Love, only love

di Firnen bjartskular
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dolorosi ricordi ***
Capitolo 2: *** Ebrithil ***
Capitolo 3: *** Dubbi e gelosie ***
Capitolo 4: *** Il viaggio di Arya ***
Capitolo 5: *** Al chiaro di luna ***
Capitolo 6: *** Brutte notizie ***
Capitolo 7: *** Vannak ***
Capitolo 8: *** Uno strano messaggio ***
Capitolo 9: *** Strategia d'attacco ***
Capitolo 10: *** L'Helgrind ***
Capitolo 11: *** Sacrificio ***
Capitolo 12: *** Risveglio ***
Capitolo 13: *** Il ballo ***
Capitolo 14: *** Natura, pura e incontaminata ***
Capitolo 15: *** Amore, passato e presente ***
Capitolo 16: *** Decisioni ***
Capitolo 17: *** New carvahall ***
Capitolo 18: *** Breoal ***
Capitolo 19: *** Glaedr ***
Capitolo 20: *** Commiato ***
Capitolo 21: *** Niernen ***



Capitolo 1
*** Dolorosi ricordi ***


Dolorosi ricordi
Il cielo era tinto di mille sfumature di rosso, dalla collina si godeva di una vista a trecentosessanta gradi di tutta la piccola città. Eragon rimase ancora un po' rannicchiato vicino a saphira per osservare il sole tramontare.
Quella sera andó al letto presto; l'indomani sarebbe stato un giorno importante: avrebbe conosciuto i suoi due primi allievi. Aveva poche informazioni sul loro conto, dal rapporto che gli aveva fornito Blodgharm, erano tutti e due elfi, un  maschio e una fammina: si chiamavano Arategh e Jalika. 
Per Eragon quella fu una notte terribile: era assalito da incubi collegati a lei, Arya. Anche dopo i tre anni passati in solitudine il cavaliere non riusciva a dimenticare        
l'elfa che lo aveva sempre rifiutato, Eragon era certo che lei ricambiasse i suoi sentimenti, ma pur avendo questa consapevolezza ormai si era rassegnato al fatto che non avrebbe mai più rivisto gli splendidi occhi smeraldini della sua amata.

Il cavaliere si sveglió qualche ora dopo, madido di sudore
-Non posso continuare a vivere così, nella consapevolezza di non rivederla mai più, con il cuore e la mente fermi a quel maledetto giorno in cui le dissi addio
disse con voce tremolante a Saphira
-piccolo mio, lei fa parte del tuo passato, ora più che mai devi guardare al futuro. Purtroppo Arya ha seguito la sua strada, ma noi ora dobbiamo seguire la nostra
il tono della dragonessa era pieno di apprensione, come quello di una mamma che cerca di risollevare il morale di suo figlio; infuse un certo senso di pace e tranquillità in Eragon, anche se non servì del tutto a calmarlo.
-vado a meditare disse stancamente il cavaliere alla sua compagna si cuore e di mente, Saphira rispose con un mugolio di assenso. Eragon fece meditazione fin quando aiedail non sorse, si era soffermato tutta la notte sulle varie specie di animali che abitavano la  valle; perfino sui più infimi batteri.




ANGOLO DELL''AUTRICE
spero che questa ff vi piaccia, ho deciso di incentrare il tema dei prossimi capitoli sulla storia tra Eragon e Arya.
credo di soffermarmi in particolare sul personaggio di Arya e del suo carattere e la sua indecisione nei confronti di Eragon; in questa ff renderó un immagine più emotiva di Arya accentuando un insicurezza nei confronti di se stessa
mi aspetto un sacco di recensioni!! ( spero positive ) 
ps: mi scuso per le dimensioni ridotte del capitolo, infatti ho postoil fulcro della storia nei capitoli seguenti

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Capitolo 2
*** Ebrithil ***


Ebrithil



Quando aprì gli occhi si trovava ancora seduto a gambe incrociate sul ceppo al centro della radura.
L'aria frizzante della mattina gli accarezzó il volto; il sole stava sorgendo: un disco dorato in netto contrasto rispetto al colore violetto del cielo che andava man mano sfumando in indaco e  in un azzurro di una limpidezza unica.
Il cavaliere cercó subito la sua dragonessa: la trovó a sorvolare un piccolo boschetto, concentrata a seguire le tracce di un piccolo gruppo di cervi.
-Saphira, ti va di volare?
La dragonessa non se lo fece ripetere due volte
- certo piccolo mio.
Pochi istanti dopo Saphira atterró, producendo potenti folate di vento che rischiavano di far cadere Eragon, se non si fosse retto al ceppo. Così, senza dire una parola ,il cavaliere si arrampicó agilmente sul dorso della dragonessa. Con due possenti battiti d'ali si librarono nel cielo completamente privo di nuvole: solo in quel posto isolato da tutto e da tutti Eragon riusciva a porre fine alla profonda inquietudine che regnava nella sua mente, a lasciare tutti i suoi problemi a terra e immergersi in una profonda pace, rilassarsi.
Poi all'improvviso una mente premette contro la sua 
- Eragon elda... Eragon elda!!
Era Blodhgarm
- Arategh e Jalika sono da poco arrivati e aspettano un colloquio con te a palazzo Nemoris.
Era quello il nome che avevano dato il cavaliere e gli elfi al palazzo principale - nonchè sede dei cavalieri - della città di Komsos.
- Arriviamo subito
Rispose a malinquore Eragon e comunicó le coordinate fornitegli da Blodhgarm a saphira.
Pochi istanti dopo cavaliere e dragonessa erano nello stupendo cortile del palazzo, dinnanzi a loro due splendidi, giovani elfi.
Arategh aveva diciassette anni, era molto alto e slanciato, perfino per i parametri elfici, aveva dei capelli biondo platino che incorniciavano il viso per niente spigoloso, due penetranti e chiarissimi occhi azzurro ghiaccio, il suo drago, Atteras, aveva lo stesso colore dei suoi occhi.
Jalika, aveva dei lunghissimi capelli rosso fuoco, occhi azzurri e spiritosi, nettamente in contrasto con il colore della chioma, la sua dragonessa, Nirnel, era sull'arancione, molto chiaro sul muso e sul collo e più scuro sul dorso. 
- Siamo onorati di poter essere addestrati da te, ebtithil
Dissero in coro i due allievi, Eragon arrossì
- vi prego, non chiamatemi in quel modo... Mi fate sentire... Vecchio
Eragon sorrise: che stava dicendo??
- Come vuoi ebr... hem... Eragon
Anche loro risero. Insieme entrarono in un ampio campo da combattimento diviso in varie sezioni: una prima con dei manichini di legno per allenare le capacità con la spada, un'altra con dei bersagli per l'arco e una terza sezione per la lancia.
Di li a poco il nuovo marstro li avrebbe messi alla prova



Angolo dell'autrice 
Mi scuso tantissimo per avervi fatto aspettare quasi una settimana, ma alla fine ecco qui un nuovo capitolo: è un po' statico, lo so, ma mi rifaró con il prossimo. Ringrazio tutti gli utenti che mi hanno recensito
Se onr sveddar stija hvass

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Capitolo 3
*** Dubbi e gelosie ***


Dubbi e gelosie


Eragon lanció agli allievi due spade di legno che prontamente presero.
I due ragazzi iniziarono a fissarsi negli occhi, con sguardi freddi come il ghiaccio.
La prima ad attaccare fu Jalika, che si lanció contro Arategh con tale violenza che la spada di legno si sarebbe spezzata se il maestro non avesse prontamente evocato  un incantesimo di protezione. Eragon si stupì della forza della sua allieva. 
Arategh paró senza difficoltà. Il duello duró per quasi mezz' ora, saltava all'occhio la lampante supremazia di Jalika che maneggiava la spada come se fosse un'estensione del suo braccio. In poco tempo l'elfa mise fine al duello con una tosione del polso che fece schizzate via la spada di Arategh.
- Molto bene, adesso ritiratevi nelle vostre stanze; domani esamineró le vostre capacità con la magia e ho bisogno che siate più riposati possibile.
I due elfi si diedero la mano, poi esclamarono in coro 
- sì Eragon - elda

Il lungo corridoio era stato sapientemente decorato con affreschi che narravano in successione la storia di Alagesia: dal primo cavaliere Eragon all'uccisione di Galbatorix.
Ancora una volta si sorprese di come era riuscito ad edificare un palazzo così maestoso in poco più di un anno. Modestia a parte era venuto davvero bene.
Entrato in camera sua, come era solito fare da ormai tre anni, pese in mano una tavoletta di ardesia: sulla superficie liscia il volto di una splendida elfa, ochi verdi come lo smeraldo e capelli corvini, viso spigoloso e pelle diafana,  in poche parole: Arya.
Fissó intensamente la pietra levigata per lunghi istanti, poi inizó a raccontare come si era svolto il corso della sua giornata, ogni più piccola sensazione, anche i suoi incubi e le sue preoccupazioni, come se l'immagine inanimata potesse compatirlo e consolarlo.
- È un'ossessione
Commentó Saphira 
- non sei forse tu che dormi con un osso di cervo che ti ha regalato un certo drago verde di ma conoscienza??
Ribattè il cavaliere, la dragonessa si chiuse in se stessa, per una volta, lui, Eragon l'ammazzatiranni, l'aveva avuta vinta.

"Una battaglia infuriava intorno a loro. Arya era impegnata in un combattimento: le due lame, una verde el'altra nera, si incrociavano e cozzavano tra di loro in un'ipnotica danza mortale.
Poi quello che non sarebbe dovuto mai succedere, la lama nera, come un lampo, trapassó arya da parte a parte. 
- Nooooo
Gridó, il grido più straziante del mondo, colmo di dolore, rabbia, odio.
Il corpo inerte dell'elfa ai piedi del cavaliere nero, in un lago di sangue."
Eragon si sveglió di soprassalto, madido di sudore, in preda al panico si avvicinó ad una bacinella colma d'acqua
- draumr kopa
Mormoró concentrandosi su Arya,
l'immagine dell'elfa apparve nitida: era come se la ricordava, ma gli occhi erano diversi dall'ultima volta, non erano più brillanti, ma tristi e velati di malinconia, lacrime argentee solcarono le pallide guance.
Perchè la sua amata piangeva? 
Poi qualcuno bussó, la regina si asciugó in fretta le lacrime
- sì
Chiese con voce tremolante.
Un elfo dai capelli rossicci spalncó la porta 
- Arya, ti andrebbe di fare una passeggiata nei giardini?
Eragon si sentì morire: aveva un amante, perchè almare quella sottospece di.. elfo da quattro doldi e non lui?
- Gunnash, il mio cuore appartiene ad un altro e tu lo sai
Al cavaliere venne voglia di sprofondare sotto terra, non solo Arya aveva un amante ma amava un altro
- no Arya sei tu che sai più di chiunque altro che non lo potrai rivedere mai più 
a quelle parole l'elfa si accese di collera 
- Gunnash, esci fuori da questa stanza e tratta la tua regina con il dovuto rispetto
Il giovane elfo se ne andó con l'aria da cane bastonato sbattendo la porta. Appena fu sola la regina affondó la testa in un cuscino e ricominció a piangere; qualcuno entró nella stanza, una bambinetta molto graziosa sui tre anni
- zia Arya non riesco a...
Aveva capito bene?? ZIA ARYA?!
A Eragon prese quasi un infarto
- zia Arya tutto bene?
Chiese la bambina con voce infantile, l'elfa si asciugó le lacime e un largo sorriso comparve sulle sue labbra
- sì Ismira.
Come faceva sua nipote ad essere a palazzo Tialdari? 
Ma quella domanda passó subito in secondo piano quando vide la felicità sul volto dell'elfa e una nuova luce comparire nei suoi bellissimi occhi smeraldini, qualunque cosa fosse venuta a fare la bambina nella stanza di Arya, Eragon provava un profondo e sincero senzo di gratitudine per Ismira, per avergli fatto rivedere uno di quei rari e splendidi sorrisi che lo facevano sciogliere come neve al sole. 
- Zia Arya non riesco a dormire, mi canti una canzoncina 
- con piacere piccola
Arya la prese in braccio e la fece stendere sul letto a baldacchino, poi con voce calma e suadente, intonó una canzone nell'antica lingua, eragon ne tradusse il ritornello, faceva più o meno così: una volta in ogni vita se ci crederai, potrai spostare una montagna e cambiare il corso della storia.
La bambina si addormento quasi all'istante, anche su eragon la ninnananna sortì un effetto soporifero, pechè recise il flusso di magia e si mise di nuovo sotto le coperte, ormai libero da ogni pensiero. 


Angolo dell'autrice
Mi merito un premio nobel per aver scritto questo capitolo in tempi record. Comunque spero che vi piaccia. Commentate!! ^^
Se onr sveddar stija jvass



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Capitolo 4
*** Il viaggio di Arya ***


Il viaggio di Arya
Arya aprì gli occhi di scatto e sorrise, si meravigló di aver fatto un sogno così piacevole dopo tre anni di incubi.
Ismira si teneva stretta a lei, quella bambina aveva il potere di calmarla.
Poi si mosse e si stropicció gli occhi
- zia Arya, hai pianto sta notte, cos'hai sognato?
- Non me lo ricordo
mentì lei
- zia ma perchè molto spesso sei triste?
Chiese la bambina con voce talmente dolce e infantile che l'elfa non potè fare a meno di dirglielo, seppur omettendo qualche particolare.
- Vedi Ismira, c'è un ragazzo che mi piace tanto, solo che, dato che l'ho respinto tante volte lui se n'è andato via, in un villaggio sulla dorsale
- come si chiama??
Chiese la " nipote " in tono mellifluo, come se avesse gia intuito il nome
- ehm... Eranogh. 
Rispose lei con voce per niente sicura
- perchè non vai da lui?
- oh Ismira tu la fai facile, e poi non so neanche se mi ama ancora
- Arya vai da lui, almeno per vederlo un'ultima volta, di persona.
Si intromise Firnen
- io vado a fare colazione 
- sì, vai pure 
rispose la regina in tono assente
- Firnen, lo sai bene quanto me che sarebbe una delusione per entrambi, non ci potremmo più rivedere, e poi ho alcune questioni importanti da sbrigare qui a Ellesmera. Non è la scelta più razionale.
- Lo vedi, è sempre stato questo il tuo problema! Fai le cose solo in modo razionale, l'amore non segue le logiche, lascia che te lo dica: SONO STUFO!!
Ribattè il drago con tono freddo e duro, chiudendosi in se stesso. Gli faceva male litigare con lei, ma era necessario smuoverla da quello stato di torpore.

Ormai era sola, non un'anima viva in quella stanza oltre a lei, perfino il suo compagno di mente e di cuore l'aveva lasciata lì a rimuginare. 
Poi l'immagine di Eragon si fece strada nella sua mente contorta e capì, capì che era stata una stupida ad averlo lasciato andare, capì di averlo amato fin dal primo momento. Capì che era il tempo di agire. 
Si alzó e prese un semplice zaino in pelle, vi ripose dentro lo stretto necessario e lo mise in spalla, poi spalancó la porta e, quasi correndo, si incamminó verso i giardini del palazzo, sorda alle riverenze e i saluti che le rivolgevano gli elfi di passaggio. 
Arrivata in una piccola radura chiamó Firnen; il drago arrivó sedutastante e la germì con gli artigli d'avorio, l'elfa si mise comoda sulla sella, non ebbero bisogno di parlarsi, lui sapeva esattamente dove voleva andare il suo cavaliere ed era pienamente d'accordo
- non vedo l'ora di rivedere Saphira 
Fu il suo ultimo pensiero prima di iniziare il lento viaggio verso l'ignoto.

Per cinque giorni non si fermarono nè per riposare nè per mangiare: atterrarono in una radura riparata da una folta foresta, ma mai al pari della Du Weldenvarden, sul ciglio di un ripido burrone.
Appena Arya mise un piede a terra le gambe cedettero facendola cadere a peso morto, fu solo con l'aiuto di Firnen che riuscì ad'accendere un fuoco. Appena ebbe finito di mangiare si accoccoló sotto l'ala del suo posente drago e si addormentó all'istante.

Quando il sole stava tramontandofinalmente scorsero le luci di una città in lontananza: erano arrivati.

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Come era solito fare Eragon era seduto con Arategh e Jalika ad ammirare il tramonto quando all'improvviso un punto verde baluginó all'orizzonte. 
Non poteva essere lei, non poteva essere tornata così, senza preavviso, per rompere la pace e il debole equilibrio che si erano formati negli anni in cui avevano perso il contatto, eppure il suo amore per lei restava immutato, un sentimento profondo e sincero, un ardore forse anche aumentato nel corso degli anni con il desiderio di vederla. 
Eragon quasi non ci credeva, ma il drago color smeraldo si avvicinava sempre di più senza lasciare ombra di dubbio: era davvero lei, era tornata.

Quando Firnen li raggiunse si tuffó in picchiata, ad appena due iarde da terra aprì le ali che si gonfiarono violentemente, Arya scese agilmente. A Eragon prese un accidente quando l'elfa corse verso di lui e si gettó nelle sue braccia piangendo; per un istante rimase rigido, poi la strinse a se, non gli importava il motivo per il quale piangesse, in quel momento voleva solo consolarla. Fu lei la prima a sciogliere l'abbraccio, con gli occhi puntati a terra, per la prima volta incapace di sostenere il suo sguardo mormoró
- Eragon io...
Ma non fece in tempo a finire la frase che svenne tra le possenti braccia del cavaliere che prontamente la prese e la adagió a terra.

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Capitolo 5
*** Al chiaro di luna ***


Al chiaro di luna
Appena aprì gli occhi fu costretta a richiuderli per la troppa luce. Quando riuscì a mettere a fuoco le immagini, la prima cosa che vide fu Eragon
- buon giorno dormigliona!
Arategh e Jalika quasi caddero dalle sedie quando sentirono l'appellativo: dormigliona?! Come si permetteva il maestro a chiamare così la loro regina?
- Giorno... per quanto tempo...
- quasi due giorni
La interruppe Eragon
- Fir... 
- Firnen! 
Urló lei e tentó di alzarsi, ma se ne pentì quando una fitta lancinante al fianco la fece ricadere sul materasso
- come sta?? Ha avuto paura??
- dicevo che era un po' preoccupato, ora sta volando con Saphira, tornerà a breve. 
- Ho fame
Il cavaliere le porse una ciotola con dentro del minestrone e una tazza fumante con infuso alle erbe
- Arategh, Jalika, andate ad allenarvi nel campo centrale, oggi non ci saró
- sì Eragon - elda
I due allievi si inchinarono alla regina e uscirono dalla stanza
- ti va di vedere Komsos?
-Con piacere 
rispose Arya che intanto aveva finito di mangiare
- cosa ti piacerebbe vedere per primo?
- ti sarei grata se mi facessi fare un giro del palazzo
- come desidera drottning
Rispose Eragon con una punta di ironia. L'elfa gli porse la mano, lui si inchinó con in una profonda riverenza buffa oltre ogni dire e la bació; entrambi si misero a ridere fragorosamente. Poi finalmente si decisero ad uscire, il corridoio era già un capolavoro di per se, decorato con enormi affreschi e largo abbastanza che un qualsiasi drago avrebbe potuto volarci liberamente
- qui ci sono le camere degli ospiti
Spiegó Eragon.
Dopo aver percorso tutto il corridoio passarono in una sala circolare sulla quale erano affacciate una ventina di porte, 
- questo è il dormitorio, qui ci sono le camere degli allievi che ancora non sono pronti a possedere un drago.
Salirono una piccola, ma sontuosa, scalinata in legno che portava ad una stanza identica alla precedente, solo grande e alta il doppio
- qui, come avrai intuito dalle dimensioni, ci sono le camere dei cavalieri. 
Attraversarono un balcone che si affacciava sulla prima sala circolare per sbucare in un largo corridoio, al centro del quale si affacciava una sola, mastodontica porta in legno decorata con bassorilievi raffiguranti piante rampicanti che si congiungevano formando un chiavistello, Eragon mormoró delle parole nell'antica lingua e la porta si spalancó rivelando un enorme sala da ballo a pianta rettangolare, sui muri si aprivano ampie finestre, incorniciate da drappi di velluto rosso, che illuminavano la stanza e agli angoli vi erano delle sculture in marmo rosa che raffiguravano quattro draghi in posizioni differenti. 

A tardo pomeriggio non avevano ancora finito di visitare tutto il palazzo, perció decisero di congedarsi e continuare la " gita " un altro giorno. 

Quella notte per Arya non c'era verso di addormentarsi, continuava a girarsi e rigirarsi nel letto da ore e ore, così si alzó, indossó una tunica verde e uscì. Per quasi un'ora girovagó senza meta per le stanze del palazzo, inizió a correre tra i fiori dei giardini finchè non trovó una piccola radura, si sedette stringendo le ginocchia al petto e si mise a osservare la volta celeste: la luna era perfettamente piena e la sua figura spiccava sulle miriadi di stelle che affollavano il cielo. 
Qualcuno le si avvicino e poggió una mano sulla sua spalla
- anche io vengo qui quando non riesco a dormire
Disse Eragon, poi la fissó intensamente, lei si perse nei suoi occhi azzurri e profondi come l'oceano
- Arya io l'altro giorno ti ho divinato: stavi parlando con un elfo di nome Gunnash, ti ha chiesto di fare una passeggiata, ma tu lo hai respinto dicendo che il tuo cuore appartiene a un altro. Ecco... io devo capire perchè hai aperto il tuo cuore a questo...  elfo e non a me.
- Ma è possibile che tu non comprenda? Quell'elfo sei tu.
Disse arya
- Eragon, io ti amo e ti ho sempre amato, ma me ne sono resa conto         solo quando ti ho perso. Tu mi ami ancora?
Aggiunse l'elfa nell'antica lingua. 
Il cavaliere non sapeva cosa fare, era rimasto spiazzato davanti a quella tanto sperata dichiarazione, poi si fece coraggio e poggió le sue labbra su quelle di Arya
- ti sta bene come risposta?
Appena ebbe finito di pronunciare quella frase l'elfa lo bació con più trspprto, con più passione.
Eragon temette di svegliarsi di soprassalto, madido di sudore, non gli sembrava vero; era come se si fosse tolto un macigno dal petto, per la prima volta dopo l'addio sulla Talita, si sentiva tranquillo e in pace con se stesso.

Angolo dell'autrice
Eccoci qui finalmente Arya ed Eragon si dichiarano il loro amore suggellando il momento con un bacio (sugellando?? Ma da dove le pesco io certe cose?). Tornando a noi: non vedevo l'ora di scrivere questo capitolo perchè lo trovo molto intrigante e romantico, fatemi sapere il vostro parere, ci conto!!!^^
Se onr sveddar stija jvass

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Capitolo 6
*** Brutte notizie ***


Brutte notizie
La gelida aria del mattino sferzava il viso di Murtagh.
Il cavaliere non ci poteva credere, si era davvero fatto convincere a ritornare. Peró anche se non lo voleva ammettere - e probabilmente non lo avrebbe ammesso neanche a Castigo - aveva una smaniosa voglia di rivedere Nasuada. Non sapeva per quale motivo, per chiarirsi, parlarsi. Gli sarebbe bastato anche solo vederla un'ultima volta prima di raggiungere Eragon nelle terre da lui esplorate. Il cavaliere si sorprese della sua debolezza: non aveva mai provato questo genere di sentimenti per alcuno; si sentiva strano quando la vedeva, se non fosse stato per il suo formidabile autocontrollo di sicuro sarebbe arrossito ogni volta che la sua regina gli parlava facendogli sentire la sua voce suadente.
- Lo sapevo Murtagh, anche tu pian piano ti stai sciogliendo
Ammiccó Castigo, il cavaliere non replicó.

Finalmente, dopo tre giorni e tre notti di volo avvistarono in lontananza le luci di Ilirea. 
Che effetto avrebbe sortito su di lui rivedere quella tanto odiata città, che gli riportava alla mente i dolorosi ricordi di quando Galbatorix esercitava la sua tirannia su tutta Alagësia e la capitale si chiamava ancora Uru-baen?
Come lo avrebbe accolto Nasuada?

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Nasuada era china sulla scrivania, intenta a studiare una cartina di Isiweya, Eragon aveva chiamato così la misteriosa terra in cui stava ricostruendo l'ordine dei cavalieri, quando qualcuno bussó alla porta
- avanti! 
Rispose la regina. Jarsha, un ragazzo dai ricci capelli color nocciola, entró nell'ampia sala
- mia regina, un drago è appena atterrato nel cortile centrale, il cavaliere vuole vederla, ha giurato nella lingua degli elfi che non le farà del male
- per caso si è presentato?
Chiese Nasuada curiosa
- no mia signora
Mentì Jarsha: Murtagh gli aveva infatti riferito che voleva fare una sorpresa alla regina. 
Nasuada percorreva a grandi falcate i lunghi corridoi del palazzo rispondendo cortesemente alle riverenze che le rivolgevano i cortigiani di passaggio. 
Appena entró nel cortile vide un enorme drago scintillante come un rubino: le si illuminarono gli occhi, avrebbe potuto riconoscere quella creatura fra mille: Castigo. 
Seduto sulla sua zampa destra c'era proprio lui, Murtagh, quando lo vide la regina Avvampó. Non si era resa conto - almeno fino a quel momento - di quanto erano cresciuti i suoi sentimenti per lui. Qualche istante dopo Murtagh notó la presenza della ragazza; si alzó in piedi di scatto, sorridente come non mai, ma prima che potesse dire o fare qualcosa, Nasuada lo sorprese correndo verso di lui e gettandoglisi addosso. I due rovinarono a terra in modo maldestro.
- Non sai quanto mi sei mancato
Gli sussurró la regina in un orecchio
- anche tu mi sei mancata Nasuada
Fu la sua risposta.

