I'm Still Breathing

di Sebs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0. Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Prima Parte - Sabato ***
Capitolo 3: *** 2. Prima Parte - Domenica ***
Capitolo 4: *** 3. Prima Parte - Lunedì ***
Capitolo 5: *** 4. Prima Parte - Martedì ***
Capitolo 6: *** 5. Prima Parte - Venerdì (Annie) ***
Capitolo 7: *** 6. Prima Parte - Venerdì (Finnick) ***
Capitolo 8: *** 7. Prima Parte - La Mietitura (Finnick) ***
Capitolo 9: *** 8. Prima Parte - La Mietitura (Annie) ***
Capitolo 10: *** 9. Seconda Parte - In viaggio ***
Capitolo 11: *** 10. Seconda Parte - Piani ***
Capitolo 12: *** 11. Seconda Parte - Alleanze ***
Capitolo 13: *** 12. Seconda Parte - Caesar ***
Capitolo 14: *** 13. Seconda Parte - Inizi ***
Capitolo 15: *** 14. Seconda Parte - La 64a Edizione degli Hunger Games (Finnick) ***
Capitolo 16: *** 15. Seconda Parte - La 64a edizione degli Hunger Games (Mags) ***
Capitolo 17: *** 16. Seconda Parte - La 64a Edizione degli Hunger Games (Annie) ***
Capitolo 18: *** 17. Seconda Parte - Casa ***
Capitolo 19: *** 18. Terza Parte - Rabbia ***
Capitolo 20: *** 19. Terza Parte - Nuovo ***
Capitolo 21: *** 20. Terza Parte - Johanna ***
Capitolo 22: *** 21. Terza Parte - Disillusioni ***
Capitolo 23: *** 22. Terza Parte - Amiche ***
Capitolo 24: *** 23. Terza Parte - Salvataggio ***
Capitolo 25: *** 24. Terza Parte - Pace ***
Capitolo 26: *** 25. Terza Parte - I 65esimi Giochi ***
Capitolo 27: *** 26. Terza Parte - Scrivere ***



Capitolo 1
*** 0. Prologo ***


Prologo - Sei anni prima.

 
-Come vanno le cose?
-Male. Hanno già organizzato tutto. Il palco. Le transenne. Il tendone per il filmato. Il treno.
Lei si sedette sulla prima sedia che vide.
-Lanie, è la stessa cosa da quando siamo nati.
-Ma non avevamo Annie.
Lui si sedette vicino a lei. -Lo so. Lo so.
Annie si avvicinò alla porta, spiando nella cucina.
Lanie diede una gomitata a suo marito, alzandosi in piedi e asciugandosi gli occhi.
-Annie, tesoro.
-Oggi è il giorno della Mietitura?
-Sì, piccola-, disse Lanie, inginocchiandosi davanti a sua figlia. -E ho bisogno che tu faccia la brava come tutti gli anni.
Annie mise la sua manina sulla guancia della madre. Le dita erano così sottili. -Ma non piangere, ok?
-Certo. Devo essere più coraggiosa. E tu, invece, devi continuare a esserlo. Come fai sempre, ok?
-Ok.
-Allora andiamo a vestirci.
-Va bene.
Salirono di sopra, e Lanie fece indossare alla sua bambina un vestito giallo, che le apparteneva quando anche lei aveva sette anni.
-Ti ricordi come devi fare? Ti tappi le orecchie e torni a casa.
-Sì, mamma.
Lei sorrise, e l’abbracciò. -Ti voglio tanto bene, Annie. Tanto.
Si avviarono, e cinque minuti dopo si trovarono in piazza, insieme a tanti altri abitanti del Distretto.
Una donna in verde entrò dalle porte del Comune, alle spalle del tetro palcoscenico.
-Benvenuti, benvenuti…
-Annie, adesso. Vai.
Annie iniziò a correre, e nessuno se ne accorse. Percorse le stradine più strette e nascoste della città, ma a pochi passi dalla sua casa vide due Pacificatori.
Spaventata, corse fino al mare, e si arrampicò su un albero.
Sua madre non voleva che si avvicinasse all’acqua. Suo padre aveva perso una gamba, una volta, andando a pesca e trovando uno squalo. Guadagnarono molto, da quella pesca, così suo padre poté comprarsi una gamba finta e poté aprire il negozio che ora gestiva insieme a sua moglie Lanie. Così lasciò il mare e quella brutta esperienza alle spalle.
Annie notò che non era sola.
Poco dopo, arrivò un ragazzo. Portava solo un paio di pantaloni, la maglia e le scarpe lasciate sulla spiaggia, vicino ad un secchio.
Canticchiava una canzone senza parole, e continuava a lanciare uno strano bastone con tre lame attaccate da una parte.
Annie si allungò un po’ sul ramo dell’albero per vederlo meglio. Un centimetro, un altro…
CRACK.
 
I polmoni le bruciavano da impazzire, e aveva freddo.
-Come stai?
Aprì gli occhi, e si trovò sulla spiaggia, vicino alle scarpe, alla maglia e al secchio.
Girò la testa verso sinistra, dov’era l’albero su cui si era nascosta.
Invece di quello, trovò un paio di occhi azzurri troppo vicino ai suoi, e spaventata, gridò.
-Ehi, scusa. Non volevo…
Lei rimase muta, così lui incrociò le gambe. -Come ti chiami?
-Annie.
-Io sono Finnick.
Lui le porse la mano. Come se salvasse persone tutti i giorni.
-Sei scappata dalla Mietitura?
-Sì. Anche tu?
-Già. Ma forse hai bisogno di una coperta, o un asciugamano. Anche se è giugno fa freddino.
-Lo dice proprio uno in pantaloncini.
-Fregato. Avanti-, disse alzandosi. -Ti riaccompagno a casa.
Le tese la mano, e lei si aggrappò e si mise in piedi.
-Andiamo.
Camminarono per le strade deserte per un po’, fino ad arrivare a casa di Annie.
-È chiusa a chiave-, disse lei, provando ad aprire la porta.
-Vuoi che trovi una finestra aperta?
Lei sorrise, e andò sul lato della casa. Salì sul davanzale della finestra della cucina e così arrivò alla finestra della sua camera.
Aveva paura degli spazi chiusi, così lasciava sempre la finestra appena un po’ aperta. La aprì, e si infilò in casa.
-Vuoi che salga?
-No. Aspetta.
Si cambiò e scese in cucina, aprendo la porta. -I tuoi torneranno a casa subito, non credi?
-Sì.
-E non si preoccuperanno se non ti trovano?
Lui alzò le spalle, e scosse la testa.
-Penseranno che sono al mare. Sono sempre al mare.
-Io non ci vado mai.
-Perché?
-Mio papà è Lud Cresta.
-Ah. Quella sera era con papà. Mi ha raccontato tutto. Mi dispiace.
-Per la sua gamba?
-No, per il fatto che ora ha paura del mare. Io non saprei come fare. È l’unico posto in cui mi sento al sicuro. Riesco a stare immerso più a lungo di tutti. Tu quanti minuti fai?
-Nessuno. Io non so nuotare.
Lui spalancò la bocca. -Dici sul serio?
-Sì. Mi fa paura.
-Per tuo padre?
-E per oggi…
Lui non si perse d’animo. -Ti potrei insegnare-, disse, sorridendo.
Lei arrossì. -No, non fa niente. Davvero.
-Ma dai, ti ho salvato la vita. Vuoi che non sappia insegnarti? E poi noi siamo amici.
Lei sorrise, fiduciosa. -Davvero?




Ciao a tutti! Questa è la mia prima fanfiction in questa sezione, e ho scelto proprio gli Odesta perché li adoro ♥
Che dire? Leggete e fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto!
Sebs

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Capitolo 2
*** 1. Prima Parte - Sabato ***


Annie.
Aspetto seduta sul muretto che circonda casa mia.
Oggi è un giorno importante, almeno per noi ragazzi.
Tra una settimana ci sarà la Mietitura, e abbiamo solo una settimana per vivere liberamente. Le scuole sono chiuse perché fa troppo caldo per andarci, e riapriranno più o meno alla fine del Tour della Vittoria. Quindi, da questo sabato, ovvero oggi, abbiamo una settimana esatta per vivere una vita "normale".
Finn è in ritardo come al solito. Come fa ad essere sempre in ritardo? Mamma e papà sono usciti da dieci minuti per prendere posto. Papà non può ballare, perché il moncherino gli stringe ancora più del solito la gamba, con il caldo. Anche al negozio, per esempio, il suo posto è alla cassa, o a intrecciare reti. Così può stare seduto e slacciarsi il moncherino, e così la gamba non gli fa male.
Vedo i capelli ricci di Finn in lontananza, e scendo dal muretto.
-Scusa-, ansima. -Giuro che sarà…
-L'ultima volta. Certo. È iniziata la musica! Andiamo!
Lo prendo per il polso e scendiamo a riva, buttandoci nel centro della folla, alla fine della fila dei ballerini.
I vestiti delle ragazze sono quasi tutti uguali: bianchi con una cinta ricamata rossa e verde. Ma ognuno ha un particolare diverso. Il mio, ad esempio, ha le maniche corte a palloncino, il fiocco sulla schiena all'altezza della vita e il bordo della gonna ricamato come la cinta. Sono vestiti tradizionali, che si tramandano da madre in figlia.
Salutiamo con lo sguardo gli altri. Finn saluta quasi tutti, io ho solo un paio di amiche.
La spiaggia di sera è bellissima: hanno acceso alcune torce, così la luce cambia continuamente, dando nuove sfumature ai vestiti e un'abbronzatura alle persone.
La musica di anteprima finisce, e inizia la vera canzone da ballare.
Iniziamo a muoverci e a saltellare a tempo con gli altri ragazzi in fila, ma ad un certo punto, mi prende le mani e danziamo in due.
-Allora, come è stato l'ultimo giorno di scuola?
Alzo le spalle. -Niente di che. Una noia mortale. Io e un altro paio di ragazze abbiamo solo gironzolato per i corridoi.
Sorride. -Ovvero quello che facevo io tutti i giorni?
Ci riuniamo con gli altri in fila, così non posso ribattere. Odierebbe ammetterlo, ma non se la cavava male, a scuola. Lo so perché mi aiuta spesso, quando gli chiedo una mano con i compiti. Ha mollato a metà di quest'anno, per prepararsi all'Arena. Lo fanno in molti. Ma non mi piacciono, quei ragazzi. Vogliono solo una casa nel Villaggio dei Vincitori e soldi da fare schifo. Finn non è così. È solo un povero figlio di pescatori, e vorrebbe vedere Capitol City di persona, visto che, secondo i racconti dei vari Vincitori e le immagini alla tv, è davvero bellissima, piena di festa e di colori.
Le righe si rompono e applaudiamo alla canzone finita, rivolti verso la piccola banda. Non sono molti, quelli che sanno suonare, nel Distretto.
Finn mi chiede:-Perché non vai a cantare tu una canzone?
Mi giro e lo guardo. I suoi occhi scintillano. -Avanti! Che ti costa?
-Così puoi ballare con una di quelle che mi ammazzerebbero volentieri?
Lui guarda oltre la mia spalla. Quasi le vedo salutare e sbattere piano le ciglia.
-Perché no?
Alzo le sopracciglia, involontariamente.
-Gelosa! Sei gelosa di me!
-Non gridare!
Inizia un'altra canzone. È una che di solito ballavano quelli più grandi, quelli che hanno superato l'età da Mietitura.
-Avanti, andiamo. Forza!
Finn mi prende per mano e mi porta oltre la spiaggia, verso la vera città. -Vuoi imparare a ballarla?
È come se mi avesse chiesto di ballare nuda nell'Arena.
-Avanti, non fare quella faccia.
Mi prende per la vita e mi stringe a lui. L'altra mano prende la mia, tenendo il braccio piegato.
Man mano mi dice come muovermi.
Non è la prima volta che balliamo insieme. Ma questa è una di quelle canzoni "da ragazzi grandi".
Appena finisce la canzone mi stacco da lui, e improvviso battendo le mani.
Cerco di comportarmi nella maniera più normale possibile.
-Forse… Forse dovremmo tornare giù in spiaggia, non credi?-, chiedo, iniziando a correre verso la folla. Lascio che i capelli mi coprano la faccia, ormai totalmente in fiamme.
 

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Capitolo 3
*** 2. Prima Parte - Domenica ***


Finnick
Vado in piazza, dove abitano i bottegai e i genitori di Annie, che hanno una sartoria. Gran parte dei vestiti del Distretto sono fatti dalle mani esperte della madre di Ann, per non contare le numerose riparazioni ai miei, di  vestiti, fatte da Ann stessa.
Le strade sono larghe, perché molti mettono le bancarelle fuori dal negozio, ma è ancora presto, quindi non c'è ancora nessuno in giro. Stringo il regalo per Annie che tengo in tasca e mi affretto.
È una tradizione. Ai miei primi Hunger Games, due anni fa, Annie mi regalò una lunga collana con appesa una conchiglia bianca, la più splendente che io abbia mai visto. L'anno scorso, invece, un braccialetto sottilissimo per la caviglia.
Io, invece, le ho regalato degli orecchini con delle perle, le più piccole che sono riuscito a trovare. Ho dovuto imparare a levigare e lucidare le perle, per non far pensare male ai nostri compaesani, che già hanno scritto romanzi su di noi. Assurdità.
Lei aspetta seduta vicino alla finestra, scattando in piedi quando mi nota. Ha i capelli legati in una coda alta. Meglio così.
Spalanca la porta e mi viene incontro.
-Hai dormito parecchio.
-E tu no, invece-, dico, notando le ombre grigie sotto i suoi occhi.
Li abbassa, come se fosse colpevole di qualcosa. Mi avvicino a lei, e le sussurro in un orecchio:-Tua madre non mi lascerà più uscire con te, vero? Abbiamo fatto tardi, ieri sera…
Lei mi schiaccia un piede, e risponde con lo stesso tono grave:-Smettila con quel tono, Finn. Non mi incastri.
Sorrido, e andiamo in spiaggia, sull'albero da dove è piovuta Annie un po' di anni fa.
Lei è più veloce di me ad arrampicarsi. Le tornerà utile se viene pescata per l'Arena.
Quell'albero è davvero strano: è il più vecchio di tutto il Distretto, e nessuno sa come fa a crescere così vicino all'acqua salata. Magari è solo un ibrido, come le ghiandaie imitatrici. Si dà il caso, comunque, che sia alto almeno una decina di metri. E alcuni rami tendono verso il mare, dandogli una forma un po' strana e storta.
Ci nascondiamo vicino alla cima, dove nessuno può vederci, e lei tira fuori il suo regalo: un bracciale largo due dita, delle sfumature del verde.
-Non sapevo davvero cosa farti. E poi mi ritrovo tutti questi fili diversi dello stesso colore, inutilizzabili se non per riparare strappi piccoli. Quindi ho pensato di farci qualcosa di carino.
Lo osservo meglio: i nodi sono quelli delle reti da pesca, solo più piccoli, ma altrettanto resistenti.
Me lo allaccia al polso sinistro, e mi guarda impaziente.
Caccio il mio regalo dalla tasca e glielo porgo. Se lo rigira tra le dita, sorpresa.
-Finn. È davvero…
Lo prendo dalle sue mani e lo infilo tra i capelli: un piccolo pettine color madreperla con una pietra verdemare in mezzo.
-È bellissimo. Davvero. Grazie.
Arrossisce e sorride. Sembra più matura e più piccola allo stesso tempo.
-Ora puoi cantare?
Il sorriso si spegne un po', e quasi perdo la speranza.
Non so da quando è iniziata questa storia, magari il giorno dopo che l'ho trovata in acqua e l'ho tirata fuori. Da quanto mi ricordo, va avanti da così tanto tempo come la storia dell'imparare a nuotare. Si ostina a non voler mettere un piede in acqua.
-Non fa niente-, le dico. Ma quando guardo verso il mare, sento la sua voce intonare una delle mie canzoni preferite.
Una canzone che parla di andare via e vivere da stupidi e da sognatori.
Canta ad occhi chiusi, così approfitto per guardarla senza metterla in soggezione.
I capelli sono davvero lunghi, di  un castano ramato con qualche ciuffo biondo e rosso. Sembra che l'artista che la stava disegnando era indeciso sul colore da usare.
Gli occhi, grandi e un po' troppo vicini, sono verde scuro, al contrario dei miei che tendono all'azzurro.
Ha le mani congiunte quando canta. Come se stesse pregando. Come se la musica potesse essere l'unica cosa in grado di salvarla. E molte volte è così. Ci aggrappiamo alle cose semplici e belle, qui nei Distretti. Anche se il 4 è uno dei più ricchi.
Sorride, di solito, quando canta. Ma questa canzone è troppo bella. È completamente assorta.
Ci sono ragazze più belle, nel Distretto. Più alte, più eleganti, più raffinate, più audaci, più intraprendenti, più affascinanti. Ma quando la vedo cantare, dritta e composta come se stesse pregando, mi accorgo che, anche se non è la più bella secondo il giudizio comune, lei è la mia migliore amica. Quella che capisce a cosa penso solo guardandomi. Quella che quando canta quella frase, quel "non lasciare che prendano la luce dei tuoi occhi" piange, pensando che magari uno di noi è destinato a non tornare.
-Non ti è piaciuta?
Mi accorgo di tenere io gli occhi chiusi, adesso. Completamente assorto nei miei pensieri. Così li apro e la guardo.
-No, anzi. È bellissima.
 

