You ain't the first

di Neyther
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** November Rain ***
Capitolo 2: *** You're crazy ***
Capitolo 3: *** It's so crazy ***
Capitolo 4: *** Houses of the holy ***
Capitolo 5: *** Streets of Love ***
Capitolo 6: *** You can't always get what you want ***



Capitolo 1
*** November Rain ***


You ain’t the first

 
 
Novembre 2014, luogo sconosciuto, epoca musicale critica.

Supponiamo che Marianne Gilmour, la classica ragazza “perbene” proveniente da una famiglia benestante e bigotta, nasconda una folle e malsana passione per il rock.
Ipotizziamo inoltre la strada di lei incroci quella dei, Come si facevano chiamare? , Guns’n’roses, quel tipo di ragazzi che nessun padre, in particolar modo Mick Gilmour, vorrebbe frequentassero la figlia.

Premessa

Salve,
Ci tengo a precisare che la storia è ambientata nel 2014, in un epoca in cui i Guns’n’roses, i colossi del rock, non sono “ancora esistiti”. Infatti i componenti della formazione storica hanno diciassette anni e hanno una vita ancora “normale”.

November Rain

Pioggia di novembre, interminabile e maledetta pioggia di novembre.
Una goccia bagna la maglia dei Pink Floyd, scivola sul prisma di Dark side of the moon e lascia dietro sé una scia grigiastra.
Impreco.
Amo quella maglia.
Procedo lungo il marciapiede lentamente, impilando i passi, uno dopo l’altro con assoluta precisione per raggiungere la scuola.

Sono Marianne Gilmour, semplicemente detta Mary, ho quindici anni, sono l’unica figlia di Mick Gilmour, sono orfana di madre ed ho un enorme segreto: la mania per il rock.

Un furgoncino nero, alquanto scassato, mi sfreccia accanto, provengono degli schiamazzi dal suo interno. Sono arrivati, Come si facevano chiamare?, i Guns’n’Roses.
Si tratta di un’ associazione a delinquere che si ostinano a definire rock band composta da cinque insignificanti membri: Axl Rose, Slash (è un soprannome, assurdo, ma è pur sempre un soprannome), Izzy Stradlin, Duff McKagan e Steven Adler.
Condividiamo solo l’ossigeno ed il rock. Due cose importanti e vitali. Fine degli scambi fra me e loro.
C’è un muro fra noi, The Wall, e non ho la minima intenzione di abbatterlo.

Si comportano in modo vergognoso, su questo mi trovo d’accordo con mio padre, usano le ragazze, sono sempre circondati da esseri femminili che cambiano qualche volta al giorno, basta che un umano abbia un culo ed un paio di tette ed i Guns’n’ Roses lo portano a spasso con loro per mezza giornata, come un cagnolino.
E’ l’unico motivo per il quale detesto Axl Rose ed i suoi amici: le ragazze che si trascinano dietro. Nonostante quest’ultime si comportino da oche ed adottino spesso un comportamento provocatorio nei confronti del gruppo, essi non si devono sentire autorizzati a sfruttarle in tale modo.

Uno sciame di ragazze infesta l’ingresso del liceo, sono arrivate le “celebrità” della scuola, le più timide se ne stanno in disparte mentre le più sfacciate tentano disperatamente di attaccare bottone con uno dei membri.

Patetiche.

Incontro Elen, una mia cara amica, la saluto ed iniziamo a chiacchierare di argomenti frivoli e, sorpassato il gruppo, ci dirigiamo in classe.
 
***
Trascino il mio povero corpo, sfinito dalle sfiancanti ore di lezione, fuori dall’aula ed arranco fino all’uscita principale.
Piove, ancora.
Disperatamente cerco le cuffie dell’ipod, le infilo nelle orecchie e lascio che la musica fluisca nelle mie orecchie e mi incammino verso casa.
Osservo gli alberi che costeggiano il viale e rifletto sul significato di Sympathy for the devil, se solo mio padre sapesse che sua figlia ascolta musica rock chiamerebbe un esorcista, o forse mi ucciderebbe, è più probabile la seconda.
Un ragazzo mi sbarra la strada, lo riconosco immediatamente, con quella sigaretta fra le labbra ed gli occhiali da sole saldati alle tempie, nonostante piova.
-Ti è caduto questo- mi dice schietto mentre mi porge un giracollo di velluto nero.
Porto una mano al collo e sento quell’assenza.
Afferro il ciondolo della collana, è un plettro di metallo con inciso il nome del mio gruppo preferito, Pink Floyd.
Ringrazio Slash per il suo gesto, quel giracollo ha un valore inestimabile per me.

-Bella maglietta, ti piacciono i Pink Floyd? Facevano musica incredibile, erano i sovrani del progressive. –

Gli sorrido, anche se quattro ore fa ho pensato di odiarlo, è la prima persona che apprezza i miei gusti musicali e non mi giudica perché non ascolto gli artisti commerciali del Ventunesimo secolo.

- E’ la prima volta che mi trovo d’accordo con qualcuno a proposito della musica. –

- Non mi sorprende. – dice lui calmo, mentre s’accende una sigaretta con lo zippo – Il rock non è per tutti, cara. –

- Ti devo dare ragione anche su questo. – ammetto riferendomi anche all'affermazione sui Pink Floyd

Rideva, in modo strano, è difficile con una sigaretta fra le labbra, è affascinante ugualmente, tutti i Guns lo sono, sembrano provenire da un’altra epoca.
Si sposta i riccioli pece dalla fronte e mi tende una mano.

- Mi chiamano Slash. –

- Marianne. –

-Come la canzone. –

Annuisco. Proprio come la canzone So long Marianne, mio padre mi dette questo nome in seguito alla morte di mia madre causata dalla mia nascita.

So long, Marianne   

Addio, Marianne

Il ragazzo non può saperlo ed io non racconto dettagli così personali, quindi mento raccontando che mio padre adora la musica di Leonard Cohen.

Non è poi così male

Mi sorprendo a pensare, forse mi sono davvero sbagliata ed ho dato giudizi troppo affrettati, in effetti, di questo ragazzo, non so nulla.

-Ciao rocker, ci si becca in giro. –

Le sue possenti braccia mi avvolgono, è più alto di me, la mia testa si scontra col suo petto ed inalo il suo odore. Sa di tabacco, di pioggia, di rock.
E' davvero socievole, mi ha appena conosciuta e mi tratta come un'amica di vecchia data. Proprio come avresti fatto tu, dice l'ironico vocina della mia mente.
Infamo sottovoce l’acqua che scorre incessante sui miei capelli

-Stai tranquilla, niente dura per sempre, nemmeno la fredda pioggia di novembre. –

Sorrido sincera a questa bizzarra osservazione.

-Ciao Slash. –

Si muove dentro di me, qualcosa, la vergogna.
Vergogna di aver giudicato quello strano ragazzo estroverso ed i suoi amici in modo così cattivo e meschino. Sono pessima, come dice sempre mio padre, pessima e severa.

Forse non sono tutti come lui, Rose sembra davvero il classico stronzo.

Forse, solo forse.

Ancora una volta ho espresso giudizi affrettati, sono davvero mediocre.
Slash mi fa un cenno da lontano, sta facendo le corna. Quel gesto mi fa sorridere, mi ricorda i concerti, quando la folla delirante urla verso la band, donando la propria energia mediante quelle corna che si agitano il direzione del palco.
Lo imito e lo osservo scomparire dietro l’angolo.

Rock is the way \m/

Ormai è il mio motto, perché quella musica è un’iniezione di vita, mi fa sentire viva, vera.
Stringo il plettro fra le dita, il contatto con quella placchetta metallica è piacevole, rilassante. Ringrazio quel ragazzo nella solitudine della mia mente e riprendo la via di casa.