Quella mattinata la regina era stata impegnata tutto il giorno in riunioni con i membri dell'ordine dei maghi, ma nel pomeriggio trovó uno spazio per conversare con Murtagh, ma quella pacifica innocente conversazione all'ombra di un salice era destinata a durare poco infatti, pochi minuti dopo che i due ebbero iniziato a parlare, l'ambasciatore degli elfi, Vanir li interruppe
- Nasuada, ti chiedo di accordare il permesso della mia partenza per Isiweya, devo consegnare un importantissimo messaggio per Arya Drottning che in questo momento si trova lì.
La regina stava per accordare quando
- elfo Vanir, se vuoi puoi dare a me il messaggio in questione, devo infatti recarmi io stesso presso Isiweya, potrei consegnare il messaggio alla tua regina
Si intromise Murtagh
- non lo so shur'tugal, sono questioni di massima segretezza che riguardano il nostro popolo...
- non apriró, perderó nè permetteró che il messaggio finisca in mani sbagliate
Giuró il cavaliere nell'antica lingua
- in questo caso se la regina è daccordo...
Guardarono tutti e due Nasuada con aria interrogativa
- e sia
Sentenzió lei
- se permettete ho intenzione di partire subito
- come desideri Murtagh

Era ancora pomeriggio quando con le lacrime agli occhi Murtagh salì in groppa a Castigo e spiccó il volo verso le ignote terre.
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Era notte inoltrata. Eragon e Arya erano seduti ad ammirare il limpido cielo stellato. La mano del cavaliere si era posata su quella dell'elfa. Per anni aveva desiderato quel rapporto con Arya, e ora che lo aveva ottenuto si sentiva leggero e spensierato.
- Arya...
- che c'è yunod - iet? 
Lo interruppe lei
- niente.
Ancora in mente le ultime sue parole, yunod - iet. Anche dopo che si erano baciati e dichiarati Eragon credeva quasi impossibile che Arya potesse usare quell'epiteto con lui: amore mio.
Un movimento lo distolse dai suoi pensieri facendolo ridestare bruscamente.
Un inconfondibile puntino rosso comparve all'orizzonte: un drago.
Con una rapidità inumana Eargon e Arya salirono sui loro draghi; pochi istanti dopo i tre draghi volavano in circolo, Firnen e Saphira sopra il drago rosso. Eragon non riusciva a distinguere il cavaliere misterioso perchè il suo volto era celato da un mantello con il cappuccio decorato con glifi color porpora
- nam iet er Eragon, sundavar-vergandì, sonr abr Brom
- nam iet er Murtagh, sonr abr Morzan, nehiat haina undr
Rispose Murtagh dalla sella di Castigo
- fratello!! Non ti aspettavo qui, ti sei già stancato della pace e della solitudine?
Disse Eragon in tono scherzoso
- alquanto 
Rispose il cavaliere da sotto.

Appena furono scesi dai loro draghi i due cavalieri si abbraciarono
- mi sei mancato fratello
Sussurró Murtagh
- anche tu
Rispose Eragon. 
Appena il cavaliere rosso si accorse della presenza di Arya fece un profondo inchino, si portó l'indice e il medio alla bocca e recitó una delle formule elfiche
- atra du evarinya ono varda Arya drottning
- Atra esterni ono telduin, Murtagh shur'tugal
La regina gli sorrise
- ho un messaggio da parte dell'elfo Vanir
Le porse un piccolo rotolo di pergamena Arya lo prese. Recava un sigillo di cera che indicava il mittente: Dathedr, il suo più fidato consigliere. Che cosa lo aveva spinto a scriverle un messaggio di urgenza?
Appena finito di leggere la regina impallidì assumendo un colorito cadavereo
- domani mattina all'alba devo partire Eragon
- se permetti vorrei venire
Chiese il cavaliere
- come credi 
Taglió corto l'elfa
- Murtagh ti lascio in custodia Arategh e jalika
- va bene fratello.
Detto ció i due cavalieri si ritirarono nelle rispettive stanze.

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Capitolo 7
*** Vannak ***


Vannak
- Arya svegliati, dobbiamo andare
Firnen riscosse così l'elfa dai suoi incubi. 
Arya aprì gli occhi e con una velocità sovrumana si lavó e si vestì: indossó una tunica di fattura elfica di un grigio tortora sopra mise un mantello con il cappuccio sulle tonalita del verde.  

Quando uscì nell'enorme corridoio si diresse subito verso la camera di Eragon e bussó due volte.
La porta si aprì e ne uscì il cavaliere vestito di tutto punto con una sacca in spalla.

Giunti in una radura salirono in groppa ai loro draghi che con due potenti battiti d'ali si librarono nel cielo e iniziarono il loro viaggio verso Alagësia alla luce del sole nascente.
Firnen e Saphira volarono alla massima velocità per tre giorni di fila. Al quarto giorno giunsero gia in prossimità della città degli elfi, perció dovettero rallentare la loro avanzata proseguendo a piedi.
La foresta sembrava aprire un varco alla vista di  di Arya e al suo passaggio i rami dei pini secolari si volgevano in direzione della regina che camminava a testa alta.
I primi elfi iniziarono a comparire dietro i tronchi degli alberi, rivolgendo inchini e riverenze ad Arya che ricambiava con un dolce sorriso. Ancora una volta Eragon si stupì di come l'elfa riuscisse a nascondere i suoi veri sentimenti e celarli dietro la fredda maschera del contegno.
Appena furono nella radura si presentarono al mago guardiano che li fece passare. Poi una decina di elfi comparvero nella radura e, come un sol'uomo si inchinarono ai cavalieri e ai loro draghi. Ad Eragon parve di essere tornato indietro nel tempo di quasi cinque anni, quando era stato per la prima volta nella città fra i pini verdeggianti e gli elfi gli avevano riservato la stessa accoglienza. Poi un elfo si partì dalla folla e con un'andatura sinuosa si diresse verso i quattro. Si portó le mani alle labbra e tese la mano destra fino a portarla al petto nel gesto di saluto degli elfi.
- Atra du evarinya ono varda, Arya drottning
- atra esterni ono telduin, Dathedr vor
- mia regina volete incontrare Gunnash, vero
Gunnash! Eragon trasalì nel sentire quel nome; provava un misto indecifrabile di emozioni per quell'elfo, odio, gelosia e rabbia erano le predominanti.
- sì 
Rispose in tono assente l'elfa
- sua maestà, l'avverto che il soggetto da lei cercato in questo momento è sotto interrogatorio
- preferisco non disturbare l'operazione in corso, chiamami domani, intendo vederlo nella mattinata, e disponi che sia pronta una camera per Eragon di fianco alla mia.
Detto ció Arya si congedó da lord Dathedr per avviarsi con eragon verdo palazzo Tialdari.

Mentre l'elfa si apprestava ad andare a letto sentì bussare alla porta
- chi mi cerca? 
- sono Eragon
- entra pure, è aperto.
Pochi istanti dopo il cavaliere le si paró davanti.
- Arya non mi hai ancora spiegato il contenuto della lettera, se perfavore puoi farlo porrai fine alla confusione nei miei pensieri
- vedi, l'elfo Gunnash, che tu gia conosci, perso nella disperazione per il mio rifiuto, ha ucciso un elfo di nome Lathel e ha tentato il suicidio, ma dei passanti lo hanno fermato prima che potesse compiere l'estremo gesto. Lo sapevo Eragon, non mi dovevo lasciare andare ai sentimenti, ecco come mi ritrovo
Le ultime parole uscirono più dure e taglienti di quanto l'elfa volesse, lasciando l'amaro in bocca ad Eragon, che uscì dalla stanza prima che Arya si potesse seriamente arrabbiare.

Entrato in stanza si richiuse la porta alle spalle e si buttó sul letto a peso morto. Il suo primo pensiero andó alla sfuriata di Arya, ma per la prima volta riuscì a reprimere dei pensieri legati a lei e un senso di pace si fece strada nella sua mente, contro ogni previsione aveva cambiato il suo destino, il suo wyrda, ed era tornato ad Alagësia, era tornato a casa. Poi i pensieri di Eragon corsero subito ad Angela, l'erborista che gli aveva predetto il futuro, appena avrebbe avuto l'occasione di vederla l'avrebbe strozzata per avergli inflitto quella terribile tortura e averlo condannato a errare come un esule in terre sconosciute.

Arya sentì bussare alla porta, aprì gli occhi, dalla finestra spalancata proveniva una forte luce che illuminava tutta la stanza. Si era addormentata vestita quindi si alzó e aprì la porta, si trovó davanti una ragazzina con i capelli castani.
- mia regina, vuole che svegli anche Eragon ammazzaspettri?
Disse con voce tremante la bambina
- no, a lui ci penseró io 
Disse con voce calma la regina e si esibì nel più dolce dei suoi sorrisi per rassicurare la bambina visibilmente turbata dalla sua presenza
- come desidera
- elrun-ono Maya
La bambina strabuzzó gli occhi quando sentì il suo nome, non ricordava di averlo mai detto. 
Congedata la ragazzina Arya si diresse verso la stanza di Eragon e bussó più volte, non udendo alcuna risposta entró, trovó il cavaliere a torso nudo che dormiva placidamente sul suo letto, l'elfa sorrise a quella vista, gli si avvicinó e lo scosse leggermente, pochi istanti dopo si ritovó a sbattere violentemente la schiena a terra con un pugnale puntato alla gola.
Guardó negli occhi Eragon che appena la vide arrossì vistosamente e ripose il pugnale nella cintura, le porse la mano e la aiutó sd slzarsi
- A... Arya io non...
- non preoccuparti, fai bene a essere sempre vigile, la prossima volta staró più attenta
Eragon sorrise imbarazzato
- vestiti, vorrei che mi accompagnassi da Gunnash
Il cavaliere entró nella saletta
da bagno e dopo pochi minuti ne uscì perfettamente rasato; indossava una tunica azzurra con rifiniture in oro che faceva risaltare i suoi splendidi occhi.
- Eragon io mi volevo scusare per il comportamento di ieri sera, non pensavo veramente le cose che ho detto
Udendo quelle parole il cavaliere la abbracció dolcemente
- non devi scusarti, capisco perfettamente come ti senti

Un'ora dopo arrivarono in una radura con al centro una piccola capanna in legno, alla porte c'erano due guardie con una sfavillante armatura armate di lance
- gradirei se mi aspettassi fuori
- come desideri yunod-iet
L'elfa si avvio verso la capanna e dopo aver congedato le guardie scomparve dietro la porticina

- Gunnash io non riesco a capacitarmi di...
 Arya non riusci a finire la frase rimanendo impietrita sull'uscio. 
Gunnash stava cantilenando una nenia nell'antica lingua: il suo corpo era rigido e il viso contratto in una smorfia.
- Gunnash non lo fare...
Urló Arya, ma fu interrotta da un bagliore che avvolse l'elfo davanti a lei. La luce scomparve di botto cedendo il posto a una fluttuante figura dalla pelle diafana, capelli corvini e occhi tanto neri che non si distingueva l'iride dalla pupilla.
- Gunnash che hai fatto
Mormoró l'elfa con voce incrinata dalla paura
- l'elfo che chiamavi Gunnash ora non esiste più, ha lasciato che io, Vannak spettro delle tenebre, lo dominassi. Mi ha donato un corpo e ora lo ripagheró del suo gesto uccidendo te, Arya drottning.
Detto ció lo spettro tese una mano e sulla palma comparve l'elsa di una spada con la lama nera come pece dalla quale gocciolava un liquido cremisi che doveva essere veleno, correndo abbatte la lama su Arya che prontamente afferró un attizzatoio che fermó la spada a  meno di un dito dal suo petto, la rudimentale spada si spezzo dopo poche stoccate, così Arya inizió a schivare tutti i colpi nel dispetato tentativo di raggiungere l'uscita della capanna.
Vannak menó un colpo diretto alle gambe, l'elfa saltó per schivarlo, ma con una torsione del polso lo spettro cambio direzione alla spada verso il fianco.
Quando la lama trapassó la carne Arya ululó di dolore, si sentì subito debole e una miriade di pallini rossi prese a danzare davanti ai suoi occhi.
All'improvviso le gambe cedettero, facendola cadere pesantemente a terra
- Arya!
Ruggì Firnen nella sua mente, nel suo tono si poteva leggere il più forte spavento che aveva mai provato.
L'elfa cercava disperatamente un modo per salvarsi, provó a muoversi, ma si accorse di aver perso sensibilità agli arti. Così rilassó i muscoli e si arrese all'inevitabile. L'ultima cosa che vide fu il luccichio della nera lama che iniziava inesorabile la discesa sul suo petto, il suo ultimo pensiero andó ad Eragon e Firnen, le cose più importanti per lei, non avrebbe mai avuto una vita normale come ogni altra donna di Alagësia, la sua esistenza era iniziaza con tristezza ed era destinata a finire nella sofferenza. Sentì due lacrime scorrere al lato degli occhi, poi buio.

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Eragon era seduto a gambe incrociate al margine della radura e ammirava la perfezione di un giglio, quando un urlo agghiacciante lo fece rabbrividire, il suo pensieró andó subito ad Arya, si fiondó verso la capanna dove poco prima era entrata l'elfa e cercó di aprire la porta, ma si accorse che era stata sigillata da un incantesimo molto potente, provó ad usare il nome dell'antica lingua, ma non sortì alcun'effetto, così estrasse Bisingr dal fodero. Appena pronunció il nome della spada, la lama fu avvolta da miriadi di fiammelle blu, menó un colpo alla porticina che si frantumó in mille, piccole schegge, la scena che vide lo impietrì, uno spettro dai capelli corvini stava calando una spada nera sul petto di Arya che era inerme ai suoi piedi, sul fianco dell'elfa vi era una profonda ferita dalla quale gocciolava sangue nero.
Schiumante di collera, Eragon si lanció verso lo spettro e colpì la sua spada con il piatto di brisingr, la lama nera schizzó via conficcandosi nel muro. Senza pensarci due volte il cavaliere trafisse lo spettro mirando al cuore, la sua mano peró tremó all'ultimo istante deviando la lama più in basso. La spada blu si conficcó nel torace di Vannak che si giró verso di lui esibendosì in uno spaventoso ghigno
- i miei complimenti cavaliere
Disse lo spettro in tono mellifluo, poi si giró verso il corpo di Arya
- se vuoi salvarla devi sbrigarti, o il veleno la uccidera prima che aiedail sorga.
Vannak rise, una risata agghiacciante.
- ci rivedremo Arya drottning e sta pur certa che quella volta sarà l'ultima sia per te che per il tuo amichetto.
Detto ció lo spettró svanì in una nebbiolina. 

Eragon si affrettó a prendere in braccio Arya: l'elfa era più pallida di quanto gia non fosse al naturale, il suo battito era debole e il respiro flebile. Arrivato al margine nella radura la adagió delicatamente a terra e inizió l'operazione di guarigione, cantando una dolce e rassicurante melodia. Molti elfi si radunarono in cerchio attorno ad Eragon e Arya e infusero un grande quantitativo di energia nel cavaliere che dopo appena un'ora terminó.
Firnen poggió il muso sulla spalla del suo cavaliere e la scosse leggermente. Lentamente Arya si sveglió
- Arya ero preoccupatissimo per te, come ti senti?
L'elfa si portó una mano al fianco, la ferita era scomparsa
- Firnen, credevo di non rivederti mai più
- non ti preoccupare cucciola, io ci saró sempre per te, che tu sia in questo o nell'altro mondo.

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Era notte fonda ma Eragon non riusciva a dormire.
Sentì bussare alla porta
- Eragon, sono Arya
La porta si aprì e appena entró, l'elfa corse tra le braccia di Eragon
- grazie per avermi salvato la vita, ancora
- non devi ringraziarmi, chiunque lo avrebbe fatto
Detto ció il cavaliere prese il viso di Arya e posó le labbra sulle sue in un casto bacio.
- posso stare con te stanotte?
- certo yunod-iet
Eragon si sdraió sul letto e Arya lo imitó.
L'elfa poggió la testa sul mucoloso petto del suo compagno e si addormentó all'istante. Eragon si ritrovó a cullarla come una bambina, in quel momento non gli importava più di niente e di nessuno, voleva solo alleviare il peso dell'enorme fardello che gravava sull'anima di Arya, profondamente segnata da morti, sofferenza e troppo distacco.



Angolo dell'autrice
Eccomi di nuovo qui con un cruciale capitolo che introduce la vera trama della storia. Io perdonalmente trovo che questo capitolo metta un po' di ansia.

Ps: ringrazio le persone che hanno recensito la ff e anche i lettori silenziosi, se avete tempo lasciate un commento! ^^
Se onr sveddar stija hvass

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Capitolo 8
*** Uno strano messaggio ***


Uno strano messaggio
La mattina dopo si sveglió accovacciata tra le sue braccia. A poco a poco, come le tessere di un " puzle ", piccoli brandelli di memoria iniziarono ad allinearsi in una miriade di ricordi ancora sconnessi. Lo spettro, quella lama nera intrisa di veleno.... Poi c'era lui, Gunnash, il pensiero di Arya corse subito all'amico perduto. Era colpa sua e solo sua se Gunnash aveva compiuto l'empio gesto, trasformandosi in Vannak. Non se lo sarebbe mai perdonato, eppure infondo al suo cuore si stava facendo strada un sentimento provato prima solo una volta; la faceva sentire spensierata e felice, anche se gli eventi stavano prendendo una piega sfavorevole, non solo per lei, ma per tutta Alagësia, lei non condivideva la tristezza che si diffondeva con velocità impressionante, di pari passo con la voce della venuta di uno spettro; per una volta sentiva di poter condividre il suo immenso dolore con qualcuno, e l'avrebbe fatto per tutto il resto della sua vita. 

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Lo spettro era comodamente seduto su uno scranno scolpito nella roccia al centro della caverna, un ghigno inquietante dipinto sul volto.
Difronte a lui una splendida donna, con lunghi capelli corvini e occhi verdi, velati di stanchezza e malinconia, era legata a robusti ceppi ancorati alla parete.
- Sai mia cara, tua figlia é esattamente il tuo ritratto
La donna strattonó le catene che le procurarono delle ferite sanguinanti ai polsi.
- Oh, vedrai, cadrà nella mia trappola come una mosca nella tela di un ragno, e tu, non potrai fare altro che vederla soccombere, vederla soffrire, e non poter fare nulla per salvarla dall'oblio
La donna strattonó ancora le catene. Vannak proruppe in una agghiacciante risata.
- Welaq!
Chiamó lo spettro, e un corvo nero si poggiò sul suo braccio. Vannak gli porse un piccolo rotolo di pergamena, chiuso con un nastro cremisi, che l'uccello prese nel becco.
- Portalo ad Ellesmera.
Senza farselo ripetere due volte, Welaq si alzó in volo puntando verso nord.

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Arya si liberò dalla dolce stretta di Eragon e si alzò stiracchiandosi, gli rivolse un ultimo sorriso e scomparve dietro la porta.
Era ancora presto e il palazzo non si era ancora svegliato. Arya notó con rammarico che le sue fidate sentinelle dormivano come angioletti nel bel mezzo del corridoio.
Entrata nella sua stanza, si diresse verso la saletta da bagno, si lavò e si vestì. Appena rientrò in camera da letto, quello che vide la lasciò di stucco. La stanza era tutta sottosopra e un corvo dal nero piumaggio se ne stava appollaiato su un ramo del suo amatissimo Bon-Sai e aveva un rotolino di pergamena nel becco.
L'uccello la guardò con penetranti occhi nocciola, poi lasciò cadere il messaggio sullo scrittoio e, non prima di aver sfregiato a dovere l'alberello, spiccò il volo emettendo uno stridulo suono molto simile ad una risata. 
Con una sola parola nell'antica lingua l'alberello tornò come nuovo.
- Thrauta
Mormporo l'elfa, e la piccola pergamenna disegnò un arco in aria per posarsi sul suo palmo.
Le dita affusolate di Arya si soffermarono su un nastro cremisi, che sfiló dal rotolino, e lesse gli eleganti glifi nella lingua degli elfi

- Carissima Arya
Qui, ai cancelli della morte, ove gli orrendi mostri hanno abitato, una persona a te molto cara in vita ho riportato.
Anche se da piccola ti ha rinnegato, quando un cavaliere dalle torture ti ha slavato, con lei ti sei ricongiunta come voleva il fato.
Se qui presto non accorrerai, artefice della sua morte tu sarai.
Tuo AMATISSIMO Vannak

Arya non sapeva che pensare, la lettera spigava in modo alquanto esplicito, e l'identità della persona prigioniera era ormai palese, eppure non riusciva a credereci, ma doveva essere di sicuro così. La lettera era scritta nell'antica lingua, quindi non c'era ombra di dubbio. Lei era viva.
Un largo sorriso comparve sulle labbra dell'elfa, ma poi una domanda si fece strada nella sua mente, davvero il suo avversario era così potente - anche più dello stesso Galbatorix - da riportare in vita un morto? 
Questo significava donare la propria energia vitale per poi morire per averla persa, ma forse era questo il punto, essendo uno spettro, Vannak non aveva energia vitale. Se era davvero così non avevano alcuna possibilità di batterlo. 

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Capitolo 9
*** Strategia d'attacco ***


Strategia d'attacco
Arya uscì di corsa dalla sua stanza, con le lacrime agli occhi.
Entrata nell'appartamento di Eragon, lo buttó letteralmente giù dal letto.
- Buongiorno yunod, come hai dormito?
Chiese il cavaliere ancora dolorante per la caduta, poi, accorgendosi delle lacrime che solcavano le guance di Arya aggiunse
- Che hai?
L'elfa, incapace di guardarlo negli occhi, gli porse il messaggio con un lieve tremore nella mano.
Appena ebbe letto la pergamena, Eragon si avvicinò ad Arya e la abbracciò dolcemente
- Non temere
Le sussurrò
- Farò tutto quello che é in mio potere per salvarla.
L'elfa si sciolse dall'abbraccio e annui seria.
- Ci serve una strategia d'attacco.
Non possiamo andare lì impreparati.
- Dovrei avere una pianta dell'Helgrind nel mio studio.
Detto ciò il cavaliere si avvicinò a uno specchio magico, e pronunciò le parole per la divinazione.
La superficie tremolò come fosse stata acqua, poi l'immagine del campo da combattimento apparve nitida. Arategh e Jalika stavano combattendo. Eragon notò che erano molto migliorati dalla prima volta. Appena i due elfi si accorsero della sua presenza, si fiondarono verso lo specchio.
- Eragon! Cosa é successo?
- Ragazzi, non vi posso spiegare tutto adesso, ci vuole troppa energia. Arategh, và nel mio studio e prendi una cartina con su scritto: Helgrind. Sul secondo scaffale in alto a destra. Jalika, tu avvisa Murtagh. É una questione della massima importanza.
- Eragon, Murtagh é andato con Castigo, Atteras e Nirnel a...
La ragazza si bloccò di colpo quando i tre draghi atterrarono leggiadri su una apposita piattaforma. Murtagh scese agilmente, e accorse allo specchio, seguito a ruota da Castigo.
- Fratello! 
Disse con un largo sorriso, poi vedendo l'espressione preoccupata di Eragon, aggiunse
- Brutte notizie eh?
L'ammazzatiranni annuì serio
- Murtagh, tu, Arategh e Jalika dovete venire subito qui a Ellesméra.
In quel momento arrivò Arategh, tutto trafelato, e porse la cartina a Murtagh
- Fratello, portala quì. Dovete partire subito
- va bene. Il tempo di fare le valige e arriviamo.
Disse deciso il cavaliere rosso.
Eragon troncò la comunicazione.


              Cinque giorni dopo


La regina era seduta sul suo trono. Impegnata in una riunione con il consiglio elfico
- Come molti di voi già sanno, uno spettro ha fatto la sua comparsa nella nostra amata terra.
Sappiamo poco di lui, ma le informazioni che abbiamo, sono molto preoccupanti.
Lo spettro si chiama Vannak, ed é stato evocato da Gunnash. A tal proposito porgo le mie più sincere scuse e condoglianze, alla famiglia dell'elfo in questione.
Arya lanciò un'occhiata ad un'elfa che la ricambiò
- Grazie, sua maestà
Disse la donna con voce rotta dal pianto, uscendo dalla sala.
- Ma non é questo il punto 
Proseguì lei
- Vannak, questa mattina, mi ha mandato un messaggio.
Sui volti dei presenti, si dipinsero espressioni sgomente. 
Arya fece cenno ad un elfo, che le portò la pergamena inviata dallo spettro. Mentre la regina leggeva, nell'ampia sala risuonavano le esclamazioni stupite dei consiglieri.
- Forti della veriticità del messaggio, in quanto scritto nella nostra lingua, io e i quattro cavalieri di Alagësia, abbiamo deciso di attaccare Vannak nella sua tana, al fine di ucciderlo e liberare l'ostaggio. Chiedo perciò l'approvazione del consiglio.
Con l'immenso sollievo della regina, tutti i consiglieri si alzarono per darle la loro approvazione.
- A questo punto dichiaro la...
L'elfa non fece in tempo a finire la frase che un messaggero dai lunghi capelli castani entrò nella sala, le di avvicinò e, facendo in modo che lo potesse sentire solo lei, annunciò
- sua maestà, sono stati avvistati tre draghi. Saranno nella radura del saggio tra pochi minuti.
Eragon e Arya si guardarono, poi la regina si alzò dal trono, e con la grazia che la contraddistingueva, iniziò a correre veso l'uscita seguita dal cavaliere.
Arrivarono nella radura, in tempo per vedere i tre draghi atterrare maestosi. Firnen e Saphira si unirono a loro. 
- Atra esterni ono telduin, Arya drottning
Disse il cavaliere rosso rivolgendosi ad Arya
- Atra gülai un ilian thautr, Murtagh
- Eragon, arya, che cosa é duccesso, perchè ci avete convocato?
- Di questo parleremo con calma tra poco. Murtagh, hai la piantina dell'Helgrind?
- Sì. 
I cinque cavalieri, seguiti dai rispettivi draghi, si incamminarono verso palazzo Tìaldari.
Arrivati nella dua camera, Arya si chiuse la porta alle spalle, ed'evocò un incantesimo per evitare vhe qualcuno origliasse.
Poi porse il messaggio ai tre cavalieri che, appena finito di leggere, chiesero in coro
- Quando si parte?
- Domani all'alba. In due giorni di volo dovremmo essere arrivati. Vi condiglio di ritirarvi nelle vostre stanze. Questa potrebbe essere l'ultima notte nella quale avrete la possibilità di dormire in un comodo letto.
Arategh e Jalika uscirono dalla stanza, lasciando da soli Arya, Eragon e Murtagh.

