Modern Times di gendarmiaNY (/viewuser.php?uid=51854)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Nuovo arrivo in paese ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Marzia ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Serve Aiuto ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Preparativi ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Cambio d'aria ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Un diario... ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 - Nuovo arrivo in paese ***
Capitolo 1 –
Nuovo arrivo in paese
“Non
capisco
cosa
abbia di tanto speciale questa ragazza” pensavo mentre
guidavo in autostrada.
“Di
certo
sarà una
di quelle snob con il naso all’insù, che odiano i
posti di campagna e colgono
sempre l’occasione e il modo per lodare la città
da cui vengono”.
Imbronciato,
incrociai
un cartello che indicava una stazione di servizio a qualche chilometro.
“Bà…
Già mi sta
sulle palle!” pensai mentre rallentavo ed entravo nella
stazione di servizio.
Mi fermai a
fare
rifornimento, pagai e poi posteggiai davanti l’Autogrill per
entrare e prendere
qualcosa. Viaggiare in macchina da soli è sempre un
po’ seccante e, anche se
c’è la musica che ti fa compagnia, il viaggio
procede anonimo e desolante.
L’unica soddisfazione che hai è che puoi mettere
la musica che vuoi e a volume
sufficiente a farti sanguinare le orecchie.
Entrai
nell’Autogrill
e mi inserii nella fila alla cassa. Prima di me c’erano
diversi camionisti e più
indietro, proprio davanti a me, una ragazzina. Bassina e un
po’ pienotta,
ciondolava prima su un piede e poi sull’altro mentre guardava
il tabellone dei
menù. Aveva morbidi capelli bruni, lunghi e ben scalati. Mi
veniva quasi voglia
di toccarli per vedere se tutta quella morbidezza fosse naturale o
effetto di
qualche lacca.
Quando fu il
suo
turno scelse rapida coca cola e rustichella. Gusti semplici e
stupidi… niente
di particolare.
Pagò
e,
voltandosi, mi rovesciò la coca cola addosso.
“Cazzo!”
gridai
con forza in faccia alla ragazzina.
“Oddio
scusa!” mi
disse con occhi sinceramente dispiaciuti. Occhi neri profondi.
Aveva una
voce per
niente stridula. Anzi! Calda e bassa, anche se al momento era alterata
per via
della situazione.
Prese dei
tovaglioli dal bancone e mi pulì la camicia.
“No!”
dissi ancora
arrabbiato ma con tono calmo, “non fa niente”.
Si
arrestò
e mi
guardo di nuovo dispiaciuta, buttò i tovaglioli usati e mi
chiese ancora scusa.
Prese la sua rustichella e un nuovo bicchiere di coca cola offertole
dal
cassiere e uscì di corsa dall’Autogrill.
Sospirai e
presi
altri tovaglioli, strofinandoli sulla camicia mentre ordinavo il mio
menù.
Ritirai e uscii senza combinare danni.
Mentre
tornavo
alla macchina vidi che la ragazza era a pochi passi dalla mia macchina,
poggiata con il sedere al cofano di un’altra auto,
probabilmente la sua, e
stava addentando senza troppa voglia il suo panino.
Mi vide e
arrossì
violentemente voltandosi a prendere la carta che prima avvolgeva il
panino e la
coca per infilarsi in macchina. Accese il motore e partì a
tutta birra,
entrando di corsa in autostrada.
La guardai
allontanarsi, scuotendo la testa, ed entrai in macchina.
Il viaggio
procedette senza intoppi, con un
panino piccante, birra e musica spaccatimpani.
Quando
rientrai in
paese c’era fermento. Probabilmente la nuova ragazza, la
cittadina confinata
contro la sua volontà a un’estate di puro relax
rustico, lontana dai servizi e
dallo ‘shopping selvaggio’ che offriva la
città, attesa con impazienza da tutte
le anziane che ciarlavano puntualmente ogni pomeriggio sulle soglie
delle case
e dalle ragazzine, proprio detta ragazza dunque era arrivata in paese.
Non mi
andava
proprio di vederla né di scoprire cose raccapriccianti sui
suoi piedi, come si
era saputo di Marco Santarella appena arrivato in questo posto,
perciò entrai
in casa e mi chiusi lì fino a nuova
giornata.
Il giorno
dopo non
tardai molto a svegliarmi, ma me la presi lo stesso comoda. Non dovevo
andare a
lavoro né a scuola. Era sabato! Potevo godermi la giornata.
Così scesi di sotto
a prepararmi la colazione.
“
‘Giorno” dissi
sbadigliando a mia madre che era sveglia già da un pezzo.
Non rispose;
probabilmente aveva di nuovo le cuffie dell’mp3 e non si era
accorta di me
mentre preparava un suo progetto per l’università.
Feci
colazione, mi
vestii e uscii, lasciando mia madre ancora davanti al suo progetto.
Che fare?
Non
c’era la spesa da fare e non mi andava di stare con Gustav e
Lillo. Magari
avrei potuto fare un giro in auto! Perché no?
Entrai,
accesi,
partii.
Il paese era
molto
sveglio! Le strade pullulavano di gente a piedi, soprattutto nel lato
ovest, in
cui quella giornata c’era mercato.
No…
non mi
andava
di vedere nessuno!
Svoltai un
paio di
volte a destra e mi ritrovai nella parte sud. Come avevo previsto, non
c’era
nessuno da quelle parti e potevo camminare tranquillamente a marcia
indietro o
salire sui marciapiedi… giusto qualcosa per passare il
tempo!
“Arcangeloooo”
mi
sentii chiamare, “Arcangeloooo! Fermati! Un attimo per
favore!”
Mi voltai e
vidi
la nonna di Concetta scendere le scale dell’ingresso di casa
sua.
“Buon
giorno
signora Concetta!” dissi fermando l’auto proprio
sotto le scale.
In paese era
uso
chiamare i nipoti con i nomi dei nonni quindi non c’era da
stupirsi se grosse
famiglie avessero orde di discendenti che si chiamassero tutti allo
stesso modo.
“Arcangelo,
hai
visto Concetta mia? Oggi è uscita dicendo che doveva
incontrare Marzia…”
“Marzia?”
chiesi
un po’ confuso.
“Si,
Marzia.
La
nuova arrivata. La ragazza che è arrivata ieri sera. Lo sai
chi è!”
“No,
mi
dispiace.
Non so chi sia” dissi sincero aggrottando le sopracciglia.
“Come
no?
Cugina
tua è! Oggi da te doveva venire!”
Situazione
irritante dei paesi era sempre stata che tutti sapevano gli affari di
tutti e i
minimi spostamenti venivano registrati regolarmente come
all’anagrafe.
“Andrò
a vedere…
se deve venire da me e Concetta dice che è andata con lei
penso verranno tutte
e due a casa mia no? Guardi… vado subito. E se Concetta
è lì glielo faccio
sapere”
Non ci
sarebbe
stato bisogno di telefonata… bastava che dicessi al mio
vicino Ignazio che
Concetta era dove aveva detto di essere e lui l’avrebbe fatto
sapere a mezzo
mondo.
Riaccesi il
motore
e andai.
E che palle!
Meno
avevo voglia di vedere gente più ne dovevo cercare. E
poi… quella Marzia era
mia cugina? Bà… peggio ancora!
Arrivai
davanti casa.
In effetti c’erano delle ragazze sulla soglia, ma non erano
certo due!
“E
che
c’è qui? La
festa di Sant’Antonio?” dissi ridacchiando irritato
davanti a tutta quella
moltitudine di ragazze.
“Arcangelo!”
gridarono tra risolini alcune di loro.
Sorrisi e
ammiccai
a un paio di loro e cercai tra le tante teste quella di Concetta.
“Perdonatemi
dame,
cercavo Concetta” dissi a quelle che stavano sulla destra.
Quelle si voltarono
verso l’interno e incominciarono a chiamare
‘Concetta’.
Una ragazza
dai
capelli biondi e ricci sbucò tra loro, rossa ed
evidentemente sorpresa:
“Cercavi me?”
“Sì…”
dissi mentre
lei arrossiva di più, “tua nonna si chiedeva dove
fossi finita e mi ha mandato
a cercarti”.
Improvvisamente
diventò rosso peperone e sul suo volto apparve delusione
forse, o ingratitudine
o non so che. Si sedette in silenzio fra le risatine delle altre.
Risi.
“Non
te la
prendere... sai come sono le nonne!”
Risi di
nuovo.
Ma se
Concetta era
lì, allora anche quella presunta mia cugina doveva essere
lì con lei.
“Dunque
dunque…”
mi schiarii la voce, incerto, “Marzia?”
La chiamai
sperando che… esattamente non so cosa speravo. Magari che
nessuno rispondesse e
che quindi Marzia fosse solo uno scherzo architettato dagli abitanti
del buco,
ehm… del paese! Oppure che rispondesse una bella stangona
bionda, cretina come
una gallina, ma bella da guardare (e da spiare muahahah).
Una ragazza
non
troppo bassa e rotondetta si alzò. Aveva un
nonsochè di familiare.
