Guardian Angel

di StellaBieber98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1. Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Cap 1. Prologo ***




Guardian Angel
 
 


Whisper three words and I'll come runnin'

Flight
And girl you know that
I'll be there
I'll be there

You are not alone
I am here with you
Though we're far apart
You're always in my heart
You are not alone “
-Michael Jackson ♥ You Are Not Alone ♥

 

Traduzione

Sussurra tre parole e io verrò correndo..

volo
E ragazza tu sai che
Io sarò lì
Io sarò lì

Tu non sei sola
Io sono qui con te
Anche se tu sei lontana
Sei sempre nel mio cuore”


 


 


 

PROLOGO

“Mamma, perché papà tossisce sempre?” Chiesi a mia madre un giorno d’autunno. Lei si piegò sulle ginocchia per arrivare alla mia altezza e fissando il suo sguardo nei miei occhi, mi disse: “Tesoro, non devi preoccuparti, papà è solo un po’ raffreddato ma gli passerà…Ricordi quando anche il nonno tossiva sempre e tu venivi nel mio letto perché non riuscivi a dormire?”

“Si ma ero piccola! Ora non ho più paura!” Le dissi con l’ingenuità che solo una bambina di cinque anni poteva avere.

La mamma mi diede un bacio sulla fronte e disse con fare e tono rassicurante: “Certo adesso tu sei diventata una signorina e… lo sai cosa fanno le ragazze grandi?”

“No, cosa fanno?” le chiesi con una certa impazienza di conoscere la risposta.

La mamma mi sorrise: ” Le ragazze grandi non fanno mai ritardo agli appuntamenti e la mamma ha una riunione tra dieci minuti, siamo già in ritardo”. Si avvicinò all’appendiabiti, prese il mio cappottino color lavanda e, dopo avermi aiutata ad infilarlo, si avvicinò alla porta d’ingresso, l’aprì, ma vedendo che io non la stavo seguendo si fermò e con un’espressione divertita tornò indietro dicendo: “Lo so che non ti piace aspettare la fine delle mie riunioni nel mio ufficio, però ti prometto che questa sarà l’ultima volta perché ho trovato una babysitter che si prenderà cura di te quando io sarò a lavoro! Adesso vai a prendere la tua bambola e andiamo”. Vedendomi ancora perplessa aggiunse: “ Sei proprio una tipa testarda tu!! E va bene, facciamo un patto: tu vieni con me a lavoro e quando finisco ti porto al parco a prendere un gelato, che ne dici?”

“Il gelato che mi piace tanto? Quello con tre gusti e le scaglie di cioccolato?” dissi, decisa a trattare sulla mia ricompensa.

“Proprio quello!” mi rispose la mamma “Ma adesso”- continuò- “vai a prendere la bambola di pezza, quella rossa che ti farà compagnia mentre io non ci sarò”.

“Posso portare quella blu? E’ da tanto che non gioco con quella!” protestai, ma la mamma mi ripeté di prendere quella rossa.

“Mamma ma è un mio gioco voglio scegliere io con che bambola giocare e poi perché insisti così tanto!” le dissi sbuffando.

La mamma prese le chiavi della macchina dal centrotavola e si avviò verso la porta, che era rimasta aperta, si voltò un’ultima volta verso di me e, con tono un po’ più severo di prima, mi disse: “Basta Jenny, fa’ come ti dico, prendi quella bambola e non fare domande. Quando sarai più grande capirai il motivo della mia insistenza. Dai andiamo!”. Detto ciò si avviò verso la macchina; io presi la bambola e la seguii.

La Mercedes nera di papà era parcheggiata appena fuori dal cancello della villa e mamma mi invitò a salire su quella macchina. Ma la macchina di mia madre era l’ultimo modello di Mercedes e poi era di un acceso color lilla. Risi di gusto quando ipotizzai che papà stava girando per Londra alla guida di una macchina di quel colore e piena di peluches rosa.

Non capii perché si erano scambiati la macchina, ma non ci pensai molto. Dopotutto non era un mio problema e non mi interessava neanche più di tanto.

Raggiunsi la mamma vicino alla macchina. La vidi un po’ preoccupata ma pensai che forse era per il ritardo. Così non prestai attenzione neanche a quello e aprii la portiera, mi sedetti sul sedile del passeggero e, mentre stavo per richiuderla, vidi un uomo avanzare verso di noi. Anche lui mi guardò, poi si girò per dire qualcosa ad un altro uomo che era al suo seguito e notai che aveva uno scheletro tatuato sulla nuca. Continuava a guardarmi e si avvicinava sempre di più a noi. Guardai la mamma e, indicandolo, le chiesi: “Mamma, ma chi è quell’uomo che sta venendo verso di noi? Un tuo amico?”. La mamma guardò anche lei nella direzione da me indicata e, per la prima volta, vidi un lampo di terrore riflesso nei suoi occhi.

Mise la mano sul mio sportello e lo chiuse impetuosamente, poi fece il giro della macchina, impaziente e si sedette al posto di giuda; ingranò la marcia, mise subito in moto e la macchina partì velocemente con una stridente sgommata . Guidava a grande velocità e dallo specchietto vidi che quell’uomo era salito su una Gip e ci stava seguendo, anche lui guidando in modo spericolato.

“Mamma che sta succedendo? Ho paura!” le dissi con il volto rigato di lacrime.

“Stai tranquilla tesoro, andrà tutto bene. Non devi avere paura di niente, siamo quasi arrivate! Mettiti la cintura di sicurezza, tra un po’ sarà tutto finito!” mi disse evidentemente in preda al panico, dal momento che le tremava la voce.

Feci come mi aveva detto.

Dopo il prossimo semaforo, riuscivo a vedere l’azienda di famiglia, dove eravamo diretti. Era in un vicoletto isolato dal resto della città e non era molto lontana. Solitamente la strada principale che portava al vicolo era molo affollata, ma stranamente, non c'era nessuno in quel momento. La mamma accelerò di colpo, non curandosi del semaforo, facendomi andare all’indietro ma poi qualcosa le sbarrò la strada e fu costretta a frenare. Di colpo andai in avanti e la cintura di sicurezza fu l’unica cosa che si frappose tra il mio corpo e il parabrezza e che mi impedì di sfondarlo.

La mamma era tutta sudata e prese in fretta la borsa, afferrò il cellulare e mentre pigiava i tasti si ripeteva in preda al panico: “Non doveva andare così!”.

La osservavo come pietrificata, quando accadde tutto in un attimo. Qualcuno prese la mamma e la buttò fuori dalla macchina facendola cadere per terra.

La legarono, mentre lei si dimenava per liberarsi.

Non prestarono attenzione a me o perché non mi videro o perché per loro non ero importante.

In un primo momento non reagii, paralizzata dalla paura, ma poi gridai forte il suo nome e fu come ricordare a quegli uomini che c’ero anche io in macchina.

Ero troppo piccola allora per accorgermi del vitale errore che avevo compiuto.

Mentre tenevano stretta la mamma per impedirle di scappare, il tizio con il tatuaggio sulla nuca gridò ad un uomo che aveva al suo fianco: “Prendete quella ragazzina!”.

Mentre la mamma gridava: “No vi prego, lasciatela stare!”, caddi come in trans e tutti i suoni arrivarono al mio orecchio ovattati.

L’unica voce che sentii distintamente proveniva da me stessa:

SCAPPA, diceva e così decisi di ascoltarla.

Mi precipitai fuori dalla macchina e corsi andando a finire sull’altra corsia. Un omone mi era alle calcagna e io correvo, correvo senza sosta.

Le gambe mi facevano male ma non aveva importanza: dovevo correre era l’unica cosa che sapevo con certezza di dover fare.

