L'Agguato

di PaolaDP
(/viewuser.php?uid=47848)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Coincidenze? ***
Capitolo 4: *** Ultimo giorno di scuola... ***
Capitolo 5: *** L'Agguato ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


pag1


L'AGGUATO



Muoviti, siamo in ritardo!”

Eccomi, eccomi...”

Una ragazza uscì correndo dalla casa.

Ci sono! Andiamo...” esclamò avvicinandosi ad una ragazzo che le somigliava molto.

Percorsero a passo svelto il viale alberato, che si trovava in una zona molto prestigiosa, e girarono a sinistra lasciandosi alle spalle le grandi case bianche con i loro curatissimi giardini. La ragazza aveva i capelli biondissimi, lunghi fino alle spalle, gli occhi color del ghiaccio ed un fisico molto sottile. Indossava dei jeans e un maglione rosso con il collo largo, portava i capelli raccolti in una coda da cavallo e teneva fra le mani dei libri. Alle orecchie portava degli orecchini d'oro a forma di sottili anelli.

Per quelli ti converrebbe usare una borsa, sai? E' pieno in camera tua, perché non te ne prendi una?” le disse il ragazzo indicando i pesanti volumi che teneva fra le mani. Era un po' più alto di lei, con i capelli lunghi come i suoi ma scurissimi e gli occhi del suo stesso colore: suo fratello gemello. Indossava una maglietta nera e dei jeans, una bandana rossa attorno al collo, delle scarpe da tennis e, come lei, portava degli orecchini d'oro.

Lo so, ma me ne dimentico sempre...” rispose lei con aria colpevole. “Senti, dobbiamo sbrigarci o arriveremo in ritardo.” aggiunse dando un'occhiata all'orologio che portava al polso.

Non c'è nessuna interrogazione oggi, vero?” le domandò lui corrugando la fronte.

Nessuna, sta' tranquillo. Dopo la scuola io e Reciél pensavamo di andare in gelateria. Vuoi venire con noi?”

D'accordo, per me va bene. Tieni conto, però, che dobbiamo anche allenarci...”

Certo, sta' tranquillo...” ribatté lei con un sorriso.

Dopo aver percorso una lunga via, attraversarono un vicolo stretto sulla sinistra ed arrivarono in un'ampia piazza con grandi aiuole di fiori viola e gialli, su cui si affacciavano diversi portici pieni di negozi di abiti e di piante. Oltrepassata la piazza, i ragazzi imboccarono un altro vicolo, in cui c'erano alcuni bidoni dell'immondizia.

Cosa ne pensi di Lanél?” chiese all'improvviso il ragazzo, fermandosi ed osservando pensieroso il marciapiede.

Anche la ragazza si voltò per guardare gli occhi del fratello. Era molto concentrato e teso, non l'aveva mai visto così. Non voleva che quella... quella strega si divertisse con lui. Il suo carattere era molto deciso ed autoritario, non poteva credere che quella specie di modella lo avesse messo in crisi. Si trattava di una ragazza che c'era a scuola; aveva capelli neri lunghi fino alla vita, occhi altrettanto scuri e un grosso neo sullo zigomo sinistro. Era molto altezzosa; indossava sempre pantaloni o troppo larghi o troppo stretti e magliette enormi. Molto intelligente, la scuola non le interessava molto e, nonostante le sue possibilità, si accontentava della sufficienza.

Cosa vuoi che ti dica? Sai che non mi piace.” gli disse osservandolo per soppesarne le emozioni.

Io ho l'impressione di piacerle.” esclamò lui alzando lo sguardo e ricambiando l'attenzione della sorella, che rimase zitta, si voltò e riprese a camminare.

Ehi!” la chiamò lui.

Cosa c'è?” domandò lei girandosi di nuovo con irritazione.

Ti ho fatto una domanda.”

E io ti ho risposto. Se vuoi una risposta in particolare, temo che dovrai formulartela da solo.”

Non fare la stupida!” esclamò il fratello riprendendo a camminare.

Fratellino, sai benissimo che non mi va a genio che cerchi di attaccar bottone con te. Fa' quello che vuoi.” gli disse avvicinandosi e sfiorandogli il naso con il suo.

Credi che mi interessi?! Ho di meglio da fare, ma devo ammettere che mi ha commosso vedere tutti i suoi tentativi per attirare la mia attenzione.”

Commosso?” esclamò lei improvvisando un'aria sorpresa. “Non disgustato, piuttosto?”

Sei sempre la solita...” sussurrò fra sé e sé il ragazzo, sorridendo ed osservandola con uno sguardo affezionato.

Eppure, lei aveva come l'impressione che non le avesse detto tutta la verità... suo fratello piaceva indiscutibilmente a Lanél, ma lui cosa ne pensava?

Era una bella giornata, il sole splendeva alto, si sentivano gli uccelli cantare allegramente dalle grondaie delle case, ma, stranamente, le strade erano quasi deserte. Gran parte delle persone, probabilmente, era sotto ai loro piedi, nella metropolitana, diretta verso il proprio ufficio o verso la propria la scuola.

Quel vicolo era piuttosto buio... Dopo qualche minuto i ragazzi arrivarono davanti ad un grande edificio giallo pieno di persone della loro età: la loro scuola e i loro numerosissimi compagni.

Ehi!” una ragazza di media statura, con capelli corti e rossi e occhi scurissimi, corse loro incontro, tenendo fra le mani due spessi volumi; indossava un maglioncino rosa e dei pantaloni bianchi, con una candida giacca a vento.

Ciao, Reciél.” la salutò la ragazza con un sorriso. Era la sua migliore amica: si erano conosciute due anni prima ed erano diventate quasi inseparabili. Reciél era molto particolare, riflessiva e calma; suo padre aveva una piccola gelateria dove lei e l'amica andavano spesso a fare merenda.

Buongiorno, Reciél.” disse a sua volta il fratello con un cenno della mano.

Oggi devo esporre il mio topic di inglese... Sono così tesa!” continuò Reciél con un sorriso imbarazzato.

Tanto lo sappiamo tutti che voto prenderai...” ribatté la ragazza. “Prenderai l'ennesimo 8 e ti lamenterai perché avresti voluto il 9.”

Non fare la sciocca! Temo che l'emozione mi giocherà qualche brutto scherzo. Beh, in fondo...”

Basta restare lucidi.” completò l'amica. “Me lo dici sempre.”

Sentite” intervenne il ragazzo “conviene avviarsi: sono quasi le 8.00 e Kenter segna ogni minimo ritardo.”

Va beh, andiamo.”

I tre si avviarono verso il portone e si unirono alla folla di studenti che stavano entrando nell'edificio, accalcandosi lungo i corridoi e premendosi contro le pareti. Alcuni professori disperati stavano tentando di spingersi attraverso quella marea per raggiungere la sala professori; uno di loro si avvicinò faticosamente al gruppetto.

Buongiorno ragazzi. Come va?” chiese loro con aria gentile.

Tutto bene, signore.” rispose con fermezza il ragazzo, che era più alto di lui di quasi una spanna.

E voi, signorine? Reciél, ti vedo tesa. C'è qualcosa che ti preoccupa?”

Nulla, prof. Solo che oggi devo esporre in inglese, quindi...”

Ah! Tensione pre-test, eh?”

Già.” confermò Reciél, imbarazzata.

E tu?” chiese il professore rivolgendosi alla ragazza. “Va tutto bene?”

Nella norma, come deve andare.” rispose lei con un sorriso formale.

Le tue risposte sono sempre disarmanti, sai?” le disse lui, sorridendo a sua volta. “Non ho mai incontrato persone meno loquaci di te e di tuo fratello... D'accordo, ragazzi. Non è ancora persa l'ultima speranza che riesca ad arrivare in quarta in orario, quindi sarà meglio che cerchi di precedervi. Arrivederci!”aggiunse per poi allontanarsi.

La ragazza rimase a fissarlo pensierosa. Fargon, il professore di biologia, le era molto simpatico, ma la confidenza che cercava di instaurare con gli allievi era talvolta piuttosto imbarazzante. Era un uomo di media statura, con dei grandi e spessi occhiali di plastica azzurra lucida, pochi sparuti capelli in testa e una pancia piuttosto voluminosa.

Cosa abbiamo alla prima ora?” chiese Reciél, distogliendola dai suoi pensieri.

Storia dell'Arte.” le rispose lei, senza distogliere lo sguardo dal punto in cui il professore era sparito.

