La sposa detective

di Meramadia94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Arrivo a Baker Street ***
Capitolo 2: *** L'abito da sposa insanguinato ***
Capitolo 3: *** Il terzo investigatore di Baker Street ***
Capitolo 4: *** Appunti scomparsi ***
Capitolo 5: *** Un nuovo omicidio ***
Capitolo 6: *** Un nuovo incontro e momenti familiari ***
Capitolo 7: *** I nodi iniziano a venire al pettine ***
Capitolo 8: *** Esito incerto ***
Capitolo 9: *** Ore drammatiche ***
Capitolo 10: *** Colpi di scena ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Arrivo a Baker Street ***


 Tiepida giornata primaverile a Londra, evento più unico che raro considerato che ci si trova in Inghilterra.
Un taxi nero come la pece si fermò davanti al 221B di Baker Street, dal quale scesero due uomini, diversi di altezza... e anche di umore visto che il biondo cercava di calmare il moro, che era decisamente alterato.
''No,no,no, no, no!!!!''- urlava Sherlock rosso come un tacchino-:'' non è possibile, ma perchè con tanti mondi così sovrasviluppati io dovevo nascere proprio in questo?!?''- urlò ancora aprendo la porta di casa facendo sobbalzare dalla paura la loro affittuaria.
''Santo cielo, ma che succede?''- chiese la donna preoccupata: non aveva mai visto Sherlock in quello stato.
''Sherlock, adesso calmati, va bene?''- tentò ancora John-:'' prendi un bel respiro e calmati, d'accordo? Non è successo nulla di grave: solo una svista.''
''Senti, non puoi venirmi a chiamare svista, fare il bucato con un braccialetto che vale chissà quanto, chiamare Scotland-Yard e un consulente investigativo per dire che qualcuno te l'ha rubato e poi ti accorgi che era tra la biancheria sporca.''
''E' vero, hai ragione, una svista alquanto insolita e decisamente....''- provò John.
''Stupida. Nemmeno l'idiota dell'anno, altrimenti detto Anderson, poteva prenderla. Non ci sono altre parole.''- concluse Sherlock.
''... ma non c'è bisogno di farne un caso nazionale.''- pensò John. Poi si rivolse alla loro affittuaria-:''Signora Hudson, sarebbe così gentile da prepararci un tè? Sherlock ha decisamente bisogno di calmarsi.''
''Si, lo credo anch'io.''- concordò Mrs Hudson-:'' ad ogni modo, è gia pronto ed è di sopra. C'è una signorina che chiede di vedere il signor Holmes. Le ho detto che probabilmente sareste tornati tardi e che non valeva la pena disturbarsi tanto, ma ha detto che non aveva fretta o impegni...''
''Ci mancava solo la scocciatrice testarda per coronare la giornata.''- sbuffò Sherlock.
''SHERLOCK!!!''- lo rimproverò John-:'' non fare il maleducato come tuo solito e vediamo cosa vuole quella signorina, visto che si è scomodata tanto a venire fin qui e ad aspettare tutto questo tempo.''
Al piano di sopra, videro la ragazza indicata dalla signora Hudson che stava  seduta proprio sulla poltrona di Sherlock.
''Ciao Sherl.''- Sherlock rimase completamente mezzo stordito dalla visione che c'era nel soggiorno.
Ragazza, ventuno anni, occhi azzurri come il ghiaccio, pelle ne troppo pallida ne troppo abbronzata, capelli lunghi e fluenti che arrivavano sino alla vita, rigorosamente ricciuti. Una maglietta a forma di canottiera bianca sotto una giacca rosa confetto, jeans chiari, scarpe con il tacco giallo canarino.
Sapeva che si trattava di una ragazzina, cioè una giovane donna, ma non si aspettava di trovare proprio quella ragazza.
''Che diamine ci fai tu a casa mia?''- non era arrabbiato, solo sorpreso di vederla.
''Anch'io sono molto felice di rivederti dopo tanto tempo.''- sospirò lei, tra il rassegnato e il divertito.
''Sherlock, ma ti pare il modo di salutare una signorina che viene qui per chiederti aiuto?''- lo rimproverò John.
''John, la signorina in questione è mia sorella.''- lo gelò Sherlock.
John aveva una faccia da pesce lesso. Questa poi!!! Vivevano assieme da diversi mesi e non lo aveva mai messo al corrente di avere una sorella più piccola?
''Piacere, Kitty Holmes e no, se se lo sta chiedendo, non è solo Kitty. Il mio vero nome è Catherine, ma preferisco essere chiamata Kitty. Lei deve essere il dottor Watson.''- disse la ragazza stringendo la mano al medico militare.
''Ad ogni modo si può sapere cosa ci fai a Londra invece di essere a scuola?''- poi la guardò con sguardo feroce-:''Non mi dire che sei scappata di casa e vuoi asilo politico da me, senza nemmeno avermelo chiesto...''
''Prima cosa, ho ventun' anni, ergo ho finito le superiori da due anni.''- lo rimbeccò lei-:'' seconda cosa, mamma sa  gia del fatto che sono qui.''- e nel dir così tirò fuori dalla tasca della giacca una lettera gia aperta con il timbro della London University e la porse al fratello.
Dopo che l'ebbe letta, John prese la parola-:''Complimenti. Domanda accettata... e che cosa farai all'università?''
''Criminologia''- fu la secca e determinata risposta-:''voglio dedicarmi al crimine come mio fratello.''
Mai che io incontri uno normale in questa famiglia,eh? pensò John.
''Dunque, questa è una semplice visita di cortesia... vero?''- fece Sherlock all'indirizzo della sorella.
Quest'ultima inziò a giocare nervosamente con una ciocca di capelli-:''Ehm.. veramente...''
Sguardo distolto, aria imbarazzata che solo una ragazza poteva avere, arricciava nervosamente i capelli nell'indice destro...
Sapeva fin troppo bene dove la sorella voleva andare a parare, inoltre aveva scorso qualcosa di molto voluminoso dietro alla poltrona.
''Non avrai davvero intenzione di piazzarti qui?!?''- fece Sherlock.
''Senti, non ho altre possibilità: Londra è la città più cara di tutta l'Europa, e con i risparmi del ristorante è gia tanto se ho potuto pagare il volo e l'iscrizione. Ho cercato un hotel economico ma prima di poterne pagare uno dovrei vendere gli occhi.''
''Un Bed&Breakfast?''- propose John.
''Gia tentato, e ho passato due giorni con quattro coinquilini che fumavano a tutte le ore e mi hanno quasi affumicato il cervello.''
Sherlock si lasciò scappare una risatina-:''Beh, potresti andare a stare da Mycroft.''
La ragazza fece una faccia terrorizzata-:'' Scherzi vero? Vivere con Mycroft vorrebbe dire avere una scorta  che ti segue ovunque tu decida di andare, bagno compreso.''
Il fratello ridacchiò leggermente immaginandosi la scena.
''Sherlock, per favore...''- arrivò quasi ad implorare-:'' mamma ha detto chiaro e tondo che se non le dicevo di aver  trovato un alloggio fisso entro tre giorni, avrei dovuto tornare subito a Liverpool.''
John e la ragazza lo fissarono. Il primo con l'aria di chi non si aspetta qualcosa non diverso da un sì come risposta e la seconda con speranza.
Sherlock sbuffò e poi rispose-:'' Sappi che non mi ritengo responsabile di eventuali incidenti domestici in cui potresti venire coinvolta.''
'' Tradotto dalla tua lingua, posso restare...''
''... a patto, è ovvio, che ti occupi della cucina e delle pulizie e che contribuisca all'affitto.''- concluse il fratello.
''Affare fatto.''- sorrise la ragazza riprendendosi la valiga.
''C'è una stanza libera al piano di sopra tra il bagno e la mia.''- le spiegò John. Detto questo la ragazza prese tutto quello che aveva portato con se, annunciando che sarebbe andata a rinfrescarsi un po'.
''Vi somigliate.''- sentenziò John.
''Come, scusa?''- fece Sherlock servendosi il tè in una tazza.
''Tu e tua sorella, voglio dire. Avete lo stessa combattività di chi non si arrende finchè non ha ciò che vuole... e devo ammettere che anche fisicamente ti somiglia.  Dico davvero, una gran bella ragazza.''
''John...''- fece Sherlock con un espressione mista a preoccupazione e sconcerto-:'' non metto in dubbio che Kitty sia una gioia per gli occhi, ma vorrei consigliarti caldamente di puntare a ragazze, come dire... un po' più grandi.''
John quasi si strozzò con il biscotto che aveva iniziato ad addentare-:''Ma figurati se mi metto a fare lo scemo con una ragazzina di vent'anni, per di più la sorella del mio migliore amico.''
''Era solo per essere sicuri...''- ribattè Sherlock.
 
 
''Kitty, la cena è... OH SANTO...''- John era entrato nella camera della loro nuova coinquilina per avvertirla che la cena era pronta in tavola e aveva visto che la stanza era decisamente cambiata dall'ultima volta che l'aveva vista, e fin qui nulla di strano.
Ma in genere, le ragazze giovani che aveva incontrato sino a quel momento addobbavano la loro stanza con foto e poster di attori, cantanti e cose del genere.
Lei, invece, aveva appeso articoli di cronaca nera e manuali di criminologia sulle mensole.
Beh... è una Holmes, pensò poi come se cercasse di consolarsi.
Nel frattempo la ragazza stava stendendo sul letto vicino alla finestra un plaid colorato sul quale risaltavano per la maggiore fiori di magnolia e tageti.
Indossava una blusa rosa scuro, jeans chiari e scarpe di ginnastica bianche. I suoi capelli riccioluti  erano raccolti in una chioma.
''Ciao John.''- ormai avevano stabilito di darsi del tu.
''La cena è in tavola.''- la informò John. Quella sera aveva preparato personalmente ( con un piccolo aiuto della loro dolce affittuaria) una cena per dare un degno benvenuto al terzo coinquilino di Baker Street.
La signora Hudson, dal canto suo, era felicissima di  non essere più l'unica donna di casa anche se si augurava con tutto il cuore che quella ragazzina con un musetto angelico non nascondesse come il fratello, una creatura insopportabile e diabolica.
I due scesero quasi all'unisono e insieme arrivarono in cucina.
''C'è qualcosa che mi sfugge su questa tavola...''- fece Sherlock guardando la disposizione delle stoviglie-:'' sbaglio o è apparecchiato per una persona in più?''
In quel momento si sentirono due suoni distinti, uno in coda all'altro: il campanello che suonava e la porta che si apriva.
In breve sul ciglio della porta dell'appartamento, comparve il maggiore degli Holmes con tanto di inseparabile ombrello.
''Mycroft.''- lo salutò Kitty andandogli incontro. Il più grande appoggiò l'ombrello allo stipite della porta e porse la mano alla sorella in segno di saluto.
Niente di particolarmente espansivo, come ben si addiceva a tutti gli Holmes, eccetto un sorriso contento.
Invece, Sherlock stava fissando il suo migliore amico con furia omicida.
''Cosa diavolo ci fa quest'individuo a casa nostra?!?''- gli chiese attento a non farsi sentire.
John alzò gli occhi al cielo-:''Ora individuo, non parlarne come se fosse la prima volta che lo vedi...''- gli rispose-:'' e poi ho pensato che sia a Mycroft che a Kitty avrebbe fatto piacere rivedersi dopo tanto tempo.''
Sherlock battè la testa contro il muro, indeciso se saltare da una finestra o soffocarsi mandando giu pane e acqua senza masticare, soffocando.
Se c'era una cosa di cui davvero Sherlock Holmes aveva un vivo terrore, oltre alla prospettiva di rimanere senza casi interessanti a tempo indeterminato, erano le ''allegre serate in famiglia''.
 
''... allora...''- fece Mycroft alla fine della cena inforchettando un pezzo di crostata di pistacchi-:'' raccontaci un po': che cos'hai combinato in questi due anni sabbatici?''
''Mi pare di aver capito che hai lavorato in un ristorante o sbaglio?''- rammentò John.
La ragazza finì la sua parte di torta e mise da parte il piattino-:''Sì. Dopo la scuola mi sono presa un po' di tempo per me e poi mi sono messa a lavorare come cameriera in un ristorante di lusso.
Poi, circa un anno fa, ho inviato tutto il mio curriculum scolastico alla London University facendo domanda per entrare in facoltà e due settimane fa mi hanno dato l'ok.''
''Mi stupisco solo che la mamma ti abbia lasciata andare senza troppi complimenti.''- commentò Sherlock, che tra i presenti era l'unico a non aver ancora toccato la sua razione di torta.
''E' stata quella l'impresa disperata: non ne voleva sapere di lasciarmi andare sola in una città come Londra. Poi le ho ricordato che anche voi due vivevate qui e l'ho convinta.''
''In altre parole, Sherlock e Mycroft costituiscono il tuo alibi.''- rise John, strappando una risatina anche a Sherlock.
''Più o meno...''- rispose Kitty. Non l'avrebbe mai ammesso, ma non era solo una questione di frequentare una buona università e dimostrare alla loro madre di poter badare a se stessa, come capita a tutti i ragazzi a un certo punto.
Le mancava il suo fratellone.
Il suo Sherlock.
Suo padre aveva fatto in tempo a vederla nascere che un incidente aereo se l'era portato via. La madre si occupava di lei, ma era difficile occuparsi di una bimba e mandare avanti un' azienda.
Quando aveva compiuto due anni divenne sempre più difficile: Mycroft lasciò la casa paterna per isciriversi all'università per conseguire una brillante carriera politica, e sua madre divenne più occupata che mai.
Sherlock aveva solo diciassette anni all'epoca e si occupò della sorellina, essendo l'unico che poteva.
Le insegnò a leggere sulla cronaca nera, invece delle fiabe le raccontava casi irrisolti della polizia con tanto di finale che lui stesso aveva risolto e per giocare le inventava storielle rompicapo e indovinelli.
Sherlock era stato l'unico uomo nella vita di Kitty Holmes e quest'ultima, l'unica persona alla quale si era mai interessato.
Eccezion fatta per John, ovviamente.
La serata si concluse, tutto sommato bene, e senza nemmeno troppi litigi da parte dei due fratelli maggiori.
''Cerca solo di tenerla lontana dai guai, intesi?''- si era raccomandato Mycroft prendendo l'ombrello per andare via.
 
 
Salve!!! Come mi ero ripormessa tanto e tanto tempo fa, ho deciso di pubblicare una fanfic dove fa il suo ingresso una sorella di Sherlock che ho immaginato io. Avevo gia pubblicato la sua apparizione in ''Omicidio sulla neve'', ma non mi era sembrato un granchè e quindi... tutto da capo!
Spero che non sia troppo Mary Sue, e sono pronta ad accettare ogni critica, ma mi raccomando: cattivi come l'aglio!!!
Dedicata a Padmini, come ringraziamento per i suoi consigli e a Mademoiselle Moody, che è stata una collega scrittrice fantastica, ma che continua ad essere una grande amica.
Per il ruolo di Catherine, ho scelto di usare come interprete Alexis Blendel.

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Capitolo 2
*** L'abito da sposa insanguinato ***


Quando Kitty si alzò la mattina dopo vide dall'orologio da polso fosforescente che erano le otto e mezzo passate e si decise ad alzarsi.
Si tolse il pigiama azzurro come il cielo, fece una doccia e dopo rientrò in camera sua per decidere come vestirsi.
Dopo aver osservato a lungo i suoi vestiti decise per una camicia bianca a maniche lunga, con un gilet blu scuro al quale abbinò due orecchini d'argento a forma di stella e un altro ciondolo d'argento, regalo della madre, un paio di jeans chiari e degli stivali di pelle nera.
Dopo essersi data una leggera mano di trucco, pettinò i capelli scuri con la sua pettinatura preferita: lisci sino alle orecchie e da lì tutti arricciati.
Fatto questo, afferrò una giacca verde e iniziò a scendere le scale.
Sherlock e il suo coinquilino erano gia vestiti di tutto punto e adesso erano seduti a tavola, apparecchiata per fare colazione.
O meglio, il secondo stava facendo colazione. Il primo era occupato a spulciare il  ''Times'' alla disperata ricerca di un caso interessante da risolvere.
''Ah, buongiorno Kitty.''- la salutò John.
''Buongiorno, John.''- ricambiò la giovane Holmes prendendo posto a capotavola sedendosi davanti a una tazza di tè e un cornetto alla crema-:'' qualcosa d'interessante?''- fece rivolgendosi al fratello.
''Sarebbe un sogno...''- sospirò l'interpellato ripiegando il giornale-:'' è un periodo in cui i casi di Scotland- Yard raggiungono si e no la soglia del quattro e mezzo.''
La ragazza sorrise e iniziò a sorseggiare il tè.
Non era cambiato per niente, ma sinceramente non sarebbe mai riuscita ad immaginare il suo fratellone diverso da com'era.
''Hai fatto qualche programma per oggi?''- chiese John. 
Kitty fece cenno di no con la testa poggiando la tazzina sulla superficie piana del tavolo e addentò il cornetto alla crema, comprato da poco al bar sotto casa.
''O meglio, sì.''- rettificò dopo che ebbe finito-:'' vorrei fare un salto in almeno due posti:  all'università giusto per dare un'occhiata agli orari e sapere qualcosa per l'esame di entrata in facoltà.
Ho adocchiato un supermarket vicino alla stazione Victoria che ha bisogno di personale, che potrebbe fare al caso mio.''
''Beh, ti auguro buona fortuna.''- le sorrise affabilmente il medico. La ragazza agitò la mano in segno di saluto ed uscì.
''Non ti fidare di quello che vedi.''- gli consigliò Sherlock andando alla finestra che dava in strada, ovvervando la sorella che si dirigeva con passo deciso lungo il marciapiede, fino a sparire dalla loro visuale.
''Ma io non ho detto niente.''- gli fece notare l'ex militare e medico.
''Però so che stai pensando che è una ragazza davvero adorabile e simpatica, e ti posso garantire che hai ragione solo a metà. In realtà, è una creatura diabolica. A nove anni ha tagliato le gomme della moto a Mycroft perchè le era passato sullo yo-yo e a cinque mi ha liberato una scatola di formiche rosse in camera perchè l'avevo fatta cadere in uno stagno di ranocchi.''
A John scappò da ridere al solo immaginarsi la scena-:''Ora non esagerare, era solo una ragazzina vivace. Tu che avresti fatto se fossi stato l'unico maschio con due sorelle?''
Risposta che non arrivò mai, perchè in quel momento salirono le scale l'ispettore Lestrade seguito a ruota da Anderson e il sergente Sally Donovan.
''Lestrade. Anderson. Donovan.''- il CI salutò gli ultimi due pronunciando il loro nome e con un tono di voce che assomigliava a un ringhio.
''Strambo...''- gli interpellati risposero quasi all'unisono e con il suo stesso tono. Era più che evidente che non erano felici di vedersi a vicenda, ma a volte nella vita ci sono dei mali che vanno affrontati anche se se ne farebbe volentieri a meno.
''Chi è morto?''- domandò Sherlock a bruciapelo.
''Una ragazza sui vent'anni, oggi si doveva sposare e invece....''- iniziò a spiegare l'ispettore.
''Ad ogni modo, in chiesa ci entra e ci esce anche se con una modalità decisamente diversa, non vedo dove sia il problema.''- fu la risposta gelata del detective.
''Andiamo e salite in macchina, prima che decida di prenderti a schiaffi.''- consigliò il DI. Nel frattempo la poliziotta  aveva arricciato il naso e poi diede una gomitata alla spalla del capo della scientifica dicendo-:''Sento un profumo. Qui c'è stata una donna: e che per inciso è rimasta qui a dormire.''
''Sarà della padrona di casa.''- ipotizzò Anderson facendo le spallucce.
Sally lo fissò scettica-:''Certo... e usa un profumo di marca Chanel N° 5. So quel che dico, qui fino a qualche ora fa c'era una ragazza.''
In breve, entrambi giunsero alla stessa ( per quanto errata) conclusione.
Solo che... non riuscivano  a capacitarsi di chi potesse avere un tale potere per far breccia nel cuore di un uomo che disprezzava ogni rappresentante del gentil sesso.
Ma soprattutto, quale pazza avrebbe mai potuto innamorarsi di un arrogante maleducato come Sherlock.
Anche se il sergente doveva ammettere che si trattava di un arrogante maleducato, decisamente piacente da vedere.
 
