Stand by me, forever.

di metaldolphin
(/viewuser.php?uid=89610)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Decisioni ***
Capitolo 2: *** Normalità ***
Capitolo 3: *** La promessa mantenuta ***
Capitolo 4: *** Serenità conquistata ***
Capitolo 5: *** Nuova realtà ***



Capitolo 1
*** Decisioni ***


Il Maggiore Kalinin giacque abbandonato sul suolo polveroso, che bruciava assieme all’elicottero precipitato, in quello scorcio della lussureggiante isola di Merida; era un luogo che conoscevano bene entrambi, la loro casa nei periodi di licenza, prima che Sousuke iniziasse a trascorrere più tempo in Giappone per fare da scorta a Chidori.

Alla fine era stata proprio una scheggia dell’elicottero esploso a rubargli la vita, dopo che il ragazzo non era riuscito a finirlo, nonostante si fosse trovato in vantaggio e gli avesse puntato il pugnale al petto… per lui era sempre stata una figura importante, non poteva  togliere la luce dagli occhi a quello che considerava un padre.
Kalinin era sopravvissuto alla polvere, al sangue e al sudore di mille battaglie in giro per il mondo, ed era morto lì, col desiderio irrealizzato della promessa di una nuova vita più giusta, assieme alla famiglia che non era mai riuscito a formare.

La famiglia di cui Sousuke avrebbe dovuto far parte.

Con il pallido sorriso accennato sulle labbra, con l’ultimo fiato, Kalinin gli aveva ordinato di andre via.
-Ikinasai- aveva detto, ma Sousuke sapeva bene che ci sarebbero voluti circa dieci minuti, prima che cinque megatoni di testata atomica lo vaporizzassero assieme a tutto il resto, rendendo la sua vita una fugace, irrisoria apparizione agli occhi del mondo.

Non sarebbero stati in molti a piangerlo.
Forse nessuno avrebbe ricordato quel ragazzo strano, obbligato a combattere dalla vita per la vita.
Probabilmente, quelli che poteva considerare amici erano già morti, in quella assurda battaglia che si stava combattendo per il pianeta, con lo scopo di eliminare i criminali dell’Amalgam.

Forse, solo Tessa e Kaname si erano salvate, su quell’aereo che lo aveva atteso fino all’ultimo istante, inutilmente.

Kaname… l’aveva vista un’ultima volta, toccata, ma non era riuscito a mettere in atto quanto promesso in Messico.
Uno dei tanti rimpianti della sua breve vita, ormai giunta al termine.

Corse, allora, senza meta, fino a che si imbattè sull’ormai immobilizzata carcassa di AR.
Un amico, anche se robotico, con cui condividere gli ultimi momenti.

Poggiando la mano su un taschino della tuta da combattimento, trovò una memory card, quella che gli aveva dato Mila e di cui non aveva avuto il tempo di esaminare il contenuto.
Preso da un'ispiegabile curiosità, chiese all’AS semidistrutto, disteso sul pavimento vicino a lui: -Puoi leggerla?-

Si ritrovò, così, a guardare un filmato amatoriale in un piccolo schermo accessorio che ancora funzionava: la classe di Kaname, la sua classe, la stessa che lo aveva ospitato in quella parodia di normale studente che impersonava a causa della sua missione.

Mentre le voci dei compagni si accavallavano per salutarli con affetto, augurando loro di tornare presto, Sousuke si rese conto che non sarebbe riuscito a visionarlo per intero: il missile con la bomba sarebbe arrivato ed esploso ben prima e, per la prima volta, il Sergente che era un ragazzo, si rese conto di non voler morire.

Aveva sempre combattuto, fatto il suo meglio per farcela e sopravvivere, e adesso non poteva nulla.
La cabina distrutta di AR gli diceva che non sarebbe riuscito ad attivare il Lambda Driver e che di lui non sarebbero rimaste neppure le ceneri.

Pianse, rabbioso, perché nemmeno il banale desiderio di riuscire a vedere fino alla fine quel video si sarebbe mai avverato.

Nemmeno quello gli era stato concesso.

