Occhi di smeraldo III di _Cthylla_ (/viewuser.php?uid=204454)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il risveglio ***
Capitolo 3: *** 'cause I'm a freak...or not? ***
Capitolo 4: *** You can't kill me, I'm immortal ***
Capitolo 5: *** In fuga ***
Capitolo 6: *** Un bicchiere di troppo! ***
Capitolo 7: *** Momenti difficili ***
Capitolo 8: *** ''abbandonare la nave...!'' (ergo, la villa). ***
Capitolo 9: *** Washington ***
Capitolo 10: *** The Show Must Go On ***
Capitolo 11: *** A chi la sofferenza, e a chi la...porchetta! ***
Capitolo 12: *** Donne da divanetti... O no? ***
Capitolo 13: *** The Unexpected Guest ***
Capitolo 14: *** Ad ogni principessa il suo castello ***
Capitolo 15: *** Tradimento! ***
Capitolo 16: *** Il ritorno dell'Asse RobWard ***
Capitolo 17: *** On fire ***
Capitolo 18: *** La lista ***
Capitolo 19: *** Una nuova battaglia? ***
Capitolo 20: *** Karma ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Si accorse a stento
dell’aprirsi della porta scorrevole alle
proprie spalle.
«sei qui da cinque giorni.
È il caso che ti riposi».
«sto bene. Posso
continuare».
Aveva la voce roca per il parlare e
leggere ad alta voce
quasi continuo, e due occhiaie da far paura. Al di là di
quel che diceva per
Michael Connors, anzi Michael Lancaster, stare sveglio per cinque
giorni e sei
notti non era stato esattamente semplice. Ma non avrebbe mai lasciato
quel
posto accanto al letto di sua moglie, così come non
l’aveva lasciato Howard
Lancaster fino a poco prima.
«Michael…non era
esattamente una proposta».
«voi…»
«“tu”».
Breve sospiro nervoso del soldato che
non si era ancora
abituato all’idea.
«non…dormi…da dieci giorni.
Dal giorno del
matrimonio. Io nei primi cinque ho dormito qualche ora,
tu…»
«anche».
Mentiva, ovvio che mentiva.
Da quando sua figlia aveva avuto quel
tragico incidente
cadendo dalla gradinata e battendo duramente la tempia contro la base
della
ringhiera in marmo, Howard H.R.J. Lancaster non aveva chiuso occhio.
Avrebbe dovuto essere un giornata
magica, invece si
era trasformata in una giornata tragica. E lui non sapeva ancora
perché.
Era quello a farlo impazzire, non
sapere il vero perché
sua figlia era in coma da dieci giorni.
Vero, era stato un incidente. Vero,
la colpa della rottura
di un tacco non di poteva dare a nessuno, erano cose che capitavano, ma
in quel
caso aveva quasi comportato la morte di sua figlia.
Dove stava andando quando era
caduta?! Dove? Perché
era andata in quella direzione?!
A detta dei dottori della sua clinica
era viva solo e
soltanto grazie alla sua tempra di chojin, in caso contrario quella
botta
l’avrebbe fatta fuori sul colpo. E non si sapeva
né quando si sarebbe
risvegliata né in che condizioni sarebbe stata se, quando,
l’avesse fatto.
Aveva subito un trauma cranico spaventoso, avrebbe necessitato di
un’operazione, ma prima di poter agire bisognava che
l’ematoma che si era
creato si riducesse ancora un po’ prima di poter essere
aspirato, e quel
dannato versamento ci stava mettendo più del previsto a
riassorbirsi, troppo
più del previsto e…e ogni ora che
passava aumentava il rischio di un danno
forse permanente, di non si sapeva quale entità.
E lui, che di solito era quello che
“poteva”, stavolta non
poteva.
Con tutte le risorse che aveva a
disposizione, Howard
Lancaster non poteva fare niente di più di quel che lui, i
dottori e
Michael stavano già facendo.
Si era sentito impotente, e non gli
era piaciuto. Per quel
motivo, resosi conto di non poter fare di più, appena poco
prima aveva deciso
di chiedere aiuto a qualcuno dei suoi soci in affari…
«ci sono
novità?» Howard annuì lentamente. Una
scintilla di
vita comparve in volto all’americano «di che si
tratta?!»
«una
mia…amica…sembra possa fornirci un ritrovato che
dovrebbe
aiutare Hammy a risvegliarsi. Una medicina estremamente
all’avanguardia delle
sue parti».
Michael adesso era tanto speranzoso
quanto scettico. Un
cinquanta e cinquanta. «vorrei che fosse vero ma io nelle
cure miracolose non
ci ho mai creduto».
«ogni minuto che passa mia
figlia rischia un danno
permanente. Per far ridurre quell’ematoma tenterei anche un
rito sciamanico,
se pensassi che possa funzionare. Con tutti i mezzi che possiedo, io
non posso
fare più di così…ma
“così” non basta. E forse è
già tardi. Michael» lo guardò
«tu sei suo marito, e adesso per sottoporla a questa nuova
terapia mi serve la
tua autorizzazione».
Lui che doveva
dare l’autorizzazione al suo capo!
Pareva che il mondo si fosse
rovesciato.
«qualunque cosa
purché Emerald si risvegli ma…di cosa si
tratterebbe?»
Howard stesso sembrava combattuto.
«da quel che ho capito è
un…fluido vitale…che aiuta a rigenerare
rapidamente i tessuti.
Autorigenerativo. Mandandone in circolo ad Emerald metà
della dose completa che
ci sarà data, potremo mandargliene in circolo la stessa
quantità mezz’ora dopo
senza che questo si esaurisca mai…»
Michael pensò che quella
potesse essere solo una bufala di
qualcuno che voleva approfittarsi di quella situazione per guadagnare
un
mucchio di soldi. «io ci credo poco. Che vuole in cambio
questa…amica?»
«niente.
Anche perché sinceramente dubito di avere
qualcosa che possa interessarle».
Sempre più assurdo.
«…sul
serio?»
«ti sembra che adesso sia
in vena di mettermi a scherzare?»
«no. Solo che mi sembra
incredibile».
«la cosa è
questa: l’ematoma si sta riducendo troppo
lentamente. Ogni minuto che passa Hammy rischia di non tornare
più quella di
prima, o perfino…di finire in un coma più
profondo di questo, se non facciamo
in fretta. Noi possiamo decidere di non tentare questa terapia o
provare. E se
non dovesse funzionare perlomeno avremmo tentato. Non le
sarà nocivo, Michael,
se pensassi che potesse esserlo non avrei nemmeno preso in
considerazione la
cosa».
L’americano strinse la mano
sinistra di Hammy. Lei era
pallida come le lenzuola del letto in cui giaceva.
«facciamolo».
Forse era bene
tentare…perché per quanto ne sapevano poteva
essere già compromessa, e a quel punto tutto ciò
che potevano fare era limitare
i danni.
:: Tokyo ::
«…grazie. Si,
io…si. Lo dirò anche a lui. Va bene. A
risentirci» Kevin terminò la chiamata.
«quindi…?»
Il ragazzo scosse la testa.
Warsman chiuse gli occhi con un
sospiro nervoso.
Dieci giorni di coma ed Emerald non
si era ancora ripresa,
maledizione…e quel sospiro era il massimo che gli era
consentito dare a vedere,
mentre il senso di colpa lo rodeva come un tarlo rode il legno.
Per il russo la colpa di quel che era
successo era stata sua.
Sua e basta. Lui aveva messo quella canzone, lui
l’aveva attirata lì, e lei
era caduta, e aveva battuto la testa e…
Aveva passato i quattro giorni
successivi nel motel
dell’altra volta, non solo perché non se
l’era sentita di tornare a Tokyo ma
anche perché temeva di portare di nuovo un esercito nel
quartiere dove abitava
Kevin ed il ragazzo vedesse…vedesse e
capisse di chi era la colpa…
Aveva pensato che se proprio doveva
essere preso, non voleva
che Kevin subisse un altro shock. E se rimaneva a Londra, gli uomini di
Lancaster avrebbero fatto meno strada.
Si era sentito così male
che aveva pensato di presentarsi
nella tenuta e dichiarare che la colpa era sua, per alleggerirsi la
coscienza.
Lo avrebbero ammazzato ma forse se lo meritava perché con le
sue azioni aveva
quasi perduto la persona che non avrebbe mai voluto perdere, e ancora
non si
sapeva se valesse o meno la pena di anteporre quel
“quasi”…
Poi aveva cambiato idea. Non era
andato. Forse era qualcosa
che aveva voluto credere per pura e semplice comodità ma non
pensava che
Emerald avrebbe voluto che lui andasse a farsi uccidere.
E in quei quattro giorni nessuno era
venuto.
In fondo se anche i due piccoli
bastardi -Zachary Connors e
Sebastian Lancaster- avessero parlato di lui, avrebbero potuto solo
dire di
averlo braccato per poi averlo visto andare via.
Idem per Janice Lancaster che pur
essendo la moglie di
quello che secondo lui era il vero mostro si era
rivelata una donna con
un grande cuore visto che gli aveva medicato le ferite per poi
lasciarlo
andare.
«lady Janice mi ha detto di
dirlo anche a te».
Quando Flash gli aveva raccontato di
com’erano andati i
fatti -decidendo di astenersi dal dirgli che Hammy era caduta
“per colpa sua”-
Kevin lì per lì si era stupito del gesto di
Janice. Ma lo stupore gli era
passato presto, perché che quella donna fosse una persona
buona come il pane
-antipatia verso i tedeschi a parte- lui già lo sapeva. Solo
che…wow. Lo era
stata anche con “la bestia”.
«la prossima volta che la
senti ringraziala da parte mia.
Dieci giorni…»
Di pensieri il russo ne aveva avuti
tanti, di più e di meno
razionali, uno dei quali era stato “ma va’ a vedere
che quella puttanella lo fa
apposta a farmi stare così!”…ovviamente
si era reso conto subito dopo
dell’assurdità di tale pensiero.
Ma il fatto era che non poteva
credere che Hammy stesse davvero
in quel modo. Era fin troppo resistente, quella
lì, glielo aveva
dimostrato. Se fosse morta per un tacco rotto sarebbe stato assurdo…era
sopravvissuta alla Scuola di Ercole, era sopravvissuta al proiettile
sparatole
per errore dal suo stesso padre, era sopravvissuta a lui
stesso, e
volevano fargli credere che sarebbe andata a finire in quel modo?! No!!!
«si riprenderà,
Warsman. Deve riprendersi».
Anche perché lui, Kevin,
non intendeva mica arrendersi anche
se lei era sposata. Eh no. Lui voleva lottare ancora, il matrimonio non
era più
un incastro definitivo, esisteva sempre il divorzio, volendo. E se
davvero
l’americano aveva perfino rinunciato ai diritti sul suo
patrimonio, non avrebbe
avuto nemmeno problemi in tal senso.
«si…ma se, o
quando, si riprenderà, come sarà? Un colpo come
quello avrebbe potuto ucciderla».
Timori fondati, ma Kevin cercava di
pensare positivo.
«maledizione, non metterti
a fare il menagramo! Cristo! …e
se anche avesse qualche problema…beh…fosse
paralitica, suo padre troverebbe il
verso di farla tornare a camminare, dovesse anche sostituirle gli arti
con
delle protesi biomeccaniche. Se si svegliasse cieca, troverebbe il modo
di
riparare o sostituire quel…quel che non
funziona…e farla tornare a vedere. Se
si svegliasse sorda idem. Troverebbe il modo di farla tornare
com’era…o quanto
più possibile gli va vicino. Non è quello che
“I can”, lui?!»
Anche Kevin non aveva mica tutti i
torti.
A quel punto non rimaneva che sperare.
:: Londra ::
«…infuso».
«Gabrijela…grazie».
«di niente».
Dopo la tragedia Lionel Charles Eirik
John Lancaster e
famiglia avevano deciso di rimanere lì a sostegno, trovando
una accoglienza
calda per quanto possibile. Il loro era un gesto che era stato
apprezzato,
naturalmente, ed era in particolar modo Janice a trarne beneficio.
Era andata a trovare Hammy diverse
volte, ovviamente, ma in
tutti quei giorni nonostante ci avesse provato non era riuscita a
convincere il
marito a tornare a casa; lui sarebbe rimasto lì
finché Emerald non si fosse
svegliata. Ovviamente la chiamava tre volte al giorno tutti i giorni,
ma non
era la stessa cosa che averlo vicino.
Le aveva detto di restare a sua volta
in clinica, ma Janice
non ce la faceva. Odiava gli ospedali, li aveva sempre odiati da quando
a
cinque anni l’avevano lasciata per errore tre ore sola con
suo nonno, degente
da mesi…”sorridi”, le dicevano in quel
periodo, “che nonno vuole vederti
allegra, Jannie”. Dopo quelle tre ore erano tornati trovando
lui morto, e
Janice a tremare…con un sorriso stentato sul volto,
perché le avevano detto di
sorridere e lei era una bambina obbediente…
«tu…voialtri
probabilmente avete le vostre cose in sospeso a
Belfast, e…»
«Janice, tranquilla. Non
siamo persone che fanno vita
mondana, viviamo di rendita, e al momento la nostra presenza serve
qui» disse
Lionel con quella sua voce molto profonda e altrettanto rassicurante
«la tua…la
nostra famiglia ha subito una disgrazia, e vogliamo dare a te e mio
cugino
tutto il sostegno possibile. Anche se lui non torna mai a
casa».
«però apprezza.
Lo giuro».
«lo so».
«però vostro
figlio sta saltando le lezioni…»
«la famiglia è
più importante di una lezione di danza. E
comunque così facendo dà anche conforto al
fratello dello sposo che è voluto
rimanere qui».
Ovviamente anche Zachary era rimasto.
I suoi genitori invece
erano ripartiti due giorni dopo l’incidente.
Per la prima volta, quando i suoi
genitori il primo giorno
avevano detto che sarebbero ripartiti quello seguente, si era visto uno
Zeke
senza quel suo sorriso un po’sereno e un po’da
Gioconda, ma con un’aria
glaciale da far paura nel dire ai suoi che ”possibile che
riteniate il lavoro
più importante del fatto che Michael stia male? A questo
punto mi chiedo che
razza di persone siete”.
Aveva detto loro così e se
n’era andato via dalla stanza. E
dopo avere ottenuto da Janice il permesso, il giorno seguente aveva
detto loro
di spedire tutta la roba che aveva lasciato a Washington lì
a Londra. A casa
con i suoi, dopo quello, non ci voleva tornare. In seguito magari
sarebbe
andato ad abitare altrove, ma intanto l’importante era andare
via da casa
propria.
«vero, soprattutto visto
che il ragazzo pare aver deciso di
rompere i rapporti con i genitori. Ho cercato di dirgli di rifletterci
su, ma
era più che convinto. E non mi andava di lasciarlo in mezzo
ad una strada»
disse Janice.
«capisco»
Gabrijela bevve un po’del proprio infuso. «vedrai,
andrà tutto a posto».
«lo spero…lo
spero tanto. Vorrei solo che Howie ogni tanto
tornasse anche qui. Non è solo Hammy ad avere bisogno di
lui, anche io ce l’ho!
E mi sento anche egoista a dire questo poi, perché quella in
coma non sono io!»
Gabrijela le accarezzò con
dolcezza i capelli. «è
comprensibile anche questo. Su, su…come ti ho detto, vedrai
che andrà tutto
bene».
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Capitolo 2 *** Il risveglio ***
2
Emerald riaprì gli occhi
di nuovo.
Non riusciva a pensare in maniera
coerente. Si rendeva conto
soltanto di trovarsi “lì”, senza saper
dare una definizione più approfondita a
questo “lì”, e che davanti al proprio
sguardo fisso c’era un qualcosa con due
occhi un naso e una bocca che però le dava una buona
sensazione. Più altra
gente vestita di bianco che la accecò con qualcosa di
luminoso che lei,
comunque, riuscì a seguire con gli occhi.
La luce era bella, anche se meno
accogliente di quella che
aveva visto non-si-sa-quanto-tempo-prima,
quando…quando…
Quando cosa?
Non aveva la cognizione del tempo,
né di quel che le era
successo…né di quel che stava succedendo adesso,
veramente.
“riconnetti”.
Fu la prima parola che la sua mente
riuscì a formare, e che
la fece rabbrividire come se un impulso elettrico le avesse
attraversato il
corpo.
“riconnetti”.
Luce…pila.
Camice bianco…persone.
Dottori? Si?
“dottori.
Dottori, clinica”.
Dottori, clinica.
Clinica…malattia? Incidente?
“focalizza. Identifica”.
Quel miscuglio di occhi naso e bocca
visto prima.
Tratti…familiari.
Le voci le arrivavano come ronzii
indistinti, ma solo perché
non aveva ancora “connesso”.
“identifica”.
Occhi neri, già visti e
conosciuti…tutto…conosciuto. Ma certo.
“identificato: Mikey.
Volta la testa di lato”.
Eh no, quello non pensava di riuscire
a farlo anche se
quella voce della sua testa glielo ordinava.
“ce la fai. Volta
la testa di lato, a destra”.
Con esasperante lentezza la ragazza
riuscì a voltare la testa,
ignorando il ronzio che ora iniziava a farsi meno indistinto. Coglieva
parole
come “risveglio”,
“movimento”…”Hammy”…
L’uomo vestito di nero
sulla soglia non necessitò nemmeno
del processo di identificazione.
Solo…vestito di
nero? Che era successo?!
Non riuscì a chiederlo ma
riuscì a sorridergli e a muovere
leggermente le dita della mano destra come in un accenno di saluto.
“torna a dormire. Il
grosso l’hai fatto, ti
sveglierai nuovamente domani; andrà ancora meglio”.
E si riaddormentò.
«si è
svegliata…si è mossa, e mi ha sorriso!»
Howard iniziò
a pensare che forse, forse, tutto sommato Dio
poteva anche esistere da
qualche parte. Forse «e credo che quel movimento delle dita
fosse addirittura
un saluto!»
«spero che abbia
riconosciuto anche me…» mormorò
l’americano.
«sei suo marito, non vedo
perché non avrebbe dovuto
riconoscere anche te. Dobbiamo continuare con quel liquido, una dose
ogni
mezz’ora».
Era quella la strada,
l’avevano capito tutti ormai…
«quante ne hai?»
L’altro mostrò
il barattolo di vetro. «com’è ben
visibile,
ho terminato con successo la caccia. Tu?»
Anche lui mostrò il
barattolo. «pure io. Non pensavo di
poter trovare le lucciole già adesso».
«può darsi che
tu non abbia notato che il clima nella tenuta
di mio zio è diversificato rispetto a quello del resto
dell’ambiente. Della
temperatura giusta, e con il corretto grado di umidità.
Anche a Belfast c’è
qualcosa del genere, che proviene dai laboratori Lancaster
Tech».
Zachary Connors quella sera aveva
lasciato che fosse
Sebastian a scegliere cosa fare. Lì per lì quando
lui se n’era uscito con
l’andare a catturare le lucciole aveva accolto la proposta
con scetticismo, ma
si era ricreduto quando durante la caccia aveva avuto modo di far fuori
tre
serpenti.
«eh, a proposito, tua
cugina mi aveva fatto una mezza
proposta di lavoro…»
Sebastian sbuffò.
«“Il lavoro è il rifugio di coloro che
non
hanno nulla di meglio da fare”. L’unico per cui
tale concetto non è valido è
mio zio».
Insomma, Sebastian L.V.C. Lancaster
oltre ad essere un puro
“esteta” era anche uno di quelli che
“voglia di lavorare saltami addosso”,
forse perché fin da piccolo si era abituato a vedere i
genitori vivere della
rendita che fruttava loro il possedere terre, case e palazzi non solo
in
Inghilterra ma in diversi altri Stati del mondo. Ciò che gli
sfuggiva era che
da più giovane suo padre Lionel si era dato da
fare, per arrivare a quel
punto!...se Emerald a volte poteva sembrare un po’
“distaccata” dalla realtà,
non era nulla in confronto al distacco di suo cugino che aveva ferma
volontà di
vivere e vedere solo il bello della vita, chiudendo gli occhi,
distruggendo o
facendo sparire le cosiddette “brutture” delle
quali spesso e volentieri si
rifiutava perfino di parlare.
«inoltre a
volte…sembra che il lavoro rovini i rapporti»
concluse il ragazzo, alludendo a quanto era successo tra Zachary e i
suoi.
Erano arrivati al lago, e si erano
messi sulle sedie in
vimini che erano sotto la piccola veranda di quella casetta di legno
sulla
riva.
«mi sembra assurdo che
siano voluti ripartire subito.
Insomma, mio fratello adesso sta passando un momentaccio e loro pensano
all’attività! Ma che gli costava rimanere un
po’di più, chiudere per più
giorni? “c’è crisi,
c’è crisi”, dicono, ma se volessero
anche loro potrebbero
tranquillamente vivere di una rendita che potrebbe fornirgli proprio
mio
fratello. Si, loro sono due che hanno lavorato tutta la
vita…e che vogliono
essere “indipendenti”…»
mimò le virgolette «ma indipendenti di
che? Quando
si lavora si è sempre dipendenti. Se si
è operai si dipende dal capo, se
si lavora in proprio si dipende dai clienti che vengono -o no- a
comprare la
merce; considerato questo e a parità di dipendenza, allora,
non conviene
scegliere quella più redditizia e che ti permette di avere
più tempo libero?»
Sebastian rispose con un leggero e
breve applauso educato.
«non potrei essere
più d’accordo. D’altra parte conosci
bene
la mia posizione sull’argomento. Sai una cosa? Quando Hammy
si sarà svegliata e
sarà andato tutto quanto a posto, avevo pensato di chiederti
se per te sarebbe
stata cosa gradita essere ospite nella mia tenuta a Belfast, e in
seguito…si…tu
sai che avevo pensato di studiare filosofia, ma non ne sono
perfettamente
sicuro. Ed è da quando mia cugina, a soli sedici anni, ha
lasciato
l’Inghilterra per andare prima in Sicilia e poi a Tokyo che
mi sono detto più
volte: “Sebastian, forse sarebbe bene che anche tu vedessi un
po’di mondo”.
Forse sarebbe più divertente vedere il mondo viaggiando in
compagnia» disse il
ragazzo «e chissà, magari lungo il percorso
riusciremo anche a trovare una
ragazza che riesca nell’impresa di destare il tuo
interesse».
«ma non facevi prima a
dirmi “ehi, di va di farci un gap
year?”…non è una cattiva
idea. Ma solo quando tutto questo sarà finito. Tra
l’altro da quel che ha detto mio fratello sembra che da due
giorni stiano tentando
di curarla con una medicina proveniente da chissà
dove».
«davvero? Con quali
risultati?»
«a detta sua
“assurdi”. Credo che Lentiggine intendesse
“strabilianti”» puntualizzò
l’albino, vedendo Sebastian guardarlo un
po’perplesso « sempre stando a quanto mi ha
raccontato, quella roba una volta
entrata in circolo non ha solo rimesso a posto i tessuti che si erano
rovinati
e fatto letteralmente scomparire
l’ematoma, ma sembra che applicazioni
continue come quelle che le stanno facendo fortifichino e
“rimettano a nuovo”
anche i tessuti che erano già a posto di loro».
«sono sconcertato. Non ho
mai sentito dire nulla di simile
prima d’ora».
«infatti Mr. Lancaster pur
non avendo ottenuto il permesso
di commercializzare quel fluido lo sta studiando…senza
riuscire a venire a
capo di niente».
«…mi meravigli
sempre di più ad ogni affermazione. Mio zio
che non riesce a “venire a capo” di
qualcosa?» gli occhi smeraldini del ragazzo
erano pieni di stupore, perché da quel che sapeva una cosa
del genere non stava
né in cielo né in terra.
«eh
già…»
La musichetta di Pac-Man a massimo
volume fece sobbalzare
Sebastian che finì quasi per cadere dalla sedia. Il suo
nuovo amico gli piaceva
molto, ma ogni volta che gli arrivava all’orecchio quel “bli-bli-bli-bli-bli
BLI!” si sentiva torcere le budella, lui che andava
a pop melodico, musica
da camera, classica e lirica…anche se riusciva a sopportare
altri generi
quando usciva con gli amici di Belfast, per amor di compagnia e di
“rimorchiamenti”. Per una bella ragazza sarebbe
stato disposto a sorbirsi
perfino quegli orribili gruppi che suo padre e suo zio ascoltavano in
macchina,
quei… Kiss, Demon, Iron Maiden, Def Leppard…i
Black Sabbath!
A pensarci si sentiva quasi male.
«si, che…si
è svegliata! Ma bene! Era ora…» il
solito
sorriso sornione dell’albino si allargò un
po’ «sono contento…»
«oh,
finalmente…» sospirò sollevato
Sebastian. Zeke mise il
vivavoce.
– “svegliata”
per modo di dire. Ha aperto gli occhi per
un po’, poi li ha richiusi, poi li ha riaperti
e…insomma, ha fatto così. Però
quel che conta è che abbia iniziato a risvegliarsi. In fin
dei conti
fisicamente, adesso, non ha più niente che non vada. Deve
solo riprendersi…dai,
Hammy…
«mi sa che ci
vorrà un po’perché torni attiva, un
periodo di
coma di dodici giorni è lungo».
– infatti, ma
vogliamo essere ottimisti. Lo sapevo che
non sarebbe bastata una caduta, mia moglie ha la pelle dura!
«forse i suoi amici
andrebbero informati. Chiamano ogni
giorno» disse Sebastian.
– con Howard si
è detto di farlo solo quando il suo
risveglio diventerà effettivo. Nel senso quando
tornerà ad avere un po’più di
coscienza di sé, cercherà di muoversi e parlare,
cose così.
«giusto».
:: il giorno dopo ::
«ecco, si è
svegliata ancora…»
Le voci adesso erano distinte,
ringraziando il cielo.
Lei si sentiva ancora piuttosto
debole, però era in uno
stato migliore rispetto al giorno prima. Merito del suo essere una
chojin, e
merito di quella medicina, soprattutto.
“papà…”
«potrebbe riuscire a dire
qualcosa?»
«non credo. Sarebbe bello,
ma…»
“ehi…ma io sto
parlando. Siete sordi?”
Perché non la sentivano?
Eppure lei stava parlando eccome,
che c’era che non andava?
…forse il fatto che lei credeva
di parlare, quando in
realtà non muoveva nemmeno le labbra…
«nnh».
Ecco, quello era il massimo che
riusciva ad ottenere.
«ha detto
qualcosa!»
«non sforzarti,
Hammy…»
“io non ho detto
‘qualcosa’…vi ho chiesto chiaro e tondo
cosa mi è successo, e perché Michael
è qui!” pensò lei, e
pensò anche
che se si trattava di uno scherzo non era affatto divertente.
Anche perché lei non aveva
tempo da perdere, doveva partire
per Tokyo, il giorno dopo.
Aveva diciassette anni
ma ne avrebbe compiuti
diciotto a breve, quindi aveva tutto il diritto di andare dove le
pareva, e
quel che “le pareva” era di andare a fare la dj
nella capitale nipponica…si,
sapeva che suo padre magari avrebbe preferito se avesse continuato a
studiare,
o fosse diventata una chojin come lui. Ma lei non aveva intenzione di
fare
niente di tutto ciò: voleva vedere il mondo e diventare
famosa come David
Guetta, a cui aveva stretto la mano la sera prima.
“certo che Michael
è sempre un grandissimo gnocco” pensò
anche.
Peccato che le avesse detto di no, un
paio di anni prima.
Aveva capito i suoi motivi e la cosa era finita lì, ma non
significava che lui
avesse smesso di piacerle, e forse quello lo aveva capito anche
lui…d’altra
parte non era difficile notare che le sue guance diventavano rosa pesca
ogni
volta che lui faceva il gallo.
Fu a quel punto che notò
una cosa alla mano sinistra di lui.
Una cosa che aveva tutta
l’aria di…una fede nuziale?!
Connors si era sposato?! E con chi? Quando era successo?!!
“e quell’anello
da dove viene?” cercò di dire. Ma le vennero
fuori solo degli altri “nnh”, con la differenza che
stavolta se ne rese conto.
«nnh!!!»
“non…non riesco
a parlare?! Perché?!!”
La sorpresa ed il panico erano
così evidenti sul suo viso
mentre si portava una mano alla gola che sia Howard che Michael
capirono alla
perfezione che lei avrebbe voluto parlare …ma
non le riusciva.
«Hammy…Hammy.
Buona. Hai avuto un incidente, sei
stata in coma dodici giorni, che tu non sia ancora a posto è
normale» cerò di
tranquillizzarla Howard «tranquilla, va bene?»
“incidente…come
e quando?!” pensò lei, tornando ad
appoggiare la schiena ai cuscini. Guardandosi attorno vide un tablet.
Lo
indicò.
«ah, vuoi…si,
subito» Howard glielo porse «però non
stancarti troppo».
Era un po’preoccupato del
fatto che non riuscisse a parlare
visto che dagli esami adesso come adesso risultava tutto a posto, ma
per
l’appunto si era appena svegliata un po’ di
più. Era una questione di tempo, si
disse, nel vederla scrivere qualcosa che mostrò loro poco
dopo minuti.
“l’incidente
spiega il completo nero ma…che incidente è?
Quando è stato? Pensi che a breve potrò partire
per Tokyo come previsto?...e
poi da quando in qua Mikey è sposato?!”
Il sollievo che era comparso in volto
ai due uomini si
sciolse come neve al sole.
Si guardarono, la guardarono.
C’era decisamente qualcosa
che non andava. Sembrava averli
riconosciuti, ma…”partire per Tokyo come
previsto”? e soprattutto quella
domanda “da quando in qua Mikey è
sposato”!
Michael, con l’aria di uno
che ha preso un ceffone immenso,
fece per dire qualcosa. Howard lo batté sul tempo.
«Hammy…in
che anno siamo?»
Lei lo guardò perplessa,
per poi scrivere che non sapeva che
giorno fosse di preciso, ma…e poi digitò una data
che corrispondeva a qualcosa
come due anni e mezzo prima.
L’americano era
impallidito. Emerald aveva dimenticato due
anni e mezzo della propria vita…due anni e mezzo in cui
erano successe un
mucchio di cose, incluso il loro mettersi insieme, il viaggio a
Washington, il
matrimonio, la loro storia in generale!
«amnesia
retroattiva» disse pianissimo Howard
«l’avevano
detto che avrebbe potuto succedere. E credo che con
quell’ultima terapia
abbiamo già limitato molto i danni».
“???...che vuol
dire ‘amnesia retroattiva’?! …non siamo
nel 2011? …”
Howard pose delicatamente le mani
sulle spalle della figlia,
mentre Michael si era preso la testa tra le mani.
«Hammy, oggi è
il dodici giugno 2014. Tredici giorni fa hai
avuto un incidente, cadendo dalle scale e battendo la
testa…»
“stai scherzando
vero?!! io non posso avere
compiuto vent’anni ieri !!!”
Però la faccia di suo
padre era mortalmente seria.
Quindi non scherzava per niente.
Era il dodici giugno 2014. Lei aveva
vent’anni…
Era vecchia!!!
In quel momento notò un
“impiccio” strano all’anulare della
propria mano sinistra.
Quando gli occhi caddero
sull’impiccio in questione
impallidì e sollevò la mano davanti al proprio
viso.
Una fede nuziale!
Ma come?!! In che mondo parallelo si
trovava?! Lei, sposarsi
a vent’anni?!!
Si tolse precipitosamente la fede dal
dito, senza più
considerare minimamente le persone che le stavano attorno.
Osservò l’interno
dell’anello.
“31/05/14 , E. J.V.P. L. -
M. C.”
La prima era lei senza dubbio, ma M.
C. …?
Ebbe un’illuminazione
improvvisa che la fece diventare rosa
pesca. Ma non le sembrava possibile. Dai…sarebbe stato
troppo assurdamente
bello per essere vero, se…
Guardò la vera, e poi
guardò Michael, non osando nemmeno
scrivere sul tablet la domanda.
Lui però annuì,
e toltosi la propria fede -molto simile a
quella di Emerald, ovviamente- gliela porse con un sorriso un
po’malinconico.
Era triste vedere la propria moglie non ricordarsi di averlo sposato.
“31/05/14 , M. C. - E.
J.V.P. L.”
Rimase a bocca aperta, mentre il rosa
pesca diventava più
intenso pensando che se si erano sposati lei e Mikey avevano
anche…beh…
Guardò suo padre.
Indicò sé stessa e l’americano.
«eh si. Vi siete sposati, e
l’incidente purtroppo è avvenuto
praticamente subito dopo pronunciati i giuramenti. A un certo punto ti
sei
allontanata senza che nessuno capisse perché, e mentre
scendevi le scale si è
rotto un tacco e…eccoci qui».
«recupererà la
memoria?»
Howard guardò suo genero.
«ho discusso a lungo con i dottori
riguardo ogni possibile tipo di conseguenza. Amnesie retroattive come
questa
solitamente si risolvono col tempo, i ricordi tornano. Pian
piano…ma tornano. E
la sua memoria eidetica dovrebbe aiutarla. Ciò di cui ha
bisogno ora è di
restare tranquilla, avere accanto persone che le vogliono bene e,
quando si
sarà ripresa meglio, stare in luoghi conosciuti».
“decisamente!”
pensò la ragazza, che però era intenta a
guardare Michael, verso cui tese pian piano le braccia.
«vuoi…? Va
bene» disse lui, abbracciandola con quanta più
delicatezza possibile. E ad Emerald, pur non avendo alcun ricordo degli
ultimi
tempi, piacque che la propria pelle le trasmettesse sensazioni
“familiari” che
potevano essere un’ulteriore conferma…o solo gioia
e soddisfazione per qualcosa
che aveva desiderato molto a lungo.
«andrà tutto
bene, miz. Ricorderai tutto, e tornerai
anche a parlare. Tanto io non vado da nessuna parte».
«e comunque per tua
informazione, Hammy, adesso lui è
Michael Lancaster…»
“ah si?...chissà
se è svenuto, quando ha preso il cognome”
pensò la ragazza, staccandosi solo diverso tempo dopo
dall’abbraccio del
marito.
“marito”! ancora
non le sembrava vero!
Beh, anche se aveva avuto un
incidente da restarci quasi
secca, non parlava, e non ricordava due anni e mezzo della propria vita
dei
quali avrebbe dovuto farsi raccontare tutto il possibile, non era poi
così male
quel 2014.
“in luoghi
conosciuti…quindi tornerò anche a Tokyo?
Già,
ma Michael quindi era a Tokyo? Dove ci siamo messi insieme?”
scrisse sul
tablet.
«eravamo a Tokyo,
si…nell’appartamento che condividevi con
il resto del gruppo di donne chojin a Shibuya».
Aaaaaaspè.
Che voleva dire “gruppo di
donne chojin”?!
«hai frequentato la Scuola
di Ercole, ed hai anche portato a
casa il premio per la miglior tecnica» la informò
pacato Howard «man mano ti
spiegheremo tutto, tranquilla».
Tutto,
diceva…più o meno!
Perché c’era
qualcosa che né lei, né Michael e forse nemmeno
nessun altro avrebbe mai potuto spiegarle bene. Lei stessa che lo aveva
vissuto
non era mai riuscita -o forse semplicemente non aveva mai
voluto-
comprenderlo appieno…figurarsi se poteva farselo spiegare da
qualcuno di
esterno, come Meat per esempio, che era l’unico a sapere
qualcosina.
E lei al momento di Meat non si
ricordava neppure…
Così come non si
ricordava minimamente di Lord Flash.
O Warsman. O Nikolai, come l’aveva chiamato raramente.
Vecchio porcello, pantegana
psicotica, sorcio, ratto delle
steppe, Capitan Pantaloni Aderenti…non ricordava niente di
lui, di loro due.
Non ricordava nulla del loro ammazzarsi, del loro supportarsi, del loro
sopportarsi,
ed in tutto ciò litigare ferocemente mentre imparavano a
conoscersi e forse
anche apprezzarsi.
Non ricordava di quella loro serata a
sfascio, del loro
viaggio attorno al mondo, di Rio. Non ricordava di averlo visto in viso
ed
averlo accettato. Non ricordava nulla delle loro serate di tango. Tutto
era
stato cancellato dalla testa di Hammy come un colpo di spugna bagnata
cancella
il gesso da una lavagna.
La dimostrazione che nemmeno il
più sottile e crudele
umorista è in grado di essere ironico quanto la vita stessa,
eccola lì: Warsman
nel tentativo di non perderla aveva involontariamente causato
l’incidente che
le aveva fatto dimenticare tutto del loro rapporto.
E di quello tra lei e Kevin, che
comunque era finito-finito,
a detta di Hammy stessa.
«dirò a Janice
che quando qualcuno dei tuoi amici richiamerà
per sapere come stai dovrà informarli della tua condizione.
Credo che verranno
qui in blocco».
Howard era anche tentato di sperare
che a loro si unisse
anche Kevin Mask, non per chissà quale motivo strano ma
perché anche lui aveva
parte delle memorie di Emerald nei due anni e mezzo a Tokyo; e riteneva
importante che sua figlia potesse avere un quadro più chiaro
possibile del
“buco” che aveva nei ricordi.
“ma in questo
gruppo di amici quindi ce ne sono anche di
femmine?”
«ma certo. In particolare
quella del pianeta dei demoni,
Kirika…lo so, il suo nome non ti dice nulla, ma prima o poi
ti ricorderai anche
di lei» disse Michael «nel frattempo posso farti
conoscere nuovamente mio
fratello».
“ho conosciuto tuo
fratello?...hai un fratello? O.o”
«pensare che tu sia
riuscita a dimenticare anche uno come
Zachary…mh. Vabbè» borbottò
l’americano «si, ho un fratello più
piccolo. Compie
ventidue anni a settembre».
“ooook…sentite,
ma di tutto questo periodo qui ci sono
delle foto vero?”
«il tuo blog di Tumblr
è pieno!» disse Howard con un
sorriso «migliaia di fotografie e migliaia di
video».
“ok buono a
sapersi :) però mi sa che è meglio se vedo
tutto un’altra volta. Sono un po’stanca
adesso.”
«va bene, tranquilla, hai
tutto il tempo che vuoi».
“eeeeeeeeeeeeh…pa’…adesso
però puoi rimettere il completo
bianco per piacere? Vederti in nero non mi piace, perché
solitamente è un
segnaccio”.
«non potevi pretendere che
continuassi a vestire di bianco
con te in coma!» protestò lui
«…e comunque finché non tornerai almeno
a parlare
porterò completo e fazzoletto grigi».
“anche
bianchi…cioè…mica
c’è più rischio che muoia no?”
«no. Non credo, ti sei
risvegliata, quel rischio direi che
l’abbiamo scampato» disse Michael.
“…marito
:)”
«già, non
è che finirai a pentirti?...ok, ok! …che razza di
manesca» borbottò l’americano dopo che
lei gli ebbe dato uno scappellotto sulla
testa.
“io non mi ricordo
niente però se ti ho sposato dovevo
essere convinta proprio, sennò ‘sti ca”
«linguaggio,
prego…anche quando scrivi!» la
“rimproverò” Howard.
:: Tokyo, qualche ora dopo ::
«può…può
ripetere? Ho capito bene?»
Era stata Fiona a rispondere al
telefono, e dunque quella
che era stata informata della condizione di Emerald.
Lei, le ragazze e anche i ragazzi al
momento erano tutti
quanti lì a Shibuya. Da quando si erano conosciuti era
qualcosa che succedeva
spesso e volentieri, ritrovarsi tutti insieme ed in seguito uscire,
sempre
tutti insieme. Così come spesso si trovavano anche ad
allenarsi nello stesso posto.
«c’è
qualche problema?» domandò piano Jeager con aria
cupa
ed allarmata. La rumena fece cenno a lui, e agli altri che avevano
iniziato a
rumoreggiare, di tacere.
–
si…quello che ha Emerald si chiama “amnesia
retroattiva”. Ha dimenticato tutto quel che è
successo dalla sua ultima sera a
Londra prima che partisse per Tokyo, quasi due anni e mezzo fa. Tutto
quel che
è successo, tutte le persone che ha conosciuto in quel
periodo…incluse te, le
altre ragazze, i vostri amici della Muscle League…Kevin
Mask…tutti. I medici
dicono che dovrebbe essere una cosa temporanea, e che man mano dovrebbe
recuperare la memoria, oltre all’abilità di
parlare.
«è
anche…afasica?»
Per chi sapeva cosa voleva dire la
parola, specialmente
preceduta da quell’ “anche”, impallidire
un po’fu abbastanza normale.
– non proprio.
Capisce quel che le viene detto e
scrivendo comunica tranquillamente quello che LEI vuole dire, ma ha una
sorta
di “blocco” psicologico che le impedisce di
parlare. Secondo i dottori potrebbe
anche essere correlato con la sua amnesia, nel senso, recuperati i
ricordi…
«recupererebbe anche la
facoltà di parlare».
– esatto. Ma
personalmente spero mia figlia torni a farlo
prima.
«beh, certo…Mr.
Lancaster, pensa che potremmo venire a
trovarla?»
– quando si
sarà ripresa ancora un po’, sicuramente. La
vostra presenza può farle solo del bene.
«d’accordo.
Ehm…pensa che anche Kevin Mask dovrebbe essere
avvisato?» osò dire Fiona «è
parte integrante dei ricordi che mancano ad
Emerald…»
– non ce
n’è bisogno. Conoscendo mia moglie,
probabilmente Kevin Mask lo sa già. A risentirci.
A chiamata terminata Fiona si
voltò verso gli altri.
«allora…a quanto
mi ha detto Mr. Lancaster le condizioni
fisiche di Emerald sono buone, ed è fuori pericolo. E questa
è la notizia
buona».
«ma se hai detto che non
parla!» esclamò Dik Dik.
«…appunto…la
cattiva è che nonostante questo non solo non
riesce a parlare e per farsi capire scrive, ma ha anche dimenticato tutto
quel
che è successo dal suo arrivo qui a Tokyo due anni e mezzo
fa in poi. Inclusi
tutti noi!»
«no, ma non è
possibile!» sbottò Terry, allibito come tutti
«non è possibile, dai!»
«eppure è
così».
«cioè…Emerald
si è davvero dimenticata tutto? Di aver
conosciuto noi…del Torneo, di quel che è successo
nelle finali…del patto…di Kevin
Mask?» Roxanne scosse la testa con uno sguardo che
era tra l’incredulo e
l’arrabbiato, non con Emerald ovviamente ma con la vita in
sé! «è assurdo!»
«quindi ha dimenticato
anche tutto quel che è successo su
alla Scuola di Ercole?...tutto quel che abbiamo combinato a Robbie il
rompicoglioni? Di me?!» Kirika si
indicò «ma no cazzo, dai…»
«e delle nostre gare
mangerecce?!!» aggiunse Kid Muscle
«aaaaaaspeeeeetta, ma allora si è dimenticata
anche del matrimonio?!!»
«tutto da due anni e mezzo
fa in poi, quindi presumo di si!»
In tutto quel bailamme solo Meat era
rimasto in silenzio a
rimuginare sul fatto che non si era dimenticata solo quel che avevano
detto gli
altri, ma anche del suo braccio potenziato e…di Warsman,
l’arcinemico/alleato/partner di ballo e non solo e bla bla
bla. Pensando anche
che probabilmente in tutto ciò era l’unica cosa
buona, l’aver dimenticato quel
rapporto strano e un po’malato. Ovviamente gli dispiaceva per
Kevin Mask,
quando l’avrebbe saputo non sarebbe stato piacevole per
lui…però Meat sarebbe
stato più contento se tutto ciò avesse dato
davvero un taglio alla faccenda tra
lei e quel russo.
Anche perché
quell’incidente che c’era stato non gli era
mica tanto chiaro. Ok, il tacco si era rotto e pace. Ma la musica che
era partita
prima, all’improvviso, e che sembrava aver fatto scattare
Hammy in quel modo,
non era forse un tango?
E lei e Warsman non erano
forse anche partner di tango?
Non ne aveva le prove,
però aveva quasi la certezza che il
colpevole di tutto ciò fosse proprio lui. Oltre alla sfiga,
ovviamente.
«si è
dimenticata tutto…tutto. O almeno, tutto di noi»
Kevin
guardò miss Mari per poi sprofondare sulla poltrona con la
testa tra le mani
«non ricorda neppure di avermi conosciuto, si rende
conto?»
Emerald gli aveva detto
più volte che era finita, ma lui
aveva continuato a sperare, ed ecco che aveva ricevuto
l’ennesima mazzata. Come
poteva sperare di combinare qualcosa se lei non ricordava niente?!
Si, forse proprio sfruttando questa
cosa avrebbe potuto
provare ricominciando da zero, ma lei adesso era sposata e molto
sensibile alle
influenze più “profonde”, per
così dire, e dunque particolarmente a quelle di
padre e marito. Marito!!! Miss “prima dei trenta non mi
sposo”!
«dev’essere dura,
sia per te che per la ragazza stessa…che
per tutti, ovviamente…»
«e sono anche un
po’in pensiero per Warsman che da quando
glielo ho detto prima per telefono non si è fatto vivo. Dopo
vado a vedere che
combina…» disse l’inglese
«credo che questa faccenda l’abbia colpito
più di
quanto vorrebbe dare a vedere. È che avevano un rapporto
strano, quei due…non
sono mai riuscito ad inquadrarli davvero, erano un po’di
tutto».
«ed ora sono
“molto” di niente. Ma che tu sappia è
permanente?»
«teoricamente no ma con
cose come questa non si sa mai. Potrebbe
ricordare e…e riprendere a parlare…anche
dopodomani, o tra due mesi, o
forse…tra qualche anno, o…non si sa, non si
sa…» la guardò «quando si
sarà
ripresa un pochino dovrò andare da lei anche io,
vero?»
«direi di si, sei stato
importante per lei».
Kevin divenne pensieroso.
«si. Credo».
«e se avevano un rapporto
stretto, di qualunque cosa si
trattasse, forse anche Warsman…»
«sicuro, e lei crede
davvero che Howard Lancaster lascerebbe
che le si avvicini, dato che lo vede come una bestia? Io non penso
proprio. E
poi con tutto il rispetto per lui ma non penso che trovarsi davanti
qualcuno
con cui ha un rapporto così ambiguo, fatto però
più di odio che di altro, sia
bene per Emerald. Ha bisogno di tranquillità, non di
litigare!»
Dal suo punto di vista forse poteva
anche non avere tutti i
torti, ma lui sapeva soltanto una microscopica parte di tutta la storia.
E Warsman, che al momento era in casa
“propria” e si
sforzava di trattenersi dallo spaccare tutto a suon di pugni, non
sarebbe stato
molto d’accordo con quella sua teoria.
Quando Kevin gli aveva detto le
ultime novità la prima cosa
che aveva pensato era stata “al peggio non
c’è mai limite”.
La seconda, “la vita
è una grande stronza, come se non lo
sapessi già, grazie mille!”
La terza, “è
colpa mia. E adesso?!”
La quarta, “è
una completa e totale ingiustizia!”
Di tutto quello che poteva
dimenticare, di tutto, aveva
dimenticato proprio quel periodo lì. Aveva dimenticato tutto
di loro due…e la
colpa era sua! Lui, per non perderla, l’aveva persa del
tutto!
Non era giusto…proprio
quando aveva trovato una persona, una,
a cui andava bene così com’era…ecco che
tutto e tutti si erano messi in mezzo
per portargliela via. Se stesso incluso!
Proprio adesso che stava tornando a
vivere.
Doveva andare a Londra, doveva
provare a parlarle…ma come
avrebbe potuto riuscirci? Avvicinarla adesso sarebbe stato veramente
difficile, non come le altre volte. E se avesse provato ad
agire come al
solito, con lei, nulla l’avrebbe trattenuta
dall’ammazzarlo o farlo ammazzare.
Ovvio: non ricordava!
E anche se fosse riuscito a dirle di
loro due, lei gli
avrebbe creduto? Gli avrebbe creduto se le avesse raccontato
cos’era successo
tra lei, una ninfa allora neanche ventenne, e lui,
un…vecchio porcello col
volto deforme?
O lo avrebbe mandato via o, peggio,
gli avrebbe riso in
faccia e poi l’avrebbe mandato via. Come avrebbe
potuto credere a qualcosa
cui ancora lui stesso riusciva a credere solo a stento?
“ed è colpa tua,
eh si, è proprio colpa tua Sorcio, sei tu
la causa della mia amnesia. In un certo senso ti devo un favore
perché così mi
hai reso le cose più facili; non ricordo più
né di Kevin né di te, c’è
solo mio
marito adesso. Niente più tentennamenti, nemmeno per
sbaglio. Grazie, grazie,
grazie”.
Assurdo che il suo senso di colpa gli
parlasse con la voce
di Emerald. Scosse bruscamente la testa per scacciarlo.
A quel punto gli venne pensata una
cosa, però.
“e se stesse solo
fingendo?...un’amnesia di questo tipo
potrebbe toglierla per davvero da qualche
impiccio!”
Poteva essere una stupidaggine, ma
forse anche no.
Forse era un’idea che era
venuta a lei stessa, o forse a suo
padre, d’accordo con l’americano bastardo, e che
lei aveva accettato di
seguire. Ce li vedeva ad escogitare un complotto simile tenendo
all’oscuro il
resto dei familiari…
Ma no, che senso avrebbe avuto?! Se
mai avesse avuto ragione
no, non aveva senso un complotto, quella poteva essere
un’idea avuta solo da
lei.
Doveva trovare il modo di sincerarsi
su come stavano davvero
le cose…
Il fatto che le strane uscite di
Robin Mask avessero avuto
un drastico “stop” era qualcosa di confortante per
Alya, che perlomeno non si
era vista più tornare a casa il compagno con piercing in
posizioni strane o
cose del genere. Anche chiamate e messaggi erano diventati alquanto
sporadici,
per non dire nulli, almeno quelli di cui lei si accorgeva. Ed il giorno
dopo il
matrimonio con tragedia annessa le aveva anche comunicato che il suo
viaggio di
una settimana verso una destinazione non ben definita era saltato.
Insomma
sembrava che stesse tornando tutto a posto, su quel fronte…
Peccato solo che l’umore di
Robin fosse colato a picco, dopo
quello, tanto che la donna a volte arrivava quasi a non sopportarlo
proprio.
L’altra mattina se
l’era presa con lei perché a suo dire si
era presa tutta la coperta del letto -cosa assolutamente non vera poi!-
e
gliene aveva dette di tutti i colori, arrivando perfino ad accusarla di
egoismo
perché “vuoi coprirti solo tu?! E io cosa sono, un
pezzente, che non posso
nemmeno coprirmi? Nel mio letto, per
giunta?!”
E due giorni prima, invece, quando
lei gli aveva gentilmente
fatto notare che la sua maschera era poco lucida in un punto? apriti
cielo! Si
era sentita dare -e qui c’era rimasta di sasso anche solo per
il linguaggio che
mai gli aveva sentito usare prima- della “pignola
segosa”, e si
era anche sentita dire che doveva “pensare alle macchie sue
perché ce
n’era qualcuna che non poteva essere lavata, come quella di
essere una strega
dello spazio per esempio”.
Ecco, quello l’aveva ferita
e nemmeno poco, anche se tutto
quello che aveva fatto era stato lanciargli un’occhiata
gelida per poi
andarsene via prima di finire a piangere.
Credeva di aver superato quella fase
ormai, e lui se n’era
uscito con una cosa come quella! Vero che dopo circa tre ore -fin
troppo- era
venuto a scusarsi dicendole che non era quel che pensava davvero e che
comunque
lei non c’entrava col suo malumore, riconoscendo anche di
essere stato
mortalmente ingiusto a prendersela con lei in quel modo.
Ma non aveva voluto dirle di
più riguardo a quel che lo
rendeva così nervoso, o meglio, di quelle sue uscite mancate
perché era di
quello che si trattava. Solo che Alya iniziava veramente a rompersi le
scatole
di quella faccenda, perché il fatto che fosse di malumore
non gli dava certo il
diritto di prendersela con lei.
«Robin dobbiamo
parlare».
«non sono in
vena».
«ultimamente non sei mai in
vena, ma io di tutto questo
comincio ad averne abbastanza».
«se è per quel
che ti ho detto due giorni fa, mi sono
scusato mi pare!»
«non capisco il
perché di questo tuo atteggiamento, e…a
questo punto ammetto che la cosa mi preoccupa» disse.
Arrivati a quel livello
forse l’unica era essere chiari.
«non è colpa
tua, lo sai. È solo che…è complicato.
Te
l’avevo già detto».
«c’entra qualcosa
quanto è accaduto al matrimonio della
figlia di Howard Lancaster?» sapendo che Robin detestava per
ovvie ragioni
quella ragazza le era un po’difficile da credere, ma era un
fatto che comunque
poteva risultare scioccante.
«si» ammise lui
«in un certo senso si, anche perché nessuno
ha ancora capito cos’è successo davvero, a parte
quella donna che ha ipotizzato
che la ragazza stesse scendendo per andare da un uomo alto sui due
metri, cosa
che mi sembra assurda. Anche perché nessun altro ha visto
niente. Eppure sembrava
così sicura…»
«già, di Emerald
Lancaster si sa nulla?»
Ovviamente dato che Hammy era in una
delle cliniche del
padre né lei né MacNeil erano venuti a sapere
niente da nessuno. Nonostante il
suo mentore -anch’egli presente al matrimonio- avesse chiesto
qualcosa in giro.
Era il suo medico di base, la conosceva da quando era molto piccola,
così come
aveva conosciuto da piccolo Howard ed anche Hogan, che
all’epoca era un
ragazzo…quindi magari un po’di
curiosità di sapere come stesse era normale.
«ho…sentito dire
in giro che pare essersi risvegliata. Non
conosco i dettagli» picchettò per un brevissimo
istante indice e medio sul
bracciolo della poltrona.
Lo faceva sempre quando mentiva.
Alya lo sapeva, ed
era segno che Robin in qualche modo, forse, i dettagli li conosceva
eccome.
«è un bene che
sia fuori pericolo. Se una ragazza così
giovane fosse morta sarebbe stato un peccato».
«per bastarda che
sia…»
Ed era difficile andare a dargli
torto…
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Capitolo 3 *** 'cause I'm a freak...or not? ***
“ciao! Quindi voi
siete delle chojin, giusto?”
Domanda che mise le cinque ragazze
ancor più a disagio di
quanto già fossero. Un conto era sentir parlare
dell’amnesia -con correlato
mutismo- della loro amica, un altro averci a che fare personalmente.
Era passato qualche giorno dal suo
risveglio, ed in quella
giornata stessa Emerald era tornata a casa; i ragazzi della Muscle
League
l’avrebbero raggiunta nel pomeriggio, e c’erano
buone possibilità che a loro si
sarebbe unito anche Kevin Mask.
Facevano prima ad arrivare
lì tutti insieme, anche se magari
Kevin le avrebbe parlato da solo...per quanto davvero
“soli” avrebbero potuto
essere in una stanza che sarebbe stata controllata il più
possibile.
Al momento la sicurezza e la
tranquillità di Hammy erano la
cosa più importante, e dopo quanto era successo al
matrimonio -frutto di
un’interferenza “esterna”- si poteva
stare certi che Mr. Lancaster avrebbe
fatto tutto quello che era in suo potere per garantirgliele.
Da quando Howard aveva avuto modo di
scambiare due parole
con Zeke e Sebastian in clinica qualche tempo prima, poi, ed aveva
saputo...quel che aveva saputo...il tutto era diventato ancora
più fondamentale.
«ehm…si»
disse piano Fiona.
“tu sei
Fiona no? The Diva from the Hell! Credo di aver visto
qualche tuo
incontro…”
A Roxanne veniva quasi da piangere
perché Hammy aveva detto
più o meno la stessa cosa quando aveva visto per la prima
volta la chojin dalla
lunga treccia rosa. E anche quest’ultima doveva essersi
ricordata di quel
particolare, visto che il suo sorriso già incerto divenne
ancora più stentato.
«si…sono io.
Loro invece sono Jacqueline MacMadd…Anubi
Crea…Roxanne…» gliele indicò
una per una «e…»
«ah ma andiamo!
Lancaster!» Kirika si avvicinò al letto e la
prese per le spalle «possibile che non ti ricordi di noi?! Di
quella volta che
io e te abbiamo chiuso Robbie il rompicoglioni in magazzino, di quanto
l’abbiamo preso per il culo per quella faccenda della
bambola, di quando gli
hai detto di ristudiarsi le regole perché le sai meglio tu
di lui?! Dai, fai
uno sforzo…cazzo!» sbottò.
In tutto ciò Hammy si
limitò a guardarla perplessa.
“…Robbie
chi sarebbe? Robin Mask? In questi giorni mi
hanno detto qualcosina, ma non tantissimo a dire il
vero…”
La demonessa emise un lamento per poi
prendersi la testa tra
le mani. «io non ci volevo credere ma se ha dimenticato
Robbie allora ha
scordato tutto davvero!»
«ma quindi non ricordi
proprio niente-niente?» incalzò
Jacqueline «perlomeno ricordi che volevi farmi saltare la
testa con la doppietta?»
“…eeeeeeeeeeeeh…se
le cose stanno così allora che ci fai
tu qua?”
«anche a me hai sbattuto la
testa contro un palo, prima che
diventassimo amiche» aggiunse Roxanne.
“insomma ho menato
a tutte o quasi …-_- ”
«a me veramente
no» la contraddisse Crea. Emerald scrisse
dell’altro sul tablet.
“ascoltate una
cosa, ma per caso anche voi avete
conosciuto il fratello di mio marito?”
«si, Zeke.
Perché?»
“non vi
è sembrato un tantino inquietante? Non per
l’albinismo eh, di quello chissenefrega, e nemmeno per gli
occhi uno di un
colore e uno di un altro…e nemmeno perché ha
fatto qualcosa che non doveva
fare, è
solo che…boh! Quando me lo sono
trovati davanti mi ha fatto un effetto strano. Sorride
sempre”.
Considerazioni semplici, che
però tradivano il fatto che
forse ricevere quel colpo in testa non aveva lasciato solo un blocco
psicologico che le impediva di parlare e l’amnesia, come
strascico. Era come se
adesso, priva di due anni e mezzo di “influenza
altrui”, vedesse le cose in
modo leggermente diverso. Non di moltissimo. Ma leggermente, si.
Quando era arrivata a Washington
infatti davanti alle
stranezze di Zeke non aveva fatto un plissé, mentre
adesso…
Il fatto era che durante quei due
anni e mezzo, Emerald
J.V.P. Lancaster era tornata sempre più “in se
stessa”. Una chojin, a sua volta
figlia di un chojin tra i più spietati mai vissuti, e con
una tendenza a fare
quello che le pareva senza curarsi eccessivamente delle regole da
seguire; una
ragazza che non si era fatta troppi scrupoli a rovinare la reputazione
di Robin
Mask, a buttarlo giù da una rupe, a gambizzare dei teppisti
che in seguito
probabilmente erano morti durante l’incendio di quel locale a
Washington, e a
cui vedere l’attuale cognato tagliare le arterie altrui non
aveva fatto né
caldo né freddo.
Ma la Emerald di due anni e mezzo
prima era quella che aveva
tremato per qualche minuto dopo che Flash l’aveva quasi
strangolata, nonostante
fosse stata lei stessa a portarlo a fare un’azione del genere
-sperando proprio
che agisse in quel modo- per avere una prova in più per
incastrarlo con Kevin.
Quella che, prima di incontrare il russo, la pistola l’aveva
usata solo sulle
sagome del poligono di tiro.
«quello è vero,
eppure quando tu e Michael siete tornati a
Tokyo con lui a rimorchio a momenti stavi più appiccicata a
lui che al tuo
ragazzo» disse Kirika «anche il tatuaggio nuovo che
hai sulla schiena, te lo
sei fatto dopo una giornata trascorsa sola con lui».
“a fare che?
O_o”
«atti terroristici di vario
genere, stando a quel che ci hai
raccontato…» disse Jacqueline.
“ma chi, io?! O_o
io massimo che posso fare è qualche scherzo un
po’più pesante a gente
che mi sta particolarmente antipatica, o…sbattere le loro
teste contro i pali…o
al massimo puntare loro la pistola contro senza usarla!”
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah,
seh! Sicuuuuuuuuuuuuro! Lancaster, tu sei una terrorista
nata. Non ti
ricordi di quando con tuo padre abbiamo fatto saltare mezza villa di
Robin
Mask?»
«CHE?!...e quando
è successo?! Kirika!!!» Fiona la guardò
severa «avevate giurato che non c’entravate
nulla!!!»
«...Mr. Lancaster vi ha
dato una mano?» Roxanne invece era
allibita per quest’altra ragione. Ok che lei aveva visto
Howard sia nel suo
lato migliore che in quello peggiore, ma non avrebbe mai creduto che
potesse
darsi personalmente ad atti “terroristici” di quel
tipo.
“aspè,
no... papà ha dato veramente fuoco a mezza villa
di Robin Mask?!”
«ma io direi che sia una
delle cose meno sconvolgenti di
tutto il pacchetto» osservò Jacqueline
«ti sei svegliata convinta di avere
diciassette anni, ti sei ritrovata sposata, chojin addestrata, e quel
“qualcosina” che ti hanno detto
riguarderà quel patto famoso...»
“sisi.
Infatti.”
«...il successivo
incidente, e magari anche qualcosa sul
fatto che Robin Mask ha fatto credere a tutti che la moglie fosse morta
e
invece no, e sei stata tu a scoprire tutto ciò».
“più o
meno mi hanno detto quel che hai detto tu ora, del
patto, del perchè venne stipulato e anche
dell’incidente. Ho voluto vedere dei
video, il secondo giorno da che mi sono
“risvegliata” per bene. Però io non
sono riuscita a capire una cosa, ragazze...”
«ossia?»
tornò a dire Kirika.
“se era come
diceva mio padre e il tizio
lì...l’allenatore di Kevin Mask aveva cercato di
uccidermi, e io avevo cercato
di farlo a mia volta, potete spiegarmi perchè cazzo mi sono
fatta sparare al
posto suo?”
No, Hammy quello proprio non era
riuscita a capirlo.
Nonostante quel poco che aveva potuto dirle suo padre, “hai
detto che non
volevi che io diventassi un assassino solo per colpa sua” e
“lo hai definito il
tuo arcinemico e non hai voluto che fosse toccato”, che se
possibile l’aveva
resa ancor più perplessa. E nemmeno adesso che, passato
qualche giorno da
quello lì, era ancor più lucida riusciva a
farsene una ragione.
Perché non aveva voluto
che fosse toccato, se era davvero un
suo nemico? Che diamine, i nemici erano sempre fonte di seccature ed
andavano
eliminati il prima possibile, non andavano risparmiati, non gli doveva
essere
consentito di vivere nella propria vecchia casa a due passi da dove era
andata
a stare lei!
Tanto più che suo padre
l’aveva definito a più riprese un
mostro ed una bestia.
E Michael le aveva confermato che,
sotto quella
maschera, Warsman
di un mostro aveva
anche l’aspetto. Aveva detto precisamente
“è il gemello brutto di Freddy
Krueger. Freddy, you know? Ma almeno lui aveva
tutti e due gli occhi,
quella bestiaccia orrenda invece ha solo un occhio e il resto
è un miscuglio di
tessuti sottocutanei scoperti e placche metalliche, un vero
schifo”.
Al russo probabilmente si sarebbe
spezzato il cuore sapendo
quel che Emerald aveva “risposto” al marito,
ossia...
“e non ve l’ho
lasciato uccidere? Sarebbe stato un gesto
pietoso nei suoi confronti, se è davvero
così. Non penso che se lo fili
nessuno, no?”
Tutto ciò detto col un
candore assoluto di chi davvero pensa
che un atto del genere significherebbe sollevare dalla miseria un
disgraziato,
naturalmente.
Un candore in un certo senso cinico,
però, basato solo su
quelli che per lei dovevano essere
i
fatti: una bestia sfigurata doveva aver vissuto una vita triste,
durissima e
solitaria, e forse la morte per lui sarebbe stata una benedizione,
rispetto a
questo.
Eppure quando l’aveva visto
in video nella sua testa aveva
sentito qualcosa.
Come se qualcosa fosse quasi venuto
in superficie risalendo
dalla profondità di quell’abisso nero insondabile
che rappresentava quei due
anni e mezzo persi.
«no, non possiamo. Non
l’abbiamo mai capito, e da quel che
ci dicevi il vero motivo per cui l’hai fatto non
l’hai mai capito neanche tu»
disse Roxanne.
“assurdo…dai,
è veramente assurdo che mi sia fatta quasi
ammazzare per, beh… è un mostro, poveraccio, no?
Da quel che mi hanno detto di
lui probabilmente starebbe meglio da morto”.
Quando lessero quel che Hammy aveva
digitato sul tablet
alcune rabbrividirono, mentre Kirika e Roxanne si scambiavano
un’occhiata
allarmata.
«ehm…tu non te
lo ricordi, ma se chiunque di noi -anche dei
ragazzi- se ne usciva con qualcosa di simile riguardo a lui, da dopo
quel che è
successo nelle finali tu eri la prima a dire che non era un mostro ma
una
persona».
Dimenticato tutto quello che
riguardava loro due, aveva
dimenticato anche di quel non-si-sapeva-cosa che c’era tra
loro. E di certo
sentirne parlare male da chiunque, perfino dal suo inquietante cognato
che
aveva asserito di avergli dato la caccia assieme a Sebastian -quando
aveva
rivisto il cugino Hammy aveva pensato “ma da dove salta
fuori, dall’800?!”- il
giorno del matrimonio e che l’aveva definito “una
macchina, tipo un
distributore automatico molto avanzato” non aveva aiutato.
Insomma, cosa aveva
da spartire lei con una “cosa” come Warsman?
Niente, chiaro.
Però lei gli aveva salvato
la vita.
Già…e sia
Michael che suo padre si erano dimenticati -o
“dimenticati”?- di dirle che la suddetta
“cosa” l’aveva salvata da uno stupro.
Continuò a
“parlare” con le ragazze, contando che forse nel
pomeriggio avrebbe saputo qualcosa di più.
:: un paio di ore dopo ::
Per la gioia di Janice, da quando
Emerald era tornata a casa
ovviamente lo aveva fatto anche Howard.
Ma
non sembrava molto
tranquillo, e non solo per le condizioni di Emerald che ancora non
accennava né
a parlare né a ritrovare la memoria.
«ammetto di essere
combattuto, Lionel…»
Sia Howard che il cugino, dopo un
pranzo piuttosto
abbondante, erano andati fuori in una delle tante terrazze e bere
dell’ottimo
cognac…e a parlare delle ultime novità.
Nonostante la differenza
d’età di otto anni che intercorreva
tra loro, oltre al fatto che vivevano -per i gusti di Howard- fin
troppo
distanti visto che Lionel era un “orso” che non
amava molto la vita modana
londinese, i cugini Lancaster erano comunque molto legati, e sapevano
che nel
momento del bisogno avrebbero potuto dirsi qualunque cosa senza temere
tradimenti.
«posso capirti,
più o meno. Warsman, pur non facendolo di
proposito in questo caso a quanto pare, sembra portare spesso qualche
problema».
«”qualche
problema” è dire poco. Dopo quel che mi hanno
detto i ragazzi sono arrivato alla conclusione che Emerald stesse
andando
proprio da lui, quando è caduta. Se solo fosse venuto loro
in mente di
avvertirmi della sua presenza invece di non dare nessuna considerazione
a quel
che è successo lo avrei sicuramente preso, ed Emerald adesso
avrebbe ancora
tutti i suoi ricordi».
Come sempre in momenti come quelli
Howard risultava essere
particolarmente gelido, ma a Lionel non era difficile intuire quanta
rabbia si
celasse dietro tutta quella freddezza, tanto che gli pose una mano
sulla
spalla.
«va anche detto,
però, che non è stato lui a romperle il
tacco».
«so che è stato
un incidente, ma se lui non fosse venuto qui
ad interferire nel matrimonio di mia figlia non sarebbe successo niente
di
tutto ciò. Per questo sono combattuto. Devo continuare a
seguire quelle che
erano le volontà di Hammy prima
dell’amnesia… o dare retta a mio genero, che ho
dovuto bloccare per impedirgli di partire ed uccidere
quell’animale, quando è
venuto a sapere di questa faccenda?»
Lionel bevve un abbondante sorso dal
bicchiere. «secondo me
è sbagliato il principio di fondo, in quello che dici. Chi
può dire che,
Warsman o non Warsman, mia nipote non
sarebbe caduta lo stesso, magari per motivi diversi? O che
non le sarebbe
successo qualcosa di analogo che avrebbe portato comunque alla
situazione
attuale?» i due uomini si guardarono nei loro occhi verde
smeraldo, nel
soppesare quel che il più vecchio stava dicendo
«quando succedono cose come
questa è normale per un padre cercare dei colpevoli, tanto
più per uno
“innamorato” di sua figlia come sei tu. Se a
Sebastian capitasse qualcosa del
genere probabilmente reagirei alla stessa maniera. Ma in
realtà non ci sono
colpevoli qui, se non la sfortuna o il destino ingrato, se preferisci
chiamarlo
in questo modo».
Howard guardava l’orizzonte
con aria pensierosa. «tu sai che
non credo molto nel destino».
«vero»
annuì Lionel «ma al posto tuo ci penserei sopra, e
continuerei a seguire le volontà della nostra Hammy. Ha
più bisogno di te
vicino di quanto abbia bisogno che tu dia la caccia ad un colpevole
che, per
l’appunto, non esiste. E forse sarebbe
bene che lo capisse anche tuo
genero, che dovrebbe sostenerla invece di partire con l’idea
di massacrare
quell’uomo».
«non lo chiamerei
“uomo”, fossi in te» replicò
l’altro.
«eppure è di
questo che si tratta: Nikolai Volkoff. Umano»
sottolineò Lionel, che nel farlo senza volerlo
usò una voce ancor più profonda
del solito «nato in Russia da genitori umani.
E per quanto riguarda
tutto il resto, fattezze incluse, non è colpa sua».
Lionel non era un wrestler, e non
aveva mai avuto veramente
a che fare con la Muscle League. Lui era uno dei cosiddetti proprietari
terrieri e “palazzinari”, che avevano saputo
cogliere l’occasione e far
costruire le cose giuste nei posti giusti e nel periodo giusto, quando
il
mercato dell’edilizia era ancora fiorente, ricavandone una
montagna di soldi
che se aggiunti al patrimonio dell’intera famiglia Lancaster
-avevano dei conti
comuni in cui ogni componente della famiglia versava a piacere parte
del
proprio reddito personale (e a cui qualunque Lancaster poteva accedere
in caso
di necessità) dei quali Howard al momento era il maggior
contribuente-
diventavano una somma…enorme.
Nonostante non fosse diventato un
chojin però aveva voluto
tenersi informato, proprio per via dell’amato cugino che
invece era stato
diverso tempo in mezzo agli affari della League. Per cui conosceva bene
il
mondo del wrestling, e tutti coloro che vi appartenevano.
«è
stata colpa sua tentare di uccidere Emerald»
ribatté Howard «visto quel che ha fatto,
è una bestia».
«mi risulta che lo
considerassi un animale anche prima,
visto che quando Hammy aveva otto anni gli hai dato la caccia come
facevamo con
le volpi. E allora non aveva tentato di ucciderla, isn’t
it? Quindi non
venirmi a dire che lo consideri in quel modo solo a causa di quel che
ha fatto,
e sii sincero nell’affermare che lo fai solo a causa del suo
aspetto e del
fatto che quando l’hai conosciuto non era esattamente
“civilizzato”…e anche
questa non è colpa sua. Riallacciandoci al discorso di
prima, anche qui si è
trattato di sfortuna».
«non ero riuscito a
convincere quel testardo di Robin in
altro modo. A mali estremi, estremi rimedi. Lo sai
com’è andata».
«ma tu sai che avresti
potuto convincerlo in qualche altro
modo un po’meno civile rispetto al solo parlare con lui,
invece di accanirti su
un disgraziato che c’entrava ben poco. Ho sempre pensato che
tu avessi colto
quell’occasione per fare qualcosa di cui avevi voglia da
tempo».
Ecco qual era il brutto di
Lionel…quando parlavano di
argomenti più seri finiva sempre a sbattergli in faccia
delle verità che lui
preferiva mettere da parte, almeno un po’.
Dare la caccia ad un essere umano
infatti non era qualcosa
di molto…umano, appunto.
«non era della mia voglia o
non voglia di dare la caccia a
quella creatura che si parlava…ed è facile che
finisca a seguire il tuo
consiglio di stare vicino ad Hammy, e basta. Ma un’altra
domanda che mi sono
posto è: “perché è venuto
qui? e perché anche a Tokyo ha voluto rimanere a
viverle vicino, anche quando ho mandato lì i soldati?
perché l’ha salvata da
uno stupro?”…» guardò il
cugino «a quest’ultima domanda mi ero risposto col
dire che voleva saldare il suo debito con Emerald, ma adesso ho qualche
dubbio.
Mi ero anche detto che avesse fatto tutto questo per via di Kevin Mask,
l’ex
ragazzo di mia figlia…ma non mi torna, Lionel. Non si
rischia la morte in
questo modo per fare contento qualcun altro, queste sono chimere; se
è venuto
qui, presumibilmente con l’idea di mandare a monte il
matrimonio, doveva avere
un tornaconto personale. Solo, non vedo quale. Emerald lo ha sempre
definito un
“arcinemico”…»
Col sorso successivo, Lionel Charles
Eirik John Lancaster
finì il suo bicchiere di cognac. Dando voce ad
un’idea forse che avrebbe fatto
meglio a rimanere muta.
« per quanto secondo me
non sia un mostro, probabilmente i più la pensano come te.
Viene da sé che non
abbia mai avuto grandi rapporti umani. E poi un bel giorno incontra tua
figlia,
con la quale ha sviluppato un rapporto di “arci
inimicizia” che ha portato lei
a farsi sparare pur di salvarlo e a dirti di non fargli del male, e lui
a
rischiare tanto pur di starle vicino a Tokyo… e di non
perderla con questo
matrimonio. Riflettici: sposandosi col tuo uomo di fiducia lei sarebbe
tornata
qui a Londra, e quel rapporto non avrebbe più avuto modo di
esistere. Quel
rapporto che probabilmente è il più intenso che
abbia mai avuto con una
donna…che lo fa sentire vivo…che lo spinge a fare
follie degne di un innamorato».
Sua figlia…
E la bestia…
Lei salva lui, lui salva
lei…
Lei protegge lui, lui protegge
lei…
Lei non vuole che lui venga toccato,
e lui lo stesso…
Si sedette su uno dei divanetti,
prese la bottiglietta di
cognac, riempì il bicchiere fino all’orlo, lo
finì in un sorso, e poi guardò il
cugino. «no. No, no. Assolutamente no.
Quell’animale deve starle
lontano, “rapporto di
arci inimicizia intenso” oppure no».
Intanto però la pulce
nell’orecchio gliel’aveva messa,
nonostante Howard fosse rapidamente arrivato a concludere che suo
cugino forse
aveva ragione su Warsman, ma non sul sottinteso che anche per Hammy
fosse stato
lo stesso.
«…inoltre, una cosa
come lui non può amare. Se
mai potrebbe solo essere ossessionato da Emerald, e mia figlia
sicuramente non
viveva tutto ciò allo stesso modo, o non sarebbe stata
disposta a rinunciarvi
sposando l’uomo che ama. Che
“tenesse” a quella bestia
l’avevo…intuito,
purtroppo…ma quel che tu suggerisci è eccessivo,
e non corrispondente ai fatti»
riempì di nuovo il bicchiere e ne bevve metà
«Lionel, certe analisi di tipo
psicologico lasciale a tua moglie che lo faceva di mestiere, per
favore. E
passiamo ad un argomento che non mi faccia bere così tanto a
quest’ora».
«come la ragione per il
quale, da quel che tua moglie ha
raccontato alla mia, tempo fa sei tornato a casa molto tardi e con un
piercing
alla lingua? Oltre che con quell’orecchino?»
Mh. Anche quello era un argomento un
po’…balordo.
«ne avevo uno anche quando
ero ancora più giovane, ricordi?»
pura verità «mi era venuta voglia di
rifarlo».
«ora però non ce
l’hai».
«a Janice non è
piaciuto granché. Guai a scontentare le
signore! Potrei finire a trovarmi di nuovo a dormire nel letto di una
delle
altre camere…e quello è successo solo
perché ho tentato di farle accettare la
decisione di Emerald di voler sposare Michael, oltre ad essermela presa
perché
Janice ha dato ad Hammy della cretina…ci sono dei momenti in
cui da lei non
riesco a farmi dare retta».
«è endemico. La
mia è uguale!»
Parlarono per un pezzo di argomenti
simili a quello,
argomenti “innocui”. Ma Howard Lancaster continuava
a pensare a quel che gli
aveva detto suo cugino, e che se aveva ragione…vuoi che
Warsman non tentasse di
vedere Emerald, allora?
Sperò per lui di no,
sempre tenendo in considerazione i
discorsi appena fatti.
Perché se lui avesse
tentato di avvicinarsi a sua figlia,
non era sicuro che avrebbe resistito alla tentazione di lasciare che
Michael lo
facesse fuori una volta per tutte.
E poi, Hammy al momento non
ricordava…magari non le sarebbe
neppure importato, della fine che poteva fare il russo.
“già, ma quando
ricorderà potrebbe avercela con me. O magari
no, se riuscissi a spiegarle il mio punto di vista. L’unica
cosa che voglio è
proteggerla, non mi interessa altro; guarda cosa le è
successo ogni volta che
qualcosa aveva a che fare con quel mostro! Io fino ad ora ho lasciato
correre,
e Lionel magari ha ragione a dire che non è stata davvero
colpa sua. Ma
indubbiamente ha contribuito, e così come non è
detto che non le sarebbe
successo qualcosa, non è neanche detto che il
qualcosa in questione sarebbe
successo se non ci fosse stato lui di mezzo…odio
l’idea di farla rischiare
così…”
:: pomeriggio
::
«gheeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!
Guardaaaah» Kid Muscle, con una faccia ancor più
beota della sua consueta, si
indicò mentre infilava nel naso dei bastoncini di legno per
poi farli muovere
muovendo le narici.
Spettacolo al quale Hammy concesse
una risatina. Più di
quella non riusciva a fare, erano passati giorni ma ancora non andava
oltre
suoni come quello, gli “nnnh”, di quando provava a
parlare e cose così. E
Mikey, “per il suo bene”, aveva detto, si era
rifiutato di aiutarla a scoprire
se magari mentre pensava ad altro le
riusciva di emettere qualche suono un po’più degno
di nota.
Quella faccenda l’aveva
veramente fatta incavolare.
Teoricamente anche a lui sarebbe dovuto interessare consumare il
matrimonio,
no? E invece se ne usciva con quelle scuse,
col dire che “era ancora troppo debole e doveva
stare a riposo, era appena
uscita dal coma e non doveva fare troppi sforzi, l’aveva
visto lei stessa
quando aveva provato ad alzarsi un paio di giorni prima e non era riuscita nemmeno ad arrivare
dall’altra parte della tenuta”.
Ma quelli erano dettagli, e lei aveva
provato anche a
scriverglielo.
Solo che lui -coscienziosamente e con
sommo dispiacere- non
le aveva dato retta.
Il
bene della sua miz Lancaster
veniva prima delle proprie
voglie, e questo lui glielo aveva perfino detto.
Quindi tutto sommato non si poteva
imputare all’americano il
fatto che nonostante le sue parole Emerald si fosse semplicemente
convinta,
sempre con una certa rabbia mista ad amarezza, che lui semplicemente
non
volesse avere a che fare con un’amnesica muta…cosa
che non era assolutamente vera!
Solo che, vallo a spiegare ad
Emerald…nonostante l’apparente
tranquillità infatti la ragazza stava vivendo veramente male
quella sua
condizione che in realtà non era nemmeno poi così
tanto pesante.
Con quell’incidente avrebbe
potuto morire, o avrebbe potuto
svegliarsi cieca, sorda, paralitica, trovarsi in uno stato vegetativo
permanente o cose così. Avrebbe dovuto ringraziare il
Signore, oltre che la
socia in affari di suo padre, per essersela cavata con
un’amnesia che
-dicevano- col tempo le sarebbe passata ed un mutismo dovuto ad un
blocco
psicologico invece che a danni cerebrali.
Ma Emerald J.V.P. Lancaster non aveva
mai creduto in Dio, ed
era un’egocentrica tale da arrivare a scaricare su Michael
quello che era il proprio disprezzo
verso l’attuale se
stessa.
Si disprezzava tanto da pensare che
la disprezzassero tutti
gli altri, inclusi i suoi amici, che nella sua idea erano venuti
lì solo per
vedere il “fenomeno da circo” o per
compassione…
Pensava che addirittura suo
padre adesso la compatisse e in seguito se la situazione non
fosse
migliorata l’avrebbe messa da parte come un giocattolo che un
tempo era stato
bello ma ora non piace più perché rovinato dal
tempo o da qualche…incidente.
Non lo dava a vedere, tanto che a
tutti quanti sembrava
semplicemente la solita Emerald con qualche ricordo in meno e muta, ma
Hammy si
sentiva un fenomeno da baraccone.
Un…mostro.
Era qualcosa che si era sviluppato
man mano che i giorni
passavano e lei non aveva accennato a migliorare. All’inizio
l’aveva presa un
po’così, col dire “ok, tanto a breve si
risolverà, tornerà tutto a posto, già
adesso in realtà si può dire che sia a
posto”.
Poi le cose erano cambiate, fino ad
arrivare a detestarsi a
quel punto.
E nonostante continuasse sempre a
farsi un mucchio di
domande…a trovare assurda quella faccenda, a continuare a
pensare davvero che
uccidendolo forse l’avrebbe sollevato dalla
miseria…aveva iniziato a paragonare
la sua condizione a quella del proprio “arcinemico”.
Due fenomeni da baraccone che si
erano trovati, ecco cosa
pensava, e da quando in lei erano cominciate quelle paure di essere
compatita,
disprezzata e messa da parte, quei pensieri neri… quella
stessa notte in un
momento di dormiveglia si era materializzata molto debolmente
l’idea che forse,
forse, avrebbe dovuto cercarlo
perché
per l’appunto in quanto freak il suo posto era con lui.
Un’idea svanita
com’era venuta, così come quel sogno che
aveva fatto ed ora non le riusciva di ricordare se non a vaghi
frammenti.
Qualcosa che riguardava una spiaggia,
e poi un uomo. Forse
anche un letto, ed una fuga. Mah.
«ha riso!!! Continuiamo!
Dik Dik, mettiti carponi!!!»
strillò Kid, e senza nemmeno aspettare che l’amico
gli desse retta prese e gli
saltò “in groppa” «hop hop! Al
galoppoooo»
«si vede che tu non hai mai
avuto a che fare con un cavallo,
se non per prenderti in faccia un paio di zoccolate»
commentò Terry passandosi
una mano sul viso.
Emerald continuava a ridere piano. Lo
facevano per
compassione ma almeno erano divertenti, doveva riconoscerglielo.
«ti eri abituata a scene
come questa ormai. Però ridevi
sempre, quando le vedevi» disse Jeager con dolcezza.
“tu
sei quello che sta
con Crea?”
Lui arrossì.
«ehm, si…io sto con Crea…»
«si, e lei con chi
sta?» lo prese in giro Terry. Stava di
fatto che l’egiziana infatti era un po’…
“farfallina”. Le piaceva andare di
fiore in fiore, o meglio, le piacevano molto i bei ragazzi e flirtare
con loro,
anche se magari non l’avrebbe mai proprio tradito-tradito.
Il tedesco non prese molto bene
quella domanda. «che
vorresti insinuare?!»
«io?
Niente…»
«dai, non mettetevi a
litigare, non è il caso!» li bloccò
subito Meat «tanto più che il nostro tempo di
visita sta per finire…e c’è
qualcun altro che aspetta, come ben sapete!»
Quel qualcun altro era ovviamente
Kevin Mask, che
attualmente si trovava con Janice -sempre lieta di rivederlo- e con
Gabrijela,
appena conosciuta.
«a dire la
verità il nostro tempo di visita è finito due
minuti fa» lo corresse Checkmate.
Infatti nonostante Emerald fosse
stata riportata a casa, suo
padre aveva pensato fosse meglio mantenere quella regola
finché non fosse stata
un po’più in forze. Già vedere tutta
quella gente lo stesso giorno forse era
avventato, e non doveva sforzarsi ulteriormente.
«oh
no…peccato» disse Wally «però
torneremo a trovarti».
“devo farne loro molta, di
compassione” pensò Hammy. Per un
attimo i suoi reali sentimenti divennero quasi visibili, tanto che Meat
riuscì
a notare che c’era anche dell’altro che non andava,
oltre a mutismo ed amnesia.
“ok…quando
volete”.
E quando i ragazzi uscirono dalla
stanza, lui fece in modo
di essere l’ultimo della fila così da chiudere la
porta e restare dentro. Hammy
lo osservò perplessa.
«qui non si tratta solo
dell’amnesia…qui c’è
dell’altro che
non va. Vero?»
“non
so di che parli”.
«ho visto il tuo sguardo
quando ti hanno promesso di
tornare. Non sembravi felice…» si
avvicinò al letto «forse non ti piacciamo
più? Potrebbe essere».
“non
è per quello. È
che sembra che tutti siano ansiosi di vedere il Circo
dell’Amnesica Muta”.
Ci aveva visto giusto.
«guarda che ti sbagli».
“no
che non mi
sbaglio. Anche per mio marito, mio padre e il resto dei miei parenti
è così. Ti
rendi conto che Michael non ha voluto consumare il matrimonio, anche se
gliel’ho
proposto? Michael!!! Quello che non se ne lasciava scappare una! Quanto
cazzo
gli faccio schifo?! E anche mio padre…se non miglioro mi
pianterà qui come le
cose che uno butta su in soffitta…”
A leggere quelle cose Meat
allibì. Di una cosa era sicuro:
per quanto nessuno dei due uomini di cui si discuteva gli piacesse,
sapeva
benissimo che amavano entrambi quella ragazza. Che suo padre la
“buttasse in
soffitta” era una cosa assolutamente impensabile,
e Michael Connors -ah, già: Michael Lancaster!-
era un uomo orribile, ma si
vedeva bene che era perso per lei quanto lei lo era di lui, ed Hammy di
certo
non avrebbe iniziato a “fargli schifo” a causa di
quell’incidente!
«Hammy, queste sono
stupidaggini, non è come pensi tu!...»
“si
invece…comunque…Meat, io devo sapere una cosa. Ho
provato a chiedere
spiegazioni alle ragazze stamattina, e anche un po’a chiunque
a dire il vero,
ma…tu sai qualcosa del rapporto che c’era tra me e
l’allenatore di Kevin Mask?”
Oh si, Meat ne sapeva anche
più di quanto avrebbe voluto!
Si guardò attorno. Sapeva
fin troppo bene che con tutta
probabilità quella stanza era sorvegliata, e non solo dai
soldati appostati
sotto la finestra e nel corridoio. E sapeva anche che la Emerald
pre-amnesia
non voleva che altri sapessero di quella faccenda, specialmente suo
padre.
Inoltre era indeciso se parlargliene o meno, perché a suo
avviso se
quell’amnesia aveva avuto un effetto positivo era proprio
quello!
«eravate Nemici Numero Uno,
parole tue. Avete cercato di
ammazzarvi…»
“è
una storia che ho
già sentito. Capito, non ne sai nulla neanche tu. Mi
sa che per sapere
qualcosa dovrò chiedere proprio a lui…”
Aveva digitato quella frase ma
l’aveva anche cancellata
immediatamente, tanto che Meat non era riuscito a leggerla.
«meglio che vada. Tu
però non fare stupidaggini, e tieni a
mente che tutti noi qui ti vogliamo bene,
Hammy…mh?» la vide annuire. Ma
nonostante questo l’avesse solo leggermente tranquillizzato,
c’era sempre
un’inquietudine serpeggiante in lui causata da quel che la
ragazza gli aveva
detto all’inizio…
:: venti
minuti dopo ::
«…»
«ciao,
Scimmiattolo…»
«?»
«già. Scusa.
Lascia stare. Ti chiamavo in quel modo per…sai,
avevi la mania di arrampicarti sugli alberi oltre a quella per le
nocciole…»
Kevin ne tirò fuori qualcuna dalla tasca «te ne ho
portate un po’. Non sono
esattamente di stagione ma…»
Emerald non era una che badava a
sottigliezze come quella se
si trattava di nocciole, e infatti le artigliò letteralmente
strappandogliele
quasi di mano. Non ne mangiava qualcuna da un bel po’, era in
astinenza…
«…”grazie
per le nocciole, Kevin”. Prego» borbottò
il
ragazzo «sei proprio la solita…»
Si, la solita che però non
aveva idea di chi lui fosse, e
nonostante si mostrasse quanto più possibile
“normale” sapendo che lei avrebbe
detestato farsi compatire non significava che anche per lui tutto
ciò fosse
facile.
“scusa…è
che non ne
mangiavo da un pezzo. Ero in astinenza nocciolica”.
«lo immaginavo. Tu non te
lo ricordi, ma io e te ci
conosciamo molto bene».
Anzi, dire “non era
facile” è un eufemismo. Perché per
Kevin
Mask in realtà tutto questo era quasi atroce. Emerald
perlomeno si era
ricordata di chi fosse suo marito, pur non avendo memoria del
matrimonio. Di
lui invece non sapeva nulla, se non -probabilmente- che era il suo ex
ragazzo.
“grazie per essere
venuto anche se, beh…ci siamo lasciati
per qualche motivo”.
Appunto.
Ma bisognava ammettere una cosa:
Emerald nel rivedere il suo
ex non era rimasta esattamente indifferente. A dire la
verità aveva sentito
come un tuffo al cuore, segno che “qualcosa” forse
c’era ancora, nonostante non
fosse paragonabile alla gioia e tutto quel che aveva provato quando
aveva visto
quella fede nuziale. Si…
“quando ancora non avevo
iniziato a fare schifo a mio
marito” pensò.
«non ti avrei mai lasciata
sola in un momento come questo. È
vero che mi hai lasciato, però io a te tengo ancora
moltissimo. Ci siamo
“inseguiti” per un anno…poi siamo stati
insieme diversi mesi…e infine ho
rovinato tutto. Ero arrivato a litigare con te ed accusarti di cose che
non avevi
fatto, perché sono un paranoico immaturo. Ecco cosa sono. E
tu mi hai
lasciato…non che possa biasimarti per questo. E quando mi
sono messo davvero
d’impegno per cercare di riconquistarti, tu eri
già in procinto di sposarti con
un altro».
Avrebbe potuto dirle qualunque cosa.
Che erano ancora
amanti, o che in realtà stava progettando di far saltare il
matrimonio con
Michael per stare con lui, o dell’altro ancora. Invece aveva
scelto di essere
completamente onesto, nonostante la realtà non gli piacesse.
“capito…grazie
per la sincerità. Altri avrebbero potuto
approfittarsi dell’amnesia per rifilarmi idiozie”.
«non lo avrei mai fatto, ho
i miei difetti…come non mancavi
di farmi notare…ma non sono un uomo meschino».
Lei gli sorrise, e volle per forza
alzarsi dal letto. Aveva
ancora il pigiama bianco estivo della clinica, canottiera e
pantaloncini corti.
Le volte in cui si era alzata e guardata allo specchio si era spesso
stupita
dei cambiamenti del proprio fisico; infatti due anni e mezzo prima era
sempre magra-tonica…ma
non cosi! Dove prima qualche punto poteva
risultare un po’spigoloso
adesso c’erano delle belle curve, e se già prima
aveva delle belle gambe
adesso…chapeau! Peccato che non si fosse
anche alzata di una decina di
centimetri, restando una “nana” di un metro e
sessanta!
«che vuoi
fare…?»
«…»
lei fece cenno che voleva uscire, tanto che si mise pure
le scarpe.
«non ti so dire se sia una
buona idea…»
“o non ci sarebbe
lì quella” pensò il
ragazzo,
riferendosi alla sedia a rotelle che stava un po’nascosta.
Emerald però lo
guardò con palese disappunto.
«non guardarmi
così…non è colpa mia! Semplicemente
non
voglio che ti sforzi…e non alzare gli occhi al cielo, se non
sono il primo che
te lo dice forse un motivo ci sarà, non credi?»
«nnnh-nnnh!»
tentò di ribattere lei, innervosendosi sentendo
che non ci riusciva e finendo per dare un pugno contro la parete, il
destro…
Penetrandola come se fosse fatta di
burro, cosa che
decisamente non era.
Già, anche quello aveva
dovuto mettere in conto: un braccio
potenziato di cui nessuno sapeva nulla, in teoria.
E dalla faccia di Kevin pareva
proprio così. «...cazzo!»
tanta finezza però era giustificabile. Se non aveva
abbastanza forze per
camminare a lungo, come cavolo aveva fatto a rompere la parete?!
La ragazza tornò ad
afferrare il tablet.
“cartongesso. Si
rompe mooolto facilmente”.
«cartongesso un corno!
È cemento armato quello!» esclamò
Kevin avvicinandosi al buco nella parete «e tu sei quella
senza forze?!»
Lei fece per rispondere scrivendo
qualcosa, ma in quel momento
la sveglia del Galaxy 5 -devo proprio dirlo, che la Lancaster Tech
aveva
assimilato da un pezzo anche la casa produttrice di quei cellulari?- di
Hammy
suonò, segno che era ora di spararsi di nuovo quella roba
nelle vene.
Sotto lo sguardo ancora attonito di
Kevin la ragazza aprì
l’ampio cassetto del comodino, estraendo da esso una specie
di “pistola”, una
di quelle che utilizzano i diabetici per farsi da soli le iniezioni
più
facilmente, ed una fiala contenente...boh.
«…e quella che
roba è?»
Emerald rispose facendo spallucce
agitando brevemente il
contenuto della fialetta, uno strano liquido di un bianco abbagliante
venato di
viola. Lo assumeva ancora due volte al giorno, e
accidenti…quando lo faceva ed
il liquido entrava in circolo, per tre o cinque minuti si sentiva in
grado di
fare di tutto!
“è una
medicina. Mio padre mi ha detto che è stata
soprattutto questa a tirarmi fuori dal coma”.
«si ma la domanda resta!
Non sarà una specie di droga?»
“no. Non ho una
dipendenza da questa cosa. Praticamente è
come una terapia qualunque, solo che si tratta di qualcosa di molto
innovativo…”
«o beh…in fin
dei conti in campo medico le cliniche di tuo
padre sono le più avanzate».
“ma veramente
questo proviene da una sua socia in affari proveniente
da chissà dove che non so da dove cavolo l’ha
tirato fuori. E poi io a ‘sta qui
non la conosco nemmeno. Papà dice che era al matrimonio, ma
io tanto non mi
ricordo…”
«e lui lascia che tu assuma
qualcosa che non si sa cos’è,
non si sa da dove viene e nemmeno da dove viene la persona che
gliel’ha dato?!»
allibì Kevin.
“si fida. E poi
funziona, no?” si praticò
l’iniezione
“fatto”.
«mh» era evidente
che Kevin non fosse molto felice «speriamo
solo che funzioni sul serio e non faccia danni…Emerald-che-cavolo-fai?!»
la riacchiappò appena prima che la ragazza, aperta la
finestra, decidesse di
saltare giù come suo solito «buona!»
Lei si dibatté. Voleva
solo uscire, solo quello, e lei
usciva sempre dalle finestre! Che c’era di male? Si sentiva
bene adesso, e dato
che era tornata a casa voleva andare dai suoi cavalli, voleva andare
alla
sorgente…da quando era tornata a casa non le era mai
riuscito di farlo, ma ne
aveva abbastanza.
«ma che
diavolo…»
Sia Emerald che Kevin si voltarono,
sentendo la voce
dell’americano -ovviamente in divisa, che si era rimesso
appena aveva potuto-
appena sopraggiunto e niente affatto contento di quella scena.
«cercava di uscire dalla
finestra!» disse immediatamente
Kevin per non incorrere in qualche spiacevole equivoco «dopo
essersi iniettata
quella roba!»
Odiava ancora a morte
quell’uomo, sia per aver sposato Hammy
che per quanto aveva fatto a Warsman, ma sperava che riuscisse a far
ragionare
quella testarda che grazie a quel braccio riuscì addirittura
a farlo quasi
cadere a terra in un nuovo tentativo di uscire.
«Hammy!...buona! Vuoi
capire o no che se non hai forza a
sufficienza per arrivare dall’altra parte della tenuta,
tantomeno ce l’hai per
uscire da una finestra?!» riuscì a trascinarla
dentro e riportarla a letto con
un’azione più veloce possibile «so che
effetto ti fa quella medicina, ma tu non
stai ancora bene…»
Avrebbe voluto dirle
dell’altro, ma le parole gli morirono
in gola notando come lo stava guardando. Un misto tra amarezza, rabbia,
e gelo.
Gli era parso di vedere barlumi di qualcosa di simile nei giorni
precedenti, da
quando per evitarle sforzi le aveva detto di rimandare la consumazione
del
matrimonio, ma adesso non era più un barlume. Era qualcosa
di palese.
“ho capito che mi credi
un’handicappata, ma lasciami in
pace!!!” pensò, tanto forte che a Michael parve
quasi di sentire la sua voce
nella propria testa.
«Hammy, sii ragionevole per
favore. L’unica cosa che
vogliamo tutti quanti è che tu ti riprenda. Noi ti
amiamo» le baciò la fronte
«e io poi sono proprio partito, lo sai».
No, Kevin non ce la faceva a restare
a guardare, con tutta
la buona volontà che poteva metterci. Per questo
uscì in silenzio, perdendosi
la scena di lei che continuava a guardare Michael in quel modo.
Sembrava che
non ci fosse verso di farle capire che nessuno voleva rinchiudere il
“freak”.
«poi se vuoi uscire basta
solo che tu me lo dica» tentò
ancora l’americano «cammineresti finché
riesci, e poi potrei anche portarti in
braccio. Ai soldatacci come me non pesa mai portare una meraviglia come
te,
tanto più che sei leggera per davvero».
La sua era una proposta fatta davvero
col solo scopo di
farle piacere, ma se possibile le fece ancora più rabbia.
Forse non le seccava
“dipendere” in campo economico, ma in quello fisico
sembrava proprio di si.
La stava facendo troppo lunga?
Probabile. Anzi, sicuramente.
Ma era fatta così.
Scosse bruscamente la testa per poi
tornare sotto la coperta
in lino ed “imbozzolarsi”, facendo cenno a Michael
di andarsene senza nemmeno
guardarlo.
Lui la osservò per qualche
istante con aria cupa. Da quando
si conoscevano lei non si era mai comportata in quel modo, mai, nemmeno
nei
momenti peggiori, e proprio adesso che avrebbe avuto veramente bisogno
di
averlo vicino ecco che lo allontanava.
Le accarezzò i capelli.
«per qualunque cosa chiamami. Anche
se si trattasse di un camion di nachos».
Non era riuscito nemmeno a strapparle
un sorriso.
Aveva preso il volo successivo a
quello che aveva portato
Kevin e gli altri a Londra, e adesso eccolo lì.
Entrare nella tenuta dei Lancaster si
prospettava più dura
del solito, ed uscirne poi…non ne parliamo. Anche se avrebbe
agito di notte,
naturalmente.
E mentre pianificava la sua entrata
clandestina nella tenuta
dei Lancaster eccolo lì a mangiare un buon gelato alla
crema, vestito in modo
da sembrare più possibile
“normale”…maschera a parte, ovviamente.
Che poi, che
senso aveva quell’idea di Warsman di indossare la maschera
più un cappello più
gli occhiali da sole?!
Tanto più che quella mise
non era bastata ad impedire che
due persone che non avrebbero dovuto vederlo invece
lo notassero eccome.
«non ti prendi gioco di me,
dunque?»
«nah. Ci sono davvero delle
lame rotanti nelle fiancate
della macchina» Zachary Connors si preparò a
ripartire. Lui e Sebastian erano
andati in giro per Londra così tanto per fare e per
festeggiare l’arrivo di
Chaos Star -Sebastian aveva provato un misto di attrazione/repulsione
per
quell’auto- con delle belle corse ad alta velocità
in periferia. Si erano
fermati giusto per permettere al più giovane di riprendersi;
era abituato all’alta
velocità perché anche quando era piccolo suo
padre Lionel a meno di centotrenta
non andava…ma un conto era centotrenta, e un altro trecentocinquanta!
Se
Sebastian non avesse avuto bisogno di una pausa non si sarebbero
nemmeno
accorti della presenza di Warsman, che avevano riconosciuto nonostante
tutto…
«sono disposto a
scommettere trenta sterline sul fatto che
lo taglierai in due al primo colpo, mio buon amico».
«magari! Però
è sempre una macchina chojin, non ne sono
convinto».
Al matrimonio di Emerald, nonostante
sapesse che
quest’ultima non voleva che il russo fosse toccato, lui e
Sebastian gli avevano
comunque dato addosso. Se quest’ultimo l’aveva
fatto perché si annoiava, i
motivi di Zeke erano stati differenti: aveva concluso che fosse venuto
lì per
far saltare il matrimonio di suo fratello. E guai, GUAI,
a chi rompeva
le scatole a Lentiggine.
Ma ora, che motivo avrebbero avuto
per attaccarlo? Nessuno.
Solo che era da un po’ che
Zachary non si divertiva, e
adesso ad Emerald della sorte del russo non importava più,
no? E quando anche
avesse ricordato… una volta morto, morto sarebbe rimasto.
Sperava che non se la
sarebbe presa troppo, in fondo quello lì le aveva portato
solo guai.
«che dire,
proviamo».
Ed ecco che poco dopo Flash,
fortunatamente per lui
accorgendosi in tempo di quel che stava succedendo, riuscì
ad evitare andando
all’indietro una lama che altrimenti l’avrebbe
tagliato a metà.
«m-ma che
diav…oh no…»
L’automobile aveva fatto un
testacoda, e lui aveva potuto
vedere chi c’era ala guida.
Ok. Era ancora più
ufficiale, adesso in cima alla lista
della gente che odiava c’erano quei due.
L’auto partì di
nuovo verso di lui, i passanti si scansarono
urlando, Warsman corse in un vicolo ma sfortuna sua alcuni dei vicoli
di Londra
si rivelavano fottutamente troppo larghi.
«ma è
mai possibile che debba sempre finire ad avere
qualcuno alle calcagna?!!» protestò,
rivolto a non si sa chi ed evitando
per pura fortuna un proiettile.
«mpf…l’ho
mancato» sbuffò Sebastian «e ora che
fa?»
«si sta arrampicando sui
muri, direi…mi sa che gli è saltato
qualche fusibile e si crede Spiderman invece di Warsman. Momento buono
per
provare a sparargli ancora!»
«giust…ah!»
esclamò, quando imprevedibilmente si
ritrovarono il russo a guardarli al di là del vetro con un
sorriso ben poco
amichevole.
Perché si era rotto le
scatole di quella faccenda, quando
era troppo era troppo, ed ecco che dopo aver tirato fuori gli artigli
sfondò il
vetro puntando dritto alla testa dell’albino.
«Zachary!!!»
«mi correggo: si crede
Wolverine» commentò lui rimanendo
come sempre “cool” nell’abbassarsi. Gli
artigli penetrarono il sedile «dovrò
cambiare vetro ed interni dell’auto per colpa di un robot
impazzito. Già che ci
sei, potresti sparargli?» disse tirando fuori il coltello e
piantandolo nel braccio
del russo tanto forte da inchiodarlo alla parte interna del tettuccio
dell’auto, cosa che fece infuriare Warsman ancor di
più, inducendolo a sfondare
completamente il vetro tentando contemporaneamente di liberarsi, di
colpire
Zachary e di disarmare e colpire Sebastian che era quasi paralizzato
dalla
sorpresa e da una certa paura non essendosi mai trovato ad affrontare
una
situazione pericolosa fino a quel punto.
All’albino non ci volle
molto per capirlo, e nell’evitare le
artigliate fece aprire automaticamente gli sportelli. «scendi
giù!»
L’altro non se lo fece dire
due volte, rotolando giù
dall’auto. Zachary fece lo stesso recuperando anche il
coltello al volo quando
il russo riuscì a liberare il braccio inchiodato al
tettuccio.
Warsman adesso doveva capire solo chi
dei due neutralizzare
per primo. La logica avrebbe suggerito quello con la pistola, ma
probabilmente
era il meno pericoloso visto che gli tremavano pure un po’le
mani. Per cui si
lanciò addosso a Zachary con tutto l’intento di
staccargli la testa, trovandosi
invece a dover saltare all’indietro per evitare un colpo
all’arteria femorale.
Colpiva per uccidere, il bastardo!
«è mai possibile
arrabbiarsi tanto perché ti abbiamo fatto
cadere il gelato alla crema?»
E lo prendeva pure in giro, con quel
maledetto sorriso
sornione, mentre la battaglia continuava.
Sebastian aveva ancora in mano la
pistola, ma le mani
tremavano un po’per l’appunto, e temeva di colpire
Zeke invece del russo visto
che si muovevano di continuo!
Cambiò idea quando vide
Zachary inciampare in un idrante e
finire quasi a cadere, riuscendo invece a rimanere in piedi ma
prendendo
un’artigliata che lo ferì dal viso -che era stato
colpito più di striscio e
aveva solo due tagli non profondissimi- fino ad oltre il petto, in
diagonale -e
lì i tagli erano quattro e più profondi-. A quel
punto Sebastian L.V.C.
Lancaster sparò. Avrebbe voluto colpirlo meglio, ma Warsman
si era spostato, e
finì a prenderlo solo di striscio.
Sempre con quel sorriso omicida il
russo spostò la sua
attenzione su Sebastian stesso, che sfiga sua aveva finito i proiettili.
«m-maledizione!»
gridò il ragazzo, che quasi finì ad avere
quattro bei buchi nella testa, evitando la fine per un soffio.
Nessuno di loro due aveva notato che
col colpo di prima
Warsman non aveva solo ferito Zeke a viso e petto, ma aveva anche rotto
il suo
cappello.
La sua cuffia con Pac-Man. Quella
regalatagli dal fratello
quando lui aveva solo cinque anni e gli era grande, allora, quella che
non si
toglieva praticamente mai.
Il russo lì per
lì non capì neppure chi fosse stato ad
afferrarlo per la maglietta e riuscire a sbatterlo a viva
forza contro
il cofano dell’automobile, facendolo finire per qualche breve
istante supino e
a braccia aperte. Qualche istante di troppo, perché entrambe
le mani vennero
infilzate al cofano da due coltelli.
«se sopravvivi, per il
futuro ricordati di non toccare
mai più il mio cappello».
Zachary non sorrideva più.
Tirò fuori le
“Daygum”, fece cenno a Sebastian di correre
via, lanciò l’intero contenuto del pacchetto
contro Warsman e l’automobile.
A Sebastian parve che il tempo
rallentasse mentre l’albino
lo prendeva e lo trascinava via di corsa, apparentemente incurante
delle
proprie ferite.
Nessuno dei due si voltò a
guardare l’auto che esplodeva con
un gran rombo.
Continuarono a correre, semplicemente
a correre, neppure
chiedendosi se il russo fosse ancora vivo oppure no.
«d-diav-»
«spero
di riuscire a ricucirmi il cappello…»
|
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Capitolo 4 *** You can't kill me, I'm immortal ***
«cosa vi è
successo?...Jordan! serve un medico delle mie
cliniche! Subito!» disse Howard all’anziano
maggiordomo, che com’era venuto
scomparve dopo un breve inchino.
Zachary e Sebastian erano riusciti a
tornare nella tenuta
dopo tre ore, causa traffico; avevano preso un taxi, e i tassisti non
andavano
a trecentoquaranta all’ora, ed erano tenuti a rispettare le
regole della
strada. Avrebbero potuto farsi venire a prendere, ma Zeke non aveva
voluto
“scomodare” nessuno, nonostante fosse lui
quello ferito. Sebastian infatti aveva solo un mezzo shock.
Anche Lionel si avvicinò
ai due, decisamente allarmato.
«cos’è capitato?»
«noi…eravamo…stavamo…guarda
Zeke, papà!!!» come se ce ne
fosse stato bisogno, Sebastian indicò le ferite
dell’albino «guarda!!!»
Howard stesso osservò
meglio le ferite. Due tagli sul viso,
quattro sul petto. Ed era strano vedere Zachary senza cappello -che
teneva
stretto in mano- e senza sorriso.
Non gli ci volle molto per
riconoscere il colpevole di
quello sfacelo.
«ancora quella
bestia» commentò Howard, duro e gelido
«complimenti per essere riusciti a sopravvivere»
aggiunse poi.
Warsman era a Londra, e dopo quel che
gli aveva detto il
cugino non era poi così complicato intuire
perché. Lui voleva sua figlia, e
a quanto pareva non gli
dispiaceva tentare di mietere vittime nell’attesa.
Dopo tutti quegli anni non aveva
ancora capito che la sua
famiglia, acquisiti compresi, non doveva essere minacciata,
mai…
«spero di averlo fatto
fuori. L’ho fatto esplodere insieme
alla macchina» replicò piatto Zeke «si
rende conto che mi ha rotto il
cappello?!»
Se la situazione non fosse stata
così seria Howard avrebbe
fatto un bel facepalm per quell’ultima affermazione.
Evidentemente Zachary o
non si era reso conto di cosa avevano rischiato lui e Sebastian, che
erano
fortunati ad essere tornati vivi, o…non gli importava?
«lo faremo
ricucire».
«quel mostro orribile ha
tentato di uccidermi papà! Ti rendi
conto?!!» Sebastian aveva perso la sua consueta aria elegante
e quella sua
alterigia. Sembrava proprio il ragazzo spaventato che…era,
infatti! «c’è
mancato poco che mi conficcasse in testa gli artigli!»
«quante ore fa e dove è
successo?» indagò Howard, che già
meditava di mandare lì vari drappelli di
uomini bene armati nel caso quell’animale fosse
sopravvissuto, così da
sistemarlo definitivamente. Se prima era combattuto adesso non lo era
più. Il
russo era una minaccia per i Lancaster, e come tale andava trattato.
Avrebbe
parlato anche con Emerald prima di agire, ma era praticamente sicuro
che
sarebbe stata d’accordo con lui. Accidenti, aveva quasi
perduto cugino e cognato!
«tre ore fa, in periferia.
Via Enrico VIII» riferì Zachary,
appena prima che il dottore della clinica arrivasse.
«chi…?»
«lui» disse
velocemente Mr. Lancaster indicando Zachary
«bene ragazzo, se anche non l’hai ucciso immagino
sia rimasto coinvolto
nell’esplosione. Così ferito non potrà
andare troppo lontano, i miei uomini lo
troveranno sicuramente».
«di’
qualcosa!!!» Sebastian si era aggrappato alla giacca di
suo padre, che gli aveva già posto le mani sulle spalle come
per rassicurarlo,
ma era passato da un’aria decisamente preoccupata ad una
più pensierosa.
E più…dura.
«già, ho proprio
“qualcosa” da dire. Potresti spiegarmi
esattamente com’è andata?»
«Lionel, mi sembra
piuttosto chiaro» si
intromise Howard indicando Zachary con un cenno del capo
«guarda in che condizioni è!»
Ma Lionel non sembrava intenzionato a
mollare la presa.
«allora?»
«n-non capisco che
intendi» borbottò Sebastian staccandosi.
Senza guardare negli occhi suo padre se non di sfuggita.
Sembrava che in realtà
quel che intendeva dirgli suo padre
gli fosse più chiaro di quanto stava sostenendo.
«oh si che capisci. Chi ha
attaccato chi per primo?»
domandò infatti Lionel.
Zachary osservava la scena quasi
incuriosito mentre il
dottore gli disinfettava le ferite al volto e poi al petto, alle quali
avrebbe
dovuto applicare anche dei punti.
Howard invece aveva
un’espressione indecifrabile nel
lasciare che padre e figlio se la vedessero tra loro.
«…»
«Sebastian?»
«…è
una bestia, papà!!!» esplose il ragazzo
«tempo fa ha
quasi ucciso mia cugina! E soprattutto è anche antiestetico a vedersi! Se un animale
è sgraziato e pericoloso non
può viaggiare libero, va soppresso!»
Visto quel che era venuto fuori
Howard emise un sospiro
quasi inudibile immaginando cosa sarebbe successo pochi istanti dopo,
ipotesi
che si materializzò nello schiaffo -piuttosto meritato- che
suo cugino diede a
Sebastian. Pensare che lui sarebbe morto piuttosto che alzare alche
solo un
dito su Hammy, qualunque cosa quest’ultima avesse fatto!
Non che a Lionel piacesse
l’idea di alzare le mani su suo
figlio. Lo aveva fatto pochissime volte nella vita, e quelle poche
Sebastian
aveva dovuto combinarne tali da tirarglielo
fuori dalle mani, quel ceffone.