Non sapevo
che
dire mentre la studiavo per capire dove l’avevo vista
già.
Fu lei a
parlare
per prima per fortuna: “Hey
Kakà…”
Sì!
Ricordavo!
C’era una bambina nella mia infanzia che mi chiamava in quel
modo. E lei doveva
essere quella bambina, anche perché solo lei mi chiamava in
quel modo.
“Marziana!”
dissi
entusiasta, ricordando improvvisamente il soprannome che le avevo dato
da
piccolo. Le andai incontro e l’abbracciai.
“Mi
sei
mancato
cugino!” disse con voce dolce e sicura.
“Anche
tu!” dissi
io. Potevo sembrare un po’ contraddittorio, ma soltanto
perché prima non ricordavo
chi fosse.
Ed era vero
che mi
fosse mancata. E tanto! Anche perché lei era la mia compagna
di giochi da
sempre ed ero sempre andato d’accordo con lei. Non litigavamo
quasi mai.
Soltanto una volta mi ricordo… ci stavamo prendendo a pugni
e morsi e ci
tiravamo i capelli, sembrava un incontro di wrestling! E neanche le
nostre
mamme erano riuscite a dividerci. E fu lei invece a dividerci, proprio
lei.
Che persona
fantastica che era da piccola!
Chissà
però
com’era cambiata. Chissà se era ancora la mia
Marziana.
La strinsi
forte e
le diedi un bacio sulla testa, senza badare ai capelli.
Tutte le
ragazze
lì presenti ci guardarono allibite, sorprese. Come dare loro
torto? Ero un tipo
difficile io! Neanche alle mie ragazze riservavo da subito un
atteggiamento così.
E
già!
Capivo in
quel momento perché Marzia attraesse tanto la gente e i
commenti di quel posto.
Era speciale davvero.
Mi staccai e
la
guardai in viso.
Non era
cambiata
molto. Semplicemente più matura e più cresciuta e
con lineamenti più femminili
di quelli che aveva da bambina.
Portava i
capelli
poco più lunghi rispetto alle spalle, mossi e che
incorniciavano dolcemente il
viso con un taglio scalato e un ciuffo a mò di frangetta.
I suoi occhi
erano
castano chiaro e resi intensi da lunghe e folte ciglia nere.
La bocca era
carnosa e bella rosea.
L’unica
cosa
che
stonava, cioè che non ricordavo avesse, erano le lentiggini
marroncine, sebbene
lei fosse castana e la sua pelle non fosse dello stesso rosa pallido
delle
rosse naturali.
“Come
stai?
Che cosa
combinato senza di me in tutto questo tempo?” mi chiese
mentre le mettevo un
braccio attorno alle spalle e la invitavo a entrare a casa mia, senza
badare a
tutte le altre che ci seguivano curiose e, forse un po’,
gelose.
“Niente
di
particolare. Solita vita qui in paese… si mangia, si beve,
si dorme, si va a
scuola, si muore…” sorrisi, “e
tu?”
“La
città è grande
lo sai… nonostante questo niente di niente. Come se non lo
fosse affatto.
Preferisco di gran lunga i paesi come Castellana…”
“Scherzi
vero?”
“Affatto!”
La guardai
interessato. Magari a capire perché le piaceva quel posto
che io non potevo
soffrire.
“La
gente
qui è
più calorosa…” continuò,
“non ti fa sentire un’esclusa e, se hai bisogno,
non
ti fa mancare nulla. In città potresti morire! Tanto nessuno
viene a salvarti…”
disse divertita ma con un filo di serietà negli occhi.
“Così
tu
preferisci un posto dove manca l’aria e non puoi fare un
passo senza che lo
sappia mezzo paese?” chiesi incredulo, anche se mantenevo un
certo sorriso.
“Non
è poi così male
se sei in pericolo di morte!” disse e questa volta
scoppiò in una risata
sonora.
Le ragazze,
che ci
avevano seguito e si erano intrufolate a casa mia sghignazzando e
guardandosi
intorno, risero con lei.
“Eh?”
dissi io
dubbioso.
“Scherzavo!”
“Ah…
ok…”
Lei rise
ancora
più forte e con lei anche le pecore delle mie concittadine.
Sembrava che la
casa tremasse!
Mi grattai
la
testa un po’ intontito e la invitai a sedersi al tavolo della
cucina offrendole
da bere e, purtroppo, offrendolo anche alle altre.
Quando
ciascuno
ebbe finito il proprio bicchiere, che poteva essere succo di frutta
alla pesca,
alla pera, all’albicocca, aranciata, limonata o semplice
acqua, invitai le
altre ‘dame’ ad accomodarsi fuori di casa per
rimanere a chiacchierare del più
e del meno con la cugina che non vedevo da tanto.
Tutte, a
malincuore, fecero come chiesi e andarono in piazza a raccontare a chi
capitava
il ritorno a casa di Marzia.
“E
così… sei
tornata!” dissi entusiasta, tornando in cucina e sfregandomi
lentamente le
mani.
“Già…”
disse
sorridendo e sparendo dietro il suo bicchiere di succo di frutta.
“Dove
dormi?
Voglio dire… quando sei andata via con tua madre avete
venduto casa no?”
“Sì…
adesso però
sto dalla nonna. La famiglia si è ingrandita e sto un
po’ stretta, ma, per fortuna
per lei, non sto molto a casa così non le do impaccio. Ha
così tanti bambini di
cui prendersi cura! Ci manchiamo solo noi e in casa non ci entra niente
e
nessuno!” disse divertita alzando di nuovo il gomito.
“Non
ricordavo che
la nonna fosse così impegnata…” dissi
io passando una mano tra i capelli,
imbarazzato.
“Sì!
Dove vivi
Kakà?” ridacchiò, “con 4
figli e altrettanti nipoti per ognuno non pensare che
sia una passeggiata! Penso abbia bisogno di una mano ogni
tanto… tu? Perché non
ci vai?”
“Come
fai a
sapere
che non ci vado?”
“Secondo
te?
Me
l’ha detto la nonna”
“Ah…”
fu il
massimo che riuscii a dire.
Non mi
andava di
andare dalla nonna, soprattutto da quando lei e mio padre avevano
litigato e la
mamma si era schierata con lui.
“Fa
niente… magari
un giorno…”
“Magari
mai!”
“E
dai
Kakà! Non
puoi dire sul serio!”
La guardai
serio.
Lei, in cambio, mi guardò con espressione indecifrabile.
Poi
guardò
il suo
bicchiere e riprese a parlare.
“Come
va a
scuola?”
“Oh
noiosa
come
sempre”
Ridacchiò.
“Intendevo
voti,
promozioni, gite…”
“Ah!
Ehm… bene
bene… tu?”
“Mah…
quest’anno
ho rischiato di essere bocciata”
“Sul
serio?”
Si
limitò
ad
annuire mentre beveva l’ennesimo bicchiere di succo.
“E
perché?”
“Niente
testa!”
Aspettai che
continuasse.
“È
stato un anno
difficile e ci sono stati problemi… tra me e
papà, me e i compagni, me e i
prof… sai com’è…”
“Eppure
non
è
tutto qui, vero?”
Mi
scrutò,
poi
riprese.
“Non
so cosa
mi
sia preso… a settembre degli amici mi avevano chiesto di
fondare una band e io
dovevo fare la cantante, ma poi non abbiamo fatto
nulla…”
“Ah…
capisco…”
Scosse la
testa e
vuotò il bicchiere.
“Ti
va di
fare un
giro?” proposi mentre lei buttava il bicchiere nella
spazzatura.
“Ok”
disse
entusiasta e sollevata. Non aveva molta voglia di parlare di
scuola… o almeno
della sua.
Presi le
chiavi e
uscimmo di casa.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 - Marzia ***
Capitolo 2 - Marzia
Marzia non si era
rivelata una gran chiacchierona, ma era piacevole passare del tempo con
lei,
soprattutto perché le piaceva ascoltare ed era di piacevole
compagnia. Per
chiunque. Le avevo fatto conoscere i miei amici e si era trovata bene
con
tutti, sebbene fosse timida.
E quel
giorno
dovevamo andare a mare tutti insieme. Eravamo una bella comitiva!
Le ragazze
inoltre
erano anche di più, perché Marzia aveva insistito
per portare qualcuna delle
sue amiche di paese. E così alle nostre 4 macchine piene
fino a scoppiare se ne
era aggiunta un’altra che non scherzava.
La giornata
procedeva bene, senza intoppi e in grande allegria. Io poi avevo la
solita
corte spietata e spesso Marzia mi aiutava letteralmente a scappare.
Sì… la
nostra complicità sembrava quella di un tempo. Adoravo mia
cugina! Per lei
c’erano occhi e attenzioni, ma penso più che altro
perché fosse nuova per le
abitudini dei miei amici.
E infatti
lei non
era certo una persona troppo prevedibile.