-Non voglio morire...voglio tornare in quella scuola, con Chidori…- disse, mentre le lacrime gocciolavano, inarrestabili, sullo schermo che mostrava volti amici ormai perduti per sempre.

La voce robotica di AR risuonò, scandendo un tempo giunto al termine: -Sergente, mancano trenta secondi…

Così poco, mancava così poco…

-Vorrei fare un tentativo, ma devo chiederle una cosa: sono umano… o una macchina?
Sousuke rimase interdetto.
Si era chiesto più di una volta cosa fosse in realtà AR, senza riuscire a trovare una vera risposta.
Di certo, AR non era mai stato un AS come gli altri.

Negli ultimi istanti prima della detonazione nucleare, gli rispose, con la stessa chiarezza che, finalmente, era riuscito a fare dentro sé: -Sta a te deciderlo. È questo che fanno gli esseri umani. Prendono le loro decisioni.

Con amarezza, capì di averlo compreso, anche lui, troppo tardi.

-La ringrazio… allora ci proverò da solo.- gli rispose sibillino AR, poi un altro sole parve esplodere nel cielo, dove la battaglia si era finalmente conclusa, per un ragazzo ormai uomo ed il robot che macchina non era.





P.S.: Non sono solita mettere titoli in altra lingua che non sia l'italiano, alle mie fanfic. Questa fa eccezione perchè si ricollega all'originale graphic novel finale e all'ultimo capitolo del manga.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Normalità ***


Nonostante il dolore che le opprimeva il cuore, Kaname aveva comunicato con suo padre negli USA.

Non era più arrabbiata con lui, non poteva più esserlo, dopo ciò che aveva passato, dopo le scelte compiute....
Se avesse assecondato la volontà di Sofia, avrebbe avuto sia la sua famiglia che Sousuke, ma quell’imbranato non sarebbe mai stato il Sagara che conosceva e che aveva imparato ad amare. Sarebbe stato un normale ed ordinario studente su cui avrebbe inutilmente cercato la cicatrice a forma di croce sulla guancia sinistra.

Riscrivendo la storia non sarebbe mai stato allevato nel sangue e nelle battaglie, ma non sarebbe più stato lui.

Non aveva quindi concluso l’operazione desiderata da Leonard e Kalinin, era riuscita a soppiantare la coscienza rancorosa di Sofia e il Taros era rimasto silenzioso ed abbandonato, prima di essere distrutto da quella maledetta bomba atomica… la stessa che le aveva portato via lui.

Non era ancora riuscita ad accettare la sua scomparsa.

Forse, non avere nemmeno dei resti su cui piangere, rendeva la cosa ancora più irreale, strana ed inconcepibile… come se non potesse essere vera.

L’aveva salvata innumerevoli volte, fino all’ultimo, anche nel Taros, dove le sue parole dure l’avevano spinta a combattere e a ribellarsi e a vincere: era stato lui a farla reagire, stimolandola e facendole capire che doveva essere lei e soltanto lei a prendere le sue decisioni.

Si sollevò dal divano su cui si era lasciata cadere.
Mancava da scuola da più di un anno e non avrebbe più voluto metterci piede: tutti quei momenti con lui, anche i più esasperanti, le pesavano sul petto, ma sentiva che era suo dovere tornare dalla sua classe,  spiegare quanto accaduto e scusarsi.
Senza dimenticare di far sapere loro di Sousuke….

Guardò l’uniforme scolastica ordinatamente appesa come al solito, come dovrebbe essere nella normale vita di una studentessa del liceo.

Era tornata a casa, ma una volta giunta ai cancelli della scuola, esitò.
Poteva davvero tornare a quella normalità? Si sentiva estremamente fuori luogo e a disagio.
Le note della tradizionale canzone che chiudeva la cerimonia di consegna de diplomi le giunse allegra, spiazzandola.
Se ne era dimenticata… era un giorno importante per gli altri.

