Caleb, e lo stesso fece lui, arrivando a far combaciare i loro bacini. Hanna riprese a baciare Caleb sul collo, lasciando premere il suo seno sul caldo petto del ragazzo, ed i loro cuori batterono all'unisono l'uno sul corpo dell'altro. Con le labbra scese poi sui suoi pettorali, baciando i suoi punti più sensibili, dove sapeva perfettamente quanto a lui facesse impazzire, mentre con i palmi delle mani spingeva contro i suoi addominali contratti. Caleb portò nel frattempo le mani sulla schiena di Hanna, lasciandole scorrere con lentezza fino al suo fondoschiena, che accarezzò delicatamente.
Fu in quell'istante che Hanna allacciò le gambe dietro la schiena di Caleb, spingendolo più vicino a sé, e le divaricò quanto bastava per permettere al ragazzo il completo accesso al suo corpo. Caleb, però, aspettò un istante; portò la sua fronte contro quella di Hanna e la guardò negli occhi, intensamente. Entrambi col fiato corto, le vene sulla tempia che pulsavano d'emozione, gli occhi lucidi.
«Ti amo... Ti amo da tutta la vita e lo farò per tutta la vita... Tu hai il mio cuore, Hanna...» disse lui in un bisbiglio, appena percettibile, accompagnato dal fiatone.
Hanna lo accarezzò, mordendosi il labbro.
«Ti amo anch'io...» rispose, finalmente confessando i suoi veri sentimenti, in un sussurro che nel suo cuore fu un urlo liberatorio.
Riportò allora le sue labbra su quelle di Caleb, per poi schiuderle e lasciare alle lingue tutto lo spazio necessario per abbracciarsi, e nel mentre in cui il bacio si concretizzava, Caleb ritirò il bacino all'indietro per spingerlo poi immediatamente in avanti, con decisione.
E fu in quel momento che diventarono una cosa sola, riunendo corpo ed anima.
Hanna sobbalzò di poco, strizzando le palpebre e lasciandosi sfuggire un gemito, e d'un tratto sentì tutto il calore di Caleb riempirle il corpo. Caleb espirò profondamente, quindi diede il tempo ad Hanna per abituarsi alla sua presenza, e ripeté dunque il movimento più e più volte, con sempre più decisione e velocità, inventandosi un ritmo ed un'angolazione che fossero piacevoli per entrambi, mentre Hanna inarcava la schiena e mugolava.
Caleb le passò una mano lungo tutto il busto, per poi scendere sulle cosce, mentre Hanna gli disordinava i capelli e premeva contro le sue forti spalle, graffiandole di tanto in tanto. Il freddo di quella notte sparì nei loro movimenti tra le lenzuola ormai sfatte, i loro corpi uniti si scaldarono a vicenda, e quel calore era la sensazione più bella del mondo. Erano insieme, in tutti i sensi, come se tutto quel tempo non fosse mai passato, come se non si fossero mai davvero separati. Gli unici suoni che colorarono il silenzio della notte furono i loro sospiri di piacere e le loro carni che si scontravano l'una contro l'altra. Quell'unione di corpi e di anime fu il loro vero ritorno a casa.
Hanna si sentiva così meravigliosamente bene da stentare a riconoscere se stessa per il modo quasi indecente con cui supplicava Caleb di non fermarsi, di darle di più, ancora, come se non potesse mai averne abbastanza, come se volesse che non finisse davvero mai. Fare l'amore con lui le faceva sempre perdere il controllo, ed il fatto che non succedesse più da troppo tempo, non faceva altro che aumentare la sua passione.
E Caleb doveva contenersi, sentendo che sarebbe potuto esplodere anche solo ascoltando i gemiti di Hanna, e quel suo corpo era così maledettamente perfetto che sarebbe dovuto essere dichiarato illegale. Man mano che affogava il suo desiderio in Hanna, si chiedeva come diavolo avesse fatto a rinunciare a lei per tutto quel tempo. La sensazione che ebbe in quei momenti fu tremendamente piacevole, tanto da fargli avvertire l'impulso di lasciarsi andare sin dal primo contatto, ma fece del suo meglio per far sì che il tutto si protraesse per il maggior tempo possibile. Scelse di amare Hanna nel modo più assoluto, scelse di obbligarsi a far sì che quella notte fosse indimenticabile, scelse di dimostrarle che davvero non era più possibile stare separati.
E se fisicamente era lui ad essere dentro di lei, con l'anima erano l'una dentro l'altro senza distinzioni.
Fecero l'amore fino a stremarsi, fino a sfinirsi, fino a consumarsi, fino ad annullarsi, fino a non distinguere più i confini dei propri corpi, fino a che non sentirono più un briciolo di energia da donare l'uno all'altra.
Fino a sentirsi morire di piacere.
Fino a non potersi amare di più.
Quindi, ad un tratto, in quell'incendio di passione, Hanna reclinò la testa all'indietro, strinse le lenzuola tra i pugni e non fece nulla per contenere un unico secco gemito, raggiungendo il massimo del suo piacere, sentendo l'interno del suo corpo pulsare freneticamente. Si lasciò allora ricadere stremata sul materasso, con il cuore che le batteva all'impazzata e con il sangue che le sembrava bollire, e Caleb le si riversò inevitabilmente sopra. Lui la seguì appena dopo, in quasi perfetta sincronia con l'appagamento di Hanna; irrigidì gli addominali e si spinse un'ultima volta, più profondamente e seccamente, nel delicato corpo della ragazza, raggiungendo in quell'istante il suo picco. Sentì una scossa pervadergli ogni muscolo fino a fargli vibrare perfino le ossa e liberò un suono che gli si era soffocato in gola, invocando il nome di Hanna come se fosse stata l'ultima cosa concessagli in vita, quindi si accasciò sulla sua spalla, senza più fiato nei polmoni. Si assicurò di non addossare sul corpo di Hanna tutto il suo peso, sostenendosi come poteva sui propri gomiti con le poche forze che gli rimanevano nei muscoli.
Erano l'uno il paradiso dell'altra.
Entrambi rimasero zitti e fermi a riprendere fiato per una manciata di minuti, dunque Caleb diede un bacio innocente sulle labbra di Hanna e si sollevò definitivamente dal suo corpo sfinito per appoggiarsi con la schiena contro il materasso. Prese quindi delicatamente Hanna per un braccio e la trascinò sopra il suo corpo, facendocela appoggiare a pancia in giù. Hanna ci si adagiò dolcemente, posando la testa sul suo petto, mentre Caleb con una mano le accarezzò i capelli e con l'altra le avvolse il bacino, dopo averla ricoperta con le lenzuola fino ai fianchi. Caleb adorava averla letteralmente addosso. Adorava sentire quel meraviglioso corpo, che ancora scottava di passione, premuto sul suo, come una seconda pelle. Continuò ad accarezzarla finché non ebbe recuperato abbastanza fiato per dirle qualcosa.
«È stato il compleanno più bello di tutta la mia vita...»
«Possiamo aspettare domani per parlare di tutto? Ora ho solo bisogno che tu mi stringa...» mormorò di risposta Hanna, senza alzare la testa per guardarlo negli occhi.
Caleb preferì non dire nient'altro per risponderle, se non chinarsi per darle un bacio tra i capelli e continuare ad accarezzarla. Non sapeva se Hanna l'indomani si sarebbe pentita di quello che era appena successo, se sarebbe tornata sulle sue convinzioni, o se invece si sarebbe finalmente decisa ad abbandonarsi ai suoi sentimenti. Caleb sapeva che l'indomani avrebbero dovuto fare i conti con la realtà in cui si trovavano, perché Hanna quella notte aveva seguito il suo cuore, abbandonandosi al desiderio e all'impulso, ma a freddo sarebbe potuto essere diverso. Caleb lo sapeva, ma in quel momento, con Hanna tra le sue braccia, era troppo felice per pensare che domani sarebbe potuto cambiare tutto. E a dirla tutta, i sentimenti di entrambi non sarebbero mai potuti cambiare, e questo riusciva a confortarlo.
Hanna restò in silenzio ad ascoltare i quieti rumori della notte, proprio come li aveva sentiti la sua vera prima notte, in tenda, sempre stretta a lui. Scelse di non pensare a nulla per il momento, godendosi semplicemente la situazione in cui si trovava, perché era felice, felice davvero, e non volle sentirsi in colpa né con se stessa, né con nessun altro. Incastrò le dita della sua mano a quelle di Caleb, e giocò in silenzio con le loro mani unite finché, tra le sue braccia, non annegò tra i sogni, abbassando lentamente le palpebre, cullata dai confortanti respiri e dal fresco profumo del ragazzo che amava.

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Capitolo 18
*** We can learn to love again ***





18. We can learn to love again
 
 
"I never stopped, you're still written in the scars on my heart. You're not broken, just bent, and we can learn to love again."
[Just Give Me A Reason - Pink feat. Nate Ruess]
 
 
Caleb si svegliò con Hanna tra le braccia, che ancora dormiva. Sorrise, guardandola innocentemente nuda ed addormentata. Le palpebre abbassate, la bocca leggermente schiusa, i capelli spettinati, il respiro tranquillo e assopito che camminava infrangendosi contro il petto di Caleb. Dio, gli mancava svegliarsi così. Gli era mancato da impazzire baciare Hanna, toccarla, fare l'amore con lei, dormire e svegliarsi con lei al suo fianco. Gli era mancata lei, in una maniera indescrivibile. Sospirò, sempre con il sorriso in faccia, e la accarezzò con delicatezza, facendo attenzione a non svegliarla. Sarebbe rimasto così tutto il giorno.
Buttò poi un occhio sull'orologio della radiosveglia sul suo comodino. Mancavano pochi minuti alle dieci, e Caleb sarebbe dovuto andare a lezione con Norton alle undici. Ma non voleva alzarsi da quel letto, per niente al mondo. Allungò un braccio verso il comodino ed afferrò il suo cellulare, appoggiato accanto a quello di Hanna. Scrisse un messaggio a Norton, sempre attento a non svegliare Hanna, dicendogli che non stava bene e che per quel giorno non sarebbe potuto venire a lezione. In fin dei conti, aveva detto la verità; non stava bene, stava benissimo. L'uomo gli rispose poco dopo, scrivendogli di non preoccuparsi ed augurandogli una pronta guarigione. Caleb sorrise capendo di averla fatta franca, quindi tornò a concentrarsi su Hanna. Era così bella. Perfetta, avrebbe osato dire. Si chiese se dovesse andare a lezione, se magari lui avesse dovuto svegliarla per chiederglielo, ma non si sentì di farlo.
Restò a guardarla dormire e a pensare che sembrasse davvero un angelo, finché la sua attenzione non si spostò su un cellulare che vibrava sul comodino. Era quello di Hanna. Sul display apparve un avviso di chiamata entrante, con il nome di Dave a caratteri cubitali, e Caleb sospirò. Per un attimo aveva dimenticato tutto il casino in cui si trovavano. Lo lasciò vibrare finché non smise da sé, e quando il cellulare tornò sulla schermata normale, Caleb notò che c'erano oltre venti tra chiamate e messaggi in sospeso principalmente di Dave, ma anche di Brit. Sospirò nuovamente, mordendosi un labbro e tornando immediatamente con lo sguardo su Hanna. Si regalò il piacere di inspirare tutto il suo profumo affogando il naso tra i suoi capelli, mentre lasciava lentamente scorrere i polpastrelli sulla sua schiena nuda.
Poco dopo, Hanna diede via un piccolo sbadiglio, stiracchiandosi contro il busto di Caleb. Lui ridacchiò e si abbassò per baciarle la testa.
«Ciao...» sussurrò piano, massaggiandole la schiena.
Hanna alzò lo sguardo per guardare Caleb negli occhi e gli sorrise.
«Ciao...» sussurrò anche lei, con la voce ancora rauca.
Caleb, confortato dal suo sorriso, la strinse a sé baciandole ripetutamente la testa, ed Hanna si lasciò coccolare ad occhi chiusi anche se era sveglia. Il suo orecchio era premuto sul petto di Caleb, e riusciva a sentire il battito del suo cuore, un suono che le regalava una sensazione di tranquillità indescrivibile.
«Devi andare da Norton?» gli chiese poi, senza muoversi di un millimetro.
«No, gli ho detto che oggi non posso.» rispose Caleb, continuando ad accarezzarla.
«Bugiardo.» sentenziò Hanna, ridacchiando.
Caleb rise a sua volta.
«Tu devi andare a lezione?» chiese poi.
«Dovrei...» mugugnò lei.
«Che significa?»
«Significa che dovrei andare, ma credo proprio che non andrò.»
«Mmm... Davvero?» chiese Caleb, rivoltando Hanna sul materasso in modo che lui si trovasse sopra di lei.
Hanna annuì sorridendo, quindi Caleb la baciò dolcemente sulle labbra, tenendogli con le mani la presa sulle guance.
«Come ti senti?» le chiese subito dopo, con premura.
«Sto bene, Caleb. Non sono pentita... Lo volevo. Lo volevo da tanto tempo, a dire il vero.» ammise lei, accarezzando il viso del ragazzo.
Caleb le sorrise in maniera confortante, annuendo.
«Vuoi sapere cosa farò adesso, dopo quello che è successo stanotte, non è così?» rilanciò ancora Hanna.
Caleb sospirò.
«Hanna, ti ripeto per l'ennesima volta che non pretendo niente, ma non ti nascondo che mi piacerebbe essere il tuo uomo e non il tuo amante... In passato abbiamo provato ad avere una relazione segreta, e a dire il vero è stato tremendo, e... Vorrei tanto non doverci nascondere. Vorrei poterti tenere la mano davanti a tutti, baciarti senza doverci prima guardare le spalle, insomma, dopo quanto abbiamo aspettato per ritrovarci, e... E ti vorrei tutta per me. Non mi fa impazzire il fatto che Dave possa toccarti ed io no...» disse lui, con onestà.
Hanna si morse un labbro ed annuì. Caleb aveva ragione, ed anche a lei sarebbe piaciuto poter stare con lui senza doversi nascondere.
«Ma io ti amo, Hanna. E ti aspetterò. Non me ne andrò mai più, hai capito? Prenditi il tempo che ti serve, okay?» riprese Caleb, accarezzandola ancora.
«Okay. Vedrò di mettere a posto le cose con Dave al più presto. Anch'io voglio stare con te, Caleb.» rispose lei.
Lui annuì e la baciò nuovamente, più a lungo, finché non vennero interrotti dal cellulare di Hanna che vibrò per l'ennesima volta. Hanna si staccò dalle labbra di Caleb e con la mano afferrò il cellulare.
«Scusa, devo rispondere...» mormorò.
«È lui?» chiese Caleb.
Hanna annuì, fece un bel respiro e rispose.
«Hey...»
«Hanna, dove diavolo sei finita? Brit ha detto che non hai dormito in stanza... Ho chiamato tua madre e neanche lei sa dove sei... Allora?»
«Tranquillo, sto bene. Uhm... Spencer mi ha fatto una sorpresa ed è venuta a trovarmi, e... E abbiamo dormito a casa dei suoi zii qui a New York. È tutto okay, Dave, ora sto tornando al college...»
«Perché non hai avvertito nessuno? Ci siamo preoccupati tutti!»
«Hai ragione, mi dispiace, ma... Spencer mi ha fatto questa sorpresa e, davvero, non me l'aspettavo... Sai, era da tanto che non ci vedevamo ed ho dimenticato tutto il resto, sono un'idiota...»
«Okay, beh... Non importa, l'importante è che tu stia bene.»
«Sto bene, non preoccuparti.»
«Bene, allora ci vediamo dopo. Avvertimi quando arrivi, se ti va facciamo colazione insieme.»
«D'accordo, ciao.»
«A dopo, ti amo.»
Hanna riattaccò e sbuffò, quindi riappoggiò il cellulare sul comodino.
«Tutto okay?» chiese Caleb.
«Caleb, non posso fargli questo.»
Caleb sospirò e tornò con la schiena sul materasso, affiancando Hanna.
«Quindi?» le chiese.
Hanna sospirò a sua volta.
«Lo lascerò, devo farlo, ma...» aggiunse.
«Ma?»
«Non voglio più fare cose alle sue spalle. Non si merita bugie, né tantomeno di essere tradito.»
«Mi stai dicendo che non vuoi rivedermi prima che l'avrai lasciato?»
Hanna annuì, mordendosi un labbro.
«Credo sia la cosa migliore...» aggiunse, abbassando lo sguardo.
Caleb sospirò di nuovo, stropicciandosi gli occhi con le mani.
«Perdonami, Caleb... È che... Ho paura che se non farò tutto con la dovuta delicatezza, rischierò che Dave apprenda le cose da sé e così starà male il doppio, e... Non voglio mentirgli, e soprattutto non voglio che ricominci a bere per colpa mia. Lui ne è uscito con difficoltà, ed io lo so bene, ed è una persona fragile, e...» rilanciò Hanna, prima di essere interrotta da Caleb.
«D'accordo, Hanna. Capisco. Ti aspetterò, te l'ho detto. Ma ti prego, non metterci troppo, non riesco a stare senza di te...»
Hanna sorrise e si avvicinò al corpo di Caleb, che la accolse in un caldo abbraccio.
«Ti amo così tanto...» sussurrò Caleb, baciandole la tempia ed accarezzandole i capelli.
«Ti amo anch'io, Caleb...» rispose lei, con le labbra schiacciate contro il collo del ragazzo.
«Grazie per essere così comprensivo...» aggiunse ancora lei, alzando la testa per poterlo guardare negli occhi.
«Non devi ringraziarmi di niente...»
Hanna sorrise e restò stretta a lui in silenzio, mentre Caleb iniziò a farle un grattino sulla nuca.
«Dio, Caleb...» ridacchiò Hanna.
Caleb sapeva perfettamente quanto la facessero impazzire i suoi grattini.
«Mi sto vendicando per quanto mi hai graffiato tu stanotte...» fece lui, ridacchiando e continuando la sua opera.
Hanna rise di gusto, godendosi le milioni di meravigliose cose che le dita affusolate di Caleb sapevano espertamente fare sulla sua pelle. E che le erano tremendamente mancate.
«Mi sei mancato...» mugolò Hanna, con gli occhi chiusi dal piacere.
«Anche tu, da morire...» sorrise lui, poggiandole un bacio tra i capelli senza fermare le sue dita.
Hanna, nel frattempo, fece scendere le mani lungo il busto di Caleb, tracciando curve dai suoi pettorali ai suoi addominali con la punta dell'indice, sfiorando anche la sua vecchia cicatrice d'arma da fuoco nella zona della milza, e nel frattempo si avvicinò con il capo verso il suo collo. Mentre con le dita massaggiava il torso di Caleb, solleticandolo leggermente, iniziò a baciargli il collo, concentrando poi le labbra su un punto preciso, poco distante dal suo ben pronunciato pomo d'Adamo.
«Hanna, vuoi forse farmi impazzire?» ridacchiò Caleb.
Hanna si staccò dalla sua pelle solo per alzare la testa e sorridergli, quindi ricominciò quello che aveva interrotto poco prima. Caleb sorrise a sua volta, chiuse gli occhi e si rilassò sotto il tocco di Hanna. Ad entrambi mancavano anche queste piccole cose; i loro sdolcinati modi di darsi il buongiorno, le loro coccole tra le lenzuola appena svegli, il poter percepire l'uno il tepore del corpo dell'altra, il semplice sentirsi.
«Sai, avevo paura di quello che avresti detto non appena ti fossi svegliata...» soggiunse lui, dopo qualche minuto.
«In che senso?»
«Beh, avevo paura che avresti detto che stanotte è stato un errore, che ti fossi pentita, che non è giusto per la situazione in cui ti trovi, e che perciò ti saresti di nuovo allontanata da me...»
Hanna gli sorrise teneramente.
«Stanotte è stato più bello di quanto avessi mai potuto immaginare. Da quando ci siamo lasciati, mi sono sempre chiesta se ci sarebbe stato un giorno in cui sarebbe stato possibile ritrovarti, baciarti di nuovo, fare l'amore con te, addormentarmi e svegliarmi tra le tue braccia, e... E mi sono sempre detta che se fosse davvero successo, sarebbe stato meraviglioso, ma... Ma non pensavo fino a questo punto. Mi sei mancato da morire, Caleb. Mi è mancato tutto questo, e...  Sono stanca di tenere a freno i miei sentimenti per te. Non ho la minima intenzione di perderti di nuovo.» rispose lei.
«Anche tu mi sei mancata da morire, anche per me stanotte è stato bellissimo, e...» 
Caleb si portò sul corpo della ragazza e riprese.
«E neanch'io voglio perderti di nuovo... Mai più.»
Il ragazzo ricominciò a baciarla con impeto, ed Hanna ricambiò, ma proprio quando le lenzuola ricominciarono a scottare, la ragazza si tirò via, seppur malvolentieri.
«Ora devo andare, ho detto a Dave che l'avrei raggiunto...» disse, con una punta di amarezza.
«D'accordo.» fece lui, con la stessa amarezza nella voce.
Hanna gli accarezzò una guancia.
«Ti prometto che presto potremo stare insieme senza tutti questi problemi, dammi solo un po' di tempo...» gli sussurrò quindi.
Caleb annuì e le baciò la fronte, per poi tornare con la schiena sul materasso, quindi Hanna scoprì le lenzuola ed uscì dal letto, completamente nuda, offrendo a Caleb il suo panorama preferito. Il ragazzo sorrise quando vide Hanna chinarsi per afferrare la sua camicia e quindi mettersela addosso. Le stava talmente grande che la copriva fino a metà delle cosce.
«Posso usare il bagno?» chiese lei, voltandosi verso Caleb ed abbottonandosi uno dei bottoni centrali della camicia.
Caleb annuì e sorrise ancora di più.
«Ti sta bene la mia camicia.» aggiunse, facendole l'occhiolino e guardandola con un'espressione sognante.
Gli mancava anche solo poterla vedere con i suoi vestiti addosso. Hanna sorrise al complimento, increspando le labbra, quindi entrò nel bagno.


Caleb sospirò e si alzò dal letto, cercando i suoi boxer tra i mille capi sparsi sul pavimento della stanza. Una volta che li ebbe trovati, se li infilò, quindi sentì bussare alla porta. Rabbrividì, non immaginando di chi potesse trattarsi.
«Chi è?» chiese, titubante.
«Amico, sono Dave, hai un minuto?»
A Caleb si gelò il sangue nelle vene, non avendo la benché minima idea di cosa fosse venuto a fare Dave fino alla sua stanza.
«Uhm... Certo, solo un attimo!» rispose poi, tentando di capire cosa dovesse fare prima di aprire quella porta.
Per prima cosa, nascose i vestiti di Hanna sotto il letto, dopodiché spalancò la porta del bagno, trovando Hanna a sciacquarsi il viso davanti al lavandino.
«Che succede?» chiese la ragazza, notando l'espressione di panico sul volto di Caleb.
Lui si portò l'indice sulle labbra, segnalandole di stare zitta.
«Dave è qui fuori, mi ha chiesto un minuto. Non muoverti da qui e non parlare per niente al mondo, d'accordo?» sussurrò dunque.
Hanna lo guardò scioccata, ma annuì con decisione. Caleb annuì a sua volta, chiuse la porta del bagno e si infilò velocemente i jeans. Si passò quindi una mano tra i capelli e finalmente si decise ad aprire la porta.
«Hey!» esordì, cercando di mantenere la calma.
«Ciao, Caleb.» sorrise Dave.
«Dimmi tutto.» continuò Caleb, sorridendo cordialmente.
«Ehm... Ti disturbo, forse?»
Caleb alzò le sopracciglia.
«No, cosa te lo fa pensare?» fece dunque.
«Amico, sono un uomo anch'io. Hai il viso arrossato, i jeans sbottonati ed un enorme succhiotto stampato sul collo... Magari passo più tardi!» ridacchiò Dave.
Caleb si toccò istintivamente il collo, guardandosi poi i jeans effettivamente sbottonati. Si tirò quindi su la zip e tornò a guardare Dave, sorridendo.
«Tranquillo, non disturbi. Come posso aiutarti?» aggiunse, imbarazzato.
«Okay, uhm... Ho chiesto il numero della tua stanza al professor Norton. Avrei bisogno che mi decodificassi un programma per fare progetti di architettura, mi serve per un esame. Sai, è craccato... In realtà avremmo dovuto acquistarlo, ma costa un po' tanto per i miei gusti, così ho pensato a te... Mi sono giunte voci che tu sia un mago in queste cose, non a caso sei l'assistente di Norton così giovane... So che avrai sicuramente molto altro lavoro a cui pensare, e so anche che quello che ti chiedo non è esattamente legale, e capirei se mi dicessi di no, comunque sono disposto a pagarti!» disse d'un fiato Dave, porgendogli una chiavetta usb.
Caleb annuì ed afferrò la chiavetta.
«Nessun problema, ci penso io.» sorrise.
«Whoa, grazie mille, Caleb. Mi stai salvando... Quanto ti devo?»
«Niente, figurati.»
«Sicuro?»
«Sicurissimo. Ti farò avere il programma il prima possibile.» sorrise Caleb.
«Bene, grazie di nuovo. Toglimi solo una curiosità...» fece Dave, dandogli un giocoso buffetto sulla spalla.
Caleb annuì, incrociando le braccia al petto.
«È Molly Wiscott?» chiese il ragazzo, sorridendo maliziosamente.
Caleb scosse la testa.
«No, non è lei.» aggiunse.
«Oh, d'accordo. Sai, alla festa mi è sembrato di vederti con lei, e...»
Caleb lo interruppe.
«Ero ubriaco, Dave. Non che Molly non sia una bella ragazza, ma...»
Caleb abbassò lo sguardo, incerto su come continuare.
«Sei innamorato di questa ragazza, non è così?» gli sorrise amichevolmente Dave.
Caleb sospirò. "Sì, tantissimo, e sai, stiamo parlando della tua ragazza, e a dirla tutta anche lei ama me, da anni." pensò tra sé e sé. Si limitò ad annuire e a fargli un mezzo sorriso.
«Sono contento per te, davvero. Non voglio rubarti altro tempo, grazie del favore e buon proseguimento.» riprese Dave, congedandosi.
«Ciao, alla prossima.» concluse Caleb sorridendo, prima di chiudere la porta.
Il ragazzo sospirò profondamente ed aspettò almeno due minuti, per precauzione, prima di riaprire la porta del bagno, da dove Hanna, che aveva origliato tutto, uscì immediatamente per abbracciarlo.
«Non ti metterò mai più in una situazione così imbarazzante, Caleb, te lo giuro...» mormorò la ragazza, mentre lo stringeva.
«È tutto a posto, Han...» rispose lui, dandole un bacio sulla tempia.
Hanna si tirò via e gli sorrise, quindi si sbottonò e si sfilò la camicia, porgendogliela. Caleb restò qualche istante a fissarla imbambolato, di nuovo completamente nuda.
«Piantala di guardarmi così e voltati!» fece Hanna, arrossendo.
«Stai scherzando? Conosco alla perfezione ogni centimetro di quel delizioso corpo...» sussurrò Caleb, sorridendo malizioso.
«Mi distrai se mi guardi così... Andiamo, Caleb, voltati!»
Caleb ridacchiò e le obbedì, dunque si infilò la camicia.
«Mi dispiace davvero per quello che è successo con Dave... Capisci perché è meglio rivederci dopo che l'avrò lasciato? Non voglio che si creino situazioni così spiacevoli...» mormorò lei, mentre si infilava la minigonna.
«Già.» si limitò a rispondere lui.
Hanna, quando ebbe finito di vestirsi, fece cenno a Caleb che poteva voltarsi di nuovo, quindi il ragazzo si sedette sul letto, in silenzio, ad osservarla rimettersi a posto anche trucco e capelli.
«Sei già perfetta così...» disse Caleb, restando sul letto, continuando a guardarla incantato.
Hanna distolse per un momento lo sguardo dallo specchio per guardare Caleb e sorridergli, quindi riprese a sistemarsi e finì dopo qualche minuto. Entrambi si misero quindi davanti alla porta.
«Lascia che controlli se hai via libera...» mormorò Caleb.
Hanna annuì, quindi il ragazzo aprì piano la porta e si affacciò per il corridoio, trovandolo tranquillo. A quell'ora sarebbero praticamente stati tutti a lezione. Caleb richiuse la porta ed annuì verso Hanna, che sospirò profondamente e lo abbracciò di nuovo.
«Cercherò di fare presto, promesso...» sussurrò, stringendolo più forte.
Caleb annuì, ricambiando la stretta.
«Ti amo, Hanna...» le disse quindi, una volta che l'abbraccio si fu sciolto, guardandola negli occhi.
Hanna, a quel punto, gli diede un dolce bacio sulle labbra.
«Anch'io ti amo.» disse poi, sorridendo.
«È brutto stringerti non sapendo quando potrò farlo ancora...» ammise lui, accarezzandole una mano.
«Lo so, ma vedrai che riuscirò a risolvere tutto. Ho bisogno di un po' di tempo perché devo essere delicata con lui, ma... Ma ti prometto che non ci vorrà troppo, perché anch'io ho un disperato bisogno di te e non so quanto potrò resistere...» disse lei, stringendo in maniera rassicurante la mano di Caleb.
«Okay, ora vai o non ti lascerò più andare.» le sorrise lui, facendole l'occhiolino.
«Ci vediamo domani a lezione, d'accordo?»
Caleb annuì, sospirando al pensiero che quel domani gli sembrava un tempo estremamente lontano, quindi aprì la porta per Hanna. La ragazza avanzò, baciando la guancia di Caleb prima di sgattaiolare fuori dalla sua stanza con tutta la discrezione possibile.

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Capitolo 19
*** Saying things we haven't for a while ***





19. Saying things we haven't for a while
 
 
"Sit talking up all night, saying things we haven't for a while. You're smiling but we're close to tears, even after all these years, we just now got the feeling that we're meeting for the first time."
[For The First Time - The Script]
 
 
«Dave, hey...» esordì Hanna, una volta trovato il ragazzo seduto ad un tavolino del bar.
«Hanna...» mormorò lui, alzandosi per baciarla sulle labbra.
Hanna si sedette al tavolino con lui.
«Mi dispiace, avrei dovuto avvertirti.» aggiunse.
«Non importa... Dov'è Spencer?»
«Oh, lei è... È ripartita.»
«Di già?»
«Beh, la UPenn è un college rigido... Ha avuto un'occasione per venire a trovarmi, sai, voleva parlarmi di lei e Toby, e... E anche se per poco tempo, è voluta venire, ma oggi è già dovuta ripartire... È sempre una Hastings!»
Dave sorrise, annuendo.
«Dave, so che in questi ultimi giorni non sono stata molto presente, e...» iniziò Hanna, prima di essere interrotta da Dave.
«Tranquilla, amore. Va tutto bene.»
Hanna voleva iniziare a parlargli del fatto che non volesse più stare con lui, ma non appena vide il tranquillo sorriso del ragazzo, si sentì in colpa ed ingoiò tutto. Aveva bisogno di più tempo per dirglielo, non poteva farlo così, d'improvviso, dal nulla. Non poteva, lui era una persona fragile ed Hanna sarebbe dovuta essere delicata, molto delicata.
 
 
Era ormai arrivata la sera, ed Hanna e Caleb non si erano visti. Hanna era nella sua camera, ed aveva da poco concluso la videochiamata su Skype con le ragazze. Non aveva fatto parola su di Caleb, non ce la faceva, non ancora. Le ragazze adoravano Dave, e di certo non stravedevano per Caleb da quando aveva lasciato Hanna e se n'era andato a Ravenswood. Prima o poi ne avrebbe parlato loro, ma per il momento decise di non farlo.
Nella stanza c'era anche Brit, addormentata nell'altro letto. Brit era strana con Hanna e lei l'aveva notato; la ragazza sembrava non credere alla storia dell'improvvisa visita di Spencer che l'aveva tenuta fuori per la notte, ma al di là di questo, non si era curata di Hanna durante la giornata di lezioni, che tra l'altro aveva fatto saltare la loro tipica giornata di shopping sulla quinta strada. Non era la stessa. Non era la Brit di sempre. Avevano parlato a stento, ed Hanna non riusciva a capirne il motivo, ma alla fine si era arresa.
Si mise a letto e si coprì fino al mento, quando ad un tratto il suo cellulare iniziò a vibrare. Caleb la stava chiamando, ed il suo nome lampeggiante sul display la fece immediatamente sorridere. Si alzò dal letto stando attenta a non svegliare Brit e si chiuse in bagno, quindi rispose.
«Caleb...»
«Hey... Scusami, lo so che è tardi, ma... Avevo bisogno di sentire la tua voce.» replicò lui.
La ragazza sorrise alle sue parole.
«Felice di accontentarti.» aggiunse.
Caleb sorrise allo stesso modo, salvo poi sospirare profondamente.
«Vorrei che fossi qui con me...» disse poi, con un pizzico di amarezza nella voce.
«Anche a me piacerebbe essere lì con te, lo sai...» ammise lei, mordendosi un labbro.
«Allora vieni qui.»
Hanna si morse il labbro più forte, tentata dalle parole di Caleb. Avrebbe voluto accontentare quella richiesta con tutto il cuore, ma non voleva tradire Dave di nuovo. Non voleva fare l'amore con Caleb e sentirsi in colpa. Doveva prima lasciare Dave.
«Non posso, Caleb.» disse semplicemente.
«Hanna... Mi manchi sempre di più, ogni secondo che passa... Mi sembra di impazzire... Non riesco a smettere di pensare alla tua pelle...»
Hanna poteva sentire tutta la repressione sessuale nelle parole di Caleb. E questo le rendeva il rifiuto ancora meno facile.
«Non è facile nemmeno per me, credimi... Ma sai che lo faccio per rispetto di Dave. Fa impazzire anche a me non poter essere lì con te, ma ti giuro che sistemerò tutto...» rispose con sincerità.
«D'accordo... Comunque grazie ancora per avermi fatto vivere un compleanno così bello... Anzi, indimenticabile.»
Ad Hanna tornò immediatamente il sorriso. Caleb era fin troppo comprensivo. La amava da morire. Hanna ne era pienamente consapevole e al solo pensiero le veniva il batticuore, visto che anche lei lo amava allo stesso modo. 
«Non ringraziarmi. Meriti che ogni tuo giorno sia bello come lo è stato quello del tuo compleanno!» fece dunque.
«Devo dire che le M&M's sono state davvero un'ottima mossa!»
«Oh, lo so. D'altra parte, l'amore è un po' come la cioccolata...»
Caleb, nella sua stanza, aggrottò le sopracciglia.
«Che vuoi dire?» chiese quindi, perplesso.
«Beh, prendi la cioccolata. Sai che ti farà ingrassare, ma alla fine la mangi lo stesso perché è troppo buona. Sì, insomma... Cedi. E l'amore... Sai che ti farà soffrire, ma alla fine ti ci butti lo stesso. E lo fai perché amare ti rende vivo. Perché per l'amore vale la pena pagare qualsiasi prezzo. Ecco perché l'amore è come la cioccolata. Malgrado abbiano i loro contro, noi non sappiamo resistere ai loro pro.»
Caleb fece un tenero sorriso.
«Stai ancora cercando di capire quello che ti ho detto o cosa?» chiese Hanna, notando svariati secondi di silenzio.
«No, ho... Ho capito. E mi sembra un qualcosa di estremamente dolce. Mi hai paragonato alla cioccolata o sbaglio?»
«Più o meno... Ti ho detto che per te vale la pena pagare qualsiasi prezzo. E... E che non so resisterti.»
Caleb ridacchiò.
«Beh, grazie. E non solo per questa storia della cioccolata... Grazie di tutto, Hanna.» aggiunse.
«Ti ho già detto che non devi ringraziarmi di niente...»
«Perché non dovrei ringraziarti? Sei la persona più speciale che io conosca e nessuno mi ha mai dedicato tante attenzioni come te... Se sono quello che sono oggi, devo ringraziare solo e soltanto te.»
Hanna si lasciò sfuggire un sorriso.
«Non ringraziarmi, perché tutto quello che ho fatto, l'ho fatto perché ti amo.» aggiunse, lasciando parlare il suo cuore.
Caleb si aprì nel più grande dei suoi sorrisi a quelle parole.
«Ti amo anch'io, principessa. Mi mancava sentirtelo dire... Ma occhio che se continui con queste smancerie, rischi che corro davanti alla tua stanza, sfondo la porta, entro e ti salto addosso!»
Hanna rise.
«Ammettilo che la mia idea ti piace, avanti...» continuò lui.
«Mi piace fin troppo, quindi cerchiamo di evitare...»
«Dio, ti voglio abbracciare... Le mie lenzuola profumano ancora di te...»
Hanna si morse un labbro. Poté sentire la stessa repressione sessuale di poco prima a quell'intervento, e dire che era tentata di correre da lui è un eufemismo.
«Beh, prendi il lato positivo... È come se fossi lì con te, allora...» disse semplicemente, continuando a mordicchiarsi il labbro.
«Preferirei che ci fossi tu tra le mie lenzuola, non solo il tuo profumo...»
Hanna rise di tenerezza.
«Lo so, ma prova ad accontentarti.» soggiunse.
«È strano... Sembra che siamo lontani chilometri... Sembra una delle nostre telefonate di quando io ero in California e tu a Rosewood. E invece siamo a due passi l'uno dall'altra e non possiamo neanche sfiorarci...»
«Hai ragione. So che ti sto chiedendo troppo, Caleb...»
«Non mi stai chiedendo troppo. Io ti aspetterò, solo che è difficile starti lontano. Mi manchi anche se non ci vediamo solo da stamattina... Tutto qua.»
«Mi manchi anche tu...»
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi fu Caleb a riprendere a parlare.
«Sai, quando stamattina mi sono svegliato con te tra le braccia, avrei voluto fermare il tempo...»
«Sarebbe bello potersi svegliare sempre così...» rispose Hanna, sorridendo.
«Beh, allora sposiamoci.» improvvisò Caleb, mordendosi un labbro.
Hanna si morse un labbro allo stesso modo, contenendo un sorriso che le avrebbe fatto spuntare delle fossette enormi.
«Me l'hai proposto anche quando eravamo a casa di mia madre e tu eri ubriaco...» replicò semplicemente.
«Davvero?»
«Giuro!»
«E... Qual è stata la tua risposta?» domandò dunque lui, increspando le labbra, curioso.
«Credi davvero che accetterei di sposarti senza che tu ti sia inginocchiato davanti a me con un anello di Tiffany?» ridacchiò Hanna.
«Certo, l'hai detto tu che non sai resistermi... E poi, mi ami.» replicò Caleb, con sicurezza.
Hanna arrossì e ringraziò il fatto che fossero al telefono e che Caleb non se ne potesse accorgere.
«Di queste cose non si parla per telefono, Rivers...» mormorò, non sapendo come altro rispondere.
«Eviti di rispondere, eh?»
Dio, la conosceva troppo bene.
«Sai che c'è, Caleb? Si è davvero fatto tardi e domani alle otto e mezza abbiamo lezione di informatica, quindi... Direi che è arrivato il momento della buonanotte!» replicò Hanna.
Caleb ridacchiò, scuotendo la testa, quindi rispose.
«D'accordo, come vuoi. Ma sappi che torneremo sul discorso!»
Hanna, dall'altro lato della cornetta, si lasciò sfuggire una risata.
«Buonanotte, piccola... Ti amo.»  sussurrò quindi Caleb, sorridendo.
Hanna sorrise allo stesso modo. Le era mancata quella buonanotte, altroché.
«Ti amo anch'io... Sognami!» rispose, sempre con il sorriso stampato in faccia.
«Beh, allora non saranno sogni tanto casti...» azzardò Caleb.
«Buonanotte!» tagliò corto Hanna, ridacchiando.
«A domani, principessa. Un bacio.» concluse Caleb, prima di riattaccare.
 