CONTINUA...

Salve a tutti! Ho pensato di scrivere questa storia leggendo "La verità sull'inizio" di Sirene Chan, che

narra, appunto, di come C 17 e C 18 siano finiti nella rete del Fiocco Rosso e di come abbia fatto il dr Gelo

(sul cui nome ho diversi dubbi: ci sono versioni differenti che lo chiamano "Gero", penso sia l'edizione

inglese)a procurarsi la materia prima su cui lavorare. Nonostante la pubblichi solo ora, ho scritto questa

storia parecchio tempo fa, quindi potrebbero esserci errori anche un po' infantili, in tal caso chiedo

scusa.

Come avete visto, ho cercato di immaginare una vita il più sereno e il più semplice possibile per

questi due fratelli. Credo anche che vi siate accorti che i due ragazzi non vengono mai chiamati per nome:

sceglierne uno per personaggi così carismatici mi sarebbe sembrato quasi un affronto nei loro confronti,

per cui continueranno a essere "i fratelli", "i gemelli", "la ragazza e il ragazzo" (non avete idea di che fatica

sia evitare ripetizioni senza poter usare un nome proprio!).

Credo di avere detto tutto...

Mi raccomando, ho bisogno di consigli, suggerimenti ed opinioni, quindi inserite un commento.

Grazie per aver letto!


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Agguato 2

L'agguato

Ci vediamo domani!”

D'accordo, a domani.”

I due ragazzi, dopo aver salutato Reciél si avviarono verso il vicoletto per cui erano passati quella mattina diretti verso casa. Il sole era ancora alto, ma, come al solito, quella stradina era buia come se fosse stata notte.

E' simpatica la tua amica.” disse il ragazzo alla ragazza, senza guardarla negli occhi ,ma continuando ad osservare una macchina nera nello spicchio di luce visibile in fondo al vicolo.

E me lo dici oggi?” replicò lei con un sorrisetto sorpreso. “La conosco da due anni, sai?”

Il fratello rimase in silenzio, continuando a guardare l'automobile illuminata dal sole.

Tu hai idea di che modello sia quella macchina?” le chiese all'improvviso.

La ragazza prese a fissarla a sua volta. “No, non saprei. Perché?”

E' particolare... non ne ho mai vista una così.”

Con tutte le riviste di motori che leggi...” disse la sorella, guardandolo. Un sorriso compiaciuto le increspò le labbra.

No, dai, seriamente. Hai mai visto una macchina del genere?”

Cos'ha di strano?” chiese la ragazza avvicinandosi per posizionarsi di fianco al fratello.

Non ha niente che segnali la marca, nessuna targa, i finestrini hanno una forma mai vista, sono oscurati; ha tre volumi, vero, ma le proporzioni...”

Evidentemente ti sei lasciato sfuggire un modello, da qualche parte.” gli disse la sorella, con un sorriso divertito e scandalizzato.

Forse hai ragione...”

La ragazza, spazientita, decise di non prestare attenzione alle parole del fratello.“Coraggio, andiamo, dobbiamo ancora mangiare!”

Arrivarono alla piazzetta con il portico ed imboccarono il vicolo di fronte a loro. Giunsero così in una via molto larga, con diverse auto posteggiate e, girato a destra, si ritrovarono nel viale alberato in cui abitavano; si avviarono verso una casa bianca, sviluppata su due piani e con un grande giardino. Entrarono dal cancello, salirono i gradini del portico e varcarono la porta candida, con due colonne bianche ai lati.

Mamma!”esclamò la ragazza appoggiando i libri su un tavolino dell'ingresso. Era una casa molto bella, ordinata, pulita e lussuosa. Si trovava in un quartiere residenziale di alto livello, a pochi isolati dallo studio dove il padre dei due fratelli esercitava la professione di notaio.

Il ragazzo passò per l'arco sulla sinistra ed entrò in un'ampia cucina.

Mamma...” chiamò a sua volta, guardandosi attorno.

Ciao!” esclamò una donna minuta e bionda seduta al tavolo facendo un cenno con la mano. Indossava un vestito casalingo verde pallido, e stava mangiando con gusto una fetta di torta. “Com'è andata la scuola?” domandò masticando un boccone particolarmente grosso.

Il figlio si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia. “Tutto bene, nulla di particolare.”

Volete un po' di torta? Norma ne ha preparata anche troppa, non so dove metterla!” disse sollevando la fetta di dolce.

Grazie. Io ne prendo subito...” esclamò il ragazzo prendendone un pezzo.

Tu non ne vuoi, tesoro?” chiese la donna rivolgendosi alla ragazza.

Ne prendo solo un po'...”

Avete compiti da fare?”

Devo finire una ricerca.” disse il figlio.

Allora sbrigati! Questa sera, quando tornerà vostro padre, avremo circa mezz'ora di tempo prima di andare a ristorante, per i vostri zii.”

Non ti preoccupare, vado subito a finirla.” disse il ragazzo avviandosi verso le scale.

Mi raccomando...”

Io vado a darle una mano...” intervenne la sorella seguendolo.

Tanto lo sai che non ce n'è bisogno: con questa tecnologia si può fare tutto in pochissimo tempo.”

Non si sa mai...” i ragazzi salirono al piano di sopra lasciando la madre a guastarsi in santa pace la sua fetta di torta.

Mangiamo fra poco!” gli urlò la donna, colta da un'improvvisa illuminazione riguardo al fatto che lei si era abbuffata e si stava abbuffando di torta mentre i figli non avevano mangiato nulla dalla colazione.

Una volta salite due rampe di scale, i due fratelli arrivarono in un lungo corridoio; aveva le pareti verniciate di bianco, su cui troneggiavano diversi quadri e stampe, e sul pavimento c'era un lunghissimo tappeto persiano con temi dorati e color porpora. Girarono a destra e lo percorsero, per poi imboccare una porta alla loro sinistra, proprio in fondo al corridoio; entrarono in un'ampia stanza con un letto su cui c'erano una pila di riviste automobilistiche e un pallone da basket, una scrivania con un computer, diversi scaffali pieni di modellini di automobili, un enorme armadio che ricopriva un'intera parete e un balcone affacciato sulla strada di fronte.

Su che cos'è la ricerca?” domandò la ragazza al fratello sedendosi sul letto. Era molto morbido con una coperta di pile blu; era incassato fra gli sportelli di un grande armadio, proprio come la scrivania.

Su Mendel.” le rispose lui senza guardarla ma continuando ad osservare lo schermo del computer in accensione.

Ti è capitato lui, eh?”
“Per essere uno che ha passato la vita osservando la riproduzione dei piselli...” ribatté il ragazzo con un sorrisetto divertito.

Hai ragione.” rispose la sorella guardandolo con aria affettuosa. I loro caratteri erano molto simili: erano entrambi piuttosto introversi e taciturni con gli altri, ma fra di loro erano molto più socievoli. Contrariamente a quanto accade talvolta fra fratelli, i due andavano molto d'accordo; lui tendeva ad essere protettivo nei confronti della gemella, e lei a sua volta si sentiva in dovere di aiutarlo in tutto. Non erano sempre vissuti in quella casa: dopo essersi sposati, i loro genitori avevano abitato un delizioso appartamento proprio nella via porticata che ora percorrevano per andare a scuola, via dell'Agorà; delizioso, sì, ma estremamente piccolo! Quando Brian e Cidonia, i loro genitori, avevano scoperto di aspettare un figlio avevano pensato che, con un po' di impegno, avrebbero potuto far bastare lo spazio. Quando avevano scoperto di aspettarne ben due, si erano sforzati di resistere ma quando i gemelli avevano 7 anni si erano resi conto che tutta la buona volontà di questo mondo non può tenere due bimbi nella stessa camera e avevano deciso di cambiare; si erano trasferiti in quella villa, sempre nella stessa zona; in questo modo, la loro compagnia non era cambiata e sempre le stesse persone venivano a cena da loro. La migliore amica di Cidonia era Elora, una donna che era stata loro vicina di casa in quell'appartamento, ne abitava uno più grande sullo stesso piano, con un bel terrazzo rivolto ad Est.. Elora era una donna di media statura, con i ricci rossi, gli occhi scurissimi e il naso appuntito; aveva avuto una figlia, Avina, a vent'anni, molto presto, ed allora era già diventata nonna di un nipotino di nome Jhamli. Il marito era un costruttore e non era mai a casa. Lei e Cidonia andavano al cinema e in palestra insieme, soprattutto quando i due gemelli andavano ad allenarsi nelle arti marziali; partecipavano spesso a competizioni a livello regionale e nazionale ed erano addirittura finiti sui giornali per la loro bravura. Ora frequentavano l'ultimo anno di liceo e si apprestavano a portare avanti i loro studi all'Università. Entrambi volevano diventare ingegneri, lui per le auto, lei per l'elettronica in generale.

