ARCADIA

di yurei
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** LADRI ... ***
Capitolo 2: *** buona notte ... ***
Capitolo 3: *** 1° e 2° giorno ... ***
Capitolo 4: *** 3° giorno ***
Capitolo 5: *** 4° giorno ***
Capitolo 6: *** 5° giorno ***



Capitolo 1
*** LADRI ... ***


arcadia
ARCADIA

Ladri ... 


Bene la sua preda era lì: bastava solo allungare un po’ le mani, fare attenzione e prenderla.
Aveva superato tutti i sistemi di allarme con agilità e maestria. Aveva passato intere settimane per studiare quel piano nei minimi dettagli e ora era giunto il momento di metterlo in atto.
Quel diamante era così splendente, con tutte le sue sfaccettature … lo chiamavano: Arcadia. Il nome di un mondo fantastico.
Jeane era a mezz’aria tra il piedistallo , sul quale stanziava una scatola a forma piramidale di vetro che custodiva l’Arcadia, e il soffitto. Tutt’intorno una rete inestricabile di allarmi.
Doveva fare la massima attenzione.
Sollevò piano la piramide che ricopriva l’Arcadia e lentamente si tendeva per prendere il suo gioiello, era quasi nelle sue mani quando lo vide letteralmente sparire sotto i suoi occhi e ricomparire tra le mani di un giovane che sorrideva divertito all’entrata di quella grande sala.
-ma che …?- Jeanne rimase immobile qualche secondo, non aveva capito bene cosa fosse successo sapeva solo che qualcuno l’aveva fregata.
Una sonora risata.
-tu chi cazzo sei?- fece molto gentilmente Jeanne all’ignota figura, ma come risposta ottenne solo un’ulteriore risata.
Poi gli allarmi suonarono. Violenti.
“cacchio, adesso come faccio?” la polizia sarebbe arrivata a momenti e lei era lì ,bloccata.
Aveva bisogno di molto più tempo per risalire …
”forza Jeanne pensa” si diceva “su Jeanne pensa, pensa!” incitare il suo cervello a pensare fu pressoché inutile: la polizia era arrivata.
Sentiva i cani ringhiare e le guardie gridare e sputare le loro solite frasi da film d’azione tipo ”sappiamo che sei lì dentro, ti conviene arrenderti! Siamo armati!” il solito blef, o forse No,almeno lo sperava.
In ogni caso era nei guai , stavolta l’avrebbero davvero messa dentro.
E quello stupido non la smetteva di ridere … già, quel bastardo era ancora lì.
-addio cara!- fece salutando con la mano prima di andare via con il diamante .
Jeanne non fece in tempo a rispondere in uno dei suoi soliti modi gentili che un poliziotto le puntò una torcia sul viso. Accecante.
Chiuse istintivamente gli occhi e … fu buio.