Amava poco
le
scene smielate dei film e delle improbabili ma altrettanto reali storie
d’amore
che rendevano esageratamente zuccherato ogni giorno, come ad esempio
quella tra
Annalisa e Matteo, anche se si poteva riconoscere in lei la persona
più dolce
della terra. Le piacevano invece le emozioni forti, come una corsa o
una gara o
quanto potesse far scorrere adrenalina nelle vene, ma senza esagerare.
Non la
vedevo mai cedere, anche se le situazioni sembravano disperate, ed era
sempre
pronta a correre se gli amici, se di amici si poteva parlare dopo una
settimana
scarsa che abitava lì, ne avessero avuto bisogno, e anche se
si fosse trattato
mai di qualcuno che non conosceva completamente. Le bastava sapere che
era un
mio amico. Come quando per esempio eravamo andati tutti insieme alla
fiera di
San Marco in un paese lì vicino e Lia era scoppiata in
lacrime alla vista di un
pupazzo che le ricordava il suo migliore amico partito da poco, e mia
cugina si
era offerta di starle accanto mentre noi altri potevamo provare le
giostre da
paura o i dolci giganti che si attaccavano ai denti e non si scollavano
più. Tutte
cose che, mentre eravamo ancora in macchina, aveva confessato
entusiasta avrebbe
voluto fare lei non appena arrivata alla fiera. E, sebbene si vedesse
nei suoi
occhi che quella situazione non era proprio quello che aveva sperato
per quella
giornata di svago, era stata irremovibile e non aveva ammesso
battibecchi e
compagnia vari. E io sapevo quanto non le piacesse stare ad ascoltare
piagnucolii simili, solo per la lontananza di un amico. E
dall’esterno poi
sembrava una ragazza che amasse parlare frivolamente in qualsiasi
circostanza,
anche se la sorprendevi da sola, pensierosa, assorta a guardare una
foto,
eppure lei metteva serietà in quasi tutti i discorsi che
pronunciava. Dunque
l’unica cosa però che potevi dire con certezza di
mia cugina era che lei fosse
imprevedibile e niente ti poteva sorprendere di più delle
sue contraddittorietà
e della sua fermezza su quanto ciò che faceva non era per
niente
contraddittorio.
Spesso mi
accorgevo che la osservavo da lontano, sorprendevo me stesso a farlo,
magari
per capire cosa pensava, e non capivo perché lo facevo di
nascosto.
Una volta di
quelle in cui la spiavo attraverso una persiana abbassata, la guardavo
mentre
ascoltava musica dal suo mp3 seduta sugli scalini di casa mia. A un
certo punto
si era messa a guardare attorno, per vedere se era sola e non
c’era nessuno per
strada. Mi ritirai dalla finestra, ma subito mi riavvicinai e sbirciai
di nuovo
perché mi ricordai che ero invisibile per lei in quel
momento dietro la
persiana, e la sorpresi a piangere. Incredibile! Stava piangendo!
Cosa era
successo?
Sicuramente una canzone che le ricordava la città, che le
facesse sentire la
mancanza di qualcosa, di qualcuno…
E poi
perché ero
tanto sorpreso che piangesse? Tutti piangono!
E mentre
pensavo a
cosa potesse turbarla in quel momento di calma apparente, proprio
quando i
rapporti con la sua famiglia erano migliorati e quelli con i miei
amici, ormai
diventati anche suoi, erano consolidati e divenuti davvero ottimi, si
asciugò
le lacrime e prese le sembianze allegre di sempre. I suoi occhi
però sembravano
ancora malinconici. E capii che li asciugò così
in fretta perché stava passando
Gandolfo di là. Un saluto, un sorriso ed ecco che Gandolfo
era sparito dietro
la curva e lei aveva preso la sua testa fra le mani e aveva spento
l’mp3 per
alzarsi ed entrare in casa. E
quando
rientrò non mi resi conto che ero ancora attaccato alla
persiana, lei mi fissò
sbalordita, provò a parlare e poi corse in camera sua
lasciandomi con uno
‘scusa’ incomprensibile. Era stato tremendo vederla
piangere, soprattutto
perché non l’avevo mai vista farlo, e neanche
improvvisamente e senza sapere il
perché come in quel momento. E anche se a casa era la
più piagata, non si mostrava
mai più che arrabbiata e tutti i suoi sforzi erano tesi a
non piangere. Non
davanti agli altri, almeno penso.
E questa
volta che
eravamo insieme a mare, con tanti amici da riempire una piscina
comunale,
perché lei aveva attaccato bottone con diversi vicini di
ombrellone e aveva
fatto presto amicizia con tanti altri ragazzi in spiaggia in tempo
record, non
potevo permettere che qualcosa andasse storto e che lei si offrisse di
riparare
i cocci, qualora ce ne fossero stati da riparare, perché
aveva bisogno di
divertirsi. Lia sembrava sul bordo della solita crisi, così
mi avvicinai e
provai a parlarle. Non avevo sicuramente lo stesso tatto di mia cugina
e la
risposta che ne ottenni fu un ‘grazie’ debole e un
pianto improvviso, quasi
isterico, da cui allontanai Marzia non appena si accorse di lei. Non
riuscii
però a trattenerla a lungo che, subito dopo essersi liberata
della mia presa,
era partita in direzione di Lia. Quando riuscì a calmarla
era allegra come al
solito, come lo era stata anche durante la conversazione con quella
rovina-feste e come lo era anche prima. Sembrava che niente e nessuno
le avesse
rovinato la giornata e aveva così invitato la sua amica a
unirsi a lei per una
nuotata. Molti che avevano assistito alla patetica scena si erano uniti
a loro
entusiasti e ora in acqua sembrava che si agitasse una massa scomposta
e
abnorme per i miei semplici occhi. Ma come faceva? Io ero riuscito ad
irritarmi
dopo aver parlato con Lia e avevo rifiutato sgarbatamente un paio di
inviti a
giocare a beach volley! Che mia cugina fosse una santa? Un angelo
caduto dal
cielo? Dai! Adesso stavo esagerando. Anche lei era debole. E io lo
sapevo. Quando
tornò sulla spiaggia le porsi l’asciugamano per
coprirsi e la presi da parte.
Le volevo parlare! Sì… ma di che?
“C’è
qualche
problema?” mi disse guardandomi in viso mentre si asciugava i
capelli.
“No!
Ehm… nono…
non penso”
Mi
guardò
perplessa: “e perché allora mi hai preso da
parte?”
In effetti
la
tenevo ancora per un braccio.
“Allora?”
mi
incalzava.
“Non
voglio… ehm…
non vorrei che ti ehm… rovinassi la giornata, ecco”
“Rovinarmi
la
giornata? E come?” ridacchiò, “guarda
quanti siamo! Sono tutti simpaticissimi e
così calorosi… come potrei rovinarmi la
giornata?”
Mi sorrideva.
“Bè…
Lia è un
po’…”
“Lia?”
alzò un
sopracciglio.
“Sì…
Lia!”
“E
perché Lia
dovrebbe rovinarmi la giornata?”
“Perché
lei la
rovina sempre a tutti e tu sei triste…”
“Triste??
Dici sul
serio? Guardami!”
In effetti
sprizzava felicità da tutti i pori tranne che da
due… i suoi occhi erano un po’
lontani, spenti, e non sembrava che avessero lo stesso grado di
felicità del
resto della sua persona.
“Sì
che dico sul
serio! E tu non sei felice!”
“Eh??
Questa
battuta me la segno!” ridacchiò un po’
nervosa.
“Vedi?”
“Ma
vedi
cosa? O
sei ubriaco o sei cieco! Fatti una bella nuotata cugino.
L’acqua è bellissima
oggi”
La guardai
sbalordito e confuso e anche un po’ arrabbiato. Ma che potevo
fare? Magari era
vero che non fosse triste ma tutto il contrario. Lo speravo per lei! E
poi io
che potevo sapere? La conoscevo da poco potevo dire, perché
non ero cresciuto
insieme a lei e non l’avevo vista per parecchio tempo tanto
da non riconoscerla
quando l’avevo rivista.
Sorrisi
incerto e
la lasciai andare. Lei corse in mezzo agli altri e posò di
corsa l’asciugamano
per buttarsi di nuovo in acqua. Qualcuno aveva provato a raggiungerla,
ma lei
era scappata da una parte e poi dall’altra. Poi si era
immersa nell’acqua per
un po’, riaffiorando a intervalli regolari. Era evidente che
volesse stare da
sola. Durante tutto il resto della giornata cercai di non parlarle,
solo il
necessario. E lei non sembrò tanto irritata da questa
situazione. Anzi!
Sembrava piuttosto tranquilla. Quando finalmente fummo a casa mia,
sfiniti ci
lasciammo andare all’unisono sul divano del salotto, ancora
pieni di salsedine.
“La
mamma ci
sgriderà” sussurrai quasi senza forze.
“Allora
alziamoci!” disse con voce poco più convinta, ma,
appena fu sul punto di
alzarsi, la bloccai.
“Non
ci fa
niente
per una volta”
“No.
Non
è giusto.
Alziamoci”
“E
siediti!” dissi
energico mentre lei tentava di nuovo di alzarsi.
