Deep Blue Eyes

di Lukeys_Smile
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Back To School ***
Capitolo 3: *** So Strange... ***
Capitolo 4: *** This Is War ***
Capitolo 5: *** Rain ***
Capitolo 6: *** Professional Secret ***
Capitolo 7: *** The Announcement ***
Capitolo 8: *** Counting Stars ***
Capitolo 9: *** Fun & Kisses ***
Capitolo 10: *** Let's Get Out ***
Capitolo 11: *** She Makes Me Feel Like I'm Trying Too Hard ***
Capitolo 12: *** Angel ***
Capitolo 13: *** Let's Play A Game ***
Capitolo 14: *** Fear ***
Capitolo 15: *** Sweetness ***
Capitolo 16: *** Getting Ready ***
Capitolo 17: *** Oh No! You! Again! ***
Capitolo 18: *** Confessions ***
Capitolo 19: *** Mess ***
Capitolo 20: *** Samantha ***
Capitolo 21: *** I Need My Rose ***
Capitolo 22: *** Believe In Me ***
Capitolo 23: *** I Was Too Stupid! ***
Capitolo 24: *** Revenge ***
Capitolo 25: *** Saturday ***
Capitolo 26: *** Party ***
Capitolo 27: *** Sing With Us! ***
Capitolo 28: *** She Looks So Perfect ***
Capitolo 29: *** Before Start ***
Capitolo 30: *** You...You...!! ***
Capitolo 31: *** Just Stay In My Arms ***
Capitolo 32: *** Surprise! ***
Capitolo 33: *** Epilogo:7 Years Later ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


- PROLOGO -
 
 
Non sono mai stata la tipica ragazza bon-ton, ad esempio quelle che corrono per la città con abitini e gonnelline fluttuanti, e nemmeno di quelle in cui l’hard rock fluisce nelle vene. Fin da giovanissima, sono sempre rimasta una normale cittadina di Sidney, di quelle che preferiscono di gran lunga passare il tempo con le amiche, mimetizzandosi tra la gente. Di quelle che adorano sperimentare nuove acconciature, per poi uscire sempre con una bella coda alta o con i capelli sciolti. Di quelle che cercano di cazzeggiare sul cellulare gustandosi un bel cono gelato in estate nella più totale spensieratezza, per poi avere sempre qualche rompiscatole tra i piedi. Sì, anche di quelle che portano i bidoni della spazzatura fuori tutte le sere.
 
Mi ritengo un po’ cinica: non adoro quando, in termini complicati, due piccioncini si scambiano effusioni in pubblico. I miei familiari, quando rivelo questa mia opinione, ribadiscono sempre con frasi come..

- Ma dai, Ilary! Non è possibile che con quel visino così bello e innocente possa dire che sei cinica! –

…oppure...

- Ma cosa dici?! L’amore è una cosa meravigliosa! –

E via dicendo. Sì, il resto della Famiglia Jersey è tutt’altro che cinica. E poi l’affermazione “un visino bello ed innocente”, cosa vorrebbe significare? Che, con i capelli castano scuro ondulati e gli occhi azzurro caldo, sia un angioletto? Ma fatemi il piacere, gente!
 
Vabbé questa è la mia storia e spero possa interessare a qualcuno…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

SPAZIO AUTRICE
 
Questa è la mia seconda fan fiction, spero che possa piacere a qualcuno… Fatemi sapere cosa ne pensate di questa prima impressione ^.^
 
 
Un bacio!!!

 

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Capitolo 2
*** Back To School ***


- CAPITOLO 1 -


BACK TO SCHOOL



 
La sveglia suonò inerme alle 6:00. Grugnii, la presi dal comodino e, con fare goffo e infastidito, spensi l’allarme e la sbattei nuovamente sul comodino, come facevo sempre durante l’anno scolastico. Non era nemmeno iniziato il primo giorno di scuola che già l’estate era un lontano ricordo malinconico per me. Uff, che palle. Appoggiai i piedi al freddo pavimento e decisi di respirare una bella boccata d’aria prima di iniziare la mia routine. Aprii la finestra e inspirai profondamente l’aria di quel piccolo quartiere. Mi sarebbe stato utile ripetere quell’azione per tutto l’anno, mi stavo rilassando. Richiusi la finestra e la mia giornata cominciò ufficialmente. Presi il cambio di abiti dall’armadio e mi chiusi in bagno, pronta per farmi una bella doccia. Dopo questo, mi asciugai i capelli e decisi di intrecciarli in una treccia laterale. Presi poi i vestiti e li indossai. Non avevo voluto osare molto: un paio di jeans aderenti, una canotta con la Union Jack e una camicia a quadrettoni rossi mi erano bastati. Passai un filo sottilissimo di matita nera per risaltare gli occhi, che si vedeva appena. Mi infilai infine le mia adorate All Star avorio e scesi in cucina. I miei erano già andati a lavoro, come al solito, e mi avevano lasciato lo spuntino accanto alla torta di mele che avevo cucinato il giorno prima. Notai che avevano gradito, visto che me l’avevano spazzolata per metà. Me ne tagliai una fetta e bevvi un bicchiere di latte per accompagnarla. In effetti, mi erano venuta proprio come speravo, umida e gustosa. Fatto questo, presi lo zaino Eastpak verde caramella e me lo caricai in spalla, per poi uscire di casa. La scuola non distava di molto, era facilmente raggiungibile a piedi. Cominciai a camminare, in mezzo alla tranquillità assurda che alleggiava quella mattina. Fin troppo assurda a dir la verità. Non feci nemmeno due metri che…

- Ehy! –

Sbuffai. Sembrava fin troppo bello che Lui, il mio vicino di casa, non fosse in circolazione. Un rompipalle di natura. Era biondo cenere, con il ciuffo tirato indietro, e aveva gli occhi azzurri come i miei. Era almeno 10 centimetri in più dei miei 1 metro e 70 portati con furore e quest’estate si era fatto mettere il piercing al labbro inferiore, di cui andava molto fiero. I suoi genitori erano assidui e fidati colleghi di lavoro dei miei genitori, come se non bastasse la vicinanza tra le nostre abitazioni e lo stesso corso a scuola. Luke Hemmings era ufficialmente la persona che la mia autostima e la mia autodifesa non riuscivano a contrastare. Soltanto la sua mentalità pervertita e centralista mi dava sui nervi. Era famoso a scuola come quel ragazzo che “gioca” con le ragazze, assieme ai suoi amichetti Ashton Irwin, Calum Hood e Michael Clifford. Se una settimana esce con una tipa, la settimana dopo l’ha già cambiata e via dicendo. Nonostante tutte quelle voci, tutte le snob erano cadute ai suoi piedi. Non capivo che ci trovassero di così attraente in lui, così spietato e strafottente. Forse erano affette da qualche grave malattia?

- 'Giorno Vicina! Come ce la spassiamo? - mi disse avvicinandosi con uno sguardo beffardo.
Non adoravo quando aveva quell'atteggiamento.
- Cosa vuoi oggi? - sbuffai.
- Niente! Che ti credi? - continuò continuando a avvicinarsi.
- Stammi lontano, microbo! - dissi infastidita.
- Mhm, si vedrà! Sei così...attraente quando sei tormentata - ammise con tono malizioso.

Mi voltai verso di lui e decisi di accelerare il passo. Riportando gli occhi avanti, cominciai a sudare freddo. Che intendeva per “attraente”? Ero pur sempre la solita, era solo la treccia che era una novità. Quando venivo tormentata ero pur sempre Ilary…e allora perché mi stavo facendo un esame di coscienza così? In tutti i miei 17 anni di vita, nessuno mi aveva mai fatto sentire così in guerra con i miei pensieri. Era una strana sensazione. Continuai a procedere a testa bassa a qualche passo da Luke, che invece chiacchierava con Hood e, da cosa potevo udire, anche di argomenti sporchi.
Appena arrivata in cortile, sfrecciai direttamente da Rachel, la mia migliore amica da anni. Quella mattina aveva i capelli color miele sciolti e un pochettino di mascara attorno agli occhi verde acqua. Non feci in tempo a salutarla, che lei mi zittì immediatamente. Mi voltai. Ashton Irwin stava attraversando il cortile. Mi voltai poi verso di lei e vidi l’effetto della freccia di cupido. A differenza degli altri tre, Ashton non aveva mai fatto da giocattolo per le snob. Se ne stava lì, tranquillo, mentre gli altri chiacchieravano tra di loro o flirtavano con qualche ragazza. Era forse quel tipo di persona che le ragazze normali preferivano, come Rachel. Io non gli avevo mai parlato direttamente, ma non adorava quando Luke scherniva quelle ragazze che lui stesso definiva “corrette” e in effetti ci difendeva. Aveva un anno in più di noi.
Suonò la campanella e mi diressi all’aula di Greco. Mi sedetti nel banco accanto a Alice e Sally, alcune mie amiche. Le file erano di banchi da due. La lezione stava per iniziare, quando i due ritardatari Luke e Calum entrarono nella più totale spensieratezza. Si guardarono un po’ attorno: Calum si scelse il banco accanto a Stacy Grappy, arcicapa delle snob, mentre Luke…si dovette sedere accanto a me! Mi rivolse un sorriso maligno, che ricambiai con una smorfia di disapprovazione. Il professore prese parola:

- Quest’anno, il consiglio di classe ha voluto fare alcuni cambiamenti. Questi posti che avete appena preso dovrete mantenerli ad ogni cambio d’aula… -

 Accanto al mio vicino di casa tutto il tempo! Almeno cambiavano tutti i mee…

- … e dureranno TUTTO L’ANNO! –

Sentii Luke ghignare maliziosamente. Cominciai a sudare freddo. - Tutto l’anno sono esattamente 10 mesi, di cui 6 ore giornaliere, per non parlare dell’andata e del ritorno…Benissimo, preparati ad essere stuprata alla grande, tesoro! – mi disse il mio subconscio. Mi voltai verso di lui con espressione stupita, lui mi osservò malizioso. Mi spostai sull’orlo della sedia. Dovevo stargli almeno a kilometri di distanza.
La seconda ora avevo la lezione di Storia. Rimasi accasciata al freddo piano del banco, cercando di captare qualcosa della spiegazione. Tentativo fallito, Storia non la reggevo proprio. Luke aveva cominciato a giochicchiare con la gomma e i piccoli schianti contro i quaderni e i libri che quell’oggettino provocava furono l’unica cosa che mi tennero con gli occhi aperti.
Passarono le 6 ore e la campanella suonò. Rimisi nella cartella i libri e uscii, seguita dal branco di snob che continuava a chiamarmi. Fuori dalla scuola, mi accerchiarono. Che cosa volevano da me? Non mi rivolgevano neanche uno sguardo in condizioni normali. Indossavano tutte magliette molto aderenti, con le minigonne che scoprivano al meglio le gambe.

– Allora, come hai reagito alla notizia che starai per tuuuutto l’anno accanto a Luke Hemmings? – trillò eccitata una rossa dalla maglietta con il pizzo.
- Perché me lo chiedete? – chiesi.
- Ma come? Lui è il più seducente, bello, figo, sexy di tutta la scuola! Tutte le ragazze sognano di averlo accanto a sé! – cacciò un urletto una bionda platino con le punte rosa shocking. Figo? Seducente? Sexy? Chi? Quello? Ma erano fuori?
- Non trovo in lui tutta questa specialità – ammisi, provocando un coro di stupore.

Mi feci spazio e me ne andai, senza nemmeno degnare loro di un saluto.
 










SPAZIO AUTRICE
Eccomi qui con il primo capitolo!!! Spero vi piaccia!!! Ringrazio di cuore Lucialeyolo e Tommodimples che seguono la storia!!
 
Au Revoir!!!!
 

 

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Capitolo 3
*** So Strange... ***


- CAPITOLO 2 -


SO STRANGE…



 
- Fammi capire…Luke ti ha detto che eri “attraente” e tu non hai reagito? – mi richiese nuovamente Rachel. Sbuffai.
- Sì, Rach, ma ho cominciato a pensare, come non ho mai fatto prima –

Eravamo sedute su una panchina del parco, a gustarci un gelato in santa pace. Gli uccelli cinguettavano spensierati mentre guardavamo la gente camminare e passare, qualche volta coccolavamo anche qualche cagnolino particolarmente estroverso. Rachel aveva tirato fuori quell’argomento parlando di Ashton inciampandoci per puro caso, e mi ero ritrovata a darle la ragione per cui le snob mi avevano fermata. E mi sentivo di esprimerle anche quella strana sensazione di quella mattina.

- E’…curioso. Tu sei sempre stata una persona immersa nei propri pensieri, ma da come lo racconti sembra che tu abbia pensato più del solito. Non ti pare fin troppo strano? – ribadì Rach.

Feci che annuire. La cosa non era però solo quella: l’immagine di Luke mentre mi diceva ciò continuava a trasmettersi come un DvD nella mia testa tutto il tempo. Era piuttosto frustante la cosa. Cercavo di dimenticarmene completamente, ma nonostante tutto continuava a starsene lì, impassibile. Sembrava che il mio cervello avesse registrato quella scena. Rachel fece partire il nuovo album di Katy Perry e cominciammo a canticchiare Roar timidamente. Quanto adoravo quella canzone! Mi rappresentava particolarmente l’immagine di regina che esprimeva. Così forte, che ruggisce più forte di un leone. Mi voltai verso destra e vidi Michael Clifford arrivare sullo skateboard, chitarra in spalla e occhiali da sole sul naso. Dissi a Rachel di spegnere la musica notando che si stava fermando proprio davanti a noi. Non volevo che fosse di nuovo possibile ricevere qualche critica sulla musica che ascoltavamo, visto che era già accaduto con Hood. D’altronde, non avevamo paura che ci schernisse: Rach era sua cugina di primo grado e sua madre gli aveva insegnato a trattarla come se fosse porcellana fin da piccolo, vista l’evidente differenza di statura sempre riscontrata. – Ciao Rach – le disse e le diede un bacio sulla guancia. Salutò poi anche me e mi pose un’imminente domanda:

- Oggi, per caso, hai detto qualcosa a Luke? E’ successo qualcosa di strano tra voi? –

Sembrava che tutti sapessero tutto di tutti, nessuno escluso.

- Come al solito, anche se meno agguerita la cosa. Perché me lo chiedi? – risposi semplicemente.

- Era silenzioso durante le prove della band, quasi su un altro pianeta. Mi è parsa una cosa piuttosto curiosa. Se ne sono persino accorti Cal e Ash. Annuiva, cantava e poi…zitto. Di solito è molto rumoroso. Pensavo fosse accaduto qualcosa, ma adesso posso stare tranquillo. Ti ringrazio. A domani – e detto questo, sfrecciò via sullo skateboard, senza aggiungere altro.

- La faccenda è strana – concluse la mia migliore amica, che aveva continuato a guardare suo cugino con gli occhi sgranati ad ogni parola di quella spiegazione.

- Puoi dirlo forte – Soggiunsi accasciandomi alla panchina.

 
*
 
 
La mia routine si ripetè il giorno dopo: doccia, abiti, capelli, mascara, colazione e poi fuori! Decisi di uscire con i capelli sciolti. Fatto stressante fu uscire nello stesso momento di Hemmings e ciò non mi diede vantaggio. Mi notò quasi subito e si avvicinò immediatamente. Cercai di ignorarlo. Attraversai la strada e continuai a mantenere lo sguardo avanti, spiandolo di sottecchi. Insisteva a guardarmi tenendo le mani in tasca, ma con un strano sorrisetto in faccia. Uhm, cattivo segno. Un solo attimo di distrazione e…

- No…AHAHAHAHA…Luke…AHAHAHA….smettila!.....AHAHAHA…Ti prego! –

Quello stronzo mi conosceva fin troppo bene, e non avrei mai dovuto sottovalutarlo. Sapeva benissimo che l’unico modo per annientarmi era il solletico sulla pancia. E io che davo per scontato che non ne fosse nemmeno a conoscenza! E così…eccomi lì…a divincolarmi tra le sue braccia, implorandolo di fermare quell’arma letale. Le sue dita  correvano come formiche sulla mia pancia e non aveva alcuna intenzione di smetterla. Si stava divertendo troppo. Quando capì che stavo quasi per soffocare, mi lasciò andare. Inspirai ed espirai, non avevo mai riso così tanto. Manuale di sopravvivenza: mai lasciare che Luke Hemmings ti faccia il solletico! Puoi morire soffocata! Gli tirai uno sguardo di sfida e cominciai a camminare decisa. Lui mi seguì con l’inconfondibile sorriso in faccia. Per la prima volta, mi sentivo libera assieme a Luke. Ok, la cosa si faceva mooolto strana. Mi afferrò da dietro e appoggiò il mento sulla mia spalla, spingendomi a lui. – Accetto la sfida – soffiò divertito sul mio collo. Mi fece voltare verso di lui, mi sollevò con agilità e mi fece appoggiare il ventre al di sotto della spalla. Non mi misi a scalciare proprio per non ferirlo, ma la visione di Calum mentre sogghignava davanti alla mia faccia stupita mi stava dando sui nervi. Non adoravo essere presa in braccio in quel modo, mi faceva sentire impotente. Il modo in cui Luke mi aveva sollevata faceva notare che il mio peso per lui era come un fusticello di grano e ciò non mi piaceva ancor di più. Ma, con mia grande sorpresa, ero più divertita che mai. Appoggiai il gomito alla sua spalla e la guancia al pugno chiuso e mugugnai:

- Luke, per favore, fammi scendere –

Lui rise. Ehy, però, che bella ris…What? Ok, Ilary Jersey era diventata pazza.

- Tanto lo so che ti stai divertendo come una matta… - cantilenò.

Sbuffai e lasciai che mi trasportasse lui: dopotutto, che c’era di male ad avere un mezzo di trasporto personale? Se non fosse stato per Calum, avrei tirato direttamente il cellulare fuori dalla tasca e mi sarei scattata un selfie. Sapevo che sarebbe immediatamente sfrecciato a sfilarmelo dalle mani per dispetto. Meglio non rischiare. Arrivata a scuola, notai che tutti mi stavano guardando ridendo ad arrossii.

- Ti prego, Luke, basta – mugugnai rossa in volto.

- No, il capolinea è…in centro al cortile – rise.

- Mi metto a scalciare! Guarda che lo faccio! – trillai.

A quell’affermazione, mi bloccò immediatamente le gambe con l’altro braccio libero. Sbuffai nuovamente. Tutti nel frattempo si erano avvicinati a me e mi scrutavano divertiti. Io sfoggiavo solo un sorriso in quel viso colmo di rossore, ma nel mio profondo avrei voluto strangolare Luke. Quando arrivammo al centro, spostò il braccio che aveva continuato a tenermi sulle cosce sullo zaino e mi fece scivolare giù, mentre il resto di ragazzi avevano cominciato a battere le mani divertiti. Mi aggrappai al suo collo per rendere la discesa più lenta e mi ritrovai con la testa contro il suo petto, per non farmi vedere ancora più imbarazzata. La camicia nera che indossava aveva un buon odore di menta.

- Luke, sei morto – sussurrai divertita.

- E che la guerra abbia inizio! – rise.





 
 
 


SPAZIO AUTRICE

Grazie di cuore a tutti coloro che hanno recensito e a coloro che hanno messo la storia tra le seguite e le ricordate. Non so cosa farei senza di voi!!!! Grazie e ancora grazieeeee!!!

 

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Capitolo 4
*** This Is War ***


- CAPITOLO 3 -

THIS IS WAR



 
Che la guerra inizi Hemmings! E questa volta per davvero! Al primo suono della campanella, mi gettai rapida sull’entrata e percorsi a passi pesanti la breve scalinata. Arrivata in aula di Matematica notai che la professoressa non era ancora arrivata e pensai bene di attuare il primo atto della mia vendetta. Mi avvicinai ai due banchi e scaraventai il mio zaino sulla sua sedia. Mi stravaccai bene sulla mia sedia e incrociai le gambe appoggiando i piedi sul suo banco. Un libro di Jack London davanti al muso ed ero a cavallo. Calum, che era stato uno dei primi ad arrivare in aula, era rimasto a guardarmi con gli occhi sgranati per tutto il tempo attuato a sistemarmi in quel modo così ribelle. Ancora più stupita fu la faccia che fece poi il diretto interessato, che arrivato al suo banco aveva solo più da fulminarmi. . – Ok, ti ho un tantino sottovalutato – ammise in un filo di voce. Misi il libro sulle gambe e sfoggiai il più bel sorriso vincente che mi sia mai venuto. – Però adesso potresti togliere le gambe dal mio banco? – continuò cordiale. Affondai la testa di nuovo nel libro. Sbuffò. Si avvicinò al suo banco e afferrò saldamente le mie gambe. Le sollevò e me le pose sotto al mio banco. Prese poi lo zaino e lo sistemò sul pavimento. Si accomodò e mi sfilò il libro dalle mani per dispetto. Osservò la copertina per un momento. Un sorrisino comparì di nuovo sulle sue labbra. E non capivo perché fosse così divertito, cosa c’era di così divertente in un libro intitolato “Il Richiamo Del Selvaggio” con raffigurato l’occhio blu ghiaccio di un cane da slitta che ti scrutava? Me lo ripose nella cartella. Cominciammo ad ascoltare la spiegazione. Annotavo ogni minima parola, sperando di capirci finalmente qualcosa di più. Non che andassi malissimo, mi ci voleva solo una piccola spinta per arrivare alla C, che speravo tanto di ottenere un giorno. La campanella suonò. Rimisi tutto nella cartella e camminai verso la porta. Proprio mentre fui ad un passo fuori dalla porta, Luke mi disse di voltarmi. Io eseguii i suoi ordini senza pensarci e…mi ritrovai di nuovo con la guancia appoggiata al pugno, sollevata per aria, mentre i bidelli mi lanciavano occhiatine stupite. Stupidi, fatemi scendere! E per non far mancare la ciliegina sulla torta, Calum che mi fa smorfie. Tutt’un tratto mi ritrovai Irwin a guardarmi pensieroso.

- Luke, che ci fa Ilary caricata a spalle? Avanti, falla scendere – richiamò Hemmings

Ashton, ti dovrebbero dare il Nobel per la Pace!

- Si sta divertendo, te lo dico io, non lo vuole fare vedere ma è al settimo cielo – rispose lui.

Arrossii di colpo, provocando un leggero sorrisino sul volto vivace di Ashton. Vaffanculo Luke. Irwin non continuò a difendermi, perché tutto sommato Luke aveva fottutamente ragione, anche se l’idea di camminare con le mie gambe continuavo a preferirla. Ad un tratto, Ash mi pose una domanda:

- Come si chiama la ragazza con cui esci sempre? Quella biondo miele? –

Sorrisi. – Rachel Hudson – risposi. Uh uh, Rachel, il ragazzo dei tuoi sogni mi sta chiedendo di te!

- E in che classe è? – continuò, mordendosi il labbro.

- 4 D… Perché me lo chiedi? – chiesi sospettosa.

- Non sapevo chi fosse – ammise tranquillo. Lo guardai sospettosa e lui, di risposta, mi porse un sorriso a 32 denti.
 
Davanti alla porta dell’aula di Scienze, Luke mi fece scivolare giù ed entrammo uno seguito dall’altro. L’argomento del giorno era piuttosto suporifero. Continuai a giochicchiare con la matita nonostante cercassi di seguire il professore. Quando l’intervallo suonò uscii nel giardino interno. Andai a chiacchierare con Rachel, mentre sgranocchiavo una barretta di cereali e frutta. – Com’è andata fino ad adesso? – mi chiese. – Un’altra passeggiata in spalle a Hemmings nel cambio d’ora – dissi sarcastica. Lei sorrise. Restammo ad ascoltare il nostro gruppo chiacchierare fino al risuono della campanella. Fui tra le ultime a varcare il portone, ma la cosa non mi spaventava. La professoressa Gustave di Francese, che in teoria mi avrebbe dovuto dare lezione a momenti, era ancora in Sala Professori a sorbirsi il suo cappuccino discutendo con la collega di Inglese. Percorsi ben due rampe di scale e mi ritrovai nel corridoio del piano superiore. C’erano ancora altri alunni ad affollarlo. Mi diressi verso l’aula di Francese e vi entrai con fare frettoloso. Attraversai alcuni banchi e…ta-daaaa!!! Hemmings stravaccato con le gambe incrociate sul mio banco, mentre giocava tranquillamente con il cellulare in mano. Sbuffai: era fin troppo bastardo per essere normale. E stava giocando sporco. – Sei sleale, lo sai? – gli dissi. Lui ripose il cellulare in cartella e fece spallucce, con il solito sorrisino sulla bocca. Scaricai lo zaino vicino al banco e sollevai quelle gambe con tutta la forza che avevo in corpo. Glie le riposi sotto il banco. La Gustave tardava ad arrivare, così Luke si era alzato ed era andato a chiacchierare con Calum. Me ne approfittai per rispondere al suo doppio attacco: cosa avrebbe fatto senza il cellulare Luke Hemmings? Assolutamente nulla! Frugai nella tasca del suo zaino, presi il Nokia Lumia e lo spensi. Richiusi la tasca e sistemai il suo cellulare nella mia tasca dei jeans. Quando tornò non si era accorto di niente e si sedette. Appena finita la lezione, uscii fuori con lui dietro di me, pronto a umiliarmi di nuovo. Mi strattonò per il polso e mi fece voltare, ma io sapevo benissimo che fare. Sferrai una ginocchiata e lo colpii lì. Si contorse dal dolore. Corsi per qualche metro e mi fermai a guardare. Si era già ripreso anche se era ancora un po’ dolorante. Capii che aveva chiesto a Calum di prendergli il cellulare, visto che il moro stava frugando dentro alla famosa tasca. Vidi che gli parlò e il biondo sgranò gli occhi stupito. Controllò lui stesso la tasca ed effettivamente il famoso cellulare non era lì. Fu il mio momento di entrare in azione. Gli fischiai e lui si voltò. Sfilai dalla tasca il Nokia Lumia e glie lo mostrai. Luke rimase a bocca aperta. Feci un passo indietro e cominciai a correre verso le scale. Scesi al pianoterra e incontrai Rachel con alcune nostre compagne. – Tienilo, è di Luke, nascondilo e cammina tranquilla come se non te l’avessi dato – le dissi frettolosamente porgendole il cellulare e ricominciai a correre. Lei lo infilò in tasca tenendo le mani per coprirne la vista. Calum e Luke le passarono davanti correndo senza nemmeno rivolgerle uno sguardo: erano troppo impegnati a pedinarmi. Entrai in aula di Inglese e mi gettai sulla sedia. Lui arrivò dopo qualche secondo e si avvicinò pericolosamente a me. – RIDAMMELO – scandì furioso. – Non so di cosa tu stia parlando – dissi tranquilla. – Alzati e togliti lo zaino – mi ordinò. Lo feci. Vide che le mie tasche era vuote e mi disse allora di aprire la tasca dello zaino. Afferrò il mio cellulare e lo scrutò per un attimo. – Evidentemente avrò confuso il tuo IPhone con il mio. Ed eppure da lontano sembrava proprio un Nokia Lumia. Me lo avrà preso Stacy per scherzo – mi disse rimettendolo nella tasca e chiudendomela. Sorrisi di nascosto. Era divertente vedere come quel ragazzo si era convinto di aver visto un IPhone anziché un Nokia.
All’uscita da scuola, andai da Rachel che mi riconsegnò il cellulare di Luke. Avevo deciso di ridarglielo cordialmente, visto che era leggermente furioso. Mi diressi verso di lui e glie lo porsi. – Ricordati che…me l’ha dato Stacy – risi.
 

 
 



SPAZIO AUTRICE
Ecco il nuovo capitolo!!! Spero vi sia piaciuto!!!
Vi lascio con Luke e Ilary!!!







 
 

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Rain ***


- CAPITOLO 4 -


RAIN
 
 

 
Mia madre e le sue commissioni: che rabbia… Ti chiamava come se ti avesse fatto un bel regalino, poi invece diceva la solita frase monotona “Vai a…”. E il bello era che ci cascavo sempre. Quel giorno mi aveva mandato a fare la spesa e avevo scelto di andarci a piedi. Era una giornata molto calda di metà gennaio, e non me la sentivo di ribollire in automobile. D’altronde il supermercato distava di alcuni isolati, ma una passeggiata non mi avrebbe fatto male. All’uscita però da questo, la sfiga mi aveva fatto lei un bel regalino: il classico diluvio estivo. Quanto odiavo la pioggia: nonostante il caldo opprimente che ero abituata a riscontrare, la pioggia proprio non la reggevo. Odiavo la sensazione dei vestiti incollati alla pelle, dei capelli grondanti, la costanza delle goccioline a cadere che pare non finisca mai. Era una cosa che vedevo poco durante l’anno, ma non mi piaceva. Mi ritrovai lì, con gli acquisti tra le mani, a fissare il cielo buio e le strade bagnate con disprezzo. Non potevo però rimanere lì con le mani in mano e cominciai a camminare. Solo il contatto con quelle gocce mi faceva rabbrividire, mi faceva rimpiangere di non essermi spostata con l’automobile, dove avrei anche potuto scaricare le borse e restare all’asciutto. Per non parlare di quel venticello che mi scompigliava la capigliatura fradicia. Sentivo le borse tagliarmi piano piano le dita. In quei momenti sembrava dimenticassi la mia allegria da qualche parte, come se quel “cic ciac” delle mie All Star a contatto con l’acqua e la fanghiglia la spaventasse. Avevo rischiato di scivolare molte volte e ciò mi rattristava ancora. La sensazione di tessuto zuppo era arrivata quasi subito, e avrei giurato di poter intravedere anche il reggiseno dalla t-shirt incollata al busto. In quel momento di malinconia, un clacson mi riportò alla realtà. Mi voltai verso la strada e una Mini Cooper nera lucida si accostò al marciapiede. Il finestrino si abbassò e rinvenì fuori il viso di Luke. – Vuoi un passaggio? Sto tornando anch’io a casa – mi chiese gentile. Annuii. Sarei stata disposta a tutto pur di fuggire da un diluvio. Mi fece segno di aspettare. Uscì fuori così com’era, con una canotta dei Nirvana addosso, e aprì il porta bagagli. Mi prese le borse e le mise all’interno, per poi richiuderlo. Mi aprì poi la portiera e mi fece accomodare sul sedile. Andò poi dall’altra parte e si sedette davanti al volante. Si girò verso i sedili posteriori, afferrò una felpa nera e me la porse. – Sei fradicia. E’ meglio che ti copri con qualcosa – mi disse. Obbidii e allacciai la cintura. Era un po’ grande per me, ma almeno mi riscaldò anche le mani ghiacciate. – Come ti è venuto in mente di uscire così senza nemmeno un ombrello dietro? – mi chiese tenendo lo sguardo sulla strada. – Sono una completa frana quando si parla di pioggia – ammisi. Sorrise.

– Non ti piace? –

- No, mi fa sentire vuota. Mi fa sentire triste. Odio il modo in cui le gocce cadono spietate, le magliette aderire troppo alla pelle e i capelli che grondano. E’ come se fosse qualcosa che il mio intestino non riesce a digerire. Capisci? –

Annuì. Non capivo perché mi fossi voluta sfogare con lui, ma mi pareva quasi…normale. Il modo serio in cui scrutava la strada per svoltare mi ispirava fiducia. Lo osservavo molto, era quasi innaturale.

- Tu cosa facevi fuori casa? – gli chiesi, per rompere il silenzio che si era instaurato per un momento.

- Avevo bisogno di un quaderno pentagramma e qualche plettro. Ultimamente continuo a perderli – rise. Uhm, non me la stava contando giusta. Dopo la giornata di guerriglia, non me la stava contando giusta.  

- Sicuro? –

- Oh oh, altroché! – rispose recitando la parte dell’innocente. Fin troppo ben recitata, a dire il vero. Gli lanciai uno sguardo sospettoso. Lui semplicemente portò lo sguardo sul mio viso, ma non disse nient’altro. Mi strinsi nella sua felpa e l’odore di menta mi invase totalmente le narici. Solo in quel momento notai che Luke profumava di quell’aroma così delicato e leggero che si doveva essere particolarmente attenti per intuirlo. Mi era sempre piaciuta la menta, così portai la manica accanto al viso per odorare il profumo ancora meglio. Mi rasserenò molto fare ciò. Luke spostò lo sguardo su di me e gli spuntò il più bel sorriso che avessi mai visto sul volto. Rimasi incantata per un secondo a osservarlo. Ma che cosa mi stava succedendo? “Sarà l’effetto della pioggia” pensai. Scossi la testa. Accese il lettore e mi disse di aprire lo scomparto davanti a me. Era pieno zeppo di CD. Mi disse di sceglierne uno e metterlo. Guardai le copertine: c’era l’ultimo album uscito dei Green Day, alcuni album dei Coldplay, True di Avicii ed altri ancora. Come gusti musicali non erano male, mi aspettavo peggio. Ero indecisa tra Viva La Vida dei Coldplay e Native dei OneRepublic, quando intravidi un CD che nel frugare non avevo notato. Lo estrai dalla pila di dischi. Era ancora nel cellophane, forse l’aveva acquistato da poco.  Lessi sul retro i titoli delle canzoni. Trovai la scritta “Rock N Roll” e fui presa da un attacco di estasi. Voltai il disco e guardai la copertina. Ancora più estasiata, tagliai con le unghie la plastica in cui era avvolto con una velocità assurda e infilai il disco nel lettore. Appena lo lesse, feci subito che far partire il primo brano. L’inconfondibile chitarra elettrica rombò e cominciai a seguire ogni parola, cantando come se accanto a me non ci fosse stato nessuno. Notai Luke scuotere la testa divertito. Che cavolo, l’album Avril Lavigne di Avril Lavigne, il top del rock in assoluto! Come si poteva non resistere a una tentazione così forte? Finita questa, iniziò Here’s To Never Growing Up e qui ci mettemmo a cantare a squarciagola insieme. La pioggerella che cadeva sul finestrino non mi trasmetteva più quella malinconia che nonostante stessi cantando una mia canzone preferita era rimasta durante Rock N Roll. Sembrava che appena quella voce così bassa ma delicata aveva cominciato a cantare mi fossi sentita rapita, rilassata. Avevo quasi dimenticato l’acqua che mi aveva zuppato, e l’odore di menta fresca si era dolcemente diffuso nei miei abiti, che si stavano pian piano asciugando con il calore della felpa. Avevo l’arduo desiderio di continuare a sentirlo cantare per l’eternità. Mi aveva talmente incantata nuovamente che mi ero improvvisamente zittita. E lui se ne accorse solo a fine canzone, quando arrossii di colpo e si voltò verso la strada. Nemmeno sapevo che anche lui potesse arrossire in quel modo.

Un’ultima svoltata ed arrivammo davanti a casa mia. – Vuoi che ti aiuto a portare le borse fuori? Dovresti asciugarti il prima possibile – mi propose. Annuii. La sfiga aveva voluto cucinarmi anche la torta: smise di piovere appena misi il piede fuori dall’automobile. Non c’era bisogno di farmi la festa di compleanno Sfiga, proprio non ti dovevi disturbare! Luke aprì lo sportello del portabagagli e prese due borse, io presi le altre due restanti. Salimmo la scaletta e tirai qualche calcetto alla porta per bussare, visto che avevo entrambe le mani occupate. Mia madre venne ad aprire e, guardando lo stato pietoso in cui mi ritrovavo e con una felpa di qualche taglia in più addosso, ci fece immediatamente entrare e posare le borse. Mi spedì a cambiarmi e ad asciugarmi i capelli subito, impedì a Hemmings di tornare a casa e gli propose di aspettare finché non fossi tornata di sotto. Sicuramente, era pronta a fargli qualche domandina un tantino invadente visto che raramente un ragazzo mi accompagnava a casa e tantomeno mi prestava la sua felpa dopo una dannata annaffiata sotto la pioggia. Questa volta pareva persino felice che il figlio dei suoi colleghi fidati avesse fatto una cosa così carina per me. Cercai di asciugarmi il più in fretta possibile e, proprio come pensavo, i capelli erano crespi per la troppa umidità e il cambio di temperatura violento. Decisi di legarmeli in una coda di cavallo e scesi di sotto. Luke era appoggiato al tavolo della cucina, mentre mia madre gli contava del su per giù e gli porgeva i suoi ringraziamenti da titolo di coda. Appena mi vide sulla porta, parve quasi sollevato di vedermi. Ovviamente, non vedeva l’ora di fuggire dal chiacchiericcio di mia madre. Lei mi notò e interruppe il discorso.

- Bene, ti lascio con Ilary. Comportatevi bene e fate tuuuutto quello che vi va – ci disse. Le lanciai un’occhiata che avrebbe potuto incenerirla: prima Luke, adesso lei diventava pervertita? Mio dio, in che mondo ero capitata?

- Mamma, Luke è solo un amico – specificai. Mi lanciò un’occhiatina stupita.

- Che peccato…Un ragazzo così carino e gentile…Sarebbe perfetto per te… - sospirò. Luke ghignò divertito.

- Mamma! – ribattei.

Lei sospirò e tornò alle sue faccende. Lo feci uscire e ci sedemmo sulla scaletta.

- Che chiacchierona, tua madre – commentò.

Sorrisi.

- E’ sempre stata così e non cambierà mai –

Si toccò il piercing e un silenzio imbarazzante si alzò tra noi. Avevo la sua felpa sulla ginocchia e continuavo a stringerla tra le dita. Decisi di ridargliela, e glie la porsi.

- Ehm…ehm –

Una strana difficoltà cominciò a risentire in me. Ed eppure gli avevo sempre rivolto la parola senza problemi. Quella giornata mi stava dando alla testa.

- …Grazie per avermi…ehm…salvata da quell’annaffiata infernale e avermi prestato la felpa. Te ne sono…ehm…riconoscente –

Abbozzai un sorrisino imbarazzato, lui semplicemente la prese e sorrise. Il mio atteggiamento insolito lo aveva divertito.

- Figurati – rispose tranquillo.

Ci alzammo e mi stringemmo in un abbraccio, forse il più bello che avessi mai sentito. Mi era girata voce che fosse un esperto in quelle cose, ma non avevo mai immaginato così tanto. Il profumo di menta invase nuovamente le mie narici. Avevo i pugni appoggiati al suo petto robusto, mentre mi accarezzava dolcemente la coda. Un solo attimo di tranquillità completa e… lo spinsi via violentemente. Mi aveva toccato il fondoschiena!! Lui si mise a ridere come un cretino, mentre io borbottavo tra me e me. Scesi le scale e continuai a spingerlo via, anche se continuava a camminare all’indietro. Lo presi per il collo della canotta e lo sbattei contro la carrozzeria dell’automobile.

- Tu prova di nuovo a toccarmi e ti ammazzo – scandii furiosa.