Ero quasi arrivata all’azienda, quando quell’uomo mi afferrò la gamba, facendomi cadere per terra. Mi tirava verso di se, quando ad un tratto una luce accecante lo abbagliò e la sua mano iniziò a sanguinare come se la mia caviglia gliel’avesse bruciata, così mollò la presa. E mentre mi rialzavo e ricominciavo a correre per allontanarmi da lui il più possibile lo vidi torcersi e gridare, lacerato dal dolore.

Arrivai davanti l'azienda e sbattei i pugni sul cancello di ferro. Vidi tutti i dipendenti di mio padre affacciati alle finestre che mi guardavano, immobili. Era come se già sapessero e non avessero la minima intenzione di aiutarmi.

In preda alle lacrime, gridavo loro di farmi entrare, ma nessuno si muoveva. Ad un tratto sentii una forte esplosione. Mi girai di scatto e vidi ciò che mi avrebbe segnata per il resto della mia vita: il posto in cui quegli uomini avevano preso la mamma saltò in aria, con la stessa rapidità con cui si accende una lampadina. Mi girai ancora verso i cancelli e l'ultima cosa che vidi furono gli occhi di mio padre e di mio nonno che, rammaricati, mi guardavano da una finestrella dell'azienda, poi saltò in aria anche quella e fui assalita dalle fiamme. Prima di chiudere gli occhi osservai la torre a scacchi nera e bianca, dove usciva uno strano gas, infine il nulla.
****

Mi risvegliai immersa nella luce più chiara e limpida che avessi mai visto; non riuscivo a respirare, né a capire dove mi trovassi. Era come se il mio cervello fosse scoppiato con quella esplosione, insieme ai miei.

Mi alzai tremando, e gridai con tutta la voce che mi era rimasta il nome dei miei genitori.

Incominciai a camminare senza una meta precisa, accecata da una luce bianca luminosissima.

Ad un tratto vidi un bambino vestito di bianco avanzare verso di me. Appariva e scompariva. Si avvicinò, mi sorrise dolcemente, poi mi sussurrò dolcemente: "Non è ancora il tuo momento; svegliati Jennifer, svegliati!"
  ****

Quando mi risvegliai ero in un letto di ospedale e sentivo delle voci confuse intorno a me; dicevano: "Svegliati, ce la puoi fare piccola, avanti! Non mollare, puoi farcela, sappiamo che puoi farcela".

Dopo dodici anni...


 


 


 

Read me...

Ciao cucciole, ecco per voi una nuova storia.

Che ne pensate?

Ci ho messo circa 2 ore a fare il banner, spero che vi piaccia.

Volevo comunque dirvi che continuerò Housemate

e contemporaneamente anche questa ff, spero che vi piacerà.

Vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate, è davvero

importante per me. Lasciate qualche recensione per la continua.

Un bacione, Stella <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Guardian Angel



CAPITOLO I

<< Accomodati pure Jennifer! >>, mi disse lo psicologo con una certa enfasi, in un afoso giorno di giugno;

<< Come ben sai questa è la nostra ultima seduta >> - continuò- << Sei stata in cura da me per dodici anni ed è stato compiuto un percorso di crscita e miglioramento, ora dimmi: come ti senti? >>.

Mi guardai un po’ intorno e, vedendo il cavallo di plastica, mi ricordai la prima volta che ero entrata in quello studio: allora ero una bambina terrorizata che aveva smesso di parlare. Avevo paura del dottor Ross e lui per mettermi a mio agio, mi aveva fatta stendere sul lettino dove mi trovavo ora e mi aveva dato quel cavallo per farmici giocare, in modo che potessi tranquillizzarmi.

Ricordo che i primi giorni parlavo solo con quel cavallo tra le mani.

<< Molto meglio >> gli risposi << Ho iniziato ad uscire e a stare in  mezzo alla gente, e l’ultima volta per tornare a casa ho preso un taxi >> gli risposi, immensamente soddisfatta dei miei progressi.

Il dottore mi sorrise e disse: << Bene, sono contento. Le prime volte mi avevi detto che avevi una crisi ogni volta che vedevi una macchina  o che ci dovevi salire sopra; che avevi paura della gente e non volevi uscire di casa. Vedo che invece oggi queste tue paure sono solo un ricordo lontano >> mi disse compiaciuto del suo operato.

<< Si, pensi che quando uscirò dal suo studio andrò a fare shopping con una mia amica >>.

<< Benissimo Jennifer, sono davvero orgoglioso di come stia andando la terapia. Dove hai incontraro questa amica? Non me ne avevi mai parlato >>.

<< Si è trasferita da due settimane in una vecchia casa vicina a quella della zia, è una brava ragazza >>

<< Ti ha chiesto qualcosa sul tuo passato? >> mi rispose con aria un po’ preoccupata.

<< No, me lo ha chiesto solo una volta ma io non le ho risposto così ha lasciato perdere >> gli spiegai.

<< Meglio così, non è terapeutico far riaffiorare velocemente ricordi così funesti senza esserne esperti, dico bene? >>

<< Suppongo di si; inoltre la conosco da poco e non ho voglia di svelarle i miei scheletri nell’armadio >>

<< Mi sembra più che giusto. Il tuo rapporto con tua zia come sta procedendo? >>

<< Davvero molto meglio >>

<< Bene era quello che volevo sentire, le prime volte non le parlavi e mi dissi che la odiavi perché aveva sostituito la tua mamma, ricordi? >>

<< Certo che si. Dottore posso farle una domanda? >>

<< Sono qui apposta, chiedimi pure tutto quello che vuoi >>

<< Perché mi chiede se ricordo il mio comportamento quando avevo cinque anni? >>

<< Semplicemente perché voglio prendere concretamente atto dei tuoi progressi e voglio che lo faccia anche tu. >>

<< Si capisco. >> gli dissi soddisfatta della sua risposta;

<< Ora vorrei sapere un’altra cosa: come va con la scuola? Mi avevi detto che avi intenzione di frequentarne una pubblica o al limite una privata. >>

<< Veramente non ho ancora pensato alla scuola, per ora ho i miei soliti insegnanti privati. >>

<< Vorrei darti un consiglio: per adesso riposati perché è estate e ne hai bisogno, però appena ricomincerai con le lezioni, invece di svolgerle dentro casa, fallo sulla veranda di casa tua così sentirai le voci della gente  e non ti isolerai nuovamente. >>

<< D’accordo seguirò il suo consiglio. >>>

<< Ora vorrei che tu ti rilassassi e mi parlassi delle tue paure, è per questo che ho inistito per farti venire un’ultima volta. >>

<< Okay. >> gli risposi.

Mi misi comoda e chiusi gli occhi, come il dottor Ross mi aveva insegnato a fare e cominciai dicendo:<< Ho ancora paura di alcune macchine e dei parchi>>

<< Va bene Jennifer, voglio che tu mi dica di quali macchine hai paura. >>

<< Delle Gip! >>

<< Anche quando eri bambina avevi paura di questo tipo di macchina… la paura è la stessa oppure incomincia a diminuire? >>

<< Ne ho comunque paura ma adesso riesco a controllarmi >>

<< Molto bene, per quanto riguada i parchi non mi preoccuperei più di tanto, molti ragazzi hanno paura dei parchi specialmente di sera. >>.

