Just You Me and Another Song.

di Mary SG
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** chapter 1. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2. ***
Capitolo 3: *** chapter. 3 ***



Capitolo 1
*** chapter 1. ***


Capitolo: io, lui e le sue Marlboro rosse.
Autrice: Annamaria (@nixhtmare on twitter)
Point of View: 1st person (protagonist)
Note: Salve a tutti, finalmente riesco a pubblicare una storia riguardante i My Chemical Romance, ovvero una delle mie band preferite. Spero di poter riuscire a completare questa storia e principalmente a farvela piacere. Non sono una brava scrittrice ma mi diletto nel scrivere ed ecco qui che escono queste storielle, che in confronto a quelle che ho letto, non sono niente. Bhe, vi lascio nella lettura di questo capitolo che spero gradiate. Alla prossima :) *scompare*

 
 Just You Me and Another Song
 
Chapter 1: io, lui e le sue Marlboro Rosse.
 
 
Il suo corpo si muoveva lentamente sopra il mio mentre le sue mani fredde come ghiaccio e dalle dita affusolate si dirigevano frenetiche su ogni parte del mio corpo dalla pelle tesa e pallida. I miei occhi erano fissi che guardavano il soffitto di color beige che dava teatro ai giochi di luce che faceva la lampada nella camera buia. Non riuscivo a guardarlo nei suoi occhi verdi, anche se, appena incontravi il suo sguardo cupo e profondo riusciva a farti ipnotizzare. In quel momento pensavo, come ogni volta, a come egli riesca a farmi convincere di essere la sua bambola ogni singola volta, ad essere trattata come una pezza solo per soddisfare i suoi piaceri sessuali. Perché proprio io? Anche se cercavo di non farlo notare ai suoi occhi, provavo qualcos’altro che non si fermava all’amicizia, era molto di più e la cosa mi spaventava.
Ritornai a quella cruda realtà quando notai che il letto non si muoveva più e lui, si era accasciato su di me impregnato da perle di sudore. Sentivo il suo respiro caldo sul mio petto freddo, che attraversava il mio cuore e in quella sensazione mi sentivo sciogliere sotto il corpo del mio migliore amico. Gli spostai una ciocca dei suoi capelli nero corvino in modo da guardare i suoi occhi, amavo e lo amo tutt’ora sprofondare in quello sguardo, così misterioso e in certi versi privo di sentimento, ma sapevo dentro di me che provava qualcosa ogni volta che mi guardava, che mi parlava, che mi ascoltava e amavo quel momento in cui mi guardava e mi bastava incrociare i miei occhi con le sue iridi verde speranza per capire che mi stava ringraziando per tutto quello che facevo per lui. E io mi sentivo felice perché… si. Non avevo un vero motivo, era come se lo avessi soddisfatto al massimo, in quell’attimo acquisivo più sicurezza, durante il rapporto mi sentivo insicura e timida, come se fosse un estraneo ad abusare di me.
Lentamente si alzò dal mio corpo e si spostò accanto, occupando l’altra parte del letto e facendomi prendere un po’ di respiro in più dato che avevo il suo corpo su di me almeno da mezz’ora. Il suo sguardo era concentrato a trovare il pacchetto di Marlboro rosse che accuratamente mettevo da sempre sul comodino. Dalla seconda volta che facemmo sesso mi aveva raccomandato gentilmente di mettergli il suo amato pacchetto di sigarette, affinché potesse assaporare il sesso consumato poco prima, e da quel momento non c’era volta che mi scordavo di metterglielo accanto l’abat-jour con un accendino. Era una sorta di vizio, e ce l’avevo anch’io, tirare giusto due tiri a metà sigaretta, offerta da lui. Non ero una fumatrice accanita come lui, facevo quei tiri solo in quelle occasioni e quando ero nervosa, però solitamente mi sfogavo parlando con lui. Può sembrare un senza cuore che pensa solo a se stesso e a soddisfare i suoi piaceri, ma è un grande ascoltatore e amo questa sua parte. Sentivo il materasso lasciare la forma del suo corpo e avvicinandosi a me per baciarmi la testa affettuosamente annusando il profumo dei miei capelli, muschio bianco. Era il suo profumo preferito.
-Spero che questa volta non ti abbia fatto del male- aveva detto sussurrandomi leggermente vicino al mio orecchio facendomi scaldare con il calore della sua voce.
-No tranquillo.-
-Buonanotte sorellina- si stava avviando verso la soglia della porta ed era rimasto lì finché poté sentire la mia risposta.
-Buonanotte Gerard -  
Chiuse lentamente la porta e mi sparì, dall’altra parte della stanza, per andare nella sua camera. Mi girai verso il lato opposto del letto, sospirai e chiusi gli occhi cercando di dormire.
 