 
''Si chiamava Wendy Besons, ventiquattro anni''- spiegò Lestrade condecendo Sherlock e John sul luogo del crimine.
Si trattava di una cappella provvista di diverse stanze, una delle quali era stata messa a disposizione della sposina per gli ultimi ritocchi prima della cerimonia.
''La stavano aspettando per il matrimonio e hanno notato che ci stava mettendo più del dovuto, così il padre era andato a  controllare il perchè di tanto ritardo...''
''... e si è trovato davanti il cadavere della figlia.''- concluse John chinandosi sul corpo di quella povera ragazza. Bionda, occhi azzurri spalancati per il terrore, pelle spaventosamente chiara, probabilmente, a causa dell'emorragia.
Il vestito di tulle bianca era macchiato dal corsetto in giu di sangue rosso vermiglio.
''E' stata colpita con un oggetto contundente che ha colpito in pieno il fegato. Fortunatamente non ha sofferto.''- appurò John.
Ma tu guarda se si può morire così e nel giorno più bello nella vita di una persona, povera ragazza... non potè fare a meno di pensare il medico.
''Ci sono dei segni che dimostrano che si è divincolata con veemenza prima del colpo finale...''- disse Sherlock riflettendo ad alta voce osservando il cadavere-:'' se fosse stata abbastanza intelligente da rimanere ferma, qualche chance di salvarsi l'avrebbe avuta.''
''Si è vista assalita con un pugnale o chissà cos'altro di affilato, tu che avresti fatto al posto suo?''- chiese Lestrade-:'' e poi, perchè avrebbe dovuto stare ferma?''
''Il vestito è lacerato anche sopra la ferita: questo vuol dire che l'assassino inizialmente voleva mirare li, ma ha sbagliato mira a causa dei divincolamenti della ragazza.''
''Che abbia mirato più giu o più su che differenza avrebbe fatto? Sarebbe morta comunque.''- disse Anderson con il tono di chi pensa di saperne più degli altri.
''E qui ti sbagli di grosso, mio caro, anche se ormai dovresti averci fatto l'abitudine''- lo gelò Sherlock-:'' se avesse mirato più su avrebbe fatto una notevole differenza, perchè avrebbe centrato una delle stecche d'acciaio che rinforzano i corsetti degli abiti da sposa, dandole almeno una chance di cavarsela.''
''Ah...''- commentò Sally scettica-:'' fammi indovinare, quest'informazione l'hai avuta dalla tua nuova fidanzata, dico bene?''
John, Sherlock e Lestrade fissarono il sergente con gli occhi stralunati.
''La mia che?''- chiese il CI.
La poliziotta sorrise sicura al cento per cento della sua deduzione-:''Parlo della proprietaria del profumo che stamattina impregnava il tuo appartamento e che con tutta probabilità ha passato la notte in casa tua.''
Lestrade decise di mettere fine al ciacaleccio e ordinò ai suoi subalterni, a John e a Sherlock di salire in macchina per dirigersi verso Scotland-Yard, anche si vedeva lontano un miglio che tratteneva a stento la curiosità di sapere chi fosse la misteriosa donna di cui parlava Sally.
Sherlock, come al solito, rifiutò di prendere la macchina della polizia e salì con John su un taxi.
''Scusa, perchè non ti affretti a chiarire  che Kitty non è la tua ragazza, ma tua sorella?''- chiese John. Sapeva che Sherlock non era il tipo che perdeva tempo con una ragazza e come minimo si  sarebbe aspettato che negasse con forza, magari umiliando i due yarders.
''Se li correggessi ogni volta che sbagliano, non imparerebbero mai niente.''- spiegò Sherlock. E poi sorrise con soddisfazione-:'' E poi, non mi perderei la scena di loro che si umiliano da soli per niente al mondo.''
''Chi ti dice che se accorgeranno?''- chiese John stranito: Kitty non era stata vista dai due yarders e il tragitto che aveva intrapreso la ragazza quella mattina non li aveva fatti incontrare.
''Fidati di me.''
 
 
''Vediamo di fare il punto...''- propose Lestrade dando un occhiata al rapporto della scientifica-:'' la porta non era chiusa e non c'era traccia di segni di effrazione, tranne i  segni di lotta tra la sposa e il suo assassino.''
''Quindi è probabile che la signorina Besons stesse aspettando il suo omicida, e che avesse lasciato la porta della sua stanza aperta perchè sapeva che sarebbe  arrivato.''- ipotizzò John.
''Chi è entrato in quella stanza prima del padre della ragazza, quando è andato a chiamarla per la cerimonia?''- domandò Sherlock. Sally non gli rispose nemmeno e gli porse alcuni fogli fermati con una spilla in cima.
''E' la lista di tutte le visite che la vittima ha ricevuto prima di essere ritrovata cadavere: un paio di amiche che tra l'altro erano anche le sue damigelle, i testimoni dello sposo, sua madre e per finire una cameriera che era venuta a darle una mano con il trucco e il velo.''- spiegò Lestrade.
''Potrebbe essere stato chiunque, allora.''- sospirò Anderson.
''Tu non ti preoccupare e lascia che se ne occupi l'esperto, che è meglio.''- fece Sherlock con un tono tutt'altro che modesto.
''Le ho già detto, che adesso l'ispettore è occupato e non riceve visite, quindi adesso si accomodi di là e....''- un poliziotto stava disperatamente cercando di convincere qualcuno ad aspettare fuori, ma invano.
''Ed io le ripeto...''- ribattè una voce di donna molto giovane-:'' che non sono qui per vedere l'ispettore Lestrade ma un suo collaboratore. Punto secondo, non ho intenzione di farmi trattare come l'ultima giornalista curiosona.
Ha una vaga idea di chi le paga il salario? Mio fratello con il suo lavoro e ci metto un attimo a farle svuotare il conto in banca.''
John riconobbe la voce e si lasciò sfuggire una risata-:''Si direbbe che abbiamo ospiti.''
''Vuoi dire che quella è...''- tentò Anderson.
''Una cosa del genere...''- rispose il medico. In quel momento Kitty entrò nell'ufficio del DI con sorrisetto sulle labbra.
''Kitty, che sorpresa, cosa fai qui?''- finse di sorprendersi Sherlock.
''Dopo il lavoro...''- e qui diede ad intendere di essere riuscita a farsi assumere nel posto citato la mattina a colazione-:'' volevo passare da casa per sistemare meglio le mie cose, ma la signora Hudson è fuori e non ho ancora fatto il doppione della chiave di casa, mi sono ricordata che di solito lavori qui e ho pensato di fare un salto per farmele dare.''
Intanto Anderson, inizò a parlare con il suo superiore e la sua amante sottovoce-:''Ma non è un po' troppo giovane per lo Strambo ?Anche se bisogna ammettere che almeno per le donne ha buon gusto. ''
''Lascia perdere il suo buon gusto e pensiamo a un modo per salvare quella povera ragazza.''- suggerì Sally.
Lestrade li fissò male infilazndoli con una sola stecca tramite gli occhi e disse per rederguirli-:''Insomma, volete lasciarlo in pace e farvi gli affari vostri?!?''
Nel frattempo, Kitty aveva ricevuto le chiavi di John e fece per andar via ma il fratello la trattenne-:''Catherine, ti presento il mio occasionale datore di lavoro, l'ispettore Lestrade...''- l'interpellato le sorrise amichevolemente stringendole la mano-:'' e, se così si può dire, i due migliori elementi di Scotland-Yard: il sergente Sally Donovan e il capo della scientifica, Anderson.''
Sally le sorrise rassicurante e le strinse la mano-:''Piacere di conoscierti, ma se posso darti un consiglio non ci perdere tempo. Sei ancora giovane e puoi avere di meglio.''
Kitty si voltò verso il fratello e guardò stranita sia lui che il nuovo ( almeno per lei) coinquilino.
''Scusa, ma di che cosa sta parlando?''- chiese candidamente.
''Voglio dire che sei giovane e carina, puoi trovarne uno mille volte migliore.''- spiegò la yarders.
A quel punto, Kitty capì l'equivoco e con un'espressione furbetta-:''Grazie per il consiglio, ma vedi per quel che ne so io, i fratelli non te li scegli.''
Sally divenne rossa come un peperone quando si rese conto della gaffe, mentre Anderson e Lestrade avevano la bocca spalancata per la sorpresa: sapevano che il fratello di Sherlock aveva un lavoro da cui dipendeva l'Inghilterra stessa e che era una famiglia in vista, ma nessuno sapeva dell'esistenza di quella ragazza, loro sorella.
Per quello che riguardava John, aveva capito le parole sibilline di Sherlock in taxi: era quasi sicuro che i due yarders sarebbero venuti a casa sua e che avrebbero equivocato, pertanto aveva dimenticato appositamente di dare le chiavi alla sorella per farla  venire in centrale e umiliare così i due.
''Ecco perchè non si è difeso... accidenti che stronzo.''- ma mentre lo pensava non potè trattenere una risata sommessa.
''Grazie per la spiegazione Kitty e per avermi provato una volta di più che persino i batteri sono più intelligenti di Anderson e Donovan.''- inutile dire che Sherlock si stava divertendo un mondo.
''Insomma ci hai fatto fare di nuovo la figura degli idioti.''- lo rimbeccò Anderson.
Sherlock assunse l'aria del bambino più innocente del mondo-:''Io?!? Siete voi che vi ridicolizzate da soli, il mio  aiuto è del tutto sueprfluo... non è certo colpa mia se voi adattate i dati alle vostre teorie e poi sparate a sproposito.''
Kitty incorciò le braccia dietro la schiena e commentò-:''Non ha tutti i torti.''
A quel punto, Lestrade preferì congedarli prima che i suoi subalterni decidessero di compiere un gesto inconsulto contro il consulente. Un omicidio al giorno era gia sufficiente.
 
 
''Come? Un caso da presentare?''- chiese John quando Kitty rispose alla domanda di quest'ultimo riguardante l'esame di ammissione in facoltà.
''Si. Devo scrivere una tesi su caso risolto o meno, con tanto delle mie considerazioni personali.''
''Quanto tempo hai a disposizione?''- chiese ancora il medico.
''Due settimane. Da allora potrò iniziare a seguire le lezioni. Voi invece che avete fatto di bello, oggi?''- chiese la ragazzina seduta sul divano rigirandosi tra le mani la tazza di cioccolata ormai vuota.
''Di bello proprio niente: anche noi stiamo indagando su un caso. Una ragazza poco più grande di te è stata uccisa oggi, e dire che doveva sposarsi...''- spiegò mestamente il dottore.
''Ma è fantastico!!!''- Kitty balzò in piedi con gli occhi che brillavano di eccitazione, come se fosse drogata.
''Scusami?''- fece John. Va bene, era la sorella di Sherlock e sapeva che lui gioiva della morte di qualcuno solo per poter risolvere in caso, ma credeva che almeno le donne della famiglia Holmes avessero un po' di sensibilità e tatto.
''So che stai pensando, e ti posso assicurare che per quella ragazza mi dispiace molto, ma sono felice di aver trovato un caso per l'esame e di poterlo analizzare sul campo.''- spiegò Kitty.
''Ma toglitelo all'istante dalla testa.''- disse Sherlock con il tono e la faccia di chi non ammatteva repliche.
''Perchè no?''- anche Kitty però non era da meno.
''Perchè questo non è un indovinello o una storiella rompicapo con cui giocavi da piccola. E' il mio lavoro, è una cosa seria e a volte molto pericoloso. Sul blog di John ne troverai a dozzine di casi risolti e anche sul mio sito.''- spiegò Sherlock con due occhi di ghiaccio-:'' non vedo proprio perchè dovrei portarti con me sulla scena di un crimine e preoccuparmi anche di te.''
Kitty sorrise speranzosa mostrando una fila di denti bianchi come perle di fiume-:''Per aiutarti?''
''Per quello c'è gia John.''- gelò il fratello.
''Ma...''- tentò ancora la giovane con tutta la caparbietà che aveva.
''Kitty, non insistere. La faccenda finisce qui.''- quando Sherlock parlava così, Kitty sapeva che cercare di convincerlo era inutile così finse di darsi una calmata e sentenziò che andava a coricarsi.
Augurò la buonanotte e salì le scale fino alla sua stanza.
John aveva osservato tutto il battibecco tra fratello e sorella, e adesso sorrideva all'indirizzo dell'amico.
''Cosa c'è di così divertente?''- chiese indispettito i CI.
''Niente...''- lo tranquillizzò il collega-:'' è solo che sono così abituato a vederti in perenne contrasto con Mycroft, che mi fa strano vederti in apprensione per qualcuno, per una donna poi...''
''Si, bravo divertiti pure... ma io intanto sono preoccupato.''- confessò Sherlock.
''Come mai?''- chiese il medico incuriosito.
''Perchè la conosco mia sorella, e si è arresa con troppa facilità''- spiegò Sherlock-:'' e quando lo fa, è perchè sta macchinando qualcosa per riuscire ad ottenere quello que vuole. Bisogna tenerla d'occhio.''
 
 
Non sapete la soddisfazione che ho provato scrivendo la scena di Scotland-Yard.
Perchè? Era un secolo che volevo dare a quell'oca della Donovan e al suo amichetto una lezione per quello che hanno fatto a Sherlock.
Nessuno può offendere o denigrare la figura del mio investigatore preferito e pensare di non fare i conti con me.

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Capitolo 3
*** Il terzo investigatore di Baker Street ***


La mattina dopo, se non fosse stato per l'assenza di Sherlock, si svolse l'identica scena della mattina precedente.
Kitty scese le scale abbigliata con una maglietta a maniche lunghe colorata con i colori dell'autunno, jeans strappati chiari e scarpe da ginnastica bianche, pettinata con la suo solita pettinatura.
Di diverso dal giorno prima, aveva solo una borsetta doveva aveva messo il suo beauty-case, portafoglio, cellulare e il doppio della chiave di casa fatta il giorno prima.
''Buongiorno Kitty.''- la salutò John versandosi una tazza di caffè. Le faceva uno strano effetto vederla così calma e tranquilla, dopo che il fratello le aveva esplicitamente vietato di mettere il naso nella risoluzione del caso Besons.
Anzi, sembrava che dopo una notte di sonno le fosse del tutto passata, come l'arrabbiatura di un bambino capriccioso al quale la madre ha negato il suo giocattolo preferito.
''Buongiorno John...''- lo salutò lei mandando giù tre biscotti con le goccie di cioccolato e una tazza di tè al bergamotto.
Fu in quel momento che notò l'assenza del fratello maggiore.
''Sherlock non ha dormito qui?''- chiese per informarsi.
John dissentì con il capo-:''E' uscito un'oretta fa, ha detto che aveva delle commissioni urgenti da sbrigare e che con tutta probabilità avrebbe mangiato un boccone fuori.''
''Immagino, per il caso della sposa ritrovata morta.''- constatò la piccola Holmes pulendosi la bocca da tracce di tè e briciole.
Dopo essersi data quella veloce ripulita, estrasse il lipstick dalla borsetta e se lo applicò sulle labbra.
Rosa chiaro.
John annuì-:''Senti...''- furbo Sherlock: era scappato con la scusa di indagare rifilando a lui, l'ingrato compito di affrontare Kitty e spiegarle la situazione, nemmeno dovesse trovare il coraggio per dire a una bimba di due anni che l'adorato coniglietto è morto.
''Lo so che ti secca non poter indagare personalmente su questo caso, ma se Sherlock ti ha proibito di partecipare al caso non è perchè non ti ritiene all'altezza o non si fida di te, è perchè si preoccupa che ti possa succedere qualcosa di brutto. Farei lo stesso per mia sorella.''
Kitty sorrise comprensiva-:''Non mi devi spiegare niente, lo so... comunque puoi riferirgli da parte mia che non ho più cinque anni e che pertanto non deve spiegarmi i suoi motivi come se non fossero gia abbastanza evidenti? Sono anche sua sorella fino a prova contraria e non sono una stupida.''
''D'accordo, lo farò. Ma ciò non renderà certo che lui mi ascolterà...''- promise John.
E dire che aveva sempre detto che dai litigi tra fratelli, fidanzati e roba simile bisogna tenersi lontani.
Ma da quando aveva conosciuto Sherlock e convivevano assieme, aveva mandato molte delle sue convinzioni a farsi benedire.
''Oggi ti attende una grande giornata?''- chiese per informarsi il medico.
''Grande, come può essere fantastica una mattinata da passare a riordinare scatoloni in magazzino e rimettere a posto i barattoli e la merce che i clienti del supermercato lasciano in disordine.
E dopo, dovrò darmi da fare per preparare l'esame di entrata in facoltà.''- rispose la ragazza. Non voleva darlo a vedere ma era arrabbiata: si trovava nella città europea più bella del mondo, eccezion fatta per Parigi, un sogno che divideva con molte altre persone e non aveva nemmeno il tempo di vederla come si deve e viverla.
''E' probabile che tu non trovi nè me nè Sherlock al tuo ritorno, e la signora Hudson sarà  troppo presa dalla sua telenovela preferita. In frigo c'è un po' di pollo al curry avanzato da ieri sera e se ti vanno un po' di carote.''- la avvertì John gentilmente.
Sapeva che a vent'anni non c'era bisogno di dire a una persona come comportarsi e fare mille avvertimenti, ma era più forte di lui per carattere, complice anche la sua professione che gli faceva anteporre gli altri a se stesso.
''Per quanto riguarda l'esame, se hai bisogno di un caso puoi spulciare il mio blog finchè vuoi. 
E' pieno zeppo di casi risolti da Sherlock, ne troverai senz'altro uno che ti interesserà.''- si offrì John con gentilezza.
Nonostante avesse capito le sue  buone intenzioni, Kitty rifiutò l'aiuto che le veniva offerto-:'' Ti ringrazio John, ma non preoccuparti: ho già trovato un caso da analizzare ed esporre.''
Detto questo uscì di casa lasciando un basito John Watson.
 
