Shining

di Inspired_girl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First chapter ***
Capitolo 2: *** Second chapter ***
Capitolo 3: *** Third chapter ***
Capitolo 4: *** Fourth chapter ***
Capitolo 5: *** Fifth chapter ***
Capitolo 6: *** Sixth chapter ***
Capitolo 7: *** Seventh chapter ***
Capitolo 8: *** Eighth chapter ***
Capitolo 9: *** Ninth chapter ***
Capitolo 10: *** Tenth chapter ***
Capitolo 11: *** Eleventh chapter ***
Capitolo 12: *** Twelfth chapter ***
Capitolo 13: *** thirteenth chapter ***
Capitolo 14: *** Fourt chapter ***
Capitolo 15: *** fifth chapter ***
Capitolo 16: *** Sixteenth chapter ***
Capitolo 17: *** Seventeenth chapter ***
Capitolo 18: *** Eighteenth chapter ***
Capitolo 19: *** Ninteenth chapter ***
Capitolo 20: *** Twentieth chapter ***
Capitolo 21: *** Twenty-first chapter ***
Capitolo 22: *** Twenty-second chapter ***
Capitolo 23: *** Twenty-third chapter ***
Capitolo 24: *** Twenty-fourth chapter ***
Capitolo 25: *** Twenty-fifth chapter ***
Capitolo 26: *** Twenty-sixth chapter ***
Capitolo 27: *** Twenty-seventh chapter ***
Capitolo 28: *** Twenty-eighth chapter ***
Capitolo 29: *** twenty-ninth chapter ***
Capitolo 30: *** Shining's ending ***



Capitolo 1
*** First chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.' 






                                    Finally free
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«È proprio sicura della sua scelta?» mi chiese con tono fermo e serio il signor Brinlay, nonché direttore dell'istituto per adolescenti con problemi che frequentavo. 
«Sì, ne sono più che certa» affermai con tono sicuro. Erano due anni che vivevo qui, insieme a molti altri adolescenti affetti da vari disturbi quali anoressia, bipolarismo, amnesia globale ecc...
Io soffrivo di depressione. Non so per certo cosa causò questo disturbo, ma fatto sta che la prima cosa che i miei genitori fecero, fu spedirmi qui, per farmi curare. All'inizio non accettai la proposta e ne soffrii molto, ma in seguito riuscii a convincermi del fatto che i miei genitori lo avessero fatto per il mio bene e non per sbarazzarsi di me. 
Sono stati anni molto turbolenti, tra psicologi, consulenti psichici e aiutanti. Continuavo i miei studi nelle aule al secondo piano assieme ad altri ragazzi, eravamo divisi a seconda dell'età e delle condizioni psicologiche. Non eravamo dei pazzi certo, solo che c'erano parecchi pazienti che soffrivano di instabilità psichica, alcuni erano davvero pericolosi. Ma io mi sentivo diversa da tutti, loro sono stati obbligati, mentre io ero lì per mia scelta... Sono stata io ad approvare la permanenza prolungata nell'istituto. 
Poi la mia situazione era molto particolare. Di norma sono sempre stata una ragazza molto allegra, vivace e combina guai ma ho dei momenti -per la quale mi è stata diagnosticata la patologia- in cui vorrei sparire dalla faccia della terra, momenti in cui piango a dirotto, momenti in cui mi sento appesa ad un filo e capace di crollare da un momento all'altro, momenti in cui mi sento una briciola in mezzo al deserto, momenti in cui vorrei morire. Subisco cambiamenti repentini, arrivo da un estremo all'altro in meno di tre minuti e non capisco più nulla. Parlo al presente, perché non sono sicura della mia completa guarigione, so per certo che i sintomi potrebbero ripresentarsi in qualsiasi momento, ma la differenza, è che ora posso controllarmi.
 Non ho più bisogno di tutte quelle attenzioni da parte di gente che si sente obbligata a dovermi aiutare, giusto perché è il loro lavoro.
 Ora so come comportarmi e so come prevenire futuri attacchi depressivi, so come poter controllare la mia vita, e lo farò. 

«Perfetto, allora mi segua. Dovrà firmare alcuni fogli assieme a sua madre, e poi potrà andarsene quando vorrà» dal viso del direttore non trasparivano emozioni, sembrava indifferente all'abbandono dell'istituto da parte di una paziente. Meglio così, me ne sarei potuta andare senza rimorsi, nonostante non avessi legato con nessuno mi sentivo in debito con tutti qui dentro.
 «Ci sono anche i miei genitori?» domandai emozionata all'idea di poterli rivedere e di poter lasciare questo posto con loro. 
«Mi pare di aver parlato chiaramente, c'è solo sua madre. Forza scendiamo» rispose atono il direttore. Sorrisi e lo seguii nelle scale che portavano al piano terra, dove si trovava il suo ufficio. 

Percorsi le solite scale pulite, se c'era qualcosa che non mancava era la pulizia qui dentro, e arrivai al corridoio principale. Stavo sudando e sentivo di poter scoppiare da un momento all'altro, sarei uscita da lì per sempre e avrei ricominciato a vivere. Arrivammo di fronte alla porta dell'ufficio, il direttore aprì la porta e mi lasciò entrare. Vidi mia madre mordersi le unghie chiaramente nervosa, e non appena incrociai il suo sguardo sorrisi e corsi verso di lei per abbracciarla. 
«Mamma, mi sei mancata molto nonostante ti abbia appena vista ieri» esclamai con una nota di ironia. 
L'istituto non era una prigione, e nel weekend potevamo benissimo vedere i nostri genitori nella sala incontro e stare con loro per l'intera giornata. 
«Anche tu mi sei mancata, non vedo l'ora di portarti a casa» mi rispose con le lacrime agli occhi, non potei non commuovermi e dopo averla riabbracciata una seconda volta il direttore ci interruppe.
«Ehm, non vorrei risultare scortese, ma se vuole che sua figlia esca deve firmare un paio di fogli» sorrisi e indussi mia madre a firmare.

Terminato tutto, il direttore ci disse che sarei potuta ritornare non appena i sintomi depressivi si fossero ripresentati. Lo ringraziai, ma mentalmente pensai che non avrei mai più rimesso piede lì dentro, cascasse il mondo. Dopo aver salutato tutto il personale, i superiori, i cuochi, gli insegnanti, gli psicologi e gli aiutanti, raggiunsi mia madre in macchina e dopo aver caricato la mia piccola valigia mi girai ad osservare l'istituto per l'ultima volta.
 Quella costruzione che tanto mi aveva aiutato quanto fatto soffrire, era ormai il passato e promisi a me stessa di non tornarci mai più. 






Spazio autrice

Allora, ci tenevo a precisare una cosa. Oggi una persona su efp mi ha avvisata del fatto che non si possono pubblicare come capitoli prologhi come quello che avevo. In un primo momento ho pensato di modificarlo, rendendolo un piccolo capitolo, ma poi ho pensato che sarebbe stato meglio eliminarlo dato che aveva comunque poche recensioni e non era importante per lo sviluppo della storia. Volendo eliminarlo, ho cancellato la storia per sbaglio, ho contattato l'amministratrice per sapere se era possibile riavere la storia, ma siccome non mi ha ancora risposto e ho trovato i capitoli in una cartella, ho deciso di ripubblicarli senza inserire comunque il prologo. Comunque per chi la stesse leggendo per la prima volta, spero vi sia piaciuta e che andiate avanti a leggerla, non ve ne pentirete dai :). Ah e recensite per favore :)
Grazie mille,
Sarah
x

 Caren Eve Howen.

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Capitolo 2
*** Second chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.' 







               Summer has gone, welcome autumn



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                                                                                                                      ”We're smiling, but we're close to tears”
                                                                                                                       -Cassie, Skins.







12th september.
Siamo già a settembre. Certo che il tempo passa in fretta, non posso credere che siano passati ormai 3 mesi dalla mia uscita dall'istituto adolescenziale di S.Bernard. 
Sono stati mesi molto frenetici, ho sbrigato parecchie faccende con l'iscrizione alla scuola, ho sistemato e rinnovato dei documenti ed infine ho frequentemente fatto delle sedute con la psicologa della città. Mia madre mi ha obbligata, è convinta che io possa subire ricadute depressive, dopotutto non la biasimo... Ogni madre si accerterebbe della salute della propria figlia.
Ormai posso dire di essermi riabituata a casa mia e al quartiere in cui vivo, mia madre ha colto l'occasione per presentarmi a parecchie sue amiche a cui ha fatto credere di esser stata per due anni ad un college in Inghilterra. Sono rimasta inizialmente delusa, ma lo ha nuovamente fatto per il mio bene, voleva e doveva mantenere la mia privacy. 
Mio padre invece è stato spesso occupato a causa del suo lavoro, ma non mi ha trascurata. Ho passato del bellissimo tempo assieme a lui, mi ha mostrato il suo nuovo studio e abbiamo chiacchierato molto, si è dimostrato disponibile e premuroso, cosa che non aveva mai fatto. 
Purtroppo non ho ancora conosciuto nessun coetaneo, non ne ho avuto la possibilità date le numerose faccende da sbrigare, ed essendo uscita da poco da un istituto molto chiuso non avrei nemmeno saputo come comportarmi. Sono una frana, spero di poter recuperare il mio carattere allegro, mettendo al buio l'altra parte di me... 
Dopodomani inizia la scuola, mi sono iscritta alla Global Enterprise High School. Alcuni dicono sia molto prestigiosa mentre altri ne parlano male. 
Ho imparato a fregarmene dei giudizi della gente. Ero un mio problema, se subivo una critica da una o più persona mi buttavo giù ed il fattore contribuiva al peggioramento  del mio umore, facendomi sentire ulteriormente triste per settimane... All'istituto  ho superato questa 'paura'; tutto grazie alle tecniche di desensibilizzazione sistematica (tecnica terapeutica tramite la quale si libera un soggetto da paure senza base fondata). 
Beh, sono tanto felice quanto spaventata. Insomma, da un lato so che potrò rifarmi una vita, conoscere amici ed essere una normale adolescente come tutti gli altri, ma dall'altro lato ho paura. Ho paura di non riuscire a farmi amici ed ho timore delle responsabilità studentesche che mi dovranno spettare. 
Proverò a svuotare la mente liberandomi di pensieri negativi, devo focalizzare su me stessa e sul nuovo inizio che mi aspetta tra meno di due giorni. 




14th september, 07:00 a.m.
Spalancai gli occhi ancor prima che la sveglia fissata per le 07:15 suonasse. Alzai nuovamente lo sguardo verso l'orologio appeso alla parete sinistra, le sette in punto. Avevo il tempo di farmi una doccia con calma.
Entrai in bagno, mi lavai i denti e con estrema cura ed iniziai a sfilarmi i vestiti facendo attenzione che la tapparella del bagno fosse chiusa.
Entrai nella doccia, sospirai e lasciai che l'acqua estremamente calda lavasse i pensieri mattutini e la mia voglia di non uscire. 
Iniziai a pensare alla scuola e per poco non sentii un attacco di panico infestarmi il corpo, respirai a fatica e iniziai a piangere silenziosamente. Questa volta le lacrime erano di soddisfazione, si apriva un nuovo capitolo della mia vita, e la protagonista ero io. Scacciai la tensione e dopo aver fermato le lacrime feci un lungo sospiro susseguito da un piccolo sorriso, sentivo adrenalina positiva scorrermi nelle vene.
Uscii dalla doccia e dopo essermi avvolta in un asciugamano, asciugai i capelli e indossai la biancheria intima. Era il momento dei vestiti, optai per un abbigliamento semplice... Dei jeans chiari, una maglietta bordeaux con borchie color oro nelle spalle, e converse dello stesso colore della maglia. Decisi di truccarmi, così andai allo specchio e iniziai il make up. Applicai il mascara, la matita per gli occhi e per le sopracciglia, e per ultimo il mio rossetto magenta. Che Dio benedica il trucco, senza sembravo uscita da un incubo. Ieri sera ero andata a dormire tardissimo dall'agitazione, così la conseguenza sono state queste due occhiaie che non m'impegnai più di tanto a coprire. 
Erano già le sette e quarantacinque; riordinai la camera in fretta e furia, presi i documenti da consegnare alla segreteria scolastica e scesi giù in soggiorno. I miei genitori erano a lavoro, si alzavano entrambi presto, mio padre doveva farsi un'ora di strada per arrivare allo studio dentistico, mentre mia madre faceva la bidella in un asilo non troppo distante e quindi doveva trovarsi lì sempre in anticipo. 
Non avevo fame, ma per evitare possibili cali di zucchero addentai un mini dolce di gianduia, i miei preferiti. Amavo molto il cibo e le buone pietanze, ma quando ero tesa non mi sentivo in grado di mangiare nulla. Pensai che fosse abbastanza normale, purtroppo quando si trattava di me tendevo sempre a complicare le cose, come se capitassero solo a me. 
Era tardi, presi la cartella nera, il cellulare e uscii di casa.
 Respirai l'aria pulita e facendomi coraggio iniziai a camminare. Era una bella giornata, il tempo migliorava il mio umore o viceversa poteva anche peggiorarlo, e qui si poteva notare quanto io dipendessi da fattori esterni.
Arrivai all'entrata della scuola e avvertii una strana sensazione nel petto, mi soffermai al cancello a contemplare gli studenti. 
C'erano molte ragazze dall'aspetto intelligente e serio, alcune erano vestite in modo inappropriato mentre altre indossavano semplici outfit, come me.
 C'erano anche molti bei ragazzi, erano riuniti in diversi gruppi e parlavano animatamente; mi soffermai a contemplare la loro corporatura, si vedeva che facevano sport. 
Notai una minoranza di ragazzi e ragazze isolati o lasciati in disparte, mi dispiacque molto per loro, non sembravano allegri del rientro scolastico.
Sembrava una scuola come tutte, i soliti e noiosi gruppi.
Varcai il cancello, attraversai il cortile notando molti sguardi su di me ed entrai a scuola. Mi fermai all'entrata e respirai, non mi era affatto piaciuto  avere tutti quegli sguardi addosso, mi sentivo in soggezione, cosa che mi mandava come sempre in tilt. 
Decisi di smetterla con le solite riflessioni e mi avviai verso la segreteria, dimenticai subito dove si trovava e fui costretta a chiedere indicazioni ad un gruppo di ragazzi stanziati al centro del corridoio principale. Mi avvicinai a loro, riuniti in un cerchio a chiacchierare, non sapevo se arrangiarmi o chiedere indicazioni, non costava nulla... Tanto tempo fa non mi sarei fatta tutti questi problemi, ma ora invece sì. Decisi di cavarmela da sola, ma ancor prima di girarmi un ragazzo mi chiamò.

«Ehi, ho visto che ci stavi fissando come un ebete. Vuoi qualcosa?» molte gentile ed educato, sperai solo che non tutti i ragazzi qui fossero così.
«In realtà sì» ammisi un po' agitata, ormai avevo attirato la loro attenzione, quindi inutile tirarmi indietro.
«Avanti sono tutto orecchie» disse il ragazzo biondo dagli occhi azzurri, mi soffermai a guardarlo, era davvero carino. 
«Uhm...ho bisogno di...» non riuscivo a parlare, che frana patentata. Mi bloccai e non dissi nulla.
«Di? Di fare cosa? Ah sì ho capito» commentò un'altro ragazzo con un tono di malizia. Capì subito cosa intendeva e rossa come un peperone spalancai la bocca. «No! Non quello!» quasi urlai.
«Quello cosa?» parlò lo stesso ragazzo con lo stesso tono malizioso. Dopo una manciata di secondi si mise a ridere, seguito a ruota da tutti gli altri. 
«Avanti nanetta stavamo scherzando, chiedici ciò che vuoi» mi disse il ragazzo che soprannominai 'quello malizioso'. 
Un attimo, nanetta? Tralasciando il fatto che ero alta uno e settanta, da dove aveva preso tutta questa confidenza? Accigliata ma nello stesso tempo un po' compiaciuta mi ricomposi.
 «Non so dov'è la segreteria, potreste indicarmela?» ammisi con cordialità.
«Non ti costava nulla chiedercelo, non ti mangiavamo mica. Comunque al secondo piano, appena sali le scale la trovi sulla tua destra» mi rispose il biondo che inizialmente mi rivolse la parola. Biascicai un flebile «grazie» e levai le tende. 

Ripensai all'accaduto e giunsi alla conclusione che mi fece piacere aver avuto quel dialogo con quegli studenti, nonostante fosse stato imbarazzante. 
Raggiunsi la segreteria, consegnai i documenti e la segretaria mi diede le chiavi dell'armadietto, dei libri e l'orario settimanale. Senza dire nulla, la ringraziai con un sorriso e tornai giù alla ricerca dell'armadietto numero ventisette. Passai per il corridoio principale, dove avevo avuto il dialogo con quei ragazzi, che erano spariti del tutto. Arrivai all'armadietto, lo aprii e vi posai i libri e l'orario. Oggi non avremmo avuto lezioni, dovevamo semplicemente recarci in auditorium, dove il preside e la direttrice ci avrebbero fatto un discorso che sarebbe terminato alle undici e quaranta.
 Suonò la campanella e seguii la massa di studenti che di sicuro si stavano recando in auditorium. Arrivai nell'immensa aula magna e presi posto nei primi gradini, vicino al muro, non volevo dare nell'occhio, poi era sola e mi sentivo un po' a disagio.
Ci vollero venti minuti affinché tutti gli studenti fossero presenti e con severità il preside iniziò a lamentarsi e fare discorsi sulla puntualità. Regnava il silenzio assoluto.

Sentivo le palpebre farsi pesanti, perfetto, ecco la seconda conseguenza del dormire tardi. Cercai di focalizzare lo sguardo sulla direttrice che stava animatamente gesticolando, strinsi le ginocchia al petto e mi misi d'impegno a cercare di seguire il discorso. 
Purtroppo cedetti e ancor prima di accorgermene ero già sdraiata sul gradino a russare come un camionista durante il riposo. 


                                                                                 ***

«Howen, Howen!» sentii una voce fastidiosa giungermi all'orecchio. Mi stiracchiai e mi girai dalla parte opposta, non curante di cosa mi circondava.
«Signorina Caren Eve Howen, si svegli immediatamente» urlò qualcuno calcando rumorosamente l'ultima parola. 
Sbuffai, non si poteva neanche chiudere un occhio che doveva essere svegliati da qualcuno.
Con uno scatto animalesco mi levai una felpa dal viso e mi alzai in modo repentino, tanto che rischiai di cadere dal gradino, alzai il viso e ciò che mi trovai davanti non mi piacque affatto. Intrattenni il respiro e mi misi una mano davanti alla bocca. 

Avevo davanti la direttrice con le braccia incrociate e lo sguardo di tutti i presenti in auditorium, divertiti dalla situazione. Non sapevo cosa fare.
«Mi dica, signorina direttrice» esclamai istintivamente, provocai la risata di tutti gli studenti e stranamente sorrisi anch'io. 
«Mi dica? Mi sta forse prendendo in giro? È nuova qui, e come tale non dovrebbe comportarsi in questa maniera, questa è una scuola disciplinata e non tolleriamo azioni del genere» esclamò la direttrice adirata. Da come gesticolava notai che la parrucca che chiaramente portava si era smossa di un millimetro, così per farle un piacere e compiacerla lo dissi.
«Direttrice, il parrucchino le si sta spostando!» esclamai con cordialità ed educazione, purtroppo tutti si misero a ridere e la direttrice mi guardò adirata.
«Fuori da qui, e domani vieni tu e i tuoi genitori in presidenza. Ore nove e trenta!» sputò velenosa.
Imbarazzata abbassai lo sguardo, presi la cartella e uscii dall'auditorium. 
Forse non avrei dovuto dirglielo esplicitamente, ero una stupida. Ora penserà male di me...
Mentre lasciavo l'aula notai alcune persone che vidi la mattina a scuola fissarmi, tra di loro c'erano anche quel gruppo di ragazzi della segreteria. Mi sorrisero compiaciuti, e bastò quello per tirarmi sù di morale.
Avevo sbagliato, ma a giudicare dagli sguardi degli studenti risultai simpatica a molti. I sorrisi di tutti provocarono in me una bella sensazione, forse stava tornando a galla il mio carattere impacciato e allegro. 
Sorrisi e mi recai a casa, dimenticandomi del colloquio con la preside...





SPAZIO AUTRICE
Hey there,
Ho aggiornato subito perché avevo voglia di scrivere.
Nello scorso capitolo non ho ricevuto recensioni, perciò ve lo chiedo per favoreRECENSITE. Ho bisogno di sapere i vostri punti di vista, e di interagire coi miei lettori.
Anyway, aggiornerò non appena avrò tempo libero e quando qualcuno recensirà.
Vi metto una foto di Justin (che è il ragazzo 'malizioso', anche se non lo sarà per davvero) e una di Caren. Il ragazzo biondo che le rivolge la parola ce l'ho a mente, ma non trovo una sua foto lol.
Comunque recensite, è importante uffa D:
Bacioni,
Sarah

Caren:

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Capitolo 3
*** Third chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.'







MMA AND KARATÈ?

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                                                          “Lives fall apart when they need to be rebuilt.”
                                                             -Iyanla Vanzant,  Peace from Broken Pieces 



   


«Papà, la direttrice ha convocato te e mamma domani per le nove e mezza» dissi con cautela a mio padre che stava leggendo il giornale. Alzò lo sguardo abbastanza interessato e mi sorrise.

Da quando ero uscita dall'istituto era cambiato totalmente. Non era mai stato così, aveva sempre avuto un carattere abbastanza distaccato nei miei confronti, ora invece era l'esatto opposto. Non che mi dispiacesse, ma stranamente la cosa mi rendeva un po' nervosa. 

«A cosa dobbiamo questa convocazione?» chiese con lo stesso sorriso sul volto. «É successo un malinteso tra di me e lei, e credo che voglia parlarvi proprio di questo» affermai a bassa voce per timore di una sua possibile reazione.
«Le hai detto che sia io che tua madre lavoriamo e di conseguenza non possiamo presentarci?»  domandò mantenendo lo sguardo fisso sui miei occhi. 
«Non ne ho avuto la possibilità. Potresti scriverle su un foglio per spiegare il fatto che tu e mamma non potrete presentarvi, poi glielo consegnerò domani per l'ora in cui avreste dovuto incontrarvi. Ti va bene? » chiesi con aria dubbiosa.
«Certo, te lo scrivo più tardi e lo metto sul tavolo del soggiorno, così domani mattina lo trovi lì» affermò con aria radiosa. «Perfetto, grazie mille» risposi con un sorriso, guadagnandone uno di rimando da parte sua.

Arrivai in camera mia e mi sdraiai sul letto. Per esser stato il primo giorno di scuola non era andata molto male, tralasciando la figura con la direttrice. Era tardi, così decisi di andarmi a lavare i denti e di andare direttamente a dormire.







Mi svegliai nuovamente ancor prima che la sveglia suonasse, sempre le sette in punto. Sbadigliai accarezzandomi il viso e senza pensarci due volte andai in bagno. Era un'abitudine quella di farmi la doccia la mattina presto, serviva a svegliarmi completamente e ad aiutarmi a ragionare. 
Finito di lavarmi, mi asciugai e andai in camera per vestirmi. Nel periodo estivo mia madre mi comprò molti bei vestiti, aveva davvero un bel gusto e la ringraziai mentalmente per questo.
Scelsi una bellissima felpa grigia con una scritta rossa della foot looker, dei pantaloni a sigaretta neri e le converse dello stesso colore della felpa. Amavo abbinare il colore della maglia a quello delle scarpe. Mi truccai e andai a prendere la cartella, controllando di avere un quaderno, i libri delle rispettive materie e delle penne. 
Mi ricordai improvvisamente dell'avviso che mio padre avrebbe dovuto lasciarmi e scattai come un razzo in soggiorno. Tirai un sospiro di sollievo, un'altra qualità di mio padre oltre la sincerità, era la puntualità. Presi il foglio e con estrema cautela lo piegai per poi risalire sopra e metterlo nello zaino. Era l'ora di uscire, e come al solito dimenticai di fare colazione, oggi tralasciai la cosa e decisi di saltarla.
                                                                                       
Arrivai al cancello scolastico e mi recai direttamente al mio armadietto. Dopo aver riposto dentro tutti i libri che non mi servivano, presi quello di matematica, che a quanto pare avrei avuto alla prima ora.
Mancavano dieci minuti all'inizio della lezione e ne approfittai per fare un giro nella scuola. Superai il corridoio principale e svoltai a destra, continuai a camminare finché non giunsi ad un portone che indicava l'entrata alla palestra. Senza indugio entrai, camminai lungo il bordo e iniziai ad osservare il posto. Certo che era davvero grande, trovai un'altra porta e aprendola, scoprii che vi erano più palestre, specializzate a seconda degli sport da eseguire. C'era quella per il campo di pallavolo, di basket, di tennis, quella degli attrezzi, quella di ginnastica e quella di mma -sport che include box, arti marziali e karatè-. Pensai a quest'ultimo, mi era sempre piaciuto, fin dalla tenera età. 
Avrei voluto imparare qualcosa, senza però mai combattere, avevo un po' timore di affrontare qualcuno fisicamente... Ma l'idea di apprendere tecniche di difesa mi allettava parecchio.

Sentii il fastidioso suono della campanella, stavano iniziando le lezioni. Diedi un ultimo sguardo al luogo e attraversai quella specie di lungo corridoio che univa tutte le palestre, aprii la porta che portava a quella principale, per poi richiuderla una volta uscita. 
Mi voltai e mi trovai di fronte un'intera classe prevalentemente maschile. Spostai lo sguardo al mio fianco, e sobbalzai leggermente vedendo tre dei ragazzi del gruppo di ieri, due erano proprio quelli che mi rivolsero la parola. Mi sorrisero cordialmente tutti e tre, non erano così maleducati.

 «Non sei la ragazza di ieri?» esclamò il terzo ragazzo con cui non avevo ancora parlato. Era alto quando i suoi amici, ma era piuttosto robusto, incuteva un certo timore.
 «Sì, sono io» risposi sorridendo. «Piacere, Alex» si avvicinò porgendomi la mano, ricambiai prontamente il saluto.
«Loro sono Justin e Zack» affermò indicando i suoi compagni. Li salutai con un cenno del capo e loro fecero altrettanto. Mi soffermai ad osservarli.

C'era da dire che erano davvero due bei ragazzi.
Justin aveva dei capelli color cenere con un ciuffo obliquo che gli copriva parte della fronte e due occhi color miele che s'intonavano alla perfezione col colore dei capelli. Aveva la carnagione abbronzata, dopotutto eravamo appena rientrati dalle vacanze estive quindi era palese che il colorito l'avesse acquisito al mare. 
Aveva un naso piccolo, all'apparenza perfetto. Arrivai ad osservare le sue labbra... Erano piccole e di un rosso naturale, erano anche un po' screpolate.

Passai a Zack, era altrettanto bello quanto il suo amico. Lui aveva dei lineamenti perfetti, ma nel vero senso della parola.
I capelli biondi oggi erano coperti da un cappello blu che gli donava molto.
Il taglio degli occhi era particolare, combaciava con la forma del naso e del viso. Mi ricordai che erano stati la prima cosa che avevo notai in lui ieri, l'azzurro quasi verde che colorava le sue iridi era dello stesso colore del cielo e del prato. Anche lui aveva un nasino dolcissimo, perfetto quanto quello di Justin; la forma del suo viso era invece... «Hai visto che ci fissa come un ebete?».
Sobbalzai e alla mia reazione si sentirono i risolini dell'intera classe,  ennesima figuraccia.
«Non vi stavo fissando» ribattei piuttosto in difficoltà.
 «Ah no? ci stavi mangiando con gli occhi. Non è un problema, non sei mica la prima ragazza a farlo» disse Zack. 
Senza proferire parola li sorpassai alla velocità della luce. 
Se volevano far ridere la loro classe e trattarmi come qualsiasi ragazza che sbavava per tipi carini, potevano benissimo scegliere qualcun'altra. Iniziai ad agitarmi e a grattarmi gli zigomi e il mento fino ad arrossarli completamente: ansia sociale. Era uno dei disturbi di cui soffrivo, non era rara dato che molte persone ne erano affette. 

Avevo ritardato per le lezioni, corsi come una forsennata per i corridoi vuoti ed arrivai nell'aula di matematica. Bussai alla porta e dopo aver ricevuto il permesso entrai.
La classe era già seduta e la professoressa stava conversando con gli studenti, appena varcai la soglia della porta iniziò a squadrarmi dall'alto al basso. 
«Scusi del ritardo professoressa» 
«Dove sei stata? Le lezioni sono già iniziate da dieci minuti» affermò con aria di superiorità. Era la tipica insegnante severa, lo si poteva dedurre dal gran brufolo nero che aveva sulla guancia destra e dalle sopracciglia piegate verso il basso.
Non potevo farmi sgridare nuovamente, così pensai benissimo di mentire. Gli sguardi degli studenti iniziavano a mandarmi in confusione.
«È che... uhm a casa mi sono dimenticata di lavarmi i denti, così l'ho fatto in bagno qui a scuola,  purtroppo mi è uscito troppo dentifricio dal tubetto, e ho impiegato un sacco di tempo a rimetterlo dentro… Detesto gli sprechi» affermai istintivamente gesticolando come se mi avessero beccato rubare qualcosa. 
«Va bene, al posto»  mi aveva anche creduto. Mi recai nell'unico banco libero, quello in prima fila, di conseguenza non potevo permettermi distrazioni. 


Terminò l'ora di matematica, gli studenti si alzarono per cambiare la classe e dato che avevo qualche minuto libero, decisi di andare dalla direttrice nonostante mancassero ancora dei minuti per l'appuntamento fissato. 
Arrivai alla porta della vicepresidenza, bussai ed entrai. La direttrice stava parlando con dei genitori e alla mia vista congedò educatamente quest'ultimi venendo verso di me.
«Howen, i tuoi genitori? Ti avevo detto alle nove e mezza, è ancora presto» cominciò a blaterare. Da vicino era ancora più brutta.
«È da parte di entrambi i miei genitori, non si potranno presentare» dissi dandole il foglio che subito iniziò a leggere.
«Oh, io non lo sapevo»  commentò mentre ripiegava lo scritto.
«Cosa?» chiesi un po' spaventata da cosa avesse potuto leggere.
«Avresti dovuto dirmelo, è normale soffrire di disturbi del genere, non avresti dovuto tenerlo nascosto». Spalancai gli occhi, quindi mio padre si era preso la briga di parlarle dei miei problemi? Perfetto. Sentii subito gli occhi lucidi ed abbassai lo sguardo. La direttrice mi spostò in un angolo più lontano dalle persone con cui stava parlando, che continuavano ad aspettare in silenzio.
«Quindi soffri di disturbi dell'umore e di piccoli attacchi d'ansia?»  chiese un po' più cauta del solito. 
«Soffrivo» calcai bene la radice del verbo. Era vero, io non mi sentivo più malata, altrimenti sarei rimasta ancora nell'istituto per farmi curare.
«Sì, ma tuo padre dice che non sei guarita del tutto» affermò di rimando. 
Ci pensai un po'. Se avesse creduto che soffrivo ancora di disturbi del genere, mi avrebbe fatto passare liscia la bravata di ieri, quindi confermai. «È vero, ancora un po' sì..»
«Va bene, allora senti: vai in classe e dimentichiamo l'accaduto di ieri, se hai bisogno di qualcosa puoi rivolgerti direttamente a me. Va bene?» chiese cordiale. «Sí, la ringrazio. Arrivederci direttrice» risposi contenta.
Mi salutò con un sorriso e decisi di uscire dalla stanza in quello stesso momento.


Finirono le lezioni e al suono dell'ultima ora uscii dalla scuola assieme alla massa di studenti. Mentre camminavo per il corridoio, notai un foglio scritto con un pennarello nero attaccato alla bacheca.


'Sono aperte le iscrizioni ai corsi extrascolastici di quest'anno. Iniziano il quindi i settembre alle ore quindici, si terranno nelle palestre e nelle aule scolastiche di specializzazione.  Essi includono: corsi di ginnastica, anatomia, pallavolo, basket, tennis, ping pong,  antropologia multiculturale, calcio, scienze (chimica, biochimica e fisica), lingue e di mma.
Chiunque sia interessato, è pregato di ritirare il volantino con le informazioni dell'apposito corso scelto in segreteria alunni.'


C'era anche mma. Decisi di correre in senso contrario alla massa di studenti che ancora uscivano dalla scuola per arrivare alla segreteria alunni. Avevo deciso, mi sarei iscritta al corso di mma e mi sarei presentata oggi stesso, mio padre ne sarebbe stato felicissimo, aveva sempre voluto che facessi sport per la difesa.  Arrivai in segreteria, dovetti aspettare un'ora intera di fila per  ritirare  il  volantino e tornarmene a casa, erano molti gli studenti interessati.




I miei genitori non c'erano, così decisi di lasciar loro un post-it sul frigo dove scrissi di trovarmi a scuola. Erano le due e avevo intenzione di pranzare, ma dovevo preparare il borsone per la prova e non ricordavo dove lo avevo messo. Impiegai circa quaranta minuti a trovare tutto, e calcolando il quarto d'ora di strada da casa mia alla scuola, uscii di casa.
Arrivai cinque minuti prima ed entrai nella palestra relativa ad mma. Ero la prima, così approfittai per entrare nello spogliatoio delle ragazze per cambiarmi. Ammisi di sentirmi un po' agitata, quasi quasi iniziai a pentirmi della scelta, avrei voluto tornare a casa, che diavolo mi era saltato alla mente. Iniziai a respirare profondamente, chi me lo aveva fatto fare? Stavo facendo tutto da sola, ero sul punto di piangere quando una ragazza entrò nello spogliatoio.
«Ciao» mi salutò allegramente.
«Ciao» risposi cercando di ricompormi. Era carina, anzi, era bellissima... Mi sentii tremendamente inferiore. Perché proprio quando iniziavo ad acquistare autostima, mi doveva comparire davanti una ragazza così bella? Aveva il tipico fisico da ragazza palestrata e mentre era di spalle, ammirai i suoi lunghi capelli biondi. 
«Sei nuova?» mi chiese di soppiatto mentre si stava infilando la canottiera.
«Ehm sì, tu invece no, deduco...» risposi poco convinta di me stessa. 
«Deduci bene, faccio MMA qui da tre anni» affermò con orgoglio mentre si legava i capelli in una coda disordinata.
«Capisco» sorrisi un po' falsamente. 
«È ora di uscire, sono le tre passate» disse ridendo.  «Hai ragione, andiamo» biascicai con poca vitalità.
Non mi piacque affatto scoprire che in questo corso le ragazze erano due, me e Lizzie, dopotutto non era uno sport amatissimo dalle ragazze...

Uscimmo dal corridoio e tra i numerosi ragazzi che già avevano iniziato a fare gli addominali, notai Justin, Zack e Alex.
Ancora quegli antipatici. Non li sopportavo più dopo l'incontro di questa mattina.
«Ragazzi un attimo di attenzione. Di nuovi studenti quest'anno abbiamo Cody, Harry e lei. Vi presento Caren» esclamò ad alta voce. Ma che diavolo le era saltato in mente? Chi le aveva detto che volevo presentarmi? 
«Ancora tu nanetta?» affermò Justin che smise di fare i suoi addominali. Non sopportavo quel soprannome stupido, come se lui fosse altissimo. 
«A quanto pare sì. Non sapevo foste qui, altrimenti non sarei venuta per nulla al mondo» ammisi a bassa voce, ero ancora arrabbiata per la figura di questa mattina, forse esageravo, ma era nella mia natura.
«Come siamo arrabbiati» disse Zack, facendo sorridere Alex che nel frattempo stava osservando la scena compiaciuto. 
Lo ignorai, e cominciai a fare dei giri di corsa insieme a Lizzie.
Ci fermammo dopo un quarto d'ora, avevo il fiato cortissimo e iniziai a sentirmi subito poco bene. 
Brava Caren, questo era dovuto alla mancanza di cibo dalla mattina fino al pomeriggio.
Entrai immediatamente nello spogliatoio, bevvi e bagnai il viso con dell'acqua gelida, sentivo le orecchio fischiare. 
Quando uscii dallo spogliatoio erano tutti seduti a gambe incrociate, tranne Justin che era in piedi a parlare con i ragazzi.



«Caren!» esclamò. 
«Dato che sei nuova, dobbiamo un attimino fare un resoconto della situazione. Proprio come faremo con Harry e Cody. Iniziamo da te» affermò. Giustamente ero nuova, dovevo dare mostra delle mie capacità, ma cosa avrei dovuto fare che ero inattiva fisicamente da anni? 
«Quindi avanti nanetta, mostrami quel che sai fare» esclamò il bel biondino con un' arroganza inaudita. 
«Non chiamarmi così, e poi sono nuova, sei tu che dovresti mostrarmi qualcosa!» ribattei piuttosto irritata. 
«Come siamo nervosi, se hai le tue cose sei pregata di non frequentare il corso finché non ti si sarà calmato il sangue. In entrambi i sensi» rispose lui facendo ridere tutti i presenti in palestra.
Non sapendo come controbattere e piuttosto imbarazzata dalla situazione, mi grattai la testa.

Non riuscivo a tollerare cotanta arroganza,  ma lui divertito esclamò con un ghigno «affrontami, misurerò le tue capacità e saprò in che gruppo inserirti». Credevo avesse finito di parlare, quando con convinzione aggiunse «e poi, francamente, non vedo l'ora di toccarti il lato B a suoni di teisho» arrossii immediatamente, non credevo alle mie orecchie.
«Avanti Justin, lasciala stare» disse Zack ridendo a crepapelle. «Fa niente Caren, sta solo scherzando» affermò Lizzie preoccupata della mia reazione.
Volevo scappare a casa mia, ma dopotutto le situazione andavano affrontate.

«Uhm, non mi sembra il caso di affrontarti, sono inesperta in materia» affermai. 
«Stai tranquilla, non è mica una sfida. Io non ti attaccherò, devi farlo tu»  disse lui.
«Avanti, non c'è nulla di cui preoccuparsi» il suo sguardo si addolcì un po', sembrava comprensivo, o almeno speravo.
«No, non me la sento» soffiai flebilmente. 

Mi stavano osservando tutti, mi sentivo in soggezione. Iniziai a grattarmi lo zigomo destro, non sapevo cosa fare e cosa dire. Passai a torturarmi lo zigomo sinistro con l'altra mano, mi graffiai neanche a farla apposta.
«No, no, e no. Non voglio, non sono capace» dissi cominciando a sentirmi a disagio. Non stavo capendo più nulla, dannazione a me e a quest'ansia sociale. 
Ancor prima che me ne accorsi Justin  si avvicinò e mi tenne i polsi con una sola mano, mentre con l'altra mi accarezzò la guancia che avevo distrattamente graffiato. 
«Non ti mangio, va bene così. Se non te la senti partiremo con qualcosa di più leggero. Vai con a sederti vicino a Lizzie. E comunque prima scherzavo.»
Cominciai a sentire caldo, la vicinanza di un ragazzo m'innervosiva ancora di più, senza contare gli sguardi addosso. 
Annuii e senza farmelo ripetere mi sedetti per terra vicino a Lizzie, che vedendomi nervosa non aggiunse parola. 
Passai mezz'ora seduta a vedere diversi ragazzi affrontare in modo leggero i nuovi arrivati, temevo il mio momento.
«Zack tu vai da Caren e... sai come funziona no?» chiese Justin.
«Yep » rispose sorridendo.





«Allora, dato che non farai direttamente la prova fisica di combattimento, inizia a fare quanti più addominali puoi, li conterò e passeremo ad altri esercizi e via dicendo. Okay?» Chiese lui fissandomi negli occhi. Ma dannazione, dovevano proprio farti sentire in soggezione e a disagio i ragazzi di questa scuola? 
Annuii ed iniziammo l'estenuante esercizio.

Riuscii a fare trenta addominali, ventiquattro flessioni e mi fermai.
«Mancano altri quattro esercizi. Ce la fai? » chiese Zack, sapevo di non essere nelle condizioni giuste di continuare, ma non mi arresi.
«Sì» risposi respirando pesantemente, iniziai a vederci doppio. Tutta colpa della colazione e del pranzo saltati, non avrei dovuto. 

M'inginocchiai durante i piegamenti dall'alto ed iniziai a respirare come non mai,  sbagliai perché facendo così feci arrivare troppo ossigeno al cervello, impedendo al sangue di scorrere regolarmente. Sentii qualcuno avvicinarsi e toccarmi la spalla con una mano, mentre con l'altro braccio mi avvolgeva la schiena, tutto il resto furono solo urla da parte di Zack e frasi disconnesse.
Non stavo svenendo del tutto, tanto che riuscii a percepire la presenza di Justin e Lizzie vicino a me.









SPAZIO AUTRICE.

Hei bellissime,
ho aggiornato anche se non avrei dovuto farlo. Ribadisco la stessa cosa dell'altra volta, continuo a ricevere moltissime visite ma poche recensioni. Non vi mangio! anche due paroline mi basterebbero! La cosa mi sconsola molto, non penso di scrivere male o di non meritarmi neanche dell'interazione con voi lettori.
Posso aggiornare quando volete, decidete voi. Ci tengo molto al lavoro e alla gente che legge i miei testi, datemi la possibilità di sapere cosa ne pensate!
Comunque nulla, spero che questa volta non ignoriate il mio messaggio. Ah, e ci tengo a precisare, che racconto le tematiche che ho vissuto in prima persona (problemi depressivi), e ho preso ispirazione dalla storia d'amore di una mia grandissima amica, ovviamente ho cambiato qualcosina. Oh sì, e le diverse ansie, metodi di risoluzione a problemi psicologicie trattamenti che cito, non sono inventati e buttati lì a caso, ma li ho sto studiando neicorsi scolastici che frequento ogni sabato. 
vvb
Sarah
x

ps. la foto di Lizzie e Alex la caricherò nel prossimo capitolo, e se trovate degli errori non preoccupatevi, sono solo di battitura dato che non ho tempo di rivedere il capitolo. Domani ho una ventina di pagine di diritto da studiare...
  

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Capitolo 4
*** Fourth chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'

WHY ME?

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Non ero incosciente, mi sentivo semplicemente impotente di muovere il mio corpo e di parlare. Sapevo benissimo che si trattasse di un calo di zuccheri, che avevo peggiorato inspirando a più non posso. Nonostante avessi gli occhi chiusi e il corpo molle, continuavo a respirare profondamente.
«Justin, Justin!» continuava a chiamare Zack, era lui che avevo vicino al momento. Avrei voluto aprire gli occhi e dirgli che andava tutto bene, un'altra cosa che odiavo era ricevere attenzioni ed infastidire la gente. 
Una manciata di secondi dopo, percepivo la presenza di Justin, dei ragazzi del corso e di Lizzie che peraltro era l'unica presenza femminile dopo di me.
«Caren?» esclamò la voce di Justin. «Ehi, mi senti? » chiese nuovamente.
«Ma sei rincitrullito? Come fa a risponderti se a momenti non riesce neanche a respirare» disse Zack ridendo. Possibile che non riuscisse mai ad essere serio? 
«Aspetta, mi è già capitato una volta quando prima delle gare non mangiai nulla. Aspetta qui» rispose Justin.
Passarono almeno due minuti di silenzio, durante la quale sentivo solo una mano massaggiarmi la schiena e la voce di Lizzie che mi ripeteva di respirare piano, come se l'avessi deciso io di andare in iper ventilazione. Sentii subito dell'acqua fresca bagnarmi il viso e il collo, e il tocco di qualcun altro  che dolcemente mi accarezzava le guance. 
Dopo pochissimo tempo aprii gli occhi, riuscendo a riottenere il controllo del mio corpo.

«Oddio che sia lodato il cielo» esclamò Zack con una voce piuttosto femminile. Alzai delicatamente il viso e mi ritrovai in una posizione a dir poco imbarazzante. Trovai di fianco a me Justin, che continuava ad accarezzarmi il viso ed il collo, pensava di migliorare la situazione, certo lo aveva fatto, ma ora iniziai a sentire un ulteriore caldo. Aveva un tocco magico, sarebbe potuto andare avanti fino all'eternità. Per un secondo incontrai i suoi occhi e senza staccare la mano dalla mia guancia, mi sorrise, tirando subito un sospiro di sollievo. 
«Che spavento» esclamò  Lizzie, che iniziò anche lei a sospirare mettendosi una mano sul petto. Li conoscevo tutti da poco, com'era possibile che fossero tutti estremamente preoccupati?
«Se ti fosse successo qualcosa, saremmo andati tutti nei casini» disse un ragazzo riccio coi capelli rossi. Ah, ecco perché.
Mi mossi leggermente, il petto di Zack era comodissimo e la mano di Justin era stupenda, qualsiasi ragazza avrebbe voluto ricevere attenzioni da loro due, io invece no. Cercai di alzarmi ma le mani di Justin mi bloccarono le braccia con cui avrei fatto leva per tirarmi sù.
«No, adesso non devi muoverti. Altrimenti cadi, ricorda che non hai ancora assunto zucchero a sufficienza» disse Justin. Stetti in silenzio e mi staccai comunque da Zack, che nel frattempo si stava allacciando le scarpe.
Odiavo il fatto di averli fatti scomodare, detestavo esser sembrata debole, e non riuscivo a darmi pace per l'accaduto, che vergogna. Ero una stupida, non sapevo fare altro che infastidire le persone. Ed ecco che nuovamente, altre persone si erano sentite in obbligo di dovermi aiutare. Non volevo che situazioni che cercavo di evitare capitassero.
«Non doveva succedere» esclamai con voce flebile, mi sentivo ridicola.
«È normale, capita a tutti di sentirsi male durante degli allenamenti. Una volta Alex vomitò mente correva, e dopo aver cosparso la palestra con la sua bile cadde a terra come un bisonte morto» disse Justin che iniziò a ridere ricordandosi dell'accaduto. «È vero, il tonfo più rumoroso di tutto il secolo» commentò Zack ridendo. 
«State zitti idioti, altrimenti racconto di quando Zack è caduto dalla rampa di skateboard e si è messo ad urlare come un'oca ferita» disse Alex. 
«Stavo scherzando io!» ribatté Zack che non smetteva di ridere. Emisi un piccolo risolino alla vista di quei tre che ridevano come stupidi, si vedeva che erano amici. Avrei voluto anch'io avere una relazione del genere con qualcuno.

«Woho da quando in qua Caren tengosempreilmuso Howen, ride?» Disse Justin. La simpatia gli traboccava dalla bocca come acquolina. 
«Da quando ho incontrato gente come voi» ammisi tuttavia felice.
«Ma che carina» disse Lizzie, mi dimenticai di lei e di tutti gli altri che avevamo intorno, quei tre riuscirono a farmi dimenticare tutto. Era una cosa positiva.
«Bene, risate a parte io direi di rincominciare» esclamò Zack. Spalancai gli occhi.
«Scherzo, avresti dovuto vedere la tua espressione, tipica faccia di un ebete» disse ridendo. Molto gentile, risi lo stesso, altrimenti sarei sembrata una che non aveva mai conosciuto la felicità.

«No, no, dici bene, manca ancora un'ora e dobbiamo continuare» disse Justin, che a quanto pare tornò serio. 
«Tu Caren vai in infermeria, dopo ciò che è successo non ci penso neanche ad ammetterti al corso» esclamò nuovamente. 
Assunsi un'espressione addolorata, non poteva decidere lui.
«E sentiamo perchè dovresti farlo?» chiesi. «Perché sei troppo fragile» rispose con serietà.
Io non ero fragile, non ero debole. 
Mi alzai di scatto, quasi caddi nuovamente se non fossi riuscita a tenere saldi i piedi al pavimento, e mi avviai verso l'uscita della palestra.

«Avanti non arrabbiarti, ha ragione» disse Lizzie un po' sconcertata dalla mia reazione.
«Solo perché tu hai la possibilità e il fisico per permettertelo, non sei autorizzata a ribadirmi il concetto» esclamai quasi sul punto di scoppiare a piangere, mi girai ed uscii dalla palestra, ignorando le voci che mi chiamavano. 
Nessuno poteva dirmi cosa fare, questa era la mia vita, e decidevo io ciò che riguardava me; Non potevo lasciare che qualcuno comandasse e decidesse nuovamente per me, io ero cambiata. Mi sentii nuovamente male, e non feci in tempo di arrivare al bar della scuola per prendere una bustina di zucchero, che mi appoggiai al muro. 
Ero ancora instabile, rimasi molto spaesata davanti a ciò che mi stava succedendo, va bene che fosse normale stare male dopo un estenuante allenamento svolto a pancia vuota, ma non ero mai stata così vulnerabile fisicamente.  
Credevo che sarebbe andata bene, credevo di poter volare in alto e di poter controllare tutto ed invece mi sbagliavo, non ero ancora nessuno. A fatica mi alzai e iniziai a camminare verso il bar.
«Aspetta!» sentii una voce chiamarmi, girandomi trovai Alex corrermi incontro. «Tieni bevi questo, l'ho preso dalla macchinetta vicino all'entrata delle palestre» disse dandomi del the caldo al limone contenente molto zucchero.
«Grazie» dissi semplicemente. 
«Se non riesci a reggerti in piedi, ti porto io sulle spalle» disse sorridendo. Aprì le mie labbra in un radioso sorriso di fronte alla sua dolcezza. «No grazie, ce la faccio. Sei gentilissimo» risposi.
«Allora andiamo in infermeria, sdraiati lì a riposare e poi vai a casa» mi disse indicandomi un corridoio a destra. Annuii e lo seguii lentamente verso l'infermeria.

«Sdraiati qui, adesso vado perché gli allenamenti continuano» esclamò, regalandomi un altro sorriso, non gli dolevano le mascelle? Sorrideva sempre.
«Va bene, allora ciao» risposi sdraiandomi sul lettino. «Ah e non arrabbiarti con Justin e Lizzie, sono solo preoccupati» aggiunse prima di sparire attraverso la porta. Avevo dei dubbi.
Bevvi il the caldo e subito dopo un sorso, mi sentii bene in un lampo. Lo finii in men che non si dicesse e mi sdraiai nuovamente sul lettino. Non sapevo quanto tempo trascorse, ma a risvegliarmi dal mio stato di completo trance fu Justin che irruppe in infermeria. Alzai lo sguardo verso di lui e aspettai che dicesse qualcosa. 
«Non c'è bisogno di offendersi. Ti ho semplicemente detto la verità» esclamò velocemente. «Ah, ed è per dirmi questo che sei venuto?» chiesi indignata dalla sua risposta.
 «Certo. Fino a prova contraria sono io il responsabile del corso ed ammetto chi mi pare» disse incrociando le braccia. Quindi era venuto fino a qui di corsa, per ripetermi le stesse cose? Questo ragazzo era assurdo.
«Comunque, appena finiamo Lizzie, Zack ed io ti accompagneremo a casa. Sei sotto la mia responsabilità dato che il mancamento è avvenuto durante lo svolgimento del corso di cui mi occupo» disse in fretta e furia. 
Ah ecco perché era venuto, mi sembrava strana la cosa. «Non ce n'è bisogno. So badare a me stessa» dissi convinta. 
«Non m'interessa, fai ciò che vuoi, lo faccio solo perché sono responsabile». Sentii il cuore dolermi a quella frase, aveva appena ammesso di fregarsene di me; era ovvio, ci 'conoscevamo' da due giorni, ma ci rimasi malissimo lo stesso.
Stava per uscire, quando decisi di dire qualcosa.
«E comunque farò mma lo stesso, che ti piaccia o no. E ti dimostrerò il contrario. So che me lo vuoi impedire solo perché non ti vado a genio» sputai velenosa.
«L' mma ed il karatè non fanno per te, neanche una lezione e sei già in infermeria» disse Justin.  
Dal tono della voce sembrava sincero, ma non m'importava, che si facesse gli affari suoi.
«Decido io ciò che devo fare, non tu» esclamai con riluttanza.
«Non abbiamo bisogno di psicopatici appena usciti da istituti per depressi, tornatene a casa Howen»  esclamò il biondo uscendo dall'infermeria, lasciandomi sola.


Come faceva lui a saperlo? Mi ero assicurata di averlo tenuto nascosto, chi glielo aveva detto? E se fosse questo il motivo per cui gli stavo antipatica? E se l'avesse raccontato a tutti? Un momento, ecco perché appena vedevo qualcuno, questo mi sorrideva con compassione e nessuno mi aveva mai rivolto la parola... Lo sapevano tutti ed io non ero a conoscenza di nulla.
Iniziando già a piangere uscii dall'infermeria, non entrai neanche in palestra a prendere il mio materiale e la giacca. 
Uscii da scuola così, a spalline e con il trucco colato a causa delle lacrime, avrei sicuramente preso un raffreddore.
Continuai a camminare quasi correndo, nonostante fossi ancora stanca, non sapendo a cosa stavo andando in contro.








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Capitolo 5
*** Fifth chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.'







  It's impossible to forgive about sadness



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                                                                                                                                       “There's just too much that time cannot erase”
                                                                                                                                               -Amy Lee (immortal)






Iniziai a sentire una voragine alla base del petto, stavo silenziosamente e mentalmente combattendo contro diverse sensazioni in guerra dentro di me. Mi toccai istintivamente la base del petto, e premetti con la mano per far sparire tutto quel tornado che stava avendo luogo, ma non ci stavo riuscendo, stavo perdendo il senno e la ragione. L'insieme di ciò che stavo provando stava iniziando ad arrivarmi alla mente, offuscandomi i pensieri; impugnai la maglia con entrambe le mani, se avessi avuto la forza l'avrei strappata completamente. Se ne avessi avuto la possibilità, avrei gridato un urlo di disperazione proprio qui, in mezzo alla strada per tornare a casa, se avessi avuto la possibilità, sarei sparita.
Lacrime silenziose continuavano a scendermi dal viso, ero sicura che il mio aspetto incutesse timore in quel momento, ero fortunata dato che nonostante non fosse ancora tardi, non c'era molta gente. 
Pensai ai miei genitori, non potevo presentarmi in questo stato, avrebbero iniziato a preoccuparsi e fare domande, forse mi avrebbero rimandato all'istituto... Cambiai rotta, mi diressi verso il vecchio caseggiato abbandonato, vicino all'azienda in costruzione. 

Arrivai a destinazione in modo automatico, smisi di pensare, il mio corpo agiva meccanicamente. Mi sedetti per terra, in mezzo alla buia e polverosa stanza principale del caseggiato. Aspettai un po' di tempo ed iniziai a concentrarmi sull'accaduto. Justin aveva parlato chiaramente.



'Non abbiamo bisogno di psicopatici appena usciti da istituti per depressi.' 


Quella frase che per la metà del tragitto, continuava ad echeggiare per la mia testa, suonò ancor più dura in quel momento e mi ferì profondamente. 
Forse era vero, ero una psicopatica. Quale ragazza sana di mente, sapendo dei suoi numerosi problemi, voleva cercare di cominciare una vita nuova?  Nessuna dedussi. Ma io l'avevo fatto e per un'intera estate l'unico pensiero che mi regalava serenità, era quello della consapevolezza di poter iniziare una vita nuova. Com'era possibile, che ci fossero voluti quattro secondi, a distruggere tutta la positività che avevo lentamente accumulato nei mesi scorsi? Com'era successo? Perché avevo fallito nel mio intento? Cos'avevo sbagliato? 
Sorvolai il contenuto della frase che mi rivolse Justin prima, la sofferenza me la sarei potuta tener dentro.
 Ma cosa potevo dire del fatto che tutta la scuola sapesse di me? Non l'avevo minimamente immaginato. 
Solo ora si spiegavano i numerosi sguardi, tutta la gente che mi fissava senza mai rivolgermi la parola, ed io che credevo di star simpatica e suscitare un minimo interesse... Che ingenua, quando mai qualcuno ha provato interesse nei miei confronti? Quando mai avevo attirato l'attenzione per ciò che ero io e non per le mie particolari problematiche? Quando? mai.
Avevo sbagliato, non avrei dovuto credere di stare simpatica agli studenti, mi ero creata un castello di carta. Lo sapevamo tutti che i sogni, le immaginazioni e la positività, nascondono illusioni molto grandi, di quelle letali, che consumano l'anima di ogni essere vivente. 
Dopotutto me lo ero meritata, non avrei dovuto sentirmi cambiata, nuova e un po' felice. La felicità non ne voleva sapere di me, la fortuna non mi amava, a quanto pare ero destinata alla malinconia eterna, alla sofferenza, alla tristezza e alla negatività.
I miei pensieri mi stavano distruggendo,  ero convinta che una volta fuori dal S.Bernard avrei potuto controllare i miei 'attacchi' depressivi, ed invece non era come pensavo. Sbagliavo sempre, la convinzione di poter migliorare mi aveva dato alla testa, niente di tutto ciò che volevo si sarebbe mai avverato. 
Iniziai a grattarmi il collo per cercare di distrarmi dai pensieri che mi stavano realmente ferendo quanto un coltello. Sembravo una pazza, ma Justin non mi aveva mai visto in uno stato del genere, allora perché mi aveva chiamata 'psicopatica'? Possibile che si vedesse solo dall'estetica, o da quel poco di comportamento che attuai in sua presenza? Non riuscivo a capire. Mi morsi il labbro inferiore, imponendo a me stessa di smetterla di piangere e di alzarmi. Restai lì a ragionare su come mi sarei dovuta comportare domani a scuola non accorgendomi nemmeno che si fosse fatto tardi.
Ormai era buio e ora che aprii gli occhi verso ciò che mi circondava, mi accorsi di quanto tetro fosse il caseggiato la notte. Mi alzai di scatto, ancora debole dato che non avevo mangiato nulla dalla mattina. Non sentivo più le gambe, mi sentivo stanca e lacerata. Ero distrutta, sia dentro che fuori, mi sentivo uno straccio.
Ruotai gli occhi a destra e sinistra, ed improvvisamente la mia mente burlona mi fece ricordare l'ultimo film horror che vidi, ambientato proprio in un caseggiato abbandonato. 
Spaventata dal silenzio che mi circondava e dalle illusioni che mi stavo creando, mossi il passo più velocemente, con il cuore che batteva a mille. Avevo il panico che scorreva nelle vene, camminando per uscire continuavo a guardare a destra e a sinistra, cadendo rovinosamente a terra più volte. In che situazione mi ero cacciata, dannazione a me e al mio istinto che sbagliava sempre.
Una volta uscita dal caseggiato, sentii diversi rumori provenire da quest'ultimo. O la mente mi stava giocando brutti scherzi, o qualcuno era lì per davvero. Iniziai a correre, avevo paura, avevo il cuore che batteva come non mai, continuavo a correre con una sensazione bruttissima addosso. Altre sensazioni di terrore, mi stavano invadendo, mescolandosi a quelle che già portavo nel petto.  Smisi di ragionare, pensando solo a correre e a scappare da qualunque cosa avesse provocato il mio panico. Cacciai un piccolo urlo, un'altra parte di me mi stava consigliando di ragionare. 
Forse la debolezza fisica e lo stress psichico mi stavano causando allucinazioni.
 Lo studiai assieme alla professoressa L.Meda: l'ansia, lo stress psichico e fisico e la mancanza di forza, compromettevano la sanità mentale, e giocavano brutti scherzi come le allucinazioni. Grazie a questo pensiero balzatomi in mente mi calmai, controllai il mio respiro, regolando le ispirazioni e le inspirazioni, ma non smettendo di correre; non ero a scuola,  se avessi avuto un mancamento qui nessuno mi avrebbe aiutata e non osavo immaginare che fine avrei potuto fare. 
Non volevo ripetere quella sensazione, provavo ancora vergogna per l'accaduto nella palestra, odiavo sentirmi debole e instabile anche fisicamente, ormai anche il mio corpo mi stava tradendo, credevo di poter contare almeno sulla sua sanità.
Comprendevo bene che la mancanza di cibo per un tempo prolungato fosse dannosa, ma nonostante ciò non riuscivo a  capacitarmi dell'accaduto, non accadrà più.
Cercai di scacciare dalla mente tutti gli avvenimenti di queste ultime ore, nonostante le portassi comunque nel cuore. 


Arrivai a casa e mi ricordai di aver lasciato le chiavi a scuola, nello spogliatoio. Sapevo che i miei genitori fossero tornati dal lavoro, le luci del soggiorno erano accese. Camminai avanti ed indietro pensando a cosa avrei potuto fare.
Non riuscii a trovare soluzioni e non avendo altra scelta, fui costretta a suonare il campanello. Prima  di farlo usai il dito e la saliva per togliermi quel poco mascara colatomi precedentemente, mi sistemai i capelli pettinandoli con le mani e cercai di assumere un'espressione normale.


Suonai il campanello, e in men che non si dicesse mio padre corse alla porta.
«Caren finalmente. Entra, esigo sapere dove sei stata. Ora.» esclamò piuttosto severo.
«Abbiamo letto il post-it. Ma siccome hai tardato troppo abbiamo chiamato la segreteria scolastica, e ci hanno detto che i corsi sono già finiti. Stavamo per uscire a cercarti. Dove sei stata?» Aggiunse calcando le ultime tre parole.
E adesso? 
Decisi di mentire, iniziandomi a sentire già in colpa. Dopotutto non volevo farli preoccupare con i miei sciocchi problemi.
«Sono rimasta al parco con dei miei amici» dissi spudoratamente abbassando lo sguardo, non volevo che mi tradisse.
«Quali amici?» chiese dubbioso. «Quelli del corso» dissi velocemente, senza neanche rendermene conto. 
«Abbiamo contattato anche loro, e hanno detto che non si sono visti con te al di fuori della scuola» affermò incrociando le braccia al petto. Diavolo, ero stata beccata in pieno. Iniziai ad agitarmi e rimasi in silenzio.
«E perché hai gli occhi un po' arrossati?» chiese mia madre scendendo dalle scale e venendomi incontro, ma perché non mi lascivano il mio spazio?
«Svegliati Caren. Non essere moscia, reagisci e dacci delle spiegazioni» disse mio padre. 
Io non sono moscia, Dio mio non ero addormentata e non ero nè fragile e nè debole. Nessuno lo capiva, la situazione mi stava salendo in groppa alla gola, sentivo troppa pressione.
«Lasciatemi stare. Sono un'adolescente particolare, ma pur sempre un'adolescente. Ho bisogno del mio spazio, lasciatemi respirare! » urlai a squarcia gola.
«Lo stiamo facendo per il tuo bene, smettila di comportarti da bambina. Se tu sei un'adolescente, noi siamo dei genitori. È normalissimo preoccuparci per te, sei nostra figlia! Sveglia» urlò di rimando mia madre. Aveva ragione, non sapevo come controbattere.
«Va bene, va bene. Comunque sentivo il bisogno di stare da sola e di fare una passeggiata, così sono andata in giro per la città. Non posso?» replicai sempre urlando, ero al culmine delle sensazioni, stavo scoppiando.
«Non alzare i toni. E comunque volevamo sapere solo questo. E perché ci hai mentito allora?» disse mio padre. Iniziai ad elaborare una scusa più plausibile. 
«Non volevo pensaste che fossi sola e che non mi fossi fatta ancora nessun amico, così vi ho detto di essere con i ragazzi che frequentano il corso con me » affermai, questa scusa era molto plausibile. Lo sguardo dei miei genitori di addolcì, e mia madre mi abbracciò con amore e cautela.
«Ricorda di dirci la verità, sappiamo ciò che stai passando» disse sciogliendo l'abbraccio. «Tua madre ha ragione, ma ricorda: noi siamo e saremo per sempre i tuoi genitori, che ti piaccia o no. Quindi smettila di costruire dei muri» affermò mio padre. «Va bene, posso andare in camera?» chiesi stufa; loro annuirono e così feci.

Una volta in camera mia mi cambiai i vestiti, mi lavai e scesi giù a mangiare qualcosa. Tornai sopra, e dopo aver lavato i denti m'infilai nel letto. Era il momento di pensare. Sentivo la voglia di piangere, ma non uscivano lacrime, le avevo consumate tutte ormai.
Mi addormentai nuovamente tardi, ma giunsi alla conclusione che sarebbe stato meglio presentarmi a scuola e mettere da parte gli avvenimenti di oggi, nonostante mi stavano facendo soffrire lo stesso.




Aprii gli occhi e senza vitalità mi alzai a lavarmi il viso e i denti, oggi non avrei fatto la doccia rilassante. Tralasciando il fatto che mi ero lavata ieri sera, oggi mi sentivo parecchio scombussolata e priva di ogni voglia di rilassarmi.
Strisciai in direzione dell'armadio, ed aprendolo scelsi degli indumenti grigi, proprio come il mio umore; 
Il grigio non era neanche definito un colore, era neutro, non nero ma nemmeno bianco, non positivo, ma neanche negativo. La sua neutralità però non indicava l'essere un po' felici e un po' arrabbiati, indicava il vuoto. E ora percepivo quello, si era sostituito a tutte le emozioni che mi stavano divorando fino a ieri, il vuoto, il nulla, semplicemente quello.
Non mi truccai nemmeno, avrei voluto farlo, non volevo pensassero che fossi stata male ieri, ma avevo poco tempo e dovevo scendere a fare colazione. Oggi non mi ero svegliata presto, ero molto stanca e avevo anche i muscoli doloranti a causa degli esercizi di ieri.
Arrivai in cucina per mettere qualcosa sotto i denti, avevo paura di potermi sentire male nuovamente e così feci un'abbondante colazione. Era l'ora di uscire, presi la cartella e chiusi la porta alle mie spalle.
Stranamente non ero tesa o agitata, non sentivo nulla, tutta la confusione di ieri era sparita, ma comunque percepivo la tristezza, la delusione e la malinconia regnare silenziose dentro di me. 
Camminai sentendo ancora i muscoli delle gambe dolermi ad ogni passo che facevo, non traspariva nulla dal mio viso, sembravo una mummia.


Arrivai al cancello scolastico, mi sorpresi nuovamente di non star sentendo tensione o paura, continuavo a sentirmi vuota.
 Camminai per il cortile, sentendo ancora gli sguardi addosso, mi stavano dando incredibilmente fastidio, ma mi rassegnai e continuai a camminare tenendo gli occhi bassi, ma la testa alta. Entrai nell'edificio e notai Justin, Zack, Lizzie, Alex e altri ragazzi tra cui alcuni del corso di ieri, nel corridoio centrale. Iniziai a sentire il battito del cuore accelerare, non dovevo aver paura, non costava nulla passare e ignorarli, dovevo solo guardare in basso. 
Vidi Alex notarmi, e sussurrare qualcosa agli altri che immediatamente volsero lo sguardo su di me. Mi sentii colta alla sprovvista e mi girai in fretta, fingendo di non averli visti. 
Iniziai a camminare abbassando lo sguardo sul pavimento e nel momento in cui passai di fianco a loro, sentii i loro sguardi perforarmi. Non fecero assolutamente nulla, e la cosa mi rattristò un po', i motivi erano ovvi, non volevano mostrarsi in compagnia della ragazza problematica. 
Arrivai all'armadietto, e iniziai a prendere i libri che mi servivano. 
Mi recai nell'aula centoquattro d'italiano prima che la campanella che indicava l'inizio delle lezioni suonasse. 
La classe era vuota, scelsi il posto infondo, vicino alla finestra ed attesi lì l'inizio delle lezioni, contemplando gli studenti nel cortile della scuola. Dopo una decina di minuti suonò la campana e l'aula iniziò a riempirsi di studenti. 
«Scusa, questo è sempre stato il mio posto, potresti alzarti?» chiese una ragazza minuta dai capelli rossi, era molto alternativa data la sua pettinatura e il suo particolare abbigliamento. 
Questo posto però non era suo, quello era stato l'anno scorso, questo era un nuovo anno e le cose erano cambiate, poi l'unico posto libero rimasto era quello di fronte al professore e non mi andava. Volevo dirle di no, ma non volevo farlo esplicitamente, mi vergognavo e non volevo risultarle antipatica, non sapevo cosa fare, ma dovevo cercare di tirare fuori il mio carattere. 
«Allora? Se vuoi dimmelo domani» esclamò con una nota di irritazione, aveva ragione, non le avevo ancora risposto.
«Allora?» ribadì una seconda volta, non volevo litigare e così mi alzai silenziosamente dal banco e mi recai a quello di fronte alla cattedra della prof, che entrò proprio in quel momento. 
Mi ero fatta mettere nuovamente i piedi in testa, non riuscii a darmi pace, e così prima di sedermi mi voltai e le dissi «comunque rivolgiti più educatamente la prossima volta». 
«Chiunque si sarebbe arrabbiato un po' con una persona che non risponde ad una domanda, ah è vero tu sei quella particolare» disse mentre prendeva il suo libro dalla borsa.
«Particolare? Cosa intendi?» chiesi un po' spaventata dalla sua risposta. 
«Sedetevi e smettetela di parlare» ci sgridò la professoressa, ubbidii e rimasi in silenzio per tutta l'ora. Quindi era vero, tutti sapevano di me...


Le ore passarono velocemente e non parlai con nessuno, non che lo volessi, ma nessuno mi dava la possibilità di fare amicizia. Suonò l'ultima ora e tutti uscirono dall'aula per andarsene. 
Aspettai che la scuola si svuotasse, non volevo camminare in mezzo agli studenti dopo aver scoperto che sapevano del mio disturbo. Passarono dieci minuti e finalmente mi alzai decisa ad uscire dalla scuola. 
Appena uscii dal portone, qualcuno mi tirò per un braccio e mi trovai davanti il solito gruppetto di Justin, Zack e gli altri.
Scansai il braccio dalla presa di un ragazzo coi capelli castani, sempre facendo piano, non volevo offenderlo.

«Perché non ci hai aspettati ieri?» chiese Lizzie mentre si tirava i bellissimi capelli biondi indietro. Rimasi in silenzio, ma solo dopo un po' di secondi decisi che fosse meglio parlare.
«Poniti qualche domanda» esclamai acida. Mi dispiaceva, ma se la stavano cercando, non era difficile capire che non volevo avere niente a che fare con loro. 
«L'abbiamo fatto, ma non troviamo risposta. Prova a portela tu qualche domanda» disse Alex con tono di sfida, era strano, ieri mi era sembrato così dolce.
«Sentite, non so cosa vogliate, ma non voglio avere niente a che fare con voi» dissi, da una parte era verissimo, ma un'altra mini parte, mi sarebbe piaciuto avere degli amici.
«Neanche noi vogliamo avere a che fare qualcosa con te, ma...»
«Ma cosa? Se non volete aver nulla a che fare con me, perché mi avete fermata? Cosa volete?» esclamai urlando, ed interrompendo il ragazzo coi capelli castani, che mi ferii con le sue parole.
«Calmati, non risolverai nulla urlando» disse Justin. Lui era l'ultima persona  che avrebbe dovuto parlare, possibile che non si rendesse conto che la causa della mia tristezza erano state le sue parole? Era così ottuso?
«Ti chiedo scusa per ieri, ma avresti dovuto aspettarci» disse grattandosi la nuca. Credeva che con un semplice 'scusa' si sarebbe risolto tutto. 
«Ci hanno chiamato dalla segreteria chiedendoci di te, ci siamo preoccupati» disse Zack che mi stava fissando negli occhi, mettendomi ancora più a disagio. Perché tutti dovevano infastidirmi, con la scusa dell'essere preoccupati per me?
«Non vi hanno detto nulla, quindi è stato inutile che vi siate preoccupati. Non temere, la vostra incolumità è al salvo» dissi marcando l'enfasi nell'ultima frase.
«Ma sei proprio frullata. Ragiona piano e razionalmente!» quasi urlò Lizzie.
 Mi stavano trattando da pazza, io non lo ero.
«Smettetela di parlarmi come se steste interagendo con un pazzo. Io non lo sono avete capito? Tu soprattutto, hai capito?» urlai ed indicai Justin.
«Ed ora basta, lasciatemi stare!» urlai con voce sommessa. 
Mi girai immediatamente ma Alex mi fece rivoltare prendendomi il braccio.
 «Smettila di scappare dalla situazione!» esclamò. Mi scansai delicatamente e li guardai tutti negli occhi, uno ad uno.

 «Non siamo amici giusto? Non siamo legati da nulla giusto? Quindi cosa vi potrebbe fregare di me e del fatto che io sia arrabbiata o no?» dissi cercando di calmarmi. Tutti restarono in silenzio ed io ne approfittai per parlare.
«Mi avete ripetuto fino allo sfinimento che non v'importa di me, allora perché continuare a parlarmi? E soprattutto, perché mi avete detto queste cose ora e non questa mattina? Ah sì, capisco. Non volevate farvi vedere con la ragazza depressa e problematica, come biasimarvi, avete ragione. Allora chiudiamo la cosa qui, io non conosco voi e voi non conoscete me. Vi saluto» urlai in preda all'isteria, lasciando tutti sorpresi. Sapevo di aver dimostrato nuovamente la mia fragilità emotiva, ma almeno avevo tirato fuori un po' di carattere. Non volevo mostrarmi moscia.
Mi voltai e quasi correndo attraversai il cortile e uscii dal cancello. 
Iniziai a camminare per andarmene a casa, volevo urlare e sfogarmi su qualcosa. Stavo per scoppiare, non ce la facevo più. Se solo fossi rimasta nell'istituto... Non era cambiato nulla, altro che vita nuova. Iniziai a riflettere sull'idea.
«Caren!» sentii la sua voce chiamarmi e mi girai un po' scocciata, mi avevano seguita...






Spazio autrice
Allora, ci tenevo a ringraziare le persone che hanno recensito. Mi dispiace troppo che la storia si sia cancellata, ho perso molti lettori che ce l'avevano nei preferiti/seguiti/ricordati. Purtroppo la cosa è ormai successa, quindi tanto vale andare avanti...
Questo capitolo è particolarmente pieno di discussioni, non ce l'avevo nei piani, avrei voluto far rimanere Caren a casa e farla diventare subito amica del gruppetto, ma ci ho ripensato, non voglio che segua una trama lineare e generica, quindi l'ho complicata un po'. Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate e se avete notato qualche errore ditemelo, purtroppo con tutto quello che è successo ho avuto il tempo di rivedere e correggere gli errori nel primo capitolo, gli altri li revisionerò sabato sera. .
Grazie dell'attenzione,
Anche se siete in pochi, vi amo :)
Sarah
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Capitolo 6
*** Sixth chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.'




Let's try




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”What do you have to lose, if you try again?”
-cit M.S




«Comunque i corsi di mma sono domani alle tre in punto, vedi di presentarti!» urlò Justin in lontananza, mentre tutti gli altri che erano intorno a lui sorrisero, tutti, tranne il ragazzo castano che mi fermò all'uscita della scuola e che mi disse che pure lui non voleva avere niente a che fare con me. Era ufficiale, gli stavo antipatica, la cosa mi dispiacque davvero molto, non volevo suscitare antipatie già dal terzo giorno di scuola.

Non sapendo come reagire all'affermazione di Justin, mi limitai a sorridere falsamente e ad alzare il pollice in alto. Mi stavo comportando da ipocrita, ma non volevo pensassero che fossi acida e maleducata, e né che li volessi come amici dato che non avevo nessuno. Senza neanche aspettare una loro reazione, mi voltai e mi diressi a casa, pensando al da farsi. Sinceramente, mi sembrava piuttosto strano che ora volesse farmi partecipare al suo corso.

Cosa voleva significare quella frase? Volevano diventare miei amici? O volevano semplicemente rimediare a come si erano comportati ieri?

Troppe domande senz'alcuna risposta, ciò aumentava la mia frustrazione; una delle sensazioni più laceranti, era quella di non poter trovare alcuna risposta alle domande, ai dubbi, alle teorie o supposizioni. Quanto vorrei che tutto fosse più facile, mi piacerebbe molto poter smetterla di pensare così tanto e iniziar a reagire un po' istintivamente, senza dover programmare tutto. Un giorno mi esploderà la testa a causa di tutti questi pensieri, ero così stanca di essere sempre stanca.

Arrivai a casa e dopo aver pranzato guardai la televisione.
Iniziai a fare dello zapping, finché non mi soffermai sul canale centosette, che stava trasmettendo un programma sulle arti marziali giovanili e ai livelli raggiunti dagli adolescenti quest'anno. Era semplicemente meraviglioso, esaminai con estrema attenzione il modo in cui una ragazza stava combattendo con un ragazzo, molto più alto e robusto di lei.
Rimasi a bocca aperta dal modo in cui la ragazza schivava i colpi, era agile, veloce e sapeva bene, dove e quando colpire il ragazzo, che anche lui seppur bravissimo, sembrava in difficoltà. Amavo la difesa che attuava, il modo in cui si abbassava per poi rialzarsi e sferrare il colpo di grazia. La violenza mi aveva sempre impaurita, ma il pensiero incoerente, era che la difesa invece mi aveva sempre allettata, morivo dalla voglia di impararla... Dopotutto è per questo che mi iscrissi al corso di mma.

Ragionai sull'affermazione di Justin, e se cercassi di dimenticare tutto e d'iscrivermi? Tanto la partecipazione non implicava necessariamente un dialogo con loro.
Ero molto dubbiosa e indecisa su cosa fare, volevo partecipare a quel corso, ma nello stesso tempo non volevo vederli e parlarci... Iniziai ad andare in confusione. Non riuscivo a focalizzare su cosa fare, non capivo più nulla.

Sbuffai violentemente e dopo aver spento la televisione, mi catapultai in camera mia ed iniziai a tirarmi i capelli.

Ero tremendamente stanca della situazione in cui mi trovavo, ero stanca della mia mente, stanca dell'indecisione e delle insicurezze che mi assalivano sempre, ogni dannato secondo del giorno. Non riuscivo mai a pensare razionalmente, a misurare le cose e non ero capace di giungere ad una conclusione o soluzione, senza aver prima stufato me stessa. Non ce la facevo più, mi ero rotta le scatole di dover subire tutto ciò che attualmente subivo sempre, ma la cosa strana e che mi faceva arrabbiare di più, era che stavo facendo tutto io.
Altro che depressione causata da un fattore anomalo, ero io che causavo i miei stessi problemi.
Mi piaceva poter pensare di essere una vittima, di essere una normale ragazza triste a causa di problemi adolescenziali che le impedivano di andare avanti; mi piaceva anche pensare di essere una persona buona, una persona incompresa e poveraccia. Sarebbe tutto più facile, perchè almeno avrei la consapevolezza di essere fuori da questo ciclo malinconico che mi abbatteva ogni singolo giorno. Ed invece? la causa della mia sofferenza ero io, non qualcos'altro.
A volte pensavo che la depressione fosse un caso a parte, e che questa fossi io. Ero sempre io che mi comportavo male e subendo le conseguenze degli altri mi lamentavo, ero io che rendevo più difficile tutto, coinvolgendo anche persone che non c'entrano nulla con me.
Questa non era depressione, non poteva esserlo, e anche se lo fosse non era un periodo che se ne sarebbe andato facilmente, forse ero io la depressione, e sarei rimasta in ergastolo dentro me stessa. Io intrappolata dentro di me, per sempre.
Emanavo forti radiazioni di energia negativa, la stessa energia che ogni giorno mi faceva sentire un peso per tutti, che mi metteva in conflitto con la mia pace interna, che ormai non riuscivo neanche più a trovare.
Avrei solo dovuto vergognarmi, spendevo tempo a riflettere su cose già successe e che non sarebbero potute cambiare, spendevo anche tempo ad immaginare una vita che non fosse quella attuale, noiosa e abitudinaria;
Certo, sognare era bello, immaginare di essere una bellissima ragazza, magari molto amata e socievole, intelligente, gentile, tranquilla, ma nello stesso tempo simpatica. E adesso che ci pensavo... Sognare non era bello, era bellissimo...

Ma come ogni cosa bella, anche sognare aveva il suo lato negativo, si trattava del momento in cui dopo aver speso ore ad immaginare, ti fermavi e sentivi quella vocina, che identifichiamo come coscienza, dirti 'ehi, ma non sarai mai nulla di tutto ciò che stai sognando, svegliati! Al posto di immaginare cose lontane a te, cerca di migliorare il tuo presente!'.
Ed era proprio lì che partivano lacrime salate, le lacrime di una persona che realizzava di non poter mai essere ciò che voleva essere davvero, ciò che voleva essere con il più profondo della sua anima ormai lacerata, a pezzi.
Mi uccidevo ripetutamente pensando al fatto che non sarò mai ciò in cui spero, ed era qui che entrava in gioco quella maledetta illusione, accompagnata dalla sua cavalleria, composta dall'obbligo e dalla rassegnazione.
Certo, i sogni nascondevano grandi illusioni, illusioni a cui ti dovevi obbligatoriamente rassegnare; l'armamento di una mutilazione, un'auto-lesione all'anima, alla mente, al pensiero e a tutte le cellule che costituivano ogni micrometro del tuo corpo.

Non sarei mai guarita, la malattia in sé non esisteva e non sarei potuta mai più tornare com'ero prima.
Avevo sentito parlare di gente che dopo aver sofferto si era rialzata e aveva iniziato tutto nuovamente, credevo anch'io che fosse possibile ma solo ora mi resi conto dell'ennesima illusione. Chi era riuscito a superare tutto allora non era mai stato affetto da nulla. Io ero irreparabile, solo il distacco dei nervi al mio cervello potrà determinare un nuovo inizio per me, quello nell'alto dei cieli, ma il suicidio non era nei miei piani, assolutamente.



Scossi la testa cercando di smetterla di fare riflessioni, e presi un anti-depressivo, se fossi andata avanti così, mi sarei sicuramente messa a piangere in preda ad uno dei miei attacchi d'ansia remissiva. Respirai profondamente e ancora scossa dai ragionamenti che ero riuscita a fare, presi la cartella ed iniziai a fare i compiti per domani. Non dovevo fare molto, solo il tema d'italiano.

'Parla delle tue vacanze' era la frase, quasi obbligatoria e fredda alla lettura, che torreggiava su quel foglio bianco.
Le mie vacanze... Cosa avrei dovuto scrivere? Per me non erano state neanche delle vere e proprie vacanze, le avevo passate a casa insieme ai miei genitori. Non avendo idee, iniziai a sbuffare ripetutamente e a maledire con voce alta la professoressa.
Non avevo idee, non sapevo con cosa iniziare, cosa raccontare e come farlo. Tuttavia mi calmai in fretta, avrei potuto scrivere dell'unica volta in cui i miei genitori mi portarono al lago in montagna, ma quelle vacanze risalivano a sette anni fa. Dopotutto la professoressa non aveva specificato di quali vacanze bisognava trattare, quindi iniziai a scrivere, partendo dalla descrizione del luogo.


Terminai il tema, e poco soddisfatta preparai la cartella. Scesi giù e vidi i miei genitori scambiarsi effusioni in modo rispettoso ma nello stesso tempo dolce. Non riuscivo a sorridere, ero contenta per loro, ma purtroppo la loro felicità non era la mia. Li sorpassai per prendere i biscotti, e i due notandomi si ricomposero velocemente, non riuscii a trattenere un piccolo risolino e salutandoli entrambi mi diressi di sopra.
«Com'è andata la tua giornata Caren?» disse mio padre, stranamente felice. «Tutto a posto» ammisi con noia, non andava tutto veramente a posto.
«Ti sei fatta qualche amico?» esclamò mia madre, sorrisi alla sua invadenza. «Sì mamma, ma per poterli chiamare 'amici' dovrà passare del tempo» mentii.
«Va bene, vai a dormire che è tardi» mi ordinò mio padre. Annuii, e arrivata in camera mia consumai i biscotti, mi lavai i denti e andai a dormire.



Mi svegliai alle sette e come al solito, sistemai il letto, feci la doccia che usai per svegliarmi, lavai i denti, feci colazione ed uscii di casa. Non mi ero truccata, sicuramente oggi avrei dovuto affrontate i ragazzi e Lizzie, lei era bellissima, e nonostante sapessi di non poterle mai arrivare, decisi di rientrare a casa per truccarmi, non volevo sembrare una racchia a confronto.
Uscii nuovamente di casa e seppur fosse ancora presto per l'entrata degli studenti, decisi di andare per prima. Non volevo vedere nessuno, non potevo scappare dai ragazzi, ma rimandare tutto il pomeriggio sarebbe stato più semplice.
Presi i libri dall'armadietto e mi recai nell'aula d'italiano, che avrei avuto le prime ore. Mi sedetti nel banco di fronte alla professoressa, non volevo rubare il posto a nessuno per non suscitare discussioni come quella dell'altra volta, mi sentivo in imbarazzo al solo pensiero. Mancavano ancora venti minuti all'inizio delle lezioni e come sempre mi avvicinai alla finestra da cui si poteva vedere il cortile che iniziava a riempirsi di studenti.
Vidi Lizzie entrare con Justin e Zack. Si tenevano ironicamente a braccetto, quanto erano belli... Mentre camminavano li vedevo salutare numerose persone, erano anche socievoli a quanto pare; Stavano parlando e nello stesso tempo ridevano, Lizzie sembrava molto legata a loro, si vedeva lontano un miglio che era la loro migliore amica e loro i suoi, beati loro, chissà cosa si provava ad avere amici. Non distolsi lo sguardo da loro, e sentii la tristezza avvolgermi. Anche se fossimo diventati amici, non avrei mai potuto avere una relazione ed un rapporto come quello che attualmente avevano tra di loro, ero out-group, fuori dal gruppo.
La classe iniziò a riempirsi, tornai al mio posto e tenni la testa bassa, non volevo incrociare nessuno sguardo. La campanella suonò, entrò la professoressa ed iniziammo la lezione.
«Avete svolto i temi?» esclamò quest'ultima. Tutta la classe affermò di 'sì' in coro, tranne me, non volevo fiatare.
«E tu, Caren?» mi sorrise. «Ehm, sì certo, cioè... Anche io» dissi un po' impacciata e nel momento in cui sentii dei risolini, abbassai lo sguardo.
Questaa giornata sarebbe stata lunga, noiosa e sgradevole.


Finirono le lezioni e dopo aver passato gli intervalli nascosta nello sgabuzzino dei bidelli, mi sentii meglio. Preferivo sparire anziché mostrare quanto io fossi sola e senza amici, era un comportamento insolito, ma lo privilegiavo data la mia situazione.
La campanella di fine lezioni suonò e pronta ad andare a casa, incrociai i gruppi dei corsi andare in mensa per pranzare. C'era anche il gruppo di mma , e senza neanche aver il tempo di nascondermi, Alex mi chiamò.
«Caren?» non volevo voltarmi, ma mi resi conto di esser stata riconosciuta, e sospirando e provando un falso sorriso di piacere, mi voltai.
«Ciao Alex».
«Allora, vieni dai. Siamo tutti sul tavolino in mensa» esclamò raggiante. Ma come? il giorno prima mi dicevano indirettamente di non voler aver nulla a che fare con una ragazza come me, e poi m'invitavano al loro tavolo? Accigliata, risposi con tono atono «No, devo andare a casa. Per domani devo studiare molto» ennesima bugia.
«Allora non verrai al corso?» chiese con aria titubante. «Già» risposi fissando le mie mani.
«Se non potremo vederti, almeno vieni ora» esclamò trascinandomi alla mensa. Volevo oppormi e dirgli di mollare la presa, ma non volevo risultare scortese.
«Woho, guarda chi si rivede» disse Zack mentre ingoiava la pasta. «Non si parla a bocca piena» lo rimproverò con tono giocoso Lizzie, sempre bella e graziosa.
«Scusa, bacchettona» replicò Zack sempre con la bocca piena. Risero tutti, tranne me.
«Già, ciao» esclamai a disagio, non mi sentivo bene in mezzo a loro e a tutto l'altro corpo studentesco.
«A cosa dobbiamo la visita?» esclamò insolente, il ragazzo castano alla quale ero sicura di star antipatica. «Chris, vacci piano» lo ammonirono Justin e Zack, li ringraziai mentalmente.
«Ehm, nulla. In realtà non so neanche io il perché mi sia fatta portare qua» ammisi con sincerità, dopotutto era vero, era stato Alex a portarmi, era l'unico che gradiva la mia presenza.
«Sei messa bene» disse Lizzie cercando di smuovermi dal mio stato di gelido imbarazzo. «Uh, sì» dissi per darle una risposta, in genere non avrei risposto ad insinuazioni del genere.
«Allora vieni al corso?» domandò Justin che stava giocando con una bottiglietta d'acqua. Non volevo dirgli di no, mi vergognavo, qui di decisi su due piedi che sarei venuta, non potevo fargli un torto.
«No, non può perché domani ha molto da studiare» affermò Alex con nonchalance, lo fulminai con lo sguardo e lui di risposta alzò le spalle.
«Avanti, non usare scuse» disse Lizzie, per quanto potesse essere bella, restava una ficcanaso.
«Non sto usando scuse, se avessi voluto venire non mi sarei fatta problemi» mentii mantenendo lo sguardo fisso nei suoi occhi.
«Sento puzza di bugia» affermò Justin con un particolare sorrisetto sul viso.
«Ma che fiuto infallibile, quoto Justin» affermò Zack. Ah perfetto, mi stavano dando della bugiarda.
«Allora avete problemi nasali, ora scusatemi» dissi per poi voltarmi.
«Se continui ad atteggiarti così nessuno sarà mai tuo amico, fatti un resoconto, tutti cercano di aiutarti ma sei tu che ti rifiuti sempre. Siamo già gentili che cerchiamo di starti vicino quando a quanto pare, nessuno fa» urlò in mezzo alla mensa Lizzie, che si era alzata in piedi.
Rimasi allibita di fronte alla sua affermazione e d'improvviso tutti gli sguardi degli studenti presenti in mensa ricaddero su di di me. Non sapendo cosa fare, e sentendomi nervosa con tutti quegli sguardi addosso, mi poggiai una mano sulla guancia e realizzando che se avessi spiccicato parola molto probabilmente sarei scoppiata in lacrime, mi voltai ed inizia a camminare fuori dalla mensa.
«Ha ragione, dovrebbe scendere dal piedistallo» sentii dire in lontananza da vari studenti. Era riuscita a mettermi contro molte persone, e dopotutto ciò che aveva detto era la verità...
«Lizzie, va bene che vuoi in qualche modo aiutarla, ma l'hai messa in imbarazzo di fronte a tutti!» sentii urlare da Justin. «No ha fatto bene, se lo è meritato» disse Chris. «Mi ha fatto particolarmente pena...» affermò Alex. Io però non volevo fare pena a nessuno, mentre uscivo dalla mensa, decisi di darmi una regolata.
Nonostante sarei potuta scoppiare a piangere in qualsiasi momento, decisi che sarei andata a quel maledettissimo corso, non per frequentarlo, volevo parlare semplicemente a tutti, scusarmi e chiarire una volta definitivamente.


Spazio autrice
Heilà,
prima di tutto ringrazio nuovamente le persone che hanno recensito, grazie mille, senza di voi non credo riuscirei a continuare questa fiction.
In questo capitolo abbiamo una pesante riflessone di Caren, che chiarisce un po' lo stato d'animo in cui si trova. Quella parte l'ho scritta con le lacrime agli occhi, seppur da leggere sembri uno stupidissimo pezzo qualunque, ci ho messo l'anima e i sentimenti per cercare di riassumere il tutto, le provo anch'io quelle sensazioni e quindi la cosa mi ha emotivamente coinvolta.
Il capitolo è breve, mia madre ha dovuto prendermi l'ipad perchè doveva fare qualcosa di urgente, così ci ho messo più del previsto, scusatemi. Il prossimo
capitolo sarà pieno di dialoghi, e finalmente avremo una visione più chiara dei nostri protagonisti e di cosa pensano, penso d'inserirci una piccola svolta.
Comunque ora mi dileguo, mi raccomando, RECENSITE e fatemi sapere cosa ne pensate.
Ringrazio particolarmente hugmedrew_ e la mia sis :)
grazie dell'attenzione,
Sarah
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Capitolo 7
*** Seventh chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.'


 
                            Aknowledge my mistakes


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( Banner realizzato da hugmedrew_, grazie mille per aver perso il tuo tempo, questo capitolo lo voglio dedicare a te)


”Admitting your errors, is the best thing you can do”
{cit-M.S)






Ero ancora impalata al portone d'uscita della scuola, imbambolata nel contemplare qualcosa che al momento fuggiva dal mio conscio.  
Percepivo  ancora il battito del cuore accelerato, sentivo la mia anima fremere da una sensazione mai sentita prima, negativa, molto negativa; 
la mia mascella stava tremando, udivo i denti sbattere tra di loro, avevo gli occhi fissi su un punto non preciso del cortile ed infine, avvertivo un gorgoglìo nel mio stomaco, ormai stremato dalla tensione. 
Il mio petto si muoveva a fatica,  quasi a tentar di fermare il mio cuore che sbatteva contro la cassa toracica pettorale, iniziai a sudare freddo e muovendo appena piccoli passi, arrivai nel bagno delle professoresse, vuoto dato che dopo il suono di fine lezioni, non dovevano tornare per il pomeriggio. 
Chiusi la porta e mi lasciai cadere contro il muro parallelo ad essa, mi portai una mano al cuore, mentre con l'altra che tremava mi coprii la bocca, dalla quale continuavano ad uscire piccoli singhiozzi che man mano diventavano sempre più rumorosi. 

Cos'era appena successo?

Dentro di me lo sapevo, ma la mia mente quasi ad attuare la 'rimozione' freudiana, non voleva assolutamente riportare alla mente il ricordo. Non erano passati neanche cinque giorni dal nuovo inizio scolastico e mi ero già fatta odiare da metà scuola. 
Io non avevo fatto niente di male, ero timida ed impacciata certo, ma non mi ero mai comportata in maniera scorretta tanto da indurre un'intera mensa scolastica a parlarmi dietro e ad incitarmi ad un litigio. 
Mi sentivo in trappola, in una gabbia, tra me stessa ed il mondo esterno. Non avevo vie di scampo, ero destinata alla sofferenza mentale ed esterna.