 
L'indomani, Hanna fu svegliata da un messaggio di Caleb, ovviamente.
 
Caleb - 07:46; Buongiorno, amore... Alzati, preparati e non fare tardi che oggi ci rivediamo :)
 
Hanna - 07:48; Buongiorno a te :) mi hai svegliata anche stamattina, complimenti ;)
 
Caleb - 07;49; Vatti a preparare, ti aspetto in aula, c'è una sorpresa ;)
 
Hanna - 07:50; Ci metto un attimo, allora :)
 
Hanna si alzò dal letto e chiamò Brit.
«Hey, dormigliona... Abbiamo informatica...» mormorò, picchiettando sulla sua spalla.
«Non credo di venire. Non mi va.» replicò lei, senza voltarsi.
Hanna increspò le labbra, annuendo in silenzio. Era chiaro che Brit ce l'avesse con lei, anche se Hanna davvero non riusciva a capirne il motivo.
«Brit, cosa ho fatto di sbagliato?» chiese allora, sospirando.
Brit si voltò e si tirò su.
«Perché non mi hai detto che vai a letto con Caleb Rivers?»
Hanna rabbrividì.
«C-cosa?» balbettò dunque, incredula.
«Non fare la finta tonta, Hanna. Stai prendendo in giro Dave...  E lui non se lo merita. Prima il tuo ex di Rosewood, ora l'assistente di Norton... Stai giocando a fare la troia o cosa? Potevi almeno dirmi di Caleb... Pensavo ci dicessimo tutto, io e te... Non ho detto nulla a Dave, se è questo che ti preoccupa. Non so se tu te la sia fatta anche con Calvin oltre che con Caleb, ma sappi che il tuo ragazzo non merita tutto questo, e... Ed io conoscevo una persona molto più onesta e leale di quella che ho davanti adesso. Sono semplicemente delusa, Hanna. Tutto qua. Ma tu puoi fare quello che vuoi, a me non interessa... Non più.»
Hanna prese un bel respiro.
«Tra me e Caleb le cose sono molto più complicate, Brit, e se vuoi ti spiego tutto, e...» iniziò, prima di essere interrotta.
«No, Hanna. Non mi interessa. Tu sapevi che Caleb mi piaceva, e sapevi che piaceva anche a Molly. Hai finto di avere già abbastanza problemi di cuore per avere il via libera con lui, eh?»
«Dimmi almeno come sai di me e Caleb...»
«Me l'ha detto Molly.»
Hanna aveva dimenticato il piccolo particolare che Molly l'avesse vista sulla porta della stanza di Caleb. Prima di poter rispondere qualcosa, fu Brit a continuare.
«La sera della festa della NYU, ricordi? Io stavo ballando con un tipo, tu stavi ballando con Dave, e Molly stava ballando con Caleb. All'improvviso, Caleb è corso via da lei, e guarda caso sei sparita anche tu, praticamente nello stesso momento. Lì per lì non ci avevo neppure fatto caso, ma poi Molly mi ha fatto cenno di avvicinarmi, e... E mi ha detto che Caleb era ubriaco, e che mentre stavano ballando, lui l'ha chiamata "Hanna". È stato allora che ho iniziato a mettere insieme i pezzi. Ecco perché a lezione vi guardavate e vi sorridevate. Ecco con chi messaggiavi durante le sue lezioni, altro che Dave o Calvin. Ecco perché ogni tanto sparivi dalla stanza. Ma sai, ho provato a pensare che fosse tutta una strana coincidenza, perché non pensavo che davvero mi avessi nascosto una cosa del genere. Fino all'altro giorno. Tu sei venuta qui a piangere, ed io pensavo che fosse per Dave o per Calvin, o magari per la tua solita indecisione tra i due... Poi sei scappata di nuovo, e poco dopo è venuta a trovarmi Molly. Mi ha raccontato di essere andata da Caleb, di aver provato a risolvere la loro questione rimasta in sospeso dalla sera della festa, ma di aver fallito miseramente. E mi ha raccontato anche di averti vista davanti alla porta della stanza di Caleb, prima che lei ne uscisse. E guarda un po', quella sera non sei rientrata in stanza per la notte. Non mi sembra difficile indovinare con chi eri, sbaglio forse?»
Hanna si morse un labbro, spiazzata.
«Sì, ero con Caleb. Sono innamorata di lui, Brit. Ma ci sono tante cose che non sai...» aggiunse.
«Già. Non ti riconosco più, Han. Innamorata di una persona che hai visto per la prima volta più o meno quindici giorni fa? Innamorata mentre sei fidanzata con un altro e ti vedi con un altro ancora?»
«Conosco Caleb da anni. È lui il mio ex di Rosewood, non esiste nessun Calvin.» sbottò Hanna.
Brit aggrottò le sopracciglia.
«Come puoi pretendere che ti creda?» soggiunse.
Hanna sospirò, prese il suo cellulare ed andò tra le foto, mostrando a Brit quella che la ritraeva con Caleb anni prima, quella che le aveva mandato lui, che l'aveva impostata come sfondo del suo pc.
«Qui ha i capelli più lunghi e non ha i baffi. È di tre anni fa, più o meno.» aggiunse Hanna, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso alla vista della foto.
Brit osservò la foto e si accorse che effettivamente quello era davvero Caleb Rivers, qualche anno prima.
«Perché mi hai raccontato di Calvin, allora?» chiese quindi, porgendo il cellulare indietro ad Hanna.
«Mi imbarazzava a morte il fatto che Caleb fosse l'assistente del nostro professore, e... E mi imbarazzava anche che lui ti piacesse così tanto. Ma tutto quello che ti ho raccontato riguardo Calvin è vero, semplicemente, il vero soggetto è Caleb. Calvin... Calvin è semplicemente un nome inventato, tutto qua. Ma è vero che lui è il primo vero ragazzo che ho avuto, è vero che la mia prima volta è stata con lui, è vero che non immaginavo neanche lontanamente di ritrovarmelo davanti dopo due anni, è vero che quel biglietto sotto la porta era suo, è vero che mi sono incontrata con lui per quel caffè, è vero che mi ha comprato le rose a Times Square. È tutto vero. Scusami, Brit, se ti ho nascosto che fosse lui il mio ex, ma... La verità è che io stessa dovevo abituarmi alla sua presenza nella mia vita un'altra volta, nella veste dell'assistente di un mio professore, poi... Non ho detto a nessuno che Caleb è tornato nella mia vita; né ad Aria, Spencer o Emily, né tantomeno a mia madre... A nessuno che possa conoscerlo o meno. Le cose stanno così, Brit.»
Brit sospirò.
«Da quanto tradisci Dave con lui?» chiese dopo qualche istante.
«È successo solo l'altra notte. È successo tutto l'altra notte. Prima di allora, non c'era stato neanche un bacio, Brit. Solo che... Solo che io sono innamorata di lui, come lo sono sempre stata, e lui è innamorato di me, come lo è sempre stato. Noi non ci siamo mai dimenticati. E l'altra notte è successo tutto così in fretta, e... E mi sento in colpa verso Dave, ma... Ma io volevo Caleb e non ho potuto oppormi ai miei sentimenti, non più. Ma ho preso la decisione di lasciare Dave, anche se so che dovrò essere delicata con lui, e finché non l'avrò fatto, tra me e Caleb non succederà niente alle sue spalle. Devo prima lasciare Dave, e poi tornerò definitivamente con Caleb, perché è con lui che voglio stare, e ne ho la totale certezza, Brit. Questa è tutta la verità.»
Brit sospirò.
«Wow...» aggiunse.
«Mi dispiace che tu ce l'abbia con me, davvero...» ribatté Hanna.
«Non importa, Han. Sei in una situazione incasinata, ora capisco perché tu non me ne abbia parlato... Se ti serve conforto, io per te ci sono.» sorrise allora lei.
Hanna sorrise a sua volta e abbracciò Brit, che ricambiò.
«Ti chiedo solo di non dire nulla a Dave, devo farlo io e ti assicuro che le farò presto perché non voglio ingannarlo...» mormorò Hanna.
«Non preoccuparti...» rispose Brit.
Hanna le sorrise con riconoscenza.
«Ma a Molly non sei molto simpatica, non per allarmarti, ma... Lei ha già le idee chiare su te e Caleb, e...» continuò Brit.
Hanna la interruppe, impanicata.
«Pensi che possa parlarne a Dave?»
«Potrebbe. Non credo di poter fare molto per impedirglielo. Anche se secondo me Dave non le crederebbe, ma... È davvero meglio che tu metta tutto a posto in fretta, prima che sorgano spiacevoli inconvenienti.» 
Hanna si morse un labbro ed annuì.
«Hai ragione. Beh, vieni a lezione adesso?» aggiunse, con un piccolo sorriso.
Brit sorrise a sua volta.
«Mio fratello è tornato dalla missione in Afghanistan, oggi ho solo bisogno di stare con lui... Sono sicura che starai bene anche senza di me con il tuo bel Rivers!» rispose.
Hanna abbracciò nuovamente Brit.
«Sono contenta per Kevin...» aggiunse.
Kevin, il fratello di Brit, era un giovane arruolato nei marines e trascorreva gran parte dell'anno all'estero, impegnato in diverse missioni. Brit lo adorava, e non appena Kevin tornava in città, cancellava qualsiasi impegno potesse avere per stare con lui, com'era giusto che fosse.
Brit sorrise nuovamente, quindi Hanna si preparò impazientemente per andare a lezione da Caleb. 
Mentre si truccava, le squillò il cellulare. Era sua madre.
«Hey, mamma...» rispose Hanna, con il telefono incastrato tra una spalla ed un orecchio per permettere ad entrambe le sue mani di dedicarsi al make-up.
«Hanna, dobbiamo parlare.» replicò Ashley, senza troppi convenevoli.
«Che succede?»
«Dovresti dirmelo tu. Dovresti forse spiegarmi perché l'altra notte Dave mi ha chiamato per chiedermi dove tu fossi, visto che non eri in camera tua e neppure la tua compagna di stanza sapeva che fine avessi fatto. Dove diavolo eri finita? E soprattutto, dovresti spiegarmi perché Dave mi ha chiesto se mi fossi ripresa dopo il mio malore della scorsa settimana. Immagino che tale malore sia stata una tua frottola per giustificare una tua scappata chissà dove... Allora?»
Hanna si morse un labbro. "Merda." pensò.
«Uhm, mamma... Finite le lezioni, vengo da te e ne parliamo. Posso spiegarti tutto...» disse Hanna, incerta su come effettivamente avrebbe spiegato tutto.
«Ci conto.» replicò Ashley, riattaccando subito dopo, di nuovo senza troppi convenevoli.
Hanna appoggiò il cellulare sul lavandino e sbuffò. Forse era ora di chiarire tutto con tutti.

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Capitolo 20
*** Taking your time ***





20. Taking your time
 
 
"Baby, baby, please believe me, find it in your heart to reach me, promise not to leave me behind. Take me down but take it easy, make me think but don't deceive me, torture me by taking your time."
[If I Never See Your Face Again - Maroon 5 feat. Rihanna]
 
 
Hanna entrò nell'aula dove si sarebbe tenuta la lezione di informatica. Norton e Caleb non erano ancora arrivati. Prese posto e si guardò attorno, constatando che Molly non ci fosse. D'un tratto, le vibrò il cellulare. Era Dave.
 
Dave - 08:33; Io finisco alle 2. Pranziamo insieme, ti va? :)
 
Hanna sospirò prima di rispondere.
 
Hanna - 08:35; Non posso, devo assolutamente passare da mia madre. Ci vediamo stasera.
 
Aggiunse quell'ultima frase perché avrebbe voluto parlargli, quella sera. Parlargli di tutto.
Tutte le sue riflessioni furono interrotte dall'ingresso di Caleb nell'aula, senza Norton. Subito i due trovarono uno scambio di sguardi, e si sorrisero. Caleb prese poi il microfono, si schiarì la voce e fece una comunicazione.
«Buongiorno a tutti, ragazzi. Il professor Norton è malato, perciò oggi vi dovrete accontentare unicamente di me, anche se non avendo una laurea, non posso farvi lezione da solo. Così, per coloro che vogliono, ho pensato che potremmo andare insieme nell'aula computer a provare qualche programma per il disegno di bozzetti.»
Ecco qual'era la "sorpresa" di Caleb; il fatto che a lezione ci sarebbe stato solo lui, così da poter interagire con i suoi allievi e allieve, una in particolare. I ragazzi dell'aula furono ben contenti della notizia, esultando per il fatto che Norton non ci fosse e per il fatto che finalmente ci si poteva divertire un po' con i computer. Hanna era felice unicamente per il fatto che Caleb fosse lì, nient'altro.
«Bene, andiamo.» concluse Caleb, mentre tutti si alzarono dalle loro sedute per raggiungere l'aula computer.
Hanna fece per alzarsi, ed in un battibaleno ricevette un sms proprio da Caleb.
 
Caleb - 08:40; Esci dal retro, corri in aula computer e siediti alla scrivania in fondo. Non fare domande ;)
 
Hanna ghignò, e prese l'uscita secondaria per raggiungere l'aula computer prima di tutti, che invece stavano uscendo dall'uscita principale con Caleb, così da poter impossessarsi dell'ultima scrivania in fondo, come le aveva detto lui.
E così fu.
Arrivò in aula prima di tutti, quindi si accomodò senza problemi dove le aveva indicato Caleb. Il ragazzo entrò appena dopo, notando Hanna in fondo all'aula e strizzandole l'occhio. Di lì, entrarono tutti gli altri allievi, che rapidamente presero posto alle altre scrivanie. Ad Hanna vibrò nuovamente il cellulare.
 
Caleb - 08:44; Ben fatto, principessa ;)
 
Hanna alzò lo sguardo e gli sorrise largamente, salvo poi ricordarsi che doveva ancora dirgli che Brit sapeva tutto, che Molly sapeva abbastanza, che Dave avrebbe potuto sapere e che sua madre aveva iniziato a fare troppe domande. E anche che aveva provato a parlare a Dave per lasciarlo, che non ci era riuscita, ma che intendeva farlo la sera stessa. Rispose allora al messaggio.
 
Hanna - 08:46; Dobbiamo parlare di alcune cose...
 
Caleb - 08:47; Più tardi, ora facciamo un gioco...
 
Hanna aggrottò le sopracciglia verso Caleb, seduto dall'altra parte dell'aula, al computer principale.
 
Hanna - 08:48; Cioè?
 
Caleb - 08:49; Aspetta e vedrai :P
 
Hanna scosse la testa, ridacchiando tra sé e sé. Caleb era imprevedibile, ed era chiaro che il suo "gioco" c'entrava con il fatto che l'avesse fatta sedere in fondo all'aula, lontana da occhi indiscreti.
 
 
Caleb iniziò a passare in rassegna ad uno a uno tutti i computer, parlando con i ragazzi e dando loro delle dritte su come usare i programmi per disegnare. Con alcuni scambiò solo un'occhiata, ad altri dedicò qualche istante di conversazione, ad altri ancora si accomodò vicino per svariati minuti per spiegare qualcosa, finché non raggiunse il computer dov'era Hanna, impegnata a fare un solitario. Caleb ridacchiò piano, per poi guardare Hanna.
«Marin, avevo detto di disegnare bozzetti, non di giocare a carte...» sussurrò, alzando le sopracciglia.
«Hai detto tu che stiamo facendo un gioco...» ribatté Hanna a bassa voce, sorridendo maliziosamente.
Caleb si morse un labbro annuendo, per poi accomodarsi sulla sedia libera al fianco della ragazza.
«Caleb, ti devo parlare...» riprese Hanna.
«Non adesso.» sentenziò lui, guardandola negli occhi.
Hanna lo guardò con aria interrogativa, quindi Caleb sollevò il capo e controllò che tutti i ragazzi fossero presi con i loro bozzetti. Era fin troppo facile distrarli e farli dimenticare del giovane assistente. Constatato che nessuno si stesse chiedendo dove fosse finito, Caleb allungò una mano sotto la scrivania per raggiungere il ginocchio di Hanna, per poi sgusciare senza troppe esitazioni sulla sua coscia nuda, lasciata scoperta dal corto vestitino verde smeraldo che la ragazza indossava quel giorno. Hanna sussultò di poco, mentre Caleb le accarezzò delicatamente la pelle.
«Ottimo bozzetto, signorina...» fece lui a voce alta, disinvolto.
Hanna lo guardò come per chiedergli di smettere, ma in realtà il suo tocco era troppo piacevole ed Hanna avrebbe voluto che non la smettesse mai. Infatti non fece nulla per fermarlo, se non chiudere gli occhi ed increspare le labbra, godendosi le piccanti carezze di Caleb. Il ragazzo si guardò nuovamente intorno; erano ancora tutti impegnati con i loro lavori. Abbassò quindi la testa in modo da essere coperto dal monitor del computer, e raggiunse il collo di Hanna, che iniziò a baciare lentamente, mentre continuava a far vagare la sua mano sulla gamba di Hanna, ora sull'interno coscia. Hanna cominciò a respirare velocemente; sarebbe voluta saltare addosso a Caleb e fregarsene di qualsiasi cosa, ma non era proprio il caso.
«Dio, quanto mi sei mancata...» bisbigliò Caleb, continuando ad estasiare Hanna come poteva.
«Come si chiama questo fottuto gioco?» chiese Hanna in un sussurro, lasciandosi sfuggire un sorrisetto di piacere.
Caleb si fece strada con una catena di piccoli baci per risalire dal suo collo, dunque le morse dolcemente il lobo dell'orecchio, per poi portarsi di fronte ai suoi occhi.
«Prova di resistenza...» sussurrò, mordendosi un labbro.
«È il tuo modo di punirmi per aver preso tempo per lasciare Dave o cosa?» rispose Hanna, sempre con un tono di voce basso.
«È il mio modo per dirti che l'attesa aumenta il desiderio...» replicò Caleb in un sussurro, lasciando esplorare alla sua mano i meandri più proibiti del perfetto corpo di Hanna.
Hanna sospirò e reclinò leggermente la testa all'indietro. Quella "prova di resistenza" per lei era quasi una tortura. Desiderava Caleb almeno quanto lui desiderava lei, ma non poteva certo abbandonarsi all'impulso che ogni cellula del suo corpo reclamava, sia perché al momento erano in un'aula colma di altri ragazzi, e sia perché aveva promesso a se stessa di non fare più torti a Dave fin quando non avesse messo le cose in chiaro con lui.
«Caleb...» sussurrò in un mugolio, sentendo di non poter più reggere la situazione.
Caleb ridacchiò piano, dandole poi un bacio sulla guancia e staccando anche le mani dal suo corpo. Si alzò quindi dalla sedia, leccandosi le labbra.
«Tutto chiaro, signorina?» disse dunque, a voce alta.
Hanna si ricompose nel giro di un attimo.
«Certo, grazie.» soggiunse seria.
Caleb annuì sorridendo, quindi si accovacciò nuovamente accanto ad Hanna.
«Questo era giusto un assaggio per farti capire cosa ti stai perdendo... Ti aspetto, amore...» le sussurrò con voce rauca in un orecchio, prima di rialzarsi e tornare al suo computer.
Hanna si morse un labbro mentre lo guardava ripercorrere l'aula disinvolto. Doveva davvero muoversi a lasciare Dave, non poteva più resistere senza di Caleb.
 
 
Finita la lezione, Hanna raggiunse Caleb, per dirgli tutto quello che aveva scoperto da Brit.
«Hey, ti è piaciuto il gioco?» esordì lui, spavaldo, con un sorrisetto malizioso.
Hanna alzò gli occhi al cielo, sospirando.
«Sei sadico e completamente fuori di testa...» aggiunse.
Caleb ridacchiò, rimettendo la sua roba nella sua valigetta di cuoio.
«Di cosa devi parlarmi?» riprese, con più serietà.
«Brit sa di noi.» disse Hanna, diretta.
«Oh...»
«Non sono stata io a dirglielo, l'ha fatto Molly. Io le ho solo messo in chiaro le cose, visto che pensava che mi stessi frequentando con tre ragazzi e che stessi giocando alla troietta...»
Caleb aggrottò le sopracciglia.
«Molly? Tre ragazzi?» domandò dunque, confuso.
Hanna prese un bel respiro e gli spiegò tutto per filo e per segno.
«Beh, la cosa più bella che tu mi abbia detto in tutto ciò è il fatto che mi avevi personificato con il nome con cui mi chiamavano i miei vecchi genitori affidatari... È assurdo che tu te lo sia ricordato!» soggiunse lui subito dopo, ridacchiando.
Hanna sorrise, quindi gli raccontò anche qualcos'altro.
«Sai, ieri ho provato a parlare a Dave, ma... Ma non sono riuscita a dirgli niente, però... Stasera gli racconterò tutto, te lo prometto.»
Caleb fece spallucce.
«Hanna, so che non è facile. Non ti nascondo che non vedo l'ora che tu lo faccia, ma... Ma non devi aver paura che io me ne vada perché non ancora l'hai lasciato, perché non lo farò. Sono qui e non me ne andrò stavolta, anche se non poterti toccare è alquanto difficile...»
«Mi hai toccata comunque, sbaglio?» ribatté Hanna, alzando un sopracciglio.
Caleb ghignò.
«Ho fatto un piccolo strappo alla regola, sei irresistibile...» aggiunse, facendole l'occhiolino.
Hanna arrossì leggermente, nascondendo il suo imbarazzo dietro una risata, come sempre.
«C'è ancora dell'altro che devi sapere...» continuò, tornando nuovamente seria.
Caleb la guardò con aria interrogativa, e prima che potesse dire qualcosa, ad Hanna vibrò il cellulare. Era sua madre. La ragazza rispose davanti a Caleb.
«Mamma, ho appena finito. Prendo un taxi e sono da te.» disse tutto d'un fiato.
Caleb aspettò che riattaccasse, dunque si fece avanti.
«Quello che devi dirmi c'entra con Ashley?»
Hanna sospirò e si morse un labbro.
«Te la sentiresti di venire con me da lei?» azzardò Hanna.
«Cosa?» ribatté Caleb, spiazzato.
«Ha capito che nascondo qualcosa. Lei ti conosce, sa che io non ti ho mai dimenticato, e... E per quanto voglia bene a Dave, per lei tu sei sempre stato come un figlio. È giusto che lei sappia, Caleb. Le racconterò tutto, e mi farebbe piacere che ci fossi tu al mio fianco.» 
Caleb sospirò.
«Mi assicuri che non tenterà di uccidermi?» soggiunse poi, alzando le sopracciglia.
Hanna sorrise.
«Te lo assicuro.» aggiunse, prendendogli una mano.
Caleb sorrise, per poi lanciare un'occhiata alla porta dell'aula, aperta.
«Dave finisce le lezioni alle due, non c'è pericolo che passi di qui, tranquillo.» fece Hanna, notata l'allerta di Caleb.
Il ragazzo annuì, alzando poi le loro mani unite per lasciare un bacio sul dorso di quella di Hanna.
«Sei sicura che dire a tutti di noi tranne che a Dave sia una buona idea?» chiese quindi.
«Caleb, di Brit mi fido, e qui stiamo parlando di mia madre, non di "tutti". Se le mentissi, lo capirebbe, e non mi va di nasconderle il fatto che voglio stare con te. E poi, con Dave parlerò stasera, costi quel che costi. Non voglio che quello che proviamo l'uno per l'altra sia un segreto...»
«Okay.» sorrise Caleb.
Hanna ricambiò, quindi il ragazzo lanciò un'altra occhiata alla porta dell'aula prima di dare un bacio delicato sulle labbra di Hanna, che subito si tramutò in qualcosa di meno innocente. Hanna si tirò via dopo qualche istante.
«So che non vuoi che succeda più niente alle spalle del tuo "ancora-per-poco ragazzo", ma se ti avvicini così tanto...» disse Caleb, sorridendo malizioso.
Hanna sospirò di resa.
«Per oggi abbiamo fatto fin troppi strappi alla regola, Rivers...» aggiunse.
Caleb annuì, accarezzandole una guancia.
«Allora, sei pronto per affrontare la cara vecchia signora Marin?» riprese Hanna, sorridendo.
«Per te sono pronto a tutto.»
Hanna ridacchiò, per poi accarezzarlo a sua volta.
«Adesso io esco e prendo un taxi. Tu aspetta qualche minuto per precauzione e poi raggiungimi, farò aspettare il taxi in strada, d'accordo?» aggiunse.
Caleb annuì, dunque Hanna gli sorrise e si diresse verso l'uscita dell'aula, e quindi verso l'uscita del college, mentre Caleb aspettò una manciata di minuti nell'aula. Contato qualche secondo, anche lui uscì dall'aula e successivamente dal college, entrando nel taxi dove lo stava aspettando Hanna.

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Capitolo 21
*** Nobody said it was easy ***





21. Nobody said it was easy
 
 
"Nobody said it was easy, it's such a shame for us to part. Nobody said it was easy, no one ever said it would be this hard. Oh, take me back to the start."
[The Scientist - Coldplay]
 
 
«Hai pensato a come dirglielo?» chiese Caleb, tenendo stretta la mano di Hanna nel tragitto in taxi.
«Ovviamente no, ma credo che non ci vorranno molte parole una volta che ti avrà visto con me...»
Caleb annuì.
«Sei nervoso?» chiese Hanna.
«A dire il vero, un po' sì...» ammise Caleb, mordendosi un labbro.
Hanna sorrise; in quel momento, Caleb le fece una gran tenerezza.
«Hey, mia madre ti adora, fidati di me.» gli disse, accarezzandogli il dorso della mano con il pollice.
«Ed io adoro lei, ma... Ma per lei, io sono lo stronzo che ti ha lasciata per un'altra, dopo tutto quello che tu avevi fatto per me, ed io non l'ho nemmeno mai salutata, quando lei mi aveva praticamente accolto come un figlio in casa sua, e...»
Hanna lo interruppe.
«Sta' tranquillo, lascia parlare me. È mia madre, è sempre lei, e tutto quello che desidera per me è che io sia felice. E per essere felice, io ho bisogno solo di te, Caleb. Apprezzo molto che tu abbia accettato di venire con me da lei, davvero. Anche se te la stai facendo sotto...» soggiunse infine, sorridendo.
Caleb sospirò, sorridendo a sua volta e scuotendo la testa, per poi tirare a sé Hanna e stringerla al suo petto. Guardò fuori dal finestrino i contorni di New York, mentre intrecciava alle dita i biondi capelli di Hanna.
«Ci sono andata pesante, eh?» soggiunse improvvisamente Hanna.
«Di che parli?» ribatté Caleb, confuso.
«Di questo...» rispose Hanna, passando l'indice sul segno delle sue labbra sul collo di Caleb, ancora perfettamente visibile.
Il ragazzo ridacchiò, baciandole la testa.
«Abbastanza...» aggiunse.
«Però sembrava che mentre ero all'opera ti piacesse...»
«Chi ha detto il contrario?»
Hanna ridacchiò.
«Potremmo partire da questo per spiegare a tua madre come stanno le cose, non trovi?» scherzò Caleb.
Hanna rise nuovamente.
«Non penso sia una buona idea... Se mia madre sapesse che ho fatto sesso all'interno del college, potrebbe dare di matto!» aggiunse, sorridendo.
«Ma è stato bello, no?» azzardò Caleb, accarezzandole le spalle.
«Chi ha detto il contrario?»
Caleb ridacchiò nuovamente, quindi si chinò per baciare il collo di Hanna.
«Caleb...» lo riprese lei.
«Stavo pensando che... Oggi... Abbiamo fatto tanti strappi alla regola... Quindi... Arrivati a questo punto... Tanto vale darci un taglio netto... Almeno per oggi... No?» bisbigliò Caleb, tra un bacio e un altro.
Hanna sorrise, portando una mano tra i capelli di Caleb.
«No...» gli sussurrò in un orecchio.
Caleb mugolò di disapprovazione.
«Ti voglio, Hanna...» continuò.
Hanna sospirò e gli prese il viso tra le mani.
«Caleb... Punto primo, siamo in un taxi; punto secondo, anch'io ti voglio, ma quello che non voglio è che tu faccia la parte dell'amante; e punto terzo, dobbiamo essere presentabili per andare da mia madre. Se tutto va bene, domani potremo fare tutto quello che vuoi...» soggiunse, bisbigliando.
Caleb si morse un labbro.
«Okay...» sussurrò, rimettendosi composto contro lo schienale del suo sedile.
«Ti prometto che sarà valsa la pena di aspettare...» aggiunse poi lei, strizzandogli l'occhio.
Caleb le sorrise, quindi le riprese la mano e la strinse.
«Sai, riguardo invece a quello di cui parlavamo ieri notte...» riprese il ragazzo.
«Cosa?» fece la finta tonta Hanna, pur sapendo benissimo a cosa Caleb si stesse riferendo.
«Del nostro matrimonio!»
Hanna si lasciò andare ad una fragorosa risata.
«Rivers... Niente diamante, niente matrimonio. Mettitelo bene in testa...» aggiunse, dandogli un pizzicotto sul braccio.
Caleb fece per dire qualcosa, ma fu interrotto dalla suoneria del cellulare di Hanna. La ragazza lo tirò fuori dalla sua borsa, e sul display lesse il nome di Dave, che vide chiaramente anche Caleb. Hanna sospirò e cercò i suoi occhi.
«Rispondi.» proferì lui, tranquillo.
Hanna annuì e rispose alla chiamata.
«Hey...» esordì, mordendosi un labbro.
«Hanna, io... Ho bisogno di te...» farfugliò Dave.
Sembrava sconvolto, ed Hanna ebbe l'impressione che stesse piangendo.
«Dave, che ti prende? Cos'è successo?» riprese Hanna, un po' preoccupata.
«Mio padre... Mio padre, Han...»
Hanna sentì il sangue gelarsi nelle sue vene.
«Cosa, Dave?» continuò, non volendo credere a quello che le venne in mente.
«Mio padre è morto.»
Hanna sospirò, incerta su cosa poter dire. Gli occhi le si gonfiarono di lacrime, mentre Caleb la guardava perplesso.
«Dove sei?» si limitò a chiedere dunque la ragazza, con voce tremante.
«Sto uscendo ora dal college... Hanna, non sapevo chi chiamare, lo so che sei da tua madre, ma...»
«Non preoccuparti, ti raggiungo subito...»
«Ma tu non devi disdire i tuoi impegni per me...»
«Scherzi? Mia madre può aspettare, e adesso tu hai bisogno di me, quindi... Quindi aspettami lì, sto arrivando, okay?»
«Grazie, Hanna. Grazie di cuore... Ti amo, non sai quanto...»
Hanna si sentì sporca quando sentì l'amore tra le parole addolorate del ragazzo. Riattaccò sconvolta, asciugandosi una lacrima.
«Che succede?» chiese quindi Caleb, spaventato.
Hanna sospirò, per poi dire al tassista di fermarsi.
«Caleb, Dave ha bisogno di me. Suo padre è morto...» aggiunse, voltandosi verso il ragazzo.
Caleb si morse un labbro. Accarezzò la guancia bagnata di Hanna ed annuì, rassegnato.
«Capisco. Mi dispiace, davvero.» mormorò, prima di aprire lo sportello.
«Hey...» soggiunse Hanna, prendendolo per mano prima che scendesse.
Caleb si voltò.
«Ricordati che ti amo.» fece la ragazza.
Lui le sorrise amaramente, per poi chiudere lo sportello e guardare il taxi allontanarsi, dove Hanna stava ora dirigendosi dal suo ragazzo, per andare a confortarlo. Caleb sospirò profondamente, mentre aspettava un altro taxi. Sapeva che lo sfortunato evento che aveva segnato la vita di Dave avrebbe allungato i tempi per stabilizzare la sua relazione con Hanna. Sapeva che ora lei sarebbe stata al suo fianco, che sarebbe dovuta restargli vicino, e certo non era il momento adatto per dirgli che era innamorata di un altro e che intendeva perciò lasciarlo. Non avrebbe potuto voltargli le spalle in un momento del genere, specie considerando la sua fragilità e la scomparsa del padre. Caleb avrebbe sopportato quest'ennesima doccia fredda, avrebbe continuato ad aspettare, ma non poteva nascondere che tutto questo lo facesse dannatamente soffrire. 
 
 
Hanna scese frettolosamente dal taxi e corse da Dave, seduto davanti al college, sui gradini. Il ragazzo si alzò debolmente, e quando Hanna gli si avvicinò, si limitò ad aprire le braccia e stringerla forte a sé. Dave piangeva in silenzio, tremando, e nascose la sua faccia contro la spalla di Hanna, mentre lei gli accarezzava la schiena.
«Mi dispiace tanto, Dave...» mormorò lei, dando via qualche lacrima a sua volta.
Dave non rispose, ma continuò a stringere Hanna e piangere contro la stoffa della sua giacca di pelle. Solo dopo qualche minuto, il ragazzo si tirò lentamente via dall'abbraccio e riuscì a dire qualcosa.
«Grazie di essere venuta...»
Hanna gli sorrise leggermente, sporgendo una mano verso di lui per asciugargli le lacrime.
«Com'è successo?» mormorò quindi.
«Un infarto... In un attimo, non c'era più...»
«Dovresti andare a casa, Dave... Tua madre ha bisogno di te, ora più che mai...»
«Lo so, ma... Non ci riesco, non voglio vederla distrutta, e... E non voglio vedere papà così... Io non posso farcela, Hanna...» balbettò lui, riprendendo a tremare.
Hanna lo strinse di nuovo.
«Hey, ascoltami... La tua famiglia ha davvero bisogno di te. Tu sei un ragazzo forte, devi esserci per loro, e anche per tuo padre. Ora sei tu l'uomo di casa, hai capito?» continuò Hanna, mentre lo abbracciava.
Dave annuì debolmente, per poi tornare a guardarla negli occhi.
«Vieni con me?» aggiunse, asciugandosi una lacrima.
Hanna sospirò.
«Non me la sento, Dave. È una cosa delicata, è giusto che siate solo voi della famiglia. Ma per qualsiasi cosa, chiamami, okay? Non farti problemi...» aggiunse.
«Sì, certo. Hai ragione tu.» annuì Dave.
Hanna gli sorrise di nuovo, quindi il ragazzo la baciò sulle labbra.
«Grazie, Hanna. Non so come farei senza di te...» mormorò, prima di incamminarsi verso la sua auto.
Hanna sospirò nuovamente, sentendosi sempre più in colpa verso di lui. Il suo cellulare squillò di nuovo, ma stavolta era sua madre, che stava probabilmente chiedendosi dove fosse finita.
«Pronto?» rispose Hanna.
«Allora, Hanna? Dove sei?»
«Mamma, dobbiamo rimandare... Il padre di Dave è morto...»
«Oh mio Dio... Lui come sta?»
«Non bene...»
«Abbraccialo da parte mia...»
«Ora non è con me, è andato a casa. Ma sta' tranquilla, lo farò.»
«Hanna... Tu avevi intenzione di lasciarlo, non è vero?»
Hanna deglutì, prendendo poi un profondo respiro prima di rispondere.
«Sì, è così. Sono successe delle cose, ed io te ne avrei parlato oggi, ma... Ma adesso non me la sento, non dopo quello che è successo a Dave.»
«Beh, io non so quali siano queste cose che sono successe, ma... Ma lui si merita la verità, non credi?»
«Infatti stavo per dirgli tutto, ma... Ma ora non credo proprio che sia opportuno lasciarlo. Non in questo momento.»
«Hai un altro, non è così?»
«Mamma, non voglio parlarne adesso, né tantomeno per telefono...»
«D'accordo. Ma sappi che io so cosa vuol dire essere traditi, e non è una bella cosa. E non lo augurerei a nessuno, né tantomeno ad un ragazzo come Dave.»
Hanna sospirò profondamente.
«Lo so, mamma. Lo so. Ora devo andare.» concluse, frustrata.
«Certo, fammi sapere quando verrai a trovarmi.»
«Okay, ciao.»
Hanna riattaccò il cellulare e si sedette sulla gradinata. E senza accorgersene, iniziò a piangere.
Pianse perché si sentiva male. Si sentiva innanzitutto una vigliacca per quella che era la sua situazione con Dave, ma si sentiva anche in gabbia, perché non poteva stare con la persona che davvero amava. Stava ingannando Dave, come le aveva opportunamente ricordato anche sua madre, e stava placando i suoi ormai palesi sentimenti per Caleb, ed entrambe le cose la facevano stare male, male davvero. Male con se stessa, con Dave, ma anche con Caleb, perché sapeva bene che lui la amava da morire, che l'avrebbe aspettata, ma che sicuramente avrebbe sofferto come un cane dovendo restare a guardare ed aspettare, ancora.
E lei non avrebbe mai voluto essere causa di un male così grande verso persone che non lo meritavano affatto.
Forse avrebbe dovuto accettare prima il suo amore per Caleb, così probabilmente avrebbe parlato prima a Dave, ed ora non si sarebbe ritrovata in una situazione così complicata. Forse era lei quella sbagliata, come sempre. 
 