Il soffitto era finemente decorato, la stanza era arredata elegantemente da un armadio con un grande specchio e un grande comò occupava lo spazio accanto al letto, che era uno di quei letti che si vedono nelle telenovela di fine ’800 ,a baldacchino, tutto decorato.
Sembrava la suite di un albero o forse la camera di un castello.
Jeanne si alzò di scatto.
Dove si trovava?
Aspetta, qui qualcosa non quadrava.
Tentò di ricordare: stava rubando un diamante, poi era arrivata la polizia , aveva chiuso gli occhi e ora era in un posto lussuoso … no, i conti non tornavano!
Sforzò i suoi ricordi affinché fossero più precisi tentando di focalizzare precisamente l’ultima immagine rimasta impressa nella sua testa: un ragazzo … già quel bastardo! Era stata tutta colpa sua se … poi improvvisamente si fece spazio tra gli altri un pensiero: CIBO.
Bè aveva fame.
“ma perché devo mettermi a pensare al cibo in una situazione come questa? Stupido cervello sei un idiota!”
“non ti permetto di rivolgerti a me in quel modo, bella; fino a prova contraria sono stato io a pianificare un piano per-fet-to!”
Con chi stava parlando? Con il suo cervello ovviamente.
No, forse non così ovviamente.
“tu non sei stato capace di pensare ad un altro piano di fuga!”
“non mi piace lavorare sotto pressione!”
“ovviamente grande genio, come vuole lei …”
Mentre stava lì a fare lite con il suo cervello sentì un rumore.
Automaticamente la ragazza si nascose sotto le lenzuola decidendo di rimandare momentaneamente il litigio con la sua materia grigia.
La porta si aprì.
-buon giorno principessa!- un giovane che sembrava avere circa 20 anni, con i capelli biondi e lo sguardo beffardo apparve sulla porta e le sorrise.
-salve io sono Cristopher, voi siete …? - con fare gentile fece un inchino che ricordava i tempi antichi.
-io sono Jeanne, la Ladra Jeanne e voi … voi … - improvvisamente il volto della ragazza divenne praticamente bordeaux e questo era dovuto al fatto che solo allora si era accorta di avere indosso unicamente la biancheria intima.
Si tuffò immediatamente sotto le lenzuola.
-scusami, mi sono permesso di toglierti quei vestiti logori e sporchi- fece il biondino.
-tu razza di maniaco sessuale! In che cavolo di posto mi trovo? E poi … tu hai portato via il mio diamante!! maledetto!-
-il tuo diamante? Non l’ho portato via, l’ho rubato. Un ladro che ruba ad un altro ladro:si chiama voglia di competizione, è molto diffusa tra noi uomini.-
-non me ne fotte un cavolo di come vuoi chiamarla, fatto sta che tu mi hai derubato! Io rivoglio il mio diamante e i miei vestiti!-
- D’accordo , principessa-
- smettila di chiamarmi principessa! -
-ma è divertente farlo: sei così carina quando ti arrabbi!-
-No, non sono carina. Smettila e spiegami dove mi trovo e cosa ci faccio qui!-
-bene Jeanne, ti spiegherò come stanno le cose, quindi calmati e ascoltami. Io , come ti ho già detto mi chiamo Cristopher e come avrai capito sono un ladro. Dato che mi annoiavo a rubare da solo ha deciso che avrei cercato un “compagno di lavoro”. -
- ma perché dovevi scegliere proprio me?-
- bè è un po’ che leggo notizie di tuoi furti sui giornali e ho pensato che fossi un soggetto interessante e … noto che sei anche sexy.-
La ragazza arrossì nuovamente chinando il viso e nascondendolo dietro i lunghi capelli castani e lisci. Immediatamente lanciò un cuscino sul ragazzo che rideva.
-quindi ora tu dovrai … -
Il biondino non fece in tempo a completare la frase che la ragazza, indossando il lenzuolo come un vestito improvvisato,si era alzata e tentava di fuggire dalla finestra
- io non farò niente e non starò qui un minuto di più!-
Tentava di aprire la finestra ma era inutile. Era bloccata.
Non ebbe il tempo di pensare ad un nuovo piano (tutta colpa del suo cervello a cui non piace lavorare sotto pressione)che il ragazzo le fu addosso e la ributtò sul letto.
Le stava completamente sopra, sovrastandola. Lei era magra e piccola, perfetta per rubare ma inadatta a competere con la forza di un maschio.
-tu non andrai da nessuna parte- fece il biondino guardandola con i suoi occhi nocciola. Poi continuò- tu sei mia prigioniera e non hai vie di scampo.-
la ragazza stava per sputare qualche altra delle sue imprecazioni quando il ragazzo le mise un pezzo di scotch sulla bocca per impedirle di fiatare
- ti lascerò libera solo dopo che avrai accontentato una mia richiesta: portare a compimento un furto con me.-
Cristopher guardò Jeanne, che si era rassegnata all’immobilità, e la scrutò per indovinarne la risposta.
Non aveva molte scelte.
-allora? Accetti? Non hai scelte.-
Piano le tolse lo scotch dalla bocca per permetterle di rispondere mentre le sussurrava - non fare casino principessa-
Lei  gli lanciò uno sguardo di sfida poi voltò gli occhi altrove per fuggire ai suoi e disse - d’accordo, ma smettila chiamarmi principessa cacchio! E ora lasciami!-
-No-
-perché no?-
-perché è divertente! E poi non pensi sia romantico … -
-cosa?-
-il fatto di esserci incontrati nel furto dell’Arcadia: il nome di un mondo fantastico … come t e … -
-io credo solo che tu sei tutto matto.-
- … per questo tu sei la mia principessa- non l’aveva ascoltata.
- io non sono la principessa di nessuno!-
-bene principessa … o ladra Jeanne, ora dobbiamo lavorare per organizzare il furto del secolo: quello della gioielleria Scietsnich-
Ma perché i ladri ogni furto lo chiamano “furto del secolo”? mah.

