Monte Argento: Gold vs Red

di Andy Black
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scelte sconclusionate senza un vero motivo ***
Capitolo 2: *** Caffé, infermiere e nocche spaccate ***
Capitolo 3: *** Io o tu, contro il muro, adesso! ***
Capitolo 4: *** La fine dell'inizio ***



Capitolo 1
*** Scelte sconclusionate senza un vero motivo ***


Scelte sconclusionate senza un vero motivo


Le nuvole facevano a gara tra di loro, e durante il loro corso si sfaldavano, dimenticandosi chi fossero, com'erano fatte.
Certo, una di loro avrebbe vinto la gara, ma entrambe, accecate da quella folle sfida, non si sarebbero accorte di essere cambiate.
Quelle due nuvolette. Solo quelle due nuvolette macchiavano il cielo.
L'azzurro pallido che entrava nel rosa, nel tramonto di Fiorpescopoli, gli riempiva gli occhi dorati.
Gold era seduto al tavolino di quel bar da ormai venti minuti.
Non perché fosse un maniaco della puntualità, anzi, ma perché con lei voleva fare bella figura. Per lo meno stavolta.
Sapeva che lei non condivideva il suo modo di pensare riguardo le donne e le relazioni. Nonostante questo erano amici da tanto tempo, quasi dieci anni.
Yellow era venuta ad abitare da poco a Johto, e gli fu subito naturale passare del tempo con lei.
Inoltre non ricordava fosse diventata così bella.
Problemi. Sapeva che erano solamente i problemi ad averla portata a chiamarlo, qualche ora prima, e a dargli un appuntamento. Lui aveva accettato di buon grado e si era trovato con un paio d’ore d’anticipo a camminare per il sentiero che portava a Fiorpescopoli da casa sua, Borgo Foglianova.
Anche Crystal abitava a Borgo Foglianova. Tuttavia si vedevano di rado, lei lavorava stabilmente come assistente per il Professor Elm.
Scosse la testa, stava divagando.
Doveva pensare a Yellow. Per telefono gli aveva fatto intendere di volergli chiedere un favore.
Qualcosa suggerì al giovane che c’entrasse una persona in particolare.
Sbuffò, però preferì non farsi film in testa, ed aspettare che la bionda, che abitava a qualche centinaia di metri da quel bar, uscisse dal suo palazzo e con quel suo fare sexy e contemporaneamente innocente, inconsapevole, lo raggiungesse al tavolino.
Era quella la peculiarità di Yellow. Non si era mai accorta di quanto bella fosse, di quanto appeal potesse avere sugli uomini. Di quanto bella fosse con quei capelli biondi, e di quanto difficile fosse trovare una bionda in quel posto.
Lì erano tutte castane. O more.
Gold ne aveva abbastanza delle more.
Un altro sbuffo, guardò l’orologio e cancellò dalla mente il pensiero di prendere le cuffiette dalla tasca ed ascoltare il Wu Tang Clan dall’mp3. Tutto sommato era rilassante stare lì, a due passi dal mare, con la sabbia a qualche metro, alzata placidamente dalla brezza.
Un soffio di quella brezza gli spostava il ciuffo.
Ma non ci pensò più di tanto, Yellow stava per arrivare.
 
“Hey” sorrise lei, dolcemente.
Gold invece mostrò i denti, come se ne avesse più di quanti in realtà ne possedesse davvero. Stava raggiungendo il posto, velocemente, come se avesse timore che qualcuno la guardasse.
Ma d’altronde, in quel paese di anziani, chi non la guardava?
Era bellissima, straordinaria.
Longilinea, i tacchi alti ad aiutare nell’intento, stava perfettamente in un paio di leggins, fantasia jeans, ed in una di quelle magliette larghe, piuttosto lunghe. Era un po’ scollata, ed un po’ di seno si intravedeva timido.
Del resto non era mai stata prosperosa.
Gold si accorse solo di quando si avvicinò di più che la luce del tramonto trasformava in arancioni quei due occhi perfettamente gialli. I capelli, biondi, erano legati con la solita coda alta, ma qualche ricciolo era sfuggito al censimento del codino e pendeva come un lampadario prezioso sul suo collo.
Solo gli occhi truccati, neanche pesantemente, non avevano bisogno di risaltare, dato che le sue iridi erano eccezionali già di natura.
“Sei... meravigliosa”. Aveva optato per quell’attacco trasversale quel giorno, ma tra i due si era instaurato un rapporto d’amicizia, e Yellow aveva imparato a rimbalzarlo.
Tantoché quelli di Gold erano approcci fatti più a scopo ludico che altro, infatti in lei suscitavano il sorriso.
“Smettila. Comunque grazie”
“Accomodati. Che prendi?”
“No, sto bene così”
Gold la guardò come per farle capire che quell’opzione non fosse possibile.“Dai, devo fare colpo sulla cameriera, se non prendi niente penserà che sono un taccagno, e non è così”
“Ok... ok, prenderò una... una cola”
“Benissimo” sorrise il ragazzo, che poi schioccò le dita. Si materializzò la cameriera, quella di cui parlava prima Gold e che ostentava fin troppo l’attrazione verso il ragazzo. Segnò due cole sull’ordine, poi se ne andò, trascinando via lo sguardo, ancorato al tavolino dei due ragazzi.
“Anche se so benissimo il motivo per cui ora sei qui, voglio ancora approfittare del beneficio del dubbio. Perché ho attraversato in tutta fretta il sentiero tra questi due paeselli sperduti?” chiese Gold.
“Ah, mi spiace, spero di non averti dato fastidio”
Lui sorrise. Era questo che la rendeva straordinaria. Questo suo modo di essere... Yellow.
“Comunque?”
“Beh... è sempre il solito fatto, Gold...”
“Ancora Red?!”
Annuì sconsolata. “Ancora Red...”
Gold sospirò, ed avvicinò la sua sedia a quella della ragazza, pronto ad ascoltare l’ennesimo sfogo.
 
Yellow e Red si erano conosciuti quando lei era molto piccola. Lui le donò un Rattata, Pokémon che lei custodiva ancora gelosamente. Tanto era piccola, Red non capì nemmeno se fosse una ragazza o un ragazzo. A peggiorare questo misunderstanding fu l’abbigliamento della giovane, che indossava sempre un cappello da pescatore, di quelli di paglia, a nascondere la chioma dorata.
Infatti fu solo quando levò quel cappello che Red si accorse di dover rivolgersi a lei come una lei e non come un lui.
E poi crebbe, con quella segreta cotta per il ragazzo, malcelata dai suoi sguardi e dai suoi atteggiamenti.
Yellow era speciale. Era in grado di parlare con i Pokémon, di sentirne le emozioni, le sensazioni, e tutto questo era probabilmente dovuto al fatto che fosse nata e cresciuta nel Bosco Smeraldo.
E a Red questa cosa incuriosiva tantissimo, cosa che lo spinse a passare molto tempo insieme.
Lei intanto crebbe ancora, e da ragazzina diventò una donna. Una quasi donna, in effetti.
Ma bellissima, e Red si innamorò di lei, soprattutto per quel suo modo spontaneo di interpretare le cose.
Yellow era senza malizia. Proprio il totale opposto di Blue.
Lui la baciò, e lei si sentì cullata dai suoi sogni. Visse una favola per un annetto circa...
“...tutto fino a quando non dovemmo partire per quel convegno, con tutti gli altri Dexholder, quando dovemmo fronteggiare il ritorno di Deoxis”
“Ricordo benissimo...” fece quello con una punta di sarcasmo. Un’avventura meravigliosa. Deoxis tornò dallo spazio per cercare vendetta e loro dovettero fermarlo. Che storia...
“Beh... io ero con voi, parlavo con Sapphire di una piccola scaramuccia che era successa con Red, per via della lotta con Deoxis, una volta che tutto quell’ambaradan era finito, poi mi giro all’improvviso e non c’è più... allora mi alzo, e mi guardo intorno. C’erano tutti, ma proprio tutti”
“...tranne Red e Blue...” sospirò Gold, che quella storia l’aveva sentita almeno un centinaio di volte.
“Proprio così, tranne Red e Blue... ed io sono andata in panico, perché Blue è una ragazza bellissima... ed anche un po’ troia se vogliamo dirla tutta...”
“Andiamo avanti...”
“Sì, forse è meglio. Ad ogni modo non è possibile che il mio incubo più grande, ovvero che Red e... e Blue si chiudano nella tenda di lui a fare chissà cosa, si sia avverato!”
“Yellow, ora come ora non ci devi più pensare...”
“Ma la questione è che non so cosa pensare?!”
“Eh?!”. Questa parte suonava nuova alle orecchie del ragazzo.
“Il problema è che né lui né lei mi hanno detto niente. Infatti, mentre mi avvicinavo alla tenda, Red uscì e se ne andò. Ed io non sono riuscita a dirgli niente...”
“Non me la ricordo questa parte, però...”
“Come fai a non ricordarla?! Te l’avrò detta milioni di volte! Voi maschi siete tutti...”
“No! Non intendevo questo! Intendo dal vivo. Non mi ricordavo questa scena che lui esce dalla tenda... anche se in effetti è l’ultima volta che l’ho visto”
“Come mai non lo ricordi?”
“Probabilmente fu la birra che portò Green... un po’ pesantuccia, mi addormentai dopo la terza sulla panchina vicino al fuoco”
A nulla valse quel poco di spirito che Gold provò a mettere nella vicenda, Yellow rimaneva immobile, impotente, con gli occhi pieni di lacrime, pronte solo a fare il grande salto.“Gold... io devo capire...”
Lui la guardò. Era seria. E non aveva mai menzionato ad una probabile risoluzione di quel problema. Si era solo lamentata sempre della situazione, usandolo come valvola di sfogo.
“Vorrei tanto che tu capissi, ma...”
“Ma come si fa?!” e questo fu detto come un lamento. Gli occhi della ragazza fissarono il ragazzo che avevano di fronte. Non appena lui si morse le labbra, Yellow iniziò a piangere, cominciando a sciogliere il trucco che aveva sugli occhi.
“Non... non piangere, Yellow” disse, alzandosi e stringendola.
Yellow ben accolse quell’abbraccio, ma dentro si sentiva distrutta.  “Non ce la faccio... Gold, non ce la faccio più!” urlò lei.
Gold si morse ancora il labbro, poggiando la testa sulla sua. Profumava di buono.
Urlò un vaffanculo enorme, almeno in mente, quando la cameriera, portando le cole su di un vassoio, guardò Gold con disprezzo, additandogli la causa delle lacrime della giovane.
“Ti aiuterò io a scoprire il tutto. Partirò oggi stesso”
Yellow alzò il volto dall’incavo tra il collo ed il petto del ragazzo e lo guardò, con gli occhi bagnati, incorniciati da raggi neri che scendevano fino alle guance. “Davvero?”
“Certo”
 