- Agli ordini capo! – rise.

Un sorrisino spuntò sul mio volto e mollai la canotta. Lui andò dall’altra parte dell’automobile, io mi avviai per rientrare in casa. Proprio mentre stavo per girare il pomello, sentii un fischio. Mi voltai e lo vidi con il finestrino abbassato.

- A domani Ilary – mi salutò sorridendo. Notai che non solo a me la pioggia aveva fatto un cattivo effetto: non mi aveva mai chiamata per nome. Agitai solo la mano e ricambiai il sorriso, per poi finalmente ritornare dentro casa.


 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE
Eccomi di nuovo!!
Il capitolo è più lungo degli altri, più misterioso e malinconico, ma la fascetta pervertita non s’è ne andata da un’altra parte. Spero che li gradiate come tutti gli altri.
Goodbye!!!!

 

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Capitolo 6
*** Professional Secret ***


- CAPITOLO 5 -

PROFESSIONAL SECRET

 
La notte che passai fu piuttosto turbolenta. I primi sogni che feci furono confusi: in un primo momento mi vedevo completamente sola, nel bel mezzo di un diluvio tropicale. Il perfetto incubo che durava all’incirca 5 minuti. Infatti, mi risvegliai quasi subito. Nel secondo vedevo Avril Lavigne mentre cantava sotto un fottuto diluvio. Un altro incubo da quattro centesimi. Sembrava che la pioggia si fosse rivoltata contro di me. Cambiai fianco e richiusi gli occhi. Non appena mi addormentai, mi vidi correre verso una figura alta e slanciata, dai capelli biondi che risplendevano al sole. Il terreno era umido, finalmente un sogno dove almeno la pioggia non centrava particolarmente. Ci inoltrammo in un bosco. Le fronde e i rami mi ostruivano la vista di quel ragazzo dalle spalle larghe, che continuava a correre nonostante le difficoltà. Le gocce di rugiada aveva già unimidito la t-shirt che indossavo, il fango era attaccato alle scarpe bianche. Non filtrava nemmeno un raggio di sole da quegli alberi e quelle felci, il bosco era perennemente in penombra. La treccia in cui avevo legato i capelli sbatteva sulla schiena, il fiato era affaticato ma la voglia di raggiungere quel ragazzo era troppa per fermarsi. Finalmente, iniziò a rallentare e si fermò definitivamente in un praticello illuminato dai desiderati raggi del sole. I capelli biondo cenere risplendevano magnificamente. Dopo aver percorso la breve distanza, gli afferrai un polso e lo voltai verso di me. I suoi occhi azzurro mare risplendettero, come i lineamenti dolci e il piercing sul labbro inferiore. Lasciai il suo polso. Luke mi prese per i fianchi, mi spinse a sé e appoggiò la fronte contro la mia. Posi le braccia attorno al suo collo. Era così vicino che potevo sentire il suo respiro affannoso farsi sempre più vicino. Con lo sguardo costantemente sulle mie labbra, si avvicinò così tanto che… aprii gli occhi di colpo, non volevo sapere il continuo. La pioggia mi aveva fatto impazzire sicuramente e avevo molto caldo, più del solito. Mi misi a sedere e guardai l’ora sulla sveglia: le 4:30 di mattina. Appoggiai il palmo della mano sulla fronte:scottavo. Scesi immediatamente dal letto e andai in bagno. Aprii l’armadietto dei medicinali e presi il termometro. Mi misurai immediatamente la febbre lì. Mia madre arrivò, visto che era l’ora in cui si preparava per andare a lavoro. Mi vide e mi sfilò immediatamente il termometro visto che aveva cominciato a suonare.

- 39.5… la pioggia che hai preso ti ha fatto proprio bene! – sbuffò.

Se ne andò e la sentii discutere con Papà sul fatto che voleva stare a casa con me. In tutta la sua premurosa preoccupazione, era quasi barbosa. Doveva andare a lavoro, dopotutto a mesi avrei compiuto 18 anni, me la potevo cavare. Uscii dal bagno e mi diressi verso di loro. Spiegai dettagliatamente a mia madre che potevo sopravvivere senza di lei, ma non mi diede ascolto. Entrarono poi i signori Hemmings. Erano abituati ad andare a lavoro insieme ai miei. La signora Hemmings intervenne nel discorso, chiedendo il perché di quella discussione familiare. Mia madre le contò papale papale tutto quello che ci eravamo detti.

- Oh, se volete posso far venire Luke qui appena finisce scuola, che ne dite? – chiese entusiasta. Non capivo il perché di tutto quell’entusiasmo, sinceramente. Cosa si pensavano? Che in una sola giornata sarebbe sbocciato l’amore?

- Non credo sia il caso – dissi, abbozzando un sorriso.

- Oh, falla finita Ilary! Ieri eravate così caaarini insieme. Perché non potrebbe venire? – mi rimproverò mia madre, mentre mi guardava con fare invadente.

- Perché ho quasi 18 anni, me la posso cavare anche senza di lui – sbuffai.

- Non fare storie, lui verrà qui che ti piaccia o no! – disse con tono secco mio padre, concludendo la discussione.

Annuii con la testa. Mi salutarono e se ne andarono, lasciandomi sola. Presi un’aspirina e mi accucciai sul divano, con una tazza di tè tiepido tra le mani e una copertina leggera addosso. Sgranocchiavo qualche biscottino integrale, mentre guardavo un documentario sulla natura alla TV. Forse soltanto fisicamente ero lì davanti, perché psicologicamente mi stavo facendo l’ennesimo esame di coscienza. Pensavo al perché fossi stata così in difficoltà al punto di restituire una normalissima felpa al legittimo proprietario, al perché la voce di Luke aveva cominciato a tranquillizzarmi, e soprattutto al perché avevo sognato di baciarlo. Era tutto così strano…ma se ci riflettevo bene, oramai da tre giorni tutto sembrava essersi scombussolato nella mia vita. La mattina avevo cominciato persino a fare la doccia di fretta e a spostare l’allarme della sveglia di 10 minuti in più, cosa che non mi capitava da tempo. Passai la mattina così, tra TV e cuffie nelle orecchie, a pensare inutilmente.

All’una e 10, sentii bussare alla porta. Mi sgranchii le gambe e andai ad aprire. Luke sorrise ed entrò dentro. Gli dissi di posare lo zaino su una poltrona. Lo fece. Continuavo a studiare i suoi movimenti con disinvoltura. Mi sembrava così…diverso. Lo vidi avvicinarsi a me.

- Uhm… che fantasmino…ho capito perché non ti piace la pioggia… - commentò.

Sorrisi divertita. Lo seguii in cucina. Ghignavo un po’ sotto i baffi: era piuttosto imbarazzante vedevo il ragazzo che avevi sognato la notte prepararti il pranzo come se fosse nulla di chè.

- Sono curiosa – ammisi dopo un po’.

Si voltò verso di me. – Perché? –.

- Voglio vedere come tu, il più famoso della scuola, ti metti a cucinare per me – continuai.

Mi fece la linguaccia e ritornò al risotto. Mi misi accanto a lui, che non si mosse di un dito. Evidentemente non aveva paura di ammalarsi, visto che raramente era attaccato dai germi. Lo osservavo mescolare nella pentola come una bambina. Continuava ad occhi fissi sul cucchiaio di legno, alcune volte sollevandolo per osservare lo stato di cottura. Sembrava quasi uno chef nella grazia in cui faceva tutto ciò. Lo scolò e lo mise in una scodella. Nel frattempo, avevo già apparecchiato. Ci sedemmo in modo da guardarci in faccia e impiattò il risotto, aggiungendo poi due foglie di basilico per abbellimento in ogni piatto. Mi guardò poi in attesa del mio parere, a braccia conserte. La presentazione era ottima, mi bastava solo assaggiarlo. Afferrai la forchetta e ne presì un po’, per poi cominciare a gustarlo. Forse il risotto più buono che avessi mai mangiato.

- Tu mi devi spiegare come hai fatto a cucinare un risotto così buono perché a me viene sempre da schifo – commentai invidiosa.

Rise. – Segreto professionale – disse.

Feci una smorfia e cominciammo a mangiare. Finì prima di me e si rimise a cucinare. Mi vietò assolutamente di vedere ciò che aveva sui fornelli. Sbuffai e aspettai. Dopo 5 minuti, si voltò e posò dei piatti splendidi di bistecca di vitello ai ferri con un contorno di insalata sul tavolo. Rimasi stupita. Si rimise a braccia conserte, aspettando il mio parere. Non mi feci pregare: presi forchetta e coltello e ingurgitai il primo boccone. Era incredibile: la carne si scioglieva in bocca, per poi essere salata al puntino. Provai immediatamente l’insalata: divina era dir poco.

- Tu mi devi insegnare di nuovo a cucinare – commentai sospirando.

Rise.
 
 
Dopo aver finito di lavare i piatti, Luke entrò in salotto e si avvicinò allo stereo nella libreria. Cominciò ad andare in cerca dei dischi. Ero coricata sul divano e lo osservavo. Non appena li trovò sul secondo ripiano dal basso, cominciò a sfilarne uno ad uno, osservando le copertine dei CD.

- Questo è il covo dei CD di Avril Lavigne, da cosa vedo – rise.

Roetai le orbite.

- Red di Taylor Swift? Ti piace la musica country? – mi chiese curioso.

- Non tanto, ma lei mi piace abbastanza – risposi.

Annui e tornò a curiosare sul ripiano. Nonostante fosse un passatempo fin troppo monotono, continuavo a fissarlo. Dopotutto, era tra le poche cose che potevo permettermi di fare. Dopo un po’ si alzò con un disco in mano che infilò nel lettore. Notando però che aveva qualche difficoltà a farlo partire, mi alzai e gli mostrai il modo in cui toccare e girare i pulsanti. Non appenai premetti il pulsante PLAY, Roar di Katy Perry cominciò a risuonare nella saletta. Sorrisi. Lui si sedette con il gomito appoggiato al bracciolo, mantenendo gli occhi su di me.

- E io dove mi metto? – gli chiesi.

Lui fece solo segno di appoggiare la testa sulle sue gambe.

- Sono costretta? – sbuffai.

- Avanti, non mordo – borbottò.

Sbuffai nuovamente e mi coricai come vi aveva detto. In effetti, era comodo. Mi continuava ad osservare in modo strano, con uno strano sorrisino sulle labbra, mentre cercavo di riposarmi. Cominciò ad accarezzarmi i capelli. Mi rilassò. Infine, ci addormentammo lì, mentre Katy Perry continuava a cantare senza sosta.
 
Increspai le palpebre. Ero nella stessa posizione in cui mi ero addormentata. Due grandi occhi blu mare sorridenti mi continuavano a fissare. Aprii di colpo gli occhi e mi misi a sedere immediatamente, dando un colpo atroce all’addome di Luke. Lui mugugnò e si svegliò. Ci guardammo un attimo attorno: le nostre madri ci fissavano come se fossimo stati due agnellini. Ci demmo un’occhiata. Eravamo uno vicinissimo all’altra e una mia mano si era sovrapposta alla sua. Ci allontanammo di scatto, uno sull’estrema sinistra, l’altra sull’estrema destra, arrossendo come due bollitori.

- Vedo che potranno sicuramente stare a quell’impegno… - bisbigliò mia madre contenta alla signora Hemmings.

Ci alzammo simultaneamente.

- Che impegno? – chiesi stupita.

Fecero che tirarci un’occhiatina sinistra e cominciai a preoccuparmi…




 
 
 
SPAZIO AUTRICE
Ilary con la febbre, costretta a starsene con Luke e quest’inaspettato impegno. Cosa succederà? Troverete tutto nel prossimo capitolo!!!! Ringrazio di cuore tutti coloro che seguono la storia ;)
 


 

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Capitolo 7
*** The Announcement ***


- CAPITOLO 6 -

THE ANNOUNCEMENT



 
Ci portarono in cucina e ci fecero sedere, in modo da guardarci in volto. Non trafilavano nessuna caratteristica della gravità della cosa che ci stavano per annunciare dalle loro espressioni serie. Erano lì tutti e quattro davanti a noi, a scrutarci come se fossimo stati dei testimoni di qualche crimine. Ero così in preda alla curiosità che volevo solo sapere in che cosa consisteva quell’impegno di cui parlavano le due donne. Luke continuava a tacere, fissando tutti loro negli occhi.

- E’ arrivata una domanda da Buckingham Palace la scorsa settimana in istituto: chiedevano l’aiuto di alcuni botanici specializzati nella crescita di piante rare per rinnovare i giardini del palazzo. Un lavoro che richiede parecchi mesi per la realizzazione: si deve studiare la planimetria dei giardini, i luoghi esatti per creare i motivi floreali, la semina e la cura specifica di ogni pianta – cominciò la signora Hemmings.

- E voi vi siete offerti – concluse Luke, fissando negli occhi la madre. Lei annuì con la testa.

Lanciai un’occhiata nervosa ai miei genitori. – E quando partirete? Quanto impiegherete a completare il lavoro? – chiesi.

- Il tempo per realizzare tale lavoro è variabile rispetto alle caratteristiche climatiche del luogo in cui si opera. Per Buckingham Palace, dove il clima è umido e può variare in qualsiasi momento, necessitiamo almeno di 7 mesi di manodopera. La partenza è prevista per la prossima settimana – rispose mio padre.

- Quindi non sapete quanto starete là? – continuò Luke, mantenendo lo sguardo vigile sulla madre. Questa negò con la testa.

Il punto però che pareva non volessero dirci era il perché centrassimo così tanto in quella storia. Insomma, dormivamo tranquilli insieme, che cosa poteva significare quel commento di mia madre che sembrava essere stato sparato a sproposito?

- E allora che cosa centriamo noi due?!! – esplosi.

- Visto che mancheremo per un bel po’ di tempo, non ci fidavamo a far rimanere due case completamente vuote perché entrambi sarete a scuola e i ladri sono sempre dietro l’angolo, si sa! Così, abbiamo deciso che il giorno della partenza tu ti trasferirai da Luke e rimarrai lì con lui finché non torneremo. Questa casa verrà completamente chiusa. Chiaro? – mi rispose mia madre, con il solito sorrisino pervertito sulle labbra. Ennesima smorfia dispregiativa. La signora Hemmings continuava a scrutarci a scatti, con lo stesso sorrisino sul volto. Luke sbuffò nuovamente, rivolgendo lo sguardo da un’altra parte.

- Non si poteva trovare un’altra soluzione? Assumere una domestica non si poteva? – insistetti.

- No, solo questa. E poi si risparmiano soldi. – ghignò divertita.


 
La discussione cadde lì. Il solo pensiero di stare perennemente con Luke mi spaventava. Mi rifletteva insicurezza. La settimana passò più veloce del solito: le discussioni con Hemmings si limitavano solo a quella notizia e cominciò l’anno “danzante” della scuola di danza che frequentavo quattro volte a settimana. Mi aiutò molto a non pensare al periodo che avrei passato: quando danzavo, le mie preoccupazioni si fermavano dietro alla porta della palestra e non mi frullavano più in testa. Quando tornavo a casa, mi mettevo a preparare le valigie con le cuffie infilate nelle orecchie. Facevo di tutto per distrarmi e vivere la mia vita come sempre, con i miei ritmi e routine. In fondo, che c’era di così spaventoso? Il rischio che mi sarebbe potuto saltare addosso in qualsiasi momento? Ok, ero agitatissima, ogni tentativo per tranquillizzarmi non si risultava vano nemmeno di un briciolo.

- E dai, Ilary! Sono solo 7 mesi con quel beeellissimooo ragazzo gentile e premuroso, che cosa vuoi di più? Guarda che potete fare tuuuutto quello che volete quando non ci siamo, mia cara! Non c’è nessun divieto! – ecco che mia madre subentrava nel mio stress mentale, con le sue idee hippie e insignificanti.

- Mamma, non è il mio ragazzo – continuavo a rispondere in tono monotono.

Mi lanciava sempre quelle occhiate sospettose e intriganti che non riuscivo a comprendere ogni volta che le dicevo queste ultime parole. Chissà che le passava per la mente a quella donna…


Rachel continuava la sua bella vita tranquilla e spensierata, con le perenni farfalle nello stomaco non appena Ashton le passava davanti e la salutava. Quando cominciai a trattare l’argomento stai-con-Luke-7-mesi con lei, cominciò a studiarci come non aveva mai fatto prima. In ogni momento che ci poteva notare ad una piccola distanza considerevole, rimaneva attenta ad ogni nostro minimo movimento, che fosse stato un saluto, uno sguardo di sfuggita, un libro passato da una mano all’altra e così via. Non mi annunciava mai però le eventuali ipotesi che formulava anzi, ogni volta che glie le chiedevo cambiava direttamente argomento.
 

Sabato mattina arrivò. Mia madre mi percosse, svegliandomi di soprassalto. Grugnii e mi strinsi ancora di più al cuscino, cercando di riprendere sonno. Mia madre si irritò e, dopo aver afferrato le lenzuola, le disfò con una strattone. Me le rimisi addosso e mi sfilò via il cuscino sotto alla mia testa, facendomi cozzare la testa contro il materasso. Grugnii nuovamente.
- Avanti, non fare storie! – mi gridò, puntando il dito contro la porta. Mi alzai sbuffando e, dopo aver preso una t-shirt comoda e dei pantaloncini da indossare, mi chiusi in bagno. Mi legai i capelli in coda laterale e mi rinfrescai il viso. Fatto questo, uscii fuori e scesi in cucina, dove il croissant alla marmellata che mi ero acquistata il giorno prima mi attendeva. Lo gustai lentamente, in modo da allungare il tempo che avrei trascorso normalmente prima di entrare definitivamente nella casa accanto. Bevvi un bicchiere di succo d’arancia e ripulii il tavolo dalle briciole che erano rimaste. Dopo aver finito, andai ad indossare le All Star bianche e mi misi agli ordini di Mamma, che avrebbe guidato l’intero trasloco. E così mi ritrovai a parcheggiare la mia Fiat 500 bianca accanto alla Mini Cooper nera. Non appena chiusi la portiera, notai che Luke era lì affacciato alla finestra della cucina che controllava tutto ciò che stava accadendo fuori. Non appena vide che lo avevo notato, spostò lo sguardo verso l’interno della casa. Ritornai alle mie faccende: chiusi l’automobile e, dopo aver attraversato il marciapiede che separava le due abitazioni, ritornai in casa. Percorsi le scale e entrai in camera mia. Mia madre aveva già rifatto il letto e aveva riposto le due valigie che avevo riempito vicino al comodino. Sbuffai: non avevo assolutamente l’intenzione di trasportarle tutte e due da sola.  - Vuoi un aiutino a trascinarle di là? – entrò mio padre nella camera. Oh, proprio quello che ci voleva! Annuii sorridente. Si caricò in spalle una di esse, mentre io trascinai l’altra. Dopo aver attraversato la nostra casa, percorremmo il marciapiede e il breve vialetto della casa degli Hemmings. Davanti alla porta, suonai il campanello. Immediatamente, la signora Hemmings ci spalancò la porta e ci fece entrare in casa. Luke era seduto sul divano, con il cellulare tra le mani, a inviare SMS a chissà chi. Ci fecero posare le valigie accanto all’imbocco delle scale. Mia madre arrivò poco dopo, con il suo sorriso radioso stampato sulle labbra. Luke appoggiò il cellulare sul tavolino davanti al sofà e si unì al gruppo. Dopo aver scambiato gli ultimi abbracci d’arrivederci con i nostri genitori, la signora Hemmings prese parola:

- Speriamo di ritornare presto. Comportatevi bene e aggiornateci di eventuali novità – ci disse entusiasta. Sgranai gli occhi: ma era possibile avere un briciolo di serietà quando si parlava di lasciarci da soli? Forse chiedevo troppo?

 
Se ne andarono e rimanemmo soli. Luke aspettò che il rombo delle automobili dei nostri genitori si allontanasse, per poi afferrare il mio braccio e strattonarmi sul divano accanto a noi, spaventandomi. Rimase in piedi davanti a me, con il solito sorrisino sul volto.
- Che cosa cavolo vuoi? – dissi, rimanendo seduta e cercando di riprendermi da quell’attacco di timore.
- Regole da seguire in casa mia – ghignò solamente.
 
 

 
 
 

SPAZIO AUTRICE
Ecco il nuovo capitolo…Spero vi piaccia!!!!

 

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Capitolo 8
*** Counting Stars ***


- CAPITOLO 7 -

COUNTING STARS

 

Luke
Quella ragazzina così esile e innocente era come dell’esplosivo innescato, pronto ad esplodere. Impossibile da domare se non si riusciva a disinnescarla. Mai mi era capitata una ragazza così testarda e orgogliosa davanti a me. Tutte le ragazze che avevo frequentato erano solo delle troiette senza un cervello, con cui mi ero divertito spudoratamente e senza pietà. Ma lei, lei era diversa: ogni sua parola mi metteva alla prova, mi induceva ad una sfida. Diciamolo, aveva un bel fisichetto e davvero un bel visino, con delle labbra carnose e degli occhi azzurri molto provocanti. E quel gran bel caratterino mi faceva venire i brividi: non le potevi torcere nemmeno un capello, che già lei era pronta a rispondere con qualcosa di terribilmente ingegnoso. Quanto mi divertiva farla innervosire: diventava ancora più attraente e potevo giocare quanto volevo. Mi faceva impazzire. Se mi avessero chiesto di prendermela per sempre, non ci avrei messo nemmeno un secondo che le avrei già preparato le valigie.

- Regola n°1: niente sfigati in casa mia – cominciai.

- Ok, tanto non mi interessano – commentò.

- Regola n°2: i piatti li lavi tu… -

- …a patto che cucini tu – finì lei, rivolgendomi uno dei suoi sguardi intriganti. Ecco che mi sfidava di nuovo e io impazzivo.

- Ehm…d’accordo – risposi. D’accordo? D’ACCORDO?!! Luke, questo era da pazzi, da folli, non dovevi fargliela passare così liscia!

- Regola n°3: quando provo con la band nel sotterraneo, tu te ne stai di sopra e non vieni giù per nessun motivo –

Annuì e il campanello suonò. Mi diressi verso la porta e la aprii. Ashton entrò, zaino in spalla e bacchette per la batteria alla mano e la salutò. Lei sorrise e agitò la mano. Gli dissi di andare nel sotterraneo e aspettare che arrivassero tutti gli altri. Quella mattina avevamo le prove della band. Ritornai davanti a lei e ritornai al regolamento.

- Regola n°4: niente amichette qui den… -

- …Tranne Rachel – squittì Ashton dall’altra parte del salotto. Era a braccia conserte, che mi scrutava attentamente, in attesa della conferma. Mi voltai verso Ilary: stessa posizione, soltanto con l’aggiunta di un sorrisino di sfida. Oh, cazzo, come faceva a farmi sentire così in colpa?

- Uff, va bene! – conclusi. Ashton si voltò e aprì la porta che andava nel sotterraneo, entrandovi così all’interno dalla scaletta.

Mi voltai verso di lei, pronto a dettarle l’ultima regola, quando suonarono nuovamente il campanello. Mi allontanai nuovamente dal divano e aprii la porta. Mikey e Cal entrarono e, dopo averla salutata, scesero anche loro nel sotterraneo. Mi avvicinai di nuovo a lei.

- Ultima regola – dissi e le alzai il mento verso di me. Incatenò i suoi occhi ai miei e socchiuse le labbra. Quello era uno di quei momenti in cui la mia ragione vacillava: con quell’espressione sobria, la mia attenzione si concentrava su quella bocca carnosa e non capivo più nulla. Quella ragazza dava davvero il capogiro.

- Se ti volessi divertire un po’, chiamami – le dissi con un sorrisino stampato sulla bocca. Si allontanò immediatamente indignata.

- Si, certo. L’importante è esserne convinti, Mr Hemmings - Uh uh, Ilary fa la nervosetta. Mi voltai e la lasciai lì, seduta sul divano, ridacchiando divertito.

 
Scesi la scaletta del sotterraneo: Mikey, Ash e Cal provavano qualche nota di una qualsiasi canzone di cui avremmo cantato una cover. Cantavamo e suonavamo per divertirci. Quel giorno, tutti mi guardarono scendere gli scalini come se si stessero aspettando qualcosa. Quando mi fermai e rivolsi loro uno sguardo interrogativo, mi guardarono ancora stupiti.

- Ma come? Ilary non la fai venire giù? – sbottò Michael.

- E’ che avevo paura vi potesse decon… - venni interrotto da un “come?” di Calum. Ci voltammo tutti verso di lui.

- Tu, Luke Hemmings, hai paura che una ragazza, una sola ragazza ci possa deconcentrare? Ma stai scherzando? – mi chiese stupito. Negai con la testa.

- Abbiamo capito che sei attratto da lei come un gatto davanti ad una lattina di tonno, ma non ci immaginavamo minimamente che ti facesse quell’effetto – continuò Mikey ridendo. Io e la mia incapacità di trattenere i sentimenti, che coppia vincente!

- Io la vado a chiamare, Luke. Vediamo un po’ se la conquisti totalmente – disse ghignando Ashton, per dirigersi verso la scaletta. Ma qualcosa non mi tornava…

- Perché totalmente? – gli chiesi, interrompendo la sua marcia trionfale verso il soggiorno. Si voltò verso di me, con aria perplessa.

- Ma come? Ma non vedi che è pazza, completamente e incredibilmente pazza di te? Tutta convinta a dire che non ti sopporta, ma se la guardi negli occhi, quelli dicono tutta un’altra cosa! – mi disse con tono ovvio, sbattendo la mano contro la ringhiera della scaletta. In effetti, era vero, verissimo. Annuii e lo lasciai andare.



Ashton
Luke non sarebbe mai cambiato. Se da una ragazza era veramente preso, il suo cervello smetteva di muovere gli ingranaggi e diventava particolarmente vulnerabile. Lei era testarda, così testarda che Luke non le sapeva resistere. Così testarda e impuntata che non riconosceva l’amore dall’odio. Le servivano prove e fatti per accorgersene con certezza. Non appena la vidi lì sul divano, assolta nella lettura di un libro forse tirato fuori da una valigia, mi stupii: me la aspettavo con l’orecchio direttamente sulla porta dello scantinato, ad origliare le nostre conversazioni. Non appena la chiamai, mi rivolse lo sguardo immediatamente, pronta ad ascoltarmi. Le chiesi se poteva venire di sotto.

- Mi spiace, ma il padrone di casa ha esplicitamente detto che io, Ilary Jersey, non posso mettere piede in quel sotterraneo – disse sarcastica. Ghignai: cavolo Luke, dove avevi lasciato la testa?!

- Lascia perdere le stupide regole del padrone di casa e vieni – risi.
 
Si alzò sorridendo e mi seguì di sotto. Luke era già pronto, con la chitarra elettrica bianca addosso, che provava qualche accordo per scaldare le mani. La feci sedere su una sedia direttamente davanti a lui, in modo che la potesse avere sott’occhio e mi misi ad elencarle tutte le cover che ci venivano meglio. Scelse Counting Stars dei OneRepublic, proprio quella in cui Luke poteva arrivare alle stelle in qualità canora. Lo vedevo però terribilmente agitato. Gli diedi una pacca sulla spalla per incoraggiarlo e andai al mio posto, dietro alla batteria. Scandii il tempo e incominciammo.
Mikey accostò la bocca davanti al microfono cominciò a cantare l’introduzione, accompagnandosi con la base della propria chitarra.

Lately, I’ve been, I’ve been losing sleep…

Appena finì, ci unimmo tutti alla base strumentale e Cal cantò la prima strofa, mentre Mikey faceva qualche intervento vocale.

I see this life like a swinging vine
Swing my heart across the line…


Cantai poi il ponte tra la strofa e il ritornello.

I feel something so right
Doing the wrong thing…


A proposito, cosa stava facendo Luke lì davanti a Ilary? Continuava a guardare le corde della chitarra, alternando ciò con qualche occhiatina alla sua lady. E che faceva la sua lady davanti a lui? Ve lo dico io, se lo mangiava letteralmente con gli occhi. Sì, nonostante non stesse facesse altro che far vibrare delle corde e premere qualche tasto, lei gli sarebbe saltata direttamente addosso.
Cantammo insieme il ritornello, poi passò a Luke il grande merito di ripeterlo tuuutto solo soletto. Non appena cominciò a cantare, iniziò a guardarle gli occhi come non aveva mai fatto prima. Li osservava come se fossero stati diamanti. Ilary schiuse leggermente le labbra e continuò a ricambiare lo sguardo. C’era una strada energia tra quei due, lo dovevo ammettere. Sapevo benissimo che però c’era solo una piccola vaga possibilità che Ilary Jersey avrebbe ceduto a quella cotta stratosferica che li univa come una calamita dopo averlo visto cantare, e di questo anche Luke era cosciente. Dopo quel ritornello, Luke divenne sicuro e continuò a cantare perfettamente. Ci facilitò averlo più sciolto, ci faceva stare tranquilli.
Non appena finimmo, Ilary applaudì. Luke sorrise e la guardò nuovamente.
Lei ricambiò.
 




 

SPAZIO AUTRICE
Luke che è attratto in modo vertiginoso da Ilary (ah beh, si era capito), qualche attacco di perversione, Ashton che dà uno strappo alle regole e poi la cover di quella bellissima canzone… E Ilary? Cosa potrà succedere?
Finalmente, sono riuscita a creare un banner alla storia!!! Spero vi piaccia!!!!!
Alla prossima!!!






 

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Capitolo 9
*** Fun & Kisses ***




- CAPITOLO 8 -

FUN AND KISSES

 
Ilary
Luke si era messo a cucinare, come aveva promesso quella mattina. Io ero rimasta in cucina con lui, ad apparecchiare la tavola per 5 persone. Cal, Ash e Mikey aspettavano in salotto. Ridevano e giocavano come dei pazzi, li sentivamo dalla cucina. Lo continuavo a fissare di sottecchi, non sapevo nemmeno perché lo stessi facendo. Forse perché ero terribilmente imbarazzata per quell’oretta che avevo trascorso a sorvegliarlo perché fin troppo incantata da quel suo modo di indossare quella fottuta chitarra elettrica e a farmi cullare dalla sua splendida voce? Porco cane, il mio modo di pensare su di lui si era nuovamente evoluto alla fazione Pace-e-Amore ereditata da mia madre. Mi era cominciato ad apparire fottutamente attraente non appena avevano finito di cantare Counting Stars. Non la smettevo più osservare quegli occhi azzurro chiaro del colore del mare limpido, così profondi e senza fondo. Sì, anche la vena poetica che pensavo mi fosse stata dispensata dalla nascita era misteriosamente nata da qualche parte nei miei neuroni. Quel ciuffo alzato di quei capelli color oro e quella fronte completamente scoperta…OMG, lo rendevano un figo assurdo. E poi quella naturalezza nei suoi movimenti lì dietro a me, così provocante e ignara di essere fottutamente centralista, mi portava a un motivo in più per saltargli immediatamente addosso. Non sapevo che mi fosse preso, sinceramente. Come potevo nutrire certi pensieri in una persona come quella? Come mai mi era cominciata a piacere quella sua compagnia così confusionaria?
Mi accorsi che mancava una forchetta e mi voltai. Immediatamente, mi ritrovai faccia a faccia con gli occhi di Hemmings. Oh porco cane, mi sfiorava appena il naso con la punta del suo, il ventre era vicinissimo al suo, potevo sentire il suo respiro battere contro la pelle del collo, le labbra erano quasi sul punto di scontrarsi. Richiuse la mano che aveva teso per afferrare il piatto accanto a me e le posò entrambe contro il tavolo. Lo seguii a ruota, appoggiando i palmi alla sedia dietro di me. Insisteva inerme a passare lo sguardo diretto nei miei occhi, per poi spostarlo sulle mie labbra. Io continuavo a fissargli gli occhi, perplessa di quel suo comportamento. Sembrava in uno strano stress mentale, come se stesse scegliendo di starsene lì impalato o di staccarsi da me oppure appoggiare quelle fottute labbra e farmi felice e contenta. Non appena lo vidi cominciare a distaccarsi, lo richiamai immediatamente.

- Luke –

- Mmm? –

Accerchiai il suo collo con il braccio e mi spinsi in piedi. Lui seguì solo i miei movimenti, continuando a puntare gli occhi su di me,  e si ritrovò ad appoggiare le sue mani sui miei fianchi. Mi guardò nuovamente negli occhi e intercettò cosa volevo che facesse. Scontrò la punta del naso con la mia.

- Mi piaci troppo, stronzetta – mi bisbigliò sorridendo. Sorrisi: cosa volevate che rispondessi? Anche lui mi piaceva un casino e lo avevo capito da poco più di mezzora. Come si può rifiutare un complimento?

Un solo secondo e avvicinò ancora di più il viso, poggiando dolcemente le labbra sulle mie. Ilary Jersey, l’unica in casa ad essere cinica, si era purtroppo arresa a quella tentazione. Il mio povero cuore, in quel momento stava battendo all’impazzata. Avevo spostato le dita tra i suoi capelli e continuando ad assaporare il sapore di quelle labbra, mi sentivo terribilmente a mio agio. Un gran buon momento per…

- C’è un odorino di spaghe…OH OH!! –

Poteva essere Rachel, poteva essere Ashton, poteva essere Michael, ma Calum era sicuramente il tocco di grazia per rovinare quei rari momenti in cui scambiavo effusioni con qualcuno. Con il suo tono giocoso, mi metteva terribilmente in imbarazzo. Mi distanziai amaramente e mi voltai rossa di vergogna verso di lui. Quanto avrei voluto incenerire lui e la sua risata malefica. Notai che anche Luke era leggermente innervosito. Ashton e Michael comparirono immediatamente sulla porta della cucina e ci diedero un’occhiata divertita.

- Ma fate pure con comodo! – rise Ash, facendo arrossire violentemente Luke.

- Ihihih Luke si è finalmente ritrovato – rise Calum.

Luke si allontanò e cominciò a rincorrerlo per la casa. Lo prese per le spalle e lo gettò sul divano, per poi cominciare a solleticarlo dappertutto. Calum rideva sguaiatamente. Io ero rimasta a osservarlo dalla penisola della cucina, con Ashton alla mia destra e Michael alla mia sinistra. Mi continuavano a dare pacche sulla schiena e facevano di tutto per farmi arrossire ancora di più. Ashton forse era quello più accanito. Continuava a farmi notare il modo in cui lo guardavo senza nemmeno accorgermene.

- Ahh, sembra che te lo immagini con lo smoking addosso il giorno del matrimonio - ghignava maligno.

- Ashton! – lo rimproveravo, continuando ad arrossire a dismisura.

- E’ come se fosse un angelo per te – cantilenava.

Ennesima spinta vana per la solidità dei muscoli del braccio scoperto, non gli facevo un baffo. Quanto mi dava fastidio!

- E non vedi l’ora di levargli lo smoking di doss…- Ah no!Questo era troppo!

- ASHTON, SEI MORTO – sibilai, iniziando a battere i piedi sul pavimento. Avanzò all’indietro, con un ghigno divertito sul volto. Cominciai a correre, lo fece anche lui. Non appena mi ritrovai a una distanza ragionevole, gli afferrai saldamente le spalle e lo scaraventai contro il divano. Mi stupii della forza che avevo adoperato e gli sorrisi vittoriosa. Mi misi a fargli il solletico sulla pancia, visto che ero a coscienza del modo in cui lo soffriva terribilmente. In effetti, non appena aveva visto le mie mani avvicinarsi maligne al suo ventre, aveva cominciato a dimenarsi preso dal timore.

- Basta….AHAHAHAHA…Ti odio…IHIHIHI….Smettila…AHAHAHA –

Dopo una decina di minuti, mi convinsi che gli poteva bastare e lo lasciai riprendere respiro. Mi slegai la coda e lasciai cadere i capelli sulla schiena. Dopodiché lasciai il soggiorno e battei il cinque a Michael, che aveva assistito a tutta la scena. Mi avvicinai alla scodella di spaghetti al ragù: fortunatamente, fumavano ancora. Non ci pensai due volte che stavo quasi per afferrare un piatto qualsiasi, ma…

- Ah ah, no no! Le impiatto IO gli spaghetti, Signorina Jersey! –

Luke mi afferrò il polso e lo allontanò dalla tavola. Mi fece accomodare al capotavola e mi prese il piatto. Lo posò sul tavolo stracolmo di quella pietanza. Si mise poi accanto a me, con le braccia conserte, e disse agli altri tre di aspettare che dessi il mio voto prima di sedersi. Afferrai la forchetta e arrotolai gli spaghetti. Poi li assaporai.

- Tra 10 minuti, non ce ne sarà più uno lì dentro – commentai dopo aver ingurgitato il primo boccone.


 
Ash, Cal e Mikey se ne andarono subito dopo pranzo. Diedi un’ultima occhiata alle valigie, rimaste illese nell’angolo della cucina. Luke era rimasto accanto a me e mi sfiorava il dorso della mano con le dita. Mi voltai verso di lui e chiesi se potevo andare a disfarle. Annuì e ne prese una. Lo stesso feci io con l’altra. Mi portò nel corridoio al piano di sopra e aprì la seconda porta sulla sinistra. Una camera spaziosa e luminosa si mostrò ai miei occhi. Le pareti erano verniciate di azzurro chiaro e una grossa finestra simile a quella che avevo in camera mia illuminava la stanza. Un letto matrimoniale di legno battuto bianco era posto al centro della stanza, esattamente in linea con una scrivania sotto alla finestra. Infine, vi era un grande armadio a muro accanto alla porta. Posammo le valigie dall’altra parte del letto.

- Mi piace – dissi dopo un po’.

- Era la camera di mio fratello Jack – disse Luke semplicemente.

Mi voltai verso di lui.

- Sapevo che avessi dei fratelli, ma non li ho mai conosciuti – ammisi.

Mi si avvicinò, mi guardò negli occhi e poi pose lo sguardo sulla stanza. Il colore dei suoi occhi sembrava armonizzarsi con le pareti. Mi fece sedere sulla testiera del letto accanto a lui. Mise i gomiti sulle ginocchia e cominciò a parlare:

- Jack ha quasi 30 anni. Ha studiato ingegneria aereospaziale e adesso si trova negli Stati Uniti, dall’altra parte dell’Oceano. Ben invece ha qualche annetto in meno di lui ed è un botanico come i nostri genitori. Ha però voluto lasciare l’Australia ed ora si trova ad Amsterdam. Lui non ha mai adorato il caldo che si può sentire qui e ha sempre voluto vivere a contatto con il mare e la pioggia  –

Stavo ad ascoltare in silenzio.

- E quante volte li vedi durante l’anno? – gli chiesi.

