Adam

di joellen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La festa ***
Capitolo 3: *** La minaccia ***
Capitolo 4: *** Rivelazioni ***
Capitolo 5: *** Il rimedio ***
Capitolo 6: *** Un anno dopo ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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A d a m

 

Fiaba gotico/romantico/demenziale

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Bracciano,  tarda sera

 

La donna parcheggiò la Smart nel piccolo posteggio rientrante,  vicino alla fontanella, all'imbocco del corto tunnel sotto la vecchia casa, che copriva un breve tratto di Via della Collegiata. Era già sera, ma per lei, hostess di congressi, tornare a casa tardi era un'abitudine, e non aveva paura della notte.

All'infuori della sua auto, nel piccolo spazio riservato alle macchine, non ce n'erano altre e in quel momento, sulla strada non girava anima viva. La via era illuminata solo da un lampioncino che pendeva sopra una finestra della casa sovrastante, e da un altro lampione oltre il tunnel.

Non si udivano rumori all'infuori di un lievissimo fruscio che lei percepì alla sua destra, forse proveniente dalle scale di Largo della Cattedrale, che scendevano fino alla strada parallela, appena più in alto. Ma sentì l'odore. Il tipico odore vagamente dolciastro del sangue.

Non aveva paura, tuttavia si sorprese ad affrettare il passo sulla via che conduceva alla sua dimora provvisoria a Bracciano, dove si recava una volta o due l'anno, in estate e durante il periodo di Carnevale. E quel giorno era il giovedì grasso. Non tornava da una festa, ma ne aveva una in programma per il sabato successivo, al Castello, e non se la sarebbe persa per nulla al mondo.

Quelle feste, quando venivano organizzate, erano troppo belle per mancare.

Non aveva il minimo sentore che la festa di Carnevale del 2014 sarebbe stata indimenticabile.

Tuttavia, pochi istanti dopo, temette di non poterci andare più.

Il fruscio si fece più forte e, alle spalle, udì un respiro forte ed uno stranissimo suono stridente.

Ora si trovava proprio sotto il tunnel.

Si girò. Qualcosa di grande e nero le si parò davanti, interrotto da una maschera grigia opalescente, macchiata di ombre nerastre intorno agli occhi, che doveva essere un volto, e una bocca rossa si aprì a dismisura esibendo una candida, lucida e luminosa chiostra di denti con canini molto più lunghi del normale, ma prima che quei canini le si affondassero nel collo, lei ebbe la prontezza di riflessi di respingere con determinazione, e con una mano sul torace, l'essere che la voleva aggredire e mordere.

"Mi scusi, signore, - ebbe il coraggio di ribattere - come vampiro lei è perfetto e si sta calando magnificamente nella parte, ma la festa in maschera è sabato. - detto questo, da una tasca del piumino estrasse un biglietto d'invito - Ecco. Se lo merita davvero. Venga. Ci sarò anch'io. Sono Gilda".

Il vampiro si bloccò, esterrefatto per la reazione della sua potenziale vittima, e sentì ogni pulsione aggressiva scemare di colpo fino a scomparire nei meandri del suo cervello e nelle viscere del suo corpo. Da sotto il cappuccio del piumino argenteo indossato dalla donna, il cui riflesso metallizzato dardeggiò per un attimo nelle tenebre della galleria, intravide controluce un paio di occhi chiari che brillavano nel buio in modo totalmente anomalo, come se la luce che sprigionavano venisse da molto lontano, da un mondo remoto o da un'altra dimensione. Non si spaventò, ma rimase assai sconcertato.

Chi era quella donna? Cos'era?

La seguì allontanarsi verso l'uscita del breve tunnel, senza ulteriori reazioni.

Non ne ebbe più la forza.

 

 

Giunta a casa, non molto lontano dal luogo della mancata aggressione, la donna estrasse il tablet e mandò un messaggio: INDIVIDUATO ESEMPLARE. INIZIO PROCEDURA. A PRESTO. GILDA.

Gilda era dotata di facoltà speciali: "sentiva" le creature delle tenebre ed era certa che l'uomo incontrato sotto la galleria fosse una di loro.

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Capitolo 2
*** La festa ***


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2o capitolo: LA FESTA

 

 

 

Quella notte Adam non riuscì a chiudere occhio e le prime luci dell'alba sul lago lo colsero ancora teso e inquieto camminare su e giù per il salone della sua villa-castello a smaltire lo smacco che era stato terribile. Non era riuscito a mordere la sua vittima e non dimenticava la luce che aveva visto brillare negli occhi di quella donna. Cos'aveva di speciale, di straordinario, quella creatura che avrebbe dovuto soccombere all'affondare dei suoi denti nel suo virgineo collo? Virgineo collo? Ora che nella mente si stava diradando la nebbia dell'ira, ricordò che il collo della donna era coperto dal colletto imbottito del piumino e da una sciarpa scura. Ma non era quello il punto. La donna non aveva mostrato timore nei suoi confronti. Lo aveva respinto disinvoltamente; non lo aveva preso sul serio e, in aggiunta, lo aveva invitato ad una festa! Non gli era ancora mai successo!

Lui, Adam Adamovic Palevskji Molnar Salinari, terrore del Medio Oriente Europeo, aveva mancato un colpo! A pensarci e ripensarci, gli pareva inaccettabile!

Eppure, sebbene arrabbiato, non riusciva a provare odio per quella donna. Gli occorsero alcuni minuti per riconoscere che, in fondo, ne era rimasto affascinato.

Dal nulla, alle sue spalle, in mezzo al salone, il silenzio fu rotto dal timbro caldo e profondo di una voce familiare.

"Evidentemente i tempi son cambiati, mio caro amico. - sospirò la voce. Adam si voltò e fu lieto di rivedere Ivan, il suo vecchio consigliere, in piedi accanto al grande camino in pietra a vista - E le donne non sono più quelle di una volta. Ma tu non devi arrenderti per una sconfitta. - proseguì Ivan, mellifluamente persuasivo - Non puoi permettertelo. La specie deve continuare ad esistere e tu devi insistere. Vai a quella festa. Di sicuro, là troverai molto buon materiale per il tuo lavoro ed il nostro scopo. Per dirla, come dicono da queste parti: molti piccioni con una fava". Adam fissò il suo amico, un uomo anziano, di bassa statura, struttura fisica tozza con ventre prominente mal contenuto nei suoi stretti indumenti di foggia antica, volto rugoso dai tratti grossi, che lo scrutava con sguardo diabolico al punto che Adam credette di vedere i suoi occhi diventare rossi come quelli di un demonio, sopra un sorriso sdentato, ma machiavellico. Adam riprese a camminare per la stanza, tuttavia, ora che la rabbia era quasi del tutto sbollita, fu in grado di valutare in modo obiettivo la bontà e la saggezza del consiglio. Sarebbe andato alla festa.

Tra l'altro, la prospettiva di rivedere Gilda non gli dispiaceva affatto.

Da una tasca dei pantaloni tirò fuori il bigliettino datogli dalla donna.

SABATO 1o MARZO 2014

AL CASTELLO ODESCALCHI-ORSINI

GRANDE FESTA IN MASCHERA.

INIZIO: ORE 22 FINO A NOTTE INOLTRATA.

SARA' OFFERTA

UNA RICCA CENA.