Grazie Slash, non puoi immaginare il valore che ha quel ciondolo per me.

Me lo regalò Angie, prima di togliersi la vita.
Successe un anno fa, quasi due, quando frequentavo ancora le medie.
Compì quel gesto per porre fine ad un’esistenza troppo estenuante, grave e difficile per il suo minuto corpicino.

Non ho mai pianto per lei, nemmeno una lacrima.
Mi consideravo egoista, per il dolore che provavo per la sua assenza. Avrei dovuto piangere per lo strazio che l’aveva tormentata, non per il male portato dalla sua mancanza.
Avrei dovuto dire “Sono triste per te” o “Sono dispiaciuta che tu stia male” non “Mi dispiace” perché era lei a soffrire, non io.
Avrei dovuto tante cose.
Il passato è passato ormai, è una vecchia foto che continui a osservare consapevole che mai rivivrai quel momento incastonato nella carta.
Le voglio bene ancora, mi ha arricchito la vita, in quei tre anni condivisi insieme.
Ciò che mi ha dato è stato più di ciò che mi ha tolto la sua scomparsa.

Angie.

Angolo Autrice!

Sto osando, osando tantissimo, con questa fanfiction.
Ed è anche dura da scrivere, questa dannatissima storia, però mi ci sto affezionando molto.
Allora, cosa penserà Marianne?
Slash è diverso, ma Duff, Izzy, Steven e Axl, il più odiato dei cinque?
Sono i terribili bambinetti da lei detestati da sempre?
Alla prossima guys!

Se avete consigli, opinioni, critiche… recensite, mi farebbe molto piacere :)
Mi approfitto un altro secondo di voi pubblicizzando la mia storia originale:
 “Sweet child o’mine”.
 
Vostra
Neyther :)

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Capitolo 2
*** You're crazy ***


You’re crazy

 
Squilla producendo quel fastidiosissimo suono che solo quel congegno infernale può emettere. Allungo la mano e spingo l’odiata sveglia giù dal comodino.L’impatto col terreno fa schizzare via le pile e l’insopportabile trillo svanisce. 
Ben ti sta, stronza sibilo al nemico, incapace di comprendere di prima mattina, che quelle dannate macchinette non parlano.
Rotolo su un fianco, cascando giù dal letto.Lo scontro col parquet produce un rumore sordo che rimbomba nel mio povero, ma indistruttibile, cranio.
Intontita arranco fino all’armadio ed afferro qualcosa di nero ed un paio di jeans.

Il nero va sempre bene.

Indosso gli amatissimi anfibi antifreddo/altri possibili scherzi del clima – privo di umorismo-,prendo due biscotti, la tracolla con il materiale scolastico e corro fuori di casa.
***
Finalmente scorgo in lontananza la sede centrale del mio istituto, mi concedo di riprendere fiato ed inizio a passeggiare tranquillamente dopo aver constatato che le lezioni iniziano fra dieci minuti.
-Si, hai ragione, Axl ed i suoi amici sono davvero belli. Peccato per quel modo di vestirsi fuori moda e per quei gusti musicali assurdi. Rolling Stones? Ma chi sono? – ride una smorfiosa davanti a me.
Mi ero ripromessa di non giudicare le persone senza conoscerle, ma lei non è una ragazza, è solo una stupida oca.
-Ci vuoi raccontare quel che è successo ieri con Rose? – domanda un’amica alla ragazza bionda senza un minimo di cultura musicale.
- Oh, nulla. Quando gli ho chiesto se poteva mettere la nuova canzone di Miley Cyrus è andato via. I Guns’n’roses sono assai strambi. –
Aggiungo “cultura musicale” alla lista dei requisiti per diventare uno dei cagnolini dei Guns.
Mi pento immediatamente del pensiero, non posso giudicarli, non li conosco nemmeno, rischierei di ripetere l’errore commesso con Slash.
Forse sono diversi da quel che credevo.
Per quanto riguarda le ragazze che si trascinano dietro, in fin dei conti sono solo degl’adolescenti “ormonati” membri di un’associazione a delinquere, hanno pur sempre diciassette anni.
Interrompo la discussione col mio ego quando mi accorgo di essere arrivata a destinazione.
Fra la folla scorgo una massa informe di riccioli pece, Slash è con il suo gruppo come tutte le mattine, e, come tutte le mattine, dovrei passare loro davanti da brava bambina menefreghista senza guardarli, indifferente.
Eppure ieri ho conosciuto uno di loro. Ipoteticamente, se non si trattasse di un Guns, saluterei una nuova conoscenza, ma si tratta di un membro di quel gruppo e questo fa cambiare le cose.

Perché?

Loro, forse, sono le persone a me più simili presenti in questa monotona cittadina popolata da modaioli.
Quindi, seguendo il filo logico della mia asserzione, è, sebbene sia faticoso ammetterlo, importante l’idea che loro hanno, o si potrebbero fare, di me.
Perché in fondo fra noi si potrebbe instaurare un meraviglioso rapporto d’amicizia.
Il mio soliloquio risveglia la vigliaccheria presente in me e, da brava codarda, decido di aspettare la reazione di Slash alla mia vista.
Troppo timore di sfigurare, ma da quando è così importante l’idea che gli altri hanno di me?
Non mi interessa la loro opinione.
Quindi perché ho preso questa decisione?

Perché continuo a farmi domande di cui non possiedo risposta?

Odio la mia mente.

Quel ragazzo mi è parso simpatico e lo saluterò. E’ la mia scelta.
Si tratta solo di un dannatissimo saluto, solo un saluto.
 
 
Entro nel cortile della scuola, rilassata, come sempre perché allora tutta quella tensione?.
L’umidità della rugiada mattutina penetra attraverso gli anfibi lucidi e mi punge le punte dei piedi, mi fermo ad osservare la pelle degli stivali, più fulgida e luminosa nelle zone lambite dall’acqua.

-Marianne – mi chiama una voce familiare, ma non abbastanza da essere riconosciuta.

Mi volto in direzione del misterioso individuo che ha appena pronunciato il mio nome ed incontro la massa informe di riccioli scuri fra i quali intravedo Slash.
Gli sorrido, è il mio modo di salutare personalizzato, preferisco regalare quel simbolo di gioia che un banale “Ciao” o un cenno di capo.
La sua mano si avvinghia al mio polso e mi trascina con sé – Devi venire a conoscere gli altri – spiega lui – sono rimasti sbalorditi quando ho spiegato loro che c’è un’altra persona come noi in questa scuola. E sei pure una ragazza! –
Storco il naso, cosa ci trovano lui ed i suoi amici delinquenti di tanto strano in una ragazza con una cultura musicale decente?
-E’ così bizzarro che una ragazza ascolti rock? – domando alquanto infastidita.

Ride.

Non ci trovo nulla di divertente.

-Non ti offendere, ma le ragazze che abbiamo conosciuto sino ad ora non fanno certo onore al genere femminile – confessa lui.
Quindi sono consapevoli di frequentare solo mediocri femmine smorfiose prive di materia grigia.
Un punto a loro favore.

Rudemente mi spinge verso i suoi amici, sbatto contro uno di loro che si rivela essere Duff McKagan, ragazzo alto, abbastanza magro ma comunque muscoloso, lunghi capelli biondi gli scorrono lungo la schiena e sfiorano il bacino. Sembra uscito dagli anni Ottanta come tutto il gruppo d’altronde, ciò non mi dispiace affatto, quegli erano gli anni d’oro della musica, il decennio in cui avrei voluto nascere.

Sospiro, la macchina del tempo la devo ancora inventare.

-E’ lei? – chiede Rose.

Ha parlato loro di me? Pare di sì.
Slash annuisce convinto mentre io sono sempre più confusa e intimorita.