Cedette e
sprofondò con la testa nello schienale.
Ma riprese:
“Dobbiamo alzarci. Che ci vuole? Basta che arriviamo sopra,
in camera e non ci
può sgridare più. Non avrebbe niente di cui
lamentarsi no?”
“No…
ma si lamenterebbe
lo stesso perché siamo pieni di sale e ci stiamo rilassando
adesso mentre
dovremmo fare una doccia prima”
“E
andiamo a
fare
la doccia allora!” arrossì.
“Cioè… ognuno con il suo
turno… ma almeno non può
arrabbiarsi. Vai prima tu… io perdo tempo sotto
l’acqua… aspetto in corridoio”
Annuii, ma
non
mossi un muscolo.
“Vuoi
che
vada
prima io?”
“No…
vado io”
dissi chiudendo gli occhi. Sentivo che mi stava osservando.
“E
perché non
vai?” disse con perplessità.
“Adesso
non
mi
va…”
“Allora
vado
prima
io”
Aprii gli
occhi.
“No!”, la fermai per un braccio e mi alzai. Lei mi
seguì e si sedette su una
panca in corridoio mentre io entravo in bagno.
Quando finii
e
uscii dal bagno, lei entrò quasi di corsa trascinando i
piedi.
Entrai nella
mia
camera e mi buttai sul letto, senza neanche mettere una magliettina, e
mi
addormentai.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 - Serve Aiuto ***
Capitolo 3 –
Serve aiuto
Quella stessa
notte mi svegliai ancora avvolto nell’asciugamano sul mio
letto. Erano le 2 e
avevo freddo. Così mi alzai e cercai una maglietta e un paio
di mutande a
tentoni nei cassetti e scesi in cucina per bere. Mentre passavo accanto
alla
stanza di Marzia mi sembrò di sentire parlare qualcuno e
anche di sentirlo
piangere.
Spinsi leggermente
la porta, cercando di non farmi sentire. Di colpo piombò il
silenzio in quella
stanza. Sicuramente mia cugina si era accorta che qualcuno stava
spiando nella
sua stanza.
Aprii del tutto la
porta ed entrai cauto, avvicinandomi al letto. Marzia scattò
a sedere.
“Arcangelo!”
sussurrò.
“Che
fai?” chiesi,
“non dormi? È tardi”
“Nono…
stavo
dormendo… mi hai svegliata”
“Non pensavo
di
aver fatto tanto rumore”
“Sono io che
ho
l’udito fine”
“Se lo dici
te…”
“Torna a
letto”
“Mi pareva
di aver
sentito qualcuno parlare… e piangere”
Marzia rimase in
silenzio.
“Che hai?
Perché
piangi?” chiesi cercando il suo viso nel buio.
“Non stavo
piangendo… non ero io”
“Sicura? A
me
sembrava che i lamenti venissero dalla tua stanza… ma se non
eri tu allora c’è
qualcun altro…”
“Non
c’è nessuno,
vai a letto”
Trovai il suo viso
e notai che era bagnato. Marzia si scansò subito.
“Dai!
Perché non
me lo dici?”
Mi sedetti accanto
a lei sul letto.
“Che ti devo
dire?”
“Perché
piangi?”
“Io non
piango”
“E
perché avevi il
viso bagnato allora?”
Rimase in
silenzio, voltando il viso dall’altra parte.
Le cinsi le spalle
con un braccio.
“Ti manca
casa?”
chiesi.
“No…”
“E
cosa?”
“Non lo
so…”
“Cosa non
sai?”
“Perché
piango…
forse perché sono triste…”
“E
perché sei
triste?”
“Non lo so
nemmeno
io. Certe volte mi viene così,
improvvisamente…”
La abbracciai.
“Sai che se
hai
bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa, di aiuto, di qualcuno con cui
parlare…
bè sì insomma… io ci sono,
ok?”
“Ok”
disse.
La lasciai andare
e la guardai nel buio, o almeno ci provai.
“Allora…
non
piangere più. Non hai motivo di essere triste. Stai bene e
stanno bene pure le
persone che sono accanto a te, e tutti ti vogliono
bene…”
“Ok…”
non era
molto loquace. Però si sentiva dalla voce che era
più serena. Forse sorrise.
“E
adesso… forse è
meglio se torno a letto. Ci vediamo domani mattina”
Le diedi un bacio
sulla guancia.
“Buona
notte!” mi
sussurrò mentre mi alzavo e uscivo dalla stanza chiudendo la
porta.
Scesi a bere e poi
risalii e tornai a letto tranquillo, sentendo che nella stanza di
Marzia c’era
silenzio.
Il giorno dopo mi
svegliai tardi e scesi a colazione che era già ora di
pranzo. Salutai mia madre
con un bacio e notai che Marzia non era in casa.
“Dov’è
Marzia?”
chiesi.
Mia madre
scosse
la testa.
“Non
lo
so… è
uscita stamattina molto presto” disse.
Salii a
vestirmi e
poi scesi in cucina.
“Non
cucinare per
me…” dissi a mia madre, “vado da Lillo a
pranzo o da Gustav. Dobbiamo preparare
una nuova macchina per San Bartolomeo”
“Ok”
disse mia
madre e mi salutò mentre aprivo la porta
d’ingresso e uscivo di casa.
San
Bartolomeo, il
patrono del nostro paese. La festa a lui dedicata sarebbe stata 3
settimane
dopo e di solito si organizzava una grande fiera che accoglieva, oltre
che i
soliti capannoni di dolciumi e giochi e pubblicità di
aspirapolvere e oggetti
vari, una grande corsa di auto ‘fatte in casa’.
Gustav,
Lillo ed
io partecipavamo insieme. Loro costruivano e mettevano a punto la
macchina ed
io fornivo materiale e correvo. Scambio equo.
L’anno
precedente
ero riuscito a qualificarmi terzo. Un vero peccato! E
sì… perché ero primo e
Antonio era riuscito a superarmi e a combinare un incidente tale che
solo in 7
eravamo usciti interi dalla corsa. Per fortuna i feriti non erano
gravi, solo
qualche graffio, e la corsa poteva essere ripetuta anche
l’anno successivo,
cioè questo.
Questa volta
non
volevo perdere e Lillo e Gustav erano del mio stesso parere. Dopo tutto
sono sempre
stato il più veloce e il più spericolato in auto
e una corsa del genere per me
è sempre stata una scemenza.
Presi la
bici e
andai da Lillo. Quando arrivai era sulla soglia del garage a parlare al
telefono. Era evidentemente adirato.
“Gustav
ha
detto
che i pezzi di ricambio possiamo prenderli soltanto la settimana
prossima”
“Cosa??”
risposi,
“cazzo! E noi che facciamo??”
Chiuse di
scatto
il telefono e si diede un colpo sulla gamba con una mano, mentre si
passava
l’altra fra i capelli.
“E
io che
cazzo ne
so?? Adesso dove li andiamo a trovare i pezzi??”
sospirò, “possiamo sempre
andarli a comprare dal meccanico… tipo Antonio o
Gaspare” continuò.
Mi appoggiai
alla
sua macchina.
“Seeee…
quale
Antonio? Io nella sua officina non ci metto piede! E poi dal meccanico
costano
i pezzi. Almeno alla discarica sono gratis!”
“Sì,
ma la
discarica è chiusa”
Sospirai.
In quel
momento
passò chi proprio non mi aspettavo passasse: Angela e
Concetta con mia cugina
Marzia.
Si fermarono
dall’altra parte della strada e attraversarono, Marzia per
ultima.
“Ciao
cugino!” mi
salutò per prima mentre stava ancora attraversando. Poi
salutò gli altri con un
semplice ‘ciao’ mentre Concetta e Angela
sorridevano.
“Ciao
ragazzi”
esordì Angela. Baciò sulla guancia prima Lillo e
poi me. Concetta fece lo
stesso.
“Cosa
stavate
facendo?” disse Marzia appoggiandosi alla macchina di Lillo
con una mano.
“Prima
che
arrivaste voi stavamo parlando con Gustav al telefono” disse
Lillo.
“Gustav??
Viene?”
disse curiosa Angela.
“Mah…
veramente
non lo so…” dissi io, “stavamo parlando
di pezzi di ricambio per San
Bartolomeo”
“Partecipate?”
chiese Concetta. Lillo la guardò male e poi rispose brusco:
“Certo!”
“Sì…”
continuai
io, “se troviamo i pezzi. Dice che la discarica è
chiusa fino alla settimana
prossima e a noi servono i pezzi già da adesso”
“E
che
pezzi?”
chiese Marzia.
“Tutti!”
rispose
Lillo.
“E
solo alla
discarica li potevate prendere?”
“No…
possiamo
prenderli anche dal meccanico…” disse Lillo.
“Seeee…
meccanici
come Antonio? Io da lui non compro niente!”
“Ma
non
c’è solo
Antonio come meccanico Arcà!”
“Ma
tutti
chiedono
i pezzi ad Antonio. Quindi anche se li prendi da Totò o da
Gaspare è come se li
avessi presi da Antonio!”