''... andiamo su, non preoccuparti di lei.''- cercò di tranquillizzarlo John mentre uscivano dall'ufficio di Lestrade. L'orologio segnava le due e mezzo del pomeriggio-:'' In fin dei conti, perchè mai Scotland-Yard dovrebbe rivelare i dettagli di un indagine per omicidio a una ragazza che non ha niente a che vedere con la polizia? Gia, li danno controvoglia a te.''
''Senti, mai fidarsi delle donne proprio perchè sono donne''- spiegò Sherlock convinto più che mai-:'' la donna dal viso più angelico e innocente che ci sia, spesso e volentieri può nascondere un sicario professionista.''
''Tipo la Adler che è riuscita nell'impresa più impossibile per qualunque essere umano, ovvero farti fesso? E devo dire che c'è riuscita piuttosto bene, per avertela fatta per due volte.''- ironizzò John con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra, guadagnandosi così un'occhiataccia glaciale da parte del coinquilino.
''Vediamo di fare il punto...''- propose Sherlock rileggendo gli appunti che aveva preso su un libretto rosso, riguardo la vittima-:''Wendy Besons, ventiquattro anni. Da ragazza ha frequentato il liceo classico nella sua città natale, Manchester, dove ha conseguito la maturità con il massimo dei voti, neo laureata alla London University in scienze infermieristiche.
Li ha conosciuto Nicolas Montemercy. Fidanzati da due anni, e sei mesi fa hanno deciso di sposarsi, e si sono risolti a un agenzia di Wedding Planner, la ''Happy Days'' ed è finita come sappiamo.''
''A sentire questa descrizione, le sue amiche e il suo fidanzato, era la classica ragazza studiosa che metteva in ordine la sua stanza tutti i giorni, senza che nessuno  glielo chiedesse. Chi mai avrebbe potuto desiderarla morta?''- si domandò John. Anche se sapeva che di solito, le persone migliori e amate dalla buona sorte sono proprio quelle che si procurano molti nemici: la gente non fa fatica solo ad accettare chi è diverso da loro, ma anche chi è migliore.
Sherlock era una di quelle persone.
Rimuginarono sul caso fino a quando non misero piede in casa e vi trovarono Kitty che leggeva un libro in poltrona.
''Scoperto niente d'interessante?''- chiese lei con fare disinteressato.
''No''- le rispose Sherlock con un tono secco e saccente-:'' ma non ti devi preoccupare, non esiste caso che Sherlock Holmes non possa risolvere mia cara.''
''Ma se il modestissimo, e sottolineo modestissimo''- e qui  la giovane donna agitò le dita come a formare un paio di virgolette-:'' ed infallibile consulente investigativo, non perdesse tempo nella vita privata della vittima, scoprirebbe Mr X molto più in fretta.''
Sherlock la guardò improvvisamente, con vivo interesse-:''Che cosa vuoi insinuare, con questo?''
''Che io sono a conoscienza di un minuscolo, quanto cruciale dettaglino riguardo all'omicidio. Ma tu non vuoi che ci metta becco perciò...''- fece lei con l'aria di una che è consapevole di rendersi antipatica e che proprio questo la stava divertendo un mondo.
Come era perfettamente consapevole, che anche se il fratello stava facendo finta di niente, in realtà moriva dalla voglia di sapere quelle informazioni.
''Eppure mi sembrava di essere stato fin troppo chiaro, ieri sera.''- la rimproverò lui-:'' hai usato la scusa del lavoro part-time per indagare di nascosto?''- indagò il CI.
''Al lavoro ci sono andata eccome...''- fece lei tranquillissima, senza scomporsi-:'' ma non è certo colpa mia se la gente è pettegola e chiacchierona, e sono stata costretta a sentire tutte le loro chiacchiere.''
''Cosa ri fa credere che ti permetta di partecipare al caso in cambio di ciò che sai? Se una cosa l'hai scoperta tu da dalle voci, posso scoprirla anch'io con un'indagine più accurata.''- ah, no. Non esisteva neanche che Sherlock Holmes si facesse mettere i piedi in testa da una donna, specie se questa donna era una ragazzina fresca di liceo.
''Potrebbero esserci altre vittime di qui a una settimana. Fa come credi.''- e qui la ragazzina assunse un'aria molto soddisfatta e compiaciuta di se-:''Facciamo un accordo: tu mi permetti di partecipare al caso in modo da avere elementi in più per la mia tesi, e io ti racconto tutto quello che so.''
''Che ti avevo detto?''- ringhiò  Sherlock  all'indirizzo di John-:'' Diabolica fino al midollo.''
John in risposta, fece le spallucce ridendo: a quanto pare c'era qualcuno capace di tener testa a Sherlock.
Ma il pensiero che fosse solo una ragazzina appena uscita dal liceo e quasi una novellina del primo anno di università, era esilarante.
''Sai che ti dico?''- fece il CI all'indirizzo della sorella-:'' mi hai convinto. Ma non montarti la testa, non certo perchè non sarei capace di venirne a capo da solo o perchè ho bisogno di aiuto, John da solo è efficentissimo.''
''Perchè mi vuoi bene e vuoi riavere intorno la tua sorellina?''- fece lei con voce sarcastica e con un sorriso strafottente dipinto in faccia. Era davvero compiaciuta di se stessa, anche stavolta era riuscita ad averla vinta con il suo fratello preferito. Quando voleva che Sherlock la portasse a fare una passeggiata o vedere con lui film polizieschi troppo adulti per lei, gli si appiccicava come una gomma da masticare finchè lui non l'accontentava per esasperazione.
''Avanti, parla.''- le intimò il fratello.
La ragazza annuì e iniziò a raccontare ciò che aveva scoperto-:''Come ti ho gia detto, stavo riordinando gli scaffali e il magazzino e senza volerlo ho sentito i clienti e i colleghi parlare del caso di quella sposa trovata morta. Non è la sola.''
John guardò la giovane Holmes stranito e incrociando le braccia chiese-:''Cosa vuoi dire?''
La ragazza non si fece pregare per rispondere-:''Wendy Besons e il suo fidanzato, per il loro matrimonio, si erano rivolti a un'agenzia di Wedding Planner che si trova sulla 34° strada.''
Il fratello la guardò sul punto di scoppiare a ridere, ma si limitò a dire-:''Tutto qui? Mi dispiace darti una delusione mia cara, ma lo sapevo già.''
La giovane non si fece intimdire. Era pur sempre una Holmes, per Diana!
''Sai anche che l'agenzia Happy Days, aveva gia organizzato altri quattro matrimoni che si sono conclusi tutti con lo stesso risultato?''- chiese lei gelida come un blocco di ghiaccio.
''Vuoi dire che in tutti i casi, la sposa non è nemmeno arrivata all'altare?''- chiese John per avere la conferma di aver capito bene.
''A seguito di ciò che ho sentito, ho fatto una veloce ricerca per verificare la veridicità di quelle voci e ho trovato un sacco di articoli di giornale sui quei casi di omicio seriale. Compreso il dato che, dopo l'ultimo omicidio l'agenzia ha chiuso perchè sospettata di istigare un assassino e da allora non ci sono stati più omicidi. Sono passati almeno sette anni da allora.''
''Fino all'altro ieri, magari.''- disse Sherlock-:'' nel caso tu abbia la malsana idea di prendere marito, ricordati di quello che hai detto oggi se per te la vita ha qualche valore.''
''E perchè dopo sette anni che ha taciuto il killer sarebbe tornato in azione?''- si chiese John.
''Perchè poco più di un mese fa, il vecchio proprietario è deceduto per un attacco cardiaco e ha lasciato l'agenzia come unica eredità al nipote, il quale non ha mai creduto ne all'accusa di omicidio ne a quella che l'agenzia portasse sfortuna e l'ha riaperta.''- concluse la giovane.
''Evidentemente, quella povera ragazza ignorava la macabra fama che accompagnava quell'agenzia, perchè in caso contrario avrebbe organizzato le nozze con l'aiuto di amici e parenti.''- appurò John.
Poi notò che l'amico stava scrivendo qualcosa sul suo cellulare.
''E ora cosa stai combinando?''- chiese il medico.
In quel momento il detective premette ''Invio'' e rispose all'amico-:''Ho informato Lestrade sulle ultime novità e che la smettano di indagare sulla vita privata di Wendy Besons perchè, come ha decretato Kitty, non serve a nulla se non a perdere tempo.''
''E' il tuo modo per dire che sono stata brava?''- fece lei punzecchiandolo.
''Niente che non avrei saputo fare anch'io.''- rispose lui a tono, deciso come non mai a  non darle alcuna soddisfazione.
Kitty e John si guardarono scettici e quasi all'unisono dissero-:''Ceeerto...''- e nel frattempo girarono gli occhi in tutte le direzioni.
 
Poco dopo, il trio al completo era a Scotland-Yard per mettere di persona al corrente l'ispettore Lestrade delle loro scoperte.
''Quindi, possiamo dedurne che il caso Besons non sia un omicidio isolato ma un altro caso di omicidio seriale.''- concluse Lestrade.
''Sapevi qualcosa di quella storia?''- chiese John all'indirizzo del capo ispettore, riferendosi agli omicidi delle quattro giovani spose.
Lestrade annuì-:''Se ne occupò il mio predecessore. Poco dopo la vostra telefonata l'ho contattato per avere informazioni in più su questa faccenda. La fortuna non è dalla nostra parte: a suo tempo indagò, ma non conluse nulla e il caso venne archiviato dopo un anno.''
Sherlock sogghignò, trovando una volta di più una prova a sostegno della sua tesi che gli yarders era inutili ed inefficaci-:''Come mai la cosa non mi stupisce affatto?''- guadagnandosi un'occhiataccia dai presenti.
Kitty, l'unica a non aver ancora parlato da quando erano entrati in centrale, prese la parola-:''Adesso, avrà l'occasione di rendere giustizia non solo alla signorina Besons, ma anche alle altre giovani vittime e alle famiglie da anni in attesa di giustizia.''
Il sergente Donovan si trovò perfettamente d'accordo, e fu solo in quel momento che notò la presenza della più giovane dei fratelli Holmes.
''Ma tu non dovresti essere... ovunque tranne che qui?''-  il sergente la gelò con lo sguardo. 
La ragazza replicò acida-:''Per caso, ti do qualche fastidio?''
La conoscieva da poco più di un giorno e non le aveva parlato per più di un qualche minuto e gia non la sopportava, come le capitava con tutte le persone che denigravano il suo adorato fratellone senza conoscerlo basandosi solo sulla prima impressione avuta.
''No''- replicò secca la poliziotta-:'' sempliciemente non vedo alcun motivo valido che giustifichi la tua presenza qui.''- riferendosi sia a Kitty che a Sherlock.
''Mi da una mano nelle indagini.''- spiegò Sherlock.
La donna dalla pelle scura lo guardò indecisa se mettersi a ridere o meno-:''Prima ti prendi un cane e poi ti fai aiutare dalla tua sorellina? Cos'è, cominci a perdere colpi?''
John era davvero tentato di darle un ceffone davanti a tutti in quel posto e in quel preciso momento. ( non sai come ti capisco...-nd me)
''Affatto... ma questa adorabile rompiscatole deve presentare una tesi analizzando un caso come esame di entrata in facoltà, e da bravo fratello maggiore le do una mano a fare i compiti, come si suol dire.''- spiegò Sherlock.
La sorella gli riservò un largo sorriso.
La sua vita come investigatrice e co-spalla del più grande detective di tutti i tempi era cominciata.

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Capitolo 4
*** Appunti scomparsi ***


Nemmeno due giorni dopo, i giornali della city Londinese non avevano che un titolo.

'' Il ritorno del Jack lo Squartatore dell' abito bianco''

Inutile dire, che la notizia aveva gettato nella paura e nel terrore, molte persone in città.

Una categoria di persone in particolare.

Ed erano tutte donne sulla ventina che avevano da poco concluso l'università e che stavano progettando un matrimonio da favola.

''Basterà rinviare tutti i matrimoni sino a che non sarà preso il killer.''- aveva suggerito Lestrade in una conferenza stampa.

Quella mattina, tutti gli inquilini di Baker Street, erano molto silenziosi: si sentiva solo il rumore del cucchiaio o della forchetta che batteva sui piatti e le tazze della colazione.

Uno sconosciuto avrebbe potuto dire che erano preoccupati o spaventati e preferivano non parlarne, ma si sarebbe sbagliato di grosso.

Era tutti e tre molto occupati a fare le loro personali considerazioni sul caso.

Il silenzio venne rotto dalla suoneria del cellulare di Sherlock.

Il detective prese il telefono dalla tasca e quando vide il nome della persona che lo cercava sbuffò e alzò gli occhi al cielo-:''Indovinate un po chi è?''

Fu Kitty a rispondere, anche se era decisamente inconsueto rispondere a una domanda con un'altra-:''Chi è?''

''E' tuo fratello.''- rispose seccamente poggiando il cellulare sul tavolo, lasciandolo suonare, senza dare il minimo segno di voler rispondere-:''E' da ieri sera che mi telefona, e non credo perchè vuole invitarci ad un'allegra scampagnata di famiglia.''

''Perchè dici mio fratello?''- lo redarguì prontamente lei-: Mycroft è nostro fratello. Mio e tuo.''

Certe volte non capiva veramente cosa mai potesse essere successo tra i due fratelli maggiori per essere sempre sul piede di guerra.

A volte le veniva il dubbio che avessero avuto un brutto litigio e che Sherlock non fosse ancora pronto a perdonare il fratello più grande, ma poi la loro madre aveva messo fine a tutte le sue fantasie dicendo sempliciemente che Mycroft e Sherlock avevano un temperamento completamente diverso, e che con il passare del tempo non avevano mai più cercato di comprendersi.

''Non rispondi?''- chiese John, trattenendo con tutte le sue forze l'istinto di uccidere quel telefono che gli stava facendo letteralmente saltare i nervi.

''Perchè dovrei? Tanto so gia che cosa vuole dirmi: direbbe che non è d'accordo sul fatto che Kitty partecipi all'indagine e che teme che si metta in pericolo.''- fu la risposta del consulente premendo il tasto '' rifiuta la chiamata''.

Kitty costituiva un altro punto su cui i due Holmes non erano mai andati d'accordo: Sherlock si occupava della sorellina visto che con l'intelligenza che si ritrovava, i compiti delle superiori non gli portavano mai via troppo tempo, ma i metodi educativi che Sherlock aveva utilizzato con Kitty preoccupavano non poco la signora Holmes e Mycroft, convinti che a lungo andare, avrebbero insinuato nel cervello della ragazzina delle assurde fantasie che prima o poi non le avrebbero portato niente di buono.

E anche per questo motivo, i due fratelli non andavano granchè d'accordo.

''Puoi sempre dare la colpa a me e dire che è stata una mia idea.''- gli suggerì Kitty.

''E' stata una tua idea.''- sottolineò John.

A dire il vero, erano entrambi molto preoccupati, anche se Sherlock esprimeva la sua preoccupazione in modo assai diverso da come avrebbe fatto un'altra persona: il loro era un lavoro complicato e pericoloso, dove non c'era mai niente di sicuro, e l'idea di coinvolgere una ragazzina non era proprio un'idea brillante.

''Ma io sono al sicuro. Se il killer aggredisce solo spose che si sono rivolte all'agenzia Happy Days, non vedo perchè dovrebbe prendersela con me. Allora... che si fa?''- chiese la giovane dopo aver rassicurato sia il fratello che il coinquilino.

''Andremo a parlare con il titolare dell'agenzia di Wedding Planner.''- decretò Sherlock con la voce di chi non ammetteva repliche.

''Credi che sia in qualche modo legato all'assassino, che ne so, magari lo sta coprendo...''- provò a teorizzare John.

''Per il momento preferisco non formulare ipotesi, c'è il rischio di distorcere i dati per adattarli alle teorie.''- data questa risposta secca, l'investigatore scese in strada, seguito a ruota da John Watson e da Kitty, che quella mattina aveva optato per un tailleur viola con borsetta e scarpe abbinate.

Kitty prese posto davanti, sul sedile del passeggero, e quando tutti e tre furono saliti sulla vettura Sherlock diede disposizioni al tassista affinchè il conducesse all'agenzia di Wedding Planner.

 

''Cos'è questa puzza orribile?''- fece Sherlock entrando nell'agenzia. Era un agenzia per eventi felici come tante altre, una scrivania, delle sedie, una libreria che conteneva svariate riviste per idee dove c'erano foto di vestiti da cerimonia, servizi catering e fiorai, l'immobile era pieno di vasi pieni di rose rosse.

L'unica cosa insuale ( e per Sherlock era un fattore inquietante) era la tappezzeria rosa alle pareti e c'era un odore acre e pungente, decisamente troppo dolce.

''Melassa e miele.''- spiegò John.

In quel momento, da una porta arrivò un giovane uomo di circa trent'anni, con i riccioli castani e gli occhi neri. Indossava una camicia bianca, pantaloni neri e un glilet nero.

''Buongiorno, posso esservi utile?''- chiese quello che aveva tutta l'aria di essere il titolare.

'' Sherlock Holmes.''- si presentò il consulente-:'' sono qui per indagare su un omicidio e credo che lei potrebbe essere utile.''

''Chi è stato ucciso?''- fece l'uomo dando l'impressione di non aver capito bene il motivo della loro visita.

''Una ragazza che si era rivolta a quest'agenzia per organizzare le sue nozze.''- rispose John e nel frattempo tirò fuori una foto che ritraeva la vittima, e il suo promesso sposo, un giovane di circa venticinque anni, con gli occhi verdi, capelli neri a spazzola e che indossava una tuta da ginnastica-:'' credo che se li ricordi.''