Conosci qualche sito interessante?” chiese il ragazzo rivolto alla sorella voltandosi finalmente per guardarla.

Non ne ho idea.” replicò lei con aria pensierosa. “Prova a guardare su Google. Comunque...” continuò con aria maliziosa. “... una ricerca andrebbe scritta, non scaricata...”

Sorvoliamo.” replicò lui con aria sommessa, concentrandosi sullo schermo.

Ecco qua il nuovo capitolo!

Ringrazio calorosamente tutti coloro che hanno recensito il precedente!

Selhin: ti ringrazio molto per aver controllato le ripetizioni e grazie mille per i complimenti! Non mi aspettavo che piacesse... Comunque, penso che la parte                   drammatica arriverà solo quando ci sarà  il confronto Gelo-Gemelli. Sono felice che tu abbia approvato la mia idea di continuare a chiamarli in questo               modo! Penso che ne vedremo delle belle...

Juu_Nana: Sono felicissima di aver trovato qualcun altro appassionato, fan sfegatato degli androidi! Soprattutto il povero C 17 viene sottovalutato, poverino!                      Continua a leggere e a recensire, mi raccomando, ho bisogno di qualcuno che li conosca molto bene, temo sempre di uscire dai personaggi!

LadyGaunt:Grazie per i complimenti! Come vedi ho aggiornato molto presto, come mi hai chiesto tu... Complimenti, piuttosto, per le TUE storie: aspetto il                           seguito di "Amore e Circuiti."

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Coincidenze? ***


Coincidenze?

L'Agguato

Ehi! Salve a tutti!” esclamò Brian entrando in casa. Chiuse la porta dietro di sé e si pulì le scarpe sullo zerbino, appoggiò chiavi e cellulare su un tavolino lì vicino e si tolse il cappotto.

Bentornato.” gli disse la moglie entrando nell'ingresso. Gli prese la ventiquattr'ore e il cappotto e li appoggiò su un divano della sala. “Com'è andato il lavoro oggi?”

Niente di che. Dove sono i ragazzi?” rispose l'uomo guardandosi attorno.

Sono su. Penso che stiano leggendo.”

Brian sorrise: credeva di conoscere il genere di lettura prediletta dal figlio... Salì a passo rapido le scale e percorse il corridoio. Si fermò davanti ad una porta alla sua sinistra.

Posso?” chiese aprendola ed affacciandosi nella stanza.

Ciao, Papà!” esclamò il ragazzo, seduto sul letto, intento a leggere una delle sue innumerevoli riviste di motori.

Tua sorella?” domandò l'uomo, dato che si aspettava che fossero assieme.

E' in camera sua.” rispose il figlio puntando un dito alla propria sinistra per poi ri-immergersi nella sua rivista.

Il padre richiuse la porta e si voltò: di fronte a lui c'era un'altra porta. La aprì.

Buonasera, signorina.” esclamò.

La stanza era molto spaziosa. Al centro c'era un letto con un piumino rosso, una cassapanca di legno; sulla parete di fronte c'era una scrivania con un computer portatile, degli scaffali colmi di libri, un grande armadio che copriva gran parte della parete; la stanza aveva un balcone che si affacciava sul giardino della casa.

La ragazza era seduta alla scrivania e stava parlando al telefono.

Aspetta un attimo...” disse rivolgendosi alla cornetta. “Ciao, Papà! Come va?”
“Tutto bene. Senti, fra un po' dobbiamo andare a ristorante, preparati.” le ricordò Brian alzando un dito ammonitore.

Senti, ti spiace se ti richiamo io domani?” continuò la figlia parlando al suo interlocutore. “D'accordo... Ciao!”

Appoggiò la cornetta e si alzò. “D'accordo, adesso mi preparo.”

Allora ti lascio.” esclamò il padre richiudendo la porta ed allontanandosi.

La ragazza si diresse verso uno dei suoi armadi bianchi e lo aprì. All'interno c'erano per lo più abiti blu o neri, soprattutto di jeans, materiale che piaceva molto sia a lei che al fratello. Fece scorrere le dita sui numerosi ometti appesi pensando a quale fosse il capo più adatto per l'occasione. Alla fine optò per un abito verde scuro, lungo fino alle ginocchia. La scollatura era praticamente nulla, copriva il petto fino alla gola, e lasciava le spalle e le braccia scoperte. Per fortuna non c'era molto freddo! Abbinò delle ballerine dello stesso colore. Quanto ai capelli, legò dietro alla nuca le prime ciocche sulla fronte con un fermaglio verde. Prese un cappotto beige e si avviò lungo il corridoio, dove incontrò il fratello.

Ma come ci siamo vestiti eleganti!” le disse lui con un sorriso di scherno.

Anche tu.” rispose pacatamente lei indicando la camicia bianca che indossava il ragazzo.



Ma vi rendete conto?! Aveva completamente dimenticato il nome del beneficiario del testamento, suo figlio!” concluse Brian, con un sorriso incredulo. La compagnia scoppiò sonoramente a ridere. Suo fratello Lex e la moglie, Lila, che erano andati con lui, Cidonia e i due ragazzi, replicarono con qualcosa come “queste cose capitano solo a te...”; si erano sposati da poco, nonostante non fossero giovanissimi. Lex era alto e magro,con occhi scurissimi. Lila era molto minuta e di media corporatura, con scurissimi e corti capelli ricci; come il marito, portava degli spessi e grandi occhiali. Oltre a loro, seduti al tavolo de “La Cicogna” c'erano due colleghi di Brian, uno alto e piuttosto incarne, con i capelli grigi e un completo scomposto, con la cravatta messa di traverso, di nome Rin, l'altro completamente calvo, con una perfetta giacca nera e un cravattino rosso, che si chiamava Lionell.

Alla fine se ne è ricordata?” domandò Lex, con un sorriso obliquo.

Se ne è ricordato il figlio stesso quando è venuto a prenderla.” rispose Brian, ammiccando: andava molto orgoglioso del suo lavoro.

Dall'altra parte del tavolo, seduti l'uno fianco all'altro, c'erano i due ragazzi, lei con il suo abito verde, lui con la sua camicia bianca nuova di zecca. Avevano pensato di organizzare quella serata per festeggiare la scoperta della gravidanza di Lila, Cidonia aveva pensato a tutto.

Congratulazioni a tutti e due!”

Ma soprattutto alla mamma...”

La serata era trascorsa allegramente, all'insegna delle risate e della buona cucina.

Cento di questi giorni!”

Il tavolo era in un'ottima posizione: si trovava esattamente di fronte alla vetrata del ristorante, permettendo così di vedere tutta la strada di fronte, dove erano posteggiate alcune automobili.

La ragazza continuò a chiacchierare con i convitati, ma suo fratello rimase silenzioso e taciturno; mangiò poco, e tenne gli occhi puntati sul marciapiede oltre il vetro.

Ma si può sapere che hai?” gli chiese lei, incuriosita dal suo atteggiamento: era sempre stato un ragazzo taciturno, ma quella sera sembrava profondamente turbato. “Non hai praticamente toccato cibo...”

Non ho fame.” rispose con tono piatto il ragazzo, senza distogliere lo sguardo dalla vetrata.

Si vede.” disse la sorella; il suo non era un rimprovero: era semplicemente una constatazione disinteressata. La sua espressione non tradiva alcun sentimento.

Non te ne sei accorta?” replicò lui , alzando finalmente lo sguardo e fissandola inespressivamente negli occhi .

Accorta di cosa?”

Il ragazzo rimase silenzioso per qualche istante, poi tornò a fissare la vetrata. “Quell'auto” iniziò, indicando con discrezione un'automobile nera molto particolare “ha percorso tutto il tragitto dietro di noi, ha posteggiato dopo di noi e nessuno ne è uscito. I finestrini sono oscurati, non ho idea di chi possa essere.”

Sua sorella riabbassò la testa, ma puntò discretamente lo sguardo sull'automobile posteggiata qualche metro più in là. Non le aveva prestato attenzione, ma effettivamente doveva aver già visto quella macchina, da qualche parte...