Fece una piccola pausa, poi riprese: << Voglio ancora una volta ritornare al giorno dell’incidente. >>

<< Cosa vuole sapere? >>

<< Non conta quello che voglio sapere io, ma quello che voglio far sapere a te! So che vuoi conoscere il tuo passato Jennifer e per farlo bisogna scavare nei ricordi. >>

<< Le ho già parlato dell’incidente molte volte >>

<< E’ vero, ma mi hai sempre detto che l’ultima cosa che vedesti fula ciminiera di una torretta bianca e nera. Sai cosa c’era lì dentro? Non ti ho mai fatto questa domanda prima perché non l’ho mai considerato un dettanglio importante, ma ora ti chiedo di rispondermi >>

<< Io non lo so… >>

<< Avanti Jennifer, ti chiedo un piccolo sforzo; sai che non hanno ritrovato il corpo né di tua madre e né di tuo padre. Se i tuoi occhi hanno scelto di guardare in quella direzione, inconsapevolmente devi averne avvertito la necessità; potevi guardare ovunque, ma perché soffermarti proprio lì? Rifletti Jennifer è molto importante. >>

<< Usciva uno strano gas da lì e c’era… >>. Mano a mano che mi concentravo le immagini dell’esplosione mi tornarono alla mente, iniziai a sentire il volto bagnato e a tremare. Non volevo tornare indietro volevo solo andare avanti, volevo lasciare andare i miei genitori e vivere la mia vita, lo volevo fortemente. Ma, anche io sentivo il bisogno di ricordare perché avevo rimosso tutto del mio passato, ricordavo solo quel maledetto incidente e le fiamme alzarsi intorno a me. Forse  c’era ancora qualcuno che voleva prendermi e io non sapevo il perché. Capivo la preoccupazione del dottore: temeva che quegli uomini mi stessero dando ancora la caccia dopo tanti anni e lo temevo anche io; in qualche modo si era convinto che la chiave per risolvere il mistero fosse quella torretta… ma perché?

Iniziai a sentirmi fortemente confusa, era come se la mia bocca e le mie labbra si muovessero senza che io glielo comandassi.

<< C’era un bambino... >> dissi con la voce rotta dallo sforzo << Mi ha rimandato indietro, ha detto che non era arrivato ancora il mio momento. >>

<< So già del bambino, voglio che tu ti concentri su quell’uomo. >> disse il dottore impaziente.

<< Io… >> sentivo il sangue uscirmi dal naso e sporcarmi le labbra, sentivo il suo sapore. Iniziai a tremare più forte, poi… persi i sensi.

Quando mi svegliai ero ancora su quel lettino e il dott. Ross mi stava portando un bicchiere di acqua fresca.

Appena si avvicinò gli chiesi: << Cosa le ho detto? >>

<< La stessa cosa che mi dici ogni volta che ti chiedo di ritornare all’incidente: mi hai raccontato di quel bambino >>

<< Se lo dico sempre, forse è perché è l’unica cosa che ricordo! >>

<< L'unica cosa che ricordi è un sogno? >>

<< Non è stato un sogno, stavo morendo e qel bambino mi ha mandata indietro! >>  protestai. << Lei non mi crede vero? >> gli chiesi tristemente.

<< Non so Jenifer è troppo surreale secondo me la storia di questo bambino >>. << Allora >>- disse aiutandomi ad alzarmi e accompagnandomi alla porta- << Per adesso il mio consiglio è quello di goderti l’estate, se avrai bisogno di me sai dove trovarmi >> .Dopo avergli augurato di fare delle belle vacanze e aver salutato la sua segretaria, me ne andai.

                                                                              ****

 

Giada mi stava aspettando all’angolo della strada e appena mi vide uscire dal portoncino color bronzo, mi rivolse uno smagliante sorriso.

Appena la raggiunsi, mi salutò dicendomi:<< Alla buon ora, nuova vicina! Iniziavo a temere che lo stregone ti avesse ipnotizzata e ti tenesse prigioniera nel suo antro oscuro! >>.

<< Ma dai, non è uno stregone! E poi ti sembro mai il tipo che si lascia ipnotizzare facilmente?! >> le risposi con un pizzico di ironia. Non potevo essere depressa quando ero con lei, dovevo assumere una maschera, ma tutta uesta recita era piacevole; mi aiutava a ritornare alla normalità.

Spostando il suo sguardo sul mio look, mi chiese: << Che hai fatto alla maglietta? >>;

la guardai anche io e vidi che era sporca di sangue; dovevo inventarmi qualcosa, dato che non volevo dirle la verità.

Dopo alcuni secondi di silenzio le risposi: << Sono caduta per le scale, mentre scendevo e ho sbattuto il naso così mi è uscito un po’ di sangue. >>

<< Hai preso una botta davvero forte, la maglietta da bianca è diventata completamente rossa! Menomale che io porto sempre con me una maglia di scorta, insieme al lucidalabbra, sai com’è: non si sa mai! >>. Detto ciò mi porse la maglietta color corallo e mi spronò ad indossarla;

<< Non posso rimanere in reggiseno in mezzo alla strada ti pare?! >>.

<< Avanti, non sta passando nessuno, sbrigati! >>. Mentre mi aiutava ad infilarla mi disse che si era persa per tre volte consecutive, prima di capire dove fosse lo studio del dott. Ross.

Quando fui pronta, Giorgia mi prese sottobraccio ed esordì dicendo:

<< Adesso basta perdersi in chiacchiere; sono arrivata già da due settimane e sono ancora single! Muoviamoci, voglio conoscere la tua Firenze! >> e detto ciò iniziò ad incamminarsi verso il centro della città, trascinandomi con se.
"Se sapesse che non ho la minima idea di dove andare, mi uciderebbe" -pensai, ricordando che da quando ero a Firenze, raramente ero uscita di casa, tranne quando andavo a fare la mia corsa mattutina o con la zia, l'unico parente che mi fosse rimasto dopo l'incidente.

                                                                                 ****

 

 Camminammo per dieci minuti buoni e arrivammo al duomo. Lo studio del dottor. Ross era molto vicino al centro.

Appena voltato l’angolo vidi una cosa magica: il duomo di Firenze era incantevole, non avevo mai visto nulla di più spettacolare. Rimasi incantata e, stranamente, una lascrima mi corse giù dall’occhio destro, bagnandomi gli zigomi rosei. 

<< Ehi, Terra chiama Jenny! Ci sei, sembra che tu non lo abbia mai visto! >>- disse, riportandomi con i piedi per terra..

<< In effetti è così! >> le dissi senza guardarla e continuando, invece, a fissare il duomo.  La sentii farfugliare qualcosa in risposta, ma non prestai molta attenzione a quello che stava dicendo.

<< Voglio entrarci! >> le dissi, determinata a vedre la chiesa all’interno.

Ma, quando mi girai, Giada non c’era più.

.Mi guardai intorno: la piazza era blulicante di gente, era impossibile trovarla in quella confusuione!

Gli occhi mi si riempirono di lacrime, vidi passare una Gip in una strada vicina ed allora iniziai a perdere l’autocontrollo, era come ritornare iundietro nel tempo: stavo per riavere una crisi di panico!

Ero di nuovo sola, come dodici anni fa

Iniziai a sudare, la vista mi si appannò, stavo per perdere i sensi,. Non avrei dovuto seguire i consigli del dottor Ross e tornarmene subito a casa. Maledizione!

Non ero ancora pronta per farlo… istintivamente mi aggrappai ala ringhiera che circondava il Battistero, quando vidi Giada sbucare da una gelateria e correre verso di me.

Mi afferrò un braccio, lo mise intorno alla sua nuca e mi disse: << Avanti Jenny mantieniti a me, va tutto bene! >>. Mi portò fino al marciappiede e mi fece sedere su uno scalino di un portone e poi mi porse una bottiglietta d’acqua.

Ne bevvi un sorso, poggiai la testa al portoncino e chiusi gli occhi. Il dottor. Ross mi diceva sempre che, in caso di panico, dovevo prima chiudere gli occhi, rilassarmi, poi dovevo riaprirli e a quel punto mi sarei resa conto che non poteva succedermi niente di male perché non ero a Londra e specialmente non ero vicina a quel maledetto vicolo.

Feci esattamente tutto nell’esatta sequenza e funzionò.