Come in quel caso, in cui oltre ad
aver attaccato per primo
una persona solo ed esclusivamente per noia aveva anche rischiato di
lasciarci
la pelle, ed era anche per la paura di aver rischiato di perderlo che
Lionel si
era arrabbiato così, come avrebbe fatto chiunque!
«che cosa ti avevo detto
dopo aver saputo cos’era successo
prima della cerimonia, Sebastian?!»
«ma-»
tentò di protestare, ma venne immediatamente messo a
tacere.
«ripetimelo.
Che
cosa ti avevo detto?!»
Il ragazzo incrociò lo
sguardo con quello del padre come a
sfidarlo, ma fu una battaglia di breve durata. Mormorò
qualcosa di incomprensibile,
stando a testa bassa.
«non ho capito».
«…mi hai detto
che non avrei dovuto farlo» disse il ragazzo,
nervoso e quasi esitante.
«esattamente. Non
avresti dovuto farlo. Ma sembra che quanto avevo detto non
ti fosse chiaro.
L’avete attaccato per primi, giusto?»
«…»
«rispondi».
“se mia
figlia
fosse venuta a dirmi che qualcuno ha cercato di ucciderla non avrei
aggiunto il
carico da undici. Nessuno deve permettersi di fare del male ad
Hammy” pensò
Howard “ma pare proprio che mio cugino non la pensi allo
stesso modo”.
«starebbe meglio morto e
sepolto!» sbottò Sebastian «è
un
oltraggio alla bellezza!»
«so che sei un esteta, ma
questo non ti giustifica
assolutamente. Uccidere qualcuno solo perché è
brutto…non è ciò che ti ho
insegnato».
No, infatti non lo era. Come tutti i
Lancaster di
discendenza diretta facevano con i propri figli, Lionel gli aveva
insegnato a
cacciare, ad usare le armi da fuoco, e qualche tecnica di semplice
autodifesa
che non guastava mai…oltre che ad arrampicarsi in ogni dove,
e qualche rudimento
di tennis, anche se quella era una passione tutta personale.
Ma non gli aveva insegnato ad
uccidere le persone per noia
od antipatia. E quel suo voler vivere e vedere soltanto la bellezza non
era un
tratto che aveva preso né da lui né da Gabrijela.
Era un qualcosa che Sebastian
aveva sviluppato da solo, così come era successo per
Zachary; vero che i
genitori di quest’ultimo erano molto assenti, ma nonna
Isabèl era un’ottima
persona. Eppure questo aveva significato qualcosa? No, ed ecco che Zeke
era…Zeke.
«…e la mia
domanda era un’altra» concluse l’uomo.
«papà-»
«Sebastian
Lionel
Veltibor Charles Lancaster, voglio che tu mi dica chi
è stato ad attaccare
per primo, anche se si tratta più di una conferma».
«noialtri»
sbuffò alla fine Zachary annoiato, intromettendosi
nel colloquio tra padre e figlio «l’abbiamo visto e
l’abbiamo attaccato, è
chiaro che se è qui non è per mangiare gelati, le
pare?»
«ecco, appunto!»
esclamò Sebastian, ottenendo in risposta
uno sguardo duro da parte del padre.
«il vostro è
stato un attacco gratuito tale e quale a quello
a cui avete dato luogo prima della cerimonia, invece di avvertire la
security.
E se qualcuno viene attaccato è perfettamente normale che reagisca. Cosa credevate, che un chojin
spietato come lui se ne
sarebbe stato fermo e buono a farsi massacrare?! Avete nuovamente
tentato di
farlo fuori e lui, anche tenendo in considerazione quanto è
successo in
precedenza tra voi, ha cercato di fare lo stesso; quello che voglio
dire è che ve la siete cercata,
ed è già tanto che
ne siate usciti vivi. Sebastian, se farai nuovamente qualcosa del
genere sappi
che potrai dimenticarti di quel gap year
attorno al mondo» lo avvisò, ignorandone le
proteste «e, ragazzo» guardò
Zachary «io non sono tuo padre e rimproverarti non sarebbe
compito mio, ma
sappi che quel che ho detto a mio figlio vale anche per te, tanto
più se nei
vostri piani c’è il voler partire insieme! Mi hai
capito?!»
Sebastian via via di cavolate ne
aveva fatte, ma erano le
tipiche imbecillate da giovani, il 96% nemmeno gravi, su alcune delle
quali si
poteva anche soprassedere completamente. Ma un conto erano quelle, ed
un altro
ciò in cui si era entusiasticamente lasciato coinvolgere da
quando aveva
iniziato a frequentare quel giovane americano!
«alla perfezione»
il suo sorriso sornione era tornato
«quindi quel cappello si può ricucire?»
disse, stavolta rivolto ad Howard che
non aveva detto più una parola.
«si, lo avevo
già detto prima».
«zio!» fu a lui
che adesso Sebastian, che non si era ancora
arreso, si rivolse supplichevole «non possiamo fargliela
passare liscia,
bisogna far si che quell’animale paghi caro quel che ci ha
fatto!» si aggrappò
anche alla sua, di giacca. Grigia. Aveva ancora quella «manda
i soldati a
prenderlo, se è ancora vivo! Sopprimi
quell’orrendo mostro!»
Ma da uomo intelligente -purtroppo
per Sebastian- Howard
H.R.J. Lancaster sapeva riconoscere un discorso perfettamente
ragionevole
quando ne sentiva uno.
Tutti quanti sapevano che se una
grossa bestia feroce veniva
pungolata, poi questa reagiva tentando di staccarti una mano o
direttamente
saltarti alla gola. Ma era davvero colpa della bestia? No! Era colpa di
chi era
andato lì col solo intento di darle fastidio. Per questo
durante le battute di
caccia grossa non aveva mai commesso l’errore di
“giocare” con quegli animali,
preferendo ucciderli appena possibile. Il concetto era lo stesso.
Inoltre suo cugino intendeva
utilizzare quanto accaduto per
dare al figlio un esempio educativo. E come Lionel non si era -e non si
sarebbe
mai- permesso di intromettersi nell’educazione di Emerald,
lui non si
permetteva di intromettersi in quella di suo nipote.
«mi dispiace. Ma proprio
perché Warsman è in città, i
soldati mi servono qui a protezione di tua cugina. E anche vostra.
Restate qui
e sarete al sicuro» disse dunque Howard.
“se Zachary non
l’ha ucciso è facile che lui tenti comunque
di entrare qui. Il ragazzo ha ragione, di certo non è in
città per mangiare un
buon gelato. Tanto più che se proprio avesse voluto
mangiarne uno veramente buono era
in Italia che
sarebbe dovuto andare, ma questo è un altro
discorso” guardò l’albino
“è
sopravvissuto ad un attacco assassino di quel
russo…” e lui sapeva di cos’era
capace, aveva visto i suoi incontri “ed ha riportato solo
alcuni graffi,
apparentemente riuscendo a sopraffarlo. Sapevo che era qualcosa di
più che un
tipo eccentrico, ma è riuscito a stupirmi ancora. Forse
è ancora più pericoloso
di quanto sia suo fratello, nel colpire i nemici. Certo, andrebbe
‘educato’, dovrebbe
essergli inculcata un po’di disciplina…ma a quel
punto, una volta addestrato e
doverosamente armato…”
«m-ma non puoi lasciare
che…è un mostro!!!»
ripeté ancora Sebastian.
«è
un essere umano, Sebastian!
E non andare a supplicare da tuo zio una vendetta che non meritate,
perché la
colpa è stata vostra» Lionel staccò il
figlio dalla giacca di Howard «ed ora
fila immediatamente nella tua stanza».
«non-»
«immediatamente».
In quel momento entrò
anche Michael. «che succed…Zachary!»
Lionel diede per scontato che adesso
quest’altro americano
se ne sarebbe uscito con qualcosa come “poverino! Troviamo il
bastardo che ti
ha ferito ed uccidiamolo! Hai cominciato tu? Poco importa, doveva
subire e
basta”…
«…che caz- ehm,
che accidenti
hai combinato adesso?!» erano bei tagli, ma comunque
abbastanza superficiali,
Michael l’aveva visto subito. E conoscendo suo fratello
sapeva anche che non c’era da
compatirlo.
L’albino gli
mostrò la cuffia con Pac-Man rotta. «un
distributore automatico con gli artigli mi ha rotto il cappello,
Lentiggine! Ma
ci pensi?»
L’americano lentigginoso lo
fissò con un’aria parecchio
stressata. Non bastava il fatto che Hammy non sembrasse avere
più voglia di
vederlo, cosa che lo allarmava moltissimo…anche suo fratello
ci si metteva,
scontrandosi con quella bestiaccia schifosa pericolosa! E ok, anche se
era una
bestia, era logico andare addosso ad un feroce animale selvaggio senza
la
dovuta protezione o le dovute armi? NO! e quei tagli riportati da Zeke
lo
dimostravano!
Ma perché almeno adesso
non se ne stava un po’più tranquillo
maledizione?!! Non si rendeva conto che tra tutti avevano
già abbastanza
problemi?!
«io lo
sapevo che
avrei dovuto rispedirti a Washington con i nostri genitori, che tu lo
volessi o
meno! Io lo sapevo, maledizione!»
no,
niente compassione nei confronti del fratello minore «non
riesci a capire che
questo è un momento delicato?! Eppure tu vuoi bene ad
Emerald…»
«e che
c’entra?»
«…come
sarebbe a dire
“e che c’entra”?!!»
“di rado ho visto Michael
più furioso di così” pensò
Howard.
Lionel invece si disse che via, tutto sommato sembrava che ci fosse
qualcuno
disposto a fare anche all’albino la predica che meritava.
Sebastian era uscito dalla stanza, ma
invece di dirigersi in
camera propria come gli era stato detto aspettava fuori dalla
porta…
«e beh, non ho portato lei
via con me. E anche Seb comunque
non si è fatto niente, e io giusto un paio di
taglietti…»
«chiamali taglietti! Ti
resteranno le cicatrici!!!»
«da che mondo è
mondo, le cicatrici fanno figo».
Al neo Lancaster venne una voglia
matta di mettersi a urlare
e prenderlo a sberle, ma dovette contenersi. «quel che voglio
dire è che tutti
coloro che vogliono bene ad Hammy adesso dovrebbero starle vicini ed
occuparsi
di lei, non andare in giro a fare danni! Ti è tanto
difficile arrivarci?! Che
ce l’hai a fare un Q.I. mostruoso se poi fai imbecillate del
genere?!!»
Zeke anche in quel momento rimase
“cool”, nei vari sensi
letterali del termine: freddo, calmo, indifferente e sfacciato. E
appena il
dottore ebbe finito di disinfettare ed applicare i punti, si
alzò dal divanetto
su cui si era seduto. Non si era ancora riallacciato la
camicia…quelle
cicatrici avrebbero rovinato il tatuaggio, cavoli…
«eeeh Lentiggine,
Lentiggine…è vero che le prediche me le
hai sempre fatte, ma ultimamente ti sei rammollito parecchio se te la
prendi
tanto solo per questo».
«Zachary…devo
farti notare che la vostra non è stata
esattamente una manovra intelligente» disse Howard.
«e tu e mio
figlio
potevate morire» aggiunse Lionel, duro.
«naah. Se uno è
con me, non muore di sicuro. E infatti è
sanissimo. Inoltre non potevamo prevedere come sarebbe andata a
finire» fece
spallucce «indi, non è esattamente colpa
nostra».
«oooh no, guarda che non
funziona, perché tu sai sempre come
va a finire. Sempre» Michael
quasi ringhiava «come
minimo quando l’hai attaccato speravi
proprio che reagisse. Se avessi voluto davvero farlo fuori e basta
avresti
tirato fuori uno di quei tuoi dannati fucili spara
“acido” che tieni sempre sotto
il sedile posteriore! Io ti
avverto…combinane un’altra, una sola, e ti
rispedisco a casa, non me ne frega
niente se è quel che vuoi oppure no».
«…hai problemi
con la mia cognatina, per caso? Sei
nevrastenico matto».
«chiudi
quella
bocca!!!»
L’americano si
sentì posare una mano sulla spalla. Era stato
suo suocero, che senza dire una parola fece cenno a Zachary di uscire.
E questi
obbedì, sempre calmissimo.
«uh. Sei qua».
«si…c’è
mio padre che a volte…» borbottò
Sebastian,
incamminandosi con l’altro lungo il corridoio «io
non lo capisco, attentano
alla mia vita e lui invece di vendicarmi mi schiaffeggia?!»
«genitori…parecchie
volte sono incomprensibili, ti capisco.
Cioè, credevano davvero che avremmo potuto finire
ammazzati» Zachary scosse la
testa con l’aria di chi ha appena sentito una cavolata grossa
come una casa «ma
dai».
«ehm…invero, ci
sono stati dei momenti in cui ho avuto un
pensiero analogo» ammise Sebastian «e quelle tue
ferite…»
«sono come il cappello,
tornano a posto. Eddai, è andata
bene. Com’è sempre andato, va ed
andrà…» triò fuori il
cellulare e scelse una
canzone «pensare che possa andare male vuol dire attirarsi la
sfiga addosso».
“let’s
fight!
We’re
face to face
Loyalty is
what I need
to see from you
You’re
insecure
I can see
the fear
that breeds in your heart…”
«i-insomma…tu
non hai pensato nemmeno per un istante che…?»
«che mi avrebbe rotto il
cappello? No!»
«non intendevo parlare del
tuo cappello…»
“where
will you run?
Where will you hide?
I see the
look drift
from your eyes
Who will
survive?
Let’s get it on
And
we’ll fight!”
«non vedo perché
avrebbe dovuto andare diversamente, certo,
mi scoccia aver perso Chaos Star ma mi procurerò Chaos Star
II…»
Ecco, in quei momento Sebastian non
lo capiva proprio. Dopo
quel che era successo pensava a cappello e macchina, come se non avesse
neppure
preso in considerazione l’idea di poter morire.
«saremmo potuti morire,
Zachary».
«naaaah…ascoltati
la canzone va’» lo vide arricciare il naso
«si, lo so che è un genere che non ti piace, ma
è tra le mie preferite:
Immortal, degli Adema…»
“I
know who you are
The leader
of lost
souls
You
can’t kill me
I’m
immortal
I’m
not afraid to die
My soul will
travel on
You
can’t kill me
I’m
immortal!
Immortal…immortal…”
«ci sta bene si o
no?...»
E continuarono a camminare.
«a volte mi fa diventare
matto!...chiedo scusa al posto suo
per qualunque cosa abbia combinato e in cui ha coinvolto suo
figlio» disse a
Lionel «ad ogni modo…Warsman è in
città. Che diavolo vuole?!»
«Hammy» disse
Howard «o così presumo, sempre se è
sopravvissuto. Ma non riuscirà ad avvicinarsi a lei, te lo
garantisco».
“si…sempre che
non sia lei
ad avvicinarsi a lui”
aggiunse
mentalmente Lionel.
«bene…»
disse l’americano. Ad Howard comunque non sfuggì
il
fatto che era nervoso per davvero, e che -sempre per davvero-
probabilmente
Hammy c’entrava qualcosa. Urgeva un’indagine. Solo
che al momento aveva
un’altra cosa da fare.
«è bene che
telefoni a mia moglie» disse infatti «lei e
Gabrijela sono in città per lo shopping…tanto per
cambiare…ma è meglio che
rientrino».
«faccio io» disse
Lionel «credo che vuoi due abbiate di che
parlare. Vi lascio soli».
E prima che uno dei due potesse dire
qualcosa, uscì dalla
stanza col cellulare già in mano. La sua Lela, come la
chiamava lui, era stata
messa prima tra i numeri delle chiamate rapide.
A volte si trovava a chiedersi
perché mai una bellissima allora
diciottenne croata avesse deciso con somma gioia di sposarsi con un
trentatreenne.
Beh, la risposta era che oltre che
per amore Gabrijela
l’aveva fatto perché non era una stupida; aveva
sempre ambito a laurearsi in psicologia,
ma aveva anche sempre saputo che i suoi genitori non avrebbero mai
potuto
permettersi di pagarle gli studi.
E poi aveva conosciuto Lionel, un
uomo affascinante e pieno
di charme che l’aveva conquistata praticamente subito, anche
quando ancora non
sapeva quanto fosse ricco.
Un uomo che oltre a sposarla
garantendole una vita molto
agiata le aveva anche consentito molto volentieri di studiare nella
Queen’s
University a Belfast, un paio d’anni dopo la nascita di
Sebastian…
Il cellulare squillò a
lungo senza che lei rispondesse.
Tentò di chiamarla ancora.
Stavolta la donna rispose, al quinto
squillo.
«Gabrijela?»
– dimmi!
Sembrava tranquilla, il che era
ottimo. «è tutto a posto? Tu
e Janice dove siete?»
Si sentì il rumore di un
clacson.
– al
momento,
imbottigliate nel traffico. Scusa se non ti ho risposto prima, ma non
avevo
sentito il cellulare col rumore che c’è! Stavamo
tornando a casa, ma credo che
ci vorrà ancora un po’.
–
capisco. Appena
potete rientrate, allora».
Gabrijela, in piedi su un marciapiede
accanto ad una strada
in cui davvero c’era una bella coda di automobili, si
attorcigliò una ciocca
dei bei capelli lucidi e lunghi oltre le spalle di un rosso mogano
talmente
scuro da sembrare quasi nero.
«va
bene…è successo qualcosa?»
– io
ed Howard ve lo
spigheremo appena tu e Janice tornate.
«d’accordo…ecco,
il traffico si sta smuovendo un po’…ci
vediamo presto. Ciao» terminò la chiamata e si
voltò a guardare Janice, che era
sul terrazzo all’ultimo piano di uno dei palazzi appartenenti
ad un complesso
di proprietà di Lionel stesso. Complesso ancora in
costruzione e per buona
parte dunque vuoto.
Gabrijela alzò il pollice
e rientrò nel condominio. Anche
Janice rientrò nell’appartamento, con un sospiro.
«è tutto a
posto. E pare che Gabrijela abbia guadagnato
ancora un po’di tempo…»
sobbalzò quando sentì l’uomo iniziare a
ridere
amaramente chissà per quale motivo, per poi sibilare di
dolore «…io te l’ho
detto che devi lasciare che disinfettiamo anche quella ferita al
viso».
«no».
Warsman era già stato
categorico nel rifiutare, ma quelle
due non sembravano volersi arrendere. Specialmente l’altra
signora Lancaster,
che lì per lì aveva scambiato per una Iva
Jerkovic trentottenne.
Ed era per questo motivo che gli era
venuto da ridere,
perché diversi uomini della famiglia Lancaster tentavano di
farlo fuori, mentre
le loro donne lo curavano a loro insaputa; c’era di che
sbellicarsi.
Era scampato all’esplosione
solo perché un istante prima che
questa avvenisse era riuscito con grande sofferenza a staccare le mani
dal
cofano, con i coltelli ancora infilzati nel palmo delle mani, ed aveva cercato di
rotolare
via.
L’esplosione gli aveva
causato qualche ustione di secondo
grado alla schiena sul fianco destro, ma i veri problemi erano i
frammenti di
vetro e ferro che gli si erano conficcati addosso -uno dei quali gli
aveva
rotto la maschera e tagliato i tessuti celati sotto- e le
mani…quel mezzo
albino bastardo l’aveva quasi crocefisso alla macchina, e
tutto perché gli
aveva rotto il cappello. La rabbia aveva indotto anche Zachary a tirare
fuori
una forza tale da riuscire a sbatterlo contro il cofano -a volte quelli
che non
ci stanno molto con la testa riescono a fare cose del genere- complice
anche il
fatto che lui in quel momento fosse distratto e sbilanciato nel cercare
di
colpire Sebastian…
«tutto risolto»
giusto in quel momento rientrò Gabrijela
«per quanto ne sanno siamo rimaste imbottigliate nel traffico
mentre tornavamo
a casa. Tu non eri convinta, ma alla fine si è rivelata una
fortuna che siamo
partite senza autista» chiuse la porta «allora? To je prskati?»
«…eh?»
«scusa. Si è
fatto disinfettare? Parlo del viso…mh. Pare
proprio di no» si mise davanti a lui, disteso sul divano
«senta, le abbiamo
dato retta quando non è voluto andare in ospedale ed
è già tanto. Perlomeno
lasci che la medichiamo per bene. Quella ferita al volto potrebbe
infettarsi, e
poi sarebbero guai».
Lei e Janice l’avevano
trovato un’ora e mezzo prima, mentre
stavano tornando a casa. Era stata Janice a vederlo trascinarsi in un
vicolo
cercando di raggiungere un qualsiasi posto dove potesse curarsi. Una
volta
riconosciuto le era quasi venuta l’idea di lasciarlo
dov’era…ma poi il solito
altruismo aveva avuto la meglio. Forse perché Gabrijela
appena aveva sentito
“uomo ferito” era già scesa
dall’auto, prima che Janice potesse spiegarle di
chi si trattava o dire qualsiasi altra cosa. Il russo aveva ceduto
abbastanza
presto, un po’perché aveva davvero bisogno di
aiuto, e un po’perché era
difficile dire di no ad una “gemella trentottenne di Iva
Jerkovich” che
sembrava volergli dare una mano.
Le cose erano cambiate quando aveva
visto che in macchina
con lei, sul sedile del passeggero, c’era Janice. E quando
dai discorsi che
avevano fatto le due aveva capito che anche lei era parte della
famiglia
Lancaster. Ma un mezzo colpo, soprattutto, gli era venuto
quando…
“…mi
hanno attaccato,
ma giuro su quel che volete che io…mangiavo un gelato,
maledizione! E quei due,
l’albino e l’altro…avevo avuto
già a che fare con loro, il giorno del
matrimonio…hanno cercato di uccidermi.
C’è stata una battaglia, ho reagito,
perché
di storie come questa ne ho abbastanza…cercate di
capirmi…!”
“eppure
io e mio
marito avevamo detto chiaro e tondo a Sebastian che non doveva fare
più cose
del genere. Evidentemente non aveva capito e se
l’è andata a cercare di nuovo.
Spero che adesso ci sia arrivato!”
…aveva capito che la donna
in questione era la madre di uno
dei due ragazzi che lui
aveva cercato di far fuori un’ora e mezzo prima.
Howard Lancaster al posto suo gli
avrebbe dato il colpo di
grazia, invece di assisterlo.
«avete già
fatto…molto. Fin troppo» borbottò. Da
quando
aveva capito chi era, guardarla in viso non era qualcosa che gli
riusciva molto
bene. Gabrijela emise un piccolo sbuffo «è
già tanto che n-no!...»
Gabrijela gli aveva sfilato la
maschera a tradimento. Janice
per poco non fece un mezzo strillo, ma riuscì a trattenerlo
finendo solo per
sobbalzare all’indietro con aria spaventata mentre il russo
cercava di coprirsi
il volto -con la ferita sporca e del sangue rappreso sui tessuti
scoperti- con
una mano, e tentando di riprendersi il maltolto con l’altra.
Non sopportava di stare senza
maschera…a meno che con lui
non ci fosse la sola Emerald, ed anche in quel caso gli risultava
difficile.
«ridatemela,
non…!»
La donna croata fu ferma nel togliere
la mano che lui aveva
messo davanti al viso, guardandolo seria, ma non schifata. Era un uomo
ferito,
che andava curato, e se era fatto in quel modo non aveva colpa. Non
potevano
lasciare che la ferita andasse in suppurazione o simili e al momento
per lui,
chojin o no, era difficile curarsi da solo viste le condizioni delle
mani.
«tranquillo. La maschera
l’ha protetta…è una ferita
piuttosto superficiale. Lasci che la disinfetti, poi potrà
indossarla di
nuovo».
«Gabrijela…»
Janice provava un misto tra compassione ed
un’irrazionale paura, davanti a quel volto martoriato.
Warsman invece era ancora sconvolto.
Assurdo. Non la conosceva nemmeno,
suo figlio aveva cercato
di ucciderlo e viceversa, eppure lei lo stava aiutando senza curarsi
neppure
del suo aspetto orribile. Si beh…contrariamente ad Emerald
non l’avrebbe mai
baciato. E lui a dirla tutta nonostante fosse una bella donna non lo
avrebbe
neppure voluto. Però le sue azioni dimostravano un’umanità che, da quanto ne
sapeva lui, nella famiglia Lancaster non
erano in molti ad avere.
«kvragu!!!
Ecco
cos’avevo dimenticato di prendere in farmacia!»
esclamò improvvisamente «la
soluzione salina per le ustioni!»
«vado a prenderla
io» si offrì Janice, ben lieta di avere
una scusa valida per lasciare l’appartamento nella speranza
che nel frattempo
Gabrijela finisse e gli lasciasse indossare di nuovo la maschera
«adesso.
Subito!»
“…ma
perché dovevamo prendere proprio quella strada?”
pensò,
uscendo in fretta dall’appartamento -ancora disabitato ma
già arredato- “perché
invece di svoltare a sinistra non siamo andate a destra?!” ok
le ferite sul
corpo ma quel volto era davvero…troppo, per lei!
Solo dopo qualche minuto il russo,
rimasto solo con l’altra
donna, riuscì a spiccicare parola.
«non vi fa impressione
rimanere sola con me?» si azzardò a
chiederle «anche se…»
«…lei e mio
figlio avete avuto una battaglia? Si beh. Non è
qualcosa che mi fa esattamente piacere».
«non lo avrei attaccato per
primo, io-»
«lei è qui per
altri motivi. Probabilmente lo stesso che
l’ha spinta a venire al matrimonio di mia nipote, e se
è così è chiaro che
avrebbe preferito mantenere un profilo basso e che nessuno sapesse
della sua
presenza qui. Che non avrebbe attaccato per primo era logico. Idem la
reazione
ad un attacco letale. E come specificato prima, a mio figlio era
già stato
detto chiaramente che aveva sbagliato e non avrebbe dovuto ripetere lo
stesso
errore. Adesso dovrebbe aver capito».
«lui…non si
è fatto niente. Nemmeno un graffio»
mormorò,
“anche se io gli avrei infilzato il cranio
volentieri” aggiunse mentalmente.
«si chiama
“impara”. Kvragu!
Io e Lionel non gli abbiamo insegnato a dare la caccia alle
persone!»
«…ringraziando
il Signore» completò Warsman in un sospiro.
Anche se quel non-insegnamento non
aveva dato molti frutti «credo che mi veda una bestia,
così come…si. Vabbé».
«così come suo
zio Howard. Un uomo assolutamente amabile,
senza dubbio, ma in questo caso le sue opinioni e la nostra divergono
un po’.
Ho finito, ecco la maschera» gliela porse, e lui non
tardò a rimettersela.
«grazie».
«molim.
Rimanga
qui finché non starà un po’meglio ma
poi, per il suo bene, lasci la città.
Dubito che riuscirà a vedere mia nipote. Ed Emerald
oltretutto non la ricorda.
Prima l’avrebbe difesa, ma ora non è detto che lo
faccia».
Quella donna aveva capito fin troppo,
e se l’aveva fatto lei
che non lo conosceva neppure…
L’unica scommessa era il
numero di soldati che avrebbe
dovuto eludere.
«ho capito».
Perché non intendeva
lasciar perdere, ma certo che no.
Avrebbe atteso qualche giorno in più, ma avrebbe tentato lo
stesso…
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Capitolo 5 *** In fuga ***
«ha ricordato
qualcosa?»
L’altro scosse la testa.
«non ancora, nonostante fisicamente
migliori ogni giorno di più. Riesce a percorrere tratti
piuttosto lunghi,
adesso» disse Howard.
“i problemi però
sono altri. Sembra non volere contatti con
Michael, nonostante lui la cerchi, tenti in tutti i modi di starle
vicino…e lo
fa senza motivo, poi. Quando le ho chiesto se era successo qualcosa di
spiacevole tra loro lei ha negato”.
Giustamente, anche perché
Michael ad Hammy non aveva fatto
assolutamente niente di male, a meno che per “male”
non si intendesse chiederle
cosa c’era che non andava, tentare di fare
chiarezza…era sempre stata quella la
loro forza. La chiarezza. L’onestà.
Il non essersi nascosti mai niente -o quasi, nel caso di Emerald-
parlando
sempre di tutto sapendo di poterlo
fare liberamente.
Adesso non era più
così, e l’americano che aveva sposato una
ragazza innamorata persa di lui adesso si trovava con una che lo
allontanava.
“mi
allontana. Lo fa
da giorni. Non vuole avere contatti con me, anche se io so per certo di
non
averle fatto niente di male…non me lo spiego. Eppure non
sembrava aver
dimenticato di essere innamorata di me. Che poi, sono cose che si
possono
dimenticare queste?!...non so neppure come comportarmi, al momento. Se
le sto
addosso non le piacerà, se la lascerò stare
probabilmente finirà col sentirsi
messa da parte, io…non so che fare”.
Hammy non aveva dimenticato di essere
innamorata di lui, no.
E i suoi sentimenti non erano cambiati.
Semplicemente continuava a credere
che lui facesse solo per
compassione tutto quel che faceva, e pensava che Michael meritasse di
avere al
suo fianco una persona sana.
Quindi, finché non avesse
ricordato e non fosse tornata a
parlare, non voleva stare ad impicciargli…tanto da
-ironicamente considerando
che era nato tutto da questo- evitare perfino di consumare il
matrimonio quando
lui, vedendola riacquistare le forze, aveva tirato fuori
l’idea.
Finché non fosse stato
consumato non sarebbe stato valido, e
lui avrebbe potuto “ritirarsi” in qualunque momento
se mai avesse deciso di
lasciar perdere lei, Miss Circo Amnesia
Muta-Chissà-Per-Quanto in favore di una
ragazza con i ricordi e la voce al loro posto.
«quindi sta
migliorando».
«si. Altrimenti non sarei
qui, ti pare?»
I problemi comunque non riguardavano
solo Emerald stessa.
C’era anche la questione “Janice
ha deciso di ospitare tutti lì in casa”.
E con tutti -oltre a Lionel e
famiglia- si intendeva Kid
Muscle con relativa combriccola di amici chojin, più Fiona,
Kirika, Crea,
Roxanne, la figlia di MacMadd…e ovviamente anche Kevin Mask,
che indubbiamente
era una parte importante di quei due anni e mezzo che mancavano
all’appello in
testa di Hammy, ma era saggio tenere in casa il suo ex mentre lei e
Michael avevano
dei problemi?!
Howard aveva la vaga impressione che
sua moglie lo facesse
apposta, sperando che Emerald in quel frangente decidesse di tornare
con Kevin.
D’altra parte lei aveva sempre parteggiato per quel ragazzo.
Solo che…non era
un po’meschino approfittarsi di una situazione del genere?
Un altro problema ancora riguardava
la bestia. Aveva
ovviamente rinforzato la sorveglianza attorno alla tenuta, e
particolarmente
attorno alla stanza di sua figlia e sua figlia stessa, in modo tanto
efficace
quanto praticamente invisibile,
così
che in Emerald non si acuisse la sensazione di
“reclusione” che sicuramente
stava provando. I soldati erano bravissimi
a…“giocare a nascondino”. Ma stava
di fatto che erano passati dieci giorni da quell’ultimo
attacco e Warsman non
si era ancora fatto vedere.
Howard per qualche breve istante in
quei giorni aveva
pensato “forse Zachary l’ha ucciso per
davvero”. Ma aveva lasciato subito
perdere l’idea; una semplice esplosione dopo una battaglia
non poteva davvero
avere eliminato un animale del genere.
«…piuttosto,
sono stupito per la domanda».
«non è per lei
che mi preoccupo, ma perché io e te abbiamo
una sfida ancora in ballo, e quest’ultima faccenda ci
è stata di impiccio».
«se mia figlia non sta bene
io non vado a gironzolare per
Londra o chissà dove di notte. Se stasera lo faccio
è solo perché è migliorata
molto, e con tutte le persone che sono in casa nostra al momento
è ben protetta»
guardò l’uomo accanto a lui. Erano le undici e tre
quarti di sera e loro si
trovavano sul tetto di un palazzo; Howard era seduto sopra il muretto
che dava
sul vuoto. Accanto a lui, due confezioni di birra da sei bottiglie da
0,75l,
una delle quali già finita.
«ti faccio notare che quella
lì è in grado di
proteggersi fin troppo bene, e tu devi ancora dirmi che diamine le hai
fatto a
quel braccio!»
«assolutamente
nulla…è a voi della Scuola di Ercole e agli
allenamenti che le avete imposto che deve la forza con cui ti ha, come
dire,
facilmente sconfitto e mandato all’ospedale qualche
mese».
«Lancaster, non mi ci vuole
niente a darti una
spintarella e farti cadere di sotto».
«non penso che ti convenga,
l’età avanzata ti ha tolto
prontezza di riflessi e probabilmente saresti tu a finire a cadere una
volta
che io avrò evitato la spinta…Robbie»
dimezzò rapidamente il contenuto
della bottiglia che aveva in mano «dimmi, come hai convinto
la tua padroncina
ad allentarti il guinzaglio anche stasera?»
«Alya non è la
mia “padroncina”! Io sono un uomo adulto e
faccio quel che mi pare!» e per sottolineare il concetto lui
volle finire la
bottiglia in un sorso.
«ma
davvero…eppure tu stesso mi avevi detto di avere
problemi».
«tsk»
borbottò l’altro «a chi tocca, stasera?
A me?» sapeva
benissimo a chi toccava, ma tentò comunque
l’imbroglio.
«no, a me» lo
contraddisse Howard «sai come funziona, una
volta tu ed una volta io».
«che proponi?»
«inizi a reggere un
po’meglio gli alcolici, mh? Fino a
qualche tempo fa con quelle quattro birre che hai bevuto ti saresti
nuovamente
dichiarato al kayak!» si mise a ridere, non poté
farne a meno «“t’amo pio
kayak!”»
«quella non è
stata colpa mia! Mi avevi detto che quelle
prese al bar erano bibite analcoliche!!!»
«non so come dirtelo ma è
stata colpa tua…perché mi
hai creduto quando te l’ho detto! E comunque qualcuna delle mie
lo era,
analcolica. Mi è stato detto di non esagerare, per quanto il
mio fegato anche
dopo tutte le solenni bevute giovanili goda tuttora di ottima
salute».
«giuro su quel che ti pare
che una volta finita questa cosa
io ti-»
«si, certo,
sicuro».
«insomma qual è
la scommessa di stasera?!» tornò alla carica
Robin…sperando che l’altro non avesse fatto sul
serio, ripensando al contenuto
della busta da lettere bianca che gli era arrivata nel pomeriggio.
Un volantino in cui si annunciava
che, allo strip club Dark
Spark in cui si esibivano solo spogliarellisti maschi,
si entrava gratis
fino a mezzanotte.
E per quanto Robin non avesse capito
granché quale
significato potesse avere fargli recapitare quel volantino, di certo
non era
niente di buono.
Iniziava a rimpiangere quella regola
che avevano fissato
tempo fa, il giorno stesso in cui erano tornati dall’isola,
mentre erano
rifugiati nell’appartamento all’ultimo piano di uno
degli alberghi del marchese
Lancaster. In quell’occasione, parlando di quel che era
capitato loro da poco
-o meglio, mentre Howard si era sorbito le lagne dell’ex
collega- era saltato
fuori un certo discorso…
“il fatto
è che tu sei invecchiato più mentalmente che
fisicamente
Robin. Sei imbalsamato come quelle teste di animali sulla mia parete,
tale e
quale”.
“no, sei tu che
sei pazzo da legare!”
“un pazzo che ha
salvato entrambi, o sbaglio? Secondo me
la verità è che vigliacco come sei hai paura di
uscire dagli schemi…”
“io non ho paura
di niente!”
“ah davvero?
Dimostralo”.
“è una
sfida, Lancaster?”
“prendila come
vuoi. Fammi vedere che sei in grado di
smetterla di imitare il tuo trisnonno”.
“…”
“allora?”
“…non
solo io. Anche tu! La sfida sarà così: ci
incontreremo di nascosto, ed una volta per uno proporremo
un’idea…che entrambi
dovremo mettere in pratica. E chi non lo fa…”
“perde la sfida,
ed una volta che uno dei due avrà perso
la cosa finirà lì. Mh. Vorrò proprio
vedere…dato che sono stato io a lanciare
la sfida, la mia proposta è questa: tra due sere andrai a
farti fare dei
piercing e poi a bere fino a non capire più nulla”.
“…e tu farai
lo stesso”.
“well. So, be
it”.
“…nessuno
dovrà sapere di questa cosa. Che tu ed io ci
incontriamo. Nessuno! Chiaro?!”
“puoi stare certo
che non tengo minimamente a farlo
sapere in giro”.
«speravo che ci fossi
arrivato nel vedere il volantino».
No, invece faceva sul serio
ma…sul serio riguardo che?!
«ho capito che
c’entra qualcosa quel locale malfamato, ma
non cosa ti sia venuto in quella mente tarata! Abbiamo già
fatto molto di
disdicevole, ed Alya-»
«disdicevole come andare
sotto casa del carissimo dottor
MacNeil a suonare i bonghi nel bel mezzo della
notte stonando la canzone dei Watussi dopo
aver ricoperto l’intera abitazione di carta
igienica? E tu ti sei quasi
fatto prendere? Ti ricordo che quella è stata una tua idea…e che lui
è il mentore della tua compagna».
Si, ad Howard anche ripensando a
quello veniva da ridere.
“vendicarsi” del demone in sedia a rotelle era
stato terribilmente divertente.
Infantile, si, come lo erano state le varie idee di Robin -come quella,
o
quella di salire in piedi sui cavallini della giostra al luna park
stando in
equilibrio su un piede solo e con due bastoncini di zucchero filato in
mano- ma
indubbiamente spassoso, soprattutto per uno che “I can”…e qualunque
cosa facesse, indossasse o dicesse diventava di
moda, come per quella pettinatura assurda che si era ritrovato, o
l’orecchino.
«si, ma un conto
è quello e un altro
è…è…qualunque cosa
voglia fare tu! Di’, non avrai intenzione di costringermi
a…a flirtare con gli
spogliarellisti del
club, vero?!»
Eh no, Robin non aveva capito un
accidenti. Ma perché
stupirsi?
«credo che la birra inizi a
fare effetto visto le
scempiaggini che vai blaterando. Più del solito
s’intende» aggiunse tanto per
gradire «ovvio che non “flirteremo” con
gli spogliarellisti! Robin, ma non
ricordi i miei racconti di quando ero un liceale? Eppure l’ho
accennato spesso.
Dai, un piccolo sforzo…»
«…»
Robin si sforzò di
ricordare. Si, avevano parlato spesso di
quel periodo, come di varie altre cose, e in effetti c’era
qualcosa che allora
gli aveva fatto inarcare entrambe le sopracciglia sotto la maschera, ma
in quel
momento non gli veniva in mente…
«il periodo in cui avevo il
piercing sulla lingua…» cercò di
aiutarlo l’altro «la mia fase più
“ribelle”, su!»
Fu Howard stesso invece a ricordare
un dettaglio che lo
indusse a scendere giù dal muretto. Ringraziando il cielo
riuscì a controllare
la risata, e Robin non capì il vero significato del
luccichio nei suoi occhi
smeraldini.
«non mi piace quel
luccichio».
«dai che puoi arrivarci.
Forse».
“la penultima volta che
sono stato al Dark Spark ho adescato
sua moglie, e lui deve ancora venirlo a sapere!”
pensò il marchese.
E fu proprio in quel momento che
Robin riuscì a fare un paio
di collegamenti.
«…no».
Solo che non ci credeva.
«ah
no. No, no.
no -no -no -no no».
«dalla tua reazione credo
che tu abbia capito…»
«è immorale!!!
È qualcosa di completamente…indecente!
Alla nostra età poi!»
«parla per te! Io sono
giovane -venti anni meno di te, non
finirò mai di ricordartelo- e ancora perfettamente fisicato.
Nonché un vecchio
“lavoratore” nel locale, e amico dei
proprietari…»
«non
farò lo
spogliarellista, maledizione!!!» esplose Robin
«mi sono prestato ai
piercing, alle bevute, al bungee jumping, al paracadutismo, al kayak,
al bob,
al parapendio, alle arrampicate ma a questo no!!!
Non pensi a tua moglie?!»
«non intendo certo
tradirla! Oltretutto il Dark Spark ha
regole ferree: i clienti possono e devono
guardare, ma non toccare. E la nudità non
è mai completa…» fece un
sorrisetto «mi sa che sto per vincere la sfida!»
«Lancaster,
è…è scandaloso! È
vergognoso! Che direbbe mio
n-»
«vuoi davvero tirare ancora
in ballo tuo nonno? Suvvia, Robin!
Magari imparare qualche tecnica potrebbe
farti comodo, proprio in considerazione del fatto che hai una compagna
che
potrebbe essere tua figlia e se non metti un po’di pepe nella
vostra relazione
c’è il forte rischio che si annoi!»
Ma quanto si divertiva a prenderlo in
giro in quel modo...
La parte migliore però era
quando abboccava.
Ossia quasi sempre, anche quando lui
aveva vent’anni e Robin
giusto una quarantina.
Peraltro tirando in ballo Alya la
cosa si rivelava ancora
più semplice. Per Robin lei era un vero angelo caduto dal
cielo, e l’idea di
perderla perché l’aveva annoiata lo atterriva
completamente.
«…si annoi e
magari tanto per cambiare invece di un compagno
che potrebbe essere suo padre vada a cercarsi, come dire, un
“toy boy” anche
più giovane di lei. Come mio nipote Sebastian, per
esempio!»
Ecco vibrato il colpo finale.
«mai!!!
D’accordo,
maledizione a te…accetto! È una follia indecente
ma accetto!»
«guarda che io so benissimo
che sotto sotto finora ti sei
divertito come un matto».
«tsk.
Stupidaggini» borbottò Robin, anche se quel che
aveva
detto Howard era vero eccome. Ma dargli la soddisfazione di avere
ragione? Mai!
Così come era stato per
quella di salvarlo come “Tarzan”
nella rubrica. Tarzan, il re delle scimmie. Ma poteva dare a quello lì il nome di un re?!
Eh no! E
allora ecco che era venuto fuori “Jane”, che tanti
sospetti aveva causato nella
povera Alya…
«sicuro,
stupidaggini…sai fare un minimo di “Elvis the
pelvis in the Memphis”, spero».
«eh?»
«movimento
pelvico, Robin,
tipo Elvis» fece i movimenti in questione
«così!...anche questo con la tua
compagna potrebbe tornarti utile…»
«cioè, io dovrei…»
«tu dovrai,
se non
vuoi lasciarmi vincere! Forse sarà meglio che tu beva
qualche drink prima,
altrimenti le signore si troveranno ad ammirare un
vecchio palo di legno inamovibile, e loro
vogliono vedere scene alla “Magic Mike”!»
Dopo che Janice aveva voluto andare a
vederlo con le sue
amiche dei club…meglio non parlare di quel che lui aveva
fatto per sua moglie,
tanto per rimanere anche in quel caso un gradino sopra a tutti quei
“ragazzi
incredibilmente…uuuh” -parole di Janice-.
«alla che?»
Con un sospiro il marchese prese il
cellulare e gli mostrò
il trailer di quel film.
«Lancaster, tu vuoi
rovinarmi!!!»
«no che non voglio. Anche
perché non potresti essere più
rovinato di quanto tu già sia…a meno di non
volerlo fare anche economicamente».
«grazie per avermi
ricordato uno dei tanti motivi per cui
detesto sia te che-»
«limitati al
“te”. E comunque per essere meno riconoscibile,
puoi sempre toglierti la maschera».
«ma è possibile
che a te non importi?! E se qualcuno dei
nostri pari venisse a saperlo?!» sbottò Robin,
tornando al discorso
spogliarello.
«le possibilità
che accada sono esigue, ma se
qualcuno dei nostri pari venisse a saperlo
correrebbero tutti quanti ad imparare qualche mossa per non essere da
meno con
le rispettive mogli o compagne. E le donne in questione comincerebbero
a
sognare che i loro mariti o compagni si esibiscano per loro come
immagineranno
-giustamente- che io faccia per Janice. Quindi,
I can! E tu con la tua
partirai avvantaggiato».
«senti, Alya non
è tipo da-»
«guarda, da quel che ho
potuto vedere in gioventù ogni donna
apprezza un bell’uomo che si sa muovere».
Robin borbottò qualcosa di
incomprensibile, per poi scendere
insieme a lui ed andare fino all’auto…
:: circa
una tre
quarti d’ora dopo ::
“questa volta lo
coglierò sul fatto, e finalmente capirò
cosa c’è dietro, anche se…spero davvero
che non sia come penso”.
Alya aveva trovato sulla scrivania di
Robin, lasciato
“intelligentemente” in bella vista, il volantino
del Dark Spark con relativo
annuncio. E a quel punto non gli ci era voluto molto a fare due
più due, visto
che anche in quella giornata Robin era sparito. Precisamente un quarto
d’ora
prima che lei tornasse dal lavoro.
Quindi Robin si vedeva con
un uomo? La tradiva con un uomo?...non che Alya facesse
qualsiasi discriminazione
in questo senso -per quanto ad altre una cosa del genere avrebbe
portato a
pensare “ma non sarò stata io a fargli cambiare
gusti?”- l’unica cosa che
contava per lei era il possibile tradimento.
Solo…era in quel locale da
più di un’ora, ormai erano le una
e mezza di notte, e lei Robin non l’aveva ancora visto. Per
la Dea, che si
fosse appartato dietro le quinte con uno di quei ragazzi, o uno di
quegli
uomini più maturi ma sempre in perfetta forma, che si
esibivano?
«e adesso mie care signore
preparatevi a vedere un fuori
programma assolutamente speciale!» esclamò la
donna che annunciava le
esibizioni «uno di loro è una nostra vecchia
conoscenza: le clienti che vengono
qui da più tempo sicuramente ricorderanno Samael…»
Urla entusiastiche da parte delle
vecchie clienti in
questione. D’altra parte in un fumetto questo
“Samael” è il nome del principe
dei seduttori…poteva essere adatto ad uno spogliarellista.
«…che stasera ha
portato un amico: Magic Robbie!»
Lì ad Alya cadde quasi
dalle mani il bicchiere di vino
bianco. Aspè…”Magic Robbie”?!
Vuoi vedere che…
“ma dai…sarebbe
assurdo. Eppure…”
Non era poi così assurdo
quando lo spettacolo iniziò vide il
suo compagno sul palco.
Un po’brillo, anche se
poteva notarlo giusto lei.
Senza
maschera.
E, soprattutto, ad imitare i
movimenti di un lucidissimo Howard Lancaster che
evidentemente era
questo famoso “Samael”!
Ecco, a quel punto il bicchiere le
cadde dalle mani per
davvero.
Non si poteva dire che conoscesse
bene Howard Lancaster, ma
lei lo aveva sempre visto con quel suo inappuntabile completo
bianco…insomma,
non avrebbe pensato che fosse il tipo d’uomo che poteva fare
cose come
quella. E invece!
Ma quel che più la
sconvolgeva ovviamente era
l’atteggiamento di Robin, che stava facendo la stessa cosa!
Lui, che “decoro,
onorabilità, morale”! Moralista di giorno,
trasgressivo di notte!
E a quel punto fece tutti i
collegamenti che doveva fare,
arrivando finalmente a capire con chi era
che Robin era uscito fino a quel momento. Pur continuando a
non spiegarsi
quel “Jane” con cui l’aveva salvato in
rubrica.
E a quel punto Alya non sapeva se
mettersi a ridere o…boh.
Magari andare a fare loro i complimenti dopo lo spettacolo, complimenti
della
cui ironia si sarebbe accorto il solo Robin -se non era troppo
ubriaco-. Ironia
non per l’effettiva bravura di entrambi, perché su
quella non si discuteva (?!)
ma per averla fatta stare così in pena per…niente.
Certo, che Robin uscisse proprio con
l’uomo che aveva sempre
dichiarato di odiare era incredibile. Però meglio quello che
un tradimento, e
comunque nonostante a lei il marchese non piacesse, meglio una specie
di “pace”
dovuta al rinnovato sodalizio che trovarsi un esercito in casa, no?
Capì anche
perché Robin non le aveva voluto dire niente a
riguardo. Uno orgoglioso come lui, ammettere di andare a fare bagordi
con un
detestabile “ex” amico? Mai!
Ovviamente avrebbero dovuto parlare molto a lungo…perché
che il suo compagno continuasse a fare idiozie
varie non era proprio tutto questo gran bene.
Ma era già un
po’più sollevata…e peraltro sembrava
che Robin
stesse anche guadagnando il giusto, con quella performance!
Qualche minuto dopo lo spettacolo
finì, ed Alya assistette
ad un’altra scena abbastanza divertente nel momento in cui,
una volta scesi dal
palco, Howard Lancaster guardandosi attorno la vide. Facendole pure un
cenno di
saluto prima di dare dei colpetti sulla spalla di Robin e tendere, con
un
sopracciglio sollevato, la mano aperta ad indicare Alya…che
dal labiale intuì
un “devo aggiungere un commento a ciò,
Robin?”
Anche il suddetto si
voltò, la vide, e si girò nuovamente a
guardare Howard, con una faccia da assoluto primo piano.
«ma che ci fa
q…ah. Il volantino. Mi sa che l’ho lasciato
sulla scrivania».
«d’accordo, a
quanto pare devo aggiungere il
suddetto commento. Mio caro amico, questa cosa
fa il paio con l’aver fatto esplodere il mio aereo mentre
c’eri sopra anche tu.
A buon intenditor poche parole…e adesso dovrò
anche spiegare la faccenda a mia
moglie» per evitare possibili “ricatti”
futuri, ovviamente «andiamo nei
camerini. E inizia a prepararti il discorso da fare a miss Kalinina,
già che ci
sei».
E fu appena entrati nei camerini che
il cellulare di Howard
squillò. Aveva detto a Janice un generico
“esco”, che solitamente le bastava ed
avanzava, ed ora eccola telefonargli…a
quell’ora…
Aveva una pessima sensazione a
riguardo.
Robin lo vide rispondere.
«…tu vuoi dire
che “è stata rapita”, vero?...no?...no.
Impossibile. È del tutto insensato che…ovvio che
torno a casa!» non si curò
nemmeno di cambiarsi, limitandosi ad arraffare il completo grigio in
tutta
fretta.
«dove vai?!»
«dovrai farti riportare a
casa dalla tua compagna, ho altro
a cui pensare adesso!...possibile che come mi allontano un
minuto…»
Ed uscì correndo, diretto
al retro del locale dove aveva
parcheggiato l’auto, senza dare ulteriori spiegazioni a Robin.
Salì in macchina, mise in
moto.
Non era possibile. Dalla prima
all’ultima sillaba, quel che
Janice gli aveva strillato al telefono non era possibile.
Perché se lo fosse stato
avrebbe potuto significare che
forse Lionel non aveva tutti i torti quando aveva
sottinteso…quella cosa.
«assurdo. La faccenda non
ha un minimo di senso! Che cazzo le
è preso?!»
Da quando aveva sposato Emerald e
preso il suo cognome,
Michael solitamente cercava di darsi un po’più di
contegno, almeno nel modo di
parlare, nonostante non avesse rinunciato alla divisa o ad un taglio di
capelli
meno “scompigliato”.
Ma quando era troppo era troppo, e
quel che era successo
giusto una mezz’ora prima lo era indiscutibilmente.
«ma più che
altro c’è da chiedersi come
abbia fatto a…vero, stava molto meglio. Vero, io
stessa ho
potuto vederla compiere lunghi tratti di strada in andata e ritorno. Ma
quel
che ci hai detto dal mio punto di vista non ha alcuna spiegazione
logica».
Già, anche quella
considerazione di Mrs. Lancaster 3 -come
nel proprio intimo Michael si riferiva a Gabrijela- non andava messa da
parte, era
una buona domanda, e quando era salito in camera di sua moglie dopo
l’inseguimento
infruttuoso forse aveva anche trovato la risposta. Ma lui al momento
pensava di
più al fatto che sua moglie avesse
appena
aiutato la bestia a scappare, oltretutto fuggendo via con
lui!
Avrebbe avuto un minimo di senso se
fosse fuggita con, che
so, con Kevin Mask che al momento era in una qualche stanza della villa
insieme
agli altri brats, e come loro
probabilmente anche ubriaco.
Ma non che fosse fuggita con Warsman,
quello assolutamente
no.
E se l’americano oltre ad
essere attonito era anche alquanto
incazzato, era perché di quella fuga assurda dava la maggior
parte della colpa
a se stesso. Se fosse stato un buon marito, o almeno il marito di cui
lei aveva
bisogno, non sarebbe andata via in quel modo.
Lui aveva fatto tutto quello che
aveva potuto. Si era sempre
comportato in modo inappuntabile con lei, chiunque li avesse visti
insieme
avrebbe potuto confermarlo. Ma a quanto pareva, non era stato
abbastanza…
“Nikolai…!!!”
Perché non era lui che
Hammy aveva chiamato per nome. E il nome dell’animale, a lei,
nessuno di loro
l’aveva detto…quindi doveva averlo ricordato.
Aveva ricordato il nome di quella
bestia ed aveva parlato
nel farlo, ci rendiamo conto? Mentre invece della loro storia e del
loro
matrimonio non aveva ricordato nulla, così come non era
riuscita a parlare né
con lui né con nessun altro di loro!
E si che proprio quel pomeriggio era
riuscito a metterla con
le spalle al muro, nell’ennesimo tentativo di fare luce sulla
questione.
“Hammy,
io non
capisco…cosa ti ho fatto? Ho fatto qualcosa di male? Mi sono
comportato in un
modo sbagliato, ho detto qualcosa che non dovevo dire? Ci siamo sempre
detti la
verità, noi due, e voglio farlo anche adesso. Mi allontani
perché non mi vuoi
più, forse non mi ritieni ‘abbastanza’?
Io…credo che ti capirei se fosse così.
In fin dei conti ho esitato ad approfondire la nostra relazione anche
per
questo motivo. Ecco, se si tratta di questo sii
chiara…perché è meglio sapere
come stanno davvero le cose, per brutto che sia, piuttosto che
quest’ incertezza”.
Lei gli aveva accarezzato il viso.
Aveva le mani gelide. Con
un cenno del capo gli aveva detto di no, che quello non
c’entrava niente. Gli
aveva fatto un piccolo sorriso, con un misto di amore e tristezza in
quei suoi
occhi verdi.
Ma non era riuscito a tirarle fuori
altro.
E adesso…
«i soldati non riusciranno
a bloccarli, anche perché se c’è
Emerald accanto a lui non possono sparare a quell’essere
schifoso col rischio
di colpirla…»
«“quell’uomo”»
lo corresse Lionel «ma mio cugino
dov’è?»
«era uscito»
disse Janice, anche lei ancora incredula per
quel che le era stato raccontato «l’ho chiamato,
sarà qui a momenti. Credo».
«i ragazzi di tutto questo
non si cono accorti?...già, dove
accidenti è Sebastian?!» Lionel non ne aveva idea,
e in un momento come
quello avrebbe davvero gradito
sapere dove si trovava suo figlio.
«l’ultima volta
che l’ho visto era con Zachary e quei
ragazzi amici di Emerald…»
In quel momento sopraggiunse anche
Kevin Mask.
“a quanto pare il
bravernicolo non è andato a bravernicolare
con il resto dei brats” pensò
Michael, alzando gli occhi al cielo; la
cosa era già abbastanza irritante senza che ci si mettesse
in mezzo anche
quello lì.
«ho…mi
è parso di aver sentito degli spari e…ma che
è
successo?» stava dormendo quando c’era stato quel
casino, e non si era ancora
svegliato del tutto.
«Kevin…Hammy
è fuggita» disse Janice.
«che?! Fuggita! Ma dove
vuole andare, non sta ancora bene!»
ecco, adesso si era svegliato del tutto.
«a dir la verità
da quel che ci ha appena raccontato il qui
presente Michael, Emerald sta fin troppo bene»
lo corresse Gabrijela
«tanto da atterrare decine di soldati e fuggire con il tuo
allenatore».
«COME COME?!»
Emerald…
Fuggita…
Con Warsman?!
Essendo
all’oscuro di tutto quel
che c’era stato in precedenza tra quei due, sapendo solo che
erano NN1 senza
capire cosa questo implicasse, Kevin Mask cadeva proprio dalle nuvole.
Insomma,
di tutti quelli con cui Hammy avrebbe potuto scappare, per lui, il
russo era
proprio l’ultimo della lista. O almeno, quel russo
lì…con Turbinskii
avrebbe avuto già più senso, un ritorno di fiamma
o roba del genere,
ma…Warsman!
Come?
Perché?!
E pure lui,
già, perché?!
Non faceva che dire che era una puttanella, una sconcia, una
stronza…e poi
tentava di entrare di soppiatto nella tenuta non si sa
perché, senza che lo
avesse minimamente avvertito delle sue intenzioni, per poi scappare con
lei?!
Le cose non
tornavano. Per
niente!
«non
è poi così sorprendente. Io
avevo avvisato mio cugino sul fatto che avrebbe potuto capitare
qualcosa di
simile».
«come,
non…» più avanti si andava
meno Kevin capiva «non vi
seguo…cioè…» si prese la
testa tra le mani. Che
confusione!
«non
sforzare troppo il cervello,
brat, o quel poco che hai
esploderà» disse l’americano, molto
seccato.
«lascia in
pace Kevin, non vedi
com’è sconvolto?!» si mise in mezzo
Janice.
«già,
povero Kevin, è sconvolto,
d’altra parte è l’ ex fidanzato mentre
io sono “solo” il marito!»
«ma
cos’è successo? Ho sentito
dei rumori…»
«…e
ti pareva che non arrivava
anche la polpettina…arrivano tutti quelli che non devono
arrivare, e Mr.
Lancaster invece no!»
Non che avrebbe
potuto fare
molto, a quel punto.
«Emerald
è scappata! Con
Warsman!» esclamò Kevin. Anche
Meat dopo l’iniziale sorpresa divenne semplicemente cupo.
Immaginava che
Emerald non
sarebbe riuscita a rimanere tranquilla a lungo, e le sue speranze che
il russo
la smettesse di intromettersi erano state vane.
«com’è
andata di preciso?»
Tanto valeva
raccontare tutto di
nuovo una sola volta, così il giorno dopo ci avrebbero
pensato Mask e la
polpettina ad informare il resto del gruppo. Per
quanto…Lionel si era chiesto
dove fosse Sebastian, ma anche Michael per un momento si
trovò a chiedersi dove
si fosse cacciato suo fratello, perché era ben strano che
non avesse
partecipato ad un’azione contro chi gli aveva rotto il
cappello. A meno che lui
ed il suddetto Sebastian non si fossero lasciati trascinare dal gruppo
di brats
finendo per terra ubriachi fradici, nonostante solitamente
Zeke fosse uno
che ogni tanto fumava erba ma non beveva granché.
«è
andata così…»
:: poco
prima ::
Warsman era uno che
quando voleva
era in grado di essere furtivo.
Furtivo e letale,
come dimostrava
il fatto di essere riuscito a sorprendere alle spalle un piccolo
drappello di
tre soldati, uccidendoli in fretta con gli artigli, e decidendo di
indossare la
divisa di uno di loro dopo aver nascosto i cadaveri. In seguito per
dare ancora
meno dell’occhio si era unito ad un altro gruppetto di
soldati, che come da
disposizioni non viaggiavano mai da soli.
Era stata una buona
mossa,
bisognava ammetterlo, che lo aveva portato vicino alla villa.
Peccato che poi uno
di quei
bastardi avesse trovato ed identificato i cadaveri e non avesse esitato
a dare
l’allarme su tutte le linee col dire che “Barnes
non è Barnes ma un impostore”.
E lui non era
riuscito a far
fuori il gruppetto con cui aveva viaggiato prima che uno di loro desse
la sua
posizione alle squadre più vicine, accorse immediatamente.
Michael stesso era in
una di
quelle. Sua moglie non intendeva dormire con lui, ed il nervosismo lo
aveva
tenuto sveglio, quindi era andato a vigilare. Insomma…se lo
amava ancora, e
adesso era abbastanza in forze, perché non voleva consumare
il matrimonio o
avere troppi contatti con lui in generale?! Non aveva senso.
La notizia che
l’impostore era
stato trovato ed era nelle vicinanze lo fece sentire quasi felice,
specialmente perché lui sapeva di chi si trattava. Lo
avevano aspettato per
dieci notti, dieci, segno che Zeke doveva averlo
conciato piuttosto
male, ma lui non si era arreso lo stesso ed ecco che era venuto
lì a morire.
Nemmeno lontano dalla
stanza di
Emerald per giunta, due delle tante finestre su quel lato della villa
erano
quelle di camera sua.
«tu non
riesci proprio a capire
quando è il momento di finirla, eh, bestiaccia
schifosa?!» avevano sparato,
Warsman si era gettato dietro un cespuglio «non ti sono
bastate quelle due
settimane in mia compagnia? Vuoi fare il bis? Accomodati…»
Avevano sparato al
cespuglio, tra
gli alberi, gli erano corsi dietro, erano ancora più vicini
alla villa adesso.
E l’unica
cosa che Michael voleva
era fargliela pagare cara. Perché nonostante si rendesse
conto che Warsman non
aveva colpa di un tacco rotto, se non si fosse intromesso Emerald non
avrebbe
cercato di andare da lui e non sarebbe caduta, e adesso sarebbero stati
in luna
di miele. Senza pensieri, senza problemi, e senza amnesie.
Quel mostro aveva
rovinato il
giorno più bello della sua esistenza, Emerald non stava bene
per colpa sua,
quindi Warsman la doveva pagare cara.
Magari con la vita, come
avrebbe dovuto succedere già quella volta alle finali.
«…ma
stavolta andrà a finire
diversamente, filthy beast!»
sparò ancora, così come alcuni degli altri
soldati. Warsman riuscì ad evitare la maggior parte dei
colpi, ma quello
dell’americano ed altri due lo presero di striscio, e nel
frattempo di quei
soldati ne arrivavano sempre più, sempre
più…erano una ventina, adesso…
Emerald era stata
ridestata dal
rumore degli spari.
Non aveva partecipato
alla
“festa” che avevano voluto fare gli altri nel
tentativo di distrarla,
nonostante le loro insistenze -in particolar modo quelle di suo cugino
e suo
cognato- ed era andata a letto. Voleva che si divertissero, non che
stessero
tutto il tempo a pensare all’handicappata
nell’angolo; quella festa sarebbe
stata un momento di distensione tutto per loro. Se lo meritavano. E
così era
andata a letto verso le dieci.
“ma che
succede…sono spari
questi?!” si avvicinò alla finestra,
guardò fuori…
«non ti
sono bastate due
settimane in mia compagnia? Vuoi fare il bis? Accomodati!
Ma stavolta andrà a finire diversamente, filthy beast!»
Altri spari.
Era Michael, e lui e
i soldati
stavano dando addosso ad un uomo a pochi metri dalla villa.
Già solo questo
normalmente l’avrebbe allarmata, perché se un
intruso entrava nella tenuta e
loro attaccavano con l’idea di uccidere significava che
l’intruso in questione
doveva essere pericoloso, eppure…
Uno sparo
colpì il casco della
divisa, che si ruppe. La ragazza riuscì a vedere il viso, o
meglio la maschera,
dell’estraneo…e le balzò alla mente
qualcosa.
Un nome.
«Nikolai…»
disse piano.
Quell’uomo
si chiamava Nikolai. Lei
lo conosceva.
E non
doveva morire…perché lei non
voleva che morisse.
«Nikolai»
ripeté. E stavolta si
accorse perfino di aver parlato!
Quell’uomo
faceva parte dei suoi
ricordi, che altrimenti erano un buco nero.
Era solo un nome, un
filo
sottile, ma non poteva lasciarlo andare. Niente aveva gettato un filo
di luce
nelle tenebre di quei due anni e mezzo, niente, se non vedere lui di persona. Guardando i video in cui
compariva c’era stato qualcosa però non era
bastato e…beh…adesso ecco che non
solo ricordava quel nome, ma era riuscita perfino a dirlo a voce.
“non deve
morire, lui non deve
morire ma non mi ascolteranno” pensò velocemente,
e seppe che non
l’avrebbero neppure mai lasciata sola con lui, che
aveva tentato di ucciderla e viceversa e…e tutto quel poco
che le avevano detto…
“Nikolai-Nikolai-Nikolai”
continuò a ripetersi quel nome in maniera ossessiva, non
poteva permettersi di dimenticarlo.
Era la chiave dei suoi ricordi.
Altri spari.
Doveva fare qualcosa,
doveva…si…andare
via.
Con lui.
Scappare,
nascondersi, finché la
memoria non fosse tornata.
Ma come raggiungerlo
in tempo?! Ora
riusciva a fare parecchia strada, ma quello non sarebbe bastato per
salvarlo e
fuggire.
A meno che…
“a questo
punto tanto vale
tentare. Loro non si fermeranno ma io non posso perdere
quell’uomo. Non voglio,
e mi serve”.
Aveva aperto il
cassetto del
comodino. C’erano dieci fiale di quel liquido luminescente
che quando entrava
in circolo la faceva sentire in grado di fare di
tutto, e forse era davvero così.
Quello che le serviva
era una “super
carica”, una volta e poi mai più in tutta la vita,
anche se questo avesse
significato iniettarsi tutte e dieci le fiale. Non le interessava.
Prese la
“pistola” che usava per
iniettarsi quella roba e tutte e dieci le fiale. Più
velocemente che poteva, “sparò”
nelle proprie vene la prima fiala, poi la seconda, la terza…
Altri spari ancora.
Doveva muoversi.
Non c’era tempo di fare altro.
Chiuse gli occhi.
Il liquido di tutte e
dieci le
fiale entrò in circolo.
“una
volta…e poi mai più”.
E per fortuna che
aveva lasciato
la finestra aperta, tempo in meno da sprecare.
L’avevano
messo a muro. Sarebbero
riusciti a farlo fuori, era una questione di poco e Warsman lo sapeva.
E lui non aveva
neppure fatto
quello per cui era venuto, sarebbe morto senza avere neppure la
possibilità di
rivederla un’ultima volta.
«adios, Freddy» disse
l’americano, sparando un colpo che, ne era
certo, stavolta avrebbe preso in pieno il bersaglio.
Mai avuto un pensiero
più
sbagliato di così, perché dopo aver rapidamente
atterrato quattro soldati un “qualcosa”
di estremamente veloce riuscì a deviare il proiettile, che
finì per conficcarsi
in un albero vicino. Cosa già di per sé
sorprendente…
«Nikolai…!»
Ma lo era ancora di
più che
a) il
“qualcosa” fosse Emerald
b) anche se quel
braccio destro potenziato
era durissimo non poteva deviare un
proiettile
c) Emerald non era così veloce
d) aveva
parlato
E quel che aveva
detto era
proprio il nome del russo ferito. Michael abbassò il fucile,
ancora attonito.
«Hammy…?»
Hammy, si, con le
vene che
addirittura brillavano al buio
sotto
la pelle, tutti i muscoli tesi e pronti allo scatto. Ma la ragazza non
parlò
oltre, limitandosi ad afferrare Warsman e correre via ad una
velocità inaudita,
atterrando qualche altro soldato che era sulla sua strada.
Il primo a
riprendersi dalla
sorpresa era stato Michael stesso.
«non
state lì impalati, cercate di prenderli!!!»
Lui stesso si
lanciò all’ inutile
inseguimento, mentre con lo walkie-talkie avvertiva tutte le squadre
più vicine
di cercare di prendere Warsman, già ferito, senza uso di
forza letale proprio perché
Emerald era con lui.
Ma non ci fu niente
da fare. Erano
troppo veloci.
«t-tu non
potevi farlo questo una
volta-aaah che diamine!!!» esclamò il russo quando
Hammy superò con un salto il
confine con la tenuta dei Mask. Man mano le sue vene -ringraziando il
cielo perché
era una cosa abbastanza inquietante- stavano smettendo di brillare, ma
col
diminuire del brillio diminuiva anche la sua velocità.
Continuava a correre
tenendolo per mano, ma era evidente che quella super carica ottenuta
non si sa
come stava bruciando ogni sua scintilla di energia, tanto che, corri
che ti
corri, una volta arrivati ad un centinaio di metri dalla villa di Robin
la
ragazza crollò sulle ginocchia.
«Emerald-»
«nhrr»
fu la sua risposta, mentre
si rialzava con un ringhio. Non aveva la più pallida idea di
dove andare, aveva
corso in quella direzione solo perché era quella dritta
davanti a lei, e adesso
stava ricominciando a sentirsi maledettamente debole senza aver
concluso niente
di che. Una cosa assolutamente snervante.
«non ce la
fai, hai già fatto
abbastanza…non si sa come…» Warsman
sibilò di dolore. Era ferito, e si che
aveva appena iniziato a riprendersi dalla battaglia contro Zachary e il
degno
compare «tu ricordi, ora? Ricordi qualcosa?»
«Nikolai»
borbottò lei. “faresti
meglio a rimetterti la divisa, sembri una pantegana con quella
calzamaglia
grigia del cazzo” cercò di dire anche, pur senza
ricordare che quella era una
cosa che gli aveva detto un milione di volte «nnnh!
Nh!» “ma perché
non ci riesco?!”
Alla fine scosse la
testa, ancora
più irritata e prossima ad un pianto di puro nervosismo.
«…non
ricordi altro. A parte il
mio nome».
“e riesco a
dire solo quello”
pensò lei “è una questione di tempo. La
chiave è lui. Lo so che è lui. Ma so
anche che dobbiamo nasconderci. Ovviamente a me non farebbero del male,
ma a
lui si. O se anche non gliene facessero non ci lascerebbero stare soli.
E c’è bisogno…che
stiamo soli. Non so perché,
ma so che è
così: sola con il mio
nemico principale, fantastico…” pensò a
Michael e si sentì quasi male fisicamente
“…perdonami…una volta che
sarà tutto finito e sarò guarita ti
spiegherò, lo
giuro, se ci sarai ancora!”
Crollò
svenuta con quell’ultimo
pensiero.
E adesso toccava a
Flash cercare
un posto dove poter stare finché entrambi non fossero stati
un po’meglio.
:: ora
::
«wo. Un
attimo. Questo è
impossibile, Emerald non può farlo» disse Kevin
«no no. Non è in grado di
deviare un proiettile. Non è possibile».
«quando
prima sono salito in
camera sua ed ho visto quel che c’era sul letto, nove fiale
vuote sul lenzuolo più
una -sempre vuota- nella “pistola”, mi sono fatto
un’idea che sia stata quella
roba che prendeva a farle quell’effetto. Anche se
così ha finito tutta la
scorta, e quella risorsa ora non ce l’ha più.
Questo perlomeno ci renderà più
facile riportarla a casa…ma perché cazzo
sarà fuggita con lui…»
«hai detto
che ha parlato ed ha
detto il nome di Warsman, quello vero, che nessuno di voi le aveva mai
detto. Ha
ricordato, ed è anche riuscita a parlare; facile che abbia
visto Volkoff come
la chiave per sbloccare la sua memoria, ed ha agito di
conseguenza».
Già, Mrs.
Lancaster 3 era stata una
psicologa. E forse quel che diceva aveva un senso.
«è
probabile» intervenne anche
Meat «e forse…voleva anche scappare e basta. Non
voleva compassione e temeva
che sarebbe stata messa da parte, se non fosse migliorata. Si
è definita più
volte il “Circo Amnesia”…»
guardò Michael «e credeva di farti schifo, anche
se
io stesso l’ho rassicurata sul fatto che si sbagliava su
tutto».
«e tu non
hai pensato di dirmelo?!»
l’americano tirò un pugno contro la parete
«maledizione, ma allora…»
“allora
è davvero andata via per
colpa mia”.
Non aggiunse altro a
riguardo,
andandosene via.
Aveva
dell’altro da fare. Aveva pensato
ad una cosa, e ne avrebbe parlato ad Howard quando questi fosse tornato.
Emerald doveva essere
riportata a
casa, e a quel punto era chiaro che nonostante tutto lei non
voleva che il russo morisse. Ok. Ok. L’avrebbe
accontentata,
proprio per amor suo.
Ma per
l’appunto prima andavano
trovati, ed il russo andava tolto di torno ugualmente, anche se non
uccidendolo.
Warsman era abile a
nascondersi,
ed in passato lo aveva dimostrato quando Mr. Lancaster gli aveva dato
la
caccia. Ma allora erano solo loro della “security”
a farlo, e c’erano molte
meno unità.
Adesso invece
avrebbero potuto
anche chiedere aiuti esterni: polizia, Interpol se necessario grazie
agli
agganci di Howard, ed anche gente dei servizi segreti.
Non
per un rapimento che non c’era stato, visto che Hammy era
scappata di sua volontà, ma perché
Warsman era colpevole di un omicidio.
Il cadavere di
Pumpinator era
ancora ibernato, bastava tirarlo fuori. I segni degli artigli del russo
erano perfettamente
visibili, non c’era possibilità di errore.
L’avrebbero
gettato in una
prigione di massima sicurezza per qualcosa che aveva
fatto e non ne sarebbe più uscito. Ma sarebbe
stato vivo come
Hammy desiderava.
"vorrei poter fare il
bis di quelle due settimane e finirlo una volta per tutte, ma quel che
mi interessa di più al momento è che lei venga
trovata e risolviamo quel che c'è da risolvere tra noi".
Come idea non era
male. Certo,
era ancora tutto da decidere, ma intanto avere uno straccio di piano
era già
qualcosa. Si, anche in quel caso l'ultima parola sarebbe andata ad
Hammy stessa, una volta tornata. Se proprio avesse insistito, sempre
per amor suo, si sarebbero limitati a spedire Warsman su Nettuno invece
che in galera, anche dopo aver coinvolto la Giustizia; tanto la
Giustizia era nelle mani di chi poteva pagare per ottenerla o "non ottenerla"...
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Capitolo 6 *** Un bicchiere di troppo! ***
6
«ma si
può sapere che c’è?!»
Michael era con i
nervi a fior di
pelle già di suo a causa di quel che era capitato la notte
prima, che aveva
passato sveglio a discutere con suo suocero su cosa fare e cosa non
fare. Si
era fatto raccontare tutto per filo e per segno, e la decisione finale
presa lo
aveva sorpreso -quanto gli abiti aderenti in pelle lucida con cui
l’aveva visto
tornare-.
“non c’è necessità
di coinvolgere le ‘autorità’, i nostri
uomini bastano
ed avanzano. Ovviamente li faremo cercare in ogni dove. E li troveremo.
Da quel
momento in poi, li seguiremo e manterremo una vigilanza
costante…”
“che
cosa?! Quella bestia…va presa, va ammazzata, o almeno va
fatta
sparire!”
“purtroppo
la bestia in questione sembra essere la chiave dei suoi
ricordi. Niente aveva sbloccato qualcosa fino ad ora, ma ha ricordato
il suo
nome -quello vero per di più- appena l’ha visto.
È ovvio che questo non piaccia
nemmeno a me, ma…sembra essere per il suo bene. E come hai
potuto ben vedere
Hammy sa difendersi. Se li faremo cercare e sorvegliare sarà
solo per
verificare che lei stia bene e che lui non
la…insidi…per quanto io ritenga ancora
quest’ultima cosa altamente improbabile”.
“insomma
lasciamo che vada così?! Anche una volta trovati lasceremo
che
quei due-”
“finché
mia figlia non avrà riavuto la memoria, si.
Mi costa dirlo, ma si. Non oso immaginare quanto sia dura per
te, e credimi, mi dispiace. Però…”
“…la
sua memoria prima di tutto”.
“io
sono convinto che lei ti ami ancora. Vuole solo ritrovare i suoi
ricordi”.
“lei
è convinta di farmi schifo perché è
amnesica e non parla, ecco
cos’è. Sono un pessimo marito”.
“da
quel che ho potuto vedere io, non mi è parso che fosse
così”.
“eppure
lei non è qui con noi. È via con quel mostro. Ma
non è con lei
che ce l’ho. Ce l’ho con me”.
“io
no però. E se mai bisogna prendersela con qualcuno questo
sono io;
se fossi stato qui, invece che in giro, forse saremmo riusciti ad
evitare
questa cosa…anche se per l’appunto Warsman sembra
essere la chiave. Non lo so. Ma so
per certo che una volta che Hammy avrà
ritrovato i suoi ricordi, se anche non uccideremo
quell’animale, non lasceremo
neppure che resti sul pianeta”.
Non
scherzava, Howard, quando diceva che gli costava molto dire una
cosa del genere. Che dovevano lasciare Emerald con…quel coso.
Ma
d’altra parte lui era quello che “ogni cosa fatta
da Emerald è fatta
bene”. Anche quando non era fatta bene per niente.
E
insomma ecco, l’ex mercenario aveva già abbastanza
grane e zero
voglia di stare a sentire le menate di suo fratello.
«ho
un problema Lentiggine. Grosso».
«o
senti, se è ancora per il cappello non sono in vena
di-»
«il
cappello non c’entra».
Solo
a quel punto Michael notò che Zachary non stava sorridendo.
Nemmeno un po’.
Ed
era la prima volta che lo rivedeva dalla giornata scorsa.
Il
che voleva dire che Zeke aveva avuto un giorno intero, notte
compresa, per combinare non si sa cosa.
Ma
l’albino stesso non fece un plissé quando venne
sbattuto contro il
muro dal fratello.
«che
cazzo hai combinato ancora?!! Hai idea di quel che
è
successo ieri notte?!...che hai fatto, anche tu?! Hai dato fuoco a
qualcosa,
hai piazzato quegli stramaledetti topi incendiari da qualche parte,
distrutto
il Big Ben, hai ammazzato qualcuno, cosa?! …e
a proposito, quando
Warsman qualche giorno fa ti è capitato davanti avresti
dovuto finire il
lavoro!!!»
«ho
saputo di quel che ha combinato la cognatina, mi sa che quella
botta in testa le ha fatto più danni di quanto pensassimo,
ma tanto la
ritroverete di sicuro e il mio è un problema un
po’più serio…»
«dimmi
cos’hai fatto e poi prepara le valigie»
disse l’altro in
un ringhio, lasciando finalmente andare Zachary, che si
limitò a scrollarsi la
polvere di dosso.
«di’
Lentiggine, ma…se uno fa una cosa e poi non si ricorda
niente della
cosa in questione si può considerare come non fatta,
giusto?»
Michael
era sempre più inquieto. «taglia corto, Zachary!
Si può sapere
che hai fatto?!»
Adesso
negli occhi diversamente colorati del ragazzo era comparsa una
stranissima espressione perplessa, come se avesse pensato a qualcosa di
assurdo.
«eh…da
quel che ho capito mi sono accoppiato!»
A
quell’affermazione Michael parve come
“sgonfiarsi”, passando
dall’avere un’aria profondamente incavolata ad una
che era un misto tra
l’attonito, il perplesso, e in un certo senso anche il
sollevato.
Tutti
quelli che lo conoscevano sapevano benissimo che Zeke era
praticamente asessuato, non gli interessavano né donne
né uomini, e a quasi
ventidue anni era ancora vergine proprio per via di questo suo
disinteresse,
non perché gli sarebbero mancate le possibilità
di andare a letto con qualcuna.
Il
primo istinto dell’americano dunque fu rispondergli con un
“e tu
vieni a seccarmi solo per questo?! Perché per una volta in
vita tua hai fatto
qualcosa di normale?!!” ma nonostante il
milione di pensieri che aveva
per la testa quella era una cosa talmente inaudita che…via,
i dettagli
doveva conoscerli per forza.
«…tu
hai…tsk, e io che ho pensato avessi combinato
chissà che cosa…beh,
benvenuto nel mondo degli adulti, fratellino» riecco il suo
famoso ghigno da
schiaffi, dopo tanto tempo «che tu ricordi oppure no, una
volta che l’hai fatto
l’hai fatto!»
«ma
non mi sento diverso. La penso tale e quale a prima».
«adesso
però devi dirmi come-dove-quando è
successo…e soprattutto con
chi! Iniziavo a perdere le speranze…si beh, a meno
che…» lo guardò «uomo o
donna?»
«una
cosa per volta Lentiggine» sbuffò
l’albino «non posso crederci. Mi
sono accoppiato».
«eh,
ho capito, ma io voglio i dettagli!»
«…e
c’è anche la possibilità che mi sia
riprodotto perché-»
«ah!
Donna! Ottimo. Allora? Muoviti, che ho dell’altro a cui
pensare…»
si incupì «come sai».
«mi
dispiace per quel che è successo. Hammy, al di là
dell’amnesia, era
strana già da un po’…ma francamente non
penso che se è fuggita sia colpa tua».
Non
cambiava le cose, ma era un po’di conforto sapere che
lì, di tutti
quelli con cui aveva parlato, nessuno gli dava la colpa di quanto era
successo.
«grazie»
si lasciò sfuggire un sospiro nervoso
«…ma io come marito
dovevo fare di più, avrei dovuto riuscire a sbloccarle
qualche ricordo».
«fare
più di quello che hai fatto era impossibile. E poi guarda
che non
funziona mica come dici tu. Cioè, non devi essere tu
a sbloccare la
roba, è la roba che deve sbloccarsi da sola» disse
l’albino «dai che alla fine
andrà tutto come deve andare…»
«lo
spero e- un attimo, io e te stavamo parlando
d’altro mi
pare!...allora?»
«si
stavo dicendo, oltre a questo problema di essermi accoppiato
c’è
anche la possibilità che mi sia riprodotto
perché quando mi sono
svegliato non c’erano preservativi in
giro…vabbè che magari prende la
pillola…»
«ti decidi a dirmi chi cavolo ti sei portato a
letto?!»
«...eppure…è
vero che solitamente
non bevo granché, ma un bicchiere di vodka liscia non mi ha
mai fatto questo
effetto “blackout”. Va’ a vedere che
invece era quel liquore del pianeta dei
demoni che sembra praticamente uguale…» niente da
fare, continuava a blaterare
tra sé e sé, e Michael stava iniziando ad
innervosirsi un’altra volta.
«Zachary!!! Maledizione, dimmi chi è e
falla finita!»
«mamma mia
che scorbutico» si
tolse i capelli candidi da davanti agli occhi «Jacqueline
MacMadd. Jacqueline,
Lentiggine, ti rendi conto?» sbuffò
«insomma se proprio dovevo andare a letto
con qualcuna preferivo Kirika che almeno è un tipo
particolare, e invece no!
Quando mi sono svegliato mi sono trovato vicino la rossa tettona! Sono
andato
via che lei ancora dormiva…»
Michael non sapeva se
mettersi a
ridere istericamente, ad urlare, prenderlo a sberle, strozzarlo o
sbattergli la
testa contro il muro nella speranza che iniziasse a ragionare come una
persona
normale. Nella sua prima volta in assoluto si era scopato Jacqueline
MacMadd ed
aveva pure il coraggio di lamentarsi?!
Dicendo perfino che “avrebbe
preferito
Kirika”?!
È proprio
vero che la fortuna va
sempre da chi non è in grado di apprezzarla. Tanto che
Michael alla fine si
limitò a guardarlo scuotendo la testa.
«Zachary
Connors, tu non capisci
proprio un emerito cazzo».
«perché?»
«…e
mi chiedi pure perché?
Cristo. Mi chiede pure il perché, questo!... la rossa
è stata il sogno erotico
di tutti quelli che hanno guadato il Torneo chojin!»
«siiiii,
non nego che abbia tutte
le qualità per essere qualcosa del genere, non ho detto che
è brutta. Ho detto
solo che se proprio dovevo accoppiarmi avrei preferito
quell’altra!...Lentiggine?...dove
vai?... certo che delle volte mio fratello è veramente
strano, se ne va mentre
uno gli parla» commentò l’albino
vedendolo allontanarsi in fretta e furia «non
mi ha fatto nemmeno finire di dire quel che volevo dire. O
beh…gli lascerò un
biglietto sul letto» e fischiettando se ne andò
nella propria stanza a fare
le valigie.
Non perché
gliel’aveva detto suo
fratello, ma semplicemente perché voleva cambiare aria, e
nel mentre cambiava
aria anche cercare l’adorata cognatina.
Quella decisione
l’aveva presa
principalmente per quei motivi lì, ma ce n’era un
altro che dal suo punto di
vista era piuttosto rilevante: a volte certe ragazze tendevano ad
attaccarsi
come alghe al tizio che si erano portate a letto la notte prima. E lui
non voleva
rotture in quel senso, perché di Jackie non gliene fregava
proprio niente.
Quindi giusto il
tempo di finire
di fare i bagagli e se ne sarebbe andato via…
«uuuh…che
dolorosa fitta al
capo…»
L’albino si
voltò. Sebastian. Un
arrivo imprevisto. «e prendi un’aspirina
no?»
«ho
già assunto una compressa e
sto solo attendendo che faccia effetto».
Zeke
sollevò un sopracciglio. «ma
hai battuto la testa? Hai un bernoccolo immenso!»
L’altro
fece uno sbuffo. «no…ho
semplicemente scoperto che quell’ignorante di un cavallo
gigante non apprezza
Oscar Wilde, almeno da quanto riesco a rimembrare della notte appena
passata».
Zachary
continuò a riempire le
valigie, ma più alla svelta. «io non mi ricordo
niente, e forse è meglio
così…»
«non
ricordi? Ah! Invero, il
dolore alla testa mi ha fatto dimenticare di riferirti che appena prima
che io
e Kid Muscle lasciassimo il salottino dell’ala est miss
MacMadd si è appartata
in tua -piuttosto entusiastica- compagnia!» gli pose una mano
sulla spalla «ben
fatto, e benvenuto nel mondo dei lussuriosi!»
«no,
ascolta, “benvenuto” di
niente, te l’ho detto che ho un blackout riguardo quanto
è successo, quindi è
come se non l’avessi fatto» ribatté Zeke
«ci ho pensato su, ed ho concluso che
devo aver bevuto del liquore del pianeta dei demoni al posto della
vodka».
«è
possibile, odore e colore sono
i medesimi. Ma il sapore è più buono, ed
è quattro volte più forte!» solo a
quel punto si accorse delle valigie, segno che non era ancora del tutto
in sé «cosa…perché
fai le valigie?»
«magari
perché me ne vado?»
«ma come?!
Avevamo deciso di
partire insieme quando Emerald fosse stata a posto!...già,
hai saputo di cosa-»
«si,
l’ho saputo, ed è anche per
questo motivo che è ora di levare le tende» disse,
chiudendo la zip della prima
valigia «ed iniziare a cercarla come dico io,
perché secondo me mio fratello e
tuo zio non caveranno un ragno dal buco.
Ennò…» fece schioccare la lingua
contro il palato «pur con tutte le risorse a disposizione, io
non credo che
siano in grado di farlo».
«per quale
motivo parli così? Ci
sono ottime possibilità che riescano a trovarla, in fondo la
conoscono molto
bene».
«eh si. Ma
lei conosce loro
altrettanto bene, ed è lì che sta il problema.
Più il fatto che Warsman in
passato è riuscito a sfuggire per anni alla caccia di tuo
zio, e quindi sa come
muoversi…e con Emerald accanto sa anche come si muoveranno loro».
Sebastian
ammutolì. Non ci aveva
pensato. «giusto».
«in
compenso nessuno dei due,
visto che Hammy ha l’amnesia, conosce sul serio me»
continuò Zachary
«mentre io, a lei, si. Quindi ecco…li
cerco» concluse «li trovo, stordisco
entrambi, nascondo da qualche parte il russo svenuto, la riporto a
casa, torno
dal robottino con gli artigli, gioco un po’con il suo
cervello-computer e poi
lo uccido».
«lo…uccidi»
deglutì «la vedo
dura, l’altra volta siamo stati fortunati a-»
«Seb…lui
mi ha rotto il cappello.
Anche se adesso l’hanno ricucito non cancella il fatto che
lui ci abbia messo
gli artigli addosso».
«ma se Emerald ha scelto di
andar via con quell’oltraggio
alla bellezza dubito che voglia per lui una morte prematura»
obiettò Sebastian
«per quanto io non riesca a comprendere tutta la
considerazione che lei, ed
anche i miei genitori, danno a quel mostro che loro definiscono uomo.
“C'è
qualcosa di terribilmente morboso nella compassione che oggi si prova
per la
sofferenza. Si dovrebbe provare simpatia per il colore, la bellezza, la
gioia
di vivere. Quanto meno si parla dei mali della vita, tanto meglio
è”» eh
no, la zoccolata in testa di Abraxas non aveva avuto alcun effetto se
non
quello di stordirlo, per la gioia del cavallo stesso.
«parole sante. E quanto ad
Emerald, beh…a parte che una
volta che il robot è offline, è offline, e
l’unica cosa che potrebbe fare è
accettarlo…ma non deve necessariamente venire a sapere che
fine farà. Per
quanto ho in progetto di farle sapere, per lei potrebbe anche essere
soltanto
sparito dalla circolazione. Io all’inizio ero per rispettare
la sua volontà, e
non fargli del male. Ma dopo quel che è successo al
matrimonio ho capito che quel
distributore automatico ambulante è una fonte di continue
rotture, e se
qualcuno non fa un intervento drastico qui la cosa non finisce
più. C’è
Lentiggine che non sta affatto bene per tutto questo, sai…e
non mi va che mio
fratello non stia bene»
tirò fuori il
portatile dalla custodia «quindi».
«ho capito.
Senti…io vengo con te».
Zachary non sollevò
nemmeno lo sguardo dallo schermo. «no».
«ma
perché?!»
«perché i tuoi
non vogliono che tu rischi la testa» mimò le
virgolette, perché per come la pensava chi stava con lui non
rischiava mai la
testa davvero «lo hai visto tu stesso».
«se Emerald a è
potuta andare a Tokyo non ancora maggiorenne
-e da quel momento in poi ha fatto ben più che il solo
“rischiare la testa”-
allora io che di anni ne ho venti compiuti posso decidere di partire
con
qualcuno se e quando mi va!...che fai?»
«per una missione come
questa servono soldi. Probabilmente
Hammy e quel robot sono ancora qui nei paraggi, ma è facile
che si spostino in
un altro Stato, se non li troverò prima. Quindi visto che la
password del ricco
conto di Lentiggine l’ho beccata tempo fa, e non devo nemmeno
hackerare il
sistema, sto trasferendo due milioni dal suo conto al mio»
come detto Michael
ne prendeva cinque fissi, o più a seconda delle missioni
completate con
successo, al mese «dopotutto è sua la moglie
fuggita, è giusto che mi finanzi» Zachary
Connors era in grado di fare cose che non doveva fare anche solo
muovendo un
dito. Fregare soldi dal conto di suo fratello maggiore non era
esattamente una
buona azione «e appena lasciata la tenuta andrò a
prosciugare il mio conto. Due
milioni in contanti puliti-puliti…»
«dunque non è
uno scherzo, sono le tue reali intenzioni».
«yeah».
Sebastian si mise in ginocchio.
«fammi venire con te!
Sarebbe un’avventura incredibile da raccontare ai miei amici
di Belfast!» si,
sempre se fosse sopravvissuto all’esperienza. Questi ragazzi
di oggi non
imparano proprio niente, eh?
L’albino gli diede
un’occhiata. «saresti disposto a giurare
su Oscar Wilde che io ho cercato di dissuaderti ma tu hai voluto
seguirmi lo
stesso pur sapendo benissimo che i tuoi genitori non sarebbero stati
d’accordo
e tutto il resto?»
«si!»
«…anche a
metterlo per iscritto?»
«porgimi della carta da
lettere e te lo dimostrerò!»
«guarda che sono
serio».
«anche io sono
serio!»
Completata la transazione Zachary
alzò le mani «benissimo»
per poi porgergli carta e penna e mettere a posto il pc mentre
Sebastian
scriveva «almeno non devo nemmeno sprecarmi a scrivere
io».
«…finito! Corro
a fare i bagagli. Solo…» posò il foglio
sul
comodino «di quella dolce fanciulla dai capelli rossi non
t’interessa nulla?»
«no. E ti ripeto che
è successo solo perché ero ubriaco, e
lei anche, giusto?»
«devo in parte contraddirti
mio buon amico! Quando vi siete
appartati lei era solo un po’più allegra. Ma credo
capisse perfettamente quel
che stava facendo. Pare proprio che avessi scatenato in lei una certa
libidine…»
«peggio mi sento! Corri a
fare quelle valigie allora, non
voglio trovarmela davanti e poi appiccicata come una cozza. No, no. Ho
dell’altro da fare io!»
E nessuno dei due si mise a pensare
troppo al fatto che se
fossero andati via all’improvviso i relativi parenti
sarebbero stati a
preoccuparsi anche per loro, invece che solo per Hammy. Nulla di cui
stupirsi
in fondo; Zachary era Zachary ed era fatto in quel modo, faceva quel
che voleva
con la convinzione -giusta o meno- di essere abbastanza in gamba da
cavarsela
in ogni situazione, e Sebastian era un nobile ragazzo annoiato in cerca
di
un’avventura da raccontare agli amici, con un desiderio di
“evasione e
trasgressione” covato da qualche anno.
E convinto, nonostante quel che gli
dicevano i genitori, di
avere ragione sul voler togliere di mezzo lo sgorbio di Madre Russia
proprio
perché…sgorbio, appunto!
Inoltre per qualche curioso
meccanismo psicologico che forse
giusto sua madre avrebbe saputo decifrare, era stato come se parte di
lui
avesse riconosciuto l’albino sia come modello da imitare che
come “leader”.
Proprio perché era l’incarnazione di quel che
Sebastian avrebbe voluto essere,
abile e libero di fare quel che gli pareva, ed era proprio a questo che
il
giovane nobile pensava mentre correva a riempire le valigie.
Non si curò nemmeno di
chiedere a Zeke come sarebbero andati
via, dove sarebbero stati, e quant’altro. Voleva partire e
basta.
Non si curò neppure troppo
di spiegazzare gli abiti stile
vittoriano modernizzato.
«hai finito?»
Zachary era arrivato lì
nella sua stanza, pronto ad
andarsene.
«si, si…ho
terminato di preparare i bagagli».
«bene, perché io
ho già chiamato un taxi. Sarà qui tra un
po’…giusto il tempo per fare una capatina
nell’armeria di uno dei piani
sotterranei della villa» disse Zeke pensieroso.
«sai
dell’armeria?»
«girellando si scoprono
tante cose» mostrò un borsone ancora
vuoto.
«se vuoi posso occuparmi io
dei bagagli di entrambi. Li
porterò al cancello mentre tu ti procurerai le
armi».
«come ti pare. Convinto
eh?»
«si» Sebastian
non fece tempo a dire altro che Zeke era già
sparito «…veloce come il
pensiero…»
Nello svegliarsi aveva teso un
braccio, a cercare qualcuno
che avrebbe dovuto essere accanto a lei e che invece…
«Zachary…?»
Che invece no, non c’era
affatto.
Jacqueline MacMadd si mosse sotto le
lenzuola, voltandosi
nel cercare con gli occhi il ragazzo. Ma non c’era traccia
né di lui né dei
suoi vestiti né…di niente. Cosa che la rese un
po’confusa, e anche vagamente
irritata.
Si alzò, e dopo essersi
rimessa addosso qualcosa andò a
vedere se tante volte era nel bagno attiguo alla stanza da letto.
Niente
neanche lì.
Si morse il labbro inferiore,
indispettita e piuttosto
delusa. Tutti uguali gli uomini, verginelli oppure no!
Eppure non avrebbe mai pensato che
sarebbe andata così…
:: mezzanotte
e un
quarto della sera prima ::
«eeeh…ma non
vale eh!» protestò Kid Muscle, decisamente
sbronzo già da quell’ora, mentre era costretto
togliersi i pantaloni «Seb ti
shecondo me bari…» borbotto «shiiii, tu
bari!»
Dopo aver bevuto infatti alcuni di
loro -nello specifico Kid
stesso, Crea, Sebastian, Terry, Wally e Kirika- avevano avuto
l’idea di
mettersi a giocare a strip poker. Al momento Sebastian L.V.C.
Lancaster, giusto
un po’brillo ma ancora non del tutto ubriaco, risultava il
più vestito in
quanto si era soltanto tolto il foulard verde arricciato; a Kid, tanto
sfortunato nel gioco quanto in amore, restavano solo i boxer, Kirika
aveva
ancora pantaloni e reggiseno, Crea era rimasta in intimo -e fortuna sua
che
Jeager era già bell’e crollato- Terry era a petto
nudo e Wally…si era ritirato
dopo che Crea si era tolta la maglietta, mormorando che
“mamma non vorrebbe che
vedessi delle ragazze seminude”!
«“bisogna
sempre
giocare onestamente quando si hanno le carte vincenti”»
replicò il giovane
Lancaster «vedo…e il mio tris di re di cuori batte
la tua coppia di regine!»
«noo-oh…Kid
Muscle nudo» guaì Terry coprendosi gli occhi
«nooo…non fatemi questo…»
«si in effetti non dovrebbe
essere esattamente un bel
vedere» Zachary era stravaccato sul divano, col braccio
sinistro attorno alle
spalle di Chichi e il destro attorno a quelle di Jacqueline. Non gli
interessavano le donne, e nemmeno gli uomini, ma non voleva dire che ne
rifiutasse la compagnia. Con le persone che gli piacevano Zeke
risultava essere
molto espansivo ed affettuoso -appena conosciute aveva salutato tutte
le
ragazze del gruppo con un abbraccio, ed i ragazzi con una calorosa
stretta di
mano- tanto che nonostante dai racconti di Hammy sapessero tutti per
certo che
era una specie di terrorista, risultava loro molto difficile crederlo.
Non lo
avevano mai visto in azione, e a parte Jacqueline nessuno
l’aveva mai visto senza
vestiti; come riuscire a pensare davvero che
quel ragazzo bassino -1.67- ed apparentemente gracile, decisamente
eccentrico
ma anche piuttosto dolce, potesse…insomma…se
l’era vista con Warsman ed era
sopravvissuto! E a Washington lo chiamavano Armageddon!
Era proprio quel lato
“nascosto” -molto per modo di dire-
della personalità dell’albino che riusciva ad
attirare l’interesse di
Jacqueline MacMadd. Lei che amava tanto la brutalità e
detestava la banalità,
beh, era stata servita trovandosi davanti quel ragazzo dai capelli
candidi e
gli occhi di colore diverso che era tanto gentile quanto distruttivo ed
assolutamente
spietato. Una persona “diversa”, unica nel suo
genere…e qualcuno avrebbe detto “per
fortuna”!
Un’attrazione vera e
propria era scattata in lei quando l’aveva
visto entrare nella piscina termale calda coperta -o meglio in una delle piscine termali calde coperte- della
villa. Con quel costume nero con Pac-Man disegnato sopra -ma gli si
poteva
perdonare- e senza occhiali. Si era perfino tolto il cappello, non
poteva
correre il rischio di rovinarlo bagnandolo…e lei in quel
momento aveva potuto
vedere che il ragazzo non era poi così gracile come
sembrava. Si, non era una
delle montagne di muscoli che lei era abituata a vedere,
però era ultra tonico
e alquanto ben fatto. E quei tagli in via di guarigione sul petto e sul
volto dal
punto di vista della MacMadd erano alquanto sexy.
Che volete farci, sui gusti non si
discute.
Ecco, da quel momento in poi
Jacqueline aveva deciso che
provarci con Zachary Connors, il quasi ventiduenne verginello
asessuato, non
sarebbe stata una cattiva idea. Convinta che, se c’era una
donna che poteva
essere in grado di liberare i suoi istinti sopiti, quella era
sicuramente lei.
Ma fino a quel momento non aveva
ottenuto risultati di
sorta, se non un “aaah…sono tattiche di
corteggiamento, vero? Se le mettessi in
pratica con altri sarebbe interessante studiare quelle ed i risultati
prodotti,
però con me non funzionano. Lo sai che non sono interessato
a certe cose…mi
dispiace. Però se le usi con qualcun altro faranno effetto
di sicuro, perché per
i canoni estetici attuali sei una ragazza tanto
carina!”
«beh
dipende…tagliamogli la testa e poi il fisico è
guardabile!» fu il cinico commento di una Trixie abbastanza
su di giri dopo
vari bicchieri di Jack Daniel’s. Zachary aveva bevuto solo un
paio di chupitos
rhum e pera, ma non gli avevano fatto nulla di che se non renderlo un
po’più
allegro, e per Jacqueline valeva lo stesso discorso.
«però qui
c’è qualcun altro che avrebbe un bel
fisico…solo
che è ingeneroso e non vuol farcelo vedere»
commentò quest’ultima, facendo
camminare due dita sul petto -la parte dove non c’erano
ferite- di Zeke.
«non avrebbe senso che
stessi di continuo a petto nudo, o
mettessi una calzamaglia» osservò lui «e
poi non vorrei causare un’inutile
aumento di libidine che non verrebbe soddisfatta».
“causare”, non
“causarti”. Si era mantenuto sul generico, ma
Jackie aveva capito benissimo a chi si riferiva, ossia a lei stessa.
«NOOOOOOOOOOOOO per
carità divina, rivestiti!!!»
urlò Dik Dik vedendo Kid Muscle nudo e ancora
più brillo di prima avvicinarsi al tavolo dei superalcolici
e versare in due
bicchieri belli grandi del liquore che solo apparentemente sembrava
vodka, andando
poi verso Zachary a passo sghembo.
«e-ehi! Ma tu, niente
più nettare degli dheee-eei?! Facci compagnia!»
biascicò, appioppandogli entrambi i bicchieri.
«vodka, eh?»
l’albino ne passò uno a Trixie, pensando che
con soli due chupitos quel bicchiere fosse ancora sostenibile
«d’accordo…»
«e adesso vado a darne uno
anche a Roxanne…» e infatti andò
a versare altri due bicchieri di “vodka”
«eeeeeeeeeeehiiiiiiiiii, Roxa-anne!!!»
strillò il kinnuku mettendosi ad inseguire la chojin che
vedendolo avvicinarsi
nudo come un verme si diede alla fuga. Idem Fiona, che era vicina a lei
«Fionaaa!!! Aspettate!!!» nella fuga/inseguimento i
tre calpestarono più volte
il povero Jeager a terra, ma non ci fecero nemmeno caso.
«a beh, alla
salute» commentò Zeke svuotando il bicchiere in
tre sorsi netti. Bicchiere pieno di liquore del pianeta dei demoni, a
causa di
un errore di Kid Muscle. E dal minuto seguente in poi Zachary Connors
smise
ufficialmente di capire qualsiasi cosa.
Caso voleva però che in
quel ragazzo nemmeno i sintomi di
una sbronza pesante come questa -mai avute così!- fossero
precisamente normali. Si,
c’era meno senso dell’equilibrio,
si, i discorsi che faceva erano un leggermente farfugliati,
però sembrava
giusto “brillo”. Non ubriaco tronco…
«mmmh…che
cos’era che dicevi prima, Jackie?»
«eh?»
Trixie si era alzata dal divano
ridendo sguaiatamente e
tirando via Terry dalla partita di strip poker. Zeke prese ad
accarezzare
delicatamente il collo candido della rossa. «riguardo la mia
ingenerosità».
…e soprattutto si
comportava in modo che altri avrebbero
definito “normale” quando una bella ragazza come
Jacqueline MacMadd ci provava
in maniera evidente.
«oh!...si…dicevo
che sei molto ingeneroso» disse la MacMadd
«perché vuoi tenerti tutto per te. Ma nella vita
bisogna condividere,
sai?» riprese ad accarezzargli il petto, andando anche
a finirgli in braccio «con le persone giuste».
Lui le accarezzò i fianchi
in un gesto che sembrava
perfettamente naturale. Ma…non l’aveva mai fatto
prima!
«e magari vorresti che mi
condividessi proprio con te!»
«l’hai detto tu
che sono una ragazza “tanto carina”»
ribatté
lei avvicinando i loro volti.
«su questo non ci
piove…»
«finalmente inizi a capire
che sono una delle persone
giuste, eh? Era ora» concluse lei, baciandolo.
Avrebbe dovuto insegnargli parecchie
cosucce, ma dalla
reazione che stava avendo lui sembrava essere lieto di impararle tutte
quante. E
anche in fretta!
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah,
vedi, quello che non gli
interessavano le donne!» rise forte Kirika, che si era
avvicinata a Dik Dik con
dei chupitos di liquore del pianeta dei demoni
«to’, bevitelo alla facciaccia
mia…» ne passò uno anche a Sebastian
«e tu pure! Sculato che non sei altro! due
scale reali!!!»
«ho già bevuto
dell’altro ma, che dire, “posso
resistere a tutto tranne che alle
tentazioni”!» disse il ragazzo,
sparandosi il bicchierino tutto d’un fiato.
E fu proprio quello a fargli venire
un’idea che da lucido
non avrebbe mai avuto.
«Kid
Muscle!»
esclamò, lanciando al kinniku i boxer che si era tolto
«seguimi!»
«…eh?
Perché?»
Sebastian gli pose un braccio attorno
alle spalle: grazie al
suo metro e ottanta di altezza poteva farlo, anche se con qualche
piccola
difficoltà «andremo ad illuminare le menti con le
parole dell’illustre Oscar
Wilde!»
«di
chi…?» bofonchiò Kid.
«le menti di tutti!
Tutti!!! Anche quelle equine!»
disse solenne il ragazzo.
«ah…eh…come
ti pare…» replicò Kid, avviandosi verso
l’uscita
proprio quando Jacqueline aveva deciso di appartarsi con Zeke
«…ma guarda tu
queheehllo…che razza di fortuna…»
Questione di opinioni, Kid…
:: ora ::
«non capisco, era stato
così carino e disponibile…perché
accidenti
non è qui?» sbottò irritata,
rivestendosi ed uscendo a cercarlo «non si tratta
così una ragazza, sarà bene che glielo
spieghi…» disse tra sé e sé
procedendo a
grandi passi in corridoio «forse lo ha fatto
perché non sa come comportarsi, in
fin dei conti non aveva mai vissuto l’esperienza»
si rassicurò, dicendosi che
una come lei lasciava sempre il segno e che non se n’era
andato via per
disinteresse.
Mentre camminava quasi si
scontrò con Sebastian, che appena
la vide tentò di nascondere le valigie dietro la schiena.
Cavolo! Proprio lei
doveva incrociare!
«felice giorno, signorina
MacMadd».
«si, ciao
Sebastian…dimmi, hai visto Zachary per caso?» non
fece nemmeno caso ai bagagli, da tanto che era concentrata sul proprio
obiettivo.
«temo di doverti dare una
risposta negativa. Da quando vi
siete appartati ieri sera non ho più avuto occasione di
vedere il mio buon
amico» mentì spudoratamente «dunque non
è con te?»
«no, altrimenti non starei
a cercarlo, ti pare?»
«chiedo venia profonda per
la mia sciocca domanda».
«si…se lo vedi
digli che lo sto cercando» concluse la rossa,
che non aveva voglia di stare a sentire oltre parlate ottocentesche,
andandosene via.
E anche Sebastian decise di correre
al cancello in tutta
fretta prima che la ragazza ci ripensasse e venisse a fargli qualche
altra
domanda!
Ebbe fortuna, perché non
incrociò né i suoi genitori né i
suoi zii, e neppure Jordan Lederdale o altri membri della
servitù come il
nipote del maggiordomo in capo -suo omonimo oltretutto, visto che si
chiamava
anch’egli Sebastian- e quando arrivò al
cancello…
«ce ne hai messo di
tempo…ho fatto prima io che tu».
…Zeke era già
lì.
«ho incontrato Jacqueline.
Ti stava cercando…»
«carichiamo quei bagagli e
filiamo via allora, e di corsa».
«hai idea di dove
andare?»
«te l’ho detto,
prima in banca e poi…da qualche parte.
Troveremo un posto dove fare “base”, e da
lì si vedrà. Ho già iniziato a
stilare mentalmente una lista dei possibili luoghi dove cercare, uno
dei quali
è molto vicino…ma
per cause di forza
maggiore devo cambiare aria lo stesso!»
:: circa
mezz’ora dopo
::
«…si, miz MacMadd,
l’ho visto una mezz’ora fa» Michael
sogghignò «me l’hai sverginato!
Complimenti
per l’impresa titanica in cui sei riuscita, anche se lui dice
di non ricordare
niente».
«che…?»
si stupì lei «ma era piuttosto lucido,
veramente!»
non proprio, ma lei non poteva saperlo.
«davvero? A me
l’ha raccontata diversa, ma forse…mah. Quello
strano essere pallido a volte è incomprensibile. Quando
l’ho incrociato
comunque la direzione in cui stava andando era quella della sua stanza,
forse è
lì».
«mh, ben-»
«sai che
c’è? Ti accompagno. Sono curioso di venire a capo
della faccenda».
“e mi servirà a
distendermi un attimo”.
Le ricerche erano partite
immediatamente, ma fino a quel
momento non avevano dato risultati. E più ore passavano
più difficile si
sarebbe rivelato trovare sua moglie e quel brutto mostro.
«non sarebbero proprio
affari tuoi, sai?»
«lo sono da quando mio
fratello stamattina è venuto a dirmi
che, parole sue, “si è accoppiato e forse anche
riprodotto”…» fece una breve
risata nel vederla sbuffare «potevi sceglierti di
meglio».
«ribadisco che sono affari
miei…»
Ad ogni modo si lasciò
accompagnare, pensando che magari
sentendo che era lei Zeke, non sapendo come ci si doveva comportare,
non
avrebbe neppure aperto la porta. Per timidezza
(?!) ovviamente.
Arrivati alla stanza
dell’albino lei e l’ex mercenario
trovarono la porta chiusa, come immaginavano.
«Zachary,
c’è una bella gnocca dai capelli rossi che vuole
vederti, non farla aspettare!» disse Michael abbassando la
maniglia. La porta
non era stata chiusa a chiave «capito,
non…»
La stanza era vuota. L’uomo
iniziò a provare una certa
inquietudine, che cresceva man mano che notava che le cose di suoi
fratello non
c’erano più.
«che succede? Non
è qui?» gli chiese Jacqueline.
«rispettivamente, niente di
buono e no» replicò secco l’altro,
che giusto in quel momento notò una lettera piegata in due,
che prese in mano
dandole una rapida letta. La calligrafia e la firma erano di Sebastian,
non erano
di Zachary, a parte che nel post scriptum…
Ps.: ti ho
fregato un paio di milioni dal conto. Era giusto
che mi finanziassi un minimo, no Lentiggine?
Ma bastava ed avanzava!
Con un mezzo urlo di rabbia
l’americano accartocciò la
lettera nel pugno. «ma io quel
cretino
quando lo trovo lo ammazzo con le mie mani!!!»
esplose, non tanto per i due
milioni rubati quanto perché si era messo in testa di andare
a cercare Warsman
per farlo fuori e, cosa ancor più grave, aveva coinvolto il
figlio di Lionel
Lancaster! «che cazzo gli è saltato in
testa?!»
«ma cosa-»
Jacqueline non venne minimamente
considerata mentre Michael
andava in fretta e furia dal suocero a riferirgli che ora di fuggitivi
di cui
occuparsi ce n’erano quattro…
***
Nel prossimo
capitolo si rivedrà Hammy, don't worry :) ...l'idea di Seb
che chiacchiera con Abraxas è di vermissen_stern! xD
|
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Capitolo 7 *** Momenti difficili ***
La ragazza passò un dito
su uno dei mobili antichi, per poi
osservare i tre centimetri e mezzo di polvere con un’aria di
assoluta
disapprovazione.
«a beh, giustamente la
signora marchesa avrebbe preteso un
rifugio temporaneo lucido come gli specchi di casa sua».
“fottiti”.
Si era svegliata molto debole e con
l’impressione di essere
caduta dalla padella nella brace. Avrebbe dovuto pensarci meglio, prima
di
fuggire con quell’odioso ratto di fogna…e invece
si era lasciata trascinare dal
momento, e da quel “Nikolai” che era stato il primo
frammento di memoria
perduta ad essere tornato. Nonché da
quell’inspiegabile volontà di non vederlo
morire, o almeno non per mano dei soldati.
E adesso si trovavano
nell’immensa “soffitta” della villa di
Robin Mask, nella quale negli anni si erano accatastati mobili su
mobili ed un
mucchio di altro ciarpame, nonostante vista la presenza di un piccolo
bagno
-vecchio un bel po’- funzionante in origine quel luogo doveva
essere stato
pensato più come una mansarda.
Warsman l’aveva raggiunta
arrampicandosi sul muro della
villa grazie agli artigli, incurante delle ferite e del fatto che non
si era
ancora ripreso dalla battaglia con quei due ragazzini bastardi, dopo
essersi
caricato Emerald sulla spalla come fosse stata un sacco di patate.
“si, sono passata proprio
dalla padella alla brace” pensò
Emerald “e tutto per ritrovare questa maledetta memoria.
Cazzo, perlomeno se
fossi rimasta a casa mia avrei potuto continuare a scrivere sul tablet
invece
che sulla polvere!...per quanto non so se sia peggio essere circondata
da gente
che mi compatisce o con questo tizio che se dice solo
un’altra parola si
ritroverà castrato…” diede
un’occhiataccia al tizio in questione “ma dove ci
va
con quella calzamaglia?! Giusto al circo! Meriterebbe di essere
ammazzato solo
per quella!...ma perché la chiave di
tutto deve essere proprio Capitan
Pantaloni Aderenti?...‘Capitan Pantaloni
Aderenti’…mica male come soprannome.