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Capitolo 10
*** L'Helgrind ***


L'Helgrind 
- Eragon, sveglia! Ti devi preparare.
La voce di Saphira risuonò nella mente del cavaliere, facendolo destare da un sonno senza sogni.
- Sì 
Rispose stancamente Eragon, alzandosi a malinquore dal letto, per dirigersi nella sala da bagno.
Il cavaliere indossò una tunica blu, sulla tonalità delle squame della sua dragonessa.
- Caspita come sei carino! Com'é che ti sei tirato a lucido?
- Ma naturalmente per rendervi onore e rispetto Saphira bjartskular.
Rispose lui ironico, esibendosi in un        profondo inchino, accomagnato da un gesto svolazzante della mano.
Dal canto suo Saphira stette al gioco.
- Oh, ma vestito così bene offuscherete la mia presenza. Sundavar vergandì.
- Come potete pensare questo? Non potrei mai offuscare la vostra presenza. Io, lo ammetto, sono luminoso. Ma una sola delle vostre squame é più lucente di mille soli.
La dragonessa aprì le ali in tutta la sua bellezza, poi entrambi si misero a ridere. Era da tanto che non scherzava così con la sua compagna di mente e di cuore, e le era profondamente grato per avergli donato quel momento di ingenuità e spensieratezza prima del lungo viaggio verso i cancelli della morte.

Eragon arrivò per primo nel luogo stabilito per la partenza. 
La volta celeste era ancora tinta delle tonalità scure del blu. Nel piccolo spiazzo regnava il silenzio. Il cavaliere espanse la mente. Trovò molti animali. Si soffermò sui passeri che dimoravano tra i rami dei pini, e, come aveva fatto Brom molti anni addietro, disse a un uccello
- Fethr blaka, eka wehonnata, neihat haina ono. Blaka eom iet lam.
Una sola creatura planò dal ramo, per posarsi leggiadra sul suo palmo aperto, e lo guardò con curiosi occhi nerissimi. Cantò all'uccello la storia della sua vita, dalla morte di Garrow, tutti i dolori che aveva
dovuto sopportare, all'uccisione di Galbatorix. Si soffermò sui sentimenti non corrisposti da parte di Arya, per poi proseguire alla scoperta di Isiweya, e poi l'amore che gli aveva donato proprio lei, la donna della sua vita, nonchè l'elfa che lo aveva rifiutato, e ora una nuova minaccia: lo spettro.
Quella creaturina sembrava capire i suoi dissidi interiori e compatirlo
é simpatico
Si ritrovò a pensare Eragon
- Oh, andiamo. Sei davvero così solo da fare amicizia con un passero?
Lo canzonò Saphira.
In quel preciso istante Arya, Murtagh e i loro allievi, arrivarono nello spiazzo. Lo sguardo di Eragon non poté che soffermarsi sulla regina. Bella e altera come sempre. Al cavaliere si strinse il cuore, quando la vide fredda e distaccata, come ai tempi della battaglia nel Farthen Dur.  
Eragon le andò vicino e le sussurrò in un orecchio
- la riporteremo a casa. Non ti preoccupare, yunod-iet
Arya si rifugiò tra le sue braccia e pianse, pianse lacrime che aveva tenuto dentro da quando Blodgharm le aveva comunicato la notizia, che avevano logorato la sua anima. Lasciandola incompleta e ferita nel profondo.


Il viaggio procedeva a rilento. Venti contrari sferzavano le ali dei cinque draghi, rallentandoli; tutto sembrava voler'impedire loro di raggiungere la meta.

La traversata durò molto più tempo di quanto avevano previsto. Solo al quarto giorno riuscirono ad'avvistare la montagna.
Un enorme torre di roccia nera, che svettava su un'arida pianura come un pugnale estratto dalle viscere della terra. Atterrarono proprio alla base del monte. Eragon fece segno a Murtagh di prendere la mappa. Il cavaliere rosso la appoggiò sul terreno, fermandola agli angoli con dei sassi. 
-L'Helgrind presenta due entrate
Disse Eragon, indicando due punti sulla cartina con un bastone.
 - Ci divideremo. Io e Arya prenderemo l'entrata di destra, mentre tu, Arategh e Jalika quella di sinistra.
I cavalieri annuirono seri
- Tutti i cunicoli sbucano in un'ampia sala centrale
Proseguì l'ammazzatiranni indicando una sezione circolare al centro della piantina.
- Qualunque cosa succeda, se arrivate per primi in quella sala, non proseguite oltre e aspettateci.
Disse Eragon
- Vista la dimensione ridotta delle gallerie, i nostri draghi devono rimanere fuori, per fare da sentinelle.
Proseguì Arya
- Atteras e Nirnel, voi rimarrete qui, per proteggerci da eventuali pericoli provenienti da terra. 
Fìrnen, Saphira e Castigo, voi volerete in circolo sulle pareti della montagna.
Concluse l'elfa rivolgendosi direttamente ai draghi.
Detto ciò Eragon e Arya montarono in groppa a Fìrnen, che si diresse verso destra, mentre Murtagh e i ragazzi salirono su Castigo e presero la direzione opposta.

In pochi istanti, regina e cavaliere, si ritrovarono dentro la buia caverna. Un puzzo nauseabondo li investì facendoli barcollare, appena entrarono. A distanza di anni si potevano ancora vedere i segni della violenta lotta contro i Ra'Zac. 
Macchie di sangue, ormai ossidato, spiccavano sulle pietre nere.
Il cadavere di un Lethrblaka giaceva a terra, ancora integro e perfettamente conservato.
Per ore ed ore i cavalieri errarono nei cunicoli, esplorando ogni più piccolo anfratto e fessura, ma nella caverna, nessun segno di vita. Neanche gli insetti osavano dimorare in quel luogo.
Per tre volte Arya ed Eragon tornarono sui loro passi, ricominciando la ricerca dal principio, e per ben tre volte trovarono solo cadaveri e mucchi di ossa; e altrettanto fecero Murtagh, Arategh e Jalika. 

Si ritrovarono tre ore dopo nella sala centrale.
- Trovato nulla?
Chiese Murtagh al fratello
- No, e voi? 
- Solo cadaveri.
Eragon grugnì sconsolato.
Per l'ennesima volta ritornarono indietro fino all'uscita.



Angolo dell'autrice
Eccoci di nuovo qui. É da tanto che non ci sentiamo. In questo capitolo Eragon, con il suo seguito, raggiunge l'Helgrind, ma non c'é nessuna traccia dello spettro al suo interno. Sarà una trappola??
Lo scoprirete nella prossima puntata!!! ( hahahaha ) 
Continuate a recensire!!!! ^^
Se onr sveddar stija havass

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Capitolo 11
*** Sacrificio ***


Sacrificio
Arya continuava a camminare in circolo.
Nessuno di loro l'aveva mai vista così irrequieta. 
- Non é possibile
Rifletté ad alta voce Eragon
- Eppure era scritto nell'antica lingua. Non può essere una trappola. Cosa diavolo ha in mente quel dannato spettro!
La sua voce crsceva gradualmente di intensità, finchè il cavaliere non si ritrovò a gridare. Tutta quella situazione era frustrante, frustrante perchè non riusciva a capire cosa stesse succedendo, frustrante perchè per la prima volta si sentiva davvero indifeso, lì, in quell'arida distesa di terra che si estendeva fino alla fine del suo campo visivo, ma soprattutto, frustrante perchè non poteva fare altro che vedere Arya soffrire, senza poter alleviare la sua pena.
Certo che Vannak é stato meschino
Si ritrovò a pensare. 
Darle una speranza, per poi infrangerla senza darci troppo peso.
No, non avrebbe permesso a quella immonda creatura, di giocare con i sentimenti degli altri in modo così subdolo. Avrebbe fatto pagare caro allo spettro, il prezzo del suo comportamento.
- Vado a meditare
Disse stanco il cavaliere, allontanandosi dall'accampamento.
Trovato il posto ideale davanti alla parete rocciosa, Eragon si mise a gambe incrociate e aprì la mente.
Lo percepiva. Percepiva la sua presenza, sempre più vicina, circondata da potente magia oscura.
- Mostrati vigliacco. Fatti avanti mostro. CODARDO!!!!
Urlo il cavaliere.
Pochi istanti dopo Arya, Jalika, Arategh e Murtagh lo raggiunsero correndo, con le spade sguainate.
- Fratello che cosa c'é
Chiese allarmato Murtagh
- Lo sento. É vicino, ma non sò dove.
Rispose il fratello ancor più frustrato.
In un impeto di rabbia Eragon prese un sasso, e lo scagliò contro la nera roccia. Con sommo stupore di tutti, il detrito passò attraverso la parete, come se non fosse mai esistita.
- Ma certo, come ho fatto a non pensarci
Disse il cavaliere alla sua dragonessa
- La risposta era davanti ai nostri occhi, ma noi non l'abbiamo voluta vedere.
Troppo tardi Eragon si ricordò del consiglio di Glaedr: guarda quello che vedi.
Attingendo all'immensa fonte di energia dell'eldunarì dorato, l'ammazzatiranni riuscì a sciogliere l'incantesimo in pochi secondi.
Davanti a loro si apriva un enorme portale, tanto grande da permettere ad'almeno  due draghi, di varcarlo uno di fianco all'altro.
Arya, Eragon e i rispettivi draghi, varcarono la soglia senza esitare, ma quando ci provarono anche Murtagh, Arategh e Jalika, furono fermati da una solida barriera invisibile.
Un'espressione sgomenta si dipinse sui volti dei cavalieri, quando capirono di essere caduti in una trappola, studiata fin nei minimi dettagli.
 - Allora é così??
Gridò Eragon. La sua voce riverberò nell'ampia sala circolare.
- Esci fuori e combatti da uomo, lurido verme.
Concluse in tono di sfida.
Una nebbiolina nera si formò al centro della sala, dando forma alla figura dello spettro. 
Vannak teneva Islanzadi per un braccio. La donna era pallida e magra. Sulla sua pelle si potevano vedere i segni di atroci torture.
- Madre! 
Urlò Arya con voce rotta dal pianto
- Figlia mia, non saresti dovu...
- BASTA!
Tuonò lo spettro, interrompendo il loro dialogo
- Libera subito mia madre
Lo sovrastò l'elfa
- Oh, la povera, sciocca bambinetta  rivuole indietro la sua adorata mammina. Accontentata.
Detto ciò lo spettro spinse in malo modo Islanzadi verso i due. La figlia le si parò davanti, come a farle da scudo. Teneva stretta l'elsa di Tamerlain nella sinistra; dietro di loro i due draghi ringhiavano, pronti ad attaccare.
Arya sentì la mente di Vannak premere contro la sua. In un disperato tentativo di salvarsi, l'elfa provò ad edificare una barriera mentale, ma nulla poté contro la forza oscura dello spettro, che, in pochi istanti, ebbe pieno possesso del suo corpo e di quello di Eragon.
Provò a gridare, ma non le era concesso parlare.
Così ascoltò in silenzio il discorso di Vannak.
- Arya drottning,
L'ex regina trasalì sentendo quell'appellativo.
- Devo ammettere che sei stata molto coraggiosa. I miei primi piani prevedevano la tua più atroce fine, 
ma senza di te, non avrei ragione di esistere. Ho riflettuto a lungo, e ho deciso di distruggere non solo Alagaësia, ma l'intero mondo.
Sei un folle, non puoi farlo!
Urlò mentalmente l'elfa
- Oh no, non sono folle. Sono razionale. Pensaci bene, questa terra non ha più nulla da offrire, nè a te, nè a me. Anche tu ti sei stancata di una prolungata pace; vuoi provare ancora una volta il brivido del combattimento. Non mi fraintendere, scatenerei volentieri una guerra, ma sarei leggermente in inferiorità numerica. Col rischio di morire senza raggiungere il mio obbiettivo, ovvero la tua morte. 
Lo spettro fece una pausa d'effetto.
- E poi, dopo la distruzione, sarei il padrone indiscusso di tutto il mondo. Persino più potente di Galbatorix.
Come fa a conoscerlo  
Pensò Eragon
- É vero cavaliere, non l'ho mai conosciuto - anche se mi avrebbe fatto piacere - ma non credere che non conosca Varaug e Durza. ripagehrò la loro morte sacrificando, non solo i loro assassini, ma anche la terra che non li ha accettati. 
Concluse Vannak con tono calmo e piatto.
Lo spettro si posizionò al centro di uno strano disegno formato da tre triangoli intrecciati, e alzò le braccia  con i palmi rivolti al cielo. Il suo volto si contrasse in una smorfia
- Ill böllr, thelduin deloi eom iet lam. Eom hel illgrathr*.
Un globo nero si formò tra le mani dello spettro, diventando sempre più grande, fino a investire i cavalieri, fino a riempire l'intera caverna.

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Era lì, imprigionata da una morsa invisibile che la stringeva fino a farla soffocare. Non poteva fare altro che guardare mentre la sua terra veniva distrutta, non poteva fare altro che implorare pietà in ginocchio, non poteva fare altro cha vedere i suoi sforzi e sacrifici distruggersi, la sua vita andare in mille pezzi. Difronte a quel macabro spettacolo lei era il nulla, la sua identità era stata annullata.
Doveva fare qualcosa doveva tentare. 
Le immagini dell'uccisione di Galbatorix le balenarono in mente. Eragon aveva usato un incantesimo senza parlare, poteva farlo anche lei; ma questo le sarebbe costato la vita. Esitò, ma poi si fece coraggio. Le immagini dei varden, del bacio che aveva dato ad Eragon, di Roran e di tutta Alagaësia, presero a danzare davanti ai suoi occhi. Avrebbe dato loro la speranza di una vita in pace, o almeno ci avrebbe provato. 
Chiuse gli occhi, il suo corpo si irrigidì, attingendo all'energia di Fìrnen gridò mentalmente
- Letta, ill böllr!!!*
In quelle parole impresse tutta la sua rabbia e il suo odio
- Dreija, hel sundavar*
Concluse così il suo incantesimo. 
Sentì l'energia vitale abbandonare il suo corpo, la morsa che la teneva bloccata allentarsi, lasciandola libera di cadere a terra. Sorrise, poi la sua anima sprofondò nel vuoto.
La sua vita per Alagaësia.

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Eragon non sapeva cosa fare. Lo spettro si era impossessato della sua essenza. Non poteva fare altro che guardare il nero globo prenderlo e trascinare via la sua anima. Era tra la vita e la morte. Poi all'improvviso quell'enorme onda di magia iniziò a rimpicciolirsi, sempre di più, fino a tornare tra le mani del suo creatore. Con i suoi occhi vide la pelle di Vannak raggrinzirsi e sgretolarsi, gli spiriti che lo soggiogavano, abbandonare il suo corpo, fluttuando verso il cielo.  Vide lo spettro ritrasformarsi in un'elfo dai capelli rossicci, e l'elfo dai capelli rossicci cadere a terra morto. Sentì le catene invisibili che lo tenevano prigioniero spezzarsi di colpo. Sul suo volto comparve un sorriso. Era tutto finito. Ma la sua gioia si trasformò subito in tristezza, quando vide Arya e Fìrnen accasciarsi a terra.
Capì che cosa aveva fatto, si era sacrificata per lui, per tutta Alagaësia, per tutto il mondo.

Islanzadi si chinò vicino alla figlia. Calde lacrime solcavano le pallide gote. Murtagh Arategh e Jalika si strinsero attorno al corpo della regina. Saphira coprì Fìrnen con una delle sue ali. Il drago smeraldo era ancora vivo.
Eragon raggiunse il fratello e lo spinse via in malo modo. Si inginochiò vicino alla sua amata
- NO, NO, NO!!!
Gridò
- Non puoi lasciarmi
Le accarezzò il volto, le prese la mano sinistra e se la portò al petto. I loro gedwey ignasia si sfiorarono, ma quel contatto bastò a dar vita ad una potente scarica di energia. Il corpo di Arya fu lambito da un alone blu tutti fecero un passo indietro, tutti tranne Eragon, che continuava a tenere stretta la sua mano. L'elfa si sollevo di almeno tre piedi, mentre la luce blu si affievoliva, adagiandola lentamente a terra. 
Il cavaliere svenne, poggiando la testa sul petto di Arya. 
L'ultima cosa che percepì fu il rumore del cuore dell'elfa, che ricominciava a battere.
Sorrise, poi perse i sensi.




*Ill böllr, thelduin deloi eom iet lam.
Eom hel ilgrathr: globo nero, plasmati tra le mie mani e domina la terra. Per la mia nera fame di morte

*Letta ill böllr: ferma il globo nero

*Dreija, hel sundavar: muori, spettro delle tenebre.



Angolo dell'autrice
Finalmente ho scritto questo capitolo!!! Non stavo più nella pelle.
Anche mentre scrivevo gli altri mi venivano idee solo per questo.
Comunque questo é il capitolo clue della storia. In cui si comprende appieno l'intenstà e la potenza dell'amore di Arya nei confronti di Eragon e viceversa.
*sospirodainguaribileromanticona*
Non vedo l'ora di scrivere i prossimi capitoli. Recensite, recensite, RECENSITE.^^
Se onr sveddar stija hvass

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Capitolo 12
*** Risveglio ***


Risveglio
Eragon aprì gli occhi, ma dovette subito richiuderli per la troppa luce. Quando si fu abituato al cambiamento li riaprì. Si trovava in un'ampia stanza poligonale, era riccamente decorata con enormi affreschi e particolari in oro. Ricordava di aver già visto quel luogo, ma il disordine della sua mente non gli permetteva di formulare pensieri coerenti. La testa gli doleva terribilmente e le orecchie ronzavano.
- Piccolo mio, come stai?
Chiese Saphira in tono apprensivo
- Mi sentivo meglio prima
Rispose lui ironico
- Dove siamo?
Aggiunse poi
- A Ilirea. Murtagh, Arategh e Jalika vi hanno portato qui dopo... "L'incidente" 
Il pensiero di Eragon corse subito ad Arya: dov'era? Come stava?
Evidentemente la dragonessa percepì le sue preoccupazioni e gli disse
- Arya si trova in una delle sale nel corridoio centrale
Saphira gli mandò l'immagine di come arrivarci. Eragon si alzò di scatto, ma un capogiro lo colse alla sprovvista, così il cavaliere si tenne al letto attendendo che la stanza smettesse di girare.
Si diresse nella piccola stanza da bagno, si lavò e si vestì. Quando vide la sua immagine riflessa nell'acqua di un catino, trattenne a stento una smorfia di disgusto: un'ispida barbetta stava iniziando a prendere forma sul mento. Si rase con l'ausilio della magia, e si incamminò lungo un'ampio corridoio.
Giunse davanti a una porta semiaperta dalla quale stava uscendo Murtagh
- Come stà? 
Gli disse con uno scintillio di speranza negli occhi. Il fratello lo fissò a lungo, come per volergli penetrare nell'anima.
- Non bene
Rispose in fine
- La febbre continua a salire e non da segni di vita. Negli ultimi tre giorni non si é mossa. Orik, Islanzadi e Nasuada sono molto preoccupati. 
Eragon avrebbe voluto gioire al pensiero di rivedere i suoi più cari amici, ma in quel momento, proprio non ci riusciva, così si limitò ad abbassare gli occhi e aprire la porta.
La stanza era simile alla sua. Su un letto addossato alla parete, Arya giaceva inerte, sua madre le teneva stretta la mano.
Eragon si avvicinò, in un gesto istintivo, poggiò la mano sulla spalla di Islanzadi, che lo sorprese abbracciandolo. 
Appena l'elfa si accorse di quel che aveva fatto, si affrettò a ricomporsi.
- Eragon ti sei svegliato. 
Disse tenendo basso lo sguardo
- I guaritori dicono che se non si sveglierà al più presto, non ce la farà
Proseguì con voce rotta dal pianto
- Ecco, io ti volevo ringraziare, per quello che hai fatto. Non sono in grado di comprenderlo appieno, ma te ne sarò per sempre grata, anche se dovesse...
- Non devi pensarlo
La interruppe il cavaliere
- Sono sicuro che supererà anche questa.
Detto ciò, si avvicinò ad una sedia vicino al letto, si sedette, prese la mano di Arya e la baciò.
Eragon intonò una dolce melodia, nella quale trasmetteva alla sua amata l'intensità dei suoi sentimenti, il suo desiderio di rivederla sorridere e correre accanto a lui.

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Arya era in un luogo buio e tetro, una fitta nebbia non le permetteva di vedere a più di un palmo dal suo naso. 
Da un lato una calda luce bianca, che tentava in tutti i modi di avvolgerla con i suoi tentacoli, dall'altro, un profondo crepaccio, tanto profondo da non riuscire a vederne il fondo. Un oscuro baratro dal quale fuoriuscivano getti di vapore bollente. 
Per quanto cercasse di raggiungere la luce, scivolava sempre di più verso il baratro. Sempre di più, sempre di più, finchè non si ritrovò a cadere. Si aggrappò con tutte le forze al ciglio del burrone, ma qualcosa la tirava verso il fondo. Proprio mentre stava per arrendersi e lasciare la presa, sentì una dolce cantilena. La melodia infuse in lei, nuova volglia di combattere, di vivere, la rassicurò, e ogni traccia di paura sparì. 
Facendo appello alle ultime energie rimaste, fece leva sulle braccia e si alzò in piedi, si mise a correre nella nebbia, con un unico obbiettivo: raggiungere la luce. 
Con la coda dell'occhio vide neri tentacoli avanzare verso di lei, nel tentativo di ghermirla, così accelerò il passo. Un'esplosione di luce la costrinse a portare una mano davanti agli occhi, poi un forte calore la pervase. Arya si beò di quel momento di tranquillità, un bagliore ancora più forte la investì.

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Quando Eragon finì di cantare, aveva gli occhi di Orik e Nasuada puntati addosso. I due infatti, non essendo esperti di tradizioni elfiche, non avevano iea del motivo per il quale il cavaliere, al capezzale di un malato, si fosse messo a cantare.
Orik gli si avvicinò e gli poggiò una delle  tozze manine sulla gamba - altezza massima che poteva raggiungere - e gli disse con voce estremamente preoccupata
- Eragon, fratello, capisco che sei scovolto, ma non credo sia il momento di...
Ma il cavaliere blu non prestava ascolto alle parole del re dei nani. La sua attenzione era stata catturata da un impercettibile movimento.
La regina degli elfi aveva aperto gli occhi. 
- Arya!
Esclamò incredulo il cavaliere.
- Per servirla ammazzaspettri
Rispose lei ironica, mettendosi a sedere sul letto
- Bambina mia!
Esclamò Islanzadi correndo ad abbracciare la figlia. Arya arrossì vistosamente, vedendo Nasuada ridere sotto i baffi per l'appellativo.
Fìrnen si parò davanti un'ampia finestra, osservando la sala con uno degli enormi occhi smeraldo
- Cucciola! Come ti senti?
Chiese il drago
- Ora sto bene


Per almeno un'ora i cinque restatono a conversare, ma poi lasciarono da sola Arya.
Aveva un disperato bisogno di riposare.


La regina dormì per quasi altre tre ore, finchè non sentì l'irrefrenabile impulso di alzarsi. Si lavò e si mise una tunica verde acqua. Uscita dalla stanza si fiondò nel corridoio, sotto gli sguardi straniti dei presenti, che si vedevano sfrecciare davanti un'elfa, o meglio la regina degli elfi, che fino a poche ore addietro, era in un coma profondo.
Arya percorse in pochi minuti tutto il palazzo, fino ad uscire in città. 
Il mercato era affollatissimo. Una lunga fila di bancarelle si estendeva  alla sua destra, fino alla fine del suo campo visivo. Forse erano ore e ore che girava per la città, o forse anche solo pochi secondi, fatto sta che, senza accorgersene, si stava inoltrando nella campagna, fuori dalle mura di Ilirea. 
Lì la natura era incontaminata, e lei vi era in perfetta sintonia, come se ne fosse stata parte. Margherite dai candidi petali presero a sbocciare al passaggio di Arya. Le piante sembravano ravvivarsi.
- Fìrnen, ti va di fare un volo?
Il drago smeraldo non se lo fece ripetere due volte, e, maestoso più che mai, atterrò davanti al suo cavaliere
- Non aspettavo altro!
Disse con voce eccitata.
Arya montò agilmente in sella. Con due potenti battiti d'ali, Fìrnen si librò nel cielo terso, volteggiando tra gli stormi di uccelli. Quella volta non fu come tutte le altre, quella volta Arya si sentiva parte del suo drago, sentva tutte le sensazioni di Fìrnen come fossero sue, sentiva le ali sbattere violentemente, la coda muoversi come per fare da timone, chiuse gli occhi, quando li riaprì, la sua visione era più ampia, le sfumatore di verde erano accentuate, mentre il giallo e l'azzurro sbiaditi.
- Ma tu vedi sempre così?
Esclamò Arya incredula
- Sì
Il drago si lanciò in una veloce picchiata. Il vento le sferzò il volto. L'elfa trovò il coraggio di alzare le braccia, perse la presa sulla punta cervicale e urlò di gioia.
Vide Saphira volarle incontro, e si affrettò a recidere il legame con Fìrnen e separare le loro identità che si erano fuse. 
A sei iarde da terra, si slacciò le cinghie delle gambe e fece un alto balzo. Atterrò in piedi dopo aver fatto una capriola in aria. Eragon fece lo stesso. 
L'elfa gli corse incontro e lo abbracciò, talmente forte che lo fece cadere a terra.
- Yunod, così mi soffochi!
- Elrun- ono Eragon, io non sò come tu abbia fatto, ma...
Eragon le poggiò un dito sulle labbra zittendola
- Non dire nulla, l'ho fatto e basta.
Arya annuì, poi con voce grave disse
- Non si finisce nel vuoto, tutto quel che crediamo sono falsità. Si finisce e basta. 
- shhhh
Eragon la baciò sulle labbra
- Ben tornata fra noi
- É bello essere vivi, non sai quanto
L'elfa si alzò e sorrise
- Chi arriva per ultimo alle mura paga da bere
Urlò correndo.
Eragon rimase un po' interdetto.
Ogni traccia di freddezza sembrava sparita nella personalità della sua amata. Forse la morte le aveva insegnato molto più di quello che aveva appreso nella sua lunga vita.