Alla nostra Lila, che diventerà madre!”

Il ragazzo si unì al brindisi proposto da suo padre, ma sua sorella rimase china, sistemandosi il tovagliolo sulle ginocchia, senza prestarci veramente attenzione: i suoi occhi erano puntati sull'automobile. Le parve, alla luce di scorgere un movimento al suo interno, e intravide il volto di un uomo alto e muscoloso, giovane, con i capelli brizzolati e lunghi. Sul petto, sul suo gilè, c'era stampato qualcosa simile ad un fiocco colorato di rosso, con sopra due R bianche. I suoi occhi erano azzurri, di ghiaccio, e le ricordavano... le ricordavano terribilmente i suoi e quelli di suo fratello.


Tutti sembravano felici e spensierati nel ristorante “La Cicogna”: tavoli colmi di pietanze gustose e sofisticate, capannelli di amici che chiacchieravano animatamente, ridendo, scherzando, inventando storie sciocche e assurde solo per divertirsi, camerieri sorridenti disposti a tutto pur di accontentare i clienti rendendo quella serata il più piacevole possibile. Eppure, ad un tavolo davanti alla vetrina, due ragazzi molto simili, silenti e tesi, non prestavano attenzione ai propri genitori o ai propri amici, ma gettavano fugaci occhiate ad un'auto scura posteggiata nella strada di fronte, un'auto avvolta da un alone di mistero. Un'auto il cui autista portava l'insegna del Fiocco Rosso.


La ragazza si passò una mano fra i capelli. Aveva passato una notte insonne osservando il soffitto candido della sua stanza e pensando... Forse, aveva esagerato: farsi rovinare la nottata da una sciocchezza come un'automobile che, casualmente, aveva la sua stessa destinazione! Era giunta alla conclusione che qualcuno doveva pur essere sceso da quel veicolo, forse suo fratello non se ne era accorto. Nonostante cercasse di convincersi del fatto che tutto doveva essere una coincidenza, la ragazza non riusciva ad abbandonare un senso di tensione, un presentimento: sentiva che qualcosa di terribile stava per accadere.

Sfilò i piedi da sotto le lenzuola e li infilò nelle sue pantofole calde. Si alzò dal letto e uscì in corridoio. Si fermò di fronte alla porta che le stava davanti, abbagliata dalla luce proveniente dalla finestra alla sua destra, leggermente attenuata dalle tende bianche. Socchiuse gli occhi. Era indecisa se bussare o no, ma entrò.

La stanza era piuttosto luminosa a quell'ora. Le pile di riviste erano state abbandonate per terra per fare spazio, nel letto, al loro proprietario, che era ora immerso in un sonno profondo. La ragazza si avvicinò silenziosamente e si sedette ai piedi del fratello, scuotendolo dolcemente per svegliarlo.

Ehi, fratellino? Sveglia, ho bisogno di parlarti.”

Dopo qualche scossone particolarmente forte, il ragazzo strinse ancora più forte il cuscino, affondandoci la faccia, e mormorò, senza aprire gli occhi “che ore sono?” Il suo tono tradiva una nota di esasperazione...

Ecco... abbastanza presto.” Gettò uno sguardo all'orologio appoggiato sul comodino lì a fianco: c'era scritto “06.17”.

Suo fratello aprì gli occhi, sotto ai quali c'erano due profonde occhiaie. Sollevò il busto con molta fatica e si mise a sedere, fissando la ragazza con aria risentita. Prese distrattamente la sveglia fra le dita e, dopo aver visto l'ora, la riappoggiò con uno sbuffo di incredulità e rassegnazione. “Abbastanza presto?!” esclamò, tornando a fissare la responsabile della brusca interruzione del suo sonno.

Lo so, ma ho bisogno di parlarti..” replicò lei, corrugando la fronte.

Parlare?” disse il ragazzo alzando le sopracciglia.

Sì. Quello che è successo ieri mi ha turbata. Insomma...” aggiunse, di fronte all'aria persa del fratello “... riguardo alla macchina.”

Il ragazzo si lasciò cadere contro il muro, accasciandosi sulla schiena. “E mi hai svegliato per questo?!” esclamò con incredulità.

Senti, tu ieri eri anche più pensieroso di me, quindi non minimizzare! Io almeno mi sono goduta la serata.”

Ma non la nottata, vero?”

Cosa vuoi dire?” gli domandò, guardandolo storto.

Hai delle occhiaie tremende, si vede lontano un miglio che non hai chiuso occhio.” replicò lui, alzando una mano per indicare qualcosa evidentemente molto visibile sotto i suoi occhi.

Di fronte all'aria imbarazzata della sorella, il ragazzo decise di iniziare a parlare.

Hai ragione, sono rimasto colpito anch'io.” le disse, facendosi improvvisamente serio.

La ragazza tornò a fissarlo: l'espressione di suo fratello, in genere così sicura di sé, così consapevole e matura, era cambiata. Era un misto di preoccupazione e di paura, un qualcosa che né lui né tanto meno lei avevano mai provato. Era stato tutto una coincidenza? Era inutile preoccuparsi, si erano spaventati per niente?

Il suo gemello era sempre stato un punto di riferimento per lei, il punto fermo della sua vita. In qualche modo, era sempre stata sicura che, in caso di necessità, lui sarebbe stato lì, con la sua aria pacata, tranquilla ed onnisciente per consolarla e, talvolta, spingerla a fare qualcosa che temeva ma che era necessario. Adesso aveva davanti un ragazzo teso, incerto, dubbioso che non sapeva nemmeno di cosa aver paura e se fosse giusto averne.

Che siano dei rapinatori che ci hanno presi di mira?” gli chiese, dubitando lei stessa di ciò che aveva detto.

No, non credo: ho avuto l'impressione che... No, escluderei che si tratti di ladri.” Si era interrotto, ma sua sorella sapeva perfettamente che cosa stava per dire, era proprio quello che stava pensando lei: qualcosa le diceva che non potevano essere comuni scassinatori, ma qualcosa di molto, molto peggio...

Senti, non preoccupiamoci: è possibilissimo che qualcuno sia sceso e che io non l'abbia visto, è possibilissimo che qualcuno abbia casualmente seguito il nostro stesso percorso, non dobbiamo temere.” le disse, posandole delicatamente una mano sulla spalla. “E' stata una coincidenza, tutto qui.”

La ragazza rimase a fissarlo negli occhi: non era convinto di ciò che stava dicendo, lo stava facendo solo per tranquillizzarla e per comodità. Sì, per avere la comodità di poter dire di esserne veramente persuaso, per potersi sentire autorizzato a far finta di nulla. Sorrise debolmente, ed annuì.

Comunque, io ho l'impressione di aver già visto quella macchina...”

Salve a tutti! Eccomi di nuovo qui, a proseguire con questa storia. Come vedete, il tarlo del dubbio si sta facendo sentire, i gemelli (sapete già 

perché li chiamo solo così) stanno iniziando ad intuire cosa accadrà. Mi raccomando, lasciate un commento!

Grazie per avere letto anche questo capitolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ultimo giorno di scuola... ***


Ultimo giorno di scuola...

L'AGGUATO

Ah, finalmente!” esclamò il ragazzo, respirando l'aria del giardino della scuola, esattamente di fronte all'ingresso.

E' venerdì, e niente scuola per due giorni!” aggiunse, girandosi ad osservare sua sorella; con lei, oltre a Reciél, c'era un ragazzo alto, con i capelli ricci e scuri. Indossava una felpa blu, rossa e bianca e dei jeans. Era un suo amico, tutti lo chiamavano Rin.

Lo sappiamo” gli rispose con un sorriso eccitato. “Io vado in montagna coi miei, lì c'è una ragazza veramente carina.”

Fossi in te, non tornerei in città, credimi.” esclamò il ragazzo, tornando verso i propri amici.

Così avrei una stanza in più a disposizione.” disse sua sorella, sorridendo lievemente.