Quando riaprii gli occhi vidi che il duomo era ancora davanti a me, solo un po’ più lontano e che Giada aveva il volto paonazzo e mi guardava come se fossi risuscitata.

Il mio volto iniziò a riprendere colore e, quando mi sentii abbastanza forte da affrontare la mia amica, sbottai gridandole contro: << Maledizione, come ti è venuto in mente di lasciarmi sola in mezzo a questa confusione!! >>

Lei in un primo omento rimase muta ma poi si lanciò all’attacco:

<< Avanti Jenny non hai due anni, ne hai diciassette e poi non sono la tua babysitter >> ribattè con un ardore che non credevo fosse in grado di provare.

<< No, certo che non sei la mia babysitter, ma ti avevo detto che avevo pura di rimanere da sola in mezzo a tanta gente! >>

<< E invece no, tu non mi hai mai detto niente di te, sei sempre stata un tabù! >> controbbattè.

Se non ci avesse fermate un ragazzo, spuntato chissà da dove, probabilmente avremo iniziato a tirarci i capelli a vicenda.

<< Ehi, basta litigare; è stata colpa mia, la ragazza è entrata nella gelateria dove lavoro e io ho iniziato a parlare con lei >>.

Ma questo chi cavolo era?! Solo lui ci mancava a farmi uscire fuori dai ranghi del tutto!

<< Non devi prenderti la colpa, lei doveva avvisarmi comunque e poi… >> mi girai a guardarlo per continuare il mio discorso, ma fui costretta a bloccarmi.

Lo fissai e rimasi strabiliata da quel ragazzo; era di una bellezza decisamente rara: aveva i capelli color grano, gli occhi di un nocciola tanto intenso che sembrava cioccolato fuso. Non avevo mai visto un ragazzo con lineamenti tanto morbidi ed eleganti.

Anche Giorgia era rimasta incantata dalla perfezione di quel ragazzo e nessuna delle due parlò.

Lui ci sorrise.

Evidentemente dovevamo avere poroprio un’aria buffa.

Persino il suo sorriso era fuori dal comune.

Mi fissò anche lui poi mi chiese con aria interrogativa:<< Che stavi dicendo? >>

<< No, non ha importanza >> gli risposi come in trans.

Mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi. La sua stretta era forte e in pochi secondi fui di nuovo salda sulle mie gambe.

Giorgia mi prese sottobraccio e disse al ragazzo misterioso: << Sei di qui? Come ti chiami? Sei fidanzato? >>.

Lui sorrise divertito e a quel punto io mi intromisi nell’imbarazzante conversazione e gli dissi: << Ti ringrazio per quello che hai fatto pocanzi, ma adesso noi dobbiamo proprio andare, ciao >>

<< D’accordo, ci si vede in giro allora >> rispose sempre con quel meraviglioso sorriso stampato sulla faccia, poi si girò e si addentrò in una stradina vicina.

Giorgia mi guardò come se le avessi ammazzato il gatto:<< Ma insomma, hai bisogno di un paio di occhiali? >>.

<< E tu sei quella che aveva problemi di socializzazione? >> le risposi a tono. << Dai torniamo a casa, abbiamo già dato tropo spettacolo per i miei gusti >>; anche se di controvoglia, Giorgia si incamminò con me  verso casa e per tutto il tragitto parlammo di quel ragazzo. Io le dissi dei suoi occhi mentre lei mi parlò del suo fisico, che pare fosse stata l’unica cosa che avesse notato; poi mi disse che avremmo potuto dividercelo a lei sarebbe bastato tenerlo nel finesettimana e così ridendo e scherzando, finalmente arrivammo in Piazza della Signoria, dove abitavamo. I portoni delle nostre case erano vicini e anche in quella splendida piazza c’erano turisti ovunque.

Prima di salire la rampa di scale che portava a casa mia, Giorgia mi fermò e mi disse: << Mi dispiace di averti lasciata sola prima >>.

<< E a me dispiace di aver reagito in modo così violento. >>

<< Allora amiche come prima? >>

<< Puoi contarci. >> le risposi

<< Jenny, devo dirti una cosa >>

<< Spara, sono tutta orecchi! >>

<< Ero entrata in quella gelateria per chiedere dove si trovassero dei negozi di abbigliamento famosi e, vedendo quel ragazzo, ho iniziato a parlare con lui e ti ho persa di vista. Lui non centra niente >>

<< D’accordo, non preoccuparti, ormai è tutto finito >>

<< Allora buon pranzo! >>

<< Altrettanto! >>

Chiusi la porta alle mie spalle ed iniziai a salire la rampa di scale.

                                                                           ****

 

Appena entrai in casa la zia mi salutò e poi disse:<< Sai, volevo proporti una cosa! >>

<< Dimmi pure >>

<< Domani ho preso un giorno a lavoro e volevo chiederti se volevi venire con me a prendere… >>

<< Un gelato?! >> la interruppi sperando che mi dicesse di si.

<< Ok… allora andiamolo a prendere… >>

<< Zia c’è una gelateria in piazza duomo davvero f-a-v-o-l-o-s-a. Possiamo andare lì? Ti prego dimmi di si!! >> la interruppi ancora guardandola con quello sguardo da cucciolo bastonato che la faceva sciogliere.

<< Se mi guardi così, allora vorrà dire che ti accontenterò >> mi rispose sorridendomi.

Le andai incontro e la abbracciai.

Poi dissi: << Ti ricordi quando usavo questo sguardo per farmi comprare le barbie!? >>

<< Fila in camera tua signorina, prima che cambi idea! >> mi rispose, con l’aria di chi ti sta prendendo un po’ in giro.

Girai i tacchi e me ne andai, facendo finta di essermi offesa, ma sapevo che la zia aveva capito che anche io stavo scherzando con lei.

Appena entrai in camera mia chiusi la porta a chiave e, preso il cellulare, chiamai Giorgia:

-Pronto?

-Giorgia sono Jenny

-Ehi ci siamo appena salutate e già non riesci a stare senza di me?!

-Ho un notizione!

-Fammi indovinare… la zia ha accettato di comprarti un serpente!

-Magari, quello sarebbe il massimo però no, ho qualcosa di meglio di un serpente!

-Cioè cosa?

-Gelato domani pomeriggio dal principe azzurro!!

-Scherzi?! Come l’hai convinta, credevo che per lei i ragazzi fossero mission impossible.

-Hai ragione, ma chi ti ha detto che lei sa di quel ragazzo?!

-Tu sei pazza lo sai?

-Per forza, a furia di stare con te!

-Va bene allora buona fortuna e fammi sapere tutto ok?! Voglio lo scoop!

-Stai tranquilla ti terrò informata, ciao ciao!

-Bye!!

 

<< Jenny, il pranzo è pronto! >>

<< Arrivo zia! >>.

Chiusi la telefonata, misi il cellulare sulla scrivania e, dopo essermi lavata le mani, mi misi a sedere a tavola e poco dopo arrivò la zia con una teglia da forno:

<< Indovina un po’?! Ti ho preparato il tuo piatto preferito: pollo con patate arrosto. >>

<< Di chi è quella maglietta? >>

<< Questa?! Oh è di Giorgia, mi piaceva e me l’ha prestata!! >>

<< Non so perché ma ti vedo più radiosa! >>

<< Sto solo cercando di lasciarmi il passato alle spalle e di vivere il mio presente, credo che sia quello che avrebbero voluto i miei genitori per me. Che io fossi felice e non che soffrissi per la loro perdita. Loro saranno sempre nel mio cuore e sarà difficile lasciarli andare e l’incidente mi perseguiterà per tutta la vita, però adesso voglio passare la mia adolescenza in modo normale, come tutte le ragazze del mondo! Non so se ci riuscirò, ma voglio provarci… >>.