Vi starete chiedendo che sorta di legame ci sia tra me e Gerard… in realtà non lo so nemmeno io. I miei genitori avevano dei buoni rapporti con la famiglia di Gerard, tanto da poter sembrare dei parenti. I weekend li trascorrevamo facendo delle grigliate in giardino di entrambi. Mi ricordo ancora quella volta in cui io e lui non volevamo mangiare e senza vederci dai nostri genitori uscimmo fuori casa per fare una passeggiata, loro preoccupati, ci cercarono per un’oretta. Quando ci videro arrivare vicino casa ricevemmo una bella sgridata che non ho mai dimenticato: nonostante tutto quella volta ci divertimmo da matti. Quello che ci dissero era che la città in cui abitavamo era molto pericolosa e piena di brutte persone. Avevano ragione, infatti dopo un paio d’anni i miei genitori rimasero uccisi in un incidente d’auto.
Ero sconvolta, avevo dieci anni e pur essendo stata una bambina riuscivo a capire tutto. Non avevo altri parenti a cui potevo essere affidata e i signor Way mi accettarono come una loro figlia adottiva. In casa l’unica donna era la madre e avendo me “ero una benedizione” disse testuali parole Donna quando venni accolta nella loro famiglia. Oltre a Gerard c’era suo fratello, Michael ma per tutti Mikey, che aveva due anni in meno rispetto a me ed era come se avessi veramente un fratello. Lui è diverso da Gerard, è gentile, premuroso e non è certamente lunatico come il fratello. Lui è il ragazzo che non vuole nessun rischio, e per questo veniva giudicato da Gerard come un fifone, e poi venivo io, dove facevo ragionare Gerard e andavo nelle sue patetiche missioni al posto di Mikey. Era bella la nostra amicizia in quel periodo, poi tutto cambiò al sedicesimo anno di età di Gerard, ove i suoi bisogni sessuali iniziavano a crescere e non potendo trovare una ragazza a cui piaceva a causa della sua poca bellezza in quel periodo, un bel giorno venne in camera mia e si dichiarò con la sua stupida intenzione.
Avevo quindici anni e una bella cotta, non riuscii a dirgli di no e alla fine ci trovammo quel martedì pomeriggio su quel letto con una coperta a motivi scozzesi e un asciugamano in modo da non sporcare le lenzuola di sangue che segnava la fine della mia verginità. Nonostante eravamo a conoscenza dei nostri corpi, dopo averci visto in costume tutte le estati e a volte anche senza, quando capitava di entrare in bagno nel momento sbagliato, provavamo vergogna di entrambi. Pian piano lui iniziò ad essere indifferente e diventare come si sol dire una specie di maestro del sesso, provando ogni posizione, non nascondendo di aver fatto anche il 69. Ero, in poche parole, la sua migliore scopamica e a me questo stava bene.

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Capitolo 2
*** Chapter 2. ***


Capitolo: Noi, la scuola, le amicizie. 
Autrice: Annamaria (@nixhtmare on twitter/instagram)
Point of View: 1st person (protagonist)
Note: Saalve a tutti! Dopo la revisione della mia "editor" nonchè una delle mie migliore amiche, eccomi qui col secondo capitolo! Purtroppo non ho potuto aggiornare prima la storia a causa degli impegni scolastici sigh, ma fortunatamente ho trovato del tempo e quindi.. spero vi stia piacendo la storia e se avete delle osservazioni/commenti/chiarimenti mi piacerebbe saperlo con delle recensioni. Detto questo, vi lascio nella lettura del capitolo. Cciao!

 
Just You Me and an Another Song

Chapter 2: Noi, la scuola, le amicizie. 