“E
vabbè… tu la
fai grossa…”
“Corri
tu
alla
prossima gara Lì! Io non partecipo se devo chiedere aiuto a
quello là!”
“Arcà!”
“E
senza
Arcà!”
“Ragazzi!”
ci
interruppe Marzia, “non litigate! Chi è Antonio?
Perché ce l’hai tanto con lui
Kakà?”
Sospirai.
“L’anno
scorso ha
combinato un casino alla corsa di San Bartolomeo per vincere. Ce
l’ha a morte
con me! Io stavo vincendo e lui ha provocato un incidente enorme solo
per
vedermi sconfitto. E io adesso ce l’ho a morte con lui!
Ecco!”
Si
grattò
un
sopracciglio mentre tutti guardavano verso di me non troppo sorpresi
dalla mia
stizza.
“Vabbè
Kakà… è
storia passata. Lo puoi battere quest’anno, no?”
“Senza
pezzi
come
faccio?”
“Davvero
non
li
puoi prendere da qualche altra parte?”
“Dai
meccanici!”
“E
allora??
Perché
non li prendi da loro?”
“Perché
loro li
prendono da lui”
“Ma
Antonio
è
quello che ha la grossa officina accanto al supermercato?”
“Sì…”
“Ah!
Allora
ti
possono aiutare i ragazzi di Alimena!”
“Chi?”
“I
ragazzi
di
Alimena! Anche loro ce l’hanno a morte con lui”
“E
chi li
conosce
i ragazzi di Alimena??” chiesi esasperato.
“Io!”
La guardai
sorpreso. “Davvero??”
“Sì!”
sorrideva ed
era tranquillissima, “oggi devo incontrare un paio di amiche
di Alimena e posso
chiedere loro di aiutarci… che ne dici?”
Rimasi in
silenzio, non sapevo che dire. Guardai Lillo, era sorpreso come me.
Anche Marzia
guardò Lillo: “Che ne dite allora?”
Sorrisi a 32
denti
e risposi ‘sì’ tutto d’un
fiato.
“Certo
che
sì!”
rispose Lillo e l’abbracciò. Marzia ridacchiava
sorpresa e imbarazzata.
“Aspetta!”
li
interruppi, “chi ci dice che ci aiuteranno? Anche i ragazzi
di Alimena
partecipano alla gara”
“Intanto
chiediamo” disse Marzia mentre Lillo le era ancora attaccato,
“io però devo
incontrarle fra poco… venite?”
“Ok!”
disse subito
Lillo ancora attaccato.
“E
staccati
Lillo!” dissi tirandolo via mentre Angela e Concetta
ridevano, “Ok ok… ma noi
ancora non abbiamo mangiato. Magari più
tardi…”
“Oh
neanche
noi!”
si intromise Concetta, “ci incontriamo davanti il bar di
Ciccio fra 10 minuti…
po-possiamo andare a mangiare insieme un gelato…
no?”
Arrossì
di
colpo.
“Bella
idea
Concè!”
disse Angela. Marzia ridacchiava e si stirava i vestiti.
“Andiamo
allora?”
disse Lillo.
“Sì
dai!” disse
Angela.
Lillo prese
le
chiavi mentre io entravo la bici nel suo garage e le ragazze uscivano.
Chiuse
il garage e insieme andammo al bar di Ciccio, dove ci aspettavano Anna,
Linda e
Maria Pia.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 - Preparativi ***
Capitolo
4 - Preparativi
Anna,
Linda e Maria Pia ci aspettavano all’entrata. Erano sorprese
di
vedere allargata la compagnia che si erano aspettate. In effetti
né
Marzia né Concetta né Angela le avevano avvisate
che si
erano uniti anche due ragazzi. Ridacchiavano imbarazzate e
parlottavano svelte tra di loro indicando con sguardi eloquenti me e
Lillo.
“Hey
Anna! Linda! Maria Pia!” le salutò Marzia con una
mano e poi
baciandole sulle guance sorridente. Concetta e Angela la imitarono.
“Buongiorno!”
disse Anna.
“Ciao”
dissero all’unisono invece Linda e Maria Pia.
Io
e Lillo ammiccammo alle ragazze di Alimena che ridacchiarono di
nuovo.
“Scusate
se non vi abbiamo avvertito prima dei ragazzi. Li abbiamo incontrati
poco fa e li abbiamo invitati a prendere un gelato con noi”
disse
Marzia rivolta alle tre.
“Oh
no! Non fa niente…” disse Linda,
“anzi… più siamo
meglio è!”
Sorrise
e Marzia guardò verso di me. Sorrisi anch’io ed
entrammo nel
bar. Ci sedemmo a un tavolo e ordinammo.
“Aspettate
un attimo” dissi io mentre la ragazza che aveva preso le
ordinazioni andava al bancone, “meglio chiamare Gustav. Anche
lui
dovrebbe essere qui, no?”
Lillo
sembrò d’accordo. Marzia e Angela annuirono.
Composi il
numero e scoprii che Gustav era appena entrato quando sentii il
trillo del suo cellulare provenire dalla porta. Mi voltai e lo vidi
sulla soglia. Lillo lo chiamò precedendomi. Si
voltò
dalla nostra parte e ci salutò con la mano sorridente
vedendoci in mezzo a tutte quelle ragazze. Si avvicinò.
“Signore”
salutò con un sorriso e un piccolo inchino le ragazze.
“Ragazzi”
salutò me e Lillo con un 5 e un abbraccio da maschi. Aveva
un
giubbotto di pelle nonostante il caldo. Evidentemente era in moto.
“Hai
preso la Ducati?” chiesi curioso.
“Esattamente!”
“Wow”
esordì Lillo emozionato, “compare mi devi far fare
un giro!
Dov’è posteggiata? Dove sta?” disse
guardando fuori dalla
vetrata.
“Hei
hei Lillù! Calmati!” dissi io, “prima lo
devo fare io il
giro! Gustav me l’aveva promesso...”
“Sì...
ma prima deve passare almeno una settimana!” disse Gustav
sorprendendoci.
“Cosa??”
“We
Arcà, non credevi che ti avrei fatto fare il giro subito!
Prima ci devo salire io!”
Ridacchiò
e posò la giacca sulla spalliera di una sedia.
“Giusto…”
dissi sconfitto.
“Allora…
che ci fate con queste bellezze? Mi stavate chiamando per invitarmi
vero?” disse strizzando l’occhio a Maria Pia.
“Sì…”
si intromise Marzia, “non era giusto lasciare solo a Lillo e
Arcangelo un tal bottino!”
Ridemmo
tutti.
“Ora
che siamo tutti…” continuò Marzia,
“facciamo le
presentazioni… Ragazze, loro sono Gustav, Lillo e
Arcangelo”
disse indicandoci ad uno ad uno mentre faceva i nomi.
Poi
toccò alle ragazze. “Loro invece sono Anna, Linda
e Maria
Pia” disse indicando prima una ragazza bionda con i capelli a
cespuglio, poi una ragazza alta e non troppo slanciata mora e infine
una bassina, un po’ pienotta, con i capelli castani, lunghi e
morbidi e occhi profondi neri. Adesso che ci pensavo,
quest’ultima
ragazza, questa Maria Pia l’avevo già vista da
qualche
parte. Lei sorrideva imbarazzata e visibilmente a disagio. Io, che
ero seduto accanto a Marzia, le chiesi se l’avesse portata
con sé
altre volte e ottenni in risposta un sincero ‘no’.
Gustav si
sedette tra Anna e Maria Pia molto a suo agio.
“Non
c’è bisogno delle presentazioni per me”
disse
abbracciandole, “io le conosco… Anna è
mia cugina! E Linda
e Maria Pia le ho conosciute l’estate scorsa quando sono
stato un
mese ad Alimena”
“Ah
ecco” disse Lillo. Sul suo volto c’era
un’espressione
illeggibile.
“Perfetto
allora!” dicemmo all’unisono Marzia ed io. Ci
guardammo e ridemmo
toccandoci il naso. Gli altri risero con noi. Se Gustav era cugino di
Anna non ci sarebbero stati troppi problemi a trovare dei pezzi di
ricambio ad Alimena per la nostra auto.
Anna
prese il discorso. “Gustav mi ha detto che avete bisogno di
aiuto
per la corsa di San Bartolomeo”
“Ah…
ehm… veramente sì…” disse
Lillo.
Marzia
ridacchiò per il suo balbuziare e Lillo non ne fu offeso,
anzi! Sorrise abbassando lo sguardo e aspettò che qualcuno
parlasse.
“Sì…”
iniziò Gustav, “Dopo aver chiamato Aldo della
discarica,
l’ho chiamata per… fatti personali… ed
è uscito fuori il
discorso”
Anna
annuì.
“Arcangelo”
continuò Gustav, “ho parlato con Totò e
Gaspare…”
“Nono.
Non ne voglio sapere niente di Totò e…”
lo interruppi.
“Lo
so. Infatti li ho chiamati per sapere da chi prendessero i pezzi di
ricambio” mi interruppe lui.