 
Caleb arrivò davanti alla NYU con il suo taxi, e non poté fare a meno di notare Hanna con la testa piegata sulle ginocchia, sulla gradinata del college. Si avvicinò cauto, finché non si trovò al suo fianco e poté appoggiarle una mano sulla spalla.
«Hey, stai bene?» sussurrò.
Hanna sollevò la testa e guardò Caleb con gli occhi pieni di lacrime.
«No, non sto affatto bene. Ma nessuno può fare niente per farmi stare meglio...» mormorò.
Caleb sospirò e si sedette al suo fianco.
«Caleb, vattene.» borbottò allora Hanna, tirando su col naso.
«Vuoi davvero che me ne vada?»
«Sì. Sono un'idiota, sono brava soltanto a fare casini, e... Non merito che tutti voi stiate sempre ai miei piedi. Vattene e basta, Caleb, okay?»
«No, non è okay. Tu non sei un'idiota e non sei brava soltanto a fare casini. Ed io ti amo.» rispose deciso Caleb, cercando la sua mano.
Hanna gliela scansò.
«Mi ami, Caleb? Mi ami? Perché? Perché mi ami se ti ho praticamente fatto accomodare in sala d'attesa mentre io faccio i miei comodi con qualcun altro, eh? Ti sto trattando come un giocattolo qualunque, ti sto... Ti sto chiedendo delle assurdità, dopo che ti ho fatto patire ogni genere di cosa per settimane, e... E tu mi ami?» gridò, con le lacrime che le cadevano dagli occhi.
Caleb le prese il viso tra le mani.
«Sì, ti amo. Ti amo da morire. Ti amo perché sei la miglior persona che io conosca, e se ti trovi in questa situazione è solo perché non vuoi ferire nessuno. E questo può soltanto farti onore. Sono io che scelgo di rimanere qui ad aspettarti, perché non voglio nient'altro che te. E credimi, sarei io che dovrei chiedere a te perché ami uno come me, dopo quanto ti ho fatta patire io negli anni passati, perciò... Calmati e fai quello che ti senti di fare. Ma sappi che io ti amo e ti amerò sempre, quindi non ti volterò le spalle, hai capito?»
Hanna sospirò ed evitò lo sguardo di Caleb, guardando nella direzione opposta.
«È inutile che fai finta di stare bene, lo so che soffri per tutto questo casino...» disse poi la ragazza.
«Tu non devi preoccuparti per me...»
«Invece sì, Caleb. È tutta colpa mia...»
«Smettila, okay? Pensavo avessimo messo in chiaro che qui la colpa non è di nessuno... È giusto che tu ora stia vicina a Dave. Lui ha bisogno di te, ed io lo capisco...»
«E tu? Tu non hai bisogno di me?» ribatté Hanna, tornando a guardarlo negli occhi.
Caleb sorrise amaramente.
«Da morire.» aggiunse con onestà, sospirando.
«Lo vedi? Lo vedi che stai male a causa mia?»
«Hanna, sta' tranquilla. Non voglio che nessuno esca da questa faccenda a pezzi, neanche Dave. È una persona che ha avuto problemi seri nella sua vita, ed ora sta attraversando un momento molto difficile, perciò... Tu sei l'unica che può aiutarlo a superarlo. E poi, un passo alla volta, gli dirai come stanno le cose, e quando tutto sarà risolto, io sarò qui, okay? Quando finalmente saremo insieme, vedrai che non ci ricorderemo nemmeno più quanto abbiamo potuto soffrire in tutta questa storia... Fidati di me, andrà tutto bene.»
Hanna sospirò profondamente, asciugandosi le lacrime.
«Ti amo, Caleb, ma... Ora ho davvero bisogno di stare da sola.» disse quindi.
Il ragazzo annuì, la baciò sulla fronte e si alzò, salendo lentamente la gradinata che lo condusse all'interno del college.

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Capitolo 22
*** Not leaving you anymore ***





22. Not leaving you anymore
 
 
"I love you, I've loved you all along and I forgive you for being away for far too long, so keep breathing 'cause I'm not leaving you anymore."
[Far Away - Nickelback]
 
 
Per diversi giorni, Hanna non andò al college, facendo sentire la sua vicinanza a Dave, che era effettivamente distrutto dalla scomparsa del padre. Caleb, invece, continuò ad assistere le lezioni di Norton, senza cercare Hanna, pensando che se l'avesse fatto, le avrebbe semplicemente reso le cose più difficili di quanto già non lo fossero.
Entrambi soffrivano la loro lontananza, all'uno mancava l'altra in una maniera assurda, ma tutti e due sapevano che al momento era l'unica cosa possibile.
Passarono poco più di quindici giorni così; Hanna che passava le sue giornate con Dave a tentare di rasserenarlo, sentendosi allo stesso tempo terribilmente in colpa perché presto gli avrebbe dato come una coltellata dritta allo stomaco, e Caleb che continuava a far scorrere slides per Norton, aspettando che Hanna tornasse alle sue lezioni almeno solo per vederla da lontano. E a nessuno avrebbe mai confessato delle lacrime che versava per tutte le notti che andava a dormire senza aver potuto vedere né sentire Hanna durante la giornata.
 
 
Venti giorni dopo
 
Dopo quella che sembrò un'eternità, una sera, Hanna, nel letto della casa di sua madre, alla quale non aveva ancora detto niente, decise di scrivere a Caleb. Era stata vicina a Dave per diversi giorni, sapendo che lui avesse bisogno del suo sostegno, ma tutto ciò di cui aveva invece bisogno lei era Caleb, e sapeva che anche per lui fosse lo stesso, che era talmente innamorato da essere sempre lì ad aspettarla. Afferrò il cellulare e gli riferì le sue intenzioni, felice del fatto che presto avrebbe finalmente potuto rivederlo.
 
Hanna - 23:24; Domani torno al college, ed entro questa settimana ti giuro che parlerò con Dave. Mi manchi da morire...
 
Caleb, nella sua stanza alla NYU, non poté fare a meno di sorridere alla vista di quel messaggio. Mollò il portatile, si alzò dalla scrivania e si buttò sul letto con il cellulare tra le mani.
 
Caleb - 23:25; Mi manchi da morire anche tu... Non vedo l'ora di abbracciarti...
 
Caleb inviò il messaggio e fece un profondo sospiro. Non poteva negare che fosse estremamente felice del fatto che, dalla settimana successiva, Hanna sarebbe stata solo sua.
Hanna lesse la sua risposta e sorrise. Era davvero impaziente di arrivare al giorno dopo anche solo per poter rivedere Caleb, quindi decise di mettersi a dormire per far sì che il tempo che la separava dall'indomani le sembrasse più corto, anche perché aveva un gran sonno.
 
Hanna - 23:31; Buonanotte, a domani. Ti amo :)
 
Caleb - 23:32; A domani... Buonanotte, principessa. Ti amo anch'io :)
 
Fu così che entrambi, dopo settimane, si addormentarono sorridendo. Il giorno dopo era mercoledì, ed Hanna aveva invitato Aria, Spencer ed Emily per quel weekend, decisa finalmente a parlar loro di lei e Caleb. Sarebbero arrivate a New York venerdì e sarebbero rimaste con lei a casa di sua madre fino alla domenica. Era arrivato il momento di parlare sia con loro che con sua madre, ed Hanna era decisa a farlo, finalmente.
 
 
La mattina dopo, Hanna rientrò nella sua camera 209, sentendo strani rumori provenire dal bagno. Subito vi si precipitò, e trovò Brit con la testa riversa sul water, a vomitare. Immediatamente, Hanna si portò accanto all'amica e le scostò i capelli dal viso, tenendoglieli raccolti all'indietro.
«Dannazione...» borbottò Brit, una volta finito, alzandosi mentre tirò lo sciacquone.
Hanna la affiancò preoccupata mentre lei si lavò il viso. Ogni qualvolta che vedeva una ragazza vomitare, subito pensava che si trattasse di bulimia, e la cosa le faceva sempre venire un macigno sullo stomaco.
«Brit, che succede?» disse quindi.
Brit si tirò su dal lavandino e si asciugò il viso con un asciugamano.
«È un maledetto virus... Febbre, vomito e mal di stomaco. Qui alla NYU gira da parecchio ormai. Io sto così da tre giorni, Han. Stammi lontana se non vuoi rischiare di finire come me...» rispose, pallida in viso.
«Oh, beh... Torna a letto, allora... Posso fare qualcosa per te?» fece Hanna.
«È tutto okay, grazie. Tu piuttosto, come stai? Non ci vediamo da una vita!» replicò Brit, abbozzando un sorriso ed infilandosi nel letto.
«Diciamo bene. Sai, dopo quello che è successo a Dave...»
«Sì, ho saputo. Mi dispiace tanto... Anche lui è tornato al college?»
«Tornerà domani, credo.»
«E... Caleb?»
Hanna sospirò.
«Non lo vedo da più di due settimane. Sono dovuta stare accanto a Dave, dopo quello che ha dovuto affrontare, sapendo anche quanto sia fragile, e... Insomma, l'ho fatto perché tengo a lui e lui aveva bisogno di me, ma... Ma non è stato facile non poter passare del tempo con Caleb, perché è lui la persona che amo. È ora che io dica tutta la verità a Dave, e se ho aspettato fino ad ora è solo perché non volevo farlo stare ancora più male di quanto già non ci stesse per suo padre. Ma adesso non posso più fingere con lui, ed ho disperatamente bisogno di Caleb. È arrivato il momento, credo...»
Brit le sorrise.
«È bello da parte tua il fatto che stai facendo di tutto per non fare del male a nessuno. Credo che arrivati a questo punto, chi ha più sofferto, però, sei stata tu...» aggiunse, con voce un po' rauca.
«Forse, ma... Ma non importa. Quando finalmente potrò stare con Caleb, sarò davvero la più felice del mondo, e sarà valsa la pena di tutto.» sorrise Hanna.
«Che fai ancora qui? Hai lezione con lui, no?» riprese Brit, strizzandole l'occhio.
Hanna sorrise nuovamente, quindi appoggiò la sua valigia accanto al letto, e sgattaiolò fuori dalla stanza, diretta verso l'aula dove avrebbe rivisto Caleb.
 
 
Caleb entrò nell'aula con Norton. Quel giorno era sorridente. Sapeva che avrebbe rivisto Hanna, ed immediatamente scannerizzò l'intera aula con gli occhi, alla sua ricerca, ma non la vide. Stava per tirare fuori il cellulare per scriverle un messaggio, ma non fece in tempo perché, dall'ingresso che aveva varcato pochi istanti prima, sbucò proprio Hanna.
Immediatamente, i loro sguardi si cercarono e si trovarono.
Caleb restò spiazzato dall'indescrivibile bellezza di Hanna. I capelli sciolti e lisci sulle spalle, un vestitino color rosa pesca che si abbinava perfettamente alla sua candida pelle, il trucco leggero che metteva in risalto quegli occhi azzurri che tanto gli facevano girare la testa.
Ed Hanna, dal canto suo, non poté fare a meno di notare quanto donasse la cravatta a Caleb.
Si sorrisero contemporaneamente, quindi Hanna prese posto in una delle prime file.
Era da un po' che Molly non frequentava le lezioni di Norton, probabilmente perché le bruciava come fossero andate le cose con Caleb, anzi, le bruciava il fatto che le cose con lui non fossero proprio andate. Difatti, non aveva neanche più provato a cercarlo in stanza o in alcun altro modo. Forse aveva gettato la spugna, definitivamente.
Constatato che Molly non ci fosse neanche quella mattina, Hanna si "godette" la lezione, giocando a sguardi e sorrisi con Caleb. I due non persero nemmeno tempo a scriversi i soliti messaggini provocatori, perché volevano guardarsi, volevano sorridersi, volevano cercarsi semplicemente così, dopo tutti quei giorni.
Finita l'ora, Hanna raggiunse subito l'uscita, passando fugacemente accanto a Caleb, mettendogli un biglietto in tasca, ed andandosene velocemente. Caleb sorrise mentre la guardò lasciare l'aula, ancheggiando come solo lei sapeva fare, quindi aiutò Norton a sistemare le cose. Una volta finito, pescò il biglietto dalla sua tasca e lo scartocciò tra le mani.
 
Bagni dell'ala di chimica, ora. xx -H.
 
Il ragazzo non trattenne un largo sorriso e corse frettolosamente via dall'aula.
 
 
Caleb entrò di corsa nei bagni dell'ala di chimica, impaziente di riabbracciare Hanna. Si assicurò che il disimpegno di quello femminile fosse vuoto, quindi entrò.
«Han?» chiamò, certo che la ragazza avrebbe potuto riconoscere la sua voce.
Una delle tante porte si spalancò, e ne venne fuori Hanna. Caleb le corse incontro impaziente, ed Hanna lo tirò a sé prendendolo per la cravatta, quindi lui chiuse la porta alle sue spalle con un calcio.
Né Caleb né Hanna, in quel momento, pensarono a nulla; niente convenevoli, niente regole, niente colpe, niente di niente. Si erano già sacrificati abbastanza. Appena si ritrovarono tra quelle strettissime quattro mura, l'istinto ebbe la meglio su entrambi. Non si vedevano da venti giorni, non si toccavano da venti giorni, non si baciavano da venti giorni, ma soprattutto, non facevano l'amore da più di venti giorni. E reprimere il loro frenetico desiderio sessuale, l'uno tra le braccia dell'altra, dopo tutto quel tempo, in uno spazio così estremamente ridotto, era come non bere in un'oasi nel deserto.
Impossibile.
Hanna aveva bisogno di Caleb, Caleb aveva bisogno di Hanna.
Hanna amava Caleb, Caleb amava Hanna.
Quella riconciliazione fu tutto meno che romantica, ma non si poteva biasimarli. Caleb afferrò Hanna e la sollevò da terra, spingendola poi contro il muro, mentre lei divaricò le gambe e le attraccò saldamente sui fianchi di Caleb, allacciandole dietro la sua schiena. Le mani della ragazza si attraccarono tra i capelli di Caleb, mentre quelle di lui le strinsero le cosce scoperte, mentre entrambi cercarono e trovarono le loro bocche. Le lingue combattevano e le mani esploravano, i corpi si scaldavano sfregandosi impetuosamente, e Caleb ben presto iniziò ad avere problemi nella zona inferiore del suo corpo. Le sue mani ruvide strinsero più forte la presa sulle liscissime cosce di Hanna, e dalla sua bocca cominciarono ad uscire qualcosa di più simile a versi animaleschi che a semplici respiri. Hanna sorrise maliziosamente tra un bacio e l'altro, avvertendo tra le gambe l'eccitazione di Caleb. Si staccò allora dalle sue labbra e lo guardò negli occhi.
«Qualcuno è impaziente...» mormorò, spostando lo sguardo sul cavallo dei suoi jeans.
«Dio, Hanna, non perdiamo tempo a parlare...» bisbigliò lui, quasi esasperato.
Hanna ridacchiò e gli tirò giù i jeans e i boxer quanto bastava, ma un attimo prima che Caleb poté scivolare nel suo corpo, lei lo spinse all'indietro.
«Che ti prende?» chiese Caleb, perplesso.
Hanna non parlò, ma si portò una mano sulla bocca. Nel giro di un secondo, divenne pallida. Caleb, a quel punto, si preoccupò.
«Hanna?» continuò, prendendole le mani.
Hanna si sporse nei pressi del water ed iniziò a vomitare. Caleb si rialzò goffamente i pantaloni, quindi mantenne indietro i capelli ad Hanna. La ragazza si piegò sulle ginocchia e continuò, e Caleb si chinò con lei, dandole un bacio sul retro del collo.
«Hey, come va?» le sussurrò, una volta che ebbe finito.
Hanna era rimasta ripiegata sul water, ansimante. Vomitare l'aveva riportata a tempi decisamente da dimenticare. Aveva anche le lacrime agli occhi.
«Scusami...» disse, alzandosi lentamente.
«Ma figurati, non è colpa tua. Spero di non essere stato io ad aver affondato troppo la lingua...» sorrise Caleb.
Hanna rise e tirò lo sciacquone.
«La tua lingua era perfetta, tranquillo. Credo di avere il virus di cui mi parlava Brit stamattina...» aggiunse.
«Che virus?»
«Vomito, febbre e mal di stomaco. Brit lo ha preso. Gira da un po' alla NYU, ed io, con la fortuna che ho, non ho fatto in tempo a rimettere piede qui dentro che...»
Hanna si bloccò, sbuffando e stropicciandosi delicatamente gli occhi, attenta a non sbavarsi troppo il trucco, anche se era già alquanto pasticciato. Caleb le sorrise e la abbracciò.
«Che vuoi che sia uno stupido virus per una ragazza forte come te...» le sussurrò, baciandole la tempia.
Hanna si lasciò abbracciare, sospirando, notando poi i segni del suo mascara sulla camicia di Caleb.
«Devo sciacquarmi e rifarmi il trucco, maledizione...» borbottò Hanna, tirandosi via dall'abbraccio ed aprendo la porta.
Caleb ridacchiò, ed una volta che Hanna si portò di fronte al lavandino, si affacciò per controllare se potesse raggiungerla anche lui. Era pur sempre il bagno delle donne. Fortunatamente, la situazione era tranquilla, così si portò lentamente alle spalle di Hanna, che, dopo essersi sciacquata bocca e viso, si stava ora rimettendo a posto il trucco. Le portò le braccia attorno alla vita e nascose la testa tra i suoi capelli, appoggiandola su una sua spalla.
«Non ci separeremo più adesso, vero? Ho davvero rischiato di diventare matto stavolta...» le sussurrò in un orecchio.
«Te lo prometto, Caleb. Credimi, nemmeno per me è stato piacevole... Farò in modo che non accada più.» rispose lei sorridendo.
«Mi sei mancata...»
Hanna ridacchiò, continuando a fissare lo specchio e a passarsi il rossetto sulle labbra.
«Anche tu mi sei mancato...» aggiunse quindi.
Caleb mollò la presa sul corpo di Hanna e si staccò.
«Senti, questo è il bagno delle donne e non è troppo prudente che io resti qui, quindi... Se ti va, più tardi passa in camera mia. Credo che abbiamo lasciato qualcosa a metà...» aggiunse, facendole l'occhiolino ed allontanandosi a piccoli passi.
«Potrei attaccarti il virus, lo sai?» sorrise Hanna.
«Hanna, credo che prima ci siamo avvicinati abbastanza da trasmetterci ogni genere di virus, non credi?» ribatté lui, ghignando.
Hanna rise, scuotendo la testa.
«Ti raggiungo dopo...» aggiunse, strizzandogli l'occhio a sua volta.
 
 
Hanna ricevette qualche chiamata da Dave, ma non ebbe il coraggio di rispondergli. Si sentiva in qualche modo colpevole, perché comunque non ancora l'aveva lasciato, ma era stanca di privarsi di quello che riusciva a farla felice. Si era finalmente decisa a lasciarsi andare con Caleb, anche se ufficialmente non era libera, ma sapeva che a breve avrebbe davvero parlato con Dave. Lei aveva bisogno di stare con Caleb e non poteva più imporsi di aspettare. Era stata corretta nei confronti di Dave, non aveva visto Caleb per tutti quei giorni. Era dovuta rimanere accanto a Dave per aiutarlo a superare il dramma famigliare e l'aveva fatto. Forse adesso meritava un po' di felicità anche lei, e la sua felicità si chiamava Caleb. Non poteva più tenere a bada il desiderio di abbandonarsi a lui, specie dopo aver passato venti giorni senza poterlo nemmeno guardare da lontano.
 
 
Perciò, poche ore dopo la mancata avventura nei bagni, Hanna bussò alla stanza 319 di Caleb, con lo stesso prepotente desiderio nelle vene. Malgrado la nausea, fortunatamente non aveva mal di stomaco e presumibilmente neanche febbre. Caleb le aprì sorridente, senza nemmeno chiedere chi fosse. Aveva la camicia bagnata.
«Che succede?» chiese quindi lei, entrando nella stanza.
«Ah, dovrai tenerti a bada per qualche altro minuto... Ho un tubo in bagno che perde, ma ho quasi sistemato.» disse velocemente Caleb, schioccandole un veloce bacio sulle labbra.
Hanna gli sorrise, guardandolo chiudere la porta della stanza ed entrare dunque in bagno ad improvvisarsi idraulico. Dopotutto, era sempre stato un tuttofare, e con l'idraulica se la cavava davvero. Quando alloggiava nella sua cantina a Rosewood, aveva messo a posto parecchi problemini degli elettrodomestici di sua madre. Hanna si distese quindi sul letto di Caleb, nell'attesa che arrivasse anche lui.
 
 
«So che ti sembrerò un grande stronzo a chiedertelo, ma... Come sta Dave?» disse Caleb dopo qualche istante, dal bagno.
Non ricevette risposta.
«Hanna, davvero, non voglio che adesso tu ricomincia a sentirti in colpa e mi dica di aspettare ancora qualche giorno, perché non credo che abbia più senso tutta questa correttezza visto quanto già abbiamo aspettato, non credi?» continuò il ragazzo.
Ma Hanna non rispose. Caleb sospirò.
«D'accordo, come non detto.» aggiunse, concludendo.
Finì di mettere a posto il tubo e si rialzò, togliendosi la camicia impregnata d'acqua, visto che di lì a poco l'avrebbe comunque dovuta togliere. Adagiò uno straccio sul pavimento bagnato e si voltò in direzione della camera, da dove, tramite la porta aperta, poteva scorgere le lunghe gambe di Hanna distese sulla parte inferiore del suo letto. Camminò fino all'uscita del bagno, quindi si trovò in camera e si voltò in direzione del letto, sorridendo.
«Allora, dov'eravamo rimasti?» esordì, con tono provocante.
Ma Hanna non ebbe la minima reazione. Caleb si avvicinò di più al letto, e vide che Hanna aveva gli occhi chiusi.
Si era addormentata.
Caleb ridacchiò piano, intenerito dalla scena che si trovò davanti. Non erano passati più di cinque minuti da quando Hanna era entrata nella sua stanza, ed era già crollata sul suo letto. Il ragazzo prese allora una coperta e la mise addosso ad Hanna, quindi le baciò la fronte, constatando che non scottasse. E rimase a guardarla dormire per un po', per niente innervosito del fatto che la loro "cosa" fosse rimasta ancora in sospeso.

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Capitolo 23
*** The same soul ***





23. The same soul
 
"We fight all the time, you and I, that's alright, we're the same soul."
[Sometimes You Can't Make It On Your Own - U2]
 
 
Hanna aprì gli occhi a fatica. Si guardò intorno e riconobbe la stanza di Caleb, per poi vedere lui, di spalle, seduto alla scrivania, a lavorare con il suo portatile. Sorrise e capì di essersi addormentata. Quel virus le faceva un effetto terribile.
Caleb aveva una tazza di cioccolata fumante accanto a sé, e non appena ad Hanna arrivò una folata di quel dolce odore, immediatamente ebbe l'impulso di vomitare. Si alzò dal letto di scatto, incespicando con la coperta che le si intrecciò tra le gambe, quindi entrò in bagno e vomitò nuovamente nel water. Caleb la raggiunse all'istante e, esattamente come quella stessa mattina, la aiutò con i capelli e tentò di sostenerla come poteva.
«Mi sento uno schifo...» confessò Hanna, una volta rialzatasi.
Caleb la accarezzò dolcemente.
«Dovresti mangiare qualcosa e metterti a riposo...» aggiunse.
Hanna si sciacquò la bocca, poi rispose.
«Effettivamente ho una fame nera, anche se allo stesso tempo ho la nausea... Ed ho sonno, terribilmente sonno... Questo virus è orribile, sul serio...»
«Vado a comprarti qualcosa al bar e torno, d'accordo?» si offrì Caleb.
«Che ore sono?» chiese Hanna, di tutta risposta.
«Le quattro e mezza del pomeriggio, hai dormito qualcosa come quattro ore.»
«Credo che sia meglio che vada a casa di mia madre, così potrò prendere qualche medicina...»
Caleb annuì.
«Sì, forse è meglio. Sai, avrei voluto svegliarti per farti mangiare qualcosa per pranzo, ma... Ma poi ti ho guardata e ho pensato che dormivi così bene che... Mi sarei sentito un criminale a disturbarti...» sorrise il ragazzo.
Hanna sorrise a sua volta e lo abbracciò forte.
«Grazie di tutto... E scusami per oggi, sono riuscita a mandare all'aria tutte le occasioni che abbiamo avuto per fare l'amore...» sussurrò lei nell'abbraccio.
Caleb ridacchiò, tirandosi lentamente via.
«Avremo tutto il tempo per recuperare, te lo assicuro. Ora va' da tua madre, mangia qualcosa, riposati, e... Stasera ti chiamo per sapere come stai, d'accordo?» disse.
Lei annuì, quindi Caleb la baciò sulle labbra ed Hanna uscì dalla stanza.
 
 
«Mamma, sei a casa?» esordì Hanna, dopo aver girato le chiavi nella serratura di casa.
«Hanna?» replicò Ashley, uscendo dalla cucina.
«Credo di aver preso un virus intestinale...» mormorò Hanna, chiudendo la porta d'ingresso e buttandosi sul divano.
«Vuoi che ti faccia una tisana?»
«No, ho già abbastanza sonno... Hai qualche medicina, piuttosto?»
«Non so, devo controllare... Che tipo di virus hai, precisamente?»
Hanna sbuffò.
«Che vuoi che ne sappia?» soggiunse.
Ashley sospirò.
«Dimmi cosa ti senti e forse potrò capire se ho le medicine adatte.» aggiunse.
Hanna roteò gli occhi.
«Vomito da stamattina ed ho un enorme cerchio alla testa che mi fa solo venire voglia di chiudere gli occhi e dormire per un anno intero...» bofonchiò, accasciando la testa sullo schienale del divano.
«Mal di stomaco?»
«No.»
«Va' a letto e mettiti al caldo.»
«Potrei prima mangiare qualcosa? Ho una fame bestiale...»
«Fame? Hai un virus che ti dà il vomito e tu hai fame?» chiese quindi Ashley.
«Beh, che c'è? Ho saltato il pranzo per dormire, è normale che ora abbia fame!» rigettò Hanna, spazientita.
Ashley sospirò profondamente.
«D'accordo, mangia qualcosa ma... Non abbuffarti, mi raccomando. E poi fila a letto. Io vado a cercare delle medicine.»
Hanna annuì, quindi, prima che il sonno avesse la meglio, si alzò dal divano e mangiò qualcosa di leggero prima di mettersi addosso un pigiama ed infilarsi sotto le coperte del suo letto.
 
 
«Puoi prendere questa...» fece Ashley, qualche tempo dopo, avvicinandosi al letto di Hanna con un flacone di medicinale.
Ma Hanna dormiva.
Ashley sorrise, quindi portò una mano sulla fronte della figlia, che però, fortunatamente, sembrava tiepida. La sua attenzione fu poi catturata dal suo cellulare che vibrò sul comodino. Era una chiamata entrante, ma il nome che Ashley lesse sul display la spiazzò.
"Caleb".
"Non può essere quel Caleb." si disse Ashley. Ma Hanna dormiva come un ghiro, e la donna aveva un unico modo per togliersi ogni dubbio. Sospirò profondamente, quindi afferrò il cellulare e rispose.
«Pronto?» esordì.
La sua voce, al telefono, era perfettamente confondibile con quella di sua figlia.
«Come sta la mia principessa?» rispose la voce dall'altra parte della cornetta, con premura.
Ed Ashley capì. Era proprio quel Caleb, malgrado non avesse la più pallida idea di come fosse possibile, né tantomeno del perché Caleb stesse rivolgendosi a sua figlia con "principessa". Anche se, a dire il vero, forse un'idea su quello ce l'aveva.
«Hanna?» continuò Caleb.
Ashley chiuse la chiamata e riappoggiò il cellulare sul comodino. Sorrise tra sé e sé, Hanna doveva raccontarle un bel po' di cose. Ma non ce l'aveva con lei, come avrebbe potuto? Il suo cuore di mamma sapeva perfettamente che Hanna amava ancora Caleb, che era sempre stato così. Ed anche lei voleva bene a Caleb, dopotutto. Non sapeva esattamente perché lui ed Hanna avevano rotto anni prima, ma sapeva che se Hanna l'aveva ritrovato ed aveva chiarito con lui, le andava bene. Anche se c'era Dave di mezzo. Forse era proprio di questo che intendeva parlarle Hanna quel giorno di qualche settimana addietro, prima che Dave subisse il lutto del padre. Non sapeva come davvero stessero le cose, ma avrebbe aspettato che fosse la stessa Hanna a parlargliene.
La donna sospirò, baciò la fronte di sua figlia e spense la luce, uscendo dalla stanza. Non aveva mai visto sua figlia dormire già alle nove di sera.
 
 
Hanna fu svegliata intorno alle otto del mattino, dal vibrare del suo cellulare sul comodino. Si stropicciò gli occhi ed allungò un braccio per afferrarlo, sorridendo quando vide che si trattava di Caleb.
«Caleb?» rispose, con voce fioca.
«Hey, ti ho svegliata?»
«A dire il vero sì, ma... Mi fa piacere svegliarmi con la tua voce...»
Caleb, dalla sua stanza della NYU, sorrise.
«Come stai?» riprese.
«Meglio di ieri...»
«Hai preso qualche medicina?»
«No, credo di essermi addormentata prima che mia madre potesse portarmene qualcuna, anche se... Sul comodino c'è una boccetta di qualcosa, forse me l'ha lasciata lì mentre dormivo...»
«Quindi... Oggi non ci vediamo?» chiese Caleb, con una punta di amarezza nella voce.
«Non sai quanto mi dispiace, ora ci voleva anche che mi ammalassi per rendere le cose più difficili...»
«Non è colpa tua... Sai, è un peccato che non possa prendermi cura di te...»
Hanna ridacchiò.
«Mi viene in mente un solo modo in cui tu potresti accudirmi...» aggiunse, maliziosa.
«Beh, non penso ci sia cura migliore di quella...» replicò Caleb, mordendosi un labbro.
Hanna rise.
«Tu come stai?» disse subito dopo.
«Starei meglio se tu fossi qui, ma... Non mi lamento. Sembra che tu non mi abbia trasmesso proprio niente... Senti, volevo chiedertelo ieri quando eri qui, ma dormivi, e... Beh, ecco... Volevo solo sapere come se la passa Dave.»
Hanna sospirò.
«Si è ripreso, dovrebbe tornare al college quanto prima, e finalmente potrò parlargli, e...» rispose, prima di essere interrotta da Caleb.
«Tranquilla, non te l'ho chiesto per quello. Bene, e... E tu, quando torni qui al college?»
«Se mi sento meglio, ti prometto che domani sarò lì da te.»
«D'accordo, pensa a rimetterti. Hey, ma ieri sera eri in una fase di dormiveglia quando mi hai risposto, o cosa?»
«Ieri sera? Quando?»
«Verso le nove, ti ho chiamata, e tu mi hai risposto, ma... Poi non hai più detto una parola e hai riattaccato, o forse è caduta la linea, non so...»
«Credo di essermi addormentata ben prima delle nove...»
Hanna tornò a fissare il flacone di medicinale sul suo comodino, evidente segno del fatto che sua madre fosse stata lì mentre lei dormiva.
«Caleb, sei sicuro di aver chiamato me?» riprese Hanna.
«Certo... Puoi controllare anche il tuo registro chiamate...»
A quel punto, Hanna cominciò ad elaborare il fatto che sua madre avrebbe potuto rispondere al posto suo.
«Hey, ascolta... Ti richiamo più tardi, d'accordo?» fece lei.
«Certo, solo... Dopo le dieci, perché fino a quell'ora ho lezione.»
«Va bene, ci sentiamo dopo...»
«Okay. Riposati... Ti amo.»
«Ti amo anch'io, ciao.»
Hanna riattaccò e si alzò lentamente dal letto. Passò in bagno, dopodiché raggiunse il piano di sotto, dove incrociò sua madre, in cucina, a preparare il caffè.
«Buongiorno, un po' di caffè?» fece Ashley, voltandosi verso sua figlia.
«No, grazie.» rispose, arricciando il naso.
«Come ti senti?»
«Credo un po' meglio.»
Ashley le sorrise, quindi bevve il suo caffè.
«Mamma... Ho bisogno di sapere una cosa.» riprese Hanna.
«Dimmi.»
«Tu... Tu sai di Caleb, non è vero?»
Ashley sorrise.
«Caleb, eh? Il buon vecchio Caleb...» aggiunse, poggiando la sua tazzina vuota nel lavandino.
«Gli hai risposto tu ieri sera?» continuò Hanna, seria.
«So che non ne ero in diritto, ma... Avevo letto il nome e volevo solo sapere se fosse davvero lui, tutto qua.» rispose Ashley.
Hanna la guardò come per chiederle cosa ne pensasse a riguardo, e sua madre interpretò alla perfezione quello sguardo.
«Senti, Hanna... La vita è la tua. Io non so come diavolo tu abbia fatto a riprendere i contatti con lui, o magari non li hai mai persi, ma... Per quanto lui possa essere stato il tuo primo e forse unico grande amore, è anche vero che è lui il ragazzo per il quale ti sei persa nella bulimia per la seconda volta. È per lui che hai pianto fino a consumare le lacrime, è per lui che sei entrata in terapia, ed è lui che ti ha lasciata. Non so cosa c'è tra di voi, ma so cosa c'è stato, e so anche che tu non hai mai davvero smesso di pensare a lui. Ti va di parlarne?»
Hanna sospirò, e a piccoli passi le raccontò come lei e Caleb si fossero ritrovati e in qualche modo riconciliati, lasciando sua madre senza parole.
«E Dave?» fu tutto quello che riuscì a chiederle, dopo qualche istante di silenzio.
«Non l'ho ancora lasciato solo perché non volevo fargli incassare anche questo colpo dopo la morte di suo padre, ma ora credo proprio che sia arrivato il momento...»
«Hanna, tu... Sei stata con Caleb?»
Hanna si morse un labbro. Nel suo racconto, aveva evitato di soffermarsi su quel particolare.
«È successo solo una volta, ovviamente prima che Dave subisse il lutto del padre.» ammise quindi, ad occhi bassi.
Ashley sospirò, poi Hanna riprese.
«Volevo dirtelo, mamma. Il giorno che ti ho detto che sarei venuta qui a spiegarti perché per una notte sono sparita e perché Dave pensasse che tu fossi stata male, io... Stavo venendo qui con Caleb. Lui... Lui aveva accettato di accompagnarmi. Poi, beh... Mi ha chiamato Dave e mi ha detto cos'era successo, e...»
Hanna iniziò a piangere. Ashley le si avvicinò e la strinse in un confortante abbraccio, accarezzandole i capelli. Tra un singhiozzo e l'altro, Hanna continuò a parlare.
«So che ho sbagliato con Dave, lo so. So che non avrei dovuto passare la notte con Caleb, che avrei prima dovuto lasciarlo, ma... Mamma, io amo Caleb. Lo amo davvero. E lui ama me, so che è così, ed è sempre stato così, e... Quando è morto il padre di Dave, io e Caleb abbiamo smesso di vederci, perché Dave aveva bisogno di me, ed io gli sono stata accanto, ma... Ma adesso sono io che ho bisogno della persona che amo, e questa persona è Caleb... Lui... Lui ha accettato tutta questa situazione, mi ha aspettata, e non è giusto che io gli stia lontana. Fa male a me e fa male a lui, e continuare a vivere in quest'enorme bugia farà male anche a Dave, perciò devo dirgli tutto e sistemare le cose. Anche se ho paura che Dave reagisca male, che ricada nella tentazione dell'alcool, ed io non voglio che succeda, né tantomeno per colpa mia, perché so quanto è difficile rialzarsi, specialmente la seconda volta, specialmente per una delusione d'amore, e...»
Ashley la strinse più forte e la interruppe.
«Basta, Hanna. Non giustificarti. Respira, okay? Respira...»
«Mamma, io ho tradito... Proprio io che so quanto faccia male, perché ricordo quanto tu abbia sofferto quando papà...»
Ashley la interruppe un'altra volta.
«Hanna, tradire la persona con cui si sta è sbagliato, è vero. Ma la tua situazione è diversa da quella che era la mia e di tuo padre. Lui mi ha tradita con un'altra donna mentre eravamo sposati ed avevamo una figlia. È molto diverso, tesoro...»
La ragazza annuì debolmente, tra le braccia di sua madre. Hanna non poteva immaginarsi senza di lei, non avrebbe saputo come fare in nessuna situazione.
Quando Hanna si fu calmata, mangiò qualcosa, mentre Ashley si preparava per andare a lavorare.
«Toglimi un'ultima curiosità...» disse quindi Ashley, in procinto di aprire la porta per uscire di casa.
Hanna annuì.
«Sapendo che io questo weekend sarò fuori per lavoro... Sono davvero Aria, Spencer ed Emily a venire qui da te, oppure era una scusa per avere casa libera e stare con Caleb?» chiese la donna.
Hanna ridacchiò leggermente.
«Verranno davvero le ragazze, mamma.» rispose tranquilla.
«Bene, mi fido.» sorrise Ashley.
«Non avrebbe più senso mentirti...»
«Già. D'accordo, allora io vado a lavoro... Se ti senti male o se ti serve qualcosa, non esitare a chiamarmi, okay?»
«Okay, mamma. Grazie... Non solo per il fatto che possa chiamarti, ma... Grazie di tutto.»
Ashley sorrise ancora una volta, e dunque se ne andò.
 