“Reese svegliati altrimenti farai tardi” Donna gridava dall’angolo cottura della cucina, mentre preparava i pancakes alla vaniglia, i preferiti di Gerard e Mikey. Sentivo la sua voce appena, dato che mi trovavo al piano superiore dentro la mia camera, sotto le coperte. Ero sveglia ma non avevo nessuna voglia di alzarmi e iniziare la giornata, a sentire i professori parlare di argomenti che non mi interessavano e per questo mettevo le cuffie per isolarmi dal resto della classe e scarabocchiare qualcosa sul banco o sul mio adorato block notes. Avevo la stessa passione di Gerard: disegnare. In tre mesi avevo già consumato due block notes, colmi di schizzi horror e raccapriccianti, quasi tutti in bianco e nero, con accenno di rosso. Il rosso e il nero erano i miei due colori preferiti, davano l’idea della morte e, da quel tragico incidente dei miei, non facevo che pensare ad altro. Ne ero completamente fissata e lo sono tutt’ora. Mi rendo conto di essere diversa dagli altri: dalla mia situazione con Gerard alle mie ossessioni. Ma era tutto questo che mi faceva sentire me stessa. Alcune volte volevo dormire e non svegliarmi mai più, altre ubriacarmi e restare sbronza. Passavo la mia intera vita a deprimermi e neanche Gerard poteva mettermi su di morale, soprattutto perché lo amavo e lui ne era allo scuro. Neanche a lui andava bene la vita, era come se la ruota della fortuna non girasse a nostro favore.
Lasciai i miei pensieri da parte, e con gran fatica mi alzai dal letto e spostai le tende della finestra che si affacciava sulle vie di Belleville. Era metà marzo e, anche se l’aria era leggermente fresca, il sole riscaldava la città. Decisi di vestirmi più “dark” del solito, amavo quando i miei compagni di classe iniziavano a rompere sul perché io mi vestissi come se fossi perennemente ad un funerale. Ci ridevo su e rispondevo che il nero è un colore così felice; nonostante fosse una battuta a volte ci credevo veramente: il nero, seppur considerato uno dei colori più cupi, lascia intendere che ognuno di noi ha un vuoto che bisogna colmarlo, è l’inizio di ciò che metteremo dentro, che può essere dolore o felicità. Misi la mia adorata maglietta dei Green Day, skinny jeans neri leggermente strappati sulle ginocchia e i miei adorati anfibi, dalla pelle ormai consumata dal tempo. Sistemai per bene il letto e presi la tracolla nera che lasciavo perennemente sullo schienale della sedia. Dentro non aveva niente di che, solo i miei block notes e un astuccio dove tenevo alcune matite e penne, diciamo il giusto indispensabile. Di libri non ne portavo quasi mai, ma quelle volte ero forzata perché ero mantenuta dai genitori di Gerard e Mikey e ricambiare non studiando o facendo  la menefreghista non era una cosa accettabile, così mi impegnavo per raggiungere una B e rendere felici Donna e Donald. Ormai con Gerard era un caso perso, non se ne fregava della scuola, voleva solo diventare un fumettista e creare un fumetto tutto suo, in modo che i bambini lo comprassero e lo leggessero. L’anno passato andava male in tutte le materia, si salvò solo con disegno e poesia, ma due materie erano poche per passare l’anno e adesso avere la sufficienza era il massimo per lui. A volte lo sentivo maledirsi sul perché si fosse fatto bocciare, non lo capivo nemmeno io e quando cercavo di consolarlo e gli chiedevo quale fosse il motivo lui si innervosiva e iniziare col dire che in quel periodo non era in sé. Lui non era mai in sé, e se non fossi la sua migliore amica non avrei capito che quello che mi diceva erano stronzate e che un vero motivo c’era.
Ecco quando si dice “parli del diavolo e spuntano le corna”. Appena aprii la porta mi trovai lui davanti. Un po’ confuso, si passò la mano fra i capelli e mi diede il buongiorno.
-Ciao sorellina, dormito bene? – mi salutava sempre così la mattina dopo quello che accadeva la notte prima.
-Buongiorno, si dai. E tu? – rispondevo ingenuamente io, e sapevo che non rispondeva mai ogni volta che chiedevo indirettamente riguardo alle sere precedenti, aspettava giusto il tempo di sentire il mio buongiorno e poi se ne andava. Sospirai e lo seguii scendendo le scale e trovando Donna che stava portando a tavola la colazione.