Chissà se l’avrò già
chiamato in quel modo almeno una volta!”
«altrettanto. Memoria
oppure no resti la solita puttanella
viziata…» borbottò il russo
«cerchiamo di fare un attimo il punto della
situazione. Io ero venuto a casa tua per vederti…»
“per farti
ammazzare da mio marito, se mai. E poi puttana
sarà quella pantegana di tua madre”.
Flash si zittì per qualche
istante. Ovviamente quegli
insulti per loro erano la normalità, quindi non era tanto
per quello quanto
piuttosto per l’espressione della ragazza.
Si erano odiati fin da subito ma
andando avanti il loro rapporto
era come “cresciuto”…avevano sviluppato
una specie di “rispetto” ed
“attaccamento” reciproci - quest’ultimo
più lui, che lei - grazie o per colpa
di tutto quello che era successo tra loro: le battaglie, il viaggio,
Rio, le
serate di tango segrete, salvataggi di vita vari, diverse situazioni in
cui
avevano avuto la prova che un legame del genere non poteva essere
spezzato con
facilità, depressioni, lacrime etc.
E se per lui tutto questo era ancora
valido, per lei non
valeva lo stesso discorso.
Si, Warsman sapeva che per lei era
stato tutto “cancellato”,
però un conto era sentirlo dire e un conto trovarsi a
combattere con la stupida
ragazzina di quando si erano conosciuti, quella che lo odiava e basta,
e che
forse sarebbe stata anche capace di denigrarlo per il suo viso, se
l’avesse
visto.
Per lui Hammy contava fin troppo,
tanto da correre rischi
assurdi spesso e volentieri pur di non perderla.
Per lei, lui era un tizio a lei
nemico che però le serviva,
e che voleva vivo senza sapere perché.
Ma non c’erano
né rispetto né attaccamento da parte
sua…non
più.
«tieni ferme quelle dita,
se non vuoi che te le tagli».
“uh. Pauuuura.
È vero che sono debole ma se con questo” mostrò
il braccio destro “spacco una parete di cemento
armato come se fosse fatta
di carta non mi ci vuole niente a fare la stessa cosa a TE” scrisse
“il
punto della situazione è che non ricordavo niente, poi ti ho
visto e mi sono
ricordata il tuo nome. Voglio che la mia memoria torni, così
che io possa
tornare a mia volta con Michael…ed è come se
‘sentissi’ che la chiave di tutto”
lo indicò per dirgli che era lui “mi
servi. E serve che siamo soli,
perché forse se ci fossero influenze esterne la cosa non
funzionerebbe…credo.
Ma che ne so…” sbuffò
“e poi ci sono diverse cose che devi spiegarmi,
anche se mica lo so quanto quel che dici può essere
attendibile!”
«andiamo bene, darti alla
fuga con qualcuno di cui nemmeno
ti fidi. Proprio una mossa da te» lo disse sempre sarcastico,
ma quelle
considerazioni di Hammy non gli facevano esattamente piacere. Si
fidavano più
l’uno dell’altra di quanto si fidassero di
chiunque, fino a poco più di venti
giorni prima.
Se gli faceva male? Ooh, si.
Emerald doveva imparare a conoscerlo
di nuovo, con la
differenza che stavolta partiva con il presupposto che lui
“era un nemico ed
era una bestia senza cuore”.
“oh
si perché tu mi
conosci abbastanza per dirmi cosa è e cosa non è
da me -.- ma vai ìa vai ìa vai
ìa…”
«se proprio vuoi saperlo ti
conosco meglio di tuo marito o
di tuo padre, secondo me».
“ceeerto,
perché a me
frega molto delle opinioni di una”
Fece per scrivere
“bestia”, ma qualcosa la trattenne,
facendole anche cancellare quel che aveva avviato a scrivere.
Serrò le dita in
un pugno e guardò l’uomo che si era sposato vicino
a lei.
«sai che non lo sono, anche
se adesso non lo ricordi».
«Nikolai».
«già».
Se non altro era già
qualcosa il fatto che non gli avesse
dato della bestia.
Anche se adesso non voleva nemmeno
che lui la toccasse, come
gli aveva fatto capire appena si era svegliata, scostandosi bruscamente
da lui
con una faccia da “toglimi immediatamente le mani di dosso o
te le taglio e te
le faccio mangiare”.
Lui stava solo verificando la
frequenza dei battiti cardiaci
dal polso. Lo aveva fatto ogni venti minuti da quando erano arrivati in
quella
soffitta, dopo averla adagiata su un letto piuttosto antico e
polveroso,
approfittando delle pause tra un controllo ed un altro per medicarsi al
volo
anche le proprie ferite…
Emerald si prese la testa tra le mani
con un’aria
maledettamente incavolata. Stupido cervello! Ma perché non
ricordava?!
“ricorda-ricorda-ricorda!!!”
pensò, sforzandosi più che poteva senza ottenere
risultati.
Vide un pesante soprammobile in
piombo…
«ah no!
scordatelo!» Warsman riuscì ad intuire le sue
intenzioni, bloccandola prima che raggiungesse l’oggetto in
questione «quella
della famosa seconda botta in testa è una chimera e tu
dovresti saperlo!»
«nnnh!!!»
protestò
lei divincolandosi e riuscendo a liberare il braccio destro, con cui lo
spinse
via.
“a quanto pare non ha
ancora capito che non deve toccarmi”
pensò.
«Emerald, che per te non
sia facile lo so, ma non ti
autorizza a fare stupidaggini come quella. Ti feriresti e basta senza
ottenere
niente! E poi dobbiamo pensare a come muoverci. Non è facile
farlo avendo tuo
padre alle calcagna, e poco importa che in un certo senso sia stata tu
a “rapirmi”.
Renditi conto che cercheranno in tutti i modi di riportare a casa te e
far
sparire me» le disse «per adesso qui potrebbe anche
andare bene. Per
riprenderti, e per riprendermi un po’anche io. Tu odi Robin
Mask, non avrebbe
molto senso nascondersi qui in casa sua, e si presume che il sistema di
sicurezza eviti intrusioni esterne; inoltre pensare che possa
nasconderci di
sua volontà sarebbe piuttosto assurdo, no?»
Lei fece spallucce.
“forse.
Ma forse
invece mio padre penserebbe che io faccia qualcosa a cui lui non
penserebbe,
per nascondermi. Nel senso, potrebbe pensare che io pensi che lui pensi
che io
odiando Robin Mask non verrei mai qui”.
«io infatti ho detto
“per adesso potrebbe andare bene”, non
“rimaniamo qui per tutto il tempo”. Ovvio che prima
o poi -probabilmente presto-
finirà a pensare qualcosa del genere. Potrei dire molte cose
di tuo padre, ma
non che sia stupido».
“non
ti azzardare a
parlare male di lui!!!”
Ecco, anche quello avrebbe dovuto
immaginarselo.
«Emerald, per piacere, non
è il momento. Allora, per adesso
staremo qui…poi…» si sedette sul letto
«dovremo come minimo lasciare
l’Inghilterra. Più lontani saremo, meglio
è. Tornare a Tokyo non la considero
una buona idea…»
Peccato, Hammy avrebbe voluto andarci.
«…forse
più in là. Adesso sarebbe una mossa troppo
prevedibile. Dovremo andare altrove».
“però
all’ultimo a
Tokyo ci andiamo uguale vero?...ma più che altro tu non hai
pensato a come fare
per raggiungere questi posti”.
«viaggeremo come
clandestini in una delle poche linee
rimaste che non siano di voi
Lancaster. Ci travestiremo entrambi, più di questo non
possiamo fare» la guardò
«in casi come questi un padre come il tuo è
abbastanza scomodo, mh? Per non
parlare del tuo adorabile marito.
O
del tuo altrettanto adorabile cognato.
O di tuo cugino».
“piantala
con i
commenti sulla mia famiglia, non siamo criminali capito?!”
«non tutti, vero. Tua madre
mi ha aiutato in due occasioni e
tua zia…Iva Jerkovic trentottenne…»
sospirò. Gabrijela gli aveva fatto una
certa -buonissima- impressione anche per motivi che sconfinavano
dall’umanità
che aveva dimostrato «mi ha curato le ferite al
volto».
“aspè.
Perché cavolo
mamma e zia ti aiutano?!!”
«perché sono
brave persone, ecco perché!...e…io penso che se
adesso avessi ricordato…forse anche tu mi avresti aiutato a
curare le ferite. E
non avresti permesso che mi fosse fatto del male, e…tsk.
Inutile parlarne»
concluse vedendola alzare un sopracciglio «non vuoi che io
muoia ma non credi
nemmeno che saresti disposta ad aiutarmi per un motivo diverso dal
“mi servi
per ricordare”».
Lei annuì.
Lui distolse lo sguardo.
Non era facile, eh no.
«eravamo nemici, ma a me
tenevi. E ti fidavi. Me ne hai
dette di cose, via via».
“è
improbabile”.
«è VERO,
Emerald, non improbabile. È vero. Avevamo
un rapporto strano quanto ti pare, ma…era forte. Hai
provato a spezzarlo per il mio stesso bene una volta, ma non ha
funzionato».
“sei
ossessionato da
me?”
«non si tratta di
questo».
Lei sollevò nuovamente un
sopracciglio, e gli lanciò
un’occhiata dubbiosa, mentre una minuscola parvenza di
sogghigno quasi malevolo
le compariva in viso.
“non
sarai uno di quei
vecchi porcelli che si prendono cotte per le ventenni?...per piacere
non dirmi
che sei innamorato di me, sennò è la volta che
bestemmio”.
Lì per lì il
russo rimase completamente interdetto per quel
che lei aveva scritto, al di là di quel “uno di
quei vecchi porcelli” che era
piuttosto vicino al modo in cui lei l’aveva apostrofato
spesso.
Interdetto come qualcuno colto sul
fatto, che non aveva idea
di cosa rispondere.
Ma lui non
era
innamorato di lei! …ovvio che no!
«non
è…!!! Mi sa che quella botta in testa ha fatto
danni
più gravi di quanto pensassi. Io e te siamo Nemici Numeri
Uno! Ci odiamo!
“innamorato di te”, ma per
piacere…assolutamente no! Non di una come te. Sei troppo
stronza».
“…disse
quello
simpatico come un calcio nelle palle. Non ti capisco, prima blateri di
fiducia
ed attaccamento tra me e te e poi…non capisco come possa
essere così, se siamo
nemici”.
«è una domanda
che mi sono fatto spesso, e forse anche tu.
Che io sappia nessuno dei due ha mai trovato una risposta, sapevamo
solo
che…era così!»
“ci
credo poco.
Anzi…quasi per niente. Se è così dammi
una prova. Hai detto di conoscermi anche
meglio di mio padre e di mio marito, dimmi qualcosa che ho detto a te e
non ho
detto a nessun altro allora!”
Il russo stette un po’ a
pensare. Hammy di cose gliene aveva
dette diverse, ma che suo padre e suo marito non
conoscevano…cosa ci poteva
essere? Che prova poteva darle?!
Poi giunse l’illuminazione.
Ma certo, che cretino che era!
«l’uomo con cui
sei andata a letto la tua prima
volta, a Buenos Aires, si chiama
Aleksander Specter. Avvocato, da quel che ti disse. E per bocca tua so
per
certo che non l’hai raccontato a nessun altro, nemmeno a tuo
padre!»
Parve funzionare, dal modo in cui la
ragazza sgranò gli
occhi smeraldini. Era vero, lei il nome di quell’uomo non
l’aveva mai detto a
nessuno. Solo che le sembrava incredibile che proprio
a lui…
«la ritieni una prova,
Emerald?»
La ragazza ovviamente continuava ad
essere diffidente. Però
a quanto pareva lui non le aveva detto delle stupidaggini. Per avergli
detto
quella cosa doveva voler dire che si fidava proprio tanto,
rispondendogli
quando lui…forse glielo aveva domandato…mah.
“è
tutto un
po’complicato al momento”.
«lo so».
Emerald pensò che forse
anche per lui doveva essere
complicato, se le cose stavano davvero come le aveva detto.
Ma poi pensò anche che al
momento non gliene importava
niente.
Aveva già abbastanza grane
per fatti suoi senza mettersi a pensare
a come poteva stare o non stare quel…coso.
Quell’uomo. Vabbè, oh, quello che
era.
«la mia idea era di
scappare andando in luoghi in cui tu sei
già stata. Tokyo sarà tra le ultime
mete…ti ho già detto perché».
“appunto, non
ripeterti e limitati a dirmi DOVE andremo”.
«la prima tappa
sarà a Washington» la sorprese lui «che
mi
piaccia o meno è stato un luogo tanto importante per te da
farti fare un nuovo
tatuaggio. Ed è piuttosto imprevedibile, non credi?
Servirà a far perdere le
tracce per un po’. Dopo Washington verrà Buenos
Aires…»
“ma
guarda che
quel che è successo a Buenos Aires me lo ricordo
benissimo”.
«tu ricordi il primo
viaggio che hai fatto insieme alla tua
famiglia, non il secondo…con me».
Warsman osservò la sua
espressione stupita diventare dapprima
perplessa, poi scettica, e poi…la sentì ridere.
Piuttosto piano, ma stava
ridendo, ed il motivo era piuttosto ovvio. Emerald si
indicò, poi indicò lui,
si allontanò. La risata divenne un
po’più forte.
“che cazzata…di
tutte quelle che mi hai raccontato questa è
la più grossa!” tentò di dire tra una
risata ed un’altra…che terminò quando
si
rese conto di non riuscirci ancora, emettendo di nuovo solo quel suono
strozzato.
“maledizione…!”
pensò tirando un pugno
-il sinistro- contro un mobile, finendo
comunque per romperlo.
Ed era tanto presa da se stessa che
non si accorse neppure
dello sguardo del russo, da dopo che l’aveva sentita ridere.
Non gli aveva creduto. Ovvio. Anche
quello avrebbe dovuto
aspettarselo, ma era stata un’altra cosa che non gli aveva
fatto per nulla
piacere.
“la sua famiglia
probabilmente si sarà lagnata tanto per
questi due anni e mezzo mancanti, ma perlomeno lei si ricorda di loro,
li
conosce ed è loro legata. Invece io sono legato a qualcuno
per cui non varrei
nulla, se non fossi la chiave”.
“si…comunque
dubito che sarei andata con te da qualsiasi
parte” scrisse ancora la ragazza.
Ma non rideva più, e
poi…adesso aveva un curioso motivetto a
risuonarle in testa. Sembrava un tango a giudicare dal ritmo.
Chiuse gli occhi e cercò
di focalizzare…
«Emerald-»
avviò a dire Warsman, ma si interruppe quando lei
alzò l’indice.
Quella musica le stava facendo
ricordare qualcosa. Era un
altro filo sottile che non poteva perdere, ma che doveva seguire per
arrivare a
destinazione.
“devo seguire il
filo…forza, testaccia malefica!!!”
pensò la
ragazza “su!!!”
“why
does my heart cry
Feelings
I can’t fight
You’re
free to leave me
But just
don’t deceive me
And
please
Believe
me when I say I love you!”
[…]
“…I
vincitori! Congratulazioni!”
“hai visto miz
Lancaster, te l’avevo detto che tra
i miei tanti pregi c’è anche quello di essere un
ottimo ballerino!”
“seeeeh
vabbè! Non fare troppo il fanfarone adesso, il
50% del lavoro l’ho fatto io”.
“diciamo anche il
sessanta per cento, con questo vestito
sei ancora più sexy del solito, il che è tutto
dire…”
“mpf…questo
rosso comunque è nuovo”.
“staresti bene
anche vestita di stracci. E staresti
ancora meglio vestita…di niente!”
“e
ridagli…”
“che
c’è miz? Ho solo detto la
verità…”
«quello era il nostro
tango…»
Alle parole di Warsman, Hammy
riaprì gli occhi e sollevò un
sopracciglio.
«quello che hai
canticchiato».
Ah, aveva canticchiato? Non se
n’era resa conto.
Ma comunque, che andava blaterando il
tizio?!
«no…mio e di mio
marito se mai. È con lui che ho ballato»
disse la ragazza, senza nemmeno rendersene conto fino
all’ultima parola. E
quando fece per aggiungere altro, non le riuscì. Solo quei
“nnnh”.
Ma per Flash quel che aveva detto era
abbastanza. «no che
non era tuo e di “Mikey”!!! Era nostro,
Emerald, nostro!»
“ma non penso
proprio. Ho ballato con Mikey, me lo
ricordo. Avevo un vestito rosso…”
Ah.
A quel punto il russo
capì. Era vero, Emerald aveva ballato una
volta il tango con l’ex mercenario, in quello che
dal suo punto di vista
era stato un tradimento bello e buono. Ed era anche vero che aveva un
vestito
rosso. Le volte che loro due avevano ballato insieme aveva messo quello
verde
smeraldo, sempre.
Gli venne una gran voglia di urlare e
spaccare tutto quel
che aveva intorno, perché di tutte le gare che aveva fatto
si era ricordata l’unica
alla quale aveva partecipato insieme ad un partner che non
fosse lui!
E il colmo era che, del fatto che
avesse riacquistato un
altro ricordo, lui avrebbe pure dovuto essere contento!
“ma
è una presa per
il culo o cosa?!” pensò. Vero che Hammy non poteva
scegliere cosa ricordare e
cosa no, come non poteva scegliere quando, però era qualcosa
di
talmente…ironico…e lei era talmente stronza che
era quasi inevitabile, per
qualche breve istante, trovarsi a pensare che lei avesse detto
così apposta per
farlo incavolare, o per ferirlo e basta.
«vero.
Hai ballato
anche con lui, una volta. Ma solo una per l’appunto, il resto
sono state tutte
con me, tutte».
“mah. Non
credo”.
Lui evitò di guardarla in
faccia. «lo so. Non ci credi. Ho
capito».
“ricorderà. Sono
sicuro che ricorderà qualcosa di me e lei,
prima o poi, oltre al mio nome” si disse cercando di farsi
forza.
“torniamo alle
questioni serie adesso. Quindi Washington,
Buenos Aires…e poi?”
Cos’avrebbe dato per avere
una cavolo di penna funzionante,
perché di carta lì in soffitta ce n’era
un bel po’, ma tutto quel che aveva
trovato per scrivere era stata una penna ed un calamaio contenente
inchiostro.
Secco, ovviamente.
Fortunatamente non era allergica alla
polvere, o quella che
sollevava nel tracciare le parole su di essa l’avrebbero
fatta morire di
starnuti.
«non lo so. Che tu ci creda
o no ne abbiamo fatta di strada,
abbiamo diverse scelte. Roma…Sidney…»
“mh, si, nel tuo
immaginario tante volte siamo stati
anche a Rio? Ho sempre pensato che vorrei andarci, prima o
poi”.
“le cose sono due, o le
sparo o mi sparo” pensò Warsman.
«si,
c’è anche quella nell’itinerario. E come
il resto del
viaggio non è stata una tappa molto
“immaginaria”» disse in un tono tanto
sarcastico quanto amaro «anche se ad un certo punto,
piuttosto, è stata
quasi…onirica» la guardò «ma
è inutile che te ne parli adesso. Non credi che io
e te possiamo aver ballato insieme, figuriamoci il resto».
E per un motivo che non sapeva
spiegare nemmeno a se stessa,
Emerald J. V. P. Lancaster decise di non voler indagare oltre riguardo
quello
specifico argomento.
«kvragu!!! Che
cos’è che ha fatto quel cretino di mio
figlio?!»
Lionel si era contenuto, ma non si
poteva dire che dopo aver
letto quella lettera la pensasse diversamente dalla moglie.
«ultimamente non capisco
cosa gli stia saltando in testa.
Non è nuovo a qualche stupidaggine, ma non è
nemmeno così stupido da non
rendersi conto che abbiamo già problemi a sufficienza senza
che-»
«oh, Lionel, te lo dico io
cosa gli sta saltando in testa: è
colpa di quel ragazzino!» sbottò Gabrijela
«da quando l’ha conosciuto non si è
mai staccato da lui, credo che lo veda come un esempio da seguire. Una
specie
di “maestro”. Si, maestro di disastri!»
Le sarebbe parso strano se, dopo quel
che aveva fatto per
lui, Warsman avesse davvero ucciso suo figlio Sebastian. Oltre che per
buon
cuore puro e semplice e senso del dovere nei confronti di un uomo
ferito,
Gabrijela aveva aiutato Warsman anche per quel motivo…nel
tentativo di ridurre
gli effetti di un possibile nuovo scontro tra suo figlio ed il russo
facendo
leva sulla gratitudine di quest’ultimo. A Sebastian era stato
detto chiaramente
che non avrebbe mai più dovuto fare cose simili, ma
considerando com’era andata
a finire era saltato fuori che quella della donna era stata una buona
mossa.
Proprio perché Warsman era
un essere umano che di rado era
stato trattato come tale, si era
ben resa conto che i suoi gesti nei suoi confronti non lo avevano
lasciato
indifferente; Così come il suo aspetto, visto che in una
delle sette volte in cui era
tornata a
trovarlo, si era lasciato scappare qualcosa di simile ad una
considerazione che
la paragonava ad Iva Jercovic.
Quindi più che preoccupata
che Volkoff potesse ucciderle il
figlio, era preoccupata
a) dell’influenza di
Zachary Connors su di lui
b) degli immensi casini in cui
Sebastian avrebbe potuto
farsi coinvolgere
c) di saperlo con un criminale,
perché di quello si trattava.
«troveremo anche loro prima
che trovino a loro volta quella
bestia delle steppe» cercò di rassicurarla Howard,
mentre faceva scrocchiare la
schiena «e dunque prima che Sebastian possa farsi
male».
Per un bel pezzo non aveva avuto di
suo la minima
voglia di andare a dormire, e quando
invece gli era presa beh…Janice non aveva gradito molto le
spiegazioni per quei
pantaloni in pelle lucida. E quindi aveva dovuto nuovamente trascorrere
la
notte nel letto di una delle stanze degli ospiti!
Se l’era presa tanto per lo
spogliarello in sé -e a poco
erano valse le sue rassicurazioni sul fatto che non era stato
integrale, e che ovviamente non ci
aveva provato con
nessuna e tutto quanto- quanto per il fatto che lui non le avesse detto
che
aveva ripreso ad uscire con Robin.
“Janice,
non erano
esattamente ‘uscite’…erano sfide! E la
sfida prevedeva massimo riserbo sulla
faccenda, pena l’annullamento di tutto. Cerca di
capire!”
“quindi
quelle volte
in cui sei partito non erano sempre viaggi d’affari,
EH?!”
“da
quando la cosa è
iniziata non sempre, no…ma d’altra parte
è di Robin che si tratta, non di un’altra
donna!”
“si,
ma mi hai mentito!!!”
“…e
ho sbagliato, va
bene, però anche tu cerca di capire…una sfida
è una sfida e le regole sono
regole”.
“un
concetto che
varrebbe, se non fosse che tu le regole le segui solo quando ti pare
visto che ‘you can’!...ma
se volevate riprendere
ad uscire, invece di finire a fare gli imbecilli in uno strip club per
uomini, perché
non l’avete fatto e basta?! Come se io -e idem miss Kalinina
credo- potessimo
avere qualche problema con ciò, se le uscite in questione
avessero un minimo di
criterio! Ma per chi ci avete prese?!”
“Jannie…non
pensi che
attualmente i problemi siano altri, considerando
quel che è successo qualche ora fa?”
“…si
beh…è Emerald ad
essere scappata via con lui, non è stata rapita!”
“Emerald
non si è
ancora ripresa, potrebbe anche riuscire a farle del male, o
influenzarla come
vuole facendole credere che i suoi nemici siamo noi! La sua famiglia! E
poi
Hammy si è sposata da poco, e Michael-”
“…il
bifolco…”
“…ad
ognuno la sua
opinione ma ‘bifolco’ o meno non riesci ad
immaginare come stia al momento? Diamine
Janice, se fossi tu a scappare con qualunque altro uomo io sarei
distrutto. Povero
ragazzo”.
«quel che mi preoccupa non
è che Warsman possa fare del male
a Sebastian» ribatté la donna, e questo ad Howard
suonò un po’strano «e
non ha intenzione di farne nemmeno ad
Hammy, secondo me» frase che indusse il più
giovane dei due marchesi presenti a
fare un sospiro nervoso: che Warsman non volesse fare del male ad
Emerald
ovviamente era ok, però quanto aveva detto lasciava
intendere che era d’accordo
con la teoria di Lionel, che…
Oddio.
Sembrava starsi dimostrando azzeccata.
Oddio.
No, sua figlia non era innamorata
della bestia.
Era innamorata di Michael Connors,
ehm, Lancaster. Lo aveva
perfino sposato.
Voleva ritrovare i suoi ricordi,
tutto lì.
«…quel che mi
preoccupa è di sapere che mio figlio è in giro
con quello che si è rivelato essere un criminale
vero e proprio!» concluse Gabrijela «ha
perfino rubato dei soldi dal conto
di suo fratello!»
«dai, definirlo
“criminale” è un
po’eccessivo…»
Lionel fissò il cugino
dritto negli occhi per poi scuotere
rapidamente la testa. «eh no. Non è affatto
“eccessivo”. Da che mondo è mondo
tentare di uccidere un uomo…»
«“bestia”».
«uomo!...uccidere
e
rubare, insomma, sono effettivamente dei crimini».
«si, indubbiamente ha
sbagliato a prendere quei due milioni
e a coinvolgere Sebastian nella faccenda. Per questo da quando Michael
è venuto
da me con quella lettera ho dato immediato ordine di cercare anche loro
due,
oltre ad Hammy. Tanto più che le loro azioni intralcerebbero
il piano d’azione
da seguire. Attualmente quel che mi interessa è che ritrovi
la memoria senza
che le accada niente. Per questo ho ordinato che una volta trovati
vengano
semplicemente seguiti con la massima discrezione, bestia o non bestia
quel che
conta è Hammy, come sempre. Ma se Zachary e Sebastian
attaccheranno quel russo
con l’intento di ucciderlo, nessun epilogo
sarà…funzionale. Se lui riuscisse a
scamparla farebbero perdere ancor di più le loro tracce e
non potrei sapere le
mia figlia sta bene, se i ragazzi lo facessero fuori
c’è caso che Emerald non
torni mai a ricordare, e se invece fosse lui
a far fuori i ragazzi,
beh…c’è bisogno di aggiungere
altro?»
«quando lo ritroviamo
Sebastian se lo scorda, l’anno
sabbatico» disse Gabrijela.
«Michael stesso
è voluto partire» continuò Howard
«e lo
capisco».
«partito per trovare suo
fratello o sua moglie?» domandò
Lionel.
«il fratello al momento
è quello che potrebbe complicare di
più la faccenda per le ragioni spiegate. Ovviamente avrebbe
preferito cercare
Hammy, ma fermare quei due è un’altra
priorità».
In quel momento Mr. Lancaster si
trovò anche a pensare
qualcosa di assolutamente inaudito, a causa di uno stress che
oltretutto teneva
nascosto; ovviamente non avrebbe mai fatto niente del genere ad
Emerald, era
chiaro, ovvio.
“forse avrei dovuto
ascoltare mrs. Van de Kamp quando mi ha
suggerito di utilizzare quella…“connessione
psico corticale”, neuro corticale o quel che sia*,
di cui lei stessa mi ha
dato i progetti, e semplicemente tirare fuori i ricordi”.
Originariamente a detta della signora
quella tecnica si
utilizzava su delle “IA” non meglio definite. Ma di
recente era stata
riadattata anche per essere utilizzata su esseri viventi, e
ciò aveva fruttato
un sacco di soldi al marchese quando aveva dato in licenza i suddetti
progetti
all’MI6, ai servizi segreti statunitensi e anche al Mossad,
tanto per gradire.
Tale tecnologia era in possesso di
Howard da un paio di
settimane prima del matrimonio di Emerald. E così
com’era stato per quel
liquido “miracoloso”, non era riuscito ad ottenere
qualcosa di più delle
informazioni piuttosto vaghe che la stessa mrs. Van de Kamp gli aveva
fornito,
davanti ad una tazza di tè presa in uno dei tanti salotti
della villa.
Ma per esperienza personale, visto
che a lui spesso e
volentieri capitava di trovarsi in situazioni simili anche se a parti
invertite, si era reso conto che forse in quel caso era meglio non
eccedere con
le domande e prendere quel che veniva.
Pareva che la signora avesse
apprezzato.
«capisco. E no,
effettivamente non dev’essere facile nemmeno
per tuo genero» ammise Lionel.
«una domanda,
c’è qualcuno a cui quel ragazzo» Zachary
«dia
ascolto?»
«in teoria si, a suo
fratello, in pratica…sembra di no».
O solo fino a un certo punto.
“quando lo trovo lo
prenderò a calci in culo per una
settimana intera, poi li impacchetto e lo rispedisco a Washington. Oh
si.
Quando è troppo è troppo! Eppure io lo
sapevo che portarlo qui era una pessima
idea!!!”
Erano quei momenti in cui
l’ex mercenario avrebbe di gran
lunga preferito essere figlio unico. E pensò che, se anche
l’anima non
esisteva, il karma invece esisteva di sicuro…una moglie
amnesica fuggita ed un
fratello incontrollabile.
Fantastico.
E per ovvie ragioni non poteva
nemmeno indugiare a chiedersi
“cosa ho fatto di male”, perché sarebbe
stato il colmo.
Per cui attualmente era in viaggio
per Londra con il suo
beneamato suv, nella zona in cui le telecamere sparse in giro per la
città
avevano registrato l’immagine di suo fratello, ossia quella
della banca.
Zachary dopo aver fatto il prelievo
aveva pure salutato. “sorridi
Seb, siamo su Lancaster TV!”, aveva detto.
Dopo tutto quel che combinava li
prendeva pure per il
culo!!!
Pur non contando di trovarli a
passeggiare lungo la strada
come se nulla fosse stato osservò attentamente entrambi i
lati della strada. Alcuni
dei soldati in giro -in abiti civili- stavano facendo la stessa
identica cosa, mentre
altri controllavano nei motel…per quanto fosse difficile che
i ragazzi avessero
scelto di stare in un motel, e soprattutto in quella zona…ed
in seguito
avrebbero controllato le abitazioni sfitte, per quanto ce ne fossero
poche.
Andava più o meno a
cinquanta all’ora. Una donna con un
cane, un gruppo di ragazzi che chiacchieravano, un tizio col giornale
ed uno
seduto sul muretto a mangiarsi un gelato, persone sedute accanto ai
tavolini
fuori dei bar intenti a prendere un caffè, bambini che
chiacchieravano mentre
le loro mamme facevano altrettanto.
Nulla che suggerisse la presenza di
Armageddon, insomma. Se c’era
una cosa che sapeva era che nessuna strada restava così
tranquilla se in giro c’era
suo fratello.
«niente sulla
strada» comunicò alle altre squadre.
– per
ora, niente nei motel.
–
abbiamo già iniziato
a controllare le abitazioni sfitte. Finora niente nemmeno qui.
«terminato il controllo
abbandoneremo la zona e cercheremo
altrove».
Accelerò bruscamente,
sempre più nervoso.
Zachary Connors aveva quasi finito il
suo cono gelato alla
zuppa inglese e cioccolato. Poco, di cioccolato: aveva una specie di
intolleranza, se ne mangiava troppo gli venivano degli sfoghi di
bollicine
rosse in varie parti del corpo.
«che ti avevo detto, eh
Seb? Mio fratello non riuscirà a
trovarci nemmeno tra cent’anni. Oh, dai, non guardarmi in
quel modo…»
«la tua fortuna risiede
unicamente nel fatto che “l'uomo
padrone di sé pone fine a un dolore con la stessa
facilità con la quale
improvvisa una gioia”» replicò
l’altro abbassando il giornale «ed io sono molto padrone di me…altrimenti…»
Per evitare meglio di essere
riconosciuti i due ragazzi
avevano…cambiato look.
Al momento Zachary Connors indossava
felpa color crema su
dei jeans skinny neri senza decorazione alcuna. Si era tinto i capelli
rendendoli
castani come quelli del fratello e, oltretutto, aveva pure messo su due
lenti a
contatto color grigio scuro che oltre a nascondere
l’eterocromasia sostituivano
gli occhiali, almeno quelli da vista. Ne indossava un paio da sole al
momento,
ma la stagione lo giustificava appieno.
Sebastian invece aveva con suo sommo
dolore adottato uno
stile “pelle, borchie, e meches rosse sui capelli tagliati
più corti”. I piercing
se non altro erano finti, ma anche lui aveva delle lenti a contatto che
rendevano neri i suoi occhi smeraldini.
Si erano procurati tutto subito dopo
aver preso i soldi in
banca, evitando accuratamente le telecamere di sorveglianza poste ai
vari
angoli del quartiere, e si erano intrufolati in un appartamento -non
sfitto- i
cui proprietari al momento erano in vacanza. Tanto non sarebbero
rimasti molto
lì, se Zeke avesse avuto ragione a pensare che Emerald si
nascondesse
dove-sapeva-lui. E se per qualche curioso motivo fossero riusciti a
scappare
beh, lontani dall’Inghilterra sarebbe stato un
po’più semplice mimetizzarsi.
L’albino sotto sotto quasi
sperava che ci riuscissero, a
fuggire. L’avventura sarebbe durata più a
lungo…anche se ovviamente il recupero
della cognata e l’uccisione di Warsman avevano la
priorità.
«non stai così
male sai».
«…»
«ti rendi conto che
Lentiggine ci è passato davanti e non ci
ha riconosciuti nemmeno?...e prende cinque milioni al mese
perché dovrebbe
essere bravo…alla faccia!»
Michael era
effettivamente bravo. Solo che loro due in quel caso
sembravano esserlo
stati di più, col cambio di look ed il basso profilo per ora
mantenuto,
nonostante fosse stata dura per l’albino trattenersi dal
tirare le Daygum
esplosive ad un tizio con dei serpenti tatuati sul volto. Un tiziaccio.
Del tipo
che a Washington avrebbe sistemato subito.
“ahimè…non
posso” si era detto.
«io comincio a pentirmene
un po’» bofonchiò Sebastian
«non
mi avevi detto che avrei dovuto cambiare look».
«non ti ho nemmeno
obbligato a seguirmi però».
Si sentì osservato.
Una donna con degli occhi di uno
strabismo indecente che
sembrava osservare il suo gelato.
Non che a lui facesse effetto.
«se ha fame gliene offro
uno» disse Zeke, con una certa generosità. Tanto i
due milioni non erano soldi suoi.
«ben gentile!»
***
* che Howie potesse avere
quella tecnologia lì mi è venuto in mente
leggendo gli ultimi paragrafi dell'ultimo capitolo di "Reignite" di
vermissen_stern. Ci sta troppo :) specialmente considerando con chi
è che Howie fa affari :) anche se lui non lo sa.
Quanto alla donna
con gli occhi indecenti...si sono incontrati e basta, non
capiterà altro xD avevo voglia di farli conoscere da un
pezzo.
|
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Capitolo 8 *** ''abbandonare la nave...!'' (ergo, la villa). ***
«traditore
bastardo!!!»
“mi sa che non avrei dovuto
rispondere alle sue domande,
nonostante l’insistenza”.
«cioè, lui
è andato in viaggio con lei due mesi e mezzo dei
cinque e mezzo in cui sono spariti?!»
“e per fortuna che non gli
ho dato ulteriori dettagli,
allora”.
«d’accordo,
è ufficiale» sbottò Kevin alzandosi dal
divano e
correndo nella propria stanza «devo partire e cercarlo anche
io…per dare a quel
traditore il fatto suo!!!»
«li stanno già
cercando, non è il caso che parta anche tu!»
«oh si che lo è!
Warsman ha sempre saputo benissimo che sono
innamorato di lei, che cazzo gli è saltato in testa
di-»
«ahem però ad
Emerald a partire con lui non l’ha costretta
nessuno. La colpa qui è 50-50».
A quelle successive parole di Meat il
ragazzo iniziò a fare
dei lunghi respiri profondi, mentre contava lentamente
fino a dieci. Come gli aveva insegnato sua madre quando era
stato su
Nettuno per conoscerla. Era una tecnica che risultava utile per non
lasciarsi
andare ad azioni impulsive tipiche dei Mask…se
l’avesse imparata prima
probabilmente Hammy sarebbe stata ancora la sua ragazza…
Si maledisse almeno quindici volte
per aver iniziato a fare
tutte quelle domande, ma era stato inevitabile. Insomma, Hammy -ormai
tre
giorni prima- era fuggita via con Warsman. Era assurdo, no? e quindi
era giustificabilissimo che il
ragazzo
avesse preso a domandare cose a destra e a manca. In particolar modo a
lady
Janice, che non aveva saputo dirgli niente che Kevin già non
sapesse, ma che in
compenso lo aveva bene indirizzato dicendogli che quando tutta quella
faccenda
con il russo era iniziata, ossia durante il Torneo, era Meat quello a
cui era
stato raccontato tutto. Glielo aveva detto anche se Janice stessa
pensava che
anche il piccolo kinniku non sapesse più di quanto sapevano
loro, che per come
la pensavano era…tutto quel che c’era da sapere.
Così Kevin era andato da
Meat e lo aveva tartassato come non
aveva mai fatto nessuno. Gli aveva chiesto quel che gli interessava, lo
aveva
minacciato, pregato, implorato, supplicato in
continuazione…una vera e propria
tortura.
E Meat alla fine aveva capitolato,
pensando che forse non
era un male che Kevin sapesse la verità -pure se con i
dettagli sconci
mancanti- e si rendesse conto una volta per tutte di come stavano le
cose. Era
anche per il ragazzo stesso che Meat aveva preso quella decisione,
perché
magari sapendo questo avrebbe finalmente capito che doveva rifarsi una
vita,
ormai. Tanto difficilmente Hammy sarebbe tornata insieme a lui,
arrivati a quel
punto; la scelta se mai, per come la pensava lui, era tra Michael
Connors -ehm,
Lancaster…non si era ancora abituato all’idea,
come tanti- e…
Warsman?
«…vero»
disse alla fine Kevin, rimettendosi a sedere «ciò
non toglie però che appena lo rivedo gli tirerò
quattro o cinque diretti in
faccia. Cazzo. Altro che nemici, allora…questo spiega
diverse cose, e getta una
luce diversa su quelle che già sapevo. Che grandissimo
figlio di…va’ a vedere
che era lei quella ci cui mi ha parlato un sacco di tempo fa!»
“…possibile
che
nemmeno una abbia…?”
“una.
Una soltanto. E
nemmeno poi così tanto tempo fa. Ma non era cosa. Avevamo
entrambi
troppi…impegni…e comunque era un rapporto
abbastanza strano. Non era nemmeno
amore. Era…non so nemmeno io cosa. So solo che quando ha
visto il mio viso non
è scappata urlando. E non era nemmeno disgustata, o
incuriosita modello “amante
dello splatter”. Lei è rimasta lì come
se non ci fosse niente che non andava”.
“ma
se era così perché
non siete rimasti insieme? non penso che qualcuno del genere si
incontri tutti
i giorni”.
“te
l’ho detto, non
era cosa. C’erano troppi problemi, oltre che qualcun altro di
mezzo. E poi ho
anche detto che qualunque cosa fosse non era nemmeno amore”.
“sarà,
ma se è andata
davvero come dici anche se non era amore c’era vicino secondo
me. E quel
qualcun altro potevate pure mandarlo ad diavolo,
no…”
«probabilmente se
l’è pure scopata allora…»
Ricominciò a respirare e
contare.
Respira e conta, Kevin. Conta e
respira.
E Meat sempre fermo lì a
guardare.
«…’fanculo»
concluse Kevin, ancora furioso ma non del tipo
“distruggo tutto ciò che ho attorno”
quanto piuttosto qualcosa di simile a quel
che succedeva ad Howard Lancaster in quelle occasioni.
Era ovviamente molto deluso e ferito.
E restava sempre
dell’idea di dare al russo quei diretti in piena faccia, dopo
avergli fatto una
sfuriata da paura.
Ma per deluso che fosse doveva tenere
a mente che adesso
Emerald non era più un “problema” suo.
Aveva deciso di non arrendersi e
tentare di riconquistarla anche
dopo che si era sposata, e in quei giorni dopo l’amnesia
infatti sembravano
anche aver legato nuovamente, almeno un po’, anche se solo in
amicizia.
Ma dopo quel che aveva
saputo…eh no. A quel punto basta, e
che diamine.
Per quanto gli piangesse in cuore,
per quanto anche adesso
avesse gli occhi lucidi…e per quanto lei sarebbe rimasta il
suo primo vero amore, forse il
più grande della
sua vita…quello era stato veramente troppo.
A tutto c’era un limite, ed
ecco che i fatti l’avevano
raggiunto.
Lui era giovane,
maledizione…aveva un’intera vita davanti.
Non poteva passarla a struggersi e soffrire ancora. Erano
vent’anni che lo
faceva, per un motivo o per un altro, ed era ora di finirla.
Avrebbe sempre continuato a volerle
bene, come si sarebbe
reso conto una volta finita l’incazzatura. Però,
per adesso…basta.
«mi dispiace».
«no, hai fatto bene. Quando
una cosa è finita, è finita».
Avrebbe dovuto iniziare a farsi dei
nuovi amici, magari,
visto che adesso pure Warsman se l’era mezzo giocato. Se non
fosse andato via,
per esempio, il cugino di Emerald sarebbe stato abbastanza simpatico.
«intendi dirlo a
qualcuno?»
«non sono più
cose che mi riguardano. Ovviamente spero che
ritrovino entrambi. E che entrambi stiano bene, così Warsman
lo romperò io
personalmente…traditore bastardo!»
sbottò. Se solo l’avesse avuto tra le
mani…!
«ma quanto al resto, eh no! Non voglio saperne più
nulla, quando è troppo è
troppo: Kevin Mask si è ufficialmente rotto le
scatole!» dichiarò «vuole stare
con l’americano? Che stia! Vuole fuggire con
chissà chi? Che fugga!...io…non ne
posso più» mormorò in conclusione
«non ne posso più davvero».
«è
comprensibile».
Se proprio doveva parlare con
qualcuno del branco di scimmie
Meat era la scelta migliore, nonostante una volta Kevin stesso
l’avesse
definito uno stupido. Infatti perlomeno, contrariamente agli altri, era
savio.
«la amo ancora»
ammise l’inglese «ma alla fine “se non
è
cosa, non è cosa”…come direbbe lei. E
comunque secondo me la peggiore dei due
non è Hammy!!!»
Al momento il ragazzo ce
l’aveva più con il russo che con
Emerald. Perché lui era quello che a parole
l’aveva sempre odiata e per un
lungo periodo lo aveva incoraggiato ad allontanarla, “stronza
qui, puttanella
là, sciocca ragazzina viziata”, bla bla bla! Seh!
Era il primo a sbavarle
dietro, quel vecchio porco! …già, allora Hammy
evidentemente aveva qualche vera
ragione per chiamarlo in quella maniera!
…non che lei, con quelle
sue tendenze geriatrofile -nelle
quali malignamente Kevin incluse anche Michael, che aveva quattordici
anni più
di Emerald- fosse tanto meglio…
Ma non era la stessa cosa!!!
Ricordò tutti i momenti in
cui Warsman gli era stato vicino,
tutte le liti con Hammy, la pausa, eccetera. Per tutto quel tempo
probabilmente
il russo aveva gufato come un matto sperando che lei lo piantasse per
poi
scappare con lui, che…ma aveva più di
sessant’anni, porco mondo, non si rendeva
conto?! Dannato matusalemme bugiardo, falso, ipocrita!!!
“tsk! Anche questo
l’ha imparato da mio padre, considerando
con chi sta al momento. Miss Kalinina potrebbe essere mia sorella,
Cristo…non
che io abbia niente contro di lei, se le piacciono i vecchiardi alla
fine sono
fatti suoi…”
«dannazione era il primo
che le dava contro!» riprese Kevin
«pensa un po’non aveva avuto nemmeno il buongusto
di starsene zitto! è
un ipocrita, un bugiardo, un…un
viscido impostore, un…aaah, avrei dovuto mandarlo via appena
saputo che non era
chi diceva di essere, e invece no!»
«Kevin-»
«sarebbe stato
meglio se Lancaster l’avesse ammazzato!
Non mi importa quale dei due!»
Ovviamente intendeva Howard ed il
Lancaster da poco
acquisito.
«capisco che tu sia deluso
ma questo è esagerato! E non lo
pensi davvero!»
«o senti…tu non
sei nessuno per rimproverarmi, right?!»
E con questo Kevin terminò
la conversazione, andandosene
via.
“mi sa che facevo davvero
meglio a stare zitto. Così facendo
Warsman non ha più nemmeno Kevin, ma d’altra parte
un allenatore -ed amico- che
cerca di rubarti la ragazza forse è meglio perderlo che
trovarlo. Insomma…io
non mi metterei mai in testa di rubare Roxanne a Kid, vero che quei due
non
stanno nemmeno insieme, ma sapendo che lui ne è innamorato
io le starei
lontano. Certo, Emerald ha il cinquanta per cento di colpa in questo;
poteva
evitare di partire insieme a lui per quel viaggio, e anche i vari
incontri di
cui Kevin non sa nulla. Ma Warsman poteva anche dirle di no!”
pensò Meat “quel
povero ragazzo mi fa pena. Ci credo che non ne può
più…nonostante anche qui
vada ammesso che se ha perso Hammy è perché si
è comportato da stupido”.
La verità era che tutti
quanti in quella faccenda avevano la
loro parte di colpa, Kevin, Emerald, Warsman, Howard Lancaster e Robin
Mask che
erano stati causa dei litigi tra i due ragazzi…
«…non
chiama».
«sveglia,rossa! Se il tuo
bell’albino è scappato è ovvio che
non tenga il cellulare acceso e non ti chiami!»
«d’accordo, il
suo lo terrà spento per non farsi
rintracciare, ma esistono ancora le cabine telefoniche!»
«proprio non vuoi capire
che a Zachary di te non frega
nulla, eh?»
«Kirika, quando sto con un
qualsiasi uomo, anche solo per
una notte, io lascio sempre il segno. È
impossibile che lui sia
disinteressato a me» replicò Jacqueline mandando i
capelli dietro le spalle con
un gesto sensuale «soprattutto visto che sono stata la sua
prima!»
«non so come dirtelo ma ho
la vaga idea che sia scappato
anche per questo motivo» disse Crea
«perché non ne vuole sapere niente!»
«ma andiamo, è
ridicolo!» eh no, Jacqueline non voleva
rassegnarsi all’idea di non interessare ad un ragazzo a cui,
per quanto se ne
sapeva, non piacevano altre e non aveva “obiettivi
più importanti da seguire”.
Non si era attaccata a lui in senso “amoroso”
quanto piuttosto in senso “è una
mia conquista che non si rassegna ad essere tale, e non è
concepibile”.
«io ti consiglierei
vivamente di lasciarlo perdere. Quel che
è successo è già stato una specie di
miracolo, e probabilmente è stato perché
aveva bevuto…» si intromise anche Fiona.
«era lucido! O almeno, era
abbastanza lucido da capire quel
che faceva…di questo sono sicura!»
«sarà. Magari
Zachary è talmente “strano” che quando
beve
torna normale!» buttò lì Roxanne, senza
dire sul serio, ma azzeccandoci più di
quanto pensava.
«naaaah, te lo dico io
com’è andata: al verginello dopo un
paio di bicchieri era presa voglia, tu eri disponibile, e lui ne ha
approfittato. Tutto qui» sentenziò Kirika
«io francamente ho sempre avuto
qualche dubbio sul fatto che fosse così
“asessuato” come voleva farci credere!»
«magari ci crede lui per
primo» ipotizzò Fiona «ma appena
perde definitivamente il controllo di
sé…»
«per l’ennesima
volta: era lucido!» insistette Jacqueline.
«mi sa che la
verità la sa soltanto Zachary. Quando lo
ritroveranno potremmo chiederglielo, se suo fratello non lo rispedisce
subito a
casa» Crea si era messa a limarsi le unghie «e
spero che ritrovino presto anche
Hammy. Non sta bene, e sono preoccupata che se ne sia andata
così, allo
sbaraglio. Non si è portata neppure dietro il marsupio, o
dei vestiti o
qualunque altra cosa, è scappata via solo con quel che aveva
addosso…ossia il
pigiama!»
«sarà dura per
lei cavarsela senza i soldi di suo padre.
Rubare per mangiare o non mangiare proprio, vivere
all’addiaccio…» iniziò ad
elencare Roxanne «non ce la vedo proprio».
«se riuscissero a lasciare
il Paese sarebbe più facile, in
teoria…facendo perdere le tracce potrebbero vivere un
po’meno all’addiaccio».
«non sarà
facile, visto che Mr. Lancaster ha occhi ovunque»
obiettò Jacqueline, temporaneamente distolta dal pensiero
“devo recuperare
Zachary” «poi però bisogna sempre vedere
che intenzioni ha. Nel senso, se
stando con una persona mia figlia ricordasse delle cose, io ce la
lascerei.
Ovviamente cercherei di trovarla per sapere se sta bene, ma non mi
metterei a
fare il diavolo a quattro e li lascerei in pace così che lei
ritrovi la
memoria».
«non so dirti che
intenzioni abbia Mr. Lancaster a riguardo
di questa cosa, ma a me a dirla tutta preoccupa più il dopo.
Metti che sia come
dici tu, e metti che Hammy ritrovi la memoria e torni a casa, e loro
prendano
Warsman: che fine farà lui, a quel punto?» Fiona
incrociò le braccia «secondo
me non bella».
«lo penso anche io,
ma…anche qui non è detto» disse Crea
«magari se la memoria le torna davvero Howard Lancaster
sarà pietoso…»
«dubito che a Michael
però andrebbe a genio».
«eeeh, tanto a comandare
non è l’americano, il capoccia è
Howard!» ricordò loro Kirika
«è lui che conta. Nessun altro. Se dirà
“deve
morire” lui morirà, se dirà
“resta vivo”…»
«…morirà
lo stesso se Zachary e Sebastian trovano lui ed
Emerald prima che lo faccia Mr. Lancaster. Loro hanno lasciato scritta
una vera
e propria dichiarazione di intenti col dire che lo
uccideranno!» esclamò
Jacqueline.
«ma è pur vero
che Warsman sa difendersi, e che dubito che
Hammy resterà a guardare mentre lo uccidono, se
gliel’ha evitato tre giorni fa»
disse Roxanne.
«lo sapete che stavo
pensando?» disse improvvisamente
Kirika.
«no. Che pensavi?»
«ma se partissimo anche
noialtri?»
«e per che fare scusa
eh?»
«per ritrovare la Lancaster
e per cercare il bello di JJ,
che altrimenti continuerà a farci due palle così
con “Zachary, Zachary, Zachary”.
Noi non dovremmo neppure viaggiare in clandestinità, visto
che non dobbiamo
esattamente rendere conto a qualcuno dei nostri spostamenti»
fece notare loro
la demonessa «e poi ho voglia di azione. Qui si sta parecchio
bene, ma sto
facendo la muffa…»
Proprio in quel momento fuori dalla
finestra della stanza si
sentì un certo vociare, seguito dal rumore di passi di
uomini che si stavano
dirigendo in tutta fretta -da quel che videro le ragazze- fuori dalla
tenuta.
Precisamente in direzione di quella
dei Mask…
«mi sa che è
successo qualcosa» osservò Fiona.
«ma
noooo…è solo l’esercitazione
pomeridiana dei soldati»
ribatté Kirika in tono molto ironico.
Ok. Cosa stava succedendo?!
:: giusto
un paio di
minuti prima ::
«…te
l’ho detto anche nel tuo interesse. Dovrai pur sapere
se hai o meno degli abusivi in casa, isn’t
it?»
Howard Lancaster stava seduto alla
scrivania del proprio
ufficio, chiamando in vivavoce qualcuno che…non ci si
credeva ancora, ma stava
chiamando proprio Robin Mask.
– avere
a che fare con
voi Lancaster porta sempre problemi!
«Robbie, avrei potuto
mandare in casa tua parte della mia
security e far fare questo controllo a loro. Invece ho preferito
parlartene, ho
già abbastanza seccature senza bisogno di aggiungere un
vecchietto arrabbiato
per qualche soldato nella sua villa».
– va
all’inferno!...quindi
potrei avere rifugiati in casa Warsman e tua figlia?
«precisamente. Avrei dovuto
pensarci prima, era un
nascondiglio piuttosto logico, pensando che io pensi che lei ti detesti
troppo
per nascondersi in casa tua e non la faccia cercare
lì».
– pensando
che tu
pensi che lei pensi che-
«lascia perdere, per
l’amor del cielo. Ti scoppierebbe la
testa per il troppo sforzo!» disse Howard con appena un velo
di sarcasmo «quindi
ecco, ti consiglio di far dare alla servitù
un’occhiata in giro».
– e
una volta trovati
li manderò via a calci nel sedere. Non voglio abusivi in
casa mia!
«quello è a tua
discrezione, ma avvertimi quando lo farai
così che possa farli seguire…»
– per
ammazzare
Warsman, vero?!
«ti ho già
spiegato che al momento ucciderlo non è quello
che ho in mente. Serve ad Emerald per ritrovare la memoria. Non voglio
uccidere
nessuno, non voglio fare del male a nessuno e non voglio che nessuno
finisca a
farsi male. Voglio solo sapere dov’è mia figlia e
come sta. Ah, e già che ci
sei avvertimi anche nel caso dovessi vedere i due ragazzi che facevano
da
testimoni di nozze al matrimonio. Ricorderai almeno uno dei
due».
– quello
con i capelli
bianchi e quell’orribile frac nero con i pois colorati sui
risvolti?
«esatto. Sono
anch’essi fuggiti per andare alla ricerca di
Warsman e mia figlia, ma hanno intenti un po’più
“drastici” dei miei. Sarò più
diretto: se a trovarli saranno loro c’è rischio
che muoia qualcuno».
– ribadisco
quel che
ho detto prima, avere a che fare con voi Lancaster -e con la gente che
ha a che
fare con voi Lancaster- porta sempre disastri!!! Non voglio omicidi in
casa
mia!!!
«io infatti ti ho chiamato
apposta, per evitarti abusivi,
omicidi e soldati».
– ma
che gentile…
«guarda che lo sono stato
davvero e-»
In quello stesso istante
all’altro capo del filo si sentì un
gran rumore, come se qualcosa avesse sbattuto contro il muro,
l’avesse fatto
crollare, ed ora stesse camminando sopra i pezzi dopo…aver
dato un po’di gas.
– M-MALEDIZIONE!!!
–
si sentì urlare Robin – Lancaster,
dannato, avevi appena detto-
Altro rumore di crolli, che
sovrastò quello della corsa di
Robin nonché le urla della servitù.
«e infatti giuro sulla mia
testa che non c’entro!» “anche se
temo di aver capito di chi potrebbe
trattarsi” aggiunse mentalmente «ti
servirà dell’aiuto. Mando lì i miei
uomini».
Non riuscì a capire cosa
rispose Robin prima che la linea
cadesse. O forse aveva perso il cellulare nella corsa. O
chissà.
Augurandosi che nessuno finisse a
farsi male, Robin e
relativa compagna inclusi, avvertì qualcuno degli uomini che
erano rimasti sul
posto. Era una fortuna avere aumentato esponenzialmente gli effettivi
nel corso
di quell’anno, da dopo l’incidente alle finali del
Torneo.
Adesso bisognava sperare soltanto di
arrivare in tempo per
evitare ulteriori disastri, nonché di perdere le tracce di
Hammy…ma una
domanda, al marchese, era venuta spontanea: “con
cos’è che Zachary e mio nipote
stanno distruggendo casa a Robbie?”…
«Z-Zeke sono pienamente
d’accordo sul fatto che come dice
Oscar Wilde “bisogna sempre essere
un po'
improbabili” ma questo forse è
improbabile in modo eccessivo!»
Cosa? Rubare una Hummer Marauder?
Usare la suddetta Marauder
per sfondare prima i confini della tenuta di Robin Mask e poi le pareti
della
villa? Ma no…improbabile dove? Era tutto
regolare!...l’unica cosa con un minimo
di logica che i due avevano fatto era stata coprirsi il volto con dei
passamontagna.
«il bello di queste immense
ville inglesi è che hanno dei
corridoi e delle scalinate altrettanto immensi. Non che dei muri a
questa
meraviglia freghi qualcosa» e infatti la Marauder stava
buttando giù pareti su
pareti senza riportare nemmeno un graffio «cioè,
l’hai visto Top Gear, le metti
sotto tre chili di esplosivo al plastico e al massimo le si sgonfia una
ruota».
«rallenta,
c’è una
donna davanti!!!»
La donna in questione era Alya,
uscita dal proprio studio
per vedere che cosa accidenti stava succedendo. L’albino
svoltò verso la
scalinata che portava al piano superiore appena prima di finirle
addosso,
aprendo il piccolo oblò che c’era sul vetro
infrangibile alla propria sinistra,
e che sostituiva il finestrino.
«hai mica visto una ragazza
mora con gli occhi verdi
aggirarsi per casa?»
Ovviamente da parte di Alya
-piuttosto attonita per ovvie
ragioni perché non era cosa di tutti i giorni trovarsi casa
sfondata da due
tizi con una Marauder- non ci fu risposta.
«vabbè. Scusa
per la distruzione improvvisa. Era una villa tanto
carina!»
E con quest’uscita che
aveva un gran che di assurdo,
impostando la modalità di salita verticale della Marauder,
Zachary cominciò ad
andare su per le scale che li avrebbero portati al piano superiore,
mentre Alya
finalmente era riuscita a ricongiungersi a Robin.
«Alya!
Stai bene?!
dimmi che stai bene…»
«bene sto bene ma dobbiamo
fare qualcosa, chiama la polizia,
chiamiamo…qualcuno!» lo guardò
«Robin, ma è…?»
«se stai per chiedermi se
è Howard ad aver mandato quelli, no!»
o non gli avrebbe telefonato poco
prima per avvisarlo degli abusivi in casa e dirgli di controllare.
Insomma, lui
era quello che “I
can”…non avrebbe
avuto senso fare una cosa del genere dopo quella telefonata, se avesse
voluto
farla Howard l’avrebbe fatta e basta, perfino uno come Robin
arrivava a capirlo
«ci stavamo sentendo proprio quando hanno sfondato la
parete!»
«ma allora
chi…?»
“un’idea ce
l’ho ma…” pensò Robin.
«quella di chiamare la
polizia comunque non è una cattiva
idea!...hai il cellulare con te?!» il suo l’aveva
perduto nella corsa «la linea
fissa è andata!»
«non ce l’ho con
me, l’ho lasciato in-» si sentì il
rumore
di uno sfondamento proprio sopra di loro «…camera
da letto. O quel che adesso
ne rimane!»
«maledizione, allora
dovrò sperare davvero nell’aiuto di
quella iena! Prima che il cellulare mi cadesse ha detto che avrebbe
mandato
qualcuno!»
«fammi capire bene, vuoi un
esercito in casa oltre che quei
due terroristi?!» era preda di una certa tensione, e quelle
scuse che a lei
erano suonate beffarde -non per il tono ma per i fatti di contorno- per
aver
distrutto la “villa tanto carina” non
l’avevano aiutata di sicuro.
«lo manderebbe per fermare
i due terroristi in questione,
non piace neanche a me Alya, ma a questo punto» altri rumori
di crolli su
crolli su crolli, più lontani, segno che erano al terzo
piano «che altro dovremmo fare?!»
E mentre i due facevano tutti quei
discorsi, sfonda che ti
sfonda i ragazzi erano arrivati fino alla scalinata che li avrebbe
portati al
quarto piano, ossia quello in cui tra le altre cose c’era la
mansarda/soffitta.
La scalinata in questione però era più stretta,
non che per la Marauder
fosse un problema
considerando come buttò
giù le pareti anche in quel caso…
«c’è
rimasto giusto questo piano, da controllare» disse
Zachary mentre, una volta sbucati su, grazie a quel veicolo infernale
demolivano stanze su stanze «…e la cantina, ma
lì se mai ci guardiamo dopo, una
volta che si saremo liberati di questo gioiello come da
piano…»
«i miei genitori dopo
questa mi uccideranno!» si lagnò
Sebastian.
«ribadisco che non ti ho
mai costretto a seguirmi. E se mai
puoi usare quei documenti falsi che ti sono arrivati ieri dal mio amico
di
Washington».
Pur contando sul fatto che sarebbe
andato sempre tutto bene,
Zachary si era ugualmente premunito…con ben sei
identità fasulle e relativi
documenti. Carte d’identità, passaporti e
quant’altro. Visto che quartieri e
che gente frequentava a Washington non c’era molto di cui
stupirsi, e non gli
ci era voluto molto a contattare il suo “fornitore”
ufficiale per farsi creare
altre quattro serie di documenti per il caro amico Sebastian. Pagando
un prezzo
che sarebbe stato piuttosto alto, se non avesse avuto sottomano gli
oltre due
milioni rubati al fratello maggiore, considerata la quantità
di roba da farsi
spedire ed il tempo ridotto in cui dovevano essere fatti e consegnati.
«ma sei sicuro che siano
buoni?»
«ovvio!...ultima stanza. O
sono qui…o ho preso un granchio,
ma francamente ne dubito».
E se erano lì, voleva
affrontare il russo di persona. Per cui
scese rapidamente dall’auto, e con le mani ovviamente
guantate per non lasciare
tracce (?!) aprì di scatto la porta di quella che era la
soffitta di casa Mask.
Vuota.
«mh. Granchio»
commentò. Ad ogni modo entrò e si
guardò
attentamente attorno, potevano essersi nascosti dietro qualche
mobile…
Ma invece di trovare loro due,
trovò le scritte tracciate
nella polvere…purtroppo. Scritte che designavano Washington come prima meta,
c’era scritto chiaro e tondo, in
seguito Buenos Aires…per
ultima Tokyo…
«un tour dei ricordi. Per
quanto non capisca cosa c’entri
Buenos Aires, in questi due anni e mezzo Hammy non
c’è stata».
…e forse anche Rio. Anche
se quella non sembrava una destinazione sicura, da quel che vedeva
scritto.
Più un’altra
informazione interessante.
“aspè.
Perché cavolo
mamma e zia ti aiutano?!!”
«aaah, ma allora abbiamo
anche un problema interno…»
commentò l’albino.
Da sotto si sentirono voci e rumori
di persone in arrivo…
«Zachary,
credo sia
tempo di andarcene!!!»
«eh si, mi sa che
è ora» commentò l’albino -che
a onor del
vero con quella tinta di capelli tanto albino non sembrava- cancellando
con
qualche manata le scritte appena prima di uscire.
Zero tracce per Lentiggine, se mai
fosse andato lassù.
«quando hai ragione, hai
ragione» disse Zeke risalendo nella
Marauder ed andando in retromarcia per rimettersi in direzione della
scalinata
«adesso andiamo giù fino al primo piano, sfondiamo
una delle pareti che danno
sul retro della villa e appena tocchiamo terra saltiamo
giù».
«e nel frattempo a tuo dire
io dovrei legare il pedale dell’acceleratore
così che resti giù» Sebastian
deglutì. Non si prospettava facile, eppure era il
meno!
«esatto. Il pedale resta
giù, la Marauder continua ad andare
anche quando noi non siamo più dentro, i soldati inseguono
l’auto e noi ce ne
andiamo via per cavoli nostri approfittando della
confusione…dopo aver dato un’occhiata
alla cantina. Semplice no?»
“so che l’ho
già detto ma lo ripeto, io a quello prima di
rispedirlo a casa lo sfracello di botte!!!”
Pensiero, quello di Michael Lancaster
nel salire insieme
agli altri soldati la scalinata che portava al secondo piano, per
l’appunto
avuto almeno un miliardo di volte in quei tre giorni.
Armageddon aveva
“armageddonato” di brutto. Per quanto ne
sapeva quello di sfondare una casa con un veicolo corazzato era un atto
terroristico
che gli mancava…
«CAZZO!!!»
urlò -appena prima che lo facesse lui!- uno dei
soldati vedendo l’enorme muso rosso aranciato della Marauder
spuntare sulla
cima della scalinata dopo aver buttato giù un altro
po’di pareti.
E non sembrava volersi fermare.
«giuro
che quando ti
prendo di ammazzo di botte!!!» urlò
Michael voltandosi e saltando tutte le
scale appena fatte per poi rotolare brevemente evitando di finire del
tutto
disteso a terra, rialzandosi immediatamente mentre la Marauder
percorreva il
corridoio nella direzione opposta per poi sfondare la parete, compiendo
un “salto”
verso l’esterno.
«hanno saltato!!!»
«possibile che ogni giorno
che passa diventi più
schizzato?!» sbottò Michael, correndo con gli
altri soldati verso l’immenso
buco creatosi e vedendo la Marauder ancora intatta correre dritta
davanti a sé alla
massima velocità che le era consentita.
E mentre anche Michael correva di
nuovo al piano di sotto diede
ordine alle squadre di soldati rimaste all’esterno di
convergere sul veicolo e
tentare di fermarlo…in qualche modo!
Una Marauder!!!
Quel pazzo aveva rubato una
Marauder!!!
I ragazzi non faticarono troppo a
trovare la cantina di casa
Mask. Le ville inglesi, in quel senso, sembravano costruite secondo un
modello
standard…
«ah. Ecco
dov’erano…avremmo dovuto venire prima qui,
Seb».
C’erano tre bottiglie vuote
ed una dimezzata che dubitavano
risalissero a tanto tempo prima del loro assalto.
«avranno sentito il rumore
e si saranno dati alla fuga».
«come faremo noi adesso.
C’è ancora casino, di sopra. Raggiungiamo
le biciclette appena fuori dalla
tenuta ed imboschiamoci».
«già, ma adesso
dove andremo? Abbiamo perduto le loro
tracce!»
«errore. Io lo so, dove
andranno. Washington» disse Zachary,
mentre salivano di corsa le scale per abbandonare la cantina
«e noi li
seguiremo. Pensa tu, Warsman vuole giocare proprio nel mio terreno!
È una cosa tanto carina!»
:: ad un
chilometro e
mezzo dalla tenuta dei Mask ::
«Porcello-bus…!
È scomodo…»
«dannata puttana ubriaca
che non sei altro!!!»
In un certo senso, che Emerald dieci
minuti prima di quel
disastro -di cui il russo non aveva approfondito cause ed
entità- avesse
lasciato in sordina la soffitta per andare ad inciuccarsi in cantina,
causa
stress da reclusione, era stata una specie di fortuna. Oltre al fatto
che nella
strada per arrivare alla cantina avesse avuto l’idea di
fregare vestiti, scarpe
e portafogli dalle stanzette di un paio di cameriere, altrimenti
avrebbe dovuto
fuggire in pigiama.
Peccato che l’unico effetto
buono di quella sbronza solenne
che si era presa fosse il riuscire a farle dire qualche parola,
nonostante non
fosse buono per la memoria.
E che dunque a Warsman era toccato
portarla via tenendola in
braccio, correndo fuori dalla tenuta. Si immaginava che li avrebbero
trovati
presto…e adesso bisognava imboscarsi altrove per massimo una
giornata, prima di
volare da clandestini verso Washington...
***
La Marauder, gente. Provate
a fermarla se ci riuscite! xD
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Capitolo 9 *** Washington ***
Osservava la strada dalla finestra di
quella che, l’ultima volta che
era stato lì, era la stanza che aveva diviso insieme ad
Emerald.
Un ritorno imprevisto, quello che
Michael aveva fatto ormai
una settimana prima, e che aveva allarmato i suoi genitori quando se
l’erano
visto davanti alla porta di casa.
Aveva dovuto spiegare loro a grandi
linee che sua moglie, solo ed esclusivamente
per ritrovare i
propri ricordi, si era data alla fuga con un altro uomo che
sembrava
esserne la chiave…e che Zachary a sua volta era scappato via
insieme al nipote
di Howard Lancaster -“il testimone di Hammy. Ve lo
ricordate?”- con lo scopo di
riportare a casa Emerald e dare la caccia al russo, perché
quest’ultimo gli
aveva rotto il cappello.
Un motivo valido quanto quello del
suo odio verso i serpenti,
più o meno. Ma a Zachary non piaceva che gli si rovinasse la
roba, o gli
venisse mangiata senza permesso, se si trattava di cibo.
Victoria e Lloyd avevano accolto la
prima parte delle
spiegazioni dell’ex soldato con una certa
perplessità. La neo sposina che
fuggiva con un altro uomo. Beh…
E quanto alla seconda parte, si erano
semplicemente messi le
mani nei capelli.
“invece che lavorare di
continuo e lasciare che fosse tua
nonna a badare a voi -ma soprattutto nel caso di Zeke- avremmo dovuto
seguirvi
personalmente! Almeno non sareste venuti così…così”.
Ecco, sentire sua madre dire qualcosa
del genere non era
stato esattamente piacevole. Ma d’altro canto non poteva
neppure biasimare i
suoi genitori perché non approvavano del tutto le sue scelte
di vita, e
riguardo Zachary se si mettevano le mani nei capelli avevano soltanto
ragione.
“appena vedrò
che lui sta bene…lo ucciderò con le mie
mani!”
pensò, facendo un sospiro nervoso.
Ma la domanda era: cosa ci faceva lui
proprio lì a
Washington…?
:: Londra, una
settimana prima ::
«…e quando siamo
riusciti a fermare quella dannata
automobile è saltato fuori che dentro non c’era
nessuno; Zachary aveva legato
il pedale dell’acceleratore in modo che restasse come
premuto, e la Marauder
potesse così andare da sola mentre loro due se la filavano! Maledizione!!!»
Essendo un uomo intelligente, Michael
non era tipo da
infuriarsi per cose di poco conto. Ma, a parte il fatto che distruggere
la
villa dei Mask con una Marauder e far scappare i fuggitivi ancora
più lontano non
era esattamente una cosa di poco conto, nessuno in tutto
l’Universo
conosciuto e oltre era in grado di farlo imbestialire quanto riusciva a
fare
suo fratello. Nes-su-no.
Al confronto anche la rabbia per, che
so, averle prese da
una gigantesca nemica sconosciuta era ben poco…e in casi
come quelli non si
poteva dire che l’americano la prendesse bene!
Guardandolo in quel momento a
qualcuno avrebbe potuto fare
veramente paura, con lo sguardo pieno di quella che sembrava quasi una
rabbia
omicida -anche se non avrebbe mai ammazzato quel “pazzo
squilibrato deviato” di
suo fratello- le vene sul collo pulsanti ed i muscoli tesi come quelli
di un
animale che sta per attaccare.
Zachary Connors in vita sua ne aveva
combinate tante.
Troppe. Forse era dovuto anche al fattore “genitori
assenti” -ma c’era la
nonna!- e alla sua stessa lontananza, per quanto...avere vicino Michael
gli
avrebbe fatto bene davvero?
Pensare che Zeke era un bambino tanto
dolce carino quando
aveva due/tre anni, la cui prima parola oltretutto era stata proprio
“Michael”!
Si insomma, ne aveva combinate di
tutte e di più. Diverse
-la maggior parte- decisamente gravi. Ma per quanto
riguardava Michael
quella era stata proprio la goccia che aveva fatto traboccare il vaso;
era di
sua moglie che si parlava, la sua Hammy, a cui lui non voleva che
accadesse
assolutamente nulla di male ed avrebbe voluto sapere sempre al sicuro.
E poi si erano sposati da pochissimo,
dannazione!
Pensare che quelli avrebbero dovuto
essere i primi giorni
dopo il ritorno dalla luna di miele in Giamaica era qualcosa che se
possibile
lo faceva arrabbiare ancora di più. Zachary sapeva benissimo
tutto questo ma, che
aveva fatto? Aveva fatto un disastro, ecco cosa, e come Emerald e
Warsman si
era defilato chissà dove assieme a Sebastian, che essendo un
viziato rampollo
di casa Lancaster era un altro che non andava toccato e/o coinvolto in
cose del
genere.
«come se questo non
bastasse, quando abbiamo controllato le
poche stanze rimaste integre e siamo andati in soffitta abbiamo trovato
diverse
scritte nella polvere. Si sono nascosti lì, in questi
giorni, e-»
«cosa dicevano quelle
scritte?»
Giusto Howard Lancaster poteva
rimanere impassibile davanti
alla rabbia del genero. Li aveva avuti lì a due
passi…ma ci aveva pensato con
un giorno, no che dico, un quarto d’ora di ritardo.
Sarebbe bastato quel
breve lasso di tempo per trovarli e farli seguire, prima che suo nipote
e
Zachary andassero all’attacco.
«domande di Hammy a quella
bestia, più che altro» una delle
quali “non sarai uno di quei vecchi
porcelli che si prendono cotte per le ventenni?...per piacere non dirmi
che sei
innamorato di me, sennò è la volta che
bestemmio” lo aveva
indotto a rompere un mobile antico appena l’aveva letta,
sommata alle frasi in cui risultava evidente che lui le avesse parlato
del loro
“grande attaccamento”…al diavolo! Quel
mostro schifoso stava provando ad
insidiare la sua piccola approfittando del fatto che non fosse ancora
del tutto
a posto!...magari un legame lo avevano davvero, ma quelle parole che
doveva
averle detto per portarla a scrivere quelle frasi lasciavano intendere
chissà
che, come se anche Emerald fosse stata ossessionata dal russo quanto
lui lo era
di lei.
Ma Michael sapeva che non era
così, o lei non sarebbe stata
così felice di sposarlo. La rabbia che aveva rivolto contro
il mobile dunque
andava tutta alla bestiaccia, non ad Hammy, che in tutto questo dal suo
punto
di vista era, come sempre, innocente.
«capisco…»
«oh, ma
c’è dell’altro» il tono
dell’ex mercenario divenne
ancora più rabbioso «abbiamo trovato anche delle
frasi in cui ci sarebbero
state rivelate la prima, la seconda e l’ultima meta,
più un’altra in forse…»
«questo è
ottimo!»
«peccato che i nomi delle
mete siano stati cancellati con
una precisione che Emerald e quel freak non
avrebbero potuto avere, se
fossero stati sorpresi lassù durante l’attacco di quei
due» ossia i
ragazzi «a giudicare dai segni la Marauder è
arrivata fino al piano dove si
trovava la soffitta. Unica stanza non devastata, a quel livello. Ma
quando sono
arrivati lassù l’hanno trovata vuota, dato che non
ho visto segni di lotta...ed
i soldati hanno trovato delle bottiglie aperte e finite in
cantina…» aggiunse
in un borbottio. Howard si passò la mano sul volto.
«bere in quelle condizioni.
Cristo. E quella bestia, guai ad
impedirglielo!» a dire il vero gliene aveva dette di tutti i
colori, ma Howard
non poteva saperlo «…quindi mi stai dicendo che
loro erano in cantina e non
possono essere stati loro a cancellare i nomi delle mete».
«era stato appena fatto, si
vedeva benissimo».
«quindi immagino che tu
abbia presunto che siano stati mio
nipote e tuo fratello a cancellarli».
«quell’imbecille
di Zachary si è messo in testa di dare la
caccia a quell’orrore su due gambe e non vuole interferenze,
così come non gli
importa niente del fatto che Hammy abbia o meno ricordato qualcosa in
sua
compagnia, e a quanto pare nemmeno di metterla in pericolo! Se
così fosse stato
non avrebbe sfondato tutto con quella Marauder, se lei fosse stata in
una di
quelle stanze avrebbe potuto ammazzarla!!!...ma quando lo
rivedo lo ammazzo
di botte io, a lui!!!»
Quella di Michael non era per niente
una bella situazione,
costantemente in preda a rabbia e angoscia. Se le fosse successo
qualcosa non
se lo sarebbe mai perdonato…era sua moglie!
E idem se quell’ imbecille
di suo fratello fosse
morto col cranio trafitto, o se a morire fossero stati sia lui che
Sebastian.
Anche Howard ovviamente provava
qualcosa di analogo. E di
una cosa era certo: fratello del genero o no, se per colpa di Zachary
Connors
fosse capitato qualcosa di brutto a sua figlia, Warsman non sarebbe
stato il
solo ad andarsene dal pianeta!
«è abbastanza
logico presumere che a questo punto vogliano
lasciare il Paese» disse il marchese «e non mi
sorprenderebbe se una delle mete
in questione fosse Tokyo, per esempio. Ma proprio in vista della
prevedibilità
della meta in questione non penso proprio che ci andranno
adesso…Michael,
quello che dobbiamo fare adesso è una lista dei posti in cui
Hammy è stata in
questi due anni e mezzo. Posti importanti».
Andando secondo logica se
l’obiettivo di Hammy era ritrovare
i ricordi, andare in posti dov’era stata in quel periodo che
le mancava era
fondamentale. Certo, nulla diceva ad Howard che sarebbe andata proprio
così. Ma
era già un punto di partenza nel caso i suoi uomini non
fossero riusciti a
ritrovarli in tempo; per poco sicuro che fosse era sempre meglio
potersi
aggrappare a qualcosa, piuttosto che brancolare completamente nel buio.
Inoltre, se proprio non fosse
riuscito a concludere nulla da
solo, intendeva chiedere una mano a qualche socio particolarmente
“stretto”.
«Tokyo è uno. Il
pianeta Ercole potrebbe essere un altro…»
fece un respiro profondo nel tentativo di calmarsi e provare a pensare
lucidamente «poi c’è
Washington…»
Dove si erano fidanzati e, al di
là degli atti terroristici
in cui si era lasciata coinvolgere da Zachary, avevano passato uno tra
quelli
che il soldato reputava tra i periodi migliori della propria vita.
«Michael-»
«non è giusto
tutto questo. Dicono che ogni cosa che
facciamo ha conseguenze e
questo…d’accordo» alzò le
mani «d’accordo, si può
anche capire. Ma che siano anche degli innocenti, o meglio, che sia
Hammy ad
essere coinvolta…è questo che non mi va
giù. Lei non ha fatto niente» disse «se
c’era qualcuno che doveva cadere e rompersi la testa ero io.
Lei non se lo
meritava, come non meritava di perdere la memoria, o di soffrire e
basta».
E su quelle ultime tre cose Howard
concordava pienamente.
«l’ho sempre
pensato anche io, e infatti ho sempre cercato
di farla stare meglio che posso. E solitamente io posso
fare molto, in questo senso. Ma a quanto pare…non
tutto
quello che servirebbe» lo sguardo divenne quasi assente
«se dovessi perderla, è
facile che mi “perda” anche io con lei» e
viceversa, perché probabilmente se
Emerald avesse perso suo padre in un modo diverso da “morte
naturale a tarda
età” sarebbe diventata pazza, la stessa sorte che
di sicuro sarebbe toccata
anche a Janice «è la mia unica figlia. Capirai
quando diventerai padre anche
tu» aggiunse, per poi riscuotersi «attualmente
considerando il dispiegamento di
forze che abbiamo la mia idea sarebbe di attivare gli uomini stanziati
nei
posti che abbiamo elencato finora, e mandare dei drappelli di rinforzo.
Il
piano è farli seguire con discrezione, ma è bene
premunirsi nel caso lui tenti
di fare qualche mossa azzardata. Se te la senti puoi essere tra quelli
che
andranno a Washington…sarebbe anche un’occasione
per rivedere la tua famiglia.
E, se sarà lì che troveremo i nostri fuggitivi,
cercare di far ragionare tuo
fratello tramite loro» aggiunse, anche se era mooolto
scettico a riguardo.
«quell’idiota
patentato di mio fratello» puntualizzò
Michael «e comunque dubito
fortemente che potrebbero farcela».
“forse potrebbe riuscirci
giusto nonna Isabèl” pensò.
Howard si lasciò sfuggire
un breve sospiro.
« il vero problema con tuo
fratello è che in realtà anche
lui, se si mette realmente d’impegno, è una
persona che…può» e detto da uno
il cui motto di famiglia era “we can”,
non era poco «ben poche persone
possono vantare una cosa
del genere…»
«avere un quoziente
d’intelligenza di centosettantasette non
lo rende libero di fare simili caz-»
«…linguaggio».
«…stupidaggini!»
si corresse l’americano, talmente nervoso
da arrivare apparentemente a contraddire suo suocero. Vero che da
quando le
cose stavano in quel modo, qualche piccola libertà in
più -con grande sforzo-
Michael se l’era presa…
«e io infatti non intendevo
dire questo, ciò che volevo era
farti capire che in virtù di quanto ho detto non
sarà esattamente semplice dissuaderlo
dal fare ciò che si è prefissato di
fare».
Ah, ecco.
Questo Michael lo sapeva
già, ma sentirselo dire chiaro e
tondo da una persona per cui quasi tutto risultava
spaventosamente
semplice da fare e/o risolvere faceva, di nuovo, un certo effetto.
«non è mia
intenzione prenderlo sottogamba. Voglio dire,
quel che è in grado di combinare lo so benissimo».
«bene. Quindi, Michael, se
li troverai a Washington…so che
non ci sarebbe bisogno di dirtelo, ma…occhio. Mh?»
Lo aveva detto come se stesse
pensando che Zeke potesse
arrivare a fargli del male. Ma più probabilmente Howard
intendeva dirgli che
avrebbe potuto causargli vari ed eventuali problemi.
«sissignore».
«…ancora?»
«eh…ci sono
abituato».
Certe cose sembravano non cambiare
proprio mai.
:: Washington DC,
ora, in un sordido motel ::
“tra questo posto e la
soffitta era meglio la soffitta
trecentomila volte. L’unica cosa buona è che qui
ci sono carta e penna” pensò
Hammy, sbuffando dopo avere alzato gli occhi al cielo.
«presumo che la signora
marchesa non gradisca nemmeno questo
posto» disse Flash, ancora più
sarcastico dell’altra volta nel dirglielo.
“si beh! Speravo
in qualcosa di meglio visto che per
essere delle cameriere quei portafogli erano abbastanza pieni!...e
invece non
solo per arrivare in America mi è toccato viaggiare DA
CLANDESTINA in un aereo
che trasportava delle fottutissime MUCCHE” e nello
scriverlo Hammy
rabbrividì; le mucche le piacevano solo quando erano
macellate e ridotte in
hamburger, perché invece da vive quei loro occhi bovini
e quei musi così
schifosamente da mucca la disgustavano al punto
che quasi arrivava ad
una sorta di paura “e su cui fosse stato per me non
sarei salita nemmeno se
mi pagavano, ma oltretutto per arrivare qui in città abbiamo
pure dovuto rubare
una macchina…e come se questo non bastasse” indicò
stizzita il letto
matrimoniale.
Di doppie c’era rimasta
solo quella, già.
Matrimoniale.
«e tu credi che a me abbia
fatto piacere viaggiare in aereo
con te costantemente appiccicata addosso?!»
Lei sollevò un
sopracciglio ed annuì con un misto tra una
smorfia ed un mezzo sorrisetto. Durante una turbolenza infatti lei gli
era
caduta addosso, finendogli cavalcioni…ed anche se non poteva
sapere cosa lui
avesse pensato in quel frangente, a giudicare dalla reazione non
dovevano essere stati pensieri esattamente “puri”.
«o senti, non…!
L’ho detto e lo ripeto, tu non sei altro che
una puttanella. Ecco tutto».
«porcello».
«non ti-»
«vecchio
porcello».
«zitta!!!»
«porcello-porcello-porcello-porcello-sei
un porcello-un
vecchio porcello-porcello!!!»
«di tutto quel che
potevi riprendere a dire, doveva
essere proprio questo?! Maledetta…»
fece per tirarle addosso un soprammobile,
ma cambiò rapidamente idea. Se si fossero messi a fare
casino c’era più
probabilità che fossero beccati, nonostante i -miseri-
travestimenti che
facevano di lui un wrestler dalla maschera sconosciuta e di Hammy una
giovane
bellezza dai capelli rosso scuro. Non avevano potuto fare altro se non
rubare
quelle due cose, una maschera ed una tinta per capelli, prima di
andarsene
dall’Inghilterra in fretta e furia.
«di’, ma sei
ancora in grado di pronunciare il mio nome?»
«porcello!»
«il mio vero
nome, razza di scema!»
«Sorcio».
Si, aveva ripreso a dire anche
quello, in concomitanza con
l’aver ricordato -finirgli a cavalcioni in aereo in quel caso
era tornato
utile- da quel che sembrava, quanto era successo la sera in cui era
fuggita
dalla Scuola di Ercole per stargli vicina in giorni del suo compleanno.
O
almeno una parte, di quel che era successo; nello specifico, la lotta
prima sul
divano e poi sul pavimento.
«Emerald, ti tiro
qualcosa».
Lei gli fece una serie di cenni che
significavano “fai, fai!
Che poi ti spezzo in due!”
«è una cosa
seria, maledizione!...per vedere se quel poco di
ricordi che sei riuscita a recuperare sono ancora
lì!»
«…Nikolai».
Sembrava andare bene. «mh.
Meglio così. Emerald, da domani
inizieremo ad andare nei luoghi che hai visitato quando sei stata qui,
o almeno
in qualcuno. Vero che non li ricordi, ma su Tumblr sei stata fin troppo
dettagliata nelle descrizioni, con tanto di relativi
indirizzi…quindi…un punto
di partenza ce lo abbiamo».
“andiamo anche a
casa di mio marito?”
«…»
Uno dei luoghi che lui avrebbe
preferito evitare. Non gli
piaceva il pensiero di stare vicino ai consanguinei di quei due pazzi
sadici
bastardi -per quanto se fosse stato meno ragionevole, per fargliela
pagare
avrebbe assassinato loro i genitori come minimo- ed era chiaro che se
anche ci
avessero fatto un salto sarebbe stato di nascosto. Quello era
territorio nemico
per il russo, in più di un senso visto che russi e
statunitensi non sono
propriamente in rapporti di grande simpatia.
«non aspettarti di bussare
alla porta dei tuoi suoceri per
dire loro “ehi ciao sono qui!”»
sbottò Warsman.
“suoceri”. Hammy
era sposata.
Più ci pensava meno riusciva a crederci. Sposata!!! Quella lì! Miss No Kevin Non
Prima Dei Trenta!
…Hammy…
Piccola Hammy.
“tranquillo,
non
vorrei mai spaventare i miei suoceri facendogli vedere un obbrobrio del
genere”
scrisse, per poi indicarlo.
Stronzissima
Hammy.
E lui, altrettanto urbanamente,
rispose con qualcosa di non
riferibile per ovvi motivi che però la fece solo ridere
sarcasticamente.
«c’è
poco da ridere. Tieni a mente in che situazione siamo!»
“se
non fossi venuto a
casa mia non avrei dovuto salvarti la pellaccia. Tanto più
che quella
schicchera di energia mi ha prosciugata completamente. Se non
l’avessi fatto
forse adesso starei meglio, avrei più forse,
adesso”.
«ah! Ti sei pentita di
avermi aiutato?!»
Lei non rispose.
Era passato qualche giorno, ma il
loro rapporto non era
migliorato granché, anche dopo che Hammy si era ricordata
del compleanno.
Continuava ad essere sempre piuttosto diffidente nei suoi confronti, e
a non
gradire alcun tipo di contatto fisico -eccetto che in caso di presenza
di
mucche o quando non si reggeva più in piedi- così
come al non volergli credere
quando lui tentava di raccontarle alcuni aneddoti sul loro rapporto.
Emerald in tutto ciò aveva
sempre ripetuto che non ci
credeva, ma che se anche fosse stato così
“d’accordo, raccontami, ma non farti
idee strane perché tutto quel che voglio è
tornare da mio marito alla fine di
tutto ciò. Se mi vorrà ancora”.
Averla vicino in quel modo era come
avere un pungolo
infilato nel fianco, che ogni tanto veniva rigirato nella ferita.
Eppure, al pensiero di non
averla e basta, si trovava a preferire il pungolo!...e
questo perché?
Perché, finché avesse provato quel dolore,
avrebbe significato che era vivo e
che non era solo. Il proverbio
dice “meglio soli che male
accompagnati”, ma per lui non valeva più da un
pezzo ormai.
«…d’accordo.
Ho capito» disse con una certa freddezza,
sedendosi sul letto matrimoniale dove si era messa anche la ragazza,
che
naturalmente non gradì quella mossa.
“ma
CHE CAVOLO pensi
di fare?!”
«secondo te?! Di dormire
almeno qualche ora!»
Lei però agitò
il dito a dirgli “no-no!”.
«come sarebbe?!»
“eh
no. TU nel MIO
letto con ME non ci dormi”.
«si sai, non è
esattamente la prima volta che ci capita! Te
l’ho raccontato mi pare!...d’accordo, non era nel
letto, una volta era nel
divano , a Roma siamo crollati ubriachi sotto la veranda di quella tua
mini-villa in campagna e ad Il Cairo era direttamente
nell’idromassaggio, ma
sta di fatto che tu ed io abbiamo già dormito
insieme…»
Lei gli mise la mano sinistra davanti
al volto, sbattendogli
in faccia la fede nuziale. Era una donna sposata, adesso. Dormire con
qualcuno
di diverso da suo marito sarebbe stato disdicevole,
o almeno farlo nello stesso letto.
«non
c’è bisogno che mi sbatti in faccia
quell’errore!»
sbottò il russo «lo so che sei
sposata. Lo so benissimo. Purtroppo».
“e poi vienimi a dire che non sei innamorato di me,
nooooo, guarda.
Vabbè. Questo potrai pure negarlo, ma ormai che ti attizzo
lo so per certo, e
non vorrei che il tuo fratellino si
svegliasse a sorpresa mentre dormo per tentare di chiedere un
appuntamento alla
sorella”.
«o senti, a me tua
“sorella” non interessa. Io voglio
dormire!»
Lei gli indicò il
pavimento.
«…pretenderesti
che io dormissi sul pavimento come un
cane?!»
“non
fare paragoni con
i cani. Li insulti”.
Ok, quello era troppo, e senza tanti
complimenti il russo
prese di peso Emerald buttandola giù dal letto. Ed avendo la
grande cortesia di
lanciarle giù anche un cuscino.
«buonanotte. Stronz-maledetta!!!»
strepitò, quando lei salì di nuovo sul letto
all’improvviso e dopo averlo
afferrato con la mano destra per la maglietta che indossava lo
sbatté di peso
giù dal letto, mostrandogli il ben noto segno col dito medio.
«mio»
riuscì a dire, indicando il letto. L’essere
riuscita a
parlare ancora la fece sorridere per qualche istante. Warsman si
rialzò
ringhiando.
«niente
affatto!!!»
L’attimo dopo le fu
addosso, ed iniziarono a lottare sopra
il letto cercando di buttarsi vicendevolmente giù. Diverse
volte ci riuscirono
anche, peccato che poi quello che andava giù trascinasse
sempre l’altro con sé.
Andarono avanti in quel modo per una
mezz’ora circa, quando
fu Emerald a proporre un time out.
«ah, non ce la fai
più eh Lancaster?! Arrenditi e consegnami
il letto!»
“si,
te lo consegno
SBATTENDOTELO IN TESTA. Giochiamocelo a morra cinese, che facciamo
anche meno
casino!”
Una proposta che fece ammutolire
Warsman per il semplice
fatto che l’ultima volta che avevano giocato a morra cinese e
lui aveva perso,
gli era toccato viaggiare nudo per
metà del famoso quartiere a luci rosse di Bangkok. Con
Emerald che naturalmente
gli aveva riso dietro tutto il tempo come una cretina vedendo la gente
fuggire
o tentare di abbordarlo.
Ma lì non poteva succedere
nulla del genere, giusto?
«e va bene…ma
chi vince, vince! Non sento scuse!» la avvisò
lui, mentre si preparavano a giocare «al mio via
allora…uno, due tre, via!
Carta, forbici-»
«SASSO!»
A quel mezzo strillo di Hammy la sua
faccia venne investita
da un diretto tanto potente che lo fece volare mezzo metro
più in là rispetto
al letto.
Ok, la bastarda aveva una strana idea
della morra cinese.
Nello specifico, del sasso…che da che mondo è
mondo non significava “diretto in
faccia”!
E adesso era lì, in
ginocchio sul letto -con la canottiera ed i
pantaloncini che usava come pigiama- a guardarlo con l’aria
da gatta birbante.
Le mancavano solo le orecchie e la coda.
E di sicuro era per colpa della botta
in testa che adesso se
la stava immaginando con un costume da gattina sexy.
«mio» concluse la
ragazza, spegnendo la luce ed infilandosi
sotto le coperte.
L’avrebbe avuta sempre
vinta lei.
Anche quella era una delle cose che
probabilmente non
sarebbero cambiate mai.
:: sempre
Washington DC.
Il rifugio nel bosco ::
«Zachary, chiedo venia se
la mia domanda ti parrà
inopportuna, ma…non avremmo potuto trovare un albergo? Una
locanda? Un sordido
motel? Qualcosa che sia differente da una baracca di legno costruita su
un
albero in un bosco che sembra essere stato eletto “ritrovo
ideale” da tutti gli
animali più disgustosi d’America?!»
Eh no, neppure quest’altro
Lancaster era contento del
rifugio trovato. Ma d’altra parte, come Zachary gli ricordava
ogni volta che lo
sentiva lagnarsi, non era stato lui a costringerlo a seguirlo.
L’albino gli
aveva ricordato spesso e senza spazientirsi che se lui -Sebastian-
avesse
voluto, avrebbe potuto rimanere tranquillo nella tenuta di Londra di
suo zio,
oppure tornare a Belfast. Invece aveva deciso di accompagnarlo,
nonostante non
gli piacesse affatto l’idea dell’ira genitoriale
che sarebbe stato costretto ad
affrontare al ritorno.
Particolarmente quella di sua madre.
Non lo aveva mai toccato neppure con
un dito, eppure era lei
quella di cui aveva più “timore”. Non
avrebbe saputo dire perché, era un
qualcosa di atavico ed indefinibile, che non si sapeva
perché c’era ma…c’era!
«Zachary, mi sai
ascoltando?!»
No, ovviamente non
lo
stava ascoltando. Era troppo impegnato a modificare una nuova auto da
corsa, di
un modello simile a quello della “defunta” Chaos
Star, e probabilmente non lo
aveva neppure sentito parlare visto il rumore che stava facendo nel
saldare
componenti.
Sebastian non poteva ancora credere
che l’albino fosse
riuscito a portare degli allacci elettrici in quel posto, allo stesso
modo a
cui non poteva credere che, non si sa come, uno dei loro inseguitori
fosse
arrivato in città.
A vederlo era stato Zachary stesso,
passato con una moto
-rubata- davanti a casa propria, indossando ovviamente un casco
integrale e…un
paio di comunissimi jeans. Si era
fatto una ragione riguardo al dover
rinunciare al proprio stile, in quel periodo. Ma ne era valsa la pena,
perché
era riuscito a vedere Michael senza che questi se ne rendesse conto, e
a
portarsi dunque nuovamente un altro passo avanti rispetto a lui.
Ovviamente si era chiesto
perché fosse venuto proprio lì.
Aveva cancellato le scritte nella polvere, ed era certo che se suo
fratello
maggiore fosse arrivato a Washington perché certo
che sia lui, che Hammy, che Sebastian ed anche il
distributore automatico
con gli artigli erano lì, a quell’ora Sebastian
sarebbe già stato su un volo
per Belfast ed Hammy su uno per Londra.
E Warsman tre metri sotto terra.
Forse. Dipendeva dai piani
che avevano lui e Mr. Lancaster a riguardo.
Comunque ecco, dopo alcuni
ragionamenti aveva concluso che
non sapendo che pesci pigliare probabilmente lui ed Howard avessero
deciso di
mandare degli uomini in ogni posto importante
in cui Emerald J.V.P. Lancaster era stata in quei due anni e
mezzo. E a
quanto pareva non era stata una mossa stupida…certo che non
lo era stata,
Zachary al loro posto avrebbe fatto la stessa identica cosa.
Con un’aggiunta.
Perché l’albino
nei vari racconti di vita vissuta della sua
bella cognatina aveva notato un “buco” di due mesi
e mezzo dopo l’incidente, in
cui nessuno sapeva bene cosa avesse fatto né dove fosse
stata. Aveva viaggiato
per il mondo, diceva…
Era stato quel “Buenos
Aires” che aveva visto scritto, a
farlo riflettere sul fatto che forse c’erano alcune cose che
i parenti più
stretti di Hammy, Lentiggine incluso in quanto marito, non
sapevano. E che invece Warsman sembrava sapere eccome. Sempre
per logica, era arrivato a concludere che Warsman le sapesse
perché era presente, in quei due
mesi e mezzo.
Si era chiesto come avessero fatto
Mr. Lancaster e suo
fratello, che non erano uomini sciocchi, a non pensarci. Forse
semplicemente perché
non volevano credere una cosa del genere.
Ed il fatto che non ci fossero
filmati di partenze/arrivi di
Hammy con il suo aereo privato non era stato sufficiente a fermare
Zachary Il
Pirata Informatico che riusciva ad inserirsi nel sistema di una torre
di
controllo -in cui una traccia dei voli fatti rimane spesso e volentieri
nonostante i tentativi di cancellazione da parte di persone che non
siano
hackers esperti- e perfino nella scatola nera di un aereo o di una nave
da un qualsiasi
maledetto Internet Point. E così…
Buenos Aires.
Città del Capo.
Bangkok.
Il Cairo.
Roma.
Bombay.
L’Avana.
Rio de Janeiro.
Sidney.
Quelle erano le mete che aveva
ottenuto.
…e Tokyo per ultima.
Più la Scuola di Ercole, forse.
Ah, e non dimentichiamoci Mosca, in
Russia; c’era stata con
Turbinsky, da quel che gli aveva raccontato.
O forse, in un tentativo di mossa
imprevedibile atta a far
perdere le tracce anche a lui e Sebastian, sarebbero potuti andare nel
villaggio di origine del robot anche se non era incluso nei posti in
cui era
stata.
E suo fratello e Howard Lancaster
erano a conoscenza
soltanto dell’ultima meta in cui Hammy e Warsman sarebbero
andati!... Washington
era stato un azzecco, se non li avessero presi lì, non
avrebbero saputo che
pesci pigliare. Anche perché dopo che Zeke aveva visto quel
che voleva vedere e
sentito quel che voleva sentire…puff.
Ogni traccia che loro avrebbero
potuto seguire aveva fatto
la fine delle scritte nella polvere. Il robot era suo, e non gradiva
intromissioni.
Per farla breve, Zachary aveva
scoperto diversi
“altarini”…Janice e Gabrijela Lancaster
che avevano aiutato il russo, il
viaggio…la cosa divertente era che di tutto ciò
non aveva detto nulla al suo
compagno d’avventura, nemmeno l’aggiornamento delle
mete possibili.
«Zachary?! È a
te che mi sto rivolgendo!!!»
Nonostante quel che aveva scoperto
però non ce l’aveva
esattamente con Hammy. Era accaduto prima che si mettesse insieme a suo
fratello. E secondo lui non c’era un reale pericolo che
Emerald mettesse le
corna a Michael, anche perché attualmente il russo per lei
era un
semisconosciuto. Certo, se quelle considerazione che stava facendo
fossero
state sbagliate e Michael si fosse trovato tradito, Zachary non
l’avrebbe presa
esattamente bene.
Lui stesso creava problemi a suo
fratello maggiore,
attualmente, ma guai a chiunque altro l’avesse fatto, e
comunque lui lo faceva
in buona fede, no?
«Zachary!!!...serpente!
Nella capanna!»
Sebastian avrebbe dovuto dirlo
già da prima, perché la
parola “serpente” era l’unica che poteva
penetrare la barriera di rumore e di
pensieri di Zeke, mentre lavorava.
«serpente! Dove?!»
«in nessun posto adesso,
ringraziando il cielo. L’ho detto
soltanto perché altrimenti non mi avresti dato ascolto
e-»
«Seb, io ho da fare. Se il
problema è il rifugio, ti ho già
spiegato perché staremo qui…»
«possediamo due milioni e
diverse serie di documenti
fasulli, avevamo la possibilità di scegliere un buon
albergo, o in alternativa
un motel quasi decente!»
«lì
però non ho l’attrezzatura e qui, nel Laboratorio
dello
Scienziato Pazzo, si».
L’albino non disse altro,
tornando a lavorare, e Sebastian
capì che non gli avrebbe dato retta riguardo
quell’argomento…
***
Well...ce l'ho fatta a
partorirlo, questo capitolo. Niente di che, eh. Ho solo mostrato la
situazione attuale. Qualche casino ci sarà dal prossimo
magari, visto che sono tutti lì! :D
|
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Capitolo 10 *** The Show Must Go On ***
«…e ancora non
abbiamo ottenuto alcun risultato. Quindi
potrà comprendere che io non abbia tutta questa voglia di
rilasciare la trentaduesima
intervista a quelli di Lifestyle. Si rende conto? La
trentaduesima…!» erano
le tre del pomeriggio, ed Howard Lancaster era già al
secondo bicchiere di
cognac, bevuto mentre conversava con la figlia di un suo socio in
affari che
però si occupava di diverse cose per conto del padre, dopo
che quest’ultima era
venuta a trovarlo per discutere di affari «ho altro a cui
pensare. Nessuna
delle squadre che ho stanziato nei possibili luoghi dove Hammy potrebbe
andare,
o essere andata, ha ottenuto risultati. Fino ad ora una cosa analoga
è successa
unicamente nel dare la caccia
all’individuo -ergo, la bestia- con cui
Emerald è scappata via».
«mi verrebbe da dire che
allora la bestia in questione è più
abile a nascondersi di quanto tutti i suoi soldati messi insieme lo
siano a
tentare di trovarlo. Dovrebbe iniziare a pensare di licenziare qualcuno
ed
assoldare lui al loro posto, che ne dice?»
Glielo aveva detto in faccia
così, senza tanti problemi,
quella giovane di un’età indefinibile dai capelli
di un rosso fuoco solo
apparentemente innaturale e gli occhi di ghiaccio. Howard
poggiò il bicchiere
ormai vuoto sopra il tavolo, con un leggero principio di nervosismo
dovuto al
fatto che il suo era un problema piuttosto serio -tanto da avere
indossato un
completo grigio fumo con relativo fazzoletto, invece che quello di un
grigio
più chiaro- eppure quella ragazza non fingeva neppure
un minimo di
interesse e/o dispiacere.
«tsk. Non è il
caso di fare battute…»
Lei se ne stava lì
così, con il volto quasi annoiato e le
gambe accavallate in quei suoi pantaloni fin troppo aderenti e che
comunque si
poteva permettere, osservandolo distrattamente ogni tanto con la testa
appoggiata sulla mano sinistra. Come se lui non fosse poi
così importante, e
fosse più importante osservare i dieci anelli luccicanti
-uno diverso per dito-
che portava in un modo che Mr. Lancaster trovava piuttosto pacchiano.
E giusto in quel momento la ragazza
sollevò su di lui quei
suoi occhi azzurri penetranti.
«cosa le ha fatto pensare
che la mia fosse una battuta?»
replicò lei accendendosi il terzo sigaro della serie.
«prego?»
«sto ridendo?»
«no».
«sto sorridendo?»
«non mi sembra».
«ho
un’espressione divertita?»
«no».
«ho l’aria di chi
sta nascondendo un’espressione
divertita?»
«…no».
«quel che ho detto sulla
bestia di cui parla ed i suoi
soldati è contrario alla realtà dei
fatti?»
Howard sentì il
nervosismo, ancora ben lungi dall’essere
mostrato, salire di un paio di tacche. «vorrei poter dire di
no».
«comunque si, era una
battuta» concluse la ragazza. Se al
posto del marchese ci fosse stato Michael minimo si sarebbe beccata un
vaffanculo detto col cuore in mano «brancola proprio nel
buio, eh?»
Howard stava per replicare qualcosa
sempre ostentando la sua
classica flemma, quando il suo cellulare iniziò a squillare.
«mi scusi, ma devo
rispondere» si alzò in fretta
dalla poltroncina dov’era seduto.
«faccia con
comodo» replicò l’altra, avviando
l’ennesimo
sigaro.
Howard abbandonò
rapidamente la stanza, finendo per
rispondere al quarto squillo. «Michael.
Novità?»
Sentì il rumore di diverse
voci in sottofondo, quello -per
lui appena udibile- della sirena ddel camion dei vigili del fuoco.
Già solo da questo
capì che qualunque esse fossero,
difficilmente sarebbero state novità buone.
– abbiamo
recuperato Sebastian ed anche la bestia.
Il marchese provò una
sensazione di sollievo che però sfumò
subito, nel rendersi conto che suo genero non sembrava affatto di buon
umore.
«ma?»
Lì a Washington, Michael
pensò che Howard era e sarebbe
stato sempre un passo avanti dato che nonostante quel che aveva detto
aveva
capito immediatamente che c’era qualcosa che non andava.
– ma Zachary ha
preso Emerald ed è fuggito. E da quanto
mi ha raccontato Sebastian, non c’è solo
questo…
:: Washington, qualche ora
prima ::
– sei
perfettamente sicuro che siano loro?
«Zachary, mio buon amico,
non mi ritieni in grado di
riconoscere mia cugina quando la vedo? Tanto più che il suo
travestimento è ben
peggiore dei nostri: ha soltanto tinto i capelli di un rosso tiziano
che invero
non stona neppure eccessivamente addosso a lei».
A Sebastian era stato dato il compito
di tenere d’occhio
casa Connors, passandovi davanti ogni giorno con una moto -rubata-
diversa, in
modo da verificare se Michael era ancora lì. Zachary sperava
quasi che non
ottenesse risultati e, erroneamente persuaso che Hammy non si trovasse
in
città, se ne andasse presto. Averlo intorno avrebbe potuto
limitare la sua
libertà d’azione, e all’albino non
piaceva granché essere limitato…tanto
più in
quel caso.
– sono
a casa dei
miei?
«precisamente. Si sono
procurati una motocicletta sulla
quale viaggiano entrambi. Lei si è tolta il casco trenta
secondi fa. Sta
osservando il quartiere».
– uh.
Dubito che
avrebbero fatto questa mossa se sapessero che Michael, tu ed io siamo
qui. È la
dimostrazione che pensano di averci seminati tutti quanti…il
distributore
automatico troppo cresciuto si crede al sicuro.
«…aspetta. Hammy
adesso ha indossato nuovamente il casco…si,
nel momento in cui l’oltraggio alla bellezza
le ha indicato l’autovettura di tuo fratello;
è in posizione defilata, è
comprensibile che non l’abbiano notata immediatamente, ed ora
sembrano
irrequieti».
– si
chiederanno com’è
possibile che lui sia qui, ed è facile che visto questo
lascino la città,
quindi dovremo muoverci subito. Sono su un terreno che mi avvantaggia,
mica
voglio sprecare l’occasione!
Sebastian, nascosto
all’imbocco di una stradina che divideva
due case, portò istintivamente una mano alla pistola.
«se non fossi ben
cosciente del fatto che vuoi occupartene personalmente sarei io a
sparargli. La
distanza è giusta».
Voleva farla pagare al russo per
avergli quasi infilzato la
testa a Londra, e da buon vigliacco finché si trattava di
colpire un avversario
alle spalle, oppure uno già ferito, non aveva alcun
problema. Tanto più un
mostro come quello.
Sebastian L.V.C. Lancaster non
considerava Warsman un uomo.
E tutto sommato neppure una bestia come lo vedeva suo zio, od una
stupida
macchina come invece lo vedeva Zachary. Per lui era semplicemente un
aborto
della natura che andava soppresso in nome di tutto ciò che
è bello e,
secondariamente, anche per impedirgli una possibile riproduzione. Che
diamine,
un eventuale progenie probabilmente sarebbe venuta fuori orribile
com’era lui;
un’eventualità assolutamente insopportabile per un
esteta.
– ma
visto che è già
prenotato lascerai perdere. E poi pensa a cosa direbbe tua madre se
sapesse che
l’hai ucciso, visto che lei e tuo padre lo vedono come un
essere umano…che cosa
assurda, eh?...lascialo a me. Mi ha rotto il cappello, ti rendi conto?!
Visto che Zeke non era lì
e non poteva vederlo Sebastian
alzò gli occhi al cielo. Quanto sarebbe andato avanti con
quella faccenda del
cappello? Ah, ma che domande: finché non avesse preso
Warsman e non l’avesse
costretto a ballare la caramelldansen per poi
“spegnerlo”.
«che devo fare?»
– sei
in grado di
seguirli senza che loro se ne accorgano?
«ehm, nei mei due decenni
di vita non mi è mai successo di
pedinare alcuno, non so se tu-»
– Seb,
ho lasciato che
venissi via con me perché speravo fossi d’aiuto,
che ci vorrà mai a seguire in
moto una lattina e la mia cognatina?
«potrei tentare, ma ponendo
che io riesca nell’impresa e
scopra dove si nascondono, come dovrei agire in seguito?»
– fai
uno spettacolo
di fuochi artificiali per fargli capire che li hai seguiti, ovviamente.
«…mi sembra di
avvertire dell’ironia nelle tue parole».
– ovvio
che era
ironico. Che vorresti fare, Seb?...senti, te lo dirò io
quando sarà ora. Per
adesso prova a seguirli. E metti l’auricolare…
«lo sto utilizzando anche
in questo momento» replicò pronto
il ragazzo, toccando l’auricolare bluetooth.
– ok.
Seguili,
restiamo in contatto e man mano dimmi che strada prendono.
«d’accordo. Se
mai le cose dovessero mettersi male, ho con
me le pistole a dardi narcotici».
– abbiamo
una specie
di collezione, di roba simile a questa…
«…è
qui…com’è possibile?!»
Lo stupore di Warsman era anche
quello di Hammy, che tutto
si aspettava meno che di vedere lì il suv di suo marito.
Com’era possibile che sapesse?!
Di tutte le mete quella era assolutamente imprevedibile, al posto loro
nessun
altro sarebbe andato a Washington, come erano riusciti a pensare che
invece…?!
“è colpa mia.
Avrei dovuto immaginare che ci avrebbero
trovati, ed anche presto. Lo hanno fatto quando eravamo nella villa di
Robin
Mask, e lo hanno fatto anche qui”.
Non poteva sfuggirgli,
c’era poco da fare.
Eppure nonostante fosse
d’intralcio a quella sottospecie di
piano di “viaggio alla ricerca dei ricordi perduti”
fatto da lei e Flash, in un
certo senso la confortava l’idea di essere sempre protetta
ovunque andasse. Di
non correre mai un pericolo reale perché c’erano
sempre degli “angeli custodi”
pronti a difenderla.
Ok, erano
“angeli” molto per modo di dire, Michael in
particolare, ma facevano più o meno lo stesso lavoro.
Oltretutto, che Mikey
nonostante quella sua fuga fosse partito per cercarla le
causò una fitta al
cuore sia per il senso di colpa che per la commozione.
Non ce l’aveva con lei,
allora, anche se era scappata. Non
voleva lasciarla perdere, lui la stava cercando. Teneva a lei anche se
al
momento era una mezza invalida, e lo stesso discorso valeva per suo
padre…
«dove pensi di-no!
Non se ne parla!»
riuscì a bloccarla
appena prima che scendesse dalla moto che avevano noleggiato
«lo sapevo che
venire qui era una pessima idea...renditi conto che non
puoi andare da lui, razza di idiota, o sarà tutto
finito!»
“almeno per scusarmi di
essere scappata, per spiegargli,
perché non ne ho avuto il tempo e nemmeno modo! Possibile
che non capisca?!
Quello è mio marito!” pensò Emerald
quasi disperatamente, per poi finire ad
abbassare la testa e a rimettersi il caso per non fargli vedere che era
vicina
a piangere. Mai mostrarsi deboli davanti al nemico…e quanto
al resto, sapeva
che purtroppo Warsman aveva ragione.
«lo so».
In quei pochi giorni a Washington era
riuscita a sbloccare
altri ricordi, la maggior parte dei quali -e Flash non aveva gradito,
eh no- legati
a suo cognato Zachary. Presumibilmente questo era successo
perché non solo loro
due si erano conosciuti lì, ma avevano anche legato
parecchio in quelle tre
settimane…tanto che Hammy si era fatto il nuovo tatuaggio
che aveva sulla
schiena proprio dopo aver trascorso un’intera giornata
insieme a lui.
Si era anche ricordata di quello che
aveva deciso di
adottare come nome di battaglia, “Nightmare”. Ed
anche delle circostanze che
l’avevano indotta ad adottarlo: i topi incendiari nel
capannone prima, l’attacco
della banda armata in seguito, l’incendio del
locale…
«buuurn,
baby burn, is Disco Infernooooooh!!! Burn,
baby, burn! Mi sa
che Lentiggine mi darà un’altra lavata di
capo… burn, baby, burn!»
«dovremmo uscire
di qua!»
«si…magari
dovremmo. Però ammettilo…»
«che?»
«che è
stato bellissimo! Armageddon e Nightmare, ne
parleranno tutti quanti qui in giro».
«si ma io
teoricamente tutto ciò non dovrei farlo perché,
uno, tuo fratello mi sa che non sarà proprio felicissimo,
due, sono una chojiin
della Muscle League ed avrei delle regole di comportamento da seguire
non solo
dentro Scuola ma anche fuori…»
«capisco per la
parte che riguarda Michael, ma delle
regole che ti frega?»