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Capitolo 4
*** 3. Prima Parte - Lunedì ***


Annie.
Non riesco a dormire, così prendo carta e penna e inizio a scrivere.
È così da quando ero bambina. Scrivere mi tranquillizza. Mi aiuta a riordinare i pensieri e il casino che altrimenti avrei in testa. Non tengo un diario giornaliero. La mia camera è piena di foglietti con belle frasi o belle rime. Ma un diario non fa per me, anche se molte volte scrivo cosa mi succede a scuola, tra i miei compagni di classe, o magari di Finn. La maggior parte delle volte scrivo di lui. Stiamo insieme quasi tutto il pomeriggio, tra lo studio e la sartoria. E poi, non saprei di chi altro scrivere. Lui è il mio migliore amico da quando avevamo sette anni.
Ma non scrivo di Finn. Anche se tengo sott'occhio il pettinino che mi ha regalato oggi… Anzi, ieri. Ormai sono quasi le due.
La pietra sul pettinino è di un verde che tende all'azzurro, come gli occhi di Finnick.
Sorrido, e quando me ne accorgo, scuoto la testa. Non devo pensare a lui. Mi distrae.
Stringo la penna e inizio a scrivere.
 
-Piccola dormigliona? Piccola dormigliona!
Salto su, e mi sento tutta intorpidita. Ho dormito sulla sedia. Il foglio è spiegazzato, e mi sento la guancia indolenzita. Di sicuro ho anche qualche riga rossa dovuta al foglio e a come ho dormito.
-La mia schiena…
Mi stiracchio un po', e vedo Finn. Lo guardo e lui indica la poltrona rossa dove si sedeva sempre mia madre quando ero piccola, quella da dove mi raccontava le storie, soprattutto quando Finn veniva a casa mia a dormire. Non gli è mai piaciuto dormire a casa sua, dopo quello che era successo a sua sorella. Mi aveva confessato che i suoi litigavano sempre, la notte, e non lo facevano dormire. Così lui sgattaiolava fuori e veniva a casa mia, e mentre mio padre andava ad avvertire i suoi genitori, mamma preparava un letto anche per lui ai piedi del mio. Poi prendeva posto e iniziava a raccontare, fino a quando non ci addormentavamo tutti e due.
-Scrittrice mia, venite a sedervi sul trono regale.
Mi alzo, e lui mi prende e bacia una mano.
Si toglie le scarpe, si arrampica sulla poltrona e si siede sullo schienale, mi fa sedere sull'orlo della poltrona, e inizia a massaggiarmi le spalle.
-Come va?
-Meglio.
-Cosa stavi facendo sul tavolo, oltre a rovinarti la schiena?
-Scrivevo.
-Tieni un diario adesso? Ci hai scritto di me?
Finn non sa che scrivo di lui e degli altri, ogni tanto. Quei fogli sono nascosti tra la biancheria, uno dei pochi cassetti che Finn ha la decenza di non aprire.
-No, assolutamente. Una canzone.
Lui si ferma, e si mette in piedi sui braccioli della poltrona, a piedi nudi. Mi spinge verso lo schienale, e si inclina verso di me, interrogativo.
-Scrivi canzoni, adesso?
Scivolo di lato, appoggiandomi su un bracciolo della poltrona.
-Perché, non posso?
Lui si siede sull'altro bracciolo. -Assolutamente sì. Solo che non hai la musica per il sottofondo. Non sai suonare molto bene. Ma io sì. Aspettami, poetessa!
Salta giù dalla sedia e giù per le scale, e scompare tra i vicoli.
Non faccio in tempo a chiedermi cosa diavolo abbia in mente, che eccolo che torna con la sua chitarra, uno degli strumenti più belli del Distretto.
-Leggimi il testo.
Mi allungo sul tavolo e afferro il foglio, stropicciandolo tutto.
-Non puoi leggerla. È mia. E poi devo ancora lavorarci. Insegnami a suonare, no?
Mi fa sedere sul letto e mi da la chitarra. -Vediamo cosa ti ricordi.
Suono qualcosa, cercando di ricordarmi più cose possibili di quelle che mi ha insegnato un paio d'anni fa.
-Ok. Alzati.
Obbedisco, si siede sul mio letto, appoggia la schiena al muro e incrocia le gambe.
Mi indica con il mento lo spazio davanti a lui, e mi siedo.
Mi mette la chitarra in braccio e guida le mie mani per le scale e le varie note, di sicuro quelle che ho sbagliato, perché la melodia che ho azzardato prima è più bella e più chiara.
Per pranzo ho così tante nozioni che mi scoppia la testa.
Scendiamo a pranzare, e poi continuiamo a provare.
Verso le sette di sera, Finn mi guarda sorridendo.
-Sai suonare, ora. E visto che io ho fatto una cosa per te, tu farai una cosa per me. Ma domani.

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Capitolo 5
*** 4. Prima Parte - Martedì ***


Finnick.
-Signorinella! Poetessa!
Continuo a gridare ad una finestra chiusa, fino a quando non inizio a tirare sassolini. Non ricevo nessuna risposta, neanche un mugugno o un'imprecazione, così decido di arrampicarmi.
Ma, non appena arrivo al primo piano, una faccia sonnolenta mi guarda assassina.
-Che vuoi?
-Devi sanare il tuo debito, bella mia!
Con un salto arrivo al davanzale della sua camera e mi ci siedo sopra, poi mi alzo in piedi e cerco di aprire la finestra.
La vedo che si infila di nuovo nel letto, ma continuo a provarci, fino a quando non ci riesco. La apro piano, senza far rumore e mi inginocchio vicino al suo letto.
-Piccola Annie, cosa penseranno tua madre e tuo padre se ci vedono insieme?
Lei non si gira neanche a guardarmi. -Voio dommire… Lasciami in pace.
Poi capisce che c'è qualcosa che non va e alza la testa per guardarmi.
-In pace, dici?
Sollevo un po' il lenzuolo, e inizio a farle il solletico sui fianchi. Sono secoli che so che è il suo punto debole, più o meno da quando, una volta sono venuto a dormire da lei e mi aveva costretto a raccontarle cosa erano davvero gli Hunger Games, ma alla fine c'era rimasta così male che non riuscivo a farla ridere in nessun modo. Così ho provato a farle il solletico. Touché.
-Ok, Ok. Sono sveglia. Che diamine vuoi da me?-, dice, sedendosi sul letto.
-Andiamo.
-Vestita così?
La guardo meglio: ha una camicia da notte che le arriva ai piedi con le maniche sottili.
-Esatto. Tanto non c'è nessuno.
Lei sospira, e prende un vestito verde chiaro dalla cassettiera.
-Ok. Andiamo-, dice, sbadigliando.
 
Un paio di minuti dopo, eccoci scesi in spiaggia.
-Annie, so che hai paura. E so che non vorresti mai farlo. Ma devi venire in acqua. Con me. Ti fidi di me?
Lei mi guarda con uno sguardo spaventato e supplice. Ma non dice di no.
-Basta solo che mi tieni la mano. Sempre.
La prendo e la stringo. Lei rimane immobile. Si avvicina soltanto, finché le nostre braccia sono a contatto tra loro.
Andiamo piano verso l'acqua. Non c'è ancora nessuno, non è neanche l'alba.
Un passo alla volta, fino a quando non inizia a bagnarsi l'orlo della camicia da notte di Annie.
-Forse dovrei toglierla.
-Hai portato l'altro vestito...
-E con cosa mi asciugo poi?
Sospiro, e mi sfilo la camicia, lanciandola a riva, vicino al vestito.
-Andiamo.
Piano piano ci allontaniamo dalla riva e la sua mano si stringe sulla mia, fino a farmi male.
-Ehi, piano con la mano.
Lei me la lascia, con ancora la paura negli occhi. Sebbene l'acqua sia fredda, ha le guance rosse.
-Scusa…
Si tira indietro i capelli con entrambe le mani. Ha lasciato la mia. L'acqua ci arriva alla vita. Lei continua a tenere sott'occhio i piedi, come se avesse paura che la sabbia potesse inghiottirli.
-Annie…-, dico con calma. -Annie, mi hai lasciato le mani. Sei totalmente…
Non riesco a finire di parlare, che inizia a gridare, spaventata.
Mi avvicino, e lei mi si stringe intorno.
-Ehi, ehi. Calmati. Sei stata bravissima. Davvero brava.
Per un attimo rimane immobile. Poi allenta piano la presa, per guardarmi.
-Sei stata grande. Adesso andiamo a casa, ok?
Si allunga un po' verso la mia schiena.
-Ti ho graffiato. Scusa.
-Non fa niente. Andiamo a riva, ok? Te la senti?
Mi lascia il collo, ma tiene una mia mano tra le sue.
A riva, le passo la camicia, ma lei fa di no con la testa. Mi volto, e quando mi rigiro si è cambiata.
-Sono una frana, vero? Sono una frana…
Sorrido. -Avanti, hai fatto quello che facevo quando avevo due anni, ma il tuffo che hai fatto a sette anni, io l'ho fatto a dieci. C'è una bella differenza.
Neanche le parole con cui cerco di convincerla fanno effetto. -Avanti, tra un po' di tempo sarai più brava anche di me. Adesso andiamo.
Mi avvio verso la città, ma lei rimane sulla riva. Torno indietro e le prendo una mano. La bacio sulla fronte, che, per la prima volta in vita sua, sa di acqua salata.

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Capitolo 6
*** 5. Prima Parte - Venerdì (Annie) ***


Prima Parte - Venerdì - Annie
-La cosa migliore dell'acqua-, inizia Finnick, con l'acqua che inizia ad inumidirci le gambe, tenendomi le mani e guidandomi verso il largo, -è che tu puoi fare quello che vuoi, e lei nasconde tutti i misfatti di questo mondo. 
-Davvero?
Spalanca gli occhi e mi guarda. -Non sei mai passata di qui di notte?
Aggrotto le sopracciglia. -Assolutamente no!
-Peccato. Peccato. Ti sei persa un sacco di figuracce. Comunque, la cosa più rilassante che puoi fare in acqua, è lasciare che ti culli.
Mi lascia una mano, mentre l'altra rimane salda nella mia, e si stende a pelo d'acqua. -C'è bisogno di silenzio e di calma-, si rimette in piedi. -Provaci. Ti tengo io.
Un po' impaurita, sollevo i piedi dalla sabbia. L'acqua è alta, ma Finn continua a guardare al largo, dove sarebbe davvero libero di fare quello che vuole.
-Chiudi gli occhi.
Continuo a tenere stretta la mano di Finn, ma faccio come mi dice. Mi stendo e aspetto. L'acqua si muove piano, piccole onde pigre scorrono facendo muovere lentamente il mio corpo. È davvero rilassante, così tanto che mi dimentico di dove siamo.
Finn inizia a fischiettare, così mi risveglio e apro gli occhi. È steso anche lui, con gli occhi chiusi, e tiene la mia mano nella sua, così siamo vicini, stesi uno vicino all'altro, ma, in realtà, lontani chilometri, ognuno perso nei suoi pensieri.
Inizio a canticchiare con le labbra chiuse la sua stessa canzone. È presto, e non dovrebbe esserci nessuno in giro. In questa settimana sono tutti un po' più tristi e speranzosi. Molti negozi seguono l'esempio delle scuole restando chiuse. Da un paio di giorni va avanti così: Finn viene a prendermi a casa e scendiamo in spiaggia.
-E fai questo, la mattina? Vieni qui, e prima di iniziare a pescare, ti metti a galleggiare?
-Molte volte. Ma vado più al largo. Qui è troppo vicino alla città. Ma non solo la mattina. Quando le cose vanno storte…
Stiamo un po' in silenzio, poi lo sento muoversi, e me lo ritrovo in piedi vicino. -Non è andata proprio male.
Alzo le spalle. Due giorni fa avevo paura persino a bagnarmi le caviglie…
-Sai qual è un'altra cosa che mi tranquillizza? Mi immergo…
-Ehi, non credi di correre un po' troppo?
-Se non mi fai parlare! Mi immergo e inizio a gridare. Forte. Tanto nessuno può sentirmi.
Guardo il cielo, che sta iniziando a schiarirsi un po'. Poi un'idea mi balena in testa, più luminosa di un fulmine.
-È questo che stavi per fare quella volta? Quando sono caduta dall'albero?
Lui corruga le sopracciglia. Poi annuisce.
- Avevo paura, e a un certo punto sono scappato dalla Mietitura. Tanto non potevano estrarmi. Ero troppo piccolo.
Restiamo un po' in silenzio. Poi mi chiede:-Vuoi provare?
Mi rimetto in piedi. 
-Devi fare un respiro profondo, ma solo inspirare. Poi vai giù e gridi con tutto il fiato che hai nei polmoni.
Ci provo, ma l'urlo non è poi così forte o lungo.
-Bell'inizio. E poi, sei finalmente completamente bagnata. Se andassimo un po' più in là?
-Se invece facessimo qualcos'altro?
-Cioè?
-Non so. Andiamo a casa?
-Che c'è, ti sei stancata?
-Assolutamente no, però…
-Annie, tra un paio di giorni c'è la Mietitura. Potrebbero sbatterci chissà dove. Dovresti imparare un po' a nuotare. O almeno a stare a galla.
-Se per questo, dovrei imparare a maneggiare un'arma in un pomeriggio.
Il suo sguardo è strano. È arrabbiato, ma anche triste.
-Facciamo che ognuno si allena a modo suo?
Ora la rabbia è sparita dal suo viso. -D'accordo.
Mi lascia così, in mezzo al mare. Inizia a correre verso la collina, dove ci sono le case dei Vincitori, e scompare dalla mia vista.
Sopra di me, inizia a sorgere il sole.

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Capitolo 7
*** 6. Prima Parte - Venerdì (Finnick) ***


Finnick
A volte davvero non le capisco le ragazze. Ma con loro è ok, non fa niente. È con Annie che non è mai capitato.
Di solito non c'è bisogno di spiegare il perché di quello che facciamo. Di solito ci capiamo soltanto guardandoci in faccia.
Tiro un calcio ad una pietra, che va a sbattere contro il cancelletto di una delle case dei Vincitori.
Solo un paio sono abitate, nonostante il Distretto sia uno dei Favoriti.
La casa che ho colpito io è abitata da una delle donne più anziane del Distretto, e in assoluto la più anziana Vincitrice.
Mags Ambrose. È stata una dei protagonisti più particolari degli Hunger Games. Non aveva niente in particolare, tranne il fatto che era davvero intelligente. È riuscita a mettere tutti i tributi l'uno contro l'altro, affinché si uccidessero a vicenda, rimanendo fuori dalla lotta, convincendoli che era stato un altro tributo, e non lei, per esempio, a rubare del cibo. Si è trovata in un’Edizione di Favoriti pieni di sé. Semplice, ma efficace.
Ed ora, eccola lì, a sonnecchiare sul pianerottolo di casa sua.
-Va tutto bene?-, mi chiede.
Sono tentato di risponderle che niente va più bene da un pezzo. Che le ragazze sono stupide e ingenue.
-Problemi con la tua amica?
Sto per dirle di no. Ma poi mi fermo. Ed è perché questo che mi fa strano. Non dovrebbe conoscerci. Non passiamo mai di là. È troppo lontano dalla piazza o dalla spiaggia e troppo triste pensare che non ci andremo mai ad abitare. E poi, lei non esce mai di casa. Tranne alla Mietitura.
E poi non ha detto come fanno tutti gli altri, che dicono "la tua amichetta", come se ci fosse qualcosa di male, o come se avessimo una tresca. Andiamo, è come se fosse mia sorella. E poi, anche se fosse, non sono diavoli loro.
Strizza gli occhi e sorride. -Come faccio a saperlo? Primo, ho abbastanza anni da conoscere i ragazzi. Secondo, c'entra sempre una ragazza, figlio mio. Perché non vieni un po' qui, così ti preparo un the e parliamo un po'?
Si alza, ridacchiando. Ha i capelli più bianchi e lunghi che io abbia mai visto. Scompare dietro la porta d'entrata, e io entro nel cancello, incuriosito.
-Allora. Dimmi il tuo nome, visto che sai il mio.
-Finnick Odair, signora.
-E il suo?
-Io non ho ammesso che c'entra una ragazza.
Lei sospira. -Bene. Allora da chi fuggivi, completamente arrabbiato?
Prendo la tazza di the bollente.
-Che ci fa una vecchia signora in piedi prima dell'alba?
-Cambi discorso? Bene, fisso il mare. Da qui si ha una bella vista.
Guardo giù, verso il mare. Il Villaggio dei Vincitori è nel punto più alto della città, e c'è una vista fantastica.
Sto per guardare di nuovo la tazza che mi scotta le mani, ma mi blocco. C'è solo una figura scura con i capelli rossicci e una chitarra in mano. Qualche volta si ferma, guarda il mare, e ricomincia.
-È lei?
Annuisco. -Ma non è la mia ragazza.
-Sicuro. L'hai già baciata?
Devo averla guardata storto, perché lei inizia a ridere.
-Vedrai, bel faccino, che la bacerai, alla fine. E non fare quella faccia. Magari hai già baciato qualcun'altra, vero? Ma lei nessuno, mai. Non è così?
Mi lascia allibito. È vero. Ho avuto un paio di storielle, e Annie, invece, mai nessuna.
-Sta forse dicendo che lei ha una cotta per me?
-No. Ho solo pensato che un ragazzo non guarda così una ragazzina qualunque. E da vecchia sapientona di paese, ho pensato bene di dirtelo.
-E… E se avesse ragione?
-Oh, ma io ho ragione. Sai quanti ragazzi passano di qui? Uno ogni secolo. E sai perché? Tutti per lo stesso motivo.
Poi rimaniamo in silenzio. Finiamo il the, e faccio per andarmene, ma lei mi prende per il polso, e dice:
-Magari mi sbaglio. Siamo esseri umani, e noi, principalmente, sbagliamo. Ma se ti sei fatto la salita verso il Villaggio dei Vincitori per scaricare la rabbia, non è una storia semplice. Magari non vi sposerete. Ma siete molto legati, non è vero?-, fa una pausa, lasciandomi andare. -Se vuoi un consiglio, non aspettare, e valle a chiedere scusa. Qualsiasi cosa sia successa. E non aspettare domani, perché domani non arriverà mai. E non perché è la Mietitura. Non aspettare che sia troppo tardi, Finnick. Senti il consiglio di una vecchia.
Si sistema sulla sedia, e gira la testa, guardando il mare. Prima di andare via, la guardo: sembra che stia piangendo.