Lentamente, i rumorosi singhiozzi si trasformarono in un piagnucolio frustrato, che indirettamente trasmetteva malinconia a chiunque, la malinconia di una persona estremamente logorata da tutto ciò che la circondava. 
Le parole di Lizzie erano dure, ma la cosa più triste era che aveva detto la pura verità. Ero paralizzata, una statua di ghiaccio, immobile, fredda e priva di un qualcosa che la rendesse viva. Non sapevo per certo quanto tempo fosse passato, tanto che solo ad un certo punto, mi degnai di alzarmi e lavarmi il viso.
Alzai lo sguardo verso lo specchio e rimasi bloccata di fronte all'immagine che mi si presentò davanti. Ero irriconoscibile,  tutto il trucco che avevo applicato la mattina era sparito, lasciando posto a colature nere sugli zigomi, le occhiaie profonde erano evidenti, e le labbra stavano sanguinando a causa della tortura che avevo provocato con i denti. Il mio colorito era pallido, bianco come la neve e lasciava intravedere le vene sulla fronte, un'immagine disgustosa.


Sempre più scoraggiata, mi muovevo con estrema cautela, sentivo di poter cadere da un momento all'altro, ed una piccola parte di me lo sperava, e sperava che non aprissi più gli occhi una volta crollata a terra.
Cercavo disperatamente di rimuovere il trucco nero sotto gli occhi e sugli zigomi, mentre uscivo lentamente dal bagno. Avevo gli occhi mezzi addormentati e avvertivo un senso di stanchezza rallentarmi gli arti. 

La mensa era vuota, quindi i corsi erano già iniziati da un bel pezzo. La mia intenzione era quella di chiarire, ma ridotta in questo stato avrei sicuramente dato nell'occhio e mostrato di aver sofferto. Mentre mi sedevo in uno sgabello, cercai con lo sguardo un po' appannato, qualche macchinetta per comprare una barretta di cioccolato, stavo morendo di fame. Non c'era, quindi ero costretta ad andare fino alla palestra per comprarne una. 
Mi alzai con fatica, ero diretta verso le macchinette all'entrata della palestra. Ero certa che avrei incontrato qualcuno del corso, ma dopotutto ero già sicura del fatto che ci avrei chiarito.
Arrivata alla macchinetta e consumata la barretta, decisi di entrare nella palestra, dovevo vederli e chiarire. Sentivo già la voce di Alex che contava gli addominali, e andandomi a sedere nella panchina dopo essere arrivata, ammiravo Lizzie e gli altri. 
Stavano facendo esercizi sugli stoini.  Lizzie, era brava quanto i ragazzi e dopo avermi notata, mi aveva rivolto un sorriso e si era fermata.

«Hai bisogno di dire qualcosa?» disse bevendo un sorso della bottiglietta d'acqua sul bancone. «Volevo parlarvi» ammisi con voce debole, sentivo di poter piangere.
«Quindi devo chiamare anche gli altri?», «credo di sì » risposi tenendo lo sguardo basso, non volevo si notassero i miei occhi gonfi.
«Aspettami qui allora» disse tirandosi i capelli indietro. Aveva chiamato Alex, Justin, Zack e Chris, che smisero di chiacchierare per raggiungere la mia panchina.
Il cuore cominciò a battere, respirai e sorrisi un po' amaramente al loro arrivo.  


«Hei amica» disse Zack sedendosi vicino a me. Quel ragazzo era proprio simpatico e allegro.
«Hei Zack» risposi facendo un piccolo sorriso. «Mi sembri più allegra adesso» esclamò Justin che mi stava guardando negli occhi. Non m'importava più degli occhi gonfi o dell'aspetto trasandato, era  l'ora di parlare.
«Forse» ammisi leccandomi le labbra. 
«Devo parlarvi» biascicai con voce flebile.
 «Avanti, puoi dirci tutto» m'incitò a parlare Alex con fare premuroso
«Io volevo chiedervi scusa per come mi sono sempre comportata con voi. Come avete notato ho difficoltà nel relazionarmi con le persone, sopratutto dopo aver scoperto che tutti sanno del mio problema depressivo. Sono stata una sciocca, sono stupida, lo so e come fanno tutti sbaglio anch'io, vi chiedo solo di perdonarmi e di dimenticare tutte le volte in cui mi sono comportata da insolente» ammisi velocemente, mentre sentivo il petto andare su e giù dalla tensione.
«Alleluja» esclamò Chris. Aveva ragione, alleluja eccome.
«Avanti amico stai zitto e lasciala finire» disse Alex ridendo. 
«Vai avanti» mi disse Justin con sguardo comprensivo.
«Sono una persona molto complicata e orgogliosa, quindi non ho mai voluto stare in compagnia di qualcuno che mi ha sempre reputata una psicopatica depressa, so benissimo che lo pensano in molti, così ho deciso di chiudermi nuovamente e di staccarmi da tutti» continuai guardandoli negli occhi.
«Lo sappiamo che hai problemi nel relazionarti. Ad essere sincero inizialmente tutti ti reputavano un po' strana, anche noi. Lizzie invece, ci ha convinti del contrario» disse Alex. Lizzie, la ragazza che avevo etichettato come ficcanaso, mi aveva difesa da tutti.  La guardai e le mandai un segno di riconoscimento con lo sguardo, che accettò volentieri.
«Cosa intendi per strana?» chiesi ad Alex. «Particolare. Il primo giorno, sembravi impacciata, eri silenziosa e avevi uno sguardo triste» mi rispose mentre giocava con l'asciugamano.
«Ad esempio, io appena ti ho vista, ho pensato che fossi una ragazza normalmente timida, solo il giorno dopo ho notato che fossi diversa, un po' più bloccata delle altre persone semplicemente timide» disse Zack girandosi per guardarmi negli occhi.
«Quindi secondo molti studenti, essere tristi e spenti è una fonte di particolarità negativa? » chiesi con dubbio. Tutti annuirono. Certo che in due anni le cose cambiate erano troppe, fino a due anni fa gli adolescenti non avrebbero mai deriso una ragazza con problemi psicologici, ora invece, tutto era effettivamente cambiato.
«Deduco quindi, che stare con una persona con problemi del genere, rovini l'immagine di un ragazzo?» chiesi un po' spaventata dalla risposta. 
«Non proprio, in realtà nonostante tutto, risulti interessante a molte persone» disse Justin mentre sorrideva.
«Come alla nostra Lizzie ad esempio» esclamò dando un bacio sulla guancia all'amica. 
«Lei si preoccupa molto per il prossimo e ti ha sempre trovata simpatica da quel poco che ha potuto sapere di te» fece poi, continuando ad abbracciarla e a coccolarla. 
«Oh» dissi semplicemente. Non l'avrei mai detto, quindi, stavo simpatica a Lizzie? Sentivo il naso pizzicare, oltre che bella, quella ragazza era anche gentile e premurosa, il prototipo di persona a cui ispiravo. Alzai gli occhi in alto e ingoiando la saliva, sbuffai sonoramente.
«Io non so, mi dispiace. Ma cercate di capirmi, la mia situazione non è delle migliori» ammisi con la voce che tremava, ecco, tra poco mi sarei sicuramente messa a piangere.
«Voi non sapete nulla di me, tranne il fatto che sia appena uscita da un istituto per adolescenti con difficoltà » cercai di sviare l'argomento, parlare di Lizzie mi metteva a disagio.
«Ti capiamo, quindi si può dire che abbiamo fatto tutti la pace. Io vado a continuare, ciao» disse Chris con tono annoiato. Cosa gli avevo fatto? Non capivo il perchè del suo comportamento ostile nei miei confronti.
«Lascia stare Chris. Ti dico un segreto, ha le sue cose» mi sussurrò Zack all'orecchio provocandomi brividi lungo la schiena. Avrei voluto ridere, ma la sua vicinanza e la sua voce mi perforarono l'anima, tanto che la mia bocca si aprì leggermente. Annuii e toccandomi il collo, rimasi in silenzio.
«Allora adesso che abbiamo chiarito, non avrai più problemi a partecipare al corso vero? » chiese Alex.
«Penso proprio di sì» ammisi con timidezza. 
«Si però prima di venire ti conviene mangiare qualcosa, non vogliamo che tu ti senta ancora male» disse Justin che continuava ad abbracciare Lizzie da dietro.
«Hai ragione» sorrisi, lui e Lizzie erano proprio dei buoni amici, li invidiavo molto, anch'io avrei voluto avere una amica o amico così...


Avevamo chiarito, o più che altro mi ero scusata io, anche se la frase che Justin mi disse in infermeria, resterà per sempre impressa nella mia mente.  
Ora non ci sarà più il bisogno di doverli evitare, ma avevano mantenuto delle distanze, era chiaro che nonostante avessimo chiarito le cose, non potevo ancora entrare nel loro 'gruppo'. 

«Beh, potete tornate pure ad allenarvi. Scusate la perdita di tempo» esclamai all'improvviso. Salutai tutti con un cenno del capo, mentre tornavano alle loro flessioni. 
Ero rimasta lì a vederli, erano tutti molto bravi, avevano forza e resistenza da vendere...
«Ehi» sentii una voce rivolgersi a me, e dopo aver girato il capo di scatto, trovai Justin sedutomi di fianco.
«Ehilà» 
«Volevo dirti di scusare la mia frase in infermeria, sono un po' impulsivo e non ragiono prima di parlare» affermò mentre si grattava la nuca. Ero molto sorpresa dalle sue parole.
«Non ti preoccupare, la sincerità è una qualità necessaria»
«Non lo pensavo davvero, ero solo arrabbiato a causa della tua testardaggine» ammise continuando a fissare qualcosa di indefinito.
«Va bene, non è un problema» replicai abbassando lo sguardo, invece il problema c'era eccome, mi aveva ferita molto...
«Sentivo la necessità di scusarmi dato che lo hai fatto anche tu».
«Dimentica, non ti preoccupare» lo rassicurai.
«Mi sono tolto un peso dalla coscienza, davvero» esclamò con un ghigno sul volto.
«Capisco» replicai senza neanche degnarlo di attenzione.
Mi accarezzò la testa scompigliandomi i capelli e tornò ai suoi allenamenti.


Quel gesto anche se per lui non significava nulla, per me valeva molto...

SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutte❤️
Ho aggiornato oggi dato che ho la giornata libera, ma sarò occupata almeno fino a mercoledì pomeriggio, perchè ho molte verifiche e interrogazioni, ed essendo lenta ad organizzarmi il giorno prima con lo studio massivo, vado per quello distribuito. Ringrazio chiunque stia leggendo la fiction in silenzio e le persone che hanno recensito, grazie, siete i migliori :)
In questo capitolo c'è stato una specie di chiarimento da parte di Caren, che finalmente si è degnata di spiegare un po' tutto, certo, non si risolverà tutto facilmente, tanto che voi sapete ormai che questa fiction sarà molto contorta e diversa dalle solite, non voglio spoilerare, solo sorprendervi e spero di riuscirci.
Posso confidarmi con voi?   Ho il timore che questa fiction non riuscirà a distinguersi dalle altre, ormai tutto ciò che scrivi sta diventando molto scontato e qualsiasi trama diventa generica, sto cercando di scrivere in modo diverso e di cambiare la trama per non sfasare tutto, ma ultimamente rileggendo la fiction, sto pensando di star fallendo nel mio intento, forse sarà la verità dato che il mio sesto senso non mente mai, oppure sarà una sensazione  passeggiera? Non lo so, davvero. 
Una lettrice mi ha detto che ha notato alcuni errori di svista e verbali, se li notate, per favore ditemelo in un messaggio privato o nella recensione, non tollero che ci siano errori da parte mia. Non voglio annoiarvi più di tanto, anche se so che in  pochissimi dopo aver letto il capitolo continuano a leggere anche il mio spazio autrice.
Quindi vi chiedo di recensire e di non limitarvi a mettere la storia tra le seguite, certo, lo apprezzo moltissimo ma sarei molto più felice se mi lasciaste qualche parere. Sì sì dico sempre le stesse cose lo so .lol. ma cosa ci volete fare, perdonatemi D:
Vi saluto e davvero, grazie a tutti.
Sarah
x
PS.VI LASCIO LE FOTO DEI PROTAGONISTI IN BASSO :)
PS(pt2).SCUSATE IL CAPITOLO CORTO E PER POSSIBILI ERRORI CHE NON POTRÒ CORREGGERE OGGI.
PS(pt3). RINGRAZIO ANCORA HUGMEDREW_, GRAZIE DEL SOSTEGNO CHE MI DAI :) 

Caren
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Lizzie(ho cambiato, ho scelto la Kimball)
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Justin
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Zack
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Alex
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Chris
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❤️

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Capitolo 8
*** Eighth chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.'




                                           It's a new sad day              

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"Being alone is very different than being lonely' 
{cit-M.S}






Da quando Justin mi scompigliò i capelli, il mio umore migliorò decisamente. Era piuttosto banale il fatto che fossi molto contenta di quella carezza, sapevo per certo che per lui non avesse avuto alcun significato se non un gesto di riconoscimento verso di me, gli avevo tolto il peso della sua frase dalla coscienza. 
Già in precedenza mi aveva accarezzato la guancia quando nel doverlo affrontare durante la prima prova di mma iniziai ad agitarmi, ma ora la cosa era diversa... Tempo fa lo fece per tranquillizzarmi, mentre ora il suo era stato un gesto naturale e senza nessun fine particolare. A volte, anzi sempre, sono i piccoli gesti che migliorano la giornata di una persona, mi stava succedendo la stessa cosa.
Il tocco della sua mano mi provocò i brividi, era da molto che non sentivo il contatto fisico naturale con un adolescente e riceverlo dopo tanto, aveva risvegliato in me una voglia di dinamismo.  
Non riuscii a trattenere un risolino e a coprirmi il viso con le coperte di camera mia che sapevano di malva.


Era patetico il modo in cui mi stavo comportando. Alla fine si trattava di una semplice carezza pari al nulla, non aveva dimostrato qualcosa di concreto, non era un gesto d'affetto o d'amore, si trattava di un semplice gesto di riconoscimento...
Pensai subito al modo in cui stava coccolando Lizzie in quel momento e all'improvviso tutte le sicurezze vacillarono e i pensieri si dissolsero nel nulla, se mi stavo esaltando difronte ad una 'manata' leggera sulla testa, cosa avrebbe dovuto provare Lizzie?  Ciò che fece con lei, non era minimamente paragonabile alla carezza che mi diede. Bacini sulle guance, abbracci, morsi leggeri sugli zigomi, carezze sul viso e continuamente sui capelli...
Tutto il mio umore positivo sparì all'improvviso, lasciando posto alla solita espressione spenta e al solito umore malinconico. Meglio così, viaggiare troppo con la mente comportava molte delusioni, la mia più grande paura. Era ovvio che non mi avrebbe mai trattata come faceva con la sua migliore amica, io ero solo una conoscente che aveva scombussolato per un po' le sue giornate e quelle del suo bel gruppo. 
Sospirai e dopo aver percepito un peso sul petto interrompermi il respiro, pensai di essermelo meritata, spensi il paralume e cercai di dormire.



«Buongiorno!» sentii la voce del bellissimo Zack perforarmi l'orecchio mentre stavo combattendo contro le stupide ed ostili chiavi dell'armadietto. Dovevo ammettere di essermi spaventata e dopo aver cacciato un urletto, sospirai portandomi la mano al cuore.
«Sempre allegri la mattina, eh?» domandai quasi ridendo dal suo modo vivace di salutare. Dopo aver sorriso divertito dalla mia reazione, il biondo fece spallucce e m'indicò Lizzie, Justin, Alex e Chris. 
«Ehm, cosa?» chiesi esitante e dubbiosa sul cosa volesse che facessi. 
«Come siamo dure di comprendonio, avanti vieni con noi!» rispose seccato ma nello stesso tempo allegro, guardai il modo in cui gesticolava e parlava, era molto carismatico e carino.
«Sì, ma non fissarmi così che sei inquietante» disse accarezzandosi il torace coperto da una maglietta nera aderente. Perché diavolo dovevo sempre farmi beccare mentre fissavo una persona, era imbarazzante essere colti nel mentre dell'azione. Cercai di ricompormi e passando la lingua sul labbro inferiore mi portai i capelli indietro.
«No, è che sei sporco in viso » mentii mantenendo un sorriso. 
«Uh che bella scusa. Persino io ne invento di migliori!» disse incrociando le mani al petto e alzando entrambe le sopracciglia. 
«Va bene, ti stavo guardando solo perché oggi sei particolarmente diverso» per non dire 'carino' ovviamente.
«Aha d'accordo, stavo scherzando, dai vieni» insistette il biondino. Sorrisi e lo seguii.
«Come mai ci avete messo così tanto?» esclamò Justin emanando un radioso sorriso.
«Uh, niente. Stavamo chiacchierando un pochino» risposi un po' imbarazzata dalla domanda posta quasi con tono poliziesco. 
«Comunque come va?» chiese Lizzie con un sorriso smagliante sul volto,  era così bella...
«Tutto bene. Tu invece?» chiesi con tono esitante, era da molto che non facevo domande del genere ad un coetaneo.
«Tutto alla meraviglia» rispose mantenendo lo sguardo fisso su di me, la cosa m'innervosiva, non mi piaceva mantenere lo sguardo con una ragazza molto più bella e simpatica di me, non che volessi essere la numero uno, ma sentirsi inferiori era una sensazione molto brutta da sperimentare.
«Domani abbiamo di nuovo i corsi di mma, spero tu venga» esclamò Justin mentre s'infilava le mani nelle tasche dei pantaloni larghi. 


«Come mai ci tieni così tanto? credevo che...» ancor prima di finire la frase Chris mi precedette e con tono infastidito disse «ci tiene perché vuole rimediare. Non ci vuole tanto a capirlo. Io non ti capisco, sembri venuta da un altro mondo».
Rimasi spiazzata dal suo tono di voce estremamente freddo e dalle parole che disse, non riuscivo a capire perché non mi sopportasse, non poteva trattarmi in questa maniera ogni dannata volta che aprivo la bocca per dire qualcosa. 
Vidi Justin muovere le labbra per difendermi, ma non gli diedi il tempo di farlo perché gli avrei risposto io questa volta, starò sbagliando perché tuttavia era un po' comprensibile il suo odio verso di me, avevo scombussolato tutto tra di loro. 
«Non sto parlando con te, poi non sono tua amica o tua sorella e di conseguenza quel tono di voce lo usi con qualcuno che abbia confidenza con te, non certo io. Stai nel tuo» risposi con voce debole, il tono di voce mi tradiva sempre, proprio quando avrei dovuto urlare le mie corde vocali si assottigliarono  tanto da non permettermi d'inserire l'enfasi necessaria.
«Come mai tiri fuori solo ora il tuo carattere? Sei uscita allo scoperto» esclamò di rimando il ragazzo castano. Ma di cosa stava parlando? Uscita allo scoperto? Lui non mi conosceva e non poteva permettersi il lusso di poter esclamare affermazioni del genere. Non sapevo come controbattere, se prima mi sentivo sicura ora non lo ero affatto. Sospirai alzando un sopracciglio, le parole non volevano uscire.
«Chris avanti!» sbuffò Lizzie. 
«Io me ne vado» esclamò lui, forse aveva paura che lo sostituissi all'interno del gruppo...  
«No vado io, tu resta pure dove sei» esclamai con una piccola nota di comprensione, Chris aveva ragione, anch'io mi sarei comportata in quella maniera se qualcuno nuovo mi stesse sostituendo. Ma che stavo pensando, ero ancora una semplice conoscente, altro che entrata graduale nel loro gruppo.
«Ciao ragazzi» salutai per poi voltarmi ed andarmene dritta in palestra, educazione motoria non mancava mai.

Entrai nello spogliatoio femminile assieme alle ragazze con il quale avrei dovuto avere la lezione, iniziarono a spogliarsi per cambiarsi i vestiti. Erano tutte carine ed informa, poi c'ero io, che nonostante fossi magra avevo parecchie smagliature sulle cosce e sui fianchi. Non volevo cambiarmi davanti a loro, anche se non mi calcolavano minimamente mi sentivo in imbarazzo. Entrai nel bagno chiudendomi a chiavi e aspettai un po' prima d'indossare la tuta, ero agitata, non mi piacque affatto essere stata ignorata in quella maniera, tutte le ragazze parlavano e facevano conoscenza tra di loro, ma nessuna si era presentata a me. Non avevo germi, non ero sporca e tantomeno così odiosa, non potevo venire ignorata a causa dei miei stupidi problemi psicologici... Mi rannicchiai su me stessa, portandomi le ginocchia al petto e iniziando a sentire il naso pizzicare. Frignona, ero solo una frignona, Dio quant'ero miserabile e patetica. 
I miei pensieri accusatori nei miei stessi confronti stavano peggiorando la situazione, anche una parte di me mi odiava. 
Respirai profondamente massaggiandomi le palpebre ad occhi chiusi, ero così stanca, esausta, stressata, logorata e abbattuta dalla quotidianità scolastica, sgradevole e noiosa. Il mio viso iniziò a fare smorfie per trattenere le lacrime in uscita, senza però alcun risultato. 

Perché stavo piangendo? Era la domanda che mi stavo chiedendo mentalmente, in realtà la risposta la sapevo. Ero stata isolata dalle mie compagne di motoria, questa mattina mi ero comportata male nei confronti di Chris, che dopotutto aveva ragione ad essermi ostile, Justin si era comportato in modo normale e comunque indifferente, sapevo che quella carezza non valesse assolutamente nulla per lui; Lizzie poi, diventava ogni giorno più carina, facendomi sentire sempre di più un essere di rango inferiore. Quella ragazza annientava le mie sicurezze: era così bella, altruista, simpatica, gentile e comprensiva, mentre io ero una ragazza depressa, odiata da tutti, asociale e poco simpatica. Mi sentivo un mini batterio in sua presenza, lei peggiorava il mio umore e mi rendeva triste, questo era uno dei tanti motivi che mi aveva sempre portata ad evitarla a scuola. 

Vedevo tutto appannato e nonostante le lacrime stessero scendendo a raffica dai miei occhi, non emettevo versi, l'unico rumore da me provocato era il respiro irregolare, ma silenzioso. Non sentivo più rumori, la lezione doveva essere iniziata. 
Non mi andava di muovere nessun muscolo, non volevo vedere nessuno e sentivo il disperato bisogno di tornarmene a casa per avvolgermi nelle coperte nel buio della mia stanza. Non sarei uscita per fare educazione fisica, sarei rimasta qui.
La mia situazione stava peggiorando, ero ansiosa e nervosa. Sentii un macigno appesantirmi l'anima...
Come mai nessuno era venuto a cercarmi per dirmi che la lezione di motoria stava iniziando? Le ragazze sapevano che c'ero, allora perché all'appello che di sicuro la professoressa aveva fatto, nessuno le aveva detto che ero ancora dentro? Altrimenti sarebbe venuta a cercarmi, quindi avevano lasciato che mi segnasse assente...
Mi morsi il labbro inferiore fino a farlo sanguinare, non sapevo su cosa scaricare l'ansia, non era autolesionismo, si trattava di semplice ansia nevrotica. Mi grattai la mascella con la mano destra, mentre con quella sinistra cercavo di regolare il battito del cuore che aumentava sempre di più, facendomi muovere velocemente il petto avanti ed indietro, era come se il cuore volesse uscire attraverso le ossa della cassa toracica e attraverso la mia carne. Le lacrime continuavano ad offuscarmi la vista, impedendomi di usarla come senso dominante.
Non riuscivo a muovere il corpo, l'unica cosa che avrei potuto controllare era la vista, oramai disturbata dalle lacrime che non accennavano a smetterla di uscire, una piccola parte di me si tranquillizzò, tanto mi sarebbero finite e avrei smesso di piangere, non potevano durarmi ancora per molto, nel corso della mia vita ne avevo sprecate molte, la riserva stava finendo, doveva finire.
Passarono minuti e la mia situazione non stava migliorando, iniziai a spaventarmi. E se fossi rimasta così per sempre e sarei morta di stenti respiratori, incapace di muovere il mio corpo? Il ritmo del petto accelerò a quel pensiero, stavo sudando il nulla, avvertivo un senso di stanchezza e oltre alle lacrime, i miei occhi percepivano una specie di visione tridimensionale di diversi colori. Ero nauseata, vedevo del colore grigio togliermi la vista per due secondi, susseguito dal nero assoluto e da dissolvenze bianche che mi stavano facendo impazzire.
 Volevo urlare, ma la voce non accennava ad uscire, il panico totale mi avvolse e diverse sensazione m'invasero il corpo, non sapevo cosa fare, non riuscivo a vedere bene, non riuscivo a regolare il respiro, a smetterla di grattarmi il viso, a finirla di piangere e di tremare.

Stavo morendo? Era questa la famose morte causata dal dolore? Stavo avendo un infarto? Stavo impazzendo per davvero tanto da poter andare in manicomio? O stavo semplicemente assaggiando una delle punizione che la vita mi aveva mandato? Cosa diavolo stava succedendo?
Non riuscivo a distinguere la realtà dalla finzione, dalle allucinazioni, dai falsi ricordi e dai sogni. Ero in un sogno? Era tutto reale? Troppe domande senza risposta, decisamente troppe. Il buio mi aveva già avvolta, non vedevo più nulla ma riuscivo a percepire tutto: l'odore dell'ossigeno che stavo inalando incontrollatamente, il tatto della mia mano che stava grattando meccanicamente lo zigomo che al momento non sapevo fosse il destro o sinistro  ed infine l'udito che sentiva solo i miei respiri affannati e il suono dei fischietti e delle urla provenienti sicuramente dalla palestra. 
Cercai di non farmi terrorizzare dalla situazione, avevo perso la vista, segno che stavo andando in contro ad un'iper-ventilazione  forzata, ma non dovevo spaventarmi. Il sonno si stava facendo spazio tra i miei bisogni del momento, nonostante avessi già le palpebre chiuse sentivo la mia coscienza e la consapevolezza della permanenza terrena abbandonarmi, lasciandomi fra braccia di Morfeo. 







SPAZIO AUTRICE
Hei belli! 
Scusate l'estremo ritardo di questo schifosissimo capitolo. Sono stata occupatissima con lo studio, tanto che ieri sono rimasta a studiare l'intera storia romana fino alle sei del mattino, dormendo per una sola ora. Ho gli occhi rossissimi che stanno gridando aiuto, penso andrò a dormire adesso, non ce la faccio più lol.
Comunque volevo ringraziare le persone che hanno recensito il capitolo scorso, grazie delle bellissime parole, vi adoro molto. Mi raccomando, lasciatemi un parere e ditemi cosa ne pensate della storia, leggere punti di vista di persone che hanno letto la mia fiction, non potrà che rendermi felice quindi
recensite please. 
Scusate il capitolo corto, ma la stanchezza non mi ha permesso di andare avanti, sento di potermi addormentare proprio adesso sulla scrivania D:, prometto che il prossimo sarà più interessante e lungo, ci sono sempre le solite riflessioni di Caren che scommetto reputate noiose, ma cercherò di focalizzare anche su Justin, che verrà comunque più a galla avanti assieme agli altri. Scusate anche possibili errori, la causa è sempre la stanchezza lol.
Aggiornerò appena riceverò le recesioni necessarie per l'incoraggiamento a scrivere (sono svogliata lol)
Vi metto la foto di Lizzie, Justin e Zack, quelle degli altri protagonisti le posterò nel prossimo capitolo).


Lizzie (Ciao autostima, la Kimball è troppo bella)


Zack (che personalmente sta diventando il mio personaggio di riferimento lol) 
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Justin (Sempre il top)
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Capitolo 9
*** Ninth chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.'                                         




                                           Hope to die 

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“And I give up forever to live”
{cit-M.S}



Rumori, solo rumori. 
Aprii gli occhi di scatto, vidi un bagliore improvviso e lentamente focalizzai su cosa avevo davanti. 
Oh un muro, giusto, mi ero addormentata nel bagno dello spogliatoio.
Assottigliai lo sguardo e sbadigliai.
Mi alzai lentamente sentendo i vari scricchiolii delle mie povere ossa, mi faceva male la schiena e la tortura che mi stava infliggendo il collo era dolorosa, ma sopportabile. Dopo essere riuscita ad alzarmi con difficoltà ed estrema lentezza, mi stiracchiai completamente con l'intento di svegliare le articolazioni del mio corpo ancora addormentate, avevo una sensazione di pesantezza addosso, sembrava quasi che  fossi stata su una sedia a rotelle fin dalla nascita e che solo ora fossi riuscita a muovermi. Mi passai una mano sul volto e sentii sotto le dita la pelle graffiata. 
Mi ero completamente dimenticata di quella specie di attacco, mi toccai istintivamente il cuore, giusto per controllare se stesse ancora battendo come prima. Sospirai, mi ero davvero spaventata, pensavo quasi di star morendo, che idiota, tipico di me. Però non ero riuscita a muovermi e avevo perso il controllo di me stessa, non mi era mai capitata qualcosa del genere, sembrava una crisi di nervi vera e propria, iniziai a pensare a cosa potrebbe averla causata e all'improvviso le curve della mia bocca volsero verso il basso, giusto, tutti gli avvenimenti di oggi si erano accalcati formando un macigno sul cuore che cercai di espellere con le lacrime, e che piano piano si erano trasformate in un vero e proprio attacco. 
Justin che non si era smosso neanche dopo il gesto di ieri, le parole di Chris e il comportamento delle mie compagne di educazione fisica... Sapevo che se fossi andata avanti con questi pensieri mi sarei messa nuovamente a piangere, cosa di cui ero stanca e che non volevo fare.
Sbattei un piede a terra e presi tra le dita il ciuffo dei miei capelli, sospirai, dovevo svuotare la mente, benché lo stessi facendo nel modo più sbagliato la cosa stava funzionando. Sbattei nuovamente il piede, questa volta ancora più violentemente, ero sicura di sembrare una pazza.
«Ma che diavolo?» sentii una voce esclamare con una nota di spavento ed una d'interrogazione. Mi ero dimenticata della possibile presenza di qualcuno e forse sapevo a chi appartenesse quella voce, essendo nello spogliatoio femminile e considerando il fatto che questo pomeriggio ci sarebbero stati i corsi di mma... Lizzie.
Me la ritrovavo sempre tra i piedi, non si trattava di antipatia, anzi tutt'altro... invidia? Ero forse invidiosa di lei? L'invidia era una brutta bestia per le persone cattive, ma io non lo ero. Però il sentimento era quello, era ufficiale... Ero invidiosa di lei. Dopotutto era comprensibile, Lizzie era splendida mentre io...
Sobbalzai quando realizzai che fosse pomeriggio. 
«Chi c'è?» chiese nuovamente lei. M'immobilizzai all'istante e la prima cosa che mi venne in mente fu quella di rimanere nascosta ed in silenzio, ma non sarebbe servito a nulla, avrebbe di sicuro chiamato Justin che sarebbe venuto qui a controllare, quindi tanto valeva uscire allo scoperto.
Aprii la porta ed uscii, ma cosa avrei dovuto dirle? Che stupida, non ci avevo pensato.

«Caren?!» esclamò meravigliata mentre stava indossando le scarpe sportive. 
«Cosa ci fai qui? Mi hai spaventata un po' devo ammetterlo. Nel bagno da sola poi? Ah, sei venuta per fare il corso? Non sai quanto Justin ne sarà felice, un po' ci tiene!» parlò così in fretta che dovetti sforzare i meccanismi cognitivi per recuperare tutto il suono vocale udito, ricollegarlo e capire le parole.
«Sì, cioè no. Non ho il materiale» dissi sincera, senza neanche pensare a cosa potesse comportare la mia frase.
«Allora che ci fai qui?» domandò un po' delusa, mi dispiaceva. Iniziai a meditare per una bugia.
«Sta mattina ho perso un orecchino e ora lo sto cercando» mentii cercando di sembrare convincente, mi ricordai poi che se in teoria avessi perso un orecchino l'altro ce lo avrei dovuto avere indosso, ma portavo raramente gli orecchini e di conseguenza non ne avevo nessuno.
«E l'altro l'ho tolto perché sembrerebbe ridicolo lasciarlo da solo» mentii nuovamente per evitare domande che potrebbero spiazzarmi.
«Va bene, allora vieni a vederci dai» disse prendendomi per mano e portandomi fuori dallo spogliatoio, i capelli le ricadevano morbidi sulla canotta color pesca, le donava molto quel colore, a me donava solo il nero invece...
«Tadà, ragazzi guardate chi c'è!» disse con voce eccitata e allegra.
«E tu da dove esci?» chiese Zack con un sorriso sul volto. «Dallo spogliatoio» risposi con convinzione.
«Simpatica lei» affermò Justin ridendosela, com'era bello, la sua risata era molto dolce.

«Abbiamo recuperato l'umorismo che credevamo perso per sempre nel più profondo dei pozzi?» domandò Chris che mi stava squadrando dall'alto al basso.
«Simpatico lui» affermai incredibilmente carica.
«Rissa! Rissa!» gridò Alex dal fondo assieme ad un ragazzo coi capelli ricci e rossi. «Avanti Alex!» dissi seccata dal suo comportamento, voleva scherzare, ma non mi andava che lo facesse di me e di Chris.
«Ma come, non farai il corso?» domandò Justin deluso dopo aver notato che il mio abbigliamento non era idoneo allo sport. «No, mi spiace» risposi in colpa.
«Ma lo farò la prossima volta» cercai di rimediare alla delusione che gli avevo provocato, sapevo a cosa andavo in contro, ma sarei venuta una volta per tutte.
«È magnifico!» gridò Lizzie mentre saltò dal suo posto per abbracciarmi. Ricambiai stringendola debolmente al suo contrario, che mi stava quasi soffocando, apprezzai molto il suo altruismo nei miei confronti, era una ragazza d'oro.
«Iniziamo?» chiese Alex che era stanco dell'attesa.
«Oh no, facciamo con calma» rispose Zack, che stava chiaramente facendo in modo di ritardare la lezione.
«No, dobbiamo iniziare Zack!» protestò Chris.
«Tranquillo Chris» rispose Zack sbadigliando sonoramente.
«Scusa amico» esclamò Chris grattandosi la nuca chiaramente dispiaciuto.
«Avanti ragazzi iniziate con gli esercizi di riscaldamento, vi raggiungo ora» disse Justin che venne verso di me.

«Posso parlarti?» chiese Justin chiaramente agitato. Cosa vorrà dirmi? Iniziai ad agitarmi, e se volesse dirmi che gli interessavo? No, impossibile.
«S-sì» risposi chiaramente nervosa.
«Tranquilla, non ti mangio» affermò spiazzato dalla mia reazione.
«Lo so» ammisi intrattenendo un sorriso.
«Cos'hai fatto alla guancia?»  domandò preoccupato accarezzandomela lentamente. 
Iniziò improvvisamente a fare caldo, molto caldo.
«Uh» non riuscivo a parlare con la sua mano sulla mia guancia, era una sensazione molto bella, mi sarei potuta addormentare sul posto sotto un tocco del genere.
«Ghgh» non riuscivo a pronunciare neanche una parola.
«Cosa?» chiese emettendo una piccola risata e togliendo la mano, poteva anche non farlo...
«Zanzare» mi ricomposi velocemente, «Zanzare a settembre?» chiese lui di rimando.
«No, le mosche» esclamai ancora intontita dal suo tocco.
«Ah, va bene» disse poco convinto con un'espressione stranita ma nello stesso tempo divertita. 
Ci allontanammo dagli altri.

«Comunque, oggi è il diciottesimo compleanno di Lizzie» affermò guardandomi dritta negli occhi. Non ci potevo credere, così oggi avrebbe compiuto gli anni, non le avevo nemmeno fatto gli auguri,dopotutto non lo sapevo. Rimasi molto sorpresa dalla sua affermazione, era quindi il compleanno della bellissima Lizzie.
«Oh» esclamai spiazzata.
«Aiutami, avrei chiesto a qualche amica o a mia madre, ma dato che ci sei tu adesso mi aiuterai vero?»  chiese titubante, certo che ci teneva proprio tanto.
«Certo, di che si tratta?» domandai curiosa.
«Cosa le regalo? Sono l'unico che non ha provveduto ancora a nulla!» Esclamò agitato mentre si grattava la nuca e assumeva un'espressione tesa.
«Ma le farete una sorpresa?» era una domanda fuori luogo, ma volevo saperne di più.
«No, se lo facessimo se ne accorgerebbe subito. Non siamo bravi a nascondere le cose con lei» rispose sorridendo, quindi lei sapeva della festa ma non dei regali, logico..
«So che alle ragazze piace la bigiotteria, le borse, i vestiti, cioccolato e le rose. Ma Lizzie è diversa!».
«Prova con un profumo» gli consigliai con aria vaga, io andavo matta per i profumi.
«No, lei non è come la massa delle altre ragazze. È diversa!» ammise in difficoltà, quindi a giudicare da ciò che aveva detto, io farei parte della 'massa di ragazze', mi si spezzò il cuore, ero generica, uguale, mentre Lizzie era particolare, originale e diversa. 
Assunsi un'espressone addolorata, aveva indirettamente detto che i miei gusti fossero generici, mentre Lizzie era tutt'altro, diversa, forse l'opposto e di conseguenza migliore. 
«Scusa, non volevo urlare» si affrettò a dire Justin, forse notando la mia espressione credette di avermi ferita urlandomi contro, mi aveva decisamente ferita, ma a quanto pare non si rese conto del motivo vero e proprio.
«No, sto pensando» mentii.
Cosa poteva piacerle? Le cose semplici? Delle scarpe? Orecchini? Vestiti? Peluche? 
Stavo mettendo la mia mente sotto uno sforzo enorme, cosa potevo saperne io? Ero generica, uguale alla massa, come poteva il mio minuscolo cervello trovare qualcosa per una ragazza bella, originale, splendente e diversa da tutte?
«Regalale una vostra foto in cornice» non sapevo cosa dirgli.
«No... ma foto, foto... E se le facessi un ritratto?» chiese di soppiatto, scartando immediatamente il mio consiglio.
«Sì, fallo. Ma non ci metterai troppo per sta sera?» chiesi triste e desolata dal pochissimo aiuto che gli diedi.
«No, amo disegnare. Ci metterò poco non ti preoccupare!» disse felice e soddisfatto dell'idea.
«Grazie Caren» mi ringraziò con gli occhi che brillavano. 
Mi abbracciò, rimasi inizialmente immobile, solo dopo ricambiai. Il mio cuore stava battendo, questo era il secondo abbraccio di oggi, cos'avevo fatto per meritarmelo?


Odorava di buono, il profumo al momento mi sfuggiva di mente, ma l'essenza gli donava parecchio. Sentivo di poter cadere da un momento all'altro, sentivo le sue braccia accarezzarmi la schiena mentre le mie erano chiuse intorno al suo collo. Percepivo la sua pelle a contatto con la mia, era caldo... mentre io ero fredda, dopotutto era questo quello che ero, gelida, insensibile, priva di emozioni concrete che potessero accendere in me le fiamme ardenti della passione, che avrebbero sciolto il mio ghiaccio.
Il mio respiro s'intensificò, troppe sensazioni positive in accumulo, io non le reggevo, la malinconia era in contrasto, la felicità in me non poteva entrare, vietato l'accesso. Il mio corpo volevo continuare il contatto piacevole, che stava facendo nascere in me adrenalina affabile e gioiosa, ma un insieme di entità indefinibili e sconosciute ripudiavano tutto ciò che era positivo, astrattamente mi stavano obbligando ad interrompere l'abbraccio, a smetterla di essere felice, a smettere di sentirmi viva.


Justin sciolse l'abbraccio, e la guerra dentro di me si dissolse nel nulla, come se non ci fosse mai stata. Mi portai una ciocca dietro l'orecchio e lo guardai in viso, un angelo.
«Sei invitata, abbiamo affittato un locale molto spazioso e ben decorato. Dietro al teatro comunale c'è un parco molto esteso, segui il sentiero e troverai di fronte a te vari negozi, l'ultimo della fila è il locale in questione» disse Justin ancora felice e radioso come sempre.
«Ci sarò sicuramente» lo rassicurai con voce rotta, non ero più in vena di parlare. «Vai?» domandò stranito, in effetti sarei dovuta rimanere a guardarli, ma non volevo più.
«Sì, devo studiare» mentii, ultimamente stavo facendo solo questo, mentire, dire bugie, nascondere la verità, affermare cose false; sinonimi tutti negativi, ma che erano fonte di salvezza per molti, me compresa.
«Va bene, a sta sera. Alle otto in punto, mi raccomando!» si accertò Justin. Feci un cenno col capo per indicargli di aver capito, mi salutò con la mano nonostante gli fossi vicina e corse via dagli altri. 
Andai a casa sconsolata, dovevo comprare qualcosa per Lizzie, prepararmi, mangiare e studiare.






Mangiai e finiti i compiti uscii per andare dal negozio di souvenir all'angolo della strada, le acquistai un bellissimo fermaglio per i capelli, le sarebbe stato d'incanto, già me la immaginavo, perfetta come sempre. 
Iniziai a prepararmi, dopotutto non ero io la festeggiata quindi decisi d'indossare dei semplici jeans chiari, un maglioncino leggero color crema e le superga bianche e basse. Mi truccai leggermente, giusto per rendermi presentabile e uscii di casa. Seguii le indicazioni di Justin perdendomi due volte e di conseguenza ritardai, avevo davanti il fatidico locale.
Si sentivano già le loro voci, sorrisi ed entrai dentro senza esitazioni.
«Caren sei in ritardo! Le stiamo già dando i regali» disse Alex non appena si accorse della mia presenza. Lizzie era dietro al tavolo con i pacchi e stava piangendo.
«Scusate, mi ero persa» mi giustificai.
«Oh Dio, ciao Caren!» Lizzie mi venne incontro e dopo avermi abbracciata mi portò al centro del locale insieme agli altri.
«Tieni, è per te» le consegnai il mio regalo impacchettato in una scatola portagioielli rossa intensa. Sgranò gli occhi e alla sua reazioni le mie labbra si curvarono lentamente in un sorrisetto che all'apparenza sembrava quello di un'antagonista. Aveva la bocca spalancata, non mi aspettavo tanta sorpresa...
«Non ci posso credere, sei un tesoro» esclamò con le lacrime agli occhi, mi schioccò un bacio sulla guancia e mi abbracciò nuovamente, ricambiai.
Lo prese e con delicatezza lo poggiò insieme agli altri. 
Iniziò ad aprirli uno ad uno.

«Di chi è questo?» chiese prendendo in mano una scatola impacchettata in una carta da regalo molto colorata. 
«Mio» rispose Zack.
Lizzie aprì il regalo e tirò fuori tre CD di una band a me sconosciuta.
«Oh! Oh mio Dio non li trovavo più da nessuna parte, dove li hai comprati?» chiese Lizzie chiaramente sorpresa e con lo sguardo pieno gioia, davvero una persona poteva essere così felice? Chissà in quanti livelli si divideva la felicità...
«Non te lo dico, so che ci tenevi molto» disse Zack, Lizzie gli si buttò addosso, stringendolo forte.
«Bimba» la canzonò l'amico, sciogliendo l'abbraccio.
Lizzie stava scoppiando dalla felicità, era al settimo cielo. Aprii tutti i regali tranne il mio e quello di Justin, Chris le regalò un ciondolo con una catena d'argento dove vi era inciso il suo nome, Alex invece le comprò un berretto della New York, abbracciò e coccolò tutti e due gli amici e finalmente giunse al mio ridicolo regalo.
Lo scartò, aprì la scatola rossa e tirò fuori il fermaglio color oro e tempestato di piccole gemme -chiaramente false- color rubino. Sembrò apprezzarlo molto, lo mostrò a tutti e si avvicinò a me. Mi abbracciò per la quarta volta oggi, lo fece durare per molto.
«Me lo metti per favore?» mi chiese con gentilezza e cordialità. Annuii, presi il fermaglio e glielo sistemai tra i lunghissimi capelli biondi, le stava benissimo lo sapevo, sembrava quasi una principessa.
«Sei bellissima» le dissi con una nota di amarezza, glielo avevo detto, la mia presunta 'invidia' aveva parlato. Ed era davvero bella, molto bella, bella da potermi fare lacrimare d'inferiorità.
«Sei molto dolce» mi disse Justin, che per tutto il tempo restò in ansia per quando Lizzie avrebbe aperto il suo di regalo, gli sorrisi. Tutti gli altri mi guardarono meravigliati, cosa c'era che non andava? Non avevano mai visto una persona fare un complimento ad un'altra?
«Sei davvero dolcissima Caren, ti ringrazio molto» Lizzie era molto felice, le brillavano gli occhi.
«Figurati» risposi imbarazzata.
«Il tuo regalo lo aprirò alla fine della festa caro il mio Justin» esclamò lei, Justin sorrise.
«D'accordo» rispose ridendo e che risata gente.

Ballarono molto, io mi limitai a sedermi sul divano e a guardarli divertirsi, mano a mano entrarono molte persone, ne avevo visti molti a scuola mentre gli altri non li conoscevo. Si presentarono tutti ed iniziarono a darle i regali e a festeggiare. La festa continuava, mangiammo e finalmente arrivò il momento del regalo di Justin. Chris spense la musica e tornammo tutti al tavolo dei regali. Regnava il silenzio, Lizzie scartò la carta regalo e prese il quadro tra le mani, ne approfittai anch'io per guardarlo. Non credevo che Justin fosse così bravo, il ritratto era molto simile, realizzato in bianco e nero con una dedica sotto il disegno, era formidabile, quel ragazzo aveva il talento che gli scorreva nelle vene, strinsi tra le mani il bicchiere d'aranciata e ne bevvi un sorso.

«Io non ho parole, non so cosa dire. Sei speciale amore» disse Lizzie, stava guardando intensamente Justin. 
Amore? Che razza di soprannome era da dare ad un amico? Io non lo farei, piuttosto lo chiamerei con nomignoli giocosi e divertenti.
«Spero ti sia piaciuto» affermò quest'ultimo mentre le prese il quadro tra le mani passandolo a Zack, che lo ammirò con aria sorpresa e affascinata.
Si stavano guardando in modo molto intenso, si stavano trafiggendo a vicenda, erano molto vicini, lui le poggiò le mani sulle guance, lei gliele toccò e si alzò in punta.
Avevo un orribile presentimento addosso, stavo già iniziando a sentirmi tesa e nervosa, sembrava quasi si stessero per baciare... Ed infatti fu quel che fecero.





SPAZIO AUTRICE
Heiii!
Ringrazio subito chi ha recensito lo scorso capitolo e scusate gli errori di questo, l'ho scritto un po' velocemente penso che lo ricontrollerò più tardi. Recensite e ditemi cosa ve ne pare, lo sapevate? Avevate sospettato che ci fosse qualcosa tra Justin e Lizzie? Come reagirà Caren nonostante non sia innamorata? Spero di avervi sorpreso un poco, fatemi sapere va bene? Recensirò raggiunto un tot di recensioni, so che è vietato ma ci vuole. Non continuerò ad annoiarvi, vi dirò solo che il prossimo capitolo sarà per metà dinamico e per metà no, aspettatevi di tutto. ps. la foto degli altri le metterò nel prossimo capitolo, scusate lol
baci, Sarah
x
RINGRAZIO: hugmedrew_, Valexx_bieber e Jazzy99 (nonostante sia sparita ultimamente lol).
Grazie del sostegno❤️

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Capitolo 10
*** Tenth chapter ***


SPAZIO AUTRICE-importante.
Hello,
scusate il ritardo dell'aggiornamento, ma davvero, mi è passata la voglia di scrivere. Non so come esprimermi, non so se si tratti del famoso 'blocco dello scrittore', ma a scrivere questo capitolo ho faticato molto dato che non riuscivo ad avere la solita ispirazione che caratterizzava ogni precedente capitolo. Infatti il capitolo fa schifo e la cosa mi ha fatto incazzare, odio non riuscire a scrivere bene, spero non rimaniate deluse comunque. Il fatto è che non so se continuare la storia o no, davvero... L'idea è quella di metterla da parte per un po' fino a che non mi sarà tornata la voglia di scrivere, ma c'è un'altra idea che mi suggerisce di eliminare la storia, in quanto ho perso anche un po' d'interesse per efp. Non so cosa fare davvero. Scusate se vi ho rotto le palle, ma era importante dirvelo.
Ripeto il capitolo fa letteralmente schifo e scusate possibili errori. Intanto recensite, e fatemi sapere cosa ne pensate, leggere le vostre solite recensioni, non farà altro che consolare questo mio stato di confusione. Grazie per aver letto, ed infondo ho inserito alcune immagini di alcuni protagonisti (:
Sarah
x




  I  Wonder what's wrong with me 


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"I can't hold on to me
Wonder what's wrong with me?"
-Amy Lee, Lithium



Un rumore piuttosto frastornante, tutti gli sguardi dei presenti si rivolsero verso di me, compresi quelli di Justin e Lizzie che un secondo prima si stavano baciando con molta foga.  Non capivo perché tutti mi stessero guardando in quella maniera, e solo qualche secondo dopo mi accorsi di aver fatto cadere il bicchiere d'aranciata per terra.
Ero frastornata, delusa e amareggiata. Mi chinai velocemente a terra e cominciai a raccogliere i pezzi di vetro sparpagliati a destra e sinistra, volevo sparire, ero ancora sorpresa da ciò che avevo visto, cercavo di rimandare i miei pensieri a dopo, ora non era il momento, sarei sicuramente scoppiata a piangere come una bimba a cui gli era stato rubato un oggetto che non le apparteneva. 
«Caren lascia stare che potresti farti male!» disse Lizzie da due metri di distanza, ma io non ne volevo sentire di stare ferma, continuavo a raccogliere i pezzi di vetro e senza accorgermene mi ero già tagliata il metacarpo della mano destra, schizzava sangue ovunque, ma non m'importava, continuavo a raccogliere tutto.
«No, fa niente. Ho sporcato io e ripulisco io non ti preoccupare, continuate pure a... a fare ciò che stavate facendo, chiedo scusa» dissi a spezzettoni a causa della voce che tremava e della debolezza improvvisa che stavano subendo le mie corde vocali.
«Fa niente, Lizzie ha ragione!» sentii dire da Justin, che mi ritrovai pochissimo dopo inchinato al mio fianco destro per cercare di fermarmi. Zack accorse subito dopo di lui e mi prese con cautela il vetro dalle mani, mentre l'amico mi bloccò il polso ferito. Non riuscivo più a distinguere tutto ciò che mi circondava, se non volevo pensare all'accaduto di pochi minuti fa avrei dovuto svuotare la mente e pensare ad altro. Stavo pulendo per distrarmi, ma ora la causa della mia sofferenza mi stava trascinando nel bagno del locale.
«Cosa ti è saltato in mente?» chiese Justin quasi urlando,  la cosa non mi aiutò ed infatti ci vollero tre secondi affinché piccole lacrime iniziassero a scendere calde sul mio viso, in un momento di confusione mentale urlare era l'ultima cosa che un esterno avrebbe dovuto fare. Mi sentivo estremamente ridicola, stupida, schifosamente miserabile, perché avrei dovuto piangere per un ragazzo di cui non ero innamorata? Era patetico il modo in cui mi stavo comportando, di sicuro tutti staranno pensando che io fossi pazza, non era da persone normali raccogliere come una forsennata pezzi di vetro e piangere senza un motivo. Mi stavo coprendo d'insulso, avevo fatto e stavo facendo una pessima figura, a causa di cosa poi? Un ragazzo a cui mi ero affezionata appena aveva baciato una bellissima ragazza che mi faceva sentire inferiore, questo? Per davvero Caren? Stavo piangendo per questo? La risposta era sì.
Ero estremamente confusa e spaesata, mi chinai appena sul lavandino e coprendomi il viso con la mano sinistra iniziai a piangere il più silenziosamente possibile, sentii una mani accarezzarmi la spalla, sobbalzai e mi trovai di fronte un Justin stranito. 
«No, non è il momento, per favore lasciami da sola, ho bisogno di spazio, vai continua a festeggiare. Per favore» scongiurai il ragazzo che avevo di fronte, non volevo mi vedesse nel mentre di uno dei miei attacchi d'ansia, anzi, non volevo proprio vedere lui per nulla al mondo. 
«Ma la tua mano..» cercò di formulare la frase Justin. Solo ora mi ricordai della mano sanguinante, aprii velocemente il rubinetto e misi sotto il getto dell'acqua la mano ferita, per mostrargli di avere tutto sotto controllo.
 «Non ci vuole nulla, ti prego torna dagli altri» lo supplicai con tutte le forze comunicative che mi erano rimaste. Il ragazzo era testardo, mi stava facendo innervosire parecchio, non l'avrei voluto vedere assolutamente, ma lui stava ancora di fronte a me con l'intenzione di curarmi il taglio, se fossi stata in una situazione diversa da quella attuale, avrei pensato che la cosa fosse estremamente dolce, ma non ora.
Sbuffai violentemente ricacciando indietro le lacrime, aspettai un secondo per poi respirare profondamente.
«Justin, capisco che tu mi voglia aiutare, ma davvero, non è il momento perché ho bisogno di stare da sola, sola. Poi torna indietro, hai lasciato gli invitati e la tua ragazza lì ad aspettare come ebeti, avanti vai, ti prego Justin, ti prego» dissi velocemente, avvertivo la tipica sensazione pre-attacco ansioso, volevo solo che se ne andasse, poi sarei uscita dall'altra porta che a quanto pare si trova alla fine del corridoio dei bagni.
«Va bene, adesso vado, ma torna subito mi raccomando, il taglio non è profondissimo basta che tu lo tenga sotto l'acqua fredda per un po'» disse Justin finalmente decisosi ad andarsene. Ancor prima che potessi annuire entrò Lizzie, che aveva uno sguardo quasi da investigatore. Sembrava stesse sospettando qualcosa su di me e Justin, in fin dei conti vedere il proprio ragazzo seguire una conoscente ferita doveva essere sospettoso.
«Ragazzi mi ero preoccupata!» disse sospirando, certo si era preoccupata...
«Mi stavo assicurando che Caren curasse il taglio col vetro, me ne stavo tornando proprio ora» affermò Justin per tranquillizzarla. Mi fece un cenno con la testa e si girò per avvicinarsi a Lizzie, per poi stringerle la mano e uscire dal bagno.
«Caren fai in fretta!» urlò Lizzie da lontano.
Andai alla porta e con violenza la chiusi, sentire la sua voce era diventato fastidioso, molto fastidioso. Tornai al lavandino per chiudere il getto d'acqua che lasciai aperta, e lasciai che il sangue scorresse sulla mano e sul polso. Non era una sensazione di benessere, solo che in quel momento l'unica cosa che volevo fare era raggomitolarmi su me stessa e cercare d'impedire l'attacco che si preannunciava tramite sintomi di gorgoglii allo stomaco e di frustrazione. Tuttavia il sangue stava macchiando il  maglione color crema, e pensai bene di coprire la ferita con numerosa carta igienica, che usai come sostituto di una benda.
Tornai al centro del bagno e sentii la voglia di urlare a squarcia gola per esternare le sensazioni che stavo avvertendo e che mi stavano dando parecchio fastidio. In quel momento mi sentivo violenta, avrei voluto rompere qualsiasi cosa, buttare a terra qualche immobile e urlare, tuttavia non potevo farlo, o almeno non qui. Sarei dovuta uscire dall'altra porta del locale, ma non riuscivo a muovere più di sette passi. Mi presi i capelli con una violenza inaudita ed iniziai a tirarmeli a più non posso, inoltre iniziai a sbattere i piedi per terra mentre cominciavo un piagnucolio piuttosto bambinesco.  Respiravo a fatica, non volevo pensare all'accaduto, non volevo riflettere e non volevo ragionare, sapevo che mi sarei nuovamente auto-insultata a causa del mio insulso comportamento non motivato, lasciavo che le sensazioni si manifestassero da sole provando comunque ad evitare un attacco d'isteria imminente. M'inginocchiai per terra e strinsi gli occhi, percepivo un macigno sul petto molto fastidioso che mi soffocava, che mi vietava di rilassare il corpo e di respirare profondamente. Non volevo aprire gli occhi, e attraverso il buio la mia mente continuava ad imprimermi nella testa l'immagine di Justin e Lizzie che si baciavano, aprii gli occhi di scatto e scossi la testa per cercare di mandare via quella visione che era sofferente senza un motivo preciso, ma nonostante avessi aperto gli occhi, la mia immaginazione traditrice continuava a mostrarmi seppur in maniera sfuocata e poco chiara, la scena del  bacio, susseguita da tutte le volte in cui avevo parlato con Justin. Continuavo a non voler pensare a rimandare le riflessioni accusatorie a dopo, non volevo riportare alla mente il fatto, non volevo assolutamente. La stessa immagine non voleva sparire dalla mia visione, quasi ad essersi impressa in modo permanente nelle cellule fotorecettrici della mia pupilla. Si stava creando un collegamento astratto ma presentissimo tra l'immagine che continuavo a vedere ed il macigno deposto nel mio petto,  più la scena di prima compariva, più il peso che percepivo andava aumentando fino a crearmi nodi in gola che difficilmente riuscivo ad ignorare. Corsi verso il muro e mi appoggiai con la fronte calda ad esso, per ricevere una sensazione fredda che magari avrebbe abbassato la temperatura alta che stavo sentendo. Niente, nessun cambiamento, mi voltai appoggiandomi con la schiena e ancora in preda ad una sensazione d'isteria violenta, presi a deboli pugni il mio petto, per cercare di sopprimere la mescolanza di sensazioni, percezioni ed emozioni alterate che stavano avendo luogo all'interno di me. Nessun risultato ancora, mi lasciai cadere a terra e mi sdraiai sul pavimento freddo del bagno a pancia in giù, volevo cercare una posizione confortevole che forse avrebbe bloccato la turbolenta guerra nel mio petto, e quest'ultima, in quel preciso momento, stava diventando molto più preoccupante e rilevante della scena del bacio di Lizzie e Justin. Ero un'isterica, una psicopatica, Justin aveva avuto ragione a definirmi in questa maniera la scorsa volta, e il ricordo doloroso andò a peggiorare la situazione ricorrente, creandomi un ulteriore disagio fisico.
Mi alzai lentamente e non riuscendo più a trattenermi, piansi rumorosamente. Stavo piangendo, singhiozzando, lacrimando a dirotto e stavo cacciando dei versi frustrati, sembrava quasi che fosse morto qualcuno a me caro. Odiavo piangere di fronte agli altri ed in spazi che non fossero camera mia, questa volta ero proprio uscita di senno, non come la volta dello spogliatoio, stavo piangendo in maniera diversa, in maniera esterna e decisamente troppo rumorosa. Mi sedetti nuovamente a terra appoggiando la schiena al muro e portandomi le ginocchia al petto, ancora oppresso dal macigno negativo, mi coprii il viso con una mano e lasciai l'altra ferita, appoggiata al pavimento; la carta igienica che avvolsi su quest'ultima si era completamente inzuppata di sangue, fattore che alimentava le mie sensazioni fisiche sgradevoli, detestavo avere il sangue appiccicato alla pelle, mi dava una sensazione di sporco, che andava a contagiare il mio umore. Mi sentivo una povera, una poveraccia che si era nuovamente illusa da un qualcosa che fondamentalmente non le aveva mai significato un'importanza primaria. Era arrivato il momento di dover avere il confronto con la mia mente, la coscienza, che stava già ripensando all'accaduto e valutando i rimproveri da dovermi rivolgere. Riportai alla mente il fatto per esteso, e iniziai a trovare un perché alla mia reazione, non ero innamorata, era sicuro. Non conoscevo bene Justin e non lo reputavo nemmeno un amico, allora perché delle mie lacrime spropositate? Perché? Non trovavo risposta e piangevo, dannazione, dannata la mia miserabilità , ero una perdente, piangevo e basta, sapevo fare solo quello: frignare. 
Singhiozzai rumorosamente e tirandomi i capelli indietro dopo averli stretti fortemente, emanai un verso simile al sussurro di una persona che stava per morire; forse anch'io stavo per morire, ancora, morivo dentro nuovamente, sentivo il cuore bruciare e percepivo l'anima abbandonarmi, lasciandomi l'ennesima sensazione di vuoto e quest'ultima, equivaleva alla morte vera e propria. 

Dei passi.
Non alzai lo sguardo, m'immobilizzai e cercai di ammutolirmi seppur inutilmente, ormai fermare le lacrime sarebbe stato inutile. Riuscii ad abbassare il tono con cui stavo piangevo, ma subito dopo un secondo un singhiozzo fece ripartire il piagnucolio, che logorata, rinunciai a fermare. 
La porta si aprii di scatto, sobbalzai.


Mantenni lo sguardo basso continuando a piangere ed un secondo dopo delle braccia mi avvolsero quasi per confortarmi del tutto.




FOTO PROTAGONISTI:

Zack
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Lizzie
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Caren
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Le foto degli altri non le ho messe perchè non ho voglia lol, scusatemi, vvb.

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Capitolo 11
*** Eleventh chapter ***


SPAZIO AUTRICE
HOLA,
ringrazio tutte le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, siete stati gentilissimi e grazie alle vostre belle parole ho deciso di dedicarvi questo capitolo nonostante non mi convinca molto..L'ho scritto perché mi prenderò una pausa, una o due settimane non so. L'idea di Zack me l'ha fatta venire una recensione di una lettrice, se vi va mentre recensite consigliatemi, magari riesco a scrivere qualcosa. Scusate se il capitolo è comunque corto o pieno di errori, sono stanchissima D:
Comunque si tratta della mancanza d'ispirazione e l'ho potuto testare, ma non vi lascerò in sospeso e infatti ho deciso che continuerò la fiction lo stesso. 
Recensite mi raccomando, come nello scorso capitolo, l'interazione con voi è stata fantastica!
vi amo,
Sarah
X

ZACK(Dylan S, nonché mio modello d'ispirazione)
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'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.'   
 


             Melancholy  always wins



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“The courage it took to get out of bed each morning 
to face the same things over and over was enormous.”
{Charles Bukowski}




M'immobilizzai e m'irrigidii non appena avvertii il contatto fisico. Smisi meccanicamente di piangere, forse avendo realizzato la presenza reale di una persona e considerando quanto io detestassi lacrimare di fronte ad estranei, l'organo che produceva le lacrime si era stoppato immediatamente, quasi come fosse un riflesso. 
Lanciai una brevissima occhiata al mio braccio scoperto dalla manica tirata sù, i brividi; migliaia di piccoli formicolii mi stavano attraversando tutti i centimetri della pelle, era una sensazione rincuorante, mai avvertita prima, una sensazione che avrei sicuramente memorizzato per sempre e che avrei impresso nel mio cuore. 
Continuavo a sentire le braccia di questa persona avvolgermi le spalle e la schiena, e la sua mano, spingermi il viso contro il suo petto. L'odore, la famigliarità di quell'odore mi stava inebriando le narici, fino ad arrivare al mio cervello e svegliarmi completamente da tutto ciò che fino ad ora mi era sembrato solo un bruttissimo sogno. 

Zack.

Apparteneva a lui questo profumo, ricordai di averne apprezzato la bontà quando era stato proprio lui a sostenermi nella fase d'iper-ventilazione a scuola, nella palestra di mma. Ricordai di aver avuto la testa poggiata sul suo petto, che emanava questo odore, questa fragranza deliziosa di cui non sapevo dire il nome. 
Spalancai gli occhi, cosa ci faceva lui qui?

Tuttavia non dissi nulla, lasciai che il suo abbraccio mi cullasse infondendomi sicurezza e sensazioni nuove, sensazioni mai percepite prima d'ora, sensazioni positive e nonostante in me la malinconia vincesse sempre, questa volta stava perdendo.  La mia schiena avvolta tra le sue braccia, la sua mano sulla mia nuca ed il mio viso poggiato sul suo petto, era tutto così reale, così sensazionale, così bello ed indescrivibile. Il corpo di una persona vicino al mio, il corpo di una persona che per la prima volta cercava di aiutarmi, riuscendoci alla perfezione. 
Sembrava di essere in un mondo parallelo, un mondo tridimensionale in cui potevo godere delle bellissime percezioni umane, senza che la mia dimensione, il mio negativo mondo, potesse intralciare tutto. Il cuore iniziò a battere, non a causa di un attacco, nè a causa della paura o della tristezza, ma di positività, sentivo l'animo gonfiarsi di gioia, gioia che una persona con un solo abbraccio era riuscita a regalarmi. Sentivo gli arti molli, deboli, incapaci di sostenermi, e quelle braccia mi stringevano ancora di più, mi stringevano per sostenere la mia momentanea incapacità fisica, per darmi consolazione, affetto, aiuto e per dirmi che forse non ero davvero sola, per trasmettermi tutto quello che quella persone aveva. 
Istintivamente mi alzai dalla mia posizione rannicchiata e m'inginocchiai di fronte a lui, che interruppe l'abbraccio. Sentii la vita abbandonarmi a quel gesto, tutto ciò che avevo avvertito prima si era dissolto nel nulla, lasciando spazio ad un buco al mio interno, il vuoto.

Quasi spaventata dal ritorno del mio umore e delle sensazione negative che mi avevano sempre abitata giornalieramente, cercai il rifugio di prima, le sue braccia, che erano riuscite a trasportarmi in un secondo mondo, salvandomi dal mio, buio e tenebroso.
Senza neanche guardarlo in viso mi buttai su di lui, questa volta lo abbracciai io, avvolsi io le mie fragili braccia attorno al suo collo e premetti io il mio corpo contro il suo, in quel momento per me era un'ancora, un'ancora di salvezza, una fune che mi permetteva di scappare dalla mia negatività, coperta dalle bellissime emozioni che riusciva a trasmettermi. Mi strinsi a lui, lo avvolsi con tutta la forza che avevo, e lui di rimando ricambiò l'abbraccio, questa volta con più cura e cautela, dolcemente; mi accarezzava la testa con una mano mentre con l'altra mi circondava la schiena. Stavo rivivendo le stesse emozioni e percezioni di prima, era bellissimo, era tutto bellissimo, troppo positivo e piacevole per essere vero, e se era un sogno allora dovevo sfruttarlo, mi appiccicai a lui del tutto. 

Passarono minuti e lentamente mi staccai a malincuore, rimasi inginocchiata di fronte a lui e lo osservai.
Zack era bellissimo, era troppo bello per essere vero.
I capelli biondi oro, le sopracciglia poco folte, i bellissimi occhi di un colore misto tra l'azzurro del cielo ed il verde di un prato, il naso piccolo e perfetto e le labbra rosee, era bellissimo, davvero, ero esterrefatta. 
Rimasi incantata a guardarlo, sapevo che lo facevo sempre e lui me lo faceva notare, ma ora era diverso, non mi diceva nulla e mi lasciava fare, mi osservava anche lui. Nel suo sguardo c'era comprensione, voglia di aiutare e di capirmi, di diventare forse... Mio amico. Lo guardavo con la bocca schiusa, avrei voluto dirgli di starmi lontana, non poteva comportarsi così con una come me, depressa. Mi trattenni comunque e abbassai lo sguardo. Poggiò l'indice sotto il mio mento facendomi alzare lo sguardo.

«Vuoi parlare?» chiese titubante da qualsiasi mia reazione. Non volevo confidarmi, dopotutto rimaneva sempre un conoscente che non avrebbe capito, scossi la testa.
«Non essere triste» disse emettendo una piccola risata.
«Cosa ti fa pensare che io lo sia?» risposi con voce estremamente sottile.
«Ma non so, forse il fatto che stavi piangendo?» affermò con aria ovvia e aveva ragione, quanto ero stupida.
«Giusto, sono stupida, scusa» mi scusai col bellissimo ragazzo che avevo di fianco.
«Smettila di scusarti, non hai sbagliato»  disse gesticolando.
«Va bene, scusa» risposi senza neanche rendermi conto di essermi scusata nuovamente. Lui rise, la sua risata era molto cristallina, in un certo senso pacifica.
«Ti accompagno a casa dai, andiamo» disse all'improvviso.
«No, fa nulla» cercai di fargli cambiare idea.
«È tardi, non posso lasciare che tu torni a casa da sola con questo buio, la festa è finita, siamo rimasti solo noi e altre persone, ti accompagneremo» disse deciso.
«Va bene» risposi semplicemente, rivedere Lizzie e Justin insieme...
«Brava bimba» disse Zack accarezzandomi la guancia. I brividi, aveva un tocco simile a quello di Justin. Sorrisi e ci alzammo, anche se avrei voluto rimanere da sola e non muovermi, decisi di darmi una regolata. 
Zack mi tolse la carta igienica dalla mano e dopo avermi lavato la ferita con acqua fredda, vi aveva messo sopra cerotto, che aveva sicuramente preso da qualche parte per me.

«Come mai sei venuto qui?» chiesi.
«Volevo controllare che stessi bene, poi Justin mi sembrava preoccupato per te» rispose con un sorriso in viso. E così era preoccupato per me...
«Hai gli occhi gonfi Caren» disse Zack con un velo di tristezza nella voce.
«Scusa» dissi semplicemente. Lui sospirò, dopo avermi avvolto un braccio sulle spalle, raggiungemmo gli altri.
Tenni lo sguardo basso, non volevo vederli assolutamente, volevo stare solo con Zack.
Arrivammo dagli altri, Justin e Lizzie continuavano a baciarsi  e fu proprio quello a causarmi un attacco, la figura che prima mi stava totalmente torturando i pensieri, ora mi si stava ripresentando davanti. 

M'inginocchiai a terra.

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Capitolo 12
*** Twelfth chapter ***


 'Con questo mio scrito pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, ne offenderla in alcun modo'




     Never feelin' good enough

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"life's not easy,
we must keep it simple”
{cit- M.S} 




Immediatamente mi furono di fianco tutti.
«Tutto a posto?» chiese allarmato Justin.
«Justin che domande, no che non lo è» lo ammonì Zack con lo stesso tono ironico che aveva sempre avuto.
Ignorai tutto e cercai di trattenere il respiro, era lui che mi faceva andare in tilt ed entrare nella famosissima fase d'iper ventilazione, riuscii a calmarmi e dopo aver inspirato profondamente impedii l'attacco. 
«Caren mi hai fatto spaventare!» esclamò Lizzie mentre si teneva la mano sul cuore.
«Cos'era quello?» chiese Alex.
«Non lo so» risposi con voce debole, non avrei mai rivelato a nessuno dei miei attacchi, mi avrebbero presa per ridicola, povera piccola ed indifesa Caren che soffriva di manifestazioni esteriori d'ansia.
«È una specie di attacco» affermò all'improvviso Chris mentre mi aiutò a rialzarmi dalla mia posizione, inginocchiata a terra con il viso basso, come sempre. Spalancai gli occhi e volsi lo sguardo verso di lui, non avrei permesso a nessuno di infrangere la mia privacy.
«No, ti sbagli» negai con il fiato corto e la mascella che sbatteva leggermente.
«Ed invece sì, anche mia sorella soffriva di qualcosa del genere» ribadì lui senza mai abbassare lo sguardo, continuava a guardarmi, con i suoi occhi gelidi; non voleva abbassare lo sguardo, continuava ad osservarmi dritto negli occhi, a fissarmi facendomi sentire a disagio e obbligandomi ad abbassarli per prima.
«Ti dico di no!» dissi inserendo enfasi nell'esclamazione, non voleva mollare, mi stava guardando in maniera sospettosa e poliziesca, da mettere i brividi.
Chris sembrava sapere, sapere di tutto, lo si poteva intuire dalla sua sicurezza e dall'aria che assumeva quando mi guardava, tuttavia mi convinsi del contrario, sapevo mascherare bene ciò che era la verità, sì, io sapevo mascherare bene tutto.
«Come vuoi» disse sorridendo, un sorriso sghembo, di una persona che ti stava chiaramente prendendo in giro, che ti stava trattando da bambina, lasciandoti fare i capricci.
Scossi la testa e mi ricordai di aver dimenticato il secondo bacio tra Justin e Lizzie; mi convinsi del fatto che nessuno dei due c'entrasse nulla con me, la cosa non mi doveva riguardare, non doveva.
Nonostante accantonai il pensiero una piccola parte di me continuava a rimuginarci sopra, rendendo mio umore spento, senza vitalità.
«Se stai bene andiamo, si sta facendo tardi» disse dolcemente Justin accarezzandomi la schiena, non appena avvertii la sua mano toccarmi mi girai automaticamente verso Lizzie, avevo agito di meccanico, volevo sapere cosa avrebbe fatto. 
Lei mi sorrise, non sembrava infastidita e la cosa mi pesò al cuore; sapevo fosse una ragazza premurosa e gentile, però avrei preferito vedere una reazione di fastidio da parte sua. Magari se un giorno Justin fosse entrato in estrema confidenza con me, lei avrebbe iniziato a comportarsi da oca gelosa, così se poi io e Justin ci fossimo fidanzati, non avrei avuto rimpianti nei suoi confronti... Però no, lei era sempre perfetta.
Dopo pochi secondi schiusi la bocca, come aveva potuto la mia mente vagare così lontano? Arrossii al pensiero che avevo appena fatto, la vergogna che provavo era immensa.
Fu un ennesima carezza di Justin a risvegliarmi dai miei pensieri sempre in conflitto.

«Sì, andiamo»  dissi mordendomi il labbro, dovevo scaricare l'ansia accumulata e trattenuta su qualcosa, dovevo stare attenta però a non farlo sanguinare. 
Justin e Chris parlarono con il responsabile del locale ed uscirono dalla porta seguiti da noi altri.
«Grazie ancora per il regalo, sei stata gentilissima» disse Lizzie che mi si avvicinò velocemente.
«Figurati, tu sei sempre gentile» risposi alla sua affermazione con amarezza, ed era vero, lei era sempre così gentile, bella, così perfetta.
Justin sentendo il nostro piccolo dialogo si girò e ci sorrise, poi guardò solo Lizzie e nel suo sguardo leggevo affetto, amore, amicizia, gentilezza, premura e cordialità, lui l'amava molto, era innegabile ed ovvio. 
Le sue sopracciglia erano serene, gli occhi brillavano ed il suo sorriso era spontaneo, quelle labbra di un colore scuro erano naturalmente curvate verso l'alto.
Osservai meglio la sua espressione facciale riducendo gli occhi ad una fessura.
Adesso che ci pensavo non era prima volta che Justin guardava Lizzie in questo modo, solo che non ero andata oltre, avevo sempre creduto che si trattasse di una profondissima amicizia, solo quella. 
Mi voltai meccanicamente verso di lei che gli stava sorridendo di ricambio, la guardai bene; stessa luccicanza presente negli occhi di lui, stesso sorriso naturale e stessa serena e rilassata espressione. Mi girai e guardai la strada avanti me, sentii gli occhi farsi lucidi e fui costretta ad alzare il viso verso l'alto per non piangere. 
«Dove hai comprato questo maglione?» mi chiese Lizzie, si vedeva a chiare lettere che stava cercando con tutta se stessa di avere un dialogo con me, di aprire un discorso di ogni tipo.
«Non lo so, me lo ha acquistato mia madre» risposi sorridendo per un nano secondo, non riuscivo ad essere vera, non riuscivo a fingere che il dialogo con lei m'interessasse per davvero.
«Capisco, è molto carino» disse lei troncando il discorso velocemente e superandomi di qualche passo per andare a parlare con Zack, l'avevo messa in imbarazzo, si era sentita non accettata ed era vero, ora non me la sentivo di parlare, volevo rimanere in silenzio e così feci, aprendo la strada ai miei pensieri.
Sospirai e toccandomi i capelli m'imposi di pensare a qualcosa che non fossero Justin e Lizzie.
Mi guardai la ferita avvicinandomi il metacarpo all'occhio, il cerotto non copriva tutto, si poteva benissimo notare il taglio che continuava. Lo toccai e digrignai i denti per il dolore, ora bruciava, sentivo i formicolii attraversarmi tutta la mano e i brividi causati dall'aria fredda colpirmi il collo che cercai di coprire con la mano.
«Ti fa ancora male?» chiese Justin che lasciò i suoi amici per venirmi accanto.
«No, no» risposi meccanicamente, sembravo un robot.
«Disinfettalo per bene, va bene?» mi raccomandò lui .
«Certo» lo rassicurai guardando il terreno, non lo volevo vedere e non ci volevo parlare, dopo oggi non più.
Zack ci raggiunse lasciando avanti a noi Chris, Alex e Lizzie che stavano parlando dell'estate scorsa.
«Caren dove abiti?»  chiese sorridendomi.
«Io?» risposi presa di sorpresa.
«No, io» rispose lui ridendo. «Reynold street» risposi senza vitalità. «Vicino a casa di mia zia» disse Alex girandosi.
«Wow» esclamai cercando di fingere sorpresa, con risultati disastrosi.
«Tutto a posto?» chiese lui guardandomi con aria preoccupata.
«Sì solo il freddo» risposi velocemente, chissà cosa potesse centrare il freddo, mi meravigliai della mia stupidità.
«Questa assomiglia a quella delle mosche» intervenì Justin dandomi una leggerissima gomitata al braccio. Arrossii immediatamente al ricordo.
«Mosche?» esclamò Alex nascondendo curiosità.
«Sì» rispose Justin ridendo.
«Cosa, cosa?» disse Chris.
«Eh già, abbiamo le zanzare a settembre ragazzi» affermò Justin.
«No davvero, la voglio sentire» si aggiunse anche Lizzie alla discussione che mi vedeva protagonista.
Dopo aver raccontato l'accaduto, tutti scoppiarono in una fragorosa risata, Alex continuava a sghignazzare con Justin, Zack era rosso come Lizzie e Chris si stava tenendo il viso con una mano mentre scuoteva la testa in segno di divertimento.
Io sorrisi appena, sembrava una presa per i fondelli la loro, ma continuai a sorridere falsamente, molto falsamente, e quella fu la prima volta che mi accorsi di quanto difficile fosse fingere uno stato d'animo. 
Passarono minuti e le risate dei ragazzi non si volevano fermare, tanto da indurmi a sentirmi una stupida ebete da circo.
«Cosa c'è di così divertente?» chiesi cercando di capire perché stessero ridendo in quella maniera esagerata da così tanto tempo.

«Sei uno sballo ragazza» disse Zack.
«Un po' sballata e moscia però» aggiunse Justin sghignazzando. Il suo commento mutò il mio falso sorriso in una smorfia, speravo stesse scherzando; 
'Moscia' era l'aggettivo che tutti mi assegnavano a primo impatto... Moscia, debole, distratta, cascante, fiacca, addormentata e tanto altro. Me lo avevano detto gli psicologi, i consulenti, i pochi conoscenti che avevo avuto e me lo ripetevano ogni giorno i miei genitori. Questo aggettivo era un insulto per me, significava essere privi di personalità, privi di una forma astratta che dava l'immagine alla persona, privi di una struttura alla base della persona che ne designava il quadro, privi di un qualcosa di troppo importante, troppo privi, anzi, per la maggior parte privi, quindi vuoti. Oltre che sentirmi vuota, quindi, io ero vuota, gli altri mi vedevano vuota, quindi cosa ero? Essere vuoti significava non avere nulla, io di conseguenza ero il nulla, ma cosa diavolo ero?  

Sbattei la mano contro il viso con violenza, quasi schiaffeggiandomi.
«Ragazzi basta dai!» disse Justin che ancora sorrideva, anche lui pensava fossi vuota e di conseguenza noiosa e disinteressante. Lo guardai con gli occhi lucidi, mordendomi il labbro.
«Caren scherzavamo» disse Zack e Lizzie annuì.
«Avanti non piangerai mica» esclamò Alex spaesato.
«Ci risiamo» finì il susseguirsi di esclamazioni Chris.
«No, no, non piangerò, non mi sono offesa» dissi cercando di sorridere ma con gli occhi sempre lucidi ed il tono di voce sottile.

Ero davvero vuota, ci ero appena arrivata. Per vuota non intendevo questa volta quel senso del nulla che m'infestava l'interno dello spirito quasi sempre, ma vuota in un certo senso fuori, esternamente, senza l'impalcatura che costituiva una persona: la personalità. E senza di quella un soggetto non era nessuno, era privo di una personalità, di un carattere che lo definisse, che desse un senso alla sua presenza.

Questo pensiero m'invase la mente, i sensi, il sangue, l'anima, tutto... Sbattei gli occhi più volte per trattenere le lacrime. Tutti si fermarono e mi guardarono spaesati. Staranno pensando a quanto io fossi strana, di nuovo. 

«È tutto a posto, stavamo scherzando» disse Justin con voce dolcissima, lo guardai ma spostai lo sguardo altrove.
«Lo so, non è per quello» cercai di spiegare.
«E per cosa?» chiese Lizzie preoccupata.
«Per nulla» affermai con aria falsamente ovvia.
«Andiamo dai» aggiunsi cercando di sviare l'argomento, e così avevo appena scoperto che anche gli altri pensassero che fossi moscia, ci rimasi malissimo. 
«Che succede?» chiese Justin, dannata la sua testardaggine.
«Niente!» sputai stanca e logorata.
Nessuno si voleva smuovere, così decisi di finirla lì e di tornarmene a casa da sola.
«Io vado a casa, ho fatto tardi, voi proseguite per casa di Lizzie» esclamai adirata, vogliosa di buttarmi sul mio letto a piangere e urlare di sofferenza. Non lasciai a nessuno il tempo di rispondere, mi voltai triste come sempre verso una strada che non conoscevo, ero solita prendere la via del parco, era piena di luci e la conoscevo a memoria, questa da dove eravamo passati, non l'avevo mai vista.
Tuttavia non mi spaventai, avrei chiesto indicazioni.
Inizia a camminare lasciandomi il gruppetto dietro, accortosi solo ora di aver esagerato.
«Caren la strada è buia lì, torna indietro» urlò Justin in lontananza, caro ragazzo forse non sapevi che il buio era parte di me, il buio ero proprio io.
M'inoltrai in quella via a me sconosciuta, ignorando tutto e tutti.




SPAZIO AUTRICE
Scusate il ritardo, ma penso che la voglia di scrivere mi sia tornata! Evviva (:
Il capitolo è cortissimo scusatemi, comunque perdonate gli errori e spero sia di vostro gradimento, nel prossimo capitolo succederà una cosa inaspettata! MOLTO inaspettata :)
Comunque ho finito qui, se dovrò aggiungere altro modificherò il capitolo e di conseguenza questo spazio, mi raccomando RECENSITE e ditemi cosa pensate (in più sarete cercherò di sbrigarmi con il prossimo)! Anche se il capitolo di oggi a dire la verità non mi convince molto... L'ho scritto di fretta e rileggendolo mi sono accorta di numerosi errori di svista, ripetizioni di parole e formulazione errata di periodi, lo ricontrollerò e correggerò meglio la prossima volta, prometto :)
Vi lascio con le gif dei protagonisti infondo e ringrazio la mia sis che mi sostiene sempre, grazie Vale, sei un'ispirazione umana fondamentale ormai lol.

ps. ho imparato a fare le gif dato che quelle di Caren non si trovavano (essendo un'attrice non famosissima.lol.), sono contentissima :)
Baci,
Sarah
x
PSpt2. Nella recensione mi piacerebbe che mi diciate cosa pensate dei protagonisti, sono curiosa di sapere come li sentite/percepite :)


Zack

 






Justin
 





Caren 

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Capitolo 13
*** thirteenth chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, ne offenderla in alcun modo'



                                        
                                  Adrenalin  

 
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“My silent is just another word of my melancholy'
{cit-M.S}




Girai a destra e proseguii per quella via piuttosto buia e deserta, girai il capo a destra e sinistra, nessuna anima viva, regnava il silenzio assoluto, ed iniziai a pentirmi di essermene andata lasciando gli altri; 
Dopotutto loro mi stavano prendendo in giro, quindi non avevo avuto tutti i torti ad essermi arrabbiata e andata via. Forse era così che le persone in sintonia si comportavano, ma loro sapevano delle mie difficoltà, e anziché capirmi peggioravano la situazione. Mi ero sentita umiliata, trattata come un fenomeno da circo, una stupida moscia imbecille, era questo, questo era il motivo per cui ridevano. Si divertivano alle mie spalle, alla mia stupidità e distrazione. Chiusi gli occhi per una manciata di secondi, e giurai di aver potuto sentire di nuovo le loro risate echeggiare nella mia
mente, ormai in stand-by a causa di tutti gli avvenimenti di oggi così duri e devastanti da immagazzinare nel cuore. L'unica cosa che mi dava forza era l'abbraccio di Zack, nessuno avrebbe mai saputo cosa avevo provato in quel momento se non Dio, mi ero sentita in paradiso. 
Chiusi nuovamente gli occhi cercando di ripetere l'immagine visiva di lui e cercando di manifestare nuovamente le emozioni che provai; continuai a camminare per quella lunga e dritta via, ed inspirai profondamente, mi stavo sentendo umana per la seconda volta durante questo giorno, una sensazione di benessere si stava impossessando del mio corpo, sorrisi. Sorrisi a quella mescolanza di scarica elettrica che stavo percependo, mi sentivo piena, viva. Mi toccai il petto, respiravo lentamente, ero serena, avvertivo una pace interna abitare dentro di me;
Accettavo di buona volontà le immagini che la mia mente mi stava inviando agli occhi, il suo petto contro il mio, le sue braccia accarezzarmi, il mio viso nascosto nell'incavo nel suo collo, il profumo che mi donava una percezione paradisiaca, il modo in cui mi stringeva, la sensazione di protezione, il contatto piacevole e rincuorante ed... ed il bacio tra Justin e Lizzie.  
Spalancai gli occhi di soppiatto e mi fermai, cadendo a terra incapace di sostenermi. M'immobilizzai e spalancai ulteriormente gli occhi, mi coprii la bocca con la mano e con l'altra che tremava mi strinsi il ciuffo dei capelli oramai in disordine.
Respirai pesantemente ed iniziai a sentire il naso pizzicare e il mio viso contorcersi in una smorfia di dolore e di sofferenza. Mi sbattei violentemente la mano con cui mi stavo coprendo la bocca in pieno viso, il mio petto stava vibrando per cercare di sovrastare le solite e maligne sensazioni di malessere, che stavano tornando numerose. L'abbraccio di Zack le aveva nascoste, e nonostante esse si fossero ripresentate quando terminò il contatto, non le avevo avvertite pesanti e inconcepibilmente presenti, le percepivo sì, ma in modo leggero. Solo in questo preciso secondo stavo sentendo la loro presenza  racimolarsi in un armamento numeroso, arrabbiato, pronto a dare luogo ad una guerra, l'ennesima battaglia, dentro di me, nel il mio petto. 
Avevo il fiato corto dallo spavento, stavo pensando a tutt'altro, qualcosa di bello e positivo, e la mia mente mi aveva mostrato l'immagine di Lizzie e Justin che si baciavano, la mia mente sapeva, sapeva quanto facesse male e sapendo che non trovavo motivo a quella sofferenza, cosa che mi rattristava ulteriormente, mi aveva giocato quel brutto scherzo.

Questa volta il mio cuore non batté velocemente, ma si spezzò. 
Di solito era sempre il mio corpo, i miei pensieri e l'essenza di me a stare male, ma ora lo era il mio cuore. Sensazione mai avvertita prima, ma dolorosa, estremamente dolorosa. 
Chiusi gli occhi di scatto, il mio cuore si stava contorcendo, rompendo, si stava tagliando, graffiando, lo sentivo dolermi. 
Urlai con la voce secca e me lo toccai istintivamente, lui stava battendo normalmente, sembrava intatto ma io lo sentivo urlare insieme a me, lo sentivo farsi male, lo sentivo piangere e dimenarsi... Bruciarsi.

Cos'era? Cos'era questo? L'amore? Un cuore bruciato era sintomo d'amore, ma io ero sicura di non provare niente del genere, verso quel ragazzo, quel maledetto essere maligno che mi stava procurando tutta questa pena, era appena un conoscente per me.

 Allora perché il mio cuore e le sensazioni che lo abitavano, si stavano spezzando? 
Ripensai alla figura del ragazzo con gli occhi dorati, e verso di lui sentivo a malapena un senso di affetto nascosto e di conoscenza, ne ero sicura. Focalizzai su Lizzie, e sentii una morsa togliermi il fiato e sgozzarmi l'organo centrale di ogni essere umano. Sangue.
 L'immagine del sangue del mio povero cuore mi stava occupando la percezione visiva, urlai impugnando con forza il tessuto del maglione che mi copriva il petto, mi accartocciai su me stessa ed iniziai a piangere. 

Lizzie, era lei, sempre lei. Da molto tempo provavo inferiorità, invidia e gelosia nei suoi confronti, ed ora quasi odio. 
Era colpa sua se stavo sentendo il cuore morire e l'anima volarmi via dal corpo, stanca di me e della sofferenza che doveva patire a causa mia ogni giorno. Oltre che farmi provare un senso di sottomissione in tutti i sensi, ora mi stava divorando il cuore, lei, lei era legata con l'unico ragazzo verso cui avevo provato un po' di affetto, me lo aveva rubato nonostante non fosse mai stato mio. 

Nonostante non amassi Justin, sentivo di volergli un po' di bene, eliminato definitivamente dalla ragazza bionda.
Non volevo più avere a che fare con loro, non avevo mai sofferto in questa maniera in vita mia, ero depressa certo, ma loro mi stavano facendo sentire pazza, una pazza da rinchiudere in una cella per matti incontrollabili. 
Loro mi avevano fatto del male, avevano peggiorato la mia situazione, loro non erano qui per aiutarmi, la vita gli aveva incaricati di farmi soffrire, e ci stavano riuscendo benissimo. 

Mi accasciai al suolo ed alzando la testa notai di essere nel bel mezzo della strada di quella via buia e silenziosa, se fosse passata qualche macchina mi avrebbe investito ed uccisa, una seconda morte nell'arco di pochi secondi. 
E mi ritrovai a pensare che forse sarebbe stato meglio, sì, non mi sarei suicidata, a togliermi la vita sarebbe stata un'altra persona, le ruote di una macchina ignara della mia presenza sull'asfalto. 
Sarebbe finito tutto, ma il dolore? No, non avrei sofferto, al contrario. Tutto  cesserebbe ed io potrei finalmente liberarmi di tutto, ci sarebbe stata la segregazione con le entità maligne che mi avevano sempre abitata, cresciute e sviluppatesi con me nel corso di questi diciassette anni, diciassette dolorosissimi anni, di disperazione, malinconia, tristezza e depressione inizialmente nascosta ed uscita fuori da poco.

Diciassette anni, l'arco di tempo in cui avevo dovuto sorreggere un peso sul petto ed un macigno sulla schiena, anni in cui avevo patito tutto ciò che potesse essere negativo nell'esistenza umana. 

Diciassette anni erano stati messi per iscritto nel libro della mia vita, le cui pagine sarebbero finite tra poco. 
Libro con una copertina nera, rovinata, con pagine secche a causa di tutta la positività sottrattami, a causa della linfa vitale prosciugatasi e trascinatami via di soppiatto da quando ebbi aperto gli occhi per la prima volta nella camera settentaquattro di quell'ospedale, maledetto quel giorno. 

Libro con una riga di felicità scribacchiata in malo modo perché mai stata accettata da tutto e da tutti, ripudiata.
Libro però con infinite righe di tristezza, righe scritte con il mio sangue, righe che raccontavano della vita di questa ragazza, di questo essere negativo stanco persino dell'aria che respirava. 
Libro, dannato libro rovinato quasi fosse stato arso, bruciato dalle fiamme dell'inferno, quelle che mi aspettavano e che reclamavano il mio nome e la mia presenza nel registro dei morti, i morti cattivi, come me, i morti che in un certo senso sono stati felici di morire, perché se la vita terrena non li voleva, allora sarebbe l'inferno ad accoglierli come si doveva, dando loro ospitalità, dando loro una punizione di cui tuttavia avevano sempre vissuto, il dolore. Non quello mentale, solo quello fisico, meno letale.

Piccole gocce di pioggia si poggiarono sul mio viso che volgeva lo sguardo verso il cielo, buio, quasi nero, proprio come il mio umore. Nonostante dentro di me la pena fosse tanta, cercai di focalizzare sul soffitto del mondo, pieno di stelle spente, esattamente come me, prive di ciò che le definiva, la lucentezza.
Sorrisi; anche il cielo mi somigliava, sorrisi, non ero la sola, c'era anche lui. 
Anche il cielo stava male di notte, tempo in cui calava il silenzio del mondo.  Anche lui era triste e ora stava piangendo, soffriva nel dover assistere alle atrocità umane che avevano luogo sotto di lui: omicidi, assassinii a sangue freddo, famiglie sfasciate, uccisione di gente buona con la voglia di vivere. Il cielo piangeva, ma lui lo faceva da spettatore, mentre io soffrivo da protagonista della sofferenza stessa, no, il cielo non mi somigliava per nulla.
Smisi di fissare il limite costellato di luci e girai lo sguardo verso la terra, nessuno mi avrebbe mai capito.
Sospirai chiudendo gli occhi, lasciando che la pioggia lavasse i miei pensieri accalcati tra di loro.
Dei fari ed il rumore di un motore giunsero ai miei sensi addormentati, mi alzai di scatto, chiusi gli occhi ed alzai le braccia al vento e alla pioggia, era l'ora.

Bandierina bianca Caren, avevi perso fin dall'inizio e non te ne eri mai accorta veramente, chiedi la resa Caren! Chiedi la resa alla vita, fallo.




«Ragazzina! Se non ti togli da lì verrò a sistemarti, spostati!» urlò una voce fredda e roca. Aprii gli occhi di scatto e vidi un uomo aprire la portiera del suo furgoncino bianco, non venne verso di me, si fermò lì.
«Spostati!» urlò gesticolando, credeva fossi sorda.
«Non mi dica cosa fare, sono stanca, mi lasci stare!» urlai con voce talmente stridula che mi graffiai la gola.
«Tu sei matta ragazzina, tu sei matta!» disse l'uomo dalla pancia grande. Spalancai gli occhi e sentii una presenza diabolica impossessarsi di me.