 
Nel corso della giornata, Hanna vomitò più volte, e per il restante tempo se ne rimase a letto, dormendo a più riprese, finché non la chiamò Dave, al quale finalmente decise di rispondere.
«Hey, Dave...»
«Hey, dove sei finita?»
«Uhm, io... Sono malata, sono a casa di mia madre... Ho un virus intestinale, niente di grave...»
«Vengo a trovarti, allora!»
Hanna non aveva alcuna voglia di vederlo. Non voleva che stesse lì con lei a farle sentire la sua premura, non voleva che perdesse tempo per lei quando Hanna non provava quello che lui provava per lei.
«Dave, non ne ho bisogno.» rispose allora.
«Davvero, Han, lo faccio con piacere, e poi... Te lo devo dopo quanto hai fatto per me in questi giorni...»
Hanna sospirò.
«Senti... Io devo parlarti, il prima possibile... Ci sono delle cose che è giusto che tu sappia...» aggiunse.
«Hey, è tutto okay?»
«Ascolta, non voglio parlarne per telefono... E sinceramente non mi va che tu adesso venga qui da me... Quando mi riprenderò, verrò a cercarti io e ti dirò tutto... Ora voglio solo riposarmi, scusami...»
«Come vuoi. Rimettiti...»
«Lo farò. Ciao, Dave.»
Ed Hanna chiuse la chiamata, sospirando. Immediatamente, le venne voglia di sentire un'altra voce. Non aveva richiamato Caleb dopo quella mattina perché era stordita dal sonno, ma ora era sveglia e voleva disperatamente sentirlo. Ed avrebbe scommesso tutto che anche per lui fosse lo stesso. Hanna fece partire la chiamata, e Caleb rispose dopo nemmeno un paio di squilli.
«Hey, principessa...»
«Hey...»
«Come stai?»
«Assonnata, ma non vomito da qualche ora, il che è rassicurante. Com'è andata la tua giornata?»
«Al solito. Ore ed ore davanti a un portatile e centinaia di ragazzi, affiancato da un uomo tanto colto quanto noioso...»
Hanna ridacchiò.
«Beh, sembra che nessuno dei due si sia divertito poi molto...» disse dunque.
«Forse perché nessuno dei due era con l'altro...»
«Ma tu sei sempre con me... Sei dentro di me.» rispose Hanna, sorridendo.
«Wow... Come siamo profondi...»
«Dico solo quello che sento...»
«Sono contento, e... Anche tu sei dentro di me, lo sai.» sorrise Caleb.
«Già... Ah, passando ai casini... Mia madre sa tutto.»
«Davvero? Le hai parlato?»
«Ieri sera ti ha risposto lei al telefono. Aveva letto il tuo nome sul display e voleva assicurarsi che fossi proprio tu, e... E allora stamattina le ho spiegato come stanno le cose.»
«Le hai detto proprio tutto?»
«Sì, non aveva più senso continuare a mentirle.»
«Come l'ha presa?»
«Bene. Sì, insomma, mi ha solo detto di dire la verità a Dave, ma a quella conclusione ci ero già arrivata. A proposito, prima lui mi ha chiamata, e mi ha detto che sarebbe voluto venire a trovarmi, ma io gli ho detto che non avevo voglia di vederlo e che appena guarirò devo parlargli... Credo abbia capito che c'è qualcosa che non va...»
«Okay... Quindi suppongo che non tornerai a lezione prima della prossima settimana...»
«Non credo... Ti direi di raggiungermi qui, ma mia madre tornerà dal lavoro tra meno di un'ora ed anche se ha accettato l'idea di me e te di nuovo insieme, non credo sia esattamente una buona idea metterci a fare le coccole davanti a lei...»
Caleb rise.
«Tranquilla, sono d'accordo con te. Anche se... Mi manchi tanto, Hanna...» aggiunse, sospirando.
«Mi manchi anche tu... E scusami se non ti ho chiamato prima, ma non ho fatto altro che dormire...»
«Non preoccuparti, principessa... L'importante è che ora posso sentire la tua voce...»
«Sai, questo weekend vengono a trovarmi Aria, Spencer ed Emily e... Voglio raccontare anche a loro di noi.»
«Whoa, vorranno uccidermi!»
Hanna si lasciò andare ad una risata.
«Tranquillo, non glielo permetterò...» disse subito dopo.
«Speriamo...»
«Caleb?»
«Dimmi.»
«Mi è mancato tutto questo...»
«Cosa?»
«Le nostre telefonate prima di andare a dormire...»
Caleb sorrise, ed anche se Hanna non poteva vederlo, sapeva che stesse impiegando un po' a risponderle proprio perché stava sorridendo.
«Già, anche a me. Mi è mancato tutto di te...» sospirò quindi, dopo qualche istante.
«Lo stesso vale per me...»
«Senti, ma... Questa è una "telefonata prima di andare a dormire"? Insomma, voglio dire... Hai intenzione di rimetterti di nuovo a dormire adesso?»
«Beh, fuori è buio, e... Ed io ho sonno!»
«Ancora?» chiese Caleb, ridacchiando.
«Caleb, spero davvero che io non ti abbia trasmesso questo virus perché, credimi, se ce l'avessi, anche tu dormiresti tutto il giorno!»
«Beh, se ce l'avessi anch'io, io e te ce ne staremmo tutto il giorno a letto insieme... Forse sarebbe meglio, no?»
«A dormire?»
«A dormire, certo.»
Entrambi scoppiarono a ridere.
«Okay, ora devo riattaccare, è l'ora della medicina.» soggiunse Hanna.
«Va bene. Hey, a qualsiasi ora, non farti problemi a chiamarmi o a scrivermi... Se hai bisogno di me, ci sono, capito?»
«Certo, grazie. Buonanotte, Caleb. Ti amo.»
«Ti amo anch'io. Sogni d'oro.»
Hanna mise giù con il sorriso. Le era davvero mancato tutto di Caleb. Prese la bottiglietta d'acqua che aveva sul comodino e se ne versò un po' nel bicchiere di plastica che si era procurata poco prima, quindi mise un paio di gocce del flacone nell'acqua e buttò tutto giù d'un fiato. Guardò l'orologio che segnava le nove e mezza e si disse che sua madre sarebbe rincasata tra una decina di minuti e che doveva restare sveglia per salutarla, visto che l'indomani mattina, sul presto, sarebbe partita per la Louisiana per lavoro e sarebbe tornata il lunedì. Si disse che poteva farcela, che dieci minuti sarebbero passati in fretta, che non avesse poi così tanto sonno. Sbadigliò, ma pensò che ce l'avrebbe fatta. Certo, ce l'avrebbe fatta.

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Capitolo 24
*** Save me ***





24. Save me
 
 
"God knows what is hiding in that world of little consequence, behind the tears, inside the lies, a thousand slowly dying sunsets. God knows what is hiding in those weak and drunken hearts, I guess the loneliness came knocking. No one needs to be alone, oh, save me."
[People Help The People - Birdy]
 
 
Quando Hanna si svegliò, era già mattina. Il sole che filtrava dalla finestra le bussò sulle palpebre. Si stiracchiò e si stropicciò gli occhi, quindi lesse l'orario sulla radiosveglia che segnava le 9:47, e vide un bigliettino sul suo comodino. "Mi sono addormentata prima di poter salutare mia madre." realizzò. Allungò la mano ed afferrò il biglietto, quindi dovette nuovamente stropicciarsi gli occhi per riuscire a leggere.
 
Quando sono tornata ieri sera, dormivi. Sono passata anche adesso che sono le 6 e mezzo del mattino ma dormi ancora. Non mi andava di svegliarti. Volevo solo salutarti e dirti che ci vediamo lunedì. Non fare disastri in casa con le ragazze, e ricordati di prendere la medicina. Se hai qualche problema, vai dal medico. Chiamami per qualsiasi cosa.
Ti voglio bene,
Mamma.

Hanna riappoggiò il biglietto sul comodino e si girò dall'altra parte del letto, ancora profondamente assonnata. Ma non fece in tempo a chiudere gli occhi, che dovette alzarsi dal letto, colta da un attacco di nausea. Corse fino al bagno e vomitò nel water. Sbuffò, non ne poteva più di correre in continuazione dal letto al bagno. Si portò di fronte al lavandino e si sciacquò il viso, quindi si asciugò e si guardò allo specchio. Non si guardava mai allo specchio quando era malata, perché odiava vedersi in certe condizioni. Quando era bulimica, difatti, allo specchio non ci si guardava mai.
Quella mattina, però, si guardò. Non aveva un bell'aspetto, effettivamente. Ma vide qualcosa in quell'immagine riflessa. Hanna si vide diversa. Non sapeva in cosa esattamente. Era davvero malata? Oppure era solo cambiata?
Tra mille vocine in testa, ad Hanna balenò un dubbio; possibile che avesse preso quel virus da Brit nel giro di qualche minuto? La ragazza corse in camera ed accese il suo portatile. Andò su Google e si documentò sui virus e sulla loro trasmissione. In biologia era sempre stata una frana, non ne capiva nulla. Scoprì che i virus prevedono un periodo d'incubazione prima di diffondersi. Se davvero avesse preso il virus da Brit, non ne avrebbe manifestato i sintomi già qualche ora dopo. Sarebbero stati necessari giorni. Se allora non era malata, che cosa c'era in lei che non andava?
Il suo corpo rifiutava cibo e la stava riportando sulla strada della bulimia? O magari era tutto frutto dello stress per la sua situazione sospesa tra le bugie con Dave e la relazione diventata praticamente clandestina con Caleb? Oppure... Cosa?
Cominciò a pensare, cominciò a mettere insieme le risposte come pezzi di un enorme puzzle. Cominciò a contare i giorni sul calendario, a guardarsi sotto la maglia del pigiama per capire se fosse possibile.
E sembrava che la verità fosse quella.
In uno stato di quasi totale apatia poiché le emozioni erano talmente forti e contrastanti tra loro da annullarsi, Hanna prese da un cassetto il test di gravidanza che conservava da qualche tempo, che aveva comprato probabilmente per sentirsi più grande, per sfizio, non certo perché pensava che un giorno talmente vicino l'avrebbe usato.
Il suo ciclo era sempre stato irregolare, per questo Hanna non aveva attribuito troppa importanza a quel ritardo che ormai considerava normale per ogni mese. Ma la nausea, il vomito, l'accentuata voglia di cibo e quel sonno cronico la portavano a pensare che sì, era possibile. E se fosse stato vero, non ci sarebbe stato davvero più alcun dubbio che Caleb fosse dentro di lei. Materialmente, nel vero senso della parola.


Hanna attese il risultato da sola, in silenzio, senza spostare lo sguardo da quello strano strumento. L'unico rumore era il ticchettio dell'orologio a muro della sua stanza, con cui le lancette scandivano il tempo, i minuti, i secondi, gli attimi in cui Hanna aspettava di sapere se fosse incinta o meno. Quei suoi grandi occhi azzurri non si mossero di un millimetro finché davvero non giunse il momento di sapere. Lesse il risultato con gli occhi di una ragazza che non era ancora pronta ad una simile realtà. Lesse il risultato non capendo cosa stesse davvero sperando di leggere.
Lesse solo che da figlia sarebbe presto dovuta diventare madre.
Il suo cuore perse un battito e le lacrime iniziarono a scenderle da quegli stessi occhi che avevano osservato disegnarsi quelle strane linee blu sul test. Si morse il labbro e strinse i pugni. Era da sempre stata abituata a fare i conti con cose molto più grandi di lei, ma questo le sembrava davvero troppo. Sentiva che non ce l'avrebbe fatta, che sarebbe crollata, che avrebbe ceduto. Che futuro poteva dare a un figlio, lei che doveva ancora crescere per sé? Che futuro poteva dargli senza la certezza di avere una figura paterna al proprio fianco? Già, perché un figlio a vent'anni non è un gioco. Caleb avrebbe potuto avere paura, sarebbe potuto scappare. Se ne sarebbe potuto andare da Hanna, avrebbe potuto lasciarla, di nuovo. Hanna sapeva cosa volesse dire crescere senza l'amore di un padre, e non l'avrebbe augurato a nessuno, tantomeno ad una piccola creatura innocente, sangue del suo sangue. Come avrebbe fatto?
Quel bambino era di Caleb, senza dubbio. L'ultima volta che aveva avuto un rapporto con Dave era stato prima che Caleb arrivasse a New York, ed erano sempre stati rapporti protetti. Quella notte con Caleb, invece, non c'era stato tempo di pensare a niente, figuriamoci se ci fosse stato tempo per preoccuparsi di un preservativo. Sì, erano stati due incoscienti, forse, ma le cose erano andate così. Era successo una volta sola, ma in certi casi, una volta è più che sufficiente. E tutti i conti, ora, ad Hanna tornavano, perfettamente. Ma aveva paura. Dannatamente paura.
Come avrebbe fatto con il college? Cosa avrebbe detto di lei la gente? Come l'avrebbe presa sua madre, e suo padre? Con quali soldi avrebbe mantenuto quel figlio? E se Caleb le avesse davvero voltato le spalle una volta che ne sarebbe venuto a conoscenza? Non l'aveva già perso abbastanza volte?
Hanna non aveva idea di niente. Non sapeva neanche come si tenesse in braccio un bambino. Non sapeva nemmeno come fosse effettivamente fatto un pannolino. Lei era solo una ragazzina viziata che amava lo shopping, il make-up, le borse, i tacchi a spillo e la musica di Katy Perry. Lei non era così responsabile da insegnare a qualcuno cos'è la vita. Lei non era pronta, questa era la verità.
 
 
Hanna passò gran parte della mattinata a piangere, seduta sul freddo pavimento del bagno. Caleb la chiamò sul cellulare, ma lei non rispose. Non poteva rispondergli e mostrarsi indifferente a quello che aveva appena scoperto.
Quando suonò il campanello, Hanna si ricordò che Spencer, Aria ed Emily sarebbero state lì. Ed ora sì che lei aveva bisogno di loro.
Andò ad aprire senza curarsi del suo pessimo aspetto e del fatto che avesse gli occhi gonfi ed arrossati, visto che di lì a poco avrebbe detto loro tutto. Non solo di lei e Caleb, ma ora anche della sua gravidanza. Doveva parlarne, ne sentiva l'estremo bisogno, e le ragazze avrebbero potuto capirla. Hanna lo sapeva.
Lo sguardo gioioso delle tre amiche una volta che Hanna aprì loro la porta, si incupì non appena si accorsero degli occhi della ragazza.
«Hanna, che succede?» fece subito Spencer.
Hanna non rispose, bensì si lasciò abbracciare da ognuna delle ragazze. Spencer, Aria ed Emily sapevano che Hanna doveva parlare con loro di qualcosa, gliel'aveva detto per telefono, ma l'immagine che ebbero della ragazza le destabilizzò totalmente e le fece preoccupare più di quanto non lo fossero già.
Le ragazze appoggiarono i bagagli accanto alla rampa di scale, quindi si accomodarono sul divano con Hanna, che era rimasta in pigiama e continuava a piangere debolmente.
«Ho bisogno di parlarvi.» esordì, non appena si fu calmata abbastanza.
«Hanna, ci stai facendo preoccupare... Tutto bene?» disse Aria, di tutta risposta.
Hanna rimase in silenzio.
«Chiaramente non va tutto bene...» soggiunse Emily.
«Lasciatela parlare.» irruppe Spencer.
Hanna sospirò e riprese.
«Non so da dove iniziare...»
«Tranquilla, parti dall'inizio. Noi siamo qui per te.» fece Emily.
«Credo che invece sarebbe meglio partire dalla fine...» rigettò Hanna.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, un silenzio rotto poi in maniera alquanto brusca dalla stessa Hanna, con una frase secca, senza giri di parole, che gelò la stanza.
«Sono incinta.»
Le ragazze rimasero di sasso. Nessuna di loro sapeva cosa dire o fare. Rimasero tutte con un'espressione a dir poco sbalordita in volto, a fissare Hanna, che non fece nient'altro che annuire per confermare che non stava affatto scherzando.
«Quindi è per questo che tra te e Dave, le cose...» azzardò Aria, prima di essere interrotta da Hanna.
«Dave non ne sa nulla e non deve saperne nulla.»
«Cosa? Lui deve sapere, a prescindere da come vada tra voi due!» disse Emily.
«Non è tenuto a saperlo, visto che non è di suo figlio che stiamo parlando.» chiarì Hanna.
Le ragazze rimasero ancora più sorprese da quell'intervento.
«Hanna, hai tradito Dave?» riprese Aria.
«Se vuoi chiamarlo "tradimento"... Sì, sono stata con un'altra persona.» rispose Hanna, decisa e lucida.
«Con chi, Hanna?» chiese dunque Emily.
«Ricordate il ragazzo che mi ha salvata da quella specie di incendio al college del quale vi ho parlato qualche tempo fa?» fece lei, non ancora arrivando al sodo.
«Intendi l'assistente del tuo professore? Sei incinta di una persona che hai visto per la prima volta all'inizio del semestre, praticamente di uno sconosciuto? Hanna, se andarci a letto è stato il tuo modo per dirgli "Grazie per avermi salvata dal bruciare viva!", beh...» continuò Emily, prima che Hanna la interrompesse.
«Non è uno sconosciuto. Non è affatto uno sconosciuto...»
Le ragazze non dissero una sola parola a quell'affermazione, ma guardarono Hanna con un'espressione sempre più confusa.
«Lo conosco da anni, e lo conoscete anche voi...» continuò Hanna.
«Hanna...» disse semplicemente Aria, guardando Hanna dritto negli occhi, cercando una vera risposta.
«Caleb...» sussurrò dunque Spencer, scuotendo la testa e sorridendo come chi ha appena trovato la soluzione ad un enigma.
«Caleb.» ripeté Hanna sottovoce, in segno di conferma, abbassando la testa ed asciugandosi la lacrima che le aveva rigato il viso.
«Che cosa?» irruppe Emily, incredula.
«Caleb è l'assistente del tuo professore? Come sapeva che tu studiassi alla NYU? E soprattutto perché ci sei andata a letto dopo il modo in cui ti ha lasciata? Quel ragazzo ti ha distrutta!» si sfogò Aria, con evidente disappunto.
Hanna scoppiò a piangere e si portò le mani sul volto.
«Così non la aiuti, Aria.» disse Spencer.
«Mi dispiace, Hanna. Scusami...» disse dunque Aria.
Hanna si calmò, e qualche istante dopo riprese a parlare.
«Lui non sapeva che io fossi qui. Lavora a Montecito in un'azienda informatica, ed ha ottenuto quest'offerta di stage alla NYU con il professor Norton che ha ovviamente accettato, e... E un giorno me lo sono ritrovato seduto davanti a me, a lezione. Non... Non è stato facile capire cosa stavo provando... Poi ci siamo guardati, e... Io sono scappata una volta finita la lezione, ma lui aveva scoperto il numero della mia stanza e mi ha lasciato un biglietto dove mi chiedeva di incontrarlo per un caffè... All'inizio non volevo andarci, ma poi non so cosa mi è preso, e alla fine ci sono andata, ho passato del tempo con lui, ed abbiamo parlato di tutto e di niente... Gli ho lasciato il mio numero, così abbiamo ricominciato a sentirci, ci siamo avvicinati, poi io mi sono allontanata per Dave, ma... Ma alla fine, una sera ci siamo baciati e poi... E poi è successo quello che tutti e due desideravamo da anni, ed io non me ne pento neanche un po'... Dopo quella notte, ero decisa a lasciare Dave per lui, ma poi il padre di Dave è morto, e... Ed io sono stata accanto a Dave per qualche giorno, senza vedere né sentire Caleb, ma questo non ha cambiato niente... Caleb vuole stare con me ed io voglio stare con lui, siamo innamorati come lo siamo sempre stati, perciò lascerò Dave... Solo che... Poco prima che arrivaste voi, ho scoperto di essere incinta. Io avrei solo dovuto dirvi di Caleb oggi. E invece poco fa ho scoperto il resto. Tutto questo mi fa paura, io... Io non so cosa fare...»
Ci furono altri istanti di silenzio.
«Perché non ci hai detto prima di Caleb?» chiese Aria.
«Perché sicuramente non mi avreste appoggiata. Mi avreste detto che avrei soltanto dovuto stare lontana da lui, che avevo Dave e tutto il resto, ma... Ma io ho sempre saputo di amare Caleb. E voi non avreste mai condiviso la mia scelta di riavvicinarmi a lui, tantomeno così tanto, perciò... Ho pensato di lasciarmi andare senza ascoltare nessuno.» rispose onestamente Hanna.
«Non ce l'hai più con lui dopo tutto quello che ti ha fatto passare?» soggiunse Emily.
«Non sto qui a spiegarvi tutto, ma lui non mi ha lasciata per un'altra. Aveva i suoi buoni motivi per farlo, e soprattutto non ha mai smesso di amarmi. Non posso dirvi di più, ma quando due anni fa sono andata a trovarlo a Ravenswood, abbiamo chiarito tutto, soltanto che allora non potevamo stare insieme... Ma adesso sì. So che vi sembra assurdo, ma dovete fidarmi di me. Caleb mi ama come mi ha sempre amata, e non è la persona orribile che vi sembra. Sono stata male per lui, molto male, non lo nego, ma lo amo da morire e questo è quello che conta. Ora ci siamo ritrovati e non voglio perderlo mai più.» disse Hanna, asciugandosi le lacrime con la manica del pigiama.
«Sei sicura di essere incinta, Han?» chiese Spencer.
«A dire il vero, ho fatto solo un test, che è venuto fuori positivo, ma... Credetemi, me lo sento. A parte il vomito, il sonno, la fame e tutto il resto, io... Io percepisco che c'è qualcosa di diverso in me.» rispose Hanna.
«Hai la certezza che sia figlio di Caleb?» domandò Aria, ricevendo occhiatacce da Emily e Spencer.
Ma Hanna non la biasimava. Dopotutto, lei stava con Dave.
«Sì, ne sono certa. Con Dave non succede più niente da un bel po', e comunque quando è successo abbiamo usato precauzioni, invece... Quando ho fatto l'amore con Caleb, beh...» balbettò Hanna, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Non ci fu bisogno di farla continuare.
«Okay, Han. Ma devi dirglielo...» disse Emily.
«Lo so, solo che... Ho paura che lui scappi da me, un'altra volta. Non è facile fare i conti con una cosa del genere alla nostra età, e... Insomma, io devo ancora realizzare di avere una creatura nella mia pancia, e se penso che tra qualche anno dovrò portare mio figlio a scuola, davvero, mi sembra impossibile tutto questo, e... Ed anche lui potrebbe esserne spaventato, anzi, sarà sicuramente così, e potrebbe andarsene, proprio ora che l'ho ritrovato, ed io rimarrei sola, e non so dove sbattere la testa, io... Io sono una bambina, sono una frana in tutto, come... Come potrei fare la mamma? E magari senza di lui?» singhiozzò Hanna, ricominciando a piangere.
Emily la abbracciò.
«Hanna, sta' tranquilla... Non puoi saperlo finché non gli avrai parlato... E se ti ama come dici e come ha sempre fatto, sicuramente non ti abbandonerà, anche perché lui sa cosa vuol dire crescere senza l'affetto di una famiglia... Non permetterà che succeda questo a suo figlio... Vedrai che affronterete tutto questo insieme... E beh, se davvero lui non ci sarà, potrai sempre contare su di noi, hai capito?» le mormorò mentre la stringeva.
Hanna annuì, piangendo sulla spalla di Emily. Si avvicinarono anche Aria e Spencer, ed insieme si strinsero in un unico grande abbraccio.
«Non sarà facile, ma noi ci saremo, Han... A fare la mamma non te lo insegna nessuno, forse non si è mai pronte, ma... Siamo sicure che tu sarai fantastica, perché hai un cuore grande... Sarà dura, ma ce la farai...» mormorò Aria.
«So che sembrerò indelicata a chiederlo, ma... Quindi lo terrai?» chiese Spencer.
Hanna si tirò via dall'abbraccio e sospirò prima di rispondere.
«Non ho considerato nessun altra possibilità. Questo bambino è figlio mio e di Caleb, e... E non posso pensare di fargli niente di male, anche se mi spaventa a morte questa situazione... Solo... Non ne fate parola con nessuno... Siete le uniche a saperlo...»
Quella giornata non andò esattamente come Hanna aveva immaginato nei giorni precedenti, ma il conforto delle sue amiche la aiutò moltissimo a sopportare la situazione che si trovava a dover affrontare.

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Capitolo 25
*** Not alone at all ***





25. Not alone at all
 
 
"This is so you'll know the sound of someone who loves you from the ground. Tonight you're not alone at all, this is me sending out my satellite call."
[Satellite Call - Sara Bareilles]
 
 
Era sera, e Caleb era preoccupato per Hanna. L'aveva chiamata e le aveva scritto più volte, ma lei non gli aveva mai risposto. Aveva pensato di andare fino a casa sua per vedere se fosse tutto a posto, ma poi si era ricordato che sarebbe stata con Aria, Emily e Spencer, e quindi aveva pensato che avesse solo bisogno di un po' di tempo da sola con le sue amiche, perciò restò nella sua stanza alla NYU.
Si era coricato a letto, nonostante non fosse tardi, ma la verità era che quando era pensieroso, gli piaceva sdraiarsi e guardare nel vuoto. Non sapeva perché, forse semplicemente lo tranquillizzava. E voleva stare tranquillo per Hanna, visto che era l'unica cosa che contasse per lui.
Intorno alle undici, sentì bussare alla porta. Non aveva idea di chi fosse, e sperò che non si trattasse di Molly. Aveva sempre paura che un giorno si sarebbe ripresentata alla sua porta con chissà quali pretese.
«Chi è?» chiese, alzandosi dal letto.
«Sono io, Caleb...»
Immediatamente Caleb riconobbe la voce di Hanna e si precipitò ad aprire la porta.
Trovò davanti a sé una Hanna sconvolta, con gli occhi gonfi, le guance bagnate dalle lacrime e con addosso una semplice maglietta ed una tuta, cosa alquanto insolita per lei. Si stava mangiucchiando l'unghia dell'indice destro, ed aveva un aspetto indifeso e distrutto. Caleb la tirò subito a sé, stringendola in un abbraccio il più caloroso possibile.
«Amore, che succede?» le chiese, stringendola contro il petto, mentre con un calcio chiuse la porta.
Hanna si attaccò al busto di Caleb, piangendo sulla sua maglietta, singhiozzando, incapace di rispondere in nessun modo.
«Stai male? C'entra Dave? È successo qualcosa di brutto? Che c'è, Hanna?» continuò Caleb, senza sciogliere l'abbraccio.
Hanna continuò a piangere stretta a lui. Non riusciva a parlare, non riusciva a muoversi, non sapeva nemmeno perché improvvisamente fosse scappata lasciando le ragazze sole in casa sua per venire da Caleb, visto che sapeva benissimo che non ce l'avrebbe fatta a dirgli nulla. Malgrado tutto, però, lì, stretta a lui, si sentiva meglio. Senza bisogno di dire niente. Le bastava la sua presenza e tutto sembrava meno peggio di quanto potesse essere.
Caleb non chiese più nulla, semplicemente si sedette sul letto con Hanna, continuando a stringerla ed accarezzarla. Fuori iniziò anche a piovere, e, stretti nel silenzio, l'unico rumore percettibile in quel momento era quello della pioggia battente sulle strade e sui tetti della città.
Quando Hanna sentì il nodo nella sua gola allentarsi, si decise a dire qualcosa.
«Sto bene... Non è successo niente di brutto... Io... Devo solo dirti una cosa, ma... Non adesso, per favore...»
Caleb le baciò la testa, accarezzandole i capelli.
«Okay... Pensavo fossi con le ragazze...» sussurrò poi.
«Avevo bisogno di te...»
Caleb la strinse più forte.
«Va bene...» aggiunse.
«Posso dormire qui con te?» chiese timidamente Hanna, alzando di poco la testa per poterlo guardare negli occhi.
Caleb le sorrise e le baciò la fronte.
«Ma certo che puoi dormire con me...» aggiunse.
Il ragazzo si alzò, prese una delle sue felpe dall'armadio, e la porse ad Hanna. Quella sera faceva freddo e Caleb non voleva che Hanna si raffreddasse. Lei abbozzò un sorriso e se la infilò, quindi Caleb scoprì le lenzuola e fece cenno con il capo ad Hanna di mettersi sotto. Lei lo fece subito, coricandosi su un fianco, e Caleb la seguì appena dopo, porgendosi anche lui su un fianco, dietro di Hanna. Le baciò il retro del collo e poi, con un gesto inconscio e del tutto spontaneo, portò le braccia attorno alla pancia di Hanna per tenerla più vicina a sé. Quando Hanna avvertì le mani di Caleb avvolgerle il ventre, si lasciò sfuggire una lacrima. Una lacrima che non sapeva a quale emozione attribuire. Sapeva solo che si trattasse di un'emozione forte, fortissima. Portò a sua volta le mani su quelle del ragazzo e chiuse gli occhi, forse sorridendo.

In quel letto singolo, in due, si stava piacevolmente stretti.
«Andrà tutto bene, amore mio... Ci sono io con te...» le sussurrò Caleb.
«Grazie...» sussurrò semplicemente lei, di risposta.
«Buonanotte, principessa...»
«Buonanotte, Caleb...»
Anche Caleb chiuse gli occhi, con la testa nascosta tra i capelli di Hanna ed il mento appoggiato sulla sua spalla. Si addormentò un po' preoccupato per quello che potesse esserle successo, ma in quel momento pensò solo a farle sentire la sua vicinanza. I respiri che lo accompagnarono al sonno furono insaporiti dal profumo della pelle di Hanna, e Caleb desiderò che ogni notte della sua vita potesse addormentarsi in quel modo. Le accarezzò il ventre e le diede un ultimo bacio sul collo prima di naufragare nel mondo dei sogni, ascoltando il quieto rumore della pioggia.
Hanna, a sua volta, si addormentò ben presto, scaldata dal calore del forte corpo di Caleb, ed accarezzata dalle sue mani saldamente strette al ventre e dal suo respiro che le sfiorava piacevolmente il collo. E nonostante tutto, riuscì ad addormentarsi tranquilla. Caleb era lì con lei, non aveva bisogno di nient'altro.
 
 
Hanna si svegliò, stretta a Caleb che ancora dormiva. Le sue braccia erano sempre attorno allo stomaco di Hanna, e lei aveva ancora le mani sulle sue. Non sapeva che ore fossero, ma probabilmente era l'alba a giudicare dai pallidi raggi che filtravano dalla finestra, e sembrava non piovesse più. Caleb russava leggermente, ed Hanna trovava quel rumore di una dolcezza infinita. Le mostrava Caleb come tenero ed indifeso, un lato di lui che nessuno, se non lei, poteva conoscere. Abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate sul suo ventre e sorrise dolcemente. Non sarebbe stato facile, per niente, ma per la prima volta la sensazione di essere in tre e di poter diventare una vera famiglia, ad Hanna portò un'enorme gioia nel cuore. Si voltò di poco, quanto bastava per vedere Caleb ad occhi chiusi e con i capelli spettinati. Gli baciò delicatamente una guancia e si voltò nuovamente, richiudendo gli occhi e riabbandonandosi al sonno.
 
 
Caleb si svegliò pochi minuti prima che suonasse la sua sveglia. Aveva un appuntamento con Norton ed uno dei direttori dei corsi della NYU. Non poteva mancare, altrimenti avrebbe disdetto tutto per restare lì dov'era con Hanna. Lentamente, sciolse le braccia dal ventre della ragazza, facendo attenzione a non svegliarla. Sapeva come muoversi per non svegliarla, l'aveva sperimentato altri milioni di volte, infatti ci riuscì perfettamente. Si lavò e si vestì, quindi tornò a guardare Hanna. Era chiaro che dovesse parlargli di qualcosa, ma davvero non ce la faceva a disturbarla mentre dormiva così bene. Aveva un'espressione rilassata ed un piccolo sorriso accennato sulle labbra; sicuramente aveva un aspetto più sereno rispetto alla sera precedente. Caleb ridacchiò tra sé e sé e le accarezzò i capelli, quindi prese un pezzo di carta e le scrisse qualcosa, prima di baciarla sulla fronte ed andare via.
 
 
Quando Hanna si svegliò davvero, era mattina e lei era sola. Caleb non era più dietro di lei a cingerle il ventre. La ragazza sbuffò e si voltò dal lato opposto del letto, notando poi un bigliettino sul comodino. Lo prese e lo lesse, mentre sospirò come fosse alla prima cotta.
 
Buongiorno, amore mio. Scusami se me ne sono andato senza salutare, ma ho appuntamento con Norton e stavolta proprio non posso disdire, e tu naturalmente dormivi troppo bene perché io potessi pensare di svegliarti. Quando ho finito ti chiamo, così se te la senti parliamo di quello che vuoi. Puoi stare nella mia stanza finché vuoi, ed ovviamente puoi tenere la felpa.
P.S. Qualsiasi cosa sia successa, non preoccuparti, puoi sempre contare su di me.
Ti amo,
Caleb.
 
Hanna sorrise e riappoggiò il biglietto sul comodino, quindi decise di alzarsi, altrimenti sapeva che avrebbe continuato a dormire per ore ed ore. Andò in bagnò, si fece una doccia e si rivestì con la tuta e la felpa di Caleb. Era sabato, non c'erano lezioni alla NYU, non avrebbe incontrato chissà quanta gente e sarebbe sgattaiolata fuori il prima possibile, per questo non si preoccupò troppo del suo aspetto. E poi, le piaceva avere il profumo di Caleb addosso, impregnato su quella felpa.
Chiamò Spencer per rassicurare lei e le altre, scusandosi per come era scappata la sera precedente. Ma le ragazze non potevano biasimarla per i suoi sbalzi d'umore, e si mostrarono ovviamente comprensive. Hanna confessò loro di non essere riuscita a parlare con Caleb, ma disse anche che non appena lui avesse finito il convegno con Norton, l'avrebbe chiamato per far sì che la raggiungesse a casa in modo che avrebbero potuto parlare.
E Dave? Con la storia della gravidanza, ad Hanna appariva come il minore dei suoi problemi, e le era quasi passato di mente. La priorità adesso era diventata parlare della gravidanza con Caleb, anche se sapeva benissimo di dover sistemare le cose anche con Dave. Prima di andarsene, rifece il letto di Caleb e si assicurò di non aver dimenticato niente.
Aprì dunque la porta, diretta verso l'uscita del college, diretta verso casa, diretta verso la chiarezza.
Ma davanti a sé, trovò qualcuno ad aspettarla, proprio dietro la porta della stanza 319 di Caleb.
Lui sapeva che lei era lì.
«Ciao, Hanna.» esordì Dave, a braccia conserte.
Hanna rabbrividì. Iniziò a tremare e a mordicchiarsi un labbro.
Lui sapeva, lui era lì, lui voleva quelle risposte che Hanna non gli aveva mai dato ma che avrebbe dovuto dargli molto tempo prima.

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Capitolo 26
*** Too late ***





26. Too late
 
 
"You say sorry like an angel, heaven's not the thing for you. But I'm afraid, it's too late to apologize, it's too late..."
[Apologize - OneRepublic feat. Timbaland]
 
 
«Dave...» bisbigliò Hanna, incerta su cosa dire o fare.
Dave alzò le sopracciglia e sospirò.
«Devi dirmi qualcosa, o sbaglio?» aggiunse.
«Dave, io...»
Il ragazzo però la interruppe, esasperato.
«No, anzi, non dire niente. Lascia stare. Non voglio sentirti dire che ti dispiace, che non volevi ferirmi, che non è colpa mia, che in me non c'è niente che non va, e tutte queste cazzate. Io so solo, Hanna, che mentre io piangevo sulla tua spalla per mio padre, tu te la facevi con il ragazzo che io stesso ho ringraziato fino alla nausea per averti salvato la vita, e... Non ho parole, io... Io pensavo che tu fossi una persona pulita, limpida, pura, fino in fondo, e... E invece sei solo una sporca traditrice che non ha avuto neanche il degno coraggio di dirmi la verità prima che me la dicesse una stupida pettegola come Molly Wiscott, e sai qual è la cosa più divertente, Han? Lo sai? Lei me lo diceva da un sacco di tempo, ma io no, non le credevo. Non pensavo possibile che tu fossi così, che... Che mi stessi tradendo con questo tipo con i baffi che è arrivato qui sicuramente perché è uno squallido raccomandato, e... Ed è davvero un peccato che lui adesso non sia qui con noi, non credi? Ma non preoccuparti, sono sicuro che lui ed io avremo presto l'occasione di parlare... Dio, sono stato un idiota. Tua madre non è mai stata male, vero? La sera della festa tu sei andata via con lui, non è così? E ti sei divertita mentre io mi preoccupavo che tua madre stesse bene... E lo stesso hai fatto per tutte queste settimane, no? Come quando hai annullato la nostra cena dicendo che Spencer era venuta a trovarti... Oppure adesso, che dici di essere a casa malata e poi esci dalla sua stanza con una felpa che ti sta quattro volte... È tutto chiaro, Hanna. Io piangevo per mio padre e nel frattempo tu andavi a letto con lui. È magnifico. È perfetto, sul serio. L'unica cosa bella della mia vita eri tu, Hanna, ma la verità è che io non ho idea di chi tu sia... So solo che ora come ora mi fai più schifo di quanto possa fare schifo la mia vita e credimi, la mia vita tocca davvero il fondo.»
Hanna non fece nulla mentre Dave sputava quelle parole di risentimento dalla bocca. Aveva un'espressione disgustata e delle lacrime di rabbia agli angoli degli occhi. Ed Hanna evitava il suo sguardo d'odio, abbassando la testa e lasciandosi penetrare da ogni singolo lecito insulto con impotenza, piangendo e stringendo i pugni. Dave aveva ogni diritto di farla sentire così, e lei lo sapeva. Si sentì solo di precisare una cosa, ma non si rivelò essere una buona idea. Affatto.
«Dave, mi dispiace, io... Io e lui...  È successo solo una volta, e... Ed era prima che tuo padre...»
Dave si scaldò e la interruppe nuovamente, alzando il tono di voce.
«Non nominare mio padre. Non ti azzardare nemmeno... Ma non ti vedi, Hanna? Ora che ci faccio caso, sei anche ingrassata... Ti farebbe bene tornare ai tuoi giorni da grassona depressa quando vomitavi anche l'anima, magari perdi un po' di lardo... E vuoi saperla una cosa? Eri meglio bulimica che troia...»
Hanna scoppiò a piangere senza ritegno, e Dave le rise in faccia.
«Sei davvero pietosa... Vado a farmi un bicchiere per pensare a quanto sono stato stupido a stare insieme ad una ragazzina stupida come te...» continuò.
Hanna tentò di fermarlo non appena accennò al fatto che stesse andando a bere. Non voleva assolutamente che lui ricadesse in tentazione con l'alcool, come aveva sempre temuto che avrebbe fatto non appena avesse scoperto tutta la verità. D'istinto, allora, lo afferrò per un braccio, implorando il suo nome. Voleva fermarlo. Voleva solo fermarlo.
Ma Dave, stizzito, rifiutò quel contatto con un istinto violento, scrollandosi di dosso il braccio di Hanna con forza. 
Con abbastanza forza.
Hanna perse l'equilibrio, sbattendo contro la porta della stanza di Caleb ed accasciandosi quindi a terra. E non appena cadde, avvertì un dolore nella zona addominale. Un dolore interno, un dolore mai provato prima. Fece una smorfia ed emise un mugolio di dolore, ma Dave se ne infischiò e corse via da lì, lasciandola a terra con le mani sullo stomaco. Hanna capì che probabilmente stava succedendo qualcosa al suo bambino, dunque si mise ad urlare come poteva, sperando che qualcuno potesse sentirla. Ma sembrava che quel sabato mattina, le camerate di quel corridoio maschile della NYU non fossero molto popolate. Hanna prese quindi il cellulare e chiamò Brit, sperando che fosse in stanza e che potesse raggiungerla. E fortuna volle che fu così.
«Hanna?» rispose Brit, dopo qualche squillo.
«Brit... Ti prego, vieni davanti alla stanza 319... È nello scompartimento maschile... Ti prego, mi serve aiuto...» mugugnò Hanna, tra singhiozzi e versi di dolore.
«Hanna, che succede?»
«Dimmi che sei al college e che puoi venire...»
«Sì, sto arrivando... Ma che succede, Han? Mi fai preoccupare!»
«Ho un malore... Fa' in fretta e chiama qualcuno...»
Brit, a quelle parole, si precipitò dal medico di guardia del college e diede l'allarme, quindi si fece strada più velocemente che poté verso la stanza che le aveva indicato Hanna. Il medico la seguì più lentamente, e Brit finalmente si trovò da Hanna.
«Hanna, che diavolo è successo?» chiese, inginocchiandosi accanto a lei e prendendola per mano.
«Brit, io... Io sono...» balbettò Hanna, alternando alle parole dei lamenti di dolore.
«Tranquilla, sta arrivando il medico, okay?»
«Brit... Sono incinta...»
Brit rimase di sasso.
«Che cosa?»
Hanna annuì debolmente.
«Credo di essere alla quarta settimana, è poco tempo, probabilmente il bambino è ancora molto debole, e... Non posso rischiare di perderlo... Non voglio perderlo...» continuò.
«Hanna, respira, okay? Non lo perderai...» disse Brit, accarezzandola.
«È di Caleb, Brit...» sussurrò poi Hanna.
Brit annuì, stringendole la mano.
«Il medico è qui... Andrà tutto bene, hai capito?» continuò.
Hanna annuì a sua volta.
«Non dirlo a nessuno... Neanche a Caleb... Devo farlo io...» aggiunse.
«D'accordo, non preoccuparti...» rispose lei.
Arrivò quindi il medico e Brit si fece da parte, sperando che tutto andasse per il meglio.
 
