(In)compatibili.

di Tully_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Occhi inceneritori. ***
Capitolo 2: *** Segreti e pericoli. ***



Capitolo 1
*** Occhi inceneritori. ***


Sono Kagome Higurashi, ho 17 anni e sono la presidentessa del consiglio studentesco. Sono molto gentile pure con gli studenti più indisciplinati e meschini, in quanto tendo a voler fare la “magnanima” perdonandoli per le loro malefatte e dando loro dei consigli per rimediare. Tutto ciò accadeva regolarmente fino all’arrivo di un nuovo alunno che mi stravolse completamente l’esistenza.


Pareva una giornata identica alle altre (infatti m’ero alzata dal comodo giaciglio che mi aveva accolta durante la notte con difficoltà; dopotutto sono umana ed è normale avere notevole sonno a causa delle lunghe e dure giornate di scuola, no?) e faccio bene a dire pareva. Mentre consumavo la colazione con Sota, mio fratellino con già indosso la divisa di prima media, mio nonno e mia madre, osservavo con la coda dell’occhio il cielo oltre la finestra poco lontana. Il sole, nonostante fosse ottobre, splendeva più che mai regalando alla città in cui stavo una temperatura quasi di metà settembre. Strano poi che molte foglie, seppur ingiallite, degli alberi del giardino non fossero già cadute sul selciato. Sarò una persona superstiziosa, ma in quel momento pensavo fossero dei presagi per una giornataccia. E non mi sbagliavo mica. Indossai frettolosamente la mia solita divisa da scolara e, senza un motivo ben preciso, forse la rinnovata necessità di sentirsi bella agli occhi altrui, poco prima di metter piede fuori di casa mi sistemai sul capo un minuto cerchietto blu sposato bene col colore dei miei vestiti. Uscita con lo zaino grigio un po’ pesante (dovevo rimanere alle attività pomeridiane del giorno) mi avviai verso la scuola sempre senza perdere d’occhio il cielo spaventosamente strano. Poco dopo, come sempre, mi raggiunse la mia migliore amica Sango. D’aspetto non eravamo tanto diverse anche se lei aveva i capelli leggermente più chiari e più lunghi, ma sempre raccolti in una coda sbarazzina e di carattere ci assomigliavamo parecchio. Eppure quel giorno era anche lei differente dal solito. Non dico di aspetto, in quanto gli occhi apparivano luminosi e solari come sempre e la pelle candida e lattea non presentava alcuna anomalia tuttavia sembrava nervosa per un motivo che non potevo cogliere.

«Sango, c’è qualcosa che non va? Sai bene che puoi sempre confidarti con me.»

 Ci conoscevamo dai tempi dell’infanzia… avrebbe potuto riferirmi qualsiasi cosa. Lei deglutì rumorosamente senza rivolgermi lo sguardo; anzi, lo portò ostinatamente avanti.

«C’è qualcosa che mi devi dire?»

Visto che non rispondeva neppure a quella seconda domanda decisi di lasciar perdere.
Provai allora a cominciare una normale conversazione tra amiche ma accantonai l’idea quando vidi che quasi si sforzava a parlarmi. Trattenni il leggero fastidio e l’irritazione e mi rincuorai quando notai la scuola all’orizzonte col cortile gremito di studenti, come tutti i giorni.
Mi si avvicinò un ragazzo dai capelli corvini legati con una coda e gli occhi celesti. E un sorriso mozzafiato, non c’è che dire. Come si chiamava? Ah sì, Koga, un mio coetaneo di un’altra classe. Era prima un bullo molto rinomato e temuto all’interno di tutta la scuola ma riuscii col tempo ad addolcirlo e a cambiarlo in meglio. Mi si riscaldò il cuore quando lo vidi aiutare una vecchina ad attraversare la strada. Mi faceva piacere vederlo gentile e di buonumore.

«Buongiorno Kagome! Giornata pesantina oggi, eh?»

Scherzò lui, sostenendo per qualche secondo la massa imponente del mio zaino (ancora mi chiedo come facevo a sorreggerlo, povera la mia schiena!). Improvvisai un sorriso mentre udendo la campanella mi avviavo con lui e Sango verso l’entrata. Oltre alla normale lezione, sarei dovuta rimanere durante la partita del club femminile di pallavolo, e anche per quella del club maschile di calcio (per controllare che non si azzuffassero, quei monellacci!) e per la lezione di nuoto. Giornatina impegnativa ma dopotutto ero abituata a ritmi molto estenuanti.