«No! Tu non capisci, non sai niente, smettila di usare vocaboli che non centrano con il contesto reale, sei un malfidato, un impertinente che non regola le parole, sei un mostro! Vergognati, ed io non sono matta, capiscilo, capitelo tutti, io non sono una psicopatica, non sono moscia, non sono distratta! Sono solo una persona stanca, sensibile a tutto lo schifo che la vita le ha donato, e tu come gli altri non sei nessuno per potermi insultare, mi avete stancato tu... Tu... » non riuscii a continuare a parlare che scappai via come una saetta piangendo di disperazione, non sapevo nemmeno esprimermi e mi stavo condannando per questo, ero stata creata per stare male, dovevo soffrire in silenzio, le persone non centravano nulla con me e con i miei problemi, forse non erano loro ad aver stancato, ma io.

Mi sedetti nella panchina del parco dove ero arrivata inzuppata d'acqua e tremante a causa del freddo. Iniziarono e tremarmi i denti che sbatterono rumorosamente tra di loro,  fissai il vuoto e lasciai che quest'ultimo sotto forma di sensazione mi abitasse, facendomi sentire un oggetto privo di emozioni.


Non sapevo per certo quanto tempo passò e nel momento in cui sentii dei passi avvicinarsi a me, alzai il viso di scatto, trovandomi davanti l'ultima cosa che avrei voluto vedere.
«Caren, finalmente!» disse lui, i suoi occhi color miele brillavano anche al buio, mi stavano scrutando con incertezza, stupore ma anche sollievo, aveva il fiato corto. Non risposi, ma abbassai gli occhi verso il terreno facendo entrare nella mia visuale le sue scarpe bianche, ormai piene di fango e rovinate. 
Mosse le gambe in mia direzione, ed io non volevo ancora vederlo, ero ancora scossa da ciò che stavo per fare, suicidio, ovvero l'arma di chi era stanco, ma anche debole, mi stavo per togliere la vita a causa del dolore che avevo patito al ricordo suo e della bionda. Strinsi gli occhi e mi morsi le labbra in senso di vergogna verso di me stessa, non potevo credere a cosa stavo per compiere, un omicidio contro di me, sarei diventata una ragazza suicida a causa di due conoscenti che le avevano spezzato il cuore e calpestato indirettamente i sentimenti. 

Lui si sedette vicino a me e mi accarezzò i capelli inzuppati d'acqua della pioggia che non smetteva di scendere, anche lui era fradicio.
«Perché i tuoi occhi sono spenti?» chiese prendendomi il viso tra le mani e facendomi incontrare il suo sguardo colmo di preoccupazione.
«Lo sono sempre stati» sussurrai con voce fragile e sottile a causa delle urla di prima, mi ero decisa a rispondere, stare in silenzio non sarebbe servito a nulla anche se quest'ultimo comunicava e trasmetteva un altro aspetto della mia malinconia.
«Invece no» rispose lui accarezzandomi la guancia; risi amaramente e scossi la testa tra le sue mani. «Non capisci, nessuno capisce» decisi di cercare di troncare la conversazione, lui non capiva, sarebbe stato inutile parlare con la fonte del mio dolore.
«Io capisco!» mi lasciò il viso e si voltò completamente verso di me.
«No, se capissi per davvero allora non saresti qui» quasi urlai adirata, lui era come tutti, credeva di capire quando in realtà non sapeva nulla.
«Ed invece sì, so che sei una persona profonda, molto profonda. A volte io ti ferisco senza rendermene conto, ma non sono abituato a dover misurare le parole con una persona come te, sei troppo sensibile» disse lui leccandosi le labbra.
«Profonda?» chiesi improvvisamente interessata all'aggettivo.
«Sì. So che stando sempre zitta tu pensi, e si vede dai tuoi occhi quanto tu sia riflessiva e costantemente triste» rispose Justin sorridendo compiaciuto della frase che aveva appena detto.
«Ah» risposi sconsolata, non erano una novità il mio silenzio e la mia tristezza.
«Ti chiedo scusa per prima, volevamo solo scherzare e non era nostra intenzione ferirti» 
«Però la avete fatto Justin» 
«Non volevamo farlo Caren, cerca di capire!» affermò lui gesticolando nervosamente.
«Va bene» stavo cercando in tutti i modi di cacciarlo, lui non ne voleva sapere.
«Questa conoscenza l'abbiamo iniziata male, ricominciamo da capo» esclamò il biondino sorridendo radiosamente, da capo? Cosa cambierebbe?
Mi tese la mano facendomi cenno con gli occhi di stringergliela, credevo stesse scherzando e solo notando la determinazione nei suoi occhi capii che che le sue intenzioni fossero serie.
«Piacere Justin Bieber, diciotto anni, ragazzo bello, solare, impulsivo ma simpatico e leale, tu?» chiese lui ridendo.  Spalancai gli occhi e risi un poco alla sua modestia, alla sua positività e alla sua strampalata idea, presentarsi in questa maniera non sarebbe servito a nulla e non dimenticherò mai la tristezza ed il dolore che mi aveva provocato insieme ai suoi amici, era successo troppo ed era impossibile cancellare, troppo. Non avevo mai sofferto così, avevo conosciuto la depressione, la malinconia, la tristezza immotivata, ma mai il dolore e l'agghiacciante sofferenza del cuore e dell'anima, mai. Ero indecisa, stanca, logorata... Forse se avessi stretto la sua mano spontaneamente aperta, mi avrebbe lasciata stare e se ne sarebbe andato a casa. 
Strinsi la sua mano fredda con lentezza, tossii e parlai.
«Caren Howen, diciassette anni» esclamai con poca vitalità e per niente convinta della sua iniziativa.
Justin sorrise e dopo avermi accarezzato la mano si avvicinò a me, la distanza diminuì, potevo sentire il suo caldo respiro sul mio viso, percepivo il calore del suo corpo e i suoi occhi erano vicini ai miei, mi presi la briga di osservarlo.
I lineamenti erano dolcissimi, dalla curva del sorriso, alle labbra carnose di un colore intenso, dal naso agli occhi... Mozzafiato. Le sue iridi erano marrone chiaro, nocciola, color miele. Vicino alla pupilla il colore era scuro, un marrone intenso quanto il tronco di un albero faceva da gradazione ad un marroncino più chiaro, per poi arrivare al color oro, e quest'ultima tonalità era costellata da numerose fantasie e luci, sì, aveva la luce negli occhi e per un attimo pensai che forse sarebbe potuta essere proprio quella a salvarmi dal buio e dalle mie tenebre.
Ancora incantata dai miei pensieri ridicoli e contorti, non mi accorsi che il ragazzo che avevo di fronte mi stava abbracciando. Rimasi un attimo dubbiosa sul ricambiare o no, abbracciare di ricambio il ragazzo che mi aveva quasi indotto al suicidio. 
Accantonai le mie riflessioni da una parte e automaticamente lo abbracciai, chiusi gli occhi e sotto la pioggia sentivo il suo cuore battere tranquillo al contrario del mio, in procinto di scoppiare dal nervoso. Chiusi gli occhi cercando di percepirlo, iniziarono i temporali e numerosi brividi mi attraversarono l'intero corpo. 
Strinsi gli occhi e iniziai a sentirmi divisa in due.
La prima parte mi stava infondendo sicurezza, mi sentivo decisa ad abbracciarlo, felice, allegra, vogliosa di continuare il contatto; L'altra parte era pieno di risentimento nei suoi confronti.

Come puoi Caren, abbracciare colui che ti stava per uccidere? Colui che ti ha fatto soffrire? Colui che insieme alla sua ragazza, ti ha pestato il cuore?


A quelle domande mi spuntò in mente l'immagine sua e di Lizzie, mi tornò il ricordo del mio cuore sgozzato e di me in piedi pronta a farmi investire. Sentii gli occhi lucidi ed il naso pizzicare, singhiozzai. Spalancai gli occhi e cercai in tutte le maniere di farmi tacere, di smetterla di mostrarmi debole, io non
 dovevo piangere di fronte a persone, assolutamente, penseranno sia ancora più debole. Niente, un secondo singhiozzo diede il via ad pianto straziante, che il ragazzo cercò di fermare abbracciandomi e stringendomi ancora di più. 
Ero un'idiota, sapevo solo frignare, mi credevo tanto brava a fingere i miei sentimenti quando non sapevo neanche rimandare un pianto a dopo. Piansi ancora di più, cercai di staccarmi da Justin, ma lui non mi lasciava andare. Mi sentivo felice, gioiosa e nello stesso tempo triste, ferita e disperata. Decisi di rinunciare ad intrattenermi e abbracciai ulteriormente Justin.
Fu un terzo singhiozzo a svuotarmi da tutti i miei pensieri, in quel momento stavo rispondendo agli stimoli solo con il corpo, un robot.
Lui si avvicinò a me e così feci anch'io, mancava poco che mi sedessi suo suo grembo, e fu proprio Justin a fare in modo che succedesse. Lasciai fare, lasciai che il mio corpo decidesse, e quest'ultimo voglioso di contatto con una persona, strinse il ragazzo ancora di più.

Mi stava spingendo contro di lui quasi a volermi imprigionare dentro il suo petto, spostò le mani sulla mia vita e sulla mia coscia sinistra, avvicinandomi ulteriormente nonostante la distanza non ci fosse più. 
Avvolsi il braccio destro sulle sue spalle e la mia mano sinistra sul suo collo portandolo più vicino a me. Mi girai completamente spingendo il mio petto contro il suo e stringendolo fortissimo, volevo di più, volevo percepirlo, sentire la cosiddetta aurea; lui per facilitarmi il movimento mi sollevò leggermente per farmi aprire le gambe e avvolgerle attorno alla sua vita, nonostante la panchina m'impedisse di 
farlo del tutto.  Avevo bisogno dell'affetto che mi era sempre stato negato e lo stavo trovando.
Una scarica elettrica di adrenalina entrò nel trambusto di emozioni che saltellavano ovunque nella mia pancia, brividi e formicolii mi regalavano una sensazione bellissima e la pioggia donava un'atmosfera rilassante e confortante. Sorrisi nelle lacrime, era stranissimo abbracciare con 'foga' una persona, strano ma 
assolutamente bello, ero protetta, confortata e mi sentivo consolata, forse lui mi voleva un po' di bene.
E se gli stavo a cuore un po', allora dovevo fare in modo di entrarci del tutto, guadagnandomi il suo affetto e la sua amicizia.

Chiusi nuovamente gli occhi lasciando che la sua mano si spostasse dalla mia schiena e arrivasse ad accarezzarmi il capo e toccarmi i capelli. 
Chiusi le mani attorno alle sue larghe spalle e lasciai che tutto accadesse. Ansimai leggermente non appena lo sentii afferrarmi le cosce stringendole con forza, e spingerle ancora di più contro di lui, Justin si alzò, chiusi le gambe completamente attorno alla sua vita e lui si sedette di nuovo. In quel momento era diventato un'ancora di salvezza, su cui arrampicarmi per non affondare. Il mio respiro era acceleratissimo e sentivo il fiato mancarmi, stavo così bene ma ero a disagio, non mi era mai successa una cosa del genere. Tuttavia lui aveva un tocco magico, il modo in cui mi stringeva la coscia per tenermi avvolta e sopra di lui era magnifico, il modo con cui mi tirava leggermente i capelli mi donava un senso di fraternità. Sì, in quel momento era come se Justin mi conoscesse da sempre.  

SPAZIO AUTRICE
Aw,
ciao a tutte, questo capitolo penso sia troppo forte all'inizio. Se devo dire la verità ho dovuto modificare la parte del 'suicidio' e di depressione, era molto forte e vi avrebbe portato un senso di angoscia. Tuttavia mi sono impegnata a scrivere la parte di Justin e Caren (che teneri aw), è stato difficile perché non mi convinceva mai, e nonostante non mi piaccia tuttora, ho deciso di lasciarla così. Ho aggiornato presto perchè ho amato le scorse recensioni, forse non lo sapete, ma così mi date forza e m'incentivate alla scrittura! Mi piacerebbe che mi lasciaste un parere anche in questo
capitolo, un po' boioso ma lungo :)
Mi raccomando RECENSITE! Mi fareste felicissima davvero, vi amo.
Avrei voluto mettere qualche gif ma penso caricherò solo le foto di alcuni protagonisti, scusate possibili errori ma li correggerò più avanti.
Spero il capitolo vi sia piaciuto.
Baci,
Sarah
x

Justin
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Caren 
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Alex
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❤️

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Capitolo 14
*** Fourt chapter ***


 'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, ne offenderla in al uno modo.'
             

    The Night: time to think


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“Nobody has understood, 
so I've created my own world”
{cit-M.S}





Un arcobaleno costituito da colori assai vivaci ed accesi, si stava generando da una cavità nera pece, che stava risucchiando tutta l'armonia e l'incanto di quel paesaggio così ameno, seccandone la linfa vitale che costituiva la natura, e rendendo di conseguenza il creato morto.
Quello straordinario fenomeno di ottica atmosferica però, si stava ingrandendo sempre di più, chiudendo lo squarcio nero ed illuminando nuovamente tutto lo sfondo meraviglioso, facendolo tornare alla normalità. 

«Ehi» un debole sussurro giunse al mio orecchio con una tale dolcezza, che sorrisi  incoscientemente, gustandone in qualche modo la risonanza. Una lampadina si accese nel mio cervello, e mi accorsi tristemente di aver interrotto il sogno che in qualche modo identificai come rivelatore. Quel fenomeno onirico molto  probabilmente mi aveva illustrato un qualcosa di specifico, che stava succedendo nella mia vita: Io ero il buco nero e l'arcobaleno chi sarà? Da che cosa sarà rappresentato?

Vogliosa di trovare risposte alle mie domande m'impegnai a ricostruire il  contesto del sogno, ricostruendo tramite la percezione visiva gli elementi che costituivano il paesaggio. Arcobaleno, squarcio nero e... Non ricordavo più nulla. Sforzai i meccanismi cognitivi nel cercare informazioni utili, ma con scarso risultati. L'oblio celebrale aveva già cancellato tutto, lasciandomi sconsolata e rassegnata.

«Bella addormentata» un ennesimo bisbiglio echeggiò nella mia mente, e confusa sul se fosse stato esclamato realmente o se fosse solo un'illusione acustica, decisi di aprire leggermente gli occhi per accertarmi del mondo esterno.


«Caren!» questa volta un'esclamazione decisamente rumorosa mi costrinse a mugolare, seccata e spaventata dal tono elevato con il quale qualcuno mi aveva nominata. Una risata però attivò il  mio meccanismo omentale ancora assopito, e di scatto i miei occhi si spalancarono, provocando un ennesimo risolino molto familiare, che identificai come il suo; i ricordi si radunarono immediatamente come se fosse stato eseguito un appello, e nell'arco di un nano secondo mi alzai dal petto sulla quale ero appoggiata.  



«Ti sei addormentata» disse Justin guardandomi divertito, dedussi dalla mia espressione spaesata e scombussolata. 


 «Da quanto tempo?» riuscii a biascicare imbarazzata dalla situazione
«Quaranta minuti» rispose lui dopo aver controllato il suo cellulare e risposto ad un messaggio. Non risposi sedendomi in modo più composto e notando che la pioggia fosse cessata. Abbassai lo sguardo sui miei vestiti e toccandoli percepii l'umidità lasciata dall'acqua, seccata mi staccai il maglione dal busto e i jeans dalle gambe. Restai muta come un pesce e completamente travolta da questa giornata così piena di avvenimenti in contrasto tra loro per positività e negatività, fissai il terreno fangoso del parco. 

«Siamo amici ora, vero?» chiese improvvisamente Justin che smanettava con il cellulare. Aggrottai le sopracciglia cercando di riformulare la sua frase all'interno della mia mente, ed una volta capito tutto, esitai sulla risposta da dargli. 
Insomma, forse lui non sapeva di ciò che mi aveva fatto passare e solo riportando alla mente i ricordi, l'istinto mi suggerì di alzarmi e andarmene a casa, tornandomene definitivamente all'istituto S.Bernard. Però dopo quel suo gesto di prima, aveva voluto dimostrarmi qualcosa, e mi sentii tremendamente carica al ricordo dell'abbraccio. Decisi di rispondere incerta.
«Sì, siamo amici» dissi assottigliando la voce durante la pronuncia dell'ultima parola, nuova per me.

Mi girai per leggere la sua espressione, che parve sollevata e riconoscente. Gli angoli della bocca erano curvati verso l'alto, il naso seguiva la curva del sorriso ed i suoi occhi erano sinceri. Volsi lo sguardo verso il suo corpo captandone il linguaggio imparato mnemonicamente nell'istituto, e osservando le sue gesta dedussi che il ragazzo fosse estremamente schietto e franco. 

«Sto massaggiando con i ragazzi, sono dispiaciuti» disse Justin riponendo il suo aggeggio di ultima generazione nella tasca interna al giacchino in pelle nera.
Io annuii incapace di fare altro e vogliosa di dialogare con lui, mi spinsi dopo esitazioni e litigi mentali a porgli una domanda.

«Perché mi hai abbracciata?» domandai stringendo gli occhi e serrando i pugni. Mi pentii all'istante e cercai di sviare l'argomento in qualsiasi maniera possibile.
«Belle scarpe!» esclamai indicandole con l'indice della mano destra congelata dal freddo pungente.

«Peccato si siano riempite di fango» ammise Justin ridendo e scuotendo i piedi.

«E comunque perché me lo sentivo e volevo scusarmi, non sono così insensibile come purtroppo sembra» rispose tenendo lo sguardo fisso su di un tronco di un albero gigantesco, che notai solo dopo essere una quercia.
«Non lo sembri tanto» dissi io cercando di rimettergli la coscienza apposto. 
«Sì invece, a primo impatto tutti mi attribuiscono questo aggettivo»
«Perché?» domandai stupidamente.
«Perché è vero» rispose lui con decisione e sicurezza.
«No, invece» replicai testardamente.
«Ricordi di quando ti chiamai 'psicopatica'?» chiese lui guardandomi in pieno viso. Il ricordo dell'aggettivo mi rabbuiò l'espressione ed annuii lentamente.
«Come hai fatto a saperlo, tu e tutta la scuola?» domandai interessatissima, troncando il discorso di prima.
«Lo disse la direttrice il secondo giorno scolastico, prima che arrivassi a scuola tu» rispose Justin; sentii il cuore ghiacciarsi, lei, quella vecchia megera traditrice.
«Ah» esclamai per fargli capire di aver inteso le sue parole.


«Non è stato un male, almeno adesso sappiamo di doverci andare piano» disse lui mordendosi il labbro inferiore e sospirando lievemente.
 La sua frase in un certo senso mi fece arrabbiare, detestavo essere trattata diversamente. Le parole non si dovevano misurare solo con le persone affette da disturbi dell'umore, ma con tutti; eravamo esseri umani ed il rispetto reciproco indipendentemente dalle diverse situazione ci doveva essere sempre e comunque.
«Portami a casa» sussurrai stanca ed improvvisamente seccata da tutto, volevo solo avvolgermi nelle coperte nel buio della mia stanza ed esternare tutto ciò che sentivo adesso. 

Lui alzò il viso e scosse il capo sussurrando qualcosa a se stesso, una specie di rimprovero. 
Non mi soffermai più di tanto a cercare di capirlo, volevo solo casa mia, tornarmene lì e non uscire per la prossima settimana. 
In più gli indumenti bagnati mi stavano facendo sentire a disagio con me stessa ed in quel momento desiderai come non mai una doccia calda e vestiti nuovi. 
Justin si alzò e mi tese la mano per aiutarmi ad alzarmi da quella panchina gelida come il clima, che mi aveva ghiacciato il corpo. L'afferrai senza esitare e nel momento in cui i miei piedi si poggiarono a  terra per dover sostenere il mio corpo mi sentii una statuina glaciale. 
Tuttavia bastò il calore della sua mano a riscaldarmi un po' e zoppicando finché non riacquistai i movimenti del corpo, superai il ragazzo improvvisamente silenzioso. 

«Dove abiti?» Justin ruppe il silenzio con la sua domanda legittima e mi seccai a rispondergli, aprire la bocca per parlare era diventato ormai un sacrificio.
«Reynold street» sussurrai cupa. Lui annuì impercettibilmente ed iniziammo a camminare per quella che finalmente sarebbe stata casa mia.

Nel silenzio che ci circondava si potevano udire solo i nostri respiri regolari, il mio era difficilmente mascherato. Ero a disagio, improvvisamente m'innervosii e pregai Dio di farmi arrivare alla mia abitazione il più velocemente possibile.  
«Tranquillizzati, non ti mangerò» esclamò improvvisamente Justin, facendomi perdere circa dieci anni di vita dallo spavento.
«Sono tranquilla» mentii come d'abitudine.
«Come vuoi tu» troncò il discorso e tornò a guardare la strada davanti a lui. Inizia a riconoscere casa mia ed un sospiro di sollievo scappò dalla mia bocca.
«Credevo fosse tutto apposto» mi canzonò il ragazza ridendo di gusto. 
«Lo è» risposi io stanca di tutto, per davvero. Avvertivo un senso di stanchezza, di stand-by, un esaurimento vicino. Mi toccai la fronte e non mi meravigliai della sua temperatura, la febbre era incombente , meglio, avrei avuto la giusta scusa per non presentarmi a scuola. 
«Hai preso l'influenza?» chiese Justin non appena mi vide toccarmi la fronte. 
«Sì, colpa della pioggia» sospirai iniziando un nuovo dialogo con lui.
«Verrai domani a scuola?» chiese il ragazzo.
«No, non credo» ammisi sincera, avevo peraltro l'estremo bisogno di riflettere e di riordinare tutti i miei pensieri accalcati tra di loro. Lui non mi rispose e dopo averlo guidato a casa mia, mi girai per salutarlo, era stato carino ad accompagnarmi e mi preoccupai per lui,  tornare a casa da solo in questo buio sarebbe stato pericolosissimo. 
«Come fai a tornare a casa con questo buio?» chiesi indecisa sul da farsi.
«Per uno che se la cava alla grande con box e mma, che rischio ci sarà?» rispose lui dandosi delle arie, dopotutto poteva permetterselo, era un ragazzo speciale.
Ricordai mma e decisi su due piedi che avrei frequentato il corso, sarebbe stato utilissimo. 

«Poi Zack e gli altri mi aspettano in un altro locale qui vicino, si ballerà e si festeggerà alla grande. Per i vestiti mi cambierò lì, ho già chiesto a Lizzie di prepararmi indumenti della mia taglia ordinandoli dall'albergo in cui alloggeremo questa sera» aggiunse Justin facendomi l'occhiolino e sorridendo autenticamente felice e carico di adrenalina; 

All'improvviso tutto si spense, e i passi che credevo di aver fatto oggi con lui, Zack, Lizzie e gli altri, si azzerarono completamente, si ritornava da capo. Percepii la luce dei miei occhi spegnersi ed il fiato fermarsi in gola; Avevano bisogno della loro privacy, tra amici e fidanzati, io non facevo parte di loro, e benché avessero tentato in tutti modi di inserirmi nel gruppo, ora mi stavano sputando in pieno viso il contrario. 


 .

Cercai di farmi forza e rimandare l'avvenirsi istantaneo in camera mia, ignorando le voci dentro di me e le sensazioni di delusione giocherellare al mio interno.
«Sì, ciao» biascicai sollevando le sopracciglia e dirigendomi all'entrata di casa mia, suonando il citofono e voltandomi per contemplarlo un ultima volta.
Un'espressione indecifrabile si fece spazio sul suo volto e gesticolando a mo' di vittima, esclamò spaesato «Cos'ho combinato adesso?».
Io risi tra me e me, lui non poteva capire, nessuno sul pianeta terra lo faceva, non per niente mi ero creata un mondo tutto mio, in cui regnava la malinconia che in qualche modo era in grado di capirmi.
«Nulla» dissi prima che il cancello si aprì con un rumore scattante, lo chiusi dietro di me e lo guardai nuovamente. 
Lui sospirò e sorridendo dolcemente mimò un lieve 'buonanotte', per poi girarsi e camminare verso il famoso locale nel quale lui e la compagnia bella avrebbero festeggiato fino a diventare ubriachi marci, tutti e cinque: Alex, Zack, Chris, Lizzie e Justin. Nomi che mi avevano segnato la vita, inclinando negativamente la linea che ne tracciava il grafico. Entrai a casa, pronta a dare sfogo a tutto ciò che sentivo..






SPAZIO AUTRICE
Hei ragazze!
Scusate il ritardo, questo capitolo non è intenso e pieno di sviluppi, l'ultima parte l'ho cambiata, facilitare le cose tra i protagonisti manderà in fumo tutti i miei piani :). Tuttavia ho grandi idee per la fiction, tra cui sport, intrighi scolastici eccetera eccetera lol. Scusate anche possibili errori che lentamente correggerò, intanto vi lascio con gif dei protagonisti e una foto di Lizzie. (Chris e Alex nel prossimo capitolo, promesso).
Comunque, guardando le recensioni della fiction potrete notare che c'è ne una 'negativa', che però non esiste. Si tratta di un avviso lasciatomi da una ragazza che segue la fiction e cancellando un capitolo dove aveva recensito, mi sono ritrovata questa 'recensione negativa' inesistente; sinceramente? la cosa mi continua a far girare le scatole, non so nemmeno perché io lo stia dicendo, ma passiamo ad altro. Aggiornerò non appena qualuno si faccia vivo a recensire, e mi dia un parere sul capitolo, ne ho bisogno per incentivarmi a scrivere di più in queste vacanze, scusate se io stia sembrando antipatica lol.

Colgo l'occasione per ringraziare: ManoNera, ___Mery, Mrssyep, Emma_savo98, letusbehappy, Kidrauhlswaag, hugmedrew, Shaira79, crazybelieberintown e Valexx__Bieber❤️ Grazie delle bellissime recensioni vi amo :)
Anzi, sappiate che adoro chiunque stia seguendo questa fiction, mi fate felice :)
Baci,
Sarah
x



Justin





Caren

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Zack

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Capitolo 15
*** fifth chapter ***


   'Con questo mio scritto pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, ne offenderla in alcun modo'                          
-Leggeto lo spazio autrice,
grazie.





                                                                It's time to change


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“if nothing can be erase,
it's time to me to change ”
-{m.s}


«Ti sei divertita?»
chiese mio padre non appena varcai la soglia di casa senza neanche degnarmi di uno sguardo, troppo impegnato a guardare il televisore.
Non risposi, mi fermai davanti alla porta con una smorfia sul viso ed un mal di testa intontirmi del tutto.
«Ma sei inzuppata di acqua!» esclamò mia madre che si affrettò a venirmi incontro.
Scossi la testa cercando di svegliarmi dal mio stato ipnotico, senza però raggiungere il risultato da me voluto.

«Sì, però è stato molto divertente!» enfatizzai, emettendo una risata quasi veritiera.
 
«L'importante è questo, entra e chiudi la porta che fuori fa freddo» fece mio padre sorridendo in mia direzione. Lo guardai, e mi meravigliai nel notare che fosse serio ed autenticamente ilare nei miei confronti, o lui e mia madre non si accorgevano di nulla, oppure ero io ad aver raggiunto il massimo livello di bravura nel raccontare frottole e frodare menzogne.
Valutai entrambe le opzioni considerandole tutte e due. Mia madre mi sorpassò chiudendomi la porta alle spalle e se ne tornò vicino a mio padre per seguire quello stupido documentario sulla chirurgia plastica.
Alzai gli occhi al cielo lodando mentalmente il suo affetto, mi aveva completamente snobbata, bei genitori i miei. Sbuffai improvvisamente seccata e mi mossi per andare in camera mia.
 «Spero tu non ti prenda un raffreddore» disse mia madre ancora immersa nel televisore, poi si permetteva di fare la predica a me e al mio computer; la ignorai e salii le scale sentendo mio padre esclamare con enfasi «Hai diciassette anni figlia mia, dovresti sapere che un raffreddore può comportare malattie più gravi come una polmonite!».
Mi fermai e lo guardai senza fiatare.
 «Tuo padre ha ragione, sei quasi maggiorenne tesoro!» continuò il noioso discorsetto mia madre. Ci mancavano solo loro a mettermi sotto un'enorme pressione, mi ricordai dei loro discorsetti sul confidarmi con loro, e risi tra me e me alla loro coerenza. Mi ricomposi, e torva mi preparai a risponderle a tono.
 «Non sapete nulla di me» feci io guardando entrambe le loro teste girate in direzione della televisione; alla mia frase si voltarono di scatto in contemporanea, e per un secondo mi pentii di aver risposto.
«Non usare come scusante il tuo problema signorina!» disse mia madre arcigna e aggrottata.
Non mi meravigliai tanto di lei, era solita comportarsi così quando le cose con mio padre andavano estremamente bene, formavano una specie di alleanza anti-Caren.
«Caren, smettila di nasconderti dietro tutto, tira fuori il carattere!» urlò mio padre con quel suo vocione arrochito e leggermente raspante. Focalizzai sulle sue parole che tuttavia non erano nuove per me, e dopo un attimo di dispersione corsi in camera infastidita e stanca di tutto.
Giunta nell'unico luogo in cui riuscivo ad essere me stessa, mi fiondai in bagno per togliermi di dosso quei vestiti bagnati, e lavarmi con acqua calda.
Ne approfittai per fare il riassunto dell'orribile giornata -il comportamento delle mie compagne ad educazione fisica, il litigio mattutino con Chris, il bacio tra Justin e Lizzie nel locale, l'abbraccio di Zack, l'ennesimo bacio tra i due amorosi, i commenti poco divertenti dei ragazzi nel ritorno a casa, il mio quasi 'suicidio', l'abbraccio di Justin, l'esclamazione finale di quest'ultimo che mi rinfacciava l'esclusione dal gruppo, la discussione con i miei genitori ed infine le parole di mio padre-.
Smisi di pensare a tutto ed uscii dalla doccia per vestirmi e sistemarmi, dopodiché mi buttai a peso morto sul letto contemplando la luna che godeva di precedenza visiva dalla mia finestra aperta. Mi soffermai incantata su di essa. L'unico satellite naturale della terra, che compariva in tutto il suo chiarore nell'oscurità della notte, illuminando il mondo e rappresentando per noi essere umani la speranza.
Nel buio notturno la luna brillava, e ci faceva capire che c'era speranza, che non tutto era perduto, che anche lei seppur piccola nei confronti dell'immenso cielo scuro, riusciva a brillare distinguendosi alla grande; essa dunque, esprimeva possibilità di fare qualcosa per cambiare o diventare diversi, rappresentava la chance nella vita, una chance per tutti, forse anche per me...

Scossi la testa e risi alla mia pateticità, al mio pietoso modo di rendere partecipe la luna alla mia vita cercando di ricavarne lezioni morali. Che maniera struggente per scappare dalla realtà mesta ed incredibilmente accorante, mi dovrei solo rassegnare soffrendo in silenzio.
Iniziai ad immergermi nei miei pensieri, accantonando i sentimenti e le emozioni, e prendendo in considerazione solo i fatti. Passarono ore ed ero sicura che i miei genitori fossero ormai andati a dormire.
Mi alzai lentamente e andai in cucina per mangiare qualcosa, avevo molta fame. Feci per tornare in camera mia, quando i miei occhi si soffermarono sulle scale che portavano alla soffitta, le presi senza pensare e giunta nell'abbaino polveroso e colmo di scatoloni, aprii la finestrella che occupava il maggior spazio e salii sul tetto, senza neanche badare all'altezza e al pericolo, l'adrenalina iniziò a scorrermi nelle arterie che portavano ossigeno al cervello, ed estremamente fiduciosa nelle mie capacità, camminai sulle piastrelle per giungere al punto più alto, voltandomi ad ammirare il paesaggio della cittadina. Non era la prima volta che salivo qui sopra, l'ultima risaliva a quattro anni fa, insieme ai miei cugini; tuttavia non ero in vena di ricordare e così declinai il pensiero proprio come si faceva con un invito.

Rimasi lì imbambolata, incantata, ipnotizzata, magnetizzata... Assorta da un qualcosa di fondamentalmente inesistente. Un sentimento improvviso mi fece stringere i denti, precedendo le lacrime di sfogo che sarebbero sicuramente arrivate. Iniziai a respirare dal naso tenendo la bocca sigillata nel vero senso della parola, strinsi maggiormente i denti e ad un certo punto smisi di inspirare ossigeno.
Chiusi le mani a pugno e sentii le vene scoppiare e le articolazioni tremare intrattenute dal fare qualcosa.
Il mio viso iniziò a colorarsi di un rosso vermiglio, quello però, non era imbarazzo, neanche un colore dovuto ad un'allergia o una reazione ad un caldo afoso, e nemmeno il rossore di timidezza, era qualcos'altro, qualcosa che stavo cercando di capire bene. Quando tutto il corpo iniziò a tremare, mi parve ovvio che si trattasse di rabbia, un sentimento anch'esso tanto primitivo quando la felicità e la tristezza.
Era la reazione alla frustrazione e alla disperazione morale. Lo sentivo, sentivo questo sentimento entrarmi nel sangue come veleno, eliminando in modo apparente tutto ciò che avevo provato internamente fin quando i miei ricordi riuscivano a rimembrare la mia esistenza. Misi da parte tutte le emozioni lasciando spazio ad uno stato d'animo furioso, in collera.
Tornai a respirare dopo aver intrattenuto il respiro con forza, e dopo aver spremuto per bene i miei nervi; Allo stato d'ira susseguì uno di sdegno verso tutto ciò che mi aveva fatto soffrire ultimamente, dando inizio al risentimento nei confronti di tutto in generale. Per scaricare tutto quell'insieme di sentimenti un po' nuovi, tirai un pugno sulla piastrella ignorando il dolore fisico ma godendomi in qualche modo quello morale.
Guardai la luna ed il cielo buio, e fu come se i miei occhi si colorassero di rosso sangue, la mia mascella si contrasse e mi ritrovai a ripetere quei movimenti dentali con l'arcata superiore a sbattere furiosamente con quella inferiore. Mi sentivo... furiosa, in collera, arrabbiata con me stessa e con l'esterno, a cosa mi ero ridotta? Ad una bambina frignona che piange davanti a tutto? Davvero avevo raggiunto questo livello di debolezza, senza neanche neanche reagire? All'improvviso sentii di dovermi sfogare con qualcosa, o meglio con qualcuno ed immediatamente come riflessi serpenti, saettarono nella mia mente le immagini di Lizzie, Justin, Zack, Chris ed Alex.
Annuii soddisfatta della mia piccola ricerca, sono stati loro, quei maledetti esseri ad avermi ridotta in quello stato, portandomi quasi al suicidio, e saranno loro a pagarne le conseguenze.
Niente senso di benevolenza o magnanimità, il dolore che mi procureranno verrà ripercosso su di loro, non che possa fare molto, ma atteggiarmi duramente non potrà farmi altro che bene, almeno la smetteranno di usarmi come fantoccio su cui fare due o tre battutine stupide.

                                         No Caren, non sei cattiva, hai pienamente ragione.

Questa era la frase che continuava ad incorniciare le foto di quei cinque ragazzi nella mia mente. Avevo ragione, non ero cattiva, ciò che ero adesso, era il prodotto finale di tutte le dolorose cose che la vita mi aveva schiaffeggiato in pieno viso durante tutti questi anni.
Era il prodotto di ciò che avevo subito, che tuttavia non avevo creato io, ma gli altri, compresi i cinque ragazzi che mi avevano stravolto la vita. Troppa tristezza e dolore accumulato, ed ora l'esplosione, era arrivato il momento di espellere tutto, per iniziare a vivere bene, potrei provarci.
«Dimenticatevi della vecchia Caren» continuavo a sussurrare convinta di me stessa, questa non era pazzia, no no, si trattava dell'evoluzione di una ragazza sotto pressione da diciassette anni. Sebbene provassi un po' di sicurezza, sapevo di essere ancora infondo infondo, sensibile. 
 La rabbia sarà l'involucro esterno, la mia personalità, ma dentro di me, resterò per sempre la Caren depressa e malinconica, per sempre. Guardai l'alto e notai l'alba sorgere, colorando il cielo delle sue sfumature più belle. «Caren la moscia non esisterà più» sussurrai tra me e me tornando in camera mia per dormire, tra poco sarei andata e scuola, raffreddore o no, ci sarò.

Tornata in camera non riuscii a prendere sonno, decisi così di prepararmi presto per la scuola nonostante mancassero due ore.
Mi sedetti sul letto e con la finestra spalancata rimasi sveglia in attesa che la fatidica sveglia suonasse, intimandomi di uscire di casa.
E dopo tempo di cui avevo perso e confuso la cognizione, accadde. La sveglia suonò puntuale, confusa sul se avessi sonnecchiato almeno un po' o no, mi alzai per mangiare, i miei genitori non erano in casa, non mi ero accorta della loro uscita di casa, come sempre.
Attesi il tempo giusto ed uscii dalla soglia di casa mia, chiudendo la porta e caricandomi la cartella sulle spalle. Una volta giunta al cancello scolastico superai gli studenti che riempivano lo spazio con aria di sufficienza e superiorità, non era da me, ma carica di adrenalina in collera, agivo d'istinto.

«Caren!» sentii la voce di Lizzie chiamarmi dal corridoio centrale scolastico, e girandomi notai tutta la combriccola. Risposi al suo saluto con disinteresse, non ero io che comandavo, ma la mia rabbia, nel mio inconscio sentivo risentimento ribollire nei suoi confronti, era la mia esperienza a governare.
«Ehi» sputai quasi velenosa, lei non mi sembrava più così angelica, ma sempre bella, carismatica e graziosa, al mio contrario.
«Tutto a posto?» chiese lei accigliata e nel momento in cui aggrottò le sopracciglia si fece spazio sul mio volto un'espressione compiaciuta.
 «Ti sembra il contrario?» feci io in attesa di un'altra sua reazione che mi avrebbe resa fiera.
«No...» sussurrò lei facendo un passo indietro.
«Ti ha morso una vipera?» domandò Chris cercando sicuramente di offendermi. Stetti al suo gioco.
«Molto probabilmente sì» risposi.
«Di che sottospecie si tratta?» chiese incrociando le braccia al petto, assottigliando gli occhi e facendo un ghigno presuntuoso.
 «La stessa che ti ha morso quando sei nato, dovresti conoscerla benissimo» dopo questa frase si zittì completamente guardandomi sorpreso, esitai un po' ma mi convinsi di aver fatto bene.
«Caren...»
 «Caren cosa?»
sbottai interrompendo la frase di Justin che rimase a bocca aperta, più di tutti quanti.
Stavo per chiedergli scusa ma mi costrinsi a non farlo.
Osservai Zack che da dietro stava emettendo risate, non mi dimenticai di lui e del modo in cui ieri stava ridendo di me assieme agli altri, e lo ignorai completamente.
 «Che caratterino» disse Alex che non aveva ancora parlato, lo ringraziai mentalmente per avermi offerto un'opportunità su di un piatto d'argento.
«Caratterino? a giudicare dalle vostre parole credevo di non avercelo e di essere moscia» risposi sicura al cento per cento della mia frase.
«Oh Dio ma hai bevuto tequila? Cosa stai dicendo» chiese Lizzie furibonda, ed io mi arrabbiai di più, non aveva il diritto di essere in collera con me, ero io quella arrabbiata non lei, non doveva fare la vittima, assolutamente.
«Forse quella ancora ubriaca sei tu, non sono io quella sera se l'è fatta col ragazzo da ubriaca marcia» le urlai contro infastidita dal suo atteggiamento. In realtà non sapevo se lei e Justin avessero fatto qualcosa, avevo tirato ad indovinare e a giudicare dall'espressione sbalordita di Justin, avevo fatto centro, la cosa m'infastidì di più e sorrisi compiaciuta.
«Chi te lo ha detto?» chiese Lizzie, decisi di burlarmi di lei come aveva fatto lei stessa ieri sera con gli altri. «Nostradamus. Lo narrò in una delle sue profezie riguardanti l'evoluzione negativa dell'umanità futura» esclamai sorridendole.
«Nostrache?» chiese lei, sarà pure bella ma se non sapeva chi fosse Nostradamus a diciotto anni, era messa un tantino male.
«Lo studierai da grande» feci io con aria di sufficienza, dovevo ammettere di starmi divertendo un po'.
«Ho diciotto anni, sono più grande di te Caren...»
«Peggio, Nostradamus si fa in terza superiore, e comunque, me lo ha riferito l'enorme alito di alchol che non si vuole staccare dal tuo ragazzo, e l'espressione rilassata che aveva in volto prima nel vederti, l'intuito è la qualità delle qualità» dissi ovvia.
«Perchè ti comporti così?» chiese nuovamente muovendo le mani spaesata.
 «Per lo stesso motivo per cui tu ti comporti così, ognuno ha il suo modo di essere» sussurrai incerta e con il sentimento d'iperbole invadermi la coscienza.
«Allora sei bipolare» rispose. Guardai i suoi amici impassibili, sorpresi ed incapaci di dire nulla, ne approfittai. «Allora sparisci prima che esca fuori il lato violento del bipolarismo» risposi priva di tutta la sicurezza che mi aveva abitato ieri notte, realizzai l'accaduto per davvero, e decisi di continuare con la maschera della dura.
«Non sei tu che fai mma, ma io» affermò lei squadrandomi, credevo fosse premurosa e dolce, non così... Accida, dopotutto lo stavo facendo anche io perciò...
«Non sarà quello sport ad impedirmi di suonartele almeno un po'» risposi sicura di aver esagerato, mi toccai la fronte pentita, e nel momento in cui decisi di andarmene via sentii Justin dire «Tu non le suonerai proprio nulla».
Lo guardai e furiosa, lessi la scritta nera che occupava la sua maglia bianca a maniche corte, sorrisi e decisi di usarla come risposta.
«Beh, never say never, no?» sorrisi e mi voltai per lasciarlo sbalordito.
Sentii Alex sussurrare che non ci credeva, e Justin lo stesso, mentre Zack rideva.
Li ignorai, ma sentii tutti e quattro chiamare Chris dicendogli di fermarsi, sapevo che mi stesse raggiungendo, dei passi si stavano facendo vicini.
«Aspetta un momento» lo sentii dire a pochi centimetri da me, mi spaventai, dovetti ammetterlo e nel momento in cui mi afferrò il braccio con violenza, impaurita sul se mi avrebbe fatto male o no, gli tirai uno schiaffo in pieno viso, lasciando sbalordito l'intero corridoio ed i suoi amici che lo avevano raggiunto.




SPAZIO AUTRICE
Hei magnifici lettori,
eccomi qua con questo capitolo lungo, che sinceramente non mi piace molto, sto avendo molti dubbi su questa fiction e ho perso l'interesse, però ho in mente una nuova fiction sempre su Justin, diversa da questo genere ma la trovo molto carina, penso di pubblicarla tra poco. 
Scusate possibili errori che coreggerò, e... Che pensate del banner? fa schifo lo so lol, è il mio primo e quindi penso sia abbastanza normale. Comunque, parliamo delle recesioni che sono calate molto, ci tengo e lo potete notare da  come io vi rompa il cosiddetto in ogni spazio autrice, quindi se state leggendo vi chiedo di
recensire  che non vi ruberà di certo molto tempo ): Ricevere pareri è per me la cosa più fondamentale, ed essendo in tutto circa 80/90 i lettori fissi e 200 quelli che leggono seppur non abbiano la fition nelle seguite/ricordate/preferite, la cosa mi turba un po'...
Comunque approfitto per ringraziare chiunque sia arrivato a leggere fin qua e sopratutto chi ha recensito dandomi modo d'interagire, siete magnifici <3
PS. Credo che dopo questo capitolo non aggiornerò per un po', sembra che nessuno lo attenda e mettendoci la tortura chiamata scuola la vedo dura... forse tra un mesetto scriverò il 16esimo capitolo, e lo farò lunghissimo per soddisfarvi un po'.
Caren è diventata un po' una bad girl, il che vi sembrerà prevedibile il suo comportamento futuro, ma ho in serbo un sacco di cose che vi sorprenderanno abbastanza!
Che dire, continuate a seguirmi e ditemi se questa Caren vi piace un po'!

Un bacione a tutti,
Sarah
x

 

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Capitolo 16
*** Sixteenth chapter ***


                                                                  -16-                                                                                                      
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(ringrazio hugmedrew_ per il banner, sei magnifica)


“is this real life?“
-cit{T.F.Vine)





Non realizzai di aver colpito Chris finché quest'ultimo non si toccò la guancia, quasi rossa a causa dello schiaffo. Spalancai gli occhi e all'improvviso la mia lingua si fece secca, impedendomi di formulare frasi dotate di un senso logico, emettevo solo parole disconnesse tra di loro. Dopo pochi secondi che mi parvero ore, decisi di inspirare e dire qualcosa che fosse sensato.
«Io... Io-Io non volevo» sussurrai portandomi una mano tremante alla bocca. 

Volevi o no Caren? Sei sicura?

Mi domandai svariate volte se l'avessi fatto apposta, o no. Decisi che avevo reagito d'istinto, era stato un riflesso. 
Nel frattempo tutte le persone nel corridoio si girarono a guardare la scena, curiosi ed incredibilmente vogliosi di qualche scoop su cui spettegolare per i prossimi giorni. Giunsero anche Lizzie, Justin, Alex e per ultimo Zack. Li guardai venire verso di noi a grandi passi, mentre Lizzie stava correndo. Si parò davanti a Chris e mi guardò con quei suoi occhi azzurri, che mi erano sempre parsi angelici e profondi, mentre ora, comunicavano veleno vero e proprio. Le sopracciglia si aggrottarono e una smorfia comparve sul suo volto, corrucciandolo del tutto. 

«Che diavolo fai?» urlò. 

Sentii il suo fiato sul mio viso privo di espressione, non sapevo cosa risponderle. Giusto, che diavolo fai Caren?
Cacciai da me stessa la voglia di sedermi a terra e prendermi la testa fra le mani, mandai giù un groppo di saliva e sospirai. Cosa le avrei risposto? Non avevo motivazioni. Scossi la testa e feci per andarmene, Lizzie mi tenne un polso ed immediatamente mi voltai.
«Che fai scappi?» domandò dura ed infuriata, aveva ragione ad esserlo, avevo sbagliato questa volta, non ero la loro vittima, stavo facendo tutto io. Tuttavia, non potevo permettermi di stare in silenzio ed abbassare lo sguardo, dentro di me sentivo ancora una piccola fiamma che mi stava incitando a reagire, tutte le conclusioni a cui ero giunta ieri sera sul tetto di casa non potevano essere buttate via. Poi c'erano molti presenti, e mostrarmi debole o spaventata mi avrebbe solo resa più ridicola e patetica di quanto già non lo fossi. Nonostante percepissi il sentimento di rabbia abitarmi dentro assieme agli altri, avevo un po' di timore nel doverla affrontare. Non ero mai stata spavalda per davvero, e neanche adesso, l'unico modo per non apparire bipolare per davvero ed incoerente con le azioni da me prima effettuate, era quello di continuare con il copione della ragazza arrabbiata e coraggiosa. 

Mi scansai leggermente dalla sua presa, sistemandomi la manica del giacchino rosa carne proprio come una smorfiosa avrebbe fatto. Mi portai i capelli indietro con fare sicuro e altezzoso, e mi preparai a risponderle nel silenzio del corridoio. Nonostante sapessi di aver sbagliato con lei questa mattina perché non mi aveva fatto nulla, continuai a fingermi in collera.

«Quello che stai vedendo» dissi ovvia con un lieve tremolio nella voce, strinsi immediatamente i denti cercando di domarlo. 
«Non sei dispiaciuta? Neanche un po'?» chiese lei continuando ad urlare, aveva ragione, ma alzare la voce nei miei confronti era una cosa che non sopportavo. Fin da piccola sentire una persona urlare mi mandava in tilt, e mi faceva venire la voglia di urlare di rimando, anche se non c'entravo nulla con la persona in questione. La guardai dritto negli occhi e cercando con difficoltà di mantenere il contatto visivo, emisi una piccola risata. Voltai il viso continuando a scuotere la testa e a ridere a bassa voce, la verità era che guardarla negli occhi mi aveva messo a disagio, avevo sbagliato io, non riuscivo a fissarla negli occhi con convinzione, anche perché questi ultimi mi avrebbero sicuramente tradita, tirando fuori la parte debole di me.

«Se lo è meritato» dissi, mordendomi il labbro inferiore. In realtà forse Chris se lo meritava per davvero, non c'era volta in cui non si burlava di me mettendomi in difficoltà, perciò mi tolsi il suo peso dalla coscienza. 

«Ma cosa dici?» urlò lei avvicinandosi ulteriormente a me con fare da maschiaccio in piena rissa; quel suo modo di fare non mi piacque affatto, dov'era finita la graziosa e femminile Lizzie? Dov'era la bellissima ragazza con fare gentile e premuroso? 
Non l'avevo mai vista in questa maniera, sarà che in questo momento fosse semplicemente arrabbiata, ma mi parve falsa, come me, un'ipocrita che portava due maschere diverse, ed in qualche modo ne fui felice. Tuttavia mi ripresi dai miei pensieri concentrandomi sulla disastrosa situazione che ricorreva, e mi trovai estremamente in difficoltà. Lizzie era davanti a me, ci dividevano pochi centimetri. Mi spaventai, sembrava un toro adirato, avevo paura di ricevere qualche botta, l'intento della ragazza bionda sembrava quello. Siccome l'artefice del problema ero io, decisi di agire di strategia, avrei ribaltato la frittata a mio favore, screditandoli tutti e cinque, e rendendo me la vittima della situazione. Per un momento esitai e persi la mia identità, agire in questa maniera mi avrebbe portato un peso nella coscienza grande quanto una casa. 


Feci un passo indietro cercando di non mostrarmi spaventata e fissai Justin che stava cercando di trattenerla, Chris dietro di lei che mi guardava con un'espressione indecifrabile in viso, e Alex e Zack che stavano guardando tutto con la bocca spalancata.

Avanti Caren, non farai altro che dire la verità, stai calma e respira.

«Semplicemente la verità. Se lo è meritato! Per tutte le volte in cui si era burlato di me, per tutti quei momenti in cui non faceva altro che offendermi e sparare qualche battutina pietosa sul mio conto, per tutte quelle volte in cui mi ha messa estremamente a disagio. Sì, se lo è meritato decisamente. E sai cosa? Non venire a farmi la predica perché il tuo amico si è beccato un ceffone, te ne meriteresti uno pure tu, lui, lui e anche lui. Siete tutti e cinque degli insensibili, e no, la pazza bipolare non sono io, siete voi che non misurate le cose, ignorando i sentimenti di una persona. Conosco gli scherzi, le risate e le battute vere, e credimi se ti dico che le vostre non hanno fatto altro che ferirmi ogni volta di più. Siete gentili è vero, ma non basta questo, la razionalità non vi è stata distribuita da Dio, perciò fatemi tutti e cinque un bellissimo favore, smettetela di parlarmi. Non siamo compatibili, e non fareste altro che peggiorare la mia situazione che è tuttora in bilico, ma voi queste cose non le comprendete, avete una vita bellissima, siete tutti felici e contenti e non pensate mai che ci possano essere persone che non vivono ciò che vivete voi e anziché misurare i comportamenti, li peggiorate radicalmente. Voi non sapete minimamente ciò che sto passando a causa vostra, non ve ne accorgerete è ovvio, perché non credo, e sottolineo credo, che lo stiate facendo di proposito, ma i vostri comportamenti e le vostre parole, feriscono più della lama di un coltello» urlai, mi sentii soddisfatta e libera di un piccolo peso che avevo tenuto da molto nel petto. Non ero andata a fondo, e non avevo neanche accennato del suicidio o degli attacchi a causa loro, ma dopotutto andava bene così, sperai avessero capito.

Zack mi guardò sorridendo, percepii comprensione nei suoi occhi e non appena incontrai il suo sguardo, quest'ultimo annuì soddisfatto... Di me? 
Alex aveva uno sguardo serio, Chris fissava il muro dietro di me, mentre Justin mandò giù un groppo in gola e sospirò, sembrava in colpa, pietoso nei miei confronti, ma no, io non volevo la pietà di nessuno, tantomeno la sua e della sua fidanzata.

«Io non la vedo la sofferenza» urlò Lizzie di rimando incrociando le mani. Strinsi i denti e per un momento nella mia mente svolazzò la mia mia immagine mentre tiravo un ceffone assestato alla guancia della ragazza. Possibile che non capisse?

«La sofferenza è interna! E solo le persone col cuore accecato non lo vedono» dissi formando una linea con le labbra. Mancava poco e sarei scoppiata a piangere, però mi sarei intrattenuta, non potevo denudare nuovamente la mia emotività. 

«Ha ragione» disse Justin leccandosi le labbra, e non appena udimmo quelle parole, sia io che Lizzie ci voltammo in sua direzione. Lei aveva uno sguardo perso, deluso, i suoi occhi si spensero improvvisamente. Mi dispiacque per lei, forse perché quello sguardo colmo di amarezza mi ricordava i miei occhi, la mia espressione facciale. Lo stesso sguardo che avevo io in volto ventiquattro ore su ventiquattro, senza neanche che me ne accorgessi.
Piegai gli angoli della bocca verso l'alto all'affermazione di Justin, che mi sorrise di rimando, per poi girarsi in direzione della sua ragazza.

«Liz» sussurrò lui notando il suo sguardo. Lei non rispose, e lui le prese il mento alzandole il viso in sua direzione. Lizzie fece per andarsene quando Justin le prese il polso, lei scosse la testa e cercò di dimenarsi con tutte le sue forze, ma la forza di Justin era superiore alla sua e di conseguenza si trovò con le braccia strette tra le mani del fidanzato.

«Cosa c'è? Non fare così!» disse lui mantenendo la voce bassa. La campanella suonò e tutti gli studenti furono costretti ad andarsene, alcuni rimasero a guardare la scena in corso, bisbigliando tra di loro e commentando la situazione. Li ignorai, e incastrai il mio sguardo su Justin e Lizzie, ogni movimento che compivano, faceva muovere percettibilmente la mia pupilla.
Lei fece una smorfia col viso e cercando di staccare la presa di Justin sulle sue braccia, scoppiò a piangere. La guardai con occhi sbarrati, non l'avevo mai vista in questo stato e mi sembrò sincera...

«È tutta colpa tua se Lizzie adesso...» 
«Taci» interruppi Alex che stava cercando di colpevolizzarmi, con la mia esclamazione non volevo sminuirlo o farlo tacere sul serio, solo che non volevo sentirmi dire di essere la colpa della sofferenza di qualcuno. Lui scosse la testa ed arrabbiato se ne andò via, dando prima una pacca sulla spalla di Zack, in piedi con le mani incrociate, mettendo in risalto la sue spalle e la muscolatura sulle braccia, era alto quanto Justin ma un po' più slanciato. Fu un ennesimo lamento di pianto a risvegliarmi dai miei pensieri, Lizzie stava piangendo e Justin la inchiodò al muro incollandosi a lei, mentre con una mano le accarezzava la guancia, con l'altra le toccava la coda bionda. Non potei non fissarli, ed un tornado si fece spazio nel mio interno.

Lizzie tentò di spingere Justin, che per farla smettere di piangere iniziò a baciarla. Non ci potevo credere, mi chiesi se la stesse facendo apposta, se non notasse il mio disagio con Lizzie e se non si accorgesse che provavo poco affetto nei suoi confronti. 
Chris si voltò verso di me e mi gelò con lo sguardo, mentre stavo entrando in una crisi emotiva; poi se ne andò salendo sulle scale a metà del corridoio. Fissai la sua sagoma sparire, per poi tornare a guardare Justin e Lizzie. Loro stavano continuando, e più il bacio veniva approfondito, più uno stato d'ira stava sopraggiungendo. 

Mentre li fissavo notavo Zack guardarmi, stava cercando di leggere la mia espressione, di capire cosa provavo. In realtà neanche io lo sapevo, ma credevo si trattasse d'invidia nei confronti di Lizzie. Più Justin, lei aveva tutto, tutto ciò che desideravo io, essere bella, slanciata, sportiva, felice e allegra. 
Il confronto con lei mi costrinse ad abbassare lo sguardo, guardandomi le scarpe bianche.

«Non esserne invidiosa, tu non sei da meno» sentii il fiato di Zack accarezzarmi la pelle dell'orecchio, schiusi la bocca e persi il comando del corpo. Le sue parole rigirarono facendo capriole e salti mortali nella mia mente, un'ondata indescrivibile mi attraversò dai piedi alla testa, iniettandomi adrenalina e scarica elettrica.

«Possiamo fargliela pagare sai?» sussurrò nuovamente, poggiando le sue labbra screpolate e fredde sulla mia mascella. Non ci stavo credendo, mi girai a saetta verso di lui, stava cercando di aiutarmi, a fare cosa però, non lo sapevo.

«Caren, so cosa senti, e ti voglio aiutare. So che Lizzie e Justin ti fanno stare male, e io ti voglio dare una mano a combattere la cosa, fidati» disse nuovamente al mio orecchio, e sentii le sue labbra formare un sorriso sulla mia pelle. Io non seppi cosa fare, le sue labbra erano ancora poggiate sulla pelle sotto l'orecchio, e non riuscendo a parlare, mi staccai leggermente. Annuii, incapace di dire altro e di formulare pensieri sensati, cosa stavo accettando?
Pensai che lui avesse capito qualcosa che io ancora non sapevo. Forse lui mi voleva bene e sapeva come aiutare una persona in difficoltà. Capii nell'istante il sottosignificato delle sue parole, mi stava chiedendo: -Diventiamo amici?-. Sì, aiutandomi voleva mostrare di essermi amico, la cosa mi piacque, che il piano abbia inizio dunque.





SPAZIO AUTRICE
Scusate se il capitolo è corto, è che avevo un po' di tempo, e... perché non usarlo per voi lettori che mi avete scritto recensioni fantastiche? Volevo avvisarvi che la trovata di Zack è spuntata all'ultimo secondo, ditemi cosa ne pensate vi supplico D:
Ultimamente sono davvero occupatissima, infatti ho postato questo capitolo perchè so che per le prossime settimane sarò piena di impegni, scusate la possibile attesa. 
Coomunque, recensite e fatemi sapere il vostro parere, ne ho bisogno, a questo punto la trovata del bellissimo Zack e della nostra Caren, sta tramutando e complicando la fiction, non so se sia la cosa giustam però i lettori siete voi e soddisfare le vostre aspettative è il mio compito, perciò commentate dicendo come vorreste che si tramutasse la vicenda.
Detto questo vi lascio, grazie mille a tutti, a chiunque stia leggendo/seguendo/recensendo la fiction, grazie anche ai lettori silenziosi.
Vi adoro,
Sarah

x

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Capitolo 17
*** Seventeenth chapter ***


'Con questo mio scritto pibblicato senza alcun scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, ne offenderla in alcun modo'



                  Let's execute the plane


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                                                                  -17-
                           
                                                                   

 “Noi non apprezziamo il valore
di ciò che abbiamo mentre lo godiamo; 
ma quando ci manca o lo abbiamo perduto,
allora ne spremiamo il valore“     

-William Shakespeare





«Oggi alle sei in punto, locale Dangerous, Luther street. Vieni» mormorò nuovamente al mio orecchio. 
Immobile come una statua di cemento, lo vidi andarsene via, girandosi un'ultima volta per mostrarmi il pollice in sù ed uno dei suoi  sorrisi smaglianti.
Lo vidi scomparire, la figura alta e slanciata stava muovendo lunghi passi per andare da qualche parte. 
Dopo aver spalancato la bocca riuscii quasi ad immaginare che ne colasse bava, stavo sbavando?
Arrossii immediatamente e dopo aver sorriso mi ricordai che Zack fosse andato in classe ed immediatamente mi resi conto che ci sarei dovuta andare anche io. 
Fu come ricevere una padellata in testa, me ne scordai immediatamente e corsi verso l'aula centodue, al primo piano. Incrociai la direttrice che mi sorrise dolcemente, tuttavia non ricambiai e la fulminai con lo sguardo, Justin aveva detto che era stata lei a raccontare del mio problema.
La superai con tutto il menefreghismo che possedevo, e arrivata davanti al portone della classe feci un respiro profondo.
 Lì dentro c'erano i miei compagni di classe, ridevano ogni volta che parlavo o che mi alzavo, la cosa mi diede sui nervi solo in quel momento ed escogitai lo schema comportamentale da eseguire: testa alta, petto in fuori, aria di sufficienza e occhi vuoti. 
Non bussai nemmeno e chiudendo la porta, ignorai tutto e andai a sedermi al posto. Pregai che il professore di geografia non mi dicesse nulla, affrontarlo sarebbe stato difficile. Feci una smorfia di delusione nel momento in cui il professor Thompson abbassò gli occhiali da vista per scrutarmi in maniera poliziesca.

«Le sembra il modo di entrare in classe?»
chiese quest'ultimo provocando risolini in classe, furono proprio quelli a mettermi coraggio, e mandando a quel paese le possibili conseguenze, decisi di farmi valere. Respirai per evitare possibili tremolii vocali di paura e tossendo, alzai il sopracciglio destro.
«Penso di sì» dissi intrattenendo il fiato e mantenendo i muscoli dello stomaco tesi a tal punto che pensai mi si fossero formati un po' di addominali.
«Pensa male allora» rispose il professore facendo le labbra a cuoricino; mi ritrovai a ridacchiare leggermente a quella visione; sembrava una di quelle ragazzine spocchiose che modellavano la forma delle labbra ventiquattro ore su ventiquattro. 
Arrestai le risate quando notai il professore interrompere il lavoro che stava compiendo sul registro, fissandomi con quei suoi occhi a pesce. 
«Questo lo dice lei professore» risposi gasata al pensiero appena subentrato di vedere Zack questo pomeriggio. Insomma, era un bellissimo ragazzo, simpatico, allegro e gentile; i miei pensieri si accalcarono tra loro e mi ritrovai a pensare ad un ipotetico futuro dove io e lui eravamo fidanzati. 
Arrossii e mi pizzicai la coscia, non dovevo pensare a cose del genere, anni luce separavano me e quel ragazzo, e non potevo minimamente permettermi il lusso di certi pensieri. Rimasi delusa dal ragionamento finale che feci e tutto il fermento che avevo sentito si spense assieme ai miei occhi ed il mio umore.
«Fuori dalla classe Howen» bisbigliò il professore tornando al lavoro sul registro. Lo ringraziai mentalmente, avevo il disperato bisogno di riordinare i miei pensieri e poi non avevo nemmeno svolto i compiti. Presi la cartella nera e sorpassando la cattedra in fretta e furia, uscii dalla classe. 
La scuola era vuota, non c'era nessuno in giro per i corridoi.
Mi si illuminò il viso nel momento in cui ricordai che alle prime due ore del martedì i ragazzi erano in palestra a fare mma al posto di educazione fisica. Iniziai a correre, la voglia di vedere Zack e Justin era molto forte. 
Mi arrestai pensando a Lizzie, l'avevo ferita prima, forse era meglio non andare... Però le parole di Zack continuarono a lampeggiare sotto forma d'insegna rossa nella mia mente e decisi di andarci lo stesso.  
Sorpassai le diverse aule, entrai nel portone della palestra principale e aprii la porta del corridoio che portava alle diverse palestre.
 Sentii la voce di Justin contare gli addominali da eseguire, e sorridendo arrivai alla palestra relativa al loro corso. 
Entrai subito con un largo sorriso che avrebbe quasi messo in mostra l'intera arcata dentale. 


«Caren!» urlò Justin, che sudato mi venne incontro sorridendo. Mi chiesi il perché del suo buon umore quando avevo fatto piangere la sua ragazza e molto probabilmente li avevo persino fatti litigare. Sorrisi a quel pensiero, ero riuscita a mettere zizzania tra i due amorosi; ben presto scossi la testa per eliminare ciò a cui avevo appena pensato, mi sentii diabolica e non mi piacque per nulla il ragionamento effettuato, scossi nuovamente la testa e toccandomi la fronte raggiunsi Justin.
«Come mai qui?» domandò quest'ultimo toccandosi i capelli.
«Piccola discussione con il professore» ammisi per niente intimidita dalla presenza del ragazzo.
«Così sì che mi piaci!» disse Zack ridendo e venendo di fianco a me.
«Come sei rosso...» sussurrai notando l'effettivo rossore in viso, mma era uno sport che affaticava e per la milionesima volta mi chiesi se ne valesse la pena frequentarlo o no.
«Sono una persona molto timida» rispose lui. 
Nonostante fosse una battuta pessima, risi lo stesso; il modo in cui lo disse mi parve di una rara tenerezza.
«Siete in sintonia voi due» aggiunse Lizzie che smise di fare gli addominali. 
Ci raggiunse e mi sorrise come per indicarmi che fosse dispiaciuta per il litigio di questa mattina. Tenne la mano a Justin, la sua era una mossa sleale, sapeva che provavo un po' di affetto verso di lui e stava facendo di tutto per ribadirne il possesso.
«Forse anche più di te e del tuo ragazzo» dissi scoppiando in una fragorosa risata, trascinando anche Zack e gran parte dei ragazzi in palestra. 
Era una battuta tanto squallida quanto quella di Zack, ma non me ne curai particolarmente, la voglia di metterla in ridicolo era più grande. Non ero una persona cattiva o particolarmente vendicativa, ma Lizzie da qui a poco tempo aveva iniziato a comportarsi in modo costruito. 
Sapevo che lei fosse una ragazza premurosa, dolce e gentile, però era abbastanza piperita se qualcuno tentava di avvicinarsi a Justin, io volevo farlo, solo per averlo come amico però; l'idea di stabilire un legame affettuoso di amicizia mi allettava parecchio; di conseguenza, mi sarei comportata da piperita anche io. 
«Forse» rispose Justin sorridendomi. Cercai di leggere il suo sguardo, e mi meravigliai nel notare l'ingenuità; non sapeva della tensione che andava creandosi tra me e Lizzie. 

«Pausa?» chiese un ragazzo della palestra, Justin gli fece cenno di no e continuarono gli estenuanti addominali. Chris e Alex smisero per venirci accanto e mi trovai a disagio nel momento in cui il ragazzo che avevo schiaffeggiato oggi mi sorrise. 
Le mie sopracciglia si aggrottarono e corrucciai il viso al massimo.

Che diavolo stava succedendo?

«Caren ho ragionato sulle cose che mi hai detto questa mattina, ti chiedo scusa. Ho bisogno di parlarti più tardi» sussurrò Chris guardandomi con occhi sinceri. 
Io allargai la bocca e spalancai gli occhi, non potevo credere alle mie orecchie, ciò che stava succedendo era irreale, sembrava tutto un sogno.
«Sì» risposi semplicemente, ancora troppo spaesata dall'accaduto, non stavo realizzando, ero sicura però, che l'avrei fatto questa sera in camera mia.

«Ragazzi ho invitato Caren questo pomeriggio» esclamò improvvisamente Zack guardando tutti in pieno viso, me compresa.
«Va benissimo» rispose Lizzie, «ci sarà da divertirsi» aggiunse tornando ai suoi addominali. La sua frase non mi piacque per nulla, sembrava quasi che mi avesse inserita nella sua lista nera; tuttavia non mi spaventai, con Zack al mio fianco mi sarei divertita sicuramente, proprio come intendeva la ragazza bionda.
«Perfetto, parleremo lì» disse Chris che dando una pacca ad Alex seguì Lizzie negli estenuanti esercizi, Alex fece lo stesso e senza degnarmi di attenzione o salutarmi mi lasciò sola con Zack e Justin. 
«Comunque Lizzie ha detto che è dispiaciuta per questa mattina, non voleva assolutamente litigare con te, si è solo arrabbiata per la bella cinquina che hai regalato a Chris» disse quest'ultimo tirando sù col naso e mettendosi entrambe le mani sui fianchi.
«Va bene» dissi io guardandolo e gustando il sorriso che aveva sulle labbra. Mi ritrovai in confusione su quale sorriso fosse più bello, il suo o quello di Zack?
Smisi di pensarci, forse questa sera avrei trovato una risposta.
«Allora a 'sta sera nanetta!» esclamò accarezzandomi leggermente la guancia e affiancando Lizzie negli esercizi. Le mie labbra si alzarono verso l'alto  ancor prima che me ne potessi rendere conto, quel soprannome mi portò alla mente il nostro primo dialogo vero e proprio, in palestra. Arrossii d'imbarazzo e scossi la testa continuando a guardarlo mentre faceva le flessioni, carico di energia e sorridente come non mai. Era sudato, l'hair-flip gli stava incredibilmente bene, proprio come quei pantaloncini sportivi blu scuro e la maglia bianca. Lizzie era proprio una ragazza fortunata, Justin era bello, dolce, gentile, tenero, forte, intelligente e curante di lei, provai gelosia nei confronti della biondina, aveva tutto... Sospirai toccandomi la guancia dove Justin mi aveva accarezzata e sorrisi a bocca aperta. Era stato gentile, avrei voluto abbracciarlo fino a stritolarlo del tutto e far uscire dalla sua bocca i polmoni. Risi immaginandomi la scena paradossale e mi girai accorgendomi di Zack. 
«Attenta ad innamorartene» bisbigliò sorridendo con un solo angolo della bocca. Non capii alla perfezione la sua frase e non m'impegnai più di tanto a ragionarci sopra, nonostante non avessi mai provato l'amore, sapevo di saper controllare i miei sentimenti e accorgermi se ci fosse qualcosa che non andasse. 
«Non ti preoccupare» sussurrai girandomi completamente in sua direzione, guardai il suo torace e mi venne istintivo abbracciarlo. Lui ricambiò e nel mentre di quell'azione ricordai l'abbraccio di ieri nel locale dove festeggiammo il compleanno di Lizzie, emozioni incontrastate tornarono a farsi spazio nel mio ventre, era magica la sensazione che stavo provando.
«Stai diventando una peste, ti guardi bene dal farti mettere i piedi in testa, brava» disse Zack staccandomi dolcemente da lui. Dopodiché mi poggiò le mani su entrambe le spalle e si abbassò  un po' per guardarmi in viso.
«Sei ancora disposta a fingere?» chiese guardandomi con tutta la comprensione possibile. 

I suoi occhi riflettevano l'immagine del mio viso, rimasi fissa a guardarmi, esteticamente sembravo irriconoscibile. 
Aprii un attimo la bocca e mi chiesi chi fossi, cosa stavo diventando, a cosa stavo andando incontro e perché.  La mia espressione mutò automaticamente e il cuore riprese a battere forte, perché stavo facendo questo? Qual era il senso delle mie azioni? A che scopo avrei fatto ingelosire Justin? Per farlo rompere con Lizzie? Perché? Volevo prendere il suo posto? Non tolleravo un Justin fidanzato? O forse non sopportavo l'idea di una Lizzie perfetta e volevo farla soffrire per ridurla come me? 
Solo in quel momento mi accorsi di aver perso l'identità di me stessa. Era un male o un bene? Dopotutto non tutti i mali venivano per nuocere, cosa avrei dovuto fare? Decisi di lasciare che il tutto accadesse, e risposi affermativamente a tutte le domande appena poste. Sì io Caren Eve Howen, avrei finto di stare con Zack per ingelosire Justin. Anche se dentro di me sapevo che non avrei smosso il minimo interesse o la minima attenzione di Justin nei miei confronti, ci provai, un po' per passare più tempo con Zack e un po' per far in modo che dentro il biondino cenere s'innescasse qualcosa. 
Chiusi gli occhi e svuotando la mente accettai per l'ultima volta che il cosiddetto 'fato' si compiesse, ciò che sarebbe successo era nelle mani di Dio. 

«Tutto a posto?» chiese Zack scuotendomi leggermente e risvegliandomi dai pensieri sempre in dannata confusione. Annuii sommersa da abulica malinconia ed improvvisamente disamorata da ogni forma di bene contenuta nel cuore. 
«Perché?» chiesi a lui, nonostante fossi giunta a conclusioni mentali abbastanza motivate, cercai spiegazione in lui. Zack smise di fissarmi e si guardò a destra e sinistra, mi trascinò alla panchina grattandosi il collo.
«Per non lasciarti sola e non farti sentire a disagio quando Justin e Lizzie si scambiano effusioni. Tu provi qualcosa per Justin, non ancora amore, e vedo la tua espressione delusa nel guardarli insieme. Così magari, ti sentirai meno sola, potrai capire se significhi qualcosa per Justin, se si smuove notandoti con me o se ha qualche reazione. A me non dispiace, ci divertiremo e diventeremo persino amici, che ne dici?» lo guardai con occhi pieni di riconoscenza e gratitudine, nonostante non avesse detto chissà che di profondo, le sue parole colmarono la cavità di dubbi ed esitazioni che si scagliarono prima contro di me.
Sorrisi nuovamente e lui ricambiò.
«Aggiudicato...» disse con una nota di esitazione e sicurezza, una contraddizione accettabile data la situazione. 
«Aggiudicato» risposi alla sua mezza affermazione e domanda.
«Io direi di iniziare da adesso» fece lui mostrando il bianco dei suoi denti e risaltando gli zigomi col sorriso. Io annuii con più determinazione e fermezza. 
E francamente tornò a farsi spazio tra le emozioni, il desiderio di compiere il piano deciso. 
Quando incrociai nuovamente il suo sguardo, adrenalina si fece spazio nel cuore, che portata dall'aorta nella parte superiore ed inferiore del corpo, fece nascere in me una sensazione di estrema sicurezza. 
Incredibilmente vogliosa di fare la prima mossa lo presi per mano portandolo al posto dove eravamo prima, in modo che tutti potessero vederci.

Forza Caren, forza, fai qualcosa!

«Sei molto carino oggi» dissi con un tono di voce alto, attirai l'attenzione di parecchi in palestra compreso Justin che alzò la testa dai piegamenti e Chris che assunse un'aria curiosa. Mi spaventai un po' nel momento in cui Zack rise, era palesemente una risata falsa, credevo fosse bravo nel mentire ma ora mi trovai spacciata, il piano non avrebbe funzionato con due pessimi attori. 
Cercai di rimediare ridendo io, decisamente più brava, in quel momento mi sentivo migliore del ragazzo con la quale stavo fingendo. Risi per davvero quando notai che la mia risata fosse ancora più falsa e per niente credibile di quella di Zack. Ero un'idiota, risi nuovamente quando uscì dalla mia bocca il verso del maiale, mi capitava quando ridevo forte ed imbarazzata tentai di arrestarmi girando il viso in qualsiasi altra parte che non mi mostrasse la faccia di Zack. Mi trovai davanti l'intera palestra ferma, si erano interrotti tutti e stavano guardando me e l'altro attore. C'era chi rideva con noi, chi ci fissava con un'espressione indecifrabile sul volto e c'erano Justin, Lizzie, Chris e Alex un'espressione abbastanza stranita.
«Ora basta Caren» sussurrò Zack che si avvicinò al mio orecchio senza neanche che me ne accorgessi. Poggiai una mano sulla bocca e dopo tre minuti riuscii a zittirmi.
«Grazie comunque» rispose Zack.
«Prego» dissi io improvvisamente a corto di idee.
Lui si avvicinò lentamente e mi diede un delicato bacio sulla guancia, arrossii immediatamente e quasi quasi desiderai chiedergli di riceverne un altro. Stavamo fingendo, quindi ero giustificata se l'avessi fatto.
«Un altro!» quasi urlai vogliosa del tatto delle sue labbra sulla mia guancia. Zack sobbalzò colto alla sprovvista, mi baciò nuovamente ed emisi un verso che avrebbe dovuto far intendere 'tenerezza'.
«Abbracciami» sussurrò lui che si avvicinò nuovamente al mio orecchio. Ero troppo occupata a cercare di leggere l'espressione di Justin e non mi accorsi della sua vicinanza per la seconda volta. 
«Bella statuetta, avanti!» m'incitò nuovamente. Io distolsi lo sguardo da Justin che stava parlando con Lizzie e improvvisamente scoraggiata, avvolsi con le braccia le spalle di Zack. Chiusi gli occhi e i ricordi tornarono a farsi spazio per l'ennesima volta nella mia mente. Justin che mi abbracciava ed io che ricambiavo con foga, le mie gambe avvolte alla sua vita ed il suo viso sul mio collo. Decisi che avrei fatto lo stesso con Zack, si sarebbe sicuramente girato.

Strinsi Zack con tutta la poca forza che avevo e poggiai le mie labbra sul suo collo. Lo sentii rabbrividire e la cosa mi piacque a tal punto che lo morsi. Spalancai gli occhi accorgendomi di averlo fatto davvero, non sentivo il sapere di sudore che avrebbe dovuto avere Zack, solo la liscia pelle del collo. Approfondii il morso ed iniziai a mischiare la cosa con piccoli baci. Chiusi gli occhi nuovamente e l'immagine di Justin e Lizzie che si baciavano questa mattina mi attraversò la percezione visiva in un lampo. Agitata ed invidiosa continuai a torturare la pelle di Zack, che nel frattempo poggiò una mano sul mio capo per farmi continuare, e con l'altra riuscì a caricarmi sù. Ne approfittai legandomi stile koala attorno alla sua vita, non interrompendo per nulla quella specie di morso vampiresco. Per un'attimo temetti di star sembrando una poco di buono, ma cacciai anche quel pensiero convincendomi che non stavo facendo nulla di male. Zack camminò superando la palestra e appoggiandosi al muro dell'altra a fianco, non c'era una porta, quindi chiunque poteva avvicinarsi senza problemi. Mentre camminava aprii gli occhi e riuscii a catturare l'espressione esterrefatta di Justin e di tutti gli altri, persino Lizzie aveva la bocca e gli occhi spalancati. 
Altra adrenalina, forse anche troppa fecero in modo che Zack non si scordasse quel morso per tutta la sua vita.

«Ahia, così fai male!» disse quest'ultimo che mi poggiò a terra con tutta la delicatezza di questo mondo. Recuperai il fiato realizzando di aver intrattenuto il respiro per tutto il tempo. Guardai quella specie di livido rossastro sul suo collo e mi sentii in colpa, gli avevo fatto male. 
«Scusa...» bisbigliai,  «tuttavia bel succhiotto» sussurrò lui cercando di guardarselo. Assunsi un'espressione stranita, succhiotto? Che succhiotto?
«È un morso» dissi io ridendo e un po' interdetta dal nome che diede alla mia opera.
«Qui lo chiamiamo succhiotto, vieni» rispose Zack dandomi un buffetto e facendomi tornare nella palestra di MMA.
«Che si fa?» gli chiesi, «il destino compierà il suo dovere» fece lui.

Un applauso ci accolse non appena mettemmo piede nella palestra di MMA.
«Bravi!» urlavano tutti, dopo un po' le esclamazioni divennero un coro vero e proprio, mi spaventai un po', pensai che non fosse normale avere una reazione del genere. 
«Bambola scappa via, lo stadio non è luogo per te» disse Zack prendendomi le spalle e portandomi fuori. Cercai di guardare Justin, e quest'ultimo non stava facendo nulla se non fissare me e Zack ancora sbalordito. 



«È fatta ci hanno creduto!» esclamai elettrizzata ma sempre un po' in colpa, il sentimento di soddisfazione era tuttavia maggiore e non pensai agli aspetti negativi della mia azione. Diedi il cinque a Zack e corsi via senza aspettare risposte.
Tornai in classe e la giornata trascorse benissimo, ero talmente felice che la mia mente smise di pensare troppo come aveva sempre fatto. Alla fine della scuola aspettai Zack fuori dal cancello, ma di lui non c'era l'ombra. Poco sconsolata mi incamminai verso casa. 

            Quattro del pomeriggio, locale 'Dangerous'.
  









SPAZIO AUTRICE
Hei,
che ne pensate? E del succhiotto? HAHAHA, Caren vampiressa❤️

No davvero, ho scritto il capitolo solo per non farvi restare in ansia anche se credo che lo siate anche adesso.
Non mi piace come l'ho scritto e non  ho ricontrollato gli errori, sono frettolosa e sbaglio lol.
Nel prossimo capitolo Caren e Zack ne combineranno di cose hahaha, rido già al pensiero!
Aspetto recensioni altrimenti non avrò voglia di fare nulla, sono svogliata scusate, bisogna incitarmi per arrivare a conclusioni hahaha :) Modificherò il capitolo meglio a casa, rendendo in grassetto tutti i discorsi diretti :)
Quindi date pareri a gogo gente❤️
Se vi interessa ho scritto una nuova fiction, eccovi il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2610427&i=1
Vi lascio con foto dei ragazzi :)

p Continuate a seguirmi mi raccomando!
Sarah
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Zack
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Caren
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Justin
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Capitolo 18
*** Eighteenth chapter ***


'Con questo mio scritto pubblicato senza alcun scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, ne offenderla in alcun modo'


-Leggete lo spazio autrice, è importante.


                           
                                                     

        The game's starting

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'Stand up for what you think it's right,
also if standing up means being alone' 






Mentre mangiavo pochi biscotti per evitare possibili gonfiori di pancia piena, mi arrivò un messaggio e guardando l'emittente comparve un numero a me sconosciuto. Preoccupata e stranita lo aprii e mi tornò sù il sorriso nel momento in cui il mio occhio notò la firma finale: Zack. Il contenuto era tuttavia povero, era composto da un 'fatti più bella' con una faccina che faceva l'occhiolino. Nonostante le poche parole, il mio cuore si riempì di gioia. Restai imbambolata per minuti, ancora occupata a contemplare quella frase, quella faccina e quella firma, il cui nome mi era così caro. Quindi pensava che fossi già bella, piacevole all'occhio, al suo occhio. 
Risi mentre scuotevo la testa, quel ragazzo era così particolare e carismatico, riuscivo a cadere nella sua tela proprio come una mosca con un ragno. 
Era in grado di farmi sognare cose felici con poche parole, atteggiamenti o gesti; tramite la semplicità e la limpidezza, Zack riusciva a rendermi diversa, a cambiare il mio umore, a trasformarmi in qualcosa di migliore. Solo lui lo sapeva fare, ed era successo nuovamente proprio prima, quel messaggio mi aveva trasmesso la carica giusta. Abbozzai un altro sorriso e tornai a mangiare i biscotti e a seguire quella serie televisiva, anche se la mia concentrazione era già stata destabilizzata da quel biondino con gli occhi verdi prato.




Presi il nuovo antidepressivo e stabilii che l'ora di prepararmi era arrivata, e con scatto quasi felino saltai dal divano recandomi in camera mia. Mi grattai la testa indecisa e decisamente spaesata dalla situazione, non mi era mai capitato di farmi 'bella' per un'uscita del genere. Sorrisi ricordandomi delle parole di quel  messaggio e liberandomi dai dubbi imminenti, corsi verso il bagno, dovevo depilare tutto; inizialmente avevo optato per un abbigliamento semplice, ma ripensando a quella chiamata e al pensiero di Lizzie, che sicuramente avrebbe indossato qualcosa di carino, decisi di imitarla e di farmi valere con quel poco che avevo anche io. 
Scossi la testa ed iniziai a fare ciò che avrei dovuto fare: depilai tutto ed utilizzai una crema bagno dall'odore inebriante.
Dentro la doccia pensai molto. Ragionai su cosa indossare e se ciò che stavo facendo era davvero giusto. 
Ogni tanto mi capitava di pensare al fatto che io stessi possibilmente sbagliando, che non fosse giusto fingere. Nonostante avevo sempre raccontato bugie e frodato stati d'animo, ora la cosa mi risultava decisamente diversa. 
Mi chiesi se ne valesse la pena, se sarebbe servito a qualcosa e domandai a me stessa il fine e lo scopo delle mie azioni. 


Qual era lo scopo Caren?



Ben presto mi accorsi di dovermi sbrigare ed accantonai i miei pensieri -come ultimamente era mio solito fare- avvolgendo il mio corpo in un'asciugamano bianco latte. Asciugai i capelli ed indossai l'intimo.
Arrivai davanti allo specchio di camera mia ed iniziai a guardarmi. Toccai le smagliature sui fianchi e la pelle molle nelle cosce e nelle braccia. La mancanza di sport comportava nessun tipo di rassodamento muscolare e di conseguenza rendeva la carne moscia. Pensai nuovamente al corso di Justin, mma. Dopotutto si trattava di difesa, attacco e rassodamento grazie ai numerosi esercizi che facevano prima di iniziare. Decisi che avrei frequentato il corso, questa volta per davvero, mi sarebbe servito sia per il benessere salutare, che per avvicinarmi di più a Justin, Zack, Alex e forse anche a Lizzie e Chris.

 

Presi la pinzetta per le sopracciglia e diedi una ritoccata qua e là, poi applicai al viso una crema idratante che rimuove le cellule morte, sarebbe servita a donarmi un aspetto meno smorto. Dato che era tardi preferii prima vestirmi e poi truccarmi. Tuttavia l'indecisione si presentò proprio in quel momento. Non disponevo di vestiti adatti ad un'uscita tra amici. Indossavo solo quelli estivi o alcuni semplici, e la semplicità oggi, non avrebbe dovuto far parte di me.
Mi sedetti sul letto pensierosa e preoccupata sul da farsi.
Avrei dovuto pensarci prima ed invece facevo tutto sempre all'ultimo minuto, la cosa stava iniziando a snervarmi. Ripetei numerose volte la parola 'vestito' ed improvvisamente un'insight cognitivo accese la famosa lampadina gialla. Corsi verso camera di mia madre e mi buttai letteralmente in direzione del suo armadio. Spostai le numerose grucce ospitanti abiti carini e vestiti di classe, mia madre era una donna estremamente elegante e avrebbe dovuto avere sicuramente qualche vestito adatto a me.
Sbuffai molte volte e dato che non avevo trovato nulla, aprii il secondo armadietto, dove teneva vestaglie che avrebbe dovuto cambiare in qualche negozio o vestiti comprati rotti e di conseguenza da mandare a qualche esperto di cucitura. Ne vidi uno molto carino ma un po' corto per i miei gusti. 
Chiusi tutto e me lo provai senza indossarlo, controllai la lunghezza e spalancai la bocca notando che non arrivava neanche lontanamente al ginocchio. Decisi di indossarvi delle calze, mentre strappai l'etichetta di Versace. Occultai tutto il macello commesso e pregai che mia madre non mi scoprisse.
Lei teneva molto al suo guardaroba e chiunque le prendesse qualcosa, sarebbe stato condannato ad anni ed anni di sofferenza uditiva, dovendo ascoltare ripetutamente le sue lamentele ed il suo bla bla bla. 
Corsi in camera mia e lo indossai. Era nero ed estremamente stretto e corto, adesso capivo perché mamma lo volesse cambiare.
Presi le calze e mettendole il risultato non mi piacque affatto. Continuai a rimuginare sul fatto che il vestito fosse troppo corto, e ricordandomi del messaggio di Zack mandai all'aria tutto. Avevo delle gambe senza problemi particolari e metterle in mostra qualche volta non avrebbe fatto del male a nessuno, poi probabilmente sarei piaciuta di più a Justin e Zack. 
Risi mentalmente alla mia pateticità e tolsi via quelle calze fastidiose.
Le scarpe non erano un problema, ne avevo alcune molto carine e c'erano alcune che si sarebbero intonate alla perfezione col vestito. Controllai l'orario e ringraziai Dio nel notare che avevo ancora una ventina di minuti. 
Stirai i capelli con la piastra rendendoli più voluminosi con un pettine a denti larghi ed il phon, altrimenti sembravano spaghetti. Mi truccai come si doveva, correttore per le occhiaie, fard, matita nera, mascara ed infine il mio rossetto rosa carne, lo amavo quasi quanto quello magenta. Sapevo che il trucco fosse un po' pesante per me, ma dopotutto questa era un'uscita importante, quindi mi convinsi del contrario. 
Indossai i tacchi ed il giacchino, mi adornai con qualche accessorio, scrissi un post-it ai miei genitori, presi una piccola borsa inserendoci il necessario -tra cui due antidepressivi precauzionali- e finalmente uscii di casa.


Un freddo pungente attraversò i pori della mia pelle rendendomi un ghiacciolo. Mi guardai nuovamente per vedere se davo nell'occhio e se avevo esagerato nell'abbigliamento, ed insoddisfatta della risposta, mossi velocemente i piedi su quei tacchi vertiginosi, pronta per arrivare al fatidico locale 'Dangerous' e fingere una nuova volta davanti agli occhi dei presenti, per un motivo che tuttora era sconosciuto pure a me.

Alzai gli occhi al cielo numerose volte a causa dei soliti fischi dei ragazzi per strada, e ancora più motivata ad arrivare a quel locale, iniziai quasi a correre, rischiando di cadere numerose volte. Controllai l'ora nel cellulare ed imprecai notando che le sei fossero già passate da un po'. 
Il cielo si stava rabbuiando ed ispirata dal tempo e dal venticello che seppur era freddo, mi regalava sensazioni piacevoli ed emozioni gradevoli. Chiusi gli occhi ed assaporai quell'atmosfera. Lasciai che il vento mi accarezzasse la pelle, che l'odore m'inebriasse le narici ed i sensi, e che l'udito accogliesse di buon grado i versi dei grilli e dei fruscii degli alberi. La brezza era così leggera che improvvisamente il cuore batté di piacere, in quel momento mi sentivo viva, non più solo uno squarcio nero e negativo, ma anche pieno di energia.
Era quello il piacere che ricavavo dalla vita. Sorrisi respirando velocemente, volevo introdurre ossigeno fresco al mio interno, volevo essere in qualche modo ispirata e riempita di qualcosa di nuovo. Le sensazioni mi piacquero molto, ed in quel momento capii nuovamente che le cose belle non dipendevano solo da noi persone, che le cose belle si ricavavano da cose semplici che avevamo tutto il tempo davanti agli occhi, e che ignoravamo bellamente concentrandoci sulle relazioni umane, che non erano altro che uno dei numerosi involucri della vita. Realizzai nuovamente di essere stata in qualche modo ceca, per tutti questi diciassette anni. Mi fermai inspirando l'aria e togliendomi i tacchi per qualche minuto, dolevano molto. Mi balzò in testa l'idea di camminare scalza e cacciandola via, rilessi il messaggio di Zack.
Fu come risvegliarsi completamente ed improvvisamente mi accorsi di aver tardato troppo, ben mezz'ora. 
Presi il cellulare per mandare un messaggio a Zack, ma quasi arrivata lasciai stare. 
Camminai per altri quattro minuti e finalmente notai il famoso locale Dangerous. Ne avevo sentito parlare spesso a scuola e anche da alcune ragazze che abitavano nel mio quartiere. Ne parlavano bene, lo descrivevano come un luogo di svago e pieno di persone con voglia di divertirsi e di vivere la vita come si doveva, un po' come avevo deciso anche io. Dimenticare tutto, ignorando i malesseri figurati e cercando di non sprecare il tempo, cercando di vivere al meglio; non sapevo se ci stavo riuscendo, tuttavia provarci era l'importante.
Benché ci fossi passata vicino in macchina e ne conoscessi molti particolari, non era mai stata nel locale. La cosa mi spaventava un po', sperai che fosse realmente un luogo pulito e sicuro; ciononostante un'altra parte di me era un emozionata all'idea di entrarci. Mi diedi uno scappellotto rendendomi conto di essermi nuovamente persa nei miei pensieri, era sempre così, ero più attiva nel cosiddetto mondo interno -quello mentale e personale- che in quello esterno, ma le cose sarebbero dovute cambiare. Dopo essere rimasta imbambolata davanti alla grande insegna fosforescente del locale, notai Zack armeggiare con il cellulare. 

«Hei!» urlai cercando di farmi sentire. Improvvisamente mi risistemai i capelli col le mani e aggiustai il vestito, assumendo una posa adeguata. Il mio era stato quasi un riflesso, volevo apparire carismatica, sapevo che stavo fallendo miseramente, ma nessuno mi impediva di provarci, quindi che il secondo piano della settimana 'Caren versione ragazza posata e curata' inizi. 
Lui alzò immediatamente lo sguardo e guardandomi un sorriso si formò sulle sue labbra, dandogli quel tocco di bellezza che sicuramente non gli mancava. Mise il cellulare in tasca e venne verso di me a grandi passi, passandosi una mano sui capelli e mostrandomi nuovamente il bianco lucente dei suoi denti. Sembrava quasi un modello, anzi, era cento volte meglio. 
Indossava una camicia bianca le cui maniche erano elegantemente arrotolate ai gomiti, bermuda beige ed un paio di scarpe molto carine la cui marca mi sfuggiva. Un orologio argento gli ornava il polso e man mano che si stava avvicinando potei inspirare il suo odore aulente ed estremamente gradevole, soave ed inebriante. Lo trovavo incantevole.

Arrivò davanti a me, il cuore iniziò a battere e la mia espressione mutò in allegra e felice, era incontrollabile. Alzai il viso guardandolo dal basso mentre lui avvolse una ciocca dei miei capelli attorno al suo dito, mentre con l'altra mano alzò il mio mento per scrutarmi meglio. Sorrise leggermente ed il mondo sembrò fermarsi proprio in quell'attimo.
«Sei bellissima, proprio come pensavo» sussurrò lasciandomi un casto bacio sulla guancia. Sentii il viso andare in fiamme ed improvvisamente volevo nascondermi e saltare di gioia. Il suo contatto era... Limpido. Mi trasmetteva tranquillità e mi trasformava in un burattino, perdevo il cervello e non capivo più nulla. Quasi paralizzata dalle sue bellissime parole, annuii.
«Tu sei meraviglioso» balbettai io, ingenua ed inesperta. Lui rise in modo cristallino e mi prese per mano, trascinandomi all'interno del locale.
«Allora, come va?» chiese mentre aprì il portone e fece un cenno a due uomini che sembravano dei bodyguard. Avevo la mano sudata e stavo iniziando a sentirmi a disagio; cercai di staccarla dalla sua ma lui non ne voleva sapere.
«Ho anche io la mano sudata, non fartene un dramma» fece lui. 
«Oh» dissi io non sapendo come rispondere, questa telepatia mi spiazzò leggermente e per un attimo pensai che potesse leggere nel mio pensiero anche gli apprezzamenti che facevo su di lui. All'improvviso la musica risuonò a tutto volume ed un'odore di alchol e di respiri accalcati, inebriò il mio olfatto. Feci una smorfia notando il trambusto di gente e la massa di giovani che più in là si stavano scatenando sulla pista da ballo. Noi superammo le persone in piedi a chiacchierare tranquille bevendo chissà cosa vicino all'entrata, arrivando finalmente alla zona con i divanetti isolati per un gruppo predefinito di persone; erano i cosiddetti 'posti famiglia', da ordinare e prenotare. Mi chiesi perché del 'famiglia' quando qui venivano solo giovani. Scossi la testa stranita.
Alzai gli occhi per vedere quella specie di palla emanante tante luci colorate, e mi piacque molto l'ordine dei tavoli e la pulizia del pavimento color ghiaccio, proprio come molti oggetti decorativi. Nel complesso il locale era carino, l'unica cosa che mi dava una sorta di fastidio era la musica troppo alta e l'odore, per non parlare del gruppo di ragazze che ballavano su una specie di mini palco attorno ad un palo. 

