Coloro che ci resero grandi

di Sachi93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il compositore (Austria) ***
Capitolo 2: *** Rosso non sempre era mal pelo (S. Italia) ***
Capitolo 3: *** Il re ingannatore (Francia) ***
Capitolo 4: *** I Queen e un libro (Inghilterra) ***
Capitolo 5: *** Danke (Sacro Romano Impero) ***
Capitolo 6: *** Maestro (Vietnam) ***
Capitolo 7: *** And then he called him AWESOME (Prussia) ***
Capitolo 8: *** Il profumo del mosto selvatico (Vaticano) ***
Capitolo 9: *** Come il sole dell' Avana (Cuba) ***
Capitolo 10: *** Una mano sulla finestra (Polonia) ***
Capitolo 11: *** Idi (Impero Romano) ***
Capitolo 12: *** Anche i sovrani sono semplici uomini (Spagna) ***
Capitolo 13: *** Luna (America) ***
Capitolo 14: *** La Signora del Nord (Danimarca) ***
Capitolo 15: *** Sublime (N. Italia) ***
Capitolo 16: *** Io so' di non sapere (Grecia) ***
Capitolo 17: *** Quando il passato sa di ferro e il presente di carta (Ungheria) *MODIFICATA ***
Capitolo 18: *** "Dimmi, cosa ottengo se verso della radice di Asfodelo in polvere in un infuso di Artemisia?" (Russia) ***
Capitolo 19: *** E morì sentendo in lontananza il suono applauso (Antica Grecia) ***
Capitolo 20: *** Un elogio che aveva il sapore della birra (Irlanda) ***
Capitolo 21: *** Era la Primavera (Giappone) ***
Capitolo 22: *** Alla fine – é la mia memoria ad arrendersi. (Germania) ***
Capitolo 23: *** AVVISO ***
Capitolo 24: *** Il sapore della libertà non era un' illusione (Scozia) ***
Capitolo 25: *** L' imprevisto della neve (Belgio) ***
Capitolo 26: *** I cosacchi dello Zaporož'e al Sultano Turco (Ucraina) ***
Capitolo 27: *** Il rarissimo sorriso (Svezia & Sealand) ***
Capitolo 28: *** Quando le magnolie sono in fiore (Cina) ***
Capitolo 29: *** Alla luce della fiammella (India) ***
Capitolo 30: *** Sadico (Romania) ***
Capitolo 31: *** La freccia che echeggiò fra le Alpi... (Svizzera) ***
Capitolo 32: *** Un pomeriggio di maggio (Paesi Bassi) ***
Capitolo 33: *** E delle leggende rimane soltanto il flebile suono di un antico nome (Norvegia) ***
Capitolo 34: *** Dall' alto il mio passato... (Turchia) ***
Capitolo 35: *** Nella selva nera (Germania Magna) ***
Capitolo 36: *** Il mio eroe (Canada) ***
Capitolo 37: *** AVVISO ***
Capitolo 38: *** La prima medicina, l'infinito Amore... (Romano) ***
Capitolo 39: *** Non più così solo... (Islanda) ***
Capitolo 40: *** Non è mai troppo tardi... (Filippine)* MODIFICATA ***
Capitolo 41: *** Come nelle tragedie (Messico) ***
Capitolo 42: *** Nel lupo c'era un sogno... (Lituania) ***
Capitolo 43: *** Un nome (Finlandia) ***
Capitolo 44: *** Quelle poche pagine... (Lettonia) ***
Capitolo 45: *** Quella sensazione... (Australia) ***
Capitolo 46: *** Il rimpianto di non saper combattere (Liechtenstein) ***
Capitolo 47: *** AVVISO ***
Capitolo 48: *** Lei, una donna... (Antico Egitto & Egitto) ***
Capitolo 49: *** Il peccato di una nazione... (Portogallo) ***
Capitolo 50: *** E lui... apparve... (Taiwan) ***
Capitolo 51: *** La Dama Bianca (Estonia) ***
Capitolo 52: *** AVVISO ***
Capitolo 53: *** RINGRAZIAMENTI ***
Capitolo 54: *** Ciò che rimaneva fra le sue mani (Cipro) ***
Capitolo 55: *** La quiete della consapevolezza (Corea del Sud) ***
Capitolo 56: *** Era uno fra i tanti (Venezuela) ***
Capitolo 57: *** L’avidità conquista tutti (Bielorussia) ***
Capitolo 58: *** Aveva negli occhi il ricordo… (Hong Kong) ***
Capitolo 59: *** E alla fine sentiremo solo un sussurro... (Thailandia) ***
Capitolo 60: *** Ka mate, ka mate… (Nuova Zelanda) ***



Capitolo 1
*** Il compositore (Austria) ***


Il compositore


 
Un piccolo "do", minuscolo, come un semino.
Quella nota musicale era risuonata potente per il grande salone, destando gli ascoltatori da un sincero torpore mentale.
Avevano già sentito straordinarie composizioni e audaci compositori.
Ma lui, lui alimentava la curiosità dei presenti.
Persino di Italia, timorosamente nascosto dietro una tenda.
Come se con quel "do", così semplice in fondo, volesse donare una nuova meraviglia.
Percuotere tutto e tutti con la sua voce cristallina.
Quel genio appena svelato, scorrendo magistralmente le sue dita, rivelava nei nostri animi un mondo non più arido.
Niente politiche matrimoniali, ne inutili baruffe con Prussia, solo la musica danzava con lui.
Come riusciva creare una tale magia, nemmeno io riuscivo a capacitarmene.
Quale anima poteva rendere delle semplici note, così sublimi.
Una fonte fresca.
Una brezza di montagna,
Un malinconico giorno di pioggia.
Veramente indefinibile.
E quel piccolo semino cresceva, di passo in passo, di nota in nota.
Il talento puro era in quelle mani, in quella mente, in quel cuore.
Sbalorditivo.
Nessuno osava respirare, per non spezzare quell'incanto.
Poi finì.
All' improvviso, in un unico tratto, scivolando via come nebbia.
E mi sentii smarrito.
Esatto, perso, come se un parte di me fosse stata lasciata in quel melodico mondo e intrappolato alla sua fine.
Eppure, stranamente, ero felice, per la prima volta mi sentivo veramente bene.
Così con il cuore in mano lo ringraziai, perché perdendomi, avevo ritrovato un po' di quiete.
Il compositore si alzò, fece un piccolo inchino all'intera corte ed infine, sotto gli occhi di tutti, corse ad abbracciare l' imperatrice.
Un gesto inaspettato, che alzò un leggero brusio tra i presenti
Maria Teresa, piacevolmente sorpresa, rispose affettuosamente a quell'abbraccio.
Lei era una madre, seppur arciduchessa imperatrice
E in fondo pur essendo un compositore, Mozart era solo un bambino.
 
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Allora che ne pensate, Il protagonista della storia è Austria e il primo incontro con Mozart, devo dire che l'ultima parte ce l'aveva raccontata la nostra guida turistica quando sono stata a Vienna, non so se è vero, molto probabilmente no, ma mi piace pensare che lo sia.
In pratica in questa storia voglio parlare dei personaggi che resero grandi i vari paesi, magari se voi avete qualche suggerimento o idea, mi farebbe molto piacere.
Bhe, come al solito, spero vivamente che la storia vi sia piaciuta.
Un caloroso saluto,
Sachi93.

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Capitolo 2
*** Rosso non sempre era mal pelo (S. Italia) ***


Rosso non sempre era mal pelo
 
 
 
 
Questo è poco ma sicuro.
Quel tizio aveva invaso la sua terra.
Portando con sé uno stantio odore di stivali, e un' essenza.
Quella che mai era stata sconosciuta a Romano, la polvere da sparo dei cannoni.
Tutto in lui aveva quel sapore, che a distanza di giorni inondava ancora la sua bocca
E a Romano questo dava fastidio.
Un mercenario che faceva da padrone in casa sua, era inaccettabile.
In piedi, nella tenda posta a quartier generale, dettava le sue disposizioni, non curandosi della presenza del ragazzo.
E in tutto quel fastidioso trambusto, infine si permise di guardarlo dal  basso verso l' alto, come l'ultimo dei pezzenti.
Con un gesto secco mandò via i suoi sottoposti.
"Voi sareste?" 
"Romano Lovino Vargas, rappresentante del Regno delle Due Sicilie, nonché il suolo che voi state calpestando indegnamente."
"Indegnamente?!"
"Esatto!"
"Suvvia, signor Vargas, chi non l'ha già fatto?!"
Romano trasalì a quelle parole.
Benché cercasse sempre di vivere in un eterno presente, Romano era cosciente di quanti stranieri, ogni secolo che passava, osavano metter piede su di lui.
Puro sfizio, potere, denaro, ormai aveva smesso di chiederselo.
Tanto valeva vivere di giorno in giorno, aspettandosi non sempre delle visite piacevoli.
E questa era una di quelle.
"Signor Vargas." Continuò accendendo uno di quei sigari.
"Lei ha la più pallida idea di quanto questa storia costi, in termini di soldi e vite umane?"
Ora Romano ne era certo, non un generale, non un eroe.
Un mercenario, dalla camicia rossa, dai capelli rossi.
Ai più che lo temevano, quel tizio sembrava una fiaccola nel buio pesto.
Una speranza per chi credeva ancora negli ideali.
Ma Romano non credeva più a niente da tempo.
"Lei sa cosa ci si gioca con queste operazioni militari, lei sa quali vantaggi può portare a tutti?"
Romano strinse per rabbia il pomo della sua sciabola.
Aveva ragione su ogni fronte.
Tutti ne avrebbero avuto un vantaggio.
Tutti, dagli imprenditori del Nord ai baroni del Sud.
E questo a scapito di coloro che già morivano di fame.
"Lei sa che avrebbe l'opportunità di incontrarsi con suo fratello?"
Sotto gli occhi di quel generale, Romano sorrise.
Si grattò quel mento, che ancora non presentava un' accenno di barba.
Da quanto tempo non incontrava il fratello, saranno stati secoli, come minimo.
Per delle nazioni come loro, non era altro che un' istante.
Eppure a Romano, nemmeno il senso dell' eternità poteva esprimere il dolore di quell'atroce separazione.
Quello che desiderava  era trovare la pace, nella sua terra, nella sua casa.
Ma era necessario un compromesso, che accontentasse gli invasori e non.
In fondo Garibaldi poteva essere utile anche ai suoi scopi.
E tutti avrebbero avuto dei vantaggi.
"Le porte di Napoli sono aperte ai mille."
Per ritrovare suo fratello, aveva venduto il suo stato al miglior offerente.
Si, era disgustoso, improponibile, ma quale nazione non l'aveva già fatto per interessi più grandi.
Sapeva che nulla sarebbe cambiato, ma alla fine bisognava accettare quel risorgimento, altrimenti sarebbe stato spazzato via.
Romano ne era certo, in futuro se qualcosa fosse andato storto, lui si sarebbe vendicato.
Così con un veloce inchino, uscì dalla tenda con un sorriso ancor più evidente.
Essere di nuovo uniti era il miglior compromesso che avrebbe potuto accettare.
In fondo non sempre rosso era mal pelo.
 


 
 
Salve ragazzi!
Allora qui abbiamo un Romano molto cinico, che si interessa più ai fatti che agli ideali, lo so fa schifo, linciatemi pure! Nel caso in cui vi faccia realmente schifo cancellerò il capitolo.
Sinceramente a me, Garibaldi non sta molto simpatico e definirlo mercenario forse è un po' pesante, ma i mille non erano veri e propri soldati ma liberi volontari. Diciamo che  la vendetta per Romano sarebbe stato il fenomeno del Brigantaggio, si lo so è molto fantasiosa come risposta all'invasione dei mille!
Non so se vi piacerà, forse sono stata un tantino forte nelle definizioni, e se ho offeso qualcuno mi scuso.
Bhe, la storia è ambientata il 7 settembre 1860, quando Garibaldi entra a Napoli.
Il titolo fa riferimento alla novella di Verga: Rosso mal pelo, se non la conoscete vi consiglio di leggerla perchè è veramente bella, e sinceramente il riassunto non mi sembra il caso di farlo qui.
Dedico la storia a "Danonleggere", mi dispiace mi è uscita, così magari tu l'avresti voluta un po' più leggera e divertente, ma il mio cervello ha fatto il contrario.
Spero che vi sia piaciuta, anche se non è una delle migliori.
Se avete altre idee, magari fatemelo sapere, così mi donate un po' di ispirazione!
Un caloroso saluto ragazzi,
Sachi93

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Capitolo 3
*** Il re ingannatore (Francia) ***


Il re ingannatore



Il rosso della seta della tonaca scivolava nei suoi passi all' interno del castello.
Accompagnato dal suono di quei tacchi che riecheggiavano nei corridoi, un uomo guardava sempre e solo davanti a sé.
Un suono sordo, uno dopo l' altro, seguendo il ritmo del battito del cuore.
Udibile persino nel  grande salone di Fontainebleu.
Arrivavano tuonando nelle sue orecchie.
E a Francis, quel fastidioso ticchettio di quelle scarpe rosse incuteva una sorta di timore, un moto di disgusto.
Una paura, quasi reverenziale.
Ammirava quell'uomo.
Quella cinica freddezza, lo rendeva superiore a tutti.
Ogni suo gesto, ogni inchino proferito mentre entrava, ogni suo sguardo penetrante, riusciva a creare un disagio nell'animo di Francis.
Impercettibile agli occhi delle persone comuni, ma a lui, a quel cardinale niente sfuggiva.
Un piccolo tremore prese la mano della nazione, che subito nascose impugnando il suo fedele fioretto.
Francis doveva ammetterlo, senza la sua innegabile forza e prontezza, ora non sarebbe stato così potente.
Gli doveva tanto.
Ma aveva anche tolto molto al suo popolo.
Era riuscito ad ammansire i nobili, ridurre a mera polvere gli ugonotti.
E in quei pochi dei suoi fulgenti anni, riuscì a renderlo grande.
Eppure sotto gli occhi di Francis, mentre attraversava il salone, mentre proferiva un'altro dei suoi profondi inchini, non vedeva un uomo di chiesa.
Non era un semplice Cardinale, non era un semplice ministro.
Restando nell' ombra, dietro al trono reale, era lui a manovrare ogni istante della vita politica.
Un manipolatore senza scrupoli, abile stratega e un politico assolutista.
Era lui il vero re di Francia.
Lui, Richelieu.
Il re ingannatore.
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Scusate se vi ho fatto aspettare tanto ma dovevo raccogliere le idee, scusatemi se è breve.
Comunque ecco a voi Richelieu, non un semplice uomo, ma un vero e proprio macchinatore  e calcolatore, fece di tutto per proteggere il potere reale e accrescerlo, rendendo la Francia una vera e propria monarchia assolutista.
Come potete capire ogni capitolo sarà dedicato ad una nazione, se avete qualche altra idea  sarei felicissima di accontentarvi!
Un caloroso saluto,
Sachi93

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Capitolo 4
*** I Queen e un libro (Inghilterra) ***


I Queen e un libro
 
 
 
 
Chi diavolo erano quelli?
Questa era la domanda che faceva eco nella mente di Arthur.
Ma Dio, quei  tizi erano fenomenali.
Erano secoli che non la sua anima non assaporava quella febbricitante sensazione di gloria.
Sì, gloria, era questo, quello che faceva fremere Arthur sulla poltrona.
Abbandonando una noiosa rivista di gossip, cercò di captare ogni nota, ogni voce per non perdere nulla di quella sensazione ormai lontana.
E inconsciamente rideva.
Non si era mai sentito così euforico.
 
Bohemian Rhapsody.
 
Così la chiamava la radio.
E sì, Arthur si ritrovò a girare per il suo salotto, inciampando di tanto in tanto fra le pantofole e il tappeto persiano, cercando di memorizzare quelle parole.
Sorridendo ad ogni vibrazione delle assi del pavimento.
Sentendo quella canzone che penetrava le mura.
Scalfiva le porte.
Risvegliava gli antichi ricordi di mare di quel pirata nascosto.
Ed era come sentirsi di nuovo vivi.
Anelare alle stelle e tentare, sperare di toccarle, rimanendo abbagliati da ogni loro minima variazione.
 
Ma gli anni passarono e quella sensazione di vita lo abbandonò una mattina del 24 novembre del 1991.*
All' improvviso ogni traccia residua di quella euforia scemò, nascosta nell'angolo più remoto di un cassetto in soffitta.
 
Quella sera, Arthur leggeva un libro, che per uno strano scherzo del destino era caduto sul suo piede mentre usciva da una libreria.
Non aveva fatto caso alla copertina colorata, al nome dell'autrice, ma solo al titolo.
 
Harry Potter

Lo disse bisbigliando sommessamente, mentre si massaggiava la punta del piede e si chiedeva ripetutamente come avesse fatto il libro a cadere dallo scaffale.
Ma, ormai, il piede non faceva più male, eppure ripeteva continuamente quel nome, a sincerarsi che fosse vero. 
E ora si ritrovava su quella poltrona, che da tanto tempo gli faceva da compagna, insieme alla sua inseparabile radio che più di tutti conosceva i suoi gusti.
Eppure quella sera... si, quella sera dopo tanto tempo aveva spento la radio, preso un vecchio giradischi impolverato e un album.
 
Nostalgia.
 
Quel libro aveva risvegliato in lui una grande voglia di poter vivere ancora quelle sensazioni che aveva assopito.
Il disco era ancora integro, privo di tagli o graffi.
Lo mise ed ecco... ecco quella sensazione di pura felicità che gli invadeva di nuovo l'anima.
E piangeva come un bambino, leggendo ogni parola, ascoltando ogni vibrazione di un' anima che fu.
Delle calde lacrime bagnarono le pagine, lasciando un segno visibile, scioglievano qualche lettera d' inchiostro,  Arthur sorrideva, rideva, dopo tanto tempo.
Era una sera, il 30 giugno 1997.*
 
 
Ancora oggi in uno scaffale della sua biblioteca, nascosto nella penombra di un pomeriggio di un novembre piovoso, mentre Arthur tenta inutilmente di rincorrere Peter, un libro dalle parole dissolte e un album dalla copertina consunta fanno compagnia a quelle risate che si stagliano gioiose in una sala, non più così vuota.
 
 
 
 
 
Salve ragazzi!
La prima data è la morte di Freddie Mercury il famosissimo cantante dei Queen, la seconda è la data della prima uscita del libro Harry Potter e la pietra filosofale.
Bhe, ho fatto questa storia perché sono una grande fan dei Queen ed insieme ad Harry Potter mi sembrava il giusto mix per raccontare un Inghilterra fuori dal suo contesto scorbutico.
Spero vivamente che vi sia piaciuta, so che è stato un azzardo, ma volevo vedere il risultato di questo pastiche di eventi.
Un caloroso  saluto,
Sachi93
 
 

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Capitolo 5
*** Danke (Sacro Romano Impero) ***


Danke
 
 
 
Cavalcare in quei tempi era estremamente pericoloso, soprattutto se per i più si era un semplice ragazzino di nobili origini.
Coperto da un nero mantello, come le ali di un corvo.
Era lui che incuteva timore a chi passava al suo fianco.
Non i banditi, non i mercenari, non Dio.
Lui, cavalcando dall'alto di quello stallone, sembrava uno spirito degli inferi, sceso in terra per reclamare il suo potere.
Così appariva anche ai funzionari, mentre attraversava gli oscuri corridoi.
Ma non per quell' uomo.
Soprattutto per colui che in pochi anni era riuscito in una grande impresa.
Federico II Hohenstaufen.
Un uomo.
Non non un semplice uomo, la meraviglia del mondo per la sua corte.
Lui,  senza alcuna previsione, come se per il tempo fosse uno dei tanti, aveva riunito sotto al suo trono l' Impero.
Quello della grande Roma, quello del grande Impero Romano.
Contro ogni volere.
Osando sfidare persino il papa.
Ma, in quelle lotte fra guelfi e ghibellini, lui aveva ottenuto ciò che da tanti secoli il mondo conosciuto desiderava.
L' Italia.
Lei.
Quel piccolo bocciolo di rosa bianca che girovaga fra le piazze delle sue città, incurante di un' anima in pena che anelava ad un suo sguardo.
Così da molti secoli, Sacro Romano Impero amava segretamente quella nazione, sperando in un suo futuro si.
E mentre apriva il grande portone nella grande sala, circondata dal soffuso bagliore delle candele, lei era finalmente lì.
A passi lenti si avvicinò, oltrepassando le spirali d'incenso, fissando negli occhi quella piccola nazione che si era inchinata al suo cospetto.
Poi, Sacro Romano Impero pose una mano sul suo cuore, un piccolo cenno con la testa, rivolto al suo sovrano e un sussurro, in una lingua così lontana, nordica.
 