 

Perché no? Da quanto non si divertiva? Lavoro, lavoro, sempre lavoro ! Che strazio!

Era ancora giovane. Aveva solo 450 anni!

 

 

 

 

Sabato 1o marzo 2014, dimora di Adam

 

Erano le otto di sera e Adam era già pronto.

Si rimirò nella grande specchiera stretta nella cornice bronzea bugnata, collocata fra le due ampie finestre del salone, e si trovò decente.

In contrasto con il nero lucido del bavero, la camicia bianca "sparava" sotto la giacca del frac, perfettamente stirata, tanto inamidata da star su da sola senza fare una piega. Il colletto era chiuso da un papillon di seta nera e i pantaloni scivolavano dritti, ma morbidi, sulle gambe lunghe. Si calò il cilindro sui capelli neri, non cortissimi, ben tagliati, divisi in due bande sfilate dalla scriminatura centrale e scrutò il suo volto dai bei tratti regolari e delicati che, a causa delle sue lontane origini italiche, aveva dovuto sbiancare artificialmente con la farina per apparire pallido come c'è da aspettarsi da un vampiro. L'intera mise era abbastanza attendibile. A prova generale di tutto, indossò il grande mantello nero che copriva l'abito. Si, poteva andare.

Riprese a camminare avanti e indietro sui tappeti stesi sul pavimento di marmo chiaro della sala, cominciando a mente il countdown dei minuti che mancavano al nuovo evento.

Pensò a quel che doveva fare.

Pensò a Gilda.

Si spostò dalla specchiera, scostò la pesante tenda bordeaux che nascondeva la finestra, si affacciò alla finestra e guardò il panorama. Il lago scuro, sotto un cielo promettente pioggia, o addirittura neve, era punteggiato dalle piccole striature bianche fosforescenti delle onde sollevate dal vento che increspava l'acqua, e circondato da una corona di luci stese sulle alture che scendevano sul lago. All'altra estremità, era ben visibile l'antico maniero, illuminato quasi a giorno, che dominava il paese e il paesaggio. Di lì a poco sarebbe andato proprio là, dove si teneva la festa. E avrebbe compiuto la sua missione. Avrebbe perpetuato la sua specie.

Si allontanò dalla finestra e tornò nella sala, avvolta dalla luce ambrata che proveniva dalle lampade schermate delle apliques fissate alle pareti nei pochi punti in cui queste erano libere, austeramente e sobriamente arredata con la specchiera, una grande libreria che occupava una parete a fianco del camino, e due lunghi divani foderati di velluto bordeaux come le tende, davanti ad esso.

Come spesso accadeva nella sua dimora, il silenzio era sovrano e Adam si sedette su uno dei divani, rimanendo immobile per diversi minuti ad attendere di esserne assorbito e ad aspettare l'ora di andar via.

 

 

 

Castello Odescalchi, ore 22

 

Al Castello, l'atmosfera che trovò era di tutt'altro tipo, ma non gli risultò sgradevole.

Era gaia, ma non chiassosa, nè in qualche modo volgare. La gente chiacchierava, rideva, senza tuttavia esagerare e scadere nel baccano popolare di certi locali. Tutti erano in maschera e le maschere erano ricche, sofisticate e allegre tanto che il suo ingresso fu accolto con meraviglia ed una punta appena percettibile di imbarazzo. Troppo lugubre?

 

A Gilda non fu nemmeno necessario riconoscerlo per l'abbigliamento. Lo "sentì". Sentì la sua presenza e il suo odore vagamente dolciastro nonostante l'essenza profumata che Adam si era spruzzato addosso non tanto per nascondersi quanto solo dare l'ultimo tocco al suo look.

E ad Adam parve vederla uscire dalla folla, bellissima, viso piccolo dai lineamenti fini, alta, sottile ma non scheletrica, lunga e folta chioma rossa ondulata, corpo fasciato da un abito nero aderente con scollatura a cuore che le lasciava le bianche spalle nude,  mani e braccia infilate in guanti neri che sorpassavano il gomito.

Si fissarono da lontano, ma l'uomo ebbe la netta impressione di rivedere quel luccichio straordinario negli occhi azzurri della donna. Luccichio che inebriava, che stordiva, che toglieva forze e coraggio alla sua volontà. Fu quasi tentato di andarsene, ma si sentì inchiodato lì dalla forza di lei, alla quale si scoprì non in grado di opporsi. La donna gli andò incontro sorridendo; un meraviglioso sorriso che scopriva i quattro denti incisivi superiori perfettamente allineati e brillanti, contornati da piccole labbra carnose dipinte di rosso scuro. Doveva essere lei. Doveva essere...

"Salve. - lo precedette la donna - Sono Gilda".

Come un cavaliere di altri tempi, quasi meccanicamente, Adam si sorprese a baciarle la mano guantata. Gli ospiti del castello si fermarono a guardare la scena, stupiti, divertiti, ma anche compiaciuti e le donne, vedendo ciò, sollevarono le mani pretendendo dai loro partners lo stesso trattamento.

Adam seguì, allibito, quella reazione. Gilda rise. Una risata argentina che entrò nelle orecchie di Adam e penetrò nel suo animo fino in fondo. Cosa gli stava succedendo?

 

La serata ebbe inizio.

Un gruppo di maggiordomi in livrea scortò gli ospiti nella sala dei Cesari, la più vasta del castello, la più bella; allestita per la cena, con i tavoli distribuiti a cerchio in prossimità delle pareti, in modo da lasciar libera la parte centrale per le danze. Gilda prese la mano di Adam e trascinò dolcemente, ma con fermezza, l'uomo ad un tavolo apparecchiato per due, invitandolo, una volta raggiunto, a sedersi davanti a lei. E Adam si fece guidare docilmente da lei accettando di buon grado di sedersi dove lei volle. Si trovarono uno faccia a faccia con l'altro, fra due piccoli candelabri d'argento brunito e molto lavorato, ad un solo braccio che sorreggeva una candela rossa accesa, ­ un cestino di fiori, e si guardarono con intensità tale da richiamare l'attenzione degli altri che si voltarono verso di loro, ammirati.

Per cercare di sconfiggere l'imbarazzo, Adam mosse gli occhi in giro facendo una panoramica della sala. Le pareti chiare erano intervallate dal rosso dei tendaggi che nascondevano le varie porte d'ingresso e, dal grande camino posto al centro della parete a sinistra dell'entrata. I soffitti erano stuccati di bianco. Sciolto il ghiaccio, avviarono le presentazioni e, notando una lieve difficoltà di Adam a parlare italiano, Gilda gli chiese la sua provenienza, nonché la lingua in cui avrebbe voluto o potuto esprimersi. Adam le rivolse un'occhiata interrogativa, ma anche di apprezzamento sincero.

"Quante lingue parla....Gilda?" le domandò.

"Sei. - rispose la donna - fra le quali anche il russo, se vuoi".

Adam la fissò, incantato.

"Anche l'Italiano va bene. - accondiscese - Purché parli lenta".

Erano rapidamente passati al "tu".

"Va bene" acconsentì Gilda, disponibile.

Dopo essersi accordati sull'idioma di comunicazione, Adam si schiarì la voce e cominciò a parlare.