«Non sembra piacerti» urlò Zack per sovrastare la musica alta. Non credevo avesse studiato la mia espressione facciale, tuttavia mi piacque il fatto che mi guardò per sapere cosa ne pensavo. 
«Non è male sotto certi aspetti» risposi ad alta voce continuando a seguirlo su quei maledetti tacchi. Lui disse qualcosa, ma io non sentii nulla. Riuscii a notare i ragazzi in un posto 'famiglia' e sorrisi guardandoli. Erano tutti e quattro seduti. Alex indossava un giacchino in pelle nero e dei jeans scuri, mentre Chris una maglia con la scritta dei Green day grigia e dei pantaloncini bordeaux, gli donavano. Justin invece aveva una maglia larga bianca, dei jeans altrettanto larghi neri, e delle supra bianche. Era seduto affianco a Lizzie, che brillava di bellezza. Un vestito rosa carne le fasciava il fisico da sogno, mettendole in risalto la pelle chiarissima, i capelli biondi  ed in qualche modo anche i lineamenti del viso, non che non fosse già bella di suo. Era truccata in modo leggero, lucidalabbra e mascara, al contrario mio che sembravo Platinette. 
Mi morsi il labbro e assunsi un'espressione sicuramente addolorata. Improvvisamente persi la voglia di stare con loro e volevo solo tornarmene a casa, scappare da tutto e farmi un'esame di coscienza. 
Tuttavia Zack sembrò notare l'evidente disagio e mi strinse la mano ancora di più, ricordandomi che non ero sola, che c'era anche lui e che non mi avrebbe lasciata; voleva incoraggiarmi. 
Si girò per darmi un'occhiata e sorrise in modo rassicurante. Lo adorai ancora di più, tanto che un'improvvisa voglia di abbracciarlo invase il mio affetto per lui. Non potendo fare altro gli presi l'intero braccio stringendolo a me, lui sembrò apprezzarlo un po' e sorrise nuovamente. 

«Ehi!» urlò Lizzie buttandosi su Zack abbracciandolo in maniera affettiva. Aveva un buon odore, sapeva di fragola. 
Mentre Lizzie abbracciava e parlava con l'amico, io mi feci avanti per salutare gli altri. 
«Ciao...» sussurrai un po' interdetta ed insicura. Alex si alzò immediatamente e mi diede un bacio sulla guancia, seguito a ruota da Chris che tolse i piedi dal tavolo, posò il cellulare e sussurrò un debole «ciao», salutandomi con un bacetto sulla guancia, cosa che feci anche io. Perché ormai gli adolescenti si salutavano in questo modo, prima di entrare nell'istituto non era per niente così. Si salutava una persona vocalmente o con la mano; tuttavia non mi sorpresi molto della cosa.
Subito dopo arrivò Justin. Sorrideva ed oggi era anche lui più splendido che mai. 
«Come va?» chiese salutandomi anche lui con un bacio sulla guancia. Per un certo momento sperai che quel piccolo abbraccio e saluto non finisse mai, che durasse in eterno e non solo due miseri secondi. Rimasi incantata ad ammirarlo in tutta la sua bellezza.
«Sì» risposi distrattamente mentre guardavo quell'hair-flip particolare, non a scodella ma originale. Lui corrucciò il viso scoppiando in una fragorosa risata. Mi accorsi di aver risposto 'sì' ad una domanda che richiedeva una vera e propria risposta.
Scossi la testa imbarazzata dall'ennesima figura e mi ricomposi velocemente, cambiai persino la posa.
«Volevo dire tutto bene, tu?» chiesi risoluta e fintamente sicura di me. 
«Bene» rispose brevemente, mentre iniziò a squadrarmi con aria soddisfatta. All'improvviso prese la mia mano e mi fece fare un giro su me stessa, valorizzando il look che avevo.
«Stai benissimo così!» disse guardandomi nuovamente dall'alto al basso. 
«Hai delle gambe niente male, non tenerle sempre nascoste» aggiunse guardandomi con aria franca e amichevole. In quel momento avrei voluto scomparire, mi sentivo così in imbarazzo ma nello stesso tempo felice.
«Le stavo guardando anche io» fece Alex guardando Justin e provocando un piccolo risolino da parte di Chris, che se ne stava seduto coi piedi sul tavolo e col cellulare in mano, quasi fosse incollato ad essa. Tuttavia non capii se mi stessero prendendo in giro o se fossero sinceri, mi sentii presa in giro. Feci una smorfia diffidente.
«Non stanno scherzando Caren, oggi stai davvero bene» affermò Lizzie da dietro di me. Mi girai per salutarla e lei ricambiò di buon umore, era molto che non la vedevo così. Felice delle sue parole mi sedetti vicino a Zack, che puntualmente mi fece un occhiolino d'intesa. 
«Allora voi due?» chiese Alex con fare invadente, riferendosi chiaramente a me e Zack. Lo ringraziai per averci servito la possibilità di fingere su un piatto d'argento ed aspettai che il mio amico bravo con le parole, dicesse qualcosa.
«Beh ci piacciamo» disse quest'ultimo con fare naturale.
«È vero Caren?» chiese Justin interessato. 
«Oh sì» feci io, e forse stavo dicendo la verità. Zack mi piaceva forse, ed il fatto che per lui fosse tutto una farsa, mi demoralizzava parecchio. Sorrisi falsamente stringendogli la mano, vogliosa di lui.
«In palestra vi hanno visti tutti, dovevate intrattenervi» commentò Justin mentre bevve un sorso del suo drink. La sua frase mi fece arrabbiare; lui era il primo che si prendeva la libertà di coccolare amorevolmente Lizzie.
«Tu e Lizzie lo fate sempre senza problemi» dissi con tono di sfida. All'improvviso piombò il silenzio tra di noi e mi pentii di ciò che avevo detto. Lizzie mi guardava imperterrita mentre Justin inarcò un sopracciglio, chiaramente offeso e forse confuso.
«Le cose si devono fare con classe...» affermò Lizzie, tornata velenosa dato che si stava parlando di lei e Justin. La guardai torva e pronta a risponderle, mi portai duramente i capelli indietro.
«Per classe cosa intendi? Strusciarsi volgarmente nei corridoi scolastici?» quasi urlai guardandoli entrambi. 
«Ma neanche fare succhiotti nel bel mezzo di una palestra!» rispose prontamente lei. A quel punto stetti zitta, non sapevo come controbattere.
«Calmate le acque» fece Alex.
«Tu non c'entri nulla» dissi io, chiaramente arrabbiata.
«Caren non puoi rimproverarmi di essere volgare» disse Justin.
«Allora neanche Lizzie può» rispose Zack poggiando rumorosamente la bevanda sul tavolo. Per un attimo lo guardai, e mi chiesi perché stesse quasi litigando con i suoi migliori amici, per difendere me.
«Nessuno può, solo io, va bene?» urlò Chris, che non capii bene se fosse serio o in vena di scherzi.
«Scusa Caren» esclamò Lizzie improvvisamente, e giurai di aver visto una luce brillare nei suoi occhi. Non leggevo sincerità.
«Dai Caren, scusati pure tu» proferì il suo ragazzo, mentre con aria dolce baciava la guancia della bionda.
«No, faccio ciò che voglio» risposi io. Tutti risero, non ne seppi il motivo ma lasciai passare. 
Quella specie di discussione si spense immediatamente e parlammo un po' di MMA e delle vacanze natalizie non molto lontane.

Inaspettatamente Zack mi avvicinò a lui e mi baciò la tempia, mettendo in moto il mio cuore. Sapevo si trattasse di un momento tenero che indubbiamente dovevo portare avanti io. Sorrisi  e mi alzai di poco per baciarli la guancia, mentre con una mano gli accarezzavo la nuca. Imbarazzata lo abbracciai, ero molto istintiva e credevo che stavo sbagliando tutte le mosse di approccio con lui. 
«Profumi» fece lui, gli sorrisi leggermente e tornando a sedere notai lo sguardo di Justin fisso su di me. 
«Che c'è?» chiesi compiaciuta.
«Niente, solo che oggi sei molto bella» rispose girandosi da Lizzie, che lo guardò addolorata.
«Tu lo sei sempre» tentò di riaggiustare le cose il ragazzo con gli occhi color miele, guadagnandosi un bacio profondo da Lizzie.
«Uh, ne stavamo proprio parlando» affermai nervosa.
«Mi piaci arrabbiata, sai cosa farei?» sussurrò al mio orecchio Zack. Io annuii incantata.
«Ti prenderei e ti porterei via da tutti questi problemi » aggiunse. Per un momento confusi la nostra finzione con la realtà e sperai che tutto quello fosse vero, mi sarebbe piaciuto molto. 
Il suo commento mi risollevò il morale parecchio, e le mie guance si tinsero di un rosso vermiglio, segno di estremo imbarazzo. Molte volte cercavo di evitarlo e temevo di arrossire davanti a qualcuno. Il motivo era ancora impreciso. 
«Sembri così gasata tanto che le tue guance stanno andando a fuoco Caren, spegnamole con un drink fresco» disse Justin alzandosi per andarmi a prendere qualcosa. Gli sorrisi improvvisamente gentile, e solo dopo mi ricordai che non bevevo. Sapevo che i ragazzi avevano la testa sulle spalle e non esageravano con gli alcolici, però mi sentii in dovere di precisare la questione.
«Io non bevo!» urlai in direzione di Justin che stava già aprendosi una via tra le persone che ballavano. Non mi sentii e sbuffai stufa.
«Raggiungilo» fece Zack. Aveva ragione, gli feci un cenno con la testa, mi tolsi il giacchino caldo, poggiai la borsa e mi alzai rischiando di cadere in quei due scalini che dividevano la nostra postazione dalla pista da ballo. Mi ricomposi per la seconda volta durante quel giorno e cercai di sbracciarmi dall'insieme di ragazzi un po' ubriachi ma brilli nel complesso. Fu difficile e faceva molto caldo, dovetti scuotere un ragazzo per fargli capire che necessitavo di passare e urlare per chiedere il permesso. 
Sentii vari sussurri da parte di ragazzi in cerca di rogna giungermi alle orecchie. Mandai giù un groppo alla gola e li ignorai elegantemente, per non offendere nessuno e per non scatenare discussioni. Alcuni erano permalosi. 
Vidi Justin al bancone e lo raggiunsi correndo e spingendo varie ragazze che erano talmente alte da sembrare quasi quei manichini giganti nei negozi di vestiti. 
«Io non bevo Justin» dissi col fiatone mentre lo affiancai. Lui so girò immediatamente.
«Vuoi del succo?» domandò aggrottando le sopracciglia. Senza neanche pensarci annuii velocemente. 
«Scusi, tolga un mimosa e aggiunga al suo posto un succo...» urlò verso il ragazzo dietro il bancone, aspettando una mia risposta.
«Arancia» urlai stringendo tra le mani il vestito, di colpo intimidita dalla situazione. Il ragazzo annuì sorridendo cordialmente ed io e Justin dovemmo aspettare che finisse di prepararci le bevande. Ero a corto di parole, lui non accennava parola e la cosa stava iniziando a mettermi a disagio; decisi di farmi coraggio e rompere il ghiaccio. 
«Come va con Lizzie?» sussurrai debole ed indecisa. Nessuna risposta, segno che non mi aveva sentita.
«Justin?» pronunciai il suo nome in modo naturale e ne uscì un suono dolce, imbarazzato ed un po' addolorato. Lui si voltò sbattendo le palpebre visibilmente stanco facendomi capire di poter parlare. 
«Tutto bene?» chiesi preoccupata. 
«Sì, è che oggi abbiamo fatto ulteriori esercizi ad MMA e sono stanco, adesso mi riprendo con il drink» rispose. Lasciai da parte la mia domanda invadente e aspettammo le bevande. Dopo cinque minuti arrivarono, Justin non pagò dato che le persone che di norma ordinavano dall'esterno i posti famiglia pagavano anche un interesse per il bar. Una volta preso tutti, passammo nuovamente tra la folla scatenata. Justin era davanti a me e non aveva problemi nel passare; era alto e forte, mentre io ero bassa, priva di forza e schiacciata da tutti. Sbuffai numerose volte ed imprecai notando che la mia bevanda e quella di uno dei ragazzi si stavano versando a terra. Continuai a camminare malgrado tutto e purtroppo nel momento in cui un ragazzo che ballava mi urtò pesantemente, cadde tutto a terra. Mi spaventai a tal punto che mi portai una mano alla bocca mentre con l'altra cercavo di gesticolare chiedendo scusa al ragazzo, nonostante la colpa non fosse mia. Il ragazzo mi guardò, rise e tornò a ballare lasciandomi di stucco. Justin invece si era girato e mi aveva fatto un cenno per dirmi che non era un problema. 
«Ne prendo altre!» urlai. Lui annuì e se ne andò lasciandomi lì. 
Se fosse stato Zack non lo avrebbe fatto, sarebbe venuto con me a tutti i costi, avrebbe fatto di tutto pur di non lasciarmi sola. 
Mi morsi il labbro inferiore presa improvvisamente alla sprovvista e guardai il contenuto delle bevande versato per terra, e le persone che ballavano nonostante ci fosse il pericolo di scivolare. Guardai male il ragazzo che mi urtò e tornai indietro, cercando di farmi spazio tra la folla di gente. 

Arrivai al balcone dopo aver sudato sette camicie e chiesi al ragazzo cordiale un altro spremuta d'arancia ed un mimosa, scommisi che fosse Zack quello ad aver aspettato il suo alcolico, dato che glielo avevo versato per terra. Sorrisi stranamente impaziente di rivedere il biondino con gli occhi verdi e mi sedetti su di uno sgabello. Attesi per minuti e mi domandai come mai nessuno fosse venuto a cercarmi. Sbuffai accorgendomi di pretendere troppe attenzioni da tutti e di essere cambiata troppo.

Annoiata cominciai a giocherellare con una ciocca di capelli, e sentii un sibilo in mia direzione. Alzai lo sguardo e notai una ragazza bionda, con i capelli rasati a metà e parecchi piercing ammiccare in mia direzione, facendomi persino un occhiolino. 
Ringraziai Dio che le bevande giunsero proprio in quel momento e mi alzai con la palpitazione del cuore a mille ed una sensazione sgradevole addosso. Mi sentii quasi sdegnata e nauseata dall'accaduto; in quel momento percepii di essere pentita.
Volevo improvvisamente tornare a casa perché luoghi del genere non facevano per me. Ero estranea a tutto questo, all'odore, al volume frastornante, alle persone scatenate e alla gente che ammiccava disgustosamente verso di te senza scrupoli. 
Mi feci spazio tra i ragazzi che ballavano rudemente, ero troppo scossa per pensare bene. Arrivai dai ragazzi con la solita difficoltà, salii i due gradini attentamente e poggiai le bevande sul tavolo. Non guardai in faccia nessuno e rimasi in silenzio, ripensando all'accaduto e sentendo il cuore palpitare. 
Dovevo togliermi quella sensazione addosso altrimenti avrei avuto sicuramente un attacco, pensai ad una distrazione. 
Ben presto sentii una mano toccarmi la coscia e sobbalzai di spavento. Mi girai notando tutti fissarmi e Justin di fianco a me spaesato dalla mia reazione. 
«Non ti spaventare, volevo solo chiederti se andava tutto bene, non sono un maniaco» si affrettò a dire quest'ultimo, provocando risate da parte degli altri ragazzi, io annuii stanca.

«Stai bene?» chiese Zack guardandomi per la prima volta serio. La cosa mi innervosii ulteriormente, non ero abituata a vederlo così ed iniziai a credere di averlo fatto arrabbiare in qualche modo. Lo guardai negli occhi, pregando che sorridesse o che mutasse quell'espressione  che sembrava dura. 
«Sì, tu?» chiesi, vogliosa di una risposta da parte sua.
«Certo, perché non dovrei?» chiese lui alzando le spalle. In quel momento mi sembrò tutto così strano, realizzai di trovarmi in quella determinata situazione per davvero, fu come svegliarsi da quello che era stato un coma. Forse l'effetto dell'antidepressivo era finito, oppure la situazione non mi stava piacendo e realizzai solo ora di essere a disagio? Non trovavo risposta. 
«Ne sei sicura?» chiese Lizzie premurosa, ed io dovetti annuire forzatamente, l'atmosfera era tesa ed io volevo solo una risposta da Zack e far riuscire bene il nostro piano, anche se sembrava inesistente in questo momento. Stavo iniziando a sentirmi moralmente poco bene, così decisi che avrei preso due antidepressivi, non davanti a tutti però. 
Non disponevo di acqua e non potevo mandarlo giù con una spremuta, così lo presi a secco, voltandomi in modo che nessuno mi vedesse. Tutti stavano discutendo animatamente grazie al volume della musica meno alto, tranne Chris che aveva ancora quel cellulare in mano. 
«Cos'è una caramella? Me ne dai una?» chiese quest'ultimo che smise di giocare col suo aggeggio fissandomi come un bambino. Sembrò tenero, gli sorrisi e cercando di non attirare l'attenzione dei ragazzi che stavano parlando lo stesso, mimai che si trattava di una pastiglia e non di un dolce. Il suo sguardo si spense ed annuii quasi addolorato, tornando ad usare il telefonino. Ignorai la cosa e stufa del fatto che mi avessero lasciata in disparte, mi voltai, guardando la gente che ballava.


«Balliamo?» chiese Lizzie piena di adrenalina e vogliosa di divertirsi. 
«Ci sto» rispose Justin che non mi sembrò più tanto stanco. 
«Si dai, mi stavo annoiando» fece Zack che poggio l'alcolico e si alzò dal posto. Alex annuì e si alzò insieme agli altri.
«Caren? Chris?» chiese Justin guardandoci amletico. Improvvisamente stanca di parlare feci non con il dito, mentre Chris lo guardò in faccia e disse: «Io passo». Justin annuii poco toccato dalle nostre due decisioni e prese per mano la sua ragazza.
«Chris non lasciarla sola» disse Zack ridendo e scendendo dai due gradini che separavano la nostra postazione dalla pista da ballo. Chris fece un cenno affermativo e continuò a giocherellare con il cellulare e la cosa mi diede per un attimo sui nervi, atal punto che avrei voluto buttarglielo da qualche parte. 
Lo guardai, i capelli erano un po' spettinati e aveva un viso molto stanco, sotto gli occhi erano stanziate due borse, segno che non aveva dormito molto. Girai la testa in direzione della piattaforma e non notai più i ragazzi, erano andati a ballare altrove. Passarono minuti e cominciai a sentire sonno, sbadigliai per la terza volta e mi accasciai al divanetto esausta.
«Hai sonno?» chiese il ragazzo che finora non mi aveva rivolto parola. 
«Parli allora?» domandai assopita ed improvvisamente ironica. 
«Ah ah ah» fece lui girandosi completamente verso di me. 
«Comunque ricordi quando ti ho detto che dovevo parlarti?» chiese titubante ed irresoluto. Io annuii improvvisamente interessata e mi misi sull'attenti. 
«Ti volevo semplicemente chiedere scusa per come ti ho maltrattata» diss grattandosi la nuca e mordendosi le labbra. Sembrava sincero, i suoi occhi comunicavano franchezza e lealtà. Non risposi, volevo che si spiegasse meglio.
«E che mia sorella, mi ricordi molto...» aggiunse prima di venir interrotto da un Justin scatenato e da una Lizzie sorridente.
«Venite è divertentissimo, non ve ne pentirete ve lo assicuro!» urlò la ragazza bionda. Chris amareggiato scosse la testa alzandosi. 
«Io vado» esclamò scendendo i gradini. Tutti e tre mi guardarono. Io ero stanca.
«No, resterò qui ragazzi» dissi colpita da un improvviso malore alla testa. Annuirono tutti e se ne andarono.
Improvvisamente smisi di ragionare ed accantonai le parole di Chris, mi avevano colpita era certo, ma imposi a me stessa di pensarci a casa, altrimenti avrei aumentato il mal di testa. 

Restai ad aspettare troppo, ero annoiata, così mi alzai a cercare i ragazzi. Tra la folla li vidi poco distanti da me, intenti a danzare sotto le note di quella canzone pop, tuttavia notai di nuovo la ragazza con i piercing e facendomi coraggio le passai di fianco, non avrei corso pericoli con il mio gruppo a pochi metri di distanza. Gemetti nel momento in cui mi fermò per un polso e mi trascinò vicino a lei. Mandai giù un groppo in gola e respirai affannosamente, non volevo problemi.
Non dissi nulla e aspettai che fosse lei a parlare. Era una ragazza tuttavia carina, rovinata dal look e dai capelli rasati. 
«Piacere Julia» fece lei sorridendo in modo inquietante. Io sorrisi falsamente cercando di andarmene, ma purtroppo era tutto invano. 
«Ti ho notata da lontano e mi piaci, sei calda» disse facendo l'occhiolino e poggiando entrambe le mani sul mio petto. Sussultai e la spinsi via, mi toccai disgustata dove aveva poggiato le mani e mi trattenni dallo sputarle nell'occhio. Lei rise e trascinò con sé anche il gruppetto di amici, tra cui un ragazzo chiaramente omosessuale e parecchio sinistro. Mi doleva la testa e nel casino non riuscivo più a capire nulla. Mi toccai la testa e scossi il capo confusa. 
«Che mi dici? Non scandalizzarti, succede spesso qui che belle ragazze si ritrovino pretendenti» sussurrò angosciante. Sbattei le palpebre numerose volte, tutto sembrava un sogno. Non mi era mai capitato nulla del genere e nel momento in cui stavo per urlare, la sua bocca si poggiò violentemente sulla mia. Sapevo si sarebbe scatenato un putiferio, che avrebbe coinvolto anche Zack e Justin.

 
 








SPAZIO AUTRICE

Hei meraviglie,
eccomi qui dopo tanto tempo, mi voglio scusare con voi. Vi ho detto che lo spazio autrice era importante perchè volevo che sapeste di queste scuse, davvero profonde. È passato quasi un mese dall'ultima volta che ho aggiornato e la cosa mi rincresce molto. Mi sono voluta scusare scrivendo un capitolo lungo, e credo che questo lo sia.
Ho aggiunto l'ultima parte inaspettatamente perché a mio  parere mancava un po' di 'dinamismo'. Non so se ho fatto bene o male, tuttavia mi è sembrato originale inserire questa ragazza, chiaramente non etero, al posto dei soliti ragazzi che bla bla bla, avete capito no? Succede sempre la stessa cosa, quindi io ho deciso di modificare un paio di avvenimenti, divenuti in molte fiction quasi addirittura consuetudini! :) 
Parlando sinceramente la prima parte del capitolo è noiosa, non so se a voi piacerà o no, ma credeteci, scrivendola e rileggendola l'ho trovata pesante; spero che almeno voi abbiate un parere diverso. 
Scusate possibili errori, so che ci sono, però ora non ho voglia di rivedere tutto, sono impaziente di pubblicarlo e di farvelo leggere, spero nuovamente che vi piaccia almeno un po'.
Spero anche di non aver fatto confusione con un paio di cose che ora non vi dico altrimenti spoilero lol. 
Ehm, che dire... Avete notato un Justin diverso o no? Zack? Chris poi? Sono impaziente di leggere i vostri commenti!
Dite che Caren ha fatto bene ad azzardare col vestitino? E cosa immaginate succederà nel prossimo capitolo?
Beh, vi dico alcune cose, prima di tutto non vi preoccupate che non succederà nulla di tragico e Caren non verrà stuprata, violentata ecc... Come succede sempre nelle discoteche (o meglio come fanno succedere nelle fictions), ci sarà una specie di lite e poi non vi dico nient'altro dai. Solo non vi preoccupate, perché se questo capitolo è noioso, il prossimo non lo sarà affatto, CREDETEMI
Cercherò di aggiornare presto dato che finalmente è finita la scuola, e per un pelo non ho avuto il debito in matematica (sto ancora 'sclerando'). Poi sono riuscita ad avere la media dell'otto e dato che è stato un anno difficilissimo, ne sono felice.
Parliamo un po' del caldo, mentre scrivevo vi giuro che mi stavo sciogliendo come il cioccolato sulle mani, qui al nord si muore! Okay, non ve ne importa quindi me ne vado lol. 

Mi raccomando, RECENSITE e non fatevi scrupoli nel dire ciò pensate. Vi prometto nuovamente che nel prossimo capitolo ci sarà più 'azione' e vi divertirete di più leggendolo! Yay :) 
Ora la smetto, e vi lascio delle foto sotto.
Un bacione,
Sarah
X


Ps. Rileggendo un po' la storia durante queste settimane, ho notato molti errori di battitura e qualcosina da risistemare meglio, infatti ho già modificato il capitolo uno e due, e andrò avanti fino a che ogni errore sarà scomparso.
pPs. Tuttavia volevo ringraziare hugmedrew_ che ho fatto SUDARE sette camice per questo orribile capitolo (sono sincera). Mi scuso con te e ti ringrazio del sostegno e della compagnia. Ti adoro❤️
Ppps. Ringrazio anche i lettori silenziosi e quelli che recensisco, che mi rendono come sempre motivata a scrivere e felice! :D






Look di Lizzie & Lizzie

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Look di Caren (togliete gli occhiali da sole lol) & Caren

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Justin

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Zack

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Capitolo 19
*** Ninteenth chapter ***



'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare dimostrazione veritiera del carattere di questa persona, ne offenderla in alcun modo.'


                                        Him






Never a failure, always a lesson”










Le labbra della ragazza si muovevano calde contro le mie, fredde e paralizzate, a ritmo della musica attuale che rimbombava sonoramente per la discoteca, rovinando chissà quanti uditi. Io ero immobile. Le mie braccia erano ferme lungo i fianchi, le gambe rigide e dritte, ed il busto immobile, girato completamente verso Julie che non accennava a lasciarmi andare. 
Provai a non pensare mentre lei cercava rudemente di coinvolgermi in quel bacio, incitandomi in qualche maniera di rispondere. 
Disgustata dalla saliva e dal contatto, l'unica cosa che riuscii a fare fu serrare i denti, impedendole il passaggio e palesarle il mio rifiuto nei suoi confronti. Non stavo ancora concretizzando la situazione finché la ragazza non mi avvicinò a sé, portando le sue piccole mani lungo il mio fondoschiena. Improvvisamente indignata mi staccai con la poca forza di cui disponevo, due antidepressivi erano troppi e rammaricai il fatto di averli presi. Respirai priva di fiato e mi pulii la bocca con una mano, mentre con l'altra cercavo un qualsiasi appiglio con cui sostenermi. 
Inconsuetamente non provai più la paura che avrei dovuto percepire; mi sentivo un manichino da vetrina: con solo un corpo, ma senza organi e sentimenti. Un'improvvisa stanchezza rese instabile le mie gambe, facendomi quasi crollare a terra se il ragazzo, amico di Julie non mi avesse preso in tempo. Schifata mi staccai da lui e camminai verso il mio gruppo, poco distante da me. Volevo urlare il nome di Zack che rideva prendendo un sorso del suo drink, di Justin che ballava, di Alex, Lizzie e anche di Chris, che lodai mentalmente solo adesso per essersi scusato prima. 

«Fermati, perché te ne vai? Sei strana, qui funziona così! Se piaci a qualcuno vi fate!» protestò Julie, portandosi con fare bambinesco le mano sotto al petto secco. Non riuscii a decifrare le sue parole, specie l'ultima frase e così un'espressione di confusione si fece spazio sul mio viso. Lei rise, lasciando parlare il suo amico conciato in modo strano.
«Farsi vuol dire baciarsi, mai stata in disco? Ti sei mai fatta qualcuno?» proferì quest'ultimo parlando con aria talmente ovvia da indurmi a pensare che fossi io quella stupida. Ciononostante non m'impegnai a tentare di capire quel discorso contorto per i miei gusti e mossi i passi verso i miei amici. 
«Ehi ragazza, voglio una risposta io» urlò Julie cercando di fermarmi. Continuai a non capire il senso di tutto ciò. Le cose erano cambiate a tal punto che se ad una persona interessava un'altra, la baciava di soppiatto? 'Facendosela'? 
Scossi la testa sconvolta da quella nuova realtà, così priva di senso e quasi paradossale, anzi... Inverosimile. Come poteva essere successo? Non era mai accaduta una cosa del genere e nonostante l'avessi provata su pelle, stentavo a crederci. In quel momento desideravo solo scappare e dimenticare l'accaduto, che nonostante non avesse significato nulla di rilevante per me, aveva segnato un paio di valori morali e di credenze, distrutte a loro volta dalla nuova realtà che girava tra noi giovani. 
«Resta qui!» urlò l'amico di Julie, che inserendo ampollosità nella pronuncia, non fece altro che spaventarmi e a motivarmi a correre. Ero quasi giunta dai ragazzi ed una volta lì, corsi verso quella che mi sembrava la via della salvezza.
«Zack» sussurrai nascondendomi dietro di lui e aggrappandomi alla camicia, per non rischiare di cadere data la debolezza.
«Ehi, sembra che ti abbia inseguita un mostro, va tutto bene» disse prima di girarsi e di toccarmi il mento, alzandomi il viso per riuscire a vederlo bene. Scossi la testa intontita ed indicai Julie venuta verso di me assieme al suo amico. Cercavo l'aiuto di qualcuno, me la sarei cavata da sola se non fosse per il mio stato inebetito, che mi offuscava la capacità di ragionare bene. 
Zack si voltò insieme a Lizzie e Chris, e quest'ultimo richiamò anche l'attenzione di Alex e Justin che stavano ballando indisturbati. 
«E voi chi siete?» chiese Chris mettendosi le mani sui fianchi e guardandoli con aria seria. Lo ammirai da dietro e mi piacque questa personalità improvvisamente forte e spavalda. 
«E a te cosa interessa?» rispose Julie con aria ovvia. La guardai con occhi strabuzzati, mi aveva baciata, rimproverata usando giustificazioni stupide ed ora pretendeva pure di parlare con me? Scossi la testa per la milionesima volta in quel giorno.
«Certo che ci interessa, stavate inseguendo Caren!» urlò Lizzie. In quel momento la ringraziai mentalmente, nonostante il carattere spesso velenoso e competitivo, era una ragazza premurosa. 
«E così il tuo nome è Caren!» esclamò con enfasi quella stupida ragazza con i piercing. La guardai da dietro la schiena di Zack e nel momento in cui fece nuovamente quell'occhiolino disgustoso tirando fuori la lingua, tornai al mio posto, stringendo ancora di più la camicia del mio amico. 
«Sentite non ho fatto nulla di male. Caren mi è piaciuta e l'ho baciata come si fa sempre, voi venite spesso qui no? E conoscete le usanze, perciò non scandalizzatevi» puntualizzò Julie, ancora convinta di essere dalla parte della ragione, mentre io del torto. Scossi nuovamente la testa per evitare di sentire quelle parole che risuonavano prive di significato all'interno della mia mente e mi sporsi leggermente. 
«Le hai chiesto il permesso per farlo?» urlò Justin, ed in quel momento le altre persone che stavano ballando smisero di fare ciò che stavano facendo, aprirono una specie di cerchio in cui vi eravamo noi, Julie e l'amico, ed iniziarono a seguire la scena. Annoiata dal loro comportamento sbuffai. La situazione stava molto probabilmente degenerando, ed io mi sentivo così stupida. Mi appoggiai su Zack ed inspirai il suo profumo.
«Che fai sniffi?» chiese Alex. Risi ed annuii, mi sentivo ubriaca nonostante non avessi toccato alcolico. Era tutto irreale.
«Dovevo?» chiese Julie. Mi sporsi per guardarla e la fulminai con lo sguardo, era tutto pazzesco. L'amico che più che altro sembrava il fratello, si mise davanti a lei e alzò il capo per parlare. Era inquietante.
«Non potete farne una colpa a lei, è giovane proprio come la ragazzina dietro di te e tutti noi » disse indirizzato a Zack. Lo stava guardando con aria dolce e con occhi quasi sognanti. Sapevo che il ragazzo fosse da sogno, ma non era autorizzato a guardarlo così. 
«Che ne dite di portare i vostri sederini da bambini, fuori da qui? O meglio, alla larga di noi?» disse Justin. Lizzie cercò di calmarlo nonostante avesse ancora i nervi saldi. 
«La disco è luogo per tutti! E non è colpa mia se i ragazzi lasciano le proprie meretrici da sole» urlò il ragazzaccio chiaramente in cerca di rogne. Spalancai la bocca nel momento in cui mi diede chiaramente della prostituta, ero offesa, ma pensai di meritarmi l'insulto, così abbassai il capo ed iniziai a pentirmi del mio comportamento, non avrei dovuto generalizzare l'accaduto anche ai ragazzi, potevo cavarmela da sola. 
«Abbassa la voce e non fare l'aggressivo» proferì Chris, più carismatico che mai.
«Altrimenti?» rispose lui.
«Altrimenti qui finisce che torni a casa con il collo rotto» disse Zack con la miglior calma di sempre. Riuscì a pronunciare quella frase minacciosa come se fosse un complimento, solo lui era in grado di farlo. Il ragazzo gay rise e tutto accadde velocemente. Zack si avvicinò e lo prese per il colletto.
«Dalle una seconda volta della puttana e non vedrai più il cielo ragazzone, provaci di nuovo, avanti!» disse lui, mentre con garbo lo spinse a terra. L'amico o fratello di Julie si ricompose lentamente ed indietreggiò cadendo ancora, non era un ragazzo spavaldo e a giudicare dal suo sguardo sembrava ora più che mai ancora più affascinato da Zack. Indietreggiai anche io non avendo più davanti a me il mio bellissimo scudo e leggermente infastidita dagli sguardi che volgeva verso il biondino con gli occhi verdi.
Alex e Chris staccarono Zack dal ragazzo e quest'ultimo rise nuovamente, trascinando con se anche Julie che lo aiutò a rialzarsi.
«Se ridi ancora ti faccio diventare maschio bambolina» disse Lizzie alzandosi fintamente le maniche, proprio come facevano i ragazzi prima di combattimento. In quel momento il cuore si gonfiò di gratitudine e non potei non sorridere. Chiusi gli occhi e amai moltissimo l'intervento di Zack e ammisi a me stessa che quel suo lato un po' da duro mi piaceva. Lo trovavo sempre più interessante, tanto che il pensiero di avercelo accanto migliorò il mio stato d'animo. Ringraziai mentalmente anche Lizzie e apprezzai il fatto che questa volta era velenosa con qualcun altro che non fossi io. 
«Non credere che io sia spaventata. Anche se ho parlato diplomaticamente non sono così dolce e carina» rispose Julie facendo schioccare le ossa del collo, cercando in qualche modo di sembrare temibile. 
«Toccala e stai a vedere che fine farà il tuo amico, le donne comunque non si toccano» fece Justin mettendosi le mano in tasca. 
«Perché è una ragazza?» scherzò Chris, che cominciò a ridere tenendosi la pancia con le mani. Risero un po' tutti e all'improvviso un ragazzo arrivò e si scaraventò su Chris dandogli un pugno in pieno viso.
«Parlale di nuovo così e ti uccido!» urlò quest'ultimo. Spalancai gli occhi e corsi verso Chris un po' frastornata. Lo aiutai a rialzarsi e gli guardai il viso. Era intatto al momento, ma sapevo si sarebbe formato un livido sullo zigomo. 
«Oh Dio, ti prendo del ghiaccio» sussurrai spaventata. Le sue mani mi fermarono, «va tutto bene, stai qui» disse. Ero scossa, mi sentii tremendamente in colpa e dentro di me sapevo che il putiferio avrebbe avuto inizio. 
«Ma sei scemo?» strillo Lizzie che si avventò su di lui. Tuttavia quello era un ragazzone e la scaraventò a terra proprio come si faceva con un insetto sulla spalla. A quel punto m'immobilizzai del tutto e pregai che la situazione non degenerasse.
Non capivo più nulla ma mi voltai per vedere Justin sferrargli un gancio destro niente male. Ricordai subito che faceva MMA, proprio come gli altri, ed un sospiro di sollievo uscì dalla mia bocca, seppur impercettibilmente.
Mi girai per vedere Zack, tenuto fermo da Alex, «ci sta pensando Justin, Zack calmati, è in gamba» continuava a ripetergli. Lui gli diede ascolto e si avvicinò con rapidità a Lizzie, che giaceva per terra, sollevandola con dolcezza e poggiandola sul bancone poco distante. Corsi verso di lei che sembrava priva di conoscenza. 
«Stai con lei e non lasciarla sola» mi disse con estrema cautela, attento a non spaventarmi e a non farmi andare in panico. Cercai di parlare, non volevo che facesse cose pericolose. Sapevo bene che fosse un ragazzo molto forte. Era un veterano del box e di MMA, lo avevo visto all'opera in palestra numerose volte, proprio come Justin e Alex. 
«Va tutto bene» disse fermandomi. Mi tranquillizzò nuovamente solo con gli occhi e riuscendo nel suo intento, tornò di corsa lì dove una rissa stava avendo luogo. Non mi voltai, restai a guardare Lizzie, poggiandole del ghiaccio sul viso, sperai che si svegliasse. 
«Lizzie» sussurrai lentamente, mentre la scuotevo con cautela. Tuttavia non si svegliò, aveva urtato il pavimento con violenza, ma respirava ancora.  Improvvisamente ricordai il soccorso di Justin nella palestra a scuola e saltai il bancone; l'addetto alle bevande non c'era e mi arrangiai da sola. Presi dell'acqua e mi bagnai la mano, tornai da Lizzie e le toccai il collo. 
Massaggiai quella zona cercando di beccare il nervo e risvegliarla. Nel momento in cui sentii uno strillo mi voltai spaventata e corsi spintonando le persone verso i ragazzi. 
Julie stava importunando Chris, che stava sistemando il ragazzo gay. Se la stava cavando bene. I suoi colpi erano veloci e decisivi, era molto agile al contrario dell'avversario, che si limitava a cadere e rialzarsi per sferrare qualche pugno all'apparenza innocuo. Chris urlò quando Julie lo graffiò in viso con le lunghe e affilate unghie. Erano in due contro uno, e la cosa non mi piacque affatto. Mi scaraventai su di lei spingendola a terra di sorpresa. 
«Caren vattene!» urlò Chris, che ricevette un gancio sulla guancia, essendosi distratto per parlarmi. Mi dispiacque nuovamente.
«Stai attento!» strillai io, che mi posizionai su Julie bloccandola proprio come facevano i ragazzi in palestra, nei combattimenti di allenamento che facevano. Lodai il fatto che assistivo spesso al loro corso e con decisione, fermai la ragazza a cui a quanto pare, piacevo. 
«Ancora tu» disse lei, «profumi, non voglio farti del male, tra le tue braccia starò calma» aggiunse. Disgustata e nauseata m'imposi di non ascoltarla, era tutto così faceto e assurdo. Alzai lo sguardo. 
Justin stava combattendo con un nuovo ragazzo, che a quanto pare era l'ultimo della compagnia di Julie. Aveva la nostra stessa età, come gli altri. Aveva una maglia rossa sangue e dei jeans bianchi. Lo detestai già a primo impatto e guardai le condizioni di Justin. Era privo di graffi o lividi, era bravissimo; tuttavia era il responsabile del corso a scuola e aveva vinto diversi premi relativi proprio ai combattimenti.  Era veloce nello sferrare colpi e anche nello schivarli; non sembrava in difficoltà, ma nonostante tutti volevo che tutto terminasse. Mi ricordai di Zack e lo cercai in quel trambusto. Lo scorsi un po' più isolato dagli altri, mentre picchiava il ragazzo moro che aveva scaraventato Lizzie a terra. Cercai di guardargli il viso, gli sanguinava il labbro inferiore. 
«Oh Dio» sussurrai cominciando a tremare leggermente. Quella ferita mi distrusse letteralmente; mi uccideva vederlo con quel labbro spaccato, ma nonostante tutto, si destreggiava bene. La difesa non sembrava essere il suo forte, al contrario dell'attacco, in cui sembrava possente ed energico. 
Mi ricordai di Lizzie e trovando Alex con lo sguardo, che cercava di tenere tutta la folla di persone alla larga. 
«Alex, vai da Lizzie!» urlai irrequieta. Lui si voltò da me e corse subito dall'amica, ancora stesa su quel bancone. Tornai a guardare Zack. Fui interrotta dato che iniziarono a volare sedie e vetro. Guardai la direzione da cui provenivano gli oggetti e notai che stava nascendo un'altra rissa dall'altra parte del locale. Molte persone abbandonarono la discoteca di corsa data la serata rovinata, e mi chiesi dove fosse la sicurezza. 
«Altri guai» sussurrò la ragazza che mi morse il braccio, dandomi un altro bacio, a stampo questa volta. Urlai, attirando purtroppo l'attenzione di Zack, che dopo aver fatto cadere a terra il ragazzo, si voltò verso di me e mi raggiunse a grandi passi. Spinse leggermente Julie e mi alzò dal terreno. Gli guardai la ferita e la toccai, sussultando al suo posto.
«Ti fa male?» chiesi restia e malsicura. Lui fece di no con la testa e mi trascinò da Alex e Lizzie. 
«Non ti muovere da qui» sussurrò al mio orecchio e tornando dagli altri. 
«Caren, Lizzie si sta svegliando!» urlò Alex toccandomi la spalla. Non lo ascoltai, restai a guardare Zack, quel ragazzo dolce, simpatico, bello e anche combattivo, che stava camminando con decisione, come se nulla potesse ostacolarlo, verso i suoi amici. 
Il ragazzo con cui si stava picchiando giaceva al suolo. Era mal conciato. Aveva del sangue che fuoriusciva viscoso dal naso ed un livido gigantesco sull'occhio destro, respirava però e bastò questo a tranquillizzarmi; non volevo che Zack diventasse un'assassino.
Lo seguii e vidi che staccò il ragazzo gay da Chris, che nonostante fosse tanto bravo quanto gli altri, non voleva far male all'avversario. Subito dopo andò da Justin, quest'ultimo si scansò, beneficiando all'amico il privilegio di sferrare l'ultimo pugno, che mise a k.o il tizio con la maglia rossa, risultato un degno avversario, sportivo e anch'egli forte. 
«Lizzie sei sveglia?» sentii sussurrare da Alex. Lo ignorai nuovamente. Ero troppo presa, presa da qualcosa di chimerico e straordinario, presa da una persona che aveva mostrato destrezza, un'altra qualità da aggiungere alle infinite che già possedeva, presa da un qualcosa d'incantevole, presa da Zack Eric Martin. 



Guardai Julie saltellare disperata dai suoi amici, mentre finalmente qualcuno ci diceva che la sicurezza stava per arrivare. Ne approfittammo per uscire, Alex caricò Lizzie sulle spalle e corse fuori con me. Aspettammo Zack, Justin e Chris arrivare.
Una volta giunti da noi, feriti e stanchi, ci allontanammo insieme dal locale, fermandoci all'interno del bosco che faceva da scorciatoia per i nostri quartieri. Nessuno proferiva parola, e lì davanti al lago, mi avvicinai all'unico ragazzo che occupava la mia mente. Lo guardai, rispecchiandomi nei suoi occhi, così belli e profondi. 
Gli toccai il collo, ed in punta di piedi, baciai il livido formatosi sulla mascella. Un piccolo sussulto.
Mi alzai ancora più in alto e baciai l'altra ferita sullo zigomo. Fermento.
Poi sorrisi e lì, davanti agli occhi di tutti e sopratutto quelli di Justin, stampai l'ultimo casto bacio sull'angolo della bocca, nella spaccatura. Stupore. 








SPAZIO AUTRICE
Hei bellissime!
Per scusarmi ulteriormente ho pensato di postare un altro capitolo, che termina con un finale pazzesco :)
Lo scorso ha ricevuto davvero poche recensioni, e la cosa mi è dispiaciuta molto, spero di non avervi perso...
Tuttavia vi prometto che sarò più attiva, però fatevi vive, altrimenti per chi scrivo e aggiorno?.
Allora, veniamo a noi, che pensate del capitolo? Dinamismo? E di questa nuovo aspetto di Chris, Justin e Zack? E Lizzie hahaha?
Aspetto davvero dei vostri commenti, mi servirebbero molto. 
Vi anticipo una cosa, di questa fiction ci sarà un sequel. La vicenda primaria e d'inizio si sta sviluppando, e tra non molti capitoli giungerà al termine, forse arrivo ai 30 o oltre di un po' :). 
Poi inizierò per l'appunto questo sequel, che avrà nuove tematiche, tre nuovi personaggi, ed in cui diventerà rilevante lo sport: MMA. Che per chi non lo sapesse, è l'acronimo inglese di 'mixed martial arts'. 
È uno sport che include box, karatè, arti marziali ed un ultimo che non mi viene in mente. Col passare degli anni è divenuto una cosa unica. MMA si è staccato dalle altre discipline che contiene, divenendo uno sport autonomo e stilizzando uno stile proprio.
Io lo faccio e devo dire che è utilissimo! 
Vebhe, comunque, ci sarà più azione ed un sacco di altre cose. Vi farò conoscere in modo ravvicinato Chris, Lizzie e anche Alex, che è un po' l'esterno della storia. Justin sarà più presente e le cose con lui cambieranno, coinvolgendo ovviamente anche Zack.
Ora non voglio dirvi altro, solo aspettatevi un sacco di nuovi avvenimenti!

Scusate possibili errori, vi lascio con qualche foto.
Un abbraccio,
Inspired_girl
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Caren durante la rissa(È davvero bella❤️)

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Justin :)

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Capitolo 20
*** Twentieth chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, ne offenderla in alcun modo'


                                                  Full moon


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★-Ringrazio nuovamente hugmedrew_ per questo nuovo e bellissimo banner, sei fenomenale★

“Sognatore è chi trova la sua via alla luce della luna...
Punito perché vede l'alba prima degli altri” 
(Oscar Wilde)






Mi staccai rapidamente, guardando altrove per non far notare il rossore di chiaro imbarazzo che colorava le mie pallide guance. Calciai quella specie di sassolino e dondolai leggermente sui talloni. Non si sentiva ancora nessuno fiatare, mentre io iniziavo a pentirmi e ad innervosirmi un po'. Pensai ad altro, gli avvenimenti di questa sera sono stati numerosi, forse anche troppi, tanto che mi servirà del tempo per realizzare il tutto. Avevo ancora una specie di nebbia all'interno della mente, dovevo riprendermi.
«Wow» ruppe il silenzio Justin, che con le mani in tasca e la testa inclinata verso il basso, osservava tutto accuratamente. 
«Wow» gli fece eco Chris. Mi girai per guardarlo sorridente, ma quando notai l'aria stanca ed il viso ferito, mi sentii tremendamente in colpa. La rissa di prima era nata per colpa mia, avevo coinvolto tutti in una lite che alla fine si sarebbe potuta risolvere diplomaticamente, senza l'uso della forza. Tuttavia mi consolai leggermente ricordando che ad alzare le mani per primo era stato un altro ragazzo, quindi noi avevamo cercato di risolvere tutto parlando, tralasciando Zack che aveva leggermente perso il controllo nel momento in cui quel ragazzo gay, mi aveva dato della meretrice. Feci una leggera smorfia al ricordo, non era stato piacevole essere chiamata in quella maniera e stranamente una piccola e profonda parte di me, diceva che lo ero davvero, che ero cambiata e che non andava bene. Non ero molto rilassata. La mia situazione psicologica era drasticamente migliorata e così il mio rapporto con questi miei 'amici'; stavo creando un bel rapporto con Zack e Justin, e non appena i loro occhi incontravano i miei, mi sentivo incredibilmente felice. Allora perché di questo sconforto?

«Ci sei?» chiese Lizzie ancora intontita dalla botta in testa presa in discoteca, completamente ammosciata sulle spalle di Alex che la sorreggeva senza difficoltà. 
«Sì» sussurrai poco convinta. Avevo ancora mal di testa e tutto questo pensare non mi stava aiutando, proprio come i tacchi e gli indumenti ormai scomodi e vergognosi sul mio corpo. Guardai il basso per notare nuovamente le mie gambe scoperte ed il vestitino corto. Mi sentivo a disagio, così all'improvviso. Un senso di fastidio si fece presente e tentai in qualche modo di abbassare di più la vestaglia, giusto per coprire qualche centimetro di pelle e per sfogare su qualcosa la vergogna ed il disagio che avvertivo farsi sempre più pesante. 
La mano di Zack tenne ferma la mia e avvicinandosi di poco sussurrò «Stai bene così». Risi leggermente abbassando il capo, mai nessuno mi trattava in questa maniera, così dolce e delicata; nessuno mi aveva mai fatto sentire a mio agio, anche con le imperfezioni ed i dubbi che portavo sempre con me. A lui andavo bene così, senza modifiche, così, così come ero. Il contatto con la sua mano fece andare a fuoco non solo il viso, ma tutto il corpo. Sebbene fosse impossibile, sentivo di scottare, tutta, mi chiesi se fosse la febbre o una malattia imminente, oppure l'estremo ed immenso imbarazzo che mi impediva di ragionare in modo risoluto. Gli presi la mano in miglior modo e mi avvicinai a lui, improvvisamente vogliosa di qualcosa che mi facesse stare bene e sentire a casa. Improvvisamente subentrò un'altra voglia, quella di riposare e di dormire. I ragazzi però non sembravano ancora moralmente stanchi e si notava che non avevano ancora voglia di tornare a casa, mi chiesi cos'avessero in mente.  
Sbuffai leggermente tastandomi le labbra, dove poco fa era stata una ragazza a baciarmi. Ero schifata. Il suo modo rude, la maniera con cui mi aveva morso e inondato di saliva mi fece tremare di brividi. Sperai con tutta me stessa che non si ripetesse mai più, il contatto non era stato piacevole ed in un certo senso mi aveva allontanata dal desiderio di baciare le persone. D'ora in poi avrei salutato tutti solo con la mano, compresi i miei genitori. Scossi la testa chiaramente intontita e feci schioccare le ossa della schiena. Seccata dall'atmosfera sgradevole di silenzio e mistero che si era creata tra di noi, iniziai a formulare un discorso di senso compiuto per avvertirli che sarei andata a casa.
«Dobbiamo fare le statuine per un altro quarto d'ora?» chiese Justin controllando l'orario nel cellulare di ultima moda. Lo ringraziai mentalmente perché avevo già in programma di andarmene e mi stavo sentendo ancora più impaziente.
«A me va bene» rispose ironico Chris, beccandosi un'occhiataccia dall'amico e procurando un risolino da parte di Lizzie, di cui mi chiesi se fosse sana o impazzita del tutto. Quella botta le aveva sicuramente spostato il cervelletto. 
«Sono serio» fece Justin seccato.
«E io sono Chris» esclamò il ragazzo ferito con l'aria di una persona che sta facendo conoscenza con un'altra. Partì una risata di gruppo che trascinò pure me. Andammo avanti così per altri minuti, trascorsi fissandoci e scoppiando a ridere nuovamente, da capo come un disco rotto; ricordai di quella volta che nell'istituto continuai ad ascoltare il cd rotto di una canzone, convinta che fosse realmente a spezzettoni. La cosa era esilarante e quando tutti si fermarono io continuai a ridere a crepa pelle. 
Alzai gli occhi al cielo e continuai a ridacchiare tenendomi la pancia, quando smisi e tornai vedere gli altri, notai che di fossero fermati a guardarmi straniti. Mi ricomposi seppur con difficoltà.
«Scusate» bisbigliai intontita.
«Condividi con noi il motivo di questa risata» disse Justin che sorrise sincero in mia direzione. Alex annuì per appoggiare l'esclamazione dell'amico e poco dopo tutti e cinque aspettavano che parlassi. 
«Un lontano ricordo» bisbigliai netta. L'associazione della permanenza nell'istituto mi aveva fatto ricordare vari episodi spiacevoli, così il mio umore mutò radicalmente. 
«Dai parla!» fece Lizzie.
«No, se non le va evitate» esclamò Chris che mi fece un'occhiolino. Lo guardai devota ma anche intimidita. Sembrava che avesse capito tutto, dava l'apparenza di leggermi nella mente. Forse sapeva molte cose in più di me sui brutti ricordi ed il cattivo umore. Lo ringraziai con lo sguardo ricevendone uno suo di complicità, mi faceva piacere la sua comprensione.
«Ah beh scusate» rispose Lizzie che si stava progressivamente riprendendo. 
«Quando stavi zitta era meglio» fece Zack raccogliendo una bottiglia da terra. La mia bocca si aprì ed un senso di stupore inondò quello attuale di leggera malinconia. Risi assieme a Chris e Justin, guardando l'espressione di Lizzie, totalmente corrucciata dal quasi rimprovero rivolto da uno dei suoi migliori amici. 
«Allora?» chiese Zack scuotendo la bottiglia di plastica.
«Sei un grande, ci sto» rispose Alex.
«Pure io» fecero all'unisono Chris e Justin. Non capii bene le loro intenzioni e guardai Lizzie per cercare una risposta, lei alzò il viso ed in quel momento le brillarono gli occhi, scese di soppiatto dalla schiena di Alex e saltò in braccio a Zack.
La guardai completamente stranita e con gli occhi strabuzzati. Uno non capivo cosa avessero in mente i ragazzi, e due non credevo che si fosse ripresa già così tanto. Avvolse le lisce gambe attorno alla sua vita incollandosi a lui, mentre con le braccia circondò il suo collo. Aggrottai le sopracciglia contrariata dal suo comportamento e la guardai poggiare un bacio sulla guancia di Zack. Lui la sorresse con una mano mentre con l'altra scosse la bottiglia mettendola nuovamente in mostra e ricevendo versi di assenso dai ragazzi. Quando Lizzie sorrise contro il suo collo mi venne istintivo interromperli.
«Che cavolo avete in mente?» urlai cercando di interrompere più quell'abbraccio da parte di quella scostumata, che di sapere il vero motivo di quella bottiglia. Lei non poteva comportarsi così con lui, insomma, era occupata con Justin e non con Zack. Cercai di convincermi che l'avevo fatto per rispetto di Justin e non per un altro motivo. 
«Non l'hai ancora capito?» chiese il biondo con gli occhi verdi guardandomi con difficoltà dato che era coperto dalle spalle di Lizzie. 
«Se la scaraventi a terra e vieni a dirmelo forse lo capisco» esclamai nuovamente spontanea, tanto che mi guadagnai uno sguardo confuso da parte sua e della ragazza che aveva in braccio. Mi pizzicai di nascosto il fianco per cercare di regolarmi e di darmi una calmata, però era inutile. La sciatta migliore amica continuava a guardarmi innocentemente, senza staccarsi da quello che comunque era il mio migliore amico se non di più. Ero una persona comprensiva e sapevo che Lizzie era abituata a comportarsi così con lui e anche con tutti gli altri, erano i suoi migliori amici lo sapevo, ma stava mancando di rispetto. Il nervoso stava salendo, forse era già arrivato al cervello.
«Porco maiale me lo dici o no?» esclamai impaziente. 
«Va bene scusa. Il gioco della bottiglia, obbligo o verità» affermò lui poggiando finalmente Lizzie a terra. Quest'ultima saltellò piena di adrenalina, «io amo questo gioco» urlò impaziente come una bambina. Per un attimo invidiai la sua spensieratezza e mi accorsi di volerle assomigliare una seconda volta. Il mio petto continuava impercettibilmente a fare su e giù per quella piccola sfuriata di prima e non mi sentivo più in vena di ridere e scherzare. Ero nuovamente di cattivo umore.
Mi meravigliai di Zack che non si accorse di aver esagerato con Lizzie e ci rimasi male, forse delusa. Però mi accorsi di pretendere troppo da quel ragazzo e che forse lui non sentiva ciò che sentivo io. Sbuffai, dopotutto ero confusa, non sapevo cosa provavo, amicizia o qualcos'altro? Ben presto mi accorsi che era tutto ingarbugliato e che avevo bisogno di riflettere, stavo facendo un pasticcio. 
«Cosa ti è preso?» chiese Justin con il labiale dalla distanza di due metri. Lo guardai improvvisamente fragile e scossi la testa. 
«Non stai più male?» chiese Alex alla ragazza bionda che saltellava qua e là.
«Oh no, eri comodo però. Grazie» rise lei. L'amico la guardò prima con una faccia da cucciolo ma poi scoppiò a ridere con lei e gli altri. Mi massaggiai le tempie, sentivo il caos rovinarmi la sanità mentale. 
Nel frattempo Lizzie continuava a salterellare ed il mio mal di testa aumentava sempre di più. Sudai freddo ed un bel capogiro rese instabile il mio umore. Chiusi gli occhi per impedire la voglia di sedermi per terra, non volevo attirare nessun tipo di attenzione, così mi costrinsi a far tacere Lizzie. 
«Sono impaziente!» urlò lei facendo una danza che sarebbe dovuta essere esilarante. I ragazzi la guardarono sorridendo, trascinati dalla sua carica e dal suo entusiasmo, io ero il contrario.
«Lizzie! Mi stai facendo venire mal di testa, potresti smetterla?» urlai in preda all'isteria e sicuramente vicina ad un pianto. Riuscii a controllarmi dovendo però fare una piccola smorfia che chiaramente intendeva tristezza. Tutti si zittirono e lei si voltò spiazzata dalla mia esclamazione. Le guardai gli occhi e mi sentii un po' in colpa, l'avevo spenta, non positivamente, l'avevo ferita e si notava dalla sua espressione dispiaciuta. Sbuffai indietreggiando leggermente, le volevo chiedere scusa ma ero orgogliosa. Dopotutto mi aveva difesa e si era presa una botta a causa mia, rivalutai le mie priorità.
«No, scusa» sussurrai guardandola nuovamente. Ecco che tornò la Caren spaventata e sensibile. Mi maledii. Non avrei dovuto farlo, quella maschera che ultimamente era diventata la mia vera personalità, ora stava crollando e non sapevo come rimediare. 
«Sei bipolare?» chiese Alex accigliato dall'improvviso mutamento d'umore.
Già Caren, sei bipolare? Domandai mentalmente a me stessa. 
Non risposi e mi guardai le unghie, improvvisamente indaffarata... O meglio, colta alla sprovvista da me stessa.
«Ha mal di testa» rispose Justin al posto mio. Alzai lo sguardo e gli sorrisi leggermente, oggi era stato davvero carino con me.
«Ha solo bisogno di questo» fece Zack avvicinandosi per abbracciarmi. Ricambiai un po' più fredda del solito e sciogliendo il contatto cercai con la vista un buon posticino per sederci e giocare. Ben presto lo trovai e lo raggiunsi da sola. Era sull'erba, accanto ad un albero curvo sotto il peso della sua vecchiaia e poco vicino ad una panchina. 
Mi sedetti lì aspettando gli altri, mentre con occhi curiosi scrutavo il luogo in cui ci trovavamo. Sembrava un po' una piccola foresta, in realtà era palesemente un parco, ma quest'aria forestale, gli alberi e tutto mi ricordavano un vero e proprio ambiente naturale, tralasciando le panchine, il sentiero ed il chiosco chiuso poco distante da noi. Non appena vidi quest'ultimo, il mio stomaco fece capriole, avevo fame, eccome se ce ne avevo.
I ragazzi mi raggiunsero e ci sistemammo a cerchio, tutti avevano le gambe incrociate, anche Lizzie che era talmente in confidenza con i suoi amici che non si preoccupava se le si potessero intravedere le mutande, che a quanto pare oggi erano azzurre. Sfortunatamente non ero sciolta come lei, così m'inginocchiai sedendomi proprio così. Ero composta e coperta, ma le gambe chiuse e poggiate a terra alla mia destra procuravano un leggero mal di schiena. Lo ignorai e guardai Zack poggiare quella bottiglia di plastica a terra. 
«Finalmente» fece Lizzie strofinando le mani come uno scienziato soddisfatto del suo risultato. 
«Allora, vi spiego in cosa consiste o meglio a te Caren. Su chiunque capita la punta della bottiglia, deve scegliere tra obbligo e verità e poi beh, conosci obbligo o verità, giusto?» domandò Justin pronto a girare l'affare di plastica. 
«Certo che lo conosco» risposi un po' indignata dalla domanda. Non vivevo su Marte, ero come loro, o forse diversa... Comunque sapevo del gioco e annuii per farglielo capire una seconda volta.
«Dai!» fece Chris. 
Justin girò la bottiglia e capitò su Lizzie. Sbuffai lentamente, oggi tutto girava intorno a lei. Certe volte era insopportabile, mi chiesi come facevano a sopportarla i ragazzi. Poi prima mentre era appiccicata a Zack le avevo parlato in malo modo, di solito rispondeva alle provocazioni, ma come mai era rimasta in silenzio? 
«Obbligo o verità?» interruppe i miei pensieri la voce di Justin.
«Verità» rispose lei.
«È vero che prima di me ti piaceva Zack?» chiese il ragazzo dagli occhi color miele. 
«Sì, lo sapevano tutti, lui compreso» rispose Lizzie poco imbarazzata.
Io feci una faccia poco sorpresa ed arricciai le labbra, Zack era affascinante e carismatico, non sarebbe stata una novità. Tuttavia un po' mi dava fastidio la cosa ed ebbi paura che un giorno potesse ripresentarsi interessata a lui. 
«Che dici Caren?» chiese Alex, era vero, io e Zack stavamo 'fingendo' quindi voleva il mio parere.
«È legittimo penso» commentai falsamente poco interessata.
«Dai sbrigatevi» esclamò Zack che cercava di evitare l'argomento. Lo guardai curiosa dato che era di fronte a me, ma lui non sembrò notarmi perciò lasciai passare.
La bottiglia capitò su Justin e toccò ad Alex fargli la domanda, «obbligo o verità?» chiese.
«Obbligo» rispose lui. 
«Allora ti obbligo a cercare un chiosco e portarci un Mike collins» affermò Alex, che tirò fuori dalla tasca una banconota.
«Va bene, vado dal Ginger Club, ci metto pochi minuti» sbuffò Justin scocciato, ma dopotutto il gioco era il gioco. 
«Cos'è?» chiesi a Zack davanti a me.
«Alcolico leggero» rispose sorridendo e spostando un sassolino che aveva davanti. 
«Posso non bere?» domandai titubante io.
«Oh no, così non è bello!» protestò Alex che sembrava aver progettato una serata divertentissima, «non obbligarla» fece Zack, che ringraziai con il cuore. Attendemmo Justin impazienti, passarono minuti ma non tornò. Iniziammo a preoccuparci e Lizzie si alzò immediatamente, «e se fosse successo qualcosa?» chiese spaventata e bramosa di cercarlo. 
«Andiamo» disse Alex, che iniziò a camminare assieme a Lizzie e gli altri nella direzione in cui Justin andò prima. 
Li seguii tutti e quattro, non avevo paura perché dentro di me sapevo in qualche modo che Justin stesse bene, lo percepivo, ed il mio istinto non sbagliava quasi mai. 
«Oh no, tu resta qui» esclamò Zack, «i tacchi non sembrano aiutarti ed hai un aspetto pallido, resta qui. Chris ti farà compagnia, non vi preoccupate se succede qualcosa vi avvisiamo con il cellulare» aggiunse rivolgendomi uno sguardo di tutela. 
Sbuffai dato che mi lasciava sempre con le mani in mano e mi sedetti sotto l'albero. Lo guardai malinconica e per un secondo esitò ed iniziò a tornare verso di me, ma Lizzie lo bloccò dicendogli qualcosa che gli fece cambiare idea. Se ne andò con lei e Alex, lasciandomi sola con Chris. Il primo pensiero che mi spuntò per la mente fu chiedergli spiegazioni. Insomma, aveva totalmente cambiato atteggiamento con me da quello schiaffo che gli diedi, ero curiosa e avevo il diritto di sapere cosa gli era balzato in testa. In discoteca mi aveva accennato di sua sorella stendendoci poi un velo misterioso, che mi imposi di togliere adesso.
«Chris, spiegati meglio per favore. Perché sei cambiato?» parlottai a bassa voce e indecisa se avevo fatto bene o no.
«Sono sempre stato così, tranne che tu...» cominciò a dire sedendosi proprio vicino a me. Non ero abituata a troppo contatto umano e mi metteva a disagio la cosa, così respirai nervosa.
«Io?» domandai con culto e delicatezza per fargli capire di dover andare avnti. 
«Caren tu mi ricordi molto mia sorella» disse tutto d'un fiato e poi sospirò; come se si fosse liberato di un peso che portava da tempo addosso, come se finalmente avesse aperto la sua emotività. Sembrava aver esposto la pergamena segreta che ogni persona possedeva, solo che il suo scritto restava ancora avvolto nel mistero e volevo capirne di più.
«Cos'ha tua sorella?» feci io chiaramente invadente ed indiscreta. 
«Lei era come te» iniziò a parlare, «stava bene, era felice, allegra e spensierata ed io ne andavo matto, era mia sorella no?» aggiunse toccandosi i capelli chiaramente a disagio.
«Io e lei eravamo molto legati, la nostra era una relazione perfetta, c'erano momenti in cui pensavo che fosse una gemella e un angelo custode. Era una ragazzina gaia, ma inconsapevolmente un giorno iniziò ad avere strane crisi respiratorie che lentamente divennero in veri e propri attacchi di panico, li conosco benissimo. Progressivamente divenne fredda, malinconica e gli psicologi ci dicevano che era depressa. Non lo capivo e non ci credevo, finché un giorno non notai la sua espressione facciale ed i suoi occhi vuoti. Era radicalmente cambiata, smise di parlare e smise di comportarsi come una persona viva, ma lei non era così. Non ci sono parole per descriverla e anche se ci fossero, in questo momento non mi va di dirle. Non mi piace andare a fondo con i miei sentimenti  e con i ricordi dolorosi perciò sarò chiaro e netto» fece poi respirando pesantemente con una voce leggermente spezzata.
«Lei si è tolta la vita ed io ne ho sofferto più di tutti e tutt'ora porto il peso con me. Ho iniziato a pensare che avevo sbagliato ad affezionarmi così tanto, perché le cose belle non durano per sempre, l'ho capito solo ora» continuò Chris con voce sommessa. Era vicino ad un pianto e così pure io. Ero ghiacciata ma intenta ad ascoltare ciò che questo ragazzo così misterioso aveva da dire.
«Fino a pochissimo tempo fa, i tuoi occhi erano i suoi. La tua espressione era la sua e così le gesta ed il comportamento. Ho rivissuto tutto da capo con te, mi è tornato ancora il dolore che preservavo solo nella mente. Per questo non ti sopportavo, mi facevi tornare alla mente brutti ricordi. Ed una parte di me sapeva che se mi fossi lasciato andare troppo avrei legato con te, e tu avresti fatto la sua stessa fine, ed io sarei morto dentro di nuovo, così ti ero ostile» finì così di raccontare Chris. 

Respirai con difficoltà e sentii il naso pizzicare. Il cuore tamburellò per poco, aprendo la strada ad un leggero bruciore delle narici e di conseguenza alle lacrime. Abbassai lo sguardo facendo una smorfia addolorata; serrai le labbra, aggrottai le sopracciglia e sentii il naso stortarsi dall'intrattenimento inutile. Gli occhi si appannarono ed un primo singhiozzo mi scosse leggermente, dando il via al mio piagnucolio, che ormai avevo evitato per diversi giorni. Tirai sù col naso, con una mano mi strinsi le ginocchia al petto mentre con l'altra afferrai quella di Chris, che prese prontamente; notai che stesse piangendo pure lui. Seppur con difficoltà assottigliai gli occhi per studiarlo meglio. Le sue gambe erano poggiate a terra e tenute salde da lui stesso, con la mano libera si copriva il viso, poco visibile dato che aveva la testa inclinata verso il basso ed i capelli che coprivano ulteriormente dei particolari. 
«Un maschio non deve piangere» singhiozzò mentre cadeva ulteriormente in un pianto ancora più disperato, coronato da frustrazione e da mestizia. I suoi lamenti erano spezzati, disconnessi, era affranto, ma Chris restava un grande uomo, un uomo distrutto. Aveva sorretto questo peso per anni e lo sconforto sfociava sull'atteggiamento che aveva, poi con me aveva sofferto nuovamente, con me aveva rivisto la sorella, con me era morto dentro per l'ennesima volta.
Lui piangeva e mi trascinava con sé, più esternava la sofferenza più mi disperavo pure io. Finché non ci trovammo ad addolorarci entrambi, i nostri pianti erano una sola cosa e per la prima volta capii la fragilità delle persone. Sì, perché non ero l'unica a soffrire e a patire, tutti avevano qualche tasto dolente, tutti stavano male, non solo io. Mi accorsi di essere stata egoista.

Passarono dei minuti e ci calmammo entrambi, le nostre mani erano ancora unite e combaciavano alla perfezione. Erano le mani di due persone che dalla vita avevano ricavato tristezza, due mani di due persone che stavano imparando a vivere guardando il mondo da una prospettiva diversa, e forse... Ci stavano riuscendo. 

Tirai sù col naso e mi avvicinai a Chris, abbracciandolo leggermente e accarezzandogli la nuca, sentivo di dover compensare la mancanza della sorella, sarebbe stato impossibile, ma ci avrei provato.
«Chris i maschi possono piangere eccome, siamo tutti umani, hai capito?» chiesi in un sussurro. Vidi che annuì e mi staccai da lui, guardando il cielo e aspettando i ragazzi. 
Un «grazie» giunse alle mie orecchie come finzione e nello stesso tempo realtà. Guardai a saetta Chris, che si era ricomposto. Mi domandai se mi avesse davvero ringraziata, o se si fosse trattato solo di un'illusione acustica; nel mio cuore speravo che l'avesse detto davvero, adesso era un diario segreto, di cui solo io custodivo la chiave. 

Arrivarono i ragazzi e con loro pure Justin, che sorreggeva due bottigliette in mano e camminava con un sorriso stampato sul volto. Guardai Chris che abbassò gli occhi ancora rossi, così feci pure io, appoggiandomi leggermente alla sua spalla e sentendo le palpebre appesantirsi da sonno. I ragazzi si avvicinarono ridendo.
«Sembrate tornati da una battaglia» fece Justin sedendosi nello stesso posto di prima.
«Possiamo dire che è così» dissi io ricomponendomi e tornando a sedermi.
«Dove sei stato?» gli chiesi, «eri preoccupata?» domandò lui. 
«Lo eravamo tutti» puntualizzò Lizzie che gli strinse la mano provocando in me una voglia di prenderla a pugni, e pensare che non sono mai stata una tipa violenta. 
«Che il gioco della bottiglia continui signore e signori, sarà una lunga nottata» esclamò Alex urlando come un conduttore che annuncia l'inizio del suo show. Risi nonostante fossi ancora scossa dalla dichiarazione di Chris, ciononostante prevedevo una notte piuttosto divertente.






SPAZIO AUTRICE

Hei bellissime,
eccomi qua dopo quasi una settimana con questo capitolo di media lunghezza.
Beh, la domanda che sorge spontanea è: che ne pensate? Ho un po' paura di deludere le vostre aspettative...
Ci ho messo ore a scriverlo e l'ho riletto una sola volta.
Una parte di me, mi diceva che sarebbe stato meglio pubblicarlo domani alle due,
ma l'altra era come sempre impaziente di farvelo leggere :)
Allora, qui si scopre molto su Chris e Caren è... Gelosa?
Non ci sono tuttavia grandi avvenimenti, come ci saranno nel prossimo...
No davvero, questo gioco della bottiglia sarà decisivo ed importantissimo.
Ho in mente vari fatti da scrivere e ho deciso, tra dieci capitoli 'shining'
terminerà ufficialmente e arriverà il sequel.
Questa mia decisione è nata dal fatto che come avete notato, le tematiche stanno cambiando.
Caren non è più molto depressa ed il rapporto coi ragazzi si sta evolvendo
a tal punto da predeterminare un nuovo inizio, che ci sarà per l'appunto con questo sequel.
Beh, se volete che mi metta a scrivere il prossimo capitolo, recensite, e fatemi sapere
cosa ne pensate, di tutto... Questa fiction è un po' un garbuglio lol.
Vi lascio con una foto di Zack, Justin, Lizzie e con un ringraziamento.
Beh, vi dico grazie dal profondo del cuore, a tutti i lettori silenziosi,
a quelli che recensiscono e a chi comunque si è degnato di arrivare fino a qui.
Voi silenziosi siete davvero in molti, vi ho contati ed in tutto siete 134, mentre quelli che hanno recensito si aggirano tra i 20. Beh, grazie di tutto, senza di voi non avrei motivo di continuare a scrivere, e grazie tante ai lettori che commentano e che mi lasciano recensioni per dirmi che loro ci sono; siete essenziali e davvero, se non fosse stato per voi avrei rischiato di eliminare la storia molteplici volte!
Vi saluto e ci si vede nel prossimo capitolo che non tarderà ad arrivare.
Ciao meraviglie.
Inspired_girl
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Zack
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Justin
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Lizzie
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Capitolo 21
*** Twenty-first chapter ***


'Con questo mio scritto pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo'





                                                                             Ops

                                    

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                                                                                        -21-


“A ogni uomo spettano di diritto 
soddisfazioni intense come i suoi dolori”
-Rex Stout, Nelle migliori famiglie (1950) 











«Dov'eri finito allora?» chiesi nuovamente a Justin, che sembrò aver troncato il nostro dialogo dopo la stretta di mano di Lizzie. Inarcai un sopracciglio notando l'espressione un po' soddisfatta della ragazza bionda e m'intrattenni dall'urlarle addosso. Mi chiesi perché di tutta questa sua gelosia e acidità nei miei confronti, quando fino a ieri sera si era comportata premurosamente. Forse pensava che volessi rubarle Justin, ma in questo momento non era il mio obiettivo, non capivo ancora cosa volevo veramente, però lasciavo correre. 
«Il proprietario del ginger club non la smetteva di parlare!» rispose sciogliendo la stretta di mano con Lizzie, che sembrò non badarci più così tanto dato che stava parlottando con Zack. Annuii per far capire al mio interlocutore di aver compreso il motivo della sua assenza e guardai Chris, che si stava lentamente riprendendo. 
«Era seduto e stava sorreggendo con aria impaziente i nostri Mike Collins, mentre ascoltava Max che non la smetteva più di parlare» disse Alex tra una risata e l'altra. Lo guardai e gli sorrisi leggermente. Adesso che ci pensavo, ultimamente Lizzie passava più tempo con lui che con gli altri tre, mi domandai cosa fosse successo e giunta a fare pensieri troppo lontani da un'ipotetica verità, troncai i miei interrogativi in un batti baleno. 
«Chris cos'hai?» chiese improvvisamente Lizzie aggrottando le sopracciglia e facendo un balzo dalla sua postazione tra Zack e Justin. Dato che Chris era vicino a me, potei notare con più facilità lo sguardo preoccupato e crucciato della ragazza bionda. Con Chris era molto protettiva, lo aveva difeso nel momento in cui questa mattina gli diedi quello schiaffo, quando nella rissa era stato colpito ed adesso. 
«Ehi?» gli chiese nuovamente poggiando due dita sotto il suo mento ed alzandogli il viso, facendo in modo di poterlo osservare per bene. Guardai gli altri e notai che tutti i loro sguardi fossero visibilmente allarmati e concentrati su Lizzie e Chris, che nel frattempo non parlava. Lui mi somigliava per certi versi. Aveva paura che la sua voce risultasse debole e così stava in silenzio, poi guardai i suoi occhi, erano spenti, e mi tornarono in mente i miei e forse anche quelli di sua sorella.
Mi mordicchiai il labbro inferiore tornando a guardare il suolo. Mi sentii osservata ed alzando il viso guardai Alex fissarmi in maniera sospettosa, e poco dopo lo seguii una Lizzie che mi volse un'occhiata artica e poliziesca. Vedere Chris piangere era rarissimo e forse ora, credevano che l'avessi ferito io. Forse era vero, lo avevo ferito col mio modo di essere, lo avevo fatto soffrire riportandogli alla mente il ricordo della defunta sorella. Gli avevo fatto del male e me ne ero resa conto solo ora.
«Caren, c'entri qualcosa?» domandò Lizzie guardandomi seria. Gli sguardi degli altri si poggiarono su di me e dovetti strappare dell'erba per non sentirmi nervosa. Non sapevo cosa risponderle, perché sì, c'entravo eccome.
«Penso di sì» replicai sentendomi agitata. Sapevo che avrei nuovamente discusso con Lizzie, ma adesso, in questo istante, in queste circostanze ed in queste condizioni non mi andava. Anzi, mi faceva snervare il dover litigare ora, volevo tranquillità ed un po' di pace.
«Perché?» chiese Justin guardandomi negli occhi. In quel momento lo odiai, mi stavano facendo sentire tutti in colpa, soprattutto lui con quei bei pozzi nocciola. Smisi di strappare l'erbaccia e decisi di parlare. Stavo facendo la figura del criminale a cui il gatto ha mangiato la lingua. Sospirai leggermente e mi pulii il vestito infiacchita.
«È complicato e non credo di poterlo dire» risposi mandando giù un groppo di saliva che mi opprimeva la capacità di dialogare indisturbata. Non avrei rivelato il segreto di Chris, per nulla al mondo, a meno che anche gli altri non lo sapessero già.
«Cos'è complicato-»
«Ha ragione» interruppe Chris l'esclamazione in collera di Lizzie. Lo guardai rapidamente e ringraziai il suo intervento. Ero spossata e non avrei potuto replicare in modo raziocinante alle 'accuse' che Lizzie mi avrebbe sicuramente volto.
«D'accordo, ma c'è qualcosa di segreto tra voi due» iniziò a parlare lei. 
«Che voglio, anzi vogliamo, sapere pure noi» finì tornando in modo composto al suo posto, tra un Justin che mi scrutava ansioso ed uno Zack completamente silenzioso, fattori che alimentavano il mio stato caotico. 
«Non me la sento» rispose Chris abbassando nuovamente lo sguardo, forse desolato dall'aver proibito la migliore amica del suo segreto. 
«Lo hai detto a lei e non a me, che ti conosco da una vita?» chiese accigliata Lizzie, indicandomi con aria di disprezzo. Aveva ragione, non doveva essere bello scoprire che il miglior amico si fosse confidato con una quasi 'estranea' e non con lei, perciò stetti in silenzio ed abbassai lo sguardo, tornando nuovamente a strappare l'erba con nervosismo ed irritabilità facile.
«Chris, avanti!» protestò nuovamente e gli occhi le diventarono quasi lucidi. In un momento trasparì uno stato di rammarico e pensai che fosse sincera, forse anche troppo. Mi dispiacque per lei, aveva realizzato un sacco di cose, a partire dal fatto che forse Chris, non la considerava importantissima come pensava lei ed anche gli altri. 
«Lizzie finiamola qui» fece Justin rivolgendomi un'occhiata colma di squallore. Attenzione a chi tocca la sua Lizzie. Nonostante mi fossi intrattenuta fino ad ora, decisi di farmi avanti. Quello sguardo di disprezzo che mi rivolse per difenderla mi mandò in bestia, mi chiesi cosa fosse quel sentimento che in questo preciso istante mi comandava di farmi forza.
«Che hai da guardare in quella maniera?» gli chiesi burbera ed immusonita. Smisi di strappare l'erba e mi grattai il polso.
«Nulla» replicò abbassando lo sguardo. Anche lui non era in vena di litigi ed aveva più che ragione.
«Caren, scendi da quel piedistallo per favore» disse Lizzie guardandomi spossata.
«Se c'è un piedistallo, allora l'unica persona su cui ci sta sopra sei tu!» replicai con decisione e fermezza acuta. Non capivo la ragazza. Prima in discoteca mi difendeva e poi tutt'altro. Sforzai i meccanismi cognitivi e mi ricordai improvvisamente che non aveva difeso me, ma Chris; rammentai anche il fatto che non mi aveva difesa neanche verbalmente, le dava solo sui nervi il fatto che Julie si fosse atteggiata da ragazza invincibile davanti a lei. Nel mio viso si fece spazio un'espressione leggermente sorpresa e mi resi conto che qui, nessuno si comportava realmente da persona bipolare, soprattutto lei, che al contrario aveva prestabilito un'immagine tutta sua nei miei confronti. Sospirai impercettibilmente e desiderai tornare a casa. 
«Lizzie smettila! Caren non c'entra nulla, è tutta una mia questione personale, che ha coinvolto emotivamente entrambi. Anche Caren ha pianto per tua informazione» urlò Chris cercando di interrompere l'atmosfera tesa. Non mi piacque il fatto che avesse rivelato che avevo pianto pure io, ma cercai di non farmi condizionare dal mio orgoglio e guardai Justin. Sembrò smuoversi un po' all'affermazione di Chris ed i suoi occhi brillarono per una frazione di secondo. Lizzie, Zack ed Alex mi guardarono e solo dopo un po' sembrarono aver notato del rossore nei miei occhi. 
«D'accordo allora» fece Justin tornando a sorridere leggermente. In quel momento migliorò tutto e sorrisi pure io. Guardai i suoi denti bianchi e l'espressione più sollevata, ed in quel momento mi sentii felice e realizzata. 
«E scusa da parte di Lizzie» continuò quest'ultimo dando una piccolissima gomitata alla ragazza, che sbuffò alzando gli occhi al cielo. «Okay allora» disse Alex stiracchiandosi e facendo schioccare le ossa della schiena. Cercai dell'interazione con Zack e quest'ultimo finalmente mi sorrise. 
«Dimentichiamo tutto, tutti quanti» dissi mandando giù l'ennesimo groppo di saliva. 
«Ci sto» fecero Zack e Justin, mentre Lizzie e Chris annuirono.
«Non vorremo dimenticare anche i nostri Collins ed il nostro bel giochino?» chiese Alex provocando una piccola risata di gruppo, che stranamente non mi vide coinvolta.  
«No dai, passa una bottiglia» disse Justin. Alex prese un Mike Collins e glielo diede frettoloso, mentre lui si tenne l'altro. 
«Perché solo due?» domandò Chris sorridendo. Nonostante l'umore un po' cupo, il suo sorriso e quello di Justin mi diedero la carica giusta per non rattristarmi. 
«Alex mi ha dato pochi soldi» replicò Justin.
«Che ore sono?» chiesi dopo essermi fatta dei complessi sul se chiederlo o no. Era complicato esprimermi ed aprirmi, nonostante lo avessi già fatto sta mattina in palestra e qualche altra volta, adesso ero stranamente più torva. Quelli erano i miei stupidi momenti di euforia. Stati di eccessiva esaltazione mentale e fisica. Smettevo di essere me per un po' di tempo, trasformandomi in una ragazzina esuberante e troppo ottimista, cosa che non mi si addiceva da anni oramai.
Combinavo qualcosa e solo dopo un po' di tempo realizzavo di averlo fatto davvero, condannandomi per ogni minimo respiro commesso in quel determinato lasso di tempo in cui per l'appunto ero euforica. Pensai che tra un po' di minuti sarei tornata in me, e avrei concretizzato la giornata di oggi, dal mattino in palestra, fino all'uscita dal locale Danger.
«Mezzanotte» mi rispose Chris guardando il cellulare. Strabuzzai gli occhi e tirai fuori il mio telefonino dalla borsa. 
«Tutto okay?» chiese Justin, che notandomi impacciata e a disagio, pensò bene di farmi l'interrogativo. 
«Hai dimenticato qualcosa in discoteca?» domandò Lizzie guardandomi stranita.
«No, devo chiamare i miei genitori» risposi con un sorriso mortificato ed un'aria leggermente rammaricata, avevo interrotto l'inizio del gioco che a quanto pare questi ragazzi amavano follemente. Mi alzai con cautela, attenta e non far intravedere le mutande e a non mettere in esposizione troppa pelle. Presi il cellulare con le mani e mi allontanai da loro.
«Ci metto pochissimo» urlai girandomi un'ultima volta. Ripresi a camminare sentendo i muscoli dei polpacci dolermi a causa dei tacchi e mi appoggiai ad una quercia, poco distante da loro. Digitai il numero di mia madre -molto più comprensiva di mio padre- e attesi che rispondesse. 
«Pronto mamma?».
«Caren, perché così tardi? Ti ho chiamato prima, ma non hai risposto» domandò con voce impastata dal sonno.
«Mamma, sono con dei miei amici, posso tardare di un po'?» chiesi ignorando la sua affermazione e  facendo una smorfia di supplica nonostante nono potesse chiaramente vedermi. 
«Amici? Sono felice per te. Va bene, ma non chiamare tuo padre» esclamò abbassando il tono di voce.
«Sai com'è, il tuo coprifuoco è molto limitato e non sarebbe felice di sapere che sei fuori di casa a quest'ora» aggiunse poi; orrisi, sapevo che mi avrebbe lasciato tardare. Mi chiesi se non avesse paura che mio padre la potesse sentire, erano nella stessa stanza e di norma lui si svegliava ad ogni minimo sussurro.
«Ti voglio bene, ciao» cercai comunque di troncare il più velocemente possibile; mi bastava avere il suo permesso, tutti gli interrogativi su papà, me li sarei posti in camera mia. 
«Non fare guai, ciao tesoro» mi salutò lei con fare premuroso e gentile. Chiusi la telefonata e sorrisi prontamente, tornando a falcate dai ragazzi, seduti in cerchio che chiacchieravano sonoramente, parlottando di argomenti fuori dal normale, come chi fosse più forte e coraggioso tra superman e batman.
«È fatta?» domandò Justin non appena mi vide, annuii e tornai a sedermi. Tuttavia l'odore leggero di alcol invase il mio olfatto e feci una smorfia per ignorare lo sgradevole senso di nausea che si apprestava ad arrivare. Notai che le due bottiglie fossero già state aperte ed una era anche vuota. Strabuzzai gli occhi e guardai Zack prendere qualche sorso dell'altra, per poi passarla a Lizzie, che se la scolò in un battibaleno. Mi guardai intorno e constatai che tutti avessero bevuto, tutti tranne me.
«Ragazzi?» chiesi notando che Lizzie avesse già iniziato ad intontirsi, insieme ad Alex che aveva in mano quella dannata bottiglia di plastica dal tappo rosa carne.
«Sì?» rispose Zack. Lo guardai negli occhi e ringraziai il cielo nel momento in cui mi accorsi che non era ancora ubriaco, assieme a Justin e Chris, sembrava uno che riusciva a reggere l'alcol con facilità e finezza.
«Nulla» risposi sorridendogli. Lui annuì sistemandosi le manica della camicia bianca, che gli donava così tanto. 
«Giochiamo?» urlò all'improvviso Lizzie. Mi tappai le orecchie assieme a Justin, e ciò la fece ridere a tal punto che rischiò di cadere all'indietro, se non fosse stato per l'intervento di un Zack sveglio.  Per un attimo mi chiesi se non stesse facendo finta. Non credevo che fosse possibile perdere il senno con una bottiglia di un alcolico così leggero, in meno di dieci minuti. Magari le piaceva attirare l'attenzione dei ragazzi e fingersi stupida. Scossi la testa e guardai Chris, che si girò da me con un'aria divertita. Sapevo che la leggerezza del Mike Collins l'avesse fatto stare meglio. Non sembrava uno che metabolizzava i problemi e la tristezza in poco tempo, proprio come me.
«D'accordo, gira la bottiglia Caren!» fece Alex, in condizioni migliori di Lizzie, ma sempre e comunque svampito. Fui presa alla sprovvista, ma girai comunque quella bottiglia, il cui tappo puntò proprio Lizzie. Sorrisi un po' trionfante.
«Obbligo o verità?» le chiesi inclinando la testa di lato.
«Obbligo» rispose esaltata. La osservai per una frazione di secondo e subito dopo decisi l'ordine da impartirle.
«Ti obbligo a chiudere le gambe e a smettere di mettere in mostra le mutandine azzurre» dissi realizzata. Partì una risata generale che questa volta mi coinvolse. Notando la sua espressione comunque divertita, non mi sentii in colpa di averla messa in ridicolo, e nel momento in cui obbedì spostando il vestito e sedendosi composta, non potei non ridacchiare.
«Andava bene anche prima» fece Zack con aria distratta. Lo guardai un po' accigliata ed il mio risolino si spense. Lui l'apprezzava in tutti i modi, e questa era la prima volta che in qualche modo l'aveva 'difesa', anche se non l'avevo attaccata in modo vero e proprio, rimasi un po' delusa. In qualche modo invidiai Lizzie, qualsiasi cosa avrebbe fatto ai ragazzi sarebbe andato comunque bene. Per lei stravedevano, mentre per me no. Continuavo a ripetermi che era chiaramente una questione di tempo, ma la scusa non mi andava più bene. Ero un incomodo forse? Scossi la testa rammaricata e mi toccai i capelli con aria menefreghista. 
«Tocca a me» disse Chris girando la bottiglia, che finì su Alex.
«Obbligò o verità?»
«Verità» disse Alex inebetito.
«Avevi messo tu la salsa piccante nel mio panino l'anno scorso?» domandò Chris che era chiaramente ironico.
«Sì» rispose Alex dopo secondi, per poi scoppiare a ridere come un bambino senza preoccupazioni. Risero anche Justin, Lizzie e Zack, io no. Mi assalirono dei brividi e notai la pelle d'oca formarsi sulla mia pelle. Mi sentii estremamente fuori luogo.
Loro ridevano perché avevano vissuto quell'episodio in prima persona, erano insieme da un sacco di tempo, mentre io non c'ero. Non ci sono mai stata fino a pochissime settimane fa, ed ora ero qui con loro, a dover passarci del tempo senza capire la maggior parte dei loro discorsi e senza poter ridere nel momento in cui ricordavano episodi del passato.
Che ci facevo in questo vecchissimo gruppo di amici? Mi domandai mentalmente. Non contavo nulla messa a confronto con ciascuno di loro, in questo momento potevo essere la loro seconda scelta. Anzi, la sesta. Non ero importante per nessuno, ero l'ultima della fila. E se fossi nuovamente out group? E se avessi sbagliato a definirmi parte del gruppo? 
«Caren obbligo o verità?» chiese Justin con fare un po' duro, interrompendomi dai miei pensieri. Alzai lo sguardo spiazzata e notai che avesse già girato la bottiglia e che il discorso del panino piccante fosse già finito da un pezzo.
«Verità» risposi intimorita. Un gorgoglio scosse il mio stomaco e mi ritrovai a temere una sua possibile domanda. Era leggermente frastornato dalla bevanda -che a quanto pare in questo gioco, serviva a far dire la verità ad ognuno-, quindi non avrebbe potuto farmi domande invadenti o mettermi in difficoltà.
«A cosa pensavi quando ti ho interrotta?» domandò netto e con fare estremamente singolare. Mi spiazzò e m'irrigidii all'istante.
Stavo pensando a quanto ero fuori luogo ed out group, non mi pareva il caso di dirlo, l'ultima cosa che volevo era dare voce ai miei pensieri ed apparire una complessata che faceva la vittima. Aggrottai leggermente le sopracciglia e mi ricordai di un particolare. Non avevo bevuto, ero consapevole delle mie azioni. Potevo mentire.
«Ad una torta di fragole» dissi per nulla convinta e chiaramente poco credibile, imprecai.
«Eri così concentrata, assorta, che pensavi ad un dolce?» replicò lui, facendo ridacchiare Lizzie.
«Esattamente» feci io, dura come non mai.
«Se hai preoccupazioni puoi dircele, siamo tutti amici. Giusto?» chiese comprensivo e sincero. Le sue parole rimbombarono nella mia mente in una risonanza dolce e magnetica. Aveva detto che eravamo tutti amici, era ubriaco e non poteva mentire. Tutti amici. Zack annuì come per dare manforte all'affermazione di Justin e così Chris, che mi strinse la mano; il suo era un gesto solidale, me la strinse proprio come feci io poco fa e sentii il calore impossessarsi di me. Troppe attenzioni non facevano per me. Felice, ma allo stesso tempo a disagio, cercai di sviare l'argomento in qualsiasi maniera. 
«Tocca a Zack» feci composta e poco tranquilla. 
«Giusto!» disse Lizzie. Così Zack girò la bottiglia, il cui tappo indirizzò Justin. Mi misi sull'attenti.
«Scelgo verità» fece mordicchiandomi il labbro inferiore ed accennando un sorriso un po' grullo. L'alcol si era già impadronito dei suoi sensi.
«Che pensi di Caren?» domandò guardando prima me e poi lui.
«Non è davvero niente male» rispose Justin.
«Cosa?» urlai sentendo le guance arrossirsi.
«Hai un potenziale, non essere ingenua» mi rispose lui. Sentii il cuore battere e rabbrividii di gioia. La pelle d'oca era ovunque e respirai pesantemente.  Sorrisi a trentadue denti, cercai di regolare la mia respirazione e di non esaltarmi troppo.
Notai l'espressione di Lizzie e mi spensi immediatamente. Era addolorata e per un attimo smise di respirare. Notai che le si fecero gli occhi un po' lucidi, come prima e la vidi cercare di coprirsi con le braccia. Sapevo che non fosse ubriaca, ne ero convinta, Lizzie stava giocando ad un altro gioco. Non aveva la mente offuscava e pensava benissimo. La guardai forse dispiaciuta ed all'improvviso la felicità che mi diede l'affermazione di Justin sparì del tutto. 
«Wow» commentò Zack, a cui non sembrò piacere molto la risposta di Justin. 
«Andiamo avanti!» fece Alex.
Toccava a Justin, girò la bottiglia e capitò su Lizzie.
«Verità» fece lei con voce spezzata ed improvvisamente cupa. Gli altri non si resero conto dell'impatto che l'affermazione di Justin ebbe su di lei, tanto che continuavano a scherzare tra di loro. Le uniche sane mentalmente eravamo io e Lizzie, che nonostante si fosse bevuta un po' di Mike Collins, era intatta. 
«C'è qualcuno che temi?» chiese con fare ironico. Lizzie non lo era e notai l'espressione di ghiaccio.
«Sì, temo Caren» rispose. Gli altri risero leggermente mentre io la guardavo incapace di parlare. 
«La temo perché ci sta scombussolando tutti, vi sta allontanando da me» aggiunse sincera. Cercai di metabolizzare la sua affermazione pesante ed inspirai. 
«Per questo la maggior parte delle volte fingi? Per ricevere attenzioni da loro?» le risposi io. I miei ragionamenti erano sensati. A questo punto dubitai di lei anche nel momento in cui prima, in discoteca, fece finta di perdere conoscenza. Aveva finto di star male per avere attenzioni da Zack che la portò con fare dolce sul bancone, e da Alex, che si era preso cura di lei mentre io ero girata a guardare la rissa.
Poi, era sospetto il fatto che dopo esser svenuta e trasportata in braccio fino a qui, si fosse ripresa miracolosamente saltellando su Zack quando lui mostrò la bottiglia di plastica a tutti. Poi come avevo pensato prima, era assurdo che si ubriacasse in meno di dieci minuti ed il suo atteggiamento da ragazzina stupida e svampita era sospetto.
«E se fosse?» chiese sorridendo di poco.
«Significherebbe che sei la persona più meschina di questo mondo» replicai forse troppo scontrosa. L'atmosfera si fece tesa, non volava una mosca, io guardavo Lizzie e lei guardava me, mentre gli altri osservavano la scena in silenzio. 
«E perché, tu non lo sei? Tu che stai facendo di tutto per separami da loro e sopratutto da Zack e Justin? E dopo oggi anche da Chris?» urlò mentre gli occhi le tornarono lucidi e la voce tremolante. 
«Io non voglio separati proprio da nessuno» ribattei gesticolando innocente. Non ne ero tuttavia sicura, se avevo finto di stare con Zack, era perché volevo un feedback da Justin. 
«Ci stai riuscendo lo stesso, con o senza la tua volontà» finì di parlare abbassando lo sguardo. I suoi timori erano infondati, ed in quel momento mi chiesi come le cose si fossero ribaltate. Sono sempre stata io a temere lei, ed ora era tutto il contrario.
No era diverso. Io invidiavo Lizzie perché aveva loro, perché eccelleva a scuola e nello sport, perché era comunque dolce e perché era bellissima. Mentre lei non mi invidiava, lei mi temeva. Temeva che le portassi via i suoi amici. Era stupida. Non sapeva che nonostante la mia presenza Justin, Alex, Zack e Chris stravedevano per lei, la definivano la 'loro ragazza', la amavano, andavano matti per lei. Non si rendeva conto che era la loro prima scelta a tutti gli effetti, sempre e comunque, e che se messa in confronto con me, tutti avrebbero voluto lei. Non eravamo minimamente paragonabili. Era incosciente, non sapeva che avrei dato un organo per assomigliarle o che la invidiavo a tal punto che ieri sera avevo quasi tentato di farmi investire da una macchina. Scossi la testa al ricordo doloroso e l'associazione mi fece rammentare i primi giorni con loro, quando a casa piangevo e mi disperavo per essere errata, sbagliata, per non essere Lizzie Cox, quella bellissima ragazza bionda che piaceva a tutti. Tremai leggermente e mi pizzicò il naso. Persi il respiro per pochi secondi e guardai il cielo per non piangere. Non doveva finire così, avevo deciso di essere forte e acida, avevo deciso di avere una personalità dura ma nello stesso tempo amichevole, come quella di Lizzie. Ma perché lei adesso aveva solo veleno nella bocca, mentre io sentivo la voglia di piangere e avvertivo di essere fuori luogo, vulnerabile e debole? Perché non ero io, quella che avevo era una stupida maschera che non stava reggendo neanche ventiquattro ore. Combattei mentalmente e forse anche fisicamente con la negatività che sentivo tornare. Strinsi in pugno il mio vestito e alzai lo sguardo per vedere Lizzie alzarsi e camminare lontano da noi, per poi poggiarsi ad un albero e coprirsi il viso con le mani, con il petto che faceva su e giù ed il corpo leggermente tremante.
«Brava Caren» fece Justin, che sbuffò alzandosi e andando dalla sua ragazza.
«Già, bravissima» disse anche Alex, che seguì l'amico.
Guardai Zack rivolgermi un'occhiata delusa e Chris guardare l'altra parte del parco. Non passarono venti secondi che si alzarono anche loro per raggiungere Lizzie, lasciandomi lì, seduta e sola come un cane. Lasciandomi con milioni di sensi di colpa addosso ed una dura realtà da realizzare.