E fu così che quell’avventura cominciò.
Non si rese nemmeno conto di come fosse stata possibile una cosa del genere, ma in ogni caso voleva capire, e quindi, quel pomeriggio, si ritrovò con la testa poggiata al finestrino congelato del Supertreno, dopo aver raggiunto Fiordoropoli in volo su Togekiss.
La sua testa aveva così tanto da fare in quel momento che tanto sembrava un controsenso, accostata al suo corpo immobile.
Doveva innanzitutto pensare alla linea guida da prendere.
Sarebbe sceso a Zafferanopoli, e sarebbe stato ospitato da Green, a Biancavilla, patria dei tre grandi allenatori di sempre di Kanto. Quattro allenatori, considerando il Professor Oak.
Dopo aver salutato Green (senza dimenticare Margi, che aveva visto una volta, e di cui rimase fulminato), si sarebbe sistemato per la notte, per poi provare a parlargli il giorno dopo di questa situazione.
Era complicato, perché Green non era una persona che adorava aprirsi. Era complicato avere a che fare con lui.
Ma quando l’aveva chiamato prima, per chiedergli se avrebbe potuto ospitarlo quella notte, lui era sembrato favorevole, quasi contento della cosa.
Quindi forse aveva già abbattuto il muro della noia costante che Green dava a vedere.
Dopodiché avrebbe dovuto parlare con Blue.
“Valla a trovare a Blue...” sospirò, mentre il treno superveloce attraversava velocemente Mogania.
Ma avrebbe trovato il modo.
Le avrebbe chiesto spiegazioni, dopodiché sarebbe andato alla ricerca di Red.
Kanto del resto non era poi così grande... vero?
I dubbi che gli si attanagliavano nella testa erano incredibili.
E poi?
E poi? Una volta trovato? Che avrebbe fatto? Di certo non poteva costringerlo a venire con lui, né usare una Poké Ball per catturarlo. Sarebbe dovuto essere abbastanza convincente da farlo andare via.
“Uff...” fece, ed Ebanopoli comparve all’orizzonte, mentre il sole faceva posto al vespro.
Forse sarebbe stato meglio farsi gli affari propri.
Cioè, l’ottanta per cento di quel gesto derivava dal voler vedere la sua amica felice. Un dieci percento derivava dal fatto che fosse un impulsivo per natura e che non riusciva a tenere la boccaccia chiusa quando doveva, ed un altro dieci per cento, ma forse anche un quindici per cento, rivalutando l’intera proporzione, era dovuto al fatto che voleva sorprendere Yellow.
Analizzò quella cosa, non era innamorato di lei. Questa cosa non stava né in cielo né in terra.
Yellow era innamorata di Red, e Red era un suo amico, e queste cose non le aveva mai fatte.
Preferiva far sbagliare gli altri, e non sbagliare lui.
Anche se era davvero difficile. Mettendo subito le cose in chiaro, lui non era fatto per una relazione stabile. Gli piacevano le donne, gli piacevano TUTTE le donne, ed un fidanzamento stava a significare giogo al collo, catene a polsi e polpacci e libertà vigilata. Meglio la sedia elettrica, piuttosto che una partaccia da parte della sua lei per aver guardato in direzione di una ragazza, senza neanche fosse lei l’obiettivo, magari.
Poi sorrise. L’obiettivo doveva essere per forza lei.
Ma con Yellow era differente.
Lei era carina, simpatica, dolce, modesta, carina l’aveva già pensato? Ad ogni modo lei lo attirava. E non nel senso carnale della situazione, come magari tutti pensavano quando si vedevano squadrati da lui, ma in un senso più profondo.
La apprezzava, ecco. Ma non le piaceva. Credeva.
Sbuffò, si stava confondendo. Capì che Yellow era pupù e che non si toccava, quindi si addormentò lentamente sul vetro del finestrino, almeno fino a che arrivarono a destinazione.
La campana del capolinea lo svegliò. Aveva un mal di testa assurdo. La posizione scomoda gli portò problemi anche al collo, ma poco importava. Si assicurò che tutte le sue cose fossero al proprio posto, alzò il cappuccio della felpa, zaino in spalla, e via.
Era buio, e faceva freddo. Si guardò attorno, Zafferanopoli, era una metropoli piena di palazzi e gente che correva avanti e indietro. Ognuno aveva qualcosa da fare, una meta.
Nessuno stava lì a ciondolare, senza far niente. Nessun ragazzo con la birra in mano, a fare le impennate sui motorini, a lottare per la strada.
Era proprio la città ad essere fredda.
Sapeva che in quella città la capopalestra fosse la bellissima Sabrina, ma non aveva alcuna intenzione di perdere tempo. Era praticamente ora di cena, e Green lo aspettava a qualche centinaio di chilometri da lì.
“Meglio mettersi in cammino...” disse, prendendo un panino, precedentemente preparato, posato nello zaino.
E così fece, uscì dalla città, proseguendo per il percorso che divideva la grande Zafferanopoli da un’altra grande città, Azzurropoli, dove si trovava la palestra di un’altra bellissima donna, Erika.
Non appena finì di mangiare salì di nuovo su Togekiss e si diresse velocemente verso Biancavilla.
 
Green era stanco. Lavorava ormai ininterrottamente, in quei giorni frenetici, aveva dato altri Pokédex, ad altri ragazzi, per scoprire ancora più cose sui Pokémon. Regioni lontane, Pokémon mai visti.
Cose incredibili.
“Kalos...” disse tra sé e sé. Non immaginava che in una regione così lontana ci potessero essere Pokémon differenti da quelli che vedeva ogni giorno.
Suo nonno, ormai in pensione, non si dedicava più allo studio, e lasciava a lui e a sua sorella Margi il lavoro più duro. L’osservazione, la ricerca.
Lui, essendo un’autorità, nel vasto e variopinto mondo dei Pokémon, girava qua e là risolvendo piccoli e grandi problemi.
Del resto era sempre il grande Professor Samuel Oak.
In quei giorni era ad Hoenn.
Scacciò suo nonno dai pensieri, ed accese la luce del salotto. Erano le 22 circa, e di Gold ancora nessuna notizia.
Non si preoccupava di certo per lui, quel ragazzo, tanto impulsivo quanto testardo gli ricordava vagamente Red. Un suo caro amico.
“Tsk...” si corresse. Non era un suo amico. Era semplicemente un traditore.
La sua casa era quasi spoglia. Alle pareti, qualche mese prima, c’erano tante foto di lui e di Blue.
E poi lui la cacciò di casa, finendo per dover comprare quadri e gigantografie da dover appendere ai muri, ma che puntualmente rimanevano imballate e poggiate vicino all’ingresso.
Un po’ ci contava, lui.
Un po’ voleva che lei tornasse, che si scusasse per quello che era successo.
Che gli dicesse che lo amava.
Ma a che scopo? Vivere col risentimento è peggio della morte, e lui provava tanto rancore verso di lei.
Ripensava a quello che era successo in quella tenda, anche se non lo sapeva con precisione. Immaginava, vedeva davanti a lui la proiezione dei loro corpi che si univano, di lui che godeva nello stare con lei, ed anche lei. E lui stava male al sol pensiero.
Anche quella sera non aveva mangiato.
Quando tornava a casa, la sera, non mangiava mai. Era troppo stanco, per il lavoro, troppo sfatto, per i pensieri, sfinito dai suoi se e dai suoi ma.
Quella casa era vuota, troppo vuota per lui. Era giovane, ed ok, non era malaccio come ragazzo, ma quando si perde un amore non si cerca nient'altro.
Per lui era Blue la donna che doveva invecchiare con lui, lei e basta, e nessun'altra.
Ecco perché quando tornava a casa e lei non c'era, e non sentiva il rumore della musica che lei ascoltava sempre quando cucinava, il suo cuore prendeva una prima botta.
Già tornare a casa e non trovare le luci accese era per lui forte da subire, come se fosse una violenza, ma l'assenza della musica significava che lei non c'era, ed anche quando stavano insieme, se lei non c'era a lui prendeva la malinconia.
Perché sì, lui era un burbero e silenzioso essere vivente che viveva per la competizione, ma aveva anche capito che quella competizione, con Blue, non sussisteva proprio, perché non avrebbe mai vinto.
Blue era dolce, era brava, era sveglia. Ed aveva quel tocco di malizia che serviva a tenere un rapporto sempre vivo.
Lui era un tipo particolare, del resto. Si annoiava subito delle relazioni.
"Non devo pensarle" si disse.
Ma come si fa a non pensare al passato, quando il tuo futuro non ha futuro?
E mentre pensava di nuovo a Gold, chiedendosi dove diamine si fosse andato a cacciare, decise che un po' di televisione non faceva male a nessuno.
Andò in salotto, e prese il telecomando in mano.
Si chiese se Margi avrebbe accettato di convivere con lui. Del resto era sua sorella...
Qualcosa però gli diceva che lei avrebbe rifiutato. Margi era troppo riservata, e comunque non voleva metterla in condizione di accettare qualcosa che non volesse veramente. Inoltre, ove mai Blue si fosse pentita delle sue azioni, non era sicuro di riuscire a mantenere le posizioni di odio e rancore che aveva preso.
A lui mancava Blue. Gli mancava sentire la sua voce, mentre raccontava qualsiasi stupidaggine successa nella sua giornata. Sorrise lui, ricordando una delle tante lamentele sul fatto che non dicesse mai nulla sulla sua giornata.
"Odio parlare, Blue... lo sai..."
"Ma io ti dico sempre tutto della mia giornata, e tu stai sempre zitto!"
"Mi spiace, non è per offenderti. Ma io l'affetto lo esprimo in altri modi"
"Come lo esprimeresti?" chiedeva allora, imbronciata come una bambina.
Lui sorrideva e la stringeva. Adorava il profumo dei suoi capelli.
Poi o finivano per fare l'amore, o a decidere di guardare un film per poi addormentarsi prima della fine del primo tempo, stretti l'uno all'altra.
Erano perfetti assieme.
Ma qualcosa era accaduto, e non si capiva cosa.
Red e Blue in quella tenda.
Red e Blue assieme.
Blue... e Red. Red, il suo migliore amico.
Un incubo.
Come può un amico fare una cosa del genere? Quanto può essere amico un individuo del genere?
Avevano diviso il cibo ed il sonno quei due.
Avevano vissuto grandi avventure. Si parlava di futuro.
"Tra vent'anni che faremo?" chiedeva lui.
Con Red si sentiva spinto a parlare. Ogni tanto.
"Io la mia strada ce l'ho già. Mio nonno mi ha lasciato lo studio. Ci sono tanti Pokémon da analizzare"
"Quindi vorresti diventare un Professore" concluse il moro.
Green annuiva. "E tu?"
"Non lo so. Ci sono sempre così tante avventure da intraprendere, posti da esplorare, Pokémon da catturare. Persone da battere"
"Insomma, vorresti fare il Campione" sorrideva lui.
"In effetti sì. Mettermi a disposizione del prossimo. Lavorare su me stesso. E alla fine l'unica cosa su cui aveva lavorato era Blue.
Che poi anche Blue, non era che fosse stata costretta a fare quello che aveva fatto. Cosa, poi, si chiedeva lui. Non lo sapeva, ma sta di fatto che quei due avevano fatto qualcosa. E tutto ciò che in una scala a sfondo puramente ed anche lontanamente sessuale andava da un bacio sulla guancia ad un rapporto completo condito da urla vogliosa aveva la stessa rilevanza.
Forse era Red ad essere migliore di lui.
Green sorrise, l’eterna sfida. Lui contro Red, il migliore chi era?
Lui, naturalmente. Lui aveva vinto la sfida alla Lega Pokémon, svariati anni prima, e gli altri incontri erano sempre così difficili che non finivano mai se non con un pareggio o una vittoria per quello.
Red era l’allenatore migliore che conoscesse.
Ma Blue non l’aveva preferito per quello. No. Blue l’aveva preferito perché era una persona migliore.
Lui si sentiva inferiore a Red.
Quello che quando vinceva, prendeva e spariva. Ed ora nessuno sapeva dov’era.
L'amarezza gli salì dallo stomaco alla gola, tanto che quasi stava per rimettere. Forse doveva mangiare qualcosa.
Intanto fissava il telecomando da qualche minuto. Si decise a premere il tasto rosso, quello dell'accensione.
Telegiornale.
Ciò che succedeva nel mondo l'avrebbe ancorato e portato via dai suoi pensieri.
 
...Proseguono nella regione di Hoenn violenti terremoti. Lo sciame sismico di natura sconosciuta che si è abbattuto sulla regione è in crescendo d’intensità, tanto che la città di Forestopoli è stata in larga misura evacuata e la palestra chiusa. Altri disagi si riscontrano nell’isola di Ceneride, dove il livello del mare si sta pericolosamente alzando. Per maggiori dettagli vi rimandiamo allo speciale...
 
"Dannazione, Arceus se la prende sempre con Hoenn..." disse tra sé e sé, quando poi sentì il campanello bussare. Una suonata energica.
"Questo deve essere Gold..."
Green si alzò, ed andò ad aprire la porta. Gold lo vide e sorrise, stringendolo in un caldo abbraccio.
"È da tempo che non ci si vede!" esclamò quello.
"Già..."
Gold si staccò e lasciò cadere lo zaino accanto alla porta.
"Hai mangiato?" chiese il padrone di casa.
"Sì, un panino per la strada. Ma sto bene, tranquillo. Come te la passi tu, invece, vecchio mio?!" disse quello con gli occhi dorati, e lo battezzò con una pacca energica sulla spalla, che lo fece traballare.
"Bene... bene" disse, prendendosi una grossa pausa tra una parola e l'altra per non abbandonarsi alle emozioni.
“Non mi pare...” fece curioso quello, scrutandolo in volto, mentre si grattava la testa.
“Gold, non è niente...”
“Ok...” il volto del ragazzo si contrasse in una smorfia di scetticismo.
“Piuttosto, che cosa ci fai qui?”
“Beh... Yellow”
“Oh. Da quanto tempo non la vedo”
“Vive a Johto... ma non dire che te l’ho detto!”
“Ok” sorrise l’altro, come se stesse rivolgendosi ad un bambino impulsivo.
“È che lei sta malissimo per Red. E... beh, immagino che anche tu non l’abbia presa benissimo”
Green lasciò volare via una risata, quasi isterica. “Direi di no”
“Mi dispiace molto. Ma devo convincere Red a parlare con Yellow. Almeno solo per una conversazione di chiusura... lei è ancora innamorata di lui, e questo non va bene”
“Conversazione di chiusura?! E che dovrebbe dirle?! Scusami Yellow ma ho scopato con Blue?! Avanti, è ridicolo!”
“Dammi una mano, su... in nome dei bei vecchi tempi...”
“Io a stento conosco il tuo nome... non so chi sei e non so da dove vieni. So solo che mio nonno ti ha affidato un Pokédex, perché ha visto nella tua ostinazione assurda qualcosa di buono. Ma io non sono mio nonno. Per me rimani solo un ragazzino viziato ed infantile”
Gold rimase con gli occhi spalancati.
“O-ok... scusami, andrò via adesso, però. Non mi sento a mio agio”
Ed intanto nella testa di Green esplodeva l’ennesima bomba.
Lo vedeva rimettere lo zaino in spalla e voltarsi verso la porta. Abbassò la maniglia e si ritrovò nella notte buia, mitigata da qualche sporadico lampione qua e là.
La cosa peggiore, però, fu quando il padrone di casa si rese conto di aver rifiutato l’ennesima scialuppa di salvataggio da quella depressione che lo stava stritolando come olive in un frantoio.
“No! No, Gold, scusami! Aspetta!”
Corse verso di lui e gli poggiò una mano sulla spalla. Quello si girò immediatamente.
“Che vuoi ancora?! Il messaggio è arrivato forte e chiaro!”
“Scusami... non dovevo dire quelle cose”
Gold vide tante cose nello sguardo del ragazzo davanti a lui, e nessuna di queste era bella. Probabilmente la confusione che viveva in quel momento era tale da non fargli intendere il bene ed il male.
Lui di certo non voleva il suo male.
“Ok... non preoccuparti...”
“Sto passando un periodaccio, e Blue mi aiutava a stare bene. Ma è andata via, e sto malissimo”
“Mi spiace molto”
“Torna in casa e mangiamo qualcosa di buono, che ho una fame che non finisce più”

 

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Capitolo 2
*** Caffé, infermiere e nocche spaccate ***


Caffè, infermiere e nocche spaccate


La notte passò relativamente tranquilla. Il risveglio fu dolce, con il sole che, intrufolatosi di soppiatto nella stanza di Gold, si permise di aprirgli le palpebre con le sue mani calde.
Quello si lamentò per un po’, poi sbadigliò.
Si alzò ed espletò quelle funzioni corporee essenziali, almeno di primo mattino. Doccia veloce, e via.
Si vestì, dopodiché uscì dalla sua stanza.
Sentiva il suono della televisione accesa. Qualcosa stava accadendo ad Hoenn.
"Bah..." disse, avvicinandosi alla fonte del rumore.
 
