Adam di joellen (/viewuser.php?uid=136236)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La festa ***
Capitolo 3: *** La minaccia ***
Capitolo 4: *** Rivelazioni ***
Capitolo 5: *** Il rimedio ***
Capitolo 6: *** Un anno dopo ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Nuova pagina 1
A d a m
Fiaba gotico/romantico/demenziale
Nuova pagina 1
Bracciano, tarda sera
La donna parcheggiò la Smart nel piccolo posteggio rientrante, vicino alla
fontanella, all'imbocco del corto tunnel sotto la vecchia casa, che copriva un
breve tratto di Via della Collegiata. Era già sera, ma per lei, hostess di
congressi, tornare a casa tardi era un'abitudine, e non aveva paura della notte.
All'infuori della sua auto, nel piccolo spazio riservato alle macchine, non ce
n'erano altre e in quel momento, sulla strada non girava anima viva. La via era
illuminata solo da un lampioncino che pendeva sopra una finestra della casa
sovrastante, e da un altro lampione oltre il tunnel.
Non si udivano rumori all'infuori di un lievissimo fruscio che lei percepì alla
sua destra, forse proveniente dalle scale di Largo della Cattedrale, che
scendevano fino alla strada parallela, appena più in alto. Ma sentì l'odore. Il
tipico odore vagamente dolciastro del sangue.
Non aveva paura, tuttavia si sorprese ad affrettare il passo sulla via che
conduceva alla sua dimora provvisoria a Bracciano, dove si recava una volta o
due l'anno, in estate e durante il periodo di Carnevale. E quel giorno era il
giovedì grasso. Non tornava da una festa, ma ne aveva una in programma per il
sabato successivo, al Castello, e non se la sarebbe persa per nulla al mondo.
Quelle feste, quando venivano organizzate, erano troppo belle per mancare.
Non aveva il minimo sentore che la festa di Carnevale del 2014 sarebbe stata
indimenticabile.
Tuttavia, pochi istanti dopo, temette di non poterci andare più.
Il fruscio si fece più forte e, alle spalle, udì un respiro forte ed uno
stranissimo suono stridente.
Ora si trovava proprio sotto il tunnel.
Si girò. Qualcosa di grande e nero le si parò davanti, interrotto da una
maschera grigia opalescente, macchiata di ombre nerastre intorno agli occhi, che
doveva essere un volto, e una bocca rossa si aprì a dismisura esibendo una
candida, lucida e luminosa chiostra di denti con canini molto più lunghi del
normale, ma prima che quei canini le si affondassero nel collo, lei ebbe la
prontezza di riflessi di respingere con determinazione, e con una mano sul
torace, l'essere che la voleva aggredire e mordere.
"Mi scusi, signore, - ebbe il coraggio di ribattere - come vampiro lei è
perfetto e si sta calando magnificamente nella parte, ma la festa in maschera è
sabato. - detto questo, da una tasca del piumino estrasse un biglietto d'invito
- Ecco. Se lo merita davvero. Venga. Ci sarò anch'io. Sono Gilda".
Il vampiro si bloccò, esterrefatto per la reazione della sua potenziale vittima,
e sentì ogni pulsione aggressiva scemare di colpo fino a scomparire nei meandri
del suo cervello e nelle viscere del suo corpo. Da sotto il cappuccio del
piumino argenteo indossato dalla donna, il cui riflesso metallizzato dardeggiò
per un attimo nelle tenebre della galleria, intravide controluce un paio di
occhi chiari che brillavano nel buio in modo totalmente anomalo, come se la luce
che sprigionavano venisse da molto lontano, da un mondo remoto o da un'altra
dimensione. Non si spaventò, ma rimase assai sconcertato.
Chi era quella donna? Cos'era?
La seguì allontanarsi verso l'uscita del breve tunnel, senza ulteriori reazioni.
Non ne ebbe più la forza.
Giunta a casa, non molto lontano dal luogo della mancata aggressione, la donna
estrasse il tablet e mandò un messaggio: INDIVIDUATO ESEMPLARE. INIZIO
PROCEDURA. A PRESTO. GILDA.
Gilda era dotata di facoltà speciali: "sentiva" le creature delle tenebre ed era
certa che l'uomo incontrato sotto la galleria fosse una di loro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** La festa ***
Nuova pagina 1
2o capitolo:
LA FESTA
Quella notte Adam non riuscì a chiudere occhio e le prime luci dell'alba sul
lago lo colsero ancora teso e inquieto camminare su e giù per il salone della
sua villa-castello a smaltire lo smacco che era stato terribile. Non era
riuscito a mordere la sua vittima e non dimenticava la luce che aveva visto
brillare negli occhi di quella donna. Cos'aveva di speciale, di straordinario,
quella creatura che avrebbe dovuto soccombere all'affondare dei suoi denti nel
suo virgineo collo? Virgineo collo? Ora che nella mente si stava diradando la
nebbia dell'ira, ricordò che il collo della donna era coperto dal colletto
imbottito del piumino e da una sciarpa scura. Ma non era quello il punto. La
donna non aveva mostrato timore nei suoi confronti. Lo aveva respinto
disinvoltamente; non lo aveva preso sul serio e, in aggiunta, lo aveva invitato
ad una festa! Non gli era ancora mai successo!
Lui, Adam Adamovic Palevskji Molnar Salinari, terrore del Medio Oriente Europeo,
aveva mancato un colpo! A pensarci e ripensarci, gli pareva inaccettabile!
Eppure, sebbene arrabbiato, non riusciva a provare odio per quella donna. Gli
occorsero alcuni minuti per riconoscere che, in fondo, ne era rimasto
affascinato.
Dal nulla, alle sue spalle, in mezzo al salone, il silenzio fu rotto dal timbro
caldo e profondo di una voce familiare.
"Evidentemente i tempi son cambiati, mio caro amico. - sospirò la voce. Adam si
voltò e fu lieto di rivedere Ivan, il suo vecchio consigliere, in piedi accanto
al grande camino in pietra a vista - E le donne non sono più quelle di una
volta. Ma tu non devi arrenderti per una sconfitta. - proseguì Ivan,
mellifluamente persuasivo - Non puoi permettertelo. La specie deve continuare ad
esistere e tu devi insistere. Vai a quella festa. Di sicuro, là troverai molto
buon materiale per il tuo lavoro ed il nostro scopo. Per dirla, come dicono da
queste parti: molti piccioni con una fava". Adam fissò il suo amico, un uomo
anziano, di bassa statura, struttura fisica tozza con ventre prominente mal
contenuto nei suoi stretti indumenti di foggia antica, volto rugoso dai tratti
grossi, che lo scrutava con sguardo diabolico al punto che Adam credette di
vedere i suoi occhi diventare rossi come quelli di un demonio, sopra un sorriso
sdentato, ma machiavellico. Adam riprese a camminare per la stanza, tuttavia,
ora che la rabbia era quasi del tutto sbollita, fu in grado di valutare in modo
obiettivo la bontà e la saggezza del consiglio. Sarebbe andato alla festa.
Tra l'altro, la prospettiva di rivedere Gilda non gli dispiaceva affatto.
Da una tasca dei pantaloni tirò fuori il bigliettino datogli dalla donna.
SABATO 1o MARZO 2014
AL CASTELLO ODESCALCHI-ORSINI
GRANDE FESTA IN MASCHERA.
INIZIO: ORE 22 FINO A NOTTE
INOLTRATA.