 
Qualche ora dopo, Hanna era in un letto d'ospedale, ad aspettare gli esiti delle analisi per sapere se il suo bambino stesse bene, visto che le avevano definitivamente confermato la gravidanza. Non sentiva più dolore, ma aveva avuto una piccola perdita che le faceva temere il peggio. Era lì con Brit, Aria, Spencer ed Emily, che erano state avvisate dalla stessa Brit su richiesta di Hanna. Aveva bisogno di loro. Era spaventata, piangeva, e pregava che non avesse perso quel figlio che aveva appena saputo di avere in grembo. Quel terrore al pensiero di perderlo, le fece capire che aveva già instaurato un qualche legame con quel piccolo esserino, da subito.
Suo figlio. Figlio di Caleb. Loro figlio.
Ed Hanna lo voleva.
D'altra parte, aveva sempre saputo che, in qualche modo, il suo futuro sarebbe stato con Caleb e con i loro bambini. Magari più tardi, ma una parte di sé aveva sempre saputo che sarebbe andata a finire così.
Decise di dire a Caleb di raggiungerla all'ospedale, assicurandogli che lei stesse bene e di non preoccuparsi troppo. Emily fece la chiamata per lei, che non se la sentì fino in fondo. Caleb rispose convinto che fosse Hanna.
«Hey, principessa... Stavo per chiamarti io, ho appena finito, e...»
Emily lo interruppe.
«Caleb, sono Emily.»
«Oh, Emily... Ciao, da quanto tempo...» disse quindi Caleb, spiazzato e confuso sul perché Emily stesse parlando con lui dal cellulare di Hanna.
«Ciao... Senti, è successa una cosa ma non devi spaventarti, okay?»
«Dov'è Hanna? Sta bene?» chiese allora Caleb, preso dal panico.
«Lei sta bene, tranquillo. Solo... È in ospedale, ma...»
Caleb la interruppe.
«Dio, Emily, che è successo? In che ospedale è?»
«Vieni qui e potrai vederla e parlare con lei, ma sta bene, capito? Sta bene, te lo giuro.»
Emily diede quindi a Caleb l'indirizzo dell'ospedale, ed immediatamente il ragazzo riattaccò e prese il primo taxi.

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Capitolo 27
*** Because I love you ***





27. Because I love you
 
 
"I'll take your bad days with your good, walk through this storm, I would. I'd do it all because I love you."
[Unconditionally - Katy Perry]
 
 
«Cosa ha detto?» chiese Hanna, una volta che Emily rientrò nella sua stanza d'ospedale.
«È preoccupatissimo, non ho fatto in tempo a dargli l'indirizzo che mi ha chiuso in faccia...» rispose lei, con un piccolo sorriso verso la grande premura di Caleb, caratteristica che aveva sempre avuto.
«È rimasto lo stesso, eh?» chiese Aria ad Hanna, stringendole la mano.
Hanna annuì abbozzando un sorriso, ma le sfuggì anche una lacrima.
«Hey, tesoro... Vedrai che non è successo niente...» disse allora Brit, asciugandole la lacrima.
«E vedrai che Caleb prenderà bene il fatto che presto diventerà papà...» aggiunse Emily.
«Hai avuto il malore improvvisamente, Han?» chiese d'un tratto Spencer.
Hanna sospirò profondamente, prima di rispondere.
«Dave mi ha vista uscire dalla stanza di Caleb, e... Beh, ora sa tutto, a parte... A parte che sono incinta. In realtà, lui...»
«Ti ha picchiata?» sobbalzò Aria.
«No, no... Non è andata così... Lui ha detto che sarebbe andato a bere a causa mia, ed io ho provato a fermarlo prendendolo per un braccio, ma... Lui mi ha scansata ed io ho semplicemente perso l'equilibrio, e poi... E poi ho sentito solo dolore...» continuò Hanna, con gli occhi lucidi.
«E lui non ti ha aiutata?» intervenne Brit, incredula.
Hanna si limitò a scuotere la testa, con lo sguardo basso, e nella stanza calò il silenzio.
 
 
Ad un tratto, la porta si spalancò ed entrò Caleb, con tutta l'apprensione del mondo disegnata in viso, che corse immediatamente verso Hanna e la abbracciò più forte che poté. Le ragazze, nel frattempo, uscirono una ad una dalla stanza, lasciando ad Hanna e Caleb la dovuta intimità.
«Che è successo, Hanna? Che è successo?» mormorò Caleb, stringendo Hanna.
«Sto bene, tranquillo...» bisbigliò lei.
Caleb si staccò dall'abbraccio e la baciò sulle labbra, quindi si sedette sul letto e le prese la mano.
«Perché ti hanno portata qui? Il virus si è aggravato? Riguarda quello che volevi dirmi ieri sera?» continuò lui.
«Caleb, io... Io non sono malata, non ho nessun virus...» mormorò Hanna.
«Allora che cos'hai?»
Hanna esitò dietro ad un sospiro, quindi un'infermiera entrò nella stanza e spezzò il silenzio.
«Signorina Marin, è tutto a posto. Il bambino sta bene. La terremo in osservazione per la notte, ma con ogni probabilità domattina verrà dimessa. Mi raccomando, però, non faccia troppi sforzi.»
Hanna le sorrise cordialmente dopo aver tirato un grosso sospiro di sollievo, quindi l'infermiera uscì. Hanna era felicissima della notizia, ma davanti a sé aveva un Caleb completamente spiazzato che la guardava in attesa di risposte.
«Bambino? Io... Non capisco... Che vuol dire, Hanna?» balbettò lui, aggrottando le sopracciglia.
Hanna gli strinse la mano più forte che poté e, dopo aver fatto un bel respiro, buttò fuori quelle due parole.
«Sono incinta...»
Caleb rimase senza parole, immobile e con lo sguardo perso nel vuoto. Non sapeva come sentirsi o come reagire. Era letteralmente pietrificato.
«Volevo dirtelo ieri, ma... Avevo paura che non la prendessi bene, e...» continuò dunque Hanna, iniziando a piangere vista l'inesistente reazione di Caleb, ma lui la interruppe.
«Hey, ascolta... D'accordo, è una cosa... Wow, impegnativa... Ma è okay, sì, insomma... Potrà stare con il padre quando e come vorrà, ed io lo accetto, Han... Voglio dire, deve poter stare con suo padre, e se Dave non vorrà esserci per lui, allora ci sarò io e lo crescerò io con te al posto suo se vorrai, perché è giusto che...»
Hanna scosse la testa, sorridendo con tenerezza al discorso di Caleb, che al suo gesto smise immediatamente di parlare. Hanna si asciugò le lacrime, quindi prese le mani di Caleb e le appoggiò sulla sua pancia, poi riprese.
«No, Caleb... Non è come pensi... Questo è tuo figlio. È il tuo bambino, il nostro bambino...»
A quel punto, Caleb guardò Hanna con un'espressione incredula. Fu di nuovo la ragazza a prendere parola.
«Hey... Capisco il fatto che tu non mi creda sulla parola, dopotutto io stavo con un altro ragazzo, ed è giusto che tu faccia tutti i test che vuoi per verificare, e...»
Caleb la interruppe nuovamente.
«Come potrei non fidarmi di te?»
Hanna gli sorrise e lui ricambiò. Il ragazzo si avvicinò poi con la testa alla pancia di Hanna e la baciò.
«Perché allora avevi paura di dirmelo?» chiese dunque, alzando la testa per poterla guardare negli occhi.
Hanna gli prese il viso tra le mani ed iniziò a piangere, mentre si fece forza e rispose.
«Non lo so, Caleb... È che avevo paura... Anzi, ho paura... Abbiamo vent'anni, e questo non è un gioco... Ho pensato che anche tu potessi esserne spaventato e che perciò avresti deciso di scappare, magari mi avresti lasciata perché non ti saresti sentito pronto per questo, e poi forse quella notte avrei dovuto dirti che non prendevo la pillola, perché probabilmente tu pensavi che fosse così, e...»
Caleb la zittì con un bacio. Hanna ricambiò, e sulle guance di Caleb scivolarono le sue lacrime, che mano a mano stavano diventando meno amare. Quando Caleb si staccò, riportò le mani sulla pancia di Hanna e riprese a parlare.
«Hey, ascoltami bene... Io ti amo, Hanna. Ti ho sempre amata. Ed ho sempre sognato una vita con te, un futuro dove saremmo stati sposati, con tanti figli ed un'enorme villa con un bellissimo giardino davanti. Certo, pensavo che sarebbe successo più tardi, pensavo che ci sarebbe stato più tempo per pianificare le cose, ma... Ma non importa. L'importante è che siamo insieme e che ci amiamo. Ed è così. E te l'ho già detto, io non me ne vado. Io resto qui con te, io ci sono. Sei sempre stata tu la mia famiglia, Hanna. Dal primo istante. Prima ancora di mia madre o di mio padre, prima ancora di tutti, ci sei stata tu. Ed ora, beh... Ora la famiglia si è semplicemente allargata. Ora ci siamo io, tu e questo piccolino. E qui c'è un piccolo cuore che batte, proprio qui, dentro di te. E quel cuore è l'unione del mio cuore con il tuo. Pensi che possa esserci qualcosa di più bello? Pensi davvero che io mi lasci sfuggire tutto questo solo perché ho paura che sia troppo presto? Sì, forse non sarà facile, forse a volte vedremo tutto nero, ma... Saremo insieme, e ti prometto che ce la faremo. Hanna... Io non ti lascio per niente al mondo, anzi, non vi lascio per niente al mondo. Non poteva succedermi niente di più bello, davvero...»
Hanna si commosse ed abbracciò Caleb con tutte le forze. Come si poteva non amare un ragazzo come lui? Hanna era fortunata, e lo sapeva. Caleb ricambiò l'abbraccio, sentendosi felice come poche volte si era sentito in tutta la sua vita. Non poteva fare finta di non avere neanche un po' di paura, perché ce l'aveva eccome, ma tutto quello che aveva detto ad Hanna, lo pensava sul serio. Pensò anche che avrebbe fatto di tutto per tenersi stretto il suo posto di lavoro, che avrebbe mantenuto Hanna e il bambino mentre lei avrebbe potuto portare a termine gli studi, e alla fine magari si sarebbero potuti trasferire tutti insieme a Montecito, dove Hanna e Caleb avrebbero potuto sposarsi e dove lui avrebbe potuto davvero offrire una casa bella e spaziosa alla sua famiglia. Mentre abbracciava Hanna, Caleb chiuse gli occhi ed immaginò il suo futuro con lei ed il loro bambino, e non riuscì a vedere nemmeno un lato negativo.
«Grazie, Caleb... Non so cosa farei senza di te...» mugugnò Hanna.
«Oh, no... Sono io che sarei perso senza di te...» replicò lui, baciandole una guancia.
Hanna si ritirò dall'abbraccio e gli sorrise, quindi Caleb le asciugo le lacrime con i pollici.
«Ma perché sei qui in ospedale? Cos'è successo esattamente?» rigettò poi lui.
Hanna sospirò e riprese.
 «Dave mi stava aspettando fuori dalla tua stanza. Sapeva che ero lì, e da quanto ho capito sa di noi grazie a Molly, e...»
«Hanna, ti ha messo le mani addosso? È andata così?» la interruppe Caleb, stringendo i pugni ed alzando la voce.
«No, no, Caleb... Lui mi ha detto delle cose non belle, io l'ho lasciato fare perché d'altra parte le meritavo, ma poi ha detto che sarebbe andato a bere, così ho provato a fermarlo prendendolo per un braccio, e... Lui mi ha scansata ed io sono caduta, ma non è stata colpa sua, Caleb, davvero...» spiegò lei.
«Ha chiamato i soccorsi almeno?»
Hanna si limitò ad abbassare lo sguardo.
«Dio, che razza di idiota...» borbottò Caleb.
«Caleb, lui è ferito per colpa mia. Insomma, sai che non l'avevo lasciato finora perché intendevo farlo con delicatezza e prudenza, e alla fine lui lo ha scoperto da sé ed ha ovviamente reagito nel peggiore dei modi... La verità è che per fare le cose con delicatezza ho fatto passare troppo tempo e ne ho pagato il prezzo... Posso immaginare come stia ora, e probabilmente quando mi ha vista lì a terra, non se l'è sentita di aiutarmi, ed ora si starà ubriacando, ed è tutta colpa mia...»
«Piantala, Hanna. Non è colpa tua, okay? E comunque, a prescindere da qualsiasi cosa, una volta che ti sei accasciata, avrebbe perlomeno dovuto chiamare qualcuno, invece di lasciarti lì...»
«Lui non sa che sono incinta, magari avrà pensato che stessi fingendo il malore...»
«Non giustificarlo. Avrebbe dovuto aiutarti e basta.»
Hanna sospirò di nuovo, quindi Caleb le prese le mani.
 «Lasciamo stare Dave adesso, okay? In un modo o nell'altro finalmente tra voi è finita, e se lui ricadrà nell'alcool non sarà per colpa tua, mettitelo in testa.» disse lui.
«Caleb, lui mi ha detto che vuole parlare anche con te, ed io ho paura che...»
Caleb la interruppe.
«Stai tranquilla. Non mi succederà niente, non devi preoccuparti. Ora devi solo pensare a...»
Caleb le portò dunque le mani sulla pancia e la accarezzò. Hanna gli sorrise e premette a sua volta le sue mani sulla pancia.
«Quando l'hai saputo?» chiese Caleb.
«Ieri mattina. Lo sapete solo tu, Brit e le ragazze. La sera sono corsa da te lasciando da sole Aria, Emily e Spencer, perché una parte di me voleva dirtelo subito, solo che l'altra aveva paura, ma... Ma avevo bisogno di averti vicino, e... E ho capito che avrei potuto dirtelo, anche se... Anche se avevo comunque paura che non la prendessi bene...»
«Hanna... Ti giuro che a questo bambino non farò mancare niente di tutto quello che è mancato a me. Voglio che venga amato incondizionatamente dal primo istante della sua vita, visto che per me non è stato così, e se penso che questo piccolo miracolo è nato dal nostro amore, non posso fare altro che amarlo a maggior ragione. Te lo ripeto, è la miglior cosa che potesse capitarmi. Insieme a te, ovviamente. Ora potremo essere una famiglia a tutti gli effetti, lo sai?» sorrise lui.
Hanna gli prese il viso tra le mani e lo baciò con passione.
«Ti amo da morire, Caleb...» sussurrò poi, con la fronte contro quella del ragazzo.
«Ti amo da morire anch'io...» rispose lui.
Dalla porta entrò quindi Spencer, con la borsa di Hanna.
«Scusate l'interruzione...» mormorò imbarazzata.
Caleb si ricompose e si voltò per sorriderle.
«Non preoccuparti, Spence.» soggiunse Hanna.
«Il tuo cellulare è squillato un paio di volte, volevo solo portartelo...» disse la ragazza, poggiandole la borsa sul letto.
«Grazie.» sorrise Hanna.
Spencer sorrise a sua volta e fece per andarsene, ma Caleb la fermò.
«Hey, Spencer... Come stai?»
Spencer si voltò.
«Senti, Caleb... Prova a far soffrire di nuovo Hanna e ti spezzo le ossa, okay?» disse lei, sorridendo sarcasticamente.
«Non sei cambiata di una virgola, wow.» fece Caleb.
Hanna ridacchiò.
«Non succederà mai più.» aggiunse ancora lui, con tono deciso.
Spencer annuì e si diresse verso la porta, ma Caleb la fermò ancora una volta.
«Come sta Cavanaugh?»
Spencer sbuffò e si voltò.
«Pensa a tuo figlio, Rivers.» disse, prima di chiudere la porta.
Hanna e Caleb risero.
«Sono ancora insieme lei e Toby, no? Non avrò mica fatto una figuraccia?» chiese poi lui.
«Non preoccuparti, sono ancora insieme.» sorrise Hanna.
Caleb ricambiò il sorriso.
«Sai, mi vogliono bene e si preoccupano per me, ma in realtà vogliono solo che io sia felice.» disse poi Hanna.
«E... Sei felice?» chiese Caleb.
«Sono felice.» confermò la ragazza, sorridendo.
Hanna controllò poi il cellulare, che aveva due chiamate perse da sua madre.
«Quando mia madre tornerà a casa, dovrò dirle del bambino...» disse quindi.
«Glielo diremo insieme. Non ti lascerò sola in niente di tutto questo, capito?»
Hanna annuì.
«Ascolta... Se me lo permettono, stanotte resto qui con te così domani, non appena ti dimettono ti accompagno a casa, okay?» continuò Caleb.
«Caleb, non ce n'è bisogno...»
«Forse non ce n'è bisogno, sì, ma io voglio farlo.» replicò lui, facendo spallucce.
«Non hai lezione con Norton domani?»
«Han, domani è domenica.» sorrise lui.
«Bene, allora hai vinto tu.» fece la ragazza, sporgendosi leggermente per baciarlo, ma lui la riportò delicatamente giù.
«Che c'è?» chiese Hanna.
«Niente sforzi, principessa. L'hai sentita l'infermiera, no? Rilassati, penso a tutto io.»
Hanna non fece in tempo a rispondere, che Caleb stava già premendo le labbra sulle sue per l'ennesimo bacio. 
 
 
Le ragazze e Brit rientrarono nella camera di lì a poco, e rimasero con Hanna e Caleb per gran parte della giornata, finché, quando arrivò la sera, i due rimasero soli. Le ragazze tornarono a dormire a casa di Hanna ed Ashley, sapendo che l'indomani si sarebbero riviste lì e sarebbero potute restare insieme fino al tardo pomeriggio, nel quale le ragazze sarebbero ripartite per le rispettive città.
Caleb si accomodò sulla poltroncina a lato del letto e, finite le parole, restò semplicemente a guardare Hanna che tentava invano di addormentarsi.
«Questo materasso è di pietra, non riesco a dormire...» borbottò.
«Strano, dov'è finito il tuo tipico sonno cronico?» ironizzò Caleb.
Hanna sospirò.
«Pensi di potermi aiutare?» aggiunse, guardando Caleb con uno sguardo implorante.
«A fare cosa?»
«Ad addormentarmi...»
«E in che modo? Vuoi che ti canti una ninnananna?» ridacchiò lui.
«E se ti coricassi vicino a me?»
Caleb ridacchiò di nuovo.
«Hanna, è un letto d'ospedale, non credo sia il caso...» aggiunse, alzando le sopracciglia.
«Abbassa tutte le tapparelle e vieni qui. Se vedranno chiuso, non entreranno prima di domattina. E, beh, se ti scopriranno domattina, chi se ne importa della ramanzina se avremo passato tutta la notte abbracciati?»
Caleb sorrise e fece come diceva Hanna. Abbassò le tapparelle che davano sul corridoio dell'ospedale, quindi scoprì di poco le lenzuola del letto, distendendosi accanto ad Hanna, semi-seduto. Allargò le braccia, permettendo così ad Hanna di appoggiarsi sul suo petto.
«Ora dormi, devi riposare...» disse lui, accarezzandole i capelli.
«Va molto meglio adesso, effettivamente...» sorrise lei.
Caleb le baciò la fronte.
«Buonanotte, principessa...» disse quindi.
«Buonanotte, amore...» mugugnò Hanna, chiudendo gli occhi.
Caleb portò poi una mano sotto le lenzuola e la appoggiò sul ventre di Hanna, che a quel contatto sorrise, tenendo gli occhi chiusi.
«Buonanotte anche a te, piccolo...» aggiunse Caleb, in un bisbiglio.

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Capitolo 28
*** Just the way you are ***





28. Just the way you are
 
 
"When I see your face, there's not a thing that I would change, 'cause you're amazing just the way you are."
[Just The Way You Are - Bruno Mars]
 
 
Quando Hanna si svegliò, la mattina successiva, vide che Caleb era tornato sulla sua poltroncina, che però aveva avvicinato il più possibile al letto, così che le era abbastanza vicino da poterle tenere la mano. Difatti, aveva un braccio sul materasso, con la mano stretta a quella di Hanna, e l'altro ripiegato sul bracciolo della poltroncina, in modo che la sua mano aperta potesse sostenergli la testa. Dormiva e russava leggermente come suo solito. Hanna lo guardò e non riuscì a trattenere il largo sorriso che di lì a poco le si disegnò sulle labbra. Iniziò poi a fare una leggera pressione con l'unghia del pollice sul dorso della mano di Caleb, notando che, a quel contatto, il ragazzo si lasciava andare a strane smorfie e mormorii, ancora dormiente, e tutto ciò inteneriva e divertiva Hanna ancora di più. Poco dopo, Caleb aprì gli occhi, sorridendo immediatamente alla vista di Hanna.
«Buongiorno, principessa...» mugugnò con voce rauca.
«Buongiorno...» sorrise Hanna, stringendogli la mano.
«Come ti senti?»
«Sto bene, non preoccuparti. Ma se mi dessi il buongiorno come si deve, starei anche meglio...»
Caleb sorrise e si sporse dalla poltroncina per avvicinarsi ad Hanna, quindi la baciò dolcemente sulle labbra.
«E adesso?» disse Caleb, staccatosi dalle labbra di Hanna.
«Adesso sto davvero bene.»
Caleb le sorrise e le schioccò un altro bacio sulla fronte, poi portò una mano sulla pancia della ragazza, accarezzandola dolcemente.
«Buongiorno, angioletto...» sussurrò.
Hanna sentì il cuore sciogliersi e fissò Caleb con adorazione.
«Non guardarmi con quegli occhi, o rischio di svenire...» ironizzò Caleb, facendole un occhiolino.
Hanna rise, un po' imbarazzata, quindi Caleb si alzò.
«Dove vai?» lo riprese immediatamente lei.
«Rilassati, non voglio scappare. Voglio solo andare a vedere se c'è qualcuno che può dirmi quando possiamo andarcene... Voglio portarti a casa, ma verrò con te. Non ti lascio. Non hai scampo, Hanna Marin. Ora non ti libererai di me tanto facilmente...» rispose lui, fingendo un tono serio.
Hanna ridacchiò e lo guardò uscire dalla camera.
Poco dopo, Caleb rientrò con un'infermiera, sorridente. La donna porse un foglio ed una penna ad Hanna, che firmò per la sua dimissione. La ragazza si rivestì ed i due lasciarono quindi l'ospedale e presero un taxi per tornare a casa.
 
 
Una volta arrivati, non appena Hanna suonò il campanello, immediatamente Aria, Emily e Spencer corsero ad accoglierla calorosamente come se non l'avessero vista per mesi.
«Hey, è tutto okay!» precisò Hanna, sorridente e stretta nell'abbraccio delle tre amiche.
Caleb ridacchiò e chiuse la porta alle sue spalle.
«Sei sicura, Han? Come sta il bimbo?» continuò Emily, appoggiando una mano sulla pancia della ragazza.
«Davvero, stiamo tutti e due bene, tranquille.» rispose Hanna, sorridendo.
Si sentiva fortunata a sentire tutta quella premura, non solo da Caleb, ma anche dalle sue amiche. E si chiedeva se anche sua madre sarebbe stata altrettanto positiva nei confronti della sua inaspettata gravidanza.
«Hanna, io... Passo al college, ho bisogno di farmi una doccia e di cambiarmi. Torno subito, d'accordo?» fece poi Caleb, timidamente.
Hanna si voltò. Pensò che Dave potesse essere al college, ubriaco, magari ad aspettare Caleb davanti alla sua stanza per fargli chissà cosa.
«Devi proprio?» replicò allora, sospirando.
Le ragazze andarono in salotto, sentendosi di troppo.
«Ne ho davvero bisogno. Devo darmi una rinfrescata e mettermi dei vestiti puliti. Non ci metterò molto, promesso.» continuò Caleb, strizzando un occhio.
«Okay, ma... Prendi i vestiti e basta. Puoi fare qui la doccia, no?»
Caleb ridacchiò, annuendo.
«Okay, come vuoi tu. Tornerò prima che tu te ne accorga.» aggiunse.
Hanna gli diede un bacio sulle labbra e lo lasciò andare, dirigendosi poi in salotto dalle ragazze.
«Caleb è andato via?» chiese subito Aria, mentre Hanna si accomodava con loro sul divano.
«È andato a prendere dei vestiti puliti al college, tornerà fra poco.» rispose Hanna.
Aria si limitò ad annuire, quindi fu la stessa Hanna a riprendere parola.
«Ragazze, mi dispiace che questo weekend non sia stato esattamente come avevamo programmato, e...»
Spencer la interruppe.
«Hey, va tutto bene. Insomma, sei in una situazione parecchio complicata, hai paura, ma... Ma sei felice, Hanna. E noi lo sappiamo. Basta guardarti mentre sei con Caleb... E noi vogliamo solo che tu sia felice. Certo, non siamo grandi fan di Caleb dopo quanto è successo qualche anno fa, ma... Ma abbiamo capito che ti ama moltissimo, perciò va bene così. Solo tu hai il diritto di decidere chi vuoi al tuo fianco. E poi, in questo weekend abbiamo scoperto che presto diventeremo zie, quindi... Non poteva andare meglio!»
Al suo fianco, Aria ed Emily annuirono sorridendo, ed Hanna sorrise loro a sua volta.
«Mi fa davvero piacere che riusciate a capirmi, non sapete quanto... E spero che riusciremo a rivederci il più presto possibile...» aggiunse.
«Ci puoi contare, non voglio perdermi il tuo pancione che cresce per niente al mondo...» continuò Emily.
Hanna sorrise di nuovo, lasciandosi sfuggire una lacrima di commozione.
Qualche minuto dopo, il suono del campanello riecheggiò in casa.
«Dev'essere Caleb.» disse Hanna, dirigendosi verso la porta.
«Visto? Veloce come il vento!» si annunciò il ragazzo, entrando con un borsone e raggiungendo il salotto con Hanna.
«Hey... Quanto vi fermate ancora?» chiese Caleb alle ragazze, sorridendo.
«Tranquillo, non molto.» rispose Spencer, con sarcasmo.
«Non intendevo dire che dovete andarvene, non fare la permalosa, Hastings...» replicò lui.
Hanna, Aria ed Emily risero sonoramente.
«Comunque è vero, tra poco dobbiamo andare.» disse Emily, sorridendo verso Caleb.
«Okay, beh... Ci tenevo solo a dirvi che...» iniziò lui, prendendo la mano di Hanna, ma Aria lo interruppe prima che potesse continuare.
«Lo sappiamo, Caleb. Sappiamo che ami Hanna e che non la lascerai sola. Ci fidiamo di te, d'altra parte sei sempre quel Caleb Rivers che si è preso un colpo di pistola per Emily, che voleva vendere la sua auto per pagare la cauzione della signora Marin, e che ci ha sempre protette ed aiutate tutte solo perché eravamo legate ad Hanna. Sì, hai fatto i tuoi sbagli, ma... Ma si vede che la ami ancora come hai sempre fatto, e... Beh, se per lei è lo stesso, noi non possiamo fare altro che essere felici per voi. E poi, se dal vostro amore sta venendo fuori un bimbo, beh... Come potremmo voltarvi le spalle?»
Caleb sorrise ad Aria, quindi si voltò verso Hanna, che gli accarezzò una guancia. Tornò poi a guardare le ragazze.
«Grazie. Grazie davvero.» aggiunse, abbozzando un altro sorriso di riconoscenza.
Anche Hanna sorrise riconoscente alle amiche, quindi Caleb si alzò nuovamente dal divano.
«Bene, vi lascio del tempo da sole. Vado a fare una doccia.» annunciò.
«Lasciati salutare...» disse Emily, alzandosi a sua volta dal divano e camminando verso Caleb.
Il ragazzo sorrise nuovamente e strinse Emily in un abbraccio.
«Prenditi cura di lei... Anzi, di loro...» sussurrò lei, stretta nell'abbraccio.
«Lo farò...» mormorò Caleb, di risposta.
Emily si tirò via, quindi si avvicinò Aria ed anche lei abbracciò Caleb.
«Buona fortuna...» gli disse Aria.
Caleb annuì, quindi si avvicinò anche Spencer.
«Vieni qui, Hastings... So che in fondo mi vuoi bene!» ridacchiò Caleb, allargando le braccia.
Spencer liberò una risata scuotendo la testa, quindi abbracciò Caleb.
«Salutami Toby, mi raccomando!» le ricordò lui, prima di lasciarla e dirigersi verso la rampa di scale, strizzando l'occhio ad Hanna.
Spencer annuì, quindi Caleb raggiunse il piano superiore portando con sé il suo borsone.
Hanna restò con le ragazze qualche altro minuto, finché per loro non arrivò l'ora di andare. Le abbracciò una ad una, ed ognuna di loro rivolse un saluto anche verso la sua pancia, che appariva ancora piattissima. Si promisero di rivedersi al più presto, quindi salirono su un taxi e lasciarono casa di Hanna.
 
 
Hanna salì di sopra e sentì il rumore dell'acqua della doccia ancora aperta. Sorrise, e pensò di fare una sorpresa a Caleb. Si precipitò in camera da letto e si spogliò completamente, quindi si diresse verso il bagno, ma prima che uscisse dalla stanza, si vide riflessa nello specchio della sua camera.
Ripensò alle parole di Dave. "Sei ingrassata" le riecheggiava insistentemente in testa. Hanna si specchiò, e si vide grassa. Si vide le cosce enormi, la faccia paffuta, i fianchi larghi, gli accumuli di grasso sull'addome. Si vide brutta, per nulla attraente. E pensò che l'idea di fare una sorpresa a Caleb, infilandosi nuda con lui sotto la doccia, fosse pessima, perché lui non avrebbe avvertito alcun desiderio verso di lei. Ed Hanna, oltre che brutta, si sentì stupida.
Ma c'era solo un modo per capire se quelli non fossero altro che malsani complessi.
Hanna, con le lacrime agli occhi, entrò nel bagno e quindi nella doccia, trovandosi di fronte un Caleb a dir poco sorpreso.
Ma piacevolmente sorpreso.
Subito gli si disegnò un sorrisetto malizioso in faccia, ma poi notò gli occhi gonfi di lacrime e l'espressione intristita di Hanna, quindi le prese il viso tra le mani.
«Hey, che succede?» mormorò, con l'acqua calda che continuava a scivolargli lungo la schiena.
«Sono ingrassata, vero?» ribatté Hanna, in un singhiozzo.
Caleb la accarezzò di nuovo. Trattenne una risata all'assurdità dell'affermazione solo perché sapeva che Hanna avrebbe potuto interpretarla diversamente, e lui non voleva assolutamente che si sentisse a disagio.
«Ma che dici? Non è assolutamente vero...» aggiunse, con decisione.
«Sono orribile...» continuò Hanna, abbassando lo sguardo.
Caleb scosse la testa ed avvicinò le labbra al suo orecchio.
«Sei l'essere più bello che io abbia mai visto in tutta la mia vita...» sussurrò, prendendola per la vita.
E Caleb capì cosa doveva fare in quel momento.
Iniziò lentamente a baciarle il collo, mentre con le mani percorreva l'intera schiena di Hanna, sfiorando ogni sua vertebra con i polpastrelli. La ragazza allacciò a sua volta le mani dietro la vita di Caleb, nel frattempo in cui l'acqua scorreva sui corpi di entrambi. Caleb scese con le labbra, piano, raggiungendo il suo seno, dove disegnò scie di baci su entrambi i lati.
«Sei bellissima, Hanna...» mormorò Caleb, alzando lo sguardo verso Hanna.
La ragazza sospirò, reclinò la testa all'indietro, e chiuse gli occhi, percependo ogni bacio delle labbra bagnate di Caleb sulla sua pelle, bagnata allo stesso modo. Caleb scese ancora, piegandosi sulle ginocchia, quindi stampò un altro bacio, stavolta lento e delicato, sulla pancia di Hanna.
«E sarai bellissima anche quando avrai il pancione, ed anche dopo aver messo al mondo questo splendido piccolino... Sarai sempre bellissima...» continuò il ragazzo.
Hanna gli prese il viso tra le mani e lo accarezzò, quindi Caleb iniziò a baciarle i fianchi, dunque le cosce, e a seguire l'inguine. Le sue mani raggiunsero le natiche di Hanna, mentre con la punta della lingua sfiorò il punto più sensibile della ragazza.
«Che cosa hai intenzione di fare?» sospirò Hanna, accennando un sorriso.
«Farti capire che sei talmente bella che mi fai impazzire...» replicò lui.
«Caleb...» mugolò lei.
L'acqua continuava a scivolare addosso ad entrambi, mentre Caleb dava il suo meglio per far sentire meglio Hanna. Fu lei, dopo qualche istante, a tirarlo su e ad abbracciarlo forte sotto il getto insistente della doccia.
«Ti amo...» mugugnò.
«Ti amo anch'io...» rispose lui, stringendola a sua volta.
Hanna fece poi scivolare le sue mani lungo l'addome di Caleb, finché non avvertì e dunque avvolse la sua erezione, ridacchiando.
«Mi succede solo quando vedo una bella ragazza...» sussurrò lui, sorridendo.
«Bene, ma dovresti sapere che dovrebbe succederti solo quando vedi me...» precisò quindi Hanna, scandendo bene l'ultima parola.
Stavolta fu lei ad inginocchiarsi, lentamente.
«Solo quando vedo te...» ripeté Caleb in un sospiro.
Hanna ridacchiò e prese quella frase come un incitamento ad andare avanti. Portò le mani sui fianchi del ragazzo e si impegnò a ricambiare le attenzioni di Caleb. Il ragazzo si appoggiò contro la parete della doccia, facendo aderire la sua schiena bagnata contro le fredde mattonelle di ceramica, chiudendo gli occhi e sospirando. Si lasciò andare per un po', cedendo all'irresistibile tentazione che per lui era Hanna.
Ma Hanna non era solo una tentazione.
E in quel momento, doveva essere lui a ricoprirla di attenzioni, e soprattutto a farla sentire bella e desiderata. Perché lei meritava attenzioni e perché era bella da morire, anche se a volte se lo dimenticava.
Per questo, Caleb fermò Hanna e la fece alzare, stringendola nuovamente a sé. Le diede un bacio sulla fronte, quindi la sollevò con la forza delle braccia, ed Hanna si aggrappò al suo corpo, mentre l'acqua continuava a scorrere. E in automatico, senza doversi preoccupare di superare l'intralcio di alcun capo d'abbigliamento, Caleb si fece un tutt'uno con Hanna, scivolando lentamente nel suo corpo e stringendo i denti per non emettere versi indecenti. Hanna si lasciò invece sfuggire un gemito stridulo dalle labbra, piantando poi un dolce morso sulla spalla di Caleb, che continuò a spingersi dentro di lei, con sempre più vigore. Iniziò ad ansimare, e lo stesso fece Hanna, accompagnando come poteva le sue spinte muovendo i fianchi, sempre stretta alle sue spalle scolpite.
«Sei meravigliosa... Sei stupenda... Sei tutto ciò che si possa desiderare...» sussurrò Caleb, senza fermarsi un attimo.
Hanna, per via della frenesia del momento, non riuscì a dire niente se non a balbettare ripetutamente il nome di Caleb. Sapeva solo che lui era capace di tirarle su il morale anche quando si sentiva davvero sull'orlo del crollo. Intrecciò i capelli di Caleb tra le sue dita sottili, un qualcosa che da sempre adorava fare. Bagnati erano più morbidi del solito, e stringerli era ancora più piacevole. Caleb, invece, era grato all'acqua perché riusciva a far scivolare meglio le sue mani sulla pelle di Hanna, della quale stava tentando di percorrere ogni centimetro. Di lì a poco, dunque, arrivarono all'appagamento. Hanna sentì come una scossa scuoterle l'intero corpo; conficcò le unghie nella schiena di Caleb ed emise un altro gemito, stavolta prolungato. E Caleb, avvertendo l'interno di Hanna pulsare e stringersi attorno al suo membro, non poté fare a meno di lasciarsi andare a sua volta, immediatamente dopo di lei.
«Sei perfetta...» bofonchiò infine, stremato, baciandole una spalla.
Entrambi scivolarono lungo la parete in mattonelle di ceramica, ancora l'una sull'altro, lasciandosi ricadere sul piatto della doccia, con i corpi intrecciati in un disordinato abbraccio. E l'acqua continuò a scendere, fin troppo calda per la temperatura che in quel momento i due avvertivano in quella doccia. Svuotati dalla sete di sesso, ma pieni l'uno dell'altra.
 