Angolo della autrice  ~
Salve a tutti! 
Da ora in  poi terrò regolarmente un angolino alla fine di ogni capitolo, giusto per annoiarvi ancora un pochino...
Allora, cosa ne pensate? Fatemi sapere, mi raccomando! (Anche perché se non ci sono riscontri temo che dovrò smettere di pubblicare)
Sebs 

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Capitolo 8
*** 7. Prima Parte - La Mietitura (Finnick) ***


Ci sono due pesci.
Uno è color bronzo scuro, l'altro è di un colore meno definito, una fusione tra il rosso e il dorato.
Nuotano verso la riva, e quello dal colore meno definito nuota più lentamente, come se fosse ferito.
Ad un certo punto spunta un uccello, enorme. Prende quello che nuota più lentamente nel becco e fa per andarsene.
Poi però qualcosa attira la sua attenzione sulla spiaggia: un pesce più grande, bianco, spiaggiato.
L'uccello molla il pesce che aveva nel becco e va verso quello bianco.
Lo prende e il pesce ci guarda, con i suoi occhi grigi: "Non aspettare domani", mi dice, prima di volare via con l'uccello.
 
È sabato. È il giorno della Mietitura.
Penso di aver pescato abbastanza, per sognarmeli anche, i pesci.
Così mi alzo e mi vesto per andare in giro.
Alla fine arrivo ai piedi della collina. Alzo le spalle, e proseguo.
Prima di andare a vedere se Mags è sveglia, guardo verso il mare. La vista da ieri non è cambiata. Annie continua a stare in riva al mare, con la mia chitarra.
-Vai-, mi dice una voce familiare che mi fa fare un salto di un metro. -Chi aspetti? Che ti porti tenendoti per l'orecchio?
Sospiro. Oggi è il giorno della Mietitura. Oggi è tutto possibile.
Scendo di corsa lungo la salita, e mi tengo un po' lontano.
La sento canticchiare, mentre suona qualche nota alla chitarra. Non è una canzone che conosco. Magari è quella che volevo spiare lunedì.
Mi avvicino piano. -Ciao.
Lei si ferma e mi guarda. -Ciao.
È come se non fosse successo niente. Con le altre ragazze, di sicuro, avremmo ricominciato a gridare.
Mi siedo vicino a lei, ma nasconde la canzone.
-L'hai scritta tu?
Piega il foglio e alza le spalle sorridendo. -Dopo la Mietitura la leggerai.
Abbasso gli occhi. -E se veniamo estratti?
-La leggerai comunque. Non preoccuparti.
-Vuoi una mano con la base?
Guarda il mare. -Credo che sia meglio se ci avviamo.
Ci alziamo e andiamo verso la piazza, tenendoci per mano. Come tutti gli anni.
Le ragazze sono già tutte in ordine a sinistra, e i ragazzi a destra. Ci registriamo e la accompagno al reparto ragazze. La bacio su una guancia e guardo il mastodontico palco, su cui sono seduti il sindaco e Mags. Non ci sono altri Mentori.
Mags mi sorride, o magari sorride al pubblico. O magari non sorride proprio. Magari me lo sono immaginato.
Vado al mio posto, e aspetto, fino a quando una grottesca donna vestita di verde chiaro sale sul palco e ci augura che "la fortuna possa sempre essere a nostro favore!"
Parte il filmato che ormai sappiamo a memoria, e penso a come sarebbe bello scappare, nuotare e magari trasformarsi in un pesce, dimenticare tutto ciò che ha a che fare con gli Hunger Games e il resto.
Però mi sveglio dai miei sogni, perché quella pazza grida, con la sua vocetta acuta:-Prima le signore!
Si avvicina alla bolla delle ragazze, e tutto quello che posso fare è sperare, come tutti gli anni. Non Annie. Non Annie. Non Annie.
Grazie al cielo, non è lei. I muscoli mi si sciolgono quasi. Lei mi sorride appena, pallida per la paura.
Poi annuncia che ora tocca ai ragazzi, ma non lo sento sul serio. Mi gira la testa. Chiudo gli occhi, e li riapro solo per vedere quelle labbra truccate di un verde scintillante pronunciare il mio nome.




Angolo della autrice ~
Ecco un nuovo capitolo! La pubblicazione non è stata molto regolare a causa della scuola e dei scarsi commenti ricevuti...
Questi capitoli vanno più piano perché voglio puntualizzare meglio le parti principali (sono puntigliosa, okay).
Credete che debba continuare? Fatemelo sapere con una recensione! Bye!
Sebs

 

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Capitolo 9
*** 8. Prima Parte - La Mietitura (Annie) ***


Nel momento esatto in cui pronuncia il nome della ragazza estratta, mi si sciolgono le ginocchia.
Ricomincio a respirare regolarmente, e le mie mani allentano la presa. Il palmo mi fa male, per come l'ho stretto.
Mi giro verso Finn, e lui mi sorride, entusiasta. Mi sento gli occhi bruciare. Perché dobbiamo essere così lontani?
Resto a guardarlo, perché mi sembra un po' strano. Non ha mai avuto una faccia più blu, neanche quando riemerge dopo aver tenuto il fiato sospeso per  5 minuti sott’acqua.
-Finnick Odair!
Mi giro di scatto. La faccia di quella donna, nascosta da chili di trucco, è entusiasta, come al solito. Non ha idea di ciò che ha fatto.
Ha firmato la condanna a morte del mio migliore amico.
Vorrei fare qualcosa, ma rimango immobile mentre sale sul palco e mi guarda dall'alto.
Poi si gira ed entra nel comune, scomparendo alla mia vista.
Mamma mi si lancia addosso, mi prende per mano e mi porta via di lì.
Ma non andiamo a casa. Spalanca una porta laterale del comune ed entriamo.
-Ora, segui quel corridoio. Mi senti? Segui il corridoio, anche se gira. Porterà ad una porta, bianca, con una T dorata sopra. Entra e aspetta finché ti dicono di entrare. Vai! Hai poco tempo.
Inizio a correre, come se ne andasse della mia vita. Corro fino a farmi male, fino a quasi schiantarmi contro la porta.
C'è una donna, lì davanti. La conosco solo di nome. Mags Ambrose. So la sua storia, ma non ci ho mai parlato.
È incredibilmente tranquilla, seduta composta, in un modo che sembra quasi fatto di proposito per farmi arrabbiare di più.
-Ci sono i suoi genitori. Aspetta un attimo.
Gli occhi mi bruciano da morire. Vorrei piangere, ma non posso farmi vedere così da Finn. Controllo le tasche, e sento il rumore della carta, del foglio con su scritta la canzone.
Sento una porta scricchiolare, e la vecchia tira fuori un fazzoletto, afferrandomi il viso. -Ascoltami bene, ora. Non piangere, ok? Devi dargli coraggio. Si aggrapperà a te per tutto il tempo che starà nell'Arena. A te e ad oggi, a questi tre minuti che avete, ok? Non fare nulla di cui ti pentiresti, ma dì tutto quello che puoi. Non parlare dell'Arena, d'accordo? Concentrati su di voi. Coraggio. Vai.
Nel frattempo, mi asciugava la faccia. -Prometta di riportarlo a casa. La prego.
Lei stringe i denti. -Farò tutto quello che posso.
-Faccia in modo che abbia un tridente.
I genitori di Finn escono e vanno via senza salutarmi.
Come dev'essere perdere i tuoi figli in una guerra che non ti appartiene?
Una guardia vestita di bianco annuisce e apre la porta.
Entro, e sento una scossa lungo la schiena.
-Ciao-, mi dice. Non ha versato una lacrima. Ha gli occhi più asciutti della sabbia in agosto.
Mi siedo accanto a lui, e prendo una mano. La stringo tra le mie, combattendo contro le lacrime.
-La canzone-, dico, e tiro fuori il foglio da una delle due tasche sulla gonna. Gliela passo e lui inizia a leggerla.
-Com'è la base?
Sorrido, e inizio a canticchiare la base, mentre lui la legge a tempo.
-"Non abbiamo tempo da perdere, non ci hanno promesso che ci rivedremo domani..." Sembra parli della Mietitura.
Alzo le spalle. -Credevo che questa potesse essere una buona estate. E che non dovevamo perderne un minuto…
Finn si alza, e si inginocchia di fronte a me. -Non posso assicurarti la vittoria. Non ti giuro che tornerò. Ma voglio che tu sappia che farò di tutto.
Non riesco più a trattenere le lacrime. Non è mai stato così serio. Lui è Finnick Odair, lui è allegro, giovane e ottimista.
Ma ormai, quel Finnick è morto, sia che torni sia che non torni dall'Arena. L'Arena cambia tutti.
Mi asciuga una lacrima, e mi fa alzare, facendomi sedere in braccio a lui.
Sentiamo un po' di trambusto, fuori, ma alla fine, prevale la voce di Mags. La sento gridare contro la guardia. Quasi nessuno ha mai sentito la sua voce, figurarsi se qualcuno l'ha mai sentita gridare.
Mi alzo e vado verso la porta. -Dovremmo andare a vedere...
Mi fermo. Finnick mi stringe il polso. -Aspetta…
Mi si avvicina, e riesco a sentire il profumo di mare sulla sua pelle, la mano che mi tiene il polso tremare, il suo respiro lento e regolare… E il mio cuore, che batte forte come quando sono piovuta giù dall'albero, quel momento di attesa, il momento di attesa più tremendo della mia vita.
Sento una lacrima scendermi sulla guancia, e Finn mi prende il viso con una mano. Poi, concentrandosi solo su quell'unica lacrima, mi bacia sulla guancia, proprio sul punto in cui si è fermata.
La porta si spalanca, e Finn si allontana da me, come se non fosse successo niente, con la sua solita indifferenza.
-… E invece no, il ragazzo parte adesso. Capito?-, urla la guardia.
-Bene-, risponde Mags. -Andiamo.
Finn esce dalla stanza, lasciandomi lì, immobile, che cerco di capire cosa diavolo è successo.




Angolo della autrice ~
Hello gente!
La scuola mi ha mangiato un bel po' di tempo, ma ce l'ho fatta. Credo che da adesso le pubblicazioni saranno più regolari, a meno che la mia musa non sparisca (spero di no, aiuto).
Ringrazio chi continua a leggere e soprattutto chi continua a recensire questa mia storiella (mi rendete felice ed orgogliosa!).
Se non avete ancora mai recensito, vorrei tanto che lo facciate, non avete idea di come una semplice riga possa sollevarmi la giornata.
Vi ho assillato troppo, avete ragione... Al prossimo capitolo!
Sebs
(PS: un grazie in particolare a xswaggsound, che continua a recensire sin dal primissimo capitolo. Ti adoro!)

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Capitolo 10
*** 9. Seconda Parte - In viaggio ***


Finnick.
Nel momento esatto in cui saliamo sul treno che ci porterà a Capitol City vorrei chiudermi in camera, e pensare a come potermi uccidere.
Mags ci tiene per mano, e una volta che chiudono le porte, lei ci dice che possiamo andare a riposare, se vogliamo.
Così scappo in camera, dove trovo un letto e una cassettiera piena di vestiti di tutte le taglie.
Non una piccola lama, non un lampadario a cui appendersi. Niente. Neanche un paio di forbici con la punta arrotondata. Niente.
Mi butto sul letto, stringendo il cuscino sul viso. Anche quello ha dei piccoli buchini che fanno passare l’aria.
-Ci tengono molto a voi, sai?
Mi volto e vedo Mags sulla porta.
-Giusto, vogliono vedere in diretta la mia morte.
-Non sei il primo a pensarci. Al suicidio prima di Capitol City. Hanno tolto i lampadari dalle camere, le vasche, anche gli spigoli dei mobili ora sono arrotondati. Una stanza a prova di bambino.
Butto il cuscino a terra, e mi siedo sul letto.
-Posso?
Le indico il letto, spostandomi per farla sedere.
-Non so mai cosa dire ai ragazzini che vengono pescati. Così dico solo “andatevi a riposare, penseremo al resto una volta arrivati a Capitol”. E poi è troppo tardi.
La guardo. Non è più la guerriera di poco fa. È tornata la signora stanca che fissa il mare, chiedendogli di portarla via.
-Non ti chiederò di combattere, di fare quello che ti dico io. Una volta nell’Arena sarai completamente solo, e non posso farci niente. Ma se riesci a trovare qualcosa per cui vivere, per cui dare tutto te stesso, per cui… Uccidere… Finnick, devi provarci. Stringere i denti su quell’unica cosa, e vedrai che ti tiene in vita. È l’unico motivo che ti posso dare, per ora.
Si appoggia sulla mia spalla e si alza. Mi sorride, triste, e sussurra:-Mi dispiace. Ora prova a dormire, d’accordo?
Mi infilo sotto il lenzuolo. Poi mi alzo, e frugo nella cassettiera fino a quando non trovo una coperta. La sistemo sul letto e mi ci infilo dentro.
Qualcosa per cui sopravvivere. Facile. Sento gli occhi di Annie ancora nei miei.
Forse ha ragione. Inizio ad immaginarmela da sola in casa, mentre si nasconde dai controlli dei Pacificatori che trascinano gente in piazza a vedere i vari programmi dedicati agli Hunger Games.
È abbastanza furba da riuscire a scamparla. E poi magari si rifugia sull’albero sulla spiaggia. Come al solito. O magari si fa coraggio e va alla Palestra.
Annie non sa neanche tenere una spada in mano. Se venisse pescata?
Mi giro dall’altra parte. Inizio ad immaginarla grande, simile alle foto di sua madre da giovane. Bella e adulta, magari sposata e con dei bambini. Che prende in eredità la bottega dei suoi genitori. Che continua a cucire gli strappi dei miei vestiti. E che vado a trovarla, e i suoi figli mi chiamano “zio”. Zio.
 
Mi alzo, ed esco fuori dalla stanza. Dopo un paio di porte sbagliate, trovo quella della stanza di Mags. Busso, e mi fa entrare. Dal suo finestrino scopro che è sera. Infatti, lei indossa una camicia da notte, e ha i capelli sciolti.
-Finnick, siediti.
Mi indica una sedia, l’unica differenza rispetto alla mia camera. Per il resto, è tutto uguale. Come se avessero paura che anche i Mentori potessero pensare al suicidio.
Lei mi si siede di fronte, sul letto.
-Mags, io… Ci ho pensato. Voglio tornare a casa, rivedere i tramonti e le albe sul nostro mare, voglio vivere ancora troppe cose per mollare tutto adesso.
Mags mi guarda, cercando qualcosa nei miei occhi. Poi, come se fosse sicura di aver trovato ciò che cercava, si allontana e annuisce.
-Non tornerai più quello che eri prima di salire su questo treno. L’Arena non è una di quelle cose che “se non uccidono, fortificano”. L’Arena uccide e basta. Anima o corpo non è poi una grande differenza.
Annuisco. -Non preoccuparti. Lotterò con i denti e con le unghie. Io ho un vero motivo per tornare a casa.
Lei si alza e va alla finestra. Anche se non l’ho detto, ha capito.
Non so più cosa fare nella sua camera, così me ne vado.
 
Annie
Il sole non sorge più.
Resto distesa nel letto tutto il giorno, rifiutando qualsiasi cosa mamma mi porti.
Poi, di notte, mi alzo e vado alla spiaggia. Sono come un fantasma.
Entro in acqua, con la paura che mi urla di fermarmi.
Ma non lo faccio.
Vado lontana, e quando sento che davvero non potrei andare più in là, prendo un respiro profondo e mi immergo. Poi grido più forte che posso. Fino a quando non sento di stare sul punto di non respirare. Poi riemergo, e torno a casa, infilandomi nel letto senza cambiarmi o asciugarmi i capelli.
Come un fantasma.
 