Danke
 
Era grazie a quell' imperatore, se lui oggi, aveva potuto vedere, in quelle pagliuzze dorate, il suo amore.
Quello che ora aveva con sé, quello che ora stringeva spasmodicamente in mano.
Era grazie a lui, se in quel giorno aveva dato il suo primo bacio all' amata.
Grazie a lui, il primo incontro.
Eppure, oggi, senza quell' uomo, non avrebbe mai potuto dirle addio.
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Dedico il capitolo a Malice e a tutti gli amanti della HRExITA, una storia molto leggera.
Come potete vedere nessuna battaglia viene descritta, ma soltanto il primo incontro tra Italia e Sacro Romano Impero, grazie all' intervento di Federico II della casa di Svevia, il quale ottenne il potere sia sul Sacro Romano Impero stesso, sia sul Regno di Sicilia, compreso anche il meridione, che  su tutti i comuni del Nord Italia, comandandoli indirettamente.
Senza Federico II, il nostro piccolo Sacro Romano Impero,  non avrebbe mai potuto  incontrarla, né dirle addio.
Spero vivamente che vi sia piaciuta, la prossima sarà su Prussia, ma se avete qualche altra idea fatemelo sapere, sarò lieta di accontentarvi!
Un caloroso saluto,
Sachi93.

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Capitolo 6
*** Maestro (Vietnam) ***


Maestro

 


 

Maestro, Maestro...

Un suono così ormai lontano, troppo nella certezza che qualcuno risponda ancora.

Un nome che scivolava via, cullato da una brezza calda, via dalle sue labbra.

Ma che la riempiva sempre di orgoglio.

Sarebbe stato difficile pensare di rimanere senza una guida, eppure capitava ad ogni nazione.

Già, capitava a tutti, anche a lei nella sua millenaria storia.

Lei che solcava i suoi placidi fiumi da tempo immemore.

Lei che aveva affrontato infinite battaglie, guerre, troppe per una che sembrava soltanto una giovane donna.

E nonostante tutto, era con lui che Vietnam aveva ritrovato un po' di primavera.

Quella che la portava a combattere, ad interpretare, a vivere ogni arte marziale.

Così imparavano e crescevano insieme.

Attraverso gli anni.

L'uno nella fragilità di essere umano, lei nella saggezza forgiata dalla storia.

Forse era lì che si era abituata a chiamarlo Maestro.

In quegl' incontri finiti sempre alla pari.

Superando ampiamente i limiti delle loro forze.

Continuando, ogni volta, a chiamarlo Maestro.

Per lui, lei avrebbe pronunciato quella parola anche alla sua fine.

Perché, Nguyễn Lộc, il Maestro, lui l'aveva lasciata proprio in un a primavera.

Come accadeva ad ogni essere umano.

E non rimase niente più che un fuggevole tocco di mano su di una lacrima.

Per fortuna nessuna l'aveva vista piangere quell' aprile del 1960.





 

Salve ragazzi!
Dedico la storia a Danonleggere, che me l'ha richiesta, il problema è che è venuta un po' funerea e molto breve, scusate.
Nguyễn Lộc era un famosissimo maestro di Arti marziali, fondatore del Vovinam việt võ Dạo, per tutte le altre info cercate su Wiki.
Mi è venuta un po' maluccio, l'ho fatta un di fretta, quindi se ci sono errori avvisatemi.
Come ogni volta se ci sono richieste su un personaggio preferito fatemele, sarei felicissima di accontentarvi, anche se vi sembrano stupide, non preoccupatevi non vi mangio.
Un caloroso saluto,
Sachi93.

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Capitolo 7
*** And then he called him AWESOME (Prussia) ***


And then he called him AWESOME

 
 
 
 
Magnifico!
 
Tutti si chiedevano del perché continuasse a chiamarsi Magnifico, quando era evidente che non lo fosse.
Forse puro egocentrismo, forse desiderio di attenzione su di sé.
E chi lo sa.
Sta di fatto che, dopo esser passati secoli, la curiosità, su quel dannato soprannome, scemò e si abituarono a sentir Prussia chiamare sé stesso così.
Sempre con quel ghigno e quella risata boriosa stampata in faccia.
Ma, in un certo qual senso, forse né percepivano il motivo, uno dei più nobili, qualcosa che accomunava un po' tutti, eppure continuarono a non chiedergli nulla.
Come se quel silenzio pieno di domande, fosse un' accettazione di quell' eccentrico soprannome.
Era il simbolo di un ricordo.
In fondo a Prussia, non importava cosa gli altri potessero pensare di lui.
Del perché o per come, si fosse soprannominato in quel mondo.
Prussia voleva soltanto che quella persona lo sapesse anche nell' aldilà.
Perché l'unico che si era interessato veramente a Prussia, non come nazione, ma come un semplice mortale, come se fosse semplicemente Gilbert, era trapassato da secoli.
Per Der Alte Fritz, Prussia era veramente importante.
Non era una semplice nazione, ma il figlio che non aveva mai avuto.
Quello per cui aveva speso un' intera vita tra i campi, nel fuoco di una battaglia.
Quello per il quale aveva creato un regno che fosse alla sua altezza.
Che si addormentava ai dolci sospiri del suo flauto.
Che dopo quella grande battaglia, si era accasciato sulle ginocchia singhiozzando come un bambino.
Forse perché aveva nuovamente perso.
No, non per Friedrich.
Per la prima volta aveva vinto.
Aveva vinto sé stesso, la propria integrità.
Mai più così diviso.
Per questo, lì, inginocchiato con lui, incurante del fango che si attaccava ai pantaloni, con una mano sulla sua spalla, il vecchio Fritz lo chiamò Magnifico.
Così con lo sguardo ebete, sconvolto dalla sorpresa,  Prussia lo vide allontanarsi per tornare all' accampamento.
Per la prima volta, agli occhi di qualcuno, lui non era una nullità.
Per questo, ogni Domenica, sparisce dalla circolazione, incurante di quelle rumorose e noiose riunioni, del tempo impietoso che si affliggeva su di lui, su quella frangia bianca appiccicata alla fronte e su quella tomba grigia nello spazio aperto di un giardino.
Un mazzo di fiori sgocciolante, una birra aperta vuota e qualche patata a far compagnia a quell' ex nazione che brindava, sotto la pioggia, all' anima di Fritz.
E non gliene fregava assolutamente niente, se gli altri lo considerassero solo un esaltato egocentrico megalomane.
Perché per quel padre mancato, lui si sarebbe sempre chiamato Magnifico.
L' importante era che Fritz ci credesse veramente.
 
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Dedicato alle persone che amano Gilbert.
Allora come sappiamo tutti, Federico II fu un grande sovrano, che diede l'avvio alla super potenza prussiana, con la guerra dei sette anni, pur non avendo vinto completamente aveva affermato l'unione del suo regno, perciò in un certo qual senso aveva vinto la sua unità.
Ora vedete Federico II si era sposato ma non aveva avuto figli, detestava la moglie, ma amava intensamente sua sorella ed inoltre era la sua migliore amica, quindi non è vero che odiasse le donne, non sopportava alcuni tipi; era inolte un bravissimo suonatore del flauto.
In un afoto girovagando su internet ho visto che sulla tomba del vecchio Fritz, oltre a dei fiori portavano anche delle patate, fu lui che introdusse in Germania la coltivazione di quel tubero.
Comunque spiegazioni a parte spero vivamente che vi sia piaciuta la storia, se avete delle idee fatemelo sapere sarò felice di accontentarvi!
Un caloroso saluto,
Sachi93

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Capitolo 8
*** Il profumo del mosto selvatico (Vaticano) ***


Il profumo del mosto selvatico.
 
 
 
 
Quello era un mondo veramente crudele, oltre ogni più bieco desiderio.
Ogni dubbio lì prendeva fuoco, spariva di fronte all' audacia di quelle azioni.
Folle orgoglio e razionale inettitudine, la facevano da padrone.
Semplicemente si sopravviveva, si viveva nel vino, nelle gioie della vita, di quell'attimo di pura estasi.
Nella vibrazione della stessa essenza di un orgasmo.
Diventando i recessi di noi stessi.
Ogni giorno.
Eppure lei si distingueva, in quella uniforme abbietta marmaglia, lei era un essere multiforme.
Lei con i suoi boccoli dorati, la pelle bianca e quel profumo...
Sì, quello che ad ogni ballo, convivio, cena, aleggiava persistente e tentatore ai nostri occhi.
Quello di chi ha  bevuto tanto, così tanto da voler dimenticare, annebbiare la propria mente nello scarlatto.
Era una vera donna, come mai se ne erano viste da tanti secoli.
Lei che per i suoi familiari era una pedina nello scacchiere delle alleanze.
Solo una donna nel gioco di potere di molti uomini.
Lei non ne ebbe paura e seppe sfruttare ogni minima avversità.
Perché tutto in lei gridava alla gioia dell'essere.
Quella vera, quella che porta con sé anche il dolore.
Non una maschera obbligata ad ogni sorso di quel divino nettare.
E quella mano bianca, quella che invano tremava, portata al cuore palpitante d'emozione, di rabbia, di subdole manovre.
Eh sì, quel mondo era crudele con chi era onesto.
Lei non doveva esserlo.
Ad ogni angolo sentivi un minaccioso sospiro.
Soltanto uno e tu sapevi che poteva separarti dalla vita o dalla morte.
Un brivido sulla pelle che ogni giorno copriva con quell'essenza.
Ma lei doveva essere così, lei doveva, per poter resistere in quel mio mondo.
C' era chi diceva fosse un' avvelenatrice, un' amante incestuosa, una puttana d' alto borgo.
Lei con fiero orgoglio non si abbassò mai a nessun giudizio. 
Quanti l' hanno condannata in vita, quanti la disprezzarono in morte.
Ah, ma lei incurante di quegli sguardi, vagava con passo alto e fiero.
Con tutto il suo orgoglio di donna, sopportò la perdita dei suoi figli.
Perché a volte, si scordavano che anche lei era una madre.
Sacrificando ogni sua possibile felicità per loro.
Straziandosi di dolore, quando uno di dei suoi bambini la lasciava per un mondo migliore.
Eppure adesso in queste mie stanze, penso di poter parlare ancora con lei.
Nell' illusione di un tramonto sul Tevere.
E chiudendo questo libro sapete cosa sento, lettori.
Un profumo.
Non uno qualsiasi, non è l'incenso che annebbia i sensi.
E' un profumo di vita, della sua vita, la sua essenza di donna.
Il profumo del mosto selvatico.
Perdonami se ti ho abbandonato.
 
 
 
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Il titolo viene dall' omonimo film, che consiglio a tutti di vedere. Qui il personaggio è Vaticano ed  è un uomo.
Che ne pensate, non ha un vero e proprio senso, anche perchè l'ho impostata come se fosse non solo una lettera ai lettori ma anche alla stessa Lucrezia, se non vi piace non fatevi dei problemi e ditemelo.
Sinceramente leggendo su Wiki la storia di Lucrezia Borgia, ci si fanno molteplici idee discordanti, ma dobbiamo ricordarci che il 1500 non era un' epoca dedicata solo al rinascimento, era un vero bordello, nel vero senso della parola.
Se si voleva sopravvivere dovevi essere un gran bastardo e anche un assassino in alcuni casi, non era un mondo fatto per persone oneste, anche se ci sono vari pro e contro, lascio comunque a voi la curiosità di conoscere un' epoca.
Tornando a Lucrezia, si lei è stata una pedina nelle mani del fratello Cesare Borgia e Alessandro VI, suo padre, ma seppe  sfruttare contemporaneamente i progetti che loro avevano, per i propri scopi, in poche parole doveva vivere in un mondo di lupo, ovviamente ho un po' romanzato i fatti.
La prossima storia sarà su Cuba, spero di avere abbastanza tempo per crearla!
Un caloroso saluto a tutti i miei lettori e a presto,
Sachi93. 

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Capitolo 9
*** Come il sole dell' Avana (Cuba) ***


Come il sole dell' Avana.
 
 
 
 
 
L' aria dell' Avana era sempre molto calda, un po' umida.
Tanto che a volte sul mare si vedeva della foschia che avanzava e si arrestava davanti al sole che si innalzava.
Sinceramente quello spettacolo lo sbalordiva sempre.
In piedi.
Incurante di qualsiasi dolore.
Lui restava ed era sempre li.
Come il sole dell' Avana.
Certo, di tanto in tanto un uragano o una tempesta tropicale la facevano da padrone, ma quel sole spuntava sempre fuori.
Come lui.
Non importava di essere ricoverato in un ospedale, legato a qualche flebo.
Come il sole, lui sorge.
Anche nel bianco asettico dell' ospedale.
Seppur vestito con un pigiama, che stona con la figura alta che la sua anima emanava.
Anche nei suoi anni avanzati.
Lui sapeva di forza.
In ogni sua più piccola particella.
Era per questo che Cuba lo ammirava.
Così, di tanto in tanto, contro ogni parere medico gli portava un paio di sigari cubani e una piccola bottiglia di rhum.
E attraversando quei corridoi, si potevano sentire delle risate provenire da una stanza particolare.
Nessuno poteva entrarci.
Ma fra le pareti aleggiava un intenso profumo di sigaro, il tintinnio di un brindisi e qualche parola famosa.
Era questo il sole dell' Avana.
Un raggio che filtrava una bottiglia dorata, una nube che saliva pigra nell'aria.
E un uomo
Fidel.
Fidel Castro.
 
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Bhe, non credo ci sia molto da dire, sappiamo tutti chi è Fidel Castro, sappiamo anche che qualche anno fa si è sentito male, quindi in pratica in questa storia Cuba va a trovare in ospedale Fidel!
Spero vivamente che vi sia piaciuta, anche se breve.
Dedico la storia ad Ale_Be, scusa il ritardo.
Un caloroso saluto,
Sachi93

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Capitolo 10
*** Una mano sulla finestra (Polonia) ***


Una mano sulla  finestra.
 
 
 
 
Una mano sul cielo stellato.
E l' impronta rimasta fra le ombre della notte.
Ancora calda e umida.
E' il contrasto fra il camino scoppiettante, brulicante di vivacità e quell'immensa distesa nera che affascinava la sua mente.
Come quel bicchiere di vino nero che si adagia nuovamente fra le sue mani.
Le finestre spalancate in pieno inverno e lui piegato sulle carte astronomiche a scovare quell'infinito mistero.
E Feliks rimaneva lì a fissarlo.
Incantato nei movimenti di quei cerchi perfetti, dall'elegante e fine scrittura che copriva il foglio di fitti calcoli.
E di nuovo alzando gli occhi al cielo, arricciando le labbra e socchiudendo gli occhi, cercava di oltrepassare la fitta trama delle stelle.
 
"Sai, ritengo di esser giunto ad una conclusione." Disse, posando lo sguardo sulle torce appese al muro.
 
"Quale?" Chiese curioso la nazione
 
"Che in mezzo a tutto sta il sole." Rispose, volgendo nuovamente la testa e indicando l' alba che penetrava il lembo della notte.
 
A Mikołaj Kopernik, non bastò una sola notte a sciogliere quelle domande.
Ma bastò un intera vita a sconvolgere l' intero universo.
E a Feliks per sapere che nel buio c'è sempre una luce.


 
 
 
Salve ragazzi!
Ecco a voi una storia veloce, veloce e molto breve su Polonia e Niccolò Copernico, colui che sconvolse e sistemò le teorie sul nostro sistema planetaria, con la sua teoria sull' eliocentrismo.
Bene come al solito non mi dilungo troppo altrimenti vi annoio, se  avete richieste fatemelo sapere.
Un caloroso saluto,
Sachi93.

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Capitolo 11
*** Idi (Impero Romano) ***


Idi 
 
 
 
Per Roma, in quel solo singolo fendente, il tempo si fermò.
Il pugnale che lentamente scendeva.
Il sangue che inesorabilmente colava tra le pieghe della toga.
Le urla strazianti.
Altri colpi.
Un ginocchio a terra.
Una mano protesa.
Il cipiglio severo di una statua.
E Cesare cadde.
Caio Giulio Cesare.
Un nome altisonante pensò la prima volta che lo vide.
Una morte altrettanto echeggiante.
Come gli applausi nelle arene.
Come il suono della lama che strideva contro la pelle.
E tacquero.
Nascosto dai lembi delle tende Roma poteva vedere una chiazza rossa allargarsi.
I loro sandali impastavano il suo sangue.
Camminando, fuggendo, lasciarono delle impronte, delle gocce.
Per il suo bene gli sussurravano avvicinandosi.
Per il bene di Roma, gridavano a gran voce fra di loro.
Un figlio che uccide il padre, la storia più vecchia del mondo.
Le sue parole, in un unico spasimo di una roboante audacia, giacciono negli occhi di Bruto.
Sotto la statua di un antico nemico.
Mentre  l' ultimo calpestio si dileguava.
Tra lo sfavillante luccichio dei marmi.
In quelle Idi di marzo, Cesare morì.
E per Roma il tempo passò.
 

 
 
Salve ragazzi!
Chi più di tutti cambiò la storia di Roma se non Cesare stesso! Ecco a voi la sua morte sotto gli occhi di una incredula e consapevole nazione centenaria!
Mi sono anche basata su una doujinshi che avevo in un album della mia pagina: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=368457029916771&set=a.343755509053590.77105.267199350042540&type=3&theater
Bhe, spero vivamente che vi sia piaciuta, se avete delle idee o delle richieste su altre nazioni, fatemelo sapere!
Un caloroso saluto,
Sachi93

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Capitolo 12
*** Anche i sovrani sono semplici uomini (Spagna) ***


Anche i sovrani sono semplici uomini



Spagna restò nascosto nell'ombra, in disparte, lontano da quel letto di dolore.
E lui, il re, le era accanto.
 
«Vostra Maestà potrà avere altre mogli, ma nessuna la amerà mai come me».*
 
In quel breve sospirò, la mano scivolò via.
Così come le lacrime, che le andarono a far compagnia.
Lei, l'unica che l'aveva amato a dispetto del suo aspetto orribile, delle  sue incapacità.
Lei, la sua triste gemma rara, lo aveva lasciato solo.
 
Una manina tirò la manica dell' uniforme di Antonio e si strinse forte fra le sue dita.
Romano era rimasto tutto il tempo dietro di lui, con un'arrendevole innocenza dettata nei suoi occhi, lo aveva riportato alla realtà di quel funebre momento.
Eppure Antonio non rispose a quella stretta, non ne era capace.
Non davanti a quel dolore.
E Romano non chiese nulla più.
Perché lui, nel suo piccolo cuore, aveva visto già troppe volte la morte.
Abbassando il capo, Antonio restò lì.
Ad ascoltare quei singhiozzi che vibravano perpetui fra le sue labbra
Quella piccola mano non era più incastonata a lui.
 
Carlo II rimpianse sempre amaramente la morte del suo fiore.
 
Spagna non aveva mai visto un re piangere così tanto.
 
Il 12 febbraio 1689  Antonio scoprì che anche i sovrani sono semplici uomini.
 