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Capitolo 13
*** Il ballo ***


Il ballo
- Mi devi una bottiglia di faelnirv!
Esclamò Arya ridendo
- Oh, non vale! Hai barato, sei partita prima!
Controbattè Eragon
- Mmmm, per questa volta ve la faccio passare cavaliere.
Entrambi si misero a ridere.
- Ma sentitevi, sembrate dei bambini.
Si intromisero Saphira e Fìrnen.
I due cavalieri si diressero verso le mura di Ilirea.
Arrivati al palazzo, Jarsha gli venne in contro.
- Ammazzaspettri, la regina vuole vedervi, oh, anche lei Arya dröttning.
Arya e Eragon camminarono per lunghi minuti negli ampi corridoi, seguendo il messaggero che camminava a passo sicuro, finchè non arrivarono davanti ad una grande porta.
Il ragazzo dai capelli nocciola la aprì, e, a gran voce, annunciò
- Arya e Eragon shur-tugals
I due cavalieri entrarono in un'enorme sala. Sulle pareti laterali,  c'erano ventotto scranni in legno, vuoti. Mentre al centro della parete opposta a loro, su un maestoso trono in legno decorato in oro con gemme incastonate, sedeva la regina, Nasuada, in un lungo abito verde, con le maniche corte, per far vedere le tanto sofferte cicatrici. Sul capo della donna c'era una stupenda corona in oro bianco, con al centro incastonato un purissimo opale, naturalmente di fattura elfica. 
Appena li vide, corse incontro ai due e abbracciò il cavaliere blu.
- Eragon, sono felice di poterti salutare come si conviene, mi dispiace di non averlo fatto prima ma... Ecco non era opportuno. Arya, 
Abbracciò anche lei
- Sono felice che ti sia ripresa.
L'elfa sorrise
- Mia regina, se é lecito saperlo, perchè ci hai fatto chiamare?
Chiese Eragon
 - Per due motivi. Il primo per salutarti e comunicarvi che tra due giorni si terrà un ballo qui a palazzo in onore di Arya, il secondo è che un nobile della regione del nord ti vuole vedere
Concluse vaga
Il cavaliere sbuffò annoiato, suscitando l'ilarità di Arya.
Proprio in quel momento, Jarsha rientrò nella sala, si schiarì la voce e annunciò
- Mia signora, ammazzaspettri, Roran fortemartello, reggente di Carvahall, e sua moglie Katrina
Il messaggero aprì la porta e fece entrare Roran e Katrina, che teneva in braccio Ismira
- Zia, zio!
Urlò la bambina, correndo ad abbracciare Eragon, per poi rifugiarsi tra le braccia di Arya
- Hei Ismira, é da tanto che non ci vediamo, mi sei mancata moltissimo sai. Mi dispiace per non averti salutato, ma sono partita all'improvviso.
Disse la regina degli elfi con un largo sorriso sulle labbra
- Zia, ma é vero che hai fatto morire uno spettro?
Arya si incupì per un istante, ma poi guardò il visino innocente della bambina e sorrise di nuovo
- Sì, poi ti racconto, lo sai, Fìrnen é impaziente di fare un giretto con te
- Evviva!!
Urlò di gioia la " nipote "
- Su, ora vai dalla mamma
Sorrise ancora
- come vuoi zia Arya
Intanto Eragon era corso a salutare suo cugino
- Fratello! 
Gli disse Roran abbracciandolo forte
- Ben tornato a casa
Gli fece eco Katrina
- Grazie
- Eragon, Elain e Horst non vedono l'ora di rivederti
- Ci sono anche loro?
Chiese il cavaliere incredulo.
Fortemartello rise
- Sì, e Morn, Bridget, Norfavell, Albriech, Baldor, oh, e Hope. Vedessi, é diventata una bambina molto graziosa. Sei il suo eroe. Comunque ci vedremo tutti quanti al ballo tra due giorni. A proposito, con chi verrai?
Chiese Roran ammiccando. Eragon lanciò un occhiata ad Arya, che, alle sue spalle stava giocando con Ismira. 
- Credo accetterà il mio invito, questa volta.
- Oh, andiamo, ancora non l'hai dimenticata. Vabbè, poi non venire a piangere da me per il suo ennesimo rifiuto.
- Lo vedremo!
Ribattè il cavaliere facendo finta di essere offeso. 
 
Appena Roran, Katrina e Ismira si congedarono, Jarsha rientrò nuovamente nella sala del trono e declamò
- Mia signora, nella piazza centrale si é scatenata una rissa, tra Marich Laccarsson e un elfo di nome Ladrin. Le guardie non riescono a sedarla.
Arya e Nasuada si guardarono, poi la regina di Alagaësia ordinò
- Jarsha, riunisci il consiglio, saremo di ritorno al massimo tra un'ora
- Come vuole
Il ragazzo fece una profonda riverenza e uscì, seguito dalle regine e Eragon.

In pochi minuti si trovavano già nella piazza centrale, una piccola folla si era raggrupata intorno a Marich e Ladrin.
Appena il gruppo di persone si accorse di loro, si divise in due parti per farle passare.
Un uomo calvo e grasso, visibilmente ubriaco, sferrava pugni a destra e a manca, nel tentativo di colpire un elfo, che davanti a lui, schivava prontamente i rozzi attacchi del primo, senza provare a contrattaccare, per non passare dalla parte del torto.
- Basta!
Tuonò Nasuada, ma il grassone non vi diede troppo peso e continuò ad attaccare
- Ci penso io
Le dise Arya, dirigendosi a passo sicuro verso i due.
Si parò davanti all'ubriaco
- Basta
Intimò in tono piatto e calmo.
Marich la guardò con occhi iniettati di sangue, le arrivò una zaffata di alito fetido, ma l'elfa non battè ciglio. L'uomo sferrò un altro pugno, questa volta diretto al fianco della regina degli elfi, ma con una semplice mossa, Arya parò il colpo, all'ultimo momento, con una torsione del polso, afferrò il braccio dell'aggressore e lo rigirò dietro la schiena, facendolo così cadere ai suoi piedi. Uno dei falchi neri le si avvicinò, fece un veloce inchino e legò le mani dell'uomo.

Quando rientrarono nella sala del trono, i ventotto scranni erano stati occupati da altrettanti consiglieri. Erano di tutte le razze, nani, elfi, umani e persino otto urgali, tra i quali Eragon riconobbe Nar Garzvogh.
Il cavaliere si sistemò su una sedia, vicino ad uno degli scranni, mentre Arya era in piedi, vicino a Nasuada.
- Elfo Ladrin, esponi i fatti!
Ordinò l'elfa, autoritaria.
Eragon, come suo solito, prese a guardarla inebetito. Qualcuno si avvicinò da dietro e gli sussurrò in un orecchio
- É bella vero? 
Il cavaliere si girò di scatto, era stato il consigliere al suo fianco a parlare, un uomo alto e magro con riccissimi capelli biondi e occhi castani, sui vent'anni.
Eragon decise di scherzare un po'
- Sì, e io riuscirò a conquistarla
- Ohohoh! Hei amico, ogni rosa ha le sue spine, e lei
Indicò Arya
- Ne ha molte. Fidati, non sprecarci il tuo tempo, ha un cratterino.... É da quando quell'Eragon se ne é andato che provo a conquistarla, ma lei continua a dire che il suo cuore appartiene ad'un altro.... Bah, tutte scuse!
Quell'uomo, Adamir, non sapeva proprio chi aveva davanti, così il cavaliere blu decise di giocarlo a suo favore
- Ah sì, Eragon, vecchia canaglia! Gira voce che sia qui a palazzo.
Comunque io scommetto che verrà al ballo con me tra due giorni
- Oh, contaci!
Rispose il consigliere soffocando l'impulso di ridere.
Nel frattempo il processo si era concluso, e Marich era stato condannato ad una settimana di reclusione.
- Non avresti dovuto prendere in giro quel poveretto
Gli disse Saphira appena uscì dalla sala
- Ma é stato troppo divertente
Aggiunse poi.

Appena Aiedail sorse, segnando l'inizio di un nuovo giorno, Eragon si svegliò, e iniziò ad eseguire i vari livelli della Rimgarr. Finito il quarto, grondante di sudore, si lavò e si vestì, e iniziò a meditare. Tre ore dopo, non era ancora riuscito ad aprire totalmente la mente, così rinunciò. Era deconcentrato da un unico pensiero: devo invitare Arya al ballo. A mattina inoltrata si decise, il cavaliere era molto ansioso. Che avrebbe fatto se lo avesse rifiutato??
Saphira, percependo le sue preoccupazioni, lo rassicurò, ma neanche quello bastò a calmarlo. 
La sua ansia non pote che aumentare, quando, uscendo dalla porta, trovò un orda di pretendenti davanti alla porta dell'elfa. Alcuni facevano persino le prove, ed era tutto un vociare di
- Arya dröttning, concederebbe l'onore di venire al ballo con me?
Qualcuno arrivò anche a dire 
- Arya mi vuoi sposare?
Eragon sentì una strana sensazione, come di odio e repulsione, per quella vera e propria folla raggruppatasi difronte all'appartamento della SUA Arya
- Oooh, qui qualcuno é geloso!
Lo canzonò Saphira
- Non sono geloso, possono fare quello che vogliono
Il cavaliere recise il legame, immaginando la sua dragonessa, fare spallucce.
A suon di spintoni si fece largo tra i pretendenti, quando si trovò davanti alla porta bussò. Improvvisamente la folla tacque
- Ho già detto che se non ve ne andate all'istante chiamo le guardie!!!
Urlò l'elfa con voce esasperata.
I presenti proruppero in una fragorosa risata di scherno. Eragon ignorò il monito ed entrò nell'appartamento.
- Come osi...
Stava gridando la regina, ma poi si bloccò riconoscendo la figura di Eragon.
- Eragon, sto impazzendo! Sono qui praticamente da quando Aiedail é sorta, alcuni di loro hanno dormito qua fuori! E come se non bastasse, un drago verde di mia conoscenza, continua a infierire.
Il cavaliere non si trattenne dal ridere.
- Ah, lo trovi così divertente?? Beh, ti assicuro che non lo é.
Il cavaliere decise di rimediare
- É questo il prezzo da pagare per il possesso di tale bellezza
- Sono lusingata cavaliere
Disse sedendosi sul bordo del letto, Eragon le si sedette accanto, improvvisamente le mani iniziarono a sudare.
- Hem.... Arya, insomma, io mi chiedevo se.... Volevi venire, cioè, al ballo
- Se ho capito bene questo é un invito.
Il cavaliere annui
- Beh, solo se lo chiederete in modo adeguato.
Concluse sorridendo sorniona. Arya si alzò in piedi, Eragon le si inginocchiò difronte.
- Potrei avere l'onore di essere l'accompagnatore della donna più bella di Ilirea, pardon, di tutta Alagaësia?
- Mmmmm, non lo sò, ci devo pensare....
Eragon si caricò Arya in spalla, come fosse stata una qualsiasi bisaccia
- Mettetemi subito giù, villano!
Gridò l'elfa, sferrando amichevoli pugni sulla schiena del cavaliere
- Oh, ma così mi offendete, non pensavo che un fiorellino delicato vome voi potesse dire parole tanto volgari 
Arya si sistemò megliò, usando le mani per reggere la testa, così, Eragon uscì nell'ampio corridoio, guadagnando le occhiate velenose dei pretendenti, mentre la regina degli elfi li salutava con un cenno della mano e gridava
- É stato bello godere della vostra compagnia!

Il giorno passò molto velocemente, e finalmente arrivò la sera del ballo, ed Eragon era nervoso, nervoso come non mai.
- Le piacerà il mio regalo?
Chiese per l'ennesima volta a Saphira
- Ne sono sicura
Rispose la dragonessa meccanincamente
- Le piacerà il mio vestito, come si sarà vestita lei? Tra quanto devo andare a prenderla??
 - Due minuti piccolo
- Va bene due minuti.... Aspetta, come due minuti! É tardissimo!
Gridò mentalmente il cavaliere fiondandosi verso l'uscita del suo apartamento.
In venti iarde, inciampò almeno sei volte, sui suoi stessi piedi, ma, dopo un lunghissimo minuto, finalmente riuscì a raggiungere la meta. Bussò.
- Avanti
Le mani gli tremavano, il cavaliere nascose il fiore dietro la schiena e, dopo molti tentativi, riuscì ad'aprire la porta. Appena entrò nella sala gli si mozzò il fiato.
Arya era appoggiata al davanzale della finestra, intenta ad osservare la luna piena. Era avvolta in uno stupendo abito crema, senza spalline e con una larga gonna. In vita era legato un nastro verde che terminava in un ampio fiocco. I capelli sciolti, ricadevano morbidi sulle spalle.
Eragon le porse il fiore dicendo
- L'ho cantato per te
L'elfa lo prese, era molto simile ad un giglio bianco, solo che verso l'interno, i petali sfumavano sulle tonalità del verde, dalla corolla uscivano quattro pistilli di un tenue giallo.
- É stupendo
Mormorò appuntandoselo al vestito
- Sarà anche il più stupendo dei fiori, ma nulla potrà mai eguagliare la tua bellezza, Arya svit-kona.
La regina arrossì, e si diresse verso la porta, ma ad un passo dall'uscita si fermò, e squadrò Eragon da capo a piedi
- Eragon?
- Sì 
Rispose lui
- Mi faresti un favore?
- Qualsiasi cosa
- Prima di uscire, chiudi la bocca, non vorrei che ci entrasse qualche insetto.
Il cavaliere arrossì, e prese la mano di Arya.

Per tre lunghissimi minuti camminarono nei lunghi corridoi del palazzo, finchè non giunsero difronte ad una mastodontica porta spalancata. 
La voce di Jarsha rimbombò in tutta la sala
- Eragon e Arya ammazzaspettri 
Tutti si voltarono a guardarli, soprattutto i pretendenti di Arya, che oltre a guardarla, le sbavavano dietro. 
Presto Eragon fu raggiunto dagli abitanti di Carvahall, che presero ad abbracciarlo, soprattutto Elain e Horst. La memoria del cavaliere corse subito a suo zio Garrow. Per la prima volta si rese conto di avere una numerosissima famiglia, composta da Carvahall, Orik e il Durgrimist igeitum, Murtagh, Nasuada e.... Arya. 

Una donna si avvicino da dietro e lo prese per un'orecchio, come un qualsiasi lattante.
- Ammazzaspettri 
Disse la donna offesa. Eragon non ebbe bisogno neanche di voltarsi per capire chi era, avrebbe riconosciuto quel tono di voce fra mille: Angela.
- Per quale strambo motivo non mi hai salutato prima? Forse un coniglio mannaro ti ha morso la lingua??
- Mi dispiace ulutrect
Disse lui in tono cortese, utilizzando l'epiteto nella lingua degli urgali
- Oh, non usare quel tono da damerino con me!
Esclamò l'erborista, abbracciandolo
- Credo mi debba delle spiegazioni, venerabile. Non dovevo andare via da Alagaësia per poi non ritornarvi mai più?
- Sì, non é colpa mia se il tuo vero nome cambia ogni due gracidii di rospo, hem scusa, rana
Disse Angela correndo verso Solembum, che intanto si era appisolato sulla testa di uno dei musicisti.
Quando l'orchestra iniziò a suonare Eragon si avvicinò ad Arya, e, prima che potesse farlo qualcun altro, le chiese
- Mi concede l'onore di questo ballo?
- Con piacere
L'elfa gli porse la mano, lui la prese, e si sistemarono al centro della sala. 
Presero a volteggiare a ritmo di musica. Ben presto, tutti gli altri ballerini, smisero di ballare, lasciandoli da soli. Una grande folla si era raggruppata attorno a loro, che non si erano accorti di niente. A destra, in prima fila, Roran, katrina, Islanzadi, Nasuada e Murtagh, mentre a sinistra, tutti i pretendenti, fissavano Eragon con sguardi  assassini.
Erano entrambi persi negli occhi del compagno, non riuscivano a guardare nient'altro, erano attratti l'uno dall'altra. 
Per tutta la sera ballarono, senza mai fermarsi, per quelli che a loro parvero solo una manciata di minuti, ma che in realtà erano ore.
Ma come tutte le cose sulla terra, anche quella era destinata a finire.
I momenti come questo sembrano sempre troppo brevi
Si ritrovò a pensare il cavaliere, ma dovette subito richiamare i suoi pensieri, perchè Arya si era lasciata cadere con grazia tra le sue braccia, in un platealissimo casché.
I loro volti erano a neanche un palmo di distanza, Eragon perse ogni briciolo di autocontrollo e poggiò le labbra su quelle del'elfa.
Accalmazioni si levarono nella sala, soprattutto da parte di Elain e Horst, mentre i pretendenti arrivarono anche a gridare dei soffocati " barzul ".
Con la coda dell'occhio vide Islanzadi trattenere un risolino e tossire sommessamente per mascherare un " lo sapevo ", Roran strinse a se Katrina.
Poi tutto scomparve, in quel momento magico c'erano solo lui e Arya. 
Dopo lunghi minuti, furono costretti a separarsi, più che altro per il primordiale bisogno di respirare. 
Si alzarono in piedi, ancora una volta si guardarono negli occhi. In un tacito accordo, sorrisero, guardarono la folla, e mano nella mano, si misero a correre verso l'enorme porta.


Angolo autrice
Finalmente ho finito di scrivere questo capitolo, ci ho messo ben 2 giorni. Non ce la facevo più!
Comunque, passando alle cose serie. Finalmente Eragon e Arya annunciano, seppur " informalmente " il loro fidanzamento.
Al prossimo capitolo! ( che preannuncio, sarà molto statico ) 
Un bacio enorme!!^^
Se onr sveddar stija hvass

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Capitolo 14
*** Natura, pura e incontaminata ***


Natura, pura e incontaminata
Arya aprì gli occhi. Eragon dormiva placidamente al suo fianco. Si trovavano in una stanza; mise a fuoco le immagini, la sua stanza.
La luce del mattino inondava la sala con il suo tenue bagliore, e diffondeva un piacevole tepore.
- Buon giorno cucciola
Salutò Fìrnen, parandosi davanti all'ampia finestra, facendo così piombare l'ambiente nella penombra.
- Giorno.
Proprio in quel momento Eragon si svegliò, sitiracchiandosi. Sbadigliando biascicò
- Giorno yunod-iet
L'elfa rispose con un largo sorriso.
Avevano ancora addosso gli abiti della sera prima, così si vestirono e, mano nella mano, camminarono fino alla sala della colazione. Questa era una stanza piccola e riservata alla regina, in quell'occasione agli ospiti. Al centro, su una tavola rotonda, erano poggiati vari vassoi di cibo, poco più in la, c'era un altro tavolo, di forma rettangolare, con dei posti a sedere.
Appena i due entrarono nella sala, piombò un silenzio irreale. Islanzadi aveva smesso di parlare, Roran di giocare con Ismira e Murtagh di ridere, e li guardavano, semplicemente, li guardavano. Tutti gli sguardi, fissi su di loro, soprattutto quello di Angela, che sembrava scandagliare l'anima dei due innamorati. Arya guardò gli amici, poi guardò Eragon. La stava fissando come inebetito: la bocca semiaperta e sguardo fisso sul suo volto. Improvvisamente un ricordo inviatole da Fìrnen le fece tornare in mente i bellissimi momenti vissuti la sera prima. Staccò di scatto la mano da quella del cavaliere di fianco a lei, mentre il suo volto si faceva paonazzo, e lei cercava in tutti i modi di nasconderlo, con pessimi risultati. 
Intanto Eragon l'aveva trascinata verso una sedia, davanti la quale era poggiato un piatto con un'invitante fetta di pane e burro, accompagnata da confettura di ciliegia.
Arya si sedette ed iniziò a fissare il cibo. Anche se aveva molta fame, non riusciva a mangiare. Si sentiva.... Come dire..... Osservata.
- Fìrnen aiutami, fa qualcosa, qualsiasi cosa!
Disse l'elfa al suo drago, profondamente in imbarazzo
- Perchè mi fissano?
- Oh, sentila, Arya dröttning, la regina degli elfi, e ora, liberatrice di Alagaësia, messa con le spalle al muro da degli sguardi. Cosa dovrei fare, piombare dal tetto e dilaniarli?
Rispose il drago ironico
- Sarebbe gradito, in questo momento
Continuò Arya, sulla soglia dell'esasperazione.
In tutto quello Eragon continuava a guardarla. Gli tirò una, due gomitate, ma il cavaliere di fianco a lei sembrava non sentirle; così da sotto il tavolo gli diede un calcio.
- Hai, sei matta?!
Urlo lui.
Arya si portò una mano alla fronte, tentando di nascondere il volto , che ormai aveva preso un colore tra bordeaux e cremisi, mentre Murtagh rideva divertito.
 Ecco fatto! Saltata la copertura di elfa fredda e impassibile.
Pensò.
Con molta fretta si alzò e, congedatasi, si mise a correre per i corridoi gridando mentalmente a Fìrnen
- Oh, che figura.... Barbina!!
Il drago sghignazzò, contagiando anche Arya, facendola quasi piegare in due dalle risate, sotto gli sguardi perplessi di un gruppetto di nani, tra i quali c'era anche Orik.
Il re dei nani le si avvicinò e chiese
- Per Gûntera, Arya! Che ti prende!
La regina entrò nella sua mente, inviandogli i ricordi, con l'aggiunta delle sensazioni provate.
Anche il re si mise a ridere.
Dopo un breve scambio di saluti, i due si congedarono.

---------------------------------------------

- Io e Arya abbiamo deciso...
Gli occhi di tutti si illuminarono di curiosità, ma si spensero poco dopo, quando il cavaliere proseguì
- Di ritornare ad Ellesmera oggi stesso
- Credo verrò anche io con voi, ovviamente se non sarò d'intralcio
A parlare era stata Islanzadi
- Allora é deciso! Io credo che per me sia arrivato il momento del congedo.
Disse infine il cavaliere, facendo uno sbrigativo inchino, per poi correre alla ricerca di Arya. 
Tutto si sarebbe aspettatato, tranne che di vederla praticamente rotolare a terra dalle risate, imitata da Orik. Per tutta la mattinata, i tre scherzarono e giocarono. Sembrava fossero ritornati spensierati ed innocenti, come dei bambini.


L'ora della partenza si avvicinò velocemente. Eragon e Arya dovettero salutare, a malincuore, i loro vecchi amici, per prendere la direzione opposta di Murtagh Arategh e Jalika, alla volta della Du Weldenvarden. 

Viaggiarono senza alcuna fretta, fermandosi la notte per riposare. Al terzo giorno di viaggio finalmente la videro. Un immenso oceano di verde, un verde smeraldo, intenso, che dava l'impressione di potercisi tuffare dentro. Ma questa volta la foresta sembrava... Diversa, era viva, il solito colore smeraldino era spezzato quà e là da cespugli di fiori, dai petali dagli sgargianti colori. Quando iniziarono ad addentrarsi nell'intricato labirinto di alberi, la regina degli elfi sembrava rinata. Sorrideva. I suoi splendidi occhi riflettevano lo spettacolo della natura incontaminata. Un tappeto di petali vermigli prese a formarsi davanti a lei, come a volerla accogliere. Rampicanti si muovevano ai lati del sentiero, avvolgendo i tronchi al loro passaggio, piccole gemme iniziarono a sbocciare sui rami, per poi schiudersi poco dopo, tramutandosi in degli stupendi gigli, quelli che aveva cantato Eragon per lei. Per Arya quel fiore era stato il regalo più bello, anche del Convolo nero*, e voleva che tutti potessero ammirarne la straordinaria bellezza e perfezione. 
Appena arrivarono nella radura del saggio, petali scarlatti presero a cadere dal nulla, adagiandosi delicatamente sul prato. Le creature della terra,  rispettavano Arya, seguendola e accogliendola, come se aspettassero il suo ritorno con ansia. Madre natura, sembrava voler celebrare con sfarzo, la venuta di una delle sue stesse figlie. Quello che Eragon ed Islanzadi osservavano, ammutoliti, non era magia, era semplicemente la potente manifestazione dei sentimenti della regina degli elfi, che erano stati celati per troppo tempo dietro un'insormontabile barriera di logica, freddezza e distacco.


* Convolo nero: fiore che canta Faölin per Arya. Per l'elfa quello, é il più bello tra tutti i fiori.


Angolo dell'autrice
Ed'eccomi di nuovo qui. 
Come avevo anticipato, questo capitolo é molto statico. Mi volevo scusare con tutti voi per avervi fatto aspettare così tanto, ma non avevo ispirazione, che, tra parentesi, mi é venuta alle due di notte. Mi farò perdonare con il prossimo capitolo, nel quale succederanno un sacco di cose, scontate o meno, non saprei dirvelo, per una questione di soggettività, spero vi sorprenda almeno un po'.
Un bacio enorme^^
Se onr sveddar stija hvass

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Capitolo 15
*** Amore, passato e presente ***


Amore, passato e presente
Era mattina, il sole riscaldava il cielo limpido e privo di nuvole. Si trovava ancora una volta nella casa albero, che un tempo era stata di Vrael, e che ora spettava a lui in quanto capo dei cavalieri. Eragon era accovacciato sul letto, sognava. 
Una bambina lo stava abbracciando, aveva il viso dai dolci lineamenti, occhi verdi ed espressivi e lunghi capelli mossi e castani.
- Buona notte
Gli disse assonnata
- Anche a te
Rispose lui schioccandole un sonoro bacio sulla guancia.
Arya irruppe nella radura nella quale si trovano
- Su dai, é ora di andare a dormire
- sì 
Rispose la bambina, stropicciandosi gli occhi
- Buona notte piccola
Disse Arya scostandole una ciocca di capelli da davanti agli occhi
- Buona notte
Fece lei, baciando anche l'elfa.

