Arms

di xMarshaStardust
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


Prologue.

Correvano. Correvano perché non potevano fare altro.
Correva perché le conseguenze le avrebbe pagate solo lui.
Correvano perché era ciò che quel legame indissolubile imponeva loro di fare.

Le strade erano buie, deserte.

Non un rumore, se non quello dei loro respiri affaticati e irregolari.
Non c’era tempo per le parole, tantomeno per fermarsi.

Il fiato cominciava a mancare. Sempre più corto, sempre meno profondo.
Credeva che sarebbe potuta cadere da un’istante all’altro: le gambe doloranti, le si muovevano meccanicamente. Sentiva l’acido lattico bruciarle i muscoli, era sicura che le si sarebbero frantumate prima di percorrere i prossimi 20 metri.

E lui lo sapeva, lui lo sentiva.

Ma non c’era il tempo di prenderla e caricarsela sulle spalle, ma anche se ci fosse stato non ci sarebbe riuscito. Percepiva le gambe consumarsi sotto il pantalone scuro di pelle. Si consumavano velocemente come si consuma una pastiglia effervescente nell’acqua fredda. Da lì a poco non sarebbe riuscito nemmeno a poggiare il piede a terra senza che le ossa non si riducessero in pezzettini. Non aveva forza, non ne aveva più.

Le prese il braccio avvolto dal freddo e morbido tessuto della giacca.
Era l’unico modo che aveva per ordinarle di non mollare, di non fermarsi.

Fecero in sincrono lo scatto finale.

Un salto.

Fecero un salto.

Un salto nel buio.

Perché tutto ciò che li legava era avvolto dal buio.

Loro stessi, da soli, erano buio, buio puro.

Insieme, insieme erano come la Luce del Paradiso.


 
Angolo Autrice:
Bene, sono tornata.
Mi mancava da morire scrivere, mi mancava "essere letta".
Quindi, vi ripropongo questa storia mai portata a termine.
Spero di aver suscitato il vostro interesse con questo prologo.
Storia totalmente trasformata! ( mi auguro in meglio! )
Gradirei una qualche recensione, un parere..magari anche sapere cosa vi aspettate.
Voglio stupirvi!
Voglio stupirvi,spero di riuscirci.
Un bracio ed un forte abbraccio a tuttie voi che leggerete.
Vi chiedo scusa.

 
Mey xx
 

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Capitolo 2
*** Capitolo primo. ***


 Capitolo primo.

31 dicembre,2013 ore 8.40 p.m.

Era ormai sera, ora di cena in casa Jones.
Un piacevole caldo vagava tra una stanza e l’altra dell’enorme appartamento newyorkese. Ma c’era anche qualcos’altro che impregnava l’aria. Un senso si speranza e di fiducia: incombeva un anno nuovo.

Il rumore delle voci era un eco distante per Kendall. Era distesa sul letto, i capelli tra il corvino e il castano scuro sistemati a raggiera sul cuscino e il libro di biologia poggiato sulle ginocchia.
Non stava realmente studiando. La ripetizione di biologia era solo una copertura. Una copertura per affrontare qualcosa a cui non era pronta. Qualcosa a cui ,forse, non sarebbe mai stata pronta.

Era un concentrato di emozioni opposte, confuse. Era una bomba pronta ad esplodere.
 Rise per l’ironia.

Avrebbe voluto urlare.
Urlare per liberarsi di una frustrazione che si era impossessata di ogni sua piccola cellula. Ma sarebbe stato troppo rumoroso.

Avrebbe voluto accendersi una sigaretta.
Una sigaretta per provare a sciogliere il complesso nodo che era diventata. Ma avrebbe avuto ,poi, la pelle troppo impregnata di quell’odore amaro, l’avrebbero scoperta anche dopo mille docce profumate.
Fu costretta a non far niente, ancora una volta. Spense la miccia che stava per dar luogo all’esplosione e non fece altro.

Era stato un anno difficile. Un anno in cui , in aggiunta, il marchio non aveva smesso di bruciarle. Le bruciava anche in quell’istante. Non un bruciore che dava fastidio, un bruciore che dava male, che corrodeva la pelle e l’anima.
Non aveva la forza di guardarlo. Non l’aveva mai avuta dopo quel giorno.