 
 
*(Wikipedia)

 
 
Salve ragazzi!
Il racconto è molto vecchio e l' avevo già postato,  ma mi piaceva talmente tanto che l'ho modificato e ve l'ho riproposto, anche perché l'originale non mi soddisfaceva. 
Quindi per le vecchie spiegazioni mi rifaccio all' ormai ex racconto, non penso che lo cancellerò.
Il tutto però mi è venuto fuori mentre mi impicciavo della casata d'Asburgo di Spagna, i protagonisti sono Carlo II e sua moglie Maria Luisa d'Orleans.
Bhe, dovete sapere che Carlo II era brutto, ma veramente brutto, aiutatemi a di' brutto (cit. Brignano), ma aveva sposato una donna molto bella, fu amore a prima vista si dice. 
Però sorsero dei problemi, la coppia non riusciva ad avere figli e lei cadde in depressione.
Un giorno però mentre montava sul cavallo accusò un forte dolore allo stomaco, la notte seguente, il 12 febbraio 1689 si spense, Carlo fu distrutto dal dolore.
La storia mi è piaciuta fin da subito, mi dispiace per lui, perché poi fu costretto a risposarsi: "Subito dopo la sua morte, i ministri spagnoli cominciarono rapidamente a cercare una seconda moglie per il re: le candidate principali furono la principessa italiana Anna Maria Luisa de' Medici e la principessa tedesca Maria Anna del Palatinato-Neuburg. Mostrarono a Carlo i ritratti di queste due possibili spose in modo che potesse scegliere guardandoli: il re disse: «La signora di Toscana è graziosa e anche la signora di Neuburg non sembra essere affatto brutta.» Allora Carlo girò lo sguardo su un ritratto della defunta Maria Luisa e, dopo aver sospirato, disse: «Questa donna era veramente bellissima». (Wikipedia)
Si vede che doveva amarla molto.
Quindi ho pensato che per raccontare questa storia sarebbero stati perfetti Antonio e il piccolo Romano. 
Spero vivamente che vi sia piaciuta e se avete altre idee fatemelo sapere!
Un caloroso saluto e inoltre ringrazio le 352 persone che hanno avuto la pazienza e la gioia di leggere le mie storie!
Sachi93

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Capitolo 13
*** Luna (America) ***


Luna


 
Non  v’è il buio, né il vuoto.
Solo la quiete.
Una calma apparente, eppure reale.
Forse non lo saprai.
Puoi solo sentire quel ronzio.
La radio che tenta di trasmettere qualcosa.
 
Houston, qui base della Tranquillità. L'Eagle è atterrato.
 
La sua voce tremante, gioiosa.
Puoi immaginare il suo sorriso sulle labbra.
Come il tuo, in quella saletta.
Fra i respiri spezzati degli ascoltatori.
Non puoi non percepire la sabbia anche sotto i tuoi piedi.
Puoi persino immaginarlo.
Credere che abbia una soffice consistenza.
Anche se non sei tu a calpestare quel suolo.
Non sei lì, con loro.
Ma puoi ascoltare ancora quelle voci.
Quelle che ti rimarranno impresse per sempre.
Come il suo nome.
 
Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l'umanità.
 
Neil Armstrong.
Forse America una parte di te è ancora lì.



Salve ragazzi!
Allora sono ancora nel mio week end di tranquillità, sotto le minacce della mia amica che tenta di farmi staccare da carta e penna.
Dedico la storia a  Ale_Be, che mi aveva richiesto una storia su America e Neil Armstrong.
Buona lettura, io torno al mio ozio!
Sachi93

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Capitolo 14
*** La Signora del Nord (Danimarca) ***


La Signora del Nord

 

 

Senti l' odore della salsedine penetrare i tuoi sensi.

Era destinata solo al matrimonio.

Tingere la tua pelle.

Si diceva.

La spuma lambisce la prua.

Era destinata solo a procreare eredi.

Il grigio delle acque sovrastano le tue vele.

Il trono.

Tempra la tua anima.

La luce delle candele.

La tua ascia fra le mani.

La cadenza dell' omelia.

Occhi di un blu profondo che scrutano l'orizzonte.

Le insegne regali.

Sei grande, sei forte.

Regna dall' alto i presenti.

Sei con i tuoi fratelli.

Forte, come un uomo.

Solchi con le tue navi i mari ghiacciati.

La corona posta sul capo, aprì gli occhi su di loro.

Dall'alto della prua il mondo è ai tuoi piedi.

Si inchinano davanti a lei.

Danimarca sei il dominatore del Nord.

Ma lei è la Signora Re.

Il nome di Margherita tuona nel tuo grido di vittoria.

 



 

Salve ragazzi!
Sono tornata.
Ora dopo questa epica entrata in scena, posso  tornare alla storia, vi ho portato Margherita I di Danimarca, la fondatrice dell' unione di Kalmar nonchè la più grande regina danese.
Dedico questa storia a adrienne riordan, che l'ha richiesta, spero che possa piacerti!
Un bacione e alla prossima, fra un paio di giorni!
Sachi93.

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Capitolo 15
*** Sublime (N. Italia) ***


Sublime 
 
 
 
 
L'odore della polvere era penetrante, persino alcuni rivoli scendevano dalle assi al suo passaggio.
Per non parlare della luce fioca, quella che le candele consunte emanavano.
Anche  al calar del sole continuava il suo lavoro.
Feliciano era nascosto nell'ombra, come al solito, come se il suo respiro potesse turbare la sua opera.
Così vedeva passi frettolosi scendere e salire dalle scale.
Macchie sul prezioso pavimento di marmo.
Imprecazioni a mezza voce.
Sentiva i polpastrelli che sfregavano fra loro per saggiare la consistenza del colore.
L'indecisione di porre la propria anima in quella o nell' altra pennellata.
E poi decidere di donarla completamente alla fine.
I sospiri ad ogni goccia caduta.
Gli occhi che fremevano alla ricerca di quell' attesa.
L'attesa di dover dire fine.
Di due mani che attendevano di toccarsi.
In quell' infinito spasimo di vita.
L' inquietudine per il sublime.
Che va dicendo all' anima: Sospira.
Quell'attesa che era stata fermata dall' ultimo suono di un pennello che scivolava sulla volta.
Si passò uno straccio fra le mani.
Respirò a fondo l'odore pungente del colore e abbassò gli occhi, trovandosi di fronte ad un bambino, poco più che un pulcino spaurito, meravigliato da un cielo terso, così vivo.
Un sorriso mesto nacque sul volto di Michelangelo.
Chissà se avesse veramente donato la sua anima alla Creazione.
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Dedico la storia a FragolaH, che l'aveva richiesta.
Bhe, il momento che ho descritto è la creazione della volta della Cappella Sistina,  mentre dipinge la Creazione di Adamo.
Ora la prossima che penso sarà per lunedì o martedì sarà su Grecia e Socrate.
Spero vivamente che vi sia piaciuta anche se sò che è molto breve!
Un saluto a tutti i miei lettori e vorrei ringraziare: 
 
Le sette persone che l' hanno messa nelle preferite 
1 - Ale_Be 
2 - Cecchan 
3 - FragolaH 
4 - Lucifer01 
5 - malice 
6 - SnowBlizard 
7 - Valerydell95 
 
E le 15 persone che l'hanno messa nelle seguite
1 - Ale_Be 
2 - danonleggere 
3 - diokoxkristof 
4 - Falsa dea molto adorata 
5 - franciPREUSSENhetalia 
6 - Ghegghe 
7 - Liliav 
8 - LordAndreius 
9 - malice 
10 - Purple Deep 
11 - Scorpio No Kardia 
12 - Sol Soniador F Jones 
13 - ThisSideOfParadise 
14 - _ L e a _ 
15 - _Emma
 
Un grazie e un inchino a tutti voi!
Sachi93

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Capitolo 16
*** Io so' di non sapere (Grecia) ***


Io so' di non sapere
 
 
 
Restarsene lì, era l'unica cosa che riusciva a fare in quei giorni.
Ascoltando il rumore del tempo, che si abbatteva secolare, impetuoso, che risuonava fra le colonne.
Con un sole estivo inclemente, la baluginante aria secca e calda, così cocente ad ogni respiro.
Sotto la fresca ombra, rimaneva lì a ricordare.
Il ronzio di quei antichi suoni che penetravano la sua mente, quando chiudeva gli occhi.
La sensazione di conforto quando stringeva  forte la mano di sua madre, mentre trotterellava sull' Acropoli a render omaggio agli dei.
Poteva ancora udire le voci dei mercanti stranieri, le nenie dei sacerdoti, i cori che dal teatro si alzavano a cullare i suoi dolci sonni.
E la sua.
Quella che aveva udito fra le miriadi di vesti svolazzanti che frequentavano l' agorà.
Quella voce pacata, consapevole più di tutti della vera e profonda essenza umana.
Quella che si innalzava fra le tante, facendo emergere ai suoi occhi l'uomo più strano che avesse mai incontrato nella sua vita.
Così diverso nel suo aspetto.
Un satiro, così lo descrivevano.
E aveva stretto saldamente la mano di sua madre, quando lui si era accorto della loro presenza.
Vedendo negli occhi di quell' uomo il guizzo cristallino di chi sa.
Di cui si ammirò la forza persino davanti a quella coppa.
Così, Grecia restava sempre qualche minuto in più sotto l' ombra del Partenone.
Incurante dei turisti che scattavano le foto.
Cercando con lo sguardo perso nella calura estiva, gli enigmi che un uomo aveva lasciato.
Perché in fondo Socrate aveva sempre avuto la risposta.
Ma non l'aveva mai data.
Bisognava vederla.
In sé stessi.
 
«Sai dove si vende il pesce?» 
«Si, al mercato.» 
«E sai dove gli uomini diventano virtuosi?» 
«No.» 
«Allora seguimi»*
 
 
 
(citato in Diogene Laerzio,Vite dei filosofi)
 
 
 
Salve ragazzi!
La calura estiva uccide i miei neuroni, perciò la storia è una schifezza, quindi se la devo riscrivere ditemelo!
Allora ecco a voi la storia del primo incontro tra Socrate e un piccolo Grecia,  ovviamente come spero che saprete il filosofo morì, ingerendo della cicuta, condannato a morte dai giudici ateniesi, perchè  secondo loro le sue teorie erano blasfeme e corrompevano i giovani, per tutto il resto c'è Wikipedia
Dedico la storia a Ghegghe che l'aveva richiesta.
Bhe, visto che è passato un po' di tempo, cancello l'avviso e riparto con la solita domanda: se ci sono richieste fatemelo sapere.
Un caloroso saluto a tutti e a presto,
Sachi93.

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Capitolo 17
*** Quando il passato sa di ferro e il presente di carta (Ungheria) *MODIFICATA ***


Innanzi tutto vorrei scusarmi con tutti voi miei cari lettori, perché vi ho presentato già questa storia, il cui risultato era disgustosamente decadente, e se ve lo dico io è la verità, scritta in un momento decisamente turbolento e delicato dei miei problemi familiari.
Perciò vi presento quello che sarebbe dovuta essere una storia decente, ovviamente l'ho modificata.
BUONA LETTURA!
 
 
 
Quando il passato sa di ferro e il presente di carta
 
 
 
 
Conoscere il sapore dell' assenzio era paragonabile al nulla di un' anima disperata e vuota.
Poteva bastare l'effimera sensazione di benessere di quella droga?
Poteva, se solo lei avesse lasciato sciogliere lo zucchero.
Se solo avesse veramente posato le labbra su un calice che non era suo.
Assaggiato ancora quelle poche gocce.
E Ungheria non l'aveva fatto.
Elizaveta non ne aveva bisogno, lei non aveva mai dimenticato l' eco della sua storia.
I campi verdi.
L'andatura veloce del suo cavallo.
L' arco in tensione.
Il suono di una freccia che fendeva l' aria.
Il cozzare delle sue armi.
Era un passato tinto di rosso, che sapeva di sudore, di battaglie e di ferro.
Ma ora c'era lei.
O almeno quel che ne restava.
Una donna smaniosa del suo aspetto perfetto.
Destinata a merletti in pizzo su di un' ampia gonna, stelle d'argento fra i capelli e abiti stretti allo sfinimento.
C'era tristezza in quell' assurda vanità.
Un' apatia di fondo celata nella morbida polvere della cipria.
Contornato da un segreto verde smeraldo.
Rivelato in lettere gettate all'aria e lacrime versate fino allo sfinimento.
Il segno appena percettibile di quelle labbra su un calice di cristallo.
E si diceva che un tempo c'era l' immagine di un sorriso.
In piedi nel mezzo della stanza, Ungheria guardava semplicemente una donna.
Imprigionata in un ruolo che non apparteneva più all' anima.
Nel suo muto essere.
Come la sua.
Eppure il 30 gennaio 1889, solo in quel giorno, l'imperatrice era stata lasciata fuori da quella porta.
In quella stanza, solo lì, c'era lei.
C' era Elisabetta che stringeva spasmodicamente la stoffa della sua gonna.
Delle gocce salate che macchiavano uno specchio.
E il riflesso di un' ombra piegata dal dolore.
Il presente ora non aveva nessun sapore.
Era come la carta.
Bruciava in fretta e nell'aria si sentiva solo l'essenza della cenere.
 
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Ecco a voi una storia che avevo già scritto ma che ho modificato, la protagonista del racconto è Elisabetta di Baviera, come avevo già detto, meglio nota come Sissi, una donna con gravissimi problemi psicologici, causati dalla rigidità della corte austriaca  e compensati da una rigida ricerca di una così detta perfetta forma fisica, in pratica era gravemente anoressica.
E' ambientata il giorno della morte di suo figlio Rodolfo, fatto che la distrusse nel profondo, visto che lui si era suicidato con l'amante.
Quando andai a Vienna, quello che scoprii su di lei fu traumatizzante, qua troverete un po' tutto (http://it.wikipedia.org/wiki/Elisabetta_di_Baviera#Mayerling).
Bhe è decisamente una storia piuttosto tragica, posto sotto gli occhi di un' Ungheria non più libera.
Spero vivamente che vi sia piaciuta, se volete leggere altre storia sui vostri personaggi preferiti ditemelo, non vi mangio.
Magari lasciatemi una piccolissima recensione, così conosco i vostri pareri su questa storia.
Un caloroso saluto a tutti,
Sachi93.

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Capitolo 18
*** "Dimmi, cosa ottengo se verso della radice di Asfodelo in polvere in un infuso di Artemisia?" (Russia) ***


"Dimmi, cosa ottengo se verso della radice di Asfodelo in polvere in un infuso di Artemisia?"
 
 
 
 
Un fruscio risuona nella stanza.
Accantoni il libro sul tavolino, vicino al bicchiere ancora pieno.
Apri le finestre che danno sulla grande balconata di quella casa.
Espiri profondamente e lasci penzolare la mano fuori dalla ringhiera, facendo risuonare quelle tortuose sbarre di ferro, come un' arpa.
E c'è il suo ricordo che ti tormenta.
Tu, che nei tuoi giorni, hai cercato di non infangare la sua candida essenza in bottiglie trasparenti.
Rimani tu e il suono del vento, che porta lontano i rumori di quella grande città.
Dimmi cosa ti rimane di lei.
Un fugare tocco sul petto, vero?
Una fiammella che arde nel tuo cuore.
Eppure di lei non resta che polvere nel cielo, quasi come la cenere che cade pigra dalle tue dita.
Getti il mozzicone nel posacenere, calpestando incurante una bottiglia vuota di vodka sul pavimento, mentre un calore brucia la tua gola e un bicchierino lentamente cade dalle tue mani.
L' illusione di una calda camera da letto, lascia posto alla nevosa visione del centro di San Pietroburgo.
Appoggi la fronte rovente al freddo vetro della grande finestra, cercando un po' di refrigerio per quel dolore che ti attanaglia.
In un angolo una bottiglia di vino rosso, coperta di polvere.
Mai dimenticata, mai toccata.
Tanto simile al suo sangue, che imbrattava la neve.
Il rumore fastidioso del tappo, uno sparo in mezzo alla foresta.
Una di quelle tante bottiglie scolate che rotolano tintinnando ai tuoi piedi, come il suo corpo ormai privo di vita.
Non hai dimenticato la luce spenta nei suoi occhi vitrei.
E di lei cosa è sopravvissuto in te?
Il suo sorriso così semplice e puro.
Il sapore di un vero amore, sfumato ancor prima di nascere.
Quel giglio stretto fra le mani, strappato ancor prima di sbocciare, imbrattato da macchie di vita.
Nonostante tutto, lei è qui, ancora presente nel tuo cuore, anche dopo la morte, vivendo solamente nei tuoi ricordi.
Solo lei poteva renderti veramente felice. 
Più vivo di qualsiasi altra nazione.
Perché per te, Ivan, Anastasia, era l'unica che ti aveva reso realmente umano.
Eppure continui a cercare una seconda bottiglia.
Come se la nebbia dell' alcool, potesse render ancor più vere quelle memorie di una vita precedente.
Dimmi, Ivan, ogni giorno rimpiangi amaramente la sua morte?
 
 


 
Salve ragazzi!
Allora miei cari lettori, come ho fatto con Spagna, ho rimaneggiato una mia vecchia storia che non mi aveva mai soddisfatto.
E' da un po di tempo che non riprendo questo stile, mi è sempre piaciuto, ma è difficile utilizzarlo ogni volta e si cade in noiosi clichè.
Ora molti di voi avranno notato che ho utilizzato una frase molto famosa da Harry Potter, la prima lezione con il professor Piton, quando ho scoperto il suo significato, me ne sono innamorata subito, ho sempre pensato che Ivan fosse d'accordo la rivoluzione, ma che in fondo la morte brutale di Anastasia lo avesse realmente colpito e rimpiangesse il passato, quindi quella frase era perfetta.
Ora so' che la mia precedente storia vi  ha fatto schifo, quindi vi chido immensamente scusa, spero però che questa possa farmi perdonare.
Un caloroso saluto a tutti voi e a presto,
Sachi93.

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Capitolo 19
*** E morì sentendo in lontananza il suono applauso (Antica Grecia) ***


E morì sentendo in lontananza il suono applauso
 
 
 
Sapete, narrare le gesta di una persona, non è mai facile.
Vi potrei raccontare di impavide imprese eroiche, di grandi imperatori sconfitti, regni conquistati e città distrutte.
Ed in quel tempo fu così.
Arrivò dal nord, da una terra che non era greca.
Si diceva che nelle sue vene scorresse il sangue di Achille.
Io sapevo la verità, eppure paragonarlo a lui mi dava conforto.
Non era da tutti creare una tale fama, qualcosa che ti lasciava come un terrore sopito al solo nominarlo.
Alessandro non era un dio, ne un eroe.
Era un uomo.
Solo Alessandro.
Il più grande, che riuscì in un impresa folle.
Perché il mio nemico venne distrutto.
L' Impero Persiano venne assoggettato al suo dominio.
Ed era solo un uomo.
Rapido ed implacabile.
Divenne storia.
Di noi, antichi regni, città stato, grandiosi imperi, ora rimango solo vestigia millenarie.
Turisti che ci fotografano come decadenti ammissioni di un passato.
Figli che languidamente ci ricordano.
E uomini che ancora oggi vengono sospirati d' ammirazione.
Sebbene io non esista più, se non nel mio nome, ricordo ancora quel ragazzo.
Un ragazzo, che divenne uomo e osò proclamarsi Re dei Re.
Morì con l' eco delle sue gesta impresse negli occhi.
Alessandro sappi che di te, l' Eternità avrà sempre memoria.
 
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Sono tornata dall' oblio delle non idee, presentandovi una fic, con protagonisti Antica Grecia, anche se non so' il nome originario, madre di Heracles, ed Alessandro il grande, scusate ma io amo l' epicità.
Prendendo spunto dal libro di Valerio Massimo Manfredi, che ancora non ho finito di leggere, ho cercato di presentare un uomo, grande nelle sue leggendarie imprese, ma pur sempre un uomo, non un eroe mitico, soltanto l'impressione di colui che fece tanto in una sola vita.
Ora spero vivamente che la storia vi sia piaciuta, se ne volete altre sappiate che all'appello di questa raccolta mancano:
 
-Antico Egitto
-Bielorussia
-Canada
-Cina
-Corea del sud
-Egitto
-Estonia
-Finlandia
-Germania Magna
-Germania
-Giappone
-Hong Kong
-India
-Irlanda
-Islanda
-Lettonia
-Liechtenstein
-Lituania
-Norvegia
-Paesi Bassi
-Portogallo
-Romania
-Scozia
-Svezia
-Svizzera
-Taiwan
-Ucraina
 
A  voi la scelta fra i vari protagonisti e dei rispettivi personaggi famosi, vi lascio carta bianca, anche perché prima o poi questa raccolta avrà una fine.
Un caloroso a tutti ai miei lettori che hanno un infinita pazienza, un bacione e a presto.
Sachi93

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Capitolo 20
*** Un elogio che aveva il sapore della birra (Irlanda) ***


Un elogio che aveva il sapore della birra



I bicchieri cozzavano fra loro, la birra scolava a fiumi.
E, ah, soprattutto nell' aria c'era sempre quel sentore di sigaro e di qualche canzoncina sconcia, suonata tanto per far compagnia.
Decisamente un buon pub irlandese.
Uno di quelli che ti accolgono come a casa e che ti scacciano ubriaco fradicio.
In fondo un brindisi era pur sempre un bicchierino di troppo.
Ma forse una sola birra bastava.
Magari non per quell' evento.
E cosa festeggiava direte voi?
Ah bhe quello non era un grosso problema, c' era sempre qualcosa per cui festeggiare.
Ma quella era una giornata particolare.
Già, da quella mattina la notizia aveva fatto il giro del mondo con ogni mezzo conosciuto.
Con gli occhi impastati dal sonno, sorseggiando un caffè amaro, cercava di leggere un giornale di quello stesso giorno stropicciato e umido di pioggia
Il titolo enorme, nero, campeggiava tonante in prima pagina.
Era morto.
Oscar Wilde  era passato a miglior vita, sorseggiando dello champagne, come al solito.
Tutti muoiono direte.
Si, è vero, ma  quel tizio sembrava nella sua seppur breve esistenza, voler diventare immortale.
E c' era riuscito.
Con il suo genio aveva svelato lo scandalo dei più putridi e mascherati salotti della Londra per bene.
Le gioie di una vita vera, non quella nascosta da fazzoletti in un taschino e stretti corsetti.
Una risata gorgogliò fra le labbra di Irlanda, chissà cosa avrà pensato Arthur leggendo le sue opere.
Annuendo al suo stesso pensiero,  la nazione si ritrovò la sera il quel locale.
Così tanto per ricordarlo.
Alzò il calice spumoso e traboccante brindando- A colui che ha lasciato questo fottuto mondo, gridando a noi emerite capre che il suo genio era migliore del nostro.
Un coro  di frequenti ubriaconi baldanzosi si unì al suo elogio.
Irlanda bevve tutto d' un fiato, ordinò ben sette dosi del suo migliore amico e ruttando, concluse quella che doveva essere una giornata commemorativa, sbattendo ubriaco la testa sul tavolo.
Eh, i dispiaceri bisogna sempre affogarli nell' alcool.