 
Angolo della autrice ~
Hello everyone! Vedo che i recensori iniziano a crescere, sono felice che aumentiate (non avete idea di quanto sia incoraggiante ricevere un responso!), e spero che la storia continui a piacervi, ora che entriamo nel vivo... Fatemi sapere!
Sebs

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Capitolo 11
*** 10. Seconda Parte - Piani ***


Finnick
Una volta arrivati a Capitol City, ci portano in un grosso albergo a quattordici piani, dodici per i Tributi e i loro Mentori e Assistenti, e uno sotterraneo per gli allenamenti dei prossimi giorni. Il nostro è il 4° piano.
La nostra accompagnatrice ci porta in una saletta separata dal resto del piano.
Dal nulla appaiono due persone che, a primo impatto, sembrano usciti da un ricovero per matti.
Lui è alto e magro, con la pelle rossastra e delle scritte verde sulle braccia magroline.
Lei ha la pelle rosa, ma ha un naso schiacciato, dalla cui base spuntano tre lunghi baffi per lato. Vibrisse? Come quelle dei gatti? I suoi capelli sono biondi e ricci, alti almeno una spanna e circondano tutta la testa.
Se la nostra accompagnatrice ci sembrava grottesca, loro sono due mostri.
-Bene, loro sono i vostri Stilisti!-, dice lei entusiasta.
-Io voglio lui.
Mi giro verso la ragazza del mio Distretto. Una tizia magrolina che non mi pare di aver mai visto. Avrà un paio d’anni in più di me.
-Io… Non posso andare in giro vestita da un gatto bipede. Davvero.
Il discorso non fa una piega. Solo che ora la matta me la becco io.
-D’accordo, allora io e il piccolo Finny andiamo a prepararci.
Viene verso di me e mi abbraccia, trascinandomi dietro una porta. Mi fa salire su una pedana rotonda e inizia a girarmi intorno.
-Non chiamarmi mai più così.
-Oh, avanti.  È un bel soprannome. Peccato solo che sei un bambinetto. Io li odio, tutti quelli che hanno meno di sedici anni. Perdono quasi sempre. Deboli e piccoli. Non sanno tenere un coltello in mano. Di certo tu non farai eccezione. Quindi, una tutina da sub andrà bene. La tua amichetta del 4 non ha neanche un gran bel fisico per permettersi di giudicare le mie vibrisse, e… Aspetta un attimo.
Si gira verso un tavolo, con la faccia inorridita.
-Questo coso verde lo tagliamo, d’accordo?-, dice, indicando il bracciale di Annie.
-Non ci provare neanche, hai capito?
Mi afferra il polso, affondando le unghie. Ma io le giro intorno e le punto le forbici alla gola, spingendola contro un muro.
-Non provare mai più a toccarmi, hai capito? Mai più una parola contro di me, mai più una parola contro i Tributi, mai più una parola contro i Distretti. Siamo noi che paghiamo questi stupidi baffi e tutti i ritocchini che ti fai. Se non ti piacciamo, cambia lavoro. E per la cronaca, io sono Odair per voi sudici bastardi.
Mi allontano, lanciando le forbici sul tavolo.
 
-Quindi, ricapitoliamo. Neanche sei sceso nell’Arena, e già hai un paio di nemici sparsi per Capitol City.
Sono seduto sulla sedia della camera di Mags. Ormai è un’abitudine.
-Mags, scusami, io…
-Io, Finnick, mi sto rimettendo in gioco. Vedi altri Mentori? Sai che sono la più vecchia, qui? Sai che non ce la faccio quasi a stare in piedi? Sai che vuol dire per me…
-Ho capito, Mags, ma ora è inutile stare qui a litigare. Tra meno di una settimana mi troverò circondato da piccoli assassini. Farmi la paternale non mi farà vincere. Mi dispiace, ma non abbiamo tempo da perdere.
Mags mi guarda, stupita.
-Perfetto. Allora, da adesso in poi fai tutto quello che ti dico io, senza opporre un dito, senza parlare.
-D’accordo.
Si siede sul letto, e mi fa gesto di raggiungerla.
-Sai, la cosa più difficile che un Mentore deve fare è scegliere quale dei due ragazzi salvare. E non ne salva nessuno. Ma quest’anno, con te, sono sicura al cento per cento. Non so neanche il nome, di quell’altra ragazza.
Sorrido. -Di me sai che ho dei problemi seri.
-Certo. Nessuno passa davanti casa mia, scalando una collina ripida per niente. Solo qualche matto-, ride, e poi mi sorprende, ancora una volta. -Ti racconterò la mia storia, piccolo Odair. Ma non quella che studiate a scuola. La mia vera storia, come l’ho vissuta io. E allora capirai tante cose, magari. Magari invece no. Ma qualcuno deve pur sapere la verità. E ora sparisci. Pensa ad una strategia.
Mi alzo e vado verso la porta.
-Tieniti stretto Annie, e non parlarne con nessuno, Finnick. I tesori più preziosi devono essere tenuti ben al sicuro.
 

Annie.
Alcuni dicono che la paura è una cosa buona.
Risveglia i riflessi, prepara i muscoli, dilata le pupille.
Prepara all’attacco o alla fuga, mette in circolo l’adrenalina, l’una cosa che ti dà la forza di fare entrambe quelle due azioni. Fuggire e combattere.
Ma la mia non è paura. Quello che provo non è uno spavento, un colpo per far passare il singhiozzo.
Il mio è puro terrore.
 
 
 
 


Angolo della autrice ~
Devo dir la verità, avrei voluto pubblicare molto prima, ma sono stata travolta da un lampo di genio (?) nel fandom di Sherlock della BBC, quindi ho rimandato la pubblicazione di questo capitoletto.
Se volete farci un giro, i link sono questi ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2664864&i=1 ) & ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2668424&i=1 ) .
Come al solito, mi raccomando di farmi sapere come la pensate.
A presto!
Sebs

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Capitolo 12
*** 11. Seconda Parte - Alleanze ***


Finnick.
La sfilata non è andata poi tanto male. Ognuno è stato sulle sue a godersi il pubblico, senza guardare gli altri tributi. Anche se sarà l’anno dei Davide e Golia: escludendo i mastodontici ragazzi dell’1 e del 2, gli altri a stento raggiungono i 16 anni.
Oggi ci aspetta il primo giorno di Allenamento. Così, quando arriviamo nella Palestra, mi dedico al lancio di coltelli.
Prendo una lama tra le dita e la lancio, prendendo un manichino su un braccio. Nel lancio sono bravo, tiro tridenti da quando ho 10 anni, ma i coltelli sono troppo leggeri e mi sfuggono di mano.
-Tu devi essere Odair.
Mi giro, e vedo una ragazzina con i capelli castani. -Già.
-Io sono Mist. Distretto 2.
-Coltelli, allora.
Lei sorride, scoprendo una schiera di denti perfetti. Prende un coltello e centra il manichino nel punto in cui dovrebbe esserci il cuore.
-Me la cavo.
-Avete già iniziato a pensare ad un’alleanza?
-Beh, sai. Le solite cose. Distretto 1, Distretto 2… Se sai fare qualcosa di interessante potremmo pensarci.
Per essere un’assassina alta un metro e mezzo fa paura. È così glaciale, convinta di partecipare soltanto a una gara di corsa.
-Tenetemi d’occhio, allora.
Lei sorride, e va verso gli altri, girandosi per vedere se la sto ancora guardando.
Alzo le spalle, e ricomincio a concentrarmi sui coltelli.
Poi passo al tiro con l’arco, e infine vado verso una parete inclinata per l’arrampicata. Mi metto in fila.
-Inizi a corteggiare i ragazzi Favoriti?
Mi giro, e trovo un ragazzo che potrà avere la mia età.
-Si fa quel che si può.
-Certo. Certo.
Alla fine non ce la faccio più, e gli chiedo se c’è qualcosa che non va.
-No, non preoccuparti. Solo che, per un anno, dovremmo metterci tutti d’accordo, non credi? E stare lì, a fissarci, a divertirci, a difenderci. E vedere come si comportano qui a Capitol.
-Fammi capire, sei tu quel tipo che tutti gli anni promette di non uccidere? Quello che corre verso il gigante di turno del Distretto 1 gridandogli “pace e amore”?
Alza le spalle. -Magari sì. Ma almeno non sono come quegli idioti.
Indica i Favoriti, che giocano con gli archi. Solo uno sa come si tiene.
-Sono Boe, comunque.
-Finnick, 4.
-Sì, lo so. Dicono che sai tirare un tridente a chilometri di distanza.
-Davvero?
Cerco nella sala, ma non ne vedo nessuno. Così, quando tocca a me, chiedo a Boe di tenermi il posto e  prendo tre coltelli, una lancia e un pezzo di corda. Lego i coltelli alla lancia, giro un manichino verso la parete per la scalata, e al mio turno, mi arrampico fino alla cima, incastro bene i piedi e mi tengo con una mano, e lancio il mio tridente artigianale, che corre sulle facce stupite degli altri Tributi, colpendo il manichino nel centro del petto.
-Che ne dite?-, grido ai Favoriti.
Un ragazzo con i capelli biondi, quello che sapeva usare l’arco mi sorride. L’altro, più alto, applaudisce, ma nessuno supera quella pazza ragazza che mi è venuta a parlare prima. Salta letteralmente dalla gioia.
 
Negli altri due giorni mi alleno con i Favoriti. Non hanno reclutato nessun’altro, anche se continuo a tenere d’occhio Boe. Mi dispiacerà quando morirà. Anche se è un tipo strano, mi piaceva. Per quanto ti possa piacere uno pronto a ucciderti.
 
Annie.
-Annie… Oggi è il giorno della sfilata. Che ne dici di scendere e magari prendere un po’ d’aria, così magari cambio il lenzuolo, rifaccio il letto…
Mi alzo, e lei mi dice di andare a farmi un bagno, che ha già riempito la vasca.
Così faccio come mi dice. Ma la persona che mi guarda dallo specchio sul lavandino non posso essere io.
Ha la pelle grigiastra, i capelli ritti e duri, spettinati ma smorti.
Mi immergo nella vasca, e quando mamma bussa, la faccio entrare. Mi pettina i capelli e me li lava.
-Sai, Annie… Non dovresti annullarti così. Pettinati, non uscire più di notte, vestiti bene. Ti faranno sentire…
-Come se Finnick non ci fosse mai stato? Mamma, non capisci. Ho gli incubi, di notte. Incubi su incubi su incubi. Lo vedo morire in modi che neanche conoscevo.
-Ma lui avrebbe voluto…
-Non parlare di lui come se fosse già sotto terra. Potrebbe farcela.
-Anche se dovesse farcela, non sarà come prima. E fai bene a sperare, ma non si sa mai cosa…
-Lui tornerà. Lo so.

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Capitolo 13
*** 12. Seconda Parte - Caesar ***


Finnick.
-Stasera ci sarà l’intervista-, esordisce Mags, come se non lo sapessi. -Una sola cosa, più di tutto il resto: non parlare mai di Annie. Fai come se non ci fosse. Lei non è mai esistita.
-Perché? Penserà che l’ho dimenticata, che l’ho lasciata a…
-Finnick, hai giurato di fare come ti dico io. E lo farai.
Annuisco. A volte mi tratta come se fossi suo pari, altre come se avessi cinque anni.
-E sarai il solito tipo pieno di misteri, quello che fa urtare i nervi alle persone, ma che in fondo tutti adorano.
-Sono sul serio così?
-Magari no, ma non puoi andare a fare il giovane e innocente bimbetto. Non la daresti a bere a nessuno.
Inizia a farmi qualche domanda, di quelle che Caesar fa di solito. Modifica e cambia le mie risposte, fino a quando non mi manda via per la prova del vestito. Uno smoking celeste con una camicia bianca. La 65° edizione degli Hunger Games è l’edizione dei cliché.
 
Ognuno racconta qualcosa di sé davanti a dodici Distretti e a tutta Capitol. Io non riesco a pensare a nient’altro che a Annie e a come la prenderà.
Arriva il mio turno, e Caesar mi stringe la mano e mi fa accomodare.
-Allora, tu sei il promettente Finnick Odair. Dicci, come te la passavi nel Distretto 4?
-Beh, mio padre è un pescatore, e non ce la passiamo tanto male.
-E c’è qualche ragazza?
Guardo nella telecamera. Non sto mentendo. -No, non sul serio. Insomma, ho solo 14 anni!
-Certo, certo. Mi pare giusto. Comunque, uno dei migliori nella Palestra locale, giusto?
-Me la cavo…
-Abbastanza, direi!
Per tutta la durata dell’intervista, cerco di rivolgere rapidi sguardi alle telecamere. Non sguardi di complicità, come fanno gli altri. Le mie occhiate chiedono scusa ad Annie, chiedono di non credere all’idiota che gioca con Flickerman.
La campanella suona dopo tre secoli, e quando mi alzo e vado al mio posto, il pubblico impazzisce.
Cosa diavolo combina Mags?
 
-Quindi non c’è una ragazza a casa…
Mi giro, e da dietro un angolo spunta Mist.
-Già.
-Com’era? Ho solo 14 anni?
-Già. Tu quanti ne hai?
-14, quasi-, sorride. Sebbene abbia la stessa età di Annie, lei è completamente smaliziata. Come tutte le altre ragazza del Distretto 4.
Mi si avvicina, e mi bacia su una guancia.
-Beh, se metti che stiamo per morire, non credi che dovremmo divertirci?
-Magari un’altra volta, ok?
Me la stacco di dosso, e vado verso i camerini. Che diavolo prende a tutti?
 
Annie.
Quando Finnick spunta e si siede vicino Flickerman, tutto il Distretto ammutolisce.
La maggior parte scommettono su di lui, ed è il più quotato dopo i giganti dell’1 e del 2.
Caesar lo fa sedere e inizia a fargli qualche domanda sulla sua vita qui. Poi, ad un certo punto, gli chiede delle ragazze.
Molte ragazze si raddrizzano, sorridendo, ma la maggior parte si voltano verso di me. Prendo le ginocchia e me le stringo al petto.
-No, non sul serio. Insomma, ho solo 14 anni!
Se le altre ragazze sono solo un po’ deluse, io mi sento uno schifo. Mi alzo dalla sedia sistemata sulla piazza davanti al maxischermo e mi arrampico su una casa. Poi, da tetto in tetto, vado fino al mare, sul promontorio, sulla parte che non ha sabbia ma pietre. Anche i ragazzi più esperti non sono autorizzati ad andare di là. Le onde sono più pericolose. Prendo dei sassi e inizio a buttarli in acqua, come se potessero arrivare a colpirlo.
Ora basta, dico a me stessa. Ho chiuso con Finnick Odair.

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Capitolo 14
*** 13. Seconda Parte - Inizi ***


Finnick.
Respira. Non continuare a girarti. Respira.
Non riesco a dormire. Per ironia, mi ricorda quando dovevo dare l’esame per passare all’altro livello, a scuola. Se non avessi paura da impazzire, sarebbe quasi comico.
Mi alzo, e prendo l’ascensore, andando all’ultimo piano, sulla terrazza.
C’è già qualcuno, ma me ne accorgo troppo tardi.
-Credevo che la terrazza era solo per quelli del 12.
-A quanto pare, no.
Il ragazzo rivoluzionario con cui ho parlato un po’ di giorni fa è del 12, allora. Non vincono da secoli. Non hanno un vero e proprio Mentore.
Mi guarda e sorride. -Se non ti fossi alleato con quelli, mi sarebbe piaciuto allearmi con te.
Alzo le spalle. -Le cose potrebbero cambiare, nell’Arena. Il bestione del 2 non mi sopporta.
-Allora ci vediamo domani laggiù.
-D’accordo.
Rientra, e io mi metto le mani in tasca. È bello risentire i miei vestiti del Distretto 4.
Ma sento un rumore strano. Tiro fuori la mano, e trovo un foglio spiegazzato.
Dentro c’è scritta la canzone di Annie.
Non so come, ma le gambe reagiscono prima di me. Inizio a correre verso la mia camera, ma poi penso che lì non troverei quello che cerco.
Entro nell’ufficio degli stilisti, e li trovo: un foglio e una penna.
Poi ricomincio a correre, e mi ritrovo sulla terrazza.
 