La zia rimase a fissarmi come se mi fossi diventara un alieno e dopo cinque minuti buoni di silenzio, sentenziò, forse dicendolo più a se stessa che a me: << Certo che il tuo psicologo fa miracoli! >>

<< Si…lo psicologo!! >> dissi tra me e me ridendo sotto i baffi.

<< Sei strana, quasi mi fai paura! >> rispose dandomi una piccola spinta, poi sorrise ed iniziammo a mangiare. Durante il pranzo continuai a riflettere sulla reazione che avevo avuto vedendo quel ragazzo… Era come se il suo sorriso mi fosse entrato dentro e mi avesse riscaldato il cuore; ma che stava succedendo?! Non era da me sentirmi eccitata per un ragazzo;  quella era Giorgia, non io. Era come se avesse fatto riemergere una nuova Jenny, della quale io ignoravo l’esistenza. Che strano…

Per la prima volta nella mia vita mi sentivo stupidamente attratta da un ragazzo come le adolescenti della mia età, ed era bellissimo.

 

ℛead me ♥
Allora tesori, vi ringrazio per le tantissime recensioni che avete
lasciato al prologo, non me lo sarei mai aspettato, davvero! ◕‿◕
Vi adoro! ♡
Spero sche questo capitolo vi sia piaciuto, come sempre lasciate qualche recensione per
la continua. ;)
Alla prossima, un bacione, Stella ღ
ℓ٥ﻻ ﻉ√٥υ♥

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Guardian Angel




 
Ciao cucciole, sono tornata.
No, non sono impazzita, so che ho aggiornato oggi pomeriggio Guardian Angel e soltanto ieri Housemate, ma il problema è che ho avuto un grave problema di famiglia che non vi sto a spiegare... e domani, per questo problema, parto per Torino e starò una settimana lì. Ho finito i giga al cell e non avrò neanche la Wi Fi in hotel perciò, visto che non voglio lasciarvi un’intera settimana senza capitolo, ho deciso di aggiornare questa sera.
Spero che il capitolo vi piaccia e lasciate qualche recensione se volete ed io continuerò appena torno cioè domenica prossima. Mi mancherete, non so come sarà stare una settimana intera senza poter controllare le mie ff…
Ad ogni modo spero che possiate perdonarmi. Risponderò a tutte le recensioni appena ne avrò la possibilità.
Un grosso bacio, Stella <3


 
      CAP II
 
 
Il pomeriggio passò in fretta.
Dopo aver pranzato, mi sedetti sulla veranda e stetti tutto il tempo immersa nei miei pensieri.
Iniziai ad osservare le nuvole che si rincorrevano e giocavano a nascondino con il sole.
Adoravo dare loro una forma e ben presto il cielo diventò un teatro delle mie fantasie e quei meravigtliosi batuffoli candidi ne divennero i personaggi.
Ben presto arrivò il tramonto, che con una colata d’oro e rosso tinse l’orizzonte.
Non mi sentivo molto bene: ogni volta che pensavo a quel ragazzo, mi veniva sempre più vogli di incontrarlo di nuovo, era come una calamita. Come se il suo ricordo avesse il potere di farmi dimenticare i miei genitori e di far nascere in me il desiderio di vivere e di scoprire il mondo che mi circondava.
Poi però i fantasmi del mio passato mi apparivano ed alla felicità più sincera subentrava il senso di colpa. Ad un tratto era come se mi rendessi conto che non potevo essere felice, che il mio destino fosse quello di essere triste perché i miei genitori erano morti.
Dovevo assolutamente rivedere lo psicologo, non potevo alternare così velocemente momenti di felicità a momenti di depressione, ma la cosa più importante per me in quel momento era rivedere lui.
Dovevo capire come mai avesse quell’effetto su di me, come riuscisse a spazzare via con un semplice sorriso rtutte le mie paure.
Senza che me ne rendessi conto era calata la sera e fu come se quel manto di stelle e quel tetro velo mi facessero da guscio avvolgendomi, proteggendomi. Mi sentivo al sicuro.
Non avevo voglia di cenare, così rientrai in casa, salutai la zia e filai a letto.
La zia non battè ciglio, forse si era accorta dai miei occhi vuoti e privi di espressione che c’era qualcosa che non andava.
Rientrai nella mia stanza, mi misi a letto e dopo essermi coperta fino alla testa, fui vinta dal sonno.
                                                                            ****
 
"Avanti Jenny, a che ora hai intenzione di andare a prendere questo gelato?!" mi disse la zia dalla cucina
"La calma è la virtù dei forti!" le gridai dalla mia stanza in risposta.
Erano trenta minuti che ero davanti allo specchio e non avevo ancora deciso cosa indossare. Sapevo che dovevo sbrigarmi ma anche il look doveva essere quello giusto.
Sul letto era ammassata una montagna di vestiti; aprii l’armadio per l’ennesima volta e presi un vestito giallo, lo indossai: sembro un pulcino, pensai.
Me lo tolsi e ne presi un altro color pesca, mi guardai allo specchio:
Perfetto, mi manca solo la zia vestita da ananas ed ho fatto un meraviglioso composè di frutta!
Tolsi anche quello e alla fine optai per uno color panna composto da un corpetto dai bottoni dorati, che si allacciava dietro la nuca e una gonna a balze.
Poi corsi in bagno e presi la spazzola ed iniziai a pettinare i lunghi capelli color nocciola, lasciando sciolti i morbidi boccoli che arrivavano poco sotto il seno.
Quando mi sentii abbastanza bella per poter uscire, andai dalla zia e le annunciai di essere pronta.
Lei mi guardò sbalordita: "Il tuo completo mi sembra un po’ troppo elegante per un semplice gelato con tua zia. Cìè qualcosa che dovrei sapere?!" mi disse con sguardo sospettoso.
Dopo averle risposto che non avevo nulla da dirle, lei prese la borsa e scendemmo di casa.
Appena fuori dal portone alzai la testa verso i balconcini e da uno di essi vidi Giorgia, la quale, appena anche lei si accorse di me, mi fece un rapido occhiolino e poi rientrò in casa.
Sorrisi divertita e, dopo che la zia chiuse a chiave il portoncino, ci incamminammo verso la piazza.
                                                                                 ****
 
la gelateria che quel ragazzo mi aveva indicato, era proprio di fronte al Battistero.
Indicai la direzione alla zia ed entrammo nel negozio.
Diedi un’ochhiata in giro ma lui non c’era.
Io e la zia ci sedemmo ad un tavolino.
Perchè non c'è?!- pensai delusa.
"Cosa vi porto?" disse una voce che proveniva dalle mie spalle.
La riconobbi all’istante.
Mi girai e lo vidi.
Con la maglietta da lavoro era ancora più bello dell’ultima volta che lo avevo visto.
Anche lui mi riconobbe ed infatti mi salutò dicendo: "Ehi ciao!"
Lo salutai anche io e stemmo a fissarci per i secondi che furono i più lunghi della mia vita, poi, purtroppo, la zia si intromise: "Ah voi vi conoscete?"
"Si"
- rispose lui- "Ci siamo incontrati ieri in piazza"
"Davvero e come?"
"Beh Jenny ha avuto una crisi ed io…"

gli lanciai una di quelle occhiatacce del tipo: DI UN’ALTRA PAROLA E TI UCCIDO e perciò fu costretto a bloccarsi.
"Avevo perso il cellulare e stavo entrando nel panico e lui lo ha ritrovato e me lo ha riportato" continuai la sua frase, cercando di reparare l’irreparabile.
La zia mi guardò un po’ perplessa, ma non disse niente.
Dopo aver preso le nostre ordinazioni il ragazzo misterioso si allontanò e ritornò poco dopo con i gelati.
Quando finimmo di mangiarli, arrivò il momento di pagre il conto.
Dissi alla zia di uscire e che ci avrei pensato io.
Ero convinta che non mi avrebbe mai permesso di pagare, ma fu come se avesse intuito il motivo della mia richiesta.
Così mi sorrise e fece come le avevo detto.
Mi avvicinai alla cassa e lui fece lo stesso mettendosi dietro il bancone, pronto a battere lo scontrino;
"Mi dispiace di aver fatto il guastafeste Jennifer, credevo che avessi detto tutto a tua zia"
"Non volevo farla preoccupare inutilmente. Aspetta ma… tu come fai a sapere che quella era mia zia e come sai il mio nome?"
"Beh, per quanto riguarda il tuo nome ieri ce lo avevi scritto sulla collana e per tua zia ho tirato ad indovinare"
rispose con una disinvoltura che nessun ragazzo che conoscevo aveva mai mostrato.
Lo disse così velocemente e in modo naturale che sembrava fosse una cosa scontata per lui.
Per fortuna avevo la battuta pronta:
"Avresti anche potuta scambiarla per mia madre no?!"
"Se fosse stata tua madre ci avrebbe fatto il terzo grado sul nostro incontro!!"