SPAZIO AUTRICE
Ehi,
scusate ma ho stravolto questo capitolo. 
Nel gioco della bottiglia volevo inserire anche un'altra cosa, 
ma ho notato che era troppo presto e sarebbe stata una mossa immatura.
Tuttavia la fine era sempre quella, non l'ho modificata.
Che pensate di questa Lizzie 'sensibile'? Dei ragionamenti
sensatissimi di Caren, che alla fine sono diventati realtà? 
Della sesta scelta tra di loro? Anzi, forse addirittura neanche
una scelta, out-group: fuori dal gruppo.
Secondo voi abbiamo fatto un passo in avanti o uno indietro?
Oppure entrambi? Sembrerò losca, ma ricordatevi che ogni avvenimento
in questa storia ha un fine particolare ed un qualcosa che voglio trasmettervi.
Vi siete ritrovati nella storia della scelta? Nella maschera di Caren che accenna a crollare?
Sono curiosa di leggere le vostre recensioni, sono curiosissima, davvero.
Scusate possibili errori, ma vi prometto che rileggerò tutto e lo correggerò per bene
perciò non scandalizzatevi se notate qualche sbaglio verbale o grammaticale,
non me ne rendo conto finché con la mente riposata non rileggo tutto.
Avevo detto ad alcune che avrei aggiornato presto, però vi assicuro che ho avuto un problema
con l'ipad e la rete internet. Perciò scusatemi.
Che dire, oggi non metto foto, tenete solo a mente il bellissimo viso di Justin Bieber,
di Dylan Sprouse (Zack), Nihan (Caren), Zoe (Lizzie) e di Chris ed Alex.
L'ultimo pezzo volevo approfondirlo di più, inserire più stati d'animo,
però avrei rovinato una cosina che ho in mente, *risata malefica* :)
Ah e volevo dirvi che sono felice, i lettori stanno
aumentando drasticamente e ne sono gioiosa! Se vi faceste 
vivi ne sarei ancora più contenta, alcuni di voi
sono recensori master, ma a me non cagate ç.ç.
Tralasciando questo fatto hahahaha, 
il prossimo capitolo non tarderà ad arrivare (questa volta davvero lol),
e cercherò di farmi valere di più, forse non mi sto
impegnando al massimo come dovrei perché mi sto montando la testa,
grazie ai vostri complimenti credo sempre di far bene e butto
lì una o due paroline. Però cercherò di rifarmi e di dare il massimo
per offrirvi una lettura più scorrevole e gradevole (#pinkiepromise).
Detto questo vi mando un abbraccio grande grande,
Inspired_girl
x
Ps. Non fidatevi tanto della fine di questo capitolo e di quest'improvviso attacco d'insicurezza di Caren ;)

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Capitolo 22
*** Twenty-second chapter ***


'Con questo mio scritto pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo' 




                                                                            Too tired



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                                                                                              -22-
“Pazienza. Forma minore di disperazione, 
travestita da nobile virtù”
-Ambrose Bierce, Dizionario del diavolo (1911).







Mi chiesi perché le cose dovessero finire sempre così. Sì, perché non c'era giornata che non terminasse male. 
Del resto ero Caren Eve Howen, una di cui la serenità non ne voleva assolutamente sapere, così come la felicità e il resto delle emozioni positive.
Sapevo di essere stata troppo scontrosa con Lizzie, ed ero sicura che ora stesse piangendo sincera. 
Però il suo comportamento stava iniziando a stufarmi. Iniziavo la giornata con il piede giusto e poi, per colpa di un suo intervento finiva tutto in malo modo. Come ieri, l'altro ieri e questa sera. 
Sempre la stessa e noiosa storia. Benché fossi seccata dalla situazione, c'era sempre quella parte malinconica di me, che in qualche modo si era già identificata come il capro espiatorio di ogni situazione. 
Percepivo di essere scocciata da tutti questi cinque ragazzi, ma nello stesso tempo ero devota ed attaccata a loro. Avvertivo sensi di colpa verso Lizzie e affezione verso i ragazzi, che mi avevano comunque aiutato psicologicamente, sopratutto Justin e Zack. Mi avevano fatto sentire a mio agio e mi avevano trasmesso un po' del loro affetto. C'era chi con uno splendido abbraccio e chi con parole dolci e toccanti. Ero divisa in due, e non si sapeva quale parte di me prendesse il sopravvento sull'altra. Ad esempio se poco fa mi ero sentita in colpa e triste, adesso ero totalmente infastidita da Lizzie e dalla sua combriccola, che non facevano altro che seguirla ovunque. 
Così mi feci coraggio, asciugai gli occhi lucidi e mi alzai con compostezza e garbo. Impiegai del tempo nel togliermi l'erba dalle gambe e nel pulirmi il vestito; in realtà lo stavo facendo appositamente. Avevo bisogno di tempo per riflettere e per mostrare agli altri che ero indifferente, così pulivo con distacco la mia vestaglia nera. 
E ora come mi comporto? Mi domandai ancora occupata a togliermi quelle erbacce che oramai erano sparite da un pezzo. 
Decisi di recitare la parte dell'arrabbiata. Nonostante tutti mi avessero fatto capire di aver sbagliato con Lizzie -e forse ne ero consapevole pure io-, decisi di riaggiustare la maschera che poco fa si era frantumata, riponendola con decisione sul mio viso e offuscandoci la vera Caren. Basta tristezza, dannazione, stavo sempre male io, era ora di cambiare un po' le cose. 
Se ieri ero tornata a casa distrutta e piangente, oggi non sarebbe successo. 
Sarei arrivata in camera mia di buon umore, avrei preso due antidepressivi precauzionali ed un sonnifero per non pensare, e l'indomani sarei tornata a scuola senza problemi. Come faceva Lizzie. 
Il giorno prima mi feriva comportandosi da ragazza arcigna, e il mattino dopo mi sorrideva falsa nel corridoio scolastico, come se nulla fosse successo e come se non mi avesse fatto star male. Sì, Lizzie era falsa. 
Bella, brava, dolce e premurosa, ma falsa. Solo con me però, dato che tutti quelli che la conoscevano ne parlavano alquanto bene. 


E se fosse lei a tornare questa sera piangente a casa sua e non più io? 


Scossi la testa per liberarmi di quell'interrogativo diabolico e mi appoggiai all'albero.
Ero stata scontrosa, ma anche Lizzie lo era stata con me, quindi non avevo colpe, dovevo solo inspirare e convincermi di questo fatto. Lei stava esagerando e i ragazzi, pazzi di lei, mi davano torto. Era anzi, doveva essere per forza così.
Continuai a respirare e a liberare la mia mente da ogni tipo di colpa o autocritica, non avevo sbagliato io, o perlomeno non del tutto. Loro erano cechi e per giunta ubriachi, al posto di usare la mente per capire chi delle due avesse ragione, avevano usato il cuore, che li aveva portati chiaramente dalla loro ragazza che oramai conoscevano da anni: Lizzie Cox.
Dopo essermi convinta di essere innocente e dopo aver pensato un po' falsamente di essere io la vittima, m'imposi di assumere un'aria da sbruffona. Arricciai di poco le labbra e assunsi un'espressione d'indifferenza, portandomi con fare un po' vanitoso i capelli indietro. Dubbi continuarono ad assalirmi, stavo facendo la cosa giusta? 
Respirai nervosa e cercai di tranquillizzarmi, stavo andando in panico, per cosa poi? Presi la mia borsa da terra e feci per andarmene.


«Caren?» urlò Justin inserendo enfasi nell'interrogativo. M'immobilizzai spiazzata dal tono di voce e mantenendo la solita indifferenza mi voltai. Mi fece cenno di avvicinarmi ed obbedii, stando sempre attenta a non crollare dati i tacchi alti che non ero per niente abituata a portare per così tanto tempo.
«Fate pace dai» sussurrò poi, poggiandomi una mano sulla spalla. Guardai i ragazzi fissarmi aspettando una reazione, mentre Lizzie si era asciugata le lacrime e ora stava appoggiata all'albero e al petto di Zack. Guardandolo così premuroso e dolce con lei, m'innervosii a tal punto che potei sentire le lacrime salirmi nuovamente. 
Chiusi le mani a pugno e respirai in modo irregolare. No, non mi sarei scusata. Era tutto un copione, le stesse cose. 
Lizzie piangeva e io dovevo passare per la ragazza cattiva, quando non era del tutto così -o almeno sperai che non lo fosse-.  Ripetei mentalmente il ragionamento che feci prima, questa sera non sarei tornata triste a casa, quindi mi sarei comportata in modo apatico e distaccato, serviva solo del coraggio ed uno sguardo artico. 

«No» risposi netta, cercando in tutti i modi di non far trasparire emozioni o insicurezza nel mio sguardo e nelle mie gesta.
«Perché? Quando però obbligo lei a scusarsi con te, la cosa ti piace, però tu non ti scusi» fece Justin incrociando le mani e guardandomi con aria di rimprovero. Nonostante l'alcol riusciva ad essere comunque imponente, era molto carino.
«Metti da parte l'orgoglio» aggiunse un Chris dall'aria dolce. Non gli avrei comunque risposto con la stessa delicatezza. 
Dopo il chiarimento di prima aveva cambiato modo di porsi con me, avevo pensato di cambiare anche io e di comportarmi dolcemente, ma non in questo momento, o perlomeno non dopo che si era alzato lasciandomi seduta da sola.

«Quale orgoglio? Ragazzi siete così accecati» affermai gesticolando a disagio. Strinsi il vestito e mi ricordai di non dovermi tradire con i gesti nervosi e con il tono di voce debole che per natura avevo.
«Da chi sentiamo?» domandò Alex che finora non mi aveva detto nulla.
«Da mia nonna. Avanti, parlo di lei» risposi indicando la ragazza bionda che ansimava con occhi arrossati sul petto di Zack. 
In quel momento la detestai così tanto. Il modo in cui gli stringeva la camicia poggiando la guancia sul suo torace, mi mandava in bestia. Sì, ne ero gelosa e non poco. Nel momento in cui nessuno rispose, continuai a parlare «ho avuto ragione io, però dato che lei è la luce dei vostri occhi, non capite un cavolo, la appoggiate incondizionatamente. Rendetevene conto!».
«Non è così» eslclamò Zack sorreggendo l'amica improvvisamente instabile fisicamente. Non riuscii ad intrattenere una risata, sicuramente stava iniziando a farne una delle sue. Era tutto così patetico, sembrava di stare in uno di quei film in cui l'antagonista cercava di attirare l'attenzione in ogni maniera, pur di soffiare il ragazzo alla protagonista. 
La situazione qui era un po' diversa, ma la sostanza era quella. Lizzie ora che pensava che i ragazzi stessero iniziando a legare con me, così fingeva di piangere, stare male e chissà cos'altro ancora.  
«Tu dici?» chiesi delusa da lui, che fino a due ore fa mi era apparso chimerico ed estremamente affascinante.

«Non ti costa nulla» proferì Justin nel silenzio che si era formato. 
«Siete ubriachi, si vede e non poco. Quale persona sana le darebbe ragione in questo momento? Okay, sono stata un po' dura ma anche lei lo era stata con me, parecchie volte, ed il tutto con piccole e taglienti frasi, che tu e i tuoi cechi amici non notavate», «che mi dici ora?» finì di parlare. Ero stanca e seccata dalla situazione. 
Avrei voluto prendermi a testate contro una quercia solo per privarmi di questa discussione, era una specie di supplizio. Non capivo se avessi ragione io o se avessi torto. Stavo iniziando ad entrare in confusione, ma esaurita sostenni la mia teoria: non stavo sbagliando. Lizzie era un ipocrita e i ragazzi la seguivano come cagnolini cechi. 

«Caren sbagli di grosso» affermò Lizzie con voce debole. La guardai e m'intrattenni dallo sputarle addosso, se prima mi era sembrata sinceramente triste, ora invece tornava la ragazza meschina in cerca di attenzioni.
«Te lo ha detto pure lei» fece Alex con aria talmente ovvia, da indurmi a pensare che fossi una sadica folle.
«È tutto così patetico» sussurrai incredula. Davvero l'amavano così tanto da non distinguere le cose giuste da quelle sbagliate?
«Non lo è» continuò Chris con fare premuroso. Lo guardai spossata decidendo di ignorare la sua affermazione.
«Non posso credere che siate così accecati, sono spiazzata davvero. 
Mi state trattando in modo così...» feci io inumidendomi le labbra secche e fermandomi dato che non riuscivo a terminare la frase usando il termine giusto.
«Visto, stai solo cercando di portarmeli via» sussurrò Lizzie stringendo ancora di più la camicia di Zack e tornando a piagnucolare. L'amico di rimando l'abbracciò stretta e fissò un punto indefinito.
«Qualsiasi cosa succeda, ricorda che sei sempre la nostra ragazza Liz» affermò cullandola tra le braccia e dandole un bacio sui capelli.
«Tu e solo tu» precisò poi Alex. In quel momento crollai mentalmente. Era tutto così assurdo e io che mi ero illusa che le cose potessero andare bene con loro. All'abbraccio si aggiunsero Justin, Alex ed infine Chris, che con aria singolare mi guardava imperterrito.  
Indietreggiai lentamente e sbuffai. Non mi sarei aggiunta e forse nessuno di loro lo voleva, e se avessero nuovamente posto le barriere per non farmi entrare nel gruppo? Indietreggiai nuovamente e li guardai, uniti e solidali tra loro. 
Feci nuovamente un passo indietro, delusa e spossata. Mi guardai intorno e notai che nel parco fossero entrati un altro gruppo di amici e un ragazzo che ci guardava, poco distante da noi. 
Non eravamo più soli, così decisi che fosse il momento giusto per levare le tende. Se avessi tentato di replicare avrei sicuramente attirato l'attenzione delle persone presenti, ero una contro cinque, avrei perso e sarei scoppiata a piangere come una bambina, quindi camminai in silenzio verso l'uscita di quel parco. Rischiai di cadere più volte a causa dei tacchi e dell'umore spento. Ero triste, ma avevo promesso a me stessa che non sarei tornata a casa di cattivo umore, così pensai ad un'ulteriore distrazione oltre ai sonniferi che avrei preso in camera mia, così avrei dormito senza pensieri e possibili dubbi assalitori. 

«Caren?» sentii chiamare da Justin. Non mi voltai, continuai a camminare a passi spediti, anzi a falcate verso l'uscita. Nel momento in cui inceppai in un sasso, persi l'equilibrio e caddi.
«Perché proprio a me» borbottai cercando di rialzarmi. Toccai la caviglia dolorante e nel momento in cui mi servii un appiglio per tirarmi sù, notai di essere al centro del parco, senza alberi, panchine o fontane su cui far leva. 

«Ti serve aiuto?» domandò un ragazzo di colore con grandi occhi verdi. Lo guardai meglio e mi accorsi che fosse lui la persona sola che entrò nel parco prima fissandoci da poca distanza. Gli sorrisi e annuii, accettai il suo aiuto con piacere e lo guardai devota.
«Ti ringrazio tantissimo» dissi facendogli un sorriso a trentadue denti. Lui mi guardò forse spiazzato dal mio ringraziamento esuberante e ricambiò il sorriso. La cosa mi piacque e volsi uno sguardo interessato a lui.

«Caren!» questa volta fu Chris a chiamare, lo ignorai come aveva fatto lui stesso insieme ai suoi amici nel momento dell'abbraccio e continuai a guardare l'intrigante ragazzo che avevo di fronte. Indossava una felpa bianca che gli si addiceva e dei jeans scuri. 
«Piacere sono Caren» mi presentai con euforia, in questo momento serviva che lo conoscessi bene. 
Avrei dimostrato ai ragazzi di essere una persona socievole e che non dipendevo da loro, lo avrei fatto eccome.
«Io Lil. Ti ho già vista sai? A scuola intendo» affermò mettendosi le mani in tasca e dondolandosi sui talloni.
«Wow» risposi. Ero tuttavia sollevata dal fatto che frequentasse la mia stessa scuola, così se fosse diventato mio amico avrei potuto frequentarlo anche lì; staccandomi un po' da Lizzie e compagnia bella. 
«Ci si vede lì allora» aggiunsi assumendo un'espressione carismatica. Notai con la coda nell'occhio che tutti i ragazzi -Lizzie compresa-  mi stessero fissando, così feci una specie di occhiolino al ragazzo che avevo di fronte. Non sapevo se ci stavo riuscendo davvero, però gliene feci un altro con tutto il mio impegno, stavo ufficialmente tentando di sembrare una ragazza piena di charm e dell'euforia si apprestava ad arrivare.
«Hai qualcosa nell'occhio?» chiese il ragazzo ridacchiando leggermente, segno che avevo fallito nel mio intento.
«Solo il riflesso del tuo bel viso» risposi sorridendogli e rinunciando di apparire accattivante. Cambiai quindi idea sulla faccenda dello charm, non ero Lizzie, quindi avrei continuato alla mia maniera, essendo semplicemente me stessa. Di fatto il mio sguardo si spense leggermente e gli feci un sorriso amaro, addio euforia.
«Sei dolcissima ragazza!» ammise Lil ridendo. Mi chiesi se non sapesse anche lui del mio problema depressivo che aveva fatto il giro della scuola. 
«Fatti abbracciare» aggiunse stringendomi lievemente. Guardai i ragazzi osservarmi esterrefatti e notai che Zack si fosse leggermente staccato da Lizzie. 'Finalmente' pensai trionfante. Sorrisi durante l'abbraccio e mi appicciai di più a lui, congiungendo i nostri due petti e avvolgendo le mie braccia attorno al suo collo. Vidi Justin parlare con Zack, mentre Lizzie stringeva tra la mano la camicia di quest'ultimo, per nulla intenzionata a lasciarlo andare. 

«Game over ragazza bionda» bisbigliai impercettibilmente, tanto che nemmeno Lil mi sentì. Non ero crudele, se lo stava meritando, dopo avermi messa in ridicolo davanti ai ragazzi per colpa del suo vittimismo, era ora che capisse che non poteva comandare tutti come se fossero burattini.
Mi staccai dal mio nuovo amico e vidi l'intero gruppo raggiungermi, compresa Lizzie che stava appiccicata a Zack. Risi leggermente data la scena patetica. 
«Caren che diavolo fai?» domandò Justin.
«Quello che vedi» risposi. Non mi sarei fatta mettere i piedi in testa nuovamente.
«Non puoi abbracciarlo così, neanche lo conosci» affermò Zack completamente sorpreso da me, non mi conosceva ancora bene, e forse nemmeno io. In questo ultimo periodo ero rimasta sbalordita da me, non pensavo di poter diventare una ragazza acida e di poter fingere di stare con un ragazzo per far smuovere un altro, e nemmeno di attaccarmi ad una persona che conoscevo da poco solo per dimostrare che non ero sola ed isolata dal resto del mondo.

«No, davvero?» domandai di replica. Lui e Chris annuirono prontamente.
«Interessante» aggiunsi troncando con loro il dialogo.
«Caren avanti» mi rimproverò Justin con occhi vuoti, era ancora confuso dall'alcol.


«Oh, mister Justin sono-figo-e-faccio-box Bieber assieme a Zack sono-bello-e-desiderato Martin!» esclamò Lil tirando fuori una sigaretta dalla tasca. Ridacchiai per i titoli che affibbiò loro e lo guardai finire di parlare.
«No, ma c'è anche Lizzie sono-dolce-e-coccolosa Cox con Alex incuto-timore-a-tutti, e Chris sono-intelligente-e-bravo!» aggiunse guardandoli uno ad uno. Sembrava conoscerli, aggrottai le sopracciglia curiosa.
«Lil, vola via» sputò Zack. Lo guardai improvvisamente soddisfatta e aspettai che il mio nuovo amico replicasse.
«Perché dovrei?»
«Perché ti conviene»
«Ascoltalo, non scherza!» s'intromise Lizzie a favore del migliore amico.
«No, bambolina di porcellana» fece Lil. Scoppiai a ridere per il soprannome azzeccato e trascinai con me anche Alex che era svampito ed il più ubriaco. Lizzie lo fissò male e lui tacque desolato come un cagnolino rimproverato dalla madre, «non metterla in mezzo» intervenì Justin coprendola leggermente. Decisi di mettermi in mezzo pure io, dovevo farmi forza.
«Ehi, che diavolo volete adesso? Lasciate stare me e Lil e tornate a fare le talpe dietro alla vostra ragazza» dissi prendendo Lil per mano e portandolo dietro di me, proprio come Justin aveva appena fatto con Lizzie. 


'Stai facendo bene Caren, non ti preoccupare'

Cercai d'incoraggiarmi mentalmente e di convincermi nuovamente di star facendo bene. Non conoscevo Lil, ed ero chiaramente diffidente e guardinga, però in questo momento lo avrei difeso e sostenuto contro di loro, nonostante lo conoscessi da dieci minuti circa e nonostante sembrasse avere dei rapporti freddi con quelli che credevo fossero diventati miei amici.
«Talpe?» chiese Zack aggrottando le sopracciglia.
«Ti sei appena svegliato? Buongiorno allora. Hai metabolizzato il Collins bel ragazzo» risposi al suo interrogativo. Mi tappai la bocca con la mano destra, avevo probabilmente esagerato. Pochissimo tempo dopo scossi la testa e tolsi la mano. 'Stavo facendo più che bene' pensai ricordandomi del modo con cui abbracciò Lizzie e la definì la sua 'ragazza'. Lo avevo chiamato anche 'bello', era stato così spontaneo da farmi arrossire leggermente, provavo imbarazzo nei miei confronti, non credevo di preservare tutta questa dose di coraggio dentro di me, ennesima sorpresa.


«Vi ho sentiti prima, mentre voi discutevate» iniziò a parlare Lil. Mi voltai scossa dalle sue parole e strabuzzai gli occhi, così come fecero anche gli altri, «che c'è? Non eravamo distanti e si sentiva tutto» replicò il ragazzo accendendo la sigaretta con il suo accendino rosso. Se la portò in bocca ed inspirò profondamente, per poi toglierla ed espellere il fumo dal naso.

«Da ciò che ho capito, dalle voci che girano a scuola, voi questa ragazza non la meritate. È semplicemente troppo per voi. Si nota dal suo viso stanco e dai vostri dialoghi, che le avete messo i piedi in testa più volte. Che la bambolina di porcellana stia fingendo tuttora per screditare Caren. Però come lei ha detto siete accecati. Amate così tanto questa ragazzina bionda che la seguite incondizionatamente, senza rendervi conto che può diventare una strega, o meglio che è già diventata strega con Caren. È così falsa, lo si nota persino dal modo teatrale con cui prima stringeva la tua camicetta belloccio. Detto sinceramente non mi sei mai piaciuta tu. A scuola parlano bene di te, ma non mi sei mai risultata gradevole. Dal fatto dell'anno scorso fino ad adesso. Bambolina sei così piena di te. Avete ferito questa mademoiselle e vedendola andarsene triste ho deciso di avvicinarmi a lei, dato che a quanto pare voi non lo avete fatto. Troppo obbligati ad abbracciarvi come delle bambine che hanno appena fondato il loro sleepover club» disse Lil continuando a consumare quella sigaretta, che gli regalava una personalità misteriosa ed intrigante. Sorrisi. Le sue parole mi erano state di aiuto e mi riempì l'animo di soddisfazione, ero così compiaciuta in quel momento. Persino lui che mi conosceva pochissimo, che mi aveva notata solo a scuola e che aveva sentito il mio dialogo con i ragazzi, era riuscito spiegare loro ciò che percepivo. Il suo era anche un parere personale -parlando di Lizzie-, ma non potei non appoggiarlo in tutto e per tutto. Finalmente qualcuno capiva la mia fredda rabbia. A notare dalla sua espressione, c'era chiaramente qualcosa che non sapevo. Ero convinta che fosse successo qualcosa tra lui ed i ragazzi, e questo traspariva dai loro sguardi e dal fatto che lui conoscesse tutti i loro nomi e cognomi a memoria. 
E se avessero duramente avuto scontri in passato, e Lil mi si fosse avvicinato solo per arrivare a loro e forse vendicarsi di un torto subito? E se mi stesse coalizzando contro di loro per farli litigare con me e per far in modo che io volti le spalle una volta del tutto, ferendoli? Mi chiesi di punto in bianco. Mi accorsi di essere malfidata e piuttosto circospetta, non dovevo costruirmi muri attorno, così abbandonai tutti i dubbi e smisi di pormi interrogativi, non mi sarebbe importato nulla. 
«Mi accompagni a casa?» chiesi a Lil ignorando nuovamente la sensazione di diffidenza, lui annuì e mi ricordai che non sapesse dove abitavo. «Reynold street» aggiunsi sorridendo leggermente.
«Certo, nella camminata potremmo parlare»
«Mi piacerebbe molto»
«Davvero?» chiese.
«Sì, sei piacevole. Molto più piacevole di quattro ragazzi ubriachi ed una ragazza ipocrita» aggiunsi girandomi a guardarli. Dal loro volto non traspariva alcuna emozione se non la sorpresa. Già, erano sorpresi, credevano che per me esistevano solo loro, che ero sola e che non avevo nessun altro. Ringraziai il cielo di aver incontrato questo ragazzo.
«Caren. Tu e lui? Davvero?» domandò nuovamente Zack.
«Non capisco il vostro problema. Appena pochi minuti fa mi avete respinto attaccandovi a lei, mentre ora che deciso finalmente di staccarmi da voi, dovete tornare e rovinare tutto?» chiesi alzando la voce di un'ottava. 
«Va bene che siete ubriachi e al posto di ragionare su chi abbia realmente ragione, avete usato il cuore e vedere Lizzie piangere vi ha in qualche modo attirati ad appoggiarla. Però... Facciamo così, continuate ad usare il vostro cuore e andatevene a casa con lei, sù. Spegnete il cervello e tornate dalla ragazza a cui volete così tanto bene» aggiunsi camminando all'indietro e trascinando per mano Lil con me. 
«Caren, vogliamo del bene anche a te, ma Lizzie...» iniziò a dire Justin sospendendo la frase in aria, incapace di esprimere la verità che aveva dentro.
«Sì, la conoscete da più tempo e bla bla bla» si intromise Lil facendo una faccia alquanto buffa. Lo ignorai.
«Questo non vi dà il permesso di spezzare un cuore» finì il dialogo, troncandolo del tutto ed iniziando a camminare verso quella che sarebbe stata casa mia.








#Chris

Guardammo tutti Caren allontanarsi con Lil, senza voltarsi neanche una volta e senza proferire nemmeno un'ulteriore parola. Non riuscii a comprendere con quale coraggio fosse riuscita ad andare con lui, senza neanche conoscerlo o averlo frequentato per un po'. Nessuno di noi parlava, nessuno ne aveva il coraggio, si sentiva solo il respiro affannato di Lizzie.
Io avevo bevuto un'alcolico, non ero lucido a tutti gli effetti, ma nonostante tutto avevo lo stesso la capacità di riflettere per bene, dopotutto il Mike Collins era una bevanda leggera che riuscivo a reggere abbastanza bene.
«Non lo conosce nemmeno» ruppe il silenzio Justin che per un po' sembrava intento a seguirla. Guardai la sua espressione confusa e le sopracciglia aggrottate, incredulo dall'azione che commise Caren. Aveva agito d'istinto lei, senza neanche preoccuparsi di possibili pericoli e mettendo da parte la diffidenza. Lo aveva preso per mano e se n'era andata via, di soppiatto. L'istinto femminile era così insensato, certe volte mi facevo domande sulla loro logica. Scossi la testa accorgendomi di star andando lontano con i pensieri, lasciando da parte quello che adesso era il vero problema.
«Doveva essere proprio Lil» aggiunsi io ricordandomi di quel ragazzo. 

Tempo fa, verso la fine dell'anno scorso avevamo avuto una gran discussione con lui e il suo gruppo, stava per nascere una rissa, interrotta però da varie conoscenze che avevamo all'interno della scuola. Frequentava anche lui il corso di mma con noi e nel giorno in cui dovevamo scegliere i migliori per la qualifica ad un campionato estero, Justin riuscì a batterlo senza problemi, e così anche Zack con il suo amico e Alex con l'altro. A quanto pare non sembrò digerire la cosa ed uscì dal corso minacciando di farcela pagare. Continuava a ripetere che avevamo barato e che era stata una vincita sporca. Justin non sembrò digerire l'accusa e gli diede la possibilità di una rivincita. Purtroppo perse anche lì e non essendo stato ammesso al campionato, non aveva potuto completare i crediti per l'ammissione alla classe successiva -dato che aveva carenze nelle altre materia, avrebbe dovuto eccellere almeno nello sport- di fatto era stato bocciato e costretto ad uno studio massivo. Sembrava un motivo futile, ma dietro c'era qualcos'altro di più complesso. A quanto pare per colpa della bocciatura litigò con i suoi genitori e fu cacciato di casa. Il giorno dopo tornò a scuola su tutte le furie e aveva alzato le mani contro Lizzie, che non faceva altro che insultarlo verbalmente quando minacciava Zack, Alex e Justin. Come sempre Zack la difese, ed iniziò una specie di rissa che ci vide coinvolti tutti. Noi e gli amici di Lil. Era acqua passata e non sapevo dove abitasse adesso o come facesse a vivere senza il mantenimento dei genitori. Tuttavia non m'importava granché, avevamo giocato pulito e Lil non era uno che amava ammettere di aver perso, così si attaccava al fatto che avessimo barato e imbrogliato in qualche maniera. Anche se in uno sport a corpo libero come mma, era impossibile frodare.


«Ragazzi sembra un film» proferì Alex muovendo le mani come un mago nel mentre di una sua magia e usando un tono di voce che avrebbe messo ansia a chiunque. Subito dopo rise, buttando le mani all'aria senza alcuna preoccupazione.
«Tu ridi eh?» fece Zack con un tono di voce insolente e forse un po' amareggiato. Abbassò il capo dispiaciuto e mise le mani in tasca. Lizzie gli si avvicinò rapidamente prendendogli la camicia tra le mani. 
«Basta, mi hai stufato» esclamò in uno sbuffo scansandosi da lei e facendole mollare la presa che aveva. Le prese i polsi e l'allontanò leggermente, per poi girarsi, calciare il tronco di un albero con violenza e dirigersi all'uscita del parco, ora più arrabbiato che mai.
«Zack?» urlò Lizzie cercando di raggiungerlo. Lui la ignorò bellamente e continuò a camminare a passi spediti fuori dal parco. Justin fu costretto a trattenere con forza la mia migliore amica, impedendole di raggiungere il ragazzo biondo che pentito di non aver dato attenzioni a Caren e di non averla aiutata nel momento del bisogno, continuava a dirigersi all'uscita. Forse si stava incolpando pesantemente e se l'era presa un po' con Lizzie perché era stata lei a piangere e a farlo portare dalla sua parte, obbligandolo in qualche modo a coalizzarsi contro Caren. Sembrava andare pazzo per quella ragazza.
«Lizzie lascialo stare» dissi io cercando di consolarla, aveva uno sguardo distrutto. Guardai la figura di Zack sparire e sperai che non combinasse qualche guaio, sapevo che fosse un ragazzo in gamba, ma in questo momento nulla era sicuro e qualsiasi cosa avrebbe potuto sorprenderci, qualsiasi.
«Tutta colpa sua» sputò Lizzie in un sibilo velenoso. Alex rise nuovamente mentre io e Justin ci voltammo per vederla con quei suoi grandi occhi arrossati e l'espressione di ghiaccio. 
«Adesso che ci penso però, Caren non ha avuto torto Lizzie. Quando ti ho vista piangere mi sono fiondato da te perché sai che mi fa male vederti soffrire, però Caren non ha fatto nulla» fece Justin alzando gli occhi al cielo. 
«Sono ubriaco e non penso alle conseguenze delle mie azioni. Ho agito d'istinto raggiungendoti, così come anche Zack, Alex e Chris hanno fatto» aggiunse poi con aria persa e con poca vitalità. 
«Sono confuso» finì poi di parlare girando i tacchi, «Justin dove vai? Anche tu?» domandai un po' stralunato dal suo atteggiamento. «Resta qui che ne parliamo!» urlai disorientato. Lui si girò e si avvicinò nuovamente a me Alex e Lizzie, «non mi va che sia stato proprio quell'idiota di Lil ad avermi sbattuto in faccia la verità. E...» s'interruppe per poi fissare Lizzie, «sia lui che Caren non hanno avuto tutti i torti. Solo ora che ci penso sù, sto capendo un paio di cose e tu Lizzie, mi sei calata parecchio» finì.
«Cos'ho fatto Justin?» cercò di difendersi lei, che esterrefatta dal comportamento del suo ragazzo, spalancava la bocca ed assumeva un'espressione addolorata. «Forse fare l'attrice non ti si addice per niente, mi dispiace solo per Caren» rispose lui con sguardo disilluso e frustrato. Non capivo cos'era che avesse realizzato da indurlo a comportarsi così con Lizzie. Lui le aveva sempre dato ragione, sempre.
«Amico, portami a casa che sento di essere marcio» s'intromise Alex che raggiunse Justin. Quest'ultimo volse un'ultimo sguardo a Lizzie e se ne andò via insieme all'ubriacone che era uno dei miei migliori amici, facendo in modo che sugli occhi di Lizzie si formassero numerose lacrime. Era completamente distrutta e mi si spezzò il cuore a vederla così addolorata, l'abbracciai. Io avevo chiarito solo oggi con Caren, e avevo apprezzato il suo supporto sul fatto di mia sorella. Avevo scoperto che era una ragazza dolce e vulnerabile, e che potevo aprirmi a lei nonostante mi avesse riaperto le ferite del passato. Stavo iniziando a volerle un po' di bene, ma Lizzie restava Lizzie. Rimaneva quella ragazzina bionda sempre ottimista e vivace che tempo fa insistette tanto nel conoscermi e nell'inserirmi nel suo gruppo, dove già vi erano Justin, Zack ed Alex. Eh sì, ero anche io l'ultimo arrivato prima di Caren. Tuttavia non avevo sofferto come stava facendo lei. La ragazza dai capelli neri e gli occhi spenti aveva chiaramente passato un brutto periodo prima di poter avere accesso alla conoscenza con noi, e dopo oggi capii che il brutto periodo stava durando tuttora. Ricordai di quando la ferivo io, di quando Justin difendeva Lizzie screditando lei, di quando Zack la reputava solo carina e priva di altro bel contenuto, di quando Alex le faceva capire che non avrebbe mai eguagliato Lizzie e quando quest'ultima, avesse cercato solo inizialmente di aiutarla, cercando adesso di buttarla fuori in tutti i modi.
Aggrottai le sopracciglia e pensai alle ultime azioni di Lizzie. Avevo però la mente annebbiata per colpa dell'alcol e m'ingarbugliavo tra i miei pensieri perdendo loro il filo logico.  Sbuffai staccandomi dalla ragazza che stavo abbracciando ed infilai una mano nei miei capelli. Secondo Caren e Lil lei cercava di ricevere attenzioni ed era ipocrita, così avevano detto, però dovevo capire il perché. Non mi andava di fare la talpa come Caren ci aveva definiti. Pensai a quando prima in discoteca si fece male cadendo al suolo e non si alzò finché non fu Zack a sollevarla. Poi perse conoscenza e si fece portare qui da Alex, ma quando Zack ci propose il gioco della bottiglia, scese dalle spalle del mio amico e saltellò in sua direzione, aggrappandosi a lui come del tutto era solita fare. Assottigliai gli occhi e capii che fosse inverosimile che Lizzie si potesse riprendere nell'arco di pochi secondi. Pensai poi a quando giocammo. Tutto regolare fino al momento in cui Caren si alza per telefonare alla madre ed iniziamo a bere i Mike Collins. Lei sballa in pochissimo tempo, cosa alquanto impossibile, si finge ubriaca marcia per suscitare forse... Qualche attenzione. Infatti il suo comportamento era divertente e ci faceva ridere tutti, impedendoci di toglierle lo sguardo di dosso. Urlava e scherzava sopratutto quando qualcuno di noi parlava con Caren o la fissava. Riflettei anche sulla discussione che ebbe con quest'ultima e mi accorsi di aver sbagliato seguendo Justin, Alex e Zack da lei che piangeva sull'albero. Non avevo pensato a nulla e dentro di me, me l'ero presa con lei per aver fatto piangere Lizzie. Però non aveva fatto nulla di grave e aveva detto la pura verità ed espresso il suo punto di vista. Lizzie si era comportata davvero da ragazza meschina, realizzai solo ora. Conoscendola da molto sapevo che non piangesse quasi mai, ma da quando era arrivata Caren lo faceva spesso, anche quando non c'era un motivo valido. Capii che lo facesse per ricevere qualche attenzione in più ed offuscare Caren, che inconsapevolmente io e gli altri ragazzi avevamo ferito. 
Aprii la bocca sorpreso e capii che fosse questo che Zack e Justin avessero capito nel momento in cui decisero di andarsene lasciando Lizzie da sola. Avevano riflettuto bene nonostante l'alcol sulle parole di Lil e poi di Caren, realizzando di aver sbagliato. Ci eravamo comportati da persone ceche, senza notare che davvero Lizzie si stesse comportando in modo meschino e stesse tentato di mettere Caren in cattiva luce, coalizzandoci contro di lei e ferendola molteplici volte. 
Rimasi estremamente deluso da Lizzie. La ragazza per cui tutti noi andavamo matti e reputavamo l'amica perfetta, aveva appena dato mostra di essere una poveraccia. Mi sentii tremendamente triste realizzando di aver ferito Caren, ribadendole che Lizzie stava prima di lei e che non c'importava di capire se avesse torto o ragione, perché quella ragazza bionda che definivamo 'nostra' veniva prima di tutto e tutti. Ero sconsolato. Non riuscivo a concretizzare che Lizzie avesse davvero finto di piangere, disperarsi, soffrire, ubriacarsi e svenire. Era tutto assurdo.

Mi staccai nuovamente da lei che tornò ad abbracciarmi e la guardai negli occhi. 
«Cos'hai...»
«No» la interruppi aprendo la mano per farle segno di non parlare. Non mi sarebbe importato se fosse rimasta sola, così mi girai e la lasciai lì, camminando verso l'uscita del parco, seguendo le orme di Zack, Justin ed Alex. Non mi sarebbe importato proprio. Avevo un mucchio di cose da concretizzare sul suo conto, dovevo mettermi l'anima in pace e ficcarmi in testa che Lizzie non era ciò che avevo creduto fosse sempre stata. La sentii urlare e piangere mentre uscivo dal luogo, piangeva e piangeva, ma lei ci aveva delusi tutti e per una volta se lo meritava.

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"Questa sera non sarò io a tornare a casa piangente" promise Caren a sé stessa... E per una volta, la ragazza dagli occhi malinconici aveva mantenuto la promessa.


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SPAZIO AUTRICE
Ciao magnifici lettori!
Che ne pensate? Ci credete che sono TROPPO curiosa di sapere il vostro punto di vista? 
Le scorse recensioni sono state bellissime, non avete nemmeno tardato a farvi sentire e a commentare il capitolo. 
Vi adoro, caso chiuso. Non ci sono parole per descrivervi ciò che sento leggendo tutte le vostre belle parole,
e per spiegarvi come sono dopo aver letto le vostre recensioni.
Mi stampo in sorriso da ebete in faccia e mi alzo girando per la casa, 
aspettando che quell'euforia sparisca, sì, perché sclero mentalmente, al
posto di urlare e piangere ecc...
Io sclero nella mia mente. No okay, così sembro una patetica psicopatica quindi la smetto.
Veniamo al capitolo. Vi avevo detto che Caren si sarebbe fatta forza e
avrebbe cercato di distruggere la sicurezza che si presenta sempre, giusto? Quindi ora sta a voi commentare il suo comportamento. 
Avete goduto per Lizzie? Io un po' sì, e meno male che sono l'autrice hahahahahahaha :D. Ed il pov di Chris?
Vi lascio ringraziandovi tutti, siete i migliori lettori nel mondo,
TUTTI QUANTI :)
Non so però quando pubblicherò l'altro capitolo, devo iniziare a scriverlo :)
Nel frattempo vi lascio con le foto dei nostri BELLISSIMI personaggi.
Perché lo sono tutti, però ho cambiato quello di Chris perchè 
avevo solo una foto di lui e non ne trovavo altre,
perciò ho trovato un'altro personaggio wow, state a guardare ;).
Vi saluto e vi mando un grande abbraccio,
Sarah
x







Caren (non riesco a trovare altre foto decenti ç.ç)
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Justin
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Zack (scusate ma le foto di quest'intervista sono splendide, so che metto sempre queste col cappello lol)

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Lizzie
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Chris (che ne dite?)
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Alex
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Lil
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Capitolo 23
*** Twenty-third chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcun fine di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo'






                               Will something change?


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                                                                                  -23-



“Ogni audace cambiamento interiore, spalanca nuovi orizzonti di luce”
-Michele Acanfora




«Non essere così triste» ruppe il silenzio Lil, che girandosi per guardarmi comprese che non ero poi così felice, come invece avrei dovuto essere. Ero decisamente soddisfatta, ma c'era qualcosa che non quadrava. Non riuscivo a sentirmi in pace con me stessa, così pensai a dove avessi potuto sbagliare e al motivo per cui ora, non ero dell'umore giusto. Sospirai inumidendomi il labbro inferiore e continuai a guardare davanti a me, riconoscendo la famigliarità del quartiere vicino al mio.
«Lil, come conosci i ragazzi?» gli chiesi ignorando la sua frase, colpita da quest'improvviso interrogativo subentrato in un nano secondo. Mi girai per studiargli l'espressione facciale e notai che stesse ridendo. 
«Storia lunga» fece breve come non mai. Tuttavia non mi accontentai di quelle due paroline e sperando di non risultare invadente, decisi di chiedere altro. 
«Racconta dai. Quando è successo?» domandai con voce talmente secca che mi toccai di scatto la gola graffiata. Tossii e spostai lo sguardo sul terreno, sperando che Lil non si seccasse di me e delle mie domande. 
«Facevo mma con loro. Ai campionati hanno vinto barando e mi sono guadagnato una bocciatura, una discussione con i miei e sbam. Sono stato cacciato di casa» riassunse con un tono giocoso ma nello stesso tempo malinconico. Sospirai, finalmente tranquilla. 
Avevo il timore che fosse successo qualcosa di più grave e di catastrofico, però dopo le parole di Lil compresi che non c'era bisogno di spaventarsi così tanto; restai comunque diffidente, ma dopotutto una piccola parte di me si era calmata un po'.
«Cosa sai di me a scuola?» domandai improvvisamente vergognosa. Ero curiosa di sapere come era riuscito a capire la mia situazione prima nel parco, tralasciando il fatto che avesse sentito la discussione con me e i ragazzi. 
«Dicono che tu sia problematica. Ma ad alcuni interessi, come me» fece lui accendendo l'ennesima sigaretta. Non capii bene cosa intendesse per 'interessare', ma fatto stava che esultai mentalmente e ne fui parecchio felice. Credevo di stare antipatica a tutti e di sembrare una patetica ragazza depressa. Riformulai le sue parole aggrottando le sopracciglia.
«Come amici, ovvio» aggiunse poi il ragazzo che avevo di fianco, ridacchiando leggermente ed inspirando altro fumo. Mi domandai se non gli facesse male e mi chiesi anche come riuscisse a finire una sigaretta in pochissimo tempo. Troncai le domande e sorrisi timidamente. Lui mi voleva come amica e aveva detto anche che altri a scuola mi ritenevano interessante. Mi trattenni dal saltellare e scoppiare a sorridere come una bambina a cui il papà aveva finalmente comprato il gioco preferito. 
Pensai nuovamente alle sue parole, e non riuscii ad intrattenere un sorriso a trentadue denti, accompagnato da un sospiro di piacere ed una piccola risata.
«Che bello vederti ridere» affermò buttando con poco interesse il mozzicone della sigaretta a terra. Lo guardai con attenzione e nel momento in cui lo fece anche lui, scoppiammo entrambi a ridere. Ci fermammo senza smettere di guardarci, e quando credevo di aver smesso di ridacchiare, ricominciavo nuovamente. Era estremamente piacevole stare in sua compagnia che dimenticai i ragazzi e Lizzie. 
«Sei una persona gradevolissima» ammisi sentendo le guance tingersi del solito rosso vermiglio. 
«Anche tu non scherzi» replicò, dandomi una pacca sulla spalla e sistemandosi il berretto che aveva in testa. 
«Grazie per prima...» iniziai a parlottare silenziosamente. Lo volevo ringraziare col profondo del cuore per mostrargli quanto fossi devota e compiaciuta. Lui fece spallucce e con tono calmo disse «Non c'è di che mademoiselle». Risi nuovamente continuando a camminare verso casa mia, sentendomi a disagio per la timidezza che provavo, ma nello stesso tempo tranquilla data la piacevolezza del ragazzo. Sospirai poi guardando il cielo e inspirando aria pulita. Sentii la stessa sensazione che avevo avvertito prima, mentre ero uscita di casa per andare in discoteca e mi ero fermata a guardare il cielo. Era una sensazione bellissima, con Lil al mio fianco poi, lo stato di piacere era incrementato ancora di più. Vidi che alzò il viso pure lui, cercando poi di contare le stelle con una mano, mentre con l'altra stringeva l'accendino rosso fuoco. 

Chiusi gli occhi, ma vidi per prima cosa il viso di Justin. Lo ricordai com'era prima. Con quei bei vestiti e la dolcezza di quel viso così famigliare. Pensai a quando stava Lizzie e a quando la trattava come una principessa, mentre io bruciavo di gelosia e mi sentivo morire dentro. Continuai a riflettere sul modo con cui lui la faceva stare bene, abbracciandola e dandole tutto il suo affetto. Pensare a loro due mi faceva male, così dopo aver sbattuto le palpebre e chiuso nuovamente gli occhi, m'impegnai a pensare ad altro. 

Mi batté il cuore. Ricordai Zack. Sentii il labbro tremare ed un senso di tristezza inondarmi tutto il corpo, facendo nascere in me brividi e pelle d'oca lungo le gambe e le braccia. Lo immaginai ridere e scherzare come faceva sempre. Riportai alla mente poi, il momento in cui Lizzie gli saltò tra le braccia, e lui con fare amichevole e giocoso la strinse a sé, circondandole la liscia schiena con le braccia e facendo su e giù con la mano. Quando disse che Lizzie stava bene anche con le mutande in esposizione e una seduta stravaccata, quando le sussurrò che sarebbe rimasta sempre la sua ragazza e Alex specificò che era la sola, sempre e comunque. 
Abbassai lo sguardo e sentii quel senso di malessere scuotermi internamente. Il suo bel viso. La pelle liscia, il piccolo naso, le labbra rosee e quegli occhi verdi prato, abbelliti ancora di più dai suoi bellissimi capelli biondi, morbidi e sempre curati. Zack era così perfetto, dannatamente perfetto. Credevo che mi volesse molto bene, però mi ero illusa. Realizzai solo in quel momento che tutte le dolci parole che mi sussurrava per confortarmi e tutti quegli affettuosi abbracci, non significavano nulla per lui, perché era chiaro che Lizzie fosse migliore e più importante, più bella, magra, carismatica e più... Normale. 


Lizzie non era problematica e difficile come me. Non era depressa, malinconica e non aveva occhi vuoti, anzi, i suoi erano vivacissimi. Erano così grandi e azzurri. Lei era troppo messa a confronto con me. Sarebbe rimasta falsa, ma la superavo solo per il fatto di essere sincera. E non sarebbe stato questo a farmi apparire migliore di lei agli occhi dei ragazzi. Serrai le labbra per evitare che il mio viso formasse una smorfia di depressione.


E Chris? Sentii che ero ancora più vicina ad un crollo psicologico al rammento suo. Si era aperto con me, mi aveva dato la chiave per essergli amica, però avevo rovinato tutto per colpa di Lizzie. Pensai a loro due. Erano così affiatati, lei lo difendeva sempre e lui anche, si davano manforte e si vedeva lontano un miglio che era pazzo di lei, come gli altri del tutto.


L'ultimo rimasto era Alex, che non mi reputava nemmeno un essere umano di fronte alla chimerica ragazza bionda. 

Lei era tutto ciò che volevo essere io, non le mancava nulla. Aveva quattro amici magnifici che le stavano al suo fianco, che la difendevano e le regalavano tante attenzioni e tanto affetto. La proteggevano, la coccolavano, la trattavano da regina, altro che principessa. 
Poi era bella, così bella che mi sarei sottoposta ad una chirurgia plastica in men che non si dicesse, solo per assomigliarle un po'. Era fascinosa, persino i vestiti più brutti indosso a lei sembravano stupendi. Ogni cosa che metteva le donava incredibilmente, aveva un profumo dolce e aulente ed era carismatica. Qualsiasi cosa facesse era giusta e posata. Graziosa era il termine giusto. Per non parlare del fatto che in uno sport come mma, in cui si combatteva, eccelleva alla grande, così come nello studio. Spesso raccontava di avere dei genitori grandiosi, che non le facevano mancare nulla. Che l'accontentavano e che non la sgridavano mai, i genitori che tutti vorrebbero in poche parole. La vita era così ingiusta, c'erano quelli che come lei avevano tutto, e quelli che come me non avevano nulla, se non un peso del non essere mai abbastanza da portare sulle spalle e della malinconia nel cuore. 
 
«Che c'è ora?» chiese Lil. Sussultai interrotta dai miei soliti pensieri e mi passai entrambe le mani sul viso. Dovevo svuotare la mente e non pensare a loro. Respirai pesantemente cercando di reprimere quella voglia di imprecare contro qualsiasi cosa.
«Tutto apposto?» domandò nuovamente il ragazzo al mio fianco. 
«Che c'è?» fece.
chiusi gli occhi e lasciai che mi aprissi del tutto.
«Voglio Zack» sputai, «e Justin», «Poi Chris ed Alex», «e voglio essere lei» finì di parlare senza nemmeno pensarci sù.
Lil non mi rispose e mi scrutò preoccupato, «sicura che vada tutto bene?» domandò senza staccarmi gli occhi di dosso. Annuii nuovamente indicandogli con difficoltà casa mia. Avevo fatto una pessima figura. Volevo improvvisamente che mi lasciasse, avevo bisogno di stare da sola, in questi momenti non riuscivo a ragionare bene se avevo qualcuno vicino, tanto era l'imbarazzo e la vergogna.
«Casa mia è quella, devo andare, ci vediamo domani a scuola» sputai senza fiato, lasciandolo lì e correndo in direzione di casa mia. Una volta arrivataci mi girai per guardarlo con il cuore che stava per scoppiare. Mi sorrise stranito e si sistemò il berretto. 
«A scuola e mi spieghi, va bene?» chiese urlando. Io annuii, cercando di sorridergli senza mostrare disagio. Lo vidi tirare fuori una sigaretta, agitare la mano per salutarmi e andarsene via. Volevo ringraziarlo per avermi accompagnata ma non ne avevo la forza. Cercai agitata le chiavi di casa nella borsa, e una volta trovate non riuscii ad inserirle nella serratura. Poggiai una mano sul petto ed inspirai per concentrarmi meglio, ero agitata ed imbarazzata per avergli detto di volere Zack, Justin, Chris e Alex. 


Una volta riuscita ad aprir la porta, la richiusi con facilità e corsi in camera mia.
Dopo dieci minuti passati sdraiata sul letto, riuscii a calmarmi per bene. Andava tutto bene, con i ragazzi avevo chiuso e sopratutto con Lizzie. Oggi ero stata trattata in una maniera a mio parere crudele, non lo meritavo. Perciò decisi che domani mi sarei comportata in modo ancora più indifferente, non avrei rivolto loro la parola e non gli avrei nemmeno visti, ora avevo Lil. Certo, lo conoscevo da poco, ma magari era un bravissimo ragazzo, migliore di Justin, di Zack, Chris ed Alex. Mi alzai e presi due antidepressivi, aspettai un'altra decina di minuti e presi anche un sonnifero. Così avrei evitato di pensare tutta la notte alimentando la mia depressione e avrei dormito in pace.
Non mi cambiai nemmeno, regolai la sveglia per domani, spensi la luce e mi buttai sul mio letto, abbracciando il cuscino piccolo e aspettando che il sonnifero facesse il suo compito. 

«Indifferenza, sfacciataggine e menefreghismo» sussurrai prima di crollare in un sonno profondo.




Mi svegliai come al solito presto, senza pensare a nulla mi fiondai in bagno, facendomi una breve doccia e mettendo da parte il vestito di mamma, che avrei portato in lavanderia più tardi. Svogliata indossai gli indumenti più comodi che avevo, che equivalevano a dei jeans scuri a sigaretta, una canotta blu ed un felpone dello stesso colore. Indossai le scarpe bianche da ginnastica e mi meravigliai di come solo i colori scuri calzassero su di me. Mi guardai allo specchio e mi resi conto di aver inconsapevolmente creato un look casual. Sbuffai dato il pensiero patetico e scesi a mangiare qualcosa. Sentii un gorgoglio allo stomaco dovuto alla tensione di rivedere i ragazzi e Lizzie, non avrei potuto sopportare di vederli ridere con lei e chiacchierare come nulla fosse, magari parlando male di me e insultandomi mentre cammino a testa bassa per il corridoio. 
Sentii lo sdegno salirmi sotto forma di nausea e cercai di non pensare a loro, se preferivano lei non ci avrei potuto fare nulla. Poi anche se mi richiamassero per fare pace, non accetterei, l'umiliazione di ieri era stata troppa da digerire.
Presi una barretta di cioccolato dalla dispensa, afferrai la cartella con dentro libri a caso e senza cambiarli uscii di casa, chiudendomi la porta alle spalle e camminando per la scuola. Imprecai ricordando di non essermi truccata e di avere i capelli spettinati; tentai di sistemarli con le mani e dopo essermi stufata lasciai tutto com'era, cosa poteva importarmi del mio aspetto ora che Justin e Zack non mi avrebbero vista, ma ignorata. La tensione mi stava divorando, così mi toccai la pancia stringendo la canotta con la mano e sperando dentro di me, che Lizzie ed i suoi fedeli seguaci non mi vedessero. 








#Chris

Aprii la mia barretta di cereali e l'addentai appoggiandomi all'angolo tra il muro e l'inizio della fila degli armadietti, nel gigantesco corridoio principale che stava all'entrata della scuola. Io e i ragazzi occupavamo questo posto durante gli intervalli ed il mattino, perché era una postazione perfetta. Dato che era situata di fronte alle porte della scuola, potevamo notare chiunque entrasse e uscisse, in più avevamo il bar vicino e potevamo chiacchierare indisturbati, dato che la maggior parte degli studenti stava fuori nel cortile. Anche qui c'erano degli altri, e non pochi, ma si stava meglio che fuori.
«Barretta di cereali fitness per ragazze? Chris, ma non hai le curve giuste!» fece Zack controllando l'orologio che aveva al polso.
Lo guardai facendogli una smorfia, scoppiando a ridere pochi secondi dopo. Cominciavamo il mattino sempre così. Prima arrivavo io, che ero una persona molto mattutina, poi venivano Justin e Alex, dato che facevano metà della strada insieme, aspettavamo Lizzie  ed infine giungeva Zack il ritardatario, che rompeva il silenzio sparando una delle sue cavolate, offese o una delle sue battute. Ne aveva un'intero repertorio, alcune erano dannatamente divertenti, altre squallide. Le pronunciava tra una risata e l'altra, mentre noi allibiti lo fissavamo in silenzio data la pessima barzelletta. Però secondi dopo iniziava a ridere anche Lizzie, susseguita da tutti noi.
Eravamo estremamente legati, tutti. E mi chiesi cosa sarebbe successo oggi che Lizzie non c'era.



«Lizzie non arriva...» sussurrò Alex col capo basso e con un'espressione sul volto che difficilmente riuscivo a capire.

«Deve solo provarci dopo la bravata di ieri» commentò Zack, incrociando le mani e fissando un punto indefinito del corridoio. Aveva uno sguardo distrutto, come me e Justin del resto. Non avevamo dormito pensando agli avvenimenti di ieri sera e riflettendo sul da farsi. Io avevo deciso. Nonostante volessi bene a Lizzie, non l'avrei perdonata, o perlomeno non in fretta e facilmente; mentre volevo chiedere scusa a Caren. Magari le avrei comprato qualcosa e l'avrei pregata di dimenticare il comportamento che io e i ragazzi avevamo avuto ieri, con tanto di fiori e cioccolato, a chi non piacevano?

«E se le fosse successo qualcosa?» chiese sempre Alex, che tra di noi sembrava quello più paranoico e intenzionato a voler fare pace con lei. L'adorava molto, come tutti noi alla fine; tranne che sembrava il più comprensivo. Anche se avesse voluto parlare con lei, Zack e Justin non glielo avrebbero permesso, neanche io. Lei meritava di sentire lo stesso dolore che aveva percepito Caren, lo stesso ed identico, se non di più per aver finto davanti ai nostri cechi occhi.

«Smetti di essere paranoico, è in gamba nonostante tutto» lo riprese Justin duro come non mai, proprio come me e Zack. Non eravamo cattivi, solo che possedevamo del buon senso e senza neanche parlarne, eravamo d'accordo che Lizzie avrebbe dovuto imparare la lezione, chiedendo scusa prima a Caren, poi a noi e basta. Se Caren approvasse la perdoneremmo lì sul posto, se lei non vorrà, allora Lizzie sarà costretta ad aspettare ancora un po', finché non ne avremmo avuto voglia e finché Caren non ce lo dirà.
«Come sono saggio» commentai in un sussurro, compiaciuto dal mio ragionamento e fiero della mia trovata: starà a Caren decidere.
«E modesto» aggiunse Zack, lo guardai con aria di sfida.
«E intelligente» dissi inserendo il vocabolo alla lista dei miei pregi.
«E vanitoso» replicò.
«E bello».
«E convinto».
«E diligente».
«Ed effeminato» rispose sorridendo. Strabuzzai gli occhi e lo guardai torvo, «non è vero!» protestai sentendo di non essere degno dell'insulto che mi aveva rivolto.
«Lo so» fece lui con il solito sorrisino, «perché mi insulti?» gli chiesi con tono melodrammatico. 
«Non so, è divertente» rispose incrociando le mani al petto. Ci guardammo per dei secondi scoppiando subito a ridere. Non era il momento, certo, con tutti i problemi che avevamo poi. Però mi piaceva scherzare con lui, era un grande amico. 

«Cosa facciamo con Caren?» domandò Zack sorridendo, sicuramente al ricordo di quella ragazza così particolare e interessante per certi versi.
«Io ho in mente di farle una sorpresa» ammise Justin sorridendo e strofinando le mani come uno scienziato. 
«Ehi non rubarmi le idee!» urlai in sua direzione. Credevo di essere stato originale, però come sempre, Justin mi aveva preceduto. Quel ragazzo era un genio del male; tutte le belle idee erano  sempre sue. Non per nulla a scuola molti stravedevano per lui, anche i professori e sopratutto qualche professoressa.
«E tu non rubarmi la mia!» protestò anche Alex, «e tu la mia!» si aggiunse Zack. Sbuffai scoprendo che tutti avessero pensato alla mia trovata, e io che credevo di essere il re indiscusso dell'originalità.


«Credevo di essere originale» sussurrai con un tono di voce ferito e con la faccia da cagnolino bastonato. Mi riusciva molto bene, Lizzie mi ripeteva che sembravo tenerissimo, però ero tenerissimo, 'sembrare' non era un verbo che faceva per me.
«Io l'ho detto che sei convinto» mi disse Zack facendo spallucce in modo alquanto esilarante.
«Forse anche vanitoso, hai ragione. Ho appena pensato di essere tenero» borbottai esponendo i miei pensieri a tutti.
«Io sono tenero» fece Justin inserendo enfasi nel pronome e sottolineando la parola 'tenero'.
«Sì, con tutti quei tatuaggi» gli rispose Alex con una faccia divertita.
«Hai ragione, allora sono figo. Mistero risolto» replicò mettendo le mani in tasca e alzando le sopracciglia. 
«Siamo dei ragazzi modesti noi...» commentò Alex dopo essersi fatto una risata, «parla per te pivellino» lo canzonò Zack. Mi accorsi che stavamo uscendo dall'argomento di cui avremmo dovuto parlare, ovvero Lizzie e Caren; così pensai di interrompere i miei amici ed iniziare a programmare le nostre sorprese e le nostre scuse.

«Io ho intenzione di regalarle dei fiori e dei cioccolatini» parlai a voce alta, sovrastando le parole degli altri di un'ottava e guadagnandomi così la loro attenzione. Si guardarono per dei secondi e scoppiarono di nuovo a ridere. Li guardai stralunato e non capii cosa ci trovassero di così divertente. 
«Che c'è?» chiesi usando un tono di voce offeso e tagliente, «è una cosa... Così patetica!» disse Zack continuando a ridacchiare insieme agli altri ebeti.
«È un nerd avanti!» fece Justin asciugandosi fintamente le lacrime.
«Le piacerà, state a vedere illusi» affermai diabolico e convinto di me stesso, interrompendo le loro risate; «come biasimarti» mi prese in giro Zack. Lo guardai male e ricevetti nuovamente spallucce.

«Io le faccio un ritratto» fece poi Justin ponendo fine alla presa in giro, «Justin passione pittore» commentò Zack, «fai sempre questi noiosi ritratti. Manca solo che tu li faccia al gabinetto di casa tua e poi hai completato i soggetti da scegliere» aggiunse poi, facendo ancora spallucce e sorridendo felice di avergli rovinato l'idea.
«E tu cosa le regali sentiamo, mutande in pizzo nero?» domandò Justin alzando le mani in aria ironico. Zack inspirò, dondolò sui talloni per poi guardarci uno per uno.
«Sì» fece netto. Strabuzzai gli occhi e la bocca, non sapendo se ridere o piangere. Alex e Justin avevano la mia stessa espressione. Eravamo tutti allibiti.
«Scherzo» aggiunse poi ridacchiando come un bambino. Alzai gli occhi al cielo, mi chiesi come facevamo ad essere ironici con i problemi che avevamo. 

«Comunque improvviso lì per lì, non so» finì di parlare serio. «E se le facessimo anche una sorpresa tutti insieme? E chiamassimo Lizzie per far chiedere scusa?» domandò Alex illuminato. Guardai gli altri ragazzi per poi notare l'espressione nuovamente cupa al ricordo di Lizzie.
«Io con lei non ci parlo» sussurrò Zack, «nemmeno io» si unì Justin all'amico. 
«È la tua ragazza, che hai intenzione di fare?» gli domandai curioso e razionale, lui scosse la testa come per dirmi che ancora non lo sapeva. Annuii e sbuffai.
«Quello che ha fatto è stato imperdonabile. Avete pensato anche voi alla cosa della discoteca, all'ubriacarsi ed infine alla scenata appoggiata all'albero?» chiesi tornando all'argomento serio e cancellando così ogni traccia di umorismo che avevamo creato tra una risata e l'altra.
«Io ho pensato a Caren e alla sua faccia quando ci siamo alzati e l'abbiamo lasciata lì, sola» ammise Justin, guardai Zack toccarsi i capelli nervoso e addolorato, «non ricordarmelo» disse poi alzando la testa al soffitto del corridoio.
«Più me ne parli, più sento di essere arrabbiato con Lizzie» aggiunse poi sbuffando sonoramente. Non aveva tutti i torti. Ripensando alla delusione che inondò gli occhi di Caren, non potei non sentirmi in collera con Lizzie.
«Ci ho pensato pure io, e non vorrei deludervi tutti, ma non penso che Caren accetterà le nostre scuse, ha Lil adesso e poi siamo stati degli idioti. Sopratutto tu Zack. Justin lo è quasi sempre con lei quindi...» ci fece improvvisamente ricordare Alex. Al rammento di quel ragazzo, compresi che sarebbe stato difficile che Caren tornasse da noi. Imprecai contro di lui e cercai una maniera per convincerla a perdonarci.
«Non parlarmi di quello. Poi non è vero che sono sempre stato idiota» ringhiò Justin con i denti stretti e con tono di voce ombroso ed intrattenuto. Vidi Zack annuire e Alex fare una faccia rassegnata.



Troncammo il discorso non appena una chioma bionda oltrepassò il portone della scuola. Indossava dei pantaloncini di jeans chiari e una maglietta rosa carne. La guardammo tutti e non potemmo non notare la faccia stanca, come la nostra. Tuttavia non rinunciò al suo aspetto, tanto che aveva i capelli perfettamente lisci ed il viso truccato leggermente. Era sempre carina, solo che nelle sue gesta non c'era più la vivacità di un tempo. Si fermò all'entrata e dopo averci visti, corse da noi senza pensare sul se potessimo essere arrabbiati da non volerla neanche vedere.
«Ragazzi...» bofonchiò nervosa. La guardai cercare di avere un dialogo con noi, però nessuno le rispondeva. Justin teneva la testa bassa, Alex si mordicchiava l'interno della guancia usando il cellulare e Zack la guardava con freddezza, quasi fulminandola con gli occhi. Io fissavo i miei amici, e quando tornai a vedere Lizzie, sentii una morsa allo stomaco. Mi faceva male vedere la mia migliore amica in quello stato, però se lo meritava, così cercai di assumere un'espressione seccata e la guardai scocciato. Quando incontrò i miei occhi non disse nulla, concentrandosi su Zack, quello a cui aveva mentito di più.
«Zack io, non so che dirti...»
«Teatro infondo a destra, include corsi di recitazione di alto livello» la interruppe stufato, nonostante avesse appena proferito solo tre parole. Lo guardai e nei suoi occhi notai dispiacere, contrapposto però a rabbia e delusione.
«No, non capisci...»
«Hai ragione, non capisco. Avrei dovuto comprendere prima che fosse stata Caren e quell'idiota di Lil a dirmi che persona eri. Già, non capisco proprio nulla» la interruppe nuovamente inumidendosi le labbra.
«Lasciami parlare» lo supplicò avvicinandosi a lui, tuttavia Zack aveva risposte già pronte e ancor prima di lasciarla continuare disse «Lo hai già fatto ieri, forse anche troppo». 
«Zack per favore!» urlò mentre gli occhi le si facevano lucidi. Iniziai a provare pena, ma l'immagine di Caren e delle numerose lacrime che aveva versato per colpa mia tempo fa e a causa di Lizzie stessa, mi diedero la spinta per fregarmene altamente. 
«Lacrime di coccodrillo? Lo scopriremo nella prossima puntata del film: 'Lizzie e i quattro creduloni'» fece Zack che si ostinava a non volerla ascoltare. All'improvviso rise tra sé e sé, «sai che non ti sto credendo? Cioè, stai fingendo o sei vera? Questo è il vero dilemma, Shakespeare si sbagliava proprio, come ha fatto a non rendersene conto pure lui?» disse nuovamente girando lo sguardo verso il portone scolastico, sicuramente in attesa che entrasse Caren. 
«Amico, Shakespeare è esistito trecentonovantaquattro anni fa» specificai guadagnandomi un'occhiata indifferente da parte sua, «non l'ho ancora studiato» replicò realizzato di avermi risposto con tono superficiale.
«Lo hai fatto l'anno scorso...» 
«Allora ero assente»
«No, c'eri ma stavi giocando con il pacco di assorbenti che avevi rubato a Hayley Pierce» lo smentii mettendomi le mani sui fianchi, mi ricordavo benissimo della lezione su William Shakespeare, uno dei miei drammaturghi preferiti. 
«Ti pare il momento?» soffiò imbarazzato, «poi quelli glieli ho ridati, cosa potevo farmene? Cercavo solo una distrazione. Ragazzi, davvero, non fatevi strane idee sul mio conto» aggiunse dondolandosi sui talloni. 
«Chris» sussurrò Lizzie che mentre parlavamo io e Zack si era torturata le mani. 
«Se non ti ascolta lui, pensi che sarò io a farlo? Ti sbagli» le risposi accorgendomi di aver parlato con veleno nella bocca.
«Perché vi comportate così?» protestò battendo un piede a terra improvvisamente sclerata. 
«Bella domanda» osservò Justin poggiandosi una mano sotto il mento e facendo finta di meditare ad una risposta.
«È per lei, giusto?» chiese Lizzie in un sibilo, «non vale niente!» sputò poi velenosa come non mai. Scossi la testa e Alex ridacchio assieme a Zack, mentre Justin la guardò negli occhi e disse «e tu... Vali qualcosa?».
La guardai fremere dalla rabbia, con gli occhioni lucidi e le mani strette a pugno. Potei immaginare a cosa stesse pensando: ‘Caren me li ha portati via’. Ne ero più che sicuro, glielo si leggeva dall'espressione in collera... E con chi poteva arrabbiarsi se non con lei? 


«È che ci hai delusi» fece poi Alex alzando le spalle in segno di desolazione. Lizzie però non sembrava ascoltarlo, era assorta da tutt'altro, la cosa non mi piacque per nulla. Avevo paura che potesse agire di gelosia e commettere qualche guaio.
«Sei stata falsa» continuò l'amico riponendo il cellulare in tasca e guardandola come io, Justin e anche Zack stavamo facendo.
«Justin che ne sarà di noi?» gli chiese poi di soppiatto, asciugando gli occhi e tirando sù col naso. Quest'ultimo non le disse nulla, ma continuò a guardarla senza fiatare. Lei si aggrappò a lui abbracciandolo e nascondendo il viso nella cavità tra la spalla e il suo collo. Vidi Justin in estrema difficoltà, mosse la braccia per ricambiare, ma poi si fermò guardandoci. Teneva le mani lì, combattuto sul se abbracciarla o no. Sospirò e vidi ad un certo punto una luce nei suoi occhi. Staccò Lizzie da sé con poca finezza, e scansandola corse verso il centro del corridoio. Ci girammo tutti e comprendemmo che Caren fosse entrata e che Justin avesse messo Lizzie da parte per raggiungere lei. Così facemmo pure io e Alex, mentre Zack guardò la ragazza bionda per qualche secondo. 

«Sai, è così che funziona. La ruota gira per tutti» affermò con carisma e garbo, mentre la lasciava impalata lì con lo sguardo deluso, per poi raggiungere Caren anche lui.



Gli occhi le si fecero lucidi e non passò poco tempo che scoppiò a piangere, e se avessimo esagerato?


Proprio in quel momento passò Lil ed il suo gruppo, «gne gne gne, la bambolina di porcellana piange» fece imitandola con i suoi amici, per poi ridacchiare e continuare l'imitazione. Poco dopo si formò una specie di coro di 'gne gne', e prima di girarmi del tutto, vidi Lizzie correre fuori dalla scuola.




SPAZIO AUTRICE
Ehilà,
devo ammettervi subito che non sono sicura di questo capitolo e del corso della storia. Ho quel timore di aver sfasato la strame e di aver stufato con le stesse cose. Cioè, non so davvero. Non prendetemi per complessata vi prego, però ho questo timore del cavolo. Spero solo di sbagliarmi. Volevo dirvi che ho nuovamente aggiornato presto, perché nello scorso capitolo eravate in tanti, venti recensioni, siete WOW, lasciatevelo dire e ridire. Ho amato tutti i commenti, TUTTI. Avete intenzione di farmi morire? Ci state riuscendo e non poco.
Comunque veniamo al capitolo, ho messo nuovamente un POV di Chris perché mi sembrava utile, ho scritto e accennato un po' della loro quotidianità scolastica e ho voluto mostrate quanto fossero amici. Però, pensate che abbiano esagerato con Lizzie? O pensate che le stia bene? Poi, come pensate si comporterà Caren? Vi dico solo che non sarà tanto sempliciotta da scusarli subito, anzi hahaha :)
Ho intenzione di inserire anche un POV di Lizzie, ho visto che la odiate in molti, quindi una parte dove si esprime e si apre, potrà magari... Farvi cambiare idea su di lei? Non lo so hahaha, la vedo dura :)
Vi lascio solo con dei dubbi, le menti diaboliche dei ragazzi escogiteranno un sacco di cose pur di farsi perdonare da Caren, quindi penso che il prossimo capitolo non sarà triste (a parte la parte di Lizzie).
Detto questo vi ringrazio di esserci sempre e vi saluto,
Sarah
X
Ps. Vi lascio con Chris e Justin :)

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Capitolo 24
*** Twenty-fourth chapter ***


'Con questo mio scritto pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo'.

Leggete lo spazio autrice e non ignoratelo per favore.
 

                                                         They are sorry


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”La perenne tentazione della vita 
è quella di confondere i sogni con la realtà”
-Jim Morrison




#Caren


Quando il mio sguardo riuscì a catturare il cancello scolastico, il mio cuore perse qualche battito e mi ritrovai a respirare con un po' di fatica. Scossi la testa per evitare qualsiasi forma di losco pensiero e mi feci avanti con la poca vitalità che dopotutto mi caratterizzava sempre, in ogni circostanza ed in qualsiasi ora del giorno.
Purtroppo man mano che mi avvicinavo, avvertivo il nervosismo bloccarmi il respiro, così abbassai il capo agitata e sorpassai il cancello. Il grande cortile era gremito di studenti, che si raccontavano i programmi per il weekend.
«Andiamo al lago!» urlò eccitata una ragazza, guadagnandosi concordanza da parte dagli amici. 'Io me ne starò barricata in casa' pensai. Senza Justin e i ragazzi, non avevo vita sociale. Sospirai di sconforto. Rallentai il passo e lentamente entrai nel corridoio principale. Il battito del cuore tornò alle stelle e un senso di mal di pancia mi fece ansimare. La mano destra tremò e per evitare che qualcuno lo notasse, la inserii nella stretta tasca dei jeans. Nonostante il mio interno stesse morendo di tensione, m'impegnai a mutare per bene l'espressione del viso; in quel momento era l'esterno a contare. Rilassai i muscoli degli zigomi e smisi di stringere i denti. Il resto andava bene. Ero stanca e avevo come al solito lo sguardo perso, sarebbe bastato. Mossi i passi e con facilità notai il gruppo dei ragazzi, quella era sempre stata la loro postazione. Alzai leggermente lo sguardo e compresi che nessuno mi aveva visto. Alex e Zack mi davano le spalle, mentre Chris era appoggiato all'angolo tra il muro e l'inizio degli armadietti. Stava guardando Justin e quando mi concentrai su quest'ultimo, un tremolio mi scosse da capo a piedi. 
Stava guardando il terreno e aveva tra le braccia Lizzie. 
Lei era girata, però riuscivo a vedere con quale forza lo stesse stringendo e l'affetto con cui attualmente lo stava facendo. Mandai giù un groppo di saliva e sentii quella voglia di scappare piangendo. La cosa che più mi feriva, era che Justin non avesse ascoltato né le mie parole, né quelle di Lil. Aveva preferito fidarsi della sua ragazza, continuando a scambiare con lei affettuosità pubbliche senza alcun possibile rimorso nei miei confronti. Dopotutto il modo con cui tutti ieri l'avevano abbracciata mollandomi sola, avrebbe dovuto farmi comprendere al mille per cento che per loro Lizzie era più che una migliore amica. Mi sentii tremendamente sola e insignificante, abbassai lo sguardo distrutto e continuai a camminare per il corridoio. Era chiaro che avessi gli occhi lucidi e che provassi tristezza, ma decisi lì per lì che non mi sarebbe dovuto importare e ripetei a me stessa che mi sarei dovuta comportare indifferentemente. Avanzai passo per passo guardando altrove, ero quasi di fianco a loro. Mi sentii chiamare.
«Caren!» fece la voce che riconobbi come quella di Justin. Alzai rapidamente il viso, lo vidi correre in mia direzione. Aggrottai le sopracciglia e sbuffando continuai a camminare. Non avrei chiesto scusa a Lizzie, per nulla al mondo.
«Ehi!» fece di nuovo una volta giuntomi vicino, «No, non chiederò scusa a Lizzie. Avrò esagerato però no...» protestai alzando la voce di un'ottava. «Cosa?» chiese corrucciando il viso. In quello stesso istante fui raggiunta da Chris, Alex e poi Zack, che disse qualcosa a Lizzie prima di venire. Non capii bene la situazione, avevano lasciato Lizzie da sola per venire da me?
«Come va? Tutto bene?» domandò Chris, «sembri stanca, non hai dormito?» aggiunse Justin sorridendo a trentadue denti. Feci una leggera smorfia e mi voltai per vedere Lizzie. Però a catturare la mia attenzione fu Lil, che insieme ad un gruppo di amici iniziò a prendere in giro la ragazza dai bellissimi capelli biondi. 

«Gne, gne, gne. La bambolina di porcellana piange» fece imitando i versi e le azioni di un bambino che lacrimava. Coinvolse tutti i suoi amici. Persino altri studenti che neanche conoscevo, si unirono al coro che si era formato. Non riuscii ad assemblare i pezzi di quel puzzle così disordinato, fatto stava che non appena guardai Lizzie, provai un senso di dispiacere. Stava difficilmente intrattenendo i singhiozzi e aveva il viso rosso. Non passarono altri secondi che corse fuori dalla scuola, imbarazzata e vergognosa. Mi voltai dando le spalle ai ragazzi e la seguii con lo sguardo. Avrei voluto confortarla. Certamente meritava un'umiliazione per tutte le cose che aveva fatto, ma così era esagerato.
‘E smetti di fare la buonista’ mi rimproverai mentalmente. Evitai di pensare alla ragazza che era appena scappata in lacrime e mi girai dai ragazzi. Avevano tutti uno sguardo perso, sopratutto Justin che continuava a guardare il portone d'uscita. Chris sembrava provare dispiacere, così come Zack, Alex invece era leggermente desolato. Sotto sotto, sembrava pensare che Lizzie se lo fosse pienamente meritato. Il coro di Lil non si era ancora fermato, e stava continuando anche nel gigante cortile, segno che Lizzie non era ancora uscita completamente dal cancello.
«Lil, basta!» urlò Justin, «può bastare così. Ora smettila» aggiunse Chris. Il mio nuovo amico però non li ascoltò. Justin si mosse in sua direzione e per paura che un guaio potesse nascere, mi affrettai a intervenire. 
«Lil, falli smettere per favore» urlai per catturare la sua attenzione. «Solo perché me lo hai detto tu» affermò per poi urlare a tutti «Stop, amici!». Il coro smise di rimbombare così ferocemente e dovettero passare minuti prima che si arrestasse completamente. Gli sorrisi devota. «Caren, come stai?» chiese Justin. Farfalle trotterellarono al mio interno. Un nano secondo dopo compresi tutto. I ragazzi avevano litigato con Lizzie e ora volevano fare le loro scuse. La mia espressione mutò e respirai profondamente di soddisfazione. Mi accorsi di dover rispondere. Inizialmente avevo l'intenzione di tranquillizzarlo e abbracciarli tutti, però dei flashback cominciarono a farmi cambiare idea, occultando ogni traccia della benevolenza che provavo.



'Strinsi in pugno il mio vestito e alzai lo sguardo per vedere Lizzie alzarsi e camminare lontano da noi, per poi poggiarsi ad un albero e coprirsi il viso con le mani, con il petto che faceva su e giù ed il corpo leggermente tremante. 
«Brava Caren» fece Justin, che sbuffò alzandosi e andando dalla sua ragazza.
«Già, bravissima» disse anche Alex, che seguì l'amico.
Guardai Zack rivolgermi un'occhiata delusa e Chris guardare l'altra parte del parco. Non passarono venti secondi che si alzarono anche loro per raggiungere Lizzie, lasciandomi lì, seduta e sola come un cane'.



«Caren, ci sei?» chiese Zack cercando di studiarmi l'espressione che avevo in faccia: distrutta, in procinto di piangere ed estremamente confusa. Anche Justin sembrò averlo notato, infatti si scambiò un'occhiata con Zack piuttosto preoccupata.


'«Caren, vogliamo del bene anche a te, ma Lizzie...» iniziò a dire Justin sospendendo la frase in aria, incapace di esprimere la verità che aveva dentro'.


«Perché non rispondi?» m'interruppe i pensieri Chris. «A che pensi?» fece Alex, «come va, Caren?» domandò Justin calcando le prime due parole, consapevole che pensieri spiacevoli avessero invaso la mia mente. Ero in totale confusione, ma fu un ultimo ricordo a indicarmi le direttive da prendere. 


'«Qualsiasi cosa succeda, ricorda che sei sempre la nostra ragazza Liz» affermò Zack, cullandola tra le braccia e dandole un bacio sui capelli.
«Tu e solo tu» precisò poi Alex. In quel momento crollai mentalmente. Era tutto così assurdo e io che mi ero illusa che le cose potessero andare bene con loro. All'abbraccio si aggiunsero Justin, Alex ed infine Chris, formando una specie di barriera a cui non mi avrebbero lasciato aggiungere'.


«Come va?» domandai riprendendo la domanda. «Beh, adesso che vi ho visti direi male» conclusi. Mi pesò il cuore notando le loro espressioni, ma tuttavia lo sconforto durò poco. Mi sarei vendicata e se volevano il mio perdono per davvero, allora avrebbero dovuto insistere.
«Non fare così...» sussurrò addolorato Zack, passandosi la mano sul bel viso stanco. Nonostante avesse le occhiaie e qualche livido che risaliva alla rissa di ieri sera, continuava ad essere stupendo. La sua bellezza mi faceva tremare le gambe, come quella di Justin e Chris del resto. «E cosa dovrei fare? Inchinarmi a voi e baciarvi i piedi, felice che i quattro sovrani mi abbiano rivolto la parola e consegnato la chiave per il perdono?» chiesi negativamente ironica. «Potete scordarvelo» feci poi inclinando il viso di marmo gelato. 
«Caren, abbiamo sbagliato e ne siamo consapevolissimi. Non fare così, ci fai male. Ti prego» sussurrò Chris toccandosi il torace, con occhi dolci, con occhi sinceri e pentiti. Ma non sarebbe bastato. 
«Anche voi mi state facendo del male, ragazzi. Mi state facendo tanto male, tantissimo. Mi state distruggendo. Mi state facendo sentire dannatamente poco bene. Mi state disintegrando. Mi state facendo soffrire più di quanto non lo stia già facendo io» risposi aprendomi un po' di più. Non avrei mai pensato di rivelare qualcosa di me e del mio dolore. Avevo sempre finto che tutto andasse bene, che non provavo alcuna forma di negatività, mentre ora stavo cercando di far loro capire, che stavo male, che avevo bisogno di qualcuno, che molto probabilmente necessitavo di loro.
«Io non so cosa dire...» sussurrò Justin guardandomi con quegli occhi che sembravano pozzi, tanto erano profondi. Lo guardai facendo di no con la testa, non bastava per avere il mio perdono, non bastava e non sarebbe bastato. 
«Non mi pare che siamo stati così duri» fece Alex torturando il cellulare che aveva in mano, stringendolo forte, premendo tasti a caso e sbattendolo leggermente contro l'altra mano. Ridacchiai tristemente e lo guardai con una faccia tutt'altro che ironica.
 «Cosa? Non siete duri? Proprio voi che ieri mi avete letteralmente sputato in faccia di essere inferiore a Lizzie, e di essere fuori dal cosiddetto gruppo?» urlai, attirando l'attenzione di numerosi studenti e di Lil che era ancora lì, concentrato nel comprendere i nostri dialoghi. Ringraziai Dio di aver trovato lui, almeno non sarei rimasta sola come un cane.
«Non sei inferiore a Lizzie» mi corresse Zack. Lo guardai calma e mi affrettai a rispondergli. «Ieri non hai detto questo» sussurrai, ricordandomi il dolore che provai quando abbracciò la sua amica. «Va bene, abbiamo sbagliato. Siamo dei bastardi, duri, insensibili e cechi ragazzi. Siamo pentiti, a te ci teniamo, e ora siamo qui a chiederti umilmente scusa» intervenì Justin  guardandomi negli occhi. Le sue parole non mi toccarono il cuore, così scossi la testa ancora. «No» sospirai leggermente, come se fossi stanca di sprecare le mie parole per loro. «Ti vogliamo bene» disse Alex. «Non lo dimostrate però» replicai intontita dalla sua affermazione. Aveva appena detto di volermi bene. Non esultai come avrei dovuto fare, ma immagazzinai la frase nel cuore. 
«Te lo dimostreremo e cambierai idea» intervenì un Chris diabolicamente convinto e deciso. «Come volete» troncai il discorso sorpassandoli per andare da Lil. Fui tenuta per mano da Justin e trascinata con forza vicino a lui.
«Lasciami andare» protestai un po' spaventata. «Dove da Lil? No» rispose con fermezza. Strabuzzai gli occhi, da quando in qua il ragazzo che più mi aveva maltrattata, mi dava ordini? 
«Mollala» fece il ragazzo da cui stavo andando. 
«Altrimenti che fai?» rispose Zack, incrociando le braccia al petto. 
«Non vi piacerà saperlo»
«Cosa, cosa? Pensi di farmi paura?» lo canzonò Zack, assumendo l'aria strafottente che utilizzava solo con chi non gli andava a genio. 
«Zack, siamo a scuola» tentò di farlo ragionare Chris, che mi lanciava occhiate supplichevoli. Mi allarmai anche io, aveva il timore che potesse nascere un litigio a causa mia, nel bel mezzo del corridoio scolastico. 
«E allora Chris? Anche se fossimo a scuola, dov'è il problema? Non ci si mette molto a sistemare un'idiota» disse Justin ridacchiando, senza però mollare la presa sul mio polso. Non mi opposi, rimasi a guardare confusa la situazione.
Lil non sembrò digerire l'insulto e avvicinandosi urlò «ripetilo se hai il coraggio». Tuttavia il ragazzo dagli occhi nocciola non sembrava per niente spaventato, così mollo la presa spingendomi leggermente tra le braccia di Chris e avanzò verso Lil.
«Idiota, idiota, idiota, figlio di...», «Justin no!» urlai, interrompendo l'insulto. Non volevo che mettesse in mezzo i suoi genitori, sopratutto dopo aver saputo che lo avessero duramente cacciato di casa. Mi scansai da Chris e corsi verso Lil.
«Smettetela di rovinarmi sempre tutto, non voglio vedervi!» gridai nervosa in direzione dei ragazzi, sopratutto Justin.
«Non puoi andare con lui» disse Zack con sguardo freddo e mani che sembravano prudergli dalla voglia di prendere a pugni qualcosa. Guardai il viso ferito e decisi che avrei fermato tutto. Non avrei permesso che potesse nascere un'altra rissa, non dopo quella di ieri. Tentai di troncare il discorso con cautela. 
«Perché no?» domandai mettendomi le mani sui fianchi, in attesa di una plausibile risposta. «Semplice» commentò Justin con calma, «perché no!» aggiunse poi urlando. «Sei geloso?» chiese Lil ridendo con i suoi amici, convinto di averlo ferito o di avergli provocato fastidio. «Sì» replicò guardandomi. La mia bocca si aprì leggermente. Sapere che la sua fosse gelosia, calmò i miei bollenti sensi di vendetta e percepii un pizzico di contentezza, subentrare nel mio cuore come una goccia di sangue in un bicchiere di acqua pura. 
«Lil ti prego, vai avanti. Ti raggiungo ora», «se hai bisogno chiama» rispose lui, per poi allontanarsi da me, i ragazzi e gli studenti che ancora ci guardavano. Mi avvicinai a Justin che non distava molto, ignorando involontariamente l'ultima frase che mi rivolse il mio nuovo e a quanto pareva, fedele amico.


«Se sei realmente pentito, sia tu che loro, dimostratemi quanto v'importa di me» sussurrai con aria misteriosa. Accennai un sorriso per rassicurarlo e per fargli capire che avrei accettato un tentativo di scuse. Mi allontanai di poco, guardando prima lui, poi Zack, Chris ed infine Alex. Nessuno di loro osò rispondere. Ne approfittai per voltarmi e camminare verso il bar della scuola, dove Lil mi stava sicuramente aspettando. Ieri mi aveva detto che mi avrebbe presentato tutti i suoi amici.






