Occhi di smeraldo III

di _Cthylla_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il risveglio ***
Capitolo 3: *** 'cause I'm a freak...or not? ***
Capitolo 4: *** You can't kill me, I'm immortal ***
Capitolo 5: *** In fuga ***
Capitolo 6: *** Un bicchiere di troppo! ***
Capitolo 7: *** Momenti difficili ***
Capitolo 8: *** ''abbandonare la nave...!'' (ergo, la villa). ***
Capitolo 9: *** Washington ***
Capitolo 10: *** The Show Must Go On ***
Capitolo 11: *** A chi la sofferenza, e a chi la...porchetta! ***
Capitolo 12: *** Donne da divanetti... O no? ***
Capitolo 13: *** The Unexpected Guest ***
Capitolo 14: *** Ad ogni principessa il suo castello ***
Capitolo 15: *** Tradimento! ***
Capitolo 16: *** Il ritorno dell'Asse RobWard ***
Capitolo 17: *** On fire ***
Capitolo 18: *** La lista ***
Capitolo 19: *** Una nuova battaglia? ***
Capitolo 20: *** Karma ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Si accorse a stento dell’aprirsi della porta scorrevole alle proprie spalle.

«sei qui da cinque giorni. È il caso che ti riposi».

«sto bene. Posso continuare».

Aveva la voce roca per il parlare e leggere ad alta voce quasi continuo, e due occhiaie da far paura. Al di là di quel che diceva per Michael Connors, anzi Michael Lancaster, stare sveglio per cinque giorni e sei notti non era stato esattamente semplice. Ma non avrebbe mai lasciato quel posto accanto al letto di sua moglie, così come non l’aveva lasciato Howard Lancaster fino a poco prima.

«Michael…non era esattamente una proposta».

«voi…»

«“tu”».

Breve sospiro nervoso del soldato che non si era ancora abituato all’idea. «non…dormi…da dieci giorni. Dal giorno del matrimonio. Io nei primi cinque ho dormito qualche ora, tu…»

«anche».

Mentiva, ovvio che mentiva.

Da quando sua figlia aveva avuto quel tragico incidente cadendo dalla gradinata e battendo duramente la tempia contro la base della ringhiera in marmo, Howard H.R.J. Lancaster non aveva chiuso occhio.

Avrebbe dovuto essere un giornata magica,  invece si era trasformata in una giornata tragica. E lui non sapeva ancora perché.

Era quello a farlo impazzire, non sapere il vero perché sua figlia era in coma da dieci giorni.

Vero, era stato un incidente. Vero, la colpa della rottura di un tacco non di poteva dare a nessuno, erano cose che capitavano, ma in quel caso aveva quasi comportato la morte di sua figlia.

Dove stava andando quando era caduta?! Dove? Perché era andata in quella direzione?!

A detta dei dottori della sua clinica era viva solo e soltanto grazie alla sua tempra di chojin, in caso contrario quella botta l’avrebbe fatta fuori sul colpo. E non si sapeva né quando si sarebbe risvegliata né in che condizioni sarebbe stata se, quando, l’avesse fatto. Aveva subito un trauma cranico spaventoso, avrebbe necessitato di un’operazione, ma prima di poter agire bisognava che l’ematoma che si era creato si riducesse ancora un po’ prima di poter essere aspirato, e quel dannato versamento ci stava mettendo più del previsto a riassorbirsi, troppo più del previsto e…e ogni ora che passava aumentava il rischio di un danno forse permanente, di non si sapeva quale entità.

E lui, che di solito era quello che “poteva”, stavolta non poteva.

Con tutte le risorse che aveva a disposizione, Howard Lancaster non poteva fare niente di più di quel che lui, i dottori  e Michael stavano già facendo.

Si era sentito impotente, e non gli era piaciuto. Per quel motivo, resosi conto di non poter fare di più, appena poco prima aveva deciso di chiedere aiuto a qualcuno dei suoi soci in affari…

«ci sono novità?» Howard annuì lentamente. Una scintilla di vita comparve in volto all’americano «di che si tratta?!»

«una mia…amica…sembra possa fornirci un ritrovato che dovrebbe aiutare Hammy a risvegliarsi. Una medicina estremamente all’avanguardia delle sue parti».

Michael adesso era tanto speranzoso quanto scettico. Un cinquanta e cinquanta. «vorrei che fosse vero ma io nelle cure miracolose non ci ho mai creduto».

«ogni minuto che passa mia figlia rischia un danno permanente. Per far ridurre quell’ematoma tenterei anche un rito sciamanico, se pensassi che possa funzionare. Con tutti i mezzi che possiedo, io non posso fare più di così…ma “così” non basta. E forse è già tardi. Michael» lo guardò «tu sei suo marito, e adesso per sottoporla a questa nuova terapia mi serve la tua autorizzazione».

Lui che doveva dare l’autorizzazione al suo capo!

Pareva che il mondo si fosse rovesciato.

«qualunque cosa purché Emerald si risvegli ma…di cosa si tratterebbe?»

Howard stesso sembrava combattuto. «da quel che ho capito è un…fluido vitale…che aiuta a rigenerare rapidamente i tessuti. Autorigenerativo. Mandandone in circolo ad Emerald metà della dose completa che ci sarà data, potremo mandargliene in circolo la stessa quantità mezz’ora dopo senza che questo si esaurisca mai…»

Michael pensò che quella potesse essere solo una bufala di qualcuno che voleva approfittarsi di quella situazione per guadagnare un mucchio di soldi. «io ci credo poco. Che vuole in cambio questa…amica?»

«niente. Anche perché sinceramente dubito di avere qualcosa che possa interessarle».

Sempre più assurdo.

«…sul serio?»

«ti sembra che adesso sia in vena di mettermi a scherzare?»

«no. Solo che mi sembra incredibile».

«la cosa è questa: l’ematoma si sta riducendo troppo lentamente. Ogni minuto che passa Hammy rischia di non tornare più quella di prima, o perfino…di finire in un coma più profondo di questo, se non facciamo in fretta. Noi possiamo decidere di non tentare questa terapia o provare. E se non dovesse funzionare perlomeno avremmo tentato. Non le sarà nocivo, Michael, se pensassi che potesse esserlo non avrei nemmeno preso in considerazione la cosa».

L’americano strinse la mano sinistra di Hammy. Lei era pallida come le lenzuola del letto in cui giaceva.

«facciamolo».

Forse era bene tentare…perché per quanto ne sapevano poteva essere già compromessa, e a quel punto tutto ciò che potevano fare era limitare i danni.

 

 

:: Tokyo ::

 

 

«…grazie. Si, io…si. Lo dirò anche a lui. Va bene. A risentirci» Kevin terminò la chiamata.

«quindi…?»

Il ragazzo scosse la testa.

Warsman chiuse gli occhi con un sospiro nervoso.

Dieci giorni di coma ed Emerald non si era ancora ripresa, maledizione…e quel sospiro era il massimo che gli era consentito dare a vedere, mentre il senso di colpa lo rodeva come un tarlo rode il legno.

Per il russo la colpa di quel che era successo era stata sua. Sua e basta. Lui aveva messo quella canzone, lui l’aveva attirata lì, e lei era caduta, e aveva battuto la testa e…

Aveva passato i quattro giorni successivi nel motel dell’altra volta, non solo perché non se l’era sentita di tornare a Tokyo ma anche perché temeva di portare di nuovo un esercito nel quartiere dove abitava Kevin ed il ragazzo vedesse…vedesse e capisse di chi era la colpa…

Aveva pensato che se proprio doveva essere preso, non voleva che Kevin subisse un altro shock. E se rimaneva a Londra, gli uomini di Lancaster avrebbero fatto meno strada.

Si era sentito così male che aveva pensato di presentarsi nella tenuta e dichiarare che la colpa era sua, per alleggerirsi la coscienza. Lo avrebbero ammazzato ma forse se lo meritava perché con le sue azioni aveva quasi perduto la persona che non avrebbe mai voluto perdere, e ancora non si sapeva se valesse o meno la pena di anteporre quel “quasi”…

Poi aveva cambiato idea. Non era andato. Forse era qualcosa che aveva voluto credere per pura e semplice comodità ma non pensava che Emerald avrebbe voluto che lui andasse a farsi uccidere.

E in quei quattro giorni nessuno era venuto.

In fondo se anche i due piccoli bastardi -Zachary Connors e Sebastian Lancaster- avessero parlato di lui, avrebbero potuto solo dire di averlo braccato per poi averlo visto andare via.

Idem per Janice Lancaster che pur essendo la moglie di quello che secondo lui era il vero mostro si era rivelata una donna con un grande cuore visto che gli aveva medicato le ferite per poi lasciarlo andare.

«lady Janice mi ha detto di dirlo anche a te».

Quando Flash gli aveva raccontato di com’erano andati i fatti -decidendo di astenersi dal dirgli che Hammy era caduta “per colpa sua”- Kevin lì per lì si era stupito del gesto di Janice. Ma lo stupore gli era passato presto, perché che quella donna fosse una persona buona come il pane -antipatia verso i tedeschi a parte- lui già lo sapeva. Solo che…wow. Lo era stata anche con “la bestia”.

«la prossima volta che la senti ringraziala da parte mia. Dieci giorni…»

Di pensieri il russo ne aveva avuti tanti, di più e di meno razionali, uno dei quali era stato “ma va’ a vedere che quella puttanella lo fa apposta a farmi stare così!”…ovviamente si era reso conto subito dopo dell’assurdità di tale pensiero.

Ma il fatto era che non poteva credere che Hammy stesse davvero in quel modo. Era fin troppo resistente, quella lì, glielo aveva dimostrato. Se fosse morta per un tacco rotto sarebbe stato assurdo…era sopravvissuta alla Scuola di Ercole, era sopravvissuta al proiettile sparatole per errore dal suo stesso padre, era sopravvissuta a lui stesso, e volevano fargli credere che sarebbe andata a finire in quel modo?! No!!!

«si riprenderà, Warsman. Deve riprendersi».

Anche perché lui, Kevin, non intendeva mica arrendersi anche se lei era sposata. Eh no. Lui voleva lottare ancora, il matrimonio non era più un incastro definitivo, esisteva sempre il divorzio, volendo. E se davvero l’americano aveva perfino rinunciato ai diritti sul suo patrimonio, non avrebbe avuto nemmeno problemi in tal senso.

«si…ma se, o quando, si riprenderà, come sarà? Un colpo come quello avrebbe potuto ucciderla».

Timori fondati, ma Kevin cercava di pensare positivo.

«maledizione, non metterti a fare il menagramo! Cristo! …e se anche avesse qualche problema…beh…fosse paralitica, suo padre troverebbe il verso di farla tornare a camminare, dovesse anche sostituirle gli arti con delle protesi biomeccaniche. Se si svegliasse cieca, troverebbe il modo di riparare o sostituire quel…quel che non funziona…e farla tornare a vedere. Se si svegliasse sorda idem. Troverebbe il modo di farla tornare com’era…o quanto più possibile gli va vicino. Non è quello che “I can”, lui?!»

Anche Kevin non aveva mica tutti i torti.

A quel punto non rimaneva che sperare.

 

 

:: Londra ::

 

 

«…infuso».

«Gabrijela…grazie».

«di niente».

Dopo la tragedia Lionel Charles Eirik John Lancaster e famiglia avevano deciso di rimanere lì a sostegno, trovando una accoglienza calda per quanto possibile. Il loro era un gesto che era stato apprezzato, naturalmente, ed era in particolar modo Janice a trarne beneficio.

Era andata a trovare Hammy diverse volte, ovviamente, ma in tutti quei giorni nonostante ci avesse provato non era riuscita a convincere il marito a tornare a casa; lui sarebbe rimasto lì finché Emerald non si fosse svegliata. Ovviamente la chiamava tre volte al giorno tutti i giorni, ma non era la stessa cosa che averlo vicino.

Le aveva detto di restare a sua volta in clinica, ma Janice non ce la faceva. Odiava gli ospedali, li aveva sempre odiati da quando a cinque anni l’avevano lasciata per errore tre ore sola con suo nonno, degente da mesi…”sorridi”, le dicevano in quel periodo, “che nonno vuole vederti allegra, Jannie”. Dopo quelle tre ore erano tornati trovando lui morto, e Janice a tremare…con un sorriso stentato sul volto, perché le avevano detto di sorridere e lei era una bambina obbediente…

«tu…voialtri probabilmente avete le vostre cose in sospeso a Belfast, e…»

«Janice, tranquilla. Non siamo persone che fanno vita mondana, viviamo di rendita, e al momento la nostra presenza serve qui» disse Lionel con quella sua voce molto profonda e altrettanto rassicurante «la tua…la nostra famiglia ha subito una disgrazia, e vogliamo dare a te e mio cugino tutto il sostegno possibile. Anche se lui non torna mai a casa».

«però apprezza. Lo giuro».

«lo so».

«però vostro figlio sta saltando le lezioni…»

«la famiglia è più importante di una lezione di danza. E comunque così facendo dà anche conforto al fratello dello sposo che è voluto rimanere qui».

Ovviamente anche Zachary era rimasto. I suoi genitori invece erano ripartiti due giorni dopo l’incidente.

Per la prima volta, quando i suoi genitori il primo giorno avevano detto che sarebbero ripartiti quello seguente, si era visto uno Zeke senza quel suo sorriso un po’sereno e un po’da Gioconda, ma con un’aria glaciale da far paura nel dire ai suoi che ”possibile che riteniate il lavoro più importante del fatto che Michael stia male? A questo punto mi chiedo che razza di persone siete”.

Aveva detto loro così e se n’era andato via dalla stanza. E dopo avere ottenuto da Janice il permesso, il giorno seguente aveva detto loro di spedire tutta la roba che aveva lasciato a Washington lì a Londra. A casa con i suoi, dopo quello, non ci voleva tornare. In seguito magari sarebbe andato ad abitare altrove, ma intanto l’importante era andare via da casa propria.

«vero, soprattutto visto che il ragazzo pare aver deciso di rompere i rapporti con i genitori. Ho cercato di dirgli di rifletterci su, ma era più che convinto. E non mi andava di lasciarlo in mezzo ad una strada» disse Janice.

«capisco» Gabrijela bevve un po’del proprio infuso. «vedrai, andrà tutto a posto».

«lo spero…lo spero tanto. Vorrei solo che Howie ogni tanto tornasse anche qui. Non è solo Hammy ad avere bisogno di lui, anche io ce l’ho! E mi sento anche egoista a dire questo poi, perché quella in coma non sono io!»

Gabrijela le accarezzò con dolcezza i capelli. «è comprensibile anche questo. Su, su…come ti ho detto, vedrai che andrà tutto bene».

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Capitolo 2
*** Il risveglio ***


2

Emerald riaprì gli occhi di nuovo.

Non riusciva a pensare in maniera coerente. Si rendeva conto soltanto di trovarsi “lì”, senza saper dare una definizione più approfondita a questo “lì”, e che davanti al proprio sguardo fisso c’era un qualcosa con due occhi un naso e una bocca che però le dava una buona sensazione. Più altra gente vestita di bianco che la accecò con qualcosa di luminoso che lei, comunque, riuscì a seguire con gli occhi.

La luce era bella, anche se meno accogliente di quella che aveva visto non-si-sa-quanto-tempo-prima, quando…quando…

Quando cosa?

Non aveva la cognizione del tempo, né di quel che le era successo…né di quel che stava succedendo adesso, veramente.

“riconnetti”.

Fu la prima parola che la sua mente riuscì a formare, e che la fece rabbrividire come se un impulso elettrico le avesse attraversato il corpo.

riconnetti”.

Luce…pila.

Camice bianco…persone. Dottori? Si?

dottori. Dottori, clinica”.

Dottori, clinica. Clinica…malattia? Incidente?

“focalizza. Identifica”.

Quel miscuglio di occhi naso e bocca visto prima.

Tratti…familiari.

Le voci le arrivavano come ronzii indistinti, ma solo perché non aveva ancora “connesso”.

identifica”.

Occhi neri, già visti e conosciuti…tutto…conosciuto. Ma certo.

“identificato: Mikey. Volta la testa di lato”.

Eh no, quello non pensava di riuscire a farlo anche se quella voce della sua testa glielo ordinava.

ce la fai. Volta la testa di lato, a destra”.

Con esasperante lentezza la ragazza riuscì a voltare la testa, ignorando il ronzio che ora iniziava a farsi meno indistinto. Coglieva parole come “risveglio”, “movimento”…”Hammy”…

L’uomo vestito di nero sulla soglia non necessitò nemmeno del processo di identificazione.

Solo…vestito di nero? Che era successo?!

Non riuscì a chiederlo ma riuscì a sorridergli e a muovere leggermente le dita della mano destra come in un accenno di saluto.

torna a dormire. Il grosso l’hai fatto, ti sveglierai nuovamente domani; andrà ancora meglio”.

E si riaddormentò.

 

 

«si è svegliata…si è mossa, e mi ha sorriso!» Howard iniziò a pensare che forse, forse, tutto sommato Dio poteva anche esistere da qualche parte. Forse «e credo che quel movimento delle dita fosse addirittura un saluto!»

«spero che abbia riconosciuto anche me…» mormorò l’americano.

«sei suo marito, non vedo perché non avrebbe dovuto riconoscere anche te. Dobbiamo continuare con quel liquido, una dose ogni mezz’ora».

Era quella la strada, l’avevano capito tutti ormai…

 

 

«quante ne hai?»

L’altro mostrò il barattolo di vetro. «com’è ben visibile, ho terminato con successo la caccia. Tu?»

Anche lui mostrò il barattolo. «pure io. Non pensavo di poter trovare le lucciole già adesso».

«può darsi che tu non abbia notato che il clima nella tenuta di mio zio è diversificato rispetto a quello del resto dell’ambiente. Della temperatura giusta, e con il corretto grado di umidità. Anche a Belfast c’è qualcosa del genere, che proviene dai laboratori Lancaster Tech».

Zachary Connors quella sera aveva lasciato che fosse Sebastian a scegliere cosa fare. Lì per lì quando lui se n’era uscito con l’andare a catturare le lucciole aveva accolto la proposta con scetticismo, ma si era ricreduto quando durante la caccia aveva avuto modo di far fuori tre serpenti.

«eh, a proposito, tua cugina mi aveva fatto una mezza proposta di lavoro…»

Sebastian sbuffò. «“Il lavoro è il rifugio di coloro che non hanno nulla di meglio da fare”. L’unico per cui tale concetto non è valido è mio zio».

Insomma, Sebastian L.V.C. Lancaster oltre ad essere un puro “esteta” era anche uno di quelli che “voglia di lavorare saltami addosso”, forse perché fin da piccolo si era abituato a vedere i genitori vivere della rendita che fruttava loro il possedere terre, case e palazzi non solo in Inghilterra ma in diversi altri Stati del mondo. Ciò che gli sfuggiva era che da più giovane suo padre Lionel si era dato da fare, per arrivare a quel punto!...se Emerald a volte poteva sembrare un po’ “distaccata” dalla realtà, non era nulla in confronto al distacco di suo cugino che aveva ferma volontà di vivere e vedere solo il bello della vita, chiudendo gli occhi, distruggendo o facendo sparire le cosiddette “brutture” delle quali spesso e volentieri si rifiutava perfino di parlare.

«inoltre a volte…sembra che il lavoro rovini i rapporti» concluse il ragazzo, alludendo a quanto era successo tra Zachary e i suoi.

Erano arrivati al lago, e si erano messi sulle sedie in vimini che erano sotto la piccola veranda di quella casetta di legno sulla riva.

«mi sembra assurdo che siano voluti ripartire subito. Insomma, mio fratello adesso sta passando un momentaccio e loro pensano all’attività! Ma che gli costava rimanere un po’di più, chiudere per più giorni? “c’è crisi, c’è crisi”, dicono, ma se volessero anche loro potrebbero tranquillamente vivere di una rendita che potrebbe fornirgli proprio mio fratello. Si, loro sono due che hanno lavorato tutta la vita…e che vogliono essere “indipendenti”…» mimò le virgolette «ma indipendenti di che? Quando si lavora si è sempre dipendenti. Se si è operai si dipende dal capo, se si lavora in proprio si dipende dai clienti che vengono -o no- a comprare la merce; considerato questo e a parità di dipendenza, allora, non conviene scegliere quella più redditizia e che ti permette di avere più tempo libero?»

Sebastian rispose con un leggero e breve applauso educato.

«non potrei essere più d’accordo. D’altra parte conosci bene la mia posizione sull’argomento. Sai una cosa? Quando Hammy si sarà svegliata e sarà andato tutto quanto a posto, avevo pensato di chiederti se per te sarebbe stata cosa gradita essere ospite nella mia tenuta a Belfast, e in seguito…si…tu sai che avevo pensato di studiare filosofia, ma non ne sono perfettamente sicuro. Ed è da quando mia cugina, a soli sedici anni, ha lasciato l’Inghilterra per andare prima in Sicilia e poi a Tokyo che mi sono detto più volte: “Sebastian, forse sarebbe bene che anche tu vedessi un po’di mondo”. Forse sarebbe più divertente vedere il mondo viaggiando in compagnia» disse il ragazzo «e chissà, magari lungo il percorso riusciremo anche a trovare una ragazza che riesca nell’impresa di destare il tuo interesse».

«ma non facevi prima a dirmi “ehi, di va di farci un gap year?”…non è una cattiva idea. Ma solo quando tutto questo sarà finito. Tra l’altro da quel che ha detto mio fratello sembra che da due giorni stiano tentando di curarla con una medicina proveniente da chissà dove».

«davvero? Con quali risultati?»

«a detta sua “assurdi”. Credo che Lentiggine intendesse “strabilianti”» puntualizzò l’albino, vedendo Sebastian guardarlo un po’perplesso « sempre stando a quanto mi ha raccontato, quella roba una volta entrata in circolo non ha solo rimesso a posto i tessuti che si erano rovinati e fatto letteralmente scomparire l’ematoma, ma sembra che applicazioni continue come quelle che le stanno facendo fortifichino e “rimettano a nuovo” anche i tessuti che erano già a posto di loro».

«sono sconcertato. Non ho mai sentito dire nulla di simile prima d’ora».

«infatti Mr. Lancaster pur non avendo ottenuto il permesso di commercializzare quel fluido lo sta studiando…senza riuscire a venire a capo di niente».

«…mi meravigli sempre di più ad ogni affermazione. Mio zio che non riesce a “venire a capo” di qualcosa?» gli occhi smeraldini del ragazzo erano pieni di stupore, perché da quel che sapeva una cosa del genere non stava né in cielo né in terra.

«eh già…»

La musichetta di Pac-Man a massimo volume fece sobbalzare Sebastian che finì quasi per cadere dalla sedia. Il suo nuovo amico gli piaceva molto, ma ogni volta che gli arrivava all’orecchio quel “bli-bli-bli-bli-bli BLI!” si sentiva torcere le budella, lui che andava a pop melodico, musica da camera, classica e lirica…anche se riusciva a sopportare altri generi quando usciva con gli amici di Belfast, per amor di compagnia e di “rimorchiamenti”. Per una bella ragazza sarebbe stato disposto a sorbirsi perfino quegli orribili gruppi che suo padre e suo zio ascoltavano in macchina, quei… Kiss, Demon, Iron Maiden, Def Leppard…i Black Sabbath!

A pensarci si sentiva quasi male.

«si, che…si è svegliata! Ma bene! Era ora…» il solito sorriso sornione dell’albino si allargò un po’ «sono contento…»

«oh, finalmente…» sospirò sollevato Sebastian. Zeke mise il vivavoce.

“svegliata” per modo di dire. Ha aperto gli occhi per un po’, poi li ha richiusi, poi li ha riaperti e…insomma, ha fatto così. Però quel che conta è che abbia iniziato a risvegliarsi. In fin dei conti fisicamente, adesso, non ha più niente che non vada. Deve solo riprendersi…dai, Hammy…

«mi sa che ci vorrà un po’perché torni attiva, un periodo di coma di dodici giorni è lungo».

infatti, ma vogliamo essere ottimisti. Lo sapevo che non sarebbe bastata una caduta, mia  moglie ha la pelle dura!

«forse i suoi amici andrebbero informati. Chiamano ogni giorno» disse Sebastian.

con Howard si è detto di farlo solo quando il suo risveglio diventerà effettivo. Nel senso quando tornerà ad avere un po’più di coscienza di sé, cercherà di muoversi e parlare, cose così.

«giusto».

 

 

:: il giorno dopo ::

 

 

«ecco, si è svegliata ancora…»

Le voci adesso erano distinte, ringraziando il cielo.

Lei si sentiva ancora piuttosto debole, però era in uno stato migliore rispetto al giorno prima. Merito del suo essere una chojin, e merito di quella medicina, soprattutto.

“papà…”

«potrebbe riuscire a dire qualcosa?»

«non credo. Sarebbe bello, ma…»

“ehi…ma io sto parlando. Siete sordi?”

Perché non la sentivano? Eppure lei stava parlando eccome, che c’era che non andava?

…forse il fatto che lei credeva di parlare, quando in realtà non muoveva nemmeno le labbra…

«nnh».

Ecco, quello era il massimo che riusciva ad ottenere.

«ha detto qualcosa!»

«non sforzarti, Hammy…»

“io non ho detto ‘qualcosa’…vi ho chiesto chiaro e tondo cosa mi è successo, e perché Michael è qui!” pensò lei, e pensò anche che  se si trattava di uno scherzo non era affatto divertente.

Anche perché lei non aveva tempo da perdere, doveva partire per Tokyo, il giorno dopo.

Aveva diciassette anni ma ne avrebbe compiuti diciotto a breve, quindi aveva tutto il diritto di andare dove le pareva, e quel che “le pareva” era di andare a fare la dj nella capitale nipponica…si, sapeva che suo padre magari avrebbe preferito se avesse continuato a studiare, o fosse diventata una chojin come lui. Ma lei non aveva intenzione di fare niente di tutto ciò: voleva vedere il mondo e diventare famosa come David Guetta, a cui aveva stretto la mano la sera prima.

“certo che Michael è sempre un grandissimo gnocco” pensò anche.

Peccato che le avesse detto di no, un paio di anni prima. Aveva capito i suoi motivi e la cosa era finita lì, ma non significava che lui avesse smesso di piacerle, e forse quello lo aveva capito anche lui…d’altra parte non era difficile notare che le sue guance diventavano rosa pesca ogni volta che lui faceva il gallo.

Fu a quel punto che notò una cosa alla mano sinistra di lui.

Una cosa che aveva tutta l’aria di…una fede nuziale?! Connors si era sposato?! E con chi? Quando era successo?!!

“e quell’anello da dove viene?” cercò di dire. Ma le vennero fuori solo degli altri “nnh”, con la differenza che stavolta se ne rese conto.

«nnh!!!»

“non…non riesco a parlare?! Perché?!!”

La sorpresa ed il panico erano così evidenti sul suo viso mentre si portava una mano alla gola che sia Howard che Michael capirono alla perfezione che lei avrebbe voluto parlare …ma non le riusciva.

«Hammy…Hammy. Buona. Hai avuto un incidente, sei stata in coma dodici giorni, che tu non sia ancora a posto è normale» cerò di tranquillizzarla Howard «tranquilla, va bene?»

“incidente…come e quando?!” pensò lei, tornando ad appoggiare la schiena ai cuscini. Guardandosi attorno vide un tablet. Lo indicò.

«ah, vuoi…si, subito» Howard glielo porse «però non stancarti troppo».

Era un po’preoccupato del fatto che non riuscisse a parlare visto che dagli esami adesso come adesso risultava tutto a posto, ma per l’appunto si era appena svegliata un po’ di più. Era una questione di tempo, si disse, nel vederla scrivere qualcosa che mostrò loro poco dopo minuti.

 

“l’incidente spiega il completo nero ma…che incidente è? Quando è stato? Pensi che a breve potrò partire per Tokyo come previsto?...e poi da quando in qua Mikey è sposato?!

 

Il sollievo che era comparso in volto ai due uomini si sciolse come neve al sole.

Si guardarono, la guardarono.

C’era decisamente qualcosa che non andava. Sembrava averli riconosciuti, ma…”partire per Tokyo come previsto”? e soprattutto quella domanda “da quando in qua Mikey è sposato”!

Michael, con l’aria di uno che ha preso un ceffone immenso, fece per dire qualcosa. Howard lo batté sul tempo.

«Hammy…in che anno siamo?»

Lei lo guardò perplessa, per poi scrivere che non sapeva che giorno fosse di preciso, ma…e poi digitò una data che corrispondeva a qualcosa come due anni e mezzo prima.

L’americano era impallidito. Emerald aveva dimenticato due anni e mezzo della propria vita…due anni e mezzo in cui erano successe un mucchio di cose, incluso il loro mettersi insieme, il viaggio a Washington, il matrimonio, la loro storia in generale!

«amnesia retroattiva» disse pianissimo Howard «l’avevano detto che avrebbe potuto succedere. E credo che con quell’ultima terapia abbiamo già limitato molto i danni».

 

“???...che vuol dire ‘amnesia retroattiva’?! …non siamo nel 2011? …

 

Howard pose delicatamente le mani sulle spalle della figlia, mentre Michael si era preso la testa tra le mani.

«Hammy, oggi è il dodici giugno 2014. Tredici giorni fa hai avuto un incidente, cadendo dalle scale e battendo la testa…»

 

stai scherzando vero?!! io non posso avere compiuto vent’anni ieri !!!”

 

Però la faccia di suo padre era mortalmente seria.

Quindi non scherzava per niente.

Era il dodici giugno 2014. Lei aveva vent’anni…

Era vecchia!!!

In quel momento notò un “impiccio” strano all’anulare della propria mano sinistra.

Quando gli occhi caddero sull’impiccio in questione impallidì e sollevò la mano davanti al proprio viso.

Una fede nuziale!

Ma come?!! In che mondo parallelo si trovava?! Lei, sposarsi a vent’anni?!!

Si tolse precipitosamente la fede dal dito, senza più considerare minimamente le persone che le stavano attorno. Osservò l’interno dell’anello.

 

“31/05/14 , E. J.V.P. L. - M. C.”

 

La prima era lei senza dubbio, ma M. C. …?

Ebbe un’illuminazione improvvisa che la fece diventare rosa pesca. Ma non le sembrava possibile. Dai…sarebbe stato troppo assurdamente bello per essere vero, se…

Guardò la vera, e poi guardò Michael, non osando nemmeno scrivere sul tablet la domanda.

Lui però annuì, e toltosi la propria fede -molto simile a quella di Emerald, ovviamente- gliela porse con un sorriso un po’malinconico. Era triste vedere la propria moglie non ricordarsi di averlo sposato.

 

“31/05/14 , M. C. - E. J.V.P. L.”

 

Rimase a bocca aperta, mentre il rosa pesca diventava più intenso pensando che se si erano sposati lei e Mikey avevano anche…beh…

Guardò suo padre. Indicò sé stessa e l’americano.

«eh si. Vi siete sposati, e l’incidente purtroppo è avvenuto praticamente subito dopo pronunciati i giuramenti. A un certo punto ti sei allontanata senza che nessuno capisse perché, e mentre scendevi le scale si è rotto un tacco e…eccoci qui».

«recupererà la memoria?»

Howard guardò suo genero. «ho discusso a lungo con i dottori riguardo ogni possibile tipo di conseguenza. Amnesie retroattive come questa solitamente si risolvono col tempo, i ricordi tornano. Pian piano…ma tornano. E la sua memoria eidetica dovrebbe aiutarla. Ciò di cui ha bisogno ora è di restare tranquilla, avere accanto persone che le vogliono bene e, quando si sarà ripresa meglio, stare in luoghi conosciuti».

“decisamente!” pensò la ragazza, che però era intenta a guardare Michael, verso cui tese pian piano le braccia.

«vuoi…? Va bene» disse lui, abbracciandola con quanta più delicatezza possibile. E ad Emerald, pur non avendo alcun ricordo degli ultimi tempi, piacque che la propria pelle le trasmettesse sensazioni “familiari” che potevano essere un’ulteriore conferma…o solo gioia e soddisfazione per qualcosa che aveva desiderato molto a lungo.

«andrà tutto bene, miz. Ricorderai tutto, e tornerai anche a parlare. Tanto io non vado da nessuna parte».

«e comunque per tua informazione, Hammy, adesso lui è Michael Lancaster…»

“ah si?...chissà se è svenuto, quando ha preso il cognome” pensò la ragazza, staccandosi solo diverso tempo dopo dall’abbraccio del marito.

“marito”! ancora non le sembrava vero!

Beh, anche se aveva avuto un incidente da restarci quasi secca, non parlava, e non ricordava due anni e mezzo della propria vita dei quali avrebbe dovuto farsi raccontare tutto il possibile, non era poi così male quel 2014.

 

“in luoghi conosciuti…quindi tornerò anche a Tokyo? Già, ma Michael quindi era a Tokyo? Dove ci siamo messi insieme?” scrisse sul tablet.

 

«eravamo a Tokyo, si…nell’appartamento che condividevi con il resto del gruppo di donne chojin a Shibuya».

Aaaaaaspè.

Che voleva dire “gruppo di donne chojin”?!

«hai frequentato la Scuola di Ercole, ed hai anche portato a casa il premio per la miglior tecnica» la informò pacato Howard «man mano ti spiegheremo tutto, tranquilla».

Tutto, diceva…più o meno!

Perché c’era qualcosa che né lei, né Michael e forse nemmeno nessun altro avrebbe mai potuto spiegarle bene. Lei stessa che lo aveva vissuto non era mai riuscita -o forse semplicemente non aveva mai voluto- comprenderlo appieno…figurarsi se poteva farselo spiegare da qualcuno di esterno, come Meat per esempio, che era l’unico a sapere qualcosina.

E lei al momento di Meat non si ricordava neppure…

Così come non si ricordava minimamente di Lord Flash. O Warsman. O Nikolai, come l’aveva chiamato raramente.

Vecchio porcello, pantegana psicotica, sorcio, ratto delle steppe, Capitan Pantaloni Aderenti…non ricordava niente di lui, di loro due. Non ricordava nulla del loro ammazzarsi, del loro supportarsi, del loro sopportarsi, ed in tutto ciò litigare ferocemente mentre imparavano a conoscersi e forse anche apprezzarsi.

Non ricordava di quella loro serata a sfascio, del loro viaggio attorno al mondo, di Rio. Non ricordava di averlo visto in viso ed averlo accettato. Non ricordava nulla delle loro serate di tango. Tutto era stato cancellato dalla testa di Hammy come un colpo di spugna bagnata cancella il gesso da una lavagna.

La dimostrazione che nemmeno il più sottile e crudele umorista è in grado di essere ironico quanto la vita stessa, eccola lì: Warsman nel tentativo di non perderla aveva involontariamente causato l’incidente che le aveva fatto dimenticare tutto del loro rapporto.

E di quello tra lei e Kevin, che comunque era finito-finito, a detta di Hammy stessa.

«dirò a Janice che quando qualcuno dei tuoi amici richiamerà per sapere come stai dovrà informarli della tua condizione. Credo che verranno qui in blocco».

Howard era anche tentato di sperare che a loro si unisse anche Kevin Mask, non per chissà quale motivo strano ma perché anche lui aveva parte delle memorie di Emerald nei due anni e mezzo a Tokyo; e riteneva importante che sua figlia potesse avere un quadro più chiaro possibile del “buco” che aveva nei ricordi.

 

“ma in questo gruppo di amici quindi ce ne sono anche di femmine?”

 

«ma certo. In particolare quella del pianeta dei demoni, Kirika…lo so, il suo nome non ti dice nulla, ma prima o poi ti ricorderai anche di lei» disse Michael «nel frattempo posso farti conoscere nuovamente mio fratello».

 

“ho conosciuto tuo fratello?...hai un fratello? O.o”

 

«pensare che tu sia riuscita a dimenticare anche uno come Zachary…mh. Vabbè» borbottò l’americano «si, ho un fratello più piccolo. Compie ventidue anni a settembre».

 

“ooook…sentite, ma di tutto questo periodo qui ci sono delle foto vero?”

 

«il tuo blog di Tumblr è pieno!» disse Howard con un sorriso «migliaia di fotografie e migliaia di video».

 

ok buono a sapersi :) però mi sa che è meglio se vedo tutto un’altra volta. Sono un po’stanca adesso.”

 

«va bene, tranquilla, hai tutto il tempo che vuoi».

 

eeeeeeeeeeeeh…pa’…adesso però puoi rimettere il completo bianco per piacere? Vederti in nero non mi piace, perché solitamente è un segnaccio”.

 

«non potevi pretendere che continuassi a vestire di bianco con te in coma!» protestò lui «…e comunque finché non tornerai almeno a parlare porterò completo e fazzoletto grigi».

 

anche bianchi…cioè…mica c’è più rischio che muoia no?”

 

«no. Non credo, ti sei risvegliata, quel rischio direi che l’abbiamo scampato» disse Michael.

 

…marito :)”

 

«già, non è che finirai a pentirti?...ok, ok! …che razza di manesca» borbottò l’americano dopo che lei gli ebbe dato uno scappellotto sulla testa.

 

“io non mi ricordo niente però se ti ho sposato dovevo essere convinta proprio, sennò ‘sti ca”

 

«linguaggio, prego…anche quando scrivi!» la “rimproverò” Howard.

 

 

:: Tokyo, qualche ora dopo ::

 

 

«può…può ripetere? Ho capito bene?»

Era stata Fiona a rispondere al telefono, e dunque quella che era stata informata della condizione di Emerald.

Lei, le ragazze e anche i ragazzi al momento erano tutti quanti lì a Shibuya. Da quando si erano conosciuti era qualcosa che succedeva spesso e volentieri, ritrovarsi tutti insieme ed in seguito uscire, sempre tutti insieme. Così come spesso si trovavano anche ad allenarsi nello stesso posto.

«c’è qualche problema?» domandò piano Jeager con aria cupa ed allarmata. La rumena fece cenno a lui, e agli altri che avevano iniziato a rumoreggiare, di tacere.

si…quello che ha Emerald si chiama “amnesia retroattiva”. Ha dimenticato tutto quel che è successo dalla sua ultima sera a Londra prima che partisse per Tokyo, quasi due anni e mezzo fa. Tutto quel che è successo, tutte le persone che ha conosciuto in quel periodo…incluse te, le altre ragazze, i vostri amici della Muscle League…Kevin Mask…tutti. I medici dicono che dovrebbe essere una cosa temporanea, e che man mano dovrebbe recuperare la memoria, oltre all’abilità di parlare.

«è anche…afasica?»

Per chi sapeva cosa voleva dire la parola, specialmente preceduta da quell’ “anche”, impallidire un po’fu abbastanza normale.

non proprio. Capisce quel che le viene detto e scrivendo comunica tranquillamente quello che LEI vuole dire, ma ha una sorta di “blocco” psicologico che le impedisce di parlare. Secondo i dottori potrebbe anche essere correlato con la sua amnesia, nel senso, recuperati i ricordi…

«recupererebbe anche la facoltà di parlare».

esatto. Ma personalmente spero mia figlia torni a farlo prima.

«beh, certo…Mr. Lancaster, pensa che potremmo venire a trovarla?»

quando si sarà ripresa ancora un po’, sicuramente. La vostra presenza può farle solo del bene.

«d’accordo. Ehm…pensa che anche Kevin Mask dovrebbe essere avvisato?» osò dire Fiona «è parte integrante dei ricordi che mancano ad Emerald…»

non ce n’è bisogno. Conoscendo mia moglie, probabilmente Kevin Mask lo sa già. A risentirci.

A chiamata terminata Fiona si voltò verso gli altri.

«allora…a quanto mi ha detto Mr. Lancaster le condizioni fisiche di Emerald sono buone, ed è fuori pericolo. E questa è la notizia buona».

«ma se hai detto che non parla!» esclamò Dik Dik.

«…appunto…la cattiva è che nonostante questo non solo non riesce a parlare e per farsi capire scrive, ma ha anche dimenticato tutto quel che è successo dal suo arrivo qui a Tokyo due anni e mezzo fa in poi. Inclusi tutti noi!»

«no, ma non è possibile!» sbottò Terry, allibito come tutti «non è possibile, dai!»

«eppure è così».

«cioè…Emerald si è davvero dimenticata tutto? Di aver conosciuto noi…del Torneo, di quel che è successo nelle finali…del patto…di Kevin Mask?» Roxanne scosse la testa con uno sguardo che era tra l’incredulo e l’arrabbiato, non con Emerald ovviamente ma con la vita in sé! «è assurdo!»

«quindi ha dimenticato anche tutto quel che è successo su alla Scuola di Ercole?...tutto quel che abbiamo combinato a Robbie il rompicoglioni? Di me?!» Kirika si indicò «ma no cazzo, dai…»

«e delle nostre gare mangerecce?!!» aggiunse Kid Muscle «aaaaaaspeeeeetta, ma allora si è dimenticata anche del matrimonio?!!»

«tutto da due anni e mezzo fa in poi, quindi presumo di si!»

In tutto quel bailamme solo Meat era rimasto in silenzio a rimuginare sul fatto che non si era dimenticata solo quel che avevano detto gli altri, ma anche del suo braccio potenziato e…di Warsman, l’arcinemico/alleato/partner di ballo e non solo e bla bla bla. Pensando anche che probabilmente in tutto ciò era l’unica cosa buona, l’aver dimenticato quel rapporto strano e un po’malato. Ovviamente gli dispiaceva per Kevin Mask, quando l’avrebbe saputo non sarebbe stato piacevole per lui…però Meat sarebbe stato più contento se tutto ciò avesse dato davvero un taglio alla faccenda tra lei e quel russo.

Anche perché quell’incidente che c’era stato non gli era mica tanto chiaro. Ok, il tacco si era rotto e pace. Ma la musica che era partita prima, all’improvviso, e che sembrava aver fatto scattare Hammy in quel modo, non era forse un tango?

E lei e Warsman non erano forse anche partner di tango?

Non ne aveva le prove, però aveva quasi la certezza che il colpevole di tutto ciò fosse proprio lui. Oltre alla sfiga, ovviamente.

 

 

«si è dimenticata tutto…tutto. O almeno, tutto di noi» Kevin guardò miss Mari per poi sprofondare sulla poltrona con la testa tra le mani «non ricorda neppure di avermi conosciuto, si rende conto?»

Emerald gli aveva detto più volte che era finita, ma lui aveva continuato a sperare, ed ecco che aveva ricevuto l’ennesima mazzata. Come poteva sperare di combinare qualcosa se lei non ricordava niente?!

Si, forse proprio sfruttando questa cosa avrebbe potuto provare ricominciando da zero, ma lei adesso era sposata e molto sensibile alle influenze più “profonde”, per così dire, e dunque particolarmente a quelle di padre e marito. Marito!!! Miss “prima dei trenta non mi sposo”!

«dev’essere dura, sia per te che per la ragazza stessa…che per tutti, ovviamente…»

«e sono anche un po’in pensiero per Warsman che da quando glielo ho detto prima per telefono non si è fatto vivo. Dopo vado a vedere che combina…» disse l’inglese «credo che questa faccenda l’abbia colpito più di quanto vorrebbe dare a vedere. È che avevano un rapporto strano, quei due…non sono mai riuscito ad inquadrarli davvero, erano un po’di tutto».

«ed ora sono “molto” di niente. Ma che tu sappia è permanente?»

«teoricamente no ma con cose come questa non si sa mai. Potrebbe ricordare e…e riprendere a parlare…anche dopodomani, o tra due mesi, o forse…tra qualche anno, o…non si sa, non si sa…» la guardò «quando si sarà ripresa un pochino dovrò andare da lei anche io, vero?»

«direi di si, sei stato importante per lei».

Kevin divenne pensieroso. «si. Credo».

«e se avevano un rapporto stretto, di qualunque cosa si trattasse, forse anche Warsman…»

«sicuro, e lei crede davvero che Howard Lancaster lascerebbe che le si avvicini, dato che lo vede come una bestia? Io non penso proprio. E poi con tutto il rispetto per lui ma non penso che trovarsi davanti qualcuno con cui ha un rapporto così ambiguo, fatto però più di odio che di altro, sia bene per Emerald. Ha bisogno di tranquillità, non di litigare!»

Dal suo punto di vista forse poteva anche non avere tutti i torti, ma lui sapeva soltanto una microscopica parte di tutta la storia.

E Warsman, che al momento era in casa “propria” e si sforzava di trattenersi dallo spaccare tutto a suon di pugni, non sarebbe stato molto d’accordo con quella sua teoria.

Quando Kevin gli aveva detto le ultime novità la prima cosa che aveva pensato era stata “al peggio non c’è mai limite”.

La seconda, “la vita è una grande stronza, come se non lo sapessi già, grazie mille!”

La terza, “è colpa mia. E adesso?!”

La quarta, “è una completa e totale ingiustizia!

Di tutto quello che poteva dimenticare, di tutto, aveva dimenticato proprio quel periodo lì. Aveva dimenticato tutto di loro due…e la colpa era sua! Lui, per non perderla, l’aveva persa del tutto!

Non era giusto…proprio quando aveva trovato una persona, una, a cui andava bene così com’era…ecco che tutto e tutti si erano messi in mezzo per portargliela via. Se stesso incluso!

Proprio adesso che stava tornando a vivere.

Doveva andare a Londra, doveva provare a parlarle…ma come avrebbe potuto riuscirci? Avvicinarla adesso sarebbe stato veramente difficile, non come le altre volte. E se avesse provato ad agire come al solito, con lei, nulla l’avrebbe trattenuta dall’ammazzarlo o farlo ammazzare. Ovvio: non ricordava!

E anche se fosse riuscito a dirle di loro due, lei gli avrebbe creduto? Gli avrebbe creduto se le avesse raccontato cos’era successo tra lei, una ninfa allora neanche ventenne, e lui, un…vecchio porcello col volto deforme?

O lo avrebbe mandato via o, peggio, gli avrebbe riso in faccia e poi l’avrebbe mandato via. Come avrebbe potuto credere a qualcosa cui ancora lui stesso riusciva a credere solo a stento?

“ed è colpa tua, eh si, è proprio colpa tua Sorcio, sei tu la causa della mia amnesia. In un certo senso ti devo un favore perché così mi hai reso le cose più facili; non ricordo più né di Kevin né di te, c’è solo mio marito adesso. Niente più tentennamenti, nemmeno per sbaglio. Grazie, grazie, grazie”.

Assurdo che il suo senso di colpa gli parlasse con la voce di Emerald. Scosse bruscamente la testa per scacciarlo.

A quel punto gli venne pensata una cosa, però.

“e se stesse solo fingendo?...un’amnesia di questo tipo potrebbe toglierla  per  davvero da qualche impiccio!”

Poteva essere una stupidaggine, ma forse anche no.

Forse era un’idea che era venuta a lei stessa, o forse a suo padre, d’accordo con l’americano bastardo, e che lei aveva accettato di seguire. Ce li vedeva ad escogitare un complotto simile tenendo all’oscuro il resto dei familiari…

Ma no, che senso avrebbe avuto?! Se mai avesse avuto ragione no, non aveva senso un complotto, quella poteva essere un’idea avuta solo da lei.

Doveva trovare il modo di sincerarsi su come stavano davvero le cose…

 

 

Il fatto che le strane uscite di Robin Mask avessero avuto un drastico “stop” era qualcosa di confortante per Alya, che perlomeno non si era vista più tornare a casa il compagno con piercing in posizioni strane o cose del genere. Anche chiamate e messaggi erano diventati alquanto sporadici, per non dire nulli, almeno quelli di cui lei si accorgeva. Ed il giorno dopo il matrimonio con tragedia annessa le aveva anche comunicato che il suo viaggio di una settimana verso una destinazione non ben definita era saltato. Insomma sembrava che stesse tornando tutto a posto, su quel fronte…

Peccato solo che l’umore di Robin fosse colato a picco, dopo quello, tanto che la donna a volte arrivava quasi a non sopportarlo proprio.

L’altra mattina se l’era presa con lei perché a suo dire si era presa tutta la coperta del letto -cosa assolutamente non vera poi!- e gliene aveva dette di tutti i colori, arrivando perfino ad accusarla di egoismo perché “vuoi coprirti solo tu?! E io cosa sono, un pezzente, che non posso nemmeno coprirmi? Nel mio letto, per giunta?!”

E due giorni prima, invece, quando lei gli aveva gentilmente fatto notare che la sua maschera era poco lucida in un punto? apriti cielo! Si era sentita dare -e qui c’era rimasta di sasso anche solo per il linguaggio che mai gli aveva sentito usare prima- della “pignola segosa”, e si era anche sentita dire che doveva “pensare alle macchie sue perché ce n’era qualcuna che non poteva essere lavata, come quella di essere una strega dello spazio per esempio”.

Ecco, quello l’aveva ferita e nemmeno poco, anche se tutto quello che aveva fatto era stato lanciargli un’occhiata gelida per poi andarsene via prima di finire a piangere.

Credeva di aver superato quella fase ormai, e lui se n’era uscito con una cosa come quella! Vero che dopo circa tre ore -fin troppo- era venuto a scusarsi dicendole che non era quel che pensava davvero e che comunque lei non c’entrava col suo malumore, riconoscendo anche di essere stato mortalmente ingiusto a prendersela con lei in quel modo.

Ma non aveva voluto dirle di più riguardo a quel che lo rendeva così nervoso, o meglio, di quelle sue uscite mancate perché era di quello che si trattava. Solo che Alya iniziava veramente a rompersi le scatole di quella faccenda, perché il fatto che fosse di malumore non gli dava certo il diritto di prendersela con lei.

«Robin dobbiamo parlare».

«non sono in vena».

«ultimamente non sei mai in vena, ma io di tutto questo comincio ad averne abbastanza».

«se è per quel che ti ho detto due giorni fa, mi sono scusato mi pare!»

«non capisco il perché di questo tuo atteggiamento, e…a questo punto ammetto che la cosa mi preoccupa» disse. Arrivati a quel livello forse l’unica era essere chiari.

«non è colpa tua, lo sai. È solo che…è complicato. Te l’avevo già detto».

«c’entra qualcosa quanto è accaduto al matrimonio della figlia di Howard Lancaster?» sapendo che Robin detestava per ovvie ragioni quella ragazza le era un po’difficile da credere, ma era un fatto che comunque poteva risultare scioccante.

«si» ammise lui «in un certo senso si, anche perché nessuno ha ancora capito cos’è successo davvero, a parte quella donna che ha ipotizzato che la ragazza stesse scendendo per andare da un uomo alto sui due metri, cosa che mi sembra assurda. Anche perché nessun altro ha visto niente. Eppure sembrava così sicura…»

«già, di Emerald Lancaster si sa nulla?»

Ovviamente dato che Hammy era in una delle cliniche del padre né lei né MacNeil erano venuti a sapere niente da nessuno. Nonostante il suo mentore -anch’egli presente al matrimonio- avesse chiesto qualcosa in giro. Era il suo medico di base, la conosceva da quando era molto piccola, così come aveva conosciuto da piccolo Howard ed anche Hogan, che all’epoca era un ragazzo…quindi magari un po’di curiosità di sapere come stesse era normale.

«ho…sentito dire in giro che pare essersi risvegliata. Non conosco i dettagli» picchettò per un brevissimo istante indice e medio sul bracciolo della poltrona.

Lo faceva sempre quando mentiva. Alya lo sapeva, ed era segno che Robin in qualche modo, forse, i dettagli li conosceva eccome.

«è un bene che sia fuori pericolo. Se una ragazza così giovane fosse morta sarebbe stato un peccato».

«per bastarda che sia…»

Ed era difficile andare a dargli torto…

 

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Capitolo 3
*** 'cause I'm a freak...or not? ***


ciao! Quindi voi siete delle chojin, giusto?

 

Domanda che mise le cinque ragazze ancor più a disagio di quanto già fossero. Un conto era sentir parlare dell’amnesia -con correlato mutismo- della loro amica, un altro averci a che fare personalmente.

Era passato qualche giorno dal suo risveglio, ed in quella giornata stessa Emerald era tornata a casa; i ragazzi della Muscle League l’avrebbero raggiunta nel pomeriggio, e c’erano buone possibilità che a loro si sarebbe unito anche Kevin Mask.

Facevano prima ad arrivare lì tutti insieme, anche se magari Kevin le avrebbe parlato da solo...per quanto davvero “soli” avrebbero potuto essere in una stanza che sarebbe stata controllata il più possibile.

Al momento la sicurezza e la tranquillità di Hammy erano la cosa più importante, e dopo quanto era successo al matrimonio -frutto di un’interferenza “esterna”- si poteva stare certi che Mr. Lancaster avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per garantirgliele.

Da quando Howard aveva avuto modo di scambiare due parole con Zeke e Sebastian in clinica qualche tempo prima, poi, ed aveva saputo...quel che aveva saputo...il tutto era diventato ancora più fondamentale.

«ehm…si» disse piano Fiona.

 

“tu sei Fiona no? The Diva from the Hell! Credo di aver visto qualche tuo incontro…”

 

A Roxanne veniva quasi da piangere perché Hammy aveva detto più o meno la stessa cosa quando aveva visto per la prima volta la chojin dalla lunga treccia rosa. E anche quest’ultima doveva essersi ricordata di quel particolare, visto che il suo sorriso già incerto divenne ancora più stentato.

«si…sono io. Loro invece sono Jacqueline MacMadd…Anubi Crea…Roxanne…» gliele indicò una per una «e…»

«ah ma andiamo! Lancaster!» Kirika si avvicinò al letto e la prese per le spalle «possibile che non ti ricordi di noi?! Di quella volta che io e te abbiamo chiuso Robbie il rompicoglioni in magazzino, di quanto l’abbiamo preso per il culo per quella faccenda della bambola, di quando gli hai detto di ristudiarsi le regole perché le sai meglio tu di lui?! Dai, fai uno sforzo…cazzo!» sbottò.

In tutto ciò Hammy si limitò a guardarla perplessa.

 

“…Robbie chi sarebbe? Robin Mask? In questi giorni mi hanno detto qualcosina, ma non tantissimo a dire il vero…”

 

La demonessa emise un lamento per poi prendersi la testa tra le mani. «io non ci volevo credere ma se ha dimenticato Robbie allora ha scordato tutto davvero!»

«ma quindi non ricordi proprio niente-niente?» incalzò Jacqueline «perlomeno ricordi che volevi farmi saltare la testa con la doppietta?»

 

…eeeeeeeeeeeeh…se le cose stanno così allora che ci fai tu qua?”

 

«anche a me hai sbattuto la testa contro un palo, prima che diventassimo amiche» aggiunse Roxanne.

 

insomma ho menato a tutte o quasi …-_- ”

 

«a me veramente no» la contraddisse Crea. Emerald scrisse dell’altro sul tablet.

 

ascoltate una cosa, ma per caso anche voi avete conosciuto il fratello di mio marito?”

 

«si, Zeke. Perché?»

 

non vi è sembrato un tantino inquietante? Non per l’albinismo eh, di quello chissenefrega, e nemmeno per gli occhi uno di un colore e uno di un altro…e nemmeno perché ha fatto qualcosa che non doveva fare,  è solo che…boh! Quando me lo sono trovati davanti mi ha fatto un effetto strano. Sorride sempre”.

 

Considerazioni semplici, che però tradivano il fatto che forse ricevere quel colpo in testa non aveva lasciato solo un blocco psicologico che le impediva di parlare e l’amnesia, come strascico. Era come se adesso, priva di due anni e mezzo di “influenza altrui”, vedesse le cose in modo leggermente diverso. Non di moltissimo. Ma leggermente, si.

Quando era arrivata a Washington infatti davanti alle stranezze di Zeke non aveva fatto un plissé, mentre adesso…

Il fatto era che durante quei due anni e mezzo, Emerald J.V.P. Lancaster era tornata sempre più “in se stessa”. Una chojin, a sua volta figlia di un chojin tra i più spietati mai vissuti, e con una tendenza a fare quello che le pareva senza curarsi eccessivamente delle regole da seguire; una ragazza che non si era fatta troppi scrupoli a rovinare la reputazione di Robin Mask, a buttarlo giù da una rupe, a gambizzare dei teppisti che in seguito probabilmente erano morti durante l’incendio di quel locale a Washington, e a cui vedere l’attuale cognato tagliare le arterie altrui non aveva fatto né caldo né freddo.

Ma la Emerald di due anni e mezzo prima era quella che aveva tremato per qualche minuto dopo che Flash l’aveva quasi strangolata, nonostante fosse stata lei stessa a portarlo a fare un’azione del genere -sperando proprio che agisse in quel modo- per avere una prova in più per incastrarlo con Kevin. Quella che, prima di incontrare il russo, la pistola l’aveva usata solo sulle sagome del poligono di tiro.

«quello è vero, eppure quando tu e Michael siete tornati a Tokyo con lui a rimorchio a momenti stavi più appiccicata a lui che al tuo ragazzo» disse Kirika «anche il tatuaggio nuovo che hai sulla schiena, te lo sei fatto dopo una giornata trascorsa sola con lui».

 

a fare che? O_o”

 

«atti terroristici di vario genere, stando a quel che ci hai raccontato…» disse Jacqueline.

 

ma chi, io?! O_o   io massimo che posso fare è qualche scherzo un po’più pesante a gente che mi sta particolarmente antipatica, o…sbattere le loro teste contro i pali…o al massimo puntare loro la pistola contro senza usarla!”

 

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah, seh! Sicuuuuuuuuuuuuro! Lancaster, tu sei una terrorista nata. Non ti ricordi di quando con tuo padre abbiamo fatto saltare mezza villa di Robin Mask?»

«CHE?!...e quando è successo?! Kirika!!!» Fiona la guardò severa «avevate giurato che non c’entravate nulla!!!»

«...Mr. Lancaster vi ha dato una mano?» Roxanne invece era allibita per quest’altra ragione. Ok che lei aveva visto Howard sia nel suo lato migliore che in quello peggiore, ma non avrebbe mai creduto che potesse darsi personalmente ad atti “terroristici” di quel tipo.

 

aspè, no... papà ha dato veramente fuoco a mezza villa di Robin Mask?!”

 

«ma io direi che sia una delle cose meno sconvolgenti di tutto il pacchetto» osservò Jacqueline «ti sei svegliata convinta di avere diciassette anni, ti sei ritrovata sposata, chojin addestrata, e quel “qualcosina” che ti hanno detto riguarderà quel patto famoso...»

 

sisi. Infatti.”

 

«...il successivo incidente, e magari anche qualcosa sul fatto che Robin Mask ha fatto credere a tutti che la moglie fosse morta e invece no, e sei stata tu a scoprire tutto ciò».

 

più o meno mi hanno detto quel che hai detto tu ora, del patto, del perchè venne stipulato e anche dell’incidente. Ho voluto vedere dei video, il secondo giorno da che mi sono “risvegliata” per bene. Però io non sono riuscita a capire una cosa, ragazze...”

 

«ossia?» tornò a dire Kirika.

 

se era come diceva mio padre e il tizio lì...l’allenatore di Kevin Mask aveva cercato di uccidermi, e io avevo cercato di farlo a mia volta, potete spiegarmi perchè cazzo mi sono fatta sparare al posto suo?”

 

No, Hammy quello proprio non era riuscita a capirlo. Nonostante quel poco che aveva potuto dirle suo padre, “hai detto che non volevi che io diventassi un assassino solo per colpa sua” e “lo hai definito il tuo arcinemico e non hai voluto che fosse toccato”, che se possibile l’aveva resa ancor più perplessa. E nemmeno adesso che, passato qualche giorno da quello lì, era ancor più lucida riusciva a farsene una ragione.

Perché non aveva voluto che fosse toccato, se era davvero un suo nemico? Che diamine, i nemici erano sempre fonte di seccature ed andavano eliminati il prima possibile, non andavano risparmiati, non gli doveva essere consentito di vivere nella propria vecchia casa a due passi da dove era andata a stare lei!

Tanto più che suo padre l’aveva definito a più riprese un mostro ed una bestia.

E Michael le aveva confermato che, sotto quella maschera,  Warsman di un mostro aveva anche l’aspetto. Aveva detto precisamente “è il gemello brutto di Freddy Krueger. Freddy, you know? Ma almeno lui aveva tutti e due gli occhi, quella bestiaccia orrenda invece ha solo un occhio e il resto è un miscuglio di tessuti sottocutanei scoperti e placche metalliche, un vero schifo”.

Al russo probabilmente si sarebbe spezzato il cuore sapendo quel che Emerald aveva “risposto” al marito, ossia...

“e non ve l’ho lasciato uccidere? Sarebbe stato un gesto pietoso nei suoi confronti, se è davvero così. Non penso che se lo fili nessuno, no?”

Tutto ciò detto col un candore assoluto di chi davvero pensa che un atto del genere significherebbe sollevare dalla miseria un disgraziato, naturalmente.

Un candore in un certo senso cinico, però, basato solo su quelli che per lei dovevano essere i fatti: una bestia sfigurata doveva aver vissuto una vita triste, durissima e solitaria, e forse la morte per lui sarebbe stata una benedizione, rispetto a questo.

Eppure quando l’aveva visto in video nella sua testa aveva sentito qualcosa.

Come se qualcosa fosse quasi venuto in superficie risalendo dalla profondità di quell’abisso nero insondabile che rappresentava quei due anni e mezzo persi.

«no, non possiamo. Non l’abbiamo mai capito, e da quel che ci dicevi il vero motivo per cui l’hai fatto non l’hai mai capito neanche tu» disse Roxanne.

 

assurdo…dai, è veramente assurdo che mi sia fatta quasi ammazzare per, beh… è un mostro, poveraccio, no? Da quel che mi hanno detto di lui probabilmente starebbe meglio da morto”.

 

Quando lessero quel che Hammy aveva digitato sul tablet alcune rabbrividirono, mentre Kirika e Roxanne si scambiavano un’occhiata allarmata.

«ehm…tu non te lo ricordi, ma se chiunque di noi -anche dei ragazzi- se ne usciva con qualcosa di simile riguardo a lui, da dopo quel che è successo nelle finali tu eri la prima a dire che non era un mostro ma una persona».

Dimenticato tutto quello che riguardava loro due, aveva dimenticato anche di quel non-si-sapeva-cosa che c’era tra loro. E di certo sentirne parlare male da chiunque, perfino dal suo inquietante cognato che aveva asserito di avergli dato la caccia assieme a Sebastian -quando aveva rivisto il cugino Hammy aveva pensato “ma da dove salta fuori, dall’800?!”- il giorno del matrimonio e che l’aveva definito “una macchina, tipo un distributore automatico molto avanzato” non aveva aiutato. Insomma, cosa aveva da spartire lei con una “cosa” come Warsman? Niente, chiaro.

Però lei gli aveva salvato la vita.

Già…e sia Michael che suo padre si erano dimenticati -o “dimenticati”?- di dirle che la suddetta “cosa” l’aveva salvata da uno stupro.

Continuò a “parlare” con le ragazze, contando che forse nel pomeriggio avrebbe saputo qualcosa di più.

 

 

:: un paio di ore dopo ::

 

 

Per la gioia di Janice, da quando Emerald era tornata a casa ovviamente lo aveva fatto anche Howard.

 Ma non sembrava molto tranquillo, e non solo per le condizioni di Emerald che ancora non accennava né a parlare né a ritrovare la memoria.

«ammetto di essere combattuto, Lionel…»

Sia Howard che il cugino, dopo un pranzo piuttosto abbondante, erano andati fuori in una delle tante terrazze e bere dell’ottimo cognac…e a parlare delle ultime novità.

Nonostante la differenza d’età di otto anni che intercorreva tra loro, oltre al fatto che vivevano -per i gusti di Howard- fin troppo distanti visto che Lionel era un “orso” che non amava molto la vita modana londinese, i cugini Lancaster erano comunque molto legati, e sapevano che nel momento del bisogno avrebbero potuto dirsi qualunque cosa senza temere tradimenti.

«posso capirti, più o meno. Warsman, pur non facendolo di proposito in questo caso a quanto pare, sembra portare spesso qualche problema».

«”qualche problema” è dire poco. Dopo quel che mi hanno detto i ragazzi sono arrivato alla conclusione che Emerald stesse andando proprio da lui, quando è caduta. Se solo fosse venuto loro in mente di avvertirmi della sua presenza invece di non dare nessuna considerazione a quel che è successo lo avrei sicuramente preso, ed Emerald adesso avrebbe ancora tutti i suoi ricordi».

Come sempre in momenti come quelli Howard risultava essere particolarmente gelido, ma a Lionel non era difficile intuire quanta rabbia si celasse dietro tutta quella freddezza, tanto che gli pose una mano sulla spalla.

«va anche detto, però, che non è stato lui a romperle il tacco».

«so che è stato un incidente, ma se lui non fosse venuto qui ad interferire nel matrimonio di mia figlia non sarebbe successo niente di tutto ciò. Per questo sono combattuto. Devo continuare a seguire quelle che erano le volontà di Hammy prima dell’amnesia… o dare retta a mio genero, che ho dovuto bloccare per impedirgli di partire ed uccidere quell’animale, quando è venuto a sapere di questa faccenda?»

Lionel bevve un abbondante sorso dal bicchiere. «secondo me è sbagliato il principio di fondo, in quello che dici. Chi può dire che, Warsman o non Warsman, mia nipote non sarebbe caduta lo stesso, magari per motivi diversi? O che non le sarebbe successo qualcosa di analogo che avrebbe portato comunque alla situazione attuale?» i due uomini si guardarono nei loro occhi verde smeraldo, nel soppesare quel che il più vecchio stava dicendo «quando succedono cose come questa è normale per un padre cercare dei colpevoli, tanto più per uno “innamorato” di sua figlia come sei tu. Se a Sebastian capitasse qualcosa del genere probabilmente reagirei alla stessa maniera. Ma in realtà non ci sono colpevoli qui, se non la sfortuna o il destino ingrato, se preferisci chiamarlo in questo modo».