«…ok,
effettivamente di quelle non mi frega una minchia.
Solo che è il secondo posto a cui diamo fuoco
oggi!»
Si insomma, un mucchio di ricordi
allegri.
Quando si era risvegliata, non
ricordandosi di lui aveva
trovato Zachary inquietante. Ma a quanto pareva non solo la
“lei” di prima NON
lo trovava affatto così, ma si sentiva anche perfettamente a
suo agio in sua
compagnia.
In compagnia di un sociopatico
assassino incendiario.
“quella
‘me’ ha lasciato morire quei tizi
nell’incendio”
pensò.
Poi però pensò
anche che erano stati loro ad attaccare per
primi, e non par
dare a Zachary -ed
anche a lei visto che era in sua compagnia- un paio di schiaffetti.
Ed il concetto di “se
è ‘o tu o loro’ meglio viva tu che
loro” le era stato insegnato da suo padre già da
un bel po’.
«ci hanno già
trovati. Non va bene, non va affatto bene»
borbottò Warsman decisamente allarmato «Emerald,
tu sai che questo significa
che dovremo lasciare a breve la città».
«non voliamo con le mucche
però».
Era migliorata con il parlare. Adesso
spesso riusciva a dire
frasi brevi come quella, il che era positivo. Ma riguardo al
“migliorare” non
si poteva dire lo stesso del loro rapporto.
Ovviamente il russo continuava a
tentare quasi
disperatamente di parlarle di loro due, di farle ricordare
qualcosa…perché da
dopo il frammento di memoria di quando era scappata dalla Scuola di
Ercole per
andare da lui, Emerald non ne aveva avuti altri che riguardassero loro
due. E
continuava a non credergli quando lui le ribadiva che, a modo loro,
erano
legati…e continuava anche a non voler dormire con lui.
Il quarto giorno di battaglia per il
letto, addirittura
-dopo che lui era tornato a dirle che loro avevano già
dormito insieme- pur di
farlo smettere di scocciarla con quella storia Hammy aveva preso un
cuscino,
una coperta, ed era stata lei a decidere di andare a dormire sul
pavimento.
E nonostante tutto era per Lord Flash
che era stato più
spiacevole, perché…insomma…se Emerald
era arrivata a dormire lì pur di non
stargli vicina più di quanto fosse necessario e non avere
rotture, significava
che erano messi veramente male!
Vedendola agire così, e
nel momento in cui aveva capito che
intendeva restare lì sul serio, il russo aveva sputato fuori
un “maledetta
stupida ragazzina” e poi se n’era andato dalla
stanza, uscendo fuori dal motel
per farsi una lunga camminata da solo, anche se pioveva.
Era stata lei a portarlo via, era
stata lei a metterlo in un
nuovo potenziale casino, ma perché lo aveva fatto se in
realtà non lo voleva
accanto?!
E se la Emerald con tutti i ricordi
al loro posto non solo
non si sarebbe comportata così ma si sarebbe anche sentita
un po’in colpa per
averlo ferito, perché quello aveva fatto, alla Emerald
attuale invece non
avrebbe potuto importare di meno di come lui si sentiva o non si
sentiva…per
cui si era limitata a festeggiare perché neppure quella
notte avrebbe dormito
sulla moquette, per poi occupare il letto.
«voliamo con quello che
capita, e non seccarmi».
Warsman aveva dovuto fare lo sforzo
di trattarla con più
distacco, ed anche di cercare di sentirsi
più distaccato. Quel tanto che bastava per non
farsi troppe pippe mentali
sulla cosa -tradotto, soffrire- e al contempo non influire sul processo
del
ritorno dei ricordi della ragazza.
La sua NN1 doveva
tornare. Dovevano tornare quelli di prima, così da
poter discutere
nuovamente di quell’errore che lei si ostinava a chiamare
matrimonio.
«che simpatico topo di
fogna».
Ad un osservatore esterno avrebbero
potuto apparire i
soliti, ma non era così.
«ti preferivo muta.
Andiamocene di qui».
Detto ciò il russo, quando
lei gli si fu stretta contro
giusto il necessario per non cadere, diede gas alla moto e
lasciò quella strada
il più velocemente possibile. Meno si trovava vicino a
Michael Connors, meglio
era…per ovvie ragioni.
Hammy invece lasciò quella
strada con rimpianto, e solo in
quel momento pensò che…oddio, ma se Mikey era
tornato lì allora doveva anche
essere stato costretto a spiegare ai suoi genitori cos’era
successo, e…
“complimenti per la figura
di merda, Emerald, complimenti
vivissimi. Ecco, adesso i miei suoceri mi odieranno a morte come
minimo. E mica
avrebbero tutti i torti. Io e Michael ci siamo sposati da poco, ed
eccomi qui,
con un altro uomo! Porco mondo”.
Era talmente presa dai fatti propri
che non si accorse di
essersi appoggiata meglio contro il compagno di viaggio, usandolo un
po’come un
cuscino nonostante in realtà non fosse granché
morbido.
“ma d’altra parte
temo proprio di dover fare così. Per dire,
dopo non molto tempo in sua compagnia ho ripreso a
parlare…posso dire solo
frasi brevi perché poi mi impallo un’altra volta,
ma considerando che
all’inizio dicevo solo ‘Nikolai’
è un gran miglioramento. Che poi…Nikolai! Non
‘Mikey’, non ‘papà’,
manco ‘Kevin’ al limite, no!
‘Nikolai’…”
Le veniva spontaneo chiudere gli
occhi ed appoggiarsi ancora
meglio. La strada in fin dei conti era tenuta ottimamente, e nonostante
un
viaggio in moto non fosse la cosa più tranquilla del mondo
si sentiva piuttosto
rilassata.
Si sentiva
rilassata…accanto
a lui.
Oh, era complicato. Forse meno ci
pensava meglio era.
Anche Warsman era piuttosto preso dai
propri pensieri e da
quel suo stringersi a lui, tanto da avere concentrazione sufficiente
giusto per
non perdersi nel tornare al motel e per cambiare eventualmente strada
se mai si
fosse trovato davanti qualche guaio di varia natura, cosa che
sembrò non
avvenire, ed arrivarono all’albergo.
Il motel era ad una
mezz’ora di distanza dal quartiere dove
abitavano i genitori dei due Connors, all’imbocco di una
strada chiusa, con
l’asfalto consumato e rotto in diversi punti, ed anche poco
frequentata. Era
stato il russo a sceglierlo, meno persone c’erano a fare
domande, meno persone
li avessero incontrati, meglio sarebbe stato…
Ma purtroppo non era stato
sufficiente.
Dovevano muoversi, dovevano ripartire
destinazione Buenos
Aires…o forse era meglio cambiare itinerario, a quel punto,
visto che il capofamiglia
Lancaster e compagnia sembravano conoscerlo?
Dovevano trovare una meta ancora
più imprevedibile di quanto
fosse Washington. Forse…d’accordo, Emerald non
c’era mai stata, ma a quel punto
una deviazione poteva rivelarsi necessaria, e chi avrebbe mai potuto
trovarli
nel suo Paese natio?
Sarebbero rimasti lì
giusto il tempo di far perdere le
tracce. Giusto quel poco tempo. E poi avrebbero ripreso il loro tour
dei
ricordi.
Warsman parcheggiò la
moto. «siamo arrivati, staccati» la
disse non troppo gentilmente.
«e poi dovresti essere
civile ed educato, alla faccia»
ribatté lei scendendo rapidamente, togliendosi il caso e
rifilandogli
un’occhiata ironica che da sola riusciva a completare la
frase con un “a me
sembri proprio un animale”.
«lo sono molto
più di te. Razza di puttanella»
borbottò.
«grufola meno, porcello da
macello».
«piantala!»
«sennò che
fai?»
«me ne vado, e poi con i
ricordi te la sbrighi da sola.
Tieni a mente che questo a me non lo fa fare nessuno, posso
abbandonarti quando
voglio, quindi vedi un po’ di mostrare almeno un minimo di
gratitudine!»
Aveva ragione su tutti i fronti o
quasi. Non glielo faceva
fare nessuno e stava rischiando grosso e, si, Emerald avrebbe dovuto
essergli
almeno un po’riconoscente. Solo quel “posso
abbandonarti quando voglio” non era
poi così tanto vero. O così tanto facile da fare.
Emerald si limitò ad
incrociare le braccia, senza avere la
minima voglia di replicare.
«adesso riporto questo al
noleggio. Tu vai in camera, e non
uscirne. Quando tornerò dovremo parlare
dell’itinerario».
«?»
«ti dirò dopo,
vai, vai!»
Con un ultimo sbuffo la ragazza si
avviò verso l’entrata del
motel, e Warsman era appena ripartito quando dopo qualche rumore si
sentì
colpire alla base del collo da non-sapeva-cosa.
Di qualunque cosa si trattasse, ad
ogni modo, ebbe l’effetto
di farlo crollare a terra privo di sensi dopo un bel volo dal motorino.
Fortuna
e soprattutto la tempra di chojin vollero che non si rompesse niente,
riportando solo danni superficiali alla pelle e ai vestiti.
Sentendo quel fracasso Emerald si
voltò all’istante,
sgranando gli occhi smeraldini quando vide il russo lì a
terra.
«…porcello…no!»
riuscì ad articolare, mentre correva
verso di lui.
Voleva vedere come stava, doveva
stare bene, non
poteva essere morto per così poco, era un chojin giusto?!
Mentre correva qualcuno le pose una
mano sulla spalla e se
l’attirò vicino, posandole un fazzoletto davanti a
naso e bocca.
«m-ma-»
«senti che buon profumo ha
il mio fazzoletto, cognatina.
Gradevole, vero?...»
Emerald perse rapidamente i sensi. In
seguito non avrebbe
ricordato niente di quelle parole né del fazzoletto ma
soltanto dell’incidente
di Warsman, e per forza di cose non avrebbe neppure ricordato di essere
crollata tra le braccia di Zachary che la sostenne senza alcuna fatica.
«brava, dormi».
«Zachary, amico mio, quante
possibilità ci sono che codesto
aborto della natura…» con qualche
calcio
Sebastian fece passare il russo da bocconi contro l’asfalto a
supino «sia
morto?...ah, no. Respira ancora…»
guardò l’albino «come sta mia
cugina?»
«dorme. Comunque, ottima
mira Seb!»
Era stato il giovane Lancaster a
sparare ad uno Warsman in
corsa.
Non per niente proprio essendo un
Lancaster aveva già dato
prova di avere un’ottima mira, se non doveva affrontare un
avversario
pericoloso faccia a faccia.
«mi hai infine concesso la
soddisfazione di sparargli e ne
sono contento».
«ma si…avevo
capito che si poteva fare da quando mi hai
detto che avevano imboccato la Lexington ad un paio di chilometri da
qui.
Potevano venire solo in questo posto, il che significava che avevamo
più
libertà d’azione, indi eccoci qui» gli
fece cenno di avvicinarsi «metti Hammy
sul sedile anteriore, poi dammi una mano a sollevare il distributore
automatico
con gli artigli e metterlo sul sedile posteriore di Chaos Star II dopo
che
l’avrò portata qui».
«…ed io dove mi
siederò?»
«il motorino della bestia
non ha praticamente subìto danni,
lascia quello che abbiamo fregato e prenditi quello, che ti importa? E
già che
ci sei mentre io mi occupo di Warsman perché non vai a
prendere qualcosa da
mangiare? Magari dei nachos. Che tu sappia ad Hammy piacciono i
nachos?» passò
la ragazza addormentata a Sebastian «vorrei farle mangiare
qualcosa di decente,
visto che ha l’aria di chi ultimamente non ha messo
granché nello stomaco».
«che io ricordi ha sempre
dato un’impressione simile».
«no, no, la differenza
c’è e si vede» replicò
tranquillo
l’albino, avviandosi verso l’auto. Tornò
da Sebastian un minuto dopo «meglio
che mi sbrighi, lei dormirà per diverse ore, ma non so
quanto durerà su
quell’altro l’effetto proiettile
narcotizzante».
«giustamente»
Sebastian pose sua cugina sul sedile anteriore
allacciandole perfino la cintura, ed in seguito si avvicinò
a Flash insieme a
Zachary «…allora…che cosa vuoi
fargli?»
«l’idea era di
farlo fuori, ma lungo la strada mi sono
venute in mente anche delle alternative. Cioè, considerando
quel che ha fatto
al mio cappello forse ucciderlo non è sufficiente
perché una volta morto, beh,
è morto…»
«e non avrebbe modo di
pagare» completò il ragazzo.
«precisamente».
«Zeke, per cortesia,
tienilo tu dalla parte della testa. Non
vorrei che quella sua nuova maschera» presa in un negozio di
costumi, pensate
un po’ «si sfilasse ed io finissi per trovarmi
davanti quel suo volto
mostruoso».
«è un altro
motivo per cui ti ho detto di andare a prendere
da mangiare mentre mi occupo di lui lì al Laboratorio dello
Scienziato Pazzo:
mi sa tanto che mi toccherà togliergli la maschera, se
voglio collegare il suo
cervello-computer al mio computer».
«cielo, che orrore! Ti
garantisco che non metterò piede lì
fino a quando non mi comunicherai che l’operazione
è finita!» esclamò Sebastian
completamente disgustato tirando su Warsman per i piedi mentre Zeke gli
sollevava la testa «anyway, fatto
ciò in che modo procederemo? Torneremo…a
casa?»
Pensò a sua madre.
Non voleva tornare a casa. No no.
No-no-no-no, assolutamente
no.
Dopo quel che aveva combinato, e
specialmente per quella
faccenda della Marauder, da Londra Gabrijela lo avrebbe rispedito
immediatamente a Belfast, e ciò dopo prediche su prediche
sia sue che di
Lionel.
E di sicuro ci sarebbero stati anche
dei castighi
durissimi…lo avrebbero tenuto chiuso in casa per anni.
E poi un’eventuale
reclusione in casa significava anche
“niente ragazze”!...
Si sarebbe scordato l’anno
sabbatico attorno al mondo, e
probabilmente non gli sarebbe più stato concesso di
contattare Zachary.
Non poteva succedere.
«il piano era quello, i
tuoi genitori ti staranno cercando»
replicò l’albino mentre mettevano Warsman sul
sedile posteriore.
«lo so, e mi rinchiuderanno
in casa per i prossimi dieci
anni se torno!»
«addirittura? Nemmeno
avessi ucciso qualcuno…»
«si lo so, sono esagerati.
Mi stanno sempre addosso» non era
esattamente così «vorrei avere i genitori che hai
tu».
«ah si. Belle persone, che
abbandonano il figlio in un
momento difficile» no, Zachary non aveva ancora perdonato ai
suoi genitori
l’essersene andati via quando Emerald era in coma e Michael
aveva bisogno di
sostegno «tieniti i genitori che hai, che è
meglio».
Chiusero le portiere.
«quindi vado?»
«vai. Ah, mi è
venuto in mente adesso: la mia cognatina
magari al posto dei nachos preferirebbe i bomboloni alla crema. Ne ha
mangiati
un’infinità quando lei e Lentiggine sono venuti
qui!»
Sebastian tirò su la moto,
e dopo una rapida occhiata si
mise a cavallo. «quindi nachos,
bomboloni…altro?»
«salsicce da fare alla
griglia, patatine e Coca-Cola per
festeggiare il fatto che abbiamo recuperato Hammy e perché
finalmente il robot
non romperà più le palle a nessuno di
noi» Zachary sorrise «fine di tutti i
problemi».
«devo acquistare anche una
torta?» gli chiese ironicamente
Sebastian, che a quanto pareva avrebbe dovuto letteralmente andare a
fare
spesa. A volte gli sembrava di essere una specie di domestico, come
quelli che
aveva nella villa a Belfast.
«eh, niente male come idea!
Una torta mimosa magari. A lei
piace e a me piace. A te piace?»
«si ma-»
«allora è
andata. Torta mimosa. Amo quel tipo di torta» salì
sul lato del guidatore, chiuse la portiera e diede gas «ci
vediamo dopo».
Ed entrambi, ognuno in direzioni
diverse, partirono.
«ti stai già
svegliando? Però!...avrei dovuto prevederlo;
non solo sei un chojin, ma sei anche una macchina. Che le macchine
hanno una
resistenza maggiore si vede in tutti i film…a parte Wall-e.
Lascia perdere
Wall-e. Lo ammetto: aspettavo un’occasione del genere da
tutta la vita. È
tecnologia vecchia tronca ma è pur sempre affascinante, e
credo che mi darà una
mano con l’eventuale creazione di alcune IA, possibilmente
senza tare come le
tue».
Warsman aveva la vista ancora
confusa, avendo appena ripreso
i sensi. Non capiva chi gli stesse parlando per lo stesso motivo.
Aprì completamente gli
occhi, e la prima cosa che vide fu
una luce bianca accecante. Avvertì sul proprio viso il
freddo che c’era
nell’ambiente, e…
Un momento.
Come poteva avvertire del freddo sul
proprio volto?!
Perché
si sentiva la
testa così leggera?!
Questo lo svegliò del
tutto, e allora capì: gli era stata
tolta la maschera. Non solo la visiera, ma tutto l’elmo
completo, che
continuava a tenere sotto il travestimento preso nel negozio di costumi.
E quella voce lui l’aveva
già sentita…
«sappi che è da
quando Lentiggine mi ha parlato di te, che
mi è venuta voglia di dare una sbirciatina nel tuo
processore. Dai, sono cose
che capitano giusto una volta nella vita. Magari ti
programmerò per ballare la
caramelldansen, ammetto di averci pensato».
Connors due. Zachary.
Il pazzo contro cui aveva combattuto
a Londra e che lo aveva
ridotto uno straccio.
Si, la voce era la sua, non
c’era possibilità d’errore.
E lo aveva
preso.
Poi pensò anche
un’altra cosa.
“Emerald…!
Dov’è Emerald?!....Cristo, devo andarmene di
qui!”
Zachary lo aveva disteso e legato con
delle corde piuttosto
spesse sul giaciglio che c’era in quella che sembrava una
baracca di legno
strapiena di attrezzature che sembravano uscite dal laboratorio di uno
scienziato pazzo -e infatti Zeke chiamava in quel modo il posto-.
L’albino se
ne stava seduto su una panca, con il portatile sulle ginocchia, al
quale era
collegato un cavo che a sua volta era collegato ad una presa dalla
quale
partivano altri cavi ancora, che andavano a finire…
No.
Oooh no, no, per Dio, tutto ma quello
no, no!
Doveva liberarsi, per fortuna
quell’idiota pazzo aveva usato
solo delle stupide corde e…e perché
non
riusciva a spezzarle?!
Perché
riusciva a
malapena a contrarre e distendere i muscoli?!
«aaah. Ma certo, scusami
per non avertelo detto; qui a
Washington siamo sul mio terreno. E frequento alcuni giri grazie ai
quali si
possono ottenere varie cosine tanto
carine pagando il giusto» sorrise. Il suo sorriso
sornione che avrebbe
potuto sembrare quasi dolce «in questo caso si tratta di
farmaci miorilassanti
centrali. Quelli che usano nelle anestesie, sai, mefenesina,
ciclobenzaprina,
metaxalone; agiscono a livello del midollo spinale deprimendo i
riflessi mono e
poli-sinaptici. Ma non preoccuparti, te ne ho dati solo quel tanto che
basta a
non farti andare via prima che io abbia finito, e che al contempo ti
consenta
di respirare tranquillamente» si interruppe per dargli
un’occhiata «preoccupato?
Se è per te, non hai tutti i torti. Se è per la
mia cognatina stai tranquillo,
dorme nella mia macchina. Non voglio fare del male ad Hammy, ho pure
mandato
Seb a prenderle dei bomboloni alla crema. Le piacciono. Ma tu forse
questo lo
sai già».
“Sebastian…ha
portato Sebastian con lui!” pensò il russo,
tentando disperatamente di liberarsi senza ovviamente riuscirci
“va’ a vedere
che è stato quell’altro a spararmi o forse no, o
forse…io…io devo andarmene di
qui, e devo portare via anche Emerald! Non può finire tutto
per colpa di uno
stupido bambino sociopatico! Sono sopravvissuto ai miei compaesani,
agli
incontri chojin, ad Howard H.R.J. Lancaster, alle due settimane di
tortura
inflittemi da Michael Connors, io mi
rifiuto di farla finire così! mi
rifiuto!”
Peccato che non potesse dire niente
di tutto ciò, o fare
nulla per evitare qualunque cosa Zachary avesse in mente di fargli.
Forse gli
avrebbe fatto davvero ballare la caramelldansen. Forse
l’avrebbe ridotto un suo
schiavo.
Si sentiva un uomo, ma aveva davvero
un cervello-computer,
con tutte le conseguenze del caso.
«…lo sai
già, visto che avete viaggiato insieme per due mesi
e mezzo».
La frase dell’albino
interruppe i suoi pensieri, e
nell’unico occhio buono che possedeva apparve della glaciale
sorpresa.
Come faceva a saperlo? Chi glielo
aveva detto? Emerald?! Ma
era un loro segreto!
«vedo che ti ho stupito.
Non c’è che dire, chiunque ti abbia
programmato è stato molto bravo, la tua reazione sembra
quasi umana. Si, so del
tuo viaggio con la cognatina. L’ho scoperto da solo
hackerando la rete della
linea aerea di Hammy» gli rivelò «e poi
ho cancellato tutto, quindi cosa ci
faccia qui mio fratello è un bel mistero, ma a noi non
importa…oh. Ti stai
muovendo un po’troppo» commentò Zeke
iniettandogli qualcosa da una siringa che
aveva già preparato «tranquillo, è solo
del baclofen, ed una quantità
ridottissima. Che stavo dicendo? Ah, si. Il tuo rapporto con Emerald.
Teoricamente dovreste essere nemici, almeno da quanto ne so, ma da come
vi
comportate -tu in particolare- sembrate essere di
più».
Bastardo. Adesso Warsman riusciva
solo a respirare, e
nemmeno benissimo. Bastardo!!!
«ho pensato parecchio a
quel che potrei farti. L’idea
principale era semplicemente di giocare un po’col tuo
cervello e poi ucciderti,
che era tanto carina!...ma
più ci
riflettevo più mi rendevo conto che non era abbastanza.
Insomma, mi hai rotto
il cappello con quei tuoi cavolo di artigli, ti rendi conto?!»
Era da molto tempo che non pregava,
ma Warsman, o Lord
Flash, o che dir si voglia in quel momento rivolse al padreterno la
supplica
che Emerald si svegliasse e lo fermasse.
«quindi ho una buona
notizia da darti: non morirai. Non
oggi, almeno» digitò qualcosa sul computer
«perché ho deciso di
essere…generoso».
Perché, se il tono di
Zachary era colloquiale, aveva
ugualmente il potere di dare i brividi?
«tutta questa cosa con
Hammy ti ha esposto a molti rischi.
Stai facendo molte cose per lei, ti stai dannando
per lei. Non sarebbe meglio che le stessi lontano, lattina?
Che tu te la…dimenticassi?»
Warsman iniziò a
capire…ma non era possibile…non poteva
farlo! Non poteva farlo davvero!!!
“NO! No, Cristo, no, no,
non farglielo fare!”
Quanto avrebbe voluto potersi
difendere…!
«ma si che lo sarebbe. Per
tutti. Così ho pensato:
facciamogli dimenticare la cognatina. Cancelliamo i ricordi che la
riguardano,
o meglio, cancelliamo i ricordi che riguardano lei e quel brutto
distributore
automatico che si crede Wolverine. Lasciamo dei buchi nella memoria di
quel
robot. Lasciamo che il robottino in questione passi il resto della sua
vita a
cercare di riempirli senza mai riuscirci, in un tormento che lo
seguirà fino
allo spegnimento».
Lui voleva…
“i…i miei
ricordi…”
Le loro battaglie. I momenti in cui
si erano avvicinati. I
tre giorni passati a casa di lei, la notte brava che aveva ridotto uno
schifo
il divano. Lei che gli salvava la vita, lui che andava a cercarla, la
loro
partenza, i due mesi e mezzo insieme, le
serate di tango, le sue telefonate dalla Scuola di Ercole, la sua
“coccola” il
giorno del suo compleanno, il suo bacio quando lui l’aveva
salvata da uno
stupro, il suo disperato tentativo di allontanarlo, le sue lacrime
quando si
erano ritrovati poco prima del suo matrimonio con Michael Connors, e
soprattutto Rio. Rio, Rio, RIO!
Non voleva dimenticare!!!
Non poteva dimenticare,
non poteva lasciare che Zachary distruggesse quei ricordi che, sia
belli che
brutti, lo facevano sentire così vivo!
No, qualunque cosa, ma quello no!!! Non togliergli la vita in quel
modo, in un
senso forse anche peggiore di quello che avrebbe avuto una semplice
uccisione!
Non poteva farlo, lui…lui era un essere umano, erano
entrambi esseri umani,
come poteva non capire cosa significasse? Come poteva non capire che
cos’era
che gli stava veramente facendo?! O, comunque, come poteva non
importargli?!
Non poteva togliergli i ricordi.
Erano tutto quel che gli era rimasto,
perché adesso
probabilmente nemmeno Kevin voleva più sapere niente di lui.
Gli era rimasta solo Hammy, e i
ricordi a lei legati.
Nient’altro.
Come poteva Zachary distruggere
così un uomo?...e per un cappello?!
“no, non lo fare, per
piacere qualunque cosa ma non questo,
per piacere, no, qualunque cosa ma non questo, non questo!!!”
Non era da lui supplicare
così, neppure mentalmente, ma
d’altra parte c’è un limite a quel che
un uomo può sopportare prima di
spezzarsi. E lui in vita sua aveva sopportato anche troppo.
«wow. Non solo il tuo
cervello produce le reazioni chimiche
corrette, ma ti consente perfino di versare lacrime! Starei le ore a
studiarti,
sei tanto carino!...ma purtroppo
non
ho tempo. Devo “trattarti” prima che Hammy si
svegli. Le dirò che è svenuta per
uno shock dopo averti visto cadere dalla moto. Ci sta, al momento
è molto
fragile. Ed io ero lì perché vi avevamo trovati,
semplicemente. E non mi sono
curato di come stavi tu, per ovvie ragioni, lei è
convalescente ed aveva ben
più bisogno d’aiuto rispetto ad un chojin grande e
grosso, e non so che fine tu
abbia fatto. Facile no?»
Dopo quell’ultima frase
l’albino si mise a fissare lo
schermo digitando altre cose, mentre fischiettava
“Don’t worry, be happy”.
A quanto pareva Connors maggiore non
era il solo fissato per
la musica quando torturava un povero disgraziato. Per quanto a Zachary
quella
non sembrava davvero una tortura, le torture si definiscono tali solo
se fatte
su persone o animali, quello era soltanto un robot, quindi che cosa
poteva
importargli?
Non capiva che invece Nikolai Volkoff
era un uomo, e che quel che stava
facendo era
una sorta di…”stupro mentale”, in un
certo senso.
Stava violando i suoi pensieri
più intimi, i suoi ricordi,
la sua stessa dignità di essere
umano che
era già stata più volte attaccata, ma mai in modo
così profondo ed orribile.
E la cosa peggiore era che Zachary
Connors lo stava facendo
sorridendo.
Così come se niente fosse,
come se non importasse.
«ecco fatto, ho creato una
connessione con il tuo
processore. Uh. Ci vorranno addirittura quattro ore per cancellare quel
che
serve? O beh…hai un processore protetto in modo eccellente,
non c’è che dire»
si stiracchiò «quindi devo solo aspettare e badare
che tu non possa muoverti.
Comunque tranquillo, non sono come mio fratello, non mi
metterò a torturarti.
Non vedo perché dovrei, e poi sinceramente farlo non mi
divertirebbe neppure».
Ah si, molto consolante.
«tempo quattro ore e
dimenticherai. Non sei contento? Sarà
la fine dei tuoi problemi con i Lancaster, come prospettiva non
è poi così
malvagia» si alzò lasciando il pc sullo sgabello,
aprì un mobiletto dell’Ikea e
tirò fuori delle patatine alla paprika.
Era il suo menefreghismo in tutto
ciò che faceva veramente
paura.
«vuoi una
patatina…? Ah già. Fa’ come se non
avessi detto
niente» si stiracchiò «si ma adesso io
per quattro ore che faccio?»
Dopo avere intensamente pensato per
un minuto tirò fuori il
Nintendo e…si mise a giocare a Pac Man.
«tanto Sebastian come
minimo non si farà vedere prima di due
ore. Non vuole vederti in viso, sai com’è
fatto…no, ok, forse non lo sai. È una
specie di esteta, vorrebbe farti fuori solo perché non sei
bello da vedere,
pensa un po’ che assurdità».
“quella è
un’assurdità e violarmi in questo modo per uno
stramaledetto cappello invece non lo è?!! Qualcuno mi
aiuti…”
Il processo appena iniziato risultava
anche piuttosto
doloroso. Warsman percepiva la cosa come se una miriade di piranha
avessero iniziato
ad addentare la sua memoria, pian pianino, danneggiandola senza dare
tempo al
programma di ripristino di rimediare, e non era piacevole.
Avrebbe voluto urlare, ma non poteva
fare altro se non stare
lì a farsi violare.
Passò circa
un’ora.
Come detto, dal motel Sebastian si
era diretto in città
invece che al rifugio nel bosco.
Provava una certa soddisfazione
riguardo il fatto che
Warsman stesse passando un brutto quarto d’ora. In fondo era
per colpa sua che
si era beccato uno schiaffo da suo padre.
“Zachary avrebbe comunque
potuto essere più esaustivo
riguardo a ciò che aveva intenzione di fare a
quell’aberrazione su due gambe”
pensò.
Non che il suo compagno di viaggio
fosse “esaustivo” in
generale. In realtà gli diceva ben poco riguardo ai piani, e
quel poco di
solito gli veniva rivelato poco prima che venisse messo in pratica.
Per esempio, non aveva ancora capito
come mai lui avesse
deciso di andare proprio lì a Washington, e come sapesse che
Warsman ed Emerald
erano lì. Sapeva solo che ci erano andati e Zeke aveva avuto
ragione, e che li
avevano presi.
Si era affidato all’albino,
e fino a quel momento non gli
era successo niente, quindi era stata una mossa giusta. E poi quel
ragazzo
sembrava sapere cosa faceva. Quindi perché avrebbe dovuto
rovinare tutto con
domande inopportune?
In verità se Zachary non
gli diceva praticamente niente era
per un semplice motivo: era previdente. Sapeva che Sebastian prima o
poi
avrebbe finito per fare qualche stupidaggine che avrebbe rischiato di
farli
prendere, e dunque aveva deciso che fosse meglio informarlo sempre
all’ultimo
momento, così non avrebbe avuto niente da dire a nessuno.
Anche in quel caso, non avrebbe
potuto dire a nessuno cosa
Zachary voleva fare di preciso a Flash.
O quale fosse il loro itinerario.
O che per ottenere tale itinerario
aveva hackerato la rete
della linea aerea di Emerald.
O che Janice e Gabrijela avevano
aiutato Warsman.
E nemmeno dei nomi sui documenti di
identità in più di Zeke,
perché l’albino non glieli aveva
mostrati…
“d’accordo, ho
trovato i nachos, i bomboloni alla crema e le
salsicce. Adesso manca la torta. Dove accidenti la trovo la torta?! La
mimosa
non ce l’avevano da nessuna parte!”
Era da un pezzo che stava girando per
la città, ma non c’era
traccia di quella benedetta torta. Sembrava proprio che tutti i
pasticceri
della città si fossero messi d’accordo per non
produrne.
“e tale faccenda
è proprio una gran seccatura”.
Girellò per un altro
po’, e proprio quando stava per
arrendersi…
“eccone una! È
lì!” pensò.
Una magnifica torta mimosa in una
vetrina e, avrebbe potuto
giurarci, gli sembrava che avesse come un alone dorato intorno. Avrebbe
potuto
giurare anche che in quel momento un coro professionista stesse
cantando
“alleluja”, che per un ateo come lui non era il
massimo, ma passi.
Così parcheggiò
alla svelta, scese e si infilò nel negozio
senza neppure curarsi di dare un’occhiata
all’insegna che recitava a chiare
lettere “Connors Bakery”.
Che genio.
E caso voleva che Michael, dopo
l’ennesima ricerca a vuoto,
fosse proprio lì con i suoi.
«buongiorno! Gradirei
acquistare quella meravigliosa
torta…mimosa…esposta…in
vetrina» ma mano che parlava sembrava come sgonfiarsi,
vedendo la faccia di Michael.
Il travestimento che aveva Sebastian
era abbastanza buono,
ma la voce e soprattutto il modo di parlare erano immediatamente
riconoscibili.
«proprio anti sgamo,
eh?!»
Il ragazzo provò a correre
verso l’uscita, ma Michael lo
raggiunse con una falcata e lo bloccò contro la parete
mettendogli le mani
dietro la schiena.
Quello era Sebastian, non
c’erano dubbi! E lo aveva preso!
E se Sebastian era lì,
allora era lì anche suo fratello.
E se loro due erano a Washington
probabilmente significava
che c’era anche Hammy!
L’aveva trovata!!!
«Michael, cosa-»
«tutto a posto mamma,
è il cugino di mia moglie. Quello che
è partito con Zachary» l’ex mercenario
era visibilmente soddisfatto «si direbbe
che la mia ricerca abbia subìto una svolta,
finalmente!»
Si sentiva sollevato. Un Lancaster su
due l’aveva
riacchiappato. Anzi, no: gli si era gettato tra le braccia.
«oh,
bene…» mormorò Victoria.
«si ragazzo,
però potreste sbrigarvela sul retro? Per
favore? Dopo ci dirai tutto, ma al momento non penso che sia una buona
idea che
i clienti vedano gente che litiga nel negozio» gli fece
notare Lloyd.
«…si.
Giusto».
Era ad un passo da trovare moglie e
fratello, e i suoi
pensavano al negozio…come sempre.
Per fortuna che ormai Michael ci era
abituato.
Si trasferì sul retro, con
Sebastian che si divincolava.
«sta’buono! Non
voglio farti niente di male!» il soldato si
chiuse la porta alle spalle «bene, finalmente ti ho trovato.
I tuoi genitori
sono in ansia per-»
«non intendo tornare dai
miei genitori, quindi ti invito a
lasciarmi andare!»
«scordatelo. Piuttosto
dimmi dove si è cacciato quell’idiota
di mio fratello, e se sapete qualcosa di Emerald e quella bestia
schifosa!»
Il ragazzo incrociò le
braccia davanti al petto. «signore,
sappiate che non vi dirò niente»
affermò Sebastian con tono da “dignità
offesa”
e alzando il mento in un gesto ostinato.
Se non fosse stato un Lancaster,
Michael probabilmente gli
avrebbe tirato fuori a suon di pugni quel che voleva sapere. Ma era di
famiglia, così come adesso lo era anche lui, ed in famiglia
non ci si prende a
botte.
«Sebastian, ti conviene
collaborare. Trovare una
giustificazione per delle ossa rotte non è
complicato».
Ma comunque poteva sempre minacciarlo.
A vuoto, perché non
l’avrebbe mai toccato, ma bastava che il
ragazzo ci credesse.
L’ex mercenario fece
scrocchiare le dita. «non sto
scherzando».
«non lo faresti».
«per sapere qualcosa di mia
moglie farei questo ed altro, e
adesso dimmi dove cazzo sono tutti gli altri, se lo s-ah-ha, ci hai
provato!»
riuscì a sottrarre la pistola a Sebastian appena questi la
tirò fuori «che
pretendevi di fare? Adesso da bravo, collabora. Altrimenti non esci di
qui…non
sano, almeno».
E lo disse con un sogghigno tale che
alla fine Sebastian si
trovò a pensare che facesse sul serio.
«d’accordo,
d’accordo! Ma tu non toccarmi. Se mi si rompesse
qualche legamento delle ginocchia sarebbe la fine della mia carriera di
ballerino!...»
«parla!!!»
«li…li abbiamo
rintracciati. E li abbiamo presi. Emerald è
addormentata nell’autovettura di Zachary, e quanto a
quell’oscenità vivente…non
ho idea di cosa Zeke gli stia facendo, ma sono convinto del fatto che
non sia
divertente, almeno per quell’orribile
mostruosità».
«maledizione»
ringhiò l’americano. Da piano Warsman doveva
restare vivo, purtroppo, e se suo fratello si metteva in
mezzo…«dove sono?!»
«sono…nel bosco.
Alla capanna».
Ah, ma certo, il rifugio nel bosco.
Lui non aveva mai voluto andarci
perché la caccia ai
serpenti non gli interessava, ma sapeva più o meno
dov’era perché Zeke glielo
aveva detto.
«bene» prese il
cellulare dalla tasca, decidendo di
avvertire alcuni degli uomini di stanza in città -qualcuno
ce n’era sempre
ovunque andasse- in modo da avere rinforzi all’occorrenza. Ad
un paio di loro
avrebbe affidato Sebastian, che avrebbe fatto rimanere lì al
negozio, ed
avrebbe portato con sé il resto di loro.
Buona parte di quella brutta storia
stava per finire.
«come va? Te la ricordi
ancora?...giusto, non puoi
rispondermi, dimenticavo».
Warsman si sentiva la testa confusa.
Diversi ricordi suoi e
di Hammy erano stati intaccati, di alcuni aveva solo qualche vago
frammento
adesso, ma lui continuava ad aggrapparvisi con tutte le sue forze. A
due in
particolare: quel che era successo a Rio de Janeiro, e a quel loro
“abbraccio”
a Tokyo. Quello di quando lei aveva pianto.
Si sforzava di pensare solo a quelle
due cose, di continuo.
Non voleva e non doveva perderle, così come non voleva
perdere nemmeno Hammy.
Ed oltre alla disperazione era
sopraggiunta anche una furia
omicida che non sfogava solo per quei maledetti farmaci, altrimenti
Zachary si
sarebbe trovato decapitato da un bel po’.
Ma l’avrebbe pagata,
fossero passati dieci o anche vent’anni
ma lui gliel’avrebbe pagata, e cara,
per
quel che aveva osato fargli.
Non si sarebbe fatto sorprendere
nuovamente, se l’avesse
scampata, eh no. Non l’avrebbero più narcotizzato,
non l’avrebbero più
immobilizzato, non se lo sarebbe lasciato più fare, mai
più!
«…e non intendo
iniettarti dei farmaci antagonisti solo per
sentirti parlare…» continuò
l’albino «tanto non-»
Si zittì improvvisamente
tendendo le orecchie.
Aveva sentito dei rumori in
avvicinamento. Rumori di auto.
Diverse auto. Erano ancora lontane ma non lo sarebbero state per molto.
Non poteva essere un caso,
“il caso non esiste”. Concepiva
giusto un principio di azione-reazione.
Nello specifico: aveva mandato
Sebastian in città a fare
spesa, un compito facilissimo, e lui si era fatto beccare.
Va’ a vedere che il genio
era andato a prendere la torta
alla Connors Bakery, cosa che avrebbe voluto dire che le auto in
avvicinamento
erano di Michael ed altri uomini al soldo dei Lancaster.
Nonché che ormai Seb
se l’era giocato. Peccato, era divertente viaggiare in
compagnia…
“ma d’altra parte
non è detto che debba solo cambiare
Lancaster, invece di far finire tutto il tour”.
Rapidamente prese due fucili, uno con
dei dardi che
contenevano quel suo liquido incendiario, ed un altro che aveva dentro
dei
dardi narcotici. Sostituì velocemente il liquido dentro a
due di questi ultimi,
per poi rimetterli al loro posto nel fucile.
«ok, tu sei un robot molto
fortunato» commentò,
staccando senza alcuna grazia i cavi che collegavano il processore del
russo
alla presa -ed essa al suo portatile- senza curarsi né del
dolore che gli
avrebbe causato né di eventuali conseguenze, non
c’era tempo «e a me serve un
diversivo per poter fuggire con Emerald in santa pace»
ficcò il portatile nel
borsone con i vestiti che non aveva neppure sfatto del tutto,
afferrò l’altro
borsone -quello con i fucili che aveva fregato nell’armeria
della villa dei
Lancaster- e si caricò entrambi sulle spalle, correndo verso
l’ingresso della
capanna.
Il rumore delle auto era sempre
più vicino. Zachary sparò
diversi colpi del fucile a dardi incendiari/esplosivi contro gli
alberi, dando
rapidamente vita ad un inferno in terra. Si preparò a
saltare giù dall’albero e
da lì verso la macchina…
E poi voltò verso Warsman.
«dardi pieni di farmaci
antagonisti a quelli che ti ho
somministrato» puntò il fucile contro di lui
«non sarai un problema per mio
fratello e i suoi, ma gentilmente, vedi di provare almeno
a combattere e
scappare. Mi farai guadagnare tempo mentre scappo con Hammy. Le
chiacchiere di
Seb sul non tornare a casa mi hanno convinto, e se anche il tour dei
ricordi
della mia cognatina non sarà con te…the
show must go on».
Sparò due colpi e
saltò giù. Corse verso Chaos Star II,
salì
dal lato del guidatore, buttò i borsoni sul sedile
posteriore e mise in moto
partendo sparato.
Emerald riposava ancora sul sedile
accanto, che era stato
tirato un po’giù così da farla stare
più comoda.
«mi sono portato dietro il
tuo regalo di nozze, Em: cinque
serie di documenti d’identità falsi» li
aveva ordinati da quando lei e Michael
si erano fidanzati, e adesso a quanto pareva servivano davvero
«ho fatto bene,
eh si..»
Fu solo due minuti dopo che Warsman
riuscì a liberarsi dalle
corde con un urlo di rabbia e di dolore. In quel momento sembrava
davvero la
bestia che lo accusavano di essere, ma era ovvio, normale,
comprensibile.
Distrusse tutto quel che
trovò attorno a sé, per poi uscire
da quel che rimaneva della capanna con un ringhio e saltare
giù dall’albero.
Si piegò sulle ginocchia,
i miorilassanti non avevano ancora
terminato l’effetto, ma lui doveva uccidere quel bastardo
figlio di puttana e
riprendersi Hammy, e-
«rrragh!!!»
Quel che restava di un albero gli
cadde addosso,
ustionandogli la schiena. Se qualcuno non avesse fatto qualcosa al
più presto
tutto il bosco sarebbe andato in fiamme! Non che a lui importasse
qualcosa, al
momento…
Le automobili che aveva sentito
Zachary scelsero proprio
quel momento per arrivare.
«qui va tutto a
fuoco!» urlò un soldato.
«non stare a pensare al
fuoco! Spara a quel mostro!» urlò un
altro.
Mostro…mostro!!!
Quella parola alimentò la
rabbia che provava già prima, e
portò Warsman a scagliarsi contro le auto dei soldati senza
avere un piano
decente o almeno un qualsiasi impulso razionale.
I suoi artigli tagliarono il cofano
di una jeep come burro,
e sempre come burro tagliarono anche il petto di un soldato, dovevano
morire,
tutti loro dovevano morire!!!
«Mayer! Dio!»
Oh si, se credevano in Dio facevano
bene a pregarlo,
facevano proprio bene. Il russo riuscì a pensare solo questo
mentre si
scagliava contro altri uomini ancora, in un massacro senza fine.
«va’ a
dormire, stupid beast!»
Lo aveva detto Connors maggiore.
Poi ci fu un colpo.
Due colpi…
…tre…colpi…
E infine il buio.
:: Londra, ora ::
– ecco
com’è andata. L’abbiamo narcotizzato,
preso, e ce
ne siamo andati. Abbiamo chiamato qualcuno che spegnesse
l’incendio poco dopo,
non so se la sirena dei vigili si è sentita.
«si, l’ho
sentita. Voi quindi sapete che Zachary è scappato
con Emerald sono perché avrebbero dovuto essere
lì ed invece non c’erano, ed
anche dai segni degli pneumatici, presumo».
– sissign-ehm,
si.
Zachary ormai era di famiglia, eppure
Howard Lancaster non
era molto convinto del fatto che fosse poi tanto meglio, che Hammy
adesso fosse
in fuga con lui. Per niente.
Quel ragazzo gli piaceva anche, ed
era il fratello di suo
genero, però non capiva perché fosse fuggito con
lei invece di riportargliela a
casa come avrebbe dovuto fare. Non era partito per quello, forse?
“forse ha deciso di farle
fare un tour dei ricordi. Ma a che
pro farlo di nascosto?! A che pro fuggire?! Se vuole andare a caccia di
avventure ed emozioni forti facesse pure, ma non con mia figlia che non
sta
bene!”
– io dico solo
che quando ritrovo quell’imbecille lo
sfracello di botte!!!
Era la milionesima volta che Howard
glielo sentiva dire.
«quelle sono cose tra te e
tuo fratello. Quel che interessa
a me adesso è ritrovarla. Magari quella bestia sa dove
potrebbero andare...ti
direi di occuparti di lui sul posto, ma voglio farci due chiacchiere di
persona» disse «nel frattempo, hai provveduto ad
impiantargli un microchip
sottocute così che se dovesse fuggire potremmo
ritrovarlo?»
– è
stata la prima cosa che ho fatto appena c’è stato
un
attimo di calma.
«ottimo lavoro, Michael.
Portami qui lui e Sebastian. Credo
che sia inutile che tu rimanga a Washington, sono pronto a scommettere
un
braccio che tanto tuo fratello lascerà immediatamente lo
Stato».
– lo penso anche
io.
Howard chiuse la chiamata. Fece per
rientrare nella sala,
quando incrociò Lionel nel corridoio.
«Lionel, tanto ti avrei
cercato…hanno trovato Sebastian a
Washington» lo informò «lo stanno
riportando qui».
«ah, bene!» sul
volto dell’uomo comparve un’espressione di
autentico sollievo «bene, sono contento…come
sta?»
«da quel che mi ha detto
Michael, sta più che bene».
«grazie al cielo.
Sarà severamente punito, ma intanto mi hai
proprio tolto un peso dal cuore, Howard. Se gli fosse successo
qualcosa, io…»
si interruppe «…c’è
dell’altro? Hammy?»
«è viva, ma
Zachary l’ha portata via».
Lionel rimase un po’in
silenzio.
«francamente, cugino, credo
che possa essere peggio che sia
con lui che con Nikolai Volkoff. Già, e lui-»
«lo hanno preso e lo
porteranno qui. Se quell’animale sa
qualcosa glielo tirerò fuori…in un modo o
nell’altro».
***
Innanzitutto scusatemi per il
ritardo mostruoso. L'ispirazione in fin dei conti è quella
che è. Spero non restiate delusi dalla qualità
del capitolo (anche se prevedo di sentirne di tutti i colori per via di
Zeke)
Zeke: e
perché? Era solo una lattina.
Io: a seconda delle
opinioni.
Zeke: aaah.
|
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Capitolo 11 *** A chi la sofferenza, e a chi la...porchetta! ***
«no».
«senti, questo non
è il momento per-»
«papà, per
l’ormai quindicesima volta mi obblighi a dirti
che non sono a conoscenza di alcun particolare che possa esservi
utile!»
«si, e io mi domando come
possa essere possibile visto che
hai viaggiato per un pezzo con quel ragazzo, anzi con quel teppista!!! Kvragu!!! Perlomeno dopo quel che ci hai
fatto passare il minimo che tu possa fare è aiutarci a
trovare tua cugina!»
Durante il tragitto da Washington a
Londra, Sebastian aveva
tentato eccome di scappare. Ma senza successo. Cristo, Michael quando
ci si
metteva era un vero e proprio mastino da guardia…e lui non
aveva potuto fare
altro che attendere impotente che l’aereo arrivasse in
Inghilterra, e
prepararsi spiritualmente ad affrontare i suoi genitori.
Ad un certo punto aveva perfino avuto
l’idea di aprire lo
sportello dell’auto che aveva portato lui e l’ex
mercenario dall’aeroporto fino
alla tenuta di suo zio -poteva farlo perché tanto detestava
i vestiti che
indossava attualmente- ma purtroppo non gli era riuscito neppure quello.
E adesso era lì, a dover
rendere conto a sua madre, suo
padre, suo zio ed il marito di sua cugina, di tutto quello che avevano
combinato lui e Zeke. Inclusa la distruzione della villa dei Mask. E
poco era
importato ai suoi genitori che al volante ci fosse stato Zachary e non
lui,
anche se gli era sembrato di vedere l’ombra di un sorrisetto
divertito sul
volto di suo zio, dovuta al fatto che per i Lancaster distruggere la
villa di
Robin Mask sembrava essere diventata una tradizione.
«ascoltatemi, io non ho
proprio modo di dirvi nulla».
«non proteggere mio
fratello, non solo non ne ha bisogno ma
sarebbe anche un errore cretino!» intervenne anche Michael
«dicci dove ca-ehm,
dove accidenti possono essere
andati!
È impossibile che tu non lo sappia!»
«invero, posso giurarvi su
Oscar Wilde che non ne ho la
minima idea».
Lionel e Gabrijela si scambiarono una
lunga occhiata.
«mi dispiace Howard, ma non
ne sa niente per davvero» disse
cupa la donna «per quanto io non riesco a capire come sia
possibile».
«è
così. Io…Zachary tendeva a non espormi i suoi
progetti
fino a poco prima che questi dovessero essere portati a termine. Devo
ancora
comprendere come abbia capito che Hammy e quell’orribile
insulto a tutto ciò
che è degno di ammirazione fossero a Washington».
«dunque, fammi capire bene:
tu non hai mai fatto domande a
riguardo? Zachary decideva e tu lo seguivi ciecamente?»
Howard aveva sperato di ottenere
delle informazioni utili,
ma non sembrava che dovesse andare così. Sebastian non
sapeva niente, perché
Zeke si era ben guardato dal dargli informazioni di ogni genere.
Era stato previdente, come se avesse
sempre messo in conto
che Sebastian si sarebbe lasciato prendere.
Andava ammesso, non era un ragazzo
stupido.
«si».
«come avete raggiunto
Washington? Avete viaggiato da
clandestini?»
«no, abbiamo utilizzato dei
documenti falsi ed abbiamo
viaggiato in Club Class» e Seb non aveva nemmeno idea di come
Zachary fosse
riuscito a superare i controlli e portarsi dietro tutte quelle armi.
Forse sempre
grazie a qualche mazzetta? O in qualche altro modo strano? Boh!
«si, con i due milioni che
mi avete fregato dal conto!!!»
ringhiò Michael.
«non è stata una
mia idea!» si difese Sebastian, incrociando
ostinatamente le braccia davanti al petto. Abbassò lo
sguardo quando i suoi
occhi incrociarono quelli dei suoi genitori. Era evidente che li aveva
delusi,
e la sfuriata che sua madre gli aveva fatto appena lo aveva visto
arrivare la
notte prima era
stata anche meritata,
così come quel gelido “mi hai veramente
deluso”
di suo padre, che per qualche motivo per lui era stato perfino peggio.
«perlomeno ricordi i nomi
sui documenti d’identità di
Zachary?»
«non…non me li
ha mostrati».
Una pessima notizia dopo
l’altra. «hai idea se nel vostro
viaggio fossero previste altre tappe? Dubito che siate arrivati a
Washington in
modo casuale».
«non so niente, zio. Come
ho spiegato già prima, non ho idea
del perché siamo arrivati a Washington. E si…sono
a conoscenza del fatto che
c’erano altre mete previste, nel caso non li avessimo trovati
in quel luogo. Ma
purtroppo non mi sono state comunicate».
«ma per quale motivo lo hai
seguito così alla cieca, eh?
Cosa ti è saltato in testa?!» Gabrijela gli si
avvicinò «hai iniziato a
considerarlo un modello da seguire? Ritieni che distruggere la villa di
qualcuno, scappare di casa, attaccare un altro essere umano solo per
noia e
fuggire con la propria cognata siano cose da farsi?! No che non lo
sono!
Probabilmente tu lo vedi come un tipo “molto in
gamba”, ma è soltanto un
criminale, e tu non devi prendere esempio
da lui! Inoltre credevo che fossi abbastanza grande da
riuscire a pensare
con la tua testa. Kvragu!!! Io a
vent’anni ero molto più sveglia!!!»
Oh si, talmente sveglia da avere
impalmato un riccone cotto
perso di lei quando di anni ne aveva solo diciotto.
Michael trattenne uno sbuffo.
All’ex mercenario non era
piaciuto molto sentire Gabrijela definire suo fratello un criminale
durante il
pistolotto fatto al figlio, ma sapeva anche che quella era la
realtà dei fatti.
Lo era sempre stata, e lui lo aveva sempre saputo.
Eppure non aveva mai fatto niente,
forse perché con il suo
“invidiabile” curriculum non si sentiva nella
posizione di fare veramente qualcosa.
Sarebbe stato come
se un ippopotamo avesse dato del ciccione ad un elefante e comunque, in
sua
difesa, da quando Zachary aveva quattro anni l’Accademia ed
il seguito il
lavoro da mercenario lo avevano portato lontano da casa.
Non era intervenuto perché
semplicemente, quando sarebbe
stato il momento di farlo, non c’era.
Avrebbe dovuto essere compito dei
suoi genitori, o dei suoi
nonni, o di tutti loro insieme. Mentre invece, nonostante nonna
Isabèl avesse
fatto tutto quello che aveva potuto, il “tutto” in
questione non era stato
abbastanza da riuscire a sopprimere quelle tendenze criminose.
«quindi presumo che tu non
sappia nemmeno il motivo per cui
il mostro di Frankenstein dei sovietici, nonostante si sia
già svegliato alle
cinque di ieri mattina, sembra essere soltanto in grado di fissare il
vuoto
davanti a sé con aria assente».
Howard stesso era andato a dare
un’occhiata, e per la prima
volta lì per lì, appena aveva posato gli occhi su
di lui, era riuscito a
provare qualcosa di simile a compassione per
quella mostruosa creatura.
Quel che aveva visto era stato
qualcosa di estremamente
simile ad un uomo spezzato. Non
c’era
altro modo di descriverlo, solo “spezzato”, come se
gli fosse stata portata via
la vita. Qualcuno di distrutto. Qualcuno che non aveva più
nulla da perdere,
che era vivo fuori e morto dentro…o almeno così
sembrava, perché poi bisognava
vedere…
“cosa gli avrà
fatto?” si era chiesto, “cosa avrà fatto
Zachary per ridurlo così, quando neppure io o mio genero ce
l’abbiamo fatta?”
Aveva anche tentato di parlargli, ma
Warsman non aveva dato
alcun segno anche solo di capire cosa lui stesse dicendo. Sembrava che
la
rabbia con cui aveva attaccato Michael ed il resto dei soldati avesse
consumato
quel poco di vita che gli era rimasto.
Non era servito neppure nominare
Emerald, o Kevin Mask, o
Robin. Già, anche quest’ultimo ultimamente aveva
messo su una lagna infinita
per via della villa distrutta, e a dirla tutta se fosse stato per
Howard pur di
farlo smettere avrebbe pure mandato persone delle proprie imprese edili
per
ricostruirgliela, per quel che gli costava!...ma farlo avrebbe
significato
ammettere che non era estraneo alla faccenda, che i “due
pazzi che avevano
distrutto tutto con la Marauder” in effetti con lui
c’entravano eccome.
E per quanto non temesse minimamente
la Giustizia, al
momento voleva evitare qualsiasi tipo di grana…come una
probabile denuncia
della Kalinina alla polizia, o qualcosa del genere.
Al momento non aveva proprio voglia
di averci a che fare.
«che pessime nuove che
porti! Mi stai dicendo che quell’orrore
è ancora in vita?» sul viso del ragazzo
comparve una smorfia disgustata, ma poi…«uff-ahio!!!
Ma perché l’hai
fatto?!!» protestò il giovanissimo marchese
rivolto a sua madre, che gli aveva
dato una bella botta in testa.
«perché, per
l’ennesima volta, è un uomo! Non un
“orrore”!
…e non è neppure Frankenstein»
guardò storto anche Howard «sappi che non stai
dando un grande aiuto».
«la pensiamo diversamente
Gabrijela, ma tu e Lionel questo
lo sapevate già».
Ed il suddetto sollevò lo
sguardo verso il cugino. «dove
l’avete portato? Che cosa vuoi fargli? Non pensi che abbia
già patito
abbastanza?! Dubito che se è stato nelle mani di quel
ragazzo abbia passato un
bel quarto d’ora!»
«questo a me non riguarda.
L’unico problema è se non riesce
a parlare, perché non potrà dirmi quel che voglio
sapere; nello specifico, i
reali motivi per cui si è attaccato come colla a mia figlia
e soprattutto dov’è
che lei potrebbe farsi portare».
«quello posso tirarglielo
fuori io. Sono bravo a trattare
con le bestie» Michael fece scrocchiare le nocche
«specie quelle reticenti».
«basta!» disse
duro Lionel con la voce che sembrava il rombo
di un tuono «sicuramente c’è un altro
modo più civile per ottenere quello che
vogliamo, che non contempli sevizie! Howard, ho capito che questa
faccenda di
Emerald convalescente ed in fuga chissà dove ti sta
ossessionando, ma non è un
valido motivo per far torturare qualcuno che ha già sofferto
fin troppo. Stesso
discorso vale per te» si rivolse a Michael
«qualunque cosa facessi prima di
sposarti con mia nipote, lasciala dov’è. In questo
momento un picchiatore non
ci è utile» detto ciò guardò
Sebastian «e quanto a te…avevamo pensato di
rispedirti a Belfast e chiuderti in casa, ma tutto sommato credo che
qualche
mese dai nonni in Croazia sia ancora meglio».
Sebastian impallidì.
«a-auspico che non dirai sul serio,
papà, i nonni in Croazia vivono in una fattoria,
i-il risveglio è previsto prima
delle cinque del mattino!
Mi
obbligheranno lavorare nei campi allo
stesso modo di un villico qualunque!!!»
riuscì ad evitare un colpo di sua madre, che in quella
fattoria aveva vissuto
diciotto anni ed era figlia di quei “villici
qualunque” «…dovrò
spalare il letame delle mucche!!!»
strillò, con la voce di almeno
tre ottave più alta del normale e lo sguardo di chi
è appena stato condannato
al patibolo per direttissima.
Lui, Sebastian Lionel Veltibor
Charles Lancaster, avrebbe
dovuto riempirsi le mani di quelle strane cose chiamate vesciche?!
Prendere in
mano una pala?! Raccogliere insalata e cavoli da campi fangosi?!!
«credo che sarà
un’esperienza molto formativa per te. Ti
abbiamo lasciato vivere nella tua piccola bolla fin troppo
tempo» il marchese
più vecchio non si fece intenerire dal figlio, nonostante
vedesse bene che
fosse davvero disperato all’idea «che ti serva di
lezione».
Michael stava trattenendo una risata
all’idea, mentre Howard
-a cui non era piaciuto granché il rimprovero del cugino-
fece un sospiro.
«credo che tu stia per
riceverla dal tipo di insegnante più
difficile, Sebastian».
«“l’esperienza
è il
tipo di insegnante più difficile: prima ti fa
l’esame, e poi ti spiega la
lezione”. Apprezzo la citazione, mio caro
zio» disse abbattuto il ragazzo.
«le valigie sono
già pronte, vai a prenderle. Sarai scortato
fino all’aereo. Partirai oggi stesso» disse
Gabrijela «tieni conto del fatto
che con quel che tu e quel ragazzo avete fatto, distruggere la villa di
Robin
Mask ed aggredire più volte un uomo, sei già
fortunato a finire dai tuoi nonni
e non in una prigione».
Giusta osservazione.
Quel che pensava Sebastian mentre
andava a prendere i
bagagli però era tutt’altro, e cioè che
forse, forse, con un colpo di
fortuna sarebbe riuscito a raggiungere
Zachary in qualche modo e salvarsi dal letame delle mucche.
Intanto gli altri continuarono a
discutere riguardo Warsman,
perché visto che tanto ormai l’avevano preso
qualcosa dovevano pur farci.
«stavo pensando che
però non è così scontato che non parli
per via di quel che gli è stato fatto. Di qualunque cosa si
tratti» riprese
Howard «forse sta fingendo di essere in quello stato di simil
catalessi
nell’attesa di un’occasione buona per scappare -e
non ci riuscirebbe- e tentare
di raggiungere Hammy. Magari sa come trovarla».
«…e vendicarsi
con Zachary» aggiunse il soldato «maledizione
a lui, come muove un dito riesce a causare danni!!!»
«“forse”,
“magari”, kvragu!!!
Perché non accetti il fatto che potrebbe davvero
essere sotto shock?!»
sbottò Gabrijela, sapendo che tanto sull’argomento
Warsman cercare di discutere
con Howard era come parlare al muro.
«perché una
bestia come quella non va sotto shock
per…qualunque cosa Zachary gli abbia fatto».
«parlare con te di questo
argomento e non parlarne proprio è
la stessa cosa» disse la donna, uscendo dalla stanza dopo
un’ultima occhiata
risentita, anche e soprattutto per verificare che Sebastian fosse
doveva essere
e non se la fosse filata.
In seguito magari avrebbe cercato
Janice per aggiornarla
sulle ultime novità ed avrebbero cercato di capire se
potevano nuovamente fare
qualcosa di concreto per aiutare quel poveraccio. Sempre ammesso di
riuscire a
scoprire dove l’avevano portato.
Magari sarebbe riuscita a strapparlo
a suo marito quella
sera stessa, visto e considerato che ne aveva decisamente modo. Non ci
voleva
la sua laurea in psicologia per imparare che si può far
rivelare qualunque cosa
ad un uomo dopo esserci stata a letto.
Ma torniamo ai tre uomini rimasti
nella stanza.
«…rimango della
mia idea» riprese Howard «lui sa qualcosa,
non ce la dice, e aspetta il momento buono» concluse il
marchese, i cui occhi
un istante dopo assunsero un’aria felina «mh.
Può essere che abbia trovato il
modo di farlo parlare anche senza ricorrere a metodi violenti od
invasivi…così
siamo tutti contenti» lanciò un occhiata freddina
al cugino, che non fece un
plissé ed annuì soltanto.
«già va meglio.
Di cosa si tratta?»
«di farlo parlare con
qualcuno di cui si fida. Credo che
avendone la possibilità si confiderebbe con Kevin Mask, voi
no? Ci lasceremo
sfuggire qualcosa riguardo a Warsman ed alla posizione del campo alfa.
L’impulsività e la, come dire, non
-propriamente -genialità tipiche dei
Mask faranno il resto. Sono disposto a scommettere diecimila sterline
con
chiunque che andrà lì appena
può» disse Howard accendendosi un sigaro
pregiatissimo «ovviamente non possiamo renderglielo troppo
facile, o perfino
lui potrebbe arrivare a capire che c’è sotto
qualcosa, ma non sarà complicato
per gli uomini fingere di renderglielo
difficoltoso. Combattere ma
lasciarlo vincere. Inseguirlo e lasciarlo scappare facendogli credere
di essere
più veloce di loro».
“è sempre
avanti. Sempre” pensò Michael.
«e non mi preoccupo che
possa parlarne a qualcuno, il bello
di mostri del genere è che a nessuno importa di quel capita
loro».
Lo diceva con cognizione di causa,
perché a nessuno era
importato qualcosa di quando aveva quasi ucciso il russo in
mondovisione. Inoltre
tutti i presenti nella villa sapevano che Michael aveva torturato
Warsman per
due settimane -se anche Emerald non l’avesse detto
direttamente alle sue
amiche, avrebbe potuto farlo chiunque dei ragazzi visto che loro
l’aveva saputo
per bocca di Warsman stesso- ma non sembravano avere avuto troppi
problemi con
quella faccenda.
Nel fare apparire Nikolai Volkoff
come la bestia che era, il
capofamiglia Lancaster ed affini avevano fatto un lavoro eccezionale
che aveva
funzionato con tutti a parte che con Emerald, Janice che comunque
continuava ad
avere un po’timore di lui, e Gabrijela e Lionel che
però più o meno rimanevano
delle loro idee senza colpo ferire.
Ah, e Kevin ovviamente. Anche se
l’inglese al momento ce
l’aveva con il suo ex trainer per un altro motivo, che
sarebbe stato un
ulteriore incentivo a raggiungere il campo immediatamente per mettere
in chiaro
le cose con lui e, possibilmente, tirargli cinque o sei pugni in faccia.
«Howard».
«spiacente che non ti vada
giù Lionel, ma i fatti mi danno
pienamente ragione. E poi o c’è questo, o
sarò costretto ad entrargli nella
testa con la forza».
«personalmente farei
così e basta. Anche la tua socia te l’ha
consigliato caldamente» disse Michael, rientrando finalmente
nella
conversazione. Raramente ne interrompeva o si intrometteva in una tra i
due
cugini Lancaster, forse perché non si sentiva ancora
all’altezza.
Una
volta pur con
quella stessa semi venerazione verso il suo capo sarebbe stato meno
cauto nell’esprimersi
-come quando aveva proposto di mandare lui stesso a Tokyo al posto di
Turbinsky- e forse anche adesso lo sarebbe stato se non fosse stato
presente
Lionel ma…c’era.
E per quanto fosse stato voluto e ben
accolto nella
famiglia, ricordava sempre di essere un soldato figlio di panettieri
mentre
quelli lì erano marchesi.
«me ne ricordo».
Era stato un periodo ricco di visite
per Howard Lancaster, e
la donna che gli aveva fornito quella tecnologia rivoluzionaria era
stata tra
queste, ricordandogli anche che quello sarebbe stato il metodo
più rapido per
ottenere quello che voleva. E senza inutili spargimenti di sangue.
Ma certo, chi se ne importava se
quello avrebbe costituito
un’altra violazione mentale per quel pover’uomo?
«la donna di
ieri?» indagò Lionel «devo ancora capire
chi
sia».
«quella a cui devo il
risveglio di Hammy. Ecco chi è».
Mah. Avrebbe potuto essere anche
l’oracolo in Terra, ma
portava Lionel a mettersi sulla difensiva, non avrebbe saputo dire
perché. «se
proprio dobbiamo fare qualcosa del genere, direi di rimanere sul piano
originale. Quello in cui c’entra il figlio di
Robin».
E Lionel con Robin aveva parlato il
giorno del matrimonio di
Emerald, era rimasto sorpreso per averlo visto lì. Si
conoscevano perché anni
ed anni addietro, prima che Howard e Robin distruggessero il loro
legame d’amicizia
ed Alisa venisse spedita su Nettuno, la Muscle League aveva indetto
un…torneo di tennis riservato
ai chojin e
relative famiglie.
Inutile dire che Howard aveva quasi
letteralmente prelevato
il cugino da Belfast e lo aveva -sempre quasi- costretto a partecipare,
sapendo
benissimo che era veramente ma veramente
bravo.
E infatti, anche se non era stata
proprio-proprio-proprio
una passeggiata perché nella finale Robin ed Alisa erano
stati anch’essi bravi,
erano riusciti a stappare loro il trofeo di mano con un micidiale
rovescio di
Lionel.
«almeno quello stupid
brat si renderà utile, per una volta»
disse Michael con una gentilezza
infinita.
«o così mi
auguro».
«miss MacMadd, sarei
più che lieto di poterti rispondere
come meriti, ma purtroppo non mi è possibile in quanto devo
già ripartire. E per
una destinazione a me molto sgradita!»
Ma a Jacqueline quello non poteva
importare di meno. «non
credo che ci voglia molto a dirmi dov’è
Zachary!»
«vero, non ci vorrebbe
molto, se solo lo sapessi. Ma mi
sento in dovere di consigliarti vivamente di non considerarlo come un
possibile
futuro ragazzo, poiché purtroppo -per motivi che non riesco
a comprendere
neppure sforzandomi- ha ribadito in più occasione
che…» gli dispiaceva dare una
brutta notizia ad una così bella ragazza che peraltro non
avrebbe neppure
potuto consolare se lei avesse voluto «…non
è interessato alla tua persona nel
senso in cui tu gradiresti ricevere attenzione. E che quanto
è accaduto tempo
fa è successo solo ed esclusivamente a causa del liquore del
Pianeta dei Demoni
che aveva ingerito per errore al posto della vodka» tutto
sommato era meglio
essere sinceri però, così almeno avrebbe capito
che doveva cercare qualche
altro pesce nell’oceano «mi dispiace di non essere
portatore di buone nuove, ma
la realtà dei fatti è proprio questa».
Jacqueline sembrava aver ricevuto un
colpo in testa
improvviso.
Non era riuscita a parlare con
Sebastian il giorno prima, e
adesso che l’aveva fatto lui non aveva altro da dirgli che
questo?! Che Zachary
“non era interessato”?!
E per fortuna che Sebastian si era
risparmiato di dirle che
lui avrebbe preferito Kirika, perché altrimenti nel
gruppetto di donne chojin
si sarebbe scatenata una guerra interna.
Eh si, loro erano ancora
lì. Come tutti gli altri, del
resto. Al momento non avevano nulla da fare, e nella tenuta dei
Lancaster si
stava comodi, larghi, e c’era un sacco di roba. Per esempio,
un acquario
sotterraneo quindici volte più grande e più vario
di quello di Genova -a che
pro?; le montagne russe; una collina che era stata molto rialzata, con
neve
artificiale, e su cui i Condizionatori Ambientali Lancaster Tech
mantenevano
costantemente la temperatura ottimale, che era l’ideale per
darsi al bob o allo
slittino…
«come sarebbe?!»
«mi dispiace».
«Sebastian, non dovresti
essere in camera tua?!!»
«temo di dovermi ritirare.
Addio, ninfa dalla pelle candida
come neve!» sospirò il ragazzo, dandosi
repentinamente alla fuga nel vedere e
sentire arrivare sua madre.
Fiona sopraggiunse poco dopo.
«Jacqueline…? Qualcosa non
va?»
«è tutto a
posto. Cosa vuoi che ci sia che non vada? Ho parlato
con Sebastian che mi ha gentilmente informato che a Zachary non
interesso».
Ah, ecco il perché di
quella faccia scura.
«mi dispiace».
“ma te l’avevamo
detto tutte quante. Dubito che a Zachary
interesserà mai veramente qualcuna”.
L’unica paura, ma Fiona
evitò accuratamente di esternarla,
era che anche Zeke decidesse di interessarsi ad Emerald…
Ahahah. Oh cielo. Era una tale
stupidaggine che quasi l’aveva
fatta ridere.
Ed in effetti Zeke ed Hammy non
avrebbero mai potuto essere
altro che amici, perché per qualcosa di più non
si sarebbero acchiappati
proprio. E poi Fiona aveva la sensazione che attorno alla sua amica,
oltre a
Kevin Mask -che comunque aveva dichiarato di voler rinunciare a
riprendersela-
di uomini attorno ne aveva già uno di troppo.
Anche se molti, lì, non
avrebbero definito Warsman un uomo.
::
Italia, Veneto ::
“When
the moon is in
the Seventh House
And Jupiter
aligns
with Mars
Then peace
will guide
the planets
And love
will steer
the stars…”
«this is the dawning of the
Age of Aquarius, the Age of
Aquarius…Aquariuuuuus! Aqua-ri-us!!!»
Il pulmino Volkswagen dipinto in un
modo altamente
improbabile ed altamente da hippy viaggiava a circa settanta
all’ora per le
strade di San Giuliano, una cittadina del Veneto. E tale improbabile
veicolo
trasportava due passeggeri ancora più improbabili.
«c’è
da dire che era in ottimo stato, eh? Ho giusto dovuto
cambiare la frizione. Quasi quasi mi dispiacerà abbandonarlo
quando Chaos Star
II arriverà a Roma con la nave».
La ragazza accanto a lui diede delle
amichevoli pacche al
divanetto con motivo a fiori su cui era seduta. «anche a
me» fece una lunga
pausa «anche se a papà prenderebbe un colpo a
vedermi conciata da hippy».
«beh ma non siamo mica
hippy per davvero. Si tratta solo di
un travestimento».
Emerald J.V.P. Lancaster era quasi
irriconoscibile. Al
momento infatti indossava pantaloncini corti in denim sbiadito ed una
maglietta
a motivi arcobaleno; i capelli erano stati resti multicolori da vari
ombretti
per capelli fatti apposta, raccolti in una miriade di treccine, con lo
sclimo
nel mezzo ed una fascia rossa a coprire la fronte. Un paio di
occhialoni dalle
lenti rotonde e verdastre completava la mise.
“Harmony
and
understanding
Sympathy and
trust
abounding
No more
falsehoods or
derisions
Golden
living dreams
of visions
Mystic
crystal
revelation
And the
mind's true
liberation
Aquarius!
Aquarius!”
«travestimento o meno gli
prenderebbe un colpo lo stesso».
«a pensarci bene gli ideali
hippy sono contrari a parecchio
di quello che fa, no cognatina?»
Zeke era vestito in modo molto
simile, solo con i pantaloni
al ginocchio in cotone color kaki. Ed aveva legato i capelli in un
assurdo -e
terrificante- codino abbastanza in alto. Ma erano sacrifici che valeva
la pena
fare, tutto sommato. E a dirla tutta all’albino -che ancora
non sembrava tale-
non dispiaceva poi così tanto viaggiare in quel pulmino con
due piccoli
divanetti ai lati e le tendine ci cristalli di plastica lucida ai
finestrini. E
pensava anche che probabilmente alla fine di tutto si sarebbe procurato
dei
pantaloni con disegni uguali a quelli del pulmino.
«si, in un certo senso
si».
Hammy si stiracchiò. Era
sorprendente come si fosse adattata
in fretta a viaggiare con qualcuno che al suo risveglio dal coma aveva
trovato
inquietante, e da come non si fosse posta poi troppe domande quando si
era
risvegliata in una macchina e si era trovata vicino suo cognato.
Il suo ultimo ricordo era stato
quello di Warsman che cadeva
dalla moto, poi più nulla. Zachary aveva provveduto ad
informarla su quel che
era successo, ossia che lui li aveva trovati, l’aveva vista
svenire al momento
dell’incidente del russo, ed aveva soccorso lei adducendo la
scusa che “lei era
convalescente e lui un chojin bello resistente ed in salute e quindi
avrebbe
fatto da solo”. E che non sapeva che fine avesse fatto in
seguito.
Emerald gli aveva creduto, ma
inizialmente aveva protestato
dicendogli che lui era la chiave, e
che dovevano ritrovarlo, tenendo per sé che l’idea
che gli fosse successo
qualcosa di brutto non le piaceva affatto.
Zeke però aveva obiettato
che non era detto che l’avere
avuto diversi ricordi e buona parte dell’uso della parola
fosse veramente legato a Flash.
Che lui era
stato semplicemente il primo ricordo riaffiorato perché era
il suo
“arcinemico”, e che il resto fosse dovuto solo a
fattori ambientali.
“cos’hai
ricordato quando sei venuta qui?” le aveva chiesto.
E lei gli aveva risposto sinceramente, ammettendo che si era ricordata
di lui,
Zachary, e di gran parte di quello che avevano combinato in quei
giorni. La
caccia ai serpenti, l’incendio nel locale. Lui che ballava.
“visto? Fattori ambientali.
È logico presumere che tornando
nei posti dove sei stata in questi due anni e mezzo ricorderai quel che
devi
ricordare. Ricorderai di Roma, di Bangkok, di Rio de
Janeiro…a Rio peraltro
varrebbe la pensa andare anche solo per i Mondiali!...come faccio a
sapere che
sei stata lì? No, non me l’hai detto tu. Ma
l’ho scoperto da solo, e a saperlo
siamo solo in tre. Quindi, che l’Armageddon &
Nightmare World Tour abbia
inizio!”
Lei ovviamente gli aveva chiesto come
avesse fatto a
scoprirlo. E la sua risposta era stata un sorriso, e
l’annuncio che sarebbero
partiti immediatamente per l’Italia. Dovevano variare
l’itinerario, nel caso
altri ne fossero venuti a conoscenza. La terza destinazione al posto
della
penultima, la quinta al posto della seconda, etc. Era un ragionamento
logico, e
lei non si era opposta. Inoltre aveva -erroneamente- pensato che
viaggiando con
Zachary avrebbe fatto preoccupare meno quelli di casa, visto che in fin
dei
conti lui era uno di famiglia…scacciando dalla mente una
vocina che tentava di
portarla a pensare più approfonditamente al precedente
compagno d’avventura e
al suo destino.
Perché se Emerald avesse
avuto tutti i propri ricordi,
conoscendo Zachary avrebbe capito immediatamente che non
si era limitato all’omissione di soccorso nei
confronti di
Warsman. Che non si sarebbe lasciato sfuggire la possibilità
di avere un mezzo
robot tra le mani e gli avrebbe fatto chissà cosa, a meno
che lei non fosse
stata presente -in caso contrario lui avrebbe potuto inventarsi qualche
storia
credibile sulla sua sparizione- e gli avesse espressamente imposto di
non
toccarlo.
In seguito Zeke le aveva chiesto
cos’era successo con il
russo in quel periodo di assenza, avendo addirittura l’ardire
di domandarle se
lui le aveva fatto del male pur sapendo che, primo, difficilmente ora
come ora
Warsman lo avrebbe fatto e, secondo, che Emerald con quel braccio
avrebbe
potuto strappargli il cuore dal petto se ci avesse provato.
L’albino era rimasto
soddisfatto dalle risposte che Emerald
gli aveva dato, in particolar modo quando gli aveva raccontato che
quando erano
nel motel aveva sempre costretto il suo compagno di viaggio a dormire
per
terra, proprio poiché sposata e dormire con un altro non
stava bene per niente.
Quindi non aveva tradito Michael
tenendo fede ai voti
nuziali presi.
Il che era ottimo,
nonché in linea con il suo definirsi
“corretta”.
«era da un pezzo che volevo
venire qui in Italia» ammise
Zeke «Italia, culla della civiltà. Italia, Nazione
ricca d’arte e preziosi
tesori dell’antichità. Italia, patria di coloro
che scoprirono l’America»
Italia, Paese meraviglioso ma trascurato, il cui unico problema sono i
suoi
abitanti «mi avevi detto che hai vissuto in Sicilia sei mesi,
giusto?»
«si. Infatti parlo e
capisco l’italiano».
«per fortuna,
perché altrimenti io non saprei dove mettere
le mani» in fin dei conti essere geni non significava
automaticamente conoscere
tutte le lingue del mondo, specie se si era geni con passioni diverse
da quelle
linguistiche «ho studiato spagnolo, io, e se becco quelle
capre che dicevano
che l’italiano è come lo spagnolo senza le
“s” in fondo …» non
finì la frase
«comunque Hammy, il programma è quello che abbiamo
concordato prima. Oggi
arriviamo quanto più possibile vicini a Roma, quindi penso
che ci fermeremo
a…uhm…» distolse gli occhi dalla strada
per dare un’occhiata al GPS «da qualche
parte in Umbria credo, vicino a Perugia…ci tratterremo
lì per un po’, e poi
ripartiamo alla volta di Roma».
«ok. Zeke, ma quel
cellulare…»
«nuovo, e nuova sim. Ne ho
uno anche per te, sta nel borsone
a fiori».
«devo ancora capire come
hai fatto a far passare le armi»
riuscì a dire la ragazza, mentre cercava il telefono.
«segreto».
«e
dai…»
«segreto».
«suuu».
«non te lo dirò
mai».
«abbiamo già
avuto una conversazione simile».
«te ne ricordi?
Ottimo!» lui sorrise «tornerà tutto a
posto,
sta’ tranquilla. Io però devo ancora capire il
reale motivo per cui sei
scappata.
Era troppo lungo da spiegare con una
frase breve come quelle
che riusciva a dire, quindi Emerald scrisse tutto su un foglietto.
“volevo,
e voglio,
tornare sana a tutti i costi. Tuo fratello e mio padre non si meritano
una
figlia invalida. Warsman sembrava la strada giusta per raggiungere
l’obiettivo,
e poi c’erano anche delle cose con lui…cose tipo in sospeso che non capivo e non capisco
ancora. Mi sento
incompleta, e non mi piace. Riguardo a Michael sarò
più specifica…se non ho
neppure “consumato” il matrimonio con lui
è stato perché volevo dargli la
possibilità di ritirarsi, se si fosse scocciato di occuparsi
di
un’handicappata”.
Zachary distolse nuovamente lo
sguardo dalla strada per
leggere. «ah…ho capito. Ma guarda che ti sei
sbagliata, Lentiggine non si
sarebbe scocciato» riprese ad osservare la strada
«ti ha sposata, se sai com’è
fatto -e tu lo sai,
perché lo conosci
da prima che perdessi la memoria- puoi renderti bene conto di quello
che
significa. Non ti avrebbe abbandonata, è perso dietro a te.
E poi non mi
sarebbe piaciuto se ti avesse lasciata. Sei la mia
cognatina…»
«volevo chiedertelo da un
pezzo. Perché “cognatina”?»
«perché hai
sposato mio fratello trentaquattrenne mai hai
compito vent’anni nemmeno un mese fa, e quindi hai due anni
meno di me. E poi
sei più piccolina di me anche di statura».
Non che lui avesse mai sofferto per
essere alto appena un
metro e sessantasette…e poi, per piccolo che fosse era
pericoloso lo stesso. Come
Hammy, d’altra parte, che era alta un metro e sessanta e
quando era in forma mandava
al tappeto chojin di due metri e dieci.
Erano due pericolosissimi hippy
formato mignon.
«capito».
«so che te l’ho
detto più volte, ma sono contento di
sentirti parlare di nuovo. E lo sarebbe anche il mio
fratellone» lo chiamava
ancora così nonostante tutto quel che stava succedendo
«su con la vita, Emy. Don’t
worry…be hippy! E appena troviamo un posto buono andiamo a
mangiare quella
cosa, come si
chiama…porqet…porchese…»
«porchetta!!! Siiii, potere
della porchetta vieni a noi!»
Assurdo eh?
I suoi erano in ansia per lei, i suoi
amici erano
preoccupati, Kevin checché ne dicesse si disperava a
metà e a metà era nero di
rabbia, Warsman aveva rischiato l’osso del collo ed ora era
imprigionato,
Sebastian per seguire Zachary alla sua ricerca stava per finire in una
fattoria
croata…e lei cosa faceva?
Ovviamente pianificava
allegramente di strafogarsi di
panini con la porchetta in compagnia del caro cognato terrorista albino
sociopatico falso hippy!
«porchetta, pizza, lasagne,
gelato…» aggiunse quest’ultimo.
«pasta
all’amatriciana, pasta alla carbonara, pasta alla
norcina…»
La fiera delle calorie, in pratica.
Perlomeno loro due erano
allegri…
è un
po' più corto del solito, scusatemi tanto. Vi lascio
un'immagine del pulmino hippy
|
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Capitolo 12 *** Donne da divanetti... O no? ***
OdS
– …non
sappiamo quanto durerà il black out, tiralo fuori
di lì e-
– lady Janice?!
– Kevin?
– Kirika?
– …ma
lei non è la madre di Sebastian? Che cavolo ci fa
qui?!
«è
un’ottima domanda: cosa ci fanno lì?»
Una cosa però Howard
Lancaster la sapeva di sicuro: il campo
Alfa non era un luogo adatto per la sua signora. Per niente! Janice a
strisciare tra i corridoi pullulati di militari?! Ma da quando in qua?
Ficcanasare con il rischio di mettersi in potenziali guai -anche se lui non lo
avrebbe definito così-
era una prerogativa che avevano soltanto alcuni Lancaster di
discendenza
diretta. Un conto era che sua moglie quando si trovava nei club
ficcanasasse in
tutti gli affari privati delle famiglie più altolocate di
Londra, un altro che
lo facesse in quel modo.
E poi a dirla tutta gli faceva strano
anche il solo vederla
con dei pantaloni. Da quando la conosceva Howard
non aveva mai visto
Janice con i pantaloni, nemmeno per cavalcare, visto che le rare volte
che lo
faceva stava seduta sulla sua placida giumenta con entrambe le gambe
accavallate da un lato.
Era abituato a vederla con addosso
fiori, pizzi, merletti,
tulle e volant, non vestita come un topo d’appartamento!
Da diverse telecamere nascoste il
marchese e relativo genero
stavano monitorando la situazione davanti alla prigione di Warsman,
dopo avere
inscenato un black out così che Kevin Mask e Kirika
potessero farlo evadere -o
meglio, potessero credere di farlo evadere- una
volta che avevano
sentito quel che Warsman aveva detto loro.
«è
già il secondo imprevisto. Due imprevisti di troppo!
fortunatamente all’occorrenza posso dare ordine ai soldati di
abbandonare il
piano e sparare a quel mostro» disse cupo Michael
«così che alle signore non
accada niente per mano sua».
– è
che mi sembra perfino troppo semplice. Questo
dovrebbe essere un posto ad alta sicurezza…
«Jannie, quantomeno evita
di mettere loro la pulce
nell’orecchio! …dovrà darmi un paio di
spiegazioni, quando tornerà».
– oh, e stia
contenta no?! vorrà dire che siamo stati
bravi!
–
cosa…cosa ci fate anche voi qui?
Arrivati a questo punto sarebbe stato
proprio il caso di
rispondere alle varie domande…
:: qualche ora prima ::
«ehi Mask».
«uh?»
«to’. Tracannala
fino all’ultima goccia, hai la faccia di
uno che ne ha un gran bisogno! nyah-ah-ah-ah-ah-ah!»
Kevin Mask fino a quel momento non
aveva mai avuto molti
rapporti con la figlia di Yama Khan, forse perché lei ed
Emerald avevano
stretto amicizia quando il loro rapporto era già andato in
profondissima crisi
per poi spezzarsi definitivamente, e forse anche perché lui
non aveva avuto
alcun interesse a parlare un po’di più con lei e
con le altre ragazze
preferendo starsene da solo a rimuginare su quello che aveva perso.
In ogni caso allungò
esitante la mano verso la bottiglia di
birra che la demonessa gli stava offrendo, per poi ritrarla guardandola
con
aria diffidente. «perché?»
«che?»
«perchè mi stai
offrendo da bere? E di mattina poi!»
«a parte che è
quasi mezzogiorno, ma comunque te l’ho detto
il perché: da quel poco che si vede, hai la faccia di uno
che ha solo bisogno
di scolarsi una birra».
Stava dicendo sul serio, e non
c’era assolutamente niente di
strano in quella bottiglia. Per quanto Kirika avesse sempre tifato per
Michael
quando Emerald era indecisa tra quest’ultimo e Kevin, e per
quanto fosse sempre
stata la prima a dire ad Hammy di mollarlo e non stare a soffrire oltre
con
“quel coglione che non è altro”, aveva
iniziato a farle un po’pena.
Da quando erano lì in
villa se ne stava sempre da solo,
senza avvicinarsi mai a nessuno, spesso con lo sguardo perso nel
vuoto...e c’era
anche da dire che tentare di avvicinare gli altri ragazzi della League
per
Kevin sarebbe stato sia inutile che controproducente.
Non era mai piaciuto a nessuno di
loro, lo trovavano troppo
arrogante, troppo borioso, troppo riservato e, quando stava con
Emerald, lo
avevano trovato anche troppo geloso e possessivo. Inoltre Emerald, o
più che
altro le sue amiche, avevano raccontato loro con dovizia di particolari
e da un
punto di vista piuttosto “parziale” tutti i
perché e i percome della loro
rottura; per cui se anche Kevin avesse tentato di entrare nel gruppo,
dalla
maggior parte dei suoi componenti avrebbe ricevuto solo un rifiuto o la
totale mancanza
di considerazione.
Al momento Kevin Mask non aveva
amici, suo padre non voleva
ancora saperne di lui, sua madre era lontana, non si era impegnato con
un’altra
ragazza e il suo allenatore era scappato con la sua ex ragazza per
motivi
ignoti. A dargli un minimo di conforto c’era giusto Janice,
ma anche lei al
momento era presa dalla fuga di Emerald.
Era completamente solo. E
Kirika sapeva fin troppo bene cosa voleva dire essere
completamente
soli: era figlia di un chojin nemico della Muscle League, e veniva dal
Pianeta
dei Demoni -che non aveva mai avuto una gran fama- sua madre era
sparita da un
sacco di tempo, e come se questo non fosse bastato suo padre era un
depresso
cronico che dopo aver perso contro King Muscle le rare volte che era
sobrio aveva
più volte tentato di suicidarsi. Ed era stato proprio lui,
come una specie di
“risarcimento” nei confronti della Muscle League, a
spedirla alla Scuola di
Ercole anche se lei non voleva.
La solitudine era stata la migliore
amica della demonessa
fino a quando non aveva conosciuto dapprima Fiona e Crea, ed in seguito
le
altre, Hammy specialmente. Tutto ciò l’aveva
aiutata a mandare definitivamente
al diavolo un padre che a parte concepirla non aveva fatto
nient’altro di buono
per lei, e se per un umano valeva il discorso “l’ho
mandato al diavolo, ma
resta sempre mio padre” per un demone invece non era
così.
Attualmente quando Kirika tornava sul
proprio pianeta lo
faceva soltanto per rinforzare le scorte di liquore tipico, e non si
sarebbe
fatta vedere da Yama Khan nemmeno se questi l’avesse pagata
oro.
«tsk. Non è che
vuoi avvelenarmi?»
«se devi farla tanto lunga
me la bevo io prima che si
freddi. Ci hai fatto caso che quando la birra è calda, berla
equivale a bere
del piscio appena fatto?» neppure lei era esattamente una
personcina fine e
delicata. Forse era anche peggio di Emerald! «quindi o la
bevi ora o non la
bevi più».
L’inglese stette a
guardarla per qualche istante prima di
prenderle la bottiglia dalle mani e stapparla con la sola forza delle
dita per
poi attaccarvisi e scolarne la metà con tre sorsi. «non sa ancora
di piscio» sentenziò dopo.
«alleluia».
Momento di silenzio piuttosto lungo.
«ti va di dirmi che cavolo
hai o no?»
«non parlo dei fatti miei
con la gente che non conosco»
replicò Kevin bevendo altri due sorsi.
«tanto scommetto venti
sterline che riguarda la Lancaster».
«ti ho detto che non
intendo parlarti dei fatti miei! Va
bene?!» sbottò Kevin seccato «se anche
riguardasse Emerald, e non vuol dire che
sia così, non verrei a dirlo a te!»
«aaah, quindi riguarda
proprio lei».
Il ragazzo si alzò di
scatto. «senti, non sono affatto
dell’umore per sopportare questi giochetti, right?!
»
«e se non me ne vado che
fai, mmmh?» sogghignò la demonessa
guardandolo con un’aria di sufficienza che lui
trovò semplicemente
insopportabile. Kevin fece scrocchiare le nocche.
«indovina!...picchiare le
donne non mi piace, ma d’altra
parte sei una chojin addestrata, quindi non lo troverò
disonorevole».
«Mask, tu non ce la faresti
a picchiarmi nemmeno se io
avessi entrambe le braccia rotte» ribatté Kirika
«e sono pronta a scommetterci
sopra altre sei birre!» aggiunse, alzandosi a fronteggiarlo.
«ah davvero!»
«davvero».
Guai a perdere un’occasione
d’oro per menare le mani, ed
anche per sfogare un po’di tensione.
«se ne sei così
sicura perché non ci sfidiamo in un incontro
di wrestling?!»
La demonessa sogghignò.
«come ti pare».
E dette quelle tre parole gli
assestò un diretto in piena
faccia -non faticò ad arrivarci visto che era alta un metro
e novanta! -
all’improvviso, che fece cadere Kevin giù per la
piccola scalinata.
L’inglese si
rialzò comunque pochi istanti dopo, ringhiando.
«non è leale!»
«pivello, non eri stato in
mezzo ai d.M.p. tu? e ti vieni a
lagnare che ti ho fatto la bua senza avvertire?!»
saltò giù per raggiungerlo e
tentare di colpirlo con un calcio satana, da lui prontamente schivato
«fai
ridere i polli, Mask! Tale e quale a quel rincitrullito del tuo
vecchio».
«non insultare mio
padre!»
Forse Kirika aveva fatto un errore a
dire quell’ultima
frase, perché Kevin le andò addosso e dopo averla
afferrata con una presa allo
stomaco la lanciò violentemente contro la scalinata in
marmo. Non ci era andato
leggero, ma d’altra parte non lo aveva fatto neppure lei.
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah
finalmente ti decidi a tirare fuori le
palle!» lo prese in giro lei, rialzandosi e correndogli a sua
volta addosso con
un pugno alzato. Kevin pensò che volesse tirargli un gancio,
preparandosi
dunque per il colpo in questione, ma Kirika all’ultimo si
abbassò e con un
calcio gli colpi ambo le caviglie, facendolo crollare a terra. Non
contenta la
demonessa gli andò sopra e cominciò a riempire di
pugni ogni centimetro
quadrato del suo avversario.
«ovvio che non hai saputo
tenerla a bada! Guardati! Sei
debole come un gattino! La Lancaster con qualche colpo potrebbe farti
secco!...si, sei tale e quale a Robbie, uno stupido, debole perdente!»
Da che era andata lì per
offrirgli una birra si era arrivati
ad uno scontro. La cosa era decisamente degenerata!
«stai…ZITTA!!!»
Quando era troppo era troppo, e alla
fine Kevin tirò un
pugno in faccia tale alla sua avversaria da sciogliersi dalla sua presa
e farla
volare qualche metro più in là!
Quando la sentì ricadere a
terra con un tonfo il ragazzo si
rialzò. Gli sarebbero venuti parecchi lividi, quella
lì colpiva duro, eppure
guardandola stesa a terra gli venne il dubbio di averci messo troppa
forza ed
averle procurato un brutto trauma cranico o simili…e non
sarebbe stata una cosa
intelligente visto che lei ed il suo attuale ospite si davano
tranquillamente
del “tu”.
Per cui si avvicinò di
qualche passo, appena prima di
sentire un…
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah!!!...d’accordo…debole
come un
gattino no, come un gatto adulto se mai» si rialzò
a sedere di scatto, e
l’unico segno del combattimento appena affrontato era
l’occhio nero e la bozza
su fronte e sopracciglio, che peraltro aveva sopra una ferita dalla
quale
colava un filo di sangue.
«tu secondo me hai qualcosa
che non va nella testa» borbottò
Kevin, tendendole una mano offrendosi di aiutarla ad alzarsi. Inutile
dire che
lei rifiutò con un piccolo sbuffo, e tornò
rapidamente in piedi da sola.
«ti invece hai qualcosa che
non va sulla testa»
ribatté lei indicando la sua maschera.
«come ti pare, sta di fatto
che mi devi sei birre».
«e pigliatele! Tanto qui
c’è una scorta infinita di
alcolici!»
Di solito quell’immensa
scorta veniva utilizzata durante la
seconda parte delle feste che Howard per qualsiasi motivo dava
periodicamente
nella tenuta. In particolar modo durante la seconda parte del gran galà
annuale e la propria festa di
compleanno. E qualcosa di simile anche per quella di Hammy.
Avrebbe fatto così anche
per quella di Janice, se lei non
avesse detto chiaramente che per le sue feste di compleanno non
voleva una
“seconda parte”.
«potresti almeno andarmele
a prendere tu per onorare la
scommessa».
Lei lo fissò per un paio
di secondi. «ok Mask, ti vado a
prendere ‘ste birre» disse, avviandosi su per la
scalinata «si può dire che
adesso ci conosciamo».
«eh?»
«sei pure sordo?»
«no, ho capito
ma…»
«sta’zitto che
è meglio».
Kevin rimase lì da solo, a
fissare la scalinata per poi
uscirsene con l’ennesimo sbuffo. «tsk…ma
guarda tu questa…»
Fu in quel momento che Kevin
sentì due voci maschili poco
distanti. Inizialmente non diede importanza alla cosa, ma
cambiò del tutto
atteggiamento quando…
«…è
una faccenda che purtroppo non si concluderà ancora,
anche se abbiamo catturato quell’ignobile
animale…»
Riconobbe la voce di Howard
Lancaster, nonché il soggetto
della conversazione.
Si girò più
volte alla ricerca del punto di provenienza
delle voci, finendo ad indentificarlo con la finestra aperta sopra di
lui, al
piano superiore.
“hanno…hanno
preso Warsman?!”
Sapeva che non era una cosa saggia
spiare Howard H.R.J.
Lancaster, specialmente se impegnato in conversazioni come quella, ma
era del
suo allenatore che si trattava.
Quel bastardo bugiardo
unico-per-un-certo-periodo-suo-sostegno del suo allenatore.
Quello che aveva un rapporto molto
strano con la sua ex
ragazza e probabilmente se l’era portata pure a letto.
Più e più volte.
Quello che, nel momento in cui
l’ex ragazza in questione gli
aveva dato del mostro facendogli avere un attacco di panico, gli era
stato
vicino come mai nessuno aveva fatto da quando era nato.
«lo abbiamo portato al
campo. Quello ai confini nord estremi
della tenuta…»
Adesso a parlare era il bastardo che
gli aveva portato via
Hammy.
“i confini
nord…” pensò il ragazzo, che si era
spiattellato
contro il muro nello sciocco pensiero che così facendo se
disgraziatamente si
fossero affacciati alla finestra non lo avrebbero visto.
«e comunque se sa qualcosa
non starà tanto, a cantare come
un canarino».
Parole che strinsero lo stomaco di
Kevin Mask in una morsa
ghiacciata.
«il modo in cui ottenere da
lui tutto quel che può dirci
riguardo Hammy è a tua discrezione».
E se possibile quelle del marchese lo
strinsero ancora di
più. Sentiva il cuore battere all’impazzata:
adesso era certo che se Warsman
non fosse stato liberato immediatamente,
non lo avrebbe più rivisto. Non avrebbe nemmeno avuto
l’occasione di tirargli
quei famosi diretti in piena faccia…e quello, alla fine, era
il meno.
“non posso lasciarlo
lì. Devo fare qualcosa subito!...d’accordo,
agire alla luce del giorno è una pessima idea…ma
stasera entrerò nel campo a
nord della tenuta!” pensò Kevin, i cui viaggi
mentali furono interrotti appena
un istante dopo da un forte fischio.
«Mask!!! Ho le
birre!»
«che cos-»
Kirika era tornata con le birre che
gli doveva. Sentì il
rumore della finestra che si chiudeva e, mentre prendeva le bottiglie
dalle
mani della demonessa, pensò ingenuamente
“l’avete chiusa troppo tardi,
stronzi”.
«quel little
brat avrà
sentito?»
«sentire, ha sentito.
Bisogna solo sperare che, in quanto
figlio di Robin, non confonda il nord con il sud».
L’americano si concesse una
grassa risata alle parole del
suo suocero nonché tuttora capo. «forse dovremmo
piazzare delle insegne
luminose lungo il cammino per stare più sicuri!»
«pfff…pessima
idea, a quel punto forse perfino
Kevin Mask arriverebbe a capire che andrà dove e da
chi noi vogliamo che vada. Presumo che gli uomini siano stati
già istruiti sul
piano da seguire ed aspettino soltanto l’ordine di
prepararsi».
«sissignore!...ehm.
Si».
Magari tra una decina
d’anni avrebbe imparato a non dire più
“sissignore” e “nossignore”
quando Howard gli faceva una domanda, ma in realtà
non era poi così scontato!
«ottimo».
Michael agguantò quattro o
cinque biscotti dal piccolo vassoio
sopra il tavolino basso che stava tra il divanetto dov’era
seduto, la poltrona
singola sulla quale sedeva Howard e quella a destra.
«speriamo che serva a
qualcosa».
«se così non
fosse e Warsman si rifiutasse di parlare gli
tireremo fuori ciò che sa con metodi un po’meno
civili e più invasivi. Come
forse avremmo già dovuto fare».
Se non l’aveva ancora fatto
era stato solo ed esclusivamente
per il giudizio sfavorevole di Lionel, che lo aveva temporaneamente
dissuaso.
Stimava e teneva sia al rapporto che al parere di suo cugino, e gli
sarebbe
dispiaciuto ricevere da lui disapprovazione.
Ma ciò non toglieva che se
il piano A non avesse funzionato,
Lionel o non Lionel sarebbero passati ugualmente allo B.
Parlava bene, suo
cugino…“è un umano come noi, ne ha
passate
tante”…ma intanto suo
figlio era dai
nonni in Croazia adesso, e non era a suo
figlio
a cui quel sudicio miserabile ronzava attorno, non era suo
figlio ad essere finito in coma per colpa di
quell’essere, né
ad essere fuggito con lui quando era ancora convalescente, non era
Sebastian ad
essere disperso chissà dove insieme a Zachary -che per
quanto potesse piacergli
non risultava essere una compagnia molto adatta per lei, non in quel
frangente-.
Lionel sapeva dov’era suo
figlio, e sapeva anche come stava.
Lui invece non aveva idea delle
condizioni della sua
principessa, e se fosse stato un uomo meno controllato probabilmente
avrebbe
dato di matto, invece di essere quello che riportava gli altri con i
piedi per
terra e cercava ogni possibile appiglio per risolvere la cosa.
«e quanto a Kevin Mask, nel
caso tutto non andasse come deve
e lui si mettesse a dire che abbiamo imprigionato il gemello brutto di
Freddy
facendogli “oh cielo quante orribili orrende terrificanti
atrocità”?»
«non sarebbe un problema.
Ma al limite…Kevin Mask non ha
legami con nessuno di qui, se non contiamo quello appena nato con
Kirika, ma di
quella ragazza non mi preoccupo minimamente. Ha sempre parteggiato per
l’unione
tua e di Emerald, di Warsman non potrebbe importarle di meno, e vuole
bene ad
Hammy. Non ci sarà nessuno disposto ad ascoltarlo, ma anche
se fosse non gli
lascerei tempo di convincere nessuno degli altri ragazzi»
disse Howard
tranquillo «da quel che mi raccontava Emerald, quel ragazzo
non si perde un
notiziario che sia uno. Basterà che una giornalista delle
mie emittenti
televisive si presti oggi stesso a registrare una puntata speciale del
notiziario, che verrà mandata in onda domattina solo ed esclusivamente in ogni
televisione di questa casa…»
«mi sa che mi sono perso. A
che servirebbe?»
«servirebbe, se la
giornalista parlasse di uno spaventoso
incendio su Nettuno guarda caso avvenuto
proprio nel posto dove Alisa Macintosh vive con Neptuneman. Impulsivo
com’è il
ragazzo andrebbe immediatamente sul pianeta, e una volta che
sarà arrivato lì
basterà prenotare sistematicamente tutti i posti di ogni
volo in partenza da
Nettuno per il tempo che ci serve a finire il lavoro. Una volta che
tutto sarà
fatto potrà pure dire quello che vuole. Nessuno
troverà alcuna prova» disse
«…oppure
sai cosa? Potrei farla ancora più semplice. Una volta che
Kevin sarà lassù
chiamerò il Governatore del pianeta e lo
convincerò a fare in modo di
impedirgli di partire. Dovrebbe essere semplice per Egil».
«è un
amico?»
«è un famoso
avvocato norvegese, il padre di uno dei miei
migliori allievi chojin. Quando sua moglie chiese il divorzio cadde in
depressione e nel tentativo di trovare un po’di
tranquillità si trasferì su
Nettuno. Ma un uomo come quello non rimane a lungo con le mani in mano
a
compiangersi, e una volta ripresosi finì per entrare
rapidamente nella vita
politica del pianeta, facendo una rapidissima scalata fino al vertice
anche
-oserei dire soprattutto- grazie all’appoggio economico e non
che chiese al
sottoscritto; è in carica da circa sette anni, ma non ha
dimenticato a chi deve
il suo posto».
«ho capito…ma
questo punto mi domando com’è possibile che
non sapessi della presenza della moglie di Robin Mask sul pianeta, se
sei in
contatto col Governatore».
«Michael, dovresti sapere
bene che in tutti questi anni
c’erano cose molto più importanti da fare che
mettermi in mezzo agli affari di
Robin. Quindi a riguardo non ho chiesto nulla ad Egil»
assunse un’aria
pensierosa «e adesso che ci penso, il nonno materno di Lionel
e quello paterno
di Egil risultavano essere cugini di quinto o quarto grado da parte di
madre.
Quindi si può dire che sia di famiglia!»
“di famiglia il figlio del
cugino alla lontana del nonno
materno di suo cugino?...sempre se ho detto
giusto…” perché nonostante fosse un
uomo intelligente Michael aveva qualche difficoltà nel
ricordarsi le parentele
astruse. «a beh…magari prima o poi
imparerò l’intero albero genealogico con
discendenza di sangue ed acquisiti» disse, con
l’intento di scherzare.
«questo è
ovvio» replicò pacatamente l’altro
«ma solo quando
Emerald sarà tornata a casa, così ti
darà una mano».
«eeh…io stavo
solo scherzando».
«io no» Howard si
alzò «e credo ci sia qualcosa che devi
vedere. Seguimi».
L’americano, un
po’perplesso, si alzò a sua volta ed
andò
dietro al marchese che a quanto sembrava stava camminando in direzione
dell’ingresso principale dell’immensa villa.
«ti è mai
capitato di dare un’occhiata all’albero
genealogico completo della nostra famiglia?»
Eppure a Michael sentire certe cose
continuava a suonare
così strano…! Oltre che un grande onore
naturalmente. «di sfuggita. Solo di
sfuggita, e non in questi giorni».
«questo era piuttosto
chiaro».
Arrivarono fino all’immenso
atrio lussuoso e perfettamente
illuminato. L’albero genealogico della famiglia -costituito
da targhette in
platino con i nomi incisi, poste su “rami” dipinti
da maestri della pittura in
modo così perfetto da sembrare veri- era accanto alla
scalinata di destra, ed
era…enorme. Proporzionato
all’atrio.
Non tanto per la
grandezza dell’opera in
sé, ma per la quantità di persone menzionata;
infatti c’erano tutti i Lancaster
di discendenza diretta con relativi parenti ed affini, dal primo
Lancaster a
cui era stato dato il titolo di marchese fino ai giorni attuali.
«tutti i nomi e le
parentele conosciuti» disse Howard. Ce n’erano
di norvegesi, cinesi, indonesiani, croati, italiani, qualcuno
africano…ovunque
un Lancaster o un per-qualche-motivo-parente e/o affine dei Lancaster
avesse
messo su famiglia.
«questo nome mi
è familiare…»
«è la moglie del
Ministro della Difesa di Washington. La sua
bisnonna era la sorella del cognato del…d’accordo,
so che non vai molto
d’accordo con i legami di parentela complicati. Ti basti
sapere che lei e suo
marito se possono non mancano mai al galà annuale e al mio
compleanno...ma non
era questo che volevo dirti».
Indicò con il bastone da
passeggio una targhetta in
particolare, quella di Hammy, vicino alla quale
c’era…
«…!»
“Michael
Connors”.
Nonché il resto dei suoi,
Zeke incluso. Giustamente, se
c’era il nome della tizia imparentata attraverso la bisnonna
sorella del
cognato di vattelapesca,
perché non
avrebbero dovuto esserci i Connors?
Eppure il soldato stentava a
crederci. Tutto questo faceva
sembrare la sua appartenenza a quella famiglia più concreta,
quando invece si
trattava solo di una targhetta in platino.
«perché sei
sorpreso? Avresti dovuto aspettartelo. E
personalmente penso sia una fortuna che qui ci sia il tuo
nome, e quelli della tua famiglia, piuttosto che
“Kevin
Mask”…”Robin
Mask”…cielo. Avrei dovuto mettere qui il nome del
cretino che ha
fatto esplodere un aereo con lui stesso sopra!»
«per qualche tempo avevo
pensato che i rapporti fossero
migliorati».
«mh. Resta sempre uno
stolto».
Non avrebbe ammesso che le cose erano
migliorate nemmeno
sotto tortura.
«ok…ma
comunque…è un onore per me essere stato messo
qui.
Che tutti noi siamo stati messi qui».
C’era qualcuno a cui invece
quella cosa non piaceva per
niente, e quella persona osservava la scena dalla cima della scalinata
di
sinistra.
“il nome di quel buzzurro
stava bene da tutte le parti meno
che lì” pensò Janice con
un’espressione di completa disapprovazione. Vero, in
famiglia si usava fare così quando si aggiungevano dei nuovi
componenti, ma non
significava che la cosa in questo caso specifico le andasse a genio.
contrariamente a suo marito, lei avrebbe tanto voluto che lì
ci fossero stati i
nomi dei Mask!
Ad un certo punto si sentì
picchettare sulla spalla. «m-ma
che-»
«ssst!!!»
Era Gabrijela, che le stava facendo
cenno di venire via con
lei. Tutta quella segretezza era curiosa, praticamente da quando era
lì erano
sempre insieme, cosa c’era di strano stavolta?
Si infilarono nel primo salotto che
trovarono, e Gabrijela
chiuse rapidamente le due ante scorrevoli in legno massello della
porta. «non
possiamo lasciarlo lì».
Janice la guardò
perplessa. «mi sa che non ti seguo».
L’altra sollevò
un sopracciglio. «non dirmi che tuo marito
non ti ha detto che Warsman è rinchiuso nel campo Alfa. Ai
confini nord di
questa tenuta».
Ovvio che glielo aveva detto,
così come le aveva detto che
avrebbe cercato di sapere di lui qualcosa riguardo Hammy, senza
aggiungere
altro.
«ah. Parlavi di
lui».
«naravno!
Ovviamente! A meno che in quel posto ci siano anche degli altri
prigionieri
oltre a lui, e allora tu possa avere qualche dubbio» disse la
donna, osservando
con le braccia incrociate e l’aria severa l’altra
«Lionel mi ha detto dove si
trova il posto, mi serve solo sapere il punto preciso dove lo tengono e
poi…»
«aspetta. Ti sei per caso
messa in testa di liberarlo?»
Janice sgranò allibita gli occhi neri «non dirai
sul serio!»
«stasera stessa.
Quell’uomo ha già patito abbastanza, se non
dirà quello che tuo marito vuole sapere sai benissimo che
gli verrà tirato
fuori a forza, e non sarà piacevole. E oltretutto dubito
fortemente che lo
lascerà andare, anche una volta ottenuto quel che vuole
sapere, e sono sicura
che tu sia consapevole di questo Janice! …ed io, essendone
consapevole quanto
te, non credo di poterlo permettere».
Janice le si avvicinò con
un lieve fruscio dell’abito che
indossava. «parli bene tu. Ma il tuo Sebastian è
tornato a casa, Emerald no».
«lo so che volete fare
tutto il possibile per ritrovarla, ma
non è questo il modo. Lo sai che è sbagliato! Non
farti condizionare da tuo
marito» disse Gabrijela «se lo facciamo evadere, lo
nascondiamo e lo aiutiamo a
superare lo shock di qualunque cosa gli sia successa sono convinta che
per
riconoscenza ci dirà tutto quello che sa. In casi come
questo la violenza e la
costrizione servono a poco: si aiuta più volentieri qualcuno
verso cui si è
grati, piuttosto che qualcuno che si odia. E poi non merita di fare una
brutta
fine, non è una cattiva persona, in confronto quel ragazzino
americano che si è
portato via Emerald è molto molto peggio!»
No, non aveva una grande stima di
Zachary. Diciamo che lo
stimava più o meno quanto Janice stimava Michael.
«Gaby, infilarti da sola in
una base piena di militari non è
una grande idea né di giorno né tantomeno in
tarda sera! Già a me pur non
vedendoli quasi mai averne in giro qui non piace,
perché…so che ci sono. Ma è
una cosa che accetto perché è per la nostra
sicurezza, e vigilano ai confini.
Ma non mi andrei lì di notte nemmeno se mi pagassero. Molti
sono ex mercenari
come quello psicotico debosciato di Connors senior» si
rifiutava sia di
chiamarlo per nome che di accettare che adesso fosse “Michael
Lancaster” «cosa
credi che farebbero se trovassero un’intrusa donna nella
base? Specie se bella
come sei tu!»
«appunto,
“se” mi trovassero, ma non è detto che
lo
facciano: se mi vestissi di scuro e fossi accorta nei movimenti non
vedo perché
dovrebbe andare male».
«è una follia!
Non posso lasciartelo fare» stavolta fu
Janice ad incrociare
le braccia e
scuotere la testa con aria ostinata «non se ne parla! Tanto
più per qualcuno
che non ti è niente. L’abbiamo già
aiutato più volte…»
«e lo abbiamo fatto
perché in quei momenti era giusto farlo
e lo è anche adesso. Janice io non ti chiedo di venire con
me, ma solo di dirmi
dov’è di preciso, se lo sai, o in alternativa lo
cercherò da sola».
Niente da fare, Gabrijela era
irremovibile. Janice leggeva
chiaramente nei suoi occhi nocciola che era decisa a tentare
quell’impresa
completamente folle per liberare Warsman, e non c’era nulla
che potesse farle
cambiare idea.
Ma alla marchesa ripugnava lasciarla
andare lì da sola
considerati i rischi che correva, che non erano né pochi
né poco gravi. Se le
fosse successo qualcosa per colpa sua, perché
l’aveva lasciata andare senza
dire niente a nessuno, sapeva che non avrebbe mai potuto perdonarselo;
era una
donna dall’animo fin troppo buono, ed il rimorso
l’avrebbe perseguitata a vita.
Solo che dire ad Howard di quel che
aveva in mente Gabrijela
probabilmente avrebbe davvero condannato Warsman ad una pessima fine.