«Ci vediamo all’uscita!»

Mi urlò Koga, quando ero ancora immersa nei miei pensieri. Mi fece l’occhiolino prima di scomparire nella sua aula e inspiegabilmente arrossii. Mi riscossi sentendo una mano, purtroppo conosciuta, sulla mia spalla. Volsi il capo e, un po’ nervosa, sussurrai:

«Hojo! Vai subito nella tua classe, visto che si trova molto distante dalla mia!»

Più che altro era una palese scusa per mandarlo il più lontano possibile da me. Era molto gentile e affidabile però si mostrava sin troppo appiccicoso e non amo i ragazzi così. Mi faceva la corte dai tempi delle medie, ma l’ho sempre rifiutato con ostinazione. Un po’ mi fa pena… Fui capace, comunque, di liquidarlo in fretta e mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo quando lo vidi correre via. Entrai, seguita da Sango in aula e ci sistemammo al nostro solito posto. Il professore era seduto e visionava un foglio con aria preoccupata. Per quale motivo? Pure tra i miei compagni aleggiava un’evidente tensione. Quasi quasi avrei potuto urlare, rivolta a tutti: “COSA C’É CHE NON SO?” ma non potevo fare figuracce del genere.
Un improvviso bussare violento alla porta fece voltare a tutti la testa per la curiosità. L’insegnante si alzò di malavoglia dal proprio posto in cattedra e andò ad aprire; notai velocemente che aveva sul viso un’espressione di puro disgusto. E perché mai? Fece entrare due ragazzi che con passo lento, strascicato e cadenzato si avviavano verso la cattedra, stando in piedi dinanzi a noi.

«Vi presento i vostri due nuovi compagni di classe. Inuyasha Taisho…»

Stop.
Stop.
Stop.
Dovevo assimilare un’informazione poco per volta. Innanzitutto, tutti erano in ansia per l’arrivo di quei due maleducati? Dovevo assolutamente farli “rinsavire” io, solo io. Poi, il primo nominato dal professore pareva il peggiore. Capelli neri, molto lunghi, con ciuffi di lunghezza media e laterali che gli ricadevano su due spalle larghe, occhi scuri, di un colore indefinito simile al carbone, prepotenti, che vagavano per la classe quasi con aria di superiorità. Dannazione, chi si credeva di essere? Già mi irritava quell’Inuyasha. Soffocai un leggero ringhio gutturale quasi a forza. Aveva un bel fisico, messo in evidenza dalla camicia della divisa in parte sbottonata sicuramente apposta. Sulle labbra sottili c’era disegnato un perenne ghigno che scomparve quando raggiunse i miei occhi. Rimase per un secondo sorpreso dalla mia espressione di pura sfida. Avrei vinto io contro di lui, poco ma sicuro! Il professore continuava nel mentre a parlare.

«E Miroku Kazaana…»

Lanciai un’occhiata veloce verso il secondo indisciplinato, ma constatai che rispetto a quell’Inuyasha, poteva essere più recuperabile. I suoi occhi color blu marino giravano curiosi per la stanza, per poi soffermarsi su quelli nocciola di Sango che li aveva mantenuti sempre bassi. Fu un attimo. Lei arrossì, lui fece un sorrisetto di vittoria. Poi mi arrivò una doccia di acqua gelida, metaforicamente, sul capo.
 
«Higurashi, in qualità di presidentessa del consiglio studentesco…» vidi Inuyasha cercare di soffocare una risatina di scherno, che fosse maledetto «…vieni a salutare i due nuovi arrivati, in modo da dimostrare quanto questa classe sia accogliente e in modo che non si pentano di essersi stabiliti qui.»