Il giovane sospirò. li invitò a seguirli nella saletta attigua dove li fece accomodare tutti e tre su un divano davanti al quale c'era un tavolino da caffè.

Il titolare invece era seduto su una poltrona di fronte a loro.

''Sembra di essere al Tribunale dell' Inquisizione...''- pensò John senza fare a meno di sorridere.

''Ricordo bene quei due giovani...'''- ripose l'uomo-:'' oh, a proposito, il mio nome è Lucas Rosenthal. Il mese scorso mio nonno è mancato per un improvviso attacco cardiaco, e in punto di morte mi ha lasciato questo posto come unica eredità.''

''E non appena ha aperto l'agenzia si è presentata una coppietta che l'ha incaricata di organizzare le loro nozze.''- concluse Kitty.

Lucas annuì-:'' Sì, ma devo dire che non è stato un affare particolarmente intelligente. Avevo organizzato tutto: l'allestimento della chiesa, il ristorante, i fiori, le bomboniere... ho speso una fortuna, e non so nemmeno chi mi ripagherà.''

John non riusciva a concepire che con un omicidio di mezzo, dove aveva perso la vita una ragazza, l'unica cosa di cui sembrava valesse la pena preoccuparsi era la spesa di un matrimonio non celebrato.

''Bisogna dire che aprire l'agenzia dove sembra muoiano delle donne, non è stata una pensata intelligente signor Rosenthal.''- lo gelò John come a dire che non gliene importava un fico secco di chi l'avrebbe pagato.

''Non si possono fare buoni affari se si da peso a tutte le dicerie e leggende metropolitane che si sentono, le pare?''- e nel dir così lanciò ai tre un sorrisetto compiaciuto.

''E il primo round si conclude uno a zero per lei.''-commentò Sherlock, annunciando un un'improvviso scatto che lo portò ad alzarsi, che la loro visita era finita.

''Avrei voluto prenderlo a schiaffi!!!''- ammise John una volta saliti sul taxi-:'' ha una sola fortuna, che il cinismo non è un crimine penalmente perseguibile, perchè in tal caso...''

''Solo perchè non sia il classico tipo Peace & Love, non significa che sia per forza anche un assassino seriale.''- constatò Sherlock-:'' Più che altro il problema numero uno, non è scoprire chi, ma se prima che avvenisse il primo delitto una coppia avesse avuto dei gravi problemi che gli hanno impedito di coronare il loro sogno. Se risolviamo il problema che funge come antefatto, risaliremo all'identità dell'assassino nel giro di poche ore.''

''E come facciamo secondo te?''- chiese John.

''Cominciamo con una ricerca su internet, ci sarà senz'altro un dettaglio da cui partire.''- propose Kitty.

Detto questo guardò l'ora sul suo orologio da polso e potè constatare che erano quasi le tre del pomeriggio -:'' ma temo che a questo dovrete provvedere voi due, ho solo il tempo di andare a casa a prendere la divisa e poi devo ripartire per andare a lavorare.''

Pochi minuti dopo, i tre erano di nuovo a Baker Street.

Il tassista, che per puro caso aveva sentito le affermazioni dei tre, si rivolse alla giovane Holmes.

''Che faccio, aspetto?''

''La ringrazio.''- confermò la ragazza.

Una volta entrati in casa, Sherlock si chinò sul pavimento vicino alle scale che portavano al painerottolo. C'era un mozzicone di sigaretta per terra e sulla punta della rampa c'era un segno fatto a fuoco, come se qualcuno l'avesse usata per spegnere la sigaretta.

''Qui è entrato qualcuno...''- sibilò Sherlock.

''Ora non essere così sicuro... magari ieri sera ti sei fatto un tiro, l'hai spenta dove capitava e senza che te accorgessi hai fatto cadere il mozzicone.''- ipotizzò John, sperando con tutto il cuore di averci visto giusto.

''Credimi, so quel che dico, fino a due ore fa qui c'era qualcuno...''- insistè Sherlock-:'' primo, è da una settimana che non fumo. Punto secondo, questa è una marca che non ho mai fumato... controllate se manca qualcosa di valore.''

I due si affrettarono ad ubbidire, e dopo un secondo anche Sherlock si apprestò ad eseguire il suo stesso ordine.

E tutti ottennero lo stesso risultato: non mancava niente, o per lo meno niente che avesse un considerevole valore economico.

''SHERLOCK!!! JOHN!!! Venite a vedere!!!''- li chiamò Kitty a gran voce non appena ebbe messo piede nella sua camera. I due non se lo fecero ripetere due volte.

''A me sembra che qui non ci sia niente di strano...''- iniziò John.

Sulle prime aveva creduto, che il misterioso intruso si fosse introdotto nella stanza di Kitty e avesse messo tutto sottosopra, invece niente. La camera della ragazza era linda e ordinata e non c'era niente che indicasse un crimine.

''A parte la pattumiera per la carta a terra. Non è normale, sono molto ordinata io!!!''- sbuffò la ragazza rimettendo a posto, con una punta di orgoglio nella voce.

Sherlock sogghignò divertito: ricordava che quando viveva ancora a Liverpool in casa della madre con la sorella, quest'ultima diventava isterica se per caso vedeva qualcosa fuori posto o una sedia era fuori posto anche solo di mezzo millimetro rispetto a come l'aveva sistemata in precedenza.

A conseguenza di ciò, si divertiva a prenderla in giro a lasciare tutte le sedie fuori posto o mettere scarpe spaiate nella scarpiera.

''E anche quello che avevo buttato via è sparito.''- notò la ragazza.

''Non credo che ci fossero cose preziose li dentro.''- ipotizzò John che iniziava a domandarsi quale ladro si sarebbe introdotto in un appartamento di un quartiere di lusso solo per rubare delle cartacce.

''In effetti, c'erano solo dei fogli su cui avevo fissato tutto quello che ho sentito al lavoro su questi casi di omicidio più qualche considerazione. Li ho battuti ieri sera sul computer e poi ho buttato via quello che avevo scritto a mano. Ma non vedo chi avrebbe voluto quegli appunti...''- riassunse Kitty.

''Qualcuno che sapeva che qualcuno stava scrivendo una specie di saggio sul caso e che voleva distruggere ogni prova... ma non ha fatto i conti con la petulante maniaca dell'ordine e che odia i fogli svolazzanti.''

Kitty la guardò stizzita, ma intanto la ragazza, suo fratello e John erano consapevoli che quello che la prima aveva dichiarato la mattina stessa, vale a dire che non rientrava nella lista dei possibili bersagli del serial killer, non era più valido.

Da quel giorno avrebbero dovuto stare all'erta venti volte di più.

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Capitolo 5
*** Un nuovo omicidio ***


 

Quella sera, Kitty parlò poco e quasi non mangiò, e se il fratello, la padrona di casa o John le rivolgevano una domanda su cosa avesse lei rispondeva sempre con un ''Sto pensando.''

John le aveva addirittura chiesto se per caso stesse male e voleva che la visitasse, ma lei disse che era solo stanca.

Parole morte nello stesso momento in cui le aveva pronunciate.

In realtà stava facendo l'impossibile per non far capire che stava letteralmente morendo di paura e dalla preoccupazione per ciò che era accaduto mentre erano fuori.

Era come tutti gli Holmes: cercavano di mascherare dietro una corazza di durezza e indifferenza la persona fragile e indifesa che erano dentro.

Inoltre lei era una donna.

Anzi, una ragazzina. E ciò non aiutava certo la sua situazione.

Con la scusa di integrare la tesi con le scoperte del giorno, ovvero quella conversazione con il titolare dell'agenzia Happy Days, si ritirò in camera sua.

Dopo aver fatto una doccia veloce si pettinò i capelli a coda e si mise il pigiama, che consisteva in una canottiera termica nera e dei pantaloni rosa lunghi. Si mise sotto il plaid decorato con i fiori di magnolia, s'infilò gli occhiali da lettura e cominciò a leggere ''Riflessi di Morte'', un thriller che aveva acquistato il giorno prima in una libreria del centro e che parlava di una giovane psichiatra che aveva fatto rilasciare un paziente accusato in seguito di aver ucciso una donna.

Non era esattamente quello che la gente comune avrebbe voluto per '' leggere e rilassarsi prima di dormire'', ma lei non era mai stata una ragazza come tutte le altre e non aveva mai vissuto in una famiglia normale.

In quel momento sentì bussare alla sua porta.

''Avanti.''- fece la ragazza senza staccare gli occhi dal libro.

Sherlock entrò nella stanza in camicia bianca e pantaloni neri e con un vassoio in una mano: biscotti al cioccolato ricoperti di crema di nocciole.

''Ci siamo fissati con i serial killer in questi giorni o sbaglio?''- commentò il consulente investigativo quando vide il titolo ( e soprattuto la copertina piena di foto di cadaveri. coltelli e sangue) del libro che la sorella stava leggendo.

''Almeno non hai il minimo dubbio sul fatto che sei mio fratello.''- fu la secca risposta. La giovane si tolse gli occhiali da lettura e li poggiò momentaneamente sul comodino vicino al letto assieme al libro.

Vide quello che il fratello aveva portato e commentò-:''Non sono preoccupata.''

Sherlock si sedette sul letto e poggiò sulla coperta il vassoio-:''Non ti ho rivolto alcuna domanda riguardo al tuo attuale stato d'animo, che io ricordi.''- le fece notare.

''Primo assioma della comunicazione: non comunicare è impossibile.''- ribadì la ragazza-:'' i dolcetti al cioccolato ricoperti di crema di nocciole. Tutte le volte che ritenevi fossi preoccupata o inquieta per qualcosa andavi alla pasticceria più vicina e poi li ricoprivi di crema a casa, di soppiatto venivi nella mia camera e ce li mangiavamo.''

Era il ricordo che preferiva di più in assoluto: se era preoccupata per un test, un' interrogazione o doveva confessare di aver rotto qualcosa in casa il suo Sherlock veniva sempre con quei dolci per darle coraggio o tirarle su il morale.

Poi Mycroft lo veniva a sapere, e faceva a Sherlock una paternale lunga un km dicendo che '' certe porcherie non sono consigliabili prima di dormire''.

''Sai bene che posso leggere la verità in uno sguardo e la vita di una persona solo guardandola, sei trasparente per me: e so che sei preoccupata per l'effrazione.''- spiegò Sherlock mentre Kitty afferrava un dolcetto e iniziava ad addentarlo lentamente.

''Da allora sono passati nove anni...''- sospirò Kitty.

''Come?''- chiese Sherlock servendosi a sua volta dal vassoio.

''Dall'ultima volta che abbiamo mangiato assieme qualcosa che somigliava a un dolce sono passati nove anni. Te ne sei andato di casa il giorno dopo il mio dodicesimo compleanno.''

Non avrebbe mai dimenticato quel giorno... una bambina di appena dodici anni che piangeva mentre un ragazzo ventisettenne saliva su un taxi con una borsa da viaggio.

Da allora, i suoi compleanni li trascorse sempre con sua madre e qualche compagna di scuola che l'ultima invitava per la figlia, ma non era la stessa cosa senza il suo Sherlock.

E adesso, come nove anni prima, erano di nuovo assieme in una stanza a mangiare quelle ''schifezze'', ridendo e scherzando.

In quel momento suonò il cellulare del consulente.

''Sherlock Holmes.''- rispose. Dopo neanche tre minuti la telefonata si era conclusa con un-:''Sto arrivando.''- poi si rivolse alla sorella-:'' hai dieci minuti per vestirti.''

Detto questo uscì di corsa, chiamando John a gran voce per dirgli di chiamare un taxi.

Non ci voleva un genio per capire cosa stesse accadendo.

Aveva colpito ancora.

Si scrollò le coperte di dosso e balzò in piedi. Indossò il suo vestito preferito, di un bel blu sgargiante, scollato, con le scarpe con il tacco abbinato e pettinò i capelli, lisci sino alle orecchie e poi ricciuti.

Guardò l'orologio e poi sorrise compiaciuta-:''Quattro minuti e tre secondi, direi che non c'è male....''

Mise la giacca color terra e la borsetta rossa.

Dopo di che, scese le scale andando fino all'ingresso ad aspettarla c'erano suo fratello e John, vestiti di tutto punto. Neanche tre minuti dopo erano in taxi, dove la ragazza sedette davanti sul sedile del passeggiero, e un quarto d'ora dopo erano alla chiesa dopo non molti giorni addietro, aveva perso la vita Wendy Besons.

 

''Oddio...''- commentò Sherlock alzando gli occhi al cielo, vedendo che in quella stanza, oltre al suo occasionale datore di lavoro c'erano anche Anderson e Donovan.

''Ciao Strambo...''- fece Anderson senza nemmeno guardarlo.

Sherlock non rispose alla provocazione: prima cosa, ormai c'era abituato, secondo la vita gli aveva insegnato che non vale la pena sprecare nemmeno uno dei propri pensieri per le persone prive d'intelligenza e che non fanno altro che spalrlare di altri come occupazione principale.

A terra intanto, c'era il corpo di un'altra ragazza.

Capelli biondi, occhi scuri, vestita da sposa e presentava le stesse ferite di Wendy Besons.

''Sappiano gia chi è?''- chiese John.

Fu Lestrade a rispondere-:'' Evangeline Vispy, venticinque anni. Stessa prassi dell'altra vittima. Anzi... di tutte le altre.''- fece l'ispettore tristemente.

Quando c'era un serial killer a piede libero, si dava sempre e continuamente dell'idiota, perchè sapeva che c'era un mostro a piede libero, che minacciava la vita di persone innocenti, che era suo compito fermarlo, ma questo per qualche strano motivo era sempre tre passi davanti a lui e alla sua squadra.

Kitty se ne stava lì, in disparte ad osservare il corpo, quando la Donovan le rivolse la parola.

''Ma tu non dovresti essere gia nel tuo pigiamino colorato, a quest'ora?''- la schernì la poliziotta.

Kitty la guardò con uno sguardo inferocito, indecisa se prenderla a schiaffi davanti ai colleghi o romperle la sedia presente nella stanza sulla testa.

Optò per una terza scelta, meschina forse, ma si trattava pur sempre di legittima difesa.

''E tu non dovresti aver esaurito tutto il veleno che hai in bocca, a quest'ora?''- fece la ragazza con durezza nella voce mentre la fissava con i suoi occhi color del ghiaccio, beccandosi un' occhiata piena d'odio dal sergente.

Ormai erano arrivate ad un punto morto.

Sally disprezzava Sherlock senza farne segreto con nessuno e di conseguenza non sopportava nemmeno Kitty, che invece lo idolatrava e che a sua volta non sopportava il sergente e il suo innamorato perchè trattavano Sherlock in un modo non proprio gentile.

Si fissavano come se l'una volesse saltare addosso all'altra per strapparle i capelli, quando arrivò un poliziotto della scientifica con un sacchetto per le prove in mano.

''Ispettore... abbiamo trovato questo nel giardino della chiesa.''.

Il sacchetto passò prima a Lestrade e poi a Sherlock.

''E' un fermaglio per veli da sposa.''- appurò John.

Era un bellissimo fermaglio bianco con al centro una rosa dello stesso colore al quale vi era attaccata della stoffa bianca, probabilmente appartenente al velo da sposa da cui era stato strappato.

I denti del fermaglio erano sporchi di sangue.

''Mi sa che abbiamo appena trovato l'arma del delitto. Forse potremo trovarci qualcosa d'interessante....''- tentò Anderson.

Sherlock era scettico-:'' Ma non credo proprio, Anderson... quale assassino abbandonerebbe l'arma del delitto senza prima aver cancellato le sue impronte?''

Kitty si lasciò sfuggire una risatina.

Due ore dopo, in centrale, arrivarono i risultati delle analisi sull'arma del delitto.

Lestrade leggeva il referto ai presenti, vale a dire John, Kitty e Sherlock.

''Come avevamo immaginato, sul fermaglio non vi sono impronte digitali di nessuno, ma abbiamo rilevato parecchie tracce di smalto su tutta la superficie.''

''L'assassino si sarà cosparso le mani con quella roba per evitare di lasciare impronte.''- appurò John.

Sherlock sembrava annoiato-:''Dio, questo è tutto quello che i tuoi espertissimi poliziotti hanno saputo scoprire?''

Lestrade lo gelò-:''No... oltre al sangue della vittima, c'è anche quello di Wendy Besons e delle altre quattro vittime. Inoltre abbiamo appurato che il fermaglio faceva parte del vestito da sposa di Eloise Winter, avvocato appena laureata, ventotto anni. Che guarda caso, era bionda come Wendy ed Evangeline.''

''La domanda è perchè ha scielto proprio quelle spose, e perchè solo le bionde? Dalla lista che ho trovato su internet, risulta che le altre donne che vi si sono rivolte, castane, rosse, brune, non hanno avuto il minimo problema.''- fece John.

''Tutti i serial killer quando uccidono esprimono qualche impulso psicologico che a volte deriva da un trauma infantile o che li ha colpiti in un momento particolare. Avrebbe potuto scegliere qualsiasi altra categoria di persone, ma ha scelto quelle donne per un motivo.''- fece Kitty con la professionalità di un criminologo esperto, lasciando il fratello basito.

''Da quando sei un'esperta di serial killer?''- chiese il CI.

''Non dipenderà dal fatto che ho un fratello investigatore e un altro che dirige il paese? Oh, e che studio criminologia?''- fu la risposta.

Sherlock sorrise: lo faceva dannare, certe volte, ma sapeva che un giorno quella marmocchietta che lui chiamava affettuosamente ''' la mia piccola testa di zucchina'' , sarebbe stata la criminologa più in gamba del Regno unito.

Anche se preferiva dirle che sarebbe stata solo capace di combinare guai, per non darle soddisfazione.

Lei dal canto suo, idolatrava suo fratello. Per lei era tutto: suo fratello, suo padre, il suo migliore amico, una spalla su cui piangere, un abbraccio sempre pronto.... non osava nemmeno immaginare come poteva essere la sua vita senza di lui. 

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Capitolo 6
*** Un nuovo incontro e momenti familiari ***


Il serial killer non si fece sentire per due giorni, ma a Londra si sentiva comunque aleggiare la paura.

Sapevano che anche se ora se ne stava buono, era solo questione di tempo: bastava solo che qualche giovane coppia si rivolgesse a quella maledetta agenzia di wedding planner per organizzare il matrimonio ed il killer avrebbe avuto esattamente cio che voleva.