Avevano una settimana esatta per preparare quel furto …

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Capitolo 2
*** buona notte ... ***


arcadia

questo più che un capitolo è un' appendice del primo ... spero vi siate divertite con il primo... io attendo commenti grazie.



- bene ma ora dormiamo, sarai stanca … anche se hai dormito fino ad ora… Ma ho una brutta notizia da darti … -

Jeanne lo scrutò attentamente temendo il peggio.
Impaziente fissava le sue labbra attendendo un loro movimento. Poi si mossero e pronunciarono - mi dispiace ma in questo hotel ho prenotato solo questa stanza con un solo letto: dovremo dormire insieme.- Cristopher finse dispiacere.
-nooooooooooooo- la ragazza lanciò un urlo seguito da circa 300 bestemmie dette in 6 lingue diverse il tutto concluso con una domanda al cielo: - perché proprio a me!-
Poi rivolse lo sguardo verso il ragazzo che stava iniziando a spogliarsi per indossare un ipotetico pigiama (lei sperava che avesse un pigiama), stava per urlare qualcosa di inaspettatamente offensivo quando si soffermò ad osservarne il fisico: scolpito, perfetto, degno di un ladro allenato,a quel punto il ragazzo, semplicemente in boxer, si stava avvicinando al letto
- non tentare di avvicinarti sporco bastardo pervertito! Non penserai davvero che dormirai con me!! Assolutamente no e poi vuoi darmi qualcosa da mettere addosso!-
-giusto!- la ragazza era ancora in intimo, quindi prese la maglietta che aveva appena tolto e gliela lanciò- questo è tutto quello che posso darti-
-ma … è la tua maglietta!!- fece con una faccia schifata.
- ehi! Non ho mica le pulci o qualcosa del genere . Mettitela! O se preferisci restare così io non ho niente in contrario … -
Jeanne  non potè fare altro che mettere quella maglia che gli andava un po’ grandina e dormire accanto a Cristopher, decisione voluta da una pistola puntatale contro la testa.

Dopo 5 minuti il ragazzo dormiva beatamente.
Un raggiò di sole timido attraversò le tende di quella stanza. Era giorno. Jeanne aprì gli occhi: Cristopher dormiva beatamente a pancia in giù mentre con un braccio cingeva involontariamente Jeanne. (gesto probabilmente causato da rimembranze fanciullesche di un orsacchiotto)
Jeanne si liberò del peso e si alzò dal letto. Si voltò per assicurarsi che il biondino dormisse ancora. Come un angelo, perfetto.
Tentò di aprire la porta, fece pressione sulla maniglia , la porta si aprì. Strano: la sera precedente la porta era chiusa a chiave.
Uscì dalla stanza in punta di piedi. Si voltò verso il corridoi. Si aspettava un corridoio tipico di un albergo, con una moquette rossa, e fu quello che trovò; procedette,trovò delle scale che scendevano. Al di là del corridoio Jeanne si aspettava di trovare una hall ma non fu così: davanti a lei c’era una semplice sala da pranzo con annessa cucina. Qui c’era qualcosa che non quadrava, i conti non tornavano …
Più che un hotel quell’edificio sembrava una grande casa … vuoi vedere che quel bastard- ?
Jeanne non potè terminare di formulare il suo pensiero poiché qualcuno l’aveva attaccata alle spalle, stringendola a sé.
Si voltò: era Cristopher che tutto sorridente fece:- ti piace? Questa è casa mia! - sembrava fiero.
Jeanne non aspettò molto prima di lasciarsi sfuggire un pugno sul suo volto e di aggiungere
 -brutto bastardo!! Allora tutta la storia del letto era una cazzata!! Io ho dovuto dormire con te solo perché ti andava?! Sei un maniaco!!- detto ciò ricominciò a picchiarlo.

Un bel modo di iniziare la giornata! Decisamente!