Howard guardava l’orizzonte con aria pensierosa. «tu sai che non credo molto nel destino».

«vero» annuì Lionel «ma al posto tuo ci penserei sopra, e continuerei a seguire le volontà della nostra Hammy. Ha più bisogno di te vicino di quanto abbia bisogno che tu dia la caccia ad un colpevole che, per l’appunto, non esiste. E forse sarebbe bene che lo capisse anche tuo genero, che dovrebbe sostenerla invece di partire con l’idea di massacrare quell’uomo».

«non lo chiamerei “uomo”, fossi in te» replicò l’altro.

«eppure è di questo che si tratta: Nikolai Volkoff. Umano» sottolineò Lionel, che nel farlo senza volerlo usò una voce ancor più profonda del solito «nato in Russia da genitori umani. E per quanto riguarda tutto il resto, fattezze incluse, non è colpa sua».

Lionel non era un wrestler, e non aveva mai avuto veramente a che fare con la Muscle League. Lui era uno dei cosiddetti proprietari terrieri e “palazzinari”, che avevano saputo cogliere l’occasione e far costruire le cose giuste nei posti giusti e nel periodo giusto, quando il mercato dell’edilizia era ancora fiorente, ricavandone una montagna di soldi che se aggiunti al patrimonio dell’intera famiglia Lancaster -avevano dei conti comuni in cui ogni componente della famiglia versava a piacere parte del proprio reddito personale (e a cui qualunque Lancaster poteva accedere in caso di necessità) dei quali Howard al momento era il maggior contribuente- diventavano una somma…enorme.

Nonostante non fosse diventato un chojin però aveva voluto tenersi informato, proprio per via dell’amato cugino che invece era stato diverso tempo in mezzo agli affari della League. Per cui conosceva bene il mondo del wrestling, e tutti coloro che vi appartenevano.

«è stata colpa sua tentare di uccidere Emerald» ribatté Howard «visto quel che ha fatto, è una bestia».

«mi risulta che lo considerassi un animale anche prima, visto che quando Hammy aveva otto anni gli hai dato la caccia come facevamo con le volpi. E allora non aveva tentato di ucciderla, isn’t it? Quindi non venirmi a dire che lo consideri in quel modo solo a causa di quel che ha fatto, e sii sincero nell’affermare che lo fai solo a causa del suo aspetto e del fatto che quando l’hai conosciuto non era esattamente “civilizzato”…e anche questa non è colpa sua. Riallacciandoci al discorso di prima, anche qui si è trattato di sfortuna».

«non ero riuscito a convincere quel testardo di Robin in altro modo. A mali estremi, estremi rimedi. Lo sai com’è andata».

«ma tu sai che avresti potuto convincerlo in qualche altro modo un po’meno civile rispetto al solo parlare con lui, invece di accanirti su un disgraziato che c’entrava ben poco. Ho sempre pensato che tu avessi colto quell’occasione per fare qualcosa di cui avevi voglia da tempo».

Ecco qual era il brutto di Lionel…quando parlavano di argomenti più seri finiva sempre a sbattergli in faccia delle verità che lui preferiva mettere da parte, almeno un po’.

Dare la caccia ad un essere umano infatti non era qualcosa di molto…umano, appunto.

«non era della mia voglia o non voglia di dare la caccia a quella creatura che si parlava…ed è facile che finisca a seguire il tuo consiglio di stare vicino ad Hammy, e basta. Ma un’altra domanda che mi sono posto è: “perché è venuto qui? e perché anche a Tokyo ha voluto rimanere a viverle vicino, anche quando ho mandato lì i soldati? perché l’ha salvata da uno stupro?”…» guardò il cugino «a quest’ultima domanda mi ero risposto col dire che voleva saldare il suo debito con Emerald, ma adesso ho qualche dubbio. Mi ero anche detto che avesse fatto tutto questo per via di Kevin Mask, l’ex ragazzo di mia figlia…ma non mi torna, Lionel. Non si rischia la morte in questo modo per fare contento qualcun altro, queste sono chimere; se è venuto qui, presumibilmente con l’idea di mandare a monte il matrimonio, doveva avere un tornaconto personale. Solo, non vedo quale. Emerald lo ha sempre definito un “arcinemico”…»

Col sorso successivo, Lionel Charles Eirik John Lancaster finì il suo bicchiere di cognac. Dando voce ad un’idea forse che avrebbe fatto meglio a rimanere muta.

« per quanto secondo me non sia un mostro, probabilmente i più la pensano come te. Viene da sé che non abbia mai avuto grandi rapporti umani. E poi un bel giorno incontra tua figlia, con la quale ha sviluppato un rapporto di “arci inimicizia” che ha portato lei a farsi sparare pur di salvarlo e a dirti di non fargli del male, e lui a rischiare tanto pur di starle vicino a Tokyo… e di non perderla con questo matrimonio. Riflettici: sposandosi col tuo uomo di fiducia lei sarebbe tornata qui a Londra, e quel rapporto non avrebbe più avuto modo di esistere. Quel rapporto che probabilmente è il più intenso che abbia mai avuto con una donna…che lo fa sentire vivo…che lo spinge a fare follie degne di un innamorato».

Sua figlia…

E la bestia…

Lei salva lui, lui salva lei…

Lei protegge lui, lui protegge lei…

Lei non vuole che lui venga toccato, e lui lo stesso…

Si sedette su uno dei divanetti, prese la bottiglietta di cognac, riempì il bicchiere fino all’orlo, lo finì in un sorso, e poi guardò il cugino. «no. No, no. Assolutamente no. Quell’animale deve starle lontano, “rapporto di arci inimicizia intenso” oppure no».

Intanto però la pulce nell’orecchio gliel’aveva messa, nonostante Howard fosse rapidamente arrivato a concludere che suo cugino forse aveva ragione su Warsman, ma non sul sottinteso che anche per Hammy fosse stato lo stesso.

«…inoltre, una cosa come lui non può amare. Se mai potrebbe solo essere ossessionato da Emerald, e mia figlia sicuramente non viveva tutto ciò allo stesso modo, o non sarebbe stata disposta a rinunciarvi sposando l’uomo che ama. Che “tenesse” a quella bestia l’avevo…intuito, purtroppo…ma quel che tu suggerisci è eccessivo, e non corrispondente ai fatti» riempì di nuovo il bicchiere e ne bevve metà «Lionel, certe analisi di tipo psicologico lasciale a tua moglie che lo faceva di mestiere, per favore. E passiamo ad un argomento che non mi faccia bere così tanto a quest’ora».

«come la ragione per il quale, da quel che tua moglie ha raccontato alla mia, tempo fa sei tornato a casa molto tardi e con un piercing alla lingua? Oltre che con quell’orecchino?»

Mh. Anche quello era un argomento un po’…balordo.

«ne avevo uno anche quando ero ancora più giovane, ricordi?» pura verità «mi era venuta voglia di rifarlo».

«ora però non ce l’hai».

«a Janice non è piaciuto granché. Guai a scontentare le signore! Potrei finire a trovarmi di nuovo a dormire nel letto di una delle altre camere…e quello è successo solo perché ho tentato di farle accettare la decisione di Emerald di voler sposare Michael, oltre ad essermela presa perché Janice ha dato ad Hammy della cretina…ci sono dei momenti in cui da lei non riesco a farmi dare retta».

«è endemico. La mia è uguale!»

Parlarono per un pezzo di argomenti simili a quello, argomenti “innocui”. Ma Howard Lancaster continuava a pensare a quel che gli aveva detto suo cugino, e che se aveva ragione…vuoi che Warsman non tentasse di vedere Emerald, allora?

Sperò per lui di no, sempre tenendo in considerazione i discorsi appena fatti.

Perché se lui avesse tentato di avvicinarsi a sua figlia, non era sicuro che avrebbe resistito alla tentazione di lasciare che Michael lo facesse fuori una volta per tutte.

E poi, Hammy al momento non ricordava…magari non le sarebbe neppure importato, della fine che poteva fare il russo.

“già, ma quando ricorderà potrebbe avercela con me. O magari no, se riuscissi a spiegarle il mio punto di vista. L’unica cosa che voglio è proteggerla, non mi interessa altro; guarda cosa le è successo ogni volta che qualcosa aveva a che fare con quel mostro! Io fino ad ora ho lasciato correre, e Lionel magari ha ragione a dire che non è stata davvero colpa sua. Ma indubbiamente ha contribuito, e così come non è detto che non le sarebbe successo qualcosa, non è neanche detto che il qualcosa in questione sarebbe successo se non ci fosse stato lui di mezzo…odio l’idea di farla rischiare così…”

 

 

:: pomeriggio ::

 

 

«gheeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!! Guardaaaah» Kid Muscle, con una faccia ancor più beota della sua consueta, si indicò mentre infilava nel naso dei bastoncini di legno per poi farli muovere muovendo le narici.

Spettacolo al quale Hammy concesse una risatina. Più di quella non riusciva a fare, erano passati giorni ma ancora non andava oltre suoni come quello, gli “nnnh”, di quando provava a parlare e cose così. E Mikey, “per il suo bene”, aveva detto, si era rifiutato di aiutarla a scoprire se magari mentre pensava ad altro le riusciva di emettere qualche suono un po’più degno di nota.

Quella faccenda l’aveva veramente fatta incavolare. Teoricamente anche a lui sarebbe dovuto interessare consumare il matrimonio, no? E invece se ne usciva con quelle scuse, col dire che “era ancora troppo debole e doveva stare a riposo, era appena uscita dal coma e non doveva fare troppi sforzi, l’aveva visto lei stessa quando aveva provato ad alzarsi un paio di giorni prima e non era riuscita nemmeno ad arrivare dall’altra parte della tenuta”.

Ma quelli erano dettagli, e lei aveva provato anche a scriverglielo.

Solo che lui -coscienziosamente e con sommo dispiacere- non le aveva dato retta.

 Il bene della sua miz Lancaster veniva prima delle proprie voglie, e questo lui glielo aveva perfino detto.

Quindi tutto sommato non si poteva imputare all’americano il fatto che nonostante le sue parole Emerald si fosse semplicemente convinta, sempre con una certa rabbia mista ad amarezza, che lui semplicemente non volesse avere a che fare con un’amnesica muta…cosa che non era assolutamente vera!

Solo che, vallo a spiegare ad Emerald…nonostante l’apparente tranquillità infatti la ragazza stava vivendo veramente male quella sua condizione che in realtà non era nemmeno poi così tanto pesante.

Con quell’incidente avrebbe potuto morire, o avrebbe potuto svegliarsi cieca, sorda, paralitica, trovarsi in uno stato vegetativo permanente o cose così. Avrebbe dovuto ringraziare il Signore, oltre che la socia in affari di suo padre, per essersela cavata con un’amnesia che -dicevano- col tempo le sarebbe passata ed un mutismo dovuto ad un blocco psicologico invece che a danni cerebrali.

Ma Emerald J.V.P. Lancaster non aveva mai creduto in Dio, ed era un’egocentrica tale da arrivare a scaricare su Michael quello che era il proprio disprezzo verso l’attuale se stessa.

Si disprezzava tanto da pensare che la disprezzassero tutti gli altri, inclusi i suoi amici, che nella sua idea erano venuti lì solo per vedere il “fenomeno da circo” o per compassione…

Pensava che addirittura suo padre adesso la compatisse e in seguito se la situazione non fosse migliorata l’avrebbe messa da parte come un giocattolo che un tempo era stato bello ma ora non piace più perché rovinato dal tempo o da qualche…incidente.

Non lo dava a vedere, tanto che a tutti quanti sembrava semplicemente la solita Emerald con qualche ricordo in meno e muta, ma Hammy si sentiva un fenomeno da baraccone.

Un…mostro.

Era qualcosa che si era sviluppato man mano che i giorni passavano e lei non aveva accennato a migliorare. All’inizio l’aveva presa un po’così, col dire “ok, tanto a breve si risolverà, tornerà tutto a posto, già adesso in realtà si può dire che sia a posto”.

Poi le cose erano cambiate, fino ad arrivare a detestarsi a quel punto.

E nonostante continuasse sempre a farsi un mucchio di domande…a trovare assurda quella faccenda, a continuare a pensare davvero che uccidendolo forse l’avrebbe sollevato dalla miseria…aveva iniziato a paragonare la sua condizione a quella del proprio “arcinemico”.

Due fenomeni da baraccone che si erano trovati, ecco cosa pensava, e da quando in lei erano cominciate quelle paure di essere compatita, disprezzata e messa da parte, quei pensieri neri… quella stessa notte in un momento di dormiveglia si era materializzata molto debolmente l’idea che forse, forse, avrebbe dovuto cercarlo perché per l’appunto in quanto freak il suo posto era con lui.

Un’idea svanita com’era venuta, così come quel sogno che aveva fatto ed ora non le riusciva di ricordare se non a vaghi frammenti.

Qualcosa che riguardava una spiaggia, e poi un uomo. Forse anche un letto, ed una fuga. Mah.

«ha riso!!! Continuiamo! Dik Dik, mettiti carponi!!!» strillò Kid, e senza nemmeno aspettare che l’amico gli desse retta prese e gli saltò “in groppa” «hop hop! Al galoppoooo»

«si vede che tu non hai mai avuto a che fare con un cavallo, se non per prenderti in faccia un paio di zoccolate» commentò Terry passandosi una mano sul viso.

Emerald continuava a ridere piano. Lo facevano per compassione ma almeno erano divertenti, doveva riconoscerglielo.

«ti eri abituata a scene come questa ormai. Però ridevi sempre, quando le vedevi» disse Jeager con dolcezza.

 

tu sei quello che sta con Crea?”

 

Lui arrossì. «ehm, si…io sto con Crea…»

«si, e lei con chi sta?» lo prese in giro Terry. Stava di fatto che l’egiziana infatti era un po’… “farfallina”. Le piaceva andare di fiore in fiore, o meglio, le piacevano molto i bei ragazzi e flirtare con loro, anche se magari non l’avrebbe mai proprio tradito-tradito.

Il tedesco non prese molto bene quella domanda. «che vorresti insinuare?!»

«io? Niente…»

«dai, non mettetevi a litigare, non è il caso!» li bloccò subito Meat «tanto più che il nostro tempo di visita sta per finire…e c’è qualcun altro che aspetta, come ben sapete!»

Quel qualcun altro era ovviamente Kevin Mask, che attualmente si trovava con Janice -sempre lieta di rivederlo- e con Gabrijela, appena conosciuta.

«a dire la verità il nostro tempo di visita è finito due minuti fa» lo corresse Checkmate.

Infatti nonostante Emerald fosse stata riportata a casa, suo padre aveva pensato fosse meglio mantenere quella regola finché non fosse stata un po’più in forze. Già vedere tutta quella gente lo stesso giorno forse era avventato, e non doveva sforzarsi ulteriormente.

«oh no…peccato» disse Wally «però torneremo a trovarti».

“devo farne loro molta, di compassione” pensò Hammy. Per un attimo i suoi reali sentimenti divennero quasi visibili, tanto che Meat riuscì a notare che c’era anche dell’altro che non andava, oltre a mutismo ed amnesia.

 

ok…quando volete”.

 

E quando i ragazzi uscirono dalla stanza, lui fece in modo di essere l’ultimo della fila così da chiudere la porta e restare dentro. Hammy lo osservò perplessa.

«qui non si tratta solo dell’amnesia…qui c’è dell’altro che non va. Vero?»

 

“non so di che parli”.

 

«ho visto il tuo sguardo quando ti hanno promesso di tornare. Non sembravi felice…» si avvicinò al letto «forse non ti piacciamo più? Potrebbe essere».

 

non è per quello. È che sembra che tutti siano ansiosi di vedere il Circo dell’Amnesica Muta”.

 

Ci aveva visto giusto. «guarda che ti sbagli».

 

no che non mi sbaglio. Anche per mio marito, mio padre e il resto dei miei parenti è così. Ti rendi conto che Michael non ha voluto consumare il matrimonio, anche se gliel’ho proposto? Michael!!! Quello che non se ne lasciava scappare una! Quanto cazzo gli faccio schifo?! E anche mio padre…se non miglioro mi pianterà qui come le cose che uno butta su in soffitta…”

 

A leggere quelle cose Meat allibì. Di una cosa era sicuro: per quanto nessuno dei due uomini di cui si discuteva gli piacesse, sapeva benissimo che amavano entrambi quella ragazza. Che suo padre la “buttasse in soffitta” era una cosa assolutamente impensabile, e Michael Connors -ah, già: Michael Lancaster!- era un uomo orribile, ma si vedeva bene che era perso per lei quanto lei lo era di lui, ed Hammy di certo non avrebbe iniziato a “fargli schifo” a causa di quell’incidente!

«Hammy, queste sono stupidaggini, non è come pensi tu!...»

 

si invece…comunque…Meat, io devo sapere una cosa. Ho provato a chiedere spiegazioni alle ragazze stamattina, e anche un po’a chiunque a dire il vero, ma…tu sai qualcosa del rapporto che c’era tra me e l’allenatore di Kevin Mask?”

 

Oh si, Meat ne sapeva anche più di quanto avrebbe voluto!

Si guardò attorno. Sapeva fin troppo bene che con tutta probabilità quella stanza era sorvegliata, e non solo dai soldati appostati sotto la finestra e nel corridoio. E sapeva anche che la Emerald pre-amnesia non voleva che altri sapessero di quella faccenda, specialmente suo padre. Inoltre era indeciso se parlargliene o meno, perché a suo avviso se quell’amnesia aveva avuto un effetto positivo era proprio quello!

«eravate Nemici Numero Uno, parole tue. Avete cercato di ammazzarvi…»

 

è una storia che ho già sentito. Capito, non ne sai nulla neanche tu. Mi sa che per sapere qualcosa dovrò chiedere proprio a lui…”

 

Aveva digitato quella frase ma l’aveva anche cancellata immediatamente, tanto che Meat non era riuscito a leggerla.

«meglio che vada. Tu però non fare stupidaggini, e tieni a mente che tutti noi qui ti vogliamo bene, Hammy…mh?» la vide annuire. Ma nonostante questo l’avesse solo leggermente tranquillizzato, c’era sempre un’inquietudine serpeggiante in lui causata da quel che la ragazza gli aveva detto all’inizio…

 

 

:: venti minuti dopo ::

 

 

«…»

«ciao, Scimmiattolo…»

«?»

«già. Scusa. Lascia stare. Ti chiamavo in quel modo per…sai, avevi la mania di arrampicarti sugli alberi oltre a quella per le nocciole…» Kevin ne tirò fuori qualcuna dalla tasca «te ne ho portate un po’. Non sono esattamente di stagione ma…»

Emerald non era una che badava a sottigliezze come quella se si trattava di nocciole, e infatti le artigliò letteralmente strappandogliele quasi di mano. Non ne mangiava qualcuna da un bel po’, era in astinenza…

«…”grazie per le nocciole, Kevin”. Prego» borbottò il ragazzo «sei proprio la solita…»

Si, la solita che però non aveva idea di chi lui fosse, e nonostante si mostrasse quanto più possibile “normale” sapendo che lei avrebbe detestato farsi compatire non significava che anche per lui tutto ciò fosse facile.

 

scusa…è che non ne mangiavo da un pezzo. Ero in astinenza nocciolica”.

 

«lo immaginavo. Tu non te lo ricordi, ma io e te ci conosciamo molto bene».

Anzi, dire “non era facile” è un eufemismo. Perché per Kevin Mask in realtà tutto questo era quasi atroce. Emerald perlomeno si era ricordata di chi fosse suo marito, pur non avendo memoria del matrimonio. Di lui invece non sapeva nulla, se non -probabilmente- che era il suo ex ragazzo.

 

grazie per essere venuto anche se, beh…ci siamo lasciati per qualche motivo”.

 

Appunto.

Ma bisognava ammettere una cosa: Emerald nel rivedere il suo ex non era rimasta esattamente indifferente. A dire la verità aveva sentito come un tuffo al cuore, segno che “qualcosa” forse c’era ancora, nonostante non fosse paragonabile alla gioia e tutto quel che aveva provato quando aveva visto quella fede nuziale. Si…

“quando ancora non avevo iniziato a fare schifo a mio marito” pensò.

«non ti avrei mai lasciata sola in un momento come questo. È vero che mi hai lasciato, però io a te tengo ancora moltissimo. Ci siamo “inseguiti” per un anno…poi siamo stati insieme diversi mesi…e infine ho rovinato tutto. Ero arrivato a litigare con te ed accusarti di cose che non avevi fatto, perché sono un paranoico immaturo. Ecco cosa sono. E tu mi hai lasciato…non che possa biasimarti per questo. E quando mi sono messo davvero d’impegno per cercare di riconquistarti, tu eri già in procinto di sposarti con un altro».

Avrebbe potuto dirle qualunque cosa. Che erano ancora amanti, o che in realtà stava progettando di far saltare il matrimonio con Michael per stare con lui, o dell’altro ancora. Invece aveva scelto di essere completamente onesto, nonostante la realtà non gli piacesse.

 

capito…grazie per la sincerità. Altri avrebbero potuto approfittarsi dell’amnesia per rifilarmi idiozie”.

 

«non lo avrei mai fatto, ho i miei difetti…come non mancavi di farmi notare…ma non sono un uomo meschino».

Lei gli sorrise, e volle per forza alzarsi dal letto. Aveva ancora il pigiama bianco estivo della clinica, canottiera e pantaloncini corti. Le volte in cui si era alzata e guardata allo specchio si era spesso stupita dei cambiamenti del proprio fisico; infatti due anni e mezzo prima era sempre magra-tonica…ma non cosi! Dove prima qualche punto poteva risultare un po’spigoloso adesso c’erano delle belle curve, e se già prima aveva delle belle gambe adesso…chapeau! Peccato che non si fosse anche alzata di una decina di centimetri, restando una “nana” di un metro e sessanta!

«che vuoi fare…?»

«…» lei fece cenno che voleva uscire, tanto che si mise pure le scarpe.

«non ti so dire se sia una buona idea…»

“o non ci sarebbe lì quella” pensò il ragazzo, riferendosi alla sedia a rotelle che stava un po’nascosta. Emerald però lo guardò con palese disappunto.

«non guardarmi così…non è colpa mia! Semplicemente non voglio che ti sforzi…e non alzare gli occhi al cielo, se non sono il primo che te lo dice forse un motivo ci sarà, non credi?»

«nnnh-nnnh!» tentò di ribattere lei, innervosendosi sentendo che non ci riusciva e finendo per dare un pugno contro la parete, il destro…

Penetrandola come se fosse fatta di burro, cosa che decisamente non era.

Già, anche quello aveva dovuto mettere in conto: un braccio potenziato di cui nessuno sapeva nulla, in teoria.

E dalla faccia di Kevin pareva proprio così. «...cazzo!» tanta finezza però era giustificabile. Se non aveva abbastanza forze per camminare a lungo, come cavolo aveva fatto a rompere la parete?!

La ragazza tornò ad afferrare il tablet.

 

cartongesso. Si rompe mooolto facilmente”.

 

«cartongesso un corno! È cemento armato quello!» esclamò Kevin avvicinandosi al buco nella parete «e tu sei quella senza forze?!»

Lei fece per rispondere scrivendo qualcosa, ma in quel momento la sveglia del Galaxy 5 -devo proprio dirlo, che la Lancaster Tech aveva assimilato da un pezzo anche la casa produttrice di quei cellulari?- di Hammy suonò, segno che era ora di spararsi di nuovo quella roba nelle vene.

Sotto lo sguardo ancora attonito di Kevin la ragazza aprì l’ampio cassetto del comodino, estraendo da esso una specie di “pistola”, una di quelle che utilizzano i diabetici per farsi da soli le iniezioni più facilmente, ed una fiala contenente...boh.

«…e quella che roba è?»

Emerald rispose facendo spallucce agitando brevemente il contenuto della fialetta, uno strano liquido di un bianco abbagliante venato di viola. Lo assumeva ancora due volte al giorno, e accidenti…quando lo faceva ed il liquido entrava in circolo, per tre o cinque minuti si sentiva in grado di fare di tutto!

 

è una medicina. Mio padre mi ha detto che è stata soprattutto questa a tirarmi fuori dal coma”.

 

«si ma la domanda resta! Non sarà una specie di droga?»

 

no. Non ho una dipendenza da questa cosa. Praticamente è come una terapia qualunque, solo che si tratta di qualcosa di molto innovativo…”

 

«o beh…in fin dei conti in campo medico le cliniche di tuo padre sono le più avanzate».

 

ma veramente questo proviene da una sua socia in affari proveniente da chissà dove che non so da dove cavolo l’ha tirato fuori. E poi io a ‘sta qui non la conosco nemmeno. Papà dice che era al matrimonio, ma io tanto non mi ricordo…”

 

«e lui lascia che tu assuma qualcosa che non si sa cos’è, non si sa da dove viene e nemmeno da dove viene la persona che gliel’ha dato?!» allibì Kevin.

 

si fida. E poi funziona, no?” si praticò l’iniezione “fatto”.

 

«mh» era evidente che Kevin non fosse molto felice «speriamo solo che funzioni sul serio e non faccia danni…Emerald-che-cavolo-fai?!» la riacchiappò appena prima che la ragazza, aperta la finestra, decidesse di saltare giù come suo solito «buona!»

Lei si dibatté. Voleva solo uscire, solo quello, e lei usciva sempre dalle finestre! Che c’era di male? Si sentiva bene adesso, e dato che era tornata a casa voleva andare dai suoi cavalli, voleva andare alla sorgente…da quando era tornata a casa non le era mai riuscito di farlo, ma ne aveva abbastanza.

«ma che diavolo…»

Sia Emerald che Kevin si voltarono, sentendo la voce dell’americano -ovviamente in divisa, che si era rimesso appena aveva potuto- appena sopraggiunto e niente affatto contento di quella scena.

«cercava di uscire dalla finestra!» disse immediatamente Kevin per non incorrere in qualche spiacevole equivoco «dopo essersi iniettata quella roba!»

Odiava ancora a morte quell’uomo, sia per aver sposato Hammy che per quanto aveva fatto a Warsman, ma sperava che riuscisse a far ragionare quella testarda che grazie a quel braccio riuscì addirittura a farlo quasi cadere a terra in un nuovo tentativo di uscire.

«Hammy!...buona! Vuoi capire o no che se non hai forza a sufficienza per arrivare dall’altra parte della tenuta, tantomeno ce l’hai per uscire da una finestra?!» riuscì a trascinarla dentro e riportarla a letto con un’azione più veloce possibile «so che effetto ti fa quella medicina, ma tu non stai ancora bene…»

Avrebbe voluto dirle dell’altro, ma le parole gli morirono in gola notando come lo stava guardando. Un misto tra amarezza, rabbia, e gelo. Gli era parso di vedere barlumi di qualcosa di simile nei giorni precedenti, da quando per evitarle sforzi le aveva detto di rimandare la consumazione del matrimonio, ma adesso non era più un barlume. Era qualcosa di palese.

“ho capito che mi credi un’handicappata, ma lasciami in pace!!!” pensò, tanto forte che a Michael parve quasi di sentire la sua voce nella propria testa.

«Hammy, sii ragionevole per favore. L’unica cosa che vogliamo tutti quanti è che tu ti riprenda. Noi ti amiamo» le baciò la fronte «e io poi sono proprio partito, lo sai».

No, Kevin non ce la faceva a restare a guardare, con tutta la buona volontà che poteva metterci. Per questo uscì in silenzio, perdendosi la scena di lei che continuava a guardare Michael in quel modo. Sembrava che non ci fosse verso di farle capire che nessuno voleva rinchiudere il “freak”.

«poi se vuoi uscire basta solo che tu me lo dica» tentò ancora l’americano «cammineresti finché riesci, e poi potrei anche portarti in braccio. Ai soldatacci come me non pesa mai portare una meraviglia come te, tanto più che sei leggera per davvero».

La sua era una proposta fatta davvero col solo scopo di farle piacere, ma se possibile le fece ancora più rabbia. Forse non le seccava “dipendere” in campo economico, ma in quello fisico sembrava proprio di si.

La stava facendo troppo lunga? Probabile. Anzi, sicuramente. Ma era fatta così.

Scosse bruscamente la testa per poi tornare sotto la coperta in lino ed “imbozzolarsi”, facendo cenno a Michael di andarsene senza nemmeno guardarlo.

Lui la osservò per qualche istante con aria cupa. Da quando si conoscevano lei non si era mai comportata in quel modo, mai, nemmeno nei momenti peggiori, e proprio adesso che avrebbe avuto veramente bisogno di averlo vicino ecco che lo allontanava.

Le accarezzò i capelli. «per qualunque cosa chiamami. Anche se si trattasse di un camion di nachos».

Non era riuscito nemmeno a strapparle un sorriso.

 

 

Aveva preso il volo successivo a quello che aveva portato Kevin e gli altri a Londra, e adesso eccolo lì.

Entrare nella tenuta dei Lancaster si prospettava più dura del solito, ed uscirne poi…non ne parliamo. Anche se avrebbe agito di notte, naturalmente.

E mentre pianificava la sua entrata clandestina nella tenuta dei Lancaster eccolo lì a mangiare un buon gelato alla crema, vestito in modo da sembrare più possibile “normale”…maschera a parte, ovviamente. Che poi, che senso aveva quell’idea di Warsman di indossare la maschera più un cappello più gli occhiali da sole?!

Tanto più che quella mise non era bastata ad impedire che due persone che non avrebbero dovuto vederlo invece lo notassero eccome.

«non ti prendi gioco di me, dunque?»

«nah. Ci sono davvero delle lame rotanti nelle fiancate della macchina» Zachary Connors si preparò a ripartire. Lui e Sebastian erano andati in giro per Londra così tanto per fare e per festeggiare l’arrivo di Chaos Star -Sebastian aveva provato un misto di attrazione/repulsione per quell’auto- con delle belle corse ad alta velocità in periferia. Si erano fermati giusto per permettere al più giovane di riprendersi; era abituato all’alta velocità perché anche quando era piccolo suo padre Lionel a meno di centotrenta non andava…ma un conto era centotrenta, e un altro trecentocinquanta! Se Sebastian non avesse avuto bisogno di una pausa non si sarebbero nemmeno accorti della presenza di Warsman, che avevano riconosciuto nonostante tutto…

«sono disposto a scommettere trenta sterline sul fatto che lo taglierai in due al primo colpo, mio buon amico».

«magari! Però è sempre una macchina chojin, non ne sono convinto».

Al matrimonio di Emerald, nonostante sapesse che quest’ultima non voleva che il russo fosse toccato, lui e Sebastian gli avevano comunque dato addosso. Se quest’ultimo l’aveva fatto perché si annoiava, i motivi di Zeke erano stati differenti: aveva concluso che fosse venuto lì per far saltare il matrimonio di suo fratello. E guai, GUAI, a chi rompeva le scatole a Lentiggine.

Ma ora, che motivo avrebbero avuto per attaccarlo? Nessuno.

Solo che era da un po’ che Zachary non si divertiva, e adesso ad Emerald della sorte del russo non importava più, no? E quando anche avesse ricordato… una volta morto, morto sarebbe rimasto. Sperava che non se la sarebbe presa troppo, in fondo quello lì le aveva portato solo guai.

«che dire, proviamo».

Ed ecco che poco dopo Flash, fortunatamente per lui accorgendosi in tempo di quel che stava succedendo, riuscì ad evitare andando all’indietro una lama che altrimenti l’avrebbe tagliato a metà.

«m-ma che diav…oh no…»

L’automobile aveva fatto un testacoda, e lui aveva potuto vedere chi c’era ala guida.

Ok. Era ancora più ufficiale, adesso in cima alla lista della gente che odiava c’erano quei due.

L’auto partì di nuovo verso di lui, i passanti si scansarono urlando, Warsman corse in un vicolo ma sfortuna sua alcuni dei vicoli di Londra si rivelavano fottutamente troppo larghi.

«ma è mai possibile che debba sempre finire ad avere qualcuno alle calcagna?!!» protestò, rivolto a non si sa chi ed evitando per pura fortuna un proiettile.

«mpf…l’ho mancato» sbuffò Sebastian «e ora che fa?»

«si sta arrampicando sui muri, direi…mi sa che gli è saltato qualche fusibile e si crede Spiderman invece di Warsman. Momento buono per provare a sparargli ancora!»

«giust…ah!» esclamò, quando imprevedibilmente si ritrovarono il russo a guardarli al di là del vetro con un sorriso ben poco amichevole.

Perché si era rotto le scatole di quella faccenda, quando era troppo era troppo, ed ecco che dopo aver tirato fuori gli artigli sfondò il vetro puntando dritto alla testa dell’albino.

«Zachary!!!»

«mi correggo: si crede Wolverine» commentò lui rimanendo come sempre “cool” nell’abbassarsi. Gli artigli penetrarono il sedile «dovrò cambiare vetro ed interni dell’auto per colpa di un robot impazzito. Già che ci sei, potresti sparargli?» disse tirando fuori il coltello e piantandolo nel braccio del russo tanto forte da inchiodarlo alla parte interna del tettuccio dell’auto, cosa che fece infuriare Warsman ancor di più, inducendolo a sfondare completamente il vetro tentando contemporaneamente di liberarsi, di colpire Zachary e di disarmare e colpire Sebastian che era quasi paralizzato dalla sorpresa e da una certa paura non essendosi mai trovato ad affrontare una situazione pericolosa fino a quel punto.

All’albino non ci volle molto per capirlo, e nell’evitare le artigliate fece aprire automaticamente gli sportelli. «scendi giù!»

L’altro non se lo fece dire due volte, rotolando giù dall’auto. Zachary fece lo stesso recuperando anche il coltello al volo quando il russo riuscì a liberare il braccio inchiodato al tettuccio.

Warsman adesso doveva capire solo chi dei due neutralizzare per primo. La logica avrebbe suggerito quello con la pistola, ma probabilmente era il meno pericoloso visto che gli tremavano pure un po’le mani. Per cui si lanciò addosso a Zachary con tutto l’intento di staccargli la testa, trovandosi invece a dover saltare all’indietro per evitare un colpo all’arteria femorale. Colpiva per uccidere, il bastardo!

«è mai possibile arrabbiarsi tanto perché ti abbiamo fatto cadere il gelato alla crema?»

E lo prendeva pure in giro, con quel maledetto sorriso sornione, mentre la battaglia continuava.

Sebastian aveva ancora in mano la pistola, ma le mani tremavano un po’per l’appunto, e temeva di colpire Zeke invece del russo visto che si muovevano di continuo!

Cambiò idea quando vide Zachary inciampare in un idrante e finire quasi a cadere, riuscendo invece a rimanere in piedi ma prendendo un’artigliata che lo ferì dal viso -che era stato colpito più di striscio e aveva solo due tagli non profondissimi- fino ad oltre il petto, in diagonale -e lì i tagli erano quattro e più profondi-. A quel punto Sebastian L.V.C. Lancaster sparò. Avrebbe voluto colpirlo meglio, ma Warsman si era spostato, e finì a prenderlo solo di striscio.

Sempre con quel sorriso omicida il russo spostò la sua attenzione su Sebastian stesso, che sfiga sua aveva finito i proiettili.

«m-maledizione!» gridò il ragazzo, che quasi finì ad avere quattro bei buchi nella testa, evitando la fine per un soffio.

Nessuno di loro due aveva notato che col colpo di prima Warsman non aveva solo ferito Zeke a viso e petto, ma aveva anche rotto il suo cappello.

La sua cuffia con Pac-Man. Quella regalatagli dal fratello quando lui aveva solo cinque anni e gli era grande, allora, quella che non si toglieva praticamente mai.

Il russo lì per lì non capì neppure chi fosse stato ad afferrarlo per la maglietta e riuscire a sbatterlo a viva forza contro il cofano dell’automobile, facendolo finire per qualche breve istante supino e a braccia aperte. Qualche istante di troppo, perché entrambe le mani vennero infilzate al cofano da due coltelli.

«se sopravvivi, per il futuro ricordati di non toccare mai più il mio cappello».

Zachary non sorrideva più.

Tirò fuori le “Daygum”, fece cenno a Sebastian di correre via, lanciò l’intero contenuto del pacchetto contro Warsman e l’automobile.

A Sebastian parve che il tempo rallentasse mentre l’albino lo prendeva e lo trascinava via di corsa, apparentemente incurante delle proprie ferite.

Nessuno dei due si voltò a guardare l’auto che esplodeva con un gran rombo.

Continuarono a correre, semplicemente a correre, neppure chiedendosi se il russo fosse ancora vivo oppure no.

«d-diav-»

«spero di riuscire a ricucirmi il cappello…»

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Capitolo 4
*** You can't kill me, I'm immortal ***


«cosa vi è successo?...Jordan! serve un medico delle mie cliniche! Subito!» disse Howard all’anziano maggiordomo, che com’era venuto scomparve dopo un breve inchino.

Zachary e Sebastian erano riusciti a tornare nella tenuta dopo tre ore, causa traffico; avevano preso un taxi, e i tassisti non andavano a trecentoquaranta all’ora, ed erano tenuti a rispettare le regole della strada. Avrebbero potuto farsi venire a prendere, ma Zeke non aveva voluto “scomodare” nessuno, nonostante fosse lui quello ferito. Sebastian infatti aveva solo un mezzo shock.

Anche Lionel si avvicinò ai due, decisamente allarmato. «cos’è capitato?»

«noi…eravamo…stavamo…guarda Zeke, papà!!!» come se ce ne fosse stato bisogno, Sebastian indicò le ferite dell’albino «guarda!!!»

Howard stesso osservò meglio le ferite. Due tagli sul viso, quattro sul petto. Ed era strano vedere Zachary senza cappello -che teneva stretto in mano- e senza sorriso.

Non gli ci volle molto per riconoscere il colpevole di quello sfacelo.

«ancora quella bestia» commentò Howard, duro e gelido «complimenti per essere riusciti a sopravvivere» aggiunse poi.

Warsman era a Londra, e dopo quel che gli aveva detto il cugino non era poi così complicato intuire perché. Lui voleva sua figlia, e a quanto pareva non gli dispiaceva tentare di mietere vittime nell’attesa.

Dopo tutti quegli anni non aveva ancora capito che la sua famiglia, acquisiti compresi, non doveva essere minacciata, mai…

«spero di averlo fatto fuori. L’ho fatto esplodere insieme alla macchina» replicò piatto Zeke «si rende conto che mi ha rotto il cappello?!»

Se la situazione non fosse stata così seria Howard avrebbe fatto un bel facepalm per quell’ultima affermazione. Evidentemente Zachary o non si era reso conto di cosa avevano rischiato lui e Sebastian, che erano fortunati ad essere tornati vivi, o…non gli importava?

«lo faremo ricucire».

«quel mostro orribile ha tentato di uccidermi papà! Ti rendi conto?!!» Sebastian aveva perso la sua consueta aria elegante e quella sua alterigia. Sembrava proprio il ragazzo spaventato che…era, infatti! «c’è mancato poco che mi conficcasse in testa gli artigli!»

«quante ore fa e dove è successo?» indagò Howard, che già meditava di mandare lì vari drappelli di uomini bene armati nel caso quell’animale fosse sopravvissuto, così da sistemarlo definitivamente. Se prima era combattuto adesso non lo era più. Il russo era una minaccia per i Lancaster, e come tale andava trattato. Avrebbe parlato anche con Emerald prima di agire, ma era praticamente sicuro che sarebbe stata d’accordo con lui. Accidenti, aveva quasi perduto cugino e cognato!

«tre ore fa, in periferia. Via Enrico VIII» riferì Zachary, appena prima che il dottore della clinica arrivasse.

«chi…?»

«lui» disse velocemente Mr. Lancaster indicando Zachary «bene ragazzo, se anche non l’hai ucciso immagino sia rimasto coinvolto nell’esplosione. Così ferito non potrà andare troppo lontano, i miei uomini lo troveranno sicuramente».

«di’ qualcosa!!!» Sebastian si era aggrappato alla giacca di suo padre, che gli aveva già posto le mani sulle spalle come per rassicurarlo, ma era passato da un’aria decisamente preoccupata ad una più pensierosa.

E più…dura.

«già, ho proprio “qualcosa” da dire. Potresti spiegarmi esattamente com’è andata?»

«Lionel, mi sembra piuttosto chiaro» si intromise Howard indicando Zachary con un cenno del capo «guarda in che condizioni è!»

Ma Lionel non sembrava intenzionato a mollare la presa. «allora?»

«n-non capisco che intendi» borbottò Sebastian staccandosi. Senza guardare negli occhi suo padre se non di sfuggita.

Sembrava che in realtà quel che intendeva dirgli suo padre gli fosse più chiaro di quanto stava sostenendo.

«oh si che capisci. Chi ha attaccato chi per primo?» domandò infatti Lionel.

Zachary osservava la scena quasi incuriosito mentre il dottore gli disinfettava le ferite al volto e poi al petto, alle quali avrebbe dovuto applicare anche dei punti.

Howard invece aveva un’espressione indecifrabile nel lasciare che padre e figlio se la vedessero tra loro.

«…»

«Sebastian?»

«…è una bestia, papà!!!» esplose il ragazzo «tempo fa ha quasi ucciso mia cugina! E soprattutto è anche antiestetico a vedersi! Se un animale è sgraziato e pericoloso non può viaggiare libero, va soppresso!»

Visto quel che era venuto fuori Howard emise un sospiro quasi inudibile immaginando cosa sarebbe successo pochi istanti dopo, ipotesi che si materializzò nello schiaffo -piuttosto meritato- che suo cugino diede a Sebastian. Pensare che lui sarebbe morto piuttosto che alzare alche solo un dito su Hammy, qualunque cosa quest’ultima avesse fatto!

Non che a Lionel piacesse l’idea di alzare le mani su suo figlio. Lo aveva fatto pochissime volte nella vita, e quelle poche Sebastian aveva dovuto combinarne tali da tirarglielo fuori dalle mani, quel ceffone.

Come in quel caso, in cui oltre ad aver attaccato per primo una persona solo ed esclusivamente per noia aveva anche rischiato di lasciarci la pelle, ed era anche per la paura di aver rischiato di perderlo che Lionel si era arrabbiato così, come avrebbe fatto chiunque!

«che cosa ti avevo detto dopo aver saputo cos’era successo prima della cerimonia, Sebastian?!»

«ma-» tentò di protestare, ma venne immediatamente messo a tacere.

«ripetimelo. Che cosa ti avevo detto?!»

Il ragazzo incrociò lo sguardo con quello del padre come a sfidarlo, ma fu una battaglia di breve durata. Mormorò qualcosa di incomprensibile, stando a testa bassa.

«non ho capito».

«…mi hai detto che non avrei dovuto farlo» disse il ragazzo, nervoso e quasi esitante.

«esattamente. Non avresti dovuto farlo. Ma sembra che quanto avevo detto non ti fosse chiaro. L’avete attaccato per primi, giusto?»

«…»

«rispondi».

“se mia figlia fosse venuta a dirmi che qualcuno ha cercato di ucciderla non avrei aggiunto il carico da undici. Nessuno deve permettersi di fare del male ad Hammy” pensò Howard “ma pare proprio che mio cugino non la pensi allo stesso modo”.

«starebbe meglio morto e sepolto!» sbottò Sebastian «è un oltraggio alla bellezza!»

«so che sei un esteta, ma questo non ti giustifica assolutamente. Uccidere qualcuno solo perché è brutto…non è ciò che ti ho insegnato».

No, infatti non lo era. Come tutti i Lancaster di discendenza diretta facevano con i propri figli, Lionel gli aveva insegnato a cacciare, ad usare le armi da fuoco, e qualche tecnica di semplice autodifesa che non guastava mai…oltre che ad arrampicarsi in ogni dove, e qualche rudimento di tennis, anche se quella era una passione tutta personale.

Ma non gli aveva insegnato ad uccidere le persone per noia od antipatia. E quel suo voler vivere e vedere soltanto la bellezza non era un tratto che aveva preso né da lui né da Gabrijela. Era un qualcosa che Sebastian aveva sviluppato da solo, così come era successo per Zachary; vero che i genitori di quest’ultimo erano molto assenti, ma nonna Isabèl era un’ottima persona. Eppure questo aveva significato qualcosa? No, ed ecco che Zeke era…Zeke.

«…e la mia domanda era un’altra» concluse l’uomo.

«papà-»

«Sebastian Lionel Veltibor Charles Lancaster, voglio che tu mi dica chi è stato ad attaccare per primo, anche se si tratta più di una conferma».

«noialtri» sbuffò alla fine Zachary annoiato, intromettendosi nel colloquio tra padre e figlio «l’abbiamo visto e l’abbiamo attaccato, è chiaro che se è qui non è per mangiare gelati, le pare?»

«ecco, appunto!» esclamò Sebastian, ottenendo in risposta uno sguardo duro da parte del padre.

«il vostro è stato un attacco gratuito tale e quale a quello a cui avete dato luogo prima della cerimonia, invece di avvertire la security. E se qualcuno viene attaccato è perfettamente normale che reagisca. Cosa credevate, che un chojin spietato come lui se ne sarebbe stato fermo e buono a farsi massacrare?! Avete nuovamente tentato di farlo fuori e lui, anche tenendo in considerazione quanto è successo in precedenza tra voi, ha cercato di fare lo stesso; quello che voglio dire è che ve la siete cercata, ed è già tanto che ne siate usciti vivi. Sebastian, se farai nuovamente qualcosa del genere sappi che potrai dimenticarti di quel gap year attorno al mondo» lo avvisò, ignorandone le proteste «e, ragazzo» guardò Zachary «io non sono tuo padre e rimproverarti non sarebbe compito mio, ma sappi che quel che ho detto a mio figlio vale anche per te, tanto più se nei vostri piani c’è il voler partire insieme! Mi hai capito?!»

Sebastian via via di cavolate ne aveva fatte, ma erano le tipiche imbecillate da giovani, il 96% nemmeno gravi, su alcune delle quali si poteva anche soprassedere completamente. Ma un conto erano quelle, ed un altro ciò in cui si era entusiasticamente lasciato coinvolgere da quando aveva iniziato a frequentare quel giovane americano!

«alla perfezione» il suo sorriso sornione era tornato «quindi quel cappello si può ricucire?» disse, stavolta rivolto ad Howard che non aveva detto più una parola.

«si, lo avevo già detto prima».

«zio!» fu a lui che adesso Sebastian, che non si era ancora arreso, si rivolse supplichevole «non possiamo fargliela passare liscia, bisogna far si che quell’animale paghi caro quel che ci ha fatto!» si aggrappò anche alla sua, di giacca. Grigia. Aveva ancora quella «manda i soldati a prenderlo, se è ancora vivo! Sopprimi quell’orrendo mostro!»

Ma da uomo intelligente -purtroppo per Sebastian- Howard H.R.J. Lancaster sapeva riconoscere un discorso perfettamente ragionevole quando ne sentiva uno.

Tutti quanti sapevano che se una grossa bestia feroce veniva pungolata, poi questa reagiva tentando di staccarti una mano o direttamente saltarti alla gola. Ma era davvero colpa della bestia? No! Era colpa di chi era andato lì col solo intento di darle fastidio. Per questo durante le battute di caccia grossa non aveva mai commesso l’errore di “giocare” con quegli animali, preferendo ucciderli appena possibile. Il concetto era lo stesso.

Inoltre suo cugino intendeva utilizzare quanto accaduto per dare al figlio un esempio educativo. E come Lionel non si era -e non si sarebbe mai- permesso di intromettersi nell’educazione di Emerald, lui non si permetteva di intromettersi in quella di suo nipote.

«mi dispiace. Ma proprio perché Warsman è in città, i soldati mi servono qui a protezione di tua cugina. E anche vostra. Restate qui e sarete al sicuro» disse dunque Howard.

“se Zachary non l’ha ucciso è facile che lui tenti comunque di entrare qui. Il ragazzo ha ragione, di certo non è in città per mangiare un buon gelato. Tanto più che se proprio avesse voluto mangiarne uno veramente buono era in Italia che sarebbe dovuto andare, ma questo è un altro discorso” guardò l’albino “è sopravvissuto ad un attacco assassino di quel russo…” e lui sapeva di cos’era capace, aveva visto i suoi incontri “ed ha riportato solo alcuni graffi, apparentemente riuscendo a sopraffarlo. Sapevo che era qualcosa di più che un tipo eccentrico, ma è riuscito a stupirmi ancora. Forse è ancora più pericoloso di quanto sia suo fratello, nel colpire i nemici. Certo, andrebbe ‘educato’, dovrebbe essergli inculcata un po’di disciplina…ma a quel punto, una volta addestrato e doverosamente armato…”

«m-ma non puoi lasciare che…è un mostro!!!» ripeté ancora Sebastian.

«è un essere umano, Sebastian! E non andare a supplicare da tuo zio una vendetta che non meritate, perché la colpa è stata vostra» Lionel staccò il figlio dalla giacca di Howard «ed ora fila immediatamente nella tua stanza».

«non-»

«immediatamente».

In quel momento entrò anche Michael. «che succed…Zachary!»

Lionel diede per scontato che adesso quest’altro americano se ne sarebbe uscito con qualcosa come “poverino! Troviamo il bastardo che ti ha ferito ed uccidiamolo! Hai cominciato tu? Poco importa, doveva subire e basta”…

«…che caz- ehm, che accidenti hai combinato adesso?!» erano bei tagli, ma comunque abbastanza superficiali, Michael l’aveva visto subito. E conoscendo suo fratello sapeva anche che non c’era da compatirlo.

L’albino gli mostrò la cuffia con Pac-Man rotta. «un distributore automatico con gli artigli mi ha rotto il cappello, Lentiggine! Ma ci pensi?»

L’americano lentigginoso lo fissò con un’aria parecchio stressata. Non bastava il fatto che Hammy non sembrasse avere più voglia di vederlo, cosa che lo allarmava moltissimo…anche suo fratello ci si metteva, scontrandosi con quella bestiaccia schifosa pericolosa! E ok, anche se era una bestia, era logico andare addosso ad un feroce animale selvaggio senza la dovuta protezione o le dovute armi? NO! e quei tagli riportati da Zeke lo dimostravano!

Ma perché almeno adesso non se ne stava un po’più tranquillo maledizione?!! Non si rendeva conto che tra tutti avevano già abbastanza problemi?!

«io lo sapevo che avrei dovuto rispedirti a Washington con i nostri genitori, che tu lo volessi o meno! Io lo sapevo, maledizione!» no, niente compassione nei confronti del fratello minore «non riesci a capire che questo è un momento delicato?! Eppure tu vuoi bene ad Emerald…»

«e che c’entra?»

«…come sarebbe a dire “e che c’entra”?!!»

“di rado ho visto Michael più furioso di così” pensò Howard. Lionel invece si disse che via, tutto sommato sembrava che ci fosse qualcuno disposto a fare anche all’albino la predica che meritava.

Sebastian era uscito dalla stanza, ma invece di dirigersi in camera propria come gli era stato detto aspettava fuori dalla porta…

«e beh, non ho portato lei via con me. E anche Seb comunque non si è fatto niente, e io giusto un paio di taglietti…»

«chiamali taglietti! Ti resteranno le cicatrici!!!»

«da che mondo è mondo, le cicatrici fanno figo».

Al neo Lancaster venne una voglia matta di mettersi a urlare e prenderlo a sberle, ma dovette contenersi. «quel che voglio dire è che tutti coloro che vogliono bene ad Hammy adesso dovrebbero starle vicini ed occuparsi di lei, non andare in giro a fare danni! Ti è tanto difficile arrivarci?! Che ce l’hai a fare un Q.I. mostruoso se poi fai imbecillate del genere?!!»

Zeke anche in quel momento rimase “cool”, nei vari sensi letterali del termine: freddo, calmo, indifferente e sfacciato. E appena il dottore ebbe finito di disinfettare ed applicare i punti, si alzò dal divanetto su cui si era seduto. Non si era ancora riallacciato la camicia…quelle cicatrici avrebbero rovinato il tatuaggio, cavoli…

«eeeh Lentiggine, Lentiggine…è vero che le prediche me le hai sempre fatte, ma ultimamente ti sei rammollito parecchio se te la prendi tanto solo per questo».

«Zachary…devo farti notare che la vostra non è stata esattamente una manovra intelligente» disse Howard.

«e tu e mio figlio potevate morire» aggiunse Lionel, duro.

«naah. Se uno è con me, non muore di sicuro. E infatti è sanissimo. Inoltre non potevamo prevedere come sarebbe andata a finire» fece spallucce «indi, non è esattamente colpa nostra».

«oooh no, guarda che non funziona, perché tu sai sempre come va a finire. Sempre» Michael quasi ringhiava «come minimo quando l’hai attaccato speravi proprio che reagisse. Se avessi voluto davvero farlo fuori e basta avresti tirato fuori uno di quei tuoi dannati fucili spara “acido” che tieni sempre sotto il sedile posteriore! Io ti avverto…combinane un’altra, una sola, e ti rispedisco a casa, non me ne frega niente se è quel che vuoi oppure no».

«…hai problemi con la mia cognatina, per caso? Sei nevrastenico matto».

«chiudi quella bocca!!!»

L’americano si sentì posare una mano sulla spalla. Era stato suo suocero, che senza dire una parola fece cenno a Zachary di uscire. E questi obbedì, sempre calmissimo.

«uh. Sei qua».

«si…c’è mio padre che a volte…» borbottò Sebastian, incamminandosi con l’altro lungo il corridoio «io non lo capisco, attentano alla mia vita e lui invece di vendicarmi mi schiaffeggia?!»

«genitori…parecchie volte sono incomprensibili, ti capisco. Cioè, credevano davvero che avremmo potuto finire ammazzati» Zachary scosse la testa con l’aria di chi ha appena sentito una cavolata grossa come una casa «ma dai».

«ehm…invero, ci sono stati dei momenti in cui ho avuto un pensiero analogo» ammise Sebastian «e quelle tue ferite…»

«sono come il cappello, tornano a posto. Eddai, è andata bene. Com’è sempre andato, va ed andrà…» triò fuori il cellulare e scelse una canzone «pensare che possa andare male vuol dire attirarsi la sfiga addosso».

 

let’s fight!

We’re face to face

Loyalty is what I need to see from you

You’re insecure

I can see the fear that breeds in your heart…”

 

«i-insomma…tu non hai pensato nemmeno per un istante che…?»

«che mi avrebbe rotto il cappello? No!»

«non intendevo parlare del tuo cappello…»

 

where will you run? Where will you hide?

I see the look drift from your eyes

Who will survive? Let’s get it on

And we’ll fight!”

 

«non vedo perché avrebbe dovuto andare diversamente, certo, mi scoccia aver perso Chaos Star ma mi procurerò Chaos Star II…»

Ecco, in quei momento Sebastian non lo capiva proprio. Dopo quel che era successo pensava a cappello e macchina, come se non avesse neppure preso in considerazione l’idea di poter morire.

«saremmo potuti morire, Zachary».

«naaaah…ascoltati la canzone va’» lo vide arricciare il naso «si, lo so che è un genere che non ti piace, ma è tra le mie preferite: Immortal, degli Adema…»

 

I know who you are

The leader of lost souls

You can’t kill me

I’m immortal

I’m not afraid to die

My soul will travel on

You can’t kill me

I’m immortal!

Immortal…immortal…”

 

«ci sta bene si o no?...»

E continuarono a camminare.

 

 

«a volte mi fa diventare matto!...chiedo scusa al posto suo per qualunque cosa abbia combinato e in cui ha coinvolto suo figlio» disse a Lionel «ad ogni modo…Warsman è in città. Che diavolo vuole?!»

«Hammy» disse Howard «o così presumo, sempre se è sopravvissuto. Ma non riuscirà ad avvicinarsi a lei, te lo garantisco».

“si…sempre che non sia lei ad avvicinarsi a lui” aggiunse mentalmente Lionel.

«bene…» disse l’americano. Ad Howard comunque non sfuggì il fatto che era nervoso per davvero, e che -sempre per davvero- probabilmente Hammy c’entrava qualcosa. Urgeva un’indagine. Solo che al momento aveva un’altra cosa da fare.

«è bene che telefoni a mia moglie» disse infatti «lei e Gabrijela sono in città per lo shopping…tanto per cambiare…ma è meglio che rientrino».

«faccio io» disse Lionel «credo che vuoi due abbiate di che parlare. Vi lascio soli».

E prima che uno dei due potesse dire qualcosa, uscì dalla stanza col cellulare già in mano. La sua Lela, come la chiamava lui, era stata messa prima tra i numeri delle chiamate rapide.

A volte si trovava a chiedersi perché mai una bellissima allora diciottenne croata avesse deciso con somma gioia di sposarsi con un trentatreenne.

Beh, la risposta era che oltre che per amore Gabrijela l’aveva fatto perché non era una stupida; aveva sempre ambito a laurearsi in psicologia, ma aveva anche sempre saputo che i suoi genitori non avrebbero mai potuto permettersi di pagarle gli studi.

E poi aveva conosciuto Lionel, un uomo affascinante e pieno di charme che l’aveva conquistata praticamente subito, anche quando ancora non sapeva quanto fosse ricco.

Un uomo che oltre a sposarla garantendole una vita molto agiata le aveva anche consentito molto volentieri di studiare nella Queen’s University a Belfast, un paio d’anni dopo la nascita di Sebastian…

Il cellulare squillò a lungo senza che lei rispondesse.

Tentò di chiamarla ancora.

Stavolta la donna rispose, al quinto squillo.

«Gabrijela?»

dimmi!

Sembrava tranquilla, il che era ottimo. «è tutto a posto? Tu e Janice dove siete?»

Si sentì il rumore di un clacson.

al momento, imbottigliate nel traffico. Scusa se non ti ho risposto prima, ma non avevo sentito il cellulare col rumore che c’è! Stavamo tornando a casa, ma credo che ci vorrà ancora un po’.

 

 

– capisco. Appena potete rientrate, allora».

Gabrijela, in piedi su un marciapiede accanto ad una strada in cui davvero c’era una bella coda di automobili, si attorcigliò una ciocca dei bei capelli lucidi e lunghi oltre le spalle di un rosso mogano talmente scuro da sembrare quasi nero.

«va bene…è successo qualcosa?»

io ed Howard ve lo spigheremo appena tu e Janice tornate.

«d’accordo…ecco, il traffico si sta smuovendo un po’…ci vediamo presto. Ciao» terminò la chiamata e si voltò a guardare Janice, che era sul terrazzo all’ultimo piano di uno dei palazzi appartenenti ad un complesso di proprietà di Lionel stesso. Complesso ancora in costruzione e per buona parte dunque vuoto.

Gabrijela alzò il pollice e rientrò nel condominio. Anche Janice rientrò nell’appartamento, con un sospiro.

«è tutto a posto. E pare che Gabrijela abbia guadagnato ancora un po’di tempo…» sobbalzò quando sentì l’uomo iniziare a ridere amaramente chissà per quale motivo, per poi sibilare di dolore «…io te l’ho detto che devi lasciare che disinfettiamo anche quella ferita al viso».

«no».

Warsman era già stato categorico nel rifiutare, ma quelle due non sembravano volersi arrendere. Specialmente l’altra signora Lancaster, che lì per lì aveva scambiato per una Iva Jerkovic trentottenne.

Ed era per questo motivo che gli era venuto da ridere, perché diversi uomini della famiglia Lancaster tentavano di farlo fuori, mentre le loro donne lo curavano a loro insaputa; c’era di che sbellicarsi.

Era scampato all’esplosione solo perché un istante prima che questa avvenisse era riuscito con grande sofferenza a staccare le mani dal cofano, con i coltelli ancora infilzati nel palmo delle mani, ed aveva cercato di rotolare via.

L’esplosione gli aveva causato qualche ustione di secondo grado alla schiena sul fianco destro, ma i veri problemi erano i frammenti di vetro e ferro che gli si erano conficcati addosso -uno dei quali gli aveva rotto la maschera e tagliato i tessuti celati sotto- e le mani…quel mezzo albino bastardo l’aveva quasi crocefisso alla macchina, e tutto perché gli aveva rotto il cappello. La rabbia aveva indotto anche Zachary a tirare fuori una forza tale da riuscire a sbatterlo contro il cofano -a volte quelli che non ci stanno molto con la testa riescono a fare cose del genere- complice anche il fatto che lui in quel momento fosse distratto e sbilanciato nel cercare di colpire Sebastian…

«tutto risolto» giusto in quel momento rientrò Gabrijela «per quanto ne sanno siamo rimaste imbottigliate nel traffico mentre tornavamo a casa. Tu non eri convinta, ma alla fine si è rivelata una fortuna che siamo partite senza autista» chiuse la porta «allora? To je prskati?»

«…eh?»

«scusa. Si è fatto disinfettare? Parlo del viso…mh. Pare proprio di no» si mise davanti a lui, disteso sul divano «senta, le abbiamo dato retta quando non è voluto andare in ospedale ed è già tanto. Perlomeno lasci che la medichiamo per bene. Quella ferita al volto potrebbe infettarsi, e poi sarebbero guai».

Lei e Janice l’avevano trovato un’ora e mezzo prima, mentre stavano tornando a casa. Era stata Janice a vederlo trascinarsi in un vicolo cercando di raggiungere un qualsiasi posto dove potesse curarsi. Una volta riconosciuto le era quasi venuta l’idea di lasciarlo dov’era…ma poi il solito altruismo aveva avuto la meglio. Forse perché Gabrijela appena aveva sentito “uomo ferito” era già scesa dall’auto, prima che Janice potesse spiegarle di chi si trattava o dire qualsiasi altra cosa. Il russo aveva ceduto abbastanza presto, un po’perché aveva davvero bisogno di aiuto, e un po’perché era difficile dire di no ad una “gemella trentottenne di Iva Jerkovich” che sembrava volergli dare una mano.

Le cose erano cambiate quando aveva visto che in macchina con lei, sul sedile del passeggero, c’era Janice. E quando dai discorsi che avevano fatto le due aveva capito che anche lei era parte della famiglia Lancaster. Ma un mezzo colpo, soprattutto, gli era venuto quando…

 

“…mi hanno attaccato, ma giuro su quel che volete che io…mangiavo un gelato, maledizione! E quei due, l’albino e l’altro…avevo avuto già a che fare con loro, il giorno del matrimonio…hanno cercato di uccidermi. C’è stata una battaglia, ho reagito, perché di storie come questa ne ho abbastanza…cercate di capirmi…!”

“eppure io e mio marito avevamo detto chiaro e tondo a Sebastian che non doveva fare più cose del genere. Evidentemente non aveva capito e se l’è andata a cercare di nuovo. Spero che adesso ci sia arrivato!”

 

…aveva capito che la donna in questione era la madre di uno dei due ragazzi che lui aveva cercato di far fuori un’ora e mezzo prima.

Howard Lancaster al posto suo gli avrebbe dato il colpo di grazia, invece di assisterlo.

«avete già fatto…molto. Fin troppo» borbottò. Da quando aveva capito chi era, guardarla in viso non era qualcosa che gli riusciva molto bene. Gabrijela emise un piccolo sbuffo «è già tanto che n-no!...»

Gabrijela gli aveva sfilato la maschera a tradimento. Janice per poco non fece un mezzo strillo, ma riuscì a trattenerlo finendo solo per sobbalzare all’indietro con aria spaventata mentre il russo cercava di coprirsi il volto -con la ferita sporca e del sangue rappreso sui tessuti scoperti- con una mano, e tentando di riprendersi il maltolto con l’altra.

Non sopportava di stare senza maschera…a meno che con lui non ci fosse la sola Emerald, ed anche in quel caso gli risultava difficile.

«ridatemela, non…!»

La donna croata fu ferma nel togliere la mano che lui aveva messo davanti al viso, guardandolo seria, ma non schifata. Era un uomo ferito, che andava curato, e se era fatto in quel modo non aveva colpa. Non potevano lasciare che la ferita andasse in suppurazione o simili e al momento per lui, chojin o no, era difficile curarsi da solo viste le condizioni delle mani.

«tranquillo. La maschera l’ha protetta…è una ferita piuttosto superficiale. Lasci che la disinfetti, poi potrà indossarla di nuovo».

«Gabrijela…» Janice provava un misto tra compassione ed un’irrazionale paura, davanti a quel volto martoriato.

Warsman invece era ancora sconvolto.

Assurdo. Non la conosceva nemmeno, suo figlio aveva cercato di ucciderlo e viceversa, eppure lei lo stava aiutando senza curarsi neppure del suo aspetto orribile. Si beh…contrariamente ad Emerald non l’avrebbe mai baciato. E lui a dirla tutta nonostante fosse una bella donna non lo avrebbe neppure voluto. Però le sue azioni dimostravano un’umanità che, da quanto ne sapeva lui, nella famiglia Lancaster non erano in molti ad avere.

«kvragu!!! Ecco cos’avevo dimenticato di prendere in farmacia!» esclamò improvvisamente «la soluzione salina per le ustioni!»

«vado a prenderla io» si offrì Janice, ben lieta di avere una scusa valida per lasciare l’appartamento nella speranza che nel frattempo Gabrijela finisse e gli lasciasse indossare di nuovo la maschera «adesso. Subito!»

“…ma perché dovevamo prendere proprio quella strada?” pensò, uscendo in fretta dall’appartamento -ancora disabitato ma già arredato- “perché invece di svoltare a sinistra non siamo andate a destra?!” ok le ferite sul corpo ma quel volto era davvero…troppo, per lei!

Solo dopo qualche minuto il russo, rimasto solo con l’altra donna, riuscì a spiccicare parola.

«non vi fa impressione rimanere sola con me?» si azzardò a chiederle «anche se…»

«…lei e mio figlio avete avuto una battaglia? Si beh. Non è qualcosa che mi fa esattamente piacere».