“Notizia straordinaria! Il Monte Camino, il vulcano di Cuordilava, ad Hoenn, ha eruttato una grande quantità di lava! I villaggi limitrofi, tra cui Cuordilava, appunto, Mentania e Brunifoglia sono stati travolti dalla discesa lavica. Sembra che si siano aperti tre grossi crateri sulle pareti a sud ovest, ovest e nord-ovest del vulcano, dopo l’ennesima scossa di terremoto. Vari studiosi hanno raggiunto il posto, per studiare il fenomeno, tanto spettacolare quanto distruttivo”
 
"Sta succedendo davvero qualcosa di strano ad Hoenn" fece Green, seduto sulla poltrona, proprio davanti a lui.
"Il bello è che non possiamo farci niente... la natura non può essere controllata"
"Saggio pensarlo da parte tua. Ma... ad Hoenn esiste un Pokémon che si chiama Groudon..."
"Conosco molto bene Groudon... speriamo non sia per via sua"
"Già..."
"Beh... Green... io ti ringrazio per l'ospitalità di stanotte"
Quello si alzò dalla poltrona e sorrise, stringendo il ragazzo. "Figurati, mi ha fatto piacere non sentirmi solo, una volta tanto"
"Puoi passare da me quando vuoi"
"Verrò, senz'altro... appena il lavoro me lo permetterà"
Gold annuì, poi si preparò alla domanda, quella che doveva fargli per forza. Quella da un milione di dollari.
"Senti... secondo te... Red dov'è adesso?"
Green spalancò gli occhi, rimanendo immobile.
"Ti direi una bugia, non lo so. Puoi provare da lui. O magari potrebbe saperlo Blue, che è l'ultima persona che conosco che l'ha visto"
"Andrò a casa sua. Se farò un buco nell'acqua cercherò informazioni da Blue..."
Il solo nominare la donna faceva sussultare Green. Gold se ne accorse.
"Vuoi che le dica qualcosa da parte tua?"
Quello sospirò, e Gold vide come uno squarcio formarsi sul suo volto. Il dispiacere era forte.
"No..."
"Non penso sia questo quello che vuoi. Dove abita di preciso?"
"In fondo alla strada"
"Quindi non è neanche così difficile raggiungerla per te. Basta camminare dritto"
L'altro sorrise. "Fosse così facile..."
"Che cos'è che reputi difficile?"
"Combattere contro me stesso. Perché lo ammetto, io la amo alla follia. Ma al contempo non potrei odiare nessuno più di quanto odi lei. Perché sono fatto così, Gold, io non dico a nessuno ciò che penso, tantomeno ciò che provo. Ma lei me lo ha letteralmente strappato dalla bocca. E mi disturba il fatto che adesso lei se lo tenga per sé... e soprattutto che, sapendolo, mi abbia tradito"
"Chiarire non farà male"
"Beh. Uno dei due uscirà con le ossa rotte, per forza"
Gold fece spallucce, ringraziò l'amico e lo salutò.
"Vienimi a trovare!" urlò quello dagli occhi dorati.
"Contaci"
 
La collina sulla quale si ergeva l'osservatorio, e che dava dimora anche a Green e, qualche metro dietro, a Margi, veniva tagliata in due da una stradina asfaltata. Biancavilla era molto carina. Un paesino ancora ricco di tradizioni, nonostante un'urbanistica incredibile. Tutto era così ben fatto lì.
Certo non poteva mettere a paragone quel paesino con Borgo Foglianova. Fuori la porta di casa sua cresceva il prato, e tranne qualche eccentrico sporadico, nessuno aveva un vialetto in ghiaia o selciato lì.
Si perse nei suoi pensieri, fino a quando non raggiunse casa di Red.
Le persiane erano chiuse, la porta pure. Nessun rumore proveniva dall'interno.
Gold si avvicinò alla porta e bussò. Le nocche batterono sul legno duro.
Ora, nell'immaginario che si era imposto, sentiva dei passi e qualcuno lo apriva.
Ma si era imposto qualcosa di sbagliato e, mentre ristagnava nei suoi pensieri, si accorse che era davanti a quella porta da almeno tre minuti.
"Bah..." fece lui, voltando le spalle e grattandosi la testa. Non restava che provare da Blue.
 
"In fondo... in fondo alla strada..."
Camminava, calciando un ciottolo squadrato, pieno di spigoli.
Pensava che se fosse stato in Green non avrebbe avuto alcun dubbio. Lui non avrebbe mai perdonato Blue.
Per quanto innamorato, un tradimento resta un tradimento. Lei aveva sciolto quel legame di fiducia che quei due si erano stilati da soli, quando avevano stretto per la prima volta le loro mani, consapevoli di provare qualcosa l'uno per l'altra.
Provò ad immedesimarsi, scambiando i ruoli. Lui sarebbe stato Green. E... e Crystal sarebbe stata Blue.
La pelle d'oca, nel pensare Red durante ogni spinta che gli dava con il corpo, durante ogni sospiro lascivo dei due, durante ogni nota storta che le loro voci producevano.
Lasciò scappare via la malinconia che gli premeva l'esofago. Un sospiro e tutto passò. Lui era Gold, non Green. E non era innamorato di nessuno.
Tutto sommato era meglio così. Non aveva mostrato il fianco, non aveva guadagnato nulla, ma alla fine non aveva mai rischiato di farsi del male.
Istinto di autoconservazione.
Prima della fine della strada c'era una via più grande, che portava al corso principale. Green aveva detto che Blue era alla fine della strada, quindi non doveva girare.
Aveva voglia di sentire un po' di musica, ma casa di Blue era a meno di 150 metri, non avrebbe avuto senso alzare le cuffie in quel momento.
Raggiunse lo zerbino, quindi bussò.
Sorrise quando sentì dei passi. L'immaginario comune ora funzionava.
La porta si aprì, e vi apparve Blue.
Gold spalancò gli occhi ed inarcò le sopracciglia.
"Gold...?" chiese quella.
Lui cercò di combattere per un momento con quella strana, ma nemmeno tanto, voglia di saltarle addosso, annuendo con lentezza.
La ragazza probabilmente era sveglia da poco. Indossava una camicia da notte scollata e parecchio succinta, nonostante il freddo di quei tempi.
I capelli della ragazza erano stati pettinati da poco, anche perché erano molto lisci. Il castano dei suoi capelli faceva risaltare il blu degli occhi in maniera speciale.
"Che... che succede?" incrociò le braccia sotto ai seni, facendoli risaltare ancora di più.
Lui scosse la testa e sospirò, trapassando la ragazza con lo sguardo. Quella rise leggermente.
"Ciao, Blue... ho bisogno di un aiuto"
"Di che genere?" continuò lei, appoggiata allo stante della porta, sempre a braccia incrociate. Nonostante questo non lo faceva entrare.
"Sto aiutando Yellow... a trovare Red"
Quella sussultò per un momento, poi sbatté le palpebre e lasciò cadere le braccia ai fianchi.
"Entra" fece.
 
La casa di Blue, o meglio, quella dei suoi genitori, era arredata secondo uno stile abbastanza rustico. L'abitazione aveva, alle spalle, una grande parete di roccia, cosa che in alcune ore della giornata costringeva ad accendere le luci artificiali.
"I tuoi sono in casa?"
"No. E non farti strane idee... ti conosco"
Lui sorrise, quindi fece segno di no con la testa. "Tranquilla. Non sono venuto per te. Te l'ho detto, devo trovare Red"
"Non credo sarà facile. Caffè?"
"Sì, grazie. Perché non credi che sarà facile?"
"Accomodati" fece la bella, indicandogli il tavolo.
Lui spostò una sedia e vi si sedette. La ragazza, invece, di spalle, montava la moka piccola.
"Rispondimi"
"Cosa vuoi che ti dica? Nessuno sa dove è andato, Gold"
Passò qualche secondo prima che uno dei due parlasse, tempo in cui l’unico rumore fu quello della macchinetta del caffè, stretta dalle mani sottili della ragazza.
“Qualcosa mi dice il contrario”
La sentì sospirare, di spalle. Quella posò il caffè sul fuoco, quindi si girò, poggiata al piano della cucina.
“Che hai?” gli chiese alla fine lui.
“Che dovrei avere?! La mia vita è un casino!”. I suoi occhi si riempirono di lacrime.
“Ehm... mi spiace...”
“Figurati, non è colpa tua. Mi sono messa da sola in questo guaio”
“Puoi spiegarmi quello che è successo?”
“Spiegami prima cosa diamine ci fai qui”
Gold annuì, ritenendo accettabile la richiesta della ragazza.
“Io e Yellow siamo molto, molto amici...”
“State assieme?” chiese Blue, scettica.
“No” fece fermamente lui. “Siamo amici. Lei è innamorata ancora di Red, nonostante quello che... quello che avete fatto voi. È tormentata da questa situazione, ed io voglio che stia bene. Ecco perché sono venuto qui a Kanto a cercare Red, almeno per avere una spiegazione”
“La vorrei avere anch’io una spiegazione, Gold”
“Riguardo cosa?”
“Probabilmente sbaglio a parlartene, ma lo faccio lo stesso”
“Il caffè...”
Quella si voltò, e velocemente andò a spegnere il gas. “Quanto zucchero?”
“Due cucchiaini”
Eseguì, quindi diede una tazzina rovente al ragazzo. Gold la guardava, mentre si muoveva con estrema leggiadria in quell’ambiente a lei familiare. Era bellissima.
Ma di una bellezza quasi ingombrante. Di una bellezza che se manca si avverte.
Ora capiva Green. Lui stava a contatto con quella donna da meno di dieci minuti e già ne era attratto. L’altro ci aveva passato anni assieme e dentro di lui si era radicato qualcosa di forte.
“Allora? Dicevi?” chiese lui.
“Allora niente. Sono una stupida. Una cretina, una mentecatta traditrice”
“Uhm...” la smorfia sul volto di Gold, che faceva capire alla ragazza di non aver compreso del tutto, la fece sorridere leggermente.
“Io e Red, in quella tenda abbiamo fatto del sesso, Gold”
Lui sbuffò. Gli spiaceva tanto per Yellow. “Lei non se lo meritava. E neanche Green”
“Lei chi, scusa?”. Il pianto si era calmato.
“Yellow”
“Lo so. Lo so benissimo. Io amo Green, ma è successo tutto così in fretta, che senza accorgercene eravamo nudi tutti e due, l’uno sull’altra”
“Come vi è venuto in mente di fare una cosa del genere?!”
Blue abbassò il capo, facendo cenno di no con la testa. Non lo sapeva.
Gold sospirò di nuovo. Odiava quelle situazioni. Si sentiva come un fiore, di quelli che appassiscono ogni qual volta il sole non è nel cielo.
“E poi? Dov’è lui?”
“Dopo che tutto era finito, lui ha cominciato a piangere come un bambino. Certo anche io avevo i miei rimorsi, come ce li ho ancora d’altronde, ma li ho mitigati col tempo...”
“Ancora devi parlare con Green però”
“Che ne sai?”
“Stanotte sono stato da lui”
Si strinse le braccia, racchiudendo quella preziosa zona contenuta nella cassa toracica in una sorta di area protetta. Lei aveva la pelle d’oca.
“E come sta?” chiese, con voce neutra. Avrebbe voluto piangere di nuovo, ma si trattenne.
“Male, Blue. Perché non vai da lui?”
La ragazza guardò ancora in basso, a puntare i piedi, e quelle unghie non smaltate sul pavimento di mattonelle, forse più fredde di quei piedi.
“Ho paura di essere respinta”
“Non puoi saperlo se non ci vai”
Lei rimase in silenzio.
“Red dov’è?”
“Sul Monte Argento, Gold. Red è sul Monte Argento. Lo so perché è stato avvistato lì, l’altro ieri. Si stava allenando molto duramente”
“Provi qualcosa per Red?”
“Solo un amico. Un amico che mi ha aiutato in un momento di debolezza. Ma io amo Green”
“E allora sai cosa fare. Grazie tesoro”
Gold si alzò ed andò dalla ragazza a prendersi l’abbraccio che meritava. Profumava tantissimo. Il ragazzo aveva fatto uso di tutto il suo autocontrollo per non fare gaffe in quel momento, tanto che uscire da quella porta ed imboccare il sentiero che andava verso Smeraldopoli fu una vera e propria forzatura.
 