-Buongiorno Donna! – dissi cercando di apparire al meglio, lo stesso fece Gerard che si avvicinò a lei e la baciò sulla guancia.
-Dai su, sedetevi e fate colazione- disse invitandoci a sederci e fare colazione. In realtà sapeva che non ci sedevamo mai per fare colazione, bevevamo quella tazza di caffè in piedi e addentavamo giusto due bocconi di pancakes per far contenta Donna, aspettavamo Mikey che finisse di mangiare – si, lui faceva colazione in modo completo, era l’unica soddisfazione di sua madre in quest’ambito. Io e Gerard non toccavamo mai cibo, mangiavamo solo per far felice Donna – e poi uscivamo di casa per dirigerci alla nostra vecchia “adorata” scuola.
I primi anni in cui venni accolta nella famiglia Way, attraversare quella strada era diventato pericoloso per via dei numerosi borseggiatori che si aggiravano per Belleville, e per questo ci accompagnava Donald prima di andare a lavorare; ma ora eravamo abbastanza grandi da potercela cavare e infondo non eravamo soli. Non parlavamo mai fra di noi, per strada eravamo ognuno per i suoi pensieri anche se io e Gerard eravamo tremendamente uniti, non mi perdeva mai di vista senza dare troppo nell’occhio, era abbastanza geloso, lo sapevo. Mi piaceva questo suo approccio ma a volte era come se mi sentissi in trappola e non mi lasciava fiato.
Arrivati a scuola ognuno si separava per andare dai rispettivi amici ma Mikey preferibilmente sceglieva di stare col gruppo di Gerard che era composto dai suoi ex compagni di classe che facevano il quinto. Anche se era stato bocciato, Gerard non perdeva occasione di stare con loro, essendo i suoi migliori amici (oltre me, era ovvio). Il gruppo era composto da Ray Toro, un tipo alto e riccioluto e abbastanza simpatico, avevo avuto modo di conoscerlo una sera, quando era stato invitato da Gerard per passare una serata fra amici; e Frank Iero*, un tipo basso ma parecchio carino. Non l’ho mai potuto conoscere dato che non era mai venuto a casa, si trovava con lui solo quelle poche volte che uscivano ed io non ero interessata alle uscite di Gerard. Ad ogni modo, avevo raggiunto il mio gruppo di amiche, era quello in cui potevo essere me stessa ed era anche grazie a loro se “sopravvivevo”. Le conobbi in primo superiore, tra i banchi di scuola, e da allora divennero molto importanti per me. Le salutai come facevo ogni mattina, baciandole una per una sulla guancia e poi mi misi a sedere sul muretto, posto in cui riunivamo prima delle lezioni.
-Allora, come va oggi?- dissi per iniziare la conversazione.
-Sono stanca, e ancora non stiamo a niente. Voglio andarmene!- replicò Emma piagnucolando. Noi altre iniziammo a ridere e scherzarci su. Emma era la tipica ragazza svampita che si lamentava per qualunque cosa e alla quale faceva schifo tutto: sangue? Che schifo, vedeva qualcuno baciarsi? Che schifo; ed era anche quel tipo di ragazza che appena iniziava a ridere, non finiva più.
-Si Emma, se fosse per te, non ci verresti neanche a scuola- dissi, guardandola divertita.
-Beh, non dico di non venire, mi basterebbe alzarmi verso le nove, venire a scuola a fare quelle tre ore e poi andandomene- finì di dire Emma convinta.
-Beh grazie, piacerebbe anche a me!- rispose Helen divertita dall’affermazione della nostra amica. Helen era la comica del gruppo, ogni battuta divertente era sua, ma era anche un po’ timida, non voleva essere messa al centro dell’attenzione. Era anche l’unica con cui mi confidavo segretamente, e sapeva ogni mio minimo particolare con Gerard. Lui non voleva che ne facessi parola con nessuno, ma sapevo che di lei mi potevo fidare eccome, e anche di Violet che per adesso era partita in Francia per far visita ai suoi nonni e ci rimaneva lì per due settimane. Mentre aspettavamo Lucy, la quinta componente del nostro gruppo, nonché la nostra migliore amica, suonò la campanella e dovemmo entrare. Mi guardai intorno per vedere se Gerard, Mikey e il resto del gruppo fosse entrato ma non c’era nessuna traccia di loro e avevo paura che oggi avessero saltato la lezione.

