A timeless flight to reach the stars.

di Linster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***



Capitolo I


 
 “No one knows I lost myself long ago.
-Three Days Grace, On my own




Osservava le acque tumultuose sotto i suoi occhi, colpita dal modo in cui esse si infrangevano contro gli scogli, con una tale violenza che si chiese cosa essi avvessero fatto del male loro.
Il profumo del mare si era insidiato nelle sue narici. Adorava quell'odore di salsedine misto a quello della natura. Era l'odore di casa, era l'odore di ricordi.
Inspirò profondamente, più volte, cercando di calmarsi, di lasciare che i pensieri negativi affluissero fuori dalla sua mente. Per trovare, anche solo per pochi minuti, un senso di pace e di tranquillità. 
Chiuse gli occhi, e mentalmente si figurò casa sua. Un sorriso sincero solcò le sue labbra. Quello era il luogo perfetto quando era alla ricerca di un attimo di felicità. Riusciva a scorgere nitidamente il giardino di casa sua che considerava il più bello che avesse mai avuto l'occasione di vedere. Era di una bellezza straordinaria. Vi erano ogni tipo di fiori, grosse quercie e alberi da frutto che contornavano la grossa fontana che si trovava al centro di esso. Essa era la parte migliore di tutto il giardino. Era abbastanza grande, e al centro vi erano un uomo e una donna, abbracciati, che si guardavano negli occhi, facendosi una promessa silenziosa. La statua raffigurava i suoi genitori. 
Vide sé stessa correre verso l'entrata dell'enorme casa, costernata da grosse colonne greche, le quali aumentavano indubbiamente la maestosità di quella villa.
Si trovò nell'immensa sala stile ottocentesca e cercò con gli occhi i suoi genitori, ma non li vedeva, non li trovava. Così, li cercò in tutte le trentatré stanze, e quando finalmente raggiunse la sua camera da letto, pensando che, ovviamente, fossero lì, non li scovò. Anzi, quando aprì la porta, le fiamme l'avvolsero e il suo dolore ritornò, infuriato, nel cuore della ragazza che non poté fare a meno di accorglierlo al suo solito posto. Le sue urla squarciarono il feroce silenzio che v'era attorno.
Aprì gli occhi di scatto, terrorizzata dall'andamento che avevano preso i suoi pensieri. Benché lei fosse cosciente mentre li figurava nella sua mente, non era in grado di cambiare mai la fine. Ogni volta, ormai da qualche mese, era in questo modo che otteneva un piccolo sprazzo di felicità: si aggrappava ai ricordi e all'immaginazione. Però questo non era giusto, lo sapeva, era vivere nel passato. Solo che non sapeva in che modo sarebbe mai riuscita ad andare avanti ed a continuare la sua vita. 
Era sola al mondo e lo sarebbe stata per sempre. Era una ragazza introversa, tranquilla e fino a poco tempo prima era anche ottimista, ma dopo certi avvenimenti non era più così. Sapeva di non essere più la stessa, ma non era cambiata, perché quei lati del suo carattere erano ancora lì da qualche parte, sepolti sotto tutta la sofferenza subita negli ultimi tempi. E nei momenti come quello, in cui cercava di trovare la pace per quei pochi minuti, emergeva quella ragazzina solare, dolce, che amava la vita e il mondo, che correva per la casa cercando i suoi genitori come quando giocavano a nascondino insieme.
Lei era ancora lì, che aspettava di essere trovata.


Lui non era esattamente quello che si poteva definire un bravo ragazzo, anzi, era tutto il contrario. Le sue passioni più grandi erano gli alcolici, le sigarette e le ragazze. Era il tipo che raramente s'impegnava in qualcosa, ma quando lo faceva, lottava fino allo strenuo per raggiungere il suo obbiettivo. 