Bussarono alla porta.
Finse immediatamente di essere completamente assorta nella lettura di un paragrafo a caso. Sentì il rumore di un paio di scarpe col tacco alto, sospirò, chiuse il libro.
-“ Dovresti preparati, Dall.”- si accomodò sul bordo del letto, le prese la mano.
-“Preferirei di no,Kylie.”- rispose semplicemente con voce atona, lo sguardo perso nel vuoto.
Sua sorella aveva trovato un modo per affrontare la situazione, non era ortodosso, ma pur sempre un modo.
Ci fu un piccolo sospiro, prima che la minore parlasse. –“ Per favore,Dall. So quanto odi tutto questo. Lo so perché lo odio anche io con la stessa intensità. Ma passare la notte di capodanno qui non ti aiuterà. Non aiuterà neanche mamma.”- aveva un tono dolce e pacato, un tono che non le si addiceva per nulla ma che ,chi la conosceva davvero, sapeva esser parte di lei.
Kendall portò le gambe al bordo destro del letto. Si tirò in piedi e sistemò il vestito rosso dalle pieghette che ,stando stesa , aveva preso. Kylie non disse altro, le sorrise e raggiunse il salone. E poco dopo, fece lo stesso anche Kendall ma col più falso sorriso contornato di rosso che avesse mai sfoderato.
 
Quella famiglia era raccolta al completo nella stanza che avrebbe ospitato il cenone.
C’erano tutti e questo non fece che aumentare la voglia di Kendall di scappar via sulla sua vecchia moto e raggiungere il Messico.  Una mano le si posò sul fianco stringendolo appena, un corpo aderì alla sua schiena. Ne riconobbe l’odore, non ebbe bisogno di girarsi. Forse le stava parlando. Eppure lei non lo sentiva. Le si erano chiusi gli occhi e riluttante stava ricordando.

“Quelle mani l’accarezzavano avide. Le accarezzavano le cosce come fossero fatte di cristallo che andava a sciogliersi contro il fuoco. Un fuoco nero. Un fuoco sbagliato.
Un sussurro impercettibile. Una stretta sui fianchi. Le dita conficcate nella pelle.”

-“ Tutto bene, tesoro?”- La voce della madre fu come l’ancora di salvezza tanto desiderata. La luce alla fine del tunnel.
-“Owh, si mamma! E’..E’ che ho avuto un giramento di testa e James mi ha impedito di cadere prendendomi.”- pronunciò quella scusa finendo solo col disprezzarsi ancora, con la voglia di fondersi e di riformarsi d’accapo pulita, nuova. Avrebbe potuto giurare di averlo sentito ridere e sussurrare contro l’orecchio una volta raccontata la bugia alla madre. –“Ancora vuoi negare le nostre somiglianze, sorellina?”
 
Finse per il resto della serata di esser davvero contenta di quella situazione, del ritrovarsi tutte quelle persone attorno al tavolo a condividere un momento così familiare come fosse quello che davvero desiderava. James le si era seduto di fianco e cercava in ogni modo, con la più effimera scusa di toccarla.  Jason , il maggiore tra i minori, si vedeva dal suo sguardo che avrebbe voluto farlo saltare in aria. Kendall ,dal canto suo, aveva trovato ogni possibile presupposto per alzarsi.

Aveva mandato giù più birre di quanto le piacesse ammettere. Ma lei reggeva l’alcool ma qualcuno era convinto del contrario.
 
1 gennaio,2014- 00.30 a.m.

La mezzanotte scoccata, il nuovo anno cominciato.. non nel miglior modo.
James aveva fatto di tutto per baciarla entro i primi dieci minuti del nuovo giorno. Kendall non sapeva chi ringraziare degli angeli e dei santi conosciuti per essere riuscita ad evitare le sue labbra. Ora era chiusa in camera, si stava cambiando.
Una gonna a vita alta nera in pelle abbinata ad un top\canotta anch’esso in pelle nera che lasciava scoperta una piccola porzione di petto. Scarpe alte ed una catena doppia dorata al collo. Quando si soffermò davanti lo specchio non poteva non vedere il marchio sull’avambraccio sinistro.
Era nero come il petrolio, la sensazione di bruciore costante. Gli sarebbe piaciuto pensò.