- Dipende. Di solito ci fanno una visita a Natale, a Pasqua e una o due volte durante il resto dell’anno, ma sta di fatto che per ricevere anche solo una giornata buca per loro è piuttosto difficoltoso – Rispose, con un velo di malinconia nella voce.
Abbozzò un sorriso e si alzò. Mi chiese se avessi gradito un piccolo aiuto a disfare le valigie.

- No, tranquillo. Ce la posso fare da sola – gli risposi cordialmente.

- Mmm…ok. Se nel caso avessi bisogno, io sono nella stanza accanto –

Mi alzai e mi voltai verso i miei bagagli, quando però Luke mi afferrò il polso e mi rifece voltare verso di lui. Mi spinse a sé e mi pose una mano sulla schiena e un’altra tra i miei capelli. Rabbrividii al solo contatto. Si avvicinò e mi lasciò un lieve bacio sulla fronte. Il mio cuore sussultò. Dopodiché, mi guardò negli occhi intensamente.
- Grazie – gli sussurrai. Lui sorrise sereno e mi strinse in uno dei suoi splendidi abbracci, per poi distaccarsi completamente e uscire dalla stanza.

Rimasi intontita per qualche minuto. Era incredibile l’effetto di quel biondone su di me. Il tipico effetto tutti-uccellini-e-campo-di-rose che avrebbe detto mia madre in quel momento. Scossi la testa e mi ripresi. Mi voltai verso le valigie da disfare e sbuffai. Mi sarebbe aspettato un noiosissimo pomeriggio. Aprii la cerniera e le ante dell’armadio e cominciai a riporre disordinatamente le pile di vestiti che estraevo dai bagagli sugli scaffali. Appesi le giacche che avevo portato agli appendini e richiusi l’intimo nell’ultimo cassetto al fondo. Fatto questo, posai il computer portatile sulla scrivania e qualche libro da leggere la sera sul comodino. Lasciai poi in un angolo lo zaino, mentre le diverse paia di scarpe accanto alla scrivania ben allineate. Dopo ben 2 ore, la stanza era finalmente sistemata in modo civile. Mi passai una mano tra i capelli e presi qualche CD che avevo lasciato sulla scrivania, per poi scendere al piano di sotto. Mi avviai verso lo stereo nel salotto e infilai nel lettore Warrior di Ke$ha. Lasciai che partisse e alzai il volume, cominciando a cantare a squarciagola. Luke si fece vivo qualche minuto dopo e si sedette sul divano. Scavalcò la gamba destra con quella sinistra e continuò a osservarmi ridendo. Improvvisamente si alzò e fermò la musica. Feci la finta offesa e incrociai le braccia sul petto.

- No, dai, non fare così. Mi fai sentire in colpa – mi disse, facendo il labbruccio. Sospirai e sorrisi.

- Cosa vuoi dirmi? – gli chiesi.
 

 



 
SPAZIO AUTRICE
Hola, eccomi di nuovo qui!!!! E così, finalmente, questi due si sono confessati!!! Luke è improvvisamente diventato un coccolone, Ilary si scioglie davanti a lui…ahahahaha, sì, questi due sono fatti l’uno per l’altra. Spero vi sia piaciuto il capitolo e alla prossima!!!

 




 

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Capitolo 10
*** Let's Get Out ***


- CAPITOLO 9 -

LET'S GET OUT

 

 


- Questo pomeriggio pensavo di uscire  – marcò l’ultima parola, scrutandomi in viso. – e ordinare della pizza per cena. Poi ci guardiamo un film stasera. Ci stai? –

Sorrisi e mi avvicinai a lui. Gli toccai la punta del naso.

- Dammi solo qualche minuto per cambiarmi – gli dissi.

- Va bene. Così mi cambio anch’io – mi toccò la punta del naso.

Mi scaraventai prima di lui sulle scale e mi diressi verso la mia camera. Aprii le ante dell’armadio e cominciai a fare abbinamenti davanti allo specchio lì sull’anta. Non optai su gonne e vestitini vari: mi sembravano fin troppo eccessivi, per non dire provocanti. In men che non si dica, un’enorme pila di vestiti si costruì sul letto. Scelsi un croft top bianco effetto usurato non molto scollato e poco attillato, che scopriva l’ombelico, con la scritta MTV Music in sfondo della bandiera statunitense. Lo abbinai ad un paio di pantaloncini tinta galassia effetto trasandato e alle All Star bianche. Allacciai al polso un po’ di braccialetti intrecciati dai colori tenui e decisi di non truccarmi. Indossai i Ray Ban, infilai IPhone e portafogli nelle tasche dei pantaloni e uscii dalla stanza. http://www.polyvore.com/mtv/set?id=119996205

Luke era già lì pronto ad aspettarmi, con addosso una semplice canotta nera con lo stemma dei Nirvana e dei pantaloncini di jeans e ai piedi un paio di Vans rigorosamente nere. Mi squadrò da capo a piedi attraverso le lenti degli occhiali da sole e ridacchiò.

- Appuntamenti e appuntamenti passati a vedere ragazze con tacchi vertiginosi e abitini cortissimi che lasciavano poco all’immaginazione e poi arrivi tu, con un semplice top e dei pantaloncini, senza un filo di trucco, priva di borsetta e con scarpe raso terra…Tu non sai come stai bene –

Mi misi a ridere e gli saltai al collo, stringendolo in un abbraccio affettuoso. Lui ricambiò, dandomi un bacio sulla guancia. Non appena sciogliemmo l’abbraccio, allacciò la mano alla mia e uscimmo fuori. Si diresse verso la Mini Cooper e, prendendo il mazzetto di chiavi dalla tasca, l’aprì. Vi entrammo all’interno e la accese. Uscì dal cortiletto ed entrò nella corsia.

- Allora, dove mi porti? – gli chiesi.

- A qualche isolato da qui, vicino al parco –

Quel breve viaggio fu piuttosto silenzioso. Osservavo la strada correre via al nostro passaggio. Avevo abbassato il finestrino e avevo tirato fuori la mano, per sentire l’aria fresca passare tra le dita. Parcheggiò accanto al parco e aprì la portiera, per poi uscirne.


 
Luke
Non appena misi piede fuori dall’auto, vidi il gruppo di Stacy Grappy avanzare verso l’auto. Ilary se ne era accorta quasi subito e mi aveva subito afferrato la mano. Era così dannatamente protettiva. Sicuramente sapeva che non sarebbe mai piaciuta a loro. Figuriamoci, io in loro non nutrivo altro che i miei attacchi di perversione fino a dieci giorni prima, poi del resto non le consideravo nemmeno persone di cui fidarmi. Loro ci seguivano solo per un’unica cosa, e certamente non si potevano dimostrare così in confidenza con me da non permettermi di fare una scampagnata con la mia r…ehm, amica. Le strinsi la mano saldamente e mi appoggiai alla macchina. Non appena potemmo vedere la capogruppo più a fuoco, notai le strambe punte che questa sfoggiava con vanità.

- Ma Stacy ha giocato un po’ con la tinta o è fuori? – ridacchiò Ilary. Ghignai.

Sui quei capelli castani lisci rovinati dalla piastra utilizzata quotidianamente, le punte arcobaleno ci azzeccavano ben poco. Sembrava quasi che avesse, come aveva commentato Ilary, sbagliato qualche tinta e poi si fosse messa a giocare con i colori. Un effetto quasi mediocre. Per non parlare della ragazza vicino a lei, Allison Lullaby, la sua best friend, che si era tinta i capelli di viola. Ma non solo! Tutte quante avevano almeno un capello colorato, c’era persino chi si era data allo sfumato passando dal blu al verde acqua, come Laura Filler. Sì, sembrava il corteo dei My Little Pony. Indossavano poi tutte abiti che scoprivano molta pelle: c’era chi, come Stacy, aveva un abitino corto corto senza spalline, altre con delle magliette con del pizzo e minigonne. I tacchi alti regnavano, che fossero state scarpe, zeppe o stivali. A persarci bene, il perché avessi seguito ragazze del genere per tutto quel tempo mi era ignoto.

La capogruppo si avvicinò, tirò uno sguardo tagliente a Ilary e si rivolse a me.

- Perché non ci hai chiamato? – mi chiese arrotolandosi la ciocca di capelli alle dita e piegando la gamba destra, per poi cominciare ad accarezzarsela. Mio Dio, che pena!

- Abbiamo giocato con la tinta? – le chiesi ignorando la sua domanda.

- Vedo che te ne sei accorto. Come stiamo? – disse con la sua voce stridula, sbattendo le ciglia finte.

- Orrende – rispose Ilary, sogghignando tra sé.

Si voltarono verso di lei, con aria stizzita e farfugliando commenti e frasi di disprezzo.

- Non abbiamo chiesto a te, Jersey – le disse Allison, sbattendo la chioma viola dietro la schiena.

Ilary le fece una smorfia. L’altra la squadrò dalla testa ai piedi e borbottò tra sé e sé.

- Allora, se eri libero, perché non ci hai chiamato? – mi richiese infastidita Stacy.

- Magari perché volevo uscire con qualcun’altra che non avesse questo arduo desiderio di fare solo quella cosa? –

Un coro di “Oh”, “Non ci credo” si alzò sprezzante dal gruppetto. Borbottarono nuovamente tra di loro. Cominciavano a darmi sui nervi. Mi voltai verso Ilary, che si godeva la scena ghignando divertita. Decisi di lasciarle perdere e di andare via. Non appena però mi mossi, Stacy mi prese per il colletto della canotta.

- Tu non la passerai liscia – mi scandì furiosa.

Mi lasciò malamente e vidi Ilary avvicinarsi minacciosamente a lei. Le bloccai il polso e si voltò verso di me. Mi avvicinai al suo orecchio e le bisbigliai: - Andiamocene, rischiamo di farci grossi per una cosa da nulla -. Lei annuì e io le posai il braccio attorno al collo e ce ne andammo. Giurai di aver sentito Stacy ricominciare a farfugliare. Entrammo nella via e cominciammo a passare davanti ai negozi e osservare le vetrine. Non appena passammo davanti alla prima gelateria, ci fermammo.

- Ci prendiamo un gelato? – le proposi.

- Stavo per chiedere la stessa cosa – rise.

Ci mettemmo in coda. Al bancone servivano due ragazze con i capelli rossi e il viso pomellato di lentiggini, una sarà stata di 14 anni, l’altra di 16. Non appena mi avevano visto, avevano cominciato a sorridermi sghembe e a farmi gli occhi dolci. Ilary, con velocità fulminea, mi aveva stretto la mano. Le due sembrarono piuttosto deluse. Mi voltai verso di lei, slegai le mani e appoggiai il braccio attorno al suo collo.

- E così sei un po’ gelosa… - ridacchiai.

- Non è vero – borbottò arrossendo.

- Oh sì, invece – ribattei divertito dalla sua reazione.

- E’ che…cavolo, ti guardano tutte come se ti volessero spogliare da un momento all’altro – arrossì ancora di più.

- Uh…allora sei moolto gelosa – risi stampandole un bacio sulla guancia.

Ci ritrovammo davanti al bancone. Quelle due ragazzine si sciolsero ancora di più non appena cominciammo ad ordinare. Non appena Ilary si ritrovò l’ordinazione tra le mani, sgranai gli occhi divertito: un cono con variegato alla Nutella, nocciola e stracciatella! Per una così magra come lei?

- Alla faccia della dieta! – commentai. Ilary sorrise.

Tirai fuori il portafogli e dissi alla ragazzina più grande che pagavo anche per Jersey. Ilary cercò di ribattere dicendo che poteva pagarselo da sola ma avevo già lasciato i contanti sul bancone e preso lo scontrino. Sbuffò, mi ringraziò e uscimmo dalla gelateria, assaporando i nostri coni. Passammo poi dalla pizzeria italiana che i miei genitori frequentavano. Entrammo dentro e ci dirigemmo verso il bancone dell’area bar. A servire c’era un ragazzo castano, un po’ più basso di me, con la cresta da una parte e il sorriso pervertito, che cominciò a fissare le gambe scoperte di Ilary in una maniera assurda. Avrei voluto strozzarlo. Per far vedere come le cose stavano, appoggiai la mano destra sul fianco di Ilary e la spinsi accanto a me. Arrivò poi una donna di mezza età, padrona del ristorante, che ci salutò cordialmente.

- Vorremmo ordinare per il servizio a domicilio – chiesi.

Tirò fuori un blocchetto e controllò per la serata.

- Verso che ora desiderate ricevere? – mi chiese.

- Non so, va bene alle 8? –

La donna annuì e ci chiese gli ordini.

- Una pizza alla salsiccia piccante e una margherita e due coche – le dissi.

Se li appuntò e ci ringraziò. Detto questo, uscimmo e andammo a passeggiare al parco. Chiacchierammo di un po’ di tutto. Era veramente una bella persona con cui trascorrere il tempo: scherzosa, comprensiva, affettuosa, forse una delle migliori. Verso le 6 ripercorremmo la viuzza e ritornammo al parcheggio. Saltammo in macchina. Il tragitto fu silenzioso, tranquillo. Continuavo a osservarla di scorcio. Spensi l’auto davanti a casa mia. Uscimmo e prima che potesse correre in casa le afferrai il polso e la tirai a me. Morivo dalla voglia di baciarla di nuovo. Appoggiai la fronte alla sua.

- Mi sono divertita – commentò.

- Sono contento – sussurrai.

Pose le mani sul mio petto. Io le cinsi i fianchi. Senza esitazione, premetti le labbra sulle sue.
 

 
 
SPAZIO AUTRICE
Hola!!!! Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Vi lascio con qualche foto!!!
 
Stacy Grappy




Allison Lullaby




I Capelli di Laura Filler




Au revoir!!!
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** She Makes Me Feel Like I'm Trying Too Hard ***


- CAPITOLO 10 -

SHE MAKES ME FEEL LIKE I’M TRYING TOO HARD



 
- E così l’unico ragazzo che hai frequentato è stato questo Cedric? –

Luke era particolarmente interessato a quell’argomento, come se ci fosse stato qualcosa che lo attraesse intensamente. Pareva che volesse nel modo più assoluto sapere qualcosa che lui di me non conosceva ancora. Se ne stava lì, buono buono stravaccato sul divano. Io invece mi trovavo accanto a lui, seduta composta con le gambe accavallate, che lo guardavo negli occhi senza alcun timore. Una strana armonia regnava nella nostra discussione, come se un’intera orchestra ci stesse suonando una qualsiasi aria o sinfonia.

- Sì, siamo usciti insieme per circa un mesetto. Non era il mio tipo: troppo perfetto e pacato, troppo ben educato, sembrava fosse cresciuto in un collegio a dir la verità. Mi correggeva quasi sempre e quelle volte che mi dava ragione la ottenevo fin troppo facilmente, senza un minimo di contrasto. Se non c’è discussione, non esiste che io ti possa frequentare per molto – commentai.

Sorrise e si avvicinò a me. Mi spinse a sdraiarmi accanto a lui, facendomi posare la testa sul suo petto. Mi cominciò ad accarezzare i capelli e la schiena, facendomi rabbrividire continuamente. Si mise poi a seguire i miei lineamenti con le dita, per poi passare a fare ciò sulle guance. Chiusi gli occhi e mi accoccolai lì. Lui continuò ad accarezzarmi. Mi strinse poi in un caloroso abbraccio, che ricambiai volentieri.
Il campanello risuonò nella casa. Andai ad aprire io.

 
Luke
Non appena vidi quel ragazzo della pizzeria sulla soglia davanti ad Ilary con le pizze mi innervosii un tantino. Lei lo salutò, cordialmente. Lui ricambiò con un sorriso sgargiante, maligno, malizioso e la squadrò di nuovo. Evidentemente, non mi aveva visto. Non ero un tipo impulsivo, ma quel modo di squadarla mi aveva indotto uno strano istinto di farlo a pezzi. E non ero nemmeno il tipo che alzava la mani. Mi trattenni e rimasi in silenzio. Aveva cominciato a fare il carino, riempirla di complimenti e via dicendo. Ilary sorrideva, ma rispondeva raramente. Finché…

- Ma sei…tutta sola? – le chiese con voce roca e avvicinandosi a lei.

Ah no, questo era troppo! Cosa aveva intenzione di fare? Sfruttarla? Violentarla? Beh, qualsiasi fosse, la mia sopportazione era arrivata al limite e doveva andarsene via di lì il prima possibile. Mi alzai furioso e mi diressi verso la porta. Il mio caro amico non aveva scampo. Mi infilai con forza tra lui e Ilary, portafoglio in mano. Lei mi lanciò un’occhiata tagliente, lui mi guardò infastidito. Gli rivolsi la parola controllando la rabbia che ardeva in me e gli chiesi il totale, in modo da levarmelo dai piedi il più velocemente possibile.

- 16 dollari – mi rispose. Glie li sborsai e presi le pizze. Lo salutai accennando un sorrisino di vittoria e stavo quasi per sbattergli la porta in faccia, quando lui stesso mi fermò.

- Ehi amico, vacci piano con le tue maniere. Quella è una tua parente? –

Oh, e mi chiedeva pure informazioni? Ma che cos’è? Un agente segreto inviato dai miei o semplicemente un povero sfigato preso dagli ormoni?
Non gli risposi nemmeno e chiusi la porta con forza. Non mi rivolsi direttamente a Ilary: sapevo benissimo che era infuriata nera, e la dovevo lasciare scaricare un attimo. Appoggiai i cartoni e le bibite sul tavolino e mi avvicinai, per fermarmi un po’ dietro a lei. Si stava torturando il labbro inferiore per l’agitazione. Sapevo di aver fatto la cosa giusta, ma allo stesso tempo mi stavo pentendo. Rivolsi lo sguardo a terra.

- Perché lo hai fatto? – mi chiese acida.

- E’ che… - Sapevo di non averle mai espresso i miei sentimenti, contando anche che era il mio orgoglio che non voleva sottoporsi a tale sviolinata. E in quel momento, le parole bruciavano in gola, non volevano uscire.

- Avanti Luke, spara – si voltò verso di me, arrabbiata. Alzai lo sguardo su di lei, ma rimasi taciturno.

- Ah, non me lo vuoi dire. Luke, io stavo solo parlando con quel ragazzo, non capisco perché tu sia arrivato così e lo hai trattato in quel modo. Voglio solo una…spiegazione – continuò aspra, con odio. Non volevo litigare in quel momento, né tantomeno con lei. Mi uccideva vederla così.

- E’ che… tu non sai che intenzioni avesse potuto avere chiedendoti una cosa del genere. Ti squadrava come se fossi stata una preda, una vittima, qualcosa a cui fare del male. Non volevo che…insomma…– risposi incerto, ma rimasi sopraffatto dall’espressione che aveva assunto. Sorrideva maliziosa, aveva la braccia conserte e mi guardava in un modo alquanto strano. Aggrottai la fronte.

- Quindi mi stai dicendo che soffri di una terribile gelosia? Tu? – ridacchiò.

Feci il finto offeso e incrociai le braccia attorno al petto. Ilary mi si avvicinò, affondò un dito nella mia guancia e mi fece voltare la testa verso di lei.

- Ammettilo –

Le feci una linguaccia.

- Avanti –

Ecco, si era anche messa a fare il labbruccio. Avanti, Luke, mai dargliela vinta.

- Daaaai –

La guardai malizioso. Lei fece che circondarmi la vita con le braccia.

- Suvvia, non è poi così grave – mi stuzzicò nuovamente, cominciando a farmi il solletico sul collo. Un momento, come faceva a sapere che mi piaceva il solletico lì? Uhm, che fosse stata una spia? Uno stalker?

- E dai, cosa devo ancora fare? Coccolarti fino allo sfinimento? – sbuffò insistente. Ecco, stava quasi per cedere.

- Per me andrebbe bene! – ghignai divertito. Mi lanciò un’occhiata perplessa, ma poi cominciò a riempirmi la guancia di teneri bacetti. Sorrisi, chiudendo le palpebre.

- Va beene. Sì, ero invidioso. Adesso però ci mangiamo quella benedetta pizza? – dissi affamato.


 
Ilary
La pizza era buona. La mangiammo in cucina, in modo da non sporcare in salotto. Entrambi non adoravamo particolarmente fare le faccende di casa. Era già un miracolo se sapevo cucinare nel modo in cui riuscivo e sapevo utilizzare lavatrice, ferro da stiro e lavastoviglie. Dopo che ebbimo finito di gustarcela, buttammo via cartoni e lattine vuote e andammo in salotto. Dovevamo scegliere un film da vedere.

- Cosa ne pensi se facciamo venire anche gli altri e ce ne guardiamo uno tutti assieme? – mi propose Luke.

Annuii. Si buttò sul divano e mi spinse accanto a lui. Tirò fuori il Nokia Lumia e, entrando nel loro gruppo Whatsapp, digitò il messaggio.

 
Serata cinema a casa mia!!!
In men che non si dica, il cellulare risuonò con le risposte.

Ash
Sono lì tra poco!!!!
_____________________

Cal
Arrivooooo
_____________________

Mikey
Aspettatemi che ci sono anch’io!!!!
 
Rimise il cellulare in tasca e si sdraiò comodamente sullo schienale.

- Quanto tempo ci impiegheranno? – gli chiesi.

- Ah beh…di solito… -

Il campanello risuonò insistentemente. Luke ghignò. Andò alla porta e mi consigliò di alzarmi dal divano per questioni di sicurezza. Obbidii e mi avvicinai a lui. Premette la maniglia e aprì: Cal, Ash e Mikey ci salutarono frettolosamente e corsero all’interno, per poi gettarsi comodamente sul divano. Ecco perché mi aveva fatto spostare, quei tre mi avrebbero travolta. Luke li seguì a ruota, ma allo stesso tempo mi strattonò per il polso e lo dovetti fare anche io. Ci sedemmo in modo decente: mi ritrovai con Calum e Luke alla mia destra e Ashton e Michael alla mia sinistra.

- Allora, che cosa guardiamo? – chiese Ashton impaziente.

- Un film d’azione? – chiese Mikey.

- Ad esempio? – gli chiese Luke.

- The Avengers, The Amazing Spiderman… - continuò lui.

- Mmm, non ne vado pazza – commentai.

- Che ne dite di Harry Potter? – chiese Calum.

Fummo tutti d’accordo. Luke prese il telecomando e accese la Tv Samsung 40 pollici. Andò sul menù e cercò l’icona di Infinity, il famoso servizio in streaming. Sulla pagina iniziale, digitò il titolo dell’ultimo film della saga e lo visualizzò sullo schermo. Non ci restò che metterci a guardarlo. Calò il silenzio.
Dopo un’ora mi ritrovai tra le braccia di Luke, con la testa appoggiata al suo petto e l’odore di menta fresca che mi invadeva le narici. Gli altri tre nemmeno se n’erano accorti, e continuavano a seguire il film con interesse. Luke sembrava a suo agio, tantoché aveva preso la mia mano e continuava a sfiorarne il palmo con le dita, per poi tenerla allacciata alla sua. Fummo così distratti che non ci eravamo accorti che i ragazzi avevano fermato il film da un bel po’ di tempo e ci fissavano ghignando.

 
Luke
Ilary si alzò con la scusa di dover andare in bagno e sparì su per le scale. Mi stiracchiai. Mi piaceva coccolarla nel più totale silenzio, era qualcosa di nuovo per me. Non avevo mai dato così tante attenzioni ad una ragazza in vita mia. Sì, le mie relazioni erano state tutte usa e getta. Da quando invece mi ero ritrovato accanto a lei, io e la band ci eravamo distaccati da quella vita sporca e pietosa. Stimavo Ashton perché lui non era mai ceduto alle moine di quelle ragazze e si era guadagnato il totale rispetto degli altri ragazzi della scuola. Io il rispetto me lo ero procurato solo per la mia strafottenza e chissà cosa avrebbero pensato quando mi avrebbero visto in giro con una ragazza normale, che però aveva già fatto girare la testa a tutti assieme a Rachel Hudson. Nessuno era mai stato capace di dirglielo, ma Ilary e Rachel erano forse le ragazze più belle della scuola e gli altri ragazzi erano sempre con gli occhi su di loro nonostante non se ne accorgessero in assoluto. Le vedevi correre e ridere per la scuola, con la loro ciurmaglia di amiche dietro, felici e spensierate come nessun altro. Una spensieratezza che avevo sempre invidiato, perché io ero sempre con delle nuove troiette addosso e lei invece poteva camminare tranquilla senza che qualcuno la toccasse continuamente. Tutti quegli scherzi glie li facevo per distruggere un po’ di quella calma che tanto mi ingelosiva di lei. In quel momento però avevo solo bisogno di quel suo affetto impulsivo e timido, dei suoi occhi color oceano, dei suoi capelli castani che le volteggiavano attorno al fisico perfetto e delle sue manine calde e morbide. Oramai, lei era diventata la mia qualità di eroina preferita.

- TERRA CHIAMA LUKE! 1,2,3…LUKE RISPONDI! – Ashton schioccò le dita e mi riportò alla realtà.

- Luke è vivo ed è su questo Pianeta – sospirai.

- Tutto tutto? – mi chiese Mikey.

- Bella domanda – ridacchiai.

- Uhm… Io dico che è innamorato pazzo – affermò Calum, con un sorrisetto sulle labbra. Mi morsi il labbro e volsi lo sguardo al pavimento. Ashton mi tirò uno schiaffetto amichevole alla guancia. Ricambiai.

- Piuttosto che prendermi tanto per il culo, Ashton, raccontami un po’ di te. Ultimamente sei perso completamente nelle nuvole – sogghignai. Lui arrossì di botto, causando una risata generale.

- Ha forse i capelli biondi color miele,…– cominciò Michael.

- …Gli occhi verde acqua…– continuò Cal.

- …ed è la migliore amica di Ilary? – finii io. Ok, ormai era rosso come un pomodoro.

- Sì, è lei. Ma tu pensi sempre alla tua però! – mi fece una smorfia, che io ricambiai con una linguaccia.

- E allora, come va? Le hai chiesto almeno il numero? – continuai.

Scosse la testa passandosi le mani tra i riccioli biondi. Povero ragazzo.

- E dai, mia cugina è dolce come lo zucchero. Di che cosa hai paura? – gli chiese Michael.

- Non ho paura. E’ che… non le ho mai parlato – balbettò il batterista.

- Tu hai paura che lei non contraccambi – gli dissi serio.

Abbassò lo sguardo, cercando di nascondere l’evidente verità. Annuì poi timidamente. Rivolsi lo sguardo a Michael. Lui stava quasi per scoppiare in una fragorosa risata.

- Chi? Rachel Hudson? Ma se ti corre dietro da due anni!! – rise lui.

Ashton lo guardò raggiante. Mai visto più gioioso. In quel momento ritornò Ilary e si fermò a qualche metro da noi. Squadrò me, poi Cal, poi Mike e il volto fin troppo felice di Ash con perplessità.

- Mi sono persa qualcosa? – mi chiese dubbiosa.

Scossimo la testa simultaneamente. Ci guardò nuovamente come se fossimo stati dei pazzi.
 
 




SPAZIO AUTRICE
Hola!!! Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio tantissimo le 32 persone che hanno messo la storia tra le preferite, le 3 tra le ricordate , le altre 34 tra le seguite e tutte coloro che hanno recensito. Mi piacerebbe elencarvi tutte ma diventerebbe fin troppo lungo!! Grazie, grazie molte!!!
 

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Capitolo 12
*** Angel ***



- CAPITOLO 11-

ANGEL

 

 
Increspai le palpebre, per poi cominciarle ad aprire lentamente. La prima cosa che notai era che non avevo dormito nel letto, bensì sul divano. Vidi Ashton e Michael dormirsene beati sulla penisola e Calum attaccato al bracciolo. Mi accorsi solo in quel momento della posizione che avevo assunto. Mi correggo, avevamo assunto. Luke, da quanto avevo notato, mi aveva spinta ancora più a contatto con lui. Mi ritrovavo con la fronte appoggiata al suo collo, con le labbra che sfioravano la sua pelle, come se glie l’avessi voluta baciare. Le mani erano poggiate sul suo petto, le gambe piegate accanto alle sue tenute distese. Luke aveva allacciato le mani sulla parte della mia schiena che il croft top manteneva nuda e aveva le labbra socchiuse. Il piercing scintillava debolmente alla luce che filtrava dalla finestra della cucina. Aveva qualcosa di angelico mentre dormiva, sembrava così innocente. Si mosse e si sgranchì le dita, per poi riallacciarle nuovamente. Aveva chinato la testa ed ora aveva poggiato la guancia sinistra contro la mia fronte. Potevo sentire il suo respiro scontrarsi contro la pelle del collo. Un mugugnio mi fece alzare lievemente la testa e voltarmi dietro di me. Ashton si era svegliato e si stava stiracchiando
.
- Pss – attirai la sua attenzione. Appoggiai nuovamente la testa e questo ghignò. Si avvicinò a Luke e si sedette sui talloni. Lo osservò per un momento, per poi portare il dito indice alla bocca in segno di silenzio. Si alzò e si mosse cauto. Diede uno spintone a Calum e poi scrollò Michael. I due grugnirono con disprezzo,  e aprirono le palpebre. Si sedettero e si stiracchiarono, per poi posare lo sguardo su Luke e avvicinarsi beffardi.

- Ilary, come cavolo sei arrivata a svegliarti così? – mi chiese Mikey.

- E’ lui che detta, non sono io che ho deciso – risi, posando lo sguardo sul viso rilassato di Luke.

Si lanciarono qualche occhiatina.

- Prova a muoverti un po’, giusto per vedere cosa fa – mi propose Calum, trattenendo le risate. Obbidii: feci presa sulle sue spalle e alzai il busto, per poi provare a distendere le gambe e posare i piedi sul pavimento. Luke però rifece pressione sulla mia schiena e la mia tentata fuga fu un disastro. Mi obbligò a ritornare nella stessa posizione di prima. Quei tre cretini stavano quasi per morire soffocati dalle risate. Si zittirono poi improvvisamente e si alzarono. Misero le mani sul fianco di Luke.

- Al mio 3! 1, 2… - sussurrò Ashton.

- …3!!!! – gridarono in coro e cominciarono a scrollare violentemente il biondino. Luke aprì gli occhi di colpo. Vedendoli, si portò una mano al viso. Ne approfittai per tentare di alzarmi, ma…

- Ehi, dove credi di andare, tu! – disse lui afferrandomi il polso  e mi strattonò nuovamente accanto a lui. Mi stampò un bacio sulla guancia. Decidemmo poi di alzarci e sgranchirci le gambe.

- Allora, che dite se oggi andiamo alla spiaggia? – chiese Calum.

Fummo tutti d’accordo: con il caldo opprimente ci voleva proprio.

- Può venire anche Rach? – chiesi.

Annuirono. Presi l’IPhone dal tavolino e entrai in Whatsapp. Trovando poi il suo profilo di Rachel, digitai il messaggio.

 
Oggi vado in spiaggia con Luke, Ashton, Mikey e Cal.
Vuoi venire?

 
La risposta arrivò quasi subito. Non appena aveva visto “Ashton” aveva cominciato a saltare, me la immaginavo.

Siii!!!! Quando posso venire?!!!

- Dille che tra due ore siamo pronti – disse Luke beffardo. Stronzo, mi aveva sbirciato. Gli feci una smorfia. Lui mi guardò con il suo solito sorrisetto.


 
Alle 10. A dopooo
 
Andammo tutti in cucina. Luke posò 5 ciotole con rispettivi cucchiai, due cartoni di latte e i cornflakes sul tavolo, in modo che potessimo saziarci tutti. Ci sedemmo e mangiammo tranquilli. Sparecchiai e andai in camera. Preparai la borsa e aprii le ante dell’armadio: tirai fuori il due pezzi alla marinara con il reggiseno a fascia, forse quello che mi stava meglio, una maglia larga grigia e dei pantaloncini. Presi il tutto e andai in bagno, per chiudermi dentro a chiave. Spogliarsi in camera, per carità! Se Luke avesse eventualmente avuto qualcosa da chiedermi non sarebbe resistito ai suoi istinti. Non c’era nemmeno la chiave infilata nella serratura oltretutto. Mi sfilai il top, ma non appena me lo ritrovai tra le mani, me lo portai al viso. Profumava di menta. Oh porca miseria, adesso mi perseguitava anche sulla roba che indossavo! Perfetto, grazie Hemmings! Lo lanciai sul bordo del lavandino. Mi vestii con calma, e presa la mia roba, ritornai in corridoio. Mi fermai però davanti alla porta della camera: e dov’erano finiti Ashton, Michael e Calum?! Entrai nella stanza, sbaraccai i vestiti sul letto e uscii. Bussai alla porta di Luke.

- Avanti –

Entrai. La camera aveva le pareti scure, color viola, con un sacco di poster appesi. Il letto era matrimoniale, in legno nero, con le lenzuola a strisce scure. Accanto ad esso, un armadio a muro. La visione del quartiere dalla finestra era occlusa da alcuni tende blu profondo intenso, e al di sotto di essa vi era una scrivania. Un pc Apple bianco se ne stava spento lì sopra, con accanto un po’ di libri scolastici ammassati disordinatamente. Luke era seduto sul materasso del letto, a suonare qualcosina di indefinito con la chitarra acustica. Lo osservavo dallo stipite della porta. Smise di far vibrare le corde col plettro e lanciò lo sguardo su di me.

- Gli altri sono andati a prepararsi. Torneranno tra 20 minuti circa – mi disse. Annuii.

- Posso restare qui con te? Non mi va di stare da sola… - gli chiesi. Annuì e mi fece segno di sedermi accanto a lui. Obbidii e chiusi la porta alle mie spalle.

- Cosa stavi suonando? – gli chiesi accomodandomi sul letto.

- Stray Heart, dei Green Day – rispose semplicemente e si alzò. Aprì l’armadio a muro e vi posò la chitarra all’interno. Si ributtò poi sul letto e prese il cellulare dal comodino. Gli era appena arrivato un messaggio da cosa avevo capito. Si appoggiò alla testiera del letto. Mi sedetti accanto a lui tenendo le ginocchia tra le braccia e cominciai a sbirciare. Ritrasse immediatamente il cellulare, rivolgendomi uno sguardo beffardo. Feci l’offesa e guardai altrove. Luke mi circondò le spalle con un braccio e mi spinse a lui. Appoggiai la guancia contro la sua spalla, mentre premeva leggermente le labbra sulla mia fronte. Afferrò la mia mano e la strinse delicatamente. Socchiusi gli occhi non appena premette le labbra sulla tempia sinistra. La sua mano sinistra continuava a percorrere delicata la mia schiena.

- Ilary – mi chiamò.

- Mmm? –

- Sdraiati – disse, con un sorrisetto malizioso sul volto.

- Cosa?!!! – Ehi, questo mi voleva stuprare! E no, questo proprio no! Incrociai le braccia al petto.

- Ilary, il materasso del letto non è un blocco di cemento armato, quindi forza…sdraiati! – disse insistente con una tale naturalezza da sorprendermi. Seriamente, quel ragazzo mi voleva violentare! Volsi lo sguardo inorridita da un’altra parte, come una bambina. Affondò il dito nella guancia sinistra e mi fece voltare nuovamente verso di lui. Incatenai i miei occhi nei suoi color oceano.

- Ilary, non ti voglio fare nulla di sconcio o sporco che in questo momento ti starà balenando in testa. Quindi, per favore…sdraiati! – sbuffò.

- E chi me lo dice che non cambi idea? – gli lanciai un’occhiata invasiva.

- Se ti dico che da quando ti conosco meglio non ho più toccato nessuna ragazza può bastare? – disse. Mi sorprese: era stranamente serio. I suoi occhi non mentivano: era tutto vero. Sospirai, per poi aggrapparmi al suo collo e lasciare che mi distendesse sulle lenzuola. Si distese poi accanto a me e voltò la mia testa verso la parte opposta, per poi cominciare a ricoprire con un velo di baci la mandibola. Mi baciò l’angolo della bocca e mi voltò il viso verso di lui. Prese il mio collo tra le sue grandi mani e avvicinò il viso fino a scontrare il mio naso contro il suo. Scrutavo curiosa i suoi occhi azzurri. Si avvicinò ancora e mancava proprio poco alle bocca quando il campanello risuonò nella casa.

- Scusa – soffiò sulle mie labbra per poi distaccarsi completamente. Mi misi a sedere. Luke si alzò e mi tese la mano. La afferrai e mi alzai. Lasciai che mi guidasse fino alla porta per poi slegare la presa. Premette la maniglia e spalancò la porta. Immediatamente, Ash, Cal e Mikey entrarono dentro e scaricarono a terra gli zaini. Non ebbero nemmeno tempo di salutarci che suonarono nuovamente alla porta. Questa volta aprii io e ritrovai Rachel sulla soglia. Lei, a differenza mia, aveva scelto di coprire il costume con un abitino celeste senza spalline né troppo lungo né troppo corto. Ai piedi indossava ballerine in tinta con il vestito e aveva tirato il paio di occhiali da sole appena sopra la fronte in modo che le facesse da cerchietto ai capelli lisci color miele. Mi abbracciò e si gettò immediatamente addosso a Michael, che la strinse in un abbraccio sollevandola in aria. Era incredibile il modo in cui si volessero bene quei due. Non appena la rimise a terra, salutò cordialmente gli altri tre, scappandosi un leggero rossore alle guance non appena posò lo sguardo su Ashton. Lui la salutò con uno strano entusiasmo. Ashton?! Uhm, la cosa puzzava. Eccome se puzzava!

Luke andò a raccattare i panini che aveva preparato in cucina, e io ne approfittai per salire al piano superiore a recuperare la borsa. Non appena tornai di sotto, uscimmo fuori. Ci ritrovammo fuori con cinque automobili diverse e i quattro si radunarono a parte, mettendosi d’accordo sul viaggio. Rachel restò accanto a me, in attesa della fine del loro complotto. Si voltarono poi verso di noi.

- Michael e Calum vanno insieme, Rachel vai con Ash e tu vieni con me – annunciò Luke, puntandomi gli occhi addosso. Rach sembrò essersi persa in un campo di fiori non appena vide Ashton venire verso di lei. Questo le circondò il collo con un braccio e la guidò verso la propria automobile. Ok, oramai Rachel aveva tutto quello che desiderava. Mi avviai verso la Mini, dove Luke mi stava già attendendo. Aprii lo sportello e mi accomodai all’interno. Lo chiusi e mi allacciai la cintura. Mise in moto l’auto e partì.

- Vedo che la tua amica è felice – ridacchiò lui.

- Ah beh…Ashton? Non l’ho mai visto così raggiante! – difesi Rachel.

Rise silenziosamente, mantenendo lo sguardo sulla strada. Uhm…quel ragazzo la sapeva lunga, e io dovevo sapere ogni singola informazione. Qui si giocavano i sentimenti della mia migliore amica!

- Luke – lo chiamai.