SARA' OFFERTA
UNA RICCA CENA.
Perché no? Da quanto non si divertiva? Lavoro, lavoro, sempre lavoro ! Che
strazio!
Era ancora giovane. Aveva solo 450 anni!
Sabato 1o marzo 2014,
dimora di Adam
Erano le otto di sera e Adam era già pronto.
Si rimirò nella grande specchiera stretta nella cornice bronzea bugnata,
collocata fra le due ampie finestre del salone, e si trovò decente.
In contrasto con il nero lucido del bavero, la camicia bianca "sparava" sotto la
giacca del frac, perfettamente stirata, tanto inamidata da star su da sola senza
fare una piega. Il colletto era chiuso da un papillon di seta nera e i pantaloni
scivolavano dritti, ma morbidi, sulle gambe lunghe. Si calò il cilindro sui
capelli neri, non cortissimi, ben tagliati, divisi in due bande sfilate dalla
scriminatura centrale e scrutò il suo volto dai bei tratti regolari e delicati
che, a causa delle sue lontane origini italiche, aveva dovuto sbiancare
artificialmente con la farina per apparire pallido come c'è da aspettarsi da un
vampiro. L'intera mise era abbastanza attendibile. A prova generale di tutto,
indossò il grande mantello nero che copriva l'abito. Si, poteva andare.
Riprese a camminare avanti e indietro sui tappeti stesi sul pavimento di marmo
chiaro della sala, cominciando a mente il countdown dei minuti che mancavano al
nuovo evento.
Pensò a quel che doveva fare.
Pensò a Gilda.
Si spostò dalla specchiera, scostò la pesante tenda bordeaux che nascondeva la
finestra, si affacciò alla finestra e guardò il panorama. Il lago scuro, sotto
un cielo promettente pioggia, o addirittura neve, era punteggiato dalle piccole
striature bianche fosforescenti delle onde sollevate dal vento che increspava
l'acqua, e circondato da una corona di luci stese sulle alture che scendevano
sul lago. All'altra estremità, era ben visibile l'antico maniero, illuminato
quasi a giorno, che dominava il paese e il paesaggio. Di lì a poco sarebbe
andato proprio là, dove si teneva la festa. E avrebbe compiuto la sua missione.
Avrebbe perpetuato la sua specie.
Si allontanò dalla finestra e tornò nella sala, avvolta dalla luce ambrata che
proveniva dalle lampade schermate delle apliques fissate alle pareti nei pochi
punti in cui queste erano libere, austeramente e sobriamente arredata con la
specchiera, una grande libreria che occupava una parete a fianco del camino, e
due lunghi divani foderati di velluto bordeaux come le tende, davanti ad esso.
Come spesso accadeva nella sua dimora, il silenzio era sovrano e Adam si sedette
su uno dei divani, rimanendo immobile per diversi minuti ad attendere di esserne
assorbito e ad aspettare l'ora di andar via.
Castello Odescalchi,
ore 22
Al Castello, l'atmosfera che trovò era di tutt'altro tipo, ma non gli risultò
sgradevole.
Era gaia, ma non chiassosa, nè in qualche modo volgare. La gente chiacchierava,
rideva, senza tuttavia esagerare e scadere nel baccano popolare di certi locali.
Tutti erano in maschera e le maschere erano ricche, sofisticate e allegre tanto
che il suo ingresso fu accolto con meraviglia ed una punta appena percettibile
di imbarazzo. Troppo lugubre?
A Gilda non fu nemmeno necessario riconoscerlo per l'abbigliamento. Lo "sentì".
Sentì la sua presenza e il suo odore vagamente dolciastro nonostante l'essenza
profumata che Adam si era spruzzato addosso non tanto per nascondersi quanto
solo dare l'ultimo tocco al suo look.
E ad Adam parve vederla uscire dalla folla, bellissima, viso piccolo dai
lineamenti fini, alta, sottile ma non scheletrica, lunga e folta chioma rossa
ondulata, corpo fasciato da un abito nero aderente con scollatura a cuore che le
lasciava le bianche spalle nude, mani e braccia infilate in guanti neri che
sorpassavano il gomito.
Si fissarono da lontano, ma l'uomo ebbe la netta impressione di rivedere quel
luccichio straordinario negli occhi azzurri della donna. Luccichio che
inebriava, che stordiva, che toglieva forze e coraggio alla sua volontà. Fu
quasi tentato di andarsene, ma si sentì inchiodato lì dalla forza di lei, alla
quale si scoprì non in grado di opporsi. La donna gli andò incontro sorridendo;
un meraviglioso sorriso che scopriva i quattro denti incisivi superiori
perfettamente allineati e brillanti, contornati da piccole labbra carnose
dipinte di rosso scuro. Doveva essere lei. Doveva essere...
"Salve. - lo precedette la donna - Sono Gilda".
Come un cavaliere di altri tempi, quasi meccanicamente, Adam si sorprese a
baciarle la mano guantata. Gli ospiti del castello si fermarono a guardare la
scena, stupiti, divertiti, ma anche compiaciuti e le donne, vedendo ciò,
sollevarono le mani pretendendo dai loro partners lo stesso trattamento.
Adam seguì, allibito, quella reazione. Gilda rise. Una risata argentina che
entrò nelle orecchie di Adam e penetrò nel suo animo fino in fondo. Cosa gli
stava succedendo?
La serata ebbe inizio.
Un gruppo di maggiordomi in livrea scortò gli ospiti nella sala dei Cesari, la
più vasta del castello, la più bella; allestita per la cena, con i tavoli
distribuiti a cerchio in prossimità delle pareti, in modo da lasciar libera la
parte centrale per le danze. Gilda prese la mano di Adam e trascinò dolcemente,
ma con fermezza, l'uomo ad un tavolo apparecchiato per due, invitandolo, una
volta raggiunto, a sedersi davanti a lei. E Adam si fece guidare docilmente da
lei accettando di buon grado di sedersi dove lei volle. Si trovarono uno faccia
a faccia con l'altro, fra due piccoli candelabri d'argento brunito e molto
lavorato, ad un solo braccio che sorreggeva una candela rossa accesa, un
cestino di fiori, e si guardarono con intensità tale da richiamare l'attenzione
degli altri che si voltarono verso di loro, ammirati.
Per cercare di sconfiggere l'imbarazzo, Adam mosse gli occhi in giro facendo una
panoramica della sala. Le pareti chiare erano intervallate dal rosso dei
tendaggi che nascondevano le varie porte d'ingresso e, dal grande camino posto
al centro della parete a sinistra dell'entrata. I soffitti erano stuccati di
bianco. Sciolto il ghiaccio, avviarono le presentazioni e, notando una lieve
difficoltà di Adam a parlare italiano, Gilda gli chiese la sua provenienza,
nonché la lingua in cui avrebbe voluto o potuto esprimersi. Adam le rivolse
un'occhiata interrogativa, ma anche di apprezzamento sincero.
"Quante lingue parla....Gilda?" le domandò.
"Sei. - rispose la donna - fra le quali anche il russo, se vuoi".
Adam la fissò, incantato.
"Anche l'Italiano va bene. - accondiscese - Purché parli lenta".
Erano rapidamente passati al "tu".
"Va bene" acconsentì Gilda, disponibile.
Dopo essersi accordati sull'idioma di comunicazione, Adam si schiarì la voce e
cominciò a parlare.