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Capitolo 3
*** 1° e 2° giorno ... ***


arcadia 1° GIORNO

Cristopher prese una cartina abbastanza grande, la pose sul tavolo della cucina, proprio accanto a Jeanne, che ancora dormiva mentre lentamente beveva una tazza di cappuccino. Quella stanza nella quale si era svegliata il mattino precedente era solo una delle tante del grande palazzo in cui consisteva la dimora del misterioso Cristopher. Il biondino avrebbe potuto chiedere ai domestici di preparare la colazione, ma quel giorno decise di prepararla egli stesso.
Poi aggiunse fissando il foglio
-bene , questa è la piantina della gioielleria: ci sono sistemi di sicurezza qui, qui, qui, qui, e qui e qui … dovunque!!-
-wow- fece Jeanne commentando con aria scocciata. Sembrava più uno sbadiglio o un suono emesso per sottolineare la sua presenza lì piuttosto che un segno di approvazione.
-Jeanne svegliati e ascoltami!- riprese alzando la voce il biondino- dobbiamo trovare un modo per entrare … -
-prego faccia lei genio!-
-ok facciamo le cose una alla volta. Bisogna innanzitutto superare i sistemi d’allarme a raggi infrarossi … tu li attraverserai e li disattiverai.-
-ehi calmati bello! La fai facile! Mi serve un percorso prima di … -
Il biondino le pose un dito sulle labbra indicandole di tacere poi con l’altra mano indicò un punto imprecisato oltre quella stanza
-ho preparato tutto di là , cara principessa-
Jeanne arrossì. Sicuramente per la rabbia: non sopportava essere chiamata “principessa”.

2° GIORNO

Jeanne aveva passato l’intera giornata ad allenarsi in quel maledetto percorso ad ostacoli che doveva in un certo senso riprodurre la sala della gioielleria che precedeva il caveau e la cassaforte.
Allenarsi ancora ancora e ancora, fino a quando non l’avesse imparato alla perfezione. Chiuse gli occhi e ripercorse il tragitto ancora una volta attraverso mobili e corde sospese a mezz’aria. Esecuzione perfetta. Non urtò nulla. Si ritenne soddisfatta del suo lavoro e della velocità con la quale aveva memorizzato il tutto e si stese a terra stanca a fissare il soffitto e recuperare le forze.
Il soffitto: tutto in quella casa era tremendamente lussuoso e questo la faceva sentire a disagio anzi le provocava un vago senso di disgusto. Le sembrava una gabbia dorata, meravigliosa ma non abbastanza da nascondere la sua funzione primaria. Era tutta una finzione. L’oro odora sempre di guerre e morte.
-salve principessa!-
Improvvisamente il viso di Cristopher le si parò davanti sottraendole la visuale del soffitto.
Jeanne fece una smorfia.
-allora? Hai memorizzato il percorso?-
-certo sono una professionista io, cosa credi?-
-lo so, per questo ti ho scelta, oltre che per il tuo bel faccino ^.^ -
Si chinò e le diede un bacio sulla fronte.
Jeanne ricambiò gentilmente con un cazzotto e un “che cacchio fai?”
al quale seguì un sorriso.
-bene visto che sembri così sicura di te perché non mi fai vedere?-
Jeanne eseguì senza rispondere.
Si muoveva con agilità ed eleganza, sembrava quasi che danzasse attraverso la stanza, sicura e decisa nei movimenti anche se aveva gli occhi chiusi.
Ancora un esecuzione perfetta, Cristopher doveva ammetterlo.

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Capitolo 4
*** 3° giorno ***