"La mia famiglia ha origini varie. - attaccò - I miei antenati non sono di un solo Paese. Io sono nato in quella che oggi dovrebbe essere la Serbia e mio padre era serbo, ma mia madre era russa, mio nonno, russo, la mia nonna paterna, ungherese, i miei bisnonni, italiani e...."si fermò vedendola sorridere, ma con un lampo di preoccupazione negli occhi.

"Ce la fai ad elencare tutti i tuoi antenati entro domattina? - ironizzò lei - Lo dico per te, non per me". Altra occhiata di sorpresa, poi Adam credette di capire e sorrise anche lui.

"Si, certo. - parve quasi scusarsi - Anche perché non me li ricordo tutti " terminò, mostrando di saper rispondere all'ironia con ironia. Gilda sbuffò di sollievo, tornando a sorridere, poi lo fissò, più seria. Era bello, con i suoi capelli neri, tagliati non troppo corti che gli incorniciavano il viso magro e regolare, e i suoi occhi scurissimi dalla forma lievemente allungata. Tutto sembrava fuorché un vampiro, stando almeno all'iconografia classica del personaggio che li voleva diafani e cerei nel colorito della carnagione. Adam era pallido si, ma si vedeva che il pallore era artificiale, indotto dal trucco. Ai bordi estremi del volto, vicino all'attaccatura dei capelli, si scorgeva una sottilissima linea più scura. Lo sguardo intenso di Gilda provocò ad Adam la morte delle parole in gola e la nascita del sospetto che lei avesse, in qualche modo, intuito la sua identità. Adam non sapeva che Gilda "sentiva" i vampiri.

"Adesso parlami di te, Gilda. - ritrovò il coraggio di continuare l'uomo - Dimmi chi sei e...cosa sei!".

Questa volta fu Gilda ad irrigidirsi, ma dissimulò ben presto il suo imbarazzo. A troncare tutto, ci pensarono i camerieri che cominciarono a portare i piatti ai tavoli. Poi si dette il via alle danze nelle quali Adam e Gilda dedicarono gran parte della serata, esibendosi provetti ballerini.

"Qui siamo tutti mascherati. - fece notare Adam, mentre volteggiavano in un valzer - Che maschera è la tua?" .

"Gilda. - rispose la donna, sorridendo - Un personaggio di un film, interpretato da Rita Hayworth. Conosci?". Adam non poteva certo definirsi un assiduo frequentatore di sale cinematografiche, ma qualche volta gli era capitato di entrare in un cinema, solo per riposarsi, o aspettare il momento di agire. In ogni caso, annuì fingendo di sapere di chi, e cosa, Gilda stesse parlando.

Ad un tratto, dal nulla, in mezzo alla sala e ai danzatori, Adam vide comparire Ivan, più mefistofelico e brutto che mai. Ma lo vedeva solo lui e capì cosa stava accadendo. Gli dispiacque di dover lasciare la donna e si scusò per doversi allontanare.

Gilda non fece storie, ma gli disse che lo avrebbe atteso al tavolo. Lo vide sparire dietro una tenda.

Adam e Ivan si appartarono in una sala vuota che trovarono lungo un corridoio.

"Adam! - lo minacciò Ivan - Non lasciarti incantare. Quella donna è una cacciatrice. Sta programmando di eliminarti ed eliminare i tuoi simili. Fallo tu prima che lo faccia lei. Non devi limitarti a morderla! Devi ucciderla! Comincia da lei e poi, prosegui".

Adam rimase sgomento e per niente felice della prospettiva.

Era consapevole di dover iniziare la sua opera ma, no, Gilda, no!

Tuttavia, la rivelazione di Ivan gli aprì definitivamente gli occhi e lo aiutò a comprendere, almeno in parte, il mistero che aleggiava intorno alla bellissima donna.

 

Gilda non rimase al tavolo, bensì si recò al bagno dove non si incipriò il naso, ma tirò fuori lo smartphone per comunicare con le sue socie: Ulrike Heigermann, in Germania, Sally Ryder, in America e Miko Sakura, in Giappone.

CREDO ABBIA QUALCHE SOSPETTO, digitò veloce sul display, nel piccolo spazio riservato ai messaggi, all'interno di una app progettata da Miko, visibile e usabile solo da loro quattro.

FAI ATTENZIONE, MA NON TI PREOCCUPARE - le rispose rapida Ulrike - E CHIAMACI SE HAI BISOGNO.

SE FACCIO IN TEMPO, replicò Gilda, finendo il messaggio con l'aggiunta di una emoticona perplessa.

Quando uscì dal bagno, gli ambienti erano precipitati nel buio completo.

 

 

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Capitolo 3
*** La minaccia ***


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3a parte   LA MINACCIA

 

 

Gilda accese il telefono per creare quanto meno una piccola isola luminosa che spezzasse le tenebre calate sul corridoio e vide Adam, alto, austero, terreo e per nulla rassicurante, fermo in piedi a pochi metri da lei, avvolto nel mantello nero che indossava sul frac.

Forse aveva fatto male i suoi conti.

Forse lui era lì per farle del male.

Forse non era quello che le aveva fatto credere fosse.

Ma provò ugualmente a porre un rimedio alla situazione.

"Adam, - disse semplicemente, cercando di mantenere la calma - Non farlo. Io ti amo. Davvero. A questo mondo c'è qualcuno che ti ama, anche per ciò che sei, quindi, non hai motivo di fare quel che stai per fare".

Nessuna reazione da parte di Adam, il quale, da parte sua, percepiva opprimente la presenza di Ivan dietro di lui, che lo incitava ad aggredire Gilda. A quel punto, la donna ebbe un'idea: finse di rientrare nei bagni porgendo così le spalle ad Adam, quasi un invito ad agire.

Ottenne il risultato voluto.

Sentì Adam volare letteralmente addosso a lei e avvertì il suo respiro pesante, unito allo sgradevole alito che odorava del cibo consumato e dell'afrore dolciastro del sangue. Si voltò di scatto proprio nel momento in cui Adam apriva la bocca e si preparava a morderla. Con un gesto fulmineo delle mani gli congiunse mandibola e mascella chiudendogli la bocca e lo baciò spingendolo sullo stipite della porta, tenendovelo inchiodato contro, con tutto il corpo per impedirgli qualsiasi altro movimento. E in effetti Adam non si mosse più, lasciandosi volutamente e voluttuosamente baciare da lei fino a che non sentì mancare l'aria.

Malgrado fosse impegnata nel bell'atto d'amore, con la coda dell'occhio sinistro, Gilda captò un minaccioso baluginio metallico a pochi centimetri da loro. Lo notò anche Adam che era ancora immobilizzato da Gilda, ma aveva mani e braccia libere. Essendo in grado di vederne l'origine (era una spada brandita da Ivan), con la mano destra riuscì ad afferrare l'arma per la lama,  a strapparla dalle mani del suo ex vecchio amico e consigliere, a girarla velocemente facendola piroettare nell'aria in modo da poterla poi prendere per l'elsa, e a tagliare di netto la testa del demone, che rotolò attraversando il corridoio e arrestandosi alla parete opposta. Gilda vide solo un grosso schizzo di sangue scuro sporcare l'intonaco, ma interruppe ugualmente il bacio e si girò verso l'interno dei bagni.

D'istinto, Adam la tirò a sé e l'abbracciò stringendola contro il suo corpo.