-William Axl Rose, più semplicemente Axl – si presenta lui, porgendomi la mano sorridendo.
Stringo, le dita sono affusolate, sottili e lunghe ed, a mia volta, mi presento.

-Allora sei davvero una rocker? Posso vedere il plettro? – mi domanda, mantenendo la stessa espressione gentile ed angelica di prima.

La richiesta mi imbarazza, Slash ha raccontato ogni particolare, ma assecondo Axl e gli porgo il ciondolo.
Un ragazzo dalla chioma nera, simile a quella che Slash potrebbe avere se frequentasse un parrucchiere ed adoperasse una piastra; si allunga verso di me presentandosi. E’ Jeffrey Dean Isbell, da me conosciuto, sino a quel momento, come Izzy Stradlin.
Successivamente gli altri membri del gruppo, dei quali conoscevo già i nomi, mi stringono la mano e mi porgono qualche domanda.
Sto parlando tranquillamente con ragazzi di cui ho sempre disprezzato l’esistenza, ignorando quanto fossero simili a me. Ed in quel momento, mentre rido con loro, comprendo di essere meno sola, perché in questa terra ci sono altri spiriti ribelli che seguono un ritmo diverso. Ed il rock vibra nelle loro vene e lo riconosceranno sempre, scorrere nel sangue d’un altro, e riconosceranno sempre uno di loro.

Ed il rock è in noi.

-Davvero bello. Canzone preferita? – interroga Axl restituendomi il giracollo.
-Impossibile avere solo una canzone preferita quando si tratta di loro. – rispondo sinceramente.
-Risposta giusta – stabilisce Axl sorridendo.
- Una che ti piace particolarmente? – domanda Duff.
Quest’interrogatorio non mi dispiace affatto, malgrado odi essere sottoposta a troppe domande.
Stiamo solo discutendo di musica, ed è la prima volta che mi capita da quando Angie è partita.
Escludendo naturalmente le liti con vari individui privi di intelletto i quali si offendevano davanti alle mie affermazioni sulla musica commerciale.
-Comfortably Numb – è la mia risposta.
-Beatles o Rolling Stones? – è l’ultima domanda che mi sottopongono ed a farmela è Michael Coretti, conosciuto come Steven Adler.
La compagnia di questi ragazzi mi porta indietro nel tempo, verso quel periodo in cui la musica imperversava come un mare in tempesta ed era l’inno di un’anarchica gioventù ribelle assetata di rivoluzione.
E il dilemma di quei ragazzi era quello: Beatles o Rolling Stones?
I Beatles, i quattro ragazzi di Liverpool amati da genitori e figli.
Definiti gli eroi perché con i loro caschetti rappresentavano un po’ il modello di ragazzo perbene.
Mick Jagger, in un’intervista spiega che ottennero quel soprannome quando emersero gli Stones, perché la nuova band emergente era composta dai cosiddetti antieroi.
I Rolling Stones erano più fedeli all’antico motto Sex, Drugs and Rock’n’Roll come si intuisce da Brow Sugar o Satisfaction.
Erano i figli che nessuna madre avrebbe voluto.
Erano come me e per questo li amavo forse un po’ di più dei cari Beatles.

-Stones – è la mia risposta.

Mi sorridono, leggo dell’affetto nei loro occhi, eppure mi hanno appena conosciuta. Forse sono tutti così mi dico riferendomi all'espansività di Slash del giorno precedente.
Axl si avvicina e mi stringe la mano – Congratulazioni – dice – sei dei nostri ora –.
Lo fisso spiazzata, sconvolta.
-Cosa intendi? – domando basita, la sua affermazione è alquanto strana.
-Pensi davvero che dormiremmo sereni se lasciassimo una come te nelle mani di quelli come loro? – spiega Slash allargando le braccia, indicando così tutti gli studenti della scuola.

La campanella scandisce l’inizio delle lezioni e tutti gli alunni si dirigono verso l’entrata principale, tutti tranne me. Rimango ferma, immobile, rigida, sconvolta da quell’asserzione.
La comitiva mi saluta amichevolmente e si sposta verso l’edificio vetusto, seguendo la massa di studenti.
-Ci vediamo all’uscita, le prove sono alle 3.00. Passa se ti va – mi sussurra Slash prima di andarsene.
Smuovo i piedi apparentemente saldati al prato, inspiro e proseguo verso la costruzione di mattoni rossi ormai in rovina.
Ho ancora cinque ore di lezione per riflettere tranquillamente sull’accaduto.

-Marianne! – mi chiama una voce amica, in quel momento non interessante.
Voglio bene ad Elén, con me si è sempre comportata in modo impeccabile, ma fra di noi ci sono distanze e differenze che nessuna gentilezza può colmare.
 La nostra amicizia mi è cara, nonostante conviva con la consapevolezza che un giorno comprenderà i divari che separano le nostre menti, e in quel momento forse mi abbandonerà.
E sarà solo l’ennesima volta che qualcuno mi lascerà dietro, sanguinante, per proseguire verso la sua strada, determinato a raggiungere il traguardo.

-Cosa facevi con quel gruppetto? Ma ti ricordi chi sono? Sono la feccia della scuola, i Guns N’ Roses – grida furibonda.

Discuto con me sulla risposta da darle.
Ma la consapevolezza che lei critichi il mio comportamento, in qualsiasi modo spieghi la situazione, mi sprona a non mentire, ad essere sincera.

-Chiacchieravo. Ho sbagliato a giudicarli – ammetto, è una risposta senza veli,la verità.

Dolorosamente noto il disprezzo, il disgusto di ciò che ha davanti nel suo sguardo.

-Sei cambiata – stabilisce lei sprezzante.

Rido della sua ingenuità.

-Sei tu che ti sei svegliata – ribatto – io e quei ragazzi siamo meno diversi di quanto credi –.

Osserva triste l’abominio di fronte a lei.
Leggo il dolore nel suo sguardo, non capisci, è meglio così Elén.

-Non puoi accettare questa mia differenza vero? – domando retorica, conosco già la risposta.

-Posso provarci – mormora lei mentre una lacrima le percorre il volto – non voglio perderti –.

Sorpresa.

L’unico modo in cui potrei definire il mio attuale stato d’animo.
Non mi aspettavo questo da lei, la ragazza che spesso si era vergognata del nostro rapporto d’amicizia, tenta di accettare che non sono alla moda come lei, come vorrebbe che fossi.
-Allora tentiamo –le dico gentile, ma so che le possibilità di riuscire nell’impresa sono molto basse.
Prende la mia mano e mi conduce all’interno della scuola.
-Corri, arriveremo in ritardo – esclama sorridendo mentre mi trascina con sé.
Forse mi ero sbagliata.
C’è ancora speranza per la nostra amicizia, forse.
***
Trascorro le ore seguenti discutendo col mio ego sullo strano incontro di quella mattina.
Mentalmente figuro le loro prove, potrebbe essere divertente, forse sono pure bravi.
Slash ha ragione, in questa scuola mi è impossibile trovale alcuna compagnia al di fuori di loro. Questa mattina quei ragazzi mi sono parsi così simili a me, Che nascondano anche loro un segreto? Possibile.
-Gilmour, ci parli del Sessantotto – ordina il professore, interrompendo i miei pensieri, riferendosi al movimento del Sessantotto.
Sgrano gli occhi in seguito all’impatto col pianeta Terra e metto in moto il mio povero cervellino.
Sessantotto, Sessantotto, rifletti.
-Siamo nel dicembre del 1968 ed esce il celeberrimo album Beggars Banquet – rispondo d’impeto, senza pensare alla lezione di storia in corso.
- Irrecuperabile – sibila il professor Barret.