Improvvisamente si sentì chiamare: i suoi compagni l’avevano vista e una commossa Kyoko le si fiondò addosso, in lacrime.
La guardò e notò i cambiamenti che erano avvenuti durante quella lunga lontananza. Non portava più i codini alti e nemmeno i grandi occhiali tondi che le nascondevano il viso grazioso.
In un primo momento, Kaname non riuscì a capire come riuscisse a non portarle rancore, dopo quanto accaduto per causa sua, ma fu sommersa dall’abbraccio collettivo dei compagni, felici di saperla tornata, sana e salva.

Allora riuscì a lasciarsi andare all’affetto dei compagni, con gli occhi lucidi. Fino a quando l’amica le porse la fatidica domanda: -Piccola Kana, dov’è Sagara?- e le lacrime scesero copiose a bagnarle le guance.
Non riusciva ad accettarlo neanche lei, come poteva spiegarlo agli altri? Come poteva raccontare che Sousuke si era sacrificato per lei?

Trovare le parole giuste era difficile…
-Sousuke… non… io…- mormorò, quando qualcuno ed un grosso fracasso la interruppero: -Ehi, ma quello non è Sagara?

Sgommando e scivolando su uno scooter, Sousuke si lanciò in corsa e, rimettendosi in piedi, spolverata la scura uniforme della scuola, gridò al loro indirizzo: -Che ve ne pare? L’ho riportata indietro come avevo promesso, no?
Con gli occhioni color cioccolato sgranati, persi nel guardare quello che doveva essere un fantasma, Kaname lo guardò avvicinarsi a lei col suo solito passo sicuro e rigido da soldato e non riuscì a parlare.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La promessa mantenuta ***


Lo guardò, mentre mormorava qualche spiegazione non richiesta agli altri, poi le si avvicinò e si ritrovarono l’una di fronte all’altro.

-Immaginavo che fossi qui...Chidori.- affermò, col suo solito tono serio.
Ma lei non riuscì a fare altro che pronunciare il suo nome, ancora incredula.
Sousuke riprese:- Ho saputo che hai rinunciato alla scorta.- e il suo tono suonava quasi come un rimprovero.

Era vero.
Scomparsi i sussurri, quasi debellata l’Amalgam, non ne aveva sentito il bisogno.
E poi sapeva che nessuno avrebbe potuto sostituire quell’imbranato… quell'imbranato che aveva creduto perso per sempre e che lei amava tanto.

-Non è stata un’idea saggia: tu hai bisogno di una guardia del corpo- continuò lui -… ci penserò io a proteggerti per sempre… Kaname.

Solo allora lei si riscosse.
L’aveva chiamata per nome, dopo tutto quel tempo!
Quanto aveva atteso quel momento!
E quanto aveva atteso perché la stringesse, proprio come stava facendo, dopo averle posato le mani sulle spalle tremanti…

-Ricordi la nostra promessa in Messico?- le stava dicendo, con uno sguardo nuovo e strano.
Lei era perplessa.
Certo che la ricordava… aveva minacciato di suicidarsi, con la pistola pesante nella mano e fredda sulla sua tempia, per convincere quel traditore di Kalinin a contattarlo sul suo AS, pur di riuscire a parlargli ancora una volta, pur di sentire di nuovo la sua voce.

Ma quel contesto non la convinceva, così davanti a tutti… cercò di tergiversare, ma Sousuke sembrava più che deciso.
-Non ti piaccio?- le chiese.
-Ma qui, davanti a tutti? Ci stanno fissando…

Era vero: alla notizia del loro ritorno, alunni e docenti si erano affacciati alle ampie finestre della scuola e si erano accalcati attorno a loro nel cortile.
Ma Sousuke aveva atteso a lungo, e spesi troppa fatica, sudore, sangue e dolore, per continuare a farlo.
-Nessun problema.- la rassicurò, prima di stringerla ancor di più a sé e baciarla lì, in piedi, al cospetto di quella folla curiosa e sorridente.

Mentre finalmente assaggiava il sapore di Sousuke, in quello che era per davvero il suo primo bacio desiderato e corrisposto, a differenza di quelli che le aveva imposto Leonard, la ragazza capì di vergognarsi per quella platea di spettatori, ma che non le importava nulla.
Avrebbe voluto farlo da sempre e non riusciva e non voleva fermarsi, non ora che era tornato da lei, dopo che aveva rischiato tutto, attraversando mezzo mondo, per raggiungerla.