Stabiliti? Ahhh, questo l’avrei sicuramente proibito! Dovevano andarsene al più presto possibile, soprattutto dopo aver ricevuto una bella iniezione di buone maniere. Mi alzai di malavoglia dalla sedia e quasi per voler perdere un po’ di tempo, sistemai meglio l’astuccio sul banco e buttai a terra i rimasugli ottenuti dalla cancellatura della gomma. Alzai nuovamente lo sguardo teso verso il professore che attendeva impaziente il mio arrivo e poi lo rivolsi a Inuyasha. I suoi occhi color carbone, dapprima distratti, risplendettero improvvisamente di una luce nuova che non saprei spiegare neppure ora. Mentre mi avvicinavo feci una smorfia palesemente indirizzata a lui. Miroku rideva sommessamente perché subito dopo essere giunta vicino all’insegnante iniziai a inscenare la perfetta ragazza dolce, tenera e premurosa verso i nuovi alunni disorientati dallo strano ambiente sconosciuto. Un sorriso falsissimo si formò sulle mie labbra e cominciai a parlare con voce mielosa e con parole melliflue.

«Benvenuti, dalla sottoscritta Kagome Higurashi, nel liceo M.! Da quale scuola venite? Su, sono davvero molto curiosa di sapere un po’ di voi!»

In realtà mi interessava soltanto sapere quale povero edificio avesse accolto quei bifolchi, niente di più e niente di meno. Mi risposte Miroku, molto serio e deciso.
« Proveniamo dalla scuola T. »

“Una delle peggiori” pensai tra me e me; aveva una brutta fama, lo sapevano pure i muri. Ecco perché erano così indisciplinati, ma la maleducazione poteva provenire pure dalla famiglia. No no no! Non ero mai stata così cattiva nei confronti di ragazzi di questo tipo, pensando pure a dei giudizi prima di conoscerli! Non era da me. Lui intanto, senza curarsi della mia espressione assorta, continuava a raccontare.

«Siamo ripetenti e ci hanno espulso. I nostri compagni erano molto tristi riguardo la nostra sorte.»

“Tipacci come voi, immagino”, continuavo a sentenziare silenziosamente.

«Allora ci consigliarono questa scuola e io e Inuyasha, amici d’infanzia, decidemmo di provarci. Speriamo, ovviamente, di integrarci.»

“Questo è da vedere, se non vi spedisco a pedate nel sedere fuori dal portone della scuola!” Le mie parole trattenute e mai dette erano veramente velenose. Finalmente prese parola la persona che per ora odiavo davvero tanto anche senza conoscerla. Aveva una voce possente, un po’ rude e “da bastardo”, tuttavia era bella e inspiegabilmente calda. Sorrisi senza motivo a quel pensiero.

«E, soprattutto, che nessuno ci prenda in antipatia. Sembreremo dei tipacci loschi, ma tsk, mai giudicare dalle apparenze!»

Era evidente che Miroku l’aveva costretto precedentemente a dire quelle esatte parole, perché c’era una nota d’indecisione e di disagio nelle poche frasi proferite, praticamente sputate con poca voglia, per costrizione. Riprese la parola il professore, ma ciò che disse mi raggelò il sangue.

«Higurashi, tu devi rimanere ai corsi pomeridiani, no? Ebbene, per oggi manterrai questi due nuovi compagni. E’ un compito importante il tuo e hai dei doveri specifici, come integrare le nuove conoscenze all’interno della scuola. Quindi ti dispiacerebbe che oggi ti “stessero alle calcagna” per un po’?»

Era una domanda retorica. Non potevo assolutamente tirarmi indietro. Con espressione terrorizzata scossi la testa in modo da mostrarmi completamente d’accordo con la sua proposta. Mi avviai nuovamente verso il mio banco tremante, perché la mia giornata s’era notevolmente complicata. “Perché? Perché a me?” Mi chiedevo tra me e me, mentre mi torturavo con assiduità le mani. Sistemarono un banco vuoto per Inuyasha e Miroku affianco a quello mio e di Sango, in modo che li potessi tenere d’occhio. Notai che durante l’intera lezione prima dell’intervallo non seguivano nulla. Uno leggeva e stava per i fatti suoi ascoltando musica con le cuffie, l’altro guardava le ragazze con occhi languidi soffermandosi sempre su Sango. Avrei fatto loro una lunghissima ramanzina alla ricreazione, senza lasciar loro il tempo di mangiare perché se lo meritavano! La campanella che indicò l’inizio della piccola pausa fece svuotare la classe, tanto che rimanemmo solo io, i due nuovi e la mia migliore amica. Con un cipiglio nervoso mi avvicinai ai due, con una luce furiosa e per nulla di buon auspicio negli occhi, che parevano fulminarli con una sola occhiata.