"La mia famiglia ha origini varie. - attaccò - I miei antenati non sono di un
solo Paese. Io sono nato in quella che oggi dovrebbe essere la Serbia e mio
padre era serbo, ma mia madre era russa, mio nonno, russo, la mia nonna paterna,
ungherese, i miei bisnonni, italiani e...."si fermò vedendola sorridere, ma con
un lampo di preoccupazione negli occhi.
"Ce la fai ad elencare tutti i tuoi antenati entro domattina? - ironizzò lei -
Lo dico per te, non per me". Altra occhiata di sorpresa, poi Adam credette di
capire e sorrise anche lui.
"Si, certo. - parve quasi scusarsi - Anche perché non me li ricordo tutti "
terminò, mostrando di saper rispondere all'ironia con ironia. Gilda sbuffò di
sollievo, tornando a sorridere, poi lo fissò, più seria. Era bello, con i suoi
capelli neri, tagliati non troppo corti che gli incorniciavano il viso magro e
regolare, e i suoi occhi scurissimi dalla forma lievemente allungata. Tutto
sembrava fuorché un vampiro, stando almeno all'iconografia classica del
personaggio che li voleva diafani e cerei nel colorito della carnagione. Adam
era pallido si, ma si vedeva che il pallore era artificiale, indotto dal trucco.
Ai bordi estremi del volto, vicino all'attaccatura dei capelli, si scorgeva una
sottilissima linea più scura. Lo sguardo intenso di Gilda provocò ad Adam la
morte delle parole in gola e la nascita del sospetto che lei avesse, in qualche
modo, intuito la sua identità. Adam non sapeva che Gilda "sentiva" i vampiri.
"Adesso parlami di te, Gilda. - ritrovò il coraggio di continuare l'uomo - Dimmi
chi sei e...cosa sei!".
Questa volta fu Gilda ad irrigidirsi, ma dissimulò ben presto il suo imbarazzo.
A troncare tutto, ci pensarono i camerieri che cominciarono a portare i piatti
ai tavoli. Poi si dette il via alle danze nelle quali Adam e Gilda dedicarono
gran parte della serata, esibendosi provetti ballerini.
"Qui siamo tutti mascherati. - fece notare Adam, mentre volteggiavano in un
valzer - Che maschera è la tua?" .
"Gilda. - rispose la donna, sorridendo - Un personaggio di un film, interpretato
da Rita Hayworth. Conosci?". Adam non poteva certo definirsi un assiduo
frequentatore di sale cinematografiche, ma qualche volta gli era capitato di
entrare in un cinema, solo per riposarsi, o aspettare il momento di agire. In
ogni caso, annuì fingendo di sapere di chi, e cosa, Gilda stesse parlando.
Ad un tratto, dal nulla, in mezzo alla sala e ai danzatori, Adam vide comparire
Ivan, più mefistofelico e brutto che mai. Ma lo vedeva solo lui e capì cosa
stava accadendo. Gli dispiacque di dover lasciare la donna e si scusò per
doversi allontanare.
Gilda non fece storie, ma gli disse che lo avrebbe atteso al tavolo. Lo vide
sparire dietro una tenda.
Adam e Ivan si appartarono in una sala vuota che trovarono lungo un corridoio.
"Adam! - lo minacciò Ivan - Non lasciarti incantare. Quella donna è una
cacciatrice. Sta programmando di eliminarti ed eliminare i tuoi simili. Fallo tu
prima che lo faccia lei. Non devi limitarti a morderla! Devi ucciderla! Comincia
da lei e poi, prosegui".
Adam rimase sgomento e per niente felice della prospettiva.
Era consapevole di dover iniziare la sua opera ma, no, Gilda, no!
Tuttavia, la rivelazione di Ivan gli aprì definitivamente gli occhi e lo aiutò a
comprendere, almeno in parte, il mistero che aleggiava intorno alla bellissima
donna.
Gilda non rimase al tavolo, bensì si recò al bagno dove non si incipriò il naso,
ma tirò fuori lo smartphone per comunicare con le sue socie: Ulrike Heigermann,
in Germania, Sally Ryder, in America e Miko Sakura, in Giappone.
CREDO ABBIA QUALCHE SOSPETTO, digitò veloce sul display, nel piccolo spazio
riservato ai messaggi, all'interno di una app progettata da Miko, visibile e
usabile solo da loro quattro.
FAI ATTENZIONE, MA NON TI PREOCCUPARE - le rispose rapida Ulrike - E CHIAMACI SE
HAI BISOGNO.
SE FACCIO IN TEMPO, replicò Gilda, finendo il messaggio con l'aggiunta di una
emoticona perplessa.
Quando uscì dal bagno, gli ambienti erano precipitati nel buio completo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** La minaccia ***
Nuova pagina 1
3a parte LA
MINACCIA
Gilda accese il telefono per creare quanto meno una piccola isola luminosa che
spezzasse le tenebre calate sul corridoio e vide Adam, alto, austero, terreo e
per nulla rassicurante, fermo in piedi a pochi metri da lei, avvolto nel
mantello nero che indossava sul frac.
Forse aveva fatto male i suoi conti.
Forse lui era lì per farle del male.
Forse non era quello che le aveva fatto credere fosse.
Ma provò ugualmente a porre un rimedio alla situazione.
"Adam, - disse semplicemente, cercando di mantenere la calma - Non farlo. Io ti
amo. Davvero. A questo mondo c'è qualcuno che ti ama, anche per ciò che sei,
quindi, non hai motivo di fare quel che stai per fare".
Nessuna reazione da parte di Adam, il quale, da parte sua, percepiva opprimente
la presenza di Ivan dietro di lui, che lo incitava ad aggredire Gilda. A quel
punto, la donna ebbe un'idea: finse di rientrare nei bagni porgendo così le
spalle ad Adam, quasi un invito ad agire.
Ottenne il risultato voluto.
Sentì Adam volare letteralmente addosso a lei e avvertì il suo respiro pesante,
unito allo sgradevole alito che odorava del cibo consumato e dell'afrore
dolciastro del sangue. Si voltò di scatto proprio nel momento in cui Adam apriva
la bocca e si preparava a morderla. Con un gesto fulmineo delle mani gli
congiunse mandibola e mascella chiudendogli la bocca e lo baciò spingendolo
sullo stipite della porta, tenendovelo inchiodato contro, con tutto il corpo per
impedirgli qualsiasi altro movimento. E in effetti Adam non si mosse più,
lasciandosi volutamente e voluttuosamente baciare da lei fino a che non sentì
mancare l'aria.
Malgrado fosse impegnata nel bell'atto d'amore, con la coda dell'occhio
sinistro, Gilda captò un minaccioso baluginio metallico a pochi centimetri da
loro. Lo notò anche Adam che era ancora immobilizzato da Gilda, ma aveva mani e
braccia libere. Essendo in grado di vederne l'origine (era una spada brandita da
Ivan), con la mano destra riuscì ad afferrare l'arma per la lama, a strapparla
dalle mani del suo ex vecchio amico e consigliere, a girarla velocemente
facendola piroettare nell'aria in modo da poterla poi prendere per l'elsa, e a
tagliare di netto la testa del demone, che rotolò attraversando il corridoio e
arrestandosi alla parete opposta. Gilda vide solo un grosso schizzo di sangue
scuro sporcare l'intonaco, ma interruppe ugualmente il bacio e si girò verso
l'interno dei bagni.