Rimasero abbracciati qualche secondo finché non arrivò un partecipante alla festa, che doveva andare in bagno, il quale, vedendoli, sghignazzò e strizzò l'occhio ad Adam.

"Ti sei scelto la migliore, amico!" .

"Che vuoi? - lo apostrofò Adam, allegramente sarcastico - Io me ne intendo".

Si sganciarono dall'abbraccio e si avviarono verso la sala dei Cesari per tornare alla festa, ma entrambi si resero conto che l'atmosfera, almeno per loro, si era irrimediabilmente corrotta. Non era più come prima e non avevano più molta voglia di continuare a festeggiare. Per giunta, Gilda notò che Adam la stava fissando con un'espressione molto seria in faccia.

Adam si accorse che del vecchio sulfureo amico  non ne era rimasto nulla. Sciolto come la cera in una pozza di sangue nero.

Nella penombra appena disturbata dai deboli fasci di luce che venivano dalla porta accostata dei bagni, e da quella che introduceva nella sala, Gilda si avvide che Adam stava tenendo uno sguardo indefinibile, non sapeva dire se di ansia per lei o di velato rimprovero.

"Forse è meglio tornare a casa. - suggerì l'uomo - Comincio ad essere un pò stanco".

Per Gilda fu un campanello d'allarme: la stava lasciando per andare a compiere la sua "missione".

Se ne stava andando per placare la sua vera "sete".

Aveva fallito e doveva sbrigarsi a farsi venire un'idea per fermarlo. Non aveva morso lei, ma avrebbe colpito fra i festanti. Lo sentiva.

E invece accadde l'imprevedibile.

Alzò la testa e lo scrutò negli occhi, poi l'abbassò considerandosi umiliata e si mosse verso la porta della sala.

Fu in quel momento che avvertì un'acuta fitta al collo, poi, più nulla.

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Capitolo 4
*** Rivelazioni ***


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4a parte                                  RIVELAZIONI

 

Si risvegliò in un luogo che non conosceva: sobrio, spartano, con poco mobilio senza fronzoli, sopra un grande e soffice letto in una stanza non eccessivamente spaziosa, ma non angusta, avvolta nell'oscurità a tratti rischiarata dai lampi di un temporale lontano. Una stilettata dolorosa al collo le impedì di alzare la testa dal cuscino su cui era appoggiata. Adam era seduto su una poltroncina imbottita e foderata di seta verde scuro, accanto al letto, e il suo sguardo scuro, penetrante, forava il buio.

"Ce l' hai fatta" ammise lei, cercando di evitare quello sguardo.

"Non volevo ferirti. - la rassicurò lui - Né tanto meno ucciderti come mi era stato ordinato di fare. Ti ho fatto solo...una punturina. Guarirai in pochi giorni...giusto il tempo di raccontarmi qualcosa" Gilda si portò una mano al collo e avvertì al tatto il leggero gonfiore di una piccola ferita. Se aveva perso i sensi era stato più che altro per la sorpresa, un pizzico di temporanea, giustificata paura e una discreta quantità di alcool nel sangue.

"Cosa vuoi che ti racconti?" chiese vaga.

"Chi sei in realtà. - cominciò Adam senza tuttavia mettere minaccia nella voce, piegando questa su un tono di ironica pazienza tipico di chi aspetta risposte e sa che prima o poi le avrà, solo con le buone, ma con risolutezza - E, soprattutto, cosa sei" finì sottolineando vocalmente il pronome interrogativo "cosa".

Gilda chiuse gli occhi, dichiarandosi sconfitta.

"Il mio vero nome è Eva Conti. - iniziò - e...."

"E?" incitò Adam.

"Gilda è il mio nome in codice in rete..." proseguì stancamente Gilda.

"Rete? - ripeté Adam che non conosceva Internet - Rete per pescare....vampiri?".

Gilda/Eva chiuse gli occhi. Aveva rimediato la figura della quaglia.

"Okay, si. - capitolò - Nel tempo libero stano vampiri, ma non li uccidiamo".

"Uccidiamo?" ripeté di nuovo Adam.

Eva scosse la testa.

"Non sono sola ad agire" precisò.

"Quanti siete?" chiese Adam, secco.

"Quattro" rispose Eva, ugualmente secca.

"E non uccidete i vampiri" volle conferma Adam.

"No. - confermò Eva con un moto di impazienza - Non li uccidiamo. Hai visto che io non mi porto appresso paletti di frassino o spade per decapitare i vampiri. Per neutralizzarli usiamo altri metodi...meno sanguinosi, più dolci e moderni" concluse con infantile aria soddisfatta.

"Tipo... - fece lui, ironicamente serpentino - sedurli?".

"Non è semplicistico come pensi, Adam. - ribatté Eva, sospirando e preparandosi alle spiegazioni - La questione è molto più complessa e profonda di quanto possa credere".

"Bene. - disse Adam senza perdere un nanogrammo della sua calma - Sono qui e ti ascolto. Dev'essere interessante".

Eva sospirò ancora.

"Prima però, - disse, calma - mi devi spiegare tu come hai capito che io avevo capito che sei un vampiro".

"Ti sei tradita....Gilda...- rispose Adam, altrettanto tranquillo - o Eva, come preferisci essere chiamata". 

"Chiamami come vuoi. - replicò Eva, rassegnata - Adesso dimmi come e quando l' hai capito".

"A cena, mia cara. - rispose Adam - Quando ti sei preoccupata che io elencassi i miei antenati prima dell'alba. Nessuno, prima di allora, si era preoccupato di questo dettaglio. Nessuno, prima di allora, si era mai preoccupato di me, di come mi sentissi e di cosa io provassi". E con grande sorpresa di Eva, Adam le accarezzò una guancia. Eva chiuse gli occhi avvertendo nel corpo un brivido di eccitazione, e cercò di sollevarsi per parlare meglio. Una rapida ma intensa fitta di dolore le attraversò il collo e Adam fu pronto a sollevarle il cuscino per darle agio a parlare.

"Proprio questo è il punto, Adam. - riprese, una volta più comoda - Ti sei mai chiesto perché voi vampiri mordete?".

Adam restò interdetto. No, non se lo era mai chiesto.

"Credo sia la nostra natura. - rispose poi - E anche la nostra maledizione" terminò in tono triste.

Eva fissò il bel profilo dell'uomo contro l'alone di luce scaturito da un fulmine che cadde vicino alla casa.

"No, Adam. - lo contraddisse dolcemente - Lo fate perché avete nell'animo uno smisurato bisogno d'amore. Siete creature sensibili,...molto più di noi umani, e amate più intensamente di noi umani, ma vi sentite respinti perché vi credete mostri...perché noi umani vi consideriamo da sempre mostri per colpa di stupide leggende tramandate da secoli".

Adam rimase in silenzio, stordito da quella rivelazione. Non ci aveva mai pensato e, nel profondo del suo cuore e della sua mente, si stupì di doverlo ammettere.

"Non avevo mai visto la cosa da questa ottica. - confessò. Si girò verso la donna e nel bagliore di luce sprigionato da un altro fulmine, la vide sorridere. Era splendida! E lui l'amava, benché, in quel momento, si sentisse tradito e minimamente preso in giro da lei. - E tu, -  proseguì, ardente nel tono della voce - mi consideri un mostro?".