Le strade di quella piccola cittadella di Hunginton Beach erano desolate quella sera. La ragazza camminava sul marciapiede, osservando le luci soffuse dei lampioni e quelle più luminose delle stelle, che quella sera, erano molto più numerose rispetto a tutte le altre volte. Aveva mille pensieri per la testa, ma l'unica cosa su cui riusciva a focalizzarsi era il dolore, ed al contempo, alla felicità che quel posto le infondeva.
Lei aveva un cuore puro e raro. Un cuore che era stato vittima di così tante stragi che oramai non poteva più definirsi così.
Lei era una vittima innocente di quella che noi chiamamo vita.
Guardando il cielo, osservò due stelle in particolare. Erano così luminose, e così vicine. Sentì un calore diffodersi nel suo petto. Così, con la sua voce calma e vellutata -una voce da angelo-, sussurrò: «
Vi voglio bene, mamma e papà.»

Lui trascorreva quasi tutte le serate al Johnny's con i ragazzi. Ormai quel bar era come una seconda casa per loro. 
Quella sera però, avrebbero fatto un falò al mare, invitando -ovviamente- delle ragazze con cui passare la serata, portando gli alcolici e il fumo. 
Erano circa le nove quando arrivarono alla spiaggia, e le ragazze sarebbero arrivate dopo mezz'ora. Le ragazze in questione comprendevano, ovviamente, le due sorelle gemelle DiBenedetto e altre tre loro amiche. Una per ciascuno dei ragazzi.
Brian odiava Michelle DiBenedetto, ma la usava solo quando aveva bisogno di una compagna di letto. Lei era un'oca, e a volte era davvero insopportabile. Pensava solo a sè stessa e non era di certo la più simpatica del mondo. Brian si interessava a lei solamente perché non pretendeva niente da lui, e questo era proprio quello che cercava: nessuna relazione, solo sesso.
Non era mai stato innamorato di nessuna e mai sarebbe successo. L'amore è per gli sciocchi, per i deboli e non per quelli come lui. Erano queste le sue convinzioni.


Quando furono arrivati nel punto perfetto per passare la serata, stranamente stettero in silenzio, poi le sentirono: una chitarra e una voce angelica.


Dopo aver deciso che non sarebbe ritornata presto, optò per andare sulla scogliera e dedicarsi completamente alla musica. Lei aveva sempre amato la musica, poiché i suoi genitori le insegnarono che essa è la parte spirituale di noi stessi, e che, componendo, potessimo far uscire le nostre più profonde emozioni. 
Prese la sua vecchia chitarra che aveva nascosto in una delle quercie che era rimasta vicino a casa sua. Quella era la sua prima chitarra, ed era l'unica che era sopravvissuta a quell'incendio. 
Non si preoccupò di guardarsi intorno per controllare che ci fosse qualcuno, perché nessuno andava mai lì, non dopo quello che era successo.
Quindi, non si accorse dei ragazzi che si erano appena seduti a meno di trenta metri da lei.
Le sue dita iniziarono a pizzicare le corde, e fu come se quella melodia la trasportasse in un universo parellelo, un universo in cui la vita non è ingiusta.
Automaticamente la sua voce squarciò il silenzio della notte, accompagnando quel ritmo così malinconico, pieno di dolore, così come lei.

I suoi ascoltatori rimasero perplessi da quella melodia così colma di sofferenza, e incosciamente si chiesero come mai quella ragazza si dedicasse ad una canzone così. Ma solo uno di loro ci arrivò, uno che riconobbe quella voce inconfondibile. Una voce che, in quegli ultimi tempi, avrebbe pensato che non avrebbe mai più sentito.
Non esitò un secondo di più, ed iniziò a correre per raggiungere la ragazza.
I ragazzi erano sconcertati dal suo comportamento. 
Egli salì sulla scogliera e quando fu dietro di lei, il suo nome le uscì con un fil di voce.
«
Angel.»
L
a ragazza si voltò verso di lui, fermando quella melodia celestiale che aveva incantato i suoi spettatori. Lo guardò in volto, ricordandosi dei pomeriggi passati insieme a lui quand'erano piccoli. Sorrise.
«
Ciao, Jimmy.»




