«Vi ho seguiti con la coda dell’occhio per tutta la durata della lezione. Credete che non mi sia accorta che non avete seguito nulla? In qualità di presidentessa del consiglio d’istituto, vi metterò per bene in riga.»

Sango, poco lontana da me, strabuzzò gli occhi, esterrefatta dalla situazione insolita. M’ero sempre comportata bene con gli alunni un po’…discoli, non in quel modo così aggressivo. Ignorai il suo sguardo e il suo messaggio tacito di smetterla e continuai a parlare.

«Ebbene, preparatevi a una strigliata coi fiocch—»

Non terminai nemmeno la frase che il mio mento venne sollevato con rudezza da due dita forti e ruvide e i miei occhi s’incatenarono a quelli color carbone di Inuyasha. Era irato e scocciato e le parole che pronunciò con un sibilo mi scatenarono ancora di più.

«Ascolta, carina, tu non sei nessuno per dettarci regole. Chiaro?»

«Non sono nessuno? Io potrei essere in grado di metterti nei casini pure ora!»

Mi agitai, ma lui, con quel semplice contatto, riusciva a trattenermi. Emise una risatina di scherno che mi fece involontariamente rabbrividire. Mi lasciò con violenza e si ritirò con Miroku fuori dall’aula.
Gliel’avrei fatta pagare, poco ma sicuro!








— angolo dell'autrice

Ma perché mi vengono in mente queste cose, sob. Spero che sia di vostro gradimento, perché è stata un'idea che mi è venuta in mente così, all'improvviso, la notte (?) e ho iniziato a scrivere. Poi questa mattina ho continuato perché boh, ero intenzionata a creare qualcosa di carino. ;_;
Al prossimo capitolo! <3 

-Tully_

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Capitolo 2
*** Segreti e pericoli. ***


Non feci in tempo a proferire un’altra parola che sia Inuyasha che Miroku sparirono dalla mia vista. Uscii dall’aula in modo da poterli seguire ma venni trattenuta per un polso da Sango che mi fissava con aria preoccupata.

«Tu sei strana, oggi! Ti decideresti di spiegarmi che cosa è successo?»

Sbottai, ancora più innervosita per lo spiacevole inizio di giornata. Lei strinse i denti abbassando lo sguardo, con aria sconfitta. Mi invitò con un cenno a sedermi affianco a lei e dopo aver preso un profondo sospiro, incominciò a raccontare.

«Conosco già Miroku.»

Spalancai gli occhi per questa dichiarazione improvvisa e inghiottii con difficoltà la saliva, come se la gola fosse arsa dalla calura di un deserto immenso. Il senso di tradimento mi attraversò senza preavviso astrattamente il petto ed era assomigliante quasi a una freccia scoccata da un bravo arciere dritta nel bersaglio. La voce mi venne inconsapevolmente dura, decisa e fredda.

«Oh, bene. Del fatto che tu non me ne abbia mai parlato ne discuteremo più tardi, quando uscirai, visto che rimarrò qui. Continua a raccontare, non credo che la tensione che avevi accumulata dentro di te fosse solo per questo.»

Lei, ancora più arresa e docile, abbassò nuovamente il capo, sussurrando quasi.

«Lo incontrai due anni fa. Era nel cortile di un orfanotrofio insieme a Inuyasha. Visto ch’ero incuriosita da tutto ciò, gli chiesi cosa ci faceva lì. Lui disse di viverci e che Inuyasha giocava spesso in sua compagnia. Miroku non ha una famiglia. Ora che ha 18 anni, vive a casa di Inuyasha, anche lui solo.»

«Quest’ultimo immagino che non sia stato in un orfanotrofio. Da quanto mi hai spiegato andava solamente a visitarlo, suppongo.»

Sango era in evidente difficoltà ma, asciugatasi il sudore dalla fronte, tornò a riprender parola.