Era addirittura scampato, chissà come, ad una esplosione atomica…

Quando si staccarono per riprendere fiato, gli intimò: -Non lasciarmi mai, capito?
Lui assentì.
Ma Kaname cercò ancora conferma: -Restami sempre vicino…
Anche stavolta Sousuke annuì, sorridendo.

Non aveva bisogno di nulla se era accanto a lei.
Nemmeno di armi.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Serenità conquistata ***


NdA: da questo capitolo le vicende narrate sono presenti nella storia, ma il contesto in cui i protagonisti le raccontano è di mia invenzione, non esiste quindi nell’opera originale.
Grazie a quanti hanno seguito e vorranno continuare a farlo.




Più tardi, dopo essere riusciti a staccarsi dagli altri con la promessa di una rimpatriata a breve termine, nella penombra del soggiorno di lei, venne il momento delle spiegazioni tra Sousuke e Kaname.

Stretta a lui sul divano, la ragazza si stupì, quando apprese delle domande di AR e di come avesse autonomamente deciso, riuscendoci perfettamente, ad attivare il Lambda Driver in maniera difensiva, creando uno scudo protettivo intorno ad entrambi, proprio all’ultimo momento, quando era esplosa la testata atomica.
Quella strana AI* era riuscita a salvarli dalla catastrofe ed i Servizi Segreti statunitensi, monitorando l’area dell’esplosione dallo spazio con i satelliti artificiali, li avevano trovati, quindi recuperati e trascinati ad una propria base in Giappone per cercare di capire il più possibile su quanto accaduto.

Quando Sousuke si era ripreso del tutto, aveva atteso il momento propizio per evadere e portare con sé l’AS impossibilitato a muoversi per i troppi danni riportati nello scontro con Leonard… quella stessa mattina, prima dell’alba, era riuscito a caricarlo su di un camion per scappare a tutto gas sfondando i cancelli della base americana, senza esitazione.
Appena fuori aveva trovato uno sparuto drappello dell’ormai smembrata Mithril, composta dai vecchi amici e colleghi, corsi a recuperarlo dopo aver saputo da Tessa, che Sousuke era vivo e tenuto prigioniero in quella base… malconci ed evasi a loro volta dall’ospedale militare, Mao, il redivivo Kurz, Clouzot e Wraith, erano in assetto da guerra e delusi, vedendolo arrangiare da solo a quel modo... il loro intervanto era stato pressochè inutile

-Ho affidato loro AR e sono corso qui a Tokio, perché mi hanno detto che eri tornata a casa…- le spiegò.
-...La Mithril? Tessa?- gli chiese, sinceramente preoccupata.
Ma lui scosse il capo.
-Non lo so. L’Organizzazione ha subìto un duro colpo e senza il defunto fondatore e finanziatore non ha più molti fondi. Tessa non ha intenzione di ricostruire il TDD e credo frequenti Lemon… dai suoi contatti ha saputo di me e di AR dalla CIA. Mardukas è tornato in patria, in Inghilterra, credo dall’ex moglie… alla fine ognuno deciderà per sé, credo.

Era cresciuto Sousuke, e da uomo, anche lui aveva fatto le sue scelte.
Nessuno avrebbe più pilotato la sua vita con ordini a cui non poteva dire di no.
Anche se involontariamente, dopo l’incidente aereo che l’aveva reso orfano, Kalinin aveva dato il via alla sua vita tra le armi, successivamente non l'aveva tratto fuori, credendo di poter creare un lupo da un agnello.
Certo, l’agnello si era difeso, aveva combattuto ed ucciso, ma non era mai stato assetato di sangue, non aveva mai provato piacere nel farlo, aveva soltanto cercato di sopravvivere con tutte la forza di cui era capace. Quando il Maggiore se ne era reso conto era stato troppo tardi: solo in punto di morte aveva compreso la bontà di quel ragazzo... il dolce sguardo di quel bimbo rimasto solo tra i ghiacci dell'artico era ancora vivo, dietro la maschera del soldato.