Appena si disinteressa di me mi tuffo nei miei pensieri, nuovamente.
In seguito al mio precedente dibattito interiore stabilisco di rimandare la decisione alla fine delle lezioni, mi avevano detto di rivederci all’uscita.

Fai domani quello che puoi fare oggi.

Altro motto di Marianne Gilmour.

 
Spazio Neyther!
Okay people, il capitolo non è il massimo ma almeno è un po’ più lungo del solito.
Come sempre ho sprecato tutto il tempo a rileggere, incapace di correggere il testo e farlo apparire decente.
Anyway, che ve ne pare?
Idee, pareri, opinioni, spietate critiche?
Ho avuto un po’ di problemi nella scena in cui Slash fa conoscere Marianne al resto del gruppo, avevo paura di cadere nella classica “coincidenza da fan fiction”, ma il presentare una ragazza ad una band perché ha gusti musicali degni di questo nome non mi sembrava poi così strano.
Per quanto riguarda Elén immagino che il mini litigio possa apparire strano, ma le due ragazze hanno caratteri molto contrastanti (come ho spiegato poi), infatti questa lite è solo la prima di una lunga serie perché Elén non è capace di accettare l’amica così com’è.
Ora, visto che siete arrivati sino qua, mi approfitto un altro secondo di voi pubblicizzando altre mie storie:
  • “Sweet child o’ mine”, originale.
  • “Quello che Suzanne Collins non ci ha detto”, vecchissima fan fiction su Hunger Games
Alla prossima guys!


Vostra
Neyther :)

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Capitolo 3
*** It's so crazy ***


It’s so crazy

-Pranzi con noi? –
Sembra quasi retorica, questa domanda, dal tono di voce adoperato ma analizzandone la forma pare una comunissima, naturalissima ed assolutamente anonima domanda.
Ebbene sì, ho accettato l’invito alle prove malgrado i miei precedenti giudizi basati su stereotipi e il litigio con Elén.
Il tempo della nostra amicizia è quasi finito oramai.
Siamo giunte all’inevitabile scontro di due personalità completamente differenti e decisamente in contrasto. Fastidiosamente influenzabile, priva di carattere, ignorante –musicalmente parlando – è una definizione sintetica e calzante di colei che è soltanto un’amicizia fasulla, di una straordinaria inutilità.
Sorridendo accetto l’invito, mentre con le dita tasto gli oggetti presenti nella tracolla alla ricerca del cellulare per chiamare mio padre.
Naturalmente non saprà mai – escludo possibili tradimenti – ciò che realmente farò.
 
***
Selvaggia.
Meravigliosa.
Energetica.
Vera.
Il gruppo ha un potenziale incredibile, miseramente sprecato in questa buia epoca. Si tratta decisamente della musica migliore appartenente a questo decennio che abbia mai ascoltato.
Siedo su un divano logoro dalle molle arrugginite nel vecchio garage, denominato Casa Inferno dai Guns, forse per le note che combinano lì come veri artisti, forse per il caos che regna sovrano in quel luogo dimenticato da Dio, forse perché il nome piace o forse perché l’inferno l’hanno dentro.
-Ci racconti di te? – domanda Steven porgendomi uno pacchetto di sigarette.
-Quindici anni. Vita di merda. Padre peggio della vita. – sintetizzo.
Il fumo fuoriesce dalla mie labbra, facendomi sentire un drago. Mi sono sempre sentita come quel fantasioso animale fumando.
-Non puoi avere un passato così vuoto. Problemi di cuore? – mi interroga Slash.
Rido, sghignazzo rudemente.
-Il termine problemi di cuore non si può sentire. E’ esilarante! – affermo soffocando fra le risate – comunque non ho una storia vera da più di un anno, ma sto bene così.-
-Ben detto – asserisce battendomi il cinque.
Ed ha incredibilmente ragione.
Amare è sinonimo di “soffrirò tutte le pene di questa terra pur di rimanere al tuo fianco”.
Solo quando trovi qualcuno per cui valga provare un dolore così incredibilmente straziante puoi permetterti la debolezza di salire su quella barca.
Solo se hai coraggio di rischiare la tua sanità mentale, perché l’amore rende forse pazzi.
L’ultima storia –ed anche la mia prima – si è conclusa per il mio essere vigliacca, per il mio non riuscire ad amare ogni difetto di Claudio da lui odiato.
Eppure lui era innamorato follemente, eh sì, l’amore l’aveva proprio reso pazzo, pazzo di una come me.
-Cos’è la ciò che preferisci dei nostri testi? – chiede Duff interrompendo il fiume dei miei pensieri.
-La verità –
-Ovvero? –
-Dite cose vere. Non i soliti luoghi comuni. –
-Spiegati meglio. – incalza Axl entrando nella conversazione.
-Per esempio, Sweet child o’ mine è una canzone d’amore no? –
Rose annuisce.
-L’ho scritta per la mia ex ragazza. –
-Ecco, nel testo non trovi i soliti paragoni scontati da penny market, trovi sentimenti, veri, vividi, semplici, di un ragazzo innamorato. –
-E’ davvero il miglior complimento che ci abbiano mai fatto. –
Sorride dolcemente.
Ha gli occhi caldi, nonostante il colore freddo simile a quello delle iridi di Claudio.
Rassicurano.
La sveglia preimpostata del telefono suona per avvertirmi di tornare a casa, saluto i Guns, i quali mi offrono un passaggio.
***
Sono sopravvissuta al mortale viaggio sul vecchio pick-up di Izzy, l’arma più pericolosa del Ventunesimo secolo.
Ho superato la mia prova del giorno direte voi.
Ma invece no.
No, no, no.
Davanti al portone di casa Gilmour c’è un ragazzo con l’inverno negl’occhi e la notte fra i capelli ondulati che sfiorano le spalle.
Tiene una sigaretta fra le dita.
Una Camel Light.
Potrei riconoscerla da qualsiasi distanza, quella dannata sigaretta.
Lui è Claudio Mason.
-Chi è? – sussurra Axl al mio orecchio.
-Mio ex – sono le uniche parole che riesco a pronunciare, vincendo il magone avvolto intorno alla gola.
La pelle d’oca mi gela ed il freddo pervade il mio corpo quando il ghiaccio dei suoi occhi si posa su di me.
Fa proprio male vederlo lì, davanti alla soglia di casa, come un anno fa.
E’ una pugnalata profonda al cuore, malgrado sia passato tanto tempo, nonostante tutto sia finito per causa mia.
Leave, don’t leave me.
Mi saluta con un’espressione pacata sul volto mentre si avvicina.
La distanza fra noi diminuisce e i battiti del mio cuore aumentano.
Il tabacco mi pizzica il naso, le ciocche dei suoi capelli mi sfiorano la fronte e lui mi scosta un ciuffo dietro l’orecchio.
-Dammi solo un’altra possibilità –
E’ una domanda, una supplica, malgrado l’imperativo. Eppure lui non l’ha proprio capito.
Non c’è niente che non va in lui, la rotella mal funzionante son io.
Io che l’ho fatto infuriare quella sera. Io che ho lasciato che si ubriacasse davanti ai miei occhi dal colore caldo ma più freddi dei poli. Io che poi morivo dentro quando l’ho visto con un’altra fra le braccia.
Quella sera, quando l’alcool nelle sue vene sfiorava la luna.
-Fanculo alle seconde possibilità: le persone non cambiano. Perché dovresti farlo  tu? –
La vendetta è un piatto che va servito freddo e, come tutte le pietanze ghiacciate, ha un sapore disgustoso perché la disperazione provata alla vista dell’emozione dei suoi occhi è più forte di quella della sera fatale in cui abbiamo rotto.
Ma se il dolore che sento così forte è la ragione a cui mi sto aggrappando ho sbagliato.
Se il fiume di lacrime piante non era poi così lungo il mio sentimento non era amore.1
La negatività ha pervaso il mio animo sino al punto di avvolgermi totalmente anche nei rapporti affettivi, riesco solo a provare sentimenti tutt’altro che positivi oramai.
In una frazione di secondo fra me e Claudio si frappone qualcuno, Axl.
Mi sta parlando, forse urla, non riesco a sentirlo.
C’è qualcuno nella mia mente, ma non sono io. 2
Afferra le mie spalle, scuote la mia povera carcassa.
-Ti vuole violentare? – domanda Slash con la voce di tre ottave più alta.
-No, che dici. Lui è un mio conoscente. – ridacchio, riprendendo improvvisamente il buono umore e il possesso del mio corpo.
-Allora ragazzi, lui è …- dico mentre la mia voce si spegne constatando che Claudio è ormai sparito.
-Claudio Mason – termina Duff per me – era famoso in tutta la scuola, prima che smettesse a settembre. Perennemente avvolto da una nuvola di fumo e da quel sintomatico mistero. Come non esserne affascinati? –.
McKagan ne parla come se fosse un prodotto di cui fare la reclamè, riderei, ma ora non ci riesco.
Lui è tornato.
Non posso scappare, devo affrontarlo, nemmeno se mi nascondessi nel lato oscuro della Luna riuscirei a sfuggirgli. 3