«non lo avrei attaccato per primo, io-»

«lei è qui per altri motivi. Probabilmente lo stesso che l’ha spinta a venire al matrimonio di mia nipote, e se è così è chiaro che avrebbe preferito mantenere un profilo basso e che nessuno sapesse della sua presenza qui. Che non avrebbe attaccato per primo era logico. Idem la reazione ad un attacco letale. E come specificato prima, a mio figlio era già stato detto chiaramente che aveva sbagliato e non avrebbe dovuto ripetere lo stesso errore. Adesso dovrebbe aver capito».

«lui…non si è fatto niente. Nemmeno un graffio» mormorò, “anche se io gli avrei infilzato il cranio volentieri” aggiunse mentalmente.

«si chiama “impara”. Kvragu! Io e Lionel non gli abbiamo insegnato a dare la caccia alle persone!»

«…ringraziando il Signore» completò Warsman in un sospiro. Anche se quel non-insegnamento non aveva dato molti frutti «credo che mi veda una bestia, così come…si. Vabbé».

«così come suo zio Howard. Un uomo assolutamente amabile, senza dubbio, ma in questo caso le sue opinioni e la nostra divergono un po’. Ho finito, ecco la maschera» gliela porse, e lui non tardò a rimettersela.

«grazie».

«molim. Rimanga qui finché non starà un po’meglio ma poi, per il suo bene, lasci la città. Dubito che riuscirà a vedere mia nipote. Ed Emerald oltretutto non la ricorda. Prima l’avrebbe difesa, ma ora non è detto che lo faccia».

Quella donna aveva capito fin troppo, e se l’aveva fatto lei che non lo conosceva neppure…

L’unica scommessa era il numero di soldati che avrebbe dovuto eludere.

«ho capito».

Perché non intendeva lasciar perdere, ma certo che no. Avrebbe atteso qualche giorno in più, ma avrebbe tentato lo stesso…

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Capitolo 5
*** In fuga ***


«ha ricordato qualcosa?»

L’altro scosse la testa. «non ancora, nonostante fisicamente migliori ogni giorno di più. Riesce a percorrere tratti piuttosto lunghi, adesso» disse Howard.

“i problemi però sono altri. Sembra non volere contatti con Michael, nonostante lui la cerchi, tenti in tutti i modi di starle vicino…e lo fa senza motivo, poi. Quando le ho chiesto se era successo qualcosa di spiacevole tra loro lei ha negato”.

Giustamente, anche perché Michael ad Hammy non aveva fatto assolutamente niente di male, a meno che per “male” non si intendesse chiederle cosa c’era che non andava, tentare di fare chiarezza…era sempre stata quella la loro forza. La chiarezza. L’onestà. Il non essersi nascosti mai niente -o quasi, nel caso di Emerald- parlando sempre di tutto sapendo di poterlo fare liberamente.

Adesso non era più così, e l’americano che aveva sposato una ragazza innamorata persa di lui adesso si trovava con una che lo allontanava.

 

mi allontana. Lo fa da giorni. Non vuole avere contatti con me, anche se io so per certo di non averle fatto niente di male…non me lo spiego. Eppure non sembrava aver dimenticato di essere innamorata di me. Che poi, sono cose che si possono dimenticare queste?!...non so neppure come comportarmi, al momento. Se le sto addosso non le piacerà, se la lascerò stare probabilmente finirà col sentirsi messa da parte, io…non so che fare”.

 

Hammy non aveva dimenticato di essere innamorata di lui, no. E i suoi sentimenti non erano cambiati.

Semplicemente continuava a credere che lui facesse solo per compassione tutto quel che faceva, e pensava che Michael meritasse di avere al suo fianco una persona sana.

Quindi, finché non avesse ricordato e non fosse tornata a parlare, non voleva stare ad impicciargli…tanto da -ironicamente considerando che era nato tutto da questo- evitare perfino di consumare il matrimonio quando lui, vedendola riacquistare le forze, aveva tirato fuori l’idea.

Finché non fosse stato consumato non sarebbe stato valido, e lui avrebbe potuto “ritirarsi” in qualunque momento se mai avesse deciso di lasciar perdere lei, Miss Circo Amnesia Muta-Chissà-Per-Quanto in favore di una ragazza con i ricordi e la voce al loro posto.

«quindi sta migliorando».

«si. Altrimenti non sarei qui, ti pare?»

I problemi comunque non riguardavano solo Emerald stessa.

C’era anche la questione “Janice ha deciso di ospitare tutti lì in casa”.

E con tutti -oltre a Lionel e famiglia- si intendeva Kid Muscle con relativa combriccola di amici chojin, più Fiona, Kirika, Crea, Roxanne, la figlia di MacMadd…e ovviamente anche Kevin Mask, che indubbiamente era una parte importante di quei due anni e mezzo che mancavano all’appello in testa di Hammy, ma era saggio tenere in casa il suo ex mentre lei e Michael avevano dei problemi?!

Howard aveva la vaga impressione che sua moglie lo facesse apposta, sperando che Emerald in quel frangente decidesse di tornare con Kevin. D’altra parte lei aveva sempre parteggiato per quel ragazzo. Solo che…non era un po’meschino approfittarsi di una situazione del genere?

Un altro problema ancora riguardava la bestia. Aveva ovviamente rinforzato la sorveglianza attorno alla tenuta, e particolarmente attorno alla stanza di sua figlia e sua figlia stessa, in modo tanto efficace quanto praticamente invisibile, così che in Emerald non si acuisse la sensazione di “reclusione” che sicuramente stava provando. I soldati erano bravissimi a…“giocare a nascondino”. Ma stava di fatto che erano passati dieci giorni da quell’ultimo attacco e Warsman non si era ancora fatto vedere.

Howard per qualche breve istante in quei giorni aveva pensato “forse Zachary l’ha ucciso per davvero”. Ma aveva lasciato subito perdere l’idea; una semplice esplosione dopo una battaglia non poteva davvero avere eliminato un animale del genere.

«…piuttosto, sono stupito per la domanda».

«non è per lei che mi preoccupo, ma perché io e te abbiamo una sfida ancora in ballo, e quest’ultima faccenda ci è stata di impiccio».

«se mia figlia non sta bene io non vado a gironzolare per Londra o chissà dove di notte. Se stasera lo faccio è solo perché è migliorata molto, e con tutte le persone che sono in casa nostra al momento è ben protetta» guardò l’uomo accanto a lui. Erano le undici e tre quarti di sera e loro si trovavano sul tetto di un palazzo; Howard era seduto sopra il muretto che dava sul vuoto. Accanto a lui, due confezioni di birra da sei bottiglie da 0,75l, una delle quali già finita.

«ti faccio notare che quella lì è in grado di proteggersi fin troppo bene, e tu devi ancora dirmi che diamine le hai fatto a quel braccio!»

«assolutamente nulla…è a voi della Scuola di Ercole e agli allenamenti che le avete imposto che deve la forza con cui ti ha, come dire, facilmente sconfitto e mandato all’ospedale qualche mese».

«Lancaster, non mi ci vuole niente a darti una spintarella e farti cadere di sotto».

«non penso che ti convenga, l’età avanzata ti ha tolto prontezza di riflessi e probabilmente saresti tu a finire a cadere una volta che io avrò evitato la spinta…Robbie» dimezzò rapidamente il contenuto della bottiglia che aveva in mano «dimmi, come hai convinto la tua padroncina ad allentarti il guinzaglio anche stasera?»

«Alya non è la mia “padroncina”! Io sono un uomo adulto e faccio quel che mi pare!» e per sottolineare il concetto lui volle finire la bottiglia in un sorso.

«ma davvero…eppure tu stesso mi avevi detto di avere problemi».

«tsk» borbottò l’altro «a chi tocca, stasera? A me?» sapeva benissimo a chi toccava, ma tentò comunque l’imbroglio.

«no, a me» lo contraddisse Howard «sai come funziona, una volta tu ed una volta io».

«che proponi?»

«inizi a reggere un po’meglio gli alcolici, mh? Fino a qualche tempo fa con quelle quattro birre che hai bevuto ti saresti nuovamente dichiarato al kayak!» si mise a ridere, non poté farne a meno «“t’amo pio kayak!”»

«quella non è stata colpa mia! Mi avevi detto che quelle prese al bar erano bibite analcoliche!!!»

«non so come dirtelo ma è stata colpa tua…perché mi hai creduto quando te l’ho detto! E comunque qualcuna delle mie lo era, analcolica. Mi è stato detto di non esagerare, per quanto il mio fegato anche dopo tutte le solenni bevute giovanili goda tuttora di ottima salute».

«giuro su quel che ti pare che una volta finita questa cosa io ti-»

«si, certo, sicuro».

«insomma qual è la scommessa di stasera?!» tornò alla carica Robin…sperando che l’altro non avesse fatto sul serio, ripensando al contenuto della busta da lettere bianca che gli era arrivata nel pomeriggio.

Un volantino in cui si annunciava che, allo strip club Dark Spark in cui si esibivano solo spogliarellisti maschi, si entrava gratis fino a mezzanotte.

E per quanto Robin non avesse capito granché quale significato potesse avere fargli recapitare quel volantino, di certo non era niente di buono.

Iniziava a rimpiangere quella regola che avevano fissato tempo fa, il giorno stesso in cui erano tornati dall’isola, mentre erano rifugiati nell’appartamento all’ultimo piano di uno degli alberghi del marchese Lancaster. In quell’occasione, parlando di quel che era capitato loro da poco -o meglio, mentre Howard si era sorbito le lagne dell’ex collega- era saltato fuori un certo discorso…

 

“il fatto è che tu sei invecchiato più mentalmente che fisicamente Robin. Sei imbalsamato come quelle teste di animali sulla mia parete, tale e quale”.

“no, sei tu che sei pazzo da legare!”

“un pazzo che ha salvato entrambi, o sbaglio? Secondo me la verità è che vigliacco come sei hai paura di uscire dagli schemi…”

“io non ho paura di niente!”

“ah davvero? Dimostralo”.

“è una sfida, Lancaster?”

“prendila come vuoi. Fammi vedere che sei in grado di smetterla di imitare il tuo trisnonno”.

“…”

“allora?”

“…non solo io. Anche tu! La sfida sarà così: ci incontreremo di nascosto, ed una volta per uno proporremo un’idea…che entrambi dovremo mettere in pratica. E chi non lo fa…”

“perde la sfida, ed una volta che uno dei due avrà perso la cosa finirà lì. Mh. Vorrò proprio vedere…dato che sono stato io a lanciare la sfida, la mia proposta è questa: tra due sere andrai a farti fare dei piercing e poi a bere fino a non capire più nulla”.

“…e tu farai lo stesso”.

“well. So, be it”.

“…nessuno dovrà sapere di questa cosa. Che tu ed io ci incontriamo. Nessuno! Chiaro?!”

“puoi stare certo che non tengo minimamente a farlo sapere in giro”.

 

«speravo che ci fossi arrivato nel vedere il volantino».

No, invece faceva sul serio ma…sul serio riguardo che?!

«ho capito che c’entra qualcosa quel locale malfamato, ma non cosa ti sia venuto in quella mente tarata! Abbiamo già fatto molto di disdicevole, ed Alya-»

«disdicevole come andare sotto casa del carissimo dottor MacNeil a suonare i bonghi nel bel mezzo della notte stonando la canzone dei Watussi dopo aver ricoperto l’intera abitazione di carta igienica? E tu ti sei quasi fatto prendere? Ti ricordo che quella è stata una tua idea…e che lui è il mentore della tua compagna».

Si, ad Howard anche ripensando a quello veniva da ridere. “vendicarsi” del demone in sedia a rotelle era stato terribilmente divertente. Infantile, si, come lo erano state le varie idee di Robin -come quella, o quella di salire in piedi sui cavallini della giostra al luna park stando in equilibrio su un piede solo e con due bastoncini di zucchero filato in mano- ma indubbiamente spassoso, soprattutto per uno che “I can”…e qualunque cosa facesse, indossasse o dicesse diventava di moda, come per quella pettinatura assurda che si era ritrovato, o l’orecchino.

«si, ma un conto è quello e un altro è…è…qualunque cosa voglia fare tu! Di’, non avrai intenzione di costringermi a…a flirtare con gli spogliarellisti del club, vero?!»

Eh no, Robin non aveva capito un accidenti. Ma perché stupirsi?

«credo che la birra inizi a fare effetto visto le scempiaggini che vai blaterando. Più del solito s’intende» aggiunse tanto per gradire «ovvio che non “flirteremo” con gli spogliarellisti! Robin, ma non ricordi i miei racconti di quando ero un liceale? Eppure l’ho accennato spesso. Dai, un piccolo sforzo…»

«…»

Robin si sforzò di ricordare. Si, avevano parlato spesso di quel periodo, come di varie altre cose, e in effetti c’era qualcosa che allora gli aveva fatto inarcare entrambe le sopracciglia sotto la maschera, ma in quel momento non gli veniva in mente…

«il periodo in cui avevo il piercing sulla lingua…» cercò di aiutarlo l’altro «la mia fase più “ribelle”, su!»

Fu Howard stesso invece a ricordare un dettaglio che lo indusse a scendere giù dal muretto. Ringraziando il cielo riuscì a controllare la risata, e Robin non capì il vero significato del luccichio nei suoi occhi smeraldini.

«non mi piace quel luccichio».

«dai che puoi arrivarci. Forse».

“la penultima volta che sono stato al Dark Spark ho adescato sua moglie, e lui deve ancora venirlo a sapere!” pensò il marchese.

E fu proprio in quel momento che Robin riuscì a fare un paio di collegamenti.

«…no».

Solo che non ci credeva.

«ah no. No, no. no -no -no -no no».

«dalla tua reazione credo che tu abbia capito…»

«è immorale!!! È qualcosa di completamente…indecente! Alla nostra età poi!»

«parla per te! Io sono giovane -venti anni meno di te, non finirò mai di ricordartelo- e ancora perfettamente fisicato. Nonché un vecchio “lavoratore” nel locale, e amico dei proprietari…»

«non farò lo spogliarellista, maledizione!!!» esplose Robin «mi sono prestato ai piercing, alle bevute, al bungee jumping, al paracadutismo, al kayak, al bob, al parapendio, alle arrampicate ma a questo no!!! Non pensi a tua moglie?!»

«non intendo certo tradirla! Oltretutto il Dark Spark ha regole ferree: i clienti possono e devono guardare, ma non toccare. E la nudità non è mai completa…» fece un sorrisetto «mi sa che sto per vincere la sfida!»

«Lancaster, è…è scandaloso! È vergognoso! Che direbbe mio n-»

«vuoi davvero tirare ancora in ballo tuo nonno? Suvvia, Robin! Magari imparare qualche tecnica potrebbe farti comodo, proprio in considerazione del fatto che hai una compagna che potrebbe essere tua figlia e se non metti un po’di pepe nella vostra relazione c’è il forte rischio che si annoi!»

Ma quanto si divertiva a prenderlo in giro in quel modo...

La parte migliore però era quando abboccava.

Ossia quasi sempre, anche quando lui aveva vent’anni e Robin giusto una quarantina.

Peraltro tirando in ballo Alya la cosa si rivelava ancora più semplice. Per Robin lei era un vero angelo caduto dal cielo, e l’idea di perderla perché l’aveva annoiata lo atterriva completamente.

«…si annoi e magari tanto per cambiare invece di un compagno che potrebbe essere suo padre vada a cercarsi, come dire, un “toy boy” anche più giovane di lei. Come mio nipote Sebastian, per esempio!»

Ecco vibrato il colpo finale.

«mai!!! D’accordo, maledizione a te…accetto! È una follia indecente ma accetto!»

«guarda che io so benissimo che sotto sotto finora ti sei divertito come un matto».

«tsk. Stupidaggini» borbottò Robin, anche se quel che aveva detto Howard era vero eccome. Ma dargli la soddisfazione di avere ragione? Mai!

Così come era stato per quella di salvarlo come “Tarzan” nella rubrica. Tarzan, il re delle scimmie. Ma poteva dare a quello lì il nome di un re?! Eh no! E allora ecco che era venuto fuori “Jane”, che tanti sospetti aveva causato nella povera Alya…

«sicuro, stupidaggini…sai fare un minimo di “Elvis the pelvis in the Memphis”, spero».

«eh?»

«movimento pelvico, Robin, tipo Elvis» fece i movimenti in questione «così!...anche questo con la tua compagna potrebbe tornarti utile…»

«cioè, io dovrei…»

«tu dovrai, se non vuoi lasciarmi vincere! Forse sarà meglio che tu beva qualche drink prima, altrimenti le signore si troveranno ad ammirare un  vecchio palo di legno inamovibile, e loro vogliono vedere scene alla “Magic Mike”!»

Dopo che Janice aveva voluto andare a vederlo con le sue amiche dei club…meglio non parlare di quel che lui aveva fatto per sua moglie, tanto per rimanere anche in quel caso un gradino sopra a tutti quei “ragazzi incredibilmente…uuuh” -parole di Janice-.

«alla che?»

Con un sospiro il marchese prese il cellulare e gli mostrò il trailer di quel film.

«Lancaster, tu vuoi rovinarmi!!!»

«no che non voglio. Anche perché non potresti essere più rovinato di quanto tu già sia…a meno di non volerlo fare anche economicamente».

«grazie per avermi ricordato uno dei tanti motivi per cui detesto sia te che-»

«limitati al “te”. E comunque per essere meno riconoscibile, puoi sempre toglierti la maschera».

«ma è possibile che a te non importi?! E se qualcuno dei nostri pari venisse a saperlo?!» sbottò Robin, tornando al discorso spogliarello.

«le possibilità che accada sono esigue, ma se qualcuno dei nostri pari venisse a saperlo correrebbero tutti quanti ad imparare qualche mossa per non essere da meno con le rispettive mogli o compagne. E le donne in questione comincerebbero a sognare che i loro mariti o compagni si esibiscano per loro come immagineranno -giustamente- che io faccia per Janice. Quindi,  I can! E tu con la tua partirai avvantaggiato».

«senti, Alya non è tipo da-»

«guarda, da quel che ho potuto vedere in gioventù ogni donna apprezza un bell’uomo che si sa muovere».

Robin borbottò qualcosa di incomprensibile, per poi scendere insieme a lui ed andare fino all’auto…

 

 

:: circa una tre quarti d’ora dopo ::

 

“questa volta lo coglierò sul fatto, e finalmente capirò cosa c’è dietro, anche se…spero davvero che non sia come penso”.

Alya aveva trovato sulla scrivania di Robin, lasciato “intelligentemente” in bella vista, il volantino del Dark Spark con relativo annuncio. E a quel punto non gli ci era voluto molto a fare due più due, visto che anche in quella giornata Robin era sparito. Precisamente un quarto d’ora prima che lei tornasse dal lavoro.

Quindi Robin si vedeva con un uomo? La tradiva con un uomo?...non che Alya facesse qualsiasi discriminazione in questo senso -per quanto ad altre una cosa del genere avrebbe portato a pensare “ma non sarò stata io a fargli cambiare gusti?”- l’unica cosa che contava per lei era il possibile tradimento.

Solo…era in quel locale da più di un’ora, ormai erano le una e mezza di notte, e lei Robin non l’aveva ancora visto. Per la Dea, che si fosse appartato dietro le quinte con uno di quei ragazzi, o uno di quegli uomini più maturi ma sempre in perfetta forma, che si esibivano?

«e adesso mie care signore preparatevi a vedere un fuori programma assolutamente speciale!» esclamò la donna che annunciava le esibizioni «uno di loro è una nostra vecchia conoscenza: le clienti che vengono qui da più tempo sicuramente ricorderanno Samael…»

Urla entusiastiche da parte delle vecchie clienti in questione. D’altra parte in un fumetto questo “Samael” è il nome del principe dei seduttori…poteva essere adatto ad uno spogliarellista.

«…che stasera ha portato un amico: Magic Robbie!»

Lì ad Alya cadde quasi dalle mani il bicchiere di vino bianco. Aspè…”Magic Robbie”?!

Vuoi vedere che…

“ma dai…sarebbe assurdo. Eppure…”

Non era poi così assurdo quando lo spettacolo iniziò vide il suo compagno sul palco.

Un po’brillo, anche se poteva notarlo giusto lei.

Senza maschera.

E, soprattutto, ad imitare i movimenti di un lucidissimo Howard Lancaster che evidentemente era questo famoso “Samael”!

Ecco, a quel punto il bicchiere le cadde dalle mani per davvero.

Non si poteva dire che conoscesse bene Howard Lancaster, ma lei lo aveva sempre visto con quel suo inappuntabile completo bianco…insomma, non avrebbe pensato che fosse il tipo d’uomo che poteva fare cose come quella.  E invece!

Ma quel che più la sconvolgeva ovviamente era l’atteggiamento di Robin, che stava facendo la stessa cosa! Lui, che “decoro, onorabilità, morale”! Moralista di giorno, trasgressivo di notte!

E a quel punto fece tutti i collegamenti che doveva fare, arrivando finalmente a capire con chi era che Robin era uscito fino a quel momento. Pur continuando a non spiegarsi quel “Jane” con cui l’aveva salvato in rubrica.

E a quel punto Alya non sapeva se mettersi a ridere o…boh. Magari andare a fare loro i complimenti dopo lo spettacolo, complimenti della cui ironia si sarebbe accorto il solo Robin -se non era troppo ubriaco-. Ironia non per l’effettiva bravura di entrambi, perché su quella non si discuteva (?!) ma per averla fatta stare così in pena per…niente.

Certo, che Robin uscisse proprio con l’uomo che aveva sempre dichiarato di odiare era incredibile. Però meglio quello che un tradimento, e comunque nonostante a lei il marchese non piacesse, meglio una specie di “pace” dovuta al rinnovato sodalizio che trovarsi un esercito in casa, no?

Capì anche perché Robin non le aveva voluto dire niente a riguardo. Uno orgoglioso come lui, ammettere di andare a fare bagordi con un detestabile “ex” amico? Mai!

Ovviamente avrebbero dovuto parlare molto a lungo…perché che il suo compagno continuasse a fare idiozie varie non era proprio tutto questo gran bene.

Ma era già un po’più sollevata…e peraltro sembrava che Robin stesse anche guadagnando il giusto, con quella performance!

Qualche minuto dopo lo spettacolo finì, ed Alya assistette ad un’altra scena abbastanza divertente nel momento in cui, una volta scesi dal palco, Howard Lancaster guardandosi attorno la vide. Facendole pure un cenno di saluto prima di dare dei colpetti sulla spalla di Robin e tendere, con un sopracciglio sollevato, la mano aperta ad indicare Alya…che dal labiale intuì un “devo aggiungere un commento a ciò, Robin?”

Anche il suddetto si voltò, la vide, e si girò nuovamente a guardare Howard, con una faccia da assoluto primo piano.

«ma che ci fa q…ah. Il volantino. Mi sa che l’ho lasciato sulla scrivania».

«d’accordo, a quanto pare devo aggiungere il suddetto commento. Mio caro amico, questa cosa fa il paio con l’aver fatto esplodere il mio aereo mentre c’eri sopra anche tu. A buon intenditor poche parole…e adesso dovrò anche spiegare la faccenda a mia moglie» per evitare possibili “ricatti” futuri, ovviamente «andiamo nei camerini. E inizia a prepararti il discorso da fare a miss Kalinina, già che ci sei».

E fu appena entrati nei camerini che il cellulare di Howard squillò. Aveva detto a Janice un generico “esco”, che solitamente le bastava ed avanzava, ed ora eccola telefonargli…a quell’ora…

Aveva una pessima sensazione a riguardo.

Robin lo vide rispondere.

«…tu vuoi dire che “è stata rapita”, vero?...no?...no. Impossibile. È del tutto insensato che…ovvio che torno a casa!» non si curò nemmeno di cambiarsi, limitandosi ad arraffare il completo grigio in tutta fretta.

«dove vai?!»

«dovrai farti riportare a casa dalla tua compagna, ho altro a cui pensare adesso!...possibile che come mi allontano un minuto…»

Ed uscì correndo, diretto al retro del locale dove aveva parcheggiato l’auto, senza dare ulteriori spiegazioni a Robin.

Salì in macchina, mise in moto.

Non era possibile. Dalla prima all’ultima sillaba, quel che Janice gli aveva strillato al telefono non era possibile.

Perché se lo fosse stato avrebbe potuto significare che forse Lionel non aveva tutti i torti quando aveva sottinteso…quella cosa.

 

 

«assurdo. La faccenda non ha un minimo di senso! Che cazzo le è preso?!»

Da quando aveva sposato Emerald e preso il suo cognome, Michael solitamente cercava di darsi un po’più di contegno, almeno nel modo di parlare, nonostante non avesse rinunciato alla divisa o ad un taglio di capelli meno “scompigliato”.

Ma quando era troppo era troppo, e quel che era successo giusto una mezz’ora prima lo era indiscutibilmente.

«ma più che altro c’è da chiedersi come abbia fatto a…vero, stava molto meglio. Vero, io stessa ho potuto vederla compiere lunghi tratti di strada in andata e ritorno. Ma quel che ci hai detto dal mio punto di vista non ha alcuna spiegazione logica».

Già, anche quella considerazione di Mrs. Lancaster 3 -come nel proprio intimo Michael si riferiva a Gabrijela- non andava messa da parte, era una buona domanda, e quando era salito in camera di sua moglie dopo l’inseguimento infruttuoso forse aveva anche trovato la risposta. Ma lui al momento pensava di più al fatto che sua moglie avesse appena aiutato la bestia a scappare, oltretutto fuggendo via con lui!

Avrebbe avuto un minimo di senso se fosse fuggita con, che so, con Kevin Mask che al momento era in una qualche stanza della villa insieme agli altri brats, e come loro probabilmente anche ubriaco.

Ma non che fosse fuggita con Warsman, quello assolutamente no.

E se l’americano oltre ad essere attonito era anche alquanto incazzato, era perché di quella fuga assurda dava la maggior parte della colpa a se stesso. Se fosse stato un buon marito, o almeno il marito di cui lei aveva bisogno, non sarebbe andata via in quel modo.

Lui aveva fatto tutto quello che aveva potuto. Si era sempre comportato in modo inappuntabile con lei, chiunque li avesse visti insieme avrebbe potuto confermarlo. Ma a quanto pareva, non era stato abbastanza…

 

Nikolai…!!!”

 

Perché non era lui che Hammy aveva chiamato per nome. E il nome dell’animale, a lei, nessuno di loro l’aveva detto…quindi doveva averlo ricordato.

Aveva ricordato il nome di quella bestia ed aveva parlato nel farlo, ci rendiamo conto? Mentre invece della loro storia e del loro matrimonio non aveva ricordato nulla, così come non era riuscita a parlare né con lui né con nessun altro di loro!

E si che proprio quel pomeriggio era riuscito a metterla con le spalle al muro, nell’ennesimo tentativo di fare luce sulla questione.

 

Hammy, io non capisco…cosa ti ho fatto? Ho fatto qualcosa di male? Mi sono comportato in un modo sbagliato, ho detto qualcosa che non dovevo dire? Ci siamo sempre detti la verità, noi due, e voglio farlo anche adesso. Mi allontani perché non mi vuoi più, forse non mi ritieni ‘abbastanza’? Io…credo che ti capirei se fosse così. In fin dei conti ho esitato ad approfondire la nostra relazione anche per questo motivo. Ecco, se si tratta di questo sii chiara…perché è meglio sapere come stanno davvero le cose, per brutto che sia, piuttosto che quest’ incertezza”.

 

Lei gli aveva accarezzato il viso. Aveva le mani gelide. Con un cenno del capo gli aveva detto di no, che quello non c’entrava niente. Gli aveva fatto un piccolo sorriso, con un misto di amore e tristezza in quei suoi occhi verdi.

Ma non era riuscito a tirarle fuori altro.

E adesso…

«i soldati non riusciranno a bloccarli, anche perché se c’è Emerald accanto a lui non possono sparare a quell’essere schifoso col rischio di colpirla…»

«“quell’uomo”» lo corresse Lionel «ma mio cugino dov’è?»

«era uscito» disse Janice, anche lei ancora incredula per quel che le era stato raccontato «l’ho chiamato, sarà qui a momenti. Credo».

«i ragazzi di tutto questo non si cono accorti?...già, dove accidenti è Sebastian?!» Lionel non ne aveva idea, e in un momento  come quello avrebbe davvero gradito sapere dove si trovava suo figlio.

«l’ultima volta che l’ho visto era con Zachary e quei ragazzi amici di Emerald…»

In quel momento sopraggiunse anche Kevin Mask.

“a quanto pare il bravernicolo non è andato a bravernicolare con il resto dei brats” pensò Michael, alzando gli occhi al cielo; la cosa era già abbastanza irritante senza che ci si mettesse in mezzo anche quello lì.

«ho…mi è parso di aver sentito degli spari e…ma che è successo?» stava dormendo quando c’era stato quel casino, e non si era ancora svegliato del tutto.

«Kevin…Hammy è fuggita» disse Janice.

«che?! Fuggita! Ma dove vuole andare, non sta ancora bene!» ecco, adesso si era svegliato del tutto.

«a dir la verità da quel che ci ha appena raccontato il qui presente Michael, Emerald sta fin troppo bene» lo corresse Gabrijela «tanto da atterrare decine di soldati e fuggire con il tuo allenatore».

«COME COME?!»

Emerald…

Fuggita…

Con Warsman?!

Essendo all’oscuro di tutto quel che c’era stato in precedenza tra quei due, sapendo solo che erano NN1 senza capire cosa questo implicasse, Kevin Mask cadeva proprio dalle nuvole. Insomma, di tutti quelli con cui Hammy avrebbe potuto scappare, per lui, il russo era proprio l’ultimo della lista. O almeno, quel russo lì…con Turbinskii avrebbe avuto già più senso, un ritorno di fiamma o roba del genere, ma…Warsman!

Come?

Perché?!

E pure lui, già, perché?! Non faceva che dire che era una puttanella, una sconcia, una stronza…e poi tentava di entrare di soppiatto nella tenuta non si sa perché, senza che lo avesse minimamente avvertito delle sue intenzioni, per poi scappare con lei?!

Le cose non tornavano. Per niente!

«non è poi così sorprendente. Io avevo avvisato mio cugino sul fatto che avrebbe potuto capitare qualcosa di simile».

«come, non…» più avanti si andava meno Kevin capiva «non vi seguo…cioè…» si prese la testa tra le mani. Che confusione!

«non sforzare troppo il cervello, brat, o quel poco che hai esploderà» disse l’americano, molto seccato.

«lascia in pace Kevin, non vedi com’è sconvolto?!» si mise in mezzo Janice.

«già, povero Kevin, è sconvolto, d’altra parte è l’ ex fidanzato mentre io sono “solo” il marito!»

«ma cos’è successo? Ho sentito dei rumori…»

«…e ti pareva che non arrivava anche la polpettina…arrivano tutti quelli che non devono arrivare, e Mr. Lancaster invece no!»

Non che avrebbe potuto fare molto, a quel punto.

«Emerald è scappata! Con Warsman!» esclamò Kevin. Anche Meat dopo l’iniziale sorpresa divenne semplicemente cupo.

Immaginava che Emerald non sarebbe riuscita a rimanere tranquilla a lungo, e le sue speranze che il russo la smettesse di intromettersi erano state vane.

«com’è andata di preciso?»

Tanto valeva raccontare tutto di nuovo una sola volta, così il giorno dopo ci avrebbero pensato Mask e la polpettina ad informare il resto del gruppo. Per quanto…Lionel si era chiesto dove fosse Sebastian, ma anche Michael per un momento si trovò a chiedersi dove si fosse cacciato suo fratello, perché era ben strano che non avesse partecipato ad un’azione contro chi gli aveva rotto il cappello. A meno che lui ed il suddetto Sebastian non si fossero lasciati trascinare dal gruppo di brats finendo per terra ubriachi fradici, nonostante solitamente Zeke fosse uno che ogni tanto fumava erba ma non beveva granché.

«è andata così…»

 

 

:: poco prima ::

 

 

Warsman era uno che quando voleva era in grado di essere furtivo.

Furtivo e letale, come dimostrava il fatto di essere riuscito a sorprendere alle spalle un piccolo drappello di tre soldati, uccidendoli in fretta con gli artigli, e decidendo di indossare la divisa di uno di loro dopo aver nascosto i cadaveri. In seguito per dare ancora meno dell’occhio si era unito ad un altro gruppetto di soldati, che come da disposizioni non viaggiavano mai da soli.

Era stata una buona mossa, bisognava ammetterlo, che lo aveva portato vicino alla villa.

Peccato che poi uno di quei bastardi avesse trovato ed identificato i cadaveri e non avesse esitato a dare l’allarme su tutte le linee col dire che “Barnes non è Barnes ma un impostore”.

E lui non era riuscito a far fuori il gruppetto con cui aveva viaggiato prima che uno di loro desse la sua posizione alle squadre più vicine, accorse immediatamente.

Michael stesso era in una di quelle. Sua moglie non intendeva dormire con lui, ed il nervosismo lo aveva tenuto sveglio, quindi era andato a vigilare. Insomma…se lo amava ancora, e adesso era abbastanza in forze, perché non voleva consumare il matrimonio o avere troppi contatti con lui in generale?! Non aveva senso.

La notizia che l’impostore era stato trovato ed era nelle vicinanze lo fece sentire quasi felice, specialmente perché lui sapeva di chi si trattava. Lo avevano aspettato per dieci notti, dieci, segno che Zeke doveva averlo conciato piuttosto male, ma lui non si era arreso lo stesso ed ecco che era venuto lì a morire.

Nemmeno lontano dalla stanza di Emerald per giunta, due delle tante finestre su quel lato della villa erano quelle di camera sua.

«tu non riesci proprio a capire quando è il momento di finirla, eh, bestiaccia schifosa?!» avevano sparato, Warsman si era gettato dietro un cespuglio «non ti sono bastate quelle due settimane in mia compagnia? Vuoi fare il bis? Accomodati…»

Avevano sparato al cespuglio, tra gli alberi, gli erano corsi dietro, erano ancora più vicini alla villa adesso.

E l’unica cosa che Michael voleva era fargliela pagare cara. Perché nonostante si rendesse conto che Warsman non aveva colpa di un tacco rotto, se non si fosse intromesso Emerald non avrebbe cercato di andare da lui e non sarebbe caduta, e adesso sarebbero stati in luna di miele. Senza pensieri, senza problemi, e senza amnesie.

Quel mostro aveva rovinato il giorno più bello della sua esistenza, Emerald non stava bene per colpa sua, quindi Warsman la doveva pagare cara. Magari con la vita, come avrebbe dovuto succedere già quella volta alle finali.

«…ma stavolta andrà a finire diversamente, filthy beast!» sparò ancora, così come alcuni degli altri soldati. Warsman riuscì ad evitare la maggior parte dei colpi, ma quello dell’americano ed altri due lo presero di striscio, e nel frattempo di quei soldati ne arrivavano sempre più, sempre più…erano una ventina, adesso…

 

 

Emerald era stata ridestata dal rumore degli spari.

Non aveva partecipato alla “festa” che avevano voluto fare gli altri nel tentativo di distrarla, nonostante le loro insistenze -in particolar modo quelle di suo cugino e suo cognato- ed era andata a letto. Voleva che si divertissero, non che stessero tutto il tempo a pensare all’handicappata nell’angolo; quella festa sarebbe stata un momento di distensione tutto per loro. Se lo meritavano. E così era andata a letto verso le dieci.

“ma che succede…sono spari questi?!” si avvicinò alla finestra, guardò fuori…

«non ti sono bastate due settimane in mia compagnia? Vuoi fare il bis? Accomodati! Ma stavolta andrà a finire diversamente, filthy beast!»

Altri spari.

Era Michael, e lui e i soldati stavano dando addosso ad un uomo a pochi metri dalla villa. Già solo questo normalmente l’avrebbe allarmata, perché se un intruso entrava nella tenuta e loro attaccavano con l’idea di uccidere significava che l’intruso in questione doveva essere pericoloso, eppure…

Uno sparo colpì il casco della divisa, che si ruppe. La ragazza riuscì a vedere il viso, o meglio la maschera, dell’estraneo…e le balzò alla mente qualcosa.

Un nome.

«Nikolai…» disse piano.

Quell’uomo si chiamava Nikolai. Lei lo conosceva.

E non doveva morire…perché lei non voleva che morisse.

«Nikolai» ripeté. E stavolta si accorse perfino di aver parlato!

Quell’uomo faceva parte dei suoi ricordi, che altrimenti erano un buco nero.

Era solo un nome, un filo sottile, ma non poteva lasciarlo andare. Niente aveva gettato un filo di luce nelle tenebre di quei due anni e mezzo, niente, se non vedere lui di persona. Guardando i video in cui compariva c’era stato qualcosa però non era bastato e…beh…adesso ecco che non solo ricordava quel nome, ma era riuscita perfino a dirlo a voce.

“non deve morire, lui non deve morire ma non mi ascolteranno” pensò velocemente, e seppe che non l’avrebbero neppure mai lasciata sola con lui, che aveva tentato di ucciderla e viceversa e…e tutto quel poco che le avevano detto…

“Nikolai-Nikolai-Nikolai” continuò a ripetersi quel nome in maniera ossessiva, non poteva permettersi di dimenticarlo. Era la chiave dei suoi ricordi.

Altri spari.

Doveva fare qualcosa, doveva…si…andare via.

Con lui.

Scappare, nascondersi, finché la memoria non fosse tornata.

Ma come raggiungerlo in tempo?! Ora riusciva a fare parecchia strada, ma quello non sarebbe bastato per salvarlo e fuggire.

A meno che…

“a questo punto tanto vale tentare. Loro non si fermeranno ma io non posso perdere quell’uomo. Non voglio, e mi serve”.

Aveva aperto il cassetto del comodino. C’erano dieci fiale di quel liquido luminescente che quando entrava in circolo la faceva sentire in grado di fare di tutto, e forse era davvero così.

Quello che le serviva era una “super carica”, una volta e poi mai più in tutta la vita, anche se questo avesse significato iniettarsi tutte e dieci le fiale. Non le interessava.

Prese la “pistola” che usava per iniettarsi quella roba e tutte e dieci le fiale. Più velocemente che poteva, “sparò” nelle proprie vene la prima fiala, poi la seconda, la terza…

Altri spari ancora. Doveva muoversi. Non c’era tempo di fare altro.

Chiuse gli occhi.

Il liquido di tutte e dieci le fiale entrò in circolo.

“una volta…e poi mai più”.

E per fortuna che aveva lasciato la finestra aperta, tempo in meno da sprecare.

 

 

L’avevano messo a muro. Sarebbero riusciti a farlo fuori, era una questione di poco e Warsman lo sapeva.

E lui non aveva neppure fatto quello per cui era venuto, sarebbe morto senza avere neppure la possibilità di rivederla un’ultima volta.

«adios, Freddy» disse l’americano, sparando un colpo che, ne era certo, stavolta avrebbe preso in pieno il bersaglio.

Mai avuto un pensiero più sbagliato di così, perché dopo aver rapidamente atterrato quattro soldati un “qualcosa” di estremamente veloce riuscì a deviare il proiettile, che finì per conficcarsi in un albero vicino. Cosa già di per sé sorprendente…

«Nikolai…!»

Ma lo era ancora di più che

a) il “qualcosa” fosse Emerald

b) anche se quel braccio destro potenziato era durissimo non poteva deviare un proiettile

c) Emerald non era così veloce

d) aveva parlato

E quel che aveva detto era proprio il nome del russo ferito. Michael abbassò il fucile, ancora attonito.

«Hammy…?»

Hammy, si, con le vene che addirittura brillavano al buio sotto la pelle, tutti i muscoli tesi e pronti allo scatto. Ma la ragazza non parlò oltre, limitandosi ad afferrare Warsman e correre via ad una velocità inaudita, atterrando qualche altro soldato che era sulla sua strada.

Il primo a riprendersi dalla sorpresa era stato Michael stesso.

 «non state lì impalati, cercate di prenderli!!!»

Lui stesso si lanciò all’ inutile inseguimento, mentre con lo walkie-talkie avvertiva tutte le squadre più vicine di cercare di prendere Warsman, già ferito, senza uso di forza letale proprio perché Emerald era con lui.

Ma non ci fu niente da fare. Erano troppo veloci.

 

 

«t-tu non potevi farlo questo una volta-aaah che diamine!!!» esclamò il russo quando Hammy superò con un salto il confine con la tenuta dei Mask. Man mano le sue vene -ringraziando il cielo perché era una cosa abbastanza inquietante- stavano smettendo di brillare, ma col diminuire del brillio diminuiva anche la sua velocità. Continuava a correre tenendolo per mano, ma era evidente che quella super carica ottenuta non si sa come stava bruciando ogni sua scintilla di energia, tanto che, corri che ti corri, una volta arrivati ad un centinaio di metri dalla villa di Robin la ragazza crollò sulle ginocchia.

«Emerald-»

«nhrr» fu la sua risposta, mentre si rialzava con un ringhio. Non aveva la più pallida idea di dove andare, aveva corso in quella direzione solo perché era quella dritta davanti a lei, e adesso stava ricominciando a sentirsi maledettamente debole senza aver concluso niente di che. Una cosa assolutamente snervante.

«non ce la fai, hai già fatto abbastanza…non si sa come…» Warsman sibilò di dolore. Era ferito, e si che aveva appena iniziato a riprendersi dalla battaglia contro Zachary e il degno compare «tu ricordi, ora? Ricordi qualcosa?»

«Nikolai» borbottò lei. “faresti meglio a rimetterti la divisa, sembri una pantegana con quella calzamaglia grigia del cazzo” cercò di dire anche, pur senza ricordare che quella era una cosa che gli aveva detto un milione di volte «nnnh! Nh!» “ma perché non ci riesco?!”

Alla fine scosse la testa, ancora più irritata e prossima ad un pianto di puro nervosismo.

«…non ricordi altro. A parte il mio nome».

“e riesco a dire solo quello” pensò lei “è una questione di tempo. La chiave è lui. Lo so che è lui. Ma so anche che dobbiamo nasconderci. Ovviamente a me non farebbero del male, ma a lui si. O se anche non gliene facessero non ci lascerebbero stare soli. E c’è bisogno…che stiamo soli. Non so perché, ma so che è così: sola con il mio nemico principale, fantastico…” pensò a Michael e si sentì quasi male fisicamente “…perdonami…una volta che sarà tutto finito e sarò guarita ti spiegherò, lo giuro, se ci sarai ancora!”

Crollò svenuta con quell’ultimo pensiero.

E adesso toccava a Flash cercare un posto dove poter stare finché entrambi non fossero stati un po’meglio.

 

 

:: ora ::

 

 

«wo. Un attimo. Questo è impossibile, Emerald non può farlo» disse Kevin «no no. Non è in grado di deviare un proiettile. Non è possibile».

«quando prima sono salito in camera sua ed ho visto quel che c’era sul letto, nove fiale vuote sul lenzuolo più una -sempre vuota- nella “pistola”, mi sono fatto un’idea che sia stata quella roba che prendeva a farle quell’effetto. Anche se così ha finito tutta la scorta, e quella risorsa ora non ce l’ha più. Questo perlomeno ci renderà più facile riportarla a casa…ma perché cazzo sarà fuggita con lui…»

«hai detto che ha parlato ed ha detto il nome di Warsman, quello vero, che nessuno di voi le aveva mai detto. Ha ricordato, ed è anche riuscita a parlare; facile che abbia visto Volkoff come la chiave per sbloccare la sua memoria, ed ha agito di conseguenza».

Già, Mrs. Lancaster 3 era stata una psicologa. E forse quel che diceva aveva un senso.

«è probabile» intervenne anche Meat «e forse…voleva anche scappare e basta. Non voleva compassione e temeva che sarebbe stata messa da parte, se non fosse migliorata. Si è definita più volte il “Circo Amnesia”…» guardò Michael «e credeva di farti schifo, anche se io stesso l’ho rassicurata sul fatto che si sbagliava su tutto».

«e tu non hai pensato di dirmelo?!» l’americano tirò un pugno contro la parete «maledizione, ma allora…»

“allora è davvero andata via per colpa mia”.

Non aggiunse altro a riguardo, andandosene via.

Aveva dell’altro da fare. Aveva pensato ad una cosa, e ne avrebbe parlato ad Howard quando questi fosse tornato.

Emerald doveva essere riportata a casa, e a quel punto era chiaro che nonostante tutto lei non voleva che il russo morisse. Ok. Ok. L’avrebbe accontentata, proprio per amor suo.

Ma per l’appunto prima andavano trovati, ed il russo andava tolto di torno ugualmente, anche se non uccidendolo.

Warsman era abile a nascondersi, ed in passato lo aveva dimostrato quando Mr. Lancaster gli aveva dato la caccia. Ma allora erano solo loro della “security” a farlo, e c’erano molte meno unità.

Adesso invece avrebbero potuto anche chiedere aiuti esterni: polizia, Interpol se necessario grazie agli agganci di Howard, ed anche gente dei servizi segreti.

Non per un rapimento che non c’era stato, visto che Hammy era scappata di sua volontà, ma perché Warsman era colpevole di un omicidio.

Il cadavere di Pumpinator era ancora ibernato, bastava tirarlo fuori. I segni degli artigli del russo erano perfettamente visibili, non c’era possibilità di errore.

L’avrebbero gettato in una prigione di massima sicurezza per qualcosa che aveva fatto e non ne sarebbe più uscito. Ma sarebbe stato vivo come Hammy desiderava.

"vorrei poter fare il bis di quelle due settimane e finirlo una volta per tutte, ma quel che mi interessa di più al momento è che lei venga trovata e risolviamo quel che c'è da risolvere tra noi".

Come idea non era male. Certo, era ancora tutto da decidere, ma intanto avere uno straccio di piano era già qualcosa. Si, anche in quel caso l'ultima parola sarebbe andata ad Hammy stessa, una volta tornata. Se proprio avesse insistito, sempre per amor suo, si sarebbero limitati a spedire Warsman su Nettuno invece che in galera, anche dopo aver coinvolto la Giustizia; tanto la Giustizia era nelle mani di chi poteva pagare per ottenerla o "non ottenerla"...

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Capitolo 6
*** Un bicchiere di troppo! ***


6

«ma si può sapere che c’è?!»

Michael era con i nervi a fior di pelle già di suo a causa di quel che era capitato la notte prima, che aveva passato sveglio a discutere con suo suocero su cosa fare e cosa non fare. Si era fatto raccontare tutto per filo e per segno, e la decisione finale presa lo aveva sorpreso -quanto gli abiti aderenti in pelle lucida con cui l’aveva visto tornare-.

 

non c’è necessità di coinvolgere le ‘autorità’, i nostri uomini bastano ed avanzano. Ovviamente li faremo cercare in ogni dove. E li troveremo. Da quel momento in poi, li seguiremo e manterremo una vigilanza costante…”

“che cosa?! Quella bestia…va presa, va ammazzata, o almeno va fatta sparire!”

“purtroppo la bestia in questione sembra essere la chiave dei suoi ricordi. Niente aveva sbloccato qualcosa fino ad ora, ma ha ricordato il suo nome -quello vero per di più- appena l’ha visto. È ovvio che questo non piaccia nemmeno a me, ma…sembra essere per il suo bene. E come hai potuto ben vedere Hammy sa difendersi. Se li faremo cercare e sorvegliare sarà solo per verificare che lei stia bene e che lui non la…insidi…per quanto io ritenga ancora quest’ultima cosa altamente improbabile”.

“insomma lasciamo che vada così?! Anche una volta trovati lasceremo che quei due-”

“finché mia figlia non avrà riavuto la memoria, si. Mi costa dirlo, ma si. Non oso immaginare quanto sia dura per te, e credimi, mi dispiace. Però…”

“…la sua memoria prima di tutto”.

“io sono convinto che lei ti ami ancora. Vuole solo ritrovare i suoi ricordi”.

“lei è convinta di farmi schifo perché è amnesica e non parla, ecco cos’è. Sono un pessimo marito”.

“da quel che ho potuto vedere io, non mi è parso che fosse così”.

“eppure lei non è qui con noi. È via con quel mostro. Ma non è con lei che ce l’ho. Ce l’ho con me”.

“io no però. E se mai bisogna prendersela con qualcuno questo sono io; se fossi stato qui, invece che in giro, forse saremmo riusciti ad evitare questa cosa…anche se per l’appunto Warsman sembra essere la chiave. Non lo so. Ma so per certo che una volta che Hammy avrà ritrovato i suoi ricordi, se anche non uccideremo quell’animale, non lasceremo neppure che resti sul pianeta”.

 

Non scherzava, Howard, quando diceva che gli costava molto dire una cosa del genere. Che dovevano lasciare Emerald con…quel coso.

Ma d’altra parte lui era quello che “ogni cosa fatta da Emerald è fatta bene”. Anche quando non era fatta bene per niente.

E insomma ecco, l’ex mercenario aveva già abbastanza grane e zero voglia di stare a sentire le menate di suo fratello.

«ho un problema Lentiggine. Grosso».

«o senti, se è ancora per il cappello non sono in vena di-»

«il cappello non c’entra».

Solo a quel punto Michael notò che Zachary non stava sorridendo. Nemmeno un po’.

Ed era la prima volta che lo rivedeva dalla giornata scorsa.

Il che voleva dire che Zeke aveva avuto un giorno intero, notte compresa, per combinare non si sa cosa.

Ma l’albino stesso non fece un plissé quando venne sbattuto contro il muro dal fratello.

«che cazzo hai combinato ancora?!! Hai idea di quel che è successo ieri notte?!...che hai fatto, anche tu?! Hai dato fuoco a qualcosa, hai piazzato quegli stramaledetti topi incendiari da qualche parte, distrutto il Big Ben, hai ammazzato qualcuno, cosa?! …e a proposito, quando Warsman qualche giorno fa ti è capitato davanti avresti dovuto finire il lavoro!!!»

«ho saputo di quel che ha combinato la cognatina, mi sa che quella botta in testa le ha fatto più danni di quanto pensassimo, ma tanto la ritroverete di sicuro e il mio è un problema un po’più serio…»

«dimmi cos’hai fatto e poi prepara le valigie» disse l’altro in un ringhio, lasciando finalmente andare Zachary, che si limitò a scrollarsi la polvere di dosso.

«di’ Lentiggine, ma…se uno fa una cosa e poi non si ricorda niente della cosa in questione si può considerare come non fatta, giusto?»

Michael era sempre più inquieto. «taglia corto, Zachary! Si può sapere che hai fatto?!»

Adesso negli occhi diversamente colorati del ragazzo era comparsa una stranissima espressione perplessa, come se avesse pensato a qualcosa di assurdo.

«eh…da quel che ho capito mi sono accoppiato!»

A quell’affermazione Michael parve come “sgonfiarsi”, passando dall’avere un’aria profondamente incavolata ad una che era un misto tra l’attonito, il perplesso, e in un certo senso anche il sollevato.

Tutti quelli che lo conoscevano sapevano benissimo che Zeke era praticamente asessuato, non gli interessavano né donne né uomini, e a quasi ventidue anni era ancora vergine proprio per via di questo suo disinteresse, non perché gli sarebbero mancate le possibilità di andare a letto con qualcuna.

Il primo istinto dell’americano dunque fu rispondergli con un “e tu vieni a seccarmi solo per questo?! Perché per una volta in vita tua hai fatto qualcosa di normale?!!” ma nonostante il milione di pensieri che aveva per la testa quella era una cosa talmente inaudita che…via, i dettagli doveva conoscerli per forza.

«…tu hai…tsk, e io che ho pensato avessi combinato chissà che cosa…beh, benvenuto nel mondo degli adulti, fratellino» riecco il suo famoso ghigno da schiaffi, dopo tanto tempo «che tu ricordi oppure no, una volta che l’hai fatto l’hai fatto!»

«ma non mi sento diverso. La penso tale e quale a prima».

«adesso però devi dirmi come-dove-quando è successo…e soprattutto con chi! Iniziavo a perdere le speranze…si beh, a meno che…» lo guardò «uomo o donna?»

«una cosa per volta Lentiggine» sbuffò l’albino «non posso crederci. Mi sono accoppiato».

«eh, ho capito, ma io voglio i dettagli!»

«…e c’è anche la possibilità che mi sia riprodotto perché-»

«ah! Donna! Ottimo. Allora? Muoviti, che ho dell’altro a cui pensare…» si incupì «come sai».

«mi dispiace per quel che è successo. Hammy, al di là dell’amnesia, era strana già da un po’…ma francamente non penso che se è fuggita sia colpa tua».

Non cambiava le cose, ma era un po’di conforto sapere che lì, di tutti quelli con cui aveva parlato, nessuno gli dava la colpa di quanto era successo.

«grazie» si lasciò sfuggire un sospiro nervoso «…ma io come marito dovevo fare di più, avrei dovuto riuscire a sbloccarle qualche ricordo».

«fare più di quello che hai fatto era impossibile. E poi guarda che non funziona mica come dici tu. Cioè, non devi essere tu a sbloccare la roba, è la roba che deve sbloccarsi da sola» disse l’albino «dai che alla fine andrà tutto come deve andare…»

«lo spero e- un attimo, io e te stavamo parlando d’altro mi pare!...allora?»

«si stavo dicendo, oltre a questo problema di essermi accoppiato c’è anche la possibilità che mi sia riprodotto perché quando mi sono svegliato non c’erano preservativi in giro…vabbè che magari prende la pillola…»

«ti decidi a dirmi chi cavolo ti sei portato a letto?!»

«...eppure…è vero che solitamente non bevo granché, ma un bicchiere di vodka liscia non mi ha mai fatto questo effetto “blackout”. Va’ a vedere che invece era quel liquore del pianeta dei demoni che sembra praticamente uguale…» niente da fare, continuava a blaterare tra sé e sé, e Michael stava iniziando ad innervosirsi un’altra volta.

«Zachary!!! Maledizione, dimmi chi è e falla finita!»

«mamma mia che scorbutico» si tolse i capelli candidi da davanti agli occhi «Jacqueline MacMadd. Jacqueline, Lentiggine, ti rendi conto?» sbuffò «insomma se proprio dovevo andare a letto con qualcuna preferivo Kirika che almeno è un tipo particolare, e invece no! Quando mi sono svegliato mi sono trovato vicino la rossa tettona! Sono andato via che lei ancora dormiva…»

Michael non sapeva se mettersi a ridere istericamente, ad urlare, prenderlo a sberle, strozzarlo o sbattergli la testa contro il muro nella speranza che iniziasse a ragionare come una persona normale. Nella sua prima volta in assoluto si era scopato Jacqueline MacMadd ed aveva pure il coraggio di lamentarsi?! Dicendo perfino che “avrebbe preferito Kirika”?!

È proprio vero che la fortuna va sempre da chi non è in grado di apprezzarla. Tanto che Michael alla fine si limitò a guardarlo scuotendo la testa.

«Zachary Connors, tu non capisci proprio un emerito cazzo».

«perché?»

«…e mi chiedi pure perché? Cristo. Mi chiede pure il perché, questo!... la rossa è stata il sogno erotico di tutti quelli che hanno guadato il Torneo chojin!»

«siiiii, non nego che abbia tutte le qualità per essere qualcosa del genere, non ho detto che è brutta. Ho detto solo che se proprio dovevo accoppiarmi avrei preferito quell’altra!...Lentiggine?...dove vai?... certo che delle volte mio fratello è veramente strano, se ne va mentre uno gli parla» commentò l’albino vedendolo allontanarsi in fretta e furia «non mi ha fatto nemmeno finire di dire quel che volevo dire. O beh…gli lascerò un biglietto sul letto» e fischiettando se ne andò nella propria stanza a fare le valigie.

Non perché gliel’aveva detto suo fratello, ma semplicemente perché voleva cambiare aria, e nel mentre cambiava aria anche cercare l’adorata cognatina.  

Quella decisione l’aveva presa principalmente per quei motivi lì, ma ce n’era un altro che dal suo punto di vista era piuttosto rilevante: a volte certe ragazze tendevano ad attaccarsi come alghe al tizio che si erano portate a letto la notte prima. E lui non voleva rotture in quel senso, perché di Jackie non gliene fregava proprio niente.

Quindi giusto il tempo di finire di fare i bagagli e se ne sarebbe andato via…

«uuuh…che dolorosa fitta al capo…»

L’albino si voltò. Sebastian. Un arrivo imprevisto. «e prendi un’aspirina no?»

«ho già assunto una compressa e sto solo attendendo che faccia effetto».

Zeke sollevò un sopracciglio. «ma hai battuto la testa? Hai un bernoccolo immenso!»

L’altro fece uno sbuffo. «no…ho semplicemente scoperto che quell’ignorante di un cavallo gigante non apprezza Oscar Wilde, almeno da quanto riesco a rimembrare della notte appena passata».

Zachary continuò a riempire le valigie, ma più alla svelta. «io non mi ricordo niente, e forse è meglio così…»

«non ricordi? Ah! Invero, il dolore alla testa mi ha fatto dimenticare di riferirti che appena prima che io e Kid Muscle lasciassimo il salottino dell’ala est miss MacMadd si è appartata in tua -piuttosto entusiastica- compagnia!» gli pose una mano sulla spalla «ben fatto, e benvenuto nel mondo dei lussuriosi!»

«no, ascolta, “benvenuto” di niente, te l’ho detto che ho un blackout riguardo quanto è successo, quindi è come se non l’avessi fatto» ribatté Zeke «ci ho pensato su, ed ho concluso che devo aver bevuto del liquore del pianeta dei demoni al posto della vodka».

«è possibile, odore e colore sono i medesimi. Ma il sapore è più buono, ed è quattro volte più forte!» solo a quel punto si accorse delle valigie, segno che non era ancora del tutto in sé «cosa…perché fai le valigie?»

«magari perché me ne vado?»

«ma come?! Avevamo deciso di partire insieme quando Emerald fosse stata a posto!...già, hai saputo di cosa-»

«si, l’ho saputo, ed è anche per questo motivo che è ora di levare le tende» disse, chiudendo la zip della prima valigia «ed iniziare a cercarla come dico io, perché secondo me mio fratello e tuo zio non caveranno un ragno dal buco. Ennò…» fece schioccare la lingua contro il palato «pur con tutte le risorse a disposizione, io non credo che siano in grado di farlo».

«per quale motivo parli così? Ci sono ottime possibilità che riescano a trovarla, in fondo la conoscono molto bene».

«eh si. Ma lei conosce loro altrettanto bene, ed è lì che sta il problema. Più il fatto che Warsman in passato è riuscito a sfuggire per anni alla caccia di tuo zio, e quindi sa come muoversi…e con Emerald accanto sa anche come si muoveranno loro».

Sebastian ammutolì. Non ci aveva pensato. «giusto».

«in compenso nessuno dei due, visto che Hammy ha l’amnesia, conosce sul serio me» continuò Zachary «mentre io, a lei, si. Quindi ecco…li cerco» concluse «li trovo, stordisco entrambi, nascondo da qualche parte il russo svenuto, la riporto a casa, torno dal robottino con gli artigli, gioco un po’con il suo cervello-computer e poi lo uccido».

«lo…uccidi» deglutì «la vedo dura, l’altra volta siamo stati fortunati a-»

«Seb…lui mi ha rotto il cappello. Anche se adesso l’hanno ricucito non cancella il fatto che lui ci abbia messo gli artigli addosso».

«ma se Emerald ha scelto di andar via con quell’oltraggio alla bellezza dubito che voglia per lui una morte prematura» obiettò Sebastian «per quanto io non riesca a comprendere tutta la considerazione che lei, ed anche i miei genitori, danno a quel mostro che loro definiscono uomo. “C'è qualcosa di terribilmente morboso nella compassione che oggi si prova per la sofferenza. Si dovrebbe provare simpatia per il colore, la bellezza, la gioia di vivere. Quanto meno si parla dei mali della vita, tanto meglio è”» eh no, la zoccolata in testa di Abraxas non aveva avuto alcun effetto se non quello di stordirlo, per la gioia del cavallo stesso.

«parole sante. E quanto ad Emerald, beh…a parte che una volta che il robot è offline, è offline, e l’unica cosa che potrebbe fare è accettarlo…ma non deve necessariamente venire a sapere che fine farà. Per quanto ho in progetto di farle sapere, per lei potrebbe anche essere soltanto sparito dalla circolazione. Io all’inizio ero per rispettare la sua volontà, e non fargli del male. Ma dopo quel che è successo al matrimonio ho capito che quel distributore automatico ambulante è una fonte di continue rotture, e se qualcuno non fa un intervento drastico qui la cosa non finisce più. C’è Lentiggine che non sta affatto bene per tutto questo, sai…e non mi va che mio fratello non stia bene» tirò fuori il portatile dalla custodia «quindi».

«ho capito. Senti…io vengo con te».

Zachary non sollevò nemmeno lo sguardo dallo schermo. «no».

«ma perché?!»

«perché i tuoi non vogliono che tu rischi la testa» mimò le virgolette, perché per come la pensava chi stava con lui non rischiava mai la testa davvero «lo hai visto tu stesso».

«se Emerald a è potuta andare a Tokyo non ancora maggiorenne -e da quel momento in poi ha fatto ben più che il solo “rischiare la testa”- allora io che di anni ne ho venti compiuti posso decidere di partire con qualcuno se e quando mi va!...che fai?»

«per una missione come questa servono soldi. Probabilmente Hammy e quel robot sono ancora qui nei paraggi, ma è facile che si spostino in un altro Stato, se non li troverò prima. Quindi visto che la password del ricco conto di Lentiggine l’ho beccata tempo fa, e non devo nemmeno hackerare il sistema, sto trasferendo due milioni dal suo conto al mio» come detto Michael ne prendeva cinque fissi, o più a seconda delle missioni completate con successo, al mese «dopotutto è sua la moglie fuggita, è giusto che mi finanzi» Zachary Connors era in grado di fare cose che non doveva fare anche solo muovendo un dito. Fregare soldi dal conto di suo fratello maggiore non era esattamente una buona azione «e appena lasciata la tenuta andrò a prosciugare il mio conto. Due milioni in contanti puliti-puliti…»

«dunque non è uno scherzo, sono le tue reali intenzioni».

«yeah».

Sebastian si mise in ginocchio. «fammi venire con te! Sarebbe un’avventura incredibile da raccontare ai miei amici di Belfast!» si, sempre se fosse sopravvissuto all’esperienza. Questi ragazzi di oggi non imparano proprio niente, eh?

L’albino gli diede un’occhiata. «saresti disposto a giurare su Oscar Wilde che io ho cercato di dissuaderti ma tu hai voluto seguirmi lo stesso pur sapendo benissimo che i tuoi genitori non sarebbero stati d’accordo e tutto il resto?»

«si!»

«…anche a metterlo per iscritto?»

«porgimi della carta da lettere e te lo dimostrerò!»

«guarda che sono serio».

«anche io sono serio!»

Completata la transazione Zachary alzò le mani «benissimo» per poi porgergli carta e penna e mettere a posto il pc mentre Sebastian scriveva «almeno non devo nemmeno sprecarmi a scrivere io».

«…finito! Corro a fare i bagagli. Solo…» posò il foglio sul comodino «di quella dolce fanciulla dai capelli rossi non t’interessa nulla?»

«no. E ti ripeto che è successo solo perché ero ubriaco, e lei anche, giusto?»

«devo in parte contraddirti mio buon amico! Quando vi siete appartati lei era solo un po’più allegra. Ma credo capisse perfettamente quel che stava facendo. Pare proprio che avessi scatenato in lei una certa libidine…»

«peggio mi sento! Corri a fare quelle valigie allora, non voglio trovarmela davanti e poi appiccicata come una cozza. No, no. Ho dell’altro da fare io!»

E nessuno dei due si mise a pensare troppo al fatto che se fossero andati via all’improvviso i relativi parenti sarebbero stati a preoccuparsi anche per loro, invece che solo per Hammy. Nulla di cui stupirsi in fondo; Zachary era Zachary ed era fatto in quel modo, faceva quel che voleva con la convinzione -giusta o meno- di essere abbastanza in gamba da cavarsela in ogni situazione, e Sebastian era un nobile ragazzo annoiato in cerca di un’avventura da raccontare agli amici, con un desiderio di “evasione e trasgressione” covato da qualche anno.

E convinto, nonostante quel che gli dicevano i genitori, di avere ragione sul voler togliere di mezzo lo sgorbio di Madre Russia proprio perché…sgorbio, appunto!

Inoltre per qualche curioso meccanismo psicologico che forse giusto sua madre avrebbe saputo decifrare, era stato come se parte di lui avesse riconosciuto l’albino sia come modello da imitare che come “leader”. Proprio perché era l’incarnazione di quel che Sebastian avrebbe voluto essere, abile e libero di fare quel che gli pareva, ed era proprio a questo che il giovane nobile pensava mentre correva a riempire le valigie.

Non si curò nemmeno di chiedere a Zeke come sarebbero andati via, dove sarebbero stati, e quant’altro. Voleva partire e basta.

Non si curò neppure troppo di spiegazzare gli abiti stile vittoriano modernizzato.

«hai finito?»

Zachary era arrivato lì nella sua stanza, pronto ad andarsene.

«si, si…ho terminato di preparare i bagagli».

«bene, perché io ho già chiamato un taxi. Sarà qui tra un po’…giusto il tempo per fare una capatina nell’armeria di uno dei piani sotterranei della villa» disse Zeke pensieroso.

«sai dell’armeria?»

«girellando si scoprono tante cose» mostrò un borsone ancora vuoto.

«se vuoi posso occuparmi io dei bagagli di entrambi. Li porterò al cancello mentre tu ti procurerai le armi».

«come ti pare. Convinto eh?»

«si» Sebastian non fece tempo a dire altro che Zeke era già sparito «…veloce come il pensiero…»

 

 

Nello svegliarsi aveva teso un braccio, a cercare qualcuno che avrebbe dovuto essere accanto a lei e che invece…

«Zachary…?»

Che invece no, non c’era affatto.

Jacqueline MacMadd si mosse sotto le lenzuola, voltandosi nel cercare con gli occhi il ragazzo. Ma non c’era traccia né di lui né dei suoi vestiti né…di niente. Cosa che la rese un po’confusa, e anche vagamente irritata.