E, si, Janice sapeva che non era
giusto. E che aveva
sofferto già molto senza meritarselo davvero. Si era anche
resa conto che il
discorso che Gabrijela aveva fatto sulla gratitudine e la riconoscenza
si
poteva davvero applicare a Warsman, così come si era resa
conto da un pezzo che
nonostante l’aspetto orribile non era un uomo malvagio. E,
pur continuando a
pensare che sarebbe stato meglio che le fosse stato lontano, anche che
magari
era un uomo migliore di quello che Emerald si era scelta come marito.
Per cui prese una decisione che
esulava completamente sia
dal suo modo di fare che di essere, e tutto per amicizia e un minimo di
senso
della giustizia.
«no, ascolta…io
non ti ci lascio andare lì. Non da sola,
io…» si morse il labbro e fece un sospiro nervoso
«vengo con te».
Dopo averla osservata per qualche
istante stupita Gabrijela
fece con forza un cenno di diniego col capo. «non se ne
parla! Volevo solo che
mi dicessi quel che volevo sapere, non farti venire con me! tu non sei
il tipo
di donna da certe cose».
«perché, tu
invece tendi ad intrufolarti in posti in cui è
vietato l’accesso?»
«no, chiaro!
Però io sono
più…”d’azione”»
era abituata a
muoversi di soppiatto anche portandosi dietro dei carichi -vestiti e
scarpe dai
tacchi alti-; il risultato di quando prima di conoscere Lionel usciva
di casa
di notte -una casa con il pavimento in legno cigolante ed i mori
sottilissimi-
di nascosto per andare in discoteca e tornare verso le
tre…pur essendo
consapevole che il mattino seguente, a seconda se era un giorno in
mezzo alle
settimana o nel weekend, avrebbe dovuto alzarsi o alle sette e mezza o alle cinque, nel secondo caso
«tu no! Tu
sei una donna da club, shopping, tè e
divanetti…»
Era la pura verità,
così come era vero che le dispiaceva
moltissimo fare qualcosa che Howard non avrebbe affatto approvato, ma
pur
sapendo tutto questo quel che aveva detto Gabrijela l’aveva
un po’punta sul
vivo. La sua intera famiglia all’occorrenza sapeva essere
più “d’azione”.
Perfino sua madre Verbena una volta, quando lei aveva circa otto anni,
si era
occupata personalmente di un ladro che era entrato nella villa,
dapprima
spaccandogli in testa un vaso e rivelando in seguito di dormire con uno
schioppo sotto la sua metà del letto, col quale aveva tenuto
sotto tiro il
malcapitato fino a quando non era arrivata la polizia.
Per cui, pur non essendo per niente
convinta e se il
cervello le stava urlando che era una brutta, ma veramente brutta idea, disse con una voce che
cercava di rendere meno incerta
quello che seguì.
«se mi procuri un paio di
pantaloni, una maglietta scura ed
un berretto nero ti dimostrerò chi è qui la donna
da divanetti!»
«non sai quello che
dici».
«io non ti lascio andare da
sola. O mi fai venire con te o
dico tutto ad Howie».
“forse avrei fatto meglio a
cercarlo da sola senza chiederle
niente” pensò la donna croata. «Janice,
lascia perdere».
«no!...i soldati conoscono
molto meglio il mio viso rispetto
a quanto conoscono il tuo, se per disgrazia dovessero trovarci magari
sapendo
chi sono potrebbe andare a finire…meglio»
obiettò «vengo con te, è
deciso».
:: qualche
ora dopo,
verso le undici di sera ::
La stanza che gli era stata assegnata
era al primo piano.
Veniva da sé che un balzo dalla finestra non avrebbe fatto
assolutamente niente
ad un chojin come lui.
Atterrò sul tappeto erboso
facendo più rumore di quanto
avrebbe voluto, motivo per cui si lasciò scappare un paio di
imprecazioni fatte
sottovoce, per poi correre verso il confine nord della tenuta. Non
aveva idea
di quanto tempo ci avrebbe messo, la tenuta era tanto grande che dalla
villa
non se ne vedeva la fine, e non sapeva neppure in quale punto preciso
del
confine nord si trovasse la base dove (quel traditore bugiardo di)
Warsman era
prigioniero. Inoltre c’era da tenere conto anche della
presenza dei soldati di
guardia in tutto il territorio, e si presumeva che attorno alla base
fosse
pieno di soldati come i “nidi” degli xenomorfi
erano pieni delle loro uova.
Con un sospiro nervoso Kevin Mask
cominciò a correre, avendo
cura di fare delle brevissime soste di qualche secondo nascosto dietro
a
cespugli ed alberi, nella speranza di correre meno il rischio di essere
visto.
Vero, lui e gli altri ragazzi aveva il permesso di girare
tranquillamente per
la tenuta a qualsiasi ora. Ma che si sapesse verso i confini nord non
c’era
niente di interessante per quanto riguardava
l’intrattenimento degli ospiti, e
dunque se lo avessero visto da quelle parti la cosa sarebbe stata
quantomeno
sospetta.
«…e
così quando l’ho vista le ho detto:
“monta in macchina
che poi ti smonto io”!»
Grasse risate.
«te l’ha dati
quattro sganassoni?»
«ah! Ecco il vero motivo
dell’occhio nero! Mayer, sei
veramente un idiota».
Era un gruppo di soldati di
pattuglia. Il ragazzo si nascose
rapidamente dietro un cespuglio, aspettando che si allontanassero.
“non credo che mi abbiano
visto, o sentito rumori…meglio
così…”
In realtà si sbagliava. La
sua presenza da quelle parti era
stata notificata a quel gruppo di soldati appena Kevin aveva lasciato
la sua
stanza ed era corso in quella direzione, perché su uno degli
alberi davanti
alla finestra della sua stanza -così come nel corridoio
davanti alla porta- era
stata messa una microcamera che trasmetteva le immagini a chi di dovere.
Rassicurato Kevin stava per rialzarsi
e rimettersi in moto,
quando…
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah!!!»
Quella -demoniaca- risata dietro di
lui lo fece sobbalzare
violentemente ed emettere un urlo piuttosto acuto, breve solo
perché riuscì a
rendersi conto della stupidaggine appena fatta e si impose di chiudere
la bocca
mentre quella lì rideva
ancora della
grossa.
«Mask! girati, fai vedere
se ti sei pisciato addosso dalla
paura!»
L’inglese si
voltò con un ringhio. «Kirika,
che cazzo ci fai qui?!»
«volevo starmene in pace
senza sentire le lagne che fa la
rossa per via di Zachary, e quando sono uscita ti ho visto correre in
questa
direzione, e non ho resistito. E comunque anche io ho tutto il diritto
di
domandarti che cazzo ci fai qui».
Le avrebbe spaccato il naso molto
volentieri, ma non aveva
tempo da perdere con sciocchezze simili. «sono affari miei!
Tornatene in
villa».
«no sul serio, che cavolo
combini? Non c’è una cicca verso
nord. Ci sono solo i soldati…aspetta, avrai mica cambiato
sponda?!»
Kevin arrossì
violentemente sotto la maschera. «ma che
diavolo vai dicendo?! Non sono gay!!! Va
bene?!»
«ma allora se non stai
andando lassù per farti stuprare da
un gruppo di soldati che cavolo ci vai a fare?»
«ti ho detto che sono
affari miei. Vattene via, e guai a te
se dici a qualcuno che…»
«…hai cambiato
sponda».
«non
ho cambiato
sponda, per la miseria!!!» sibilò il
ragazzo. Lei fece schioccare la lingua
contro il palato.
«le cose sono due
Mask…o mi dici cosa vai a fare di preciso,
o quando me ne torno in villa racconterò agli altri la mia
teoria!»
Spaccarle il naso…buttarle
giù i denti così da farglieli
venire a scacchi…torcerle direttamente il
collo…eh si, Kevin aveva un mucchio
di fantasie tanto carine. Ma non poteva permettere che Kirika lo
sputtanasse in
quel modo, e forse non era un male che qualcun altro oltre a lui
venisse a
conoscenza di quel che stava capitando lassù al campo Alfa.
«e va
bene…maledetta impicciona!» sbottò
«sto andando al
campo Alfa…una base piena di soldati di Lancaster,
lassù al confine nord».
«ah!»
sogghignò lei «nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah e poi
vienimi a
dire che la mia ipotesi era sbagliata!»
«lo
è, razza di
idiota! Fammi finire di spiegare!...ho sentito Howard Lancaster dire a
quell’altro bastardo-»
«ehi! Howard è
un grande, e considerando che ti sta tenendo
in casa ci andrei piano con le parole!»
«…che hanno
preso Warsman, e che lo stanno tenendo lassù, e
che se non dirà loro quel che vogliono sapere su Emerald
glielo caveranno fuori
in non si sa quale modo per poi fargli fare chissà quale
fine, ed anche se è un
traditore bastardo bugiardo da qui a meritarsi di morire ce ne corre!
Quindi
voglio andare lassù per liberarlo, e per farmi dire qualcosa
su Emerald e
Zachary, e dove possono essere finiti…se ne ha qualche idea.
Ed anche per
dargli un paio di diretti in faccia».
«ah, ho capito. Ce
l’hai con lui perché le ha ronzato troppo
intorno. In effetti anche io l’ho sempre trovato strano, e da
quando sono fuggiti
insieme così boh!...mi è venuta l’idea
che potessero avere un rapporto più
stretto di quel che pareva. La Lancaster con quel vecchiaccio! Cristo,
sarebbe
come farsi Robbie! Che schifo!»
«piano un po’!
Quello è mio padre, e per piacere non
parlarmi di fartelo perché finisco a vomitare anche
l’anima. E poi…tsk! Quello
lì» ossia Warsman «ha fatto qualcosa di
più che ronzarle intorno, c’è stato in
vacanza due mesi e mezzo e secondo me c’è pure
andato a letto!» alla faccia che
Kirika doveva farsi i fatti suoi, ma era da un pezzo che sentiva il
bisogno di
sfogarsi con qualcuno «ed anche se non stavamo insieme lo
sapeva benissimo che
ero innamorato di lei! Lei era mia!!! l’unica cosa che doveva
fare era levarsi
di torno, e invece no, anche quando ci siamo messi insieme lui ha
accettato di
buon grado di vivere nella vecchia casa di Emerald, ed era sempre a
rompere le
palle da noi! Ed io mi dicevo che dopotutto era solo, e mi ero
affezionato a
lui, e che era giusto che almeno noi gli stessimo vicini…al
diavolo!!! Lui ed
Emerald, vicini, ci sono stati pure troppo!»
Se Howard avesse captato la
conversazione chissà, avrebbe
pure potuto sparare direttamente a quel povero russo, ma per fortuna
non andò
così.
«mi sa che quando rivedremo
la Lancaster dovrò farle qualche
domanda» commentò Kirika, alzandosi «su,
andiamo».
«eh?»
«dici che volevi andare al
campo?»
«si ma-»
«e allora muovi quel bel
sedere scolpito e andiamo».
«tu
no!!!»
«o mi porti con te o torno
alla villa e faccio saltare il
tuo bel progettino».
«questo è uno
sporco ricatto!»
«chiamalo come ti pare, se
riguarda Emerald vengo anche io,
non me ne frega niente se vuoi o non vuoi. Che, pensi di essere il solo
che
vuole ritrovarla? No! Pure io voglio ritrovarla! Quindi vengo con
te».
Per lei era una sottospecie di
candidata a migliore amica
che avesse avuto fino a quel momento, il che pensato da lei era un gran
complimento, quindi era chiaro che non si sarebbe lasciata sfuggire
l’occasione
di fare qualcosa di concreto.
E Kevin Mask con un borbottio
incomprensibile alla fine non
poté che lasciare che lo seguisse.
:: interno
del campo
Alfa, circa dieci minuti dopo ::
«…non sono
abituata ai pantaloni…lo sapevo che avrei dovuto
mettere una gonna. Ma nera ho solo quella per i funerali e mi sembrava
di
pessimo auspicio…»
«concentrati. La strada per
il pannello di controllo,
Janice. Abbiamo dato un’occhiata alle planimetrie che erano
sopra le misure
antincendio, ma questo posto è un mezzo labirinto. Kvragu! Siamo riuscite a
perderci!»
Per chi non era un “addetto
ai lavori” infatti la
planimetria del campo Alfa risultava essere piuttosto complessa: due
piani
sottoterra e tre sopra, collegati tra loro con un complicato sistema di
corridoi, scale, ascensori che scendevano o salivano solo fino ad un
certo
punto e quant’altro. Tutto per ragioni di sicurezza. Ma non
era cosa nuova che
i novellini si perdessero lì dentro, nonostante venisse
fornita loro la mappa
completa, la prima volta perfino Michael aveva avuto qualche
difficoltà a
trovare la strada; e nonostante le due donne non fossero stupide,
nemmeno loro
avevano fatto eccezione.
Se non altro essendosi rese conto di
quanto quel posto fosse
labirintico avevano avuto l’idea di fare un segnetto sulle
pareti così che se
avessero girato in tondo lo avrebbero capito.
Attualmente si trovavano ancora
all’inizio del piano terra;
per trovare Warsman avrebbero dovuto scendere al -2
«c’era mio padre
che diceva “se ti perdi cammina dritto
davanti a te, prima o poi sbucherai in un posto che
conosci”» disse Janice, che
non poté fare a meno di osservare il proprio riflesso su un
vetro «ma mi sa che
in questo caso non vale».
Pantaloni neri.
Maglietta nera.
Passamontagna nero.
Uno zaino con dentro attrezzi da
scasso comprati quel
pomeriggio assieme a Gabrijela, e che non sapeva nemmeno usare.
«quando torniamo in villa
devi dire a tuo marito di far
costruire basi che sembrino più basi e meno il labirinto del
Minotauro!»
«se l’ha fatta
fare così ci dev’essere un motivo, ti pare?
Gaby!...c’è un’altra
planimetria!»
«oh, almeno potremo capire
dove ci troviamo. Allora…per la
sala di controllo dobbiamo progesuire dritte, poi prendere il terzo
corridoio a
sinistra, salire la rampa di scale a destra che porti al primo piano,
poi
tornare indietro ed entrare nella quarta sala a
sinistra…»
«vi chiedevate dove vi
trovate, belle signore? in un mare di
guai!»
Entrambe sobbalzarono con gli occhi
sgranati vedendo una
coppia di soldati avvicinarsi a loro. Erano stati avvertiti che a breve
sarebbe
arrivato Kevin Mask, ma due ladre erano impreviste.
«non osate
avvicinarvi!» li avvisò Gabrijela. Janice aveva
fatto qualche passo indietro finendo ad attaccarsi al muro.
«dai dai…se fate
le brave e venite con noi magari vi
lasciamo andare, dopo» sogghignò uno di essi,
avvicinandosi a loro insieme
all’altro.
Troppo.
«scordatelo»
sibilò Gabrijela.
«andiamo via di
qui…andiamo via, è stata una bruttissima
idea…» mormorò Janice.
«d’accordo, se
non lo fate spontaneamente vi convinceremo
con la forza!»
Gabrijela avrebbe voluto tirare fuori
la pistola dallo zaino
ma non ne aveva il tempo, quello le era quasi addosso, e la prima cosa
che le
venne in mente fu dunque tirare al soldato un micidiale calcio ai
testicoli
tanto forte da farlo piegare in due. «prendi questo, razza di
animal-ah!!!»
«maledetta cagna, adesso ti
sistemo io!» le ringhiò l’altro
soldato sbattendola contro la parete, mentre il suo compagno era ancora
piegato
dal dolore «ti-»
BONK!
Il soldato si afflosciò a
terra con un grugnito.
Janice teneva ancora tra le mani
l’estintore.
«oddio!!!...ho
fatto
svenire un uomo!!!» strillò.
Ma tanto che c’era
colpì alla testa anche il soldato che si
stava rialzando!
«oddio oddio. Oddio
oddio».
«Janice, calmati!...ai
prossimi ci penso io» disse Gabrijela
tirando fuori la pistola «da adesso viaggerò con
questa in mano. E comunque ti
ringrazio…non sei solo una donna da divanetti,
dopotutto!»
“si, ma adesso non vedo
l’ora di tornare a sedermici sopra.
È una follia! Come fa Howie a vivere quasi costantemente
situazioni come
questa?! Io non ce la farei. Eh no!”
«si…ma questa
è la prima ed ultima volta che faccio una cosa
del genere. Sisi! La prima e l’ultima!»
esclamò la donna.
E fu a quel punto che le luci si
spensero, lasciandole al
buio completo per pochi istanti.
«ma che succede?!»
«sembrerebbe un
blackout…ma le luci di emergenza dovrebbero…oh,
appunto» Gabrijela fece un sospiro di sollievo quando queste
si accesero
«ottimo. I generatori dovrebbero tenere in vita solo le cose
essenziali. Il che
non è detto comprenda le telecamere, e se così
fosse potremmo viaggiare più
tranquille».
«forse anche la cella si
è aperta».
«ma forse no. Io direi di
andare al pannello di controllo lo
stesso…spero di non dover usare la pistola…beh,
se non si accorgono di noi
potremmo semplicemente tramortirli con i piedi di porco più
grandi che abbiamo
comprato».
«dovremo ancora picchiare
delle persone?» a parte quando si
arrabbiava col marito e finiva per tirargli qualche libro, la violenza
andava
contro la sua natura sempre e comunque.
«Janice, non so come
dirtelo ma o li picchiamo prima noi o
tenteranno di fare quel che quel soldato ha tentato di fare a
me» si doveva
riconoscere alla signora Lancaster II che aveva i nervi piuttosto
saldi,
considerando che se l’era vista brutta e a momenti non aveva
battuto ciglio.
Probabilmente perché se lo aspettava e basta «ed
anche se in seguito
sicuramente tuo marito agirebbe di conseguenza, avremmo comunque subito
una
violenza. E sarebbe irreparabile».
«è
vero» ammise Janice, seguendo l’altra donna lungo
la
strada che portava alla sala controlli «però sai
una cosa, trovo molto strano
sia che ci sia stato un blackout che il fatto che…insomma, a
parte quei due
soldati i corridoi sono praticamente deserti, e non
c’è nessuno che sembra
adoperarsi per risolvere il problema».
«hai perfettamente ragione,
è alquanto strano. Le cose sono
due, o Howard dovrebbe cambiare il personale di servizio o
c’è qualche altro
motivo per cui la situazione attuale è questa qui. Dal
pannello di controllo
magari capiremo qualcosa in più».
Le due continuarono a procedere
attentamente fino ad arrivare
a destinazione, trovando nella sala controlli soltanto altri due
soldati che giocavano a carte, con
tutti i monitor
spenti, e giusto qualche lucina verde e rossa accesa sulla pulsantiera.
Il motivo era semplice, quella sera
il loro unico compito
era dislocare le immagini dei monitor su un grande schermo televisivo
in uno
degli uffici che Howard aveva nella villa dopo aver spento tutto quel
che era
possibile spegnere fingendo un blackout, nel momento in cui Kevin Mask
-ed
anche l’imprevista Kirika- fossero arrivati davanti alla
prigione di Warsman. E
le uniche telecamere accese erano quelle posizionate lungo le strade
per
arrivare e/o andarsene di lì.
Avrebbero riattivato tutto, o
comunque altri soldati si
sarebbero recati sul posto, solo ed esclusivamente nel momento in cui
avrebbero
ricevuto ordini precisi. Tanto ogni uomo aveva un auricolare…
Le due donne si guardarono. Entrare
nella sala controllo non
sarebbe stato d’aiuto in quel caso, e non capivano il senso
di tutto questo.
Per cui si limitarono ad osservare una planimetria a pochi metri da
quella
stanza per poi dirigersi verso l’ascensore che teoricamente
avrebbe dovuto
portarle al piano -1, da lì percorrere due corridoi,
scendere una rampa di
scale, e trovare un altro ascensore che le avrebbe finalmente portate a
destinazione.
Ma ora vi domanderete:
“cosa si staranno dicendo Kevin Mask,
Warsman, e Kirika che in realtà poco
c’entra…?”
«eccolo è
qui!»
«Warsman!»
«…Kevin…?»
Il russo si aggrappò alla
parete fatta di uno strano
materiale trasparente, simile al vetro ma durissimo, incredulo di quel
che
stava vedendo.
Non poteva credere che il suo pupillo
fosse lì, che fosse
venuto lì per cercare di salvarlo.
E si, aveva parlato, e non sembrava
neppure catatonico.
Prova evidente del fatto che Gabrijela si era sbagliata in pieno a
pensare che
fosse sotto shock, almeno per Howard che stava guardando la scena.
In realtà la
verità stava nel mezzo: appena ripresosi si era
trovato veramente in quello stato. In fin dei conti quel che aveva
subito non
era una cosuccia da nulla: era stato violato più
profondamente di quanto
chiunque gli avesse mai fatto, i suoi ricordi erano stati danneggiati,
e se
fosse stato un uomo meno forte si sarebbe trovato la psiche distrutta.
Ma non era andata così. La
paura, la rabbia ed il dolore
erano rimasti, ma i ricordi stavano tornando a posto, ed era riuscito a
farsi
coraggio sufficiente da superare anche quell’ultimo affronto,
elaborando un
piano azzardato fingendosi catatonico per guadagnare tempo, e cercare
di uscire
di lì prima che decidessero di farlo sparire.
Aveva avuto la forza perfino di
continuare con quella
messinscena davanti al capofamiglia Lancaster venuto ad interrogarlo di
persona, sentendosi diviso tra il sangue che gli ribolliva delle vene
dalla
gran voglia che aveva di piantargli gli artigli nel cranio ed una paura
che
tuttora continuava a provare nei confronti di quell’uomo, se
uomo lo si voleva
chiamare e non “demone infernale”.
«tu eri preoccupato, ma non
mi pare messo tanto male».
Ecco, quella lì non era
prevista nemmeno minimamente. Era
un’amica di Emerald, ma non aveva mai avuto rapporti con
Kevin e tantomeno con
lui stesso, quindi c’era da domandarsi cosa ci facesse
lì.
«mpf…e
sta’zitta!» sbuffò Kevin
«Warsman, stai bene?!»
«si…sono
rinchiuso ma si può dire che stia bene. Kevin, che
ci fai qui?! finirai in un guaio immenso se-»
«o senti» si
intromise Kirika spintonando bruscamente Kevin
più in là « se sai qualcosa di dove
stanno la Lancaster e Connors Due diccela,
che ti tiriamo fuori di qui. Mi pare
semplice, anche per uno che a detta di Hammy non è poi tanto
sveglio».
«quale
parte di “zitta”
non hai capito?!» sbottò
l’inglese.
E quanto a Warsman, aveva appena
capito il motivo per cui
Emerald e quella ragazza sembravano andare d’accordo: erano
due stronze tali e
quali.
Solo che Emerald era più
carina.
Ma per snervante che fosse la cosa al
momento lì per
liberarlo c’erano lei e Kevin; una situazione in cui o si
beve o si affoga, e
lui non aveva la minima intenzione di affogare.
E poi…
«se so dove
sono?» fece una glaciale risatina semi isterica
che fece quasi rabbrividire Kevin «si! Lo so proprio grazie a
quel mostro sbiancato. Ha fatto un
grosso
errore, signori miei, si! Un grosso errore, ad usare il proprio
computer per
entrarmi in testa!» un’altra di quelle risatine da
fare accapponare la pelle «e
soprattutto a non disconnetterlo come avrebbe dovuto! Perché
adesso ogni volta
che lo accende io lo sento! Oh si!
Il
mio cervello riesce a triangolare il segnale di quel computer allo
stesso modo
in cui si può triangolare quello di un cellulare!...e quel
mostro il computer
lo accende spesso, molto spesso. Lo ha acceso anche adesso».
Kevin ci mise qualche istante ad
assorbire le informazioni,
in primis quella che Zachary gli aveva fatto qualcosa di orribile
entrandogli
in testa. Sapeva che Warsman aveva un cervello computer, ma dal suo
punto di
vista restava un -bastardo bugiardo traditore- umano, il che rendeva
assolutamente
barbarico quel che Zeke gli aveva fatto. «ti è
entrato…?»
«liberatemi e vi aiuto a
trovare Emerald. Prima la portiamo
via da Zachary Connors e meglio sarà, non si sa mai quel che
può combinare uno
psicopatico» tagliò corto Warsman
«tiratemi fuori di qui adesso, prima che il
blackout passi!»
«…lasciando
perdere il fatto che tu pur di farti tirare
fuori di qui diresti anche che è venuto giù
Cristo in persona a dirti dove sono»
disse Kirika, ottenendo dal russo un’occhiata assassina.
«non devo stare a
convincere te che è la
verità. Anzi, fai una cosa fatta bene e tornatene in
villa, ragazzina».
Kirika si zittì per pochi
istanti.
«ok, non sappiamo quando
finirà il blackout, quindi tiriamolo
fuori di lì e-»
…e fu in quel momento che
videro arrivare Janice e
Gabrijela.
:: ora ::
«cosa…cosa ci
fate anche voi qui?» allibì Warsman
«è
pericoloso!»
«magari lo è per
le donne da divanetti» ribatté Gabrijela,
scambiando un’occhiata d’intesa con Janice.
Entrambe si erano tolte il
passamontagna nel momento in cui avevano visto i ragazzi.
«ha ragione, questo posto
è pieno di militari, insomma…»
«mi sa che siamo qui per lo
stesso motivo per cui ci siete
voi» disse Janice «ehm…qualcuno sa come
si usano questi?» chiese loro la donna,
aprendo lo zainetto pieno di attrezzi da scasso «li abbiamo
comprati oggi, non
avevamo tempo di fare pratica…»
Oh, se solo avessero potuto vedere le
facce di Connors e
soprattutto di Howard in quel momento, nel vedere Janice -Janice!!!-
con quei vestiti e gli attrezzi da scasso!
Entrambi gli uomini osservavano la
scena quasi attoniti.
«se me l’avessero
detto non ci avrei creduto. Attrezzi da
scasso! Ma come le è venuto in mente di fare una simile
sciocchezza?!»
“anche se vestita da ladra
è sexy”.
«mi sa che
c’entra l’altra signora Lancaster».
«sono della stessa idea. A
questo punto darò l’ordine di
fingere un altro blackout ancora più grave, così
che pensino che la cella si
apra per quel motivo» disse il marchese «purtroppo
non ha detto dove si trovano
Emerald e Zachary di preciso…»
“e a Freddy è
andata bene che siamo arrivati io e i ragazzi,
se mio fratello gli è entrato in testa come ha detto. Avevo
immaginato qualcosa
di simile. Era da un pezzo che Zachary voleva metterci le mani
sopra” pensò
Michael. «aspetta…aprire la cella?»
«ha un chip segnalatore che
peraltro tu stesso gli hai messo
nel corpo. Lo useremo per ritrovare i ragazzi per poi liberarcene in
seguito. E
a questo punto è bene lasciar perdere
l’inseguimento e lasciare che escano
dalla base senza troppi intoppi; bisogna dire ai soldati di passare
loro vicino
facendo finta di non vedere nessuno, così che pensino di
essere bravi a
nascondersi. Janice….! Ma che ti è saltato in
testa? E voglio proprio vedere
cosa si inventerà stasera».
Nel frattempo davanti alla cella di
Warsman c’erano tre
donne ed un ragazzo che tentavano di rompere la serratura con un piede
di
porco.
Il falso blackout che aprì
la cella ci fu pochi istanti
dopo.
«un altro
blackout?!»
«meglio così!
presto, presto!» Gabrijela fece uscire il
prigioniero dalla cella «per di qua!»
Iniziarono a correre lungo il
corridoio.
«adesso che intendete
fare?» chiese loro Janice, mentre
correva.
«andiamo a cercare Emerald.
Warsman sente la posizione del
computer di Zachary, e dunque quella di Zachary stesso».
«per qualunque
necessità economica chiedete a noi».
«vado anche io con
loro!» esclamò Kirika.
«no, tu no!!!»
protestò Warsman.
«e allora dico tutto ad
Howard».
«lascia perdere Warsman,
è una causa persa, e una chojin in
più fa comodo» sospirò Kevin.
Come da ordini, il gruppo
uscì dal campo senza particolari
intoppi. Gabrijela su richiesta di Kevin chiamò un taxi, e
quando arrivarono al
cancello era già lì pronto per portarli ovunque
loro avessero voluto essere
portati.
«bene. Qui ci
salutiamo».
«aspettate.
Io…vi ringrazio» disse il russo con uno sguardo
pieno di gratitudine «tutti quanti. Vi ringrazio per avermi
aiutato e-»
Decisamente non si aspettava il
diretto che gli investì il
volto facendolo sbattere contro il taxi.
«iih!»
«ma cosa-»
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah che
botta!!!»
Warsman si rimise lentamente in
piedi. «K-Kevin…perché?»
L’altro lo
guardò gelido.
«lo sai benissimo il
perché. Era mia, allora».
Warsman capì e
salì in macchina senza replicare. Sarebbe stato
un luuuuuuungo viaggio…
:: dieci
minuti dopo ::
«…ed ecco tutto,
abbiamo finito per rientrare tardi».
«tu e Gabrijela avete
passato una serata molto tranquilla,
insomma».
“Janice, tu e le bugie non
andate proprio d’accordo” pensò
Howard, facendo un sospiro “se anche non sapessi per certo
che non sei stata al
club non ci vorrebbe la scienza per capire che hai fatto
tutt’altro”.
Il che comunque era consolante. Che
sua moglie non fosse in
grado di mentirgli senza farsi scoprire subito.
«eh si si! molto
tranquilla! tranquillissima! Mai avuta
serata più tranquil…si, hai capito,
giusto?»
Howard era nel salottino adiacente la
loro stanza, con la
sua bella vestaglia color crema in mano ed un bicchiere di vino bianco
frizzante. «certamente».
«quindi…vieni a
letto adesso?»
«arrivo tra un
po’. Anyway,
credo proprio di doverti dire una cosa».
«dimmi».
Il marchese bevve un lungo sorso di
vino. «con quei
pantaloni neri attillatissimi eri incredibilmente sexy».
Ed ecco che anche Janice fece la sua
faccia da primo piano
assoluto nel rendersi conto di non averla fatta franca.
«t-tu…tu lo
sapevi».
«ovvio. Cosa credevi? Hai
dimenticato chi sono io? Pessimo
errore, Jannie. Pessimo errore» posò il bicchiere
«ti rendi conto dei rischi
che tu e Gabrijela avete corso?! Vi siete messe in mezzo in qualcosa
che era
stato programmato nei dettagli fin dall’inizio!»
La donna non sapeva dove guardare.
«sei arrabbiato con
me?...»
«si, ma perché
avrebbe potuto succederti qualcosa di male!
Avresti potuto essere…no, non riesco nemmeno a
pensarci» si alzò di scatto, le
si avvicinò e la strinse a sé «Janice,
che ti è saltato in testa?! eh?! Non pensi
a come sarei stato, se ti fosse capitato qualcosa? Non ci hai pensato
nemmeno
per un secondo? Non hai pensato che io non avessi bisogno di stare in
ansia
anche per te, quando lo sono già abbastanza per nostra
figlia?!» si staccò da
lei, guardandola dritta in viso «non farlo mai
più. Mi hai capito? una cosa del
genere…mai più!»
Janice annuì rapidamente,
andando esitante a baciarlo,
sentendosi terribilmente in colpa per averlo fatto preoccupare
così.
L’uomo le
accarezzò piano i capelli. «ho una moglie
criminale».
«come sarebbe?»
«accesso non autorizzato in
un luogo non di tua competenza».
«sono una
criminale?»
«si!» la strinse
a sé di nuovo «riguardo il piano ti
spiegherò i dettagli
dopo, a questo punto…»
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Capitolo 13 *** The Unexpected Guest ***
«Kevin e Kirika sono andati
dove…?!»
«sono partiti. Credo che
abbiano deciso di andare a cercare
Emerald a loro volta» disse tranquillo Mr. Lancaster
sorseggiando del cognac dal
suo bicchiere «non trovo nulla di male in questo, anche se ti
capirei se
pensassi che Kirika poteva quantomeno avvertirvi, Fiona».
Il gruppo di donne chojin rimaste era
andato al gran
completo dal padrone di casa a chiedere se avesse qualche notizia della
loro
amica che sembrava scomparsa all’improvviso dalla notte prima.
«è assurdo,
Kirika e Kevin non hanno mai avuto alcun tipo di
rapporto, che senso ha che siano partiti insieme
all’improvviso?»
«buona domanda, me lo sono
chiesto anche io ieri sera. Vi
vedo dubbiose…non mi credete? Potete chiedere
tranquillamente a mia moglie» disse il marchese vedendo
perplessità con una punta di sospetto sui
volti di alcune ragazze «immagino sappiate tutte che Janice
non è in grado di
mentire».
Nonostante la gentilezza di Howard
nei loro confronti, le
ragazze non avevano ancora dimenticato -né probabilmente
l’avrebbero mai fatto-
quel che era successo tempo prima in mondovisione, anche se aveva
comprato
quell’attico splendido a Shibuya per il gruppo, anche se
ormai era più di un
mese che stava ospitando praticamente l’intera nuova
generazione della Muscle
League senza chiedere niente in cambio a nessuno di loro, anche se era
il padre
della “loro” Hammy; non potevano fare a meno di
chiedersi “e se si fosse
liberato di Kevin perché per qualche motivo gli era
diventato ‘scomodo’, magari
servendosi di una connivente Kirika che conoscendola non avrebbe
esitato troppo
a dargli corda”?
«se glielo chiedete vi
confermerà che al momento Kevin e
Kirika» evitò accuratamente di nominare Warsman,
non si doveva assolutamente
sapere che era stato recuperato, imprigionato e lasciato evadere dopo
avergli
impiantato un chip sottocute come si faceva con i cani «si
trovano su un aereo
diretto, da quel che so, in Italia».
Così Kevin aveva detto a
Janice la sera prima, che era stata
lesta a riferirglielo dopo che lui le aveva spiegato che Warsman era
stato
lasciato evadere perché era in grado di rintracciare Zachary
-e quindi Hammy- e
a loro volta grazie al chip erano in grado di rintracciare lui. A
Kevin, come
le aveva detto di fare Howard, Janice aveva chiesto di chiamarla al
primo
contatto visivo con Emerald e Zeke…così facendo
una volta che Michael da sua
richiesta fosse arrivato laggiù, lui e i soldati di stanza
sul posto -inutile
dire che avesse delle basi in ogni Stato in cui aveva qualche affare in
ballo,
e in Italia di affari (loschi) ne aveva parecchi- li avrebbero presi in
custodia e riportati dove avrebbero sempre dovuto restare:
lì a Londra, nella
sua tenuta.
Quanto a Warsman, tutto sommato aveva
pensato che l’idea
riguardante Nettuno non fosse malvagia. Solo che una volta spedito
lassù Egil
avrebbe dovuto trattenere lui, invece di Kevin Mask.
Era un luogo bucolico ed
apparentemente tranquillo, eppure
quel pianeta era l’ideale per far scomparire qualcuno. I
pochi mezzi di
comunicazione abbastanza avanzati da essere in tempo reale o quasi
erano di
proprietà esclusiva del Governatore e pochi dei suoi
collaboratori più stretti,
il che di solito rendeva difficile per gli esterni venire a sapere cosa
succedeva o non succedeva lassù.
«in Italia?»
allibì Roxanne.
«immagino sappiate che
diversi nostri parenti si trovano lì.
Forse Hammy ha cercato rifugio da loro».
«forse, ma io mi domando
un’altra cosa: Sebastian è tornato
qui. Emerald e Zachary al momento sono insieme…»
si intromise Jacqueline.
«esatto, è
riuscito a sfuggirci portandola via con sé. Ma
d’altra parte Zachary è di famiglia, e
l’unica cosa che non capisco è il motivo
per cui abbia voluto continuare a comportarsi come un
fuggitivo» disse il
marchese.
«…chi manca
però è Warsman. Lui che fine ha fatto? Emerald
era scappata con lui, mi sembra strano che non sappiate niente
di-»
«ammetto di non avere idea
di dove sia, né delle sue
condizioni. Quando Michael ha rintracciato Sebastian e Zachary, Emerald
era già
con quest’ultimo» e almeno questa era la pura
verità «non so che fine possa
aver fatto Warsman, Jacqueline. Magari Zachary l’ha ucciso
per vendicarsi di
ciò che quel robot ha fatto al suo amato cappello».
Falso ma plausibile, per quanto ne
sapevano le ragazze.
«fosse così ad
Hammy non piacerebbe, guai a toccarle
Warsman» commentò Crea «anche se
è comprensibile visto che l’ha salvata da una
violenza».
«già. Lui ha
pagato il suo debito, e mia figlia non è
un’ingrata» concluse Howard «non
c’è nulla di strano. Ad ogni modo, auguriamoci
di riuscire a riportarla finalmente a casa. Nelle sue
condizioni…Hammy è stata
in coma per giorni, non può essersi già ripresa
completamente nonostante la sua
tempra…»
«la capiamo. Siamo in
pensiero anche noi, solo che ecco,
partire così alla cieca…insomma, potrebbe
rivelarsi inutile…ma non significa
che ci preoccupiamo di meno, ecco» disse Fiona.
«non preoccuparti, questo
lo avevo capito, e non siete
tenute a fare niente. Però sarei felice se decideste di
rimanere ancora qui. Il
discorso di circondare Hammy di persone amiche è ancora
valido…sia per voi che
per Mr. Meat che sta ascoltando i nostri discorsi da quando siete
entrate»
aggiunse a sorpresa «dovrebbe stare più attento al
mantello, per un attimo si è
intravisto l’orlo» continuò, mentre Meat
entrava «e per il futuro sappia che
qualsiasi cosa le serva o voglia sapere può chiedermela
tranquillamente senza
bisogno di indiscrezioni di sorta» concluse, con fredda
cortesia. Non gli era
piaciuta l’intrusione di Meat in quel frangente, per il
semplice fatto che da
quel che poteva ricordare nella Muscle League era l’unico con
un cervello degno
di nota. A dirla tutta era considerato un genio. Per di più
era già nel suo
“radar” da quando Emerald gli aveva rivelato che
per bocca sua Meat sapeva
parecchie cose riguardo il patto tra lui e Robin, avendo capito da solo
che
c’era qualcosa che non andava.
«me ne
ricorderò…a patto di venire a sapere le cose come
stanno, se le chiederò direttamente».
Lo sguardo del marchese divenne quasi
felino. Era come se
una pantera osservasse una bella polpettina di carne alta un metro.
«certamente. Quelle che le
competono».
L’atmosfera era cambiata in
pochi istanti, e le chojin
farfugliarono dei saluti prima di andarsene rapidamente. Dubitavano
seriamente
che Howard avrebbe fatto del male fisico a Meat, e possibilmente non
volevano
mettersi in mezzo a qualche magagna che non le riguardava. Erano
ragazze
coraggiose, ma quello era un uomo potente che tra le altre cose aveva
una
specie di esercito.
Meat però era di
tutt’altra pasta…e stranamente sapeva delle
cose che di cui Howard invece non era a conoscenza. Come la faccenda
della
vacanza di Emerald e Warsman, per esempio.
«chiaro. Ma se mi permette
la considerazione questa partenza
di Kevin e Kirika mi sembra strana, così come mi sembra
strano che non abbia
notizie di Warsman».
Howard bevve un altro sorso di
cognac. «strano ma vero,
signor Meat; so molte cose, ma non sono onnisciente. Vuole da
bere?»
«no grazie, sono
astemio».
«non sa cosa si perde!
…concludendo, non ho ulteriori
informazioni a parte quelle che ha già carpito origliando
beatamente la mia
conversazione con le ragazze. Per cui, a meno che non sia lei ad avere
qualche
informazione da darmi…e probabilmente ne
ha…»
Meat sapeva che il suo interlocutore
non possedeva poteri
psichici di sorta, eppure si sentiva come se quegli occhi smeraldini
gli
stessero trapassando il cervello, analizzando, scandagliando, frugando,
in
cerca di-
«disturbo?»
Il momento venne bruscamente
interrotto da un lieve bussare
seguito da una voce femminile a Meat sconosciuta, ma
l’espressione di Howard
cambiò drasticamente quando questi si alzò
smettendo di degnare Meat di ogni
considerazione.
Al piccolo Kinniku venne spontaneo
voltarsi, e non riuscì a
reprimere un brivido. Aveva già visto quella donna dai
capelli neri sfumati di
azzurro al matrimonio di Emerald, e gli era bastato; per bella che
fosse, aveva
sperato di non vederla mai più. Se lo sguardo del marchese a
volte faceva
paura, gli occhi acquamarina di quella donna che arrivava ampiamente al
metro e
novanta di altezza di paura ne facevano sempre e comunque.
«figurati! Sei in perfetto
orario. C’è stato solo un piccolo
contrattempo».
La donna spostò lo sguardo
su Meat e sorrise, facendogli se
possibile ancor più paura.
«ah! Piccolo
davvero».
«possiamo riprendere la
nostra chiacchierata in seguito, Mr.
Meat» concluse Howard congedandolo e congedandosi a sua volta
in compagnia di
quella donna. C’era da chiedersi chi fosse, pensò
Meat. Che Howard Lancaster
avesse un’amante…?
Ipotesi
scandalosa, ma il piccolo kinniku non riusciva a crederci del tutto;
quella lì
non gli sembrava il tipo che avrebbe mai potuto fare la parte
dell’amante. Fu
tentato di seguire entrambi per sentire di cosa avrebbero parlato, ma
l’idea di
ripetere la scena di prima non gli andava affatto a genio, per cui
lasciò
perdere a malincuore.
Howard non gliela raccontava giusta. Per niente. Nessuno gli avrebbe mai
tolto dalla testa che c’erano
delle cose che non andavano. Fare troppe domande però poteva
rivelarsi
pericoloso, ed in quel caso specifico avrebbe potuto anche significare
condannare a morte o ad un perpetuo esilio qualcuno.
Non che Warsman avesse
improvvisamente iniziato a piacergli,
ma doveva riconoscergli sia di essersi comportato in un modo non
esattamente
corretto che di averne passate tante.
Ma tante.
Quindi forse almeno la
pietà di evitargli una cosa del genere
gli era dovuta, si disse, mentre seguendo il baccano si dirigeva verso
il
salotto del quale avevano preso possesso Kid e gli altri ragazzi.
«…ed ecco che le
ho convinte a venire in camera mia!!!»
strillò Kid, che nonostante l’ora era
già brillo. Quel ragazzo aveva messo su
una bella trippa da ubriaco a causa dei troppi alcolici che stava
ingurgitando
nonostante Meat cercasse di fare tutto il possibile per impedirglielo.
«sicuuuuuro, Kid, come se
non sapessimo tutti che Roxanne
lancia il sasso e nasconde la mano e che Jacqueline ha una cotta senza
speranza
per Zachary, andiamo! Non crederei che erano con te ieri notte nemmeno
se
vedessi il video. Come se Jeager mi dicesse che ieri Crea era con lui
invece
che con chissà chi, la stessa identica
cosa…»
Tutto sommato il
“simpaticissimo” Dik Dik se l’era
cercata,
andando a girare il coltello in una piaga che sarebbe stato meglio
lasciar
guarire per fatti suoi, e dunque il pugno in faccia che si prese da
Jeager fu
ampiamente meritato!
«…e comunque
ieri sera era con me eccome! Mettiti in testa
che è la mia ragazza e si comporta come tale!»
«eppure l’altra
sera sembrava provarci con ‘Mate…» gli
fece
notare Terry.
«no che non ci provava,
sono amici, com’è amica con voi! Non
mi risulta che lei abbia fatto niente con nessuno di voi, quindi fate
meglio a
tacere, danke!»
sbottò seccato il
tedesco.
«noi lo diciamo per il tuo
bene…non vorremmo che finissi a
soffrire» disse Wally, sinceramente preoccupato.
«beh, non
c’è bisogno che diciate niente. Anubi Crea ed io
stiamo benissimo. Punto. Invece di pensare alla mia relazione con lei,
siete
pregati di crearvene di vostre! E magari vi riuscirebbe anche, se non
pensaste
a quelle altrui».
I ragazzi si vedevano di continuo, ma
un conto era farlo per
gli allenamenti e per le uscite tra amici, o quando erano andati alla
Scuola di
Ercole, un altro vivere insieme senza avere un qualche scopo preciso.
Infatti
eccetto che quando davano qualche festa -una sera si e una no
più o meno- di
solito ogni conversazione sfociava in qualche litigio.
«calma, ragazzi, calma! Non
è il momento di perdersi in
scaramucce cretine!» si mise in mezzo Meat «avete
idea di quel che è successo?»
«uh?»
«Kirika e Kevin Mask se ne
sono andati!»
No, i ragazzi non avevano mai la
minima idea di quel che
succedeva in casa visto che se ne stavano a farsi i fatti i loro a
spese del
padrone di casa per tutto il tempo. Ovviamente si auguravano che Hammy
tornasse
presto perché le erano affezionati, ma da quando avevano
saputo che lei era
insieme a Zachary ironicamente la loro preoccupazione era rapidamente
scemata,
visto che a tutti loro Zeke risultava simpatico.
«se ne sono andati
insieme???»
«stanno insieme?!»
«no, io ho detto
che-»
«Kirika si è
messa con Kevin! assuuuurdoooooh!!!»
Ed ecco come nascevano i pettegolezzi
infondati.
«non ho mai detto
che stanno insieme, io ho detto che
sono partiti per cercare Emerald!!!»
urlò Meat.
«ah. Ok,
ok…pensavo che ormai Kevin avesse superato quella
fase, lui ed Hammy non stanno più insieme da un
pezzo» commentò Terry.
«ma vi si è imbeautifulito
il cervello?!»
sbottò Meat guardandoli allibito. Stavano a pensare solo ai
possibili
innamoramenti, quelli!
«il cervello ci si
è cosa…?» Checkmate lo
guardò perplesso,
non avendo capito quel che intendeva dire «in un certo senso
li capisco, si
devono essere stufati di stare con le mani in mano, anche se per essere
partiti
così all’improvviso devono aver ricevuto una
soffiata da qualcuno sulla
posizione di Hammy».
«ecco, grazie, perlomeno
qualcuno non ha ancora switchato
ogni sua considerazione in modalità soap opera»
sospirò Meat «è quello che
penso anche io, e secondo me la soffiata gli è giunta da
Warsman, il qual-»
«che c’entra
Warsman? Da Washington è tornato solo
Sebastian» gli fece notare Jeager.
«si, per quel che ne
sappiamo è così, ma chi ci dice che i
Lancaster non abbiano omesso qualcosa? Nello specifico, che anche
Warsman è
stato preso e adesso viene tenuto chissà dove?»
«si, ma metti caso fosse
così, cosa potrebbe saperne lui di
dove sono finiti Emerald e Zachary?»
Meat aprì bocca per
rispondere ma si rese conto di non avere
una spiegazione plausibile, se non che Warsman potesse essere venuto a
conoscenza della destinazione dei due per puro caso.
«…non…lo so»
borbottò
«però riflettici, è assurdo che siano
semplicemente partiti così».
«uuuuh!!! Si!
com’era assurdo che Hammy tre settimane dopo
essere tornata sia andata in ospedale!»
Alcuni si voltarono verso di lui, non
riuscivano a seguirlo
in quei suoi deliri da ubriaco.
«come prego?» gli
chiese Wally perplesso.
«ma siii…era
un’assurdità! Ha la clinica privata di suo
padre a dieci minuti e a fare le analisi è andata in
ospedale» rise come un
cretino «che cosa sce…scema, eh?...e mi ha detto
“ssssh Kiiid che sennò si
preoccupano”…» cadde a terra con il
volto da babbuino rivolto verso il soffitto
«e Kid è stato
zitto!...oh…finora…»
«si vabbè,
lasciamo perdere i deliri cretini» sospirò Jeager
«torniamo a noi Meat. Stavi dicendo che secondo te di questa
storia a noi manca
qualche pezzo».
«ne sono più che
convinto».
“a dirtela tutta Jeager
credo che, al di là di queste ultime
vicende, un pezzo di tutta la storia in generale
manchi a tutti quanti
eccetto che ad Emerald, se solo non avesse l’amnesia. Sempre
che sia ancora in
quelle condizioni, poi”.
«ti avviso, è
forte».
«non sono esattamente una
novellina in fatto di alcolici, e
fino a qualche tempo fa non era una novità che mi trovassi a
bere Jack Daniel’s
ad ore alquanto improbabili della mattina. Che cosa vuoi che siano un
paio di
sorsi di cognac?» e come per dargli la prova tangibile di
quanto aveva appena
detto bevve il succitato “paio di sorsi” con grande
naturalezza «dunque hai
lasciato che scappasse».
«fa il lavoro al posto mio.
Mi porterà da mia figlia. Quel
che conta, alla fine, è soltanto questo»
replicò Howard «ma se non sono
indiscreto…c’era un motivo particolare per il Jack
Daniel’s?»
«più
d’uno, e a dirla tutta considerando il periodo sarei
tentata di ripetere l’esperienza, ma si sa che quando
è al dunque bere non
risolve i problemi».
«se posso aiutarti in
qualche modo…»
Aveva un debito enorme nei confronti
di quella donna per la
medicina che gli aveva passato, quella che aveva tirato fuori Hammy dal
coma,
dunque se lei gli avesse chiesto aiuto non si sarebbe mai tirato
indietro. Ma
lei fece un sorrisino freddo.
«ti ringrazio, ma anche le
mie sono questioni di famiglia.
Di recente il mio potenziale genero è partito per non
tornare più».
«partito o
dipartito?»
«apprezzabile gioco di
parole, ma è semplicemente andato
via. Meg si è stufata di lui, e
così…mi era simpatico, ma d’altra parte
cos’è
che non si fa per i figli?»
«già. Cosa non
si fa? Io ho sempre cercato di assecondare i
desideri della mia, anche quando questi erano a dir poco assurdi. Tipo
quello
di volere che il suo “arcinemico” le vivesse
accanto quando era a Tokyo».
«non è poi
così assurdo. Mio marito aveva un arcinemico, e
non esagero se dico che erano quasi dipendenti l’uno
dall’altro. Se avessero
manifestato interesse per persone del loro stesso sesso avrei potuto
arrivare a
pensare che tra loro ci fosse una strana ed ossessiva forma
d’amore, ma ho
provato sulla mia pelle che sono etero entrambi».
Ed eccone un’altra che
sembrava alludere ad una cosa del
genere, che tra Emerald e Warsman ci fosse un
“qualcosa” che non avrebbe dovuto
esserci. «non è questo il caso».
«Howard, ti dico per
esperienza che spesso i figli finiscono
a scegliersi i partner più improbabili. Nonché
inadatti» la donna bevve un
altro sorso «se lei non vuole che muoia, quantomeno fallo
sparire appena non ti
servirà più. Ti do questo consiglio col cuore in
mano».
«contavo di farlo, anyway…Emerald
è sposata».
«tsk. Se certi problemi si
risolvessero col matrimonio io
sarei a cavallo, ma non è così purtroppo! A volte
serve qualche rimedio più drastico».
Ad Howard non riusciva difficile
capire il punto di vista della
sua socia in affari, ma la volontà di Emerald -che per lui
contava più di ogni
altra cosa- tratteneva e sempre avrebbe trattenuto la sua mano.
«capisco. Ma
non posso. Non intendo andare contro la volontà di
Emerald».
«anche se sta sbagliando su
tutta la linea?»
«non è detto che
questa situazione sia come quella di
qualcuno dei tuoi figli, Regina. Che possa esserci qualcosa di strano
tra Hammy
e quella bestia è una semplice illazione, per non parlare
del fatto che si è
sposata con Michael di sua volontà, e posso assicurarti che
era più che
felice».
«raggiante, direi.
L’ho vista. Ti auguro di avere ragione, o
potresti trovarti ad affrontare situazioni spiacevoli» si
lasciò sfuggire uno
sbuffo mentre con discrezione cambiava l’accavallamento delle
gambe facendo
frusciare il vestito di seta nera lungo al ginocchio «non
immagini quanta
voglia avrei di prendermi una vacanza».
«puoi farlo, i tuoi figli
mi sembrano abbastanza grandi da
decidere da soli. Se poi è una questione di
partner...beh...l’ex ragazzo di mia
figlia a me non piaceva, ma li ho lasciati stare. Emerald purtroppo ha
passato
momenti poco piacevoli, ma le sono serviti per capire da sola che non
era il
caso di proseguire la sua relazione con Kevin Mask. Cerchiamo di
proteggerli in
ogni modo, ma a volte invece bisogna lasciarli sbagliare. Oltretutto
conoscendola come la conosco so per certo che se avessi tentato di
separarli
lei si sarebbe intestardita a stare con lui per forza, ottenendo
l’opposto di
quel che era bene per lei. Io non mi intrometto mai nelle sue scelte,
mi limito
ad assisterla in qualunque modo mi sia possibile; non solo
perché trovo che sia
questo il modo giusto di agire nei suoi confronti, ma anche
perché so che fare
diversamente sarebbe controproducente» disse tranquillamente
«ha scelto
Michael, e l’ha fatto da sola. Meglio di
così!...ed è per questo che trovo
insensata quella teoria, se fosse stata affezionata a lui nello stesso
modo in
cui quella bestia lo è a lei non avrebbe deciso di sposarsi,
ti pare?»
«non so. Se mia figlia ha
lasciato il suo compagno -dal
quale ha avuto una figlia- da un giorno all’altro
perché si era semplicemente
stufata, direi che tutto è possibile».
«ah…è
andata così?»
«si. E tutto sommato
è filato tutto abbastanza liscio, se
paragonato al resto».
Howard stava per chiederle di
più su questo “resto”, quando
entrambi videro avvicinarsi altre due figure, una delle quali era
“ok”…e
l’altra lo era decisamente meno.
«il signor Mask ha molto
insistito per vedervi, Mr.
Lancaster» disse compostamente il maggiordomo, dalla divisa
assurdamente
spiegazzata. Evidentemente l’insistenza di Robin era stata
anche “fisica”,
nonostante Jordan probabilmente gli avesse detto che lui al momento era
impegnato.
«capisco. Grazie Jordan,
puoi ritirarti» disse il marchese,
e lui fece un rapido inchino scomparendo subito alla vista
«Robin, di qualunque
cosa si tratti ti faccio notare che maltrattare il mio maggiordomo non
ti
aiuterà ad ottenere quello che vuoi. Di cosa
si…»
Lo sguardo di Howard cadde su
qualcosa che non avrebbe mai
voluto né pensato di vedere.
«…tratta?»
Regina sollevò un
sopracciglio. «credo proprio che il tuo
amico stia cercando ospitalità».
Mr. Lancaster aveva avuto lo stesso
pensiero, ma non il
coraggio di esprimerlo. «stai scherzando, spero».
Ma Robin non aveva per niente
l’aria di chi scherzava. Anzi,
sembrava fare fin troppo sul serio.
«non scherzo affatto e
credo che tu me lo debba, razza di
iena».
«e perché, di
grazia?»
Regina si limitò ad
assistere in silenzio alla scena,
sorseggiando il cognac.
«perché, primo,
sono dell’idea che tu c’entri eccome con la
distruzione di casa mia…»
«sicuro, perché
io non ho niente di meglio da fare che
distruggere casa tua…»
Ehm. Avrebbe fatto meglio a stare
zitto.
«secondo, quelle tue
stramaledette scimmie hanno invaso quel
poco che era rimasto su, e stanno tuttora facendo disastri immensi in
quel che
rimane della mia villa!!! Quando intendi creare
quell’ambiente tropicale di cui
mi avevi parlato?!»
«ultimamente ho avuto da
fare. Lo sai».
«terzo, tutto questo mi
rende nervoso a tal punto che
finisco a litigare ferocemente con Alya per qualunque cosa!»
Specifico: lui litigava ferocemente,
Alya era quella che
cercava di mantenere il più possibile la calma, e di solito
reagiva con
freddezza ai primi scatti di rabbia del compagno…ma alla
fine, quando è troppo
è troppo.
«mi dispiace per quella
ragazza, ma non mi riguarda» ribatté
Howard.
«ti riguarda eccome,
perché in virtù di tutto questo mi
ospiterai fino a quando l’emergenza scimmie non
sarà risolta» si era deciso a
chiamare un ente appropriato che se ne occupasse spiegando a grandi
linee che
quelle scimmie erano state salvate da un’isola che era
esplosa «e buona parte
della mia villa ricostruita».
Volete la verità?
Era così nervoso che per
non danneggiare ulteriormente la
sua relazione Robin Mask aveva lasciato Alya in una suite superlusso di
un
hotel a cinque stelle, mentre lui era andato in cerca di qualcuno con
cui
litigare e scaricare i nervi. O caricarli ulteriormente per poi
scaricarli
possibilmente a botte.
Solo che anche Howard aveva diverse
cose per la testa, e bisognava
vedere chi sarebbe stato il punching-ball di chi!...detta in breve,
anche in
questo caso quella di Robin non sembrava una grande idea.
«dammi un motivo qualunque
per cui dovrei ospitarti Robin.
Un solo motivo valido per cui dovrei aprirti la porta di casa mia.
Guarda,
davvero, me ne basta uno» disse seccato il marchese
«e tieni in considerazione
che al momento ho già diversi ospiti. Mio cugino
Lionel…»
«Lionel è ancora
qui?...» nonostante lui ed Howard anni
prima avessero battuto Alisa e Robin stesso nella finale del torneo di
tennis
indetto dalla Lega, Robin non era riuscito a trovare Lionel antipatico.
«è quel che ho
appena detto Robbie, sveglia».
Ma a dirla tutta
“Robbie” in quel momento era concentrato su
altro: nello specifico, al modo in cui la donna che era insieme ad
Howard aveva
appena raccolto una goccia di liquore che le era caduta
all’attaccatura del
seno, e l’aveva leccata via dal proprio dito con la punta
della lingua.
Guardando lui. Proprio lui.
Per tuuuuutto il tempo.
«ti chiedo di evitare di
distrarlo, di per sé non è un
genio, e se continui così Mandrillo
Mask
potrebbe cedere ai propri istinti, fidanzato o meno».
«volevo soltanto divertirmi
ad osservare la sua reazione» replicò tranquilla
la donna.
«ancora con Mandrillo Mask?!!
piantala! Te lo dissi anche
ventidue anni fa!» si infuriò Robin.
«non è colpa mia
se dopo aver bevuto un paio di cocktail nel
locale sei uscito per strada ubriaco muovendoti come una scimmia zoppa
e
provando ad attaccare bottone con ogni lucciola presente sul
marciapiede
ED anche con un
barbone che-»
«chiudi
quella
bocca!!! Fu tua la colpa!!!»
«confermo e sottoscrivo:
una delle serate più divertenti di
ventidue anni orsono. Devi sapere, Regina, che l’unico modo
per renderlo
sopportabile è farlo bere come se non ci fosse un domani. Ma
torniamo a noi.
Come stavo dicendo, al momento ospito quindici persone, diciassette
fino a che
ieri notte tuo figlio è andato via insieme ad una ragazza
che-»
«un momento. Quale
ragazza?»
Howard non poté evitare di
sorridere ironicamente. «una
chojin che tu ben conosci: la nostra cara Kirika!»
«stai
scherzando
vero?!!...non è possibile che Kevin sia davvero
così stupido da…ne ha presa
una peggio dell’altr-metti
giù quella
pistola».
«e tu evita di tirare in
ballo mia figlia per qualcosa di
differente dalla proposta di darle una medaglia per essere riuscita
tutto
questo tempo a sopportare un Mask».
«…non stavate
discutendo sulla permanenza o non permanenza
di questo signore qui in villa? Non perdetevi in chiacchiere».
Robin avrebbe voluto risponderle a
tono, ma qualcosa
nell’espressione di quella donna gli suggeriva che non
sarebbe stata una buona
idea. Non se lei arrivava quasi a dare ordini in casa di Howard
Lancaster.
«grazie per averci
ricondotti al discorso originario.
Allora, Robin: un motivo valido per cui dovrei ospitarti».
«te l’ho detto,
perché me
lo devi».
«poco tempo fa ti ho
salvato la vita e non ti ho neppure
fatto finire in prigione, direi che qualunque debito io abbia potuto
contrarre
nei tuoi confronti sia stato ampiamente ripagato. Se proprio non vuoi
stare con
la tua compagna trova un altro albergo, non è poi
così difficile! Non riesco
proprio a capire perché mai dovresti voler venire
qui».
«perché…»
Robin non sapendo a cosa aggrapparsi disse la
prima cosa che gli passava per la testa «perché
dato che sono in questa
situazione per colpa tua non vedo perché io dovrei avere
problemi e tu no».
Una breve risata spezzò il
silenzio che era seguito a quella
frase così infantile.
«Howard, questa si che
è una motivazione sensata, non
pensi?»
«degna dell’uomo
che si è quasi fatto saltare in aria
insieme a me» sospirò il marchese, vedendo Robin
gonfiare il petto come un
gallo cedrone che stava per andare all’attacco «ma
sai cosa, Robbie? Mi casa es tu casa»
recitò con un gesto
teatrale delle braccia «non mi reputo colpevole di quanto ti
sta succedendo»
anche se per buona parte lo era eccome «ma che non si dica in
giro che Howard
H.R.J. Lancaster non è un uomo generoso. Sai come si dice, noblesse oblige, “la
nobiltà comporta obblighi”!»
«non farla tanto lunga, hai
solo fatto quel che dovevi fare»
e guai a dire grazie, nemmeno per sbaglio.
«perfetto. La tua
sistemazione è da quella parte» disse
Howard indicando in direzione delle stalle. Cosa che fece nuovamente
alterare
Robin.
«che cosa?!»
«tu sei credente,
no?»
«e questo che
c’entra?!»
«se hanno fatto dormire la
Sacra Famiglia con un bue ed un
asinello…andiamo Robbie! Stavo solo scherzando»
disse il marchese sentendolo
prendere rumorosamente fiato «troverò pure un loculo in cui farti stare».
«andatevene
al diavolo
tu e i loculi!» ribatté Robin, irritato dal fatto
che Howard lo stesse
sputtanando in quel modo davanti ad una perfetta sconosciuta che
sembrava
alquanto divertita «non-»
«Robin
Mask…?»
Era incredibile come
l’arrivo di Janice riuscisse a portare
un po’di sollievo praticamente a chiunque.
«eh si, Janice. Indovina chi viene a
cena…» Howard diede un’occhiata in
direzione dell’ex amico, ma immediatamente dopo aver notato
la presenza di
Robin sua moglie si era concentrata su qualcun altro.
«ah…Mrs. Van de
Kamp».
«Mrs. Lancaster. Rivederla
è un piacere» replicò l’altra
salutandola con un lieve cenno del capo.
E ad onor del vero bisogna dire che
tale piacere, da parte
di Janice, non era molto ricambiato. Primo, perché
nonostante il suo
allenamento da pettegola incallita non era riuscita a sapere niente di
lei;
secondo, non le piaceva quando donne troppo belle si avvicinavano a suo
marito
nonostante sapesse benissimo che lui non le avrebbe mai mancato di
rispetto
tradendola con un’altra. E un conto era che Howard avesse a
che fare con
ragazze come quella Nefertari, o la ragazza con i dieci anelli sulle
mani -che
proprio perché troppo giovani non avrebbero mai potuto
interessarlo- un altro
invece era che frequentasse delle donne. Anche
sposate come quella.
Eh si…Janice era gelosa
di suo marito.
Molto.
«anche per me»
“guai a te se ci provi con mio marito. Non
azzardarti a sfiorarlo nemmeno per sbaglio. Torna dal tuo! Ne hai
già uno! Vai
via!” «comunque…» solo in quel
momento si rese conto delle valigie di Robin, e
guardò con aria interrogativa sia lui che il marito
«valigie?»
«proprio, Janice. Pare che
Robin si sia ridotto sul lastrico
al punto di dover scegliere tra dormire sotto un ponte, qui, o in un
loculo nel
mausoleo della sua-»
«non
è vero niente»
disse Robin con decisione «suo marito sta solo ripagando un
debito».
«a dire la
verità sei tu che adesso ne hai uno con me».
«idiozie!»
«ehm. E miss
Kalinina?» ovviamente Janice non poteva
rischiare di lasciarsi sfuggire il succoso pettegolezzo di una
possibile rottura
tra i due.
«in un albergo a cinque
stelle a mie spese…c’è un
po’troppa tensione
ultimamente».
«oh! Capisco…no,
Howard, non chiamare nessuno, ci penso io a
trovargli una stanza» disse la donna, facendo cenno a Robin
di seguirla dopo
aver lanciato un’ultima occhiata a Mrs. Van de Kamp.
Era ben strano che Howard avesse
acconsentito a far stare
Robin lì in casa, specialmente in un momento simile. Ma
d’altra parte forse
poteva voler dire che i rapporti tra i due erano migliorati e/o stavano
migliorando davvero, il che era soltanto una cosa positiva; Janice
preferiva di
gran lunga la pace ad una faida familiare.
«spero che non sia niente
di troppo grave».
«mh?»
«la tensione di cui parlava
tra lei e la dottoressa».
Robin avrebbe dovuto aspettarselo, in
fin dei conti sapeva
benissimo com’era fatta Janice; aveva verificato di persona
in molteplici
occasioni che la sua fama era pienamente meritata. «no,
no…niente di grave. C’è
giusto qualche problema nella tenuta che ha un po’avvelenato
l’atmosfera. Si
può dire che le abbia regalato una vacanza» forse
si, considerando che Alya
poteva fare uso ed abuso della SPA nell’hotel termale.
«d’accordo. Ma
magari la dottoressa potrebbe sentire la sua
mancanza ed interrompere la vacanza, spero che l’abbia
informata sulla sua posizione».
«ma certo».
…che no.
Già gli ci era voluto un
po’per spiegarle i motivi di quelle
uscite segrete che tanto l’avevano fatta stare in pensiero, e
sapeva che
nonostante Alya li avesse capiti continuava a ritenerli alquanto
stupidi, figurarsi come avrebbe reagito alla notizia che
era andato ad infilarsi nella tana del re delle scimmie, specialmente
in quel
momento.
«sa una cosa? Sono contenta
che lei ed Howard siate tornati
a frequentarvi».
«non
ci frequentiamo!»
«…le faide
familiari sono una cosa così
spiacevole…mi è sinceramente
dispiaciuto quando vi siete
allontanati» continuò lei, senza badare a quel che
Robin aveva detto «e
sinceramente mi è dispiaciuto anche quando Kevin ed Emerald
si sono lasciati».
“a me per niente, anche se
lei quantomeno era un’umana,
nonché nobile. Mentre quella
lì viene
dal Pianeta dei Demoni, è figlia di un ex nemico della Lega,
e soprattutto io
la detesto”.
«non so molto di questa
storia» borbottò, mentre Janice
apriva la porta di una camera da letto ampia, luminosa e perfettamente
pulita
ed arredata.
«può stare
qui».
«va benissimo,
grazie» disse Robin entrando con le valigie.
Perfino in quella stanza per gli ospiti inutilizzata c’erano
degli splendidi
mobili antichi costosissimi e perfettamente tenuti, tanto per
sputtanare
qualche altra centinaia di migliaia di sterline.
“e i debiti del padre
l’avevano mandato quasi in bancarotta,
a questo qui!” pensò, con una punta di invidia,
perché affari leciti o illeciti
bisognava essere ugualmente in gamba
per
guadagnare così tanti soldi in meno di vent’anni
“sono smeraldi quelli
incastonati nelle decorazioni di quello specchio con cornice
in…platino…”
eppure nonostante i materiali l’oggetto non risultava affatto
pacchiano “tsk!
d’accordo, ho capito, sei ricco, che bisogno
c’è di tutta questa roba?”
«se fosse arrivato ieri
avrebbe incontrato suo figlio, ma…»
«si, è partito,
suo marito mi ha già informato».
«Robin
Mask…?»
Lionel stava camminando lungo il
corridoio, quando aveva
sentito una voce familiare provenire da quella stanza. Solo che
stentava a
credere ai propri occhi, perché Robin Mask lì con
delle valigie risultava
completamente fuori posto.
«Lionel!» nella
voce dell’inglese c’era una punta di calore,
addirittura «lieto di vederti».
«altrettanto,
ma…» guardò Janice con aria
interrogativa.
«sarà nostro
ospite per un po’…fino a quando non
diminuiranno certe tensioni!»
esclamò
la signora, senza scendere nei dettagli.
«ma Howard lo sa?»
«certamente, lo ha chiesto
a lui per primo…»
Lionel rimase in silenzio per qualche
istante, immerso nei
propri pensieri, guardando Robin che iniziava ad inquietarsi per quello
sguardo
fisso.
«dove si trova mio
cugino?»
Janice gli indicò la via
con un cenno. «fuori, in quella
direzione…»
«scusate un
attimo».
E senza lasciare loro alcuna
possibilità di replicare si
dileguò, percorrendo rapidamente il corridoio.
Che Howard avesse accettato in casa
propria la presenza di
Robin Mask non poteva portare a nulla di positivo per
quest’ultimo; Lionel
aveva la pessima sensazione che il cugino, per sfogare un
po’la tensione che
sicuramente doveva provare, lo avesse accolto lì con
l’unico scopo di
combinargliene qualcuna delle sue.
In fin dei conti era lo stesso che
all’età di sei anni si
divertiva a liberare delle rane -o qualche altro animale- in classe due
giorni
si e uno no. Ai tempi lui -Lionel- di anni ne aveva quattordici, quindi
ricordava benissimo che fino agli otto anni suo cugino era stato un
bambino terribile che aveva fatto
dannare quella
che per Lionel era “zia Phoebe”…
«…camera da
letto infestata dagli spiriti!»
…e a quanto sembrava certe
cose non cambiavano mai.
«che
cos’è questa storia?!»
C’era anche quella donna
che non gli piaceva. Di male in
peggio.
«quale storia?...ah,
Regina, ti ho già parlato di mio cugino
Lionel Charles Eirik John Lancaster».
«piacere» disse
-in modo stranamente brusco- Lionel, andando
comunque a stringerle la mano «camera da letto infestata
dagli spiriti!»
«ah-ha. In un libro letto
di recente».
«ossia?»
«“The Unexpected
Guest”».
Voleva dire
“l’ospite inaspettato”, e tra
l’altro era il
nome di un album dei Demon -gruppo che ascoltavano entrambi- ma in quel
caso il
riferimento a Robin era troppo ovvio per essere fraintendibile.
«credo che per me si sia
fatta l’ora di andare via» disse ad
un certo punto la donna alzandosi «la firma è
stata messa, dunque…»
«peccato, di
già?» la salutò con un perfetto
baciamano
«conto che tornerai presto a trovarmi».
«con piacere».
Lionel non sapeva dire
perché, ma per lui l’atmosfera
migliorò nel momento esatto in cui quella donna scomparve
dalla sua vista.
«cosa volevi dirmi,
Lionel?»
«davvero non lo immagini?
Spero che tu non intenda davvero
dare il tomento a-»
«…Mandrillo
Mask…»
«Robin!...
durante
la sua permanenza qui!»
«Lionel, tu cosa credi che
sia venuto a fare lui qui?
L’avessi sentito! “se io ho
problemi non vedo perché tu non dovresti
averne”!...se non altro mi servirà per
divertirmi un po’».
«a sue spese!»
«a dire il vero
è a mie
spese visto che lo sto ospitando gratis».
«sai benissimo che non
volevo dire questo».
Howard riempì di cognac un
bicchiere pulito. «se l’è
cercata, e chi cerca trova. Cognac?...rilassati! Non sarà
niente di
potenzialmente letale. Credo».
«Howard».
«sono ad un passo dal
riportare Emerald a casa. Direi che
sia qualcosa che va festeggiato, e se avesse riavuto quella parte di
ricordi
sono sicuro che apprezzerebbe se facessi qualche piccola marachella a
Robbie».
«senti, se anche Robin Mask
fosse venuto qui con le
intenzioni che dici, non potresti almeno tu comportarti come una
persona matura
invece di organizzare sciocchi teatrini a base di fantasmi e il cielo
soltanto
sa cos’altro?» sospirò il marchese
più vecchio.
«sai Lionel, a dirtela
tutta se volessimo andare fino in
fondo dovresti essere tu ad
ospitare
Robin a Belfast considerando che nell’ultima distruzione
della villa dei Mask
né io né mia figlia c’entriamo
qualcosa» sottinteso: “mentre tuo
figlio c’entra eccome”.
«però sono
convinto che tu c’entri qualcosa con la
penultima».
«hai delle prove a
sostegno?»
Lionel non si fece impressionare.
«hai delle prove che
c’entri Sebastian? Sai che è colpevole, ma non hai
modo di provarlo».
Un breve istante di completo silenzio
intercorse tra i due
cugini che per la prima volta in vita loro erano quasi arrivati ad un
litigio.
«Howard. Non voglio farti
la guerra».
«tantomeno io, e mi scuso
per aver messo in mezzo mio
nipote».
«fa niente. In fin dei
conti non hai tutti i torti, e se io
volessi essere completamente onesto con Robin dovrei confermargli
che…ma
d’altra parte…Sebastian sta già subendo
una punizione esemplare. Credimi, quei
mesi in fattoria per lui saranno molto peggio degli arresti
domiciliari; non è
il tipo di ragazzo che si presta volentieri a lavorare la
terra» commentò
Lionel accettando finalmente il cognac che Howard gli aveva offerto in
precedenza e sedendosi con lui.
«direi proprio di
no».
«tornando al discorso
precedente…»
«no. Evitiamo, è
meglio: piuttosto voglio pensare a quel che
è veramente importante, ossia Emerald» disse
Howard «non vedo l’ora che torni a
casa ed viva la sua nuova vita, che avrebbe dovuto iniziare
già da fine
maggio».
«non mi è chiara
una cosa però. Una volta che questa brutta
storia sarà finita…intendi o meno lasciare andare
quell’uomo?»
Howard avrebbe potuto ribadire
opinioni già procrastinate
fino allo sfinimento su “uomo non uomo, uccidere non
uccidere, esiliare non
esiliare” e quant’altro…
Ma in quell’occasione si
limitò a mantenere un completo
silenzio che per Lionel fu una risposta perfettamente chiara.
::
Italia, Monte del Lago ::
Emerald si era sempre trovata a
proprio agio nell’acqua.
Da che ricordasse non aveva mai avuto
paura di annegare, né
aveva mai avuto problemi con il riuscire a stare a galla. Aveva sempre
amato
farsi sostenere in tutto e per tutto da quella luccicante massa ondosa;
il modo
in cui l’acqua la sosteneva mentre osservava il cielo facendo
“il morto” poteva
essere considerato una metafora del modo in cui suo padre, ma non solo,
l’aveva
sempre sostenuta negli anni. Lui ed altri l’avevano sempre
tenuta a galla,
impedendole di affondare in ogni senso.
In quel caso specifico a sostenerla
molto però era suo
cognato…
«Zachary!!!»
sbottò, asciugandosi il volto dopo essere tornata
“in piedi” «ti pareva il
caso?!»
«pur non avendo mai
comprovato se sia o meno possibile ho
pensato che ti fossi addormentata in acqua!»
…quando non interrompeva
il flusso dei suoi pensieri
schizzandole l’acqua del Trasimeno sul viso.
Erano fermi lì ormai da
qualche giorno, e per quanto Emerald
fosse una ragazza del tutto “mondana” sentiva che
abbandonare quel posto le
sarebbe dispiaciuto. Monte del Lago era un paese di neanche duecento
anime, tanto
tranquillo da potersi considerare una specie di paradiso per gli
scrittori, che
si estendeva da un piccolo promontorio affacciato sulla costa est del
lago fino
a pochi chilometri nell’ambiente circostante; ambiente che
per la gioia di
entrambi i cognatini in quel periodo era tinto tanto del verde smeraldo
delle
placide curve collinari tutto attorno a loro, quanto dell’oro
delle spighe di
grano maturo dei campi presenti nella zona pianeggiante.
Era una cosa che avevano scoperto di
avere in comune: per
assurdo che potesse sembrare, a tutti e due piaceva da morire correre
tra i
campi di grano. Follia pura se si pensava al carattere dei due, eppure
avevano
parcheggiato il pulmino hippy proprio su uno spiazzo erboso collocato
alla fine
di uno di questi campi, quasi sulla riva del lago.
Ma oltre che un piccolo angolo di
paradiso, quel posto era
anche perfetto sul fronte “non dare molto
nell’occhio quando si va a comprare
da mangiare”, nonché come punto di partenza per
raggiungere -con le dovute
modifiche ad un pulmino altrimenti troppo lento- in massimo due o tre
ore Roma,
che era la loro vera destinazione.
Idem per Rimini, o
Firenze. Perugia poi,
si raggiungeva in venti minuti.
«e dillo…volevi
solo darmi noia» non era realmente
arrabbiata, visto il modo in cui sbuffò divertita
«novità? È arrivata
l’auto?»
Qualcosa era cambiato, se si trattava
dei “flashback” di
Emerald e la sua capacità di parlare. I ricordi fino a quel
momento non erano
tornati a frammenti chiari come quando viaggiava con Warsman; piuttosto
si
poteva dire che la ragazza stesse subendo uno stillicidio di memorie.
Minuscoli
frammenti vaghi ed attualmente ancora privi di una reale forma, come un
puzzle
da millecinquecento pezzi appena rovesciato sul tavolo.
Se non altro aveva passato abbastanza
tempo insieme a lui, la chiave, da
sbloccare quella
possibilità.
Aveva iniziato a ricordare qualcosa
del suo ex ragazzo,
Kevin Mask; qualche breve stralcio di conversazioni private avute con
Meat; di
tenere per la gola qualcuno di indefinito -Robin Mask- sospeso sopra un
dirupo…
E c’era anche qualcosa che
riguardava una ferita che avrebbe
dovuto avere ad una coscia, una ferita profonda, della quale
però non c’era
neppure la cicatrice. Questo perché, come quella del colpo
di pistola -si,
anche di quello aveva ricordato qualcosina- se l’era fatta
rimuovere con
specifici interventi estetici molto d’avanguardia.
«arriva domani».
«ok».
Era sempre qualcosa
d’effetto vedere Zachary a petto nudo,
tra l’inaspettato fisico atletico, l’ampio
tatuaggio e le cicatrici causategli
da Warsman tempo prima. La ragazza non ne aveva idea, ma suo cognato ne
aveva
inflitta una ben peggiore al suo Nemico Numero Uno…
«stavi ricordando qualcosa,
Hammy?»
La ragazza fece una breve nuotata
più al largo. «niente di
nuovo. Niente di particolare».
Un’altra cosa che stava
cambiando in lei era il senso di
colpa in crescendo, per le preoccupazioni che stava dando a tutti
quanti. Anche
se in fin dei conti era con Zeke, adesso, non con il vecchio porcello.
E a proposito, era da qualche giorno
che quando pensava a
lui provava una sensazione di malessere che non riusciva ad
identificare. Non capiva
se fosse un malessere come “preoccupazione per
lui”, o un malessere di altro
genere. Forse era un misto di entrambe le cose, ma non capiva
perché tale
sensazione fosse iniziata in concomitanza allo stillicidio di memorie.
In ogni caso di questo non aveva
parlato a Zachary.
«ok. Non stare a pensarci
troppo però, certe cose richiedono
tempo».
«d’accordo».
:: aereo
diretto a
Roma ::
“forse non mi odia del
tutto, ma è chiaro come il sole che
al momento ce l’ha a morte con me”.
Warsman, nei panni di Lord Flash, si
intratteneva guardando
l’incredibile paesaggio esterno. Sembrava di viaggiare in un
mare di panna
montata, era una vista così piena di pace e
tranquillità…specialmente se
confrontata al sua attuale stato emotivo.
Kevin era venuto a sapere del suo
viaggio insieme ad
Emerald, quello che avrebbe dovuto essere segreto ma che ormai invece
era
diventato il segreto di Pulcinella, a quanto sembrava. Ovviamente
c’era da
domandarsi come e da chi lo avesse saputo, Zachary aveva hackerato un
paio di
sistemi ed era un altro discorso, ma Kevin si era rifiutato di fare
nomi.
“sapevi
cosa c’era tra
me e lei, perché cazzo ti sei messo in mezzo, EH?!! Come hai
potuto tradirmi in
questo modo?!!”
La conclusione di un discorso pieno
di accuse,
recriminazioni, mezzi insulti. Un discorso che, nonostante Warsman
sapesse
benissimo di aver commesso parecchi errori in tutta quella vicenda,
alla fine
non era riuscito più a sopportare.
“se
non mi fossi messo
in mezzo e non fossi stato IO ad insistere per tornare a Tokyo, lei non
lo
avrebbe mai fatto! A tutto pensava meno che tornare da te!!!
“certo,
come no, e
allora tu saresti il SANTO che me l’ha generosamente ceduta?!
Ma vai al
diavolo! Sono tutte idiozie, menzogne!”
“e
invece non solo è
la pura verità, ma ho iniziato a pensare di aver fatto male
ad insistere per
ritornare, considerando che tu che ‘l’amavi
taaaaanto’ l’hai spinta tra le
braccia di quel figlio di puttana che l’ha perfino sposata,
complimenti!”
Ne aveva subite di tutte e di
più per qualcosa di cui in
realtà non aveva colpa. E nemmeno Emerald ne aveva
veramente, di colpa, per
quello strano rapporto che si era venuto a creare tra loro. Warsman non
lo
aveva veramente voluto. Chiaro.
Chi
mai vorrebbe affrontare ciò che aveva affrontato lui, o
anche solo rischiare di
finirci in mezzo? Nessuno! Se avesse potuto scegliere si sarebbe legato
a tutt’altro
tipo di persona. Una donna di un’età
più vicina alla sua, di carattere più
mite. Qualcuno di più gestibile insomma, e senza un padre
megalomane che si
metteva in mezzo di continuo con metodi a dir poco discutibili.
Ma, per l’appunto, non era
stato qualcosa in cui lui avesse
avuto una minima possibilità di scelta. Si erano trovati e
basta, volenti o
nolenti, con un legame profondo, di incomprensibile natura, e
difficilissimo da
spezzare.
Anche se ovviamente non trattavasi di
amore.
Non era mica innamorato di lei.
“puttanella
qui,
stronza là, e sei sempre stato il primo a sbavarle dietro,
sottospecie di
bastardo ipocrita, ti sei preso una cotta per una ventenne! Potresti
essere suo
nonno!!!”
“io
non sono
innamorato di lei!”
“si,
e io sono un
rastrello”.
…checché ne
dicesse Kevin, che al momento era tre file più
indietro, intento a giocare a carte e scambiarsi qualche insulto con
Kirika.
No, non avevano preso tre posti
vicini…ma due vicini ed uno
lontano. Era stata Kirika a prendere i biglietti, dopo che Kevin le
aveva detto
rapidamente delle frasi che Warsman non era riuscito a sentire ma delle
quali
aveva intuito il contenuto: “non lo voglio vicino”.
Kevin avrebbe mai smesso di avercela
con lui? Prima o poi
avrebbe capito che se avesse potuto lui, Warsman, si sarebbe volentieri
risparmiato tutto questo?
E non era ancora finita,
perché beh…anche una volta arrivati
in Italia, cosa sarebbe successo se Emerald non avesse collaborato?
O se lo avesse fatto e fosse tornata
a casa, cosa sarebbe
successo dopo?
“la perderò.
Ecco cosa succederà se torna a casa, specie se
lo farà prima di riavere tutti i suoi ricordi”.
E se non avesse voluto più
saperne niente di lui anche con
tutti i ricordi al loro posto?
Aveva sposato Michael, dimostrando
che poteva accettare di
perderlo, di non vederlo più, o vederlo sono una volta al
mille e giusto per
due chiacchiere.
Era ingiusto. Per lei magari era
così, ma lui dopo tutto
questo non avrebbe avuto al suo fianco nemmeno Kevin. E se prima stava
benissimo da solo, adesso gli risultava inaccettabile. Anche una
sofferenza
continua era meglio rispetto al sentirsi freddo e completamente vuoto
dentro; e
se prima quantomeno aveva avuto degli obiettivi da raggiungere che gli
avevano
dato dei motivi per andare avanti…
Che obiettivi gli restavano, adesso?
«mi fa quasi pena quello
lì davanti».
«se lo merita. Sono andato
a salvarlo ma non vuol dire che
io ce l’abbia di meno con lui. Magari non lo voglio morto,
però non lo voglio
nemmeno vicino. Visto che hai avuto la cortesia di lasciarci parlare da
soli
non hai idea di quel che si è azzardato a
dirmi…che Emerald non avrebbe voluto
tornare…» pescò una carta dalle mani di
Kirika, e la scartò accoppiandola con
una di quelle che aveva nelle proprie mani.
«da dove?»
stavolta fu Kirika a pescare, e fare la stessa
cosa. Entrambi avevano rimasto pochissime carte in mano.
«da ovunque siano andati in
quei due mesi e mezzo. Tsk. Dice
che l’ha convinta lui, a tornare da me. Ci mancava solo che
mi chiedesse di
ringraziarlo» borbottò, per poi guardare male la
demonessa dopo aver pescato
dalle sue mani proprio l’asse di bastoni, l’
”uomo nero”. Kevin aveva rimasto
due carte in mano, Kirika una.
«è
un’altra cosa che domanderò ad Emerald appena la
rivedo. Ma
che ha in quella zucca?!...» sbottò, andando a
pescare da Kevin…la carta giusta
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah ti ho fregato per la TERZA volta
Mask! Mi devi due
piatti di pasta alla carbonara».
«fanculo tu
e pure
la carbonara!»
Eh si, nonostante tutto tra i due
improbabili compagni di
viaggio c’era un’atmosfera migliore di quella che
c’era tre file più avanti…
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Capitolo 14 *** Ad ogni principessa il suo castello ***
In tutta quella vicenda Howard
Lancaster non era esente dal
porsi diverse domande. Prima tra tutte, quella che riguardava
l’impressione di
aver preso le decisioni errate rispetto alla situazione in cui si era
venuta a
trovare sua figlia, attualmente ancora dispersa col cognato.
Seduto alla scrivania del proprio
ufficio preferito si passò
una mano sul volto concedendosi, per una volta, di mostrare un segno di
stanchezza.
Che avesse sbagliato, a permettere ai
suoi amici di venire a
farle visita?
Che lui stesso avesse sbagliato a
tenerla a casa? …no. Da
che si era ripresa fino a poco tempo prima di quella fuga avvenuta con
l’aiuto
di quel medicinale, Emerald aveva avuto un effettivo bisogno di
riposare in un
luogo tranquillo e a lei familiare.
Eppure più tempo passava
più il marchese veniva attanagliato
dai dubbi. E se Emerald fosse fuggita inizialmente con Warsman non solo
perché
ne aveva ricordato il nome, ma perché si era sentita
prigioniera in casa
propria, con troppe presenze a raccontarle parti di una storia
eccessivamente
lunga?
…o forse, lasciando stare
le presenze, era stata soltanto la
prima di queste due cose.
“forse il punto non
è la poca vicinanza di persone a lei
care. Forse il problema è il contrario. Che Emerald si sia
trovata attorniata
di troppe persone troppo presto quando invece sarebbe stato meglio, una
volta
ripresa un po’, che stesse da sola con suo marito”.
In luna di miele come avrebbero
dovuto essere. Magari non in
Giamaica, se fosse partita allora sarebbe stato un viaggio faticoso da
sostenere,
ma in un posto più vicino.
“e se l’avessi
assillata troppo? Se fosse scappata non per
ricordare ma semplicemente…da me?”
Era uno dei pochi pensieri capace di
fargli crollare
interiormente il mondo addosso, l’idea di aver fallito come
padre. Di non aver
fatto quel che doveva fare, o non averlo fatto abbastanza.
Ma non era così. Vero,
Hammy si era sentita “prigioniera” in
casa propria, ma non era stata colpa del padre, quanto piuttosto di una
condizione di debolezza fisica che la ragazza non era stata in grado di
accettare, interpretando ogni aiuto che le veniva dato col cuore in
mano
unicamente come un gesto di compassione verso “la povera
malata debole amnesica
muta che da sola non riesce a fare nulla”.
E riguardo quanto era successo nei
mesi precedenti, nei casi
in cui altri avrebbero potuto trovare Howard Lancaster fin troppo
presente in
vite che alla fine non lo riguardavano davvero -Emerald stessa, ma
anche Kevin
e Warsman- occorre ricordare che il novanta per cento delle volte era
stata
Hammy stessa a cercarlo.
Ed aveva approvato entusiasticamente
il restante dieci per
cento.
Era un tormento senza senso, il suo,
ma anche piuttosto
umano.
Non scherzava quando diceva che
Emerald -come anche Janice,
anche se ovviamente in modo diverso- era per lui quanto di
più caro esistesse
al mondo, già solo tenendo in considerazione quanto lui e
Janice avevano
faticato per mettere al mondo un figlio.
La signora Lancaster, forse proprio a
causa della sua
fisicità fin troppo esile
e delicata tra le altre cause, aveva
scoperto di avere diversi problemi a portare avanti una gravidanza.
Emerald non
era stato il frutto del loro primo tentativo: se le cose fossero andate
come
doveva andare, avrebbe avuto altri tre fratelli. O sorelle. I primi due
anni
dopo il matrimonio erano stati piuttosto intensi sotto il punto di
vista
“tentare di dar luce ad un erede”.
Ma purtroppo Janice li aveva persi
tutti quanti, i primi due
entro il primo mese e mezzo della gravidanza, ed il terzo a quattro
mesi ed una
settimana.
L’ultima perdita in
particolare era stata scioccante per
entrambi avendo creduto che forse quella volta sarebbe andata bene
visto che la
gravidanza era arrivata ad uno stadio piuttosto avanzato. Howard
ricordava
ancora il rifiuto di sua moglie di provare nuovamente dopo
quell’episodio -un
rifiuto che era durato circa due anni e mezzo- e di quanto lei stessa
si
sentisse “in colpa” per non riuscire a portare
avanti un processo che avrebbe
dovuto essere naturale. Era un’assurdità completa,
perché in casi simili la
colpa non è imputabile a nessuno, ma era stata dura
farglielo capire.
E poi era nata Emerald, una bambina
sana, bella, e solo
apparentemente gracile. Per lui, per sua moglie, e per il loro
matrimonio in
generale era stata una benedizione. Una specie di angioletto
metaforicamente
caduto dal cielo, che aveva dato un grosso aiuto a Janice nel
sopportare le
conseguenze dell’infezione che, in seguito, l’aveva
resa sterile.
Era anche per questo motivo che per
il marchese la sua
“bambina” era qualcosa di più che
estremamente importante, e che se anche gli
avesse chiesto la Luna lui avrebbe fatto di tutto per
pocur…no, un momento,
quello lo aveva già fatto: aveva comprato il Mare della
Tranquillità e fatto
costruire su di esso un gigantesco resort nel quale portare Emerald
durante le
vacanze estive o natalizie, da quando lei aveva compiuto dieci anni.
«…Howard? Ci
sei?»
Era tanto perso nei propri pensieri
che non aveva neppure
sentito il cugino arrivare. «io…sì.
Stavo solo pensando» si ricompose
rapidamente tornando a mostrarsi per com’era di solito,
mostrando peraltro al
cugino delle fotografie sul proprio portatile «che te ne
pare?»
Lionel osservò perplesso
le immagini. «il castello di
Neuschwanstein in Baviera, lo conosco. Cosa verrebbe a
significare?»
«ci ho pensato sopra. Che
Emerald e Michael vivano qui forse
non è la cosa più giusta. Potrebbe
sentirsi…assillata. Mentre invece magari a
loro due serve un po’più di intimità.
Il fatto che Janice abbia acconsentito a
trasferirsi qui e vivere con me, mia madre, mio padre, ed in seguito
anche con sua
madre non vuol dire che per Emerald debba essere lo
stesso».
I due si scambiarono una lunga
occhiata prima che Lionel si
decidesse a dire qualcosa. Non vedeva Howard così cupo da
quando Emerald era in
coma, e adesso che c’era anche Robin in casa a volte gli era
sembrato fin
troppo “su”, ma sembrava proprio che almeno per
quel giorno non avesse alcuna
voglia di fare altro se non colpevolizzarsi.
«guarda, io dubito
fortemente che sia scappata per colpa
tua. Da quando si è risvegliata tu e suo marito avete agito
nel modo
corretto…almeno con lei» aggiunse, riferendosi al
modo in cui era stato
trattato Warsman «è fuggita perché
vuole ritrovare la memoria, non perché ti
detesta, e nemmeno perché detesta Michael. Vienimi a dire
che tu, alla sua età
e nelle sue condizioni, se avessi trovato un solo filo che ti avesse
collegato
ai ricordi perduti ed avessi pensato che andartene per un
po’era una cosa
giusta da fare, non avresti fatto lo stesso! Non dico che sia stato
saggio.
Dico solo che Emerald, beh…da qualcuno» lo
indicò con un cenno del capo «ha
preso».
L’altro non
ribatté, ma non poteva negare di sentirsi già un
po’meglio.
«…e comunque
devo ancora capire cosa c’entra Neuschwanstein
col tuo discorso».
«c’entra,
c’entra. Magari è come dici tu, ma ciò
non toglie
che forse lei abbia accettato di tornare a vivere qui solo per farmi
contento,
dicendomi di sì quando glielo ho proposto. Voglio solo farle
capire che non
deve stare qui per forza, e che lei e Michael possono anche vivere
altrove, se vogliono.
E qui entra in gioco il castello di Neuschwanstein, che-»
«Howard, il castello di
Neuschwanstein è uno dei simboli
della Germania nel mondo, attira centinaia di migliaia di visitatori
ogni anno,
e tu vorresti comprarlo trasformare una meta turistica simile nella
nuova casa
di Emerald?!»
Era incredibile come la megalomania
praticamente sconfinata
di quell’uomo riuscisse ad influire anche nelle azioni verso
altri e nei
regali. Comprare una casa alla propria figlia era ok. Comprare un castello conosciuto in tutto il
mondo, sarebbe stata l’ennesima dimostrazione di “I can”, anche se magari ad
Howard in quel momento questo non stava
neppure passando per la testa.
«è un
po’piccolo rispetto a qui, ma ad Hammy i luoghi non
troppo grandi non dispiacciono, ha vissuto in quella casetta a Tokyo, e
poi con
Kevin Mask in una che più o meno aveva la stessa grandezza,
per cui sono sicuro
che si adatterà facilmente. E comunque mi era venuta voglia
di comprarlo da
quando, quando era bambina, ha detto che le piace. È
perfetto per una
principessa…»
“…Cristo”
pensò Lionel non riuscendo a trattenere un
sospiro.
«…anche senza
tingere questa parte rosso scuro, questa, la
vedi?...in verde smeraldo. Sono convinto che, nel caso in cui si
scoprisse che
lei preferirebbe vivere altrove invece che qui, quest’idea le
piacerà».
Sì, Howard stava decisamente
meglio se già parlava di
comprare ad Hammy il castello che aveva ispirato i Disney.
«fai un po’come
credi, fin quando quel che fai non uccide
qualcuno non ho nulla da obiettare» sospirò, pur
sapendo che considerando gli
affari in cui era coinvolto suo cugino probabilmente a causa sua
-indirettamente però- c’erano già state
delle vittime. E non sarebbero state
nemmeno le ultime «per assurdo che mi suoni, è
sempre meglio di quando hai comprato
la Luna».
«non tutta la Luna, solo
una parte».
«ah. Scusa».
«era ironico,
Lionel?»
«soltanto un
pochino».
Howard sollevò un
sopracciglio, ma evitò di replicare,
sempre tenendo a mente il fatto che lui e Lionel avessero opinioni
diverse
riguardo i metodi educativi e simili. Sebastian era stato viziato, ma
non fino
a quel punto.
Qualcuno bussò allo
stipite. «è permesso?»
«Michael,
stavo
giusto per mandare a chiamarti e…aspetta. Ci sono delle
novità?»
«lei lo avrebbe-
ehm…l’avresti saputo prima di me, in quel
caso» rispose l’americano trattenendo un sospiro
quasi lugubre.
Guardandoli entrambi, Lionel
pensò a quanto la loro
condizione dovesse essere simile. Solo che Michael non aveva attacchi
di howardite
-sì, arrivati a quel punto secondo lui il termine
“megalomania” non riusciva
più a definire quel tratto in modo pienamente corretto- a
dargli un minimo di
sollievo.
«vero. E ti confermo che da
quando hanno telefonato a Janice
per notificarle l’arrivo a Roma, non c’è
stato altro…anyway» Howard
picchettò lo schermo del portatile «che ne pensi
di questo?»
“credo sia troppo sperare
che il ragazzo possa dissuaderlo”
pensò il marchese più vecchio uscendo dallo
studio con l’ennesimo sospiro.
«è un castello,
no? Si trova in Germania se non sbaglio».
«precisamente
in
Baviera: Schloss Neuschwanstein!»
«eh?»
«Neuschwanstein
è il suo nome».
«sarà pure il
suo nome ma sinceramente non penso che sarei
in grado di pronunciarlo per bene nemmeno provandoci per una settimana.
Però è
un posto non c’è male»
sollevò lo sguardo sul suocero «sarà il
nuovo parco
divertimenti?»
«no. Sarà la
vostra nuova casa. Forse. Tua e di Hammy,
voglio dire».
Prima il fidanzamento con la figlia
di un marchese.
Poi il matrimonio con la suddetta
figlia di marchese.
E adesso anche un castello.
«ehm…non so se
sia adeguato…non per la grandezza o perché
non è abbastanza bello ma perché credo che mi ci
sentirei un po’fuori posto…»
«ancora con questa storia?
Eppure tutti sanno che non c’è
nulla di strano se dei nobili vivono in un castello. Puoi chiedere a
chiunque».
«capisco ma io non sono
granché nobile. E poi…» c’era
qualcos’altro di più importante che gli premeva di
chiedere, sentita una cosa
del genere «ho per caso fatto qualcosa di
sbagliato?»
Temeva che suo suocero volesse
allontanarlo dalla villa per
qualche motivo a lui sconosciuto. Che gli stesse dando la colpa per la
fuga di
Emerald e non volesse trovarselo davanti, che ritenesse che lui avesse
fallito
in qualcosa?
Non lo avrebbe stupito. Riteneva di
aver fallito come marito
esattamente come Howard temeva di aver fallito come padre.
«no, assolutamente.
È che ho pensato che forse Hammy
gradirebbe che tu e lei viveste da soli. Io sono contento di avervi
qui, ma la
sua fuga mi ha dato da pensare. Nel senso che forse ha accettato la mia
proposta solo per farmi contento, e che questa sua azione possa
significare che
invece…»
Howard lasciò cadere la
frase, non c’era bisogno di dire
altro.
«no, io so per certo che
Emerald era contenta all’idea di
vivere qui. Anche se sono convinto che quel castello le piacerebbe un
bel po’!»
sbuffò una mezza risata «in fin dei conti miz
Lancaster è
una principessa».
Non era più una
“miss”, ma quello poco contava.
«sai perché ero
e sono tutt’ora contento del vostro
matrimonio? Perché tu hai capito
veramente tutto della vita. Altro che
“ho fatto qualcosa di sbagliato”!...beh, intanto
quando lei sarà tornata
potreste trascorrere lì la vostra luna di miele. Non
è la Giamaica, lo so, però
è sempre un posto incantevole» commentò
il marchese.
Era comprensibile che buona parte di
lui desse per scontata
l’idea che alla fine Emerald sarebbe tornata a casa e che da
quel momento in
poi sarebbe andato tutto liscio come l’olio. Dopo tutte le
cose che erano
successe, quello era un desiderio naturale. Era a conoscenza del fatto
che c’erano
anche altre variabili di cui tenere conto: la variabile Mask -per
quanto poco
pericolosa- la variabile Zachary -che prolungava la procedura di
ritrovamento-
e poi…la variabile che parte di lui aveva un rigetto a
prendere in
considerazione. Ossia il rapporto di Emerald con Warsman.
«concordo».
«e poi potreste anche
utilizzare quel castello come “base”
per poi spostarvi anche, che so, nel nord Italia, oppure a Vienna. Non
ci vuole
molto, specie se usate l’elicottero. O magari potreste fare
un giro a Monaco,
che è più vicina. Insomma, di giri da fare ce ne
sono».
«su quello non
c’è dubbio…sempre che Hammy, dopo quel
che
sta accadendo adesso, non si stufi di
“girare”».
Howard gli pose una mano
sull’avambraccio. «andrà tutto
bene. Ritroveremo presto Emerald e da lì in poi tutto
sarà come avrebbe dovuto
essere».
«e quell’animale
immondo…»
«su Nettuno, una volta che
tutto sarà finito. Senza alcuna
possibilità di rientrare sulla Terra. E sono
gentile».
«fosse per
me…»
«lo so».
«ma Hammy non
vuole».
«esatto. Continuo a non
capire il vero motivo» o meglio,
continuava a non volerlo capire «ma
possiamo solo regolarci di conseguenza. Pumpinator è stato
-di recente, ma non
diciamolo- registrato come cittadino di Nettuno, e che dire,
lì non importa a
nessuno che fosse un D.m.P. . E per le leggi in vigore, colui che
uccide un
cittadino di Nettuno, sconta la sua pena su Nettuno».
Aveva un che di squallido
approfittarsi così di un’azione
che Warsman aveva compiuto proprio per salvare Emerald, ed entrambi gli
uomini
lo riconoscevano. Così come sapevano benissimo che se anche
al posto di Warsman
ci fossero stati loro, la fine che avrebbero fatto i due sarebbe stata
la
stessa.
Ma avrebbero provveduto a sciogliere
nell’acido entrambi i
cadaveri, non soltanto uno.
E non avrebbero certo fatto assegnare
la cittadinanza di
Nettuno ad uno dei due morti.
«…no, non avevo
nessuna idea del nuovo acquisto» sospirò
Janice «ma immaginavo che prima o poi l’avrebbe
fatto. Ha messo gli occhi su
quel castello già da un bel po’, Lionel, da
quando-»
«sì, da quando
Hammy era bambina».
«e dire che non sa neppure
se e quando Emerald tornerà… né
se -o quando- lo farà sarà ancora
dell’idea di stare con quel bifolco!»
L’impressione che Lionel
aveva avuto di Michael Lancaster
era…come dire? “neutrale oscillante a seconda del
contesto tra l’accettabile e
la mal sopportazione”.
Lo trovava sempre e comunque meglio
di Zachary, che dopo
quella faccenda della seconda battaglia con Warsman -ed Howard non
aveva ancora
detto a Lionel che Zeke era entrato a forza nella testa di quel povero
cristo-
non gli andava proprio a genio.
Ma era invece evidente che a Janice
quell’americano non
piacesse proprio.
«io spero ancora che lei e
Kevin Mask un giorno tornino
insieme. In fin dei conti lui è partito per cercarla, un
interesse deve esserci
ancora, e magari visto questo lei si renderà conto che
è Kevin quello giusto!»
confessò candidamente la donna, seduta in una comoda
poltroncina posizionata su
un largo terrazzo ad osservare il crepuscolo «ha fatto degli
errori, ma…»
«e se invece alla fine di
tutto questo invece Hammy
decidesse a favore di una certa persona che
non è né Kevin Mask né il suo attuale
consorte?»
Calò il silenzio.
«non capisco di chi
parli» disse Janice con voce esile,
stringendosi nell’abito di seta e tulle.
«io invece credo proprio
che tu abbia capito eccome. L’uomo
che tu e Gabrijela avete aiutato, arrivando anche a rischiare molto. Ti
prego
di non fingerti completamente ingenua, so benissimo che non lo sei
».
Non era capitato spesso che i due si
fossero trovati da soli
come in quel frangente, e Janice doveva ancora
“tararsi” per trattare con lui
nel migliore dei modi riguardo certe cose, ma non sembrava molto
semplice.
«io ho aiutato Warsman
perché era giusto, ma non significa
che mi piacerebbe se Emerald avesse con lui uno “strano
rapporto
compagno/compagna”. Non tanto perché è
mezzo robot e mezzo umano, o perché non
ha un viso degno di questa definizione, poverino…o ancora,
perché Howard lo
definisce una bestia che forse, alla fine, non è»
ammise «ma perché sembra
avere una specie di…ossessione…verso Emerald, e
questo non è sano. E poi è vecchio,
Lionel, ha oltre quarant’anni più di
lei. Sarebbe come stare insieme a suo
nonno, immaginala alla mia età a badare ad un
ottantacinquenne! No, su. Forse
essendo un ibrido ha modo di vivere più a lungo, ma sempre
decrepito
rimarrebbe».
«ecco, questo come punto di
vista seppure sempre a sfavore è
già molto più ragionevole di quello di
Howard».
«perché, tu sei
a favore?»
«no. Sinceramente no,
proprio tenendo in considerazione età
e probabilità di generare eventuali eredi. Per non parlare
del fatto che,
secondo Lela, se quel pover’uomo continuerà a
subire un trauma dopo l’altro la
sua povera psiche non tarderà troppo ad andare in frantumi.
C’è da stupirsi che
non sia già successo!...ma sembrano tenere molto al loro
rapporto, lui più di
lei, quindi è una possibilità che va presa
ugualmente in considerazione».
«io però
incrocio le dita e continuo a sperare in lei e
Kevin».
«c’è
un’altra possibilità ancora, che nessuno ha
considerato
e della quale io incrocio le dita
perché non si verifichi: che Hammy
lasci il marito per il cognato!»
Janice assunse un’aria
sorpresa. Vero, nessuno aveva pensato
a quell’alternativa! Emerald e Zachary, i due cognati del
crimine, insieme.
«mi sembra un
po’improbabile…credo che a Zachary non
interessino le donne. O meglio, che non gli interessi avere una
relazione
amorosa e basta…»
Si allarmarono entrambi e Janice
emise un piccolo strillo
quando la tranquillità della serata venne spezzata da Robin
Mask che urlava
mentre Abraxas sembrava divertirsi ad inseguirlo, ma senza sforzarsi
granché.
Era curioso vedere
l’immenso cavallo così vicino alla villa,
ma forse avere una maggior quantità di ospiti in casa -e
quell’ospite in
particolare- aveva cambiato un po’ la sua routine fatta di
mangiate di erba e
corse quasi continue per tutta la tenuta, che offriva terreno in
abbondanza.
Già, Abraxas dal canto suo
sperava che tutta quella
gentaglia se ne andasse presto; in quel periodo aveva tirato
più zoccolate che
in tutta la propria vita, in quanto capitava spesso che i ragazzi
-ubriachi-
della Lega andassero di proposito a cercarlo, perché li
incuriosiva per quanto
li spaventava.
Il biondino con la K sulla fronte poi
aveva anche tentato di
domarlo. Tsk! Abraxas lo aveva fatto sbattere violentemente contro un
tronco
d’albero e poi, tanto per gradire, lo aveva anche calpestato
più volte una
volta svenuto.
E non contento in seguito lo aveva
anche trascinato nel
lago, dove sarebbe affogato se l’altro tizio ubriaco, quello
marrone peloso con
le zanne, non l’avesse tirato fuori.
Non vedeva l’ora di poter
tornare alla sua pace, e alle
lunghe cavalcate con il suo padrone o, saltuariamente, con la
padroncina…o il
ragazzo con i capelli bianchi.
Ma nel frattempo poteva sfogare il
nervosismo inseguendo
quel tonto con la maschera argentata!
«lasciami in pace brutto
mostro, lasciami in pace!!!»
Robin peraltro era
“soltanto” reo di aver fatto una
camminata nella tenuta in cerca di qualcosa di possibilmente pieno di
spine da
infilare nel letto di Howard, avendo cura di non sbagliare lato magari.
Ma poi
aveva incontrato Abraxas, ed era da allora che correva come un
forsennato.
E dire che Robin non era un novellino
a trattare con i
cavalli normali.
Ma quello era il cavallo prediletto
del re delle scimmie,
quindi tanto normale non poteva essere.
«ecco, quella sì
che è una bestia che mi inquieta!»
rabbrividì Janice «a me piacciono i cavalli, ma
Abraxas mi fa paura esattamente
quanta ne fa a Rose» il suo palomino, che come sentiva
l’odore di Abraxas
partiva al galoppo in una direzione diametralmente opposta
«il che è tutto
dire!»
«qui poi io non posso
nemmeno intervenire, a me Abraxas non
dà retta».
«chi è che sta
urlando…? Oh! È Mr. Mask!»
«ciao,
ragazzi…» quella che aveva parlato era Crea, ma
Janice vide che con lei c’era anche buona parte del resto
degli ospiti, eccetto
Terry Kenyon per le ragioni dette sopra «eh si, temo proprio
che Abraxas abbia
deciso di dargli addosso».
«e vai
così cavallooooo!!!» strillò
Kid Muscle,
beccandosi -tanto per cambiare- una botta in testa da diverse persone
contemporaneamente «m-ma che ho detto di male?! Ehi! Robin
Mask ci ha fatti
tribolare un sacco nella Scuola di Ercole, dovreste capirmi tutti
quanti!!!»
«sei il
solito!!!» gli urlò contro Meat
«qualcuno non può
fare qualcosa per fermarlo?»
«Howie potrebbe, ma adesso
è in ufficio e-»
Da un punto non eccessivamente
lontano -ossia la finestra
dell’ufficio- si sentì un “prendilo e
fagli fare un bagno nel lago” rivolto al
cavallo, e detto da una voce inconfondibile.
«…e direi
che abbia tutt’altre intenzioni…»
:: Roma, sera tardi ::
«mi chiedo che ci stia a
fare, dovrebbe servirci come radar
per trovare quei due e invece non ha detto più un cavolo da
stamattina…»
Kevin Mask e Kirika erano nella hall
di un alberghetto della
Città Eterna, avevano finito di cenare circa
un’ora prima, e se non avessero
visto piovigginare probabilmente sarebbero usciti a cercare -con
profitto o
meno visto che Roma non è un paesello di cento anime-
Emerald e Zachary. Quanto
a Lord Flash, aveva cenato ancor prima di loro per poi ritirarsi nella
propria
stanza. I soldi delle signore Lancaster permettevano loro di viaggiare
comodamente e non in clandestinità, se non altro.
«Mask, per Yzgoth e
Ahezeal, piantala! Mi hai scocciata!»
sbottò infine Kirika «ficcati in testa che
può trovare il computer di Zachary
solo se ce l’ha acceso, se non ha detto niente non pensi che
vorrà dire che
Zachary, quindi, non l’ha acceso?! Sveglia!»
batté pure due volte il pugno sulla maschera
dell’inglese «se avesse un’idea di
dove può essere la Lancaster sta’ sicuro che
saremmo già partiti in quarta
peggio di Blade quando c’è da ammazzare
vampiri!»
«…hai visto i
film di Blade?»
«sì, li ho
visti, ma non stavamo parlando di quello. Senti,
quel tizio è di un’antipatia tale che se potessi
starei a schiaffeggiarlo tutto
il giorno, sta sulle palle pure a me nonostante in realtà
non mi abbia fatto
nulla di male, ma al momento ci serve e dobbiamo tenercelo buono o
c’è caso che
se ne vada per cazzi suoi…»
«magari!»
«no, idiota!!! Se lui se ne
va poi come la troviamo, ad
Emerald?!...lascia che te lo dica, sei proprio il degno figlio di tuo
padre, e
non è affatto un complimento».
Quelli erano momenti in cui
rimpiangeva quando era Kevin
Mask il lupo solitario inavvicinabile, ma le cose da dopo Hammy erano
cambiate.
Lui stesso era cambiato. E quindi,
se
proprio doveva scegliere tra la compagnia di Warsman e quella di Kirika
preferiva la seconda opzione. Kirika perlomeno non gli aveva recato i
torti
recatigli dal suo ex allenatore, sui quali non riusciva ancora a
mettere una
pietra sopra, nemmeno dopo averlo fatto evadere. E tutto sommato,
quando non lo
insultava, si era rivelata anche una compagnia più che
accettabile. Avevano
scoperto di avere in comune passioni come i giochi di carte, per
qualche serie
tv come per esempio Dexter, per qualche gruppo musicale. Inoltre
c’era il
percorso alla Scuola, c’erano gli incontri affrontati, gli
avversari battuti.
Ed Emerald, sulla quale si erano
fatti diverse domande a cui
però solo lei stessa, o forse Warsman, avrebbe potuto
rispondere.
Però quando se ne usciva
con queste cose la demonessa lo
faceva veramente imbestialire. E dire che lo sapevano tutti che
detestava
essere paragonato al padre, specialmente dopo aver saputo della
carognata che
Robin aveva fatto a lui e anche ad Alisa! Parlare di certe cose,
specialmente
in quel momento abbastanza teso, era come dare fuoco alle polveri.
«vai al diavolo!!! Non ho
scelto io di nascere da un padre
imbecille e degenere, razza di scema!» ringhiò.
«uh, hai usato
“degenere”, è una parola complicata per
uno
come te» ribatté acida Kirika.
«uno come me, ossia come?
Uno come me che è cresciuto in
mezzo ad una strada, è per caso questo che vuoi dire?! Mi
vedi ignorante così
come mi vedeva la “signora la marchesa”?!! notizia
dell’ultima ora, non siamo
tutti quanti figli di qualche re di un qualche lurido pianeta messo in
qualche
ancor più lurido buco della galassia come te!»