Per ridurre il danno, la polizia aveva cercato di convincere Lucas Rosenthal, il neo titolare, a chiudere l'agenzia il tempo necessario per stanare l'assassino, spiegandogli che tutta questa storia non avrebbe giovato al suo negozio o alla sua reputazione, ma quello non volle sentire ragioni, sostenendo di non essere responsabile delle azioni di un pazzo che era la polizia a doversene preoccupare.

Lestrade dal canto suo, era deciso più che mai a mettere un freno alla furia omicida di quel delinquente e aveva fatto mettere sotto controllo il telefono d ell'agenzia per poi dare protezione ad un'eventuale vittima.

''Rassegnati quindi, per il momento non ci resta altro che aspettare.''- disse John mentre una sera rientravano a casa.

Sherlock sbuffò tra il consapevole ed il disperato.

Sapeva che il coinquilino, amico e collega aveva ragione, ma starsene fermo e buono ad aspettare non era mai stato il suo sport preferito.

''Sperando che le acque si animino un po'.....AIUT....''- quello che il CI avrebbe voluto dire dal principio non si sarebbe mai scoperto, perchè non appena aveva messo piede in casa era scivolato ed aveva battuto il sedere per terra.

John si precipitò subito ad aiutarlo a rialzarsi.

''Ehy, va tutto bene?''- chiese il medico.

''Si... ho solo preso una botta.''- disse Sherlock aggrappandosi alle braccia di John-:'' ed io so anche perchè.... CATHERINE HOLMES!!!''

Sherlock salì le scale di corsa seguito a ruota da John e spalancò la porta del piano superiore.

John rimase quasi a bocca aperta.

Tutto era perfettamente pulito ed in ordine.

''Ah, salve ragazzi...''- sorrise Kitty emergendo dalla cucina. I capelli erano lisci e morbidi sulle spalle ed indossava una tuta da ginnastica rosa con addosso un grembiule bianco.

Indossava delle scarpe bianche ma sotto c'erano delle pattine blu.

''Non fare la furbetta con me...''- fece il fratello-:'' tu e la tua dannata cera per pavimenti mi avete quasi ucciso, sai come si chiama? Omicidio domestico premeditato.''

''Io avevo messo le pattine davanti alla porta per avvertimento, sei tu che non osservi le cose che non ti sembrano importanti''- rispose la ragazza con una faccia di bronzo-: Inoltre la colpa è tua.''

Sherlock sbiancò e poi si portò una mano al petto.

Quella mocciosa, non solo cercava di ucciderlo ma gli stava dando tutta la colpa!

''Mia?!?''

''Non curandoti mai della tua casa, è ovvio che prima o poi questa si vendichi.''

'' E poi chi ti ha detto di cospargere casa con la cera?''

''Sei stato tu....''- rispose la donna con nochalance-:'' per citare, puoi restare a patto che ti occupi della cucina e delle pulizie, ergo posso usare i mezzi che ritengo opportuni.''

John soffocò una risata.

Quella ragazzina ci sapeva fare, niente da ridire.

Sherlock lo fissò male-:'' E tu che ci trovi di divertente?''- poi venne distratto da un odore mai sentito in quella casa-:'' che altro hai combinato, oggi, Testa di Zucchina?''

''Lasagne ai quattro formaggi, Testa di fagiolo.''- rispose lei con un sorriso divertito.

''A proposito di verdure e legumi....''- propose John dirigendosi in cucina-:'' mangiamo?''

Poco dopo erano tutti e tre seduti a tavola a mangiare le lasagne preparate dalla ragazza.

''Complimenti Cathy, sono buonissime...''- fece John prendendo una seconda porzione.

Kitty sorrise.

''Novità sugli omicidi in bianco?''

''Per il momento sembra tutto tranquillo... ma ne sapremo di più alla prossima vittima.''- rispose John poco convinto.

Era sinceramente preoccupato per tutti quegli omicidi. Con le ultime due vittime, erano gia sei gli omicidi a cui non vi era ancora una risposta. Non osava pensare a come si potessero sentire amici e familiari delle vittime.

Certo, forse avrebbero potuto rassegnarsi all'idea che una persona amata se n'era andata in modo prematuro, ma sapere chi e perchè li avrebbe aiutati a metabolizzare più in fretta.

''Se intraprendessimo un altra pista forse ci metteremo meno....''- lo smentì Sherlock armeggiando con il cellulare.

Kitty lo guardò molto contrariata.

''Devi proprio fare ricerche su un pluri-omicidio a tavola?''- chiese con un tono acido.

''Devi per forza fare domande su cadaveri ed omicidi a tavola?''- fu la secca risposta.

''Come se la conversazione non ti interessasse...''- borbottò John sotto voce mandando giu un bicchiere di vino rosso. Quando ebbe finito chiese spiegazioni all'amico e collega sulla nuova posta da seguire-:'' Ad ogni modo, quest'idea?''

Sherlock rispose senza staccare gli occhi dal cellulare-:'' E' iniziato tutto da quell'agenzia. E non parlo degli omicidi di sette anni fa, ma da molto prima. Prima che la prima vittima fosse uccisa, in quell'azienda dev'essere successo qualcosa che sull'assassino ha inciso particolarmente. Una volta scoperto che cosa, troveremo il nostro uomo.''- spiegò il C.I.

''Penserò io agli omicidi, voi due cercate alla biblioteca nazionale, cercate su internet articoli legati a quell'impresa, e quando avete finito, controllate di nuovo.''- disse Sherlock.

''In altre parole ci metti a fare il lavoro d'ufficio.''- disse Kitty iniziando a sparecchiare e mettendo i piatti nel lavello.

Nemmeno dieci secondi dopo il cellulare del fratello suonò.

Tutti e tre erano ben coscienti di quello che era successo, anche se Sherlock non avesse risposto.

''E con questo siamo a sette.''- pensò John sospirando tristemente.

 

''A dire il vero poteva essere un otto.''- riferì Lestrade quando John presentò la conta delle vittime-:'' Amber Sorenson, damigella ed amica della sposa, Lasalle Rogers, era rientrata nella stanza per recuperare una cosa che aveva dimenticato, un fermaglio da quello che ho capito.''

''E l'assassino ha cercato di uccidere anche lei perchè era una testimone.''- concluse John.

Erano tutti davanti alla ''Terapia Intensiva'' e dal vetro potevano vedere quella ragazza sui ventidue anni, lunghi capelli castani e riccioluti, in lettino con le sbarre, legata a macchine e tubi, che lottava per la propria vita.

A Lestrade squillò il telefono e si allontanò dal gruppo.

''Come sta?''- chiese Kitty.

''Ho parlato con il chirurgo che l'ha operata, dice che la ferita è seria ma non grave e che secondo lui e probabilità di ripresa si aggirano intorno all' 80 per cento''- le rispose John abbastanza rincuorato-:'' E' stata fortunata, poteva essere l'ottava vittima.''

''Io non parlerei di fortuna''- lo smentì Sherlock-:'' pensateci bene: tutte le sue vittime sono state uccise con un unico colpo, secco, preciso. Questo vuol dire che il nostro uomo è un ottimo conoscitore dell'anatomia umana.''

''Quindi c'è la possibilità che lavori nel settore medico.''- appurò John.

Sherlock annuì.

''Si, ottima deduzione John. Quindi se conosce così bene l'anatomia perchè non ha sferrato anche alla Sorenson un colpo mortale? Semplice: lui ce l'aveva con la sposa, non con la damigella. Quindi si è solo premurato di ferirla, per potersi organizzare nel caso lei si risvegli e lo identifichi. In questo momento, potrebbe star fissando un intervento di chirurgia estetica.''

In quel momento una voce femminile li richiamò all'ordine.

Molly li stava raggiungendo.

Era vestita con gli abiti che di solito portava come cambio, quindi stava tornando a casa.

''Ehy, salve ragazzi....''- poi si accorse della presenza della giovane Holmes-:'' scusi, lei è...?''

Kitty le allungò una mano sorridendo-:''Catherine Holmes, ma chiamami pure Kitty e dammi del tu. Tu devi essere Molly, Sherlock mi ha parlato molto di te.... grazie per essere un'amica così gentile e paziente con mio fratello.''

La bella patologa arrossì.

''Mi considera un'amica....beh, è gia qualcosa.''- pensò stringendo la mano alla piccola Holmes-:''Non c'è di che....siete qui per la vittima che si è salvata?''

Il trio annuì.

''Permettete che vi presenti l'uomo che le ha salvato la vita....''- Molly fece una piccola corsa e portò, tenendo per mano, un giovane sulla trentina, occhi blu come il cielo, capelli castani a caschetto e un sorriso luminoso.

Vestiva con pantaloni, giacca e cravatta blu, camicia bianca ed una valigetta ( Immaginatelo come Seamus Dever, è uno dei miei miti, senza togliere nulla a Benedict- nd me).

''Ragazzi, vi presento mio fratello, Nicholas Hooper, il nuovo primario di chirurgia del St Barth.''

L'uomo sorrise e strinse la mano a tutti i presenti, presentandosi ed illustrando le condizioni della donna ricoverata.

Sherlock però non era interessato alla conversazione e ben presto le voci di infermieri, pazienti e quelle della conversazione John- Nicholas- Molly, divennero talmente lontane da non essere più distinguibili.

Era troppo occupato ad analizzare chi aveva davanti.

Graffi sulle mani e un disegno ripiegato nella tasca superiore della giacca = Amante di cuccioli e bambin.

Vestiti perfetti e capelli in perfetto ordine = Maniaco dell'ordine e del pulito

Primario così giovane = Studente modello

Fratello di Molly = Ottimista inguaribile

Ma c'era anche un'altra persona che non smetteva di fissarlo.

Kitty era praticamente rapita da quel sorriso a trentadue denti, e non riusciva a smettere di fissarlo, dimentica del motivo per cui erano al St Barth e delle parole che giravano attorno a lei.

Sentiva il cuore che batteva sempre più forte e la testa che girava, e lo stomaco pieno di farfalle.

''Ora devo andare, spero di rivedervi.''- fece il chirurgo prendendo sottobraccio la sorella ed allontanandosi.

Avrebbe giurato che allontanandosi si era voltato e le aveva sorriso, e non sapeva bene come, ma dentro di lei sentì nascere il desiderio di rivederlo presto.

E qualcosa le diceva che presto si sarebbero visti.

Prima di quanto entrambi potessero sperare.

 

Un grazie infinite a tutti quelli che malgrado l'attesa hanno sempre aspettato e creduto in me, ed un ringraziamento speciale a Padmini per il suo sopportarmi anche quando sono una lagna rompscatole e per i suoi consigli preziosi.

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Capitolo 7
*** I nodi iniziano a venire al pettine ***


La mattina dopo, Kitty era particolarmente mattiniera.

Si alzò, si fece una doccia veloce e poi indossò una camicetta bianca, pantaloni di jeans, si truccò leggermente e si pettinò i capelli in una treccia.

Il tutto completato da un paio di stivali neri con il tacco.

''Buongiorno ragazzi....''- disse arrivando in cucina.

''Buongiorno Cathy''- la salutò amichevolmente John-:'' C'è del caffè caldo, appena fatto.''

La ragazza prese la caffettiera e ne versò un po' nella sua tazza, una tazza rosa con una K bianca, e ci aggiunse dello zucchero di canna.

''Noi andiamo da Lestrade per analizzare tutti gli elementi d'indagine raccolti,''- annunciò il fratello mettendosi sciarpa e cappotto per uscire-:'' Kitty, tu invece...''

''.... alla biblioteca e cercare tutte le notizie che riguardano l'agenzia di wedding plannere, dai suoi albori all'ultimo omicidio.''- concluse la ragazza mettendosi una ciacca di pelle rossa e prendendo la borsetta nera a tracolla.

''Molto bene... ci vediamo a Scotland- Yard, fra tre ore.''- puntualizzò Sherlock.

Subito dopo uscirono tutti e tre di casa e presero due taxi separati.

Catherine si diresse verso la British Library.

Mentre Sherlock e John si diressero a Scotland-Yard.

 

''Sono riuscito ad ottenere dal giudice un mandato per chiudere la Happy Days, ma possiamo chiudere solo per due settimane.''- li informò Lestrade.

''Non servirà a granchè.''- li gelò Sherlock.

In un altro momento, lo avrebbero guardato tutti malissimo e gli avrebbero dato del maleducato presuntuoso, ma purtroppo era la pura e semplice verità.

''Ha ragione. La chiusura dell'agenzia, fermerà la sua furia omicida almeno per un po', ma non lo toglierà di mezzo, come non basterà a dare una risposta alle famiglie delle vittime.''- disse John.

''Tutto quello che abbiamo è la certezza che una persona si diverte ad assalire delle donne bionde il giorno del matrimonio, ma nessuno ha mai notato niente o nessuno di strano in nessuno dei sette omicidi.''- Aggiunse Anderson con una cartella in mano.

Sherlock fu come attraversato da una scarica elettrica e strappò di mano al capo della scientifica la cartellina.

Non prestò la minima attenzione alle prove indiziarie, mentre mise in bella vista tutte le foto che ritraevano le vittime prima di entrare in chiesa e di conseguenza, nella camera in cui le giovani avrebbero trovato morte sicura.

''Eccoti qua....''- sogghignò Sherlock-:'' Date un occhiata a queste fotografie.... c'è un massimo comune denominatore in tutte queste foto.''

''Lo sappiamo, la chiesa in cui avvengono i delitti, e con ciò?''- fece Anderson con fare annoiato.

Sherlock sollevò lo sguardo e lo fissò tra lo sconvolto ed il traumatizzato-:'' Mi fai parlare con chi ti ha dato la licenza di esercitare, perchè secondo me era ubriaco.''- poi tornò a concentrarsi sulle foto-:'' Non parlo della chiesa, non c'entra il posto.

In queste foto è stata ripresa la stessa persona. Se guardate bene, nelle foto c'è sempre una persona che indossa sempre lo stesso abito..... un abito blu notte con un giacchino beige....''- poi si mise al lavoro con il pc di Lestrade ed ingrandì il viso della donna in ogni foto-:'' Diversi capelli, diverso colore degli occhi ma alla fine....''

''E' la stessa donna.''- notò John quasi senza voce-:'' E' lei?''

Sherlock annuì-:'' Molto probabile, ma adesso abbiamo un altro problema, quasi sicuramente nessuno che conosceva bene le vittime saprà dirci chi è, e non si può nemmeno diramare un ordine di ricerca, perchè cambia identità di continuo proprio per essere presente ai matrimoni delle sue vittime, per uccidere.''

''Ma perchè fare una cosa del genere?''- si chiese Lestrade.

In quel momento la porta dell'ufficio del DI si spalancò ed apparve la piccola Holmes.

''Provi con il classico movente della donna abbandonata e gelosa. Sarà scontato e banale, ma a volte sono proprio le cose più semplici che funzionano sempre.''- annunciò la ragazza.

Sherlock guardò l'ora sul suo Smartphone e poi commentò acidamente.

''Ce ne hai messo di tempo, hai mezz'ora di ritardo.''

Kitty lo fissò malissimo.

''E' arrivato anche il gattino, ora ci siamo tutti.''- commentò sarcasticamente la Donovan rivolgendosi al suo amante, il quale rispose con una risata soffocata.

Catherine incrociò le braccia finendo per conficcarsi le unghie nella carne.

Li conosceva da pochissimo quei due, e gia non li sopportava.

''''Tornando a cose di cui vale la pena parlare e tenere in considerazione...''- disse Kitty con un espressione apparentemente calma e professionale, ma mirando diritta alla battuta del sergente.

Sally stava diventando di mille colori.

Sherlock e Catherine Holmes.

Quei due iniziava veramente a non sopportarli più, anche se aveva conosciuto la seconda da pochissimi giorni.

Sherlock invece sorrise.

La sorella non aveva paura di fronteggiare le persone che minacciavano di metterle i piedi in testa, che la battaglia fosse in pubblico o in privato, ed era capace di dire le cose che la irritavano con la calma e la compostezza che solo una Holmes poteva avere.

Ma aveva anche un difetto.

Ascoltava più il proprio istinto ed un organo, più della ragione e del cervello.

''Ho passato quasi tutto il tempo alla biblioteca a cercare notizie, e a parte gli omicidi non ho trovato nulla di rilevannte..... a parte una cosa, avvenuta proprio davanti a quell'agenzia e prima del primo omicidio.''- e nel dir così tirò fuori dalla tasca del giubbotto un articolo di giornale, piegato con una cura quasi chirurgica e lo porse al fratello-:'' Sette anni fa la coppia che aveva deciso di organizzare il proprio matrimonio è stata aggredita proprio davanti a quell'agenzia.

L' assalitrice si chiamava Valery Morgan, anni 25, ed ha aggredito prima la sposa e poi lo sposo. Era furibonda perchè il fidanzato della prima vittima, fino a poco tempo fa era stato anche il suo, ed aveva deciso di non sposare più Valery per un'altra.Quando l'ha scoperto li ha raggiunti alla Happy Days e li ha quasi sfregiati con un coltello.''

John quasi rabbrividì.

''Accidenti..... cosa non fa l'ira di una donna.''

Lestrade si aggregò-:'' Da marito divorziato, mi trovo perfettamente d'accordo.''

Anche Anderson annuì e venne preso dalla paura di quello che la sua signora avrebbe potuto fargli se avesse saputo di lui e Sally.

''Ho chiamato Mycroft e mi sono fatta mandare le informazioni sui suoi precedenti penali, e risulta che dopo quel giorno si è fatta otto mesi di carcere a Pentoville per aggressione a mano armata. E una settimana prima della data fissata per il matrimonio... è morta.''

Sherlock iniziò a mettere insieme poco a poco tutti i pezzi del puzzle.

''Fammi indovinare. La signorina è deceduta in circostanze mai del tutto chiarite ed il suo corpo non è mai stato ritrovato.''

Kitty annuì.

''Il giorno della sua morte ha detto di voler partire per una piccola vacanza per dimenticare il suo ex ed il periodo di detenzione. E' andata in gita su un mini yatch che aveva noleggiato, sul lago di Birmingham, ma non è mai più tornata.

A quanto pare è caduta dalla barca ed il suo corpo è calato a picco, e non venne mai ritrovato. C'era solo un biglietto d'addio sul pontile.''- nel dir così la ragazza tirò fuori dalla tasca una foto della ragazza e la porse al fratello.

Nella foto aveva i capelli castani e riccioluti, e gli occhi color dell'ambra, ma i lineamenti di Valery erano identici a quelli della donna che seppur con un look facciale diverso, era presente in ogni foto.