Anche Kaname l’aveva capito, ormai da tempo: Sousuke aveva un animo buono, nonostante il sangue che gli sporcava le mani suo malgrado, e questo nessun ordine avrebbe mai potuto toglierglielo.
Continuava a stringerlo, forse per la paura di perderlo nuovamente o che quello fosse tutto un sogno, fino a che, stremata da tutte quelle emozioni, si addormentò.

Finalmente felice e sereno vicino a colei che era stata capace di fargli ritrovare la sua umanità, l’ex soldato la sollevò e la portò in camera sua, dove la poggiò con delicatezza sul letto. Tolse giacca e camicia, restando in pantaloni, calciò via le ciabatte, sfilò i calzini e decise di sdraiarsi vicino a lei.
Erano finiti i tempi in cui riposava sul pavimento, sotto al letto, pistola in mano… si assopì, tranquillo, col profumo dei capelli di lei a cullare i suoi sogni.
Sorrideva: c’era stato un momento disperato in cui si era chiesto perché, a che scopo fosse venuto al mondo, che senso avesse avuto la sua breve vita… adesso aveva trovato la risposta.


* (A.I. Artificial Intelligence = Intelligenza artificiale)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Nuova realtà ***


La mattina dopo, Kaname si svegliò e non riuscì subito a capire dove si trovasse. Fissando la strana sveglia sul comodino, riconobbe camera sua, superando il breve disorientamento che l'aveva assalita.

Ma il senso di benessere che provava non era dato dal fatto di essere tornata alla routine quotidiana consona ad una liceale, quanto dal fatto che colui che le dormiva vicino  le dava un calore che le era mancato per troppo tempo.

Guardò Sousuke dormire finalmente sereno, abbandonato in un sonno che forse mai era riuscito a dormire nella sua vita, fatta di sangue e armi. Non aveva sul volto il solito sguardo accigliato a rovinargli l'espressione del bel viso, seppur sfregiato da quella cicatrice a forma di croce sulla guancia sinistra.
La sfiorò piano, con la punta delle dita, senza destarlo. La sentì, irregolare sotto la pelle sensibile dei polpastrelli, muta testimone di una infanzia e di una giovinezza rubate dalla violenza e dalle armi.

E non era certo l'unica.
Adesso che poteva soffermarsi a guardarlo, Kaname ne scoprì di nuove, sul torace muscoloso; ma sugli addominali ben delineati ne spiccava una, più grande, quasi vistosa, irregolare portavoce di un dolore atroce, che nei mesi recenti il ragazzo aveva affrontato, nella coraggiosa e spasmodica ricerca di lei.

La guardò smarrita, mentre l'istantanea di qualcosa, ormai dimenticato nei recessi della mente tornava in superficie... Qualcosa che le era stato sussurrato forse in sogno, da una sconosciuta ragazza dallo sguardo limpido e triste, incorniciato da ribelli capelli rossi.
-Non sono riuscita a prendere il tuo posto... Lui è ferito gravemente...
Come allora, silenziose lacrime scesero a bagnarle le guance.

Sousuke era quasi morto, pur di ritrovarla ed averla accanto, mentre lei si arrendeva ad un destino che avrebbe potuto cambiare, se solo avesse tirato fuori un briciolo della grinta che le attribuivano....

Si abbassò su quella cicatrice, poggiandovi piano le labbra ed il viso, continuando a piangere sommessamente. Non si accorse del mutare del respiro di lui e dei muscoli che si contraevano sotto la sua pelle: svegliatosi, Sousuke aveva percepito l'umido calore di quelle lacrime che gli bagnavano il ventre ed era rimasto immobile, senza capire in cosa avesse sbagliato stavolta.
Forse non avrebbe dovuto dormire con lei? Non gli venne in mente altro, così si limitò a poggliarle una mano sui capelli e a chiamarla per nome, a bassa voce.

Ma lei, scuotendo la testa, lo interruppe: -Scusami, scusami tanto, Sousuke... Scusa... Scusa...
Non aspettandosi certo quelle parole da lei, sempre dura ed autoritaria con lui, la sollevò, portandosela vicina per guardarla meglio in viso.
Proprio non capiva.
-Perché, Kaname?- le chiese, con ingenua sincerità.