“Da
Antonio, da chi sennò?”
“Sì,
infatti. Li avevo chiamati per sapere questo. Così ho
pensato
a mia cugina…”
“La
nostra stessa idea!” disse Lillo entusiasta,
“cioè… non
che abbiamo pensato a tua cugina, neanche la conosciamo…
cioè
sì la conosciamo, ma adesso la conosciamo, prima
no… abbiamo
pensato alle ragazze di Alimena… cioè no, non
alle ragazze
di Alimena, ai ragazzi veramente… non che siamo
dell’altra
sponda, tu lo sai, noi ci conosciamo da una vita…”
Presi
Lillo per le spalle: “Calmati Lillù!
L’ha capito…
forse!”
Ridemmo
tutti quanti. La cameriera intanto portò i gelati ordinati
da
tutti e prese l’ordinazione dell’ultimo arrivato.
“Più
o meno” confessò Gustav, “ho capito che
avete avuto
un’idea simile alla mia”
“Sì”
dissi io, “Marzia ci ha detto che aveva degli amici ad
Alimena che
non possono vedere Antonio come noi e che forse ci avrebbero aiutato
con i pezzi di ricambio. Ma non sapevamo se l’avrebbero fatto
perché anche loro partecipano alla gara”
“Ma
non tutti” disse Anna.
“Davvero?
Chi?” dicemmo Lillo ed io in coro voltandoci verso di lei.
“I
Grullo non partecipano quest’anno” rispose Anna.
“Perché?”
aggrottai le sopracciglia.
“Perché
il loro pilota ha avuto un incidente il mese scorso e ancora non si
è
ripreso” disse Gustav assaggiando il gelato di sua cugina.
“E
quindi?” chiesi stupido.
“E
quindi i Grullo, essendo cugini di Anna e amici miei, ci aiuteranno.
Non solo con i pezzi di ricambio! Ci aiuteranno anche con benzina,
supporto, pubblicità… 2 squadre per un pilota,
grande no??”
Sorrisi
incredulo: “Eh?? Sì…
Meraviglioso!”
“Esatto!”
si intromise Anna, “così adesso non vi dovete
preoccupare
dei preparativi”
E
già. Adesso dovevamo solo divertirci. La giornata
passò
veloce tra risate generali, ammiccamenti, corteggiamenti e scherzi.
Marzia ci aveva dato la soluzione, ma se non fosse stato per Gustav
non avremmo avuto la stessa fortuna… o forse sì.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 - Cambio d'aria ***
Capitolo
5 – Cambio d’aria
Anna
era una ragazza simpatica, Linda era petulante e Maria Pia era molto
riservata. Ma erano una piacevole compagnia. O così mi
sembrò
solo insieme a mia cugina e ai miei amici.
In
effetti quando uscimmo di nuovo insieme non avemmo lo stesso successo
della prima volta. Lillo era in coppia con Maria Pia, Gustav con
Linda ed io con Anna. Lillo poverino non riusciva a spiccicare una
parola e Maria Pia la stessa cosa, Gustav invece era come sempre a
suo agio, mentre Anna ed io parlottavamo qualche volta e poi
rimanevamo in silenzio ad ascoltare Gustav o Linda. Quello che ci
aveva divertito di più quella volta erano stati i continui
battibecchi tra Linda e Gustav o le brutte figure di Lillo. E stop.
Insomma… l’imbarazzo era generale e si percepiva
soprattutto
quando i più attivi, inutile ripetere i nomi, rimanevano in
silenzio per sbaciucchiarsi. Per fortuna non ripetemmo
l’esperienza,
ma spesso ritrovai Maria Pia o Anna o Linda insieme a Marzia o Gustav
nei giorni successivi. In certi momenti Linda sembrava proprio far
parte del mio gruppo. Maria Pia e Anna invece rimanevano sempre in
disparte nonostante conoscessero ormai quasi tutti.
La
settimana dopo vidi che la macchina aveva già preso una
mezza
forma nei disegni preparatori di Lillo e che Gustav e la squadra di
Alimena avevano recuperato già la maggior parte dei pezzi
che
servivano. Per cui invitai mia cugina Marzia a guardare Lillo e gli
altri che lavoravano nel mio garage, dato che non aveva mai assistito
alla preparazione di una macchina artigianale per San Bartolomeo a
differenza delle sue amiche paesane. Era molto interessata e faceva
domande sulla velocità, il motore, i cavalli e le ruote e i
tubi di scappamento… insomma, sembrava intendersene
più di
ogni altra ragazza. E a me faceva piacere spiegarle diverse cose e i
funzionamenti di alcuni parti. Ma dopo poco tempo mi salutò
perché doveva vedere un paio di amici, di Blufi mi pareva,
nuovi amici che aveva conosciuto nel week end alla festa di
Sant’Antonio in paese grazie a Giusi, una ragazzina
più
piccola di me di due anni, bassina e molto vivace, un po’
minchia
per certi versi. Era molto carina però.
Quando
la prima giornata di lavoro alla mia auto finì invitai tutti
ad uscire quella sera, magari a mangiare una pizza per festeggiare
l’inizio dei preparativi. Non tutti però potevano
trattenersi, così rimanemmo soltanto in quattro: Lillo,
Gustav, Calogero di Alimena ed io. Insieme andammo subito a mangiare,
senza neanche rientrare a cambiarci.
In
pizzeria vidi Marzia con Giusi. Sembravano molto a loro agio insieme
a tutte quelle ragazze appena conosciute. Incredibilmente con loro
non c’erano ragazzi. Sembrava una situazione un po’
strana
conoscendo proprio Marzia e Giusi di fama, eppure i miei occhi non mi
ingannavano mica. Così convinsi Gustav ad avvicinarci al
loro
tavolo per salutarle, mentre Lillo e Calogero ci seguivano. Arrivati
lì, tutte le ragazze smisero all’istante di
parlare e si
voltarono verso di noi. Erano emozionate? Eccitate? Non avrei saputo
cosa esattamente, ma erano voltate verso di noi e rimanevano in
silenzio e non accennavano a nessun commento o risolino vari.
Sorridevano e basta. Salutai Marzia con disinvoltura con un bacio
sulla guancia e lo stesso fece Gustav, Lillo invece quasi le si
gettò
addosso e Calogero si limitò a salutarla con la mano e lei
ne
fu piuttosto compiaciuta. Giusi ci guardava tutti come se fossimo
quadri o vasi fragili e delicati. Rimanemmo cinque minuti a parlare
con Marzia, dato che le altre sembravano troppo imbambolate per
prendere parola, e ce ne andammo. Quando fummo ancora non troppo
lontani i ragazzi ed io sentimmo un boato provenire proprio dal loro
tavolo. Ci voltammo e vedemmo che tutte le ragazze erano quasi
addosso a Marzia e le parlavano in fretta, emozionate, e lanciavano
veloci occhiate dalla nostra parte mentre noi prendevamo posto ad un
tavolo dall’altra parte del ristorante. Sorrisi compiaciuto e
lanciai un’occhiata d’intesa a Gustav, che
ricambiò, e ci
sedemmo. Ordinammo e io rimasi ad osservare tutte quelle ragazze che
non smettevano di stuzzicare Marzia. Cambiai visuale solo quando
Lillo mi fece notare a forza che era appena entrata Elena, la mia ex,
e che non era per niente sola. Avrei voluto alzarmi e andarmene o
andare lì a fare una scenata, ma rimasi seduto al mio posto
e
strinsi i pugni e i denti nel tentativo di far sbollire la rabbia
che mi accompagnava ogni volta che la vedevo. E quel che era peggio
fu che non era passato molto da quando avevamo rotto e lei
già
era con un altro.
Non
sapevo per quale disgrazia divina, ma Elena, vedendomi, venne dalla
mia parte. Abbassai lo sguardo. Non volevo vederla per niente al
mondo! Magari sarebbe passata oltre, avrebbe salutato con la mano
passando di lì e avrebbe preso un tavolo vicino al nostro,
avrebbe fatto qualsiasi cosa ma non sarebbe venuta a salutare me. Non
doveva farlo! Alzai nervoso lo sguardo e lei era lì, davanti
a
me.
“C-cosa
vuoi?” chiesi sgarbato.
“Che
modi! Sono passata a salutare..”
“Sì
certo… l’hai fatto. Adesso puoi anche
andare!”
“Hei
hei… perché sei sul piede di guerra? Non ti ho
fatto niente”
“No,
certo che no… solo le corna!”
“Corna?
Che corna? Guarda che sei stato tu a farle a me. Io dovrei avercela a
morte con te, carino!”
“E
lui come lo chiami?” dissi indicando il tipo con lei.
“Chi?
Gustav? Neanche il tuo amico riconosci?”
“C-cosa?”
lo guardai meglio e vidi che era appunto lui. Ma non era seduto con
noi? Che avesse un fratello gemello? Guardai il suo posto ed era
vuoto. Non era il suo fratello gemello, era proprio lui. “Che
ci
fai con le streghe tu?” chiesi.