Salve ragazzi,
Ecco a voi un' insolita storia con un Irlanda come protagonista, bevitore incallito come suo fratello Arthur, che festeggia la dipartita di Wilde, bevendo alle gioie di una vita vera.
Dedico questa fic a Valerydell95 che me l'aveva richiesta, spero che possa piacerti.
AVVISO: Mancherò un bel po' a causa degli esami!
Un caloroso saluto e a presto.
Sachi93.

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Capitolo 21
*** Era la Primavera (Giappone) ***


Era la Primavera



C'era un bel cielo terso.
E c' era anche quel vento primaverile che entrava timido dalla finestra, portando con sé un dolce profumo.
Alcuni fogli caddero sparsi per terra.
Qualcuno, un uomo li raccolse.
Accarezzò i bordi della scrivania.
Il profilo della finestra.
I colori caldi e freddi dei pastelli e delle tempere sparsi tra le varie bozze dei disegni.
Prese una matita e tracciò delle linee.
Una dopo l'altra, un po' tremolante, sempre emozionato all' idea di creare.
Il suo ultimo lavoro.
Un petalo di ciliegio svolazzò sul foglio.
Lo prese fra le dita, alzò gli occhi e sorrise, ringraziando quell'invisibile presenza che da tanto lo accompagnava.
Era Primavera.
Le rondini volavano e garrivano, inseguendo invisibili insetti.
Il sole pomeridiano si allungava fra i profili delle case.
Toccando con i suoi raggi un piccolo vaso d'acqua e il suo solitario rametto di ciliegio in fiore.
I fogli erano rimasti sparpagliati, i colori accatastati e alcune cartacce gettate alla rinfusa.
Dalla finestra  aperta poteva vedere le nuvole passare e in lontananza sentire i suoi passi.
Il ticchettio costante  dell'orologio accompagnava le sue idee.
Dalla strada un' antica quanto giovane nazione volse lo sguardo verso quella casa.
Non esistono gli addii quando sai che ci sarà un ritorno.
E questo Giappone lo sapeva, da sempre.
Perché era Primavera





Salve ragazzi!
Ecco a voi la storia di Giappone e Hayao miyazaki che vi avevo promesso.
Sapendo che "Si alza il vento (Kaze tachinu)" sarebbe stato il suo ultimo lavoro, ho pensato a come Giappone gli avrebbe potuto dire addio, con il ritorno della primavera e un  rametto di ciliegio in fiore.
Dedico la storia a Scorpio No Kardia e Valerydell95, scusate se ci ho messo tanto  ma ieri ho fatto l'esame di Archeologia ed ero morta, infatti l'ho creata questa sera!
Un caloroso saluto e a presto,
Sachi93.

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Capitolo 22
*** Alla fine – é la mia memoria ad arrendersi. (Germania) ***


Alla fine – è la mia memoria ad arrendersi.*



Tutto venne stravolto.
Ogni sua parola, ogni concetto.
E mi ritrovavo coinvolto nella marea della folla, buttato lì.
Uno scoglio nella tempesta.
Lì, con la mia alta uniforme, profumata e ben piegata, le scarpe lucide e il cappello in alto.
Per un po' ci avevo creduto a quel mondo.
Ma...
C' era quel ma, che non lasciava adito a nessun dubbio.
Quella filosofia così intensa, vibrante, appassionata.
Sì, l'essenza di quello spirito vacante e irrequieto.
Dov' era?
Chi avrebbe raccolto le spoglie di quel Dio che era morto.
Chi avrebbe combattuto lo spirito apollineo?
Cosa era rimasto della volontà?
Persa.
Insieme alla folla acclamante, alle trombe che annunciavano una nuova arringa.
Agli applausi che accompagnavano ogni sua entrata.
Persa.
Come lo ero anche io.
Così non pensai.
Non mi accorsi del braccio che mio fratello stringeva, scuotendomi da quell' insensata apatia.
Portato dalla folla, con lo sguardo nel vuoto applaudii anche io.
E Nietzshe era morto.
Io l' avevo ucciso.



*«Io ho fatto questo» dice la mia memoria. «Io non posso aver fatto questo» – dice il mio orgoglio e resta irremovibile. Alla fine – è la mia memoria ad arrendersi. (68; 2007) [ http://it.wikiquote.org/wiki/Friedrich_Nietzsche#Al_di_l.C3.A0_del_bene_e_del_male ]



Salve ragazzi!
Ecco a voi una storia su Germania e Nietsche, ambientata durante una delle numerose parate che vennero fatte durante il nazismo.
La filosofia, il pensiero di questo grande filosofo, venne manipolata e modificata per subdoli ed infimi scopi in questi anni, ed è questo che traumatizza tanto la nazione. Tutto ciò in cui credeva viene radicalmente sfaldato.
Dedico la storia a Kyurem, che l'aveva richiesta.
Ora mi è balzata da un po' di tempo l'idea di tradurre questa raccolta in inglese, per pubblicarla su fanfic, tanto non solo per sapere cosa ne pensa il pubblico inglese e non, ma anche per esercitarmi in questa lingua, tuttavia la mia grammatica inglese fa un po' schifo e mi servirebbe un grande aiuto, magari  se vorreste aiutarmi a correggere i testi tradotti, contattatemi via messaggio, mi fareste un enorme favore.
Da oggi cancellerò un po' di  titoli nella presentazione, tranquilli le storie ci sono ancora!
Spero vivamente che la storia vi sia piaciuta.
Un caloroso saluto e alla prossima storia,
Sachi93.
 

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Capitolo 23
*** AVVISO ***


Avviso 




Salve ragazzi, come avete visto non è una nuova storia.
Visto che ho un esame il 9 ottobre e per fare una storia ci vuole un po' di tempo, metterò uno stop alla pubblicazione di due/ tre settimane, 
quindi non aggiornerò, ma posso rispondere ad e-mail o ad eventuali richieste.
Sappiate che mi sono già iscritta al sito inglese di FanFiction, con lo stesso nickname, lì grazie a Yuki_987, tradurrò le storie di questa raccolta.

Per quanto riguarda i racconti sono in creazione:


Belgio: (il personaggio di Tin Tin) per Scorpio No Kardia
Sealand: (?) per Malice
Scozia e Cina: (William Wallace e Mao Tse-tung) per Valerydell95
India: (Mahatma Gandhi) per Ale_Be



Quindi alla fine della raccolta mancano:

-Antico Egitto
-Bielorussia
-Canada
-Corea del sud
-Egitto
-Estonia
-Finlandia
-Germania Magna
-Hong Kong
-Islanda
-Lettonia
-Liechtenstein
-Lituania
-Norvegia
-Paesi Bassi
-Portogallo
-Romania
-Svizzera
-Taiwan
-Ucraina



Se avete delle richieste potete farle tranquillamente, non vi preoccupate non vi mangio, potete sia inviarle via e-mail, che via recensione,
piano piano creerò ogni richiesta!
Un caloroso saluto a tutti voi e a presto,
Sachi93.

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Capitolo 24
*** Il sapore della libertà non era un' illusione (Scozia) ***


Il sapore della libertà non era un' illusione





Io sono conosciuto per le mie lande desolate, torrenti gelidi e vento implacabile.
Ma in queste tempeste, c'è anche un sole che timidamente si affaccia.
Io, che sono un fiore selvaggio, ho conosciuto il significato della gloria.
E il sapore di quella parola, un giorno mi lasciò un senso amaro. 
Perché quella gloria era divenuta compagna della mia libertà.
Le avevo viste innalzarsi al cozzare delle armi, avanzando allo scoccare delle frecce.
Forti come il ferro che si abbatteva sui nemici.
Vivere al suono delle antiche leggende.
Perché era nata insieme a lui
Un guerriero della mia terra.
Bastava così poco per ottenerli...
E poi niente... 
Sparito...
Distrutto quando l' ascia si abbatté sulla sua testa, mentre volgeva gli occhi al nostro popolo.
Vi potrei dire che è così che va il mondo...
Quelli che lottano muoiono per i propri ideali, nulla è più vero.
Sapete, le ere passano, le persone vengono dimenticate, i rimpianti emergono, eppure..
Eppure vagando qua e la fra le impervie colline, non mi pento di nulla.
Mi ricordo le scazzottate con i miei fratelli, le leggende dei druidi intorno al fuoco.
Le volte che ho perso...
Tuttavia almeno con lui avevo potuto sognare.
Così nel mio vagabondare, spero che da qualche parte ci sia la sua tomba.
Lasciandomi cullare dai ricordi, assaporando l'aria frizzante di nuove aspettative.
Allora so' che il sapore della libertà non era un' illusione.




Salve ragazzi,
SONO TORNATA!
Si, era una tortura non aggiornare, ma lo studio è importantissimo per me.
Ora la storia parla di William Wallace, non tanto delle sue battaglie, ma dei sentimenti di Scozia che vedeva in lui la libertà, un sogno andato in frantumi alla 
sua morte, ma che tutt' ora persiste.
Dedico la storia a Valerydell95, che me l'aveva richiesta.
La prossima storia sarà su Belgio.

P.S.
Avviso a coloro che hanno letto la mia serie "Cicatrici", domani posterò l'ultima storia, la fine dei resoconti delle cicatrici delle nostre due Italie, spero vivamente che possa piacervi.


Un caloroso saluto a tutti voi carissimi lettori. (Titolo cambiato perché non mi convinceva, grazie Tony :) )
Sachi93





 

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Capitolo 25
*** L' imprevisto della neve (Belgio) ***


L' imprevisto della neve

 

 

La neve cadeva leggera, in un freddo pomeriggio di gennaio a Bruxelles.

Ma ai bambini importava poco.

Nei parchi le grida di gioia si innalzavano fra il silenzio delle strade, attraversate dalle poche macchine, segnata dal breve passaggio di frettolosi pedoni.

Qualche centimetro si era accumulato sui marciapiedi, le vetrine dei negozi brillavano di nuove aspettative mondane.

Come quei tacchetti che risuonavano cadenzati, la gonna flessuosa, il cappottino e la veletta che incorniciavano dei boccoli biondi.

Belgio camminava sicura da una parte all'altra della città, con i documenti stretti al petto.

I ragazzini correvano sfrecciando incuranti fra i passanti, c'era una novità in città.

Una folla urlante e sghignazzante si era radunata davanti al giornalaio.

Le monete venivano incassate velocemente, i fogli di un fumetto sfogliati con avidità.

Ben presto quella mandria urlante si era volatilizzata, lasciando la nostra povera nazione a terra e le carte ormai rovinate.

Mentre cercava di sistemare il riparabile e il suo storto cappellino, Belgio vide svolazzare davanti a sé dei fogli stropicciati, forse dimenticati da qualche incurante bambino.

Alzandosi lo raccolse, leggendo il contenuto e un sorriso divertito nacque dalle sue labbra, accompagnato da una risata cristallina.

Eh si, i documenti erano rovinati, i vestiti semi bagnati e forse un cappellino strappato, ormai irreparabile, di questo Belgio era sicura.

Così come delle fantastiche avventure che avrebbe letto di TinTin, mentre si avviava a casa.

Per pensare alle scuse che avrebbe presentato domani al suo capo c' era tempo.




Salve ragazzi,
Il 10 gennaio del 1929 avviene la prima uscita di TinTin, famoso reporter investigatore, bhe qui ho scritto come Belgio avrebbe potuto conoscere questo famoso personaggio, un modo divertente, simile a quello che ho usato per Inghilterra, solo un po' più breve!
Dedico la storia a  Scorpio No Kardia, per il compleanno di una sua amica, scusa il ritardo!
Spero che vi sia piaciuta, la prossima sarà su Ucraina a richiesta di TonyCocchi.
Un caloroso saluto e a presto,
Sachi93.

 

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Capitolo 26
*** I cosacchi dello Zaporož'e al Sultano Turco (Ucraina) ***


I cosacchi dello Zaporož'e al Sultano Turco



Un moltitudine di cosacchi si era riunita intorno al tavolo, tra bicchieri di alcool, ognuno ispirato da quel magnifico fuoco interiore, gridavano a quel fottuto sultano che aveva cercato di intimorirli con una misera lettera.

A voi, diavolo turco, maledetto amico e fratello del demonio, servitore di Lucifero stesso. 
Quale straordinario cavaliere siete, voi che non riuscite ad uccidere un riccio col vostro culo nudo? Il vostro esercito mangia le feci del demonio. 


Ucraina camminava intorno ai suoi uomini,  incoraggiandoli alla battaglia, mentre un sacerdote scriveva la lettera dei suoi infervorati soldati, che fra un 'dea e l'altra perdevano il filo.

Non avrete mai, figlio d'una meretrice, dei cristiani ai vostri ordini; non temiamo il vostro esercito e per terra e per mare continueremo a darvi battaglia, sia maledetta vostra madre.

Della dolce Ucraina era rimasta solo la lucentezza dei suoi occhi, dei suoi candidi capelli una testa rasata e una ciocca lunga che le copriva la fronte, delle vesti da contadina una meravigliosa casacca rossa, la falce per cogliere le spighe una sciabola a mietere le  vittime.

Voi sguattero di Babilonia, carrettiere di Macedonia, birraio di Gerusalemme, fottitore di capre di Alessandria, porcaro di Alto e Basso Egitto, maiale d'Armenia, ladro infame della Podolia, "amato" tartaro, boia di Kam'janec' e più grande sciocco di tutto il mondo e degli inferi, idiota davanti al nostro Dio, nipote del Serpente e piaga nel nostro pene. 

Sghignazzanti come cornacchie continuarono il loro dettato, sotto l'attenta supervisione di Ivan Sirko, che continuava la sua arringa, arricciandosi di tanto in tanto i suoi bianchi baffoni.

Muso di porco, fondo schiena di giumenta, cane di un macellaio, fronte non battezzata, scopatevi vostra madre!
Così gli Zaporozi dichiarano, essere infimo: non potete dare ordini nemmeno ai maiali di un cristiano. 


Urla di incitamento, risuonarono fra i vari contingenti nel campo.
Alla guerra gridavano i cosacchi dello Zaporož'e, mentre i tamburi e i tromboni percuotevano la terra e il cuore di Ucraina, saliva così nel loro animo la voglia di combattere

Concludiamo, non sappiamo la data e non possediamo calendario; la luna è in cielo, l'anno sta scritto sui libri: il giorno è lo stesso sia da noi che da voi. 

Ucraina lesse la lettera al resto dell' esercito, in groppa al suo cavallo, stringendo le briglie, enfatizzava ogni parola, tanto che ad punto i soldati ridevano senza controllo, esultando all' imminente scontro.

Potete baciarci il deretano!

E con questa ultima esclamazione, Ucraina poteva definitivamente dire che la lettera era conclusa, mentre la firma era segnata da spade sguainate al cielo, lanciando i cosacchi dello Zaporož'e alla carica.





Salve ragazzi,
Su richiesta di TonyCocchi ho fatto questa storia basata su questa lettera, (http://it.wikipedia.org/wiki/I_Cosacchi_dello_Zaporo%C5%BE'e_scrivono_una_lettera_al_Sultano_di_Turchia), non è una delle mie migliori, ma mi pace il fatto storico!
Ragazzi avvisuccio da domani inizierò a  tradurre le storie in inglese.
Per il resto buona lettura, la prossima storia sarà su Svezia e Sealand, è una storia intrecciata.
Un caloroso a tutti i miei 883 lettori,
Sachi93.





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Capitolo 27
*** Il rarissimo sorriso (Svezia & Sealand) ***


Il rarissimo sorriso




"Chi è lei?"
Il bambino si era fermato sotto un' enorme ritratto.
Svezia lo guardò e si avvicinò cercando di trovare le parole adatte.
"Lei è stata la mia regina."
Sealand guardandola bene aggiunse: "Non era molto bella." 

Un rarissimo sorriso si formò sulle labbra dell'uomo.
La sincerità di un bambino è sempre spiazzante, ma aveva ragione.
Cristina di Svezia non era mai stata bella e lei lo sapeva.
La sua regina però aveva qualcosa che non tutti possedevano.
C'era chi aveva il dono di una grande arguzia, chi una somma intelligenza.
Ma lei, oltre a queste peculiari caratteristiche, era estremamente passionale.
Una di quelle che penetra nella mente, nel corpo e nell'anima.
Quella che esprimeva in gesti tanto inusuali per le corti dell'epoca.
Non aveva paura di mostrare al mondo i suoi amori proibiti, spesso finiti nell'infelicità.
Quando presa dalla disperazione più cupa, sparò con uno dei cannoni di Castel Sant'Angelo della bella Roma.
Vaticano non fu molto felice di vedere distrutti i cancelli di una villa nobiliare.*
Alla sua Cristina non importava se dava scandalo mostrare la sua passione.
Quel sentimento che la ragione abiura, era la sua forza.
Che creatura straordinaria dicevano.
Questa era la sua regina.

Svezia posò una mano sulla spalla di Sealand, conducendolo lungo il corridoio e via da quel quadro.
Per tutto il tragitto fino a casa, la piccola nazione aveva pensato al sorriso del suo papà.
Uno di quelli che nasceva spontaneamente, uno di quelli di cui non ci si accorgeva dell'esistenza in quell' attimo.
E lungo il tragitto in macchina, quel sorriso era rimasto, seppun invisibile.
Le prove erano quelle piccole rughette intorno alla bocca.
Allora Sealand si chiedeva cosa avesse fatto nascere quell'inaspettato dono.
Continuò così, rimuginando a quel meraviglioso ed inspiegabile dilemma, steso sul divano mentre guardava i cartoni.

E la risposta arrivò inaspettata, sulla sua piattaforma, mentre il mare era in tempesta e il pontile si riempiva d' acqua.
Era stato il ricordo di quella regina, certo!
Con la scopa in mano, rischiando si esser spazzato via dal vento imperioso, era sicuro che un giorno sarebbe diventato grande.
Allora avrebbe avuto anche lui qualcuno, il cui ricordo l' avrebbe fatto sorridere, proprio come era successo al suo papà.
Di questo ne era assolutamente sicuro.





Salve ragazzi!
Scusate il grande ritardo ma questa storia mi aveva bloccato, non riuscivo a trovare uno sbocco, dedico il racconto sia a Valerydell95 che l'aveva chiesta su Svezia, sia a Malice che l'aveva chiesta su Sealand, dal momento che non è una vera nazione ho voluto dargli un bel esempio.
Chi era Cristina di Svezia? Una regina inusuale, dal carattere mascolino, forse bisessuale, la cui forza si denota nella sua passione, verso le arti, verso il suo regno e verso i suoi amanti.
Lei aveva rinunciato al suo regno per seguire i suoi istinti, diventando cattolica e quindi regina apolide. 
Ma trovò spesso rifugio a Roma, per ilresto trovate tutto su questo sito: http://it.wikipedia.org/wiki/Cristina_di_Svezia
Spero vivamente che vi sia piaciuta, la prossima storia sarà su Cina sempre per Valerydell95 e la succesiva su India  per Ale_Be.