 
*Frank qui ha la stessa età di Gerard, volevo che fosse un suo compagno di scuola.

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Capitolo 3
*** chapter. 3 ***


Capitolo: Di Rabbia e Tristezza pt.1
Autrice: Annamaria (@nixhtmare on twitter)
Point Of View: 1st person (protagonist)
Note: Buonsalve! Finalmente dopo quasi due mesi di assenza sono riuscita a pubblicare il terzo capitolo (buuuh). Uhm, che dire.. spero vi piaccia e per osservazioni/commenti/chiarimenti sulla storia mi farebbe piacere saperlo. Ci vediamo al prossimo capitolo! Buona lettura!


 
Just You Me and an Another Song

Chapter 3 - Di Rabbia e Tristezza pt. 1

Fortunatamente Gerard entrò con dieci minuti di ritardo, e dopo aver subìto la ramanzina del professore di chimica, uno dei professori più detestabili dell’intero liceo, si avvicinò per sedersi al banco accanto a me. Appena il mio sguardo incrociò il suo, mi mostrai arrabbiata ma lui con la sua non curanza sbuffò leggermente, prese il libro di chimica e si sporse sul mio banco per vedere il numero della pagina, cosa che non gli interessava ma che era costretto a fare per fingere di seguire la lezione e non ricevere un’altra sgridata dal professore che aveva promesso di farlo bocciare di nuovo. Lo tenni d’occhio fino a quando  non ebbe trovato la pagina e dopo essersi accorto che io lo stavo guardando, mi fece cenno di cosa volessi, ma mi mostrai talmente arrabbiata che si girò dall’altra parte per qualche secondo e si rigirò facendomi le spallucce in modo da dire che non era colpa sua.
Lasciai perdere il suo comportamento per ritornare a seguire la lezione e mi dissi che non appena fosse suonato l’intervallo ci avrei parlato. Appena finita l’ora di chimica, si susseguirono matematica e letteratura e al suonare della fine della terza ora, che segnava l’inizio dell’intervallo, la classe si vuotò velocemente per uscire fuori a prendere una boccata d’aria e fumarsi una sigaretta. Lo stesso fece Gerard, il quale prese il suo pacchetto dalla tasca della felpa, ne sfilò accuratamente una e se la portò dietro l’orecchio, prendendo l’accendino. Dopodiché si diresse verso la porta della classe, e determinata, gli andai incontro decisa a parlargli. Lo fermai prendendolo dalla manica della felpa nera, e lui si girò verso di me con aria interrogativa.
-Che c’è?-
-Perché sei entrato in ritardo? Che hai fatto?- dissi incrociando le braccia sul petto- Se non sbaglio mi avevi promesso che non l’avresti più fatto-
-Reese,  non ho fatto nulla di male e tranquilla, riuscirò a passare l’anno- disse poggiando la mano sul mio braccio – e poi, siamo a metà marzo e non faccio stronzate dall’ultima volta che mi hanno sospeso, quindi smettila di fare la mamma e pensa un po’ più a te-  continuò guardandomi per poi girarsi e attraversare il corridoio che pullulava di ragazzi che prendevano le loro cose dai loro armadietti.
Mi sentii come uno straccio, come la stessa persona che diventavo mentre Gerard “abusava” di me. Ebbi come un vuoto dentro, io mi preoccupavo per lui ma non ricevevo mai questi trattamenti da lui. Presi lo zaino e ci ficcai le cose che avevo lasciato sul banco e mi diressi verso il mio armadietto, dove mi aspettavano le mie amiche.
-Allora, stasera cosa si fa?- domandò Emma toccandosi le punte dei capelli in quel modo così odioso –vi prego basta film horror, sono due volte di seguito che li guardiamo!- disse piagnucolando come al solito.
-Va bene, e cosa vuoi guardare?- domandò Helen.
Iniziò a pensare guardandoci un po’ spaesata – film comico? – disse indecisa.
-Okay, vada per quello – confermò Helen. – magari decidiamo al momento possiamo vederlo su internet, tanto venite da me – Reese,  Lucy.. voi venite o avete degli impegni?- domandò guardando Lucy e me, mentre cercavo di sistemare le cose nel mio armadietto. Rispose Lucy accettando, dicendo che per lei non c’era nessun problema. Di solito lei, avendo un ragazzo usciva con lui, ma alternava i weekend per stare anche con noi. Nelle nostre serate preferivamo essere solo fra donne e non volevamo maschi fra i piedi; a questo punto avrei potuto portare Mikey con me, secondo il mio parere stava bene con Emma, ma erano miei pensieri e probabilmente sarebbero rimasti solo tali.