“E
dai Arcangelo! Che ti ha fatto questa povera ragazza?”
Mi
girai imbronciato. Non volevo vedere nessuno dei due. Traditore
Gustav, ecco!
“Scusate,
io vado a sedermi con mia cugina” dissi col naso
all’insù
e, alzandomi, presi la mia giacca e mi diressi al tavolo delle
ragazze. Quando giunsi ebbi una calorosa accoglienza. Mi voltai e
vidi che Elena mi guardava con tanto d’occhi e Gustav e Lillo
che
ridevano a crepa pelle, mentre Calogero non si scomponeva molto.
Rimasi
a quel tavolo quasi tutta la serata e, anche se ero molto tentato di
guardare dalla parte di Elena, non lo feci quasi mai e invece delegai
il compito ogni volta ad una ragazza diversa. Compiaciuto constatavo
che il gruppo che avevo appena lasciato era voltato sempre dalla mia
parte e la ragazza rodeva vedendomi tanto al centro delle attenzioni
del tavolo 17.
Non
erano moltissime le ragazze e non molto appariscenti, ma sicuramente
ce n’erano di carine. Due si chiamavano Martina, una Lilla,
una
Anna, Carmen, Denise, Ilaria e Simona. E poi ovviamente
c’erano
Giusi e Marzia. Giusi era troppo simpatica, a differenza di quanto
pensavo prima, e sicuramente con lei non ci si annoiava mai e insieme
a Marzia costituiva l’animo della serata. Loro non erano
certo
qualcuno che preferisse assistere agli spettacoli più che
costituirne uno. E in quell’occasione Marzia era lo
spettacolo e
Giusi le faceva da cornice o da braccio destro. Erano davvero
scatenate.
Finita
la pizza uscimmo insieme. Non so… ma quella compagnia mi
piaceva. E
tutta la serata passò come in pizzeria, con le pazze che
gridavano e cantavano per strada e mettevano la musica dei loro
cellulari a tutto volume. A dire la verità non sapevo
nemmeno
che cellulare avesse mia cugina, ma quello che le vidi in mano quella
sera era nuovo nuovo e certamente l’aveva comprato da poco.
Aveva
un lavoro? Non gliel'avevo mai chiesto, ma non credo ne avesse uno e
gli zii non erano venuti con lei per potergli dare dei soldi. E
allora quei soldi da dove venivano? Vabbè…
l’aveva
comprato sicuramente qualche giorno prima di partire dalla
città.
Non
avevano musica eccezionale nei loro cellulari, qualche pezzo di
Britney
Spears e Jonas
Brothers,
gruppo per cui mia cugina andava pazza, poi Christina
Aguilera, che lei diceva essere il suo più grande amore,
più
di questi fantomatici Jonas,
qualche hit
del momento e poi musica da discoteca in generale, come Yves
La Rock e Enur e il “mitico” Gigi
D’Agostino. Più o meno
si poteva ascoltare, più o meno. Sì,
dai… con mia
cugina c’era da divertirsi in ogni momento. Chi se ne
importava
della musica nel cellulare?
Neanche
più di Elena e Gustav e Lillo mi accorgevo quando
passeggiavo
per il corso e li incrociavo. Loro mi chiamavano ma io non li
sentivo.
Avevo
bisogno di cambiare aria. Solo questo.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 - Un diario... ***
Capitolo
6 – Un diario segreto…
Marzia
sembrava presa sempre più da Giusi e dalle nuove amicizie di
Blufi.
Aveva
quasi completamente abbandonato le altre ragazze e soprattutto
Concetta e Angela, ma manteneva buoni rapporti con tutte. Strana
cosa. Però ero felice per lei. In fondo quelle di prima
erano
più noiose delle ragazze di Blufi. Ma così
facendo,
Marzia non stava molto a casa né in paese e io mi annoiavo.
A
dire la verità passava quasi tutto il tempo a Blufi con loro
e
Giusi.
Io
poi non avevo voglia di vedere Gustav e Lillo e i preparativi erano
parecchio in ritardo. Così decisi di dare le chiavi del
garage
a Lillo. L’unica cosa che non volevo in quel momento era
vedere
qualcuno. E Lillo, avendo le chiavi del garage, poteva entrare dal
retro e salire su in casa.
Così
mi chiusi in camera e rimasi ad ascoltare musica a tutto volume con
le cuffie. Quando mi annoiai anche della mia musica uscii per cercare
dei dischi in camera di Marzia. Avevo voglia di House!
Incredibile a dirsi, ma era così.
Entrai
e mi misi a cercare i dischi. Non erano da nessuna parte…
eppure
dovevano esserci perché ogni tanto sentivo quella musica
provenire dalla sua camera. Allora… se non c’erano
dischi in
giro, poteva essere solo sul suo pc.
Mi
sedetti alla sua scrivania e lo accesi. Il tempo che si avviasse e
poi si aprisse la schermata iniziale, andai nella mia camera e presi
il mio mp3. Quando tornai il pc era avviato e aprii la cartella della
musica. Accidenti quanta ne aveva! Sicuramente erano più di
1000 canzoni! E io come facevo a sapere quali erano quelle che mi
interessavano? Ne misi in esecuzione un paio di cui non ero sicuro se
fossero house
o pop o rock che non conoscevo o rap
o latina o hip
hop
o blues o classica o country
o, eccezionale!, metallica o lirica… ma ascoltava davvero
tutta
questa musica? E davvero tutti questi generi? Ogni momento che
passavo consideravo sempre più
‘eccezionale’ mia cugina.
Quando ne trovai un paio che avevo ascoltato qualche giorno prima le
misi in esecuzione e le copiai anche sul mio mp3 e mi misi a
curiosare tra i suoi documenti. Le piaceva riempire cartelle di foto
e immagini colorate, aveva un programma poi che le serviva per
ritoccare le immagini e ne aveva fatto un paio davvero carine,
entrambe su quei Jonas,
e le piaceva anche scrivere. Sì… su word teneva
un sacco di
cartelle in cui salvava molti documenti. Testi di canzoni, storie che
scriveva lei, interventi da inserire nel blog e… e
c’era anche
una cartella ‘diario’. Che fosse una sorta di
sezione in cui si
sfogava e scriveva i suoi pensieri e le idee e i segreti?
Bè…
anche nella sezione ‘blog’ scriveva idee e
pensieri, ma non certo
segreti. Volli curiosare in quella cartella, dato che delle altre
conoscevo già qualche particolare.
Un
primo intervento era datato 15 giugno, prima che si trasferisse, e
recitava così:
Le
cose qui non vanno proprio come mi aspettavo. La scuola ormai
è
finita ma di riposo mentale non c’è neanche
l’ombra. Mamma
dice che andare a Castellana mi farà bene, ma io non ho
proprio voglia di andarci. Perderò tutti i contatti che ho
cercato di tenermi stretti per un anno intero e, quel che è
peggio, non potrò vedere Kevin. Lui
è così
tanto per me!
Ma
questa è la mia solita fortuna.
Ne
aprii uno datato qualche giorno dopo:
Le
cose non sono cambiate e la paura di partire da qui è sempre
più forte. Mamma mi ci sta mandando per forza in quello
schifo di paese. Ma chi ci ha mai messo piede? Io non so nemmeno
com’è
stare in paese!
Non c’è internet, il cellulare non prende, non
c’è
sky né il digitale terrestre, non c’è
niente di
interessante… Non c'è niente di niente! Mi
venderei le palle, se le avessi, solo per non andarci! Mi secca, lo
odio. Già lo odio. Che palle... E già ieri ho
detto addio a Lucia e Carola. Non voglio illudermi di poter avere con
loro lo stesso rapporto che abbiamo avuto finora. Ho pianto un sacco,
mentre chattavamo su msn. Non le sentirò per
un’estate
intera. Che schifo.
Domani
parto… già mi mancano. Ma che posso farci? Mi
sparo?
Sono
sicura che stanotte non riuscirò a chiudere occhio.
Ne
aprii un altro datato lo stesso giorno in cui era arrivata, 20
giugno:
Sono
arrivata. C'era una marea di gente ad aspettarmi a casa di mia nonna.
Dire che mi sono irritata è dire poco. Che seccatura -.-"
Eccoti, cara Marzia, il paese in tutto il suo splendore, e
già al primo mezzo secondo di permanenza -.-" Comunque credo
che se non ci fossero state così tante persone mi sarei
messa a piangere subito; e già ho faticato tanto a
trattenermi.
La
nonna è come me la ricordavo per fortuna.
È dolce. Penso che sia come penso che siano
tutte le nonne. Solo che al posto di sfornare biscotti felici per i
suoi nipoti felici ha un sacco di problemi. Sembra che li risolva
tutti lei, o almeno ci prova. Gli zii, d’altra parte, non
possono aiutarla di
più. Mi secca raccontarti, le sue storie sono già
deprimenti da sentire, figurati da ricordare. Ci mancava solo che dalla
mia casa deprimente approdassi a quest'altra deprimente casa. So solo
che dopo averla 'conosciuta' ora, nell'età della coscienza,
non so, penso che mi piacerebbe avere un minimo della sua forza,
perché, ti assicuro, lei è forte davvero.