Gold arrivò fino alla dogana. Gli controllarono le medaglie, quindi lo fecero passare.
Il percorso 28 si apriva in un largo spiazzale, del tutto disabitato, se non per il piccolo Centro Pokémon, poco frequentato, che si trovava proprio alle pendici della montagna.
"Il Monte Argento..." disse tra sé e sé.
Non sapeva se realmente qualcuno fosse mai riuscito a raggiungere la vetta, ma lo avrebbe fatto anche lui, se Red fosse stato lassù.
Alzò la testa, cercando di inquadrare il cucuzzolo di quella montagna alla vista.
Era innevato.
Il tempo, per altro, non era dei migliori.
Decise di darsi una svelta, perché se fosse cominciato a nevicare non sarebbe stato assolutamente facile raggiungere il suo scopo.
Decise che entrare nel Centro Pokémon a chiedere, prima di cominciare la scalata, fosse più saggio.
Poteva anche essere che Red avesse abbandonato quell'area, o che fosse lì a rifocillarsi o a curare i Pokémon.
Aprì la porta di vetro satinato del centro ed una luce abbagliante lo costrinse a spalancare le palpebre.
"Buongiorno, benvenuto al Pokémon Center del percorso 28" disse un'annoiata infermiera, appoggiata dietro al bancone. Sembrava assonnata, ma tutto sommato era molto carina. Gold le sorrise, lei ricambiò.
"Salve... non c'è nessun altro qui?"
"Sono sola da un pezzo, in effetti"
"Mi spiace molto, e rimarrei volentieri a farti compagnia, se non avessi parecchio da fare. Come ti chiami?"
Quella arrossì, timida.
"Cassandra" sorrise.
"Hai un nome bellissimo. Però vorrei farti una domanda. Sto cercando un mio amico, lo hanno dato per disperso e vorrei sapere se è venuto qui a rifocillarsi"
"Beh, ultimamente c'è qualche allenatore che si allena sul Monte Argento. Girano voci particolari, pare si stiano allenando per vincere la Coppa Diamante"
"Eh?! E cos'è?"
"Una competizione. Una sfida molto dura. Più dura dell'altopiano Blu"
"Sei seria?" chiese lui, sorpreso.
"Molto più dura"
"Quindi le cose si complicano leggermente. Sto cercando Red. Lo conosci?"
"Uhm... no. Il nome non mi dice niente"
"Spesso è vestito di rosso. Talvolta indossa anche un cappellino con visiera"
"Sì, ricordo un allenatore vestito di rosso. I suoi Pokémon sono molto forti"
“Perfetto” sospirò Gold. “È Red”
“Scende di tanto in tanto, cadenza settimanale” rispose quella.
Gold le sorrise, squadrandola meglio. Era nascosta dal bancone, sì, ma non per questo lui non si concesse il privilegio di immaginarla a figura intera. Del resto era carinissima. Il viso era molto delicato, finemente truccato, labbra piccole e delicate. Occhi marroni, quasi nero ed un naso invisibile. I capelli, di quel colore particolare, che andava tra il rosso ed il castano, le incorniciavano il viso. Due lunghe ciocche cadevano ai lati della testa, posandosi sui seni. La fronte era coperta da una frangetta ben curata. In cima al capo aveva legato i capelli tra di loro, come se formassero uno chignon mal riuscito, dato che altri capelli le coprivano le spalle e la schiena, raggiungendo ancora il seno, ma era un effetto voluto e lo stesso era ben fatto. La divisa da infermiera le donava.
“Ora devo andare... ma... ma mi piacerebbe rivederti”
“Oh... ok” disse quella, condannata ad un altro periodo più o meno lungo di noia in cui avrebbe fissato la porta, aspettando che si aprisse.
Gold le strinse la mano, liscia e morbida, quindi fece dietrofront ed aprì la porta.
 
Si ritrovò nella radura prima della montagna, di nuovo. Quello era un Parco Nazionale. I Pokémon lì venivano catturati meno che in altri posti, quindi avevano l’opportunità di crescere selvatici e rafforzarsi, ecco perché era difficile per gli allenatori stare lì. Era anche il motivo per cui c’era bisogno delle medaglie di Johto e Kanto per accedervi.
Camminava per l’erba alta, carezzandola con la punta delle dita. Era umida.
Ed un fruscio la stava muovendo in lontananza.
“Che cazzo...”
Qualcosa si stava avvicinando a lui velocemente. Faceva rumore. Mise la mano alla Poké Ball di Typhlosion, pronto a farlo entrare in battaglia in caso di necessità.
 
E quando a meno di due metri un Donphan saltò fuori dall’erba, pronto ad attaccare fisicamente Gold, lui fece una capriola sul lato, e qualche secondo dopo il suo Pokémon era davanti a lui, a proteggerlo.
Typhlosion era concentrato.
"Vai Exbo!" urlò Gold.
Il Pokémon ruggì, si alzò sulle due zampe posteriori e la corona di fiamme esplose. Il calore emanato era di una temperatura altissima, ed il fuoco riluceva nello sguardo dorato del suo allenatore.
Donphan attaccò velocemente, con Riduttore, cominciando a caricare con forza l'avversario.
"Schivalo" disse lentamente. Non era nelle sue corde essere così calmo, ma sottovalutava l'avversario, e faceva bene.
Typhlosion si mosse velocemente, ascoltando il suo allenatore, saltandolo totalmente.
Aveva una voglia matta di usare l'attacco Incendio. Ma tutto attorno a lui c'erano erba, alberi, il Centro Pokémon con Cassandra e vari Pokémon selvatici, senza contare gli sporadici allenatori che si vedevano di tanto in tanto. Ergo dovette limitarsi con le mosse di fuoco, ed utilizzare quello che per lui era il set di mosse delle seconde occasioni.
"Sdoppiatore"
Typhlosion ruggì di nuovo, ed attaccò con un forte attacco Sdoppiatore, proprio sulla schiena dello sventurato Donphan.
Un Donphan un po' troppo nervoso, che era stato messo K.O. in un colpo solo.
"Bene... andiamo avanti"
 
Entrò nel Monte Argento, guardandosi attorno. Era tutto buio, ma c'erano diversi ingressi da cui proveniva la luce naturale. La poca luce naturale, dato che stava cominciando a nevicare. Almeno fuori da quella grotta.
Capì che doveva tenere una Poké Ball in mano, pronto per l'evenienza. I Pokémon lì, come già detto, erano molto forti. Proprio alla sua sinistra c'era un piccolo laghetto, alimentato da un grande sistema di cascate, il cui scroscio riempiva le orecchie del giovane. Doveva orientarsi, guardarsi attorno. Forse avrebbe dovuto salire la cascata. O scalare la parete che aveva davanti."Uff... come diamine si arriva in cima?!" esclamò poi, riprendendo la sua vena nervosa.
Vari Pokémon volanti, probabilmente pipistrelli o simili, si alzarono dalla volta della grotta, lanciando stridi acuti per intimorire l'avventore.
"Sudobo, scaliamo questa parete e cerchiamo di avere una visuale da un posto più rialzato"
Il Sudowoodo di Gold uscì dalla sfera. Era un Pokémon particolarmente allegro.
Gold lo afferrò, cingendogli le gambe attorno alla vita, e vide Sudowoodo usare l'attacco Scalaroccia.
In meno di un respiro erano già sulla parete.
"Grazie Sudobo" fece l'allenatore, che poi alzò la testa per fare un quadro generale di quel posto. Sulla cascata c'era un'altra cascata. E portava ad una grotta.
Non c'era luce, lì. Ragionò, pensò che la cima fosse all'esterno, e non all'interno.
Non lo sapeva di preciso.
Ad ogni modo si rese conto che alle sue spalle c’era anche un'uscita laterale. Da lì proveniva luce, ed il rumore del vento.
Da lì si andava sulla fiancata del monte.
Ma un altro ingresso, posto al centro di quel piazzale enorme, separato da diversi cumuli di roccia da lui, attirò la sua attenzione.
Era sulla sommità di un'enorme scalinata naturale. E per arrivarci doveva raggiungere la parete superiore. Ma lo strapiombo che lo sottendeva non gli permetteva di usare due volte la stessa strategia.
Doveva arrivarci da fuori, quindi decise di andare sul fianco della montagna.
 
Non appena uscito si rese conto che l'enorme nuvola che soffiava neve qua e là ancora doveva raggiungere quel versante.
Doveva fare presto. Per raggiungere l'apertura che gli serviva doveva salire di un piano.
E per farlo doveva sfruttare le naturali salite e discese che si snodavano lungo il dirupo scosceso e ripido della montagna.
Per terra c'erano tantissime foglie affaticate, ingiallite dal tempo, e staccate dagli alberi dalla forza del vento che tirava lì. Gold dovette mantenersi il cappello con la mano, mentre si riparava dietro ad un acero.
Il vento era troppo forte. Si assicurò che tutte le Poké Ball fossero al loro posto e proseguì. Capì che doveva fare qualcosa di inaspettato e difficile per raggiungere la tanto agognata apertura, quindi si arrampicò sull'albero, ed arrivato ad una ragionevole altezza, si lanciò, pronto ad afferrare un grande spuntone di roccia che aveva adocchiato.
Si mise in piedi, e sorrise. Il cappello era lì, le Poké Ball pure, era vivo e tutto andava per il verso giusto.
Anzi no.
Stava cominciando a nevicare.
Inoltre aveva le mani lacerate per via dell'impatto con la roccia affilata. Un po' di sangue ne uscì, ma non aveva tempo da perdere per pensare ai cerotti (anche se sarebbe sceso volentieri da Cassandra a farsi medicare), doveva andare avanti.
Entrò di nuovo nella grotta e vide le scale che portavano all'altro ingresso.
"Lui è lì! Lo sento!" esclamò il giovane, correndo verso il target con foga. Salì velocemente la grande quantità di scale ed entrò nel secondo antro.
Ok. Si aspettava Red davanti. Invece vide un insolito percorso a spirale, in cui doveva risalire fino a sopra.
"Cazzo!"
Pensava di esserci riuscito. E invece si ritrovò solamente più volte a correre, schivando gli attacchi dei Golbat e dei Graveler, qualche volta anche di Ursaring e Steelix, fino a quando non dovette uscire dalla grotta, percorrere una modesta quantità di passi con i piedi nella neve, rientrare, riuscire e rientrare di nuovo.
E poi riuscire.
Era accanto ad un abete, innevato, naturalmente, mentre cercava di capire qualcosa. Da lì riusciva a vedere tutta Kanto e tutta Johto.
"Ma quella... quella è Amarantopoli?" si chiese, vedendola illuminata. Sì, lo era. La torre di latta risplendeva dei colori del fuoco. Forse Ho-Oh era lì.
"È in fiamme...?"
Non capiva. Scosse la testa, però, sicuramente si sbagliava.
Era in alto. Molto in alto. Il Centro Pokémon di Cassandra, da lì, pareva una scatolina, un piccolo pacchettino dal coperchio rosso.
Ma non era ancora arrivato alla cima.
"Red deve essere lì, per forza"
Si girò e guardò la montagna. Si arrampicò per un primo tratto, affondando le mani nella neve, cercando e trovando qualche spuntino.
Mancavano ancora una decina di metri e lui avrebbe saputo. Lui avrebbe capito il motivo per cui Yellow avesse sofferto tanto.
E alla fine c'era.
Alla fine era riuscito a salire sulla cima.
In ginocchio, con il sangue che cadeva dalle sue mani che sporcava la neve candida, e con le lacrime che gli colavano dagli occhi per il vento e per il freddo.
Era forte lui. C'era riuscito lui.
Si sollevò, alzando il volto. Un'altra, l'ennesima, l'ultima scalinata. E Red era lì, che gli dava le spalle, ergendosi come un pilastro nel deserto.