Spazio Neyther
Hi people!
E dopo settimane finalmente riesco a postare il capitolo *coro di ovazioni mentale*.
Maggio studente fatti coraggio.
Questo mese mi sta davvero uccidendo :(
Anyway, per quanto riguarda le note:
1. Si riferisce a “This ain’t a love song” Bon Jovi.

2. Si riferisce ad una frase dei Pink Floyd (Ora non mi viene)
3.Si riferisce a “The Dark Side of the Moon”
Grazie per la vostra attenzione!
Alla prossima guys!

Neyther

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Capitolo 4
*** Houses of the holy ***


Houses of the holy

Sono finalmente nella House of the holy (casa del santo), nella quale puoi vedere la figlia di Satana entrare dalla porta.1
Forse ho preso il motto “Let the music be your master” troppo seriamente dato che sono convinta di vivere nella casa cantata da Plant e di essere la figlia del diavolo2.
Eppure Morrison aveva incredibilmente ragione “Music is your only friend until the end” e per me lo è davvero3.
Al giorno d’oggi sono affiancata da quei ragazzi che potrei considerare amici, eh già ormai mi sono affezionata, ma per molti anni eravamo io e lei, la mia amica più cara, la mia sorella maggiore, la mamma che ho perso.
Stringo le chiavi armeggiando febbrilmente con la serratura la quale apre la porta con uno scatto secco.
-Marianne sei arrivata? – racconta la voce di mio padre con il sottofondo dei suoi piedi che sbattono contro l’impiantito mentre si dirige alla porta.
Getto una rapida occhiata ai ragazzi scacciandoli con la mano, sperando che siano abbastanza rapidi da sparire prima dell’arrivo di Mick.
-Ti vuoi degnare di rispondere? –dice mio babbo alquanto spazientito.
Blatero qualche scusa ed entro in casa guardando in tralice la finestra. Si sono dissolsi. Siamo salvi.
Mi fa le solite domande di sempre e rispondo che non è successo nulla, che non c’è niente di nuovo. Il solito.
Poi mi fa una richiesta strana, mi interroga su Claudio, vuol sapere se abbiamo chiarito.
A mio padre è sempre piaciuto quel ragazzo, erede dell’impresa Mason, se vi leggessi una breve scheda della sua vita mostrandovi solo una foto in cui è pettinato e laccato, e vi raccontassi il patrimonio che ha fra le mani, certamente apparirebbe ai vostri occhi come il classico bravo ragazzo desiderato come marito per la figlia la quale puntualmente s’innamora del play boy di turno.
Ma la mia vita non è uno scadente rosa da teenagers.
Quella è la sua maschera, lui è.. alternativo, si nota, non solo per la bellezza seducente, ma per l’alone di mistero e diversità che lo circonda.
Per Claudio non esistono regole, si direbbe che le infrange e in effetti lo fa, le viola apertamente perché secondo lui “non rispettarle di nascosto è il modo più bieco di accettarle”. Eppure in fin dei conti anche lui è una marionetta del sistema, anche se non l’ha ancora compreso, ha la sicurezza del figlio di papà, perché, ovunque vada, Nicolas Mason sarà pronto a tirarlo fuori dai guai; la sua non è una vera ribellione, bensì un capriccio da bambinetto viziato.
Lui è un ricco ragazzaccio di strada.
-No, non gli ho voluto parlare. –
Mio babbo annuisce, non chiede altro consapevole del fatto che non ho intenzione di confessare, almeno questo l’ha accettato o almeno l’ha compreso.
*** 
Due mesi sono trascorsi da quando ho incontrato i Guns, siamo ormai inseparabili. Incredibile, eppure quei ragazzi che detestavo tanto sono parte integrante della mia vita, Slash lo posso tranquillamente definire addirittura il mio migliore amico.
Mi trovo a scuola, precisamente sono dietro un albero, appartenente al complesso scolastico, quindi sì, fondamentalmente mi trovo a scuola.
Se Claudio non si trovasse davanti al portone mi porrei qualche domanda, dubbiosa a proposito della mia sanità mentale, ma lui è lì, insieme ai complessi e ai segreti che rifuggo da mesi.
-Problemi? – domanda Axl comparendo alle mie spalle.
-Sì, e anche grossi – 
-Mason? –
-A-ha –
Osservo il ridicolo cappellino da poliziotto in bilico sul suo capo e sghignazzo cedendo alla tentazione di afferrarlo.
-Si può anche salutare eh? –
-Ciao, restituiscimi il cappello –
Mi chiedo perché, dopo anni di scherzetti del genere, esista ancora chi tenta davvero di riprendere un oggetto –che puntualmente rubo – domandandomelo cortesemente. 
Certe cose non si imparano mai. 
Da lui non posso scappare, questo non lo capirò mai.
Quel pensiero gela la risata sul mio volto e lo sguardo di Claudio sbriciola il ghiaccio sulle mie labbra, i suoi occhi ardono, paiono un vulcano in eruzione, se lo osservassi da vicino, ne sono certa, sembrerebbero due azzurre stelle scintillanti pronte ad ustionarmi.
-Gli altri dove sono? –
-Oggi passano –
-Tu no? –
-Già fatte troppe assenze, non me ne posso più permettere – confessa col seducente sorrisetto sghembo del classico cattivo ragazzo, anche se William non è poi così male, è una gran brava persona, sotto la maschera e il comportamento idiota.
-Dobbiamo entrare – annuncio constatando che è ormai troppo tardi per stare ancora nel parco.
*** 
“Cattive notizie baby: Mason si è riscritto a scuola.” decreta il funesto bigliettino lanciatomi da Axl. 
Cristo, non ho più vie di scampo, sono solo un animale chiuso in gabbia, circondato da un muro ed il tempo che sprecherò a nascondermi non servirà a nulla, perché un predatore sempre intrappola la sua preda.
“Ne usciremo dai” mi incoraggia Rose con la seconda pallina di carta che puntualmente atterra fra i miei poveri riccioli biondo scuro.
“Lo spero” mimo con le labbra in direzione del mio amico, il quale, nascosto dietro la porta mi fa segno di seguirlo in corridoio.
-Posso andare in bagno? –
-Gilmour, la lezione è iniziata da…- la White fa una breve pausa per esaminare l’orologio da polso -.. soli cinque minuti –