 
Hanna e Caleb decisero di asciugarsi davanti al camino acceso, avvolti dallo stesso asciugamano. Erano entrambi seduti sul tappeto; Hanna era appoggiata di schiena sul petto di Caleb, seduta tra le sue gambe, mentre lui la teneva stretta assicurandosi che l'asciugamano coprisse entrambi.
«Era destino che prima o poi l'avremmo fatto nella doccia...» azzardò Caleb, ridacchiando tra i capelli di Hanna.
«Alla fine abbiamo usato lo stesso asciugamano, no?» replicò lei, voltandosi di poco per poterlo guardare.
Caleb le fece un cenno di approvazione, chinandosi poi per baciarla sulle labbra.
«E sai... Non immagini quanto avrei voluto fare la stessa cosa anche quel giorno di qualche anno fa...» aggiunse, sussurrandole in un orecchio.
Hanna rise di gusto, dandogli una giocosa gomitata contro il petto.
«Comunque... Perché hai detto quelle idiozie quando sei venuta da me? Perché piangevi e dicevi di essere brutta e grassa?» riprese Caleb, facendosi serio.
Hanna sospirò.
«Possiamo lasciar perdere?» aggiunse.
«No. Non voglio che pensi quelle cose perché non sono vere, Hanna.» ribatté Caleb, deciso.
Hanna sospirò di nuovo, restando però zitta.
«Hanna, parlami. Puoi parlare con me. Puoi farlo.» continuò lui, accarezzandole lentamente i capelli ancora umidi.
Lei si morse un labbro, quindi si voltò.
«Quando... Quando ho visto Dave l'altro giorno... Ecco, lui... Mi ha detto che sono ingrassata, e... Prima mi sono guardata allo specchio, e... E quello che ho visto non mi è piaciuto...» mormorò, ad occhi bassi.
«Hey, guardami...» replicò Caleb, sollevandole dolcemente il mento con un dito.
Hanna lo guardò quindi negli occhi.
«Sei bellissima, Hanna.» continuò lui.
«Lo dici solo per...» ribatté lei, ma Caleb la interruppe.
«Quello che è successo prima non ti ha fatto capire quanto ti desidero? Questi sono gli occhi di qualcuno a cui non piace quello che vede? Hanna, non devi ascoltare Dave, lui è solo un idiota e non deve avere il diritto di farti sentire così. Ascolta me. Fidati di me.»
Hanna sorrise. Sorrise perché nessuno l'aveva mai guardata come la guardava Caleb. Sorrise perché lui riusciva a farla sentire la più bella del mondo anche se aveva tutte le insicurezze del mondo. Sorrise perché grazie a lui, spariva qualsiasi brutto pensiero le potesse passare per la testa.
«Proverai le stesse cose anche quando avrò un enorme pancione, o peggio, dopo il parto, quando prenderò chili su chili e sembrerò una balena?» chiese quindi.
«Sì. E anche quando avrai i capelli bianchi e le rughe...»
«Hey, io non avrò mai le rughe!»
Caleb rise fragorosamente.
«Comunque sia, sarai bellissima ed io ti amerò sempre.» aggiunse, baciandola tra i capelli.
«Promesso?»
«Promesso, ma ad una condizione...»
Hanna lo guardò con aria interrogativa, quindi Caleb si avvicinò al suo orecchio.
«Non dovrai mai cambiare il modo in cui gridi il mio nome mentre facciamo l'amore... È un qualcosa che mi fa impazzire...» sussurrò.
Hanna arrossì ed abbracciò Caleb, nascondendo il suo viso sotto l'asciugamano, mentre lui ridacchiava, ricambiando l'abbraccio. Caleb adorava farla arrossire. Rimasero alcuni istanti così, in silenzio, finché Hanna non riemerse dall'asciugamano.
«Domani tornerà mia madre...» disse.
«Bene, vorrà dire che domani le parleremo.» rispose tranquillamente Caleb.
«Tu... Tu non hai paura?»
«Ascoltami... In ogni caso, io e te siamo insieme, e finché le cose stanno così, io non ho paura di niente. E poi, Ashley è una donna molto intelligente. Vedrai che capirà. Magari a caldo reagirà in un certo modo perché non è una notizia da poco, ma alla fine vedrai che ti darà tutto il suo appoggio. È tua madre, Hanna. Lei ti ama.»
Hanna sospirò profondamente, prendendo una mano di Caleb e giocando con le sue dita.
«Pensavo che le avrei dato una notizia del genere ben più tardi...» mormorò.
«Lo so... Capisco...»
«Sicuramente le darò un dispiacere per il fatto che non potrò terminare il college, e...»
Caleb la interruppe.
«Hey, non andrà così. Hanna, ti prometto che potrai terminare i tuoi studi. Te lo prometto. Okay, probabilmente dovrai prenderti qualcosa come un anno di stop, ma... Ma poi ci penserò io. Penserò io al bambino e ai soldi, così tu potrai tornare al college e terminare gli studi, hai capito? È il minimo che io possa fare per te... Per voi.»
«Caleb, non parlare come se fosse colpa tua se sono incinta. Per prima cosa, non è una colpa, e seconda cosa, l'abbiamo fatto in due.»
«Non è quello che volevo dire. Io voglio solo che tu possa avere dalla vita quello che hai sempre voluto. Voglio che tu riesca a realizzare il tuo sogno di diventare stilista, anche se diventerai mamma. Questo non deve cambiare i tuoi piani per il futuro.»
«Come puoi pretendere che questo non cambi le cose?»
«Le cambierà, certo. Ma io farò in modo che tu possa finire il college, tutto qua. Ti aiuterò io con il bambino. Sono suo padre... E sono innamorato di te. Perciò, costi quel che costi, tu potrai terminare gli studi. Okay?»
Hanna sospirò di nuovo, voltandosi per poter guardare Caleb.
«Okay.» aggiunse, accennando ad un sorriso.
Caleb le baciò la fronte.
«Forse adesso dovrei andare...» sussurrò poi.
«Dove?» replicò Hanna.
«Al college. Si è fatto tardi, e...»
Hanna lo interruppe, ridacchiando.
«Tu stanotte resti qui.»
«Vuoi davvero che tua madre, di ritorno dal suo stressante viaggio di lavoro, prima di venire a sapere della grande notizia, mi ritrovi a sorpresa nel tuo letto?»
«Mia madre non sarà qui prima dell'ora di pranzo. Non ci faremo trovare a letto, facile.» ribatté Hanna, sorridendo.
«Oh, beh... Se le cose stanno così, allora... D'accordo.» sorrise a sua volta Caleb.

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Capitolo 29
*** Wrecking ball ***





29. Wrecking ball
 
 
"I came in like a wrecking ball, I never hit so hard in love, all I wanted was to break your walls, all you ever did was wreck me. Yeah, you wreck me."
[Wrecking Ball - Miley Cyrus]
 
 
La mattina dopo, Hanna si svegliò di buon umore. Non aveva la nausea, non si sentiva brutta, ed aveva al suo fianco un Caleb pacificamente addormentato. Erano entrambi distesi sul letto di Hanna; Caleb era sdraiato su un fianco, con la testa appoggiata sulla spalla della ragazza ed una mano dolcemente premuta sulla sua pancia, mentre lei era con la schiena sul materasso e le mani intrecciate a quella libera di Caleb. Il ragazzo le respirava nell'incavo del collo, provocandole un piacevole solletico. Hanna sorrise e gli baciò la fronte, sospirando. La notte prima, non appena si erano infilati nel letto, erano entrambi crollati l'uno nelle braccia dell'altra nel giro di pochi minuti.
Quel giorno avrebbero parlato ad Ashley. Non sarebbe stato facile, ma, come diceva Caleb, qualsiasi cosa fosse successa, loro due l'avrebbero affrontata insieme. E questo era davvero di grandissimo conforto. Caleb, nel pomeriggio, sarebbe però dovuto tornare alla NYU perché doveva dare alcune lezioni con Norton, ma fortunatamente aveva buona parte della giornata da dedicare ad Hanna e ad Ashley, naturalmente.
Hanna si alzò, facendo attenzione a non svegliare Caleb. L'orologio segnava qualche minuto dopo le nove. La ragazza indossava una delle maglie di Caleb, che le teneva abbastanza caldo da non farle avvertire la necessità di indossare nient'altro. Raggiunse quindi la cucina ed iniziò a cucinare uova e bacon, anche se l'odore le dava alquanto fastidio. Aveva però intenzione di preparare la colazione per Caleb, perciò era determinata a sopportare quel piccolo sgradevole particolare.
Ad un tratto, il suo cellulare vibrò. Era un messaggio di sua madre, che la avvertiva che sarebbe rientrata a casa attorno alle due del pomeriggio. Hanna rispose tranquillamente, mentre sospirò, un po' nervosa. Ma poi, al solo pensiero che Caleb fosse lì a pochi passi da lei e che davvero non l'avrebbe lasciata sola, riuscì a vedere tutto in maniera ottimistica, insolitamente per il suo carattere. La ragazza tornò quindi ai fornelli, canticchiando qualche vecchio ritornello delle Spice Girls, finché non avvertì due braccia sicure cingerle la vita da dietro.
«Che profumino...» mormorò quindi Caleb, appoggiando il mento sulla spalla di Hanna.
«Buongiorno, dormiglione...» sussurrò lei di tutta risposta, torcendo poi di poco il collo per poter stampare un bacio sulle labbra del ragazzo.
«Buongiorno... Come stanno i miei amori stamattina?» fece Caleb.
«Bene.» sorrise Hanna. 
Caleb le baciò la tempia e si sedette su una delle sedie accanto al tavolo, guardando Hanna cucinare.
«Lascia finire me, all'ospedale hanno detto che devi riposare...» si offrì poi il ragazzo.
«So che sei un ottimo cuoco, credimi, me lo ricordo perfettamente. Ma... Non mi sto sforzando, mi fa piacere preparare la colazione per noi due come una volta!» replicò Hanna, sorridendo.
Caleb rise, mordendosi poi un labbro.
«È tra una colazione e l'altra che ci siamo innamorati, no?» aggiunse.
«Sì, qualcosa del genere...» rispose Hanna, con una punta di sarcasmo.
Caleb le strizzò l'occhio.
«Notizie di Ashley?» chiese poi.
«Tornerà per le due...»
«Bene, io ho lezione alle cinque, quindi ci sarà abbastanza tempo per tutto. Vorrei provare a disdire, ma...»
«No, Caleb. Questo stage è un'opportunità enorme per te, non voglio che la bruci così. Parleremo con mia madre e poi andrai al college, com'è giusto che sia. Non è necessario che tu stia con me per tutto il tempo.» lo interruppe Hanna.
«Credimi, la cosa non mi dispiacerebbe affatto...» replicò Caleb, facendo spallucce.
«Neanche a me, ma... Sai, se un giorno mi sposerai, potrà essere sempre così.» azzardò Hanna, sorridendo, senza guardare Caleb negli occhi.
Caleb sorrise e si alzò, raggiungendo nuovamente Hanna ai fornelli e portandosi alle sue spalle.
«Lo sai benissimo che ti sposerò...» le sussurrò in un orecchio, portandole le mani sui fianchi.
Hanna ridacchiò, senza però dire nulla, continuando a cuocere le uova ed il bacon.
«Dammi solo il tempo di prendere tutti i soldi necessari per un anello alla tua altezza...» aggiunse Caleb.
Hanna si fermò ed accasciò la testa all'indietro contro il petto del ragazzo.
«Caleb, quando mi sono innamorata di te, non avevi nemmeno uno spicciolo in tasca. Ti sposerei anche se me lo chiedessi con un fiore...» disse quindi, sorridendo.
Caleb ridacchiò e la baciò tra i capelli.
«Buono a sapersi, ma tu meriti il meglio. Hanna Marin ha sempre sognato un diamante, ed Hanna Marin avrà un diamante. Fine della storia.» aggiunse.
Hanna rise ed alzò la testa per poter baciare Caleb, e a separarli dopo qualche istante fu solo il pensiero che le uova ed il bacon si sarebbero bruciati di lì a poco.
«Quindi, questo vuol dire che vuoi davvero sposarmi...» continuò Hanna, mettendo il cibo nei piatti.
«Avevi dubbi?» rispose Caleb, sedendosi a tavola.
«In realtà no, ma... Sentirselo dire è bello...»
«Hanna Marin, ti voglio sposare. Voglio diventare tuo marito. Voglio invecchiare con te crescendo i nostri figli.» disse lui, con tono cerimonioso.
«Figli? Ne vuoi più di uno?» chiese sorridente la ragazza, porgendogli il piatto pronto.
«Sì, mi piace l'idea di tante piccole Hanna che corrono per il salotto della nostra villa...»
Hanna rise di gusto.
«Okay, stiamo viaggiando un po' troppo con la fantasia adesso...» aggiunse.
Caleb sorrise e fece spallucce.
«D'accordo, ma sappi che mi impegnerò al massimo per far sì che non resti solo fantasia.» aggiunse, facendo un boccone.
«E comunque, il giorno del matrimonio dovrò essere impeccabile. Ci sposeremo soltanto dopo che avrò partorito ed avrò smaltito tutti i chili post-gravidanza, chiaro?» riprese d'un tratto Hanna, sorprendentemente seria.
Fu stavolta Caleb a ridere di gusto, facendo ricadere la forchetta nel piatto. Era sempre la solita.
«Hanna, se tu accetteresti di sposarmi anche se te lo chiedessi con un misero fiore, dovresti sapere che io ti sposerei anche se ti presentassi in pigiama e con i capelli arruffati...» disse, scuotendo la testa divertito.
Hanna alzò le sopracciglia e fece spallucce.
«Meglio puntualizzare.» aggiunse.
«Non preoccuparti, faremo un passo alla volta. Ora dobbiamo pensare al bambino, e poi, quando vorremo sposarci, lo faremo. La mia vita è già completamente dedicata a te, perciò sappi che il matrimonio arriverà, ma solo quando te la sentirai. D'accordo?» sorrise Caleb.
«È perfetto.» sorrise a sua volta Hanna, sporgendosi dalla sedia per poter baciare Caleb sulle labbra.
Da quelle chiacchierate, traspariva il fatto di come tutti i problemi sembravano sparire quando erano insieme. Si progettava il matrimonio, si viveva la gravidanza in modo sereno, si mangiava la colazione seduti a tavola come fosse un'abitudine. Entrambi erano perfettamente a loro agio, entrambi si sentivano felici in quel piccolo angolo di vita, entrambi volevano che quei momenti costituissero il loro futuro. L'uno al fianco dell'altra, a costruire una famiglia, con quella gioia nel cuore che solo l'amore può portare.
 
 
In prossimità delle due del pomeriggio, Hanna e Caleb erano seduti sul divano, ad aspettare Ashley. Hanna era tornata ad essere particolarmente nervosa, con la testa tra le mani e le ginocchia traballanti, mentre Caleb le accarezzava confortantemente la schiena. Per tentare di metterla a suo agio, Caleb provò quindi a dire qualcosa.
«Com'è essere incinta?»
Hanna ridacchiò.
«Che intendi?» disse poi.
«Non lo so... Voglio dire... Ti senti diversa?»
«Sì. Ma non saprei spiegarti in cosa. Posso solo dirti che è una sensazione che non avevo mai provato prima...»
Caleb annuì e le sorrise.
«Andrà tutto bene, te lo prometto.» disse poi.
Hanna rispose con un debole sorriso, dunque si sentirono le chiavi girare nella serratura, e Caleb scattò in piedi.
«Ci siamo...» sussurrò ad Hanna, tendendole la mano.
Lei sospirò e prese la mano di Caleb, che la aiutò ad alzarsi.
«Hanna, sono tornata!» si annunciò Ashley, camminando verso il salotto, dove avrebbe presto trovato sua figlia con Caleb, pronti a dirle qualcosa.
Non appena varcò la soglia e vide i due, non apparve neanche troppo sorpresa; d'altra parte, Hanna le aveva già detto di Caleb. Ma non del resto.
«Ciao, Ashley.» disse timidamente Caleb, abbozzando un sorriso.
«Caleb... Da quanto sei qui?» replicò Ashley, alzando le sopracciglia ed incrociando le braccia al petto.
Caleb fece per rispondere, ma Hanna interruppe il tutto.
«Mamma, non è il momento di mettersi a fare il terzo grado.»
Ashley sospirò, quindi riprese.
«Cos'è, volete chiedermi la benedizione?»
Hanna roteò gli occhi.
«Ashley, io...» iniziò Caleb, prima che la stessa Ashley lo interrompesse.
«Caleb, mia figlia è maggiorenne ed è libera di fare le sue scelte. Se è felice con te, per me è a posto. So anche che sei un bravo ragazzo, ma non posso fare finta di niente e dimenticare quello che è successo tra di voi qualche anno fa. Prova a farla stare di nuovo male come l'ho vista star male non molti mesi fa, e giuro che la pagherai cara. Ci siamo capiti?»
Caleb sospirò e prese la mano di Hanna.
«Non accadrà più, lo giuro.» aggiunse.
«Pranzi con noi?» fece dunque Ashley, accennando ad un sorriso.
Caleb si limitò a sorriderle, e fu Hanna a riprendere il discorso.
«Mamma, Caleb ed io dobbiamo parlare con te di una cosa...» mormorò, con gli occhi lucidi.
Ashley aggrottò le sopracciglia, percependo immediatamente che la situazione fosse seria. Caleb abbassò gli occhi e si risedette sul divano, invitando Hanna a fare lo stesso, e così Ashley. Una volta che tutti e tre si furono accomodati e poterono guardarsi negli occhi, Hanna iniziò inevitabilmente a piangere silenziosamente, incapace di parlare. Caleb le strinse la mano e sospirò profondamente.
«È successo qualcosa con Dave?» chiese Ashley, spiazzata.
«Beh, lui è venuto a sapere di noi ed ha reagito male, ma... Questo non c'entra con lui...» mormorò Caleb di risposta.
«Caleb, ti prego... Dimmi che succede...» continuò la donna, alla vista di Hanna che continuava a piangere.
Hanna strinse forte la mano di Caleb per segnalargli di aspettare prima di vuotare il sacco. Voleva e doveva farlo lei.
«Mamma, io...» balbettò la ragazza, bloccandosi prima di poter andare avanti.
«Tesoro, che c'è?» implorò Ashley, accarezzando sua figlia.
«Aspetto un bambino, mamma...» bofonchiò quindi Hanna, a testa bassa.
Caleb osservò come Ashley reagì a quelle parole; la donna tolse le mani dal viso di Hanna e si alzò dal divano, voltandosi e passandosi le mani tra i capelli, per poi appoggiarle sui suoi stessi fianchi. Hanna rimase invece a testa bassa a piangere, mentre Caleb la accarezzava, aspettando che Ashley dicesse qualcosa. Ma lei non disse nulla. Fu allora il ragazzo a sentirsi in dovere di aggiungere qualcosa, superando i timori.
«È mio. E non intendo abbandonare Hanna. Non la lascerò sola. Affronteremo tutto insieme.»
Ashley non ebbe apparentemente la minima reazione alle sincere parole di Caleb. Probabilmente stava ancora elaborando l'idea che sua figlia fosse incinta ed avesse appena vent'anni.
«Mamma... Dì qualcosa, ti prego...» singhiozzò Hanna, rialzando a fatica la testa.
«Cosa dovrei dire, Hanna?» sbottò Ashley, finalmente voltandosi per avere di fronte a sé i due ragazzi.
Hanna si asciugò le lacrime, quindi rispose.
«Non lo so, ma dì qualcosa...»
«Io non credo vi rendiate conto di cosa voglia dire tutto questo...» ammise dunque la donna, scuotendo la testa.
«Mamma, io...» tentò Hanna, prima che Ashley la interrompesse.
«Come... Come pensate di crescere un figlio? Tu hai vent'anni, Hanna, vai al college, e... E noi non abbiamo abbastanza denaro anche per questo, e... E per quanto voi due vi vogliate bene, questa è una cosa troppo grande da affrontare... Come avete fatto ad essere così ingenui?»
Caleb sospirò e si alzò dal divano, intervenendo nel discorso.
«Siamo giovani, è vero, ma... Siamo pronti a prenderci le nostre responsabilità. Ashley, credimi, io... Io sono disposto a tutto. Ho un lavoro, guadagnerò e mi impegnerò al massimo per non far mancare niente ad Hanna ed al bambino. E farò in modo che Hanna riesca a finire il college. So che non è un gioco, so che non sarà facile, però... Avremo un bambino. È successo, è andata così, e per quanto possa spaventarci, Hanna ed io abbiamo capito che può solo farci felici. Non dico che sarà sempre tutto rosa e fiori, ma... Ma giuro che farò del mio meglio affinché vada tutto bene. Amo Hanna e le resterò sempre accanto.»
Ashley sospirò.
«Quindi non eri malata? Quindi... Vomitavi ed avevi sempre sonno perché sei incinta?» aggiunse, guardando Hanna.
«Sì, ma... L'ho scoperto solo l'altro giorno, quando tu sei partita. Pensavo davvero fosse solo uno stupido virus, mamma...» confessò la ragazza, asciugandosi altre lacrime.
«Caleb, va' via, per favore.» riprese Ashley.
«Cosa? No!» implorò Hanna.
«Ashley, io...» mormorò Caleb, ma Ashley lo interruppe prima che potesse dire qualsiasi cosa.
«Ho detto "va' via", Caleb.»
Caleb sospirò e si incamminò verso la porta, prendendo nel tragitto il borsone che aveva appoggiato davanti alla rampa di scale. Una volta che si fu chiuso il portone alle spalle, Ashley si sedette accanto ad Hanna, che aveva ricominciato a piangere più forte di prima.
«Perché l'hai mandato via?» bofonchiò la ragazza.
«Voglio parlare da sola con te.»
«Perché, mamma? Per dirmi che avrei dovuto usare precauzioni, per dirmi che non avrei dovuto tradire Dave, per dirmi che sono solo una bambina ingenua ed incosciente che si è fatta mettere incinta da un ragazzo che in passato è scappato da lei fin troppe volte?»
«No, niente di tutto questo.» ribatté Ashley, poggiando una mano sulla gamba della figlia.
Hanna la guardò con aria interrogativa, dunque Ashley riprese.
«Voglio sapere se sei certa che è Caleb l'uomo che vuoi accanto. Voglio sapere se davvero ti rende felice...»
Hanna si calmò e si asciugò le lacrime, poi rispose sicura.
«Lui è tutto per me, mamma. È sempre stato così. Non... Non c'è stato un solo momento in cui io abbia smesso di pensare a lui. C'è sempre stato, anche quando non c'era. Lo amo, l'ho sempre amato, e... Sento che anche per lui è lo stesso. Sono sicura di lui e sono convinta che stavolta davvero non se ne andrà, ed è tutto quello che ho bisogno di sapere, perché... Quando sono con lui, il fatto di diventare mamma non mi spaventa. Forse... Forse perché so che lui sarà al mio fianco...»
Ashley, a quel punto, abbracciò Hanna più forte che poté, accarezzandole i capelli.
«Ci sarò anch'io al tuo fianco...» le sussurrò, lasciandosi sfuggire una lacrima.
Hanna continuò a piangere stretta a sua madre, e mai come in quell'istante si sentì figlia, si sentì bambina, si sentì piccola. Già, sarebbe ben presto dovuta essere madrematuradonna. Ma ciò non toglieva che avrebbe sempre avuto bisogno di sua madre. Questo non sarebbe mai potuto cambiare, né con l'età, né con un figlio.
«Grazie, mamma...» farfugliò la ragazza.
«È un bravo ragazzo, sai che gli voglio bene... Ma guai a lui se fa qualche altra sciocchezza con te, siamo intesi?»
Hanna si tirò via dall'abbraccio e guardò sua madre negli occhi, per poi annuire.
«Puoi richiamarlo, se vuoi.» continuò Ashley, facendo spallucce.
«Più tardi. Ora ho bisogno di un po' di tempo con mia madre...» sorrise Hanna.
Ashley sorrise a sua volta.
«Vado a preparare il pranzo e poi parliamo meglio di tutto, d'accordo?» aggiunse, camminando verso la cucina.
Hanna annuì e prese il cellulare per scrivere a Caleb.
 
Hanna - 14:23; Tranquillo, con mamma è tutto a posto :) Ho soltanto bisogno di stare un po' sola con lei, ti dispiace?
 
La risposta del ragazzo, su un taxi diretto al college, non tardò ad arrivare.
 
Caleb - 14:25; Sono contento :) Non preoccuparti, ti chiamo quando finisco le lezioni. Da' un bacio ad Ashley da parte mia. Buon appetito, principessa... A dopo :)
 
Hanna sorrise, quindi raggiunse sua madre in cucina.
 
 
Caleb, finite le lezioni, decise di passare dalla sua stanza per prendere il portafoglio, che era rimasto lì. Avrebbe chiamato Hanna più tardi, sapeva che stava passando del tempo con sua madre e non voleva certo disturbarla. Arrivò allo scompartimento maschile fischiettando, pensando che sarebbe presto diventato papà, con un'enorme gioia nel cuore. Certo, lui doveva ancora dirlo ai suoi, con tutti i casini che erano successi, non ne aveva ancora trovato il tempo. Ma era felice di come tutto stesse andando, malgrado le difficoltà.
Girato l'angolo per il suo corridoio, notò una sagoma davanti alla porta della sua stanza. C'era un ragazzo seduto a gambe incrociate contro la porta 319. Caleb avanzò, dubbioso, fino a quando fu abbastanza vicino da poter distinguere i contorni di quella figura, fino a quando non riconobbe Dave. Fece un profondo sospiro e lo raggiunse; non aveva nulla di cui vergognarsi con lui, né tantomeno ne aveva paura. D'altra parte, il momento di confrontarsi con lui sarebbe arrivato, prima o poi.
«Dave, posso aiutarti?» esordì tranquillo, con le chiavi in mano.
Dave alzò lo sguardo ed incrociò quello di Caleb, sorridendogli. Era ubriaco.
«Caleb, come vanno le cose?» bofonchiò, sollevandosi da terra.
Caleb sentì il forte odore di alcool non appena Dave aprì bocca.
«Che ci fai qui?» riprese Caleb.
«Cercavo te... Sapevo che prima o poi saresti tornato qui!»
«Qualunque cosa tu voglia dirmi, questo non è il momento.»
«Ah sì? E perché?»
«Perché sei ubriaco.»
«È colpa di quella troia di Hanna se sono ubriaco, lo sai?»
Quando Caleb sentiva qualcuno parlare in un certo modo di Hanna, i suoi nervi saltavano come grilli, ma in quel caso tentò di restare calmo solo perché Dave non era in sé, anche se un pugno se lo sarebbe meritato anche solo per il fatto di non aver aiutato Hanna quando aveva avuto il malore qualche giorno prima.
«Va' a casa, Dave...» continuò Caleb.
Dave si spinse contro la porta della stanza di Caleb e sorrise con perfidia.
«Io non vado proprio da nessuna parte.» aggiunse, scuotendo la testa.
«Bene, allora me ne vado io. Non ho alcuna voglia di litigare.» rispose Caleb, sospirando.
Ma prima che potesse muoversi, Dave lo afferrò per un polso.
«Dimmi una cosa, stronzo... Hanna è molto focosa con te? Eh?»
Caleb si liberò dalla presa di Dave e scosse la testa.
«Non parlare di lei. L'ultima cosa che avrebbe voluto è vederti così. Lei ti ha sempre voluto bene...» disse.
«Ma preferisce farsi scopare da te, non è così?»
«Falla finita, okay? Lasciami entrare e chiudiamola qui. Non ho intenzione di parlare con te se sei ubriaco, non potresti capire...»
«Non c'è niente da capire, Caleb. Tu mi hai fottuto la ragazza sotto il naso, e la cosa peggiore è che mi facevi la bella faccia davanti... La mattina che sono passato dalla tua stanza per chiederti quel favore e ti ho trovato mezzo nudo, eri con lei, no? Che grande stronzo... Pensavo fossi davvero un tipo a posto, sai? E invece sei un lurido ipocrita, auguro a te e a quella stupida troia di Hanna tutto il male del mondo... Va' all'inferno, Caleb Rivers...»
Caleb evitò ancora una volta di reagire, limitandosi a guardare Dave che lentamente si spostò dalla porta, apparentemente deciso ad andarsene. Sospirò ed infilò le chiavi nella serratura, ma poi sentì nuovamente una presenza alle sue spalle. Stava perdendo la pazienza, quindi si voltò deciso a ripetere a Dave per l'ennesima volta di andare via, prima che davvero non finisse col picchiarlo.
Ma non appena si voltò, Dave fu più veloce e si scagliò contro di lui, in un modo che Caleb impiegò del tempo a realizzare.
Si sentì come congelare. Inizialmente, pensava si trattasse di un semplice pugno nello stomaco, ma non sarebbe stata la prima volta che l'avrebbe ricevuto, e sapeva che quello non era il dolore di un pugno nello stomaco. Quel dolore era diverso. Era forte, dilaniante. Si sentiva bloccato, non riusciva a muoversi, il respiro gli si era incastrato in gola. Abbassò allora lo sguardo verso il suo stomaco, e tutto ciò che vide fu sangue.
Nella mano di Dave, si vedeva qualcosa. Aveva impugnato qualcosa.
Un coltello.
Fu in quell'istante che Caleb capì. E fu lo stesso istante in cui Dave estrasse la lama.
«Va' all'inferno...» ripeté, correndo via.
Caleb cadde sulle ginocchia, privo di forze o di equilibrio. Era privo di qualsiasi cosa, tutto ciò che lo colmava era dolore.

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Capitolo 30
*** Say something ***





30. Say something
 
 
"Say something, I'm giving up on you. I'm sorry that I couldn't get to you. Anywhere I would have followed you. Say something, I'm giving up on you."
[Say Something - A Great Big World feat. Christina Aguilera]
 
 
«Ho tanta paura... Ma allo stesso tempo sono felice... Mi sono sempre detta che avrei fatto un figlio solo se mi fossi sentita sicura della persona al mio fianco, perché non avrei mai voluto che mio figlio sentisse l'assenza di uno dei genitori... Visto anche il mio difficile rapporto con papà, e... Beh, certo, avrei aspettato ancora qualche anno prima di diventare mamma, ma... Ma di Caleb sono sicura, su questo non ci piove. È lui che voglio accanto a me. L'ho sempre saputo, mamma...»
Hanna parlava così a sua madre, entrambe sedute sul divano, con due tazze di tè caldo davanti. Le aveva raccontato ogni cosa, confessato le sue paure, chiesto svariati consigli. Ed Ashley l'aveva ascoltata e rassicurata. In verità, doveva ancora realizzare quello che stava succedendo, ma non avrebbe mai lasciato sua figlia in un momento del genere. Farle la predica sul sesso sicuro o su tutto il resto non sarebbe servito a niente. Ma farle sentire la sua vicinanza sì. Hanna era tutta la vita di Ashley, e nel bene o nel male le sarebbe sempre stata accanto. E d'altra parte, quello era pur sempre il suo nipotino.
L'intensa chiacchierata tra madre e figlia, futura nonna e futura mamma, fu interrotta dal cellulare di Hanna, che squillò attorno alle sette e mezzo.
«Dev'essere lui.» sorrise Hanna, raggiungendo con la mano il tavolino dove era poggiato il cellulare.
Sul display apparve proprio il nome di Caleb, ed Hanna rispose col sorriso sulle labbra.
«Hey...»
«Ehm... Parlo con Hanna?»
Quella non era la voce di Caleb. Hanna aggrottò le sopracciglia e riprese a parlare.
«Sì, ma... Io con chi parlo, invece?»
«Mi chiamo Josh, sono uno studente della NYU, e...»
Hanna lo interruppe.
«Dov'è Caleb? Che sta succedendo?»
«Ascoltami... Lui... Lui... Io non so cos'è successo, so solo che sono uscito dalla mia stanza e lui era a terra, c'era del sangue, ed io... Io ho chiamato i soccorsi, ma lui continuava a balbettare che dovevo chiamare Hanna, che penso sia tu... Diceva che non voleva soccorsi, ma che voleva solo te, e...»
Hanna scoppiò in lacrime.
«Dimmi dov'è adesso, ti prego...» balbettò, tremante.
«Lo stanno portando in ospedale, io sono in ambulanza con lui... Mi dispiace ma non posso restare, quando arriveremo lascerò il cellulare tra i suoi effetti personali e me ne andrò, ma... Ho pensato che era il caso di avvertirti... Mi dispiace, davvero...»
«Come sta? Posso parlargli?» urlò Hanna, mentre Ashley la osservava preoccupata.
Il ragazzo rispose lasciandole l'indirizzo dell'ospedale e dicendole di andarci il prima possibile, quindi riattaccò frettolosamente. Hanna capì immediatamente che tutto questo aveva a che fare con Dave. La sua più grande paura dal giorno che Dave aveva scoperto la sua relazione con Caleb si era ora realizzata. Hanna si alzò in lacrime dal divano e fece per andare in camera a mettersi qualcosa addosso, ma Ashley la fermò, confusa.
«Hanna, che succede?»
«Caleb, lui... Lo stanno portando in ospedale... Io... Io credo sia a causa di Dave, mamma... Devo andare...» balbettò in lacrime, prima di correre verso il piano superiore.
«Ti accompagno.» rispose decisa Ashley.
 
 
Entrate in ospedale, Hanna ed Ashley si precipitarono al bancone e chiesero di Caleb Rivers. Tutto ciò che venne detto loro fu che Caleb si trovava ancora in chirurgia, sotto operazione. Hanna piangeva senza contegno, ed Ashley la fece accomodare su una delle seggiole della sala d'attesa.
«Tesoro, vedrai che non è niente di grave...» mormorò la donna, accarezzando i capelli di sua figlia.
Hanna non riusciva a dire niente. Si sentiva solo divorare dai sensi di colpa. Sì, perché pensava che fosse tutta colpa sua. Lei aveva tradito Dave, si era fatta scoprire prima che potesse lasciarlo, perciò Dave aveva ripreso a bere, e sicuramente aveva incontrato Caleb da ubriaco e gli aveva fatto del male. Ed era tutto a causa sua. E non era nemmeno la prima volta che Caleb finiva sotto i ferri per lei.
Il fatto che non potesse sapere la gravità della situazione la faceva impazzire. Aveva un terrore pazzesco che le scorreva nelle vene. Non poteva perdere Caleb. Non poteva. Proprio adesso che il loro amore era davvero diventato qualcosa di più grande. Proprio adesso che aveva davvero visto il suo futuro insieme a lui, concretamente. Loro figlio, i loro progetti sul matrimonio, la villa a Montecito... Ora era tutto ridotto ad un ospedale ed al pensiero che un ragazzo tranquillo come Dave avesse potuto trasformarsi in una bestia a causa di Hanna. Niente più gioia nel cuore, solo terrore. E il ticchettio dell'orologio non faceva altro che accrescere l'angoscia.
Hanna prese il cellulare e fece partire una chiamata per Dave, così, d'impulso. Ma il ragazzo non rispose. Si attaccò la segreteria telefonica, ed Hanna registrò un messaggio costituito di singhiozzi e lamenti, dove le uniche parole che a stento vennero pronunciate furono per comporre uno struggente interrogativo: "Cosa gli hai fatto?".
Ashley non sapeva cosa fare o dire. Poteva soltanto stare vicina ad Hanna. In certi casi, davvero le parole giuste non esistono.
«Chiedo scusa... Siete qui per Caleb Rivers?» chiese d'un tratto un uomo con addosso un camice bianco.
Hanna si asciugò le lacrime ed annuì con decisione, senza riuscire a dire nulla.
«Sì, sta bene?» chiese quindi Ashley, indubbiamente più lucida di Hanna.
«Si è preso una coltellata dritta allo stomaco, abbiamo dovuto fare un piccolo intervento...» rispose il dottore, alquanto vago.
«Ed ora sta bene?» insistette Ashley, con Hanna che tremava al suo fianco.
Il dottore fece un profondo respiro, quindi rispose.
«L'intervento è riuscito, ma il ragazzo ha perso molto sangue, perciò... Dobbiamo aspettare che arrivi una sacca per la trasfusione, o...»
«O?» esclamò Hanna, con gli occhi gonfi d'angoscia.
«Non posso dire nient'altro, mi dispiace. Non possiamo ancora accertarci sulla reale gravità della situazione. Tutto quello che dobbiamo fare è aspettare che ci diano il sangue. Il ragazzo ha gruppo 0Rh-, e può ricevere solo dal suo stesso gruppo, ma noi ne siamo attualmente sforniti, sfortunatamente. Ci vorrà un po' prima che arrivi la sacca che serve per la trasfusione. Ora, se volete scusarmi...» rispose il dottore.
«Quanto ci metterà ad arrivare questa dannata sacca?» sbottò Hanna.
«È un gruppo sanguigno abbastanza raro. Se conoscete qualcuno dello stesso gruppo nelle vicinanze, sarebbe meglio contattarlo. Se risultasse davvero compatibile, potrebbe fare da donatore. Sicuramente così perderemmo meno tempo, ma... Altrimenti, dobbiamo solo aspettare, mi dispiace.» rispose l'uomo, prima di voltarsi.
Ma stavolta fu Ashley a fermarlo.
«Io non sono una sua parente, ma anch'io sono 0Rh-. Faccia donare a me il sangue, non perdiamo altro tempo.» disse, decisa.
Hanna si voltò verso sua madre esterrefatta. Non aveva idea di che gruppo sanguigno fosse lei stessa, figuriamoci se sapesse quello di sua madre.
«Mi assicura che è 0Rh-?» chiese il dottore.
«Sì. Non aspettiamo un minuto di più. Non serve nessuna sacca di sangue, dottore. Mi lasci salvare il ragazzo, non c'è tempo da perdere.» replicò nuovamente Ashley.
«D'accordo. Dobbiamo però verificare se è tutto nella norma prima che lei possa donare il sangue, perciò... Mi segua.» annuì l'uomo, facendo segno ad Ashley di seguirla.
Hanna rimase ferma lì a guardare la scena, pregando che tutto si risolvesse. Non si sarebbe mai perdonata se a Caleb fosse successo qualcosa.
 
 
Nell'attesa, Hanna si sentì terribilmente sola e non fece altro che farsi divorare dai rimorsi e dai sensi di colpa. Scelse di non dire nulla alle ragazze; erano appena ripartite e tornate ai loro college, non voleva farle preoccupare. Perciò, decise di chiamare Brit. Sapeva che lei ci sarebbe stata. Nella telefonata riuscì solo a dirle di raggiungerla in ospedale, senza spiegarle nulla, e nel giro di pochi minuti, Brit era accanto a lei a rassicurarla ed a cercare di convincerla che la colpa di tutta quell'assurda situazione non fosse sua.
«Tua madre ha fatto un gesto bellissimo, Han...» le sussurrò l'amica, durante la straziante attesa.
«Vuole molto bene a Caleb... E sa benissimo quanto sia importante per me, perciò... È mia madre, farebbe di tutto per me...» balbettò, asciugandosi le lacrime.
«Hai la certezza che sia stato Dave?»
«Andiamo, Brit... Chi altro potrebbe accoltellare Caleb? Nessuno avrebbe motivo di avercela con lui... E se Dave ce l'ha con lui, è solo colpa mia...»
«Smettila di dire così. Non è colpa tua. Vedrai che andrà tutto bene, hai capito?»
Brit abbracciò Hanna, che pianse contro la sua spalla per una buona manciata di minuti.
«Io lo conosco poco, ma... Mi sembra un ragazzo forte. Vedrai che non mollerà... E vedrai che tra qualche mese sarete insieme e felici con il vostro bimbo tra le braccia... Tutto questo sarà solo un brutto ricordo...» continuò, accarezzandole la schiena.
Il loro abbraccio fu spezzato da Ashley che fece ritorno in sala d'attesa, con un grosso cerotto applicato sul braccio.
«Mamma!» esclamò Hanna, correndole incontro ed abbracciando lei.
Ashley strinse forte Hanna, sorridendo amaramente a Brit, rimasta seduta a pochi metri da loro.
«Stanno facendo la trasfusione... Vedrai che tra poco Caleb si sveglierà e starà bene...»
«Grazie, mamma... Grazie...»
«Non devi ringraziarmi di un bel niente, tesoro...»
Hanna ed Ashley sciolsero l'abbraccio e si sedettero accanto a Brit.
Hanna avrebbe voluto avvertire la famiglia di Caleb, ma non sapeva se fosse davvero il caso. Preferì aspettare di sapere come davvero stesse prima di fare qualsiasi cosa, anche sotto consiglio di Ashley.
«L'hai visto?» chiese d'un tratto Hanna a sua madre.
Ashley scosse semplicemente la testa. Era stata portata in una stanza, aveva fatto delle analisi ed aveva poi donato sangue, quindi era tornata da sua figlia. Non aveva avuto modo di vedere Caleb. Hanna aveva invece un disperato bisogno di vederlo. Sapeva che, solo guardandolo, avrebbe potuto sentirsi meglio.
 
 
Qualche minuto dopo, il dottore tornò da loro, con un espressione seria in faccia.
«La trasfusione è andata a buon fine, ma... Non posso assicurare niente. Possiamo solo aspettare che il ragazzo si svegli.» disse, semplicemente.
«Che vuol dire?» chiese Hanna, scettica.
«Vuol dire che dobbiamo sperare di aver fatto in tempo.» disse, sospirando e voltandosi, ma Hanna lo fermò bruscamente prima che potesse andarsene.
«Posso vederlo?»
«È una parente?» replicò l'uomo.
«Sono la sua futura moglie ed aspetto un bambino da lui. Vuole verificare o mi lascia vederlo?» soggiunse Hanna, irritata.
«Non è cosciente al momento, ma... D'accordo, se vuole può vederlo. Solo cinque minuti però, siamo intesi?» sospirò il dottore, indicandole il numero della stanza.
Hanna annuì, scambiò un cenno d'intesa con sua madre e Brit, e si precipitò quindi nella stanza.