D'istinto, Adam la tirò a sé e l'abbracciò stringendola contro il suo corpo.
Rimasero abbracciati qualche secondo finché non arrivò un partecipante alla
festa, che doveva andare in bagno, il quale, vedendoli, sghignazzò e strizzò
l'occhio ad Adam.
"Ti sei scelto la migliore, amico!" .
"Che vuoi? - lo apostrofò Adam, allegramente sarcastico - Io me ne intendo".
Si sganciarono dall'abbraccio e si avviarono verso la sala dei Cesari per
tornare alla festa, ma entrambi si resero conto che l'atmosfera, almeno per
loro, si era irrimediabilmente corrotta. Non era più come prima e non avevano
più molta voglia di continuare a festeggiare. Per giunta, Gilda notò che Adam la
stava fissando con un'espressione molto seria in faccia.
Adam si accorse che del vecchio sulfureo amico non ne era rimasto nulla.
Sciolto come la cera in una pozza di sangue nero.
Nella penombra appena disturbata dai deboli fasci di luce che venivano dalla
porta accostata dei bagni, e da quella che introduceva nella sala, Gilda si
avvide che Adam stava tenendo uno sguardo indefinibile, non sapeva dire se di
ansia per lei o di velato rimprovero.
"Forse è meglio tornare a casa. - suggerì l'uomo - Comincio ad essere un pò
stanco".
Per Gilda fu un campanello d'allarme: la stava lasciando per andare a compiere
la sua "missione".
Se ne stava andando per placare la sua vera "sete".
Aveva fallito e doveva sbrigarsi a farsi venire un'idea per fermarlo. Non aveva
morso lei, ma avrebbe colpito fra i festanti. Lo sentiva.
E invece accadde l'imprevedibile.
Alzò la testa e lo scrutò negli occhi, poi l'abbassò considerandosi umiliata e
si mosse verso la porta della sala.
Fu in quel momento che avvertì un'acuta fitta al collo, poi, più nulla.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Rivelazioni ***
Nuova pagina 1
4a parte RIVELAZIONI
Si risvegliò in un luogo che non conosceva: sobrio, spartano, con poco mobilio
senza fronzoli, sopra un grande e soffice letto in una stanza non eccessivamente
spaziosa, ma non angusta, avvolta nell'oscurità a tratti rischiarata dai lampi
di un temporale lontano. Una stilettata dolorosa al collo le impedì di alzare la
testa dal cuscino su cui era appoggiata. Adam era seduto su una poltroncina
imbottita e foderata di seta verde scuro, accanto al letto, e il suo sguardo
scuro, penetrante, forava il buio.
"Ce l' hai fatta" ammise lei, cercando di evitare quello sguardo.
"Non volevo ferirti. - la rassicurò lui - Né tanto meno ucciderti come mi era
stato ordinato di fare. Ti ho fatto solo...una punturina. Guarirai in pochi
giorni...giusto il tempo di raccontarmi qualcosa" Gilda si portò una mano al
collo e avvertì al tatto il leggero gonfiore di una piccola ferita. Se aveva
perso i sensi era stato più che altro per la sorpresa, un pizzico di temporanea,
giustificata paura e una discreta quantità di alcool nel sangue.
"Cosa vuoi che ti racconti?" chiese vaga.
"Chi sei in realtà. - cominciò Adam senza tuttavia mettere minaccia nella voce,
piegando questa su un tono di ironica pazienza tipico di chi aspetta risposte e
sa che prima o poi le avrà, solo con le buone, ma con risolutezza - E,
soprattutto, cosa sei" finì sottolineando vocalmente il pronome
interrogativo "cosa".
Gilda chiuse gli occhi, dichiarandosi sconfitta.
"Il mio vero nome è Eva Conti. - iniziò - e...."
"E?" incitò Adam.
"Gilda è il mio nome in codice in rete..." proseguì stancamente Gilda.
"Rete? - ripeté Adam che non conosceva Internet - Rete per pescare....vampiri?".
Gilda/Eva chiuse gli occhi. Aveva rimediato la figura della quaglia.
"Okay, si. - capitolò - Nel tempo libero stano vampiri, ma non li uccidiamo".
"Uccidiamo?" ripeté di nuovo Adam.
Eva scosse la testa.
"Non sono sola ad agire" precisò.
"Quanti siete?" chiese Adam, secco.
"Quattro" rispose Eva, ugualmente secca.
"E non uccidete i vampiri" volle conferma Adam.
"No. - confermò Eva con un moto di impazienza - Non li uccidiamo. Hai visto che
io non mi porto appresso paletti di frassino o spade per decapitare i vampiri.
Per neutralizzarli usiamo altri metodi...meno sanguinosi, più dolci e moderni"
concluse con infantile aria soddisfatta.
"Tipo... - fece lui, ironicamente serpentino - sedurli?".
"Non è semplicistico come pensi, Adam. - ribatté Eva, sospirando e preparandosi
alle spiegazioni - La questione è molto più complessa e profonda di quanto possa
credere".
"Bene. - disse Adam senza perdere un nanogrammo della sua calma - Sono qui e ti
ascolto. Dev'essere interessante".
Eva sospirò ancora.
"Prima però, - disse, calma - mi devi spiegare tu come hai capito che io avevo
capito che sei un vampiro".
"Ti sei tradita....Gilda...- rispose Adam, altrettanto tranquillo - o Eva, come
preferisci essere chiamata".
"Chiamami come vuoi. - replicò Eva, rassegnata - Adesso dimmi come e quando l'
hai capito".
"A cena, mia cara. - rispose Adam - Quando ti sei preoccupata che io elencassi i
miei antenati prima dell'alba. Nessuno, prima di allora, si era preoccupato di
questo dettaglio. Nessuno, prima di allora, si era mai preoccupato di me, di
come mi sentissi e di cosa io provassi". E con grande sorpresa di Eva, Adam le
accarezzò una guancia. Eva chiuse gli occhi avvertendo nel corpo un brivido di
eccitazione, e cercò di sollevarsi per parlare meglio. Una rapida ma intensa
fitta di dolore le attraversò il collo e Adam fu pronto a sollevarle il cuscino
per darle agio a parlare.
"Proprio questo è il punto, Adam. - riprese, una volta più comoda - Ti sei mai
chiesto perché voi vampiri mordete?".
Adam restò interdetto. No, non se lo era mai chiesto.
"Credo sia la nostra natura. - rispose poi - E anche la nostra maledizione"
terminò in tono triste.
Eva fissò il bel profilo dell'uomo contro l'alone di luce scaturito da un
fulmine che cadde vicino alla casa.
"No, Adam. - lo contraddisse dolcemente - Lo fate perché avete nell'animo uno
smisurato bisogno d'amore. Siete creature sensibili,...molto più di noi umani, e
amate più intensamente di noi umani, ma vi sentite respinti perché vi credete
mostri...perché noi umani vi consideriamo da sempre mostri per colpa di stupide
leggende tramandate da secoli".
Adam rimase in silenzio, stordito da quella rivelazione. Non ci aveva mai
pensato e, nel profondo del suo cuore e della sua mente, si stupì di doverlo
ammettere.
"Non avevo mai visto la cosa da questa ottica. - confessò. Si girò verso la
donna e nel bagliore di luce sprigionato da un altro fulmine, la vide sorridere.
Era splendida! E lui l'amava, benché, in quel momento, si sentisse tradito e
minimamente preso in giro da lei. - E tu, - proseguì, ardente nel tono della
voce - mi consideri un mostro?".