 

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Capitolo 3
*** Io o tu, contro il muro, adesso! ***


Io o tu, contro il muro, adesso


"Red..."
Il volto di Gold era contrito per il vento. La neve scendeva copiosa e scivolava sulla sue guance. Talvolta toccava la scia che le lacrime avevano preso sul suo volto, e si scioglievano velocemente, andando a finire sulla sua felpa, lasciando macchie rosso scuro come il sangue.
Sangue che per altro gli scorreva dalle mani. Raggiungeva la punta dell'indice e cadeva a piccole gocce, come se la sua mano stesse piangendo come lui.
Era stanco Gold, ma non lo sapeva. L'adrenalina che gli circolava in corpo era di una dose così massiccia che ormai non sentiva né il freddo né il dolore dei tagli alle mani.
Né la fame.
Il suo obiettivo era davanti a lui, che fissava qualche posto lontano, qualche regione che ancora non conosceva.
Red era davanti a lui. Red la leggenda era davanti a lui.
"Red. Girati"
Stavolta la voce di Gold pareva un sussurro, ma il colpo affondò.
Quello si mosse, ed il capo si abbassò. Quindi si girò lentamente.
Gli occhi di Red, di quel rosso acceso, e quelli di Gold, del colore dell'oro, si incontrarono a metà strada.
"Gold" fece lui. La voce era strana, cavernosa, profonda. Non parlava da tantissimo tempo probabilmente.
Sembrava stranissimo. Gold lo ricordava molto solare, come tipo. Una persona gioviale che rendeva ogni momento divertente e particolare.
Lo ricordava per il sorriso. E per quella strana ostinazione, quando si metteva una cosa in testa non riusciva a levarsela per nessuna ragione al mondo.
Se aveva un problema lo doveva risolvere.
Se voleva fare una cosa la doveva fare.
"Red. Che ci fai qui? Ti ho cercato ovunque"
"Mi hai trovato" rispose serio.
"Bene" fece Gold, "andiamo"
Red ebbe un accenno di sorriso, storpiandolo in un'espressione amara. "Non posso andare da nessuna parte"
Gold s'accigliò. "Avanti, che dici? Scendi e andiamo via"
"No, Gold, finiscila"
Quello si stoppò per un momento e capì su quale tasto dovesse andare a premere.
"Vorrei tanto. Ma non sono qui per me, né per nessun altro. Sono qui per Yellow. È totalmente distrutta da quando è successo quello che è successo. Ormai è troppo che la vedo soffrire e non ce la faccio più"
"La vedi spesso?"
"Praticamente ogni giorno. È diventata la mia migliore amica"
"Ti sei trasferito a Smeraldopoli quindi"
"No, Red. È lei ad esser venuta via da Kanto. Ora abita a Fiorpescopoli"
Red sembrò sorpreso. "Ha lasciato il Bosco Smeraldo?"
"Sì. Gli ricordava il passato. Puoi spiegarmi che succede?"
Red rimase interdetto. Qualcosa gli bruciò all'interno.
"No. Ora vai via"
Gold spalancò gli occhi. "Cosa?! Ma sei scemo?! Ho scalato una montagna enorme e combattuto contro mille difficoltà per raggiungerti! E non pensare che è perché ti voglia bene o mi faccia piacere quello che hai fatto, Red. Cioè, ti voglio bene, ma non ti vorrò mai più bene di quanto ne voglia a Yellow. È per questo che sono qui. Perché merita una risposta"
Occhirossiecappellino rimase interdetto.
"A quale domanda?"
"Lei non ha alcuna certezza di cosa sia successo. Cioè...lo immagina. Lei immagina che tu sia stato in intimità con Blue, che Dio la benedica...ma non lo sa. Non gliel'hai detto, e nemmeno lei. Sei scappato subito dopo"
"E non immagini il perché?"
Gold rimase in silenzio. E se chi taceva acconsentiva, stavolta avrebbe invertito la rotta."Gold, io sono sempre stato un buono. Una persona dal cuore puro e dall'animo gentile. Lo riconosco, spesso ho pensato brutte cose, come chiunque d'altronde, perché non sono più un bambino e non sono ingenuo. Riconosco le situazioni, riconosco i problemi. E so anche che ne ho causati. Immagino come possa sentirsi Yellow per quello che è successo, ma io non posso andare da lei a chiederle scusa o a spiegarle i motivi di questo mio eremitismo"
"Perché?!"
"Perché mi serve, Gold! Perché sono stato debole, ed io non posso!"
Gold s'accigliò di nuovo. "Spiegati meglio"
"Gold..." sospirò. "...io...io ero ubriaco quella sera. Non è una giustificazione, perché ricordo tutto benissimo, e ricordo altrettanto bene che la cosa che ho fatto era voluta. Sono stato debole ed infedele. Sapevo che tradire Yellow fosse sbagliato, ma l'ho voluto fare lo stesso, perché volevo stare con Blue in quel momento"
"Non hai pensato nemmeno a Green..."
"Già. I rimorsi mi stanno uccidendo. Non riuscirò mai a guardare in faccia quelle persone"
Gold esplose in una sonora risata. "Quelle persone! Quelle persone sono i tuoi amici! I nostri amici! Dai, finiscila e andiamo"
"No, Red, smettila"
"Andiamo! Yellow ha bisogno di te"
"Ed io non sono pronto per questa cosa"
"Già il fatto che tu abbia ammesso di avere un problema lascia ben sperare. Dai! Ti starò accanto! E poi..."
"E poi...?"
"E poi Yellow ti ama ancora"
Red sorrise. Riconobbe nella ragazza quella bontà e quell'ingenuità che aveva da bambina. Quell'ingenuità che lui amava. E quello sguardo.
Gold capì che stava vacillando. Doveva fare qualcosa.
"Avanti! Andiamo"
"Non posso"
"Facciamo una cosa!"
Gold prese forza e si mise a salire le scale che li dividevano. Red era su quello spiazzale molto ampio. Il punto più alto di Johto. Il freddo lì era ancora maggiore.
"Cosa vuoi adesso?" chiese l'altro.
"Ti sfido. Se vinci tu me ne andrò con la coda tra le gambe, ma se vinco io tornerai indietro con me. E parlerai prima con Yellow e poi con Green"
"Te ne andrai se vinco?"
"Te lo prometto"
Red annuì. "E sia. Ma solo se manterrai i tuoi patti"
"Io mantengo sempre i miei patti!" si alterò Gold.
"Perfetto! Allora lottiamo!"
 