"No, Adam. - lo tranquillizzò Eva - Non ti considero un mostro. Noi non andiamo in giro a cercar vampiri per ucciderli. E quando li troviamo, li aiutiamo a tornare, o diventare, umani, con l'amore. E' la miglior tecnica di neutralizzazione della vostra specie".

"Sono una cavia da esperimento?" chiese Adam, amaro.

Eva sorrise.

"I tuoi predecessori, forse si. - riconobbe - Ma tu no. Perché io ti amo sul serio".

E nel dirlo si sollevò, superando il dolore al collo, protendendosi verso Adam che, istintivamente, inconsciamente, le andò incontro, alzandosi dalla poltroncina, per baciarla.

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Capitolo 5
*** Il rimedio ***


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5a parte                                                                                                         IL RIMEDIO

 

 

 

Il resto della notte fu speso in dimostrazioni più pratiche e ardite delle teorie di Eva, ma le prime luci dell'alba riservarono una terribile sorpresa: Adam cominciò ad invecchiare e a consumarsi a velocità fotonica.

Già. La passione le aveva fatto dimenticare che il vampiro, "svampirizzato" con l'amore, perdeva la sua condizione di "non morto" e, divenendo normale, diventava anche mortale.

Cercò con affanno la borsetta in cui c'era il cellulare e, per fortuna, la trovò nel cassetto del comodino accanto al letto. Purtroppo però, scoprì che lì non c'era campo e cominciò a girare per la casa nel tentativo di individuare una zona buona per la ricezione. La trovò solo uscendo nel giardino, ma dovette cercarsi un riparo dalla pioggia torrenziale che stava scendendo.

Al riparo sotto un patio, contattò le sue socie. Le rispose Miko Sakura alla quale spiegò la situazione. Miko le consigliò di continuare a tenerlo al buio e idratarlo, bagnandogli il corpo e dandogli da bere qualunque cosa, ma non sangue, né alcool mentre lei avrebbe fatto di tutto per inviarle al più presto possibile il rimedio per quel tipo di situazione.

Eva rientrò nella villa, domandandosi, nel frattempo quale fosse il rimedio, corse nella camera in cui Adam l'aveva portata e notò, con orrore e sgomento, che Adam, steso a terra, stava diventando uno scheletro. I capelli erano ormai radi e bianchi, la pelle del viso, assottigliata, rugosa e rinsecchita, stava iniziando a staccarsi a brandelli dalle ossa degli zigomi, portandoli a vista e gli occhi scuri si perdevano dentro le grandi orbite vuote del teschio. Volò alla ricerca di un bagno; trovatolo, prese un secchio, lo riempì d'acqua, tornò nella stanza, gli rovesciò mezzo secchio addosso e cercò di fargli bere l'altro mezzo. Il processo di invecchiamento parve arrestarsi, ma quanto avrebbe resistito? Le pesanti tende alle finestre erano tirate, tuttavia, sottili fili di luce sfuggivano attraverso le fessure fra le doghe delle persiane. Ma più buio di così, era difficile ottenere, sicché Eva si piazzò fra la finestra e Adam per impedire a quel poco di luce ribelle di arrivare all'uomo, sorprendendosi a pregare chiunque fosse di passaggio dai regni ultraterreni di far arrivare il rimedio miracoloso prima possibile. E mentre pregava, un gemito strozzato dell'ormai ex vampiro le straziò l'anima. Guardandolo con infinita pena, le sembrò scorgere un lampo di luce vitale negli occhi, che oscillavano, senza più sostegni nel vuoto nero e sidereo delle orbite ossute.

La pena aumentò in modalità esponenziale.

Sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa, anche la più folle e assurda, per alleviarla sia a lei che a lui. Malgrado le sue condizioni, si chinò su di lui, trovò il coraggio di accarezzargli la fronte e sentì le lacrime salire fra le ciglia. Fissava le gengive scoperte da cui scendeva la fila dei denti che sarebbe stata regolare senza i canini ipersviluppati e d'improvviso si rese conto che non voleva perderlo. Realizzò che la sua vita senza di lui non sarebbe stata più la stessa.

"Resisti, Adam! - lo implorò fra le lacrime - Fra poco arriverà la medicina per te. Starai meglio, vedrai, ma tieni duro!". E intanto si chiedeva cos'altro avrebbe potuto fare per alleviare le sue sofferenze.

Fuori diluviava.

IDEA!

Adam era steso su un tappeto.

S'infilò il telefono dentro la scollatura del vestito, si coprì con il mantello di Adam,  richiamò a sé tutto il coraggio e le forze di cui sentiva essere in possesso e cominciò a trascinare il tappeto, con Adam sopra, fuori dalla stanza,  giù per le scale che portavano a piano terra e infine fuori dalla casa, sotto l'acqua che veniva giù a secchiate. Un modo diretto e continuativo per tenere Adam idratato. Pochi minuti dopo, all'aperto, il cellulare emise un piccolo scampanellio che segnalava l'arrivo di un messaggio. Era Miko che le annunciava l'invio del farmaco. Quanto avrebbe impiegato per giungere in Italia anche con un mezzo di trasporto supersonico? Qualche ora di sicuro; troppe per salvarlo! Ma Eva era ignara delle risorse di Miko e rimase allibita allorché, dopo forse cinque minuti, vide materializzarsi, in un breve guizzo luminoso azzurro, un sacchetto nero, legato con un cordino di seta, accanto al corpo di Adam quasi esanime. Lo prese, avida e tremante, lo aprì, e dentro ci trovò due fialette colme di liquido trasparente, avvolte in un foglietto di carta in cui era scritto qualcosa.

Lesse frenetica. Le istruzioni le comandavano di bere il contenuto della fialetta e di far bere ad Adam il contenuto dell'altra. Seguì le istruzioni senza porsi molte domande, ma promettendosi di chiedere lumi all'amica e socia del Sol Levante, quando l'avesse rivista o sentita.

L'acqua della pioggia e della fialetta parve sortire il miracolo: il corpo di Adam ricominciò a ricostituirsi. La pelle tornò a ricomporsi sulle ossa e a riprendere colore, passando dal grigio, al bianco e, per finire, al suo vero colorito leggermente olivastro. Le orbite tornarono a riempirsi ricollocando gli occhi alla loro posizione originaria e ridonando loro l'espressione acuta e penetrante che fissò la donna, incuriosita e interrogativa. I capelli tornarono folti e neri incorniciando piacevolmente il bel volto dell'uomo che parve addirittura ringiovanito. Eva lo accarezzò sorridendo e lo baciò.

"Che ci facciamo sotto il diluvio, Eva?" chiese Adam.

D'istinto, Eva si sdraiò su Adam, pensando con ingenuità adolescenziale di ripararlo dalla pioggia col suo corpo. Era troppo felice per partorire un'idea più intelligente.

L'oscurità della notte lasciò il posto al grigiore plumbeo di un'aurora nascosta oltre le nubi, infradiciata da una pioggia che cadeva in modalità biblica, ma in quel momento, per Eva era l'ultima delle preoccupazioni. Fu Adam ad invitarla a rientrare fra le mura domestiche, consigliandole di non sfidare ulteriormente la fortuna.