In fase di creazione ci sono le storie su :  - Romania (Vlad l'impalatore)
                                                                  - Svizzera (Guiglielmo Tell)
                                                                  - Olanda (Anne Frank)
                                                                  - Norvegia (Harald Hardrada)


Un caloroso saluto,
Sachi93.

                                                             

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Capitolo 28
*** Quando le magnolie sono in fiore (Cina) ***


Quando le magnolie sono in fiore





I fiori erano screziati di rosa quest' anno.
Il bianco lentamente lasciava il posto ad un tenue rosa pallido, fino alle punte di quei morbidi petali così accesi.
Il caldo saliva lento sulle gocce di pioggia scese nel pomeriggio, rinfrescando molte gemme non ancora sbocciate.
E il giardino era percorso da un dolce vento.
Dall' antica sala si intravedeva in lontananza qualche sprazzo di neve non ancora sciolto, mentre le voci si facevano più forti.
Cina seduto sulle assi di legno ascoltava quei discorsi attentamente, eppure il suo sguardo indugiava ancora sulla figura stagliata nel porticato.
Su di lui si dicevano tante cose, ma per conoscere una persona non bastavano le leggende e lui quella sera avrebbe capito chi era veramente.
La pioggia era finita, tuttavia il sole indugiava ancora sulla linea dell'orizzonte, quasi a confortarli.
L'uomo osservava il paesaggio circostante con una calma surreale, le braccia incrociate dietro la schiena a contemplare qualcosa non comprensibile ai presenti.
Gli occhi svolazzavano insieme al dolce frullio delle libellule, che volavano al calar della sera e gli ultimi raggi morivano dietro al muretto di pietra.
In quel marzo, in quel 20 marzo 1943, mentre Cina stritolava ansiosamente il suo cappello verde,  Mao Tse-tung divenne presidente del partito comunista.
Per quella millenaria nazione, l' importante era che il suo popolo fosse libero.



Salve ragazzi!
Sinceramente miei cari lettori la storia è breve, molto breve, ma non mi veniva in mente niente, visto che non conosco molto bene i fatti storici riferiti a Mao Tse-tung. 
So' che non è molto e che non ho parlato del personaggio in sé, ma si sa a volte nelle biografie non si tende a parla di una persona analizzando il suo io, ma solo le sue azioni, perciò in questa storia ho soltanto analizzato una parte di ciò che potrebbe essere  un evento storico, ecco qui come penso possa esser stato il primo incontro fa la millenaria nazione e Mao Tse-tung.
Spero che vi sia piaciuta,  non è molto bella, ma comprendetemi la mia ispirazione a volte va farsi benedire.
Un caloroso saluto a tutti,
Sachi93.

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Capitolo 29
*** Alla luce della fiammella (India) ***


Alla luce della fiammella




Se ne stava lì seduto.
Vestito di un dhoti bianco.
Alla luce di una flebile lanterna.
Ore ed ore.
A scrivere.
A pensare.
Di quella realtà, così diversa, di quella mia terra tanto sconosciuta e misteriosa che decantavano nell' occidente.
Lottando per i nostri fratelli e sorelle.
Disgustato dalla guerra, cercava con la sua voce ferma e sincera il vero significato di pace.
Combattendo per noi una lotta priva di sangue.
Una di quelle che si poteva trovare sul suo cammino, attraverso le strade polverose, i campi acquitrinosi per migliaia di chilometri
Lui il più povero fra i poveri, un senza casta.
Lui con la sua forza mi aveva mostrato un vero mondo.
Io vestito da sete preziose mi sentivo inferiore alla sua grande anima.
Perché lui era l'essere più terreno fra di noi e ne era consapevole.
Gandhi vedeva la verità negli occhi di chi lo circondava.
Così mi tolsi il turbante, la giacca di seta, i calzari e mi sedetti di fronte a lui.
Un essere minuto, fragile come la vita, ecco chi avevo di fronte.
Mi strinse il dorso della mano, senza nessuna parola di conforto, solo uno sguardo intenso a leggere i recessi della mia anima.
Sotto quella luce gialla, così mutevole, di quella fiammella, vidi il suo sorriso di speranza.
E per la prima volta ebbi paura di me stesso, di ciò che ero diventato.
Cosa avevo fatto.
Avevo tradito la mia gente.
Non me lo sarei mai perdonato.







Salve ragazzi,
Finalmente l'ispirazione è tornata e posso dire che continuo la storia, avevo solo bisogno di nuovo e stimolanti argomenti.
Nella storia parla India, che incontra Gandhi, vestito come se fosse un sultano e vergognandosi si libera di tutto ciò che lo rende schiavo.
Ora tutti sappiamo chi era Gandhi, non credo ci sia bisogno di un riepilogo, in poche parole India ha una specie di redenzione di fronte alla semplicità dimostrata da questo grande uomo.
Spero vivamente che vi sia piaciuta,  dedico la storia a Ale_Be che me l'aveva richiesta e alla mia migliore amica Francesca che ammira moltissimo Gandhi.
Un caloroso saluto,
Sachi93.

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Capitolo 30
*** Sadico (Romania) ***


Sadico 




Il sangue colava al ritmo del respiro del condannato.
I gemiti di dolore facevano eco per tutta la vallata
La pioggia scioglieva la pozza di sangue formatasi ai piedi della vittima.
Sotto un tendone nero, lui se ne stava seduto ad osservare il macabro spettacolo.
Romania era al suo fianco, come sempre, osservava la scena come un semplice spettatore.
Quasi come se il tutto fosse catartico, ma la tragedia era appena iniziata.
Con un semplice gesto, Vlad iniziò la sua cena.
Uno scatto e il corpo cadde un po' di più, gli urli si sparsero come eco, vibranti nella mente.
La nazione chiuse brevemente gli occhi, un respiro profondo e una nuova pozza di sangue colava verso il loro riparo.
Una nuova portata gli veniva consegnata.
Un' altra tacca era stata raggiunta.
L' urlo gli penetrò l' anima.
La freddezza del suo sguardo nero, una giustizia implacabile.
Il pavimento impiastrato di rosso faceva rabbrividire i servi, il colore della sua veste si confondeva in  quello scempio.
Nel momento stesso in cui finì l'ultimo boccone di quella cena, il condannato aveva smesso di esistere.
Il corpo era stato penetrato per intero, il palo completamente imbrattato di rosso.
Un sorriso beffardo punto sul suo viso baffuto.
Per la libertà del suo popolo e della sua terra, Romania avrebbe fatto di tutto.
Eppure l'unica parola che che riusciva a comporre nei suoi pensieri era: "Sadico".




Salve ragazzi,
L'ho composta oggi piuttosto in fretta, so' che potrebbe non piacere dal momento che è un po' dark, ma vi assicuro che se leggete la storia di Vald l' Impalatore su Wikipedia vi potrebbe disgustare, sappiate solo che usava fare delle tacce sui pali per vedere di quanto calavano i condannati.
Dedico la storia a Sakura Honda che me l'aveva richiesta, sappiate che  la prossima storia sarà su Svizzera.
Un caloroso saluto e a presto,
Sachi93

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Capitolo 31
*** La freccia che echeggiò fra le Alpi... (Svizzera) ***


La freccia che echeggiò fra le Alpi...




Quella mattina, alla pioggia si era unita la luce del sole che albeggiava rischiarando le vie contorte di quel paese.
Le varie botteghe aprivano le imposte, mettendo sul banco le loro merci.
Il profumo della legna nei camini serpeggiava fra le case.
Svizzera camminava fra le strade di Altdorf, portando con sé una mela rossa.
Così era la sua vita, passando di città in città, di cantone in cantone, cercando di vedere come viveva il suo popolo.
Ma in quel 18 novembre Vash era lì per un motivo preciso.
Perché quel giorno di tanti secoli fa, lui l'aveva visto.
Nascosto nella folla, fra i mormori della gente, aveva visto un viso teso.
Un figlio in mezzo alla  piazza.
Una mela sul capo.
Il ghigno dell' amministratore asburgico ben stampato nei suoi ricordi.
Una balestra impugnata dal sangue del suo stesso sangue.
Il fioco baluginio di una freccia nascosta nella giacca.
E lo sguardo di un padre pronto a tutto per la salvezza del figlio.
Un scatto e la mela si spezzo in due, cadendo ai lati del piccolo.
Il sibilo della freccia risuonava ancora fra le montagne.
Un boato di felicità vene dalla folla in giubilo.
Spintonato qui e là il povero Svizzera  fu lasciato indietro, con gli occhi persi ancora in quell'azione.
Senza Wilhem Tell non sarebbe mai riuscito a ottenere la sua indipendenza.
Senza di lui, non avrebbe mai imparato ad avere una mira micidiale.
Ne ci sarebbe una mela rossa sotto quella sua statua ogni anno.




Salve ragazzi!
Ecco a voi la storia di Guglielmo  Tell richiesta da Hetaliame, (scusa il ritardo).
Un noto eroe svizzero che si ribello al potere asburgico e aiutò per l'indipendenza di questo paese.
Scusate se è breve, ma l'ho scritta oggi e un po' di fretta. La prossima sarà su Olanda.
Spero vivamente che vi sia piaciuta, un caloroso saluto,
Sachi93.

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Capitolo 32
*** Un pomeriggio di maggio (Paesi Bassi) ***


Un pomeriggio di maggio




Si aggirava lentamente per la casa.
Attento a non sollevare i granelli di polvere, che il tempo aveva accumulato.
Era rimasto tutto così, grigio e spoglio.
Eppure i mobili c'erano ancora, coperti da una tela bianca, ora un po' ingiallita, quasi ad aspettare che tornassero.
Non era come la sua casa.
Cosi vivida nei colori.
Sembrava calda e accogliente.
Viva.
E lo era per tutti coloro che vi passavano davanti.
In quei quadri così carichi di forti pennellate, vibranti e mossi.
Non sapeva come mai, ma in quel momento il paragone era nato semplicemente spolverando con il dito un mobile.
Da lontano il  Prinsengracht risuona lento, così differente da quei giorni movimentati.
Quando il clangore delle ruote dei carri armati percuoteva le vie.
Mentre una ragazzina tentava di poter vedere almeno per una volta il sole, di vivere in una guerra che non conosceva pietà.
Così diverso dal dolce scricchiolio delle carrozze, che passavano sotto quella casa.
Mentre il vento carico di profumi estivi entrava dalle finestre spalancate e i colori impressi nei tessuti facevano emergere un vaso di girasoli.
In quella casa di Amsterdam, nessuno tornò per molto tempo, dei suoi abitanti probabilmente non rimase nulla.
Eppure esistevano ancora dei nomi, delle sensazioni, fra le pagine di un diario di Anna, intriso di vecchio inchiostro, ora non più dimenticato in un baule.
Tuttavia di quelle visioni di abbacinanti colori però, si ha ancora il sentore della sua pura essenza dopo decenni, incerti se credere o no, a ciò che si può provare di fronte alle sue opere, se quella è la vera vita.
Il sinonimo di una continua tensione, di frenetici mescolature, di stelle splendenti come il sole su un campo di grano della Provenza.
Scendendo quelle scale, era sicuro che da qualche parte c'era chi li ricordava.
Forse uno per la sua follia e un orecchio tagliato, il tormento, forse l'altra per la sua forza e i desideri di una ragazza nascosta, il vivere.
Passava fra le strade, incurante se calpestava i piedi di qualcuno, gli occhi incollati a quel diario e la pipa che sbuffava di tanto in tanto.
Ecco, in questo pomeriggio di maggio, fra i ponti brulicanti della città, Olanda seppe per certo che non molte cose avevano senso nei suoi pensieri.
Come quella strana, naturale comparazione, che rimase lì, chiusa nei suoi pensieri.
Forse un giorno avrebbe fatto compagnia a qualche foglio stropicciato di un quaderno, insieme all'aroma del fumo che ne permeava le sue pagine.
Forse.



Salve ragazzi,
LA STORIA PRESENTA DELLE MODIFICHE, NON AVEVO COPIATO BENE IL TESTO. Questa storia vede come protagonisti due personaggio molto importanti Anna Frank e Van Gogh, sinceramente non ho voluto raccontare chi fossero, ma semplicemente dare delle sensazioni dei loro ricordi, (sappiate che non ho mai letto per intero il diario di Anna Frank), qualcosa che era rimasto impresso in un istante, per Anna la sua vita da invisibile nascosta in una casa, per Van Gogh la ricerca frenetica di contrasti nella vita, in quei suoi luminosi colori, mentre soggiornava ad Arles in Provenza.
Quindi la vita in due case diverse, il grigiore nella luminosità per Van Gogh, i suoi tormenti, la luminosità nel grigiore per Anna Frank, il desiderio di poter vivere.
Come comparazione è molto strana, lo so anche io ma per Olanda avevo due richieste e dal momento che tutti e due i personaggi mi piacevano, li ho associati insieme per contrasto.
Perciò dedico la storia a Yuki_987 e Princess L che me l'hanno richiesta rispettivamente per Van Gogh e per Anna Frank, spero vi sia piaciuta, so che non ha senso.
La prossima sarà su Norvegia!
Un caloroso saluto e a presto,
Sachi93.

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Capitolo 33
*** E delle leggende rimane soltanto il flebile suono di un antico nome (Norvegia) ***


E delle leggende rimane soltanto il flebile suono di un antico nome



Il mistero aveva sempre percorso la sua terra, il suo sangue, se stesso, sin da quando ne aveva memoria
Quelle storie così mitiche, di guerrieri imbattibili, di navi veloci che solcavano i mari impetuosi, di terre avvolte perennemente dalla bruma.
Quelle vite si fermavano oggi, insieme ai vichinghi, insieme a tutti loro.
Si aggirava fra i cadaveri.
I ricordi della battaglia si susseguivano, uno dopo l'altro.
L' odore dei corpi sanguinanti.
Le grida di incitamento dei suoi fratelli, della sua gente.
Masse di carne sparse qui e là.
Quel guerriero solitario sul ponte, armato d'ascia, spaventosamente gigantesco.
Uomini agonizzati.
L' esercito che avanzava.
Nemici, amici chiedevano pietà.
A nulla valse il loro coraggio.
Ed ecco, ecco cosa rimaneva di loro.
Se non dei rantolii, dei respiri affannati che presto si estinguevano.
Dei compagni che gli donavano un atto di grazia.
E una lunga scia di guerrieri decaduti che tornavano a casa.
Fra le nebbie di Settembre, in un campo rado, lì, dove l'erba si tingeva di un malsano colore, lo vide.
Sotto la carcassa di un cavallo, gli occhi di un grigio brillante, ormai opaco.
La bocca tesa in una smorfia e la gola perforata da una freccia.
Harald Hardråde aveva conquistato, nel breve atto della sua vita, le terre dei mari del nord.
Eppure, ora, sembrava un derelitto, uno dei tanti, uno fra tanti su quel campo.
Lontano dalla sua spada, come se non fosse mai stato un grande guerriero.
Norvegia gli chiuse gli occhi, indossò il suo elmo ancora una volta e volse lo sguardo alla sera.
Là, dove il tramonto segnava la fine di questa leggenda.




Salve ragazzi,
mi scuso per l'infinito ritardo con cui vi ho fatto aspettare questo mio capitolo, ma vi dirò la verità non avevo idee.
Questa è la storia di Harald Hardråde, un grandioso re norvegese che riuscì in poco tempo a dominare molti paesi fra cui l' Inghilterra, ma venne sconfitto nell battaglia  di  Stamford Bridge, dove morì. [http://it.wikipedia.org/wiki/Harald_III_di_Norvegia] / [http://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Stamford_Bridge].
Dedico la storia a Ghegghe che me l'aveva richiesta.
Qui sotto c'è l' elenco dei personaggi che mi mancano alla fine di questa storia:
-Antico Egitto
-Bielorussia
-Canada
-Corea del sud
-Egitto
-Estonia
-Finlandia
-Filippine
-Germania Magna
-Hong Kong
-Islanda
-Lettonia
-Liechtenstein
-Lituania
-Portogallo
-Taiwan

Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto, vi chiesto scusa se la precedente storia era un po' confusionaria, ora l'ho sistemata.
Un caloroso saluto a tutto voi,
Sachi93

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Capitolo 34
*** Dall' alto il mio passato... (Turchia) ***


Dall'alto il mio passato...




Avvicinati lettore, voglio mostrarti una cosa.
Guarda verso oriente, troverai il mare e troverai le onde, loro ti narreranno di antiche battaglie, di mitiche isole rigogliose e infine di una terra straordinaria, che ha in sé leggende da mille e una notte!
E attraversa pianure immense, fiumi capricciosi e montagne alte come il cielo, vedrai una città tra due mondi.
Ecco, ecco Istanbul!
L'hai vista!
Ora supera le sue porte.
Entra e dimmi se percepisci l'energica vivacità della mia città, ascolti il canto della Storia che riecheggia fra i suoi monumenti e osserva i suoi brillanti colori, assapora il ritmo incalzate che persiste nelle sue vene.
Ma lettore non devi fermati qui, no, no!
Devi oltrepassare gli immensi bazar, le ampie vie, i cunicoli stretti, segui le alte mura delle moschee, i minareti e di fronte a te vedrai il marmo splendente di un bianco palazzo, lì vivevo io lettore.
Apri il cancello e seguimi lungo il perimetro del giardino, percorri il corridoio con me, vedi dobbiamo salire alcune scale e ti mostrerò quello per cui ti ho invitato qui.
Ecco lettore, vai oltre quella tenda leggera, non ti fermare al bagliore del sole, perché davanti a te si apre il mio passato!
E' lì, in piedi, proprio davanti a te, riesci ad intravedere quell'uomo, avvolto da un grande mantello bianco, col turbante e il volto mascherato?
Sappi lettore che quello ero io, il grande Impero Ottomano!
Tutto questo passato l'ho costruito io.
Eh si lettore!
Una volta, da quest'alta balconata arabescata, io vedevo il mio impero fiorente, espandersi, raggiungere e conquistare, commerciare e vivere.
E sentivo salire il profumo dell'incenso, delle spezie orientali, pervadere e coprire come un velo dorato l'intera città, manifestandosi agli occhi degli stranieri che arrivavano in tutto il suo splendore.
Ascoltavo le grida dei mercanti negli antichi bazar, le preghiere dall'alto dei minareti, che come una dolce nenia percorreva le sue numerose strade, incantando i cuori degli ascoltatori .
Io controllavo un immenso territorio, da nord dove mi affacciavo sui popoli di lingua germanica, a sud dove il deserto infuocato si stende a perdita d'occhio, a est dove incontravo l'impervia terra degli slavi e ad ovest sino all'estrema punta del Mediterraneo, oltre le colonne d'Ercole.
Ed ecco, lì proprio al mio fianco Solimano divenne il Magnifico.
Ancora lo vedo, in groppa al suo destriero che impavido comanda le truppe alla conquista.
Alla vittoria su quei popoli.
In ginocchio con la spada fra le mani, nomadi, ribelli, di cui rimaneva solo la pallida imitazione di un guerriero.
Eppure saldamente ancorati alle loro armi, lo sprezzo negli occhi e l'orgoglio ferito, ma perennemente indomito.
Lui con la daga in mano, vincitore delle loro terre, li guardava, stimando quella forza che mal si accordava con il sangue rappreso fra le loro vesti.
Con lo sguardo oltre le loro sparute, osservava ciò che rimaneva dell' esercito.
Eppure volle tendergli la mano, volle dare loro una possibilità di vita. 
Così mi insegnò il magnifico Sultano.
Il Signore indiscusso delle grandi conquiste, colui che mi rese grande.
Il mediterraneo spalancava le sue onde al solo sentir sussurrare il nostro nome.
Il suolo italiano tremava al nostro passaggio.
E la neve dei popoli dell' est si scioglieva al nostro sguardo.
Con Solimano al mio fianco nessuno osava intralciarci.
Ma in questo splendore caddi, preda della mia bramosia di conquista
Nella mia effimera e passata gloria, fui artefice di colpe efferate; dimmi lettore puoi sentire come me l'odore di cenere dei miei peccati ?
Nauseabondo, vero ?! 
Questo è il dolore che ode il mio cuore!
Quanto, quanto sangue ho versato nella mia profonda e caparbia ingordigia, tu neanche puoi immaginarlo.
E dall'alto di questo palazzo ho visto, come te in questo momento, ciò che sono stato, ciò che sono, ciò che sarò, per tanti, numerosi secoli.
Per questo ti chiedo leggere con attenzione, di percepire il sapore di ogni verso, di ascoltare il canto di ogni vocale, di afferrare ogni significato e ti assicuro vedrai il passato con i miei occhi.
La verità è che sebbene io non sia più un impero, io ora sono Sadiq Adnan, io sono Turchia, io ho un nuovo volto !
Narralo a chi verrà dopo di te!