Si alzò, e dopo essersi rimessa addosso qualcosa andò a vedere se tante volte era nel bagno attiguo alla stanza da letto. Niente neanche lì.

Si morse il labbro inferiore, indispettita e piuttosto delusa. Tutti uguali gli uomini, verginelli oppure no!

Eppure non avrebbe mai pensato che sarebbe andata così…

 

 

:: mezzanotte e un quarto della sera prima ::

 

 

«eeeh…ma non vale eh!» protestò Kid Muscle, decisamente sbronzo già da quell’ora, mentre era costretto togliersi i pantaloni «Seb ti shecondo me bari…» borbotto «shiiii, tu bari!»

Dopo aver bevuto infatti alcuni di loro -nello specifico Kid stesso, Crea, Sebastian, Terry, Wally e Kirika- avevano avuto l’idea di mettersi a giocare a strip poker. Al momento Sebastian L.V.C. Lancaster, giusto un po’brillo ma ancora non del tutto ubriaco, risultava il più vestito in quanto si era soltanto tolto il foulard verde arricciato; a Kid, tanto sfortunato nel gioco quanto in amore, restavano solo i boxer, Kirika aveva ancora pantaloni e reggiseno, Crea era rimasta in intimo -e fortuna sua che Jeager era già bell’e crollato- Terry era a petto nudo e Wally…si era ritirato dopo che Crea si era tolta la maglietta, mormorando che “mamma non vorrebbe che vedessi delle ragazze seminude”!

«“bisogna sempre giocare onestamente quando si hanno le carte vincenti”» replicò il giovane Lancaster «vedo…e il mio tris di re di cuori batte la tua coppia di regine!»

«noo-oh…Kid Muscle nudo» guaì Terry coprendosi gli occhi «nooo…non fatemi questo…»

«si in effetti non dovrebbe essere esattamente un bel vedere» Zachary era stravaccato sul divano, col braccio sinistro attorno alle spalle di Chichi e il destro attorno a quelle di Jacqueline. Non gli interessavano le donne, e nemmeno gli uomini, ma non voleva dire che ne rifiutasse la compagnia. Con le persone che gli piacevano Zeke risultava essere molto espansivo ed affettuoso -appena conosciute aveva salutato tutte le ragazze del gruppo con un abbraccio, ed i ragazzi con una calorosa stretta di mano- tanto che nonostante dai racconti di Hammy sapessero tutti per certo che era una specie di terrorista, risultava loro molto difficile crederlo. Non lo avevano mai visto in azione, e a parte Jacqueline nessuno l’aveva mai visto senza vestiti; come riuscire a pensare davvero che quel ragazzo bassino -1.67- ed apparentemente gracile, decisamente eccentrico ma anche piuttosto dolce, potesse…insomma…se l’era vista con Warsman ed era sopravvissuto! E a Washington lo chiamavano Armageddon!

Era proprio quel lato “nascosto” -molto per modo di dire- della personalità dell’albino che riusciva ad attirare l’interesse di Jacqueline MacMadd. Lei che amava tanto la brutalità e detestava la banalità, beh, era stata servita trovandosi davanti quel ragazzo dai capelli candidi e gli occhi di colore diverso che era tanto gentile quanto distruttivo ed assolutamente spietato. Una persona “diversa”, unica nel suo genere…e qualcuno avrebbe detto “per fortuna”!

Un’attrazione vera e propria era scattata in lei quando l’aveva visto entrare nella piscina termale calda coperta -o meglio in una delle piscine termali calde coperte- della villa. Con quel costume nero con Pac-Man disegnato sopra -ma gli si poteva perdonare- e senza occhiali. Si era perfino tolto il cappello, non poteva correre il rischio di rovinarlo bagnandolo…e lei in quel momento aveva potuto vedere che il ragazzo non era poi così gracile come sembrava. Si, non era una delle montagne di muscoli che lei era abituata a vedere, però era ultra tonico e alquanto ben fatto. E quei tagli in via di guarigione sul petto e sul volto dal punto di vista della MacMadd erano alquanto sexy.

Che volete farci, sui gusti non si discute.

Ecco, da quel momento in poi Jacqueline aveva deciso che provarci con Zachary Connors, il quasi ventiduenne verginello asessuato, non sarebbe stata una cattiva idea. Convinta che, se c’era una donna che poteva essere in grado di liberare i suoi istinti sopiti, quella era sicuramente lei.

Ma fino a quel momento non aveva ottenuto risultati di sorta, se non un “aaah…sono tattiche di corteggiamento, vero? Se le mettessi in pratica con altri sarebbe interessante studiare quelle ed i risultati prodotti, però con me non funzionano. Lo sai che non sono interessato a certe cose…mi dispiace. Però se le usi con qualcun altro faranno effetto di sicuro, perché per i canoni estetici attuali sei una ragazza tanto carina!

«beh dipende…tagliamogli la testa e poi il fisico è guardabile!» fu il cinico commento di una Trixie abbastanza su di giri dopo vari bicchieri di Jack Daniel’s. Zachary aveva bevuto solo un paio di chupitos rhum e pera, ma non gli avevano fatto nulla di che se non renderlo un po’più allegro, e per Jacqueline valeva lo stesso discorso.

«però qui c’è qualcun altro che avrebbe un bel fisico…solo che è ingeneroso e non vuol farcelo vedere» commentò quest’ultima, facendo camminare due dita sul petto -la parte dove non c’erano ferite- di Zeke.

«non avrebbe senso che stessi di continuo a petto nudo, o mettessi una calzamaglia» osservò lui «e poi non vorrei causare un’inutile aumento di libidine che non verrebbe soddisfatta».

“causare”, non “causarti”. Si era mantenuto sul generico, ma Jackie aveva capito benissimo a chi si riferiva, ossia a lei stessa.

«NOOOOOOOOOOOOO per carità divina, rivestiti!!!» urlò Dik Dik vedendo Kid Muscle nudo e ancora più brillo di prima avvicinarsi al tavolo dei superalcolici e versare in due bicchieri belli grandi del liquore che solo apparentemente sembrava vodka, andando poi verso Zachary a passo sghembo.

«e-ehi! Ma tu, niente più nettare degli dheee-eei?! Facci compagnia!» biascicò, appioppandogli entrambi i bicchieri.

«vodka, eh?» l’albino ne passò uno a Trixie, pensando che con soli due chupitos quel bicchiere fosse ancora sostenibile «d’accordo…»

«e adesso vado a darne uno anche a Roxanne…» e infatti andò a versare altri due bicchieri di “vodka” «eeeeeeeeeeehiiiiiiiiii, Roxa-anne!!!» strillò il kinnuku mettendosi ad inseguire la chojin che vedendolo avvicinarsi nudo come un verme si diede alla fuga. Idem Fiona, che era vicina a lei «Fionaaa!!! Aspettate!!!» nella fuga/inseguimento i tre calpestarono più volte il povero Jeager a terra, ma non ci fecero nemmeno caso.

«a beh, alla salute» commentò Zeke svuotando il bicchiere in tre sorsi netti. Bicchiere pieno di liquore del pianeta dei demoni, a causa di un errore di Kid Muscle. E dal minuto seguente in poi Zachary Connors smise ufficialmente di capire qualsiasi cosa.

Caso voleva però che in quel ragazzo nemmeno i sintomi di una sbronza pesante come questa -mai avute così!- fossero precisamente normali. Si, c’era meno senso dell’equilibrio, si, i discorsi che faceva erano un leggermente farfugliati, però sembrava giusto “brillo”. Non ubriaco tronco…

«mmmh…che cos’era che dicevi prima, Jackie?»

«eh?»

Trixie si era alzata dal divano ridendo sguaiatamente e tirando via Terry dalla partita di strip poker. Zeke prese ad accarezzare delicatamente il collo candido della rossa. «riguardo la mia ingenerosità».

…e soprattutto si comportava in modo che altri avrebbero definito “normale” quando una bella ragazza come Jacqueline MacMadd ci provava in maniera evidente.

«oh!...si…dicevo che sei molto ingeneroso» disse la MacMadd «perché vuoi tenerti tutto per te. Ma nella vita bisogna condividere, sai?» riprese ad accarezzargli il petto, andando anche a finirgli in braccio «con le persone giuste».

Lui le accarezzò i fianchi in un gesto che sembrava perfettamente naturale. Ma…non l’aveva mai fatto prima!

«e magari vorresti che mi condividessi proprio con te!»

«l’hai detto tu che sono una ragazza “tanto carina”» ribatté lei avvicinando i loro volti.

«su questo non ci piove…»

«finalmente inizi a capire che sono una delle persone giuste, eh? Era ora» concluse lei, baciandolo.

Avrebbe dovuto insegnargli parecchie cosucce, ma dalla reazione che stava avendo lui sembrava essere lieto di impararle tutte quante. E anche in fretta!

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah, vedi, quello che non gli interessavano le donne!» rise forte Kirika, che si era avvicinata a Dik Dik con dei chupitos di liquore del pianeta dei demoni «to’, bevitelo alla facciaccia mia…» ne passò uno anche a Sebastian «e tu pure! Sculato che non sei altro! due scale reali!!!»

«ho già bevuto dell’altro ma, che dire, “posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni”!» disse il ragazzo, sparandosi il bicchierino tutto d’un fiato.

E fu proprio quello a fargli venire un’idea che da lucido non avrebbe mai avuto.

«Kid Muscle!» esclamò, lanciando al kinniku i boxer che si era tolto «seguimi!»

«…eh? Perché?»

Sebastian gli pose un braccio attorno alle spalle: grazie al suo metro e ottanta di altezza poteva farlo, anche se con qualche piccola difficoltà «andremo ad illuminare le menti con le parole dell’illustre Oscar Wilde!»

«di chi…?» bofonchiò Kid.

«le menti di tutti! Tutti!!! Anche quelle equine!» disse solenne il ragazzo.

«ah…eh…come ti pare…» replicò Kid, avviandosi verso l’uscita proprio quando Jacqueline aveva deciso di appartarsi con Zeke «…ma guarda tu queheehllo…che razza di fortuna…»

Questione di opinioni, Kid…

 

 

:: ora ::

 

 

«non capisco, era stato così carino e disponibile…perché accidenti non è qui?» sbottò irritata, rivestendosi ed uscendo a cercarlo «non si tratta così una ragazza, sarà bene che glielo spieghi…» disse tra sé e sé procedendo a grandi passi in corridoio «forse lo ha fatto perché non sa come comportarsi, in fin dei conti non aveva mai vissuto l’esperienza» si rassicurò, dicendosi che una come lei lasciava sempre il segno e che non se n’era andato via per disinteresse.

Mentre camminava quasi si scontrò con Sebastian, che appena la vide tentò di nascondere le valigie dietro la schiena. Cavolo! Proprio lei doveva incrociare!

«felice giorno, signorina MacMadd».

«si, ciao Sebastian…dimmi, hai visto Zachary per caso?» non fece nemmeno caso ai bagagli, da tanto che era concentrata sul proprio obiettivo.

«temo di doverti dare una risposta negativa. Da quando vi siete appartati ieri sera non ho più avuto occasione di vedere il mio buon amico» mentì spudoratamente «dunque non è con te?»

«no, altrimenti non starei a cercarlo, ti pare?»

«chiedo venia profonda per la mia sciocca domanda».

«si…se lo vedi digli che lo sto cercando» concluse la rossa, che non aveva voglia di stare a sentire oltre parlate ottocentesche, andandosene via.

E anche Sebastian decise di correre al cancello in tutta fretta prima che la ragazza ci ripensasse e venisse a fargli qualche altra domanda!

Ebbe fortuna, perché non incrociò né i suoi genitori né i suoi zii, e neppure Jordan Lederdale o altri membri della servitù come il nipote del maggiordomo in capo -suo omonimo oltretutto, visto che si chiamava anch’egli Sebastian- e quando arrivò al cancello…

«ce ne hai messo di tempo…ho fatto prima io che tu».

…Zeke era già lì.

«ho incontrato Jacqueline. Ti stava cercando…»

«carichiamo quei bagagli e filiamo via allora, e di corsa».

«hai idea di dove andare?»

«te l’ho detto, prima in banca e poi…da qualche parte. Troveremo un posto dove fare “base”, e da lì si vedrà. Ho già iniziato a stilare mentalmente una lista dei possibili luoghi dove cercare, uno dei quali è molto vicino…ma per cause di forza maggiore devo cambiare aria lo stesso!»

 

 

:: circa mezz’ora dopo ::

 

 

«…si, miz MacMadd, l’ho visto una mezz’ora fa» Michael sogghignò «me l’hai sverginato! Complimenti per l’impresa titanica in cui sei riuscita, anche se lui dice di non ricordare niente».

«che…?» si stupì lei «ma era piuttosto lucido, veramente!» non proprio, ma lei non poteva saperlo.

«davvero? A me l’ha raccontata diversa, ma forse…mah. Quello strano essere pallido a volte è incomprensibile. Quando l’ho incrociato comunque la direzione in cui stava andando era quella della sua stanza, forse è lì».

«mh, ben-»

«sai che c’è? Ti accompagno. Sono curioso di venire a capo della faccenda».

“e mi servirà a distendermi un attimo”.

Le ricerche erano partite immediatamente, ma fino a quel momento non avevano dato risultati. E più ore passavano più difficile si sarebbe rivelato trovare sua moglie e quel brutto mostro.

«non sarebbero proprio affari tuoi, sai?»

«lo sono da quando mio fratello stamattina è venuto a dirmi che, parole sue, “si è accoppiato e forse anche riprodotto”…» fece una breve risata nel vederla sbuffare «potevi sceglierti di meglio».

«ribadisco che sono affari miei…»

Ad ogni modo si lasciò accompagnare, pensando che magari sentendo che era lei Zeke, non sapendo come ci si doveva comportare, non avrebbe neppure aperto la porta. Per timidezza (?!) ovviamente.

Arrivati alla stanza dell’albino lei e l’ex mercenario trovarono la porta chiusa, come immaginavano.

«Zachary, c’è una bella gnocca dai capelli rossi che vuole vederti, non farla aspettare!» disse Michael abbassando la maniglia. La porta non era stata chiusa a chiave «capito, non…»

La stanza era vuota. L’uomo iniziò a provare una certa inquietudine, che cresceva man mano che notava che le cose di suoi fratello non c’erano più.

«che succede? Non è qui?» gli chiese Jacqueline.

«rispettivamente, niente di buono e no» replicò secco l’altro, che giusto in quel momento notò una lettera piegata in due, che prese in mano dandole una rapida letta. La calligrafia e la firma erano di Sebastian, non erano di Zachary, a parte che nel post scriptum…

 

Ps.: ti ho fregato un paio di milioni dal conto. Era giusto che mi finanziassi un minimo, no Lentiggine?

 

Ma bastava ed avanzava!

Con un mezzo urlo di rabbia l’americano accartocciò la lettera nel pugno. «ma io quel cretino quando lo trovo lo ammazzo con le mie mani!!!» esplose, non tanto per i due milioni rubati quanto perché si era messo in testa di andare a cercare Warsman per farlo fuori e, cosa ancor più grave, aveva coinvolto il figlio di Lionel Lancaster! «che cazzo gli è saltato in testa?!»

«ma cosa-»

Jacqueline non venne minimamente considerata mentre Michael andava in fretta e furia dal suocero a riferirgli che ora di fuggitivi di cui occuparsi ce n’erano quattro…

***

Nel prossimo capitolo si rivedrà Hammy, don't worry :) ...l'idea di Seb che chiacchiera con Abraxas è di vermissen_stern! xD

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Capitolo 7
*** Momenti difficili ***


 

La ragazza passò un dito su uno dei mobili antichi, per poi osservare i tre centimetri e mezzo di polvere con un’aria di assoluta disapprovazione.

«a beh, giustamente la signora marchesa avrebbe preteso un rifugio temporaneo lucido come gli specchi di casa sua».

 

“fottiti”.

 

Si era svegliata molto debole e con l’impressione di essere caduta dalla padella nella brace. Avrebbe dovuto pensarci meglio, prima di fuggire con quell’odioso ratto di fogna…e invece si era lasciata trascinare dal momento, e da quel “Nikolai” che era stato il primo frammento di memoria perduta ad essere tornato. Nonché da quell’inspiegabile volontà di non vederlo morire, o almeno non per mano dei soldati.

E adesso si trovavano nell’immensa “soffitta” della villa di Robin Mask, nella quale negli anni si erano accatastati mobili su mobili ed un mucchio di altro ciarpame, nonostante vista la presenza di un piccolo bagno -vecchio un bel po’- funzionante in origine quel luogo doveva essere stato pensato più come una mansarda.

Warsman l’aveva raggiunta arrampicandosi sul muro della villa grazie agli artigli, incurante delle ferite e del fatto che non si era ancora ripreso dalla battaglia con quei due ragazzini bastardi, dopo essersi caricato Emerald sulla spalla come fosse stata un sacco di patate.

“si, sono passata proprio dalla padella alla brace” pensò Emerald “e tutto per ritrovare questa maledetta memoria. Cazzo, perlomeno se fossi rimasta a casa mia avrei potuto continuare a scrivere sul tablet invece che sulla polvere!...per quanto non so se sia peggio essere circondata da gente che mi compatisce o con questo tizio che se dice solo un’altra parola si ritroverà castrato…” diede un’occhiataccia al tizio in questione “ma dove ci va con quella calzamaglia?! Giusto al circo! Meriterebbe di essere ammazzato solo per quella!...ma perché la chiave di tutto deve essere proprio Capitan Pantaloni Aderenti?...‘Capitan Pantaloni Aderenti’…mica male come soprannome. Chissà se l’avrò già chiamato in quel modo almeno una volta!”

«altrettanto. Memoria oppure no resti la solita puttanella viziata…» borbottò il russo «cerchiamo di fare un attimo il punto della situazione. Io ero venuto a casa tua per vederti…»

 

per farti ammazzare da mio marito, se mai. E poi puttana sarà quella pantegana di tua madre”.

 

Flash si zittì per qualche istante. Ovviamente quegli insulti per loro erano la normalità, quindi non era tanto per quello quanto piuttosto per l’espressione della ragazza.

Si erano odiati fin da subito ma andando avanti il loro rapporto era come “cresciuto”…avevano sviluppato una specie di “rispetto” ed “attaccamento” reciproci - quest’ultimo più lui, che lei - grazie o per colpa di tutto quello che era successo tra loro: le battaglie, il viaggio, Rio, le serate di tango segrete, salvataggi di vita vari, diverse situazioni in cui avevano avuto la prova che un legame del genere non poteva essere spezzato con facilità, depressioni, lacrime etc.

E se per lui tutto questo era ancora valido, per lei non valeva lo stesso discorso.

Si, Warsman sapeva che per lei era stato tutto “cancellato”, però un conto era sentirlo dire e un conto trovarsi a combattere con la stupida ragazzina di quando si erano conosciuti, quella che lo odiava e basta, e che forse sarebbe stata anche capace di denigrarlo per il suo viso, se l’avesse visto.

Per lui Hammy contava fin troppo, tanto da correre rischi assurdi spesso e volentieri pur di non perderla.

Per lei, lui era un tizio a lei nemico che però le serviva, e che voleva vivo senza sapere perché.

Ma non c’erano né rispetto né attaccamento da parte sua…non più.

«tieni ferme quelle dita, se non vuoi che te le tagli».

 

uh. Pauuuura. È vero che sono debole ma se con questo” mostrò il braccio destro “spacco una parete di cemento armato come se fosse fatta di carta non mi ci vuole niente a fare la stessa cosa a TE” scrisse “il punto della situazione è che non ricordavo niente, poi ti ho visto e mi sono ricordata il tuo nome. Voglio che la mia memoria torni, così che io possa tornare a mia volta con Michael…ed è come se ‘sentissi’ che la chiave di tutto” lo indicò per dirgli che era lui “mi servi. E serve che siamo soli, perché forse se ci fossero influenze esterne la cosa non funzionerebbe…credo. Ma che ne so…” sbuffò “e poi ci sono diverse cose che devi spiegarmi, anche se mica lo so quanto quel che dici può essere attendibile!”

 

«andiamo bene, darti alla fuga con qualcuno di cui nemmeno ti fidi. Proprio una mossa da te» lo disse sempre sarcastico, ma quelle considerazioni di Hammy non gli facevano esattamente piacere. Si fidavano più l’uno dell’altra di quanto si fidassero di chiunque, fino a poco più di venti giorni prima.

Se gli faceva male? Ooh, si.

Emerald doveva imparare a conoscerlo di nuovo, con la differenza che stavolta partiva con il presupposto che lui “era un nemico ed era una bestia senza cuore”.

 

oh si perché tu mi conosci abbastanza per dirmi cosa è e cosa non è da me -.- ma vai ìa vai ìa vai ìa…”

 

«se proprio vuoi saperlo ti conosco meglio di tuo marito o di tuo padre, secondo me».

 

ceeerto, perché a me frega molto delle opinioni di una”

 

Fece per scrivere “bestia”, ma qualcosa la trattenne, facendole anche cancellare quel che aveva avviato a scrivere. Serrò le dita in un pugno e guardò l’uomo che si era sposato vicino a lei.

«sai che non lo sono, anche se adesso non lo ricordi».

«Nikolai».

«già».

Se non altro era già qualcosa il fatto che non gli avesse dato della bestia.

Anche se adesso non voleva nemmeno che lui la toccasse, come gli aveva fatto capire appena si era svegliata, scostandosi bruscamente da lui con una faccia da “toglimi immediatamente le mani di dosso o te le taglio e te le faccio mangiare”.

Lui stava solo verificando la frequenza dei battiti cardiaci dal polso. Lo aveva fatto ogni venti minuti da quando erano arrivati in quella soffitta, dopo averla adagiata su un letto piuttosto antico e polveroso, approfittando delle pause tra un controllo ed un altro per medicarsi al volo anche le proprie ferite…

Emerald si prese la testa tra le mani con un’aria maledettamente incavolata. Stupido cervello! Ma perché non ricordava?!

“ricorda-ricorda-ricorda!!!” pensò, sforzandosi più che poteva senza ottenere risultati.

Vide un pesante soprammobile in piombo…

«ah no! scordatelo!» Warsman riuscì ad intuire le sue intenzioni, bloccandola prima che raggiungesse l’oggetto in questione «quella della famosa seconda botta in testa è una chimera e tu dovresti saperlo!»

«nnnh!!!» protestò lei divincolandosi e riuscendo a liberare il braccio destro, con cui lo spinse via.

“a quanto pare non ha ancora capito che non deve toccarmi” pensò.

«Emerald, che per te non sia facile lo so, ma non ti autorizza a fare stupidaggini come quella. Ti feriresti e basta senza ottenere niente! E poi dobbiamo pensare a come muoverci. Non è facile farlo avendo tuo padre alle calcagna, e poco importa che in un certo senso sia stata tu a “rapirmi”. Renditi conto che cercheranno in tutti i modi di riportare a casa te e far sparire me» le disse «per adesso qui potrebbe anche andare bene. Per riprenderti, e per riprendermi un po’anche io. Tu odi Robin Mask, non avrebbe molto senso nascondersi qui in casa sua, e si presume che il sistema di sicurezza eviti intrusioni esterne; inoltre pensare che possa nasconderci di sua volontà sarebbe piuttosto assurdo, no?»

Lei fece spallucce.

 

forse. Ma forse invece mio padre penserebbe che io faccia qualcosa a cui lui non penserebbe, per nascondermi. Nel senso, potrebbe pensare che io pensi che lui pensi che io odiando Robin Mask non verrei mai qui”.

 

«io infatti ho detto “per adesso potrebbe andare bene”, non “rimaniamo qui per tutto il tempo”. Ovvio che prima o poi -probabilmente presto- finirà a pensare qualcosa del genere. Potrei dire molte cose di tuo padre, ma non che sia stupido».

 

non ti azzardare a parlare male di lui!!!”

 

Ecco, anche quello avrebbe dovuto immaginarselo.

«Emerald, per piacere, non è il momento. Allora, per adesso staremo qui…poi…» si sedette sul letto «dovremo come minimo lasciare l’Inghilterra. Più lontani saremo, meglio è. Tornare a Tokyo non la considero una buona idea…»

Peccato, Hammy avrebbe voluto andarci.

«…forse più in là. Adesso sarebbe una mossa troppo prevedibile. Dovremo andare altrove».

 

però all’ultimo a Tokyo ci andiamo uguale vero?...ma più che altro tu non hai pensato a come fare per raggiungere questi posti”.

 

«viaggeremo come clandestini in una delle poche linee rimaste che non siano di voi Lancaster. Ci travestiremo entrambi, più di questo non possiamo fare» la guardò «in casi come questi un padre come il tuo è abbastanza scomodo, mh? Per non parlare del tuo adorabile marito. O del tuo altrettanto adorabile cognato. O di tuo cugino».

 

piantala con i commenti sulla mia famiglia, non siamo criminali capito?!”

 

«non tutti, vero. Tua madre mi ha aiutato in due occasioni e tua zia…Iva Jerkovic trentottenne…» sospirò. Gabrijela gli aveva fatto una certa -buonissima- impressione anche per motivi che sconfinavano dall’umanità che aveva dimostrato «mi ha curato le ferite al volto».

 

“aspè. Perché cavolo mamma e zia ti aiutano?!!”

 

«perché sono brave persone, ecco perché!...e…io penso che se adesso avessi ricordato…forse anche tu mi avresti aiutato a curare le ferite. E non avresti permesso che mi fosse fatto del male, e…tsk. Inutile parlarne» concluse vedendola alzare un sopracciglio «non vuoi che io muoia ma non credi nemmeno che saresti disposta ad aiutarmi per un motivo diverso dal “mi servi per ricordare”».

Lei annuì.

Lui distolse lo sguardo.

Non era facile, eh no.

«eravamo nemici, ma a me tenevi. E ti fidavi. Me ne hai dette di cose, via via».

 

è improbabile”.

 

«è VERO, Emerald, non improbabile. È vero. Avevamo un rapporto strano quanto ti pare, ma…era forte. Hai provato a spezzarlo per il mio stesso bene una volta, ma non ha funzionato».

 

sei ossessionato da me?”

 

«non si tratta di questo».

Lei sollevò nuovamente un sopracciglio, e gli lanciò un’occhiata dubbiosa, mentre una minuscola parvenza di sogghigno quasi malevolo le compariva in viso.

 

non sarai uno di quei vecchi porcelli che si prendono cotte per le ventenni?...per piacere non dirmi che sei innamorato di me, sennò è la volta che bestemmio”.

 

Lì per lì il russo rimase completamente interdetto per quel che lei aveva scritto, al di là di quel “uno di quei vecchi porcelli” che era piuttosto vicino al modo in cui lei l’aveva apostrofato spesso.

Interdetto come qualcuno colto sul fatto, che non aveva idea di cosa rispondere.

Ma lui non era innamorato di lei! …ovvio che no!

«non è…!!! Mi sa che quella botta in testa ha fatto danni più gravi di quanto pensassi. Io e te siamo Nemici Numeri Uno! Ci odiamo! “innamorato di te”, ma per piacere…assolutamente no! Non di una come te. Sei troppo stronza».

 

…disse quello simpatico come un calcio nelle palle. Non ti capisco, prima blateri di fiducia ed attaccamento tra me e te e poi…non capisco come possa essere così, se siamo nemici”.

 

«è una domanda che mi sono fatto spesso, e forse anche tu. Che io sappia nessuno dei due ha mai trovato una risposta, sapevamo solo che…era così!»

 

ci credo poco. Anzi…quasi per niente. Se è così dammi una prova. Hai detto di conoscermi anche meglio di mio padre e di mio marito, dimmi qualcosa che ho detto a te e non ho detto a nessun altro allora!”

 

Il russo stette un po’ a pensare. Hammy di cose gliene aveva dette diverse, ma che suo padre e suo marito non conoscevano…cosa ci poteva essere? Che prova poteva darle?!

Poi giunse l’illuminazione. Ma certo, che cretino che era!

«l’uomo con cui sei andata a letto la tua  prima volta, a Buenos Aires, si chiama Aleksander Specter. Avvocato, da quel che ti disse. E per bocca tua so per certo che non l’hai raccontato a nessun altro, nemmeno a tuo padre!»

Parve funzionare, dal modo in cui la ragazza sgranò gli occhi smeraldini. Era vero, lei il nome di quell’uomo non l’aveva mai detto a nessuno. Solo che le sembrava incredibile che proprio a lui…

«la ritieni una prova, Emerald?»

La ragazza ovviamente continuava ad essere diffidente. Però a quanto pareva lui non le aveva detto delle stupidaggini. Per avergli detto quella cosa doveva voler dire che si fidava proprio tanto, rispondendogli quando lui…forse glielo aveva domandato…mah.

 

“è tutto un po’complicato al momento”.

 

«lo so».

Emerald pensò che forse anche per lui doveva essere complicato, se le cose stavano davvero come le aveva detto.

Ma poi pensò anche che al momento non gliene importava niente.

Aveva già abbastanza grane per fatti suoi senza mettersi a pensare a come poteva stare o non stare quel…coso. Quell’uomo. Vabbè, oh, quello che era.

«la mia idea era di scappare andando in luoghi in cui tu sei già stata. Tokyo sarà tra le ultime mete…ti ho già detto perché».

 

appunto, non ripeterti e limitati a dirmi DOVE andremo”.

 

«la prima tappa sarà a Washington» la sorprese lui «che mi piaccia o meno è stato un luogo tanto importante per te da farti fare un nuovo tatuaggio. Ed è piuttosto imprevedibile, non credi? Servirà a far perdere le tracce per un po’. Dopo Washington verrà Buenos Aires…»

 

ma guarda che quel che è successo a Buenos Aires me lo ricordo benissimo”.

 

«tu ricordi il primo viaggio che hai fatto insieme alla tua famiglia, non il secondo…con me».

Warsman osservò la sua espressione stupita diventare dapprima perplessa, poi scettica, e poi…la sentì ridere. Piuttosto piano, ma stava ridendo, ed il motivo era piuttosto ovvio. Emerald si indicò, poi indicò lui, si allontanò. La risata divenne un po’più forte.

“che cazzata…di tutte quelle che mi hai raccontato questa è la più grossa!” tentò di dire tra una risata ed un’altra…che terminò quando si rese conto di non riuscirci ancora, emettendo di nuovo solo quel suono strozzato.

“maledizione…!” pensò tirando un  pugno -il sinistro- contro un mobile, finendo comunque per romperlo.

Ed era tanto presa da se stessa che non si accorse neppure dello sguardo del russo, da dopo che l’aveva sentita ridere.

Non gli aveva creduto. Ovvio. Anche quello avrebbe dovuto aspettarselo, ma era stata un’altra cosa che non gli aveva fatto per nulla piacere.

“la sua famiglia probabilmente si sarà lagnata tanto per questi due anni e mezzo mancanti, ma perlomeno lei si ricorda di loro, li conosce ed è loro legata. Invece io sono legato a qualcuno per cui non varrei nulla, se non fossi la chiave”.

 

si…comunque dubito che sarei andata con te da qualsiasi parte” scrisse ancora la ragazza.

Ma non rideva più, e poi…adesso aveva un curioso motivetto a risuonarle in testa. Sembrava un tango a giudicare dal ritmo.

Chiuse gli occhi e cercò di focalizzare…

«Emerald-» avviò a dire Warsman, ma si interruppe quando lei alzò l’indice.

Quella musica le stava facendo ricordare qualcosa. Era un altro filo sottile che non poteva perdere, ma che doveva seguire per arrivare a destinazione.

“devo seguire il filo…forza, testaccia malefica!!!” pensò la ragazza “su!!!”

 

why does my heart cry

Feelings I can’t fight

You’re free to leave me

But just don’t deceive me

And please

Believe me when I say I love you!”

[…]

“…I vincitori! Congratulazioni!”

“hai visto miz Lancaster, te l’avevo detto che tra i miei tanti pregi c’è anche quello di essere un ottimo ballerino!”

“seeeeh vabbè! Non fare troppo il fanfarone adesso, il 50% del lavoro l’ho fatto io”.

“diciamo anche il sessanta per cento, con questo vestito sei ancora più sexy del solito, il che è tutto dire…”

“mpf…questo rosso comunque è nuovo”.

“staresti bene anche vestita di stracci. E staresti ancora meglio vestita…di niente!”

“e ridagli…”

“che c’è miz? Ho solo detto la verità…”

 

«quello era il nostro tango…»

Alle parole di Warsman, Hammy riaprì gli occhi e sollevò un sopracciglio.

«quello che hai canticchiato».

Ah, aveva canticchiato? Non se n’era resa conto.

Ma comunque, che andava blaterando il tizio?!

«no…mio e di mio marito se mai. È con lui che ho ballato» disse la ragazza, senza nemmeno rendersene conto fino all’ultima parola. E quando fece per aggiungere altro, non le riuscì. Solo quei “nnnh”.

Ma per Flash quel che aveva detto era abbastanza. «no che non era tuo e di “Mikey”!!! Era nostro, Emerald, nostro!»

 

ma non penso proprio. Ho ballato con Mikey, me lo ricordo. Avevo un vestito rosso…”

 

Ah.

A quel punto il russo capì. Era vero, Emerald aveva ballato una volta il tango con l’ex mercenario, in quello che dal suo punto di vista era stato un tradimento bello e buono. Ed era anche vero che aveva un vestito rosso. Le volte che loro due avevano ballato insieme aveva messo quello verde smeraldo, sempre.

Gli venne una gran voglia di urlare e spaccare tutto quel che aveva intorno, perché di tutte le gare che aveva fatto si era ricordata l’unica alla quale aveva partecipato insieme ad un partner che non fosse lui!

E il colmo era che, del fatto che avesse riacquistato un altro ricordo, lui avrebbe pure dovuto essere contento!

“ma è una presa per il culo o cosa?!” pensò. Vero che Hammy non poteva scegliere cosa ricordare e cosa no, come non poteva scegliere quando, però era qualcosa di talmente…ironico…e lei era talmente stronza che era quasi inevitabile, per qualche breve istante, trovarsi a pensare che lei avesse detto così apposta per farlo incavolare, o per ferirlo e basta.

«vero. Hai ballato anche con lui, una volta. Ma solo una per l’appunto, il resto sono state tutte con me, tutte».

 

“mah. Non credo”.

 

Lui evitò di guardarla in faccia. «lo so. Non ci credi. Ho capito».

“ricorderà. Sono sicuro che ricorderà qualcosa di me e lei, prima o poi, oltre al mio nome” si disse cercando di farsi forza.

 

torniamo alle questioni serie adesso. Quindi Washington, Buenos Aires…e poi?”

 

Cos’avrebbe dato per avere una cavolo di penna funzionante, perché di carta lì in soffitta ce n’era un bel po’, ma tutto quel che aveva trovato per scrivere era stata una penna ed un calamaio contenente inchiostro. Secco, ovviamente.

Fortunatamente non era allergica alla polvere, o quella che sollevava nel tracciare le parole su di essa l’avrebbero fatta morire di starnuti.

«non lo so. Che tu ci creda o no ne abbiamo fatta di strada, abbiamo diverse scelte. Roma…Sidney…»

 

mh, si, nel tuo immaginario tante volte siamo stati anche a Rio? Ho sempre pensato che vorrei andarci, prima o poi”.

 

“le cose sono due, o le sparo o mi sparo” pensò Warsman.

«si, c’è anche quella nell’itinerario. E come il resto del viaggio non è stata una tappa molto “immaginaria”» disse in un tono tanto sarcastico quanto amaro «anche se ad un certo punto, piuttosto, è stata quasi…onirica» la guardò «ma è inutile che te ne parli adesso. Non credi che io e te possiamo aver ballato insieme, figuriamoci il resto».

E per un motivo che non sapeva spiegare nemmeno a se stessa, Emerald J. V. P. Lancaster decise di non voler indagare oltre riguardo quello specifico argomento.

 

 

«kvragu!!! Che cos’è che ha fatto quel cretino di mio figlio?!»

Lionel si era contenuto, ma non si poteva dire che dopo aver letto quella lettera la pensasse diversamente dalla moglie.

«ultimamente non capisco cosa gli stia saltando in testa. Non è nuovo a qualche stupidaggine, ma non è nemmeno così stupido da non rendersi conto che abbiamo già problemi a sufficienza senza che-»

«oh, Lionel, te lo dico io cosa gli sta saltando in testa: è colpa di quel ragazzino!» sbottò Gabrijela «da quando l’ha conosciuto non si è mai staccato da lui, credo che lo veda come un esempio da seguire. Una specie di “maestro”. Si, maestro di disastri!»

Le sarebbe parso strano se, dopo quel che aveva fatto per lui, Warsman avesse davvero ucciso suo figlio Sebastian. Oltre che per buon cuore puro e semplice e senso del dovere nei confronti di un uomo ferito, Gabrijela aveva aiutato Warsman anche per quel motivo…nel tentativo di ridurre gli effetti di un possibile nuovo scontro tra suo figlio ed il russo facendo leva sulla gratitudine di quest’ultimo. A Sebastian era stato detto chiaramente che non avrebbe mai più dovuto fare cose simili, ma considerando com’era andata a finire era saltato fuori che quella della donna era stata una buona mossa.

Proprio perché Warsman era un essere umano che di rado era stato trattato come tale, si era ben resa conto che i suoi gesti nei suoi confronti non lo avevano lasciato indifferente; Così come il suo aspetto, visto che in una delle sette volte in cui era tornata a trovarlo, si era lasciato scappare qualcosa di simile ad una considerazione che la paragonava ad Iva Jercovic.

Quindi più che preoccupata che Volkoff potesse ucciderle il figlio, era preoccupata

a) dell’influenza di Zachary Connors su di lui

b) degli immensi casini in cui Sebastian avrebbe potuto farsi coinvolgere

c) di saperlo con un criminale, perché di quello si trattava.

«troveremo anche loro prima che trovino a loro volta quella bestia delle steppe» cercò di rassicurarla Howard, mentre faceva scrocchiare la schiena «e dunque prima che Sebastian possa farsi male».

Per un bel pezzo non aveva avuto di suo  la minima voglia di andare a dormire, e quando invece gli era presa beh…Janice non aveva gradito molto le spiegazioni per quei pantaloni in pelle lucida. E quindi aveva dovuto nuovamente trascorrere la notte nel letto di una delle stanze degli ospiti!

Se l’era presa tanto per lo spogliarello in sé -e a poco erano valse le sue rassicurazioni sul fatto che non era stato integrale, e che ovviamente non ci aveva provato con nessuna e tutto quanto- quanto per il fatto che lui non le avesse detto che aveva ripreso ad uscire con Robin.

 

Janice, non erano esattamente ‘uscite’…erano sfide! E la sfida prevedeva massimo riserbo sulla faccenda, pena l’annullamento di tutto. Cerca di capire!”

“quindi quelle volte in cui sei partito non erano sempre viaggi d’affari, EH?!”

“da quando la cosa è iniziata non sempre, no…ma d’altra parte è di Robin che si tratta, non di un’altra donna!”

“si, ma mi hai mentito!!!”

“…e ho sbagliato, va bene, però anche tu cerca di capire…una sfida è una sfida e le regole sono regole”.

“un concetto che varrebbe, se non fosse che tu le regole le segui solo quando ti pare visto che ‘you can’!...ma se volevate riprendere ad uscire, invece di finire a fare gli imbecilli in uno strip club per uomini, perché non l’avete fatto e basta?! Come se io -e idem miss Kalinina credo- potessimo avere qualche problema con ciò, se le uscite in questione avessero un minimo di criterio! Ma per chi ci avete prese?!”

“Jannie…non pensi che attualmente i problemi siano altri, considerando quel che è successo qualche ora fa?”

“…si beh…è Emerald ad essere scappata via con lui, non è stata rapita!”

“Emerald non si è ancora ripresa, potrebbe anche riuscire a farle del male, o influenzarla come vuole facendole credere che i suoi nemici siamo noi! La sua famiglia! E poi Hammy si è sposata da poco, e Michael-”

“…il bifolco…”

“…ad ognuno la sua opinione ma ‘bifolco’ o meno non riesci ad immaginare come stia al momento? Diamine Janice, se fossi tu a scappare con qualunque altro uomo io sarei distrutto. Povero ragazzo”.

 

«quel che mi preoccupa non è che Warsman possa fare del male a Sebastian» ribatté la donna, e questo ad Howard suonò un po’strano  «e non ha intenzione di farne nemmeno ad Hammy, secondo me» frase che indusse il più giovane dei due marchesi presenti a fare un sospiro nervoso: che Warsman non volesse fare del male ad Emerald ovviamente era ok, però quanto aveva detto lasciava intendere che era d’accordo con la teoria di Lionel, che…

Oddio.

Sembrava starsi dimostrando azzeccata.

Oddio.

No, sua figlia non era innamorata della bestia.

Era innamorata di Michael Connors, ehm, Lancaster. Lo aveva perfino sposato.

Voleva ritrovare i suoi ricordi, tutto lì.

«…quel che mi preoccupa è di sapere che mio figlio è in giro con quello che si è rivelato essere un criminale vero e proprio!» concluse Gabrijela «ha perfino rubato dei soldi dal conto di suo fratello!»

«dai, definirlo “criminale” è un po’eccessivo…»

Lionel fissò il cugino dritto negli occhi per poi scuotere rapidamente la testa. «eh no. Non è affatto “eccessivo”. Da che mondo è mondo tentare di uccidere un uomo…»

«“bestia”».

«uomo!...uccidere e rubare, insomma, sono effettivamente dei crimini».

«si, indubbiamente ha sbagliato a prendere quei due milioni e a coinvolgere Sebastian nella faccenda. Per questo da quando Michael è venuto da me con quella lettera ho dato immediato ordine di cercare anche loro due, oltre ad Hammy. Tanto più che le loro azioni intralcerebbero il piano d’azione da seguire. Attualmente quel che mi interessa è che ritrovi la memoria senza che le accada niente. Per questo ho ordinato che una volta trovati vengano semplicemente seguiti con la massima discrezione, bestia o non bestia quel che conta è Hammy, come sempre. Ma se Zachary e Sebastian attaccheranno quel russo con l’intento di ucciderlo, nessun epilogo sarà…funzionale. Se lui riuscisse a scamparla farebbero perdere ancor di più le loro tracce e non potrei sapere le mia figlia sta bene, se i ragazzi lo facessero fuori c’è caso che Emerald non torni mai a ricordare, e se invece fosse lui a far fuori i ragazzi, beh…c’è bisogno di aggiungere altro?»

«quando lo ritroviamo Sebastian se lo scorda, l’anno sabbatico» disse Gabrijela.

«Michael stesso è voluto partire» continuò Howard «e lo capisco».

«partito per trovare suo fratello o sua moglie?» domandò Lionel.

«il fratello al momento è quello che potrebbe complicare di più la faccenda per le ragioni spiegate. Ovviamente avrebbe preferito cercare Hammy, ma fermare quei due è un’altra priorità».

In quel momento Mr. Lancaster si trovò anche a pensare qualcosa di assolutamente inaudito, a causa di uno stress che oltretutto teneva nascosto; ovviamente non avrebbe mai fatto niente del genere ad Emerald, era chiaro, ovvio.

“forse avrei dovuto ascoltare mrs. Van de Kamp quando mi ha suggerito di utilizzare quella…“connessione psico corticale”, neuro corticale o quel che sia*, di cui lei stessa mi ha dato i progetti, e semplicemente tirare fuori i ricordi”.

Originariamente a detta della signora quella tecnica si utilizzava su delle “IA” non meglio definite. Ma di recente era stata riadattata anche per essere utilizzata su esseri viventi, e ciò aveva fruttato un sacco di soldi al marchese quando aveva dato in licenza i suddetti progetti all’MI6, ai servizi segreti statunitensi e anche al Mossad, tanto per gradire.

Tale tecnologia era in possesso di Howard da un paio di settimane prima del matrimonio di Emerald. E così com’era stato per quel liquido “miracoloso”, non era riuscito ad ottenere qualcosa di più delle informazioni piuttosto vaghe che la stessa mrs. Van de Kamp gli aveva fornito, davanti ad una tazza di tè presa in uno dei tanti salotti della villa.

Ma per esperienza personale, visto che a lui spesso e volentieri capitava di trovarsi in situazioni simili anche se a parti invertite, si era reso conto che forse in quel caso era meglio non eccedere con le domande e prendere quel che veniva.

Pareva che la signora avesse apprezzato.

«capisco. E no, effettivamente non dev’essere facile nemmeno per tuo genero» ammise Lionel.

«una domanda, c’è qualcuno a cui quel ragazzo» Zachary «dia ascolto?»

«in teoria si, a suo fratello, in pratica…sembra di no».

O solo fino a un certo punto.

 

 

“quando lo trovo lo prenderò a calci in culo per una settimana intera, poi li impacchetto e lo rispedisco a Washington. Oh si. Quando è troppo è troppo! Eppure io lo sapevo che portarlo qui era una pessima idea!!!”

Erano quei momenti in cui l’ex mercenario avrebbe di gran lunga preferito essere figlio unico. E pensò che, se anche l’anima non esisteva, il karma invece esisteva di sicuro…una moglie amnesica fuggita ed un fratello incontrollabile.

Fantastico.

E per ovvie ragioni non poteva nemmeno indugiare a chiedersi “cosa ho fatto di male”, perché sarebbe stato il colmo.

Per cui attualmente era in viaggio per Londra con il suo beneamato suv, nella zona in cui le telecamere sparse in giro per la città avevano registrato l’immagine di suo fratello, ossia quella della banca.

Zachary dopo aver fatto il prelievo aveva pure salutato. “sorridi Seb, siamo su Lancaster TV!”, aveva detto.

Dopo tutto quel che combinava li prendeva pure per il culo!!!

Pur non contando di trovarli a passeggiare lungo la strada come se nulla fosse stato osservò attentamente entrambi i lati della strada. Alcuni dei soldati in giro -in abiti civili- stavano facendo la stessa identica cosa, mentre altri controllavano nei motel…per quanto fosse difficile che i ragazzi avessero scelto di stare in un motel, e soprattutto in quella zona…ed in seguito avrebbero controllato le abitazioni sfitte, per quanto ce ne fossero poche.

Andava più o meno a cinquanta all’ora. Una donna con un cane, un gruppo di ragazzi che chiacchieravano, un tizio col giornale ed uno seduto sul muretto a mangiarsi un gelato, persone sedute accanto ai tavolini fuori dei bar intenti a prendere un caffè, bambini che chiacchieravano mentre le loro mamme facevano altrettanto.

Nulla che suggerisse la presenza di Armageddon, insomma. Se c’era una cosa che sapeva era che nessuna strada restava così tranquilla se in giro c’era suo fratello.

«niente sulla strada» comunicò alle altre squadre.

per ora, niente nei motel.

– abbiamo già iniziato a controllare le abitazioni sfitte. Finora niente nemmeno qui.

«terminato il controllo abbandoneremo la zona e cercheremo altrove».

Accelerò bruscamente, sempre più nervoso.

Zachary Connors aveva quasi finito il suo cono gelato alla zuppa inglese e cioccolato. Poco, di cioccolato: aveva una specie di intolleranza, se ne mangiava troppo gli venivano degli sfoghi di bollicine rosse in varie parti del corpo.

«che ti avevo detto, eh Seb? Mio fratello non riuscirà a trovarci nemmeno tra cent’anni. Oh, dai, non guardarmi in quel modo…»

«la tua fortuna risiede unicamente nel fatto che “l'uomo padrone di sé pone fine a un dolore con la stessa facilità con la quale improvvisa una gioia”» replicò l’altro abbassando il giornale «ed io sono molto padrone di me…altrimenti…»

Per evitare meglio di essere riconosciuti i due ragazzi avevano…cambiato look.

Al momento Zachary Connors indossava felpa color crema su dei jeans skinny neri senza decorazione alcuna. Si era tinto i capelli rendendoli castani come quelli del fratello e, oltretutto, aveva pure messo su due lenti a contatto color grigio scuro che oltre a nascondere l’eterocromasia sostituivano gli occhiali, almeno quelli da vista. Ne indossava un paio da sole al momento, ma la stagione lo giustificava appieno.

Sebastian invece aveva con suo sommo dolore adottato uno stile “pelle, borchie, e meches rosse sui capelli tagliati più corti”. I piercing se non altro erano finti, ma anche lui aveva delle lenti a contatto che rendevano neri i suoi occhi smeraldini.

Si erano procurati tutto subito dopo aver preso i soldi in banca, evitando accuratamente le telecamere di sorveglianza poste ai vari angoli del quartiere, e si erano intrufolati in un appartamento -non sfitto- i cui proprietari al momento erano in vacanza. Tanto non sarebbero rimasti molto lì, se Zeke avesse avuto ragione a pensare che Emerald si nascondesse dove-sapeva-lui. E se per qualche curioso motivo fossero riusciti a scappare beh, lontani dall’Inghilterra sarebbe stato un po’più semplice mimetizzarsi.

L’albino sotto sotto quasi sperava che ci riuscissero, a fuggire. L’avventura sarebbe durata più a lungo…anche se ovviamente il recupero della cognata e l’uccisione di Warsman avevano la priorità.

«non stai così male sai».

«…»

«ti rendi conto che Lentiggine ci è passato davanti e non ci ha riconosciuti nemmeno?...e prende cinque milioni al mese perché dovrebbe essere bravo…alla faccia!»

Michael era effettivamente bravo. Solo che loro due in quel caso sembravano esserlo stati di più, col cambio di look ed il basso profilo per ora mantenuto, nonostante fosse stata dura per l’albino trattenersi dal tirare le Daygum esplosive ad un tizio con dei serpenti tatuati sul volto. Un tiziaccio. Del tipo che a Washington avrebbe sistemato subito.

“ahimè…non posso” si era detto.

«io comincio a pentirmene un po’» bofonchiò Sebastian «non mi avevi detto che avrei dovuto cambiare look».

«non ti ho nemmeno obbligato a seguirmi però».

Si sentì osservato.

Una donna con degli occhi di uno strabismo indecente che sembrava osservare il suo gelato.

Non che a lui facesse effetto.

«se ha fame gliene offro uno» disse Zeke, con una certa generosità. Tanto i due milioni non erano soldi suoi.

«ben gentile!»


***

* che Howie potesse avere quella tecnologia lì mi è venuto in mente leggendo gli ultimi paragrafi dell'ultimo capitolo di "Reignite" di vermissen_stern. Ci sta troppo :) specialmente considerando con chi è che Howie fa affari :) anche se lui non lo sa.

Quanto alla donna con gli occhi indecenti...si sono incontrati e basta, non capiterà altro xD avevo voglia di farli conoscere da un pezzo.

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Capitolo 8
*** ''abbandonare la nave...!'' (ergo, la villa). ***


«traditore bastardo!!!»

“mi sa che non avrei dovuto rispondere alle sue domande, nonostante l’insistenza”.

«cioè, lui è andato in viaggio con lei due mesi e mezzo dei cinque e mezzo in cui sono spariti?!»

“e per fortuna che non gli ho dato ulteriori dettagli, allora”.

«d’accordo, è ufficiale» sbottò Kevin alzandosi dal divano e correndo nella propria stanza «devo partire e cercarlo anche io…per dare a quel traditore il fatto suo!!!»

«li stanno già cercando, non è il caso che parta anche tu!»

«oh si che lo è! Warsman ha sempre saputo benissimo che sono innamorato di lei, che cazzo gli è saltato in testa di-»

«ahem però ad Emerald a partire con lui non l’ha costretta nessuno. La colpa qui è 50-50».

A quelle successive parole di Meat il ragazzo iniziò a fare dei lunghi respiri profondi, mentre contava lentamente fino a dieci. Come gli aveva insegnato sua madre quando era stato su Nettuno per conoscerla. Era una tecnica che risultava utile per non lasciarsi andare ad azioni impulsive tipiche dei Mask…se l’avesse imparata prima probabilmente Hammy sarebbe stata ancora la sua ragazza…

Si maledisse almeno quindici volte per aver iniziato a fare tutte quelle domande, ma era stato inevitabile. Insomma, Hammy -ormai tre giorni prima- era fuggita via con Warsman. Era assurdo, no? e quindi era giustificabilissimo che il ragazzo avesse preso a domandare cose a destra e a manca. In particolar modo a lady Janice, che non aveva saputo dirgli niente che Kevin già non sapesse, ma che in compenso lo aveva bene indirizzato dicendogli che quando tutta quella faccenda con il russo era iniziata, ossia durante il Torneo, era Meat quello a cui era stato raccontato tutto. Glielo aveva detto anche se Janice stessa pensava che anche il piccolo kinniku non sapesse più di quanto sapevano loro, che per come la pensavano era…tutto quel che c’era da sapere.

Così Kevin era andato da Meat e lo aveva tartassato come non aveva mai fatto nessuno. Gli aveva chiesto quel che gli interessava, lo aveva minacciato, pregato, implorato, supplicato in continuazione…una vera e propria tortura.

E Meat alla fine aveva capitolato, pensando che forse non era un male che Kevin sapesse la verità -pure se con i dettagli sconci mancanti- e si rendesse conto una volta per tutte di come stavano le cose. Era anche per il ragazzo stesso che Meat aveva preso quella decisione, perché magari sapendo questo avrebbe finalmente capito che doveva rifarsi una vita, ormai. Tanto difficilmente Hammy sarebbe tornata insieme a lui, arrivati a quel punto; la scelta se mai, per come la pensava lui, era tra Michael Connors -ehm, Lancaster…non si era ancora abituato all’idea, come tanti- e…

Warsman?

«…vero» disse alla fine Kevin, rimettendosi a sedere «ciò non toglie però che appena lo rivedo gli tirerò quattro o cinque diretti in faccia. Cazzo. Altro che nemici, allora…questo spiega diverse cose, e getta una luce diversa su quelle che già sapevo. Che grandissimo figlio di…va’ a vedere che era lei quella ci cui mi ha parlato un sacco di tempo fa!»

 

“…possibile che nemmeno una abbia…?”

“una. Una soltanto. E nemmeno poi così tanto tempo fa. Ma non era cosa. Avevamo entrambi troppi…impegni…e comunque era un rapporto abbastanza strano. Non era nemmeno amore. Era…non so nemmeno io cosa. So solo che quando ha visto il mio viso non è scappata urlando. E non era nemmeno disgustata, o incuriosita modello “amante dello splatter”. Lei è rimasta lì come se non ci fosse niente che non andava”.

“ma se era così perché non siete rimasti insieme? non penso che qualcuno del genere si incontri tutti i giorni”.

“te l’ho detto, non era cosa. C’erano troppi problemi, oltre che qualcun altro di mezzo. E poi ho anche detto che qualunque cosa fosse non era nemmeno amore”.

“sarà, ma se è andata davvero come dici anche se non era amore c’era vicino secondo me. E quel qualcun altro potevate pure mandarlo ad diavolo, no…”

 

«probabilmente se l’è pure scopata allora…»

Ricominciò a respirare e contare.

Respira e conta, Kevin. Conta e respira.

E Meat sempre fermo lì a guardare.

«…’fanculo» concluse Kevin, ancora furioso ma non del tipo “distruggo tutto ciò che ho attorno” quanto piuttosto qualcosa di simile a quel che succedeva ad Howard Lancaster in quelle occasioni.

Era ovviamente molto deluso e ferito. E restava sempre dell’idea di dare al russo quei diretti in piena faccia, dopo avergli fatto una sfuriata da paura.

Ma per deluso che fosse doveva tenere a mente che adesso Emerald non era più un “problema” suo.

Aveva deciso di non arrendersi e tentare di riconquistarla anche dopo che si era sposata, e in quei giorni dopo l’amnesia infatti sembravano anche aver legato nuovamente, almeno un po’, anche se solo in amicizia.

Ma dopo quel che aveva saputo…eh no. A quel punto basta, e che diamine.

Per quanto gli piangesse in cuore, per quanto anche adesso avesse gli occhi lucidi…e per quanto lei sarebbe rimasta il suo primo vero amore, forse il più grande della sua vita…quello era stato veramente troppo.

A tutto c’era un limite, ed ecco che i fatti l’avevano raggiunto.

Lui era giovane, maledizione…aveva un’intera vita davanti. Non poteva passarla a struggersi e soffrire ancora. Erano vent’anni che lo faceva, per un motivo o per un altro, ed era ora di finirla.

Avrebbe sempre continuato a volerle bene, come si sarebbe reso conto una volta finita l’incazzatura. Però, per adesso…basta.

«mi dispiace».

«no, hai fatto bene. Quando una cosa è finita, è finita».

Avrebbe dovuto iniziare a farsi dei nuovi amici, magari, visto che adesso pure Warsman se l’era mezzo giocato. Se non fosse andato via, per esempio, il cugino di Emerald sarebbe stato abbastanza simpatico.

«intendi dirlo a qualcuno?»

«non sono più cose che mi riguardano. Ovviamente spero che ritrovino entrambi. E che entrambi stiano bene, così Warsman lo romperò io personalmente…traditore bastardo!» sbottò. Se solo l’avesse avuto tra le mani…! «ma quanto al resto, eh no! Non voglio saperne più nulla, quando è troppo è troppo: Kevin Mask si è ufficialmente rotto le scatole!» dichiarò «vuole stare con l’americano? Che stia! Vuole fuggire con chissà chi? Che fugga!...io…non ne posso più» mormorò in conclusione «non ne posso più davvero».

«è comprensibile».

Se proprio doveva parlare con qualcuno del branco di scimmie Meat era la scelta migliore, nonostante una volta Kevin stesso l’avesse definito uno stupido. Infatti perlomeno, contrariamente agli altri, era savio.

«la amo ancora» ammise l’inglese «ma alla fine “se non è cosa, non è cosa”…come direbbe lei. E comunque secondo me la peggiore dei due non è Hammy!!!»

Al momento il ragazzo ce l’aveva più con il russo che con Emerald. Perché lui era quello che a parole l’aveva sempre odiata e per un lungo periodo lo aveva incoraggiato ad allontanarla, “stronza qui, puttanella là, sciocca ragazzina viziata”, bla bla bla! Seh! Era il primo a sbavarle dietro, quel vecchio porco! …già, allora Hammy evidentemente aveva qualche vera ragione per chiamarlo in quella maniera!

…non che lei, con quelle sue tendenze geriatrofile -nelle quali malignamente Kevin incluse anche Michael, che aveva quattordici anni più di Emerald- fosse tanto meglio…

Ma non era la stessa cosa!!!

Ricordò tutti i momenti in cui Warsman gli era stato vicino, tutte le liti con Hammy, la pausa, eccetera. Per tutto quel tempo probabilmente il russo aveva gufato come un matto sperando che lei lo piantasse per poi scappare con lui, che…ma aveva più di sessant’anni, porco mondo, non si rendeva conto?! Dannato matusalemme bugiardo, falso, ipocrita!!!

“tsk! Anche questo l’ha imparato da mio padre, considerando con chi sta al momento. Miss Kalinina potrebbe essere mia sorella, Cristo…non che io abbia niente contro di lei, se le piacciono i vecchiardi alla fine sono fatti suoi…”

«dannazione era il primo che le dava contro!» riprese Kevin «pensa un po’non aveva avuto nemmeno il buongusto di starsene zitto! è un ipocrita, un bugiardo, un…un viscido impostore, un…aaah, avrei dovuto mandarlo via appena saputo che non era chi diceva di essere, e invece no!»

«Kevin-»

«sarebbe stato meglio se Lancaster l’avesse ammazzato! Non mi importa quale dei due!»

Ovviamente intendeva Howard ed il Lancaster da poco acquisito.

«capisco che tu sia deluso ma questo è esagerato! E non lo pensi davvero!»

«o senti…tu non sei nessuno per rimproverarmi, right?!»

E con questo Kevin terminò la conversazione, andandosene via.

“mi sa che facevo davvero meglio a stare zitto. Così facendo Warsman non ha più nemmeno Kevin, ma d’altra parte un allenatore -ed amico- che cerca di rubarti la ragazza forse è meglio perderlo che trovarlo. Insomma…io non mi metterei mai in testa di rubare Roxanne a Kid, vero che quei due non stanno nemmeno insieme, ma sapendo che lui ne è innamorato io le starei lontano. Certo, Emerald ha il cinquanta per cento di colpa in questo; poteva evitare di partire insieme a lui per quel viaggio, e anche i vari incontri di cui Kevin non sa nulla. Ma Warsman poteva anche dirle di no!” pensò Meat “quel povero ragazzo mi fa pena. Ci credo che non ne può più…nonostante anche qui vada ammesso che se ha perso Hammy è perché si è comportato da stupido”.

La verità era che tutti quanti in quella faccenda avevano la loro parte di colpa, Kevin, Emerald, Warsman, Howard Lancaster e Robin Mask che erano stati causa dei litigi tra i due ragazzi…

 

 

«…non chiama».

«sveglia,rossa! Se il tuo bell’albino è scappato è ovvio che non tenga il cellulare acceso e non ti chiami!»

«d’accordo, il suo lo terrà spento per non farsi rintracciare, ma esistono ancora le cabine telefoniche!»

«proprio non vuoi capire che a Zachary di te non frega nulla, eh?»

«Kirika, quando sto con un qualsiasi uomo, anche solo per una notte, io lascio sempre il segno. È impossibile che lui sia disinteressato a me» replicò Jacqueline mandando i capelli dietro le spalle con un gesto sensuale «soprattutto visto che sono stata la sua prima!»

«non so come dirtelo ma ho la vaga idea che sia scappato anche per questo motivo» disse Crea «perché non ne vuole sapere niente!»

«ma andiamo, è ridicolo!» eh no, Jacqueline non voleva rassegnarsi all’idea di non interessare ad un ragazzo a cui, per quanto se ne sapeva, non piacevano altre e non aveva “obiettivi più importanti da seguire”. Non si era attaccata a lui in senso “amoroso” quanto piuttosto in senso “è una mia conquista che non si rassegna ad essere tale, e non è concepibile”.

«io ti consiglierei vivamente di lasciarlo perdere. Quel che è successo è già stato una specie di miracolo, e probabilmente è stato perché aveva bevuto…» si intromise anche Fiona.

«era lucido! O almeno, era abbastanza lucido da capire quel che faceva…di questo sono sicura!»

«sarà. Magari Zachary è talmente “strano” che quando beve torna normale!» buttò lì Roxanne, senza dire sul serio, ma azzeccandoci più di quanto pensava.

«naaaah, te lo dico io com’è andata: al verginello dopo un paio di bicchieri era presa voglia, tu eri disponibile, e lui ne ha approfittato. Tutto qui» sentenziò Kirika «io francamente ho sempre avuto qualche dubbio sul fatto che fosse così “asessuato” come voleva farci credere!»

«magari ci crede lui per primo» ipotizzò Fiona «ma appena perde definitivamente il controllo di sé…»

«per l’ennesima volta: era lucido!» insistette Jacqueline.

«mi sa che la verità la sa soltanto Zachary. Quando lo ritroveranno potremmo chiederglielo, se suo fratello non lo rispedisce subito a casa» Crea si era messa a limarsi le unghie «e spero che ritrovino presto anche Hammy. Non sta bene, e sono preoccupata che se ne sia andata così, allo sbaraglio. Non si è portata neppure dietro il marsupio, o dei vestiti o qualunque altra cosa, è scappata via solo con quel che aveva addosso…ossia il pigiama!»

«sarà dura per lei cavarsela senza i soldi di suo padre. Rubare per mangiare o non mangiare proprio, vivere all’addiaccio…» iniziò ad elencare Roxanne «non ce la vedo proprio».

«se riuscissero a lasciare il Paese sarebbe più facile, in teoria…facendo perdere le tracce potrebbero vivere un po’meno all’addiaccio».

«non sarà facile, visto che Mr. Lancaster ha occhi ovunque» obiettò Jacqueline, temporaneamente distolta dal pensiero “devo recuperare Zachary” «poi però bisogna sempre vedere che intenzioni ha. Nel senso, se stando con una persona mia figlia ricordasse delle cose, io ce la lascerei. Ovviamente cercherei di trovarla per sapere se sta bene, ma non mi metterei a fare il diavolo a quattro e li lascerei in pace così che lei ritrovi la memoria».

«non so dirti che intenzioni abbia Mr. Lancaster a riguardo di questa cosa, ma a me a dirla tutta preoccupa più il dopo. Metti che sia come dici tu, e metti che Hammy ritrovi la memoria e torni a casa, e loro prendano Warsman: che fine farà lui, a quel punto?» Fiona incrociò le braccia «secondo me non bella».

«lo penso anche io, ma…anche qui non è detto» disse Crea «magari se la memoria le torna davvero Howard Lancaster sarà pietoso…»

«dubito che a Michael però andrebbe a genio».

«eeeh, tanto a comandare non è l’americano, il capoccia è Howard!» ricordò loro Kirika «è lui che conta. Nessun altro. Se dirà “deve morire” lui morirà, se dirà “resta vivo”…»

«…morirà lo stesso se Zachary e Sebastian trovano lui ed Emerald prima che lo faccia Mr. Lancaster. Loro hanno lasciato scritta una vera e propria dichiarazione di intenti col dire che lo uccideranno!» esclamò Jacqueline.

«ma è pur vero che Warsman sa difendersi, e che dubito che Hammy resterà a guardare mentre lo uccidono, se gliel’ha evitato tre giorni fa» disse Roxanne.

«lo sapete che stavo pensando?» disse improvvisamente Kirika.

«no. Che pensavi?»

«ma se partissimo anche noialtri?»

«e per che fare scusa eh?»

«per ritrovare la Lancaster e per cercare il bello di JJ, che altrimenti continuerà a farci due palle così con “Zachary, Zachary, Zachary”. Noi non dovremmo neppure viaggiare in clandestinità, visto che non dobbiamo esattamente rendere conto a qualcuno dei nostri spostamenti» fece notare loro la demonessa «e poi ho voglia di azione. Qui si sta parecchio bene, ma sto facendo la muffa…»

Proprio in quel momento fuori dalla finestra della stanza si sentì un certo vociare, seguito dal rumore di passi di uomini che si stavano dirigendo in tutta fretta -da quel che videro le ragazze- fuori dalla tenuta.