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Capitolo 6
*** Un anno dopo ***


Nuova pagina 1

UN ANNO DOPO 

 

 

 

"Mia cara Eva,

non puoi immaginare quanto siamo felici per il tuo prossimo matrimonio con Adam e quanto invece ci dispiaccia di non potervi partecipare, ma vedo che anche tu ti sei resa conto che la nostra presenza non sarebbe stata possibile per la natura della nostra posizione e della nostra associazione. Per proseguire la nostra missione dobbiamo restare anonime e invisibili, tuttavia, noto con piacere che il nostro agire produce risultati superiori ad ogni aspettativa. La pericolosa razza dei vampiri sta lentamente scomparendo sotto i colpi inesorabili dell'amore e dell'analisi dell'anima. Altro che paletti, sciabole, teste mozzate e fiumi di sangue !

Quanto alla prodigiosa guarigione di Adam, credo sia arrivato il momento in cui saldi il mio debito di spiegazioni.

Non lontano da Osaka, in una piccola isola di cui non posso rivelarti il nome per motivi che conosci, c'è una villa, circondata da un magnifico giardino all'interno del quale si trova un ruscello la cui acqua, secondo una leggenda familiare, possiede proprietà di elisir di lunga vita. Bada: non immortalità, solo poteri di prolungare la vita di un essere umano in questo mondo.

Quando tu mi hai chiesto aiuto io ti ho mandato due fiale di quell'acqua, affinché una ne bevesse Adam, e l'altra la bevessi tu, altrimenti, soltanto Adam sarebbe vissuto a lungo, mentre tu saresti morta nei tempi previsti dall'orologio biologico umano, lasciando Adam solo a soffrire la tua perdita.

In quell'isola, e nel giardino di quella casa, solamente io ho accesso in quanto essi - casa e giardino - appartengono a colui che avrei sposato, ma che non ho potuto poiché non ho avuto tempo sufficiente per salvarlo dal suo triste destino. Si, Eva; anche il mio potenziale sposo era un vampiro e, prima di morire, mi ha rivelato di essere discendente da un'antica e nobile stirpe di samurai, proprietaria di quella casa, di cui un suo esponente, vissuto cinque secoli fa, scoperto il terribile segreto e sospettato di misteriose morti dagli abitanti del villaggio, si tolse la vita prima che fossero gli abitanti a togliergliela in modo crudele. La leggenda narra che, trovatolo nel giardino, la sua donna lo pianse per giorni e notti interi e le sue lacrime disperate generarono la sorgente miracolosa del ruscello che ora scorre fra le pietre del giardino.

A questo punto, ti chiederai come l'acqua di quel ruscello sia giunta a te, in Italia, in così poco tempo.

Sai che noi Giapponesi siamo legati alle nostre tradizioni, e fieri di esse, ma sai anche che siamo piuttosto abili ed avanzati nell'elettronica, nonché nella tecnologia, e sai anche che io ho lavorato vari anni al CERN di Ginevra in Svizzera, dove è stato installato l'acceleratore di particelle atomiche. Diciamo che l'idea mi è venuta lì e l' ho sviluppata a modo mio, sfruttando le mie conoscenze e la passione per le teorie di Einstein, che mi hanno aiutato ad individuare nell'etere comodi corridoi spazio-temporali.

Il gioco è stato semplice. Ho intercettato uno di questi corridoi nei pressi della mia abitazione e ti ho inviato le fiale mediante un dispositivo da me progettato, creato e brevettato, sfruttando un raggio di Sole, e "sparando" il sacchettino a velocità della luce.

Ti auguro miliardi di belle cose e una splendida vita con il tuo Adam. Recupera tu quel che io ho perso.

Tua Miko"

 

Diavolo di una giapponese! Esclamò Eva fra sé, leggendo la mail dopo averla decodificata.

Lei stessa era una leggenda. 40 anni di minuta bellezza orientale,  laureata in fisica quantistica, ingegneria elettronica, informatica e psicologia, i suoi studi erano arrivati ad oltrepassare la 4a dimensione. Ma si era anche dimostrata donna di sensibilità molto superiore alla media e l'incontro con lei, per Eva, era stato determinante. Miko era infatti riuscita ad estrapolare dai suoi neuroni la sua iper ricettività per i vampiri, arruolandola nell'associazione segreta da lei ideata e fondata dopo il matrimonio andato in fumo per le ragioni illustrate nella missiva, con lo scopo di individuare e neutralizzare le creature della notte tramite metodi di avanguardia. A quel punto, la regola stabilita all'interno dell'associazione era di lasciar morire i vampiri di vecchiaia, fatto che essi accettavano di buon grado, felici di uscire finalmente dal loro doloroso stato di vita/non vita eterna, e di sentirsi amati.

Tuttavia, in due casi: quello di Miko, e il suo, le cose non erano andate proprio come avrebbero dovuto.

 

Leggendo quelle righe, Eva non poté far a meno di commuoversi per la triste conclusione della love story della sua amica/collega/socia. Quando era capitato a lei di innamorarsi di un vampiro, non aveva ancora completato i suoi studi per poter intervenire nel cambiare il suo destino, ma non si era fatta pregare per favorire quello di lei e di Adam. Si parla tanto di solidarietà fra donne. In qualche angolo del mondo, esiste.

Eva si asciugò una lacrima che scivolava libera su una guancia, spense il tablet, lo appoggiò sul comodino e si accomodò sotto il piumone, distogliendo in questo modo Adam dalla lettura del suo libro. L'uomo posò il volume sul piumone e si girò verso Eva, ammirando il bel viso, incorniciato da onde dorate (quando Adam l'aveva incontrata per la prima volta, alla festa nel castello Odescalchi, per esigenza di costume, lei aveva i capelli rossi, ma in realtà era bionda) che in quel momento appariva turbato.

"Brutte notizie?" domandò, apprensivo.

Eva accennò un sorriso mesto.

"No. - rispose - Non esattamente".

"Cosa intendi dire?".

"Niente. - replicò lei, evasiva - E' solo che qualcuno è stato meno fortunato di noi, ma è vivo e ci ha aiutato".

"Sia benedetto questo qualcuno" sentenziò Adam, abbassandosi poi su Eva per baciarla.

"Come va il tuo studio?" domandò Eva dopo il bacio, alludendo al libro, oggetto dello studio, sulla cui copertina avana campeggiava il nome del celebre psicanalista austriaco Sigmund Freud.

Adam si ridistese nel letto e fissò un punto indefinito davanti a lui. Eva gli scorse un'espressione meditabonda.

"E' incredibile" rispose Adam, apparentemente molto assorto nelle sue riflessioni.

"Cosa?" chiese Eva, eccitata.

"La nostra specie ha sofferto atrocemente per anni... - iniziò Adam, continuando a fissare la parete di fronte a loro - Secoli. Forse millenni. E ha ucciso milioni di persone per colpa di un'idea sbagliata, quando la soluzione era a portata di mano".

Eva si sollevò sul cuscino girandosi verso Adam.

"La psicanalisi è stata scoperta e applicata da circa un secolo" lo giustificò.

"Troppo poco" dichiarò Adam in tono drammatico.

"Sufficiente per limitare i danni. - replicò Eva, sorridendo - Almeno qualcuno".

Adam si voltò verso di lei e si staccò dal cuscino per baciarla di nuovo.