Angolo dell'autrice

Ciao ragazzi! 
E' la prima volta che scrivo sugli A7X, e non posso negare che morivo dalla voglia di farlo in precedenza, anche se ho esitato molto per via delle troppe idee che mi vagavano per la testa. Soprattutto su Syn, e si può ben capire il perché xD
Il titolo della storia è un pezzo della canzone "Natural Born Killer", che ho trovato particolarmente adatto per il modo in cui voglio far evolvere la storia.
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto e sarei felice se esprimeste le vostre opinioni su di esso. 
Ditemi se trovate errori grammaticali o di battitura, provvederò subito a correggerli! c:
Alla prossima,
MonsterOfFire.


 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***



 
Capitolo II

 
Where are you and I'm so sorry 
I cannot sleep I cannot dream tonight 
I need somebody and always.

-Blink 182, Miss you




Jimmy era da così tanto tempo che non la vedeva. L'ultima volta risaliva a prima dell'incendio, poiché lei, dopo di esso, scomparve nel nulla. 
Nessuno sapeva dove si trovasse, con chi fosse o cosa stesse facendo.
Però la sua fuga era comprensibile. Quella notte aveva perso i suoi genitori, gli unici parenti che le rimanevano in vita, e che l'avevano amata più di qualsiasi altra persona al mondo. 
Lei aveva un legame particolarmente profondo con loro, e non riusciva nemmeno ad immaginare il suo dolore in quel momento.
Quindi la capiva, e non poteva essere arrabbiato con lei per averlo abbandonato. Non poteva davvero.
Anche se aveva sentito moltissimo la sua mancanza negli ultimi mesi. 
Da quando se n'era andata, lui passava i pomeriggi lì, su quella scogliera che si trovava di fronte alla vecchia casa di Angel, aspettando che lei tornasse.
Era difficile ammetterlo, ma ogni qualvolta che suonava la loro canzone, piangeva. Non riusciva a trattenersi, perché lui era una persona sensibile alla musica. Sebbene in quel caso fosse sensibile soprattutto alla sua assenza. 
Era come se ogni volta che la pensava, un vuoto gli squarciasse il petto.
Aveva passato dei momenti bellissimi con lei quando erano piccoli, amavano suonare insieme e comporre canzoni. Erano due geni della musica. Quei due, quando una delle due famiglie andava a trovare l'altra, erano sempre rinchusi nella stanza dell'altro con uno strumento in mano.
Poi accadde quel che accadde, e lei sparì dalla circolazione.
Lui l'aveva pensata molto in quegli ultimi tempi, sopratutto dopo l'accaduto. Però non sapeva dove cercarla. Ma in quel momento, per caso, l'aveva ritrovata.
Non riusciva a credere che lei si trovasse lì davanti a lui. Per un attimo pensò che fosse tutto un gioco della sua immaginazione, quindi si sfregò le mani sugli occhi, ma niente.
Lei era lì per davvero.

Lì per lì non seppe dire se era esattamente identica a come la ricordava, perché era buio. Però, quando lei gli rivolse un sorriso, inclinando leggermente il capo nella sua direzione, e illuminata dalla luce lunare, si accorse che quello non era il sorriso che era abituato a vedere sul suo volto. Quello era un sorriso stentato, stanco, privo di sentimento. Un sorriso di una persona troppo ferita nella vita.
Un sorriso che non le aveva mai visto addosso.