Si avviarono lungo il vialetto della scuola, verso il cancello. Alla loro sinistra, una ragazza con lunghissimi capelli neri si voltò al loro passaggio, osservando il ragazzo con aria interessata. Lanél mosse qualche passo in sua direzione sventolando la mano, ma venne completamente ignorata dal gruppo, che procedette compatto fino al cancello di ingresso. Il ragazzo continuò a fissare davanti a sé, con aria decisa, come se non si fosse accorto della sua presenza. Sua sorella, però, aveva capito il genere di pensieri in cui doveva essere immerso... La ragazza si voltò verso Lanél, che stava osservando suo fratello con aria delusa. Forse l'aveva giudicata con troppa superficialità: in fondo, sembrava veramente triste per essere stata ignorata... Se fosse stata una cosa sciocca, si sarebbe indignata e avrebbe lasciato perdere, no? Invece, ora, la ragazza che aveva sempre considerato insulsa e frivola si stava affliggendo pensando ad uno dei tanti ragazzi di questo mondo, proprio a suo fratello. Era stata ingiusta con lei, l'aveva giudicata a priori, senza preoccuparsi di conoscerla. Forse avrebbero potuto diventare amiche, chissà...

Un ragazzo le si parò davanti, distogliendola dai suoi pensieri. Era alto, robusto, con capelli biondo scuro e occhi chiari. Indossava dei jeans e una maglietta azzurra molto aderente e faceva sfoggio di un'espressione sicura di sé, intrigante. La stava guardando con aria interessata e galante. Mosse qualche passo in sua direzione, continuando a fissarla con sicurezza.

Ehi là! Come va?” le chiese, facendo sfoggio di una dentatura perfetta, messa strategicamente in bella mostra con un sorriso smagliante.

Bene.” rispose lei con tono piatto, tornando a guardare alle sue spalle: Lanél era sparita.

Evidentemente sorpreso dalla risposta, assolutamente inespressiva, si chinò verso di lei, sorridendo di nuovo.

Senti, ti piacerebbe...”

La ragazza si sentì afferrare per il braccio sinistro e, voltandosi, vide suo fratello, che stava fissando il ragazzo con aria minacciosa. Quest'ultimo, schiacciato dall'intensità di quello sguardo, mormorò qualcosa come “beh, ci vediamo...”, le fece un cenno con la mano e si allontanò velocemente.

Ti ha infastidita?” le chiese il ragazzo tornando a fissarla dopo aver rivolto uno sguardo disgustato al giovane sorridente.

No, non ti preoccupare.” rispose lei, con aria inespressiva: stava ancora pensando a Lanél.

Ehi! Che succede?” disse Reciél, avvicinandosi ai due in compagnia di Rin.

Nulla” esclamò la ragazza, sorridendo. Eppure non poté fare a meno di notare che suo fratello stava continuando a guardare nella direzione in cui quello sfacciato si era allontanato: che fosse ancora teso per ciò che era successo il giorno precedente? Quella mattina, dopotutto, avevano rivisto l'auto nera...


Era una bellissima giornata, quella; il parco della scuola, con le sue aiuole, le sue comode panchine e i suoi cancelli di ferro, era pieno di allievi sognanti che pensavano alle meraviglie che il week-end avrebbe portato; stavano seduti in compagnia ridendo, scherzando, parlando di mare, montagna, cinema sotto gli sguardi dei professori, che si scioglievano e tradivano una certa indulgenza per il sollievo dovuto alla prospettiva di due giorni in tutta tranquillità, senza svegliarsi presto per andare a spiegare nozioni noiose a studenti spesso disinteressati. L'aria era piena di serenità, ma, lungo il vialetto che portava al cancello, c'erano due fratelli introversi, taciturni, che si guardavano attorno spiazzati, spaventati, prudenti. Vicino a loro, i loro migliori amici non si erano accorti di nulla. La loro paura era fondata?


L'ora con il professore madrelingua è strutturata, generalmente, in tre parti: inizialmente vengono distribuite delle fotocopie con dei vocaboli riguardanti particolari argomenti, come cucina, sport, dibattiti su temi di attualità, degli esercizi sull'argomento stesso e, infine, è richiesta la composizione di un testo, naturalmente utilizzando il lessico appena visto. Per quanto riguarda le ore di compresenza...”

Il ragazzo si appoggiò allo stipite della porta dell'aula, osservando sua sorella affrontare con aria diplomatica quelle madri assetate di informazioni riguardanti la potenziale futura scuola dei loro figli. Sapeva gestire bene la situazione, altre persone sarebbero state imbarazzate ed impacciate nei suoi panni.

E' brava, eh?” esclamò una voce alle sue spalle.

Si voltò: di fronte a lui c'era Reciél, con il suo solito sguardo indagatore.

Già.” rispose lui, tornando a guardare la sorella.

Io non riuscirei mai ad essere così spigliata davanti a loro. Questi giorni di accoglienza sono piuttosto imbarazzanti, no?” sospirò. “Ultimamente si comporta in modo anche più serio del solito.” continuò la ragazza, osservando l'amica con aria pensierosa. “Non fa altro che riflettere. E anche tu.”

Siamo fatti così” rispose lui con un sorriso affezionato e rassegnato al tempo stesso.

Rimasero qualche minuto in attesa, fino a che non videro la ragazza congedarsi dai suoi ascoltatori con sorrisi di cortesia e strette di mano ed avviarsi verso di loro.

Ma quanto sei diplomatica!” esclamò il fratello ridendo quando li raggiunse.

Già, bravissima.” aggiunse Reciél con un sorriso.

Ah, piantatela di prendermi in giro!” rispose lei, sorridendo e dando una pacca sulla spalla del ragazzo.

Che ne dite di andare fuori a mangiare qualcosa?” chiese, rivolgendosi ad entrambi.

Mi dispiace” rispose l'amica, con aria mortificata “ma io devo assolutamente andare a casa, mia madre ha invitato uno schieramento di zii e parenti vari, è l'anniversario di matrimonio suo e di Papà. Ho fatto loro un favore lasciandoli soli stamattina, ma farei loro un torto se mancassi per pranzo.”

Sarà per la prossima volta... beh, che ne direste di avviarci verso l'ingresso?” propose il ragazzo.

Hai ragione. Che fine ha fatto Rin?” domandò la sorella, guardandosi attorno alla ricerca dell'amico.

Dovrebbe essere già giù.”

Percorsero il corridoio e scesero velocemente le scale. L'atrio era molto ampio, con le pareti gialle, e quel giorno c'erano diverse famiglie con ragazzi giovani e spaesati. Davanti al portone, proprio di fronte a loro, c'era un ragazzo alto e robusto.


Il gruppo, riunito, si avviò lungo il vialetto, facendo attenzione ad evitare le pozzanghere, dovute alla pioggia caduta durante la notte. Era una giornata soleggiata, ed era quasi ora di pranzo.

Era veramente tesissimo.” concluse Rin, scrollando le spalle.

Capita che tu metta soggezione...” lo prese in giro il suo amico, scarmigliandogli i capelli con un gesto affettuoso e sogghignando.

E a te com'è andata?” chiese il ragazzo rivolgendosi a Reciél, che camminava in coda al gruppo con aria assente.

Nulla di che.” rispose lei “Ragazzi un po' spaventati, a dire la verità.”

E' normale, in fondo, no?” intervenne la sorella, ripensando alla prima volta in cui era entrata in quell'edificio, terrorizzata all'idea di iniziare il liceo.

Sapete una cosa? Credo che in fondo la prossima sarà una buona annata, i ragazzi mi sembrano simpatici, motivati, solo un po' troppo timidi...”
“Mi auguro che non siano tutti pazzi come te, Rin.” replicò il ragazzo, facendosi ironicamente serio.

Sua sorella rimase in disparte con Reciél, seguendo silenziosamente i due amici che ridevano. Erano un gruppo molto unito, loro quattro. Reciél era molto riflessiva e disponibile, Rin divertente e spiritoso. Quanto a suo fratello... era una della persone più importanti per lei. In quel momento, si sentì serena... le sembrava assurdo essersi preoccupata, pochi giorni prima, per una stupida automobile posteggiata davanti ad un ristorante! Era stata una sciocca pensandoci tanto su, rovinandosi la nottata. Pensò a cosa avrebbe potuto fare durante il pomeriggio... Rimanere in casa ad ascoltare la musica, oppure fare un giro in piazza, leggere o cucinare con Norma, la donna delle pulizie...