"No, Adam. - lo tranquillizzò Eva - Non ti considero un mostro. Noi non andiamo
in giro a cercar vampiri per ucciderli. E quando li troviamo, li aiutiamo a
tornare, o diventare, umani, con l'amore. E' la miglior tecnica di
neutralizzazione della vostra specie".
"Sono una cavia da esperimento?" chiese Adam, amaro.
Eva sorrise.
"I tuoi predecessori, forse si. - riconobbe - Ma tu no. Perché io ti amo sul
serio".
E nel dirlo si sollevò, superando il dolore al collo, protendendosi verso Adam
che, istintivamente, inconsciamente, le andò incontro, alzandosi dalla
poltroncina, per baciarla.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Il rimedio ***
Nuova pagina 1
5a parte
IL RIMEDIO
Il resto della notte fu speso in dimostrazioni più pratiche e ardite delle
teorie di Eva, ma le prime luci dell'alba riservarono una terribile sorpresa:
Adam cominciò ad invecchiare e a consumarsi a velocità fotonica.
Già. La passione le aveva fatto dimenticare che il vampiro, "svampirizzato" con
l'amore, perdeva la sua condizione di "non morto" e, divenendo normale,
diventava anche mortale.
Cercò con affanno la borsetta in cui c'era il cellulare e, per fortuna, la trovò
nel cassetto del comodino accanto al letto. Purtroppo però, scoprì che lì non
c'era campo e cominciò a girare per la casa nel tentativo di individuare una
zona buona per la ricezione. La trovò solo uscendo nel giardino, ma dovette
cercarsi un riparo dalla pioggia torrenziale che stava scendendo.
Al riparo sotto un patio, contattò le sue socie. Le rispose Miko Sakura alla
quale spiegò la situazione. Miko le consigliò di continuare a tenerlo al buio e
idratarlo, bagnandogli il corpo e dandogli da bere qualunque cosa, ma non
sangue, né alcool mentre lei avrebbe fatto di tutto per inviarle al più presto
possibile il rimedio per quel tipo di situazione.
Eva rientrò nella villa, domandandosi, nel frattempo quale fosse il rimedio,
corse nella camera in cui Adam l'aveva portata e notò, con orrore e sgomento,
che Adam, steso a terra, stava diventando uno scheletro. I capelli erano ormai
radi e bianchi, la pelle del viso, assottigliata, rugosa e rinsecchita, stava
iniziando a staccarsi a brandelli dalle ossa degli zigomi, portandoli a vista e
gli occhi scuri si perdevano dentro le grandi orbite vuote del teschio. Volò
alla ricerca di un bagno; trovatolo, prese un secchio, lo riempì d'acqua, tornò
nella stanza, gli rovesciò mezzo secchio addosso e cercò di fargli bere l'altro
mezzo. Il processo di invecchiamento parve arrestarsi, ma quanto avrebbe
resistito? Le pesanti tende alle finestre erano tirate, tuttavia, sottili fili
di luce sfuggivano attraverso le fessure fra le doghe delle persiane. Ma più
buio di così, era difficile ottenere, sicché Eva si piazzò fra la finestra e
Adam per impedire a quel poco di luce ribelle di arrivare all'uomo,
sorprendendosi a pregare chiunque fosse di passaggio dai regni ultraterreni di
far arrivare il rimedio miracoloso prima possibile. E mentre pregava, un gemito
strozzato dell'ormai ex vampiro le straziò l'anima. Guardandolo con infinita
pena, le sembrò scorgere un lampo di luce vitale negli occhi, che oscillavano,
senza più sostegni nel vuoto nero e sidereo delle orbite ossute.
La pena aumentò in modalità esponenziale.
Sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa, anche la più folle e assurda, per
alleviarla sia a lei che a lui. Malgrado le sue condizioni, si chinò su di lui,
trovò il coraggio di accarezzargli la fronte e sentì le lacrime salire fra le
ciglia. Fissava le gengive scoperte da cui scendeva la fila dei denti che
sarebbe stata regolare senza i canini ipersviluppati e d'improvviso si rese
conto che non voleva perderlo. Realizzò che la sua vita senza di lui non sarebbe
stata più la stessa.
"Resisti, Adam! - lo implorò fra le lacrime - Fra poco arriverà la medicina per
te. Starai meglio, vedrai, ma tieni duro!". E intanto si chiedeva cos'altro
avrebbe potuto fare per alleviare le sue sofferenze.
Fuori diluviava.
IDEA!
Adam era steso su un tappeto.
S'infilò il telefono dentro la scollatura del vestito, si coprì con il mantello
di Adam, richiamò a sé tutto il coraggio e le forze di cui sentiva essere in
possesso e cominciò a trascinare il tappeto, con Adam sopra, fuori dalla
stanza, giù per le scale che portavano a piano terra e infine fuori dalla casa,
sotto l'acqua che veniva giù a secchiate. Un modo diretto e continuativo per
tenere Adam idratato. Pochi minuti dopo, all'aperto, il cellulare emise un
piccolo scampanellio che segnalava l'arrivo di un messaggio. Era Miko che le
annunciava l'invio del farmaco. Quanto avrebbe impiegato per giungere in Italia
anche con un mezzo di trasporto supersonico? Qualche ora di sicuro; troppe per
salvarlo! Ma Eva era ignara delle risorse di Miko e rimase allibita allorché,
dopo forse cinque minuti, vide materializzarsi, in un breve guizzo luminoso
azzurro, un sacchetto nero, legato con un cordino di seta, accanto al corpo di
Adam quasi esanime. Lo prese, avida e tremante, lo aprì, e dentro ci trovò due
fialette colme di liquido trasparente, avvolte in un foglietto di carta in cui
era scritto qualcosa.
Lesse frenetica. Le istruzioni le comandavano di bere il contenuto della
fialetta e di far bere ad Adam il contenuto dell'altra. Seguì le istruzioni
senza porsi molte domande, ma promettendosi di chiedere lumi all'amica e socia
del Sol Levante, quando l'avesse rivista o sentita.
L'acqua della pioggia e della fialetta parve sortire il miracolo: il corpo di
Adam ricominciò a ricostituirsi. La pelle tornò a ricomporsi sulle ossa e a
riprendere colore, passando dal grigio, al bianco e, per finire, al suo vero
colorito leggermente olivastro. Le orbite tornarono a riempirsi ricollocando gli
occhi alla loro posizione originaria e ridonando loro l'espressione acuta e
penetrante che fissò la donna, incuriosita e interrogativa. I capelli tornarono
folti e neri incorniciando piacevolmente il bel volto dell'uomo che parve
addirittura ringiovanito. Eva lo accarezzò sorridendo e lo baciò.
"Che ci facciamo sotto il diluvio, Eva?" chiese Adam.
D'istinto, Eva si sdraiò su Adam, pensando con ingenuità adolescenziale di
ripararlo dalla pioggia col suo corpo. Era troppo felice per partorire un'idea
più intelligente.