Lui si risvegliò improvvisamente dai suoi pensieri. Si avvicinò e si sedette accanto a lei. La guardò, cercando di scorgere nell'oscurità, quel suo sguardo che amava tanto, che lo faceva sentire al sicuro. Ma quello sguardo non c'era più. Al suo posto vi erano degli occhi spenti, vuoti, tristi.
«Come stai, Angie?» le chiese stupidamente, poiché sapeva benissimo la risposta.
«Se ti dicessi che sto bene, mentirei. Ma non parliamo di questo. Come stai tu?» disse, sospirando.
«Bene, ma ora sto meglio. Era da un po' che ti cercavo, e ora capita così, per caso.»
Lei sorrise, confortata da quelle parole, perché almeno c'era qualcuno al mondo che dimostrava di tenerci ancora a lei. 
«Cos'hai fatto duranti quest'ultimi mesi?» le domandò.
«Ho visitato un po' di posti: New York, Las Vegas, San Diego, Seattle, New Orleans, Philadelphia...» gli rispose, pensierosa.
Lui la guardò nuovamente. Aveva mille domande da porle, ma non riusciva a decidere cosa fosse meglio chiedere, e soprattutto se fosse adatto riempirla di domanda la prima volta che la vedeva dopo mesi. Così lasciò che il silenzio li avvolgesse.
Ma egli poi lo ruppe, chiedendole se voleva ritornare ai vecchi tempi con lui, per qualche minuto. Lei acconsentì, sentendosi strana. Erano passati anni dall'ultima volta che avevano suonato insieme.
Lui le prese la chitarra dalle mani, e inziò a fare quella magia con le corde che la ammaliava tutte le volte. Anche lei la sapeva suonare, e abbastanza bene, ma lui era dieci volte migliore di lei.
Riconosceva quella canzone, erano quella che cantavano sempre quando erano bambini. Quando sentì l'attacco, iniziò a cantare con Jimmy, ed insieme squarciarono di nuovo quel silenzio che si era fatto troppo rumoroso per le orecchie di entrambi.


Intanto i ragazzi osservavano da lontano i movimenti dei due, rimanendo perplessi quando iniziarono a cantare insieme. Era come se l'avessero fatto altre mille volte, cantavano in sincronia con una naturalezza sconcertante. Ma non sapevano che effettivamente, era davvero così.

La canzone finì, ed entrambi si guardarono di nuovo, sorridendo. Jimmy posò la chitarra a terra, poi si avvicinò ad Angel e l'avvolse in un abbraccio, che lei ricambiò subito. Era da tanto che non abbracciava qualcuno, anzi, l'ultima volta era stato il giorno dell'incendio. Il giorno in cui aveva perso i suoi genitori.
Prima di staccarsi, lui le sussurrò all'orecchio: «Mi sei mancata tanto, Angelo Splendente», di cui non scorgo più la luce, avrebbe voluto aggiungere, ma si trattenne.
«Mi sei mancato anche tu, James»
Lui accennò un sorriso alla sua risposta, poi si ricordò cosa stava facendo qualche minuto prima, e le chiese se volesse unirsi a lui e i suoi amici.
Lei rifiutò, da qualche tempo non amava più la compagnia di altre persone. Le piaceva stare sola con il suo dolore, sola con sè stessa.
Ma lui insistette, minacciandola che altrimenti l'avrebbe portata di peso come faceva quando erano piccoli. 
Lei rifiutò nuovamente, ma quando lo vide avvicinarsi a lei con quello sguardo colpevole, cambiò subito idea.
«Va bene, Jimmy. Starò un po' con voi, d'accordo?» disse, arrendendosi.
«Era proprio la risposta che aspettavo» rispose James, sorridendo sornione.
Così, camminando fianco a fianco, lui si diresse verso il punto in cui si trovavano prima i ragazzi, e dove, a quanto pare, erano ancora.
Si avvicinò a loro, cercando di avvertirli con uno sguardo di non fissare le ragazza, che altrimenti si sarebbe sentita a disagio. Peccato che era alquanto difficile al buio. Quando furono gli uno difronte agli altri, Jimmy la presentò ai ragazzi che erano ancora un po' perplessi.
«Ragazzi, lei è Angel, una mia amica d'infanzia» esordì Jimmy con un sorriso.
Il ragazzo più basso, e con un'aria scettica, pensò Angel, fu il primo a farsi avanti. «Io sono Johnny, piacere»
Dopo le si presentarono Matthew -un ragazzo che era un armadio, ma che esprimeva una dolcezza inaudita- , Zachary, -un ragazzo abbastanza cupo che stava mangiando un sandwich-, ed infine si fece avanti l'ultimo ragazzo che pareva si chiamasse Brian.
Quando le loro mani si strinsero in una presa amichevole, fu come se una scossa elettrica li attraversasse, e rimasero lì, impalati, a bearsi di quella sensazione contrastante che percepirono nel loro petto.
Poi, si staccarono, quasi sentendosi in colpa da quella sensazione che li aveva catturati per quei lunghisssimi dieci secondi.
Lui se ne uscì con una domanda che provocò un sussulto al cuore di Jimmy. «La nostra Angel ha un cognome?»
«Ghosts» rispose lei con un fil di voce.
E quando i ragazzi udirono quel nome, non risero per la sua stranezza o inquietudine, ma rimasero scioccati nel ritrovarsi difronte quella ragazza che aveva visto i suoi genitori morire dinanzi ai suoi occhi.




