Gold si era già allenato con Red. Conosceva la sua potenza, sapeva quanto fosse forte come allenatore.
Ma ora il dubbio che gli sorgeva era il seguente: ventiquattro ore di allenamento al giorno avranno modificato il suo modo di combattere?
“Naturalmente...” si rispose da solo.
“Allora?” chiese Red.
Gold deglutì qualcosa che era mista a saliva e polvere, con il dubbio di riuscire realmente a sconfiggere quell’avversario così forte.
Era l’allenatore più forte che conosceva. Pure empatia, quella che creava tra sé ed i suoi Pokémon. L’uno capiva automaticamente le sensazioni degli altri e viceversa.
Non era suo uso preoccuparsi. Credeva nei suoi mezzi, talvolta più del necessario. Quest’eccessiva sicurezza gli era stata impartita dal modo in cui era stato cresciuto.
Lui era il campione del mondo.
Lui era il più forte. Lui era Gold. E nessuno era come lui. Ma col tempo era cresciuto, ed aveva capito che era vero, nessuno era come lui. Tuttavia esistevano persone migliori e peggiori di lui.
Red era migliore.
In tutti i sensi, e vederlo così debole gli faceva uno strano effetto. Si stava come punendo per i suoi peccati.
“Basta...” disse alla sua mente. Basta giocare. Era il tempo di mettersi alla prova.
Si guardò attorno. Il campo di battaglia era ampio ed innevato. Ed il vento che soffiava era fortissimo. Ci voleva parecchia fermezza per non farsi spostare, ma Red sembrava non sentire l’aria ghiacciata che gli attraversava il corpo.
“Combattiamo! Sappi che ti batterò. E verrai a Johto a parlare con Yellow!"
"Non sai con chi hai a che fare. Allo sfidante la prima mossa"
"Perfetto! Vai Aibo!"
L'Ambipom di Gold scese in campo, con i pugni sulla coda stretti a pugno, pronto per combattere.
"Aibo ti è molto affezionato. Ti mostro anche io uno dei Pokémon a cui sono più affezionato. Vai Pika!"
Davanti Ambipom aveva il Pikachu di Red.
Gold sapeva che a dispetto delle dimensioni, quel Pikachu era dannatamente forte.
“Ok, Aibo! Veloce, vai con Turbosabbia!”
Un misto di terreno e neve volò verso il volto dell’avversario, diminuendo la sua precisione.
“Pika, usa immediatamente Tuono”
L’attacco Tuono, accompagnato da un fragoroso rimbombo nel cielo, si abbatté per terra, elettrizzando il campo pieno di neve.
“Bene. Ora ragioniamo” sorrise Red.
Gold digrignò i denti. Il campo ora aveva una carica elettrica negativa. Ciò significava che se avesse fatto qualche passo di troppo, Ambipom, ma anche Gold, sarebbe finito come una scimmia arrosto.
“Non c’è problema, attaccheremo da lontano! Aibo, usa l’attacco Comete!”
“Fermati Pika”
Gold spalancò gli occhi, sorpreso dalle parole dell’avversario.
L’attacco di Ambipom si abbatté su Pikachu, con lievi danni.
“Perché non l’hai fatto schivare?”
“Comete è un attacco infallibile. Inutile perdere tempo ed energia schivandolo. Pika ed io sappiamo che alcune mosse devono per forza andare a fondo. Ecco perché non abbiamo risposto. Ci siamo allenati sulla difesa, ed ora possiamo contrattaccare. Ondashock!”
Pikachu si caricò, quindi dal suo piccolo ed esile corpo partì un’onda d’energia gialla che si disperse velocemente.
“Schivala, Aibo!”
Ma a nulla valsero le corse ed i salti del primate, colpito in pieno dalla scossa.
“Anche questa mossa non può essere elusa. Ambipom doveva stare fermo e pensare a diminuire quanto più è possibile l’attacco”
“Cazzo, Aibo!”
Quello si rimise in piedi a fatica, ma Gold capì l’antifona. Senza potersi avvicinare, Aibo non poteva usare le sue mosse più forti.
“Uff...” fece, quindi si abbassò e si levò le scarpe. Rimase con i piedi scalzi, che successivamente affondò nella neve. “Aibo, metti queste ai piedi. So che sono scomode e che ti danno fastidio, ma la suola di gomma ti permetterà di isolarti dal campo di battaglia elettrico”
E fu così che un Ambipom con le scarpe combatteva contro un topo malefico dalle guance paffute ed elettriche.
“Ingegnoso” fece Red, sorridendo quando vide la strategia dell’avversario. Ma non servirà”
“Vedremo. Ora, Aibo, corri verso di lui ed usa l’attacco Doppiosmash!”
Ambipom si scagliò verso Pikachu con rabbia, e con la coda dotata di doppia mano prese a schiaffeggiare l’avversario.  Il primo smash, col destro andò a segno, mentre al secondo successe qualcosa di strano.
"Ora!" urlò Red, e Gold si accorse del ghigno di Pika sul suo volto.
Evitò il secondo smash, abbassandosi, quindi lo colpì, voltandosi e urtando violentemente la coda contro il suo viso, usando Schianto, facendo indietreggiare Ambipom."Ottimo, Pika. Bravo"
"Nah! Aibo! Va bene così, dai, bravissimo! Ora usa Congiura!"
“Una mossa che serve a potenziare l’attacco speciale. Ottimo, voglio imitare la tua iniziativa. Pika, usa Tuono. Proprio come quando ci siamo esercitati la settimana scorsa”
No, sinceramente Gold non era interessato al loro metodo di allenamento.
Ma non appena dai nuvoloni gravidi di candidi fiocchi si abbatté un veemente attacco tuono proprio su di Pika, Gold cominciò a porsi degli interrogativi.
Pikachu sembrava poco risentito da quella mossa.
“Ottimo, Pika”
“Vorresti spiegarmi?”
“Sì, amico. Il mio Pika ha l’abilità Parafulmine. In questo modo, gli attacchi tuono che lo colpiscono aumentano il suo attacco speciale”
“Quindi ora il suo attacco speciale è più alto”
“Proprio come quello di Ambipom”
"Esattamente"
“Dannazione, Aibo, dobbiamo chiuderla! Usa Sfuriate!”
“La penso proprio come te. Fulmine, Pika!”
 Nonostante la velocità di Aibo fosse elevata, quella dell’attacco di Pikachu era pari ad un terzo di quella della luce. Quindi Aibo fu praticamente fulminato dall’attacco, e nonostante le scarpe di gomma, la tensione associata della saetta creò danni ingenti.
Che portarono alla prima vittoria dell’incontro.
“Cominciamo bene...” sorrise Red, con un ghigno bonario.
“Dannazione! Bravo, Aibo. Ma rendiamo la cosa un po’ più complicata all’amico Red. Vai Sudobo!” fece quello, tutto galvanizzato dall’adrenalina che si trovava in corpo. Corse a rimettersi le scarpe, quindi prese la sfera del Pokémon che aveva scelto.
Il Sudowoodo di Gold scese in campo. La situazione climatica non gli giovò molto, anzi. Il fattore campo era importante, ma avvantaggiava Red.
"Andiamo velocemente con un attacco Terremoto!" urlò.
“No!” urlò Red, ma la reattività del Pokémon roccia fu istantanea, e fece tremare la cima del Monte Argento.
"Cazzo, Gold!" urlò ancora l’avversario, impaurito, mentre cercava di mantenersi in equilibrio, durante quel momento strano in cui la terra sotto i suoi piedi tremava.
Pika fu colpito violentemente, ma l'attenzione dei due era focalizzata sui pezzi di roccia che franavano ai lati della cima, e rotolavano a valle.
"Che succede?!"
"Se fai tremare tutto moriamo!"
Intanto però a Sudobo bastò un solo colpo per mettere fuori combattimento Pikachu.
Red lo fece rientrare nella sfera e mise in campo Poliwrath.
"Vai, Poli! Occupiamoci di lui, e facciamo finta che questo scontro non sia mai accaduto! Usa l'attacco Idropompa!"
Un getto d'acqua enorme fuoriuscì dalla spirale che il Pokémon aveva nel petto, ma Sudowoodo lo evitò velocemente.
"Vai su di lui, usa Mazzuolegno!"
Sudobo cominciò a colpire con le fronde che si ritrovava al posto delle braccia Poliwrath, a ripetizione. Una volta andò a segno, ma poi Poli cominciò a pararsi.
"Megapugno!"
“No!”
Sarebbe stato superefficace, e Gold lo sapeva. Ma Sudobo lo schivò, spingendosi di lato.
“Bravo, ora vai con Schianto!”
Sudowoodo si gettò con forza su Poliwrath, che inciampò e cadde.
“Poli, vai con Ipnosi!”
“Sudobo, non guardare!”
Ma fu troppo tardi. La spirale al centro del petto di Poliwrath cominciò a girare in modo armonioso e lento, tanto che lo sguardo di Sudowoodo, anche se incentivato dalle parole di Gold, non riuscì a staccare lo sguardo dal target.“Ottimo Poli. Avvicinati lentamente a lui, quindi utilizza Sottomissione!”
Gold vide la determinazione sul volto di Red, quindi digrignò i denti.
“Sudobo!”
Ma niente. Poliwrath sollevò leggermente in aria il suo avversario, per poi buttarlo per terra e salirci sopra a cavalcioni, sottomettendolo appunto.
“Vai ora con Dinamipugno!” fece infine Red, e così Poli colpì forte l’avversario che, stremato, si ritrovò dopo poco nella sua sfera.
“Bravissimo Sudobo. Ora riposa” fece Gold.
Ripose la sfera di Sudowoodo, quindi ne prese un’altra.
“Dannazione, Sunbo, vai!”
“Oh. Interessante” sorrise Red.
Nemmeno Sunflora sembrò molto a suo agio sulla cima innevata.
"Dobbiamo riuscire a distruggere quel Poliwrath, Sunbo! Vai con Foglielama!"
Quello lanciò dalle braccia a forma di foglia tantissimi proiettili simili, taglienti e veloci. Molti di quelli si andarono a conficcare nel corpo di Poliwrath, creando ingenti danni.
"Poli, usa Pallagelo!"
Quello si riprese dall'attacco, quindi alzò le mani al cielo, formando una grossa palla di ghiaccio. Dopodichè la gettò addosso all’avversario, ma senza successo.
“Bene Sunbo! Ancora Foglielama!”
“No! Poli!”
Le foglie volarono ancora veloci, come shuriken, e colpirono nuovamente il bersaglio.
“Ottimo Sunbo!”
“Dannazione, Poli, usiamo Ritorno!”
Gold capì che forse qualcosa poteva andare storto, anche se Sunflora era avvantaggiato nella combinazione tra tipi. Perché chiedere ad un Pokémon come Poliwrath di usare Ritorno era davvero distruttivo. Quella mossa si basava sulla felicità del Pokémon, sulla qualità del loro rapporto, sulla fiducia instaurata tra i due.
E Red aveva lavorato molto su quel piano. Ecco perché, quasi con orgoglio, Poli si alzò da terra, gettandosi a capofitto su Sunbo, colpendolo con veemenza.
“Dobbiamo reagire, Sunbo! Vai con Giornodisole!”
“Eh?!”
Sunflora allargò le foglie  e la sua corona di petali si illuminò. Quindi dalle dense nuvole nere, un fascio di luce prese ad illuminare la vetta del Monte Corona.
Sunflora ne risentì positivamente, tanto che Gold ne approfittò.
“Bene, se sei senza parole, Red, vuol dire che questo attacco Foglielama è tutto per te!”
“No, Poli! Usa Geloraggio!”
Le foglie acuminate si congelarono al contatto. Ma Poliwrath era stanchissimo.
“Dannazione! Solarraggio!”
“Cazzo, no! Veloce, usa Resistenza!”
Poliwrath si chiuse a riccio su se stesso, quindi e nonostante l’attacco fortissimo lo costrinse ad urlare dal dolore, un pizzico di vitalità se l’era conservata.
“Ottimo! Vai con la combo che abbiamo tanto studiato! Rimonta!”
Poliwrath si alzò, lamentandosi, quindi corse dall’avversario, per colpirlo ripetutamente. All’improvviso Sunflora si sentì debolissimo.
“ Ora usa con Geloraggio!”
Di nuovo il raggio congelante, ma stavolta colse in pieno l’avversario.
E fu così che Sunflora si ritrovò per terra, esanime, mentre uno stanchissimo Poliwrath respirava a pieni polmoni.
"Ottimo Poli!" sorrise Red. Gold, nel buio della depressione di quell'attimo, rivisse per un momento un secondo di parziale dejà vu. Il sorriso di Red, era lo stesso di qualche anno prima.
"Sta diventando tutto più semplice, vero Red?"
"Cosa?"
"Mi sembra che tu sia differente..."
"Da cosa?"
"Da chi semmai. E comunque sembri differente dalla persona che ho incontrato appena sono arrivato qui, sulla cima della montagna"
"Non dire assurdità. Fai la tua mossa"
"Bene. Vai Togebo!"Il Togekiss di Gold scese in campo. La neve si era calmata, quindi avrebbe potuto volare senza enormi difficoltà climatiche, se non fosse stato per il vento.
"Poli! Vai con Geloraggio!"
Lo stanchissimo Poliwrath si rimise in piedi e cercò di mirare il bersaglio, ma quello volava in modo casuale, rendendo l'attacco difficoltoso.
"Dobbiamo farlo subito fuori, Togebo! Usa Aeroattacco!"
"Attaccalo!" urlò invece Red al suo Pokémon. "A ripetizione, forza!"
Vari attacchi Geloraggio furono sparati in aria, ma la velocità di Togekiss gli permisero di fare slalom tra quelle colonne d'energia criogenica, che si persero tra le nuvole, che parevano pochi metri sopra le loro teste.
Togekiss si fiondò sull'avversario e, come un rapace afferra la sua preda, attaccò Poliwrath con un colpo di incredibile potenza.
Proprio quando Poliwrath, che era già K.O. prima ancora di atterrare sul campo di battaglia, sbatté contro la pietra dura sotto i piedi dei due allenatori, un fiocco di neve tornò a baciare la pelle dei due allenatori.
Gold si ritrovò uno di quei cristalli freddi sulla punta delle labbra. Con la lingua la ghermì, fino a farla sua.
"Nevica di nuovo..." fece lui.
"Gli attacchi Geloraggio hanno raffreddato quello che il sole di Sunbo aveva riscaldato"
"Già. Fa' la tua mossa!"
"Con piacere! Vai Aero!"
E così un enorme Aerodactyl si trovò a sbattere le ali davanti al suo avversario, un Togekiss.
I due si fissavano con cattiveria e quasi si vedevano le scintille
"Forzasfera!" urlò Gold.
Togekiss produsse una sfera d'energia e la lanciò velocemente contro Aerodactyl.
"Via di lì, Aero! Usa Alacciaio!"
Aerodactyl scansò a destra l'attacco, quindi accelerò, sfiorando un violento colpo con l'ala destra, che parve della stessa consistenza dell'acciaio.
"Schiva! E poi Alacciaio!"
Togekiss vide l'ala di Aerodactyl passargli proprio a pochi centimetri dal volto, quindi alzò con forza la sua, colpendo l'avversario sotto al mento e facendogli perdere l'equilibrio. Quello ricadde esanime, solo per un momento, verso il campo di battaglia, ma poi si riprese, allargò le ali e planò delicatamente, per poi tornare di nuovo ad alta quota.
"Aero, mettiamo un po' in difficoltà il nostro avversario! Vai con Forzantica!"
"Attento Togebo!"
Gli occhi di Aerodactyl si illuminarono d'azzurro, quindi dalla cima della montagna si alzarono una quantità abnorme di pietre e massi, che velocemente si proiettarono su Togekiss.
"Santo cielo, Togekiss, usa Schermoluce!"
Una barriera di luce magica funse da protezione, diminuendo il danno. Ma non cancellandolo. Difatti Togekiss fu colpito dai massi più grossi, non senza problemi. Tuttavia strinse i denti, mantenendo l'altitudine.
"Ottimo Togebo!"
"Aero, vai con Riduttore!"
"Matiamo questo toro, Togebo! Schivalo!"
Aerodactyl salì una decina di metri più in alto di Togekiss. "Giù!" sentenziò Red e giù fu, quindi quello attaccò.
"Sentito, no, Togebo?! Giù anche tu!"
Red sorrise.
E così cominciò quello strano inseguimento in aria, dove uno volava verso l'avversario e l'altro verso il campo di battaglia.
Ma Aerodactyl era più pesante, e quindi si avvicinava con maggiore velocità lui rispetto a quanto Togekiss diminuiva la propria distanza dal terreno.
Ad un paio di metri dal pavimento Togekiss si voltò, vedendo Aerodactyl spingersi verso di lui come un proiettile."Schiva!"
Red continuò a sorridere, e quando vide che Togekiss evitò l'attacco, spedendo l'avversario a schiantarsi, il suo ghigno non accennò a diminuire.
Si era alzato un polverone enorme. E sotto sotto Gold covava già il desiderio di vedere Aerodactyl esanime.
"Ottimo Togebo!"
"Non cantar vittoria troppo presto, Sguardo dorato"
Gold spalancò gli occhi e poi acuì l'udito. Aerodactyl spalancò le ali, urlando rabbioso.
"Raffica!" fece Red
Aerodactyl attaccò con foga, sbattendo le ali e mandando su Togekiss tutta la polvere che si era ritrovato ad alzare.
Gold si accorse dell'enorme buco che Aero aveva lasciato dopo il suo impatto. Stavano lentamente distruggendo il Monte Argento, e non sapeva se esserne fiero o meno.
"Togebo! Usa Raffica anche tu!"
Quello si parava il volto con le ali, girato di spalle, mentre piccoli frammenti di roccia e terra lo investivano. Si girò e lanciò anche lui un attacco Raffica verso l'avversario. Una parete di detriti si era posta tra lo spostamento d'aria di Togebo e quello di Aero.
"Più forte, Aero!"
"Anche tu, Togebo!"
I due si impegnavano, per non essere investiti.
"Vai!" urlava Gold, ma vedeva che Togebo non era al pieno delle forze. Non sapeva se ce l'avrebbe fatta.
"Cazzo, Aero! Più forte! Non lasciare che ci investano!"
Aerodactyl urlò, gli dolevano le ali, ma si rese conto del fatto che Red si fosse spostato alle sue spalle, mentre Gold aveva una visuale laterale di ciò che accadeva.
Forse fu quello il fatto determinante di tutto. Aerodactyl non proteggeva più solo se stesso, no. Lui sarebbe rientrato nella sfera, finché l'amorevole infermiera di turno l'avrebbe curato e rimesso a nuovo. No. Sarebbe stato colpito anche Red.
Ed avrebbe potuto subire un colpo talmente grave che non sarebbe riuscito ad andare giù da quel monte, a curarsi. Sarebbe rimasto lì, a morire di fame e di freddo.
Lacrime e rabbia, negli occhi di Aero, le ali sbatterono così forte da sembrare invisibili agli occhi dei due allenatori.
Il muro di detriti era spinto sempre di più, fino a che Togekiss non se lo vide cadere addosso.
"Spostati da lì!" urlò Gold, con un braccio davanti al volto, per evitare di respirare polvere e di essere colpito da qualche sasso.
Togekiss si voltò velocemente, ma come un'onda che si abbatteva sul bagnasciuga, così quell'ammasso di detriti si schiantò contro di lui, colpendolo ripetutamente.
E facendolo finire senza forze proprio davanti al suo allenatore.
"Togebo..." fece dispiaciuto Gold.
"Sei grande Aero!"
Era lì la forza di Red, e Gold lo capì. Il sapersi mettere in gioco.
"Bravo, Togebo. Hai fatto il massimo. Vai Polibo". La voce di Gold era più fredda adesso. Forse perché aveva capito di non aver raggiunto la tanto agognata maturità come allenatore. Sì, era bravo, aveva superato diverse difficoltà, ma non era ancora al top. Ed il suo mettersi sempre in competizione gli imponeva di non avere nessuno sopra la sua testa.
Politoed scese in campo. La neve diventò sempre più calda, fino a quando diventò vera e propria pioggia.
"Piovischio è l'abilitò di Polibo. Con lui in campo pioverà sempre"
"Non è di certo l'ideale per Aero. Ma dobbiamo dare tutto per quest'incontro"
"Noi faremo altrettanto. E non te la faremo passare liscia. Polibo, avvicinati a lui ed usa Rimbalzo!"
Politoed si caricò, come una molla, piegandosi sulle zampe posteriori, quindi fece un enorme balzo, fino ad arrivare alla sua altitudine.
"Aero, è lì, non mancarlo! Usa l'attacco Fulmindenti!" Quello spalancò le fauci, che all'improvviso si elettrizzarono.
"Vai ora!"
"Polibo, su di lui!"
Red aprì la bocca involontariamente. Ci piovve dentro.
Sì, perché non si aspettava minimamente che Politoed evitasse l'attacco di Aero, per salire sulla sua schiena.
"Ottimo Polibo! Usa Idropompa!"
"Aero! No! Disarcionalo!"
Ma a poco serviva, perché le zampe di Poli erano dotate di particolari ventose, che gli permettevano di rimanere aggrappato ad una vasta gamma di superfici. E fu così che un'enorme quantità d'acqua colpì dietro la testa Aerodactyl, che lentamente perse quota, fino a schiantarsi per terra.
Di nuovo.
Polibo ne uscì vincitore, mentre un'altra parte della vetta crollò.
"Vai così!" si rianimò Gold.
"Non finisce mica così! Ho ancora tre Pokémon! Vai Vee!"
E Vee era un Espeon.
La storia di quell'Espeon era particolare, quasi toccante.
Quando era un Eevee, il Pokémon ebbe la sventura di essere catturato dal Team Rocket e sfruttato come cavia. Infatti quelli studiavano il motivo per cui il suo dna poteva mutare, in determinate condizioni, e farlo evolvere in più tipi di Pokémon.
Per i Pokémon, il processo di evoluzione non è reversibile. Se un Pokémon si evolve, non potrà tornare ad essere quello di prima. Cosa un po' impietosa, se si pensa all'integrità soggettiva del Pokémon, anche se ne guadagna in potenza ed in capacità di crescita esponenziale.
Quell'Eevee, invece, catturato da Red sotto consiglio di Erika, Capopalestra di Azzurropoli, era stato vittima di una mutazione. In questo modo il suo dna gli consentiva di evolversi e deevolversi a piacimento.
La cosa costò un trauma al povero Vee, che alla fine riuscì a vendicarsi del Team Rocket sconfiggendolo più volte. Ma col tempo la scottatura passò, ed il bene e la felicità per essere parte di qualcosa, per essere voluto bene da qualcuno, lo portò ad evolversi in un Espeon.
E quell'Espeon era a dir poco distruttivo.
"Vee! Vai con Psichico!"
Quello era in campo in una posa particolarmente elegante. Seduto sulle zampe posteriori, il collo allungato, le orecchie attente.
I suoi occhi si illuminarono d'azzurro. D'azzurro diventò anche l'aria attorno a Politoed. D'improvviso si sentì come spremere.
Le sue urla erano forti, ma Gold gli urlava di resistere.
"Esci da quelle barriere! Non farti limitare! Tu sei forte! Tu sei migliore!"
Politoed aprì un occhio, capendo che doveva tenere sotto controllo il suo corpo.
"Granvoce!"
"Dannazione!" urlò Red, tappandosi le orecchie. Dal Pokémon si espansero onde sonore fortissime, che costrinsero Espeon a distrarsi e a lasciarlo andare dalla morsa mentale che lo stava spremendo.
"Ottimo! Vai ora con Doppiasberla!"
Polibo saltò con un balzo enorme verso l'avversario, quindi lo sorprese prima con un destro e poi con un sinistro. Espeon rotolò verso sinistra.
"Morso!" urlò Red.
Quello spalancò le fauci, azzannando il braccio del Pokémon rana. Polited accusò il colpo.
"Polibo! No!"
"Ottimo, Vee, stringi!"
"Vai con Idropompa!"
L'attacco di tipo acqua sorprese Espeon, che mollò la presa. I danni subiti furono ingenti e portarono il Pokémon Psico a ruzzolare assai metri indietro.
"Vee! Usa Attacco Rapido!"
Gold sorrise. "Polibo, usa immediatamente Cascata!"
"No, Vee, fermo!"E così, mentre il Pokémon Sole cercava di attaccare l'avversario, una quantità enorme d'acqua si abbattè su di lui.
"No! Vee! Dannazione, vai Snor!"
"Cazzo..." sospirò Gold. Lo Snorlax di Red era davvero un osso duro. Già così, generalmente, uno Snorlax non è un Pokémon semplice da sconfiggere. Ma i dopatissimi Pokémon di Red non erano bestiacce normali.
No, erano belve iperallenate, pronte ad ogni evenienza. Ed il fatto che alcuni di loro fossero stati sconfitti era solo perché l'esperienza dell'allenatore che avevano di fronte non era poca.
"Snor, vai con Gigaimpatto!"
"Porca puttana! Polibo!"
Snor, agile come non mai, si piegò sulle zampe per poi fare un enorme balzo. Sarebbe atterrato proprio su Polibo.
Gold sapeva che doveva trovare un modo per scampare a quella mossa, ma Snor era così esteso che non avrebbe fatto in tempo a spostarsi da lì.
"No. Basta così, Polibo"
Gold prese la sfera e fece rientrare il suo Politoed. Snorlax si schiantò sulla cima, facendo franare una grossa parte del campo di battaglia.
La terra tremò di nuovo.
"Dannazione, Red!"
Quello sorrise. "C'era da aspettarselo...come mai non hai respinto l'attacco?"
"Perché Polibo non ne era in grado. Ed era inutile vederlo soffrire. Non sono una sadico"
"Ah no?"
"No. O forse sì, per te. Il meglio l'ho lasciato alla fine. Vai Exbo!"
Typhlosion scese in campo, sulle quattro zampe.
"Andiamo!" urlò energicamente Gold, e così Typhlosion ruggì, ed accese la fiamma che c'era su di lui.
"Ottimo" sorrise Red.