Precisamente in direzione di quella dei Mask…

«mi sa che è successo qualcosa» osservò Fiona.

«ma noooo…è solo l’esercitazione pomeridiana dei soldati» ribatté Kirika in tono molto ironico.

Ok. Cosa stava succedendo?!

 

 

:: giusto un paio di minuti prima ::

 

 

«…te l’ho detto anche nel tuo interesse. Dovrai pur sapere se hai o meno degli abusivi in casa, isn’t it?»

Howard Lancaster stava seduto alla scrivania del proprio ufficio, chiamando in vivavoce qualcuno che…non ci si credeva ancora, ma stava chiamando proprio Robin Mask.

avere a che fare con voi Lancaster porta sempre problemi!

«Robbie, avrei potuto mandare in casa tua parte della mia security e far fare questo controllo a loro. Invece ho preferito parlartene, ho già abbastanza seccature senza bisogno di aggiungere un vecchietto arrabbiato per qualche soldato nella sua villa».

va all’inferno!...quindi potrei avere rifugiati in casa Warsman e tua figlia?

«precisamente. Avrei dovuto pensarci prima, era un nascondiglio piuttosto logico, pensando che io pensi che lei ti detesti troppo per nascondersi in casa tua e non la faccia cercare lì».

pensando che tu pensi che lei pensi che-

«lascia perdere, per l’amor del cielo. Ti scoppierebbe la testa per il troppo sforzo!» disse Howard con appena un velo di sarcasmo «quindi ecco, ti consiglio di far dare alla servitù un’occhiata in giro».

e una volta trovati li manderò via a calci nel sedere. Non voglio abusivi in casa mia!

«quello è a tua discrezione, ma avvertimi quando lo farai così che possa farli seguire…»

per ammazzare Warsman, vero?!

«ti ho già spiegato che al momento ucciderlo non è quello che ho in mente. Serve ad Emerald per ritrovare la memoria. Non voglio uccidere nessuno, non voglio fare del male a nessuno e non voglio che nessuno finisca a farsi male. Voglio solo sapere dov’è mia figlia e come sta. Ah, e già che ci sei avvertimi anche nel caso dovessi vedere i due ragazzi che facevano da testimoni di nozze al matrimonio. Ricorderai almeno uno dei due».

quello con i capelli bianchi e quell’orribile frac nero con i pois colorati sui risvolti?

«esatto. Sono anch’essi fuggiti per andare alla ricerca di Warsman e mia figlia, ma hanno intenti un po’più “drastici” dei miei. Sarò più diretto: se a trovarli saranno loro c’è rischio che muoia qualcuno».

ribadisco quel che ho detto prima, avere a che fare con voi Lancaster -e con la gente che ha a che fare con voi Lancaster- porta sempre disastri!!! Non voglio omicidi in casa mia!!!

«io infatti ti ho chiamato apposta, per evitarti abusivi, omicidi e soldati».

ma che gentile…

«guarda che lo sono stato davvero e-»

In quello stesso istante all’altro capo del filo si sentì un gran rumore, come se qualcosa avesse sbattuto contro il muro, l’avesse fatto crollare, ed ora stesse camminando sopra i pezzi dopo…aver dato un po’di gas.

M-MALEDIZIONE!!! – si sentì urlare Robin – Lancaster, dannato, avevi appena detto-

Altro rumore di crolli, che sovrastò quello della corsa di Robin nonché le urla della servitù.

«e infatti giuro sulla mia testa che non c’entro!» “anche se temo di aver capito di chi potrebbe trattarsi” aggiunse mentalmente «ti servirà dell’aiuto. Mando lì i miei uomini».

Non riuscì a capire cosa rispose Robin prima che la linea cadesse. O forse aveva perso il cellulare nella corsa. O chissà.

Augurandosi che nessuno finisse a farsi male, Robin e relativa compagna inclusi, avvertì qualcuno degli uomini che erano rimasti sul posto. Era una fortuna avere aumentato esponenzialmente gli effettivi nel corso di quell’anno, da dopo l’incidente alle finali del Torneo.

Adesso bisognava sperare soltanto di arrivare in tempo per evitare ulteriori disastri, nonché di perdere le tracce di Hammy…ma una domanda, al marchese, era venuta spontanea: “con cos’è che Zachary e mio nipote stanno distruggendo casa a Robbie?”…

 

 

«Z-Zeke sono pienamente d’accordo sul fatto che come dice Oscar Wilde “bisogna sempre essere un po' improbabili” ma questo forse è improbabile in modo eccessivo!»

Cosa? Rubare una Hummer Marauder? Usare la suddetta Marauder per sfondare prima i confini della tenuta di Robin Mask e poi le pareti della villa? Ma no…improbabile dove? Era tutto regolare!...l’unica cosa con un minimo di logica che i due avevano fatto era stata coprirsi il volto con dei passamontagna.

«il bello di queste immense ville inglesi è che hanno dei corridoi e delle scalinate altrettanto immensi. Non che dei muri a questa meraviglia freghi qualcosa» e infatti la Marauder stava buttando giù pareti su pareti senza riportare nemmeno un graffio «cioè, l’hai visto Top Gear, le metti sotto tre chili di esplosivo al plastico e al massimo le si sgonfia una ruota».

«rallenta, c’è una donna davanti!!!»

La donna in questione era Alya, uscita dal proprio studio per vedere che cosa accidenti stava succedendo. L’albino svoltò verso la scalinata che portava al piano superiore appena prima di finirle addosso, aprendo il piccolo oblò che c’era sul vetro infrangibile alla propria sinistra, e che sostituiva il finestrino.

«hai mica visto una ragazza mora con gli occhi verdi aggirarsi per casa?»

Ovviamente da parte di Alya -piuttosto attonita per ovvie ragioni perché non era cosa di tutti i giorni trovarsi casa sfondata da due tizi con una Marauder- non ci fu risposta.

«vabbè. Scusa per la distruzione improvvisa. Era una villa tanto carina!»

E con quest’uscita che aveva un gran che di assurdo, impostando la modalità di salita verticale della Marauder, Zachary cominciò ad andare su per le scale che li avrebbero portati al piano superiore, mentre Alya finalmente era riuscita a ricongiungersi a Robin.

«Alya! Stai bene?! dimmi che stai bene…»

«bene sto bene ma dobbiamo fare qualcosa, chiama la polizia, chiamiamo…qualcuno!» lo guardò «Robin, ma è…?»

«se stai per chiedermi se è Howard ad aver mandato quelli, no!» o non gli avrebbe telefonato poco prima per avvisarlo degli abusivi in casa e dirgli di controllare. Insomma, lui era quello che “I can”…non avrebbe avuto senso fare una cosa del genere dopo quella telefonata, se avesse voluto farla Howard l’avrebbe fatta e basta, perfino uno come Robin arrivava a capirlo «ci stavamo sentendo proprio quando hanno sfondato la parete!»

«ma allora chi…?»

“un’idea ce l’ho ma…” pensò Robin.

«quella di chiamare la polizia comunque non è una cattiva idea!...hai il cellulare con te?!» il suo l’aveva perduto nella corsa «la linea fissa è andata!»

«non ce l’ho con me, l’ho lasciato in-» si sentì il rumore di uno sfondamento proprio sopra di loro «…camera da letto. O quel che adesso ne rimane!»

«maledizione, allora dovrò sperare davvero nell’aiuto di quella iena! Prima che il cellulare mi cadesse ha detto che avrebbe mandato qualcuno!»

«fammi capire bene, vuoi un esercito in casa oltre che quei due terroristi?!» era preda di una certa tensione, e quelle scuse che a lei erano suonate beffarde -non per il tono ma per i fatti di contorno- per aver distrutto la “villa tanto carina” non l’avevano aiutata di sicuro.

«lo manderebbe per fermare i due terroristi in questione, non piace neanche a me Alya, ma a questo punto» altri rumori di crolli su crolli su crolli, più lontani, segno che erano al terzo piano «che altro dovremmo fare?!»

E mentre i due facevano tutti quei discorsi, sfonda che ti sfonda i ragazzi erano arrivati fino alla scalinata che li avrebbe portati al quarto piano, ossia quello in cui tra le altre cose c’era la mansarda/soffitta. La scalinata in questione però era più stretta, non che per la Marauder fosse  un problema considerando come buttò giù le pareti anche in quel caso…

«c’è rimasto giusto questo piano, da controllare» disse Zachary mentre, una volta sbucati su, grazie a quel veicolo infernale demolivano stanze su stanze «…e la cantina, ma lì se mai ci guardiamo dopo, una volta che si saremo liberati di questo gioiello come da piano…»

«i miei genitori dopo questa mi uccideranno!» si lagnò Sebastian.

«ribadisco che non ti ho mai costretto a seguirmi. E se mai puoi usare quei documenti falsi che ti sono arrivati ieri dal mio amico di Washington».

Pur contando sul fatto che sarebbe andato sempre tutto bene, Zachary si era ugualmente premunito…con ben sei identità fasulle e relativi documenti. Carte d’identità, passaporti e quant’altro. Visto che quartieri e che gente frequentava a Washington non c’era molto di cui stupirsi, e non gli ci era voluto molto a contattare il suo “fornitore” ufficiale per farsi creare altre quattro serie di documenti per il caro amico Sebastian. Pagando un prezzo che sarebbe stato piuttosto alto, se non avesse avuto sottomano gli oltre due milioni rubati al fratello maggiore, considerata la quantità di roba da farsi spedire ed il tempo ridotto in cui dovevano essere fatti e consegnati.

«ma sei sicuro che siano buoni?»

«ovvio!...ultima stanza. O sono qui…o ho preso un granchio, ma francamente ne dubito».

E se erano lì, voleva affrontare il russo di persona. Per cui scese rapidamente dall’auto, e con le mani ovviamente guantate per non lasciare tracce (?!) aprì di scatto la porta di quella che era la soffitta di casa Mask.

Vuota.

«mh. Granchio» commentò. Ad ogni modo entrò e si guardò attentamente attorno, potevano essersi nascosti dietro qualche mobile…

Ma invece di trovare loro due, trovò le scritte tracciate nella polvere…purtroppo. Scritte che designavano Washington come prima meta, c’era scritto chiaro e tondo, in seguito Buenos Aires…per ultima Tokyo…

«un tour dei ricordi. Per quanto non capisca cosa c’entri Buenos Aires, in questi due anni e mezzo Hammy non c’è stata».

…e forse anche Rio. Anche se quella non sembrava una destinazione sicura, da quel che vedeva scritto.

Più un’altra informazione interessante.

 

aspè. Perché cavolo mamma e zia ti aiutano?!!”

 

«aaah, ma allora abbiamo anche un problema interno…» commentò l’albino.

Da sotto si sentirono voci e rumori di persone in arrivo…

«Zachary, credo sia tempo di andarcene!!!»

«eh si, mi sa che è ora» commentò l’albino -che a onor del vero con quella tinta di capelli tanto albino non sembrava- cancellando con qualche manata le scritte appena prima di uscire.

Zero tracce per Lentiggine, se mai fosse andato lassù.

«quando hai ragione, hai ragione» disse Zeke risalendo nella Marauder ed andando in retromarcia per rimettersi in direzione della scalinata «adesso andiamo giù fino al primo piano, sfondiamo una delle pareti che danno sul retro della villa e appena tocchiamo terra saltiamo giù».

«e nel frattempo a tuo dire io dovrei legare il pedale dell’acceleratore così che resti giù» Sebastian deglutì. Non si prospettava facile, eppure era il meno!

«esatto. Il pedale resta giù, la Marauder continua ad andare anche quando noi non siamo più dentro, i soldati inseguono l’auto e noi ce ne andiamo via per cavoli nostri approfittando della confusione…dopo aver dato un’occhiata alla cantina. Semplice no?»

 

 

“so che l’ho già detto ma lo ripeto, io a quello prima di rispedirlo a casa lo sfracello di botte!!!”

Pensiero, quello di Michael Lancaster nel salire insieme agli altri soldati la scalinata che portava al secondo piano, per l’appunto avuto almeno un miliardo di volte in quei tre giorni.

Armageddon aveva “armageddonato” di brutto. Per quanto ne sapeva quello di sfondare una casa con un veicolo corazzato era un atto terroristico che gli mancava…

«CAZZO!!!» urlò -appena prima che lo facesse lui!- uno dei soldati vedendo l’enorme muso rosso aranciato della Marauder spuntare sulla cima della scalinata dopo aver buttato giù un altro po’di pareti.

E non sembrava volersi fermare.

«giuro che quando ti prendo di ammazzo di botte!!!» urlò Michael voltandosi e saltando tutte le scale appena fatte per poi rotolare brevemente evitando di finire del tutto disteso a terra, rialzandosi immediatamente mentre la Marauder percorreva il corridoio nella direzione opposta per poi sfondare la parete, compiendo un “salto” verso l’esterno.

«hanno saltato!!!»

«possibile che ogni giorno che passa diventi più schizzato?!» sbottò Michael, correndo con gli altri soldati verso l’immenso buco creatosi e vedendo la Marauder ancora intatta correre dritta davanti a sé alla massima velocità che le era consentita.

E mentre anche Michael correva di nuovo al piano di sotto diede ordine alle squadre di soldati rimaste all’esterno di convergere sul veicolo e tentare di fermarlo…in qualche modo!

Una Marauder!!!

Quel pazzo aveva rubato una Marauder!!!

 

 

I ragazzi non faticarono troppo a trovare la cantina di casa Mask. Le ville inglesi, in quel senso, sembravano costruite secondo un modello standard…

«ah. Ecco dov’erano…avremmo dovuto venire prima qui, Seb».

C’erano tre bottiglie vuote ed una dimezzata che dubitavano risalissero a tanto tempo prima del loro assalto.

«avranno sentito il rumore e si saranno dati alla fuga».

«come faremo noi adesso. C’è ancora casino, di sopra. Raggiungiamo le biciclette appena fuori dalla tenuta ed imboschiamoci».

«già, ma adesso dove andremo? Abbiamo perduto le loro tracce!»

«errore. Io lo so, dove andranno. Washington» disse Zachary, mentre salivano di corsa le scale per abbandonare la cantina «e noi li seguiremo. Pensa tu, Warsman vuole giocare proprio nel mio terreno! È una cosa tanto carina!»

 

 

:: ad un chilometro e mezzo dalla tenuta dei Mask ::

 

 

«Porcello-bus…! È scomodo…»

«dannata puttana ubriaca che non sei altro!!!»

In un certo senso, che Emerald dieci minuti prima di quel disastro -di cui il russo non aveva approfondito cause ed entità- avesse lasciato in sordina la soffitta per andare ad inciuccarsi in cantina, causa stress da reclusione, era stata una specie di fortuna. Oltre al fatto che nella strada per arrivare alla cantina avesse avuto l’idea di fregare vestiti, scarpe e portafogli dalle stanzette di un paio di cameriere, altrimenti avrebbe dovuto fuggire in pigiama.

Peccato che l’unico effetto buono di quella sbronza solenne che si era presa fosse il riuscire a farle dire qualche parola, nonostante non fosse buono per la memoria.

E che dunque a Warsman era toccato portarla via tenendola in braccio, correndo fuori dalla tenuta. Si immaginava che li avrebbero trovati presto…e adesso bisognava imboscarsi altrove per massimo una giornata, prima di volare da clandestini verso Washington...


***

La Marauder, gente. Provate a fermarla se ci riuscite! xD
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Capitolo 9
*** Washington ***


Osservava la strada dalla finestra di quella che, l’ultima volta che era stato lì, era la stanza che aveva diviso insieme ad Emerald.

Un ritorno imprevisto, quello che Michael aveva fatto ormai una settimana prima, e che aveva allarmato i suoi genitori quando se l’erano visto davanti alla porta di casa.

Aveva dovuto spiegare loro a grandi linee che sua moglie, solo ed esclusivamente per ritrovare i propri ricordi, si era data alla fuga con un altro uomo che sembrava esserne la chiave…e che Zachary a sua volta era scappato via insieme al nipote di Howard Lancaster -“il testimone di Hammy. Ve lo ricordate?”- con lo scopo di riportare a casa Emerald e dare la caccia al russo, perché quest’ultimo gli aveva rotto il cappello.

Un motivo valido quanto quello del suo odio verso i serpenti, più o meno. Ma a Zachary non piaceva che gli si rovinasse la roba, o gli venisse mangiata senza permesso, se si trattava di cibo.

Victoria e Lloyd avevano accolto la prima parte delle spiegazioni dell’ex soldato con una certa perplessità. La neo sposina che fuggiva con un altro uomo. Beh…

E quanto alla seconda parte, si erano semplicemente messi le mani nei capelli.

“invece che lavorare di continuo e lasciare che fosse tua nonna a badare a voi -ma soprattutto nel caso di Zeke- avremmo dovuto seguirvi personalmente! Almeno non sareste venuti così…così”.

Ecco, sentire sua madre dire qualcosa del genere non era stato esattamente piacevole. Ma d’altro canto non poteva neppure biasimare i suoi genitori perché non approvavano del tutto le sue scelte di vita, e riguardo Zachary se si mettevano le mani nei capelli avevano soltanto ragione.

“appena vedrò che lui sta bene…lo ucciderò con le mie mani!” pensò, facendo un sospiro nervoso.

Ma la domanda era: cosa ci faceva lui proprio lì a Washington…?

 

 

:: Londra, una settimana prima ::

 

 

«…e quando siamo riusciti a fermare quella dannata automobile è saltato fuori che dentro non c’era nessuno; Zachary aveva legato il pedale dell’acceleratore in modo che restasse come premuto, e la Marauder potesse così andare da sola mentre loro due se la filavano! Maledizione!!!»

Essendo un uomo intelligente, Michael non era tipo da infuriarsi per cose di poco conto. Ma, a parte il fatto che distruggere la villa dei Mask con una Marauder e far scappare i fuggitivi ancora più lontano non era esattamente una cosa di poco conto, nessuno in tutto l’Universo conosciuto e oltre era in grado di farlo imbestialire quanto riusciva a fare suo fratello. Nes-su-no.

Al confronto anche la rabbia per, che so, averle prese da una gigantesca nemica sconosciuta era ben poco…e in casi come quelli non si poteva dire che l’americano la prendesse bene!

Guardandolo in quel momento a qualcuno avrebbe potuto fare veramente paura, con lo sguardo pieno di quella che sembrava quasi una rabbia omicida -anche se non avrebbe mai ammazzato quel “pazzo squilibrato deviato” di suo fratello- le vene sul collo pulsanti ed i muscoli tesi come quelli di un animale che sta per attaccare.

Zachary Connors in vita sua ne aveva combinate tante. Troppe. Forse era dovuto anche al fattore “genitori assenti” -ma c’era la nonna!- e alla sua stessa lontananza, per quanto...avere vicino Michael gli avrebbe fatto bene davvero?

Pensare che Zeke era un bambino tanto dolce carino quando aveva due/tre anni, la cui prima parola oltretutto era stata proprio “Michael”!

Si insomma, ne aveva combinate di tutte e di più. Diverse -la maggior parte- decisamente gravi. Ma per quanto riguardava Michael quella era stata proprio la goccia che aveva fatto traboccare il vaso; era di sua moglie che si parlava, la sua Hammy, a cui lui non voleva che accadesse assolutamente nulla di male ed avrebbe voluto sapere sempre al sicuro.

E poi si erano sposati da pochissimo, dannazione!

Pensare che quelli avrebbero dovuto essere i primi giorni dopo il ritorno dalla luna di miele in Giamaica era qualcosa che se possibile lo faceva arrabbiare ancora di più. Zachary sapeva benissimo tutto questo ma, che aveva fatto? Aveva fatto un disastro, ecco cosa, e come Emerald e Warsman si era defilato chissà dove assieme a Sebastian, che essendo un viziato rampollo di casa Lancaster era un altro che non andava toccato e/o coinvolto in cose del genere.

«come se questo non bastasse, quando abbiamo controllato le poche stanze rimaste integre e siamo andati in soffitta abbiamo trovato diverse scritte nella polvere. Si sono nascosti lì, in questi giorni, e-»

«cosa dicevano quelle scritte?»

Giusto Howard Lancaster poteva rimanere impassibile davanti alla rabbia del genero. Li aveva avuti lì a due passi…ma ci aveva pensato con un giorno, no che dico, un quarto d’ora di ritardo. Sarebbe bastato quel breve lasso di tempo per trovarli e farli seguire, prima che suo nipote e Zachary andassero all’attacco.

«domande di Hammy a quella bestia, più che altro» una delle quali “non sarai uno di quei vecchi porcelli che si prendono cotte per le ventenni?...per piacere non dirmi che sei innamorato di me, sennò è la volta che bestemmio” lo aveva indotto a rompere un mobile antico appena l’aveva letta, sommata alle frasi in cui risultava evidente che lui le avesse parlato del loro “grande attaccamento”…al diavolo! Quel mostro schifoso stava provando ad insidiare la sua piccola approfittando del fatto che non fosse ancora del tutto a posto!...magari un legame lo avevano davvero, ma quelle parole che doveva averle detto per portarla a scrivere quelle frasi lasciavano intendere chissà che, come se anche Emerald fosse stata ossessionata dal russo quanto lui lo era di lei.

Ma Michael sapeva che non era così, o lei non sarebbe stata così felice di sposarlo. La rabbia che aveva rivolto contro il mobile dunque andava tutta alla bestiaccia, non ad Hammy, che in tutto questo dal suo punto di vista era, come sempre, innocente.

«capisco…»

«oh, ma c’è dell’altro» il tono dell’ex mercenario divenne ancora più rabbioso «abbiamo trovato anche delle frasi in cui ci sarebbero state rivelate la prima, la seconda e l’ultima meta, più un’altra in forse…»

«questo è ottimo!»

«peccato che i nomi delle mete siano stati cancellati con una precisione che Emerald e quel freak non avrebbero potuto avere, se fossero stati sorpresi lassù durante l’attacco di quei due» ossia i ragazzi «a giudicare dai segni la Marauder è arrivata fino al piano dove si trovava la soffitta. Unica stanza non devastata, a quel livello. Ma quando sono arrivati lassù l’hanno trovata vuota, dato che non ho visto segni di lotta...ed i soldati hanno trovato delle bottiglie aperte e finite in cantina…» aggiunse in un borbottio. Howard si passò la mano sul volto.

«bere in quelle condizioni. Cristo. E quella bestia, guai ad impedirglielo!» a dire il vero gliene aveva dette di tutti i colori, ma Howard non poteva saperlo «…quindi mi stai dicendo che loro erano in cantina e non possono essere stati loro a cancellare i nomi delle mete».

«era stato appena fatto, si vedeva benissimo».

«quindi immagino che tu abbia presunto che siano stati mio nipote e tuo fratello a cancellarli».

«quell’imbecille di Zachary si è messo in testa di dare la caccia a quell’orrore su due gambe e non vuole interferenze, così come non gli importa niente del fatto che Hammy abbia o meno ricordato qualcosa in sua compagnia, e a quanto pare nemmeno di metterla in pericolo! Se così fosse stato non avrebbe sfondato tutto con quella Marauder, se lei fosse stata in una di quelle stanze avrebbe potuto ammazzarla!!!...ma quando lo rivedo lo ammazzo di botte io, a lui!!!»

Quella di Michael non era per niente una bella situazione, costantemente in preda a rabbia e angoscia. Se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato…era sua moglie!

E idem se quell’ imbecille di suo fratello fosse morto col cranio trafitto, o se a morire fossero stati sia lui che Sebastian.

Anche Howard ovviamente provava qualcosa di analogo. E di una cosa era certo: fratello del genero o no, se per colpa di Zachary Connors fosse capitato qualcosa di brutto a sua figlia, Warsman non sarebbe stato il solo ad andarsene dal pianeta!

«è abbastanza logico presumere che a questo punto vogliano lasciare il Paese» disse il marchese «e non mi sorprenderebbe se una delle mete in questione fosse Tokyo, per esempio. Ma proprio in vista della prevedibilità della meta in questione non penso proprio che ci andranno adesso…Michael, quello che dobbiamo fare adesso è una lista dei posti in cui Hammy è stata in questi due anni e mezzo. Posti importanti».

Andando secondo logica se l’obiettivo di Hammy era ritrovare i ricordi, andare in posti dov’era stata in quel periodo che le mancava era fondamentale. Certo, nulla diceva ad Howard che sarebbe andata proprio così. Ma era già un punto di partenza nel caso i suoi uomini non fossero riusciti a ritrovarli in tempo; per poco sicuro che fosse era sempre meglio potersi aggrappare a qualcosa, piuttosto che brancolare completamente nel buio.

Inoltre, se proprio non fosse riuscito a concludere nulla da solo, intendeva chiedere una mano a qualche socio particolarmente “stretto”.

«Tokyo è uno. Il pianeta Ercole potrebbe essere un altro…» fece un respiro profondo nel tentativo di calmarsi e provare a pensare lucidamente «poi c’è Washington…»

Dove si erano fidanzati e, al di là degli atti terroristici in cui si era lasciata coinvolgere da Zachary, avevano passato uno tra quelli che il soldato reputava tra i periodi migliori della propria vita.

«Michael-»

«non è giusto tutto questo. Dicono che ogni cosa che facciamo ha conseguenze e questo…d’accordo» alzò le mani «d’accordo, si può anche capire. Ma che siano anche degli innocenti, o meglio, che sia Hammy ad essere coinvolta…è questo che non mi va giù. Lei non ha fatto niente» disse «se c’era qualcuno che doveva cadere e rompersi la testa ero io. Lei non se lo meritava, come non meritava di perdere la memoria, o di soffrire e basta».

E su quelle ultime tre cose Howard concordava pienamente.

«l’ho sempre pensato anche io, e infatti ho sempre cercato di farla stare meglio che posso. E solitamente io posso fare molto, in questo senso. Ma a quanto pare…non tutto quello che servirebbe» lo sguardo divenne quasi assente «se dovessi perderla, è facile che mi “perda” anche io con lei» e viceversa, perché probabilmente se Emerald avesse perso suo padre in un modo diverso da “morte naturale a tarda età” sarebbe diventata pazza, la stessa sorte che di sicuro sarebbe toccata anche a Janice «è la mia unica figlia. Capirai quando diventerai padre anche tu» aggiunse, per poi riscuotersi «attualmente considerando il dispiegamento di forze che abbiamo la mia idea sarebbe di attivare gli uomini stanziati nei posti che abbiamo elencato finora, e mandare dei drappelli di rinforzo. Il piano è farli seguire con discrezione, ma è bene premunirsi nel caso lui tenti di fare qualche mossa azzardata. Se te la senti puoi essere tra quelli che andranno a Washington…sarebbe anche un’occasione per rivedere la tua famiglia. E, se sarà lì che troveremo i nostri fuggitivi, cercare di far ragionare tuo fratello tramite loro» aggiunse, anche se era mooolto scettico a riguardo.

«quell’idiota patentato di mio fratello» puntualizzò Michael «e comunque dubito fortemente che potrebbero farcela».

“forse potrebbe riuscirci giusto nonna Isabèl” pensò.

Howard si lasciò sfuggire un breve sospiro.

« il vero problema con tuo fratello è che in realtà anche lui, se si mette realmente d’impegno, è una persona che…può» e detto da uno il cui motto di famiglia era “we can”, non era poco «ben poche persone possono vantare una cosa del genere…»

«avere un quoziente d’intelligenza di centosettantasette non lo rende libero di fare simili caz-»

«…linguaggio».

«…stupidaggini!» si corresse l’americano, talmente nervoso da arrivare apparentemente a contraddire suo suocero. Vero che da quando le cose stavano in quel modo, qualche piccola libertà in più -con grande sforzo- Michael se l’era presa…

«e io infatti non intendevo dire questo, ciò che volevo era farti capire che in virtù di quanto ho detto non sarà esattamente semplice dissuaderlo dal fare ciò che si è prefissato di fare».

Ah, ecco.

Questo Michael lo sapeva già, ma sentirselo dire chiaro e tondo da una persona per cui quasi tutto risultava spaventosamente semplice da fare e/o risolvere faceva, di nuovo, un certo effetto.

«non è mia intenzione prenderlo sottogamba. Voglio dire, quel che è in grado di combinare lo so benissimo».

«bene. Quindi, Michael, se li troverai a Washington…so che non ci sarebbe bisogno di dirtelo, ma…occhio. Mh?»

Lo aveva detto come se stesse pensando che Zeke potesse arrivare a fargli del male. Ma più probabilmente Howard intendeva dirgli che avrebbe potuto causargli vari ed eventuali problemi.

«sissignore».

«…ancora?»

«eh…ci sono abituato».

Certe cose sembravano non cambiare proprio mai.

 

 

:: Washington DC, ora, in un sordido motel ::

 

 

“tra questo posto e la soffitta era meglio la soffitta trecentomila volte. L’unica cosa buona è che qui ci sono carta e penna” pensò Hammy, sbuffando dopo avere alzato gli occhi al cielo.

«presumo che la signora marchesa non gradisca nemmeno questo posto» disse Flash, ancora più sarcastico dell’altra volta nel dirglielo.

 

si beh! Speravo in qualcosa di meglio visto che per essere delle cameriere quei portafogli erano abbastanza pieni!...e invece non solo per arrivare in America mi è toccato viaggiare DA CLANDESTINA in un aereo che trasportava delle fottutissime MUCCHE” e nello scriverlo Hammy rabbrividì; le mucche le piacevano solo quando erano macellate e ridotte in hamburger, perché invece da vive quei loro occhi bovini e quei musi così schifosamente da mucca la disgustavano al punto che quasi arrivava ad una sorta di paura “e su cui fosse stato per me non sarei salita nemmeno se mi pagavano, ma oltretutto per arrivare qui in città abbiamo pure dovuto rubare una macchina…e come se questo non bastasse” indicò stizzita il letto matrimoniale.

 

Di doppie c’era rimasta solo quella, già.

Matrimoniale.

«e tu credi che a me abbia fatto piacere viaggiare in aereo con te costantemente appiccicata addosso?!»

Lei sollevò un sopracciglio ed annuì con un misto tra una smorfia ed un mezzo sorrisetto. Durante una turbolenza infatti lei gli era caduta addosso, finendogli cavalcioni…ed anche se non poteva sapere cosa lui avesse pensato in quel frangente, a giudicare dalla reazione non dovevano essere stati pensieri esattamente “puri”.

«o senti, non…! L’ho detto e lo ripeto, tu non sei altro che una puttanella. Ecco tutto».

«porcello».

«non ti-»

«vecchio porcello».

«zitta!!!»

«porcello-porcello-porcello-porcello-sei un porcello-un vecchio porcello-porcello!!!»

«di tutto quel che potevi riprendere a dire, doveva essere proprio questo?! Maledetta…» fece per tirarle addosso un soprammobile, ma cambiò rapidamente idea. Se si fossero messi a fare casino c’era più probabilità che fossero beccati, nonostante i -miseri- travestimenti che facevano di lui un wrestler dalla maschera sconosciuta e di Hammy una giovane bellezza dai capelli rosso scuro. Non avevano potuto fare altro se non rubare quelle due cose, una maschera ed una tinta per capelli, prima di andarsene dall’Inghilterra in fretta e furia.

«di’, ma sei ancora in grado di pronunciare il mio nome?»

«porcello!»

«il mio vero nome, razza di scema!»

«Sorcio».

Si, aveva ripreso a dire anche quello, in concomitanza con l’aver ricordato -finirgli a cavalcioni in aereo in quel caso era tornato utile- da quel che sembrava, quanto era successo la sera in cui era fuggita dalla Scuola di Ercole per stargli vicina in giorni del suo compleanno. O almeno una parte, di quel che era successo; nello specifico, la lotta prima sul divano e poi sul pavimento.

«Emerald, ti tiro qualcosa».

Lei gli fece una serie di cenni che significavano “fai, fai! Che poi ti spezzo in due!”

«è una cosa seria, maledizione!...per vedere se quel poco di ricordi che sei riuscita a recuperare sono ancora lì!»

«…Nikolai».

Sembrava andare bene. «mh. Meglio così. Emerald, da domani inizieremo ad andare nei luoghi che hai visitato quando sei stata qui, o almeno in qualcuno. Vero che non li ricordi, ma su Tumblr sei stata fin troppo dettagliata nelle descrizioni, con tanto di relativi indirizzi…quindi…un punto di partenza ce lo abbiamo».

 

andiamo anche a casa di mio marito?”

 

«…»

Uno dei luoghi che lui avrebbe preferito evitare. Non gli piaceva il pensiero di stare vicino ai consanguinei di quei due pazzi sadici bastardi -per quanto se fosse stato meno ragionevole, per fargliela pagare avrebbe assassinato loro i genitori come minimo- ed era chiaro che se anche ci avessero fatto un salto sarebbe stato di nascosto. Quello era territorio nemico per il russo, in più di un senso visto che russi e statunitensi non sono propriamente in rapporti di grande simpatia.

«non aspettarti di bussare alla porta dei tuoi suoceri per dire loro “ehi ciao sono qui!”» sbottò Warsman.

“suoceri”. Hammy era sposata. Più ci pensava meno riusciva a crederci. Sposata!!! Quella lì! Miss No Kevin Non Prima Dei Trenta!

…Hammy…

Piccola Hammy.

 

tranquillo, non vorrei mai spaventare i miei suoceri facendogli vedere un obbrobrio del genere” scrisse, per poi indicarlo.

 

Stronzissima Hammy.

E lui, altrettanto urbanamente, rispose con qualcosa di non riferibile per ovvi motivi che però la fece solo ridere sarcasticamente.

«c’è poco da ridere. Tieni a mente in che situazione siamo!»

 

se non fossi venuto a casa mia non avrei dovuto salvarti la pellaccia. Tanto più che quella schicchera di energia mi ha prosciugata completamente. Se non l’avessi fatto forse adesso starei meglio, avrei più forse, adesso”.

 

«ah! Ti sei pentita di avermi aiutato?!»

Lei non rispose.

Era passato qualche giorno, ma il loro rapporto non era migliorato granché, anche dopo che Hammy si era ricordata del compleanno. Continuava ad essere sempre piuttosto diffidente nei suoi confronti, e a non gradire alcun tipo di contatto fisico -eccetto che in caso di presenza di mucche o quando non si reggeva più in piedi- così come al non volergli credere quando lui tentava di raccontarle alcuni aneddoti sul loro rapporto.

Emerald in tutto ciò aveva sempre ripetuto che non ci credeva, ma che se anche fosse stato così “d’accordo, raccontami, ma non farti idee strane perché tutto quel che voglio è tornare da mio marito alla fine di tutto ciò. Se mi vorrà ancora”.

Averla vicino in quel modo era come avere un pungolo infilato nel fianco, che ogni tanto veniva rigirato nella ferita.

Eppure, al pensiero di non averla e basta, si trovava a preferire il pungolo!...e questo perché? Perché, finché avesse provato quel dolore, avrebbe significato che era vivo e che non era solo. Il proverbio dice “meglio soli che male accompagnati”, ma per lui non valeva più da un pezzo ormai.

«…d’accordo. Ho capito» disse con una certa freddezza, sedendosi sul letto matrimoniale dove si era messa anche la ragazza, che naturalmente non gradì quella mossa.

 

ma CHE CAVOLO pensi di fare?!”

 

«secondo te?! Di dormire almeno qualche ora!»

Lei però agitò il dito a dirgli “no-no!”.

«come sarebbe?!»

 

eh no. TU nel MIO letto con ME non ci dormi”.

 

«si sai, non è esattamente la prima volta che ci capita! Te l’ho raccontato mi pare!...d’accordo, non era nel letto, una volta era nel divano , a Roma siamo crollati ubriachi sotto la veranda di quella tua mini-villa in campagna e ad Il Cairo era direttamente nell’idromassaggio, ma sta di fatto che tu ed io abbiamo già dormito insieme…»

Lei gli mise la mano sinistra davanti al volto, sbattendogli in faccia la fede nuziale. Era una donna sposata, adesso. Dormire con qualcuno di diverso da suo marito sarebbe stato disdicevole, o almeno farlo nello stesso letto.

«non c’è bisogno che mi sbatti in faccia quell’errore!» sbottò il russo «lo so che sei sposata. Lo so benissimo. Purtroppo».

 

 e poi vienimi a dire che non sei innamorato di me, nooooo, guarda. Vabbè. Questo potrai pure negarlo, ma ormai che ti attizzo lo so per certo, e non vorrei che il tuo fratellino si svegliasse a sorpresa mentre dormo per tentare di chiedere un appuntamento alla sorella”.

 

«o senti, a me tua “sorella” non interessa. Io voglio dormire!»

Lei gli indicò il pavimento.

«…pretenderesti che io dormissi sul pavimento come un cane?!»

 

non fare paragoni con i cani. Li insulti”.

 

Ok, quello era troppo, e senza tanti complimenti il russo prese di peso Emerald buttandola giù dal letto. Ed avendo la grande cortesia di lanciarle giù anche un cuscino.

«buonanotte. Stronz-maledetta!!!» strepitò, quando lei salì di nuovo sul letto all’improvviso e dopo averlo afferrato con la mano destra per la maglietta che indossava lo sbatté di peso giù dal letto, mostrandogli il ben noto segno col dito medio.

«mio» riuscì a dire, indicando il letto. L’essere riuscita a parlare ancora la fece sorridere per qualche istante. Warsman si rialzò ringhiando.

«niente affatto!!!»

L’attimo dopo le fu addosso, ed iniziarono a lottare sopra il letto cercando di buttarsi vicendevolmente giù. Diverse volte ci riuscirono anche, peccato che poi quello che andava giù trascinasse sempre l’altro con sé.

Andarono avanti in quel modo per una mezz’ora circa, quando fu Emerald a proporre un time out.

«ah, non ce la fai più eh Lancaster?! Arrenditi e consegnami il letto!»

 

si, te lo consegno SBATTENDOTELO IN TESTA. Giochiamocelo a morra cinese, che facciamo anche meno casino!”

 

Una proposta che fece ammutolire Warsman per il semplice fatto che l’ultima volta che avevano giocato a morra cinese e lui aveva perso, gli era toccato viaggiare nudo per metà del famoso quartiere a luci rosse di Bangkok. Con Emerald che naturalmente gli aveva riso dietro tutto il tempo come una cretina vedendo la gente fuggire o tentare di abbordarlo.

Ma lì non poteva succedere nulla del genere, giusto?

«e va bene…ma chi vince, vince! Non sento scuse!» la avvisò lui, mentre si preparavano a giocare «al mio via allora…uno, due tre, via! Carta, forbici-»

«SASSO!»

A quel mezzo strillo di Hammy la sua faccia venne investita da un diretto tanto potente che lo fece volare mezzo metro più in là rispetto al letto.

Ok, la bastarda aveva una strana idea della morra cinese. Nello specifico, del sasso…che da che mondo è mondo non significava “diretto in faccia”! 

E adesso era lì, in ginocchio sul letto -con la canottiera ed i pantaloncini che usava come pigiama- a guardarlo con l’aria da gatta birbante. Le mancavano solo le orecchie e la coda.

E di sicuro era per colpa della botta in testa che adesso se la stava immaginando con un costume da gattina sexy.

«mio» concluse la ragazza, spegnendo la luce ed infilandosi sotto le coperte.

L’avrebbe avuta sempre vinta lei.

Anche quella era una delle cose che probabilmente non sarebbero cambiate mai.

 

 

:: sempre Washington DC. Il rifugio nel bosco ::

 

 

«Zachary, chiedo venia se la mia domanda ti parrà inopportuna, ma…non avremmo potuto trovare un albergo? Una locanda? Un sordido motel? Qualcosa che sia differente da una baracca di legno costruita su un albero in un bosco che sembra essere stato eletto “ritrovo ideale” da tutti gli animali più disgustosi d’America?!»

Eh no, neppure quest’altro Lancaster era contento del rifugio trovato. Ma d’altra parte, come Zachary gli ricordava ogni volta che lo sentiva lagnarsi, non era stato lui a costringerlo a seguirlo. L’albino gli aveva ricordato spesso e senza spazientirsi che se lui -Sebastian- avesse voluto, avrebbe potuto rimanere tranquillo nella tenuta di Londra di suo zio, oppure tornare a Belfast. Invece aveva deciso di accompagnarlo, nonostante non gli piacesse affatto l’idea dell’ira genitoriale che sarebbe stato costretto ad affrontare al ritorno.

Particolarmente quella di sua madre.

Non lo aveva mai toccato neppure con un dito, eppure era lei quella di cui aveva più “timore”. Non avrebbe saputo dire perché, era un qualcosa di atavico ed indefinibile, che non si sapeva perché c’era ma…c’era!

«Zachary, mi sai ascoltando?!»

No, ovviamente non lo stava ascoltando. Era troppo impegnato a modificare una nuova auto da corsa, di un modello simile a quello della “defunta” Chaos Star, e probabilmente non lo aveva neppure sentito parlare visto il rumore che stava facendo nel saldare componenti.

Sebastian non poteva ancora credere che l’albino fosse riuscito a portare degli allacci elettrici in quel posto, allo stesso modo a cui non poteva credere che, non si sa come, uno dei loro inseguitori fosse arrivato in città.

A vederlo era stato Zachary stesso, passato con una moto -rubata- davanti a casa propria, indossando ovviamente un casco integrale e…un paio di comunissimi jeans. Si era
fatto una ragione riguardo al dover rinunciare al proprio stile, in quel periodo. Ma ne era valsa la pena, perché era riuscito a vedere Michael senza che questi se ne rendesse conto, e a portarsi dunque nuovamente un altro passo avanti rispetto a lui.

Ovviamente si era chiesto perché fosse venuto proprio lì. Aveva cancellato le scritte nella polvere, ed era certo che se suo fratello maggiore fosse arrivato a Washington perché certo che sia lui, che Hammy, che Sebastian ed anche il distributore automatico con gli artigli erano lì, a quell’ora Sebastian sarebbe già stato su un volo per Belfast ed Hammy su uno per Londra.

E Warsman tre metri sotto terra. Forse. Dipendeva dai piani che avevano lui e Mr. Lancaster a riguardo.

Comunque ecco, dopo alcuni ragionamenti aveva concluso che non sapendo che pesci pigliare probabilmente lui ed Howard avessero deciso di mandare degli uomini in ogni posto importante in cui Emerald J.V.P. Lancaster era stata in quei due anni e mezzo. E a quanto pareva non era stata una mossa stupida…certo che non lo era stata, Zachary al loro posto avrebbe fatto la stessa identica cosa.

Con un’aggiunta.

Perché l’albino nei vari racconti di vita vissuta della sua bella cognatina aveva notato un “buco” di due mesi e mezzo dopo l’incidente, in cui nessuno sapeva bene cosa avesse fatto né dove fosse stata. Aveva viaggiato per il mondo, diceva…

Era stato quel “Buenos Aires” che aveva visto scritto, a farlo riflettere sul fatto che forse c’erano alcune cose che i parenti più stretti di Hammy, Lentiggine incluso in quanto marito, non sapevano. E che invece Warsman sembrava sapere eccome. Sempre per logica, era arrivato a concludere che Warsman le sapesse perché era presente, in quei due mesi e mezzo.

Si era chiesto come avessero fatto Mr. Lancaster e suo fratello, che non erano uomini sciocchi, a non pensarci. Forse semplicemente perché non volevano credere una cosa del genere.

Ed il fatto che non ci fossero filmati di partenze/arrivi di Hammy con il suo aereo privato non era stato sufficiente a fermare Zachary Il Pirata Informatico che riusciva ad inserirsi nel sistema di una torre di controllo -in cui una traccia dei voli fatti rimane spesso e volentieri nonostante i tentativi di cancellazione da parte di persone che non siano hackers esperti- e perfino nella scatola nera di un aereo o di una nave da un qualsiasi maledetto Internet Point. E così…

Buenos Aires.

Città del Capo.

Bangkok.

Il Cairo.

Roma.

Bombay.

L’Avana.

Rio de Janeiro.

Sidney.

Quelle erano le mete che aveva ottenuto.

…e Tokyo per ultima. Più la Scuola di Ercole, forse.

Ah, e non dimentichiamoci Mosca, in Russia; c’era stata con Turbinsky, da quel che gli aveva raccontato.

O forse, in un tentativo di mossa imprevedibile atta a far perdere le tracce anche a lui e Sebastian, sarebbero potuti andare nel villaggio di origine del robot anche se non era incluso nei posti in cui era stata.

E suo fratello e Howard Lancaster erano a conoscenza soltanto dell’ultima meta in cui Hammy e Warsman sarebbero andati!... Washington era stato un azzecco, se non li avessero presi lì, non avrebbero saputo che pesci pigliare. Anche perché dopo che Zeke aveva visto quel che voleva vedere e sentito quel che voleva sentire…puff.

Ogni traccia che loro avrebbero potuto seguire aveva fatto la fine delle scritte nella polvere. Il robot era suo, e non gradiva intromissioni.

Per farla breve, Zachary aveva scoperto diversi “altarini”…Janice e Gabrijela Lancaster che avevano aiutato il russo, il viaggio…la cosa divertente era che di tutto ciò non aveva detto nulla al suo compagno d’avventura, nemmeno l’aggiornamento delle mete possibili.

«Zachary?! È a te che mi sto rivolgendo!!!»

Nonostante quel che aveva scoperto però non ce l’aveva esattamente con Hammy. Era accaduto prima che si mettesse insieme a suo fratello. E secondo lui non c’era un reale pericolo che Emerald mettesse le corna a Michael, anche perché attualmente il russo per lei era un semisconosciuto. Certo, se quelle considerazione che stava facendo fossero state sbagliate e Michael si fosse trovato tradito, Zachary non l’avrebbe presa esattamente bene.

Lui stesso creava problemi a suo fratello maggiore, attualmente, ma guai a chiunque altro l’avesse fatto, e comunque lui lo faceva in buona fede, no?

«Zachary!!!...serpente! Nella capanna!»

Sebastian avrebbe dovuto dirlo già da prima, perché la parola “serpente” era l’unica che poteva penetrare la barriera di rumore e di pensieri di Zeke, mentre lavorava.

«serpente! Dove?!»

«in nessun posto adesso, ringraziando il cielo. L’ho detto soltanto perché altrimenti non mi avresti dato ascolto e-»

«Seb, io ho da fare. Se il problema è il rifugio, ti ho già spiegato perché staremo qui…»

«possediamo due milioni e diverse serie di documenti fasulli, avevamo la possibilità di scegliere un buon albergo, o in alternativa un motel quasi decente!»

«lì però non ho l’attrezzatura e qui, nel Laboratorio dello Scienziato Pazzo, si».

L’albino non disse altro, tornando a lavorare, e Sebastian capì che non gli avrebbe dato retta riguardo quell’argomento…

***

Well...ce l'ho fatta a partorirlo, questo capitolo. Niente di che, eh. Ho solo mostrato la situazione attuale. Qualche casino ci sarà dal prossimo magari, visto che sono tutti lì! :D

 

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Capitolo 10
*** The Show Must Go On ***


«…e ancora non abbiamo ottenuto alcun risultato. Quindi potrà comprendere che io non abbia tutta questa voglia di rilasciare la trentaduesima intervista a quelli di Lifestyle. Si rende conto? La trentaduesima…!» erano le tre del pomeriggio, ed Howard Lancaster era già al secondo bicchiere di cognac, bevuto mentre conversava con la figlia di un suo socio in affari che però si occupava di diverse cose per conto del padre, dopo che quest’ultima era venuta a trovarlo per discutere di affari «ho altro a cui pensare. Nessuna delle squadre che ho stanziato nei possibili luoghi dove Hammy potrebbe andare, o essere andata, ha ottenuto risultati. Fino ad ora una cosa analoga è successa unicamente nel dare la caccia all’individuo -ergo, la bestia- con cui Emerald è scappata via».

«mi verrebbe da dire che allora la bestia in questione è più abile a nascondersi di quanto tutti i suoi soldati messi insieme lo siano a tentare di trovarlo. Dovrebbe iniziare a pensare di licenziare qualcuno ed assoldare lui al loro posto, che ne dice?»

Glielo aveva detto in faccia così, senza tanti problemi, quella giovane di un’età indefinibile dai capelli di un rosso fuoco solo apparentemente innaturale e gli occhi di ghiaccio. Howard poggiò il bicchiere ormai vuoto sopra il tavolo, con un leggero principio di nervosismo dovuto al fatto che il suo era un problema piuttosto serio -tanto da avere indossato un completo grigio fumo con relativo fazzoletto, invece che quello di un grigio più chiaro- eppure quella ragazza non fingeva neppure un minimo di interesse e/o dispiacere.

«tsk. Non è il caso di fare battute…»

Lei se ne stava lì così, con il volto quasi annoiato e le gambe accavallate in quei suoi pantaloni fin troppo aderenti e che comunque si poteva permettere, osservandolo distrattamente ogni tanto con la testa appoggiata sulla mano sinistra. Come se lui non fosse poi così importante, e fosse più importante osservare i dieci anelli luccicanti -uno diverso per dito- che portava in un modo che Mr. Lancaster trovava piuttosto pacchiano.

E giusto in quel momento la ragazza sollevò su di lui quei suoi occhi azzurri penetranti.

«cosa le ha fatto pensare che la mia fosse una battuta?» replicò lei accendendosi il terzo sigaro della serie.

«prego?»

«sto ridendo?»

«no».

«sto sorridendo?»

«non mi sembra».

«ho un’espressione divertita?»

«no».

«ho l’aria di chi sta nascondendo un’espressione divertita?»

«…no».

«quel che ho detto sulla bestia di cui parla ed i suoi soldati è contrario alla realtà dei fatti?»

Howard sentì il nervosismo, ancora ben lungi dall’essere mostrato, salire di un paio di tacche. «vorrei poter dire di no».

«comunque si, era una battuta» concluse la ragazza. Se al posto del marchese ci fosse stato Michael minimo si sarebbe beccata un vaffanculo detto col cuore in mano «brancola proprio nel buio, eh?»

Howard stava per replicare qualcosa sempre ostentando la sua classica flemma, quando il suo cellulare iniziò a squillare.

«mi scusi, ma devo rispondere» si alzò in fretta dalla poltroncina dov’era seduto.

«faccia con comodo» replicò l’altra, avviando l’ennesimo sigaro.

Howard abbandonò rapidamente la stanza, finendo per rispondere al quarto squillo. «Michael. Novità?»

Sentì il rumore di diverse voci in sottofondo, quello -per lui appena udibile- della sirena ddel camion dei vigili del fuoco.

Già solo da questo capì che qualunque esse fossero, difficilmente sarebbero state novità buone.

abbiamo recuperato Sebastian ed anche la bestia.

Il marchese provò una sensazione di sollievo che però sfumò subito, nel rendersi conto che suo genero non sembrava affatto di buon umore. «ma?»

Lì a Washington, Michael pensò che Howard era e sarebbe stato sempre un passo avanti dato che nonostante quel che aveva detto aveva capito immediatamente che c’era qualcosa che non andava.

ma Zachary ha preso Emerald ed è fuggito. E da quanto mi ha raccontato Sebastian, non c’è solo questo…

 

 

:: Washington, qualche ora prima ::

 

 

sei perfettamente sicuro che siano loro?

«Zachary, mio buon amico, non mi ritieni in grado di riconoscere mia cugina quando la vedo? Tanto più che il suo travestimento è ben peggiore dei nostri: ha soltanto tinto i capelli di un rosso tiziano che invero non stona neppure eccessivamente addosso a lei».

A Sebastian era stato dato il compito di tenere d’occhio casa Connors, passandovi davanti ogni giorno con una moto -rubata- diversa, in modo da verificare se Michael era ancora lì. Zachary sperava quasi che non ottenesse risultati e, erroneamente persuaso che Hammy non si trovasse in città, se ne andasse presto. Averlo intorno avrebbe potuto limitare la sua libertà d’azione, e all’albino non piaceva granché essere limitato…tanto più in quel caso.

sono a casa dei miei?

«precisamente. Si sono procurati una motocicletta sulla quale viaggiano entrambi. Lei si è tolta il casco trenta secondi fa. Sta osservando il quartiere».

uh. Dubito che avrebbero fatto questa mossa se sapessero che Michael, tu ed io siamo qui. È la dimostrazione che pensano di averci seminati tutti quanti…il distributore automatico troppo cresciuto si crede al sicuro.

«…aspetta. Hammy adesso ha indossato nuovamente il casco…si, nel momento in cui l’oltraggio alla bellezza  le ha indicato l’autovettura di tuo fratello; è in posizione defilata, è comprensibile che non l’abbiano notata immediatamente, ed ora sembrano irrequieti».

si chiederanno com’è possibile che lui sia qui, ed è facile che visto questo lascino la città, quindi dovremo muoverci subito. Sono su un terreno che mi avvantaggia, mica voglio sprecare l’occasione!

Sebastian, nascosto all’imbocco di una stradina che divideva due case, portò istintivamente una mano alla pistola. «se non fossi ben cosciente del fatto che vuoi occupartene personalmente sarei io a sparargli. La distanza è giusta».

Voleva farla pagare al russo per avergli quasi infilzato la testa a Londra, e da buon vigliacco finché si trattava di colpire un avversario alle spalle, oppure uno già ferito, non aveva alcun problema. Tanto più un mostro come quello.

Sebastian L.V.C. Lancaster non considerava Warsman un uomo. E tutto sommato neppure una bestia come lo vedeva suo zio, od una stupida macchina come invece lo vedeva Zachary. Per lui era semplicemente un aborto della natura che andava soppresso in nome di tutto ciò che è bello e, secondariamente, anche per impedirgli una possibile riproduzione. Che diamine, un eventuale progenie probabilmente sarebbe venuta fuori orribile com’era lui; un’eventualità assolutamente insopportabile per un esteta.

ma visto che è già prenotato lascerai perdere. E poi pensa a cosa direbbe tua madre se sapesse che l’hai ucciso, visto che lei e tuo padre lo vedono come un essere umano…che cosa assurda, eh?...lascialo a me. Mi ha rotto il cappello, ti rendi conto?!

Visto che Zeke non era lì e non poteva vederlo Sebastian alzò gli occhi al cielo. Quanto sarebbe andato avanti con quella faccenda del cappello? Ah, ma che domande: finché non avesse preso Warsman e non l’avesse costretto a ballare la caramelldansen per poi “spegnerlo”.

«che devo fare?»

sei in grado di seguirli senza che loro se ne accorgano?

«ehm, nei mei due decenni di vita non mi è mai successo di pedinare alcuno, non so se tu-»

Seb, ho lasciato che venissi via con me perché speravo fossi d’aiuto, che ci vorrà mai a seguire in moto una lattina e la mia cognatina?

«potrei tentare, ma ponendo che io riesca nell’impresa e scopra dove si nascondono, come dovrei agire in seguito?»

fai uno spettacolo di fuochi artificiali per fargli capire che li hai seguiti, ovviamente.

«…mi sembra di avvertire dell’ironia nelle tue parole».

ovvio che era ironico. Che vorresti fare, Seb?...senti, te lo dirò io quando sarà ora. Per adesso prova a seguirli. E metti l’auricolare…

«lo sto utilizzando anche in questo momento» replicò pronto il ragazzo, toccando l’auricolare bluetooth.

ok. Seguili, restiamo in contatto e man mano dimmi che strada prendono.

«d’accordo. Se mai le cose dovessero mettersi male, ho con me le pistole a dardi narcotici».

abbiamo una specie di collezione, di roba simile a questa…

 

 

«…è qui…com’è possibile?!»

Lo stupore di Warsman era anche quello di Hammy, che tutto si aspettava meno che di vedere lì il suv di suo marito.

Com’era possibile che sapesse?! Di tutte le mete quella era assolutamente imprevedibile, al posto loro nessun altro sarebbe andato a Washington, come erano riusciti a pensare che invece…?!

“è colpa mia. Avrei dovuto immaginare che ci avrebbero trovati, ed anche presto. Lo hanno fatto quando eravamo nella villa di Robin Mask, e lo hanno fatto anche qui”.

Non poteva sfuggirgli, c’era poco da fare.

Eppure nonostante fosse d’intralcio a quella sottospecie di piano di “viaggio alla ricerca dei ricordi perduti” fatto da lei e Flash, in un certo senso la confortava l’idea di essere sempre protetta ovunque andasse. Di non correre mai un pericolo reale perché c’erano sempre degli “angeli custodi” pronti a difenderla.

Ok, erano “angeli” molto per modo di dire, Michael in particolare, ma facevano più o meno lo stesso lavoro. Oltretutto, che Mikey nonostante quella sua fuga fosse partito per cercarla le causò una fitta al cuore sia per il senso di colpa che per la commozione.

Non ce l’aveva con lei, allora, anche se era scappata. Non voleva lasciarla perdere, lui la stava cercando. Teneva a lei anche se al momento era una mezza invalida, e lo stesso discorso valeva per suo padre…

«dove pensi di-no! Non se ne parla!» riuscì a bloccarla appena prima che scendesse dalla moto che avevano noleggiato «lo sapevo che venire qui era una pessima idea...renditi conto che non puoi andare da lui, razza di idiota, o sarà tutto finito!»

“almeno per scusarmi di essere scappata, per spiegargli, perché non ne ho avuto il tempo e nemmeno modo! Possibile che non capisca?! Quello è mio marito!” pensò Emerald quasi disperatamente, per poi finire ad abbassare la testa e a rimettersi il caso per non fargli vedere che era vicina a piangere. Mai mostrarsi deboli davanti al nemico…e quanto al resto, sapeva che purtroppo Warsman aveva ragione.

«lo so».

In quei pochi giorni a Washington era riuscita a sbloccare altri ricordi, la maggior parte dei quali -e Flash non aveva gradito, eh no- legati a suo cognato Zachary. Presumibilmente questo era successo perché non solo loro due si erano conosciuti lì, ma avevano anche legato parecchio in quelle tre settimane…tanto che Hammy si era fatto il nuovo tatuaggio che aveva sulla schiena proprio dopo aver trascorso un’intera giornata insieme a lui.

Si era anche ricordata di quello che aveva deciso di adottare come nome di battaglia, “Nightmare”. Ed anche delle circostanze che l’avevano indotta ad adottarlo: i topi incendiari nel capannone prima, l’attacco della banda armata in seguito, l’incendio del locale…

 

«buuurn, baby burn, is Disco Infernooooooh!!! Burn, baby, burn! Mi sa che Lentiggine mi darà un’altra lavata di capo… burn, baby, burn!»

«dovremmo uscire di qua!»

«si…magari dovremmo. Però ammettilo…»

«che?»

«che è stato bellissimo! Armageddon e Nightmare, ne parleranno tutti quanti qui in giro».

«si ma io teoricamente tutto ciò non dovrei farlo perché, uno, tuo fratello mi sa che non sarà proprio felicissimo, due, sono una chojiin della Muscle League ed avrei delle regole di comportamento da seguire non solo dentro Scuola ma anche fuori…»

«capisco per la parte che riguarda Michael, ma delle regole che ti frega?»

«…ok, effettivamente di quelle non mi frega una minchia. Solo che è il secondo posto a cui diamo fuoco oggi!»

 

Si insomma, un mucchio di ricordi allegri.

Quando si era risvegliata, non ricordandosi di lui aveva trovato Zachary inquietante. Ma a quanto pareva non solo la “lei” di prima NON lo trovava affatto così, ma si sentiva anche perfettamente a suo agio in sua compagnia.

In compagnia di un sociopatico assassino incendiario.

“quella ‘me’ ha lasciato morire quei tizi nell’incendio” pensò.

Poi però pensò anche che erano stati loro ad attaccare per primi,  e non par dare a Zachary -ed anche a lei visto che era in sua compagnia- un paio di schiaffetti.

Ed il concetto di “se è ‘o tu o loro’ meglio viva tu che loro” le era stato insegnato da suo padre già da un bel po’.

«ci hanno già trovati. Non va bene, non va affatto bene» borbottò Warsman decisamente allarmato «Emerald, tu sai che questo significa che dovremo lasciare a breve la città».

«non voliamo con le mucche però».

Era migliorata con il parlare. Adesso spesso riusciva a dire frasi brevi come quella, il che era positivo. Ma riguardo al “migliorare” non si poteva dire lo stesso del loro rapporto.

Ovviamente il russo continuava a tentare quasi disperatamente di parlarle di loro due, di farle ricordare qualcosa…perché da dopo il frammento di memoria di quando era scappata dalla Scuola di Ercole per andare da lui, Emerald non ne aveva avuti altri che riguardassero loro due. E continuava a non credergli quando lui le ribadiva che, a modo loro, erano legati…e continuava anche a non voler dormire con lui.

Il quarto giorno di battaglia per il letto, addirittura -dopo che lui era tornato a dirle che loro avevano già dormito insieme- pur di farlo smettere di scocciarla con quella storia Hammy aveva preso un cuscino, una coperta, ed era stata lei a decidere di andare a dormire sul pavimento.

E nonostante tutto era per Lord Flash che era stato più spiacevole, perché…insomma…se Emerald era arrivata a dormire lì pur di non stargli vicina più di quanto fosse necessario e non avere rotture, significava che erano messi veramente male!

Vedendola agire così, e nel momento in cui aveva capito che intendeva restare lì sul serio, il russo aveva sputato fuori un “maledetta stupida ragazzina” e poi se n’era andato dalla stanza, uscendo fuori dal motel per farsi una lunga camminata da solo, anche se pioveva.

Era stata lei a portarlo via, era stata lei a metterlo in un nuovo potenziale casino, ma perché lo aveva fatto se in realtà non lo voleva accanto?!

E se la Emerald con tutti i ricordi al loro posto non solo non si sarebbe comportata così ma si sarebbe anche sentita un po’in colpa per averlo ferito, perché quello aveva fatto, alla Emerald attuale invece non avrebbe potuto importare di meno di come lui si sentiva o non si sentiva…per cui si era limitata a festeggiare perché neppure quella notte avrebbe dormito sulla moquette, per poi occupare il letto.

«voliamo con quello che capita, e non seccarmi».

Warsman aveva dovuto fare lo sforzo di trattarla con più distacco, ed anche di cercare di sentirsi più distaccato. Quel tanto che bastava per non farsi troppe pippe mentali sulla cosa -tradotto, soffrire- e al contempo non influire sul processo del ritorno dei ricordi della ragazza.

La sua NN1 doveva tornare. Dovevano tornare quelli di prima, così da poter discutere nuovamente di quell’errore che lei si ostinava a chiamare matrimonio.

«che simpatico topo di fogna».

Ad un osservatore esterno avrebbero potuto apparire i soliti, ma non era così.

«ti preferivo muta. Andiamocene di qui».

Detto ciò il russo, quando lei gli si fu stretta contro giusto il necessario per non cadere, diede gas alla moto e lasciò quella strada il più velocemente possibile. Meno si trovava vicino a Michael Connors, meglio era…per ovvie ragioni.

Hammy invece lasciò quella strada con rimpianto, e solo in quel momento pensò che…oddio, ma se Mikey era tornato lì allora doveva anche essere stato costretto a spiegare ai suoi genitori cos’era successo, e…

“complimenti per la figura di merda, Emerald, complimenti vivissimi. Ecco, adesso i miei suoceri mi odieranno a morte come minimo. E mica avrebbero tutti i torti. Io e Michael ci siamo sposati da poco, ed eccomi qui, con un altro uomo! Porco mondo”.

Era talmente presa dai fatti propri che non si accorse di essersi appoggiata meglio contro il compagno di viaggio, usandolo un po’come un cuscino nonostante in realtà non fosse granché morbido.

“ma d’altra parte temo proprio di dover fare così. Per dire, dopo non molto tempo in sua compagnia ho ripreso a parlare…posso dire solo frasi brevi perché poi mi impallo un’altra volta, ma considerando che all’inizio dicevo solo ‘Nikolai’ è un gran miglioramento. Che poi…Nikolai! Non ‘Mikey’, non ‘papà’, manco ‘Kevin’ al limite, no! ‘Nikolai’…”

Le veniva spontaneo chiudere gli occhi ed appoggiarsi ancora meglio. La strada in fin dei conti era tenuta ottimamente, e nonostante un viaggio in moto non fosse la cosa più tranquilla del mondo si sentiva piuttosto rilassata.

Si sentiva rilassata…accanto a lui.

Oh, era complicato. Forse meno ci pensava meglio era.

Anche Warsman era piuttosto preso dai propri pensieri e da quel suo stringersi a lui, tanto da avere concentrazione sufficiente giusto per non perdersi nel tornare al motel e per cambiare eventualmente strada se mai si fosse trovato davanti qualche guaio di varia natura, cosa che sembrò non avvenire, ed arrivarono all’albergo.

Il motel era ad una mezz’ora di distanza dal quartiere dove abitavano i genitori dei due Connors, all’imbocco di una strada chiusa, con l’asfalto consumato e rotto in diversi punti, ed anche poco frequentata. Era stato il russo a sceglierlo, meno persone c’erano a fare domande, meno persone li avessero incontrati, meglio sarebbe stato…

Ma purtroppo non era stato sufficiente.

Dovevano muoversi, dovevano ripartire destinazione Buenos Aires…o forse era meglio cambiare itinerario, a quel punto, visto che il capofamiglia Lancaster e compagnia sembravano conoscerlo?

Dovevano trovare una meta ancora più imprevedibile di quanto fosse Washington. Forse…d’accordo, Emerald non c’era mai stata, ma a quel punto una deviazione poteva rivelarsi necessaria, e chi avrebbe mai potuto trovarli nel suo Paese natio?

Sarebbero rimasti lì giusto il tempo di far perdere le tracce. Giusto quel poco tempo. E poi avrebbero ripreso il loro tour dei ricordi.

Warsman parcheggiò la moto. «siamo arrivati, staccati» la disse non troppo gentilmente.