Angolo dell'autrice

Eccomi di nuovo qui! Allora, intendiamoci, mi piace avere una fine ad effetto, e vi chiedo umilmente venia se vi ho fatto prendere un infarto. :')
Ho aggiornato in fretta, ma solo perché ho già scritto i primi cinque capitoli e poi siamo in vacanza, yeah! :D
E sono finalmente riuscita anche a fare un banner, anche se è uscito un po' una merdina, ma spero vi piaccia comunque. Tanto la perfezione non esiste, giusto?
Comunque, vi auguro buona Pasqua in anticipo c:

Al prossimo capitolo, 
MonsterOfFire

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***







Capitolo III




 
You're just a sad song, with nothing to say 
About a life-long wait for a hospital stay 
well If you think that I'm wrong.

-My Chemical Romance, Disenchanted 



 

I suoi pensieri erano confusi, guardava il volto di quella ragazza seduta dalla parte opposta dal punto in cui si trovava lui, accanto a Jimmy. 
Ora la poteva osservare meglio grazie alla luce emanata dal falò, e si accorse della sua bellezza unica. Aveva dei capelli neri come il carbone che le arrivavano fino al seno, gli occhi grandi e dolci, lui credeva fossero azzurri, ma non erano molto visibili da quella distanza. Le labbra perfette, non troppo sottili, ma nemmeno troppo carnose. Aveva delle fattezze non misere, ma nemmeno troppo abbondanti. Era una ragazza che non dava nell'occhio se la trovavi in gruppo con altre ragazze, ma se la vedevi lì, senza nessun altro attorno, come fece lui, riuscivi ad accorgerti della sua bellezza angelica, pura.
Una bellezza davvero rara.




Angel e Jimmy, intanto, stavano chiacchierando amabilmente di argomenti futili, finché egli non arrivò ad un argomento abbastanza spinoso.
«Angie, ora dove vivi?»  le domandò.
Lei si voltò dall'altra parte, guardando il cielo, cercando di pensare a qualche argomento per far deviare il corso della loro conversazione. Ma egli riuscì a scorgere la sua espressione e si accorse delle lacrime che dopo poco, inevitabilmente, le avevano solcato le guance.
«Angel, rispondi, per favore.» 
Le prese il viso tra le mani, e la guardò negli occhi, come per prometterle che lui non l'avrebbe giudicata mai, qualsiasi cosa lei avrebbe detto.
«Diciamo non in un posto preciso,»  rispose lei enigmatica.





Jimmy la osservava, rendendosi conto di quanto fosse veramente cambiata, non solo caratterialmente, ma anche fisicamente. 
Era molto più magra di alcuni mesi primi. I capelli non erano più biondi, ma neri. Gli occhi erano spenti, tristi.
«Verrai da me, quando starai in città» affermò Jimmy.
«No, io non vorrei...»  cercò di dire, ma lui la interruppe bruscamente.
«Ora verrò con te a prendere la tua roba in non-so-che-posto, e poi andremo a casa mia. E questa non è una decisione che ti tocca prendere, ma è un fottuto ordine. Alza quelle chiappe dalla sabbia e andiamo!» 
«Jimmy, io...»  provò a ribattere lei.
«Jimmy un cazzo! Muoviti!» 
Lei obbedì, nonostante non volesse andare da lui, dato che non voleva creare disturbo a nessuno.