 

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Capitolo 4
*** La fine dell'inizio ***


La fine dell'inizio


Gold guardava Red negli occhi. Sapeva di essere in svantaggio. Aveva il solo Exbo, il suo bellissimo esemplare di Typhlosion, a combattere contro uno Snorlax, ed un altro Pokémon, allenato dal migliore allenatore di sempre.
Red.
Red di Biancavilla.
Gold sospirò e cercò di calmarsi, anche se riconobbe che per lui una cosa del genere fosse parecchio difficile.
Calmarsi... aveva i nervi che ballavano la samba, come faceva a calmarsi?!
"Exbo!" urlò Gold, e la corona di fiamme che c'era sul suo collo incrementò esponenzialmente il calore prodotto. La neve sulla cima si sciolse, diventando acqua, chiara e limpida.
"Snor! Dobbiamo sconfiggerlo! Andiamo con Cozzata Zen!"
Snorlax si avvicinò all'avversario, cercando di colpirlo con una testata, ma Exbo era superiore in fatto di velocità, e senza neanche aver sentito l'ordine di schivarsi del suo allenatore si era già spostato sulla destra.
"Exbo! Usa Marchiatura!"
Velocemente, dal lato dell'avversario, Typhlosion fece uno scatto, portandosi alle sue spalle. Dopodichè dalla sua bocca ne fuoriuscì una fiamma ad altissima temperatura, che lo colpì tra le scapole.
Snorlax soffriva.
"Lo hai scottato" sospirò Red.
"Già! Che ne dici, Exbo? Usiamo Muro di fumo?"
Il Pokémon di Gold lasciò fuoriuscire del fumo nero e denso, che nè la neve nè il vento riuscivano a diradare.
"Snor... Riposo"
Gold spalancò gli occhi, sorpreso. Non vedeva il suo avversario, ma ci sentiva benissimo. Ed aveva sentito Red ordinare al suo Pokémon di addormentarsi in battaglia.
"Più semplice per noi! Comete!"
Exbo non sapeva dove si trovasse il suo avversario. Ma tanto l'attacco Comete sarebbe andato a segno lo stesso. Delle stelle di energia raggiunsero Snorlax, colpendolo. Tuttavia quello dormiva beato.
"Russare!" urlò Red.
Gold portò le mani alle orecchie e digrignò i denti. "Exbo! Aumenta la temperatura al massimo!"
L'avversario dal cappello rosso sorrise. Era una strategia intelligentissima. Il rumore delle fiamme così vicino all'apparato uditivo di Typhlosion gli impediva di sentire il forte attacco di Snorlax. In più il calore continuava ad aumentare, e l'energia che stava per fuoriuscire dal corpo di Exbo sembrava assurda, anche per un Pokémon così ben allenato.
"Ok, Exbo! Vai adesso con Eruzione!"
Le fiamme sul dorso del Pokémon si acuirono ulteriormente, fino a riempire ogni cosa. Snorlax, nonostante l'abilità Grassospesso, fu letteralmente arrostito e messo fuori combattimento.
"Exbo..." sorrise Gold, quasi commosso. Il fumo si diradò.
Red era scioccato, incredulo. Non riusciva a capire come fosse possibile quello che era successo. Vedeva quel fortissimo esemplare di Typhlosion, affaticato per lo sforzo dell'ultimo attacco.
"È... è incredibile..." fece il ragazzo dagli occhi rossi.
"Lo so. Credo sia la lotta più incredibile che abbia mai fatto"
"Non è ancora finita. Vai Saur!"
Il Venusaur di Red. E Gold già gioiva dentro, covando nel profondo la convinzione che un Pokémon d'erba non avrebbe mai potuto sconfiggere Exbo, per quanto potente fosse stato. Le fiamme del suo Typhlosion lo avrebbero arrostito.
"È ammirabile quello che stai facendo" disse Red. "Per Yellow hai rischiato la vita, e ti sei messo a lottare contro di me. Sicuro di non amarla?"
"No, Red. Non lo so. Forse. Forse mi piace, è vero, ma da qui ad amarla è un passo gigante. Io sono suo amico, e voglio vederla star bene. E starebbe bene solo tra le tue braccia. Per quale motivo non puoi tornare da lei?"
"Te l'ho già spiegato. Saur, usa Fangobomba!"
Venusaur sputò dalla bocca del liquame violaceo e puzzolente, acido, che si mischiò all'acqua limpida, un tempo neve fredda. Typhlosion fu colpito sulla zampa posteriore destra. Cominciò a dolergli.
"Cazzo, cominciamo bene! Exbo, rendiamogli la partita più difficile, usa Nitrocarica!"
Exbo era provato, ma sapeva quanto il suo allenatore tenesse a vincere quell'incontro, e si abbassò sulle quattro zampe, accendendo il fuoco sulla schiena. S'infiammò letteralmente, prendendo a correre verso l'obiettivo.
"Saur, attenzione... come in allenamento..."
Venusaur ruggì, e si ritrovò a farsi colpire bellamente dall'avversario.
"Ottimo Exbo! Avanti così! Potenza pura! Ed ora... ma che?!"
Exbo prese a barcollare, quindi si schiantò per terra, addormentato. Saur poi esplose, creando tanto fumo, per poi riapparire quattro metri più indietro. Red sorrideva.
"Che succede?!"
"Succede semplicemente che Saur ha usato Sostituto unito ad un attacco Sonnifero. Non appena Typhlosion ha attaccato Saur, o almeno credeva di averlo fatto, ha respirato le spore soporifere lasciate nell'aria dal mio Pokémon. Quindi si è addormentato. Direi che possiamo chiuderla qui..."
"Già" sospirò Gold, facendo rientrare Exbo nella sfera. "Complimenti..."
Red fece rientrare Saur nella sfera e sorridente e consapevole si avvicinò all'avversario.
Gold stava a testa bassa.
"Ora non andrai da Yellow..." sospirò ancora il ragazzo.
"Gold... ho bisogno di allontanarmi da tutto e da tutti"
E poi un enorme sibilo li spaventò entrambi. Un’ombra enorme li oscurò, e poi una folata di vento si abbattè su di loro.
Moltres si era alzato in volo, e stava andando verso Smeraldopoli.
“Wow...” sorrise Red.
“Beh... complimenti”
Red gli tese la mano. L’istinto primario di Gold fu quella di prendere la scimitarra che non aveva e tagliargli il polso. Ma poi la razionalità lo fece di nuovo suo, e afferrò la mano dell’amico.
“È ammirevole quello che hai fatto, Gold”
“Non ti posso dire niente. I patti sono patti, ed io rispetto la parola data, quindi me ne andrò e ti lascerò solo. Ma vorrei che parlassi a te stesso, con il tuo cuore, e ti ponessi qualche domanda. Solo allora potrai sorridere di nuovo”
Red fissò Gold come un bambino fissa la madre che lo puniva. Lo vide girarsi e scendere le scale, ormai disastrate, della vetta.
E poi sparì.
 