Gli rivolsi un sorriso, che lui ricambiò con uno da vero furbetto.
"Quanto ti devo?" gli chiesi, impaziente di saldare il conto. Quel ragazzo aveva già intuito tutte quelle cose su di me! Era strabiliante!
"Niente, vedila come un risarcimento per aver vuotato il sacco di fronte a tua zia" mi disse fissandomi con quegli occhioni nocciola.
"Non credo che il bar sia tuo, perciò a mio parere, è meglio se mi trattassi come tutte le altre clienti, non vorrei essere responsabile di un licenziamento"
Fece cenno di si con la testa, evidentemente a disagio.
UNO A UNO- pensai, ma lui ritornò in vantaggio:
"Chi ti da la certezza che io ti tratti come una cliente diversa?! Ora scusami, ma devo andare,il mio turno di lavoro è finito e poi ho un appuntamento!"
Detto ciò uscì dal bancone e si avviò verso l’uscita dove una ragazza sui diciotto anni, lo stava aspettando. Lo seguii con lo sguardo e vidi che i due si stavano abbracciando.
Vidi che la bionda iniziò a ridere, probabilmente per una battuta di lui e poi si avviarono insieme percorrendo una stradina sul lato destro della gelateria.
Non si era nemmeno cambiato, se ne era andato con quel completo da albero di natale, verde e rosso.
CHE STRONZO- pensai tra me e me.
Uscii anche io e la zia, ancora impegnata al cellulare, mi disse, tenendo la telefonata aperta, che doveva scappare a lavoro e mi chiese se volevo che mi accompagnasse fino a casa.
Non avevo nessuna intenzione di andarmi a rinchiudere di nuovo e così, dopo aver rifuitato la sua offerta, ci separammo: lei diretta verso l’uficio, io verso un luogo gremito di gente.
 
                                                                               ****
 
Il rumore dell’acqua aveva sempre avuto un effetto calmante su di me. Mi sedetti sul muretto e chiusi gli occhi. Iniziai ad invidiare il fiume: il suo corso era stato già scritto, scavato dal terriccio e dalla ghiaia; avrebbe continuato a scorere senza mai fermarsi per anni e anni e non avrebbe mai cambiato corso, non si sarebbe mai girato, sarebbe andato sempre avanti, attraversando città e regioni.
Il mio percorso invece, era contorto e misterioso; prima o poi sarebbe giunto al termine.
Una vibrazione mi distolse dai miei pensieri; presi il cellulare e lessi il messaggio:
ALLORA COME è ANDATA? RISPONDI SUBITO, NON FARMI STARE SULLE SPINE. GIADA.
Non volevo risponderle; non volevo dirle che l’unico ragazzo che era riuscito ad abbattere l’insormontabile muro che avevo costruito tra me e la gente, molto probabilmente era già fidanzato e ancora più probabilmente ci provava con tutte le “sue clienti”. Non volevo pensare a lui, né ammettere che ci ero cascata anche io come un’ingenua.
Decisi di mentirle per non affrontare il problema: NON è ANDATA, NON C’ERA AL BAR; IL SUO TURNO ERA GiA' FINITO.
Dopo un po’ mi arrivò un messaggio di risposta da parte sua che avevo già previsto:
L MI DISPIACE! VA BE’ PUOI RIPROVARCI DOMANI.
NON CREDO PROPRIO- pensai e perciò decisi di risponderle con un insignificante “OKAY”.
 
                                                                          ****
 
Appena all’entrata del ponte, c’era un uomo che strimpellava delle note su una chitarra classica e un gruppo di gente gli stava intorno, ascoltando la canzone.
Percorsi Ponte Vecchio lentamente, osservando le dorate vetrine scintillanti dei caratteristici negozietti d’oro, che raccoglievano al loro interno un ingente numero di cinesi e giapponesi, a mio parere gli unici disposti a spendere tanti soldi in vacanza.
Sentii che qualcuno mi afferrò un braccio; mi girai di scatto, impaurita.
Un tizio strano, basso e un po’ buffo mi si era piazzato davanti: aveva un cappellino color arcobaleno per ripararsi dal sole, una macchina fotografica legata al collo e una mappa della città in mano. Mi chiese qualcosa in una lingua a me sconosciuta.
Anche se me lo avesse chiesto in italiano o in inglese non avrei saputo rispondere, lì anche io ero in veste di turista.
Mi fissò per alcuni minuti, poi comprese che non avrei potuto aiutarlo e così chiese la stessa cosa a qualcuno che si trovava alcuni passi avanti a me.
La vovce del ragazzo che gli rispose mi fece tremare le gambe e un brivido mi percorse l’intero corpo.
Non potevo crederci: quello sciupafemmine era di nuovo davanti a me; mi stava forse pedinando?!
Appena finì di dare inidcazioni stradali, si girò e mi vide.
Presi il cellulare dalla borsa, facendo finta di scrivere un messaggio. Non avevo alcuna intenzione di parlargli.
Sicuramente era un tipo molto sfacciato, perché con quella sgualdrina al seguito mi si avvicinò e mi salutò sorridendomi.
Potevo ignorarlo e andarmene ma la rabbia esplose in quel preciso momento. "Che cos’altro vuoi da me?"
Mi guardò in modo strano. "Che ti è successo?"
"Cosa vuoi che mi sia successo?! Sono solo incazzata!"