- Cosa c’è? – mi chiese con un sorrisino sulle labbra.

- Tu sai qualcosa su Ashton che non mi vuoi dire…Avanti, sputa! – gli dissi con tono di sfida.

- Te lo può dire lui, non posso farti mica da piccione viaggiatore! – rise in tono ovvio.

Gli lanciai un’occhiata tagliente.

- Daaai – lo implorai.

- Ti ho detto di no! –

- Ti preeego – feci il labbruccio.

Mi ignorò completamente e parcheggiò l’auto. Dopo averla spenta, mi stampò un bacio sulla guancia.
- Siamo arrivati! – disse beffardo.
 
 
 
SPAZIO AUTRICE
Scusate per il mio mostruoso ritardo, ma la scuola mi ha tenuto impegnata!!! Spero che vi sia piaciuto!! Bye!!!
 
 

 



 

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Capitolo 13
*** Let's Play A Game ***


- CAPITOLO 12 -

LET’S PLAY A GAME

 

 
Uscimmo dalla Mini. Luke mi circondò le spalle con il braccio e mi guidò verso i suoi amici. Ashton e Rach comparirono dall’altro lato della strada, chiacchierando ad alto volume e ridendo come dei matti. Ash mi induceva troppi dubbi, era fin troppo disinvolto e gioioso con lei. Uhm, Ilary Jersey doveva entrare in azione al più presto. Mi venne però un dubbio: come sarebbe stata quella fantomatica spiaggia dove dovevamo andare? A pagamento? Privata? Una di quelle spiagge libere sporche e affollate? Il solo pensiero di quest’ultima mi fece rabbrividire. Avevo sempre odiato le spiagge libere, fin da piccola: le ritenevo troppo caotiche, non potevi spostare un piede da dov’eri che già dovevi fare attenzione a non calpestare la faccia di qualche bagnante alle prese con l’abbronzatura che magari era persino caduto tra le braccia di Morfeo. Per non parlare di quelle donne di mezza età che si piantavano l’ombrellone in uno spiazzo dove ci potevano stare tranquillamente tre persone, si sedevano sulla sdraio e cominciavano a giocare ai cruciverba. Guai a te se mettevi un solo piede sotto il Loro ombrellone. Quelle tipe nevrotiche che sembrava fossero ignare di ciò che stesse accadendo tutt’attorno a loro, ma che in realtà avevano la vista a raggi X e potevano quasi udire gli ultrasuoni come i cani. Non rammentavo però che quando andavo in posti come quelli la Dea Bendata restava fuori, lasciandomi sola soletta con la sfiga. Una volta, a 15 anni, avevo deciso di trascorrere un pomeriggio in spiaggia con Rachel e mia cugina Jessica. Jessica viveva sul lungomare e avevamo lasciato a lei la scelta del luogo. Non appena avevo visto quella viscida spiaggia libera con il tratto di mare affollato davanti a miei occhi, ero rimasta demoralizzata. Avevo deciso allora di restare a prendere il sole. Mi ero stesa così sul plaid appoggiato sulla sabbia. Non erano passati nemmeno 5 minuti che una paletta di plastica mi aveva già colpito la fronte in pieno. Immediatamente, un bambinetto di 4 anni era venuto a recuperarla e la mamma era venuta a porgermi le proprie scuse da titolo di coda. Per giunta, mi si era formato un enorme bernoccolo che Luke e Calum avevano cominciato a deridere non appena lo avevano notato a scuola. Cretini.

- Luke – chiamai il biondo, tornando alla realtà.  

- Mmm? -

- Non andremo mica in spiaggia libera? – chiesi titubante. Sogghignò tra sé e sé.

- No, andremo nel tratto di costa che hanno regalato a Michael per il suo diciottesimo compleanno. La sabbia è pulita, c’è il campo da beach volley e ci siamo solo noi – rispose.

Tirai un sospiro di sollievo.

- Perché? Hai paura di ricevere un’altra paletta in fronte? – rise.

Gli feci una smorfia. Arrivammo al cancelletto della spiaggetta. Michael tirò fuori le chiavi e lo aprì, per poi richiuderlo quando entrammo tutti all’interno. In effetti, era come l’aveva descritta Luke. La sabbia era pulitissima, non c’erano segni di mozziconi o altre porchiere, e il mare era limpido e cristallino. Era delimitata da scogli, con qualche gabbiano appollaiato sulla roccia. Verso la sinistra, un po’ più appartata, si ergeva una rete per beach volley, con il campo delimitato da nastri blu. L’intera spiaggia sarà stata larga una trentina di metri. La dolce brezza dell’oceano mi scompigliava i capelli. Io e Rachel ci cambiammo le scarpe, infilandoci le infradito. Camminammo poi fino agli scogli sulla destra, stendemmo i plaid e ci sedemmo comodamente. Gli altri quattro, senza curarsi nemmeno di fare ciò, si sfilarono le magliette e gli occhiali da sole e posarono il tutto sulla roccia. Si chinarono poi sugli zaini che avevano gettato accanto a noi e frugarono alla ricerca della crema solare, senza il minimo pudore che potessimo avere gli occhi su di loro, e se la spalmarono con una velocità fulminea. Dopodiché, cominciarono a correre e si tuffarono nell’acqua fresca. Approfittammo del momento in cui avevano gli occhi altrove per sfilare i vestiti. Dopodiché cominciammo a spalmare la crema, per poi farcelo a vicenda sulla schiena.

- Come va con Luke? Vi ho visto molto più intimi... – mi chiese Rachel curiosa mentre massaggiava sulle mie spalle.

- Uhm…bene – risposi tranquilla, tenendo i capelli in alto in modo che la crema non li assalisse.

- Mmm, non mi soddisfi con un “bene”, sai? – continuò ghignando. Risi.

Lasciai i capelli non appena finì di spalmare e ci voltammo a vicenda. Spruzzai un po’ di crema sulle dita e la applicai sulla sua schiena.

- Ma siete già usciti insieme? – rise.

- Mmm…come uscita intendi una scappatoia per andare ad ordinare una pizza? – ghignai.

- No…ad esempio, una cenetta romantica? – disse.

- No! – sbottai imbarazzata, ritraendo le mani dalla sua pelle.
 
Rach si voltò verso di me. Scoppiammo in una fragorosa risata. Ci riprendemmo quasi subito, notando gli sguardi curiosi dei ragazzi. Ritornai a massaggiarle la pelle.

- Comunque credo che gli piaci tanto tanto – mi disse tranquilla.

- Perché?!! – ritrassi nuovamente le dita.

- Ma come?!! Non lo hai ancora notato?!! Ti tratta come se fossi una principessa! – rise.

- A me invece sembra che Ashton ti stia trattando come una reginetta! – ghignai.

- Va beh, allora siamo pari! – ammise lei continuando a ridere.
 
Finii di applicarle la crema e richiusi il tubetto. Un attimo dopo, Ashton venne a prendersi la mia migliore amica e se la portò in acqua. Mi sedetti tranquilla e cominciai a guardarli assieme: sì, Ash era ufficialmente la persona su cui indagare. Cavolo, se la mangiava con gli occhi! Come poteva non essere un tipo sospetto?! Mi voltai e vidi Luke che se stava tranquillamente in piedi sul bagnoasciuga, con la testa rivolta verso Calum e Michael. La muscolatura era piuttosto pronunciata e la pelle bagnata lievemente abbronzata risplendeva ai raggi del sole. Si portò il ciuffo bagnato all’indietro, mentre ridacchiava per qualche battuta di Cal. Stavo ringraziando il cielo per la fortuna che mi stava donando in quel momento: quasi quasi spalancavo la bocca talmente era bello, e se lo avesse notato lui mi avrebbe preso in giro in un modo assurdo. Ma ovviamente era tutto fin troppo tranquillo per essere una giornata con amici. Luke si voltò e notò la mia espressione estasiata. Rivolsi immediatamente lo sguardo verso gli scogli, nascondendo il viso arrossito tra le ginocchia. Si diresse verso di me, con il suo sorrisetto malizioso stampato sulle labbra. Si gettò dietro a me e cominciò a solleticarmi la pancia, obbligandomi ad appoggiare la testa sulla sua spalla. Il contatto con la sua pelle bagnata mi fece rabbrividire.

- Vedo che ti piace ciò che vedi – disse malizioso, strofinando la punta del naso contro la mia.

- Non è vero – sibilai arrossendo ancora di più.

- Io invece credo di sì – rise.

- No!! – risposi.

- E allora perché sei arrossita? – mi chiese giocoso.

- Perché fa caldo!! – mentii. Ok, stavo diventando un bollitore.

- Mmm…non credo, sai? – mi accarezzò la guancia. Sospirai, e mi concentrai sulla sua mano appoggiata sul mio ventre. Avvicinai piano piano la mia e cominciai a stuzzicare le sue dita. Luke però fece che alzarsi e tendermi la mani.

- Su, dai! Non hai voglia di un tuffo? – mi chiese.

Sfilai le infradito e gli occhiali da sole e accettai la sua mano. Mi aiutò ad alzarmi e cominciammo a camminare. La sabbia era calda, si infilava tra le dita dei piedi, il venticello fresco. Continuava a tenere gli occhi sull’acqua limpida e procedeva lento, non aveva alcuna fretta. Quando arrivammo sul bagnoasciuga, potei percepire la temperatura dell’acqua sulla pelle dei piedi. Era freddina, ma con il caldo che alleggiava ci voleva proprio.


 
Luke
Era quasi tentato da prenderla e farla entrare in acqua con tranquillità, ma non mi diede nemmeno il tempo di aprire bocca. Ilary lasciò la mia mano e si tuffò in acqua senza curarsi se qualcuno fosse stato sotto di lei. Ricevetti addosso i diversi spruzzi che provocò, ma fu come non me ne fossi accorto. Ero troppo attratto dal suo corpo sinuoso, tonico e perfetto e dai suoi capelli spumeggianti.

- Che c’è? Te ne vuoi stare a fare il tonto lì fuori o entri dentro? – mi chiese stupita, riportandomi alla realtà.

Mi tuffai e mi rimasi immerso per qualche secondo. Non sapevo che stessero programmando di fare, ma il vedere che tutti si erano messi a sgambettare verso un punto qualsiasi davanti a me mi insospettì. Riemersi cauto. Non appena videro che avevo la testa ben fuori, Michael e Calum si avventarono su di me e mi gettarono giocosamente verso il fondale. Mi dimenai nella stretta salda di Mikey, e non appena mi lasciò, uscii correndo dall’acqua, accompagnato dalle risate dei miei amici. Ripresi fiato sorridendo e notai Ilary sul bagnoasciuga a pochi metri da me, seduta tranquilla mentre le onde le bagnavano dolcemente le gambe e parte del ventre. Non appena pose i suoi grandi meravigliosi occhi celesti su di me, venni percosso da una strana sensazione. Come se una folgore mi avesse appena colpito. Un ghigno spuntò sulle sue labbra. Non capii quella sua reazione finché Ashton non mi cinse con le braccia il busto, mi trascinò con forza in acqua e mi fece immergere di schiena con lui. Tutta un’imboscata, ecco. Quando ritornai fuori, Ash avrebbe potuto morire soffocato dalle risate, come del resto tutti quanti. Mi unii a loro. Posai lo sguardo su Jersey e scossi la testa divertito. Lei semplicemente mi fece una smorfia e si alzò, per poi camminare nella spiaggia asciutta.
 
 


SPAZIO AUTRICE
Holaa!!
Volevo solo avvisarvi che d’ora in poi pubblicherò un po’ meno frequentemente rispetto ai primi capitoli!!! Ringrazio tantissimo chi sta seguendo la storia!!!
Au revoir!!!


 

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Capitolo 14
*** Fear ***


- CAPITOLO 13 -
 
 
FEAR


 
 
- Luke, alzati! – gridai per l’ennesima volta.
Sapevo benissimo che la giornata prima era stata piuttosto stancante e non potevo rammentare che anche io avessi faticato ad uscire dal letto, ma la sua sveglia aveva suonato da più di 5 minuti e continuando così stava solo perdendo un sacco di tempo prezioso per prepararsi. Lui se ne stava lì, agganciato al cuscino, e aveva già grugnito parecchie volte con disprezzo ai miei vani tentativi di spronarlo a lasciare quel materasso che tanto adorava. Era sveglio, ma gli mancava la forza di volontà. Così provai con le moine che mi diceva mia madre quando, ai tempi delle elementari, mi trovavo in quella situazione. Potevano risultarsi banali ricatti o promesse, ma valeva la pena tentare.

- Senti, c’è un grazioso, succulento, formidabile, squisito, stupefacente barattolo di Nutella pieno fino all’orlo sul tavolo in cucina che ti aspetta – cantilenai, accentuando i numerosi aggettivi che stavo attribuendo alla crema di cioccolato che tanto amavo. Mamma mia, ero così tentata che quasi quasi correvo di sotto a mangiarmela tutta. Altro che darla a lui!

- Buona ma…ci vuole di più per farmi alzare… - sogghignò con voce roca. Si rivoltò nelle lenzuola verso di me. Sbuffai: uhm, chissà a che compromessi dovevo andare per farlo alzare.

- Mmm…ti compro la cover per il cellulare –

- Interessante, ma non ci siamo –

- Le scarpe! –

- No –

- La chitarra nuova! –

- Ti ricordo che ho tre chitarre diverse –

Sì, che banalità. Non volevo assolutamente intezione di andare oltre, mi sarei pentita. Luke non aveva però intezione di arrendersi. Tirai il ciuffo di capelli fastidioso indietro e sospirai.

- Ti concedo un…appuntamento…serio…per sabato – dissi sconfitta con voce tremante. Non sapevo nemmeno da dove avessi trovato il coraggio di mettermi così in gioco.

Aprì gli occhi e mi osservò da capo a piedi con un sorrisino vittorioso. Poi si disfò delle lenzuola gettandole al fondo del letto e si alzò, noncurante del fatto che avesse solo i boxer addosso e che io avessi gli occhi costantemente su di lui. Ah, istinti femminili del cavolo! Mi si avvicinò e con fare delicato mi portò contro di lui in un abbraccio affettuoso. Mi irrigidii in un modo incredibile: non avevo la minima idea di come appoggiarmi a lui. Non gli passò inosservato, tanto che rise debolmente. Mi prese poi le mani e me le fece appoggiare sul petto. Esitai, ritraendo le dita immediatamente.

- Non avere paura – mi sussurrò dolcemente.

Mi riprese nuovamente le mani e le poggiò sulle sue spalle, per poi spingere con delicatezza la mia testa affinchè il naso si ritrovasse nell’incavo del collo e della scapola. Mise poi una mano sulla mia schiena, mentre con l’altra portò verso sinistra la treccia che mi ero fatta, facendo rimanere parte del collo completamente scoperta. Portò il viso verso essa, per poi cominciare a sfiorare con le labbra la pelle. Non appena le appoggiò, chiusi gli occhi e sospirai. Il mio cuore era quasi sul punto di scoppiare. Si staccò dopo qualche secondo e si allontanò.

- Tu vai sotto, non ci metterò molto – mi disse, per dirigersi verso il proprio armadio a muro.

Annuii e lasciai la camera. Scesi le scale e mi gettai sulla prima sedia libera che trovai davanti al tavolo su cui avevo preparato la colazione. Cominciai a tastare incredula il punto in cui mi aveva baciato. Ok, ero confusa. Non avevo la minima idea per cui non lo avevo fermato, per cui mi ero lasciata toccare, per cui lo stavo continuando a guardare come se lo avessi voluto stuprare da un momento all’altro. Ero nuovamente entrata in uno stress mentale. La fazione Peace and Love era di nuovo con me. Sentii il rumore di una bomboletta spray e dei passi avvicinarsi. Cercai di ricompormi, tentando di oscurargli la mia agitazione. Arrivò qualche minuto dopo e si sedette davanti a me. Mi sorrise debolmente e afferrò una fetta di pane, per poi prendere il barattolo di Nutella e aprirlo. Afferrò un coltello e lo affondò nella crema, per poi farlo rinvenire fuori impregnato di cioccolata spalmabile. La spalmò su tutta la superficie della fetta. Passò poi il barattolo a me. Feci le stesse identiche cose, per poi richiudere la Nutella e addentare la mia fetta con avidità. Quando adoravo il sapore di quella crema! Dopodiché, ci versammo entrambi del succo d’arancia nel bicchiere e lo bevemmo. Sparecchiai velocemente. Andammo in salotto e prendemmo gli zaini, per poi uscire. Luke mi afferrò la mano e mi restò accanto per tutto il tragitto, anche quando Calum si unì a noi. Ridevamo e scherzavamo. Quando arrivammo in cortile e mi appoggiai al muretto dove solitamente si appoggiavano loro, non mi stupii del fatto che, dall’altra parte, stessero arrivando Ash e Rach vicini vicini. Anzi, sembravano due caramelle zuccherose. Sorrisi divertita. A proposito, dov’era andata la banda di tinte che solitamente stava in compagnia di Luke e compagnia? Ve lo dico io, erano dall’altra parte della piazza, a spifferarsi qualche pettegolezzo l’un l’altra, lanciandoci spesso qualche occhiata invasiva. Feci una smorfia non appena vidi la Filler rivolta verso di me. Quella ragazza mi faceva veramente vomitare: forse era quella che, tra tutte, faceva solo quello nel tempo libero.

Entrammo dentro alla campanella e ci persimo nei corridoi. Luke e Calum si erano messo ai miei lati, come per creare una sorta di barriera. Accanto a loro parevo una nanetta, ma almeno mi sentivo al sicuro. La grande mano calda di Luke non aveva ancora smesso di stringere la mia esile manina. Mi accorsi però che tutti coloro ai lati dei corridoi che percorrevamo avevano gli occhi puntati su quella stretta di mano così protettiva, quasi possessiva. I ragazzi, oltretutto, lanciavano occhiate squallide al biondo, che per risposta rispondeva con sguardi taglienti. Talvolta si passava la mano nella cresta bionda che spuntava dal cappuccio nero, e comunicava in labiale con Calum. Proprio sull’angolo dell’ultima scala che dovevamo percorrere, spuntò un mio vecchio amico, che non sentivo da tempo, quasi avevo dimenticato persino cosa facevo quando ancora lo frequentavo con la sua banda di amici ai tempi delle medie. Si chiamava Louis, e aveva pressappoco un annetto in più di noi tre. Era di origini inglesi, più basso di Luke e Cal di qualche centimetro. Aveva i capelli castani, tenuti in alto con una cresta spettinata, e gli occhi azzurro ghiaccio chiarissimi. Era molto cambiato rispetto a come me lo ricordavo. L’ultima volta che lo avevo incontrato era ancora un ragazzino di 14 anni, con un ciuffo che gli ricopriva la fronte, dall’aria un po’ maldestra. Adesso non potevo assolutamente criticare il modo in cui era cresciuto: il portamento era molto disinvolto, fiero, a testa alta, pareva non avesse paura di incontrare gli occhi di Luke e di Calum, e le braccia erano forti, delineate da muscoli allenati, con qualche tatuaggio impresso nella pelle. Da cosa avevo sentito dire, era entrato in una delle innumerevoli squadre di calcio di Sidney. Se per questo, però, Luke era anche nella sua stessa posizione. Non appena mi vide con loro, l’espressione rilassata che aveva sul volto quando scendeva dal pianerottolo divenne seria. Mi guardò per mezzo secondo, per poi passare a Calum e infine a Luke. Questo rispose con uno sguardo fulminante, tagliente, che seguì il volto di Louis finché non scomparì dietro di noi. Comunicò nuovamente in labiale con Cal.

Le prime due lezioni mi parvero interminabili. D’altronde erano due ore di matematica consecutive, questo era l’effetto che mi provocavano. Finalmente la campanella dell’intervallo risuonò nel corridoio e potemmo finalmente uscire fuori. Mi avviai con Luke e Cal fino al cortile interno alla scuola, quando però mi ritrovai Louis davanti a me. Mi chiese se potevamo scambiarci quattro chiacchiere. Io non avevo problemi, ma Luke non pareva entusiasta. Voltai il volto verso di lui, e mi ritrovai faccia a faccia con il suo sguardo irritato. Si rilassò non appena incrociò il mio sguardo e annuì titubante. Avvicinò il viso al mio.

- Se hai bisogno di aiuto, ricordati di chiamarmi – sussurrò al mio orecchio, in modo che Louis non lo sentisse. Gli afferrai delicatamente la mano per rassicurarlo.

Seguii Louis. Mi portò in un angolo ombroso del cortile, mentre Cal portava Luke dalla parte opposta. Sapevo che ci osservavano, quindi non avevo nulla da temere. Si voltò poi verso di me.

- Uhm…Vedo che frequenti Hemmings e compagnia – cominciò, con il tuo tono di voce chiaro, cristallino, osservando un punto indefinito alle mie spalle.

- Sì, c’è qualche problema? – chiesi.

- Tu sai bene quello che fanno tutti loro tranno Ash: le ragazze sono come giocattoli nella loro mente… - continuò calmo, pacato, quasi dissuadente.

- Non è vero  –

- Come? Non facevano ciò all’incirca qualche settimana fa? – rise. Si infilò le mani nelle tasche dei jeans.

Mi voltai e posi lo sguardo su di loro: Mikey, Ash, Cal e Rachel mi osservavano seduti sul muretto, mentre Luke era più avanti, che camminava avanti e indietro mantenendo lo sguardo su Louis. Non appena vide che mi ero girata, si fermò, pronto a balzare. Gli feci però segno con la mano di tranquillizzarsi e si rimise a camminare, questa volta con lo sguardo più vigile. Mi voltai nuovamente verso Louis.

- Ti stanno usando, Ilary – mi disse.

- Non è vero, Louis – ribadii seria.

- Lui ti sta usando – continuò ignorando completamente il mio intervento. Sgranai gli occhi.

- Come può Luke usarmi se non siamo nemmeno usciti insieme seriamente? – risi scettica.

Louis mi prese di scatto i polsi e mi portò a sé violentemente. Cercai di divincolarmi nella sua stretta, ma ero troppo debole per lui. Avvicinò il viso al mio orecchio.

- Lo farà e tu, comunque, meriti di meglio – sussurrò malizioso. Mi divincolai nuovamente.


 
Luke
Non appena avevo visto quel bastardo afferrarle i polsi, fui accecato dall’ira. Camminai svelto verso di loro. I miei amici erano dietro di me, persino Rachel. Non appena fui abbastanza vicino, spinsi Tomlinson via da Ilary, che fu accolta tra le braccia di Rach e Ash.

- Cosa cavolo le volevi fare? – ringhiai.

Mi fissò con quel suo sguardo impertinente e mi si avvicinò a testa alta.
- Amico, lei non merita di essere usata – rise. Ah, che nervoso!

- Stai dicendo tutte cazzate – ribadii furioso.

- Oh, davvero? E allora che cos’hai fatto con tutte le altre ragazze che hai frequentato? – ghignò.

Strinsi i pugni. – Beh? Io adesso non le sto facendo nulla e non voglio assolutamente che ciò accada! – gridai.

Mi studiò con quegli occhi freddi. Mannaggia, la tentazione di tirargli uno schiaffo era così forte che stentavo a trattenermi. Posai gli occhi su Ilary: lei mi guardò, con quei suoi meravigliosi occhi azzurro caldo, e mi rilassò completamente. Riguardai nuovamente Tomlinson.

- Stai lontano da lei, Tomlinson – ringhiai.

- Oh, se sarà possibile – rise lui.

Gli lanciai un’ultima occhiata aggressiva per poi prendere la mano di Ilary e andarcene via tutti quanti. Quando arrivammo dall’altra parte del cortile, lei mi si gettò al collo.

- Grazie – sussurrò.

Le accarezzai la treccia.

- Di niente –


 
SPAZIO AUTRICE
Eccomi qua, con un po’ di ritardo, ma ce l’ho fatta! Spero vi sia piaciuto!!
Vi lascio con Louis *.*
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** Sweetness ***



- CAPITOLO 14 -

SWEETNESS


 

 
Sapevo che Luke era ancora arrabbiato con Tomlinson, lo si vedeva dalla fronte che teneva corrugata. Stringeva i pugni leggermente e si muoveva irrequieto sul posto. Nonostante fosse passata già qualche ora e fossimo già tornati a casa, era ancora un po’ preso dall’ira. Forse era stata quella sua ultima frase così accattivante a renderlo così vulnerabile. Mi pareva ancora strano il modo in cui ci tenesse così tanto a me, ancora più strano il modo in cui aveva reagito quando Louis mi aveva afferrato i polsi. Mi aveva letteralmente stravolta in quei pochi minuti, mi aveva portato una folata di domande che continuavo a pormi senza darmi una risposta. Mentre mi pettinavo i capelli davanti allo specchio e lui continuava ad osservarmi attentamente, il cuore tamburellava forte nel mio petto senza sosta. Anche quello per me era un mistero. Luke aveva cominciato a farmi uno strano effetto, e non mi era passato inosservato. Quando gli avevo promesso che mi avrebbe portata a danza lui per rasserenarlo almeno un pochettino, ero stata percorsa da una strana sensazione positiva. Una strana gioia, felicità, che solitamente non avrei provato nei suoi confronti. Come se fossi stata felice al pensiero che lui mi avrebbe portato fino alla palestra quando avrei potuto tranquillamente guidare io. Quando mi sfiorava, poi, sentivo dei brividi sinistri percorrermi tutta la schiena e quando avvicinava il viso al mio mi sentivo chiudere lo stomaco. Esattamente come si raccontava in quelle fan-fiction che leggevo ancora, nonostante la mia età superata per quel tipo di cose. Le trovavo incredibilmente interessanti, ma adesso che ci pensavo, quando una ragazza sentiva quello che provavo io in quelle storie era per il 99.999 % delle volte innamorata pazza del ragazzo. Quella piccola verità non era assolutamente dal mio punto di vista vantaggiosa, perché ciò poteva significare che…No, no, no, non era possibile! Potevo essere quel 0.001 % che non provava alcun sentimento con un briciolo di fortuna.

Infilai l’ultima forcina nello chignon e mi misi addosso la tracolla che avevo gettato ai miei piedi. Mi voltai poi verso di lui, e sorrisi debolmente. Ricambiò con un sorriso nervoso, ma piuttosto rilassato. Mi avvicinai a lui e gli afferrai la grande mano calda. Mi divertiva la mia incapacità di stringergliela completamente. La mia mano era troppo piccola rispetto alla sua.

- Ti sei tranquillizzato almeno…un pochettino? – gli chiesi, piantando i miei occhi in quel mare profondo, cristallino dei suoi occhi. Ecco, anche il trovare i suoi occhi meravigliosi era un problema ancora irrisolto.
Annuì, abbozzando un sorriso. Mi prese poi per le spalle e fece che appoggiassi la schiena al muro. Appoggiò la fronte alla mia e avvicinò il viso lentamente, fino a far sfiorare le labbra sulle mie. Il mio povero cuore stava scoppiando. Teneva gli occhi impiatati nei miei, senza però muoversi di un centimetro. Posai le mani sul suo collo. Luke teneva stretti i miei fianchi, come se avesse avuto paura che gli sfuggissi. Si concentrò con lo sguardo poi sulle labbra e pose fine alla distanza premendo su di esse. Lo stomaco si richiuse, il mio cuore stava per scoppiare. Il piercing continuava a solleticarmi il labbro inferiore, ma come sensazione mi piaceva. Si distaccò.

- Adesso però sono ancora più tranquillo – soffiò sulle mie labbra sfoggiando un sorrisino. Risi debolmente scuotendo la testa.

Dopo essersi allontanato, mi tese la mano. La afferrai e lo seguii fino al di fuori della casa. Ci avviammo verso la Mini Cooper, per poi entrarvi all’interno. Luke mise in moto la macchina ed entrò nella carreggiata. Rimanemmo in silenzio per tutto il tempo, anche se continuavo a fissarlo senza avere un motivo preciso. Non necessitava indicazioni, nel nostro quartiere c’era un’unica scuola di danza classica da tempo, che tutti oramai conoscevano. Era anche tra le più brillanti di Sidney: per entrarvi, avevo dovuto sottopormi ad un provino a 13 anni, che fortunatamente avevo passato con eccellenza. Mi ero innamorata di quell’arte quando, a 5 anni, avevo visto alla tv una diretta da un celebre teatro di Vienna, dove veniva esibito “Lo Schiaccianoci”. Quel giorno, decisi che la danza mi avrebbe accompagnato per sempre.

Non appena sfociammo nella via dell’accademia, Luke mi chiese l’ora a cui mi sarebbe dovuto venire a recapitare.

- Tra due ore, alle 5 – risposi tranquilla.

Annuì con la testa e accostò al marciapiede. Alcune ragazze più giovani che aspettavano lì fuori l’inizio dei loro corsi non ci misero niente a notarlo alla guida. Erano già tutte lì a ridere come galline e continuare a sporgersi verso la sua direzione.

- Oh guarda, ti hanno già notato tutte – sbuffai.

Alzò lo sguardo verso il piccolo spiazzo e diede una breve occhiata alle ragazzine. Sorrise. Le ragazze continuavano a sporgersi ridendo e a sistemarsi meglio che potevano per farsi notare. Sbuffai rumorosamente. Luke si voltò verso di me, ridendo. Lo trafissi con lo sguardo. Lui fece che circondarmi con le braccia e farmi sporgere un po’ verso il suo sedile. Cercai di ritrarmi e portai lo sguardo dalla parte opposta del suo viso.

- Ilary – mi chiamò.

Non risposi. Continuai a fissare il finestrino.

- Ilary –

Niente. Cercai di opporre resistenza alla stretta delle braccia, ma per risposta fece che portarmi a contatto con il suo petto. Appoggiò poi le dita sulla guancia verso il sedile e mi fece voltare la testa verso il suo viso.

- Gelosona – mi disse, lasciandomi un bacio a stampo.

Sorrisi debolmente, per poi lasciarmi abbracciare. Chiusi gli occhi non appena premette lievemente le labbra sulla mia fronte. Ci allontanammo e mi porsi verso la maniglia. Luke mi seguì e mi baciò la guancia.

- Ciao – disse tutto allegro.

Feci lo stesso e aprii la portiera. Uscii e la richiusi alle mie spalle.


 
Luke
Mi diressi a casa. Non avevo nulla per la mente, visto che non avevo nessun impegno. Al solito, avrei passato il pomeriggio ad ascoltare i Green Day o i blink-182, mentre provavo qualche accordo, o a messaggiare con la band. O ancora a giochicchiare con la PlayStation, visto che avevo finito i compiti. In fondo, la vita del mio gruppo non era poi così difficile e spericolata come molti credevano. Si vociferava di tutto a scuola sul nostro conto: c’era chi diceva che bazzicavamo pub e discoteche tutte le sere, chi invece credeva che ci facevamo ragazze tutti i santissimi giorni, altri erano convinti che fumassimo droga e ci ubriacassimo ogni momento ne avessimo avuto la tranquillità. Forse non ci conoscevano nemmeno, quelli che mandavano in giro quelle voci così inquietanti anche per noi. Tanto per dire, la banda della Grappy, che conoscevamo a malapena nonostante il lungo periodo in cui l’avevamo frequentata,  in quei giorni non faceva altro che crearsi pettegolezzi su di me e Ilary. Solo il giorno prima, Michael aveva già sentito in giro che alcune sue amiche stavano spudoratamente smentendo la voce che fossi già andato a letto con Jersey. Oltretutto, chi avrebbe mai creduto ad una scemata del genere? D’accordo, io potevo essere capace di fare qualsiasi cosa, ma Ilary non era quel tipo di persona. Tutti sapevano che era una tipetta decisa, determinata, non sarebbe stato da lei lasciare che il mio spirito pervertito le desse testa. A malapena riuscivo a darle un bacio e a tenerla per mano, figuriamoci altro! No, in quel momento non me l’avrebbe mai permesso ed ero pienamente d’accordo con lei. Dopotutto, non era poi così divertente. Stavo tanto bene con lei così, che cosa dovevo ancora fare?

Eravamo poi astemi a tutto, noi. Persino Ashton e Mikey, che in teoria legalmente potevano alcolizzarsi e fumare, preferivano vivere la loro vita senza sperperare soldi in quel tipo di cose. E nemmeno Calum, che a giorni sarebbe diventato maggiorenne, non era intenzionato a ciò. Se per questo, neanche io. Ad esempio, però, la compagnia di Tomlinson beveva litri e litri di birra, dato che nessuno poteva impedire loro di farlo. Abitavano in un appartamentino a pochi isolati dalla scuola di danza di Ilary, completamente da soli. E da cosa mi era arrivato all’orecchio, il tipo dalla pelle ambrata, Zayn, fumava sigarette. Loro erano completamente diversi da noi: avevano altri interessi, altri svaghi, anche se tre di loro sapevano come suonare degli strumenti. Tra questi, c’era Lui, Tomlinson, quella faccia da schiaffi, dall’apparente aria di un angioletto, quando però invece stava più o meno prendendo la strada che fino a settimane fa percorrevo anch’io, forse lui persino più violentemente. Solo il minimo pensiero della sua immagine che si portava Ilary a sé mi faceva ancora prudere le mani. E se stava diventando com’ero stato io per anni, mi pareva chiaro che volesse strapparmi via lei, la persona a cui più tenevo, per farsi notare. Anzi, era parso chiaro a tutti. Rubare la ragazza a Luke Hemmings…Che titolo da prima pagina! Mi morsi lievemente il labbro. Evidentemente non ero così forte come pensavo, se solo un tiro mancino di quel tipo mi aveva già quasi steso a terra.

Sfociai nella stradina di casa e notai da lontano tre ragazzi seduti sugli scalini davanti alla porta, dall’aria di chi aspetta qualcuno da tempo. Molto tempo. Accellerai e parcheggiai davanti al garage. Uscii e mi ritrovai Cal, Mikey e Ash che si sbracciavano tutti contenti per il mio arrivo.

- Alleluja! – gridò Michael.

- Evviva! – schiamazzò Calum alzandosi dallo scalino su cui era seduto.

- Sei vivo! – finì Ashton.

Li osservai con uno sguardo interrogativo. Insomma, che ci facevano davanti a casa mia? Solo in quel momento, notai che Ash aveva la bandana rossa tra i capelli ricci e Michael e Calum avevano posato le federe delle chitarre sugli scalini. Tutto come se avessimo avuto in programma di provare qualche cover. Però non c’era nessuna prova quel giorno?!! O mi sbagliavo di grosso?!

- Ma come? Non ti ricordi? – mi chiese stupito Mikey, battendo le mani sui fianchi.

- Abbiamo combinato ieri alla spiaggia le prove per oggi! – continuò Calum.

Battei la mano sulla fronte. In tutto quello che era successo in quelle ultime ore, me n’ero completamente dimenticato.

- E’ veeero – risi imbarazzato. Scoppiarono in una fragorosa risata.

- Da quanto siete qui che aspettate? – chiesi.

- Ehm….15 minuti… - sorrise debolmente Ash. Cavolo, ce ne avevo messo di tempo per tornare!

- Mi dispiace, ho avuto un impegno e… -

- Ehi, ma se non c’era nessuno in casa…dov’è Ilary? – chiese Cal.

- Ehm, il fatto è che… - cominciai.

Mi guardarono tutti con degli sguardi maliziosi. Michael alzava persino le sopracciglia. Mi stavo sentendo terribilmente in imbarazzo.

- L’hai accompagnata da qualche parte – disse Calum, ridendo.

Annuii, arrossendo. Scoppiarono tutti a ridere.

- Ilary, je t’adore… - canticchiò Michael, circondandomi il collo con il braccio.

Lo fulminai con lo sguardo. Gli altri risero ancora più forte.
 
 
 




SPAZIO AUTRICE
Eccomi di nuovo qui!!!! Sono riuscita ad aggiornare!!!  |Evviva!!!!!|
Sono molto contenta che questa storia vi piaccia! Ringrazio tutte per il vostro sostegno!
Au revoir!!!
 
 

 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 16
*** Getting Ready ***


- CAPITOLO 15 -

GETTING READY



 
 
La settimana passò velocemente. Louis Tomlinson non si era più fatto vivo ma, nonostante questo, Luke continuava a tenermi bella stretta a lui. Aveva quasi giurato di vedere la sua combriccola mantenere lo sguardo costantemente su di noi in qualsiasi momento ne avesse avuto la possibilità e ciò lo preoccupava, fin troppo. Non mi aveva mai spiegato perché fosse diventato così protettivo nei miei confronti, ma a me poco importava: sapevo che di lui potevo fidarmi, dato che mi avrebbe dovuta vedere gironzolare in casa sua e attorno a lui per 7 mesi.

Sabato arrivò. Luke mi aveva invitato ad un “appuntamento serio” e non mi aveva nemmeno accennato dove mi volesse portare di preciso. L’unica cosa che mi aveva detto era stato quel consiglio di vestirmi decentemente, nulla di più. In un certo senso morivo dalla curiosità, in un altro, invece, avevo paura. Non ero mai stata in grado di abbinare lustrini e robette fin troppo femminili alla mia immagine, anche se ne avevo a palate nell’armadio. Non volevo certo presentarmi nella mia solita t-shirt e in pantaloncini, ma neanche con qualche abbinamento orribile indosso. Ero in un totale caos mentale. Ma, fortunatamente, la mia migliore amica era Rachel Hudson, e non appena ebbe capito quanto aiuto avessi bisogno in quell’ambito che lei aveva sempre adorato, non aveva esitato un momento che mi aveva invitata a casa sua qualche ora prima dell’appuntamento.

E così, eccomi lì, davanti alla porta della villetta degli Hudson, che premevo il campanello. Rach arrivò quasi subito e, non appena mi vide sull’uscio, mi trascinò direttamente in camera sua e aprì le ante dell’enorme armadio a muro. Io stavo a guardarla seduta sul letto, e osservavo con attenzione qualsiasi abitino vedessi ricadere sul materasso accanto a me. Cercava con entusiasmo in quell’insieme di vestitini e gonne così immenso: ogni volta che trovava qualcosa che fosse di suo interesse, lo rimuoveva dall’appendino e lo scrutava ben bene nel dettaglio ma, nella maggior parte dei casi, questo finiva gettato accanto a me, inutilizzato, e lei tornava nella sua divertente ricerca. Non sapevo da dove estraesse tutta quella felicità.

- Oh! Finalmente! – esultò dopo un po’ e si voltò verso di me.

Aveva in mano un grazioso abitino dal corpetto nero senza spalline rivestito di paliettes e una candida gonna né troppo corta né troppo lunga di un rosa tenue. Me lo porse e mi disse di indossarlo. Lo feci e quando lo ebbi indosso, mi portò davanti allo specchio. Era semplicemente divino: il corpetto mi definiva minuziosamente il seno e il torace, mentre la gonna mi ammorbidiva i fianchi e accarezzava leggermente le cosce. Rachel era senza parole.