Quando si fermarono davanti ad un'edicola perché Reciél doveva comprare una rivista di giardinaggio per la madre, si voltò ad osservare la scuola. Aveva passato lì dentro anni, eppure non si era mai soffermata a guardarla. L'edificio era circondato da aiuole e panchine su cui gli studenti usavano sedersi per chiacchierare, leggere o lanciarsi in un ultimo, disperato ripasso. Aveva passato tante ore lì, con le gambe incrociate, parlando con suo fratello o con Reciél, oppure ripetendo una lezione in vista della spietata interrogazione di un professore assetato di voti... Ricordava perfettamente il primo giorno in cui ci aveva messo piede: era stato due anni e mezzo prima, in una mattina di novembre. Era assieme a Cidonia e a suo fratello, quel giorno, e si sentiva spaesata. Ricordava quella sensazione di disagio, di tensione, il sentirsi spaesati, nel posto sbagliato, circondati da ragazzi alla mano, rilassati e più grandi di lei. Il professor Fargon aveva subito cercato di farla sentire a suo agio, ma sia lei che suo fratello si erano sempre trovati imbarazzati di fronte a lui, di fronte a quell'uomo vecchio ma giovanile, che cercava continuamente di entrare in confidenza con loro. Eppure, rimaneva quella sensazione, quel presentimento...

Ehi là!”
Tutto il gruppo si voltò: a una decina di metri da loro, un uomo arzillo e dall'aria paciosa gli stava trotterellando incontro sventolando una mano sopra la testa in segno di saluto.

Professor Fargon!” esclamò Reciél, sorridendo verso di lui, che li aveva finalmente raggiunti.

Ragazzi! Voglio farvi i miei complimenti, ve la siete cavata benissimo con gli ospiti.” Il suo viso si illuminò “Credo che l'anno prossimo verranno qui, ci potrei scommettere!” Aggiunse, dando una pacca sulla spalla di Rin, che barcollò.

Oh, scusa...” disse, mortificato. "Non tutti gli allievi sarebbero disposti a passare la domenica qui dentro... Beh, ragazzi, vi auguro una buona giornata. A domani!”

A domani!”

I due fratelli rimasero qualche istante osservando Fargon mentre si allontanava, sordi ai commenti e alle chiacchiere di Reciél e di Rin.

Adesso devo andare anch'io, o mia madre darà di matto... Ci vediamo domani!” esclamò quest'ultimo, sventolando una mano in segno di saluto ed allontanandosi.

I tre rimasero ancora qualche minuto davanti all'edicola, aspettando che una signora finisse di contare tutte le monete che le servivano per pagare il giornale; ormai era quasi l'una, e i due gemelli sapevano di dover tornare a casa, non volevano rientrare tardi. Chissà come mai, entrambi avevano uno strano presentimento, come una sensazione di disagio...

Grazie per avermi riaccompagnata.” disse Reciél con un sorriso, in bilico sui gradini che portavano sotto al tendone della gelateria di suo padre.

Non c'è di che” rispose il ragazzo con un sorriso. Sua sorella fece un cenno.

E' stato divertente parlare con quei ragazzi spaesati, vero?”
“Fa ricordare tante cose.” intervenne lei, con un sorrisetto obliquo. Le era piaciuto potersi vedere nei loro occhi frastornati. Era stato così all'inizio della scuola, ma ora aveva l'impressione di trovarsi nella stessa situazione. Di che cosa poteva trattarsi?

Ti ricordi il primo giorno di scuola?” chiese Reciél, invitandoli ad entrare e a prendere un gelato.

Come dimenticarlo.” disse il ragazzo, avvicinandosi al bancone.

"La bidella aveva già quell'espressione arcigna, era odiosa! Ricordate che puzza quel detersivo?"

"Certo! Sono rotolato giù per le scale dell'atrio, per colpa di quel detersivo!"

Ehi, Papà!” chiamò la padrona di casa sporgendosi in una stanza attigua. “Papà, ci sei?”

Un muggito proveniente dalla stanza indicò la presenza del gelataio, che entrò qualche istante dopo. Era un simpatico ometto paffuto, piuttosto basso, con grandi occhiali. Era un appassionato di opera lirica, come testimoniava l'amami Alfredo proveniente da una cassa dietro.

Ah, buongiorno, ragazzi!” esclamò, avvicinandosi e sorridendogli cordialmente. “Volete un gelato?”

No, grazie, siamo venuti solo per accompagnare sua figlia” rispose il ragazzo, sorridendo a sua volta.

D'accordo. Réciel, fra poco devi essere pronta.”

"Che cosa?"

"Si va al ristorante, non te l'ho detto?"

"Ehm..." borbottò lei, presa alla sprovvista. "Va bene, fra poco vado a cambiarmi."

"Io ho ancora del gelato in preparazione di là. Scusate, ma devo andare..."

Si congedò dai ragazzi e uscì dalla stanza.

Il giorno del suo Anniversario prepara del gelato?” chiese la ragazza, sorpresa. “E tutti i tuoi parenti?”
“Lo starà preparando apposta per loro.” rispose Reciél con aria esasperata. “Coglie ogni occasione per vantarsi del suo gelato.”

I due fratelli sorrisero divertiti. In qualunque circostanza, Rin o Reciél erano in grado di farli ridere.

Sentite...” iniziò Reciél, facendosi seria. Sembrava imbarazzata. “Che ne direste, a Pasqua, di venire al lago con me? So che i vostri genitori devono rimanere, ma...”

La ragazza alzò lo sguardo.

Beh, abbiamo una casetta, ci farebbe piacere avervi con noi.”

I gemelli la guardarono. Reciél, in genere, era sempre stata molto restia ad invitarli con lei perché temeva che loro, di famiglia così benestante, potessero non apprezzare; era strano e piacevole che, ora, si fosse decisa ad inventarsi qualcosa. Sembrava imbarazzata, in effetti.

Ci farebbe molto piacere.” intervenne la ragazza, distogliendo l'amica dallo stato di tensione in cui si trovava.

Davvero?!” soggiunse lei, sorpresa e sbalordita. “Ecco... wow, eh... Bene...”

Reciél era una ragazza con troppo poca fiducia in sé stessa. Era un po' deludente vedere come, dopo anni di amicizia, temesse ancora il confronto con loro... Era un po' impacciata ed insicura, ma molto intelligente, eppure non voleva capire che l'amicizia non si basa sulla perfezione...

Si salutarono, e i due gemelli si avviarono verso casa, sereni. Era una bellissima giornata: il sole splendeva alto e i fili d'erba erano ancora impregnati di rugiada, nonostante fosse già quasi mezzogiorno. Ma ciò che li rendeva veramente felici era l'idea di passare le vacanze sul lago assieme a Reciél.


L'aria era fresca, c'era odore di erba appena tagliata, vicino al parco della scuola. C'erano poche persone in giro, la maggior parte della gente era rimasta a casa, a pranzare con i propri familiari. Un ragazzo e una ragazza molto somiglianti camminavano lungo il marciapiede, spensierati, sereni, pensando con eccitazione alle prossime vacanze, quando sarebbero andati al lago in compagnia. Non si accorsero dell'auto nera posteggiata dall'altra parte della strada...

E te pareva! Alla fine di un capitolo relativamente sereno, devo rabbuiare il tutto con l'immagine dell'auto!

Salve a tutti! Ecco il nuovo capitolo, spero che lo apprezziate. State attenti, perché fra poco accadrà qualcosa che sconvolgerà la vita dei 

protagonisti (come, immagino, saprete tutti, anche giudicando dalle recensioni).

Ed ora i ringraziamenti:

Selhin: Scusa, ho dimenticato di ringraziarti per aver aggiunto questa storia ai tuoi preferiti. Beh... GRAZIE MILLE! Mi fa veramente piacere sapere che ti è piaciuta così tanto, e spero che i prossimi capitoli non siano da meno.

LadyGaunt: Il tuo intuito, naturalmente, non ti inganna: fra poco la tranquillità dei due gemelli verrà stravolta... Cercherò di aggiornare il prima possibile, ti ringrazio per aver letto e recensito!

Juu_Nana: Hai ragione, C 17 è molto ingenuo, in questo caso: Red Ribbon = guai!!! Grazie mille, sei la mia lettrice più affezionata, mi rendi molto felice! Il fatto si verificherà fra poco... mi raccomando, continua a seguirmi! Ciao e grazie!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** L'Agguato ***


L'agguato

L'AGGUATO

La ragazza scese lentamente le scale, sollevando la sua pesante borsa. Erano in anticipo, quel giorno. Suo fratello le si avvicinò con passo lento. Indossava dei jeans piuttosto larghi, delle scarpe da tennis, una maglietta nera e bianca e portava una bandana rossa attorno al collo. Aveva i capelli sciolti, e portava degli orecchini d'oro a forma di anelli.