"Solo una cosa" aggiunse poi, rialzando il busto e tornando a fissare un punto immaginario, aggrottando le sopracciglia.

"Cosa?" domandò Eva, curiosa di ascoltare ciò che Adam stava per dire.

"Devo capire bene la differenza fra inconscio e subconscio. - rispose Adam, serio - Secondo te dove risiedono questi nostri famosi presunti desiderio e bisogno incolmabile d'amore che ci spingono a mordere e uccidere le persone?"

"Pensaci bene, Adam - lo invitò Eva, con intrigante soavità, guardandolo dritto negli occhi - Quando mordevi, eri cosciente di farlo? Sapevi perché lo stavi facendo?". Adam drizzò il busto e corrugò la fronte.

"Non me lo ricordo. - confessò con sconcerto - Ma ricordo che ero furioso. Ce l'avevo col mondo intero e avrei compiuto una strage" terminò, realmente scosso da una forte emozione .

Eva lo fissò, dapprima seria poi, stirando le belle labbra in un sorriso in cui Adam si perse con infinito piacere.

"Credo che la tua rabbia dovesse aver invaso sia inconscio che subconscio, Adam. - rispose lei, compunta e compresa - La tua immensa sofferenza ha dilagato ovunque nel tuo essere. E ne avevi tutte le ragioni. Essere in grado di amare, e non sentirsi ricambiati, è la condizione psichica peggiore che si possa sperimentare. Adesso però, non pensarci più. - si fermò per accarezzare l'uomo - E' finita. - riprese - Io ti amo e domani mattina ti spiego tutto per bene, okay?" e nel dirlo, lo baciò. Ma Adam non si accontentò del bacio e, per quella notte, Sigmund Freud dovette proseguire il suo eterno, meritato riposo sullo scendiletto su cui rotolò rovinosamente a causa di una grande passione trattenuta per secoli, e riposta, senza tanti segreti, sia nell'inconscio che nel subconscio di un ex vampiro in robusto credito d'amore.

Per motivi terapeutici professionali, Eva non si sottrasse ai suoi doveri, impegnandosi nella cura con diligenza e gusto.

 

 

Adam ed Eva si sposarono un mese dopo, scegliendo di legalizzare la loro unione in municipio davanti al Primo Cittadino di Bracciano e non in chiesa davanti ad un sacerdote, con pochi intimi come invitati, ma la cerimonia fu ugualmente densa di emozione e, al momento di firmare il grosso registro dalla rigida copertina foderata di velluto rosso scuro, Adam sembrò voler cancellare il suo passato con una spugna, limitandosi a scrivere solo il suo nome ed il suo ultimo cognome italiano: Salinari, mentre Eva scelse di firmarsi come Eva Conti Salinari.

Saliti in macchina, una bella sfolgorante Jaguar grigio metallizzato, uno dei pochi possedimenti di Adam, oltre la villa, avendolo notato, Eva azzardò a chiedergli perché. Non glielo aveva mai chiesto prima, né lui ne aveva mai parlato.

Al volante, senza rallentare, Adam rispose con una velata tristezza.

"Contrariamente a quanto tu possa credere, - svelò - i miei cognomi non sono indice di nobiltà. Non sono nobile, Eva. Sono uno zingaro, figlio, nipote e pronipote di zingari, e quei cognomi sono solo una testimonianza di riconoscimento di paternità dei miei antenati. Presso il nostro popolo, i legami familiari sono importanti - smise di parlare, ma non di guidare e si girò un attimo verso la sua sposa - Mi ami ancora?"  le chiese, ironico. Tuttavia, vedendo Eva imbronciata, iniziò a preoccuparsi. Avrebbe forse dovuto nasconderle la verità per sempre? Poi Eva si girò verso di lui, mantenendo sempre un cipiglio serio, ma nei suoi occhi, Adam scorse la luce di un sorriso furbo che stava per arrivare. E infatti, dopo due secondi, il sorriso arrivò, radioso, stupendo.

"Ma... - domandò poi Eva - la villa?".

Adam alzò le spalle con gesto indolente.

"Forse è stata occupata dalla mia tribù più di 500 anni fa durante uno dei suoi spostamenti. - rispose - Poi...beh...sai come succede nei paesi. La voce si diffonde. Gli abitanti hanno saputo che erano vampiri e.... hanno considerato la casa, maledetta. E' strano che non le abbiano dato fuoco".

"Per fortuna! - esclamò Eva, gongolante - Adesso abbiamo un bel tetto gratis".

Adam sorrise. Un bel sorriso normale, senza più canini aguzzi.

"Adam..."lo interpellò Eva, tornando seria.

"Si?"

"Quando torniamo a casa, - continuò Eva - se vuoi, possiamo fare ricerche sulla tua vita"

"No. - tagliò corto Adam, deciso - Il passato appartiene al passato. Ora mi sento come se fossi appena nato e voglio un'altra vita. Una vita nuova e normale".

"D'accordo. - capì e acconsentì Eva - Come vuoi".

Essendo giugno, per il viaggio di nozze avevano programmato di immergersi nelle calde, pulite e trasparenti acque della Baia Domizia, nel Basso Lazio. La Jaguar continuò veloce a macinare i chilometri che li separavano dalla meta della loro luna di miele e dalla loro vita nuova e normale.

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Capitolo 7
*** Epilogo ***


Nuova pagina 1

EPILOGO

 

 

 

 

 

 

Cinque anni dopo

 

Il Sole caldo di fine primavera inondava l'ampia cucina della villa di Adam e di Eva Conti Salinari, la prima coppia ufficialmente riconosciuta, formata da un ex vampiro e da un'umana, situata su un'altura che dominava il lago di Bracciano dalla sua postazione a nord est, e da cui si poteva vedere bene il castello Odescalchi, luogo dove era sbocciato il loro amore.

"Chi accompagna Ulderico all'asilo?" chiese Eva, allegra, mentre disponeva le stoviglie della colazione sul grande tavolo in legno e marmo, al centro del vano.

Adam muggì, afferrando, avido, un biscotto da un piatto.

"Vado io. - si offrì, meglio disposto di animo dopo aver mangiato il biscotto - Ma tu vai ad aprire lo studio".

"Affare fatto" accettò Eva, sistemando, nel frattempo, la figlia minore, Micaela, sul seggiolone.

Ai piccoli Salinari, nati rispettivamente quattro e un anno dopo l' unione di Adam ed Eva, Eva aveva voluto dare quei nomi in onore di due delle sue socie/amiche: Ulrike e Miko.

 

Sulla targa apposta a destra della porta dello studio, aperto insieme dai due coniugi, all'interno di un antico edificio, in una delle tante stradine di Bracciano, si leggeva:

 

 

ADAM & EVA

PSICOTERAPEUTI,

RECUPERO DELLE ORIGINI DEI DISTURBI.

SPECIALISTI NELLA CURA DELLO STRESS

E DELLA CRISI ESISTENZIALE DEL VAMPIRO

LUNGA ESPERIENZA NEL CAMPO.

RISULTATI GARANTITI.

 

Quando Eva arrivò al luogo di lavoro, una donna leggeva la targa, con aria assorta ma dubbiosa.

"Non ci faccia caso, signora. - minimizzò Eva indovinando la perplessità della probabile cliente - Il mio socio ha sempre voglia di scherzare".