arcadia
3° GIORNO
Jeanne quella mattina si svegliò, si alzò e si diresse automaticamente verso la cucina aspettandosi di trovare Cristopher indaffarato su quella stramaledettissima cartina invece ad aspettarla trovò unicamente il nulla. Silenzio. Sostò immobile per un po’ attendendo qualche movimento. Niente. Pensò di dirigersi nella stanza del biondino immaginando che la sua sveglia non fosse suonata e che stesse ancora dormendo. Era quello che sperava. Anche se negli ultimi giorni sembrava che tenesse più alla pianificazione del furto che alla conservazione della sua vita. Pensò anche che in fondo Cristopher fosse uno stupido ragazzino e che probabilmente quel giorno aveva preferito fare la vita del figlio di papà che viziato pretende essere svegliato alle 11 attendendo la colazione a letto. Ipotesi realistica e probabile. Pensò che prima del suo trasferimento in quella dimora- prigione lui vivesse così.
“cretina ma a che stai pensando?”
“a Cristopher …”
“a Cristopher?!?”
“si io … ahaaaaaaaaaaa cacchio! Sto pensando a Cristopher!!! Che cazzo mi passa per la testa?”
Ovviamente stava dialogando con il suo cervello …
Scacciò dalla sua testa ogni tipo di pensiero. Grave errore: non avrebbe dovuto smettere di pensare proprio nel momento in cui aveva trovato la stanza del biondino vuota. Vuota, già.
“dove cazzo è andato quel cretino?”
Iniziò a cercarlo inutilmente. Vagava a vuoto per quella grande casa che non conosceva senza pensare, senza voler pensare. No, non doveva e non voleva pensare. Respingeva i continui attacchi di pensieri che suonavano forti nell’aria e sembravano far rima con abbandono, bugia, solitudine, morte.
Il su girovagare per la casa fu però fermato dai domestici che la ricondussero in camera dicendole che il padrone era momentaneamente assente e pertanto chiedendole di restare gentilmente in camera sua assicurandole che la colazione le sarebbe stata portata in camera. A tale sequenza di gentilezza mista a pura sottomissione ubbidiente e dedizione al lavoro , Jeanne aveva risposto con -mi fate venire il voltastomaco!!! Ahaaaaaa loro amano il loro padroneeee! È inquietante! Mi fate schifo! - poi si era gettata sul letto con la faccia contro il cuscino lottando con tutta se stessa per credere che quel cretino era solo uscito per andare in qualche bordello.
Ore 8:00- attesa.
Ore 11:00- ritorno del padrone di casa.
Ore 11:05- il padrone di casa non saluta Jeanne che lo segue chiedendo spiegazioni e , con viso serio, si dirige nel suo studio senza degnarla di una sguardo.
Ore 11:10- Jeanne attende ancora. Si allena per ingannare il tempo.
Ore 13:00- pranzo. Jeanne gusta il cibo ignorando tutto il resto. Non fa domande. Cristopher non avrebbe risposto.
Ignorare i tagli sul corpo di Cristopher.
Sorrisi. Imprecazioni.
Ore 15:00- Cristopher rivolge la parola a Jeanne- scusami ma oggi non penso riuscirò a contrarmi sul piano. Continueremo domani. Per oggi puoi uscire di casa. Puoi anche andare via se vuoi. Non sei più mia prigioniera, puoi anche andare via se vuoi.-
È serio.


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Capitolo 5
*** 4° giorno ***


arcadia 4° GIORNO
Jeanne decise di restare pensando unicamente al bottino.
Il denaro era quello che le serviva per …
Quella gioielleria sarebbe stata inespugnabile senza l’aiuto di qualcun altro. Decise di restare e tutto riprese come sempre.
Come se non fosse accaduto nulla.
- principessina!!- era la voce di Cristopher, chi poteva essere?
- che cazzo vuoi?- questa era la finezza di Jeanne
-vedo che hai deciso di restare … -
Lei non rispose , si limitò solo ad abbassare lo sguardo. Il biondino sorrise decidendo di non chiederle altro per ora …
- comunque ho pianificato come poter superare gli altri allarmi.- cristopher aveva stampato in faccia un sorriso soddisfatto a 42 denti bianco-smagliante-con-effetto-accecante.
- ma bravo- fece ironica Jeanne aggiungendo - bene datti da fare-
-cara, la maggior parte dovrai sbloccarli tu!-
-ovviamente!-
Il biondino si avvicinò alla ragazza,lui indossava un maglia a mezza manica nera e dei pantaloncini corti, indumenti che non bastavano a nascondere i tagli che ricoprivano tutto il suo corpo, e lei finse di ignorarli. Almeno ci provò . E poi a lei non gli fregava niente di lui, poteva anche morire, il suo unico pensiero erano i soldi : di lui e delle sue ferite non gli importava minimamente. Davvero?
-sai ho pensato anche a cosa dovremo indossare per essere più furtivi … -
-non preoccuparti io ho la mia tuta aderente nera.-
-si ma io ho pensato ad un equipaggiamento molto più sofisticato e molto più furtivo … - il biondino sembrava serio e poi Jeanne pensò che forse fosse anche giunta l’ora di cambiare quella sua tuta logora e vecchia. Ora lo ascoltava con attenzione immaginandosi già i migliori equipaggiamenti che avesse mai sognato e alla fine lui parlò, era serio …
-bene io ho pensato che potresti indossare un body di pelle nera con bustino e frustino annessi e - a quel punto Jeanne gli diede un forte pugno nello stomaco aggiungendo un - col cavolo!-
Il biondino, piegato in due per il dolore continuava a dire, implorante e con la faccia innocente: - ma io credo che il body sia piuttosto comodo per muoversi e poi la pelle nera serve a nascondersi meglio e il frustino … bè, non si sa mai, può sempre servire! Soprattutto se ci sono io nei paraggi e tu non riesci a controllare i tuoi istinti … - qui fu interrotto da un pugno precisamente sulla bocca.
Alla fine si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere entrambi. Come due bambini. Come due vecchi amici.
Jeanne si accorse solo dopo che Cristopher nascondeva dietro la sua schiena un frustino e un bustino di pelle …