Yellow era ormai seduta al tavolino del solito bar, a guardare il sole coricarsi dietro l’orizzonte, mentre leggeva, si fa per dire, un libro di Jane Austen.
Leggeva, sì, ma non riusciva a concentrarsi. Era troppo presa.
Gold ancora doveva tornare. Era in ansia.
Sbuffò, cercando di tirare fuori dallo stomaco e dalla pancia quella fastidiosa sensazione di angoscia.
Per rilassarsi aveva deciso di ascoltare anche un po’ di musica, e quindi mise gli auricolari. Nelle cuffiette suonava Changes di Faul&Wad. Musica solare, musica rilassante, musica tranquilla.
Rifletté, però, e pensò che avrebbe dovuto tenere su soltanto una cuffietta. Qualcuno avrebbe potuto chiederle qualcosa, e lei non l’avrebbe sentito.
Sarebbe stato scortese.
Quindi rimase lì, a sentire la musica, a leggere, con una cuffietta che pendeva sul collo lungo e decorato con una collana molto sobria, una catenina con un ciondolo.
Solita coda di cavallo, cappotto lungo di pelle, nero. Era pur sempre Dicembre, e non poteva permettersi di stare sempre a mezze maniche o in abitini corti.
Il mare davanti a lei sussurrava parole incomprensibili, e sembrava volerla venire a prendere, per poi cambiare idea, e ritirarsi indietro.
Però poi cambiava idea di nuovo, e tornava.
Chiuse le pagine di quel libro che tanto voleva leggere. Ma senza voglia non si fa nulla.
“Hey... Yellow...”
Una voce la chiamava. Dapprima pensò che aveva fatto bene a pensare di non alzare entrambi gli auricolari.
Poi si ricordò che qualcuno aspettava di dirle qualcosa. Probabilmente era Gold.
E quando si voltò, e ad attendere il suo sguardo del color del grano vi trovò Red, schiuse le labbra, per permettere all’aria di entrare in quantità maggiore.
“Red...”. La voce della ragazza era bassissima e lasciva, quasi fosse un promemoria per se stessa, per non dimenticare il nome dell’individuo che aveva davanti.
“Posso sedermi qui con te?”
Yellow lasciò qualche secondo per permettere alle parole di sedimentarsi per bene sul fondo della sua mente, quindi gli indicò con il dito sottile la sedia accanto alla sua.
Lui sorrise e si sedette.
La ragazza lo guardava sbalordita. Non credeva lui fosse lì davvero.
“Come stai?” chiese quello.
“...”
“Rispondi, no?”
Yellow lo guardò meglio. Indossava un caldo maglione di lana, rosso. Stesso colore e materiale anche per sciarpa e cappello. Un jeans sotto, ed un paio di comode scarpe da ginnastica ai piedi. Non aveva più la tenuta da allenatore.
“Sono stanca. Tu?”
“Letto troppo?”
“Pensato troppo”
“A cosa hai pensato?”
“A tutto, Red. Ma soprattutto mi sono chiesto perché il ragazzo che amo tanto è sparito”
“Il ragazzo che ami tanto ha fatto una brutta cosa. Ed ha dovuto passare tanto tempo da solo per comprendere bene l’errore che ha fatto”
“Il ragazzo che amo mi ha fatto del male. Forse lui non mi ha amata poi così tanto”
“Sai... ti capisco. Ti senti tradita, distrutta, soggiogata. Ma pensa soltanto che io mi sento peggio di te”
“Perché ti sentiresti tradito?! Io non ho fatto niente!” si irritò la bionda.
“Non intendo questo. Intendo dire che l’averti fatto stare così mi ha spezzato il cuore. Vedere il tuo amore frantumato in tanti piccoli pezzi mi ha fatto del male. E mi sono reso conto di aver fatto una cosa che non è da me”
“Hai fatto...”
“Sì, con Blue. E se tornassi indietro non lo rifarei mai più”
Lo sguardo di Yellow si pietrificò, e fu come se il sole si ghiacciasse. Poi quello di Red, caldo come il fuoco, lo sciolse.
“Dov’eri?” chiese lei.
Red sospirò e si levò la sciarpa, poggiandosela sulle gambe.
“Mi sono detto così tante cose, dopo averti tradita che avevo vergogna persino di respirare. Ed in un certo senso mi sono punito. Ho intrapreso un viaggio, e sono rimasto sulla cima del Monte Argento, ad allenare mente e corpo. Ho pensato, ho ragionato. Ed anche se so che non tornerà subito tutto come prima, mi sono reso conto che non potevo perderti”
“Hai distrutto i miei sogni”
“Sono qui per ricostruirli, Yellow. Con amore ed impegno. E con la certezza, stavolta, che niente potrà più separarmi da te”
Red ebbe il coraggio di alzare lo sguardo, e fissarla in volto. Righe nere di trucco si proiettavano sulle guance, e ancora più giù, fino alle labbra rosee e carnose. Gli occhi si gonfiarono di lacrime, le labbra invece stavano per esplodere di parole non dette.
Tuttavia, quando il ragazzo le porse la mano, lei non potè far altro che sorridere, ed afferrarla, sentendo morire quel fantasma che viveva ormai da tempo dentro di lei.
Yellow decise di perdonare Red.
Di essere superiore. Di capire, di ascoltare. In fondo lui era un buono.
E come avrebbe potuto non fidarsi di un buono?
 
Un'altra mattina monotona, un'altra volta aprire gli occhi forzatamente, un'altra volta aprire la finestra e vedere che il tempo si sente proprio come te: grigio.
E sentirsi grigio, per uno che si chiamava Green, era un po' come una crisi d'identità.
La nuvole formavano un denso piano di marmo, in cui tutto sembrava immobile. Nulla si muoveva, niente si generava. Neanche sembrava stesse per piovere.
Quelle nuvole dovevano solo nascondere il sole.
Appoggiato con i gomiti sullo stipite della finestra, guardava l'istantanea che quel calmo paesino, che altro non era che Biancavilla, gli regalava alle sette e mezza del mattino, quando si svegliava.
Sbadigliò, aveva il volto stropicciato e tanta stanchezza addosso.
Forse era il caso di calmarsi.
Forse era il caso di rendere tutto un po' più fermo.
Di trovare lo spunto per smettere di cadere, di trovare le basi per una stabilità, mentale soprattutto.
Che tanto i soldi ce li aveva... e manco gli interessavano.
Sbuffò, e levò la maglia del pigiama. Faceva un freddo dannato.
Non si era reso conto, una volta giratosi, che Moltres, l'enorme uccello leggendario, aveva lasciato il Monte Argento per fare chissà cosa.
E tutto sommato neanche quello gli sarebbe importato.
Nulla gli importava più, da quando, in casa sua c'era una voce in meno. Da quando sulla spalliera della sedia accanto alla cassettiera nella sua stanza non c'era più nessun reggiseno, nè le pantofole gettate via, e sempre nel posto meno opportuno. Sì, le pantofole usate come arma di distruzione di massa, che ti facevano inciampare e ti uccidevano.
Blue mancava davvero.
Mancava lo spazzolino nel bagno, l'odore in quella casa quando passava. Mancava la pila di piatti che lei lasciava lì apposta, per far sì che, quando lui tornasse da lavoro, potessero passare un po' di tempo insieme, a parlare del più e del meno.
Uno lavava ed uno asciugava.
Uno spazzava ed uno passava lo straccio.
La coppia vincente.
"Io preparo il primo" faceva lei.
"Io l'insalata"
Sorrideva, Green, ricordando la voce di lei. Ormai era nudo, davanti quello specchio che aveva bisogno di essere pulito, e mentre la doccia riscaldava le sue acque, pensava alle pantofole di quella, al fatto che fossero armi di distruzione di massa, e a quanto lei per lui fosse un'arma di distrazione di massa.
Non riusciva a non pensare a lei.
La doccia era pronta, il vapore saliva in aria, e lui si gettò sotto quel getto bollente.
E quando anche tutti i pensieri scesero giù con l'acqua nello scarico sotto i suoi piedi, e fu pronto, uscì di casa. Addosso il suo cappotto lungo, quello nero. Tra le mani la sua ventiquattr'ore ed una busta con il camice pulito, che era andato a ritirare il giorno prima in lavanderia.
Il cielo era ancora grigio. Il suo umore pure. Diede tre mandate alla porta e si avviò a piedi verso la collina dell'osservatorio.
Si sorprese del fatto che davvero non ci fosse qualcuno in strada, perchè di solito per quell'ora una macchina passa, ogni tanto.
Invece nisba. Sentiva i suoi passi rimbombare nella testa, mentre in realtà si percepiva solo un lieve crepitio, quello delle suole delle sue scarpe di cuoio che scricchiolavano.
E poi ancora il pensiero di lei.
"Green..."
Quasi sentiva la sua voce.
"Green"
Lui si fermò. La voce c'era davvero.
Si voltò lentamente, sperando di esser diventato pazzo, perchè onestamente, per quanto forte fosse con i Pokémon, non era in grado di sostenere una conversazione con quella ex ladra, che continuava a rubare parole, emozioni e situazioni.
Non appena si voltò, la ebbe davanti. Era a pochi metri da lui, bella come sempre, ma più triste.
Indossava un maglioncino a collo alto blu navy, di lana, aderente quanto bastava per mostrare le curve prosperose di cui madre natura l'aveva dotata. Sotto un paio di jeans, quindi degli stivali. I capelli erano pettinati da una parte, non aveva più la frangetta di sempre, ma il volto era lo stesso. Tuttavia i suoi occhi, blu come il mare, come il cielo (non di quel giorno), come il suo maglione, erano spenti.
Proprio come quelli di Green.
"Capita..." disse lui, come se in quel momento lei avesse appena finito di chiedergli scusa.
Alzò il volto, con le lacrime che bruciavano come sale su di una ferita, mantenute attorno alle pupille con tenacia.
"Io... io sono pessima"
"È vero" annuì Green.
"Non sono in grado di mantenere stabile questa relazione, e più in generale non sono in grado di mantenere nulla stabile, ma... ma con te ci ho provato sul serio..."
Green abbassò il capo. Cosa significava? Che non voleva più provarci? Ed anche se avesse voluto provarci non era del tutto sicuro che il suo orgoglio si sarebbe lasciato assalire in quel modo.
Lei rimaneva lì, occupando quanto meno spazio possibile nel mondo che la circondava, perchè si sentiva piccola e non voleva che gli altri la guardassero. Perchè lei non era stata buona.
Lei aveva tradito.
"Quindi?" chiese lui.
"In realtà non so nemmeno io perchè sono venuta qui..." sorrise, quasi per liberare la tensione che il suo volto contrito teneva da quando lo aveva visto. Un minuto in pratica, ma sembravano dieci anni.
E dieci anni di soggezione sono un po' scomodi.
"Vuoi scusarti vero?"
Lei annuì lentamente, non riuscendo a sostenere il peso dello sguardo dell'uomo che aveva di fronte.
"Mi spiace che tu e Red ora abbiate litigato"
Lui fece spallucce.
"Non so... non so che dire"
"Stavi andando a lavoro?"
Lui annuì.
"E se ti accompagnassi?"
Lui fece cenno con la testa di andare.
Aspettò che la raggiungesse, e cominciarono a camminare. Non appena mossero insieme il primo passo, lui si sentì più calmo, come se fosse davanti ad un camino, vivo del suo fuoco scoppiettante, mentre fuori nevicava.
Si sentiva coperto.
Non era più solo.
Blue non lo avrebbe mai ammesso, ma di tanto in tanto si girava a guardarlo. Ed osservava i suoi occhi, e quelle labbra contrite, mantenute al volto come se fossero tirate, perchè Green non voleva esprimere alcuna emozione, nemmeno per sbaglio.
Poi lui allungò la mano verso la sua, cercando col mignolo le sue dita sottili. E alla fine lo vide sorridere.
Blue abbandonò totalmente quella sensazione disagevole, e gli strinse la mano. Per non lasciarla mai più.
 
Gold sorrideva, con le mani nelle tasche del giubbotto, mentre vedeva Red baciare Yellow. Un momento splendido, mentre la soddisfazione lo investiva come un camion. Aveva appena finito di curare i Pokémon dopo lo scontro con Red. Il centro Pokémon di Cassandra era chiuso quando scese dal Monte Argento e dovette farlo non appena tornato a casa. Tuttavia ripensava alla scena della sua discesa dal monte, e alla delusione di non aver potuto rivedere negli occhi la bella infermiera.
Rivedeva la scena. Un cartello affermava che il centro rimaneva chiuso fino a data da destinarsi, scritto in bella grafia.
Peccato, avrebbe voluto salutare quella donna dai capelli lunghi e dalle labbra sicuramente morbide.
Perché era un romantico. Un uomo innamorato delle donne, e dei loro sorrisi.
Yellow sorrideva, e questo era quello che contava.
Poi il Pokégear squillò, e lo fece sobbalzare.
Era il Professor Oak.
“Gold, diamine, ma dove sei stato in questi giorni?!”
“Professor Oak, salve. La sento allarmato, che succede?”
“Devi assolutamente raggiungere Silver e Crystal ad Hoenn. Sta per scoppiare l’apocalisse”
Gold non ebbe nemmeno il tempo di rispondere un “che?!” oppure un “cosa è successo?”, che Oak già aveva attaccato.
Hoenn aveva bisogno di lui.
Crys e Silver avevano bisogno di lui.

 

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