I ragazzi, man mano che procedeva la conversazione -o meglio litigio- erano sempre più senza parole.
Poi li videro alzarsi insieme, Jimmy salutare tutti, e la ragazzina fare altrettanto con un cenno della mano.
Quando furono abbastanza lontani, Zacky disse: «Jimmy non ci aveva mai detto di conoscere quella ragazza.» 
«Già, non ricordo un solo momento in cui l'abbia solo nominata»  affermò Matt.
«Non disse nulla nemmeno quando ne parlammo per giorni, dopo l'incendio» aggiunse Johnny.
Brian rimase in silenzio, rammentando quel giorno in cui Jimmy gli aveva confessato di aver perso come una parte della sua famiglia in quell'incendio. Non gli aveva mai parlato della ragazza o dei suoi genitori. Brian provò a chiedergli cosa intendesse con quelle parole, ma egli non rispose, si limitò ad osservare il sole che tramontava, perso nei ricordi.
E dopo quella volta, non toccarono mai più l'argomento.



Angel si svegliò stranamente bene quella mattina, ma il perché era ovvio: finalmente dormiva in un letto che poteva definirsi tale. Jimmy, la sera precedente, dopo aver preso i suoi pochi averi dal motel in cui alloggiava, l'aveva trascinata a casa sua, insensibile alle sue numerose proteste. Per fortuna, si disse, il giorno prima l'avevano dimessa dall'ospedale, altrimenti non avrebbe saputo spiegare a Jimmy il motivo per cui si trovava lì, anzi non voleva doverglielo spiegare. 
Quando entrarono i in casa, ad accoglierli ci fu la madre di Jimmy, che non appena la vide e la riconobbe, emise un urlo strozzato e si fiondò subito tra le braccia di quella ragazza che non vedeva da troppo tempo ormai.
A parer di Jimmy, la tormentò con domande inutili e dopo averle raccontato tutto quello che le era accaduto negli ultimi mesi, anche sua madre la invitò a rimanere da loro. Lei era ancora un po' titubante, siccome non voleva assolutamente recare disturbo.
La sistemarono una stanza degli ospiti, e Jimmy le fece compagnia fino a notte fonda, quando entrambi stavano ormai crollando dal sonno. Lei si scusò con lui molteplici volte per avergli rovinato la serata con i suoi amici, ma lui le ripetè fino allo sfinimento che non importava. Ed era vero, non gli importava assolutamente di quell'ennesima serata che lui e i suoi amici avrebbero replicato altre mille volte. Quello che gli importava veramente era che finalmente aveva ritrovato la sua migliore amica, e promise a sè stesso che non l'avrebbe mai più lasciata andare.