La guardo con il classico sguardo la-prego-mi-lasci-andare-sono-mestruata ed ottengo il consenso seguito dal classico “questa è l’ultima volta”.
-Cosa ci fai qui?- sgrido Axl appena uscita di classe.
-Mi annoiavo a lezione, il solito. –
-Idiota! –
In un attimo la luce intorno a me diventa più soffusa a causa dei capelli di Rose che circondano i miei occhi come tende –Sta ferma, Mason è in corridoi, gli parrà che ci stiamo baciando – sussurra al mio orecchio continuando a stingermi.
E’ solo un abbraccio fra amici.
Eppure, quando le sue mani mi solleticano la schiena, quando appoggia le labbra al mio orecchio, quando sussurra di mantenere la calma, quel contatto amichevole lo sento distante.
E’ William Axl Rose, ha avuto anni per imparare ad esercitare poteri simili sulle ragazze.
Il modo in cui mi sposta una ciocca dietro l’orecchio è così bello, il sorrisetto che gli illumina il volto così seducente, le sue labbra sono così morbide… 
Poi realizzo tutto.
Ubriacata dalle sensazioni stavo varcando il limite della nostra amicizia, non posso permettermelo, non sono un’oca dei Guns N’ Roses, forse non mi ero sbagliata più di tanto.
*** 
Sono passate 28 ore.
Axl si è nuovamente nascosto dietro la porta per farmi cenno di uscire.
Poco dopo siamo in corridoi, a duellare con lo sguardo, mentre gli armadietti ci fissano inermi.
-Mi sono lasciato prendere la mano Mary, sei una bella ragazza e ti ho trattato come … quelle… insomma le donne con cui ci vedevi sempre – inspira – spero tu voglia perdonarmi, sai, tengo molto a te –
-Oh, ma piantala – cerco di sdrammatizzare, perché forse avevo realmente sperato che quanto era successo potesse cambiare il nostro rapporto. Lui è sexy, lui è divertente, lui mi piace. Ma quanto? E in quale modo?
Inoltre lo conosco a malapena da due mesi.
-Scherzi Marianne? Ieri eri così infuriata che neppure Slash ha avuto il coraggio di avvicinarti. –
No, non sono innamorata di William, sentirei il cuore battere forte nel petto se così fosse.
-Non scherzo minimamente.  Bye Axl –
Rientro in aula felice di aver chiarito con il mio amico, riprendo la mia postazione nell’ultimo banco e continuo il meraviglioso prisma inciso sul banco.
Lui è sulla porta che mi fissa in modo strano. Non so interpretare quello sguardo.
Gli sorrido e lui fa altrettanto.
Troppa felicità negl’ultimi tempi, la burrasca è in arrivo.
*** 
-Non far del male a Rose. Qualunque cosa accada. –
Slash è davanti a me, mi fissa in modo severo e l’atmosfera è incredibilmente tesa.
Lui è serio, come non mai, è in procinto di rivelarmi qualcosa di troppo segreto ed importante.
La mie mani iniziano a sudare.
-Non capisco Saul –
-Non sono sicuro di quanto sia vero ciò che sto per dirti- inspira e i battiti del mio cuore rimbombano nel mio cranio –penso che Axl si stia per innamorare di te –
-Lui? Innamorato? – strillo confusa e sorpresa.
-Si comporta così da quando Joy se ne è andata? –
-Joy? – 
-Era la ragazza di William durante la prima liceo, si conobbero in un bar, quando lei fu picchiata dal suo fidanzato dell’epoca. Era un tale stronzo … Axl la difese e la portò a casa. Poco dopo iniziarono ad uscire insieme e diventarono una coppia. Una volta Rose le trovò un livido sul braccio, capì che vedeva ancor il suo ex ed infuriato la lasciò. Giorni dopo tutto tornò come prima, lui era troppo innamorato, troppo ceco per vedere che lei era solo una lurida imbrogliona. Durante l’estate andarono insieme al mare ed entrambi, dopo una bellissima giornata, si diressero verso le proprie case. Poche ore dopo il cadavere di Joy fu rinvenuto in un auto insieme al corpo di Liam, il suo ex.
Stavano scopando ed un ubriaco li ha investiti. Poi per Axl non c’è più stata nessun’altra, solo molti, moltissimi giocattoli svuota-palle. Se dovessi avere ragione, non ferirlo Marianne. Non posso pretendere che tu ricambi, però sii clemente. Lui è meglio di come sembra. –
La rivelazione mi lascia senza fiato, riesco solo a biascicare “Ci proverò”.
Eppure Saul continua imperterrito –Tu proprio non provi nulla per Rose? Sarebbe meraviglioso se finalmente riuscisse ad abbandonare il passato-
-Io.. io non lo so – balbetto sempre più confusa.
I problemi si stanno accavallando e non ho ancora ritagliato un piccolo lasso di tempo per pensare.
-Slash, voglio bene a William, non gli farei mai del male – confesso, ed è l’unica cosa di cui sono sicura oggi – poi non abbiamo nessuna certezza a proposito del suo presunto innamoramento –
-Hai ragione Mary. Comunque stai attenta, sei la prima ragazza che gli sta intorno di cui mi possa fidare –
-Conta pure su di me – sorrido, cercando di fare quanto è in mio potere. 
Axl è importante per me, lotterò per il suo benessere.
Saul mi saluta, avvertendomi della presenza di Mason alle mie spalle. Mi dice che devo affrontarlo ed è ciò che ho intenzione di fare.
Mi volto per fissarlo nelle pupille, lui mormora un flebile “Ciao” ricevendo in risposta un freddo silenzio.
-Ti prego Marianne. Una sola possibilità. –
-Perché dovrei? – rispondo glaciale.
-E’ a colpa di quello vero? –
Sorrido algida.
-Rose è solo un amico. Inoltre non sono cose che ti riguardano. –
-Però hai capito subito di chi stavo parlando –
Dopo tutto questo tempo cado ancora nei suoi tranelli, certe cose non s’imparano mai.
-Tu fai parte del mio passato, non del futuro – 
-Non si scappa dal passato, Gilmour – sibila.
Questa è veramente l’unica nozione che ho imparato da quando è iniziata la mia fuga, ma questi vecchi incubi tormentano ancora la mia mente


Spazio Neyther.
Allora ragazzi, sono davvero dispiaciuta per il fatto che non ho aggiornato prima. Ora poi mi presento con questo capitolo tirato via, quindi potete anche uccidermi.


Note
1.2.Riguarda "Houses of the holy" 
3. "When the music's over"

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Capitolo 5
*** Streets of Love ***