''E' veramente furba....in realtà non ha mai perdonato il fidanzato, anzi.... aveva deciso di farlo soffrire come lui aveva fatto con lei, portandogli via la donna amata, ma visto che li aveva gia aggrediti per strada, sapeva che sarebbe stata la prima a finire nella lista dei sospettati e che sarebbe finita in galera nel giro delle cinque ore conseguenti all' omicidio... l'unico modo che aveva per portare a termine il suo progetto senza rischiare la prigione era morire. In fin dei conti, è molto più semplice nascondersi quando le persone che ti conoscono ti credono morta.''

L'ultima frase era rivolta soprattutto alla sua vicenda personale.

''E quando è tornata a Londra, prima ha rinnovato il look per fare in modo che nessuno la riconoscesse, e come capita in molte occasioni si è imbucata alla cerimonia e ha ucciso la ragazza.''- concluse il CI.

Ora doveva solo scoprire come aveva fatto a non farsi mai vedere ne sentire da nessuno, ma ormai era solo questione di tempo.

Sally ed Anderson però erano scettici.

''Aveva raggiunto il suo obiettivo, le altre vittime che c'entravano?''- chiese il secondo.

'' Tra le informazioni che mi ha dato Mycroft c'era anche un ricovero al St Barth. Sembra che a diciassette anni avesse preso in prestito l'auto del padre e si fosse messa al volante ubriaca. Ha causato un incidente dove si è fratturata braccia e gambe, nessuna vittima per fortuna, e durante la riabilitazione è stata assistita da uno psichiatra che l'ha diagnosticata mentalmente instabile.

Al St Barth conservano le cartelle cliniche di tutti coloro che sono stati ricoverati negli ultimi dieci anni e ho trovato anche la sua cartella clinica che ha confermato tutto.''- spiegò Kitty.

Sherlock concluse-:'' Le turbe psicologiche sono state alimentate dalla rabbia per il tradimento del fidanzato, ed il suo odio per la rivale in amore è diventato talmente forte che per vendicarsi uccide altre donne che somigliano a quella ragazza e che si sono rivolte a quell'agenzia.''

 

Quella sera, tra spaghetti alla carbonare e pollo al curry, i tre si scambiarono le loro impressioni sul caso.

Dopo cena Sherlock si mise a passeggiare avanti e indietro per il salotto, mentre John lo seguiva con gli occhi avanzando idee e proposte, mentre invece Catherine era seduta sul divano, portatile sulle ginocchia, tutta intenta a scrivere i nuovi elementi scoperti.

Non si fidava più a lasciare degli appunti, nemmeno sottochiave, dopo l'incursione a Baker Street e quindi aveva deciso di tenere quegli appunti nell'unico posto in cui un Holmes si fidava a lasciare delle informazioni, ovvero nel suo cervelo.

''Questo caso si fa sempre più intrigante.... il colpevole sembra imprendibile perchè per tutti è morto da prima che iniziasse ad uccidere.''- sembrava un bambino il giorno del suo compleanno mentre scarta il regalo che ha desiderato da mesi.

''Visto che adesso gli abbiamo tolto il terreno di caccia se ne starà nascosto nella sua tana, ma mi cada il naso se non riesco a stanarlo.''- aggiunse il detective.

''Mi piacerebbe vederti come Voldemort.''- commentò Kitty senza staccare gli occhi dalla schermata del computer.

John sogghignò alla battuta, dopo essersi immaginato l'amico senza naso e con quella lunga tonaca nera che caratterizzava il cattivo principale della serie di ''Harry Potter''.

''A proposito di misteri.....com'è andato il giro in moto?''- chiese Sherlock a bruciapelo all'indirizzo della sorella.

Il cuore di Kitty perse un battito e fissò il fratello.

''Di che parli?''

''Quando oggi sei arrivata in centrale ho notato che i tuoi capelli erano molto più schiacciati rispetto a quando hai lasciato Baker Street, e non credo che ci sia una legge che dice di portare il casco in taxi.

Quindi dalla biblioteca sei andata a controllare l'archivio al St Barth, per avere notizie di Valery Morgan dal punto di vista medico, ma non ci sei arrivata in taxi. Eri su una moto, che però non guidavi tu, visto che so per certo che tu non ne hai mai guidata una e visto che ti sei auto-reputata una pessima motociclista. Quindi qualcuno ti ha offerto un passaggio in moto, e gia che c'eravate vi siete pure presi un caffè insieme.''

Kitty si alzò e lo fissò sarcastica-:'' Primo, chi ti dice che era per forza una moto? Poteva essere anche una bicicletta. Secondo, anche a casa avevo preso un caffè, prima di uscire.''

''Vuoi che ti risponda in ordine cronologico?''

''Preferisco.''

''Perchè quando serve non ho mai la videocamera e i popcorn?''- pensò John.

Il rapporto Kitty-Sherlock in quelle occasioni diventava più divertente che andare al cinema.

Sherlock sogghignò soddisfatto e rispose come la sorella aveva richiesto-:''Primo, avevi ancora addosso un po' dell'odore di gas di scarico. Secondo.... stamattina prima di uscire, e per inciso DOPO che avevi preso il caffè, ti sei messa un po' di rossetto. Ma quando sei arrivata il rossetto era sparito. E allora mi sono chiesto. Perchè si è tolta il rossetto? Una donna lo farebbe solo in due occasioni, ovvero se ha appena baciato qualcuno oppure se ha appena mangiato. Considerato che tu non baceresti mai al primo appuntamento e non conosci quasi nessuno, ho dedotto che fossi stata in un posto dove si consuma da bere e da mangiare, e dalla vicinanza che ci separava potevo sentire il profumo di caffè. Ho tralasciato qualcosa?''- l'ultima domanda retorica aveva un chiaro senzo di sfida.

Kitty sorrise birichina e mise le mani in alto in segno di resa-:'' Il tassista mi ha piantato in asso, in quel momento passava Nicholas.... era la sua ora di pausa ed era venuto ala biblioteca per prendere un libro da leggere, e quando mi ha vista in difficoltà mi ha offerto un passaggio in moto.... tanto dovevamo andare nello stesso posto, io per lavorare/ studiare, e lui voleva salutare sua sorella.

Mi hanno dato una mano, poi Molly è dovuta tornare al lavoro.... e negli ultimi venti minuti che gli rimanevano siamo andati al bar vicino a prendere un caffè e fare due chiacchiere. E da lì ho preso un taxi per raggiungervi.''

Sherlock la guardò meravigliato-:''Nicholas? Ma non era il Dottor Hooper?''

Kitty rispose con un' occhiata scettica-:''Mi ha solo dato un passaggio. Non c'è niente di più tra noi due.''

''Questa l'ho gia sentita....''- ribattè il detective fissando John.

Il medico scambiò un occhiata d'intesa con la ragazza-:''E poi si meraviglia, se non porto a casa le donne con cui esco.''

Kitty sogghignò-:'' Chissà come mai.....''- alzando gli occhi verso il soffitto.

 

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Capitolo 8
*** Esito incerto ***


L'indomani, nel tardo pomeriggio, i tre yarders, Kitty, John e Sherlock erano riuniti nel salotto di Baker Street.

Sopra il divano, proprio sopra lo smile giallo, avevano messo una specie di lavagna bianca e l'avevano riempita con le foto delle vittime, i collegamenti trovati nel corso delle indagini e la foto della sospettata.

''E dire che dal volto sembra una ragazza cos' affabile e gentile...''- commentò Kitty guardando le foto della loro serial killer.

''Non farti ingannare. Quelli che sembrano normali sono sempre i più pervertiti.''- puntualizzò Sherlock.

''Eh gia, due menti contorte si capiscono al volo....''- commentà Sally acidamente.

Kitty la fissò malissimo.

Iniziava davvero a non sopportarla più.

Ne lei ne il suo amante.

''Sally, ti consiglio di abbassare la cresta, ti ricordo che non siamo ne a casa tua ne a Scotland Yard.''- Kitty la incenerì con un' occhiata di fuoco-:'' quindi abbassa i toni.''

''Ragazze....''- John si mise in mezzo per placare gli animi.

Non poteva che dare ragione a Catherine, il sergente Donovan era insopportabile quando ci si metteva ed anche se non aveva mai alzato le mani su una donna, non poteva negare di averci pensato qualche volta, quando sentiva lei ed Anderson insultare Sherlock.

Ma adesso non era il momento più adatto per mettersi a litigare.

''Abbiamo notizie di questa donna?''- chiese Lestrade ai suoi sottoposti.

I due agenti dissentirono.

''Abbiamo interrogato, uno ad uno, tutti i parenti, amici, e conoscenti delle vittime e mostrato loro le foto, ma nessuno di loro ha mai visto Valery Morgan. Non che la cosa mi meravigli, visto che si è sempre travestita e non ha nemmeno un nome preciso da sette anni.''- rispose Sally.

''In altre parole....''- disse Lestrade facendo un rapido calcolo-:'' L'unico indizio che abbiamo per trovarla, è che il nostro killer è una donna sui trentadue anni....''

L'ispettore si sarebbe messo le mani nei capelli dalla disperazione.

Non avrebbe potuto concludere niente con un indizio così vago.

''Comunque il suo odio per le donne bionde sulla ventina non deriva solo da una delusione in amore...''- li informò Kitty scribacchiando sul cartellone-:'' Stando a quella che era la sua migliore amica, quando Valery aveva diciotto anni il padre abbandonò lei e la madre per mettersi con una donna molto più giovane della moglie, ed aveva una fluente chioma bionda. Dopo pochi mesi, la madre morì dal dispiacere.''

'' E mettendo tutto insieme si è convinta, con la carica della sua instabilità mentale, che le bionde belle ed avvenenti portano solo guai.''- concluse John.

''Un modo sicuro per sapere dove si troverà ad una precisa ora del giorno ci sarebbe.''- fece Sherlock.

Tutti si voltarono a guardarlo.

''La nostra assassina è morta sette anni fa, ed in effetti lei non esiste per nessuno.... a parte quando è da sola, nella stanza che viene messa a disposizione per la sposa, insieme alla vittima.''

''In altre parole, appare e scompare come un fantasma e solo quando deve uccidere.''- concluse John.

Sherlock annuì.

''Il che significa che l'unico modo per acciuffarla.... è ridarle il terreno di caccia e metterle a disposizione una nuova preda.''

Tutti lo guardarono con fare basito.

Era come permettere al serial killer di uccidere deliberatamente.

''Non so cosa tu ti sia fatto stamattina Strambo....''- iniziò Anderson-:'' ma i criminali li dobbiamo mettere in difficoltà ed arrestare, non agevolare l'operato delle loro menti malate.''

''Purtroppo non ha tutti i torti....''- intervenne Kitty in difesa del fratello-:'' Se si presenta solo per uccidere, l'unico modo per coglierla in flagrante è organizzare un agguato. E prima che Valery scocchi il suo colpo mortale, cercheremo di impedire che realizzi ancora il suo progetto.''

Era consapevole anche lei che era una vera e propria follia, ma dagli elementi che avevano finora e dal profilo psicologico che avevano tracciato del colpevole, questo era l'unico modo che avevano per mettere la parola fine a quel bagno di sangue, per quanto pericoloso fosse.

Anche Lestrade si trovò d'accordo.

''Tra due settimane scadrà l'ordine di sequestro per l'agenzia, credo che ci bastino per trovare degli agenti disposti a partecipare a quest'operazione.''- fece Lestrade.

''Credi che sia una buona idea...?''- azzardò John.

Lestrade sospirò.

''Per certe operazioni non sono mai tranquillo, visto che si tratta anche della vita dei miei uomini, ma non posso certo aspettare che qualcuno si rivolga all'agenzia e rischiare di arrivare tardi. Se tardiamo anche di un solo secondo sulla tempistica, ci sarà un altro cadavere caldo in attesa di giustizia.''- fu la risposta di Lestrade.

Era quasi sicuro che se avesse chiesto ad un agente di fare la parte del fidanzato in procinto di sposarsi, le possibilità di riuscire a trovarlo erano alte, ma non poteva dire altrettanto della falsa futura sposa, visto che lei sarebbe stata il prossimo obiettivo della mente malata del colpevole.

''Trovare la sposa sarà un'impresa....''- fece Lestrade.

''Forse no.''- intervenne Catherine-:'' Di quello me ne occupo io.''

Tutti la guardarono sbalorditi.

''Non se ne parla neanche.''- fece Lestrade risoluto.

Non era come quando si rivolgeva a Sherlock per avere un consiglio o una consulenza su un caso particolarmente difficile.

Certo lo aiutava, ma non gli avrebbe mai chiesto di esporsi in prima persona, e se lo faceva era per sua volontà.

Ma non avrebbe mai accettato di mettere in pericolo una ragazza poco più che ventenne.

Fece per andarsene.

''Ma sembra anche l'unica soluzione per fermare quella donna.''- continuò un'imperterrita Kitty.

''Ragazzina, questo non è un gioco...''- intervenne Anderson-:'' è gia abbastanza difficile sopportare questo qua''- fece rivolgendosi a Sherlock-:'' non possiamo certo preoccuparci anche di una ragazzina che vuole giocare a fare l'eroina.''

''Non esagerate adesso, correrei gli stessi pericoli che corre un agente sotto copertura.''- puntualizzò Catherine, più testarda di un mulo.

Sherlock le diede man forte.

''In fin dei continon ha tutti i torti.''

Kitty guardò il fratello speranzosa-:''Quindi è un sì?''

''Diciamo che è un fai come ti pare, ma se ti fai male non aspettarti che io venga a consolarti.''- precisò il CI.

John e Lestrade da una parte avrebbero voluto dirgliene quattro ed impedire tassativamente che Kitty partecipasse a questo ''gioco'' mortale, ma dall'altro lato erano consapevoli che Sherlock ( pur non dimostrandolo apertamente) era molto affezionato alla piccola Catherine e di sicuro l'avrebbe protetta nel caso le cose si fossero fatte eccessivamente pericolose.

Sherlock d'altronde era fatto così.

Aveva un approccio tutto suo per dimostrare alle persone che tutto sommato ci teneva a loro e ne aveva uno ancora più rude per proteggere le persone a cui teneva.

Ma in fondo era un brav'uomo.

''D'accordo...''- fece Lestrade-:'' Mi vedo costretto ad accettare.''

 

Quelle due settimane sembrarono non voler passare mai.

Ma alla fine trascorsero, e la polizia, d'accordo con Lucas Rosenthal prese gli accordi per il finto matrimonio tra Catherine Holmes ed un poliziotto sotto copertura.

C'erano pochissimi invitati.

Solo Anderson, Sally, un paio di yarders, Lestrade ed ovviamente Sherlock e John che erano partiti da Baker Street con Kitty, vestita con un lungo abito bianco provvisto di spalline e di un velo che le arrivava fino al di sotto del polpaccio.

Per essere certa di attirare l'attenzione di Valery aveva indossato una parrucca bionda sia per gli appuntamenti alla Happy Days sia che per la falsa cerimonia.

Negli orecchini di perla avevano nascosto dei microfoni, così come nel bouquet.

Per concludere, sotto il vestito da sposa, aveva un giubbotto anti-proiettile.

Lestrade aveva cercato di pensare a tutto per far correre alla ragazza il minor numero di pericoli possibile.

''Kitty, tutto bene?''- chiese John dal furgone con cui erano arrivati e che Scotland Yard aveva messo a disposizione per quella mascherata.

''Tutto ok...''- rispose Kitty per mezzo della ricetrasmittente piazzata nel bouquet-:'' mancano quindici minuti esatti all'inizio della cerimonia. Se abbiamo calcolato i tempi correttamente, è più o meno adesso che Valery farà la sua entrata.''

''Continua a fingerti la sposa, arriveremo appena in tempo per impedire che succeda qualcosa di irreparabile.''

Mentre tutti lo guardavano straniti, Kitty domandò stupita-:''Sherlock Holmes, dobbiamo forse dedurre che ti stai preoccupando per me?''

Sherlock fece un'espressione disgustata.

''Non crederai davvero che permetterò che tu sposi un idiota, ho una reputazione da difendere.''

Kitty soffocò una risata, che si bloccò quasi subito.

Non era sola in quella stanza.

''Mi sa che ci siamo....''

''Ok, ci teniamo pronti.''- la avvertì Lestrade.

La porta si spalancò.

Davanti a lei c'era Valery Morgan, con i capelli rossi, abito blu notte ed occhi celesti.

E con un fermacapelli ben affilato.

''E' giunta la tua ora...''- le disse con voce spiritata.

''So che non vuoi farlo veramente, così come non volevi uccidere quelle sette donne.''- disse Sherlock apparso all'improvviso dietro la donna cercando di rimanere calmo.

Evidentemente non si sentiva tranquillo ed aveva deciso di andare lui per primo.

Valery sembrava confusa.

''So chi è lei, Valery Morgan, come so il perchè della sua avversione per le giovani donne bionde, so del suo piano.... e so anche perchè nessuno ha mai collegato le varie sconosciute ai matrimoni ai delitti.

Lei veniva qui, ovviamente con un travestimento diverso ogni volta, e mentre erano tutti occupati a congratularsi con gli sposi, lei sgattaiolava in questa stanza e si nascondeva nell'armadio. Poi, come la pantera che ha pazientemente atteso l'avvicinarsi di una preda, usciva dal suo nasondiglio e uccideva a sangue freddo.

Quest'armadio ha un doppiofondo...''- spiegò Sherlock aprendo l'armadio, tirando via quello che vi era appeso per portare alla luce una porta nascosta-:''Armadi del genere erano usati durante la seconda guerra mondiale da chiunque era ricercato dal regime di Hitler per nascondersi.

Lei uccideva e poi tornava nel suo nascondiglio, per poi scappare via appena era sicura al cento per cento che non ci fosse più nessuno, grazie anche a dei fori nel legno fatti da lei stessa per avere una sorta di spioncino.''

Valery era livida di rabbia per essere stata scoperta, ma subito dopo sorrise malvagiamente.

''Peccato che ne tu ne la tua ragazza potrete andare a raccontarlo in giro.''

''Su questo ne dubito...''- fece Lestrade arrivando da dietro Sherlock seguito da Anderson e Donovan.

Erano tutti e tre armati ed indossavano il giubbotto anti-proiettile.

Sally si avvicinò cautamente e mise le manette ad un'incredula Valery Morgan.

''Lei è in arresto per pluriomicidio.''- fece Lestrade guardandola con uno sguardo pieno di disprezzo.

Si sentiva in colpa per non essere riuscito ad arrestarla prima ed impedire così che delle donne innocenti morissero proprio in quello che doveva essere il giorno più bello della loro vita.

Eppure da un lato si sentiva incredibilmente sollevato per essere riuscito ad impedire dei nuovi omicidi, ma cosa più importante, finalmente avrebbe potuto dare delle risposte concrete alle famiglie delle vittime.