La risposta toccava a me. Non sapevo se andare o meno; sicuramente quella sera Gerard mi avrebbe usata e poi dopo sarebbe uscito con i suoi amici, facendomi rimanere sola a casa con Mikey e dopo avremmo giocato ai suoi videogiochi da nerd. Avrei preferito dire di si, fottermi di lui per stare con le mie amiche ma c’era qualcosa che mi impediva di dire no, di stare a casa con Gerard. Infatti la mia risposta fu negativa, e mi inventai una scusa per convincerle di non poter assolutamente venire.  Helen mi guardò con aria sospetta, era l’unica con Violet a sapere della mia storia con Gerard e capì subito che quella era una scusa. 
Mi allontanai da loro e camminai lentamente per il corridoio dirigendomi nell’aula di storia, ma dopo nemmeno due minuti mi raggiunse Helen che mi guardò con aria interrogativa.
-Beh, non credi che dovresti dirmi qualcosa?-
Sospirai pesantemente –Gerard ­– dissi piano guardando il pavimento marmoreo.
-Lo avevo capito – disse quasi sussurrando – che ti ha detto prima che uscisse?-
-Niente che non mi abbia ferita-
-Reese, la tua non è amicizia. Dovresti averlo capito. Dovresti fottertene come lui fa con te!- disse Helen determinata.
Helen aveva ragione, non dovrei interessarmi di lui, dovevo pensare a me stessa e a far stare bene me non lui. Ma il mio fottutissimo amore per Gerard mi ferma e riusciva a farmi cambiare idea, tornando da lui strisciando ai suoi piedi e ad essere usata ogni volta. Annuii leggermente ed entrai in classe non appena la campanella suonò, prendendo posto agli ultimi banchi. Poco dopo rientrarono gli altri compreso Gerard che, non badante della mia persona si sedette al banco vicino al mio e ripose il suo accendino nella tasca dei suoi jeans. Non mi rivolsi verso di lui e iniziai a prendere il mio blocco da disegno per fare qualcosa dato che il prof mancava e al suo posto c’era una supplente parecchio irritante.  Con la coda dell’occhio vidi che Gerard fece lo stesso ma notai che non aveva nessuna idea visti i numerosi fogli già sprecati sparpagliati sul suo banco. Passammo l’intera ora di storia a non parlarci e a non scambiarci nessuno sguardo e facemmo la stessa cosa anche durante educazione fisica, con la sola differenza che lui rimase nello spogliatoio tutto il tempo e quando la professoressa Parker se ne accorse, mandò me a chiamarlo e a venire subito se non voleva passare il sabato pomeriggio in punizione. Costretta a chiamarlo entrai nello spogliatoio e guardai da ogni parte per vedere dov’era. Stava in un bagno a fumare, avevo sentito l’odore del fumo non appena mi avvicinai alla porta del bagno. Bussai piano e lui velocemente aprì la porta leggermente spaventato.
-Pensavo fosse la Parker -  disse riprendendo la sigaretta e portarsela sulle labbra aspirando il fumo della sigaretta.
-No, mi dispiace sono io. Ma la Parker vuole che tu esca subito – risposi scocciata sbattendo la porta e dirigendomi verso l’uscita dello spogliatoio.
-Si può sapere che cazzo hai?- domandò sbottando e uscendo dal bagno, facendomi fermare prima di aprire la porta dello spogliatoio -  non te la sarai mica presa solo per quei fottuti dieci minuti di ritardo?- non risposi, rimasi lì ferma guardando il pavimento. – fanculo – disse alla fine ritornandosene nel bagno in cui aveva fumato.
-Non sai quante volte ti ci ho mandato io- sussurrai, sperando di potesse sentirmi, e uscii dallo spogliatoio sbattendo leggermente la porta e dirigendomi dalla professoressa dicendo che Gerard non si sentiva bene e che fra un po’ sarebbe uscito. Non sapevo nemmeno perché lo proteggevo. Alla fine della lezione salutai le mie amiche nel piazzale della scuola e aspettai che uscisse Mikey per poi andare a casa; non aspettai nemmeno Gerard, sicuramente lui aveva altro a cui pensare. 

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