« Q-quello non me l’ha detto. Miroku ha innumerevoli difetti ma è un bravo ragazzo. Comunque io e lui siamo amici, anche se ci siamo visti davvero poche volte. Mi piacerebbe approfondire…»

Quest’ultima frase la disse quasi sussurrata, ma intesi immediatamente che Sango era molto affezionata a quel ragazzo. “E se ti avesse soltanto ingannato? Miroku non mi piace, ma lo preferisco a Inuyasha. Pare più ragionevole e cauto inoltre lo comprendo, è senza famiglia e ha sofferto. Ma il suo amico è un gran viziato, pfui!” Come se avesse intuito i miei pensieri, la mia migliore amica riaprì la bocca, ma si zittì subito. Non ci feci caso distratta com’ero, ma ancora un po’ arrabbiata dall’inizio delle lezioni dopo l’intervallo sino all’uscita quasi non le rivolsi la parola. Quando squillò la campanella fermai la ragazza castana prima che scappasse. Una scintilla di rancore ancora splendeva nei miei occhi seri, ma l’avevo praticamente perdonata. Non riesco a odiare una persona, figuriamoci se parliamo di lei!

«Dimmi perché non mi hai riferito nulla sino a oggi. Ci sono rimasta male.»

Addolcii sia il tono con cui mi rivolsi a lei e pure lo sguardo, rilassando il viso. Rincuorata dalla mia espressione pacata e acquistato un leggero sorriso, Sango si avvicinò a me.

«Kagome… scusami. Avevo paura che vedendomi con quel “tipaccio” potessi pensare male di noi e non considerarmi più.»

Ciò che mi disse non potevo tollerarlo: non avrei mai compiuto qualcosa del genere! Mi credeva per caso un mostro? La strinsi tra le mie braccia esili, dicendo con voce calda e dolce che io tengo davvero tanto a lei. Si staccò e corse via perché si doveva dirigere al più presto verso casa sua. Con un sospiro mi riavviai nell’aula e afferrai con celerità lo zaino, in modo da uscire per recarmi in palestra: mancava poco all’inizio della partita di calcio e avevo pure perso di vista quei due stupidi visto ch’ero intenzionata a non lasciar andare via la mia amica. Però compresi troppo tardi che nella classe non ero sola. Hojo era seduto in un banco vuoto ed era assorto nei suoi pensieri. Mi guardò con espressione indecifrabile e mi si avvicinò a passo felpato, come un gatto che cerca di acciuffare la propria preda. L’immagine di bravo ragazzo timido e taciturno si stava sgretolando di fronte ai miei occhi e mi ritrovai con la schiena contro il muro freddo. Che voleva fare? Aveva un ghigno sul volto sempre poco teso e sorridente (non in quel caso, sicuramente!) che m’incuteva terrore e brividi.

«Voglio farti una proposta, Higurashi.»

La voce era come il verso di un serpente; malvagia, velenosa, quasi udibile, ma diretta e sibilante. Non l’avevo mai visto così. E se invece avesse finto tutto quel tempo di essere una brava persona in modo da pugnalarmi alle spalle? Davvero esistevano persone così infime che si riducevano a fare cose del genere? Avvicinò pericolosamente il viso al mio e avevo il fiato corto per la paura. Ormai non mi ricordavo nemmeno più come si respirava. La paura è un sentimento che attraversa tutto il corpo, che causa tremiti ed è come un veleno che entra improvvisamente in circolo per tutto l’organismo. E’ faticoso da espellere.

«S-sentiamo!»

Non so ancora come, in quel momento, riuscii a tirare fuori una voce /quasi/ decisa di fronte a lui, fatto sta che sentivo le gambe che mi cedevano come il burro. Avevo timore della sua proposta. Qualcosa d’indecente?

«Fidànzati con me.»

“Che cosa? Neanche morta!” pensai tra me e me, ma non potevo rispondergli in modo così maleducato. Diverse volte mia madre ebbe l’idea di farci incontrare in segreto, organizzando, secondo lei, appuntamenti ‘romantici’ a mia insaputa perché Hojo apparteneva a una famiglia ottima ma a me, sin da bambina faceva ribrezzo. Sin dall’infanzia mi stava sempre appiccicato, senza lasciarmi un attimo minuscolo di tregua. E purtroppo l’avevo sempre in classe! Fu un miracolo quando al liceo ci ritrovammo separati.

«E-e se io non volessi?»

Non ero capace di smettere con il mio temporeggiare, ma non sapevo proprio che cosa fare. Dovevo ribellarmi. Non volevo assolutamente stare con lui, meglio zitella a vita!

«Allora, in qualità di vice-presidente del consiglio studentesco…» ops, me n’ero completamente scordata! «…racconterò, rovinando in modo irreparabile la tua reputazione, diversi segreti imbarazzanti sulla tua famiglia.»