“Annie,
in questi giorni sono cresciuto parecchio. Mi sembra di aver compiuto 60 anni un paio di minuti fa. Sento la responsabilità non verso il Distretto (per me potrebbero bruciare quasi tutti all’inferno), non verso i miei genitori o chiunque altro. La sento solo verso di te. Come quando ho voluto accompagnarti a casa dopo averti tirata fuori dall’acqua. Volevo essere sicuro che stavi bene. È la mia preoccupazione più importante.
Un’altra cosa strana. Mags. Se mai io non tornassi, fidati ciecamente di lei. Sembrerà strano, dato che molti non credono in lei, visto che non porta qualcuno a casa da un po’, ma è davvero una brava persona. Affidati a lei. Io lo sto facendo.
Se non dovessi tornare, Annie, inizia ad allenarti. Così, se io non ho avuto possibilità di vincere per te, tu lo potrai fare per me. E poi avrai una di quelle case dorate e bianche dove vive Mags, quelle che tanto ci piacevano da bambini.
Voglio che cresci e che diventi grande. Voglio che ti sposi, o che tu faccia qualsiasi cosa possa farti felice. Magari un giorno, se dovessi riuscire a vincere, potrò tenere i tuoi bambini in braccio. Magari i loro nomi non andranno mai in una dannatissima boccia, magari loro avranno una vita felice. Magari li potrò sentire che mi chiamano “zio”. Sai, è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Pensare a noi da grandi. Pensare ai figli che potremmo avere. Sentirli parlare. È la cosa che mi ha convinto di più.
Penserai che mi sono rammollito, adesso. “Finn che parla di bambini?!” Eh, già. L’Arena e la paura fanno brutti scherzi.
Ma sappi che c’è una cosa che non può cambiare, che niente e nessuno potrà mai fare.
Io continuerò a volerti un bene dell’anima che neanche ti immagini, Annie.
 
Finnick Odair. Finn.”
 
-Mags?
La porta si apre, e vedo Mags con gli occhi gonfi che mi guarda storto. -Che c’è?-, mi dice, con una voce rotta che non le si addice.
-Potresti consegnare questo ad Annie Cresta?
Prende la lettera, cercando di non piangere davanti a me.
-Certo, Finnick. Ora vai a dormire. Avanti.
-Sai già com’è l’Arena?
Lei spalanca gli occhi e annuisce. Poi chiude la porta.
E capisco che sono spacciato.
 
 
Annie
Tredici ore esatte dopo l’intervista ai Tributi di quest’anno, mi trovo davanti alla Palestra del Distretto 4.
Non ci sono mai entrata prima: è una stanza enorme, subito dopo uno spartano ingresso con una segretaria.
La prima cosa che colpisce è il bianco accecante delle pareti. Io immaginavo pareti schizzate di sangue, ma sono completamente pure.
E ci sono armi. Ovviamente. Ma ne sono decine, magari un centinaio. E ragazzini che non hanno neanche 10 anni.
Faccio un passo indietro. -Non posso-, riesco a sussurrare. Poi scappo via.

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Capitolo 15
*** 14. Seconda Parte - La 64a Edizione degli Hunger Games (Finnick) ***


Nel momento in cui entro nella stanza che mi porterà direttamente nell’Arena, so che dovrei dire addio a tutto. Alla mia vita nel Distretto 4, alla mia permanenza a Capitol. Ai miei amici nel Distretto 4. Ad Annie.
Mags spunta dalla porta e mi viene ad abbracciarmi.
-La lettera è al sicuro. La manderò a casa appena posso.
“A casa”, ha detto. Per la prima volta da quando sono andato via, mi viene da piangere.
Non era così reale, finché eravamo in Palestra, o davanti alle telecamere. Era solo una farsa. Ma adesso inizia sul serio il gioco.
-Mags, grazie.
Lei cerca di rimanere seria, ma alla fine vedo gli occhi appannarsi dalle lacrime. -Non fare lo stupido. Ci siamo preparati a lungo per questo. Avanti, sono sicura che ce la puoi fare.
Mi aggiusta la tuta, come se fosse il grembiule per il mio primo giorno di scuola.
-La lettera… Dagliela il più presto possibile. Voglio che la legga prima che… nel caso che…
Lei annuisce.
Cinquanta secondi.
Entro nella postazione, una piastra rotonda con un vetro che mi si chiude intorno.
Salgo lentamente, e guardo l’Arena.
Palude. Liane che saltano da un albero all’altro, alberi alti metri e metri, poca acqua e tanta umidità.
Adesso capisco i vestiti a strati. Adocchio la Cornucopia: un corno dorato su una piccola collinetta, e tutto intorno regalini minori. E, ai piedi della collina, noi Tributi.
Alla mia destra, due piastre più in là, c’è Boe. Non è agitato. Si guarda intorno, tranquillo, come se avesse la vittoria in mano. Mi saluta, per ora ci siamo solo noi due.
Poi spunta la ragazza del 2, Mist. È entusiasta, neanche si trovasse ad una festa.
Piano piano spuntano tutti, e a dieci secondi dall’inizio, siamo tutti pronti per lanciarci verso la Cornucopia.
A cinque secondi dall’inizio, Boe inizia a gridare.
-Bene, siete tutti contenti? Stiamo per ucciderci l’uno con l’altro. Allora sapete cosa vi dico? Il mio conto lo pago io.
Il saluto militare è l’unica azione che fa prima di saltare fuori dalla piastra ed esplodere in mille pezzi.
Dopo cinque secondi dal termine del conto alla rovescia  siamo ancora tutti immobili. Nessuno ha mai fatto una cosa del genere di proposito.
Poi, improvvisamente, i Favoriti scattano. Corrono verso la Cornucopia, e io e gli altri li seguiamo.
-Allora, Odair. Che arma vuoi?
Mi chiede qualcuno. Fingo di fare il loro gioco, sorrido e prendo un paio di coltelli e una lancia.
Iniziano ad uccidere qualcuno, e io non posso fare altro che fissarli.
Uccidono dei ragazzini, e riescono anche a scherzarci su.
Alcuni riescono a scappare, e uno incita all’inseguimento.
-Aspettate-, dico io. -Ne abbiamo fatti fuori quattro, più il suicida. Dobbiamo dare un bello spettacolo o no?
Gli atri riflettono e annuiscono. -D’accordo-, dice il gigante del 2. -E bravo il nostro Stratega.
Gli altri ridono, e iniziamo a spartirci il bottino: ci sono cose da mangiare, armi, valigette di medicine: è una vera fonte d’oro.
-Che facciamo, allora?
Il ragazzo dell’1 prende un pezzo di legno e inizia a provare i coltelli.
-Credevo ci si divertisse di più, in realtà-, dice la ragazza del 2. -Non credi, Finnick? Tu non ne hai ammazzato neanche uno…
Cerco di rimanere tranquillo. -Non preoccuparti. Vi porterò tutti nella vostra tomba!
I ragazzi iniziano a ridere e mi si lanciano addosso, e iniziamo a fare una da quelle lotte tra vecchi amici. Come se non fosse ciò che tutti pensano di fare.
La notte, mentre dormo, sogno Annie a la canzone che ha scritto. Così, nel mio turno di guardia, inizio a lavorare un pezzo di legno, cercando di ricordarmi come faceva il giocattolaio al Distretto.
In poche ore, mi trovo con un piccolo flauto come quello che aveva mia sorella anni fa.
Mi allontano un po’ per non svegliare gli altri. Sono sicura di avere tutta l’attenzione dei media. Inizio a suonare una delle più vecchie canzoni del Distretto 4, sperando che Annie mi senta e capisca che, da qualche parte sotto tutte queste lame ci sono ancora io.
Dopo che riusciamo a scovare e ammazzare tutti gli altri, decidiamo di separarci, e continuare ognuno per conto suo.
Inizio a girovagare,cercando di ricavare un po’ d’acqua dagli alberi, visto che non ci sono neanche piccole sorgenti. Intanto, inizio a preparare un piano d’emergenza: intreccio una rete di liane, e lego dei coltelli ad ogni angolo. Se sapessero che li ho fregati rubando da loro altre armi, mi torturerebbero ancora di più.
Una notte, la terza da quando ci siamo separati e la nona da quando sono iniziati i giochi, mi sveglio di soprassalto.
Cerco di muovere le mani, ma sono legate.
-Mi dispiace, sai. Tanto. Ma ci tenevo tanto a farlo io. Nel Distretto 2, quando due persone si sposano, si fanno una ferita sull’anulare. Gli anelli possono perdersi, e non sono un vero e proprio simbolo di fedeltà.
La fedeltà fa male, Finnick. Scegliere da che parte stare, ancora di più. Però tu mi piacevi. Peccato, non credi?
Si alza e va vicino ad un albero, dove ha messo uno degli zaini in cui abbiamo messo le nostre cose quando ci siamo separati.
Il tempo che si mette a cercare qualcosa in quello zaino, che piove qualcosa legato ad un paracadute.
Un tridente.
La lama di uno dei tre denti arriva vicino alla liana che mi tiene una mano.
Passo la liana sopra la lama e inizio a tagliare. Mi giro verso l’altra e la taglio con un coltellino.
Mist mi guarda, con il tridente in mano.
-Povero stupido, e povera la tua vecchia Mentore. Pensare di farmela così.
Lascio il coltello, e mi avvicino a lei.
-Avanti, non ti sarai mica offesa?
Le sorrido, e lei risponde al mio sorriso, piegando anche la sua bocca in un sorriso.
Le prendo le mani, le abbasso lungo i fianchi, facendole lasciare il tridente.
-Finnick…
Sorrido ancora di più, per farla fidare di me.
-…E se ci alleassimo contro gli altri?-, conclude.
-Perché… No.
Le infilo il coltello nello stomaco.
-Tu! Brutto…
Una voce profonda mi sorprende con ancora il coltello in mano.
In un secondo, il tempo di schivare la spada che mi lancia il tizio del 2, gli lancio il coltello. Lui si allontana, chiamando gli altri.
Tiro una liana e la lego al tridente.
Prendo la rete e lo seguo silenziosamente. Poi, una volta che li trovo, salgo su un albero e aspetto.
-Avevo ragione. Quello stronzo ci ha fregati.
Non aspetto un attimo di più e lancio la rete. I coltelli si incastrano nel terreno, e prendo la rincorsa con il tridente, trapassando il primo da parte a parte. Tiro la liana e ripeto l’operazione altre due volte.
Alla fine mi tremano le mani.
 
 
 
 
 
 
 
Angolo della autrice -
Salve a tutte, vi ringrazio di essere arrivate a leggere fin qui (sul serio, grazie).
Volevo spiegare una cosa: ho deciso di rendere in tre parti le fasi dei Giochi per non appesantire troppo la storia, visto che sono in porto almeno un'altra decina di capitoli.
In compenso, il prossimo capitolo sarà una vera e propria novità, mai vista in precenza.
Vi auguro una buona lettura e vi ringrazio in anticipo, nel caso vogliate o no lasciarmi una recensione (cosa che apprezzerei davvero molto!)
Al prossimo capitolo!
Sebs

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Capitolo 16
*** 15. Seconda Parte - La 64a edizione degli Hunger Games (Mags) ***


I ragazzi dei Distretti 1 e 2 hanno vinto tre quarti delle Edizioni degli Hunger Games. Si sono trovati bene in tutte le varie ambientazioni possibili e immaginabili: foreste, oceani, città abbandonate, cimiteri. E in tutti i tempi possibili, quali la pioggia, sole, grandine, neve.
Sono stata un paio di volte nei loro Distretti. La prima volta quando avevo diciassette anni e ho vinto i miei Hunger Games, le altre quando i miei ragazzi hanno vinto.
Ricordo tutte le facce dei ragazzi che ho avuto come Tributi. Li conosco da quando erano bambini.
I primi, soprattutto. Andavano a scuola. Erano i fratelli e le sorelle minori delle mie amiche.
Poi sono diventati i loro figli, i figli dei loro fratelli, i figli dei propri figli.
Inizialmente avevano fiducia in me. Man mano, quella fiducia è svanita nei loro occhi.
Ero sola. Il mio Mentore era morto dopo avermi salvata, e non sapevo assolutamente come fare. Per un periodo spendevo i soldi della mia vittoria per salvarli. Ma poi ho capito che non potevo farlo. Non per me, di soldi ne avevo a palate. Ma per Capitol City. Iniziavano a capire, e mi avrebbero spezzata in due.
Non uccisa. Loro non ti concedono una punizione così clemente.
E con me, avrebbero spezzato i ragazzi, i figli e nipoti dei miei vecchi compagni di scuola.
Così, per un periodo ho mollato. Li mandavo semplicemente al macello.
Per quanto ricordo, è stato il momento più terribile della mia vita.
Il cervello cerca di cancellare ciò che fa male. Lo mette da parte. Lo seppellisce con scuse e con motivazioni fallaci.
Ma ad un certo punto, devi affrontare la realtà, e non solo essere manipolato da essa. O finirai ancora più a fondo di quanto lo sei.
Quindi  ho capito di doverci provare. Non con la stessa pazza e irrazionale passione di prima, ma con un po’ di cervello. Sceglierne uno. Puntare tutto su di uno solo dei due.
Credo che il cervello abbia continuato a cercare le sue scuse ancora per un po’.
Ha funzionato per del tempo. Ma poi sono successe altre cose, come la morte dei miei parenti più stretti, e credevo di non farcela. Di nuovo, ho mollato.
Raggiunta l’età adulta ho ricominciato. Ma alle soglie dei sessanta, ho mollato.
Ho vinto i miei Hunger Games perché mia sorella maggiore mi allenava tutti i giorni con le armi, con le erbe e suggeriva idee di altri Tributi. Era convinta che io avessi lo spirito giusto, un animo né troppo pulito, né troppo sporco per vincere. Non so dove abbia visto tutte queste qualità. Non mi reputo una donna forte.
 
Fino a quando non ho visto un ragazzo di appena 14 anni salire sul fianco della collina. Ho capito che avrei dovuto tornare a combattere.
Finnick Odair è una delle persone più forti, combattive, tenaci e libere che io abbia mai conosciuto.
Per la sua età è incredibilmente maturo.
Quando è venuto da me in piena notte e mi ha detto che voleva tornare a casa per vedere i tramonti sul mare, mi ha spezzato il cuore. Il mare del Distretto 4 è una delle cose che ti mancano di più, quando sei a Capitol City. Perché il mare è una delle cose più pure che abbiamo.
E Capitol City è uno schifoso rifugio per bastardi.
L’Arena è stata una palude, quest’anno. Acque trascurate e verde ovunque. Non ci sono molti alberi, nel Distretto 4.
L’altra ragazza è morta nel bagno di sangue. È stato più facile. Più orribile, certo. Ma strategicamente più semplice.
Finnick ha catturato l’attenzione degli sponsor dal primo momento, con la sua strana e disinteressata bellezza e la sua sfrontatezza. Io non ho fatto altro che fargli firmare qualche assegno, a quei sadici, e tenere a mente l’unico consiglio che mi ha dato la persona che ama Finnick Odair più di quanto possa mai immaginare.
Solo che lei non lo sa ancora. Sembra così piccola, così fragile, così pura.
Se Finnick Odair ha vinto la 64a Edizione per lei, lo capisco. È una delle persone più buone che io abbia mai conosciuto. Lo si sente a pelle. Le affideresti la tua anima, e lei te la restituirebbe ricucita in tutti i punti in cui l’hai spezzata nella tua vita.
Lui non sa di amarla. 





Angolo della autrice
Salve a tutti! 
Beh, vi avevo promesso un capitolo originale e "nuovo", e visto che, personalmente, trovo semplicemente fantastica Mags e molto sottovalutata, ho voluto farle giustizia, a modo mio.
Spero che questa piccola deviazione sia ben accetta, soprattutto per capire le dinamiche e i comportamenti di Mags.
Grazie ancora per essere ancora qui a leggere!
Sebs

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Capitolo 17
*** 16. Seconda Parte - La 64a Edizione degli Hunger Games (Annie) ***


Non ho neanche più tentato di entrare in Palestra. Sono rimasta davanti la tv per più di una settimana, senza muovere un muscolo, senza quasi dormire.
Il primo giorno cercavo qualcosa che mi dimostrasse che era un’altra persona. Che non era più lui, così, se fosse morto, non avrei provato niente. Non me ne sarebbe importato niente.
Ma la prima notte, quando è iniziato il suo turno di guardia, ha iniziato a levigare un pezzo di legno. E poi ha iniziato a suonare quel piccolo flauto artigianale. Nessuno sarebbe riuscito a riconoscere quale canzone era, perché nel Distretto non canta mai nessuno. Ma io ho iniziato a cantarla nel momento esatto in cui ho sentito le prime due note stonate. E il silenzio nella notte era straordinario. Non una parola. Riuscivo a sentire solo la sua base e la mia voce, che si rompeva solo in poche occasioni.
Alla fine, però, mi sono resa conto che tutti, nel Distretto, la stavano cantando. Forse li ho svegliati io. Forse hanno paura come me. Dopotutto, Finnick lo conoscono tutti.
Un giorno, Mags viene nel Distretto. Viene a casa mia. Bussa. Le apro. Mi consegna una busta. Sparisce.
La leggo tutta d’un fiato, e mi rendo conto che non potrò mai odiare Finn.
Lui è il mio migliore amico, è come un fratello, è la persona a cui più tengo in tutto l’universo, e non potrei mai odiarlo.
Non mi stacco più dalla tv, e quando rimangono in cinque, arrivano giornalisti da Capitol City a chiedere informazioni di Finnick. I suoi amici, i compagni di scuola, quelli di allenamento, quelli con cui pescava.
Nessuno però mi punta il dito addosso. Nessuno sembra sapere che io e Finnick Odair fossimo amici. Anzi, sembra quasi che non esista.
Cerco di non farmi domande. Non mi piacciono quelli di Capitol City. Stanno a giudicare e a guardare storto tutto il tempo. E poi, sembrano scappati da un circo: sembrano animali. Fanno quasi paura.
Alcuni bambini si sono messi a piangere quando li hanno visti.
Man mano che i giochi si volgono al termine, le domande si facevano più insistenti, e quando provavano ad avvicinarsi a me, altre venti persone si mettevano in mezzo. Come a volermi proteggere.
Negli ultimi giorni prima della fine, il Distretto sembrava inabitato. Avevamo tutti paura. Avevamo ancora stampata negli occhi la morte di quell’altro ragazzo del 12.
Poi, però, quando ha ricevuto il tridente e ha finito i giochi, il Distretto è esploso.
Tutti gridano, ridono, si abbracciano. Non è  solo la sua vittoria, per loro. È  il Distretto che si è dimostrato vincitore.
Ma per me vuol dire un’altra cosa: riavrò il mio migliore amico.
Dopo l’intervista da Caesar tornerà a casa.
Passo i giorni a pensare al suo ritorno. A come mi metterò a correre verso di lui, a come lui mi abbraccerà…
 
Il giorno fatidico arriva e io mi alzo prima di tutti. Come se non ci fosse stata nessuna 64a Edizione, come se dovessimo andare al mare, come se queste settimane non fossero mai esistite.
Il Distretto si sveglia cantando. Siamo ancora completamente entusiasti della vittoria.
Il treno arriva, e Finn e Mags ci salutano, andando fino al Villaggio dei Vincitori. Mags consegna a Finnick la chiave della casa vicino alla sua.
I fotografi non smettono di fare foto. E io aspetto che da un momento all’altro Finn mi guardi e mi abbracci.
Ma non succede.
 