«e poi dovresti essere civile ed educato, alla faccia» ribatté lei scendendo rapidamente, togliendosi il caso e rifilandogli un’occhiata ironica che da sola riusciva a completare la frase con un “a me sembri proprio un animale”.

«lo sono molto più di te. Razza di puttanella» borbottò.

«grufola meno, porcello da macello».

«piantala!»

«sennò che fai?»

«me ne vado, e poi con i ricordi te la sbrighi da sola. Tieni a mente che questo a me non lo fa fare nessuno, posso abbandonarti quando voglio, quindi vedi un po’ di mostrare almeno un minimo di gratitudine!»

Aveva ragione su tutti i fronti o quasi. Non glielo faceva fare nessuno e stava rischiando grosso e, si, Emerald avrebbe dovuto essergli almeno un po’riconoscente. Solo quel “posso abbandonarti quando voglio” non era poi così tanto vero. O così tanto facile da fare.

Emerald si limitò ad incrociare le braccia, senza avere la minima voglia di replicare.

«adesso riporto questo al noleggio. Tu vai in camera, e non uscirne. Quando tornerò dovremo parlare dell’itinerario».

«?»

«ti dirò dopo, vai, vai!»

Con un ultimo sbuffo la ragazza si avviò verso l’entrata del motel, e Warsman era appena ripartito quando dopo qualche rumore si sentì colpire alla base del collo da non-sapeva-cosa.

Di qualunque cosa si trattasse, ad ogni modo, ebbe l’effetto di farlo crollare a terra privo di sensi dopo un bel volo dal motorino. Fortuna e soprattutto la tempra di chojin vollero che non si rompesse niente, riportando solo danni superficiali alla pelle e ai vestiti.

Sentendo quel fracasso Emerald si voltò all’istante, sgranando gli occhi smeraldini quando vide il russo lì a terra.

«…porcello…no!» riuscì ad articolare, mentre correva verso di lui.

Voleva vedere come stava, doveva stare bene, non poteva essere morto per così poco, era un chojin giusto?!

Mentre correva qualcuno le pose una mano sulla spalla e se l’attirò vicino, posandole un fazzoletto davanti a naso e bocca.

«m-ma-»

«senti che buon profumo ha il mio fazzoletto, cognatina. Gradevole, vero?...»

Emerald perse rapidamente i sensi. In seguito non avrebbe ricordato niente di quelle parole né del fazzoletto ma soltanto dell’incidente di Warsman, e per forza di cose non avrebbe neppure ricordato di essere crollata tra le braccia di Zachary che la sostenne senza alcuna fatica.

«brava, dormi».

«Zachary, amico mio, quante possibilità ci sono che codesto aborto della natura…» con qualche  calcio Sebastian fece passare il russo da bocconi contro l’asfalto a supino «sia morto?...ah, no. Respira ancora…» guardò l’albino «come sta mia cugina?»

«dorme. Comunque, ottima mira Seb!»

Era stato il giovane Lancaster a sparare ad uno Warsman in corsa.

Non per niente proprio essendo un Lancaster aveva già dato prova di avere un’ottima mira, se non doveva affrontare un avversario pericoloso faccia a faccia.

«mi hai infine concesso la soddisfazione di sparargli e ne sono contento».

«ma si…avevo capito che si poteva fare da quando mi hai detto che avevano imboccato la Lexington ad un paio di chilometri da qui. Potevano venire solo in questo posto, il che significava che avevamo più libertà d’azione, indi eccoci qui» gli fece cenno di avvicinarsi «metti Hammy sul sedile anteriore, poi dammi una mano a sollevare il distributore automatico con gli artigli e metterlo sul sedile posteriore di Chaos Star II dopo che l’avrò portata qui».

«…ed io dove mi siederò?»

«il motorino della bestia non ha praticamente subìto danni, lascia quello che abbiamo fregato e prenditi quello, che ti importa? E già che ci sei mentre io mi occupo di Warsman perché non vai a prendere qualcosa da mangiare? Magari dei nachos. Che tu sappia ad Hammy piacciono i nachos?» passò la ragazza addormentata a Sebastian «vorrei farle mangiare qualcosa di decente, visto che ha l’aria di chi ultimamente non ha messo granché nello stomaco».

«che io ricordi ha sempre dato un’impressione simile».

«no, no, la differenza c’è e si vede» replicò tranquillo l’albino, avviandosi verso l’auto. Tornò da Sebastian un minuto dopo «meglio che mi sbrighi, lei dormirà per diverse ore, ma non so quanto durerà su quell’altro l’effetto proiettile narcotizzante».

«giustamente» Sebastian pose sua cugina sul sedile anteriore allacciandole perfino la cintura, ed in seguito si avvicinò a Flash insieme a Zachary «…allora…che cosa vuoi fargli?»

«l’idea era di farlo fuori, ma lungo la strada mi sono venute in mente anche delle alternative. Cioè, considerando quel che ha fatto al mio cappello forse ucciderlo non è sufficiente perché una volta morto, beh, è morto…»

«e non avrebbe modo di pagare» completò il ragazzo.

«precisamente».

«Zeke, per cortesia, tienilo tu dalla parte della testa. Non vorrei che quella sua nuova maschera» presa in un negozio di costumi, pensate un po’ «si sfilasse ed io finissi per trovarmi davanti quel suo volto mostruoso».

«è un altro motivo per cui ti ho detto di andare a prendere da mangiare mentre mi occupo di lui lì al Laboratorio dello Scienziato Pazzo: mi sa tanto che mi toccherà togliergli la maschera, se voglio collegare il suo cervello-computer al mio computer».

«cielo, che orrore! Ti garantisco che non metterò piede lì fino a quando non mi comunicherai che l’operazione è finita!» esclamò Sebastian completamente disgustato tirando su Warsman per i piedi mentre Zeke gli sollevava la testa «anyway, fatto ciò in che modo procederemo? Torneremo…a casa?»

Pensò a sua madre.

Non voleva tornare a casa. No no. No-no-no-no, assolutamente no.

Dopo quel che aveva combinato, e specialmente per quella faccenda della Marauder, da Londra Gabrijela lo avrebbe rispedito immediatamente a Belfast, e ciò dopo prediche su prediche sia sue che di Lionel.

E di sicuro ci sarebbero stati anche dei castighi durissimi…lo avrebbero tenuto chiuso in casa per anni.

E poi un’eventuale reclusione in casa significava anche “niente ragazze”!...

Si sarebbe scordato l’anno sabbatico attorno al mondo, e probabilmente non gli sarebbe più stato concesso di contattare Zachary.

Non poteva succedere.

«il piano era quello, i tuoi genitori ti staranno cercando» replicò l’albino mentre mettevano Warsman sul sedile posteriore.

«lo so, e mi rinchiuderanno in casa per i prossimi dieci anni se torno!»

«addirittura? Nemmeno avessi ucciso qualcuno…»

«si lo so, sono esagerati. Mi stanno sempre addosso» non era esattamente così «vorrei avere i genitori che hai tu».

«ah si. Belle persone, che abbandonano il figlio in un momento difficile» no, Zachary non aveva ancora perdonato ai suoi genitori l’essersene andati via quando Emerald era in coma e Michael aveva bisogno di sostegno «tieniti i genitori che hai, che è meglio».

Chiusero le portiere.

«quindi vado?»

«vai. Ah, mi è venuto in mente adesso: la mia cognatina magari al posto dei nachos preferirebbe i bomboloni alla crema. Ne ha mangiati un’infinità quando lei e Lentiggine sono venuti qui!»

Sebastian tirò su la moto, e dopo una rapida occhiata si mise a cavallo. «quindi nachos, bomboloni…altro?»

«salsicce da fare alla griglia, patatine e Coca-Cola per festeggiare il fatto che abbiamo recuperato Hammy e perché finalmente il robot non romperà più le palle a nessuno di noi» Zachary sorrise «fine di tutti i problemi».

«devo acquistare anche una torta?» gli chiese ironicamente Sebastian, che a quanto pareva avrebbe dovuto letteralmente andare a fare spesa. A volte gli sembrava di essere una specie di domestico, come quelli che aveva nella villa a Belfast.

«eh, niente male come idea! Una torta mimosa magari. A lei piace e a me piace. A te piace?»

«si ma-»

«allora è andata. Torta mimosa. Amo quel tipo di torta» salì sul lato del guidatore, chiuse la portiera e diede gas «ci vediamo dopo».

Ed entrambi, ognuno in direzioni diverse, partirono.

 

 

«ti stai già svegliando? Però!...avrei dovuto prevederlo; non solo sei un chojin, ma sei anche una macchina. Che le macchine hanno una resistenza maggiore si vede in tutti i film…a parte Wall-e. Lascia perdere Wall-e. Lo ammetto: aspettavo un’occasione del genere da tutta la vita. È tecnologia vecchia tronca ma è pur sempre affascinante, e credo che mi darà una mano con l’eventuale creazione di alcune IA, possibilmente senza tare come le tue».

Warsman aveva la vista ancora confusa, avendo appena ripreso i sensi. Non capiva chi gli stesse parlando per lo stesso motivo.

Aprì completamente gli occhi, e la prima cosa che vide fu una luce bianca accecante. Avvertì sul proprio viso il freddo che c’era nell’ambiente, e…

Un momento.

Come poteva avvertire del freddo sul proprio volto?!

Perché si sentiva la testa così leggera?!

Questo lo svegliò del tutto, e allora capì: gli era stata tolta la maschera. Non solo la visiera, ma tutto l’elmo completo, che continuava a tenere sotto il travestimento preso nel negozio di costumi.

E quella voce lui l’aveva già sentita…

«sappi che è da quando Lentiggine mi ha parlato di te, che mi è venuta voglia di dare una sbirciatina nel tuo processore. Dai, sono cose che capitano giusto una volta nella vita. Magari ti programmerò per ballare la caramelldansen, ammetto di averci pensato».

Connors due. Zachary.

Il pazzo contro cui aveva combattuto a Londra e che lo aveva ridotto uno straccio.

Si, la voce era la sua, non c’era possibilità d’errore.

E lo aveva preso.

Poi pensò anche un’altra cosa.

“Emerald…! Dov’è Emerald?!....Cristo, devo andarmene di qui!”

Zachary lo aveva disteso e legato con delle corde piuttosto spesse sul giaciglio che c’era in quella che sembrava una baracca di legno strapiena di attrezzature che sembravano uscite dal laboratorio di uno scienziato pazzo -e infatti Zeke chiamava in quel modo il posto-. L’albino se ne stava seduto su una panca, con il portatile sulle ginocchia, al quale era collegato un cavo che a sua volta era collegato ad una presa dalla quale partivano altri cavi ancora, che andavano a finire…

No.

Oooh no, no, per Dio, tutto ma quello no, no!

Doveva liberarsi, per fortuna quell’idiota pazzo aveva usato solo delle stupide corde e…e perché non riusciva a spezzarle?!

Perché riusciva a malapena a contrarre e distendere i muscoli?!

«aaah. Ma certo, scusami per non avertelo detto; qui a Washington siamo sul mio terreno. E frequento alcuni giri grazie ai quali si possono ottenere varie cosine tanto carine pagando il giusto» sorrise. Il suo sorriso sornione che avrebbe potuto sembrare quasi dolce «in questo caso si tratta di farmaci miorilassanti centrali. Quelli che usano nelle anestesie, sai, mefenesina, ciclobenzaprina, metaxalone; agiscono a livello del midollo spinale deprimendo i riflessi mono e poli-sinaptici. Ma non preoccuparti, te ne ho dati solo quel tanto che basta a non farti andare via prima che io abbia finito, e che al contempo ti consenta di respirare tranquillamente» si interruppe per dargli un’occhiata «preoccupato? Se è per te, non hai tutti i torti. Se è per la mia cognatina stai tranquillo, dorme nella mia macchina. Non voglio fare del male ad Hammy, ho pure mandato Seb a prenderle dei bomboloni alla crema. Le piacciono. Ma tu forse questo lo sai già».

“Sebastian…ha portato Sebastian con lui!” pensò il russo, tentando disperatamente di liberarsi senza ovviamente riuscirci “va’ a vedere che è stato quell’altro a spararmi o forse no, o forse…io…io devo andarmene di qui, e devo portare via anche Emerald! Non può finire tutto per colpa di uno stupido bambino sociopatico! Sono sopravvissuto ai miei compaesani, agli incontri chojin, ad Howard H.R.J. Lancaster, alle due settimane di tortura inflittemi da Michael Connors, io mi rifiuto di farla finire così! mi rifiuto!”

Peccato che non potesse dire niente di tutto ciò, o fare nulla per evitare qualunque cosa Zachary avesse in mente di fargli. Forse gli avrebbe fatto davvero ballare la caramelldansen. Forse l’avrebbe ridotto un suo schiavo.

Si sentiva un uomo, ma aveva davvero un cervello-computer, con tutte le conseguenze del caso.

«…lo sai già, visto che avete viaggiato insieme per due mesi e mezzo».

La frase dell’albino interruppe i suoi pensieri, e nell’unico occhio buono che possedeva apparve della glaciale sorpresa.

Come faceva a saperlo? Chi glielo aveva detto? Emerald?! Ma era un loro segreto!

«vedo che ti ho stupito. Non c’è che dire, chiunque ti abbia programmato è stato molto bravo, la tua reazione sembra quasi umana. Si, so del tuo viaggio con la cognatina. L’ho scoperto da solo hackerando la rete della linea aerea di Hammy» gli rivelò «e poi ho cancellato tutto, quindi cosa ci faccia qui mio fratello è un bel mistero, ma a noi non importa…oh. Ti stai muovendo un po’troppo» commentò Zeke iniettandogli qualcosa da una siringa che aveva già preparato «tranquillo, è solo del baclofen, ed una quantità ridottissima. Che stavo dicendo? Ah, si. Il tuo rapporto con Emerald. Teoricamente dovreste essere nemici, almeno da quanto ne so, ma da come vi comportate -tu in particolare- sembrate essere di più».

Bastardo. Adesso Warsman riusciva solo a respirare, e nemmeno benissimo. Bastardo!!!

«ho pensato parecchio a quel che potrei farti. L’idea principale era semplicemente di giocare un po’col tuo cervello e poi ucciderti, che era tanto carina!...ma più ci riflettevo più mi rendevo conto che non era abbastanza. Insomma, mi hai rotto il cappello con quei tuoi cavolo di artigli, ti rendi conto?!»

Era da molto tempo che non pregava, ma Warsman, o Lord Flash, o che dir si voglia in quel momento rivolse al padreterno la supplica che Emerald si svegliasse e lo fermasse.

«quindi ho una buona notizia da darti: non morirai. Non oggi, almeno» digitò qualcosa sul computer «perché ho deciso di essere…generoso».

Perché, se il tono di Zachary era colloquiale, aveva ugualmente il potere di dare i brividi?

«tutta questa cosa con Hammy ti ha esposto a molti rischi. Stai facendo molte cose per lei, ti stai dannando per lei. Non sarebbe meglio che le stessi lontano, lattina? Che tu te la…dimenticassi?»

Warsman iniziò a capire…ma non era possibile…non poteva farlo! Non poteva farlo davvero!!!

“NO! No, Cristo, no, no, non farglielo fare!”

Quanto avrebbe voluto potersi difendere…!

«ma si che lo sarebbe. Per tutti. Così ho pensato: facciamogli dimenticare la cognatina. Cancelliamo i ricordi che la riguardano, o meglio, cancelliamo i ricordi che riguardano lei e quel brutto distributore automatico che si crede Wolverine. Lasciamo dei buchi nella memoria di quel robot. Lasciamo che il robottino in questione passi il resto della sua vita a cercare di riempirli senza mai riuscirci, in un tormento che lo seguirà fino allo spegnimento».

Lui voleva…

“i…i miei ricordi…”

Le loro battaglie. I momenti in cui si erano avvicinati. I tre giorni passati a casa di lei, la notte brava che aveva ridotto uno schifo il divano. Lei che gli salvava la vita, lui che andava a cercarla, la loro partenza, i due mesi e mezzo insieme, le serate di tango, le sue telefonate dalla Scuola di Ercole, la sua “coccola” il giorno del suo compleanno, il suo bacio quando lui l’aveva salvata da uno stupro, il suo disperato tentativo di allontanarlo, le sue lacrime quando si erano ritrovati poco prima del suo matrimonio con Michael Connors, e soprattutto Rio. Rio, Rio, RIO!

Non voleva dimenticare!!!

Non poteva dimenticare, non poteva lasciare che Zachary distruggesse quei ricordi che, sia belli che brutti, lo facevano sentire così vivo! No, qualunque cosa, ma quello no!!! Non togliergli la vita in quel modo, in un senso forse anche peggiore di quello che avrebbe avuto una semplice uccisione! Non poteva farlo, lui…lui era un essere umano, erano entrambi esseri umani, come poteva non capire cosa significasse? Come poteva non capire che cos’era che gli stava veramente facendo?! O, comunque, come poteva non importargli?!

Non poteva togliergli i ricordi.

Erano tutto quel che gli era rimasto, perché adesso probabilmente nemmeno Kevin voleva più sapere niente di lui.

Gli era rimasta solo Hammy, e i ricordi a lei legati. Nient’altro.

Come poteva Zachary distruggere così un uomo?...e per un cappello?!

“no, non lo fare, per piacere qualunque cosa ma non questo, per piacere, no, qualunque cosa ma non questo, non questo!!!”

Non era da lui supplicare così, neppure mentalmente, ma d’altra parte c’è un limite a quel che un uomo può sopportare prima di spezzarsi. E lui in vita sua aveva sopportato anche troppo.

«wow. Non solo il tuo cervello produce le reazioni chimiche corrette, ma ti consente perfino di versare lacrime! Starei le ore a studiarti, sei tanto carino!...ma purtroppo non ho tempo. Devo “trattarti” prima che Hammy si svegli. Le dirò che è svenuta per uno shock dopo averti visto cadere dalla moto. Ci sta, al momento è molto fragile. Ed io ero lì perché vi avevamo trovati, semplicemente. E non mi sono curato di come stavi tu, per ovvie ragioni, lei è convalescente ed aveva ben più bisogno d’aiuto rispetto ad un chojin grande e grosso, e non so che fine tu abbia fatto. Facile no?»

Dopo quell’ultima frase l’albino si mise a fissare lo schermo digitando altre cose, mentre fischiettava “Don’t worry, be happy”.

A quanto pareva Connors maggiore non era il solo fissato per la musica quando torturava un povero disgraziato. Per quanto a Zachary quella non sembrava davvero una tortura, le torture si definiscono tali solo se fatte su persone o animali, quello era soltanto un robot, quindi che cosa poteva importargli?

Non capiva che invece Nikolai Volkoff era un uomo, e che quel che stava facendo era una sorta di…”stupro mentale”, in un certo senso.

Stava violando i suoi pensieri più intimi, i suoi ricordi, la sua stessa dignità di essere umano che era già stata più volte attaccata, ma mai in modo così profondo ed orribile.

E la cosa peggiore era che Zachary Connors lo stava facendo sorridendo.

Così come se niente fosse, come se non importasse.

«ecco fatto, ho creato una connessione con il tuo processore. Uh. Ci vorranno addirittura quattro ore per cancellare quel che serve? O beh…hai un processore protetto in modo eccellente, non c’è che dire» si stiracchiò «quindi devo solo aspettare e badare che tu non possa muoverti. Comunque tranquillo, non sono come mio fratello, non mi metterò a torturarti. Non vedo perché dovrei, e poi sinceramente farlo non mi divertirebbe neppure».

Ah si, molto consolante.

«tempo quattro ore e dimenticherai. Non sei contento? Sarà la fine dei tuoi problemi con i Lancaster, come prospettiva non è poi così malvagia» si alzò lasciando il pc sullo sgabello, aprì un mobiletto dell’Ikea e tirò fuori delle patatine alla paprika.

Era il suo menefreghismo in tutto ciò che faceva veramente paura.

«vuoi una patatina…? Ah già. Fa’ come se non avessi detto niente» si stiracchiò «si ma adesso io per quattro ore che faccio?»

Dopo avere intensamente pensato per un minuto tirò fuori il Nintendo e…si mise a giocare a Pac Man.

«tanto Sebastian come minimo non si farà vedere prima di due ore. Non vuole vederti in viso, sai com’è fatto…no, ok, forse non lo sai. È una specie di esteta, vorrebbe farti fuori solo perché non sei bello da vedere, pensa un po’ che assurdità».

“quella è un’assurdità e violarmi in questo modo per uno stramaledetto cappello invece non lo è?!! Qualcuno mi aiuti…”

Il processo appena iniziato risultava anche piuttosto doloroso. Warsman percepiva la cosa come se una miriade di piranha avessero iniziato ad addentare la sua memoria, pian pianino, danneggiandola senza dare tempo al programma di ripristino di rimediare, e non era piacevole.

Avrebbe voluto urlare, ma non poteva fare altro se non stare lì a farsi violare.

 

 

Passò circa un’ora.

Come detto, dal motel Sebastian si era diretto in città invece che al rifugio nel bosco.

Provava una certa soddisfazione riguardo il fatto che Warsman stesse passando un brutto quarto d’ora. In fondo era per colpa sua che si era beccato uno schiaffo da suo padre.

“Zachary avrebbe comunque potuto essere più esaustivo riguardo a ciò che aveva intenzione di fare a quell’aberrazione su due gambe” pensò.

Non che il suo compagno di viaggio fosse “esaustivo” in generale. In realtà gli diceva ben poco riguardo ai piani, e quel poco di solito gli veniva rivelato poco prima che venisse messo in pratica.

Per esempio, non aveva ancora capito come mai lui avesse deciso di andare proprio lì a Washington, e come sapesse che Warsman ed Emerald erano lì. Sapeva solo che ci erano andati e Zeke aveva avuto ragione, e che li avevano presi.

Si era affidato all’albino, e fino a quel momento non gli era successo niente, quindi era stata una mossa giusta. E poi quel ragazzo sembrava sapere cosa faceva. Quindi perché avrebbe dovuto rovinare tutto con domande inopportune?

In verità se Zachary non gli diceva praticamente niente era per un semplice motivo: era previdente. Sapeva che Sebastian prima o poi avrebbe finito per fare qualche stupidaggine che avrebbe rischiato di farli prendere, e dunque aveva deciso che fosse meglio informarlo sempre all’ultimo momento, così non avrebbe avuto niente da dire a nessuno.

Anche in quel caso, non avrebbe potuto dire a nessuno cosa Zachary voleva fare di preciso a Flash.

O quale fosse il loro itinerario.

O che per ottenere tale itinerario aveva hackerato la rete della linea aerea di Emerald.

O che Janice e Gabrijela avevano aiutato Warsman.

E nemmeno dei nomi sui documenti di identità in più di Zeke, perché l’albino non glieli aveva mostrati…

“d’accordo, ho trovato i nachos, i bomboloni alla crema e le salsicce. Adesso manca la torta. Dove accidenti la trovo la torta?! La mimosa non ce l’avevano da nessuna parte!”

Era da un pezzo che stava girando per la città, ma non c’era traccia di quella benedetta torta. Sembrava proprio che tutti i pasticceri della città si fossero messi d’accordo per non produrne.

“e tale faccenda è proprio una gran seccatura”.

Girellò per un altro po’, e proprio quando stava per arrendersi…

“eccone una! È lì!” pensò.

Una magnifica torta mimosa in una vetrina e, avrebbe potuto giurarci, gli sembrava che avesse come un alone dorato intorno. Avrebbe potuto giurare anche che in quel momento un coro professionista stesse cantando “alleluja”, che per un ateo come lui non era il massimo, ma passi.

Così parcheggiò alla svelta, scese e si infilò nel negozio senza neppure curarsi di dare un’occhiata all’insegna che recitava a chiare lettere “Connors Bakery”.

Che genio.

E caso voleva che Michael, dopo l’ennesima ricerca a vuoto, fosse proprio lì con i suoi.

«buongiorno! Gradirei acquistare quella meravigliosa torta…mimosa…esposta…in vetrina» ma mano che parlava sembrava come sgonfiarsi, vedendo la faccia di Michael.

Il travestimento che aveva Sebastian era abbastanza buono, ma la voce e soprattutto il modo di parlare erano immediatamente riconoscibili.

«proprio anti sgamo, eh?!»

Il ragazzo provò a correre verso l’uscita, ma Michael lo raggiunse con una falcata e lo bloccò contro la parete mettendogli le mani dietro la schiena.

Quello era Sebastian, non c’erano dubbi! E lo aveva preso!

E se Sebastian era lì, allora era lì anche suo fratello.

E se loro due erano a Washington probabilmente significava che c’era anche Hammy!

L’aveva trovata!!!

«Michael, cosa-»

«tutto a posto mamma, è il cugino di mia moglie. Quello che è partito con Zachary» l’ex mercenario era visibilmente soddisfatto «si direbbe che la mia ricerca abbia subìto una svolta, finalmente!»

Si sentiva sollevato. Un Lancaster su due l’aveva riacchiappato. Anzi, no: gli si era gettato tra le braccia.

«oh, bene…» mormorò Victoria.

«si ragazzo, però potreste sbrigarvela sul retro? Per favore? Dopo ci dirai tutto, ma al momento non penso che sia una buona idea che i clienti vedano gente che litiga nel negozio» gli fece notare Lloyd.

«…si. Giusto».

Era ad un passo da trovare moglie e fratello, e i suoi pensavano al negozio…come sempre.

Per fortuna che ormai Michael ci era abituato.

Si trasferì sul retro, con Sebastian che si divincolava.

«sta’buono! Non voglio farti niente di male!» il soldato si chiuse la porta alle spalle «bene, finalmente ti ho trovato. I tuoi genitori sono in ansia per-»

«non intendo tornare dai miei genitori, quindi ti invito a lasciarmi andare!»

«scordatelo. Piuttosto dimmi dove si è cacciato quell’idiota di mio fratello, e se sapete qualcosa di Emerald e quella bestia schifosa!»

Il ragazzo incrociò le braccia davanti al petto. «signore, sappiate che non vi dirò niente» affermò Sebastian con tono da “dignità offesa” e alzando il mento in un gesto ostinato.

Se non fosse stato un Lancaster, Michael probabilmente gli avrebbe tirato fuori a suon di pugni quel che voleva sapere. Ma era di famiglia, così come adesso lo era anche lui, ed in famiglia non ci si prende a botte.

«Sebastian, ti conviene collaborare. Trovare una giustificazione per delle ossa rotte non è complicato».

Ma comunque poteva sempre minacciarlo.

A vuoto, perché non l’avrebbe mai toccato, ma bastava che il ragazzo ci credesse.

L’ex mercenario fece scrocchiare le dita. «non sto scherzando».

«non lo faresti».

«per sapere qualcosa di mia moglie farei questo ed altro, e adesso dimmi dove cazzo sono tutti gli altri, se lo s-ah-ha, ci hai provato!» riuscì a sottrarre la pistola a Sebastian appena questi la tirò fuori «che pretendevi di fare? Adesso da bravo, collabora. Altrimenti non esci di qui…non sano, almeno».

E lo disse con un sogghigno tale che alla fine Sebastian si trovò a pensare che facesse sul serio.

«d’accordo, d’accordo! Ma tu non toccarmi. Se mi si rompesse qualche legamento delle ginocchia sarebbe la fine della mia carriera di ballerino!...»

«parla!!!»

«li…li abbiamo rintracciati. E li abbiamo presi. Emerald è addormentata nell’autovettura di Zachary, e quanto a quell’oscenità vivente…non ho idea di cosa Zeke gli stia facendo, ma sono convinto del fatto che non sia divertente, almeno per quell’orribile mostruosità».

«maledizione» ringhiò l’americano. Da piano Warsman doveva restare vivo, purtroppo, e se suo fratello si metteva in mezzo…«dove sono?!»

«sono…nel bosco. Alla capanna».

Ah, ma certo, il rifugio nel bosco.

Lui non aveva mai voluto andarci perché la caccia ai serpenti non gli interessava, ma sapeva più o meno dov’era perché Zeke glielo aveva detto.

«bene» prese il cellulare dalla tasca, decidendo di avvertire alcuni degli uomini di stanza in città -qualcuno ce n’era sempre ovunque andasse- in modo da avere rinforzi all’occorrenza. Ad un paio di loro avrebbe affidato Sebastian, che avrebbe fatto rimanere lì al negozio, ed avrebbe portato con sé il resto di loro.

Buona parte di quella brutta storia stava per finire.

 

 

«come va? Te la ricordi ancora?...giusto, non puoi rispondermi, dimenticavo».

Warsman si sentiva la testa confusa. Diversi ricordi suoi e di Hammy erano stati intaccati, di alcuni aveva solo qualche vago frammento adesso, ma lui continuava ad aggrapparvisi con tutte le sue forze. A due in particolare: quel che era successo a Rio de Janeiro, e a quel loro “abbraccio” a Tokyo. Quello di quando lei aveva pianto.

Si sforzava di pensare solo a quelle due cose, di continuo. Non voleva e non doveva perderle, così come non voleva perdere nemmeno Hammy.

Ed oltre alla disperazione era sopraggiunta anche una furia omicida che non sfogava solo per quei maledetti farmaci, altrimenti Zachary si sarebbe trovato decapitato da un bel po’.

Ma l’avrebbe pagata, fossero passati dieci o anche vent’anni ma lui gliel’avrebbe pagata, e cara, per quel che aveva osato fargli.

Non si sarebbe fatto sorprendere nuovamente, se l’avesse scampata, eh no. Non l’avrebbero più narcotizzato, non l’avrebbero più immobilizzato, non se lo sarebbe lasciato più fare, mai più!

«…e non intendo iniettarti dei farmaci antagonisti solo per sentirti parlare…» continuò l’albino «tanto non-»

Si zittì improvvisamente tendendo le orecchie.

Aveva sentito dei rumori in avvicinamento. Rumori di auto. Diverse auto. Erano ancora lontane ma non lo sarebbero state per molto.

Non poteva essere un caso, “il caso non esiste”. Concepiva giusto un principio di azione-reazione.

Nello specifico: aveva mandato Sebastian in città a fare spesa, un compito facilissimo, e lui si era fatto beccare.

Va’ a vedere che il genio era andato a prendere la torta alla Connors Bakery, cosa che avrebbe voluto dire che le auto in avvicinamento erano di Michael ed altri uomini al soldo dei Lancaster. Nonché che ormai Seb se l’era giocato. Peccato, era divertente viaggiare in compagnia…

“ma d’altra parte non è detto che debba solo cambiare Lancaster, invece di far finire tutto il tour”.

Rapidamente prese due fucili, uno con dei dardi che contenevano quel suo liquido incendiario, ed un altro che aveva dentro dei dardi narcotici. Sostituì velocemente il liquido dentro a due di questi ultimi, per poi rimetterli al loro posto nel fucile.

«ok, tu sei un robot molto fortunato» commentò, staccando senza alcuna grazia i cavi che collegavano il processore del russo alla presa -ed essa al suo portatile- senza curarsi né del dolore che gli avrebbe causato né di eventuali conseguenze, non c’era tempo «e a me serve un diversivo per poter fuggire con Emerald in santa pace» ficcò il portatile nel borsone con i vestiti che non aveva neppure sfatto del tutto, afferrò l’altro borsone -quello con i fucili che aveva fregato nell’armeria della villa dei Lancaster- e si caricò entrambi sulle spalle, correndo verso l’ingresso della capanna.

Il rumore delle auto era sempre più vicino. Zachary sparò diversi colpi del fucile a dardi incendiari/esplosivi contro gli alberi, dando rapidamente vita ad un inferno in terra. Si preparò a saltare giù dall’albero e da lì verso la macchina…

E poi voltò verso Warsman.

«dardi pieni di farmaci antagonisti a quelli che ti ho somministrato» puntò il fucile contro di lui «non sarai un problema per mio fratello e i suoi, ma gentilmente, vedi di provare almeno a combattere e scappare. Mi farai guadagnare tempo mentre scappo con Hammy. Le chiacchiere di Seb sul non tornare a casa mi hanno convinto, e se anche il tour dei ricordi della mia cognatina non sarà con te…the show must go on».

Sparò due colpi e saltò giù. Corse verso Chaos Star II, salì dal lato del guidatore, buttò i borsoni sul sedile posteriore e mise in moto partendo sparato.

Emerald riposava ancora sul sedile accanto, che era stato tirato un po’giù così da farla stare più comoda.

«mi sono portato dietro il tuo regalo di nozze, Em: cinque serie di documenti d’identità falsi» li aveva ordinati da quando lei e Michael si erano fidanzati, e adesso a quanto pareva servivano davvero «ho fatto bene, eh si..»

 

 

Fu solo due minuti dopo che Warsman riuscì a liberarsi dalle corde con un urlo di rabbia e di dolore. In quel momento sembrava davvero la bestia che lo accusavano di essere, ma era ovvio, normale, comprensibile.

Distrusse tutto quel che trovò attorno a sé, per poi uscire da quel che rimaneva della capanna con un ringhio e saltare giù dall’albero.

Si piegò sulle ginocchia, i miorilassanti non avevano ancora terminato l’effetto, ma lui doveva uccidere quel bastardo figlio di puttana e riprendersi Hammy, e-

«rrragh!!!»

Quel che restava di un albero gli cadde addosso, ustionandogli la schiena. Se qualcuno non avesse fatto qualcosa al più presto tutto il bosco sarebbe andato in fiamme! Non che a lui importasse qualcosa, al momento…

Le automobili che aveva sentito Zachary scelsero proprio quel momento per arrivare.

«qui va tutto a fuoco!» urlò un soldato.

«non stare a pensare al fuoco! Spara a quel mostro!» urlò un altro.

Mostro…mostro!!!

Quella parola alimentò la rabbia che provava già prima, e portò Warsman a scagliarsi contro le auto dei soldati senza avere un piano decente o almeno un qualsiasi impulso razionale.

I suoi artigli tagliarono il cofano di una jeep come burro, e sempre come burro tagliarono anche il petto di un soldato, dovevano morire, tutti loro dovevano morire!!!

«Mayer! Dio!»

Oh si, se credevano in Dio facevano bene a pregarlo, facevano proprio bene. Il russo riuscì a pensare solo questo mentre si scagliava contro altri uomini ancora, in un massacro senza fine.

«va’ a dormire, stupid beast!»

Lo aveva detto Connors maggiore.

Poi ci fu un colpo.

Due colpi…

…tre…colpi…

E infine il buio.

 

 

:: Londra, ora ::

 

 

– ecco com’è andata. L’abbiamo narcotizzato, preso, e ce ne siamo andati. Abbiamo chiamato qualcuno che spegnesse l’incendio poco dopo, non so se la sirena dei vigili si è sentita.

«si, l’ho sentita. Voi quindi sapete che Zachary è scappato con Emerald sono perché avrebbero dovuto essere lì ed invece non c’erano, ed anche dai segni degli pneumatici, presumo».

sissign-ehm, si.

Zachary ormai era di famiglia, eppure Howard Lancaster non era molto convinto del fatto che fosse poi tanto meglio, che Hammy adesso fosse in fuga con lui. Per niente.

Quel ragazzo gli piaceva anche, ed era il fratello di suo genero, però non capiva perché fosse fuggito con lei invece di riportargliela a casa come avrebbe dovuto fare. Non era partito per quello, forse?

“forse ha deciso di farle fare un tour dei ricordi. Ma a che pro farlo di nascosto?! A che pro fuggire?! Se vuole andare a caccia di avventure ed emozioni forti facesse pure, ma non con mia figlia che non sta bene!”

io dico solo che quando ritrovo quell’imbecille lo sfracello di botte!!!

Era la milionesima volta che Howard glielo sentiva dire.

«quelle sono cose tra te e tuo fratello. Quel che interessa a me adesso è ritrovarla. Magari quella bestia sa dove potrebbero andare...ti direi di occuparti di lui sul posto, ma voglio farci due chiacchiere di persona» disse «nel frattempo, hai provveduto ad impiantargli un microchip sottocute così che se dovesse fuggire potremmo ritrovarlo?»

è stata la prima cosa che ho fatto appena c’è stato un attimo di calma.

«ottimo lavoro, Michael. Portami qui lui e Sebastian. Credo che sia inutile che tu rimanga a Washington, sono pronto a scommettere un braccio che tanto tuo fratello lascerà immediatamente lo Stato».

lo penso anche io.

Howard chiuse la chiamata. Fece per rientrare nella sala, quando incrociò Lionel nel corridoio.

«Lionel, tanto ti avrei cercato…hanno trovato Sebastian a Washington» lo informò «lo stanno riportando qui».

«ah, bene!» sul volto dell’uomo comparve un’espressione di autentico sollievo «bene, sono contento…come sta?»

«da quel che mi ha detto Michael, sta più che bene».

«grazie al cielo. Sarà severamente punito, ma intanto mi hai proprio tolto un peso dal cuore, Howard. Se gli fosse successo qualcosa, io…» si interruppe «…c’è dell’altro? Hammy?»

«è viva, ma Zachary l’ha portata via».

Lionel rimase un po’in silenzio.

«francamente, cugino, credo che possa essere peggio che sia con lui che con Nikolai Volkoff. Già, e lui-»

«lo hanno preso e lo porteranno qui. Se quell’animale sa qualcosa glielo tirerò fuori…in un modo o nell’altro».


***

Innanzitutto scusatemi per il ritardo mostruoso. L'ispirazione in fin dei conti è quella che è. Spero non restiate delusi dalla qualità del capitolo (anche se prevedo di sentirne di tutti i colori per via di Zeke)
Zeke: e perché? Era solo una lattina.
Io: a seconda delle opinioni.
Zeke: aaah.

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Capitolo 11
*** A chi la sofferenza, e a chi la...porchetta! ***


«no».

«senti, questo non è il momento per-»

«papà, per l’ormai quindicesima volta mi obblighi a dirti che non sono a conoscenza di alcun particolare che possa esservi utile!»

«si, e io mi domando come possa essere possibile visto che hai viaggiato per un pezzo con quel ragazzo, anzi con quel teppista!!! Kvragu!!! Perlomeno dopo quel che ci hai fatto passare il minimo che tu possa fare è aiutarci a trovare tua cugina!»

Durante il tragitto da Washington a Londra, Sebastian aveva tentato eccome di scappare. Ma senza successo. Cristo, Michael quando ci si metteva era un vero e proprio mastino da guardia…e lui non aveva potuto fare altro che attendere impotente che l’aereo arrivasse in Inghilterra, e prepararsi spiritualmente ad affrontare i suoi genitori.

Ad un certo punto aveva perfino avuto l’idea di aprire lo sportello dell’auto che aveva portato lui e l’ex mercenario dall’aeroporto fino alla tenuta di suo zio -poteva farlo perché tanto detestava i vestiti che indossava attualmente- ma purtroppo non gli era riuscito neppure quello.

E adesso era lì, a dover rendere conto a sua madre, suo padre, suo zio ed il marito di sua cugina, di tutto quello che avevano combinato lui e Zeke. Inclusa la distruzione della villa dei Mask. E poco era importato ai suoi genitori che al volante ci fosse stato Zachary e non lui, anche se gli era sembrato di vedere l’ombra di un sorrisetto divertito sul volto di suo zio, dovuta al fatto che per i Lancaster distruggere la villa di Robin Mask sembrava essere diventata una tradizione.

«ascoltatemi, io non ho proprio modo di dirvi nulla».

«non proteggere mio fratello, non solo non ne ha bisogno ma sarebbe anche un errore cretino!» intervenne anche Michael «dicci dove ca-ehm, dove accidenti possono essere andati! È impossibile che tu non lo sappia!»

«invero, posso giurarvi su Oscar Wilde che non ne ho la minima idea».

Lionel e Gabrijela si scambiarono una lunga occhiata.

«mi dispiace Howard, ma non ne sa niente per davvero» disse cupa la donna «per quanto io non riesco a capire come sia possibile».

«è così. Io…Zachary tendeva a non espormi i suoi progetti fino a poco prima che questi dovessero essere portati a termine. Devo ancora comprendere come abbia capito che Hammy e quell’orribile insulto a tutto ciò che è degno di ammirazione fossero a Washington».

«dunque, fammi capire bene: tu non hai mai fatto domande a riguardo? Zachary decideva e tu lo seguivi ciecamente?»

Howard aveva sperato di ottenere delle informazioni utili, ma non sembrava che dovesse andare così. Sebastian non sapeva niente, perché Zeke si era ben guardato dal dargli informazioni di ogni genere.

Era stato previdente, come se avesse sempre messo in conto che Sebastian si sarebbe lasciato prendere.

Andava ammesso, non era un ragazzo stupido.

«si».

«come avete raggiunto Washington? Avete viaggiato da clandestini?»

«no, abbiamo utilizzato dei documenti falsi ed abbiamo viaggiato in Club Class» e Seb non aveva nemmeno idea di come Zachary fosse riuscito a superare i controlli e portarsi dietro tutte quelle armi. Forse sempre grazie a qualche mazzetta? O in qualche altro modo strano? Boh!

«si, con i due milioni che mi avete fregato dal conto!!!» ringhiò Michael.

«non è stata una mia idea!» si difese Sebastian, incrociando ostinatamente le braccia davanti al petto. Abbassò lo sguardo quando i suoi occhi incrociarono quelli dei suoi genitori. Era evidente che li aveva delusi, e la sfuriata che sua madre gli aveva fatto appena lo aveva visto arrivare la notte prima  era stata anche meritata, così come quel gelido “mi hai veramente deluso” di suo padre, che per qualche motivo per lui era stato perfino peggio.

«perlomeno ricordi i nomi sui documenti d’identità di Zachary?»

«non…non me li ha mostrati».

Una pessima notizia dopo l’altra. «hai idea se nel vostro viaggio fossero previste altre tappe? Dubito che siate arrivati a Washington in modo casuale».

«non so niente, zio. Come ho spiegato già prima, non ho idea del perché siamo arrivati a Washington. E si…sono a conoscenza del fatto che c’erano altre mete previste, nel caso non li avessimo trovati in quel luogo. Ma purtroppo non mi sono state comunicate».

«ma per quale motivo lo hai seguito così alla cieca, eh? Cosa ti è saltato in testa?!» Gabrijela gli si avvicinò «hai iniziato a considerarlo un modello da seguire? Ritieni che distruggere la villa di qualcuno, scappare di casa, attaccare un altro essere umano solo per noia e fuggire con la propria cognata siano cose da farsi?! No che non lo sono! Probabilmente tu lo vedi come un tipo “molto in gamba”, ma è soltanto un criminale, e tu non devi prendere esempio da lui! Inoltre credevo che fossi abbastanza grande da riuscire a pensare con la tua testa. Kvragu!!! Io a vent’anni ero molto più sveglia!!!»

Oh si, talmente sveglia da avere impalmato un riccone cotto perso di lei quando di anni ne aveva solo diciotto.

Michael trattenne uno sbuffo. All’ex mercenario non era piaciuto molto sentire Gabrijela definire suo fratello un criminale durante il pistolotto fatto al figlio, ma sapeva anche che quella era la realtà dei fatti. Lo era sempre stata, e lui lo aveva sempre saputo.

Eppure non aveva mai fatto niente, forse perché con il suo “invidiabile” curriculum non si sentiva nella posizione di fare veramente qualcosa. Sarebbe stato come se un ippopotamo avesse dato del ciccione ad un elefante e comunque, in sua difesa, da quando Zachary aveva quattro anni l’Accademia ed il seguito il lavoro da mercenario lo avevano portato lontano da casa.

Non era intervenuto perché semplicemente, quando sarebbe stato il momento di farlo, non c’era.

Avrebbe dovuto essere compito dei suoi genitori, o dei suoi nonni, o di tutti loro insieme. Mentre invece, nonostante nonna Isabèl avesse fatto tutto quello che aveva potuto, il “tutto” in questione non era stato abbastanza da riuscire a sopprimere quelle tendenze criminose.

«quindi presumo che tu non sappia nemmeno il motivo per cui il mostro di Frankenstein dei sovietici, nonostante si sia già svegliato alle cinque di ieri mattina, sembra essere soltanto in grado di fissare il vuoto davanti a sé con aria assente».

Howard stesso era andato a dare un’occhiata, e per la prima volta lì per lì, appena aveva posato gli occhi su di lui, era riuscito a provare qualcosa di simile a compassione per quella mostruosa creatura.

Quel che aveva visto era stato qualcosa di estremamente simile ad un uomo spezzato. Non c’era altro modo di descriverlo, solo “spezzato”, come se gli fosse stata portata via la vita. Qualcuno di distrutto. Qualcuno che non aveva più nulla da perdere, che era vivo fuori e morto dentro…o almeno così sembrava, perché poi bisognava vedere…

“cosa gli avrà fatto?” si era chiesto, “cosa avrà fatto Zachary per ridurlo così, quando neppure io o mio genero ce l’abbiamo fatta?”

Aveva anche tentato di parlargli, ma Warsman non aveva dato alcun segno anche solo di capire cosa lui stesse dicendo. Sembrava che la rabbia con cui aveva attaccato Michael ed il resto dei soldati avesse consumato quel poco di vita che gli era rimasto.

Non era servito neppure nominare Emerald, o Kevin Mask, o Robin. Già, anche quest’ultimo ultimamente aveva messo su una lagna infinita per via della villa distrutta, e a dirla tutta se fosse stato per Howard pur di farlo smettere avrebbe pure mandato persone delle proprie imprese edili per ricostruirgliela, per quel che gli costava!...ma farlo avrebbe significato ammettere che non era estraneo alla faccenda, che i “due pazzi che avevano distrutto tutto con la Marauder” in effetti con lui c’entravano eccome.

E per quanto non temesse minimamente la Giustizia, al momento voleva evitare qualsiasi tipo di grana…come una probabile denuncia della Kalinina alla polizia, o qualcosa del genere.

Al momento non aveva proprio voglia di averci a che fare.

«che pessime nuove che porti! Mi stai dicendo che quell’orrore è ancora in vita?» sul viso del  ragazzo comparve una smorfia disgustata, ma poi…«uff-ahio!!! Ma perché l’hai fatto?!!» protestò il giovanissimo marchese rivolto a sua madre, che gli aveva dato una bella botta in testa.

«perché, per l’ennesima volta, è un uomo! Non un “orrore”! …e non è neppure Frankenstein» guardò storto anche Howard «sappi che non stai dando un grande aiuto».

«la pensiamo diversamente Gabrijela, ma tu e Lionel questo lo sapevate già».

Ed il suddetto sollevò lo sguardo verso il cugino. «dove l’avete portato? Che cosa vuoi fargli? Non pensi che abbia già patito abbastanza?! Dubito che se è stato nelle mani di quel ragazzo abbia passato un bel quarto d’ora!»

«questo a me non riguarda. L’unico problema è se non riesce a parlare, perché non potrà dirmi quel che voglio sapere; nello specifico, i reali motivi per cui si è attaccato come colla a mia figlia e soprattutto dov’è che lei potrebbe farsi portare».

«quello posso tirarglielo fuori io. Sono bravo a trattare con le bestie» Michael fece scrocchiare le nocche «specie quelle reticenti».

«basta!» disse duro Lionel con la voce che sembrava il rombo di un tuono «sicuramente c’è un altro modo più civile per ottenere quello che vogliamo, che non contempli sevizie! Howard, ho capito che questa faccenda di Emerald convalescente ed in fuga chissà dove ti sta ossessionando, ma non è un valido motivo per far torturare qualcuno che ha già sofferto fin troppo. Stesso discorso vale per te» si rivolse a Michael «qualunque cosa facessi prima di sposarti con mia nipote, lasciala dov’è. In questo momento un picchiatore non ci è utile» detto ciò guardò Sebastian «e quanto a te…avevamo pensato di rispedirti a Belfast e chiuderti in casa, ma tutto sommato credo che qualche mese dai nonni in Croazia sia ancora meglio».

Sebastian impallidì. «a-auspico che non dirai sul serio, papà, i nonni in Croazia vivono in una fattoria, i-il risveglio è previsto prima delle cinque del mattino! Mi obbligheranno lavorare nei campi allo stesso modo di un villico qualunque!!!» riuscì ad evitare un colpo di sua madre, che in quella fattoria aveva vissuto diciotto anni ed era figlia di quei “villici qualunque” «…dovrò spalare il letame delle mucche!!!» strillò, con la voce di almeno tre ottave più alta del normale e lo sguardo di chi è appena stato condannato al patibolo per direttissima.

Lui, Sebastian Lionel Veltibor Charles Lancaster, avrebbe dovuto riempirsi le mani di quelle strane cose chiamate vesciche?! Prendere in mano una pala?! Raccogliere insalata e cavoli da campi fangosi?!!

«credo che sarà un’esperienza molto formativa per te. Ti abbiamo lasciato vivere nella tua piccola bolla fin troppo tempo» il marchese più vecchio non si fece intenerire dal figlio, nonostante vedesse bene che fosse davvero disperato all’idea «che ti serva di lezione».

Michael stava trattenendo una risata all’idea, mentre Howard -a cui non era piaciuto granché il rimprovero del cugino- fece un sospiro.

«credo che tu stia per riceverla dal tipo di insegnante più difficile, Sebastian».

«“l’esperienza è il tipo di insegnante più difficile: prima ti fa l’esame, e poi ti spiega la lezione”. Apprezzo la citazione, mio caro zio» disse abbattuto il ragazzo.

«le valigie sono già pronte, vai a prenderle. Sarai scortato fino all’aereo. Partirai oggi stesso» disse Gabrijela «tieni conto del fatto che con quel che tu e quel ragazzo avete fatto, distruggere la villa di Robin Mask ed aggredire più volte un uomo, sei già fortunato a finire dai tuoi nonni e non in una prigione».

Giusta osservazione.

Quel che pensava Sebastian mentre andava a prendere i bagagli però era tutt’altro, e cioè che forse, forse, con un colpo di fortuna sarebbe riuscito a raggiungere Zachary in qualche modo e salvarsi dal letame delle mucche.

Intanto gli altri continuarono a discutere riguardo Warsman, perché visto che tanto ormai l’avevano preso qualcosa dovevano pur farci.

«stavo pensando che però non è così scontato che non parli per via di quel che gli è stato fatto. Di qualunque cosa si tratti» riprese Howard «forse sta fingendo di essere in quello stato di simil catalessi nell’attesa di un’occasione buona per scappare -e non ci riuscirebbe- e tentare di raggiungere Hammy. Magari sa come trovarla».

«…e vendicarsi con Zachary» aggiunse il soldato «maledizione a lui, come muove un dito riesce a causare danni!!!»

«“forse”, “magari”, kvragu!!! Perché non accetti il fatto che potrebbe davvero essere sotto shock?!» sbottò Gabrijela, sapendo che tanto sull’argomento Warsman cercare di discutere con Howard era come parlare al muro.

«perché una bestia come quella non va sotto shock per…qualunque cosa Zachary gli abbia fatto».

«parlare con te di questo argomento e non parlarne proprio è la stessa cosa» disse la donna, uscendo dalla stanza dopo un’ultima occhiata risentita, anche e soprattutto per verificare che Sebastian fosse doveva essere e non se la fosse filata.

In seguito magari avrebbe cercato Janice per aggiornarla sulle ultime novità ed avrebbero cercato di capire se potevano nuovamente fare qualcosa di concreto per aiutare quel poveraccio. Sempre ammesso di riuscire a scoprire dove l’avevano portato.

Magari sarebbe riuscita a strapparlo a suo marito quella sera stessa, visto e considerato che ne aveva decisamente modo. Non ci voleva la sua laurea in psicologia per imparare che si può far rivelare qualunque cosa ad un uomo dopo esserci stata a letto.

Ma torniamo ai tre uomini rimasti nella stanza.

«…rimango della mia idea» riprese Howard «lui sa qualcosa, non ce la dice, e aspetta il momento buono» concluse il marchese, i cui occhi un istante dopo assunsero un’aria felina «mh. Può essere che abbia trovato il modo di farlo parlare anche senza ricorrere a metodi violenti od invasivi…così siamo tutti contenti» lanciò un occhiata freddina al cugino, che non fece un plissé ed annuì soltanto.

«già va meglio. Di cosa si tratta?»

«di farlo parlare con qualcuno di cui si fida. Credo che avendone la possibilità si confiderebbe con Kevin Mask, voi no? Ci lasceremo sfuggire qualcosa riguardo a Warsman ed alla posizione del campo alfa. L’impulsività e la, come dire, non -propriamente -genialità tipiche dei Mask faranno il resto. Sono disposto a scommettere diecimila sterline con chiunque che andrà lì appena può» disse Howard accendendosi un sigaro pregiatissimo «ovviamente non possiamo renderglielo troppo facile, o perfino lui potrebbe arrivare a capire che c’è sotto qualcosa, ma non sarà complicato per gli uomini fingere di renderglielo difficoltoso. Combattere ma lasciarlo vincere. Inseguirlo e lasciarlo scappare facendogli credere di essere più veloce di loro».

“è sempre avanti. Sempre” pensò Michael.

«e non mi preoccupo che possa parlarne a qualcuno, il bello di mostri del genere è che a nessuno importa di quel capita loro».

Lo diceva con cognizione di causa, perché a nessuno era importato qualcosa di quando aveva quasi ucciso il russo in mondovisione. Inoltre tutti i presenti nella villa sapevano che Michael aveva torturato Warsman per due settimane -se anche Emerald non l’avesse detto direttamente alle sue amiche, avrebbe potuto farlo chiunque dei ragazzi visto che loro l’aveva saputo per bocca di Warsman stesso- ma non sembravano avere avuto troppi problemi con quella faccenda.

Nel fare apparire Nikolai Volkoff come la bestia che era, il capofamiglia Lancaster ed affini avevano fatto un lavoro eccezionale che aveva funzionato con tutti a parte che con Emerald, Janice che comunque continuava ad avere un po’timore di lui, e Gabrijela e Lionel che però più o meno rimanevano delle loro idee senza colpo ferire.

Ah, e Kevin ovviamente. Anche se l’inglese al momento ce l’aveva con il suo ex trainer per un altro motivo, che sarebbe stato un ulteriore incentivo a raggiungere il campo immediatamente per mettere in chiaro le cose con lui e, possibilmente, tirargli cinque o sei pugni in faccia.

«Howard».

«spiacente che non ti vada giù Lionel, ma i fatti mi danno pienamente ragione. E poi o c’è questo, o sarò costretto ad entrargli nella testa con la forza».

«personalmente farei così e basta. Anche la tua socia te l’ha consigliato caldamente» disse Michael, rientrando finalmente nella conversazione. Raramente ne interrompeva o si intrometteva in una tra i due cugini Lancaster, forse perché non si sentiva ancora all’altezza.

 Una volta pur con quella stessa semi venerazione verso il suo capo sarebbe stato meno cauto nell’esprimersi -come quando aveva proposto di mandare lui stesso a Tokyo al posto di Turbinsky- e forse anche adesso lo sarebbe stato se non fosse stato presente Lionel ma…c’era.

E per quanto fosse stato voluto e ben accolto nella famiglia, ricordava sempre di essere un soldato figlio di panettieri mentre quelli lì erano marchesi.

«me ne ricordo».

Era stato un periodo ricco di visite per Howard Lancaster, e la donna che gli aveva fornito quella tecnologia rivoluzionaria era stata tra queste, ricordandogli anche che quello sarebbe stato il metodo più rapido per ottenere quello che voleva. E senza inutili spargimenti di sangue.

Ma certo, chi se ne importava se quello avrebbe costituito un’altra violazione mentale per quel pover’uomo?

«la donna di ieri?» indagò Lionel «devo ancora capire chi sia».

«quella a cui devo il risveglio di Hammy. Ecco chi è».

Mah. Avrebbe potuto essere anche l’oracolo in Terra, ma portava Lionel a mettersi sulla difensiva, non avrebbe saputo dire perché. «se proprio dobbiamo fare qualcosa del genere, direi di rimanere sul piano originale. Quello in cui c’entra il figlio di Robin».

E Lionel con Robin aveva parlato il giorno del matrimonio di Emerald, era rimasto sorpreso per averlo visto lì. Si conoscevano perché anni ed anni addietro, prima che Howard e Robin distruggessero il loro legame d’amicizia ed Alisa venisse spedita su Nettuno, la Muscle League aveva indetto un…torneo di tennis riservato ai chojin e relative famiglie.

Inutile dire che Howard aveva quasi letteralmente prelevato il cugino da Belfast e lo aveva -sempre quasi- costretto a partecipare, sapendo benissimo che era veramente ma veramente bravo.

E infatti, anche se non era stata proprio-proprio-proprio una passeggiata perché nella finale Robin ed Alisa erano stati anch’essi bravi, erano riusciti a stappare loro il trofeo di mano con un micidiale rovescio di Lionel.

«almeno quello stupid brat si renderà utile, per una volta» disse Michael con una gentilezza infinita.

«o così mi auguro».

 

 

«miss MacMadd, sarei più che lieto di poterti rispondere come meriti, ma purtroppo non mi è possibile in quanto devo già ripartire. E per una destinazione a me molto sgradita!»

Ma a Jacqueline quello non poteva importare di meno. «non credo che ci voglia molto a dirmi dov’è Zachary!»

«vero, non ci vorrebbe molto, se solo lo sapessi. Ma mi sento in dovere di consigliarti vivamente di non considerarlo come un possibile futuro ragazzo, poiché purtroppo -per motivi che non riesco a comprendere neppure sforzandomi- ha ribadito in più occasione che…» gli dispiaceva dare una brutta notizia ad una così bella ragazza che peraltro non avrebbe neppure potuto consolare se lei avesse voluto «…non è interessato alla tua persona nel senso in cui tu gradiresti ricevere attenzione. E che quanto è accaduto tempo fa è successo solo ed esclusivamente a causa del liquore del Pianeta dei Demoni che aveva ingerito per errore al posto della vodka» tutto sommato era meglio essere sinceri però, così almeno avrebbe capito che doveva cercare qualche altro pesce nell’oceano «mi dispiace di non essere portatore di buone nuove, ma la realtà dei fatti è proprio questa».

Jacqueline sembrava aver ricevuto un colpo in testa improvviso.

Non era riuscita a parlare con Sebastian il giorno prima, e adesso che l’aveva fatto lui non aveva altro da dirgli che questo?! Che Zachary “non era interessato”?!

E per fortuna che Sebastian si era risparmiato di dirle che lui avrebbe preferito Kirika, perché altrimenti nel gruppetto di donne chojin si sarebbe scatenata una guerra interna.

Eh si, loro erano ancora lì. Come tutti gli altri, del resto. Al momento non avevano nulla da fare, e nella tenuta dei Lancaster si stava comodi, larghi, e c’era un sacco di roba. Per esempio, un acquario sotterraneo quindici volte più grande e più vario di quello di Genova -a che pro?; le montagne russe; una collina che era stata molto rialzata, con neve artificiale, e su cui i Condizionatori Ambientali Lancaster Tech mantenevano costantemente la temperatura ottimale, che era l’ideale per darsi al bob o allo slittino…

«come sarebbe?!»

«mi dispiace».

«Sebastian, non dovresti essere in camera tua?!!»

«temo di dovermi ritirare. Addio, ninfa dalla pelle candida come neve!» sospirò il ragazzo, dandosi repentinamente alla fuga nel vedere e sentire arrivare sua madre.

Fiona sopraggiunse poco dopo. «Jacqueline…? Qualcosa non va?»

«è tutto a posto. Cosa vuoi che ci sia che non vada? Ho parlato con Sebastian che mi ha gentilmente informato che a Zachary non interesso».

Ah, ecco il perché di quella faccia scura.

«mi dispiace».

“ma te l’avevamo detto tutte quante. Dubito che a Zachary interesserà mai veramente qualcuna”.

L’unica paura, ma Fiona evitò accuratamente di esternarla, era che anche Zeke decidesse di interessarsi ad Emerald…

Ahahah. Oh cielo. Era una tale stupidaggine che quasi l’aveva fatta ridere.

Ed in effetti Zeke ed Hammy non avrebbero mai potuto essere altro che amici, perché per qualcosa di più non si sarebbero acchiappati proprio. E poi Fiona aveva la sensazione che attorno alla sua amica, oltre a Kevin Mask -che comunque aveva dichiarato di voler rinunciare a riprendersela- di uomini attorno ne aveva già uno di troppo.

Anche se molti, lì, non avrebbero definito Warsman un uomo.

 

 

:: Italia, Veneto ::

 

When the moon is in the Seventh House     

And Jupiter aligns with Mars

Then peace will guide the planets     

And love will steer the stars…”

 

«this is the dawning of the Age of Aquarius, the Age of Aquarius…Aquariuuuuus! Aqua-ri-us!!!»

Il pulmino Volkswagen dipinto in un modo altamente improbabile ed altamente da hippy viaggiava a circa settanta all’ora per le strade di San Giuliano, una cittadina del Veneto. E tale improbabile veicolo trasportava due passeggeri ancora più improbabili.

«c’è da dire che era in ottimo stato, eh? Ho giusto dovuto cambiare la frizione. Quasi quasi mi dispiacerà abbandonarlo quando Chaos Star II arriverà a Roma con la nave».

La ragazza accanto a lui diede delle amichevoli pacche al divanetto con motivo a fiori su cui era seduta. «anche a me» fece una lunga pausa «anche se a papà prenderebbe un colpo a vedermi conciata da hippy».

«beh ma non siamo mica hippy per davvero. Si tratta solo di un travestimento».

Emerald J.V.P. Lancaster era quasi irriconoscibile. Al momento infatti indossava pantaloncini corti in denim sbiadito ed una maglietta a motivi arcobaleno; i capelli erano stati resti multicolori da vari ombretti per capelli fatti apposta, raccolti in una miriade di treccine, con lo sclimo nel mezzo ed una fascia rossa a coprire la fronte. Un paio di occhialoni dalle lenti rotonde e verdastre completava la mise.

Harmony and understanding          

Sympathy and trust abounding         

No more falsehoods or derisions      

Golden living dreams of visions        

Mystic crystal revelation        

And the mind's true liberation           

Aquarius! Aquarius!

«travestimento o meno gli prenderebbe un colpo lo stesso».

«a pensarci bene gli ideali hippy sono contrari a parecchio di quello che fa, no cognatina?»

Zeke era vestito in modo molto simile, solo con i pantaloni al ginocchio in cotone color kaki. Ed aveva legato i capelli in un assurdo -e terrificante- codino abbastanza in alto. Ma erano sacrifici che valeva la pena fare, tutto sommato. E a dirla tutta all’albino -che ancora non sembrava tale- non dispiaceva poi così tanto viaggiare in quel pulmino con due piccoli divanetti ai lati e le tendine ci cristalli di plastica lucida ai finestrini. E pensava anche che probabilmente alla fine di tutto si sarebbe procurato dei pantaloni con disegni uguali a quelli del pulmino.

«si, in un certo senso si».

Hammy si stiracchiò. Era sorprendente come si fosse adattata in fretta a viaggiare con qualcuno che al suo risveglio dal coma aveva trovato inquietante, e da come non si fosse posta poi troppe domande quando si era risvegliata in una macchina e si era trovata vicino suo cognato.

Il suo ultimo ricordo era stato quello di Warsman che cadeva dalla moto, poi più nulla. Zachary aveva provveduto ad informarla su quel che era successo, ossia che lui li aveva trovati, l’aveva vista svenire al momento dell’incidente del russo, ed aveva soccorso lei adducendo la scusa che “lei era convalescente e lui un chojin bello resistente ed in salute e quindi avrebbe fatto da solo”. E che non sapeva che fine avesse fatto in seguito.

Emerald gli aveva creduto, ma inizialmente aveva protestato dicendogli che lui era la chiave, e che dovevano ritrovarlo, tenendo per sé che l’idea che gli fosse successo qualcosa di brutto non le piaceva affatto.

Zeke però aveva obiettato che non era detto che l’avere avuto diversi ricordi e buona parte dell’uso della parola fosse veramente legato a Flash. Che lui era stato semplicemente il primo ricordo riaffiorato perché era il suo “arcinemico”, e che il resto fosse dovuto solo a fattori ambientali.

“cos’hai ricordato quando sei venuta qui?” le aveva chiesto. E lei gli aveva risposto sinceramente, ammettendo che si era ricordata di lui, Zachary, e di gran parte di quello che avevano combinato in quei giorni. La caccia ai serpenti, l’incendio nel locale. Lui che ballava.

“visto? Fattori ambientali. È logico presumere che tornando nei posti dove sei stata in questi due anni e mezzo ricorderai quel che devi ricordare. Ricorderai di Roma, di Bangkok, di Rio de Janeiro…a Rio peraltro varrebbe la pensa andare anche solo per i Mondiali!...come faccio a sapere che sei stata lì? No, non me l’hai detto tu. Ma l’ho scoperto da solo, e a saperlo siamo solo in tre. Quindi, che l’Armageddon & Nightmare World Tour abbia inizio!”

Lei ovviamente gli aveva chiesto come avesse fatto a scoprirlo. E la sua risposta era stata un sorriso, e l’annuncio che sarebbero partiti immediatamente per l’Italia. Dovevano variare l’itinerario, nel caso altri ne fossero venuti a conoscenza. La terza destinazione al posto della penultima, la quinta al posto della seconda, etc. Era un ragionamento logico, e lei non si era opposta. Inoltre aveva -erroneamente- pensato che viaggiando con Zachary avrebbe fatto preoccupare meno quelli di casa, visto che in fin dei conti lui era uno di famiglia…scacciando dalla mente una vocina che tentava di portarla a pensare più approfonditamente al precedente compagno d’avventura e al suo destino.

Perché se Emerald avesse avuto tutti i propri ricordi, conoscendo Zachary avrebbe capito immediatamente che non si era limitato all’omissione di soccorso nei confronti di Warsman. Che non si sarebbe lasciato sfuggire la possibilità di avere un mezzo robot tra le mani e gli avrebbe fatto chissà cosa, a meno che lei non fosse stata presente -in caso contrario lui avrebbe potuto inventarsi qualche storia credibile sulla sua sparizione- e gli avesse espressamente imposto di non toccarlo.