Sei pronta?” le chiese, prendendo a sua volta il proprio zaino e mettendoselo sulle spalle. Alzò lo sguardo: la ragazza indossava un gilè di jeans, come la gonna, che le arrivava più o meno fino al ginocchio. Portava degli stivali di pelle, dei collant neri ed una maglietta nera con le maniche a righe bianche. Anche lei aveva i capelli sciolti e degli orecchini identici a quelli del fratello. Si somigliavano molto, avevano la stessa identica espressione: introversa, che non tradiva alcun sentimento.

Brian., di fronte a loro, aprì la porta e gli sorrise. “Io vado, a dopo!” esclamò gettandosi fuori e lanciando un bacio alla figlia.

Cidonia entrò in ingresso dalla porta della cucina.

Allora ragazzi, buona giornata!”

Dietro di lei, c'era una donnina minuta, più o meno della sua stessa età. Norma fece loro un cenno con la mano.

Ci vediamo dopo, Mamma.” esclamò il ragazzo, assestandosi lo zaino sulle spalle. Mosse qualche passo verso di lei, le posò delicatamente una mano sulla spalla e le diede un bacio sulla guancia, che lei ricambiò.

A questo pomeriggio.” disse la sorella, avvicinandosi e baciandola a sua volta.

Si sentì un telefono squillare al piano di sopra.

Oh... ho lasciato il cellulare acceso. “esclamò Cidonia, salendo i primi gradini della rampa di scale. “A dopo, ragazzi” aggiunse, voltandosi a guardarli. Loro ricambiarono il saluto ed uscirono dalla porta d'ingresso, abbagliati dalla luce.

Si avviarono lungo il marciapiede con passo lento, dato che erano largamente in anticipo. Avevano passato la serata precedente pensando al lago, alla meravigliosa vacanza che gli si prospettava davanti, in compagnia di Reciél e, forse, anche di Rin.

Sarà divertente.” esclamò all'improvviso il ragazzo, sorprendendo la sorella. Non aveva specificato di cosa stava parlando, ma lei capì subito.

Già.”

Si voltarono verso la casa: era molto bella, candida come la neve, con il suo giardino fiorito, curato, il dondolo lì in fondo. Qualcosa si mosse, dietro una finestra del secondo piano: Cidonia stava facendo loro dei cenni di saluto. Risposero con entusiasmo, sorridendo spensierati.

Ripresero a camminare lungo il marciapiede, sentendo sulla nuca lo sguardo della madre fino a che non svoltarono a sinistra, nel primo vicolo, pieno di luce.

Stasera abbiamo ospiti, vero?” chiese il ragazzo, voltandosi verso la sorella.

Sì, vengono lo zio Lex e zia Lila.” rispose lei, pensando: non avevano cugini, quella sarebbe stata una novità. Le sarebbe piaciuto vedere com'era curare un bambino...

Oggi vedi di uscire in fretta, perché abbiamo gli allenamenti!” le raccomandò il fratello.

Lo so, non ti preoccupare.” lo rassicurò lei, accelerando il passo.

Arrivarono alla piazza con i portici e la attraversarono continuando a chiacchierare.

Senti...” iniziò la ragazza, a metà del tragitto. “Tu hai più pensato a quella storia?” Sapeva di non dover specificare di che cosa si trattasse, e infatti suo fratello capì al volo. Si fece improvvisamente serio e iniziò a fissare l'asfalto sotto ai suoi piedi.

Sì, ci ho pensato.” ammise riprendendo a sorridere, un sorriso senza gioia, quasi rammaricato. “Cerca di non preoccuparti, capito?” disse manifestando sicurezza e quasi serenità mentre entravano nel vicolo buio. “Sono sicuro che si è trattato semplicemente di...”


Inizialmente sua sorella non capì come mai avesse smesso di parlare. Rimase a fissarlo per qualche istante: il suo sguardo si era puntato su qualcosa di fronte a loro, la sua espressione si era incuriosita. La ragazza si voltò in quella direzione: proprio in mezzo al vicolo, fra i bidoni dell'immondizia, c'era un vecchio; aveva lunghi capelli bianchi e dei grossi baffi scoloriti. La sua pelle era abbronzata, incartapecorita, scottata come se fosse stata esposta troppo a lungo a un calore troppo intenso. I suoi occhi, del colore del ghiaccio, erano astuti, svegli, analitici, determinati, puntati sui due ragazzi, immobili fra i bidoni, nel buio. Il vecchio era vestito con abiti molto particolari, con colori caldi, stranamente in contrasto con la freddezza degli occhi e dello sguardo; portava un cappello marrone scuro, una camicia gialla dalle maniche larghe e un gilè nero. Aveva pantaloni marroni, larghi fino al ginocchio e poi estremamente stretti attorno alla gamba ossuta. Il suo sguardo, nel fissare i due gemelli, era compiaciuto e determinato. In qualche modo, doveva aver qualche compito e sapere esattamente come svolgerlo. O, perlomeno, questa è l'impressione che diede alla ragazza, che rimase a fissarlo con aria inespressiva, cercando di evitare di tradire emozioni. Rimase qualche passo indietro rispetto al fratello, che aveva ripreso a camminare con sicurezza. Il vecchio lo stava guardando con un'espressione ambigua sul volto: indifferenza, compiacimento oppure sfida?

Mi scusi, potrebbe farci passare?” chiese il ragazzo.

Temo di no.” replicò il vecchio; un lieve sorriso increspò le sue labbra, un sorriso che non esprimeva gioia, ma realizzazione. La sua voce era mellifua e roca al tempo stesso.

Il ragazzo inarcò le sopracciglia cercando di rimanere impassibile, ma alla sorella, che lo conosceva bene, parve di scorgere una nota di tensione nella sua espressione.

Il sorriso del vecchio si fece sempre più largo e diabolico, compiaciuto ed eccitato. La ragazza rimase immobile dov'era, a fissarlo con aria spaventata. Suo fratello indietreggiò, la prese per mano e la trascinò con sé nella direzione opposta continuando a fissare, voltato, l'uomo con i capelli bianchi, che non mosse un solo passo, ma il cui sorriso stava diventando mano a mano più inquietante.

Fratellino!” La voce della sorella rimbombò nel vicolo. Si voltò: davanti a lui c'erano tre persone. Uno di loro era molto piccolo, con la pelle di uno strano colore, quasi viola. A fianco a lui c'era un uomo colossale, altissimo e molto muscoloso. Aveva una lunga treccia di capelli neri e una carnagione grigiastra, pallida e malsana. Infine, c'era un uomo alto, con lunghi e lisci capelli brizzolati, aria sicura di sé, occhi proprio come quelli del vecchio, proprio come quelli dei due fratelli. La ragazza sussultò: aveva già visto quell'uomo seduto in un'auto nera dai vetri oscurati, davanti ad un ristorante, pochi giorni prima... Abbassò lo sguardo sul suo petto: c'era quello strano simbolo, quella specie di fiocco schematizzato, colorato di rosso, con all'interno due R bianche.

Una risata roca risuonò alle loro spalle, ed i gemelli si voltarono: il vecchio sembrava divertito. In quel momento, la sorella si rese conto che sul cappello portava lo stesso simbolo.

Non ci siamo ancora presentati.” disse, cessando finalmente di ridere ma continuando a mantenere la sua espressione compiaciuta. “Io so chi siete voi, ma voi non sapete chi sono io.”

Il ragazzo gli lanciò un'occhiata di puro disgusto, stringendo sempre più forte la mano della sorella e continuando a lanciare occhiate ai tre colossi che c'erano alle loro spalle. La ragazza, invece, rimase a fissare questi ultimi: lei e suo fratello arrivavano a malapena al torace dei due più alti. I loro sguardi erano puntati sui gemelli, in trappola.

Io sono il dr. Gelo.” riprese il vecchio, senza muovere un passo. “Dell'Esercito del Fiocco Rosso.” continuò, premendosi un dito sul cappello, proprio sopra il simbolo rosso. “Mi servite per compiere una vendetta, a dire il vero. Ho dei progetti da portare a termine... e voi siete indispensabili. Vedete quelli? Sono androidi, o, meglio, cyborg da combattimento.” fece una pausa, durante la quale il ragazzo sembrò capire qualcosa; spalancò gli occhi, terrorizzato. “Ecco perché ho bisogno di voi.”

La ragazza si voltò e vide che suo fratello stava sudando. Tornò a fissare i tre colossi, terrorizzata.

C 13, C 14, C 15! Procedete!” ordinò il vecchio, rivolgendosi ai tre uomini.