Inizia una festa, al Distretto, per Finnick. Ma io non ci sono. Non voglio vedere che ride e scherza davanti le telecamere come se io non esistessi.
Torno a casa, e mi infilo nel letto. Non è vero, che tutto stava per cambiare. È come quando era appena partito. Sono sola.
Ad un certo punto, sento dei colpi alla finestra. Li ignoro. Un po’ di frastuono, una corrente d’aria e poi di nuovo il silenzio.
-Signorina… Perché dormiamo?
-Perché è notte. E io non ti parlo.
-E si può sapere perché?
In effetti è un motivo stupido.
-Mi fai un po’ di spazio?
Mi stringo verso il muro, e lui si siede vicino a me.
-Mi sei mancata. Ogni giorno di più. Mi chiedevo come stavi. Se mi pensavi. Se mi odiavi. Da quando ho ucciso quei quattro, ho incubi tutte le notti. Mags veniva nella mia stanza perché credeva che mi stessero uccidendo. Diceva che gridavo.
Mi alzo, e gli dico di stendersi. Poi vado in cucina e gli preparo una camomilla.
-Bevi.
Quando finisce lo copro per bene.
-Suonavi per me, nell’Arena?
Sorride. -Scoperto.
-Mentre tu la suonavi io ero seduta in cucina e la cantavo. Credevo… Credevo ti avrebbe fatto piacere.
Sorride. -Cercavo di suonarla più intonato possibile apposta.
-Sei riuscito a portarlo, il flauto?
-No. L’ho lasciato con altre mille cose nell’Arena. Ma se vuoi posso provare a ricostruirlo…
-Non ci provare. Era stonato da morire.
-Grazie mille…
-Di niente. Ma ora dormi.
Si gira di lato, e inizio ad accarezzargli i capelli.
-Canteresti per me?
-Da quando sei così educato?
-E da quando sei così antipatica?
Inizio a cantare, e piano piano sento i muscoli rilassarsi.
-E tu dove dormi?
-Non preoccuparti. Pensa a dormire.
Piano piano si addormenta, e il respiro rallenta.
Mi inginocchio a terra, di fronte a lui.
È bellissimo. Come mi ricordavo, certo, ma alcuni tratti lo fanno sembrare più grande. Come se fossero passati anni.
-Finn-, sussurro, per capire se dorme. Non mi risponde.
-Finn, mi sei mancato anche tu. E mi sono resa conto di una cosa importante. Io… Io ti amo, Finnick Odair.
Lui non risponde. Rimane immobile, con il viso rilassato.
Riprendo ad accarezzarlo, e così passa il resto della notte.

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Capitolo 18
*** 17. Seconda Parte - Casa ***


Finnick
Sento un rumore e mi tiro su in fretta.
-Scusa, ti ho svegliato. Non volevo. Credevo che… Ho pensato che potevamo andare al mare, se ti sentivi bene…
Mi passo una mano sulla faccia.
-Vuoi vedere casa mia, prima?
Annuisce, così ci vestiamo e saliamo la collina.
Apro la porta, e entriamo. È enorme, e Annie rimane a bocca aperta.
Gira dalla sala alla cucina, poi la prendo per mano e la porto al piano di sopra.
Ci sono tre camere da letto, due con letti matrimoniali e una con due letti singoli.
-Aspetta-, dico, quando arriviamo davanti all’unica porta chiusa. -Questa è chiamata “la stanza di Annie Cresta”.
Apro la porta, rivelando un divano-letto rosso e una scrivania bianca, piena zeppa di quaderni e penne di varia grandezza e misura. Una libreria e alcuni strumenti: una chitarra, un flauto e un piccolo pianoforte.
-Così, se vorrai continuare a fare musica, hai tutto ciò che ti serve.
Entra nella stanza, suonando due note sulla tastiera del piano. Poi torna indietro, mi prende la mano e ci tuffiamo sul divano.
-Non dovevi.
-Oh, sì, che dovevo. Sei l’unica cosa che non mi ha fatto impazzire, Annie.
Lei si morde le labbra.
-Che c’è?
-Niente, Finn. Ma io non ho fatto assolutamente niente. E tu mi regali tutto questo!
-E non hai visto la cosa più bella!
Salto su dal divano e apro le tende: la finestra dà direttamente sul mare, e sul sole che sorge lentamente.
-Finnick, io… Ad un certo punto ho pensato che morissi. Ma poi mi è arrivata la tua lettera, e io…
La sua voce si spezza e inizia a piangere a dirotto.
L’abbraccio e le accarezzo i capelli: sa di mare. Quanto mi è mancato quest’odore! E come ho pensato di poterlo non sentire più…
-Vuoi che ti racconto tutto ciò che è successo?
-No, Finn. So già cos’è successo. Ho visto la tv. E ho sperato, ma non serviva a niente. Volevo venire lì, seguire il sentiero con le rotaie e arrivare a Capitol… Ma se nel frattempo… Se fosse successo qualcosa?
-Annie…
-E poi c’erano troppe cose che volevo dirti… Che volevo chiederti…
La voce le si spezza di nuovo, così la stringo ancora. -Mi dispiace, Annie. Mi dispiace…
Restiamo così finché lei non si calma.
-Non dovrei essere io a piangere.
-Non dovrebbero essere i bambini a combattere.
-Facciamo i filosofi, adesso?
Sorridiamo, poi le chiedo se vuole andare al mare. Annuisce, però, prima di scendere in spiaggia, la porto in una delle stanze matrimoniali.
-C’è un’altra sorpresa. So che i tuoi non ti comprerebbero mai un costume, così…
Apro un cassetto, e lei scoppi a ridere. Costumi, di ogni forma e colore, riempiono per intero il primo cassetto del settimino.
-Sono tutti miei?
Annuisco.
-Allora esci, così mi cambio.
-Nell’armadio ci sono altre cose interessanti…-, dico uscendo.
Anche se Annie non è il tipo che impazzisce per i vestiti, so che potrebbe farle piacere avere qualcosa che non è passato prima per le mani di sua made o che ha da generazioni.
-Pronta! Andiamo!

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Capitolo 19
*** 18. Terza Parte - Rabbia ***


Annie.
Se dicessi che da quando è tornato è tutto come prima sarei una bugiarda.
Lui ci prova. Viene a casa, andiamo sulla spiaggia, facciamo le stesse cose che facevamo prima. Ma non è la stessa cosa. Cerco di non farglielo capire, perché gli si legge in faccia che ha paura di ciò che sta vivendo.
-Finiti i compiti?-, mi chiede, quando scendo al negozio.
Sorrido. -Già. Andiamo a casa o sulla spiaggia?
-La spiaggia è affollata. Andiamo a provare gli strumenti.
Quando arriviamo a casa sua, Mags è sul vialetto e ci saluta.
-Quella donna ti adora. Dovrei essere gelosa?
-Oh, certo. Lei è la mia amante segreta. Altro che.
La casa è in un disordine tremendo. -Ho cacciato le cameriere. Posso cavarmela da solo.
Saliamo di sopra e prendiamo gli strumenti.
-Ricordi come scrivevi prima che andassi nell'Arena?
-Già. Le mie canzoni.
-Parlavo di quei foglietti che spargevi per casa.
-Ho smesso.
Prendo il flauto e cerco di ricordare le lezioni che seguivo quando ero più piccola.
-Alcuni li ho letti. Non appoggiavi che andassi ad allenarmi.
Poggio il flauto sulle gambe.
-Forse dovresti ripensarci. Come per il nuoto. Non credevo di essere pescato, però è andata così. Quindi...
-Ho provato ad andare nella Palestra. Non ha funzionato.
-Da sola, mentre rischiavo la vita. Potrei aiutarti. So come si fa e...
-Parlami dell'Arena, allora. Perché non dici una parola di lì? Se vuoi davvero prepararmi, dimmi come ci si sente. Dimmi come...
-Non si sente proprio niente, Annie! Solo paura, continua, imperterrita. Ti tremano le mani e le ginocchia, e non puoi farci niente. Ti senti affogare, ma non c'è modo di tornare a galla. E preghi di morire, perché almeno così non sei costretto a passare quello che stai passando.
Si alza e rovescia una sedia, prima di uscire.
Ho tolto la sicura. Ora mi odierà, ma io lo conosco. Se continua a seppellire tutto ciò che prova, non se ne libererà più.
Esco per vedere se è rimasto nei paraggi, ma non c'è anima viva se non Mags.
-Non imparerete mai voi due, vero? Ha preso la discesa. Sembra di tornare a un anno fa.
-Cosa...?
-Vieni qui, su.
Obbedisco e vado sul suo portico.
-Finnick ha bisogno di tempo. E di fare pace con se stesso.
-Aveva bisogno di scaricare la rabbia.
-Anche. Avanti, siediti vicino a me. E così, tu sei la famosa Annie.
-Famosa?
-Finn mi ha parlato di te.
Cosa aveva detto Finn? Che opinione poteva essersi fatta? Finn è un tipo lunatico.
-Mi ha detto che scrivi canzoni. E che non sai nuotare, ma ti ha convinto a farlo.
-Vi ha affidato la sua vita.
-Già. Azzardato, per una che conosci da un paio di giorni, no?
Sorride. -Lui è completamente in balìa dei suoi sentimenti. Si affida all'istinto anche quando non capisce perché -sospira. Poi cambia argomento.- Non hai idea di come mi ha ossessionato con la tua camera! E ha continuato ad evitare ogni discorso sull'Arena. Adesso sta facendo i conti con ciò che ha seppellito. Lasciamolo un po' da solo, e aspettiamo che sia pronto. Ci vorrà un po' di tempo, ma non è uno di quelli che vanno via.
Come potevo aver pensato che sarebbe tornato tutto come prima? Come poteva essere successo solo sei mesi fa? Perché eravamo cambiati così tanto, in così poco tempo?
Mags non aggiunge più nulla, così rimaniamo in silenzio. "Non è uno di quelli che vanno via". Quella frase continua a ronzarmi in mente. Ho paura di capire a cosa si riferisca.

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Capitolo 20
*** 19. Terza Parte - Nuovo ***


Annie.
Credo che Finnick sia andato a Capitol City. Sono settimane che non si fa vedere. A volte, la sera andavo da Mags per chiederle se sa qualcosa, ma ormai ho smesso di farlo. Non vale la pena neanche farsi quella salita immane. Le porto qualche dolce ogni tanto, e prendiamo un the insieme, ma ormai il nome di Finn non compare sulle nostre labbra. Peggiorerebbe la situazione.
Però entro a casa sua, di nascosto. So arrampicarmi da quando sono una bambina, quindi entrare in casa non è difficile.
Ha una nuova collezione di abiti, nuovi, mai indossati. E poi quelli vecchi che gli sistemavo io.
Li riordino, poi passo alle altre cose. Man mano, la casa torna ordinata. Ma introdurmi così in casa sua non è una cosa sana, questo lo so. Così decido di non entrare più lì dentro. Prendo la sua chitarra ed esco dalla porta sul retro.
Non mi guardo indietro. Farebbe troppo male.
 
Mi esercito con la chitarra, nel tempo libero. E ricomincio a scrivere, solo che non sono mai soddisfatta.
-Vado alla spiaggia, va bene?
-Non tornare tardi, e portati una maglia!
Di sera tira vento sulla spiaggia, abbastanza solo perché faccia freddo, ma non da riempirti gli occhi di sabbia.
Accordo la chitarra e inizio a suonare, cercando di farmi venire qualche idea, quando sento qualcuno avvicinarsi, così nascondo la chitarra dietro l'albero e ci salgo su.
-Cosa ci fai lì sopra?
Sospiro, poi guardo giù, cercando di nascondermi tra le fronde. -Chi diavolo sei?
-Abbiamo le stesse lezioni a scuola. Sempre se vuoi continuare a venirci. Ho notato che fai un po' di assenze ultimamente.
-Che vuol dire? E comunque non sono affari tuoi.
-Se magari scendi, così parliamo come persone normali...
Scendo giù e mi trovo un ragazzo con i capelli scuri e un anellino ad un orecchio.  -Annie Cresta, giusto?
-Già. Credevo fosse qualche ibrido. A volte spuntano dal nulla.
-Lo so, sulla scogliera trovo dei pesci con metà corpo macellato. Un casino. Comunque, sono Cam.
-Sei un pescatore?
Lui annuì. -Da quando è morto mio padre, sì. Sono il maggiore, quindi...
-Mi dispiace.
Alza le spalle. -Sono il maggiore da così tanto tempo. E pescare non è così male. Più tempo speso ad aspettare che non a fare altro. Vuoi venire con me? La sera ne spuntano di più.
-Ma io non ti conosco.
-E tu sei amica di quel tipo che va in giro ad impalare persone con un tridente. Chi mi dice che non sei una macchina da guerra addestrata da lui? Vieni, la mia barca è di là.
Arriviamo alla scogliera e prendiamo la barca. Andiamo al largo, e il cielo diventa man mano più scuro. Poi iniziano a fare capolino le stelle.
-Sai suonarla?- chiede, indicando la chitarra.
-Non proprio, ma mi sto esercitando.
-Prova.
-Non faccio scappare i pesci?
Lui alza le spalle. -Credo di averne presi abbastanza per oggi.- Dice, tirando su una rete con un mucchio di pesci. Non doveva andare a pescare, allora. Che idiota.
-Beh, forse sì. E allora perché siamo qui?
-Perché ho paura che per parlare con te ci voglia un permesso del Brutto Ceffo.
-Intendi Finn?
-Già. Sembrava più un cane da difesa che un amico, non credi? Insomma, eravate attaccati tutto il tempo prima dei Giochi.
Questo è vero. Non ho altri amici veri e propri oltre Finn. E ora...
-Ma ora lui non c'è.
-Già. Puoi avere degli amici! Non è una notizia fantastica?
-Non mi ha mai obbligata, sai? Anzi, lui...
-Non ti ho mai vista in tv. Eravate pappa e ciccia, ma non ti hanno mai intervistata. Che fortuna.
-Credi che Finn mi abbia messa da parte? No, lui è...
-Non è qui, già ne parlano in tv da mesi. Basta Finnick Odair per un po', okay? Ora suona qualcosa, su. Vediamo come te la cavi.
Inizio a suonare qualcosa, ma intanto rifletto. Se Finn si sta facendo un'altra vita, lontano, e non vuole saperne niente di me, perché dovrei stare qui ad aspettarlo?
 