In seguito Zeke le aveva chiesto cos’era successo con il russo in quel periodo di assenza, avendo addirittura l’ardire di domandarle se lui le aveva fatto del male pur sapendo che, primo, difficilmente ora come ora Warsman lo avrebbe fatto e, secondo, che Emerald con quel braccio avrebbe potuto strappargli il cuore dal petto se ci avesse provato.

L’albino era rimasto soddisfatto dalle risposte che Emerald gli aveva dato, in particolar modo quando gli aveva raccontato che quando erano nel motel aveva sempre costretto il suo compagno di viaggio a dormire per terra, proprio poiché sposata e dormire con un altro non stava bene per niente.

Quindi non aveva tradito Michael tenendo fede ai voti nuziali presi.

Il che era ottimo, nonché in linea con il suo definirsi “corretta”.

«era da un pezzo che volevo venire qui in Italia» ammise Zeke «Italia, culla della civiltà. Italia, Nazione ricca d’arte e preziosi tesori dell’antichità. Italia, patria di coloro che scoprirono l’America» Italia, Paese meraviglioso ma trascurato, il cui unico problema sono i suoi abitanti «mi avevi detto che hai vissuto in Sicilia sei mesi, giusto?»

«si. Infatti parlo e capisco l’italiano».

«per fortuna, perché altrimenti io non saprei dove mettere le mani» in fin dei conti essere geni non significava automaticamente conoscere tutte le lingue del mondo, specie se si era geni con passioni diverse da quelle linguistiche «ho studiato spagnolo, io, e se becco quelle capre che dicevano che l’italiano è come lo spagnolo senza le “s” in fondo …» non finì la frase «comunque Hammy, il programma è quello che abbiamo concordato prima. Oggi arriviamo quanto più possibile vicini a Roma, quindi penso che ci fermeremo a…uhm…» distolse gli occhi dalla strada per dare un’occhiata al GPS «da qualche parte in Umbria credo, vicino a Perugia…ci tratterremo lì per un po’, e poi ripartiamo alla volta di Roma».

«ok. Zeke, ma quel cellulare…»

«nuovo, e nuova sim. Ne ho uno anche per te, sta nel borsone a fiori».

«devo ancora capire come hai fatto a far passare le armi» riuscì a dire la ragazza, mentre cercava il telefono.

«segreto».

«e dai…»

«segreto».

«suuu».

«non te lo dirò mai».

«abbiamo già avuto una conversazione simile».

«te ne ricordi? Ottimo!» lui sorrise «tornerà tutto a posto, sta’ tranquilla. Io però devo ancora capire il reale motivo per cui sei scappata.

Era troppo lungo da spiegare con una frase breve come quelle che riusciva a dire, quindi Emerald scrisse tutto su un foglietto.

 

volevo, e voglio, tornare sana a tutti i costi. Tuo fratello e mio padre non si meritano una figlia invalida. Warsman sembrava la strada giusta per raggiungere l’obiettivo, e poi c’erano anche delle cose con lui…cose tipo in sospeso che non capivo e non capisco ancora. Mi sento incompleta, e non mi piace. Riguardo a Michael sarò più specifica…se non ho neppure “consumato” il matrimonio con lui è stato perché volevo dargli la possibilità di ritirarsi, se si fosse scocciato di occuparsi di un’handicappata”.

 

Zachary distolse nuovamente lo sguardo dalla strada per leggere. «ah…ho capito. Ma guarda che ti sei sbagliata, Lentiggine non si sarebbe scocciato» riprese ad osservare la strada «ti ha sposata, se sai com’è fatto -e tu lo sai, perché lo conosci da prima che perdessi la memoria- puoi renderti bene conto di quello che significa. Non ti avrebbe abbandonata, è perso dietro a te. E poi non mi sarebbe piaciuto se ti avesse lasciata. Sei la mia cognatina…»

«volevo chiedertelo da un pezzo. Perché “cognatina”?»

«perché hai sposato mio fratello trentaquattrenne mai hai compito vent’anni nemmeno un mese fa, e quindi hai due anni meno di me. E poi sei più piccolina di me anche di statura».

Non che lui avesse mai sofferto per essere alto appena un metro e sessantasette…e poi, per piccolo che fosse era pericoloso lo stesso. Come Hammy, d’altra parte, che era alta un metro e sessanta e quando era in forma mandava al tappeto chojin di due metri e dieci.

Erano due pericolosissimi hippy formato mignon.

«capito».

«so che te l’ho detto più volte, ma sono contento di sentirti parlare di nuovo. E lo sarebbe anche il mio fratellone» lo chiamava ancora così nonostante tutto quel che stava succedendo «su con la vita, Emy. Don’t worry…be hippy! E appena troviamo un posto buono andiamo a mangiare quella cosa, come si chiama…porqet…porchese…»

«porchetta!!! Siiii, potere della porchetta vieni a noi!»

Assurdo eh?

I suoi erano in ansia per lei, i suoi amici erano preoccupati, Kevin checché ne dicesse si disperava a metà e a metà era nero di rabbia, Warsman aveva rischiato l’osso del collo ed ora era imprigionato, Sebastian per seguire Zachary alla sua ricerca stava per finire in una fattoria croata…e lei cosa faceva?

Ovviamente  pianificava allegramente di strafogarsi di panini con la porchetta in compagnia del caro cognato terrorista albino sociopatico falso hippy!

«porchetta, pizza, lasagne, gelato…» aggiunse quest’ultimo.

«pasta all’amatriciana, pasta alla carbonara, pasta alla norcina…»

La fiera delle calorie, in pratica.

Perlomeno loro due erano allegri…




è un po' più corto del solito, scusatemi tanto. Vi lascio un'immagine del pulmino hippy

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Capitolo 12
*** Donne da divanetti... O no? ***


OdS

– …non sappiamo quanto durerà il black out, tiralo fuori di lì e-

– lady Janice?!

– Kevin?

– Kirika?

– …ma lei non è la madre di Sebastian? Che cavolo ci fa qui?!

 

«è un’ottima domanda: cosa ci fanno lì?»

Una cosa però Howard Lancaster la sapeva di sicuro: il campo Alfa non era un luogo adatto per la sua signora. Per niente! Janice a strisciare tra i corridoi pullulati di militari?! Ma da quando in qua? Ficcanasare con il rischio di mettersi in potenziali guai  -anche se lui non lo avrebbe definito così- era una prerogativa che avevano soltanto alcuni Lancaster di discendenza diretta. Un conto era che sua moglie quando si trovava nei club ficcanasasse in tutti gli affari privati delle famiglie più altolocate di Londra, un altro che lo facesse in quel modo.

E poi a dirla tutta gli faceva strano anche il solo vederla con dei pantaloni. Da quando la conosceva Howard non aveva mai visto Janice con i pantaloni, nemmeno per cavalcare, visto che le rare volte che lo faceva stava seduta sulla sua placida giumenta con entrambe le gambe accavallate da un lato.

Era abituato a vederla con addosso fiori, pizzi, merletti, tulle e volant, non vestita come un topo d’appartamento!

Da diverse telecamere nascoste il marchese e relativo genero stavano monitorando la situazione davanti alla prigione di Warsman, dopo avere inscenato un black out così che Kevin Mask e Kirika potessero farlo evadere -o meglio, potessero credere di farlo evadere- una volta che avevano sentito quel che Warsman aveva detto loro.

«è già il secondo imprevisto. Due imprevisti di troppo! fortunatamente all’occorrenza posso dare ordine ai soldati di abbandonare il piano e sparare a quel mostro» disse cupo Michael «così che alle signore non accada niente per mano sua».

 

è che mi sembra perfino troppo semplice. Questo dovrebbe essere un posto ad alta sicurezza…

 

«Jannie, quantomeno evita di mettere loro la pulce nell’orecchio! …dovrà darmi un paio di spiegazioni, quando tornerà».

 

oh, e stia contenta no?! vorrà dire che siamo stati bravi!

– cosa…cosa ci fate anche voi qui?

 

Arrivati a questo punto sarebbe stato proprio il caso di rispondere alle varie domande…

 

 

:: qualche ora prima ::

 

 

«ehi Mask».

«uh?»

«to’. Tracannala fino all’ultima goccia, hai la faccia di uno che ne ha un gran bisogno! nyah-ah-ah-ah-ah-ah!»

Kevin Mask fino a quel momento non aveva mai avuto molti rapporti con la figlia di Yama Khan, forse perché lei ed Emerald avevano stretto amicizia quando il loro rapporto era già andato in profondissima crisi per poi spezzarsi definitivamente, e forse anche perché lui non aveva avuto alcun interesse a parlare un po’di più con lei e con le altre ragazze preferendo starsene da solo a rimuginare su quello che aveva perso.

In ogni caso allungò esitante la mano verso la bottiglia di birra che la demonessa gli stava offrendo, per poi ritrarla guardandola con aria diffidente. «perché?»

«che?»

«perchè mi stai offrendo da bere? E di mattina poi!»

«a parte che è quasi mezzogiorno, ma comunque te l’ho detto il perché: da quel poco che si vede, hai la faccia di uno che ha solo bisogno di scolarsi una birra».

Stava dicendo sul serio, e non c’era assolutamente niente di strano in quella bottiglia. Per quanto Kirika avesse sempre tifato per Michael quando Emerald era indecisa tra quest’ultimo e Kevin, e per quanto fosse sempre stata la prima a dire ad Hammy di mollarlo e non stare a soffrire oltre con “quel coglione che non è altro”, aveva iniziato a farle un po’pena.

Da quando erano lì in villa se ne stava sempre da solo, senza avvicinarsi mai a nessuno, spesso con lo sguardo perso nel vuoto...e c’era anche da dire che tentare di avvicinare gli altri ragazzi della League per Kevin sarebbe stato sia inutile che controproducente.

Non era mai piaciuto a nessuno di loro, lo trovavano troppo arrogante, troppo borioso, troppo riservato e, quando stava con Emerald, lo avevano trovato anche troppo geloso e possessivo. Inoltre Emerald, o più che altro le sue amiche, avevano raccontato loro con dovizia di particolari e da un punto di vista piuttosto “parziale” tutti i perché e i percome della loro rottura; per cui se anche Kevin avesse tentato di entrare nel gruppo, dalla maggior parte dei suoi componenti avrebbe ricevuto solo un rifiuto o la totale mancanza di considerazione.

Al momento Kevin Mask non aveva amici, suo padre non voleva ancora saperne di lui, sua madre era lontana, non si era impegnato con un’altra ragazza e il suo allenatore era scappato con la sua ex ragazza per motivi ignoti. A dargli un minimo di conforto c’era giusto Janice, ma anche lei al momento era presa dalla fuga di Emerald.

Era completamente solo. E  Kirika sapeva fin troppo bene cosa voleva dire essere completamente soli: era figlia di un chojin nemico della Muscle League, e veniva dal Pianeta dei Demoni -che non aveva mai avuto una gran fama- sua madre era sparita da un sacco di tempo, e come se questo non fosse bastato suo padre era un depresso cronico che dopo aver perso contro King Muscle le rare volte che era sobrio aveva più volte tentato di suicidarsi. Ed era stato proprio lui, come una specie di “risarcimento” nei confronti della Muscle League, a spedirla alla Scuola di Ercole anche se lei non voleva. 

La solitudine era stata la migliore amica della demonessa fino a quando non aveva conosciuto dapprima Fiona e Crea, ed in seguito le altre, Hammy specialmente. Tutto ciò l’aveva aiutata a mandare definitivamente al diavolo un padre che a parte concepirla non aveva fatto nient’altro di buono per lei, e se per un umano valeva il discorso “l’ho mandato al diavolo, ma resta sempre mio padre” per un demone invece non era così.

Attualmente quando Kirika tornava sul proprio pianeta lo faceva soltanto per rinforzare le scorte di liquore tipico, e non si sarebbe fatta vedere da Yama Khan nemmeno se questi l’avesse pagata oro.

«tsk. Non è che vuoi avvelenarmi?»

«se devi farla tanto lunga me la bevo io prima che si freddi. Ci hai fatto caso che quando la birra è calda, berla equivale a bere del piscio appena fatto?» neppure lei era esattamente una personcina fine e delicata. Forse era anche peggio di Emerald! «quindi o la bevi ora o non la bevi più».

L’inglese stette a guardarla per qualche istante prima di prenderle la bottiglia dalle mani e stapparla con la sola forza delle dita per poi attaccarvisi e scolarne la metà con tre sorsi.  «non sa ancora di piscio» sentenziò dopo.

«alleluia».

Momento di silenzio piuttosto lungo.

«ti va di dirmi che cavolo hai o no?»

«non parlo dei fatti miei con la gente che non conosco» replicò Kevin bevendo altri due sorsi.

«tanto scommetto venti sterline che riguarda la Lancaster».

«ti ho detto che non intendo parlarti dei fatti miei! Va bene?!» sbottò Kevin seccato «se anche riguardasse Emerald, e non vuol dire che sia così, non verrei a dirlo a te!»

«aaah, quindi riguarda proprio lei».

Il ragazzo si alzò di scatto. «senti, non sono affatto dell’umore per sopportare questi giochetti, right?! »

«e se non me ne vado che fai, mmmh?» sogghignò la demonessa guardandolo con un’aria di sufficienza che lui trovò semplicemente insopportabile. Kevin fece scrocchiare le nocche.

«indovina!...picchiare le donne non mi piace, ma d’altra parte sei una chojin addestrata, quindi non lo troverò disonorevole».

«Mask, tu non ce la faresti a picchiarmi nemmeno se io avessi entrambe le braccia rotte» ribatté Kirika «e sono pronta a scommetterci sopra altre sei birre!» aggiunse, alzandosi a fronteggiarlo.

«ah davvero!»                                                                                                                                       

«davvero». 

Guai a perdere un’occasione d’oro per menare le mani, ed anche per sfogare un po’di tensione.

«se ne sei così sicura perché non ci sfidiamo in un incontro di wrestling?!»

La demonessa sogghignò. «come ti pare».

E dette quelle tre parole gli assestò un diretto in piena faccia -non faticò ad arrivarci visto che era alta un metro e novanta! - all’improvviso, che fece cadere Kevin giù per la piccola scalinata.

L’inglese si rialzò comunque pochi istanti dopo, ringhiando. «non è leale!»

«pivello, non eri stato in mezzo ai d.M.p. tu? e ti vieni a lagnare che ti ho fatto la bua senza avvertire?!» saltò giù per raggiungerlo e tentare di colpirlo con un calcio satana, da lui prontamente schivato «fai ridere i polli, Mask! Tale e quale a quel rincitrullito del tuo vecchio».

«non insultare mio padre!»

Forse Kirika aveva fatto un errore a dire quell’ultima frase, perché Kevin le andò addosso e dopo averla afferrata con una presa allo stomaco la lanciò violentemente contro la scalinata in marmo. Non ci era andato leggero, ma d’altra parte non lo aveva fatto neppure lei.

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah finalmente ti decidi a tirare fuori le palle!» lo prese in giro lei, rialzandosi e correndogli a sua volta addosso con un pugno alzato. Kevin pensò che volesse tirargli un gancio, preparandosi dunque per il colpo in questione, ma Kirika all’ultimo si abbassò e con un calcio gli colpi ambo le caviglie, facendolo crollare a terra. Non contenta la demonessa gli andò sopra e cominciò a riempire di pugni ogni centimetro quadrato del suo avversario.

«ovvio che non hai saputo tenerla a bada! Guardati! Sei debole come un gattino! La Lancaster con qualche colpo potrebbe farti secco!...si, sei tale e quale a Robbie, uno stupido, debole  perdente!»

Da che era andata lì per offrirgli una birra si era arrivati ad uno scontro. La cosa era decisamente degenerata!

«stai…ZITTA!!!»

Quando era troppo era troppo, e alla fine Kevin tirò un pugno in faccia tale alla sua avversaria da sciogliersi dalla sua presa e farla volare qualche metro più in là!

Quando la sentì ricadere a terra con un tonfo il ragazzo si rialzò. Gli sarebbero venuti parecchi lividi, quella lì colpiva duro, eppure guardandola stesa a terra gli venne il dubbio di averci messo troppa forza ed averle procurato un brutto trauma cranico o simili…e non sarebbe stata una cosa intelligente visto che lei ed il suo attuale ospite si davano tranquillamente del “tu”.

Per cui si avvicinò di qualche passo, appena prima di sentire un…

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah!!!...d’accordo…debole come un gattino no, come un gatto adulto se mai» si rialzò a sedere di scatto, e l’unico segno del combattimento appena affrontato era l’occhio nero e la bozza su fronte e sopracciglio, che peraltro aveva sopra una ferita dalla quale colava un filo di sangue.

«tu secondo me hai qualcosa che non va nella testa» borbottò Kevin, tendendole una mano offrendosi di aiutarla ad alzarsi. Inutile dire che lei rifiutò con un piccolo sbuffo, e tornò rapidamente in piedi da sola.

«ti invece hai qualcosa che non va sulla testa» ribatté lei indicando la sua maschera.

«come ti pare, sta di fatto che mi devi sei birre».

«e pigliatele! Tanto qui c’è una scorta infinita di alcolici!»

Di solito quell’immensa scorta veniva utilizzata durante la seconda parte delle feste che Howard per qualsiasi motivo dava periodicamente nella tenuta. In particolar modo durante la seconda parte del  gran galà annuale e la propria festa di compleanno. E qualcosa di simile anche per quella di Hammy.

Avrebbe fatto così anche per quella di Janice, se lei non avesse detto chiaramente che per le sue feste di compleanno non voleva una “seconda parte”.

«potresti almeno andarmele a prendere tu per onorare la scommessa».

Lei lo fissò per un paio di secondi. «ok Mask, ti vado a prendere ‘ste birre» disse, avviandosi su per la scalinata «si può dire che adesso ci conosciamo».

«eh?»

«sei pure sordo?»

«no, ho capito ma…»

«sta’zitto che è meglio».

Kevin rimase lì da solo, a fissare la scalinata per poi uscirsene con l’ennesimo sbuffo. «tsk…ma guarda tu questa…»

Fu in quel momento che Kevin sentì due voci maschili poco distanti. Inizialmente non diede importanza alla cosa, ma cambiò del tutto atteggiamento quando…

«…è una faccenda che purtroppo non si concluderà ancora, anche se abbiamo catturato quell’ignobile animale…»

Riconobbe la voce di Howard Lancaster, nonché il soggetto della conversazione.

Si girò più volte alla ricerca del punto di provenienza delle voci, finendo ad indentificarlo con la finestra aperta sopra di lui, al piano superiore.

“hanno…hanno preso Warsman?!”

Sapeva che non era una cosa saggia spiare Howard H.R.J. Lancaster, specialmente se impegnato in conversazioni come quella, ma era del suo allenatore che si trattava.

Quel bastardo bugiardo unico-per-un-certo-periodo-suo-sostegno del suo allenatore.

Quello che aveva un rapporto molto strano con la sua ex ragazza e probabilmente se l’era portata pure a letto. Più e più volte.

Quello che, nel momento in cui l’ex ragazza in questione gli aveva dato del mostro facendogli avere un attacco di panico, gli era stato vicino come mai nessuno aveva fatto da quando era nato.

«lo abbiamo portato al campo. Quello ai confini nord estremi della tenuta…»

Adesso a parlare era il bastardo che gli aveva portato via Hammy.

“i confini nord…” pensò il ragazzo, che si era spiattellato contro il muro nello sciocco pensiero che così facendo se disgraziatamente si fossero affacciati alla finestra non lo avrebbero visto.

«e comunque se sa qualcosa non starà tanto, a cantare come un canarino».

Parole che strinsero lo stomaco di Kevin Mask in una morsa ghiacciata.

«il modo in cui ottenere da lui tutto quel che può dirci riguardo Hammy è a tua discrezione».

E se possibile quelle del marchese lo strinsero ancora di più. Sentiva il cuore battere all’impazzata: adesso era certo che se Warsman non fosse stato liberato immediatamente, non lo avrebbe più rivisto. Non avrebbe nemmeno avuto l’occasione di tirargli quei famosi diretti in piena faccia…e quello, alla fine, era il meno.

“non posso lasciarlo lì. Devo fare qualcosa subito!...d’accordo, agire alla luce del giorno è una pessima idea…ma stasera entrerò nel campo a nord della tenuta!” pensò Kevin, i cui viaggi mentali furono interrotti appena un istante dopo da un forte fischio.

«Mask!!! Ho le birre!»

«che cos-»

Kirika era tornata con le birre che gli doveva. Sentì il rumore della finestra che si chiudeva e, mentre prendeva le bottiglie dalle mani della demonessa, pensò ingenuamente “l’avete chiusa troppo tardi, stronzi”.

 

 

«quel little brat avrà sentito?»

«sentire, ha sentito. Bisogna solo sperare che, in quanto figlio di Robin, non confonda il nord con il sud».

L’americano si concesse una grassa risata alle parole del suo suocero nonché tuttora capo. «forse dovremmo piazzare delle insegne luminose lungo il cammino per stare più sicuri!»

«pfff…pessima idea, a quel punto forse perfino Kevin Mask arriverebbe a capire che andrà dove e da chi noi vogliamo che vada. Presumo che gli uomini siano stati già istruiti sul piano da seguire ed aspettino soltanto l’ordine di prepararsi».

«sissignore!...ehm. Si».

Magari tra una decina d’anni avrebbe imparato a non dire più “sissignore” e “nossignore” quando Howard gli faceva una domanda, ma in realtà non era poi così scontato!

«ottimo».

Michael agguantò quattro o cinque biscotti dal piccolo vassoio sopra il tavolino basso che stava tra il divanetto dov’era seduto, la poltrona singola sulla quale sedeva Howard e quella a destra. «speriamo che serva a qualcosa».

«se così non fosse e Warsman si rifiutasse di parlare gli tireremo fuori ciò che sa con metodi un po’meno civili e più invasivi. Come forse avremmo già dovuto fare».

Se non l’aveva ancora fatto era stato solo ed esclusivamente per il giudizio sfavorevole di Lionel, che lo aveva temporaneamente dissuaso. Stimava e teneva sia al rapporto che al parere di suo cugino, e gli sarebbe dispiaciuto ricevere da lui disapprovazione.

Ma ciò non toglieva che se il piano A non avesse funzionato, Lionel o non Lionel sarebbero passati ugualmente allo B.

Parlava bene, suo cugino…“è un umano come noi, ne ha passate tante”…ma intanto suo figlio era dai nonni in Croazia adesso, e non era a suo figlio a cui quel sudicio miserabile ronzava attorno, non era suo figlio ad essere finito in coma per colpa di quell’essere, né ad essere fuggito con lui quando era ancora convalescente, non era Sebastian ad essere disperso chissà dove insieme a Zachary -che per quanto potesse piacergli non risultava essere una compagnia molto adatta per lei, non in quel frangente-.

Lionel sapeva dov’era suo figlio, e sapeva anche come stava.

Lui invece non aveva idea delle condizioni della sua principessa, e se fosse stato un uomo meno controllato probabilmente avrebbe dato di matto, invece di essere quello che riportava gli altri con i piedi per terra e cercava ogni possibile appiglio per risolvere la cosa.

«e quanto a Kevin Mask, nel caso tutto non andasse come deve e lui si mettesse a dire che abbiamo imprigionato il gemello brutto di Freddy facendogli “oh cielo quante orribili orrende terrificanti atrocità”?»

«non sarebbe un problema. Ma al limite…Kevin Mask non ha legami con nessuno di qui, se non contiamo quello appena nato con Kirika, ma di quella ragazza non mi preoccupo minimamente. Ha sempre parteggiato per l’unione tua e di Emerald, di Warsman non potrebbe importarle di meno, e vuole bene ad Hammy. Non ci sarà nessuno disposto ad ascoltarlo, ma anche se fosse non gli lascerei tempo di convincere nessuno degli altri ragazzi» disse Howard tranquillo «da quel che mi raccontava Emerald, quel ragazzo non si perde un notiziario che sia uno. Basterà che una giornalista delle mie emittenti televisive si presti oggi stesso a registrare una puntata speciale del notiziario, che verrà mandata in onda domattina solo ed esclusivamente in ogni televisione di questa casa…»

«mi sa che mi sono perso. A che servirebbe?»

«servirebbe, se la giornalista parlasse di uno spaventoso incendio su Nettuno guarda caso avvenuto proprio nel posto dove Alisa Macintosh vive con Neptuneman. Impulsivo com’è il ragazzo andrebbe immediatamente sul pianeta, e una volta che sarà arrivato lì basterà prenotare sistematicamente tutti i posti di ogni volo in partenza da Nettuno per il tempo che ci serve a finire il lavoro. Una volta che tutto sarà fatto potrà pure dire quello che vuole. Nessuno troverà alcuna prova» disse «…oppure sai cosa? Potrei farla ancora più semplice. Una volta che Kevin sarà lassù chiamerò il Governatore del pianeta e lo convincerò a fare in modo di impedirgli di partire. Dovrebbe essere semplice per Egil».

«è un amico?»

«è un famoso avvocato norvegese, il padre di uno dei miei migliori allievi chojin. Quando sua moglie chiese il divorzio cadde in depressione e nel tentativo di trovare un po’di tranquillità si trasferì su Nettuno. Ma un uomo come quello non rimane a lungo con le mani in mano a compiangersi, e una volta ripresosi finì per entrare rapidamente nella vita politica del pianeta, facendo una rapidissima scalata fino al vertice anche -oserei dire soprattutto- grazie all’appoggio economico e non che chiese al sottoscritto; è in carica da circa sette anni, ma non ha dimenticato a chi deve il suo posto».

«ho capito…ma questo punto mi domando com’è possibile che non sapessi della presenza della moglie di Robin Mask sul pianeta, se sei in contatto col Governatore».

«Michael, dovresti sapere bene che in tutti questi anni c’erano cose molto più importanti da fare che mettermi in mezzo agli affari di Robin. Quindi a riguardo non ho chiesto nulla ad Egil» assunse un’aria pensierosa «e adesso che ci penso, il nonno materno di Lionel e quello paterno di Egil risultavano essere cugini di quinto o quarto grado da parte di madre. Quindi si può dire che sia di famiglia!»

“di famiglia il figlio del cugino alla lontana del nonno materno di suo cugino?...sempre se ho detto giusto…” perché nonostante fosse un uomo intelligente Michael aveva qualche difficoltà nel ricordarsi le parentele astruse. «a beh…magari prima o poi imparerò l’intero albero genealogico con discendenza di sangue ed acquisiti» disse, con l’intento di scherzare.

«questo è ovvio» replicò pacatamente l’altro «ma solo quando Emerald sarà tornata a casa, così ti darà una mano».

«eeh…io stavo solo scherzando».

«io no» Howard si alzò «e credo ci sia qualcosa che devi vedere. Seguimi».

L’americano, un po’perplesso, si alzò a sua volta ed andò dietro al marchese che a quanto sembrava stava camminando in direzione dell’ingresso principale dell’immensa villa.

«ti è mai capitato di dare un’occhiata all’albero genealogico completo della nostra famiglia?»

Eppure a Michael sentire certe cose continuava a suonare così strano…! Oltre che un grande onore naturalmente. «di sfuggita. Solo di sfuggita, e non in questi giorni».

«questo era piuttosto chiaro».

Arrivarono fino all’immenso atrio lussuoso e perfettamente illuminato. L’albero genealogico della famiglia -costituito da targhette in platino con i nomi incisi, poste su “rami” dipinti da maestri della pittura in modo così perfetto da sembrare veri- era accanto alla scalinata di destra, ed era…enorme. Proporzionato all’atrio. Non tanto  per la grandezza dell’opera in sé, ma per la quantità di persone menzionata; infatti c’erano tutti i Lancaster di discendenza diretta con relativi parenti ed affini, dal primo Lancaster a cui era stato dato il titolo di marchese fino ai giorni attuali.

«tutti i nomi e le parentele conosciuti» disse Howard. Ce n’erano di norvegesi, cinesi, indonesiani, croati, italiani, qualcuno africano…ovunque un Lancaster o un per-qualche-motivo-parente e/o affine dei Lancaster avesse messo su famiglia.

«questo nome mi è familiare…»

«è la moglie del Ministro della Difesa di Washington. La sua bisnonna era la sorella del cognato del…d’accordo, so che non vai molto d’accordo con i legami di parentela complicati. Ti basti sapere che lei e suo marito se possono non mancano mai al galà annuale e al mio compleanno...ma non era questo che volevo dirti».

Indicò con il bastone da passeggio una targhetta in particolare, quella di Hammy, vicino alla quale c’era…

«…!»

“Michael Connors”.

Nonché il resto dei suoi, Zeke incluso. Giustamente, se c’era il nome della tizia imparentata attraverso la bisnonna sorella del cognato di vattelapesca, perché non avrebbero dovuto esserci i Connors?

Eppure il soldato stentava a crederci. Tutto questo faceva sembrare la sua appartenenza a quella famiglia più concreta, quando invece si trattava solo di una targhetta in platino.

«perché sei sorpreso? Avresti dovuto aspettartelo. E personalmente penso sia una fortuna che qui ci sia il tuo nome, e quelli della tua famiglia, piuttosto che “Kevin Mask”…”Robin Mask”…cielo. Avrei dovuto mettere qui il nome del cretino che ha fatto esplodere un aereo con lui stesso sopra!»

«per qualche tempo avevo pensato che i rapporti fossero migliorati».

«mh. Resta sempre uno stolto».

Non avrebbe ammesso che le cose erano migliorate nemmeno sotto tortura.

«ok…ma comunque…è un onore per me essere stato messo qui. Che tutti noi siamo stati messi qui».

C’era qualcuno a cui invece quella cosa non piaceva per niente, e quella persona osservava la scena dalla cima della scalinata di sinistra.

“il nome di quel buzzurro stava bene da tutte le parti meno che lì” pensò Janice con un’espressione di completa disapprovazione. Vero, in famiglia si usava fare così quando si aggiungevano dei nuovi componenti, ma non significava che la cosa in questo caso specifico le andasse a genio. contrariamente a suo marito, lei avrebbe tanto voluto che lì ci fossero stati i nomi dei Mask!

Ad un certo punto si sentì picchettare sulla spalla. «m-ma che-»

«ssst!!!»

Era Gabrijela, che le stava facendo cenno di venire via con lei. Tutta quella segretezza era curiosa, praticamente da quando era lì erano sempre insieme, cosa c’era di strano stavolta?

Si infilarono nel primo salotto che trovarono, e Gabrijela chiuse rapidamente le due ante scorrevoli in legno massello della porta. «non possiamo lasciarlo lì».

Janice la guardò perplessa. «mi sa che non ti seguo».

L’altra sollevò un sopracciglio. «non dirmi che tuo marito non ti ha detto che Warsman è rinchiuso nel campo Alfa. Ai confini nord di questa tenuta».

Ovvio che glielo aveva detto, così come le aveva detto che avrebbe cercato di sapere di lui qualcosa riguardo Hammy, senza aggiungere altro.

«ah. Parlavi di lui».

«naravno! Ovviamente! A meno che in quel posto ci siano anche degli altri prigionieri oltre a lui, e allora tu possa avere qualche dubbio» disse la donna, osservando con le braccia incrociate e l’aria severa l’altra «Lionel mi ha detto dove si trova il posto, mi serve solo sapere il punto preciso dove lo tengono e poi…»

«aspetta. Ti sei per caso messa in testa di liberarlo?» Janice sgranò allibita gli occhi neri «non dirai sul serio!»

«stasera stessa. Quell’uomo ha già patito abbastanza, se non dirà quello che tuo marito vuole sapere sai benissimo che gli verrà tirato fuori a forza, e non sarà piacevole. E oltretutto dubito fortemente che lo lascerà andare, anche una volta ottenuto quel che vuole sapere, e sono sicura che tu sia consapevole di questo Janice! …ed io, essendone consapevole quanto te, non credo di poterlo permettere».

Janice le si avvicinò con un lieve fruscio dell’abito che indossava. «parli bene tu. Ma il tuo Sebastian è tornato a casa, Emerald no».

«lo so che volete fare tutto il possibile per ritrovarla, ma non è questo il modo. Lo sai che è sbagliato! Non farti condizionare da tuo marito» disse Gabrijela «se lo facciamo evadere, lo nascondiamo e lo aiutiamo a superare lo shock di qualunque cosa gli sia successa sono convinta che per riconoscenza ci dirà tutto quello che sa. In casi come questo la violenza e la costrizione servono a poco: si aiuta più volentieri qualcuno verso cui si è grati, piuttosto che qualcuno che si odia. E poi non merita di fare una brutta fine, non è una cattiva persona, in confronto quel ragazzino americano che si è portato via Emerald è molto molto peggio!»

No, non aveva una grande stima di Zachary. Diciamo che lo stimava più o meno quanto Janice stimava Michael.

«Gaby, infilarti da sola in una base piena di militari non è una grande idea né di giorno né tantomeno in tarda sera! Già a me pur non vedendoli quasi mai averne in giro qui non piace, perché…so che ci sono. Ma è una cosa che accetto perché è per la nostra sicurezza, e vigilano ai confini. Ma non mi andrei lì di notte nemmeno se mi pagassero. Molti sono ex mercenari come quello psicotico debosciato di Connors senior» si rifiutava sia di chiamarlo per nome che di accettare che adesso fosse “Michael Lancaster” «cosa credi che farebbero se trovassero un’intrusa donna nella base? Specie se bella come sei tu!»

«appunto, “se” mi trovassero, ma non è detto che lo facciano: se mi vestissi di scuro e fossi accorta nei movimenti non vedo perché dovrebbe andare male».

«è una follia! Non posso lasciartelo fare» stavolta fu Janice ad  incrociare le braccia e scuotere la testa con aria ostinata «non se ne parla! Tanto più per qualcuno che non ti è niente. L’abbiamo già aiutato più volte…»

«e lo abbiamo fatto perché in quei momenti era giusto farlo e lo è anche adesso. Janice io non ti chiedo di venire con me, ma solo di dirmi dov’è di preciso, se lo sai, o in alternativa lo cercherò da sola».

Niente da fare, Gabrijela era irremovibile. Janice leggeva chiaramente nei suoi occhi nocciola che era decisa a tentare quell’impresa completamente folle per liberare Warsman, e non c’era nulla che potesse farle cambiare idea.

Ma alla marchesa ripugnava lasciarla andare lì da sola considerati i rischi che correva, che non erano né pochi né poco gravi. Se le fosse successo qualcosa per colpa sua, perché l’aveva lasciata andare senza dire niente a nessuno, sapeva che non avrebbe mai potuto perdonarselo; era una donna dall’animo fin troppo buono, ed il rimorso l’avrebbe perseguitata a vita.

Solo che dire ad Howard di quel che aveva in mente Gabrijela probabilmente avrebbe davvero condannato Warsman ad una pessima fine.

E, si, Janice sapeva che non era giusto. E che aveva sofferto già molto senza meritarselo davvero. Si era anche resa conto che il discorso che Gabrijela aveva fatto sulla gratitudine e la riconoscenza si poteva davvero applicare a Warsman, così come si era resa conto da un pezzo che nonostante l’aspetto orribile non era un uomo malvagio. E, pur continuando a pensare che sarebbe stato meglio che le fosse stato lontano, anche che magari era un uomo migliore di quello che Emerald si era scelta come marito.

Per cui prese una decisione che esulava completamente sia dal suo modo di fare che di essere, e tutto per amicizia e un minimo di senso della giustizia.

«no, ascolta…io non ti ci lascio andare lì. Non da sola, io…» si morse il labbro e fece un sospiro nervoso «vengo con te».

Dopo averla osservata per qualche istante stupita Gabrijela fece con forza un cenno di diniego col capo. «non se ne parla! Volevo solo che mi dicessi quel che volevo sapere, non farti venire con me! tu non sei il tipo di donna da certe cose».

«perché, tu invece tendi ad intrufolarti in posti in cui è vietato l’accesso?»

«no, chiaro! Però io sono più…”d’azione”» era abituata a muoversi di soppiatto anche portandosi dietro dei carichi -vestiti e scarpe dai tacchi alti-; il risultato di quando prima di conoscere Lionel usciva di casa di notte -una casa con il pavimento in legno cigolante ed i mori sottilissimi- di nascosto per andare in discoteca e tornare verso le tre…pur essendo consapevole che il mattino seguente, a seconda se era un giorno in mezzo alle settimana o nel weekend, avrebbe dovuto alzarsi o alle sette e mezza o alle cinque, nel secondo caso «tu no! Tu sei una donna da club, shopping, tè e divanetti…»

Era la pura verità, così come era vero che le dispiaceva moltissimo fare qualcosa che Howard non avrebbe affatto approvato, ma pur sapendo tutto questo quel che aveva detto Gabrijela l’aveva un po’punta sul vivo. La sua intera famiglia all’occorrenza sapeva essere più “d’azione”. Perfino sua madre Verbena una volta, quando lei aveva circa otto anni, si era occupata personalmente di un ladro che era entrato nella villa, dapprima spaccandogli in testa un vaso e rivelando in seguito di dormire con uno schioppo sotto la sua metà del letto, col quale aveva tenuto sotto tiro il malcapitato fino a quando non era arrivata la polizia.

Per cui, pur non essendo per niente convinta e se il cervello le stava urlando che era una brutta, ma veramente brutta idea, disse con una voce che cercava di rendere meno incerta quello che seguì.

«se mi procuri un paio di pantaloni, una maglietta scura ed un berretto nero ti dimostrerò chi è qui la donna da divanetti!»

«non sai quello che dici».

«io non ti lascio andare da sola. O mi fai venire con te o dico tutto ad Howie».

“forse avrei fatto meglio a cercarlo da sola senza chiederle niente” pensò la donna croata. «Janice, lascia perdere».

«no!...i soldati conoscono molto meglio il mio viso rispetto a quanto conoscono il tuo, se per disgrazia dovessero trovarci magari sapendo chi sono potrebbe andare a finire…meglio» obiettò «vengo con te, è deciso».

 

 

:: qualche ora dopo, verso le undici di sera ::

 

 

La stanza che gli era stata assegnata era al primo piano. Veniva da sé che un balzo dalla finestra non avrebbe fatto assolutamente niente ad un chojin come lui.

Atterrò sul tappeto erboso facendo più rumore di quanto avrebbe voluto, motivo per cui si lasciò scappare un paio di imprecazioni fatte sottovoce, per poi correre verso il confine nord della tenuta. Non aveva idea di quanto tempo ci avrebbe messo, la tenuta era tanto grande che dalla villa non se ne vedeva la fine, e non sapeva neppure in quale punto preciso del confine nord si trovasse la base dove (quel traditore bugiardo di) Warsman era prigioniero. Inoltre c’era da tenere conto anche della presenza dei soldati di guardia in tutto il territorio, e si presumeva che attorno alla base fosse pieno di soldati come i “nidi” degli xenomorfi erano pieni delle loro uova.

Con un sospiro nervoso Kevin Mask cominciò a correre, avendo cura di fare delle brevissime soste di qualche secondo nascosto dietro a cespugli ed alberi, nella speranza di correre meno il rischio di essere visto. Vero, lui e gli altri ragazzi aveva il permesso di girare tranquillamente per la tenuta a qualsiasi ora. Ma che si sapesse verso i confini nord non c’era niente di interessante per quanto riguardava l’intrattenimento degli ospiti, e dunque se lo avessero visto da quelle parti la cosa sarebbe stata quantomeno sospetta.

«…e così quando l’ho vista le ho detto: “monta in macchina che poi ti smonto io”!»

Grasse risate.

«te l’ha dati quattro sganassoni?»

«ah! Ecco il vero motivo dell’occhio nero! Mayer, sei veramente un idiota».

Era un gruppo di soldati di pattuglia. Il ragazzo si nascose rapidamente dietro un cespuglio, aspettando che si allontanassero.

“non credo che mi abbiano visto, o sentito rumori…meglio così…”

In realtà si sbagliava. La sua presenza da quelle parti era stata notificata a quel gruppo di soldati appena Kevin aveva lasciato la sua stanza ed era corso in quella direzione, perché su uno degli alberi davanti alla finestra della sua stanza -così come nel corridoio davanti alla porta- era stata messa una microcamera che trasmetteva le immagini a chi di dovere.

Rassicurato Kevin stava per rialzarsi e rimettersi in moto, quando…

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah!!!»

Quella -demoniaca- risata dietro di lui lo fece sobbalzare violentemente ed emettere un urlo piuttosto acuto, breve solo perché riuscì a rendersi conto della stupidaggine appena fatta e si impose di chiudere la bocca mentre quella lì rideva ancora della grossa.

«Mask! girati, fai vedere se ti sei pisciato addosso dalla paura!»

L’inglese si voltò con un ringhio. «Kirika, che cazzo ci fai qui?!»

«volevo starmene in pace senza sentire le lagne che fa la rossa per via di Zachary, e quando sono uscita ti ho visto correre in questa direzione, e non ho resistito. E comunque anche io ho tutto il diritto di domandarti che cazzo ci fai qui».

Le avrebbe spaccato il naso molto volentieri, ma non aveva tempo da perdere con sciocchezze simili. «sono affari miei! Tornatene in villa».

«no sul serio, che cavolo combini? Non c’è una cicca verso nord. Ci sono solo i soldati…aspetta, avrai mica cambiato sponda?!»

Kevin arrossì violentemente sotto la maschera. «ma che diavolo vai dicendo?! Non sono gay!!! Va bene?!»

«ma allora se non stai andando lassù per farti stuprare da un gruppo di soldati che cavolo ci vai a fare?»

«ti ho detto che sono affari miei. Vattene via, e guai a te se dici a qualcuno che…»

«…hai cambiato sponda».

«non ho cambiato sponda, per la miseria!!!» sibilò il ragazzo. Lei fece schioccare la lingua contro il palato.

«le cose sono due Mask…o mi dici cosa vai a fare di preciso, o quando me ne torno in villa racconterò agli altri la mia teoria!»

Spaccarle il naso…buttarle giù i denti così da farglieli venire a scacchi…torcerle direttamente il collo…eh si, Kevin aveva un mucchio di fantasie tanto carine. Ma non poteva permettere che Kirika lo sputtanasse in quel modo, e forse non era un male che qualcun altro oltre a lui venisse a conoscenza di quel che stava capitando lassù al campo Alfa.

«e va bene…maledetta impicciona!» sbottò «sto andando al campo Alfa…una base piena di soldati di Lancaster, lassù al confine nord».

«ah!» sogghignò lei «nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah e poi vienimi a dire che la mia ipotesi era sbagliata!»

«lo è, razza di idiota! Fammi finire di spiegare!...ho sentito Howard Lancaster dire a quell’altro bastardo-»

«ehi! Howard è un grande, e considerando che ti sta tenendo in casa ci andrei piano con le parole!»

«…che hanno preso Warsman, e che lo stanno tenendo lassù, e che se non dirà loro quel che vogliono sapere su Emerald glielo caveranno fuori in non si sa quale modo per poi fargli fare chissà quale fine, ed anche se è un traditore bastardo bugiardo da qui a meritarsi di morire ce ne corre! Quindi voglio andare lassù per liberarlo, e per farmi dire qualcosa su Emerald e Zachary, e dove possono essere finiti…se ne ha qualche idea. Ed anche per dargli un paio di diretti in faccia».

«ah, ho capito. Ce l’hai con lui perché le ha ronzato troppo intorno. In effetti anche io l’ho sempre trovato strano, e da quando sono fuggiti insieme così boh!...mi è venuta l’idea che potessero avere un rapporto più stretto di quel che pareva. La Lancaster con quel vecchiaccio! Cristo, sarebbe come farsi Robbie! Che schifo!»

«piano un po’! Quello è mio padre, e per piacere non parlarmi di fartelo perché finisco a vomitare anche l’anima. E poi…tsk! Quello lì» ossia Warsman «ha fatto qualcosa di più che ronzarle intorno, c’è stato in vacanza due mesi e mezzo e secondo me c’è pure andato a letto!» alla faccia che Kirika doveva farsi i fatti suoi, ma era da un pezzo che sentiva il bisogno di sfogarsi con qualcuno «ed anche se non stavamo insieme lo sapeva benissimo che ero innamorato di lei! Lei era mia!!! l’unica cosa che doveva fare era levarsi di torno, e invece no, anche quando ci siamo messi insieme lui ha accettato di buon grado di vivere nella vecchia casa di Emerald, ed era sempre a rompere le palle da noi! Ed io mi dicevo che dopotutto era solo, e mi ero affezionato a lui, e che era giusto che almeno noi gli stessimo vicini…al diavolo!!! Lui ed Emerald, vicini, ci sono stati pure troppo!»

Se Howard avesse captato la conversazione chissà, avrebbe pure potuto sparare direttamente a quel povero russo, ma per fortuna non andò così.

«mi sa che quando rivedremo la Lancaster dovrò farle qualche domanda» commentò Kirika, alzandosi «su, andiamo».

«eh?»

«dici che volevi andare al campo?»

«si ma-»

«e allora muovi quel bel sedere scolpito e andiamo».

«tu no!!!»

«o mi porti con te o torno alla villa e faccio saltare il tuo bel progettino».

«questo è uno sporco ricatto!»

«chiamalo come ti pare, se riguarda Emerald vengo anche io, non me ne frega niente se vuoi o non vuoi. Che, pensi di essere il solo che vuole ritrovarla? No! Pure io voglio ritrovarla! Quindi vengo con te».

Per lei era una sottospecie di candidata a migliore amica che avesse avuto fino a quel momento, il che pensato da lei era un gran complimento, quindi era chiaro che non si sarebbe lasciata sfuggire l’occasione di fare qualcosa di concreto.

E Kevin Mask con un borbottio incomprensibile alla fine non poté che lasciare che lo seguisse.

 

 

:: interno del campo Alfa, circa dieci minuti dopo ::

 

 

«…non sono abituata ai pantaloni…lo sapevo che avrei dovuto mettere una gonna. Ma nera ho solo quella per i funerali e mi sembrava di pessimo auspicio…»

«concentrati. La strada per il pannello di controllo, Janice. Abbiamo dato un’occhiata alle planimetrie che erano sopra le misure antincendio, ma questo posto è un mezzo labirinto. Kvragu! Siamo riuscite a perderci!»

Per chi non era un “addetto ai lavori” infatti la planimetria del campo Alfa risultava essere piuttosto complessa: due piani sottoterra e tre sopra, collegati tra loro con un complicato sistema di corridoi, scale, ascensori che scendevano o salivano solo fino ad un certo punto e quant’altro. Tutto per ragioni di sicurezza. Ma non era cosa nuova che i novellini si perdessero lì dentro, nonostante venisse fornita loro la mappa completa, la prima volta perfino Michael aveva avuto qualche difficoltà a trovare la strada; e nonostante le due donne non fossero stupide, nemmeno loro avevano fatto eccezione.

Se non altro essendosi rese conto di quanto quel posto fosse labirintico avevano avuto l’idea di fare un segnetto sulle pareti così che se avessero girato in tondo lo avrebbero capito.

Attualmente si trovavano ancora all’inizio del piano terra; per trovare Warsman avrebbero dovuto scendere al -2

«c’era mio padre che diceva “se ti perdi cammina dritto davanti a te, prima o poi sbucherai in un posto che conosci”» disse Janice, che non poté fare a meno di osservare il proprio riflesso su un vetro «ma mi sa che in questo caso non vale».

Pantaloni neri.

Maglietta nera.

Passamontagna nero.

Uno zaino con dentro attrezzi da scasso comprati quel pomeriggio assieme a Gabrijela, e che non sapeva nemmeno usare.

«quando torniamo in villa devi dire a tuo marito di far costruire basi che sembrino più basi e meno il labirinto del Minotauro!»

«se l’ha fatta fare così ci dev’essere un motivo, ti pare? Gaby!...c’è un’altra planimetria!»

«oh, almeno potremo capire dove ci troviamo. Allora…per la sala di controllo dobbiamo progesuire dritte, poi prendere il terzo corridoio a sinistra, salire la rampa di scale a destra che porti al primo piano, poi tornare indietro ed entrare nella quarta sala a sinistra…»

«vi chiedevate dove vi trovate, belle signore? in un mare di guai!»

Entrambe sobbalzarono con gli occhi sgranati vedendo una coppia di soldati avvicinarsi a loro. Erano stati avvertiti che a breve sarebbe arrivato Kevin Mask, ma due ladre erano impreviste.

«non osate avvicinarvi!» li avvisò Gabrijela. Janice aveva fatto qualche passo indietro finendo ad attaccarsi al muro.

«dai dai…se fate le brave e venite con noi magari vi lasciamo andare, dopo» sogghignò uno di essi, avvicinandosi a loro insieme all’altro.

Troppo.

«scordatelo» sibilò Gabrijela.

«andiamo via di qui…andiamo via, è stata una bruttissima idea…» mormorò Janice.

«d’accordo, se non lo fate spontaneamente vi convinceremo con la forza!»

Gabrijela avrebbe voluto tirare fuori la pistola dallo zaino ma non ne aveva il tempo, quello le era quasi addosso, e la prima cosa che le venne in mente fu dunque tirare al soldato un micidiale calcio ai testicoli tanto forte da farlo piegare in due. «prendi questo, razza di animal-ah!!!»

«maledetta cagna, adesso ti sistemo io!» le ringhiò l’altro soldato sbattendola contro la parete, mentre il suo compagno era ancora piegato dal dolore «ti-»

BONK!

Il soldato si afflosciò a terra con un grugnito.

Janice teneva ancora tra le mani l’estintore.

«oddio!!!...ho fatto svenire un uomo!!!» strillò.

Ma tanto che c’era colpì alla testa anche il soldato che si stava rialzando!

«oddio oddio. Oddio oddio».

«Janice, calmati!...ai prossimi ci penso io» disse Gabrijela tirando fuori la pistola «da adesso viaggerò con questa in mano. E comunque ti ringrazio…non sei solo una donna da divanetti, dopotutto!»

“si, ma adesso non vedo l’ora di tornare a sedermici sopra. È una follia! Come fa Howie a vivere quasi costantemente situazioni come questa?! Io non ce la farei. Eh no!”

«si…ma questa è la prima ed ultima volta che faccio una cosa del genere. Sisi! La prima e l’ultima!» esclamò la donna.

E fu a quel punto che le luci si spensero, lasciandole al buio completo per pochi istanti.

«ma che succede?!»

«sembrerebbe un blackout…ma le luci di emergenza dovrebbero…oh, appunto» Gabrijela fece un sospiro di sollievo quando queste si accesero «ottimo. I generatori dovrebbero tenere in vita solo le cose essenziali. Il che non è detto comprenda le telecamere, e se così fosse potremmo viaggiare più tranquille».

«forse anche la cella si è aperta».

«ma forse no. Io direi di andare al pannello di controllo lo stesso…spero di non dover usare la pistola…beh, se non si accorgono di noi potremmo semplicemente tramortirli con i piedi di porco più grandi che abbiamo comprato».

«dovremo ancora picchiare delle persone?» a parte quando si arrabbiava col marito e finiva per tirargli qualche libro, la violenza andava contro la sua natura sempre e comunque.

«Janice, non so come dirtelo ma o li picchiamo prima noi o tenteranno di fare quel che quel soldato ha tentato di fare a me» si doveva riconoscere alla signora Lancaster II che aveva i nervi piuttosto saldi, considerando che se l’era vista brutta e a momenti non aveva battuto ciglio. Probabilmente perché se lo aspettava e basta «ed anche se in seguito sicuramente tuo marito agirebbe di conseguenza, avremmo comunque subito una violenza. E sarebbe irreparabile».

«è vero» ammise Janice, seguendo l’altra donna lungo la strada che portava alla sala controlli «però sai una cosa, trovo molto strano sia che ci sia stato un blackout che il fatto che…insomma, a parte quei due soldati i corridoi sono praticamente deserti, e non c’è nessuno che sembra adoperarsi per risolvere il problema».

«hai perfettamente ragione, è alquanto strano. Le cose sono due, o Howard dovrebbe cambiare il personale di servizio o c’è qualche altro motivo per cui la situazione attuale è questa qui. Dal pannello di controllo magari capiremo qualcosa in più».

Le due continuarono a procedere attentamente fino ad arrivare a destinazione, trovando nella sala controlli soltanto altri due soldati che giocavano a carte, con tutti i monitor spenti, e giusto qualche lucina verde e rossa accesa sulla pulsantiera.

Il motivo era semplice, quella sera il loro unico compito era dislocare le immagini dei monitor su un grande schermo televisivo in uno degli uffici che Howard aveva nella villa dopo aver spento tutto quel che era possibile spegnere fingendo un blackout, nel momento in cui Kevin Mask -ed anche l’imprevista Kirika- fossero arrivati davanti alla prigione di Warsman. E le uniche telecamere accese erano quelle posizionate lungo le strade per arrivare e/o andarsene di lì.

Avrebbero riattivato tutto, o comunque altri soldati si sarebbero recati sul posto, solo ed esclusivamente nel momento in cui avrebbero ricevuto ordini precisi. Tanto ogni uomo aveva un auricolare…

Le due donne si guardarono. Entrare nella sala controllo non sarebbe stato d’aiuto in quel caso, e non capivano il senso di tutto questo. Per cui si limitarono ad osservare una planimetria a pochi metri da quella stanza per poi dirigersi verso l’ascensore che teoricamente avrebbe dovuto portarle al piano -1, da lì percorrere due corridoi, scendere una rampa di scale, e trovare un altro ascensore che le avrebbe finalmente portate a destinazione.

Ma ora vi domanderete: “cosa si staranno dicendo Kevin Mask, Warsman, e Kirika che in realtà poco c’entra…?”

 

 

«eccolo è qui!»

«Warsman!»

«…Kevin…?»

Il russo si aggrappò alla parete fatta di uno strano materiale trasparente, simile al vetro ma durissimo, incredulo di quel che stava vedendo.

Non poteva credere che il suo pupillo fosse lì, che fosse venuto lì per cercare di salvarlo.

E si, aveva parlato, e non sembrava neppure catatonico. Prova evidente del fatto che Gabrijela si era sbagliata in pieno a pensare che fosse sotto shock, almeno per Howard che stava guardando la scena.

In realtà la verità stava nel mezzo: appena ripresosi si era trovato veramente in quello stato. In fin dei conti quel che aveva subito non era una cosuccia da nulla: era stato violato più profondamente di quanto chiunque gli avesse mai fatto, i suoi ricordi erano stati danneggiati, e se fosse stato un uomo meno forte si sarebbe trovato la psiche distrutta.

Ma non era andata così. La paura, la rabbia ed il dolore erano rimasti, ma i ricordi stavano tornando a posto, ed era riuscito a farsi coraggio sufficiente da superare anche quell’ultimo affronto, elaborando un piano azzardato fingendosi catatonico per guadagnare tempo, e cercare di uscire di lì prima che decidessero di farlo sparire.

Aveva avuto la forza perfino di continuare con quella messinscena davanti al capofamiglia Lancaster venuto ad interrogarlo di persona, sentendosi diviso tra il sangue che gli ribolliva delle vene dalla gran voglia che aveva di piantargli gli artigli nel cranio ed una paura che tuttora continuava a provare nei confronti di quell’uomo, se uomo lo si voleva chiamare e non “demone infernale”.

«tu eri preoccupato, ma non mi pare messo tanto male».

Ecco, quella lì non era prevista nemmeno minimamente. Era un’amica di Emerald, ma non aveva mai avuto rapporti con Kevin e tantomeno con lui stesso, quindi c’era da domandarsi cosa ci facesse lì.

«mpf…e sta’zitta!» sbuffò Kevin «Warsman, stai bene?!»

«si…sono rinchiuso ma si può dire che stia bene. Kevin, che ci fai qui?! finirai in un guaio immenso se-»

«o senti» si intromise Kirika spintonando bruscamente Kevin più in là « se sai qualcosa di dove stanno la Lancaster e Connors Due  diccela, che ti tiriamo fuori di qui. Mi pare semplice, anche per uno che a detta di Hammy non è poi tanto sveglio».

«quale parte di “zitta” non hai capito?!» sbottò l’inglese.

E quanto a Warsman, aveva appena capito il motivo per cui Emerald e quella ragazza sembravano andare d’accordo: erano due stronze tali e quali.

Solo che Emerald era più carina.

Ma per snervante che fosse la cosa al momento lì per liberarlo c’erano lei e Kevin; una situazione in cui o si beve o si affoga, e lui non aveva la minima intenzione di affogare.

E poi…

«se so dove sono?» fece una glaciale risatina semi isterica che fece quasi rabbrividire Kevin «si! Lo so proprio grazie a quel mostro sbiancato. Ha fatto un grosso errore, signori miei, si! Un grosso errore, ad usare il proprio computer per entrarmi in testa!» un’altra di quelle risatine da fare accapponare la pelle «e soprattutto a non disconnetterlo come avrebbe dovuto! Perché adesso ogni volta che lo accende io lo sento! Oh si! Il mio cervello riesce a triangolare il segnale di quel computer allo stesso modo in cui si può triangolare quello di un cellulare!...e quel mostro il computer lo accende spesso, molto spesso. Lo ha acceso anche adesso».

Kevin ci mise qualche istante ad assorbire le informazioni, in primis quella che Zachary gli aveva fatto qualcosa di orribile entrandogli in testa. Sapeva che Warsman aveva un cervello computer, ma dal suo punto di vista restava un -bastardo bugiardo traditore- umano, il che rendeva assolutamente barbarico quel che Zeke gli aveva fatto. «ti è entrato…?»

«liberatemi e vi aiuto a trovare Emerald. Prima la portiamo via da Zachary Connors e meglio sarà, non si sa mai quel che può combinare uno psicopatico» tagliò corto Warsman «tiratemi fuori di qui adesso, prima che il blackout passi!»

«…lasciando perdere il fatto che tu pur di farti tirare fuori di qui diresti anche che è venuto giù Cristo in persona a dirti dove sono» disse Kirika, ottenendo dal russo un’occhiata assassina.

«non devo stare a convincere te che è la verità. Anzi, fai una cosa fatta bene e tornatene in villa, ragazzina».

Kirika si zittì per pochi istanti.

«ok, non sappiamo quando finirà il blackout, quindi tiriamolo fuori di lì e-»

…e fu in quel momento che videro arrivare Janice e Gabrijela.

 

 

:: ora ::

 

 

«cosa…cosa ci fate anche voi qui?» allibì Warsman «è pericoloso!»

«magari lo è per le donne da divanetti» ribatté Gabrijela, scambiando un’occhiata d’intesa con Janice. Entrambe si erano tolte il passamontagna nel momento in cui avevano visto i ragazzi.

«ha ragione, questo posto è pieno di militari, insomma…»

«mi sa che siamo qui per lo stesso motivo per cui ci siete voi» disse Janice «ehm…qualcuno sa come si usano questi?» chiese loro la donna, aprendo lo zainetto pieno di attrezzi da scasso «li abbiamo comprati oggi, non avevamo tempo di fare pratica…»

Oh, se solo avessero potuto vedere le facce di Connors e soprattutto di Howard in quel momento, nel vedere Janice -Janice!!!- con quei vestiti e gli attrezzi da scasso!

Entrambi gli uomini osservavano la scena quasi attoniti.

«se me l’avessero detto non ci avrei creduto. Attrezzi da scasso! Ma come le è venuto in mente di fare una simile sciocchezza?!»

“anche se vestita da ladra è sexy”.

«mi sa che c’entra l’altra signora Lancaster».

«sono della stessa idea. A questo punto darò l’ordine di fingere un altro blackout ancora più grave, così che pensino che la cella si apra per quel motivo» disse il marchese «purtroppo non ha detto dove si trovano Emerald e Zachary di preciso…»

“e a Freddy è andata bene che siamo arrivati io e i ragazzi, se mio fratello gli è entrato in testa come ha detto. Avevo immaginato qualcosa di simile. Era da un pezzo che Zachary voleva metterci le mani sopra” pensò Michael. «aspetta…aprire la cella?»

«ha un chip segnalatore che peraltro tu stesso gli hai messo nel corpo. Lo useremo per ritrovare i ragazzi per poi liberarcene in seguito. E a questo punto è bene lasciar perdere l’inseguimento e lasciare che escano dalla base senza troppi intoppi; bisogna dire ai soldati di passare loro vicino facendo finta di non vedere nessuno, così che pensino di essere bravi a nascondersi. Janice….! Ma che ti è saltato in testa? E voglio proprio vedere cosa si inventerà stasera».

Nel frattempo davanti alla cella di Warsman c’erano tre donne ed un ragazzo che tentavano di rompere la serratura con un piede di porco.

Il falso blackout che aprì la cella ci fu pochi istanti dopo.

«un altro blackout?!»

«meglio così! presto, presto!» Gabrijela fece uscire il prigioniero dalla cella «per di qua!»

Iniziarono a correre lungo il corridoio.

«adesso che intendete fare?» chiese loro Janice, mentre correva.

«andiamo a cercare Emerald. Warsman sente la posizione del computer di Zachary, e dunque quella di Zachary stesso».

«per qualunque necessità economica chiedete a noi».

«vado anche io con loro!» esclamò Kirika.

«no, tu no!!!» protestò Warsman.

«e allora dico tutto ad Howard».

«lascia perdere Warsman, è una causa persa, e una chojin in più fa comodo» sospirò Kevin.

Come da ordini, il gruppo uscì dal campo senza particolari intoppi. Gabrijela su richiesta di Kevin chiamò un taxi, e quando arrivarono al cancello era già lì pronto per portarli ovunque loro avessero voluto essere portati.

«bene. Qui ci salutiamo».

«aspettate. Io…vi ringrazio» disse il russo con uno sguardo pieno di gratitudine «tutti quanti. Vi ringrazio per avermi aiutato e-»

Decisamente non si aspettava il diretto che gli investì il volto facendolo sbattere contro il taxi.

«iih!»

«ma cosa-»

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah che botta!!!»

Warsman si rimise lentamente in piedi. «K-Kevin…perché?»

L’altro lo guardò gelido.

«lo sai benissimo il perché. Era mia, allora».

Warsman capì e salì in macchina senza replicare. Sarebbe stato un luuuuuuungo viaggio…

 

 

:: dieci minuti dopo ::

 

 

«…ed ecco tutto, abbiamo finito per rientrare tardi».

«tu e Gabrijela avete passato una serata molto tranquilla, insomma».

“Janice, tu e le bugie non andate proprio d’accordo” pensò Howard, facendo un sospiro “se anche non sapessi per certo che non sei stata al club non ci vorrebbe la scienza per capire che hai fatto tutt’altro”.

Il che comunque era consolante. Che sua moglie non fosse in grado di mentirgli senza farsi scoprire subito.

«eh si si! molto tranquilla! tranquillissima! Mai avuta serata più tranquil…si, hai capito, giusto?»

Howard era nel salottino adiacente la loro stanza, con la sua bella vestaglia color crema in mano ed un bicchiere di vino bianco frizzante. «certamente».

«quindi…vieni a letto adesso?»

«arrivo tra un po’. Anyway, credo proprio di doverti dire una cosa».

«dimmi».

Il marchese bevve un lungo sorso di vino. «con quei pantaloni neri attillatissimi eri incredibilmente sexy».

Ed ecco che anche Janice fece la sua faccia da primo piano assoluto nel rendersi conto di non averla fatta franca.

«t-tu…tu lo sapevi».

«ovvio. Cosa credevi? Hai dimenticato chi sono io? Pessimo errore, Jannie. Pessimo errore» posò il bicchiere «ti rendi conto dei rischi che tu e Gabrijela avete corso?! Vi siete messe in mezzo in qualcosa che era stato programmato nei dettagli fin dall’inizio!»

La donna non sapeva dove guardare. «sei arrabbiato con me?...»

«si, ma perché avrebbe potuto succederti qualcosa di male! Avresti potuto essere…no, non riesco nemmeno a pensarci» si alzò di scatto, le si avvicinò e la strinse a sé «Janice, che ti è saltato in testa?! eh?! Non pensi a come sarei stato, se ti fosse capitato qualcosa? Non ci hai pensato nemmeno per un secondo? Non hai pensato che io non avessi bisogno di stare in ansia anche per te, quando lo sono già abbastanza per nostra figlia?!» si staccò da lei, guardandola dritta in viso «non farlo mai più. Mi hai capito? una cosa del genere…mai più!»

Janice annuì rapidamente, andando esitante a baciarlo, sentendosi terribilmente in colpa per averlo fatto preoccupare così.

L’uomo le accarezzò piano i capelli. «ho una moglie criminale».

«come sarebbe?»

«accesso non autorizzato in un luogo non di tua competenza».

«sono una criminale?»

«si!» la strinse a sé di nuovo «riguardo il piano ti spiegherò i dettagli dopo, a questo punto…»

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Capitolo 13
*** The Unexpected Guest ***


«Kevin e Kirika sono andati dove…?!»

«sono partiti. Credo che abbiano deciso di andare a cercare Emerald a loro volta» disse tranquillo Mr. Lancaster sorseggiando del  cognac dal suo bicchiere «non trovo nulla di male in questo, anche se ti capirei se pensassi che Kirika poteva quantomeno avvertirvi, Fiona».

Il gruppo di donne chojin rimaste era andato al gran completo dal padrone di casa a chiedere se avesse qualche notizia della loro amica che sembrava scomparsa all’improvviso dalla notte prima.

«è assurdo, Kirika e Kevin non hanno mai avuto alcun tipo di rapporto, che senso ha che siano partiti insieme all’improvviso?»

«buona domanda, me lo sono chiesto anche io ieri sera. Vi vedo dubbiose…non mi credete? Potete chiedere tranquillamente a mia moglie» disse il marchese vedendo perplessità con una punta di sospetto sui volti di alcune ragazze «immagino sappiate tutte che Janice non è in grado di mentire».