Poi un trillo assordante, fece dissolvere la visione. Il cavaliere si alzò di scatto, con un unico balzo, coprì la distanza tra lui e Brisingr, che aveva appoggiato nell'angolo opposto della camera, sguainò la lama blu e si mise in posizione di attacco. Il rumore era cessato. Non ronzava una mosca, si guardò intorno, niente. Poi il trillo ricominciò, più forte. All'improvviso si ricordò.

*flashback*


Oromis era in piedi, le braccia conserte, il volto contratto in un'espressione severa.
- Eragon, sei in ritardo
- Ebrithil, i...io non, insomma
Disse lui con voce tremante.
L'espressione del vecchio cavaliere si addolcì
- Tieni 
Disse porgendogli un piccolo oggetto sferico.
- Basta che gli dici l'ora alla quale vorrai essere svegliato.

* fine flashback*


Eragon si avvicinò ad un tavolino di fianco al letto. L'oggetto sferico era in bella mostra, vicino ad una lanterna. Era d'oro, con dei glifi, che recitavano delle vere e proprie istruzioni per l'uso: suonerò al tempo impostato, come tu mi hai ordinato.
 Il cavaliere lo prese in mano 
- Letta 
Mormorò. Il rumore si fermò di colpo, cedendo il posto al silenzio. Silenzio, ah che bello era il silenzio, non si era mai reso conto di quanto l'assenza di suono fosse così piacevole.



* due mesi dopo

- Che dici, le piacerà? Oh, per Gûntera,  come glie lo chiedo? Non l'ho mai chiesto a nessuno! E poi le piacerà il posto??
Chiese a Saphira, agitato.
- Piccolo, stai calmo. Uno: sono sicurissima che il regalo le piacerà, due: il posto é stupendo, tre: é ovvio che non l'hai mai chiesto a nessuno.
- Hai ragione. Andrà tutto bene.
Il cavaliere fece un respiro profondo, prese un cofanetto, verde con rifiniture in argento, dallo scrittoio, se lo mise in tasca, e uscì alla ricerca  di Arya. 

La trovò nella sua stanza.
- Vieni con me
Le disse 
- Dove mi porti?
- É una sorpresa
Rispose lui vago
- Acconsenti a bendarti?
Chiese porgendole una striscia di cuoio nero. L'elfa lo guardò titubante, poi prese il tessuto e lo legò davanti agli occhi.

Usciti all'aperto, Eragon l'aiutò a salire su Saphira
- Eragon, non vorrai...
Chiese l'elfa, turbata all'idea di volare bendata
- É necessario
La interruppe lui.
 
Volarono per pochi minuti, quando atterrarono, Arya scese da sola.
Si trovavano in un'ampia radura, al centro della quale c'era un'imponente quercia.
- Puoi toglierti la benda
Disse infine Eragon con voce tremante.
Appena mise a fuoco le immagini, Arya rimase impietrita, lo sguardo fisso sull'albero. Mormorò qualcosa, che neanche il fine udito del cavaliere blu potè cogliere, poi una lacrima argentea le solcò la guancia. Fìrnen scese in picchiata, e prese il suo cavaliere tra gli artigli, la sua mente premette contro quella di Eragon.
- Che hai fatto!!
Furono le sue ultime parole, intrise di rabbia e odio, poi scomparve oltre i verdi alberi.
- Come che ho fatto? Vorrei proprio saperlo.
Chiese Eragon a Saphira
- Cucciolo, hai fatto qualcosa di estremamente grave, ma non so cosa, Fìrnen mi ha chiuso la mente.
Il cavaliere montò in sella al suo drago, - Vai a palazzo Tìaldari
Disse a Saphira, prima di chiudere la mente

Non c'era, aveva esplorato ogni angolo del palazzo, non c'era. Uscì dalla porta principale, sentiva gli sguardi di tutti addosso, si diresse verso il bosco. Sapeva che era lì, lei si rifugiava sempre tra i pini quando era triste. 
Vide Islanzdi correre verso di lui, visibilmente infuriata.
- Tu!
Disse prendendolo per il bavero e sollevandolo da terra di almeno tre pollici
- Tu non avevi il diritto di riaprire ferite profonde, tu sei un lurido verme, approfittare della sua fragilità così, mi ero sbagliata sul tuo conto Eragon. Sei come tutti gli altri, solo... Lui era diverso, eppure Galbatorix glie lo ha tolto, dopo averle tolto anche.... 
Una lacrima scese lungo la guancia dell'elfa, che lo lasciò andare.
- Io non volevo, non sò neanche che ho fatto!
Si giustificò nell'antica lingua
- Oh cielo, io non... Scusa non.. Se ci tieni a mia figlia é meglio che vada da lei, subito
Si scusò Islanzadi indicandolgli un sentiero nascosto dalla fitta boscaglia.
Eragon la ringraziò e, si addentrò nel bosco. Dopo poco, la piccola stradina si aprì in una radura. Al centro di questa c'era Arya, seduta sulla zampa destra di Fìrnen, aveva le ginocchia strette al petto, singhiozzava. Eragon si arrabbiò profondamente con se stesso, per essere stato la causa della sua tristezza. L'elfa alzò gli occhi
- Vattene!!! 
Gli urlò, tirandogli una pigna, che lo colpì in piena faccia, facendogli uscire sangue dal naso, il cavaliere rimase dov'era, anche quando Fìrnen lanciò una potente fiammata verde, che sfiorò la punta dei suoi capelli. Eragon si sedette al suo fianco
- Vattene
Sussurò lei, poco convinta
- Arya, yunod-iet...
- Non chiamarmi in quel modo!
Lo interruppe lei
- Io non volevo, non sò nemmeno cosa ti ho fatto, lo sai che ti amo, non ti avrei mai fatto una cosa del genere di proposito
Le disse nell'antica lingua
L'elfa parve sollevata, lo guardò, con i suoi penetranti occhi smeraldo
- Quella era la sua tomba
Cominciò
- Quando ero ancora piccola, avrò avuto vent'anni, conobbi un elfo, di nome Faölin. Era l'unico che non mi vedeva come una macchina da guerra, o come la viziata figlia della regina. Lui mi vedeva come Arya, e basta. Mi innamorai subito, e lo stesso valse per lui. Mi chiese anche di sposarlo, io naturalmente accettai. Tutti ormai ci avevano designato come i futuri sovrani del popolo elfico, ma un giorno, uno stramaledettissimo giorno, prima del mio matrimonio, Galbatorix mandò Durza a rubare l'uovo di Saphira, che tenevano in custodia i nani, ed io, in quanto detentrice dello yawe, dovetti partire verso Tronjheim, per riportarlo qui, nella Du Weldenvarden, dove sarebbe stato protetto. Fu proprio durante il viaggio di ritorno, ad un passo da Ellesmera, che Durza ci tese un'imboscata. Quando vidi il corpo di Faölin a terra, in un lago di sangue, crivellato dai neri dardi urgali, il mio intero essere, perse ogni emozione, trasformandomi in un gurriero di granito, al pari di Cuaroc*. Poi Durza iniziò ad inseguirmi, prima mi intrappolò in un cerchio di fuoco, poi cercò di sottrarmi l'uovo. In quel momento, feci la cosa più razionale, spedii Saphira a Carvahall, era diretta a Brom, ma la mia energia non bastò, e l'uovo comparve al margine della valle, sulla dorsale, dove poi tu lo trovasti.
Durante i giorni di prigionia, tra droghe e torture, formulai un vincolante giuramento, per il quale non mi sarei potuta mai più innamorare; ma quando mi salvasti, il mio vero nome cambiò, e quel sentimento iniziò a crescere in me. Io ero profondamente lusingata dai tuoi complimenti, e avrei voluto dire di sì alle tue dichiarazioni, ma non ebbi il coraggio. Mi accorsi troppo tardi di non poter vivere senza di te, quando ormai te ne eri andato per sempre, così ti venni a cercare a Komsos, ed eccoci qui.
Eragon imprecò
- Già
Gli rispose Arya
- Bella vita la mia, e questa era solo una parte.
Disse più a se stessa che al cavaliere.
L'ammazzatiranni le cinse la vita con un braccio, avvicinandola a sè, l'elfa si rifugiò tra le sue braccia
- Grazie 
mormorò.
Eragon parve molto stupito, se fosse stato Arya si sarebbe ucciso
- E di cosa
Disse, dando voce ai suoi pensieri
- Di esserci
Rispose semplicemente lei, abbracciandolo forte.
Da lontano Islanzadi osservava la scena, vigile.

Due settimane dopo


- Stavolta riuscirò a chiederglielo, ma come glie lo chiedo, non l'ho mai chiesto a nessuno!
Chiese Eragon alla sua dragonessa
- Chissà perchè, ma mi sembra un " dejavu " 
Rispose lei ironica
- Così non sei d'aiuto!
Esclamò il cavaliere
- Cucciolo, é solo una cena, non stai mica andando al patibolo
- Hai ragione
Le disse ancora più agitato
Il cavaliere ripassò mentalmente la lista di cose da fare: bagno, fatto, barba, fatto, cofanetto, preso, vestiti... Ecco cosa mancava, i vestiti!! 
Con addosso solo le braghe di lana si diresse verso l'armadio, scelse una tunica azzurra e degli stivali, che gli avevano portato gli elfi la sera prima. Così vestito si avviò verso l'uscita della casa albero, e montò in groppa a Saphira. In pochi minuti i due arrivarono alla rupe di tel'naeir, si diressero alla casa di Oromis e bussarono alla porta, fu la stessa Islanzadi ad aprirgli. Con loro sommo stupore, trovarono anche Murtagh e Nasuada, seduti alla destra di Arya. Eragon prese posto vicino all'elfa, dopo aver salutato il fratello, iniziò a mangiare. Neanche a metà portata si congedò con la scusa di dover prendere una boccata d'aria.

Con enorme sollievo del cavaliere, nessuno lo seguì. Appena uscito dalla casa, diede le spalle alla porta, si mise in ginocchio, si schiarì la voce ed iniziò
- Arya mi vuoi sposare?
La scartò subito, troppo scontata, riprovò con tono più autorevole, poi più cortese, poi aggiungendo appellativi come dröttning o svit-kona, ma niente da fare, erano tutte banali.  

---------------------------------------------

Che noia
Pensò Arya.
 Da quando Eragon era uscito " a prendere una boccata d'aria ", quella cena aveva perso ogni significato per lei, le piaceva la compagnia degli amici, ma voleva stare con lui. Dopo quello che era successo due settimane prima, si erano allontanati sempre di più. Temeva che non volesse più stare insieme a lei. Si fece coraggio, sarebbe uscita a cercarlo, dopo tutto era almeno mezz'ora che era fuori.
- Io esco
Disse ai presenti, che la guardarono straniti.

Appena uscì, il suo cuore prese a battere all'impazzata. Eragon era in ginocchio
- Arya, mi vuoi sposare?
Chiese rivolto ad un albero
- No, é troppo scontata
Disse il cavaliere riformulando la domanda con un diverso tono di voce.
L'elfa si avvicinò furtiva alle sue spalle. Il cavaliere aveva gli occhi chiusi.
- Immagina che ci sia Arya davanti a te
Sussurrò, per darsi coraggio
La regina degli elfi, gli si parò davanti.
- Arya, yunod-iet, mi vuoi sposare?
Disse lui, ancora con gli occhi chiusi
- Sì 
Rispose lei sorridendo
- Cosa??
Chiese aprendo gli occhi
- Sì 
Disse di nuovo lei.
Il cavaliere arrossì vistosamente
- A.. Arya tu, io, insomma... Cosa?... Sul serio!!
Esclamò confuso, realizzando solo in quel momento che Arya aveva accettato.
- P... Puoi ripetere?
Disse infine, cercando invano di non tremare dalla felicità. L'elfa lo guardò interrogativa.
- Sì
Ripeté per l'ennesima volta.
- Quante volte te lo devo dire?
Eragon non riusciva a parlare, la fissava, ammutolito.
- Eragon, sei sicuro di stare bene?
Il cavaliere sembrava non sentire, lo sguardo fisso su di lei, l'elfa avvicinò una mano al suo volto, e la scosse davanti ai suoi occhi, ancora niente
- Saphira, ma che ha?
Chiese rivolgendosi direttamente alla dragonessa
- Credo sia rimasto scioccato
- Ooo!!
Disse Arya, schioccando le dita davanti alla faccia di Eragon. 
Il cavaliere parve svegliarsi.
- Che.... Cosa... Ha detto di sì, ha detto sul serio di sì
Gridò alla sua dragonessa, sia con la voce che con la mente
- Eragon, calmati, vuoi svegliare tutta Ellesmera?
Lo sgridò Arya
Il cavaliere si grattò la nuca, imbarazzato. Si sedette sul prato, l'elfa lo imitò. Dopo lunghi minuti di silenzio, l'ammazzatiranni, le porse un cofanetto verde, rifinito in argento
- Questo avrei dovuto dartelo prima.
Arya lo aprì, al suo interno, appoggiata su un piccolo cuscinetto di velluto, c'era una stupenda collana in oro bianco. Il ciondolo era a forma di drago: aveva le ali spiegate ed uno smeraldo incastonato al posto dell'occhio. Era stato fatto con maestria, le squame ed i muscoli erano in rilievo, era curato in ogni particolare. La creatura era imponente e dava l'impressione di essere potente, ma al tempo stesso aggraziata.
- É... É magnifica, non trovo altre parole per descriverla.
Disse l'elfa, legandosi la collana al collo
- Per questa devi ringraziare Runon
Eragon prese il viso di Arya e la baciò dolcemente. Ancora non ci credeva.

Qualcuno si schiarì la voce.
I due si alzarono in piedi di scatto, per trovarsi davanti Murtagh, Islanzadi e Nasuada che li guardavano interrogativi.
- Avete finito??
A parlare era stato Murtagh
- Tesoro sii più delicato
Lo sgridò Nasuada
- Arya dove hai preso quel gioiello?
Chiese Islanzadi
Ti prego una scusa, che potrei dirle?
Pensò l'elfa
- Eem, c'e l'ho sempre avuto
Disse infine per niente convinta
- Che ci state nascondendo?
Chiese Murtagh, riducendo gli occhi a due fessure
- Oh, noi nulla, voi più tosto? Che significa " tesoro "?
Si giustificò Eragon cambiando discorso
- Mmmm, per questa volta l'hai avuta vinta fratello, ma non credere che non indagherò e...
Stava dicendo il cavaliere rosso, quando Arya lo interruppe
- Non ce ne sarà bisogno. Vi diremo tutto domani.



*Cuaroc: ibrido di metallo. Guardiano della volta delle anime.


Angolo dell'autrice
Oddio, mi sono un sacco emozionata scrivendo questo capitolo!!!!
In quanto accanita sostenitrice della coppia - mi sa che non si era capito - é quello che ho sempre sognato. Purtroppo, Paolini, non ha scritto niente del genere ( lacrimuccia ), perciò lo faccio io! Meglio non risollevare la questione del bacio mancato, perchè se fosse per me, io andrei nel montana a piedi e gli stamperei un bel cinquedita sulla faccia, ma non tutto si può fare. Comunque, mi aspetto un sacco di recensioni!!
Se onr sveddar stija hvass

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Capitolo 16
*** Decisioni ***


Decisioni #1
La mattina seguente, quando Arya si svegliò, temette di aver sognato tutto, poi si portò una mano al petto, con le dita sfiorò il ciondolo: era tutto vero.
L'elfa rimase per lunghi minuti, a guardare il soffitto, fantasticando su come avrebbe passato la sua vita con Eragon. Qualcuno bussò alla porta, la regina schioccò le dita, e una tunica gialla, prese il posto della sua camicia da notte.
- Avanti!
Eragon aprì la porta. Arya corse subito tra le sue braccia
- Ti prego, dimmi che non l'ho sognato!
Sussurrò
- Non l'hai fatto
Rispose il cavaliere
- Arya io, ti devo far presente due questioni, siediti
L'elfa obbedì, sedendosi sul bordo del letto, lui la imitò, prendendole la mano le disse
- Yunod, tu sai che io prima o poi, credo prima che poi, dovrò fare ritorno ad Isiweya
- Sì lo sò
Rispose lei calma. 
Il cavaliere era perplesso, come faceva a mantenere un tono così piatto?
- Ma... Che intendi fare?
Chiese
- Quello che avrei dovuto fare quando mi offrirono la carica di regina.
Quella risposta lasciò in Eragon molti dubbi
- Verrò con te
Disse l'elfa chiarendoli
- Arya tu sei sicura di quello che dici? Insomma vuoi davvero abbandonare Alagaësia?
- Se abbandonare tutto quello che conosco e tuffarmi in un mondo ignoto, significa passare l'eternità con te, lo faccio più che volentieri
Il cavaliere sorrise
- Ti amo
Le disse solo, non c'erano parole per descrivere la pienezza del suo gesto, capì che lei lo avrebbe seguito anche in capo al mondo, se fosse stato necessario.
- Anche io
Rispose l'elfa
- E la seconda questione?
Chiese Arya curiosa
- Ah, sì. Chi credi ci possa sposare?
- Roran
Rispose lei, senza esitare.
Perchè proprio Roran? Perchè non un elfo, o magari Islanzadi stessa?
Eragon diede voce ai suoi pensieri
- Beh, ci sono svariati motivi: il primo é il fatto che lui sia tuo cugino, questo, magari mi favorirebbe l'accesso nella tua famiglia, lo sai meglio di me che non sono ben vista agli occhi dei tuoi compaesani. Tu hai celebrato il suo matrimonio, e mi sembra giusto che lui celebri il nostro, e poi...
L'elfa si incupì
- Anche se inconsapevolmente, ha vendicato la morte di mia madre, e non smetterò mai di ringraziarlo per questo.
- Come desidera sarà fattò, mia regina.
Sdrammatizzò il cavaliere
- Oh, ammazzaspettri, le sarei grata se mi accompagnasse alla sala del consiglio, per comunicare la notizia a mia madre e Murtagh.

- Dakkàr!
Chiamò la regina degli elfi, appena uscì dai suoi appartamenti.
Un elfo, trafelato, dai capelli corvini, con curiose sfumature bluastre le si affiancò. Indossava una divisa verde, che recava lo stemma dello yawe sulla schiena.
- Ai suoi ordini, mia signora
- Convoca il consiglio, il cavaliere rosso e mia madre
Ordinò lei con tono autoritario
- Come desidera, mia signora
- E smetti di dire " mia signora "
Concluse divertita
- Ai suoi ordini, mia re....
- Oh, sei senza speranze 
Arya sorrise.
Oh, che bel sorriso
Si ritrovò a pensare Eragon.

In pochi minuti erano già nella sala del trono. Quindici scranni erano occupati dai consiglieri elfi. Al centro della sala, in piedi, c'erano Murtagh, Islanzadi e Nasuada.
- Consiglieri, Murtagh, Nasuada, Madre.
Iniziò l'elfa, guardando ad uno ad uno i presenti
- Vi ho convocato per due motivi.
Il primo, è che...
La rgina esitò, lanciò un occhiata eloquente ad Eragon, che annuì
- Io e il cavaliere Eragon, ci sposeremo a breve, secondo pratica umana.
Tutti i presenti sorrisero, soprattutto Islanzadi, che stava per correre ad abbracciarla. La figlia la fulminò con lo sguardo
- Non in presenza del consiglio
Disse insinuandosi nella sua mente.
- Ma come tutti voi saprete
Proseguì
- Eragon deve tornare obbligatoriamente a Komsos, e... Ed io andrò con lui. 
Madre, non vorrei darti ulteriori impegni e preoccupazioni, ma ti supplico di accettare la carica di regina che ti sto offrendo.
In pochi riuscirono a trattenere sospiri di sorpresa, Eragon compreso, che non sapeva nulla della decisione di Arya.
I minuti passavano veloci, Islanzadi non osava proferire parola, si limitava ad osservare la figlia con occchi vaqui.
Non può farmi questo
Pensò
Se ne và, proprio ora che l'ho ritrovata.

Era un silenzio carico di tensione, che parlava più di mille parole. Si poteva leggere la profonda tristezza di Arya, nel guardare sua madre, sconvolta. L'indecisione di Islanzadi, la tempesta di emozioni dentro di lei, nel sentire il discorso di sua figlia.

La regina degli elfi era scesa dal suo trono, si trovava difronte ad Islanzadi, madre e figlia si guardavano negli occhi, sondandosi l'anima a vicenda.
- Accetto
Disse solo la prima 
- Elrun-ono
Mormorò Arya abbracciandola. L'elfa non riuscì più a trattenere le lacrime e pianse, pianse per la scelta che aveva fatto, pianse perchè sapeva che con quella promessa distruggeva la sua identità, plasmandone una nuova, pianse perchè era consapevole che avrebbe abbandonato tutto quello che conosceva. Ma non si sarebbe tirata indietro, non l'avrebbe mai fatto, non sarebbe mai scappata con la coda tra le gambe.



Decisioni #2
Ad uno ad uno, i quindici consiglieri, si alzarono, per comunicarle la loro approvazione alla decisione, e le felicitazioni. Proprio quando Arya stava per congedare tutti, un elfo si alzò dallo scranno dove era seduto, e si posizionò al centro della sala.
Era di corporatura esile, riccissimi capelli biondi, incorniciavano il viso spigoloso.
- Arya dröttning
Iniziò
- Ti ascolto, Lifaen-vor
- Nel corso di questi anni, come lei già sà, ho iniziato ad eseguire esperimenti. Ieri, mentre ero impegnato in alcuni di questi, mi sono imbattuto in qualcosa di molto importante, che potrebbe sconvolgere l'ecosistema di tutta Alagaësia.
Gli sguardi di tutti si fecero più attenti, Lifaen, era al centro dell'attenzione.
- Ecco, credo di aver scoperto l'esatta formula, per avere l'acceso ad un portale.
- Spiegti meglio
Chiese curiosa la " regina ".
- Ho scoperto l'esistenza di un regno, parallelo, separato dal nostro, ma allo stesso tempo, unito a noi da un indissolubile legame magico. Questo regno é... Diverso, sia per cultura, lingua e costumi, sia per dimensioni, esso é infatti venti volte più grande di Alagaësia. I suoi abitanti, sono molto simili agli umani, ma più rozzi, non usano nessun tipo di spada o arco, ne usuffluiscono di cavalli, si spostano in strane scatole di metallo e il loro modo di vestire é più tosto... Curioso, se non buffo oltre ogni dire. 
Vorrei fare una richiesta.
- Chiedi pure
Accordò Arya, sempre più interessata
- Vorrei che mi concedesse il permesso di passare un determinato tempo in questo mondo, per studiarne la gente e la cultura.

- Fìrnen, cosa credi sia meglio fare?
Chiese l'elfa al suo drago
- Non lo sò, l'unica cosa certa é che sarebbe un'occasione, per studiare un nuovo popolo, sarebbe molto costruttivo, e potremmo trarne vantaggio, anche per un aspetto commerciale. Oltretutto, credo che tentare di colonizzarli, non sarà un problema, secondo la descrizione di questo elfo, sono pacifici, non usano la spada e non credo sappiano usare la magia.
- Non sò che fare
Disse mentalmente Arya ad Islanzadi
- Credo che dovresti concedergli il permesso, ma la sceta spetta a te, fino alla cerimonia di successione, non ho alcun potere.
Rispose lei

- Valutati accuratamente i molti aspetti di questa scoperta, ho deciso di concederti il permesso, ma a due condizioni: entro un tempo di tre anni, dovrai darci tue notizie, e informarci su come procedono i tuoi studi. In questo nuovo regno, dovrai portare con te tuo fratello, l'elfo Narì, per una questione di sicurezza e prudenza.
- Accetto le condizioni
Disse Lifaen, prima di inchinarsi e uscire dalla sala, seguito a  ruota dagli altri consiglieri.