Salve lettori!
Ho riutilizzato un  mio vecchio racconto per sostituire uno che non mi piaceva su Turchia, che avevo già precedentemente postato, ma dal momento che mi era piaciuto così tanto scriverlo, ho voluto riproporlo. Non ho modificato molto ma soltanto aggiunto delle cose, vorrei saperne cosa pensate del risultato.
Premetto con questo racconto non voglio offendere nessuno, ho romanzato piccoli fatti storici della storia turca senza molti accenni, lascio tutto al vostro intuito e conoscenza.
Devo dire che sono sempre stata affascinata dall'oriente, perché ha un senso di mistero nella sua cultura, che noi occidentali difficilmente potremmo capire. Ma vedete a volte conoscere la storia fa veramente male e non si pensa che alcune cose possano succedere, per questo bisogna sempre essere pronti all'imprevedibilità dei fatti.
Ora tornando al racconto ho cercato di creare un piccolo poema epico.
Un caloroso saluto a voi!
Sachi93

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Capitolo 35
*** Nella selva nera (Germania Magna) ***


Nella selva nera


Era una trappola!

Varo si guardava intorno smarrito.
I cavalli si lanciavano alla corsa impazziti.
Le frecce sibilavano con ferocia.
Non poteva credere a nulla.
I suoi soldati erano accerchiati
L'oscurità era tagliata da fessure di luce, in quell'inferno come poteva esistere il giorno.
Le grida selvagge di quei barbari echeggiavano nel suo udito.
Di tre legioni nulla, se non cataste di cadaveri.
Il suicidio era l'unico onore permesso ora.
 

Arminio era giovane, forse 25 - 26 anni e non ti capacitavi delle sue abilità.
Lo vedevi inneggiare alla guerra, imitando con un sacco, la testa del nemico fra le mani.
Lui, il capo di una fra le numerose tribù del tuo mondo.
Lui, che aveva condotto quel romano nella foresta, voleva vendetta.
Loro ignari di ogni tradimento, penetravano nella selva nera.
La marcia di quei illusi risuonava cadenzata mentre si avvicinavano.
Intravedevate fra le fronde degli alberi bassi il fulgore delle loro insegne.
Gli uomini scalpitavano alla vendetta, un ringhio si elevò dalle vostre gole.
Un segnale e la foresta reclamò il sangue dei nemici.
Ogni dubbio su di lui si era dissolto nella vittoria.

Il sorriso sardonico che segnava il tuo viso a fine battaglia, era la miglior firma per quella meravigliosa giornata.
Ricordi ancora il grido di Roma ai brandelli del suo esercito.



Salve ragazzi,
Ecco a voi la mia versione di come poteva essere l'attacco dei germani contro l'esercito romano nella battaglia di Teoutoburgo.
Tre legioni distrutte, circa di ventimila uomini sbaragliati, i sopravvissuti parlarono di torture e mutilazioni, Augusto era incazzato nero, le insegne di quelle legioni erano scomparse, per Roma era importante il ritorno delle insegne dalla battaglia. 
Spero vivamente che vi sia piaciuta,
A presto,
Sachi93.

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Capitolo 36
*** Il mio eroe (Canada) ***


Il suo eroe



'Gli aveva appena gettato un fumetto in faccia.
Incredibile!
Si presentava a casa sua, così, senza avviso, come se fosse un semplice motel.'


Non tutti hanno un fratello come lui.
Pigro, quando vuole.
Arrogante, ogni giorno.
Intellettualmente capace, ma solo se elogiato.
E una mania che va oltre ogni limite consentito: eroismo.

Eppure quando aveva comprato quel fumetto, quel tizio assomigliava parecchio a lui.
Non per aspetto, per carità.
Ma per forza di volontà.
Si,  ne era certo, loro due si assomigliavano.
Per questo America aveva comprato il numero 181 di Hulk, quel lontano giorno del novembre del 1974.
Per questo glielo aveva gettato in faccia, consapevole che dopo avergli sbraitato contro, si sarebbe messo a leggere quel volume.
Ignorandolo completamente, stizzito come non mai.
E girando pagina l'avrebbe visto anche lui, quell' insolito canadese.
Capelli ispidi, il ringhio inconfondibile e gli artigli come unica arma.
Un eroe insolito, dannato come pochi, solitario come tanti.
Uno di quelli che ti entrano nella pelle, lasciandoti un senso di vuoto quando arrivi alla fine.
E bhe, Canada dovette rileggerlo molte volte per poter assaporare e capire, magari dare un significato a quella sensazione.
Quel pomeriggio, infatti America si sarebbe visto sbattere in faccia quel dato di fatto così palese.
Il Canada non era una semplice foglia di acero.
Certo non era Wolverine, ma era un grande paese, con un gran coraggio da vendere.
E  suo fratello se lo ricorda ancora, lo aveva dimostrato innumerevoli volti, in ogni guerra.
In quel pomeriggio non così insolito, mentre America sbuffava impettito da quell'affronto, la sua dolce risata aveva accompagnato quella strana scoperta.

Per questo, nei giorni a venire, America portava sempre quel particolare volume nella sua valigetta, immerso fra i documenti accatastati, lasciati lì da chissà quanti mesi.
Lì, in quello scompartimento segreto, ben sigillato e al sicuro, con sé.
E sicuramente un giorno avrebbe avuto abbastanza coraggio, forse in un primo luglio, da regalarglielo, sperando che non l'avrebbe tirato dalla finestra..
Perché per lui, Canada era un eroe.
Anche se non l' avrebbe mai ammesso.


Salve ragazzi,
A quanto pare i precedenti due capitoli non vi sono piaciuti e mi dispiace tanto.
Ma oggi ecco a voi una storia insolita, in cui i punti di vista sono due il primo Canada, il secondo America.
Wolverine era canadese e io non lo sapevo, perciò questa è la storia sul tenebroso e famosissimo personaggio della Marvel, raccontata da un punto di vista esterno, ovvero quello di America, sottolineando il coraggio di questo eroe e paragonandolo a quella di suo fratello.
Ognuno di noi ha un eroe, chi i propri genitori, chi un fumetto o manga, chi il proprio fratello o sorella, come America.
Il mio eroe?! Ah questo è un mistero anche per me.
Spero che vi sia piaciuta.
Alla prossima con Islanda.
Sachi93.

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Capitolo 37
*** AVVISO ***



Avviso

 

Salve ragazzi, volevo innanzi tutto ringraziarvi di aver letto questa mia storia.

Tranquilli non l'ho abbandonata, riprenderò a pubblicare i capitoli dopo il 15 gennaio, perché sarà la data dei miei due esami universitari, quindi non potrò dedicare molto tempo alla creazione di varie storie.

 

Sono in fase di stesura le storie su:

- Islanda
- Filippine
- Messico
- Lituania

Insieme ad una richiesta dal fandom di Fanfiction su Italia del Sud.

 

Mancano alla fine della storia i vari capitoli su i personaggi di:

 

-Antico Egitto
-Bielorussia
-Corea del sud
-Egitto
-Estonia
-Finlandia
-Hong Kong
-Islanda
-Liechtenstein
-Lettonia

-Messico
-Portogallo
-Taiwan

 

Per il resto un felice Natale a tutti voi e Buon Anno!

 

P.S.

Per le storie, vorrei scrivere su qualche leggenda particolare o su personaggi che hanno una forte personalità, in ogni caso su qualcosa che possa stuzzicare il mio estro creative, altrimenti diventa estremamente difficoltoso.

 

AUGURI A TUTTI VOI!


Sachi93

 

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Capitolo 38
*** La prima medicina, l'infinito Amore... (Romano) ***


La prima medicina, l'infinito Amore...



C' era cenere.
Uno spesso strato ne copriva le strade, i visi dei mendicanti.
La gente scappava, urlava, pregava.
Come duemila anni fa.
I pianti dei bambini facevano eco fra le mura diroccate.
La cecità calava sui loro occhi.
Nulla era cambiato da allora, di fronte a quelle forze.
Ma lui aveva un compito, una promessa fatta a Dio, a quelli che ne avevano bisogno.
Eppure sembrava che in quel momento,  fra la cenere che scendeva fitta, la terra che ruggiva, Lui avesse volto le spalle a tutti loro.
Nemmeno in quel giudizio però, Romano avrebbe mancato meno ai suoi principi.
Arrancava fra le strade, a tratti correva cercando di non inalare quella nebbia grigia.
L' Ospedaletto era poco distante.
Non gli interessava se in quel momento, potessero prenderlo per pazzo.
Non avrebbe abbandonato nessuno.

Ed eccolo quel groppo attanagliato nella gola.
Il dolore che  serpeggia inesorabile dalle mani impastate di chissà quale melma.
E pensa di non aver fatto in tempo.
Istanti sprecati nel camminare invece di correre.
Parole nascoste in sospiri senza urla.
La desolazione che conduce la sua mente.
Eppure fra la nube delle macerie crollate, apparvero.
Solidi fantasmi, raggruppati concitati nel credere di esser sopravvissuti.
Romano si nasconde dietro ad un muro, osserva quel miracolo.
La straordinaria fortuna dipinta nei loro occhi.
Le mani tese gli uni fra gli altri.
Li aveva salvati.
Un medico si aggirava velocemente fra le persone.
Li incitava a muoversi.
Gli infermi erano portati in spalla.
Scendevano giù per la strada.
Erano stati abbandonati, ma lui era venuto a salvarli.
Romano guardava quello spettacolo.
Si, una lotta estenuate fra la vita, che ondeggiava  fra quei derelitti, e la morte, che tremava nella bocca del fuoco.
Spariti alla sua vista, la nazione sapeva che quel medico li avrebbe tenuti a sicuro.
Lui, invece, avrebbe accolto qualche altra mano tesa.
Questo era il suo compito ora.




Salve ragazzi!
Sono tornata, raffreddata, stanca e vi assicuro non farò mai più due esami in un giorno.
Questa è una storia che mi è stata richiesta da una ragazza messicana che legge le mie storia nel fandom inglese, è una storia su Romano e su un medico molto famoso, divenuto beato per l'amore che mise nel suo lavoro, Giuseppe Moscati.
Spero che vi piaccia!
P.S. La prossima storia sarà su Islanda.
A presto,
Sachi93.

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Capitolo 39
*** Non più così solo... (Islanda) ***


Non più così solo...


C'era chi cercava gloria, chi fama, chi l'eternità.
Loro cercavano una casa.

C' era chi invece ancora attendeva qualcuno.
Là, nella terra dove i draghi sputavano fiamme dalla terra e la vita si spegneva con il gelo.

Quando gli uomini toccarono la sua terra, lui nacque.
I secoli passarono e loro scomparvero.

Eppure da quella nave in lontananza, Islanda credeva fermamente che qualcuno si sarebbe fermato.
Camminando fra i ciottoli della spiaggia, con quel pulcino svolazzante, osservava quel puntino all'orizzonte che pian piano spariva.

E c'erano giorni in cui il vento era una voce isolata, tanto che poteva credere di esser pazzo.
Faceva male la consapevolezza di esser così piccoli, così indifesi, così soli.
Ma a quella voce, una fredda mattina, si unì un' altra, profonda, forse l'eco, forse illusione in quella foschia.
Poi eccola altre voci si alzarono, si richiamarono.
Nascosto dietro una duna, cercò di capire quel mistero.
Ed ecco in un insenatura, una nave aveva ormeggiato, le vele ammainate e i vessilli innalzati.
Alcuni uomini erano a terra, i loro passi venivano lavati dalle onde, fra le braccia uno di loro aveva dei pezzi di legno.
Un uomo si allontano dal gruppo, si guardò attorno scrutando il paesaggio, quasi a giudicare la sua terra, poi, sotto a quei baffi ispidi e lunghi, sorrise.
Forse avevano trovato casa.

Islanda era poco lontano, guardava estasiato quegl' uomini che si muovevano frenetici, accumulavo cataste di legna, cercavano selvaggina.
Ora finalmente non sarebbe stato più così solo.
Ora il vento non avrebbe più cantato le sue paure.
Perché Islanda aveva smesso di attendere invano.



Salve ragazzi!
Ecco a voi una storia su Islanda, suggerita da Babilovesfood su Ingólfur Arnarson il primo vero colonizzatore delle terre islandesi e che ha fondato Reykjavík, detta "baia del fumo", a causa delle sorgenti di acqua calda presenti lì vicino.
Spero vivamente che vi sia piaciuta, la prossima sarà sulle Filippine.
A presto,
Sachi93.

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Capitolo 40
*** Non è mai troppo tardi... (Filippine)* MODIFICATA ***


Non è mai troppo tardi...


Correva e gridava.
Gridava e correva.
Dentro di sé, quelle parole ruggivano nel suo petto ad ogni falcata.
Arricciò la gonna che le impediva i movimenti.
La camicia madida  di  sudore, i capelli arricciati e appiccicati alla fronte, la gola che ardeva ad ogni respiro.
Era vicina, poteva sentire i passi roboanti del plotone che avanzava.
Poteva farcela.
Ancora pochi passi.
Aveva ancora tempo.
Poi, fu improvviso.
Gli spari squarciarono l'aria.
Aveva sperato, aveva pregato.
Ed ora era lì.
Colpito alle spalle, come un uomo senza onore.
Caduto come un sacco vuoto, su quel terreno arido.
Quasi a dire che il suo genio era stato rifiutato dalla sua stessa patria
Eppure il suo volto poté sospirare al cielo ancora una volta, come un' ultima vittoria conquistata.
Ma per lei, per lei era come essersi persi.
Quel senso di smarrimento, pesava più di ogni passo fatto per raggiungerlo.
Non serviva a nulla gridare, chi l'avrebbe ascoltata.
Ora doveva soltanto salutarlo.
Come se un semplice gesto potesse omaggiare il genio di chi aveva sperato in un miglior futuro per lei.
Eppure ora era necessario.
Ora sapeva che quella fatica, non era stata sprecata da alcune pallottoLe.
Sapeva che aveva soltanto un' ultima cosa da fare.
Si appoggiò ad un albero, rivolse un breve preghiera, un piccolo inchino e se ne andò, percorrendo di nuovo una strada, non più così faticosa.


Non era mai troppo tardi, si diceva.
Non per un addio.


Salve ragazzi!
Per tutti i miei lettori ho modificato la storia perchè rileggendola l'ho condiderata un po' acerba, quindi vi chiedo scusa.
Non sapendo di che sesso fosse lo stato Filippine secondo Himaruya, ho immaginato che fosse una ragazza, anche le immagini variano da uomo a donna.
Questa è una storia che mi è stata richiesta da una ragazza filippina, nel fandom inglese.
Il personaggio è Josè Rizal, un intellettuale, medico, studioso delle Filippine che fu ingiustamente accusato di sovversione, arrestato e fucilato. Un uomo che ritengo a dir poco geniale , visto che fra le sue ampie capacità, aveva grandissime doti di scrittore. (Controllate Wikipedia)
Spero vivamente che vi sia piaciuta, anche se so' che ha un finale amaro.
La prossima sarà sul Messico, se avete delle richieste fatele pure.
A presto,
Sachi93.

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Capitolo 41
*** Come nelle tragedie (Messico) ***


Come nelle tragedie



"La mia vita è stata una tragedia..."

Sulla veranda aveva sentito ogni parola di quell' intervista.
Adocchiando di tanto in tanto l' interno della piccola villetta, vedeva il mutare delle espressioni del viso di quel giornalista.
Come si chiamava... 
Messico non riusciva neanche a ricordarlo.
Ne passavano di tanti.
Ognuno con l'intento di strappare un ricordo, una memoria da lui.
Dal Generale.
Pancho Villa.
Era come se volessero far proprie le glorie altrui.
Come se non fosse un uomo fra tanti, ma un fulgido lampo nel corso del tempo.
Forse per questo aveva detto quella frase.
La sua vita era stata vissuta come una tragedia.
Il mondo era il teatro e lui la trama.
Iniziata da un riscatto di poveri derelitti, schiavi di un sistema impietoso.
Bardato da armi e proiettili,  così vicini a delle fasce di seta.
Una lotta continua, tra un contado e l' altro.
I fucili che ormai nelle sue orecchie suonavano come violini.
Le grida di battaglia erano i cori angelici nelle chiese.
Sceso dalle montagne, come gli arcangeli contro i demoni.
Tutte delle belle e meravigliose metafore, che dilungavano immensamente un atto così cruciale per la sua vita.
Quella rivoluzione tanto attesa, che cavalcò con grande furore sino alla sua fine.
Perché lì, nei campi di battaglia non esiste poesia che possa spiegare una guerra.
Perciò, sì, quella frase era adatta alla sua mera esistenza.
E allora Messico si chiedeva, se un giorno la sua morte sarebbe stata altrettanto grande.
Come nelle tragedie.
Dove la gloria attende sempre la fine per mostrarsi.




Salve ragazzi,
Scusate l' assenza, ma per questa storia non avevo idea fino ad oggi e mi dispiace di avervi fatto tanto attendere.
Il capitolo parla di Messico e di un suo famosissimo generale Pancho Villa, grande combattente per i diritti dei contadini, nonché della rivoluzione messicana.
Spero vivamente che vi sia piaciuta e mi scuso ancora per il ritardo.
Alla prossima con Lituania!
Un caloroso saluto,
Sachi93.

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Capitolo 42
*** Nel lupo c'era un sogno... (Lituania) ***


Nel lupo c'era un sogno...



Era il suo sogno.
Qualcosa di trascendentale, che prendeva vita sfrecciando via insieme ai passanti.
Mattone dopo mattone, strada dopo strada.
Correndo da un capo all'altro della città, cercando nei ritratti, cercando nei ricordi.
Così era quel giorno. 
Un semplice mattino di febbraio.
Un cielo terso.
La neve dei giorni precedenti che occupava i marciapiedi.

Correva.
Lituania correva.
Non c'era un motivo, non era in ritardo per il lavoro.
Quella mattina, prima ancora che il sole si alzasse,con  in mano una tazza calda di caffè, aveva deciso di correre.
Attraversava così la città, saltando le pozzanghere e soprattutto, cercando di non scivolare  fra le lastre di ghiaccio.
Eppure fra le vie di Vilnius, di una cosa era veramente certo, quello era stato il suo sogno.
Se lo ricordava ancora, dalla prima volta che raccontò di sé a qualcuno.
Ad un amico, a Polonia.
In un tempo in cui a volte era meglio credere nelle leggende, che alla realtà.
Troppo oscuro, buio, uno di quelli che la notte non osava toccare.
E quel sogno era ciò che rimaneva di una reale leggenda.
Gediminas, forse, lo aveva sempre saputo, lo aveva desiderato ed infine arrivò con un sogno.
Un lupo nero, la pelliccia così folta da confondersi con il manto della notte.
Occhi luminosi, come se volessero scrutare i suoi pensieri.
E il suo ululato così profondo da far tremar l'anima.

C' era la verità in quel sogno.
Nato con una città e cresciuto nei secoli, cresciuto con lui.
Lituania di quel racconto può dare tante versioni, questo è sicuro.
Ma una cosa gli rimase impressa,  fra tutte, quando la raccontò  per la prima volta a lui.
L'atteggiamento spensierato di Polonia e la sua incredibile incapacità nel non saper ascoltare una semplice storia.