Gli occhioni color cioccolato di lei lo fissarono, ancora umidi di pianto.
Le chiedeva pure il perché?
-So... Sousuke... è stata colpa mia... Sei arrivato ad un passo dalla morte quella volta... Me lo ha ricordato la tua cicatrice... Perché... Perché hai continuato a cercarmi, dopo tutto quello che ti ho fatto?
Le carezzò i capelli, serio.
-Era la mia missione. Dovevo trovati. Ad ogni costo.- le rispose.
Ma lei continuò ad insistere: -Perchè? 
-Perchè ho capito che non posso stare senza te.- Affermò con semplicità, prima di coinvolgerla in un bacio lento e rassicurante.
Ma anche quando si separarono le apparve lo stesso affranta.
-Hai sofferto molto, vero?

Non poteva negarlo.
Quando era stato ferito, prima che arrivassero Lemon e i suoi a soccorrerlo, salvandogli la vita per il rotto della cuffia, era riuscito a sentire la vita scorrergli via dal corpo, assieme al sangue che si allargava sul pavimento.
Ma come spiegarle, che anche in quel momento, era stato il suo viso, l'ultima cosa che aveva visualizzato e la prima che aveva rimpianto?
Le sorrise. -Se mi ha aiutato a trovati e giungere qui, ne è valsa la pena.- affermò convinto.

Lei rimase sorpresa: quasi non riconosceva in questo ragazzo, che pure aveva il suo stesso viso, il Sousuke che conosceva. In quel lungo periodo denso di difficoltà, lo strano tipo che le stava di fronte era cresciuto molto, trasformandosi da fissato guerrafondaio disadattato a compagno premuroso, senza perdere comunque la tenacia e la serietà che lo contraddistinguevano, da che lo conosceva.

Non ebbe la forza nè il coraggio di dirgli nulla.
Si limitò a fissarlo in quelle ipnotiche iridi grigie e a posargli le mani ai lati del viso, per portarselo alle labbra. Il bacio che ne seguì li portò ad approfondire il contatto e a scoprire quanta più pelle possibile, fino a che non rimase loro addosso soltanto l'effimera presenza dell'intimo; allora lui si fermò, allarmato.

Evidentemente imbarazzato, impacciato, Sousuke la fissò, rosso in viso, confuso da quella situazione in cui si era lasciato trascinare dall'istinto: -Kaname, io... Scusa... Non so che mi è preso...- cercò di giustificarsi, ma lei lo rassicurò, ridacchiando: -Non preoccuparti, non è nulla di anormale, anzi... Se... Se due persone si amano è naturale che possa finire in questo modo...- cercò di spiegargli, seppur essa stessa col viso in fiamme.

Cercando di convincersene, Sousuke annuì, ricordando che Kurz gli aveva confidato qualcosa a tale proposito, successa tra lui e Mao.
Era vero.
Sapeva che se due persone si amano, stanno insieme anche in quel modo.

Si riscosse, alla risata sommessa di lei, che lo guardava con ilare curiosità
-Sei sempre il solito, dopotutto! - gli disse, mentre lui la guardava, iniziando ad avvicinarsi di nuovo.
Aveva la solita espressione seria, ma una nuova luce negli occhi.
-O forse no...- riuscì ad aggiungere una stupita Kaname, poco prima che lui tornasse a baciarla, con passione crescente.

No, non c'era bisogno di alcun Taros, per cambiare la propria vita in meglio. Bastavano forza interiore e buona volontà... Leonard e Kalinin non erano riusciti a comprenderlo ed avevano cercato il sostegno al di fuori del proprio essere, in una tecnologia infida e pericolosa, sbagliando. 

Perché è facile pensare di aggiustare tutto riscrivendo la storia... 

Meno tortuoso, ma anche più difficile, riuscire a farlo con le proprie forze. 
Ma è anche infinitamente più giusto ed appagante. 

Kaname e Sousuke ormai ne erano certi: loro c'erano riusciti.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2558148