#Lizzie

Fui spinta con poca cautela e attenzione da Justin. Rischiai quasi di cadere a terra, ma ricomponendomi, notai che Caren fosse entrata nel corridoio principale, attirando come una calamita l'attenzione dei miei migliori amici e del mio ragazzo. Guardai quest'ultimo raggiungerla in men che non si dicesse, chiamando più volte il suo nome e grattandosi nervoso la nuca. 
«Sai è così che funziona. La ruota gira per tutti» disse Zack, sorridendo con un angolo della bocca, per poi raggiungere Justin. Lo guardai ferita e mi chiesi come fosse potuto succedere, che persino lui, mi avesse voltato le spalle in questa maniera. Una morsa mi attanagliò lo stomaco e grondante di frustrazione e gelosia, schioccai le ossa delle dita. Intrattenni un singhiozzo quando anche Chris e Alex mi lasciarono da sola, come se valessi meno di un granello di sabbia. Osservai i ragazzi circondarla e tentare di avere un dialogo con lei, sorridendo e mutando l'espressione cupa che avevano con me, in cordiale. 
Era chiaro che tra non molto sarei scoppiata a piangere. La vista di Justin, Zack, Chris e Alex attorno a Caren, mi dava la nausea e mi urtava parecchio. Sbuffai cercando di intrattenere il pianto, ma poco dopo rinunciai. Ancora con gli occhi fissi su quei quattro ragazzi che erano il mio tutto, non mi accorsi che pure Lil e il suo solito gruppetto di ganzi, fossero entrati a scuola. 
«Gne gne gne, la bambolina di porcellana piange» urlò imitando i miei gesti e ridicolizzandomi davanti ai ragazzi, Caren e gli studenti presenti. Mi batté il cuore rumorosamente e singhiozzai più volte. La vergogna che provavo raggiunse il massimo livello, quando anche gli amici di Lil cominciarono a prendermi in giro, trascinando con loro altri ragazzi, dentro e fuori la scuola. Diventai rossa e volsi un'ultimo sguardo ai ragazzi e Caren. Justin mi guardava con occhi dispiaciuti, ma continuava a rimanere in silenzio, senza difendermi come era solito fare o consolarmi. Zack non mi guardava nemmeno, teneva gli occhi verdi sul muro opposto al mio. Chris mi guardava desolato, era chiaro che volesse venire da me o far smettere il coro, ma c'era qualcosa che lo intratteneva, mentre Alex era più freddo del solito, neanche quando era arrabbiato aveva un'espressione del genere. Aspettai che qualcuno di loro mi difendesse, che uno prendesse a calci Lil, l'altro mi abbracciasse e qualcun altro facesse smettere il coro, per poi raggiungermi premuroso. 
Attesi ancora, ma nessuno di loro si mosse e fu lì che scoppiai a lacrimare disperata, correndo fuori da scuola. Non guardai in faccia nessuno, ero talmente confusa, triste e imbarazzata. Corsi per il cortile, dove altri studenti canticchiavano ciò che Lil mi disse. Avevo il battito a mille e non mi capacitavo di nulla. Raggiunsi il cancello e dopo esserne uscita, continuai a correre per una meta al momento sconosciuta. Pensai alla figuraccia che avevo appena fatto a scuola, all'indifferenza dei ragazzi e a Caren, che molto probabilmente starà ridendo compiaciuta di me, abbindolando Justin, Zack, Chris e Alex come una strega. Mi venne istintivo strillare di dolore e far capire a tutti quanto stessi male. Quando persi fiato mi fermai esausta e crollai a terra, affannata e sudata. Respirai con fatica date le lacrime che non si fermavano, e compresi di essere arrivata al parco di ieri. Mi alzai con fatica e raggiunsi l'albero su cui ieri mi ero appoggiata per piangere. Mi asciugai il viso e presi un fazzoletto dalla cartella per soffiarmi il naso. Ripensai alla nottata di ieri e a come vedendomi piangere, i ragazzi mi avevano raggiunta e difesa. Ero consapevole di averlo fatto apposta, così come avevo finto di star male in discoteca e di ubriacarmi subito. In un certo senso mi sentivo motivata a farlo. Non era bello vedere la ragazza che inizialmente volevi aiutare date le difficoltà che aveva, rubarti gli amici, il ragazzo e soffiarti il posto. Era così. Da quando l'avevamo conosciuta, Justin era diventato meno affettuoso e parlava spesso di lei. Caren di qua, Caren di là e dimenticava me e lui. Non mi guardava più con gli occhi desiderosi di prima, non mi dava le attenzioni di un tempo, tanto che da qui a poco aveva raffreddato il nostro rapporto. Era normale che volessi cure e attenzioni da parte sua, insomma era la sua ragazza, andavo matta per lui e per quegli occhi così belli e magnetici.
Mi dava buca numerose volte e non rispondeva ad alcune mie chiamate.  Era interessato a Caren, si vedeva lontano un miglio che sotto sotto, provava qualcosa per lei. Dopotutto lo aveva affermato ieri, nel gioco della bottiglia. Numerose volte lo sorprendevo guardarla dall'alto al basso e fare uno dei suoi sorrisini, quelli che faceva a me poco tempo fa. Caren però era lenta e ottusa, non coglieva nulla e non comprendeva che non aveva colpito solo Justin, ma anche Zack. Quest'ultimo poi, non passava più la maggior parte del suo tempo con me e non ci confidavamo più. Prima era dolcissimo solo con me, mentre ora lo stava diventando anche con Caren. Da quando in qua Zack era gentile e premuroso con qualcun altro che non fossi io? Ultimamente poi, se n'era uscito dicendo che lui e lei si frequentavano, mi aveva dato fastidio, però avevo digerito tutto. Certo, mi dispiaceva che usasse premute con un'altra ragazza che non fossi io, ma non ci potevo fare nulla, separarlo da lei oramai era pressoché impossibile. Nonostante io e lui non fossimo fidanzati, mi trattava come se fossi la sua ragazza. Mi teneva per mano, mi sussurrava parole dolci e confortevoli, mi ospitava se litigavo con i miei genitori e mi consolava se nasceva una discussione con Justin. Ricordai di quella volta che litigai con mio padre e Justin era assente. Bussai alla sua porta alle due del mattino e mi aprì senza indugio. Mi concesse la sua camera per dormire, mi coprì con un piumino morbidissimo e stette al mio fianco finché non mi addormentai. Mi tornarono le lacrime agli occhi, avevo perso il mio migliore amico, il mio fratello e il mio braccio destro, avevo perso Zack, tutto a causa di Caren. Il pensiero di perdere anche Justin, mi mozzò il respiro, temevo che Caren me lo rubasse, dentro di me sapevo che sarebbe accaduto prima o poi, per questo tentavo di riportarlo da me. Mi sarò anche comportata da falsa, ma Caren lo era sicuramente più di me. Tutte quelle volte in cui le venivano appositamente gli occhi lucidi, tutti quei finti sguardi da cucciolo ferito, era insopportabile. Se faceva la falsa, l'avrei fatto pure io. Però, ora i ragazzi se l'erano presa con me e non con lei, perché? Persino Chris che all'inizio non la sopportava, era intenzionato a chiederle scusa. Era cambiato persino lui. Aveva smesso di parlare tanto e aveva sempre un'espressione pensierosa e spenta. Era spesso di cattivo umore e non scherzava più. Mi era sempre rimasto vicino, solo ieri quando ci eravamo alzati per cercare Justin, si era avvicinato a Caren. Di fatti da quell'istante aveva cominciato ad atteggiarsi con lei premurosamente, smettendo di guardarla male e di offenderla con comportamenti arroganti. All'inizio non volevo che si comportasse così con lei, perché mi dispiaceva vedere come se la prendeva inutilmente con lei. Solo adesso capivo che dopotutto Caren se l'era meritato, ma nello stesso tempo non comprendevo cosa fosse successo ieri tanto da indurre Chris a cambiare. Alex era l'unico che non era cambiato tanto, però fatto stava che pure lui parlava spesso di Caren. Che le sorrideva sempre e si comportava in maniera troppo cordiale. Alex non si atteggiava così con le persona che conosceva appena. Era prima distaccato e freddo, solo dopo mesi si apriva. Ma con Caren era sempre stato generoso e cordiale. 

Mi sedetti per terra e strappai l'erba. La prima immagine che mi venne in mente fu quella di Caren, e mi chiesi come avesse fatto a scombussolare tutto il mio mondo nel giro di qualche giorno. Ero convinta di non aver mai esagerato o sbagliato con lei, avevo ragione io e le mie azioni erano giustificate. Non le avrei permesso di soffiarmi il ragazzo e gli amici, per nulla al mondo. Qualsiasi ragazza nella mia situazione avrebbe reagito così. Non stavo facendo nulla di così scandaloso. Non volevo che i ragazzi mi mettessero da parte e così facevo qualche finta per farli ricordare che esistevo anche io, e non solo Caren. All'ennesimo ricordo suo, emanai un urlo di gelosia e promisi a me stessa, che non le avrei dato la possibilità di rubarmi tutto ciò che avevo.
Tuttavia mi ricordai di essere innocua, oramai tutti avevano rotto con me e non ero in grado di fare più nulla. Imprecai per minuti che sembrarono ore, mi chiesi perché tutti fossero interessati a Caren. Era una ragazza carina, certo; riusciva ad apparire tenera nonostante non s'impegnasse nemmeno a farlo, però non era un granché. Non comprendevo che tipo di personalità avesse e aveva sempre quello sguardo spento. Ricordai i primi giorni di scuola, quando era completamente sola e spaesata. Lì mi faceva compassione, ed ero stata proprio io a proporre ai ragazzi di conoscerla e starle vicino. Ma mai avrei pensato, che un giorno avrebbe potuto rovinare il rapporto che legava me e i miei migliori amici, mai. Continuai a rimembrare quei giorni, quando Chris la trattava in malo modo e i ragazzi non le davano per nulla attenzioni. Qualcosa doveva essere scoppiato il giorno del mio compleanno. Da lì, c'era stato il grande cambiamento. Lei che alla vista mia e di Justin aveva rotto il bicchiere. 
Troppi pensieri confusi e attorcigliati per la testa, mi mandarono in bestia. Mi portai le ginocchia al petto e un pensiero capovolse l'idea che avevo di Caren. E se fossi io quella che stava sbagliando?
Dei sensi di colpa mi procurarono una morsa allo stomaco e completamente confusa e divisa a metà, corsi a casa mia con una sola cosa in mente da fare.



#Caren

Salutai Lil e gli amici che mi aveva appena presentato: Gabriel, Thomas e Will. Avevano un aspetto ingannevole. Indossavano quei vestiti larghi e le catene al collo, che davano l'impressione che fossero ragazzi del ghetto, maleducati e senza futuro. La realtà era un'altra. Si erano comportati in maniera gentile ed educata. Fui felice di aver conosciuto nuova gente. Avevo mal di testa date le chiacchiere dei numerosi studenti, così tirai fuori il cellulare e le cuffie, sistemandole bene nelle
orecchie. Stavo per mettere un bellissimo brano, quando casualmente il mio sguardo cadde sull'orologio attaccato sul muro alla mia destra. Sbuffai, la campanella che segnava l'inizio delle lezioni sarebbe suonata tra una decina di
minuti, e per colpa di Justin e compagnia bella non avevo ancora preso i libri dall'armadietto. Uscii dal bar della scuola e corsi nel corridoio principale. Dei ragazzi non c'era più traccia. Ignorai la cosa e tirai fuori le chiavi. Mi avvicinai al mio armadietto, lo aprii e sussultai quando vi trovai un orsacchiotto e del cioccolato bianco. 
«Oh mio Dio» sussurrai addolcita. Lo tirai fuori e girandolo, notai che attaccato vi fosse un bigliettino color rosa confetto. Lo staccai e lo lessi. 

'Non starò bene finché non ti vedrò sorridere nuovamente. Chris x'

Sorrisi leggiadra e mi domandai come avesse fatto ad aprire il mio armadietto senza la chiave. Certo che lui e i ragazzi erano capaci di fare qualsiasi cosa. Stavo per aprire la scatola di cioccolato, quando sentii bisbigliare nel silenzio del corridoio quasi vuoto «le è piaciuto, ve l'ho detto razza di babbei senza esperienza». Capii subito che fosse stato Chris a parlare, e che fosse nascosto in qualche angolo con i ragazzi. Aveva parlato senza badare al tono della voce, perchè pensava che stessi ascoltando della musica dato che avevo ancora le cuffiette addosso. Senza muovere la testa, guardai a destra e sinistra. Erano chiaramente dentro lo sgabuzzino dei bidelli, vicino agli ultimi armadietti della lunga fila. Alzai fintamente gli occhi al cielo, buttai dentro l'armadietto la scatola di cioccolato e strappai il biglietto in mille pezzettini, lasciandolo indifferente sul pavimento appena pulito. 
«Chi è il babbeo senza esperienza, novellino?» fece la voce di Zack, chiaramente indirizzata a Chris.
«Stai zitto, potrebbe sentirci!» disse Justin allarmato. Canticchiai la strofa di una canzoncina a caso per indicare che non avessi sentito nulla. «Ha le cuffie, amico» lo tranquillizzò Alex. Dovetti mordermi il labbro inferiore per non sorridere, i ragazzi erano così esilaranti. «Chris che mi dici del tuo cioccolato?» riprese a canzonarlo Zack. 
«Ti dico che l'ho pagato carissimo» rispose l'altro sbuffando. 
Scossi la testa divertita e presi i libri che mi servivano. Chiusi l'armadietto e corsi verso l'aula centonove, dove la lezione di filosofia mi stava aspettando. I ragazzi si erano vaporizzati, meglio per loro. 
Mancavano pochi minuti al suono della campana, e arrivata in classe aggrottai le sopracciglia. La lavagna era piena di scritte, tutte indirizzate a me. Ne lessi alcune in un batti baleno, avrei dovuto cancellarle, altrimenti il professore non avrebbe apprezzato la cosa. 

'Come hai potuto farlo? Il mio cioccolato era buonissimo! Mi hai spezzato il cuore, proprio come hai fatto col bigliettino', 'siamo tutti pentiti', 'Caren, se non mi scusi mi butto dal balcone', 'Caren, sii misericordiosa', 't.v.b', 'Dio ha detto di essere buoni e di essere tutti fratelli, che ne dici?', 'aaaah nanetta, sei così speciale', 'fa caldo oggi, perdonaci', 'bla bla bla. Scusa ma dobbiamo riempire la lavagna, non so cosa scrivere', 'scusa, scusa, scusa, scusa, scusa', 'Ho i crampi alle dita perché questo gesso fa schifo e tra poco mi ritroverò a scrivere con le unghie', 'Ho finito i soldi per quel cioccolato, sono offeso da morire, però ti perdono. Visto come sono buono? Prendi esempio da me. ;)', 'Per te sarei disposto a tutto, persino a dire che sono brutto'.
‘Zack, Justin, Chris e Alex x’



Ridacchiai istericamente davanti a tutta la classe. Non mi accorsi nemmeno del suono della campana e del professore che era entrato. Feci qualche saltello prima di prendere il cancellino, e con estrema esaltazione cancellai la lavagna.
«Sei desiderata Howen» disse il professore, provocando qualche commento da parte di alcuni compagni di classe e sopratutto delle ragazze. Ridacchiai per far intendere al prof. Brown di averlo sentito, ma non ancora in grado di parlare dalla sorpresa, andai a sedermi muta come un pesce. Questa volta trovai un banco vuoto dietro, vicino a due ragazze. Tirai fuori il quaderno e il libro di filosofia, distraendomi ben presto da Socrate e i suoi teoremi filosofici. I ragazzi erano stati davvero carini, non pensavo di importare loro a tal punto da indurli a regalarmi cioccolato e riempire la lavagna di scritte per me. Era una sensazione semplicemente fantastica, contando il fatto che nessuno aveva mai fatto qualcosa del genere per me. Mi sentii per la prima volta dopo anni, una ragazza fortunata. Le loro attenzioni mi piacevano talmente tanto, da farmi venire voglia di urlare di gioia. 

La campanella suonò e mi accorsi di aver perso la cognizione del tempo, pensando ai ragazzi e al loro modo di farsi perdonare da me. Dovetti ammettere che grazie a queste attenzioni, mi stavo sentendo importante, come se valessi qualcosa per davvero. 
Ero diretta all'aula di scienze per l'ora con la professoressa Miles, incrociai Chris e Zack. Sbuffai fintamente e cambiai strada, ma fui raggiunta velocemente e si piazzarono davanti a me. 
«Caren, senti questa. Un tricheco dice all'altro: cos'hai in petto?. L'altro si guarda e muore» fece Zack, per poi scoppiare a ridere come un pazzo. Chris fece una smorfia schifata nei confronti del suo amico e mi guardò mutando l'espressione in cordiale.
«La vuoi una rosa rossa, baby?» chiese alzando un sopracciglio, in maniera seduttiva. «No» replicai, incrociando le braccia al petto. 
«Va bene, eccoti la rosa... Ma come? Hai detto no?» chiese accigliato, poggiandosi la mano sul cuore, fingendo dolore e spasimo. 
«Sì» risposi. «Ah, mi sembrava strano, tienila...», «No» feci nuovamente. «No che no, o no che sì?» domandò poi. 
«No che no» dissi sorridendo arcigna. Un'espressione di delusione si fece spazio sul suo viso. Buttò la rosa rossa a terra e disse «fa niente, ne ho una bianca». Prese una rosa bianca dallo zaino e me la porse inchinandosi. Mi guardai a destra e a sinistra, imbarazzata dato che eravamo nel centro del corridoio e una massa di studenti ci stava fissando. 
«Chris mi fa schifo anche questa» commentai prendendola e staccando i petali, tutti una sola volta, per poi rompere il busto del fiore, buttarlo a terra e calpestarlo. Zack ridacchiò e Chris ne tirò fuori una nera. 
«Non puoi dire di no a questa» disse, porgendomela con eleganza, ma senza alzarsi dal pavimento. «Ridacchiai maleficamente, prendendola e rompendola proprio come avevo fatto con quella bianca. «Ho l'ultima in cartella. Ed è di plastica, impossibile da rompere con le mani» fece, tirando fuori una rosa fucsia. «Che me ne faccio di una rosa di plastica?» domandai assumendo un'espressione di nausea. «Buttala. Basta che non lo fai davanti a me, mi spezzi il cuore» rispose il bel ragazzo dagli occhi di cristallo. 
«Va bene» sussurrai prendendola. 
«Ora scusami» urlò all'improvviso buttandosi alle mie gambe, stringendole con forza e scuotendomi con poca finezza. Zack lo seguì, prendendomi la gamba destra, mentre Chris s'impossessò di quella sinistra. «Ragazzi non qui, alzatevi!» urlai tentando di sbarazzarmi di loro, e arrossendo a causa degli sguardi divertiti dell'intero corridoio. 
«Non ti molliamo finché non ci perdoni. Altrimenti ti faccio fare una figuraccia» disse Zack ghignando losco. «Ma che diavolo...» sussurrai prima che il ragazzo attaccato alla mia gamba destra cominciasse ad urlare, fingendo un pianto disperato.
«Amore mio non mi lasciare. L'amore trionfa sempre. Anche noi dobbiamo trionfare, amore mio. Ricordi quando mi dicevi che il nostro era un per sempre, amore mio? Ricordi tutte quelle tue false promesse? Anche se te ne sei andata, io ti ho perdonata amore mio, torna da me. Devi farlo, sai perché? Perché l'amore trionfa sempre» urlò Zack gesticolando, e gridando in modo che tutta la scuola lo potesse sentire. Mi tenni il viso tra le mani e cercai di farlo tacere. Ma lui si alzò e continuò a urlare mettendomi in imbarazzo davanti a tutti, mentre Chris restava ancora attaccato all'altra mia gamba, abbracciandola come se fosse un umano.
«Questa donna gente, mi ha fatto le corna il giorno prima del nostro matrimonio. Ma nonostante tutto io l'ho perdonata, e ora lei non vuole tornare con me. Perché pupilla dei miei occhi? Perché vita mia? Perché cuoricino mio? Perché? Amici, avevo invitato tutto il quartiere, avevo comprato di tutto, avevo sistemato tutto, era tutto pronto, ma perché mi hai tradito con Gian  Piero Ludovico Della Valcamonica, perché?» continuò a gridare Zack con una mano in tasca e l'altra posata teatralmente in alto, come se stesse recitando i versi della divina commedia. Volevo raggiungerlo per farlo tacere, ma avevo Chris letteralmente incollato alle gambe che piangeva disperato. Non capivo se lui stesse fingendo come Zack o se fosse davvero desolato, ma al momento la cosa più importante era zittire il biondino, che mi stava mettendo in ridicolo davanti a tutti. 
«Zack!» urlai attirando la sua attenzione. Si voltò e sorridente ricominciò a gridare. 
«Sì, amore mio. Oh per l'amor del cielo e di tutti gli astri vangelici, mi hai perdonato? Avete visto amici? Mi ha perdonato anche se non ho fatto nulla! Ricordatevi figliuoli, che l'amore trionfa sempre. Prendete quella di oggi come una lezione dello spirito e dell'anima, che vi guiderà nel vostro futuro e che vi farà capire che l'amour trionf tout le jours, a tout le or et pour tutta la vit!» concluse poi con il suo pessimo francese, inchinandosi e ricevendo applausi dai tantissimi studenti che si erano fermati a guardarlo. «dankeschon, mes amis!» ringraziò poi ignaro che la parola 'dankeschon' fosse tedesca e non francese. «Zack!» urlai nuovamente sbattendomi una mano sulla fronte. Quest'ultimo corse verso di me, ignorando la massa di studenti che applaudivano ancora. 
«Devo continuare?» chiese facendo un sorriso a trentadue denti. «No, perché ho cambiato idea» bleffai. «Davvero?» chiese con lo sguardo di un bambino felice. Annuii. 
«Dì a Chris di staccarsi» dissi indicando il ragazzo che ancora abbracciava la mia gamba. «Alzati sfigato» fece Zack.
«No, sai perché? Perché sono Chris la sanguisuga. Flop flop.»
«la sanguisuga non fa flop!», «e comunque staccati» fece il biondino staccandolo da me e rischiando di farmi cadere a terra. Una volta libera, li presi entrambi per le mano e li condussi allo sgabuzzino dei bidelli, chiudendo la porta a chiave. 
«Cosa avete in mente?» urlai gesticolando nervosa. 
«Una bella ragazza in bikini» rispose Zack facendo ridere Chris. 
«Sono seria» precisai con rudezza, anche se sarei voluta scoppiare a ridere come una stupida.
«Va bene, scusa»
«mi avete messo in imbarazzo di fronte a tutti!» urlai. I due si guardarono. 
«Zack sdrammatizza» sussurrò Chris all'amico, convinto che la situazione si stesse facendo estremamente tesa, «e cosa dovrei dire?» rispose lui. 
«Qualcosa di elettrizzante», «che Dio ti fulmini».
«Ragazzi!» gridai, attirando la loro attenzione. Intrattenni un risolino quando Zack prese in giro Chris. Erano così divertenti.
«Hai riso?» chiesero all'unisono. «No, ho pasta» replicai con una nota di ironia, «certo che non ho riso» finì poi di dire.
«Scusaci. È che vogliamo che tu ci perdoni. Anche se scendessero gli alieni in questo preciso momento, nonostante la paura sprecherei le mie ultime ore a cercarti!» affermò Zack addolcendo il viso, facendomi sciogliere il cuore, era così dolce.
«Se gli alieni sono alla ricerca di vita intelligente... Perché dovresti aver paura, Zack?» lo interruppe Chris facendo un sorrisino vendicativo. 
«Ma se sono un cervellone» si giustificò lui. 
«Allora recitami l'infinito di Leopardi», «leopardare» replicò. 
«Parlavo della poesia, idiota» 
«Ehilà, in questa stanza ci sono anch'io!» urlai alzandomi in punta e salutando ironicamente. I due smisero di discutere e mi guardarono finalmente seri. 
«Dicci» m'incitò a parlare Chris. «Chris ti uccido!» urlai, rammentando il fatto che per colpa sua non avevo potuto fermare Zack, che mi aveva messo in imbarazzo davanti a tutti.
«E poi sarete tutti obbligati ad andare al suo funerale» continuai riferendomi a Zack e gli altri. 
«Perché devo andare al suo, se poi lui non verrà al mio?!» protestò il biondino. 
«Perché sarò già morto, forse?»
«Frena un attimo, hai detto forse? Vuol dire che tornerai con aria cattiva, reincarnandoti in una bella ragazza, e venendo al mio funerale mangerai il mio cadavere, perché non sono venuto al tuo di funerale?».
«Perché dovrei reincarnarmi in una bella ragazza, non sono forse già bello per te?», «Chris! Tu per me sei solo un amico».
«Ma cosa? Guarda che sono etero» specificò Chris, corrucciando il viso in una smorfia stranita, «e anche se fossi dell'altra sponda, non mi piaceresti mai, perché non mi piacciono i biondi!», «vuoi dire sono brutto?» domandò Zack, puntando il dito verso se stesso. 
«Tutti quelli che non mi somigliano sono brutti. Prendi questa, ho spento il tuo ego» replicò il ragazzo con gli occhi azzurri, ridendo compiaciuto. 
«L'unico qui con un ego elevato sei tu. Sei un narcisista!», «non sai nemmeno che vuol dire, Zack!»
«Come faccio a non sapere cosa vuol dire, se l'ho detto?»
«Cerchi di usare la psicologia inversa?»
«No, uso la psicologia dritta, perché dovrei invertirla?»
«Ragazzi!» strillai con la testa che scoppiava. I due mi guardarono e attesero che parlassi.
«Sarò veloce, smettetela d'infastidirmi» sputai fingendo di essere in collera e di essere stanca delle loro bambinate. Aprii la porta e uscii correndo. Mi tappai le orecchie quando li sentii borbottare qualcosa. Controllai l'ora al polso e per colpa loro, avevo perso la lezione di scienze. Divertita e poco desolata però, andai ad aspettare la terza ora al bar, attendendo che l'ora di scienze terminasse del tutto. Mancavano circa venti minuti e pensai bene di leggere un libro che portavo sempre con me.

«Cucù, indovina chi sono?» disse Justin coprendomi gli occhi da dietro. 
«Non so... Direi uno stupido?», «ho azzeccato?» domandai poi. Justin sbuffò e si sedette sulla sedia di fianco alla mia. 
«Ti voglio invitare. Ti va di andare in un fast-food per il pranzo, dopo scuola?» chiese. Dovevo scaricarlo in modo da metterlo in difficoltà, così al posto di un semplice 'no', pensai bene di mentire. 
«Sono vegetariana» bisbigliai
«ah... Quindi mangi l'erba?»  
«Ti sembro una mucca?» lo rimproverai, «mucca no... Più una deliziosa capretta» replicò ridacchiando. Lo guardai con una faccia offesa e schifata, mi alzai e lo lasciai lì sul tavolo di quel bar così pulito. 
«Non ti piacciono le capre?» chiese da lontano, «tu che dici?» risposi, girandomi un'ultima volta per poi mandargli un'occhiataccia. 


Passeggiai per la scuola in attesa che la terza ora iniziasse e mi ritrovai a pensare al comportamento dei ragazzi. Erano stati dolcissimi, ma Zack mi aveva fatto fare proprio una brutta figura, così come Chris, attaccato alla mia gamba come colla. Nonostante tutto, apprezzai il loro tentativo e anche quello di Justin. In realtà li respingevo tutti a malincuore, se fosse stato per me, li avrei potuti perdonare anche ora, dopo ciò che mi avevano dimostrato, sarebbe stato da stupidi non farlo. Ma, volevo divertirmi un po', così facendomi forza li trattavo male. La campana suonò interrompendomi dai miei pensieri, così mi mossi in direzione dell'aula di inglese, ripassando la lista di vocaboli che dovevamo memorizzare per oggi.



#Chris

Dopo aver passato la terza ora a pensare a Caren, avevo iniziato a farmi dei complessi. E se lei non mi perdonasse perché mi reputava un'incapace? L'intervallo era  già iniziato e dopo aver comprato una bevanda dalla macchinetta, raggiunsi i ragazzi nella nostra postazione. 
«Ragazzi, mi sento una nullità» sospirai desolato. Avevo paura che Caren non volesse avere più nulla a che fare con me.
«Ti capisco» fece Justin, guardandosi le scarpe. 
«Amici, sono distrutto. Nulla funziona con lei» feci giù di morale. 
«Tranquillo amico, se non ti si aprirà una porta, ti si aprirà un portone» cercò di consolarmi Zack.
«E se non mi si apre nemmeno quello?» chiesi titubante.
«Allora si aprirà una porticina piccolina, come quella degli otto nani» rispose prontamente, «non sono sette?» domandò perplesso Justin. «Più Chris fanno otto, credi che io non sappia contare? Sette più uno fa otto, smetti di confondermi» rispose Zack. Sbuffai e continuai a fargli domande, ignorando l'insulto.
«E se non mi si apre neanche quella dei sette nani più me, uguale otto?»
«Ti si aprirà una porta ad entrata scorrevole, tipo quella dei supermercati»
«E se no, neanche quella?» domandai, cominciando a perdere le speranze.
«Beh amico, allora ti si aprirà un cancello»
«E se non mi si apre pure quello?»
«Ti si aprirà un sesamo, come quello di Alì Babà» replicò.
«E se...», «Chris, basta!» m'interruppe Justin, era consapevole che io e Zack saremmo potuti andare all'infinito. 
«Senti Zack, dato che ci hai detto che tu e Caren vi stavate frequentando, dacci un consiglio» disse burbero Alex, «insomma, ieri ci avete detto che vi piacevate. È vero no?» aggiunse. Lui sembrò pensarci sù e solo dopo un paio di secondi annuì.
«Si è vero. Ve lo giuro su tutto quello che ho, credetemi» replicò sorridendo e grattandosi la nuca. «Allora aiutami!» urlai scongiurandolo. 
«Caren deve perdonarci tutti, non solo te piccolo egoista» mi rimproverò Justin, che oggi sembrava avercela con me, «allora Zack, che ci consigli?» domandò Alex.
«Vi consiglio di... Regalarle qualcosa» continuò poi in difficoltà. Lo guardai imperterrito dato che regalarle oggetti era l'unica cosa che stavo facendo da questa mattina.   
«Le ho regalato del cioccolato ed un peluche, poi una rosa rossa, una bianca, una nera ed una plastica! Che mi dici?» mi lamentai. «Ti dico di regalarle un animaletto» mi consigliò Zack. Una lampadina si accese nella mia testa e spalancai gli occhi, sorridendo in modo inquietante. 
«Ragazzi, ma Lizzie?» chiese Justin mordendosi le labbra. L'avevamo dimenticata tutti. Il modo in cui era corsa fuori da scuola, con il viso rosso dal pianto e gli occhi gonfi, mi faceva ricordare di quella volta in cui Justin ubriaco, aveva baciato un'altra ragazza che le somigliava molto. Oppure di quando le era giunta notizia che sua nonna era in ospedale. 
«Beh Lizzie... Non so, spero solo che stia bene e che non faccia qualcosa di stupido» non appena Zack pronunciò queste parole, tutti i nostri sguardi s'incrociarono. «Ma cosa volete che faccia, ha diciotto anni, no?» fece Alex deglutendo. Annuimmo tutti ed una volta suonata la campana, c'era chi tornava a fare un'ora di lezione e chi come Zack, a bighellonare per la scuola. Mi chiedevo come facesse a non venire beccato da qualche professore o dalla preside. Smisi di pensare al resto e mi concentrai sul regalo da fare a Caren. Corsi in segreteria per chiamare mia mamma e farmi dare il permesso di uscire un'ora prima, così sarei uscito da scuola e avrei comprato un animaletto. Anche se avessi perso l'ora di scrittura creativa che tanto amavo, ne sarebbe sicuramente valsa la pena.





#Caren
Le ore passarono e nessuno dei ragazzi si fece vedere. Per un po' credetti che avessero rinunciato a me, solo poi mi ricordai, che quei quattro erano testardi e che avrebbero fatto di tutto, pur di ricevere il mio perdono. Ero così onorata di ricevere tutte quelle premure e attenzioni. Anche se il fatto che fossero tutti e quattro dei maschi, mi metteva un po' a disagio.
La campanella di fine lezioni suonò. Raccolsi il mio astuccio e le mie cose nello zaino e mi diressi a passi spediti verso il mio armadietto. Presi i libri che mi sarebbero serviti per domani e vi poggiai quelli inutili. Uscii fuori da scuola e una volta sorpassato il cancello un Alex con un foglietto in mano, mi aspettava impaziente.
Mi fermai alzando gli occhi al cielo, feci per sorpassarlo quando disse «ti prego resta!». Feci come mi chiese e tornai davanti a lui. «Vuoi nuovamente rompermi le scatole? Non ho più tempo per queste cavolate, sappilo» lo avvertii seccata, continuando a guardarlo con aria di sufficienza. 
«Ti ho scritto una poesia, senti qui» iniziò a farfugliare, aprendo quel foglio stropicciato e sorridendomi come per dirmi che mi sarebbe piaciuta e che non stavo sprecando il mio tempo. Tossì rumorosamente più volte, allungò di poco il collo e cominciò a leggere, fermandosi varie volte per leggere la mia espressione.
«Cara Caren, ogni volta che ti vedo, mi viene da dire 'amen'...», «ma che diavolo di poesia è?» domandai strabuzzando gli occhi a quella rima priva di senso. 
«È che non trovavo nulla che rimasse con il tuo nome, però aspetta, il resto è magnifico!» 
«Quando sorridi, accadono tanti omicidi. Penso che tu mi debba scusare, altrimenti mi viene voglia di scalciare, ho bisogno del tuo perdono, sono un ragazzo così buono. Perché non lo vuoi capire? Le pene sono tante da patire, ma se facciamo pace, mi trasformo in un rapace e saltello felice, vomitando della vernice» finì sorridendo fiero della sua orribile opera. Alzò e abbassò le sopracciglia per un minuto, mentre non la smetteva di ridacchiare. Continuai a guardarlo con una faccia impassibile, per poi sputare vicino a me e sorpassarlo. 
«Justin mi aveva detto che era bellissima, non ti è piaciuta? Perché? Dio mio, perché? Non voglio essere fallito come Chris. Ho anche preso una nota per finirla!» strillò come una bambina inginocchiandosi a terra e tirandosi i capelli. Mi ritrovai a ridacchiare a quella visione, scuotendo la testa e camminando per la strada di casa mia. 
Continuai a ridere come una ritardata per tutto il cammino, la poesia di Alex era davvero brutta, ma divertente. Ricordai l'ultima strofa e mi piegai in due dalle risate. Le persone che passavano mi guardavano in male, ma non m'importava nulla. In quel momento ero presa dalle rime strampalate di quel ragazzo, e dal modo in cui strillò, tirandosi i capelli e imprecando come una bambina viziata, scalciando a destra e sinistra e mordicchiandosi le unghie. 


Giunta di fronte a casa mia, spalancai gli occhi alla visione che mi presentò davanti.

’Penso di meritarmi il tuo perdono, non mi lasciare così, sto morendo senza te, sono così triste e depresso!
Ps. Scusa per il muro :)
Justin x' 


era la scritta che torreggiava in blu, sul muro di casa mia. Imprecai numerose volte, senza smuovermi da lì. Il suo era chiaramente un gesto carino, ma se i miei genitori l'avessero visto, domani ci sarebbe stato il mio funerale. Pensai bene di chiamarlo e di fargli la ramanzina.
«Ciao. Segreteria telefonica di Justin Bieber, che ha spento il cellulare perché sa che Caren lo ammazzerà. Lascia un messaggio dopo il tin, e se sei Caren, ti prego non urlare. Tin» fece lui, cercando invano di imitare la voce della donna che parlava alla segreteria.
«Justin, so che sei tu. Ti rendi conto di cos'hai combinato?» gridai nervosa. Lo ero per davvero, quella scritta mi avrebbe comportato guai.
«No, non sono Justin. Dai, ora lascia un messaggio dopo il tin. Lo rifaccio guarda, tin».
«Smettila!»
«Di fare tin? Ma è il mio lavoro, ti dò una terza possibilità, attendi il tin... Tin!» 
«Justin, so che sei tu» quasi strillai, «oh, non ho un futuro da imitatore, giusto?» chiese con voce desolata. 
«No, e se non cancelli questa scritta, un futuro non ce lo avrai più in tutti i sensi. Arrangiati, ma la scritta deve evaporare, sparire, dissolversi. Eliminala del tutto, i miei genitori non la devono vedere, perciò porta la vernice dello stesso e ripeto stesso, colore di casa mia, e dipingi. Dato che ami dipingere, fallo, con passione, ispirazione e solennità, dai pittore, sbrigati a venire e a cancellare quello scempio. Sai quando? Ora!», «e non provare a bussare alla mia porta, cancella quella robaccia e poi  vola via» aggiunsi adirata.
«Ma non ho le ali! A meno che non me le metta il red bull» farfugliò. Tuttavia gli riattaccai il telefono in faccia.
 Ero stata cattiva, sperai solo che così cancellasse la scritta velocemente. Sbuffai e ripresi fiato dato che avevo gridato per tutto il corso della chiamata, entrai in casa e feci direttamente pranzo. Le ore passarono velocemente e verso le cinque sentii la presenza di qualcuno fuori. Era chiaro che fosse Justin e che stesse pitturando, aveva scalato il cancello dato che non avevo sentito il citofono. Risi tra me e me, e dispiaciuta dal non poterlo vedere, corsi in camera mia e ci stetti finché non finì. Verso le sei bussò. Non aprii la porta, ma quando insistente bussò di nuovo, mi affacciai alla finestra. C'erano lui e Zack, con il viso sporco di vernice e i vestiti macchiati. Justin aveva una salopette, mentre l'amico portava una polo firmata bianca e dei bermuda rossi.
«Ragazzi, smettete di bussare, tanto non vi apro» dissi, per far loro capire che ogni tentativo sarebbe stato vano. 
«Ho fame!» urlò Justin, con una faccia da bambino piccolo, che gli donava un'aria piuttosto tenera, «io sono stanco» aggiunse Zack mettendosi le mani in tasca. Lo ignorai e corsi di sotto, presi un pacco di biscotti dalla credenza e una volta tornata sopra, glieli buttai dalla finestra. 
«Avete finito di pitturare? I miei tornano verso le otto, oggi» esclamai cercando di fare l'indifferente, la realtà era che mi facevano un'estrema tenerezza. Avrei potuto perdonarli, ma c'era qualcosa che mi diceva di aspettare e di tirarmela sulle lunghe. I due annuirono sedendosi per terra, continuando a consumare quei biscotti, come due dolci cagnolini con il loro cibo. 
«Caren, vieni con noi al museo, mercoledì prossimo?» domandò Zack, sgranocchiando il cibo. «Di cosa?» chiesi interessata.
«delle cose vecchie» rispose con la bocca piena e con un'aria troppo ovvia. Mi sbattei la mano in faccia data la stupidità che dimostrava certe volte, «no» tagliai corto, anche se non sarebbe stata una cattiva idea. Era stato di sicuro Chris ad insistere affinché i ragazzi ci andassero con lui. 
«Mi scusi?» domandò il biondino. «Perché dovrei?» risposi.
«Perché ho un peso enorme sulla schiena che, beh... mi fa appesantire la schiena», «e tu non vuoi che mi si appesantisca la schiena, vero? Diventerei tipo il gobbo di Nôtre dame» aggiunse qualche attimo dopo.
«Zack, sei stupido?»
«Io non sono stupido, chissà perché lo dite tutti» protestò con tono bambinesco. «Chissà...» biascicai, facendomi sentire da lui e anche Justin. Zack sbuffò e tornò a mangiare i biscotti al cioccolato.
Sorrisi, non smettendo di guardarli. Il secchio della vernice color vaniglia era ancora pieno, un'idea piuttosto crudele mi balenò per la testa. 
«Ragazzi, già che ci siete. Potete pitturare parte dell'altra facciata della casa? Certo, non tutta, sarebbe impossibile. Ma c'è una parte in cui i miei cugini hanno accidentalmente scarabocchiato con i gessi e... Avete capito no?» domandai sorridendo falsamente. I due smisero di abbuffarsi e alzarono il viso per vedermi. Le loro espressioni erano esterrefatte e sembravano indecisi, sul se verniciare o darsela a gambe. Quando notai che fossero poco convinti, mi affrettai a bleffare. 
«Dopotutto, volete che vi perdoni, giusto? Oppure non v'importa nulla di me?»  chiesi alzando la voce di un'ottava. «Aspetta, decidiamo in riunione e poi ti rispondiamo» fece Justin, avvicinandosi a Zack e parlando a bassissima voce. «Il consiglio ha deciso di sì» rispose dopo una decina di lunghi minuti. 
«Però mi scappa la pipì e non posso intrattenerla»  aggiunse facendo una faccina triste. «Non ti faccio entrare» puntualizzai. 
«Allora t'innaffio il giardino! Prendiamo due piccioni con una sola fava», «Justin, non osare» gridai, cercando di cancellare l'idea furba del ragazzo. Voleva entrare in casa a tutti i costi,  e non potevo rischiare che il giardino di casa mia diventasse un bagno. «E caso mai io debba fare i bisognini grandi... Vengo qui, così il mio letame farà nascere delle belle piantine» disse ridendo e battendo il cinque a Zack, che segretamente stava finendo tutti i biscotti all'amico. «Fai schifo» gridai, nauseata. 
«Stavo scherzando per il letame... Per la pipì no, mi fai entrare?» chiese nuovamente, tentando di fare la faccia cucciolo. Feci di no con la testa. 
«Zack, quelle piante sono secche, non credi?», «sì, amico, lo credo» rispose il biondino che non faceva altro che alimentare la benzina nel fuoco. «Ti dò un vasino, ma non toccare il mio povero giardino» lo supplicai. «Io mi rifiuto di farla in un vasino!» protestò il bel ragazzo dagli occhi color del grano, «ho smesso all'età di sei anni!» aggiunse poi, guardandomi basito. «Così tardi?» chiese Zack. «Sì, amico. Ho avuto bisogno dello psicologo. Te lo avevo già detto, no?» rispose Justin, perdendosi fra chiacchiere inutili. 
«Non sei nella posizione di obbligarmi a fare qualcosa, siete voi che volete il mio perdono, no? Allora verniciate l'altra facciata e la pipì... Intrattienila! Se tocchi le mie piantine, ti banno dalla mia vita» gridai, con un tono di voce autoritario. I ragazzi sbuffarono e esausti, se ne andarono a pitturare l'altra facciata. Sbattei la finestra per far loro capire che non stavo scherzando. Mi affacciai di nascosto  dal balcone, giusto per assicurarmi che non la facesse davvero sulle piantine. 
«Amico, sono distrutto» sussurrò Justin, «frello, anche io» gli rispose Zack, sospirando di sconforto. Si zittirono subito e verniciarono gli scarabocchi in gesso, che i miei cugini avevano fatto qualche mese fa. Io non c'ero, ero nell'istituto, ma una volta tornata a casa e visto quel macello, mio padre mi raccontò l'accaduto.  Mi domandai perché non lo avesse subito coperto.  
«Ragazzi, una volta finita quella facciata, date un colpo di vernice anche nell'altra facciata. Sapete, ci sono delle increspature evidenti» urlai. Gli avrei fatti sudare sette camice.
«Cosa?!» gridarono all'unisono. «Avete capito bene, altrimenti non vi perdono» risposi, tornandomene dentro. Mi dispiaceva un sacco, ma trascinarli in quella maniera era piuttosto divertente. Poi se lo meritavano... Dopo il fatto di ieri, pitturare un po' non era nulla. Ripensai all'accaduto e mi accorsi di averla buttata sull'ironia. Non sapevo se stessi facendo bene o no, fatto stava che ormai avevo già deciso di dar loro delle possibilità. Ricordai anche Lizzie, che corse fuori da scuola come un razzo. 'Chissà cosa stava facendo ora' mi chiesi, tornando in camera mia.
Giunsero le sette e quaranta e i ragazzi stavano finendo l'ultima facciata. Il loro non era un lavoro professionale, però era lo stesso d'aiuto. Quando terminarono, cominciarono ad urlare il mio nome in maniera troppo rumorosa, tanto da attirare l'attenzione di tutto il vicinato. 
«Caren! Caren! Vieni» , «cosa c'è?» sbottai, affacciandomi dalla finestra di camera mia. 
«Abbiamo finito, ti prego possiamo tornare a casa?» chiese Zack inginocchiandosi, sporco di vernice dai piedi alla testa, «ti supplico!» mi scongiurò anche Justin, che si era inginocchiato come il suo migliore amico. «Volete già andarvene? Ci stavamo divertendo così tanto...» dissi chiaramente ironica. «Non è stato bello in realtà» sussurrò Justin, facendo una faccia stanca e disperata. 
«Cosa?» chiesi con tono arrabbiato. «Scherzava, ci siamo divertiti un sacco. Non vediamo l'ora di rifarlo, però un altro giorno!» corresse Zack il suo amico. 
«Non volete stare con me? Ah, grazie» risposi, ridacchiando tra me e me.  Sembravo un'arpia velenosissima. 
«No, no. Non è questo! Se fosse per noi ti staremmo accanto per tutta la vita. È solo che... Justin ha la vescica rotta, vero amico?» domandò il biondino. «Cosa? Ho la vescica rotta? I suoi pezzi si saranno sparpagliati nel mio sangue» fece il ragazzo che indossava la salopette. «Zitto, stupido» sussurrò Zack, «allora, possiamo andarcene?» aggiunse, unendo le mani per pregarmi. 
«Okay, andatevene» borbottai con non chalance. I ragazzi sorrisero felici, presero il secchio di vernice e il materiale da pittura, per poi correre via, saltando il cancello in modo animalesco. Justin correva a pinguino, segno che doveva urgentemente urinare. Ridacchiai, per poi cominciare i compiti che avevo iniziato prima. 

I miei genitori arrivarono verso le otto, consegnandomi una lettera che a quanto pare il postino aveva portato proprio mentre erano alla porta. Era da parte di Alex e Justin. 
La aprii con facilità e tornando in cameretta, la lessi. 




'Cara Caren,
quando ti vedo mi viene da dire amen. Hahahaha scherzo, però devi ammettere che non era male la mia poesia. Che dire, ci sono rimasto male quando mi hai detto che faceva schifo, però fa niente, ho già dimenticato tutto. Anche se non capisco con che coraggio hai detto che la mia opera è brutta... Fa niente, basta, non m'importa più, o forse un po'.
Comunque, spero che tu mi perdoni con tutto il cuore,  perché sto malissimo. Sto male da morire, e se muoio e non vieni al mio funerale, morirò ancora di più. Che dire, ti supplico di perdonarmi, quel giorno non ero in me e vedere Lizzie piangere di soppiatto, mi ha messo contro di te subito. Sono pentito e mi dispiace di averti fatto sentire fuori, la realtà e che tu sei dentro, proprio come tutti noi. Ti chiedo ancora scusa, ti voglio tanto bene e mi dispiace se ti ho fatto stare male ieri, mi dispiace con tutto il cuore.
Alex
x

Cara Caren,
Alex ha cominciato al mio stesso modo però fa niente, perché io sono buono, e lo perdono. Hai capito, l'ho perdonato. Pi e erre dì o enne a ti o, perdonato. Voce del verbo perdonare, modo infinito, tempo presente. Ti ho appena mandato una frecciatina lol. Volevo solo dirti che sono pieno di rimorsi e che mi dispiace un sacco, per tutto.
Sono desolato e sopratutto sofferente. Mi dispiace di non averti difesa ieri e di averti trattata male. Lizzie era la mia ragazza, eh già. Ho usato il verbo al passato, perché ho deciso di lasciarla. Non appena si farà viva glielo dirò. So che può sembrare strano, ma ho riflettuto tantissimo e ho deciso di tornare single. Ancora mille grazie per avermi fatto lavorare duramente, ho le braccia a pezzi. Però,ti scuso.lol. No scherzo :)
ps. Zack mi ha detto di dirti che qualsiasi cosa ti regalerà Chris, è anche da parte sua.
E già che ci sono, volevo dirti che è anche da parte mia ;)
Un saluto,
Justin
x'


Mi portai la mano alla bocca, felice e allo stesso tempo triste. Ero contenta perché finalmente Justin era tornato single, ma ero triste perché mi dispiaceva per Lizzie. Lei andava matta per il suo ragazzo e dopo l'umiliazione di questa mattina, mi chiesi come avrebbe sopportato anche la notizia della rottura con Justin. Mi buttai a peso morto sul letto e mi strinsi quella lettera al petto. Dopo aver saputo che lui e Lizzie non stavano più insieme, mi sentivo più leggera e forse, sollevata. Significava che Justin era completamente libero e che mi sarei potuta avvicinare a lui, ancora di più, senza dover badare ad una Lizzie arpia. Continuai a sorridere nonostante la mascella mi dolesse, ero così felice che non ci badai. Mi chiesi cosa avrei fatto con Zack, dato che provavo qualcosa anche per lui. Al suo pensiero la mia espressione contenta si frantumò in mille pezzi. E Zack? Ero attratta anche da lui, ma Justin... 
«Dannazione» imprecai, cercando di smetterla di pensare troppo. Scesi in cucina a mangiare qualcosa. Domani era sabato, non c'era scuola, ne avrei approfittato per passare più tempo al computer e meno su quel libro di storia. 
«Caren, tesoro. C'è un certo Chris alla porta!» urlò mia madre ancor prima che scendessi le scale del tutto. Aggrottai le sopracciglia e corsi verso la porta. Un Chris con due occhiaie enormi e un sorriso piuttosto inquietante, mi stava aspettando alla porta, con un gatto palesemente randagio tra le braccia. Notai che avesse qualche graffio sul collo.
«Ci sei?» gli chiesi intrattenendo un piccolo risolino. 
«Sì, ti ho portato un regalo» fece inebetito.
«E dov'è? Vediamo»
«tra le mie braccia» sussurrò guardando il gattino con aria schifata, «è randagio e poi cosa me ne faccio di un animale» puntualizzai. Feci per chiudere, ma riuscì a impedirmelo, bloccando la porta con il piede. «Mi ha anche graffiato e può avermi ufficialmente infettato» fece indicandolo. 
«e a me non importa, ufficialmente!» lo rimproverai menefreghista. 
«Se non vuoi un gatto, cosa vuoi? Un cane? Un criceto? Un cavallo? Un piccione? Un passero? Un pappagallo? Un cavallo? Delle formiche? Un topino? Un coniglietto bianco? Un coniglietto marrone? Un cincillà? Uno scoiattolo? Un maialino? Un pony? Una rana? Un pesce rosso? Cesare la capra di Georgie o la capra di Heidi? Una coccinella? O una mucca da giardino?», «una mucca da giardino?» chiesi accigliata, interrompendo quella che sembrava la lista più lunga del mondo. 
«Ho detto mucca da giardino?» chiese con aria preoccupata. Io annuii con disinteresse e subito dopo, si portò le mani alle guance, tirandosele leggermente e sussurrando cose strane. «Di solito, non sono io che dico cose del genere, ma è Zack!», «oh signore, deve avermi infettato! Caren, ti prego aiutami. Non voglio diventare stupido, fammi fare un vaccino, una puntura o tutto ciò che vuoi, te ne prego, io non voglio essere stupido, sono troppo intelligente per diventare stupido» strillò cadendo a terra e lasciando scappare il gatto. Dato il suo alito, compresi che fosse palesemente ubriaco. Lo rialzai dal terreno e lo accompagnai lontano dalla soglia  di casa e fuori dal cancello. 
«Sei ubriaco Chris. E vedi quella? È la retta via che dovrai prendere per andartene via da qui!», «retta via?» chiese risvegliandosi da quella specie di torpore. 
«Sì Chris, retta via. Proprio quella di cui parla Dante Alighieri nella divina commedia. Nel bel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una terra oscura che la diritta via era smarrita...», «capisci?» aggiunsi mostrandogli la strada per andarsene. 
«E se smarrisco anche io la retta via, cosa faccio?» chiese titubante.
«Chiama Dante e fattelo dire»
«Va bene, lo chiamerò. Ciao Caren» sussurrò prima di camminare a zig zag, verso la fine del viale di casa mia. Preoccupata chiamai Justin. Mi ero comportata male, ma dato che non era la mia vera intenzione, mi dovevo assicurare che stesse bene. 
«Pronto Justin!»
«Caren! Hai letto la mia lettera, sai... Ho messo tutto il cuore nello scriverla e-», «sì sì, molto bello ed interessante. Senti, Chris se ne appena andato via da casa mia, è ubriaco e non sembra a posto con la testa. Raggiungilo, si è seduto sul marciapiedi infondo alla mia via» sputai velenosa per poi riattaccargli in faccia il telefono per la seconda volta durante questo interminabile giorno. Rientrai a casa e mi affacciai dalla finestra, finché Justin non giunse e aiutandolo a camminare, lo portò via. 
«Tesoro, chi era?» domandò mia madre da sotto, «un amico a cui servivano dei compiti» urlai di rimando. 
«E perché aveva quel gatto in mano?» chiese. Sbuffai, mancava solo lei a farmi il terzo grado, «è un gattaro» gridai con la speranza che smettesse di farmi domande, e di fatti successe. Si fece tardi, così dopo aver cenato, mi feci una doccia e andai direttamente a dormire, pensando a quanto fossi fortunata ad aver trovato persone che finalmente mi dimostravano di tenere a me. «Grazie mille, amici» sussurrai prima di cadere in un sonno profondissimo.



Raggi di sole mi scaldarono il viso e nello stesso tempo mi svegliarono dal mio sonno. Fui accecata, così portai la mano sugli occhi e di malavoglia mi alzai, avvicinandomi alla finestra e notando che oggi fosse una bellissima giornata. Mi stiracchiai, sbadigliando sonoramente e portandomi indietro i capelli disordinati. Affacciandomi, inspirai l'aria mattutina. Alzai il capo e lasciai che il sole mi scaldasse di nuovo il viso, chiusi gli occhi e rimasi lì per qualche minuto, assaporandomi la dolcezza di quella situazione, che portava ispirazione e voglia di uscire a fare un bella passeggiata. Però mi dovetti privare di tutto per guardare che ore fossero. Le sette e venti. Lo sapevo, mi svegliavo sempre durante quell'orario e a stento tornavo a dormire nel weekend, che era iniziato oggi. Camminai lenta in bagno, per poi lavarmi i denti, bagnarmi il viso con acqua ghiacciata e per idratarmi con delle creme mattutine, al viso e alle mani. I miei genitori lavoravano anche di sabato, perciò casa era vuota.  Indossai una maglietta a maniche corte bianca, con una scritta nera che diceva 'I'm gonna say no'.  Era piuttosto larga e quindi comodissima. Aprii l'armadio che conteneva i vestiti estivi e tirai fuori dei pantaloncini di jeans. Erano i miei preferiti. Non mi truccai tanto, applicai del mascara e scesi giù scalza a fare colazione, anche se di mangiare qualcosa non ne avevo proprio voglia. Divorai qualche biscottino al cioccolato e mandai giù tutto con un bicchiere di latte fresco. Presi il cellulare, le chiavi ed indossai degli stivaletti neri molto carini. Uscii di casa e  davanti alla porta vi era un mazzo di gigli bianchi. Un fiore che ispirava molta tenerezza e purezza. Era il fiore della tenera età, dello spirito puro e non ancora corrotto dalla malizia della vita. Accanto vi era un foglietto piegato. Lo aprii subito. Era il mio ritratto mentre dormivo, fatto in matita e con tanto di dedica. 

‘Mi dicono che sei bella anche quando dormi, i fiori sono da parte di tutti. J x’



E se mi avesse fatto il ritratto di notte?  La finestra era aperta, quindi si sarebbe potuto arrampicare ed entrare nella mia stanza senza problemi. Era un tantino inquietante, preferii restare con il dubbio che magari mi avesse disegnato da solo, immaginandosi il mio viso. Adesso che ci pensavo mi ero addormentata sul suo petto la notte della panchina sotto la pioggia. Mi rilassai e sospirai. Era tutto così dolce, quasi melenso.Ridacchiai inebetita da quel gesto così carino, rinunciai alla passeggiata e rientrai in casa. E se ci stesse provando con me dato che con Lizzie aveva rotto? Saltellai coprendomi il viso con le mani. Dopotutto nel gioco della bottiglia aveva detto che avevo un 'potenziale'. Il mio cuore tamburellò ed emanai un urletto eccitato. Se così fosse, mi sarei definita la ragazza più fortunata al mondo. 
«Oh mio Dio» sussurrai, sorridendo a trentadue denti, inchinandomi varie volte per tenermi la pancia, che sembrava scoppiettare date le numerose farfalle che sentivo svolazzare. Era impossibile, sembrava tutto un sogno, non riuscivo a crederci. Lui non poteva provare qualcosa per una come me. Insomma, non ero tanto bella, non avevo una personalità brillante e non avevo pregi evidenti. Qual era il potenziale di cui parlava?  Era impossibile che gli piacessi e che avesse lasciato Lizzie per me. Lei era perfetta, era irrealistico il fatto che volesse me. Non avevo nulla, non ero nulla. Ero sicura di non essere speciale e di avere ragione. Ero una persona realistica, se fossi stata bellissima lo avrei saputo, se fossi stata una ragazza piena di risorse l'avrei detto senza problemi, valutavo tutto come si doveva, ed ero convinta di non essere un pezzo d'oro. 
Lizzie lo era. Tralasciando l'aspetto da ipocrita, era dolce e premurosa. Ricordai i primi giorni di scuola, in cui era stata proprio lei a starmi vicino e a convincere i ragazzi a conoscermi. Inoltre era sensibile, il giorno del suo compleanno aveva pianto tantissimo e continuava ad abbracciarmi. Se ora ce l'aveva con me, era perché aveva dovuto notare qualcosa in Justin, qualcosa che sicuramente riguardava me. E se fossi proprio io il motivo della loro rottura e dei loro brevi litigi? Ebbi improvvisamente paura. No, non potevo piacere a Justin e non c'entravo nulla con loro. Non avevo responsabilità. 
Tornai in camera e indossai un'altro pigiama. Presi un libro e iniziai a leggere, tentando di dimenticare Justin, quel ragazzo che mi stava mandando in confusione. Passarono ore, si fecero le dodici e pensai bene di fare un po' di spesa per me. I miei biscotti preferiti stavano finendo, poi per pranzo avevo voglia di un hamburger farcito. Indossai i vestiti di prima, presi i soldi e uscii. Una volta arrivata al supermercato comprai cinque pacchi dei miei biscottini al cioccolato, thè alla pesca e qualche scatola di gelato. Presi anche il mio pranzo a base di hamburger, patatine fritte, coca cola e crosticini di pollo. Tornai a casa affaticata dato che ero a piedi e il super mercato distava, così come il Fred's hamburgers. Pranzai senza smettere di pensare alla mia amicizia con i ragazzi, e al fatto che non me li meritavo. Una volta lavate le mani e i denti, tornai a fare i miei compiti. Non avevo vita sociale, era evidente. Passai la giornata tra esercizi di matematica, internet e televisione, finché il sole non tramontò e iniziò a farsi buio. 
I miei genitori sarebbero tornati da lì a poco e dei ragazzi non c'era neanche l'ombra. Dubbi iniziarono ad assalirmi e pensai che si fossero stancati di me. Era ovvio, dopo aver rifiutato ogni tentativo di scuse si erano stufati. Lo sarei anche io. Stare dietro ad una persona per troppo tempo diventava estenuante. Sperai solo di sbagliarmi. 

«Caren, siamo a casa!» urlò mia madre dal piano di sotto. Scesi per salutarli e per trovare conforto da loro. 
«Ben arrivati» dissi un po' stanca, per poi dare un bacio sulla guancia ad entrambi. «Papà, se fossi arrabbiata con te e tu tentassi di scusarti in ogni maniera, ma io non ne voglio sapere. Tu ti scocci e ci rinunci?» domandai senza neanche dargli tempo di sedersi e farsi una doccia. «Molto probabilmente» replicò, scoppiando a ridere con mia mamma. 
Salii in camera mia ancor prima di lasciare che mi chiedesse il perché della domanda. Mi sedetti sulla sedia e poggiai la testa sulla scrivania. Mi chiesi se non sarebbe stato meglio chiamare Justin e gli altri, e dire loro che volevo fare pace. Ci pensai a lungo ed infine giunsi alla conclusione che avrei dovuto aspettare. Presi dal cassetto il ritratto di Justin e lo lodai per essere così bravo e preciso. Mi alzai per una doccia calda, tra poco sarei andata a dormire, fa niente se non avessi cenato. Finita anche quella, indossai un pigiamino con i coniglietti e m'infilai tra le coperte del mio letto, mettendo della buona musica sul mio ipod. Riuscii ad addormentarmi con la mente vuota quando mia madre e mio padre irruppero in camera mia, urlando cose che non riuscivo a capire. Erano entrambi in accappatoio e sembravano essere seri. Mi tolsi le cuffiette con uno scatto quasi animalesco. 
«Qual'è il problema?» chiesi, facendo una smorfia infastidita. Ero già di cattivo umore per paura di aver stufato Zack, Justin, Chris e Alex, mancavano solo loro a farmi la ramanzina. «Non senti?» fece mia madre, dicendomi di stare zitta e di sentire bene. In effetti un coro di persone stava urlando qualcosa e c'era della musica ad accompagnarli. 
Una lampadine si accese nella mia testa e corsi in direzione della finestra, spalancandola e affacciandomi come una bestia. 
«Buon giorno bellissima addormentata!» gridò Zack alzando le mani in mia direzione. Risate generali partirono, mentre io ero letteralmente bloccata. Il cortile era pieno di studenti che vedevo a scuola, qualcuno che non conoscevo e i ragazzi. C'era anche Lil, assieme a Gabriel, Thomas e Will. Mi sorrisero tutti quanti.
C'erano tavoli dappertutto, colmi di cibi e bevande. Ce n'era uno con bibite alcoliche e altri con succhi di frutta, coca cola, aranciata e tanto altro. Numerose lucine erano attaccate alle piante, alle tovaglie e sui muri. Vi era anche un impianto stereo che rimbombava musica ad alto volume. Era una specie di party serenata. 
«Ferma l'impianto e musica maestro!» gridò Chris, interrompendo i miei pensieri. Il maestro doveva essere Justin, che con una chitarra tra le mani, iniziò a suonare una dolce canzone. I ragazzi iniziarono a cantare per me, avvicinandosi tutti e quattro e guardandomi con occhi sinceri e pentiti. Sorrisi onorata, senza sapere cosa fare o cosa dire. Intanto la canzone continuava, i ragazzi cantavano e gli altri alzarono le mani al cielo, scuotendole a ritmo della musica lenta che Justin suonava. Lil continuava a farmi il pollice all'insù. Non staccai lo sguardo dai ragazzi, che continuavano a canticchiare la canzone che solo adesso riconobbi come 'hard to say sorry' dei Chicago. Solo Justin e Chris avevano una voce soave e sapevano cantare. Alex urlava stonato e Zack lo seguiva, segno che si era dimenticato il testo, di fatti continuava a bloccarsi facendo smorfie pensierose.  Ridacchiai varie volte continuando a vedere come Alex convinto, credeva di essere ad un concorso di lirica e il biondino canticchiava parole a caso, cercando di provvedere con il ballo. 
«I really want to tell you I'm sorry. I could never let you go, after all that we've been through, I will make it up to you» terminarono, lasciando a Justin l'acuto finale. Tutti cominciarono ad applaudire e a congratularsi con i ragazzi, compresa mia madre che si affacciò con me. Tornai dentro e guardai mio padre sorridermi felice, così come mia madre.
«C'entrate qualcosa?» chiesi accennando un sorrisino, un po' timido e un po' curioso. «Scendi che ti aspettano» sussurrò mio padre, prima di venirmi incontro e di stringermi fra le sue braccia. Ricambiai l'abbraccio al quale si aggiunse mia madre. «Sono qui da prima che tu ti addormentassi, solo che non te ne sei accorta» fece mamma.
«Li avete aiutati voi?» chiesi, staccandomi da loro. Entrambi annuirono. «Sono contento che tu abbia amici, Caren. Sono quelli giusti, non lasciarteli scappare. Anche se nel gruppo servirebbe un'altra ragazza, non puoi stare da sola-», «c'è già papà! Si chiama Lizzie» lo interruppi, ridendo data la sua incorreggibile gelosia. 
«Caren, non è che mi presenteresti Justin» disse mia madre, ridendo come una scolaretta dei cartoni animati giapponesi. 
«Mamma!» la rimproverai, «allora il biondino» rispose facendomi l'occhiolino. «Anche Chris mi va benissimo, Alex pure. Sono così indecisa....» sussurrò, fingendo uno stato di confusione. «Non ti basto io?» intervenì mio padre. «Scherzavo, tu sei l'unico nella mia vita» gridò mia madre, abbracciandolo e scambiandosi qualche effusione. Sorrisi di fronte a quella vista, sembravamo una famiglia perfetta ed infondo era possibile che lo fossimo già. 
«Dai scendi!» gridò qualcuno da sotto. «Vi amo» dissi ai miei genitori, prima di correre di sotto, scalza e con un pigiama alquanto ridicolo. Rischiai di cadere dalle scale due volte, ma in quel momento ero ansiosa di abbracciare i ragazzi e di dire loro quanto li adorassi. Spalancai la porta e corsi fuori, raggiungendo in neanche due secondi il cortile. 
Altri applausi da parte delle persone presenti mi misero un tantino in imbarazzo, era strano essere al centro dell'attenzione in questa maniera. Fatto stava che corsi subito da Justin, saltandogli fra le braccia e stringendolo a me come non avevo mai fatto. «Mi sei mancata» sussurrò, stringendomi con la medesima forza con cui lo stavo facendo io. Odorava di buono ed era bellissimo, come sempre del resto. Quegli occhi così espressivi ed il viso perfetto. Sentivo le farfalle svolazzare dentro il mio stomaco e la voglia di urlare dalla felicità. Non mi ero mai sentita così prima d'ora, mai.
Continuai ad abbracciarlo, il fatto che ricambiasse con la mia stessa foga, mi faceva sentire ifinita ed estremamente carica. Continuavo a fremere, mancava poco che tremassi dal contatto piacevole. Sentivo il cuore battere troppo forte e la paura improvvisa di poterlo perdere mi tolse il fiato. Gli stampai un bacio sul collo e gli accarezzai la nuca. «Grazie per tutto» farfugliai, balbettando con voce sottile.  «E tu scusami» rispose accarezzandomi la schiena e i capelli. Inspirai più volte il suo profumo e gli diedi un altro bacio sulla mascella. Lo sentii sospirare di sollievo e anche se non lo vedevo, ero convinta che stesse sorridendo. Quel momento non doveva finire, iniziai già a temere il momento in cui mi sarei staccata da lui. 
«Esistiamo anche noi»  disse Zack, infilandosi le mani in tasca. Mi feci coraggio e separandomi leggermente da Justin, corsi in direzione di quell'altro bellissimo ragazzo, con la simpatia stampata negli occhi e infinita dolcezza nelle gesta. «Vieni qui, pasticcione» esclamai circondandogli il collo con le braccia. Un odore aulente m'inebriò le narici e mi ritrovai ad annusargli la t-shirt bianca. Mi staccai da lui e gli presi il viso tra le mani, baciandogli la guancia destra e sinistra. Di rimando lui sorrise e mi scompigliò i capelli. 
«Sei bellissimo oggi» gli dissi all'orecchio, per poi appoggiare la testa sulla sua spalla e rilassarmi tra le sue braccia. Passarono una cinquina di minuti e fui trascinata per la maglia da Chris. «E io, che standoti dietro sono quasi andato in manicomio?» urlò, facendo quella faccia da cucciolo che tanto gli riusciva. 
Scoppiai a ridere abbracciando anche lui. «Ti chiedo scusa Chris. Ma eri dannatamente esilarante, non potevo non restare a guardarti» feci accarezzandogli il collo. 
«Ti perdono, anche se a chiederti scusa dovevo essere io» rispose, dandomi un bacetto sulla fronte. Mancava Alex, che rimase a guardarmi aspettando il suo momento. Gli sorrisi e camminai  in sua direzione. «Mi hai vista, non ti viene da dire amen?» chiesi ironica. Lui rise e mi abbracciò con dolcezza. Ricambiai senza smettere di pensare a quanto irrealistico potesse sembrare tutto. Una volta terminati i saluti con loro, abbracciai anche Gabriel, Thomas, Will e Lil.
«Come stai mademoiselle?» domandò dandomi il cinque. «Bene» risposi. Mi chiesi come avessero potuto invitarlo se con lui non parlavano. Sperai che avessero fatto pace. La musica dall'impianto stereo tornò a rimbombare e mi chiesi se i vicini fossero d'accordo. 
«Lil, ma la musica non è troppo alta?»
«No, i tuoi amici ci hanno parlato. Basta che alle undici abbassino il volume» rispose facendomi l'occhiolino. Sospirai sollevata.
«Sono così felice che tu ci abbia perdonati» disse Justin. 
«Volevo farlo ieri mattina, però era divertente vedere come cercavate di farvi scusare» ammisi ridacchiando assieme a Lil e gli altri presenti. «Vuol dire che le mie rose ti sono piaciute? Così come il cioccolato e il peluche?» domandò Chris strabuzzando gli occhi, «sì, sei stato estremamente dolce. È stato tutto meraviglioso» risposi.
«Tranne il gatto randagio però» aggiunsi, facendo scoppiare a ridere tutti. 
«La mia poesia?» fece Alex, «quella era davvero orribile, scusa» commentai con la paura di poterlo ferire. Tuttavia lui fece spallucce e tornò a sorridere. Mi dispiacque il fatto che Lizzie non fosse con loro, chissà dov'era. 
«Prima di continuare la festa, direi che c'è bisogno di un abbraccio di gruppo» gridò Zack, per poi raggrupparsi con Justin, Zack e Alex. Tutti e quattro mi guardarono e mi fecero cenno di avvicinarmi, volevano che mi unissi all'abbraccio che stavano per fare. Volevano compensare il fatto che due giorni fa, mentre lo facevano con Lizzie, mi avessero esclusa. Rimasi interdetta, li guardai per altri secondi, improvvisamente confusa. Stavo sognando? Tuttavia, mandai a quel paese ogni forma di pensiero e corsi verso di loro, abbracciandoli tutti. Ero in mezzo, proprio come Lizzie quella volta, e tutti e quattro stavano intorno a me. Respirai agiata e percepii serenità, liberarmi di un enorme peso. Era una sensazione magnifica. Sembravo il polline e loro i petali di un fiore, il fiore più bello di tutti.

Piccoli sussulti di incredulità scuotevano leggermente il mio animo, facendo in modo che aprissi leggermente la bocca e che lacrime di gioia apprestassero ad uscirmi dagli occhi. Brividi percorrevano ogni centimetro della mia pelle mentre sentivo il corpo fremere da una sensazione mai avvertita prima. Era tutto così forte da percepire, ma nello stesso tempo sembrava falso. Perché era pressoché impossibile che io potessi sentirmi così bene, che potessi concretizzare quella che tutti chiamavano 'felicità' per poi renderla un'emozione da immagazzinare nel cuore, assieme alle altre che avevo sempre provato: tristezza, solitudine e rabbia. L'automaticità stampava un sorriso sulle mie labbra che in questo momento niente e nessuno potevano spegnere. Più inalavo ossigeno, più adrenalina subentrata gonfiava il mio cuore tanto, talmente tanto da indurmi a pensare solo alle cose belle che da questo istante in poi sarebbero potute succedere. E da quando in qua io pensavo alle cose positive? Volevo urlare al mondo intero che ero contenta e che per la prima volta nella mia vita mi sentivo viva. Perché poco fa ero morta, trasparente. Tempo fa la mia permanenza terrena implicava solo il dover consumare l'ossigeno alla gente che al contrario mio, voleva vivere davvero, godendosi la vita e le percezioni umane che ne derivavano. Sentivo di poter toccare il cielo con un dito, di poter contare con pazienza le stelle presenti questa sera, di poter ripetere all'infinito 'mi sento felice' senza mai stancarmi e fu lì che capii che dopotutto la mia non era un'esistenza tutta negativa. 
Perché dopo diciassette anni di buio era sbucato il sole. L'arcobaleno dopo la lunga tempesta, il mare dopo la sabbia bollente ed il sorriso vero dopo un pianto doloroso. 
Compresi che la vita era un sentiero. Talvolta quest'ultimo era per chilometri e chilometri buio, pieno di arbusti curvi, rovi taglienti e colmo di corvi ed erba secca. Però, dopo diventava per forza bello e luminoso, con ai entrambi i lati rigogliosa natura e bellissimi fiori, pieno di colori e luci. E anche se il periodo di buio sarebbe tornato avrei potuto dire di aver visto la luce e non avrei temuto più nulla. 





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Quindi anche tu, ricorda che nulla è per sempre, così i periodi di tristezza e depressione. Ricorda che se ora piove dopo ci sarà l'arcobaleno, che se ora piangi dopo riderai. Ricorda che starai bene e che dimenticherai tutta la malinconia passata, buttandoti quella vecchia vita alle spalle e godendoti finalmente quella nuova, in cui il timone d'esistenza lo guiderai tu, in cui a governarti non saranno più le emozioni negative, ma tu, tu che sarai il re della tua stessa vita. 
#STAYPOSITIVE





SPAZIO AUTRICE
Ciao magnifici lettori,
vi ho chiesto di leggere il mio spazio autrice affinché sappiate che sono davvero dispiaciuta di essermi assentata per quasi due mesi.
Per l'esattezza un mese intero e ventidue giorni. Non era mia intenzione aggiornare così tardi, ma il fatto è che sono stata per tutto luglio, più una quindicina di giorni di agosto, in una campagna dove non c'era né rete e né connessione. 
Nonostante tutto ho scritto su un quaderno parti di questo capitolo e pezzi del sequel che non tarderà ad arrivare.
Tutto ciò che ho fatto in questi sette giorni, è stato riposarmi a causa del lungo viaggio e allungare questo capitolo che come avete visto è kilometrico, più 'abbellirlo'. 
Non vi nascondo che sento di essermela tirata un po' sulle lunghe, perché il ritmo della storia sta diventando noioso e lento.
Cioè, lei che si arrabbia ma ci sta lo stesso e bla bla bla. Volevo dirvi che da questo capitolo in poi non sarà più così.
Finalmente Caren si é aggregata al mille per cento con il gruppo, quindi da ora in poi i colpi di scena riguarderanno non più Lizzie che fa le scenate e i ragazzi che screditano Caren, ma qualcos'altro di più importante, i sentimenti nei confronti di Justin e Zack.
Poi ci saranno la reazione di Lizzie ad una cosuccia ed un gesto inaspettato che non posso spoilerarvi, ma che vi lascerà di stucco.
Ora veniamo a questo capitolo: che ne dite? Vi è piaciuto? Siete sicure? I ragazzi hanno fatto abbastanza? Caren ha esagerato?
Devo ammettere che le vostre recensioni mi sono mancate un sacco! Fremo dalla voglia di leggerle e rispondervi. 
Ho notato che ho perso numerosi lettori e mi dispiace tantissimo, davvero, ci sono rimasta male D:
Fatevi sentire, non mi abbandonate D: Vi prometto che aggiornerò velocemente, basta che non vi scocciate di me e della storia.
So di rompere, perciò vi lascio adesso, con le foto di tutti i protagonisti. 
Me ne vado, e vi auguro di passare un buon proseguimento delle vacanze e di stare bene, il pezzo scritto in corsivo era per voi cari lettori, per farvi capire che non siete soli e che per dire che se c'è qualcuno che legge questa storia, per rispecchiarsi in Caren e nella sua depressione, di non preoccuparsi, perché il bello della vita deve ancora arrivare. Se vi va scrivetemi, troverete conforto e aiuto.
Okay basta, vi lascio stare ora hahaha.
Un bacione a tutti,
Sarah
x



Ps. Scusate gli errori ma sono stanchissima e li correggerò domani. So che prima devo correggere e poi pubblicare, ma non volevo farvi aspettare di più.



CAREN

  

JUSTIN



ALEX



LIZZIE



ZACK

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CHRIS

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Capitolo 25
*** Twenty-fifth chapter ***



'Con questo mio scritto pubblicato senza alcun scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo'



No problem


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“Tenerezza e gentilezza non sono sintomo di disperazione e debolezza, 
ma espressione di forza e di determinazione.” 
-KHALIL GIBRAN










«Wow, ma non ti stanchi?», «nah, ci sono piuttosto abituato, ci vuole ben altro per esaurirmi, credimi!».
«Del tipo?», «l'amore». 
Interruppe l'attività che stava svolgendo, sorridendomi come del resto solo lui era in grado di fare. La sua risposta mi lasciò senza parole, in un certo senso sorpresa. Solo dopo qualche secondo ricambiai la premura di quel magnifico sorriso, che in qualche modo illuminò la mia giornata. Stare troppo Justin mi stava facendo molto male, dovevo smettere, smettere di lui per un bel po', era una sorta di droga... E se non avessi smesso al più presto avrei preso una dipenzenza, e cosa c'era di peggio?
Staccò lo sguardo e riprese a pugni quel punchingball, che non faceva altro che oscillare, un po' come una lampadina a sonagli ad un vento violento. «Vado a dare un'occhiata agli altri» sussurrai per poi spostarmi da lui, che come segno di risposta annuì, troppo preso dal regolare la forza che utilizzava nello sferrare i ganci. Mi voltai definitivamente e mi avvicinai più in là a Zack e Chris, quest'ultimo era intento a tirare calci assestati a seconda della posizione delle mani di Zack, che coperte dai colpitori, stavano allenando il ragazzo dolce dagli occhi azzurrini. Il biondino contava e spostava rapidamente le mani, cercando di confondere Chris e farlo svegliare di più, in modo che i calci di quest'ultimo centrassero i colpitori e non il vento. «E se ci prendessimo tutti una pausa?» dissi ad entrambi affiancandoli annoiata. Insomma, in palestra c'erano solo loro che continuavano a svolgere la stessa azione, Justin i pugni, Zack e Chris i calci e Alex le flessioni. Ah e c'ero io, che avendo rotto un polso due giorni fa non potevo fare nulla se non stare a guardare. Poi francamente allenarmi con loro sarebbe stato piuttosto imbarazzante, ero l'unica ragazza e in confronto a loro avrei come minimo potuto fare qualche esercizietto semplice semplice.  Fu strano, ma per un secondo mi parve di aver rimpianto la presenza di Lizzie. Scossi la testa e guardai i miei due interlocutori, che m'ignorarono senza nemmeno accorgersi della mia presenza. 
«Ehi!» urlai alzandomi in punta, decisamente più bassa di loro. Per pochissimo non rischiai di prendere un pugno dritto in faccia se non fossi stata spinta da Zack, così da farmi evitare il colpo di Chris. Caddi con il sedere per terra e per in attimo mi vidi già dentro tomba. Se non fosse stato per il riflesso di Zack a quest'ora il ricovero in ospedale non me lo avrebbe vietato nessuno. «Per dindirindina, ti sei fatta male?» sputò in un baleno Chris inginocchiandosi per poi rialzarsi e porgermi la mano per rimettermi in piedi. «No, però l'ho vista bruttissima» risposi per poi sorridere impacciata come sempre. Guardai Zack e lo ringraziai con lo sguardo, «vai a sederti là» disse Justin dalla sua postazione indicandomi la panchina. 
«Perché?», «non vorrei che ti facessi male» fece piatto come non mai. 
«Ohw Giustino quanto sei altruista e dolcino» interruppe il bel momento Zack ridendosela con Chris, «a me non mi tratti così! Cos'ha Caren più di me?» chiese quest'ultimo chiaramente ironico. «Le tette sono un esempio?» rispose il biondino, altrettanto ironico, mettendomi in un grandissimo imbarazzo. Scoppiarono tutti a ridere, mentre io mi coloravo di un rosso pomodoro. «Oh Dio sta arrossendo!» gridò Alex da lontano. Risero nuovamente, Zack mi avvicinò a sé amichevolmente e mi diede un bacio sulla testa, «dai vai a sederti» fece senza smettere di ridere. Farfugliai qualcosa e obbedii. 
Era sempre così, quei ragazzi riuscivano a mettermi sempre in imbarazzo, non era facile essere l'unica femmina, a Lizzie però piaceva tantissimo. Mi sedetti su quella panchina e continuai ad osservarli mentre si allenavano, era estenuante però loro se la cavavano alla grande, e solo in quel momento mi accorsi che oltre a farmi da amici, erano anche una bella protezione, per questo Lizzie faceva la sfrontata in giro, sapeva che nessuno avrebbe avuto il coraggio di rivolgersi a lei, c'erano i ragazzi a difenderla per ogni minima cosa, anche la più stupida. Scossi la testa, guardandomi il polso rotto. 'Chissà come se la sta passando adesso' mi chiesi improvvisamente dubbiosa, non era più venuta a scuola da quella notte, sono passati dieci giorni. Justin sembrava indifferente, però sapevo che fosse confuso e che ancora pensava a lei. Chris era preoccupato come Zack, mentre Alex sembrava avere rimorsi nei suoi confronti. A mio parere si sentivano obbligati a non parlarle a causa mia. Magari la voglia che avevano di fare pace con lei era impellente, ma per paura di 'tradirmi' non osavano nemmeno nominarla. Quando questo dubbio sorse, mi alzai dal posto in cui ero bellamente seduta ed entrai nello spogliatoio delle femmine, piacevolmente vuoto. Mi lavai il viso con acqua ghiacciata e bevvi a sufficenza. Sospirai per poi accorgermi di essermi stancata, detestavo il fatto che continuassi a farmi sempre quei dannati complessi, era come se cercassi il modo per stare male da sola, stavo facendo tutto io. Ero abbastanza seccata, e dopo aver constatato che non esistessero i sonniferi per i pensieri, uscii dallo stanzino. Mi bloccai subito dopo aver aperto la porta, una chioma bionda mi dava le spalle ed era attornata da quelli che ormai erano diventati i miei migliori amici. Era la mamma, la mamma di Lizzie. 'Che disgrazia' pensai. Non seppi se raggiungerli o se restare fossi, tuttavia senza scegliere mossi i passi verso di loro. La madre smise di parlare e mi guardò, «viso dolce e lentiggini, Caren, giusto?» chiese con nonchalance. Annuii leggermente intimorita, «devo parlare solo con voi, in privacy» ribadì la donna guardando negli occhi Justin e gli altri. Non seppi spiegare quanto mi sentii tremendamente fuori luogo, se non spiazzata e abbattuta. Persi qualche battito a causa dello sconforto, ma mi seppi regolare e mi morsi il labbro. «Vado alle macchinette» sussurrai con voce bassa, prima che qualcuno potesse fiatare o emettere una sola parola. Nessuno mi prese in considerazione, se non Chris che mi fece una specie di occhiolino, l'argomento era serio a giudicare dalle espressioni dei ragazzi. La donna disse qualcosa per ringraziarmi, ma la ignorai e presi il cellulare e qualche soldo che lasciai sul tavolino davanti alla panchina, per poi uscire fuori dalla palestra scolastica. Dentro faceva caldo, quindi quando uscii trovai sollievo nel respirare. Cercai di non pensare a ciò che si stavano dicendo, forse la madre era stata mandata dalla figlia per scusarsi, forse era successo qualcosa a Lizzie, era malata, sparita o forse ricoverata... 
Bevvi un sorso dalla cioccolata calda che presi alla macchinetta e feci qualche giretto per la scuola, giusto per ammazzare il tempo. Mi dava sollievo bighellonare per la scuola senza che i professori e la massa di studenti ci fossero, mi sentivo un po' più a mio agio, niente camminata dritta, portamento da ragazza sicura ed espressione rilassata, semplicemente inespressiva e scura in viso date le momentanee preoccupazioni. Dopo un prolungato periodo di pace e serenità, qualche problemino ci voleva, l'avrei affrontato come si doveva, senza buttarmi giù o sentirmi male a riguardo. Focalizzai solo su quello mentre facevo qualche piroetta. Punta di piedi, giro, immobilità. Posizione e di nuovo giro, immobilità. Non seppi per quanto andai avanti, fatto stava che dopo un po' mi fermai e mi sedetti per terra, avevo il mal di testa. 
Scesi le scale piuttosto annoiata e nel momento in cui sentii un chiacchierio verso l'uscita della scuola, mi precipitai al portone scolastico e vidi Justin e Zack seguire la madre di Lizzie nella sua auto, «ehi!» urlai per farmi sentire. La donna entrò in macchina alzando gli occhi al cielo, e per un attimo ebbi la sensazione di avere a che fare con una seconda Lizzie tanto che sbuffai seccata. Zack sussurrò qualcosa a Justin e si sedette nei sedili posteriori. Quest'ultimo invece mi raggiunse e sospirando si affrettò a dire «non ti preoccupare, torniamo subito».
«Posso sapere almeno di cosa si tratta?», «è irrilevante Caren, Alex e Chris ti stanno aspettando in palestra, torna a casa con loro», «è grave? C'entra con Lizzie?», «no» rispose di fretta, mi lasciò un bacio sulla guancia e sparì. Che seccatura. Era chiaro che c'entrasse con lei, mi infastidiva il fatto che non volesse dirmi nulla, necessitavo di conforto così corsi da Chris e Alex. Alla mia entrata però c'era solo Chris già lavato e vestito che smanettava con il telefono e un Alex dentro lo spogliatoio. 
Restai ferma vicino l'entrata. «Vieni qui» fece lui poggiando il telefono sul tavolino. Ubbidii e mi sedetti di fianco a lui, per poi cadergli addosso a peso morto, sbuffai. «Di che si tratta?» gli domandai pregando Dio che smettesse di fissare il muro e che cominciasse a parlare. In risposta ricevetti un piccolo abbraccio.
«Al diavolo, te lo dico lo stesso. In pratica Lizzie in passato ha avuto una serie di problemi che... È riuscita a superare solo grazie al conforto che le davamo noi in quanto suoi amici, Justin in qualità di fidanzato e i suoi genitori. Sigarette, alchol e cose del genere. Sua mamma si chiama Stefany e non far caso a come si è presentata, è una donna davvero affabile e cordiale. Ci ha detto che forse sta succedendo tutto di nuovo e che le serviva il nostro aiuto, da sola non ce la fa. Il padre è all'estero, mentre lei ha un carico di lavoro che deve svolgere tutto da sola. Ha detto che è grave, che non sa cosa fare e che Lizzie sta male». Spostò lo sguardo sul soffitto e vidi la sua mascella contrarsi. 
«Perché tu e Alex non siete con loro?» chiesi lentamente, mentre il mio cuore si stringeva, riducendosi di volume. 
«Io non sono voluto andare di mia spontanea volontà, mentre Alex è stato obbligato dai ragazzi a restare, per stare con te e farti compagnia», «perché hai rifiutato?», «sentivo di dover stare accanto a te, soprattutto in questo preciso momento» finì.
Risi malinconicamente dentro quel bagno di amarezza e mi sedetti composta, lo guardai negli occhi azzurrini e ricevetti da parte sua uno splendido sorriso, un po' distrutto però. Gli accarezzai la guancia color mozzarella, posandovi un piccolo bacio, con tutta la castità di cui disponevo e la delicatezza di questo mondo. Sospirai e senza nemmeno pensare, gli buttai le braccia al collo, posando una mano sul suo capo e continuando ad accarezzare, lentamente, piano piano. Lui ricambiò, mi avvicinò a sé e poggiò il viso sulla mia spalla, lasciandosi coccolare da me, per un attimo pensai che io e lui formassimo una specie di puzzle, eravamo pronti a completarci, io lo capivo e lui mi capiva, non avevamo bisogno di proferire alcuna parola, bastavano i nostri silenzi, e quest'ultimi comunicavano quanto bastava. Io ero consapevole, sapevo che per lui era una pugnalata al cuore dovermi stare vicino e rifiutare di andare dalla sua vecchia amica, che seppur velenosa con me, restava un tesoro con lui. Gli aveva mentito, ma non sarebbe bastato a far sì che lui smettesse di volerle bene, perché Chris e Lizzie si conoscevano da secoli e prima che piombassi io, il puzzle lo completava con lei. Però non mi faceva più male, era normale. «Vai da lei, puoi andare» sussurrai imperturbabile, lontana da ogni genere di angustia. «In questo momento devi mettere la solidarietà da parte, la stessa cosa vale per Alex, anche se con lui è tutt'altro discorso». Ricevetti un 'no' poco convinto e in quello stesso istante uscii Alex dallo spogliatoio, aveva il borsone pronto ed era vestito per uscire, i capelli erano ancora bagnati e stava cercando di asciugarli con un asciugamano. Sorrise e si avvicino a noi.
«Ti accompagnammo a casa oppure andiamo in qualche bar?» domandò cercando di non far trasparire alcun tipo di emozione, però era ovvio che fosse preoccupato e che forse, avesse persino pianto un po'. Non ero sicura, forse era una mia impressione, ma in quel momento le cose mi parvero così. «Accompagnatemi a casa e poi andate da Liz» risposi sorridendogli di rimando, atteggiandomi naturalmente, come se il fatto che molto probabilmente avrebbero fatto pace con lei non m'importasse. Forse era giunto il momento che il 'leader' tornasse al suo posto, forse se Lizzie fosse tornata il gruppo avrebbe riacquisto l'equilibrio perso dieci giorni fa. Non sarei stata emarginata, anzi, decisi che avrei provato a parlare con Lizzie per farle capire che ero del tutto innocua e che per quanto mi riguardava poteva stare con i ragazzi quanto le pareva, non sarei stata invadente. L'unico problema era che forse sarebbe tornata a stare insieme con Justin. In realtà ciò che succedeva tra loro era ancora confuso, in teoria erano ancora fidanzati, lui mi aveva detto che avrebbe voluto lasciarla o perlomeno prendersi una pausa con lei, Lizzie però ancora non lo sapeva. Dannazione, era tutto così confuso. L'unica cosa di cui ero sicura, era che la ragazza bionda poteva benissimo tornare tra me e i ragazzi. Quest'ultimi sarebbero stati più sereni, il gruppo sarebbe tornato come prima -o almeno speravo- e dopotutto, un'altra presenza femminile mi avrebbe resa meno nervosa. Decisi di non pensare alle conseguenze negative che il suo ritorno avrebbe potuto comportare, basta così.
«Chi te lo ha detto?», «non importa» risposi. 
«Sei sicura?» chiese nuovamente Alex. 


Per davvero Caren, ne eri sicura? Non verrai nuovamente oscurata dalla sua presenza? 



No. I ragazzi non mi avrebbero trascurata e io di certo non avrei fatto in modo che Lizzie mi mettesse nuovamente al buio, anzi, sarei diventata più partecipe, avrei interagito di più, avrei continuato a cercare Justin e a capire di più cosa sentivo per Zack, non avrei smesso di passare lunghi pomeriggi con Chris, le caramelle di gomma e i film in televisione, e sarei andata avanti a fare le passeggiate serali con Alex. Non m'importava, questa volta avrei giocato a carte scoperte con Lizzie. Lei sarebbe tornata, io sarei rimasta e che pacificamente ognuna facesse quello che realmente desiderava. 
«Sì, Alex», lui mi sorrise. Non volevo che si sentisse obbligato a stare con me, mi voltai verso Chris, che invece aveva desiderato non andare di sua iniziativa. «Ci andrai anche tu, metti l'orgoglio da parte» dissi.
Fui abbracciata con forza da Chris e si unì anche Alex, «andiamo allora!» fecero entrambi. 









SPAZIO AUTRICE
Eccomi qua, dopo una lunga assenza. 
Mi sono già scusata nell'avviso e lo rifaccio anche qui: mi spiace immensamente. Non era previsto che io smettessi di colpo di aggiornare, assolutamente. Come ho già detto però, sono piena di impegni. Quest'anno ho cominciato la terza superiore, il biennio è finito e di conseguenza le cose si sono fatte più dure, peraltro il mio è anche un liceo piuttosto impegnativo e come minimo bisogna studiare cinque ore al giorno, se non di più. Fate conto che mercoledì scorso ho studiato per nove ore diritto e ho preso cinque nell'interrogazione, che i primi giorni ho dedicato ore e ore a studiare sociologia e la valutazione è stata sempre cinque. Mi trovo in difficoltà, ma sto recuperando lentamente, anche perché metto la scuola al primo posto e non tollero le insufficenze, mi sto mettendo sotto e ciò mi sta rubando un sacco di tempo. In secondo luogo ho i corsi extra scolatici, le ripetizioni e lo sport (palestra inclusa). Ho lasciato mma per cominciare pattinaggio artistico. In terzo ed ultimo luogo ho deciso di cominciare col volontariato. Mi servirà per i crediti scolastici e per far sì che nella mia vita ci sia qualcosa di gratificante. Provate solo ad immaginarvi come io sia incasinata, e scusatemi però aggiornare su efp o dedicarmi ai social è stato l'ultimo dei miei pensieri, ho persino perso il tempo che dedicavo alla cucina, alla scrittura personale e alla lettura. So che non mi devo lamentare se i lettori sono calati, so che dopo un po' uno perde interesse e si secca a seguire una storia che presenta nuovi capitoli ogni morte di Papa, ne sono più che consapevole, quindi vi prego solo di non farmi la predica nelle recensioni, perché mi spiace tantissimo. Sono mortificata e amareggiata. Tuttavia non preoccupatevi che ritardi del genere non accadranno più, cercherò di ritagliarmi più tempo da dedicare a voi e a questa storia, cercherò di aggiornare magari una volta ogni due settimane o se -e ripeto se- ci riesco anche prima. Parliamo della storia! :)
Non pensate che comunque io non ci abbia pensato in questo tempo! Anzi, l'ho fatto e anche tanto, ho deciso di continuarla come pensavo di fare prima, quindi le tematiche che hanno sempre caratterizzato la fanfiction non spariranno completamente finché non arriverà il sequel che sono decisa a fare. Quest'ultimo sarà più che altro pieno di intrecci, amorosi e non. Compariranno nuovi personaggi, parliamo di antagonisti e non, uno dei temi principali sarà lo sport, un po' violento, ma sarà questo a far strada all'inizio delle relazioni tra i coprotagonisti  e a nuove vicende importanti e interessanti, giusto per far sì che la storia non sia monotona e che non parli sempre e solo di amore, amore e amore. Certo, ci sarà, diciamo solo che sarà accompagnato da altro, credo che vi piacerà come piace a me. Detto questo, mi scuso anche per il capitolo leggermente corto e anche piuttosto noioso e orribile, non volevo farvi aspettare, rimedierò. Qui notiamo che Caren ha deciso di accettare un possibile ritorno di Lizzie e di non farsi intimidire da lei, abbiamo visto la neutralità di Chris e il comportamento di Justin, che non ha voluto dire nulla a Caren per non far in modo che si preoccupasse, vuol dire che di lei gli importa e non poco, ah ho in programma così tanti ostacoli per questi due❤️
Comunque, fatevi un'idea di ciò che potrebbe succedere con questo capitolo e niente, sto già cominciando a scrivere il prossimo, che non so quando sarà pronto. Vi chiedo ancora scusa, vi voglio tanto, tanto bene e rimedierò, lo prometto.
Un bacione a tutti, carissimi.
Sarah
X

Ps. Scusate possibili errori, ho notato che ce ne sono anche negli scorsi capitoli, questo l'ho riletto di fretta. Cercherò di correggere tutto in minor tempo possibile.