- Sei bellissima – mi disse avvicinandosi allo specchio.

Le sorrisi. Lei si voltò, aprì l’anta sinistra dell’armadio e si chinò ad afferrare qualcosa, per poi rinvenirne fuori e richiuderlo. Nella mano sinistra teneva un paio di tacchi a spillo, di vernice nera, con un piccolo fiocchettino sulla punta. Il sorriso scomparve dal mio viso, per mutarsi in un broncio. Quanto odiavo portare i tacchi: le scarpe forse più scomode del mondo! E per lo più, quelli erano a spillo! Rach li posò davanti a me.

- Forza! Mettili e cammina un po’ per il corridoio, in modo da abituarti – mi incitò. Sbuffai.

- Lo sai bene che non li indosserei mai – glie lo ricordai.

- Stiamo parlando di un appuntamento con Luke Hemmings, non di un semplice appuntamento con un ragazzo qualunque, quindi…indossali! – ribatté lanciandomi un’occhiata tagliente.

Sbuffai nuovamente a quell’affermazione e, mettendomi coraggio, li infilai e cominciai a camminarci sopra, facendo attenzione a posare bene il piede sul pavimento. Rach sparì con la scusa di scegliere gli accessori e il trucco.

Evidentemente, quel paio di scarpe era più comodo di quelli che avevo portato in precedenza. Non ero ancora caduta e le mie caviglie erano ancora illese, senza alcun segno di sforzo. Quasi quasi potevo anche correre lì sopra, avevo trovato una specie di confidenza su quei trampoli che non avrei mai immaginato. Era semplicemente pazzesco. Rach spuntò dalla porta della sua stanza e mi osservò camminare per un po’. Poi mi richiamò in camera sua e aprì il suo portagioie. Ne estrasse una collanina d’oro piuttosto lunga con un cuoricino come ciondolo e un braccialetto, anch’esso d’oro, con alcuni cuoricini, in modo da riprendere il pendente della collana. Li indossai. Mi diede poi una pochette in tessuto nero, intrecciata da un lato con una catenina da un singolare ciondolino a cuore e mi disse di posarci dentro l’IPhone. Fatto questo mi portò in bagno e mi fece sedere davanti allo specchio. Cominciò ad intrecciare da un lato i miei capelli, creando una treccia laterale effetto spettinato, e passò con la piastra il ciuffo che aveva lasciato sulla fronte. Fatto questo, tirò fuori i trucchi dalla trousse che teneva su uno degli scaffali e cominciò a realizzarmi un leggero smokey-eyes. Mi passò poi un sacco di mascara, in modo da rendere lo sguardo più intenso e mi accarezzò gli zigomi con un blush chiaro. Mi applicò lo stick rosa tenue, in modo da riprendere il colore della gonnellina dell’abito. Infine, afferrò il suo profumo preferito, La Petite Robe Noire di Couture Guerlain, e me lo spruzzò sul collo. Mi riportò nuovamente davanti allo specchio in camera sua e rimasi senza parole. Aveva fatto un ottimo lavoro, mi stavo stupendo di me stessa.

- E’ bellissimo…Grazie – le sorrisi.

- Non c’è di che. Mi piacerebbe vedere la faccia di Luke quando ti vedrà: potrebbe quasi svenire! – rise lei.

- Tu che cosa farai stasera? – le chiesi. Un sorrisone le spuntò sulle labbra.

- Oggi i miei lavorano in ospedale tutta la notte. Quando Ashton lo ha saputo, ha insistito per venire a farmi compagnia. Quant’è carino! – arrossì. Sorrisi. Ero davvero felice per lei, sembrava che Ash ricambiasse totalmente quel grandissimo affetto nei suoi confronti.
 
Il telefono mi trillò nella pochette nera. La aprii e estrai l’IPhone. Aprii il messaggio WhatsApp. Era da parte di Luke.
 
Ehi, io sono sotto casa di Rachel. Sei pronta o devo ancora aspettare qualche triennio?! x
 
Scossi la testa, divertita. Risposi.
 

 
Sì, sono pronta…Arrivo subito.
 
 
Fatto questo, Rach mi accompagnò fino alla porta. Mi diede un bacio sulla guancia e mi augurò una buona serata. Ricambiai e uscii dalla casa. Luke era appoggiato contro la carrozzeria della Mini Cooper nera, mentre si torturava il piercing al labbro inferiore. Indossava un paio di skinny jeans strappati neri, abbinati a una t-shirt nera e ad una camicia a quadri azzurra. Ai piedi, le inseparabili Vans nere. Nonostante non avesse scelto qualcosa di più elegante, sembrava fosse appena sceso dal Paradiso, talmente quegli abiti si adattassero perfettamente al suo corpo. Un angelo, ecco, niente può essere più perfetto di così. Il cuore mi batteva già a mille, neanche sapessi il motivo preciso per cui ciò accadesse. Non appena sentì la porta richiudersi e il rumore dei tacchi a contatto con il cemento, alzò lo sguardo. Mi squadrò velocemente, si soffermò particolarmente sui polpacci scoperti e sui trampoli, con espressione sbalordita. Mi avvicinai a lui, lui si avvicinò a me. Sorrisi. Potevo osservare i suoi occhi senza alzare minimamente la testa. Strinsi più forte la pochette tra le mani. Continuava a scorrere lo sguardo su di me dal basso verso l’alto, con un sorrisino compiaciuto dipinto sul volto. Si soffermò poi sui miei occhi.

- Sinceramente, non mi aspettavo di vederti così – ammise. Risi debolmente, perdendomi in quegli occhi azzurri, come il mare limpido.

Mi cinse i fianchi e mi baciò sulla guancia, mentre poggiavo le mani contro il suo petto. Il cellulare squillò nella sua tasca. Sbuffò, per poi afferrarlo e distaccarsi per un momento.


 
Luke

Già che ci sei scopatela qui davanti a tutti! xD

Ashton. Ashton?! E come cavolo poteva sapere che ero con Ilary?! E soprattutto, DOV’ERA?!! Sentivo il viso bollire, sicuramente avevo raggiunto il colorito di pomodoro. Cominciai a voltarmi a scatti, sotto lo sguardo interrogativo di Ilary, per vedere dove Ash si stesse nascondendo. Sapevo che potevo sembrare un emerito impazzito, ma cavolo! Non esisteva una cosa che si chiamava privacy? Riconobbi finalmente la sua risata calda e sguaiata provenire dalla siepe che separava la villa degli Hudson da quella dei vicini. Quasi quasi soffocava talmente rideva. Io invece non ci trovavo nulla di divertente.

- Avresti…ahahaha…dovuto vedere….ahahaha…la tua faccia quando hai letto il messaggio! – rise ancora più forte, momenti cadeva per terra a rotolare.

Arrossii ancora di più. Lui rise.

- Ahahaha…eri tipo “Ehi! Come cazzo fai a sapere che stasera esco!”…ahahah – mi derise. Serrai ancora più forte i pugni.

Ilary ci osservava come se fossimo due pazzi. Dovevo ammettere che era bellissima con quell’abitino indosso e i tacchi ai piedi. Era perfetta, punto. Anche quando mi osservava in quel modo, mi faceva girare la testa.

- Ma si può sapere che succede? – Chiese dopo un po’.

Ashton mi lanciò uno sguardo malizioso. Roteai le orbite.

- Niente, stai tranquilla – le rispose, sorridendo.






 
 
SPAZIO AUTRICE
Heilà!
Sono riuscita ad aggiornare prima!!!!!
Se volete vedere gli abiti, gli accessori, i capelli e il trucco di Ilary potete andare a dare un’occhiatina qui:
http://www.polyvore.com/pretty/set?id=122800597
Avrete sicuramente capito che Ilary ha il volto della bellissima Barbara Palvin. Mi piacerebbe anche trovare un volto per Rachel, ma non ho trovato celebrità che mi soddisfino. Non è che potete consigliarmi qualche attrice/cantante o immagine per lei?? Grazie in anticipo!!!
Bye Bye e spero che il capitolo vi sia piaciuto!!!
 
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** Oh No! You! Again! ***


- CAPITOLO 16 -


OH NO! YOU! AGAIN!




 
 
Rachel
Vedere la mia migliore amica disposta a infilarsi un paio di tacchi a spillo mi aveva messo duramente alla prova. Insomma, Ilary Jersey non avrebbe MAI indossato scarpe del genere, e di ciò ne ero totalmente cosciente. Una normale Ilary Jersey mi avrebbe urlato “Dove cavolo sono le tue ballerine?!” o “E tu sei convinta che io mi infili quei due trampoli?!”, non mi avrebbe detto pazientemente “Lo sai bene che non li indosserei mai”. E se per pura rarità l’avessi convinta ad indossarli, una normale Ilary Jersey non ci avrebbe messo tutto quell’impegno a camminarci sopra ma, al contrario, ce l’avrebbe messa tutta per cadere e slogarsi una caviglia, il tutto allo scopo di guadagnarsi le ballerine o, addirittura, le sue All Star. Niente ormai mi sfuggiva: da quando avevo cominciato a osservarla insieme a Luke, lei era…diversa. La vedevo sorridente, felice con lui, persino più dolce, bisognosa di affetto. Sembrava che quell’acidità che nutriva nei suoi confronti era improvvisamente svanita. Luke prima lo considerava un troione, con le ragazze da frequentare scritte sulla lista, insensibile. Ma adesso che non si era più attenuto a quel genere di vita, mi diceva che era dolce, affettuoso, protettivo, come nessun altro. Si leggeva dai suoi occhi che lo amava, così tanto che non poteva far niente senza di lui, ma lei, per orgoglio, continuava a disdire tutto. Il che lo trovavo alquanto inutile, se poi in realtà provi altro. Rischiava persino di ferirlo, dato che lui di lei era pazzo. Niente poteva tenerlo lontano dalla sua Ilary, niente poteva andargli contro. Anche lui però cercava di far finta di niente per orgoglio, anche se il grosso cambiamento nel suo comportamento diceva altro. Erano due persone troppo orgogliose innamorate, ma che non volevano farsi vedere tali.

Il campanello risuonò per le stanze. Andai alla porta e la aprii. Ashton mi si presentò davanti, con il bellissimo sorriso dalle dolci fossette dipinto in viso. Ricambiai. Mi salutò e mi diede un bacio sulla guancia, per poi entrare. Richiusi la porta dietro di me. Si gettò sul divano. Lo seguii a ruota. Cominciammo a osservarci a vicenda. Porca vacca, era troppo bello per essere vero.

- Che ti va di fare? – mi chiese.

- Ah, non lo so. Sei tu che sei voluto venire – sorrisi.


 
Ashton
- Che dici di ordinare una pizza? – le chiesi.

Rach annuì contenta. Era bella, bellissima, con quegli occhioni grandi e i capelli biondi che le incorniciavano il viso dalla pelle candida. Era aggraziata in tutti i suoi movimenti, felice della sua vita e soddisfatta di sé stessa. Quasi quasi sembrava una principessa delle favole. Sì, te la potevi vedere persino con gli uccellini, i cervi e i procioni che l’aiutavano a lavare i piatti come Biancaneve. Era troppo, troppo serena, dolce, tranquilla.

Quando nel quartiere qualcuno proponeva di ordinare una pizza, tutti ormai sapevano che si intendeva quella di “Ludo’s”, la pizzeria italiana. La proprietaria, Ludovica (un nome alquanto difficile, tutto noi la chiamavamo semplicemente “Ludo”), aveva inaugurato il ristorante cinque anni prima e, fin da subito, aveva spopolato tra le generazioni più giovani. Il servizio era sempre stato molto efficiente, e anche quando mi ero ritrovato a ordinare le pizze anche in una serata di piena, non mi era mai capitato di trovare pietanze crude o troppo cotte e la rapidità era impeccabile. Forse l’unica cosa che non andava, era la “simpatia” di qualche cameriere o qualche parente della proprietaria che non aveva assolutamente la minima volontà di muovere un dito. Io stesso lavoravo part-time in un bar in periferia del quartiere, e sapevo bene come si leggesse l’entusiasmo o la volontà negli occhi di un lavoratore.

- Come vuoi la pizza? – chiesi, mentre afferravo il cellulare dalla tasca.

- Una quattro stagioni – mi rispose Rach.

Digitai il numero e chiamai la pizzeria. La squillante voce di Ludo si fece sentire mentre, con grande entusiasmo, ripeteva il nome del ristorante. Ordinai e chiesi la consegna a domicilio. Rach, nel frattempo, si era messa a trafficare sullo stereo in un angolo del salotto. Non appena conclusi la chiamata, fece partire Rather Be dei Clean Bandit. Si riaccomodò poi accanto a me. Sorrise lievemente, per poi portare timidamente lo sguardo in basso, sulle proprie cosce.

- Allora, da quand’è che vi conoscete tu e Ilary? – attaccai bottone.

Si voltò verso di me.

- Ehm…dall’inizio della scuola superiore – cominciò timidamente. – Mi era caduto un libro durante un cambio d’ora e lei si era subito chinata a riprendermelo. All’inizio mi pareva persino che “si gonfiasse troppo le piume sul petto”, ma con il passare del tempo ho scoperto che è una ragazza meravigliosa, decisa e sicura di sé. Non farei niente senza di lei –

Sorrisi.

- E tu? Come hai fatto a conoscere Luke, Michael e Calum? – mi chiese.

Risi.

- Ho conosciuto Mikey quando ancora aveva i capelli del loro colore naturale, biondi come i tuoi, e avevamo 13-14 anni. Si vedeva a chilometri di distanza la sua spavalderia nel mostrare gli skinny jeans e gli orecchini ad entrambe le orecchie in quel corridoio della scuola. Le ragazze gli cadevano già tutte ai piedi, nonostante fosse iniziata l’anno scolastico da poco e quello fosse il nostro primo anno. E lui se ne andava in giro, con un sorrisino sghembo stampato sul viso, a salutare o a presentarsi a qualche ragazza carina –

- Sì, me lo vedo davanti a qualche ragazza dicendo “Ciao, sono Michael Clifford”, per poi mettersi a guardarla con occhi complici – la sua risatina leggera mi fece sorridere non appena cominciò a parlare.

- Poi, non appena ha cominciato a tingersi i capelli, le ragazze hanno cominciato ad impazzire…e poi sai tu la storia… - finii.

Annuì.

- Invece ho potuto incontrare Luke e Calum ad un’uscita con Mike. Luke era già in fase di “accalappiamento di ragazze istantaneo” nonostante avesse la tenera età di 13 anni appena compiuti, come del resto anche Calum. E grazie a Luke, ho potuto incontrare Ilary Jersey, la sua “sfigata” vicina di casa a cui lui stesso rompeva sempre un po’ le scatole, anche se all’inizio quest’ultima mi pareva quasi un povero agnellino indifeso in preda ad un lupo famelico. Ma vedendola poi crescere e conoscendola più a fondo, ho cominciato a vedere che riusciva a tenergli sempre più testa, fino ad arrivare a…beh, adesso puoi osservarlo bene – conclusi ridendo. Sorrise.

Il campanello risuonò. Rach si alzò e prese il portafogli da una borsa che aveva lasciato sulla poltrona accanto al divano. Si avvicinò poi alla porta e osservò dallo spioncino. Dopo essersi assicurata che non ci fosse nessun ladro o delinquente, aprì la porta. Se ne stava sulla soglia un ragazzo castano, con il ciuffo tirato indietro e gli occhi castani dallo sguardo con un lieve riflesso maligno. I lineamenti del viso erano dolci, le labbra sottili, e teneva in equilibrio sulla mano destra i cartoni delle nostre pizze. Non riuscivo però a definirne l’età su cui si aggirava. Non mi ci volle un secondo che capii che era esattamente il ragazzo di cui Luke ci aveva parlato alla spiaggia. Da cosa diceva, se non lo avesse fermato avrebbe tranquillamente tentato di violentare la povera Ilary. Persino sul volto di Rachel si era dipinta un’espressione intimorita, a disagio. Evidentemente, anche lei lo aveva riconosciuto. Il ragazzo, nel frattempo, l’aveva squadrata da capo a piedi. Un sorriso maligno si dipinse sul suo volto e la guardò in viso.

- Ciao, sono Enrico della pizzeria “Ludo’s”. Ha ordinato una quattro stagioni e una pizza ai wurstel? – le chiese. Si sentiva dall’accento che non era australiano. Evidentemente era il famoso figlio diciottenne di Ludo.

Rachel annuì. Questo glie le porse e lei le afferrò. Insisteva nell’ispezionare ogni minima parte del suo corpo minuto con lo sguardo, come se non volesse perdere nessun particolare.

- Ehm…Quant’è? – chiese Rach.

- Sono 11 dollari e 50 centesimi – rispose lui, sorridendo maliziosamente.

Lei si voltò verso di me, lui seguì il suo sguardo.

- Amore, vieni solo a prendere queste? – mi disse, facendomi un leggero occhiolino in modo da non essere vista dal malcapitato pervertito. Ok, quella ragazza era geniale. Il viso di Enrico, da un radioso e spumeggiante sorrisone malizioso, mutò in una smorfia di sconfitta. Ah! Ah! 2 a 0 per Luke e Ashton!

Mi alzai dal divano e andai da lei. Il ragazzo mi guardò infastidito. Presi i cartoni. Rach estrasse i contatti dal portafogli e glie li porse. Lui li afferrò e li mise nel marsupio.

- Spero che le gradiate e vi auguro buona serata – disse con amarezza. Il tono disinvolto che aveva assunto quando non aveva nemmeno la minima idea che Rach fosse in compagnia si era totalmente volatilizzato. Ahahaha, quanto ci godevo!

Ricambiammo i saluti e chiudemmo la porta. Portai i cartoni in cucina. Rach mi seguì.

- Hai visto la sua faccia quando ti ho chiamato Amore? – rise. Sorrisi. Non potevo rammentare che quel nomignolo che mi aveva attribuito non mi fosse piaciuto. Anzi, il modo in cui lo aveva detto sembrava così…realistico. Adoravo la sua voce, così pacata e tranquilla.

- Un’idea geniale. Mi complimento – risi.

Sorrise ancora.

Forse in quel momento io e Luke potevamo essere i ragazzi più felici della terra.  
 
 








SPAZIO AUTRICE
Eccomi di nuovo quaaaa!!!!

Rachel e Ashton, in tutta la loro timidezza, si conoscono meglio, e hanno modo di divertirsi con l’apparizione straordinaria dell’adorato ragazzo della consegna a domicilio che aveva fatto ben arrabbiare Luke. Il perfetto pervertito che spunta all’improvviso e che dà al meglio il proprio contributo nel dare filo da torcere ad un ragazzo innamorato…

E come se la staranno spassando Luke e Ilary al loro appuntamento serio?

Ho trovato finalmente un volto per Rachel!!!! Ecco a voi la meravigliosa Amanda Seyfried e il nostro Ashton super dolce!!!







Al prossimo capitolo!!!
 

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Capitolo 18
*** Confessions ***


- CAPITOLO 17 -

CONFESSIONS

 
 
Luke mi aprì lo sportello della macchina. Mi sedetti sul sedile e stesi la gonna del vestito, in modo da coprire bene le cosce. Mi sentivo terribilmente in imbarazzo con le gambe completamente scoperte, stavo quasi rimpiangendo di aver deciso di indossare quell’abito senza fiatare. Luke si sedette davanti al volante e mi osservò per un po’ mentre tentavo di nascondere le cosce.

- Uhm…Non ti piace particolarmente quel vestito – ammise ridacchiando.

Arrossii.

- No, mi piace…è bello…comodo…ma mi sembrava più lungo – balbettai imbarazzata.

Mi voltai verso di lui.

- Ed eppure ti sta così bene… - mi disse. Sorrisi.

Avvicinò il viso al mio e premette lievemente le labbra sulla mia punta del naso.

Dopodiché, si allontanò e mise in moto la Mini. Entrò in carreggiata. Restavo, cosa ormai d’abitudine, a fissarlo mentre guidava, ogni singola mossa che faceva, come se guidare fosse per me qualcosa di sconosciuto. E neppure sapevo perché lo stessi continuando a fare. Quella marea di domande senza risposta stava cominciando a infastidirmi, ci doveva pur essere qualcosa che poteva risolverle tutte!

Mentre seguivo con lo sguardo le sue dita affusolate che correvano da una parte all’altra delle marce e del volante, posai lo sguardo sul suo viso. I lineamenti rilassati e lo sguardo attento catturarono improvvisamente la mia attenzione. Le labbra, semichiuse, mi istigavano quasi a prenderlo e baciarlo, senza più fermarmi. E così, un sacco di punti interrogativi si radunarono nuovamente nella mia mente e la sterminarono palesemente. Vaffanculo.

- A cosa pensi? – mi chiese. Evidentemente mi aveva visto mordere il labbro inferiore, come facevo sempre quando meditavo.

- A quanto sei fi… - posai la mano sulla bocca, e voltai la testa dal lato opposto, tentando di nascondere il viso rosso. Ilary Jersey, pensare prima di agire, no?

Lo intravidi ridacchiare.

- Come? – mi chiese, con tono beffardo.

- Ehm, a quanto è figa la macchina! – sparai a caso.

- Hai detto che ti piaccio, Ilary, non ti puoi più nascondere – rise, mentre parcheggiava lungo la costa.

Mi piace. Quella era la fatidica risposta a tutti i miei interrogativi. E a quanto pareva, “Mi piace” era persin poco per definirmi. Ecco il perché non avrei mai avuto l’intenzione di allontanarlo da me,  ecco il perché mi faceva sentire così a mio agio. Ilary Jersey era stata ufficialmente infettata dalla Sindrome di Luke Hemmings, malattia incurabile. Lui però non doveva saperlo in quel momento, non potevo confessarglielo, quello proprio no!

Nel frattempo, Luke aveva spento la Mini e mi aveva aperto la portiera. Mi afferrò la mano destra e mi aiutò a scendere. Richiuse poi con la mano libera la portiera e mi spinse direttamente a contatto con la carrozzeria. Il suo ventre aderiva perfettamente al mio, le sue gambe toniche, a contatto con le mie ginocchia, spingevano il vestito a sottolineare perfettamente parte delle cosce che teneva coperte. Mi lasciò la mano, mentre un sorrisino si dipingeva sul suo viso.

- Ammettilo, signorina – disse maligno.

- No, non ti ho detto che mi piaci, ho detto che la macchina è figa – sorrisi nel suo stesso modo.

- Assolutamente no, mia cara, io le orecchie le ho ben funzionanti! Tu hai quasi detto che io sono figo, straordinariamente figo dal modo in cui lo dicevi – trillò lui.

- E se anche fosse? Cosa significherebbe? Non vuol dire che io ti corra dietro come una pecora! – ribattei.

- Ci sono i fatti, bella – mi guardò malizioso le labbra.

- Ah sì? Quali? – lo sfidai.

- La scorsa settimana sei Tu che volevi un bacio in cucina – ghignò. Mi morsi il labbro.

- E allora? Parliamo di te…Sei Tu che mi hai baciato quando siamo tornati a casa dopo, sei Tu che mi hai strattonato sul divano per sedermi accanto a te per vedere il film, sei Tu che non volevi che mi allontanassi mentre dormivi beatamente, sei Tu che mi hai portato via da Tomlinson e sei ancora Tu quello che voleva baciarmi in bagno lunedì…- mi posò delicatamente l’indice sulle labbra, interrompendomi.

- E’ meglio che ci incamminiamo, sai? Faremo tardi…Ho prenotato in un ristorante… – mi disse. Annuii.

Allontanò il dito dal mio viso e, infilata la chiave, chiuse la Mini. Fece un passo indietro, in modo da lasciare spazio per muovermi. Mi allontanai dalla carrozzeria dell’automobile e lo seguii sul marciapiede.


 
Luke
Sentire quelle parole da lei era stato meraviglioso. Se prima ero pazzo di lei, beh, in quel momento non avevo più nemmeno la testa sul collo. Ma ritrovarmi a dirle la verità mi pareva piuttosto imbarazzante, dato che l’avevo sempre schernita alla grande e adesso quasi ululavo per lei.

Decisi di non parlare durante quel breve tragitto, lei fece lo stesso. Camminava di fianco a me, tranquilla, mentre la brezza del mare le scompigliava il ciuffo rimasto sulla fronte e le increspava la gonna del vestito, che continuava a tenere sott’occhio nel caso si alzasse troppo. Vederla poi a suo agio sui tacchi la rendeva ancora più bella. Tenevo le mani in tasca, anche se morivo dalla voglia di prenderle la mano libera e stringerla. L’unica cosa che mi fermava era che potevo parerle fin troppo sfacciato, sospetto adesso che mi poteva osservare con aria più investigativa.

Rimanendo così assorto dai miei pensieri, mi accorsi solo in quel momento che stata tentando di afferrarmi silenziosamente la parte di mano che sbucava dalla tasca dei jeans. Sfilai la mano e le afferrai delicatamente la sua, piccola e minuta, dalla pelle morbida e fresca. Si avvicinò di più a me e fece ricadere la testa sulla mia spalla. Socchiuse lievemente le palpebre, mentre ascoltava l’aria fresca scontrarsi sulla pelle del viso.

- Siamo arrivati – le dissi.

Alzò la testa e osservò il locale “Stella Marina” sul molo. Non avevo scelto a caso quel posto: sapevo con certezza che adorasse la cucina di quel ristorante e la possibilità di cenare con lo scroscio delle onde sugli scogli di sottofondo. Ma la parte che preferiva di più era il paesaggio: sull’ondeggiare limpido dell’oceano, svettava in lontananza l’Opera House illuminata. Lei adorava quel posto.

- Come cavolo facevi a sapere…?! – borbottò.

Le posai il braccio attorno al collo.

- Segreto – dissi. Mi guardò sospettosa, ma non disse niente.


 
 
Ilary
Ci avevano lasciato un posto all’aperto, proprio come speravo. Era rilassante sentire l’ondeggiare del mare. Ci servirono un ottimo menù basato sul pesce e i frutti di mare, la specialità del ristorante. Non parlammo molto, commentavamo solo i piatti, anche se però dovevo avere una risposta riguardo il discorsetto che aveva cercato di evitare poco prima. In effetti, era evidente che fosse troppo “carino e coccoloso” nei miei confronti e io, cretina, ci avevo solo fatto caso quella sera. Brava Ilary, brava!

Non appena pagammo il conto, passeggiammo per il molo. Non smettevo di osservare le luci dell’Opera House: era semplicemente spettacolare il riflesso che lasciavano sull’acqua limpida. Luke mi teneva la mano. Arrivammo al punto dove l’acqua incontrava gli scogli su cui era stato eretto il molo e ci appoggiammo alla ringhiera. Restammo in silenzio. Osservammo per un po’ le onde. Decisi di chiedergli spiegazioni e, mettendomi coraggio, lo chiamai. Lui si voltò e mi osservò, in attesa che parlassi.

- Sei cambiato, sai? – gli dissi.

- In che senso? – mi chiese.

Piantai per un momento lo sguardo nei suoi occhi meravigliosi.

- Mi proteggi, mi coccoli, mi stai sempre accanto, io…non capisco! Prima eri ostile, pervertito… –

Sospirò. Mi afferrò le mani e mi fece voltare verso di lui. Deglutì a vuoto, mentre stringeva delicatamente le mie dita. Io osservavo le sue iridi azzurre, profonde, che mi toglievano il fiato.

- Ilary – sussurrò timidamente.

- Sì? -

- C’è una cosa che…ecco…tu…dovresti sapere – continuò impacciato, stringendomi lievemente le dita per il nervosismo.

- Cosa? –

Deglutì nuovamente e spostò per un attimo lo sguardo a terra. Ricongiunse poi lo sguardo e rimase per un attimo in silenzio. Provava a parlare, ma non ci riusciva, lo vedevo terribilmente teso. Sospirai.

- Se non te la senti, me lo puoi dire…un’altra volta – mi arresi.

Luke liberò la mia mano destra e appoggiò i polpastrelli sulla mia guancia. Scosse la testa.

- Te lo devo dire…non devo più aspettare – disse. Gli afferrai la mano che teneva sulla mia gote, in attesa delle sue parole.

Sospirò nuovamente. Deglutì a vuoto.

- Tu mi fai sentire…così bene…I tuoi modi di fare bruschi ma così aggraziati mi fanno girare…la testa – cominciò riluttante.

- Ululerei quando mi mandi a quel paese…e soprattutto quando mi sfidi solo con lo sguardo – rise debolmente. Sorrisi.  

- Hai dei capelli che accarezzerei tutto il tempo…– disse impacciato.

- Ma la cosa più bella è quel mare meraviglioso che hai al posto degli occhi… - Arrossii debolmente, mordendomi il labbro, e discostai per un momento lo sguardo. Tutti quei complimenti…ehi! Luke!

- Ilary – mi richiamò. Piantai nuovamente gli occhi nei suoi.

- Credo di essermi…innamorato – sussurrò timidamente.

Lasciai le sue mani e allacciai le mie attorno al suo collo. Lui, di risposta, portò il mio bacino contro il suo. Gli guardai le iridi. Decisi di dirgli tutta la verità, oramai che me lo aveva detto lui.

- Anche io…devo dirti una cosa – sussurrai.

- Cosa? –

- Mi fai impazzire, Luke – sputai coraggiosa. Sorrise.

- Davvero? – mi chiese, strofinando la punta del naso contro la mia.

- Sì –

Non appena finì di parlare, si avventò voglioso sulle mie labbra. Feci soltanto che prendergli il viso tra le mani, mentre approfondiva il bacio. Lo stomaco mi si chiuse, cominciai a sentire piacevoli brividi su tutta la schiena. Mi mordicchiò il labbro inferiore e allontanò il viso, stringendomi in un abbraccio affettuoso.


In quel momento, non avrei mai voluto essere in un altro posto che lì, tra le sue braccia, con il profumo di menta tutto attorno e il dolce scroscio dell’acqua a contatto con la roccia.


 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE
Heyyy!!!!
Scusate per il lieve ritardo, sono stata un po’ impegnata, ma alla fine…eccomi di nuovo qua!
Parlando del capitolo…i nostri due piccioncini si sono finalmente dichiarati!!! |Evviva!!!!|
Nei prossimi capitoli ci sarà qualche novità!!! Tenetevi pronte!!!
Alla prossima!!!




 

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Capitolo 19
*** Mess ***


CAPITOLO 18

MESS



 
 
Mi risvegliai, per il secondo giorno consecutivo, con le braccia delineate dai muscoli allenati di Luke che mi cingevano la vita. Addosso, una sua maglietta nera dei Led Zeppelin, che mi aveva già prestato la sera prima, che mi stava larghissima. A svegliarci, il suono insistente della sveglia che ci ricordava che quella era una mattina di lunedì. Mi ritrovai così a riaprire gli occhi e osservare le pareti scure della sua stanza, riprendendo piano piano coscienza. Sbuffai. Voltai poi il viso verso Luke e cominciai a chiamarlo.

- Luke –

Mi strinse di più a sé.

- Luke, svegliati –

Mugugnò, mentre un sorrisino si dipinse sul suo volto.

- Non mi dire che è lunedì, ti prego – disse con voce impastata, mantenendo però le palpebre ancora chiuse.

Sospirai. – Sì, è lunedì –

- Che palle – ridacchiò. Sorrisi.

Aprì gli occhi e cominciò a stiracchiarsi. Io rimasi lì, a fissarlo. Si riaccomodò poi lì sul cuscino e cominciò a guardarmi negli occhi.

- Forza, dai – sussurrai, per poi baciarlo a fior di labbra. Sorrise lievemente.

Allontanai le sue braccia da me, e con uno strattone mi liberai delle coperte. Mi sedetti e mi stiracchiai. Luke rimase a guardarmi.

- Lo sai che quella maglietta ti sta da Dio – mi disse.

Lo ringraziai, arrossendo.

 Detto questo, si mise a sedere accanto a me, cominciando a giocare con il piercing al labbro.

- Ti aspetto di sotto – gli dissi, per poi dargli un bacio sulla guancia e alzarmi.



 
 
Lety
Mi ritrovai, come al solito, a girare per i corridoi della scuola, accompagnata da Rachel Hudson. Lei, che di natura era sempre stata una ragazza timidissima, non si preoccupava di sapere cosa la gente pensasse di lei, né tanto meno se la si vedessero in giro in compagnia di Ashton Irwin e amici. Lei diceva che erano ragazzi diversi da come la gente vociferava. Persino Ilary Jersey, che fino a mesi prima li disprezzava con tutta l’anima, adesso te la potevi ritrovare vicina vicina a Luke Hemmings, accerchiata poi dal gruppo di amici di questo. Potevano pur essere diversi, ma a me continuavano ad intimorire.

Era da qualche settimana che, oltretutto, facevo attenzione a chi e che cosa mi fosse attorno. Il mio sogno era sempre stato quello di trovare una persona che mi apprezzasse per come ero e per i miei difetti, non semplicemente perché avevo un bel visino. Ma questa volta avrei desiderato che qualsiasi ragazzo mi stesse alla larga. Continuavo ad incrociare per i corridoi quella testa tinta di Michael Clifford, che ogni volta mi salutava come se mi conoscesse da tempo. Quel ragazzo mi spaventava, non mi piaceva, era qualcosa da cui dovevo stare lontana. Quell’imponenza della sua persona mi impauriva, nonostante Rachel, oltretutto sua cugina, mi continuava a dire che in fondo era buono come il pane. Così buono che aveva fatto persin soffrire la stragrande maggioranza delle mie amiche: quei ragazzi erano così con le ragazze comuni, una scopata e via! Sparivano dalla faccia della terra! Altro che pane! Altro che zucchero! Quelli erano come il sale!

E così, con qualche libro tra le braccia, mi ritrovai a scontrarmi contro qualcuno, troppo presa dai miei pensieri. I miei libri caddero a terra, mischiandosi poi con quelli di quel perfetto sconosciuto.

- Oh, scusa! Non ho visto dove andavo! – ribattei d’istinto, chinandomi immediatamente a smistare quel piccolo macello.

- Fa niente…piuttosto, ti ho fatto male? –

Rabbrividii al sentire quelle parole. Mi ero appena scontrata con Michael Clifford, no, non poteva essere! Deglutii a vuoto, ma non risposi.

- Ehi, tutto a posto? – mi chiese, chinandosi verso di me e prendendomi il mento tra le dita.

Aveva tinto i capelli di un nuovo colore: dal blu puffo che avevo visto nell’ultimo mese, era passato ad un rosso mattone spento.

- S…si – dissi con voce tremante, spostandomi una ciocca di capelli dietro le orecchie.

Si mise a raccogliere i propri libri per poi porgermene uno che mi era sfuggito. Lo afferrai incerta, e mi alzai.
Mi si alzò davanti e non feci altro che sentirmi piccola. Lui era così imponente di fronte a me, e sapevo che tutti coloro che stavano passando di lì non facevo altro che lanciarmi occhiate curiose. Cosa ci potevo fare io davanti a Michael Clifford? Cosa ci potevo fare io davanti a un ex ragazzaccio? E soprattutto, che ci poteva fare una ragazzina molto timida, quasi denominata come una tizia senza nome, davanti a una persona così sociale e conosciuta? Lo guardai in viso per un momento.

- Se mi potessi scusare con qualcosa… - cominciò.

- No, no, stai tranquillo…non è successo niente – dissi piano.

Mi osservò per un momento con gli occhi verdi chiaro, per poi discostare lo sguardo.

- Uhm…va bene…ciao Lety – mi disse, per poi voltarsi e andarsene via.

- ciao Michael – dissi, per poi voltarmi.

Percorsi il corridoio, alla ricerca dell’aula di scienze, cercando di ignorare gli occhi curiosi di qualche spettatore alla scena che era rimasto a osservarci. Dopo aver raggiunto la stanza, mi sedetti al mio banco e vi posai i testi sopra. Mi accasciai sulla sedia e cominciai a guardare annoiata un po’ dappertutto. Mi saltò però all’occhio un piccolo foglietto di carta azzurra fuoriuscire dalla copertina di uno dei libri. Mi avvicinai e afferrai il tomo tra le mani. Lo aprii nella prima pagina di intestazione e staccai quello che era uno spot-it. Vi era scritto in una grafia sottile e sghemba un numero telefonico, firmato poi con una “M. x”.

Michael. Quella “M” stava per Michael. Richiusi il foglietto e lo infilai nella tasca dello zaino, sperando che nessuno lo avesse visto. Ormai, non avevo più scampo.

 
 
Ilary
Nell’intervallo ero lì, come al solito, nell’angolo del cortile della scuola, quell’oggi seduta sulle ginocchia di Luke, che mi accarezzava i capelli. Alla nostra sinistra, Ash e Rachel se ne stavano vicini vicini, inseparabili come sempre. Cal era appoggiato all’albero che ombreggiava il muretto, mentre Mikey era seduto alla nostra sinistra, immerso nei propri pensieri. Chiacchieravamo con tranquillità, in quella giornata più calda del solito, coscienti di avere gli occhi di tutti addosso, ma senza neanche più accorgene. Luke non si curava nemmeno di nascondere il proprio affetto nei miei confronti, dandomi qualche bacio sulla guancia in bella vista. L’unico che non si univa particolarmente ai discorsi era Michael. Pensava assiduamente a qualcosa, alcune volte si passava le grandi mani tra i capelli di quel nuovo colore rosso mattone, con lo sguardo vuoto che girovagava perso sui nostri visi. Era su un altro mondo. Oramai tutti sotto l’ombra di quell’albero secolare lo avevamo intuito.

Spuntò davanti a noi Lety, quella ragazza timida e minuta, con i lunghi capelli castani mossi che le incorniciavano il viso e gli occhi color cioccolato fondente, con cui seguivo le lezioni di danza. Indosso aveva un semplice vestito a fiorellini con le maniche corte e la gonna a ruota non troppo appariscente, ai piedi delle superga bianche. I ragazzi la salutarono, Michael fu il primo, con un debole sorriso sulle labbra. Lei fece lo stesso, stringendosi nelle spalle, quasi sussurrando. Sembrava quasi avesse…paura. Luke lanciò un’occhiata sospettosa sia a lei sia a Mike, ma non disse niente.

- Per caso oggi mi puoi imprestare un paio di scarpette? Le mie si sono rotte e le devo ancora acquistare – mi chiese con voce mozzata. Si stava torturando le mani e le dita in un modo pazzesco. Cosa c’era di così spaventoso? Cos’era successo? E perché Michael continuava a mantenere lo sguardo fisso verso di lei, con un sorrisino malizioso?

- Certo, stai tranquilla – dissi sorridendole, provando a rasserenarla. Niente da fare…troppo nervosa.

- Sì…ehm…grazie – disse piano, aggiungendo un debole sorriso.