 

Dopo mezz'ora, erano tutti fuori dalla chiesetta, tranne Lestrade che aveva convocato i genitori delle ragazze uccise, ritenendo che dovesse essere un ufficiale a dare loro certe risposte, sebbene questa fosse la parte del lavoro che gli piaceva meno.

Kitty si era tolta il vestito ed aveva indossato il cambio che aveva portato con se: camicia bianca, cardigan rosso con pantaloni di jeans e delle scarpe nere.

I capelli le arrivavano fino alle spalle.

Aveva deciso di tagliarli per poter indossare più agevolmente la parrucca.

Stava appunto facendo la sua deposizione quando notò che Valery era riuscita a stendere un agente ed a prendergli la pistola.

Ed ora puntava la pistola contro...

''SHERLOCK, ATTENTO!!!''- appena avvertì il pericolo che il fratello correva, iniziò a correre disperatamente verso di lui.

SBANG!

Un colpo di pistola.

Due corpi che cadevano a terra.

Sherlock tossicchiò perchè la sorella, piombandogli addosso, gli aveva colpito il torace.

Quando tentò di spostarla prendendola per la schiena sentì qualcosa di caldo ed umido spandersi sulle sue mani.

Sdraiò la sorella sull'erba fresca, appena tagliata, e si guardò le mani.

Sangue.

''Kitty.... KITTY!!!''- mormorò terrorizzato, per poi urlare la seconda volta.

La ragazza aveva il volto riverso verso l'alto a fissare le stelle, non poteva vedersi in quel momento, ma era consapevole di avere le labbra tremanti e gli occhi vitrei per il terrore.

John e Lestrade uscirono dalla chiesa di corsa e lo spettacolo che si presentò loro davanti era da far gelare il sangue: l'assassina si dimeneva e si dibatteva nele mani degli agenti che la rinchiusero in auto, mentre Sherlock era in ginocchio sull'erba con le mani insanguinate.... e poi Kitty stesa a terra che perdeva sangue.

''Che è successo?''- chiese Lestrade, mentre afferava il telefono per chiamare un'ambulanza.

John si mise dietro Kitty sollevandola leggermente per tamponare la ferita con un fazzoletto.

Sherlock rispose a John alla domanda fatta da Lestrade.

''Quella donna mi ha sparato... io non me ne sono accorto, ma lei sì... e ha cercato di proteggermi.''- disse carezzando la testa della sorella.

La ragazza si aggrappò forte alle spalle del fratello, aggrapparsi a qualcosa era l'unica cosa che in quel momento le dava la certezza di essere viva e decise di lottare per averla il più a lungo possibile.

''Sherl...''- fece una smorfia di dolore. Come faceva entrare aria per mezzo della bocca sentiva un dolore insopportabile al petto-:'' Tu s...ai ben...?''

L'interpellato sorrise e le mise due dita sulla bocca.

''Io sto bene...tu cerca solo di stare tranquilla, ok? Starai bene anche tu... te lo prometto.''

Kitty sorrise con gli occhi per evitare altre scariche dolorose.

Sapeva che il fratello stava cercando di tranquillizzare sia lei che se stesso, e nonostante sapesse che ormai per lei non c'era quasi nulla da fare, era contenta del fatto che il fratello cercasse di confortarla.

''Vi voglio bene....''- borbottò riferendosi ai fratelli ed ai due amici che si era fatta in quel breve ma intenso soggiorno a Londra, e lasciò cadere pesantemente la testa.

Non riusciva più a tenere gli occhi aperti.

Sherlock si spaventò ed iniziò a schiaffeggiare la sorella, incurante delle lacrime che iniziavano a scendere.

''Svegliati stupida! Svegliati, devi svegliarti! Non puoi morire in un modo così idiota! Svegliati!''- poi urlò verso il DI-:'' QUANDO ARRIVA L'AMBULANZA?!?''

Arrivò dopo pochissimi secondi.

I paramedici la misero immediatamente sulla barella, coprendola con una coperta marrone che le arrivava fino alla vita, e fissata alla lettiga con delle cinghie.

Furono Sherlock e John a salire con lei sull'ambulanza.

''Andiamo Kitty!!!''- fece John iniziando a praticare il massaggio cardiaco.

Cinque compressioni ed un' insufflazione d'aria.

Avanti così fino all'arrivo in ospedale.

Tutto mentre Sherlock teneva disperatamente la mano della sorella, per farle sentire la sua vicinanza, e con la debole speranza che il dolore alla mano le facesse riprendere i sensi.

''Ti prego non morire.''

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Capitolo 9
*** Ore drammatiche ***


Le porte del pronto soccorso si spalancarono.

Erano arrivati in meno di un quarto d'ora ed anche durante la corsa verso la sala operatoria, John non smise di dare soccorso alla ragazza ormai svenuta.

Avrebbe voluto operarla lui stesso, ma non sapeva se sarebbe stato in grado di operare proprio lei, la sorella di Sherlock...

Gia, Sherlock.

Aveva bisogno di una spalla amica a cui appoggiarsi e non poteva lasciarlo solo.

Lasciò quindi la lettiga in mano ad un paio di infermieri ed osservò le porte della sala operatoria chiudersi con Kitty dentro.

 

Quella sera, di turno in ospedale, c'era proprio Nicholas Hooper.

Appena aveva saputo che una ragazza sulla ventina era stata portata d'urgenza per una ferita d'arma da fuoco si precipitò per darle assistenza.

''Cos'abbiamo?''- chiese il chirurgo mettendosi i guanti di plastica.

''Donna, ventuno anni, ferita da arma da fuoco al torace.''- rispose l'infermiere che aveva portato la barella.

L'altro infermiere smise di praticare il massaggio cardiaco e tolse la mascherina per l'ossigeno alla ragazza.

''Catherine....''- Nicholas sbiancò quasi quando riconobbe nella donna stesa sulla barellla, con il torace insanguinato e pallida come un lenzuolo appena lavato, la ragazza che aveva conosciuto due giorni prima nei corridoi di quello stesso ospedale che successivamente aveva aiutato a fare ricerche nell'archivio e che aveva invitato a prendere un caffè, parlando con lei.

Non era certo una cosa di cui vantarsi o essere felici, dover operare qualcuno che si cnosce con la consapevolezza di poterlo uccidere in caso di errore.

''Mettiamola sul tavolo....1...2...3.''- fece Nicholas spostandola dalla barella al tavolo operatorio con l'aiuto dei paramedici che l'avevano portata lì-:'' Come sono i suoi valori?''

''Respirazione a 20. Pressione sanguigna pari a 86 su 60.''

Il chirurgo divenne pallido.

''Ok, preparatevi ad intubarla.''

 

Nel frattempo, nella sala d'attesa Sherlock era in piedi, immobile davanti alla sala operatoria, ancora sporco di lacrime, sangue e sudore.

Aspettava di sentirsi dire che Kitty non era morta, che ce l'aveva fatta e che sarebbe uscita dall'ospedale sulle sue gambe.

John gli si avvicinò con un bicchiere di caffè.

''Nero, bollente, con due zollette.... come piace a te.''- gli disse il medico cercando di sorridere per rassicurarlo.

''Non l'hai vista negli occhi.... sembrava così impaurita... proprio come quando era piccola e sognava un paio di mostri e correva da me.''- John gli strinse una mano per confortarla.

''Ma ho visto lei. E' forte, determinata, volitiva..... ce la farà, e tornerà a farti impazzire nemmeno tra una settimana.''

Sherlock era sicuro di una cosa.

La preferiva tra i piedi, sentire la sua voce petulante insistere di ammetterla in qualche caso, rimproverarla per la troppa cera che metteva sul pavimento, dirle che era troppo appiccicosa, prenderla in giro per la sua mania per l'ordine e rimproverarle il suo essere Testa Calda che saperla chiusa in una stanza legata a tubi e macchine, con degli sconosciuti con le mani nel suo torace.

In quel momento vennero raggiunti da Lestrade, Moly e la Signora Hudson.

''Che è successo?''- chiese la seconda con una faccia molto preoccupata.

''La colpevole degli omicidi seriali ha cercato di spararmi, ma Kitty se n'è accorta e mi ha protetto con il suo corpo.''- spiegò Sherlock tenendo gli occhi bassi.

La signora sussultò.

''E adesso come sta?''- domandò Lestrade non meno preoccupato di tutti loro.

Si sentiva responsabile per il ferimento della ragazza.

Avrebbe dovuto fare in modo che tenesse il giubbotto anti-proiettile almeno fino a quando Valery Morgan non avesse più rappresentato una minaccia.

Invece aveva abbassato la guardia appena si era convinto che il pericolo fosse stato sgominato.

''E' ancora in sala operatoria, ma per il momento non ci sono notizie.''- rispose John.

Molly sospirò e poi mise una mano sulla spalla di Sherlock per consolarlo.

''Starà bene, fidati di me... c'è Nick con lei.''

Sherlock si limitò a non dire nulla e voltare la testa.

Non aveva bisogno di qualcuno che lo consolasse, voleva solo essere lasciato in pace con i suoi pensieri.

 

Nel frattempo, Nicholas assistito da una ferrista e due assistenti, continuava ad assistere la ragazza.

Aveva inciso vicino alla ferita per procedere con un drenaggio toracico.

''Perde sangue. Tampona.''- la ferrista si affrettò ad obbedire.

Quando il foro d'entrata fu abbastanza sgombro afferrò il divaricatore ed il bisturi ed iniziò a cercare i proiettile.

''Andiamo.... dove ti nascondi?''

 

Era gia passata un'ora e mezza e nessuno sembrava voler uscire da quella maledetta stanza per dare loro notizie concrete sullo stato di Kitty Holmes.

In quel momento arrivò anche Mycroft Holmes.

Aveva saputo della sparatoria, così aveva chiuso in fretta una riunione di lavoro ed era subito venuto al St Barth.

''Come sta Catherine?''- chiese il Governo Britannico.

''Non ci sono ancora notizie, dobbiamo aspettare ancora.

Mycroft annuì restando impassibile.

John non poteva credere come fosse possibile rimanere così calmi e tranquilli con un proprio consanguineo sotto i ferri.

Cos'avrebbe fatto se fosse successo ad Harry?

Non poteva neppure pensarci.

Certo litigavano spesso a causa della diversa personalità e delle scelte che l'una faceva e che non sempre soddisfacevano l'altro, ma erano molto legati, nonostante tutto.

E poi ormai lo aveva capito.

Gli Holmes potevano avere a cuore la persona più impensabile e dare l'impressione di esserne completamente disenteressati.

''Il chirurgo che la sta operando... quanto è affidabile?''- chiese con una freddenza inappuntabile il maggiore dei fratelli Holmes.

Fu Molly a rispondere.

''Se la caverà, ne sono certa.''

 

''Ho trovato il proiettile....''- Nicholas tese una mano e la ferrista gli passò le pinze. Oramai aveva un'idea più che chiara dove il proiettile si fosse collocato e con le pinze cercò di tirarlo fuori.

''La pressione sta scendendo rapidamente...''- sentì dire da un infermiere.

Nicholas alzò gli occhi e fissò il monitor.

Troppo rapidamente.

Doveva essere più veloce.

Non voleva avere proprio Kitty Holmes come prima paziente deceduta.

Infilò piano piano le pinze nella ferita.

''Andiamo bimba, ce l'abbiamo quasi fatta...''- fece Nicholas concentrato al massimo-:'' facciamo così... se ce la facciamo ti porto fuori a cena.''

Il bip dei macchinari si stava facendo sempre più insistente.

Più fastidioso.

E più snervante.

''E' molto tachicardica, rischia l'arresto cardiaco.''- fece uno degli assistenti preoccupato.

In quel momento Nicholas tirò fuori la pallottola e la depose in una ciotola sul tavolino lì accanto.

Il proiettile si era fermato ad un centimetro dal cuore, e lo aveva leggermente intaccato.

''Perde sangue dall'interno, ago e filo da sutura per favore.''

La ferrista si affrettò ad obbedire malgrado i valori vitali della ragazza stessero per toccare il limite critico.

Erano tutti abbastanza incerti della possibilità di salvare la vita di quella ragazza.

''La perdiamo dottore...''

''Non finchè è viva.''- fece Nicholas ultimando la sutura.

Vide i valori di Kitty.

Troppo bassi.

E il rischio di arresto cardiaco incredibilmente alto.

Iniziò a praticarle il massaggio cardiaco, non si sarebbe arreso finchè quel cuore avesse battuto.

Ma poi..... BIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP.

Una linea retta e precisa.

Calma piatta.

 

''Avete sentito anche voi...?''- fece Lestrade bianco come un lenzuolo.

La signora Hudson si portò le mani alla bocca cercando di reprimere un pianto isterico, sconvolta.

I frateli Holmes sembravano gia essersi fatti una ragione, ma non davano a vedere ne sgomento ne disperazione.

''Kitty, devi farcela...''- pensò John-:'' per le persone che ti vogliono bene e che sono qui per te.''

 

''DEFIBRILLATORE, E PREPARATE UNA SCARICA DA 300 VOLT, PRESTO!!!''- ordinò Nicholas senza smettere di praticarle il massaggio cardiaco, con i guanti di lattice insanguinati.

''Nicholas, non c'è niente da fare, è morta...''- tentò uno degli assistenti.

Nicholas lo fulminò con uno sguardo così feroce da non sembrare nemmeno un Hooper.

''C'è ancora attività elettrica celebrale, finchè c'è quella, è viva, quindi fate come ho detto!!!!''- urlò quasi.

I medici fecero come aveva detto loro.

Le piastre dell'apparechio vennero appoggiate sul petto della ragazza.

Cinque scosse.

Kitty ricadde sul lettino cinque volte.

''Catherine.... coraggio...''

 

L'operazione durò complessivamente cinque ore precise.

Ma per tutti fu come attendere cinque secoli.

Poi finalmente...

''Nicholas!!!!''- gridò Molly correndo dal fratello.

Il resto del gruppo li raggiunse.

''Come sta nostra sorella?''- chiese Mycroft.

''E' stato un intervento molto difficile. Il muscolo cardiaco era stato intaccato e ha avuto un emorragia interna ed un arresto cardiaco. Ma siamo riusciti a farle ripartire il cuore.''- stavano per tirare un sospiro di sollievo quando Nicholas aggiunse-:'' purtroppo il cuore è rimasto fermo per un paio di minuti, non posso dirvicon certezza che il suo cervello non abbia riportato danni. Aspettiamo domattina per dichiarare il passato pericolo.''

Non era molto rassicurante ma almeno il peggio era passato e questo era tutto quello che contava per il momento.

Molly abbracciò i fratello e poi Lestrade, John e Mrs Hudson.

Mycroft decise di portare il gruppo al bar dell'ospedale per offrire loro un caffè, visto che avevano deciso di fare i turni per stare accanto a Kitty quella notte.

Nicholas però si dissociò dicendo che era stanco e voleva fare una doccia per tornare a casa.

Sherlock lo bloccò.

''Dottor Hooper..... grazie.''

Nicholas sorrise.

''Ho fatto solo il mio dovere.''

 

 

 

 

Che dire..... se non, non prendetemi in parola per la parte medica, in quanto è solo licenza poetica?

Ah gia.... grazie infinite alla mia '' famiglia'' del GDR, senza la quale questa fic sarebbe completamente finita nel dimenticatoio.

Vi voglio bene.

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Capitolo 10
*** Colpi di scena ***


Bip....bip.....bip....bip....

Quel suono si era ripetuto ininterrottamente per tutta la notte.

Un intera notte, durante la quale Sherlock Holmes, era stato praticamente seduto tutto il tempo su una scomoda sedia, alzandosi poche volte, giusto per andare in bagno e rinfrescarsi il viso.

Poi era ritornato al capezzale della sorella, mentre la persona che al momento era di turno con lui si era concessa una decina di minuti per riposare.

Kitty giaceva in un lettino con le sbarre ai lati, di certo non molto più comodo della sedia su cui il fratello aveva sostato, con una mascherina che premeva sul viso, un ago in vena collegato ad una flebo, e legata ad un piccolo computer che teneva sotto controllo i valori della ragazza.

Ormai erano le otto del mattino, e Kitty non aveva ancora dato segni di vita.

''Va a riposare.... rimango io con lei.''- fece la voce di John. Gli arrivò alle spalle, non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di non essere solo.

Il medico gli poggiò una mano sulla spalla.

''Si sveglierà presto, ormai posso rimanere fino a quando non apre gli occhi.....''- era conscio della determinazione della sorella nel riuscire in imprese da cui molti credevano non sarebbe uscita viva, ma non era così sicuro che la sua determinazione sarebbe stata sufficiente ad impedirle di riportare danni celebrali.

Se così fosse stato, la sua vita sarebbe cambiata in un secondo, in modo irreversibile... e non era così sicuro di riuscire a perdonarsi di esserne stato il principale artefice, in quel caso.

John sembrò intuire quali fossero i pensieri dell'amico e tentò di confortarlo.

''Sai che non è stata colpa tua. Il fatto che si sia presa una pallottola al posto tuo....''- fece John per tentare di consolarlo.

''..... è stato a causa del fatto di avere abbassato la guardia non appena ho creduto di aver sgominato il nemico.''- concluse Sherlock.

In quel momento, si sentì un lieve mugolio.

Gli occhi dei due amici si puntarono su Kitty, e videro che la giovane stava muovendo, anche se di poco, le dita della mano e che le palpebre stavano tentando di sollevarsi.

''Resta con lei, vado a chiamare Nicholas...''- fece Joh piombando fuori dalla porta della stanza.

Sherlock scattò accanto alla sorella, prendendole il viso tra le mani.

''Kitty..... andiamo, svegliati. Forza..... lo so che ti vuoi svegliare e che quando vuoi una cosa, nessuno ti va cambiare idea....''

A poco a poco, le palpebre della ragazza si sollevarono mostrando due occhi blu come il cielo.

''Lo sai che ore sono?''- chiese Sherlock, sorridendo sollevato, con quella domanda che le porgeva sempre per svegliarla quando doveva andare a scuola.

La ragazza trovò la forza di sorridere, malgrado il vivo dolore che le martellava nel petto.

''Mezzogiorno?''- rise.

In quel momento arrivarono John e Nicholas, nel suo elegante camice bianco. Non si trattenne dal sorridere nel vedere che la sua ''paziente'' era sveglia.

''Vieni, allontaniamoci...''- propose John prendendo l'amico per un braccio, portandolo fuori dalla stanza.

La visita non durò più di dieci minuti.

Ogni tanto si sentivano i colpetti di tosse della giovane e qualche.... risata.

''Ho idea che io e Molly, presto diventeremo parenti alla lontana...''- scherzò Sherlock.