Il nonno era a casa per l'occasione, apposta per aiutarci a scaricare
qualche valigia, perché mi ha raccontato la nonna che non ci
sta quasi mai. Già mi ha promesso che mi
porterà
con lui qualche volta a guidare la mietitrebbia o il
trattore. Ma tu mi ci vedi alla guida di un trattore? Non
nascondo che non vedo l'ora, poi boh... Sarà una mezza
schifezza pure quella, che tanto non cambia niente dalla
macchina.
Un altro:
La nonna
mi ha detto che Arcangelo, un mio cugino,
abita qui. Quando me l'ha detto era felice, vorrei sapere
perché... La mamma m'ha preso per scema quando ha visto la
mia faccia ignorante, e ha detto che da piccoli stavamo sempre insieme,
ma boh, io non mi ricordo di lui... Poi sai, qui si conoscono tutti, ma
credo seriamente che lo stiano scambiando con qualcun altro o che so
io. Concetta, una tizia
che ho conosciuto appena sono arrivata, m'ha promesso che domani mi
porterà a ‘conoscere’ mio cugino. Non
capisco perché tutti aspettino 'sta cosa. Che è,
un divo del Grande Fratello? Un tronista?
Voglio tornare a casa mia.
Menomale che ho
portato il pc, almeno questo la mamma me l'ha lasciato. Solo che la
stronza ha fatto la furba, perché qui non posso usare
internet. Dalla
nonna c’è un virus nella linea telefonica ed
è
bloccato tutto, e quindi patate. Chissà se
troverò
qualcuno a cui scroccare.
Oh Lucia e Carola! Le ho
sentite
per sms per mezzo secondo, perché non prende qui. Per
mandare messaggi ho dovuto fare il
giro della casa e ho dovuto aspettare 10 minuti ad ogni invio.
L’unica soluzione è tornare veramente a casa mia.
Mi
manca tutto! Me ne voglio scappare da questo posto!
Ma
questo è solo il primo giorno e c'è ancora
un'estate davanti...
Ed
un altro, un paio di giorni dopo:
Soffoco.
Sto iniziando a soffrire di claustrofobia. Me ne voglio tornare a casa
mia.
Uno
datato 25 giugno:
Prendimi per pazza o per
voltagabbana, ma la
vita di paese non è poi così male. Mi aspettavo
sinceramente peggio. Molto peggio. Poi ho conosciuto
Arcangelo… È troppo bono! Sembra un
modello, un angelo!
-feci un sorriso orgoglioso, e quasi imbarazzato che mia cugina mi
descrivesse così- Alto,
biondo, con gli occhi azzurri… Sai che io preferisco i mori,
magari
qualcuno come Kevin
o Tom
o Elijah,
ma anche lui è un figaccione. E poi è simpatico.
Le
ragazze gli vanno dietro a decine e a lui le lusinghe gli entrano da
un'orecchio e gli escono dall'altro. È indifferente
a tutte. Almeno credo. Oddio, spero proprio che non sia gay;
cè, è uno spreco -non mi scomposi-. Vabbè, non me lo
posso fare, è sangue del mio sangue, però non
sarebbe male... Boh, non lo conosco. È
passato tantissimo tempo e, anche se adesso passiamo quasi tutto il
tempo insieme, non so niente di quello che gli
è
capitato in questi anni. Mi racconta qualcosa ogni tanto, non so, come
fossi sua amica. A me pure piacerebbe potermi ritenere tale,
perché mi sembra una brava persona in fondo
-'ah, grazie!' pensai ironicamente-. È
l’unica persona
che per ora si
prende cura di me solo perché mi vuole bene. Proprio
Concetta
mi usa, anche se sembra dolce; infatti a lei piace
mio cugino e non so se riuscirò a dirle che mi dà
fastidio il fatto. Non che sia gelosa, ma usare una persona solo per
avvicinarne un’altra è pesante. Ed è
anche crudele.
Ma per fortuna ho conosciuto un’altra ragazza: Giusi. Questa
ha
delle
amiche di Blufi. Abitano fuori da questo paese, quindi non penso che
possano essere mie amiche solo per mio cugino, perché manco
lo conoscono. Sono
simpatiche, e molto anche. Credo che passerò più
tempo
con loro. Ma non voglio litigare con Concetta e Angela... In
realtà non so proprio che fare. Penso che la situazione
del
loro gruppo possa crollare dato che non c’è
nessuno che
consola 24h su 24 Lia. Certo, io sono l'ultima arrivata, ma con me
è tutta un'altra storia, modestamente! Dio, quella ragazza
mi dà proprio sui
nervi certe volte!
-'lo dicevo io!' pensai- Non
capisco perché mi ostino a volerla aiutare sempre…
boh!
-'e neanche io' pensai di nuovo- Neanche
uno psicanalista esperto potrebbe capirmi. Perché mi faccio
male da sola? Dopo quello che ho perso per Kevin
ho sempre cercato di tenermi lontana dalle storie d’amore o
sdolcinate di ogni genere. Anche amicizia. Bà…
vado a letto.
Notte.
In
fondo alla pagina c'era un altro intervento, senza data. Lo aprii
curioso:
Non
voglio vedere nessuno. Nessuno, proprio nessuno.
Devo
piangere. E devo farlo subito.
La
verità è sempre stata lì e io la
conoscevo.
Eppure continuavo ad illudermi che non tutto fosse come credevo che
fosse. ‘Stupida’ è riduttivo.
Quanto
sono rimasta incollata a questa speranza? Neanche Dio lo sa, se mai
esiste un Dio. Ormai non credo più a niente. Tutto
è
crollato e io non ho più speranze. Sperare cosa poi? Che
esista qualcosa di diverso? L’ho già fatto fino ad
adesso ed
ecco il risultato: un rifiuto totale di tutto ciò in cui
credevo: Dio, l’amore, l’amicizia, la
felicità, la
speranza, la pace… quanti stupidi poeti si sono persi su
certi
temi. Stupidi! E stupidi continuo a ripetere. Perché adesso
tutto quello che mi circonda non parla d’altro. Quanta
fantasia eh?
Ma perché? Perché a me? Non sono forse abbastanza
buona? Devo migliorare? Devo fare qualcos’altro? Cosa posso
fare??
Cosa???
Adesso
mi viene solo da piangere e gridare. Voglio gridareeeee!! Ma come
faccio? Non sono mica sola a casa. Stupida città!! Crollasse
tutta quanta!
Sola…
ecco quello che sono sempre stata e quello che voglio essere per mia
scelta d’ora innanzi. E anche quando qualcuno mi chiedesse di
cambiare testa, di nuovo, dopo questo… non la cambierei
più.
Neanche se fosse lui stesso in persona a chiedermelo, neanche se
fosse sincero. Morisse! E con lui morissero tutti i maschi di questo
mondo! Al diavolo!
'Bah, che
esagerazione...' pensai. Chiusi le pagine di diario, che sinceramente
mi avevano stancato. Mia cugina era forse più deprimente di
quanto osassi immaginare. Di persona, in realtà, era
diversa, totalmente. Però, boh... Era
normale. Tutti avevano momenti di alti e bassi, no? Anche lei aveva i
suoi. Era umana dopotutto. Stupido ero, che a volte avevo creduto di
avere un alieno come cugina, perché sembrava
soprannaturale il suo modo tranquillo e pacato di muoversi e parlare
e anche di riuscire a risolvere quasi tutti i problemi che la
circondavano.
La
musica del pc smise di suonare e io rimasi in silenzio davanti a
quelle parole che mi frullavano nella testa, a rimuginare. Che razza di
persona era una che aveva due facce come un foglio? Da un lato era puro
sole, dall'altro oscurità più totale. Non avevo
trovato un minimo pensiero positivo (a parte qualche apprezzamento
piuttosto esplicito nei miei confronti). Ma tutte le ragazze erano
così o lei aveva il primato? No, perché se fosse
stato così avrei dovuto iscriverla al Guinness World
Record...
In
quel momento avevo bisogno di parlare con qualcuno: con mia mamma, per
esempio, ma non era a
casa. Con chi parlare allora? La mia fidanzata, ex veramente,
beh…
era ex ormai; non potevo chiedere a lei. Andai nella mia stanza e
ritornai subito perché avevo dimenticato di spegnere il
computer: lo spensi e presi l’mp3. Mi vestii di
più, o
almeno mi resi presentabile, e uscii di corsa da casa.
In
quel momento avevo bisogno di parlare con qualcuno: con mia mamma, per
esempio, ma non era a
casa. Con chi parlare allora? La mia fidanzata, ex veramente,
beh…
era ex ormai; non potevo chiedere a lei. Andai nella mia stanza e
ritornai subito perché avevo dimenticato di spegnere il
computer: lo spensi e presi l’mp3. Mi vestii di
più, o
almeno mi resi presentabile, e uscii di corsa da casa.
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