Angolo dell'autrice
Ok ok ok. Non fulminatemi per il ritardo di questi giorni, non posso fare altro che chiedere umilmente scusa in ginocchio. Ma spero che il contenuto sia valso l'attesa. In questo capitolo, ritroviamo due personaggi, più che secondari ( che appaiono solo una volta in Eldest, credo. ): Lifaen e Narì.
In seguito, questi elfi avranno un ruolo fondamentale, ma non vi posso svelare di più su di loro, così come anche sul misterioso mondo - che credo non sia poi così misterioso - scoprirete tutto in seguito!!
*Tan tan tan tan*

P.s.: ho inglobato due capitoli in uno, per una questione di lunghezza.
Se onr sveddar stija hvass

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Capitolo 17
*** New carvahall ***


New Carvahall
Lifaen disse sicuro una frase nell'antica lingua, un'improvvisa esplosione di luce mi costrinse a schermare gli occhi con la mano. Un enorme ovale iridescente comparve nella radura, i due fratelli lo guardarono titubanti, poi, mano nella mano, varcarono il portale. Le figure dei miei amici si fecero sempre più sfuocate, li vidi alzare un braccio in segno di saluto, poi i loro corpi vennero lambiti da sfere di energia, le loro immagini si deformarono e, in un'altra esplosione di luce, l'ovale scomparve. 
Eragon mi guardò stranito, ed io ricambiai il suo sguardo.
- Dovremmo andare
Mi disse infine, assumendo un'espressione tra l'eccitato e l'impaziente.
Io annuii, e, dopo aver salutato mia madre, montai in groppa a Fìrnen.
- Pronta?
Mi chiese, inviandomi una scarica di adrenalina
- Sì
Risposi io altrettanto euforica.
Ogni volta che volavo con lui, mi sembrava la prima, quelle che provavo in sella al mio drago erano sensazioni impossibili da descrivere.
Sentii i muscoli di Fìrnen, contrarsi per darsi lo slancio, dopo una breve rincorsa, fece un balzo e aprì le enormi ali, istintivamente, strinsi più forte la punta cervicale difronte a me. Quando guardai in basso, una sensazione di vuoto mi pervase, ma era piacevole, naturale. Guardai in alto. Migliaia di stelle luccicanti affollavano il cielo scuro, che verso il basso schiariva, assumendo i colori dell'alba. Una leggera brezza mi accarezzò il viso. 
Appena i due draghi, presero un'andatura più stabile, cercai di contattare telepaticamente Eragon.
Nella sua mente, non trovai le solite barriere, ma la mia immagine, immersa nel nulla più assoluto, non pensava a nient'altro.
Provai a chiamarlo, ma non ottenni nessuna risposta.
- Attento ai Fanghûr*!
Gridai.
Lui parve svegliarsi da un sonno profondo, sguainò Brisingr, scandendo il nome della spada, che si infiammò di colpo. Non potei trattenermi dal ridere, mentre lui si guardava intorno spaesato.
- Ma sei impazzita?! Mi hai fatto 
prendere un colpo!
In tutta risposta, gli inviai l'immagine di lui che mi guardava, con un sorrisetto ebete stampato sulla faccia, anche Eragon si mise a ridere. 
- Cosa volevi chiedermi?
Sfogliai i miei ricordi, fino a trovare la domanda, che avevo totalmente dimenticato di voler porgere
- Com'é Carvahall?
Chiesi infine
- Non saprei risponderti, Roran mi ha detto che é totalmente cambiata, e, che del vecchio villaggio di contadini di un tempo, non rimane più nulla. Non sò proprio cosa aspettarmi, per me é come andarci per la prima volta.
- Com'era quando tu eri piccolo?
Era insolito per me porgere tutte quelle domande, ma non riuscivo a trattenermi. Mi incuriosiva sapere il punto di vista di Eragon sul suo villaggio natale. 
- Beh, a quel tempo, era composto da sei o sette abitazioni, messe in disordine in una valle in mezzo alle montagne. Di Carvahall non ricordo molto, se non gli inizi di primavera, celebrati con l'arrivo degli erranti, gli aromi delle spezie e il vociare dei bambini tra le bancarelle.
Sul viso del cavaliere si fece strada un'ombra di tristezza
- Ma la cosa più bella, era riunirsi ogni sera alla taverna di Morn, e, alla luce di un fuoco, ascoltare le vecchie storie di Brom. Quando ancora non sapevo che presto sarei stato catapultato in questo mondo, mi piaceva stendermi sull'erba, guardare le stelle, e sognare draghi ed elfi, immaginare come sarebbe stato volare alto nel cielo, ma nemmeno mi avvicinavo alla vera sensazione che si prova.
Concluse accarezzando il collo di Saphira.

Per tutta la durata del viaggio parlammo, ci esercitammo a respingere attacchi mentali e facemmo gare di indovinelli, che Saphira e Fìrnen, prontamente, vincevano.
Quando arrivò la sera, decidemmo di fermarci ad Osilon, ma, a meno di una lega dalla città, costrinsi Eragon
ad atterrare in una radura, tagliata a metà da un limpido ruscello.
- Che cosa vuoi fare?
Chiese lui, quasi intimorito dal mio comportamento
- Due corone che non mi riconoscono.
Risposi ammiccando, Eragon per poco non si mise a ridere.
- Oh, questa poi... Ma dai... Insomma, per me forse, c'é una minima possibilità, ma tu, sei la loro regina e...
- Alt! Principessa prego!
Lo corressi
- Va bene, principessa, ma non fa differenza, fino a ieri eri loro regina.
- Perchè cavaliere, dubita forse delle mie abilità di maga?
Gli dissi allora in tono di sfida
- Benissimo principessina del mio cuore, se sei tanto sicura delle tue abilità, allora non sarà un problema per te alzare la posta in gioco.
- Oh no che non lo é, ma quello che ci rimetterà sarai tu
Esclamai, sentendo la fiamma della determinazione ardere dentro di me.
- Neanche fosse la battaglia finale contro Galbatorix
Mi canzonò Fìrnen, percependo le mie emozioni
- Stupendo, chi verrà riconosciuto per primo, dovrà dare tre corone all'altro
Accettai le nuove condizioni.
Mi sedetti a gambe incrociate, sulla riva del ruscello, e iniziai le formule per il cambiamento delle sembianze. Eragon non aveva alcuna speranza contro di me, mi esibivo in quei trucchetti da secoli, e nessuno, dico nessuno, mi aveva mai smascherata, perchè dopo centosei anni, sarebbe dovuto succedere?
- Sembrate dei neonati
Commentò il mio drago
- Taci!
Gli intimai.

Dopo appena dieci minuti, mi specchiai nell'acqua limpida. L'opera terminata, era di sicuro quella venuta meglio tra tutte: pelle porosa, abbronzata e con qualche ruga sul viso, capelli più grassi e sbiaditi, tendenti al grigio, raccolti con un fermaglio, e per finire in bellezza, occhi azzurri e orecchie da umano. Con la magia indossai un vestito da donna, molto semplice, da viaggio, e uno scialle sulle spalle; ero irriconoscibile. 
Mi alzai, aspettando pazientemente che Eragon finisse di riformulare una frase che, a giudicare dal suo buffissimo aspetto, aveva sbagliato più di dieci volte.
Quando terminò, non era molto diverso: aveva gli occhi castani, e una folta barba copriva i suoi lineamenti, sembrava più vecchio, con sembianze umane. Ma aveva trascurato un unico dettaglio, che lo avrebbe di certo tradito. Il marchio dei cavalieri.
 
Non appena fummo in città, ci fiondammo verso una locanda.
Nella sala centrale, c'erano molti elfi, umani e anche due urgali, che parlavano di pettegolezzi, o delle ultime novelle del regno, quale la successione di Islanzadi. I presenti non ci degnarono di uno sguardo, ma quando uno dei custodi, guardò pigramente in direzione di Eragon, proprio come avevo previsto, vedendo il gedwey ignasia sul suo palmo, mormorò 
- Arget-lam
E nella piccola saletta fu tutto un vociare di 
- Ammazzaspettri
O anche
- Ammazzatiranni
Mi concessi un sorriso divertito, vedendo la faccia del mio compagno diventare rossa, e il suo incantesimo sciogliersi, rivelando le sue vere sembianze. Ormai era al centro dell'attenzione, così, indisturbata, mi diressi al bancone.
- Vorrei una camera per sta notte, se c'é posto, la  più economica
Chiesi con voce roca al proprietario
- Certamente! Il suo nome prego?
Domandò. 
Feci finta di schiarirmi la voce
- Hem, Maraya
- Molto bene, prima scalinata a destra, secondo corridoio, porta sei.
Disse porgendomi una chiave.

La mia stanza era una squallida topaia, definendola con un po' di decenza, ma ci ero abituata, ogni volta che capitavo in un villaggio, usavo lo stesso stratagemma, e mi venivano sempre riservati trattamenti del genere. Agire sotto copertura, mi faceva sentire parte del mio popolo, perchè entravo a far parte della vita quotidiana, senza che mi fosse concesso alcun favore.
Qualcuno bussò alla porta, interrompendo il filo dei miei pensieri.
- Avanti
Risposi io, intuendo l'identità della persona.
Quando Eragon entrò nella stanza, aveva lo sguardo basso.
Si stà quocendo nell'umiliazione 
Pensai.
Mi lanciò tre monete dorate, che caddero sulla palma della mia mano aperta
- Te le sei meritate
Mi disse, sedendosi sul bordo del letto, vicino a me
- Grazie, ci pagherò il conto domani mattina.

Quella notte, per me fu insonne, sia per il materasso, praticamente imbottito di sassi, sia per il continuo squittire dei topi, che avevo scoperto essere una famiglia, proprio sotto al mio letto, ma soprattutto per Eragon: non so cosa stesse sognando, e non lo voglio neanche immaginare, fatto sta, che, a tratti russava rumorosamente, un momento dopo, gridava dalla paura come un ossesso, con la fronte imperlata di goccioline di sudore, poi mormorava il mio nome e tornava a russare.
La mattina seguente, mi svegliai distesa sul pavimento, con la testa appoggiata sulle mani. Guardai in direzione di Eragon, da galant'uomo qual era, occupava tutto il materasso, aveva la bocca semiaperta e , di tanto in tanto, sussurrava parole senza senzo, alcune anche nella lingua dei nani. 
Non potendo più sopportare quella visione, ripresi le sembianze della vecchietta in viaggio, e mi diressi verso la sala comune, per fare colazione, dopo pochi minuti, anche l'ammazzatiranni mi raggiunse, sempre preceduto da inchini e sospiri di sorpresa. 
Quando finimmo di mangiare, mi diressi subito al bancone, riconsegnai la chiave, e pagai con due delle tre corone che avevo vinto la sera prima.
Quando stavamo per uscire, sentimmo un tonfo provenire da fuori: Fìrnen e Saphira erano atterrati sullo spiazzo davanti alla locanda. In pochi secondi, tutti i presenti si erano fiondati fuori dalla porta, per ammirare la magnificienza dei draghi. 
Con deliberata lentezza, io ed Eragon, raccogliemmo le nostre bisaccie e, con molta calma uscimmo anche noi.
Mi feci largo tra la piccola folla a suon di spintoni, e, come se fosse la cosa più normale del mondo, schioccai le dita, rompendo l'incantesimo, e tornando così nei panni di Arya dröttningu, la principessa degli elfi.
Osservai divertita le espressioni stupite sui volti degli spettatori, mentre mi vedevano salire agilmente in groppa al mio drago.
Saphira spiccò il volo e, prima che potesse farlo anche Fìrnrn gridai al proprietario
- É disarmante il modo in cui continui a non capire i miei trucchi, Dòlgät.
Ormai lo consideravo come un vecchio amico, ero stata lì talmente tante volte, e sotto identità così varie, che ne avevo perso il conto. 
- Ma mia signora, io non potevo sapere... Se me lo avesse detto, non le avrei assegnato quella camera!
Ma io non lo ascoltavo più, ormai stavo volteggiando nel cielo limpido, tipico delle stagioni primaverili, alle mie orecchie, la sua voce parve più un brusio di sottofondo.
A metà del pomeriggio, ci fermammo a Ceunon, dopo una breve sosta per le provviste, ripartimmo. Solo due ore dopo il tramonto, quando ormai il cielo era tinto di un blu scurissimo, avvistammo le luci di un'enorme città.
Eravamo ad un passo da New Carvahall, come l'aveva rinominata Roran, ma decidemmo lo stesso di accamparci nei paraggi, per arrivare in città, accompagnati dalla luce del sole.

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Quando Saphira atterrò davanti al portone principale della città, non riuscii a trattenere un " wohh " di ammirazione.
Quello che io ricordavo come un infinitesimale gruppetto di case chiamato villaggio, ora era un'enorme città, protetta da una spessa cinta muraria, alta più di trenta piedi. New Carvahall, occupava gran parte della valle Palancar. La sua struttura era simile a quella di Teirm: le case in prossimità delle mura, erano leggermente più basse, mentre quelle più vicine alla collina, dove torreggiava un castello degno di un re, erano più alte, per facilitare gli spostamenti degli arceri in caso di attaco. Il palazzo principale, era al centro della città, e, da una piazza attorno ad esso, avevano origine, quattro larghe strade, che portavano ad altrettante porte d'accesso. Lo stile architettonico, infinitamente più rozzo di quello elfico, era tipicamente umano, non era semplice, ma sfarzoso e imponente, solo Saphira poteva dire di non sentirsi piccolissima, dinnanzi alla grandezza dei monumenti e degli edifici. In qualche modo, mi riportava alla mente il tempo trascorso a Tronjheim. Proprio come nella città dei nani, due grifoni dorati, erano posti sopra mastodontici pilastri, che reggevano l'enorme acata della porta d'ingresso. Appena varcammo il portone, notai delle strane figure minute, avanzare vesso di noi erano incredibilmente simili ai... Nani!
Erano inconfondibili, con la loro folta barba raccolta in treccine, e la loro andatura saltellante.
- Arget-lam! Volete incontrare il conte Roran, suppongo.
Mi chiese uno dei due, io annuii, e, preceduti dai nani, ci incamminammo per la strada verso il castello.

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Mentre camminavamo, sentivo gli sguardi di tutti puntati addosso, ma, a differenza di quello che mi aspettavo, non erano ostili, ne diffidenti, bensì carichi di ammirazione e riconoscenza. Qualcuno, al mio passaggio, abbozzava una riverenza, che io, cortesemente, ricambiavo con un cenno del capo.
Eravamo quasi arrivati alla piazza principale, quando qualcuno urlò
- Oh, mocciosetto, ladro che non sei altro, se ti prendo ti dò una randellata in testa!
Un bambino sbucò da uno dei vicoli secondari, facendo ribaltare un carretto e rompendo un paio di porcellane, alle calcagna del ragazzino, un uomo, con un grembiule da cucina macchiato di sangue e un mattarello in mano.
Il poveretto, nella frenesia della corsa, mi venne addosso, facendomi perdere l'equilibrio, prima di cadere, inarcai la schiena, poggiando le mani a terra e facendo leva sulle braccia, sollevai le gambe e mi rimisi in piedi, la scena che  vidi, mi lasciò allibita: il bambino, era a terra, rannicchiato, sputava sangue mentre l'omone sopra di lui, lo percuoteva con il mattarello.
- Letta
Latrai infuriata. Tutto si fermò, il piccolo, spaventato, si rfugiò dietro di me, mentre tenevo stretta la presa dell'incantesimo su quel... Barbaro.
- Che é successo!
Esclamai indignata
- Quel fuori legge, si é intrufolato nella mia bottega e ha rubato la mia carne.
Spiegò l'uomo, con linguaggio un po' troppo colorito, cercando di divincolarsi. Con un gesto della mano, annullai l'incantesimo. Tirai fuori dalla tasca tre monete di rame dicendo secca
- Queste possono bastare, e ora veda di dileguarsi, che non si ripeta mai più!
Il macellaio mi lanciò uno sguardo velenoso, e, prese le monete, scomparve nella folla.
Mi abbassai all'altezza del bambino: era magrissimo, scheletrico, lo straccio che indossava, lo copriva appena. Aveva degli arruffatissimi capelli ramati, e una faccina spaventata.
- Come ti chiami?
Domandai, accarezzandogli una guancia
- Kémâl
Sussurrò impaurito
- Hai fame?
Anuì debolmente, mi diressi da una fruttivendola, appoggiai una moneta di rame sul bancone, e, senza dire una parola, presi un cesto di mele, che diedi in mano a Kémâl. Mentre il ragazzino divorava con avidità uno dei frutti, con l'aiuto di un incantesimo, ispezionai il suo corpo: tre fratture un'osso leggermente storto, graffi, abrasioni, soprattutto su mani e gambe, e, sul torace, lividi piaghe sanguinanti, dove il mattarello lo aveva colpito. Mi affrettai a guarire tutte le ferite, per alleviare il suo dolore, poi schioccai le dita, e una leggera tunica di pelle, prese il posto di quella sottospecie di vestito che aveva addosso. I suoi capelli si fecero lucidi, ordinati, e assunsero il profumo di muschio e pino selvatico, che a me tanto piaceva. 
Kémâl mi sorrise, un sorriso sincero, tipico dei bambini, nei suoi occhi azzurri si fece strada una nuova luce: gratitudine.
Mi inginocchiai difronte a lui
- Tieni
Dissi, porgendogli un sacchetto di monete
- Queste sono trenta corone, non spenderle in cose futili, io mi fido di te, e se qualcuno dovesse rubartele, non esitare a chiamarmi, nei prossimi tre giorni sarò al castello.
Feci indicando il palazzo sulla collina.
Il sorriso sul suo volto si fece ancora più largo. Ero consapevole del fatto che gli stavo offrendo una nuova vita, e mi sentivo bene per averlo fatto. Io ero ricca e lui povero, la mia era stata solamente fortuna, perchè sarei potuta essere io la bambina costretta a rubare per sopravvivere, che non sa se avrà mai un futuro.
- Grazie! Grazie davvero!
Mi disse il bambino, quasi commosso. Lo strinsi forte a me
- Non devi ringraziarmi. Dì a tua madre e alle tue sorelle che Arya dröttningu le saluta tantissimo.
Kémâl si ritrasse all'improvviso
- A... Arya dröttningu... Cioè la salvatrice del mondo conosciuto?
- Sì, ma per te solo Arya. 
Feci, baciandolo sulla fronte, lui mi abbracciò ancora una volta, poi corse via. Prima di scomparire dietro l'angolo, alzò un braccio in segno di saluto, io ricambiai allo stesso modo.

Senza dire una parola, mi avviai verso il castello, superando le guardie. Dopo qualche passo, mi girai. Eragon e i due nani mi guardavano atterriti, le loro mascelle quasi toccavano terra
- Beh, andiamo?
Li sollecitai.
Eragon mi si avvicinò alle spalle e mi chiese
- Ti piacciono eh?
- Che cosa?
- I bambini 
Rispose lui
Sorrisi appena
- Sì, sono così dolci e indifesi, mi fanno tenerezza
- É così anche con Ismira?
Chiese ancora

* flashback *

Ero seduta sul mio trono, la sala era deserta, anche gli uccelli si erano rifiutati di allietare, con il loro canto melodioso, le mie giornate, che da due anni a questa parte, erano diventate terribilmente noiose, ed io ero costretta a stare lì impalata, a fissare il vuoto, in attesa che un fulmine di proporzioni enormi venisse e ci distruggesse tutti, sputando in faccia all'impresa compiuta da Eragon. Sospirai: Eragon, in questi anni avevo pensato solo a lui, lo sognavo, a volte lo vedevo lì, davanti a me, oppure appoggiato alla parete. Stavo impazzendo, era la dura verità.
Dakkàr, il mio collaboratore in ambito manuale, non mi piaceva chiamarlo servo, aprì la mastodontica porta, e, a gran voce annunciò
- Roran Garrowsson, conte reggente di Carvahall, sua moglie Katrina e la figlia Ismira
Come se una gran folla dovesse ascoltarlo.
La bambina mi squadrò con occhi attenti, poi rivolse un sorriso al padre
- Papà, papà, é questa la zia Arya?
Chiese con voce innocente. Io sgranai gli occhi, Katrina mi guardò, a metà tra l'implorante e il colpevole, mentre Roran lanciò uno sguardo assassino alla piccola. Vidi fortemartello arrovellarsi, in cerca di una parola nell'antica lingua
- Dröttning
Iniziò con una pronuncia oscena
- Noi non volevamo...
Prosegui con un tono neutro, come se non mi conoscesse
- Fa niente
Lo interruppi
- Sono bambini

* fine flashback *

- Sì, in un certo senso sì. Conobbi Ismira un anno fà. Era così spontanea, sincera, impulsiva, mi ricordava te. Poi il fatto che mi considerasse sua zia, rispecchiava il futuro che avrei voluto avere, insieme alla persona che amo di più. 
Dissi baciandolo sulla guancia e prendendogli la mano. Lui strinse forte la mia.

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Camminavo, mano nella mano con Arya, sotto gli sguardi di tutti, nani e umani. 
Ma perchè ci sono così tanti nani? Pensai, non poteva essere un caso, doveva per forza esserci una spiegazione. Saphira irruppe nella mia mente.
- Piccolo, che ne dici di porre questa domanda a Roran, anzichè arrovellarti su cose che non puoi capire? In fin dei conti, tra poco vi vedrete.
- Hai ragione, ma odio essere all'oscuro di qualcosa.
- Oh, ma andiamo! Siamo stati isolati nelle terre oltre confine per quanti... Tre anni? Mi pare ovvio che ti sia perso alcuni degli avvenimenti accaduti.
- Come credi.
Troncai bruscamente. 
Immerso nei miei pensieri, non mi accorsi, che oramai eravamo già entrati nel castello. 
Era esattamente come io e Roran l'avevamo proggettato. Com'era bello passare le poche ore libere, o i pomeriggi invernali, a disegnare bozzette del palazzo, fantasticare sul luogo della sua costruzione, alla fine stabilimmo che sarebbe stato su questa collina.
Il ricordo, mi procurò una fitta di nostalgia, che riuscii a reprimere a stento.
Percorremmo un ampio corridoio, adornato con quadri raffiguranti la famiglia di Roran. Posai lo sguardo su quello di Garrow, avevo ancora la sensazione che fosse lì con me.
Il corridoio si aprì in un'ampia sala poligonale, con un altissimo soffitto. Al centro della stanza, c'era una statua che rappresentava... Me?? Sì, quello della statua ero proprio io, ma più muscoloso, più alto e minaccioso. Guardai Arya, si stava trattenendo dal mettersi a ridere
- Eragon Bromsson, cavaliere di Saphira e uccisore del re nero.
Disse leggendo un'epigrafe posta sul piedistallo e sogghignando.
- Non credevo che Roran avesse una tale stima di te.
Aggiunse poi. 
- Oh, Gûntera, ma che centro io, chissà perchè, ma sono sicuro che me lo rinfaccerà per secoli
Feci, esapsperato, a Saphira.
Dai recessi della mente della dragonessa, provenne un mugolio gutturale: una risata.
Anche tu no, dai Saphira!
Pensai, quando avevo ormai chiuso la mente.

Superata la sala della statua, ci incamminammo in un altro corridoio, che terminava con una grande porta, adorna di intagli. Posti
a guardia dell'entrata della sala del trono, due uomini, anzi, uno e mezzo: un nano e un umano.
I due aprirono la porta appena videro i compagni, e annunciarono
- Arya dröttningu e Eragon ammazzaspettri
Roran ci corse incontro e mi abbracciò
- Hei fratellino! É da tanto che non ci si vede.
- Roran, volevo porgerti una domanda, anzi, due.
Dissi, cercando di scollarmelo di dosso, lui mi guardò con una strana espressione.
- Hem, veramente, esattamente ora, devo andare ad un pranzo di scusa.
- Un che?
Chiesi
- Un pranzo di scusa, Bridget é arrabbiatissima...
- Pechè?
Lo interruppi
- Oh, nulla, poi ti spiego, comunque se venite anche tu ed Arya le farà piacere.

 
Durante il pranzo, mangiammo tantissimo, naturalmente, io ed Arya rifiutammo tutti i piatti di carne, con somma disapprovazione di Elain, che ci vedeva denutriti,  deperiti e magri come una striscia di carne secca. Soprattutto la mia comapagna. Sosteneva impossibile vivere in assenza di carne per più di un secolo, tantomeno credeva che Arya avesse centosei anni.
- Allora Eragon, cosa sei venuto a dirmi di così importante, vuoi che andiamo in una stanza privata?
Chiese Roran, nella sala calò il silenzio.
- No, no, non ti preoccupare, anzi, siete tenuti tutti a sentirtmi
Dissi rivolto ai presenti, tutti gli sguardi si fecero più attenti, mi alzai in piedi.
- Io e Arya, ci sposeremo tra un mese ad Ellesmera, vorremmo che foste tutti presenti, e a te, Roran, chiedo di farci l'onore di sposarci.
Mio cugino mi abbracciò calorosamente
- Certamente fratello, sei tu che stai facendo un onore a me.

Quando finimmo di mangiare, Roran e Katrina ci accompagnarono a fare un giro del castello, era molto più grande e articolato di quel che si poteva vedere da fuori.
- Il cambiamento di Carvahall mi ha alquanto stupito, mi é impossibile pensare che pochi anni fa, era un villaggio, poi sono rimasto allibito dalla presenza di tanti nani.
Feci, mentre camminavamo nei giardini
- Vedi, devi sapere che New Carvahall é una specie di prototipo, una delle tante città che, da quando te ne sei andato, ha scelto di convivere con un'altra razza, in pratica é un avamposti nanico.
- É davvero una bella idea
Dissi a Saphira, poi avvicinandomi all'orecchi di mio cugino sussurrai
- Perchè una statua??
Roran si mise a ridere fragorosamente
- Beh, mi sembrava giusto ricordare il grande cavaliere nato in questa città, poi, ne abbiamo anche una di Arya.
La mia princpessina si bloccò di colpo
- C...come scusa?
Vendetta, pura vendetta 
Pensai.

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Ma dai, una mia statua??
Pensai
- Se vuoi la possiamo vedere
Mi disse Fortemartello
- Mi farebbe piacere
Acconsentii, abbozzando un sorriso.
Da dietro Eragon se la rideva.

Quando arrivammo nella radura della statua, mi dovetti ricredere, era uguale a me, sembrava che avessi posato per quell'opera. La mia persona in pietra, era imponente, nel complesso era nettamente migliore di quella di cucciolo... Ehem, Eragon. Mi girai verso di lui e sorrisi sorniona. 
- É stupenda 
Dissi diretta ad Eragon
- Non si può migliorare la perfezione
Si giustificò lui
- Adulatore
Tutti ci mettemmo a ridere, compresi i nostri draghi.

I tre giorni a New Carvahall passarono molto velocemente, quando finalmente ripartimmo, portammo con noi anche Roran, Katrina e Ismira.



* Fanghûr: creature alate dal carattere bellicoso, simili ai draghi. Vivono nella Du Weldenvarden.


Angolo dell'autrice
Sì lo sò, sono ampiamente in ritardo, come giustificazione, ho solo il fatto che questo capitolo é il re dei capitoli statici. Sò anche che si poteva evitare e che non serve a nulla, però volevo scriverlo. Passiamo alla narrazione: vi piace di più in prima o in terza persona?
( vi prego rispondete ) 
Sul capitolo non ho più nulla da dire, anche perchè non c'é nulla da spiegare.
Ps: ringrazio Annika21 per il suggerimento dei nani ( anche se lo ho reinterpretato )
Se onr sveddar stija hvass

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Capitolo 18
*** Breoal ***


Breoal*
Passeggiavano, mano nella mano, per gli stupendi giardini del palazzo di Tìaldari, ogni tanto, si fermavano a contemplare quei fiori, che si ostinavano a crescere prima del tempo, incoraggiati dalla magia elfica, che permeava ogni cosa, lì ad Ellesméra. 
Islanzadi si parò difronte alla coppia
- Eragon, te la rubo solo per un secondo
Disse, facendo intendere al cavaliere che, in poche parole... Beh, insomma, doveva dileguarsi.
L'ammazzaspettri, annuì, e si diresse verso suo appartamento.
- Tesoro mio, sei sicura?
Domandò la regina, quando fu certa di essere sola
- Di cosa
Fece Arya, guardando la madre in modo interrogativo
- Per domani
Si spiegò lei
- Ma che domande fai, certamente. Non é che mi stai diventando la suocera per eccellenza?
Rispose l'elfa
- No, no, é che l'ultima volta...
- Ti prego, non ricordarmelo
La zittì Arya
- Comunque, se ti dovesse capitare qualcosa di spiacevole a causa di Eragon, sappi che se la vedrà con me, gli invierò un monito appena ne avrò il tempo.