Streets of Love
 
Oggi splende il sole.
Oggi le persone ridono.
Mi pare di essere una figura in bianco in nero che compare durante un film colorato. La gente sorride, scherza, oggi è primavera, oggi chiunque è felice, oggi i demoni di tutti – o di quasi tutti – concedono una pausa agli animi che tormentano.
In questo mi sento diversa.
Un giorno di sole non mi rende solare.
Fisso ancora il professore con falso interesse ripercorrendo con la mente il discorso di Slash.
Joy, quale è il cognome di questa Joy?
Rapidamente, ben attenta a non destare attenzione, invio un SMS indirizzato a Saul.
“Loan”.
Ripeto.
“Loan”.
Elén Loan.
Joy Loan.
Certe volte è troppo bello credere che il mondo sia una coincidenza.
Elén ed io non abbiamo mai parlato delle nostre famiglie, ci siamo sempre limitate a chiudere il discorso confessando che la situazione è difficile.
Una sorella deceduta in un auto mentre tradiva il proprio ragazzo crea un ambiente abbastanza complicato.
Sono soltanto congetture e spero vivamente che rimangano tali.
***
Raggiante Elén mi saluta da fine corridoio, correndomi incontro.
-Come stai? –
-Bene tu? –
-Bene –
Finiti i convenevoli decido di svelare il mistero legato a Joy, devo scoprire di più, ma ho bisogno di tempo e di una situazione adatta.
-Ti andrebbe di vederci oggi pomeriggio? – domando sorridente.
-Ottima idea, è molto che non passiamo del tempo insieme da quando… da quest’inverno – cinguetta.
E’ molto che non passiamo tempo insieme da quando ho iniziato a frequentare quei ragazzi che così poco sopporti.
-Alle quattro da me? - aggiunge sorridendo.
-Perfetto! – esclamo io.
***
Muovo le dita convulsamente, come se stessi suonando un pianoforte invisibile.
Il mio nervosismo è palpabile, si legge sul mio volto contratto, sulle mani che si agitano convulsamente, nel mio guardarmi intorno con circospezione.
Elèn mi abbraccia, mi invita ad entrare e mi offre un bicchiere d’acqua gelida.
E’ il momento.
Tento di restare calma, di essere naturale, cerco di dare ai miei gesti un po’ di nonchalance, mentre mi aggiro per il salone sperando di scontrarmi con una foto di famiglia di qualche anno fa. Sempre che ce ne sia rimasta una e non le abbiano bruciate tutte in preda alla disperazione.
-Allora?- domanda tranquillamente Elén.
-Cosa?-
-Tu e lui-
-Io e chi?-
-Rose-
Eppure è strano come improvvisamente una stessa idea riesca a radicarsi in modo così rapido nella mente di tanti individui, al punto che una povera sciagurata – o sciagurato che sia- si trovi a scontrarsi più volte con il medesimo pensiero –ovviamente da lei trovato assai futile, stupido, improbabile, improponibile e decisamente assurdo –.
-Io e Rose cosa? –
Voglio sentirlo dire, voglio sapere se davvero lei la pensa come Slash.
-Mary, hai inteso –
-No-
-Come procedono le cose? –
-Quali cose Elén? Me lo vuoi spiegare? Scusami se sono tanto stupida ma proprio non. Riesco. A. Capire. – attacco alzando il tono di voce e sillabando le ultime parole.
-State insieme? Come ti trovi? –
Improvvisamente desidero che lei pensi come Slash. Non solo lui è innamorato di me, stiamo insieme ora. La mia precaria sanità mentale rischia ogni secondo di più.
-Non stiamo insieme- rispondo fredda.
-No?-
-No-
Lei mi osserva, appare sollevata o forse no. Difficile dirlo. Un pensiero gli oscura gli occhi, il sorriso è umido.
-Io lo odio –
-Perché?-
Quando domando so che sto spingendo un tassello instabile, so che il palazzo costruito può crollare a terra irrimediabilmente rovinato, so anche che devo farlo se voglio avere le mie risposte.
Lei non risponde, si chiude a riccio, gli occhi luccicano ed il sorriso si bagna. “Andrà tutto bene” continua a ripetersi, sa che non è vero, ma sperare aiuta.
Lentamente, con attenzione, la avvolgo in un abbraccio e le accarezzo dolcemente i capelli. “Andrà tutto bene”, a quel mantra mi unisco anche io.
Mormora qualcosa, ma non riesco a sentire.
Tendo l’orecchio.
Il sangue smette di scorrere.
Joy.
-Era mia sorella-
-Ne vuoi parlare? –
Scuote la testa.
Nemmeno io volevo.
Eppure lei non è morta a causa di Axl, perché essere tanto furiosi?
-Lasciami sola- ed io sola la lascio.
Mi incammino verso casa e penso a me, a chi sia io veramente: ormai non lo so più.
Che sia lui, William Axl Rose, l’uomo che sto aspettando da una vita?
Mi dico che è troppo assurdo, me lo ripeto, “Hey, lascia stare. E’ troppo assurdo”.
Non riesco a pensarci, non sono capace di interrogarmi, di verificare se questa sia effettivamente la verità.
Troppi pensieri da riordinare, troppo disordine nella mia mente, sono sola, cammino controvento per salvare il mio fragile equilibrio costruito con lavoro certosino; mi è impossibile concentrarmi ed analizzare la situazione.
Che poi, se è realmente lui, lo scoprirò presto.
Dell’amore sappiamo solo che esso è tutto.
Di quella persona so soltanto che ella è la mia canzone preferita – se si capisce quello che voglio dire –.
Spiegarlo mi è impossibile, è come una poesia, puoi capirla ma sciogliere tutte le metafore ne rovina la bellezza e la rende –sotto certi aspetti – meno comprensibile.
***
Manca poco a mezzanotte.
Siedo sul davanzale della finestra imponente.
La paura del domani mi attanaglia, mi impedisce di dormire: quando sto per assopirmi ritorna alla mente il pensiero di Elèn, Rose, Joy.
“Non avere paura del domani. Perché in fondo, oggi è il giorno che ti faceva tanta paura ieri” disse una volta Bob Marley.
Ma oggi so cosa mi aspetta domani ed io a quel domani non ci voglio arrivare proprio.
Nemmeno la Luna sembra volermi aiutare questa notte, sono sola, persa nei miei pensieri. Sarebbe così facile finire tutto…
Un salto verso il cielo, una pistola puntata alla tempia, un coltello lungo il polso.
Dovrei solo raccogliere in un gesto il coraggio di una vita. Poi tutto sarà nero, o almeno così si pensa, sino ad ora, nessuno è mai tornato indietro a raccontarcelo.
I suicidi non hanno il coraggio di proseguire la propria esistenza, ma hanno la forza di concluderla.
Apparirebbe quasi buffo se non si trattasse di morte.
Cosa ci faccio poi quaggiù?
Non c’è vento, le stelle mi osservano insieme alla Luna, dall’alto del loro cielo notturno.
Silenzio.
Questa è la risposta.
Devo scoprirlo da sola, il motivo della mia esistenza.
Certe volte ritengo la capacità di pensare il più grande difetto dell’uomo.
Buonanotte Luna, anche se questa notte mi hai lasciata sola
***
-C’è qualcosa fra te ed Elèn Loan? – chiedo diretta ad Axl.
-No, perché sei gelosa? – sorride sghembo.
-Gelosa io? – sbuffo, inciampando fra le parole per l’imbarazzo –comunque per qualcosa intendevo anche odio motivato –
-Tu cosa sai? – domanda sospetto, guardandosi intorno con circospezione.
-Nulla, era solo una sensazione –
-Non c’è niente fra me e lei – chiude il discorso.
Questa non era la volta buona.
-Devi tornare a casa? – mi interroga ed ogni oscurità sembra svanita dal suo volto.
-Mio padre è fuori, posso tornare a che ora voglio –
Sorride.
E’ bello quando sorride.
Questo, ovviamente, non implica che Slash –o Elén – abbia ragione.
-Facciamo una passeggiata? –
Oddio.
Cielo, le fandonie di quei due mi hanno influenzato al punto che in ogni cosa detta da Rose trovo ciò che sostengono loro.
-Okay –
 “Ma sappiamo entrambi che okay è una parola molto ammiccante. Okay ARDE di sensualità.” 1
 
#SpazioN
So, so you think you can tell?
1.Citazione di “Colpa delle stelle” (The fault in our stars), libro che probabilmente conoscerete.