L'oscurità della notte lasciò il posto al grigiore plumbeo di un'aurora nascosta
oltre le nubi, infradiciata da una pioggia che cadeva in modalità biblica, ma in
quel momento, per Eva era l'ultima delle preoccupazioni. Fu Adam ad invitarla a
rientrare fra le mura domestiche, consigliandole di non sfidare ulteriormente la
fortuna.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Un anno dopo ***
Nuova pagina 1
UN ANNO DOPO
"Mia cara Eva,
non puoi immaginare quanto siamo felici per il tuo prossimo matrimonio con Adam
e quanto invece ci dispiaccia di non potervi partecipare, ma vedo che anche tu
ti sei resa conto che la nostra presenza non sarebbe stata possibile per la
natura della nostra posizione e della nostra associazione. Per proseguire la
nostra missione dobbiamo restare anonime e invisibili, tuttavia, noto con
piacere che il nostro agire produce risultati superiori ad ogni aspettativa. La
pericolosa razza dei vampiri sta lentamente scomparendo sotto i colpi
inesorabili dell'amore e dell'analisi dell'anima. Altro che paletti, sciabole,
teste mozzate e fiumi di sangue !
Quanto alla prodigiosa guarigione di Adam, credo sia arrivato il momento in cui
saldi il mio debito di spiegazioni.
Non lontano da Osaka, in una piccola isola di cui non posso rivelarti il nome
per motivi che conosci, c'è una villa, circondata da un magnifico giardino
all'interno del quale si trova un ruscello la cui acqua, secondo una leggenda
familiare, possiede proprietà di elisir di lunga vita. Bada: non immortalità,
solo poteri di prolungare la vita di un essere umano in questo mondo.
Quando tu mi hai chiesto aiuto io ti ho mandato due fiale di quell'acqua,
affinché una ne bevesse Adam, e l'altra la bevessi tu, altrimenti, soltanto Adam
sarebbe vissuto a lungo, mentre tu saresti morta nei tempi previsti
dall'orologio biologico umano, lasciando Adam solo a soffrire la tua perdita.
In quell'isola, e nel giardino di quella casa, solamente io ho accesso in quanto
essi - casa e giardino - appartengono a colui che avrei sposato, ma che non ho
potuto poiché non ho avuto tempo sufficiente per salvarlo dal suo triste
destino. Si, Eva; anche il mio potenziale sposo era un vampiro e, prima di
morire, mi ha rivelato di essere discendente da un'antica e nobile stirpe di
samurai, proprietaria di quella casa, di cui un suo esponente, vissuto cinque
secoli fa, scoperto il terribile segreto e sospettato di misteriose morti dagli
abitanti del villaggio, si tolse la vita prima che fossero gli abitanti a
togliergliela in modo crudele. La leggenda narra che, trovatolo nel giardino, la
sua donna lo pianse per giorni e notti interi e le sue lacrime disperate
generarono la sorgente miracolosa del ruscello che ora scorre fra le pietre del
giardino.
A questo punto, ti chiederai come l'acqua di quel ruscello sia giunta a te, in
Italia, in così poco tempo.
Sai che noi Giapponesi siamo legati alle nostre tradizioni, e fieri di esse, ma
sai anche che siamo piuttosto abili ed avanzati nell'elettronica, nonché nella
tecnologia, e sai anche che io ho lavorato vari anni al CERN di Ginevra in
Svizzera, dove è stato installato l'acceleratore di particelle atomiche. Diciamo
che l'idea mi è venuta lì e l' ho sviluppata a modo mio, sfruttando le mie
conoscenze e la passione per le teorie di Einstein, che mi hanno aiutato ad
individuare nell'etere comodi corridoi spazio-temporali.
Il gioco è stato semplice. Ho intercettato uno di questi corridoi nei pressi
della mia abitazione e ti ho inviato le fiale mediante un dispositivo da me
progettato, creato e brevettato, sfruttando un raggio di Sole, e "sparando" il
sacchettino a velocità della luce.
Ti auguro miliardi di belle cose e una splendida vita con il tuo Adam. Recupera
tu quel che io ho perso.
Tua Miko"
Diavolo di una giapponese! Esclamò Eva fra sé, leggendo la mail dopo averla
decodificata.
Lei stessa era una leggenda. 40 anni di minuta bellezza orientale, laureata in
fisica quantistica, ingegneria elettronica, informatica e psicologia, i suoi
studi erano arrivati ad oltrepassare la 4a dimensione. Ma si era anche
dimostrata donna di sensibilità molto superiore alla media e l'incontro con lei,
per Eva, era stato determinante. Miko era infatti riuscita ad estrapolare dai
suoi neuroni la sua iper ricettività per i vampiri, arruolandola
nell'associazione segreta da lei ideata e fondata dopo il matrimonio andato in
fumo per le ragioni illustrate nella missiva, con lo scopo di individuare e
neutralizzare le creature della notte tramite metodi di avanguardia. A quel
punto, la regola stabilita all'interno dell'associazione era di lasciar morire i
vampiri di vecchiaia, fatto che essi accettavano di buon grado, felici di uscire
finalmente dal loro doloroso stato di vita/non vita eterna, e di sentirsi amati.
Tuttavia, in due casi: quello di Miko, e il suo, le cose non erano andate
proprio come avrebbero dovuto.
Leggendo quelle righe, Eva non poté far a meno di commuoversi per la triste
conclusione della love story della sua amica/collega/socia. Quando era capitato
a lei di innamorarsi di un vampiro, non aveva ancora completato i suoi studi per
poter intervenire nel cambiare il suo destino, ma non si era fatta pregare per
favorire quello di lei e di Adam. Si parla tanto di solidarietà fra donne. In
qualche angolo del mondo, esiste.
Eva si asciugò una lacrima che scivolava libera su una guancia, spense il
tablet, lo appoggiò sul comodino e si accomodò sotto il piumone, distogliendo in
questo modo Adam dalla lettura del suo libro. L'uomo posò il volume sul piumone
e si girò verso Eva, ammirando il bel viso, incorniciato da onde dorate (quando
Adam l'aveva incontrata per la prima volta, alla festa nel castello Odescalchi,
per esigenza di costume, lei aveva i capelli rossi, ma in realtà era bionda) che
in quel momento appariva turbato.
"Brutte notizie?" domandò, apprensivo.
Eva accennò un sorriso mesto.
"No. - rispose - Non esattamente".
"Cosa intendi dire?".
"Niente. - replicò lei, evasiva - E' solo che qualcuno è stato meno fortunato di
noi, ma è vivo e ci ha aiutato".
"Sia benedetto questo qualcuno" sentenziò Adam, abbassandosi poi su Eva per
baciarla.
"Come va il tuo studio?" domandò Eva dopo il bacio, alludendo al libro, oggetto
dello studio, sulla cui copertina avana campeggiava il nome del celebre
psicanalista austriaco Sigmund Freud.
Adam si ridistese nel letto e fissò un punto indefinito davanti a lui. Eva gli
scorse un'espressione meditabonda.
"E' incredibile" rispose Adam, apparentemente molto assorto nelle sue
riflessioni.
"Cosa?" chiese Eva, eccitata.
"La nostra specie ha sofferto atrocemente per anni... - iniziò Adam, continuando
a fissare la parete di fronte a loro - Secoli. Forse millenni. E ha ucciso
milioni di persone per colpa di un'idea sbagliata, quando la soluzione era a
portata di mano".
Eva si sollevò sul cuscino girandosi verso Adam.
"La psicanalisi è stata scoperta e applicata da circa un secolo" lo giustificò.
"Troppo poco" dichiarò Adam in tono drammatico.
"Sufficiente per limitare i danni. - replicò Eva, sorridendo - Almeno qualcuno".