 
Nota della Autrice
Salve! Qui le cose si complicano, non credete? Già, le cose si complicano sempre...
Non demordete, i nostri amanti del Distretto 4 (beh, non sono ancora amanti, questo è vero) si ritroveranno abbastanza presto.
Comunque, volevo rubarvi un minuto per parlarvi delle mie altre storie: se qualcuna qui ha mai visto Sherlock oppure Orphan Black, vi pregherei di fare un salto alle altre mie fanfiction long (Sherlock: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2769460&i=1 ) (Orphan Black: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2750208&i=1 )
 
Grazie mille, grazie ancora di più se le leggerete!
A presto!
Sebs

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Capitolo 21
*** 20. Terza Parte - Johanna ***


Finnick.
-Questa sì che è stata una maledetta festa!
Mi giro, e scopro di aver dormito per terra nel mio appartamento a Capitol.
-Non gridate, cretini, c'è chi vuole dormire.
-Chi vuole un caffè?
Alzo la mano, e una ragazza con i capelli di un innaturale rosso mi si inginocchia davanti.
-Il piccolo Finnick Odair sa fare feste, a quanto pare-, mi dice. -Non ricordi chi io sia, vero?
-Abbiamo da bere e lo stereo al massimo da ore. Ti pare che io sappia chi ci sia qui?
-Hai almeno l'età per bere? Non dico gli alcolici, dico almeno il caffè.
-Chi sei, mia madre?
-No, stronzetto. Sono Johanna Mason.
-La codarda?
Lei mi tira uno schiaffo che temo lascerà il segno.
-Sì, la codarda che ha ucciso più gente di te nell'Arena.
-Lo sai che hai rotto?
Lei si alza in piedi. -Gente, levatevi dalla vista di Johanna Mason, se non volete che affili l'ascia sulle vostre facce.
Alcuni si alzano da soli, altri li convince lei prendendoli a calci.
-Ma cosa diavolo vuoi da me?
-Smettila di piagnucolare.
Sbatte la porta, urlando ancora un po' verso gli invitati e torna da me.
-Porco di uno Snow se sei imbarazzante. Avanti, fatti una doccia. Prega che non ci siano fotocamere o videocamere.
Obbedisco, intontito. Ma appena esco dalla doccia decido che deve andare via lei e che devono tornare gli altri. Nell'arco di due minuti in cui aveva preso il comando, mi sono tornati tutti i sensi di colpa lasciati da parte nell'ultima settimana.
-Finalmente ti si vede la faccia! Bevi questo e questo.
Mi mette in mano due bicchieri pieni di intrugli.
-Sono miracolosi, avanti.
Li fisso ancora.
-Non hai idea di quanto ti odi-, mi dice.
-Mai quanto ti odi io, hai interrotto...
Allora mi tappa il naso con due dita e mi spinge il contenuto del bicchiere in gola.
-Dicevamo. Io sono Johanna Mason, e ti ho appena salvato dalla più grande umiliazione della tua vita. Tranquillo, ho rotto ogni telecamera. La festa è finita! E con finita intendo basta stronzate.
-Cosa diamine dici?
-Sai che fine fai se una notizia del genere finisce sui giornali? Saresti un uomo finito. La tua Mentore non ti ha detto niente?
Passa ad attaccarmi con il secondo bicchiere.
-Bene. Tra un po' dovrebbe passare il mal di testa e compagnia bella. Qual'era l'obiettivo?
-Della festa?
-E di cosa secondo te?
Dimenticare casa.
L'Arena.
Il viso di Annie.
-Fatti miei.
Lei scoppia a ridere. -Oh, no. Da quando il tuo nome è stato cacciato fuori da quella boccia, i fatti tuoi riguardano prima Capitol e poi te. Una mossa, o anche solo una parola fuori posto e sei finito. Ora, dobbiamo avere un piano.
-Un piano?
-Torna al Distretto. Cerca di dare poco nell'occhio. Magari ti lasceranno stare.
Conosco questa strana ragazza da quasi un quarto d'ora e già non la sopporto più.
-Fidati, so cosa dico.
Però è sicura di sé. E ha gli occhi tristi. Grandi occhi castani.
Mi avvicino piano a lei, socchiudendo gli occhi.
-Ma sei un cretino fatto e finito allora? Maiale di uno Snow, che cretino!
Mi prende la faccia con una mano. -Non sono la tua cavolo di ragazzetta, okay? Non siamo niente, noi due. Non farti venire strane idee. Provaci e ti massacro. Ora il piano. Tu vai a vestirti, io chiamo Mags.
Magari la tipa (Jo... Johanna?) sa davvero cosa fare. E poi credo che nell'intruglio ci abbia messo qualche strana pillola per calmarmi. Così obbedisco senza replicare.
 
 
 
 
 
Nota della autrice -
Salve a tutti! Ultimamente pubblico con un giorno di ritardo rispetto allo standard mercoledì-domenica sera. SORRY!
Però, ehi, Johanna Mason fa tutto di testa sua, quindi il suo capitolo arriva quando vuole. E sa cosa fare.
Finnick ci fa un pochetto la figura dell´idiota...
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Sebs

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Capitolo 22
*** 21. Terza Parte - Disillusioni ***


Finnick.
Appena l'auto di Johanna si ferma davanti al mio isolato, esco dal portone del mio palazzo di Capitol. Non capisco perché lei possa avere un'auto e io no. Ha appena due mesi più di me.
-Allora, non so bene la strada per il Distretto 4, ma possiamo farcela.
-Ci perderemo.
-Odair, allontana la negatività, okay? Dicevo. Ho pulito un po' la storia della festa, quindi  nei Distretti non dovrebbe essere arrivato nulla. Mags è un po' arrabbiata con te per tutto il casino che hai fatto, ma alla Mietitura manca un mese, quindi...
-Quindi tutto okay?
-Si spera.
Non parliamo molto per il resto del viaggio e mi faccio trascinare da lei verso casa.
Dovrò parlare con Annie. Scusarmi per averla lasciata ancora una volta.
 
-Bello Addormentato, svegliati. Siamo arrivati. Cavolo, l'odore del mare. Non lo sento dal Tour.
Prendiamo le valigie ed entriamo in casa: è ordinata e pulita, tranne per un velo di polvere che copre tutto.
E poi Mags, seduta su una sedia in cucina.
Si alza, mi viene incontro e mi dà uno schiaffo.
-Vi siete messe d'accordo, per caso?
Un altro schiaffo. -Non fare l'impertinente con me. -Hai quindici anni e io almeno quattro volte la tua età.
-Forse meglio se vi lascio soli.
-Sì. Grazie per ciò che hai fatto, Johanna. Ho una camera in più a casa. Entra pure.
-Grazie,- dice, portando la sua valigia con sé e chiudendo la porta.
-Sei un idiota e credo che tu lo sappia. Adesso non c'è tempo, le cose sono due. O mi aiuti con tutta questa storia dei Giochi, oppure mi vedi morire. Non devi fare granché, ma devi aiutarmi. Abbiamo un altro mese di tregua, spero me lo farai passare tranquillo.
Si avvia verso la porta, quando le chiedo di Annie.
-Lei è andata avanti.
 
Corro verso casa sua, ma non è in negozio. Scendo sulla spiaggia e la vedo con un paio di ragazze a riva, che ride e tiene una chitarra in braccio. Dal mare spuntano un paio di ragazzi, e uno di loro prende la chitarra dalle mani di Annie e la tiene troppo in alto perché lei ci arrivi.
Inizio a scendere per prendere quel tipo a calci quando lei mi nota. E cambia espressione.
Stava ridendo. Stavano scherzando. Annie sta bene.
-Quella è la mia chitarra.
Mi avvicino al tipo e la riprendo.
Torno verso la salita. Sono stato un idiota. Ovvio, che Annie si sia trovata altri amici.
-Sei venuto solo per prenderti quella dannata chitarra?
Mi giro, e lei è lì davanti a me. Con gli occhi umidi ma seri.
-Intendi la mia dannata chitarra? Sì, visto che ora vieni a casa mia a rubarmi le cose.
-Era nella mia camera. Te la ricordi la mia camera? Ricordi tutte le promesse che avevi fatto? O erano cavolate da Capitolini? Sei solo quello ora? Perché porti ancora il mio bracciale allora? Ridammelo.
-Basta, Annie.
-Sai che ti dico? La prossima volta che vai via, non ti azzardare a tornare.
Mi passa vicino e va verso la città.
-Annie...
Vado a casa sua e busso. Alla porta viene suo padre, e mi dice che lei non vuole parlarmi, e che sarebbe meglio se non mi facessi vedere per un po'.
Non riesco a dire niente, e lui chiude la porta senza aggiungere altro.
Non capisco come sono riuscito a tornare a casa, ma appena riesco a vedere il letto mi ci butto sopra.
Ora riesco a capire come debba essersi sentita Annie quando sono stato pescato. Quando sono andato via. Quando per mesi non ha sentito di me.

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Capitolo 23
*** 22. Terza Parte - Amiche ***


Annie.
La sera dell'inizio del conto alla rovescia per la Mietitura arriva, e decido di passarla con il gruppo di Cam.
Nessuno di noi ha nominato il nome di Finnick, e nessuno di loro ha fatto domande di alcun tipo.
Indosseremo tutte i vestiti tradizionali come l'anno scorso e tutti gli anni precedenti.
Mamma mi chiama dabbasso e mi avverte che gli altri mi aspettano.
-Annie,- dice, poco prima che apra la porta. -C'è una cosa, che è arrivata oggi, mentre eri a scuola.
Mi indica una scatola a righe azzurre e blu sul piano di lavoro.
-Non è una delle nostre scatole, vero?
Fa di no con la testa. -Aprila.
Faccio come mi dice, e leggo il foglietto prima di guardare il vestito.
"Mi dispiace. Ti prego, perdonami. Finn"
-Non posso.
-Lo so. Ma tu pensaci, okay? Magari non oggi, ma pensaci. Vi conoscete da così tanto tempo. E così tanto a fondo.
-Non lo riconosco più, in realtà. E sono stanca di essere quella che rimane indietro, o che aspetta e basta.
Esco e chiudo la porta dietro di me.
 
La spiaggia è piena di persone, e i ragazzi che passano la prima estate senza il rischio di essere pescati si ubriacano e si buttano in acqua. Ci danno speranza. Magari tra loro ci saremo anche noi, un giorno.
-Dovremo ballare?- chiedono i ragazzi storcendo il naso.
-Per una volta che siamo pari tra maschi e femmine, avete anche il coraggio di lamentarvi.
-E se ce ne andassimo al largo anche noi? Prendiamo la barca di Cam e abbiamo sistemato.
-Io non vengo, però-, dico. Non sono ancora così brava a nuotare, e per loro "il largo" è dove non si vede più la terra. Mi spaventa.
-Magari ci facciamo solo un giro e poi torniamo.
Sorrido. -A dopo, allora.
La banda inizia a suonare, e io vado a sedermi a riva, lasciando che mi si bagnino i piedi.
Inizio a canticchiare la canzone triste che stanno suonando adesso, con gli occhi chiusi. La notte inizia a mostrare le stelle, e la luna è meravigliosa.
-Ciao. Tu sei Annie vero?
Guardo la ragazza che mi si è seduta vicino e mi chiedo dove l'abbia già vista.
-Se te lo stessi chiedendo, sono Johanna Mason. Sì la codarda, bla bla bla.
-Non dovresti stare al tuo Distretto o a Capitol?
-Sì, solo che ormai chi se ne importa. Comunque, come va la vita, Annie?
Ha un bicchiere, in mano. È pieno di un liquido il cui odore acre si sente anche da dove sono io. -Rum. Il nettare dei pirati.
-Sei stata con Finnick?
-Finnick? Stata, stata? Diamine, no. Non ho mica gli occhi foderati di prosciutto. Il mio... è un altro tipo.
-A quanto pare, io li ho foderati di prosciutto allora.
-Hai quattordici anni, vero?
Annuisco.
-Comunque, ci siamo conosciuti ad una festa. Era completamente andato. Non sai quanti schiaffi ho dovuto dargli. Però, ehi, quando ho vinto io non mi sono alzata dal letto per mesi. Pagavo una affinché mi facesse mangiare, ma questa è un altro discorso. Quello che voglio dire io, è che...
-Sono stanca di sentirmi dire che devo aspettare! Che devo avere pazienza, perché lui è confuso eccetera. Ho sofferto anche io!
-Lo so. Ci ho lasciato un fratello nell'Arena, sai? Dovete darvi forza. Lui sa già come la penso. E ci sta provando davvero, fidati di una pessimista. Siamo onesti.
Rimaniamo in silenzio per un po'. -Mi manca. Mi manca come giocavamo, come voleva insegnarmi a nuotare a tutti i costi, come ci prendevamo in giro, come ogni volta che si strappava qualcosa chiedeva a me di ricucirglielo. Ora ha abbastanza soldi per comprarmi un armadio e uno stilista personale, se volesse.
-Annie, lui è tornato. Stavolta per davvero. Cosa ti costa fidarti di lui?
-Mi costa avere ancora il cuore spezzato, ecco.
-D'accordo. Ma mettiamo il caso che vieni pescata, e Mags ti affida a lui: riusciresti a fidarti, oppure faresti di tutto per non starlo a sentire?
-Sarei costretta a seguire i suoi consigli.
-Bene, perché?
-Perché lui saprebbe cosa fanno gli altri tributi e potrebbe crearci sopra una strategia.
-Esatto. Avrebbe una visione più grande, ed è la stessa che ha lui adesso. Senti, te lo dico chiaramente: non si può spiegare a parole ciò che abbiamo provato, ciò che abbiamo in testa e che peso ci ha lasciato l'Arena. Puoi combatterlo, scontrarti contro di lui, cercare di costruirci qualcosa insieme, oppure lasciarlo andare per sempre. Io ho cercato di convincerlo a riprovarci con te. Ora sta a te decidere. Se hai bisogno di qualcosa, io resto a casa di Mags ancora un po'. Tengo d'occhio quella testa calda.
Si alza, ma prima che vada via, le chiedo se ne vale la pena. -Errare è umano, Annie. Però abbiamo tutti bisogno di una seconda occasione.
Mi sorride, un sorriso un po' tirato. -Vieni da Mags, okay? Non sono solo la tipa che ti vuole spingere tra le braccia di Finnick. Pensaci.
Va via, e io rimango a fissare il tramonto, con la strana sensazione che Finn ci abbia tenute d'occhio dall'Albero tutto il tempo.

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Capitolo 24
*** 23. Terza Parte - Salvataggio ***


Finnick.
Quando, due mattine dopo la festa del Distretto, vedo Annie camminare nel Villaggio dei Vincitori, il cuore mi salta in gola. Nessuno si farebbe una salita del genere, lo ha detto anche Mags un anno fa.
Però, invece di fermarsi davanti casa mia, va avanti fino a casa di Mags. Le apre Johanna, e Mags l'abbraccia. Entrano e non so più nulla fino all'ora di pranzo, quando Annie esce e corre lungo la discesa.
Così decido di chiamare le mie vicine.
-Pronto? Sei Finn?
-Solo io ho il telefono qui, Jo. Allora?
-Allora cosa?
-Come, cosa? Annie! Cosa ha detto?
-Non abbiamo parlato solo di te, bell'imbusto. Abbiamo parlato di cose da femmine, come... I vestiti e...
-Smettila, non sei il tipo, e tanto meno Annie. Parla.
-Perché non sei qui di persona? Troppa vergogna?
-Per la miseria, Johanna Mason, parla!
-No, devi stare sulle spine, così impari.
La sento ridacchiare dall'altra parte del telefono.
-Johanna, avanti, non fare così...- dico, con la voce più dolce che riesco a fare. Annie ci casca sempre quando faccio così.
-No, non ci casco. Comunque, posso darti un indizio: Annie mi ha parlato di quando voi due vi scambiavate delle cose, prima della Mietitura...
Gli occhi corrono subito al polso dove ho legato il suo ultimo regalo, un bracciale che è sopravvissuto anche alla folle moda di Capitol.
-Credi che lei accetterebbe un regalo da me?
Johanna sospira. -Chi lo sa. Tentar non nuoce.
-Johanna?
-Sì? Questo è il momento in cui mi ringrazi e mi baci i piedi?
-Ti odio, sai?
La sento ridere dall'altra parte del telefono. -Sono abbastanza orgogliosa dell'essere odiata da Capitol e dintorni.
-Annie non ti odia, ne sono sicuro. Mi aiuterai a cercare qualcosa? Magari a Capitol...
-D'accordo. Ma non credo che a Capitol troverai qualcosa per Annie... Secondo me, devi pensare a qualcosa che rientri nel genere di cose che le facevi prima...
-Jo, ti richiamo, okay? Magari ci penso su...
Attacco il telefono, e salgo nella camera di Annie. Cosa potrei darle?
Dopo un po' mi siedo sul letto . Ad Annie piace cantare, no? E avrà un accesso illimitato a strumenti, quando faremo pace. Quindi posso cancellare gli strumenti dalla lista.
Potrei comprarle un vestito o qualche gioiello, ma ci sono cassetti pieni qui, quando faremo pace.
Mi giro: magari non è un oggetto che devo darle. Mi alzo di colpo. -Ma certo!
Scendo le scale e piombo a casa di Mags. -Ho bisogno del vostro aiuto per fare questo regalo ad Annie. Non posso farlo da solo.
Inizio a raccontare cosa mi è venuto in mente, e sui visi delle due donne spunta un sorriso. Sì, è una buona idea. -Ma non ho idea di dove incominciare.
-Non preoccuparti, ci pensiamo noi. Tu vai dal sindaco e chiedigli di chiudere la spiaggia per... diciamo giovedì? Il giorno prima della Mietitura?
-Riusciamo per mercoledì? Dopotutto avreste... tre giorni e mezzo, contando oggi pomeriggio.
Johanna alza le sopracciglia. -Questo è il nostro regalo per lei, o il tuo?
-Avanti, io ci metterei mesi per arrivare al punto dove siete voi.
 Mags sospira:-Per quanti altri anni dovrò salvarti dalla tua boccaccia?
La abbraccio. -Mags, ti adoro. Grazie.
-Vai dal sindaco, scemotto.
Corro verso il comune, e chiedo del sindaco.
Quando entro è completamente preso nel suo lavoro, ma appena alza gli occhi su di me la preoccupazione che aveva sul volto scompare e chiude la conversazione che stava avendo al telefono.
-Il nostro giovane Vincitore! Vieni qui, Finnick, e dimmi perché sei qui.
Mi siedo ad una delle due poltrone e spio i fogli sulla scrivania.
-Sì, stiamo organizzando la nuova edizione dei Giochi, manca poco ormai...
-Sono venuto a chiedervi se poteva chiudere l'accesso alla spiaggia, mercoledì. Mi servirebbe per una cosa... privata.
-D'accordo, certo. Tutto per il nostro Vincitore!
-... E poi vorrei che escludeste il nome di Annie Cresta dalla lista.
-Oh, avanti, sai che non è giusto...
-Neanche che loro chiamino dei ragazzini al massacro lo è, ma voi obbedite lo stesso. Sbaglio, o con la mia vincita, anche voi avete ottenuto un bel premio? Diciamo che saremmo pari.
-Ma potremmo essere puniti, o addirittura giustiziati!
-Avrete molti soldi. Molti, molti soldi, se lo farete. Pensateci e fatemi sapere. Per la spiaggia lo prendo come un sì.
Mi alzo ed esco dalla stanza. So che non è giusto, e quella piccola parte di me che è ancora affamata di uguaglianza e giustizia grida che non avrei dovuto. Ma è molto facile ignorarla.
 