Angel si alzò dal letto, per la prima volta negli ultimi mesi, sentendosi davvero riposata. Si stiracchiò, sentendo i muscoli contrarsi e rilassarsi, e poi si alzò dal letto, ancora assonnata. Si diresse verso la cucina con l'intenzione di riuscire a mettere qualcosa sotto i denti, ma non appena arrivò il suo sguardo venne intercettato da quello di un ragazzo che aveva conosciuto l'altra sera, Matt, se non ricordava male.
«Buongiorno, sai per caso se Jimmy si è già svegliato?»  lo salutò e gli chiese lei, per niente perplessa di ritrovarlo nella cucina di Jimmy.
«Buongiorno anche a te -disse aggrottando le sopracciglia-, e no, sua madre mi ha appena detto che sarebbe andato a svegliarlo, dopo che sono arrivato e sono passati esattamente -guardò lo schermo del cellulare- quattordici minuti, quindi credo che sia ancora in coma»  le rispose, ridendo.
«Mi dispiace che tu abbia dovuto aspettare così tanto, ma Jimmy è sempre stato così. Mi ricordo che quando eravamo piccoli e lui si fermava a dormire da me, dormiva anche per quattordici ore filate!» , ridacchiò lei.
Lui, nel contempo, scrutava quella ragazza che sorrideva in modo così naturale, ma anche così palesemente finto. Non poteva essere altrimenti, dopo aver perso i suoi genitori.
«Da quant'è che conosci Jimmy?»  le chiese a bruciapelo.
Lei fissò un punto indefinito della stanza, persa nei suoi pensieri, poi rispose con un dolce sorriso. «Praticamente da quando sono nata, tu invece?» 
Ma prima che lui ebbe il tempo di rispondere, in cucina piombò quell'uragano di Jimmy Sullivan, sbraitando contro Matthew.
«Brutto pezzo di merda, ma che cazzo vuoi a quest'ora della mattina? Ah.. ho capito, ieri sera Valary non te l'ha data -poi, si accorse di un'altra presenza nella stanza- oh, buongiorno Angel! Dormito bene, piccola?» 
Matt intanto fece finta di guardarlo in cagnesco. «Piccola? Jimmy, mi tradisci?» scherzò poi.
«No, mai, amore mio»  rispose Jimmy, sedendosi sulle gambe di Matt.
Poi una risata cristallina li fece immobilizzare sul posto. Una risata bellissima, angelica, che annebbiò le menti di entrambi. Jimmy, in quel momento, fu così felice nel sentirla ridere veramente, una risata non stentata, ma di gusto. Una risata che non sentiva da molto tempo.
«Non so se dirvi se siete tenerissimi, o buffissimi... o entrambi!» 
«Basta che siamo fighi»  disse Jimmy, e istintivamente Angel alzò gli occhi al cielo.
Poi, Matt, ricordandosi di quello che era venuto a dire al suo amico, gli diede due pacche sulle spalle e lo guardò serio. Angel, notando i suoi gesti, capì subito, e si dileguò con una scusa irrilevante. 


La giornata di Angel passò molto lentamente. Di solito era abituata ad andare in giro a leggere o suonare da qualche parte, ma quel giorno stette tutto il tempo attaccata alla televisione. Aveva pensato che Jimmy le avrebbe tenuto compagnia, però sua madre l'avvertì che era uscito con Brian e che non sapeva quando sarebbe ritornato, mentre la mamma di Jimmy doveva andare a lavorare.
Così rimase sola, finché la sera non decise di andare a fare un giro, tanto per non rimanere a casa a non far nulla.
Non badò molto all'abbigliamento o al trucco, poiché non le importava più che impressione facesse agli altri.
Si diresse verso la scogliera, incapace di trovare un posto più adatto per osservare il cielo costellato da milioni di stelle.
Ma c'era già qualcuno lì. Un ragazzo. 
Non sapeva se avvicinarsi o andarsene immediatamente. Decise di rimanere, benché non avesse la minima idea di chi fosse, con il rischio che fosse qualcuno intenzionato a farle del male.
Quando si sedette affianco a lui, guardò oltre l'orizzonte, ignorandolo.
Però dalle farfalle nello stomaco che non volevano smettere di sbattere le ali in modo frenetico per la sua vicinanza, riuscì ad intuire chi ci fosse al suo fianco.
Brian.































Angolo dell'autrice

Hi, people! c:
Eccomi ritornata con un altro capitolo! 
Mi dispiace avvertirvi, ma credo proprio che non riuscirò ad aggiornare così velocemente quando inizierà di nuovo la scuola. 
Spero che la storia vi stia piacendo, e se notate errori nel capitolo, ci terrei che me li segnalaste.
Ora non so davvero più cosa dire, quindi, al prossimo capitolo.

MonsterOfFire.



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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


 
Capitolo IV

 
“It's hard to see a way out, isn't it?”