"Em…" disse avvicinandosi di più a me: " Fammi indovinare… una tua amica ti ha dato buca eh?"
" Sei proprio spiritoso, sto morendo dalle risate!"
" Ho l’impressione che tu sia arrabbiata con me!"
"Certo che sei perspicace!"
gli risposi con fare pungentemente ironico.
Feci per andarmene, ma lui mi prese un lembo della maglietta e mi impedì di muovermi. " Che ti ho fatto, si può sapere?"
"Vorresti negare che ci hai provato con me, quando eri fidanzato con barbie?!"
"Veramente io ho solo preso la tua ordinazione! E quella ragazza non si chiama barbie ma Naomi!"
rispose con una risatina che mi fece saltare i nervi. Diventai tutta rossa, segno che tra poco avrei dato fuori di matto. Fu come se lui già lo sapesse, perché non si scompose e questo mi fece infuriare ancora di più.
"Non ho voglia di parlare con te, sei solo uno sconosciuto per quanto mi riguarda"
"Quindi ammetti di esserti fatta un film?"
"No, sei tu che hai sbagliato approccio"
"Sei gelosa, Jennifer?!"
mi chiese divertito.
Avrei voluto strozzarlo in quel momento.
" Prima di tutto non sono gelosa di un ragazzo di cui non so nemmeno il nome e poi, se proprio lo vuoi sapere, non mi ha dato buca nessuno! Ho un appuntamento anche io".
Sembrò seriamente sorpreso, segno che ero stata abbastanza convincente.
In realtà non avevo nessun appuntamento, lo avevo detto solo per vedere la sua reazione, che devo dire mi soddisfò quel tanto che mi serviva.
"Esci con un ragazzo?" mi chiese, con aria sbalordita.
"Non credo che sia affar tuo, però si!" gli risposi, mentendo spudoratamente.
"In effetti" continuai "Non dovrei parlarne con te, sei un perfetto sconosciuto! Adesso devo andare". A questo punto la cosa più intelligente da fare sarebbe stato girare i tacchi e svignarsela ma rimasi al mio posto, fu lui ad andarsene.
Lo seguii ancora con lo sguardo, come avevo fatto prima e lo vidi avvicinarsi alla barbie e darle un bacio sulle labbra.
Ero certa che sapesse che lo stavo guardando perché prima di incamminarsi con lei mi lanciò una veloce occhiata e poi scomparse tra la folla.
Prima di rincasare, feci un giro per la città, aspettando che calasse la sera.
Continuavo a pensare a quel ragazzo e a come riuscisse a farmi dimenticare i miei problemi, ma anche a quanto fosse stronzo.
Quando credevo che fosse interessato a me, ero distratta e non ero attanagliata dal senso di colpa verso i miei genitori. Ma quando lui non c’era, i ricordi mi piombavano addosso, schiacciandomi, soffocandomi.
Ero stanca di vivere così. Pensai che presto sarebbe arrivata mia cugina e che sicuramente avrei dimenticato i miei genitori per qualche mese, ma quando lei se ne sarebbe andata sarebbe ricominciato tutto daccapo, e non volevo che riaccadesse.
Dovevo fare pace con il mio passato, ma non sapevo come fare.
                                                                              
                                                                              ****
 
Quando tornai a casa era gia le ventuno e trenta e sucuramente la zia mi stava aspettando per la cena.
Salii velocemente le scale e, entrata in casa, la trovai indaffarata a preparare qualcosa sui fornelli.
Mi salutò, chiedendomi dove ero stata. Le dissi la verità, tralasciando la parte con quel ragazzo.
Annunciò che quella sera avremo mangiato uova strapazzate e toast, poi mi disse che aveva telefonato mia cugina e che l’avrei dovuta richiamare il giorno dopo perché voleva parlare con me.
Dopo aver cenato, andammo entrambe a dormire: la giornata era stata pesante.
Così appena mi infilai nel letto, fui inghiottita dalle tenebre e i miei occhi si chiusero senza indugiare.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


 Guardian Angel



 

CAP III


Erano le sette e trenta del mattino e stavo facendo footing da due ore ormai. La zia mi aveva sempre detto che faceva bene alla salute e poi mi era sempre piaciuto guardare l’alba, essere invasa dalla pungente brezza mattutina. Ogni volta che vedevo il sole levarsi in cielo, una enorme palla rosso fuoco, mi sentivo vicina a Dio; era come se quello fosse il buongiorno del Signore e la sua promessa di starci accanto per il resto della giornata. Era in momenti come questi che mi sentivo realmente viva.

Prima di ritornare a casa mi ero fermata in quella gelateria in piazza duomo. Avevo ordinato caffè e cornetto per fare colazione e poi, vinta dalla curiosità, avevo cercato con lo sguardo quel ragazzo misterioso, invano. Il proprietario della gelateria vide il mio sguardo deluso e, pensando che si riferisse alla dolce brioche sul piattino o al caffè, mi si avvicinò e mi chiese cosa c’era che non andava; lo liquidai con un veloce “ è tutto ok, grazie”, ma poi mi accorsi della lista del personale che aveva tra le mani. Senza apparire una perfetta ficcanaso, gli descrissi il ragazzo misterioso e lui mi disse che, se aveva capito bene, quel ragazzo non lavorava più lì.

Boom. Credo che sia esplosa una bomba dentro di me!


 

****


 

Quando il mio cellulare vibrò, sulle note di “Just give me the reason” di Pink, lo afferrai con cupidigia e vidi che era mia cugina così risposi:

<< Ehi, ciao Jenny, come va? >> disse estasiata lei dall’altra parte del telefono;

<< Bene e a te? >> risposi, cercando di sostenere il tono felice con cui Faith aveva iniziato la conversazione,tentando di mascherare il mio disappunto per la scomparsa del ragazzo del ponte vecchio!

<< Tutto ok! Ascolta: ho un notizione! Quest’anno compirò 18 anni e farò una festa in grande… tu dovresti raggiungermi a Londra! >>

18 anni, festa in grande, Londra… qui si mette male!

<< Non so, insomma sei sempre venuta tu da me ed io non ho mai preso un aereo e poi lo sai che non apprezzo molto le tue “feste in grande” >>

<< Avanti non fare la suora! Mia madre ti ha già prenotato il volo e poi nelle mie feste in grande ci sono un sacco di ragazzi carini! >>

<< E ubriachi aggiungerei. Senti ci penso e ti faccio sapere! >>

<< Va bene fa come vuoi, però ricordati che ci resterò male se non verrai! E poi devo farti conoscere il mio nuovo fidanzato; si chiama Daniel ed il suo miglior amico è niente male, potreste conoscervi! >>

Ecco l’agenzia dei cuori solitari che conoscevo.

<< Veramente in questo periodo non sono in vena di conoscere ragazzi, però ci penserò, te lo prometto! >>

<< Va bene, però fai in fretta perché il tuo volo è domani e il mio compleanno tra tre giorni! >>

<< Come domani?! >> dissi in preda al panico!

<< Vedo che non ti sei ricordata del mio compleanno?! Va bene cugina, adesso devo andare, baci! Ah Jenny... non dire niente a zia della festa né che mia madre ti ha preso il biglietto aereo, dille solo che hai voglia di venire a trovarmi e che il volo te lo pagherai tu. Poi ti spiego! >>

<< Faith non riattaccare…>> non feci in tempo a finire la parola che già il “tu tu tu” del telefono mi arrivò ai timpani.

Cavolo, il volo è domani!

Pagai il conto ed uscii dal bar; come mi aspettavo la piazza era colma di gente che scattava fotografie al Battistero o al Duomo, turisti indaffarati a cercare i soldi per comprare dei souvenir, gente pedinata dai venditori di colore. Mi chiesi se in realtà quel caos non riflettesse quello che c’era nella mia testa. In questi giorni erano successe così tante cose che faticavo a mettere ordine tra le idee nel mio cervello. Dovevo tornare subito a casa o la zia si sarebbe arrabbiata tantissimo con me: le avevo promesso che l’avrei aiutata a preparare il pranzo. Inforcai gli occhiali da sole e mi incamminai verso casa.

Il telefono vibrò: era un messaggio da Giada. Aprii la cartella messaggi e lo lessi: “Jenny ti andrebbe di incontrarci oggi pomeriggio?” le risposi che per me era okay e lei mi rispose con la faccina che mandava il bacio. Sinceramente, da quando era sparito anche quel ragazzo, mi sentivo di nuovo depressa, anche se lo avevo visto solo per alcuni minuti. Non avevo idea di come Giada non si scocciasse di essere amica di una come me.

Mentre riflettevo, non mi ero quasi accorta che avevo ripreso a camminare e lo capii solo quando andai a sbattere contro il cavalletto di un ritrattista.

<< Oh mi scusi, non l’avevo vista. >>

<< Non si preoccupi signorina. Per caso vuole un ritratto? >>

A quella domanda rimasi perplessa; guardai davanti a me e vidi i numerosi ritratti, fatti da quella donna. Erano semplicemente stupendi, ce ne era uno in particolare, di Angelina Jolie davvero bello e dire che sembrava una sua fotografia sarebbe stato un eufemismo.