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Capitolo 31
*** Never let me go ***





31. Never let me go
 
 
"In the arms of the ocean, so sweet and so cold, and all this devotion I never knew at all. And the crashes are heaven for a sinner released, and the arms of the ocean deliver me. Never let me go, never let me go..."
[Never Let Me Go - Florence + The Machine]
 
 
Hanna entrò in silenzio nella stanza d'ospedale di Caleb, chiudendo delicatamente la porta alle sue spalle. Ebbe un dejà-vu; quella scena l'aveva già vissuta anni prima, quando Caleb si era preso una pallottola nella milza per difendere Emily da un folle omicida. Ma quel giorno, Caleb era cosciente. Ora invece no.
Hanna avanzò fino al letto dove Caleb giaceva ancora sotto anestesia. Aveva una mascherina per l'ossigeno sulla bocca e uno strano apparecchio attaccato che probabilmente serviva a controllargli il battito cardiaco.
Non russava come suo solito. Non dormiva con il suo solito aspetto pacifico. Non era il solito dolce Caleb addormentato che Hanna conosceva. La ragazza lo vedeva diverso. E quell'immagine non la inteneriva come quando guardava Caleb dormire, bensì le faceva male. E di quell'immagine straziante, se ne attribuiva tutte le colpe.
Hanna si accomodò sulla seggiola a lato del letto ed afferrò la mano di Caleb. Era folle il fatto che pochi giorni prima si trovassero nelle stesse identiche posizioni, ma a ruoli invertiti. Era folle il fatto che in entrambi i casi Dave c'entrasse qualcosa. Era folle il fatto che insieme non riuscissero mai davvero a viversi un attimo di felicità che tutto crollava loro addosso.
«Mi dispiace...» farfugliò Hanna, lasciandosi accarezzare dalle lacrime irrefrenabili che scendevano dai suoi grandi occhi azzurri.
E lui no, stavolta non poteva asciugargliele.
Il rimorso di non aver lasciato Dave quando avrebbe davvero dovuto farlo la uccideva. Caleb era in quel letto d'ospedale per colpa sua, Hanna ne era convinta. Ma le sembrava così assurdo che la mattina stessa si fosse svegliata tra le sue braccia, mentre ora lui stava rischiando la vita.
«Mi dispiace davvero, Caleb... È tutta colpa mia...» mormorò nuovamente, stringendogli più forte la mano.
E le faceva male vedere come il ragazzo fosse impotente. Non poteva risponderle, non poteva contraccambiare la stretta della sua mano, probabilmente non poteva ascoltarla. Ma Hanna aveva bisogno di parlargli, perché qualcosa le diceva che lui comunque avrebbe potuto sentirla, in qualche modo. Non poteva lasciarlo andare, non voleva lasciarlo andare, non l'avrebbe lasciato andare. Si asciugò le lacrime e premette la mano di Caleb contro la sua pancia, quindi ricominciò a parlare, quasi a sussurrare.
«Hey... Mi hai detto che non mi avresti lasciata più... Che non ci avresti lasciati... Ed io ti ho creduto, e ti credo ancora. Non puoi andartene, Caleb... Io ho bisogno di te, e ne ha bisogno anche il nostro angioletto. Ed è per questo che tu non andrai da nessuna parte, vero? Tu resti qui con la tua famiglia... Dobbiamo fare tante cose, ricordi? Tra qualche giorno, devo fare la prima ecografia, e tu devi esserci. Dovrai essere lì a tenermi la mano, capito? E poi dobbiamo ancora dare la grande notizia ai tuoi... Dobbiamo iniziare a scegliere le prime cose per il bimbo... E voglio che tu mi tenga la mano anche quando lo darò al mondo. Non puoi mancare, lo sai... E poi mi devi un diamante, guarda che non me ne sono dimenticata... Dobbiamo sposarci, dobbiamo andare a vivere insieme, dobbiamo progettare una marea di cose ancora, e... Tu non puoi lasciare tutto questo... Tu non puoi lasciare me, così... E il nostro bambino... Non puoi, Caleb... E non lo farai... Ti prego, non farlo... Io ti amo, non farmi questo... Lo so che è solo colpa mia, ma proprio per questo non è giusto che sia tu a rimetterci... Resta qui, devi fare il papà, ricordi? Devi insegnare a tuo figlio a contare, ad allacciarsi le scarpe, ad andare in bici, e poi chissà... Se sarà un maschietto, lo porterai alle partite di baseball, a vedere i film d'azione, e poi giocherai a football con lui, così tornerete a casa tutti sporchi di fango e mi farete arrabbiare... Se sarà una femminuccia, invece, le comprerai le bambole, la porterai sulle spalle, la accompagnerai ai saggi di danza... Sarai un papà meraviglioso, Caleb... E un marito altrettanto stupendo... Lo vedi, hai ancora così tante cose da fare... Io non ti lascerò andare così... Forse... Forse un mondo brutto come questo non si merita una persona con il cuore puro come il tuo, e... E forse io sono la prima a non meritarti, ma... Ma per una volta nella mia vita voglio essere egoista, e soprattutto voglio essere felice, quindi... Quindi resta qui, Caleb... Qualche settimana fa, mi hai detto "vivi di me e lascia che io viva di te", ed oggi sono io a dirlo a te... Tu sei la mia vita... Stai con me e viviamo la nostra felicità, insieme... E perdonami, se puoi...»
 
 
Caleb si svegliò di soprassalto, come se avesse avuto un incubo. Non ricordava nulla di quanto era successo. Si guardò intorno, ma non vide assolutamente nulla. Era circondato dal vuoto.
Riuscì a mettersi in piedi. Cominciò a camminare senza alcuna direzione. I suoi passi non facevano il minimo rumore. Era come se stesse camminando su una nuvola o sott'acqua. Non riusciva a capire che diavolo di posto fosse quello.
Voleva urlare, ma non ci riusciva. Non riusciva nemmeno a parlare. Poteva solo muoversi, ma era come se non sentisse alcuno sforzo. E non sentiva più nessun dolore.
«Caleb...»
Si sentì chiamare nel mezzo di quel pacifico silenzio, quindi si voltò.
Davanti a sé, trovò Miranda.
Caleb non reagì. Continuava ad essere sempre più confuso.
«Sei qui.» continuò lei, avvicinandosi a piccoli passi al ragazzo.
Miranda lo prese per mano.
«Vieni con me. Starai bene.» disse, sorridendo.
Caleb fece qualche passo con lei ma, d'un tratto, riuscì a reagire a quel flusso che lo controllava. Si fermò, improvvisamente.
«Andiamo, Caleb. Vieni con me. Qui non esistono problemi, non esiste dolore, non esiste sofferenza. Qui c'è solo pace.» gli disse allora Miranda.
«Questo non è reale... Questa non è la vita...» riuscì a mormorare Caleb.
La catena che lo teneva incastrato in quel posto si stava lentamente spezzando. Ora Caleb riusciva a sentire il suo corpo, riusciva a parlare, riusciva a reagire. Non si sentiva più legato, non si sentiva più spento. Era come se qualcosa o qualcuno lo stesse riportando indietro.
«La vita fa schifo. La vita non ti darà mai la pace. Tutto questo invece sì. Non hai bisogno di pregare che tutto vada bene, non hai bisogno di respirare, non c'è pericolo di cadere. Qui puoi riposare. Qui c'è pace.» continuò lei.
«Ma qui non c'è felicità. Questa è solo un'illusione...» replicò Caleb, lasciando la mano di Miranda.
«La felicità non esiste, né qui né altrove. Resta con me, Caleb. Almeno qui non soffrirai e non ti mancherà niente.» continuò lei, decisa.
«Ti sbagli. La felicità esiste eccome... E la mia non è qui con te. La mia felicità è Hanna, ed io voglio tornare da lei.»
«Vuoi davvero tornare indietro? Ti ricordi il dolore che provavi?»
«Sì. E proverei dolori mille volte più forti se servisse a stare con Hanna. Devo e voglio tornare indietro. Hanna ed io abbiamo una vita davanti da costruire insieme...» 
«Caleb, pensaci. Qui hai la certezza che non proverai alcun dolore, che potrai stare in pace, che nessuno potrà mai farti del male. Lì no. Lì esiste il male, lì non potrai essere al sicuro...»
«Lì potrò essere felice... Lì c'è la donna che amo. E lei ha bisogno di me. Lei mi sta aspettando. Anzi, loro. Lei e nostro figlio. La mia famiglia. Il mio posto è lì. Non c'è nient'altro da aggiungere. Riposa in pace, Miranda.»
Caleb sorrise e si allontanò.
«Buona vita, Caleb...» sussurrò Miranda, voltandosi e scomparendo avvolta in un alone di luce.
E Caleb corse indietro, sorridendo. Non aveva idea di quale direzione stesse imboccando in quel luogo privo di tempo e di spazio, ma qualcosa gli diceva che fosse la direzione giusta.
La direzione che l'avrebbe riportato da Hanna.
La direzione che l'avrebbe ricongiunto alla sua famiglia.
La direzione della sua felicità.
Della loro felicità.
 
 
Il dottore bussò alla porta della stanza d'ospedale di Caleb, dove Hanna era ancora lì a tenergli la mano.
«Signorina, devo chiederle di uscire.» disse, entrando.
Hanna annuì con gli occhi ancora pieni di lacrime, quindi strinse forte la mano di Caleb prima di lasciarla.
Ma non riuscì a lasciarla, perché sentì ricambiare la stretta.
Caleb sollevò le palpebre, lentamente, mentre Hanna lo guardava speranzosa.
«Hanna...» biascicò lui, debolmente.
«Sì, amore... Sono qui...» sussurrò lei, accarezzandogli il viso.
Si voltò dunque verso il dottore, senza lasciare la mano di Caleb.
«Dottore, si è svegliato...» aggiunse, non riuscendo a trattenere un sorriso.
Il dottore si avvicinò, afferrò una pila e puntò la luce negli occhi di Caleb.
«Signorina, esca, per favore.» disse l'uomo in quel mentre.
Hanna obbedì e corse via, sapendo che fosse per il bene di Caleb.
 
 
Hanna tornò da sua madre e Brit a passo svelto. Non sapeva se il fatto che Caleb si fosse già svegliato fosse necessariamente una cosa positiva, ma l'averlo guardato negli occhi ed averlo sentito pronunciare il suo nome, l'aveva in qualche modo sollevata.
Quando Ashley la scorse all'angolo del corridoio, le si avvicinò con Brit.
«Si è svegliato...» mormorò Hanna, asciugandosi una lacrima.
«Come sta?» chiese Brit.
«Non lo so, ma... Penso che sia lucido perché mi ha chiamata per nome...» replicò Hanna.
Ashley la abbracciò, sospirando profondamente.
«Starà bene, tesoro... Vedrai che starà bene...» le sussurrò, accarezzandole i capelli.
Non appena l'abbraccio tra madre e figlia si sciolse, Hanna si strinse a Brit, che ricambiò la stretta.
«Grazie di essere qui, Brit... Grazie di cuore...» bisbigliò Hanna.
«Tu avresti fatto lo stesso per me... Ti voglio bene, Han...» rispose l'amica.
Hanna, Ashley e Brit si sedettero quindi in attesa di avere notizie di Caleb.

 

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Capitolo 32
*** There's nowhere unless you're there ***





32. There's nowhere unless you're there


"There's no love like your love and no other could give more, there's nowhere unless you're there, all the time, all the way."
[(Everything I Do) I Do It For You - Bryan Adams]



Hanna era tremendamente stanca. La sua debolezza da donna incinta la fece crollare anche su quella scomoda sedia dell'ospedale, mentre notizie di Caleb non erano ancora arrivate. Dormiva indifesa, con la testa appoggiata sulla spalla di sua madre, mentre la donna parlava con Brit per provare a far scorrere il tempo più velocemente.
Diversi minuti dopo, il dottore si riavvicinò loro. Hanna dormiva, ma Ashley decise di farsi comunque dire come stessero le cose.
«Allora? Si è ripreso?» chiese.
«La sua donazione è stata provvidenziale. Credo che se avessimo aspettato anche solo qualche minuto di più per avere la sacca, ci sarebbero stati seri rischi per il ragazzo, ma... Fortunatamente, grazie a lei, è tutto a posto. Si sta riprendendo... Avrà solo bisogno di tanto riposo e tornerà più forte di prima.» sorrise l'uomo.
Brit si alzò di scatto dalla sedia dov'era seduta e liberò un profondo sospiro di sollievo. Ashley si aprì in un largo sorriso e ringraziò il dottore, chiedendogli poi se fosse possibile parlare a Caleb.
«È una parente?» proferì di nuovo l'uomo.
Ashley ridacchiò e scosse la testa.
«No, io no, ma... Credo che la madre di suo figlio possa tornare a fargli visita ora che lui sta bene, non crede?» replicò, inclinando il capo verso Hanna, ancora teneramente addormentata.
Il dottore sospirò.
«Le dica di non farlo sforzare per nessun motivo, e... E di non trattenersi troppo a lungo.» aggiunse, prima di allontanarsi.
Ashley lo ringraziò nuovamente con un cenno, quindi scosse dolcemente il corpo addormentato di sua figlia.
«Hanna, tesoro... Svegliati...» le sussurrò.
Hanna mugolò ed aprì lentamente gli occhi.
«Che succede? Caleb? Come sta Caleb?» balbettò.
«Va' a vedere tu stessa.» rispose Ashley, strizzandole l'occhio.
Hanna si sollevò a fatica dalla spalla di sua madre, quindi si stropicciò gli occhi.
«Che vuoi dire, mamma?» chiese poi.
«Caleb si è ripreso, Han. E scommetto che ha una gran voglia di vederti.» le sorrise Ashley.
Hanna si aprì in un grande sorriso e si voltò verso Brit, che le fece segno di muoversi. Fu allora che la ragazza si alzò in piedi ed avanzò verso la stanza di Caleb.
«Non farlo sforzare, mi raccomando.» concluse Ashley, guardando sua figlia percorrere il corridoio dell'ospedale.


Hanna aprì la porta e, alla vista di Caleb sveglio e senza più mascherina dell'ossigeno, immediatamente corse al suo capezzale, piangendo liberatoriamente.
«Principessa... Come stai?» bisbigliò Caleb, mentre i due si abbracciavano.
«Che diavolo di domande fai, Caleb? Sei tu quello ricoverato stavolta, non io... Tu come stai?» balbettò Hanna, in lacrime.
«Sto bene.» sussurrò il ragazzo, con voce fioca.
Hanna si tirò via dall'abbraccio e gli stampò un bacio sulle labbra, quindi Caleb le prese il viso tra le mani e le asciugò le lacrime con i pollici, dopo averle sistemato alcune ciocche di capelli dietro le orecchie.
«Quante... Quante altre cicatrici dovrai farti per poter stare con me?» borbottò Hanna.
Caleb ridacchiò piano.
«Sarei disposto a farmi ricoverare ogni giorno se fosse il prezzo da pagare per starti accanto...» sussurrò.
«No, Caleb. Non scherzare. Se Dave ti ha aggredito è solo colpa mia...»
«Non dire sciocchezze, Hanna. Non è colpa tua... E poi lui aveva bevuto quando è successo, ne sono certo.»
«Ed è proprio a causa mia che ha bevuto...»
«Shhh... Basta adesso, okay?» mormorò Caleb, accarezzando il viso di Hanna.
«Stai davvero bene?» insistette Hanna, premurosa.
«Sì, davvero. Ma dimmi... Cos'è successo esattamente? Mi hanno operato?»
«Sì... Un ragazzo ti ha trovato al college, davanti alla tua stanza... Ha detto che eri in una pozza di sangue, e...»
Hanna si bloccò e ricominciò a piangere, quindi Caleb la strinse a sé, per quanto gli era possibile.
«Hey... È tutto okay, sono qui... Sto bene...» le sussurrò, baciandole la tempia.
«Lui ha detto che continuavi a fare il mio nome, così ha preso il tuo cellulare e mi ha chiamata, dicendomi che ti stavano portando in ospedale... E allora mi sono precipitata qui con mia madre, e poi... Poi ci hanno detto che eri stato accoltellato, che ti avevano appena operato, e che però serviva una trasfusione, ma che erano sforniti del tuo gruppo sanguigno... E aspettare che arrivasse la sacca sarebbe stato rischioso...» balbettò Hanna, stretta a Caleb.
«Ma a quanto pare mi è andata bene...»
«È stata mia madre a donarti il sangue.»
«Sul serio?»
Hanna si rimise composta e lo guardò negli occhi, annuendo.
«Il dottore non sapeva quanto tempo sarebbe stato necessario per far sì che arrivasse la sacca del tuo gruppo sanguigno, così... Beh, mia madre ha detto di essere 0Rh- come te e ha chiesto se era possibile che fosse lei a darti il sangue, così avremmo evitato di aspettare...»
«Mi ha salvato la vita...» sussurrò Caleb, mordendosi un labbro.
Hanna annuì e sorrise, stringendogli le mani. Caleb ricambiò il sorriso, quindi alzò le loro mani unite e poggiò un bacio sul dorso di quella di Hanna.
«Sono molto fortunato...» disse quindi.
Hanna ridacchiò.
«Beh, non si direbbe!» aggiunse.
Caleb sorrise nuovamente, poi allungò una mano e la appoggiò sulla pancia di Hanna.
«Qui procede tutto bene?» soggiunse.
«È tutto a posto, non devi preoccuparti. Anche se non ti nascondo che ci hai fatto spaventare parecchio...»
«Sono qui adesso. Sono qui per voi due. Te l'ho detto che non me ne sarei andato per niente al mondo...» sorrise Caleb, strizzandole l'occhio.
Hanna lo strinse forte, ma Caleb, a quel contatto, emise un gemito di dolore.
«Mio Dio, Caleb, scusami...» disse Hanna, mortificata, allontanandosi dal corpo del ragazzo.
Caleb ridacchiò.
«Va tutto bene, sta' tranquilla. Vieni qui...» aggiunse, allargando nuovamente le braccia.
Hanna sorrise e tornò ad abbracciare Caleb, stavolta con più delicatezza. Caleb abbassò quindi la testa e la baciò teneramente sulle labbra.
«Ti amo, Hanna...» mormorò lui.
«Ti amo anch'io, Caleb...» replicò lei, sorridendo.
Caleb ricambiò il sorriso e le diede un altro bacio sulla fronte.
«Resterò a dormire qui stanotte...» fece poi Hanna, con decisione.
«Non se ne parla.» ribatté Caleb.
«Perché? Quando hanno ricoverato me, tu sei rimasto, e a me ha fatto piacere... Ora tocca a me starti accanto... Forse non ti fa piacere avermi tra i piedi?»
«Hanna, scordatelo. Sei incinta, e non voglio che tu dorma su una scomodissima poltroncina che magari non è neanche reclinabile. Non fa bene a te e non fa bene al bambino. Perciò, per favore, va' a dormire a casa... Io sto bene, non preoccuparti.»
«Andiamo, Caleb... Sono incinta, non malata. È solo per una notte...»
«Ascoltami... Per quanto adorerei averti al mio fianco per tutta la notte e poterti tenere la mano, davvero, non è necessario. So che non sei malata, ma non voglio che ti stanchi e sicuramente rischieresti di spezzarti la schiena su una di quelle poltrone. Sei stata dimessa solo l'altro giorno e ti hanno unicamente raccomandato di stare a riposo, ed io voglio assicurarmi che ti riposerai. E riposarsi vuol dire stare a letto comodi, non certo qui. Hai già passato abbastanza ore in sala d'attesa, sarai a pezzi... E poi fidati, sono abbastanza forte da passare la notte qui da solo... Non mi accadrà nulla. Grazie di essermi stata accanto tutto questo tempo, davvero. Ma stanotte... Fallo per me, va' a casa.» disse Caleb, concludendo con un sorriso.
«E va bene... Ma domattina, non appena scatta l'orario di visite, sarò di nuovo qui.» sospirò Hanna.
Caleb ridacchiò.
«D'accordo.» aggiunse.
I due rimasero per qualche istante semplicemente a guardarsi ed a sorridersi, finché Hanna non notò Caleb abbassare di poco lo sguardo ed increspare le labbra.
«Che c'è?» chiese quindi la ragazza.
«Niente, solo che... Ora che ci faccio caso... Sono diventate più grandi.» confessò Caleb, sorridendo maliziosamente.
Hanna capì a cosa si stesse riferendo ed arrossì, spostando lo sguardo sul pavimento, imbarazzata.
«Effetti collaterali della gravidanza.» bofonchiò.
Caleb rise, poi si morse un labbro.
«Senti, ma... Questo vestito non sarà un po' troppo corto oltre che scollato?» sentenziò quindi, sorprendentemente serio.
Hanna rise sotto i baffi e rialzò la testa.
«Sei geloso?» domandò poi, sorridente.
«Forse.» sospirò lui, roteando gli occhi.
Hanna si aprì in un grande sorriso, riavvicinandosi nuovamente a Caleb per stampargli l'ennesimo bacio sulla bocca, ma lui le prese la testa tra le mani ed infilò dolcemente la lingua tra le sue labbra leggermente schiuse, non lasciandole scampo. Dopo diversi minuti, Hanna si staccò e si fece seria.
«Senti, per quanto riguarda Dave...» iniziò, ma Caleb tagliò subito corto.
«Ti prego, non adesso. Non mi va di parlarne.»
Hanna sospirò ed annuì comprensivamente, accarezzando il viso di Caleb.
«Piuttosto... Pensi che sia possibile vedere tua madre? Credo di doverle almeno un grazie...» continuò il ragazzo.
«Non siamo in orario di visite ed io non dovrei neppure essere qui adesso, ma... Vado a vedere quello che si può fare.» sorrise Hanna.
Caleb annuì, quindi Hanna uscì dalla stanza per andare a cercare sua madre. Tornò in sala d'attesa e la trovò sola. Fu Ashley a prendere subito parola.
«Ho mandato via Brit, l'ho vista alquanto stanca... Allora, come sta?»
«L'ho trovato bene, ma ora lui... Vorrebbe vederti.» sorrise Hanna.
«Non so se posso andare da lui, già con te il dottore ha fatto uno strappo alla regola, e...»
La ragazza la interruppe.
«Andiamo, mamma. Ora io non vedo nessun medico, e Caleb è tutto solo nella sua stanza, perciò...»
Ashley scosse la testa sorridendo, quindi seguì Hanna fino alla stanza di Caleb.
«Ashley...» esordì il ragazzo appena la vide entrare, mentre Hanna chiuse la porta alle sue spalle.
«Caleb... Come ti senti?» fece la donna, sedendosi dove fino a poco fa c'era sua figlia.
Hanna si sedette invece su una seggiola accanto alla porta, sorridendo teneramente alla vista di sua madre e Caleb.
«Sto bene, ed ho saputo che è tutto merito suo.» ribatté lui, sorridendo cordialmente.
«Non avrei potuto permettere che lasciassi di nuovo Hanna.» rispose Ashley, con un pizzico di ironia.
«Grazie davvero, io...»
«Non ringraziarmi, Caleb. Tu sei stato e sei tutt'ora la persona che fa la felicità di mia figlia. Certo, l'hai anche fatta soffrire, ma... Nell'amore, si sa, si soffre sempre un po'. Se adesso siete di nuovo insieme ed Hanna ha deciso di perdonarti, sono sicura che sa quello che sta facendo. E tu per me sei sempre stato come un figlio, quindi... Prenditi cura di lei e del bambino, e per me resterai come un figlio. E sei un pezzo del cuore di Hanna, perciò sei un pezzo anche del mio cuore. Sei parte della famiglia, Caleb.»
Caleb abbracciò quindi Ashley, mentre Hanna osservava da lontano, con le lacrime che le venivano giù dagli occhi irrefrenabili. Quel momento la toccò davvero nel profondo. Sua madre e Caleb erano le persone che più amava al mondo, ed il fatto che si volessero bene, per lei significava moltissimo.
«Non dovresti chiamare i tuoi?» chiese poi Ashley a Caleb.
«Non voglio farli preoccupare, sto bene. Quando sarà tutto a posto, andrò a trovarli io anche per informarli delle... Novità.» soggiunse Caleb, lanciando un'occhiata ad Hanna, ancora intenta ad asciugarsi le lacrime.
Ashley sorrise e si voltò verso Hanna.
«Vi lascio qualche altro minuto da soli, poi credo sia il caso che noi due ce ne torniamo a casa... Passa una buona notte, Caleb.» disse la donna, alzandosi dalla poltroncina e dirigendosi verso la porta, accarezzando un braccio di Hanna nel tragitto.
«Grazie, Ashley. Grazie davvero di tutto. Buonanotte.» fece Caleb, guardando Ashley uscire dalla stanza.
«Hey, basta piangere...» disse poi, guardando Hanna.
Hanna si avvicinò a Caleb e lo abbracciò.
«Sono solo felice...» sussurrò quindi la ragazza.
Caleb la baciò tra i capelli e poi tornò a guardarla negli occhi.
«Ora va' a casa, tua madre ti sta aspettando. Devi riposarti.» sussurrò, con premura.
«Promettimi che ti riposerai anche tu...»
«Che altro vuoi che faccia in un letto d'ospedale, Han?» sorrise Caleb.
«Okay. Ma ricordati che domani sarò di nuovo qui.»
«Tranquilla, non me lo dimentico.»
«Allora buonanotte...»
«Buonanotte, principessa.»
Hanna diede un bacio sulle labbra di Caleb, quindi si alzò in piedi per dirigersi verso la porta, ma prima che potesse farlo, il ragazzo le portò le mani sui fianchi ed avvicinò la testa alla sua pancia, posandovi un altro bacio delicato.
«Buonanotte, cucciolo mio. Papà già ti ama, lo sai?» aggiunse.
Hanna si morse un labbro e si chinò per baciare di nuovo Caleb. Era come se non potesse farne a meno. Lui era di una dolcezza indescrivibile, soprattutto quando interagiva con l'ancora invisibile pancione di Hanna.
«Ed amo te.» precisò subito dopo Caleb, sorridendo.
«Ti amo anch'io.» ribatté Hanna con gli occhi che le brillavano, prima di passare una delicata carezza lungo la guancia del ragazzo ed uscire definitivamente dalla sua stanza d'ospedale.


«Mi sono forse persa qualcosa?» chiese Ashley ad Hanna, mentre erano nella Mercedes della donna, dirette a casa.
«Che vuoi dire?»
«Quando il dottore ti ha chiesto se eri una parente di Caleb, tu hai risposto che aspetti un figlio da lui ma hai anche detto di essere la sua futura moglie... Hanna, c'è qualcosa che non so?»
Hanna ridacchiò.
«Beh, a dire il vero, non c'è stata nessuna proposta ufficiale, ma... Sì, Caleb ed io abbiamo intenzione di sposarci... Prima o poi. Ma non c'entra niente con la gravidanza, è una cosa di cui parlavamo anche prima di sapere che io fossi incinta, e...»
Ashley la interruppe, ridacchiando.
«Chiunque avrebbe potuto giurare che vi sareste sposati anche solo guardandovi preparare dolci insieme ai corsi di cucina durante gli anni del liceo, Hanna. So che non sarebbe un matrimonio riparatore per la gravidanza. Ed ho sempre saputo che tu ti saresti sposata con lui, un giorno. Sono tua madre, l'ho sentito da subito. E dopotutto, sono contenta che sarà lui l'uomo della tua vita... D'altra parte nelle sue vene adesso scorre il mio sangue, no?»
Hanna sorrise.
«Già, e mi auguro che tu non gli abbia iniettato la tua estrema premura tramite quel sangue, visto quanto già sia premuroso di suo... Comunque, mi sposerò sicuramente dopo aver partorito... Voglio un vestito che mi calzi a pennello, non mi sposerò mai con il pancione o peggio con addosso i chili post-partum...» borbottò la ragazza.
Ashley rise sonoramente.
«Che c'è?» ribatté Hanna, alzando le sopracciglia.
«Hai vent'anni, sei incinta, il tuo ragazzo è in ospedale perché è stato accoltellato dal tuo ex e fino a qualche ora fa non si sapeva neppure se potesse salvarsi, e tu pensi al fatto che il vestito del tuo matrimonio deve calzarti a pennello?»
Hanna sospirò.
«Hai ragione, mamma... Sono un'idiota, avrei dovuto insistere per restare accanto a Caleb stanotte...»
«No, tesoro. Caleb ha fatto bene a mandarti a casa, e l'ha fatto perché si preoccupa per te. E tu non sei idiota, sei soltanto molto giovane e probabilmente un po' ingenua. La verità è che non ancora realizzi cosa sta succedendo nella tua vita. Non ancora capisci bene che sei incinta e che questo comporterà uno stravolgimento totale della tua vita, ma... Ma è normale. Ed io sono qui per questo, per starti accanto, perché non sarà facile. Ma vedrai che mentre ti crescerà il pancione, crescerai anche tu, e non parlo di chili di troppo o cellulite... Parlo di umanità, Hanna. Non si è mai pronti ad essere genitori, ma quando lo si diventa, automaticamente si cresce abbastanza per poterli essere. E vedrai che quando sarai madre, non avrai bisogno di nessun consiglio... Ti verrà tutto naturale, come se l'avessi fatto da sempre. E sono certa che Caleb sarà fantastico allo stesso modo. Spero davvero che abbiate tutta la felicità che un amore come il vostro merita ma che non ha mai avuto, tesoro. Andrà tutto bene, vedrai.»
Fu così che Hanna si commosse per l'ennesima volta nel corso della giornata.


Caleb era disteso nel suo letto d'ospedale, ma non riusciva a dormire. Si era fatto portare una rivista sportiva per passare il tempo, ma risaliva probabilmente al mese passato. D'un tratto, sollevò lo sguardo verso la porta della sua stanza, aperta, e notò un bambino ad osservarlo.
«Hey, e tu chi sei?» chiese Caleb, appoggiando la rivista sul letto e sorridendo.
Il bambino non rispose.
«Ho capito, i tuoi genitori ti hanno raccomandato di non parlare con gli sconosciuti... Mi chiamo Caleb.» continuò Caleb.
A quel punto, il bambino entrò nella stanza e raggiunse Caleb, stringendogli la mano.
«Ciao, io sono Tim.» disse.
«Quanti anni hai, Tim?»
«Nove. Tu?»
«Ventuno.»
«Che ti è successo alla pancia?» chiese il bambino, indicando la fasciatura che ricopriva l'addome di Caleb.
«Beh... Mi sono fatto una ferita molto grande e mi hanno portato qui per curarla. Tu invece cosa ci fai qui in ospedale?»
«Il mio papà ha fatto un incidente con la moto e l'hanno portato qui...»
«Mi dispiace... Sta bene ora?»
«Sì, anche se ha tante bende addosso come te...»
«L'importante è che stia bene, sai, le bende poi le tolgono a tutti. Sei qui con la tua mamma?»
«Sì, con la mia mamma e la mia sorellina.»
«Hai una sorellina? Davvero?»
«Veramente non ancora, è nella pancia di mamma.»
Caleb sorrise teneramente.
«Sai, anche la mia ragazza ha un bimbo nella pancia...» continuò.
«Davvero? Dov'è?» esclamò Tim, entusiasta.
«È andata via poco fa, mi dispiace. Sono sicuro che però le avrebbe fatto piacere conoscerti.»
«Come si chiama la tua ragazza?»
«Hanna. Si chiama Hanna.»
«Hanna... È un bel nome, mi piace. Dirò alla mamma di chiamare Hanna la mia sorellina.»
«Davvero?» sorrise Caleb.
Tim annuì con decisione.
«Nella pancia di Hanna c'è un bimbo o una bimba?» chiese poi.
«Non lo sappiamo ancora. È ancora troppo piccolo per poter capire se sia maschio o femmina. Credo che ora come ora non sia più grande di un fagiolo.» sorrise nuovamente Caleb, pazzo di gioia al solo pensiero del suo piccolo.
«Quindi, quando il bimbo uscirà dalla pancia di Hanna, tu diventerai papà?»
Caleb ridacchiò davanti all'innocenza e alla gran curiosità del bambino, quindi rispose orgogliosamente.
«Sì. Diventerò papà.»
«Secondo me sarai un bravo papà, Caleb.»
Caleb si aprì in un grande sorriso.
«Lo pensi sul serio?» chiese quindi.
«Sì. Sei simpatico, proprio come il mio papà.» rispose Tim, sorridendo.
«Grazie. Anche tu sei simpatico.» sorrise a sua volta Caleb.
A quel punto, una donna, evidentemente incinta, si affacciò dalla porta.
«Tim! Ti ho cercato dappertutto!» esclamò.
Tim si voltò.
«Scusami, mamma...» mormorò.
«Mi scusi davvero, le ha dato fastidio?» continuò la donna, rivolgendosi a Caleb.
«Assolutamente no. Mi ha tenuto compagnia.» sorrise Caleb, strizzando l'occhio a Tim.
«Ciao, Caleb!» disse poi Tim, prendendo per mano la madre.
«Ciao, Tim!» rispose Caleb, sorridendo.
«Arrivederci.» fece la donna.
«Arrivederci, signora. E... Congratulazioni.» rispose Caleb.
«Grazie. Buona fortuna.» concluse la donna, uscendo dalla stanza.

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Capitolo 33
*** Have you ever felt this way? ***





33. Have you ever felt this way?
 
 
"The walk before the run, the breath before the kiss, and the fear before the flames. Have you ever felt this way?"
[Glitter In The Air - Pink]
 
 
Circa una settimana dopo, Caleb fu dimesso. Hanna aveva nel frattempo sostenuto e passato un paio di esami al college. Non aveva avuto tempo e modo di studiare con tutti quei casini, ma alla fine ce l'aveva fatta. Dave, invece, era come sparito. Aveva probabilmente lasciato la città, e nessuno aveva notizie di lui. Caleb non aveva fatto parola sulle sue intenzioni riguardo lui in merito all'episodio della coltellata. Non aveva parlato né di denuncia né di nient'altro. Per il momento stava solo pensando a rimettersi.
La prima cosa che fecero Hanna e Caleb una volta che quest'ultimo poté lasciare l'ospedale fu andare insieme a Montecito, il primo weekend utile. Caleb voleva rivedere la sua famiglia e raccontare loro il possibile di quell'assurdo mese e mezzo, ed aveva pregato Hanna di andare con lui. D'altra parte, ormai, erano una famiglia a tutti gli effetti.
 
 
Quel giorno, la madre di Caleb, Claudia, aprì la porta allargandosi in un enorme sorriso alla vista di suo figlio, notando poi che teneva per mano una bellissima ragazza bionda. Senza chiedere nulla, dopo averli salutati allegramente, fece accomodare entrambi nel salotto della sua enorme casa. Hanna rimase incantata; la villa era gigantesca proprio come Caleb gliel'aveva sempre descritta.
«Caffè?» sorrise Claudia, una volta che furono tutti seduti.
«Volentieri.» rispose Hanna, mentre Caleb si limitò ad annuire.
Claudia chiamò quello che doveva essere il maggiordomo e chiese di preparare tre caffè, quindi l'uomo sparì dietro una porta.
«Caleb non mi ha mai fatto conoscere nessuna ragazza. Non ne ha mai portata nessuna a casa. Suppongo tu sia importante per lui, dunque.» sorrise la donna, guardando Hanna.
«Sono Hanna, molto piacere di conoscerla.» si presentò lei, porgendo a Claudia una mano.
Claudia rimase immobile e lanciò un'occhiata a Caleb. Hanna non capiva a cosa fosse dovuta quell'insolita reazione, ma fu poi Caleb a chiarire tutto.
«Sì, mamma. È lei, è Hanna Marin, la ragazza che ho conosciuto a Rosewood.»
Claudia se ne infischiò della mano tesa di Hanna e si alzò per esserle abbastanza vicina da poterla abbracciare. Hanna restò spiazzata ma non fece altro che ricambiare il caloroso abbraccio di Claudia.
«Ho sempre desiderato conoscerti... Se ho potuto riavere Caleb nella mia vita, un grosso grazie lo devo a te...» mormorò la donna.
Fu allora che Hanna capì il motivo della reazione della donna. Caleb sorrise ad Hanna mentre guardava l'abbraccio tra lei e sua madre.
«Il piacere è tutto mio, cara.» concluse Claudia, lasciando la presa.
Hanna era un po' in imbarazzo e Caleb se ne accorse, quindi prese lui la parola.
«È bella come ti avevo descritto?» chiese verso sua madre, sorridendo.
«Oh, è molto bella, Caleb. Ma... Voi due siete tornati insieme?» sorrise Claudia.
Caleb annuì, sorridendo e stringendo forte la mano di Hanna.
«Suo figlio è davvero un ragazzo speciale, signora.» disse Hanna, per tentare di uscire dal suo imbarazzante silenzio.
«Ti prego, cara... Chiamami pure Claudia e non farti problemi a darmi del tu!» replicò la donna.
Hanna annuì sorridendo.
«Hanna ed io ci siamo rivisti per caso alla NYU, e... Ed abbiamo capito che ci amavamo ancora, così...» iniziò Caleb, ma Claudia lo interruppe.
«Sono davvero felice, ragazzi. E poi, Hanna, sei così bella... Mio figlio ha davvero buon gusto!»
«Mamma, la stai mettendo in imbarazzo!» ridacchiò Caleb, portando un braccio attorno alle spalle di Hanna.
«Dico solo la verità... Allora, vi fermate qui qualche giorno? Sono sicura che anche i fratellini di Caleb saranno felici di conoscerti, Hanna!» fece Claudia.
«Beh, potremmo anche fermarci per il weekend, ma... Mamma, prima c'è una cosa che Hanna ed io vorremmo dirti...» soggiunse Caleb, facendosi serio.
«Ditemi.» sorrise la madre del ragazzo, mentre il maggiordomo servì i caffè.
«Ecco... Uhm... Hanna... Hanna aspetta un figlio da me, mamma.» balbettò Caleb.
Claudia alzò le sopracciglia in segno di stupore.
«Oh...» mormorò.
Hanna abbassò lo sguardo, mentre Caleb le accarezzava la schiena in maniera confortante.
«Tesoro, di quante settimane sei?» chiese poi Claudia ad Hanna.
«Sei. Quando rientreremo a New York, ho la prima ecografia.» sospirò Hanna, rialzando lentamente lo sguardo.
Claudia le prese una mano.
«Beh, siete giovani, ma... Ma avete tutta la mia fiducia ed il mio appoggio. Non possono certo darmi il premio per la miglior mamma del mondo, perciò non ho alcuna intenzione di farvi la predica, e poi... Se siete sicuri del vostro amore, non può che essere una bella notizia. Tanti auguri, allora... No?» sorrise Claudia, accarezzando la mano tremolante di Hanna.
«Grazie, Claudia.» sorrise a sua volta la ragazza.
«Siamo sicurissimi del nostro amore, mamma. Grazie.» aggiunse Caleb.
«Guarda un po'... Te ne vai di casa per un paio di mesi e torni dicendomi che a breve mi renderai nonna!» ridacchiò Claudia, dando un giocoso pizzicotto sul braccio di Caleb.
Il resto della giornata fu colmo di sorrisi. Claudia era una persona molto comprensiva, ed Hanna si trovò bene con lei, malgrado gli imbarazzi iniziali. Il fatto che avesse accettato la gravidanza senza mostrare disapprovazione alcuna, era probabilmente dovuto al fatto che sapesse benissimo che il sentimento che legava suo figlio ad Hanna fosse puro e sincero, e nel suo cuore si augurò che i due potessero crescere quel bambino meglio di come lei aveva cresciuto il suo piccolo Caleb.
 