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Pov. Eragon
Era buio, il mio corpo fluttuava in nel nero infinito, circondato da un curioso alone che rendeva tremolanti i miei lineamenti, confondendo l'immagine.
Sentii un rumore, come di dita schioccate, poi Islanzadi comparve davanti a me, facendomi prendere un accidente. Senza pensarci due volte, la regina, sguainò una spada, molto simile a Trillamorte*, e me la puntò contro, premendola sempre di più sulla mia gola, finchè un rivoletto di sangue cremisi, non mi scese copioso sul collo, andando ad imbrattare la tunica elfica che indossavo.
- Se osi torcere anche un solo capello a mia figlia, possa crollare palazzo Tialdari, giuro che passerai dei brutti momenti, Eragon figlio di Brom.
Lo minacciò l'elfa, per poi svanire, velocemente, così come era apparsa.

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Pov. Arya
Non riuscivo a dormire, il mio tesoruccio mi teneva stretta tra le sue braccia, riscaldandomi col calore del suo corpo, ma non riuscivo proprio a prendere sonno, ero troppo eccitata all'idea che il giorno seguente, avrei sposato l'uomo della mia vita. 
Qualcunò urlò, mi alzai in piedi di scatto, sguainando il pugnale che tenevo sempre sotto il cuscino, mi guardai intorno, facendo appello alla mia formifabile vista notturna: nessuno.
Mi girai verso Eragon, e lo vidi ansimante, con la fronte imperlata di goccioline di sudore, che rilucevano come rugiada al mattino, illuminate da un pallido raggio lunare.
Mi avvicinai a lui
- Eragon, che é successo?
Chiesi, accarezzandogli una guancia e spostandogli una ciocca di capelli appiccicata alla fronte, come fosse stato un bambino
- T... Tua madre é inquietante
Biascicò, ancora stordito. 
A stento riuscii a trattenermi dal ridere, l'aveva fatto sul serio, poi in piena notte! Decisi che il giorno seguente glie ne avrei dette quattro.

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Arya ormai era in quella stanza da più di un'ora
- Uuff, Saphira, quanto ci vorrà mai per indossare un abito ed acconciare i capelli? Voi donne siete proprio complicate!
Sbottò il cavaliere, che intanto continuava a camminare avanti e indietro per la stanza, se avesse continuato così, avrebbe potuto tracciare dei solchi sul pavimento.
- Pensa a te piuttosto! 
Si difese la dragonessa
- Hai i pantaloni al contrario
Aggiunse con una nota divertita nella voce, che spezzava il solito tono profondo e antico.
Murtagh, appoggiato alla parete, rideva di gusto
- Se fossi nella mia situazione non rideresti
Lo rimproverò Eragon. Roran si avvicino a lui e gli mise una mano sulla spalla
- Credimi, non sai quanto ti capisco
Mormorò, ricordando il giorno del suo matrimonio.

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Si stava annoiando terribilmente, era in quella stanza da quella che le pareva un'infinità, e non aveva combinato praticamente nulla, indossava solamente la sottoveste, ed era costretta a stare in una posizione innaturale, con i muscoli contratti, mentre la madre le raccoglieva i capelli in tante trecce e Katrina tentava di prenderle le misure del girovita, per vedere se bisognava apportare qualche modifica all'abito. 
Dopo una buona mezz'ora, passata a trafficare con fiocchi, merletti stoffe e fermagli, finalmente glie lo fecero provare. Si ammirò allo specchio
- É bellissimo
Sussurrò, era la prima volta che si sentiva bella e a suo agio ( sottolineiamo quest'ultima parte ), con un vestito da donna, aveva sempre indossato i pantaloni, anche alla corte di sua madre, era più probabile vedere Orik rasato e tirato a lucido che vedere Arya indossare un qualsiasi tipo di gonna. 
Aveva sempre detestato corsetti, spille, bustini e tutto il resto, lei, che era abituata alle semplici tuniche nere, li trovava pacchiani e senza utilità.

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Pov Eragon
Ero lì, impalato, davanti a Roran, che tentava in tutti i modi di rassicurarmi, Katrina mi lanciava eloquenti occhiate di incoraggiamento, mentre Islanzadi pareva mi volesse uccidere.
Tutti i presenti mi guardavano, alcuni, colmi di ammirazione, altri, con un'aria di sufficienza, soprattutto i trecento " invitati dell'ultimo momento ", che, secondo quello che mi aveva detto Arya, erano suoi zii, pro zii, trisavoli, bis nonni e cugini di secondo e terzo grado, che forse nemmeno lei aveva mai visto.
Meno male che doveva essere una cerimonia tra pochi intimi
Pensai, le mani iniziarono a sudare, odiavo quella sensazione di umido.
- Non essere nervoso piccolo mio
Mi disse Saphira, nel disperato tentativo di rassicurarmi
- Tutti questi elfi mi mettono ansia.
All'improvviso, i presenti si girarono nella direzione opposta, anche io mi voltai, e la vidi, bellissima, stupenda, altera, eterea, bellissima... Ho già detto bellissima?
Sembrava quasi un'apparizione, una dea: indossava un abito rigorosamente bianco, che metteva in risalto le sue forme, il vestito, aveva un lungo strascico, retto alle estremità da Ismira e kémâl, i due paggi, i lunghi capelli corvini, erano raccolti in tante trecce, arrotolate su se stesse, e fermate dietro la nuca, un sorriso a trentadue denti le illuminava il volto, al collo, portava il goiello che le avevo regalato, non l'aveva mai tolto. Mi ricordava un'orchidea nel pieno della sua fioritura, era splendida; al suo fianco, Murtagh le teneva la mano. Quando mio fratello raggiunse il palchetto allestito avanti all'albero di Menoa - per l'occasione, agghindato con gigli bianchi - me la porse, facendomi l'occhiolino, io ricambiai, così la cerimonia ebbe inizio, non mi pareva vero, avrei sposato la donna più bella del mondo, nel posto più suggestivo di Alagaësia.

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La regina degli elfi ed Horst si partirono dal corteo, per posizionarsi uno, tre passi dietro Eragon, e l'altra alla stessa distanza dietro Arya.
- Ben venuti a tutti voi. Siamo qui riuniti oggi, per celebrare l'unione tra la famiglie di Eragon Bromsson e di Arya Islanzadisdaughter. Godono entrambi di ottima reputazione; se così non fosse, tuttavia, o se esistesse qualsiasi altro motivo per cui non devono diventare marito e moglie, esprimete le vostre obiezioni davanti a questi testimoni.
Appena Roran tacque, i pretendenti di Arya, alzarono tutti le mani, Eragon quasi inorridì, anche gli elfi ora si sprecavano in simili stupidaggini.
Fortemartello, che era stato precedentemente avvisato, disse in tono di rimprovero
- Che siano validi, coerenti e ben argomentati
Un mormorio di disapprovazione si levò dalla folla, praticamente tutti i presenti abbassarono il braccio.
- Chi parla a nome di Eragon Bromsson?
Chiese, Horst fece un passo avanti, e con voce calda, recitò
- Eragon non ha più un padre ne uno zio, dunque sarò io, Horst Ostrecsson, a parlare per lui, come se fosse sangue del mio sangue.
- E chi parla a nome di Arya Islanzadisdaughter?
Islanzadi fece un passo avanti
- Sarò io, Islanzadi Irisdaughter, a parlare per lei
Intonò con voce melodiosa
- Mi sembra giusto e appropriato, che cosa porta Eragon Bromsson in questo matrimonio, così che lui e la moglie possano prosperare?
Domandò allora Roran
- Porta la sua spada, la sua eredità da cavaliere, e una promessa vincolante per la quale proteggerà la sua consorte da ogni pericolo, e allevierà ogni suo dolore come meglio potrà.
Rispose il fabbro
- Accetti questa offerta, Islanzadi Irisdaughter?
Fece Fortemartello, rivolgendosi all'elfa, lei annuì
- E cosa porta Arya Islanzadisdaughter in questo matrimonio, così che lei e il marito possano prosperare?
- Porta l'amore profondo che nutre nei confronti di Eragon Bromsson, la sua eredità in quanto cavaliere dei draghi, e una dote.
Disse la regina
- Accetti questa offerta, Horst Ostrecsson?
- Sì.
- E così, secondo le leggi della nostra terra, le vostre famiglie diventeranno una sola.
Poi, l'uomo, si rivolse, per la prima volta, direttamente ad Arya e Eragon
- Coloro che parlano per voi si sono accordati sui termini del vostro matrimonio. Eragon, sei soddisfatto del modo in cui Horst Ostreccsson ha condotto i negoziati a tuo nome?
- Sì
- E tu, Arya, sei sofdisfatta del modo in cui Islanzadi Irisdaughter ha condotto i negoziati a tuo nome?
- Sì
- Eragon, figlio di Brom, giuri di amare Arya Islanzadisdaughter e di provvedere a lei finchè avrete vita?
Eragon giurò
- Arya, figlia di Islanzadi, giuri di amare Eragon Bromsson e provvedere a lui finchè avrete vita?
Anche Arya giurò.
Sorridendo, Roran tirò fuori dalla tasca un nastro bianco con delle rune dorate ricamate sopra
- Unite i polsi
Declamò
Arya ed Eragon tesero rispettivamente il braccio sinistro e destro, Fortemartello posò il nastro sui polsi, li avvolse nella banda di seta per tre volte, e poi ne legò le estremità con un fiocco, si schiarì la voce e sentenziò commosso
- Io, Roran Fortemartello, vi dichiaro marito e moglie.
Malgrado i pretendenti fossero riluttanti a perdere una tale bellezza, qual era la principessa degli elfi, esplosero in acclamazioni, che si fecero ancor più sonore, quando gli sposi si avvicinarono per baciarsi.


É inutile dire che, la mattina dopo, a colazione, Murtagh era prodigo di battutine e frecciatine sconce su come avevano passato la notte i due, fin quando Arya, esasperata, lo zittì con un incantesimo, e il poveretto dovette restare muto finchè i bollenti spiriti dell'elfa non si furono placati, vale a dire mezza giornata.

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*due settimane dopo*
Pov. Arya
Appena mi svegliai, un raggio di sole mi colpì il viso, accarezzandomi con il suo tepore, mi guardai intorno: Fìrnen era acciambellato sull'apposita pedana, per il resto, la stanza era deserta.
Per lunghi minuti, ammirai i giochi di luce che si creavano sulle sue squame, lucenti come tanti smeraldi, proiettando tanti puntini verdi sulle pareti.
Quel giorno ero raggiante, era forse il giorno più bello della mia vita. 
Mi diressi verso il bagno, mi lavai e indossai una tunica verde, con dei ricami dorati sui fianchi. Quando rientrai in camera, il mio drago mi scrutò attentamente, con i suoi enormi occhi, così espressivi e penetranti, che in quel momento, gli conferivano un'espressione giocosa e distesa
- Sono contentissimo per te
Mi disse
- Guarda, non me lo dire. É la cosa migliore che mi sarebbe potuta capitare!
Esclamai, poi riflettendo gli chiesi
- Oggi, non é un giorno speciale?
Fìrnen annuì deciso
- Buon compleanno cucciola
- Anche a te
Risposi.
Eh sì, tra le tante cose che condividevamo, avevamo in comune anche il giorno di nascita, si può dire che Fìrnen era stato un regalo di compleanno, il più bel regalo che abbia mai ricevuto.
Agguantai una delle tante pergamene  su uno scaffale, e seguita dal mio drago, mi incamminai verso i giardini del palazzo, mi misi seduta all'ombra di un pino e aprii il rotolo: era il poema scritto da Eragon per lo scorso Argaëti Blodhren. Il titolo era scritto a caratteri cubitali, con tanti arzigogolati disegni attorno; iniziai a leggere gli eleganti glifi nella mia lingua.

Nel regno lambito dal mare, 
Sui monti screziati di blu,
D'inverno nacque un uomo, 
Con un unico scopo e nulla di più:

Uccidere il nemico nella terra di Durza, la dimora delle ombre.

Sotto querce antiche come il tempo,
Allevato con amore e saggezza,
Correva coi cervi e con gli orsi,
E dagli anziani imparò la fermezza

Per uccidere il nemico nella terra di Durza,
La dimora delle ombre.

Gli anni passarono veloci come un lampo,
Finchè l'uomo non raggiunse l'età,
In cui la febbre nel corpo divampa
E nelle vene ribolle voluttà.

Incontrò una leggiadra fanciulla,
Che era forte e saggia e virtuosa,
Circonfusa dalla luce di Gëda,
Che splendeva sulla fronte radiosa.

Nel suo sguardo intenso e arcano,
Nei suoi occhi come la notte scuri,
Lui intavvide un futuro splendente
Dove sarebbero stati sicuri,

Di non temere il ne...

Non feci in tempo a finire di leggere il verso, che mio marito sbucò da dietro l'albero, togliendomi la pergamena dalle mani
- Hai intenzione di leggere per tutto il giorno
Mi disse, prima di mettersi a correre verso il roseto
- Se sapessi cosa stai sgualcendo, non saresti così felice
Gli urlai di rimando, prima di partire al suo inseguimento.

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Pov. Eragon
Correvo. Non sapevo nemmeno perchè le avevo tolto quella pergamena di mano, forse perchè oggi era il suo compleanno, diamine, le stavo facendo un favore! Non mi si doveva deprimere proprio oggi!
Continuando a correre mi girai, e la vidi ansimante e piegata in due per lo sforzo, tentai di fermarmi, ma non ci riuscii, ero troppo veloce, quindi non potei fare altro che andare a sbattere sul tronco di un albero. Quando mi fui ripreso dalla botta, mi precipitai al suo fianco, le poggiai una mano sulla spalla, e le chiesi in tono apprensivo
- Stai bene, cos'hai?
Arya mi guardò, sorrideva, perchè sorridere, non c'era motivo per essere così felice. Raddrizzò la schiena 
- Io stò più che bene, tu, insomma, noi, ecco io... Sono incinta
La presi in braccio, ignorando le sue proteste, sarei diventato padre, sarei diventato padre!
Ululai di gioia, urlando la mia felicità ai quattro venti, mentre lei ed i due draghi, mi rimproveravano all'unisono.
Ma non mi importava più niente, sarei diventato padre.
                     
                            • • •  

* Breoal: famiglia

* Trillamorte: spada dalla lama sottilissima, tanto affilata da poter tagliare la pietra come se fosse burro, usata da Angela, a Dras-leona, nei sotterranei della cattedrale.

Angolo dell'autrice
Inutile dire che sono in ritardo, anche per i miei standard, spero che almeno i contenuti siano valsi l'attesa, infatti in questo capitolo succedono un sacco di cose. Spero vi piaccia!

Ps: vi prego, perdonatemi per il cognome di Arya, che é a dir poco osceno

Se onr sveddar stija hvass

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Capitolo 19
*** Glaedr ***


Glaedr
Pov. Kémâl
Non era possibile! E soprattutto, non era giusto, mia madre non voleva che io mi recassi in piazza a toccare l'uovo. Appunto, oggi, il cavaliere Murtagh, con i suoi allievi, avrebbe portato qui, a New Carvahall un'uovo di drago, ed io ero costretto a starmene chiuso in casa, se così si può chiamare il tugurio dove abitavamo, nonostante l'aiuto economico da parte di Arya, mia madre si rifiutava di usare quei soldi, perchè credeva che  i cavalieri dei draghi, fossero degli spocchiosi elfi sò tutto io che ti guardano dall'alto in basso.
Il fatto che mi avesse rinchiuso, mi bruciava dentro, nel profondo, ogni volta che succedeva qualcosa in città, che non approvava, mia madre si comportava in questo modo. Ma glie l'avrei fatta vedere io, non che mi interessasse diventare cavaliere, isomma, non mi importava nulla di cavalcare un enorme lucertolone alato, o diventare il paladino della giustizia, però, fosse stata l'ultima cosa avrei fatto, sarei uscito dalla catapecchia, e avrrei toccato quell'uovo, per pura ripicca.
Le grida di ammirazione provenienti da fuori, mi avvertitono del passaggio dei tre draghi, come avrei voluto vederli, erano bestie magnifiche, ero rimasto incantato quando avevo visto For... Fer... Beh, come si chiama! Quello verde.
Mi arrovellai in cerca di un modo per evadere: la porta della mia camera era chiusa a chiave - ironia della sorte era l'unica porta che non cadeva a pezzi e con una serratura funzionante - quindi uscire da lì non era possibile, anche perchè, se mai fossi riuscito a varcare la soglia e affacciarmi in corridoio, sarei stato fermato dalle mie sorelle/pittbull, ingaggiate da Galba... Mamma per sorvegliarmi; scappare dalla finestra? Naa, non ero tanto folle da suicidarmi, buttandomi dal primo piano. 
Mmm, finestra.
Feci guizzare lo sguardo per tutta la stanza, finchè non le vidi, le tende, certo luride, maleodoranti, ingiallite, ma pur sempre tende, e tende, voleva dire tessuto, e tessuto pteva voler dire... Corda!
Come avevo fatto a non pensarci prima? Mi sarei calato, non buttato giù dalla finestra. 
Presi uno sgabello e mi issai sopra di esso, mi misi in punta di piedi, finchè non arrivai a toccare gli anelli che tenevano la stoffa attaccata alla barra di metallo. I minuti che seguirono, li passai a sfilacciare, strappare e scucire. Con soddisfazione vidi l'immenso ( e lercio ) tessuto, svolazzare e afflosciarsi al suolo, ripetei l'operazione anche per l'altra tenda.
Dopo dieci minuti buoni, ammirai il risultato: una lunghissima treccia.
L'egai un estremità della corda al letto, e buttai fuori  l'altro capo. 
Accovacciatomi sul davanzale, mi aggrappai con tutte le forze alla treccia, e mi lasciai cadere, solo un nanosecondo dopo, compresi la stupidità del mio piano. Mi trattenni dall'urlare di paura, solo perchè, se fossi stato scoperto, oltre alla clamorosa botta sul didietro che avrei preso, mia madre, avrebbe aggiunto il resto.
Fortunatamente, non successe nulla del genere, ed atterai quasi morbidamente, ma appena poggiai un piede a terra, sentii un cigolio, la porta si stava aprendo. Mi feci piccolo piccolo, appiattendomi conto il muro, quando comparve la figura di mamma.
Tirai un sospiro di sollievo, quando rientrò in casa. Si era limitata a svuotare un catino pieno di... Acqua, sperai vivamente fosse acqua, e ritornare da dove era venuta.

Osservai la strada, era deserta, non si udiva neanche il ronzio di una mosca, tutti erano in piazza per l'uovo. Mi misi a correre, più veloce che potevo, non correvo così, neanche quando mi inseguiva il macellaio.
Imboccai il vicolo sulla destra, per poi prendere una delle tante traverse e sbucare in una delle quattro strade maestre che portavano dritte alla piazza principale. In pochi minuti, arrivai a destinazione, nessuno conosceva la città quanto me.
Quando vidi la fila, quasi sbiancai, era lunghissima, ci sarebbero volute ore, ma non sarei tornato a casa senza aver toccato quello stramaledettissimo uovo, non potevo fermarmi dopo tutto quel che avevo patito per uscire, compresa.... L'acqua che imbrattava le suole dei miei stivali.

Man mano che la fila progrediva, e la folla diminuiva, mi facevo sempre più irrequieto, sentivo una strana sensazione, come se qualcosa mi stesse chiamando, come se quel qualcosa mi attirasse nella sua direzione, era un richiamo così fraterno, così familiare, era quasi irresistibile.
All'improvviso, sentii un tonfo provenire da davanti a me, qualcunò imprecò sonoramente, con una voce melodiosa e cristallina, che non sembrava contemplare nemmeno, l'idea di dire oscene parole, quali erano quelle uscite dalla bocca di uno dei cavalieri, probabilmente. Udii dei sospiri di sorpresa, poi, le persone difronte a me, presero a scansarsi, consentendomi di allargare la visuale; qualcosa di duro urtò contro la punta del mio stivale. Abbassai la testa, e vidi un curioso oggetto di forma ellittica. L'uovo era giallo oro, con striature arancio, che creavano intricati disegni, capaci di farmi incrociare gli occhi.
Vidi tre elfi avanzare verso di me, così raccolsi l'uovo per porgerlo ad una di loro, dai capelli rossi e gli occhi azzuri, ma, appena lo toccai, mi fermai come uno scemo a contemplarlo: la sua superfice lucente, era liscia, e piacevolmente calda. Iniziai a carezzarlo, con mano tremante, poi udii un mugolio, come se mi stesse chiamando, la sesazione di prima, era più forte che mai. Dalla pietra, provennero altri due squittii, poi iniziò a squotersi, la lasciai cadere impaurito.
Comparve una crepa, poi un'altra ed un'altra ancora, un frammento sussultò, e cadde a terra, osservai estasiato una piccola testa squamosa comparire dal buco, prima che l'intero guscio si rompesse, in un'esplosione di schegge. 
Davanti a me c'era un drago, il mio drago, era bellissimo: le squame erano lucenti e lucide come oro fuso, la sottile membrana delle ali, aveva un colore più scuro, come il rame, una fila di affilate punte bianchissime, la cui grandezza diminuiva man mano che proseguivano verso la coda, spuntava sul dorso del cucciolo, ma gli occhi, furono la cosa che mi colpì di più, erano diversi tra loro. Uno era dorato, come le scaglie, mentre l'altro era di un colore a metà tra il bronzo l'arancione.
Istintivamente, tesi il braccio, con la mano aperta, pronta ad accogliere la creaturina, il draghetto, non se lo fece ripetere due volte, e mi venne incontro.
Appena la sua pelle coriacea strusciò contro la mia, una scarica elettrica mi percosse il braccio, miriadi di puntini rossi presero a danzare nella mia visuale, fino ad offuscarmela completamente. Mi accasciai a terra, stordito, mentre il marchio dei cavalieri, si imprimeva sul mio palmo, l'ultima cosa che vidi furono due piccoli occhietti che mi fissavano, carichi di apprendione, poi persi definitivamente i sensi.

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- Eragon e Arya devono essere qui prima che si svegli
Fece Fortemartello al cavaliere rosso
- Per me non c'è problema, tanto dormirà per uno o due giorni, se vuoi li avviso adesso con uno specchio
Chiese allora Lui
- Benissimo, ci parlo io, tu pensa a rintracciare la famiglia del ragazzo.
Detto ciò, Roran si posizionò davanti allo specchio magico, e attese che Murtagh finisse di pronunciare la formula. La superficie riflettente si increspò, come fosse stata acqua, poi l'immagine di Arya apparve nitida
- Roran, lasciami indovinare, sono notizie inerenti all'uovo, non é vero?
Domandò l'elfa
- Esattamente, tu ed Eragon dovrete essere qui al più presto, risveglio del ragazzo, dovete essere presenti, sempre che il tuo...stato, ti permetta di partire
- Oh, non dire sciocchezze, partiremo sedutastante, non avrai neanche il tempo di dire " shur'tugal ", che saremo arrivati.
Disse allora lei, chiudendo il contatto.

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* due giorni dopo * 
Pov. Kémâl
Quando aprii gli occhi, vidi delle sfuocate immagini muoversi attorno a me. Portai la mano destra alla fronte, nel tentativo di ravvivarmi i capelli, ma bloccai il braccio a mezz'aria, quando intravvidi la mia palma, un ovale argentato vi era impresso sopra. Lentamente, i ricordi presero a riordinarsi: le tende, la fuga, l'ACQUA sugli stivali, la piazza,..... Il drago. Girai la testa di lato, e lo vidi crogiolarsi al sole, acciambellato a tre iarde dalla brandina dove ero disteso. Posò il suo occhio più scuro sul mio volto, e arricciò il labbro superiore in quello che doveva essere un sorriso. In quello stesso istante, sentii un muro abbattersi nella mia mente, permettendo alla mia coscenza di aprirsi al mondo, mi sentii una nullità, in confronto all'immensità dell'intero universo, mi sentivo perso. Il draghetto, entrò nella mia mente
- Kémâl
Mormorò, con un tono di voce tanto infantile, quanto antico e profondo
- Sì? 
Dissi io ad alta voce, suscitando l'ilarità delle persone attorno a me
- Kémâl!
Esclamò allora il cucciolo, sprizzando felicità da tutti i pori, e saltandomi addosso. Capii che non mi avrebbe detto altro che quello per tutto il giorno, così sorrisi e presi a grattarlo sul collo, in cambio ottenni un mugolio di piacere.