Per un momento mi balenò in mente il pensiero di farmene fare uno, ma poi cambiai subito idea: a che mi sarebbe servito?!

<< No, grazie lo stesso. >>

<< Ne è sicura? E’ davvero una bella ragazza lei. >>

Ecco le solite lusinghe di chi vuole assolutamente venderti qualcosa. Anche se la signora aveva un tono molto gentile, iniziava a darmi leggermente sui nervi: se avevo detto di no era no! Feci per risponderle ma fui penetrata dai suoi occhi azzurri.

<< No, davvero… grazie… >>- stavo per dileguarmi, prima che la gentile donna sulla trentina, tutta gambe e capelli neri, potesse controbattere, ma fui attirata dal ragazzo dai capelli color miele che mi stava fissando dietro le spalle di Mrs Ritrattista: non potevo crederci, era proprio lui. Il ragazzo del bar… Inizialmente sembrava non essersi accorto di me, ma quando vide che lo stavo fissando, mi sorrise. Fu a quel punto che uno strano bagliore scaturì dal suo corpo. Chiusi gli occhi per ripararmi dalla straordinaria luce che lui aveva emanato e quando li riaprii, ero stesa sul mio letto, nella mia stanza, a casa della zia.

****


 

Mi alzai, ancora un po’ spossata e corsi verso lo specchio: avevo le occhiaie, compagne delle mie mattine, segno che mi ero fatta una lunga dormita. Avevo soltanto sognato?

La voce della zia mi distrasse: mi chiamava per la colazione. Mi trascinai al piano di sotto, ancora mezza addormentata e disorientata.

<< Buongiorno tesoro! Dormito bene? >> Mi chiese, dandomi un grosso bacio sulla fronte.

<< Si e no. >>

<< Jenny ricordati che oggi devi aiutarmi a cucinare. >>

<< Davvero? >>- avevo davvero sognato tutto allora!

<< Si tesoro. Siediti, prendi un cornetto, li ho appena sfornati. >>

Feci come mi aveva detto e, appena lei si girò per prepararmi un cappuccino, scroccai alcuni sorsi dal suo: ottimo come sempre! Aveva quasi lo stesso sapore di quello che avevo bevuto al bar, cioè, di quello che avevo sognato di bere al bar.

Si sedette anche lei ed iniziò a spalmare la marmellata su una fetta biscottata.

<< Credevo che saresti andata a fare footing oggi. >>

<< Si… anche io. Mi sento come se lo avessi fatto a dire la verità. >> e non stavo mentendo. Percepivo il bruciore ai muscoli, tesi per i chilometri percorsi e quella familiare sensazione di stanchezza che avvertivo ogni volta che andavo a correre. Ma che strano…

<< Sei sicura di stare bene Jenny? >>

<< Sicurissima >>- risposi, con un gran sorriso sulle labbra.

Finimmo di fare colazione così mi alzai e corsi in bagno per cambiarmi: infilai una semplice felpa e un jeans. Mi lavai i denti il più veloce possibile: dovevo assolutamente ritornare a quel bar, da quella ritrattista. C’erano troppe cose che non quadravano.

Infilai le scarpe e andai in camera per prendere la borsa e il cellulare. Poi scesi di nuovo di sotto.

<< Jenny, aspetta! >>

<< Dimmi zia. >>- dissi con tutta l’impazienza del mondo. Dovevo fare una cosa importante, non potevo perdere tempo, non adesso.

<< C’è tua cugina al telefono. >>- disse lei passandomi il cordless: pessimo tempismo cugina. Portai la cornetta al telefono e la salutai. Faith mi rispose con il suo entusiasmo di sempre.

<< Jenny, ascoltami bene: ho un notizione! Quest’anno compirò 18 anni e farò una festa in grande… tu dovresti raggiungermi a Londra! >>

<< Ah si a Londra… beh ecco ho deciso che vengo e… >> mi bloccai e rimasi come in trans. Londra?! La conversazione con mia cugina del sogno.

<< Jenny, Jenny ci sei? >>

<< Si si Faith. Che… che stavi dicendo? >>

<< Ti stavo parlando della mia festa. Ci saranno un sacco di ragazzi carini. >>

<< E ubriachi… >> completai la frase. Era tutto come nel sogno… ma come era possibile?! Un déjà vu forse? Merda, merda che cosa dovevo fare? Sì, c’era una sola cosa da fare: dovevo chiamare lo psicologo e alla svelta! Stavo impazzendo del tutto!

<< Esatto Jenny, però dai ti prego, non fare la suora. Il tuo volo è domani e il mio compleanno tra te giorni, perciò sbrigati a fare le valige. >>

<< Domani… >>

<< Per caso non ti sei ricordata del mio compleanno? >>

<< No, non è questo, è solo che… >>

<< Si, si lo so, sono stata una stronza perché non te l’ho detto prima però mia madre sa tutto, cioè più o meno. Ti ha anche comprato il biglietto aereo però non dirlo alla zia. Inoltre sappi che mi farebbe davvero piacere se venissi. Ti prego… >>

<< Okay Faith, verrò. >>

<< Grazie mille, sapevo che non mi avresti delusa. Devo anche farti conoscere il mio nuovo ragazzo. >>

<< Daniel vero? >>

<< Proprio lui. Come hai fatto ad indovinare il nome? >>- come avevo fatto? Non lo sapevo neanche io. Avrei voluto raccontarle del sogno-déjà vu ma dovevo chiudere la telefonata al più presto: adesso ero ancora più motivata a ritornare in quella piazza, in quel maledetto bar e capirci qualcosa. La chiave doveva essere quel ragazzo, avevo visto lui prima di svegliarmi: dovevo trovarlo.

<< Sesto senso >>

<< Lo sai che ha un amico… >>

<< Si si lo so un amico niente male che vorresti presentarmi, adesso scusa Faith ma devo andare, ciao! >>

<< Jenny non attaccare… >>- troppo tardi cugina, dovevo mettere ordine negli eventi che stavano accadendo. Poggiai il telefono sulla mensolina vicino all’ingresso e posai la mano sulla fredda maniglia in ottone. Sentii dei passi dietro la porta ma non ci feci caso, ruotai il polso verso il basso e la aprii.

Rimasi interdetta quando trovai il fattorino della posta che mi fissava con aria felice.

<< La signorina Jennifer Smith? >>

<< Si, sono io. >>

<< Ho un pacco per lei, deve mettermi una firma qui e.. qui. >>- mi rispose porgendomi un pacco a forma di cilindro. Io lo presi, poi estrassi una penna dalla borsa e firmai dove lui mi stava indicando. Con grande sorpresa notai che non c’era scritto il nome del mittente sui fogli del fattorino. Chissà chi lo mandava. Lo ringraziai e rientrai in casa. Aspettai che la zia fosse entrata in bagno e prima di poggiare il pacco misterioso sul tavolo mi accertai che non si fosse accorta del fatto che fossi rientrata.

Mi bloccai e lo fissai per alcuni secondi: e se era una bomba? Ma no, che bomba, chi mai avrebbe voluto farmi del male?! A parte gli uomini su quella Jeep nera; un’esplosione…

<< Ti prego Jenny, mantieni la calma, ti prego. >>- ripetei a me stessa e poi, stringendo i pugni, lo scartai.

C’era un rotolo di pergamena molto grande ripiegato su se stesso ed era accompagnato da un bigliettino. Lo aprii e lo lessi:

“La prossima volta non dire di no Jenny. Sei davvero una bella ragazza.

Firmato: J”


 

Poggiai il biglietto sul tavolo ed distesi il foglio di pergamena. Mi portai le mani davanti la bocca quando mi accorsi che qualcuno mi aveva regalato un mio ritratto. Ma che stava succedendo?!


 

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