 
Hanna e Caleb decisero di fermarsi per la notte. Dopo aver cenato, si sistemarono nella stanza di Caleb, che aveva un letto matrimoniale.
Caleb si era tolto la maglietta e si stava specchiando, guardandosi l'enorme fasciatura che gli avvolgeva l'addome. Hanna, seduta sul letto a gambe incrociate, lo osservava distrattamente.
«Perché non hai detto a tua madre di Dave e di quello che ti ha fatto?» proferì poi, cercando gli occhi di Caleb dal riflesso dello specchio.
«Non ce n'è bisogno, Hanna.» replicò lui, distendendo le pieghe della fascia.
Hanna sospirò. Non poteva costringerlo a dire nulla, d'altra parte.
«Ti fa male?» disse allora.
«No, ma... Mi sento un po' stanco, a dire il vero...»
«Vieni qui.»
Caleb si voltò e sorrise, affiancando dunque Hanna sul letto. La ragazza gli fece cenno di darle le spalle, quindi Caleb si voltò ed Hanna portò le mani sulle sue spalle nude per iniziare a massaggiarle. Caleb mugolò leggermente, rilassandosi sotto il tocco delle morbide mani di Hanna.
«Hai tutti i muscoli tesi...» disse lei, continuando a fare pressione con le dita sui nervi di Caleb.
«E tu hai delle mani fatate...» ribatté lui, reclinando leggermente la testa all'indietro.
Hanna ridacchiò di rimando.
«Hey, ma... Io e te abbiamo mai fatto l'amore in un letto matrimoniale? Insomma, l'abbiamo fatto nei posti più strani... In tenda, sul divano della nonna di Spencer, in un vicolo a Rosewood, in un camerino, nel ripostiglio di uno studio dentistico, su di un treno, in una camera del college, in una doccia... Un normale letto matrimoniale no?» sussurrò Caleb.
Hanna, a quelle parole, smise di massaggiargli le spalle. Avvicinò la testa al retro del collo di Caleb ed iniziò a baciarlo, per poi scendere verso il basso, sulla schiena, disegnando una scia umida di baci lungo l'intera spina dorsale del ragazzo.
«Credo che il letto matrimoniale ci manchi, effettivamente...» aggiunse poi, bisbigliando.
Caleb si voltò con uno scatto fulmineo e si avventò su Hanna con grande impeto, baciandola appassionatamente ed infilandole immediatamente le mani sotto la maglia, ma la ragazza si staccò ridacchiando.
«Ma non è il momento di aggiungerlo alla collezione. Ti ricordo che la stanza dei tuoi fratelli è di fianco alla nostra, ma soprattutto ti sei operato da poco, ed i medici hanno detto che dovrai aspettare almeno un'altra settimana prima di poter svolgere certe "attività"...» soggiunse, passandogli un dito lungo le labbra.
Caleb sospirò e si distese sul letto.
«Data la tua provocazione, speravo te ne fossi dimenticata...» aggiunse.
Hanna gli sorrise e si distese accanto a lui, accucciandosi contro il suo petto e nascondendo il viso nel suo collo.
«Sono contenta che tua madre l'abbia presa bene... È stata molto carina con me...» bisbigliò poi, prima di dargli un bacio sul collo.
«Sono contento anch'io. Ma d'altra parte... Chi è che non sarebbe carino con te?» rispose Caleb, accarezzandole i capelli.
Il ragazzo percepì le labbra di Hanna volgersi in un sorriso contro la sua pelle.
«Denuncerai Dave?» spezzò improvvisamente il silenzio la ragazza.
Caleb fece un profondo sospiro prima di rispondere.
«Sai... Eviterei volentieri di fare queste pratiche con la polizia e soprattutto di rivedere lui, ma... Non è confortante saperlo in giro chissà dove libero di fare quello che vuole. Pensaci... Cosa sarebbe successo se avesse accoltellato te al posto mio? Hanna, tu sei incinta e lui è libero e probabilmente perennemente ubriaco. Non posso stare tranquillo se non lo denuncio, capisci? Non posso rischiare che ti faccia del male...»
«E se lo convincessi a tornare in terapia? Non voglio che vada in carcere, Caleb... Non si riprenderebbe più.»
«Ed io non voglio che tu ti rimetta in contatto con lui. Per quanto possa essere un bravo ragazzo, al momento ha perso il senno ed è pericoloso.»
Hanna sospirò.
«Okay, ma... Lascia che trovi una soluzione, per favore.» aggiunse.
Caleb sospirò a sua volta.
«Non sei in dovere di farlo, Han.» soggiunse, continuando ad intrecciare i suoi capelli biondi alle dita.
«Lo so, ma...»
«Adesso non ci pensare. Rilassati un po', d'accordo? Te l'ho detto mille volte... Pensa a te stessa ogni tanto.» la interruppe Caleb.
«Okay.» sospirò Hanna.
Caleb la baciò sulla fronte.
«Preferisci un maschietto o una femminuccia?» le sussurrò poi.
Hanna rialzò la testa e gli sorrise largamente, prima di rispondere. Adorava il modo in cui a Caleb brillavano gli occhi quando saltava fuori il discorso del loro bambino.
«È lo stesso... Anche se... Alla femminuccia saprei già che genere di vestitini comprare, e poi potremo andare a fare shopping insieme quando sarà più grande, e...»
«Okay, preferisci una femminuccia.» la interruppe Caleb, ridacchiando.
Hanna sorrise.
«E tu?» chiese poi.
«Io preferirei un maschietto, ma c'è un motivo.»
Hanna aggrottò la fronte.
«Cioè?» chiese, sorridendo.
«Così, quando nascerà la femminuccia più piccola, avrò qualcuno che mi aiuterà a difenderla da tutti i cattivi ragazzi che le faranno la corte al liceo perché troppo bella come la mamma. Sai, non vorrei andare a riprenderla a scuola portandomi dietro una mazza da baseball... Almeno avrò il primogenito che le darà uno sguardo!»
Hanna rise fragorosamente e lo strinse forte.
«Tanto per la cronaca, lasciami finire il college prima di mettermi incinta di nuovo della tua femminuccia bella come la mamma...» bisbigliò poi.
«E va bene...» sorrise Caleb, strizzandole un occhio.
Ci fu qualche momento di silenzio, poi fu di nuovo Caleb a riprendere a parlare.
«L'avresti mai detto?»
«Cosa?»
«Che quello strano ragazzo con il cappellino grigio e i capelli lunghi che riparava cellulari e che si nascondeva nella tua cantina come un criminale sarebbe diventato il padre del tuo bambino?»
«Che tu ci creda o no, penso di averlo sempre saputo.» ridacchiò Hanna.
«Anch'io. Sapevo che io e te un giorno saremmo diventati questo.»
«"Questo" cosa?»
«Una famiglia. Una vera famiglia. A dire il vero, credo che lo siamo sempre stati, in un modo o nell'altro. Ma ora... So solo che non vedo l'ora che il piccolino ci raggiunga. Non riesco a smettere di pensarci, ne sono come ossessionato... In positivo, ovviamente.»
Hanna gli sorrise.
«Credi che ce la caveremo? Intendo... Come genitori...» disse poi.
«Ma certo che ce la caveremo. Guarda che ti ho vista prima!»
«Quando?»
«Dopo cena. Io stavo parlando con mia madre, e tu eri sul divano con i miei fratelli. Non stavate facendo niente di particolare, stavate giocando. Tu eri bellissima e sorridente come sempre, invece nei loro occhi c'era un mondo di felicità. E poi uno di loro ti ha abbracciata, ti ha stretta forte, e tu per un momento sei rimasta immobile perché non te l'aspettavi. Ma poi hai sorriso ed hai ricambiato la stretta. Sembra tu piaccia anche a loro. Lo so, non sono più tanto piccoli ormai, però... Sì, insomma... Ti ho vista con loro ed ho pensato che sarai una mamma perfetta, tutto qua. Io... Posso solo essere onorato del fatto che sarai tu la madre di mio figlio.»
Hanna sorrise nuovamente, posando poi un bacio sulla guancia di Caleb.
«Ti ricordo che ho fatto la babysitter per parecchio tempo, ecco perché forse ho una certa dimestichezza con i bambini. Ma diventare mamma è tutta un'altra cosa ed onestamente mi spaventa da morire...» aggiunse subito dopo.
«Hey, anche a me spaventa diventare papà, ma vedrai che insieme ce la faremo. Te lo prometto, Hanna. Questo bambino avrà tutto quello che possa mai desiderare, costi quel che costi.»
Hanna, come risposta, baciò Caleb sulle labbra e si lasciò poi andare ad un sonoro sbadiglio, accasciando nuovamente la testa nell'incavo del collo del ragazzo.
«È stata una giornata pesante, so che sei stanca... Dormi, tranquilla...» le sussurrò lui.
«È bello poter dormire di nuovo con te...»
«Anche per me lo è...»
«Buonanotte, amore...»
«Buonanotte, principessa...»
La voce di Hanna si affievoliva ad ogni frase, e quando Caleb le augurò la buonanotte, la ragazza era già crollata. Caleb sorrise dolcemente e le baciò nuovamente la testa, tenendola stretta contro il suo petto. La guardò dormire per qualche istante, voltandosi su un fianco per poter avere il viso davanti al suo. Portò quindi una mano sulla sua pancia e sospirò, quindi iniziò a sussurrare qualcosa.
«Hey, angioletto... Sei sveglio anche tu? Mamma invece è un po' stanca... Sai, da quando ci sei tu, dorme molto spesso... Ah, comunque guarda che se sei una femminuccia, papà è contento lo stesso... Non ha importanza, io e mamma ti vorremo bene comunque... Però spero che avrai i suoi stessi occhi... Sono troppo belli, non è vero? Papà se n'è innamorato da subito... Hey, ascolta... Ti prometto che non ti farò mancare niente... Ti crescerò come il migliore dei principi o la migliore delle principesse, e... E potrai sempre contare su papà... Ed anche su mamma, quello è scontato... E a quanto pare, anche sulle tue bellissime nonne... Beh, per quanto riguarda i nonni, dobbiamo ancora parlarne, ma... Sono sicuro che potrai contare anche su di loro. E poi, avrai due zii giovanissimi... Potrete giocare insieme all'XBox, ma naturalmente, per quello ci sono anch'io... Dubito che a mamma piacciano queste cose... Però con lei potrai andare a fare shopping... Sì, insomma, se sei una femminuccia, altrimenti...»
«Caleb, che diavolo stai blaterando?» lo interruppe Hanna, con la voce rauca e gli occhi socchiusi.
Caleb si ricompose ed accarezzò una guancia ad Hanna.
«Niente, io... Probabilmente mormoravo nel sonno, non so...» bisbigliò.
Hanna mugolò e si riaccucciò contro il petto di Caleb. Lui la baciò sulla tempia e si mise a dormire con lei, con un rilassato sorriso disegnato sulle labbra.
 
 
Il lunedì successivo, rientrati a New York, Hanna e Caleb tornarono in ospedale, ma stavolta per motivi molto più gioiosi dei precedenti. Era arrivato il momento della prima ecografia.
Ad Hanna sarebbe piaciuto avere accanto anche sua madre, ma sfortunatamente, Ashley aveva un impegno di lavoro improrogabile. Fu così che Hanna fu accompagnata unicamente da Caleb, ed insieme attesero in corridoio finché una ginecologa non li chiamò perché arrivato il turno di Hanna. Dopo una serie di domande sullo stile di vita, finalmente la ginecologa annunciò che sarebbe stato possibile procedere con l'ecografia. Hanna prese e strinse forte la mano di Caleb, che era lì al suo fianco sorridente, quindi con l'altra si ripiegò la maglietta sul seno. La donna le applicò del gel sulla pancia ed Hanna ebbe un lieve sussulto.
«È gelido!» borbottò, conficcando le unghie nel dorso della mano di Caleb.
La dottoressa ridacchiò e Caleb non riuscì ad evitare di fare lo stesso, mentre Hanna gli lanciò un occhiata di disapprovazione, alla quale il ragazzo rimediò subito con un dolce bacio sulla guancia. La dottoressa prese poi uno strano strumento ed iniziò a passarlo lentamente lungo tutto il ventre della ragazza, mentre un'immagine in bianco e nero iniziava a delinearsi sul monitor accanto al letto.
«Ecco qui il vostro bambino.» sorrise la donna.
Hanna si commosse immediatamente solo a guardare quella strana figura della quale distingueva a fatica i contorni. Ma sapeva che quello era suo figlio, il suo bambino. Suo e di Caleb. Il ragazzo si mostrò apparentemente forte come suo solito, ma quando Hanna vi girò lo sguardo, poté giurare di vedergli gli occhi più lucidi d'emozione che mai. D'un tratto, si sentì anche un battito cardiaco.
«E questo è il suo cuoricino.» continuò la dottoressa, sempre sorridendo alla giovane coppia.
E quando si sentì il battito, Caleb non riuscì più a trattenersi, lasciando che delle lacrime d'emozione allo stato puro gli bagnassero le guance. Hanna tornò a guardare Caleb e pianse ancora di più al vederlo così commosso, accarezzandogli poi il viso per asciugargli le lacrime.
«Procede tutto bene, dottoressa?» si permise di chiedere Hanna, con un groppo in gola.
«Tutto nella norma. Volete una stampa dell'ecografia?» replicò cordialmente la donna.
Hanna annuì con un sorriso enorme sulla faccia, mentre Caleb si strofinò il viso sulla spalla per tentare di fermare le lacrime.
«Okay, sarà pronta tra qualche minuto. Vi lascio qualche istante da soli.» disse dunque la donna, uscendo dalla stanza dopo aver ripulito il gel dal ventre di Hanna.
«Non ti avevo mai visto così emozionato...» sorrise Hanna verso Caleb.
«È che non mi sono mai sentito così...» sospirò Caleb, voltandosi per asciugarsi le lacrime.
Hanna gli prese il viso tra le mani e lo voltò delicatamente verso sé.
«Hey, non vergognarti... È una bella cosa il fatto che ti emozioni quando senti il cuore del tuo bambino... Anzi, per me, è una cosa bellissima.» gli disse, accarezzandolo.
Caleb annuì ed abbozzò un sorriso, baciando poi dolcemente Hanna.
«E tu, sei felice?» chiese poi il ragazzo.
«Come mai prima d'ora.»
Caleb sorrise e quindi abbracciò Hanna. Non sapeva esattamente cosa fosse scattato in lui nel momento in cui aveva sentito il battito di quel cuore. Forse quel dolce rumore fu per lui la vera ed inequivocabile conferma che suo figlio esistesse davvero, che fosse davvero nella pancia di Hanna, che fosse vivo, che ci fosse. Fu il momento che lo fece sentire per la prima volta padre. Fu il momento in cui, al di là dell'aver metabolizzato il fatto che Hanna fosse incinta, di aver più volte accarezzato e parlato alla sua pancia, di aver fantasticato sul sesso del nascituro e tutto il resto, si rese davvero conto che lui e la sua adorata ragazza stessero regalando a loro stessi ed al mondo una nuova vita, una creatura, il loro amore fatto persona. Fu il momento in cui capì di avere una famiglia tutta sua, che non aveva mai davvero avuto prima di allora. Fu il momento in cui si accorse che non sarebbe potuto essere più felice ed innamorato. 
Ed Hanna, dal canto suo, si sentì davvero felice come mai prima d'allora. Si rese conto che le chiacchiere della gente ed il loro giudizio quando l'avrebbero vista così giovane e con il pancione, le sarebbero totalmente scivolate addosso grazie alla sensazione che provò a partire dal momento dell'ecografia.
Hanna e Caleb, ora, erano davvero una famiglia e nessuno avrebbe mai potuto rovinare loro tutto questo.

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Capitolo 34
*** All I ever wanted [Epilogo] ***


A/N:
Siamo arrivati alla fine.
Scrivo questa nota per ringraziare tutti, dal primo all'ultimo. Chiunque abbia letto anche solo una riga di questa storia, le persone che l'hanno seguita, quelle che l'hanno messa tra le preferite, quelle che l'hanno invece messa tra le ricordate, tutti coloro che hanno recensito, chi c'è stato dal primo all'ultimo capitolo, chi c'è stato e poi ha lasciato, chi ha letto "in silenzio", chi è passato di qui per caso, quelli a cui non è invece piaciuta, insomma...tutti.
Ringrazio la parte di #HalebFamily che ho avuto l'enorme piacere di conoscere in questi mesi dentro e fuori da EFP, tutte persone squisite, e ringrazio anche Ashley&Tyler perché, con il loro immenso talento, sono la mia più grande fonte d'ispirazione (pur non sapendo della mia esistenza).
Un grazie speciale va però a Gloria, perché c'è stata sempre, dalla primissima scartoffia Haleb che ho scritto più di un anno fa, ed oggi è ancora qui a leggere l'epilogo di questa storia. Non posso fare altro che ringraziarti nuovamente di cuore per il sostegno che mi hai sempre mostrato e per le bellissime parole che hai sempre speso per quello che scrivo, ed ovviamente anche per aver realizzato la copertina della storia.
Sono affezionatissima ad Hanna&Caleb (...nel caso non si fosse capito!) ed ovviamente anche a questa mia storia, perciò mi dispiace che siamo giunti all'epilogo, ma è giusto così. Bisogna capire quando è il momento di scrivere la parola "fine",  e non ostinarsi a portare avanti la storia per le lunghe finendo con il rovinarla, perché è davvero l'ultima cosa che vorrei. Io credo di avervi raccontato tutto quello che avevo da raccontare, quindi mi fermo qui sperando di non essere mai scivolata nel banale, nello sdolcinato, nel volgare o nell'assurdo durante il racconto, ma anche con la timida speranza che "Never Let Me Go" vi abbia lasciato qualcosa dentro.
Mai come con questa storia mi sono resa conto di quanto scrivere mi aiuti, e sapere che c'è qualcuno che apprezza quello che scrivo, per me è davvero meraviglioso. Per questo sono davvero molto felice che con questa storia la risposta ricevuta sia stata positiva. Non avrei mai immaginato che si superassero i 10 preferiti e le 50 recensioni, perciò sarò ripetitiva ma, davvero, GRAZIE a voi lettori per l'affetto mostratomi in questi mesi ma soprattutto per aver fatto sì che la mia piccola idea potesse diventare una storia a tutti gli effetti.
Bene, ho finito di annoiarvi e vi lascio liberi di leggere questo epilogo e scoprire come le cose sono andate a finire, sperando di non deludere le vostre aspettative.
Un bacione ad ognuno di voi, sperando sia solo un arrivederci!
(E, ovviamente, ogni vostra recensione sarà più che apprezzata!)
- Marta.

 
 



34. All I ever wanted
 
 
"This is all I ever wanted, but life got in my way. You're all I ever wanted, I didn't see how it could change, that something was missing until today."
[All I Ever Wanted - Brian Melo]
 
 
Epilogo
 
 
6 anni dopo
 
Rosewood d'estate sembra accoglierti. Gli alti alberi dalla chioma verde che circondano la cittadina sembrano enormi braccia che si spiegano verso di te, che vogliono abbracciarti, pronte a darti il bentornato a casa. Sembra che quella cittadina sappia che tu stai tornando da una grande metropoli, che sei in cerca di una tranquillità che qualche anno fa proprio Rosewood sarebbe stato l'ultimo posto dove andarla a cercare. Ma ora, Rosewood non è altro che una normale cittadina della Pennsylvania dove una famiglia californiana come tante si rifugia per le vacanze.
«Caleb, vacci piano!» grida Hanna, guardando in direzione delle altalene del parco giochi di Rosewood.
«No, papà, avanti così!» dice invece a Caleb un bambino dai boccoli castani e due grandi occhi azzurri come il mare.
«Matt, guarda che ti sento!» ribatte nuovamente Hanna, tirando fuori la lingua verso Caleb e il bambino.
Caleb ridacchia e diminuisce di poco la velocità, strizzando un occhio verso Hanna.
Hanna è seduta su una panchina poco distante dalle altalene dove Caleb e suo figlio stanno giocando. Un raggio di sole filtrato tra le foglie degli alberi punta contro l'anello d'oro saldo al suo anulare sinistro, facendolo luccicare leggermente.
Hanna sorride quando sposta lo sguardo sul carrozzino che ha davanti a sé, dove dorme la piccola Ashley, che ha appena tre mesi di vita. Prestando più attenzione al suo visino, si può già scorgere qualche piccolo ciuffo biondo; Hanna sa benissimo che quei ciuffi diventeranno parte di luminose ciocche bionde tra qualche anno. Gli occhi, invece, sono quelli del papà. Ora non si possono vedere, poiché Ashley dorme, ma sono color cioccolato come quelli di Caleb. Come quelli in cui Hanna è annegata anni e anni fa, rapita da tutto l'amore possibile. Come quelli dell'uomo che ogni giorno le ripete che è bellissima, perfettamente consapevole di quanto lei abbia bisogno di sentirselo dire. Come quelli della persona che sposerebbe ancora ogni giorno della sua vita.
Hanna accarezza il viso di sua figlia con delicatezza, facendo attenzione a non svegliarla. Solleva poi lo sguardo verso i suoi due uomini, ancora intenti a divertirsi con l'altalena ed a ridere a crepapelle.
 
 
Matthew ha cinque anni e poco più. Hanna e Caleb l'hanno tirato su, seppur con qualche difficoltà. Hanna aveva dovuto perdere un anno di college per badargli, mentre Caleb si rimboccava le maniche per continuare lo stage a New York almeno per il tempo in cui Hanna sarebbe stata impegnata con il college, così da guadagnare qualcosa senza dover stare lontano da loro. La madre di Hanna, quando non era impegnata con il lavoro, non esitava a dar loro una mano; d'altra parte, amava passare del tempo con suo nipote. La madre di Caleb, invece, aveva dato un significativo aiuto economico ai due ragazzi.
Il padre di Hanna aveva inizialmente preso male la notizia della gravidanza di sua figlia, ma alla fine anche il suo cuore si era sciolto ed era stato comprensivo. Il padre di Caleb, invece, da sempre pazzo di Hanna, non sarebbe potuto essere più felice della notizia.
Durante la gravidanza di Hanna, quando ancora frequentava le lezioni ma ormai non le era più possibile nascondere il pancione, lei e Caleb si erano dovuti abituare alle occhiatacce e ai sussurri maligni della gente che li squadrava dalla testa ai piedi quando camminavano mano nella mano per il college. La loro storia si era propagata velocemente in tutta la NYU stile "voce di corridoio", e per la gente Hanna era solo l'allieva che nel giro di un mese aveva tradito il fidanzato e si era fatta mettere incinta dal bell'assistente, appena conosciuto, del suo professore. La gente parlava, ma la gente non sapeva nulla. Giudicava Hanna, Caleb e quel pancione considerandoli semplicemente il frutto di una squallida scappatella universitaria, senza invece sapere quanto davvero fosse lunga e complicata la loro storia. Ma a loro non importava di quegli stupidi pettegolezzi. Ne avevano passate fin troppe perché le parole della gente potessero ferirli.
Alla fine, Hanna riuscì a terminare i suoi studi di moda e design, e Caleb, una volta che Hanna ebbe finito, poté tornare alla sua occupazione originaria a Montecito, dove così si trasferirono anche Hanna e Matt.
Fu lì che poterono cominciare la loro vita insieme, come una famiglia a tutti gli effetti.
Per prima cosa, Hanna e Caleb si sposarono. Caleb aveva ufficialmente chiesto ad Hanna di diventare sua moglie in un cinque novembre come tanti, durante il quale aveva preparato una serata perfetta in una tenda sotto le stelle, lasciando per qualche ora Matt da Claudia. Ed Hanna, beh, aveva detto di sì. D'altra parte, Caleb le aveva fatto la proposta con il famoso anello di Tiffany con tanto di diamante. Gli era costato parecchio, ma lo stipendio che aveva era ormai diventato più che discreto, e voleva a tutti i costi che Hanna avesse quello che aveva sempre sognato. Ed Hanna ebbe davvero tutto quello che aveva sempre sognato.
E dunque, Hanna e Caleb divennero marito e moglie più innamorati che mai, con il loro bambino di tre anni a portar loro le fedi all'altare, i fuochi d'artificio dopo la cerimonia e tanta gioia nel cuore.
Dopo il matrimonio, anche Hanna iniziò a lavorare. Riuscì ad avere un posto in un atelier dove divenne aiuto-stilista e, qualche tempo più tardi, stilista a tutti gli effetti. Caleb, invece, continuò egregiamente il suo lavoro nell'azienda informatica.
Circa un anno fa, Hanna ha scoperto di essere nuovamente incinta e, come sempre sospettato da Caleb, questa volta era il turno di una femminuccia. Hanna e Caleb hanno scelto di darle il nome della persona che più li ha supportati durante la prima gravidanza di Hanna, ovvero sua madre Ashley.
Caleb, durante entrambe le gravidanze di Hanna, non fece passare una sola notte senza che la sua mano restasse appoggiata sul pancione di Hanna. Era troppo piacevole essere svegliati nel cuore della notte sentendo un piccolo piedino scalciare, specie se quei calci svegliavano sia Hanna che Caleb nello stesso momento, che il più delle volte finivano così col passare l'intera notte svegli a sorridersi.
Dave non fu mai denunciato. Caleb accettò che Hanna gli parlasse un'ultima volta, ovviamente in sua presenza, e la ragazza riuscì a fare in modo che Dave confessasse spontaneamente l'episodio della coltellata ai danni di Caleb alla polizia. Grazie ad una serie di attenuanti dati i suoi precedenti con l'alcolismo e la confessione spontanea, Dave fu unicamente rimesso in terapia, evitando il carcere. Quando Hanna lo chiamò per convincerlo a costituirsi, scoprì che si trovava a Chicago, ma la cosa che più sconvolse tutti fu la notizia che era scappato lì con una persona; nientedimeno che Molly, da sempre segretamente cotta di lui. Probabilmente, fin dall'inizio, il suo interesse nel mettere i bastoni tra le ruote ad Hanna era dovuto al suo intento di farla rompere con Dave, così da poterlo avere tutto per sé. Diabolica. Fatto sta che oggi, a Chicago, Dave e Molly sono ancora felici ed innamorati. Una volta accertato che Dave fosse tranquillo e presumibilmente felice, Hanna e Caleb capirono di non dover avere più nulla a che fare con lui, perciò il ragazzo uscì definitivamente dalle loro vite insieme alla stessa Molly, malgrado Hanna non riuscì ad evitare che Caleb "salutasse" Dave con un pugno dritto in faccia che gli procurò una frattura del naso.
Brit, invece, sta preparando il suo matrimonio con Josh, il ragazzo che accompagnò Caleb in ambulanza quando venne accoltellato da Dave, che si rivelò essere nient'altri che il ricciolino con cui Brit aveva ballato durante la famosa festa della NYU in cui Caleb si era ubriacato fino alle ossa. Non a caso, durante gli ultimi tempi del college, se era Hanna ad irrompere nella loro stanza 209 senza preavviso, trovava Brit e Josh in atteggiamenti piuttosto intimi sul letto, mentre se a farlo era Brit, si trovava davanti Hanna e Caleb a divorarsi a vicenda sul letto opposto. Ma ormai tutti e quattro ci avevano fatto l'abitudine.
 
 
Ogni estate, Hanna e Caleb tornano a Rosewood da Regina Marin, nonna di Hanna, per trascorrere le vacanze. Di solito, a Rosewood con loro torna anche "nonna Ashley", ma quest'anno la donna ha optato per una vacanza a Cuba con il suo nuovo compagno. Lei vive ancora a New York per motivi di lavoro, ma non appena può fa un salto a Montecito (o sono Hanna, Caleb e i bambini a fare un salto da lei) per vedere i suoi splendidi nipotini.
Per il resto, Emily è felicemente fidanzata e nuota ancora a livello agonistico, Aria è laureata in lettere ed è single ma ha realizzato il suo sogno di diventare scrittrice, e Spencer...
Spencer, laureata in legge alla UPenn con il massimo dei voti, è lì, seduta accanto ad Hanna sulla panchina. Ha un enorme pancione e tiene la mano a Toby, seduto sulla panchina anche lui, diventato suo marito poco dopo le nozze di Hanna e Caleb.
Quest'estate, come tutte le estati, le quattro ragazze sono tutte a Rosewood e passano lunghe giornate insieme, ma oggi Hanna e Caleb si sono presi un pomeriggio in famiglia al parco in compagnia degli altri due futuri genitori.
 
 
Hanna osserva l'altalena dove Caleb è intento a spingere Matt e le viene in mente una scena del suo passato.
~
Caleb seduto da solo su una delle altalene a divorarsi di dubbi circa il riconciliarsi con sua madre. Le sue idee confuse che brancolano nel buio dell'incertezza, della paura, dei dubbi. Hanna lo raggiunge, gli parla, lo incoraggia. E lui sceglie di fidarsi di lei. E la ringrazia con un gesto semplice ma non banale.
Uno sguardo, un sorriso.
E poi unisce le loro mani.
Ed è in quel momento che lui capisce di aver davvero bisogno di lei.
Ed è in quel momento che lei capisce di voler davvero stare con lui.
~
Hanna sorride, è felice. Le grasse risate di suo figlio e la tranquillità disegnata sul viso di sua figlia sono la conferma che quel lontano giorno, su quella stessa altalena, non si sbagliava.
Caleb è l'uomo della sua vita.
E neanche lui si sbagliava.
Hanna è la donna della sua vita.
 
 
Hanna non può fare a meno di sorridere tutte le volte che ripensa ai suoi due parti. Malgrado tutto il dolore, Caleb era lì a tenerle la mano, entrambe le volte, e solo questo riuscì a renderle tutto meno difficile.
Quando nacque Matt, era spaventata a morte, e Caleb pensò di essersi rotto qualche osso della mano per quanto Hanna gliel'avesse stretta. Ma nel momento in cui videro il bambino, tutto il loro mondo sembrò meno brutto, meno difficile, meno oscuro. C'erano solo loro, e l'idea di famiglia che non era più solo un'idea. Hanna smise all'istante di avvertire dolore e guardò Caleb tagliare il cordone ombelicale, entrambi sorridendo quasi esageratamente. E quando l'infermiera passò il piccolo a Caleb, Matt immediatamente strinse la sua manina attorno al naso del suo papà. Quella è una delle più belle immagini che Hanna custodisce e custodirà sempre gelosamente nel suo cuore. Quando subito dopo Matt fu invece posato tra le sue braccia, Hanna realizzò a tutti gli effetti di essere diventata mamma, e quella sensazione le scaldò il cuore facendole capire che davvero non sarebbe potuto esserci niente di più bello.
E da quel giorno, da mamma e papà, le vite di Hanna e Caleb si legarono ancora più saldamente, ed il loro amore non poté fare altro che consolidarsi.
Quando nacque Ashley, Hanna era meno spaventata, ma ciò non le impedì di dare la stessa impressione di ossa rotte a Caleb che, come con Matt, anche in quell'occasione volle tagliare il cordone ombelicale. Fatto sta che dovettero passare le ore appena successive al parto a spiegare a Matt che la nascita di Ashley non avrebbe fatto in modo che avrebbero smesso di volere bene a lui. Anzi, a dire il vero quello fu compito di Caleb, visto che Hanna era troppo impegnata a guardare Ashley e pensare a quale outfit le sarebbe calzato a pennello. Sì, malgrado gli anni, era rimasta sempre la stessa Hanna.
Ad ogni modo, Caleb, tra tutti gli outfit di alta moda possibili per una bimba di appena tre mesi, è riuscito a far figurare anche una semplice maglietta bianca sulla quale campeggia fieramente la scritta "I love daddy", che oggi Ashley indossa.
 
 
Matt chiede di scendere dall'altalena. Caleb smette di spingerlo, ferma le catene e lo prende in braccio. Quando Matt si avvinghia al busto del padre, la maglietta di Caleb si solleva leggermente. Si intravedono due cicatrici più o meno all'altezza dell'ombelico, ma si intravedono solamente. E non perché il tempo ha affievolito i segni, ma perché Caleb ha deciso di dare un senso a quelle cicatrici. Il senso che è giusto darvi. Il perché di quelle cicatrici.
A coprirle, vi è un piccolo tatuaggio. Tre lettere dell'alfabeto.
H. M. A.
Ha semplicemente scritto fuori, sulla pelle, quello che aveva già scritto dentro, nel cuore.
La sua vita.
 
 
Matt corre verso lo scivolo per giocare con altri bambini. Caleb lo segue con lo sguardo mentre si siede a sua volta sull'altalena, sospirando.
È felice. Non avrebbe potuto chiedere di meglio.
Dare addirittura tre baci della buonanotte quando per anni ed anni non era solito darne neanche uno, addormentarsi ogni notte e svegliarsi ogni mattina con Hanna tra le braccia, prepararle la colazione e portargliela a letto, baciarla finché non vengono interrotti da un vagito di Ashley o da Matt che entra bruscamente in camera loro e salta sul lettone.
Alzarsi cinque volte a notte per calmare la piccola di casa, fare la spesa, pagare le bollette, accompagnare Matt a scuola, aiutarlo con i compiti.
Piccole cose che fanno grande la sua vita.
Si dice che dietro ogni grande uomo ci sia una grande donna; Caleb non sa se è un grande uomo, e comunque non ha la presunzione di reputarsi tale, ma sa per certo che dietro di lui c'è una grande, grandissima donna, anche se, a dirla tutta, non crede che Hanna sia "dietro" di lui, bensì al suo fianco, dov'è sempre stata.
 
 
Hanna mamma non potrebbe essere più adorabile.
Le sue mani, un tempo dedicate esclusivamente a manicure e french, sono oggi specializzate in cambio di pannolini e lavaggi a mano.
Ogni sera, anche se distrutta dal lavoro, dedica sempre mezz'ora a leggere la favola preferita di Matt e rimboccargli le coperte una volta che si addormenta.
Canticchia la stessa ninna nanna anche per ore, se necessario, per fare addormentare la piccola Ashley.
E Caleb papà è tremendamente dolce.
Gioca con Matt per interi pomeriggi e si diverte come un matto, forse anche più di lui.
Anche lui adora far addormentare Ashley, anche se la maggior parte delle volte Hanna lo ritrova addormentato a sua volta in qualche angolo della casa con la piccola tra le braccia.
I figli ti cambiano la vita, ma te la cambiano in meglio. Tu dovrai insegnar loro a vivere, ma loro riusciranno sempre ad insegnarti qualcosa che tu non sai. Questa è sicuramente la più importante delle tante cose che Hanna e Caleb hanno imparato in questi anni.
 
 
Certo, c'è anche da dire che la vita coniugale non è sempre perfetta.
A volte Hanna pensa di non potercela fare più a sentire il costante russare di Caleb, diventato più forte con il passare degli anni, oppure quell'irritante rumorino che fa ogni volta che si rosicchia le unghie, vizio che ha sempre avuto sin dai tempi del liceo. E lo prenderebbe a schiaffi quando le rimprovera di aver messo troppa farina nell'impasto del dolce, quando si dimentica di buttare l'immondizia, quando puntualmente spreme il dentifricio da metà tubetto, quando lui e Matt giocano con i Lego e non si degna mai di rimettere in ordine... 
Ma non appena lo guarda negli occhi, sente il cuore sciogliersi come neve al sole, ed al desiderio di schiaffeggiarlo si sostituisce immediatamente quello di baciarlo finché non sentirà mancare il respiro.
Perché ama anche i suoi snervanti difetti.
Se amasse solo i suoi pregi, sarebbe come amarlo a metà, ma non è così.
Hanna lo ama a trecentosessanta gradi o forse anche di più, se possibile.
Perché Caleb non è solo il nome che Hanna era solita scrivere accanto ad un cuoricino disegnato su un qualche quaderno del liceo. Caleb è l'amore della sua vita.
Ed anche Caleb a volte detesta Hanna: quando anche durante le più afose nottate di luglio deve per forza dormire appiccicata a lui come un koala, quando in macchina lo costringe ad ascoltare Katy Perry anziché i Led Zeppelin, quando ha il ciclo ed ogni gesto di lui viene interpretato come la peggior provocazione possibile che la porta ad urlare ed imprecare come se non esistesse un domani, quando gli fa buttare via pomeriggi interi in un centro commerciale per scegliere uno stupido paio di scarpe che non indosserà più di una volta...
Ma poi, tutte le volte che la guarda si innamora, tutte le volte che fa l'amore con lei gli sembra magico come la prima volta e vorrebbe non finisse mai, tutte le volte che riesce a strapparle un sorriso o a farla arrossire sente di aver vinto il più prestigioso dei trofei.
Ed anche tutti i difetti del mondo messi insieme si dissolverebbero di fronte a tutto l'amore che Caleb prova per lei.
Hanna è stata, è, e sarà sempre la persona che gli fa vedere il mondo con gli occhi dell'amore.
Non si stancheranno mai l'uno dell'altra, nemmeno se dovessero vivere insieme per i prossimi mille anni.
La loro vita coniugale è perfetta nelle sue imperfezioni.
Perché si scelgono l'un l'altro ogni giorno.
 
 
Caleb lancia un'occhiata a sua moglie, ancora seduta sulla panchina. Inclina poi leggermente la testa da un lato, chiedendole implicitamente di raggiungerlo. Hanna gli sorride, si alza dalla panchina sorridendo a Spencer e Toby, e lo raggiunge con il carrozzino. Si siede sul seggiolino dell'altalena accanto a dov'è seduto Caleb, mettendo il carrozzino con Ashley esattamente dinnanzi a loro.
Hanna lo guarda e gli sorride.
Caleb ricambia e le tende la mano.
Hanna la afferra.
Non si perderanno mai più, perché sono nell'esatto posto in cui vogliono essere: l'uno al fianco dell'altra. Non sentono l'esigenza di guardarsi intorno, quando possono invece guardarsi negli occhi.
Non hanno mai cambiato il modo di guardarsi. È come se gli occhi dell'uno brillassero negli occhi dell'altra. È come se nei momenti in cui i loro sguardi si incrociano si completassero l'un l'altro. È come se ci fossero solo loro. È come se ci fossero sempre stati solo loro.
Famiglia.
Felicità.
Amore.
Sono sempre loro, Hanna e Caleb.
 
 
Ed ovviamente sì, il letto matrimoniale è entrato a far parte della loro collezione.
 
 
FINE

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