Come stabilito col gruppo d’amici alle due erano davanti al Black Hell. Un locale sotterraneo a cui con amaro in bocca doveva ammettere aver molta familiarità. Non aspettò che i suoi fratelli scendessero dall’auto per entrare. Trovò all’entrata l’amica di una vita: Hope. Quello, non era il suo vero nome ma Kendall la chiamava così poiché delle due era sempre lei quella con la speranza immortale. Si salutarono col primo abbraccio dell’anno ed entrarono.

Il primo passo nel locale sembrò farle prendere fuoco. Il marchio le bruciava come mai aveva fatto. Passo dopo passo il bruciore era ancora più intenso. E’ qui pensò al limite della sopportazione. Si coprì il marchio con la mano come se farlo lo facesse bruciare di meno.

C’erano vari ragazzi che con sguardo intenso le percorrevano le gambe sino al viso. Ma dopo averla riconosciuta fingevano che non esistesse. Suo malgrado, Kendall era cosciente di aver come un cartello sulla schiena con scritto: “ Sono la sorellina di James e Jason McCann, prova a portarmi a letto e i miei fratelloni ti bucano le palle come uno scola-pasta.” Ma non ci dava peso, i ragazzi non erano mai stata la sua priorità.

5.30 a.m.

Erano usciti tutti dal locale, erano stati mandati via con la forza. Dei ragazzi , dalle voci che giravano, l'avevano fatta bella grossa. Kendall sentiva che al 90% “quei ragazzi” erano stati i suoi fratelli, ma sperò il contrario.
Quel dannato cognome non poteva dannarla anche il primo giorno dell’anno.

-“ Come non potete portare me e Kylie e Hope a casa?”- la voce di Kendall era salita di qualche ottava. Jason aveva il labbro spaccato, i capelli castani in disordine e la maglietta alzata su un fianco.
-“ Dall, ti prego non urlare..”- si portò le mani sulle orecchie con una smorfia di fastidio. –“ James non molla quelle due dalle tre e se le vuole portare a casa, e in più c’è la mia ragazza che vuole la prima scopata dell’anno nuovo.. come faccio?”- Avrebbe voluto prenderlo a pugni come solo i McCann sapevano fare ma sapeva che, una volta reso plateale la sua somiglianza coi fratelli, sarebbe stata marchiata a vita.

Kylie aveva trovato il passaggio da un suo compagno del corso di matematica, le aveva detto che sarebbe tornata a casa prima dell’ora di pranzo. Non era completamente lucida, Kendall aveva provato ad impedirglielo ma era già in macchina e stava sfrecciando via.

Era rimasta con Hope e Marcus. La bionda era completamente persa. Iniziava lunghi monologhi senza portarli a termine perché doveva ridere o..doveva fare pipì.
Marcus ormai sul punto di collassare dal ridere decise che l’avrebbe accompagnata lui a casa in moto.

Era rimasta sola, fuori il Black Hell.
Scorreva tutti i numeri della rubrica, ma i suoi amici erano troppo ubriachi per risponderle.

Il marchio riprese a bruciare , non che avesse smesso, ma aveva quella tremenda intensità che aveva provato quanto era entrata nel locale.
-“ L’ho sempre detto, i vestiti in pelle ti stanno da Dio.”- Le si gelò il sangue nelle vene. Justin.
Ebbe come la sensazione che il marchio pulsasse. Si portò una mano sull’avambraccio e strinse forte prima di girarsi di schiena.
Alto. Era diventato più alto. I capelli erano più corti. Pelle. Era vestito in pelle nera.
Non riusciva a parlargli, non riusciva a pronunciare un minimo suono. Camminò verso di lei, la superò urtandola con una spalla. Kendall si girò ancora. Si era messo in sella alla sua moto. –“ Su, ti accompagno a casa.”- disse con voce atona mentre le porgeva il casco.
Non ragionò, era come telecomandata. Prese il casco e lo infilò sulla testa una volta salita in sella. Cercò un appiglio, una sporgenza da stringere con le mani per non cadere. Ma con una storica non curanza, lui le prese le mani e le posizionò attorno al proprio busto, come se si stessero abbracciando. Accese il motore e partì.

Il marchio non le bruciava più.
 

 

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