Anche Kirika però
nonostante ciò che poteva sembrare
avvertiva la stessa tensione di Kevin.
E Mask era riuscito a toccare uno dei
pochi argomenti che in
una situazione simile avrebbe potuto farla veramente arrabbiare. Del
passato di
Kevin Mask, per bocca dello stesso ragazzo che non si era mai
risparmiato nello
sputtanare il padre sempre e comunque, rovesciandogli addosso
tonnellate di
rancore velenoso, erano tutti a conoscenza. Chi non lo temeva lo
compiangeva
poverino, bu-uh, è scappato di casa quando era piccino,
bu-uh, ha vissuto per
strada, bu-uh, credeva che mammina fosse morta quando invece era viva e
vegeta
su Nettuno…
Lei invece non aveva ricevuto
comprensione da nessuno. Mai.
Non si era neppure mai lamentata in mondovisione come Mask la prima
volta che
si era fatto vedere in tv con quei due della D.m.P. , era andata per la
sua
strada e basta, ed ora lui veniva a dirle certe cose, senza sapere
minimamente
di cosa andava blaterando?!
«idiota!»
gli
sputò contro, con lo sguardo pieno di rabbia
«tu non hai la minima idea di quel che ho passato
io!!! Credi di essere
tanto duro e tanto tosto perché pensi di aver vissuto
l’inferno da piccolo,
eh?! Nyah-ah-ah-ah-ah-ah! Stupido!» non c’era
traccia di allegria nella sua
risata, e nemmeno del solito sarcasmo. C’era solo una grande
amarezza.
«stupido!...tu non hai la
minima idea di cosa sia l’inferno!
L’inferno è quando ti trovi un padre che quando
sei piccola non ti calcola
minimamente, nemmeno per importi allenamenti come il tuo ha fatto con
te.
L’inferno è quando il suddetto padre è
un alcolizzato di merda che cerca di
prenderti a botte, e nei momenti di sobrietà cerca di
ammazzarsi perché non
sopporta di aver perso uno schifo di incontro. L’inferno
è quando tua madre,
per colpa di tuo padre, ufficialmente sparisce e ti lascia
lì perché non le
importa che tu viva o muoia. Ed è quando tuo padre poi,
mentre tenta di
romperti in testa la bottiglia di liquore appena finita, ti rivela di
averla
fatta ammazzare!»
Perlomeno la madre di Kevin era viva
ed in compagnia di un
uomo che la rendeva felice.
«l’inferno»
continuò «è quando tuo padre ti getta
in una
scuola di lottatori suoi ex avversari mentre tu avresti voluto fare
tutt’altro,
è quando per anni non riesci a farti nemmeno un amico e non
per tua scelta
com’è successo per te, Lone Wolf Mask»
gli piantò un dito nel petto «noooo, ma
perché sei una demone figlia di uno psycho chojin, e non hai
nemmeno un cazzo
di orsetto di peluche con cui parlare perché quella
è “roba da donnicciole”! E
sei una donna!!! E nessuno ha uno straccio di comprensione verso di te
perché
ti hanno insegnato a tenere sempre tutto per te e a non lagnarti!!! Ecco qual è l’inferno, Kevin
Mask!!!»
Lo spinse brutalmente, per poi
correre fuori dall’albergo.
Il ragazzo ebbe la fortuna di cadere sui divanetti, ma rimase
lì sconcertato
giusto per pochi istanti prima di decidere di lanciarsi
all’inseguimento di
Kirika.
La ragazza correva lungo la strada in
pietra, reprimendo
l’immensa voglia di rompere tutto quel che si trovava sulla
sua strada. Correva
per cercare di ritrovare un minimo di controllo, per rimettere da parte
i ricordi
che Kevin con quel che aveva detto aveva riportato a galla, e per
cercare di
combattere la vergogna che le stava arrossando le guance.
Come aveva potuto scoprirsi
così? Come aveva potuto
permettere alla tensione di giocarle un simile tiro, quando alla Scuola
di
Ercole non le era mai successo niente del genere?
Forse era stato perché in
quel caso aveva potuto
concentrarsi su altro: tentare di fuggire, o farli dannare quanto loro
cercavano di far dannare lei…
«Kirika!»
Che cosa?! La stava perfino
inseguendo?! A beh, certo,
probabilmente non voleva perdersi eventuali lacrime. Ma Mask sarebbe
rimasto
deluso. L’ultima volta che aveva pianto risaliva a quando
aveva sei anni.
Quando si ha una vita dura, o ci si indurisce o si finisce per essere
sopraffatti. E lei si era indurita.
Oh, ma perché non la
lasciava in pace?
«Kirika!!!»
La demonessa frenò di
botto la propria corsa. Scappare non
sarebbe servito a niente se non a bagnarsi i vestiti di pioggia, ed era
il caso
di rientrare in albergo perché non potevano sapere quando
Warsman avrebbe
potuto localizzare i due.
Fece un respiro profondo e si
voltò lentamente, venendo
raggiunta da Kevin.
«ehi Mask…vedi
di non prenderti un malanno, perché non starò
a cantarti “soffice Kitty”» disse, con un
evidente riferimento a The Big Bang
Theory «chiaro?»
Il silenzio da parte del ragazzo
riuscì ad allarmarla.
«il gatto ti ha mangiato la
lingua?»
No, si era solamente reso conto di
essere stato un idiota, e
che pur provenendo dal Pianeta dei Demoni Kirika aveva eccome un lato
ben più
che umano. Aveva capito perché sembrava impegnarsi tanto per
risultare una
stronza ai più. Lui aveva fatto lo stesso per un bel
po’di tempo.
Avevano in comune ancora
più cose di quanto Kevin avesse
immaginato.
«ho parlato senza sapere
come stanno davvero le cose e me ne
scuso. Non riesco a togliermi di dosso quest’abitudine di
fare idiozie che mi
ha già fatto perdere troppe cose. Mi dispiace».
«senti, non ho bisogno di
compassione. Dimentica la scena di
prima, non so che cazzo mi è preso» disse lei,
evidentemente desiderosa di
archiviare l’intera questione «rientriamo, ho veramente bisogno di bere
qualcosa» aggiunse, procedendo a grandi
passi verso l’albergo, affiancata da Kevin.
«offro io».
«lascia perdere».
«no. Offro io».
«di’ che offre
Janice Lancaster, è più giusto».
«guarda che
non sono
venuto via completamente senza soldi!»
«bah. Se proprio ci tieni
alla fine fai un po’come ti pare».
L’albergo aveva un bar
interno piuttosto fornito, per cui
circa una mezz’ora dopo i due improbabili compagni di viaggio
-non proprio
alticci, ma comunque piuttosto “allegri”- si
ritrovarono seduti vicini su due
sgabelli, circondandosi a vicenda le spalle con un braccio, a stonare
“Soffice
Kitty”.
«”soft Kitty, Warm Kitty
Little ball of fur!
Happy Kitty, Sleepy Kitty
Purr purr purr!”»
Kevin pensò che davvero,
non stava andando poi così male.
Forse in futuro sarebbero riusciti ad andare d’accordo
davvero, e si ripromise
di rendersi disponibile per parlare qualora la ragazza ne avesse avuto
bisogno.
“non me lo direbbe mai, se
lo avesse” pensò.
Anche quella era una ragazza forte, e
adesso non faticava
più a capire perché era amica di Emerald.
Peraltro, di tutte le chojin del
gruppo, era stata l’unica a partire nel tentativo di fare
qualcosa di concreto
per ritrovarla.
Indubbiamente era da ammirare.
«haaaappy
Kitty,
sleeeepy Kitty, purr purr purr!»
Anche solo per l’aria
noncurante con cui stonava quella
canzone.
«hai già finito
la voce, Kevin?!»
Era la prima volta che lo chiamava
per nome da quando la
conosceva. Forse perché se prima lo trovava sempre un
po’antipatico -e prima
ancora invece lo trovava semplicemente molto
stupido tanto da parteggiare per Michael- adesso non era
più così.
Fu lì che Kevin fece la
seconda immensa idiozia della
serata.
Era un tipo impulsivo, e quando in
seguito si chiese a cosa
avesse pensato in quel momento di accorse di non saper rispondere.
Sta di fatto che
all’improvviso si sollevò la maschera e la
baciò.
«mhf!!!»
Kirika sgranò gli occhi a
quel contatto improvviso, mentre
l’allegria di poco prima veniva sostituita da una gelida
sorpresa ed il cuore
mancava un battito.
Dapprima pensò:
“ma che diavolo…?”
Poi pensò:
“però, non è mica male”.
E dopo ancora alla sorpresa di
aggiunse una specie di
“terrore” inspiegabile, che fece scattare il suo
pugno destro andando a colpire
Kevin dritto in faccia facendolo crollare giù dallo sgabello
e sbattere
malamente la testa -per fortuna protetta dall’elmo- contro il
pavimento.
«m-ma che
diamine-»
«che
ti è saltato in
testa?!!» Kirika si alzò bruscamente
«ma sei cretino?!!»
Al di là di tutto, anche
della sua poca esperienza con gli
uomini, anche Kirika conosceva la legge universale secondo la quale non
era
assolutamente consigliabile farsi mettere le mani -o le labbra- addosso
dall’ex
della propria candidata a pseudo migliore amica, eccetto che nel caso
in cui la
suddetta avesse dato il proprio permesso.
«n-non so cosa-»
«ma tu sei veramente
figlio
di tuo padre!!!»
«basta
voi due!»
Sia Kevin che Kirika si voltarono. A
rovinare ulteriormente
la serata era sopraggiunto Warsman, che forse aveva notizie di Emerald
e
Zachary. E che peraltro si era visto tutta la scena del bacio e del
diretto in
faccia a Kevin, ed era rimasto basito.
Ma come? Kevin gli aveva fatto tante
scenate, tante rotture,
lo aveva perfino picchiato dopo averlo liberato, e poi si sbaciucchiava
un’amica della ragazza per cui il loro rapporto di fiducia si
era rovinato?!
Per carità, meglio
così, era giovane ed aveva tutto il
diritto di rifarsi una vita, ma proprio in
quel momento e
proprio con Kirika…!
Pensava che Kevin conoscesse almeno la regola “giù
le mani dalle amiche delle
ex”, ma a quanto sembrava no.
«tanto per rendere la
serata ancora più gradevole!» sbottò
la ragazza «ci mancava giusto un altro cretino!»
Warsman fu, come spesso accadeva,
fortemente tentato di
infilzarle il cranio. Ma i due avevano già dato abbastanza
spettacolo senza
aggiungere una demonessa allo spiedo.
«fai silenzio, e tu Kevin
rialzati. Stai dando uno
spettacolo indegno!»
Il ragazzo si rialzò
lentamente. «beh. Sempre meno squallido
di un porco che sbava su una ventenne».
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah!»
rise la demonessa dai capelli verdi
prima di ricordarsi che ce l’aveva con lui e tornare a
guardare entrambi in
cagnesco.
Quanto a Warsman, alla voglia di
infilzare qualcuno si era
aggiunta quella di urlare dalla gran rabbia ed esasperazione.
Soprattutto la
seconda.
«a giudicare da quel che ho
appena visto succedere ti
consiglio di smetterla di provocarmi, perché la faccenda sta
diventando
ridicola».
Nessuno dei due fiatò
più.
“maledizione, ci ha
visti!” pensò Kevin.
«ho avvertito il segnale
del computer di quel mostro. Sono
qui, nel raggio di circa quattrocento metri; se vogliamo cercare di
prenderli,
il momento è questo».
Nonostante la pioggia che stava
diventando sempre più fitta
e minacciava l’arrivo di un vero temporale, Zeke ed Hammy non
avevano resistito
al fascino di una passeggiata lungo una via che dava sul Tevere,
illuminata da
pali dalla luce aranciata, lasciando il portatile di Zachary al sicuro
dentro
Chaos Star II.
Ad entrambi piaceva moltissimo quella
città. Roma, Città
Eterna. Roma, Caput Mundi, nella quale
c’erano già gli acquedotti quando
ancora i barbari del nord Europa vivevano in capanne di fango.
Trovavano che
anche l’albergo in cui soggiornavano, un tre stelle ad un
paio di isolati da
lì, non fosse affatto male. Certo, Hammy era abituata ad
altro, ma era sempre
meglio del motel in cui era stata con Warsman…e nemmeno a
dirlo, si era fregata
subito la penna che aveva trovato nel cassetto della scrivania,
mettendosela in
tasca. Tendeva generalmente a farlo per portarsele dietro come souvenir
un
po’illecito.
«mi sa che mi
dispiacerà lasciare anche questo posto, Zeke».
Le frasi che riusciva a pronunciare
si erano allungate
ancora un po’.
«dispiacerà
anche a me. Dove li ritrovo i saltimbocca? E gli
spaghetti aglio e olio? E la carbonara?...fermami o non finisco
più. Avrò messo
su tre chili, da quando siamo arrivati qui! A momenti i pantaloni da
hippy mi
vanno stretti in vita!» non era vero, mancava ancora un bel
po’perché potessero
andargli veramente stretti, ma non sbagliava quando diceva di aver
messo su
circa tre chili. Per un americano abituato a mangiare porcherie di ogni
genere
-eccetto che quando cucinava sua madre, perché i piatti
tipici argentini erano
già meglio- l’Italia era un paradiso gastronomico.
«pff. Ma dai».
«non siamo tutti come te,
cognatina, che mangi, mangi ma non
metti su un grammo» replicò l’altro,
cedendole l’ombrello «tienimi questo».
«che vuoi fare?
Zachary!»
«I’m
siiiiiiiiiiiiiiiiiiiingin’ in the raaain, just
siiiiiingin’in the rain!!!» canto,
attaccandosi ad un palo mimando la celebre scena «
I’m
siiiiiiiiiiiiiiiiiiiingin’ in the
raaain…»
«guarda che la canzone non
fa solo così!»
«eh sì, ma io so
solo questa parte! non è che c’è il
resto
nel tuo archivio?»
«quale archivio?»
«la memoria!...hai ancora
la memoria eidetica, vero?»
«sì…a
parte che quei due anni e mezzo ricordo tutto. Anyway,
non ho mai letto il testo di questa canzone».
«oh. Peccato».
Lo sguardo di Hammy cadde sul fiume.
Tevere…Tevere. Il rumore
dell’acqua che scorreva sembrava
come volerle dire qualcosa, ma non aveva proprio idea di cosa potesse
essere.
Che c’entrasse col suo precedente viaggio in quella
città?
«Emerald?...Hammy?»
…che c’entrasse
con il porcello? Chissà come stava. Chissà
dov’era.
Ma poi, perché avrebbe
dovuto interessarle?
Occhieggiò la panchina
all’altro lato della strada, avrebbe
avuto una voglia matta di sedersi a pensare, ma si sarebbe bagnata
completamente e non era il caso...
Fu il rombo di un tuono a riscuoterla
dai suoi pensieri,
facendola trasalire e diventare particolarmente pallida, mentre si
tormentava
le treccine hippy multicolor. Un conto era affrontarli quando era in
casa, un
conto farlo quando era fuori, e dei tuoni sentiti da dentro casa aveva
meno paura
da quando…
Da quando?!
Perché non riusciva a
ricordare?!
La sensazione che ci fosse qualcosa
sotto si acuì nel
momento in cui l’albino -che ancora non sembrava affatto
albino per via della
tinta- si riappropriò dell’ombrello avvicinandola
a sé.
«mi sembrava di ricordare
che mi avessi detto qualcosa a
proposito di una sorta di brontofobia. Ma posso assicurarti che, pure
se a
volte possono risultare fastidiosi, da qualsiasi punto di vista
-incluso quello
scientifico- i tuoni sono completamente innocui. In
pratica…non ti fanno
niente, Emerald».
“i tuoni non ti
fanno niente, Emerald…”
Era uno scherzaccio del suo cervello
sentire l’eco della
fase di Zachary pronunciata, invece, da Nikolai?
No …
“a me non
piacciono lo stesso, ok?”
“eppure come DJ
dovresti essere abituata al rumore”.
No, non era uno scherzo del suo
cervello, era qualcos’altro,
era-
«attenta!»
Emerald si sentì spingere
bruscamente di lato rischiando
quasi di cadere a terra come l’ombrello, mentre Zachary pur
essendo riuscito ad
evitare il peggio aveva comunque rimediato una brutta ferita al fianco
da
Warsman, i cui artigli erano ora ricoperti dal sangue che gocciolava a
terra,
mischiandosi con la pioggia.
«tu…non
vedrai l’alba di domani!!!»
«Emerald!»
«Warsman!»
Nella confusione la ragazza si
voltò, quelle voci erano
familiari…Kirika, che aveva chiamato lei, e Kevin, che stava
cercando di
raggiungere Warsman per impedirgli di commettere un omicidio.
Era andato tutto abbastanza bene fino
a quel momento, li
avevano visti -ed erano stati indecisi se ridere o piangere per
com’erano
vestiti- e stavano discutendo su come avvicinarli, ma poi
c’era stato quel
tuono, Zachary aveva stretto Emerald a sé…e per
qualche motivo ignoto a Kevin,
il russo non ci aveva più visto ed era partito in quarta ad
artigli sguainati
con tutto l’intento -comprensibile, se lo avesse fatto per
quel che era
successo a Washington- di far fuori Zeke una volta per tutte.
Il fatto era che quel tuono non aveva
riportato a galla dei
ricordi solo in Emerald, ma anche in Lord Flash. Ricordi di quando
avevano
vissuto appieno il loro strano rapporto. E vederla riviverli, anche se
un
po’diversamente, con Zachary Connors lo aveva fatto veramente
infuriare. Non
con lei, ovviamente. Ma più che altro con Zeke e con la vita
stessa.
«Warsman, non fare idioz-Warsman!»
Inutile dire che Zachary avsse
reagito più velocemente che
poteva, tirando fuori due coltelli ed usandoli per colpire il russo da
vicino.
Warsman evitò solo per un soffio di farsi tagliare
l’arteria femorale ed
infilzare profondamente in pieno stomaco, ma rimediò
ugualmente delle brutte
ferite ad una coscia e al ventre.
«va’ a vedere che
nel processo ti ho inserito per errore un
comando che ti fa diventare ancor più pazzo di quanto tu
già sia ogni volta che
mi vedi!» Zeke evitò un’artigliata e
decise di allontanarsi, tentando di
ignorare la ferita pulsante al fianco «potrebbe anche essere
una cosa carina!»
Il russo non rispose.
Il sorriso malefico parlava per lui,
e non faticò troppo a
respingere Kevin che cercava di bloccarlo.
La pioggia aumentava, così
come la vicinanza dei tuoni, ed
in tutto ciò Emerald si sentiva sempre
più…sopraffatta.
Il rumore, l’odore e la
vista del sangue, Nikolai lì,
Zachary ferito, la pioggia…il fiume. Ancora lui. Se prima
aveva la sensazione
che volesse dirle qualcosa, adesso era diventato un urlo di cui
riusciva a
comprendere poco il senso.
«Lancaster, devi spiegarmi
diverse cose…!»
Registrò la presenza di
Kirika, che non avendo voglia di
mettersi in mezzo alla battaglia per raccogliere l’ombrello
la stava coprendo
con la propria giacca.
Chiuse gli occhi con un lamento, si
sentiva la testa
scoppiare.
Kirika…
“liquore del
pianeta dei demoni, bevine giusto un paio di
sorsi che è roba forte. Ti dirò, se non ti
buttano fuori sono contenta di
essere capitata con te; sei una di quelle che della vita ha capito
tutto!”
“altrettanto”.
“non una parola su
questi viveri segreti o sei morta”.
“ti rivelo un
segreto, quelle tre valige sono così grosse
perché hanno degli scomparti segreti non rilevabili da
alcuna scansione fatte
apposta per portarsi dietro cose che non ci si potrebbe portar dietro,
e dentro
ho una grossa scorta di alcolici. Adesso siamo pari”.
“avevo ragione: tu
della vita hai capito veramente
tutto”.
«tu…morirai…OGGI!!!»
I tentativi di Kevin di fermare il
suo allenatore erano
stati inutili, e adesso Warsman stava correndo in posizione
d’attacco verso
Zachary.
Posizione
d’attacco…braccia alte, ventre e petto che erano
un invito per un lanciatore di coltelli che si preparò a
fare la sua mossa…
Emerald avrebbe capito. O lui, o quel
robot. E se proprio
doveva scegliere, beh, Zachary Connors ovviamente preferiva salvare se
stesso
in quanto essere ben più degno di nota.
Ma Warsman era troppo accecato
dall’odio per capire di star
commettendo un errore madornale, Kevin dalla sua posizione non riusciva
a
vedere bene quel che stava facendo Zeke per avvertirlo.
Ma Kirika sì.
«atten-»
Non fece in tempo, Zachary
lanciò entrambi i coltelli con
tutta la forza che aveva in corpo, dritti contro un bersaglio che
sicuramente
non avrebbero mancato se…
Ci fu un rumore assurdo, ed una
panchina, quella che Hammy
aveva visto prima, volò contro il russo ad una
velocità tale che l’impatto lo
fece finire nel Tevere.
Con la suddetta panchina addosso.
«VIA! Andiamo
via!!!»
A gridare era stata Emerald, in tutto
ciò Kirika non si era
nemmeno accorta che aveva smesso di lamentarsi ad occhi chiusi
sgusciando via
da sotto la sua giacca. La londinese corse verso Zachary, lo
afferrò e lo
trascinò via a forza -col braccio che aveva usato per
sradicare e lanciare la
panchina- defilandosi in un vicolo.
Ma non prima di aver lanciato a
Kirika un’occhiata che le
rimase impressa, perché era da diverso tempo che non le
vedeva quello sguardo
negli occhi. C’era qualcosa di diverso, ma non avrebbe saputo
descriverlo, e…
«Kirika, aiutami a tirarlo
fuori dal fiume!!!...Emerald ha
fatto un bel cavolo di lavoro…!» sbottò
Kevin.
“ma sono la sola a pensare
che gli abbia salvato la vita?”
si domandò Kirika, rimettendosi la giacca.
E nelle tasche trovò
qualcosa.
Una penna che prima non
c’era…
Sono riuscita ad aggiornare!!! E con un capitolo dalla lunghezza
decente!
Lettori: sì, peccato che il 90% sia fuffa!!!
...scusate. Lo so che di Neuschwanstein e di Howard che compra
Neuschwanstein e di Kevin e Kirika non frega nulla a nessuno, MA
è un inizio di ripresa!
A proposito di Neuschwanstein, eccolo qui.
Dai, fa un sacco principessa!
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Capitolo 15 *** Tradimento! ***
«mi chiedo come ci abbiano
trovati. Non può essere un caso.
Che siano venuti a conoscenza dell’itinerario, quello vecchio
almeno, ed
abbiano avuto il colpo di fortuna di venire proprio qui è
qualcosa a cui non
credo. Forse è a causa dei cellulari…ma mi sembra
strano, sono sim prepagate e
mio fratello non è a conoscenza dei dati che riguardano le
mie identità
fasulle».
«per fortuna che mentre
ipotizzi stai fermo. Dovremmo essere
al pronto soccorso…»
Una cosa Emerald la doveva ammettere:
quel ragazzo sembrava
avere una soglia di dolore piuttosto alta, considerando che se ne stava
lì ferito
e disteso sul letto a fare ipotesi su come potessero averli trovati.
Stando bene attento a non tirare
fuori l’argomento
Washington, perché per quanto ne sapeva Hammy lui
l’aveva trovata svenuta
davanti ad un motel, dopo che Warsman aveva avuto un incidente in moto.
Non era
a conoscenza né del danneggiamento che Zeke aveva tentato di
provocare al suo
NN1, né del fatto che era stato catturato e portato a Londra.
«no, macché.
Disinfettante, punti ed un paio di fasciature
basteranno, e se fosse per me saremmo già in macchina.
È rischioso rimanere qui
a Roma. Diciamo che a questo punto è rischioso rimanere in
Italia e basta.
Potrebbero farci saltare tutto il tour. Il distributore automatico con
gli
artigli magari può avere solo l’obiettivo di
ritrovarti e tentare di tenerti
con sé, ma Kirika e il tuo ex vorranno riportarti a
casa…»
«e per quanto mi dispiaccia
l’idea di far preoccupare papà e
Mikey, al momento tornare a casa non è nelle mie
intenzioni» Emerald iniziò a suturare
la ferita «rivoglio i miei ricordi, e questa sembra essere la
buona strada. Adesso
rimani immobile» gli ordinò
«…e comunque mi chiedo: se abbiamo lasciato
Warsman
in America, com’è possibile che ora ce lo
ritroviamo qui e pure in compagnia? A
meno che dopo quell’incidente che mi hai detto che ha avuto
non sia finito in
ospedale e la notizia sia arrivata in qualche modo a Michael, che era a
casa
vostra…»
«…e che
può averlo portato a Londra per fargli qualche
domanda…» l’albino si trattenne
dall’emettere un sibilo di dolore. Erano i
serpenti a sibilare, non gli esseri umani.
Già, da
quant’era che non uccideva un serpente? Una vita! Troppo
per i suoi gusti.
«ma se è
così mi chiedo come sia riuscito ad andarsene»
commentò Emerald «certo…a meno che non
se ne sia andato “autorizzato”. Tra
tutti e tre non avevano l’aria di girare in
clandestinità come noialtri».
«sei migliorata nuovamente
col parlare, cognatina, ne sono
contento. Per caso hai ricordato dell’altro?»
Emerald cucì un altro paio
di punti prima di rispondere.
«no» disse «niente di rilevante, a parte
un vecchio episodio in cui Warsman mi
prendeva in giro per la mia pura dei tuoni» aggiunse in
seguito «un’idiozia, in
pratica».
«qui a Roma?»
Hammy finì di cucire la
prima ferita. Il brutto era che ce
n’erano altre due. «non sono sicura di essere stata
a Roma con lui, al di là di
quello che mi raccontava. Probabilmente è successo quando
vivevo con Kevin. I
miei ricordi, a parte questo episodio, sono quelli di
mezz’ora fa. Quindi non
so dirti altro».
«ti ricordi di aver vissuto
con Kevin?»
Emerald sollevò gli occhi
smeraldini così da incontrare lo
sguardo del cognato, che senza lenti a contatto faceva sempre un certo
effetto
quando cercava di inquisire in quel modo.
«tutta quella gente che
è venuta a trovarmi mi ha raccontato
questo ed altro. Non ricordo quei fatti, ma i loro racconti
sì, parola per
parola».
«chiaro. Memoria
eidetica».
«già».
Sì, Zachary inquisiva.
Perché al di là di tutto, le azioni
di Emerald lungo il fiume avevano un “qualcosa” che
non gli tornava. Aveva
voluto salvare Warsman, e quello ci stava…ma il
modo…
Fino a quel momento, pur sapendo di
avere un braccio
potenziato, aveva sempre lasciato fare a lui nei momenti in cui aveva
avuto
bisogno di protezione. Gli aveva lasciato pigramente le redini di tutta
l’operazione, lei si sentiva “malata” e
si comportava come tale, lasciando che
ad occuparsi di tutto fosse lui.
Invece in quel caso prima
l’aveva vista come
“sopraffatta”…ed un istante dopo al
contrario eccola sgusciare dalla presa di Kirika,
lanciare una panchina contro il russo consapevole che lo avrebbe fatto
finire
nel fiume e salvandogli la pelle, e da ultimo trascinarlo via con un
piglio
risoluto, invece che spaventato da tutta la battaglia.
Così come con la stessa
risolutezza era riuscita ad imporgli
di rimanere in albergo almeno per quella notte dopo aver curato
“fai-da-te” le
ferite, anche se non era riuscita a convincerlo ad andare al pronto
soccorso.
«torniamo a noi,
Emerald…non hai torto, forse è stata
davvero una fuga autorizzata. Li hanno mandati qui a
prenderci… ma non lo
avrebbero fatto se non avessero avuto la certezza che, primo, ci
avrebbero
effettivamente trovati e, secondo, di essere in grado a loro volta di
ritrovarli. O almeno, ritrovare il robot. Detta in breve e in un modo
che
dovrebbe esserti chiaro, cognatina, credo che lo stiano usando come un
cane da
caccia provvisto di chip».
E non aveva affatto torto.
«non è
né un robot né un cane da caccia, ma non mi sento
nemmeno di darti torto. Solo, due cose: quale traccia sta seguendo? E
soprattutto, mi spieghi perché ha tentato di ucciderti? Non
mi risulta che tu
gli abbia fatto niente».
Già, perché si
era persa sia quel che era successo al
matrimonio che tutto il resto, ossia la battaglia tra il russo, Zeke e
Sebastian…e soprattutto non sapeva di Washington, appunto.
«e che ne so? ma ricordi il
discorso che facemmo la sera in
cui abbiamo finito per dare fuoco a quel locale…»
«ho ricordato diversi
nostri trascorsi in America, ma non
proprio tutto, e questa parte mi sfugge» e anche la seconda
ferita era stata
suturata.
«ti dissi che ha il
cervello di un robot. Per cui, un uno al
posto sbagliato…»
«e io dubito fortemente che
c’entrino gli uno e gli zeri!»
Quello di Hammy sembrava quasi un
tono accusatore. Che
avesse iniziato improvvisamente a ritenerlo un possibile responsabile
di…qualcosa?
«perché? Una
macchina può guastarsi. E sai, non penso che a
Londra abbia passato un bel quarto d’ora» fece
schioccare la lingua contro il
palato «per niente. Magari Lentiggine gli ha dato troppe
botte in testa, non è
tanto improbabile».
«eppure sanno che io non
voglio che lo si tocchi!»
«immaginavo che fosse
quello il motivo per cui gli hai
tirato la panchina. Perché gli vuoi tanto bene».
Probabilmente quella avrebbe voluto
essere ironia, ma
Zachary non possedeva né un’espressione
né un tono ironico da utilizzare.
«macché. Solo,
non voglio che muoia...e tu prima hai cercato
di ucciderlo!»
«mentre invece lui voleva
solo mostrarmi come funzionano gli
artigli, e le ferite che stai curando sono puramente
accidentali…»
Altra “ironia”.
Emerald si passò la mano
sul volto, facendo un lungo
sospiro. «va’ a capire che gli è
preso».
In effetti la reazione di Warsman era
stata…bestiale.
Nemmeno con Michael che l’aveva torturato per un periodo di
tempo piuttosto
lungo aveva mai agito in quel modo, attaccando a testa bassa senza
stare a
pensarci minimamente su. Forse era successo perché Zachary
si era mosso
diversamente dal fratello, violando la dignità e
l’ “essere” di quel pover’uomo
in modo molto più profondo di quanto fosse possibile fare a
livello fisico.
E forse era anche un segno che dopo
tutto quel che gli era
successo il russo cominciava a non poterne veramente più. Un
primo segno di
cedimento dopo tutti i “colpi” subiti. Era un
chojin, ed era un uomo
caratterialmente molto forte, ma anche lui aveva un limite a quanto
poteva
sopportare.
E tutto per una donna, poi.
Perché se avesse colto
l’occasione e si fosse allontanato da Emerald dopo le finali,
tutto quel che
era capitato dopo non sarebbe successo.
«ingranaggio
inceppato».
«Zeke. Su»
finì di disinfettare e ricucire anche l’ultima
ferita «…lo sai che a volte un po’mi
inquieti?»
«perché?»
«ti ho ricucito e non ti
sei mai lagnato».
«sì beh, il mio
cervello era occupato con altro che non
fosse il dolore. Alternativa: che ci abbiano trovati a causa del
portatile
vecchio?» quello con cui, per inciso, aveva hackerato il
conto in banca del
fratello «no, non ne vedo il senso, gli ho anche tolto la
batteria da un pezzo.
E se così fosse, perché mandare
l’adorabile» ….e non era ironico
stavolta…«Kirika
e gli altri due? Lentiggine e tuo padre sarebbero venuti qui di
persona».
«e col portatile nuovo che
hai fatto invece?»
“tutta questa cosa
con Hammy ti ha esposto a molti
rischi. Stai facendo molte cose per lei, ti stai dannando
per lei. Non
sarebbe meglio che le stessi lontano, lattina? Che tu te la…dimenticassi?Ma
si che lo sarebbe. Per tutti. Così ho pensato: facciamogli
dimenticare la
cognatina. Cancelliamo i ricordi che la riguardano, o meglio,
cancelliamo i ricordi
che riguardano lei e quel brutto distributore automatico che si crede
Wolverine. Lasciamo dei buchi nella memoria di quel robot. Lasciamo che
il
robottino in questione passi il resto della sua vita a cercare di
riempirli
senza mai riuscirci, in un tormento che lo seguirà fino allo
spegnimento”.
«principalmente ho giocato
a Cut The Rope».
No. Non c'entrava quel
che era successo a
Washington, quello cerebrale di Warsman era un sistema chiuso, al
limite
accessibile solo tramite cavi, e che dunque non poteva ricevere via
wireless
dati -come la posizione- da altri dispositivi.
Era una cosa tanto improbabile da
poter essere definita
impossibile. E rifiutava di credere anche solo per un momento di averlo
dietro
per colpa di un suo errore -magari originato dalla
disconnessione
improvvisa?- in una branca della quale si riteneva un esperto.
“una disconnessione errata non
può ccambiare la
natura di un sistema chiuso. Punto”.
«cambieremo nuovamente
cellulari. E al limite accenderò il
portatile nuovo solo in caso di estrema necessità,
nonostante io non creda che
possa entrarci qualcosa».
«d’accordo. Hai
delle idee su dove andare?...ah, vuoi
dell’acqua?»
«sì. Mi sa che
dovrai prenderla dal bagno» disse Zachary
alla ragazza, che scomparve appunto nel bagno attiguo «e
comunque, credo che
saremo costretti a fare una piccola deviazione nel nuovo itinerario.
Sparire
per un po’in un posto che non c’entra nulla, e da
questo posto che non c’entra
nulla in seguito partire per Mosca, dove sai stata col tuo ex-ex
fidanzato. Da
Mosca poi cercheremo di raggiungere Bombay con qualche volo, ed in
seguito da
Bombay andremo a Bangkok. E da lì, a Sidney».
Emerald ricomparve con un bicchiere
pieno d’acqua per tre
quarti. «buono, ma il posto in cui sparire?»
«qualunque,
purché non sia l’Olanda. Cinque anni e mezzo fa
sono stato espulso con divieto di rientro».
Emerald sollevò le
sopracciglia. «scherzi vero?»
«no».
«ma che hai
combinato?»
«segreto».
«e
dai…»
«segreto».
«Michael lo sa?»
«sì».
«eddai…»
«non te lo dirò
mai. Specialmente se morirò disidratato».
Emerald gli passò il
bicchiere. «tanto lo chiederò a tuo
fratello appena torniamo».
«fa’ pure, ma per
bocca mia non lo saprai mai. Non lo sanno
nemmeno i miei, figuriamoci se…»
«non lo sanno?»
allibì la ragazza «Zachary, essere espulso
da un Paese con divieto di rientro non è uno scherzo.
È impossibile che
non-»
«possibile se
l’unico numero conosciuto per le emergenze è
quello di Michael, uomo di fiducia di una persona come tuo padre, e che
dunque possedeva
-e tuttora possiede- a sua volta agganci abbastanza decenti da fare in
modo che
i miei non venissero a sapere della cosa. Ai tempi non avevo nemmeno
iniziato
con le corse clandestine o a praticare
legittima difesa contro le personacce perfide con tatuaggi
serpentini. Mi
riteneva giusto un po’strano per gli esperimenti, la mia
mania anti i il fatto
che mi piaccia il fuoco…» bevve un paio di sorsi
«e poi entra in gioco anche il
senso di colpa per non essere stato un fratello presente. Ho imparato
molto
presto che con quello potevo ottenere molto».
«in pratica mi stai dicendo
che lo sfrutti».
«io la chiamo
“ottimizzazione di un RU -177:129”».
«prego?»
«ottimizzazione di un
Rapporto Umano tra una persona con QI
di centosettantasette ed una di centoventinove».
«sei passato
dall’ammettere di sfruttarlo a dare del
coglione a mio marito?»
Zaachary bevve altri due sorsi.
«se consideriamo che un QI
“medio” è sul cento, un QI alto e da
centoquaranta a centocinquantanove, e che
dal centosessanta in su si è considerati dei geni posso
affermare che la tua
ultima accusa è completamente infondata».
“d’accordo.
Quanto ci mette quella roba a fare effetto?”
E per “roba”
Emerald intendeva una sostanza in grado di
indurre il sonno. Zachary se la portava dietro da Washington -e lei si
era
chiesta a cosa servisse di preciso, nonostante le fosse venuto qualche vago dubbio visto che da quel che
ricordava Zachary non usava addormentare i serpenti prima di
ucciderli…- e lei
se n’era servita per i propri scopi senza che lui nemmeno lo
sospettasse, complici
anche la battaglia e le ferite riportate prima.
«centoventinove. Mi batte
di un punto!»
«centoventotto
più memoria eidetica, gli sei comunque
superiore…e io comincio ad avere un certo sonno».
«la stanchezza del viaggio
in generale, della battaglia, dovuta
al sangue perso e anche all’aver voluto guidare tu fin
qui».
«per forza,
Em…tu non hai la patente…» gli si
stavano
chiudendo gli occhi «domattina…sveglia alle
sette».
«ok. Ora però
riposa».
Lui chiuse gli occhi pochi secondi
dopo.
«ottimizzazione di un
RU-177:128*15% in più di furbizia
rispetto alla tua, Zeke».
Era certa che Kirika non avrebbe
tardato molto ad arrivare,
una volta vista la penna che le aveva lasciato nella giacca.
«tsk…dopo
questo, vienimi a dire di nuovo che non sei geloso
di lei, che come l’hai visto stringerla tra le braccia hai
dato di matto!»
Se non avesse avuto bisogno di farsi
aiutare ad uscire dal
Tevere e fosse stato appena un po’meno controllato, Warsman
avrebbe tranciato
con gli artigli la mano di Kevin per la grande esasperazione. Ma si
limitò ad
un ringhio sordo, mentre usciva gocciolante.
«e naturalmente non ti
è venuto pensato neppure per un
momento che io possa avere avuto quella reazione semplicemente
perché quel
bastardo ha fatto…quello che ha fatto, vero?!»
Se era uscito solo ora dal fiume, era
perché gli ci era
voluto un po’per riprendersi dal colpo e per togliersi la
panchina di dosso.
Inizialmente aveva insultato Hammy in
trecentomila modi per
quel tremendo colpo improvviso, ma analizzando a mente fredda la
battaglia che
l’aveva coinvolto poco prima non gli ci era voluto molto per
interpretarlo in
tutt’altra maniera.
Aveva sbagliato a lanciarsi in quel
modo, con ventre,
petto e gola scoperti, contro un
lanciatore di coltelli fin troppo bravo. Se Emerald non gli avesse
tirato
quella panchina, sarebbe stato lui a non vedere l’alba del
giorno dopo invece
che Zachary.
Hammy gli aveva salvato la vita, il
che significava che
allora, per lei, contava ancora qualcosa.
E lo faceva ben sperare.
«non sei partito alla
carica appena lo hai avuto sotto gli
occhi, ma quando l’ha presa tra la
braccia…»
«basta
così! Prima
sbaciucchi lei» il russo indicò Kirika, che in
tutta l’operazione di recupero
non aveva minimamente aiutato Kevin, con un furioso cenno del capo
«e poi torni
a seccarmi?! Abbi almeno il buon gusto di tacere!»
«da che pulpito viene la
predica! E poi chi bacio non è
affar tuo!!!»
La ragazza avrebbe voluto intervenire
saggiamente per
evitare che i due finissero a prendersi a pugni, ma Warsman aveva avuto
la
brutta idea di tirare fuori nuovamente la questione di quel bacio
-“sicuramente
senza senso” pensò- e Kevin aveva avuto la pessima
idea di dire “chi bacio non è affar
tuo” invece che “ma non voleva dire
niente, e comunque chi bacio
non è affar tuo”.
Sembrava di no, ma lei prestava
abbastanza attenzione a
certe piccolezze.
Sicuramente non aveva avuto un senso.
Ma certo. Erano
“allegri”, ed essendo cretino Kevin Mask si era
fiondato sulle sue labbra come
una iena su una carcassa.
«ah, non è affar
mio!»
«no, non lo è, e
io ho tutto il diritto di trovarmi bene
con un’altra persona anche se Hammy mi ha lasciato!»
Ok.
Quello non avrebbe proprio dovuto
dirlo.
Continuava ad essere
un’azione senza senso -trovarsi bene
con qualcuno e baciarlo non implicava certo dover avviare una relazione
per
forza, non erano mica nel seicento!- ma non
avrebbe dovuto dirlo.
Kirika strinse in mano quel che Hammy
le aveva lasciato. Non
badavano a lei, nessuno dei due badava a lei, e pensava di sapere dove
stesse
la via scritta, insieme al nome dell’hotel, sulla penna.
Le parole di Kevin Mask non
significavano nulla…ma perché mai
correre il -vaghissimo- rischio di trovarsi invischiata in qualcosa in
cui lei non voleva assolutamente trovarsi
invischiata?
E poco le importava se ad un certo
punto aveva pensato anche
un “ehi, non è niente male”!...era
dell’idea di aver già avuto abbastanza
problemi senza aggiungere tutte le seccature derivanti da una relazione
-genericamente parlando- intrattenuta con una zecca umana da chiamare
“il mio
ragazzo”.
Non voleva sapere nulla di quella
roba, non voleva nemmeno
sentirne l’odore da lontano. Passi una sveltina con chiunque
ci stesse quando
ne aveva voglia -ossia la definizione precisa della “poca
esperienza con gli
uomini” della ragazza- ma poi basta!
“allontaniamoci
discretamente, passo dopo passo” pensò
Kirika muovendosi cauta all’indietro “non
facciamoci notare, lasciamoli
scannarsi…”
Avrebbe raggiunto Emerald, e
poi…avrebbero deciso tra loro
cosa fare.
Almeno stando con lei e Zachary
avrebbe potuto verificare di
persona che la sua migliore candidata a pseudo migliore amica stava
bene, e non
succedeva niente di strano. Zachary le era simpatico, ma non aveva
difficoltà a
riconoscere che non aveva proprio tutte le rotelle a posto.
«e comunque se avessi
immaginato che mi avresti rotto per
questa storia, Flash, ti avrei lasciato annegare nel fiume!!!»
“ok, via, via,
via!!!”
Si era allontanata di una decina di
metri, e decise di poter
iniziare a correre.
E i due se ne accorsero solo in quel
momento.
«ma che diamine-»
«sta scappando!»
«Kirika!!! Dove diavolo
vai?!»
Iniziarono a correrle dietro, ma lei
era già lontana, e
quando si imbucò in un vicolo la persero di vista
completamente. Ma non si
arresero lo stesso, cercando di intuire dove potesse essere andata.
«ma che le è
preso?!» sbottò Kevin.
«va’ a vedere che
Emerald le ha lasciato un indizio su dove
si trova al momento!»
«ma non avrebbe senso,
l’ha vista con noi, e lei da noi è
fuggita!»
«forse ha ricordato
qualcosa su Kirika che le ha fatto
capire che avrebbe avuto una reazione del genere se lei le avesse
rivelato la
sua posizione!» erano fradici, e i tuoni non promettevano
ancora bene, eppure
continuavano a correre «probabilmente quella lì
è voluta venirci dietro
aspettando solo un’occasione per raggiungere quei due!
L’ avevo detto che non
andava portata via!»
«se non
l’avessimo portata via, o non l’avessi portata con
me al campo Alfa, Kirika avrebbe spifferato tutto a Lancaster e a
quest’ora tu
saresti ancora in gabbia!!!»
«facciamo una cosa
logica» disse Warsman una volta arrivati
ad una biforcazione «io a destra, tu a sinistra, e vediamo di
ritrovarci qui
con Kirika! Perché se riesce a raggiungere Emerald le
dirà come abbiamo fatto a
trovarli, Connors junior getterà il portatile, e addio
all’unica pista che
abbiamo!!!»
Vero, Kevin non ci aveva minimamente
pensato.
«non può fare
una cosa del genere!»
«e povero scemo!»
Invece di correre a sinistra Kevin
Mask si fermò in mezzo
alla strada e lo guardò truce.
«non ti azzardare a darmi
dello scemo. Tu ed io abbiamo ancora
dei conti in sospeso, e se non ti ho lasciato nel fiume a friggerti i
circuiti
è solo perché mi servi».
Calò il silenzio, e
l’atmosfera divenne più che mai pesante.
«Kevin, per quanto ancora
mi porterai rancore?»
«a
vita. Ti sei
messo in mezzo dove non dovevi, ed hai cercato di appropriarti di
qualcosa di
mio!»
Kevin ce l’aveva ancora con
lui per quel che sapeva era
accaduto tra lui ed Emerald, anche adesso che era finita e che
-addirittura-
era sembrato che ci fosse un miraggio di un possibile legame con
un’altra
ragazza.
Ma al momento il russo non era
proprio in vena di sopportare
altre accuse, e ciò portò entrambi a dimenticare
almeno per il momento il
problema maggiore, ossia che forse Kirika li aveva appena traditi. No.
Pensavano solo ad accusarsi, a vomitarsi addosso accuse e rancori che
in tutto
quel tempo non avevano avuto il coraggio di “buttare
fuori”.
«credo che ti sfugga una
cosa fondamentale» disse dunque
gelido Warsman «ossia che Emerald non è mai stata
un “qualcosa di tuo” perché
non è un oggetto, ma una persona -oltretutto piuttosto
volubile- e con cui
peraltro in quel periodo non stavi neppure insieme. È stata
lei a propormi di
partire, te l’ho già detto. Era con
me
che voleva stare, allora, e se non avessi insistito probabilmente non
sarebbe
neppure tornata a Tokyo. Libero di non crederci ma le cose stanno
così!» si avvicinarono,
fronteggiandosi «io mi sono “messo in
mezzo” in un rapporto che forse non
avrebbe neppure dovuto iniziare, considerando quanto è
bastato poco per
spezzarlo!»
Magari avrebbe potuto risparmiarsi di
dire una cosa del
genere, ma…aveva veramente torto?
«stai
zitto!»
esplose il ragazzo «Emerald ed io ci amavamo! Ma poi tutto il
mondo si è messo
in mezzo, tu, i nostri genitori, quell’americano di merda,
l’incidente che ha
avuto…!»
«e non ultima, mi spiace
dirtelo, la tua stupidità. Sei
stato tu a spingerla tra le braccia di Connors senior, te lo sei
scordato? Hai
tratto conclusioni sbagliate senza permetterle di spiegarsi e lei,
sommando
questo a tutti i problemi che avevate, si è
scocciata!»
Kevin ce l’aveva con
Warsman per i motivi che sappiamo, e
Warsman ce l’aveva con Kevin perché le sue azioni
avevano finito per
allontanare Emerald non solo da Kevin stesso, ma anche da lui. Era a
grandi
linee una par condicio.
«i problemi sono cominciati
per colpa degli altri!!!»
ribatté Kevin, sempre più arrabbiato.
«no, i problemi sono
cominciati quando ha capito che se
fosse stato per te l’avresti rinchiusa in casa come un vaso
prezioso chiuso in
una teca di cristallo…»
E lui sapeva che con lei quello era
tra gli errori più
grandi che si potessero fare. Con l’onnipresenza del padre
nella sua vita
quella di Emerald forse era una libertà fasulla, ma per lei
accettabile. Le era
sempre stato lasciato fare quel che desiderava, le era stato concesso
di
sbagliare così da capire meglio anche da sola cosa fosse
giusto o meno, ma con
la consapevolezza di avere sempre le spalle coperte in caso di bisogno.
Per
questo Hammy non se ne rendeva nemmeno conto.
«…ed Emerald non
si fa rinchiudere da nessuno. O
almeno, da nessuno che lo faccia in modo così
palese. Se l’avessi conosciuta meglio l’avresti
capito da solo».
«oh si, perché
tu invece la conosci bene,
vero…”puttana” di
qua, “stronza” di
là…» disse sarcastico Kevin
«e poi, invece…tsk. Ed hai anche
avuto il coraggio di dirmi di non esserne innamorato!»
Ancora con quella storia! Per quanto
sarebbe andato avanti
con quell’idiozia?! Ormai il russo non sapeva più
in che lingua dirgli che lui non era
innamorato di lei! Forse in
arabo l’avrebbe capito.
Peccato che lui non conoscesse
minimamente l’arabo, e dunque
Kevin avrebbe mantenuto quella sua assurda convinzione.
“perché
naturalmente è assurda, io non la amo. Il solo
pensiero rischia di farmi venire un’ulcera allo
stomaco” pensò.
« per l’ennesima
volta, io non sono affatto innamorato di
Emerald! E di lei penso ancora tutto quello che hai detto,
così come lei, se
solo si ricordasse di me, continuerebbe ad insultarmi beceramente come
ha
sempre fatto… ma il punto è che -e vedi di
mettertelo in testa una volta per
tutte- pure se è indefinibile, il rapporto che avevo e che ho con lei è ben
più forte di quello che lei ha con chiunque altro,
inclusi te e suo marito…»
Non aveva difficoltà a
sostenere lo sguardo di Kevin, e
arrivato a quel punto voleva smetterla definitivamente di sentirsi in
colpa nei
suoi confronti, per il semplice fatto che si era altamente rotto le
scatole di
tutta quella faccenda.
Era tempo di chiarire le cose almeno
con Kevin, Flash aveva
già messo in conto che dopo tutto ciò che stava
succedendo quel ragazzo non
avrebbe voluto più saperne nulla di lui, per cui tanto
valeva dire le cose come
stavano.
Si era stufato di fare la parte del
bastardo che aveva
portato via la ragazza all’allievo, quando invece era quello
che aveva cercato
di restituirgliela pur avendo la possibilità di averla con
sé, che lui ci
credesse o meno.
Forse aveva sbagliato a non
allontanarsi in seguito, forse
era stato egoista, aveva fatto un errore a continuare quelle loro
serate di
tango e, d’accordo, lasciare che Emerald in quelle occasioni
desse del
sonnifero a quel ragazzo
era stato un
atto che aveva quasi del criminoso…
Ma d’altra parte era stata
Emerald stessa a dirgli di andare
a vivere nella sua vecchia casa.
E per l’appunto, era stata lei a dare a Kevin il sonnifero.
Era stata lei a proporgli di fare
quel viaggio, lei a
fuggire dalla Scuola di Ercole per vederlo, a chiamarlo, a cercarlo.
Non si era allontanato
perché sapeva che lei non voleva
che si allontanasse, non sul serio, ed a sua volta lui non aveva la
minima
voglia di farlo.
«…è
il mio nome che si è ricordata. Non il tuo, non quello
di Connors. Il mio. Né
io né lei
mentre tentavamo di ammazzarci avremmo mai potuto prevedere che saremmo
arrivati a questo punto, ma invece ci siamo arrivati eccome,
indipendentemente
da quello che volevamo ed indipendentemente anche dal suo caro marito, il suo carissimo
padre, il suo adorabile cuginetto,
l’amato cognato e
TE!» gli puntò un dito
contro il petto «e le conseguenze sono queste! Credi che mi
piacciano? No! Avrei
voluto tutt’altro che inseguire quell’idiota
ovunque vada! Pensi che se avessi
potuto scegliere mi sarei trovato un’arcinemica invece di una
donna di un’età
più consona con cui avere una decente
relazione di tipo amoroso? Ebbene pensi male,
perché è ovvio che avrei
preferito la seconda opzione! Credi che non mi dispiaccia aver perso il
legame
di fiducia che c’era tra me e te? Certo che mi dispiace,
perché…perché sei…come
un figlio maschio che non ho mai avuto» trovò la
forza di dire, lasciando
cadere le braccia lungo i fianchi «se avessi potuto scegliere
non mi sarei mai
messo in una situazione del genere, perché trovarsi contro
quella dolcissima ed adorabile “persona”»
mimò
pure le virgolette «che è Howard Lancaster e tutta
la relativa compagnia,
incluso il demonio candeggiato che mi è entrato in testa,
non è esattamente una
passeggiata. Ma ebbene, io non ho potuto scegliere. Emerald
è Emerald. E per me
lei è…quello che è, qualunque cosa
sia, che mi ha portato a questo. E ti dico
di più, anche se lo troverai assurdo: forse proprio
perché non posso scegliere,
so che se potessi tornare indietro probabilmente rifarei tutto quello
che ho
fatto. Da quel che è successo il giorno del tuo compleanno
ormai oltre un anno
fa, fino ad inseguirla in capo al mondo. Preferirei altro, ma farei
questo
comunque. E adesso…fai un po’quello che ti
pare».
Il silenzio di Kevin in quel
frangente era preoccupante e
Warsman si stava già preparando a difendersi da un eventuale
attacco, che però
Kevin non gli inflisse.
«tu parli molto. Ma al di
là del fatto che si è ricordata il
tuo nome per primo, tieni a mente che non ha avuto
difficoltà a cestinarti quando
stava ancora bene ed ha sposato Michael Connors» disse piatto
Kevin «se il
vostro rapporto fosse stato così tanto stretto e forte non
avrebbe certo fatto
quella scelta. Quindi, mio carissimo ex trainer, lo sai a cosa
corrisponde il
bel monologo che hai appena fatto?» fece una brevissima
risata sarcastica,
mentre se ne andava lungo il vicolo dandogli le spalle
«esattamente a questo: “bla.
Bla. Bla”.
Ecco a cosa.
Lascia che te lo dica, secondo me tutto quel che hai passato -e che non
è stato
piacevole, lo ammetto- ti ha messo un bel po’di casino nel
processore, per cui
dovresti proprio farti vedere da un buon meccanico. Ah, e
un’ultima cosa» si
voltò «se ti sei comportato così con
me, e dici di considerarmi come il figlio
che non hai mai avuto, allora forse è stato molto meglio
così. Che tu non abbia
avuto figli. Perché pare proprio che tu dal mio vecchio non
abbia imparato solo
le tecniche di lotta, ma anche a fare il padre, e ti assicuro che non
è un
complimento».
Il russo si sforzò di
contenere l’ira che stava aumentando
dentro si lui in maniera esponenziale. «tu sei qualcosa di
peggio che un
maledetto ingrato. Hai già dimenticato chi si è
preso cura di te quando quella
lì ti si è messa contro nelle
finali?!»
Kevin, che non era altrettanto abile
a contenere la rabbia,
fece marcia indietro. «non l’ho dimenticato,
peccato che però poi tu “quella
lì” te la sia scopata in ogni
modo possibile!!! Lo so che è così, o non
romperesti tanto le scatole!!!» gli ringhiò.
Era triste vedere come due uomini che
un tempo avevano un
rapporto di fiducia, di stima, affezionati l’uno
all’altro adesso invece
fossero ridotti così.
Tutto per via di una donna.
«vuoi la
verità?! La vuoi?! Ebbene
SÌ!»
Glielo aveva detto.
Dio, glielo aveva detto davvero.
Anche lui aveva raggiunto e superato
il limite, ed era già
tanto che non avesse tirato fuori gli artigli. Non ce l’aveva
più fatta a
starsene zitto con Kevin che lo aveva tartassato ed incalzato in quella
maniera. Alla fine anche l’uomo più controllato
del mondo avrebbe ceduto e
reagito così, specie se l’uomo in questione si
fosse portato dietro certe cose
per tutto il tempo che lo aveva fatto Warsman.
«sì, io ed
Emerald J.V.P. Lancaster siamo stati a letto
insieme, una volta da ubriachi e una no, e ti dirò di
più, quella volta in cui
non lo eravamo è stata lei a saltarmi
addosso!!!»
«IDIOZIE…!!!»
Con delle urla di guerra degne di
Vercingetorige i due si
fiondarono l’uno addosso all’altro con tutto
l’intento di fracassarsi
vicendevolmente ogni singolo osso.
Kevin ne aveva voglia da un sacco di
tempo, e quanto a
Warsman…beh, lui avrebbe preferito non arrivare mai a tal
punto, ma non ne
poteva veramente più, tutti quanti gli erano ingiustamente
contro, Kevin forse
più di tutti, e a quel punto allora basta.
E poco importava ad entrambi dei
tuoni, dei fuggitivi e
delle mutande fradice.
«io
non credo ad una
parola!!! Non può essere stata con te avendo ME
per le mani!!!»
Era uno scontro in cui sembravano due
cervi maschi che
tentavano di incornarsi per una femmina. Che ci si poteva fare, se
erano nati
uomini non era colpa loro. Probabilmente Emerald, alla scena, sarebbe
stata
combattuta se tentare di dividerli o alzare semplicemente gli occhi al
cielo.
«chiediglielo, quando la
ritroveremo!...ah, già, ma noi non
la ritroveremo affatto, perché
ti sei
portato dietro una traditrice!!!»
«il
traditore peggiore
resti tu sempre e comunque!!!»
Kevin riuscì a sganciarsi
dalla presa e cercò di spaccare la
faccia del suo ex allenatore con un diretto. Ma questi per ovvie
ragioni
conosceva fin troppo bene il modus operandi di Kevin, e dunque non
faticò ad
evitare il colpo e restituirglielo con gli interessi facendolo cadere a
terra.
Era vecchio ma, ehi, ci sapeva ancora fare!...ed era pure ferito.
«ficcati
in testa una
buona volta che io non ho tradito nessuno!!! Non voglio
più sentirmi in
colpa per qualcosa che non è!»
Con uno scatto felino
l’inglese caricò contro il ventre
dell’ex allenatore, avendo anche la cattiveria di colpirlo
dove Zachary l’aveva
tagliato con il coltello.
«e invece sì che
lo è!!! Sì che lo è! Io mi sono fidato
di
te…e tu mi hai fatto una cosa del genere!!!»
Il russo si lasciò
scappare un ringhio di dolore mentre Kevin
lo bloccava in una dolorosa presa di sottomissione.
«tra te ed Emerald
è finita, hai pure ammesso di trovarti
bene con quell’altra, e allora piantala maledizione!!! Con o
senza la mia intromissione
lei ti avrebbe lasciato comunque, anzi, forse lo avrebbe fatto ancora
prima se
non ci fossi stato io a cercare di mediare tra voi due!!!»
«non avresti avuto
interesse a mediare! Ammettilo che tu hai
lavorato perché mi lasciasse, ammettilo, hai solo fatto
finta! Hai appena
ammesso di averla scopata, quindi devi aver fatto finta per forza! Tu
la volevi
per te!!!»
Warsman riuscì con fatica
a liberarsi dalla presa di Kevin,
con le ferite che avevano ripreso a sanguinare piuttosto copiosamente,
e
dandosi la spinta contro un muro assestò al suo ex allievo
un bel calcio
katana. Doveva reggere, doveva farsi ascoltare da quella zucca
vuota… anche se
sull’ultima parte suddetta zucca vuota forse non aveva torto.
La voleva per sé? Anzi no,
la voleva con sé com’era stato
durante il loro viaggio?
Sì. Quello ormai
l’avevano capito anche i muri.
Non voleva più stare solo,
ma non gli bastava neanche
ovviare eventualmente al problema cercando una compagna vera e propria.
Voleva Emerald, voleva la sua NN1;
non sarebbe stata mai la
stessa cosa, senza di lei, non sapendo di essere tutt’altro
che un semplice
trastullo per quella ragazza.
O così gli aveva detto.
“ questo rapporto
da arcinemici che c’è, non è e non
è
mai stato un gioco, ok? Così come tu non sei mai stato il
mio giocattolo. E a
voler essere completamente sincera mi è capitato parecchie
volte di pensare che
avessimo sbagliato a tornare invece di continuare a vagare senza meta
da un
Paese all’altro, ma dettagli…”
“dettagli un
accidente! Non è un dettaglio! È tutto meno
che un dettaglio!”
Perché poi invece, in
effetti, non aveva esitato poi così
tanto a sposare un altro dicendogli che doveva lasciarla perdere.
Il fatto era che Emerald era Emerald.
E significava che pur tenendo molto a
certe persone -la sua
famiglia, suo marito, i suoi amici, il “suo”
vecchio porcello- al primo posto
venivano lei stessa, i suoi desideri, i suoi
bisogni. Sempre e
comunque.
Lo aveva dimostrato più
volte, come per esempio decidendo di
stare con Turbinski pur essendo -parole sue- innamorata di Kevin,
perché “aveva
una vita da vivere patto o non patto”.
I suoi parenti, suo padre in
particolare, le avevano sempre
fatto credere di essere il centro dell’Universo…e
lei, in realtà senza
rendersene conto, si comportava di conseguenza! E dunque per esempio,
in un
momento in cui lei e Michael avessero sofferto in pari modo, lei si
sarebbe
prodigata solo fino ad un certo punto nel confortare il marito,
desiderando che
invece lui mettesse tutto se stesso nel confortare lei.
La sua non era
cattiveria…era semplicemente fatta così.
«ma ti rendi conto della
montagna di cretinate che stai
dicendo?! Io te l’avevo detto che dovevi andarle a chiedere
scusa
immediatamente e non il giorno dopo, quella volta in cui ti ha lasciato
definitivamente! Io te l’avevo detto! Ma tu non mi sei stato
a sentire!...ed il
fatto che sia stato a letto con lei…non vuol dire che, una
volta scelto di
tornare a Tokyo, io abbia tentato di portartela via. Quello lo ha fatto
Connors
maggiore, non io!» si mise ad evitare i colpi del ragazzo,
perché almeno lui
stava riacquistando un minimo di lucidità: in quella
situazione non avrebbero
dovuto lottare tra loro, avrebbero dovuto tornare in albergo, curarsi,
riposarsi, e pregare che
a) Kirika fosse fuggita per fatti
suoi o
b) che in
un’eventualità estremamente improbabile evitasse
di rivelare ad Emerald e Zeke come avevano fatto a trovarli.
«piantala di dire che ci
sei stato a letto!!! Piantala!!!»
«sei tu che hai ritirato
fuori l’argomento! Kevin, ormai
quello che è stato è stato, concentriamoci sui
problemi attuali! Una volta che
sarà tutto finito potremo anche evitare di incontrarci vita
natural durante, ma
adesso tu hai bisogno di me, e io di te, perché non credo di
poter riuscire a
ritrovarla E restare vivo senza un aiuto!» e dirlo non gli
costava poco, tutto
il contrario, essendo un uomo piuttosto orgoglioso.
«eppure in tutti i film si
vede che i mostri sono duri a
morire!»
Il ragazzo si rese conto di aver
parlato a sproposito quasi
subito, ma per l’appunto era il “quasi” a
fregarlo.
Vide che l’altro sembrava
aver perso la voglia di lottare, lo
vide scuotere leggermente la testa e poi andarsene via in silenzio.
“terza cazzata della
serata, Kevin; peggiori, invece di
migliorare!” si rimproverò mentalmente
l’inglese “di questo passò
finirò
davvero come mio padre, nella cui vita l’unica nota positiva
è la nuova
compagna che ha trovato!”
«n-no…Warsman,
aspetta…» decise di andargli dietro «ho
detto
un’idiozia!» il russo non sembrava volerlo stare a
sentire, non lo stava
guardando nemmeno «dai, fermati, sei ferito!»
«i
mostri sono duri a
morire».
«lo sai che non penso che
tu lo sia! Ero -e a dire il vero
sono tuttora- infuriato, ed ho parlato a vanvera perché sia
quel che è accaduto
sia il fatto che tu e lei abbiate continuato ad avere dei segreti mi fa
imbestialire, però non ti ritengo un mostro! Un bugiardo
traditore sì, ma un
mostro no!»
«Kevin guarda, lascia
perdere, che ad arrampicarti sugli
specchi non sei mai stato bravo!» il russo sibilò
di dolore portandosi una mano
alle ferite «…a colpire sì
però…”trova il punto debole
dell’avversario ed attacca”!
Il colmo è che dovrei esserne felice…»
osservandosi la mano la trovò sporca di
sangue «perché è una delle cose che ti
ho insegnato a far bene io».
«senti…a questo
punto direi di andare di corsa in un pronto
soccorso, e-»
«no, ci farebbe solo
perdere tempo. Dovrei spiegare al
personale perché sono ridotto così, e
poi…e poi forse, se quello riaccendesse
il portatile…adesso anche lui non è al
massimo…se aspettiamo ancora, Kirika…»
«al limite troveremo un
altro sistema per rintracciarli,
anche se non ho idea di quale, ma non adesso. Se proprio non vuoi
andare al
pronto soccorso torniamo almeno in albergo, posso provare
a…a ricucirti».
«faccio da solo, per
l’amor di Dio. Non sei in grado di
rattoppare un calzino, figurarsi la mia pelle!»
Dopo la lotta sembravano essere
venuti a più miti consigli,
forse proprio perché si erano sfogati un po’.
Procedettero dunque verso
l’albergo, perché…non c’era
altro da fare. Potevano provare a chiamare Kirika
al cellulare, ma visto che non era completamente idiota lo aveva
sicuramente
spento.
«Warsman, ma quindi la
donna di cui mi hai parlato quella
volta…»
«Kevin, per piacere, non
voglio tirare di nuovo fuori
l’argomento».
«quella donna dunque era
Hammy. Tra quello, e come ne hai
parlato prima…»
«Kevin, ho detto che non
voglio parlarne più!»
«da quando
è?»
Il russo lo guardò quasi
perplesso.
«da quando è che
è così, intendo. Per te. Dal giorno del mio
compleanno, o da quando suo padre le ha sparato?»
“o semplicemente da quando
ci sei stato a letto?”
L’altro rifletté
per qualche istante. «la seconda che hai
detto. Prima era una cosa di tipo diverso. È stato da quando
mi ha salvato in
poi, ti ho già detto che ero andato a cercarla per vedere
come stava, ricordi?»
«…e poi ti sei
innamorato…»
«per
l’ennesima volta,
NO!»
«senti, qualcosa sotto deve
pur esserci, che ti piaccia o
no».
«ma perché
dovrebbe esserci per forza?!...parliamo di cose
serie per favore. Dovremo informare le signore Lancaster che abbiamo
quasi
sicuramente perso l’unica pista che avevamo, e che Kirika ci
ha lasciati con un
pugno di mosche».
«…Cristo. Adesso
che penso a loro sì che mi sento un
idiota!»
«mi hanno aiutato tanto, e
le ho deluse…ad ogni modo…ormai
tanto vale chiamarle domattina. Ormai staranno dormendo entrambe, e ci
manca
solo che le disturbiamo».
«magari sono al Tea
Club».
«fa lo stesso. Le
informiamo domattina».
:: il
mattino dopo ::
Zachary Connors si rigirò
parecchio tra le lenzuola nella
specie di “cova” che aveva creato, prima di aprire
lentamente gli occhi di
diverso colore sul mondo. O meglio, sulla stanza d’albergo.
«hmm…»
E credette di avere le allucinazioni
quando la sua vista
ancora sfocata vide accanto alla “cognatina” una
figura vestita di bianco e dai
lunghi capelli verdi.
“mi sa che sto ancora
dormendo” pensò confusamente.
«l’albino che
tanto albino non pare più si sta svegliando».
Eppure la voce sembrava proprio
quella di Kirika e…
E…
Si rizzò a sedere sul
letto forse troppo bruscamente, con le
ferite che a modo loro “urlavano” le loro proteste.
«perché lei è qui? Come ci
ha trovati?»
Sembrava tranquillissimo, ma il suo
sorriso sornione mancava
all’appello, per cui non lo era poi così tanto.
«ci ha seguiti, invece di
dare una mano a Kevin e Warsman. È
arrivata nella hall ieri sera, dopo che ti sei addormentato, io ero
scesa giù
in cerca di qualcosa da bere di diverso dall’acqua e
l’ho trovata che chiedeva
di me al tizio della reception» spiegò Emerald con
la massima tranquillità
«tutto qui».
«non è affatto
“tutto qui”, perché quei due potrebbero
averla seguita a loro volta» ribatté Zachary
«e poi non capisco perché avrebbe
dovuto venire qui».
«non dovevi essere un
genio, tu? Arrivaci, svirgolato! Io
sono venuta via dall’Inghilterra andando dietro a loro
proprio per poter avere
un’occasione come questa!» Kirika si fece
scrocchiare il collo «in casa
Lancaster si sta più che bene, ma io sono una donna
d’azione, e avevo idea che
vi steste divertendo più di me. Per cui eccomi
qua».
Poteva anche starci, era in linea col
carattere di Kirika.
Però a Zeke non piaceva affatto l’idea che una
Emerald dallo strano
atteggiamento avesse avuto tutta la notte, in cui lui nonostante le
ferite
aveva dormito come un ghiro, per conversare amabilmente con Kirika di
chissà
cosa. Forse anche di quel che era successo a Washington, se mai ne
fosse stata
a conoscenza. Ed Emerald, quei dettagli, non doveva venirli a sapere.
«sei un bel problema,
demonessa mia, sia perché non sono
sicuro delle tue intenzioni che perché più si
è, più viaggiare in clandestinità
diventa complicato. Dovrei procurare dei documenti fasulli anche per
te. E poi,
devi dirci come ci avete trovati qui a Roma…e se
l’impressione che stiano
usando quel robot trincia cappelli come cane da caccia è
giusta».
«in un certo senso
sì» rispose Emerald al posto di Kirika
«da quel che lei mi ha detto ieri sera, Warsman in certi
momenti è in grado di
rintracciare la nostra posizione come farebbe un radar».
«ma non ho idea di come
faccia» aggiunse l’altra.
Mentendo a
Zachary deliberatamente.
Ma perché?
«si
fidavano di me
ancora meno di quanto ti stai fidando tu, è già
tanto che sia riuscita a farmi
portare via, e l’ho fatto col ricatto. O mi portavano via, o
avrei impedito a
Kevin Mask anche solo di andare a liberarlo da dove lo tenevano
dicendolo ad
Howard…»
«e quindi è come
pensavamo, l’hanno portato a Londra» faceva
lo gnorri, ma lo sapeva benissimo.
«sì».
«ad ogni modo sinceramente
questa evasione mi pare strana».
«Kirika ha detto che mia
madre e mia zia li hanno aiutati a
farlo evadere. Sono ancora perplessa, perché francamente io
non ce la vedo
proprio, mia madre, ad entrare di notte nel campo Alfa accompagnata da
zia
Gabrijela e…con i pantaloni!»
«cognatina, non
è la prima volta che lo aiutano, e tu lo sai
benissimo».
Emerald si zittì. Vero,
lei per bocca di Warsman ne era
venuta a conoscenza, ma Zachary?
«non è la
prima?» Kirika sollevò un sopracciglio
«eh, ma
allora tua madre non ha solo l’aria da buona samaritana, lo
è proprio».
«…è
vero. Io lo so perché me l’ha detto Warsman. Ma tu
come
lo sai, Zeke?»
L’aveva scoperto a Londra,
quindi di quello poteva anche
parlare. «ho trovato le scritte nella polvere. Nella soffitta
di Robin Mask. Credo
che ci sia mancato poco che trovassi anche te. E sempre da quelle
scritte ho
letto che la prima tappa sarebbe stata Washington».
«oh! Allora forse anche
Michael le ha viste, o non mi spiego
il suo arrivo in città. Certo, a meno che non ci avessero
rintracciati in
qualche altro modo…»
«e comunque,
Kirika» Zachary tornò a rivolgersi
all’altra
ragazza «io non sono molto disposto a credere che tu, Kevin
Mask, quel robot e
le due signore siate potuti entrare ed uscire impunemente da...beh, da
ovunque
Warsman fosse stato rinchiuso, senza che il padre di Hammy ne sapesse
nulla. Mi
sembra una “mancanza” eccessiva».
«in effetti è
sembrato strano anche a me, ma non so cosa
dirti».
«davvero non hai
un’idea precisa del modo in cui Warsman “ogni
tanto” riesce a trovare la nostra posizione? O se Warsman
stesso abbia nel
corpo un segnalatore? Perché sinceramente mi sembra troppo
strano anche che le
signore l’abbiano lasciato andare così, senza
avere un modo in cui conoscere la
sua vera posizione in ogni
momento. Non
sarebbe stato logico. Chi avrebbe garantito loro che quel robot dai
circuiti
sfasati non abbia qualche colpo di testa di troppo?»
Kirika sollevò le mani.
«vi ho detto tutto quello che so».
«i due problemi comunque
rimangono, non sappiamo come fa a
trovarci, e tu non hai documenti fasulli che…»
riprese a dire Zachary, ma si
zittì quando la vide tirarne fuori qualcuno da una tasca
interna della giacca.
«mi servono quando torno
sul Pianeta dei Demoni a fare
scorta di liquore o per altri motivi. Non ho paura di mio padre, ma non
voglio
vederlo, e non voglio che sappia quando arrivo e parto dal pianeta. Per
cui
logicamente ho dovuto munirmi di cose come queste».
Emerald non sembrava sorpresa,
notò Zachary. Forse aveva
visto quei documenti durante la notte, o forse ancora
prima…no, doveva averli
visti quella notte, perché altrimenti non li avrebbe
ricordati.
A meno che non stesse mentendo sulla
propria memoria. Ma perché
avrebbe dovuto?
«posso vederli?»
Kirika glieli lanciò. A
Zachary non ci volle molto per
vedere che erano alquanto ben fatti, e dunque idonei al loro viaggio in
clandestinità.
«qualcuno oltre ai presenti
è a conoscenza di questi
documenti e dei relativi dati scritti sopra?»
«no».
«hai tolto la batteria al
tuo cellulare?»
«sì».
«hai dell’altro
addosso che può renderti rintracciabile?»
«niente aggeggi
elettronici».
«bene. A questo punto Em,
dobbiamo portarla con noi per
forza. Insomma, o questo o la uccidiamo adesso, ma è tanto
carina e non ha
niente di serpentesco tatuato o indosso, per cui non avrebbe
senso».
Sì, perché
invece uccidere teppisti con tatuaggi serpentini
ne aveva. Come no.
«bene» sorrise
Emerald «ah, e mi è venuta un’idea sulla
“destinazione
imprevista in cui andare per un breve periodo di
tempo”».
Avrebbe voluto essere lui a decidere,
ma chissà, forse anche
quella di Hammy non era una cattiva idea. «ossia?»
«tu hai ancora i documenti
fasulli che hai procurato al
cugino Seb quando lo hai portato con te, giusto?»
Breve momento di silenzio.
C’era da aspettarselo, Kirika le
aveva detto anche di Sebastian.
«sì. Li ho
ancora. Ma non vedo il nesso».
«da quel che mio padre ha
detto a Kirika, Sebastian al
momento è in Croazia dai suoi nonni. Si dà il
caso che io sappia la strada. E non
credo che nessuno si aspetti che andiamo a prenderlo, dopo che si
è fatto
prendere a Washington entrando nella pasticceria…dei tuoi
genitori» Emerald sospirò
passandosi una mano sul volto «non è peggio della
coglionata fatta da Robin
Mask solo perché questa di Seb non
è potenzialmente
letale».
«…ti ricordi
quel che ha fatto Robin Mask?»
Altro momento di silenzio.
«me
lo hanno
raccontato. Potresti
smetterla di
tartassarmi, Zachary?»
Era la prima volta da quando si
conoscevano che Emerald
sembrava estremamente seccata per un suo comportamento. Decise dunque
di
correre ai ripari.
«non è
tartassamento. Io voglio solo sapere se stai meglio,
e sarei contento se ricordassi di più, cognatina. Siamo in
giro apposta» il
ragazzo si mise in piedi «ad ogni modo, non vedo
perché dovremmo portare con
noi qualcuno che ha fatto una simile sciocchezza. Tanto più
tenendo in
considerazione il resto».
Kirika si mise a giocherellare col
cassetto del comodino
accanto le letto di Emerald. La sua parte l’aveva fatta, ora
stava tutto alla
sua ex compagna di stanza, anche se bisognava dire che anche Kirika non
era
molto convinta sull’andare a prendere un Sebastian in
punizione.
«perché comunque
era partito per cercarmi. Insomma, le
intenzioni erano buone. Non possiamo lasciarlo lì a zappare
la terra, i suoi
nonni stanno in fattoria…»
«ah! Seb che zappa la
terra?» se fosse stato un po’più
normale, Zachary si sarebbe messo a ridere. Invece si limitò
a far tornare il “suo”
sorriso, e ad allargarlo un po’ «povero, come
riuscirà a vivere con le manine
piene di vesciche?»
«Save the Private
Seb!» esclamò Kirika alzando un pugno.
«appunto, non
farà altre idiozie sapendo cosa lo
aspetterebbe. Eddai, Zeke. Prendiamo una nave, così ci
portiamo dietro l’auto,
e andiamo. E poi dalla Croazia andiamo a Mosca, a Bombay, a Bangkok e a
Sidney come
si era detto».
«non è una buona
idea».
«eddaaaaaaaaaai…»
«no».
«eddaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaiiii…»
Emerald scattò all’improvviso,
tirò fuori la borsa col portatile nuovo da sotto il letto
del cognato e lo
accese «ok, cerchiamo una nave…»
«prenoteremo i biglietti in
un altro modo!» disse
rapidamente Zachary togliendole il pc dalle mani e spegnendolo.
«quindi questo vuol dire
che è Croazia? nyah-ah-ah-ah-ah! Lo
sapevo che tanto la Lancaster ti avrebbe convinto!»
«…ma se ci
beccano la colpa sarà sua! Ed ora vestiamoci ed
andiamocene immediatamente»
disse
seccamente il ragazzo, agguantando i vestiti «dove si va di
preciso?»
«Marzana. È un
comune croato in Istria…»
«e allora che ci andiamo a
fare in nave? Usiamo direttamente
l’auto!...»
«..per cui purtroppo
dobbiamo dirvi che…»
Warsman interruppe la frase.
Lo aveva sentito ancora. Il segnale
del computer di Zachary,
ad un paio di isolati da lì.
“quindi Kirika o non li ha
raggiunti o non glielo ha detto,
è partita ieri notte, se gliel’avesse detto non lo
avrebbero riacceso!”
«…che abbiamo
trovato Emerald e Zachary. Purtroppo li
abbiamo persi, ma stanno entrambi molto bene considerando che Emerald
mi ha
tirato una panchina facendomi finire nel Tevere».
‒ oh,
ben-ehm, volevo
dire, mi dispiace per il colpo che hai preso…ma sono
contenta di sapere che Emerald
sta bene. È un sollievo, davvero. Peccato che non siate
riusciti a prenderli e
riportarli a casa, però sono fiduciosa.
«sì. A presto,
signora Lancaster».
Chiuse la chiamata.
«ma che fai?!»
protestò Kevin «perché non le hai
detto-»
«perché ho
sentito il segnale del computer di Zachary. Se Kirika
li ha raggiunti come pensavamo, per qualche motivo non glielo ha
detto».
«…che senso
avrebbe, scusa?!»
«non ne ho idea, ma direi
di approfittarne prima che lascino
Roma! Andiamo!»
Kirika che fugge per motivi sciocchi e mente,
lo strano comportamento di Hammy...
Dite che
riusciranno ad intercettarli prima che se ne vadano a Marzana? (e poi
Mosca, e poi Bombay...eccetera) volevo farlo un po'più
lungo, far vedere di nuovo i ragazzi della ML e magari non solo, ma mi
è mancata la voglia.
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Capitolo 16 *** Il ritorno dell'Asse RobWard ***
ods
«persi. Persi.
Ecco cosa è che si ottiene utilizzando
simili bestiacce come dei cani da caccia e mostrando loro tanta
pietà da
lasciarle in vita: un bel nulla! Specialmente affiancando un tale stupido
a
suddetta bestia. Più Kirika, che è
l’unica di quel terzetto di cui io abbia
stima».
«“suddetta
bestia”, come tu definisci Volkoff, è quantomeno
riuscito a rintracciare i due ragazzi. E adesso sappiamo anche che
Emerald sta
decisamente bene, se ha avuto la presenza di spirito di tirargli
addosso una
panchina e scappare via assieme a Connors junior».
Lionel sapeva che suo cugino era
troppo sveglio per far
riacchiappare ed uccidere Warsman
ora,
non lo avrebbe fatto se l’unico motivo era la rabbia -sempre
ben celata dietro
il consueto strato di freddezza, per chi non lo conosceva bene come
Lionel o
Janice- ma perché mai far correre altri rischi a quel povero
russo? Già era
sufficientemente in pericolo, tra Howard stesso, Zachary Connors e
forse anche
Kevin Mask, aggiunse, ripensando a quando Gabrijela gli aveva
raccontato
dell’episodio del pugno in faccia al russo appena dopo averlo
fatto evadere.
A proposito di quella faccenda,
ovviamente Lionel si era
sentito in dovere di dare alla moglie il giusto rimprovero per aver
messo in
gioco la propria incolumità in modo tanto imprudente.
Tuttavia ne aveva
condiviso pienamente le motivazioni, riconoscendo che lei e -a
sorpresa- Janice
avevano agito per una causa più che giusta.
Ricordò anche il
disappunto di sua moglie nel venire a
sapere del chip che, similmente a come si fa con i cani, era stato
iniettato
nel corpo del povero Warsman.
“e
tu glielo hai
lasciato fare?!”
“l’ho
saputo in
seguito, il neo Lancaster lo ha fatto quando non erano ancora a Londra,
e pur
provandoci in tutti i modi non avrei convinto Howard a rimuovere quel
chip.
Penso che te ne renda conto da sola”.
“me
ne rendo conto”.
“faccio
quel che posso
per dare dei limiti a mio cugino, Lela, ma non sono ancora in grado di
fare
miracoli. È per questo motivo che rimango ancora
qui…oltre che per essere di
supporto a tutti loro, ovviamente…e tu lo sai.”
“per
far sì che non
accadano di nuovo fatti simili a quelli delle finali. Lo so.
C’è mancato poco
che finisse tutto in disgrazia, o per la morte di quel
pover’uomo o, peggio,
quella di mia nipote dopo quel suo gesto avventato”.
“speravo
che Howard
avrebbe imparato qualcosa da questo, ma non è
così, e temo che se qualcuno non
lo precederà alla fine di tutto questo farà
sparire quel pover’uomo in qualche
modo. Ha promesso ad Emerald di non fargli del male, ma ciò
non gli vieta di
farlo esiliare da qualche parte…o qualcosa del genere. Non
so cos’abbia in
mente di preciso, ma dubito seriamente che permetterebbe che Warsman
resti
libero in giro”.
«su questi aspetti positivi
non discuto, e sono sollevato
nel sapere Hammy sta riacquistando le forze…e che anche il
ragazzo stia bene,
naturalmente» concesse Howard «ma ciò
non toglie che, avendoli persi, Hammy non
tornerà a casa ancora per un pezzo. O comunque, non
potrò mobilitare gli uomini
di stanza in Italia per tenerla d’occhio. Se avessero
telefonato a Janice la
notte stessa avrei potuto disporre di piantonare ogni strada che porta
fuori
Roma ma è logico supporre che, dopo l’incontro che
hanno avuto, mia figlia e
Zachary abbiano immediatamente lasciato la città. Ho modo di
sorvegliare
elettronicamente tutte le strade, è vero…ma
è utile solo fino ad un certo punto.
Se solo fossi a conoscenza del numero di targa della sua nuova
auto» e sapeva
di Chaos Star II solo perché Michael aveva detto di aver
visto tracce di
pneumatici vicino al rifugio nel bosco «o ci fosse il modo di
risalire al luogo
dove se l’è procurata, o comunque si è
procurato i componenti...e sempre
ammesso che lui ed Emerald usino quella per viaggiare. Sinceramente lo
troverei
strano, se la seconda auto è come la prima potrebbe essere
fin troppo
riconoscibile, non sarebbe una mossa saggia, e renderebbe anche inutile
tutto
quel che ho detto prima sui componenti e-»
Il discorso dei due venne interrotto
dall’arrivo dell’ospite
indesiderato.
Sì, era ancora
lì.
Sì, aveva maldestramente
tentato qualche scherzo senza
riuscire nell’impresa.
Sì, aveva anche tentato di
ficcanasare a mo’ di un
Lancaster, senza riuscirci, naturalmente.
E, sì, Abraxas
l’aveva preso a calci un paio di volte. Un
Mask, una leggenda del wrestling come lui, preso a calci da un cavallo!
Ma come
detto quello non era un cavallo normale, a dirla tutta forse sapeva
combattere
meglio di quanto sapesse farlo Dik Dik Van Dik.
E non c’erano stati solo i
calci, no…
«senti un po’!
quel cavallo-»
«buon pomeriggio anche a
te, Robbie» disse Howard, annoiato.
«quanti milioni di volte
dovrò ripeterti che non devi
chiamarmi in quel modo?»
«puoi ripeterlo quanto
vuoi, ma non per questo smetterò».
Quando Howard e Robin erano insieme,
a Lionel sembrava di
essere l’unico adulto presente. E sì che Robin
Mask era più vecchio di lui. E,
si diceva, abbastanza assennato se non c’erano Lancaster -o
almeno, quel ramo
dei Lancaster- in giro.
Ma in momenti come quello
c’era soltanto da alzare gli occhi
al cielo.
«rrr…al
diavolo!» Robin era talmente irritato da non essersi
nemmeno accorto di Lionel. Non che fosse complicato “non
accorgersi di Lionel”.
Era un tipo così discreto che non gli risultava difficile
diventare
praticamente invisibile…ma quando decideva di entrare in un
discorso erano ben
pochi coloro che non lo stavano a sentire, perché tendeva a
dire cose fin
troppo sensate. «ero venuto qui a parlarti di quel tuo equino
mostruoso!»
«hai tenuto Warsman in casa
tua per anni, teoricamente
avresti dovuto essere abituato a trattare con gli animali…e
non guardarmi in
quel modo, tu» aggiunse, intercettando l’occhiata
gelida dell’amato cugino.
«oh. Salve, Lionel. Non ti
avevo notato, scusami» il tono e
l’atteggiamento di Robin erano cambiati drasticamente nel
rivolgersi all’altro
marchese, tornando ad essere quelli del “solito”
capofamiglia Mask. Quello che
tendeva a non
ricoprire di carta igienica la casa del
suo dottore, insomma, specialmente sapendo che tale dottore era il
mentore
della sua compagna.
«non
preoccuparti».
Ma quell’attimo
passò alla svelta, e Robin Mask tornò ben
presto ad assomigliare ad un cane arrabbiato che digrigna i denti
alzando il
pelo.
«punto primo: evita i
commenti sul mio ex allievo!» intimò
infatti al “nemico” «punto secondo: quel
cavallo mi sta addosso!»
«mi permetto di dubitarne,
Abraxas notoriamente odia le
persone, agisce solo in presenza di
intrusi e reagisce quando gli si va
a
dare fastidio. È già incredibile che si sia
avvicinato alla villa quella volta,
per inseguirti. Per cui tu limitati a stargli lontano,
intesi?»
«io non vado di certo
vicino a quel coso!!! È lui che viene
da me! E sono convinto che lo faccia su tuo ordine!»
«sicuramente.
Perché secondo te io, con mia figlia dispersa,
mi sono preso la briga di ordinare ad Abraxas -che intanto,
ricordiamolo, è
sempre un cavallo- di venire a darti fastidio. Ti rendi conto
dell’assurdità
che vai dicendo? Se non altro mi hai ricordato che lo sto trascurando,
è da un
po’ che io e lui non andiamo a
cavalcare…»
«me
lo sono ritrovato
a nitrire alla finestra di camera mia alle due di stanotte, col muso
dentro!!!
E come se questo non fosse bastato, dopo mi ha tirato addosso un sacco
che
teneva tra i denti, e che conteneva un dannatissimo istrice!»
«…e poi presumo
si sia messo a cantare “Jamaica Rum”,
vero?»
«e smettila di fare
l’indiano!!!»
«vedi per caso un copricapo
di penne sulla mia testa?»
«ti
ho detto di
smetterla!»
«e io dico che sarebbe
meglio affrontare la questione con
calma» si intromise Lionel, capendo che altrimenti non
l’avrebbero mai fatta
finita «sarò franco, questa storia sembra essere
al limite dell’assurdo anche a
me, ma d’altra parte sappiamo anche che Abraxas non
è un cavallo comune. Robin,
hai delle prove a sostegno?»
«ehm…avevo
l’istrice…ma appena l’ho recuperato
l’ho lanciato
fuori dalla finestra, non potevo certo tenermi un animale in
camera».
Howard sollevò un
sopracciglio e guardò Robin con l’ombra di
uno strano sorrisetto che evidentemente non era sua intenzione
nascondere.
Ossia con l’aria, riuscì ad interpretare il
capofamiglia Mask, di quando
quell’essere infido pensava a qualcosa di imbarazzante -e
divertente, almeno
per Howard stesso- sul suo conto.
«non so a cosa diamine tu
stia pensando» disse Robin,
lentamente e con aria alquanto minacciosa «ma smetti di
pensarlo!»
“no, basta, io me ne
vado” pensò Lionel congedandosi,
capendo che a quel punto rimanere in quella stanza era inutile. Quando
c’era
Robin Mask diventava impossibile parlare di questioni più
serie, perché i due
“ex amici” erano troppo impegnati a darsi addosso.
Ma si ripromise di tornare a fare due
chiacchiere con Howard
sua sulle solite questioni che su quella dell’istrice!
«e a cosa starei pensando,
Robbie?»
Non si curava neanche più
di cercare di soffocare il suo
divertimento. Sembrava una pantera che aveva voglia di giocare con una
preda
come avrebbe potuto fare un gatto.
«non ho modo di sapere cosa
passi in quel tuo cervello da
iena, ma ti ordino di non farcelo passare oltre!...ti ho detto che non
devi
guardarmi più in quel modo!!! Mi hai capito?! Hai cominciato
a farlo da quando
ho parlato di animali in camera e…e…»
Per qualche istante
l’irritazione di Robin cedette il posto
ad un miscuglio di sensazioni riassumibili in un “but
WTF?!” nell’arrivare
ad intuire ciò a cui il
marchese doveva avere pensato.
«io non ho mai…io
non mi sono mai portato Warsman in
camera, maledizione!!! Mi hai sentito?! Non lo ho fatto! E
quelle catene
che hai visto nelle stanze dove lo allenavo servivano solo a tenerlo
fermo per
evitargli di saltare addosso alla gente, o anche a me, quando non avevo
su la
maschera…» detta così faceva sembrare
quel povero disgraziato o una sottospecie
di maniaco o la bestia che Howard diceva che era, e decisamente non era
la
pubblicità migliore che potesse fargli; se ne rese conto
anche lui, anche se
forse un po’in ritardo «Insomma! Non ti permetto di
insinuare certe….certe cose!!!»
«ti faccio notare che io
non ho detto una parola, hai fatto
tutto da solo».
Più Robin invecchiava,
più farlo partire per la tangente
diventava facile, almeno per il marchese Lancaster, che pur avendo
“insinuato
silenziosamente” che Robin e Warsman avessero avuto una
relazione di stampo
sadomasochistico sapeva fin troppo bene che invece avevano entrambi
tutt’altri
gusti. Fin troppo raffinati, invero, considerando che quella con cui
Robin Mask
si era riaccompagnato era una gran bella ragazza, e che quella sudicia
bestia
invece era ossessionata da Emerald.
Cosa che per lui, checché
ne dicesse Lionel, costituiva un
oltraggio.
Forse le cose sarebbero andate
diversamente se il giorno
delle finali del Torneo Turbinskii non gli avesse mostrato quel
video. Quello
in cui Warsman stringeva il collo di Emerald, per inciso. Pur
considerandolo
sempre un mostro, pur avendogli dato la caccia anni addietro, senza
quel video
magari Howard durante le finali non avrebbe agito come aveva fatto.
Avrebbe prelevato Robin come aveva
fatto, l’avrebbe indotto
a firmare, e ad incontro finito, in qualunque modo esso fosse andato
senza che
lui interferisse, avrebbe prelevato Warsman -perché con o
senza video comunque
gli indizi riguardanti la sua identità li aveva messi
assieme- di cui
immaginava che la passata battuta di
caccia avesse indotto ad avere di lui un sacrosanto terrore, quello
sufficiente
a spingerlo a firmare per l’annullamento del patto.
E poi magari l’avrebbe pure
lasciato andare sul serio per la
sua strada senza fargli niente, perché aver risolto
quell’annosa e spinosa
questione lo avrebbe messo moooolto di buonumore…se Emerald
avesse voluto così.
Ma per quanto sapesse che lei era in
grado di difendersi più
che bene già allora, per quanto adesso fosse diventata una
chojin con tanto di
diploma e braccio potenziato, o sapendo che anche in
quell’occasione specifica
se le cose si fossero messe male sul serio Turbinskii avrebbe impedito
il
peggio, non riusciva a dimenticare la sua lurida zampa -ergo, mano-
stretta attorno
alla candida gola di Hammy. E chi se ne importava se anche lei aveva
tentato di
ucciderlo…
Ed era solo la volontà di
quest’ultima a trattenere tuttora
la sua mano. O quella di suo genero.
Altro che Nettuno, fosse stato per
Michael l’avrebbe
impiccato con le sue stesse budella, specialmente quando era venuto a
sapere
che i fuggiaschi erano stati trovati e persi.
In quell’occasione Howard
aveva lasciato che l’americano inveisse
quanto gli pareva senza rimproverarlo nemmeno una volta per il
linguaggio, perché
si poteva dire che lo stesse facendo anche al posto suo; Howard H.R.J.
Lancaster non si sarebbe mai abbassato a mostrare il proprio disappunto
con
imprecazioni e bestemmie.
E se fosse stato per lui invece,
tanto per citare una serie
di libri che nei tempi precedenti al matrimonio di Emerald lo aveva
preso, gli
avrebbe dato personalmente la “giustizia del re”.
Con una pistola invece che
con una spada, ma quel che contava era che il marchese sarebbe stato
più che
disposto a macchiare del sangue di Warsman -o Lord Flash, o come
accidenti lo
si voleva chiamare- il proprio candido completo. Anche se si trattava
del
sangue di un animale, ma era un animale che aveva attentato alla vita
della sua
bambina, e adesso minacciava di macchiarne l’onore.
“è
giusto che la persona che emette la sentenza sia anche la
mano che la esegue”, almeno in quel caso specifico, e poco
importava che Howard
Lancaster fosse un marchese qualunque (?) invece di un re.
«n-non…»
farfugliò Robin «senti, torniamo a quel tuo
dannato
cavallo! Vedi di tenerlo sotto controllo, oppure io-»
«”tu”
cosa? Abraxas non ha mai dato noia ad ospiti a volte
ben più molesti di te, nei suoi confronti» e
nell’elenco era incluso anche
Sebastian, che aveva cercato di istruirlo riguardo Oscar Wilde
«dunque mi è
difficile credere che tu non ti sia sognato tutto. E mi costringi a
ricordarti
che non c’è nessuno a trattenerti nella mia
tenuta, tra le altre cose. Puoi
tornare della tua compagna in qualsiasi momento…»
fece un leggero sospiro «a
farti diagnosticare una volte per tutte una strana demenza senile
allucinogena!»
«io non ho nessuna demenza
senile!!! E ti comporti come se
non sapessi che quel tuo cavallo è pazzo quanto
te…»
«effettivamente accettare
di ospitarti è stata una scelta
piuttosto dissennata da parte mia, ne convengo.
Ospitarti…frequentarti…anche il
semplice starti a sentire, invero».
«sei più iena
del solito, che diavolo c’è?!»
sbuffò Robin «un
affare saltato? Un investimento da annullare? È morto
qualcuno? O c’entra
quella tua “adorabile” figliola?»
Per fortuna Robin aveva avuto il
buonsenso di limitarsi ad
un “adorabile” detto ironicamente, invece di altro.
Ed aveva dimostrato che
tutto sommato lo conosceva abbastanza bene da capire quando
c’era qualcosa che
non andava -o meglio, qualcosa che non andava più di quante
ce ne fossero
ultimamente-.
«…ho sue
notizie. So che sta bene ed è in forze, il che è
molto
positivo. Ma le buone nuove finiscono qui. Robin, Robin…che
errore facesti,
quando per la tua sete di vendetta portasti via dalle steppe quella cosa
infame.
Quanti problemi ci saremmo risparmiati?»
«di problemi, a me, Warsman
non ne ha dati. A parte nel
periodo in cui sventrava chiunque non portasse una maschera come la
mia, quando
non era legato, e poi dovevo far sparire…i
cadaveri…»
«seppellendoli a sud-ovest
della tua tenuta».
«e tu che ne
sai?!»
«è che da
ubriaco, anni orsono, tendevi a diventare
piuttosto loquace» uno schiocco di dita del marchese e le
massicce porte scorrevoli
dell’ufficio si chiusero «già che sei
qui, per la prima volta dopo anni
gradirei fare con te un discorso serio senza i soliti “re
delle iene” di
mezzo».
Sembrava mortalmente serio, come la
volta in cui gli aveva
chiesto un prestito, per cui a Robin riuscì miracolosamente
di mantenere
“acceso” il cervello. «non
c’è un altro prestito di mezzo, mi
auguro».
«no, non
c’è. Ma il discorso riguarda quel che è
successo
anni fa».
Ad Howard era venuta in mente
l’idea di cercare di mettere
contro Warsman anche lui, Robin, il suo ex maestro.
Il motivo era molto semplice: per
quanto c’era ben poco che
potesse fare contro i suoi soldi e il suo potere, doveva riconoscere
che anche
Robin aveva una certa influenza. Lo dimostrava il fatto che, se non
fosse stato
per Emerald, sarebbe riuscito a continuare quella farsa della moglie
morta uscendone
indenne…ed esiliare qualcuno su Nettuno -tenendo conto che
uno dei due
“qualcuno” era a sua volta un campione ben
conosciuto- non era qualcosa che
potevano fare tutti. E se in passato era riuscito a compierlo, poteva
anche
essere che riuscisse ad ostacolarlo, un esilio.
Niente di più che un
sassolino nella scarpa, sia ben
chiaro…ma Howard Lancaster intendeva mandare
lassù Warsman subito e
senza impedimenti, una volta tornata Emerald.
Era per quel motivo che non aveva
detto nulla di tutto ciò
nemmeno a Lionel, che avrebbe potuto cercare di dissuaderlo.
Ed era per lo stesso motivo che,
dunque, a Warsman andava
tolto ogni possibile aiuto.
«non vedo il motivo per cui
dovremmo parlarne adesso.
Sappiamo tutti e due com’è andata: sei arrivato in
casa mia, mi hai chiesto un
prestito, ed io ti chiesi di lasciarmi una notte per pensarci
su…»
«lo ricordo, ma non era di
questo che volevo parlarti…»
«pensai intensamente alla
faccenda da dopo che eri tornato a
casa» continuò imperterrito Robin mezzo perso nei
ricordi «per quanto i soldi
non siano mai stati un problema per me, quella era una veramente una forte
somma.
In nome del nostro legame di amicizia chiaramente sapevo già
che avrei finito
per accontentarti. Ma poi…mi sa che quella sera ho fatto con
Warsman uno dei
discorsi più lunghi che ho mai fatto con lui. Vedendomi
pensieroso mi chiese
cosa c’era che non andava, e quella che tu chiami
“bestia” si dimostrò
dispiaciuto per quanto era capitato. Ti riteneva degno di stima, a quei
tempi».
“sai che me ne faccio del
dispiacere e della stima di una
bestia” pensò Howard. «ah
davvero».
«mi disse che anche per il
bene della mia figlioccia dovevo
farti quel prestito, e mi parlò di quando l’aveva
vista rincorrere un grillo
qui nella tenuta…»
“un momento. A
me questo non risultava affatto!”
pensò il marchese, decidendo ugualmente di lasciare che
l’uccello canterino
continuasse a cantare, nonostante quel che aveva appena detto lo avesse
sorpreso, e non in bene.
Emerald, piccolina, probabilmente una
delle volte in cui era
sfuggita alla sorveglianza, da sola con…quel coso.
«…dicendo che
sarebbe stato un peccato se non avesse più
potuto farlo, se aveste dovuto lasciare la vostre tenuta. Mi fece anche
notare
che lei e Kevin hanno la stessa età…oltre ad aver
fatto vari discorsi sull’importanza
che ha lasciare che i bambini stiano con i loro coetanei,
eccetera…e che magari
a Kevin avrebbe fatto bene frequentarla un po’di
più. In quel modo forse
avrebbe iniziato a darmi più retta. Disse che gli era
sembrata una bambina così
dolce e carina che avrebbe solo potuto ammansire quel piccolo
demonio» ossia
Kevin «ed è da lì che mi è
venuta l’idea!»
Poi la notte stessa nel dormiveglia
gliene era venuta
un’altra peggiore -impalmare lui stesso Emerald quando lei
avesse raggiunto
l’età- ma ringraziando il cielo aveva optato per
quella della sera.
«l’idea».
«l’idea di
concretizzare quel che più volte avevamo detto
“così per dire”, ossia del matrimonio
tra…i…»
Ma di tutto quel che Robin poteva
dirgli, di tutto,
si era lasciato sfuggire la cosa più sbagliata in assoluto.
Una cosa vera,
perché l’idea gli era davvero venuta quando
Warsman, bontà sua, cercava
solamente di convincerlo ad adottare con Kevin una linea meno dura,
nulla di
più. Era stato il cervello -bisogna dirlo- in quel caso bacato
di Robin
Mask a tirare fuori un matrimonio dinastico da quello che invece era un
incoraggiamento a lasciare che Kevin vivesse almeno un po’la
vita che avrebbe
dovuto fare un bambino di quattro anni.
Si rese conto di aver di nuovo
parlato troppo appena guardò
negli occhi il suo “ex amico”.
«…due».
Il marchese tamburellò
leggermente con le dita il ripiano
della scrivania in ebano.
«quindi mi stai dicendo che
la brillante idea che ha
portato a quel patto scellerato, al litigio successivo… agli
anni di silenzio
che ne sono conseguiti, ai miei tentativi di spezzarlo tra cui quello
ultimo
della caccia a quell’animale, che ci ha allontanati
definitivamente…l’odio
tra le nostre
famiglie…tutto questo è dovuto al fatto di aver
ascoltato i latrati di quel mostro
rognoso?»
Era il caso di cercare di correre ai
ripari, per quanto non
fosse granché possibile. «non-»
«adesso immagina di aver
messo una museruola alla bestia.
Immagina quante cose ci saremmo risparmiati, Robin. Sarebbe stato tutto
diverso,
a partire dal fatto che forse Emerald e Kevin sarebbero stati sposati,
adesso»
c’erano ottime probabilità, perché
oltre all’atteggiamento del ragazzo la
rottura tra i due era stata causata proprio per tutta
l’acredine che c’era tra
i loro padri. Ovviamente Howard era più che contento che
Emerald avesse invece
scelto Michael, ma in quel momento ciò che contava era
tirare acqua al proprio
mulino, e dire a Robin quel che era giusto dire per raggiungere lo
scopo «per
Emerald saresti stato “zio” Robin. Se anche fosse
finita nella Scuola di
Ercole, al di là del fatto che sei stato tu a
nominarla, non ti avrebbe
dato problemi. Ti avrebbe voluto bene come te ne voleva da bambina;
ricordi
quando ti abbracciò?...e la faccenda di Alisa non sarebbe
venuta a galla. O se
anche fosse successo, ti avremmo tutti dato una mano ad uscirne in modo
onorevole» anche se quel che aveva fatto Robin di onorevole
non aveva nulla
«Emerald per prima, che avrebbe cercato in tutti i modi di
ammansire tuo
figlio. Già, ci pensi? Se quella bestia avesse tenuto la
bocca chiusa, Kevin
magari non sarebbe nemmeno fuggito di casa. Ti avrei convinto a fargli
frequentare Emerald, e vedendoti un po’più umano
nei suoi confronti ti avrebbe
ascoltato davvero. Non si sarebbe unito ai D.m.P., con l’onta
che ne è
conseguita per i Mask. Non avrebbe sputato veleno sulla tua persona ad
ogni
minima occasione».
«ma-»
«non ci sarebbe stato
bisogno che “Lord Flash” facesse la
sua comparsa per insegnargli cose che avresti dovuto insegnargli tu,
come ho fatto io con Hammy. E lei e Warsman, se le cose avessero
continuato ad
andare come andavano» ossia con Warsman che partecipava non
troppo spesso ai
suoi incontri con Robin, e le volte che lo faceva c’erano
solo loro tre
«probabilmente non si sarebbero incontrati o, se
sì, giusto occasionalmente. E
la cosa sarebbe finita lì. Niente Emerald che si frappone
tra lui ed il mio
proiettile…anche perché non avrei dovuto
spararlo! A proposito, se non avessi
dato retta a Warsman tuo figlio avrebbe vinto il Torneo, ne sono
praticamente
sicuro» aggiunse il marchese «come sono sicuro che
il matrimonio tra lui ed
Emerald sarebbe finito diversamente rispetto a quello tra lei e
Michael. è
praticamente assodato che è stato
Warsman ad attirarla laggiù e lei è caduta dalle
scale, con tutte le
conseguenze attuali…se tutto fosse andato come doveva, non
avrebbe avuto motivo
di tentare di mettersi in mezzo…perché non ne
sarebbe stato ossessionato com’è
adesso, e non ci sarebbero state “arcinimicizie” di
sorta, tra loro due. Che
bellezza, mh? Sarebbe stato o no tutto perfetto?»
Ci fu un lungo istante di silenzio.
«ammetto che lo sarebbe
stato».
«invece è andato
tutto al contrario, e adesso anche tu ti
sarai reso conto di chi è la colpa».
Le cose non stavano precisamente
così, Howard avrebbe potuto
comunque agire diversamente in molti frangenti, e lui stesso lo sapeva
benissimo; non era così cieco da non rendersi conto di aver
unicamente creato
un capro espiatorio -le cui colpe in diversi casi erano proprio
“tirate per i
capelli”- per tutto quel che di brutto era successo negli
anni.
Ma Robin gli aveva dato
l’occasione d’oro per fare quel
discorso, al quale altrimenti avrebbe dovuto arrivare in altri modi. Ed
aveva
toccato ogni possibile tasto che potesse indurlo ad evitare di aiutare
Warsman
in qualunque modo. Quindi non restava che attendere la reazione
completa.
Robin si passò una mano
sul volto coperto dalla maschera,
con un sospiro.
«per come la metti tu, la
vita di tutti sarebbe stata -e
sarebbe tuttora- molto migliore se non ci fosse stato il mio ex
allievo.
Inclusa quella di Kevin, è un Mask, e come tale deve aver
gradito l’ossessione
di Warsman nei confronti di…quella
ragazza…esattamente come ha gradito che si
sia sposata con un altro».
«e la colpa di questo
è sempre del russo» sì, con molta
immaginazione...forse giusto Robin avrebbe potuto lasciarsi influenzare
così! «tienilo
a mente».
Robin iniziò a tormentare
l’orlo della manica sinistra della
propria giacca. «messa così, mi verrebbe quasi da
dire che più sta lontano da
tutti noi meglio è».
“ah però. Sapevo
che non avrei faticato troppo, ma non
pensavo di metterci così poco a convincerlo”
pensò il marchese. «la penso così
anche io. Guarda i danni che ha fatto, Robin».
Altro momento di silenzio.
«hai idea di dove si trovi
Warsman al momento?»
«non proprio»
mentì «ma sono certo che quando Emerald
tornerà a casa non tarderà a ricomparire.
Perché questa domanda?»
«pensavo che magari, se lo
rivedessi qui intorno, potrei
parlargli e convincerlo a tornare nel suo paese natale. Alla luce di
tutto
questo è meglio anche per lui stesso…mi chiedo
come abbia fatto a non
accorgermene prima. Mi sa che ero troppo impegnato ad odiare
te».
Doveva essere una giornata
miracolata, perché le cose
stavano andando anche meglio di quanto Howard avesse sperato. E per
quanto
riguardava i tentativi di proteggere Warsman, Lionel aveva fatto un
errore ad
andarsene dall’ufficio troppo presto; come accadeva quando
Howard era piccolo,
bastava voltarsi per un minuto perché questi ne combinasse
una delle sue.
Solo che da piccolo si trattava di
invadere casa con le
rane…mentre lì era in gioco il futuro di un uomo
relativamente innocente.
Si dice che la differenza tra un uomo
ed un bambino sta nel
prezzo dei suoi giocattoli. Ma se si tratta di un uomo di potere, oltre
al
prezzo i giocattoli cambiano anche l’entità.
«ammetto di non aver messo
troppo impegno a far si che non
mi odiassi. Io stesso avevo perso di vista la “vera causa di
tutto”» ah
davvero. Da quando in qua? « non devi rimproverarti troppo.
Ed apprezzo la tua
buona volontà, solo che temo non sia abbastanza; se il
terrore di me non è
servito a tenerlo lontano da Emerald, e dalle nostre famiglie in
genere, non ci
riusciranno nemmeno le tue parole».
«cosa potrebbe riuscirci,
invece?» domanda incoraggiante,
senza dubbio «...e non azzardarti a proporre di ucciderlo,
altrimenti io-»
«non è tra le
opzioni, perché è ferma volontà di mia
figlia
che lui resti vivo» lo fermò subito Howard.
Che la vita di Warsman fosse appesa
ad un filo sottile quale
era la volontà -la volubilità- di quella piccola
iena non era una bella notizia
per Robin, ma meglio di niente.
«e le opzioni
sono?»
«strutture in grado di
contenerlo».
«una prigione?!»
Howard era stato generico, ma di opzioni
non ce n’erano molte in quel caso «non se ne parla,
non lascerò che tu lo
imprigioni da qualche parte come un animale da circo, non
contarci!» disse
rabbiosamente Robin.
«non io. Ma la
Giustizia».
Il capofamiglia Mask lo
guardò attonito. «e sulla base di
cosa?!»
«innanzitutto sulla base di
quei cadaveri a sud-ovest della
tua tenuta, per esempio».
Robin boccheggiò sotto la
maschera. Aveva detto decisamente
troppo, quella volta da ubriaco
come adesso, e rischiava grosso a sua volta. «mi
stai minacciando?!»
«assolutamente no. Al di
là del fatto che tu ti sei limitato
a seppellirli, non è necessario che questo piccolo dettaglio
si sappia. Metti
delle persone a fare degli scavi in quella zona, per costruire un lago
artificiale come il mio, magari. I cadaveri salteranno fuori, e non
faticheranno a rilevare i segni degli artigli sulle ossa. Tu,
ovviamente, dirai
di questo non sapevi nulla. Ti fidavi di Warsman, tutti sanno del
vostro
rapporto di amicizia, e “mai avresti pensato che in quegli
anni in cui l’hai
ospitato lui potesse
aver fatto…”» mimò
le virgolette «sappiamo entrambi che hai appoggi sufficienti
per uscirne
pulito».
Disse così, ma non si
offrì di dargli una mano. Voleva che
Robin, definendolo troppo rischioso anche se valido, cestinasse quel
piano.
Howard glielo aveva presentato perché non pensasse che di
piani, lui, ne aveva
già di propri. Doveva sembrare che ci stessero pensando
insieme, cosa che
avrebbe contribuito a far sì che Robin si sentisse
“sporco” per quella specie
di tradimento ad un amico.
Una sensazione che lo avrebbe zittito
in seguito, perché
“anche tu l’hai fatto, Robin, ricordi? Hai pensato
insieme a me a come
liberartene. Di tradirlo rivelando cose che TU hai nascosto. E che lui
ha
compiuto perché TU gli avevi fatto raggiungere quel livello
di
ferocia…civilizzandolo solo in seguito”.
Classiche tattiche psicologiche
Lancaster insomma, visto che
Howard quel suo pollo lì lo conosceva
bene.
«no. No, rischio
troppo».
Mr. Lancaster si appoggiò
allo schienale della sedia. «e va
bene…se non te la senti di rischiare, troveremo
qualcos’altro quando servirà.
Vuoi che non abbia combinato dell’altro -che non ti coinvolge
minimamente- in
questi anni?»
«spero che tu non stia
pensando di incastrarlo, perché
sarebbe…squallido».
«lo sarebbe quanto
l’aver pensato di tirare fuori dei
cadaveri che tu stesso hai nascosto per farlo rinchiudere da qualche
parte »
replicò l’altro «ma no»
alzò le mani «se mai si troverà
qualcosa, non sarà
condannato per nulla di più di quel che ha fatto».
Robin non riuscì a dire
una parola in risposta, limitandosi
ad alzarsi -e lì Howard premette il pulsante di prima
così che le porte
potessero aprirsi- ed andare via senza una parola di congedo. Howard
Lancaster
stiracchiò le dita delle mani.
“e che abbia ucciso
Pumpinator è un dato di fatto”
si
disse.
“ma Pumpinator non
è di certo cittadino di Nettuno, era un
D.m.P., e come se questo non bastasse stava per violentare nostra
figlia!
Condanni un uomo che ha fatto esattamente quel che avresti fatto tu.
Quanto ci
metterà Emerald a capire che dietro quella condanna ci sei
tu? Se anche non ci
arrivasse prima, ci arriverà quando ti chiederà
di salvarlo e tu dirai che non
puoi. Perché in realtà non
vuoi”.
Non c’era da stupirsi che
la voce della sua coscienza fosse
quella della moglie, se si tiene conto che la voce della coscienza di
Emerald
invece era quella dello stesso Howard. Il che la diceva lunga su che
tipo di
coscienza potesse avere quella ragazza.