- Ciao…a tutti – finì. La salutammo.

Lanciò una breve occhiata a Mike, per poi voltarsi e camminare velocemente via. In quel preciso momento, la campanella di fine ricreazione risuonò nel cortile. Ci alzammo dal muretto e ci salutammo, per poi disperderci nei corridoi della scuola. Mi ritrovai così tra Calum e Luke a raggiungere l’aula di Tecnologia. Lukey non aveva ancora perso l’abitudine di starmi ben bene vicino, visto che per lui “le facce da schiaffi erano sempre nei paraggi”. Gli davo tutte le ragioni del mondo, anche perché gli occhi di Louis e dei suoi amici addosso proprio non li digerivo.

- Chissà che aveva Mike … – disse stranito Calum, per rompere quel silenzio che alleggiava tra noi.

- Mi è arrivata la voce che ha avuto un incidente… - commentò Luke.

- Un incidente? Che tipo di incidente? – chiesi stupita.

-  Non lo so, non me l’hanno detto…ma per me quella ragazza di poco fa aveva sicuramente avuto a che fare con questa storia…era troppo sospetto il suo comportamento – borbottò il biondo.

Lo guardai, ma non dissi niente.

- Dobbiamo indagare – conclusi.

Un sorrisino spuntò sul volto dei due, mentre varcavamo la soglia dell’aula.


 
 


 
SPAZIO AUTRICE
Hola!!!
Ecco il nuovo capitolo!!!!
Così incontriamo questa nuova ragazza, Lety, che si scontra accidentalmente con Michael e scoppia il putiferio generale!
Tranquille, le novità non sono ancora finite!!!
Vi lascio con qualche gif!!!


Luke...





Ilary....





Ashton...





Rachel...






Michael...






Lety (ovvero Lily Collins)...







...e Calum :)







Un bacio!
Bye!!!



 
 
 
 

 
 

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Capitolo 20
*** Samantha ***


- CAPITOLO 19 -


SAMANTHA



 
 
Calum
Il bar era come sempre piuttosto tranquillo. Io me ne stavo lì, con Ashton, dietro al bancone, ad asciugare i bicchieri e le tazzine appena usciti dalla lavastoviglie e sistemarli sugli scaffali. Era da poco che lavoravo lì, nel locale degli Irwin. Era stato lo stesso Ash a offrirmi quel posto, visto che era a conoscenza della mia ricerca ad un’attività piuttosto tranquilla per guadagnare qualcosa. Avevo già lavorato nel multisala del centro commerciale, ma non mi ritrovavo bene. Troppo caos, troppa gente che va e viene, troppe lamentele, troppa fretta, troppi occhi che ti puntano addosso…non faceva proprio per me. Lì mi trovavo bene, anche perché ero nella tranquillità di chiacchierare con un amico e con i clienti. Anche il profumo del caffè attaccato ai vestiti era qualcosa di positivo per me.

Il campanello della porta d’ingresso risuonò nel bar. Una voce cristallina salutò con allegria Ashton. Mi voltai per vedere chi fosse. Una ragazza bionda, biondissima, con gli occhi azzurri chiaro e le labbra carnose, magra e con il fisico slanciato era appena entrata nel locale, con tutto il proprio splendore. Indosso, una canotta bianca effetto usurato, pantaloncini di jeans cortissimi dai bordi disfatti e anfibi neri che arrivavano poco più in su della caviglia. Tra i capelli, un berrettino bianco. Mai vista, ma a vedere così non era una che passava certo inosservata. Si avvicinò al bancone, poggiandosi ad esso.

- Puoi prepararmi un marocchino con nutella? Oggi è stata una giornata davvero pesante… – disse ad Ashton.

Questo prese una tazzina trasparente e cominciò a spalmarvi ai lati la crema al cioccolato.

- Perché? Cosa è successo? – le chiese lui amichevolmente.

La bionda sospirò.

- Ho rotto con Styles – sputò.

Poggiai il panno e il bicchiere che stavo asciugando di getto. Ash batté secco il coltello che stava utilizzando contro il bancone. Mi voltai di colpo verso di lei per poi posare lo sguardo sul mio amico. Cadde un silenzio di tomba.

- Ash, chi è lei? – scandii innervosito.

- Scusami, non te l’ho presentata. Lei è Samantha Corwell, ora ex del ricciolo amico di Tomlinson. Samantha, lui è Calum – disse lui.

L’osservai per un momento.

- Piacere – sorrise.

Feci lo stesso. Riassumemmo le espressioni serie di un momento prima. Ash prese la tazzina imbrattata di cioccolato e la mise sotto l’erogatore del caffè.

- E cosa ti ha spinto ad una mossa del genere dopo…un anno che uscivate insieme? – chiese scettico.

Quasi mi mettevo a urlare. Come si poteva stare in compagnia di un puttaniere del genere per un anno?!!! Come cavolo si poteva?!!!

- Ultimamente non era più lo stesso…Si è riempito di tatuaggi e piercing senza fermarsi, ha cominciato a chiamarmi poco e via dicendo. Avevo l’impressione che non gli importasse più nulla di me. Poi ho sentito cosa si dicevano via cellulare lui e Louis e ho voluto mollarlo. Non potevano…pensare a una cosa del genere…Non ho più capito un’acca…  - disse confusa, prendendosi la testa tra le mani.

In quel preciso momento, il cellulare di Ash cominciò a trillare.

- Oh! E’ Rachel! Calum, puoi finire tu? Devi solo aggiungere un po’ della schiuma che ho preparato! – disse dopo aver osservato il display illuminato, e scappò sul retro.

Posai il panno sul piano di lavoro e presi la tazzina dall’erogatore. La posai sul proprio piattino e, presa la minuscola scodella, misi la schiuma sullo strato di cacao polverizzato. Detto questo, lo appoggiai sul bancone con  una caramellina e un cucchiaino. Samantha afferrò questo e cominciò a mescolare il caffè.

- Ma…di cosa parlavano, se si può chiedere? – le chiesi.

Mi guardò in viso.

- Non ho capito molto bene… All’inizio ho sentito che si erano portati a letto qualche tipa negli ultimi giorni… poi ho sentito che si mettevano d’accordo su qualcosa… - disse sospettosa.

- Che cosa? –

Bevve un sorso dalla tazzina.

- Volevano…fare qualcosa…ad una ragazza…oggi… -

- Va bene…altro? – chiesi, osservandola dritta negli occhi azzurri.

Bevve un’altra sorso.

- ….Ho capito che questa faceva…danza classica…e volevano…prenderla all’uscita del corso… -

- Samantha, hai capito per caso chi fosse…questa ragazza? –

Mi guardò negli occhi per un momento, in un tutto il suo splendore. Farfugliò qualche nome, mentre bevve l’ultimo sorso di caffè. In quel momento, Ashton ritornò.

- Dicevano…una certa Ilary… - sussurrò.

Sgranai gli occhi e guardai Ash.

- Cosa Ilary? – ci chiese.

Deglutii a vuoto, ma non dissi nulla.

Samantha appoggiò il dovuto del caffè sul tavolo. Presi le monetine. Se ne stava quasi per andare, quando però le afferrai la mano ancora poggiata sul bancone. Si avvicinò nuovamente ad esso. Presi un pezzetto di carta e le scrissi il mio numero. Lei lo afferrò incerta.

- Così…parliamo. Grazie ancora – sorrisi lievemente.

Sorrise anche lei e ci salutò. Non appena varcò la soglia della porta d’ingresso e sparì per la strada, afferrai il cellulare dalla tasca. Non diedi nessuna spiegazione ad Ash, che in quel momento mi stava guardando come se davanti a lui avesse avuto un pazzo, uno appena uscito dal manicomio. Cercai nella rubrica il numero di Luke e lo chiamai.

- Pronto? – rispose.

- Ilary è nei guai –



 
 
Ashton
Vedere Calum agitato era come ritrovare un ago in un pagliaio. Quasi impossibile. E quando si parlava di qualche amico in difficoltà niente lo poteva fermare. Ma anche vedere Calum così rilassato in presenza di una ragazza come Samantha era anche quasi impossibile. Seguivo così la telefonata. Ilary era puntata da Tomlinson e Styles, fuori dalla scuola di danza, pronti a farle chissà che cosa, e lei non ne sapeva nulla. Dall’altra parte Luke era allarmato come se fosse appena scoppiato un grave incendio doloso in casa: urlava, parlottava con voce stridula e chiedeva al migliore amico Calum ogni minimo particolare. Per me, stava percorrendo tutta la casa correndo, preso dal panico. Cal era intimorito, ma con voce ferma e seria lo incitava a saltare immediatamente in macchina e andare a salvare la sua lady il prima possibile. Io, invece, sfigato terzo incomodo, me ne stavo lì davanti a lui, con panno e tazzina tra le mani, mentre asciugavo stoviglie per calmare il nervoso.

Finalmente terminò la chiamata. Cal mi guardò per un momento.

- Chiudi il bar e corri immediatamente alla tua macchina. Vai davanti alla scuola di danza di Ilary. Arrivo anche io. Tutti arriveremo. Basta solo che quei due vigliacchi non la acchiappino – ringhiò.
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE
Bonjour!!!
Ecco il nuovo capitolo!!!
Cal incontra questa ragazza, Ilary è nei guai, Luke si allarma…vabbé, non possono mai starsene tranquilli quei ragazzi!
Come sempre spero vi sia piaciuto, e vi lascio con una gif di Samantha (Cara Delevingne)!
Un bacio.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 21
*** I Need My Rose ***


- CAPITOLO 20 –


I NEED MY ROSE



 
 
 
- Smith! La prossima volta che viene a lezione ci venga con la testa sul collo! –
 
La voce dell’insegnante rimbombò nella palestra. Lety uscì per ultima, a spasso svelto, diretta allo specchio degli spogliatoi per disfarsi dello chignon e dimenare la chioma scura. Non ero riuscita ad inziare un discorso con lei. Quel giorno era particolarmente persa dei suoi pensieri, distaccata, nel proprio mondo. L’unica cosa che ero riuscita a dirle era quel poco per prestarle il mio secondo paio di punte, che tenevo di riserva. Nemmeno a fine lezione, dove di solito avevamo più da dirci, nessuna era riuscita a farle aprire bocca. Non biascicava parola, nulla, pareva le avessero tagliato la lingua. Proprio come Michael quella mattina. Era identica a lui. Lei era lì con noi solo con i piedi, la mente era altrove, e non aveva la minima intenzione di tornare sui propri passi. Ci salutò e…via! Scomparve dietro alla porta, senza lasciare traccia.

I capelli erano finalmente liberi di svolazzare e muoversi sulle mie spalle. Indossai il borsone e salutai le mie compagne, per poi uscire nella piazzetta davanti alla scuola di danza. Mi appoggiai ad un muretto, mettendomi in attesa dell’automobile di Luke. Un minuto e vidi spuntare da lontano Tomlinson seguito da Styles, con gli occhi puntati addosso a me. Cercai di non fissarli e guardai altrove, tentando di non farmi notare. Nel frattempo, i due continuavano ad avvicinarsi a me. Il cuore cominciava a battermi all’impazzata. Tenevo lo sguardo fisso sulla strada e la tracolla del borsone tra le mani, pronta a correre via non appena avessi visto la benedetta Mini Cooper nera apparire sulla carreggiata.

- Ciao Ilary – mi salutò Tomlinson.

Mi voltai verso di lui. Lo salutai con un cenno.

- Come va? –

- Non sono tenuta a dirtelo – dissi acida.

Il ricciolo nel frattempo continuava a percorrere il mio corpo con quegli occhi furbi, vispi, maligni, ma non diceva nulla. Dall’ultima volta che l’avevo visto bene, erano apparsi diversi tatuaggi sul collo, sulle braccia, e diversi piercing spuntavano qua e là sul suo viso. Per lo più, un filo di matita nera era stato impresso attorno agli occhi. Il fetore di fumo e alcol continuava ad invadermi le narici, costringendomi a fare qualche smorfia quando proprio non respiravo. I due si scambiarono un’occhiata complice.

- Ah beh. Noi stiamo bene – fece spallucce.

- Non ti ho chiesto nulla, Louis – sottolineai.

Styles mi fulminò con lo sguardo, ma rimase taciturno.

- Sai, gradiremmo fare quattro chiacchiere con te, se non ti dispiace… - continuò Tomlinson.

- Mi spiace, ma rifiuto la vostra richiesta –

Louis mi guardò in tralice, per poi passare momentaneamente lo sguardo sull’amico.

- No, tu invece sarai costretta ad accettarla, mia cara – questa volta prese parola il vocione di Styles.

Lo guardai. Louis mi afferrò i polsi e me li strinse, per poi strattonarmi lontana dal muretto. Opposi resistenza. Come risposta, Styles mi spinse in avanti, minacciando di massacrarmi se non avessi camminato senza fiatare. 




 
 
Luke
- Ilary è nei guai –
Un tonfo al cuore. Sentire che Ilary era in pericolo era stato come ricevere un pugnale dritto nel petto. La voce di Calum continuava a rimbombarmi in testa, mettendomi ancora più ansia. Premevo l’acceleratore costantemente. Prima arrivavo a quella dannata scuola, meglio era. Non osavo immaginare che idee avessero quelle due teste di cazzo, non volevo assolutamente sapere cosa volevano fare a Ilary. L’unica cosa che volevo in quel momento era averla tra le braccia il prima possibile. Dovevo ringraziare quella povera ragazza di Samantha, che era uscita con uno di loro per quasi un anno. Proprio non capivo la pazienza che avesse avuto. Dove lo potevi trovare poi il coraggio di spifferare i piani del tuo ex a una persona che conoscevi poco? Senza quella ragazza, probabilmente, Ilary non l’avrebbe passata bene.

Accostai bruscamente al marciapiede e osservai la piazzetta davanti all’accademia. Nessuno. Vuota. Deserta. Mi stavo preoccupando seriamente. Sbuffai. Stavo per ripartire, quando il Nokia Lumia risuonò nella mia tasca. Lo afferrai e osservai il display illuminato. Michael. Risposi.

- Ilary non c’è – sputai amaro.

- Stai calmino – mi disse rilassato. Michael era quel tipo di persona che non andava mai nel panico e affrontava le situazioni difficili con tranquillità. Che invidia.

- Come faccio ad essere calmo?!! Secondo te è la situazione in cui le cucinano una squisita torta con panna?!! Io non riesco a stare calmo! – schiamazzai.

- Va bene, va bene…Io sto percorrendo Arden Road…Mi era sembrato di vederli svoltare qui…Sto chiamando tutti, così pattugliamo la zona… - continuò nella sua innaturale serenità.

- Ok – sbuffai, per poi terminare la chiamata.

Gettai il cellulare sul posto del passeggero. Era da tempo che non viaggiavo da solo. Di solito c’era Ilary con il suo sorriso radioso, la sua voce candida e sinuosa seduta lì accanto a me. Era sempre stata lì, dal giorno in cui l’avevo portata a casa perché si era ritrovata fradicia e infreddolita sotto l’acquazzone, ed eravamo sempre finiti a sorriderci senza dire niente. Assolutamente niente. Lei era la mia piccola rompiscatole, che si metteva a imprecare quando non trovava l’asciugacapelli la mattina e che momenti si appisolava sul mio braccio durante le lezioni di scuola più noiose. Lei era come una rosa: bella e delicata. Niente e nulla di più. Una rosa che avevo soltanto bisogno di cure.

Una lacrima amara solcò la mia guancia. Con stupore, la sfiorai con i polpastrelli. Da quando in qua Luke Hemmings piangeva? Diedi uno sguardo di sfuggita al sedile vuoto e capii. Avevo bisogno della mia rosa.
 
 




Michael
Mi aggiravo per i vicoli intorno ad Arden Road, coi finestrini abbassati, alla ricerca del minimo suono sospetto. Era sempre stato un posto poco frequentato, essendo solo una piccola zona residenziale, ma mai avevo visto quei marciapiedi così vuoti, deserti. A malapena qualche gatto se ne stava stravaccato sui muretti, ma non c’erano passanti, né tanto meno molte automobili che percorressero quelle strade. Tutto perfetto per un rapimento così ben architettato. Avevo già incontrato i veicoli dei miei amici un sacco di volte, ma nessuno aveva mai trovato una minima traccia di quei due, né tantomeno di Ilary.

Mi ritrovai ad accostare davanti ad un locale di un vecchio supermercato ormai inutilizzato e rifugio di qualche artista di strada e provare a chiamare gli altri per portare le ricerche in altri vicoli. Era evidente che lì non potevano essere passati. Chiamai così Luke. Rispose quasi subito.

- Pronto? –

Stavo quasi per parlare, quando sentii un rumore sinistro provenire da quelle mura. Pareva quasi un tonfo.

- Mike? –

Rimbombarono dei passi.

- Ehi? –

Un grido isterico femminile. Oramai era tutto chiaro.

- L’ho trovata – dissi fermo.
 
 
 
 
 





SPAZIO AUTRICE
Hola!!!
Ok, ho pubblicato prima del solito, ho trovato la motivazione in questi giorni!
Spero che vi sia piaciuto!!!
Bye!!!!

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 22
*** Believe In Me ***


- CAPITOLO 21 –


BELIEVE IN ME


 
 
 
 
 
Ilary
Non sapevo dove mi stessero portando. Il ricciolo continuava a spingermi in avanti, ma opponevo resistenza. Sapevo che rischiavo di ricevere uno schiaffo in viso, ma non mi importava. La mia libertà era più importante. I due, nel frattempo, non avevano proferito parola se non per urlarmi “Vai avanti!” o “Muoviti!”. Procedevano a passo svelto. Avevo paura, non la smettevo di guardarmi attorno ma, stranamente, non c’era segno di vita. Non vi erano passanti, non giravano cani randagi….e Luke? Dov’era finito? Non avevo mai desiderato così tanto poterlo avere con me. Eravamo gli unici a percorrere quella via che non ricordavo di aver mai visto.
Improvvisamente Styles afferrò violentemente il mio braccio e mi strattonò con lui. Entrammo in uno stabile vecchio e disabitato, meta di qualche artista di strada. Le pareti erano completamente dipinte con graffiti. Mi fecero salire alcune rampe di scale, per poi guidarmi in una stanza appartata, lontana dalla via e dai condomini a fianco. Louis mi strappò via il borsone e me lo gettò in un angolo. Harry mi spintonò, facendomi cadere a terra, per poi tirarmi calci in modo da guidarmi verso l’angolo opposto. Mi fecero prendere respiro. Non mi mossi. Louis mi si avvicinò, per poi abbassarsi, in modo da guardarmi negli occhi. Cercai di raggomitolarmi su me stessa, in modo da stargli il più lontano possibile.

- Dov’è Calum? – mi chiese.

Lo guardai con odio.

- Dov’è Michael? –

Continuai ad osservarlo, ma non dissi nulla.

- Dov’è Ashton? –

Il tono si fece più forte. Tacqui.

- Dov’è…Luke? – ghignò.

Lo guardai dritto negli occhi.

- Arriverà – dissi decisa.

Mi osservò negli occhi. Un ghigno si fece spazio sul suo viso. Scosse la testa.

- Sì, invece – gridai.

Rise. Lo fulminai con lo sguardo.

- No, non arriverà. Ti avevo avvertito –

Gli occhi mi si riempirono di lacrime. No, non potevo piangere.

- Ti ha usato, Ilary –

Trattenni i singhiozzi.

- A lui tu non interessi – scandii.

Le lacrime sgorgarono.

- Lui arriverà, che ti piaccia o no! – gridai.

Feci per alzarmi. Ricevetti uno schiaffo sulla guancia così forte che finii di nuovo a terra. Singhiozzai ancora più forte. La guancia scottava, non avevo mai ricevuto un colpo più forte. A malapena riuscivo a sostenermi con le braccia. Louis e Harry ghignavano davanti a me, compiaciuti.

- E’ stato più facile di quanto pensassimo, sai? Adesso ci potremmo divertire per bene con te! Ringrazia il tuo Luke! – rise Harry, avvicinandosi pericolosamente a me. Lo guardai.

Indietreggiai, per finire a sbattere contro l’angolo della sala. Harry si avventò su di me, impedendomi in qualsiasi modo di poter scappare. Mi tolse le scarpe, per poi gettarle via. Mi prese con forza il viso e mi obbligò a baciare quelle labbra sudice, dal sapore di tabacco. Si distaccò e si avventò sul collo, cominciando a torturarlo violentemente. Gridai. Lo stava mordendo. Cercavo di respingerlo via spingendo il suo petto lontano da me, ma nulla da fare. Si staccò e con le mani afferrò i lembi della maglietta che indossavo, per poi sfilarmela velocemente. In quell’attimo mi spostai di lato, tentando di fuggirgli via.

- Oh, avanti, piccoletta. Ti voglio solo far divertire un po’ – ghignò, afferrandomi le gambe e tirandomi di nuovo a lui.

Con le mani arrivò al cavallo dei pantaloncini. Anche quelli finirono in un punto indefinito della stanza. Il collo continuava a dolermi. Ormai ero in intimo sotto di lui. Mi prese per i fianchi e cominciò a stringere. Gridai. Mi baciò nuovamente, con foga. Cercai in tutti i modi di discostarmi dal suo viso, ma per risposta premette ancora più forte le labbra contro le mie, quasi a farmele dolere. Fu in quel momento che sentii delle voci chiamarmi, dei passi correre da una parte all’altra. Identificai la voce di Luke, chiamarmi disperata. Cominciai a chiamarlo, forte, ignorando completamente i ringhi di Tomlinson che mi ordinassero di tacere. Harry cominciò a giocare con i lembi delle slip, tentando di disfarsi anche di quelle. Gli bloccai i polsi e tentai di respingerlo.

- Muoviti, cretino! Ti fai mettere i piedi in testa da una troietta?! – gli gridò isterico Tomlinson.


 
 
 
Luke

- Luke! Luke! Sono qui! –

Le grida spaventate di Ilary arrivarono alle mie orecchie come lame. Le sentirono tutti. Ci scaraventammo direttamente sulle rampe di scale. Eravamo al secondo piano, e cominciammo ad udire chiaramente anche le voci dei due ragazzi. Ci eravamo divisi, in modo da trovarli il prima possibile. Stavamo perlustrando un corridoio semi nascosto da una tenda  quando la vidi, mentre lottava con tutte le sue forze contro il ricciolo sopra di lei. Cominciai a correre ed entrai nella stanza, sotto gli occhi freddi di Tomlinson. Spinsi via il ragazzo da lei e mi gettai accanto a lei, per poi spingerla a contatto col mio petto. Singhiozzava.

- Sono qui – le sussurrai, per poi stringerla ancora più a me.

Le baciai innumerevoli volte la testa, mentre piano a piano i singhiozzi si attenuavano, fino a non sentirsi più. Mi osservò con i suoi fari blu, mentre mi accarezzava delicatamente la guancia, quasi andava a sfiorarmi il piercing. Le tirai indietro dal volto i capelli e poggiai delicatamente le labbra sulla sua fronte, mentre con delicatezza chiudeva le palpebre al contatto. La strinsi ancora, facendole sentire tutto il calore che avevo in corpo. Con delicatezza, pose le braccia attorno al mio collo e si lasciò completamente andare a me, mentre mi accarezzava la nuca.

Mi voltai poi verso quei due, senza scampo in un angolo, dato che Ash, Cal e Mike avevano coperto l’unica via d’uscita che potevano avere. Negli occhi di Louis bruciava intesamente la sconfitta, in quelli di Harry l’amarezza. Guardai entrambi con tutto l’odio che potessi provare. Mi voltai verso i miei amici, che non sapevano se guardare me o quei due, visto cosa stava capitare. Si leggeva nei loro occhi lo stupore, il disprezzo, ma anche la compassione verso quella povera ragazza che non aveva mai fatto nulla di male.

Lasciai che si sdraiasse contro il muro. Solo il fatto di ritrovarla in intimo mi fece imbestialire. Le guance erano attraversate da scie nere, le labbra erano rosse fuoco, la guancia sinistra riportava il segno di un violento schiaffo, visto il rossore. Sul collo, un segno violaceo spiccava portentoso. Lo sfiorai con le dita, con delicatezza innaturale, quasi per paura di farle male. Lei, nel frattempo, mi studiava il viso con quegli occhi semilucidi, senza però dire niente. I fianchi erano segnati da segni rossi e violacei, le gambe piene di lividi.

Le presi il viso tra le mani, per poi avvicinarmi fino ad arrivare a sfiorarle la punta del naso con la mia. I suoi occhi continuavano ad cercare i miei. Deglutii a vuoto.

- Non so nemmeno cosa fare. Aiutami, per favore – sussurrai, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime.

Posò lo sguardo sulle mie labbra. - Lasciali andare – disse.

- Ma perché dovrei lasciarli andare? Ti hanno fatto troppo male, non posso… - una lacrima fuggitiva sgorgò dai miei occhi.

Ilary la notò subito. Me la portò via col pollice.

- Fidati di me – mi disse.

Sospirai. – I due possono andare – dissi amaramente ad alta voce, senza distogliere lo sguardo dagli occhi della mia rosa.

Si alzò un leggero farfugliare tra i tre.

- Dopo che hanno tentato di violentare la tua ragazza, tu hai il coraggio di lasciarli andare senza storcere loro nemmeno un capello?!! Luke, tu sei pazzo! – borbottò Michael.

- Tu lasciali andare – dissi convinto.

Anche se nel completo caos mentale, Michael e Ashton si avvicinarono ai due e li presero per i colletti delle magliette, per poi scaraventarli fuori dalla stanza. Scapparono immediatamente.

- Vi aspettiamo fuori – disse Calum, per poi scomparire dalla stanza assieme ad Ash e Mikey.

Annuii. Mi alzai e cominciai a raccoglierle i vari indumenti sparsi per la stanza per poi posarli accanto a lei. Portai anche il borsone. Mi sedetti di nuovo accanto a lei e frugai nel borsone, alla ricerca di un pacchetto di fazzoletti. Lo trovai e, dopo averne sfilato uno, cominciai a ripulirle il viso dal mascara sbavato. Le chiesi poi di sedersi. Le infilai la maglietta e i pantaloncini. Le lasciai infilarsi le scarpe e l’aiutai ad alzarsi. Cercò di prendere il borsone, ma la fermai.

- Te lo porto io – le dissi. Annuì, lasciandone il manico.

Si avvicinò e mi strinse in un abbraccio affettuoso, che ricambiai con tale affetto. Appoggiò la testa contro il mio petto, mentre con le mani stringeva in un pugno la maglietta che indossavo. Con una mano le accarezzavo i capelli.

- Grazie – sussurrò. Le baciai la testa.

Spostai le mani sui suoi fianchi.

- Ehi! Luke! Che cosa stai cercando di…? –

La sollevai in aria, mentre si aggrappava al mio collo. Rise appena. Le feci incrociare le gambe attorno al mio bacino, per poi sostenerla a me tenendole le cosce. Mi osservò intensamente gli occhi, per poi posare delicatamente le dita lungo le mie guance. Cominciò ad avvicinarsi a scatti, esitando. Ghignai divertito. Spinsi il viso in avanti voglioso, ritrovandomi a sfiorarle le labbra. Sorrise.

- Se proprio volevi un bacio, bastava dirmelo, perché io muoio dalla voglia di farlo ogni volta che ti… -

Premette le labbra contro le mie, interrompendo il mio discorso. Si staccò immediatamente.

- No! –

Mi avvicinai nuovamente al suo viso.

- Credi che per me sia abbastanza? –

Rise.

- Luke, secondo te io non…?! –

Questa volta la interruppi io, baciandola di nuovo. Adoravo quella delicatezza che aveva nel farlo, adoravo quando mi accarezzava le guance in quel modo. Approfondii il bacio. Cominciò ad espandere le carezze al collo, sfiorandolo delicatamente con i polpastrelli. Mi allontanai per riprendere fiato. Cercai nuovamente il suo viso.

- Sentite piccioncini, siete lì da soli da quasi mezzora! Quando vi decidete a scendere?! – la voce di Michael risuonò nell’edificio vuoto.

Sbuffai.

- Arriviamo! – gridai, mettendo giù Ilary.

Le presi il borsone e le afferrai la mano, mentre l’accompagnavo verso la porta.








 
 
 
SPAZIO AUTRICE
Hi!!!!!
Ecco qui il nuovo capitolo!!!!
Ok, Ilary l’ha scampata per un pelo, poverina….Poi con la fascia Lukary alla fine super sweet!!! Non mi poteva venire meglio!!!

Apparte questo, mi sono innamorata del nuovo album dei 5SoS, è semplicemente ashgklhtvdads… *.*
Qualcuno di voi li vedrà ai concerti dei 1D a Torino e Milano? Io purtroppo no :(

A presto!!
 
 

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Capitolo 23
*** I Was Too Stupid! ***


- CAPITOLO 22 -

I WAS TOO STUPID!
 



 
 
Samantha
 

 
Ciao! Sono Samantha. La ragazza sta bene?

 
 
Avevo mandato il messaggio a quel moretto con cui ci avevo parlato a malapena per qualche minuto con una fiducia impressionante. Dov’era finita la Samantha Corwell diffidente, che non si confidava facilmente se non la conoscevi bene e che credeva che da sola sarebbe stata sempre bene? Sarà stato perché era un amico di Ashton, sarà stato perché aveva una faccia buffa, con quel naso a patata…non lo sapevo, ma mi stavo fidando. Forse semplicemente perché mi andava di farlo.


 
Ciao! Siamo arrivati in tempo, fortunatamente.
Sei occupata adesso? Vorrebbe almeno conoscerti…

 

 
No, dove la posso incontrare?
 
Stratford Street, n° 18… Ti aspettiamo!!
 
Ok.


 

 
Mi incuriosiva davvero tanto quella ragazza. Avevo solo dato delle informazioni su qualche macabro piano del mio ex ad uno sconosciuto che, per pura coincidenza, conosceva la loro vittima e sapeva dove trovarla. E non sapevo nemmeno se questa fosse tantomeno la sua ragazza, o soltanto una sua amica. Ci andava ancora che quel coglione di Styles scoprisse che sapevano tutto grazie a me e potevo considerarmi morta.

Parcheggiai la Peuget 208 davanti a quella villetta che mi aveva indicato Calum. Scesi e, chiavi in tasca, andai a bussare all’ingresso. Mi venne ad aprire Ashton. Lo salutai ed entrai in casa. Mi guardai attorno: era bella, straordinariamente ordinata, ben ammobiliata. La porta d’ingresso sboccava direttamente in salotto. Oltre ad Ash, vi erano Calum ed altri due ragazzi. Il più alto tra questi aveva i capelli tinti di un rosso mattone sbiadito, che risaltava gli occhi verde chiaro. Osservando gli abiti che indossava, sembrava la versione in piccolo di Billie Joe Armstrong, il cantante dei Green Day. L’altro aveva i capelli biondi oro e gli occhi azzurro mare vispi. Sfoggiava un piercing alle labbra, che con il suo scintillio pareva cercasse di competere con il riflesso chiaro dei capelli alla luce che trafilava da qualche finestra. Aveva le gambe incredibilmente magre, fasciate da un paio di skinny jeans dagli strappi giganteschi. Ecco, tutti e quattro i ragazzi presenti indossavano skinny jeans, come se ci fosse stata una regola precisa.

In centro al salottino, una ragazza biondo miele, di cui non riuscivo a vedere il viso, ne abbracciava un’altra castana. Oh meglio, la stavi quasi per strozzare.

- Sì, va bene Rach. Staccati adesso, che soffoco! – si lamentò la poveretta.

Si staccarono. Due ragazze indubbiamente bellissime, lo si doveva ammettere. La ragazza bionda, che ipotizzavo si chiamasse Rachel, aveva un paio di occhi verdi chiaro da invidia e, con quella chioma perfettamente liscia, faceva sicuramente diventare pazza una scia innumerevole di ragazzi dietro di lei con un solo movimento. A tratti, ricordava vagamente il mini Billie Joe. Quella castana, che doveva essere Ilary, aveva una meravigliosa chioma mossa chiara, con un paio di dolci occhi blu da fare invidia all’oceano e un sorriso altrettanto tenero. Magra, ma non troppo. Il ragazzo biondo continuava a guardarla con una tenerezza innaturale, come se fosse stato in paradiso. Lei invece non si perdeva mai d’animo di rivolgergli un sorriso, così, anche senza un motivo preciso. Regnava una strana energia tra quei due. Molto probabilmente stavano insieme.

Ilary mi rivolse un sorriso.

- Tu devi essere Samantha, giusto? – mi chiese. Mi stava già simpatica.

Ricambiai il sorriso. – Sì, sono io –

- Io sono Ilary, piacere –

- Piacere tutto mio. Volevo solo sapere come stai – le chiesi.

- Adesso bene, prima ero ancora un po’ frastornata – la sua voce si incupì per un secondo.

Cercava di nascondere nervosamente con i capelli il collo da quando ero entrata: chissà che stava cercando di oscurarmi dalla vista. Il ragazzo biondo si avvicinò a lei. Si voltò verso di lui. Con una mano le tirò indietro i capelli dal fianco che non potevo vedere e cominciò ad accarezzarle un punto vacuo alla base del collo. Nel frattempo le sussurrava qualcosa, osservandole costantemente la pelle. Lei annuiva semplicemente, osservando il viso di lui. Le rimise i capelli a posto e le lasciò un bacio a stampo.

- Eh, mi raccomando Luke, fatti subito riconoscere! – lo rimproverò scherzosamente Calum.

- E dai!! Era solo un bacio! Nulla di ché! – si lamentò il biondo ridendo.

Ilary rise e si voltò nuovamente verso di me. Fu in quel momento che lo vidi. Un segno violaceo e rosso enorme spiccava tutto fiero sulla carnagione della ragazza alla base del collo, le si poteva ancora vedere lievemente il segno dei denti. Reagii d’istinto.

- Cazzo, che ti hanno fatto?!! – gridai, per poi tirarle indietro i capelli che lei aveva prontamente portato in avanti per nascondere l’imminente ferita.

La osservai per un momento.

- Chi è stato a fartelo? – le chiesi preoccupata.

- Styles – rispose Luke. Ilary abbassò lievemente lo sguardo.

Mi portai la mano alla bocca, mentre con stupore notavo anche i diversi lividi che riportava sulle gambe.

- E quelli? Chi te li ha fatti? – continuai, indicandole i polpacci.

- Lo stesso, mi ha preso…a calci – disse questa volta Ilary, a voce bassa, quasi sussurrando.

Luke le si avvicinò e l’abbracciò da dietro, circondandole la vita con le braccia e lasciando che si appoggiasse al suo petto, per calmarsi. Come poteva Harry aver fatto una cosa del genere? Sapevo bene che negli ultimi tempi era visibilmente cambiato, ma arrivare a picchiare una ragazza? Non poteva essere, no!

- Quindi hanno cercato di… - sputai amara.

La ragazza annuì, con la paura ancora scritta negli occhi. Luke la strinse più a sé.

- Dov’è il bagno? – chiesi.

- Prima porta a destra al piano superiore – mi disse il biondo.


Lo ringraziai e mi gettai di corsa su per le scale, proprio per non farmi vedere piangere davanti a loro. Mi rinchiusi nel bagno. Mi gettai a terra. Cominciai a singhiozzare. Le ferite che riportava quella ragazza sembrava si fossero impresse in me. Harry era diventato un gran coglione: mi aveva tradita un sacco di volte dall’inizio di gennaio, ma arrivare a violentare Ilary era qualcosa di eccessivo. Tutto in lui era troppo eccessivo, andava contro ogni limite. E io, stupida, ero rimasta ceca e l’avevo lasciato fare, decidendomi poi di chiudere i rapporti nel momento sbagliato. Chissà se stava già sospettando di me…chissà che mi avrebbe potuto fare…e chissà se avrebbe di nuovo ferito la povera Ilary, se questa avesse lasciato scorrere... No, Luke e i suoi amici erano troppo arrabbiati per fargliela passare liscia, lo denunceranno sicuramente…e a quel punto saremmo state entrambe salve…

Anche però con quelle considerazioni, le lacrime continuavano a rigarmi le guance senza pietà. Non capivo nemmeno perché stessi piangendo così tanto. Sicuramente lo stavo facendo per la mia ingenuità, per la mia stupidità, per aver creduto in un ragazzo che avrebbe sempre portato guai nella mia vita. Ma mai lo avevo odiato così tanto.

Bussò qualcuno alla porta.

- Chi è? – singhiozzai.

- Sono Calum –

- Entra – sbuffai, con voce smorzata.

Calum entrò, per poi richiudere la porta alle proprie spalle. Tese la mano verso di me.

- Alzati, dai –

Afferrai la sua mano e mi alzai davanti a lui.

- Perché piangi? – mi chiese.

Lo guardai nei suoi occhi a mandorla, ma non dissi niente.

- Allora? –

- Perché frequentare quel pirla è stata una cretinata, un’insulsa cretinata, una cazzata vera e propria… - sputai amara.

Sorrise debolmente. – Ah beh, su questo ti do tutte le ragioni del mondo…ma guarda il lato positivo –

- E dove sarebbe il lato positivo? – chiesi scettica.

- Non avremmo mai trovato Ilary in tempo se non avessi sentito i suoi piani e adesso sarebbe ancora a prendersi qualche schiaffo in faccia e a urlare di dolore. Luke ti è infinitivamente grato per questo… - spiegò.

- Una curiosità: ma quei due come si vogliono considerare? – chiesi abbozzando un sorriso. Mi stava facendo bene parlare con lui.

- Solo fidanzati, ma io mi vedo già lui in giacca e cravatta e lei tutta agghindata con un abito dallo strascico lunghissimo davanti all’altare …Oh, credimi, quei due non si lasceranno mai più…Sarà perché sono costretti a convivere… - rise. In effetti, era vero: erano davvero una bella coppia, si vedeva da un miglio che si amavano come pochi ancora facevano.

- Convivere? – risi.

- Ah sì! Tu non lo sai! I genitori di Luke e Ilary sono via per lavoro e li hanno costretti a convivere… All’inizio non erano molto entusiasti all’idea, ma poi…Lei “Luke, guardiamo un film?” – imitò la voce cristallina di Ilary. Risi.

 – e lui “Certo piccola, cosa vuoi guardare?”… Momenti si metteranno a chiamarsi persino amore! – Risi ancora.


Insistette nel lavarmi via le righe lasciate dal trucco sbavato dal viso. Avevo smesso di piangere fortunatamente. Mi portò giù dagli altri.

Continuavamo a ridere.



E io mi sentivo tremendamente bene.
 
 
 
 
 







SPAZIO AUTRICE
Ciao ragazze!! Eccomi di nuovo qui!
Samantha che piange e Calum che la consola, per non parlare anche del piccolo attimo di dolcezza tra i Lukary… è forse uno dei capitoli che mi è venuto meglio, credo.