Come faceva a essere a conoscenza di così tante cose? Improvvisamente mi balenò in testa l’idea che potesse spiarmi. Era davvero giunto sino a quel punto? Le lacrime rigavano già le mie guance pallide e non ero in grado di respingere né le sua parole provocatrici né il pianto dal gusto salato che proseguiva ininterrotto. Alzai lo sguardo per arrendermi ma succedette tutto in fretta. Hojo fu spedito lontano dalla mia figura e intuii, da un violento rumore di sedie che cadevano sul pavimento, che aveva preso una bella botta.

«Non provare più a ricattarla o ad avvicinarti troppo, brutto imbecille!»

Girai lo sguardo verso il mio salvatore che aveva pronunciato parole così nobili, ma mi pietrificai quando scoprii che l’eroe era Inuyasha. I suoi occhi carbone sembravano ardenti, mandanti zampilli di lava bollente dall’ira e furia penetranti. Inconsapevolmente, quasi d’istinto, mi rifugiai dietro le sue possenti e spaziose spalle; solo a guardarle inneggiavano palesemente protezione. Hojo, codardo e vile com’è sempre stato, corse via a gambe levate, sparendo dalla nostra vista.

«Va tutto bene, Kagome?»

Perché mi piaceva come proferiva il mio nome? Sembrava così dolce detto dalle sue labbra. Mi riscossi, annuendo e precipitandomi fuori.

«Tu che ci facevi qui?»

«Eri in ritardo. Visto che non eri comparsa e la partita non sarebbe potuta iniziare senza di te, mi sono precipitato qui. E ho fatto bene!»

Allora aveva anche sentito dei segreti della mia famiglia. In quel momento, però, speravo vivamente che non avesse ascoltato alla perfezione il suo ricatto. Camminavo poco lontana da lui per i corridoi silenziosi della scuola in gran parte sgombra di alunni tutti andati via una decina di minuti prima ma notavo, con la coda dell’occhio, che mi lanciava continue occhiate.

«Va be’, su, andiamo in palestra. Assisterai a una partita tra le due migliori squadre del club di calcio. Poi vedremo una partita di pallavolo. E infine saremo spettatori di una gara di nuoto.»

Chissà a che ora avrei potuto tornarmene a casa… mi mancava il mio comodo letto caldo e pronto ad accogliermi più che mai. Inoltre, anche se non lo volevo ammettere, ero ancora scossa dall’avvenimento prima accaduto. Ripresi la parola, per distruggere nuovamente quel silenzio imbarazzante che si creava dopo che uno non rispondeva.

«Miroku dov’è?»

«Ha accompagnato Sango a casa, non voleva che rimanesse a scuola per te.»

“Allora si preoccupa davvero tanto per lei… uhuhuh, sarebbero una bella coppia!” Fantasticai tra me e me, ma i miei sogni si infransero alle parole successive pronunciate da Inuyasha.

«Tanto quello scemo tra poco torna, tsk. Non si perderebbe per nulla al mondo lo spettacolo delle pallavoliste.»

Intesi, con orrore, a che cosa si riferiva. Povera la mia Sango, l’era capitato un maniaco! Andammo, comunque, a sederci sulle panchine della palestra, mentre sbuffavo sonoramente. Ero a conoscenza dell’estrema imbecillità di quei ragazzi che giocavano i quali, seppur molto bravi, volevano solo apparire e spesso cercavano un pretesto per darsi botte, in modo da apparire belli agli occhi delle ragazze, risultando però solamente ridicoli; avevano appena cominciato la partita. Miroku ci raggiunse poco dopo, con un sorriso gigante ma con un segno rosso sulla guancia. Compresi immediatamente da che cos’era stato causato: qualcuno lo aveva schiaffeggiato. Con una forza inaudita, per altro. Ci doveva essere un motivo importante se era successo qualcosa del genere. Eppure, lui invece di aver in volto una smorfia di dolore, sembrava un ebete.

«Idiota, ma ti togli quell’espressione da coglione dal volto? Che ti è successo?»

Inuyasha mi anticipò con le domande al ragazzo dagli occhi blu, con la sua solita finezza.

«Ho accompagnato Sango a casa, no? Ebbene, non mi sono trattenuto dal palpare quel sedere così sodo e così… pronto per essere accarezzato~»

Assunsi un’espressione di estremo disgusto rivolgendola a lui. M-ma come si era permesso? Non è che lo faceva con tutte le ragazze?