Justin
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Chris
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Capitolo 26
*** Twenty-sixth chapter ***


 'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcun scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo'



                                                                     I'm okay

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“Ed eccomi qua, 
a porre parentesi nel percorso di questa vita”






«Vieni con me?», «Cri, sai che tra me e Lizzie non scorre buon sangue...», «accompagnerai me, non è detto che tu vada lì per vederla, poi nemmeno io ci farò pace, è solo per vedere se sta bene o no». Alex era già andato, ci aveva pensato Chris ad accompagnarmi a casa e ora, era più che intenzionato a chiedermi di venire con lui, era così dolce. In realtà avrei voluto sapere come stesse Lizzie, ero abbastanza preoccupata nonostante non avrei dovuto nemmeno pensare a lei dopo tutto ciò che aveva sempre fatto; ma contemporaneamente non avrei dovuto andare da lei dopo il litigio dell'ultima volta. 
«Cri, avanti...» borbottai mal volutamente. «Ti supplico, compagna di merende e avventure»  rispose lui, fissandomi con i suoi due occhioni dolci dolci. Ero convinta che sarebbe riuscito a convincermi, era impossibile resistere ad un ragazzo come Chris, di una bellezza talmente dolce e due occhioni azzurri, che sarebbe riuscito a far cambiare idea persino al più testardo dei testardi. Imprecai. «Ah dannazione, va bene», «Evvai! Un giorno di questi ti sposerò» urlò per poi stringermi in un abbraccio, ricambiai ridacchiando, «ma sono promessa a Zack» replicai, ancora consapevole del fatto che io e il biondino stessimo ancora fingendo di essere attratti l'un dall'altro. «Cosa te ne fai di un essere stupido come Zack? Che a 18 anni non sa distinguere la teoria del movimento di Eraclito da quella dell'immobilità di Parmenide, oppure che non comprende la dottrina del 3 come numero di fondamenta di Pitagora e l'allegoria di Dante Alighieri? Sono meglio io» affermò con aria di superiorità, infilando una mano nei capelli e mordendosi le labbra, se non fossi abituata a tanta bellezza e carisma da parte sua, sarei svenuta in quello stesso momento. Insomma, bello, intelligente, dolce, interessante e simpatico, cosa volevo di più?
«Sono bello?», «sì», «e allora baciami» esclamò di soppiatto facendo la bocca a papera e avvicinandomi a sé, era ovviamente scherzoso, tanto che mi leccò la guancia buttandosi addosso a me. «Ma Chris!» urlai ridendo, stavo così bene con lui. 
«Andiamo?» chiese urlando. Annuii e dopo avermi preso la mano, cominciò a camminare verso quella che sembrava essere casa della ragazza bionda. Lui invece era sempre scherzoso, abbracciava, baciava e delle volte mi teneva persino la mano, Chris non era nato per essere un amico, ma un migliore amico, un orsacchiotto tutto da coccolare. Decisi che avrei cominciato ad abituarmi ad avere amici così espansivi. 


Giungemmo in un viale molto gradevole e pulito, ad entrambi i lati vi erano una serie di graziosissime villette allineate, dotate di giardini bellissimi e cancelli dannatamente carini, dedussi che lì abitasse Lizzie. 
«Abita qui?», «sì, un bel posticino. È grazioso quanto lei, non credi?» chiese mettendosi le mani nelle tasche. Non risposi. 
«Ti ho offeso?» chiese immediatamente, notando il mio silenzio.

Ti aveva offeso, Caren? Non lo sapevo. 

«No, ho solo qualche dubbio, non so se entrare o no» risposi davanti al cancello della casa di Liz, deviando l'argomento 'Caren è gelosa di Lizzie'. «Comunque sono con te. Io sono ancora arrabbiato con lei, anzi, se ripenso a dieci giorni fa mi viene voglia di tornare indietro e lasciarla dov'è. Però alla fine, è la mia migliore amica da un sacco di tempo, è una sorella, ci amiamo. Non è detto però che ora io ristabilisca con lei il vecchio rapporto, sono con te, capisci? Perciò siamo in due ad avere dubbi a riguardo, avanti amica di merende e di avventure, entriamo» disse con un bellissimo sorriso in bocca. Mi sentii felice, non ero sola e in più questa dimostrazione di amicizia mi aveva fatto venire i brividi. E per un momento mi ritrovai a ringraziare Dio di avere trovato un amico come lui, mi sarebbe venuto quasi da piangere. Annuii con molta convinzione, ero sicura del fatto che sul mio viso ci fosse un'espressione serena e limpida, avevo le farfalle allo stomaco, ci poggiai una mano sopra e sorrisi di nuovo, «va bene orsacchiotto, entriamo» sussurrai mordendomi l'interno della guancia, ci fissammo per oltre cinque minuti e solo dopo un po' fui io a prendergli la mano e a portarlo dentro. Il cancello era aperto già da prima, segno che qualcuno era uscito dimenticandosene. Giunti davanti alla porta, Chris bussò.
«Chi è?», «sono Chris», «Oh figliolo! Arrivo, mancavi solo tu. Arrivo tesoro, entra» si sentii in lontananza, e dopo una serie di passi la porta si spalancò. La donna azzimata abbracciò il mio fedele compare di merende e avventure e gli diede un bacio in guancia, alla mia vista sorrise leggermente e mi diede la mano, «piacere» disse. Ricambiai il saluto e mi sentii un poco a disagio, non era chiaramente felice di rivedermi, mi dispiaceva. Non mi andava di fare da incomodo a nessuno, inoltre era una pugnalata al cuore stare antipatica a qualcuno, non mi andava bene niente. Nel tragitto che ci portò in camera di Lizzie non feci altro che imprecare, dannazione, dannazione, dannazione.  


Sarei dovuta entrare o no? Avevo il timore che alla mia vista Lizzie reagisse male, o che peggio mi cacciasse da casa sua e io avrei fatto la figura della povera idiota che era venuta qui a fin di bene. Dannazione.


«Ora devo uscire, ho appena mandato Alex a prendere cinque pizze, non ti ho inclusa Caren perché non pensavo avresti avuto diciamo... Il coraggio di venire qui, però ci sei e ammiro la cosa. Non so, chiamatelo e avvisatelo che ci sei anche tu, oppure chiedi agli altri di-», «non c'è alcun problema signora Cox, sono sazia, ho appena fatto uno spuntino» mentii abozzando un sorriso alla madre di Lizzie, lei si zittì e aprì la porta della cameretta di sua figlia. Era una stanza molto graziosa, le mura erano bianche, il legno con cui erano realizzati il letto, i comodini, l'armadio e la scrivania era puro cedro, di un marroncino chiaro. Le coperte in cui era avvolta Lizzie e che la facevano piccola piccola, erano rosa confetto, così come le tende. Molte foto e diversi pupazzi decoravano la camera, che era il contrario della mia, semplice e senza alcuna decorazione. La mia aveva gli armadi di un marrone leggermente più scuro, come la scrivania, il letto e i comodini. Le tende erano blu e così il tappeto. Non vi erano colori, cornici, giocattoli che avevano caratterizzato la mia infanzia o cose del genere, in quel momento mi accorsi di avere una stanza da adulta, semplice e vuota, come me. 

La ragazza bionda dormiva. Era avvolta nelle coperte, aveva un colorito piuttosto giallastro, due occhiaie enormi e una specie di graffio sul labbro superiore, notai anche le guance leggermente scavate. Era un'altra persona e per poco non mi spaventai per quanto fosse ridotta male. Dovetti ammettere però che nonostante fosse struccata e stesse soffrendo, riusciva sempre ad essere bella. In qualche modo le borse di stanchezza sotto gli occhi le donavano, anche la carnagione spenta e le labbra più rosse del solito. Lizzie non smetteva mai di essere bella, in qualsiasi circostanza. Se fossi stata io di sicuro sarei sembrata una specie di zombie, evitai persino di immaginarmi, sapevo già come stessero le cose. 
Justin era seduto vicino a lei sul letto, e stava giocando alla play station accarezzandole qualche volta il fianco e le gambe; Zack se ne stava seduto in silenzio sulla sedia della scrivania, studiando il viso di Lizzie e non smettendo di levarle gli occhi di dosso, era preoccupato, quasi scosso. Alla nostra entrata si girarono entrambi lentamente, come se anche loro fossero stanchi, i loro occhi erano privi di espressione. Zack distolse immediatamente lo sguardo, come se fosse disinteressato a tutto, Justin inarcò un sopracciglio vedendomi e fulminò con lo sguardo Chris, che perse il controllo delle sue emozioni. Mi lasciò la mano che mi tenne per tutto il tragitto e si avvicinò a passo spedito al letto di Lizzie, Justin si alzò per far sì che l'amico potesse avvicinarsi alla ragazza dormiente. 
«Porcaccia» sussurrò incredulo. Si sedette proprio dove Justin era e la osservò in viso, deglutì pesantemente e si girò verso Zack, che alzò le sopracciglia e sospirò. Passarono minuti, poi Chris si alzò e sussurrò qualcosa di incomprensibile per poi uscire dalla stanza. «Ha bisogno di qualche secondo per riprendersi, è più freddo del solito» fece Justin invitandomi a sedermi vicino a lui, «non volevamo che tu lo sapessi, però a quanto pare Chris non è riuscito a tapparsi la bocca», «fa niente» risposi.

«Cosa facciamo?» chiese Zack a Justin.
«Non so, stiamo con lei finché non guarisce e poi... Vediamo cosa succede» rispose l'amico accarezzandomi la spalla, rabbrividii, era una delle sensazioni più belle che avessi mai provato. Ultimamente si era avvicinato molto a me, da quando Lizzie se n'era andata aveva smesso di starsene in silenzio e di conversare raramente con me, anzi, mi chiedeva spesso come stessi, cos'avessi da raccontare, mi faceva complimenti e aveva più contatto fisico con me, ovviamente parlavo di abbracci e carezze. Lui aveva le mani d'oro e io da parte sua sentivo sempre più attrazione, quando mi guardava dritto negli occhi, com'era solito fare, sentivo di poter raggiungere il cielo. 
«Caren, cosa proponi?» domandò Zack, cercando di rendermi partecipe della situazione.  
«Ha ragione Justin, penso che sia meglio stare con lei finché non guarisce del tutto, beh... Poi potremmo farci tutti la pace no?» proposi in maniera un po' impacciata.
«Sei proprio un pasticcino» rispose Justin, assumendo un'aria soddisfatta e piuttosto ilare, forse dopo aver ottenuto tra virgolette, il mio consenso per tornare a parlare con Lizzie, si era sentito sollevato, proprio come Zack che mi fece un occhiolino. Però in quell'istante avrei voluto ricevere qualche attenzione in più, non sapevo il perché... L'atmosfera era tesa e tutti i pensieri erano rivolti verso Lizzie e dopo essermi abituata ad essere la protagonista per giorni, adesso mi sentivo un po' isolata. Justin si alzò per raggiungere Chris e io stetti da sola con Zack. 
«Vieni qui» sussurrò con un'aria stanca, mi avvicinai e lui fece sì che mi sedetti sul suo grembo, imbarazzata ma allo stesso tempo sollevata, mi accoccolai completamente a lui. Posizionai il capo nell'incavo del suo collo e lasciai che il mio busto si poggiasse contro il suo, fui avvolta con delicatezza dalle sue braccia e man mano che continuava ad accarezzarmi i capelli, sentivo di potermi addormentare. Avevo bisogno di contatto fisico, e come sempre trovavo riparo in Zack, dannazione quanto gli volevo bene, ero così legata a lui, desideravo stargli a fianco per il resto della mia vita.
«Sono stanca» sussurrai, volevo sfogarmi e rivelargli per la prima volta ciò che sentivo. Zack non rispose, si spostò più indietro con il viso per far sì che potesse vedere il mio, e mi guardò negli occhi. Continuai a parlare. «Nel senso, sento che non ci sono attimi di pace, anche se i miei non sono sforzi fisici, io mi sento stanca».
Ed era vero, proprio quando le cose stavano cominciando ad andare bene, Lizzie doveva stare male. Ora i ragazzi erano tutti imbronciati, malinconici e silenziosi, erano strani e la loro stranezza mi stava dando alla testa, maledizione, non volevo vederli così, facevano stare male anche me. Ero sicura della decisione che avevo preso: stare con Lizzie e farci pace, però lei influenzava così tanto il mio rapporto con Justin, Zack, Chris ed Alex, quindi mi chiesi come sarebbero diventate le cose, dopo che fosse guarita. Magari avrebbe ricominciato a burlarsi di me e a mandarmi frecciatine velenose, forse avrebbe continuato con il suo teatrino da ragazzina in cerca di attenzioni. C'erano così tante domande nella mia testa, ero confusa, da una parte volevo che lei tornasse e che stesse bene, dall'altra invece volevo che si allontanasse da me e dai ragazzi per sempre. Cadevo sempre in contraddizione e questo mio modo di fare mi stava letteralmente dando fastidio, io non volevo essere così. Chiusi gli occhi e tornai tra le braccia di Zack.
«Finché ci sono io sentiti in potere di potermi addossare tutte le tue responsabilità, chiaro?» disse massaggiandosi le tempie, voleva far sì che io fossi serena, ricevendo lui la negatività che mi teneva in pugno. I miei occhi si addolcirono e non potei fare a meno che abbracciarlo, lo strinsi talmente forte che sentii il suo cuore battere ad un ritmo piuttosto normale, al contrario del mio, che tra poco sarebbe uscito fuori di sé. Ricevetti un casto bacio sulla fronte e tornammo come prima, io assopita e lui che mi accarezzava i capelli. Caro tempo, potresti fermarti in questo stesso istante per favore? 



Chiusi gli occhi e poggiai una mano sul suo petto, meritavo davvero tutto questo? Quando ero con Zack, Chris, Alex e soprattutto con Justin, sentivo di avere delle mancanze di affetto e loro le colmavano tutte. Chris mi capiva al volo, sembrava leggermi nel pensiero e captare ogni minima parola che mi frullasse per la mente. Con lui non serviva proprio a nulla fingere, ancor prima che mi accorgessi di essere triste, spaventata, felice o malinconica, lui sembrava averlo capito già da un pezzo. Non esageravo, Chris mi capiva sempre e comunque, lui sapeva come trattarmi nei diversi momenti di cambio d'umore che subivo, mi sosteneva e sembrava anche lui combattere con me la mia guerra, la guerra contro me stessa. Ricordo che ancor prima che diventassimo amici -quando mi era ostile-, mi guardava con quei suoi occhi gelidi e sembrava che dai miei ricavasse tutte le informazioni necessarie per leggermi la mente e il cuore. Ora eravamo più che amici, forse fratelli, ed era solo l'inizio per noi due. 
Alex invece era quello leggermente più lontano a me se confrontato con gli altri, la nostra era una semplice amicizia, non c'era qualche feeling speciale, fatto stava che quando ero in giro con lui, mi sentivo intoccabile. Lui era il muscolo del gruppo, e quando si arrabbiava diventava sorprendentemente violento, quel suo lato un po' mi spaventava, ma quando ironizzavo su questo suo aspetto, lui mi ripeteva sempre che ero tra le persone per cui quel suo lato sarebbe potuto uscire fuori per pura protezione, quindi ero più che al sicuro. Poi era davvero un buon ascoltatore e se gli confidavi un segreto, se lo sarebbe portato con sé nella tomba. Inoltre delle volte diventava davvero dolce e divertente.
Per quanto riguarda Zack, avrei potuto dire milioni di cose. Era lui che nei momenti di incertezze mi tirava sù il morale con una sola battuta. Gli bastava pronunciare due parole ed ero già a terra dalle risate, diceva barzellette magnifiche, faceva del sarcasmo dannatamente esilarante e in ogni suo gesto, c'era sempre qualcosa di ironico e simpatico. Il suo sorriso mi contagiava e mi ritrovavo a sorridere anche io come una stupida. Se penso a tutte le volte in cui ero sul punto di piangere dalle risate... Aveva una risata bellissima ed un sorriso che toglieva il fiato a chiunque, era sempre allegro e di buon umore. Inoltre non era da dimenticare l'estrema dolcezza che esibiva solo ed esclusivamente nei miei confronti, già, perché con gli altri era piuttosto sarcastico e burlone, mi sentivo onorata. Inoltre dopo Chris, era il secondo ed ultimo che riuscisse a capirmi. Vagando nei ricordi, rammentai di tutte quelle volte in cui mi stringeva la mano per darmi una svegliata, per dirmi che se c'era lui allora sarebbe andato tutto bene. Inutile parlare del senso di sicurezza che provavo anche in sua compagnia, nessuno poteva guardarmi male, squadrarmi o rivolgermi occhiate di disprezzo o di apprezzamento, quando ero con lui, tutti capivano che ero persino inguardabile. Se ero solo sua amica e già mi sentivo così bene, chissà come sarebbe stato essere la sua ragazza... All'idea mi sarebbe potuto scoppiare lo stomaco per quante farfalle stessero svolazzando al sul interno. Inoltre, un remoto segreto al cui solo pensiero arrossivo e mi vergognavo di esistere, era quello che verso di lui provavo un'innata attrazione fisica, mi faceva sentire cose strane e sarei potuta morire pur di ricevere un solo suo bacio o un solo tocco. Ricordo il primo giorno di scuola -quando ancora nessuno di loro mi conosceva- di averlo visto limonare con una ragazza molto carina. Ricordai il modo in cui l'afferrò per il fondoschiena e la spinse contro il muro del corridoio isolato, e cominciò a lasciarle umidi baci per tutto il collo fino ad arrivare alla bocca, le morse le labbra con gusto e si spinse dentro, usando labbra e lingua, da non dimenticare erano i piccoli ed innocenti baci qua e là, certamente, 'innocenti'... Quello ne sapeva una in più del diavolo per quanto riguardava quelle cose...
Ed era strano, perché quella fu l'unica volta in cui lo vidi in un atteggiamento simile, non mi piaceva pensare a lui come ad uno sciupa femmine poiché con me e Lizzie si comportava in tutt'altra maniera. In realtà questo genere di sensazione me la faceva provare anche Justin, e per quanto riguardava baci e cose un po' più profonde, sembrava saperne quanto Zack, o forse anche di più. Justin... Con lui le cose erano ancora confuse, lui mi piaceva, ne ero sicura, però pur essendoci avvicinati, non c'era stato ancora niente di eclatante. Insomma, era tutto bello, anzi bellissimo, aveva un bel modo di fare ed era troppo affascinante. La mia paura era che provasse ancora qualcosa per Lizzie, nonostante mi avesse detto tempo fa che l'avrebbe lasciata.  Al sol pensiero che ritornasse con lei, mi si contorse lo stomaco e i miei muscoli si fecero tesi e rigidi. Non sarebbe dovuto accadere, altrimenti mi sarebbe caduto il mondo addosso. Ultimamente mi ero convinta di poter avere qualche possibilità con lui, le percentuali erano basse dato che passare da una ragazza come Lizzie, ad una come me era parecchio improbabile, parlando di valutazioni sia di tipo fisiche che caratteriali, io ero davvero un disastro, un completo disastro, irreparabile. Per quanto fossi meno triste e depressa, avevo spesso questo peso addosso anzi, sempre. 
Improvvisamente Lizzie fece un piccolo verso e Zack che in quel momento rimase calmo e tranquillo, mi fece alzare con una cautela piuttosto veloce e si avvicinò al letto, le rimboccò le coperte e le sistemò il cuscino.  Si sdraiò appena appena per baciarle lo zigomo rosso dal calore corporeo e la spalla. Quanto eri fortunata cara Lizzie, pensai. Nonostante ciò che fece i ragazzi non avevano smesso di amarla ed in un certo senso era bellissimo, stabilire una relazione del genere con qualcuno era a dir poco che meraviglioso, peccato che più sembravo recuperare campo con loro, venivo sempre sorpassata da questa ragazza. Quella fu la prima volta in cui non mi diedi per vinta e decisi che mi sarei avvicinata anche io a loro, l'amicizia non poteva essere unilaterale, ci voleva anche il mio impegno. Ce l'avrei fatta anche io, forse.
«Vado a chiamare Justin e vedere come sta Chris, vuoi venire?» domandò accorgendosi che ero ancora dentro la stanza, «no, starò qui, forse si sveglia», «va bene, lascia che sia lei a svegliarsi, non farlo tu. Comunque adoro l'odore di shampoo nei tuoi capelli, cos'era? Cocco?», annuii, «magnifique» commentò allora uscendo dalla stanza, sorrisi e persi qualche battito.


Passarono dieci minuti e Lizzie si svegliò, con il viso leggermente gonfio e il viso rosso dal caldo. Si tirò sù lentamente facendo leva sulle braccia piuttosto deboli e si appoggiò al muro alle sue spalle. Sbadigliò e si stiracchiò. Poi si guardò intorno strofinandosi gli occhi e nel momento in cui mi notò, s'immobilizzò. La guardai e non riuscendo a sostenere lo sguardo,  lo abbassai, forse non mi voleva in casa sua. 
«Ciao Caren» sussurrò girandosi e guardando il soffitto, era demoralizzata perché nella sua mente avevo vinto io. Rimasi un po' sorpresa dal suo delicato modo di salutarmi e solo dopo un po' ricambiai.
«Buongiorno, come ti senti?» chiesi, avevo posto una barriera tra me e lei, non era più opportuno essere confidente perciò mantenni le distanze. 
Lei ridacchio malinconicamente e scosse la testa. 
«Loro sono qui?» chiese a sua volta, io annuii e lei sorrise. 
«Allora sto bene» continuò poi. 
«E tu invece, come stai?» domandò, in quel momento non seppi proprio cosa rispondere. Stavo bene o male? 
Purtroppo arrivata al punto di dover definire il mio stato d'animo non più sotto forma riflessiva, mi trovai in difficoltà. In realtà non sapevo rispondere, non mi sentivo bene, ma nemmeno male, e quindi?
Non c'era alcuna forma di bene perché nonostante tutto mi sentivo ancora poco accettata, ora avevo paura di un suo possibile riconciliamento con Justin e avevo molti altri pensieri per la testa che mi mandavano in confusione. Allo stesso momento non stavo nemmeno male, dopotutto la vita non poteva essere tutta rose e fiori e non potevo aspettarmi di vivere al settimo cielo. In più non era successo nulla di poi così grave, il peggio era passato. 
Quindi come avrei dovuto rispondere? In mancanza di bene o male, c'era il vuoto... Ma io non mi sentivo vuota, tutt'altro, ero piena di pensieri ed emozioni contrastanti la cui entità e virtù mi era ancora sconosciuta. Sospirai e per abitudine risposi «bene». E per l'ennesima volta non seppi definire il mio stato d'animo, che incompetente. 
In quello stesso istante entrò Justin e rimase impalato di fronte alla sua attuale, oppure ex ragazza. Si guardarono per minuti, erano entrambi silenziosi, eppure dai loro sguardi traspariva la voglia di dirsi tante cose. Lizzie aveva gli occhi lucidi e sembrava trovarsi in difficoltà, Justin invece, aveva la mascella contratta e dall'espressione del viso capii che fosse altrettanto a disagio. Mi sentivo un po' il terzo incomodo, tra quei silenzi che invece comunicavano tanto percepivo di essere fuori posto.  
Però io guardavo solo Justin, m'importava solo di lui, dopo un po' però distolsi lo sguardo, avevo paura che dal suo volto potessi capire un paio di cose, cose che mi avrebbero fatto stare male. 
«Vedo che stai meglio» disse improvvisamente rompendo il silenzio. Lizzie annuì e deglutì pesantemente, «sì».
«Capisco, Alex è arrivato con le pizze, quindi preparati, riesci ad alzarti?» fece poi con freddezza, forse si comportava così solo perché nella stanza c'ero anche io. Lei annuì nuovamente. «Caren scendi, noi ci laviamo le mani nel bagno di sotto» disse rivolgendosi a me. «Io non mangio, però se vi va vengo lo stesso», «certo che ci va». Ci alzammo e la lasciammo sola.
«Justin va tutto bene?» gli chiesi mentre scendevamo le scale, «certamente, mi fa solo uno strano effetto rivederla, niente di che. Tu invece?», «oh, io sto bene» replicai senza badarci più di tanto, proprio come prima, tanto in quel momento non gli sarebbe importato granché sapere come stessi per davvero. Arrivati al salotto, notai Chris parlare con Zack. Di solito tra loro erano sempre stati scherzosi e sarcastici, quella era la prima volta che li vidi seri.
«Dovresti fare ciò che ti sembra più giusto, quando è il cuore a scegliere la scelta non è mai sbagliata» gli disse il biondino, «grazie Zack, sei un amico» rispose Chris che si alzò e lo strinse in un tenero abbraccio, sorridendo e aggrappandosi a lui come se fosse una via di salvezza, Zack fece altrettanto ed io invidiai il loro rapporto, erano bellissimi.
«Ehi effeminati, datemi una mano» urlò Alex dalla cucina sporgendosi dalla porta. Scoppiò una risata generale e i due andarono ad aiutarlo. Io e Justin ci sedemmo sul divano.
«Sei stanco?» gli chiesi cercando un dialogo. 
«Un po', mi fai i grattini?» chiese insolitamente dandomi il braccio e stiracchiandosi sul divano su cui eravamo agiatamente seduti. Ridacchiai, «certamente». Come prima cosa gli accarezzai la pelle strofinandovi la mia mano fredda, poi cominciai a passarvi sopra la punta della dita, i polpastrelli e le unghie lunghe smaltate di nero opaco. A lui sembrava piacere, così andai avanti per in po'. Ad un certo punto chiuse gli occhi e si rilassò completamente, fui felice di avergli donato un po' di pace; sapevo che si fosse addossato tutta la responsabilità di ciò che stava succedendo a Lizzie, lui era fatto così, però non era colpa sua, mi faceva male il cuore vederlo in quello stato, Justin non si meritava cose del genere. Lui era tenero, gentile, dolce e apprensivo, una persona così buona doveva solo essere felice, lui era stato creato per sorridere migliorandomi le giornate. Il suo stato d'animo mi influenzava molto, la sua felicità era la mia e la sua tristezza anche, perciò vederlo così creava in me malinconia. Ero impotente. Smisi di fare i grattini e portai la sua mano alle mie labbra, poggiandovi un piccolo e delicato bacio con il quale desideravo trasmettere disponibilità e affetto. Lui aprì gli occhi e mi rivolse un sorriso, e con la stessa mano che baciai, mi accarezzò la guancia sinistra. Portò anche l'altra mano sulla destra e avvicinò il mio viso al suo, guardandomi dritto negli occhi. I suoi erano color miele, vivaci e dolci, i miei invece erano neri, ed erano apatici, non trasmettevano nulla. Spesso mi ritrovavo a pensare che i miei capelli corvini, gli occhi del medesimo colore, la pelle biancastra e le labbra rosse, fossero in qualche modo  la reincarnazione della malinconia, forse ero davvero nata per portare la tristezza al mondo. 
I miei pensieri s'interruppero quando avvicinò la sua bocca alla mia e per un attimo mi sentii mancare. Il cuore cominciò a battere e strane sensazioni allo stomaco fecero sì che io cominciassi ad arrossire. La mia mente cessò di svolgere il suo lavoro e il mio corpo cominciò a fremere sotto il suo tocco, numerosi erano i brividi e il mondo per un attimo smise di esistere, intorno a me non vedevo nulla, in quel momento c'era solo Justin che eliminando ogni distanza poggiò le labbra su qualcos'altro: la mia guancia. Un amaro sapore di delusione si fece spazio dentro di me e mi venne improvvisamente voglia di piangere, però riuscii a trattenermi. Mi era crollato il mondo addosso e percepii che qualcosa dentro di me si fosse distrutta: l'orgoglio. 


Cos'era appena successo? 

Ancor prima di formulare una frase o un pensiero si sentì un tonfo proveniente dalle scale, ci girammo di scatto e i ragazzi uscirono dalla cucina freneticamente, Lizzie che assistette alla scena cadde, tuttavia si trattava degli ultimi gradini quindi non si fece male e fu abile nel rialzarsi. Si era lavata e cambiata.
«Ti sei fatta male?» sputò Alex avvicinandosi e aiutandola a sedersi sulla sedia, ma prima di farlo l'amica gli buttò le braccia al collo e lui fu freddo nel rispondere. Guardò i ragazzi e poi me, e sembrava in difficoltà, era la sua Lizzie e le voleva bene, ma allo stesso tempo era anche la Lizzie falsa ed egoista, perciò rimase neutro. Quando incrociò il mio sguardo lo guardai torva, mi spiaceva che anche dopo che lei stesse male, nessuno era disposto a darle amore, l'aiuto non bastava, qui si necessitava di esternare un sentimento. Gli feci cenno di abbracciarla e so che rivolgendo il suo sguardo a me, mi avesse chiesto una mano, voleva il mio permesso e dopo averlo ottenuto, replico all'abbraccio e le scompigliò i capelli. Allora lei comprese che il rancore si fosse cancellato, o perlomeno attenuato e sorrise leggermente, ancora scossa da ciò che successe tra me e il suo attuale o ex ragazzo. Nonostante tutto non capii a pieno il perché di quello squilibrio che la fece addirittura cascare dalle scale, era stato solo uno stupido e inutile bacio sulla guancia, e io che da beota avevo pensato ad altro, mi ero illusa nell'arco di cinque secondi. Certo che provare un sentimento simile all'amore era proprio complicato, non osai pensare come fosse l'amore vero e proprio, unilaterale e non corrisposto. Chissà che sofferenza... Se solo adesso provavo cotanta delusione senza neanche amarlo a pieno, figuriamoci come mi sarei sentita se ne fossi innamorata completamente. 



Ebbi paura che potesse succedere, forse perché in cuor mio sapevo che quel giorno non era poi così lontano.










SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutti cuori,
sarò breve perché non ho alcuno scusante da rivolgervi per giustificare quest'ennesimo ritardo. Vi chiedo di nuovo scusa, anche se ormai so che sia stupido, inutile e irrelevante, sentitevi pure liberi di mandarmi a quel paese, questa volta me lo merito pienamente. Detto questo spero che il capitolo sia di vostro gradimento, scusatemi eventuali errori e ditemi cosa ne pensate, se vada bene o se vi faccia cadere le palle come ha fatto a me🌸
Un grandissimo bacio ed un fortissimo abbraccio,
Sarah
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Capitolo 27
*** Twenty-seventh chapter ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcun scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo'












                                         Where do I start?


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”L'aponia e l'atarassia: 
il non soffrire nel corpo e il non esser turbato nell'anima.”









La situazione a tavola era pressoché tesa, nessuno osava parlare, fiatare e neppure respirare ad alta voce. Ognuno era piegato sulla sua pizza, intento ad assaporarne il gusto e a mandarla giù con piacere. Per me la signora Stefanie non aveva ordinato nulla, pensava che non avessi avuto il coraggio di venire, però invece l'avevo fatto e anche sfrontatamente. 
Però Chris mi diede due tranci della sua pizza puramente margherita, che finii nel giro di venti minuti. Cominciammo a sentirci tutti a disagio, soprattutto Lizzie, Justin ed io che ero ancora indaffarata nel pensare a ciò che successe prima. Infatti qualche volta i nostri tre sguardi s'incrociavano e io mi ritrovavo ad abbassare lo sguardo imbarazzata ed intimidita. Quel silenzio però mi stava in qualche modo spossando, perché dava voce ai miei pensieri e al ricordo di Justin che mi baciava la guancia e non le labbra. Quanta amarezza, mi sentivo rifiutata. Non era giusto, avevo ricevuto una delusione che però era stata bellissima, chissà come sarebbe stato ricevere un suo caldo bacio e assaporare le sue labbra, godendo di ogni sfumatura del suo essere così perfetto, sarebbe stato uno scambio di anime, la mia e la sua. L'unico problema era che non sapevo baciare, non avevo mai baciato alcun ragazzo prima d'ora, com'avrei fatto? Poi sarebbe dovuto arrivare anche un bacio con Zack prima o poi...
«Perché arrossisci?» chiese Alex tirandomi una pezzettino della crosta della sua pizza, ridacchiando come se mi avesse colta in fragrante rubare. Gli sguardi si rivolsero verso di me e fui obbligata a reggere di nuovo tutto quell'insieme di attenzioni. Oh no, questa volta non mi sarei comportata come una bimba impacciata. Anche se queste situazioni mi mettevano a disagio, avrei dovuto gestirle, mi sarei dovuta dare una bella regolata. 
«Non ti riguarda» tuonai con tono scherzoso, prendendo una delle croste di Chris e lanciandogliela a mia volta in piena fronte. Ridacchiai nel mentre dell'azione, lo trovai davvero divertente.  
«È un ragazzo?», «ma come ti vengono in mente certe cose?» risposi cercando miseramente di intrattenere un sorriso che andava da un orecchio all'altro. «Magari era una scena di puro godimento? Ne sono sicuro» continuò poi Alex alzandosi e poggiando le mani sul tavolo, allungando il busto per guardarmi meglio dato che era dall'altro estremo della tavola. Mi alzai anche io e feci la sua stessa cosa, «manco per sogno» replicai.
«Non c'è niente di male, è normale sai? Attenta solo a non bagnarti» disse poi facendo sì che io arrossissi ancora di più, che qualcuno mi sotterri. «Ma non c'è niente di tutto questo! Dovresti vergognarti Alex» risposi con enfasi scoppiando in una fragorosa risata.
«Basta io me ne vado, sei un pervertito» feci per alzarmi, però mi arrivarono altre due croste di pizza. Alla terza mi abbassai e gli feci la linguaccia. Pochi secondi e mi fu addosso, me ne sbarazzai continuando a correre per tutta la casa che in poco tempo divenne disordinata.
Alex era piuttosto veloce e io invece ero lenta come una lumaca, di fatti la mia supremazia ebbe vita breve. «Ti ho presa!» urlò afferrandomi per il vestito e cademmo entrambi a terra in un tonfo piuttosto rumoroso. Scoppiai a ridere senza preoccupazioni di alcun tipo, perché in quel momento stavo bene e sentivo che un po' della mia infanzia rubata stesse tornando a galla.
«Attenti a farvi male bambini!» urlò Chris sbattendo le mani sul tavolo, fingendo il ruolo di una madre apprensiva. 

In tutto ciò Lizzie non proferì parola. In un certo senso i nostri due ruoli si ribaltarono, se fino a poco tempo fa ero io quella silenziosa e noiosa, e lei quella allegra e vivace, ora la ruota stava progressivamente girando. Che fosse un bene? Che questo cambiamento avesse durata breve? 
Avevo così tante domande nella mia testa a cui però non sentivo la necessità di rispondere, non importava, adesso ero io a stare bene e toccava a lei assaggiare ciò che assaggiai io. L'unica differenza tra me e Lizzie, era che ad un certo punto lei aveva cominciato a prendermi per in giro e a mettermi in difficoltà, approfittando della mia timidezza e della mia introversione, mentre io mi stavo comportando in maniera cordiale. Lei mi aveva screditato durante il suo akmé(*) e io invece durante il mio che era ancora attuale, non lo stavo facendo. Certo, ero preoccupata che tornasse in qualche modo a primeggiare nel gruppo, mettendomi in disparte all'angolo, ma non sarebbe bastato ciò per far sì che io cominciassi a trattarla male, io sapevo benissimo quanto le persone potessero essere fragili, gli uomini prima di essere uomini veri e propri erano umani, e come tali andavano trattati con umanità. Non che io fossi una buonista e lei una iena di prima categoria, però ogni tanto le cose andavano analizzate per come stavano. 
Dopotutto questo era l'unico aspetto in cui Lizzie non mi poteva superare, l'unico, e di conseguenza per me era motivo di grande vanto. Insomma, lei era tutto ciò che volevo essere io, e ricordarmi del fatto che lei fosse ipocrita e io no, mi faceva stare meglio. La mia psicologia e il mio troppo pensare erano un tantino contorti e talvolta mi portavano all'esasperazione, però non c'era nulla da fare, questa ero io e col tempo avevo imparato che i pensieri non potevano essere messi a tacere, perché l'unico rimedio era cercare di ignorarli. 
Grazie ai ragazzi imparai ad essere leggermente più ottimista e ora guardavo la vita con una prospettiva meno drammatica. Appresi che le difficoltà andavano affrontate gradualmente e che i sogni non erano del tutto irraggiungibili, bastava un po' di sicurezza e della buona forza di volontà. Tra i miei nuovi propositi vi era il miglioramento estetico -parlavo di fisicità in quanto Lizzie aveva un fondoschiena e due tette che avrebbero fatto perdere la testa persino a me se fossi maschio- e l'atarassia -termine greco che indicava la serenità completa dello spirito, era una specie di quiete, a cui aspiravo fin da bambina-. 
Questo diverso modo di pensare lo acquisii soprattutto grazie a Chris ed ero convinta che all'inizio sarebbe stato difficile prendere tutto alla leggera secondo questa maniera positiva di ragionare; infatti al minimo problema tendevo ancora un po' a demoralizzarmi e a non trovare vie d'uscita, non potevo pretendere di essere super positiva subito dopo che mi era stato consigliato. Mi servirà del tempo per cambiare, molto tempo, forse anni, e chi lo sapeva? Nessuno.
In quel momento ero certa di stare apparentemente bene. 'Apparentemente' perché arrivai a dedurre che vi erano delle preoccupazioni latenti, nascoste. Non c'era qualcosa di brutto o di estremamente negativo che influisse sul mio atteggiamento, ma assieme a questa sensazione di benessere comportamentale coesisteva la sensazione di avere la testa pesante. Era come se nel mio inconscio operassero una serie di riflessioni e di pensieri che ogni tanto mi causavano della titubanza. Le parola corrette erano: confusione e mescolanza. Alla fine nella mia mente accadevano varie cose, vi erano ricordi, desideri, speranze e diversi pensieri si alternavano, alcuni erano nascosti, altri positivi, altri ancora incoerenti e molto altro, però il mio comportamento non subiva una grande influenza. Mente confusa e comportamento allegro, ecco qual era la problematica. Come facevo a stare bene se in testa non lo ero del tutto? 




Più tardi decidemmo di uscire tutti insieme per far prendere una boccata d'aria fresca a Liz, Alex fu costretto a restare a casa per riordinare il macello che fece con le croste di pizza e per mettete in ordine il resto della casa prima che tornasse Stefany. Ora avevamo in programma di dividerci. Zack e Justin si sarebbero occupati di Lizzie, mentre io e Chris saremmo dovuti andare a comprarle delle medicine. 
«Mi raccomando Caren non sbagliare, quelle da 50 grammi, va bene?» si assicurò Justin, annuii prontamente e prima di dividerci, lo chiamai. 
«Justin», lui si girò e mi rivolse uno sguardo addolcito, come se il modo in cui pronunciai il suo nome lo fece risvegliare da un sonno profondo. «Non ti devi sentire in colpa, per favore. Per me» sussurrai sempre più silenziosamente. 
«Non lo farò, per te» rispose. Sorrisi dal profondo del cuore e rimasi lì impalata a fissarlo in tutta la sua bellezza. 
«Andiamo o no?» ci interruppe Zack, improvvisamente seccato. Così ci dividemmo.





Io e Chris sbrigammo le faccende piuttosto velocemente e ci riposammo su una panchina di fronte ad un asilo nido. 
Con lui potevo essere me stessa, quindi valutai la possibilità di potergli raccontare di ciò che successe prima tra me e Justin e del fatto che io non sapessi baciare. Cominciai già ad arrossire, mi torturai il vestito. 
«Uhm, Chris senti...» cominciai piuttosto in difficoltà, anche se con lui mi aprivo spesso, affrontare argomenti del genere mi avrebbe sempre e comunque messa in imbarazzo. 
«Dimmi tutto», «beh, ecco... Ehm, io volevo, cioè no... Voglio ancora però, insomma...» e le parole mi morirono in gola. Riprovai a formulare una frase di senso compiuto però continuavo a non riuscirci, dannazione. Avrei cominciato da ciò che successe con Justin. 
«Chris, prima è successa una cosa che ci tengo a dirti» sputai in un soffio. Lui si girò e mi rivolse tutte le attenzioni.
«Di che si tratta? Dai sputa il rospo» replicò frenetico. Aspettai un po' prima di parlare, non stavo sbagliando. Rimasi in silenzio, pensando sul se fosse opportuno o meno parlarne con qualcuno che forse non mi avrebbe potuta capire a fondo. Lui aveva esperienza in amori e mi avrebbe riso in faccia, forse mi avrebbe dato dell'illusa.
«Caren! Dimmi che mi innervosisco» urlò poi. Sapevo che fosse irascibile quindi mi sbrigai a parlare togliendo ogni forma di dubbio dalla mente.
«Prima io e Justin eravamo seduti sul divano, mi ha chiesto di fargli i grattini e io l'ho assecondato. Poi mi è venuto spontaneo baciargli la mano e lui si è messo sull'attenti. Si è avvicinato a me... Ma proprio vicino a tal punto che riuscivo a sentire il suo respiro sulle mie labbra e...», «ti ha baciata?» m'interruppe sorpreso.
«Magari... Cioè, no, cioè sì, però non sulle labbra, si è spostato leggermente sulla guancia» finii sospirando. Mi ero tolta un peso di dosso, mi sentivo proprio bene dovetti ammetterlo. Sospirai di nuovo. 
«E tu cos'hai provato?» chiese indagando interessato, girandosi completamente verso di me. 
«Delusione, mi meraviglio di me stessa però... Avrei voluto che mi baciasse veramente» sussurrai con fronte vergognosa. Abbassai il capo e mi guardai le converse blu in tinta con il vestitino a fiori che indossavo. 
«Quindi Justin ti piace» dedusse. Beh sì, Justin mi piaceva e non poco, mi attraeva e non potevo negarlo, però c'era un altro piccolo problema: Zack.
«E Zack?» chiese Chris più perspicace che mai. «Mi piace anche Zack, però è diverso, forse io gli voglio solo tanto bene e tanto affetto, però voglio tanto bene anche a te, quindi è impossibile che mi piacciate tutti e tre, siete diversi. Justin è una cosa diversa, però mi fa perdere la testa, Zack anche e per lui impazzisco a dir poco, poi ci sei anche tu e io ti adoro molto e ad Alex ci tengo, oh mio Dio...» biascicai prendendomi la testa fra le mani. Cosa stavo dicendo?
«Innanzitutto penso che tu debba separare l'amicizia, dall'attrazione e dall'amore», «sono sicuro che tu per me provi solo una profonda amicizia, come con Alex. Altrimenti me ne sarei accorto. Sono sveglio, ho sempre saputo riconoscere le ragazze che per me avevano una cotta, e non ho mai sbagliato. Io sono saggio, intelligente, intuitivo e sagace e modestamente queste sono poche delle mie tante qualità che-», «Chris...» lo interruppi, si stava perdendo nel discorso.
«Santissimi numi scusa, ehm sì, comunque scarta me e Alex. Prendi in considerazione solo Zack e Justin» fece poi agitando le mani mentre pronunciava le parole di scusa.
«Quale dei due ti fa provare delle emozioni forti?» chiese. 
«Justin e Zack» risposi, «solo uno...» mi corresse alzando gli occhi al cielo.
«Che guaio, allora facciamo così. Al momento non è importante sapere quale dei due ti piaccia di più, torniamo al discorso di Justin» affermò sicuro di quella specie di psicanalisi che mi stava facendo.
«Volevi che ti baciasse sulla bocca, però non è successo. Sappi una cosa, Lizzie e Justin hanno cominciato nella stessa maniera. Lui le diede un bacio sulla guancia e lei se lo aspettava sulle labbra, ci credi?» chiese. Strabuzzai gli occhi e il mio viso si fece di marmo, ero impassibile. Cos'avevo appena sentito? Se loro avevano cominciato così, allora io e Justin forse... 
Il mio cervello andò in fumo, sentivo di potermi sciogliere come cioccolato al sole. 
«Non è da escludere che un giorno lui possa effettivamente baciarti sulle labbra, lui è uno molto istintivo e non ragione prima di fare le cose, quindi se prova qualcosa per te allora un giorno lo farà, stanne certa» mi mandò in confusione Chris.
«Come faccio a sapere se prova qualcosa per me?» protestai.
«Io so cosa stai facendo con Zack, dovete solo andare avanti, ultimamente vi siete dati una calmata», «Oh mio Dio Chris mi spaventi, come le sai queste cose?» chiesi mentre persi qualche battito e cominciai a sudare freddo. 
Lui ridacchiò, «te lo devo ripetere quanto io sia astuto, sveglio, studioso, bello, forte, agile, dolce, buono, generoso, semplice, disponibile, comprensivo e-», «taglia corto Chris» dissi non potendo intrattenere le risate, si dava tante arie però se lo poteva permettere, ogni aggettivo che si assegnò corrispondeva alla pura verità. Chris era un ragazzo che oltre che dalla sua innata capacità di capire le cose per come stavano realmente, aveva imparato dall'esperienza. 
«L'ho fatto di nuovo?» chiese, io annuii e lui si scusò nuovamente.
«Comunque, vai avanti con Zack, così magari scopri anche cosa provi per lui!» esclamò realizzato. 
Aveva ragione. Avrei finto con Zack per sapere cosa sentivo nei suoi confronti e per vedere se ero indifferente a Justin o meno, avrei preso due piccioni con una fava sola. Così avrei capito molte cose che al momento mi stavano mandando in confusione e mi sarei messa in gioco al cento per cento. 
«Chris, e se dovessi baciare anche Zack?» chiesi interrompendo l'appagamento che stavo cominciando a sentire per via di quell'idea così geniale. 
«Bacialo, stai attenta però, lui è bravissimo e come ha scherzato prima Alex, potresti avere reazioni inaspettate e finire in qualcosa di molto più diverso che un semplice bacetto. Fidati», «e come lo sai? Lo hai baciato anche tu?» mi venne spontaneo domandare. «Ma cosa vai dicendo?» urlò. 
«Scusami, scusami» dissi mortificata, dannazione cosa mi passava per la testa.
«E comunque no, lo so perché conosco quasi tutte le ragazze con cui ha avuto a che fare e so anche come andava sempre a finire» rispose con calma e tranquillità quando un secondo fa era fuori di sè. Che fosse bipolare almeno quanto me?
«Sì va bene, però ho un altro problema» dissi alludendo alla mia interdizione nel baciare, ebbene si, qualcuno doveva pur saperlo, «dimmi allora».
«Beh vedi, io non so baciare» sputai in un'esclamazione quasi mortificata per poi coprirmi il viso con una mano, ero un pomodoro ne ero certa. Ben presto mi pentii di averlo detto, non ricevetti alcuna risposta dal mio amico e il mio imbarazzo crebbe smisuratamente. 
Ormai tanto valeva fargli un'ultima richiesta, di cui molto probabilmente mi sarei pentita per tutto il resto della mia esistenza. Tanto mi ero già messa in ridicolo, cosa sarebbe potuto succedere di più?
«Mi aiuteresti tu, cioè, mi insegneresti a baciare?» biascicai in un sussurro talmente basso che molto probabilmente non era nemmeno uscito dalle mie labbra. 


Silenzio.




«Certamente». Mi levai la mano dal viso e lo guardai in tutto il suo splendore, sorridermi raggiante come il sole e dolce come il miele. Il mil stupore accrebbe piano piano e non mi resi conto delle mie azioni, finché non gli buttai le braccia al collo. 
«Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie» continuai a ripetere devota, cosa stava succedendo? Fu come se si stesse aprendo un nuovo capitolo della mia vita, un capitolo del tutto sconosciuto, pieno di sorprese e nuove esperienze. 
Ero euforica, perché se avessi imparato a baciare, lo avrei potuto fare con Zack, oppure con Justin senza alcun tipo di problema, e in quel momento non vidi l'ora di poterlo fare con entrambi. Ero diversa, mi sentivo più predisposta a robe del genere e andai fiera di me, finalmente stavo uscendo dalla mia sfera di estraneità e inconsapevolezza. Mi sarei chiarita le idee e mi sarei arricchita come persona. 
«Dobbiamo cominciare subito, si sta facendo tardi e dovremmo tornarcene ognuno a casa proprio, poi ci saranno gli altri e non potremmo farlo» mi ammonì lui staccandosi leggermente da me, io annuii prontamente anche se cominciai a sentirmi male dalla paura, ero spaventata da quella cosa chiamata 'bacio'.
'Dannazione Caren, non era niente di che, dovevi solo poggiare la tua bocca sulla sua e il resto sarebbe venuto da sè, tranquillizzati pappa molla' m'incoraggiai mentalmente.
«Pronta?» chiese. 
«No, prima mi devi spiegare come si fa» risposi con voce tremante e il cuore che batteva. 
«Procedere per modo induttivo in questo caso non ti servirà a nulla, partiamo da quello deduttivo. Ovvero: prima l'esperienza e poi la teoria, capisci?» disse poi con disinvoltura. 
«Sappi che ci sono diversi tipi di bacio, c'è quello a stampo, quello con la lingua che distingue il bacio alla francese, alla eschimese eccetera eccetera , c'è quella che chiamano tutti 'limonata' e la pomiciata vera e propria. Ovviamente alcuni sono accompagnati da altre gesta, come il palpare, l'abbracciarsi, l'accarezzarsi o il toccarsi un po' ovunque e cose del genere» aggiunse poi. Mi salì il cuore in gola, pomiciata? Toccarsi ovunque? 
Descrivere il mio stato d'animo in quel momento sarebbe stato simile al definire che gusto avesse l'acqua. Sapevo solo di avere timore, stavo andando incontro a tante cose e man mano che ci pensavo era come se perdessi cinque anni di vita. Da una parte la cosa mi eccitava, dall'altra mi spaventava.
«Tu cosa credevi?» chiese lui non riuscendo a intrattenersi dal ridere, «pensavi che fosse come nei cartoni animati?» continuò poi ridendo a squarcia gola, tenendosi la pancia con le braccia e scalciando qua e là per il divertimento. 
Lui rideva e io intanto pregavo Dio che la terra si aprisse e mi inghiottisse per poi richiudersi sopra di me. 
In effetti sapevo che non fosse solo un tocco di labbra, però alcune cose non me le sarei mai immaginata... Limonata, pomiciata... Come si faceva?  Avevo visto molta gente farlo, Zack con diverse ragazze, Justin con Lizzie e altri ragazzi a scuola e in giro. Deglutii pesantemente il groppo che mi stava chiudendo la gola.
«Le dobbiamo fare tutte? Anche limonarsi e toccarsi?...» domandai timorosa, «direi di sì» rispose lui. 
«No!» urlai in preda al panico.
«Oh come vuoi tu carissima, io non c'entro nulla. Sei tu ad essere nei pasticci, perciò ti saluto. Io comincio ad andare» fece alzandosi dalla panchina e cominciando ad allontanarsi. Dannazione.
«No, aspetta» urlai. Lui si girò facendo un sorriso sghembo e beffardo, sapevo che si divertisse a prendermi in giro. 
«Hai cambiato idea?» urlò tirando fuori la lingua e alzando le sopracciglia, annuii e lui tornò a sedersi di fianco a me. 
«Guarda che sei anche fortunata, sai quante ragazze vorrebbero baciarmi e pomiciare con me?», «vanitoso» tuonai. «Oh non è vanità mia cara, si chiama verità, dai che è tardi» mi rimproverò.





«Io direi di cominciare da quello semplice e comune. Avvicinati» mi ordinò. Feci come mi disse e io diminuii la distanza tra di noi. Mi concentrai sui suoi occhi azzurri e limpidi che alla luce del sole sembravano grigi e guardai le sue candide labbra rosse. Lui si avvicinò ulteriormente e così feci io, finché le nostre labbra non si toccarono. Chris cominciò a schiudere le sue e io mi staccai rapidamente scoppiando in una risata isterica.
«Cosa ti prende?» chiese nuovamente. 






«Chris tu sarai il mio primo bacio» sussurrai sconvolta e allo stesso tempo esaltata.




«No, il vero primo bacio è quello che si dà con il cuore, quindi non sarò io» mi sorrise, e in quell'istante acquistai della speranza. Ci avvicinammo nuovamente e non potevo nascondere la tensione, ero così agitata che le mie mani presero a tremare leggermente. Poi successe di nuovo, le nostre labbra si toccarono e al tatto delle sue, morbide e carnose quanto bastava, bramai che cominciassimo subito. Lui soffiò sulle mie e con le sue invece, strofinò con dolcezza sull'angolo della mia bocca. Fremetti e cominciò a farsi spazio la pelle d'oca, era una sensazione mai provata prima. Man mano che rabbrividivo dalla piacevolezza, mi sentii mancare qualcosa e schiusi la bocca che un secondo fa era serrata. Percepii una sensazione di vuoto nello stomaco, come se qualcosa mi mancasse, e fu proprio in quell'attimo che Chris mi leccò il labbro inferiore con sensualità, mordendomelo, non riuscii ad intrattenermi. Era una sensazione stranissima, mi sentivo quasi svenire, all'improvviso c'eravamo solo io e lui. Non sopportai più quella specie di ansia e supplicai con lo sguardo che cominciasse a baciarmi veramente, perché quelle gesta non facevano altro che rendermi bramosa e vogliosa, si trattava di una tensione sessuale piuttosto forte da intrattenere.
Lui colse la mia supplichevole richiesta e la sua lingua venne a contatto con la mia. Le sue labbra si muovevano contro le mie e la sua lingua lavorava nell'accarezzare la mia, muovendosi lentamente e creando un legame di contiguità. Le labbra si approvano di poco e nel momento in cui la lingua toccava la mia, si chiudevano leggermente. Improvvisamente il mio cervello si spense e cominciai ad andare per istinto. Mossi anche le mie labbra contro le sue, lasciandovi qualche bacio mentre con la lingua contraccambiavo quella blandizia, quella carezza amorevole che mi trasportava in una dimensione tridimensionale, spegnendo tutto ciò che al momento ero io. Chiusi gli occhi e mi spinsi un po' più dentro, era bellissimo, riuscivo a trarre del calore che in qualche modo mi riscaldava corpo e anima. Sapevo che il mio cuore stesse battendo all'impazzata e che la mia pelle stesse fremendo tutta, ogni singolo centimetro di essa. Mi sentivo smaniosa di approfondire di più quel contatto mai provato prima e fu come se cominciai io a guidare la magnificenza che stavamo creando. Percepii il sorriso di Chris, era fiero di me. Stavo andando bene, dopotutto mi stavo facendo guidare dall'istinto e quest'ultimo non sbagliava mai. 
Nel mentre di quel lambire d'amore, il mio compagno ridacchiò, però non smettemmo. Sapevo che lo divertisse il fatto che fino a pochi secondi fa non sapeva nemmeno in cosa consistesse un bacio, mentre ora stavo facendo tutto io. 

«Alla faccia di chi non sa baciare» sussurrò con voce calda ed estremamente erotica, interrompendosi varie volte dato che a quanto pare anche lui non dispiaceva continuare a baciarmi. Andammo avanti per oltre dieci minuti, il contatto era umido e sentivo di voler fare di più. Non era il caso però, non ero nelle circostanze giuste, con la persona giusta e in più non sapevo neanche a cosa ambissi veramente. 

Due secondi e tutta quella misticità s'interruppe. 

«Complimenti Caren. Penso che a Justin e Zack non potrebbe che non piacere il modo in cui baci. Sei alle prima armi e già te la cavi benissimo. Questo era un semplice bacetto, le complicanze stanno arrivando. Che dici, andiamo avanti?» fece Chris incredulo e contento di me. 


Io annuii  e qualcosa mi disse che avremmo passato l'intero pomeriggio a slinguazzare.
















SPAZIO AUTRICE
Heilà friends,
eccomi qua con un capitolo piuttosto breve, dai contenuti però micidiali, Caren si sta preparando a baciare Justin! Vuol dire che in qualche modo è predisposta ad una possibile relazione con lui. Yay!
E chi lo avrebbe mai detto? Peraltro comincerà con Chris, lo farà con Zack e poi con Justin.
Manca Alex e se li bacia tutti lei, dopotutto chi è che non vorrebbe?😏
Ho deciso di troncare qua per il semplice fatto che mi trovo in difficoltà nelle descrizioni dei baci un po' più profondi, quelli emozionali al mille per cento, non ne ho mai provato uno prima d'ora e di conseguenza non posso trarre dalla mia esperienza un aiuto di tipo auto-descrittivo emozionale. Tuttavia mi sto dando da fare, sto guardando dei video di dei semplici baci e sto cercando di vagare per la mia mente, alla ricerca di un qualcosa che mi dia e che mi trasmetta l'emozione di un bacio. A mio parere un bacio è un qualcosa che ti fa teletrasportare in un altro mondo, un qualcosa di potente che però è ancora sconosciuto al nostro genere umano. Come mai al tocco di due semplici labbra e di due lingue, gli animi delle persone sembrano raggiungere il paradiso per poi tornare sulla terra ferma? La trovo una faccenda molto filosofica, ci dovrei pensare sù. Intendo dire che in un certo senso le parole, il cercare di parlare di ciò che un bacio fa provare, sminuirebbe il bacio stesso.
Però di questo bacio ne dovrò pur parlare... Mi trovo in difficoltà, non mi piace limitarmi alle solite frasette 'farfalle allo stomaco', 'fuochi d'artificio', 'la voglia di fermare il tempo' ecc... Vorrei fare di più e necessito di grande concentrazione e di un po' più di tempo, qualche giorno in più. Adesso che ci penso però, Chris è per lei solo un migliore amico o un fratello, quindi la '''descrizione''' non sarà poi così dettagliata e specifica e non coinvolgerà la sfera d'amore di Caren, le farà provare forti sensazioni,  strane percezioni ed emozioni, dopotutto è il suo primo bacio... Ma sarà sufficiente utilizzare la sfera sensoriale e mentale, niente di più. Voi che ne dite? 
Cosa pensate del fatto che la ruota stia girando? Caren è felice, Lizzie no e a me viene da ridere hahahahha. Poi che dire, parliamo del concetto di amicizia che c'è tra la nostra protagonista e Chris, io li trovo magnifici, entrambi. Mi piacciono troppo. Boh, spero che questo capitolo vi sia piaciuto almeno un po', ci tengo a sapere la vostra opinione tramite una recensione o anche un messaggio privato, solo così saprò cosa pensiate della nuova vicenda creatasi. Scusate possibili errori e sappiate che ho aggiornato in fretta perché mi andava di scrivere questo capitolo e di fare i lettori felici, non mi va di perdervi, le recensioni sono calate drasticamente e io sto cominciando a sentirmi in colpa.
Niente di che, vi lascio con la foto di Chris e alla prossima🌸
Un bacio,
Sarah
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CHRIS

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Capitolo 28
*** Twenty-eighth chapter ***


'Con questo mio scritto pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo'




                  Feeling good


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“Cos'è un bacio? Un lambire di fiamma.”
-Victor Hugo






Chris levò le mani dai miei dorsali e io dal suo collo e ci staccammo completamente, quando prima di un secondo fa eravamo letteralmente appiccicati. Scoprii che mi piaceva baciare, era magnifico, oltre che il piacevole contatto fisico, sentivo di poter trasmettere ciò che avevo dentro di me senza doverlo spiegare a voce. Solo in quel momento compresi perché agli altri piacesse baciarsi senza sosta, senza dare tempo neanche al respiro, perché il bacio era ossigeno.
 Si era fatto tardi, erano passate circa due ore e in quel lasso di tempo avevo provato di tutto. Avevo limonato, avevo pomiciato e avevo baciato con tutta me stessa. Avevo provato emozioni indescrivibili, avevo scoperto qualcosa di nuovo, qualcosa che fino a quel momento mi era sempre stata estranea e mi sentii felice.
Ero realizzata, era come se avessi salito uno scalino dei traguardi della mia vita, sapevo solo di essere davvero contenta.



«Ora sei una baciatrice esperta possiamo dire» fece Chris prendendomi la mano e tornando a casa.
«Questo lo devo tutto a te, sei bravissimo piccolino» dissi dolcemente, per poi stampargli un affettuoso bacio sulla guancia. Senza quel ragazzo a quest'ora sarei persa, divenne il mio punto di riferimento e di appoggio, e lui sapeva che in qualsiasi momento avrebbe potuto appoggiare anche sulla mia di presenza e sul mio amore, io per Chris ci sarei sempre stata, cascasse il mondo. Se necessitava di una spalla, ero pronta a dargli la mia, ero pronta a farmela tagliare, ero pronta a dargli un organo e a regalargli tutto l'amore e il calore vitale che tenevo in riserva dentro di me. 
«Ti voglio un sacco di bene» dissi pensando a quanto riduttive fossero quelle mie parole, tra ciò che dicevo e ciò che provavo c'era un abisso profondo. Non ero brava ad esternare i sentimenti, di questo ne ero consapevole.
«Ti chiedo scusa per tutto, mi dispiace di essermi comportata altrettanto male con te, ignorando il fatto che anche tu nella tua avresti potuto aver sofferto. Ero convinta di essere l'unica a stare male, l'unica persona a sorreggere un peso. Ed invece c'eri anche tu. Mi spiace per tutto quello che è stato il passato. Se tempo fa ti biasimavo, ora sarei disposta a darti l'anima» sussurrai aprendo il mio cuore una volta per tutte. Io gli volevo bene, lo amavo come si amava un fratello, lo portavo sempre con me. Oh, solo il Dio sapeva cosa provavo, quanta devozione, quanta gratitudine e quanta affezione mi legavano a questo ragazzo. Ben presto mi accorsi di non saper dire ciò che sentivo davvero, le mie parole erano troppo povere se confrontate con ciò che volevo davvero far capire. Eravamo uomini, avevamo il linguaggio verbale, ma talvolta quest'ultimo diventava riduttivo a tal punto da crearmi una frustrazione.

Chris si fermò e sorrise. Gli occhi gli si fecero lucidi, guardò i miei e lessi un amore fraterno. Io gli ricordavo la sorella, gli ricordavo Sofia nel mio modo di essere così strano. Lo spiazzai con queste parole. Non parlò. Non disse nulla. Mi prese il viso tra le mani e mi baciò. Ricambiai con foga, ci staccammo e lui sorrise nuovamente. 
«Questo significa che per me sei una sorella, anzi 'la' sorella, quella giusta però» disse, ci abbracciammo.







«Come mai così tardi?» chiese Alex addentando una mela con i piedi sul tavolo, «pensavo vi avessero rapito», «per un attimo pensai che fosse forte, però poi mi sono preoccupato» aggiunse masticando il frutto, agitando la mano come se stesse spiegando quanto facesse tre meno due a dei marmocchi. Risi, l'unica cosa ad essere 'forte' era proprio lui, Alex era una forza, uno spasso. 
«Cos'avresti fatto se ci avessero rapiti davvero?» chiesi per divertirmi un po', lui diceva un sacco di stupidate ed era spesso causa di innumerevoli risate, era simile a Zack per un certo verso.
«Avrei finito di mangiare questa mela, e poi avrei chiamato Obama» rispose con ovvietà. «Gli avrei detto che vi hanno sequestrato e se lui mi rispondeva che non c'era più nulla da fare, allora avrei avuto pazienza» fece poi succhiando il succo della mela.
«Ambara bacci ciccocò, che ci mette sul comò-», «che fai amico?» interruppe la conta di Chris.
«Conto chi sia più stupido tra te e Zack» rispose il mio compagno di merende, nonché mio fratello ed il mio migliore amico.
«Poi dimmelo però! Sono curioso» bisbigliò Alex, ridacchiai, era proprio un grande. Un attimo... E se fosse tonto perché non aveva dormito? Perché era stanco e anche lui stava male per Lizzie? Se per colpa sua non riusciva a stare bene con se stesso e a riposare? O se si sentisse poco brillo a causa dello spossamento?
«Justin!» urlò Chris. Nemmeno cinque secondi che già scese le scale e ci venne incontro con il viso umile di chi lavorava per il bene degli altri e non per il suo. Justin lavorava e focalizzava su di lei e non per se stesso.
«Ehi! Finalmente mi stavo preoccupando, grazie per le medicine Caren» disse poi di fretta.
«Non sei tu che devi dire grazie, ma qualcun altro di cui ti stai occupando» risposi facendo sì che si fermasse mentre stava salendo di nuovo le scale. 
«Vieni con me» esclamò lui aspettandomi. Lo raggiunsi ed entrammo entrambi in camera di Lizzie, la persona a cui chiaramente mi stavo riferendo senza alcun problema o vergogna. Mi arrabbiai, quella ragazza era una scocciatura. Se stava male non avrebbe dovuto influenzare la sanità mentale e fisica dei ragazzi. Non poteva fare la vipera per tutto il tempo e poi nel momento in cui veniva giustamente '''abbandonata''' darsi all'alcol e alle sigarette, stare male e non ringraziare Dio se i ragazzi a cui aveva mentito erano tornati da lei. Doveva svegliarsi, ora era una specie di regina, era ancora nel torto marcio e veniva trattata da principessa, ma no, non le bastava. Peraltro l'ipotetica malattia di cui parlava sua madre, non poteva nemmeno essere definita così. Non era malattia, era puro egoismo. Eh no, era l'ora di parlare e di essere diretti.
Lui aprì la porta e vidi Zack poggiarle sulla fronte un panno bagnato con dell'acqua fresca, per poi prenderle il termometro dalle labbra e fare una faccia rassegnata e malinconica. Non poteva spegnere anche lui.
La 'malata' era comodamente sdraiata sul letto, con uno sguardo perso e triste, e io mi chiesi cosa ci fosse di triste. Dannazione, l'avevano perdonata, le avevano fatto capire che le volevano ancora bene, che non l'avrebbero lasciata e che loro ancora c'erano e ci sarebbero stati. Cosa desiderava di più questa ragazza? 
Il nervoso alimentava e se non le sputavo ciò che pensavo in faccia, sarei esplosa. Chiusi le mani in un pugno.
«Uscite per favore» sussurrai con gentilezza a Zack e Justin. I due si guardarono, «perché?» mi chiesero all'unisono.
«Niente di che, tranquilli. Desidererei solo parlare con Lizzie, se ovviamente me lo permettete» risposi risoluta e con una nota di dolcezza verso quei due ragazzi, che erano soliti dare tanto e non ricevere nulla.
I due annuirono e uscirono poco convinti, non l'avrei mica uccisa, volevo solo aprirle gli occhi e dialogare civilmente.
«Dimmi Caren, c'è qualcosa che posso fare per te?» fece lei con voce bassa e candida. Mettendosi a sedere senza togliersi il panno dalla fronte. 
«Si, Lizzie» replicai con decisione e un pizzico di comprensione. «Smettila» aggiunsi. Lei aggrottò le sopracciglia, oh ma come? Fingeva di non capire?
«Piantala e scendi dalle stelle. Perché fai così?» chiesi improvvisamente curiosa di sapere cosa pensava.
«Così come?» domandò levandosi il panno.
«Perché non la finisci di fare la depressa e non realizzi che ormai va tutto bene?» 
«Oh, non va tutto bene»
«perché?» chiesi.
«Non vedi come sto? Sto soffrendo Caren!», «sì, ma loro adesso sono tornati e sono disposti a tutto pur di vederti sorridere».
«Non dire scemate, mi vogliono bene una beata ceppa» urlò.
«Se lo dici una seconda volta potrei darti uno schiaffo» dissi io, realizzando che la mia voglia di parlare civilmente divenne vero e proprio nervosismo. Come poteva dire che i ragazzi non le volessero bene? Quale enorme bugia.
«Come scusa? Se non lo vedi-», «non fiatare» la interruppi rudemente. 
«cosa? Mi dispiace ma non è l'ora di un tuo monologo. Justin!» strillò come una bambina viziata.
«Eh no mia cara» bisbigliai mentre a passo spedito mi dirigevo verso il letto in cui giaceva in una 'malattia' che era più mentale che fisica. Le strappai dalle braccia la borsa dell'acqua calda, le levai le coperte di dosso e la presi per un braccio.
Lei cercò di dimenarsi, però era debole. La trascinai verso il balcone dopo averlo aperto con rabbia e forza, e la buttai lì. Uscii con lei e il sole le accecò gli occhi per dei secondi. Era una bellissima giornata, che sprecava al buio per dei problemi che ormai erano risolti, per problemi inutili, forse inesistenti.
«Davvero stai facendo un fini mondo per una sciocchezza del genere? Davvero ti stai condannando per un nulla di basilare? Quale è il problema, trovamelo!» urlai fuori di me, il nervoso tramutò in vera e propria collera, non rispondevo più delle mie azioni. 
«Sei stupida? Non vedi che mi trattano di merda? Che i miei migliori amici mi reputano una ipocrita bastarda?» strillò a sua volta. 
«Perché lo sei. Pensaci stronza, perché lo hanno fatto?» gridai con il fiatone, con le mani che tremavano dalla rabbia che mi stava accecando del tutto. Lei non rispose, rimase in silenzio.
«Rispondimi» sputai sbraitando. Un altro silenzio.
«Perché ho fatto l'irresponsabile, perché non sono abbastanza per loro, per me, per nessuno. Sono uno schifo, sto soffrendo Caren» disse in un tuono, spolmonandosi del tutto.
«Non hai fatto l'irresponsabile, tu sei un'irresponsabile. Tu sei una grandissima cogliona ragazza mia. Dici di non essere abbastanza, ma sai almeno cosa significhi non essere abbastanza? Lo sai? Sai cosa significhi patire ogni giorno la morsa della vita? Conosci il vero significato della sofferenza? Sai cosa voglia dire la parola soffrire? Anzi, ora rispondi a questa domanda. Stare male cosa vuol dire per te? Litigare con dei cazzo di amici e avere problemi con il fidanzatino? Dimmi, è questo?», «se una come te si sente così, come dovrei stare io? Come dovrebbero stare le altre persone?» aggiunsi.
«Svegliati testa di cazzo. Sei bellissima, sei così bella porca puttana, tutti sbavano per te. Hai un padre ed una madre che ti amano, che per te scalerebbero una montagna con le spine, che ammazzerebbero per te. Loro ti assecondano, assecondano sempre i tuoi capricci di merda, che neanche una bimba di sette anni farebbe. Vai benissimo a scuola, sei lodata dai professori, sei popolare perché hai un carattere meraviglioso. Perché sei socievole e sai come trattare le persone, hai una miriade di amici e poi hai loro, hai Justin, Zack, Chris e Alex. Mi sono avvicinata a loro e ho scoperto una cosa, sai cosa significhi 'impazzire' per una persona? Ecco, loro vanno matti per te. Nonostante tutto loro ancora ti amano, tu sei la loro ragazza Lizzie, la ragazza per cui darebbero di tutto. La ragazza solare, la ragazza che li fa stare bene, che li aiuta e che li mette di buon umore. Però sei una lurida puttana, non te ne rendi conto e stai mandando all'aria tutto, sei egoista e pensi solo a te stessa. Ti stai rammaricando per un dolore che non c'è, cos'è vorresti che io sparissi? Che tutto continui a girare attorno a te? Oppure è un senso di colpa che ti opprime la coscienza che non hai?» dissi in un soffio scoppiando in un pianto addolorato.
«Bugie!» affermo tappandosi le orecchie. Non capii più nulla e meccanicamente la mia mano le tirò uno schiaffo forte quanto bastava per farla cadere a terra. Mi fece male la mano per quanta forza utilizzai, una potenza che non avevo mai saputo di avere. 
«Guarda il cielo, guarda il sole. Apri gli occhi, non vedi che è luminoso? Non vedi che nonostante ieri avesse piovuto, oggi soleggia come non mai?» 
«perché lo hai fatto?» sussurrò lei cominciando a piangere, proprio come me. 
«Perché devi darti una svegliata. Ti sei comportata come un'arpia, però sei stata perdonata e ora le persone che hai bellamente preso per il culo si stanno prendendo cura di te. Guarda le occhiaie di Justin e di Alex, guarda il viso distrutto di Zack e gli occhi di Chris. Io non lascerò che loro stiano male per te, lo capisci? Il problema è che tu non stai neanche male. Hai fumato come una pazza, hai bevuto e forse ti sarai anche drogata, però io non vedo malessere fisico, questo è puro malessere mentale, è egoismo! Non aspettare che ti trattino di nuovo come prima, le ferite hanno bisogno di tempo. Ti devi guadagnare la loro fiducia e smettila di fare quel cazzo di broncio, sei tu a fare schifo non loro, stronza!» strillai. 
La guardai con disprezzo ed uscii da quella stanza, perché stavo scoppiando. Non si meritava di stare male, non poteva farlo, e non poteva trascinare in un dolore inesistente anche i miei ragazzi, sua madre e suo padre. Lei aveva una vita perfetta, lei era perfetta, non poteva cadere in malinconia per una stupida litigata che peraltro ha causato lei. Non stavo di certo sminuendo quello che per lei sembrava un problema, però in qualche modo mi sentii presa in causa. 
Se quella era per le persone la depressione, io mi sarei dovuta suicidare da un pezzo. Risi. Mi venne da ridere. Piangere, sentirsi morire e deprimersi per una stupida litigata tra amici e per dei problemi con il fidanzatino, che grandissima stronzata. 
I problemi della vita erano altri, e le persone brillanti e perfette come lei non potevano cadere in depressione per così poco.
Se io ero nella merda ci dovevo restare, non potevo lasciare che altri cadessero con me nella vera e propria malinconia, che andava ben oltre dei banali problemi adolescenziali. 
«Che strano questo mondo» dissi tra me e me. Quante cose venivano sopravvalutate, emozioni come la mestizia venivano sminuite da questo atteggiamento volutamente passivo nei confronti della vita, proprio dalle persone a cui la vita aveva dato tutto, troppo. Sperai che almeno Lizzie avesse afferrato il concetto che le avevo disperatamente trasmesso, seppur in maniera burbera. 
«Me li stai portando via» affermò con risentimento, mi voltai e mi sentii in dovere di rispondere.
«Oh no, io non ti sto portando via proprio nulla. Sei tu che stai lasciando scappare via tutto».
La sentii singhiozzare rumorosamente due o tre volte, poi tacque. Chiusi la porta alle mie spalle e scivolai con il sedere per terra e mi asciugai le lacrime. Lei fece la stessa cosa dall'altra parte, eravamo entrambe in silenzio. Un silenzio che congiungeva due persone totalmente differenti, luce e buio, acqua e fuoco, nero e bianco. Ecco cos'eravamo veramente io e Lizzie. Passarono poco più di cinque minuti e mi alzai con il fondoschiena addolorato, mi mossi verso il bagno per rinfrescarmi il viso e per attendere che il rossore agli occhi sparisse. Improvvisamente mi chiesi se qualcuno ci avesse sentite, stavamo urlando a squarciagola. Non mi sarebbe importato. Attesi dentro il bagno per oltre un quarto d'ora poi uscii. 
Vidi Zack e Justin bussare alla porta della camera di Lizzie, chiaramente chiusa a chiavi. Che scocciatura. 
Alex si era addormentato sul divano e aveva perso consapevolezza di tutto e di tutti. Notai invece Chris nascondersi dietro la porta della camera degli ospiti, più o meno parallela a quella della sua amica, voglioso da sapere cosa stesse succedendo.
«Lizzie, potresti aprire la porta?» chiese Zack continuando a bussare dolcemente, come se un rumore più alto potesse spaventarla. Non si udivano risposte, io rimasi al mio posto, volevo vedere come si sarebbe evoluta la situazione.
«Che dici Zack, spacchiamo la porta?» fece Justin in un sussurro, il suo interlocutore annuì e mi ritrovai costretta ad intervenire, parlando ad alta voce in modo che la bambina viziata potesse ascoltarmi.
«No» dissi. «Non mi sembra opportuno creare un macello, Lizzie sta bene e sta solo pensando, lasciatela in pace. Quando una persona è scossa l'ultima cosa da fare è metterla sotto pressione e obbligarla a parlare, lasciate stare anche il contatto fisico. Fidatevi» aggiunsi, forse assumendo un po' l'aria di una maestrina so-tutto-io. 
«Cosa ne sai?» chiese il biondino. «Avete parlato?» domandò Justin, seguito da Chris che uscì allo scoperto. 
«Oh sì, abbiamo parlato e non poco», «cosa vi siete dette?», «cose personali. E ora, a chi va del sushi e del gelato?» chiesi sorridendo e agitando le mani in aria, eclissando sul precedente argomento. I ragazzi necessitavano di distrazioni.
I tre si guardarono poi sorrisero, non capii cosa fosse frullato nella loro testa.
«Io amo il sushi» rispose Zack, ed era vero, lui amava ogni genere di pietanza giapponese, ne andava pazzo. 
«Il sushi piace a tutti noi» esultò Justin, che sembrò aver dimenticato Lizzie e i suoi capricci. Perfetto.
«Ce lo facciamo portare qui?» chiesi.
«I genitori di Liz torneranno a casa tra una ventina di minuti. Il signor Cox non adora molto che in casa sua si banchetti, quindi non so. Poi è tardi» replicò Justin.
«Qual'è il problema? Venite a casa mia» risolsi il problema con disinvoltura. Almeno ci saremmo allontanati tutti da questa casa, in cui si andava formando un'atmosfera piuttosto tesa, da brivido. Inoltre, i genitori di Liz non sembravano nutrire molta simpatia nei miei confronti, quindi figuriamoci cosa avrebbero fatto dopo aver scoperto che ad ordinare il sushi e il gelato, fossi stata io, quel puntino nero ed insignificante che aveva creato solo problemi alla figlia pura ed indifesa. Che stronzata.
 «I tuoi genitori vogliono? Per loro va bene?» domandò Chris con occhi sognanti.
«I miei genitori vi amano alla follia, potremmo anche fare un mega party dentro casa, ovviamente con dei certi limiti, però a loro va tutto bene. Sono molto buoni e tolleranti» dissi fiera delle persone di cui parlavo. Mamma e papà nonostante certe volte fossero molto severi con me, erano pazienti, troppo. Inoltre, come potevano non adorare le persone che avevano portato un po' luce nella vita della loro primogenita, nonché unica figlioletta? 
«Fantastico. Mi sposo tua mamma» fece Justin sorridendo con gli occhi. Feci il broncio.
«Non prima di aver sposato te» si corresse per poi scoppiare a ridere assieme agli altri e a me.
«Io sono l'amante» s'intrufolò Chris. Scoppiai in un'ennesima risata, magari fosse così.
«E io?» domandò Zack corrucciandosi. 
«Tu sei lo scopa-amico» rispose Justin con ovvietà. Divenni rossa, va bene che fosse normale che questi argomenti uscissero fuori tra adolescenti della nostra età, però io non ne sapevo nulla.
«Ma no» gridai imbarazzatissima.
«Shh, pregheresti in aramaico pur di provare gli orgasmi che sarei capace di farti sentire» rispose il biondino piuttosto convinto. Non lo mettevo in dubbio, si vedeva che fosse un esperto e farmi toccare da lui in un certo senso mi sarebbe piaciuto.
«Può darsi, intanto me la tengo stretta finché ce l'ho» risposi per non sembrare una bimba, che vergogna però.
«Ancora per poco piccola» rispose facendomi uno di quegli occhiolini che erano in grado di far sciogliere le persone. Rabbrividii. Rimasi di pietra, da una parte fui allettata e la cosa mi sorprese, dall'altra parte mi sentivo strana, sgradevole a me stessa. Dannazione.
«Nanetta, stava scherzando...» sussurrò Justin dopo aver notato il mio smarrimento. 
«Uhm, certamente. Sì, lo so, anche io» feci io improvvisamente in difficoltà. 
«Pensavi fossi serio?» chiese Zack leggermente malizioso. Feci di no con la testa.
«Anche se fosse comunque, non ti metterei mai al pari delle altre ragazze» disse poi facendomi un occhiolino diverso, più dolce e spontaneo. Arrossii e lo guardai in quegli occhi così verdi.
«Anche io non ti metto al pari degli altri ragazzi, sei qualcosa di più» sussurrai sinceramente, per poi avvicinarmi a lui, prendergli la mano e scendere le scale. Fu strano, per tutta la scalinata sentii gli sguardi di Justin addosso, non ne ero sicura.
«Sveglia bellissimo!» gridai lanciandomi letteralmente su Alex che saltò in aria. Si spaventò parecchio ed era disorientato.
«Dobbiamo andare a scuola? Che ore sono?» disse con voce impastata dal sonno.
«Niente scuola, sono quasi le sette» risposi soddisfatta di averlo svegliato, anche se avessi voluto che si riposasse di più.
«Andiamo a casa di Caren a mangiare giapponese» disse Justin ballando contento. Eh già, quel poverino necessitava di riposare e di assumere qualche energia che gli desse la carica necessaria per affrontare il resto della giornata.
«E se più tardi andassimo da qualche parte?» propose Zack, «sì, andiamo a ballare?» chiese Chris dando il cinque al suo migliore amico. Alex e Justin si guardarono per qualche frazione di secondo, poi fecero un ampio sorriso. 
«Vada per la disco» fecero all'unisono. Poi gli sguardi si rivolsero verso di me. 
«Tu che dici?» domandò Justin, titubante di ricevere una risposta negativa. Inizialmente feci una faccia contraria, poi quando si rassegnarono dissi «scherzavo! Ci sto», inserendo enfasi nella frase per infondere un po' di forza al gruppo, chiaramente esausto. Tuttavia la discoteca non era un posto per cui andavo matta, però con i ragazzi sarei stata al sicuro e mi sarei sicuramente divertita, non avrei corso rischi di alcun tipo. 
«Andiamo?» chiesi improvvisamente euforica. Annuirono tutti, tranne Justin che alzò lo sguardo verso il soffitto.
«E Liz?» domandò in pensiero. Sbuffai. 
«Starà bene, deve solo rimanere da sola» replicai facendogli un sorriso rassicurante, che a quanto pare lo rasserenò a tal punto che fece spallucce, corse a prendere i giacchini e tornò in salotto in un lampo. Notai di avere una grande influenza su di lui ultimamente, la cosa mi fece un immenso piacere, ero estremamente contenta e devota verso tutto ciò che mi stava succedendo, non avrei mai pensato che proprio io, Caren Eve Howen, un giorno sarei diventata parte integrante di questo gruppo di gente 'figa', cosa che io non ero proprio. Insomma, alla fine avevo un viso piuttosto normale, 'carino' se volevamo esagerare, però non era nulla di che a confronto con tutti gli altri. Poi anche la mia personalità non brillava di carisma, il mio modo di fare era tutto fuorché intrigante e non ero intelligente... 'Beh quello neanche Zack' pensai ridacchiando. 
«Vamos?» chiesi nuovamente scoppiettante di euforia.
«Certamente nanetta» fece il ragazzo che con quel soprannome riusciva a mandarmi fuori di testa. Risi nuovamente per la centesima volta durante quel giorno ed uscii assieme alla combriccola. 







«Mi dica signora Howen, com'è Caren in casa?» domandò Zack maneggiando con le bacchette. 
«Era molto riservata, silenziosa, e corrucciata e nonostante vivessimo nella stessa casa, la vedevo tre volte al giorno, era sempre chiusa in camera sua. In questo ultimo periodo però è sempre di buon umore» rispose, «ah, e chiamami Eliza» aggiunse ammiccando. 
«Mamma!» urlai scoppiando in una sonora risata.
«Figliuoli c'è qualcuno di voi che vuole la mano di mia figlia?» chiese mio padre assumendo un'espressione seria, smettendo di mangiare e fissando uno ad uno i miei super amici. Alzarono tutti la mano e non potei che compiacermi nonostante fosse solo uno scherzo. Seguì un silenzio ed un ennesima risata di gruppo.
«A parte gli scherzi, voi siete tutti dei bei ragazzotti, mia figlia è l'unica femmina e sono piuttosto a disagio per questa cosa...» fece poi guardandomi.
«Oh non si preoccupi, oltre a Caren c'è Chris» se ne uscì Zack, stuzzicando il suo migliore amico.
«Zack, smettila! Non è vero signor Howen, io sono un ragazzo. La prego di scusare il disagio interdetto del mio amico, è nato senza due neuroni» replicò Chris. Mio padre sorrise fiero dei miei nuovi amici, si vedeva lontano un miglio che la risposta del biondino lo rassicurò. Sembrò aver individuato che tipo di persone fossero.
«Tuttavia con questa cenetta assieme, ho avuto la conferma che siete le persone giuste per Caren. Se si comporta male ditemelo» disse soddisfatto. 
«Hai sentito Caren? Riga dritto» rimarcò il concetto Justin, che sembrava alludere a qualcos'altro, qualcosa che al momento mi sfuggiva e che non riuscivo a comprendere.
«La castiga? Come Raperonzolo?» domandò improvvisamente Alex. Calò il silenzio e mi chiesi cos'avesse in mente per tirare fuori un film per bambine inferiori ai dieci anni proprio durante l'ora di cena.
«Se lo facesse io farei il principe azzurro e la tirerei fuori dalla torre» esclamò improvvisamente Chris, «il principe azzurro dei poveri» sussurrò Zack, che fu nuovamente fulminato con lo sguardo.
«Tu sei piccolo, la tiro fuori io» fece Justin, «i principi non hanno i tatuaggi» puntualizzai sorridendogli.
«Basta che amino con il cuore la principessa però» rispose. Lo guardai e lui fece lo stesso. Ci fissammo per altri minuti e poi scoppiò a ridere, scosse la testa e mi lanciò una mollica di pane. Eh già, mi aveva illusa una seconda volta durante quel giorno, buttandola volontariamente sul ridere.
Finimmo la cena e fummo soddisfatti dalla qualità del cibo. Il ristorante giapponese da cui avevamo ordinato era pulito e ben gestito, ora ci ritrovammo a gustarci del delizioso gelato, da leccarsi i baffi.
I miei genitori acconsentirono di mandarmi a ballare, tutto merito dei discorsi intelligenti di Chris e della disponibilità a prendersi cura di me di Justin e gli altri, si assunsero la responsabilità della mia incolumità. Ora erano andati a dormire e c'eravamo solamente noi in salotto, stravaccati sul divano a mangiare gelato. 
Avevo le gambe sul grembo di Justin e la testa sul petto di Alex, dovetti ammettere di essere tanto imbarazzata quanto comoda. A proposito di Raperonzolo, mi sentivo davvero una principessa e continuava a sembrarmi tutto un magnifico sogno da cui mi sarei sicuramente svegliata.
«Ognuno va a casa sua, si prepara e ci troviamo tutti davanti a casa di caren alle undici, va bene?» domandò Justin accarezzandomi la gamba destra, giurai di aver sentito l'arto andarmi a fuoco.
Annuimmo tutti e continuammo a rilassarci sui divani. 
Passarono una ventina di minuti e ci alzammo tutti. Era arrivata l'ora di separarci, si stava così bene. 
«Mi raccomando nanetta, veloce come il vento, hai solo quaranta minuti per prepararti» proferì con tono affettuoso e autoritario il mio nanetto, «voi ragazze siete così lente» aggiunse Zack sbadigliando.
«Io ci metto poco tempo» risposi facendo un occhiolino, «ci contiamo tutti» replicò Chris.
«Bene, a tra poco allora» feci baciando la guancia ad ognuno di loro. 
«Ti voglio bella come il sole» mi sussurrò all'orecchio il bel biondino, leccandomi il lobo e soffiandovi caldamente. Persi qualche battito e mi attraversò un ondata di sudore gelido, avevo le gambe molli. L'effetto che aveva su di me era pari a quello di Justin, Zack mi faceva sentire debole e non andava per niente bene.
«Come desideri tu mio principe» risposi nella sua stessa maniera. Sembrò apprezzarlo ed uscii dalla porta assieme agli altri.
«Ciao tati» li salutai un ultima volta, come se non gli avrei rivisti per molto. Era strano, già mi mancavano.



Benissimo, il ragazzo per cui andava matta mi voleva 'bella come il sole' e l'altro per cui impazzivo alla stessa maniera continuava in un certo senso ad illudermi. Zack mi faceva sentire apprezzata, Justin invece faceva sorgere in me parecchi dubbi, cosa provava in questo momento? Era sempre stato un ragazzo abbastanza riservato, attento ad esternare i suoi sentimenti ed era capace di mascherare le sue emozioni, riusciva ad essere imperforabile, impassibile.
In un certo senso questo suo lato suscitò in me della curiosità, volevo sapere di più su di lui. Ora stavamo spesso insieme, però con noi ci sono sempre stati gli altri e non avevamo mai avuto l'occasione di farci una chiacchierata da soli.
Volevo saperne di più su di lui, era ancora avvolto da un alone di mistero che mi attirava sempre di più. 

Smisi di pensare e mi ricordai di avere poco tempo a disposizione per preparmi. Non avevo il tempo di farmi una doccia. Corsi in camera mia e aprii l'armadio contenente i vestiti che avevo comprato poco tempo fa, il problema era che fossero inadatti, troppo semplici... E io questa volta avevo l'intenzione di esagerare, desideravo azzardare qualcos'altro, volevo indossare un outfit più bello, più in vista e soprattutto più sensuale. Dopotutto avevo sempre indossato capi d'abbigliamento larghi, comodi, sportivi e piuttosto normali, quindi cominciare a rivoluzionare il mio look era inevitabile. In quel momento sapevo solo di volere smettere di apparire sempre la bambina per benino che si comporta in maniera impacciata, che ha paura della sua stessa ombra, che si veste in maniera contenuta e banale e che non sa approcciarsi con le persone, soprattutto con i ragazzi. Mi meravigliai poco di me stessa, ero consapevole che lo stavo facendo in primo luogo per farmi vedere da Justin e Zack, per farmi apprezzare, anzi... Per farli sbavare.
Le possibilità di poter provocare in loro una reazione del genere erano bassissime, però ci avrei provato. Ai ragazzi piaceva la nudità ai punti giusti, dovevo solo trovare quali. Avrei sicuramente messo in mostra le gambe e il petto e forse poteva bastare, alla fine non potevo mica sembrare una poco di buono, ah al diavolo, ero una ragazza e finché l'età era quella dovevo vivermela al mille per cento, l'importante era non comportarsi in un certo modo, l'abbigliamento scivolava in secondo piano.

Se non avevo vestitini adatti per la discoteca, mi restava un'unica cosa da fare: optare per un outfit casual. Mi fiondai su dei pantaloncini piuttosto corti di jeans, erano chiari. Poi presi una maglia che amavo alla follia, era decisamente particolare. Avanti era corta, terminava proprio dove il pantaloncino cominciava, mentre dietro era davvero lunga, arrivava ai polpacci. Era di colore blu, uno dei miei colori preferiti dopo il nero ed il grigio. Un'altra caratteristica era l'evidente scollatura, appariscente. Per coprirla un po' misi sù un reggiseno del medesimo colore, forse un po' più scuro che in qualche modo riuscì a coprire un po' la parte dove la scollatura era esagerata, senza però rovinarla. Mi guardai allo specchio e rimasi più che soddisfatta dal risultato ottenuto, era la prima volta che riuscivo ad abbinare qualcosa alla perfezione e sempre per la prima volta, apprezzai il mio corpo. Forse la fine del mondo si stava avvicinando, da quando in qua mi piaceva qualcosa di me? Sorrisi.
Le scarpe non erano un problema, presi dei tacchi neri che mi stavano molto a cuore e li indossai senza problemi, erano comodi. Corsi allo specchio e mi sistemai i capelli, li stirai gonfiando leggermente la parte superiore con un pettine a denti stretti e della lacca. Mi struccai e ricominciai di nuovo il trucco. Se prima avevo solo mascara e blush, ora era necessario rifare tutto. Applicai una crema che aveva anche la funzione di fondotinta e me la spalmai con cura sul viso, mi sistemai le sopracciglia con le pinzette e la matita. Carezzai le mie guance con della terra abbronzante e misi con cura l'eyeliner, il punto fondamentale del make-up. Una volta riuscita a farlo bene in entrambi gli occhi, usai il mascara nerissimo e per le labbra optai per un rosso fiamma. Avrei preferito non mettere nulla sulle labbra, però quel colore acceso rese particolare il mio viso a tal punto che lo trovai decente e non più smorto e orribile. Era il trucco che faceva miracoli? Oppure la vicinanza ai ragazzi mi aveva fatto acquistare più sicurezza? Tante domande e tra poco sarebbero arrivati gli altri.
Avevo già lo smalto rosso ai piedi e usai lo stesso colore per le mani, lasciai asciugare con una certa fretta e cominciai a spruzzarmi addosso il profumo. Cosa mancava? Qualche accessorio.
Indossai dei bracciali color oro piuttosto carini e orecchini del medesimo colore, era tutto bigiotteria, tranne la collana che era invece costituita da oro autentico. Era lunga e aveva un'ancora che terminava appena sopra il mio seno, quasi messo totalmente in esposizione se non fosse per il reggiseno miracoloso. Mi fu regalata da Sophie, la mia ex psicologa, l'unica persona dell'istituto con cui avevo costruito un rapporto umano e con cui avevo instaurato un rapporto di corrispettiva amicizia, purtroppo dovette trasferirsi in un altro istituto e in quel momento mi cadde il peso del mondo addosso, ero proprio fragile. Tuttavia mi regalò questa collana perché capissi che un giorno avrei trovato anche io la mia ancora di salvezza, che avrebbe rivoluzionato la mia vita e che mi avrebbe dato motivi per vivere e amare il prossimo.
Sospirai, spesso dimenticavo di essere stata una 'psicopatica depressa' che frequentava un edificio per gente quasi pazza, mentre ora stavo andando in discoteca abbigliata come una menosa e comportandomi come se fossi miss mondo. Questi pensieri mi misero una tristezza assurda e in qualche modo mi spensi, sedendomi sul letto improvvisamente spossata.

Controllai l'orologio, mancavano cinque minuti. Ormai era troppo tardi per cambiarmi quindi sarei dovuta andare così. 
Forza e coraggio, forza e coraggio, forza e coraggio. Mi sforzai di pensare a qualcosa che mi faceva stare bene e mi comparvero in mente le immagini dei miei migliori amici, soprattutto quelle di due ragazzi in particolare che ormai era inutile nominare. Presi il cellulare, qualche soldo e li misi in tasca, non avrei portato la borsa e il giacchino, erano ingombranti.
Sospirai e scesi le scale, domandandomi se stessi facendo la cosa giusta.