 
«Brian, giusto? Cosa ci fai qui?» gli chiese, incuriosita dalla sua presenza in quel luogo che per lui non avrebbe dovuto significare niente.
Lui sì girò verso di lei, sorpreso di sentire la sua voce e di non essersi accorto del suo arrivo, però, in quel momento, era così assorto nei suoi pensieri che non fece caso alla ragazza che si sedette affianco a lui.
Le rivolse un'occhiataccia, e subito rispose brusco: «Non sono affari tuoi.»
Detto così, si alzò e se ne andò.
Angel era a disagio, perché era sicura che lui se ne fosse andato a causa sua, anche se non le sembrava di aver detto qualcosa di sbagliato. Al contempo però, era anche un po' offesa. Il comportamento di quel ragazzo nei suoi confronti era ingiustificato. Lei non gli aveva fatto alcun torto, e non capiva il motivo della sua poca cortesia e anche un po' di ostilità.
Poi si riscosse dai suoi pensieri, o meglio, dalle sue paranoie. Magari aveva passato una brutta giornata ed era arrabbiato per conto suo. Forse aveva qualche problema nel controllo della rabbia, pensò.
Ma, saggiamente, la ragazza decise di non farne un pensiero fisso. Anche se il suo animo buono stava cercando una qualsiasi motivazione razionale per quella sua sgarbatezza.
Cercò di smettere di pensarci, ma poi nuove domande le si affollarono in testa, e si sentiva sempre più confusa. 
Sapeva di dover dare un taglio netto a quei pensieri, ma per quanto duramente ci provasse,  non ci riusciva. Era più forte di lei.
Non riusciva nemmeno più a concentrarsi sul motivo per cui si trovava lì.
Si prese la testa tra le mani, e subito gli venne un'idea che avrebbe comportato il completo rifugio dai suoi pensieri inadeguati. Però la scartò subito, non poteva farlo.
Avrebbe voluto tuffarsi, come faceva nel periodo in cui frequentava nuoto, ma la corrente era troppo forte e le sue condizioni fisiche stavano peggiorando. Non poteva mettere a rischio la sua vita, o almeno, non in quel modo. 
La sua vita non si sarebbe spenta a causa sua.






Brian era un po' scosso. Era come in uno stato di shock.
Non poteva essere vero.
Non doveva esserlo.
Non accettava quello che gli era stato detto qualche ora prima.
Lui non poteva diventare padre. Non alla sua età. Era troppo giovane.
E soprattutto, non voleva che il suo primo figlio fosse con una persona che non amava. 
D'accordo, era vero che lui si faceva molte ragazze anche se non provava nulla per loro. 
Ma, inconsapevolmente, lui sapeva benissimo che aspettava quella che gli avrebbe messo la testa apposto. Una ragazza difficile da conquistare, quella per cui avrebbe dovuto lottare con le unghie e con i denti.
Ora, si era praticamente rovinato la giovinezza. 
Niente più feste, ragazze, cazzate, droghe. Nulla.
Solo pannolini e merda.





                                                        ***




"Just tryin' to kill the pain"
Avrebbe voluto farlo. Avrebbe tanto voluto uccidere il dolore. Solo che lei non sentiva niente. Ed il vuoto che sentiva nel petto era ancora peggio del dolore. 
Lei non riusciva a piangere, non riusciva a ridere, non riusciva a fare nulla.
L'unica cosa che poteva fare era starsene lì, inerme, mentre il mondo le precipitava addosso.
Mentre contemplava la possibilità del suicidio.







 
Angolo dell'autrice

Hi guys!
So che probabilmente vorrete uccidermi per l'enorme ritardo nella pubblicazione di questo capitolo, ed anche perché è molto corto e non è molto interessante. Chiedo venia.
Solo, che dire, è stata l'estate più bella della mia vita.
Non ho avuto il tempo di soffermarmi per scrivere qualcosa, ma credo proprio che nel periodo scolastico mi tornerà l'ispirazione.
Scusatemi anche se non ho risposto a molte recensioni, solo che è da più di tre mesi che non entro su efp.
Beh, cercherò di aggiornare al più presto.
Stay tuned.

MonsterOfFire.

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