 
 
 
Angolo della autrice.
Zan-zan-zaaaan! Che il nostro adorato Finnick stia diventando il calcolatore che abbiamo conosciuto nella trilogia? Chi lo sa. Dopotutto, sappiamo che farebbe qualunque cosa per Annie, e questo era forse il minimo indispensabile.
Volevo avvertire il mio gentile e affezionato pubblico (ogni singolo lettore, da chi preferita, a chi ricorda, a chi segue e soprattutto a chi recensisce -avete un posto speciale nel mio cuore) che da ora in poi aggiornerò settimanalmente, visto che ricomincia la scuola e tutte quelle cose noiose che si fanno per nove mesi.
Se volete essere avvisati nel caso in cui aggiunga un nuovo capitolo (o magari ne potrei pubblicare uno infrasettimanale, chi lo sa come possono andare queste cose!) potete chiedermi di avvisarvi, come hanno già fatto alcuni, o seguirmi su Twitter (visto che ogni volta che pubblico fisso in cima al profilo i link per i nuovi capitoli, e pubblico i miei pensieri più assurdi su fandom & co.) a @TurnTo_Page394. Grazie mille ancora, e fatevi sentire numerosi!
Ci leggiamo presto!
Sebs

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Capitolo 25
*** 24. Terza Parte - Pace ***


Annie.
Johanna viene a casa verso le otto e sale in camera mia, anche se, a dir la verità, con tutto il rumore che fa, ho iniziato a sentire i suoi passi da due isolati di distanza.
-Allora? Sei pronta?-, dice, mettendo la testa in camera.
-Non proprio-, dico, gambe incrociate e seduta sul mio letto. -Perché, ha detto di sì?
Lei entra e annuisce. -Sai quanti preparativi abbiamo fatto io e Mags? Ora tocca a te. Hai un bel vestito elegante, vero?
-No, non proprio. Però...
Prendo la scatola che ho trovato venerdì sul tavolo di lavoro di mia madre. Quella che mi aveva portato Finn prima della festa.
Johanna me la strappa di mano, incuriosita. La apre, e tira fuori un vestito nero a pois blu, con un fiocco e il tulle della sottogonna dello stesso colore dei piccoli puntini.
-Annie, questo è un vestito stupendo. E io non me ne intendo. Adesso lo mettiamo qui e provvediamo al resto.
Mi fa sedere alla scrivania e inizia a pettinarmi i capelli. -Sono annodati, eh?
Alla fine li lega in uno chignon su un lato.
Mi vesto e lei si siede sulla scrivania. -Cavolo, se sei bella...
Mi guardo, e noto di portare ancora le ciabatte.
-Non importa, tanto... Tanto non servono. Metti un paio qualunque. Ora, vieni con me.
Mi prende per la mano e mi porta sulla spiaggia. -In bocca al lupo, Cresta.
-Johanna, grazie.
La abbraccio. Chissà dove saremmo ora, senza di lei.
 
Finn mi aspetta seduto su un telo a scacchi, mentre sistema delle cose in un cestino.
-Un pic-nic?
-No? Mi sembrava una cosa carina.
-Lo è, in effetti. Chi ha preparato da mangiare?
-Mags. E Johanna. Sono folli, ma ingegnose.
Ci sediamo e iniziamo a mangiare.
-Finn, per tutto ciò che ho detto... Ero arrabbiata, e mi sentivo sola. Mi sento sola. Da quando ti hanno pescato è così complicato. E poi ci sono cose che...
I suoi occhi verdemare mi guardano preoccupati. -Ora è finito, Annie. Siamo qui, e abbiamo il mare tutto per noi, e anche se nelle prossime settimane sarò a Capitol e tu sarai qui, saremo vicini, te lo prometto. Basta nasconderci. Annie... L'Arena ha ucciso una parte di me, e per tutto il tempo che siamo stati separati... Ho temuto di perderti. E volevo renderlo meno doloroso, tagliandoti fuori del tutto. Ma...
I suoi occhi si abbassano sulle sue mani, che prendono le mie.
-Non sono abbastanza forte per salvarti, e dirti addio. Sono come una bomba ad orologeria, e potrei ferirti ancora, Annie. Senza volerlo, certo, ma... Ti farei ancora male.
-No, Finn, no...
Come posso dire che non ha ragione? Mi ha già ferita in modo profondo. Ma lui è il mio migliore amico da quando eravamo bambini.
Lo abbraccio. -Aspettiamo, okay? Vediamo come si mettono le cose. Affronteremo tutto, un pezzo alla volta, Finn.
Mi stringe a sé, e non c'è cosa al mondo che possa rovinare questo momento meraviglioso.
Mi viene in mente quando ha dormito nel mio letto appena tornato dall'Arena.
Se avessi avuto ragione?
Mi distacco. -Mags e Johanna si arrabbierebbero se sprecassimo il nostro tempo a piangere e non a mangiare.
Sorride, e mangiamo in silenzio.
-Mi è mancata l'estate qui al Distretto.
-Il Distretto mantiene la stessa temperatura quasi ogni stagione, non credo l'estate sia molto diversa dalle altre.
-A Capitol nevica. E anche al 12.
-Sul serio?! E com'è la neve? Me ne porterai un po' appena nevica a Capitol? Oh, cielo. Immagina se nevicasse qui!
Lo guardo. Ha quel sorriso che ha sempre quando inizio a dire cose strane. -Scusa. Reazione esagerata?
-Affatto. Fa così freddo che d'estate lì si vestono come noi d'inverno. E ci sono certi guanti così doppi che fanno sembrare le mani grandi il doppio. E le scarpe sono così ruvide! E poi, sì, la neve è bianca e dannatamente fredda. E non si posa così facilmente come si dice.
-Sembra davvero bello lì. Così diverso.
-Lo è, sono matti.
-Questo è il tuo regalo pre-Mietitura, Finn?
-Sì.
-Ma io non ho preparato niente. Johanna avrebbe dovuto farmi sapere, ma se l'avesse fatto...
-Ann, non ce n'è bisogno. Sei qui. Sei tutto ciò di cui ho bisogno adesso. Sono i miei orecchini?
Mi prende i lobi delle orecchie, dove ci sono le perline che mi ha regalato un paio d'anni fa.
-Sì, sono loro. Ho fatto arrabbiare Jo per metterli, perché mi sono venuti in mente tardi, così siamo dovute rientrare in casa e...
Mi prende il viso e poggia la sua fronte sulla mia. Sembra andare tutto così piano. Chiude gli occhi. Inspira ed espira. -Mi è mancato il mare. Mi sei mancata tu. Non cambiare mai, Annie.
Si allontana un po', tenendomi il viso tra le mani. -Pace fatta, allora?
Con Finn, sì. è pace fatta. Ma il ricordo di quella notte, al suo ritorno, e il cuore che sembra voglia esplodermi nel petto, loro non mi lasciano in pace.

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Capitolo 26
*** 25. Terza Parte - I 65esimi Giochi ***


Finnick.
Il giorno della Mietitura aspetto Annie fuori da casa sua, anche se dovrei essere con Mags a fare gli onori di casa.
Quando esce, con i capelli legati e tutti i regali che le ho fatto indossati, è sorpresa di vedermi.
-Ti ho portato la colazione -dico, alzando la mano con la bustina del pasticcere.
Lei sorride e me la sfila di mano. -Cornetti! Vuoi che vada a stomaco bello pieno nell'Arena.
-Non andrai nell'Arena, stai tranquilla. Dico sul serio.
La prendo per le spalle e la guardo negli occhi fino a quando non sorride.
Mi passa uno dei due cornetti, e andiamo in giro per il Distretto, che sembra più che altro una città fantasma.
Mi viene in mente l'anno scorso, e sono convinto che anche Annie ci sta pensando. Ma non deve preoccuparsi di niente, e vorrei dirle tutto, ma non posso. Ho appena recuperato la sua fiducia, e, se la conosco bene, sento che tiene d'occhio ogni minimo passo che faccio.
 
Quella mattina, molto prima di andare da lei o in pasticceria, ho ricevuto una telefonata del sindaco.
-Allora, giovanotto, è soddisfatto della serata sulla spiaggia?
-Credo... Sì, è andato tutto bene.
-Perfetto. Sono felice di aver potuto soddisfare ogni suo desiderio. Sono felice che si ritenga soddisfatto.
Sul momento non avevo capito cosa volesse dire. Ma poi ho capito che non si riferiva alla serata sulla spiaggia. Per lui non doveva essere nulla. Si riferiva alla seconda richiesta, quella di togliere il nome di Annie dalla boccia.
 
La conferma arriva quando ci trovammo io e Mags con i testimoni dell'estrazione dietro il palco (tra cui compariva anche il sindaco). Lui mi stringe la mano per più tempo del solito, come per ricordarmi il patto che avevamo stretto. Poi mi stringe anche una spalla sorridendo, troppo stretto. Non deve avere molti segreti, se reagisce così ad un piccolo imbroglio.
Oppure vuole davvero farci finire tutti in una brutta situazione.
Da dentro il comune spio come vanno le cose lì davanti.
Trovo subito Annie. I suoi boccoli castani spiccano nella folla, perché i ragazzini hanno i capelli rovinati dal mare e dal sale.
Sta aiutando i ragazzi più piccoli, sebbene lei sia solo una bambina.
-Si va in scena! -urla la donnina tutta impettita che pesca i nomi.
Usciamo all'aria aperta, e Mags mi stringe un polso. -Cosa c'è?
-Non fare quella faccia.
Non devo sembrare preoccupato. Sono Finnick Odair, dopotutto.
La donna di Capitol pesca prima dalla boccia dei ragazzi, quest'anno, ed estrae un ragazzino di tredici anni. Poi passa alle ragazze, e sento il cuore salirmi in gola. Ma quando non sento il nome di Annie riesco a rilassarmi un po'. Se il sindaco mi avesse tradito, nella boccia delle ragazze ci sarebbero stati solo bigliettini con scritto il nome di Annie.
Un ragazzo si offre volontario al posto del bambino, e vengono presentati i due Tributi di quest'anno.
Dovremmo partire subito, ma prima di farlo voglio abbracciare un'ultima volta Annie. Per un po' staremo divisi, e non voglio che si senta abbandonata di nuovo.
Così lascio Mags e fuggo fuori, tirando Annie in un vialetto.
-Ci rivedremo presto, okay?
-Non voglio rivederti presto, significherà che i ragazzi saranno morti, e...
-Non ci pensare, d'accordo? Il tempo passerà. Prova ad allenarti, me lo prometti?
Lei annuisce, poco convinta.
-Alle otto vai a casa mia, proverò a telefonarti.
Sul suo viso si dipinge un sorriso. -Sicuro di trovare un telefono, a Capitol?
-Certo, ce ne sono persino in strada, in cabine. Sono dappertutto.
-Dev'essere forte.
-Sembra di sì. Ora devo andare. Alle otto, ricordati.
Le do un bacio sulla fronte. -Ci sentiamo.
-Ci sentiamo, Finn.

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Capitolo 27
*** 26. Terza Parte - Scrivere ***


Annie.
Ora che le cose si sono tranquillizzate e i Tributi sono scesi nell'Arena, le cose prendono la loro piega.
La mattina inizio ad andare alla Palestra, dopotutto, la scuola è finita anche quest'anno.
La Palestra non mi sembra spaventosa come lo era prima, ma mi mette in soggezione.
Anche il gruppetto con cui ho passato le giornate prima di riappacificarmi con Finn mi raggiunge, e ognuno di loro mi aiuta a imparare come si usa una spada, o i pugnali.
Di pomeriggio, dopo aver aiutato i miei genitori con il negozio, scendo sulla spiaggia e mi perdo al largo. Sembra così stano pensare che fino a poco fa non avrei messo un piede in acqua.
Il gruppetto è un sostituto a Finn, me ne rendo conto. Ogni cosa che dico devo spiegarla, e ogni battuta che fanno loro devono dirmi a quale episodio si riferiscono.
Non sono i miei pomeriggi preferiti, ma aiutano a far passare il tempo.
Le ragazze tentano di farmi dire qualcosa su Finn, qualcosa che non direbbe alle telecamere e non farebbe con delle persone che conosce poco, o su Capitol.
-Quante ragazze ha avuto?
-Sai com'è Capitol City?
-Ti ci ha mai portata?
-Ha un'automobile?
A volte si spingono sul personale, e mi fanno pensare alla notte in cui ha dormito a casa mia.
-Ti ha mai baciata?
-State insieme segretamente?
La maggior parte delle volte non rispondo, semplicemente. Scuoto la testa e rido alle cose assurde che fanno i ragazzi. Altre volte, invece, mi tolgo il vestito e mi tuffo. Ormai mi sono abituata a tenere il costume sotto i vestiti, come fanno la maggior parte dei ragazzi della mia età.
Il vero momento della giornata che attendo con tutta me stessa sono le otto della sera.
Dico che devo andare a casa, ma in realtà scappo al Villaggio dei Vincitori senza farmi vedere.
Aspetto che arrivi la chiamata, e rispondo. È molto puntuale.
-Annie?
-Finn, ciao. Come va?
Dopo l'ultima volta, mi racconta cosa succede dietro le quinte. Su chi hanno deciso di puntare lui e Mags.
-Non è una scelta facile, sai. Li conosco, quei ragazzi. Ma se vogliamo avere una chance, dobbiamo puntare sul vincere facile.
-Ti capisco...
Vincere facile. Non credo che sarei stata la persona su cui avrebbero puntato, se non mi conoscessero. Anche se ora ho iniziato ad Allenarmi. Magari, adesso una occasione ce l'avrei.
-Come va al Distretto?
-Sono ottimisti. E vanno avanti.
-Tu?
-Ho iniziato a tirare coltelli. Non fa per me.
-Il tridente?
-Troppo pesante.
Lo sento ridere. Cerco sempre di sentire la sua risata. Pensarlo lontano mi fa sentire malinconica. Mi manca, ma non posso farlo trapelare. Devo impegnarmi, perché voglio essere una persona forte.
-Piccola sarta. Cucirai a morte qualcuno, allora.
-Dovresti ringraziarmi, se non giravi con i pantaloni bucati.
-Troppo esagerata.
-Trovati un'altra sarta allora.
-Non lo farei mai.
Le cose procedono secondo un rituale, che si spezza solo quando uno dei Tributi del Distretto 4 muore.
-Scrivi ancora canzoni?
Rimango a bocca aperta. Non scrivo da prima che partisse. Mi manca, in effetti.
-Ho avuto da fare.
-No, non dire così, so che vai in palestra.
-Non posso non andarci...
-Non dico questo. Dico... Dico solo che sei riuscita a sconfiggere le tue paure. Sei maturata. Saranno cresciute anche le tue canzoni, non credi?
Gli addii, però, rimangono sempre avvolti da un velo di tristezza, coperto da uno più sottile di impazienza.
Quando torno a casa, dopo aver avuto la conversazione a proposito delle canzoni, ceno e, invece di andare a letto, mi giro e rigiro nel letto. Mi manca scrivere. Non ci avevo pensato. Mi sono fatta trascinare dagli eventi, più che analizzarli a fondo.
La mattina dopo vado in Palestra, ma nel pomeriggio non mi aggiungo al gruppetto.
Prendo a chitarra e salgo sulla terrazza della casa di Finn; dopotutto sono sempre stata brava ad arrampicarmi.
Guardare il cielo cambiare mi fa riflettere, e l'aria lì sembra avere un altro odore.
Dopo aver preso un sospiro profondo, mi butto nella scrittura.
Mi è davvero mancato scrivere.
 
 
 
 
 
Angolo della Autrice
Salve a tutte! Non vi ho mollate, tranquille, solo ho avuto dei problemi tra scuola e computer, quindi sono riuscita a trovare un angolino per scrivere solo ora (con tre fanfic da scrivere e diversi plot in testa, poi, le cose si complicano un pochetto!)
Spero che non mi abbiate abbandonata e che mi perdonerete questa mancanza!
A presto (si spera)!
Sebs

P.S. :per farmi perdonare, avrete del fluff molto presto. A buon intenditor, poche parole!

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