«Allora mi ha dato uno schiaffo. Che belle manine forti che ha la mia Sanguccia~~»

Era pure tranquillo su come ne parlava. Non era sicuramente la prima volta che Sango lo trattava in quel modo, supposi.

«Ma… come mai sei così di buon umore?»

Fu l’unica domanda che proferii, tanto per curiosità. Lui, sedendosi vicino a me ed Inuyasha guardava avanti, senza smettere di avere quell’espressione da puro ebete. Socchiuse appena gli occhi, sempre senza rivolgerci lo sguardo, concentrandolo sui giocatori che stavano ancora in parità.

«Tengo davvero tanto a lei. Sono le nostre solite scenette comiche, ma Sango è stata l’unica ragazza alla quale non ho mai chiesto di fare un figlio con lei.»

La prima cosa che pensai fu: “sta scherzando o è fuori di testa?” Di tutta risposta gli lanciai un’occhiata che inceneriva semplicemente, ma come se avesse intuito i miei pensieri, tornò a parlare.

«Stai tranquilla, Kagome, è una domanda retorica, una mia frase caratteristica! Non te l’ho fatta perché Inuyasha mi avrebbe ammazzato senza pietà» in quel momento mi chiesi che cosa c’entrasse lui, se ci conoscevamo da un sol giorno, ma decisi di lasciar perdere «e a Sango non l’ho mai chiesto perché compresi subito che lei sarebbe stata una persona speciale.»

Fu la prima volta che lo sentii comunicare in modo così serio. Forse era innamorato veramente… Distratta continuai a seguire la partita, anche se non mi entusiasmava un po’ di tanto. Certo, mi piaceva il mio lavoro di presidentessa del consiglio studentesco, ma stare in quel club per “istruire” i nuovi arrivati sulle specialità extra della scuola non era sicuramente divertente. Avrei voluto cambiare in meglio quei ragazzi, ma la maggior parte risultava burbera e scontrosa, quindi non ne valeva nemmeno la pena. Sentivo, dentro di me, che sotto quell’apparenza quasi da imbecilli forse nascondevano un buon cuore. Dopotutto la scuola che frequento io è una delle migliori. Non ho faticato a trovarmi amici. Ma trovai pure dei nemici. E’ qualcosa di naturale. Finì il primo tempo, sempre sullo 0-0. Visto che mancavano ancora 15 minuti al secondo in quanto c’era l’intervallo per giocatori già molto spossati e sudati, decisi di fare una passeggiata all’aria fresca. Appena feci capolino dal grande portone della palestra, mi stupii vedendo la figura di Koga. Però… lui non partecipava a nessun club di quella giornata! Da quanto ero a conoscenza, l’unico nel quale era membro era quello di tennis che si svolgeva ogni giovedì. Era un giocatore davvero rinomato e aveva tantissime ammiratrici, anche se non gli interessava nemmeno una ragazza. Ci conoscevamo dai tempi dell’infanzia, nonostante fossimo stati sempre in classi differenti, pure alle superiori. Peggiorò caratterialmente dopo la morte del padre d’incidente quando aveva 6 anni. Prima era un ragazzo molto simpatico, pronto a fare amicizia e solidale, però in seguito a quell’avvenimento s’isolò, diventando arcigno e solitario. Dall’entrata alle superiori provai a legarmi nuovamente a lui, riuscendoci, sciogliendo quell’involucro di ghiaccio che aveva oscurato il suo vero animo ed eccolo qui tornato come prima! Era un piacere vederlo così gentile e aperto al dialogo amichevole.

«Che ci fai qui, Koga? Non frequenti nessun club di questo giorno.»

«Lo so, ma mi andava di vederti.»

Mi prese le mani nelle sue, calde e accoglienti. Senza accorgermi avvampai, non sapevo che cosa rispondere a quel contatto così intimo. Fu una voce dura a svegliarmi da quel dolce sogno.

«Allora, Kagome? Sbrigati, sta iniziando il secondo tempo.»

Mi girai e corsi via, senza nemmeno salutare il ragazzo che rimase imbambolato lì a vedermi fuggire. Mi scontrai con gli occhi di Inuyasha: era lui ad avermi chiamato. Una scintilla animava le sue iridi ambrate.
Che fosse veramente… gelosia?

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