Il ragazzo si girò di scatto e strinse con entrambe le mani il braccio della sorella.

Vieni!” le urlò, ed iniziò a correre verso il vecchio trascinandosela dietro. La ragazza cercò di seguirlo, ma si sentì afferrare il braccio destro con forza. Urlò per il dolore. Suo fratello, che non le aveva lasciato la mano, si voltò di nuovo, e tirò un pugno all'androide che l'aveva bloccata, C 14, quello più grosso, con la treccia nera. Il colpo non andò a segno: la mano dell'aggressore era scattata ad una velocità impressionante bloccando la sua. Iniziò a stringere il pugno del ragazzo con forza, una forza che lui non avrebbe mai creduto che un uomo normale potesse possedere. Urlò. La ragazza, accasciata a terra, liberata dalla stretta del cyborg, sentì delle lacrime calde scorrerle lungo le guance. Si alzò in piedi, di fronte all'aggressore, che stava stritolando la mano del fratello, e lo colpì con una mossa appresa anni prima, una mossa di arti marziali eseguita alla perfezione, nonostante il dolore incessante al braccio destro. Non sortì alcun effetto: nel colpirlo, la ragazza si fece male, come se avesse dato un pugno ad una parete di ferro. L'androide non si accorse nemmeno del colpo, ma voltò la testa verso di lei, con uno sguardo freddo, inespressivo. Cosa voleva dire il vecchio? “Androidi, cyborg da combattimento”... “Ecco perché ho bisogno di voi”...

All'improvviso, la ragazza fu investita da una tremenda verità, una consapevolezza pericolosa e terribile: il dr. Gelo voleva fare di loro esseri simili a quelli che stavano affrontando.

Il ragazzo urlò di nuovo. Piegò le gambe, prese la spinta e, sempre con la mano bloccata, fece un salto che gli permise di tirare un calcio sul collo del suo aggressore, che rimase impassibile ma lasciò andare la presa. Si posizionò vicino alla sorella, che si stava massaggiando il braccio dolorante. Lui aveva terribili fitte di dolore alla mano a causa della pressione appena subita, ma decise che non era il momento di pensarci: dovevano aprirsi una via di fuga fra quei tre oppure scavalcare il vecchio, che aveva l'aria molto meno minacciosa.

Fece per voltarsi, ma all'improvviso sentì un dolore acuto all'altezza del mento, si sentì sollevare da terra dalla forza dell'impatto del colpo e scagliare contro una parete. Alcuni mattoni caddero alle sue spalle. Sentì il sapore amaro del sangue in bocca. Aprì lentamente gli occhi, in preda a delle fitte alla schiena, che era stata sbattuta con forza contro la parete, e vide il più piccolo dei tre androidi colpire la sorella al ventre e buttarla a terra. Non riuscì a sopportare quella vista. Con un appello alle sue ultime forze, si alzò in piedi e si scagliò contro di lui, deciso a fargli più male possibile, ma avvertì una presa di ferro sulla nuca e si sentì sollevare; dietro di sé riuscì a scorgere l'ultimo dei tre androidi, C 13, quello con i capelli brizzolati. Pochi istanti dopo si ritrovò nel punto in cui era caduto prima, ma con nuovi lividi, nuove ferite, nuovi dolori. Questa volta si alzò subito, non trovò ostacoli e si scagliò sull'androide più piccolo, C 15, tirandogli una gomitata sul collo. Il cyborg rimase impassibile, come se non si fosse nemmeno accorto del colpo infertogli. La ragazza, stesa ai suoi piedi, dolorante, si alzò e colpì a sua volta, senza sortire alcun effetto. C 15 alzò lo sguardo su di lei, senza cambiare espressione. Debole, dolorante e spaventata, la ragazza lo attaccò nuovamente con un calcio ma il risultato fu lo stesso: non accadde nulla. Suo fratello cercò di darle manforte colpendolo a sua volta, ma non riuscì a cambiare la situazione. Si lanciò contro di lui con tutta la sua forza, incapace di sopportare la vista della sorella dolorante, sfinita, terrorizzata, ma il colpo non gli aveva causato che altro dolore al braccio. Stava sudando freddo, si sentiva esausto, stremato dalla forza dei colpi incassati. Sua sorella era caduta di nuovo, si era bucata le calze ed ora si vedevano i numerosi lividi e tagli dovuti alla colluttazione con quei tre farabutti. Aveva l'aria esausta, veramente distrutta, disperata e, peggio, rassegnata. Si slanciò verso di lei per sorreggerla, per darle forza, per darle speranza. Non riuscì mai a raggiungerla: si senti afferrare per le spalle, sbatté la testa contro qualcosa di molto duro e si ritrovò steso a terra, in mezzo ai bidoni. La vista gli si stava lentamente offuscando, stava perdendo conoscenza. Si voltò: l'ultima cosa che vide furono gli occhi azzurri di sua sorella lacrimanti, disperati, puntati su di lui, sul fratello sanguinante che aveva passato la vita proteggendola, pensando a lei. Il turchese divenne grigio, il grigio nero. La testa del ragazzo ricadde sulla sua spalla, inerte.


La ragazza urlò. Alzò lo sguardo su C 13, che aveva colpito il fratello, uno sguardo carico di odio, di disprezzo allo stato puro, di disperazione. Si alzò da terra, tremante, con le odiose risate del vecchio nelle orecchie. Strinse la mano a pugno e, stremata, lo indirizzò verso l'androide, che la bloccò con facilità. Rimasero a fissarsi qualche istante, lei infuriata, sfinita, lui spavaldo, quasi divertito. La ragazza continuò a guardarlo, sperando che si trattasse solo di un brutto sogno, di un incubo da cui si sarebbe presto svegliata. Fu bruscamente riportata alla realtà: C 13 la colpì al ventre con una ginocchiata, mandandola dall'altra parte del vicolo. Un dolore atroce. Sentì la stoffa sulla schiena del gilè lacerarsi e la pelle direttamente a contatto con il muro di mattoni rossi, che le graffiarono al pelle. Stava tremando. Sentiva un freddo terribile. Gelo. Nessuno li avrebbe aiutati, nessuno. Guardò oltre gli androidi, verso suo fratello, che aveva perso conoscenza, steso in messo ai bidoni dell'immondizia. Il dr. Gelo stava ancora ridendo, sguaiatamente, senza nessun ritegno, era divertito. Nessuno li avrebbe aiutati. A cosa sarebbe servito resistere? Il dolore la pervase lentamente, fu quasi un sollievo. Gemette, chiuse gli occhi e si accasciò, priva di sensi.

Eccomi! Finalmente sono tornata! Scusate per il mio TREMENDO ritardo, ma diciamo che ho avuto un po' di cose da fare (chi ha letto "Una Madre" può averne un'idea).

Comunque... ECCO UN ALTRO CAPITOLO!!!

La situazione degenera, eh? I due fratelli sono caduti nelle mani del dottor Gelo. Per chi non lo sapesse, i tre androidi che prendono parte alla trappola sono quelli dell'OAV "I Tre Super Saiyan", che combattono contro Goku, Vegeta e Trunks.
Mi auguro di essere riuscita a esprimere al meglio la paura e la disperazione dei nostri due protagonisti, almeno potrò dire che ci ho provato...

Ringrazio le mie fedelissime lettrici

- Juu_Nana: la tua recensione mi ha resa molto felice, perché significa che ho raggiunto il mio scopo, volevo creare un'atmosfera tesa ed ansiosa. Quanto alla descrizione del periodo di"detenzione"... a dire la verità, mi sono già portata avanti con la parte successiva alla trasformazione in cyborg, ma, in effetti, la storia sarebbe molto più interessante con la descrizione della loro prigionia, quindi... diciamo che ci sto lavorando. Scusa se non ci sono mai su MSN, ma è un periodo veramente pieno e non ho molto tempo libero. Adesso spero di riuscire ad aggiornare più spesso e, naturalmente, a recensire "Cuore di Metallo"! Un bacione, spero di risentirti al prossimo capitolo, Ciao!

- Selhin: ti ringrazio per aver recensito anche l'ultimo capitolo, fa molto piacere vedere che il proprio lavoro viene apprezzato! Come vedi, la stuazione ha subito una svolta drammatica, anche se, giustamente, prevedibile. Mi raccomando, recensisci ancora, ci tengo molto a conoscere la tua opinione! 

Un grazie, naturalmente, anche a chi legge senza recensire!

                                                                                       Paola

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=254536