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Capitolo 6
*** You can't always get what you want ***


 

You can’t always get what you want

 
Seguo Axl mentre si muove fra i vicoli della città, zona a me sconosciuta, se sparisse in questo istante non saprei come raggiungere casa: qua intorno non c’è nemmeno un individuo a cui chiedere indicazioni.
Un’atmosfera imbarazzante é scesa su di noi, lui cammina avanti, io lo inseguo, nessuno parla. Silenzio.
Questo tacere sembra quasi un obbligo, non c’è nessun rumore a disturbare la quiete dell’assenza di parole, il parco in cui siamo giunti è muto.
Gli alberi sono distanti fra di loro, non producono il minimo suono, si limitano a stare eretti, lanciati verso il cielo.
-Tutto bene? –
La sua domanda sembra la nota stonata di una canzone, rovina quel silenzio.
-Si perché? –
Tento invano di essere rilassata, ma traspare nella mia voce, nel modo in cui ho impostato la frase, un sospetto.
Ora temo i pensieri di Slash, perché da quando abbiamo parlato sembra tutto così vero, se s’intende ciò che voglio dire, sembra che la patina di nebbia che ricopriva la realtà sia stata rimossa.
Sembra che Rose sia decisamente interessato a me.
Tutti i nostri momenti insieme hanno improvvisamente cambiato aspetto: la volta in cui ha discusso con Mason, il biglietto, lui sulla porta della mia aula, le domande, i sorrisi, gli scherzi…
Ora hanno una sfumatura nuova.
-Sembri strana. Qualcosa ti turba? –
E vorrei gridargli di sì, sì una, due, tre, cento, mille, centomila volte; vorrei chiedergli di smentire chiacchere e congetture, vorrei un “Sei come una sorella”, ma poi non so se nemmeno lo voglio.
Perché, alla fine, temo la verità delle parole di Slash solo poiché non mi sento adeguata a un peso così grande: se lui, dopo gli eventi passati, riuscisse a ricominciare con una ragazza, questa sarebbe afflitta da una responsabilità smisurata.
Non so se ce la farei.
E quando penso questo mi sembra quasi di voler prendermi quel peso sulla schiena, rinunciando a farlo solo per il timore di spezzarmi, allora non sono più sicura di nulla, né di me né di lui né del mio cuore.
E’ tutto scuro qua dentro, non distinguo sogni, pensieri, desideri, idee altrui, cose studiate, lezioni impartite..
-Nulla –
Sto solo impazzendo, dimmi quale è la verità.
Ma i pensieri hanno voce solo nella mia mente e lui, la restante parte della frase, non la scoprirà mai.
-Ti ho portata qua perché voglio tu sappia una cosa –
Le unghie si conficcano nel palmo.
Non devo crollare.
-Di cosa mi vuoi parlare? – domando con la voce incrinata dal nervosismo.
-Elèn –
Dio esiste.
Espiro.
Non sono più in apnea.
-Ti ricordi quando mi hai chiesto se c’era qualcosa fra di noi? – chiede serio.
Ovvio che me lo ricordo, quella questione è al primo posto nella mia mente insieme al “Scopri se Slash ha ragione”.
-Sì –
Ci siamo.
-Ecco, ho mentito –
-L’avevo intuito genio –
-La questione è più complicata di quanto tu pensi –
Il sangue si ferma, smette di scorrere ed il mio volto perde colore, diventando più cereo.
-Immagino tu sappia la storia di Joy, la sorella di Elén, Slash mi ha detto di avertela raccontata –
Improvvisamente mi sento come se fosse stato organizzato un complotto contro di me.
Pensavo fosse Rose quello all’oscuro di tutto.
-Una volta, mesi dopo l’incidente, rimasi a scuola dopo il termine delle lezioni, l’edificio era deserto ed io vagavo nei corridoi come un fantasma. Entrai in un’aula, l’unica ancora aperta, vidi la sorella di quella che un tempo era stata la ragazza che amavo. Ella stava mettendo i libri nella borsa con precisione. Portava la sciarpa di Joy, le chiesi se era di sua sorella, per attaccare bottone, lei rispose che era sua, Joy usava prenderle i vestiti. Poi disse una cosa che mi sconvolse “Era una bastarda, proprio come te”. Non ci vidi più dalla rabbia, mi aveva associato a quella traditrice, io che mai l’avevo ferita, la spinsi verso il muro e le urlai che si sbagliava. Accadde ciò che mai mi sarei aspettato. Premetto che ero molto confuso e disperato all’epoca, non riuscivo a chiudere occhio la notte. Lei mi baciò, era innamorata di me da quasi due anni, la cosa non finì lì. Ti dico solo che Elén era vergine. Capisci ora perché mi odia ferocemente? –
Lo fisso sconvolta, non dico una parola.
Elén, a mio avviso, è ancora innamorata di lui, fra odio e amore c’è un confine sottile.
-Volevo che tu lo sapessi –
Questo è un altro colpo per il mio povero animo che non può sopportare queste rivelazioni.
Ovviamente lei si sarà sentita usata da Axl per vendicarsi della sorella, non capisce quanto lui fosse confuso e addolorato allora.
Rose mi fissa, nel suo volto si vede la ferita causata dal mio silenzio.
Ovviamente si sente giudicato.
Scusami Axl, scusami se mi chiudo a riccio intorno alla confusione dei miei pensieri e ti ignoro mentre hai bisogno di aiuto, ma ora non ho forza per aiutare me stessa, come posso aiutare te?
-Ti riaccompagno a casa – mormora.
Ci incamminiamo, tacciamo entrambi, ognuno ha bisogno di star solo con i propri pensieri.

 
***
 
-Lei mi manca ancora. Nonostante sia morta e non ci sia più, nonostante il tradimento. –
Silenzio.
-Mi fido di te. Te l’ho detto per questo motivo –
Mi fissa.
Il modo in cui mi guarda, sembra dirmi “Rispondimi, di’ qualsiasi cosa”
-Avevi bisogno di dirlo a qualcuno –
Suona sbagliato, un dito nel tasto errato quando fai un accordo.
Melodia assente.
-A domani Mary –
-A domani –
La porta non cigola.
Chiudo.
Silenzio.
Marianne aspetta, il tempo scorre, si sfila le scarpe liberando i piedi.
Esce, cammina sul prato verde e curato, si sente viva.
Una ragazza bionda passa in bicicletta.
Lo sguardo schifato sulla schiena di Mary, ma lei ora è viva e il resto –che la gente la creda pazza, matta da legare con una camicia di forza o incredibilmente assurda – non ha importanza.
Ed improvvisamente ha la consapevolezza di ciò che deve fare, digita il numero sul display –Non era quella giusta, non lo era lei e non lo era Elén. Un giorno troverai la persona che stai cercando, sarai completo, ti sentirai euforico e vorrai vivere tutta la vita, vorrai vivere tutta la vita che c’è. Sarai consapevole che ne valeva la pena, di aspettare tutto quel tempo, di aspettare per vivere davvero. C’è una persona su sette miliardi ed è tua, solamente tua, nessuno potrà togliertela ed impedirti di incontrarla, sta a te cogliere l’attimo e riconoscerla.
La incontrerai, la donna giusta voglio dire, sappi che la incontrerai giacché siete destinati. –
 Certe volte si sorprendeva da sola.
Così brava a consolare un cuore frantumato ma incapace di rimontare il suo.
Marianne Gilmour era una specie di paradosso vivente.
Forse ho letto troppe poesie.
Non so cosa sia l’amore, men che meno un’anima gemella.
Non posso sapere queste cose.
Appoggia la schiena alla parete esterna dell’abitazione e si lascia scivolare giù, fino a raggiungere il prato con le cosce.
Almeno tireranno su il morale di Axl.
Forse.
Fra tutte le cose ridicole che una problematica teenager sedicenne può fare, la più stupida è indiscutibilmente innamorarsi dell’amore.
Mary l’aveva fatto, adorava l’idea dell’esistenza di un’anima gemella, ci credeva con tutta se stessa.
La gente deve credere nelle cose belle
 
Scusatemi per il ritardo e per le dimensioni minuscole del capitolo.
Alla prossima!
 
H e l i o (sì, ho cambiato nome)
 
 

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