“le parlerò. Non
voglio mentirle dicendole che non posso
aiutarlo, sarebbe sciocco ed inutile. Cercherò di farle
capire quanti danni
Warsman le ha arrecato e perché dunque va allontanato. Devi
ammettere che da
quando si sono incontrati lei non ha avuto più
pace”.
“non più danni
di quelli che tu e lei gli
avete arrecato, Howie, e lui ha avuto ancor meno
pace di Emerald, a causa vostra. Lo sai benissimo”.
“possiedo
raziocinio a sufficienza da rendermene conto,
non lo nego. Ma, primo, della salute di Frankenstein Delle Steppe non
mi
importa. Secondo, non gli ho detto io di stare intorno ad una creatura
che ha
tentato di uccidere, e che giustamente ha a sua volta tentato di
ucciderlo.
Avrebbe potuto allontanarsi da lei. Sì…so quel
che dicono Lionel e Gabrijela a
riguardo, ma ciò che quell’essere prova e lo
induce a comportarsi così
stupidamente non è amore. Non può esserlo. Tanto
più che Emerald lo ha definito
un arcinemico. Ovviamente non ci vuole molto per capire che
è un “arcinemico”
per modo di dire, Hammy tiene a lui, ma non in quel
modo. In più, Emerald ha scelto un altro per
essere l’uomo che
le rimarrà al fianco per il resto dei suoi giorni, e non
l’avrebbe fatto se non
ne fosse stata del tutto convinta.”.
“…e anche dopo
questo, lui è andato a cercarla. Renditi un
po’conto”.
“un’ossessione
è un’ossessione”.
“e tu credi davvero che un
uomo accetterebbe di passare
tutto quel che Warsman ha passato decidendo di rimanerle accanto per
una pura e
semplice ossessione?”
“magari senza volerlo Hammy
ha attivato un protocollo di
imprinting, e dunque quella cosa agisce di conseguenza”.
“ah. E se fosse
così secondo te sarebbe colpa di Warsman?”
“no, ma di colpe da
scontare -tra cui quella di non aver
tenuto la bocca chiusa, e del tentativo di strangolamento- ne ha
già a
bizzeffe. Ed è meglio che non stia a pensare troppo a quel
che Robin mi ha
detto poco fa, non vorrei cedere alla tentazione di dire al carissimo
Egil di
usarlo come cavia da laboratorio una volta portato
lassù”.
Fu con aria annoiata che Terry Kenyon
lanciò una lattina di
birra vuota in testa a Kid Muscle.
Nelle stanze che erano state
riservate a tutti loro -con
tanto di salotto poi- se non fosse stato per Meat, Checkmate, le
ragazze, un
po’anche Jeager nonché l’efficiente
servitù di casa Lancaster, avrebbe regnato
il degrado più totale.
Si trovavano ancora tutti
lì, i ragazzi della nuova
generazione, giunti sul posto per stare vicino ad una loro amica e
collega come
da migliore tradizione della Muscle League. Davano un’estrema
importanza alla
forza dell’amicizia, e dunque era fuori discussione lasciare
qualcuno di loro
nei guai. Era buona norma stringerglisi tutti attorno in aiuto,
conforto e
protezione, e come lo avevano fatto per Hammy lo avrebbero fatto anche
per
chiunque altro del gruppo.
«Terry…potevi
lanciarmela piena, la lattina di birra!»
Solo che nessuno di loro, a parte
forse Jacqueline e anche
Kid Muscle che sul proprio pianeta possedeva un intero palazzo da
mettere in
tavola, poteva minimamente rivaleggiare con tutti i lussi che
c’erano nella
tenuta. Tutto quel che serviva e anche molto di più. Troppo
di più.
Prima, quando i soldi che spendevano
per i bagordi erano i
loro, erano costretti a darsi una regolata. Ma non era
più così, non in
quella specie di paradiso dove era tutto spesato e sembrava che nessuno
avesse
voglia di cacciarli via. In particolare alle signore Lancaster, le
anzianotte
signore Lancaster, sembrava non dispiacere avere attorno
tutta quella
gioventù. Ubriaca e non.
A Meat a volte era venuto il sospetto
che le nonne di
Emerald avrebbero gradito di ottenere anche dell’altro
oltre alle
chiacchiere, e poco contava che Phoebe avesse sessantacinque anni e
Verbena
sessantuno. Ma forse erano solo delle illazioni, al di là
della conversazione
avuta quel giorno durante la quale, mentre Verbena aveva detto che
“non è
l’altezza a contare in un uomo”, Meat aveva
disperatamente voluto credere che
si riferisse al suo cervello. Per carità, erano entrambe due
belle signore,
ma…a parte tutto lui aveva ancora una mezza cotta per la
madre adottiva di
Roxanne.
«se fosse stata piena
l’avrei bevuta, genio».
Uscì dalla stanza, vagando
per l’ampio corridoio esterno. Ormai
il piccolo kinniku non aveva più nemmeno la forza di urlare
loro contro,
specialmente sapendo che era completamente inutile. I suoi appelli di
evitare
di ubriacarsi in continuazione e quelli ad allenarsi visto che nella
tenuta non
mancavano le strutture per farlo andavano immancabilmente a vuoto con
tutti i componenti
della League di sesso maschile, eccetto Jeager e Checkmate. Le ragazze
erano
diverse, loro utilizzavano le suddette strutture di allenamento
nonostante le
loro menti fossero ancora distratte - in particolare dalla fuga di
Kirika-
rivelandosi se non altro più responsabili.
«forse dovremmo andarcene
di qui» borbottò, rivolto a se
stesso «sì, dovremmo proprio fare tutti quanti i
bagagli ed andare via da
questo posto, prima che si dimentichino pure i loro nomi a forza di
bere».
Se Meat non lo aveva fatto era stato
unicamente per cercare
di chiarire diverse faccende in sospeso, ma contrariamente a come aveva
sperato
i miseri sembravano soltanto infittirsi. Da quando era stato sorpreso
ad
origliare da Howard, poi, gli sembrava di essere tenuto costantemente
sott’occhio.
“tieni stretti gli amici e
ancor di più i nemici”, così
diceva il proverbio, e Meat aveva scioccamente pensato che vivendo in
territorio “nemico” avrebbe potuto ricavare qualche
informazione…ma tutto quel
che aveva ottenuto era stato un feroce mal di gola per il troppo urlare.
“se non si sta attenti, la
tenuta dei Lancaster è per i
propri ospiti come l’isola dei Lotofagi”
pensò “ormai sono passati diversi
giorni da che anche Robin Mask è qui, e da quel che so ha
una nuova compagna
dalla quale dovrebbe voler tornare, ma mi fulminassero se
l’ho mai visto anche
solo col cellulare in mano, e…ecco, parli del diavolo e
spunta la coda”.
Da quel che Meat poteva vedere, Robin
Mask sembrava avere
voglia di camminare fino a crollare a terra. Ci sarebbe voluto
parecchio tempo
peraltro, essendo un chojin.
Ma una camminata era necessaria per
digerire sia l’idea di
voler tradire quello che era stato un amico oltre che un allievo, che
quella di
essersi trovato alleato a qualcuno che per circa quattordici anni aveva
dichiarato di odiare a morte.
Ma con quel qualcuno aveva avuto -e
checché ne dicesse aveva
ripreso ad avere- un rapporto diverso rispetto a quello che aveva con
Warsman.
Era qualcosa più “alla pari” (per modo
di dire!) e che, come aveva più o meno
ammesso sull’isola, gli era mancato.
Fino a poco tempo prima lo avrebbe
preso a sprangate, forse
lo avrebbe fatto anche adesso, eppure quando si era trovato a dover
scegliere
tra Nikolai, che fosse stato per lui non si sarebbe mai allontanato
né mai
avrebbe fatto tutto quel che aveva fatto Howard, e
quest’ultimo…aveva scelto
proprio la persona che lo aveva portato via con sé a fare
kayak per poi farlo
ubriacare di brutto accanto ad un falò in spiaggia.
Poteva essere considerata
un’assurdità completa, specialmente
tenendo conto di quel che Warsman aveva fatto per Kevin. Ma Robin non
aveva mai
avuto un gran rapporto col figlio, forse anche perché troppo
simile nei tratti
alla donna che lo aveva tradito in quel modo, e le varie vicissitudini
non
avevano contribuito al riavvicinamento. Senza contare che tutto sommato
questo
non era più assurdo dell’aver fatto esplodere un
aereo con lui stesso sopra.
E non c’era neppure nessuno
che potesse consigliarlo perché
resosi conto del tradimento che forse si sarebbe trovato a compiere,
col
relativo disonore, aveva deciso di starsene ben zitto.
Come previsto.
«salve, Robin».
«mh?...ah. Salve»
borbottò l’altro.
«va tutto bene? I lavori
nella tua tenuta…»
«sì, chiaro,
è tutto a posto. E i lavori procedono».
Sicuramente procedevano.
Ma non aveva idea di come.
«sicuro che è
tutto a posto?» incalzò Meat «mi sembri
nervoso».
«immagino che saresti
nervoso anche tu se un cavallo venisse
a nitrire in camera tua alle due di notte e ti lanciasse addosso un
istrice!»
ribatté l’altro «ed ora, con permesso,
devo proprio…» improvvisamente Robin
parve aver visto un fantasma, tanto che anche Meat si voltò
preoccupato.
Ma era di uno di quei fantasmi che
molti uomini avrebbero
gradito trovarsi davanti tutti i giorni visto che, se non ricordava
male, la
bella donna bionda con gli occhi azzurri che vide era proprio la
compagna di
Robin Mask. L’aveva vista al matrimonio di Emerald, dato che
i Lancaster
l’avevano messa con Robin nelle prime file insieme alla donna
che a lui non
piaceva e relativa famiglia.
«eeeh…Alya.
Ciao» Robin deglutì cercando di riacquistare un
minimo di compostezza «com’è andata nel
centro benessere…?»
Capendo che era il caso di lasciarli
soli Meat salutò
velocemente entrambi e se ne andò via, con tutta
l’intenzione di andare a cercare
un minimo di aiuto da parte delle ragazze per convincere i suoi allievi
ad
andarsene di lì, o comunque far riaccendere loro quei due
neuroni che avevano.
E che Robin se la sbrigasse da solo.
«è andata molto
bene» disse lei con calma «ma sarebbe andata
ancora meglio se avessi risposto ai miei sms o alle mie
chiamate…» che erano
stati pochi, a dire il vero, visto che Robin l’aveva portata
lì per rilassarsi
e non era una di quelle che ossessionavano il malcapitato con cui
stavano
insieme «non dico a tutte, ma almeno una volta».
«credo di essermi
dimenticato di accendere il cellulare…»
tentò di giustificarsi mentre le si avvicinava.
«così come ti
sei dimenticato di dirmi che saresti venuto
qui, direi, nonostante tu a Janice Lancaster abbia detto il contrario.
Non mi
ci è voluto molto a fare due più due. Non eri
tornato a casa, non eri
nell’albergo in cui mi avevi detto che saresti stato, quindi
potevi essere
soltanto qui…visto che se si tratta del signor Lancaster
tendi a fare le cose
di nascosto».
In certi momenti Alya pensava di
essersi messa con l’uomo
più privo di logica dell’Universo. Se
già quella faccenda delle “sfide” di
tempo fa aveva poco senso, andare ad infilarsi così nella
tana del lupo ne
aveva ancora di meno. Anche se Robin sembrava star bene, senza
contusioni,
lividi, ossa rotte, piercing e quant’altro. Se mai sembrava
giusto nervoso, ma
era tranquillamente imputabile all’averla vista arrivare
all’improvviso.
«ma non è
affatto vero!»
«tu dici? Ti sei
dimenticato perfino di controllare a che punto
sono i lavori, nonostante tu mi abbia detto che l’avresti
fatto. E per la
cronaca, casa nostra è agibile da due giorni».
«…davvero?»
«sì. Quindi
direi che potremmo tornarci, capisco che tu e il
tuo “nemico giurato” siete la coppia
più bella del mondo» disse con appena una punta
di sarcasmo «ma non vorrei che finissi ad abusare
troppo della sua
ospitalità».
Che per Robin, tradotto, voleva dire
che era il caso di fare
le valigie e tornarsene a casa immediatamente. E lui sapeva che era
bene
accontentarla, viste tutte le proprie mancanze nei confronti della
compagna.
Ma come Lionel se n’era
andato troppo presto Alya era
arrivata troppo tardi, perché ormai l’Asse RobWard
aveva ufficialmente ripreso
ad esistere, e nel peggiore dei modi.
:: Marzana,
Croazia ::
Zappare alle sette meno dieci della
sera, col sole estivo a
bruciare ancora un po’, non era facile per nessuno…
«“finora
ignoravo cosa fosse il terrore: ormai lo so. E' come se una mano di
ghiaccio si
posasse sul cuore. E' come se il cuore palpitasse, fino a schiantarsi,
in un
vuoto abisso”…ed io provo terrore alla sola idea
della giornata di domani!
Ahimé! Cosa ho mai compiuto di tanto orribile da dover
patire simili pene? La
schiena si spezza come il ramo di una quercia rigogliosa sotto le
troppe intemperie…»
sospirò, dando l’ennesimo colpo di zappa
«i capelli si sciupano come fili
d’erba bruciati dal sole…» emise un
lamento «e le mani bruciano. Ma questa
ingiusta pena inflittami dal marchese mio padre si
alleggerisce…» interruppe il
lavoro di zappatura per guardare negli occhi le quattro belle ragazze
che gli
si erano fermate vicino «vedendo i vostri occhi
ardenti!»
Il lupo perde il pelo ma non il
vizio, così dice il
proverbio, ed era perfettamente applicabile a Sebastian L.V.C.
Lancaster.
Per il giovane nobile, niente affatto
abituato a zappare la
terra quanto piuttosto a scolpire il fisico grazie agli anni di danza
classica,
a leggere e a cercare di emulare in diversi aspetti il suo mito Oscar
Wilde, quella
vita da contadino era atroce.
Sveglia alle cinque del mattino.
Zappa, semina. Dai da
mangiare alle bestie. Spala letame. Mangia. Torna a zappare, ad
innaffiare.
Nutri di nuovo le bestie. Spala ancora. Cena, e poi a letto presto.
No, no. Non era quella la vita per
lui, e l’unica
consolazione proveniva dalle bellezze locali che si fermavano ad
ammirare il
fisico scolpito del nuovo sexy zappatore alto un metro e ottanta. E le
bellezze
erano aumentate di numero da quando erano venute a conoscenza del fatto
che il
nuovo zappatore era un nobile ricco sfondato. Caratteristiche grazie
alle quali
quel suo strano modo di parlare diventava più che scusabile.
«Sebastian!!!»
urlò qualcuno dall’interno della casa,
lontana parecchi metri dal limitare del campo di patate dove si trovava
lui «lavora!!!»
Ormai il ragazzo nel sentire gli
urlacci di sua nonna non
trasaliva neanche più, ma fu costretto a distogliere la
propria attenzione
dalle ragazze. «povero te, Sebastian Lancaster! Povero
nobiluomo costretto a
subire le angherie in inglese di una tiranna» sua nonna,
appunto, una
settantenne alta con i capelli che un tempo erano stati rosso scuro, la
pelle
cotta dal sole e le mani callose «ed ingiurie in croato che
con la mia
conoscenza giusto basilare della lingua non
capisco…» ossia suo nonno, un
settantacinquenne più basso di lui, da tempo senza capelli,
con pungenti occhi
grigi e mani ancor più callose di quelle della moglie
«ma rimembrino che un
Lancaster paga sempre i propri debiti, e quando avrò
abbandonato siffatto ameno
luogo per far ritorno alla mia magione io-»
Emise un suono strozzato quando due
figure che inizialmente
non riuscì ad identificare gli strapparono la vanga dalle
mani e gli chiusero
la bocca.
«se vuoi smettere di
zappare, cugino, zitto e corri veloce! right?!»
Non ebbe neppure il tempo di
sorprendersi che vide quelle
che sembravano Emerald e
-assurdo!- una Kirika
bionda corrergli davanti, e sentì le proprie gambe muoversi
da sole nel darsi
alla fuga.
Parte di lui gli stava dicendo che
correva dietro ad un
miraggio causatogli dal troppo sangue affluito alla testa per stare
chino a
zappare oltre che al caldo, ma a quanto sembrava a tutto il resto del
corpo non
poteva importare di meno!
Non gli importava nemmeno di lasciare
lì i cambi di intimo,
ossia tutto quel che sua madre gli aveva concesso di portarsi dietro;
Gabrijela
non gli aveva lasciato cellulari, libri, e nemmeno i suoi strani
vestiti,
dicendogli che gliene avrebbero dati di quelli per i
braccianti…
«mie eroiche salv-»
«zitto e corri!»
lo zittì Kirika.
Ok, era meglio risparmiare il fiato,
specialmente perché pur
essendosi allontanati già un bel po’ poteva ancora
sentire gli strilli di sua
nonna, e voltandosi vide che un gruppetto di persone stava cercando di
inseguirli. Poco più distante pi
vide…cos’era…sì! Era Chaos
Star II,
nientemeno, e col motore acceso!
«verso la
libertà!!!» non poté fare a meno di
urlare.
«urla di meno e sgambetta
di più!»
Il ragazzo non se lo fece dire due
volte, tanto ansioso di
andarsene da superare Kirika ed affiancare Emerald, arrivando a dieci
metri
dall’auto.
«muoviti, Seb, stiamo
rischiando nuovamente di essere presi
a causa tua!» si fece sentire Zachary, che al momento
sfoggiava abiti sportivi,
occhiali da sole e meches bionde.
«amico mio, sapevo che non
mi avresti abbandonato!» esclamò
Sebastian salendo rapidamente in macchina, sui sedili posteriori,
imitato da
Emerald. Kirika li raggiunse un secondo dopo, salendo invece davanti.
«dopo
quell’idiozia che hai fatto a Washington se fosse
stato per me ti avrei lasciato qui. Ringrazia tua cugina»
diede gas, facendo
mangiare la polvere agli inseguitori che erano arrivati a poca distanza
«…e a
causa tua ora gente che non doveva vederla ha
visto la mia auto! Dovrò
lasciarla qui, ti rendi conto?»
«si era detto di
lasciarcela dietro comunque a breve, perché
si riconosce troppo» obiettò Hammy
«bell’abbronzatura, Seb» disse
ironicamente,
dando dei colpetti alle spalle ustionate dal sole.
«non arrecarmi altro
dolore, adorata cugina mia! Le mie mani
lo fanno già a sufficienza» si lagnò
Sebastian «…nuovo taglio di capelli?»
Tutti e tre i suoi salvatori avevano
trovato il tempo di
passare da un parrucchiere o qualcosa del genere, a quanto sembrava,
visto che
anche Emerald sfoggiava delle meches chiare sui capelli neri tagliati
corti.
«lascia perdere, che sto
facendo più cambi in questo periodo
di quanti ne abbia fatti in tutta la vita».
«lieto di sentirti parlare
nuovamente bene! Vi sono stati
miglioramenti anche sul fronte ricordi?»
«poca roba, Seb».
Zachary evitò di proferire
parola. Aveva smesso di inquisire
per amor di pace, e fatto questo con la cognatina era tornato tutto a
posto, ma
aveva ugualmente il sospetto che Emerald stesse anche meglio di quanto
lasciava
credere, e che Kirika a sua volta sapesse qualcosa di cui lui non
veniva
informato.
Non poteva dire che quella faccenda
gli piacesse, per niente,
e doveva assolutamente fare in modo che Sebastian si attenesse alla
versione
che avevano concordato a Washington, ossia che loro del destino di
Warsman
-almeno fino a quando non era arrivata Kirika con le relative nuove-
non
sapevano nulla. O Emerald avrebbe anche potuto pretendere di fare
ritorno a
casa propria, e con Kirika a darle manforte avrebbe pure potuto farlo.
Già, se stava meglio come
pensava Zeke c’era da chiedersi
perché non volesse tornare a casa.
“si sarà resa
conto di non aver vissuto l’ultima grande
avventura prima del matrimonio. Fosse così non vedo il
problema, tanto ci sarò
io a vegliare sulla castità della cognatina, tutto
resterà in famiglia, ci
saremo divertiti…” discorso ricco di doppi sensi a
cui Zachary però non pensava
minimamente “…e soprattutto io non
verrò rispedito a Washington” invece a
quello, che poi era l’altro motivo che lo spingeva a restare
in clandestinità
oltre la voglia di avventura, pensava eccome “così
come Seb non tornerà a
zappare”.
«richiedo di fermarci a
comprare per me dei vestiti diversi
da codeste brache di jeans, ovunque andiamo» disse poi
Sebastian «non ritengo
di poterle sopportare oltre».
«nyah-ah-ah-ah-ah-ah, ehi
Seb, ma con la furia di mammina
come la metti?»
Il ragazzo ebbe un brivido. Non
voleva pensarci. «preferisco
non lasciare che pensieri infausti mi ottenebrino la mente. Per favore,
potreste rivelarmi la successiva destinazione?»
«pit stop da qualche parte
e poi Mosca» disse Kirika «ehi
Lancaster…»
«quale dei due?»
domandò Hammy.
«Lancaster tu. Non
è il caso di prendere il portatile,
affittare un garage per questo trabiccolo…»
«non insultare la mia auto,
grazie, è di appena un paio di
gradini inferiore al mio cappello per importanza»
protestò Zachary «però ha
ragione. Cognatina, pensa a garage, taxi e biglietti aerei. Prenota
a…» ci
pensò su qualche istante «conviene tornare in
Italia, piuttosto che proseguire
per Zagabria. Anche perché credo che dopo questo blitz
avremo ben poco tempo
per passare il confine, prima che tuo padre blocchi tutti i confini.
Affitta il
garage e prenota un volo da Trieste, Qui bisogna correre!...Seb, dopo
ti do i
documenti…per fortuna ti sei bruciato
un’identità sola. E sempre per fortuna
non eri a conoscenza delle altre, o Lentiggine ti avrebbe fatto cantare
come un
uccellino».
«usignolo, prego. Mi
ritengo alquanto intonato!»
«lo spero bene, Sebastian,
e immagino che tu abbia parecchie
canzoni da cantare!» disse Emerald con un sorriso.
«vi delizierò
con la mia versione de “il Barbiere di
Siviglia”!...h-hm…laaaaaaargo
al factotum della città,
larg-goooo!!!»
Kirika si girò verso di
lui con aria assassina.
«tu provati a berciare in
quel modo un’altra volta, e io ti
butto giù i denti!»
«non gradisci le mie doti
vocali, dolce fanciulla?»
«ma manco per
niente!»
Sebastian, dopo un sospiro ed un
commento a bassissima voce
sul fatto che avrebbe dovuto educare le orecchie dei suoi compagni di
viaggio,
si mise a sedere composto sul sedile con gli occhi socchiusi.
«spero che non passi troppi
guai pure tu, per colpa mia» gli
disse Emerald.
«mia la scelta di partire,
mia la scelta di seguire, mia la
scelta di fuggire. Nulla dunque che mi induca a vederti come rea delle
mie
disgrazie. Sono solo lieto di trovarti più in
salute».
Effettivamente nessuno, fin
dall’inizio, aveva detto a
Sebastian di lasciare la tenuta dei Lancaster. Quindi si poteva dire
che se la
fosse cercata, e tutto pur di avere qualcosa da raccontare ai suoi
amici di
Belfast.
«thank
you».
Dopo un breve sorriso Sebastian si
rivolse di nuovo all’
albino-che-non-pareva-albino. «Zachary, buon amico mio,
durante il mio rientro
coatto alla magione di mio zio ho avuto una breve conversazione con la
dolce
pulzella dai capelli rossi che a quanto sembra ti pensa ancora
intensamente!»
«pensasse quanto vuole,
purché non mi si pari davanti.
Jackie è tanto carina, ma non mi interessa se non come
amica, e l’ho già detto
diverse volte. Quel che è successo tempo fa è
stato solo perché non ero in me».
«già, parevi
quasi normale» commentò Kirika.
«quasi normale per me
è quasi un insulto, al di là di come
mi sono conciato adesso» il sorriso sornione era tornato. Se
non fossero stati
in fuga, avrebbero quasi potuto sembrare i classici quattro amici in
macchina
che vanno chissà dove a fare chissà che. Peccato
che non fosse affatto così…
:: Roma,
aeroporto ::
«come abbiamo fatto? Come
abbiamo fatto a non arrivare in
tempo?! Erano qui, quelli della reception lo hanno pure
confermato…»
«poche proteste, ragazzo!
Sembra che abbiamo una traccia
piuttosto consistente, nonostante io non capisca cosa ci facciano
in…un
momento. Mi hai detto che il cugino di Emerald è stato
mandato in Croazia?»
«così
dicevano».
«allora ha senso, per
quanto mi stupisca che Connors junior
abbia acconsentito a recuperarlo».
«Emerald avrà
minacciato di tirare una panchina pure a lui
se non l’avesse fatto. Tsk…Scimmiattolo
violento».
«non scherzarci sopra,
c’è caso che l’abbia fatto davvero.
Ad ogni modo mi domando che razza di gente incompetente assumano negli
alberghi…» Warsman strinse nervosamente il
minuscolo bagaglio, frutto di
acquisti fatti sul posto «non mi ci è voluto
niente a farmi dire dov’era andata
la ragazza hippy con gli occhi verdi».
“da come
gliel’hai chiesto sembrava una questione di vita o
di morte, ci credo”.
Avevano chiesto informazioni alla
donna che stava alla
reception. Kevin non avrebbe potuto giurarci, ma si era mezza commossa
nel
sentire quell’uomo quasi supplicarla di dargli delle ulteriori informazioni in
un modo quasi
disperato, dopo aver sentito che avevano lasciato l’albergo.
Era evidente quanto a lui importasse
di quella ragazza. Ed
era altrettanto evidente che non fosse un pazzo assassino che voleva
farle del
male, così come la sua completa sincerità. Kevin
poi aveva capito che il suo ex
allenatore probabilmente non si era nemmeno reso conto del modo in cui
aveva
parlato. Solitamente in lui c’era una freddezza involontaria
insita in ogni
sillaba e in ogni suo atteggiamento, ma in quel momento in cui aveva
creduto
davvero di poterla avvicinare ancora si era dissipata del tutto.
Subito dopo il russo era tornato il
solito se stesso, ma
ormai quel che c’era da vedere si era visto. Lui
l’aveva visto, la tizia della
reception lo aveva visto, e pure i muri lo avevano visto!
«è il potere
dell’ ammmmmore»
disse sarcastico.
«Kevin, quanto scommetti
che viaggerai nella stiva?! E farà
freddo laggiù, quando arriveremo a Mosca».
«che senso ha che vadano
a…ah, già. C’è stata con
quell’altro russo. Pare che Emerald abbia una fissa con le
unioni miste, mentre
ha gettato dalla finestra un bell’articolo
nostrano» disse, indicando se stesso
«ma comunque quella è sicura che Kirika abbia
detto “Mosca”?»
«diceva di sì.
Era sicura, è plausibile, quindi noi andremo
lassù. E prego che non l’abbia detto ad alta voce
per depistarci. Quella
demonessa finora si è comportata in modo ben poco chiaro, e
non mi piace».
«non ci ha traditi
però, non ha detto loro come fai a
trovarli».
«appunto: intenti poco
chiari».
«i tuoi non sono da meno.
Dovremmo informare lady Janice
della cosa, invece non sembri averne intenzione. Vuoi aspettare un
contatto
visivo per essere sicuro di non aver fatto un buco nell’acqua
o vuoi tentare di
rapire Hammy, piuttosto?»
L’altro non rispose. La
seconda alternativa non gli sarebbe
dispiaciuta, ma lui più che altro voleva prima parlare con
lei da solo. Di cose
da dire ce n’erano un’infinità.
«non dire sciocchezze e
pensa a scorrere, che tra poco alla
dogana tocca a noi».
«non mi hai ancora
risposto».
«nessuna di queste cose, ed
ora scorri».
Allora...che dire?
Spero di non avervi seccati eccessivamente nemmeno qui, con la prima
parte, tra le riflessioni di Howard Lancaster ed il ripristino
dell'Asse RobWard. Eh sì, le assurdità di Robin
non hanno limiti, e questa tutto sommato non è la peggiore
che ha fatto... anche se potrebbe essere dannosa per un amico che a
quanto pare "vale" meno rispetto al nemico giurato!
Il nuovo taglio di capelli di Emerald eccolo
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Capitolo 17 *** On fire ***
ultimocap
«ricordami
perché stiamo tutti rischiando l’osso del collo
in questo modo, Zachary. Ricordamelo».
«pfff…ma che
rischi e rischi. Se qualcuno dovesse venire in
questi archivi a quest’ora di notte, ed io non vedo
perché, possiamo sempre
tramortirlo. Siamo in quattro, due di noi sono chojin e in ogni caso
siamo
tutti armati».
«bello, qui siamo in
Russia! Questi qui se si tratta di cose
come questa scherzano quant’e noialtri del Pianeta dei
Demoni: per niente».
«…ma
perché sono venuto via?» si lagnò
Sebastian.
«che devo dirvi, vediamo di
non farci prendere ed eviteremo
di scoprire se i russi conoscono almeno una barzelletta».
«ti rendi conto che ci
siamo introdotti qui solo perché tu
pensavi che-»
«avevo letto che tra i
pochissimi altri, ad avere le mappe
più complete di tutta la miriade di cunicoli sotterranei di
Mosca, che per
inciso in alcuni punti arriva ad oltre dodici livelli di
profondità, erano i
decani di questa cattedrale. E ti dirò di più,
sono stato stupido a non aver
deciso di venire subito qui sotto, invece di andare in
albergo».
I quattro ragazzi si trovavano negli
archivi polverosi dei
sotterranei della cattedrale di Cristo Salvatore: demolita dai
bolscevichi nel
1930 attualmente era in ricostruzione, ma una volta entrati di
soppiatto ed
iniziato a scendere nei sotterranei, sempre più in basso, i
ragazzi si erano
resi conto che ben poco nel sottosuolo era cambiato rispetto ad anni
prima. Era
certo però che trovare ciò che cercavano in
giusto un paio d’ore era
stata una questione di fortuna, ed ora stavano spulciando mappe su
mappe.
«personalmente gradivo in
maniera assai maggiore quella
piccola e deliziosa suite, rispetto all’idea di addentrarmi
in cotali malfamati
luoghi…»
«lascia perdere Seb. Credo
che ora i livelli sotterranei di
Mosca siano il posto adatto…anche se ammetto che
l’idea mi attira molto meno
che a Talpa Connors».
«troveremo la biblioteca
della principessa Sofia e i tesori
di Ivan il Terribile!» canticchiò Zeke, tutto
contento.
«se non stiamo attenti
là sotto troveremo un sacco di
mazzate oppure la morte, o in alternativa ci perderemo»
borbottò Kirika
«tratteniamoci meno che possiamo e limitiamoci a trovare dei
cunicoli che ci
facciano uscire dalla città…»
«c’è…c’è
il reale rischio che possiamo perderci?» balbettò
Sebastian.
«se non troviamo delle
mappe decenti sì».
«credo di averne beccata
una abbastanza completa» annunciò
Hammy «Zachary?»
«fa’ vedere.
Mh…» il ragazzo si mise a studiare la mappa
«mi
sembra di vedere diversi cunicoli che portano fuori città,
però secondo me sono
tutti a dei livelli troppo alti…eccetto questi»
ne indicò due rispettivamente a nove e undici livelli di
profondità «arrivarci
non sembra una cosa propriamente semplice, ma considerando quanto
arrivano
lontani» svariati chilometri, praticamente in campagna
«e quanto dunque
possiamo viaggiare coperti, direi che ne vale la pena».
«più avanti si
va meno mi attira. Chilometri e chilometri da
fare a piedi sottoterra? Oh no» Kirika scosse la testa
«nossignore».
«possiamo rubare delle
motociclette» disse Hammy.
«sicuuuuuro,
perché ad undici livelli di profondità se
disgraziatamente finisse il carburante troveremo un mucchio di
benzinai!»
«ruberemo anche delle
scorte di carburante, che devo dirti?»
«è
una pessima idea! Scendere
giù va bene, ma non di undici livelli!!! Se capitasse
qualcosa chi cazzo ci
ritroverebbe, lì sotto?!»
«sssh! Modulate il volume,
cortesemente» cercò di dire
Sebastian.
«viaggiate con un
appassionato di gallerie» Zeke era fissato
da morire con i sotterranei tanto che
prima di costruire il rifugio nel bosco, lavorando
duramente aveva
scavato una galleria vicina ad un ammasso di rocce sperando di trovare
una
qualche grotta nascosta sotto…ma aveva solo rischiato di
restare sepolto vivo
quando suddetta galleria era mezza crollata; uno dei puntelli non aveva
retto!
«inoltre in questo gruppo -come ho già detto- due
sono chojin, e tutti siamo
armati. L’unico pericolo da temere è un crollo
improvviso. Ma non vedo perché
dovrebbe succedere, se gli esploratori sono arrivati fino alla fine
quaranta e
passa anni fa a maggior ragione possiamo farcela noi».
«io non ci vengo. Non
così tanto sotto» concluse Kirika «non
ci penso nemmeno».
«allora facciamo una bella
cosa: tu e Sebastian adesso, prima
che il signor Lancaster
riesca a bloccare tutta Mosca, incominciate
a viaggiare nei primi livelli, lasciate la città, ed
aspettate me ed Emerald
qui» indicò il punto sulla mappa
«all’uscita. Se non l’avete capito, io ed
Hammy ce ne andremo lì sotto qualunque cosa
diciate» aggiunse con un sorriso
fuori luogo «voi fate come vi pare».
«è follia pura,
Emerald. Follia
pura. Lo sai benissimo» le due ragazze si
scambiarono un’occhiata cupa «chi
vi dice che il passaggio non sia crollato?»
«si può tornare
indietro».
«e chi vi dice che non vi
crolli alle spalle?!»
«basta parlare di crolli,
amabile demonessa, stai finendo
col ripeterti. Dividiamoci e ritroviamoci lì. Nei livelli
più alti in ogni caso
due danno meno nell’occhio di quattro».
Sebastian non fece commenti. Kirika
invece… «a me è venuta
la vaga idea che tu voglia restartene solo con lei per qualche altro
motivo
diverso dalla fuga, considerata la farsa che
avete messo su da quando siamo qui a Mosca».
Breve pausa di silenzio. Emerald si
mise a giocherellare con
una cinghia dello zaino. Zeke parve rimanere tranquillo.
«non comprendo».
«signor centosettantasette,
non prendermi per il culo.
Comprendi benissimo» ribatté lei seccamente
«e va bene. Ce ne andiamo tutti
giù».
«che
cosa?! M-ma a
me l’idea precedente n-non dispiaceva…»
si disperò Sebastian.
«tutti nel passaggio. Se
nei livelli più alti vediamo altra
roba da mangiare la rubiamo, idem i mezzi. Caso chiuso. Da dove si
entra?»
«anche da qui.
Più sotto però» specificò
Hammy.
«bene. E tu, Talpaboy,
tieniti strette quelle mappe»
uscirono rapidi dalla stanza «e facci strada».
Zeke si strinse nelle spalle, e si
mise in testa. Gli altri
lo seguirono.
«è una
pazzia» borbottò Kirika, coperta dalle lagne di
Sebastian.
«Kirika, non me la sento di
rivederlo ancora…per
adesso».
«se torni e casa e lo dici
a tuo padre verrai accontentata,
non vede l’ora di togliertelo di torno».
«ti
prego…è complicato».
«in alternativa lascia che
dica a Talpaboy com’è che ci
trovano».
«sto già dando a
papà grattacapi sufficienti. Niente pc
significa niente localizzazione da parte di Warsman e, credo, nessuna
pista per
mio padre. Finché ne avrà una sarà un
filo meno in ansia».
Ecco come stavano le cose. Emerald
sapeva tutto benissimo,
ma aveva deciso di lasciare le cose come stavano.
Fosse stata meno vigliacca avrebbe
contattato suo padre e
gli avrebbe detto che per ora voleva rimanere in viaggio.
Fosse stata meno vigliacca, gli
avrebbe pure detto perché.
Idem per Michael.
Ma la prospettiva di dare loro una
delusione la atterriva
più del passaggio ad undici livelli di profondità.
“Warsman ha ragione” ammise con se stessa la
ragazza, pensando a quel che lui le aveva detto prima.
«tu stai veramente fuori, Lancaster, te lo dico
io…»
«…beh, se non
altro siamo sicuri che il pc portatile non
c’entra» si sentì dire Zachary
«non l’ho mai acceso ma ci hanno trovati
ugualmente. Per di più sono capitati nello stesso
albergo…questione di
sfortuna…ma se troviamo i tesori di Ivan il Terribile
pareggiamo!»
«…destino
ingrato, io, nobile marchese, costretto a
strisciare siccome lurido verme in codesti
cunicoli…»
«Sebastian».
«sì, mio buon
amico?»
«o la smetti di lagnarti o
ti abbandoniamo qui sotto».
«…»
«non scherzo».
«non ti comporti in maniera
gentile».
«non con chi si lagna di
continuo».
«mentre sono impegnati a
discutere, dimmi cosa ti ha detto
Warsman in quei cinque minuti che vi abbiamo persi».
«mi ha…mi ha
detto come sono arrivati qui».
Kirika alzò gli occhi al
cielo. Non voleva dirglielo.
Pensava di aver superato quella fase…
“io a farla ragionare ci ho
provato. Anche prima”.
:: qualche
ora prima ::
«non
c’è che dire, sembra che tu abbia un sacco di
uomini
che fanno a gara per dormire con te».
«pfff…e me li
chiami uomini? Uno è asessuato, e l’altro
è il
cugino Sebastian».
Emerald si portò la
sigaretta alla bocca e fece un altro
tiro. Da dopo le finali del Torneo chojin aveva drasticamente diminuito
sia
fumo che alcol per questioni di salute, o almeno ci aveva provato -e
nel caso
del fumo ci era quasi riuscita-
e
a maggior ragione avrebbe dovuto farlo adesso che teoricamente era
ancora
convalescente; invece aveva ripreso a fumare minimo sei sigarette al
giorno, e
se non erano di più era solamente perché Zachary
e Sebastian gliele toglievano
appena la beccavano a prenderle.
Alla fine di tutto -e il cielo solo
sapeva se sarebbe stata
tra un mese, tra un anno o tra dieci- Zachary intendeva
“restituirla” al
fratello con i polmoni meno incatramati possibile, e quanto a Sebastian
era
contro il fumo e basta.
«la cosa divertente
è
che oltretutto dormirai con quello sbagliato…»
disse Kirika, poggiandosi sulla
ringhiera del terrazzo
della piccola
“suite” composta da due camere collegate tra loro
da un breve e stretto
corridoio e due bagni in cui avevano scelto di alloggiare durante la
permanenza
a Mosca.
«e piantala!»
«…visto che
dividerai il letto con Sebastian mentre
teoricamente dovresti farlo con l’albino che tanto albino
più non pare,
essendovi spacciati per fidanzati. Ma perché poi?»
Emerald fece un ultimo lungo tiro.
«per ragioni di
sicurezza. Visto che Zachary non sa com’è che
Warsman ci rintraccia, per confondere
un po’più le acque lui ha
deciso…insomma, chiunque lo conosca anche solo un
minimo sa che a lui non interessano sesso e compagnia
bella…»
«mh! Vallo a dire alla
rossa, potrebbe farti restare
sorpresa!» obiettò Kirika, venendo totalmente
ignorata.
«…e
quindi ha
detto che impersonare quattro amici divisi in due coppie di fidanzati
teoricamente dovrebbe confondere un po’le idee a chiunque
possa chiedere di
noi, oltre ai nostri cambiamenti d’aspetto. Anche se sarebbe
stato forse più
logico arrivare prima noi e poi voi fingendo di non conoscerci
ma…vabbè».
«se si parla di tette e
fianchi il travestimento ti ha
giovato, porti una quarta piena tutta d’imbottitura e jeans
di due taglie in
più».
«grazie per avermi
ricordato che quassù in alto ho poca roba
e che sono costretta a sembrare una pera, davvero, ne avevo proprio
bisogno»
Hammy sollevò un sopracciglio «sposata con un
fratello, fidanzata per finta con
l’altro, e con Warsman e Kevin che mi
inseguono…nonna Phoebe direbbe che il mio
carnet a questo punto è bello che pieno».
«comunque a me questa di
impersonare delle coppie di
fidanzati sembra solo una scusa».
«una scusa per
cosa?»
«secondo te? Sveglia,
Lancaster ».
Emerald avviò
un’altra sigaretta. «minchiate»
cos’altro
avrebbe potuto dire una siciliana per un quarto? «ha detto
più volte che se un
giorno dovesse “scegliere qualcuno con cui testare un
consapevole coito non a
scopo riproduttivo” sceglierebbe te che in quanto proveniente
dal Pianeta dei
Demoni sei un soggetto più interessante».
«un motivo in
più per scegliere me come finta fidanzata in
questa recita, mentre invece è te che ha slinguato tre giorni fa mentre io e Sebastian ci
facevamo dare le tessere magnetiche».
Emerald ripensò alla
sceneggiata nella hall quando erano
arrivati, e a quelle successive nel bar anche quella mattina stessa.
Per essere
uno a cui certe cose non interessavano e che non le praticava se
l’era cavata
piuttosto bene.
A dirla tutta, guardandoli avrebbero
potuto pensare tutto
meno che lui fosse asessuato.
«non ce n’era
tanta, di lingua» borbottò «non
tantissima
insomma…il giusto, ecco».
«ti è pure
piaciuto, allora».
«non ho detto
questo».
«ma si è capito.
Lancaster…non ti sta venendo il dubbio che
forse la cosa stia iniziando a spingersi ancora più oltre il
limite di quanto già
fosse prima?»
Forse per una volta quella di Kirika
era la voce della
saggezza, ma Emerald non sembrava convinta di volerla ascoltare.
«Kirika, non è
nulla. Fingiamo di essere due coppie di
fidanzati quando stiamo in pubblico, io con Zachary e tu con Sebastian,
e
finita la fiera. Tipo Angelina Jolie quando è sul set, ma sta sempre con Brad,
no?... in privato è
tutto come al solito, e inoltre dormo con mio
cugino, visto che il caro Sebastian non era contento di
dormire nello stesso letto né con Zachary né con
te. Se non fosse che stare
sola con lui mi conviene, per i motivi che sai,
francamente lo avrei
mandato al diavolo. Cioè, ti “salviamo”
e tu scartavetri pure le palle per chi
dorme con chi? ma vaffanculo va’!»
sbuffò «e comunque il vero motivo per cui
Zachary ha scelto me -a parte che sono più bassa di lui- e
non te è abbastanza
chiaro: non sa più se e quanto fidarsi. “Tieniti
stretti gli amici, e ancor più
stretti nemici e potenziali nemici”. Teme che io voglia
concludere il viaggio
prima che lui abbia finito di divertirsi, o che per qualche motivo
decida di
tradirlo rivelando la nostra posizione e lasciando che venga rispedito
a
Washington a calci nel sedere, mentre
il
resto di noi se la svigna. Per fortuna è comunque abbastanza
calmo da farsi i
suoi venti minuti di doccia,
così
abbiamo modo di parlare abbastanza tranquillamente…e
Sebastian, che problemi di
fiducia nei mei confronti dopo aver saputo che mi deve la
libertà non ne ha, si
fa la sua mezz’ora di
doccia,
manicure, cura dei capelli e spalmamenti vari di
crema…»
«nyah-ah-ah-ah-ah! Ad ogni
modo, non penso che il tuo
maritino sarebbe contento di sapere tutto questo. Della recita. Non hai
pensato
che un giorno Zachary potrebbe usare questa cosa contro di te?...fammi
fare un
tiro, va’» aggiunse all’ultimo, ed Hammy
le passò la sigaretta.
«ho te e Sebastian come
testimoni al fatto che l’idea non mi
convinceva per nulla. E se io non avrei dovuto accettare di reggergli
il gioco,
lui dal canto suo non avrebbe dovuto nemmeno proporre di giocarlo. Pur
conoscendo
Zeke anche Michael potrebbe pensare ugualmente quello che hai pensato
tu,
ovvero che sia una specie di scusa, specialmente sapendo quel che
è capitato
con Jacqueline. Inoltre io in questo periodo sono ancora una povera
convalescente smemorata e facilmente influenzabile da
personalità
sufficientemente forti, do you remember?»
«giusto. Se la tua
condizione ti ha spinta a fuggire con il
tuo nemico numero uno, figurarsi cosa può indurti a fare se
a…eeeh…com’è che si
può dire?»
«“circuirti”».
«ecco, se a circuirti
è qualcuno di cui ti fidi. Anche se
tutto ciò non toglie, Lancaster, che sei una donna che
sembra dimenticarsi un
po’troppo spesso di essere sposata».
«sei sempre spiritosa,
Kirika, a dire che mi dimentico cose
di cui sai benissimo che ho un’amnesia».
La demonessa le rese la sigaretta.
«un’amnesia degli
ultimi due anni e mezzo avrebbe fatto bene
a quell’altro, secondo me. Magari non
ricordando si sarebbe rifatto una
vita».
«ne dubito, ma se anche
così fosse avrebbe funzionato solo
fino a quando i ricordi non sarebbero tornati tutti insieme,
devastanti
come un pugno d’acciaio dritto in faccia, a fargli desiderare
di staccare la
spina, a fargli riconsiderare tutto quello che ha fatto o che non ha
fatto.
Tutto quello che ha detto...o non ha detto».
Seguì una breve pausa di
silenzio.
«per come la penso certe
cose è bene che restino non dette,
e basta. Se lui avesse un’amnesia, ed in seguito gli
succedesse quello di cui
hai parlato, non vedo perché dovrebbe cambiare qualcosa. Se
in passato ha
scelto di fare, non fare, dire o non dire qualcosa, un motivo
c’era. Cosa
cambierebbe?»
«in condizioni normali
sarebbe come voltarsi e guardare una
strada già percorsa, con tappe più o meno belle
ormai abbastanza lontane. In
condizioni come quella invece sarebbe come trovarsi
davanti uno spesso muro di mattoni con
disegnato sopra tutto ciò che è avvenuto in
queste tappe. Un muro che non ti
permette di continuare tranquilla lungo la strada su cui stai
camminando e ti
obbliga a scavalcarlo, o a fare retromarcia, o tentare di trovare una
via
parallela. E che in ogni caso non si lascia aggirare come se niente
fosse;
qualunque scelta possibile richiederebbe fatica. Ecco, di preciso, cosa
cambierebbe» finì la sigaretta, e la spense nel
posacenere sul tavolino che stava
loro accanto «che devo dirti, mi auguro che né io
né lui ci troveremo mai in
una situazione come questa qui. O potremmo trovarci a desiderare di
aver fatto
certe cose con più calma, o addirittura non averle fatte e
basta».
«parrebbe una gran rottura
di palle».
«lo sarebbe. Kirika, penso
che Zachary tra un paio di minuti
dovrebbe finire di fare la doccia».
«mh…me ne torno
dentro. Fa freschino».
«che ti aspettavi, i
tropici in Russia?»
«no, ma siamo a luglio,
credevo che di sera la temperatura
non scendesse a tredici gradi!»
«mi dicono che quando sono
stata qui a Mosca con Turbinskii
la temperatura fosse ben più bassa».
«e a me dicono che te il
freddo l’hai patito poco perché
siete stati più in camera da letto che in qualunque altro
posto! ‘Notte,
Lancaster».
«‘notte».
Rientrarono quasi contemporaneamente
nelle rispettive
stanze. Emerald si sedette sul letto, ed un paio di minuti dopo
sentì di là
dalla parete Zachary blaterare qualcosa che c’entrava con i
soldi, e Kirika che
rideva di rimando dicendogli di prendere una qualunque bevanda alcolica
al bar,
dopo, per festeggiare la nuova ricchezza.
Probabilmente Zeke aveva deciso di
rimpolpare i loro averi
-non che scarseggiassero, in fondo all’inizio aveva rubato
due milioni di
sterline- fregando i soldi dal conto in banca di qualcuno, e
probabilmente quel
qualcuno era nuovamente Michael, o magari no.
Ebbe una fitta al cuore pensando a
lui. Le perplessità
riguardo alla farsa di Zachary erano perfettamente reali, ma Emerald
sapeva
anche che in tutto il quadretto quello era il meno per cui sentirsi in
colpa.
Avrebbe potuto venirne fuori
facilmente. Quella era una
recita, appunto. Lei e Zachary erano legati, vero, ma al di
là del fatto che lo
erano solo entro un certo limite quella loro intesa acquisita fin da
subito
ultimamente minacciava di rovinarsi.
No, il vero problema era un
altro…ed aveva un nome ed un
cognome.
«Sebastian Lionel Veltibor
Charles Lancaster, spero che tu
abbia finito di farti il bagno nelle cremine idratanti,
perché la doccia
devo farla pure io!»
E no, non erano quelli di suo cugino,
nonostante al momento
costituisse un po’una seccatura.
«chiedo umilmente venia,
Emerald» per fortuna sembrava aver
finito, visto che era uscito in accappatoio «ma il repentino
cambio climatico
rischia di danneggiarmi la pelle, se non me ne prendo adeguatamente
cura. Devi
sapere che è molto delicata, e posso affermare con crudele
certezza che gli
eritemi dovuti al lavoro nei campi non mi sono d’aiuto,
ahimé!» disse, con un
sospiro lugubre «in ogni caso se anche tu dovessi averne
necessità hai l’
autorizzazione ad utilizzare le mie creme. Noto con dispiacere la
presenza di
una lievissima secchezza alle nocche delle tue mani!»
Emerald alzò brevemente
gli occhi al soffitto, afferrando un
pigiama alzandosi dal letto per andare in bagno. «le mie
nocche possono sempre
spaccare un paio di nasi, pelle secca o no, te
l’assicuro».
«non avevo alcun intento
offensivo nei tuoi confronti».
«difatti non sono mica
offesa» Hammy sogghignò e diede due
piccole pacche su una spalla del ragazzo, sempre dove si era scottato,
chiaro!
«ficcati a letto, cugino».
Sebastian fece spallucce ed
obbedì, infilandosi sotto le
coperte dopo avere indossato un pigiama leggero. Quella piccola suite
non era
certo ciò a cui era abituato, ma era sempre meglio della
capanna nel bosco o
della fattoria in Croazia, e quantomeno era tra amici…in
teoria.
«mi è
dispiaciuto tagliare i capelli, ma indubbiamente
adesso ad asciugarli faccio un attimo» commentò
Emerald meno di un quarto d’ora
dopo, raggiungendolo nel letto.
«lo ho notato, e-»
«sì, Seb,
la crema sulle mani l’ho messa. Non c’è
più
rischio che ti attacchi il morbo della pelle screpolata, right?»
«right»
le sorrise, nello spegnere la luce
«Hammy, volevo porgerti nuovamente i miei ringraziamenti per
aver deciso di
venire in mio soccorso. Sono consapevole che se fosse stato per Zachary
in
questo momento sarei ancora a sgobbare come il più
disgraziato dei braccianti».
Parlava piano, visto che
dall’altra parte non giungevano più
rumori e le pareti erano fin troppo sottili.
«se ci rifletti bene mi sa
che non hai molto da ringraziare.
Gli zii si saranno incazzati come belve, una volta saputo che sei
scappato di
nuovo».
Il bel viso di Sebastian divenne
cupo. «sono conscio di star
dando ai miei genitori una delusione dopo l’altra, negli
ultimi tempi. Non
dubito che mi apprezzassero di più in precedenza, quando le
mie giornate erano
divise tra studio, danza, ed uscite con amici. Ma nel momento in cui
Zachary ha
deciso di partire non ho potuto esimermi dal seguirlo…
così come non ho potuto
evitare di fuggire dal mio ameno luogo di punizione,
io…» fece un sospiro
nervoso «loro mi odieranno adesso, soprattutto mia
madre».
«Seb, io non credo
che-»
«era così
già dal momento in cui sono stato riportato a
Londra da Washington. Non mi hanno mai domandato se io stessi bene, o
cosa
avessi pensato nell’imbarcarmi in quest’impresa,
no…loro mi hanno posto quesiti
su dove fossi tu. E ciò, passi. Quando ho rivelato loro che
eri col nostro
amico, me ne hanno posti su dove avreste potuto trovarvi tu e il nostro
buon
amico Zachary…e anche questo, passi. Ma che si siano
più preoccupati della
sorte di quel mostro tuo amico -perché di un mostro si
tratta - rispetto alla
mia, che sono loro figlio, è inaccettabile!»
Curioso che Emerald stesse rimanendo
in silenzio, lei che in
situazioni del genere diceva sempre “non è un
mostro, non è una macchina, non è
un animale”. Che stesse aspettando qualcosa?
In ogni caso Sebastian stava parlando
decisamente troppo
rispetto a quanto Zachary avrebbe voluto, ma evidentemente aveva voglia
di
sfogarsi con qualcuno.
«“non
è un mostro, è un essere umano come voi, non
potete
attaccarlo per noia, e quant’altro” ha asserito mia
madre, come se siffatto abominio
fosse un povero cucciolo indifeso!» continuò
Sebastian «Zachary ed io abbiamo
cercato di contrastarlo già nei giorni precedenti alla tua
inspiegabile fuga in
sua compagnia. Ciò che è seguito è la
prova che non avesse volato lì da Tokyo
con l’esclusivo intento di gustare un gelato di Londra. E le
cicatrici sul volto
e sul petto di Zachary dimostrano che a
quella…cosa…non serve essere difesa a
spada tratta da mia madre. Non avrebbe esitato ad ucciderci, buon
cielo! E a
Washington è…» una breve esitazione
«se non fosse andata com’è andata
avrebbe
potuto capitare qualcosa di analogo» si limitò a
dire, finendo per coprire Zeke
«e dopo
tutto ciò, quando dettomi da mia
madre e mio padre durante il mio breve ritorno a Londra è
stato che la mia
buona sorte mi avrebbe impedito di essere incarcerato come avrei
meritato, e
sono stato esiliato. Chi è causa del proprio mal pianga se
stesso, sì, e se
avessi deciso di restare a Londra tutto sarebbe
differente…ma non posso evitare
di pensare che se tuo padre fosse stato il mio, avrei ricevuto un
trattamento
ben diverso. Il mio adorabile zio stenderà il tappeto rosso
quando tornerai, ti
abbraccerà, e farà preparare un banchetto per
festeggiare il tuo ritorno, e di
certo non perderà tempo a discutere se certi aborti della
natura posseggano umanità
o meno. Tuo marito festeggerà allo stesso modo,
poiché neppure lui è in collera
con te. Se a tornare alla mia magione fossi io, non so se sarei
destinato al
carcere o a passare la mia intera vita in Croazia. Vorrei che i tuoi
genitori
fossero i miei. Oppure vorrei che i miei genitori fossero come i cari
signori
Connors, nonostante Zachary se ne lamenti; non sono restio ad ammettere
che il
nostro buon amico in alcune occasioni agisce similmente ad un
terrorista,
eppure non è mai stato esiliato in una fattoria».
«io non lo invidierei
troppo, mi sa che per i suoi genitori
l’attività che hanno faticosamente messo su conta
più dei figli» suoceri o non
suoceri quella era la verità e c’era poco da fare
«non sono riusciti a dividere
decentemente il tempo,tant’è che Zachary ha sulle
spalle un’espulsione dall’Olanda
con divieto di rientro, e nessuno della sua famiglia eccetto Michael lo
sa.
Pensa tu».
«espulso
con…potresti spiegarmi quale è stata la
causa?»
«non me l’ha
voluta dire. Forse ha ammazzato qualcuno, che
ne so?...’notte» concluse lei, chiudendo gli occhi
e stringendosi nelle
coperte.
«…è realmente un
terrorista…»
«Seb, ho detto
“buonanotte”!»
Ci fu una pausetta ingannevole di
circa cinque minuti.
«anche quando tu e la tua
famiglia veniste a Belfast otto
anni or sono passasti tutte e quattro le notti in mia compagnia,
andando via
prima delle otto del mattino…»
«eri un adorabile dodicenne
che parlava di meno e dormiva di
più. Buonanotte».
«più di tutto
non sono ancora in grado di capire il motivo
per cui agivi in tal guisa».
«perché da
sempre se posso scegliere tra dormire da sola o
in compagnia scelgo la seconda! E ora, per l’ultima volta, b-u-o-n-a-n-o-t-t-e».
:: mezz’ora
dopo ::
«Warsman, a me tutto questo
sembra un’assurdità. Viaggiare
dietro al segnale di un portatile che potrebbe essere distrutto o
cambiato da
un momento all’altro».
«non hai tutti i torti, ma
è la nostra unica pista».
«nonché quella
dei Lancaster…» Kevin osservò il suo
allenatore, vedendolo un po’pensieroso «che
hai?»
Quante probabilità
c’erano che di tutti gli alberghi di Mosca,
inseguiti ed inseguitori potessero essere capitati proprio nello
stesso? Oltretutto evitando
sempre di incrociarsi
per un soffio, nemmeno a farlo apposta?
Più o meno una su un
milione, e la cosa era resa ancor più
divertente dal fatto che i due wrestlers avessero a loro volta
-giustamente-
chiesto alle signore Lancaster di procurare loro delle
identità fasulle;
tenendo conto del fatto che Zeke fosse un hacker esperto, quanto ci
avrebbe
messo, volendo, a tenere sotto controllo le prenotazioni di tutti gli
alberghi
di Mosca fatte a nome Mask, o anche Lancaster?
Vero, se mai avesse acceso il
computer Warsman li avrebbe
trovati. Ma se si fossero “trovati” in
contemporanea o quasi, non sarebbe stato
granché utile.
Per cui adesso Kevin Mask era
diventato Robert Stark, un
omone dai capelli rosso cupo piuttosto corti e la barba, che si era
lasciato
crescere ed aveva in seguito tinto; il tutto lo invecchiava di oltre
cinque
anni.
Warsman invece era diventato Reek, un
lottatore non meglio
definito -di cui Robert Stark era il manager- che portava sempre una
specie di
elmo calato sul volto, e che quando non bisbigliava parlava con una
falsa voce
profonda.
«è che mi sembra
strano. Con tutti i mezzi che hanno a
disposizione, inclusi uomini più o meno da ogni parte del
mondo, com’è
possibile che non siano in grado di trovare quattro ragazzi prima di
noi? Se ci
pensi bene è un’assurdità. Al posto di
Howard Lancaster avrei già messo sotto
controllo tutte le città dove sa che sua figlia è
stata in questi ultimi due anni…»
“anche se all’appello gliene mancano diverse, ma
sapeva di questa!” «inoltre
credo che abbiano modo di controllare tutta la rete, e non mi
stupirebbe se ci
fosse in orbita un qualche satellite per il riconoscimento dei tratti
somatici
-o qualcosa del genere- che manderebbe al diavolo anche i
travestimenti, a meno
i ragazzi che non viaggino sempre con una sciarpa a coprire loro oltre
metà
viso».
«non è poi
così assurdo. Lancaster ti ha dato la caccia per
anni senza riuscire a trovarti, no? E se anche avesse tutte queste cose
credo
che gli servano per altro…» non aveva torto, e per
quanto Emerald ovviamente
fosse la priorità maggiore certe operazioni di controllo non
potevano proprio
essere sospese. Ed era già tanto che in quel periodo fino a
quel momento fosse
riuscito a gestire i propri affari senza muoversi da casa.
«vero ma io viaggiavo da
solo, costantemente mascherato,
nascosto più che potevo, e c’era Robin che cercava
di darmi una mano tramite
emissari. Ed è successo diversi anni fa, nel frattempo la
tecnologia si è
evoluta parecchio. Poi lasciamo perdere che quella faccenda degli
emissari mi
ha quasi fatto scoprire un paio di volte…ma ecco, io sono
io, e quelli sono
quattro ragazzini idioti. Kirika ed Emerald poi sono due volti
estremamente
noti…e inoltre, ti pare che Howard Lancaster non
sospenderebbe qualunque
operazione in corso trattandosi dell’adorata
figliola?»
«dipende che tipo di
operazioni sono, e poi “nel mondo siamo
in sette ad assomigliarci”!» recitò
Kevin.
«lascia perdere i modi di
dire cretini e dimmi cosa pensi di
questa storia, per piacere».
Il ragazzo sbuffò.
«non so che dirti. In effetti a pensarci
bene è un po’strano ma magari, il lanciatore di
coltelli lì, è
bravo con le robe non tracciabili e i
viaggi sotto copertura. Nel senso, talmente bravo da dare fregature
anche a
gente del genere».
«bah».
«desiderate
dell’altro?» chiese loro il barista.
«altra vodka. Sempre di
quella buona!»
«come tuo manager sono
costretto a ricordarti che non è il
caso che tu beva troppo, o non sarai in forma per i prossimi
incontri!» se
Kevin godeva per quel falso scambio di ruoli? Ma assolutamente
sì!
«tranquillo, so benissimo
quale è il limite signor Stark»
ribatté Warsman «e comunque ho proprio bisogno di
bere» borbottò pianissimo.
Kevin dal canto suo lasciò
correre pigramente lo sguardo
lungo la stanza, osservando con aria assente il tipo non troppo alto e
dall’aria impettita che era appena entrato. «tsk.
Guarda quello! Ma che cazzo
ci fa con gli occhiali da sole di notte?»
«lo sai che
l’Universo è pieno di gente matta» il
russo
nemmeno si degnò di voltarsi a guardare, ed il tizio
impettito si avvicinò
all’altro capo bancone con un gran sorriso sbiancato.
«avete una bottiglia
spumante?» chiese al barista, rivelando
uno strambo accento olandese «io e la mia ragazza festeggiamo
l’anniversario…nonostante la congiuntivite! Ah!
Ah! Ah!»
“con la congiuntivite non
c’è mica tanto da ridere”
pensò
Kevin. Ad un certo punto sentì un’improvvisa presa
ferrea al polso, che il suo
compagno di viaggio sembrava aver voglia di stritolare.
«ovviamente ne abbiamo.
Anniversario, ha detto? Auguri!»
«dankzegging,
mijn vriend! Ah! Ah! Ah!»
«ma che hai?!»
sibilò Kevin Mask a Warsman, mentre questi
fissava l’olandese.
«la voce è
identica a quella di Connors minore, e porta gli
occhiali da sole per-»
«…ha la
congiuntivite, non hai sentito?»
In certi casi al russo veniva
veramente voglia di urlare. «e
non ti viene in mente che possa essere una farsa?!»
«Zachary cammina
diversamente, mi ricordo bene i suoi ciondolamenti
verso Beverly Park dopo
che per poco non mi aveva lanciato un coltello alla gola. Questo
cammina tutto
impettito, e poi da quando in qua avrebbe l’accento
olandese?»
«può
fingerlo!»
lui e Kevin osservarono il tizio pagare lo spumante ed andarsene.
«e comunque ha parlato di
una fidanzata, che-»
«parlate
dell’olandese?» si intromise il barista, che
evidentemente era un pettegolo «da! Lo
ho visto con lei da qui, durante il turno mattutino. Si scambiavano
effusioni
piuttosto passionali…di fatto avrebbero potuto cercare di
contenersi un minimo,
ma si sa, i giovani…»
«e la
ragazza…» indagò Warsman
«com’era?»
«piccolina, capelli corti.
Piuttosto formosa, bei fianchi
larghi…con permesso» il barista si
allontanò per servire altri clienti.
«mi sa che hai preso una
cantonata, l’hai sentito? Se lei è
formosa esclude automaticamente ogni possibilità che si
tratti di Hammy!» disse
con molto realismo, perché per quanto Emerald fosse ben
fatta era tutto meno
che formosa, esattamente come sua madre -seppure con un
po’più seno-.
«esistono delle cose
chiamate “imbottiture”!»
«esiste anche una cosa
chiamata “paranoia”. Anche io vorrei
che fossimo tanto fortunati da essere capitati dove sono loro, ma
sappiamo
benissimo che noi due e la fortuna viaggiamo su strade diverse. E poi
ha
parlato di due persone. Fossero stati loro sarebbero stati in
quattro».
«si parlava
dell’olandese e la fidanzata, non aveva motivo
di dirci se erano o meno con altre due persone! E in ogni caso
potrebbero
sempre aver deciso di arrivare con orari diversi fingendo di non
conoscersi»
obiettò il russo.
«e comunque
c’è un’altra cosuccia che ti sfugge e
cioè:
perché diavolo la neo sposa dovrebbe scambiarsi
“effusioni passionali” con suo
cognato?!» ribatté Kevin «per non
parlare del fatto che da quel che so…e che mi
dicevi anche tu, nonostante io non volessi
ascoltarti…insomma, se fosse così
sarebbe un po’mettere delle mezze corna e lei non
è il tipo…»
«se lei considerasse tutto
come una recita non vedo perché
non dovrebbe farlo. E quanto al resto per come la penso io quel mostro
albino
maledetto le è sempre stato troppo appiccicato,
già da quando erano a
Washington, e ricorderai che durante il suo ritorno a Tokyo
l’abbiamo vista a
momenti più con lui che con il carissimo fidanzato! Quello ha delle mire ben precise verso di
lei, te lo dico io».
«chiarendo il fatto che io
ormai ho lasciato perdere l’idea
di tornare con lei perché è troppo incasinata,
sono dell’idea che l’unico ad
avere delle mire ben precise verso di lei sia proprio tu. Le hai. Le
hai sempre
avute. Le avrai sempre».
«ne abbiamo già
discusso abbastanza, basta».
«e ci siamo anche pestati.
Questo, Kirika, tutto quello che
è successo e tutte le riflessioni che ho fatto durante il
viaggio in aereo e
qui mi hanno fatto giungere ad una conclusione: che sarebbe stato
meglio se io
e lei fossimo rimasti soltanto amici» disse
l’inglese, sorprendendo il compagno
di viaggio «se le cose fossero andate in questo modo sia io
che lei avremmo
sofferto di meno» vide Warsman dimezzare il bicchiere di
vodka con un paio di
sorsi, ma decise di lasciarlo stare «ciò non
toglie che anche in quel caso
sarei comunque qui con te a cercarla, perché tengo a lei e
non sarei rimasto
con le mani in mano, ma col senno di poi non mi sognerei mai di
mettermici
insieme, porta troppi guai, avevi ragione quando me lo
dicevi…»
«tutto questo discorso lo
stai facendo per dirmi cosa,
signor Stark?» disse Warsman, improvvisamente gelido. Temeva
di aver capito
dove voleva andare a parare.
«che una volta che
l’avremo ritrovata parlaci pure se ti
aggrada, ma poi chiudi lì la questione. Massimo rivedila una
volta al mille per
due chiacchiere, e rispediscila dal marito ringraziando il cielo di non
essere
al suo posto. Ricordo cosa mi hai detto a Roma, so che rifaresti tutto
quello
che hai fatto e accetteresti di farti torturare altre diecimila volte
pur di
fare un nuovo…viaggio…insieme
a lei,
ma te lo dico col cuore in mano e da persona che ha amato da morire
Emerald e
le vuole ancora bene: lasciala perdere. Di sicuro
se una persona
piuttosto frivola e volubile» no, Hammy quei
“complimenti” non li avrebbe
graditi «come lei ti ha accettato tranquillamente -da quel
che mi hai detto-
per come sei, a maggior ragione lo farà una donna meno
superficiale e più
matura, anche in termini di età. Si tratta solo di guardarsi
intorno. Secondo
me se non hai avuto relazioni significative è
perché non le hai nemmeno
cercate, o non hai creduto di poterle avere, e ti sei
isolato».
«la tinta per barba e
capelli deve averti convertito il
cervello in un concentrato di idiozie che gradirei smettessi di sputare
fuori
una dopo l’altra, giovanotto! Non sono richieste. E non mi
faccio consigliare
dalla persona che fino all’altro ieri ce l’aveva
con me perché “gli ho rubato
la donna”, assolutamente» fu la replica molto
piccata del russo.
“anche Emerald aveva
parlato di vedersi ogni tanto per fare
due chiacchiere una volta che si fosse sposata, e niente di
più, ma non poteva
essere quello che voleva davvero, e Kevin parla senza cognizione di
causa,
perché se riuscisse a capire veramente me ed Emerald certe
cose non le avrebbe
dette nemmeno!”
«te l’ho detto
che da dopo la fuga di Kirika ho riflettuto
parecchio. Da quando ho conosciuto Hammy non l’ho fatto
spesso, lo ammetto, ma
se voglio ne sono in grado».
«a me sembra il
contrario» Warsman si alzò di scatto
«quando
te ne vai paga anche la mia parte, te la restituirò in
seguito».
«dove vai?! Reek!»
“odio questo maledetto
nome” pensò l’ex lottatore
andandosene via, indeciso se cercare l’olandese
nell’albergo oppure uscire
fuori e camminare a vuoto.
Non gli piaceva quel che Kevin gli
aveva detto. Nemmeno un
po’…
“…alla reception
non c’è nessuno” si accorse poi
“devo
correre, devo…devo cosa? Non
so
nemmeno il nome di quel tipo”.
Ma decise di tentare di cercare lo
stesso qualcosa di utile
nel computer, anche se di sicuro per accedere alle prenotazioni serviva
una
password e…
Si concesse un’esultazione
soffocata. Il tizio della
reception aveva lasciato la pagina delle prenotazioni aperta. In lotta
contro
il tempo Warsman diede una rapida scorsa ai nomi, non moltissimi a dire
il
vero, quando l’occhio gli cadde su…
“Adric Van Der Boss,
Emmeline Vance, Oscar Cassel, Lysa
Seaworth…a quanto pare alloggiano nella suite al terzo
piano! Sono arrivati
tutti e quattro insieme, e l’olandese somiglia troppo a
Zachary Connors, devono
essere loro per forza!”
Sgattaiolò via pochi
istanti prima che la reception tornasse
ad essere sorvegliata. L’unica domanda a quel punto era
“ascensore o scale”?
forse avrebbe fatto prima ad arrampicarsi sulla facciata
dell’edificio, ma in
quel modo avrebbe dato troppo nell’occhio, e il suo intento
era di
sorprenderli...sperando che il maledetto non li
avesse riconosciuti.
“scale. A me le
scale!” pensò, fiondandocisi.
«si può sapere
che vuoi fare?!» Kevin era sopraggiunto
all’improvviso, e lo stava trattenendo per il polso.
«quello per cui siamo in
viaggio! Le cose sono due, o mi
lasci andare o vieni a darmi una mano, ma in ogni caso evita di
intralciarmi!»
disse duramente, ma non troppo forte per non allarmare nessuno dello
staff.
«sei impazzito o
cosa?!»
«con l’olandese e
fidanzata ci sono altre due persone, un
uomo e una donna, sono arrivati tutti insieme, non ti basta?!»
«e tu dove hai visto tutto
ciò?»
«reception. Sono nella
suite, se agiamo adesso…»
«agire sulla base
di cosa? Sul fatto che pensi che
quel tizio e Zachary si assomiglino? Ragiona!»
cercò di riportarlo giù, senza
troppo successo perché Warsman se lo scrollò di
dosso.
«sai benissimo cosa mi ha
fatto! Non so tu, ma io tendo a
ricordare molto bene le facce di chi mi ha torturato o peggio. Se dico
che è
lui, è lui, non c’è travestimento che
tenga…e quando me lo troverò davanti…lo
sgozzerò come un dannato pollo albino!»
affermò il russo, riprendendo a
correre su per le scale arrivando al primo piano.
Con Kevin sempre dietro, naturalmente.
«sì, e poi
verrai ammazzato a tua volta!»
«ne vale la
pena!».
«no che non ne vale la
p-»
«non puoi capire, e mi
auguro con tutto il cuore che tu non
possa mai capire!»
«ascolta…ascoltami!
Non è meglio aspettare di
verificare meglio?! Ti immagini il casino se sfondassimo la porta di
quella
suite per poi scoprire che quel tipo non è chi tu pensi che
sia?!» non che se
lo fosse stato il casino sarebbe stato minore, a dire il vero
«per piacere, la
parte dell’impulsivo lasciala a me e torna la persona logica
e freddina che
conoscevo!»
«quindi per te sarei
“freddino”? grazie mille».
«se i ruoli fossero
invertiti mi fermeresti, io lo so, hai
sempre cercato di evitare che facessi cazzate quindi ora non farne
tu!...escogita…che ne so, un piano…» eh
sì, tipico caso di mondo alla rovescia.
«…un
piano».
«sì! Quella
parola con la “p” che ti piaceva tanto. Il
bastardo è intelligente, non so dirti se prenderlo di
sorpresa può bastare, e
inoltre non siamo qui per uccidere lui anche se la voglia è
tanta.
Senti…aspettiamo un po’, e innanzitutto
verifichiamo che siano le persone che
pensiamo…e poi vedremo, no?»
Il russo parve riacquistare un altro
po’ di autocontrollo,
vergognandosi oltretutto della reazione che aveva avuto.
«sì, io…sì. Non è
una
cattiva idea».
“e dire che se non fosse
stato per il robottino che si è
fiondato alla reception appena ho lasciato il bar e poi su per le
scale, confermando
i sospetti, i loro travestimenti avrebbero quasi funzionato. Di grossi
tizi è
pieno il mondo. L’unica domanda è come possano
aver fatto a trovarci”.
Zachary Connors, con la schiena
poggiata contro il muro
accanto alle scale, si rigirava in mano uno dei suoi coltelli. Se
avesse scelto
quell’istante per lanciare sia quello che l’altro
che aveva in tasca sarebbe
riuscito ad uccidere entrambi i suoi inseguitori ma, primo, le armi al
momento
erano piene di impronte; secondo, uccidere Kevin Mask finora non era
mai
rientrato nelle sue intenzioni; terzo, con la cognatina così
“strana” era bene
che uccidesse il robot solo per legittima difesa, come stava per
succedere a
Roma.
«bene».
«solo…voglio un
altro bicchiere di vodka, adesso. O due».
Sapeva che non avrebbe dovuto farlo,
che era un’idea stupida
tanto quanto l’altra, ma se proprio non poteva sfondare la
porta di quella
suite tanto valeva concedersi l’ultima serata di
“baldoria”.
Una decisione influenzata dalla vodka
che aveva già bevuto,
senza dubbio.
Zeke li sentì riscendere.
“mh. Peccato. Mi serve un
robottino schizzato, non un robottino tranquillo che non fa idiozie.
Con che
scusa posso terminarlo, sennò?”
A quel punto forse era meglio lasciar
perdere e prendere con
gli altri un volo per Bombay prima
che
Howard Lancaster trovasse il modo di bloccare la capitale russa.
“in alternativa ce la
filiamo passando sotto la città!!! A
Roma Hammy non ha voluto scendere giù, ma stavolta
dovrà per forza, e tanto a
Roma prima o poi ci ritorno, di sicuro lì sotto è
più figo che ad Amsterdam.
Dementi di olandesi…espellono la gente per qualche tulipano
andato a fuoco per errore…”
E per fortuna che prima del Keukenhof
lui e i suoi compagni
del college erano stati altrove, o l’avrebbero espulso prima
del suo giretto
sotterraneo…
:: cinque
minuti dopo ::
Sebastian trasalì e
lanciò un grido acuto quando venne
svegliato all’improvviso da quelle che sembravano essere le
trombe della
cavalleria in arrivo, Hammy invece rimase silenziosa, ma in ogni caso
dopo il
primissimo attimo di smarrimento entrambi tirarono fuori le pistole da
sotto il
cuscino puntandole contro uno Zachary che, cellulare in mano, rimase
piuttosto
tranquillo.
«m-ma cosa-»
balbettò Sebastian.
«ma si può
sapere che ti salta in testa?! Dormivamo!!!»
protestò Emerald. Kirika era ancora sveglia da prima, ma
sembrava perplessa
quanto loro per quella riunione improvvisa.
«appena sarà
possibile lasceremo l’albergo, cercheremo di
far perdere le nostre tracce, e nottetempo andremo nella cattedrale di
Cristo
Salvatore. Faremo meglio a munirci di abiti che trattengono il calore e
di
provviste, perché noi…fuggiremo
sottoterra!»
«ma che cazzo hai
bevuto?» Hammy come sempre fu molto
delicata.
«io nulla, ma al bar qui
sotto c’era il robottino che
annegava nella vodka».
«…prego?»
allibì Emerald «qui…in questo
albergo?»
«yeah».
Per la rapidità con cui
Hammy si alzò dal letto e si mise a
cacciare nello zaino quel poco di roba che aveva, lasciando via
imbottiture,
reggiseni e jeans troppo larghi, qualcuno avrebbe detto che le avevano
dato
fuoco al sedere.
«via. Via. Andiamo
via!»
«mi farà volar
via il capo dal corpo, nel caso mi veda!!!»
anche Sebastian scattò in piedi e fuggì in bagno
a recuperare innanzitutto
creme e cremine. Come se nei sotterranei potesse trovare il tempo di
mettersele, sicuuuro…
«ecco delle persone
reattive…sì, direi di fare tutti quanti
gli zaini».
«ma se non sanno che siamo
qui…» avviò a dire Kirika.
«non ho sbagliato nulla nel
fare l’olandese, eppure il
rovina cappelli sospetta. Se non ha sfondato la porta della suite
è perché
Kevin Mask, che per inciso con barba e capelli rosso scuro sta male un
bel po’,
l’ha convinto a non essere impulsivo».
“e ci credo che
è diventato impulsivo se ti ha riconosciuto,
con quel che gli hai fatto. Mi sta sulle palle ma ammetto che pure io
vorrei
staccarti la testa dal collo se fossi al suo posto”
pensò Kirika “e a tuo
fratello di seguito, se è vero che l’ha torturato
tutto quel tempo”. «capisco.
Solo…Kevin Mask che ragiona?»
«eh sì, pare
strano anche a me».
«con me ha fatto il
coglione ma non vuol dire che lo sia del
tutto» intervenne Emerald, che aveva già preso
tutto quel che le sarebbe
servito «Zeke, perché sottoterra?»
«perché se
dicono a tua madre che sei qui, lei lo dirà a tuo
padre, che bloccherà la città» disse
tranquillo Zachary «si vede che sei
sveglia da poco, eh».
«non è cosa da
tutti i giorni che un tizio ti svegli con le
trombe…»
«ma…può
realmente farlo?» anche Sebastian era ancora in
shock da risveglio.
«qualcuno gli prenda un
caffè, ha il cervello in standby. Se
non fosse così perché cavolo ci saremmo sempre
affrettati a lasciare le varie
nazioni?!» sbottò Kirika «e il vostro
motto non è “we can”?!»
«chiedo venia, dolce
Kirika, non ho ancora riacquisito
completamente le mie facoltà cognitive…»
«riacquistale ora,
perché adesso tu ti vestirai, andrai di
sotto, salderai il conto, darai una lauta mancia al concierge, gli
chiederai di
un’uscita sul retro e tutti quanti ce ne andremo da
quella» Zeke prese dei
vestiti glieli mise in mano «Kirika rischia di essere
riconosciuta, Emerald
peggio e io sono stato già scoperto, purtroppo, quindi tocca
a te. Già che ci
sei lancia un’occhiata verso il bar e guarda se quei due sono
ancora lì a bere,
nel caso dovremo stare ancor più attenti a come ci
muoviamo».
«m-ma se mi
l’abominio mi scoprisse metterebbe fine alla mia
vita!» no, grazie a sua madre no, ma Sebastian questo non lo
sapeva.
«metti le lenti a contatto,
cammina saltellando e parla con
l’accento francese come hai fatto fino ad oggi.
Andrà tutto bene» spinse
Sebastian in bagno perché si vestisse «alle brutte
hai una pistola, gli spari
ed è legittima difesa» gli bisbigliò «me
entiendes? Apúrate!» esclamò
infine, chiudendo la porta.
«ogni tanto mi dimentico
che pure tu sei mezzo argentino e
non solo Michael» commentò Emerald
«sicuro che sia una buona idea spedirci
lui?»
«a dire il vero no. Sarebbe
stato meglio calarci da qui e
filarcela. Ma non voglio bruciarmi l’identità di
Adric Van Der Boss, è un nome tanto
carino…»
:: qualche
minuto dopo
::
«ok, basta
con la vodka, stai iniziando ad esagerare
davvero» bisbigliò Kevin seccato.
«la vodka per me
è come acqua, solo che è più buona e
scalda
dentro! Come l’ammmmore».
«well, dopo
questo so che sei completamente fuso,
quindi basta» affermò il
ragazzo con tono deciso togliendogli di mano il
bicchiere «è ora di andare a dormire».
“per come è
messo adesso il nome giusto non era Reek, era
Haymitch!” pensò l’inglese.
«no. Sto benissimo.
Già che ci sei ordinamene un’altra, ho
la lingua che mi si impasta…»
« “non dovresti
bere ragazzo, è inutile e controproducente”,
diceva…»
«eh n-no! no!
“Diceva” è mio! Solo mio!
E-ecco» il russo
cercò di darsi un minimo di contegno
«dopotutto…dopotutto devo pure avere
qualcosa di mio. Almeno un inter…coso. Intercalare. Si dice intercalare…almeno
un intercalare. Non ho nemmeno un nome…»
«su questo devo
dissentire».
«ooh, giusto…ho
un nome con cui non mi chiama nessuno.
Preferiscono “bestiaccia”. O
“macchina”. E infatti mi trattano proprio
così,
come a una bestiaccia, o mi cancellano la mente come i file da un
computer…e
l’unica che non lo faceva non mi ricorda e si è
sposata con uno stronzo!»
«su, a letto»
bofonchiò Kevin passandogli un braccio attorno
alla vita facendolo alzare ed aiutandolo a reggersi in piedi.
«Michael Connors!»
esclamò Warsman nel lasciare la
stanza «tu, bastardo stronzo figlio di puttana stupratore con
le mani lorde di
sangue, anche del mio…tu a LEI non la
devi toccare, capito?!»
«su quello concordo,
peccato che lo stronzo non sia qui e
stiamo facendo una figura di cacca».
«un marito del
genere…un cognato del genere…un cugino del
genere…un padre degenere...e io sono il
problema! Io! Io!!! Capisci qual
è il punto?!!»
«lascia perdere».
«no!!! Non posso lasciarla
perdere, io non avevo…in tutta la
vita non avevo mai…» farfugliò, poi si
libero dalla presa del ragazzo
parandoglisi davanti, guardandolo con aria del tutto spiritata
«Kevin, che a te
e agli altri piaccia o no, io ad Emerald la-»
«…è
curioso, ma d’altra parte cos’è che non
si fa per i
clienti? Vi condurrò lì personalmente»
disse il concierge intascando la ricca mancia
appena ricevuta e lasciando il bancone «andiamo!»
«merci
monsieur, vous étés bien gentil ! Mi dica, come è possibile raggiungere
codesta uscita dal terzo piano
senza essere notati… ?» rispose
il cliente scrivendo qualcosa sul cellulare. Un “via
libera” completamente
sbagliato. Aveva guardato verso il bar solo in quel momento e non aveva
visto
nessuno di strano…perché erano a pochi passi da
lui!
Warsman si voltò
lentamente.
Molto lentamente.
«ooooh, no. Via. Andiamo di
sopra» Kevin provò a trascinarlo
verso l’ascensore, ma l’altro non intendeva
collaborare.
«Sebastian
Lancaster» sibilò il russo, seguendo con lo
sguardo il concierge e lo pseudofrancese.
«sei del tutto sbronzo,
vieni via…»
«ne ho visti due su
quattro, ora basta!!!»
«lo sapevo che non dovevo
lasciarti ber-»
«staccati
da me!!!»
Il russo lo spinse via e si
lanciò all’inseguimento…
«dankzegging,
il
suo aiuto è stato prezioso».
«sicuri di non desiderare
che vi chiami un taxi…?»
«no, siamo troppo di fretta
anche per quello. Dasvidania!»
concluse Zachary,
allontanandosi assieme agli altri a passo svelto «e questa
è fatta, e senza
aver fatto ricercare Adric per qualche reato non meglio
definito».
«ma tu eri serio quando
dicevi dei sotterranei? Per Yzgoth,
più ci penso…»
«e tu allora non pensarci,
Kirika, perché tanto non-»
«…TOGLITI DI
MEZZO!!!»
Tutti quanti si voltarono, chi
attonito, chi indifferente e chi
serio, verso Warsman che aveva appena spinto via il concierge saltando
poi
fuori dalla porta…con Kevin dietro.
I ragazzi si misero a correre come
forsennati.
«oh, porco-»
«dividiamoci!»
ordinò Zachary «ci ritroviamo voi sapete
dove! Seb con Kirika, cognatina con me!»
Prima che chiunque avesse il tempo di
protestare il ragazzo
afferrò la mano di Emerald e svoltò con lei
all’improvviso in un vicolo.
«ci
sopprimeranno!!!»
strillò Sebastian.
«come se di noi fregasse
loro qualcosa, sii serio!» sbottò
Kirika continuando a correre.
«Kirika!
Kirika!!!»
Kevin.
E stava chiamando proprio lei.
«...credo fossi in
errore!»
«me ne fotto, non blaterare
e corri!»
Kevin corse dietro a loro per qualche
metro. Assurdo ma
vero, pur avendo capito che Warsman aveva ragione e che quindi
lì c’era la
persona che stavano inseguendo, il suo primo istinto era stato quello
di
parlare con l’altra ragazza. Per capire i motivi per cui li
aveva traditi e per
spiegarsi. Per scusarsi delle mosse cretine che aveva fatto con lei e
per
chiederle aiuto.
Ma in seguito il senso del dovere
prevalse, ricordandosi che
Warsman si era lanciato dietro alla persona che a Roma e non solo
l’aveva quasi
ucciso. Sapeva che era un chojin molto forte ed almeno in condizioni
normali era
in grado di badare a se stesso, ma oltre che nero di rabbia in quel
caso era
pure ubriaco, quindi decisamente non era
quello il caso.
Per cui girò sui tacchi e
corse nel vicolo dov’erano spariti
gli altri, ripromettendosi di parlare con Kirika in un’altra
occasione.
Corse come mai aveva fatto in vita
sua, doveva raggiungerli
assolutamente prima di perderli di vista, ed Emerald, Zeke e Warsman
erano già
piuttosto lontani…
“ok, di questo passo li
raggiungerò l’anno del mai”
pensò,
decidendo rapidamente di salire sul tetto del palazzo vicino. Saltando
da un
edificio all’altro riuscì assurdamente ad
affiancare prima il suo allenatore,
poi i fuggitivi, e a quel punto gli venne un’idea.
“non so se sia una bella
pensata, ma così facendo almeno
avrà modo di parlarle e forse capirà che ho
ragione io” si disse, saltando giù
dal tetto piombando davanti a Zachary e colpendolo con forza.
«fine della corsa,
Connors!»
Emerald frenò bruscamente,
voleva aiutarlo, ma c’era Warsman
in arrivo, e…
«continua a correre, Em!
Non ti fermare!» esclamò Zachary
rialzandosi «vai!» la incitò vedendola
esitare «vai!»
Pur mordendosi nervosamente il labbro
inferiore Emerald alla
fine obbedì, scattando via pochi istanti prima che Warsman
arrivasse sul posto,
terribilmente indeciso tra rimanere con Kevin per far fuori Zeke una
volta per
tutte o correre dietro alla londinese.
«a lui ci penso io, tu
valle dietro, muoviti!!!»
L’esortazione di Kevin fu
la molla che lo fece decidere, e
pur non sapendo se stare tranquillo per il suo ex allievo oppure no
alla fine
riprese a correre dietro ad Emerald.
«senti…»
Zachary e Kevin si guardavano, mentre la tensione
tra loro cresceva sempre di più «anche se non sei
particolarmente sveglio io
contro di te non ho niente. Non hai nemmeno cose serpentesche addosso.
Ed Emerald
non gradisce che ti si faccia del male. Primo ed ultimo avvertimento:
togliti
di mezzo».
«non penso proprio! Tu sei
un pazzo psicotico sociopatico»
Kevin si mise in posizione da combattimento «e oggi tornerete
tutti a casa. Spero
che tu venga internato in qualche manicomio criminale,
perché il tuo posto è
quello».
«immagino che il robottino
si sia lamentato del fatto che ho
cercato di aiutarlo. Pensa… è determinato a non
staccarsi da una donna sposata
che gli aveva detto chiaramente di non seccarla più.
Rischiando di essere
ucciso più volte » sorrise «e poi il
pazzo dovrei essere io? Lui e tu che lo
aiuti, piuttosto».
Un baluginio.
Kevin Mask evitò per un
soffio il coltello lanciato da
Zachary, che forse non aveva intenzione di ucciderlo ma di azzopparlo
sicuramente, e partì all’attacco a sua volta con
l’intento di afferrarlo per il
collo e sbattergli la testa contro il muro così da
tramortirlo.
Zeke non poteva certo competere con
la forza di un chojin,
ma dalla sua aveva una certa agilità grazie alla quale
riuscì a schivare
diversi colpi.
«lo vuoi capire che non hai
speranza?! Avresti dovuto
rimanere a Londra, Connors!!!» di nuovo per un soffio
evitò un affondo allo
stomaco che Zeke fece con un altro coltello, e riuscì ad
afferrargli il polso con
una mano e torcerlo fino a far cadere l’arma, mentre con
l’altra mano lo afferrò
al collo «e avresti dovuto lasciare in pace
Warsman!»
«pff…a-adesso mi
spiego!» Zeke cercò di sorridere,
nonostante il dolore «ho capito!»
«e cosa avresti capito,
sentiamo!»
«da quanto tempo tu e il
robot siete una coppia di fatto?»
Una domanda talmente assurda e posta
con una tale
naturalezza che sbigottì l’inglese al punto che
l’atmosfera tesa mutò in una
confusa bolla di perplessità. «m-ma che diavolo
stai dicendo?»
«era 103, vero?»
«eh?!!»
«per
l’ambulanza».
Da quel momento in poi i ricordi di
Kevin divennero
prevalentemente fatti da un’esplosione, da un gran dolore e
dal fuoco. Tanto fuoco.
Gli ultimi frammenti di memoria di
senso compiuto che aveva
erano quelli del suo avversario che utilizzava un cellulare che poi gli
aveva
gettato addosso per far consumare dalle fiamme e di seguito rubava una
motocicletta lì vicina, e poi di nuovo il dolore, e la
confusione sempre
maggiore…
Infine il buio.
«lasciami!!!»
«no! Emerald, tu adesso mi
ascolti…» cercava di tenerle le
braccia per non farla scappare nuovamente visto che l’aveva
acchiappata per
miracolo, ma non era semplice.
«quale parte di
“lasciami” non hai capito?! In che lingua
devo dirtelo?! Mollami, vecchio bavoso!!!»
«Emerald. Per
favore».
Quelle poche sillabe furono una
specie di sedativo per la
ragazza, che smise di strillare pur guardandolo torva e continuando a
cercare
di divincolarsi, dapprima senza più troppa
convinzione…per poi smettere proprio.
«abbiamo parecchio di cui
parlare, tu ed io».
«io penso di no. Lieta che
tu stia bene. Sto bene pure io. Ora
mollami».
Non voleva giurarci, ma Hammy gli
sembrava diversa rispetto
a com’era a Washington e anche rispetto a com’era a
Roma quando l’aveva vista
abbracciata al caro cognato. Qualcosa nel suo sguardo e nel suo
atteggiamento
la rendeva molto simile alla Emerald pre-amnesia. E sembrava anche
parlare
bene.
«nossignora!...e ti
dirò, che stai bene lo vedo benissimo. Quindi
la domanda è una sola: da quand’è che
ricordi tutto?»
«non ricordo una beata
minchia».
«da
quando è?! Da Washington?
Da Roma, quando mi hai lanciato contro quella panchina per salvarmi la
vita? Mi
prendi per uno scemo?! Guarda che ti conosco fin troppo bene!»
«non “ti
prendo” per uno scemo, tu sei uno
scemo, è una cosa diversa, ed ho provato ad annegarti
proprio per questo…»
«sì…maledizione,
allora è proprio da Roma».
«hai qualche problema ai
recettori uditivi o cosa?!»
«hai ritrovato la memoria.
Forse non del tutto, ma il
novanta per cento sì, ne sono convinto. Tu
ricordi…mi ricordi».
La sua presa sulle braccia della
ragazza era diventata
differente. Si sarebbe potuta definire quasi un abbraccio.
«no».
«risparmia le bugie per chi
ti conosce meno».
«ti dico che non
è come pensi».
«se ricordi allora mi
chiedo perché non torni dal tuo caro
marito di cui eri così innamorata e convinta, invece di
stare in giro con quel…quel
mostro pazzo».
«perché non
ricordo ancora niente, e venti! Oltre che
vecchio, porco e moscio sei pure duro di comprendonio. Proprio un bijou».
«di motivo per cui non
torni a casa può essercene uno solo:
ti sei finalmente resa conto di aver fatto un errore e non sai come
dirlo né a
tuo marito né a tuo padre. Per cui prendi tempo
scappando».
«idiozie!!!»
«e c’è
dell’altro di cui sono convinto: che dopo tutto
quello che abbiamo passato non posso essere estraneo a questa cosa,
e…non so
cosa sia questo rapporto che abbiamo…»
«avevamo. Forse».
«abbiamo.
Non so
cosa sia, ma non può essere messo da parte così
facilmente, e lo sai
benissimo».
Emerald strinse i pugni.
«sbagli. Fa’ un favore a entrambi e
lascia perdere. Finirai a farti male, se continui».
«abbiamo già
fatto questa conversazione e la mia risposta
non cambia».
La ragazza lo allontanò da
sé con uno spintone. «io non
ricordo ancora nulla! E non ti è venuto pensato nemmeno per
un secondo che tu
potessi non entrarci nulla?! Magari mi sono innamorata di mio
cognato!»
Fu una doccia fredda, ma il russo non
ci credette nemmeno
per un istante. «sei una puttanella viziata, non potresti mai
innamorarti di
qualcuno che non ti porta a letto» rispose sarcastico.
«vaffanculo».
«e nemmeno di qualcuno che
decide arbitrariamente di cancellarmi
dalla testa ogni ricordo che ci riguarda» la vide irrigidirsi
«Zachary ha fatto
questo. È un pazzo ed è pericoloso per chiunque,
anche per te».
Seguì un momento di
silenzio.
« allora Kirika a Roma mi
ha detto la verità».
Altra doccia fredda per Warsman.
«tu…lo sapevi?»
Si interruppe quando fu costretto ad
evitare una
motocicletta che in caso contrario gli sarebbe arrivata addosso a tutta
velocità.
«servizio cognatini
taxi!» esclamò Zachary, che non ebbe
nemmeno bisogno di esortare Emerald a salire perché la
ragazza appena lo
riconobbe montò in sella, e filarono via più
velocemente che potevano.
«non
ho ancora finito
con te!!! Emerald!!!» Warsman tentò di
corrergli dietro.
Poi però pensò
a qualcosa di fondamentale.
Era Zachary che li aveva raggiunti,
non Kevin.
E se Kevin non era arrivato,
allora…
Il suo udito estremamente fino gli
fece cogliere la sirena
di un’ambulanza in avvicinamento.
Si voltò e corse indietro.
: ora, nei sotterranei ::
«credevo che avessimo
superato quella fase del non detto» disse pianissimo la
demonessa. Emerald fece un sospiro cupo.
«te lo dico
dopo…forse. Solo...è dura, Kirika».
Ma mai dura come per Warsman e
l'ustionato Kevin Mask.
Ok, adesso mi
sparate. Lo so che mi sparate, forse tanto per l'attesa quanto per il
risultato finale dell'attesa in questione. Comporre questo
capitolo -e dico "comporre" a ragion veduta visto che ho incollato
insieme vari pezzi scritti in momenti diversi- è stata dura,
spero che non vi faccia troppo schifo. Nel caso chiedo perdono.
Deadpool96, se stai leggendo sappi che la parte di "Faida di
sangue" che tocca a me è in scrittura, non ti ho abbandonato.
Alla prossima...prima o poi!
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Capitolo 18 *** La lista ***
C’era solo da ringraziare
il cielo che Kevin Mask fosse un
chojin, e non uno di quelli più debolucci, ma di categoria
“ti spacco in due
come niente”. Altrimenti non avrebbe avuto la sicurezza di
sopravvivere,
ustionato gravemente com’era.
In tutto il tempo in cui Kevin Mask
era stato ricoverato
dapprima in ospedale e, dopo una telefonata che era stato obbligato a
fare a
lady Janice, nientemeno che in una clinica Lancaster lì a
Mosca, Warsman non si
era mosso dal capezzale del suo allievo. Anche in quel momento era
lì, quella
sera, come tutte le altre.
Uno dei suoi problemi principali era
che Howard Lancaster ora
sapesse dove si trovava -povero stupido, credeva davvero che ne fosse
venuto a
conoscenza solo adesso!- ma la
salute
di Kevin aveva la priorità, e se in una clinica Lancaster
poteva ricevere le
migliori cure possibili, inclusi trattamenti estetici per far sparire o
comunque ridurre di moltissimo i segni delle ustioni, e gratis, allora
beh…che
fosse!
Erano lì da una settimana.
Dal notiziario Warsman aveva
appreso che, com’era prevedibile, le autorità
locali insieme a dei “corpi
speciali” non meglio definiti avevano temporaneamente
bloccato i voli in
partenza dalla città e sorvegliavano con attenzione
spasmodica ogni suo confine
per la “presenza di un terrorista che fonti certe asserivano
avrebbe tentato di
lasciare Mosca in quei giorni”. Si presumeva che stessero
cercando anche nei
livelli sotterranei, quelli un po’più vicini alla
superficie, dove vivevano
barboni e a dire il vero anche non barboni, e una volta si nascondevano
le
spie.
L’ennesima dimostrazione di
potere di Howard Lancaster -e la
definizione di terrorista riferita a Zachary non era affatto sbagliata-
eppure
Warsman era convinto che sarebbero riusciti a sfuggirgli. Nel
sottosuolo di
Mosca, di livelli sotterranei, non c’erano soltanto quelli
vicini alla
superficie. Se fossero riusciti a procurarsi una mappa sarebbero scesi
ben più
sotto per poi risbucare chissà dove, e tutto quello
spiegamento di forze
sarebbe stato vano.
Dal canto suo il russo non pensava
neppure di avventurarsi così
in profondità, proprio perché sapeva che sarebbe
stato completamente inutile.
Era sceso nei primi livelli una volta, in quegli anni il cui il
carissimo Mr.
Lancaster gli aveva dato la caccia -uno dei tanti posti strani del
mondo in cui
si era imbucato pur di sfuggirgli- ma non si era mai azzardato a
scendere al di
sotto del terzo.
A proposito di caccia
all’uomo, in quella settimana era
stato costantemente ad aspettarsi che sapendolo lì Howard lo
avrebbe
imprigionato di nuovo…eppure nessuno aveva alzato un dito
contro di lui. Che le
signore Lancaster avessero parlato, ed ora i suoi ex carcerieri fossero
a
conoscenza del modo in cui riusciva a rintracciare Emerald? Facile che
fosse
così, non ci sarebbe stato un altro motivo valido per
giustificare il fatto di
essere ancora libero.
“vogliono usarmi come cane
da caccia. Se è come penso,
adesso Janice Lancaster sarà costretta a riferire ogni mia
mossa”.
Povero ingenuo! La signora si erano
sempre limitata a
riferire avvistamenti di Emerald, e così avrebbe continuato
a fare, perché al
resto pensava il chip segnalatore che Michael gli aveva iniettato
nell’addome.
“o forse questi qui della
clinica stanno solo aspettando
ordini. Forse stanno solo aspettando il momento buono per liberarsi di
me, di
incastrarmi in qualche modo, non lo so...!”
Pensieri simili lo avevano assalito
di continuo, ma fino ad
ora aveva cercato di mantenere la calma anche se non era semplice.
Lo faceva per Kevin.
“Kevin ha più
bisogno di me di quanto ne abbia quella
lì” pensò, decidendo di
versarsi
dell’acqua dalla brocca di vetro sul comodino sentendosi la
gola secca,
ennesimo scherzo di una tensione crescente che non gli aveva permesso
nemmeno
di sonnecchiare un attimo per tutto quel tempo “accidenti a
lei!!!”
Verso la suddetta Emerald,
perché ovviamente il suo “quella
lì” era riferito sempre e solo a lei, al momento
provava un 35% di
preoccupazione, immaginando che per logica fossero giù nei
sotterranei, ed un
65% di rabbia.
Non contenta di ricordare fingendo
che così non fosse -fingeva, ne
era convinto!- di continuare
a mentire e fuggire, aveva volontariamente deciso di continuare a
viaggiare con
quel demone albino pur sapendo cosa gli aveva fatto -già,
chissà se quel mostro
le aveva detto di come aveva ridotto Kevin!- e perfino di fare la parte
della
sua ragazza!…
Un po’forse giocava anche
una gelosia che non avrebbe mai
ammesso neppure a se stesso, ma contava molto di più il
fatto che pareva
proprio non importarle niente se lui soffriva per qualsiasi motivo, o
gli
veniva fatto del male da chiunque! E lui proprio non riusciva a capire.
Ci era
riuscito nel caso di Howard: era suo padre, erano tanto attaccati che a
momenti
dividevano pure l’anima, lui la voleva proteggere e bla bla
bla. Ci era
riuscito, con molta fatica, nel caso di Connors maggiore: teoricamente
lei era
innamorata persa di lui, tanto da sposarlo. Ma
Zachary?!! Non c’erano giustificazioni.
A volte Emerald aveva più
o meno ammesso di tenere a lui,
Warsman, eppure da come si comportava sembrava essere tutto il
contrario, ed
ogni briciola di logica gli stava urlando che era ora di finirla di
subire di
tutto per una simile stronza per cui, checché ne avesse mai
detto, era solo un
giocattolo. Ma poi…
“forse non voleva credere
che lo avesse fatto davvero” si
diceva “ma adesso non può stare lì
senza fare niente e continuare a fuggire
solo perché non vuole ammettere che sposandosi ha fatto un
errore enorme.
Magari credeva davvero che quella fosse la sua strada, ma invece no!
Potrà
darmi del pazzo e forse anche del presuntuoso,
dell’egocentrico, ma io la conosco.
Ormai so come stanno le
cose. Siamo lei ed io, i due Nemici Numeri Uno. È sempre
stato così. Deve solo
prenderne atto come ho fatto io, per difficile che possa essere,
perché non c’è
altra mossa possibile. Non può continuare
così” guardò Kevin “non a
questo
prezzo. Che io sia dannato…se solo mi fosse riuscito di
dissuaderla dal
fidanzarsi con quell’americano…”
Vide le palpebre del ragazzo
tremolare, e di seguito
dischiudersi leggermente.
«Kevin…?
Compagno?» non poté fare a meno di avvicinarglisi
ancor di più, era la prima volta che si svegliava in un modo
in cui sembrava
essere realmente cosciente «Kev-»
Il suo momentaneo sollievo fu
immediatamente soffocato allo
stesso modo in cui Kevin Mask, con una smorfia di furia animale sul
volto,
stava cercando di soffocare lui con entrambe le mani.
«rrrrr
d…hem…one!!!»
D’accordo, evidentemente
era sveglio ma del tutto fuori di
sé visto che al momento Kevin invece di vedere davanti a
sé il proprio
allenatore vedeva lì Zachary Connors, il che spiegava la sua
reazione.
Inutilmente Warsman tentò
di articolare frasi con la
speranza di calmarlo, ottenne solo di farsi stringere di più
la gola, fino a
quando disperato non riuscì ad afferrare la brocca piena a
metà di acqua sul
comodino e spaccarla in testa al suo povero ex allievo, riuscendo a
distrarlo
abbastanza da liberarsi da quella presa assassina e premere un pulsante
che
richiamasse i medici.
«Kevin qui sei al
sicuro» aveva ancora la voce roca per quel
tentato strangolamento «non intendo farti male,
non-»
Anche stavolta venne interrotto,
lasciandosi scappare un
gemito ed un sibilo di dolore. Kevin aveva afferrato il più
grosso e spesso dei
frammenti di vetro che aveva trovato e con quello lo aveva infilzato
all’addome, squarciandoglielo piuttosto in
profondità creando una ferita che
somigliava ad un sorriso storto.
I medici si degnarono di arrivare
soltanto allora, e
riuscirono a sedare il ragazzo solo perché questi era ancora
troppo impegnato a
cercare di uccidere Warsman, di cui si occuparono subito dopo.
«n-non ne ho
bisogno!»
O almeno ci provarono,
perché il russo cercò perfino di
opporsi, pur rendendosi conto di aver bisogno di diversi punti.
«sa benissimo di averne
bisogno, sia ragionevole e ci lasci
intervenire sulla ferita!» disse il medico, che aveva
già pronta la valigetta
del pronto soccorso «sta perdendo sangue e-»
«non è la ferita
peggiore che ho subìto e sono sopravvissuto
senza fare tanti arzigogoli, lasciatemi in pace!»
«stia buono e tranquillo.
Vogliamo solo aiutarla».
Avevano ragione, gli servivano cure e
se fosse stato in un
ospedale normale sarebbe stato buono come gli stava dicendo il dottore,
ma per
ovvie ragioni non gradiva molto che medici pagati da Howard Lancaster
gli
mettessero le mani addosso. Poco ragionevole magari, ma abbastanza
comprensibile.
E non contava che fino a quel momento
non gli avessero fatto
niente, avrebbero potuto ritenere quella l’occasione buona,
Howard avrebbe
potuto decidere di tentare un’altra pista e di lasciarlo
morire nelle segrete
(?) della clinica dopo aver lasciato che subisse il cielo solo sapeva
cosa!
«vi ho detto…di
lasciarmi in pace!!!»
Strappò la valigetta dalle
mani del dottore e riuscì a
liberarsi con degli spintoni di tutte le persone che in breve tempo lo
avevano
attorniato, e con la forza della disperazione anche a scappare via
sfondando una
finestra che per chiunque altro sarebbe stata infrangibile e che per
fortuna
non era ad un piano molto alto.
Atterrò gemendo di dolore,
portandosi una mano al ventre dal
quale ancora sgorgava sangue, e decidendo di tentare di ignorare quel
che stava
provando complice anche una bella scarica di adrenalina si mise a
correre con
tutto l’intento di lasciare quel posto e ricucirsi.
Non aveva idea del fatto che in un
certo senso l’ex teppista
inglese squarciandolo in quel modo gli aveva fatto un favore
perché ora, come
dire…bye bye, chip segnalatore per cani!
Alla fine, dopo una settimana
costantemente “in guardia” ed
un’aggressione che lo aveva lasciato di sasso -e tra
l’altro visti i precedenti
era arrivato a temere che Kevin ce l’avesse proprio con lui!-
la tensione aveva
avuto la meglio.
In seguito probabilmente si sarebbe
pentito di aver mollato
lì Kevin che a momenti sembrava ridotto come Peeta Mellark
depistato…ma solo in
seguito, appunto.
Così come prima o poi,
forse, una volta riacquistata la
lucidità avrebbe chiamato l’altra signora
Lancaster -quella di cui a quel punto
ritemeva di potersi fidare di più- per scusarsi di quella
sua azione inconsulta
e per pregarla di tenerlo in qualche modo aggiornato sulle condizioni
di Kevin.
Il modo per uscire da Mosca lo avrebbe trovato da solo. Se fosse stato
attento
sarebbe riuscito a passare nei primi livelli sotto la città
senza farsi notare,
come aveva fatto in passato.
Corse come un forsennato. Non sapeva
se ringraziare il cielo
del fatto che non fosse troppo freddo o meno, perché se ci
fosse stata della
neve magari avrebbe potuto metterne sulla ferita così da
contribuire a fermare
l’emorragia…
“priorità:
superare il terreno esterno della clinica. Superare
le mura. Curarsi”.
La ferita
“urlò” a modo suo le proprie proteste.
Warsman
gettò una veloce occhiata dietro di sé, lo
stavano inseguendo, nemmeno a dirlo.
“senza rumore,
vedo”.
Ovviamente il resto dei degenti non
poteva certo essere
turbato dalla fuga di un paziente reticente, non in quella clinica che
al di là
delle attrezzature futuristiche sembrava un hotel a
ventisettemilasettecentonovantasette stelle.
“priorità:
defilarmi. Curarmi. Nascondermi…fuggire”
modificò
“io posso farcela. Sono
entrato nella
villa dei Lancaster di nascosto, ferito in modo peggiore, e
più volte. Questo a
confronto è uno scherzetto” si disse.
:: Mosca,
sotterranei
::
Erano arrivati al tunnel che avevano
stabilito di percorrere
solo un paio di ore prima, dopo una lunghissima, tesa ed estenuante
settimana
passata a districarsi tra i vari passaggi, evitare gentaglia, rubare
quante più
provviste possibili, delle biciclette -“e se il tunnel per
cui dobbiamo passare
fosse troppo stretto e malmesso?!”, “in quel caso
le abbandoneremo, ma se
invece ci passassero almeno faremmo prima.”,
“…che codesti luoghi siano
infestati da spettri molesti è veritiero? Lo spettro di Ivan
il Terribile?!”,
“di Ivan il Terribile quaggiù
c’è solo il tesoro, cugino, e se lo troviamo
è
cosa buona.”- ed un piccolo generatore di calore a batterie.
Quell’ultima era stata una
tra le migliori idee che avessero
avuto. Prima di trovarsi nella cattedrale si erano procurati dei
vestiti fatti
apposta per trattenere quanto più calore possibile, eppure
in quel tunnel ad
undici livelli di profondità -che per fortuna non era troppo
stretto e nemmeno
malmesso ed anzi, era puntellato meglio di qualcuno del quinto- non era affatto caldo. Infatti durante
quelle
otto ore previste per essere destinate al sonno, i quattro ragazzi
avevano
impostato il generatore così che restasse acceso per un
po’.
Sebastian era stato il primo a
crollare giù. Zachary lo
aveva fatto dopo essere sicuro che Emerald e Kirika si fossero
addormentate,
cadendo in un sonno profondissimo conciliato da tutto quel buio e
silenzio.
«allora…lui ha
ragione o no?»
Mh. Forse Zachary avrebbe fatto
meglio ad effettuare
controlli più accurati, perché le ragazze
bisbiglianti sembravano essere
tutt’altro che addormentate. Prova del fatto che nemmeno lui
era infallibile.
«sì. No. Non lo
so».
Durante la settimana passata Emerald
aveva sfruttato ogni
momento come quello per parlare a Kirika di quel che le aveva detto
Warsman
l’ultima volta. La demonessa aveva parlato bene nella
cattedrale, con quel
“credevo avessimo superato la fase del non detto”;
in effetti era così, e per
Emerald avere qualcuno di cui parlarne era solo una cosa positiva.
«te lo dico sinceramente, a
volte sei una grandissima sega».
«e tu gentile quanto un
cane idrofobo».
Kirika alzò gli occhi al
soffitto. «tu come la penso lo sai
benissimo. Torna a casa, e con il russo falla finita. È
meglio per tutti».
«possibile che nessuno mi
dica mai qualcosa di diverso?»
«una persona con un minimo
di logica non ti dirà mai
qualcosa di diverso. Ma d’altra parte dicono tutti che
l’amore non ha granché
logica, per cui…»
«non
sono innamorata
di lui. Ok?»
«e allora che problemi ti
fai?!» Kirika si passò le mani sul
volto in un gesto esasperato «se il punto è che
vuoi scopartelo prenditelo come
amante segreto! Anche se col marito che hai, non so cosa ci trovi nel
russo
per-»
«non voglio un amante
segreto! Non sono il tipo, non è
dignitoso e lui non ci starebbe in ogni caso».
«e allora mandalo al
diavolo no? è tanto semplice».
«non lo è,
e…che fai?»
Kirika aveva tirato fuori un
foglietto e due penne di
diversi colori. «mettiamo giù i pro e i contro il
soggetto, a questo punto».
«ah, ma dai».
«aiuta, da’retta.
Io l’ho fatto quando ho mandato
definitivamente a fanculo mio padre. Non che ne avessi bisogno, ma
vedere
scritta tutta quella roba in “pro abbandono” e
nulla in “contro”, sai…»
gettò
un’occhiata a Zachary. Non si era minimamente mosso
«muoviti».
«ma
via…mpf…ma fai sul serio?» a quanto
pareva sì, se aveva
scritto “pro W” e “contro W”!
«e va bene…dai qua. Incominciamo con i
pro».
«…se ne
trovi…»
«mmmh…allora…eeeeh…condividiamo
parecchi interessi» scrisse.
«inclusi balletti, tentare
di uccidervi a vicenda e pratiche
porche di vario genere?»
«avevo incluso solo la
prima ma a questo punto ok. Tu tieni
d’occhio loro due eh».
«dormono come sassi.
Altro?»
«è un
porcello».
«non barare, si
è detto che è incluso. Idem musica, cibi,
alcol, libri ed hobby vari» aggiunse Kirika sempre in un
minuscolo bisbiglio.
«e ti pare un punto da
poco?»
«no, ma è un
punto».
«
mh…è intelligente?»