Spensi le luci e mi ricordai di portare con me le chiavi di casa che tenni in mano. In tasca non ci sarebbero state, così decisi che le avrei date in custodia a Zack. Aprii la porta e sentii i versi notturni dei grilli e una folata di freddo accapponarmi la pelle. 
«Brr» sussurrai cercando di riscaldarmi le braccia e il corpo in generale. Dannazione, che freddo.
Le opzioni erano due: o tornavo dentro e mi mettevo la giacca che avrebbe rovinato il look, oppure avrei dovuto avere pazienza e andare così. Al diavolo, ci sarei andata così, cosa poteva essere un po' di freddo?

Attesi fuori casa per un paio di minuti e finalmente riuscì a notare Justin avvicinarsi da solo al cancello di casa mia, quando trovandolo aperto lo attraversò e notò che fossi fuori, si fermò. 
I suoi occhi uscirono letteralmente fuori dalle orbite e alzò il sopracciglio destro. Lo vidi benissimo, schiuse la bocca e cominciò a squadrarmi, dalla testa ai piedi. Sorrise di poco e sembrò apprezzare il mio corpo in quegli abiti. Non mi aveva ancora guardata in viso, per ora i suoi occhi non si volevano staccare dal mio petto e dalle mie gambe. La sua reazione mi piacque a tal punto che divenni esaltata, avevo fatto bene a non cambiarmi, ne ero sicura.  
«C-C-Caren» balbettò preso alla sprovvista. Sorrisi ancora di più, ero al settimo cielo. Ero riuscita a farlo 'sbavare'.
«Sì?» gli risposi innocentemente, come se fossi ingenua e totalmente allocca. 
«Cosa sono quei vestiti?» chiese degnandosi di guardarmi in viso.
«Cos'hanno di male? Non ti piaccio?» domandai a mia volta girando su me stessa. Chissà cosa stavo combinando...
«No, è che... Che-Che mi metti in difficoltà» replicò grattandosi la nuca, le sue guance si tinsero leggermente di rosso. Signori e signori per la prima volta nella mia vita ero riuscita a mettere in imbarazzo Justin Bieber, meritavo un oscar. 
«Stai arrossendo?» feci scoppiando a ridere. Lui si affrettò a dire di no. «Incredibile, Justin Drew Bieber sta arrossendo? La fine del mondo è vicina» aggiunsi senza smettere di ridere. Era divertente prendersi gioco di lui. Oh Justin, per tutte quelle volte che mi hai illusa e che mi hai messa in imbarazzo, ora era il mio turno.
«Mi dici perché? Sei rosso come il pomodoro per come sono vesitita?» 
«no, è perché... Non sono abituato a vederti così, è strano»
«c'è una prima volta per tutto. Chissà se oggi riesco ad accaparrare qualche ragazzo in discoteca, tu che dici?»
«nemmeno per sogno, scordatelo Caren. Non costringermi a picchiare qualcuno» 
«Ma io voglio conquistare qualcuno... Ho anche messo il reggiseno semi-trasparente» protestai con aria genuina. Ebbi paura che l'euforia mi stesse facendo fare pessime figure.
«Caren sono un ragazzo anche io, ricordi?» rispose lui balbettando, sempre più vergognoso, era uno sballo.
«Fa niente. Lizzie ti incaricava di andarle a comprare assorbenti e ti parlava spesso dell'intimo che indossava, cos'ho fatto di male io? Ti ho solo detto che mi sono abbigliata per uno scopo preciso e basta» ed era vero. Con la biondina parlava di tutto, sapevo anche cosa facevano quando erano in una stanza da soli, o cosa faceva lui con le mani quando lei indossava gonne o vestitini. E ora veniva a dirmi di non parlare di un misero reggiseno semi trasparente? Che peraltro neanche avevo, lo stavo prendendo solo in giro. 
«Non è quello...» ammise, «tu non sei come Lizzie, mantieniti pura». Aggrottai le sopracciglia.
«Cioè, se ti vesti così mi metti in una situazione difficile, soprattutto se mi dici che lo fai per trovare qualche ragazzo in discoteca» aggiunse, un attimo? Era geloso? Per un attimi sperai che lo fosse, perché se non voleva che conoscessi altri ragazzi, significava che provava qualcosa per me.
«Forse non hai capito, sarò breve. Caren scollata uguale a ragazzi pervertiti in discoteca, uguale a Justin che prendi a calci in culo questi ragazzi, capisci?» disse poi. Oh, quindi il problema era quello...
«Non ti riguarda» tuonai delusa per la terza volta durante quel giorno.
«invece sì, tuo padre mi ha dato la responsabilità di proteggerti» 
«non sentirti obbligato» sussurrai stanca.
«Non lo sono, lo faccio anche perché ormai sei la mia ragazza. Andiamo?» disse lui prendendomi la mano, tirandomi a sé e stringendomi in un abbraccio. 'Ragazza' era il nome che utilizzavano per nominare Lizzie, quindi avevo davvero preso il suo posto? Spalancai la bocca, sospirai ridacchiando di gioia, 'la mia ragazza', avevo i brividi. Stentavo a credere che l'avesse detto per davvero, ero felice da profondo del cuore, sentivo che il mio cuore sarebbe scoppiato talmente era gonfio di contentezza, «oh mio Dio» mi lasciai sfuggire dalle labbra ricambiando l'abbraccio, in cui mi aggrappai a lui con tutta la forza che avevo in corpo, Dio se profumava. Le sue braccia mi cinsero la vita e per un attimo temetti di sciogliermi lì, non seppi descrivere cosa stesse accadendo dentro il mio stomaco, stavo esplodendo. 
«Capisci ora?» proferì nel silenzio che si era creato lui, io annuii.
«I ragazzi hanno cambiato il programma, li incontriamo davanti a scuola. Sei pronta?»
«sono nata pronta» risposi felice, ma infreddolita. 
«Hai freddo?» chiese notando la pelle d'oca sulle braccia, feci di no con la testa. Sorrise e mi diede la sua giacca. Tornammo ad abbracciarci più intensamente di prima.
«Comunque sei bella» fece schietto, «non si dicono le bugie» lo rimproverai.





«Hai ragione, sei bellissima»

















SPAZIO AUTRICE
Buonasera gente,
eccomi qua con un nuovo capitolo, cosa ne dite? Necessito di un vostro parere, altrimenti impazzisco :(
Bene bene bene, partiamo dall'inizio. 
-Chris cede a Caren il posto della sorella defunta, quanto può essere carino? 
-Caren fa capire a Lizzie che è l'ora di darsi una svegliata, ha fatto bene?
-I ragazzi decidono di andare in discoteca senza Lizzie, ma con Caren, le cose stanno cambiando.
-I ragazzi fanno conoscenza con i genitori di Caren, l'ho trovata una cosa molto carina, soprattutto il padre.
-Gli Zaren che si coccolano di nascosto? Mi sciolgo.
-Justin che sbava per Caren? Adoro.
-Gli Jaren alla fine sono bellissimi, piango.
 Okay basta hahahahah. Se tornate a recensire come un tempo prometto di sbrigarmi con il prossimo capitolo e di farlo lunghissimo, il più lungo possibile. Peraltro avremo una Caren ormai intenta a far sbavare Justin e Zack, e vedremo cosa farà, come farà e se ci riuscirà. Poi ci sarà molta dolcezza Zaren, eh già, quel figaccione di Zack sta perdendo campo!
La nostra protagonista si comporterà in una certa maniera, tirerà fuori tutta la femminilità di cui dispone, ho già voglia di scrivere, poi Zack e Justin😏😏😏
Vabhe, ho davvero bisogno delle vostre recensioni... 
Comunque grazie per essere arrivati a leggere fino a qua, siamo già al ventottesimo capitolo, mi sentite piangere?
Sotto c'è la foto degli outfit di Justin e Caren.
Ps. Scusate eventuali errori, devo ancora rileggerlo bene. Alcune parti le ho dovute scrivere alle due del mattino a causa del poco tempo, fate conto che mi sveglio anche alle sei, quindi ho compiuto questo sacrifico solo per voi. Ora ho due occhiaie enormi, è tutta la settimana che dormo poco anche a causa della scuola ed è arrivato il tempo di riposare. 
Spero che nel complesso vi sia piaciuto il capitolo.
Un bacio a tutti,
ve se ama.
Sarah
x

OUTFIT CAREN
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OUTFIT JUSTIN
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Capitolo 29
*** twenty-ninth chapter ***


'Con questo mio scritto pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo'





                                       Let's have fun



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“Tutte le cose che mi piace fare veramente sono illegali, 
immorali oppure fanno ingrassare.”
-Alexander Woollcott, 1933











«Vai a cambiarti, ti supplico», «va bene» sussurrai. Tornai in casa, ero indecisa sul cosa mettermi, mi sedetti sul letto e sbuffai, forse non era l'abbigliamento adatto a me, non ero sexy, solo una bambina che molto probabilmente voleva sembrare più grande. Ero convinta che se fosse stata Lizzie l'avrebbe mostrata agli altri fieramente.
Mi spogliai con una certa malavoglia e buttai gli indumenti per terra, rimasi lì in mutande e reggiseno a dondolarmi sui talloni.
«Al diavolo» dissi, presi dei pantaloncini inguinali semplici semplici, decisamente più lunghi degli altri che tra poco mi facevano da mutandone. Erano sempre in jeans chiaro, indossai una camicetta bianca a tre quarti, un giacchino nero in pelle e degli stivali del medesimo stile, neri pece e sempre in pelle. 
Cancellai con una salvietta struccante quel rossetto rosso fiamma e il blush pesca, mi guardai allo speccio. Forse aveva ragione, così stavo meglio, ero più naturale, però desideravo apparire in qualche modo diversa almeno questa sera. Mi morsi l'interno guancia, chissà perché le sbagliavo tutte, sempre. Quando mi accorsi di essere ancora lì impalata a condannarmi per le mie mosse sbagliate, mi sbattei la mano sul viso, «posso sempre rifarmi» esclamai acquistando mano a mano sempre più intraprendenza.  Mi profumai e uscii nuovamente di casa, dove Justin mi aspettava impaziente.
«Hai visto? Prima non mi dispiacevi, però così stai meglio» puntualizzò facendomi l'occhiolino, arricciai il naso «hai ragione» gli dissi, «come sempre» aggiunsi poi. 
«Cos'è quel cruccio? Dobbiamo andare a divertirci, no?» domandò con tanto di buffetto alla guancia, «hai di nuovo ragione» replicai e scoppiammo a ridere entrambi. 
«Mi fa piacere notare che in qualche modo tu stia sorridendo più spesso» sussurrò accarezzandomi la guancia, mi sentivo così impotente quando mi trattava così premurosamente.
«Sì?» feci improvvisamente stordita, mi faceva un effetto così strano Justin.
«Sì» rispose mostrandomi i denti bianchi e allineati. Feci lo stesso e mi misi a ridere, poggiai una mano davanti alla bocca, quando sorridevo diventavo una vera e propria schifezzuola. Mi si allargava il naso, gli occhi si rimpiccolivano e gli zigomi sembravano rifatti. Purtroppo non rientravo nella categoria delle ragazze che potevano sorridere e fare smorfie liberamente, perché loro erano belle lo stesso. 
«Ti trovo stanchissimo, sicuro che te la senti di andare in discoteca?» domandai apprensiva e preoccupata. 
«Tranquilla, so cos'è meglio per me» rispose in maniera autoritaria. 
«Non ne ho dubbi» allusi al fatto che se sapesse cosa fosse meglio per lui non si sarebbe fidanzato con una come Lizzie. Mi guardò e notai che avesse compreso la frecciatina, però lasciò stare.

Camminammo fianco a fianco in un silenzio imbarazzante in direzione della scuola.
Durante il cammino lo guardavo di nascosto, mi intimidiva parecchio la sua presenza, eravamo solo noi due. Inoltre due erano le cose sicure: il suo profilo era bellissimo e io mi ero presa una bella cotta.
Quando raggiungemmo il cancello scolastico erano già presenti i ragazzi, Chris dal viso dolce ed estremamente carino, Alex gnocco da paura e Zack... Beh Zack era sempre bellissimo, biondo, occhi verdi e sorriso mozzafiato, diciamo che la pecora nera ero io. Non lo seppi spiegare, ma in quel momento mi sentii proprio fortunata, ero circondata da quattro fighi da paura che non facevano altro che trattarmi dolcemente e riempirmi di attenzioni, queste cose le realizzavo solo in circostanze del genere. «Boh, siete bellissimi» ammisi franca, c'era chi rise e chi annuì. 
«E tu sei dolcissima» rispose Zack, le mie gote si colorarono di un rosso vermiglio e abbassai gli occhi, sapevo di non aver bisogno di blush, bastava quello. «Si va?» chiesi per rompere il ghiaccio. Ricevetti un consenso di gruppo e ce la facemmo a piedi fino a quella che era la famosissima discoteca. 
«È nuova per caso?» chiesi riferendomi a essa, «sì, ha aperto tipo un mese fa» fece Justin, «ci siete mai stati?» dissi in aggiunta. «Sì, quattro o cinque volte. È un bel posticino» rispose questa volta Zack.
«Wow» commentai, aveva aperto da un solo mese e già vi erano stati cinque volte. 
«Ammirevole» lo canzonai, «che fai? Sfotti?» chiese, «non potrei mai, avanti!».
«Che tipo di gente c'è?» domandai nuovamente, «di tutti i tipi e di tutti i colori» esclamò il biondino, «ma se sei con noi non ti tocca nessuno» disse Justin in aggiunta e sospirai sollevata.
«Era questo che ti preoccupava?», «oh sì, ricordi l'ultima volta?» feci riferendomi alla notte in cui ero stata baciata da quella ragazza, Julie se non ricordo male. Ricordai ancora lo spavento che mi presi, bastava poco per farmi sbiancare, il minimo accenno o il minimo ammiccamento da parte di estranei mi faceva venire la tremarella alle gambe.
«Oh sì, quando abbiamo fatto rissa?» ridacchiò Chris, «e mi sono preso due pugni» continuò cambiando il tono della voce e smettendo di ridere. «Mi spiace» gli dissi, «è stata colpa mia, me la sarei potuta cavare da sola, però ero in uno stato ipnotico e non capivo bene la situazione» tentai di giustificarmi. 
«Oh nessun problema, io l'ho fatto con piacere» ammise Zack, «Justin? Solo perché ti avevano toccato Lizzie, vero?» rise Alex, ignaro che quel nome mettesse ansia un po' a tutti.
«No, ora cambiamo discorso!» urlò alzando il viso e chiudendo gli occhi, sembrava quasi che nominarla lo messe in una grande agitazione, che provasse ancora qualcosa per lei?
«a me piace questo discorso» lo misi in difficoltà, forse lo stavo pressando, però la mia gelosia superava ogni cosa,
«allora tienilo per te nanetta», «ha parlato il nano malefico» risposi.
«Sono più alto di te», «sì certo, di tipo un centimetro».
«Facciamo anche dieci centimetri»
«non cambia nulla, fatto sta che il soprannome non è azzeccato per niente»
«Ragazzi, Caren è una nanetta o no?» chiese al gruppo, «sì Caren lo sei, io ti amo ma tu sei comunque la più bassa» mi abbandonò Chris, «ehm sì» fece Zack. «Quoto gli altri» rimase per ultimo Alex.
«Devo ancora crescere» mormorai, «ho visto, non solo di altezza purtroppo» mi stuzzicò il Chris, sarcastico sempre e comunque. 
«Dai!» protestai dandogli uno scappellotto.
«Caren non si toccano le ragazze» mi rimproverò il biondino, scoppiai a ridere mentre il ragazzo preso in causa si arrabbiò.
«Chris perché sei così permaloso?», «perché continua a fare il bullo con me, sempre. Ti ricordi alle medie Zack?».
«Sì» fece lui lasciandosi scappare vari risolini insieme a Justin, c'erano cose che non sapevo.
«Vi ricordate di quando mi prendevate di mira?», «porcaccia io e te Justin, eravamo proprio degli idioti».
«Cos'avete combinato?» domandai curiosa. 
«Andavamo alle scuole medie e in pratica io e Zack eravamo dei bulletti, facevamo le solite stupidate, rubavamo le merendine e prendevamo in giro gli alunni con ottimi voti, tra questi rientrava Chris» ammise Justin, spalancai la bocca dalla sorpresa. E così Chris era vittima di bullismo e i bulli erano proprio Zack e Justin?
«Questa storia è magnifica» ridacchiai, «e Alex?».
«Alex lo abbiamo conosciuto poco dopo, all'inizio delle scuole superiori, diversi anni fa», «e Lizzie?» chiesi poi. Forse ero un po' spaventata dalla risposta.
«Lizzie è sempre stata con noi, anche alle scuole medie, era lei che difendeva Chris. Diciamo che prima eravamo tutti semplici amici e ci stimavamo, tranne io e Zack che siamo sempre stati come fratelli. È alle superiori che siamo diventati un vero e proprio gruppetto, e ora come vedi non possiamo vivere l'un senza l'altro» mi rispose Justin e deglutii. 
«Capisco» sussurrai. 


Giungemmo al fatidico locale e mi fermai più o meno all'entrata, spalancai la bocca da cotanta magnificenza. Era un luogo di classe, l'edificio era gigantesco e decorato in maniera impeccabile, l'insegna 'party club' brillava in alto e due uomini di colore altissimi e robusti controllavano le carte di identità di chi stesse entrando. Dopo di loro seguitava un mini tunnel da attraversare, era pieno di luci e il pavimento era coperto da un lussuoso tappeto rosso che portava fino all'entrata vera e propria. 
«Ciao ragazzi, avete cambiato la ragazza? È un bel bocconcino anche questa eh» fece uno dei due uomini in completo nero e occhiali da sole, mi stava già simpatico. Non mi importava se stesse scherzando o no, mi fece piacere il complimento.
«Possiamo dire che c'è sempre stata» rispose Justin, sorrisi al bodyguard. 
«Lizzie invece?» domandò l'altro liberatosi della coppia con i documenti falsi.
«È ammalata» troncò il discorso Chris, solo come lui sapeva fare del resto. L'interlocutore annuì e ci fece entrare senza controlli, si vede che conosceva i ragazzi piuttosto bene. Ne fui contenta, loro erano popolari... Però io no, che bellezza.
Non appena il tunnel finì, entrammo dal portone principale e accedemmo al mega salotto. Era classico e la musica era bassa, vi era solo gente diplomatica. Un altro portone, un'altra sala; questa era più per coppie che volevano divertirsi da sole, senza casino. L'ennesima porta e spalancai gli occhi per quanto grande fosse la sala, era gigantesca, i soliti posti famiglia, quelli singoli, due bar che avevano bibite e sigarette di ogni tipo e le diverse piste da ballo. La più grande, quella centrale era gremita di persone ammassate tra loro. Vi erano facce mai viste e alcune notate a scuola o in giro. La musica era altissima e la luce era blu, odore di alchol e fumo fecero sì che io mi tappassi il naso e solo dopo essermi abituata lo lasciai andare.
«Però, tanta roba» ammisi più a me stessa che a loro. Nonostante non fossi solita a frequentare posti del genere, l'atmosfera mi piacque e per la prima volta dopo anni mi venne voglia di ballare, l'unico problema era che non lo sapevo fare.
Non stavo scherzando, ero scoordinata e non riuscivo a muovermi come si doveva, ero un disastro. L'avevo potuto testare quando da piccola mi escludevano sempre dai balli di gruppo, non ne facevo loro un dramma, se facevo pena era solo colpa mia. Neanche a muoverci per sederci in pace, tre ragazze mezze nude, anzi quasi totalmente vennero verso di noi.
Due di loro indossavano un tubino bianco strettissimo, arrivava appena dove terminavano le mutande e copriva metà del seno, eh già, quest'ultimo era schiacciato, sporgente e mezzo di fuori, in realtà riuscivo ad intravedere anche le culottes rosse.
L'altra aveva dei pantaloncini a mutanda, erano diversi da quelli che avrei voluto mettere io, questi le coprivano metà dei glutei  sodi. La natica destra aveva un tatuaggio cinese, che voleva sicuramente mettere in vista. Tacchi a spillo e solita aria da ragazze assetate. Sbuffai.
«Buongiorno bellocci» disse una quasi ansimando, «è notte» puntualizzai. «E cosa importa?» replicò alzando gli occhi al cielo.
Non risposi, restai a guardare cosa avrebbero fatto tutte e tre.
«Il biondo è mio» marcò miss tubino e perizoma in vista, «io una cosa a tre con te» disse indicando Justin, «e te» aggiunse poi rivolgendosi a Chris. «Perfetto, così l'altro me lo prendo tutto io» arrivò la terza madonnina parlando di Alex.
«Cosa?» gridai agitando le mani. 
«Qual'è il problema? Vuoi entrare con me e con il biondo?» 
«Vergognati, non si dicono queste cose» la rimproverai, quanto lerciume.
«Fammi capire, tu sei la tipica ragazza a cui insegnano di come l'ape tragga il polline dal fiore?» chiese scoppiando poi in una bellicosa risata con le altre. I ragazzi non dissero nulla, sembravano essere divertiti, imbecilli.
«So benissimo le tematiche di cui parli spudoratamente e so anche di come le puttane possano attaccare l'aids ai maschietti, scusate io voglio i miei ragazzi sani, quindi vi salutiamo» sputai trascinandomi dietro i miei amici, che a quanto pare ragionavano con qualcos'altro che purtroppo non era il cervello.
«Che vi salta in mente? Zack! Mi deludi» dissi in uni sbuffo, «sei una grande» fece Chris cominciando a ridacchiare.
«Aids? Questa era bellissima» si aggiunse Alex che rise come non mai.
«Ci saremmo divertiti» mi stuzzicò il 'biondo', lo guardai torva e scoppiò a ridere insieme agli altri. Si stavano prendendo gioco di me, ridacchiai con loro prendendola alla leggera.
«Pensavo fossi serio, ti avrei ucciso», «lo sai che ti rispetto» esclamò lui. Guardai Justin che era girato e continuava a cercare con lo sguardo le tre mignotte.
«Justin?» domandai, lui si giró. Sembrava nervoso e il suo umore cambiò, sperai in bene.
«Le stai cercando?» feci attendendo una riposta. 
«Da quando abbiamo chiuso con Liz, lui è in astinenza» mi sussurrò Chris all'orecchio. Arricciai il naso.
«Andresti con quelle?» chiesi nuovamente.
«Vedi altre soluzioni?» rispose prontamente e non credetti alle mie orecchie. 
«Che schifo» commentai.
«Che schifo? Cosa ne sai tu che sei ancora vergine?». Quando giunse quella frase alle mie orecchie incredule scossi la testa. Mi chiesi se stesse succedendo davvero. Deglutii, un secondo fa mi abbracciava e mi faceva complimenti, ora mi urlava contro ridicolizzandomi.
«Scusa?» dissi di rimando, fingendo di non aver sentito.
«Hai sentito bene, non farmelo ripetere» tuonò lui rudemente, cosa gli era successo? 
«Sei davvero disposto a scoparti tre zoccole che non la danno anche alle formiche solo perché sono troppo piccole, perché sei in astinenza da Lizzie?» ero esterrefatta.
«Sì» replicò. Ero gelosa, ma anche schifata.
«Cosa direbbe Lizzie?» 
«Potreste smetterla di nominarla tutti? Comunque se fossimo solo semplici amici, non mi starebbe addosso come fai tu» sentii il mio cuore spezzarsi, 'semplici amici'.
«Sai che ti dico Justin? Sei una troia» dissi, «devo ricordarti com'eri vestita prima di cambiarti? Sicura che sia io la troia?».
A quel punto non ci vidi più, l'atmosfera era tesa e io cominciavo a sentire caldo e disagio. Sudai un freddo artico e cominciò a battermi il cuore, «stronzo» lo insultai per non restare in silenzio, avrei pianto. «Troia» fece lui. 
«Justin!» gli urlò contro Zack, Chris si coprì la bocca con le mani e Alex tentò di calmarlo. Volevo sparire, che umiliazione, mi aveva dato della mignotta, mi aveva messa al pari di quelle tre ragazze. 'Verginella troia che sta addosso' ecco il succo del discorso, era colpa mia se non la davo a chiunque? Colpa mia se ero gelosa e se prima mi era venuta voglia di vestirmi sensualmente? Avevo sempre saputo che Justin avesse un carattere forte. Prima mi trattava bene, poi se facevo qualcosa che non andava diventava subito uno stronzo assurdo, inoltre era bravo con le parole, sapeva dove colpirmi e come farmi stare male, lui era in grado di farmi ridere e di farmi piangere, ero completamente nelle sue mani. Sentivo di apparire una stupida, una ragazza stolta, che sapeva solo di come l'ape prendeva il polline dal fiore. Ero stupida, però non mi sarei fatta mettere i piedi in testa da nessuno, tanto meno dal ragazzo che mi piaceva.
«Dajè, basta dire stronzate. Prima verginella poi puttana, non sai neanche formulare due frasi senza contraddirti. Andiamo bene» portai avanti la discussione. Lo guardai con uno sguardo gelido e lo fulminai come si doveva.
«Da quando in qua hai carattere?» replicò nonostante Alex stesse tentando di farlo tacere in tutti i modi possibili, gli altri guardavano e mi mettevano in soggezione, però cosa ci potevo fare? Le situazioni andavano affrontate al mille per cento.
«Da quando sento il primo stronzo di turno darmi della zoccola» ero al culmine.
«Basta discutere, vi prego» urlò Chris, mentre Zack prese per il braccio Justin e lo portò un po' più lontano da noi.
«Ho bisogno di prendere aria» sbottai, «sì, vengo con te se vuoi» cercò di confortarmi il mio compagno di merende, feci di no con la testa e lo ringraziai con lo sguardo. Ancor prima che lui o Alex mi fermassero, mi confusi tra la massa di persone che ballavano e camminai verso un posto leggermente più appartato. Mi spinsi in mezzo a quella gente che puzzava di fumo, erba e alcool, «ti chiedo perdono» mi scusai con un ragazzo a cui avevi pestato il piede e continuai a camminare.
Ben presto notai ai lontanissimi lati della discoteca due scalinate che portavano di sopra, 'dove le persone ci davano dentro' pensai. L'importante era trovare un posto dove non ci fosse musica e tanta gente.
Presi quella di destra e notai vari ragazzi guardarmi, non avevano capito che non volevo fare proprio nulla. 
«Ehi bella» mi sentii dire. Non mi voltai nemmeno, tutte frasi per rimorchiare. Magari anche Justin le diceva per accaparrarsi qualche ragazza, così a caso. Certo che i ragazzi facevano proprio schifo. 
Salii la scala e vidi un omone con numerose chiavi appese alla sua cintura. 
«Sali da sola?» chiese, io annuii. 
«Ci pensi da sola? In camera non troverai oggetti che ti possano aiutare, vuoi che ti procuri qualche candela?» domandò nuovamente. Arricciai il naso, «che schifo, si vergogni signore». 
«E allora cosa sali a fare?» fece accigliato, «mi sento poco bene e vorrei stare in un posto più tranquillo». Lui annuì e mi lasciò salire senza darmi alcuna chiave, segno che c'erano stanze libere per appartarsi da soli.
Salii le scale e arrivai ad un corridoio sia largo che lungo, pieno di stanze, lo attraversai mentre ero obbligata a sentire le zozzerie che la gente combinava. Un altro corridoio, un altro ancora e poi finalmente uno con delle stanze semplici e aperte. 
Ricordai l'accaduto di qualche minuto fa e di come fui insultata senza alcuno scrupolo da Justin.
Il cuore tamburellò per dei secondi, mi mancò di poco il respiro e cominciai a sentire qualche brivido qua e là. 
Guardai l'alto per evitare ciò che come sapevo stava arrivando, ma il naso pizzicava lo stesso. Sembravano formicolii, le narici bruciarono leggermente, ma cercai di controllarlo.
Feci una smorfia. Serrai le labbra, aggrottai le sopracciglia, storsi di poco il naso ed intrattenni il respiro. Però alle emozioni non si comandava e lo sapevo, così entrai immediatamente nel primo stanzino vuoto che trovai, iniziai a vedere appannato e alzai nuovamente gli occhi al cielo. Imprecai e la coscienza mi urlò di fermarmi, di smetterla, ma la cosa non aiutava e sentii una goccia di liquido dolce attraversarmi la guancia, idratandone la secchezza.
Sussurrai un «no» disperato e mi coprii il viso con le mani, convinta di apparire brutta mentre soffrivo e mentre il viso si contorceva dal dolore interno, di sofferenza psichica e morale. Sbuffai asciugando le lacrime, ma inaspettatamente ecco che ne scesero altre; strofinai gli occhi, ma non riuscii a fermarmi, non riuscii ad arrestare la lacrimazione.
Mi accorsi che ormai era troppo tardi, così mi lasciai cadere a terra esausta. Mi rannicchiai su me stessa portandomi le ginocchia al petto e chiusi le braccia attorno alle gambe. Tirai sù col naso e respirai profondamente. Dopo un altro appannamento degli occhi, emisi un singhiozzo. Mi portai la mano alla bocca, ma continuava. Sentii mancare ma continuai a singhiozzare. Partì un piagnucolio, inizialmente bambinesco, ma poi frustrato. Cercai di respirare ma il sentimento represso mi faceva emanare versi malinconici; il petto andava su e giù e io piangevo. Non riuscivo a comandarmi, a farmi forza tra le lacrime, la vista appannata, la smorfia, i versi, i singhiozzi ed i lamenti spontanei che mi sembravano patetici. Non potevo fare nulla e lasciai che tutto succedesse. Compresi di non poter fare niente, di avere le mani legate e di non riuscire a regolarmi. Alzai la testa in alto e chiusi gli occhi rassegnata.
Passano minuti, mi  sentii meglio, respiravo in modo regolare e asciugai le lacrime. Mi accorsi che avevo smesso di piangere, sentii che i lamenti erano finiti e l'espressione era rilassata quanto i muscoli. Sciolsi la posizione in cui ero e tirai un'ultima volta sù col naso. Mandai giù un groppo di saliva e mi guardai intorno spaesata. Fu un'ultimo singhiozzo a svuotarmi completamente.
Avevo fatto tardi, così mi alzai lentamente, asciugai le ultime lacrime rimaste e strofinai gli occhi, come se fosse stato tutto un brutto sogno, però dentro di me sapevo che non fosse così. Respirai piano, più volte per assicurarmi di non scoppiare a piangere di nuovo e mi passai la mano sul viso stanco, m'inumidii le labbra. Provai uno o due sorrisi, attesi che il rossore agli occhi sparisse e uscii dallo stanzino, come se nulla fosse successo.
Mi ero sfogata e ora conoscevo le direttive da prendere, non avrei chiesto scusa, sarebbe stato lui a farlo. Mentre tornavo di sotto, mischiandomi nuovamente tra la folla fui in qualche modo trascinata da un gruppo di ragazzi che avendomi notata da sola avevano creduto di poter liberamente flirtare con me. 
«Sei sola tesoro?» mi fu chiesto da uno di loro, che seccatura. Possibile che andare in discoteca comportasse sempre cose del genere? Una non poteva fare qualcosa che subito le si attaccavano gente pervertita. 'La discoteca è anche questo' pensai ricordandomi delle parole di Justin. Feci per rispondere ma quella gente non mi piaceva, così chiusi il bec o finché non mi sentii trascinare dietro da un'altra persona. Fui presa per la mano e nascosta dietro una schiena larga quanto bastava, quella di Zack, che Dio lo benedisse. I ragazzi se ne andarono, capirono che ero intoccabile. Sospirai sollevata, lui senza girarsi mi presi entrambe le braccia e se le portò alle spalle, mi avvicinai a lui e aiutandomi con la presa sui polsi saltai e legai le gambe ai suoi fianchi. Cominciò a camminare con me sulle spalle. 
«Non farlo mai più, cosa ti avevo detto? Sarai al sicuro solo se starai vicino ad uno di noi, questo non è posto per delle ragazze da sole. Caren, ti sarebbe potuto succedere di tutto, non oso nemmeno pensarci» mi rimproverò.
«Scusa, avevo bisogno di stare un po' sola» dissi per poi poggiare la testa sulla sua spalla destra.
«Stai bene almeno?», annuii senza parlare. In realtà stavo parzialmente bene. Quando alzai lo sguardo notai che si stesse dirigendo verso il bagno. 
Scesi e mi fece chinare sul lavandino bagnandomi il viso con dell'acqua gelida, poi me lo asciugò con uno degli asciugamani. Restai in silenzio e camminammo in direzione del bar.
«Cosa vuoi bere?» chiese sorridendomi e m'infuse coraggio. 
«Non so, oggi voglio provare a bere» me ne uscii improvvisamente, lui ridacchiò. 
«Che c'è?» domandai ridendo con lui, «niente. Billy, una vodka alla fragola per lei e un Daniel's per me» ordinò poi a quello che sembrava essere un suo amico oltre che un barista. 
«Vodka alla fragola?»
«sí, non vorrai mica andare oltre?»
«perché no? Dai ti prego, voglio solo provare, come il tuo almeno» lo supplicai, necessitavo di una distrazione.
«Scordatelo. Finirai per vomitare l'anima» mi negò il permesso guardandomi con aria divertita, che lo rendeva estremamente attraente e gnocco. 
«Quindi la vomiterai pure tu?»
«no, io reggo l'alcool piuttosto bene. Il problema sei tu»
«Zack ti prego» lo pregai. Mi alzai dallo sgabello e gli presi le mani tra le mie, «avanti. Starò buona e tranquilla».
«D'accordo, però voglio vedere come lo reggi» rispose lui, esultai. 
«Amico, abbiamo cambiato qua, due Daniel's e niente vodka» disse, «come vuoi boss» fece Billy. Dopo una decina di minuti arrivò l'ordine e bevemmo lentamente, o perlomeno io dato che Zack stava già mandando giù il terzo bicchiere.
«Comunque lascia stare Justin, è uno che reagisce d'istinto. Però ci tiene a te» esclamò improvvisamente voltandosi per guardarmi. 
«Non mi era mai capitato di sentirmi dire della troia in maniera diretta, tantomeno della vergine inesperta. Non è stato bello, per niente» puntualizzai. 
«Dimentica il discorso, tu non sei niente di questo e Justin non l'ha fatto di certo apposta, era nervoso», «stai negando il fatto che io sia vergine?», «quello no, se lo sei amen». 
Annuii e restammo ulteriormente in silenzio mentre l'alcolico mi stava facendo venire mal di testa, però avevo una richiesta che frullava per la mente e che mi opprimeva la gola.   
«Zack» sussurrai, lui si girò e sembrò addolcirsi. «Dimmi».
«Mi fai perdere la verginità?». 



Sputò letteralmente il drink davanti a sé e si voltò con occhi stralunati. Forse l'avevo combinata grossa, cominciai già a pentirmi. Dannazione a me, non riuscii però ad intrattenere un'espressione mortificata, ero decisamente un'idiota. La cosa bella era che in quel momento ero lucida e consapevole di me stessa, lui era lievemente brillo, proprio di poco quindi non avrebbe dimenticato la richiesta assurda. Però mi complimentai con me stessa, ero riuscita a dire una cosa del genere e di conseguenza stavo combattendo la timidezza che in genere mi bloccava la mente, gli arti e le corde vocali.
«Devi essere andata» disse poi girandosi davanti a sé e continuando a sorseggiare la bevanda. Pensava che fossi ubriaca.
«Non sono ubriaca» feci mollando il bicchierino. Ormai avevo già fatto la figuraccia, tanto valeva continuarla.
«Non sto scherzando, mi servirebbe, soprattutto se... Insomma se sei tu» aggiunsi cominciando a sentire la palpitazione aumentare. Ero convinta di essere arrossita, ma grazie alle luci blu non si sarebbe visto nulla.
«Dimmi qualcosa, mi imbarazzi. Avevi detto che mi avresti aiutato con lui...» borbottai poi. Sbuffò scocciato.
«Fammi capire: vuoi perderla per mostrare a Justin di non essere vergine e inesperta?» chiese risoluto, però sorrise e mi bastò quello per rassicurarmi. «Sì» risposi decisa, in caso avesse accettato però non avrei saputo cosa fare, soprattutto come... Poi dovevamo tornare subito dagli altri ragazzi, era già tanto se ci eravamo fermati a bere.
«Mi dispiace, no. Beh, io non avrei problemi. Non mi sembra giusto nei tuoi confronti. Se lo devi fare è perché lo senti, non per ripicca e non mi va di fare un passo così grande con te per una stronzata. Solo perché Justin te lo ha detto non devi mica dimostrargli che non è vero, quante sono le ragazze vergini oggi? Dieci su ventimila? Resta come sei che va benissimo» disse poi cercando di spiegarmi il motivo del suo rifiuto, però ci rimasi un po' male. Non lo facevo solo a causa di Justin anche perché lui mi attraeva in quel senso e mi sarebbe piaciuto da impazzire avere un contatto con lui.
«Non puoi dirmi di no» lo pregai. 
«mhm, lo so» replicó.
«Quindi?» cercai in qualche modo di capire cos'avesse deciso.
«Quindi posso fare qualcos'altro, vieni però che dobbiamo sbrigarci» disse poi scendendo dallo sgabello, mi prese la mano e mi trascinò nello stesso luogo in cui ero prima, si fece dare una chiave dall'uomo che avevo incontrato e dopo che questo mi sorrise come per dirmi 'hai trovato il partner', salimmo le scale in fretta e furia, altrimenti gli altri avrebbero sospettato di più. Forse sarebbe successo, ero agitata e contenta.
Entrammo nell'apposita stanza e dopo aver chiuso la porta con le chiavi, mi trascinò nuovamente verso quello che sembrava un bancone e senza preavviso, quasi con nervosismo poggiò le mani dietro le mie cosce e mi ci buttò sopra. Mi sedetti composta, curiosa da sapere cosa avrebbe fatto. Giurai a me stessa di non scandalizzarmi, gli avevo chiesto tutto io.
«Che ore sono? Metti la sveglia tra dieci minuti così scendiamo» sbottò. 
«Mezzanotte e venti, va bene» risposi dopo aver controllato il cellulare e attivato la sveglia.
«Ti spiego cosa voglio fare. Innanzitutto slacciati i primi bottoni della camicia» mi ordinò con una certa fretta. Obbedii senza esitazione, di lui mi fidavo e qualsiasi cosa avrebbe proposto per me sarebbe andata benissimo.
«Perfetto. Allora, adesso ti lascio qualche segno sul petto e appena sopra il reggiseno, così sembra che io sia andato più a fondo. Quando scenderemo sotto, devi cercare di mettere questi succhiotti in esposizione, così Justin penserà che tu abbia bellamente fatto qualcosa con me che ti abbia tolto la castità. Capisci?» spiegò. Io annuii e mi tenni pronta a ricevere i miei primi succhiotti da Zack, che a quanto pare ci sapeva fare benissimo. Respirai pesantemente e mandai giù un groppo di saliva enorme, dopotutto era legittimo provare un senso di vergogna, non mi era mai successo e non ero abituata.
Ancor prima di darmi il tempo di calmarmi e di darmi una regolata, procedette. 
Poggiò le dolcissime labbra morbide appena appena sopra il mio seno destro. La mia pelle era calda, le sue labbra invece erano gelate, mi vennero dei brividi lungo la spina dorsale e sul petto stesso.
Leccò leggermente la pelle e fremetti, ci soffiò sopra e vi lasciò un umido bacio, segno che oltre che farmi la chiazza voleva farmi stare bene.
Avvicinò nuovamente le labbra e cominciò a risucchiare la pelle prima lentamente e con una certa passione, poi con insistenza e fece salire il sangue in superficie. Boccheggiai da cotanto piacere e buttai la testa all'indietro. Aprii le gambe per permettergli di insinuarsi tra esse e lavorare meglio, quando lo fece gliele chiusi dietro e lo trascinai ulteriormente vicino a me.
Poggiò le mani sui miei fianchi e continuò a succhiare, per circa trenta secondi finché i capillari non si ruppero e cominciò a formasi una chiazza rossa. Fece una breve pausa di dieci secondi, poi riprese a baciare lì intorno e tornò sullo stesso punto, mordicchiando leggermente la pelle e lambendola con cura e delicatezza. 
Passò le labbra senza staccarle dal mio corpo fino all'altro seno e più o meno sulla stessa posizione ripeté l'azione, la sua bocca era morbida e invitante. Mentre si fermava per leccare, controllava la quantità di saliva e ingoiava qualora fosse in eccesso sulla mia pelle. Sentivo il cuore battermi e la mente svuotarsi completamente, ero vogliosa che continuasse all'infinito e già mi rammaricavo per quando il piacere sarebbe terminato. Improvvisamente percepii una bassa pressione sul bacino, presi dolcemente i capelli di Zack tra le dita e poggiai le mani sia sulla sua nuca che sulla testa, spingendolo in una nuova zona, quella tra i due seni, abbassai di poco il reggiseno per non infastidirlo e lo spinsi nuovamente contro di me, finché il suo viso affondò tra quelle che erano le mie tette. Sorrise sulla mia pelle e sogghignò, mi afferrò più energicamente e a sua volta mi spinse contro di lui. Strinsi i suoi fianchi con le gambe e azzerai ogni tipo di distanza, poggiando le braccia sulle sue spalle e lasciandolo divorarmi quella parte del corpo in cui scoprii di avere un debole. Lui era bravissimo, mi lasciai sfuggire un gemito di godimento e quando cominciai ad ansimare, capii che tra me e lui ormai non era più un gioco di semplici succhiottini sul petto, perché volevo altro e non per ripicca nei confronti di Justin, volevo altro e basta.
Ansimai nuovamente quando prese ad accarezzarmi il seno sinistro e improvvisamente gli indumenti mi andavano stretti. Respirai affannata e mi sbottonai tutta la camicia, me la tolsi di dosso e feci lo stesso con il reggiseno, non m'importava più di denudarmi davanti a lui, io che ero l'emblema dell'introversione e della timidezza.
Gli presi il capo tra le mani e lo portai più in basso, vicino al capezzolo, dove continuò a baciare e lambire di saliva, per poi leccarla e ingoiarla. La situazione depravò quando entrambi volemmo di più, io più piacere e lui più soddisfazione.
Gemette quando ansimai nuovamente in maniera più rumorosa e mi fece scendere dal balcone senza staccare le mie gambe dal suo bacino e il viso dal mio seno, ormai pieno di succhiotti e chiazze violacee, rosse e rosa.
Cominciai a sentire un qualcosa nella mia intimità fare lo stesso movimento del cuore. Zack sapeva che ciò che stavo provando era del tutto nuovo per me, però non andava oltre il contatto con la bocca e forse stava facendo bene. Suonò la sveglia e tutta la magia creatasi s'interruppe come d'incanto. Ci fermammo entrambi, levai la mia mano dai suoi capelli e lui si bloccò. Attendemmo che l'allarme si disattivasse da solo e quando successe, ci staccammo. Eravamo entrambi imbarazzati, soprattutto io, che ero mezza nuda e che se la sveglia non fosse suonata, lo sarei stata completamente. Mi coprii con le mani.
«Cazzo» sussurrò lui, che sembrava pentito di essersi lasciato trasportare in quella roba con me. Non lo biasimavo, sarebbe successo qualcosa di troppo grande e ci eravamo ripromessi entrambi di mantenere una certa distanza l'un dall'altro. Eravamo amici, solo amici, o sbagliavo?
«Vestiti, ti aspetto» disse un po' più sereno, sorridendo nel vedermi impacciata e completamente rossa. 
«Inutile che ti copri, ho già visto e toccato tutto» mi prese in giro tirando fuori la lingua.
«Idiota» lo rimproverai infilandomi il reggiseno e la camicia di spalle. Ridacchiai con lui, tentai di dimenticare l'accaduto e di concentrarmi sul dopo. 
«Scherzavo! Lascia i primi due bottoni sbottonati» disse, «ti stanno così bene però» aggiunse facendo riferimento ai succhiotti. «Dici che si vedranno?» chiesi.
«Sì, forse anche troppo». Spalancai gli occhi, alla fine però non dovevo soprendermi.
«Zack» sussurrai, «cos'avremmo fatto se la sveglia non fosse suonata?». 
«Non importa, ora vai a mostrare le tette a Justin e vediamo come reagisce».
Certo che facevo proprio schifo, un comportamento del genere sarebbe stato accettabile da Lizzie, da altre ragazza, ma non da me. Sospirai, ero cambiata, decisamente cambiata, ero irriconoscibile, un'altra persona e da una parte la cosa mi piaceva, dall'altra mi procurava un senso di sgradevolezza addosso. Dovevo ammettere di sentirmi una sgualdrina, una svergognata. Ben presto mi pentii di cosa avevo fatto, mi ero denudata di fronte ad un maschio, ad un ragazzo a peggiorare la situazione era che si trattava di Zack. Ero amareggiata, sorpresa da me stessa. 
«Comunque Chris sa di tutto», «lo avevo sospettato».
Ci fu una lunga pausa silenziosa in cui non facevo altro che fissare un punto vuoto della stanza.
«Cos'è quella faccia?» chiese Zack.
«Mi sento diversa, è come se fossi cambiata in male» ammisi.
«Caren, piccola mia, l'unica cosa a non cambiare è il cambiamento. Sù con il morale, avanti» disse sarcastico, ironico e positivo come sempre.
«Non mi piace questa cosa» continuai il discorso per ricevere da lui una consolazione ed un appoggio, «a me, a Justin e ai ragazzi sì. Ti troviamo più sana e più dolce». I miei occhi si illuminarono. «Tutti?» domandai a bocca aperta.
«Sì. Ne abbiamo avuto occasione di parlarne. Io personalmente penso che tu stia uscendo per come sei davvero, sei più radiosa, più socievole e soprattutto più affabile, sei decisamente migliorata e io ti trovo sempre più bella e particolare. Justin dice che ti vede ridere più spesso e che ad ogni tuo sorriso corrisponde una sua vittoria. Chris ti conosce come le sue tasche ed è fiero di te, Alex invece ti apprezza, tanto a lui piacevi prima e piaci anche ora» finì poi di dire. Mi aprii in un dolcissimo sorriso che sapeva di fragola, zucchero, gaudio, gioia e tutto ciò che era più bello nella vita. 
«Quindi dite che è meglio?»
«decisamente, anche i tuoi genitori hanno detto lo stesso prima, ti stai facendo più amici a cominciare dal rapporto che hai con Lil e compagnia bella e inoltre stai andando sempre meglio a scuola. Sicura che preferisci tornare a prima?» mi sorrise anche lui. Feci di no con la testa, aveva ragione. Scossi la testa contenta e uscii dalla stanza a braccetto con lui, il mio cavaliere. Ero così felice, dannazione avrei voluto strillare dal brio e dall'esultanza. 
«Comunque ho capito una cosa» mormorò, corrucciai il viso non capendo a cosa si riferisse.
«Ah lascia stare» fece poi ridacchiando. Feci come mi disse mentre mi sentivo ilare e serena.
«Chi arriva per ultimo è un asino» sbottai cominciando a correre. 
«Mi cogli impreparato!» si lamentò correndomi dietro, mi sentivo anche più agile, ero sicura però che mi avrebbe fatto vincere, la mia fisicità non poteva competere con la sua. I ragazzi erano seduti in un posto riservato ed erano lì tutti, compreso Justin che ignorai bellamente.
«Caren, dove sei stata?» disse Chris portandomi a sedere vicino a lui, «già dove sei stata?» chiese Alex con lo stesso tono drammatico dell'amico mettendosi vicino a noi.
«Alex, mantieniti alla larga, devo parlare privatamente con Caren» tuonò il mio -ormai- fratellino.
«E così mi escludete eh, come sempre del resto. Alex non ha amici, Alex è un elfo libero» piagnucolò allontanandosi e sedendosi vicino a Zack. Mi fece una certa compassione, ma al contemplo non potei non ridacchiare.
«Caren cos'hai fatto lì?» chiese Justin che sembrò saltare dal suo posto allarmato. 
«Sono stata violentata» risposi sarcastica benché la tematica dello stupro non era cosa su cui scherzare. Lui spalancò gli occhi, ci credette. «Zack!» protestò. 
«Ma stai scherzando?» lo interruppi, «Zack non ha potuto salvarmi» continuai a prenderlo in giro, ormai era diventato una specie di hobby che avrei coltivato per sempre.
«Mi stai pigliando per i fondelli?» domandò inarcando un sopracciglio.
«Buongiorno! Cucù cervello di Justin, ci sei o sei andato a dormire?» si aggiunse allo scherzo Chris, che era velenosamente sarcastico, amavo quel suo lato, soprattutto quando lo utilizzava con qualcun altro che non fossi io.
«Il cervello secondo me dorme, prova con la mente» se ne uscì disastrosamente Alex. Restammo in silenzio e lo fissammo. Lui era ancora esaltato, credeva di aver contribuito alla perfezione alla presa in giro, il problema era che fosse convinto...
«Alex, tu lo sai vero che cervello e mente sono la stessa cosa?...» domandò Chris con una voce apprensiva, come se si stesse rivolgendo ad un interdetto. Lui si guardò intorno, si grattò la nuca e balbettò. «Ma certo!» urlò poi ridendo. Ci credevamo tutti...
«Se ci è arrivato pure Zack pensi di non potercela fare tu?» fece Justin, ridacchiammo, ora il bersaglio era il biondino.
«Appunto!» rimarcò il concetto quest'ultimo che era molto più autoironico, cosa che gli faceva onore. Potevi dirgli qualsiasi cosa, lui avrebbe riso con te e ci avrebbe scherzato sù. Era un segno di maturità che aspiravo ad ottenere.
«Comunque non ho ancora capito come ti sia fatta quello scempio» riprese il dialogo serio come non mai Justin, che prima mi insultò senza coscienziosità di alcun tipo. 
«Ti spiego, mi sono tolta la camicia e sono andata in bagno, poi ho cominciato a farmeli da sola, è stato difficile, ma alla fine ce l'ho fatta», «ti vedo estremamente ironica», «non mi dire».
«Tuo padre mi ha detto di controllarti, non posso tollerare che tu faccia cose del genere», «Justin rilassati, il corpo è il mio».
«Dimmi chi è stato e basta, sono solo curioso», «non ti dovrebbe interessare, poi l'hai detto prima tu, sono una vergine troia, quindi le cose me le sono fatta da sola o me le faccio fare, che importanza ha?» portai avanti la discussione che stava nascendo. Vidi la sua mascella contrarsi e decisi di fermarmi lì.
«Mi vedo costretto a dirlo a tuo padre», «che scatole, Justin mollami» protestai. 
«Amico vedo che continui a non essere perspicace» disse Zack, Justin lo guardò e assottigliò gli occhi, «quindi sei tu...» cominciò a dire, io e il biondino annuimmo. 
«Fai come cavolo vuoi, non mi riguarda più di tanto. Però vedi di regolarti Caren» fece improvvisamente ammutolendosi. Chris mi pizzicò la coscia, mi girai addolorata. «È l'ora che tu faccia qualcosa con Zack, così vediamo se non lo riguarda più di tanto» mi sussurrò all'orecchio.
Annuii, ma cosa potevo fare? 
«Del tipo?» gli chiesi.
«Che ne so, portagli qualcosa da bere, siediti su di lui e parlate. Giovinetta datti una svegliata, prima ci avete dato dentro a quanto pare e ora mi dici che non sai cosa fare? Vuoi farmi ridere?». Arrossi e mi concentrai sul consiglio, aveva ragione, dovevo usare la mia femminilità. Sapevo di disporne in scarsità, però tentare non mi costava nulla. Poi non vedevo l'ora di vedere una reazione in Justin -caso mai ci fosse- e di stare con Zack.
«Ehi bellissimo, vuoi che ti porti qualcosa da bere?» domandai. Lui sembrò capire.
«No, grazie» rispose, mi alzai e mi avvicinai a lui lo stesso. Mi sedetti su di lui frontalmente e lo guardai negli occhi, gli toccai l'orecchino. «È oro?», annuì e mi ritrovai su di lui senza sapere cosa fare, anche lui sembrava spaesato, era come se avesse perso la vera origine del nostro compito. Imprecai dentro di me. 
«Che si fa? È impassibile» gli dissi all'orecchio con una voce bassissima e quasi intontita. Zack si girò a guardare Justin, sembrò pensarci sopra poi avvicinò la sua mano e al mio seno, strinse leggermente quello sinistro e finalmente Justin si voltò. Portai l'altra sua mano su quello destro e sospirai. «La prossima volta andiamo oltre» disse facendomi l'occhiolino.
«RAGAZZI NON QUI, CHE SCHIFO» urlò. Si alzò e mi staccò dal ragazzo su cui ero sopra che stava ridacchiando, trasportandomi lontano dal posto famiglia dove eravamo comodamente seduti tutti.
«Lasciami andare» dissi irruente staccandomi da lui.
«Cosa ti salta in mente?» chiese, «non capisco quale sia il tuo problema, sii sincero. Ti infastidisce la cosa?» feci io diretta con voce leggermente debole, sperai che mi dicesse qualcosa, non ce la facevo più, io avevo bisogno di sapere, ne avevo il diritto. Se non parlava ci avrei rinunciato, 'Say something I'm giving up on you' mi venne istintivo dirgli, pero tacqui. Mi fissò e sbuffò. «Ancora questa storia del fastidio e della gelosia, Caren sei fuori strada. Ti devo ripetere che mi sento responsabile nei tuoi confronti e che è come se fossi tuo fratello o tuo padre? Non posso lasciarti fare determinate cose, cavolo, capiscimi» gridò gesticolando, era in difficoltà, stava cominciando a sudare. Mi demoralizzai e lo guardai taciturna.
«Perfetto, allora andiamo in una camera, così non ti diamo fastidio paparino» dissi e corsi verso Zack, lo presi per mano e lo trascinai lontano da lì. Guardai anche Chris che comprese e ci seguì. «Ma Caren!» sentii chiamarmi, non mi girai. 'Ma Caren' al diavolo. «Inoltre aspetto ancora le tue scuse, mi hai insultata pesantemente e pretendi che io ti obbedisca?» replicai dirigendomi verso l'uscita, avevo bisogno di aria e di respirare.
Quando uscimmo dalla discoteca inspirai a più non posso e seguì una fase di silenzio.

«Ci avete dato dentro alla grande» disse Chris scoppiando in una magnifica risata che nonostante l'arrabbiatura mi trascinò. «Hai visto? Sono stato bravissimo» si complimentò con sé Zack, toccandosi il petto coperto da una semplice t-shirt bianca.
«Ragazzo mio ti dai troppe arie. Dimmi Caren, com'è stato?» si concentrò Chris su di me sorridendomi in una maniera talmente maliziosa che sembrava aver compreso che approfittare di Zack non mi dispiaceva. Dannazione alla perspicacia di quel ragazzo, era un mago con la m maiuscola. Incredibile.
«Devi provarlo per saperlo» risposi con fronte bassa, dondolandomi sui talloni. 
«Ehm, Zack amico mio, stai lontano dai miei capezzoli» esclamò toccandoseli e facendo la faccia di un castoro, risi.
«Non ce li avrai nemmeno»
«oh sì e sono piuttosto grandi. Vuoi vedere?»
«Oh no ti credo, stai tranquillo che per quanto riguarda capezzoli mi piacciono solo quelli delle ragazze»
«ma prima a cena hai detto che sono una ragazza» protestò Chris facendo gli occhi da cucciolo, «allora hai una prima piuttosto scarsa, anzi manco quella»
«Sei molto esperto per quanto riguarda taglie di reggiseni. Come mai? Spiegalo a Caren»
«Chris stai zitto»
«Oh no sono curiosa» sbottai sorridendo innocua. Ed ero davvero curiosa, forse anche troppo. 
«Ehm...» tentò di formulare una frase di senso compiuto sotto il mio sguardo poliziesco, non seppi come mai ma all'improvviso mi sentii infastidita e assillata. 
«Sai che l'ha fatto anche con Lizzie?» mi disse Chris guardando il suo migliore amico male.
«COSA?» spalancai gli occhi.
«Chris ti ho detto di tacere», «Zack tra amici bisogna dirsi tutto, è arrivato il momento che lo sappia anche lei» fece lui, mentre al mio interno si stava sviluppando la voglia di spaccare qualcosa e di dimenarmi.
«Dietro alle spalle di Justin?» domandai scossa.
«No, era prima che si mettessero insieme. Lo sapevi no che prima di stare con lui piacevo a Lizzie...», «e lei ti è mai piaciuta?» indagai con un nodo alle corde vocali e un senso di smarrimento intorno. 
«Non sono mai stato innamorato fino ad oggi» ammise guardandomi negli occhi, giurai di averglieli visti brillare, emanavano una specie di luce, erano più limpidi e trasparenti che mai. Zack era pieno di segreti, però non li sapevo leggere, mi resi conto che lui per me fosse ancora un oceano di tesori nascosti e di verità celate da un sorriso che lasciava trasparire solo e solamente vivacità.  Per la prima volta mi chiesi: ma Zack cosa provava in tutto questo?
«Capisco» mormorai in un fruscio di fonemi disconnessi mentre la brezza del venticello mi faceva rabbrividire, scuotendo i miei capelli nerissimi all'aria. Diceva di non essere mai stato innamorato fino ad oggi, non seppi come interpretare quella frase però mi parve chiaro che per me non sentisse nulla. Forse ero smorfiosa, pretendevo che tutti avessero una cotta per me quando alla fine ero una specie di nerd bianca latte con occhi e capelli corvini, una specie di streghetta, mi mancava solo il brufolo sul mento, la scopa, il cappello ed ero a posto, davvero.
«Deduco che prima di scegliervi come amici Lizzie si sia scopata tutti voi, così per provarvi» prorompi senza neanche badarci, «non dire così, non è vero!» mi sgridò Chris con tono apprensivo e dolce, «solo con Justin e Zack» aggiunse poi. Guardai l'ultimo nominato e feci spallucce, decisi di buttarla sul ridere anche se dentro di me sentivo che qualcosa si fosse spezzato.
«Dopotutto siete bellissimi, ha fatto bene» dissi poco convinta. I due sospirarono sollevati.
«Comunque Justin è una testa di coccio» affermai ottenendo il consenso dei miei due interlocutori, «o ci riproviamo per bene oppure gli devi confessare ciò che provi e la facciamo finita» propose Zack.
«Siete dei pappamolla imbecilli» ruppe il dialogo frammentato Chris, «insomma, pensate che ad ingelosirlo basti parlare di uno stupido orecchino d'oro e sedersi su di lui e bla bla bla? Dovete fare altro»
«Però se continua ad essere indifferente allora non serve a nulla, ci rinuncio» ammisi stanchissima.
«Non lo devi fare, nessuno riesce a decifrare Justin. Già che comunque scatta e usa la scusa della 'responsabilitá' per interrompere ogni cosa che facciamo, allora è un buon segno giusto Chris?», «giustissimo!».
«Ascolta, lo sai che per te sono disposto a fare qualsiasi cosa, quindi dimmi ciò che ti passa per la testa e io lo farò. Poi abbiamo Chris che ci aiuta» Zack era un ragazzo davvero ottimista. Lo guardai e non seppi cosa dire, però stavo sudando e avevo le gambe molli, più mi guardava negli occhi più mi sentivo a disagio.
«Zack io...» cominciai a dire paralizzata, «io penso che tu sia il migliore». 
«Lo penso anche io» fece lui, «hai rovinato un momento sacro» lo rimproverai ironica.
«In realtà il migliore sarei io, però lasciamo stare» s'intrufolò Chris.
«Sì, solo quando stai zitto però» Zack e Chris erano una coppia mitica.
«Senti biondo ossigenato cosa vuoi?»
«leccarti i capezzoli»
«e vieni qua allora».  Cominciai a ridere e mi seguirono tutti e tre.
«Ragazzi allora torniamo dentro e facciamo il culo al mio migliore amico, d'accordo?» disse Zack, lui e Justin erano cresciuti insieme e si amavano alla follia. 
«Dai siamo in tre, ce la possiamo fare a smuoverlo» incoraggiò la situazione mio fratello, «uno per tutti, tutti per uno!» gridai euforica, ci battemmo il cinque e rientrammo dentro come se fossimo pronti a gareggiare, eravamo una squadra, la migliore in circolazione. 





SPAZIO AUTRICE
Ehy bellissimi,
sarò breve perché in genere mi dilungo troppo negli spazi autrice lol.  
Allora, il capitolo non è lunghissimo come avrei voluto fare, e ho deciso di pubblicare subito perché mi tolgono la connessione internet e dovrò aspettare una settimana o di più per rifarla.
Poi sono indecisa sul se fare il sequel o no, alla fine non è stranecessario ed è solo per allungare la storia, decidete voi.
Un'altra cosa, i lettori aumentano ma perché invece nessuno recensisce? Ho bisogno di un po' di incoraggiamento, quindi vi chiedo per cortesia di farvi sentire, ho bisogno di sapere cosa ne pensate. Peraltro quando degli impegni mi tengono occupata e non riesco ad aggiornare mi mandate messaggi privati dicendomi di farlo che ho ritardato ecc..., mi faccio il culo, aggiorno e vi fate sentire in 8 su quasi 200 lettori che siete. Vi giuro che talvolta metto da parte lo studio o perdo ore di sonno per scrivere, questo solo per voi lettori, quindi non so, ditemi voi.
Vi lascio con delle gif di tutti i protagonisti. 
Ps. Cosa ne pensate del personaggio che ho scelto per Caren? Ci sta?
Un bacio,
Sarah
x




CAREN


JUSTIN


ZACK


CHRIS


ALEX


LIZZIE

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Capitolo 30
*** Shining's ending ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo'


(Leggete lo spazio autrice)


                                  Love 

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“L'amore è come una clessidra: 
quando si riempie il cuore si svuota il cervello.”
-Arthur Bloch





«Allora Justin, ti sei dato una calmata?» chiese Chris una volta che fummo rientrati in discoteca. Justin mi parve disperso, confuso e amareggiato, si tenne il capo tra le mani e scosse la testa. Poi tornò composto e ignorò l'amico, prendendo un sorso del drink e puntando lo sguardo sulle chiazze sopra il mio seno, per poi guardare me e ghiacciarmi con i suoi bellissimi occhi color miele. Continuavo a non capire quale fosse il problema, aveva esplicitamente dichiarato che la sua non fosse gelosia ed era andato a parare sul fatto che Lizzie significasse ancora qualcosa per lui.
«Non è in vena di parlare, si vede che ha perso la voglia di insultare gratis» disse Zack mandandogli una frecciatina, che accettò di buon gusto facendo però l'indifferente, il suo comportamento mi dava i nervi, non si faceva capire.
«Ragazzi, ho adocchiato una ragazza non male. Ci vediamo dopo» interruppe il dialogo Alex, alzandosi e sistemandosi i vestiti. Si inumidì le labbra e fece un occhiolino a distanza, non avevo mai visto questo lato dei ragazzi, ma era ora che li conoscessi a fondo. «Dacci dentro» lo incoraggiò Zack dandogli una pacca sulla spalla, «attento a non metterla incinta, non vogliamo altri piccoli Alex, uno ci basta e ci avanza» prese a canzonarlo Chris. Ridacchiai, che buffo.
«Tranquillo, ho le mie precauzioni in tasca» rispose Alex tirando fuori la lingua e scendendo dal posto riservato in cui stavamo, mi scompigliò i capelli e si diresse verso quella che sembrava essere una bellissima ragazza, che lo stava già attendendo sulle scale, segno che voleva andare subito a fondo senza neanche conoscerlo un po'. Che mondo. 
«Justin! Cercane anche tu una che ti raffreddi i bollenti spiriti» seguitò a dire Chris prendendo di mira Justin, ridacchiai sottovoce, quel ragazzo era un grande, aveva una lingua tagliente come la lama di un coltello, era davvero furbo.
«Magari torna a cercare quelle tre mignotte di prima, così ti passano l'aids o l'epatite, chi lo sa?» continuò poi. 
«Perché invece non vi freddate voi i bollenti spiriti?» rispose Justin improvvisamente nervoso.
«Oh amico, allora siamo rimasti solo io e te. Perché Zack e Caren hanno fatto una sfacchinata assurda! Altro che vergine inseperta» disse ridacchiando. Il suo sguardo incontrò nuovamente il mio e mi sentii parecchio imbarazzata.
«Sai, mi chiedevo, come fosse possibile scopare a tutto sprint» in quell'istante divenni rossa come un pomodoro, Zack se ne accorse e rise sottovoce. «Chris...» sussurrai e l'attenzione ricadde su di me.
«Cosa? Oh mio Dio non avete usato le precauzioni?» chiese coprendosi la bocca con le mani.
«Zack! Sei tu il maschio devi maneggiare la stuazione. E se rimane incinta?» disse poi rivolgendosi al biondino che ormai era rosso dalle risate, «se rimane incinta facciamo accudire il bambino a Justin che è solo soletto, io e la mamma dovremmo ancora farne di esperienze». «Io non accudisco i bambini di nessuno» tuonò Justin. 
«Appunto, tra poco manco sai accudire te stesso» disse Chris. Risi cominciando a sentirmi euforica, carica di energia positiva e adrenalina. «E pensi di poterti prendere cura di me?» feci io, tirando fuori la voce, non potevo lasciar fare tutto a loro.
«Bambola se non fosse per tuo padre per me potresti sbatterti l'intera discoteca» sorprendente, non si era ancora pentito di essersi comportato male con me, mi lasciava senza parole.
«E non ti darebbe fastidio?» domandai stuzzicandolo.
«Non dire sciocchezze» rispose lui.
«Appunto Caren, non dire sciocchezze, gli brucerebbe il culo e basta, cosa vuoi che sia» mi aiutò Chris, che in quel momento lodai. Decisi di costruirli una statua crisoelefantina, avorio e oro. 
«Chris devi stare zitto» lo rimproverò Justin, che temperamento ragazzi...
«Justin, devi darti una calmata amico. Qual'è il tuo problema?», «tu lo sai» replicò Justin a Zack e nei loro sguardi percepii qualcosa di celato, qualcosa che sapevano entrambi, Chris compreso, ma che nessuno si decideva a dirmi.
I loro occhi brillavano, sembravano comunicare solo con quelli e io continuavo a non capire, imprecai mentalmente.
«Ehi piccolo, ti va se balliamo?» domandai stringendo la mano a Zack, prendendo l'iniziativa autonomamente. Chris mi fece un occhiolino, quindi stavo andando piuttosto bene. 
«Io vado a procurarmi qualche ragazza, ne ho viste alcune mangiarmi con gli occhi. Ciao Justin, resta solo che ti si addice» si aggiunse al discorso Chris, scendemmo dalla nostra postazione e lo lasciammo da solo, mentre si rigirava i pollici e abbassava lo sguardo, se lo meritava a pieno. Ricordai di quando mi lasciava da sola per ballare con Lizzie.
Ci facemmo spazio tra la folla di gente che ballava indisturbata, buttando le mani all'aria senza alcuna preoccupazione e lasciandosi i problemi alle spalle, dopotutto era così che la vita andava vissuta, al cento per cento e con il sorriso sul volto.
«Chris io ti amo» dissi una volta lontani saltandogli tra le braccia.
«Sei un grande amico» si complimentò con lui anche Zack abbracciandolo da vero amico e per la prima volta vidi l'umanità e l'amore tra loro due. In genere si prendevano sempre in giro, erano sarcastici, giocavano e scherzavano, ma mai avevano dimostrato il loro vero rapporto, il sentimento di amicizia che li legava. Fui fiera di loro due, estremamente fiera e orgogliosa.
Ci abbracciammo a tre, io leggermente più bassa stretta tra i loro tonici toraci che tra poco mi avrebbero soffocata.
«Chris sei davvero stimabile» ammise il biondino, «lo so» replicò lui.
«Volevo solo dirti che ti voglio bene» continuò poi, spalancai gli occhi da cotanta dolcezza da parte di Zack nei confronti del suo amici, non avevo mai assistito ad una scena del genere.
«Quando?» chiese Chris, «beh... Adesso», «no no, quando te l'ho chiesto?» si corresse poi. 
Scoppiammo tutti in una gustosissima risata, risi di cuore, sorridendo a trentaduedenti.
«Guarda, mister Justin ci sta raggiungendo» dissi poi con stupore, notando l'arrivo del ragazzo che mi piaceva, ma che decisi di trattare male.
«Hai deciso di muovere il fondoschiena?» chiese Zack, Justin annuì.
«Voglio ballare anche io» rispose, feci spallucce, «fai ciò che vuoi». 
«Appunto, altrimenti non sarei sceso» continuava ad essere dannatamente sfrontato, che coraggio. Lo ignorai totalmente, Chris non scherzava quando diceva di volersi procurare una ragazza, di fatto lo vidi sparire con addirittura due belle fanciulle, trascinandole dolcemente con se per le camere. Mi sentivo da sola.
Partì un lento, «QUESTO È PER TUTTE LE COPPIE PRESENTI QUESTA NOTTE» urlò il dj, 'magnifico' pensai. Ci spostammo a danzare in una zona della pista più spaziosa.
Justin che fino a quel momento stava ballando da solo si fermò e rimase impalato, mentre io e Zack ci avvicinammo come tutti gli altri presenti. Poggiai le mani dietro al suo collo e lui poggiò le sue sui miei fianchi, ci dondolammo coordinati con la musica di sottofondo.  
«Poverino» commentò Zack spostando lo sguardo di volta in volta su Justin, «se lo merita» dissi. Lui annuì e continuammo a ballare, lo guardai negli occhi e poter sentire il suo fiato sul mio viso -specialmente sulle labbra- mi stava facendo impazzire.
Mi stavo sentendo strana, proprio come prima in camera... Quando mi fece i succhiotti e stavamo per... Beh per farlo.
Il cuore mi batteva e percepivo questa sensazione, questo movimento al mio interno proprio verso l'inguine. Non capivo bene cosa mi stesse succedendo, non mi erano quasi mai capitate cose del genere con un ragazzo.
«Zack» bisbigliai, era bislacca come cosa però mi piaceva pronunciare il suo nome. Alzò il viso e mi guardò, «cosa senti?» domandai, lui aggrottò le sopracciglia e sorrise, «nel senso, come va? Cioè, come stai?».
«Sto bene, come al solito. È un po' monotona come risposta, però è così. Tu?».
«Oh io sto benissimo, con te al mio fianco mi sento sicura. Non sto scherzando, sei una forza Zack. È difficile spiegare come mi sento, perché delle volte mi fai uno strano effetto».
«Cioè?» chiese, «non lo so, però mi piace questa cosa». Ridacchiò.
Partì un'altra musica, più sensuale. Colsi l'occasione per afferrare le sue mani e posizionarle sul mio fondoschiena, mi attaccai ulteriormente a lui, «non mi provocare» mi rimproveró. La cosa mi piacque e soffiai sul suo labbro inferiore, cosa che non avevo mai osato fare con lui e che mi risvegliava i sensi femminili, la presenza di Justin al nostro fianco m'incentivava sempre di più. «Caren non ti ho mai vista così...» cominciò a balbettare. «Ti dispiace?» chiesi ridendo, fece di no con la testa. Mi alzai in punta di piedi e gli baciai l'angolo della bocca. Rimpiansi di indossare dei pantaloncini, presi nuovamente le sue mani e le portai sul mio seno. Lui sembrava in difficoltà, da una parte voleva andare avanti e cominciare a condurre lui la situazione, dall'altra invece sembrava interdetto, come se fosse indeciso.
Sentivo gli occhi di Justin penetrarmi e io mi gasavo sempre di più. Il biondino con cui ballavo era immobile, conoscevo il suo punto debole, dovevo svegliarlo. Lui moriva per i baci sul collo, quella zona era il suo punto debole e ogni qualvolta che mi avvicinavo lì, lo sentivo fremere. Vi poggiai un casto bacio, «diamine Caren» disse. Strinse la mia coscia e portò una mia gamba attorno alla sua vita, mentre con l'altra mano mi stringeva un fianco. Era chiaro, stavamo cominciando a strusciarci.
«Ti svegli adesso?» domandai cominciando a perdere la mia identità, non mi riconoscevo più. 
Lui mi sorrise, l'atmosfera mi stava dando alla testa.
«Zack» sussurrai con voce melliflua abbracciandolo lentamente, come per vivere di quel suo tatto così piacevole. Adoravo le sue spalle, i bicipiti e i dorsali, quando lo abbracciavo mi sentivo protetta, al sicuro.
«Sì?» disse avvolgendomi la schiena con le forti braccia, «sei bellissimo» mi venne istintivo dire. «Perché ti impegni con me invece che fare come Chris e Alex e goderti la vita?Insomma sei un ragazzo di diciotto anni». 
«Il fatto è che vali più di ogni singola ragazza con cui io sia mai stato» affermò, mi vennero i brividi, «quante saranno circa?».
«Cosa? Le ragazze?», annuii.
«Beh, non ti saprei dire. Non mi ricordo», «tu lo hai sempre fatto per divertimento?», «sì». 
«Con Lizzie?» posi la domanda con un groppo alla gola, «Lizzie è bravissima». Mi sentii mancare un po'.
«Cosa si prova?» chiesi stringendolo lievemente, come se potesse sparire da un momento all'altro. «Tante cose» rispose brevemente, «tipo?».
«Lo saprai quando arriverà il tuo momento», «ma io sono curiosa» protestai.
Improvvisamente infilò una mano sotto la mia camicia e mi accarezzò la schiena, mentre con l'altra mi afferrò leggermente il fondoschiena, questa volta di sua iniziativa.
Compì un movimento strano e mi ammosciai contro di lui, chiusi gli occhi e non mi resi conto di stare per cadere finché non fui afferrata, «se mi cadi con delle carezze come farai a reggere il resto?» domandò ridendo, prendendomi in giro per l'effetto che aveva avuto su di me.
«Dannazione» imprecai tastandomi la fronte, «se sei stanca andiamo a sederci».
In realtà dopo aver parlato di Lizzie che a quanto pare se la cavava anche in quel campo, mi ero sentita scoraggiata. Possibile che mi superasse in tutto?
«Posso uscire? Non riesco a respirare bene» bisbigliai tirandomi il colletto della camicia, sentendomi sudare freddo e percependo la discoteca girare. Allarmato, mi scrutò impassibile, poi mi strinse la mano e cominciò a muoversi verso l'uscita.
«Stai male?» domandò Justin che in tutto quel tempo non aveva fatto altro che osservarci, tirai fuori un «sì» debolissimo che non udii nemmeno io. «Zack è colpa tua» tuonò.
«Cosa diamine dici?» ribatté lui, «hai sentito bene amico, sei stato tu a farla ballare come un pazzo e poi a scopartela con le mani per tutta la durata del ballo».
«Parliamo di quando le hai dato della puttana», «non far ricadere la colpa su di me» gridò Justin. Non li avevo mai visti litigare, erano fratelli ormai, assistere a quella scena mi stava facendo impazzire. 
«È colpa tua se l'ho insultata, sei tu che non fai altro che mangiartela con gli occhi sapendo che mi dà fastidio il fatto che qualcuno possa anche solo respirare in sua direzione».
«Non è vero, l'hai insultata perché ti ha impedito di farti le prime mignotte di turno» rispose Zack alzando la voce di un'ottava e lasciandomi la mano, azione che mi costò un senso di debolezza maggiore e uno squilibrio totale, faticavo persino a reggermi in piedi, in aggiunta c'era questa puzza di erba e fumo, alcol e la musica troppo alta, per non parlare della gente attaccata che mi infastidiva nonostante fossimo in una zona più spaziosa.
«Vuoi davvero che parli di quante mignotte ti sia fatto tu prima di conoscerla?» chiese Justin avvicinandosi a Zack, con uno sguardo arrogante. 
«E tu dimentichi la tua vita prima di fidanzarti con Lizzie?».
«Non metterla in mezzo», «Justin qual'è il tuo problema? Non mi va di discutere».
«Nemmeno a me, ma quando vedo che sei uno stupido e che non ti prendi cura come si deve di Caren, allora passo anche alle mani». 
«Vorresti picchiarmi?» domandò Zack allibito. Scattai e grondante di paura sperai solo che non si picchiassero, non per colpa mia. 
«In questo momento non mi dispiacerebbe» fece Justin, si avvicinarono ancora di più. 
«L'ultima volta che l'hai fatto è stato quando hai saputo della relazione tra me e Lizzie prima che vi metteste insieme» rammentò il ragazzo biondo con cui ballavo dolcemente pochi minuti fa. «Non parlare di Lizzie, non tirare fuori la mia ragazza».
La 'mia' ragazza, non sapevo se avesse sbagliato a parlare in quanto Justin mi aveva detto tempo fa che l'avrebbe lasciata di sicuro. Fatto stava che mi sentii ulteriormente male.
«Perché ti dà così fastidio?» Zack era in procinto di scoppiare, «se continuo a ripetere davanti a te il nome di Ashley, come ti senti?».
'Ashley'? Chi era nuovamente quest'altra? Forse un'ex importante...
«Justin devi chiudere la tua cazzo di bocca», «devi farlo prima tu».
«Ti brucia il culo perché tu non sai far altro che ferire Caren, mentre con me si trova piuttosto bene?»  sentii il mio nome essere pronunciato, ma ormai ero all'estremo delle forze.
Più litigavano più sentivo il mio cuore andare in fiamme, avevo dei grossi sensi di colpa, mi sentivo l'artefice di una rovina. Ebbi seriamente paura di rovinare il loro rapporto di migliori amici, scombussolando tutto e facendo sciogliere così il gruppo.
«Ho visto i succhiotti e lasciami dire che anche questa volta tu sei per le ragazze solo sesso, nient'altro» gridò Justin affermando che per Zack sentissi solo qualcosa di fisico, 'sesso' disse, cosa che non avevo nemmeno mai provato. 
«Si vede come sta bene con te, dato che ora invece si sente male e ha detto che non riesce a respirare» aggiunse, «se impari a trattarla con cura tu, magari senza insultarla gratis potrei anche lasciarla nelle tue mani» udii dire da Zack.
Mi stavano trattando come un fottuto pacco da spedire da un mittente all'altro.
«Già è tanto se non ti ho tirato un pugno quando ho visto quello scempio che aveva sulle tette, ricordati che devi rispettare anche me», «Justin se io e Caren ci frequentiamo perché non possiamo fare ciò che vogliamo? Perché ti dovrei rispettare? Non sei certo il suo ex, nemmeno il padre o il fratello, tra poco nemmeno un'amico, quindi cosa pretendi?».
«Basta!» urlai tappandomi le orecchie dalle grida sovrastate dalla musica, «non litigate» bisbigliai sentendomi mancare a livello fisico, non più spirituale e sensazionale.
Successe tutto rapidamente, Zack fu afferrato rudemente per il colletto e levò la presa di Justin su di lui. Entrai nel panico, sentii gli occhi inumidirsi e non sentii più la terra sotto ai miei piedi, da una parte il loro litigio mi distruggeva, dall'altra ero spossata fisicamente.
«Smettetela» soffiai.
Caddi a terra con le lacrime agli occhi e il battito del cuore a mille, mi maledii, dovevo stare male proprio adesso, proprio quando credevo di aver superato quelle improvvise stanchezze e quegli svenimenti. Boccheggiai e il contatto del suolo fresco contro la mia pelle accaldata mi fece venire i brividi. Chiusi gli occhi per un instante e quando gli riaprii a distanza di un secondo, ero già tra le braccia di Justin.
«Stai tranquilla» m'intimò per far cessare il mio pianto e l'affannamento respiratorio, «vi avevo detto di smetterla, perché non mi ascolti mai?» gli gridai contro tra una lacrima e l'altra, con una voce rotta e sommessa. «Scusami per tutto, anche per prima, scusami» disse abbracciandomi lievemente. Zack s'inchinò soffiandomi sul collo e aiutandomi così a respirare, stavo morendo di caldo. Poi mi strofinò la schiena, le persone che ballavano vicino a noi si fermarono e quando si girarono per guardare la scena m'imbarazzai.
Girai il viso verso il petto di Justin che con uno scatto felino inserì un braccio sotto le mie ginocchia, l'altro dietro la schiena e si alzò dal terreno. 
«No, Zack» disse, «vai a prendere qualcosa di zuccherato e non farti vedere per dei buoni quindici minuti» aggiunse, poi senza attendere un minuto in più, si diresse verso le stanze superiori, quelle senza chiave in cui avevo pianto prima.
Persi la cognizione del mondo esterno e ripresi consapevolezza di tutto solo quando fui appoggiata su un letto comodo ed estremamente morbido, mi furono rimboccate le coperte, poi la porta si chiuse e mi ritrovai completamente sola. Mi lasciai andare in un ennesimo pianto liberatorio. Cosa diamine era appena successo? Stentavo a crederci.


Sentii un battibecco fuori dalla stanza, segno che Justin era lì ad aspettare che mi riprendessi. Udii la presenza di qualcun altro e il suono di un pugno, un gemito seguito da un'imprecazione e il contenuto di un bicchiere di vetro rovesciarsi a terra assieme al fracasso.
Era chiaro: Justin aveva appena tirato un pugno a Zack. Sentii una morsa al cuore.
«Ti avevo detto di sparire per un po', vai a farti una fottuta canna ma non mostrarmi la tua faccia da schiaffi», «smetti di dare sempre ordini, io non ti tollero più» rispose il ragazzo colpito. 
Passarono dei minuti e sentii nuovamente parlare, «come sta?» chiese Zack, «non lo so, penso che sia spaventata» replicò Justin, poi più nulla. Avevo un macigno sul petto, portavo solo problemi e in più non valevo neanche un chicco di sabbia.
Ero un completo disastro, mi vergognai di essere me stessa, mi schifai di quello che ero e mi chiesi perché fossi nata.
Ricominciai a piangere, questa volta più rumorosamente e non riuscii a domare il tono con con cui lo stavo facendo. Sapevo che si sentisse da fuori e che quindi quei due ragazzi a cui avevo portato solo complicazioni stessero sentendo tutto. 
Soffocai i versi e i singhiozzi sul cuscino e mi maledii, imprecai numerose volte per cercare di fermarmi, mi coprii la bocca con la mano e mi pizzicai rudemente la coscia, consapevole che si sarebbero formati dei lividi piuttosto grandi ed evidenti.
Più tardi sentii la voce di Alex e Chris e mi venne un'improvvisa voglia di vedere quest'ultimo, avevo bisogno della sua presenza, mi mancava. La porta si aprì rapidamente ed era proprio lui. 
Gli altri ragazzi buttarono su di me un'occhiata veloce, poi Chris richiuse la porta aperta e si fiondò sul letto. 
«Cristo santo» esclamò, mi prese la mano e l'accarezzò con estrema cautela e dolcezza, «come stai?» domandò.
«Io sto benissimo, loro?» chiesi con tono di voce sottile, le mie corde vocali erano andate a quel paese ed ero estremamente ridicola e per certi versi patetica.
«Loro stanno bene, sono solo un po' preoccupati per te, soprattutto Zack che si sente responsabile» rispose guardandomi nella fragilità dei miei occhi, annuii.
«Non ti chiederò di dirmi cos'è successo in quanto rievocarti il ricordo potrebbe farti stare ancora male e nessuno di noi lo vuole» disse, «perciò rilassati, dormi un po'. Tra poco vengo a svegliarti e torniamo tutti a casa. So che potrebbe infastidirti la nostra presenza quindi torniamo di sotto», «a dopo piccoletta» finì di dire baciandomi la fronte e sistemandomi sul letto.
«Buonanotte, non pensarci più» mi sorrise e uscì, senza nemmeno darmi il tempo di fare o dire nulla. 
«Grazie di esistere» parlottai prima di dormire, in effetti avevo sonno. Chris non ne sbagliava una. Chiusi gli occhi e ancora scossa, cominciai a russare leggermente.



Mi svegliai prima che venisse Chris, stavo decisamente meglio, ma avevo un senso di angoscia addosso e una sensazione funesta nello stomaco. Premetti in quella zona per far sparire l'entità che mi stava scombussolando da capo a piedi.
Mi alzai dondolandomi un po' e dovetti reggermi al muro per non crollare nuovamente a terra, inspirai.
«Smettila di essere così debole, prendi esempio dalle altre ragazze» mi sgridai. Se avessi potuto mi sarei sputata addosso e magari mi sarei anche tirata uno schiaffo. «Mi faccio così schifo» sussurrai poi sentendomi fragile come un tempo, «schifo» aggiunsi arrivando alla porta. Dalla finestra riuscii però a scorgere un'ombra famigliare fuori dalla discoteca, seduta su una panchina con una sigaretta in mano, lo riconobbi. Smantellai fino all'uscita, evitando di passare per la sala da ballo e di vedere i ragazzi, utilizzai un'uscita secondaria. Una volta fuori fui ghiacciata da una ventata artica e fui scossa da brividi.
«Zack» soffiai ancora stordita una volta raggiunta la panchina, si voltò immediatamente, stava fumando. Sapevo che ogni volta che uscivano la sera a ballare, lui e Justin si alzavano per andare a fumare qualcosa, erba, una canna, quello strano aggeggio inventato dai turchi oppure delle volte una semplice sigaretta. Però adesso mi sembrava che lo stesse facendo per distrarsi, oppure per provare del sollievo e alleggerirsi da un peso che gli opprimeva la schiena, il mio peso.
«Caren?!» esclamò, si alzò e si avvicinò a me. «Mi hai fatto spaventare» disse a bassa voce abbracciandomi delicatamente, per paura di potermi suscitare un altro malore. 
«Vieni qui» aggiunse. Ci sedemmo sulla panchina e rimanemmo in silenzio. 
Lui guardava la fontana che aveva le sembianze di un laghetto grazioso e fumava. Bloccò la sigaretta tra il pollice e l'indice, fece cadere la cenere per terra e la avvicinò alle sue morbide e rosee labbra. Inspirò per bene, come se ne potesse trarre una consolazione e poi espulse il fumo dal naso e un po' dalla bocca che schiuse leggermente.
Andò avanti così finché la sigaretta non si consumò, la buttò nella fontana e lasciò fuori uscire il fumo dalle labbra a forma di anelli, segno che ci sapeva fare con queste cose. 
«Fumare ti fa male» gli dissi, anche se il mio commento era completamente fuori luogo. 
«C'è di peggio» rispose distaccato. Mi pentii di aver parlato, sembrava odiarmi.
«Fumi per distrarti?», «mi andava».
«Zack, cos'hai?» ennesimo quesito senza senso, stava male perché lo avevo fatto litigare con Justin. Mi chiesi perché fossi così stupida, tutti pensavano prima di parlare, tutti tranne me.
«Non voglio vederti così» bisbigliai addolarata, mi prese una mano e mi fece sedere sul suo grembo mettendomi quasi a cavalcioni su di lui. Lo guardai meglio, notai il segno violaceo sullo zigomo, era lapalissiano che si fosse formato a causa del violento pugno di prima. «Quando te l'ha dato, tu non hai ricambiato?» chiesi per curiosità anche se forse conoscevo già la risposta. 
«No» rispose piatto. Quest'imperturbabilità da parte sua mi stava disintegrando, lui che non perdeva mai occasione per sorridere e ridere, lui che amava scherzare ed era il più simpatico e raggiante tra tutti noi.
«Perché?» chiesi, «perché ha ragione, perché è colpa mia e perché non tocco il sangue del mio sangue» disse alludendo al fatto che tra lui e Justin ci fosse un legame profondo, come se fossero consanguinei per davvero.
«Lui è mio fratello non di sangue, ma per scelta» voltò lo sguardo verso la fontanella alle mie spalle, «non è colpa tua» affermai accarezzandogli la guancia urtata, strizzò leggermente l'occhio, dedussi che gli facesse davvero male, ricordavo ancora il suono del colpo, non avevo mai sentito tale ferocia in un semplice pugno.
«Scusami per tutto questo, io non ho voluto che nulla di tutto ciò accadesse» tentai di giustificarmi amareggiata, dannatamente afflitta. «Tu non c'entri niente, smettila di assumerti tutti i problemi» mi sgridò, «e chi ci pensa ad assumerseli allora?» protestai. «Il responsabile» dichiarò, si riferiva a lui.
«Perché sei così freddo?» mormorai con voce flebile. Sbuffò e guardò prima il cielo, poi me.
«Caren io non voglio farti del male» fece netto, «forse se mi allontano evito di crearti problemi. Justin ha ragione in tutto quello che ha esplicitamente affermato, poi ha detto che non vuole che nessuno respiri in tua direzione, significa che gli piaci, lascia stare ciò che dice lui, non lo ammetterebbe mai. Quindi possiamo finire questa messa in scena, hai la strada spianata, Justin è single e tu puoi dichiararti. Prima era molto preoccupato per te, dovresti andare da lui, non da me» buttò fuori in un soffio. Mi venne da piangere, «tu non mi fai male, anzi, è grazie a te se ora sono più positiva e felice. Non mi abbandonare» lagnai stringendogli la maglia, «io no-non, non potrei mai abbandonarti» sussurrò sbattendosi la mano sulla fronte. Sbuffò sonoramente e scosse la testa.
«Cazzo Caren, penso di essermi innamorato di te». 


Per poco non svenivo di nuovo, balbettai qualcosa di incomprensibile e disconnesso. Non credevo alle mie orecchie, mi mancò il fiato e mi coprii la bocca con le mani. Stentavo a crederci, ecco che il mio povero cuoricino riprese a battere a raffica e fui tempestata da una serie di fremiti e sussulti. 
«Impossibile» farfugliai sconvolta, «Caren, lascia che io ti ami, almeno finché tu non impari ad amare te stessa» disse. 
«Zack, io non...» dannazione, avevo la lingua ingarbugliata, non sapevo cosa dire, ero rimasta a bocca aperta. 
«Sappi inoltre che stare con te per finta è stata forse una delle mie più grandi soddisfazioni. Tu fingevi di amarmi, io no e diamine quanto mi faceva felice averti al mio fianco», «per quanto tengo a te, ti posso promettere che non interferirò mai nella tua relazione con Justin, anzi cercherò di rafforzarvi entrambi».
«No Zack, non capisci» tremai parlando, «io sono felice» puntualizzai. «Perché anche una parte di me ti ama». 
«Quindi?» chiese poco convinto, «se ti do questo mi credi?» domandai tutta d'un fremito, scossa da emozioni fortissime.
Non gli diedi il tempo di dire nulla, poggiai le mie labbra sulle sue, che erano calde e invitanti, avevo sognato questo momento da sempre e in quell'istante ero convinta: ero innamorata anche io, ma non l'avevo mai concretizzato.
Sembrò inizialmente interdetto e solo dopo schiuse la bocca, lasciando che la sua lingua toccasse la mia. Sussultai, fu come perdere dieci anni di vita, cominciai subito ad affannarmi, Zack mi scaricava completamente.
Mi afferrò con cautela per le cosce sospingendomi più vicina a lui, amai il suo tocco affabile. Poggiai le mie mani sulle sue guance e sorrisi sulle sue allettanti labbra, che si muovevano in simbiosi contro le mie.
Ci baciavamo così: un colpo di lingua e un deciso incontro umido tra le labbra desiderose, Chris aveva ragione, era estremamente bravo ed eccitante. Però c'era più che un'attrazione fisica come invece sosteneva Justin, che dimenticai completamente.
Percepivo solo adrenalina, il mondo si fermò e mi ritrovai catapultata in un parallelismo esotico, magia e nient'altro.
Quel bacio mi stava risvegliando tutti i sensi, mi sentivo capace di amare. Mi mordicchiò il labbro inferiore e lo leccò, risucchiandolo con bravura e iniettandomi ancora più voglia, approfondii il bacio invogliata da quella blandizia. 
Spinsi la mia lingua all'interno della sua bocca, che accarezzò e poi lambì. Mi stava dando alla testa, io lo amavo tanto quanto lui mi amava e quel bacio ne era la dimostrazione. Altri colpi dettagliati di lingua e umide effusioni con la bocca.
Ci interrompemmo affannati, mi piaceva baciare, ma con Zack era molto di più che una semplice piacevolezza, avevo i fuochi d'artificio nello stomaco, pelle d'oca e fremevo, porca puttana se fremevo.
«Dannazione» sussurrai, «eh già ora ne ho la conferma, con te non è solo qualcosa di fisico», mi sorrise «dici che può funzionare tra noi due?», «funzionerà» lo rassicurai. 
«Quindi ora sono tua», «e io sono tuo», scoppiammo a ridere.
Ci abbracciammo per un lungo tempo, entrambi in silenzio, entrambi felici e innamorati.

Io Caren Eve Howen mi ero fidanzata per la prima volta e avevo dato il mio vero e proprio primo bacio.

Più tardi rientrammo in discoteca mano nella mano, prima di tornare alla postazione avvisai il mio ragazzo che sarei andata in bagno. Sorrisi euforica come non ero mai stata, ma fui bloccata al muro in tre secondi.
Un respiro caldo sul mio orecchio e l'odore di Justin Drew Bieber inebriarmi le narici, «ho visto tutto» tuonò. «E se ufficializzi le cose con Zack, io mi rimetto con Lizzie» aggiunse.












SPAZIO AUTRICE
CAPITOLO BOMBA CUORI! :)
Allora, si da il caso che 'Shining' sia ufficialmente finita! (Piango) Inoltre festeggiamo ufficialmente un anno della fanfiction, che ho creato proprio il 13 marzo dell'anno scorso. Di fatti ora ci sarà un sequel che forse continuerò a postare sempre qui, oppure lo metterò come nuova storia, non so. Avete visto quante sorprese? Zack e Caren si sono fidanzati e Justin?
Ho scritto questo capitolo con il sangue, e dato che è l'ultimo, pretendo delle belle recensioni! Dai me le merito.lol.
A dir la verità ora che ho finito Shining mi sono tolta un peso di dosso soprattutto nei confronti di voi bellissimi lettori, spero di aggiornare presto anche se penso che mi prenderò una pausa.
Non mi dilungo più, fatevi sentire. Vi lascio con delle gif, alcune foto e un ringraziamento a tutti.
Ps1. C'è qualcuno che può aiutarmi con un nuovo banner?❤️
Ps2. Ho iniziato una nuova storia intitolata 'black widow', spero passerete:) A voi il link (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3049793) Un bacione,
Sarah
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Justin

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Zack


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