Adam si voltò verso di lei e si staccò dal cuscino per baciarla di nuovo.
"Solo una cosa" aggiunse poi, rialzando il busto e tornando a fissare un punto
immaginario, aggrottando le sopracciglia.
"Cosa?" domandò Eva, curiosa di ascoltare ciò che Adam stava per dire.
"Devo capire bene la differenza fra inconscio e subconscio. - rispose Adam,
serio - Secondo te dove risiedono questi nostri famosi presunti desiderio e
bisogno incolmabile d'amore che ci spingono a mordere e uccidere le persone?"
"Pensaci bene, Adam - lo invitò Eva, con intrigante soavità, guardandolo dritto
negli occhi - Quando mordevi, eri cosciente di farlo? Sapevi perché lo stavi
facendo?". Adam drizzò il busto e corrugò la fronte.
"Non me lo ricordo. - confessò con sconcerto - Ma ricordo che ero furioso. Ce
l'avevo col mondo intero e avrei compiuto una strage" terminò, realmente scosso
da una forte emozione .
Eva lo fissò, dapprima seria poi, stirando le belle labbra in un sorriso in cui
Adam si perse con infinito piacere.
"Credo che la tua rabbia dovesse aver invaso sia inconscio che subconscio, Adam.
- rispose lei, compunta e compresa - La tua immensa sofferenza ha dilagato
ovunque nel tuo essere. E ne avevi tutte le ragioni. Essere in grado di amare, e
non sentirsi ricambiati, è la condizione psichica peggiore che si possa
sperimentare. Adesso però, non pensarci più. - si fermò per accarezzare l'uomo -
E' finita. - riprese - Io ti amo e domani mattina ti spiego tutto per bene,
okay?" e nel dirlo, lo baciò. Ma Adam non si accontentò del bacio e, per quella
notte, Sigmund Freud dovette proseguire il suo eterno, meritato riposo sullo
scendiletto su cui rotolò rovinosamente a causa di una grande passione
trattenuta per secoli, e riposta, senza tanti segreti, sia nell'inconscio che
nel subconscio di un ex vampiro in robusto credito d'amore.
Per motivi terapeutici professionali, Eva non si sottrasse ai suoi doveri,
impegnandosi nella cura con diligenza e gusto.
Adam ed Eva si sposarono un mese dopo, scegliendo di legalizzare la loro unione
in municipio davanti al Primo Cittadino di Bracciano e non in chiesa davanti ad
un sacerdote, con pochi intimi come invitati, ma la cerimonia fu ugualmente
densa di emozione e, al momento di firmare il grosso registro dalla rigida
copertina foderata di velluto rosso scuro, Adam sembrò voler cancellare il suo
passato con una spugna, limitandosi a scrivere solo il suo nome ed il suo ultimo
cognome italiano: Salinari, mentre Eva scelse di firmarsi come Eva Conti
Salinari.
Saliti in macchina, una bella sfolgorante Jaguar grigio metallizzato, uno dei
pochi possedimenti di Adam, oltre la villa, avendolo notato, Eva azzardò a
chiedergli perché. Non glielo aveva mai chiesto prima, né lui ne aveva mai
parlato.
Al volante, senza rallentare, Adam rispose con una velata tristezza.
"Contrariamente a quanto tu possa credere, - svelò - i miei cognomi non sono
indice di nobiltà. Non sono nobile, Eva. Sono uno zingaro, figlio, nipote e
pronipote di zingari, e quei cognomi sono solo una testimonianza di
riconoscimento di paternità dei miei antenati. Presso il nostro popolo, i legami
familiari sono importanti - smise di parlare, ma non di guidare e si girò un
attimo verso la sua sposa - Mi ami ancora?" le chiese, ironico. Tuttavia,
vedendo Eva imbronciata, iniziò a preoccuparsi. Avrebbe forse dovuto nasconderle
la verità per sempre? Poi Eva si girò verso di lui, mantenendo sempre un
cipiglio serio, ma nei suoi occhi, Adam scorse la luce di un sorriso furbo che
stava per arrivare. E infatti, dopo due secondi, il sorriso arrivò, radioso,
stupendo.
"Ma... - domandò poi Eva - la villa?".
Adam alzò le spalle con gesto indolente.
"Forse è stata occupata dalla mia tribù più di 500 anni fa durante uno dei suoi
spostamenti. - rispose - Poi...beh...sai come succede nei paesi. La voce si
diffonde. Gli abitanti hanno saputo che erano vampiri e.... hanno considerato la
casa, maledetta. E' strano che non le abbiano dato fuoco".
"Per fortuna! - esclamò Eva, gongolante - Adesso abbiamo un bel tetto gratis".
Adam sorrise. Un bel sorriso normale, senza più canini aguzzi.
"Adam..."lo interpellò Eva, tornando seria.
"Si?"
"Quando torniamo a casa, - continuò Eva - se vuoi, possiamo fare ricerche sulla
tua vita"
"No. - tagliò corto Adam, deciso - Il passato appartiene al passato. Ora mi
sento come se fossi appena nato e voglio un'altra vita. Una vita nuova e
normale".
"D'accordo. - capì e acconsentì Eva - Come vuoi".
Essendo giugno, per il viaggio di nozze avevano programmato di immergersi nelle
calde, pulite e trasparenti acque della Baia Domizia, nel Basso Lazio. La Jaguar
continuò veloce a macinare i chilometri che li separavano dalla meta della loro
luna di miele e dalla loro vita nuova e normale.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Epilogo ***
Nuova pagina 1
EPILOGO
Cinque anni dopo
Il Sole caldo di fine primavera inondava l'ampia cucina della villa di Adam e di
Eva Conti Salinari, la prima coppia ufficialmente riconosciuta, formata da un ex
vampiro e da un'umana, situata su un'altura che dominava il lago di Bracciano
dalla sua postazione a nord est, e da cui si poteva vedere bene il castello
Odescalchi, luogo dove era sbocciato il loro amore.
"Chi accompagna Ulderico all'asilo?" chiese Eva, allegra, mentre disponeva le
stoviglie della colazione sul grande tavolo in legno e marmo, al centro del
vano.
Adam muggì, afferrando, avido, un biscotto da un piatto.
"Vado io. - si offrì, meglio disposto di animo dopo aver mangiato il biscotto -
Ma tu vai ad aprire lo studio".
"Affare fatto" accettò Eva, sistemando, nel frattempo, la figlia minore,
Micaela, sul seggiolone.
Ai piccoli Salinari, nati rispettivamente quattro e un anno dopo l' unione di
Adam ed Eva, Eva aveva voluto dare quei nomi in onore di due delle sue
socie/amiche: Ulrike e Miko.
Sulla targa apposta a destra della porta dello studio, aperto insieme dai due
coniugi, all'interno di un antico edificio, in una delle tante stradine di
Bracciano, si leggeva:
ADAM & EVA
PSICOTERAPEUTI,
RECUPERO DELLE ORIGINI DEI
DISTURBI.
SPECIALISTI NELLA CURA DELLO
STRESS
E DELLA CRISI ESISTENZIALE DEL
VAMPIRO
LUNGA ESPERIENZA NEL CAMPO.
RISULTATI GARANTITI.
Quando Eva arrivò al luogo di lavoro, una donna leggeva la targa, con aria
assorta ma dubbiosa.
"Non ci faccia caso, signora. - minimizzò Eva indovinando la perplessità della
probabile cliente - Il mio socio ha sempre voglia di scherzare".