Salve a tutti!
Scusate di nuovo il ritardo, ma l'ispirazione viene tardi la notte ed infatti ecco a voi la storia su Lituania e la leggenda sulla nascita di Vilnius, narrando il sogno di Gediminas, con una piccola nota ironica su Polonia, (sappiate che io faccio riferimento al terzo volume del manga di Hetalia), penso che da qualche parte su internet ci dovrebbe essere.
Spero vivamente che vi sia piaciuta, alla prossima con Finlandia.
Le altre che mancano sono:

-Australia
-Cipro
-Egitto 
-Estonia
-Hong Kong
-Lettonia
-Liechtenstein
-Lussemburgo
-Nuova Zelanda
-Portogallo
-Sud Corea
-Taiwan
-Tailandia


A presto,
Sachi93

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Capitolo 43
*** Un nome (Finlandia) ***


 Un nome 



"Tutti noi abbiamo un nome, qualcosa che è veramente nostro."
Tino gli rimboccò le coperte.
"Quello che mi chiedo è se siamo noi a sceglierlo..."
Gli accarezzò dolcemente i biondi capelli.
"Oppure se ce ne viene fatto dono."
Guardò gli occhi speranzosi di Peter, così pieni di curiosità infantile, quella che lo aveva lasciato da un paio di secoli.
Cosa dire...
Mentire...
Narrare la realtà...
Narrare una leggenda, questo sarebbe più adatto, soprattutto ad un bambino come lui.
Perché questa è la verità, la loro storia, i loro miti erano avvolti nella leggenda.
Tutti loro, tutti i nordici. 
Quasi come se volessero mantenere quell'alone di mistero che tanto li caratterizza.

Era così che aveva scelto il suo nome.
Väinämöinen.
C'era chi diceva che fosse un antico saggio, uno sciamano dagli straordinari poteri, infiniti, quanto gli dei.
Forse vissuto nel periodo più glorioso per la storia vichinga.
Quando anche lui era un guerriero come tanti, coperto da un elmo di puro ferro come tutti loro.
E quel forse, non era un errore.
Perché vedete, nella sua millenaria esistenza, Tino non era sicuro che quel saggio, quel mago fosse mai esistito veramente.
Ciò di cui era veramente sicuro era ritrovare per caso la storia di un uomo, una leggenda  in un poema epico della sua terra.*
Il motivo per cui aveva scelto quel nome era perchè non ne aveva mai avuto uno.
Non glielo avevano mai donato, come avrebbe fatto una madre con il figlio.
Questa era stata un po' la condanna di tutti loro.
Conosciuti soltanto come una denominazione geografica fin dai tempi più antichi.

Peter guardava con curiosità quegli occhi un po' appannati dai ricordi.
Tino si voltò con un sorriso mesto verso il bambino, gli accarezzò una guancia e accese la lucetta all' angolo, quasi a scacciar antichi mostri, ora polvere in quello stesso angolo.
''Un giorno te lo dirò..."
In quella sera Finlandia sapeva che quel giorno sarebbe arrivato presto.
Tuttavia solo in quel determinato momento, era sicuro che avrebbe visto in quel bambino lo sguardo fremente di pura ammirazione.
Avrebbe raccontato quelle sue strane leggende, che forse lo avrebbero affascinato.
L' orgoglio più grande che aveva avuto Finlandia era quella di scegliersi il proprio nome, il proprio onore.
E questa era una storia che valeva più di mille anni.


* Poema epico finlandese Kalevala


Salve ragazzi,
Scusate il ritardo di questa storia, ma non ho avuto tempo, sto organizzando una piccola festa, perciò mi scuso.
Qui ho affrontato un tema che mi ha incuriosito molto, Väinämöinen è un personaggio molto noto in  Finlandia, come non metterlo in questa raccolta, tuttavia ciò che ho voluto affrontare qui è una semplice domanda, le nazioni che noi tutti conosciamo hanno nomi e cognomi,  quello che mi chiedo è se questo nome gli sia stato donato o lo hanno scelto loro.
Da questa semplice domanda  creerò una nuova storia a più capitoli che pubblicherò dopo aver concluso questa raccolta
Spero vivamente che come storia vi sia piaciuta.
A presto miei carissimi lettori!
Sachi93


P.s.
Ho bisogno del vostro immenso aiutoooooo!
Con il fandom  inglese aumentano le richieste. Mi aiutate a trovare dei personaggi storici famosi, leggende, miti di questi paesi, vi pregoo! T.T

-Cipro
-Egitto 
-Estonia
-Hong Kong
-Liechtenstein
-Lussemburgo
-Nuova Zelanda
-Portogallo
-Sud Corea
-Taiwan
-Tailandia

Grazieeeeeeee!

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Capitolo 44
*** Quelle poche pagine... (Lettonia) ***


Quelle poche pagine...



Aveva paura.
Acquattato nella trincea aveva paura.
Intorno a lui c'era chi pregava, chi fumava, chi era apatico e c'era chi piangeva sommessamente, come se si vergognasse di vivere.
E c'era lui che come molti aveva paura.
Lui  che era uno fra i tanti
Soprattutto se erano in mezzo al fango.
Colpiti da un incessante pioggia di proiettili.
I corpi che pendevano fra i fili spinati.
E dietro alcune barelle ammassate, c'era Lettonia.
Fra le mani delle pagine sgualcite di uno scrittore sconosciuto per chi non era lettone, ma che per lui valevano più di qualsiasi bottiglia di Vodka.
Strette spasmodicamente a sé, tremando per il freddo, rabbrividendo dalla paura.
Sperava che le parole di Andrejs, gli avrebbero donato una sorta di conforto.
Perché nelle guerre è così, le nazioni diventano più simili agli esseri umani.
Cadono come foglie d' autunno.
Metafora così ripetuta spesso, che a  Raivis dava la nausea.
Ecco il motivo per cui non aveva un Bibbia con sé, ecco perché non pronunciava delle preghiere.
Lettonia voleva speranza, Raivis voleva credere.
Non sapeva in chi o in che cosa, ma lo desiderava con tutto il cuore.
Ecco lettori, questo era il destino di Andrejs Pumpurs e di Lāčplēsis*.
Quello di essere delle pagine consunte, imbrattate di lacrime, pioggia e sangue, gettate  dentro lo zaino di uno come lui, di un soldato qualsiasi.
Anche durante la carica, mantenevano il loro compito.
Persino quando una pallottola perforò la spalla di Raivis.

Quelle poche pagine erano il suo tesoro più grande.
La speranza.


* Poema epico nazionale lettone.

Salve a tutti,
Ho composto oggi questa storia su Lettonia, perché quella su Australia è in fase di stallo e ho preferito concentrarmi su altro.
Considerando che sono indietro con lo studio, gli aggiornamenti saranno lenti, circa uno alla settimana, se ci riesco aggiornerò il sabato.
Il personaggio di oggi è Andrejs Pumpurs,  fu un soldato, ma soprattutto un poeta lo scrittore del poema epico nazionale Lāčplēsis.
Quindi ho pensato, che il modo migliore per presentare i due elementi sia in una battaglia, io l'ho immaginata nella prima guerra mondiale, anche se non l'ho specificata da un punto di vista cronologico.
Spero vivamente che vi sia piaciuta e se avete delle critiche fatemele pure!
Un caloroso saluto e a presto,
Sachi93.

P.S.
Qualcuno conosce qualche personaggio storico del Portogallo?

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Capitolo 45
*** Quella sensazione... (Australia) ***


Quella sensazione...


Era stato lui a trovare loro.
Lo aveva sentito dentro.
Una sensazione così piccola, ma fremente.
Come un pulcino appena nato.
Ed aveva corso, lasciando dietro di sé uno sparuto gruppo di bambini aborigeni.
Un tremito costante nel suo cuore, che ad ogni falcata cresceva, come un tamburo.
Aumentava così velocemente, che alla fine di quella foresta si fermò di colpo, quando già i suoi piedi erano immersi nella calda sabbia.
Uno spettacolo mai visto prima.
Un magnifico vascello ancorato poco lontana.
Le vele erano così bianche da abbagliare la sua vista, tanto grandi da sovrastare la foresta di palme.
E nel voltare lo sguardo incredulo, di nuovo quella piccola scintilla vibrante si librò pian piano dal suo animo.

Inghilterra aveva passato mesi sull' Endevour insieme a Cook, valutando e calcolando coordinate, tempo e cercando isole da annettere al suo impero.
Passando il tempo fra i marinai, onde che spumeggiavano e un tempo così incomprensibile, che era quasi riuscito a ridurre la sua tanto rinomata resistenza.
Missioni del genere le aveva già vissute, quelle che di tanto in tanto venivano accompagnate da qualche bottiglia di rhum illegale.
Perché era  questa la sua vita, in tanti secoli aveva solcato mari sconosciuti alla ricerca di nuove terre, nuove merci, nuovi approdi.
Eppure quella sensazione era sempre nuova, diversa da ogni altra, così distinta.
Lo aveva avuto con America, con Canada e tutti gli altri.
E lui lo aveva sentito in quel 29 aprile, appena era sbarcato, quando il piede aveva toccato la spiaggia lambita dal mare.

Cook era al suo fianco.
Dalla prima volta che era salito a bordo, come messo reale, il capitano aveva capito chi era veramente.
Ed ora insieme a lui, guardava attonito un bambino minuscolo.
Al limitare della foresta, coperto solo da qualche indumento indigeno, che fissava la spedizione con uno stupore mai visto prima.
La missione di James Cook era quella di trovare nuove isole, nuovi approdi per il grande Impero Britannico.
E per la prima volta aveva assistito ad un evento che accadeva da centinaia d'anni.
Quel bambino ne era la prova inconfutabile.
Avevano scoperto un nuovo mondo.



Salve ragazzi,
So' che il capitolo precedente non vi è piaciuto, perciò mi vorrei far perdonare con un nuovo capitolo.
Ecco a voi la scoperta dell' Australia da parte di Inghilterra e Cook, come avete letto ci sono tre punti di vita, quella di Australia, quello di Inghilterra e  quello di Cook. Quello che ho raccontato è il giorno del primo sbarco in Australia, che avvenne il 29 aprile 1770, presso Botany Bay.
Ora dopo questo capitolo, ho bisogno della vostra immensa pazienza, mi aiutereste a trovare dei personaggi famosi per queste nazioni, vorrei tanto concludere la storia!

-Estonia
-Hong Kong
-Nuova Zelanda
-Portogallo
-Sud Corea
-Taiwan
-Tailandia

Se non riusciamo a trovare nulla su una nazione, il capitolo su quella non si farà, la cosa però mi dispiacerebbe molto.
Quelle su Cipro ed Egitto sono in costruzione, purtroppo su Liechtenstein non so' minimamente se vale la pena pubblicarlo, (SPOILER: LA STORIA  LIECHTENSTEIN DI COME DESIDERO' SAPER COMBATTERE), se volete leggerlo basta che me lo dite.
Un caloroso saluto e a presto, spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto,
Sachi93.

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Capitolo 46
*** Il rimpianto di non saper combattere (Liechtenstein) ***


Il rimpianto di non saper combattere



Era difficile dirlo.
Sacro Romano Impero era morto.
Come poteva.
Non quando il sapore di quelle parole era amaro e vi era un fervente bisogno di allontanarle..
Eppure il concetto di quell'accaduto era entrato nel suo profondo.
La sua casa, la sua famiglia.
Erano solo fumo ora.
Liechtenstein guardava gli occhi dell'imperatore, tremanti di chissà quali sentimenti così ben celati, così in contrasto con la fermezza del suo corpo.
Intorno a quel tavolo, il  silenzio si faceva largo, sinuoso, quasi carezzevole.
Fra le mura che li circondavano, quella frase rimbombava incessante in quel religioso silenzio.
Dissolto, come nuvole.


Nel corridoio risuonavano dei passi.
Quelli di un uomo, il cui nome era diventato sinonimo del potere, Napoleone.
E suoi.
Quelli di una nazione.
Dei passi lenti, costanti, quasi temessero di esser grevi di false speranze.
L' uomo con il cappello sotto braccio, l'altra con le trecce bionde che dondolavano al suo cammino.
Lui, circondato da una schiera di generali, lei accompagnata da un candido grembiule.
Passarono l'uno accanto all' altra, ognuno con lo sguardo fisso alla parete opposta.
Inesistente per lui, camminava oltre, lungo il caldo parquet, come se quel palazzo fosse ormai di sua proprietà.
Lei si fermò, voltandosi leggermente.
Ora lo aveva visto e ne era certa.
Una certezza che le permetteva di sussurrare per la prima volta quelle dolorose parole.
Napoleone lo aveva ucciso.
Sacro Romano Impero era morto.
E' fra le lacrime sommesse di Veneziano, che Liechtenstein rimpianse amaramente di non saper combattere.
Perché non ci sarebbe stato nessun ritorno.


Salve a tutti,
Come avevo detto ero indecisa se pubblicare o no una storia su Liechtenstein, ho i miei dubbi che piacerà, quindi se vi fa schifo ditemelo che la cancello.
Ora dal momento che non ci sono molti personaggi famosi, ho pensato all' impatto che avrebbe avuto questa piccola nazione alla notizia che Sacro Romano Impero era morto a causa di Napoleone, è da qui che penso sia nata la sua voglia di saper combattere e difendere la sua casa, cosa che accadrà quando starà con suo fratello Svizzera..
Spero che vi sia piaciuta, se avete richieste ditemelo!
Un caloroso saluto a tutto voi,
Sachi93.

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Capitolo 47
*** AVVISO ***



Avviso

 

Salve ragazzi, volevo innanzi tutto ringraziarvi di aver letto questa mia storia.

A causa dei miei esami, riprenderò a pubblicare i capitoli dopo il 2 aprile, quindi non potrò dedicare molto tempo alla creazione di varie storie.

Sono in fase di creazione le storie su: 
-Cipro
-Egitto
-Estonia
-Hong Kong
-Portogallo
-Nuova Zelanda


Per quanto riguarda questi personaggi, scusatemi ragazzi ma non mi hanno ispirato molto i suggerimenti ricevuto, mi dispiace tanto, ma magari qualche leggenda antica o mito, potrebbero aiutarmi, (anche perché l' unico che mi è venuto in mente per Sud Corea è l' inventore del Gum Gum Style)!

-Sud Corea
-Taiwan
-Tailandia


Per il resto spero che le storie continuino a piacervi, magari qualche critica costruttiva mi motiverà a creare capitoli più coinvolgenti!
Un caloroso saluto e a presto,
Sachi93

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Capitolo 48
*** Lei, una donna... (Antico Egitto & Egitto) ***


Lei, una donna…
 
 
A differenza delle altre nazioni i miei ricordi scivolano via.
Come sabbia spazzata dal vento del deserto.
Quella che spesso si accumula agli angoli delle case.
Come ciuffi solitari sparsi qui è là.
Tuttavia se chiudo gli occhi al sole, in un assolato silenzio, a volte posso sentire ancora.
Di quei secoli, a me così vicini.
Sentire le sue vesti di lino leggere, frusciare fra le sue gambe.
I profumi che si sovrapponevano
La mano calda che mi stringe forte.
Il sorriso bianco che mi rassicura.
Le voci che rimbalzano fra le colonne.
E mi ritrovo davanti a quel bassorilievo.
I volti che ora si confondono.
Mia madre l’ammirò a quel tempo.
Lei, un orgogliosa fiera.
Tanto indomita da sfidare un impero.
Credevano che potesse piegare la testa davanti a loro.
Vendette il suo corpo per mantenere il suo regno.
Definita da loro come una sgualdrina.
Quale amara, pungente  parola, al solo pensarci.
I suoi occhi, così neri, tremanti di un fuoco inestinguibile.
Quei occhi cantavano sempre una storia diversa.
Uno di quei racconti privi di parola.
Qualcosa che mia madre non avrebbe mai avuto il coraggio di dirmi.
Paure alterate da gesti plateali, quei trionfi, quelle feste di cui non rimaneva traccia al mattino.
Pene nascoste nei più  profondi segreti, nei trucchi accesi, in quelle labbra rosse.
Fra quelle tende leggere che nascondevano ombre.
Dove era necessario combattere anche i sospiri.
E il veleno aveva il sapore del migliore fra i vini.
Di una cosa poté esser fiera mia madre.
Sino alla fine fu sempre coerente con se stessa.
Ebbe la fine della più degna delle regine.
Lei, che era pur sempre una donna…
 
Eppure un grande dolore nasce ogni volta in me, la consapevolezza di non ricordare il viso di mia madre.
 
 
 
Salve ragazzi!
Sono tornata a scrivere le mie storia, sono dispiaciuta per non aver aggiornato prima, ma per mia sfortuna il computer voleva far sciopero ed era momentaneamente morto.
Ora torno da voi con una storia, i protagonisti sono Egitto, sua madre e la più grande fra le regine Cleopatra. Ho immaginato che come ogni bambino, sia difficile ricordare la propria infanzia, quindi Egitto racconta le impressioni su questa grande regina, attraverso gli occhi sua madre, anche se per una nazione i secoli non sono nulla.
Spero vivamente che vi sia piaciuta, alla prossima volta.
Sachi93

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Capitolo 49
*** Il peccato di una nazione... (Portogallo) ***


Il peccato di una nazione
 
 
Agonizzava dietro una tenda.
Singhiozzava come un bambino.
Le maniche della giacca morse per non gridare.
Il petto scosso dai più profondi dolori
L’amava.
Portogallo l’amava.
Mai suono fu più ingiusto.
Sì, perché quelle parole non l’avrebbe mai potute pronunciare.
Non quando la donna, la mortale che stimava, adorava, amava, era morta
Mai aveva colto un istante o un’occasione, per poter aspirare a dar voce alla sua passione.
Ed ora, fissava il vuoto più profondo.
Isabella era una donna speciale.
Portogallo lo aveva sempre saputo.
Lei, lo aveva dimostrato in ogni attimo della sua vita da regina.
Era lei che gestiva il regno, i possedimenti.
Con dedizione amò i suoi figli.
E per loro morì.
Non resistette, il suo corpo non era abbastanza forte.
Spirò insieme al suo fagottino.
 
Il più grande peccato per una nazione è amare un mortale.
Il loro cuore si  lega in inscindibili spire, così intricare da resistere nei secoli.
Tuttavia, neppure il più puro dei sentimenti può contro Lei.
L’amore è l’arma migliore della Morte.
Ricorda alle nazioni, la loro effimera esistenza.
Sempre.
Portogallo lo sa bene.
Una cicatrice sul cuore, gli ricorda la sua incapacità di abbandonare la sua Isabella.
Anche nel sonno eterno.
 
 
 
 
Salve ragazzi,
Finalmente sono riuscita a scrivere la storia su Portogallo.
Dato che mi è sempre piaciuto pensare alle reazioni fra nazioni e regnanti, allora ho creato questa storia, dove però non è mai nato nulla fra Isabella D’Aviz, moglie di Carlo V, e Portogallo che l’ha sempre ammirata.
Spero vivamente che vi sia piaciuta e se avete delle critiche sono sempre ben accette!
A  presto!
Sachi93.

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Capitolo 50
*** E lui... apparve... (Taiwan) ***


E lui... apparve...
 
 
Erano venuti tutti con delle promesse fiorenti.
Formosa mi chiamarono i portoghesi.
Lussureggiante, fertile.
Ciò che ero fece gola a molti.
Fece gola a lui, Olanda
Approdò sulle mie coste velocemente, come può avvenire per ogni conquista.
E come tale incise dei profondi cambiamenti  sulla mia pelle.
Sulla mia gente
Un dominio così intenso, che ancora oggi posso percepire il profumo del gin che gli versavo la sera.
Ma, un giorno, apparve lui.
Bhe, apparve può suonare decisamente inusuale, ma è così che accadde.
Era un re.
La conquista era nel suo sangue.
La gloria sfolgorante ad ogni passo.
Così indomito, che degli olandesi rimase il simbolo di una fortezza abbattuta.
Una catatonica presenza di ciò che rappresentavo per loro.
E’ in quei momenti, così sperati, pregati, che tutto sembrava avvolto da un velo d’irrealtà
Era il primo febbraio del 1662.
Il fumo si diradava lento, le voci erano concitate
E quella sensazione, Dio, quella meravigliosa sensazione venne ad un tratto.
Poteva essere una luce che irradiava un’ invisibile cella.
Il fragore di una catena che cadeva.
Un istante della più desiderata essenza.
La libertà aveva un sapore così indefinito,eppure così perfetto.
Ma per me era una parola.
Quella che lo accompagnò sempre nei miei pensieri.
Perché la mia libertà apparve.
Come lui.
Koxinga.
 