Ormai era palese che la piccola Kitty fosse cotta del dottor Hooper, ed era palese che anche lui provasse qualcosa per la giovane.

Gli stava bene, in fondo... con il lavoro che svolgevano lui e Mycroft, non ci sarebbero stati per sempre a proteggerla e consigliarla, ed era quindi un bene che qualcuno di prendesse cura di lei.... anche se sapeva gia che era abbastanza intelligente e coraggiosa per affrontare la vita senza un uomo grande e forte che si occupasse di lei.

Poco dopo, Nicholas uscì dalla stanza della ragazza.

''Come sta?''- chiese John non meno in pena di Sherlock.

''Il suo cervello, fortunatamente non ha subito danni.... un paio di settimane di completo riposo, le medicine che le ho perscritto e sarà di nuovo com'era prima.''

Sherlock, pur sforzandosi di non darlo a vedere era sollevato da quella notizia.

''Se volete vederla, entrate pure, ma non fermatevi più di cinque minuti ed entrate uno alla volta...''- fece Nicholas allontanandosi. Ora che sapeva che Catherine sarebbe stata bene, poteva tranquillamente tornare al lavoro.

''Io vado a prendere un caffè.... vi lascio da soli...''- fece John dirigendosi nella direzione opposta di Hooper.

Sherlock rientrò nella camera della sorella.

Era ancora molto pallida e con un colorito pallido e molto vicino al cinereo, ma perlomeno non aveva bisogno di macchine e tubi per respirare.

Lo salutò con un debole cenno della mano.

''Come ti senti?''- chiese Sherlock sedendosi sulla sedia vicino al letto.

''Com'è che dicono? Quando uno subisce un trauma o è sotto shock perde la memoria?''- rispose lei-:'' Sciocchezze. Mi ricordo tutto....''

Ricordava troppo bene cos'era successo, mai i rumori le erano sembrati tanto vicini... Valery che si dimeneva, il rumore della sicura che veniva tolta, la sua folle corsa per salvare il fratello, il dolore al petto....e poi il buio.

''Stai bene, è ufficiale....''- sospirò Sherlock. Poi divenne serio-:'' Allora, sei ancora sicura di volerlo fare?''

''Che cosa?''

''Il criminologo, non fingere di non capire. Quello di ieri sera, non era niente se lo paragoni a cosa potrebbe succedere se vuoi davvero fare questo lavoro. E non te lo dico perchè penso che tu sia una donna debole ed indifesa, per scoraggiarti o perchè penso che tu non ne sia capace.... te lo dico perchè i pericoli li ho vissuti sulla mia pelle.''

La ragazza lo guardò per un lungo minuto senza dire niente.

Poi finalmente...

''Ce la posso fare, Sherlock. Sento che è l'unica cosa per cui mi senta portata.''

Sherlock sorrise.

Notava con piacere che non era cambiata di una virgola. Sapeva cosa voleva dalla vita, e niente le impediva di raggiungere il suo scopo.

''Posso fare qualcosa per aiutarti?''

''A dire il vero si...''- disse ad un certo punto la giovane-:'' mi porteresti il mio PC appena ti è possibile?''

Sherlock la guardò di sottecchi.

''Fammi capire....''- iniziò lui-:'' sei scampata alla morte per puro miracolo, e la tua massima priorità è quella di finire i compiti?''

Kitty, per tutta risposta, alzò le spallucce.

''Tu non sei normale....''- scherzò Sherlock.

I giorni passavano velocemente. John e Sherlock passavano il loro tempo divisi tra la centrale e l'ospedale, nel primo posto per sistemare le ultime cose per il processo della killer dell'abito bianco, nel secondo per tenere compagnia a Catherine ed assisterla durante la riabilitazione.

Mycroft veniva assai meno spesso ma non tardava mai di chiedere sue notizie e di chiamarla per sapere direttamente da lei il suo stato di salute.

Al loro fianco c'era sempre Nicholas Hooper, che si era auto dichiarato medico curante della giovane Holmes, e sua sorella non perdeva occasione per raccontarle storie ed anneddoti divertenti. La ragazza iniziava a capire come mai il fratello considerasse Molly un amica così preziosa, anche se non l'avrebbe mai ammesso: era davvero una persona unica.

Quando il dolore e la riabilitazione la lasciavano in pace, scriveva sul suo PC per ultimare la sua tesina per poter finalmente accedere alla facoltà che desiderava nella scuola che aveva sempre sognato.

Questo pensiero e la vicinanza di tutte le persone, oltre ai fratelli, che aveva conosciuto in quel breve soggiorno a Londra, e che aveva imparato ad amare e stimare, la distraevano dalla malinconia del dover rinunciare ad uscire fuori al sole ed all'aria aperta.

Quel giorno il sole splendeva nel cielo, e non c'era un soffio di vento.

Kitty era appena tornata in stanza dopo la sessione di riabilitazione e così il fratello e John decisero di uscire dalla sua camera al fine di lasciarla riposare e fare quattro passi.

John, dopo molte insistenze, convinse l'amico a farsi seguire al bar dell'ospedale per prendere un caffè o per mettere qualcosa sotto i denti.

Lungo il tragitto incontrarono l'ispettore Gregory Lestrade.

''Salve ragazzi...''- li salutò amichevolemte il DI.

''Ehy Greg...''- rispose John gentilmente. Lo sguardo del medico cadde sul mazzo di fiori, confezionato, che l'ispettore capo della omicidi teneva in mano-:'' Sono per Catherine?''

La risposta fu immediata ed affermativa.

''Da parte di tutto il distretto..... inclusi Anderson e Donovan. A proposito, come sta?''- chiese per educazione.

Stavolta fu Sherlock a rispondere-:'' Direi bene. E' pimpante e chiacchierona, e il suo primo pensiero è stato quello di finire una tesi per l'università.

Probabilmente la troverai a lavorarci sopra...''

Greg si allontanò dai due amici con un sorriso-:'' Mi farebbe comodo un archivista così zelante...''

 

Venti minuti dopo, Sherlock e John erano seduti ad un tavolo del bar dell'ospedale davanti a due tazze di caffelatte e un paio di cornetti al cioccolato, a parlare del più e del meno quando...

''Lestrade, che succede?''- chiese Sherlock vedendo l'ispettore correre trafelato verso di loro e senza i fiori.

''Kitty è scomparsa.''- fu la risposta ansimata del DI.

''COSA?!?''- urlò John alzandosi di scatto seguito a ruota da Sherlock-:'' hai controllato nel bagno della sua stanza...?''

Gregory annuì.

''Ho cercato dappertutto, la porta era aperta, il letto era disfatto ma nella sua stanza non c'era nessuno...''

Poco dopo si fiondarono verso la camera di Kitty.

Era esattamente come aveva detto Greg: la camera non presentava segni di lotta, non mancava niente, e tutto faceva pensare che qualcuno avesse portato via Kitty, magari mentre era addormentata, facendosi passare per un medico o per un infermiere che era venuto a prenderla per accompagnarla a fare esami o accertamenti.

''Si.... bloccate tutte le entrate e le uscite intorno all'area dell'ospedale, e fate girare la foto di Catherine Aretha Holmes....''- fece Lestrade, abbastanza preoccupato, al telefono con una pattuglia gia in zona.

John sembrava un'anima in pena, mentre Sherlock esaminava con cura meticolosa, quasi maniacale, il PC della sorella, sperando che quella sparizione fosse solo una bravata delle sue e che magari le avesse lasciato qualche indizio.

''Maledizione...''- pensò poco dopo-:'' Ma dove sei, Kitty?''

Fu allora che notò che una cosa, che fino a pochi giorni prima era sempre stata in quella stanza, costantemente presente era scomparsa....

''Richiama l'ordine, ispettore...''- fece Sherlock con ritrovata calma-:'' non serve cercarla.''

John lo guardò con occhi sgranati dalla sorpresa e poi chiese-:''Sherlock ma che dici? Parliamo di una ragazza che ha subito un intervento per una colpo d'arma da fuoco al petto, che non si è ancora rimessa del tutto e che è scomparsa!''

ED OLTRETUTTO E' TUA SORELLA!!! avrebbe voluto aggiungere, ma qualcosa lo trattenne, ormai sapeva per certo che dietro a tutto quello che un Holmes diceva, pensava o faceva c'era un motivo più che logico.

''Non c'è da preoccuparsi...''- fece Sherlock-:'' vedrete che presto sarà qui....''

''Ehy, c'è una festa nella mia stanza e nessuno mi ha avvertito?''- come volevasi dimostrare, come la giovane Holmes era scomparsa, aveva fatto ritorno.

E non era sola.

Nicholas, abbigliato con un completo molto elegante composto da una camicia blu, giacca, scarpe e pantaloni neri, teneva in braccio la ragazza in stile sposa, mentre quest'ultima si teneva a lui mettendogli un braccio dietro il collo.

Kitty, perfettamente truccata e pettinata, indossava un sottogiacca bianco, una giacca rosa confetto, jeans lunghi chiari e delle scarpe con il tacco intonate con la giacca.

I capelli di entrambi erano leggermente schiacciati.

''Dove vi eravate cacciati?''- chiese Lestrade, stupito, ma molto sollevato.

''Kitty ha iniziato a dire che oggi doveva ASSOLUTAMENTE consegnare la tesina per l'esame integrativo, così l'ho accompagnata io in moto... non potevo lasciarla andare da sola.''- spiegò Nicholas.

''Ma prima avete fatto un salto alla cartoleria qui vicino per stampare il contenuto della USB che è sparita da questa stanza.''- aggiunse Sherlock.

John lo guardò stupito.

Ecco perchè di punto in bianco non sembrava minimamente preoccupato...

La ragazza annuì.

''E poi ho pensato che forse, non poteva danneggiarla più di tanto un giro in moto e una boccata d'aria....''- fece Nicholas adagiandola sul divanetto presente nella stanza.

''Dottore, come sta questa testa dura?''- fece Sherlock suscitando le risate sommesse dei tre uomini, beccandosi un'occhiataccia dalla ragazza.

Nicholas ci pensò su per un attimo per poi dire-:''Ancora due o tre giorni per medicazioni e controlli vari e poi potrà tornarsene a casa. Sarà un peccato non vedere più questo bel visino, ma sapere che se ne va è una buona notizia...''- fece il giovane medico sorridendo all'indirizzo di Kitty, la quale arrossendo, tentò di coprirsi il viso con una ciocca di capelli.

Una volta rimasti soli con John e Greg, Sherlock non potè astenersi dal rimproverarla bonariamente-:'' E tu avresti coinvolto un medico nella tua fuga dall'ospedale, ancora convalescente, solo per consegnare i compiti?''

''E questo lo dice uno che...''- fece rivolgendosi ai due amici-:'' un giorno scappò di casa, con la febbre a trentotto, per non dare ad un suo compagno del corso di matematica la soddisfazione di vedere che Sherlock Holmes approfittava di una banale febbre per saltare un test di calcolo avanzato.''

Sherlock scosse la testa, rassegnato: mai dare armi così pericolose come dei fatti personali al nemico.... specie se quel pericolo era un suo consanguineo.

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


~Una settimana dopo, quando Kitty era ormai tornata a casa dall'ospedale, venne organizzato un piccolo rinfresco a Baker Street per festeggiare la sua ''risanazione''.
A quel piccolo ricevimento improvvisato, erano intervenuti ( oltre a Sherlock, John e la signora Hudson) Mycroft e Lestrade.
Anche Molly sarebbe intervenuta, ma più tardi alla fine del turno di lavoro.
Kitty, era seduta sul divano, con la spalla lesa ancora fasciata, ma con un'espressione sorridente in volto, che divenne quasi raggiante quando vide entrare nella stanza anche il ''Big Brother''.
''Non sapevo che saresti venuto...''- fece la ragazza tendendo le braccia verso il fratello, come per abbracciarlo, con un sorriso stampato in faccia.
Mycroft, ricambiò l'abbraccio, senza essere troppo espansivo.
''E come potevo mancare alla festicciola per la tua uscita dall'ospedale?''
''Ah, pensavo che fossi venuto per la torta, pensa te...''- sogghigò Sherlock, strappando un sorriso a tutti i presenti.
Kitty dovette coprirsi la bocca con una mano per non scoppiare a ridere, mentre il fratello maggiore riservava a Sherlock un'occhiataccia.
''A dire il vero...''-continuò Mycroft, tirando fuori dalla tasca della giacca una busta che portava impresso il timbro dell'università di Londra, per poi porgerla alla sorella-:'' ero venuto anche per questa.''
La ragazza la aprì con eccitazione febbrile la busta, per tirarne fuori il contenuto con altrettanto impeto.
La lesse in pochissimi secondi.
I presenti videro sul suo volto un'espressione di gioia allo stato puro.
''Ce l'ho fatta, mi hanno ammessa!''- annunciò la ragazza.
Greg, John e la signora Hudson le furono subito intorno per abbracciarla e congratularsi con lei per il traguardo raggiunto... o meglio, per il punto di partenza raggiunto.
Mycroft e Sherlock invece non dissero nulla, limitandosi a scambiare prima tra loro due e poi all'indirizzo di Catherine un occhiata d'intesa.
Loro lo sapevano gia prima che arrivasse quella lettera.... anzi, prima che Kitty iniziasse a battere gli appunti per la tesi integrativa che ce l'avrebbe fatta ad entrare in facoltà...
Ormai conoscevano Kitty e sapevano bene che a volte era precipitosa ed impulsiva a causa del suo buttarsi a capofitto in tutto quel che faceva... ma sapevano anche che era intelligente, razionale e determinata a raggiungere l'obiettivo prefissato.
Una vera Holmes insomma.
''Complimenti...''- fece ad un certo punto Mycroft-:'' ma la prossima volta che prepari un esame te ne prego... qualcosa di meno pericoloso o che non richieda un ricovero immediato.''
Kitty sorrise-:''Tranquillo Myc.
Mi sono gia messa d'accordo con Greg. Mi occuperò di catalogare le cartelle relative ai vari casi, e masterizzarle sul database dell'archivio, così è più semplice trovarle.''
Greg sorrise, anche se con un' espressione un po' colpevole-:'' So che non è esattamente cio che intendeva per *tirocinio*, ma siamo a corto di personale in centrale ed è un lavoro che va fatto...''
Kitty sorrise rassicurante-:''Non preoccuparti, Greg, credimi non è affatto un disturbo.''
In quel momento John stappò una bottiglia di champagne e ne versò un po' in tutti i bicchieri dei presenti, proponendo un brindisi.
''Beh, Kitty...''- fece poi il medico, ad un certo punto della festicciola improvvisata tirando fuori un pacchetto-:'' Abbiamo pensato di prenderti un pensierino di augurio sia per i tuoi studi che per la tua dimissione dall'ospedale.''
''Ma non dovevate....''- cercò di protestare la ragazza. Ma all'insistere prolungato di John, dovette alla fine, arrendersi.
Scartò il pacchetto che l'amico medico le aveva offerto per scoprire un braccialetto di perline bianche, e su alcune perle c'erano delle lettere che formavano il suo nomignolo.
Greg si fece avanti con un pacchetto rettangolare-:''Ci tengo a precisare una cosa, non ho assolutamente gusto in fatto di regali per le donne, e l'ha scelta John...''- precisò l'ispettore.
La ragazza accettò quello che le veniva offerto, scartando il pacchetto per poi ritrovarsi tra le mani una collana di perle bianche. Abbracciò sia il medico che l'ispettore in segno di ringraziamento.
Mycroft si fece avanti con il sacchetto di un negozio di abbigliamento, per poi porlo alla sorella.
''Mycroft, è bellissima...''- fece la ragazza, ammirando la borsa in pelle marrone che il fratello le aveva regalato.
''L'ha scelta Anthea. Ha detto che ti sarebbe piaciuta....''- precisò Mycroft.
''Sherlock, tocca a te, cosa le hai regalato?''- chiese John. In risposta il consulente si avvicinò alla ragazza, porgendole una custodia marrone.
''Che cos'è, un portafoglio?''- fece la ragazza stranita da quel regalo. Ma quando lo aprì, si rese conto che non era affatto cio che aveva creduto essere, in un primo momento.
Sherlock, alla faccia sorpresa della sorellina, fece le spallucce.
''Puoi tenerlo, io ne ho tanti... uno più, uno meno...''- Mycrfot lo fissò confuso.
''Che strano.... Anthea mi aveva detto che con tutta probabilità le sarebbe arrivato, da parte tua, un giacchino da intonare alla borsa...''- riflettè il governo inglese.
''E se avesse sbagliato la taglia? E poi, che se ne fa di una giacca nuova, ne ha gia tante.... questo invece le servirà per i suoi studi e nel lavoro.''- fece Sherlock come se fosse la cosa più normale del mondo.
Kitty dal canto suo, sembrava felicissima di quel regalo, tanto quanto gli altri-:''Sherlock, è bellissimo grazie...ed è anche originale, il mix perfetto...''
Sherlock fissò il fratello con due occhi che dicevano-:''Visto che tutto sommato,  conosco le donne?''

La festa procedette bene per tutto il pomeriggio, poi finalmente, verso le sette di sera...
''Ehy!''- salutò Molly entrando seguita a ruota dal fratello, nel soggiorno di Baker Street, correndo subito ad abbracciare la giovane Holmes.
La ragazza ricambiò subito l'abbraccio dell'amica, che si sedette di fianco a lei porgendole un pacco.
Kitty lo scartò per scoprire un maglione fatto a mano, color dell'arcobaleno.
''Spero ti piaccia...''- fece la patologa leggermente imbarazzata.
''E perchè non dovrebbe piacermi?''- chiese la ragazza, stranita. Certo, il disegno non era dei migliori, ma conoscendo Molly sapeva che era fatto con il cuore e cio le bastava per apprezzare quel regalo come se fosse un abito di Versace.
Dopodiche, Nicholas si avvicinò a lei con un mazzo di tulipani confezionati ed una boccetta di profumo a forma di stella.
La ragazza sorrise raggiante a quella vista, come se non avesse mai visto niente di più bello in vita sua.
La ''festa'' finì in sorrisi ed allegria, ed anche se Sherlock non l'avrebbe mai ammesso nemmeno sotto minaccia di morte, quella giornata si era sentito felice ed appagato perchè aveva sentito attorno a se il calore e l'affetto di qualcosa che poteva definire senza ombra di dubbio, una famiglia.

 

Ehila!!!! Vi è piaciuta questa storia? Spero di si. Nel caso vi sia piaciuta, vi annuncio che è gia in cantiere un sequel, ed anche li ne accadranno delle belle... che dire se non... al prossimo caso!!!!

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