Quella che riconobbi come Arya, mi venne incontro
- Ben svegliato, cavaliere.
Disse, evidenziando l'ultima parola.
Mi porse la mano e mi aiutò a mettermi a sedere, dietro di lei c'erano Saphira, Castigo e Fer... For.... Oh, non ce l'avrei mai fatta a pronunciare quel nome.
Osservai, stranito, l'elfa mettersi a ridere, una risata così sincera e cristallina, armonica e melodiosa, tanto da poter essere scambiata per una canzone.
- Fìrnen
Mi corresse in fine
La guardai sgomento
- Come... Insomma io, tu... Quello...
Biascicai 
- Non ti crucciare Kémâl, lo imparerai nel tuo addestramento, sempre se accetterai di avere me ed Arya come maestri
Fece Eragon
- Sarebbe un onore, ma, se é lecito saperlo, perchè in due?
Chiesi. Il cavaliere blu avvolse la vita della compagna con un braccio.
- Diciamo che per gran parte del tuo apprendistato, Arya non potrà seguirti adeguatamente, perciò, le darò una mano
Ora sì che é tutto cristallino
Pensai sarcastico
- Allora, gli hai già dato un nome?
Domandò la mia maestra, io scossi la testa
- Mmm, vediamo, ci sono Jura, Hírador e Fundor, che combatterono contro il serpente di mare, poi Fìrnen...
- Galzra, Briam, Ohen il Gagliardo, Saphira, Bid'daum, che fu il primo drago legato ad un cavaliere...
Proseguì Eragon
- Gretiem, Beroan e Roslarb. Questi che ti abbiamo citato sono i più famosi, che dici, possono andare?
Chiese ancora Arya, terminando la lista.
Molti di quei nomi mi intrigavano, soprattutto Bid'daum, ma non era quello giusto, così, scossi la testa per l'ennesima volta.
Vidi un'ombra di malinconia farsi strada sul volto dei miei maestri, i due si guardarono, poi posarono gli occhi sul mio drago
- Glaedr
Sospirarono all'unisono.
Vidi il cucciolo sobbalzare, e mugolare soddisfatto, Glaedr, sì, sarebbe stato quello il nome.
- Credo che abbiamo trovato il nome appropriato
Disse il conte Roran, nel tentativo di sdrammatizzare, Arya ed Eragon mi guardarono
- Benissimo, ora che abbiamo un nome, possiamo partire
Esclamò Eragon
- C... Come partire, e la mia famiglia? Come faranno loro?
Domandai. Pensando a mia madre, mi venne un dolore lancinante al fondoschiena, chissà quante pedate mi avrebbe dato!
- Non ti preoccupare, abbiamo già parlato con loro. Ti conviene prepararti Kémâl, come Eragon ti ha già detto, domani si parte alla volta della capitale degli elfi, per ora il tuo reale sederino é salvo.


Angolo dell'autrice
Postato subito!! Meriterei un premio. Comunque tornando al cappy....
É un capitolo che é apparentemente inutile, che invece sarà utilissimo in seguito.
Non vi anticipo nulla 
Se onr sveddar stija hvass

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Capitolo 20
*** Commiato ***


Commiato
Pov. Kémâl
Con Glaedr appollaiato sulla spalla, mi diressi verso casa, seguito a ruota da Arya ed Eragon, i due rimasero scioccati, nel vedere il tugurio dove abitavo, soprattutto la principessa degli elfi, che, quando passavamo vicino ai mendicanti, guariva qualche ferita, con somma disapprovazione del cavaliere blu, che continuava a dirle che non doveva stancarsi.
Quando arrivammo difronte alla porta della catapecchia, non feci neanche in tempo a bussare, che mia madre, schiumante di collera, tentò di gettarmisi addosso, fu necessario l'intervento di Alba e Danae - le mie sorelle - per fermarla.
- Quindi quelli, 
Urlò, evidenziando l'ultima parola
- Dicevano la verità
- M...madre, state calma, io...
Tentai di spiegare, ma lei prese ad urlare imprecazioni, che squarciarono la dolce calma, nelle vie deserte, illuminate dai rossastri riflessi dell alba.
Danae riuscì a zittire la mia adoratissima ( ma non troppo ) mammina, mi fece l'occhiolino, e, prima di scomparire dietro la pota, mi augurò buon viaggio. 
Arya mi poggiò una mano sulla spalla
- Non sai quanto ti capisco
Sussurrò, poi aggiunse
- Allora, su quale dei due draghi preferisci salire, per il tuo primo volo?
Li osservai entrambi, quegli animali erano stupendi: da un lato, Saphira, grande e possente, ma aggraziata e bellissima, mi persi nel blu cobalto dei suoi occhi, ed osservai rapito, le squame, rilucenti come una miriade di zaffiri, proiettare tanti puntini azzurri sui muri delle case; dall'altro Fìrnen. Anche se il suo corpo era nettamente più piccolo, era egualmente possente. Il suo sguardo mi colpì, più di ogni altro dettaglio, era profondo, sapeva di antico, ma era allo stesso tempo scherzoso, e conservava un po' della spensieratezza tipica dei bambini in tenera età. I suoi occhi, mi ricordavano il verde della Du Weldenvarden, che avevo visitato solo di sfuggita in occasione del matrimonio dei miei maestri. Anche se quello che avevo visto era ben poco, la visita alla foresta degli elfi, mi aveva segnato, ero stato partecipe della natura, che era l'incontrastata signora di tutto e di tutti.
Solo per questo, scelsi lui.

Arya mi aiutò a montare in sella, mentre lei si sedette poco più avanti, sulle durissime squame.
Quando Fìrnen si erse in tutta la sua statura, il terreno venne a mancare sotto i miei piedi, sentii la testa girare, ed una sensazione di nausea pervadermi, mi strinsi spasmodicamente alla vita di Arya; poi, il drago, senza preavviso, fece uno scatto fulmineo, balzando e compiendo un grande arco nel cielo, librandosi fin sopra i tetti delle costruzioni. 
Guardai in basso - tremendo errore - vidi la città rimpicciolirsi sempre di più, la nausea si fece più forte; ma presto quella sensazione mutò, cedendo il posto ad eccitazione e divertimento.
Era.... Stupendo, mi sentivo profondamente lusingato, per aver ricevuto quel privilegio.

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Glaedr era cresciuto molto, superava la mia spalla, si era rivelato un bravissimo volatore. Dal canto mio, stavo mettendo anima e corpo nello studio dell'antica lingua, mentre i miei maestri continuavano a propinarmi esercizi a dir poco stravaganti, del tipo riempire d'acqua dei secchi che sembravano più colabrodi, o anche spostare enormi macigni con mani e piedi legati.

I tre giorni trascorsi ad Ellesmera passarono quasi senza che me ne accorgessi, finchè, prima che le condizioni di Arya glilelo impedissero, arrivò il giorno della nostra partenza verso Isiwëya. 

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Pov. Arya
Ero di nuovo lì, in quella stramaledettissima radura, gli amarissimi ricordi continuavano ad assalire la mia mente, erano anni che non visitavo quel luogo: la tomba di mio padre.
Ero inquieta, continuavo a girarmi, i sensi all'erta, non volevo assolutamente che quel giorno si replicasse. Perchè lì, proprio dove stavo camminando, più di settant'anni prima, mio padre, una delle persone che ho amato di più in vita, moriva, colpito a tradimento da Galbatorix in persona.

* flashback *
Stavo giocherellando con degli steli d'erba, mentre mio padre, cercava disperatamente di farmi entrare in testa la " du Fyrn Skulblaka ".
- Hei fiorellino, non è che mi presteresti un po' di attenzione, così domani al compito non vai male un'altra volta.
Sbuffai infastidita, il compito, non ne capivo l'utilità
- Oh, e dai!
Mi disse papà, avvicinandosi pericolosamente, quello voleva dire solo una cosa: divertimento!
- E va bene, se non stai attenta, guerra di solletico!!
Risi spensierata
- No!
Urlai
Proprio sul più bello, arrivò quel tonto imbalsamato di Dakkar. Sorrise vedendo la scena, e, quando mio padre si accorse di lui, gli chiese
- Cosa c'é Dakkar-vodhr? Forse qualche problema?
- No kongür. Il cavaliere Galbatorix desidera vederla nella radura delle nebbie sospiranti, dice di volerle porgere i suoi saluti di persona, passava di qui prima di recarsi ad Edoc-sil.
Un improvviso senso di eccitazione mi pervase, così domandai
- Papà, papà, posso venire con te?
Assentì senza esitare.
Che bello!
Pensai
Non avevo mai visto un cavaliere dei draghi, li ammiravo profondamente per il lavoro che svolgevano, e poi c'erano i draghi, stupende creature alate, sembravano solo mere bestie da trasporto, ma dai testi antichi si evinceva il contrario.
Persa nei miei pensieri, quasi non mi accorsi di essere arrivata a destinazione: al centro della radura, un'uomo slanciato, calvo con un accattivante pizzetto nero, si ergeva in tutta la sua statura, dietro di lui un drago di medie dimensioni, bianco, con lucenti squame, occhi grigi e brillanti.
Non erano affatto come li avevo immaginati, sembravano minacciosi, cosi mi tenni a distanza.
Mio padre sorrise, e si voltò verso Galbatorix, questo si inchinò e recitò la  consueta forma di saluto.
Quando papà si girò per presentarmelo, vidi il cavaliere estrarre la spada dal fodero, in silenzio, senza neanche un fruscio, un minimo rumore, vidi quella lama, bianca e affilata, penetrare la carne. Gli occhi di mio padre si posarono su di me, scintillarono un'ultima vota, prima di diventare spenti, vitrei e vuoti, divenire solo l'ombra del rassicurante e ridente azzurro, di cui un tempo erano colorati.
- Scappa
Mi disse, un rantolo strozzato, prima di cadere a terra morto, in una pozza vermiglia.
Volevo fare come mi aveva detto, volevo fuggire, volevo rifugiarmi tra le braccia di mia mamma, ignorare il mondo, volevo piangere, ma non dovevo farlo, non gli avrei dato quella soddisfazione.
Galbatorix rise, una scintilla di follia illuminò le nere voragini senza fondo, quali erano i suoi occhi.
- Soffri, soffri come non hai mai fatto, annega nel torbido mare d'odio, lasciati cullare dai morbidi tentacoli della malvagità.
Fece, fissandomi. Tremai sotto il peso di quello sguardo, caddi in ginocchio.
- Ti ucciderò
Singhiozzai, appena un sussurro, che però quell'orrido mostro udì chiaramente
- Oooh, che paura!
Rise ancora, una risata di scherno
- Beh, in questo caso ci rivedremo piccola Arya.
Disse.
Una lacrima solleticò la mia guancia, mentre osservavo impotente il drago bianco prendere il volo, e mi stringevo al corpo di papà noncurante del liquido cremisi che imbrattava la mia tunica celeste.
In quel preciso istante mia madre arrivò nella radura
- Evandar che co....
Si bloccò vedendo la scena. 
Correndo, si posizionò vicino a me, e dopo avermi spinto via, iniziò a scuotere il corpo senza vita.
Non l'avevo mai vista così, non l'avevo mai vista piangere, non l'avevo mai vista sconvolta.
Mi avvicinai e tentai di abbracciarla, ma lei mi spinse di nuovo via
- Vattene, é tutta colpa tua!
Urlò.
Così me ne andai, lasciando il mio cuore lì per terra, sparso in migliaia di pezzetini, che mia mamma aveva appena calpestato.
Quel giorno, avevo perso tutta la mia famiglia.
* fine flashback * 

Poggiai una mano tremante sul tronco dell'enorme quercia. 
Intagliata nella corteccia, c'era una stupenda effige, realizzata da Oromis in persona, che raffigurava me, mio padre e mia madre. 
Feci scorrere le dita sulla liscia superficie, seguendo i contorni del viso di papà, sorrideva.
Sentii le coscienze di Eragon e Fìrnen sfiorare la mia, che era completamente sigillata. Non ero pronta a condividere quei ricordi, volevo stare un po' da sola, mettere ordine ai pensieri.
Mi concessi un'unica manifestazione delle mie emozioni: una lacrima.
Quando l'argentea perla di depositò sulle radici, vidi delle piccole foglioline spuntare dal nulla, per dare origine ad una pianta rampicante, che, lentamente, allungò il suo stelo, fino ad avvolgere l'intero albero in un caldo abbraccio.

Un alito di vento mi scompigliò i capelli, non era gelido, ma caldo, quasi animato, umano. 
Fui cullata dai dolci tentacoli dell'aria; una mente familiare entrò in contatto con me. 
Una voce eceggiò nella mia mente. Era antica come il tempo, profonda e arcana, proveniente dalle viscere della terra, dalle propaggini dell'intero universo, dentro di sè, racchiudeva una moltitudine di luci, come tante candele accese nel buio.
- Sono fiero di te, figlia mia
- Papà, sei davvero tu? 
Chiesi
- Addio, piccola mia
Mi disse, percepii una nota di tristezza nel suo tono.
- Addio
Mormorai, prima che la presenza svanisse.

Sentii Il braccio di Eragon avvolgermi la vita.
- Dovremmo andare, gli altri ci aspettano al margine della foresta per salutarci.
Mi disse
- Sì
Risposi solo, ero sconvolta.


Mezz'ora dopo eravamo già al margine sud-orientale della Du Weldenvarden.
Un vero e proprio corteo si era raggruppato per salutarci.
Appena scesi dal mio drago, mia madre, piangendo, mi gettò le braccia al collo; la strinsi forte a me.
- Mi mancherai
Disse tra i singhiozzi.
Sciolsi l'abbraccio, la guardai negli occhi e mi costrinsi a sorridere
- Ti voglio bene mamma
Era una frase banale, quasi infantile, ma per me significava molto; dopo la morte di papà non gliel'avevo più detto e non mi ero sentita totalmente libera di farlo, neanche quando ci siamo ricongiunte.
Mi abbracciò ancora.
- Anche io
Appena mi staccai da mia madre, Ismira mi saltò addosso, quasi facendomi perdere l'equilibrio
- Promettimi che ritornerai!
Disse, quasi urlando
- Io, non lo sò, ma ti prometto che, almeno una volta a settimana, ti contatterò su uno specchio magico.
Vel eïnradhin iet ai Shur'tugal*
La rimisi a terra, lei annuì decisa.

Quando Eragon ebbe finito di salutare Roran e Katrina, rimontai in sella a Firnen. Lo stesso fece Kémâl su Saphira, mentre sistemai Glaedr tra le gambe.
I muscoli del mio drago si contrassero per dare il giusto slancio, lo sentii battere freneticamente le ali, poi ci alzammo in volo, sempre più in alto, finchè i miei cari, divennero solo puntini indistinti.
Mi voltai un'ultima volta verso l'immensa distesa smeraldo. 
Quel paesaggiò mi avrebbe sempre rappresentata. La foresta era una vera e propria creatura, la vita pulsava nell'albero di Menoa, per donare energia ad ogni singola pianta.
- Addio
Mormorai, quasi come se l'intero oceano verde potesse sentirmi.
Poi mi girai, per iniziare il viaggio verso Komsos, nello scurissimo cielo notturno, con la bianca luna, ad illuminare il cammino con geldi raggi.

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Pov. Eragon
Il viaggio non durò molto, certo, ci mettemo più del dovuto a causa delle condizioni di Arya. Non doveva assolutamente stancarsi.
Appena poggiammo i piedi a terra, mi sorrise, ma sapevo che era un sorriso forzato, era malinconica triste, chiusa, da due ore non proferiva parola.
Come potevo biasimarla, anche io ero stato così; pregai che Blödhgarm avesse fatto quel che gli avevo chiesto. 
Quando arrivammo davanti alla porta di camera nostra, sussurrai a Murtagh
- Tutto pronto?
Lui annuì, prima di lasciarci da soli.

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Pov. Arya
Appena Eragon aprì la porta della stanza, sgranai gli occhi e feci cadere a terra lo zaino di pelle.
Era stupenda. Sorrisi: uguale alla mia.
Piante rampicanti si arrampicavano sui muri, e si congiungevano sul soffitto esagonale, dove formavano un lampadario, sorreggendo tre lanterne senza fiamma a foggia di galla. Un piccolo ruscello correva in mezzo al pavimento, per andare a finire in una piccola conca al lato del letto, di fianco a un catino; ed'un alberello/attaccapanni era piantato al lato dell'entrata.
- Eragon, é bellissima
Mormorai
- É tutto merito di Blödhgarm
rispose
- Elrun-ono  



*Vel eïnradhin iet ai Shur'tugal: la mia parola di cavaliere

Angolo dell'autrice
Eccoci qui, con il penultimo cap della storia ( perfavore, se ne avete, risparmiate le polemiche al prossimo cap ), comunque siamo quasi giunti all'epilogo.
Con questo credo di aver chiarito gran parte della storia di Arya.
Dato che non ho più nulla da dire in merito al capitolo, é meglio che mi dilegui.
Alla prossima!  
Se onr sveddar stija hvass^^


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Capitolo 21
*** Niernen ***


Niernen
Pov. Eragon
* Otto mesi dopo *
- Yunod, stai calma, qualsiasi cosa succeda, stai calma, e per qualunque cosa, chiamami, io sarò lì in corridoio, con tutti gli altri, non ti agitare...
Stavo dicendo
- Eragon, amore mio
Mi interruppe lei
- Sì?
Chiesi
- Dacci un taglio, sono calmissima, piuttosto pensa a te.
Fece acida, mentre una smorfia di dolore le deformava il volto.
Prese a respirare lentamente, la vidi irrigidirsi.
All'improvviso Islanzadi, che era venuta  da Ellesmera per l'occasione, mi prese le spalle e mi costrinse a girarmi, buttandomi fuori dalla stanza e chiudendo la porta con la magia.
Iniziai a camminare in circolo, perdendo il senso del tempo, mentre tutti mi guardavano straniti. 
Appena Arategh mi convinse a sedermi, la porta si aprì, e ne uscì una guaritrice, che mi guardò divertita, prima di scomparire all'angolo del corridoio, per poi ritornare con una bacinella ed un asciugamano, che diede in mano a Murtagh, la donna confabulò per qualche secondo con mio fratello, poi rientrò nella stanza.
- Che ti ha detto, riferisci!
Esclamai preoccupato, lui si schiarì la voce
- Testuali parole: se il padre dovesse svenire, imbevete l'asciugamano nell'acqua fredda e posatelo sulla sua fronte, ordini della signora Arya
Quel cretino di Murtagh si mise a ridere, imitato da Kémâl e Arategh
- Perchè dovrei svenire?!
Un potente, straziante urlo di dolore, provenne dalla tanto odiata camera, quasi a rispondere alla mia domanda.
Poi fu silenzio, neanche le zanzare osavano più ronzare.
Il torrido caldo di quell'afosa sera d'agosto mi opprimeva, stringendomi nella sua morsa.
E un altro urlo squarciò la quiete appena ristabilita, colpendomi come un maglio, facendomi sobbalzare, gridai anche io, senza motivo, sudavo freddo, stavo forse impazzendo?
Guardai i volti degli altri, non erano da meno: pallidi, profonde occhiaie violacee sotto gli occhi arrossati, capelli appiccicati alla fronte.
Ma quanto tempo era passato?
Diedi voce ai miei pensieri
- Due ore
Risposero in coro
- Giuro che se grida un'altra volta, sfondo quella porta.
L'evento non tardò ad arrivare, così mi alzai, e come se fosse la cosa più normale del mondo, presi la rincorsa e mi gettai contro il duro legno, riuscii a dare solo due spallate alla porta, prima che Arategh e Murtagh mi prendessero uno le braccia e l'altro le gambe. Tentai di divincolarmi, ma i due aumentarono la presa, finchè non mi fui calmato.
Guardai Kémâl, era nella mia sessa situazione, così, dopo uno scambio di pensieri, in un tacito acordo evocammo un incantesimo.
E ancora silenzio.
Una fitta all'altezza della cintola mi costrinse a stringere le mani all'addome, presi a contorcermi, e lo stesso fece il ragazzino di fianco a me, poi, la sensazione scemò.
Arya gridò, non era un grido di dolore, bensì di rabbia
- Scemo e più scemo, se non sciogliete subito quell'incantesimo, vi promentto che quando questo strazio finirà, di voi rimarrà ben poco!
Sciolsi l'incantesimo. Se non altro aveva ancora le forze per sclerare, mi rimisi seduto.
Mi rialzai di scatto quando si aprì la porta, provai una certa delusione del vedere Islanzadi fissarmi con aria severa.
Inorridii appena vidi le mani sporche di sangue, che la regina si affrettò a nascondere dietro la schiena
- Non la aiuti così
Mi rimproverò
- Sì, hai ragione, come sta andando?
Chiesi
- Abbastanza bene
- Come abbastanza! Vuoi dire che c'é la probabilità che...
Rabbrividii al pensiero
- C'é sempre
Disse bruscamente, poi guardò gli altri
- E voi fate i bravi, o sarò costretta a mandarvi via
- Agli ordini mamma
Sussurrò Murtagh
- Ti ho sentito
Ribatté acida Islanzadi, prima di rientrare nella stanza.

Le ultime tre ore furono un frenetico via vai di guaritrici indaffarate che cambiavano i panni sporchi di sangue con degli altri puliti e candidi. 

Grida, mormorii e sospiri.
Silenzio.
Un'urlo, più forte degli altri mi perforò il timpano, penetrando nelle ossa.
Silenzio.
Ancora silenzio.
Tutto era fermo, eravamo in attesa di un unico rumore, che potesse tradire la più nera delle supposizioni, ma niente, solo il silenzio.
Poi, un fruscio, delle esclamazioni.
Uno scricchiolio, passi.
Poi... Un pianto? Sì, un pianto! O meglio, i vagiti di un bambino.
Sorrisi, sorrisi come non avevo mai fatto, mai ero stato più felice. 
Quel suono, dapprima debole, poi sempre più forte, continuava a riecheggiare nella mia testa, ancora e ancora.
A mezzanotte precisa del venti, no, ventuno agosto, nasceva mio figlio.

La regina degli elfi spalancò la porta, era raggiante
- É una femmina
Annunciò abbracciandomi
Io e gli altri cavalieri ci fiondammo nella sala.
Arya era lì, distesa sul letto, pallida, sudata, ma felice, non l'avevo mai vista così. Tra le sue braccia, un candido fagottino di seta.
Mi guardò uno sguardo colmo di emozioni, più eloquente di un intero discorso.
A quel punto non ressi più, la vista mi si annebbiò, le orecchie si tapparono, ero come in una campana di vetro; un'espressione da ebete mi si dipinse sul volto, mentre tanti draghetti colorati presero a cabrare difronte ai miei occhi, poi ad uno ad uno, noi uomini senza macchia e senza paura, svenimmo, cadendo pesantemente a terra. 
- Devi abituartici piccola, i maschi sono tutti così.
Fu l'ultima cosa che sentii.

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Sentii qualcosa o qualcuno picchiettarmi sulla guancia. Aprii gli occhi, ma fui costretto a richiuderli per la troppa luce, quando mi fui abituato al cambiamento, mia moglie mi chiese
- Yunod-iet, stai bene? Mi hai fatto preoccupare, é da un giorno che stai così...
- Aspetta un attimo
La interruppi
- Non dovrei essere io a chiederlo a te?
- Volendo... Comunque non hai ancora risposto alla mia domanda
- Un po'meglio
Dissi, alzandomi
- Non vuoi vederla?
Domandò Arya
- Cosa
- Sì, Blödhgarm... Come cosa!! Tua figlia.
Fece, come se fosse la cosa più scontata del mondo.


Appena aprii la porta del nostro appartamento, notai una culla ornata con nastri rosa, posta al lato del letto, dalla parte di Arya.
Con cautela, attento a non fare rumore, mi avvicinai.
Vederla era un'emozione indescrivibile: era paffutella, dormiva placidamente, le labbra rosee erano arricciate quasi in un sorriso; feci scorrere lo sguardo più in su, verso le orecchie inevitabilmente a punta, lunghe poco meno di un pollice.
Avvolsi la vita di Arya con un braccio.
- Non é incantevole?
Mi disse, io annuii
- Come la vorresti chiamare?
Chiesi
Lei ci pensò un po' su
- Niernen
Rispose in fine
- E sia, é un bel nome
Poi mi rivolsi per la prima volta alla bambina. Le posai un dito sulla guancia e cominciai a carezzarla; appena la toccai, mia figlia aprì gli occhi, dello stesso verde intenso di quelli della mamma, prese il mio dito con le piccolissime manine e iniziò a giocherellarci, stringendolo e lasciandolo.
- Ben venuta tra noi, piccola Niernen
Le dissi, lei rise.

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# Epilogo
* Quattro anni dopo *
Nel corso di quei quattro anni, molte uova si erano schiuse, l'ordine dei cavalieri dei draghi, si stava ripristinando a poco a poco, anche grazie ad un ingegnoso compromesso: due anni prima, Lifaen e Narì, avevano contattato la principessa degli elfi, per fare rapporto, e avevano riferito che anche se gli umani terrestri non conoscevano la magia, molti di loro sarebbero potuti diventare promettenti cavalieri; così Eragon decise di inviare sei uova sulla terra. I due elfi, non ci misero molto ad infiltrarsi nella socetà del nuovo mondo, e scovarono in poco tempo degli altri cavalieri. Narì fondò l'accademia, un luogo molto simile ad una città elfica, all interno di un quartiere periferico della capitale italiana, mentre Lifaen si sistemò al Los Angeles.
Molti novizi di Alagaësia partirono per la terra, anche Kémâl e Arategh, che diventarono maestri dell'accademia, quest ultimo, in particolare, fu nominato capo dei cavalieri terrestri.
La pace sembrava essersi ristabilita, sia ad Isiwëya che ad Alagaësia, ma presto, un oscuro evento sarebbe arrivato, per devastare l'idillio formato, e sconvolgere la vita dei nostri personaggi preferiti.


Angolo dell'autrice
* si ascuga le larime che scendono copiose, andando ad'inondare tutta casa *
Eccoci qui, all'epilogo della storia, mi spiace tantissimissimissimo averla terminata, magari continuasse all'infinito...
Beh, tornando a noi, come avrete di certo intuito dalla moltitudine di questioni lasciate in sospeso, e dal finale enigmatico, questa storia avrà un seguito, che intitolerò " Niernen "
Chissà di che cosa parlerà?...
Mi sono detta: se ho creato un personaggio del genere, perché non dargli una storia?
Non vi anticipo nulla , spero che continuiate a seguirmi e a recensire.
A proposito di recensioni! 
É quasi d'obbligo per me passare ai ringraziamenti.

Ringrazio Banasa, Creativemind, DaubleGrock, kveykva e Cinthia988.

Un ringraziamento speciale va ad Annika21, che ha recensito gran parte dei cap

Tra quelli che Hanno messo la storia tra le seguite ringrazio 
Giulia Carstairs02026 e _FairyTail_02
( per non nominare chi ho già citato )

Inoltre ringrazio Lupo90, Ciliegina66 e marta_uzumaki86 per aver messo la storia tra le preferite

Naturalmente ringrazio anche i lettori silenziosi che non se la sono sentita di lasciare un commento.

Ps: datemi almeno una settimana di riposo prima di postare il primo cap della storia.

Se onr sveddar stija hvass

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