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Capitolo 6
*** 5° giorno ***


arcadia
5° GIORNO
Quel giorno Cristopher fu chiamato proprio nel bel mezzo degli allenamenti …

-padre, mi ha fatto chiamare?-
La poltrona oltre la scrivania di legno pregiato roteò su se stessa scoprendo l’uomo sedutoci sopra. Gli sguardi si incrociarono sfidandosi.
-sei di nuovo ubriaco?-
L’uomo non rispose, lanciò una matita contro il giovane che aveva innanzi.
Cristopher non si mosse.
La matita cadde miseramente a terra  dopo essere stata debolmente lanciata oltre la scrivania.
Era ancora ubriaco. Come sempre da quando aveva trovato la moglie a letto con un altro.
-perché mi hai chiamato qui?-
-io non sono ubriaco!- no, non era affatto convincente - e tu, scansafatiche inutile , sei solo un peso per questa famiglia. Io lascerò l’azienda nelle tue mani e voglio che la gestisca al meglio.-
-non lo farò mai.- fece qualche passo in avanti.
-non preoccuparti , potrai avere tutto il denaro che desideri … -
-non lo voglio il tuo sporco denaro! Ascoltami: io non diverrò mai come te e non amministrerò mai questa azienda … -
-invece lo farai!- l’uomo , di corporatura robusta ma che comunque non nascondeva la sua età, aveva alzato la voce interrompendo il figlio, continuando- tu sei mio figlio e in quanto tale mi ubbidirai!- sbattè i pugni sul tavolo alla disperata ricerca di un’autorità paterna ormai perduta.
- no, io non sarò mai il figlio di un uomo meschino e corrotto come te! Tu non mi hai mai trattato come tuo figlio e ogni volta ti ricordavi della mia esistenza solo quando ti servivo per sfogarti … - lentamente Cristopher avanzava verso la scrivania guardando negli occhi quell’uomo e tentando inutilmente di ricordare un solo episodio felice legato a lui.
 Ci provò.
Niente.
Ci provò ancora.
Inutile.
- non hai fatto altro che picchiarmi ogni volta che tornavi a casa ubriaco! Bene allora io. Non. Sono. Tuo. Figlio.-
Ora era proprio a 2 cm dalla scrivania, con le unghia che raschiavano il legno pregiato. L’uomo prese un tagliacarte e lo conficcò in una mano del figlio. Con rabbia. Fu quella la sua reazione: dopo tanti anni l’unica cosa che sapeva fare era ancora usare la violenza.
Cristopher non si mosse. Sentì il dolore ma quella ferita non era nulla in confronto ai tagli sul suo cuore.
Guardò per l’ultima volta il padre giurandosi che lui sarebbe stato diverso. Poi andò via senza aggiungere una parola.
Sulla scrivania c’era il suo sangue.
Pensò che bastasse per accontentare suo padre, era quello che voleva in fondo: sangue del suo sangue da mettere a capo della sua azienda, da porre su quella scrivania.

Addio padre.

Varcò la porta di quella sala.
Lo trafisse un solo pensiero: la mano enorme del padre che stringeva la sua minuscola di bambino mentre attraversavano la strada che li avrebbe condotti a quella sala. L’unica volta in cui si era sentito suo figlio. L’unico pensiero felice.
L’aveva trovato.
Troppo tardi.

Ora era un ladro un po’ per essere diverso dal padre e forse anche un po’ per noia.

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