 
Salve ragazzi,
Ecco la mia storia su Taiwan e un personaggio storico importante per questo paese, Koxinga, che in poco tempo, nell’arco di un anno o poco più, riuscì a sbaragliare il dominio olandese su quest’ isola, annetterla al suo potere e dare inizio ad una nuova dinastia.
Spero vivamente che vi sia piaciuta, qualsiasi critica sarà ben accettata!
A presto,
Sachi93

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Capitolo 51
*** La Dama Bianca (Estonia) ***


Note: Salve quella che state per leggere non è una storia su un re condottiero, regina o generale.
http://blog.lamiaestonia.it/2011/08/leggende-estoni-la-dama-bianca-di-haapsalu/

 
La Dama Bianca
 
 
Era un giorno speciale.
Tutto per lei.
La dama bianca.
Non una regina, non una principessa.
Un favola, una leggenda.
Una leggenda meravigliosa, seppur tanto triste.
Una donna amata.
Un uomo legato ad un vincolo divino.
E’ la storia più vecchia del mondo.
Si amano, ma.
C’ é sempre un ma, che rende una storia ancor più interessante.
L’ impossibilità di amarsi alla luce del sole.
La condanna implacabile.
E’ dalla loro morte che nacque la leggenda.
E quello era il suo giorno ad Haapsalu.
Le bancarelle, i giochi, i canti e i balli.
Una festa che rendeva questa vicenda meno cupa.
Coronata alla perfezione dalle luminarie colorate, che si specchiavano negli occhi di Estonia.
Brillavano fra il ciottoli della strada, quasi a reclamare incessantemente antiche voci.
Un minuscolo coro.
Tremolanti, seppur vive.
Le voci degli amanti.
Come quella leggenda, così antica, così famosa.
E come ogni leggenda sorpassava il confine della verità.
Perché vedete essa è l’essenza infinita della nostra sfrenata fantasia.
Nessuno poteva dire se era reale.
Persino i secoli avevano fatto del loro meglio.
Eppure solo uno fra quei passanti, uno di quelli che non immagineresti mai spaesato fra i colori, ingessato nel suo ruolo.
Solo una nazione poteva sapere la verità.
Questo solo Estonia la conosceva.
Ed era quella singola lacrima scivolata via, mentre il rumore della festa ne attutiva la caduta.
 
 
 
Salve a tutti,
Volevo dirvi che purtroppo non ho trovato molti personaggi storici estoni che mi ispirassero, perciò ho voluto parlane di qualcosa estremamente comune. La leggenda di un fantasma, la dama bianca, sapendo che il personaggio di Estonia ama i festival, ho voluto ambientare la storia in un momento in cui non sembrasse così calato nel suo ruolo di nazione, ma come semplice spettatore, di una storia molto comune.
So’ per certo che questa storia esula dalla linea della raccolta, ma volevo in ogni caso presentare qualcosa di diverso.
Se non vi è piaciuta, fatemelo sapere, le critiche sono sempre ben accette.
A presto!
Sachi93.

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Capitolo 52
*** AVVISO ***


Avviso

 

Salve ragazzi, volevo innanzi tutto ringraziarvi di aver letto questa mia storia.

A causa dei miei esami, riprenderò a pubblicare i capitoli dopo l'8 maggio, quindi non potrò dedicare molto tempo alla creazione di varie storie.

Sono in fase di creazione le storie su: 
-Cipro
-Hong Kong
-Nuova Zelanda
-Thailandia
-Venezuela
-Sud Corea ( ma qualcuno conosce qualche personaggio storico, leggendario di questo paese?)



Per il resto spero che le storie continuino a piacervi, magari qualche critica costruttiva mi motiverà a creare capitoli più coinvolgenti!
Un caloroso saluto e a presto,
Sachi93

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Capitolo 53
*** RINGRAZIAMENTI ***


Circa un anno e tre giorni fa, ho dato avvio a questa raccolta, non ci sono parole per descrivere quanto io sia felice che vi sia piaciuta, perciò ringrazio tutti voi, miei cari lettori e lettrici, che hanno avuto la pazienza di leggere e recensire la mia storia.
Per questo mi inchino a voi, voi che mi avete aiutato nell'impensabile, sostenendo questi incredibili voli pindarici, che il mio cervello osa creare.
Grazie.
 

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Capitolo 54
*** Ciò che rimaneva fra le sue mani (Cipro) ***


Ciò che rimaneva fra le sue mani
 
 
Aveva sceso quelle scale un milione di volte.
Passo dopo passo.
Trottando con quelle piccole gambette.
Dietro di sé un mantello troppo grande per un bambino.
Seguendo corridoi percorsi innumerevoli volte.
I passi a segnare la loro distanza.
Oltrepassando le porte della reggia.
Le persone, solo macchie sfocate.
Un passo in più verso il molo.
Lo scricchiolio del legno seguiva il suo respiro affannato.
 
La politica sapeva come far male.
In quel momento lo stavano uccidendo.
Lei sapeva di essere un pedina, come tutte.
Così accadeva in quei secoli, una donna, un mezzo per l’ambizione.
E Cipro faceva gola alla Repubblica Veneziana.
L’avevano scelta come regina, ma ora tornava a casa.
 
Ed era stato lasciato così.
Ansimante, sul molo, con una pioggia fine che penetrava nel pensante mantello.
Mentre la nave solcava il ritorno.
A bordo lei, Caterina Corsaro, non più regnante..
Per Cipro non c’erano lacrime amare.
Solo un tesoro stretto nel suo piccolo pugno.
 
All’ ombra di un portico, un nastro nero era tutto ciò che rimaneva fra le sue mani.
 
 
Salve ragazzi sono tornata a pubblicare!
Se credevate che avessi concluso la storia vi sbagliavate.
Questo capitolo tratta di Caterina Corsaro regina scelta dalla Repubblica Veneziana per l’ isola di Cipro, ma a causa di alcune congiure fu costretta ad abdicare e tornare a Venezia
Spero che vi sia piaciuta, scusate il ritardo e a presto.
Sachi93
 
P.S
Mancano cinque capitoli alla fine della raccolta.

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Capitolo 55
*** La quiete della consapevolezza (Corea del Sud) ***


La quiete della consapevolezza
 

Corea camminava lungo il pontile, con lo sguardo sconvolto, stupito, piacevolmente stupido.
Quella nave era maledettamente insolita.
Una kobukson, la nave tartaruga.
Ricoperta di numerose placche di ferro, che scintillavano al sole quasi a ridere degli sfortunati nemici.
E’ in quel  bagliore, che la nazione scorse negli occhi dell’uomo il vibrante tocco del Genio.
In quei rari momenti, una nazione si stupiva.
Le persone uccidevano, mentivano, creavano, amavano.
Eppure fra tutte queste, c’era qualcuno che dimostrava una scintilla, quella che permetteva di dire ad una nazione: “Ecco, è lui!”
Sì, lui, Yi Sun Sin.
In quella creazione Corea, poteva dire di aver trovato, l’espressione reale e vivente di quell’ affermazione.
Avrebbe potuto pronunciare milioni di parole, altrettanti gesti.
Ma non disse nulla.
Soltanto Yi Sun Sin parlò.
La sua voce suonava soffusa nelle orecchie di Corea.
Un silenzio assordante percorreva il suo corpo
Solo la sensazione di meraviglia lo pervadeva.
Accarezzò lo scafo, si allontanò e guardò di nuovo il creatore di quella meraviglia.
In quella guerra, la sola presenza di un tale uomo placò la sua anima.
E il mondo di Corea per un solo istante, smise il suo frenetico battito.
La quiete della consapevolezza.
 
 
Salve a tutti,
Ecco a voi il capitolo su Corea, ringrazio tanto Tony Cocchi che mi ha suggerito il personaggio!
Questo personaggio è un eroe nazionale della Corea, da semplice soldato ad ammiraglio ingegnoso,
nonché poeta!
Yi Sun Sin era l’esempio perfetto dell’uomo multiforme!
Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto, purtroppo non sono riuscita a creare qualcosa per Nuova Zelanda, in quanto il personaggio scelto Rutherford non mi ha dato l’ispirazione giusta…
Non sempre riesco nei miei lavori e mi dispiace molto!
A presto,
Sachi93.

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Capitolo 56
*** Era uno fra i tanti (Venezuela) ***


Era uno fra i tanti



Era uno di quelli che stava in un angolo.
Quello che si sporgeva fra la folla per vedere.
Quello che nel pianto comune, restava in silenzio.
Perché non ne sentiva il bisogno.
Quasi a stoica difesa contro l’inquietudine
Eppure quelle lacrime che solo una nazione può spargere, quelle che sanno di amarezza, le avrebbe gelosamente conservate.
In quel mormorio sommesso pieno di frasi di repertorio, il silenzio era l’unico che osava tenerlo
per mano.
Una presenza che lo confortava,  accarezzandogli leggermente le nocche.
Quel silenzio che sapeva di primavera, quasi come un mesto sorriso.
Avrebbe potuto ricordare migliaia di frasi, tutte così forti, colorate, piene di vita.
I numerosi comizi, vortici di politica.
Le guerriglie contro il peggior cancro
Avrebbe potuto brindare alla vita del suo vecchio amico.
Quei compleanni passati fra le risate, nel vivere.
Non serviva.
Non poteva.
Strinse fra sé quella presenza e infine, rinunciò a trattenere un singhiozzo
Non si sentiva più una nazione, ora.
Nella perdita, Venezuela era veramente diventato uno fra i tanti.
 
 
 
 
Salve a tutti,
Finalmente riesco a pubblicare, fra studio e adsl che non va, ho pubblicato un nuovo capitolo.
I protagonisti sono Venezuela e Chàvez, personaggi richiesti da una ragazza venezuelana nel su Fanfiction.
Dato che ho sempre pensato ai personaggi storici e alle nazioni come persone comuni, ho preferito ambientare la storia durante il funerale di Chàvez, morto di cancro nel marzo del 2013, cercando di dimostrare come anche i più forti posso essere toccati dal dolore.
Spero vivamente che vi sia piaciuta.
Un caloroso saluto e a presto.
Sachi93

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Capitolo 57
*** L’avidità conquista tutti (Bielorussia) ***


L’avidità conquista tutti
 
 
Il ricordo è un arma senza impugnatura.
Solo una delle tante ferite incise sulle mani.
Era un  pomeriggio d’inverno.
Dove la neve scendeva fitta, densa, ipnotica nei suoi volteggi, nelle sue spire.
Dove le macchie nere della tundra si univano a quel cielo, che non aveva né fine, né inizio.
Per Bielorussia, come per sua sorella o suo fratello, il passato era solo un altro tramonto vissuto.
Così i regni, i re, principi, i governatori.
Sarebbe decisamente semplice dire per ognuno di loro chi era il migliore, l’uno fra i tanti.
Frasi dette all’ infinito, poste per segnare glorie, tanto per ingraziarsi la loro sopravvivenza.
E accadde anche con Vladimir il Grande.
Erano stati tutti conquistati, lei e i suoi fratelli slavi.
E in quel trambusto secolare, c’era Vladimir e la sua ricerca per il potere.
C’era la politica, la diplomazia e l’Impero Bizantino.
Ma soprattutto, c’era la voce altisonante di Rogneda, che sovrastava ogni pensiero.
Ed infine l’ abbandono di un passato pagano e un nuovo matrimonio.
Con gli occhi di piccola nazione, Bielorussia capì la morale di quella storia.
Qualcosa che non ha titolo, ma resta impressa lì.
Custodito fra le mani, stretta assieme alla profonda delusione di sua sorella.
Così nei secoli, aveva cercato silenziosamente di capire gli umani.
Pensieri, memorie, sequenze nascoste in quegl’ occhi così ombrosi.
Tuttavia, quella morale tornava insieme ad ogni conquistatore.
Firmava ogni resa, ogni vittoria
E ogni volta, in Natasha, restava la sensazione di confusione.
Quasi fosse ormai uno straccio comune sulla finestra del tempo.
Gli esseri umani non cambiano, avido come l’ultimo dei ladri.
Questo fu l’instante segnato da Vladimir.
Oh si, era stato un gran re, un buon conquistatore.
Ma non intravide nulla, che potesse segnarlo  diversamente.
Per lei era uno come altri nella Storia.
 
 
Salve ragazzi,
Vi chiedo scusa per la lunga assenza, ma primo dovevo studiare, visto che dovrò dare quattro esami per questa sessione estiva, due per trovare personaggi decenti ci ho messo secoli, tre la mia ispirazione era deceduta con il caldo.
La storia parla della profonda delusione di Bielorussia che non riesce ad intravedere nulla di diverso nel suo nuovo conquistatore, Vladimir il Grande, che non esita a rinnegare le sue origini pagane e le sue tre mogli, tra cui Rogneda, (?che se non ho capito male tento anche di farlo fuori, forse era uno dei suoi figli?), per ottenere anche il potere dall’ Impero Bizantino.
La morale della storia è semplice l’avidità conquista tutti!
Spero vivamente che vi sia piaciuta, chiedo scusa per il ritardo con cui la pubblico, non chè del capitolo precedente, che penso non sia piaciuto molto.
Un caloroso saluto e a presto.
Sachi93
 
P.S
Mancano tre capitoli alla fine della storia.

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Capitolo 58
*** Aveva negli occhi il ricordo… (Hong Kong) ***


Aveva negli occhi il ricordo….
 
 
Sguardo intenso, concentrato su ogni mossa.
I calci sferzati uno dopo l’altro.
Le grida del maestro nelle orecchie.
Urla di ardore.
Aveva negli occhi il ricordo…
 
In molti anni, in quei anni così frenetici e veloci.
Hong Kong aveva girovagato fra le varie scuole marziali.
Non come studente, era da secoli che non lo era.
Semplicemente restava lì, appollaiato su un ramo.
A braccia incrociate.
 
Aveva negli occhi il ricordo di uno spaurito  ragazzo.
Un certo Chang Kong-Sang, uno di quelli che all’ inizio pensi che non darà molto.
In quella terribile scuola,  dove pochi entravano fra i migliori.
Eppure fra tutti quelli, restò colpito da lui, non sa il motivo.
 
Così, anno dopo anno, ne seguiva i progressi, i fallimenti e le vittorie.
Fino a ritrovarselo in una strada affollata.
Un nome diverso, in posa, con una fra le sue numerose e strabilianti mosse.
Un enorme cartellone pubblicitario, colorato ed illuminato.
Spiccando sulla facciata di un palazzo quasi a dire: “ Ce l’ho fatta a dispetto di tutto.”
 
In quell’ istante la nazione pensò che un giorno sarebbe diventato un grande successore di Bruce.
Solo che  Jackie avrebbe rivisitato quel mondo così duro, nella sua vena comica.
Ridere in fondo è l’arma migliore.
E davanti a sé, ha ancora negli occhi il ricordo… di quello che, oltrepassando la folla, ora è un uomo.
 
 
 
Salve ragazzi,
Chiedo scusa per il ritardo ma continuo ad avere problemi con l’università, e il tempo per scrivere è poco, so che le precedenti non vis sono piaciute, ma mi farebbe piacere leggere dei commenti per capire cosa c’è da cambiare o lasciare.
Questo capitolo è riservato a Jackie Chan un grande attore interprete di arti marziali, che con la sua vena comica  ha dato nuovo lustro a quel mondo così duro e difficile.
Spero vivamente che seppur breve vi sia piaciuta, le critiche sono sempre ben accette!
Un caloroso saluto e a presto,
Sachi93
 
 
P.S  Mancano solo due storie per finire. Fa veramente strano.

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Capitolo 59
*** E alla fine sentiremo solo un sussurro... (Thailandia) ***


E alla fine sentiremo solo un sussurro…
 
 
C’era il sole.
 
C’era la pioggia.
 
C’era un impero.
 
C’era lui.
 
Eravamo noi.
 
Il respiro affannato
 
L’edera mi veste.
 
Il sentiero scivoloso.
 
La sua mano calda.
 
Il battito del cuore assordante nelle orecchie.
 
La voce  della jungla.
 
 
Non fu semplice ritornare.
Il lavoro degli archeologi fu impeccabile.
Thailandia e i suoi fratelli passeggiavano silenziosi, quasi intimoriti.
Come se fossero semplici turisti.
Posando di tanto in tanto la mano su quelle pietre fredde, mentre i ricordi riaffioravano intensi.
Il loro unificatore dal nome impronunciabile per gli occidentali.
Le città che sovrastavano la foresta intricata.
La seta dei mercati.
Gli incensi e i fiori nei templi.
Il sole nella pioggia e la nebbia che si diradava fra  le palme.
Ed era un impero così grande.
Era l’impero Khmer.
O meglio erano i suoi resti nel corso del tempo.
Dimenticati per un po’, visitati da molti e sopravvissuti a tutto.
 
Di loro, rimanevano meravigliosi fantasmi a sussurrare un arrivederci.
Proprio lì, sul ciglio della strada di un ritorno.
 
 
Salve ragazzi,
Scusate l’assenza ma avevo un esame importante a fine luglio e non potevo aggiornare.Oggi vi propongo Thilandia, l’impero Khmer, che visse tra 840 e  il  1431, nonché il suo fondatore Jayavarman II.  Ho preferito lasciare tutto un po’ all’intuizione, dato che non conosco storia orientale ne tanto meno le vicende di questo famoso impero. Quindi nella storia i punti di vista sono due, quello dell’impero riscoperto e quello di Thailandia e dei suoi fratelli.
Spero vivamente che vi sia piaciuta, chiedo ancora scusa a tutti per la mia assenza.
Questo è il penultimo capitolo, il prossimo sarà sulla Nuova Zelanda.
Un caloroso saluto e a presto.
Sachi93.

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Capitolo 60
*** Ka mate, ka mate… (Nuova Zelanda) ***


Ka mate, ka mate…
 
 
https://www.youtube.com/watch?v=OqWB1RfOO4M

Un suono stridulo, un proiettile, una freccia.
Ringa pakia!        Batti le mani contro le cosce!
 
Un ronzio che penetra acutamente ogni pensiero.
Attonito, piegato.
Uma tiraha!          Sbuffa col petto.
 
Sotto la pioggia resti.
Turi whatia!         Piega le ginocchia! 
 
Attimi di inquietudine.
Hope whai ake!   Lascia che i fianchi li seguano!
 
Scivolano in gocce nella terra.
Waewae takahia kia kino nei hoki!  Pesta i piedi più forte che puoi!
A kia kino nei hoki!   Più forte che puoi!
 
Sei salvo.
Ka mate, ka mate È la morte, È la morte!
Ka ora' Ka ora'      È la vita, è la vita! 
Ka mate, ka mate   È la morte, È la morte!
Ka ora Ka ora "      È la vita, è la vita!
 
Salvo.
Risponde un rombo in lontananza.
Tēnei te tangata pūhuruhuru  Questo è l'uomo dai lunghi capelli
 
Dopo la  battaglia puoi dire di essere vivo, Te Rauparaha.
Nāna i tiki mai whakawhiti te rā   ...è colui che ha fatto splendere il sole su di me!  
 
E ora sai che chi ti chiama è il suolo che calpesti.
A Upane! Ka Upane!    Ancora uno scalino, ancora uno scalino,
 
E’ il tuono vicino che sibila e squarcia il tuo nome.
I lampi, la pioggia, il vento, le foglia turbinano.
Upane Kaupane"      un altro fino in alto,  
 
Allora, tu urli.
Whiti te rā,!       IL SOLE SPLENDE!
 
Ti ascolto.
Innalzandomi dal suolo, come soldato caduto.
Arriverò.
Io sono la Nuova Zelanda,  metà della tua anima.
Perché io ti ho invocato.
E insieme a te, irrideremo i nostri nemici.
Hī!  Risata!
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Non ho postato fino ad oggi, perchè ho avuto dei problemi, che non  sto qui a discutere.
Oddio è l’ultimo capitolo, dopo un anno e qualche mese, questo è l’ultimo capitolo!
Difficile, diamine sto piangendo, perché eccoci alla fine della raccolta.
Un capitolo che è stato un parto, non sapevo cosa scrivere.
Poi ho dato sfogo alla mia inquietudine interiore ed  eccolo.
Il protagonista è  Te Rauparaha, un famosissimo personaggio storico Neo Zelandese, nonché inventore del famoso canto e danza maori Ka Mate, ancora oggi cantato dagli All Blacks, e vi consiglio caldamente di leggerla sentendo il loro inno!
 
Questi sono i links per le informazioni:
http://it.wikipedia.org/wiki/ Te_Rauparaha
http://it.wikipedia.org/wiki/Ka_Mate
 
Tremo a questa consapevolezza , ma appena posterò questo storia, sarò certa di aver chiuso un lavoro, a cui ho cercato di dare una degna conclusione.
Spero vivamente che vi sia piaciuta.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto, tutti quelli che vi sono stati di passaggio e coloro che hanno lasciato un pensiero.
 
Grazie.
 

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