«e lo chiedi a me? Per quel
che mi riguarda no!»
Emerald lo scrisse lo stesso.
«ha un cervello computer, è
intelligente per forza no? Poi, è coraggioso. E di solito
è onorevole, anche se
quando ci siamo conosciuti i primi tempi mi ricattava, ma
l’ho fatto anche io».
«ti ha salvata da uno
stupro».
«bene. Coraggioso ed
onorevole».
Dopo quello, per diverso tempo
Emerald non scrisse niente.
«fine?»
«tiene a me» si
decise ad aggiungere la londinese «e
parecchio, mi sa, lui…più ci penso più
mi rendo conto che…insomma, pensando a
tutto quello che ha fatto -e che fa ancora visto che ce lo siamo
ritrovato
davanti da poco- per me perché non voleva che ci lasciassimo
perdere, a tutto
quello che gli è capitato per colpa mia
e al fatto che tanto non si
arrende…»
“pensando a tutto questo mi
viene da dire che non è la
cosiddetta ‘bestia inferiore’ a non meritarmi, ma
che forse…considerando che io
per lui non ho mai fatto niente se non dire a mio
padre di non
ucciderlo, né ho mai fatto molto perché non ci
perdessimo…”
«ok» Kirika prese
il foglietto «contro: “è completamente
matto”» scrisse, riportando Emerald alla
realtà.
«no!... cioè.
Solo un po’».
“io però a
mettersi nei casini così non ce l’ho mai
costretto, eh!!!” pensò infatti
quest’ultima “anzi, se mai il contrario”.
«un po’molto
direi!...bene. Dormono ancora».
«mh. Sbrighiamoci
però, perché in effetti di dormire ne
abbiamo bisogno».
«hai altri pro o posso
iniziare a scrivere i contro?»
«altri pro…beh,
se ha capito che fingo e pure perché, vuol
dire che mi conosce molto bene e mi capisce. Perché non
scrivi?»
Kirika emise uno sbuffo.
«di solito non chiedo il permesso
di essere schietta, ma…posso?»
E già da quello Emerald
intuì dove voleva andare a parare,
perché di argomenti così delicati ce
n’era solo uno. «sì».
Gettarono l’ennesima
occhiata ai loro compagni di viaggio.
Non si erano minimamente mossi.
«tre settimane dopo la fine
della vostra vacanza hai
scoperto di essere incinta di poco meno di un mese e mezzo»
disse Kirika in un
sussurro «ovviamente eri intenzionata ad abortire, ma pensavi
anche alla fatica
che ha fatto tua madre per averti. E qualche giorno dopo hai scoperto
che,
beh…hai proprio preso da tua
madre».
Emerald non replicò.
«nonostante il tempo che
è passato, a Roma mi hai chiesto se
ti ritenevo stupida perché ti è dispiaciuto di
aver perso un feto che in ogni
caso avevi deciso di abortire. E se secondo me, al contempo, era
normale
sentirsi colpevole di aver provato il sollievo di non aver dovuto
decidere. Di’:
non si è accorto di tutto questo e mi vieni a dire che ti
conosce e capisce
bene?»
Il danno era successo in Brasile. Da
quando era stata
degente in America non aveva preso anticoncezionali di sorta, e quando
era
partita col porcello tenendo conto che c’era in ballo il
ritornare con Kevin
non aveva minimamente previsto di andare a letto con nessuno. Era stata
stupida, ma aveva veramente creduto che senza l’ausilio di
alcol ed erba lei
non sarebbe mai andata a letto col russo, e invece…!
E non c’è
bisogno di spiegare il motivo per cui aveva
evitato di dare a Warsman anche quella mazzata.
«non è colpa
sua» replicò prontamente Emerald «non se
n’è
accorto Kevin, con cui allora stavo insieme, e nemmeno mio padre al
telefono mi
ha mai trovata strana. Di solito lui peraltro ci riesce bene. Ma io se
voglio
le cose so nasconderle molto bene…come lui mi ha nascosto
per anni di quella
faccenda del patto. Idem mia madre, che teoricamente è la
pettegola per
antonomasia» aggiunse, pensando che anche Kid l'aveva quasi
beccata: lo aveva incontrato fuori dall'ospedale dopo un controllo che
aveva fatto, e lei gli aveva detto che era stata lì per
delle analisi «a quanto pare la bravura a
nascondere le cose è di
famiglia. Ora però basta parlarne. Io te l’ho
detto, pe-»
«“però
non è mai successo”. Sì. Lo so.
Però un consiglio su
come avresti potuto usare questa storia te l’ho
dato».
“se volevi che
smettesse di starti intorno
avresti potuto dirgli che hai abortito perché non volevi un
mini mostro uguale
al padre”.
“NO, Kirika! Cazzo…no. Non una
cosa del genere”
“scusa”.
«e io ti ho
risposto».
La demonessa non ribatté.
Si limitò a prendere il foglietto
e mettersi a scrivere i contro.
- Non piace a
nessuno della tua famiglia
- Potrebbe essere
tuo nonno
- Non ha uno
straccio di dote
«…ma cosa frega
a me della dote?»
«tuo marito guadagna vari
milioncini. È per fare il
confronto».
«aspetta. Questo va
aggiunto» mormorò Emerald, scrivendo un
appunto con un sorrisetto.
Il sorrisetto però
morì quando cancellò furiosamente una
cosa che Kirika scrisse di seguito.
La sua
faccia è un brutto accrocco di roba senza senso
«basta».
«e dai-»
«basta. È una
cosa stupida. Una lista stupida. Voglio
dormire» sibilò seccata, prendendo il foglietto e
voltandosi dall’altra parte
«non dovevo darti retta Kirika. Buonanotte».
Per qualche minuto calò il
silenzio.
«è la
verità, anche se non ti piace».
Emerald non si curò di
rispondere.
Poco dopo il respiro della sua amica
divenne profondo e regolare,
segno che si era addormentata. Anche lei stava per cedere, eppure
guardò per
l’ultima volta quella lista di cose, con la mente che
annebbiata dal sonno
lasciava venire a galla i pensieri più intimi.
“tiene
a me”.
Quante volte l’aveva
cercata? Troppe.
Ricordò quando a Tokyo
l’aveva stretta al proprio petto,
dopo averla smascherata, le proprie lacrime nel constatare che non se
n’era
andato. Aveva pianto per la troppa tensione, ma forse un
po’anche per la gioia
e la commozione dovuta al fatto che lui ci fosse
ancora…nonostante tutto.
“è
matto come un
cavallo”, aveva scritto Kirika.
Emerald si lasciò scappare
un sospiro, e prima di far
sparire il foglietto in tasca e che il sonno la vincesse scrisse un
ultimo
appunto vicino a quello.
“ma
anche vivendo
cento vite, non arriverei a meritarlo”.
Ammetto che questo capitolo non mi soddisfa troppo, anche
perché è venuto molto corto rispetto agli altri,
forse troppo fluff, un po'palloso e con poco senso.
Quindi mi chiederte: "perché accidenti l'hai pubblicato?"
Beh...perché sì. Mi è venuto
così.
E per farvi vedere che anche Emerald inizia già ora a
rendersi conto di qualcosina.
Nel prossimo capitolo la gente a Londra comparirà per forza,
ma vi giuro che nonostante questo mi impegnerò per tirare
fuori qualcosa di meglio rispetto a qui.
Saluti.
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Capitolo 19 *** Una nuova battaglia? ***
Ods19
Nella villa dei Lancaster non regnava
affatto una bella
atmosfera, nemmeno per la combriccola di Kid che solitamente era
ubriaca e
festante. Se a nessuno di loro Kevin Mask era mai stato simpatico, non
significava che lo volessero morto…e sembrava che Zachary
Connors, perché era
stato lui, non era certo un caso che Kevin fosse
stato quasi bruciato
vivo proprio quando l’aveva incontrato, ci fosse andato
abbastanza vicino.
Tanto che perfino a Jacqueline era passata la mezza fissa che aveva per
lui.
Il che comunque non era un male.
I ragazzi stavano perfino prendendo
seriamente in
considerazione l’idea di andare in Russia a vedere come
stava, o almeno, ci
stavano pensando quelli più di buon cuore come Kid Muscle e
Wally. All’interno
del gruppo si erano come create due fazioni, quella
“andiamo” e quella “’sti
ca…”, che con Dik Dik, Terry e Jeager era la
più numerosa. Checkmate, come
accadeva spesso, restava neutrale. Idem per le ragazze, rimaste
estranee alla
contesa.
Quanto a Meat, iniziava a pensare che
avrebbe appoggiato la
causa di Kid e Wally. Non tanto per Kevin Mask, ma perché
sarebbe stato un buon
motivo per andarsene dalla Villa dei Lotofagi. Il centro benessere
interno gli
sarebbe mancato da morire, ma si era reso conto che era veramente
arrivato
il momento di andare via.
Restare lì non avrebbe
aiutato nessuno nella ricerca di
Emerald, e comunque Meat aveva iniziato a pensare che forse
più che fare un
tour dei ricordi o simili lei volesse stare via e basta. Ovviamente lo
preoccupava che fosse in compagnia di una persona pericolosa come
Connors
minore, ma d’altra parte se si trattava di
pericolosità lei non era tanto da
meno e se -da quello che aveva carpito da brandelli di conversazioni
tra le
signore Lancaster- Kirika aveva mollato Kevin e si era unita a lei a
Roma
significava che Emerald aveva anche un appoggio. Ah, e ovviamente
c’era anche
il cugino Sebastian a fare da tappezzeria.
Ciò che restava incerto
era il destino di Warsman, del quale
da dopo l’intrusione nella villa di Robin Mask nessuno di
loro aveva saputo più
nulla, e che forse -forse- rappresentava uno dei motivi per cui Emerald
restava
via.
Meat aveva accettato di farle da
testimone al matrimonio, ed
ovviamente aveva sperato che tutto andasse bene anche perché
lei sembrava
essere molto convinta; ma già allora avrebbe mentito sia se
avesse detto che
saperla sposata con quell’uomo lo soddisfaceva, sia se avesse
detto che sicuramente col russo
era tutto finito.
E quel che era successo dopo aveva
solo dimostrato quanto
quella bugia, se detta, sarebbe stata grande. Erano legati, e Meat
meglio di
tutti sapeva, o comunque arrivava ad immaginare, quanto.
“Emerald, ragazza mia, che
mi combini?”
Meat non osava immaginare il
putiferio se disgraziatamente
Emerald fosse tornata determinata a far finire quella storia
diversamente da
come la sua famiglia si aspettava, e a quali sarebbero state le
reazioni del
marito e del loro ospite. Stupore e rabbia da parte
dell’americano sarebbero
state anche giustificabili invero -al di là del fatto che
anche solo per l’età
lui risultasse un partner più logico- perché a
Meat non risultava che avesse
fatto qualcosa di male ad Emerald tanto da darle motivo di lasciarlo,
ma non
era lui quello da temere.
“in questo posto la
tensione si taglia col coltello. Howard
Lancaster da un paio di giorni ha come un’
“aura” che non mi piace affatto,
Janice è abbattuta per via di Kevin, ho visto Connors
ridurre in briciole un
manichino nell’area di tiro…e Lionel Lancaster
è tetro come non l’avevo mai
visto, mentre la sua signora è spaventosamente nervosa,
presumo per via di
Sebastian. Non so perché ma ho come la sensazione che quel
che Zachary ha fatto
a Kevin abbia come acceso una miccia, ed è bene che
né io né i ragazzi, e le
ragazze, siamo ancora qui quando scoppierà la bomba! A
confronto l’idea dei
quattordici gradi estivi durante le notti russe è molto
più attraente!”
E mancava all’appello la
reazione di Robin Mask all’attacco
subìto dal figlio. Sempre che fosse stato informato,
perché non era affatto
scontato, ovvio.
Sospirò pesantemente
sentendo i ragazzi litigare. Perorando
la causa di Kid, avrebbe cambiato qualcosa davvero? Sarebbe riuscito a
convincere gli altri? Più tempo passavano in quella villa
meno la sua opinione
sembrava contare. E sapeva per certo che avevano perfino spento da
giorni tutti
quanti i cellulari, tanto iniziavano a distaccarsi dalla
realtà.
“basta” si disse
risoluto “ora vado da Howard Lancaster a
dirgli che lo ringraziamo tanto per l’ospitalità
ma ce ne andiamo tutti quanti.
Almeno potrò finalmente smetterla di sentirmi a disagio ogni
volta che lo
incrocio per caso” e il perché si sentisse in quel
modo era ovvio “e magari una
volta visto Kevin ridotto in quel modo riuscirò a
convincerli a tornare ad
allenarsi per evitare di finire come lui!...non che sia colpa del poco
allenamento, d’accordo, però se servisse a far
tornare quegli zucconi sulla
retta via…”
Si mise a girare per la villa,
chiedendo informazioni alla
servitù su dove potesse trovare il marchese Howard Lancaster
-ovviamente era
costretto a specificare- a quell’ora di sera, senza che
nessuno riuscisse a
dargli una risposta precisa. Ma quando si imbatté nel
maggiordomo in capo,
stranamente in pausa e che stava leggendo il giornale, il suo sguardo
venne
attratto dal titolo in prima pagina.
“Deceduto re Yama
Khan, Pianeta dei Demoni sul piede di
guerra: un Torneo per stabilire la successione al trono?”
Il piccolo Kinniku si
trovò a boccheggiare. «mi
scusi…»
«a vostra disposizione,
signore» al maggiordomo in capo non
importava che lo si stesse richiamando all’ordina durante il
suo momento di
pausa: se ad un ospite serviva qualcosa, doveva essere
accontentato.
«ehm…due cose.
La prima: sa per caso dove posso trovare il
marchese Howard Lancaster?»
«il marchese al momento
è impegnato. Posso riferirgli che lo
stavate cercando».
«grazie. La seconda
cosa…potrei dare un’occhiata al
giornale?»
«certamente,
signore» glielo porse «posso esservi utile per
altro?»
«no, però grazie
lo stesso».
L’altro rispose con un
inchino. Man mano che Meat leggeva il
suo volto diventava sempre più preoccupato.
“Yama Khan, re del
pianeta dei demoni, è stato trovato
morto nella propria vasca da bagno a notte inoltrata. Dai primi
riscontri, le
autorità ipotizzano che si tratti di suicidio. Voci di
corridoio confermano che
non si sia trattato del primo tentativo effettuato da Yama Khan in
questo
senso, con la differenza che in questo caso ha avuto un macabro
successo.
Discorde la reazione della
popolazione alla notizia del
decesso del loro re. Se molti erano contenti della pace stipulata da
Yama Khan
con la Muscle League, con conseguente apertura del pianeta ai turisti,
altrettanti se si tratta di esprimere la propria opinione hanno
soltanto due
parole da dire: “era ora”. Ed il
visir Hell Knight, attualmente al
comando data la scomparsa improvvisa del sovrano, sembra essere dello
stesso
avviso.
“da dopo la
sconfitta subita da parte di King Muscle, il
compianto Yama Khan era diventato una dissoluta e costantemente ubriaca
ombra
di se stesso” ha dichiarato “un re che si
è bellamente lasciato dettare le
regole dalla banda di pagliacci che è la Muscle League, cui
ha anche svenduto
il sangue del proprio sangue appena ha avuto l’età
giusta. ma d’ora innanzi si
cambia musica”.
In seguito a tale
dichiarazione, la parte di popolazione
che non desidera alcun cambiamento ha sollevato proteste ricordando al
visir
che secondo la legge è a Kirika, figlia di Yama Khan, che
spetta di diritto il
trono. La pronta risposta del visir è stata che la
principessa Kirika è
appartenente alla stessa organizzazione che umiliò gli
psycho chojin anni
or sono, e non si è mai interessata alla
corona. Ma…
“in ogni caso,
tenendo conto della richiesta della
popolazione, dichiaro che se da qui a venti giorni la principessa
dovesse
decidere di tornare per tentare di far valere il suo diritto di
successione avrà
luogo un Torneo…“amichevole”
tra quattro miei
campioni e quattro mie
campionesse -rappresentanti anche della popolazione che desidera
rompere ogni
trattato di pace- ed altrettanti campioni e campionesse della
principessa…se ne
troverà” ha dichiarato “sfido i membri
della Muscle League a presentarsi almeno
come parte dei tali. Ah...ovviamente né io né la
mia eventuale rivale al
trono potremo scendere in battaglia.”
L’articolo non finiva
lì, ma a Meat bastava ed avanzava
quello che aveva letto.
Se voleva una buona scusa per
lasciare la villa dei
Lancaster l’aveva avuta, quel Torneo andava sia affrontato
che vinto,
assolutamente! Era già tanto che il Pianeta dei Demoni non
avesse spezzato
subito i trattati alla morte di Yama Khan, e non potevano permettersi
di
perdere l’occasione che le proteste di buona parte della
popolazione aveva
concesso loro.
«d’accordo, ora
devo urgentemente parlare con Mr.
Lancaster, è una questione di vita o di morte!!!»
Eh già…
perché come potevano andare lassù a combattere
perché Kirika potesse regnare, se la suddetta era dispersa
chissà dove, con chissà
quali intenzioni, e c’erano solo venti giorni di tempo
perché potesse andare
lassù a pretendere quel che le spettava?
«come vi ho già
detto, Mr. Lancaster al momento è-»
«se non troviamo in fretta
Kirika e vinciamo quel Torneo i trattati di pace verranno
spezzati!»
protestò Meat «devo sapere precisamente a che
punto sono le ricerche, perché se
qui non ci si dà una mossa potrebbe accadere un
disastro!»
Una chiamata di Ikimon MacMadd, nuovo
presidente della IWF.
Proprio quel giorno, proprio quella
sera in cui il lavoro lo
aveva trattenuto di più lì in
ufficio…se avesse detto di non aver avuto la
tentazione di non rispondere avrebbe mentito.
Ma Howard Lancaster non poteva dire
di non aspettarselo, non
dopo aver saputo cos’era successo sul Pianeta dei Demoni, e
immaginava anche
quale potesse essere l’argomento, se Ikimon aveva saputo che
i ragazzi si
trovavano lì.
Per cui si rassegnò a
rispondere nonostante un umore che da
due giorni, precisamente da quando Kevin Mask aveva squarciato il
ventre al suo
ex allenatore mandando in panne il chip e suddetto allenatore era
letteralmente
scomparso da sotto gli occhi del personale, lo
aveva indotto a vestirsi
di grigio. E non grigio chiaro, ma un grigio quasi antracite con tanto
di
fazzoletto coordinato, il che non era affatto un buon segno.
Dopo aver premuto un pulsante
comparve l’ologramma
tridimensionale del mezzobusto di Ikimon MacMadd, che veniva proiettato
da un
sottile proiettore/microcamera a periscopio sulla scrivania.
«dica, mr.
MacMadd…e possibilmente sia conciso».
Ikimon deglutì. A dirla
tutta aveva sperato in un inizio
migliore considerata la situazione -specie perché
quell’uomo da dopo le finali
gli metteva una paura del diavolo pur avendo guadagnati dieci milioni
solo in
un colpo grazie a lui- mentre invece sullo schermo del suo pc era
comparso un
Howard Lancaster non solo particolarmente freddo e poco in vena di
chiacchiere,
ma anche vestito di grigio antracite, il che non era affatto
incoraggiante.
In quei momenti Ikimon quasi
desiderava che la carica di
presidente tornasse a suo padre.
O semplicemente che fosse stato Vance
a fare quella
chiamata.
Ma figurarsi, quando se ne era
parlato aveva detto “no no!
un presidente ha onori ed oneri, e questo onere è tutto
tuo!”
–
ehm…Emerald come sta?
Ovvio, pur avendo sua sorella
lì in villa Ikimon MacMadd non
sapeva che Emerald si era ripresa. Segno di quanto si parlavano in
quella
famiglia!
«si è ripresa
dal coma, ma al momento non è disponibile.
Lieto che si sia interessato della salute di mia figlia, mr. MacMadd,
anche se
mi sembra incredibile che lo abbia fatto proprio quando
il Pianeta dei
Demoni minaccia di muovere guerra ed oltre a Kirika e quattro campioni
servono
anche quattro campionesse».
–
ah…ehm. Il mio interesse era completamente genuino, ma
in effetti visto che siamo in argomento-
«non credo che ci sia molto
di cui parlare. Emerald non è
disponibile, al momento» ripeté «ed
escludendo lei e Kirika restano
precisamente quattro chojin, tra le quali sua sorella che se non
ricordo male
ha ricevuto il titolo di miglior lottatrice. Non vedo il
problema».
? il
problema potrebbe
insorgere nel caso per qualche motivo…sa,
c’è la possibilità che subiscano
incidenti, o simili…
«se il numero di persone
dalla parte di Kirika è tale da
aver scongiurato una rottura immediata dei trattati di pace, non
dovreste
faticare a trovare qualcuno in sostituzione. Quel pianeta ha tanti
lottatori
quante lottatrici».
“e mia figlia
lassù, in un pianeta a rischio ricolmo di
pazzi scatenati, non la lascerei andare nemmeno se MacMadd piangesse in
greco.
È una chojin addestrata, ma è convalescente e
ritengo che abbia i
suoi…grattacapi da risolvere quaggiù. E per
quanto non sappia dove si trovi al
momento, se anche fosse a conoscenza della notizia, io dubito che
Emerald abbia
voglia di mettersi in altri guai…sempre se Kirika fosse
intenzionata a
prendersi il trono, poi. Se, se, se!” pensò
“per fortuna che a me andrebbe bene
in ogni caso, anzi, se rotti i trattati di pace servissero armi sarei
ben più
ai demoni che ai miei ex colleghi…e conoscendo di vista Hell
Knight, seppure
per rapporti prettamente di affari, mi permetto di dubitare che Yama
Khan sia
morto come si pensa”.
? m-magari
ha ragione,
ma non sarebbe meglio…?
«sarebbe meglio. Ma se una
persona non è disponibile, non è
disponibile».
? …
«c’è
dell’altro?»
? Kirika e
gli altri
lottatori almeno sono pronti?
«ironico che lei, che
è il presidente, venga a chiederlo a
me che non sono neppure parte della Lega».
? sono pronti oppure no? ?
c’era
disperazione nella voce di Ikimon. Quella conversazione gli aveva
ulteriormente
rovinato la giornata.
«Kid Muscle e le lottatrici
sono pronte, ma non è detto che
Kirika desideri il trono».
? qui non
importa
quello che vuole!!! Importa che avere su quel trono
un’appartenente alla Muscle
League ci sarebbe di grande vantaggio! E poi insomma, era suo padre per
l’amor
del cielo…
«questo non conta nulla. Le
poche volte che l’ho sentita
parlarne l’ha fatto in un modo in cui spero che Emerald non
parli mai di me. La
prospettiva della rottura di ogni trattato di pace non è
rosea e cercherò di
parlare con Kirika della cosa, ma da parte mia non intendo spingerla a
fare
niente che non voglia. Il potere comporta responsabilità, e
alcune persone non
sono né adatte ad esercitare il potere né in
grado di assumersi responsabilità.
Credo che lei possa capire».
Per un po’Ikimon rimase in
silenzio.
? mi auguro
che riesca
a convincerla.
«naturalmente me lo auguro
anche io. La saluto».
L’ologramma tridimensionale
scomparve.
«certo…prima di
provare a convincerla dovrei trovarla»
aggiunse tra sé e sé.
Si concesse di sollevare un
sopracciglio quando in ufficio
entrarono il suo maggiordomo in capo e Meat.
«sono costernato, signore,
ho chiarito che Voi eravate
impegnato ma…»
«ho appena finito, Jordan,
non preoccuparti. Signor Meat,
credo di conoscere il motivo della sua visita: ho appena parlato con
Ikimon
MacMadd, e so che la situazione sul Pianeta dei Demoni non è
rosea».
Niente convenevoli. Meglio
così, si disse Meat, almeno si
sarebbe trattenuto per meno tempo. «in effetti sono qui
proprio per questo
motivo. Le ricerche di-»
«se li avessi trovati
sarebbero tutti quanti qui, non crede?
Tutto quel che so è che al momento sono in Russia. Che
stanno cercando di
lasciare Mosca, o forse l’hanno già fatto,
presumibilmente grazie ai passaggi
sotterranei che vanno da uno a dodici o più livelli. Se ci
saranno novità
gliele riferirò…anche se non è sicuro
che, una volta trovata, Kirika decida di
competere per la corona. Altro?»
“appunto, sono due giorni
che l’aura che ha intorno Howard
Lancaster mi piace sempre meno” pensò Meat.
«in effetti sì.
È quasi sicuro che io ed i ragazzi ce ne
andiamo domani».
“li spaventerò
con la prospettiva di una possibile guerra
Muscle League/demoni e proporrò di andare a vedere come sta
Kevin anche per
renderci conto se sarà o meno in condizioni di affrontare un
eventuale Torneo.
Dovrebbe funzionare” pensò Meat “e
finalmente torneremo ad allenarci!”
«oh. Che peccato».
«è sicuro di
essere dispiaciuto?»
«non ho nulla contro quei
ragazzi. E ancor meno contro le
ragazze».
“anche se quella a cui
dispiacerà di più sarà mia
suocera”
pensò, lasciandosi quasi scappare un sospiro
“sperava di poter mettere le mani
su carne giovane…”
Idem per sua madre, sia chiaro. Ma
evidentemente voleva
evitare di pensarlo…
«beh, messa
così…in ogni caso davvero, mi auguro che riesca
a trovare tutti quanti entro breve».
«è quel che
spero anche io. Però la avviso già ora, mr.
Meat: se anche tutto andasse per il meglio e Kirika decidesse di
concorrere,
non pensi nemmeno per un minuto che Emerald partecipi».
C’era da immaginarlo,
pensò Meat, guai a non proteggere la
sua principessina. «certo. Poco importa che stia seminando
tutti quanti in una
fuga non poco faticosa che di certo richiede parecchio sforzo fisico,
Emerald è
comunque convalescente» si lasciò sfuggire con
appena un filo di ironia che non
riuscì proprio a nascondere nonostante
conoscesse i rischi e vedesse bene il completo grigio antracite.
« Emerald è…
convalescente. E in ogni caso ha già molto a cui pensare
senza dover aggiungere
anche questo. Nel caso in cui il torneo venisse disputato, avete il
numero di
lottatrici che serve anche senza di lei».
Meat stava per dire che forse Emerald
avrebbe potuto
pensarla diversamente. Ma a rifletterci bene se per i propri problemi
personali
stava già scavalcando la preoccupazione di suo padre, di suo
marito e tutto il
resto, quanto avrebbe mai potuto importarle dei trattati di pace del
Pianeta
dei Demoni? Se il torneo si fosse fatto Hammy si sarebbe mossa solo
quando lei
fosse stata a posto, e non prima.
Era una cara ragazza e Meat le voleva
bene, ma anche i muri
ormai erano a conoscenza del suo egoismo.
«vero».
«well».
Meat ebbe un’esitazione.
«andremo da Kevin Mask. Devo
portargli i saluti del padre?»
Il marchese Lancaster invece non ne
ebbe alcuna. «piuttosto,
i suoi auguri di pronta guarigione».
A Robin aveva detto che Kevin era
stato aggredito in Russia
da un criminale, e lo aveva rassicurato che avrebbe dato la caccia alla
persona
in questione. Ma aveva evitato di specificare che si trattava di
Zachary anche
se con Michael si era presa la decisione di non lasciare che
l’albino la
passasse liscia. Non questa volta.
Zeke aveva “pisciato fuori
dalla tazza una volta di troppo”,
volendo citare Michael, a cui ovviamente aveva fatto un appunto per il
linguaggio. Aver quasi ucciso un esponente della nobiltà
inglese non era qualcosa
che si potesse tollerare, in qualche modo andava punito. Eh
sì, aveva
decisamente dato fuoco a quello sbagliato dei due.
«Robin Mask potrebbe andare
a trovarlo» obiettò Meat.
«Robin dovrebbe
andare
a trovarlo come minimo» “ma pur essendosi
preoccupato per il figlio, una volta
tanto, ritiene un affronto che si sia fatto ridurre così da
un criminale
qualunque. Ah, Robbie…dici che io sono pazzo, ma tu non sei
da meno”.
«beh…direi che
è tutto» decise di concludere Meat «la
ringrazio a nome di tutti per l’ospitalità, e la
prego ancora una volta di
farci sapere se ci sono novità».
«senz’altro. Solo
un’ultima cosa, signor Meat. Proprio in
virtù della mia ospitalità non credo che le
seccherà farmi una minuscola
cortesia».
Proprio adesso che pensava di essersi
salvato…!
«eh…spero che
non mi chiederà di pagare il conto»
tentò di
buttarla sull’ironico, ma riuscì
nell’intento solo in parte.
«non in denaro, mr. Meat,
ma in segreti».
“ma perché non
sono schizzato via dall’ufficio appena dopo
aver finito di parlare?” rimpianse il piccolo allenatore.
«mi piacerebbe
poterlo fare, ma sono al verde».
«scommetto che non
è così al verde come dice. Voglio essere
un po’ più diretto: Emerald e…quel
mostro. Cosa potrebbe sapere, lei, che io
non sappia già?»
L’istante di silenzio
tombale che seguì parve un’eternità a
Meat, che cercava di pensare a come rispondere abbastanza onestamente e
al
contempo evitare di creare danni a terze persone.
Capì che non era possibile
riuscirci. Il marchese aveva
intuito da tempo che lui sapeva qualcosa in più, ed iniziava
a dubitare che lo
avrebbe lasciato andare se non gli avesse detto qualcosa.
“si sono concessi una lunga
vacanza insieme attorno al
mondo, hanno avuto più di un rapporto intimo, si
frequentavano clandestinamente
per cimentarsi in competizioni di ballo quando lei stava con Kevin Mask
e sono
tanto legati da farmi avere dubbi sulla durata del suo matrimonio col
tuo uomo
di fiducia. Ti basterebbero questi, di segreti?”
«non so molto di preciso.
Però so per certo che Emerald e
Warsman sono legati, come è stato dimostrato. Molto…legati.
So che Hammy rimproverava aspramente coloro che lo
denigravano in sua presenza. E so che non vuole che gli sia fatto del
male signor
Lancaster, perché non penso che potrò mai
dimenticare il modo in cui durante le
finali del torneo Emerald si è messa in mezzo per
proteggerlo, prendendo il
colpo che lei aveva appena sparato. E penso proprio che non possa
dimenticarlo
nemmeno Warsman».
Forse se quel colpo non fosse stato
sparato le cose
sarebbero andate diversamente, ma non era possibile saperlo, e in ogni
caso
dopo quel discorso Meat uscì rapidamente
dall’ufficio senza essere stato
congedato.
Ecco, si era appena dato un altro
motivo per andare via di
lì immediatamente.
::
sotterranei di Mosca,
secondo livello ::
«di’ un
po’…come va il sorriso rattoppato?»
Un’esitazione.
«bene. Sto bene. Avrei
potuto fare da solo».
«o avresti potuto lasciar
fare che i dottori di quel posto.
È la prima volta che vedo qualcuno con una ferita simile che
picchia i medici e
fugge da loro, invece di cercarli».
«in ogni caso i motivi per
cui stavo fuggendo non sono
affari che ti riguardano».
«ma infatti chi ti ha
chiesto niente? E ti dirò di più, dato
che ti sei rivelato simpatico come un coccodrillo trincia testicoli col
senno
di poi ti avrei lasciato lì a…purtroppo dubito a
crepare, visto che volevano
darti una mano» sbuffò, vedendolo guardarla
malissimo «sei ridicolo quando
tenti le occhiate mortifere, uno scemo pagliaccio. Mh! “scemo pagliaccio”…mica
male, me lo appunto» disse tra sé e sé
«oltre che masochista, naturalmente, se il dolore ti piace
così tanto da
fuggire via dai dottori».
“quando
la rivedrò
devo chiedere ad Emerald se suo padre si è dato da fare con
qualche aliena di
un pianeta lontano, perché mi viene voglia di prendere a
cinghiate anche questa
qui!”
«taci. Non sei
divertente» disse secco, muovendosi
nervosamente sul futon che l’aliena aveva tirato fuori per
lui apparentemente
dal nulla e posizionato non troppo lontano dal suo.
Il russo non aveva mai visto prima
quella ragazza
visibilmente non terrestre, e
ancora
non si spiegava come mai due giorni prima avesse deciso di aiutarlo
oltre al
modo poco ortodosso in cui l’aveva fatto.
Non era riuscito a tenere fede al suo
proposito di curarsi
prima di oltrepassare i confini della clinica, perché non
aveva avuto un attimo
di tregua. Era però riuscito a superare le mura, col
“sorriso” -come lo
chiamava lei- che a causa del troppo movimento sanguinava ancora.
Peccato che
fosse servito a poco, perché anche dopo quello si era
trovato attorniato da
medici e guardie contro cui, testardo, si era messo a combattere. Loro
avrebbero solo voluto aiutarlo, ma in quel momento quell’idea
proprio non gli
si era infilata in testa.
Era sul punto di essere sopraffatto,
quando…beh, Warsman non
era in grado di descrivere quel che era accaduto. Qualcosa lo aveva
afferrato,
medici e guardie non erano riusciti più a vederlo, e si era
trovato ad
allontanarsi rapidamente in un caos vorticante di persone, di cose, di
luci e
di ombre. Soprattutto di ombre.
E quando il caos in questione era
finito, si era ritrovato a
vomitare anche l’anima in un vecchio bagno malmesso accanto
ad una stanza che
poi aveva scoperto trovarsi in uno dei livelli sotto la
città…e con quella
ragazza aliena -che in seguito lo aveva rattoppato con quel che
c’era nella
cassetta del pronto soccorso- accanto a lui.
Non avrebbe saputo dire di che razza
fosse, anche perché non
gli era importato di chiacchierarci per chiederglielo. Aveva la pelle
nera come
ossidiana, una lunga coda snodabile, delle
“biogemme” incastonate in alcune
parti del corpo, gli occhi dello stesso colore del ciuffo di capelli
rosso
vibrante che le copriva metà volto, indossava soltanto una
specie di armatura
che copriva giusto i punti “strategici”, si
chiamava Zoisite e…non
era affatto simpatica. La
conosceva soltanto da due giorni, e quei due erano già di
troppo!
Inoltre non gli piaceva affatto
l’idea di essere in debito
con qualcuno, perché immancabilmente non si sentiva a posto
fino a quando il
debito in questione non era ripagato.
«confrontata a te faccio
ridere quanto il gas esilarante. E
dire che essendo uno scemo pagliaccio dovresti strappare un paio di
risate! È
il tuo lavoro! Vuoi far fallire il circo?» si mise a
camminare avanti e
indietro lungo la stanza, rigirandosi al dito un bizzarro anello rosso
che
sembrava starle fin troppo largo.
«non vedo l’ora
di andarmene di qui» borbottò stancamente
lui.
Non avrebbe potuto essere qualcun
altro a salvarlo? Qualcuno
un po’ più… un
po’meno…stronzo?
«direi che siamo in due. Ti
ho portato via perché credevo
che avessi qualcosa di interessante da raccontare»
frustò l’aria con la coda,
che muoveva nervosamente come avrebbe potuto fare un gatto
«sai com’è, una
ferita del genere, tu in fuga, medici che vogliono aiutarti e tu non ci
stai…le
alternative sono: a) sei fuori di zucca. Il che è probabile.
b) sei un
masochista. Altrettanto probabile. L’ultima: sei una cavia da
laboratorio in
fuga o qualcosa del genere!»
Parole che rievocarono in Warsman
momenti della sua vita a
cui non voleva assolutamente pensare. «lasciami in
pace».
Più volte quella gran
rompiscatole aveva accennato al fatto
di voler conoscere la sua storia. Gli aveva detto a chiare lettere che
quando
non rubava per mantenersi viveva facendosi pagare per le storie che
aveva da
raccontare, e che nonostante avesse girato parecchio e dunque ne
conoscesse già
molte una in più non le sarebbe dispiaciuta.
Ma lui si era chiuso in un mutismo
quasi assoluto dopo
averle borbottato un “grazie”. Warsman non era tipo
da mettersi a raccontare la
storia della propria vita ad un’estranea, anche se questa lo
aveva aiutato.
Tanto più visto che
l’estranea in questione, a parer suo,
somigliava troppo ad Emerald. Aveva perfino un tatuaggio sulla schiena,
come lo
aveva Emerald, solo che il suo sembrava una specie di mappa stellare,
ed era
incredibile che l’inchiostro rosso risaltasse tanto su quella
pelle nerissima.
«mh. Allora sei una cavia
per davvero, in effetti l’aria ce
l’hai…»
«maledizione!!! Non sono
una cavia!!! Ti ho detto di
lasciarmi in pace! Va bene, basta» si alzò di
scatto «me ne vado, non mi
importa niente di questo dannato taglio!»
«ho visto che guarisci
velocemente, un altro giorno e sei a
posto, perciò non fare l’idiota! No aspetta: prova
a smettere di essere idiota. Se
crepassi prima di
avermi raccontato la tua storia avrei sprecato tempo
inutilmente».
«io non ti ho mai
chiesto di salvarmi!» Zoisite era
ancora più bassa di Emerald, eppure lo fronteggiava con
un’espressione di noia
completa sul volto nonostante in quel momento -seppur ferito- Warsman
fosse
abbastanza inquietante.
«e allora che devo dirti,
vai e muori, pace all’anima tua! E
spero per questa Emerald che tu non la riveda mai, perché
altrimenti sai che
strazio per quella poveretta».
Dopo un istante di sorpresa il russo
divenne ancor più
aggressivo. «che…che ne sai? Cosa sai tu di lei?!
come diavolo fai a-»
«non so, forse
perché stanotte l’hai chiamata nel sonno
undici volte? undici “Emerald”, un paio di
“Kevin”, vari “maledetto
demone”
inframezzati da lamenti, ringhi e borbottii vari. Sei una sega infinita
anche
quando dormi».
Undici volte.
L’aveva chiamata ben undici
volte.
Non riusciva a trovare pace nemmeno
nel sonno!, pensò,
trovandosi a calciare il muro con tanta furia da
sbriciolarlo…fino a quando
qualcosa non gli si avvolse attorno alla vita e gli fece fare un breve
volo.
«sentimi bene uomo
innamorato, non ti lascio spaccare il
muro della mia stanza solo perché sei nervoso. Anche
perché non penso che sarà
utile per…beh, qualsiasi cosa tu voglia fare».
«non sono un uomo
innamorato!»
«oh, quindi ti fai
tagliuzzare per sport? Lo dicevo io che
sei masochista!»
Warsman quasi ringhiò per
l’esasperazione. Un altro
lunghissimo giorno in compagnia di una così gli sembrava
un’eventualità
insopportabile, anche se non aveva torto nel dire che gli conveniva
aspettare
un altro giorno e riprendere le ricerche -dopo aver telefonato ad una
delle
signore Lancaster magari- quando fosse stato perfettamente in forma. Lo
aspettavano momenti difficili, di quello era più che sicuro.
«ti ho
detto….che non sono affari tuoi. Non
voglio
più sentirti dire una parola fino a domani, quando
finalmente potrò togliermi
dalle scatole!»
«eee io invece parlo quanto
mi pare. “ciao, sono Mario,
soffro di amnesia, il mio cane si chiama ci-ci-ciao sono Mario soffro
di
amnesia, sono un impiegato e lavoro per ci-ci-ciao sono Mario soffro di
amnesia, ho un fratello che si chiama ci-ci-ciao sono Mario soffro di
amnesia,
il mio gatto si chiama ci-ci-ciao sono Mario…»
In altri tempi il russo
l’avrebbe gelidamente ignorata, ma
quello non era il periodo. Ne aveva passate troppe, e in poco tempo,
tanto che
in alcuni momenti si sentiva sull’orlo di un crollo di nervi
peggio di quello
che l’aveva indotto a fuggire dai dottori…e
Zoisite era irritante.
Troppo irritante.
Come Emerald, per cui aveva scelto di
lottare e passare
tutto questo.
Quindi, debito o non debito, le si
fiondò addosso emettendo
il suo respiro caratteristico con il processore annebbiato dalla
rabbia, dalla
confusione e dalla…stanchezza per aver
dato tutto senza essere ancora
riuscito ad ottenere risultati concreti.
Peccato che Zoisite non fosse
qualcuno di facile da
picchiare. Non per lui, almeno.
La ragazza scartò
rapidamente di lato e lo fermò con un
semplice colpo di coda, con la quale poi lo avvolse imprigionandogli le
braccia
e tenendolo sollevato da terra.
Ovviamente Warsman tentò
di liberarsi, più rabbioso che mai,
ma la presa di quella coda era venti volte peggio di quella di un
anaconda.
«ok, tu sei veramente fuori
come un balcone, a parte gli
scherzi» disse «non so cosa ti è
successo ma qualunque cosa sia…e piantala! »
l’aliena mise l’indice destro, che
iniziò ad emettere una luminescenza
pericolosa dalla punta, a qualche centimetro di distanza dal volto del
russo
«adesso io ti lascio, tu ti siedi tranquillo sul futon che ti
ho dato, la
smetti di aggredirmi e mi parli del motivo per cui sei così
sclerato al di là
dei “ciao sono Mario”…altrimenti ti
faccio saltare la testa. Chiaro?!» non lo
avrebbe mai fatto, non aveva mai ucciso nessuno, ma Warsman cosa ne
sapeva?
Tanto che concluse che forse era meglio fare come diceva.
“un’altra
reazione inconsulta. Sto diventando l’ombra di me
stesso? Sto diventando pazzo sul serio? No… non posso
permetterlo. Devo
smetterla. Devo calmarmi” si disse, ripromettendosi -stavolta
in modo più
deciso- di ritrovare la sua compostezza. Tanto che quando Zoisite lo
lasciò
andare si sedette sul futon con tutta la dignità che gli fu
possibile
racimolare dopo la sceneggiata appena fatta.
«che ti è
capitato? Non sei il primo che vedo in questo
stato, e nessuno degli altri aveva alle spalle una storia piacevole.
Però di
solito dopo averne parlato sembravano tornare un po’ in
sé».
Perché avrebbe dovuto
dirglielo? Non le importava di lui,
voleva solo farsi i fatti suoi. Lo aveva rattoppato e gliene era grato,
ma
nient’altro. «non
sono una persona che
si lamenta per un nonnulla. Tantomeno con gli estran-»
Si interruppe quando lei gli porse
una tavoletta di
cioccolata. Anche questa apparentemente comparsa dal nulla come il
futon.
«questa roba terrestre
è buona. Si chiama cioccolata, se non
sbaglio. È vero che in realtà Sheldon Cooper in
questi momenti beve il tè, ma
io non ne ho».
L’ex lottatore non sapeva
se fosse più sorprendente che gli
stesse offrendo della cioccolata o il fatto che conoscesse The Big Bang
Theory.
«non la voglio».
«non è
avvelenata, Messer Paranoia. Su».
Passò diverso tempo prima
che Warsman, con un sospiro e con
diverse esitazioni, si decidesse ad accettare l’offerta.
Anche se ostinatamente
per una ventina di minuti non disse una parola oltre ad un
“grazie”.
«se ti raccontassi la mia
storia e poi tu la tua?» tornò
alla carica lei, dopo quella pausa.
«non mi interessa
conoscerla, mi hai detto che sei una ladra
e che ti mantieni o così o raccontando storie altrui, ed
è già troppo».
Zoisite alzò gli occhi al
cielo. «puoi smettere di essere
una simile sega vivente almeno per un secondo?!»
Di nuovo, lui non ribatté.
Così com’erano comparsi la
cioccolata ed il futon, nelle mani della ragazza comparve un cellulare
con cui
si mise a giocherellare. Di cose strane Warsman ne aveva viste, ma
quella gli
era piuttosto nuova. Che fosse una specie di maga?
«come…no, lascia
perdere».
«no, dai, finisci la frase,
voglio vedere se è idiota pure
questa».
«mi chiedevo come fai a
tirare fuori le cose dal nulla»
disse Warsman, un po’seccato e un po’incuriosito.
«non tiro fuori le cose
“dal nulla”, ma dalle ombre in cui
le ho messe quando le ho prese. So farlo, ma non so precisamente come
avviene
questa cosa. Se io ed Hayun fossimo andati a scuola forse
l’avremmo saputo, ma
dato che così non è stato, pace».
«sei una di quelle che
è scappata di casa col fidanzato
invece di studiare?» niente da fare, essere acido gli veniva
spontaneo.
«sono una di quelle che ad
un anno e mezzo è stata sbattuta
via dal suo pianeta assieme all’unico maschio della sua
stessa razza in grado
di camminare ma troppo piccolo per partecipare alla guerra che oltre ad
aver
distrutto il pianeta ha reso me e lui qualcosa di simile a due bestie
rare»
ribatté lei, fredda.
Se non altro questo riuscì
a sedare il russo.
«dopo la guerra eravamo gli
ultimi rimasti della mia etnia,
gli Shadow» riprese Zoisite «ci differenziamo da
quella più numerosa degli
icejin comuni perché abbiamo tutti la pelle nera e
traffichiamo con le ombre»
aggiunse a mo’ di spiegazione «hanno salvato un
maschio ed una femmina perché
potessimo riprodurci. Siamo cresciuti da soli, cercando
di…”cavarcela”. Senza
sapere nulla dei nostri genitori…a parte i nomi dei miei, e
solo perché sono
incisi su questo anello» disse sollevando la mano
«e lo Shadow con cui sono
cresciuta, Hayun, non mi era molto simpatico, ed è morto da
idiota qualche anno
fa. Per cui di “bestie rare” ora ci sono solo
io» sbuffò «“bestie
rare”…ricordo
quando un mercante di schiavi sul pianeta Evithlon che tentò
di catturarci ci
definì così. Solitamente sono contro
l’omicidio, ma stimai Hayun quando ammazzò
quella feccia dell’universo per aver
osato tanto. Di’, hai idea di come
ci si sente ad essere paragonati ad animali?»
A quel punto Warsman
iniziò a ridere. Una lunga, terribile
risata sarcastica.
«che ti prende?»
«dimmi un po’,
quanti anni hai?»
«diciotto».
Lui rise ancora di più.
«io invece ne ho
sessantatré. E sono un “mostro” quasi da
sempre, una “bestia rara” da quando Howard
Lancaster mi ha conosciuto, ed un
“robottino con cui giocare” da quando quel demone
albino è entrato nella mia
vita. Fino a due anni e mezzo fa nessuno a parte mia madre mi ha mai
visto in
modo diverso da uno di questi, e lei è morta troppo presto.
E poi è arrivata-»
«…Emerald?»
Odiava essere interrotto, ma
lasciò perdere ed annuì.
Zoisite si mise a rimuginare. «mi sa che io il nome che hai
detto prima da
quando sono qui sulla Terra l’ho già sentito. Non
“Emerald”…»
«Howard Lancaster. Non mi
stupirebbe. È un uomo potente, e
preferirebbe che fossi morto…questo già prima che
conoscessi Emerald, che è sua
figlia».
«allora ti sei ficcato in
un bel casino. Però se sapevi che
era figlia di uno così perché le stai intorno,
uomo innamorato?...ah, lei
quanti anni ha?»
«per l’ennesima
volta,
non sono innamorato di lei!...e
comunque…venti».
«tu sessanta e lei venti?!
Credo che qui direste che sei un
porcello!»
Warsman fece facepalm con un lamento.
“sicura che tu ed
Emerald non vi conoscete?” avrebbe voluto domandarle, ma
evitò.
«che ne dici di raccontarmi
meglio? Tanto abbiamo davanti
una giornata. Così cancelli il tuo debito attuale ed anche
quello che
contrarrai quando ti porterò fuori dalla
città».
Le diede un’occhiata
stupita. «perché dovresti farlo?...e
come sai che voglio lasciare Mosca e non volevo solo uscire fuori da
quella
clinica?»
«sai
com’è, se resti in città è
più facile che ti trovino.
Per cui io scapperei per logica. E comunque se non corro rischi, se
penso che
possa valere la pena e se faccio in fretta, un aiuto nella fuga non lo
rifiuto»
con tutti quei “se” era come dire che la maggior
parte delle volte in realtà
Zoisite delle fughe altrui se ne infischiava, da brava shadowjin
fortemente
individualista.
Quanto a Warsman, gli seccava ancora
l’idea di raccontarle
la propria storia, ma tutto sommato non sembrava un pessimo affare se
in cambio
avrebbe ricevuto dell’altro aiuto. «rifarai quella
cosa che poi mi ha fatto
vomitare anche l’anima?»
«viaggiare con me nelle
ombre? Sì! E una volta fuori città
ci saluteremo. Facile che non ci rivedremo più, non conto di
restare su questo
pianeta troppo a lungo, dei luoghi in cui avevo scelto di andare mi
manca solo
la Turchia. Un altro motivo per raccontarmi di te: non posso darti
problemi pur
sapendo le tue faccende».
«magari a qualcuno potrebbe
non piacere che tu mi stia
aiutando, se si scoprisse».
«non vedo chi potrebbe
venirlo a sapere, e in cogni caso
cazzi suoi. Voi umani siete un genere variegato ed interessante, ma
siete tutti
deboli come…come si chiamano? Gattini, a confronto della mia
specie».
Indubbiamente Zoisite Ultima Della
Sua Etnia non si tirava
indietro quando si trattava di ribadire a chiunque la
superiorità degli icejin
di qualsiasi razza, pur avendo vissuto un’esperienza simile
alla sua finendo
per sentirsi paragonare ad un animale raro.
“forse dovrei cominciare a
tirarmela anch’io per essere un
robo-chojin” pensò ironicamente “anche
se avrei una voglia matta di chiederle
com’è che gli Shadow sono stati sterminati tutti,
se sono tanto forti e tanto
superiori! Ma il numero di persone che vogliono darmi una mano
è talmente
esiguo che forse faccio meglio a tacere”.
«e poi senti, da quando
stavo col gruppo del mio ex sono
diventata una ricercata spaziale come loro, anche se sono stata vista
sempre e
solo di sfuggita. Quindi cosa vuoi che mi possa importare se un paio di
terrestri ce l’hanno con me?»
«io mi auguro che tu stia
scherzando».
«no, affatto. Allora, uomo
innamorato, com’è questa
Emerald?» e lì Warsman evitò di
ripeterle che non era innamorato, tanto non
serviva «per essere finito in casini del genere
dev’essere una super gnocca,
altrimenti saresti tonto».
«per essere
“super gnocca” le mancano diversi attributi,
non so se mi spiego…è un ammasso di stecchini
anche se mangia come un cavallo.
Inoltre ha un pessimo carattere, tanto che sarebbe da prenderla a
cinghiate per
la maggior parte del tempo. Però ci sono
dei…momenti…che…ah, basta»
borbottò
«ho detto abbastanza».
«fai tutto questo per dei
“momenti” e non vuoi che ti chiami
uomo innamorato? mah…forse hai ragione, non sei innamorato,
sei solo del tutto
scemo e con poca voglia di vivere».
Warsman stava per risponderle a tono,
ma proprio in
quell’istante qualcuno aprì la porta di quella
stanza sotterranea con un
calcio.
Quando però sei uomini
bene armati entrarono -tre non
portavano segni di riconoscimento, ma gli altri avevano il simbolo dei
Lancaster al petto- non trovarono altro che una stanza vuota.
«…la descrizione
che hanno fatto è calzante, anche se lo
hanno visto per poco» disse uno di loro
«è facile che sia qui».
«…quando diavolo
sei uscito?!» disse Zoisite in un bisbiglio
inudibile da chiunque se non un Warsman piuttosto confuso che non si
sentiva
più il corpo e a cui sembrava di trovarsi ovunque e in
nessun posto, e che non
aveva neppure idea di come facesse a sentirla e di come potesse sapere
di
essere in grado di parlare.
«quando ieri eri in bagno
sono uscito, mi sono affacciato
per poco tempo. Volevo capire dov’eravamo».
«tonto!»
«ehi, hai
sentito?» disse uno degli uomini dei Lancaster.
«sentito cosa?...ehi, nel
bagno avete trovato niente?»
«nulla! Magari le pareti o
il pavimento nascondono un
passaggio. È un labirinto, qui sotto».
«da…non
credo che troveremo Warsman o quei vostri
ragazzini» commentò uno di quelli senza stemma
«se non li hanno già uccisi, si
perderanno».
«se avessero ucciso i
ragazzi sarebbe comunque nostro
compito ritrovarne le spoglie, questo è quanto. In ogni caso
qui qualcuno
c’era» ribatté un soldato dei Lancaster
«qualcuno di forte. Questo muro sembra
essere stato rotto con un calcio».
«se anche si fosse trattato
di Warsman mi pare evidente che
non è più qui. Non perdiamo altro
tempo».
Era un po’avvilente per il
russo vedere come anche i suoi
compatrioti -al di là della motivazione ufficiale di cercare
“un terrorista”-
si prestassero a tentare di trovare tanto lui quanto i ragazzi. Ma
d’altra
parte sapeva benissimo quanto colui che lo stava cercando potesse
allungare la
mano.
Appena gli uomini se ne andarono
sentì di aver riacquistato
il proprio corpo, oltre ad un’incoercibile nausea che lo
spinse a correre in bagno
più in fretta possibile. Cercò di darsi un tono
quando uscì.
«è una settimana
che vedo questi con la pantera» l’aliena si
indicò il petto «girare qui sotto. Quindi cercano
te, e i ragazzini…?»
«una è Emerald.
Gli altri sono suo cugino, una sua amica e
quel demone maledetto di suo cognato».
I futon erano ricomparsi.
«adesso hai un altro
debito, visto che ti ho nascosto.
Quindi devi proprio raccontarmi tutto per bene. Io
comunque voglio darti
un consiglio: lascia perdere, cambia pianeta e rifatti una vita. Le
storie come
sembra essere la tua sono appassionanti, ma non vanno mai a finire
bene».
«non ti ho mai chiesto un
consiglio, e se solo lei aprisse
gli occhi sarebbe diverso. Non rose e fiori, sicuramente complicato
come al
solito, ma diverso».
Zoisite gli diede delle lievi pacche
sulla spalla.
«uomo innamorato, mi fai
una pena che non ti dico perché mi
sa che è tutto inutile».
«ficcati in quella testa di
segatura che non sono un uomo
innamorato, e che ti sbagli anche sull’altra cosa, e quando
avrò finito di
raccontarti questa benedetta storia per cui mi hai rotto le scatole tue
giorni
te ne renderai conto!»
«io invece penso che mi
farò due risate sui filmini mentali che
ti sei fatto, ti darò altre due pacche sulla spalla e
calcolerò quanto potrò
guadagnare da “L’Epopea Dell’Umano
Innamorato”...»
Aye, mi sa che un
altro po'di casino l'ho fatto anche se il capitolo è
più lungo dell'ultimo.
La complicata
alleanza di Warsman e Zoisite, che chi ha letto "Ombre" già
conosce, vale solo per questo capitolo. Cos'altro? Ah, sì:
Kirika rispunterà fuori entro il tempo limite? Se
sì, deciderà di concorrere o manderà
tutto al diavolo? Rivedrete lei e gli altri nel prossimo capitolo,
don't worry. Il
prossimo anno però : )
|
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Capitolo 20 *** Karma ***
Mai come in quel momento Emerald fu
tanto felice di rivedere
la luce, nonostante mancassero ancora diversi metri
all’uscita.
«sei giorni di marcia in un
tunnel lungo chilometri e
chilometri percorso in bicicletta solo per metà»
perché poi era diventato
troppo stretto per le bici, e si erano divisi equamente da portare sia
le
provviste che le varie risorse tra cui, in parti uguali, il denaro che
era
rimasto loro «gelo, fantasmi ed
umidità…ma infine ce l’abbiamo fatta.
“tour dei
sotterranei di Mosca: fatto!”»
Anche Zachary era piuttosto allegro,
pur non avendo trovato
né il tesoro di Ivan il Terribile né la
biblioteca della principessa Sofia, e
stava pensando di proporre una deviazione per Istanbul prima di andare
a
Bombay. Tanto per confondere un altro po’le
acque…e soprattutto perché riteneva
che anche Istanbul potesse avere dei sotterranei interessanti.
«siam
giunti, alfine!»
esultò Sebastian lanciandosi in avanti «a me,
luce, dolce luce! A me, aria,
dolcissima aria, per troppo tempo non ho goduto di te!»
«l’aria
c’è anche qui sotto, tonto, sennò
saremmo morti da
quel dì» borbottò Kirika, che da sei
giorni stava assistendo a delle scene che
le piacevano ben poco. Di quella lista che avevano fatto Emerald non
aveva
voluto parlare oltre, così come di quel che sembrava
spingerla verso il russo
decrepito, ma in ogni caso non avrebbe avuto modo di farlo neanche
volendo. Dal
momento in cui si erano risvegliate da quella
“pausa-sonno” in poi Zachary si
era appiccicato ad Emerald più che mai.
Kirika non aveva neppure avuto modo
di sapere cosa pensasse
Emerald della cosa, se le piacessero o meno tutte
quelle…attenzioni. Quella
vicinanza, quelle coccole che
diversi
avrebbero potuto trovare inopportune. La demonessa non sapeva dare una
spiegazione logica ad un comportamento del genere, se non che potesse
essersi
preso una cotta per lei, eppure allo stesso tempo non sembrava
così. Era come
se fossero coccole…consolatorie. A
parte che una scusa per tenerla più sott’occhio.
“dai
Hammy, forza e
coraggio. Immagino che non sia semplice e più avanti
potrebbe diventarlo ancor
meno, però sei una ragazza forte”.
Che motivo avrebbe avuto per doverla
consolare?
«aspetta Seb!
Arrivo!» Emerald fece per raggiungere il
cugino di corsa, ma si sentì trattenere.
«non
c’è motivo di correre via, cognatina. Tu devi
risparmiare energie. Non stai ancora bene».
Dopo un istante di
immobilità Emerald scivolò via dalla sua
presa. «apprezzo l’interesse, ma se voglio correre
da qualche parte, io corro. Right?»
«non credo sia una buona
idea».
«io
sì».
“mh. Forse le apprezza solo
fino ad un certo punto, le
attenzioni” pensò Kirika “meglio
così, perché tra gli abbracci, i
‘bacetti’ e
le carezze che gli lasciava fare iniziavo veramente a pensare
male…qualunque
senso potessero avere”.
Poi lasciamo perdere che in passato
Emerald si era lasciata
coccolare anche da Kid Muscle quando ne aveva sentito il bisogno,
così come da
Kevin quando “non potevano stare insieme” pur
sapendo che le stava dietro,
nonché da Warsman -anche se in quel caso magari definirle
coccole era
eccessivo- quella volta a Roma, e da Michael stesso quando le cose con
Kevin
andavano male, e quindi c’erano dei
precedenti…eppure sapeva benissimo
cos’aveva fatto Zeke a quel povero russo. A meno che non
agisse così per
evitare di insospettirlo in qualche modo sul fatto che iniziasse ad
esserci una
possibilità -secondo Kirika nemmeno remota come al limite
sarebbe stato meglio
che fosse- che lei non tornasse con Michael, alla fine, lasciando che
lui le si
appiccicasse come aveva fatto da Washington in poi -e più-.
Se si comportava
più o meno come al solito, Zachary avrebbe pensato che era
tutto normale…e tra
le altre cose lei avrebbe evitato possibili problemi.
«”Il fatto
è che gli uomini non dovrebbero mai tentare di
dettar legge alle donne. Non sanno mai come farlo e, quando lo fanno,
dicono
sempre cose particolarmente stupide”»
citò Sebastian da lontano, cosa che
strappò a Kirika una risata.
«per una volta quoto
Sebastian!»
«quantomeno io dico cose
stupide solo quando tento di
“dettar legge”. Invece pensa un po’, Seb,
ci sono persone che sono in grado di
dire unicamente cose stupide anche citando grandi
autori!»
Ovviamente Zachary lo aveva detto
sorridendo come suo
solito, ma non significava che avesse apprezzato
l’intromissione. In ogni caso
Hammy corse accanto a Sebastian, e a mani allacciate i due cugini si
lanciarono
verso la luce. Sebastian non si curò nemmeno di ribattere,
al momento non
avrebbe potuto importargli meno delle chiacchiere altrui.
«non dirmi che te la sei
presa, albinello».
«naturalmente no. Volevo
far sì che evitasse di fare una
cosa sciocca».
«lascia che te lo dica, mi
pare che di cose sciocche durante
la marcia ne abbiate fatte diverse» a meno che non le fosse
chiesto chiaramente
di tacere da persone per cui lei nutriva rispetto, raramente Kirika
teneva per
sé quel che pensava.
«specifica».
«a parer mio le stai troppo
appiccicato».
«non siamo più
vicini di quanto siamo mai stati da che ci
conosciamo. Non so cosa ci sia di anormale. Ed oltre a non avere alcuna
intenzione di “insidiarla” -contrariamente ad
altri- se anche fosse libera da
legami ed io fossi interessato a testare una relazione di tipo amoroso
o
prettamente sessuale, so per certo che lei non sarebbe tra le
potenziali
candidate».
«sembrava che la
consolassi».
Non erano ancora usciti dal tunnel,
contrariamente ad
Emerald e Sebastian che ormai fuori strillavano tutti contenti. Nemmeno
il
cespuglio spinoso li aveva fermati, dato che Hammy aveva indurito il
suo
braccio “modificato” al punto che le spine non
erano riuscite a forare la pelle
ed aveva strappato via tutto…e poco importava che fossero
sbucati su uno
spiazzo brullo dal terreno duro.
«sai Kirika, a te
“sembrano” e “paiono” troppe
cose. In
questi giorni non credo di aver fatto niente di male, soprattutto non
alla
cognatina, e neppure intendo farlo. Voglio solo il bene suo, di mio
fratello, e
del loro rapporto. Fattori esterni al momento possono metterlo a
rischio, ma
non sarà sempre così, e quando avrò
sistemato tutto lei tornerà a casa. Io,
volendo evitare grane, mi sono già rassegnato al fatto che
non mi sarà
possibile. Facile che me ne vada dal pianeta» aveva stabilito
che per lui fosse
la miglior cosa, specie dopo quanto aveva fatto a Kevin Mask
«ma lei…tonerà
a casa con Lentiggine».
«ovviamente se è
quel che vuole. Potrebbe anche voler
restare in giro».
Emerald faceva di tutto per non
insospettirlo e Kirika se ne
usciva con questo, fantastico. Zachary le concesse
un’occhiata. «sono sicuro
che se Emerald dovesse scegliere di non essere più la mia
cognatina seguirebbe
la corretta procedura di separazione, nel qual caso mi renderebbe
impossibile
avercela con lei» e per l’appunto aveva fatto un
discorso simile ad Hammy
quando l’aveva conosciuta a Washington
«ma non vedo perché non dovrebbe
voler tornare a casa. Lei e Michael
stavano bene».
«grazie caro. Questo lo so.
Io ho sempre tifato per lui».
«è il partner
più adatto rispetto agli altri possibili
candidati, anche solo da un punto di vista riguardante una possibile
progenie.
Non credo che le farebbe piacere avere un figlio mezzo macchina dal
volto
devastato…»
Dopo quell’osservazione
Kirika si limitò ad osservarlo con
una punta di sospetto. Aveva detto così perché
anche lui si era reso conto di
quel che sembrava esserci tra Emerald e il russo tonto oppure per altri
motivi?
«…o un figlio
dalla stupidità congenita tipica dei Mask,
presente anche se non in maniera evidente com’è
per molti altri chojin/figli di
chojin della Muscle League».
«e anche qui non hai
torto».
Uscirono anche loro dal tunnel. Tutti
quei giorni di cammino
-e di bici- nel tunnel li avevano portati tanto lontani da Mosca da
essere
risbucati praticamente in
campagna,
proprio come segnava la mappa. A quanto sembrava erano usciti da un
rilievo di
più o meno sette metri di altezza, sopra al quale Zeke
riuscì ad intravedere
una strada che doveva portare ad un villaggio vicino, il che sarebbe
stato
l’ideale per racimolare un altro po’di provviste.
E solo a quel punto Zachary si
ricordò che doveva dirle un
paio di cose fondamentali.
«ah,
Kirika…?»
«che
c’è?»
«tuo padre si è
suicidato una settimana fa. L’ho visto ieri,
quando siamo risaliti abbastanza perché il pc modificato
agganciasse il
segnale» disse con estrema
tranquillità…quantomeno evitando di sorridere
«e se
non torni sul Pianeta dei Demoni entro tredici giorni a pretendere il
trono e
disputare il torneo, Hell Knight romperà i trattati di pace
e potrebbe essere
un bel casino. Scusa se non te l’ho detto prima, ma mi era
sfuggito di mente».
Calò un silenzio di tomba,
dato che anche i due Lancaster
avevano sentito, ma durò solo per qualche istante.
«da quanto mi sovviene,
esistono ben più adeguati modi per
portare notizie sì luttuose alle fanciulle»
commentò Sebastian, avvicinandosi
ad una pallida Kirika come a volerle dare un sostegno.
«Zachay, hai la
sensibilità e la delicatezza di un treno in
corsa, “ehi, tuo padre si
è…”…! Ma ti pare il
modo?!!» esclamò Emerald
lanciando un’occhiata dura al cognato «e non so
come cazzo abbia fatto a
sfuggirti di mente!»
Kirika rifiutò ogni aiuto
che le venne offerto, limitandosi
ad appoggiarsi contro la parete guardando il terreno.
La notizia ovviamente
l’aveva sconvolta, per quanto un
demone possa sconvolgersi.
Suo padre, Yama Khan, morto suicida.
La persona che le aveva reso
l’infanzia un inferno, che
quando non l’abbandonava a se stessa la prendeva a botte, che
le aveva rivelato
di avere ucciso sua madre perché “rompeva
troppo”, che l’aveva venduta ai suoi
ex avversari…la persona che, le uniche cose buone che avesse
mai fatto, erano i
trattati di pace e forse -ma solo forse- lei
stessa…
Dopo tutti quei tentativi di morire
andati a vuoto, a quanto
pareva ce l’aveva fatta.
E per quanto la notizia le fosse
arrivata come una pugnalata
alla pancia, quello che Kirika disse fu…
«finalmente ti sei tolto di
torno, pezzo di merda. Avrei
solo voluto che ci riuscissi prima, almeno non avrei dovuto tornare su
di
nascosto per procurarmi il liquore» borbottò ad un
immaginario spirito di suo
padre.
Sebastian la fissò con
un’espressione attonita talmente
stupida che le fece venire voglio di prenderlo a sberle così
tanto per gradire.
Non che Emerald fosse messa tanto meglio in realtà, pur
sapendo quanto odiasse
suo padre. Magari stava pensando qualcosa come “io di mio
padre non direi mai
una cosa così”! Beh, lei invece
l’aveva detta eccome, e non intendeva
rimangiarsela.
Quanto a Zeke, aveva ripreso a
smanettare col portatile. Lo
aveva acceso già da ben prima che intravedessero uno
spiraglio di luce e in
tutto quel tempo non si era curato di spegnerlo.
«albinello»
Kirika odiò il modo in cui la sua voce suonò
schifosamente roca «cos’è questa
faccenda del Torneo e dei tredici giorni?»
«Kirika, magari non
è-»
«Emerald…zitta.
Grazie».
Zachary si aggiustò gli
occhiali. «da quel che leggo le cose
stanno così: Hell Knight ha praticamente sfidato te e la
Muscle League a
competere con lui in un Torneo, il cui premio sarà il trono.
Metterà in campo
quattro campioni e quattro campionesse. Se sei interessata al regno tu
dovrai
trovarne altrettanti e presentarti lassù, sul tuo pianeta,
entro tredici
giorni…o Hell Knight si prenderà il titolo e
basta, e come ho detto prima
rompendo i trattati di pace la cosa potrebbe diventare problematica.
Ecco
tutto».
Come se con quella fuga non fossero
finiti in mezzo a casini
sufficienti, ecco che si prospettava un torneo non esattamente semplice
da
affrontare…con possibili ulteriori danni nel caso i campioni
di Kirika non
avessero vinto.
«ehm…hai
più o meno un’idea di che fare?» chiese
Emerald,
quasi esitante, a Kirika…che adesso capiva davvero cosa
significava sentirsi
preda dell’indecisione.
Lei si era sempre vista come un
“cane sciolto”. Kirika la
demonessa picchiatrice, flagello del vecchio Robbie, gran bevitrice di
liquore
del suo pianeta. Si dimenticava spesso di essere anche la principessa
del
Pianeta dei Demoni, legittima erede al trono.
Non aveva mai pensato a se stessa in
quelle vesti… per
quanto essere regina di una massa di gente la cui parte più
tranquilla era
comunque abbastanza folle da sparare al vicino di casa se
disgraziatamente il
cane di quest’ultimo gli faceva i bisogni nel giardino, ed
eventi di qualunque
tipo -incluse serate di gala- finivano puntualmente in rissa,
difficilmente
avrebbe potuto rivelarsi noioso.
Quindi la domanda era…che
fare? Mandare al diavolo tutto e
lasciare che Hell Knight facesse quello che gli pareva -come, pur
essendo
costretto a rispettare i trattati, aveva più o meno fatto da
che Yama Khan era
diventato un pazzo alcolista- oppure reclamare quel che era suo?
«non so. Che Hell Knight mi
stia sulle palle che non ho ti
sembra una motivazione sufficiente per rompergli le uova nel paniere,
Lancaster?»
«un titolo regio implica
tanti onori quanti oneri» commentò
il Lancaster non interpellato «confido che in codesti tredici
giorni tu
rifletta intensamente su ciò, poiché in certi
casi da una scelta può dipendere
l’intero proprio destino».
«mi tocca quotare il cugino
Seb. Di nuovo» commentò Emerald,
piuttosto sorpresa.
«per me che sono un futuro
esule avere come amica la regina
del Pianeta dei Demoni sarebbe una cosa tanto carina!!!»
«oh sì
albinello, i regali
calci nel culo che ti darei sarebbero tanto carini anche per
me» replicò
Kirika.
«sei arrabbiata con
me?»
«beh
“cognatino” non so lei ma io al posto suo ti avrei
picchiato».
«sei cattiva con
me…proprio cattiva» Zachary rimise a posto
il pc e si stiracchiò «e poi se mai per te sono
“cognatone” visto che ho due
anni di più. In ogni caso direi che serva un piano
d’azione, che
Kirika voglia o meno lasciare la nostra
allegra combriccola. Propongo di salire, seguire quella
strada» indicò quella
che aveva visto prima «e se ci conduce in un qualsiasi
paesello fare provviste,
accamparci lì per un po’, e di seguito decidere
come raggiungere Bombay.
Troviamo un’altra città abbastanza vicina con un
aeroporto…»
«o sennò
torniamo in città, una volta appurato che siamo
usciti i confini che li sorvegliano a fare?» buttò
lì Emerald, tanto per
fingere di avere un’opinione in merito.
«non condivido la tua
opinione, cugina mia. Non mi allieta
il pensiero che il viaggio appena conclusosi in quei freddi tunnel
possa essere
stato vano, e inoltre ritengo che attualmente lo stato emotivo della
nostra
adorata compagna di viaggio abbia una rilevanza maggiore rispetto alle
molteplici vie per raggiungere Bombay…»
«al diavolo»
sbottò Kirika «io non ho bisogno della
pietà di
nessuno. E rifletterò mentre viaggio.
Lancaster…»
«chi dei due?»
«tu, Lancaster femmina. Ti
dico già adesso che se mai
dovessi decidere di andare lassù -e giusto per quel che ti
ho detto prima, e
perché quel che è mio è mio, e
perché non vorrei che con la rottura dei
trattati poi non riuscissi più a trovare il liquore- non ti
ci porterei nemmeno
se piangessi in greco».
Emerald la guardò, un
po’confusa. Che ce l’avesse anche con
lei, oltre che con Zachary, perché non la stava sostenendo
abbastanza? Eppure
Emerald si era contenuta proprio perché sapeva che Kirika
non avrebbe tollerato
nemmeno una compassione velata. «ho fatto qualcosa di
sbagliato?»
«macché. Penso
solo che tu abbia già le tue beghe, e io le
mie. E il qui presente albino-che-non-pare-albino ha ragione quando
dice che
tu, effettivamente, sei convalescente ed avresti bisogno di riposo
invece che
di fughe assurde…o di un torneo in un pianeta di matti. Te
l’ho raccontato che
lassù festeggiano l’arrivo dell’anno
nuovo mettendo delle cariche esplosive nei
corpi dei condannati a morte, sparandoli in aria e facendoli esplodere
in
cielo?» al pensiero sogghignò. In effetti, da
demone trovava la
cosa tanto macabra quanto
buffa…quando si diceva “una fine col
botto”! «e con la voglia che avevi tu di
fare la chojin…»
«io in effetti avrei voluto
continuare a fare la dj a tempo
perso, ma se hai bisogno-»
«Em, mi risulta che al
momento se oltre a te anche Kirika
non combatte le quattro campionesse che servono ci sono tutte: Fiona,
Roxanne,
la rossa e Crea» la fece notare Zeke
«…però magari io ti seguo
lassù Kirika! Mi
sembra un posto tanto divertente e carino! Tu che dici, Seb?»
«mi avvalgo della
facoltà di non esprimermi in merito a
codeste insolite tradizioni».
«Kirika-»
«Emerald, sul serio, ad
ognuno il suo».
«gli amici ci stanno
apposta, ed ho avuto il premio per la
miglior tecnica».
«ci stanno apposta solo se
sono meno sconclusionati di te.
Hai da fare quaggiù, da’ retta».
E Kirika sperava che in ogni caso
anche Hammy non finisse
per fare la scelta sbagliata. Non avrebbe cambiato le sorti di un
regno, ma il
corso di buona parte della sua vita forse sì, e
probabilmente non in meglio.
«ok, iniziamo a cercare una
strada che ci porti…all’altra
strada».
:: contemporaneamente,
Pianeta dei Demoni, palazzo reale ::
Già dall’inizio,
dal momento stesso in cui era stato
insignito del titolo di visir, Hell Knight sapeva bene che quello che
gli si
era prospettato non sarebbe stato un compito semplice. Non con le
continue
follie di Yama Khan, non sapendo di avere la Muscle League ad alitargli
continuamente sul collo.
“che vecchi
idioti”.
Il colossale demone
dall’aspetto estremamente inquietante -e
l’elmo blu/violetto con quattro spuntoni neri, la celata nera
e gli occhi
gialli non aiutavano- nel definire vecchi i suoi ex avversari sembrava
proprio
le lepre che prendeva in giro l’asino per le sue orecchie
lunghe. Aveva su per
giù la loro età, ma contrariamente ad essi Hell
Knight si riteneva giovane
almeno mentalmente.
Chiuso nelle proprie stanze lucidava
la katana dalla quale
non si era mai separato fin dalla gioventù. Le era
particolarmente affezionato
nonostante non lo avesse molto aiutato, quando aveva perso contro
Warsman e
Robin Mask.
Sì, anche lui era uscito
sconfitto dagli scontri con la
Muscle League. Sconfitto e con danni permanenti. Le ferite riportate
non gli
avrebbero consentito di scendere personalmente in campo in un torneo,
ma se la
cavava ancora …e non era andato via di testa come il suo ex
re, che aveva fatto
fuori il vecchio visir pochissimo tempo dopo la sconfitta solo
perché reo di
avergli tolto la bottiglia di liquore dalle mani.
In passato Yama Khan non era stato
solo il suo re ed il
leader del suo gruppo. Era stato anche un amico e perfino un modello da
seguire. Arrogante forse, ma non folle. Un uomo deciso, sicuro, che
sapeva cosa
voleva e come ottenerlo, che faceva quel che andava fatto. Un re.
E King Muscle e la Muscle League
l’avevano trasformato in un
rifiuto della società che purtroppo aveva continuato ad
avere una corona in testa.
Si era pensato di destituirlo, ma
avrebbero solo peggiorato
la situazione in un pianeta alla cui popolazione la sconfitta non era
affatto
andata giù. Ai tempi serviva stabilità, serviva
una “continuità”, tentare di
sfruttare quei dannati trattati aprendo il pianeta a turisti che
avrebbero
portato nuovi introiti aumentando così il benessere della
gente a livello
economico -che comunque non stava male di suo- ed aprire strutture
dedicate che
portassero anche nuove opportunità di lavoro.
Ai demoni doveva sembrare che lo
spirito del loro sovrano
non fosse stato spezzato, ma che avesse tratto il meglio da quella
situazione
creando nuovi contatti che un giorno sarebbero serviti per una rivalsa.
Hell Knight era stato così
bravo a realizzare tutto ciò che
a quegli imbecilli della Muscle League era arrivata solo la notizia del
primo
tentativo di suicidio di Yama Khan, ed era accaduto solo
perché imprevisto e
troppo eclatante per essere nascosto. Ma avevano creduto che in seguito
si
fosse ripreso e non fosse poi tanto malmesso, tanto che era a lui che inviavano direttive su come
secondo loro avrebbe dovuto o meno legiferare.
“doppiamente idioti. Quando
ancora si comunicava tramite
lettera lui usava quelle missive per
soffiarsi il naso, e poi ero io a dover recuperare e
decifrare pezzi di
carta incrostati di muco. Che schifo”.
Non si erano resi conto che Hell
Knight aveva trasformato
con immenso dispiacere -e molta attenzione, perché Yama Khan
non doveva capirlo
o lui avrebbe fatto la fine dell’altro visir- il suo ex amico
in un fantoccio badando solo che
non sembrasse
troppo ubriaco durante le apparizioni pubbliche, e fingendo di
acconsentire ad
ogni stupidissimo editto che proponeva.
“e in tutti quelli che
avrebbe voluto promulgare -come
quello di proibire la vendita di liquore a chiunque se non a lui
così da
poterselo bere tutto ed era uno dei meno peggio- non ce n’era
nemmeno uno che
stabilisse di liberarci una volta per tutte dal giogo di quei vecchi
bastardi”.
Vance MacMadd e compagnia, che
avrebbero preteso di mettere
il naso ovunque.
Se il suo leader si era rovinato al
punto di costringerlo a
fare…quello che alla fine aveva dovuto fare,
perché Yama Khan stava diventando
sempre più incontrollabile, era tutta colpa loro.
Se la regina aveva subìto
maltrattamenti di ogni sorta ed
infine era stata uccisa per aver protestato una volta di troppo, era
colpa
loro.
Se la principessa era stata
anch’ella maltrattata, ed
ignorata, e dopo ancora praticamente venduta,
era sempre colpa loro.
Hell Knight avrebbe potuto, e dovuto,
proteggerle da
chiunque; non solo per amicizia ma perché in casi estremi
anche questo
rientrava nei suoi compiti.
Proteggerle da chiunque,
sì…ma non dal suo sovrano.
Probabilmente Kirika lo odiava quasi
quanto aveva odiato
Yama Khan, per essere stato a guardare senza intervenire. Se era
così, aveva
tutta la sua comprensione.
Lui non aveva nulla contro quella
ragazza. Era stato
costretto a lanciare quella sfida quando il popolo aveva sollevato
rimostranze,
ma guarda caso il regolamento previsto le proibiva di combattere
evitandole
così il rischio di farsi male o di morire, cosa molto
probabile.
Nel caso il torneo si fosse fatto il
visir puntava sì a
sconfiggerla, ma anche a farle capire le proprie motivazioni e farla
passare
dalla sua parte così da accontentare anche i fissati dalla
“continuità della
linea di sangue”…ma sinceramente sperava che
continuasse a farsi i fatti propri
e basta, sarebbe stato più facile. E che dopo una settimana
la principessa non
si fosse ancora vista era una cosa che lasciava ben sperare.
Oltretutto Kirika non era in ogni
caso inclusa nella sua
lista nera, e il motivo era sempre quello: non sarebbe piaciuto a
nessuno se
avesse ucciso la figlia del vecchio re.
Idem per quanto riguardava la figlia
di uno dei pochi uomini
potenti della Terra che avesse accettato, in apparenza di buon grado
nondimeno,
di trattare con lui.
Howard Lancaster era stato un Muscle
Leaguer, ma non si era
immischiato nei combattimenti avvenuti anni prima, e ad Hell Knight era
sempre
sembrato un “eroe”
od “ex eroe”
molto per modo di dire…e quel
che era successo nelle finali del Torneo per la Corona chojin lo aveva
confermato.
Peccato che non fosse riuscito nel
suo intento di uccidere
Warsman, o Hell Knight gli sicuramente avrebbe inviato in regalo una
scorta a
vita del loro liquore locale per ringraziamento, come minimo.
“sì, per me
sarebbe molto meglio continuare a non avere
contro Howard Lancaster” concluse.
Sollevò la katana,
osservando i riflessi del lampadario su
quella meravigliosa quanto letale lama. C’erano due
possibilità su tre che a
breve la sua arma avrebbe nuovamente assaggiato il sangue dei suoi
nemici.
E si rifiutava di prendere in
considerazione la terza
possibilità, ovverosia quella di una nuova sconfitta e di
dover lasciare il
trono a qualcuno che apparteneva alla Lega. Era un demone di parola, e
se
avesse perso l’avrebbe mantenuta.
“ma non
accadrà”.
Una volta diventato re avrebbe rotto
i trattati e distrutto
la Muscle League, certo che tutti quanti ne avrebbero
giovato…e nessuno avrebbe
più preso i demoni poco seriamente.
Così come nessuno sarebbe
più venuto a rompere loro le
scatole perché “erano una razza troppo violenta e
psicotica”.
Sarebbero stati liberi.
E chiunque avesse anche solo
minacciato di mettere a rischio
la loro libertà ritrovata, in qualunque modo, anche solo
“buttando lì” che
forse non avrebbe dovuto essere loro concessa, sarebbe stato spazzato via.
Sperava solo che il tempo spazzasse
via anche i suoi pochi
rimorsi di coscienza per avere fatto sì che il desiderio di
morte dell’irrecuperabile
Yama Khan fosse accontentato…e pensando a quanto aveva speso
per questo, perché
i servigi di un appartenente alla gilda degli Assassini della Casa del
Dono
erano impeccabili quanto cari, si lasciò sfuggire un grosso
sospiro.
Pensare che intendeva chiedere di
poterne assoldare altri
due come campioni per l’eventuale torneo, poi, gliene fece
sfuggire uno ancor
più grande.
A proposito, l’uomo della
gilda degli Stanziali a cui aveva
versato tre quarti della somma dovuta gli aveva detto chiaramente che
quel
giorno, e in quella precisa ora, l’Assassino che aveva svolto
il lavoro sarebbe
venuto a prendere il compenso che gli spettava direttamente -ossia il
restante
quarto- eppure non si era ancora…
Ah.
«dannazione!» si
lasciò sfuggire «non potevi annunciarti
come fanno tutti i comuni mortali?! A che pro questo
teatrino?!!»
Chiamalo
“teatrino”…va’ a sapere da
quanto tempo
l’Assassino, sbucato improvvisamente da non sapeva dove, era
nelle sue stanze.
«silenzioso come la morte,
eh? Ci credo che vi assoldano
anche come spie».
La figura incappucciata di un uomo
vestito completamente di
nero, con il volto celato da una retìna a trama
sufficientemente fitta da
nasconderne i tratti, si limitò a tendere la mano guantata.
Hell Knight gli porse un sacchetto.
L’uomo della gilda degli
Stanziali della Casa del Dono lo aveva informato che gli Assassini
accettavano
unicamente contanti.
Era inquietante pensare che quella
fosse solo la divisa
ufficiale di quando questi ultimi per qualche motivo si mostravano in
pubblico
per quello che erano -come avrebbero fatto quelli che forse avrebbe
finito per
assoldare- o venivano a reclamare la loro ricompensa…e che
sotto di essa, per
quanto ne sapeva, avrebbe anche potuto nascondersi un qualsiasi servo
del
palazzo.
«se hai voglia puoi pure
contarli, ma ti assicuro che ci
sono tutti. Non mi attira l’idea di averti di nuovo nelle mie
stanze, e per
scopi che non mi piacerebbero».
L’Assassino mimò
una risata. Quando erano in divisa non
potevano emettere alcun suono che avrebbe permesso un riconoscimento.
«d’accordo,
adesso però togliti di torno. Siete veramente
inquietanti, voialtri, e se lo dico io c’è da
prendermi sul serio…» borbottò,
passandosi una mano sul volto.
Quando sollevò gli occhi,
non trovò traccia dell’Assassino.
«…veramente tanto…inquietanti».
:: Russia,
campagna ::
«inizio a pensare che
l’unica via sia un’arrampicata. Di
“strade per la strada” non ne vedo» disse
Emerald a Kirika.
Avevano iniziato a camminare
costeggiando il rilievo da cui
erano usciti sperando di trovare una via, dapprima tutti e quattro
insieme per
poi invece dividersi. Per riuscire ad allontanarsi insieme da sole
l’avevano
messa giù parecchio dura, complice anche il comportamento
che Zeke aveva avuto
in precedenza, ma anche così per ora non avevano ottenuto
risultati…e a dirla
tutta, dopo quella discesa nelle profondità della terra,
Hammy aveva una gran
voglia di tornare ai suoi percorsi “naturali”;
ossia verso l’alto, sempre e
comunque. Un’arrampicata per lei facile da farsi e di
un’altezza anche
abbastanza stupida, anche se con quel terreno durissimo e brullo la
gente
normale non sarebbe uscita indenne da una caduta.
Ma d’altra parte, specie
dopo il periodo trascorso alla
Scuola di Ercole, lei non era precisamente “gente
normale”.
«so che muori dalla voglia
di arrampicarti, ma non pensi
alle delicate manine del tuo cuginetto? Potresti essere costretta a
portarlo di
peso lassù, sai?»
Emerald emise un lamento.
«zio Lionel avrebbe dovuto
insegnargli ad arrampicarsi, invece del tennis».
«tuo zio sa
arrampicarsi?»
«da quel che mi ha detto
p…che mi è stato detto…sì».
«Lancaster, solo
perché il mio vecchio stronzo è crepato o
è
stato ammazzato non è diventato improvvisamente vietato
pronunciare “padre,
papà” e quant’altro in mia presenza. Non
voglio compassione. Non ne ho bisogno.
Lo sai che mi urta i nervi».
«è che pensavo
avresti preferito evitare di parlare oltre ,
o di sentir parlare oltre, di cose che lo
riguardano. Almeno per oggi.
Non è compassione. È che di solito per certe cose
le persone gradiscono un
minimo di tatto, e direi che di persone con la sensibilità
di un panzer ce ne
basta una».
«e pensare che fin quando
siamo stati lì sotto gli eri tanto
attaccata…finito l’amore tra
“cognatini”?» domandò
sarcasticamente la
demonessa.
«lascia perdere. Non ho
capito tutte quelle sue mosse.
Facile che fossero solo per tenermi d’occhio però
non ne sono del tutto
sicura…cioè, ovviamente non credo che si sia
preso una cotta per me, ma non…o
senti, so solo che per quanto di solito io gradisca sempre le coccole
un po’a
volte mi inquietava. Anche se ho deciso di non farglielo capire. Non
voglio che
inizi a capire le mie incertezze sul matrimonio, non sono sicura di
niente al
momento, e ritengo di aver già fatto abbastanza danni. Non
c’è bisogno che
altri oltre a te sappiano per certo di questa cosa» concluse,
confermando quel
che Kirika aveva sospettato.
«non so come dirtelo, ma
secondo me se non lo sanno ormai è
perché…non lo vogliono sapere! Del tipo
“non ci voglio credere”, mi capisci?»
tentò di spiegarsi Kirika «e comunque quando tu e
tuo cugino vi siete lanciati
fuori dal tunnel Zachary ha parlato sia di “fattori esterni
che mettono a
rischio il matrimonio” sia del fatto che “quando
avrà sistemato tutto” tu
tornerai a casa e basta».
«certo…se
deciderò così. E non oso immaginare cosa sia il
“tutto” da sistemare».
«secondo me più
che un “cosa” è un
“chi”. Non ci ha ancora
detto cos’è successo in città tra lui e
Kevin Mask…»
«Kirika, ha detto che Kevin
ha cercato di catturarlo ma lui
“gli è sgusciato via dalle mani come quegli
orrendi serpentacci, già, quant’è
che non ne uccido uno?”…quindi
cos’è successo ce lo ha detto eccome, e non vedo
come potrebbe essere andata diversamente».à tra lui e Kevin uccessol
"utto questo tornerai a casa e bastay ha
parlato sia di "nnelà di un panzer ce ne basta una
«pensavo che ormai, almeno
al fatto che non eviterà di
tentare di uccidere la gente solo perché tu non vuoi, ci
fossi arrivata. Allo
stesso modo in cui si permette di cancellarne i ricordi, o almeno di
provarci.
Cristo, Lancaster, non penserai mica che fosse convinto di fare
del bene? Io
sono più propensa a credere al russo quando ha detto che
l’ha fatto per
vendicarsi della rottura di quella ridicola cuffia di Pac-Man!...cosa
deve fare
perché tu ti svegli ed inizi a vederlo per quello che
è, tanto dolce e carino
per quanto è psicotico? Sventrare il tuo russo davanti a te
e farne prosciutti
e salsicciotti?!»
«non è il
“mio” russo» borbottò Emerald
«è solo un vecchio
porcello fissato».
«e tu sei solo una stupida
e piccola arpia!» ribatté una
voce dall’eco fredda con un tono oltremodo seccato, facendo
prendere un colpo
alle due ragazze «forse Zoisite non aveva tutti i
torti…»
«ma che-» Emerald
non fece nemmeno in tempo a concludere la
frase dopo essersi voltata ad occhi sgranati ed aver visto Warsman
lì, vicino a
loro, che Kirika la prese per un braccio trascinandola letteralmente
via di
corsa.
«non
c’è un cazzo da fare, quando uno pensa
“cos’altro può
andare storto?” succede sempre qualche altra
cosa!!!»
«ma come ha…ah,
ma certo, il computer, da ieri!» Emerald si
sciolse dalla presa della demonessa, ma continuò a darsela a
gambe lo stesso,
preda di una valanga di sensazioni a cui non sapeva dare un senso,
preda
dell’indecisione, ed anche del senso di colpa per tutto quel
che gli aveva
causato. La fuga però durò poco,
perché dopo averle tallonate per un po’
Warsman saltò contro la dura parete del rilievo, dandosi
così spinta sufficiente
da atterrare in piedi davanti alle due.
«ma porco
Robbie…!» per bestemmiare Robin Mask era sempre il
momento adatto.
«condivido,
Lancaster!»
«Emerald, è
tempo che tu ed io facciamo una chiacchierata».
Non solo era tornato a posto
fisicamente, ma da quando aveva
parlato con quell’aliena raccontandole la propria storia
aveva iniziato a stare
meglio anche psicologicamente. Si era sentito bene una volta finito,
come se
tutto quel che gli era capitato fosse stato meno pesante. Non era stato
più
così teso e sul punto di crollare. Inoltre, per motivi suoi
-aveva ricevuto una
chiamata di qualcuno, dal contenuto a lui ignoto- Zoisite doveva aver
trovato
conveniente rimanere lì a Mosca per altri quattro
giorni…e gli aveva detto che
tutto sommato aspettare ancora un po’ per lui non sarebbe
stata una brutta
idea. E lui non se n’era andato.
Era diverso tempo che, nausee a
parte, non si era sentito
tanto al sicuro. Grazie a lei era perfino rientrato nella clinica da
cui era
fuggito, così da vedere come stava Kevin, per poi uscirne
come se nulla fosse,
senza che nessuno si accorgesse di lui.
Doveva ammetterlo: all’idea
di poter entrare ovunque, vedere
tutto e sentire tutto senza essere visto o sentito a sua volta, e per
di più in
una clinica Lancaster, si era sentito quasi euforico.
E da ultimo, aveva preso per buono il
consiglio finale della
shadowjin -che però rimaneva sempre insopportabile, eh!-
riguardante Emerald,
ossia “se la vuoi davvero, la prossima volta che la incontri
dovrai tirare
fuori le palle più di quanto tu abbia mai fatto. Falle
vedere che non ti sei
ridotto uno straccio!”
«non
c’è niente da dire, non ricordo niente, non so
niente,
non-»
«basta».
«wo. Oggi è
tetro forte» commentò Kirika.
«grazie mille per il
commento non richiesto, ed ora ti
chiederei di lasciarci soli. Quello di cui dobbiamo discutere non ti
riguarda.
Ah, ad ogni modo…condoglianze».
Aveva assistito da lontano al momento
in cui Zachary aveva
detto a Kirika della cosa, lui si era messo lì nascosto ad
aspettare già da
prima capendo più o meno dove sarebbero potuti sbucare
grazie al segnale del
pc, ma aveva deciso saggiamente di non lanciarsi
contro tutto il gruppo
ad artigli sguainati aspettando piuttosto un’occasione
più propizia.
«com’è
che tutti tratte noi sapevano che mio padre si è
ucciso?»
«beh, forse
perché tutti tranne noi erano in superficie»
obiettò Emerald, pur continuando a fissare Warsman che a
quanto sembrava non
aveva proprio la minima voglia di demordere. Nemmeno calarsi nei tunnel
era
servito, li aveva trovati in tempo record ugualmente.
«sì,
c’è caso. Che faccio, mi tolgo di torno?
Sicura?...ok»
disse quando Emerald, dopo delle esitazioni, annuì. Kirika
dunque si rivolse al
russo «di’, hai mangiato vivo un generale per
colazione?»
«vai».
«fottiti».
Dopo quel dolce scambio di cortesie
però Kirika si allontanò
davvero.
«io detesto i
demoni» borbottò Warsman, avvicinandosi ad
Emerald di qualche passo…e rimanendo male vedendola
indietreggiare, non con
aria ostile e nemmeno spaventata, quanto piuttosto confusa. E non
sembrava
avere molta voglia di guardarlo in faccia.
«d’accordo
Emerald, che hai combinato questa volta?»
«perché?»
«ormai so che quando non mi
guardi mentre parliamo c’è
qualcosa che non va. E tu sai che io lo so…ti prego, dimmi
che non hai fatto il
tuo mestiere gratis anche con lo psicotico sbiancato
perché-»
«ma no che non
l’ho fatto! Sei scemo?! No!» adesso lo stava
guardando in faccia e sembrava pure piuttosto incavolata, probabilmente
perché
le aveva velatamente dato della puttanella come suo solito «e
comunque a quel
velato modo di darmi della troia rispondo: tua
madre!» sì, appunto, era proprio per
quello. Ironicamente la cosa lo fece
sentire quasi sollevato…almeno fino a quando non
tentò di avvicinarsi
nuovamente, e nuovamente lei si allontanò. Ad ogni modo si
impose di mantenere
la calma, era necessario che almeno uno di loro due risultasse saldo,
lucido e
sicuro di quello che andava fatto.
«non allontanarti.
Perché lo fai? Non c’è motivo.
L’ultima
volta che ci siamo visti hai negato di aver recuperato la memoria, ma a
questo
punto direi di smetterla di fingere. Non serve a nessuno, nemmeno a te,
non
puoi continuare a fuggire dalla verità per tutta la vita.
Sei stata avventata
ed hai sposato l’uomo sbagliato…»
Ed ecco che ricominciava con quella
sinfonia con cui la
tormentava da mesi. A volte Emerald Lancaster odiava profondamente
quando le
persone le dicevano in faccia delle verità difficili da
ammettere. E ancora di
più quando era lui a
farlo.
Possibile che non si rendesse conto
che in ogni caso non era
una scelta semplice, la sua? Che avrebbe avuto bisogno di essere
lasciata in
pace invece di avere intorno gente a romperle le scatole di continuo?!
…un’altra
verità che non ammetteva: se avesse veramente
deciso di aver sbagliato a sposarsi, senza la “gente a
romperle di continuo”
probabilmente avrebbe finto di avere l’amnesia ancora per un
bel pezzo; e se Zachary
un giorno avesse cercato veramente di costringerla a tornare si sarebbe
staccata anche da lui, trovando probabilmente in seguito un supporto in
Kirika,
e magari anche in Sebastian, e…continuando a fuggire.
Tutto pur di non affrontare persone
che non voleva deludere.
Vigliacca, vigliacca Emerald.
«di certo è meno
sbagliato per me di quanto lo sia tu,
questo ce l’ho ben chiaro. Il fatto di aver corso troppo
può starci, ma è un
altro discorso, e non c’entra niente con te».
Vigliacca e pure bugiarda.
«possibile che ti ostini
ancora a mentire?! Ma non lo
capisci che è inutile quanto continuare a
scappare?!!» e al diavolo i progetti
di mantenere la calma «perché devi essere
così stupida?!»
«e tu perché non
vai a squittire altrove, ratto?! In che
lingua devo dirti che devi lasciar perdere, o potresti
finire-»
«…come
Kevin?»
Emerald si zittì
bruscamente, avvertendo una morsa gelida
all’altezza dello stomaco. Ebbe quasi la tentazione di
pregare che le centinaia
di pensieri che le stavano attraversando la mente riguardo il fatto che
tutto
sommato Zeke non fosse semplicemente sgusciato via fossero tutti falsi
dal
primo all’ultimo.
«cosa…che
è successo a Kevin?»
«ah, il tuo caro cognato
non te l’ha detto. Ovvio».
Purtroppo sembrava proprio che invece
tutti quei pensieri
avrebbero finito per concretizzarsi. «Zachary è
scappato. È solo scappato via
da Kevin».
«sì. Dopo averlo
quasi ucciso dandogli fuoco! C’è mancato
tanto così, Emerald» avvicinò il
pollice e l’indice fin quasi a farli toccare
«tanto…così.
Spero che questo ti faccia capire
una volta per tutte che razza di mostro sia. Kevin non voleva fare
altro che
prenderlo e riportarlo a casa, sai che non aveva i motivi che ho io per
odiarlo. Quindi non puoi nemmeno giustificarlo con la legittima
difesa».
Non poteva averlo fatto davvero. Non
poteva…
No. Poteva eccome. Kirika aveva
ragione, così come l’aveva
Warsman. Contrariamente ad altri, Zachary non evitava di fare del male
alle
persone solo perché glielo diceva lei. Agiva unicamente in
base a quel che lui
voleva, a quel che gli conveniva, a quel che decideva. Forse a modo suo
le era
affezionato davvero, e non le avrebbe fatto del male, ma non lo era al
punto di
darle veramente ascolto se si trattava di altro.
Ed aveva omesso quel
“particolare” del tentato omicidio di
Kevin con una facilità impressionante.
«dimmi che è uno
scherzo».
«preferirei che lo fosse,
ma invece è vero. È in una clinica
di tuo padre a Mosca, ed ha iniziato a riprendersi sul serio solo da
pochi
giorni. Ma è solo l’inizio. Una volta guarite le
ustioni dovrà sottoporsi a
diversi interventi estetici prima di poter tornare quasi
com’era… ed è una
fortuna che il viso non sia stato granché colpito».
Kevin. Povero Kevin. Lui non
c’entrava in quella faccenda,
era solo reo di tenere a lei e alla sua salute, al di là di
quanto era finita
male tra loro. Faceva l’idiota ma era una brava persona, e
tutto meritava ma
non questo.
Emerald strinse i pugni.
«lo capisci, allora? Lo capisci
perché ti dico di lasciarmi perdere? Io porto guai, e tu
rischi di finire anche
peggio di lui!!! Warsman, ficcati in testa una volta per tutte
che…che non è
conveniente per nessuno dei due che tu continui a girarmi intorno.
Ok?...porto
guai» ripeté piano la ragazza, con aria ora
assente «solo questo faccio, lo
avevo capito già dalle finali del torneo, ma non avevo
ancora idea in quale
misura e-»
Trasalì. Quando le si era
avvicinato al punto di poterle
appoggiare le mani sulle spalle?
«non hai dato tu fuoco a
Kevin. È stato Zachary Connors. E
se ti fermassi un momento decidendo di accettare quello che io ormai ho
accettato da tempo, se ti scrollassi di dosso certi soggetti -sono loro a portare guai!- e mettessi in
chiaro le cose, non è detto che debba finire male per forza.
Serve solo un
po’di coraggio! Non è semplice, io questo lo so, e
so già che in ogni caso gli
ostacoli non mancheranno. Però credo che si possano
affrontare, una volta aver
capito cosa si vuole ed essersi convinti di essere nel
giusto».
Per un attimo, solo per un attimo,
Emerald pensò a cosa
avrebbe potuto succedere dandogli retta. Immaginò una vita
passata a discutere,
guardare vecchi film, ballare, tentare di uccidersi, fare sesso e
giocare a
dama cinese. Che splendida illusione. Poteva passare la vita a fare
fondamentalmente un cavolo solo col sostegno di suo padre, specie
economico.
E se, deluso come sicuramente sarebbe
stato, lui avesse
deciso di tagliarle i fondi?
Se proprio avesse dovuto rimboccarsi
le maniche Emerald l’avrebbe
fatto, nel caso il suo stipendio da chojin e la pensione di Warsman non
fossero
stati sufficienti, ma sarebbe stata una vita fatta meno di sole cose
che
piaceva loro fare e più…reale.
In ogni caso già il solo
fatto di avere immaginato di poter
fare una cosa del genere per una come Emerald
era una gran cosa!
Stava realmente
muovendo
i primi passi in direzione del suo Nemico Numero Uno, forse era la
seconda
tappa di un percorso di…accettazione della cosa, per
così dire, con le
conseguenze del caso.
Però non era ancora sicura
di volere, o potere, andare
oltre.
E tantomeno fino in fondo.
Ma perché doveva essere
così ostinato? Non avrebbe potuto
facilitarle le cose dicendole di non volerne più sapere
nulla? Almeno l’avrebbe
deciso lui, non lei, e sarebbe stata a posto.
«non è cosa.
Lascia perdere. Te lo ripeterò fino allo
sfinimento, vattene via!»
Il russo non disse niente.
Si scambiarono una lunga e silenziosa
occhiata, e lui scosse
il capo tanto lentamente quanto con decisione in un irrevocabile
“no” che gli
fruttò un pugno in pieno petto.
«ahi!»
«zuccone,
sei!!! Un
maledetto zuccone!»
«cugina adorataaaaaa, il
buon Zachary ed io abbiamo alfine
trovato la via!» Sebastian scelse proprio quel momento per
fare la sua entrata
in scena, con un gran sorriso poi «se tu e Kirika
voleste…»
Le parole gli morirono in gola,
sostituite da uno strillo
femmineo nel trovarsi davanti il re degli aborti della natura, e dopo
questo la
seconda cosa che fece fu spianare immediatamente la pistola.
«t-tu…immonda
creatura! Non lordare la mia nobile cugina con
le tue sporche zampe!» gli intimò, ma senza
avvicinarsi e con una certa paura
che traspariva dal bel volto.
«non mi aspettavo che a
questo punto fosse ancora vivo»
disse Warsman ad Emerald, sarcastico «andiamo via di
qua!» esclamò poi correndo
verso la parete del rilievo trascinandosi dietro Emerald, intenzionato
ad
arrampicarsi rapidamente verso l’alto per raggiungere la
strada; arrivare al
paese vicino era conveniente anche per lui, più o meno per
le stesse ragioni
dei ragazzi.
E se aveva ragione, ed aveva
veramente riconosciuto il
posto, a qualche chilometro di distanza dal paesello a cui erano
diretti c’era
il proprio, di paese. Quello dove sua madre lo mandava a fare le
commissioni
quando era piccolo, prima la sua intera vita iniziasse ad andare a
puttane.
«non ho mai detto di voler
venire con te, io-»
Emise un’esclamazione di
sorpresa quando un proiettile mancò
di poco Warsman, e si voltò verso il cugino per urlargli di
non sparare, ma
anche a lei morirono in gola le parole quando vide che a sparare era
stato
Zachary. Di certo aveva sentito lo strillo di Sebastian ed avendo
intuito che
c’era qualcosa che non andava era corso lì subito,
ed aveva in mano uno di quei
maledetti fucili che sparavano altrettanto maledetti proiettili
particolari per
la caccia ai serpenti.
«sei un robottino lento a
capire. Lei non ha mai detto di
voler venire con te, quindi lascia la presa e fatti uccidere senza
opporre
resistenza, grazie».
Aveva minacciato il russo ma fu Hammy
a rispondere molto a
cavolo. «volevi uccidere Kevin!!!
Gli hai
dato fuoco!!! Perché l’hai
fatto?»
«cos…Kevin
Mask?» anche Sebastian guardò perplesso ed
attonito il suo compagno del crimine, che invece restò
tranquillissimo.
«ha cominciato lui,
cognatina. E io non ho mai avuto
intenzione di ucciderlo. È come quando lo salutai
lanciandogli un coltello,
ricordi? E ricordi cosa ti dissi? “se avessi voluto
ucciderlo, a quest’ora
sarebbe morto”. Come sarà Warsman a breve.
Concorderai che a questo punto non
può essere lasciato in vita…no, aspetta. Non
concordi, lo so. Ma sono certo che
a mente fredda capirai che è meglio
così!»
Stava per premere ancora il
grilletto, ma proprio in quel
momento Kirika si decise a tornare da un “giro” fin
troppo lungo e più o meno
capendo al volo la situazione si gettò immediatamente
sull’individuo al momento
più pericoloso, ossia Zeke, riuscendo a coglierlo di
sorpresa tanto da gettarlo
a terra e disarmarlo.
«Kirika!!!»
«fila
via!!! Filate
via!!!»
Non approvava qualunque cosa potesse
esserci tra quei due ma
non voleva che anche Hammy si trovasse ad affrontare una morte
imprevista. Una
al giorno bastava, grazie tante.
E a quel punto Emerald non
poté fare altro che obbedire,
ringraziandola silenziosamente insieme a Warsman, iniziando ad
arrampicarsi
rapidamente lungo la parete.
«Seb!!!
Non stare
lì impalato! Fermali!!!» Zachary al momento era
impegnato in una lotta con
Kirika, che conoscendo un po’le sue mosse era riuscita ad
evitare di essere
infilzata da un coltello e stava facendo di tutto per non dargli modo
di
afferrare qualsiasi altra arma, ma poteva ancora dare ordini.
«m-ma compare io
non-»
«fallo
e basta! SPARA!!!...e
vedi di non sbagliare!»
«Sebastian
rimetti a
posto la dannata pistola, mi hai sentito?!!»
strillò Kirika, che riuscì ad
assestare un bel colpo al volto del suo avversario.
«spara!....Spara!!!
è un abominio, va ammazzato, spara!!!»
Zeke aveva premuto i pulsanti giusti
nel cervello di
Sebastian, che a parte quello temeva ancora che Warsman potesse
realmente fare
del male a sua cugina non avendo capito un accidenti del loro rapporto,
e
dunque il ragazzo annuì con aria improvvisamente decisa
sparando dritto in
testa al russo, che si salvò solo perché la
sporgenza a cui si era aggrappato
si era distrutta tra le sue mani ed era scivolato un
po’giù prima che Emerald
lo soccorresse grazie al braccio potenziato.
«attento a dove metti le
mani, porcello!!! …Sebastian,
smetti di sparare o torno giù e
ti ficco quella pistola dove non batte il sole! Ma con tanto
amor-SEB!!!»
strillò, riuscendo ad aiutare Warsman ad evitare un altro
colpo «sei sordo?!!»
«ti farà del
male! Non posso permetterlo!»
«ok, adesso
basta!!!» alla fine Kirika prese Zachary di peso
e lo lanciò contro Sebastian, cercando l’effetto
“due al prezzo di uno”
«speravo che ce ne fosse almeno uno meno svitato!!!»
«dobbiamo fare in fretta,
su, muoviti!» Emerald era arrivata
praticamente in cima, stava tendendo la mano a Warsman per aiutarlo nel
tratto
finale, iniziava ad illudersi che potessero uscirne indenni, e lo
stesso
Warsman iniziava a pensarla come lei.
Poi però qualcuno -forse
Sebastian, forse Zachary- sparò
nuovamente. Ed il proiettile, che colpì di lato una
sporgenza rocciosa, prese
una traiettoria talmente assurda da
entrare nella testa di Warsman. Ed uscirne, per fortuna.
Emerald gridò, con gli
occhi sbarrati dall’orrore, credendo
per svariati terribili istanti di aver perso veramente il suo
arcinemico.
Non poteva essere accaduto davvero.
“no per piacere no per
favore no no no ti prego no!!!” finì
di tirarlo su senza essere in grado di formulare un solo pensiero
lucido,
brandelli di nozioni di pronto soccorso, di frasi senza senso e
sensazioni
senza alcuna coerenza si rincorrevano nel suo cervello come cavalli
impazziti,
vedeva solo che il foro che il proiettile aveva creato entrando -assurdo!- nella parte frontale della
testa, dritta al suo cervello-computer, ed il foro di uscita
lì vicino, e…
«E-Em-»
E era vivo.
Quello era il vantaggio di avere un
cervello artificiale.
Quel proiettile entrato ed uscito gli aveva causato un buon momento di
buio
completo, ma a quanto sembrava non aveva fatto danni veramente
gravi. Era penetrato in un punto della struttura di quel
computer in cui non c’era praticamente nulla.
Nulla, a parte…
«Nikolai…?»
«…paese.
Andiamo…al paese e…poi a casa mia».
Stava vaneggiando, oh no, aveva perso
la testa, e adesso?
«ma non-»
«dopo questo p-paese
c’è il mio e…p-poi casa mia!»
No. Forse non vaneggiava.
«devi andare in
ospedale!!!»
«no! s-si ripara da
solo».
«Warsman-»
«f-fai quello che ti
dico!»
Cercò la mano di Emerald
mentre lo diceva.
Emerald si chiese perché
non riuscisse a trovarla, prima di
stringergliela ed aiutarlo ad alzarsi quando lui praticamente glielo
ordinò.
Poi capì.
Warsman era cieco.
«porcello…»
«andiamo e b-basta. Ci
riesco. Giuro».
Nel frattempo, al di sotto del
rilievo, Zachary era riuscito
ad afferrare il fucile perso in precedenza e a colpire forte Kirika
alla testa,
riuscendo ad intontirla ben bene almeno per un po’. Seb era
ancora a terra da
quando Kirika aveva effettuato quel lancio.
Non
sapeva se prima,
quando aveva strappato di mano a Seb la pistola ed aveva sparato, aveva
veramente colpito Warsman. Avrebbe spiegato il grido di Emerald, ma non
era
scontato che lo avesse fatto per quello.
Corse verso la parete rocciosa,
incurante del fatto che il
colpo preso prima da Kirika lo avesse ferito tanto da farlo sanguinare,
ed
iniziò ad arrampicarsi pur essendo molto meno esperto di
Emerald.
«possibile che nessuno a
parte me sia sufficientemente
intelligente da capire quel che va fatto?...non lascerò che
lui la porti via a
Michael. Non se ne parla».
«Z-Zeke, attento,
è sdrucciolevole!!!» gridò Sebastian
ricordando
quel che aveva visto prima, in un avvertimento al quale Zachary rimase
sordo.
Aveva una missione da compiere.
Quella di sistemare
tutto.
Ah, e ovviamente la vendetta del
cappello era inclusa.
Pensò che se avesse
raggiunto i propri obiettivi forse
Lentiggine ce l’avrebbe avuta di meno con lui. Che lui e Mr.
Lancaster
sarebbero passati sopra anche a quel che aveva fatto a Kevin. Che forse
non
avrebbe dovuto andare via dal pianeta per forza. Forse…
Era arrivato ad oltre cinque metri
quando, come era accaduto
a Warsman, all’improvviso perse la presa.
E non c’era una Emerald che
potesse soccorrerlo.
Zachary Connors sperimentò
cosa significasse cadere nel
vuoto. Caderci davvero, con la prospettiva di farsi male, senza
superfici
morbide sotto, senza alberi o cespugli ad attutire la caduta, senz’acqua ad
accoglierlo.
Forse non avrebbe raggiunto alcun
obiettivo, dopotutto.
Forse avrebbe dovuto ascoltare
Sebastian.
Forse avrebbe dovuto ascoltare anche
Emerald e trovare un
altro modo di “sistemare tutto”.
“ho…sbagliato?”
Non era riferito a tutte le azioni
commesse, no. Banalmente
stava rimpiangendo di aver calcolato male i punti in cui mettere mani e
piedi,
di non aver sparato in testa al russo da lontano. Di non averlo ucciso
direttamente a Washington.
Di non aver detto ad Emerald che in
tutto questo lui però le
voleva bene davvero, a modo suo, e che non ce l’aveva con
lei, nemmeno ora che
stava cadendo.
Ultimo pensiero coerente prima
dell’impatto col terreno.
Quel che seguì fu
piuttosto confuso. Strilli di Seb, Kirika
che diceva qualcosa. Sentiva come la testa fluttuare, ed al contempo
avvertiva
le urla metaforiche del suo corpo dolorante.
O meglio, di metà
del
suo corpo.
«io…non
sento…più...le gambe»
mormorò, prima di perdere i
sensi.
Allora...che dire?
Rivertiti lettori e letterici, mi scuso per averci messo tanto ad
aggiornare e mi auguro di non avervi delusi troppo. Perdonate gli
errori di battitura, eventuali di ortografia e di sintassi.
...mia sorella mi
ucciderà, per come ho concluso il capitolo.
Se
sopravvivo...alla prossima!
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