La donna annuì, in apparenza più convinta, e sorrise. Per un fugace attimo Eva interpretò quel sorriso come un moto di commiserazione che sottintendeva la remota possibilità di un bisogno di cure psicologiche più per i due titolari dello studio che per i loro pazienti. Tuttavia, paradossalmente, quella scritta stava dimostrando di esercitare comunque una certa attrattiva e pareva contribuire a richiamare clientela, la quale era ignara della verità celata dietro alle bizzarre parole di presentazione. Tranne qualcuno.

In breve tempo, sul pianerottolo si formò una piccola folla di alcuni pazienti che attendevano in silenziosa trepidazione di essere chiamati per un primo consulto.

La mattinata filò via veloce fra richieste di aiuto per uscire dalla depressione e/o per risolvere crisi d'identità. L'ultima cliente, una donna bruna, pallida, mal vestita, dallo sguardo scuro e allucinato, fece il suo ingresso nello studio a passi lenti, quasi faticasse a camminare e a vivere, ma una volta all'interno, estrasse velocissima, da una classica sacca di tela per la spesa, una pistola, un barattolo di vetro chiuso da un tappo di metallo, colmo di liquido rosso, posandolo sulla scrivania, ed un giornale che gettò, sprezzante, sul tavolo, puntando poi la pistola alla tempia di Eva, riprendendo nel contempo il barattolo e porgendolo ad Adam che la fissava, allarmato più per il vedere Eva minacciata con l'arma che per il contenuto del recipiente.

"Bevi, bastardo!" intimò la donna premendo il grilletto contro la testa di Eva.

"Si calmi, signora! - le intimò Adam, a sua volta - Qual è il suo problema?".

"Bevi, stronzo! - urlò quasi la donna - O ammazzo questa troia!".

"Che diavolo le prende? - la sopraffece Adam, alterato, ma perfettamente in grado di dominare la situazione - Che cosa le ha fatto mia moglie? Cosa le abbiamo fatto?".

La donna spostò per un attimo la pistola dalla tempia di Eva e indicò il giornale sulla scrivania, poi tornò a puntare l'arma contro Eva. A mani alzate, Adam si avvicinò al tavolo, mentre Eva gli porgeva il giornale. Un trafiletto della pagina riportava la curiosa notizia della progressiva scomparsa dei vampiri dalla faccia della Terra. Adam dovette compiere uno sforzo notevole per non mettersi a ridere. I due coniugi si scambiarono occhiate intense d'intesa. La donna infilò la mano sinistra nella borsa di tela, ne trasse fuori un volume dalla copertina stampata a colori scuri e lo sbatté con rabbia sulla scrivania.

"Siete la mia rovina!" urlò di nuovo apparentemente preda di una profonda disperazione.

Sulla copertina del libro, che ora si vedeva meglio nel suo disegno gotico di un castello nero con torri a punta dietro al quale tondeggiava bianca e luminosa una grossa luna tagliata dalla sottile sagoma scura di un pipistrello in volo, campeggiava il titolo in caratteri anche questi gotici: LA NUOVA GENERAZIONE.

Adam ed Eva ebbero le idee chiare: la donna disperata, e potenziale assassina, era una scrittrice, probabilmente di una qualche saga fantasy, incentrata sui vampiri. Purtroppo però, la poveretta innescò il colpo, decisa ad uccidere Eva e tornò a minacciare Adam.

"Bevi, figlio di puttana! - urlò di nuovo, porgendo ancora una volta il barattolo pieno di liquido rosso - Bevi o l'ammazzo! E poi ammazzo te... nel modo classico con cui si uccidono i vampiri".

Ci voleva un diversivo per neutralizzare la pazza!

Tenendo il braccio sinistro alzato, con la mano destra, Adam prese il barattolo, abbassò il braccio per aiutarsi ad aprirlo e annusò il contenuto.

"E' sangue, stronzo! - sbraitò la donna - Scrivo, ma per pagare le bollette lavoro all'ospedale".

"No! - gridò Eva - Adam! Non farlo!".

Fu un attimo.

Adam gettò il sangue in faccia alla donna, Eva si liberò dalla minaccia della pistola e, insieme, lei e Adam riuscirono a immobilizzarla e a spingerla a sedersi su una delle poltroncine poste davanti alla scrivania. Eva le mantenne le braccia serrate dietro lo schienale della poltrona, mentre Adam si accucciò di fronte a lei. La donna scoppiò in lacrime.

"Stava andando bene. - singhiozzò, affranta - Avrei potuto diventare la Stephenie Meyer Italiana. E adesso? Cosa scriverò?".

Prima di rispondere, Adam si concesse qualche istante di meditato silenzio, stringendo le spalle della donna nel tentativo di consolarla. Eva lo guardò concentrarsi e le venne da ridere.

Adam sembrava davvero ben calato nel ruolo di psicoterapeuta, compreso nel dramma della paziente, ma i suoi occhi sorridevano.

"Io la capisco, signora. - cominciò poi l'uomo, con la sua bella voce calda e sexy - Noi la capiamo. Veramente. Non stiamo scherzando ma..non esistono solo i vampiri".

"Io mi sono specializzata nei vampiri. - ribatté la donna, arrabbiata, ancora piangente, rimarcando a voce il verbo "specializzare" - Ho letto tutto su di loro. - si fermò, alzò di colpo la testa e fissò Adam con sguardo indemoniato, quindi sibilò - Ho messo anche te nel libro".

Adam rimase sorpreso, ma riuscì a non dimostrarlo.

"Grazie. - commentò semplicemente, laconico - Lo compreremo e lo leggeremo, ma...che ne dice di cambiare soggetto?"

"Soggetto? - ripeté la donna fra i singhiozzi - Quale?"

 "I fantasmi, per esempio? - suggerì Adam manifestando moderato, controllato e professionale entusiasmo per la trovata - In fondo, i vampiri sanno fare una cosa sola: mordere; invece i fantasmi volano, passano attraverso i muri, e a volte posseggono le persone. Sono molto più eclettici e forniscono più idee. Inoltre, vantano un simbolismo più ampio. I fantasmi sono sinonimo di paure inconsce, ancestrali; di sensi di colpa....Si dice sempre che i fantasmi del passato ritornano....Su di loro c'è materiale per scrivere una saga di dieci puntate". Terminò la frase alzando le sopracciglia, soddisfatto della sua proposta.

Eva faticò terribilmente per non scoppiare a ridere.

La donna piangeva ancora, ma la tensione calò e la mattina si concluse in positivo.

Tuttavia, alla fine di quella mezza giornata di lavoro, i coniugi Salinari tornarono a casa con un nuovo quesito su cui riflettere e un nuovo caso da studiare: gli scrittori in crisi di idee in seguito alla morte di un genere narrativo. E gli assassini del genere erano stati proprio loro due.

 

 

Nel tempo libero, concesso dal lavoro, Adam ed Eva Salinari, separati, ma sempre uniti nel sentimento dell'amore, continuarono a stanare vampiri, seducendoli grazie al loro avvenente aspetto, e persuadendoli di meritare anch' essi l'amore, malgrado tutto, facendo leva sul loro inconscio. Amore e psicanalisi: un binomio che si rivelò vincente.

 

 

F I N E

 

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