Tenendo da una parte la storia, qualcuno di voi ha saputo che hanno combinato al night club Byblos di Milano la sera del 27 giugno? Voi che ne pensate? Fatemi sapere, sarei grata di sentire i vostri pareri.

Un bacio!!
 
 

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Capitolo 24
*** Revenge ***



- CAPITOLO 23 -


REVENGE






 
- Vorremmo chiedere un colloquio con la preside, se possibile anche subito –

Così ci eravamo presentati in segreteria, davanti a quella fannullona di una segretaria che, in quel momento, si stava beatamente spalmando un prezioso smalto rosso sulla superficie delle unghie. Era proprio una di quelle che lavoravano nella scuola da secoli, le classiche in tailleur e collant nere, che non vedevano l’ora di riscuotere la pensione. Alzò pigramente lo sguardo sul mio viso, per poi dare un accenno a quelli di Luke, Calum, Michael e Ashton. Sbuffò sonoramente.

- C’è proprio bisogno che ci andiate tutti e cinque? – parlò odiosa.

- Sì, siamo tutti testimoni – sbottò infastidito Luke.

La segretaria sbuffò nuovamente, per poi abbandonare la sedia dietro la cattedra e pregarci di seguirla. Ci guidò nel corridoio est al piano terra. Luke continuava a starmi accanto. Qualche studente in ritardo ci rivolgeva qualche sguardo incuriosito. Arrivammo davanti alla porta dell’ufficio presidenza. La segretaria bussò con insistenza. La voce della preside Lux rispose dall’altra parte della porta.

- Alcuni studenti desiderano vederla – cantilenò la segretaria sbuffando.

- Possono entrare – rispose la preside.

La segretaria aprì la porta per farci entrare, per poi richiuderla alle nostre spalle. La dirigente ci osservò per un momento. Era nuova, quindi non l’avevamo ancora vista da vicino. Era una donna sulla quarantina, magra, con degli occhi azzurro chiaro dallo sguardo arcigno, gli zigomi pronunciati, la bocca incredibilmente carnosa. I capelli castani erano tirati indietro in uno chignon disordinato. Ci disse di avvicinarci, visto che ci eravamo ammassati contro la porta. Appoggiò i gomiti sulla cattedra e posò il mento tra le mani.

- Allora cosa vi ha spinto a incontrarmi? – ci chiese.

Provai a parlare ma mi zittì immediatamente.

- Puoi accomodarti, se lo desideri – mi disse gentile, sfoderando anche un sorriso, indicando le due sedie davanti alla cattedra.

Mi avvicinai e mi sedetti su quella a destra, mentre i ragazzi si accerchiarono tutti attorno, a mò di barriera.

- Io…ecco…avrei subito una tentata violenza sessuale da parte…di due studenti – balbettai.

Il suo sguardo si fece cupo. Notai solo in quel momento che stava studiando preoccupata quel segno violaceo che avevo dimenticato di nascondere con i capelli.

- Quel punto alla base del collo… - lo indicò.  - …è una delle prove che questo sia accaduto? – disse un tono preoccupato.

Sentii lo sguardo di Luke ricadere su di me. Annuii con la testa.

- Loro, inoltre, sono tutti testimoni – aggiunsi.

La preside passò lo sguardo su di loro.

- Chi sono i due studenti in questione? – chiese pacata.

- Louis William Tomlinson e Harold Edward Styles, studenti del 5° anno – rispose Luke al posto mio.

La preside sospirò, per poi alzarsi e avvicinarsi al citofono che si collegava alla segreteria. Schiacciò un pulsante e alzò la cornetta per poi porgerla all’orecchio. Dopo qualche secondo, diede l’ordine di portare i due maniaci in presidenza.




 
 
Harry

- Harold Edward Styles è pregato di seguirmi in presidenza –

La voce fastidiosa di quella segretaria grassa e tarchiata mi aveva innervosito parecchio. E poi che cosa voleva la preside? L’unica cosa che mi fece alzare fu la consapevolezza di poter saltare quella noiosa lezione di chimica, non sentire per un po’ la voce stridula della professoressa. Tutti i miei compagni mi seguirono con lo sguardo finché non uscii fuori. Non appena vidi che non ero solo, ma bensì in compagnia di Louis, lo cosa mi sembrò piuttosto sospetta.

- Spera che non sia la Jersey, se no abbiamo la sospensione, per non dire l’espulsione, servita su un piatto d’argento – ringhiò lui.

Strinsi i pugni. Seguimmo il passo svelto della donna in silenzio, fulminando con lo sguardo chiunque fosse in giro per i corridoi e osasse osservarci. Sembrava quasi che al nostro arrivo tutta la scuola fosse accorsa a vederci, come se fossimo stati degli assassini sotto processo. E questo mi stava dando veramente sui nervi. Non appena svoltammo nel corridoio al primo piano, riconobbi la mia ex, con la sua chioma biondo chiaro che ondeggiava qua e là, venirci incontro dalla parte opposta a passo svelto, con qualche libro stretto al petto. Mi passò a fianco, lanciandomi occhiate taglienti, a cui risposi con un ghigno. Non ci volle molto che ci trovavamo già nel corridoio est al piano terra. La segretaria bussò all’ufficio presidenza. Ci aprì poi la porta e ci fece entrare. Non trovammo solo la preside a squadarci arcigna, ma bensì altre cinque persone, nemmeno scelte a caso:Michael Clifford, Calum Hood, Ashton Irwin, ma soprattutto Ilary Jersey e Lucas Hemmings, detto Luke, che si scambiavano pareri sottovoce. Strinsi i pugni. Quanto odiavo quella testa bionda.

- Prego, avvicinatevi, non siate timidi – nella voce della preside c’era un velo di furia quasi stuzzicante.

Obbidimmo.

- Adesso potremmo vedere se la vostra versione dei fatti, signorina Jersey, coincide con ciò che i signori Styles e Tomlinson hanno da dire – disse pacata la Lux, tamburellando le dita sulla cattedra e lanciandoci occhiate infuriate.

Ilary, con la sua voce fastidiosa, raccontò brevemente tutto l’accaduto del giorno prima, senza andare strettamente nei particolari. Stringemmo i pugni. La preside ci chiese la nostra conferma, ma non aprimmo bocca, continuando a fissarla. 

- Ma da cosa ho capito, voi quattro ragazzi sapevate che era con loro due… era solo intuito o qualcuno vi ha avvertito? – continuò la donna.

Hood prese parola. – E’ stata una ragazza a dirlo a me e a Ashton, il ragazzo con la bandana, poi lo abbiamo detto agli altri due e siamo corsi a cercarla –

- Chi è questa ragazza, se si può sapere? –

- Samantha Corwell, studentessa del 4° anno –

Sgranai gli occhi. Samantha?! Come cavolo aveva potuto sapere le nostre mosse?!

- Qualcuno di voi potrebbe andarla a chiamare? La segretaria è un po’ stufa di fare su e giù per le scale – chiese la Lux, roteando le orbite.


 
Irwin uscì così dall’ufficio, a cercare quella stronza. L’aula cadde nel silenzio. I due piccioncini continuavano a scambiarsi pareri su pareri, accompagnati da occhiatine dolci. Facevano quasi vomitare dal modo in cui la dolcezza passava tra i loro sguardi. Ma sembrava che gli altri presenti nella stanza, eccetto Louis, piacesse quel loro affetto sdolcinato. Persino la preside sorrideva sotto i baffi. Ci mancava che si sbaciucchiassero lì ed eravamo a posto. Io e Louis continuavamo a non proferire parola.

Irwin ritornò con la Corwell. Mi rivolse uno sguardo di sfuggita, per poi rivolgere un sorriso…a Hood?! Calum Hood? Com’era possibile?!! Mi aveva lasciato da una decina di ore ed era già a sorridere a un tipo del genere?! In più della gang di Hemmings! Ah no, quello proprio aveva superato il limite, sembrava quasi una barzelletta!! Insomma…Oh, al diavolo Corwell!


La bionda si mise in piedi tra di noi.

- Vorrei solo sapere come ha fatto ad arrivare a conoscenza dei piani del signorino Styles – le chiese.

Mi diede un’occhiata. – Stava parlando al telefono con il signorino Tomlinson e mi è arrivato all’orecchio. Sono poi andata nel bar in cui lavorano alcuni dei ragazzi e ho scambiato quattro chiacchiere con loro, senza nemmeno sapere che la persona a cui puntavano fosse loro amica – parlò. La preside le sorrise.

- Ok, la ringrazio. Può tornare in classe ora – le disse.



Samantha si voltò e mi lanciò un ghigno. La guardai furioso. Ecco, è stata persino vendicata.

Fanculo.
 


 






SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutte!!!
Abbiamo capito a cosa puntava Ilary dicendo ad un Luke disperato, quasi pronto a strapparsi i capelli, di non picchiare quei due maniaci. La loro “pena” la conoscerete a pieno nel prossimo capitolo.
Facciamo tanti auguri ad Ashton, il nostro angelo batterista, che oggi compie 20 ANNI. Non. Può. Essere. Vero. Vi lascio con una sua gif *.*
Baci!



 

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Capitolo 25
*** Saturday ***


- CAPITOLO 24 –


SATURDAY




 
 
 
Osservava la sua immagine riflessa nello specchio, sistemandosi gli abiti di tanto in tanto. I capelli erano tenuti da un lato in una treccia, gli occhi avevano quel velo di mascara che era solita applicare, le labbra dipinte dal lucidalabbra trasparente. Nonostante avessi cercato di convincerla a mettersi un vestito, Ilary, testarda com’era, era corsa a rubare la canotta dei Nirvana dal mio armadio senza dirmi niente. Visto che ero in camera sua al momento del furto, mi aveva fatto uscire nascondendola dietro a sé, ed era stata talmente brava a non farsi vedere troppo che non avevo sospettato di nulla. E così…quando mi aveva detto di riaprire dopo essersi cambiata, mi ero ritrovato quasi a sbavare davanti a lei, appoggiato allo stipite della porta. Dio, se le stava bene. Nonostante le fosse stata un po’ grande di busto, le fasciava perfettamente i fianchi, abbinandosi ai pantaloncini di jeans e alle Converse bianche. Altro che vestitini e gonne! Momenti le potevano saltare addosso tutti i ragazzi che poteva incontrare per strada!

- Come sto? – mi sorrise.

- Uno schianto – risposi. Rise. – Tutti i ragazzi ti guarderanno senza nemmeno pensare che sei già M-I-A –

Rise ancora e mi si avvicinò.

- Sì, però io me ne starò sempre appiccicata al mio Luke-Luke gelosone così evito che qualche brillo mi tocchi – mi schernì toccandomi la punta del naso.

Feci il finto broncio.

Lei si voltò e si avvicinò alla scrivania, per rimettere a posto i trucchi nel beautycase. Io la seguii e l’abbracciai da dietro. Posò le mani sulle mie braccia.

- Ilary – la chiamai.

- Mmm? – si voltò verso di me.

Le baciai le labbra. Si liberò velocemente della mia presa e con una velocità assurda si avventò vogliosa sulla mia bocca, mentre mi accarezzava le guance. Portai una mano sotto la canotta, accarezzandole la pelle, mentre con l’altra le accarezzavo la schiena, vertebra per vertebra. Si allontanò dopo un po’, per poi piantare le sue magnifiche iridi blu nelle mie e cominciare a passare le dita tra i miei capelli. Poggiai la fronte contro la sua, mentre il suo respiro contro il collo mi rilassava.

- Luke – mi chiamò.

- Shh –

Con una mano cominciai ad accarezzarle il viso, i lineamenti, le guance. Lei chiuse gli occhi, abbandonandosi completamente a me, e socchiuse le labbra. Aveva una pelle liscia, morbida, perfetta. Non c’era l’ombra di un pustolina o di un brufoletto. Passai le dita sulle sue labbra. Riaprì le palpebre non appena allontanai la mano dal suo viso. Mi baciò delicatamente l’angolo della bocca, proprio quello dove avevo il piercing. Dopo aver fatto questo, mi afferrò la mano e si allontanò.





 
Rachel
Ashton doveva venirmi a prendere. La Grappy aveva dato una festa, e tutti eravamo curiosi di vedere che covo di ubriachi ci poteva essere. Guardai nuovamente il mio riflesso nello specchio. Abito nero senza spalline ricoperto da pizzo, i miei inseparabili tacchi alti neri, bracciale ad accarezzare il polso sinistro, occhi da cerbiatta, lucidalabbra alla fragola, treccia a fare da coroncina nei capelli. Proprio come mi era sempre piaciuto fare. Scesi le scale. I miei genitori quella sera lavoravano la notte, così decisi di lasciare un biglietto, nel caso non mi avessero trovato a casa quando sarebbero arrivati. Presi così uno spot-it e, impugnata una penna, cominciai a scriverci sopra.


“Ciao, io sono ad una festa! Non preoccupatevi, non mi ubriaco e non fumo neanche se mi pagano, e un mio amico (è affidabile, tranquilli!!) mi riporterà poi a casa. State bene e riposatevi!!
Rachel”



Lo appiccicai sul tavolo della cucina. In quel preciso momento, Ashton suonò il campanello. Andai ad aprirgli la porta. Aveva indosso una canotta grigia, skinny jeans neri, anfibi neri e quella bandana rossa, che avevo sempre adorato, a tirare indietro i ricci dalla fronte. Non fece in tempo a salutarmi che strabuzzò gli occhi, passando lo sguardo dalle gambe ai capelli. Arrossii. Momenti sbavava lì. Posò gli occhi verdi sul mio viso. Quanto adoravo quegli occhi, così grandi e sempre sorridenti.

- L’unica cosa che posso dire è…oh, cazzo! – sorrise, facendo così formare le adorabili fossette ai lati della bocca.

Risi, per poi uscire e richiudere la porta di casa. Mi voltai poi verso di lui. Grazie ai tacchi riuscivo a guardarlo in viso senza alcuna fatica. Si morse il labbro inferiore.

- Sei…bellissima – mi disse timido.

Abbassai lo sguardo, arrossendo violentemente. Fece un passo in avanti. Mi prese il mento e me lo alzò. Guardai i suoi occhi nuovamente. Timidamente prese una ciocca di capelli fastidiosa in una delle sue grandi mani e me la portò dietro alle orecchie. Si avvicinò ancora e, prendendomi per i fianchi, mi spinse a contatto con il suo petto. Sentivo il suo respiro che mi accarezzava il collo, le spalle. Era una sensazione meravigliosa. Quando rialzai lo sguardo verso di lui, mi accorsi che il suo viso era a pochi centimetri dal mio. Passai le mani nei suoi ricci, tirandoglieli piano. Piantai nuovamente gli occhi nei suoi. Si morse nuovamente il labbro inferiore. Passò lo sguardo sulla mia bocca e cominciò ad avvicinarsi a scatti, indugiando. Posò delicatamente le labbra morbide sulle mie.

Lo stomaco mi si chiuse.

Il cuore minacciava di scoppiare.



 
 
Samantha

 

 
- Chiamerò i vostri genitori, una settimana di sospensione, un’ora di punizione ogni giorno per un mese e avvertirò i servizi sociali. Mica faccio uscire qualche molestatore da questa scuola! –
 
 
Le parole della preside Lux contro Harry e Louis rimbombavano ancora nella mia mente. Persino mentre mi stavo truccando per andare a quella festa della Grappy che, ovviamente, sarebbe stata solo alcol, droga, fumo e sesso. Come mi aveva detto Calum, probabilmente saremmo andati a farci un giro al palco perché nessuno, in quel gruppo, dopo un po’, riusciva più  a sopportare quella puzza irrefrenabile di ubriachezza e di sudore. La sola mia paura era quella di incontrare gli altri amichetti di Harry e Louis, Niall, Liam e Zayn. Non erano pericolosi come gli altri due, ma dopo che ero stata costretta a dire che ero stata io ad informare gli amici di Ilary e quindi a far sbattere Tomlinson e Styles quasi dietro alle sbarre, non credevo mi avessero presa particolarmente in simpatia.

Il cellulare, che avevo posato sotto alla specchio, squillò. Osservai lo schermo illuminato. Calum. Da quando era venuto in bagno a consolarmi non avevo più smesso di parlarci insieme. Era una bella persona: radiosa, dolcissima, simpatica, sempre lì con il sorriso sulle labbra, un vero e proprio raggio di sole.

 
Ciao Sammy!!! Io sono qua sotto che ti aspetto!!

 
Sorrisi.
 
 




 
Lety
Le feste. Non mi erano mai piaciute. Troppo caos, alcol…ogni volta che il mio gruppetto di amiche mi chiedeva di andare con loro ad una di quelle la maggior parte delle volte rifiutavo spudoratamente. Ma quella sera mi ero decisa: dovevo arrivare a parlare con Michael in qualche modo, nonostante la cosa mi terrorizzasse. Dopo tutto quello che era successo, almeno una parola glie la dovevo rivolgere. Ormai l’intera scuola sapeva che ero io quella sconosciuta a cui era andato contro involontariamente. Tutti sapevano chi ero. Ero diventata una specie di nuova celebrità nella scuola. Non mi piaceva vedere gli occhi di tutti su di me. E così, tenevo costantemente lo sguardo verso il basso.

Tirai fuori dall’armadio l’abito bianco e nero e le ballerine nere, per poi cambiarmi. Decisi di tenere i capelli intrecciati in una crocchia che mi aveva gentilmente acconciato mia cugina così com’erano e, andata in bagno, mi truccai leggermente. Non mi restò che gettarmi sul divano e aspettare che mi venissero a prendere.


 
Coraggio Lety.
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE

Hi!!!

Finalmente Ashton ha baciato Rachel!!! Aspettavo dalla notte dei tempi di trovare un capitolo per questo momento!! Luke e Ilary sono super dolciosi come sempre, Calum e Samantha diventano amiconi, Lety tutta spedita va a questa festa… Che succederà?!!

Ultimamente pubblicherò con un po’ di ritardo perché ho deciso di iniziare un’altra fanfiction sui 5SoS. E’ un cross-over di Harry Potter e alcuni aspetti di Maleficent e attualmente ha solo due capitoli… Se volete andare a dare un’occhiata, vi lascio l’indirizzo…
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2703806&i=1

Sono contentissima per le 100 recensioni che la storia ha ricevuto!! Sono contentissima che vi piaccia!!! Ringrazio anche molto le 102 persone che l’hanno messa tra le preferite, le 20 tra le seguite e le altre 114 tra le seguite. Non sono mai stata più felice, grazie!!!!



Vi lascio ancora degli indirizzi per andare a vedere i vestiti di

RACHEL:
http://www.polyvore.com/lovely_ff/set?id=127621487

LETY: http://www.polyvore.com/no_title/set?id=128202498







Un bacione!!!
 
 

 

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Capitolo 26
*** Party ***


- CAPITOLO 25 –

PARTY




 

 
Entrai dentro quella casa.

Caos Totale.

L’odore di alcol e di sudore ristagnava nell’aria. Quasi non riuscivo a respirare. Tutte le persone che potessi incrociare avevano tra le mani bottiglie di birra o bicchieri di bevande colorate. Non osavo nemmeno immaginare quale tipo di super alcolico stessero ingurgitando così avidamente. E fuori dalla casa, diversi ragazzi inspiravano dalle sigarette grandi boccate di fumo, per poi rilasciarle nell’aria. Irrespirabile era quasi un complimento. Luke mi teneva stretta stretta a lui, mentre cercava di guidarmi tra i corpi sudati di coloro che ballavano. O meglio, si strusciavano: la lucidità era quasi un sogno. Nonostante questo, qualcuno cercava di strapparmi via dalla sua presa o tentava di attirare la mia attenzione. E Luke, da parte sua, ringhiava, cambiando direzione. Mi portò in un angolo, dove alcune ragazze si erano annidate, osservando la festa. Tra loro, riconobbi Lety Smith. Quella consapevolezza mi rassicurò: Lety non frequentava ragazze che andavano con il primo che passava, né tanto meno che si ubriacavano fino a stare male. Tirai un respiro di sollievo. Luke, nonostante, aveva allacciato le mani attorno alla mia vita, mentre osservava l’atrio attentamente. Feci lo stesso. Notai che le amiche della Grappy erano in pista, sfoggiando i loro abitini cortissimi e i tacchi vertiginosi. Si muovevano a tempo, mentre passavano lo sguardo su qualunque ragazzo fosse accanto a loro, cercando di attirare l’attenzione.

- Guarda verso sinistra –

Mi bisbigliò Luke. Obbidii. Tra la folla, Laura Filler fissava un ragazzo castano, mentre ondeggiava a tempo con la musica.
 



 
Laura
Sapevo che quello stronzo di Hemmings mi stesse guardando e così anche la sua nuova compagna, la Jersey, tutta baldanzosa con la canottiera di lui. Persino i vestiti si scambiavano! Non bastava per loro passare ogni singolo momento insieme? Quel ragazzo non era più quello che era una volta, anche se continuava ad essere tra i più popolari e i più desiderati. Non era più lo stronzo che, frequentando una di quelle ragazze come quella mora, si divertiva con noi. Per lui ora esisteva solo Ilary, Ilary e basta. Delle altre non glie ne importava. Non gli interessava più baciarne a dismisura, arrivando persino a fottersele all’oscuro di tutti. Lui voleva solo averla con lui, da come la guardava, da come la stava tenendo stretta a sé, da come le stava vicino, da come la baciava a momenti. Niente in quella ragazza sembrava non piacergli. Lei invece si lasciava tenere, si lasciava cullare dal respiro profondo di lui, mentre guardava il mio piccolo spettacolo. Erano troppo spensierati insieme, dovevamo assolutamente elettrizzare le acque. Non quella sera però. Quella sera sapevo di avere perfettamente la meglio su un altro. Lo stavo fissando: Brian Price, 19 anni, compagno ufficiale di una certa Sarah Benson, 17 anni, entrambi di un altro istituto. Lei non era presente, lui si era dato alla pazza gioia, ubriaco. Perfetto. E così ondeggiavo i fianchi nel vestito corto e aderente nero, facendo volteggiare i miei adorati capelli azzurri da una parte all’altra. Ero ubriaca, ma abbastanza lucida da sapere cosa stessi facendo. Continuavo a fissarlo, aspettando che si accorgesse di me. Nel frattempo, tutti gli amichetti di Hemmings, comprese la Hudson e la Corwell, erano arrivati e mi tiravano occhiatacce, ma io non prestavo loro attenzione. Brian nel frattempo si era girato verso di me e aveva cominciato a guardarmi lussurioso. Assotigliai lo sguardo e feci una giravolta, per poi riposare lo sguardo su di lui. Ecco, si era avvicinato.

- Ciao –

Mi disse prendendomi per i fianchi. Allacciai le mani dietro al suo collo, cominciando a ciondolare da un piede all’altro.

- Ciao –

- Io sono Brian, mi potresti dire il tuo nome? – la sua voce era roca, stuzzichevole.

- Laura –

- Sai ballare molto bene Laura, lo sai? – continuò con le lusinghe.

Risi. – Grazie – dissi.

- Quanti anni hai? – mi chiese, cominciando a massaggiarmi i fianchi.

- 18 –

Mi portò ancora più a sé. Mi passai lentamente la lingua sul labbro superiore. Cedette. Si avventò sulle mie labbra con foga. Cominciò a percorrere la mia schiena con le mani. Mi discostai dopo un po’ e, dando una breve occhiata attorno a me, avvicinai la bocca al suo orecchio.

- Andiamo in un posto più appartato, che dici? –

Gli afferrai la mano, sorridendo maliziosamente, e lo trascinai via con me. Uscimmo dalla stanza, per poi imboccare le scale. Arrivati al secondo piano, lo strattonai con me in una delle tante stanze e chiusi la porta a chiave.
 



 
 
Ashton

- Ma come puoi essere così….lussuriosa?!! –

Rachel commentò, bevendo un sorso di Crodino dal bicchiere. Ovviamente, sapevo a chi si stava riferendo. Mi correggo: tutti noi lo sapevamo. Laura Filler stava dando di nuovo il solito spettacolino davanti a tutti, senza pudore. Si stava divertendo, per come era sempre stata solita pensare. E poi che divertimento, portare ai tradimenti! Forse solo le sue amichette stavano ridacchiando soddisfatte. Quel genere di spettacolo, invece, preoccupava tremendamente Lukey, vista la forza con cui si teneva Ilary stretta a lui. Sapevamo bene che non l’avrebbe mai tradita, per nessuna ragione al mondo, ma se avessero cercato di dividerli? Se avessero girato voci false sul conto di lui? E se ci fossero riuscite in questo ipotetico colpo? Era meglio essere ottimisti, ma che lo avessero lasciato in pace per così tanto tempo non era certo un segno da sottovalutare. Rachel era accanto a me, mentre mi stringeva affettuosamente la mano, meravigliosa. Stentavo ancora a credere che fossi riuscito a baciarla e che fosse andato tutto così perfettamente. Dall’altro lato, Cal parlava con Sammy. Nonostante la conoscesse da appena una settimana, avrei scommesso che lui sarebbe stato capace di scrivere un manuale completo su di lei. Era sempre lì che la sentiva, che parlava con lei… ed era sempre lì che rideva, che scherzava, che sorrideva. In men che non si dica, erano diventati migliori amici. Micheal, nel frattempo, parlava un po’ con tutti.

- E in più, quel ragazzo con cui adesso sta tranquillamente pomiciando avrà sicuramente una ragazza… che non è presente! – intervenne proprio quest’ultimo.

Rachel fece una smorfia disgustata. Risi, per poi stamparle un bacio sulla guancia.

Mi sorrise.
 



 
 
Michael
Ci eravamo spostati sul giardino sul retro. Lukey continuava a tenere stretta la mano di Ilary, lasciandole qualche bacino sulla guancia di tanto in tanto. Ash e la mia cuginetta Rach erano più uniti del solito…che fosse successo qualcosa? Non ci avevano ancora detto niente, ma sicuramente nascondevano qualcosa. Cal scambiava molto frequentemente qualche parere con, cosa ormai d’abitudine, Sammy. Ci stavamo divertendo tutti nel nostro piccolo.

Sentii un mano tamburellare delicatamente sulla mia spalla. Mi voltai e mi ritrovai davanti a me Lety Smith, che mi fissava con quei profondi occhi scuri. I capelli castani con qualche riflesso più chiaro le erano stati legati in una crocchia, facendole rinvenire i lineamenti del visino che teneva perennemente coperto. Quella ragazza era molto timida, un po’ fifona, non si cacciava mai nei guai, nessuno ce la poteva avere con lei. Se ne stava semplicemente tranquilla tra il suo solito gruppo di amiche, alcune volte stropicciando le gonne che indossava nei piccoli pugni di quelle mani minute e morbide quando era sotto pressione. Anche in quel momento, esattamente davanti a me, stava giocando con la stoffa del vestito bianco e nero per calmarsi. Per qualsiasi altro poteva sembrare una piccola sfigata… “una ragazza di quasi 18 anni che non ha mai baciato un ragazzo! Che orrore!” da cosa avevo sentito in giro, Tomlinson la pensava così su di lei… ma per me era quasi meglio che fosse davvero in quel modo. Mi piaceva combinare casini, e anche grossi, non ne potevo fare a meno…lei, invece, era il mio effettivo contrario, e mi attirava notevolmente. L’unica cosa che non sopportavo era che mi trovavo troppo in difficoltà a parlarle: mi veniva sempre da sorridere.

- Ciao! –

La salutai sorridendo. Mi rivolse un debole sorriso.

- Ciao… -

Ecco, adesso non sapevo che cosa dirle.

- Ehm…Hai bisogno di qualcosa? –

Ecco, si comincia con le figure di merda!

Lety annuì, mentre cominciava a stringere più forte la stoffa nelle mani.

- Ho sentito cosa avete fatto per Ilary e volevo complimentarmi…ma allo stesso mi sento un po’ in colpa per non aver osato scriverti…un messaggio…nonostante mi avessi dato il….tuo numero. Non…non ti sei offeso? – mi disse goffamente, cercando di creare un discorso completo. Non fece altro che farmi sorridere.

- Stai tranquilla…ehm...sono ancora più contento che sia venuta a….ehm…parlarmi… - arrossii di botto. Non poteva farmi quell’effetto. - …piuttosto di un messaggino…da nulla –

Sorrise timidamente.

- Io allora vado. Ciao –

Si voltò, ma le afferrai il polso. Non potevo lasciarla andare via così facilmente!

- Ehm…non so…ti va di fare….ehm…un giro con me…domani? –



 
 
 
 
Calum
Sammy rise nuovamente, sistemandosi una ciocca di capelli biondi dietro all’orecchio. Avevamo deciso di andare alla festa a piedi, e in quel momento stavamo facendo lo stesso per tornare a casa, nonostante Luke e Ilary ci avessero proposto un passaggio. Avevamo rifiutato non solo perché non ci andava di farlo, ma anche per non disturbarli. Camminavamo chiacchierando, senza alzare troppo la voce per paura di disturbare il vicinato. Non avevamo molto da dirci, ma eravamo comunque a riusciti a trovare qualche argomento stupido per ridere un po’. Mi piaceva davvero tanto la sua compagnia.

Arrivammo sotto casa sua. Le posai il braccio attorno al collo.

- Ciau e grazie, dormi bene – le dissi, per poi stamparle un bacio sulla guancia.

Lei fece lo stesso. – Grazie a te per avermi accompagnato, Brutto! – rise.

Feci il broncio. – Io non sono brutto! – dissi imitando la voce di un bambino.

- Sì che lo sei! Brutto come un barattolo di Nutella! Tutti ti vogliono! – rise.

Risi anch’io, per poi lasciarla andare verso la porta di casa. Aspettai che entrasse all’interno, per poi andarmene via.
 
 
 
 
 



 
 
SPAZIO AUTRICE
Ok, sono in ritardissimo!! Scusate se vi ho fatto aspettare troppo, ma in queste settimane non ho avuto molto tempo per scrivere!
In questo capitolo, potete conoscere un po’ la mentalità di Stacy Grappy attraverso Laura Filler (di cui vi lascerò una foto)… cosa faranno per distruggere i nostri dolcissimi Lukary?!!
I nostri Rashton sono riusciti a non far sapere nulla a nessuno del loro bacio, ma chissà?! Riusciranno gli altri a scoprirlo?
E Lety accetterà la proposta di Mikey?
Un bacio, al prossimo capitolo ed ecco a voi Laura (Lana Del Rey)!!!
 
 

 
 
 

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Capitolo 27
*** Sing With Us! ***


- CAPITOLO 26 –


SING WITH US!


 

 
 
- No! Te l’ho detto, non sono brava! –

Lo sapevo, lo sapevo che non dovevo mettermi a cantare decentemente mentre Luke poteva sentirmi! Dannata doccia e dannata me, che mi ero lasciata trasportare! Avevo visto, uscita dal bagno, che mi guardava con fare di chi stava architettando qualcosa, ma non immaginavo che potesse arrivare a tanto. E così era entrato in camera mia, senza preavviso, e mi aveva fatto quella proposta, che io stavo prontamente rifiutando.

- No, invece sei bravissima e dovresti saperlo. Gli altri sono anche d’accordo. Per favore, solo una volta e non ti chiederemo più nulla! – insistette lui.

- No, Luke, non voglio – continuai io.

Sbuffò. – Per favore, sei la voce perfetta per una cover che vorremmo realizzare da tempo! –

Lo guardai negli occhi, che in quel momento stavano brillando. Si sedette sul mio letto, davanti a me. – Che brano è? – gli chiesi.

- Bring Me To Life, degli Evanescence –

- E cosa ci fate con l’introduzione a pianoforte? – sbottai, dopo averci pensato un po’ su.

Luke ghignò. – Rachel – disse solo. Vero, lei sapeva suonare un po’ la tastiera!

Mi buttai a peso morto sul materasso, sconfitta. Luke si avvicinò al letto, per poi appoggiarsi ad esso. Avvicinò il viso al mio. – Allora, accetti? – mi chiese, scrutandomi con i suoi magnifici occhi blu. Persi un battito non appena lo vidi arrivare a sfiorare le mie labbra. Così non valeva, però! Purtroppo, non riuscii a resistere…

– Sì! Va bene! – sbuffai ridendo. Un sorriso spuntò sul suo viso. Oh! Mannaggia! Se era bello!

- Grazie – sussurrò, per poi lasciarmi un bacio a stampo ed allontanarsi.



 
 
 
Lety
- Diamine! Chi me l’ha fatto fare?!! –

Strillai per l’ennesima volta. Non sapevo nemmeno io perché avevo deciso di accettare la proposta di quella testa tinta, e tanto meno perché gli avessi dato addirittura il mio numero di telefono. Da sottolineare che ero anche perfettamente sobria! E, con tutta la mia inesperienza in ambito ragazzi, io ero proprio andata a scegliere uno tra quelli che le mie compagne detestavano di più, portandomi alla consapevole decisione di non osare a chiedere aiuto. Brava Lety! Così si fa! Mi ritrovai così con quell’ammasso disumano di abiti sul letto, priva di una minima idea su cosa scegliere da indossare, e diversi portagioie aperti sulla scrivania. Sapevo bene che non dovevo esagerare con le gonne corte, di usare colori accesi e bla bla bla, ma proprio non riuscivo a trovare un minimo gusto in tutti i miei abbinamenti. Uscire con un ragazzo era diverso da uscire con le amiche, ma forse quello non era nemmeno un vero e proprio appuntamento…giusto? In compenso, Michael sarebbe poi venuto a prendermi tra una mezzora giusta giusta, e quindi mi dovevo dare una mossa. Ah! Avevo solo più da strapparmi i capelli via dalla testa!

Il cellulare squillò. Tesi il braccio verso il comodino ad afferrarlo, per poi osservare lo schermo illuminato. Valerie, la mia migliore amica. Portai l’arnese all’orecchio.

- Pronto? –

- Ehi! Che stai facendo?! E’ già la terza volta che cerco di chiamarti! – sbraitò lei. L’avevo sempre invidiata per il suo essere così estroversa.

- Scusami, ma sono in un pasticcio – sbuffai, maledicendo con gli occhi l’abito azzurro davanti a me.

- Spara –

- Ieri sera ero ad una festa, – cominciai. – sono andata a… -

- Passa direttamente al punto – disse lei, con voce ferma. Sospirai.

- Un ragazzo mi ha chiesto di uscire, io sono totalmente inesperta, mi passerà a prendere tra meno di mezzora e io non ho scelto nemmeno un vestito! – esplosi, sputando velocemente le parole.

- Alleluja! Chi è il fortunato pretendente? – chiese tutta contenta Valerie, dall’altra parte.

Sospirai nuovamente. – Micheal Gordon Clifford – scandii esasperata.

Seguì un istante di silenzio. Non osai immaginare quant’era la forza con cui Valerie si stava trattenendo per non imprecare.

– E tu hai accettato! Ragazza, sei fuori! – sbraitò lei. Roteai le orbite.

- Va bene, nemmeno io so perché l’ho fatto, ma mi devi assolutamente aiutare! – chiesi supplichevole.

- Ok… -

E Valerie cominciò a parlare, parlare, parlare, dandomi indicazioni su cosa mi dovevo mettere addosso, visto che in pratica il mio guardaroba lo sapeva quasi a memoria. Non appena conclusi la chiamata, osservai il mio riflesso nello specchio. Valerie aveva sempre buon gusto, dovevo ammetterlo. L’abito verde acqua a fascia, con due strisce bianche sulla gonna, mi esaltava bene i fianchi e si abbinava perfettamente alle mie solite Superga. Al collo avevo un ciondolo a fiore, mentre al polso spiccava un semplice bracciale di diamantini. Avevo poi legato dietro alla testa qualche ciocca di capelli. Non mi restava che attendere il mio “principe azzurro”, come aveva detto Valerie. Presi a mordermi nervosamente il labbro.


 
 
Rachel
Appoggiai la testa sulla spalla di Ash, continuando a seguire il film. Alice in Wonderland, di Tim Burton, uno tra i miei film preferiti. Lui piegò la testa verso di me, per poi lasciarmi un bacio sulla fronte. Sorrisi appena, mentre mi posò il braccio attorno al collo, portandomi ancora più stretta a sé. Portai lo sguardo su di lui, ignorando il discorso tra Alice e il Cappellaio Matto.

- Secondo te, Ilary avrà accettato la proposta di cantare? – chiesi d’un tratto.

Ash ghignò. – Visto il modo in cui pende dalle labbra di Lukey, credo di sì… –

Sospirai. – Però è terribilmente testarda – ammisi.

Lui mi guardò, con i suoi meravigliosi occhi verdi. – Lukey per me ce l’avrà fatta…e poi, a chi non piace quella canzone? – sorrise.

- Già – dissi soltanto, rapita dal suo sguardo.

Gli lasciai un bacio sull’angolo della bocca, per poi tornare a guardare il televisore, lasciando che lui mi circondasse con le braccia e il suo profumo.
 
 
 
 




 
SPAZIO AUTRICE

Hey!!!

Così Ilary canterà con Luke e i ragazzi…Lety ha accettato di uscire con Mickey…che succederà?

Vi lascio infine i link per i vestiti di…

LAURA (scusate per la dimenticanza!!): http://www.polyvore.com/laura/set?id=130037974
 
LETY: http://www.polyvore.com/ff/set?id=130892212



Un bacio e alla prossima!!!
 
 
 

 
 

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Capitolo 28
*** She Looks So Perfect ***



- CAPITOLO 27 -

SHE LOOKS SO PERFECT







 
Non appena mi ritrovai il testo della canzone, cominciai a sudare freddo. Pezzo bellissimo, nulla da criticare, ma se sbagliavo anche solo un'intonazione poteva cadere tutta la parte vocale. Amy Lee, la cantante degli Evanescence, doveva proprio aver una gran bella voce, sicuramente molto più versatile della mia. Non ero molto convinta di farcela, infatti continuavo a scorrere gli occhi sulle parole stampate su quei fogli con fare nervoso. Luke era seduto accanto a me, la chitarra acustica appoggiata sulle gambe e il telefono poggiato sul letto accanto a lui, che sfogliava un quaderno pentagramma alla ricerca degli accordi per la canzone.

- Ce la farai, non essere così nervosa -

Le sue iridi azzurre cercarono le mie con fare premuroso.

Sospirai. - Non è vero... -

- Sì invece! Vedrai che domani pomeriggio, durante le prove, la canterai splendidamente! -

Lo guardai nuovamente, per poi annuire.