La donna annuì, in apparenza più convinta, e sorrise. Per un fugace attimo Eva
interpretò quel sorriso come un moto di commiserazione che sottintendeva la
remota possibilità di un bisogno di cure psicologiche più per i due titolari
dello studio che per i loro pazienti. Tuttavia, paradossalmente, quella scritta
stava dimostrando di esercitare comunque una certa attrattiva e pareva
contribuire a richiamare clientela, la quale era ignara della verità celata
dietro alle bizzarre parole di presentazione. Tranne qualcuno.
In breve tempo, sul pianerottolo si formò una piccola folla di alcuni pazienti
che attendevano in silenziosa trepidazione di essere chiamati per un primo
consulto.
La mattinata filò via veloce fra richieste di aiuto per uscire dalla depressione
e/o per risolvere crisi d'identità. L'ultima cliente, una donna bruna, pallida,
mal vestita, dallo sguardo scuro e allucinato, fece il suo ingresso nello studio
a passi lenti, quasi faticasse a camminare e a vivere, ma una volta all'interno,
estrasse velocissima, da una classica sacca di tela per la spesa, una pistola,
un barattolo di vetro chiuso da un tappo di metallo, colmo di liquido rosso,
posandolo sulla scrivania, ed un giornale che gettò, sprezzante, sul tavolo,
puntando poi la pistola alla tempia di Eva, riprendendo nel contempo il
barattolo e porgendolo ad Adam che la fissava, allarmato più per il vedere Eva
minacciata con l'arma che per il contenuto del recipiente.
"Bevi, bastardo!" intimò la donna premendo il grilletto contro la testa di Eva.
"Si calmi, signora! - le intimò Adam, a sua volta - Qual è il suo problema?".
"Bevi, stronzo! - urlò quasi la donna - O ammazzo questa troia!".
"Che diavolo le prende? - la sopraffece Adam, alterato, ma perfettamente in
grado di dominare la situazione - Che cosa le ha fatto mia moglie? Cosa le
abbiamo fatto?".
La donna spostò per un attimo la pistola dalla tempia di Eva e indicò il
giornale sulla scrivania, poi tornò a puntare l'arma contro Eva. A mani alzate,
Adam si avvicinò al tavolo, mentre Eva gli porgeva il giornale. Un trafiletto
della pagina riportava la curiosa notizia della progressiva scomparsa dei
vampiri dalla faccia della Terra. Adam dovette compiere uno sforzo notevole per
non mettersi a ridere. I due coniugi si scambiarono occhiate intense d'intesa.
La donna infilò la mano sinistra nella borsa di tela, ne trasse fuori un volume
dalla copertina stampata a colori scuri e lo sbatté con rabbia sulla scrivania.
"Siete la mia rovina!" urlò di nuovo apparentemente preda di una profonda
disperazione.
Sulla copertina del libro, che ora si vedeva meglio nel suo disegno gotico di un
castello nero con torri a punta dietro al quale tondeggiava bianca e luminosa
una grossa luna tagliata dalla sottile sagoma scura di un pipistrello in volo,
campeggiava il titolo in caratteri anche questi gotici: LA NUOVA GENERAZIONE.
Adam ed Eva ebbero le idee chiare: la donna disperata, e potenziale assassina,
era una scrittrice, probabilmente di una qualche saga fantasy, incentrata sui
vampiri. Purtroppo però, la poveretta innescò il colpo, decisa ad uccidere Eva e
tornò a minacciare Adam.
"Bevi, figlio di puttana! - urlò di nuovo, porgendo ancora una volta il
barattolo pieno di liquido rosso - Bevi o l'ammazzo! E poi ammazzo te... nel
modo classico con cui si uccidono i vampiri".
Ci voleva un diversivo per neutralizzare la pazza!
Tenendo il braccio sinistro alzato, con la mano destra, Adam prese il barattolo,
abbassò il braccio per aiutarsi ad aprirlo e annusò il contenuto.
"E' sangue, stronzo! - sbraitò la donna - Scrivo, ma per pagare le bollette
lavoro all'ospedale".
"No! - gridò Eva - Adam! Non farlo!".
Fu un attimo.
Adam gettò il sangue in faccia alla donna, Eva si liberò dalla minaccia della
pistola e, insieme, lei e Adam riuscirono a immobilizzarla e a spingerla a
sedersi su una delle poltroncine poste davanti alla scrivania. Eva le mantenne
le braccia serrate dietro lo schienale della poltrona, mentre Adam si accucciò
di fronte a lei. La donna scoppiò in lacrime.
"Stava andando bene. - singhiozzò, affranta - Avrei potuto diventare la
Stephenie Meyer Italiana. E adesso? Cosa scriverò?".
Prima di rispondere, Adam si concesse qualche istante di meditato silenzio,
stringendo le spalle della donna nel tentativo di consolarla. Eva lo guardò
concentrarsi e le venne da ridere.
Adam sembrava davvero ben calato nel ruolo di psicoterapeuta, compreso nel
dramma della paziente, ma i suoi occhi sorridevano.
"Io la capisco, signora. - cominciò poi l'uomo, con la sua bella voce calda e
sexy - Noi la capiamo. Veramente. Non stiamo scherzando ma..non esistono solo i
vampiri".
"Io mi sono specializzata nei vampiri. - ribatté la donna, arrabbiata, ancora
piangente, rimarcando a voce il verbo "specializzare" - Ho letto tutto su di
loro. - si fermò, alzò di colpo la testa e fissò Adam con sguardo indemoniato,
quindi sibilò - Ho messo anche te nel libro".
Adam rimase sorpreso, ma riuscì a non dimostrarlo.
"Grazie. - commentò semplicemente, laconico - Lo compreremo e lo leggeremo,
ma...che ne dice di cambiare soggetto?"
"Soggetto? - ripeté la donna fra i singhiozzi - Quale?"
"I fantasmi, per esempio? - suggerì Adam manifestando moderato, controllato e
professionale entusiasmo per la trovata - In fondo, i vampiri sanno fare una
cosa sola: mordere; invece i fantasmi volano, passano attraverso i muri, e a
volte posseggono le persone. Sono molto più eclettici e forniscono più idee.
Inoltre, vantano un simbolismo più ampio. I fantasmi sono sinonimo di paure
inconsce, ancestrali; di sensi di colpa....Si dice sempre che i fantasmi del
passato ritornano....Su di loro c'è materiale per scrivere una saga di dieci
puntate". Terminò la frase alzando le sopracciglia, soddisfatto della sua
proposta.
Eva faticò terribilmente per non scoppiare a ridere.
La donna piangeva ancora, ma la tensione calò e la mattina si concluse in
positivo.
Tuttavia, alla fine di quella mezza giornata di lavoro, i coniugi Salinari
tornarono a casa con un nuovo quesito su cui riflettere e un nuovo caso da
studiare: gli scrittori in crisi di idee in seguito alla morte di un genere
narrativo. E gli assassini del genere erano stati proprio loro due.
Nel tempo libero, concesso dal lavoro, Adam ed Eva Salinari, separati, ma sempre
uniti nel sentimento dell'amore, continuarono a stanare vampiri, seducendoli
grazie al loro avvenente aspetto, e persuadendoli di meritare anch' essi
l'amore, malgrado tutto, facendo leva sul loro inconscio. Amore e psicanalisi:
un binomio che si rivelò vincente.
F I N E
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2540770
|