Lety
Il campanello suonò. Mi alzai titubante, per poi avvicinarmi alla soglia della porta. Sentivo le gambe tremare. Respirai profondamente, cercando di calmarmi. Premetti la maniglia con riluttanza, per poi aprire la porta lentamente. Mi ritrovai faccia a faccia con un paio di occhi, che d'istinto cominciai a ispezionare minuziosamente. Adoravo cogliere i dettagli del mondo e delle persone: più ne riuscivo a trovare meglio era. Niente e nessuno che mi interessasse riusciva ad avere segreti se lo prendevo sotto il mio sguardo curioso . Non avevo però mai visto occhi come quelli. Erano di un verde chiarissimo, come l'erba quasi seccata, disseminate di pagliuzze azzurrine e dorate, dallo sguardo coraggioso, di qualcuno che non teme niente. Sotto sotto, però, si leggeva una debole sfumatura di curiosità, forse portata da qualcosa che stava accadendo. Restai lì per un bel pezzo, finché non mi accorsi che quelli erano gli occhi di Michael e distaccai bruscamente lo sguardo. Lui però non ci fece caso e mi salutò. Ricambiai.

- Stai bene - mi disse sorridendo, dando un'ultima occhiata all'abito verde.

- Grazie - sorrisi, arrossendo lievemente.

Lo osservai per un momento. Aveva addosso una canotta effetto usurato, dei Guns 'n Roses, a risaltare i bicipiti scolpiti, e un paio di jeans neri strettissimi, dagli strappi vertiginosi sulle ginocchia, tipico del suo gruppo di amici. L'adorato paio di anfibi neri usati e strausati non poteva starci meglio. La tinta rosso mattone si era un po' scolorita, ma a lui non sembrava importare. Al sopracciglio destro spiccava un piercing nuovo fiammante.

- Anche tu - dissi timidamente.

Mi sorrise. - Andiamo? -

Annuii.

Uscii di casa. Lo seguii fino alla sua macchina grigio metallizzata. Mi aprì lo sportello. Mi sedetti. Lui chiuse lo sportello, per poi andare a sedersi al volante. Accese il veicolo, per poi entrare in carreggiata. Il tragitto fu silenzioso, radio spenta, il leggero rumore del motore. Michael guidava in modo tranquillo, accelerava quasi mai, sembrava non avesse fretta di arrivare a destinazione. Qualche volta mi dava una breve occhiata, per poi tornare a guardare la strada.

Non appena parcheggiò accanto al parco, si immobilizzò, guardando fisso davanti a lui. Cominciò a farfugliare sottovoce. Curiosa, guardai nella sua stessa direzione. Davanti a noi, il covo della Grappy spettegolava a tutto andare indisturbato. Posai lo sguardo su Michael. Lui fece lo stesso.

- Vuoi essere nuovamente sulla bocca di tutti o troviamo un modo per non farci notare? - mi chiese.

Guardai il gruppo. - Evitiamole - risposi ferma.

Lui annuì, per poi uscire e andare ad aprirmi lo sportello. Ma proprio quando stavo per mettere i piedi sul suolo, avvicinò il viso al mio orecchio. Un inaspettato profumo di vaniglia mi invase le narici. Non avrei mai immaginato che lui, che faceva tanto il duro, potesse indossare una semplice fragranza come quella. Mi stupì parecchio.

- Adesso portati i capelli in avanti e stringiti più che puoi a me. Tieni la testa bassa. Non credo che ci noteranno così - sussurrò. Annuii.

Uscii e chiuse l'automobile. Mi posò una mano sul fianco, per poi portarmi più vicino a sé. Cominciammo a camminare dalla parte opposta del tanto fastidioso gruppetto, facendo attenzione a tenere costantemente la testa bassa. Mi sembrava di essere una bambina che si stringeva nelle braccia il suo orsacchiotto preferito, talmente Michael cercava di tenermi nascosta. E per lo più, pareva stessimo fuggendo da un qualcuno che ci volesse puntare una pistola contro. Mi scappò una risatina divertita.






Michael
Va bene, va bene, lo ammetto, potevo benissimo andare a parcheggiare da tutta un'altra parte, ma l'occasione di tenermi stretta stretta Lety Smith non me la potevo certo far scappare! Averla così vicina era una cosa che mi poteva capitare poche volte e, sì, avevo faticato un sacco a non mettermi a saltellare dalla felicità.

Non appena fummo abbastanza lontani dal gruppo della Grappy, il pomeriggio filò liscio come l'olio. Lety si stava divertendo, non smetteva di sorridere, mi aveva lasciato persino pagarle il frullato da Starbucks e tenerle la mano. Non avrei mai creduto di riuscire a farla sentire così a suo agio, e ciò mi aveva rallegrato ancora di più. Era così bello il suo sorriso. Era bellissima lei, nei suoi vestitini, nelle sue Superga usurate e nei suoi lunghi capelli scuri dal profumo di albicocca che le incorniciavano il viso. E quegli occhi castano scuro dallo sguardo innocente parevano senza fondo. Ti ci potevi perdere dentro.

Nessuna ragazza poteva eguagliarla ai miei occhi, nemmeno Ilary, Rachel, Samantha.

Perfetta. Non esiste parola migliore.








SPAZIO AUTRICE
Ok, sono in ritardissimo!!! Sorry!!!
Come vi sono sembrati Michael e Lety?? Come andrà la cover con Ilary, che al momento sembra davvero in difficoltà??
Scusate ancora se il capitolo è più corto del solito, ma non avuto molto tempo per scrivere in questi giorni!!!

Un bacio!!











 

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Capitolo 29
*** Before Start ***


- CAPITOLO 28 –

BEFORE START



 
 
Ashton
Ilary mi venne ad aprire la porta. Le voci di Luke e Michael che a squarciagola cantavano Castle Of Glass dei Linkin Park mi arrivarono direttamente all’orecchio. Rachel si lasciò scappare una risatina divertita dietro di me. Entrammo in casa. Samantha Corwell se ne stava sdraiata comoda comoda sul divano, i lunghi capelli tendenti al biondo platino qua e là, mentre muoveva le dita sullo schermo di quello che sembrava un Samsung Galaxy. Le rivolsi uno sguardo interrogativo. Insomma, era una prova del gruppo, di solito Luke e Ilary non invitavano nessuno ad ascoltarci. Accorgendosi nel mio sguardo stupito, questa si alzò e sollevò le braccia.

- Che c’è? E’ Cal che voleva che venissi…e poi mi ha detto che Ilary canterà, quindi ero curiosa di sentirla… - disse, rivolgendo un sorriso alla mora, che stava ripassando le parole del testo di Bring Me To Life appoggiata alla penisola della cucina.

Calum si appoggiò accanto a questa, mentre sorseggiava tranquillo un bicchiere di Coca Cola. Ci fece un cenno di saluto. Ricambiammo. Ehi, ma…

- Che hai fatto ai capelli? – sbottò Rachel.

Cal si toccò il ciuffo di capelli imbrattati di tinta bionda baldanzoso.

- Vi piace? E’ stata un’idea di Mikey… Piuttosto, perché Ash ti sta portando la pianola? –

Rach rimase a bocca aperta, mentre il viso le si incendiava di un rosso acceso. Mi morsi il labbro nervoso, osservando la valigetta che stavo tenendo tra le mani. Silenzio imbarazzante. Ilary aveva alzato lo sguardo dal foglio che teneva in mano squadrandoci con un’espressione divertita. Un ghigno si era disegnato prontamente sul volto del moro vicino a lei. Accanto a me, Samantha aveva assottigliato lo sguardo e ci stava guardando sorridendo sornione. Proprio in quel momento, Lukey e Mikey entrarono in salotto dalla porta del sotterraneo ridendo, tirandosi pacche in continuo. Non appena furono davanti a noi smisero di fare ciò improvvisamente, osservando incuriositi la scena. Inizialmente non si accorsero di nulla, e si chiedevano persino il perché del volto rosso di Rachel e delle occhiatine maliziose. Purtroppo però notarono proprio la fatidica pianola che stavo sorreggendo e, dopo essersi scambiati uno sguardo complice, incrociarono le braccia attorno al petto.

- Quando volevate ancora aspettare a dirci che eravate una coppietta? – borbottò Lukey.

Sembrò che il viso di Rachel stesse per prendere fuoco, io mi ritrovai nella stessa situazione.

- Proprio adesso – sussurrò Rach, fissando il pavimento.

I due si avvicinarono a noi. Si voltarono verso l’un l’altro, per poi tornare a guardarci.

- Aw!! Racky-Racky ha finalmente trovato il fidanzatino! – Mikey gettò le braccia attorno alla cugina, stringendola in un abbraccio caloroso.

- E per parlare del nostro batterista! E’ caduto tra le sue grinfie come una pera cotta! – Lukey cominciò a solleticarmi dappertutto. Oh! Quanto odiavo il solletico! Cominciai a ridere sguaiatamente e a divincolarmi, cercando di liberarmi. Gli altri ridevano come matti.

- Ha parlato quello che non appena la sua ragazza lo chiama sembra essere stato illuminato! – Calum rise.

Il biondo smise di torturarmi, per poi avvicinarsi al moro e cominciare a inseguirlo per tutta la cucina, per poi afferrarlo e spingerlo direttamente sul divano. Iniziò la sua tortura, facendo ridere la sua seconda vittima come un pazzo. Ilary si avvicinò dopo un po’ a loro, e li cominciò a fissare sorridendo. Luke non si accorse di niente. Non appena però pronunciò il suo nome, questo alzò la testa verso di lei con gli occhi di un qualcuno che ha appena sentito un angelo parlare.

- E’ vero! – rise lei.

Il biondo arrossì tremendamente, mentre si sorbì a malavoglia le nostre risate divertite.

- Sentite, che dite di andare a fare queste benedette prove?! – chiese con voce stridula, poggiando un braccio attorno al collo di Ilary.

Ridemmo ancora.
 



 
Rachel
Mi ero sempre chiesta perché, quando suonavano insieme a casa di Luke,  i ragazzi dovessero andare per forza nel sotterraneo…Insomma, non lo avevo mai visto…Alla parola “sotterraneo” mi veniva in mente uno stanzino polveroso, pieno di scatole e scatoline, con una debole lucina che illuminava il tutto. Ilary mi aveva detto che era l’unico posto abbastanza ampio della casa dove potevano avere un minimo di spazio per muoversi con gli strumenti addosso e dove la batteria di Ash non ingombrasse troppo. Inoltre, Luke aveva sempre voluto suonare senza distrazioni o rumori, quindi si risultava perfetto per lui. La mia cara amica mi aveva anche avvisato che non era una stanza “da sottovalutare”… Che ci poteva essere di così interessante in una sottospecie di cantina?
Varcai la soglia di quello scantinato con tutta la curiosità di questo mondo. Volevo assolutamente vedere com’era, dare una risposta a tutte le mie domande. Scesi la piccola scalinata e rimasi a bocca aperta, osservandomi attorno. Ecco perché non era “da sottovalutare”! Quella stanza era enorme, ci sarebbero potute stare una decina di persone senza darsi il minimo fastidio. Le pareti erano completamente ricoperte da poster, foto e qualche testo o foglio pentagrammato di una qualsiasi canzone appeso qua e là. Un tavolino completamente sommerso da fogli era posizionato nell’angolo più appartato della stanza, mentre due sedie, erano state poste dietro di me per qualche eventuale spettatore. Quanto agli strumenti, un basso e quattro chitarre acustiche ed elettriche erano posate contro la parete sinistra, mentre la batteria del mio ricciolino preferito era già in posizione.

- E’…bellissima – dissi entusiasta.

- Ringrazia la mia peste che ha avuto l’idea di tappezzarla tutta – rispose Lukey dando qualche pizzicotto ad Ilary.

Sorrisi.
 


 
Calum
Dopo che Mickey e Ash le sgombrarono la cattedra e glie la spostarono per farle posare la pianola su di essa, Racky tirò i capelli biondi in uno chignon disordinato e cominciò a frugare nella borsa. Presi il basso e me lo misi addosso, per poi suonare una veloce scala per scaldare le mani. Guardai per un momento Sammy, che si era sistemata su una sedia lì davanti. Ero nervoso, molto nervoso. Ok, mi ero messo nei pasticci da solo, invitandola alle prove, ma ci tenevo tanto a farci ascoltare da lei. Mi faceva uno strano effetto quella ragazza: mi intimidiva molto, ma allo stesso tempo mi divertivo come un matto insieme a lei. Non era quel tipo di ragazza dolce come un bigné come quella romanticona di Rachel,e molto diversa da quella Ilary istintiva e schietta che si lasciava cullare da un orsacchiottone quale Luke, che momenti le cantava persino la ninna nanna. Sì, Luke era quasi esagerato da questo punto di vista. Mickey il giorno prima si era visto con Lety Smith, quindi l’unico solo soletto che rimaneva era…Calum, ovvio! E di chi si innamora? Di una ragazza quasi definibile come un maschiaccio, pazza e che se ne vuole stare da sola per un po’! Bravo Calum, complimenti! E per lo più, l’aria da terzo incomodo si faceva sentire: Ash e Rach continuavano a scambiarsi pareri su pareri, Luke continuava a confortare Ilary dalle sue preoccupazioni, mentre Mickey era appena entrato nel mondo dei sogni. Bene, Calum, molto bene.

Ilary e Lukey si avvicinarono al microfono che dovevano condividere. Il biondo fece segno a Rachel di incominciare a suonare.

Ecco, le note flebili di inizio brano invasero la stanza.

Mi morsi il labbro.
 







 
SPAZIO AUTRICE
Scusate! Scusate davvero tanto per questo ritardo supersonico! E’ da più di un mese che non aggiorno!
Scusate davvero tanto!
Pensavo ultimamente che la storia avrebbe bisogno di un trailer…Quale canzone vi piacerebbe ritrovare come sottofondo?
Al prossimo capitolo!!
 
 

 
 
 
 

 

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Capitolo 30
*** You...You...!! ***


- CAPITOLO 29 -

YOU…YOU…!!





 
Sentivo lo stomaco saltare, fare le capriole, e chi più ne voglia ne metta! Nervosa, tesa come una corda di violino, le mani che formicolavano, la paura di sbagliare. Era tutto troppo semplice per gli altri: loro da quanto cantavano? Luke aveva accennato tre anni, pressappoco. Rachel aveva avuto la prima tastiera a cinque anni. Io, oltre ai canti stonati sotto la doccia, da quant’è che cantavo seriamente? Due giorni? Brava, Ilary, brava! In mezzo ad un gruppo di esperti, brava!

Lukey mi aveva di nuovo guardato, per poi portarmi dietro a quel microfono dannato e far segno a Rach di iniziare. La mia ora era giunta. Lo guardai di nuovo negli occhi e mi disse un “vedi che ce la fai” in labiale, per poi restare a osservarmi in viso. Sospirai. Osservai il microfono davanti a me. Accostai le labbra. Le prime parole sgusciarono fuori flebili, persino vibranti per i miei gusti. Lukey continuava a puntarmi dritto in viso, con quell’espressione seria con cui mi guardava nelle prove quando notava che mi stavo arrendendo. Sapeva che ce l’avrei fatta in qualche modo. Il bello era trovarlo quel modo. Gli occhi di Samantha incrociarono i miei. Alzò i pollici per incoraggiarmi. Gli occhi di Luke mi fissavano ancora. Cercai di mettere un po’ più di carisma alle parole. Cominciai ad aumentare, ad aumentare, fino ad eseguire quell’acuto che fino a quel momento usciva debole e storpiato perfettamente. Mi rincuorò incredibilmente. Luke ghignò e se ne andò a bisbigliare qualcosa nell’orecchio di Mikey. Il tutto…senza dare la minima occhiata alla chitarra che stava tranquillamente tenendo tra le mani.

E quel momento passò come niente… Luke e gli altri cominciarono ad accompagnarmi in quello che fino a pochi secondi prima mi sembrava quasi impossibile. Mi soddisfai quel tanto di quello che stavo realizzando che giurai a me stessa che avrei continuato a cantare per tutto il giorno se avessi potuto.

A fine brano, Rach e Ash intonarono You Make Me di Avicii all’improvviso. Non ci volle niente che Sammy si alzò e afferrò il primo microfono che si trovò a portata di mano, cominciando a cantare a squarciagola. Tutti ci unimmo.



Continuammo a cantare fino a notte fonda.
 
 

 
*
 
Beep… Beep…

Aprii le palpebre.

- Vaff… -

Luke allungò il braccio, mettendo a tacere quella stramaledetta sveglia. Mi strinse di più a sé, sbuffando. Mi strofinai gli occhi. Sbuffai. Osservai Lukey, per poi passare una mano tra i suoi capelli disordinati. Sbuffò nuovamente, per poi richiudere gli occhi. Aveva la testa poggiata sul mio petto, mi cingeva la schiena con le braccia. Quella notte ero rimasta a dormire in intimo, forse non avevo avuto voglia di andare a rovistare nell’armadio di Luke. Oramai potevo dire che la stanza che il biondo mi aveva assegnato veniva aperta solamente quando avevo bisogno di consultare il guardaroba.

- Non ho voglia – mugugnò.

Gli baciai i capelli. – Forza – dissi, allontanando gentilmente le sue braccia da me e posando i piedi sul pavimento. Rimase a guardarmi.

Mi alzai e mi stiracchiai, per poi passare una mano tra i capelli.

- Ma tu non potevi dirmi che indossavi completini in pizzo? – mi chiese con voce maliziosa.

Mi squadrai da capo a piedi, per poi voltarmi infuriata verso il biondo. Sentivo le guance scottare. Ghignò, passando lo sguardo lungo tutto il mio corpo. Si morse il labbro.

- Non mi guardare in quel modo – scandii.

Rise appena, per poi sedersi. Stava tramando qualcosa. Indietreggiai, dirigendomi verso la porta. Poggiai la mano sulla maniglia e sorrisi beffarda.

- Ah no, non mi scappi – rise, alzandosi.

Uscii correndo dalla stanza. Ridevo come una pazza. Era un po’ anormale correre per casa alle 6 di mattina, ma oramai per me era tutto imprevedibile. Lukey mi afferrò da dietro. Mi dimenai leggermente.

- E spiegami… come si fa a non guardare un corpo così? – mi bisbigliò nell’orecchio.

- Non… -

Allacciò le mani sul mio ventre e poggiò le labbra sul mio collo. Chiusi gli occhi al contatto. Cominciò a mordicchiarlo dolcemente.

- Luke… -

- Shh… -

Posò le mani sui miei fianchi e mi spinse contro il muro freddo. Presi il suo viso tra le mani.

- Ti amo – sussurrò, fissandomi negli occhi. Sorrisi.

- Anch’io –

Mi baciò per poi stringermi a sé. Ci allontanammo. Mi baciò ancora, per poi andare a vestirsi.



 
 
Luke
Eravamo arrivati nel cortile della scuola. Ilary e Rachel si erano messe a parlare da una parte. Le osservavamo di sottecchi. Non stavamo discutendo di nulla, stavamo semplicemente osservando in giro. E fu quasi come una folata di vento quando Laura Filler mi aveva preso per il colletto della camicia rossa e mi aveva baciato. Inizialmente non avevo nemmeno capito cosa stesse succedendo. La spinsi via da me con tutta la forza che avevo in corpo.

- Tu…! –

Un urlo strozzato catturò la mia attenzione. Ilary mi fissava, gli occhi colmi di lacrime, i pugni serrati. Aveva visto tutto. Rachel, dietro a lei, si copriva la bocca con il palmo della mano. La mora mi si avvicinò.

- Sei sempre stato lo stesso! Sempre il solito puttaniere del cazzo! –

Mi gridò contro infuriata. Tutti i presenti avevano gli occhi puntati su di noi. Laura ghignava.

- Non è come semb… - tentai di difendermi.

- Potevi dirmelo che mi volevi soltanto usare! – mi interruppe. Una lacrima fuggitiva le scappò lungo la guancia.

- No… -

Sentii scottare la guancia. Ilary scoppiò a piangere e corse via, Rachel e Ash dietro di lei.

- Ti lascio, Luke Hemmings! Ti lascio! – gridò tra i singhiozzi.

Non ero riuscito ancora a realizzare che avevo ricevuto un sonoro schiaffo in pieno viso, che quelle parole mi investirono senza pietà. Avevo sentito qualcosa spegnersi dentro di me, non sapevo cosa fosse. Mi sono sentito terribilmente vuoto all’improvviso. Non ragionavo, nonostante tentai inutilmente di farlo.

- E dai! Non ti saresti mai divertito con quella sgualdrina! – rise quel diavolo dai capelli blu, prendendomi nuovamente per la camicia.

La spinsi via. Cadde a terra.

Le rivolsi un’occhiata di fuoco, per poi prendere a seguire ciò che per colpa di quel diavolo avevo perso.



 
 
 
SPAZIO AUTRICE
Sì, sono vivaaa!!!!!! Sono tornata finalmente!!! Non uccidetemi!!!

Che dire di questo capitolo? Da un momento di pura felicità, ecco che arriva Laura Filler che rovina come sempre la festa!

Che succederà? I Lukary riusciranno a risolvere tutto??

Credo che la storia sia quasi arrivata al termine... Pochi capitoli e potrò pure schiacciare il bottone per "completa". Ringrazio tutte coloro che hanno seguito la storia fino a questo punto e l'hanno apprezzata!!


Al prossimo capitolo!!! Spero di non farvi aspettare così tanto!!! ;)
 
 

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Capitolo 31
*** Just Stay In My Arms ***


- CAPITOLO 30 -


JUST STAY IN MY ARMS


 

 
La porta di casa si riaprì. Singhiozzi. Lacrime. Una porta sbatté. Mi accasciai contro il muro, il viso tra le mani. Rach entrò e si gettò immediatamente accanto a me. I suoi occhi da cerbiatta rimasero a fissarmi per un po’. Ash comparì sulla soglia della stanza. Mi chiamò. Alzai lievemente lo sguardo. Si abbassò alla mia altezza.

- Ti giuro… Non ho visto bene nemmeno io, ero distratto in quel momento… ma Luke non avrebbe mai fatto nulla del genere. Non a te. – cercò di rassicurarmi. Rachel annuì.

Scossi la testa. Non aveva visto bene, nemmeno Rachel. Non potevano sapere. E poi anche io prima ero di quelle sue convinzioni. Ennesimi singhiozzi. Rachel guardò Ashton.

La porta di casa sbatté per la seconda volta. Ashton si alzò velocemente e chiuse la porta, per imboccare le scale di corsa. Rachel fece che stringermi a sé. Mi racchiuse tra le sue braccia, facendomi sentire il profumo dei suoi capelli biondi. Appoggiò la testa contro la mia.

- Soffro con te – disse.


 
 
Luke
Entrai in casa, sopraffatto dall’ira, nonostante Calum e Michael dietro di me che continuassero a ripetermi di mantenere la calma. Imboccai le scale, ma venni fermato da Ashton. Tentai di passare, ma non mi lasciò andare oltre.

- Non è molto ragionevole andare a parlarle nello stato in cui si trova, sai? – disse calmo.

Sbuffai, passandomi una mano tra i capelli. Scesi le scale, seguito dal riccio. Mi gettai sul divano, puntando i gomiti sulle ginocchia e prendendomi la testa tra le mani. Tentai di tranquillizzarmi.

- Cosa mi consigli di fare? – mi rivolsi a Ash.

- Certamente andare a parlare con una ragazza in crisi per merito tuo non è l’ideale – ammise nuovamente amaro.

Posai gli occhi su Mikey e Cal. – Dovremmo trovare un modo per tranquillizzarla, almeno farla smettere di piangere – consigliò il moro.

Ci voltammo tutti verso Mr Capelli Verdi, che ci rivolse uno sguardo interrogativo. Sì, Michael aveva sperimentato un nuovo colore. Dopotutto, era sempre il meno soggetto a crisi di nervi e, sicuramente, il più bravo di noi a tranquillizzare una ragazza. Ilary lo riteneva uno dei suoi migliori amici, quindi perché non mandare lui a tentare di calmarla? Aveva visto tutto perfettamente, oltretutto!

- No, non se ne parla – scosse la testa, dopo aver capito le nostre intenzioni.

- Dai, per favore!! Non mi ascolterebbe nemmeno sul punto di morte talmente si intestardisce, certe volte! Ho davvero bisogno di te! – lo supplicai.

Sospirò. Si diresse verso le scale. Poco dopo, Rachel ci raggiunse.

Non so per quanto restò di sopra. Del resto, la tensione in me saliva. Rachel e Ash continuavano a scambiarsi occhiate preoccupate. Calum taceva. Silenzio di tomba. Potevamo udire il ticchettio dell’orologio della cucina, le automobili che passavano davanti a casa. Dopo un po’, i passi di Mikey. Rivolgemmo lo sguardo verso di lui.
Sembrava vagamente soddisfatto.

- Si è calmata. – disse. – E’ disposta a scendere, a mangiare, a fare tutto quel che le pare in tua presenza… -

Quelle parole mi sollevarono particolarmente.

– …rivolgendoti la parola il meno possibile – ammise con amarezza.

Sgranai gli occhi.

Mi guardarono tutti. Annuii, per poi alzarmi pensieroso.

- Cosa hai intenzione di fare?  –

Mi voltai verso Rachel. Era terribilmente seria, l’espressione non traspariva alcuna emozione.

- Cercare di chiarire…nel momento più opportuno – fu l’unica cosa che riuscii a dire.

La ragazza mi guardò nuovamente con i suoi occhi da cerbiatta.  – Hai ancora bisogno di noi? –

- Posso farcela – ammisi. Annuì.

Si diressero verso la porta. Feci lo stesso, aprii la porta di casa. Mi salutarono. Rachel si alzò sulle punte e avvicinò la bocca in prossimità del mio orecchio.

 – Non farla soffrire troppo – bisbigliò, per poi riabbassarsi. Uscì per ultima.


 
Li guardai andare via, per poi richiudere la porta alle mie spalle. Ilary scese dalle scale, a piedi nudi, in quel preciso istante. Mi guardò, con gli occhi gonfi e arrossati per il pianto, ma, come Michael aveva sottolineato, non proferì parola e si diresse verso la libreria. Cominciò a scorrere le dita sui tomi, leggendone i titoli. Alla fine, scelse un libro dalla copertina blu e si sedette sul divano, per poi ficcarci il naso dentro.

Il resto della giornata passò allo stesso identico modo. Il silenzio che incombeva per casa era terribilmente straziante. Ilary tentava in tutti i modi di evitare il mio sguardo, di evitarmi fisicamente. Spese l’intera giornata a leggere libri, in silenzio, chiusa nella sua stanza. Era terribile vederla in quello stato, tant’è che quel silenzio sembrava quasi urlare. Non avevo fatto altro che osservare i suoi minimi movimenti, pensando ad una soluzione. Arrivai alla sera che non ce la feci più. Mi alzai dalla sedia della cucina su cui ero seduto e mi diressi verso la porta della sua camera. Aprii la porta all’improvviso, tant’è che la feci sobbalzare.  Mi puntò gli occhi addosso.

- Non ce la faccio più, Ilary – Mi liberai. – Nulla di quello che hai visto era vero, te lo giuro –

Abbassò lo sguardo, cercando di ignorandomi. – Guardami! – gridai.

Ritornò a guardarmi. Le si dipinse in viso la rabbia. Chiuse il libro, per poi alzarsi e ritrovarsi a qualche metro da me. – Non mi mentire di nuovo – sibilò a denti stretti.

- Mi ha preso così all’improvviso e mi ha baciato! E non si staccava da me! Come devo dirtelo! – ribattei.

- Sì, certo! Dillo, lei è meglio di me, con quel seno sempre in vista! Dillo! – gridò.

- Ti ho detto che non volevo che mi baciasse! Tu sarai sempre meglio di lei, sempre il meglio di tutte per me! –

- Smettila di…! –

Non ci vidi più. Avvanzai verso di lei, la presi per le spalle e la spinsi contro il muro. Le guardai gli occhi carichi di stupore. La baciai. Cercò di spingermi via. Sapeva di farmi quasi il solletico. Cominciai a scorrere le mani lungo i suoi fianchi, per poi accarezzarle la pelle della schiena sotto la maglietta. Sentivo i brividi che le percorrevano la schiena ad ogni tocco. Dopo un po’, smise di opporre resistenza e infilò la dita tra i miei capelli. Si lasciò completamente a me, ricambiando con foga. Mi allontanai da lei proprio quando rimasi senza fiato. Le presi il mento.


 
Ilary
- Ti amo. Come cazzo potrei pensare di tradirti? – mi disse, guardandomi intensamente negli occhi. Sapevo bene che non mentiva, era troppo sincero.

Abbassai lo sguardo. Luke avvicinò nuovamente il viso al mio e mi diede un bacio all’angolo della bocca. Sorrisi lievemente. Mi strinse ancora di più. Premette le labbra sulla pelle del collo, fino a cominciare a mordicchiarlo. Le sue braccia scesero fino ai lembi della maglia. Sapevo bene le sue intenzioni, ma in quel momento volevo solamente recuperare il tempo perso. Me la sfilò, e mi baciò di nuovo. Spostai le mani sul suo petto. Gli sfilai la maglia, scoprendogli il petto tonico. Gli baciai le labbra. Arrivò al cavallo dei miei pantaloncini e me li sbottonò, per poi farli scivolare giù. Me ne liberai e gli sbottonai gli skinny jeans.

- Un po’ più stretti? – commentai. Rise appena e se li tolse da solo.

Mi prese in braccio. Mi baciò ancora. Mi lasciò stendere sul letto, lui sopra di me.

Ci spogliammo completamente.

Divenimmo una cosa sola.





 
 
SPAZIO AUTRICE
Ciao!!!
CAPITOLO 30!! Cosa devo dire? Uno dei migliori che abbia scritto in tutta la storia, credo!!
Vi anticipo che nel prossimo capitolo… Torneranno i genitori di Luke e Ilary dall’Inghilterra!!! Che succederà?!!
Bacioni, alla prossima!!

 

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Capitolo 32
*** Surprise! ***



 
- CAPITOLO 31 -


SURPRISE!


 
 
Aprii le palpebre. Luke dormiva ancora, la testa appoggiata sul mio petto, i capelli biondi scompigliati, l’aria beata. Sembrava quasi un bambino. Le lenzuola accarezzavano la pelle nuda, le sue mani calde allacciate dietro alla mia schiena, il suo corpo a stretto contatto con il mio. Se fosse stato una decina di mesi prima, avrei pensato di aver battuto la testa seriamente. E pensare che era già la terza volta che quella scena si ripeteva.

- Buongiorno amore –

Bisbigliò. Aprì le palpebre e mi prese per i fianchi, per poi farmi sdraiare su di lui. Accostò le labbra sulle mie in modo naturale, disegnando cerchi immaginari con le dita sulla pelle della mia schiena. Gli infilai la dita tra i capelli. Si staccò.

- Ti amo – bisbigliò.

Stavo quasi per rispondere quando…

- Lukey, Ilaaary!!!!! Siamo tornati!!! –

Il biondo sgranò gli occhi. Dalla finestra che la notte tenevamo sempre aperta arrivò alle nostre orecchie la voce di sua madre. Sgranai gli occhi. Mi spostai e lo lasciai sedersi sul materasso, per poi chinarsi a prendere il cellulare dal comodino. Dopo un po’ mi mostrò il display:


 
Da: Papà

Ciao Luke, saremo di ritorno un giorno di anticipo, il nostro volo è stato cancellato all’ultimo minuto… Speriamo non ci siamo problemi.



 
- Cazzo –

Mi guardò. – Diamoci una mossa – scandì terrorizzato.

Saltammo fuori dal letto. Dopo un’ardua ricerca, riuscii ad infilare le slip, i jeans e il reggiseno, ma…

- Luke, non trovo la maglietta! –

Aprì l’armadio a muro e… - Mettiti questa! –

Mi lanciò la sua camicia azzurra. La abbottonai velocemente, per poi arrotolare ai gomiti le maniche troppo lunghe. Uscimmo di fretta e furia. I nostri genitori continuavano incessantemente a suonare al campanello. Dopo esserci letteralmente precipitati giù dalle scale, Luke ed io ci fermammo davanti al portone. Mi guardò nuovamente negli occhi, in quella mattina di inizio agosto. Annuii. Prese le chiavi e le infilò nella serratura, per poi farla scattare. Posò la mano sulla maniglia e, con gesto fulmineo, aprì la porta. Liz Hemmings gli si avventò al collo e cominciò a dargli baci su tutta la faccia. Non l’avevo mai visto più imbarazzato.

- Oh… Lukey!!!! Mi sei mancato così tanto… il mio bambino!!! –

- Sì, anche a me mi sei mancata…Mamma, ti prego, basta! – rispose lui, cercando di allontanare la madre troppo dispersa ed affettuosa.

Risi. Mia madre entrò. Ricevetti lo stesso trattamento.

- Oh…. La mia Ilà-Ilà!!! Ero sempre in pensiero per te!!! –

- Mamma!!!! –

Non appena riuscii a liberarmi, fu la volta di un tenero abbraccio da papà.

- Ehy, ma questa camicia non è tua…ti è enorme – commentò dopo un po’ mia mamma, toccando il tessuto della camicia di Luke.

Liz si avvicinò. – Infatti, è di Luke! Cosa…?!! –

Alzò lo sguardo su noi due con un’espressione beffarda dipinta in viso. Già, in qualche modo, eravamo riusciti a nascondere la nostra relazione agli occhi dei nostri genitori, ma solo quel piccolo intoppo stava già mandando a monte tutto. Io e Luke ci lanciammo un’occhiata spaventata. Sua madre continuava a ghignare. Mia madre si unì.

- Avete qualcosa da raccontarci o…questo scambio di vestiti è stato puramente casuale? – chiese Liz, sghignazzando.

Deglutii a vuoto. Luke continuava a guardare me e sua madre terrorizzato.

- Allora? Non avevate detto che non vi sopportavate? Ma scambiarsi i vestiti non è certo da ragazzi che non si tollerano, anzi… - commentò mia madre.

Luke mi guardò. Annuii. Non avrebbe avuto senso negare l’evidenza.

- Ehm… Io e Ilary stiamo insieme –

I volti delle due donne si accesero di contentezza. – Da quanto? – chiese elettrizzata mia madre.

- Da…7 mesi –

Corsero immediatamente ad abbracciarlo. O meglio, quasi a strozzarlo. Mi misi a ridere. Luke mi guardò beffardo. Mi zittii. Si liberò e cominciò a farmi il solletico.

- No, ti prego Luke!!... ahahah… non adesso!! – mi lamentai.

- Non avete pensato al matrimonio?!! –

- MATRIMONIO?!! –








 
 
SPAZIO AUTRICE

Penultimo capitolo gente!!! Siamo quasi arrivati alla fine, purtroppo…
Ringrazio in anticipo tutte coloro che stanno seguendo la storia fin dall’inizio, e che non si sono stancate ancora di questo minuscolo spazio per me in cui (lo so) sono terribilmente noiooosaaa.
Avevo intenzione di scrivere una nuova storia sui 5SoS al termine di questa fanfic. Questa volta, però, volevo mettere in primo piano Mikey. Vi lascerò il link nell’epilogo, se riuscirò a creare trailer e banner e a scrivere un prologo decente in tempi ristretti.

Grazie e al prossimo (e ultimo) capitolo!!!
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 33
*** Epilogo:7 Years Later ***



- EPILOGO -

7 YEARS LATER



 
- SVEGLIAAAA!!!!



Ecco, la neogiornalista venticinquenne Ilary Jersey veniva in malo modo svegliata dalla pazza di sua madre, che a dir la verità non sembrava mai invecchiata per niente. Che bell’inizio….e il motivo nemmeno lo sapevo di quell’entusiasmante sveglia spacca timpani. E, come se tutto fosse normale, Rachel Hudson, neomamma con Ashton Irwin, arrivava a percuotermi da un lato del letto, incitandomi ad alzarmi subito, il prima possibile. E così anche Samantha Corwell e Lety Smith.

- Che cavolo, lasciatemi dormire! – mugugnai, portando la testa sotto al cuscino.

Via il cuscino.  – Oh, andiamo! Mica te ne sei dimenticata! – rise Samantha.

Aprii gli occhi e la guardai perplessa. A proposito, perché erano tutte così eleganti, in quegli abiti dalla gonna a ruota bianchi con una cinturina nera in vita e i tacchi neri di vernice? Aspetta un attimo, abitini bianchi e tacchi? Sgranai gli occhi.

- IL MATRIMONIO! Perché non me l’avete detto subito! – gridai. Saltai fuori dal letto.

Non appena poggiai i piedi per terra, venni trascinata direttamente nel bagno al piano terra, dove truccatrici e pettinatrici ebbero l’occasione di cospargermi ben bene di fondotinta e di lacca per capelli. E non appena finii la prima fase…via! Venivo trascinata nella camera dei miei, dove mi venne infilato di fretta e furia l’abito bianco e i tacchi altissimi. E poi ancora, giù! A prendere il bouquet! E ancora a sistemare il velo! Cosa mancava? Certo, il sacro santo rituale pre-matrimonio! Rachel tese la mano, a cui si sovrapposero la mia, quella di Lety e quella di Samantha.

- Merda! Merda! Merda! – gridammo e uscimmo dalla villetta.

Lì davanti, una bella automobile d’epoca a tettuccio removibile e mio padre ad aspettarmi.

- Sei bellissima – mi disse con le lacrime agli occhi, lasciandomi un bacino sulla guancia.

Sorrisi.

Dopo qualche lieve problema a far entrare l’abito, compreso lo strascico, l’autista (ovviamente mio padre) partì. Arrivarono finalmente i primi (e unici) minuti di calma che avrebbero popolato la mia intensa giornata. E in men che non si dica, eccomi lì davanti alla chiesa! L’automobile accostò e le mie tre favolose testimoni mi aiutarono ad uscire. Mamma andò direttamente dal suo futuro cognato, prendendolo a braccetto e preparandosi all’entrata. Samantha e Rachel mi sistemarono la gonna, mentre Lety prese lo strascico. Presi a braccetto mio padre e, finalmente entrai. Un elegantissimo (e super sexy!) Luke Hemmings, i capelli ben messi a posto, lo smoking addosso e una rosa bianca al petto, mi osservò da capo a piedi e sfoggiò un sorrisetto compiaciuto.

Feci lo stesso.







 
 
SPAZIO AUTRICE


FINE.

Così finisce tutto. Lascio a tutte la libertà di immaginarsi il seguito. Grazie mille per tutto il vostro supporto…non credevo che questa fan fiction sarebbe piaciuta così tanto. Grazie, grazie a tutti i lettori silenziosi, a tutti coloro che l’hanno messa tra le seguite/ricordate/preferite e a chi ha lasciato una recensione. Grazie mille!!

E, come promesso, vi lascio l’indirizzo per la mia nuova fan fiction, “Scream.” E’ una storia totalmente diversa da questa, quindi mi piacerebbe se andaste a dare un’occhiata…


http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2944549&i=1
 
Un bacio e grazie di tutto!!!
 
 

 

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