Nonostante la gentilezza di Howard nei loro confronti, le ragazze non avevano ancora dimenticato -né probabilmente l’avrebbero mai fatto- quel che era successo tempo prima in mondovisione, anche se aveva comprato quell’attico splendido a Shibuya per il gruppo, anche se ormai era più di un mese che stava ospitando praticamente l’intera nuova generazione della Muscle League senza chiedere niente in cambio a nessuno di loro, anche se era il padre della “loro” Hammy; non potevano fare a meno di chiedersi “e se si fosse liberato di Kevin perché per qualche motivo gli era diventato ‘scomodo’, magari servendosi di una connivente Kirika che conoscendola non avrebbe esitato troppo a dargli corda”?

«se glielo chiedete vi confermerà che al momento Kevin e Kirika» evitò accuratamente di nominare Warsman, non si doveva assolutamente sapere che era stato recuperato, imprigionato e lasciato evadere dopo avergli impiantato un chip sottocute come si faceva con i cani «si trovano su un aereo diretto, da quel che so, in Italia».

Così Kevin aveva detto a Janice la sera prima, che era stata lesta a riferirglielo dopo che lui le aveva spiegato che Warsman era stato lasciato evadere perché era in grado di rintracciare Zachary -e quindi Hammy- e a loro volta grazie al chip erano in grado di rintracciare lui. A Kevin, come le aveva detto di fare Howard, Janice aveva chiesto di chiamarla al primo contatto visivo con Emerald e Zeke…così facendo una volta che Michael da sua richiesta fosse arrivato laggiù, lui e i soldati di stanza sul posto -inutile dire che avesse delle basi in ogni Stato in cui aveva qualche affare in ballo, e in Italia di affari (loschi) ne aveva parecchi- li avrebbero presi in custodia e riportati dove avrebbero sempre dovuto restare: lì a Londra, nella sua tenuta.

Quanto a Warsman, tutto sommato aveva pensato che l’idea riguardante Nettuno non fosse malvagia. Solo che una volta spedito lassù Egil avrebbe dovuto trattenere lui, invece di Kevin Mask.

Era un luogo bucolico ed apparentemente tranquillo, eppure quel pianeta era l’ideale per far scomparire qualcuno. I pochi mezzi di comunicazione abbastanza avanzati da essere in tempo reale o quasi erano di proprietà esclusiva del Governatore e pochi dei suoi collaboratori più stretti, il che di solito rendeva difficile per gli esterni venire a sapere cosa succedeva o non succedeva lassù.

«in Italia?» allibì Roxanne.

«immagino sappiate che diversi nostri parenti si trovano lì. Forse Hammy ha cercato rifugio da loro».

«forse, ma io mi domando un’altra cosa: Sebastian è tornato qui. Emerald e Zachary al momento sono insieme…» si intromise Jacqueline.

«esatto, è riuscito a sfuggirci portandola via con sé. Ma d’altra parte Zachary è di famiglia, e l’unica cosa che non capisco è il motivo per cui abbia voluto continuare a comportarsi come un fuggitivo» disse il marchese.

«…chi manca però è Warsman. Lui che fine ha fatto? Emerald era scappata con lui, mi sembra strano che non sappiate niente di-»

«ammetto di non avere idea di dove sia, né delle sue condizioni. Quando Michael ha rintracciato Sebastian e Zachary, Emerald era già con quest’ultimo» e almeno questa era la pura verità «non so che fine possa aver fatto Warsman, Jacqueline. Magari Zachary l’ha ucciso per vendicarsi di ciò che quel robot ha fatto al suo amato cappello».

Falso ma plausibile, per quanto ne sapevano le ragazze.

«fosse così ad Hammy non piacerebbe, guai a toccarle Warsman» commentò Crea «anche se è comprensibile visto che l’ha salvata da una violenza».

«già. Lui ha pagato il suo debito, e mia figlia non è un’ingrata» concluse Howard «non c’è nulla di strano. Ad ogni modo, auguriamoci di riuscire a riportarla finalmente a casa. Nelle sue condizioni…Hammy è stata in coma per giorni, non può essersi già ripresa completamente nonostante la sua tempra…»

«la capiamo. Siamo in pensiero anche noi, solo che ecco, partire così alla cieca…insomma, potrebbe rivelarsi inutile…ma non significa che ci preoccupiamo di meno, ecco» disse Fiona.

«non preoccuparti, questo lo avevo capito, e non siete tenute a fare niente. Però sarei felice se decideste di rimanere ancora qui. Il discorso di circondare Hammy di persone amiche è ancora valido…sia per voi che per Mr. Meat che sta ascoltando i nostri discorsi da quando siete entrate» aggiunse a sorpresa «dovrebbe stare più attento al mantello, per un attimo si è intravisto l’orlo» continuò, mentre Meat entrava «e per il futuro sappia che qualsiasi cosa le serva o voglia sapere può chiedermela tranquillamente senza bisogno di indiscrezioni di sorta» concluse, con fredda cortesia. Non gli era piaciuta l’intrusione di Meat in quel frangente, per il semplice fatto che da quel che poteva ricordare nella Muscle League era l’unico con un cervello degno di nota. A dirla tutta era considerato un genio. Per di più era già nel suo “radar” da quando Emerald gli aveva rivelato che per bocca sua Meat sapeva parecchie cose riguardo il patto tra lui e Robin, avendo capito da solo che c’era qualcosa che non andava.

«me ne ricorderò…a patto di venire a sapere le cose come stanno, se le chiederò direttamente».

Lo sguardo del marchese divenne quasi felino. Era come se una pantera osservasse una bella polpettina di carne alta un metro.

«certamente. Quelle che le competono».

L’atmosfera era cambiata in pochi istanti, e le chojin farfugliarono dei saluti prima di andarsene rapidamente. Dubitavano seriamente che Howard avrebbe fatto del male fisico a Meat, e possibilmente non volevano mettersi in mezzo a qualche magagna che non le riguardava. Erano ragazze coraggiose, ma quello era un uomo potente che tra le altre cose aveva una specie di esercito.

Meat però era di tutt’altra pasta…e stranamente sapeva delle cose che di cui Howard invece non era a conoscenza. Come la faccenda della vacanza di Emerald e Warsman, per esempio.

«chiaro. Ma se mi permette la considerazione questa partenza di Kevin e Kirika mi sembra strana, così come mi sembra strano che non abbia notizie di Warsman».

Howard bevve un altro sorso di cognac. «strano ma vero, signor Meat; so molte cose, ma non sono onnisciente. Vuole da bere?»

«no grazie, sono astemio».

«non sa cosa si perde! …concludendo, non ho ulteriori informazioni a parte quelle che ha già carpito origliando beatamente la mia conversazione con le ragazze. Per cui, a meno che non sia lei ad avere qualche informazione da darmi…e probabilmente ne ha…»

Meat sapeva che il suo interlocutore non possedeva poteri psichici di sorta, eppure si sentiva come se quegli occhi smeraldini gli stessero trapassando il cervello, analizzando, scandagliando, frugando, in cerca di-

«disturbo?»

Il momento venne bruscamente interrotto da un lieve bussare seguito da una voce femminile a Meat sconosciuta, ma l’espressione di Howard cambiò drasticamente quando questi si alzò smettendo di degnare Meat di ogni considerazione.

Al piccolo Kinniku venne spontaneo voltarsi, e non riuscì a reprimere un brivido. Aveva già visto quella donna dai capelli neri sfumati di azzurro al matrimonio di Emerald, e gli era bastato; per bella che fosse, aveva sperato di non vederla mai più. Se lo sguardo del marchese a volte faceva paura, gli occhi acquamarina di quella donna che arrivava ampiamente al metro e novanta di altezza di paura ne facevano sempre e comunque.

«figurati! Sei in perfetto orario. C’è stato solo un piccolo contrattempo».

La donna spostò lo sguardo su Meat e sorrise, facendogli se possibile ancor più paura.

«ah! Piccolo davvero».

«possiamo riprendere la nostra chiacchierata in seguito, Mr. Meat» concluse Howard congedandolo e congedandosi a sua volta in compagnia di quella donna. C’era da chiedersi chi fosse, pensò Meat. Che Howard Lancaster avesse un’amante…? Ipotesi scandalosa, ma il piccolo kinniku non riusciva a crederci del tutto; quella lì non gli sembrava il tipo che avrebbe mai potuto fare la parte dell’amante. Fu tentato di seguire entrambi per sentire di cosa avrebbero parlato, ma l’idea di ripetere la scena di prima non gli andava affatto a genio, per cui lasciò perdere a malincuore.

Howard non gliela raccontava giusta. Per niente. Nessuno gli avrebbe mai tolto dalla testa che c’erano delle cose che non andavano. Fare troppe domande però poteva rivelarsi pericoloso, ed in quel caso specifico avrebbe potuto anche significare condannare a morte o ad un perpetuo esilio qualcuno.

Non che Warsman avesse improvvisamente iniziato a piacergli, ma doveva riconoscergli sia di essersi comportato in un modo non esattamente corretto che di averne passate tante.

Ma tante.

Quindi forse almeno la pietà di evitargli una cosa del genere gli era dovuta, si disse, mentre seguendo il baccano si dirigeva verso il salotto del quale avevano preso possesso Kid e gli altri ragazzi.

«…ed ecco che le ho convinte a venire in camera mia!!!» strillò Kid, che nonostante l’ora era già brillo. Quel ragazzo aveva messo su una bella trippa da ubriaco a causa dei troppi alcolici che stava ingurgitando nonostante Meat cercasse di fare tutto il possibile per impedirglielo.

«sicuuuuuro, Kid, come se non sapessimo tutti che Roxanne lancia il sasso e nasconde la mano e che Jacqueline ha una cotta senza speranza per Zachary, andiamo! Non crederei che erano con te ieri notte nemmeno se vedessi il video. Come se Jeager mi dicesse che ieri Crea era con lui invece che con chissà chi, la stessa identica cosa…»

Tutto sommato il “simpaticissimo” Dik Dik se l’era cercata, andando a girare il coltello in una piaga che sarebbe stato meglio lasciar guarire per fatti suoi, e dunque il pugno in faccia che si prese da Jeager fu ampiamente meritato!

«…e comunque ieri sera era con me eccome! Mettiti in testa che è la mia ragazza e si comporta come tale!»

«eppure l’altra sera sembrava provarci con ‘Mate…» gli fece notare Terry.

«no che non ci provava, sono amici, com’è amica con voi! Non mi risulta che lei abbia fatto niente con nessuno di voi, quindi fate meglio a tacere, danke!» sbottò seccato il tedesco.

«noi lo diciamo per il tuo bene…non vorremmo che finissi a soffrire» disse Wally, sinceramente preoccupato.

«beh, non c’è bisogno che diciate niente. Anubi Crea ed io stiamo benissimo. Punto. Invece di pensare alla mia relazione con lei, siete pregati di crearvene di vostre! E magari vi riuscirebbe anche, se non pensaste a quelle altrui».

I ragazzi si vedevano di continuo, ma un conto era farlo per gli allenamenti e per le uscite tra amici, o quando erano andati alla Scuola di Ercole, un altro vivere insieme senza avere un qualche scopo preciso. Infatti eccetto che quando davano qualche festa -una sera si e una no più o meno- di solito ogni conversazione sfociava in qualche litigio.

«calma, ragazzi, calma! Non è il momento di perdersi in scaramucce cretine!» si mise in mezzo Meat «avete idea di quel che è successo?»

«uh?»

«Kirika e Kevin Mask se ne sono andati!»

No, i ragazzi non avevano mai la minima idea di quel che succedeva in casa visto che se ne stavano a farsi i fatti i loro a spese del padrone di casa per tutto il tempo. Ovviamente si auguravano che Hammy tornasse presto perché le erano affezionati, ma da quando avevano saputo che lei era insieme a Zachary ironicamente la loro preoccupazione era rapidamente scemata, visto che a tutti loro Zeke risultava simpatico.

«se ne sono andati insieme???»

«stanno insieme?!»

«no, io ho detto che-»

«Kirika si è messa con Kevin! assuuuurdoooooh!!!»

Ed ecco come nascevano i pettegolezzi infondati.

«non ho mai detto che stanno insieme, io ho detto che sono partiti per cercare Emerald!!!» urlò Meat.

«ah. Ok, ok…pensavo che ormai Kevin avesse superato quella fase, lui ed Hammy non stanno più insieme da un pezzo» commentò Terry.

«ma vi si è imbeautifulito il cervello?!» sbottò Meat guardandoli allibito. Stavano a pensare solo ai possibili innamoramenti, quelli!

«il cervello ci si è cosa…?» Checkmate lo guardò perplesso, non avendo capito quel che intendeva dire «in un certo senso li capisco, si devono essere stufati di stare con le mani in mano, anche se per essere partiti così all’improvviso devono aver ricevuto una soffiata da qualcuno sulla posizione di Hammy».

«ecco, grazie, perlomeno qualcuno non ha ancora switchato ogni sua considerazione in modalità soap opera» sospirò Meat «è quello che penso anche io, e secondo me la soffiata gli è giunta da Warsman, il qual-»

«che c’entra Warsman? Da Washington è tornato solo Sebastian» gli fece notare Jeager.

«si, per quel che ne sappiamo è così, ma chi ci dice che i Lancaster non abbiano omesso qualcosa? Nello specifico, che anche Warsman è stato preso e adesso viene tenuto chissà dove?»

«si, ma metti caso fosse così, cosa potrebbe saperne lui di dove sono finiti Emerald e Zachary?»

Meat aprì bocca per rispondere ma si rese conto di non avere una spiegazione plausibile, se non che Warsman potesse essere venuto a conoscenza della destinazione dei due per puro caso. «…non…lo so» borbottò «però riflettici, è assurdo che siano semplicemente partiti così».

«uuuuh!!! Si! com’era assurdo che Hammy tre settimane dopo essere tornata sia andata in ospedale!»

Alcuni si voltarono verso di lui, non riuscivano a seguirlo in quei suoi deliri da ubriaco.

«come prego?» gli chiese Wally perplesso.

«ma siii…era un’assurdità! Ha la clinica privata di suo padre a dieci minuti e a fare le analisi è andata in ospedale» rise come un cretino «che cosa sce…scema, eh?...e mi ha detto “ssssh Kiiid che sennò si preoccupano”…» cadde a terra con il volto da babbuino rivolto verso il soffitto «e Kid è stato zitto!...oh…finora…»

«si vabbè, lasciamo perdere i deliri cretini» sospirò Jeager «torniamo a noi Meat. Stavi dicendo che secondo te di questa storia a noi manca qualche pezzo».

«ne sono più che convinto».

“a dirtela tutta Jeager credo che, al di là di queste ultime vicende, un pezzo di tutta la storia in generale manchi a tutti quanti eccetto che ad Emerald, se solo non avesse l’amnesia. Sempre che sia ancora in quelle condizioni, poi”.

 

 

«ti avviso, è forte».

«non sono esattamente una novellina in fatto di alcolici, e fino a qualche tempo fa non era una novità che mi trovassi a bere Jack Daniel’s ad ore alquanto improbabili della mattina. Che cosa vuoi che siano un paio di sorsi di cognac?» e come per dargli la prova tangibile di quanto aveva appena detto bevve il succitato “paio di sorsi” con grande naturalezza «dunque hai lasciato che scappasse».

«fa il lavoro al posto mio. Mi porterà da mia figlia. Quel che conta, alla fine, è soltanto questo» replicò Howard «ma se non sono indiscreto…c’era un motivo particolare per il Jack Daniel’s?»

«più d’uno, e a dirla tutta considerando il periodo sarei tentata di ripetere l’esperienza, ma si sa che quando è al dunque bere non risolve i problemi».

«se posso aiutarti in qualche modo…»

Aveva un debito enorme nei confronti di quella donna per la medicina che gli aveva passato, quella che aveva tirato fuori Hammy dal coma, dunque se lei gli avesse chiesto aiuto non si sarebbe mai tirato indietro. Ma lei fece un sorrisino freddo.

«ti ringrazio, ma anche le mie sono questioni di famiglia. Di recente il mio potenziale genero è partito per non tornare più».

«partito o dipartito?»

«apprezzabile gioco di parole, ma è semplicemente andato via. Meg si è stufata di lui, e così…mi era simpatico, ma d’altra parte cos’è che non si fa per i figli?»

«già. Cosa non si fa? Io ho sempre cercato di assecondare i desideri della mia, anche quando questi erano a dir poco assurdi. Tipo quello di volere che il suo “arcinemico” le vivesse accanto quando era a Tokyo».

«non è poi così assurdo. Mio marito aveva un arcinemico, e non esagero se dico che erano quasi dipendenti l’uno dall’altro. Se avessero manifestato interesse per persone del loro stesso sesso avrei potuto arrivare a pensare che tra loro ci fosse una strana ed ossessiva forma d’amore, ma ho provato sulla mia pelle che sono etero entrambi».

Ed eccone un’altra che sembrava alludere ad una cosa del genere, che tra Emerald e Warsman ci fosse un “qualcosa” che non avrebbe dovuto esserci. «non è questo il caso».

«Howard, ti dico per esperienza che spesso i figli finiscono a scegliersi i partner più improbabili. Nonché inadatti» la donna bevve un altro sorso «se lei non vuole che muoia, quantomeno fallo sparire appena non ti servirà più. Ti do questo consiglio col cuore in mano».

«contavo di farlo, anyway…Emerald è sposata».

«tsk. Se certi problemi si risolvessero col matrimonio io sarei a cavallo, ma non è così purtroppo! A volte serve qualche rimedio più drastico».

Ad Howard non riusciva difficile capire il punto di vista della sua socia in affari, ma la volontà di Emerald -che per lui contava più di ogni altra cosa- tratteneva e sempre avrebbe trattenuto la sua mano. «capisco. Ma non posso. Non intendo andare contro la volontà di Emerald».

«anche se sta sbagliando su tutta la linea?»

«non è detto che questa situazione sia come quella di qualcuno dei tuoi figli, Regina. Che possa esserci qualcosa di strano tra Hammy e quella bestia è una semplice illazione, per non parlare del fatto che si è sposata con Michael di sua volontà, e posso assicurarti che era più che felice».

«raggiante, direi. L’ho vista. Ti auguro di avere ragione, o potresti trovarti ad affrontare situazioni spiacevoli» si lasciò sfuggire uno sbuffo mentre con discrezione cambiava l’accavallamento delle gambe facendo frusciare il vestito di seta nera lungo al ginocchio «non immagini quanta voglia avrei di prendermi una vacanza».

«puoi farlo, i tuoi figli mi sembrano abbastanza grandi da decidere da soli. Se poi è una questione di partner...beh...l’ex ragazzo di mia figlia a me non piaceva, ma li ho lasciati stare. Emerald purtroppo ha passato momenti poco piacevoli, ma le sono serviti per capire da sola che non era il caso di proseguire la sua relazione con Kevin Mask. Cerchiamo di proteggerli in ogni modo, ma a volte invece bisogna lasciarli sbagliare. Oltretutto conoscendola come la conosco so per certo che se avessi tentato di separarli lei si sarebbe intestardita a stare con lui per forza, ottenendo l’opposto di quel che era bene per lei. Io non mi intrometto mai nelle sue scelte, mi limito ad assisterla in qualunque modo mi sia possibile; non solo perché trovo che sia questo il modo giusto di agire nei suoi confronti, ma anche perché so che fare diversamente sarebbe controproducente» disse tranquillamente «ha scelto Michael, e l’ha fatto da sola. Meglio di così!...ed è per questo che trovo insensata quella teoria, se fosse stata affezionata a lui nello stesso modo in cui quella bestia lo è a lei non avrebbe deciso di sposarsi, ti pare?»

«non so. Se mia figlia ha lasciato il suo compagno -dal quale ha avuto una figlia- da un giorno all’altro perché si era semplicemente stufata, direi che tutto è possibile».

«ah…è andata così?»

«si. E tutto sommato è filato tutto abbastanza liscio, se paragonato al resto».

Howard stava per chiederle di più su questo “resto”, quando entrambi videro avvicinarsi altre due figure, una delle quali era “ok”…e l’altra lo era decisamente meno.

«il signor Mask ha molto insistito per vedervi, Mr. Lancaster» disse compostamente il maggiordomo, dalla divisa assurdamente spiegazzata. Evidentemente l’insistenza di Robin era stata anche “fisica”, nonostante Jordan probabilmente gli avesse detto che lui al momento era impegnato.

«capisco. Grazie Jordan, puoi ritirarti» disse il marchese, e lui fece un rapido inchino scomparendo subito alla vista «Robin, di qualunque cosa si tratti ti faccio notare che maltrattare il mio maggiordomo non ti aiuterà ad ottenere quello che vuoi. Di cosa si…»

Lo sguardo di Howard cadde su qualcosa che non avrebbe mai voluto né pensato di vedere.

«…tratta?»

Regina sollevò un sopracciglio. «credo proprio che il tuo amico stia cercando ospitalità».

Mr. Lancaster aveva avuto lo stesso pensiero, ma non il coraggio di esprimerlo. «stai scherzando, spero».

Ma Robin non aveva per niente l’aria di chi scherzava. Anzi, sembrava fare fin troppo sul serio.

«non scherzo affatto e credo che tu me lo debba, razza di iena».

«e perché, di grazia?»

Regina si limitò ad assistere in silenzio alla scena, sorseggiando il cognac.

«perché, primo, sono dell’idea che tu c’entri eccome con la distruzione di casa mia…»

«sicuro, perché io non ho niente di meglio da fare che distruggere casa tua…»

Ehm. Avrebbe fatto meglio a stare zitto.

«secondo, quelle tue stramaledette scimmie hanno invaso quel poco che era rimasto su, e stanno tuttora facendo disastri immensi in quel che rimane della mia villa!!! Quando intendi creare quell’ambiente tropicale di cui mi avevi parlato?!»

«ultimamente ho avuto da fare. Lo sai».

«terzo, tutto questo mi rende nervoso a tal punto che finisco a litigare ferocemente con Alya per qualunque cosa!»

Specifico: lui litigava ferocemente, Alya era quella che cercava di mantenere il più possibile la calma, e di solito reagiva con freddezza ai primi scatti di rabbia del compagno…ma alla fine, quando è troppo è troppo.

«mi dispiace per quella ragazza, ma non mi riguarda» ribatté Howard.

«ti riguarda eccome, perché in virtù di tutto questo mi ospiterai fino a quando l’emergenza scimmie non sarà risolta» si era deciso a chiamare un ente appropriato che se ne occupasse spiegando a grandi linee che quelle scimmie erano state salvate da un’isola che era esplosa «e buona parte della mia villa ricostruita».

Volete la verità?

Era così nervoso che per non danneggiare ulteriormente la sua relazione Robin Mask aveva lasciato Alya in una suite superlusso di un hotel a cinque stelle, mentre lui era andato in cerca di qualcuno con cui litigare e scaricare i nervi. O caricarli ulteriormente per poi scaricarli possibilmente a botte.

Solo che anche Howard aveva diverse cose per la testa, e bisognava vedere chi sarebbe stato il punching-ball di chi!...detta in breve, anche in questo caso quella di Robin non sembrava una grande idea.

«dammi un motivo qualunque per cui dovrei ospitarti Robin. Un solo motivo valido per cui dovrei aprirti la porta di casa mia. Guarda, davvero, me ne basta uno» disse seccato il marchese «e tieni in considerazione che al momento ho già diversi ospiti. Mio cugino Lionel…»

«Lionel è ancora qui?...» nonostante lui ed Howard anni prima avessero battuto Alisa e Robin stesso nella finale del torneo di tennis indetto dalla Lega, Robin non era riuscito a trovare Lionel antipatico.

«è quel che ho appena detto Robbie, sveglia».

Ma a dirla tutta “Robbie” in quel momento era concentrato su altro: nello specifico, al modo in cui la donna che era insieme ad Howard aveva appena raccolto una goccia di liquore che le era caduta all’attaccatura del seno, e l’aveva leccata via dal proprio dito con la punta della lingua.

Guardando lui. Proprio lui. 

Per tuuuuutto il tempo.

«ti chiedo di evitare di distrarlo, di per sé non è un genio, e se continui così Mandrillo Mask potrebbe cedere ai propri istinti, fidanzato o meno».

«volevo soltanto divertirmi ad osservare la sua reazione» replicò tranquilla la donna.

«ancora con Mandrillo Mask?!! piantala! Te lo dissi anche ventidue anni fa!» si infuriò Robin.

«non è colpa mia se dopo aver bevuto un paio di cocktail nel locale sei uscito per strada ubriaco muovendoti come una scimmia zoppa e provando ad attaccare bottone con ogni lucciola presente sul marciapiede ED  anche con un barbone che-»

«chiudi quella bocca!!! Fu tua la colpa!!!»

«confermo e sottoscrivo: una delle serate più divertenti di ventidue anni orsono. Devi sapere, Regina, che l’unico modo per renderlo sopportabile è farlo bere come se non ci fosse un domani. Ma torniamo a noi. Come stavo dicendo, al momento ospito quindici persone, diciassette fino a che ieri notte tuo figlio è andato via insieme ad una ragazza che-»

«un momento. Quale ragazza?»

Howard non poté evitare di sorridere ironicamente. «una chojin che tu ben conosci: la nostra cara Kirika!»

«stai scherzando vero?!!...non è possibile che Kevin sia davvero così stupido da…ne ha presa una peggio dell’altr-metti giù quella pistola».

«e tu evita di tirare in ballo mia figlia per qualcosa di differente dalla proposta di darle una medaglia per essere riuscita tutto questo tempo a sopportare un Mask».

«…non stavate discutendo sulla permanenza o non permanenza di questo signore qui in villa? Non perdetevi in chiacchiere».

Robin avrebbe voluto risponderle a tono, ma qualcosa nell’espressione di quella donna gli suggeriva che non sarebbe stata una buona idea. Non se lei arrivava quasi a dare ordini in casa di Howard Lancaster.

«grazie per averci ricondotti al discorso originario. Allora, Robin: un motivo valido per cui dovrei ospitarti».

«te l’ho detto, perché me lo devi».

«poco tempo fa ti ho salvato la vita e non ti ho neppure fatto finire in prigione, direi che qualunque debito io abbia potuto contrarre nei tuoi confronti sia stato ampiamente ripagato. Se proprio non vuoi stare con la tua compagna trova un altro albergo, non è poi così difficile! Non riesco proprio a capire perché mai dovresti voler venire qui».

«perché…» Robin non sapendo a cosa aggrapparsi disse la prima cosa che gli passava per la testa «perché dato che sono in questa situazione per colpa tua non vedo perché io dovrei avere problemi e tu no».

Una breve risata spezzò il silenzio che era seguito a quella frase così infantile.

«Howard, questa si che è una motivazione sensata, non pensi?»

«degna dell’uomo che si è quasi fatto saltare in aria insieme a me» sospirò il marchese, vedendo Robin gonfiare il petto come un gallo cedrone che stava per andare all’attacco «ma sai cosa, Robbie? Mi casa es tu casa» recitò con un gesto teatrale delle braccia «non mi reputo colpevole di quanto ti sta succedendo» anche se per buona parte lo era eccome «ma che non si dica in giro che Howard H.R.J. Lancaster non è un uomo generoso. Sai come si dice, noblesse oblige, “la nobiltà comporta obblighi”!»

«non farla tanto lunga, hai solo fatto quel che dovevi fare» e guai a dire grazie, nemmeno per sbaglio.

«perfetto. La tua sistemazione è da quella parte» disse Howard indicando in direzione delle stalle. Cosa che fece nuovamente alterare Robin.

«che cosa?!»

«tu sei credente, no?»

«e questo che c’entra?!»

«se hanno fatto dormire la Sacra Famiglia con un bue ed un asinello…andiamo Robbie! Stavo solo scherzando» disse il marchese sentendolo prendere rumorosamente fiato «troverò pure un loculo in cui farti stare».

«andatevene  al diavolo tu e i loculi!» ribatté Robin, irritato dal fatto che Howard lo stesse sputtanando in quel modo davanti ad una perfetta sconosciuta che sembrava alquanto divertita «non-»

«Robin Mask…?»

Era incredibile come l’arrivo di Janice riuscisse a portare un po’di sollievo praticamente a chiunque. «eh si, Janice. Indovina chi viene a cena…» Howard diede un’occhiata in direzione dell’ex amico, ma immediatamente dopo aver notato la presenza di Robin sua moglie si era concentrata su qualcun altro.

«ah…Mrs. Van de Kamp».

«Mrs. Lancaster. Rivederla è un piacere» replicò l’altra salutandola con un lieve cenno del capo.

E ad onor del vero bisogna dire che tale piacere, da parte di Janice, non era molto ricambiato. Primo, perché nonostante il suo allenamento da pettegola incallita non era riuscita a sapere niente di lei; secondo, non le piaceva quando donne troppo belle si avvicinavano a suo marito nonostante sapesse benissimo che lui non le avrebbe mai mancato di rispetto tradendola con un’altra. E un conto era che Howard avesse a che fare con ragazze come quella Nefertari, o la ragazza con i dieci anelli sulle mani -che proprio perché troppo giovani non avrebbero mai potuto interessarlo- un altro invece era che frequentasse delle donne. Anche sposate come quella.

Eh si…Janice era gelosa di suo marito.

Molto.

«anche per me» “guai a te se ci provi con mio marito. Non azzardarti a sfiorarlo nemmeno per sbaglio. Torna dal tuo! Ne hai già uno! Vai via!” «comunque…» solo in quel momento si rese conto delle valigie di Robin, e guardò con aria interrogativa sia lui che il marito «valigie?»

«proprio, Janice. Pare che Robin si sia ridotto sul lastrico al punto di dover scegliere tra dormire sotto un ponte, qui, o in un loculo nel mausoleo della sua-»

«non è vero niente» disse Robin con decisione «suo marito sta solo ripagando un debito».

«a dire la verità sei tu che adesso ne hai uno con me».

«idiozie!»

«ehm. E miss Kalinina?» ovviamente Janice non poteva rischiare di lasciarsi sfuggire il succoso pettegolezzo di una possibile rottura tra i due.

«in un albergo a cinque stelle a mie spese…c’è un po’troppa tensione ultimamente».

«oh! Capisco…no, Howard, non chiamare nessuno, ci penso io a trovargli una stanza» disse la donna, facendo cenno a Robin di seguirla dopo aver lanciato un’ultima occhiata a Mrs. Van de Kamp.

Era ben strano che Howard avesse acconsentito a far stare Robin lì in casa, specialmente in un momento simile. Ma d’altra parte forse poteva voler dire che i rapporti tra i due erano migliorati e/o stavano migliorando davvero, il che era soltanto una cosa positiva; Janice preferiva di gran lunga la pace ad una faida familiare.

«spero che non sia niente di troppo grave».

«mh?»

«la tensione di cui parlava tra lei e la dottoressa».

Robin avrebbe dovuto aspettarselo, in fin dei conti sapeva benissimo com’era fatta Janice; aveva verificato di persona in molteplici occasioni che la sua fama era pienamente meritata. «no, no…niente di grave. C’è giusto qualche problema nella tenuta che ha un po’avvelenato l’atmosfera. Si può dire che le abbia regalato una vacanza» forse si, considerando che Alya poteva fare uso ed abuso della SPA nell’hotel termale.

«d’accordo. Ma magari la dottoressa potrebbe sentire la sua mancanza ed interrompere la vacanza, spero che l’abbia informata sulla sua posizione».

«ma certo».

…che no.

Già gli ci era voluto un po’per spiegarle i motivi di quelle uscite segrete che tanto l’avevano fatta stare in pensiero, e sapeva che nonostante Alya li avesse capiti continuava a ritenerli alquanto stupidi, figurarsi come avrebbe reagito alla notizia che era andato ad infilarsi nella tana del re delle scimmie, specialmente in quel momento.

«sa una cosa? Sono contenta che lei ed Howard siate tornati a frequentarvi».

«non ci frequentiamo!»

«…le faide familiari sono una cosa così spiacevole…mi è sinceramente dispiaciuto quando vi siete allontanati» continuò lei, senza badare a quel che Robin aveva detto «e sinceramente mi è dispiaciuto anche quando Kevin ed Emerald si sono lasciati».

“a me per niente, anche se lei quantomeno era un’umana, nonché nobile. Mentre quella lì viene dal Pianeta dei Demoni, è figlia di un ex nemico della Lega, e soprattutto io la detesto”.

«non so molto di questa storia» borbottò, mentre Janice apriva la porta di una camera da letto ampia, luminosa e perfettamente pulita ed arredata.

«può stare qui».

«va benissimo, grazie» disse Robin entrando con le valigie. Perfino in quella stanza per gli ospiti inutilizzata c’erano degli splendidi mobili antichi costosissimi e perfettamente tenuti, tanto per sputtanare qualche altra centinaia di migliaia di sterline.

“e i debiti del padre l’avevano mandato quasi in bancarotta, a questo qui!” pensò, con una punta di invidia, perché affari leciti o illeciti bisognava essere ugualmente in  gamba per guadagnare così tanti soldi in meno di vent’anni “sono smeraldi quelli incastonati nelle decorazioni di quello specchio con cornice in…platino…” eppure nonostante i materiali l’oggetto non risultava affatto pacchiano “tsk! d’accordo, ho capito, sei ricco, che bisogno c’è di tutta questa roba?”

«se fosse arrivato ieri avrebbe incontrato suo figlio, ma…»

«si, è partito, suo marito mi ha già informato».

«Robin Mask…?»

Lionel stava camminando lungo il corridoio, quando aveva sentito una voce familiare provenire da quella stanza. Solo che stentava a credere ai propri occhi, perché Robin Mask lì con delle valigie risultava completamente fuori posto.

«Lionel!» nella voce dell’inglese c’era una punta di calore, addirittura «lieto di vederti».

«altrettanto, ma…» guardò Janice con aria interrogativa.

«sarà nostro ospite per un po’…fino a quando non diminuiranno certe tensioni!» esclamò la signora, senza scendere nei dettagli.

«ma Howard lo sa?»

«certamente, lo ha chiesto a lui per primo…»

Lionel rimase in silenzio per qualche istante, immerso nei propri pensieri, guardando Robin che iniziava ad inquietarsi per quello sguardo fisso.

«dove si trova mio cugino?»

Janice gli indicò la via con un cenno. «fuori, in quella direzione…»

«scusate un attimo».

E senza lasciare loro alcuna possibilità di replicare si dileguò, percorrendo rapidamente il corridoio.

Che Howard avesse accettato in casa propria la presenza di Robin Mask non poteva portare a nulla di positivo per quest’ultimo; Lionel aveva la pessima sensazione che il cugino, per sfogare un po’la tensione che sicuramente doveva provare, lo avesse accolto lì con l’unico scopo di combinargliene qualcuna delle sue.

In fin dei conti era lo stesso che all’età di sei anni si divertiva a liberare delle rane -o qualche altro animale- in classe due giorni si e uno no. Ai tempi lui -Lionel- di anni ne aveva quattordici, quindi ricordava benissimo che fino agli otto anni suo cugino era stato un bambino terribile che aveva fatto dannare quella che per Lionel era “zia Phoebe”…

«…camera da letto infestata dagli spiriti!»

…e a quanto sembrava certe cose non cambiavano mai.

«che cos’è questa storia?!»

C’era anche quella donna che non gli piaceva. Di male in peggio.

«quale storia?...ah, Regina, ti ho già parlato di mio cugino Lionel Charles Eirik John Lancaster».

«piacere» disse -in modo stranamente brusco- Lionel, andando comunque a stringerle la mano «camera da letto infestata dagli spiriti!»

«ah-ha. In un libro letto di recente».

«ossia?»

«“The Unexpected Guest”».

Voleva dire “l’ospite inaspettato”, e tra l’altro era il nome di un album dei Demon -gruppo che ascoltavano entrambi- ma in quel caso il riferimento a Robin era troppo ovvio per essere fraintendibile.

«credo che per me si sia fatta l’ora di andare via» disse ad un certo punto la donna alzandosi «la firma è stata messa, dunque…»

«peccato, di già?» la salutò con un perfetto baciamano «conto che tornerai presto a trovarmi».

«con piacere».

Lionel non sapeva dire perché, ma per lui l’atmosfera migliorò nel momento esatto in cui quella donna scomparve dalla sua vista.

«cosa volevi dirmi, Lionel?»

«davvero non lo immagini? Spero che tu non intenda davvero dare il tomento a-»

«…Mandrillo Mask…»

«Robin!... durante la sua permanenza qui!»

«Lionel, tu cosa credi che sia venuto a fare lui qui? L’avessi sentito! “se io ho problemi non vedo perché tu non dovresti averne”!...se non altro mi servirà per divertirmi un po’».

«a sue spese!»

«a dire il vero è a mie spese visto che lo sto ospitando gratis».

«sai benissimo che non volevo dire questo».

Howard riempì di cognac un bicchiere pulito. «se l’è cercata, e chi cerca trova. Cognac?...rilassati! Non sarà niente di potenzialmente letale. Credo».

«Howard».

«sono ad un passo dal riportare Emerald a casa. Direi che sia qualcosa che va festeggiato, e se avesse riavuto quella parte di ricordi sono sicuro che apprezzerebbe se facessi qualche piccola marachella a Robbie».

«senti, se anche Robin Mask fosse venuto qui con le intenzioni che dici, non potresti almeno tu comportarti come una persona matura invece di organizzare sciocchi teatrini a base di fantasmi e il cielo soltanto sa cos’altro?» sospirò il marchese più vecchio.

«sai Lionel, a dirtela tutta se volessimo andare fino in fondo dovresti essere tu ad ospitare Robin a Belfast considerando che nell’ultima distruzione della villa dei Mask né io né mia figlia c’entriamo qualcosa» sottinteso: “mentre tuo figlio c’entra eccome”.

«però sono convinto che tu c’entri qualcosa con la penultima».

«hai delle prove a sostegno?»

Lionel non si fece impressionare. «hai delle prove che c’entri Sebastian? Sai che è colpevole, ma non hai modo di provarlo».

Un breve istante di completo silenzio intercorse tra i due cugini che per la prima volta in vita loro erano quasi arrivati ad un litigio.

«Howard. Non voglio farti la guerra».

«tantomeno io, e mi scuso per aver messo in mezzo mio nipote».

«fa niente. In fin dei conti non hai tutti i torti, e se io volessi essere completamente onesto con Robin dovrei confermargli che…ma d’altra parte…Sebastian sta già subendo una punizione esemplare. Credimi, quei mesi in fattoria per lui saranno molto peggio degli arresti domiciliari; non è il tipo di ragazzo che si presta volentieri a lavorare la terra» commentò Lionel accettando finalmente il cognac che Howard gli aveva offerto in precedenza e sedendosi con lui.

«direi proprio di no».

«tornando al discorso precedente…»

«no. Evitiamo, è meglio: piuttosto voglio pensare a quel che è veramente importante, ossia Emerald» disse Howard «non vedo l’ora che torni a casa ed viva la sua nuova vita, che avrebbe dovuto iniziare già da fine maggio».

«non mi è chiara una cosa però. Una volta che questa brutta storia sarà finita…intendi o meno lasciare andare quell’uomo?»

Howard avrebbe potuto ribadire opinioni già procrastinate fino allo sfinimento su “uomo non uomo, uccidere non uccidere, esiliare non esiliare” e quant’altro…

Ma in quell’occasione si limitò a mantenere un completo silenzio che per Lionel fu una risposta perfettamente chiara.

 

 

::  Italia, Monte del Lago ::

 

 

Emerald si era sempre trovata a proprio agio nell’acqua.

Da che ricordasse non aveva mai avuto paura di annegare, né aveva mai avuto problemi con il riuscire a stare a galla. Aveva sempre amato farsi sostenere in tutto e per tutto da quella luccicante massa ondosa; il modo in cui l’acqua la sosteneva mentre osservava il cielo facendo “il morto” poteva essere considerato una metafora del modo in cui suo padre, ma non solo, l’aveva sempre sostenuta negli anni. Lui ed altri l’avevano sempre tenuta a galla, impedendole di affondare in ogni senso.

In quel caso specifico a sostenerla molto però era suo cognato…

«Zachary!!!» sbottò, asciugandosi il volto dopo essere tornata “in piedi” «ti pareva il caso?!»

«pur non avendo mai comprovato se sia o meno possibile ho pensato che ti fossi addormentata in acqua!»

…quando non interrompeva il flusso dei suoi pensieri schizzandole l’acqua del Trasimeno sul viso.

Erano fermi lì ormai da qualche giorno, e per quanto Emerald fosse una ragazza del tutto “mondana” sentiva che abbandonare quel posto le sarebbe dispiaciuto. Monte del Lago era un paese di neanche duecento anime, tanto tranquillo da potersi considerare una specie di paradiso per gli scrittori, che si estendeva da un piccolo promontorio affacciato sulla costa est del lago fino a pochi chilometri nell’ambiente circostante; ambiente che per la gioia di entrambi i cognatini in quel periodo era tinto tanto del verde smeraldo delle placide curve collinari tutto attorno a loro, quanto dell’oro delle spighe di grano maturo dei campi presenti nella zona pianeggiante.

Era una cosa che avevano scoperto di avere in comune: per assurdo che potesse sembrare, a tutti e due piaceva da morire correre tra i campi di grano. Follia pura se si pensava al carattere dei due, eppure avevano parcheggiato il pulmino hippy proprio su uno spiazzo erboso collocato alla fine di uno di questi campi, quasi sulla riva del lago.

Ma oltre che un piccolo angolo di paradiso, quel posto era anche perfetto sul fronte “non dare molto nell’occhio quando si va a comprare da mangiare”, nonché come punto di partenza per raggiungere -con le dovute modifiche ad un pulmino altrimenti troppo lento- in massimo due o tre ore Roma, che era la loro vera destinazione. Idem per  Rimini, o Firenze. Perugia poi, si raggiungeva in venti minuti.

«e dillo…volevi solo darmi noia» non era realmente arrabbiata, visto il modo in cui sbuffò divertita «novità? È arrivata l’auto?»

Qualcosa era cambiato, se si trattava dei “flashback” di Emerald e la sua capacità di parlare. I ricordi fino a quel momento non erano tornati a frammenti chiari come quando viaggiava con Warsman; piuttosto si poteva dire che la ragazza stesse subendo uno stillicidio di memorie. Minuscoli frammenti vaghi ed attualmente ancora privi di una reale forma, come un puzzle da millecinquecento pezzi appena rovesciato sul tavolo.

Se non altro aveva passato abbastanza tempo insieme a lui, la chiave, da sbloccare quella possibilità.

Aveva iniziato a ricordare qualcosa del suo ex ragazzo, Kevin Mask; qualche breve stralcio di conversazioni private avute con Meat; di tenere per la gola qualcuno di indefinito -Robin Mask- sospeso sopra un dirupo…

E c’era anche qualcosa che riguardava una ferita che avrebbe dovuto avere ad una coscia, una ferita profonda, della quale però non c’era neppure la cicatrice. Questo perché, come quella del colpo di pistola -si, anche di quello aveva ricordato qualcosina- se l’era fatta rimuovere con specifici interventi estetici molto d’avanguardia.

«arriva domani».

«ok».

Era sempre qualcosa d’effetto vedere Zachary a petto nudo, tra l’inaspettato fisico atletico, l’ampio tatuaggio e le cicatrici causategli da Warsman tempo prima. La ragazza non ne aveva idea, ma suo cognato ne aveva inflitta una ben peggiore al suo Nemico Numero Uno…

«stavi ricordando qualcosa, Hammy?»

La ragazza fece una breve nuotata più al largo. «niente di nuovo. Niente di particolare».

Un’altra cosa che stava cambiando in lei era il senso di colpa in crescendo, per le preoccupazioni che stava dando a tutti quanti. Anche se in fin dei conti era con Zeke, adesso, non con il vecchio porcello.

E a proposito, era da qualche giorno che quando pensava a lui provava una sensazione di malessere che non riusciva ad identificare. Non capiva se fosse un malessere come “preoccupazione per lui”, o un malessere di altro genere. Forse era un misto di entrambe le cose, ma non capiva perché tale sensazione fosse iniziata in concomitanza allo stillicidio di memorie.

In ogni caso di questo non aveva parlato a Zachary.

«ok. Non stare a pensarci troppo però, certe cose richiedono tempo».

«d’accordo».

 

 

:: aereo diretto a Roma ::

 

 

“forse non mi odia del tutto, ma è chiaro come il sole che al momento ce l’ha a morte con me”.

Warsman, nei panni di Lord Flash, si intratteneva guardando l’incredibile paesaggio esterno. Sembrava di viaggiare in un mare di panna montata, era una vista così piena di pace e tranquillità…specialmente se confrontata al sua attuale stato emotivo.

Kevin era venuto a sapere del suo viaggio insieme ad Emerald, quello che avrebbe dovuto essere segreto ma che ormai invece era diventato il segreto di Pulcinella, a quanto sembrava. Ovviamente c’era da domandarsi come e da chi lo avesse saputo, Zachary aveva hackerato un paio di sistemi ed era un altro discorso, ma Kevin si era rifiutato di fare nomi.

 

sapevi cosa c’era tra me e lei, perché cazzo ti sei messo in mezzo, EH?!! Come hai potuto tradirmi in questo modo?!!”

 

La conclusione di un discorso pieno di accuse, recriminazioni, mezzi insulti. Un discorso che, nonostante Warsman sapesse benissimo di aver commesso parecchi errori in tutta quella vicenda, alla fine non era riuscito più a sopportare.

 

se non mi fossi messo in mezzo e non fossi stato IO ad insistere per tornare a Tokyo, lei non lo avrebbe mai fatto! A tutto pensava meno che tornare da te!!!

“certo, come no, e allora tu saresti il SANTO che me l’ha generosamente ceduta?! Ma vai al diavolo! Sono tutte idiozie, menzogne!”

“e invece non solo è la pura verità, ma ho iniziato a pensare di aver fatto male ad insistere per ritornare, considerando che tu che ‘l’amavi taaaaanto’ l’hai spinta tra le braccia di quel figlio di puttana che l’ha perfino sposata, complimenti!”

 

Ne aveva subite di tutte e di più per qualcosa di cui in realtà non aveva colpa. E nemmeno Emerald ne aveva veramente, di colpa, per quello strano rapporto che si era venuto a creare tra loro. Warsman non lo aveva veramente voluto. Chiaro. Chi mai vorrebbe affrontare ciò che aveva affrontato lui, o anche solo rischiare di finirci in mezzo? Nessuno! Se avesse potuto scegliere si sarebbe legato a tutt’altro tipo di persona. Una donna di un’età più vicina alla sua, di carattere più mite. Qualcuno di più gestibile insomma, e senza un padre megalomane che si metteva in mezzo di continuo con metodi a dir poco discutibili.

Ma, per l’appunto, non era stato qualcosa in cui lui avesse avuto una minima possibilità di scelta. Si erano trovati e basta, volenti o nolenti, con un legame profondo, di incomprensibile natura, e difficilissimo da spezzare.

Anche se ovviamente non trattavasi di amore.

Non era mica innamorato di lei.

 

puttanella qui, stronza là, e sei sempre stato il primo a sbavarle dietro, sottospecie di bastardo ipocrita, ti sei preso una cotta per una ventenne! Potresti essere suo nonno!!!”

“io non sono innamorato di lei!”

“si, e io sono un rastrello”.

 

…checché ne dicesse Kevin, che al momento era tre file più indietro, intento a giocare a carte e scambiarsi qualche insulto con Kirika.

No, non avevano preso tre posti vicini…ma due vicini ed uno lontano. Era stata Kirika a prendere i biglietti, dopo che Kevin le aveva detto rapidamente delle frasi che Warsman non era riuscito a sentire ma delle quali aveva intuito il contenuto: “non lo voglio vicino”.

Kevin avrebbe mai smesso di avercela con lui? Prima o poi avrebbe capito che se avesse potuto lui, Warsman, si sarebbe volentieri risparmiato tutto questo?

E non era ancora finita, perché beh…anche una volta arrivati in Italia, cosa sarebbe successo se Emerald non avesse collaborato?

O se lo avesse fatto e fosse tornata a casa, cosa sarebbe successo dopo?

“la perderò. Ecco cosa succederà se torna a casa, specie se lo farà prima di riavere tutti i suoi ricordi”.

E se non avesse voluto più saperne niente di lui anche con tutti i ricordi al loro posto?

Aveva sposato Michael, dimostrando che poteva accettare di perderlo, di non vederlo più, o vederlo sono una volta al mille e giusto per due chiacchiere.

Era ingiusto. Per lei magari era così, ma lui dopo tutto questo non avrebbe avuto al suo fianco nemmeno Kevin. E se prima stava benissimo da solo, adesso gli risultava inaccettabile. Anche una sofferenza continua era meglio rispetto al sentirsi freddo e completamente vuoto dentro; e se prima quantomeno aveva avuto degli obiettivi da raggiungere che gli avevano dato dei motivi per andare avanti…

Che obiettivi gli restavano, adesso?

 

 

«mi fa quasi pena quello lì davanti».

«se lo merita. Sono andato a salvarlo ma non vuol dire che io ce l’abbia di meno con lui. Magari non lo voglio morto, però non lo voglio nemmeno vicino. Visto che hai avuto la cortesia di lasciarci parlare da soli non hai idea di quel che si è azzardato a dirmi…che Emerald non avrebbe voluto tornare…» pescò una carta dalle mani di Kirika, e la scartò accoppiandola con una di quelle che aveva nelle proprie mani.

«da dove?» stavolta fu Kirika a pescare, e fare la stessa cosa. Entrambi avevano rimasto pochissime carte in mano.

«da ovunque siano andati in quei due mesi e mezzo. Tsk. Dice che l’ha convinta lui, a tornare da me. Ci mancava solo che mi chiedesse di ringraziarlo» borbottò, per poi guardare male la demonessa dopo aver pescato dalle sue mani proprio l’asse di bastoni, l’ ”uomo nero”. Kevin aveva rimasto due carte in mano, Kirika una.

«è un’altra cosa che domanderò ad Emerald appena la rivedo. Ma che ha in quella zucca?!...» sbottò, andando a pescare da Kevin…la carta giusta «nyah-ah-ah-ah-ah-ah-ah ti ho fregato per la TERZA volta Mask! Mi devi due piatti di pasta alla carbonara».

«fanculo tu e pure la carbonara!»

Eh si, nonostante tutto tra i due improbabili compagni di viaggio c’era un’atmosfera migliore di quella che c’era tre file più avanti…

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Capitolo 14
*** Ad ogni principessa il suo castello ***


In tutta quella vicenda Howard Lancaster non era esente dal porsi diverse domande. Prima tra tutte, quella che riguardava l’impressione di aver preso le decisioni errate rispetto alla situazione in cui si era venuta a trovare sua figlia, attualmente ancora dispersa col cognato.

Seduto alla scrivania del proprio ufficio preferito si passò una mano sul volto concedendosi, per una volta, di mostrare un segno di stanchezza.

Che avesse sbagliato, a permettere ai suoi amici di venire a farle visita?

Che lui stesso avesse sbagliato a tenerla a casa? …no. Da che si era ripresa fino a poco tempo prima di quella fuga avvenuta con l’aiuto di quel medicinale, Emerald aveva avuto un effettivo bisogno di riposare in un luogo tranquillo e a lei familiare.

Eppure più tempo passava più il marchese veniva attanagliato dai dubbi. E se Emerald fosse fuggita inizialmente con Warsman non solo perché ne aveva ricordato il nome, ma perché si era sentita prigioniera in casa propria, con troppe presenze a raccontarle parti di una storia eccessivamente lunga?

…o forse, lasciando stare le presenze, era stata soltanto la prima di queste due cose.

“forse il punto non è la poca vicinanza di persone a lei care. Forse il problema è il contrario. Che Emerald si sia trovata attorniata di troppe persone troppo presto quando invece sarebbe stato meglio, una volta ripresa un po’, che stesse da sola con suo marito”.

In luna di miele come avrebbero dovuto essere. Magari non in Giamaica, se fosse partita allora sarebbe stato un viaggio faticoso da sostenere, ma in un posto più vicino.

“e se l’avessi assillata troppo? Se fosse scappata non per ricordare ma semplicemente…da me?

Era uno dei pochi pensieri capace di fargli crollare interiormente il mondo addosso, l’idea di aver fallito come padre. Di non aver fatto quel che doveva fare, o non averlo fatto abbastanza.

Ma non era così. Vero, Hammy si era sentita “prigioniera” in casa propria, ma non era stata colpa del padre, quanto piuttosto di una condizione di debolezza fisica che la ragazza non era stata in grado di accettare, interpretando ogni aiuto che le veniva dato col cuore in mano unicamente come un gesto di compassione verso “la povera malata debole amnesica muta che da sola non riesce a fare nulla”.

E riguardo quanto era successo nei mesi precedenti, nei casi in cui altri avrebbero potuto trovare Howard Lancaster fin troppo presente in vite che alla fine non lo riguardavano davvero -Emerald stessa, ma anche Kevin e Warsman- occorre ricordare che il novanta per cento delle volte era stata Hammy stessa a cercarlo.

Ed aveva approvato entusiasticamente il restante dieci per cento.

Era un tormento senza senso, il suo, ma anche piuttosto umano.

Non scherzava quando diceva che Emerald -come anche Janice, anche se ovviamente in modo diverso- era per lui quanto di più caro esistesse al mondo, già solo tenendo in considerazione quanto lui e Janice avevano faticato per mettere al mondo un figlio.

La signora Lancaster, forse proprio a causa della sua fisicità fin troppo esile e delicata tra le altre cause, aveva scoperto di avere diversi problemi a portare avanti una gravidanza. Emerald non era stato il frutto del loro primo tentativo: se le cose fossero andate come doveva andare, avrebbe avuto altri tre fratelli. O sorelle. I primi due anni dopo il matrimonio erano stati piuttosto intensi sotto il punto di vista “tentare di dar luce ad un erede”.

Ma purtroppo Janice li aveva persi tutti quanti, i primi due entro il primo mese e mezzo della gravidanza, ed il terzo a quattro mesi ed una settimana.

L’ultima perdita in particolare era stata scioccante per entrambi avendo creduto che forse quella volta sarebbe andata bene visto che la gravidanza era arrivata ad uno stadio piuttosto avanzato. Howard ricordava ancora il rifiuto di sua moglie di provare nuovamente dopo quell’episodio -un rifiuto che era durato circa due anni e mezzo- e di quanto lei stessa si sentisse “in colpa” per non riuscire a portare avanti un processo che avrebbe dovuto essere naturale. Era un’assurdità completa, perché in casi simili la colpa non è imputabile a nessuno, ma era stata dura farglielo capire.

E poi era nata Emerald, una bambina sana, bella, e solo apparentemente gracile. Per lui, per sua moglie, e per il loro matrimonio in generale era stata una benedizione. Una specie di angioletto metaforicamente caduto dal cielo, che aveva dato un grosso aiuto a Janice nel sopportare le conseguenze dell’infezione che, in seguito, l’aveva resa sterile.

Era anche per questo motivo che per il marchese la sua “bambina” era qualcosa di più che estremamente importante, e che se anche gli avesse chiesto la Luna lui avrebbe fatto di tutto per pocur…no, un momento, quello lo aveva già fatto: aveva comprato il Mare della Tranquillità e fatto costruire su di esso un gigantesco resort nel quale portare Emerald durante le vacanze estive o natalizie, da quando lei aveva compiuto dieci anni.

«…Howard? Ci sei?»

Era tanto perso nei propri pensieri che non aveva neppure sentito il cugino arrivare. «io…sì. Stavo solo pensando» si ricompose rapidamente tornando a mostrarsi per com’era di solito, mostrando peraltro al cugino delle fotografie sul proprio portatile «che te ne pare?»

Lionel osservò perplesso le immagini. «il castello di Neuschwanstein in Baviera, lo conosco. Cosa verrebbe a significare?»

«ci ho pensato sopra. Che Emerald e Michael vivano qui forse non è la cosa più giusta. Potrebbe sentirsi…assillata. Mentre invece magari a loro due serve un po’più di intimità. Il fatto che Janice abbia acconsentito a trasferirsi qui e vivere con me, mia madre, mio padre, ed in seguito anche con sua madre non vuol dire che per Emerald debba essere lo stesso».

I due si scambiarono una lunga occhiata prima che Lionel si decidesse a dire qualcosa. Non vedeva Howard così cupo da quando Emerald era in coma, e adesso che c’era anche Robin in casa a volte gli era sembrato fin troppo “su”, ma sembrava proprio che almeno per quel giorno non avesse alcuna voglia di fare altro se non colpevolizzarsi.

«guarda, io dubito fortemente che sia scappata per colpa tua. Da quando si è risvegliata tu e suo marito avete agito nel modo corretto…almeno con lei» aggiunse, riferendosi al modo in cui era stato trattato Warsman «è fuggita perché vuole ritrovare la memoria, non perché ti detesta, e nemmeno perché detesta Michael. Vienimi a dire che tu, alla sua età e nelle sue condizioni, se avessi trovato un solo filo che ti avesse collegato ai ricordi perduti ed avessi pensato che andartene per un po’era una cosa giusta da fare, non avresti fatto lo stesso! Non dico che sia stato saggio. Dico solo che Emerald, beh…da qualcuno» lo indicò con un cenno del capo «ha preso».

L’altro non ribatté, ma non poteva negare di sentirsi già un po’meglio.

«…e comunque devo ancora capire cosa c’entra Neuschwanstein col tuo discorso».

«c’entra, c’entra. Magari è come dici tu, ma ciò non toglie che forse lei abbia accettato di tornare a vivere qui solo per farmi contento, dicendomi di sì quando glielo ho proposto. Voglio solo farle capire che non deve stare qui per forza, e che lei e Michael possono anche vivere altrove, se vogliono. E qui entra in gioco il castello di Neuschwanstein, che-»

«Howard, il castello di Neuschwanstein è uno dei simboli della Germania nel mondo, attira centinaia di migliaia di visitatori ogni anno, e tu vorresti comprarlo trasformare una meta turistica simile nella nuova casa di Emerald?!»

Era incredibile come la megalomania praticamente sconfinata di quell’uomo riuscisse ad influire anche nelle azioni verso altri e nei regali. Comprare una casa alla propria figlia era ok. Comprare un castello conosciuto in tutto il mondo, sarebbe stata l’ennesima dimostrazione di “I can”, anche se magari ad Howard in quel momento questo non stava neppure passando per la testa.

«è un po’piccolo rispetto a qui, ma ad Hammy i luoghi non troppo grandi non dispiacciono, ha vissuto in quella casetta a Tokyo, e poi con Kevin Mask in una che più o meno aveva la stessa grandezza, per cui sono sicuro che si adatterà facilmente. E comunque mi era venuta voglia di comprarlo da quando, quando era bambina, ha detto che le piace. È perfetto per una principessa…»

“…Cristo” pensò Lionel non riuscendo a trattenere un sospiro.

«…anche senza tingere questa parte rosso scuro, questa, la vedi?...in verde smeraldo. Sono convinto che, nel caso in cui si scoprisse che lei preferirebbe vivere altrove invece che qui, quest’idea le piacerà».

Sì, Howard stava decisamente meglio se già parlava di comprare ad Hammy il castello che aveva ispirato i Disney.

«fai un po’come credi, fin quando quel che fai non uccide qualcuno non ho nulla da obiettare» sospirò, pur sapendo che considerando gli affari in cui era coinvolto suo cugino probabilmente a causa sua -indirettamente però- c’erano già state delle vittime. E non sarebbero state nemmeno le ultime «per assurdo che mi suoni, è sempre meglio di quando hai comprato la Luna».

«non tutta la Luna, solo una parte».

«ah. Scusa».

«era ironico, Lionel?»

«soltanto un pochino».

Howard sollevò un sopracciglio, ma evitò di replicare, sempre tenendo a mente il fatto che lui e Lionel avessero opinioni diverse riguardo i metodi educativi e simili. Sebastian era stato viziato, ma non fino a quel punto.

Qualcuno bussò allo stipite. «è permesso?»

«Michael,  stavo giusto per mandare a chiamarti e…aspetta. Ci sono delle novità?»

«lei lo avrebbe- ehm…l’avresti saputo prima di me, in quel caso» rispose l’americano trattenendo un sospiro quasi lugubre.

Guardandoli entrambi, Lionel pensò a quanto la loro condizione dovesse essere simile. Solo che Michael non aveva attacchi di howardite -sì, arrivati a quel punto secondo lui il termine “megalomania” non riusciva più a definire quel tratto in modo pienamente corretto- a dargli un minimo di sollievo.

«vero. E ti confermo che da quando hanno telefonato a Janice per notificarle l’arrivo a Roma, non c’è stato altro…anyway» Howard picchettò lo schermo del portatile «che ne pensi di questo?»

“credo sia troppo sperare che il ragazzo possa dissuaderlo” pensò il marchese più vecchio uscendo dallo studio con l’ennesimo sospiro.

«è un castello, no? Si trova in Germania se non sbaglio».

«precisamente in Baviera: Schloss Neuschwanstein!»

«eh?»

«Neuschwanstein è il suo nome».

«sarà pure il suo nome ma sinceramente non penso che sarei in grado di pronunciarlo per bene nemmeno provandoci per una settimana. Però è un posto non c’è male» sollevò lo sguardo sul suocero «sarà il nuovo parco divertimenti?»

«no. Sarà la vostra nuova casa. Forse. Tua e di Hammy, voglio dire».

Prima il fidanzamento con la figlia di un marchese.

Poi il matrimonio con la suddetta figlia di marchese.

E adesso anche un castello.

«ehm…non so se sia adeguato…non per la grandezza o perché non è abbastanza bello ma perché credo che mi ci sentirei un po’fuori posto…»

«ancora con questa storia? Eppure tutti sanno che non c’è nulla di strano se dei nobili vivono in un castello. Puoi chiedere a chiunque».

«capisco ma io non sono granché nobile. E poi…» c’era qualcos’altro di più importante che gli premeva di chiedere, sentita una cosa del genere «ho per caso fatto qualcosa di sbagliato?»

Temeva che suo suocero volesse allontanarlo dalla villa per qualche motivo a lui sconosciuto. Che gli stesse dando la colpa per la fuga di Emerald e non volesse trovarselo davanti, che ritenesse che lui avesse fallito in qualcosa?

Non lo avrebbe stupito. Riteneva di aver fallito come marito esattamente come Howard temeva di aver fallito come padre.

«no, assolutamente. È che ho pensato che forse Hammy gradirebbe che tu e lei viveste da soli. Io sono contento di avervi qui, ma la sua fuga mi ha dato da pensare. Nel senso che forse ha accettato la mia proposta solo per farmi contento, e che questa sua azione possa significare che invece…»

Howard lasciò cadere la frase, non c’era bisogno di dire altro.

«no, io so per certo che Emerald era contenta all’idea di vivere qui. Anche se sono convinto che quel castello le piacerebbe un bel po’!» sbuffò una mezza risata «in fin dei conti miz Lancaster  è una principessa».

Non era più una “miss”, ma quello poco contava.

«sai perché ero e sono tutt’ora contento del vostro matrimonio? Perché tu hai capito veramente tutto della vita. Altro che “ho fatto qualcosa di sbagliato”!...beh, intanto quando lei sarà tornata potreste trascorrere lì la vostra luna di miele. Non è la Giamaica, lo so, però è sempre un posto incantevole» commentò il marchese.

Era comprensibile che buona parte di lui desse per scontata l’idea che alla fine Emerald sarebbe tornata a casa e che da quel momento in poi sarebbe andato tutto liscio come l’olio. Dopo tutte le cose che erano successe, quello era un desiderio naturale. Era a conoscenza del fatto che c’erano anche altre variabili di cui tenere conto: la variabile Mask -per quanto poco pericolosa- la variabile Zachary -che prolungava la procedura di ritrovamento- e poi…la variabile che parte di lui aveva un rigetto a prendere in considerazione. Ossia il rapporto di Emerald con Warsman.

«concordo».

«e poi potreste anche utilizzare quel castello come “base” per poi spostarvi anche, che so, nel nord Italia, oppure a Vienna. Non ci vuole molto, specie se usate l’elicottero. O magari potreste fare un giro a Monaco, che è più vicina. Insomma, di giri da fare ce ne sono».

«su quello non c’è dubbio…sempre che Hammy, dopo quel che sta accadendo adesso, non si stufi di “girare”».

Howard gli pose una mano sull’avambraccio. «andrà tutto bene. Ritroveremo presto Emerald e da lì in poi tutto sarà come avrebbe dovuto essere».

«e quell’animale immondo…»

«su Nettuno, una volta che tutto sarà finito. Senza alcuna possibilità di rientrare sulla Terra. E sono gentile».

«fosse per me…»

«lo so».

«ma Hammy non vuole».

«esatto. Continuo a non capire il vero motivo» o meglio, continuava a non volerlo capire «ma possiamo solo regolarci di conseguenza. Pumpinator è stato -di recente, ma non diciamolo- registrato come cittadino di Nettuno, e che dire, lì non importa a nessuno che fosse un D.m.P. . E per le leggi in vigore, colui che uccide un cittadino di Nettuno, sconta la sua pena su Nettuno».

Aveva un che di squallido approfittarsi così di un’azione che Warsman aveva compiuto proprio per salvare Emerald, ed entrambi gli uomini lo riconoscevano. Così come sapevano benissimo che se anche al posto di Warsman ci fossero stati loro, la fine che avrebbero fatto i due sarebbe stata la stessa.

Ma avrebbero provveduto a sciogliere nell’acido entrambi i cadaveri, non soltanto uno.

E non avrebbero certo fatto assegnare la cittadinanza di Nettuno ad uno dei due morti.

 

 

«…no, non avevo nessuna idea del nuovo acquisto» sospirò Janice «ma immaginavo che prima o poi l’avrebbe fatto. Ha messo gli occhi su quel castello già da un bel po’, Lionel, da quando-»

«sì, da quando Hammy era bambina».

«e dire che non sa neppure se e quando Emerald tornerà… né se -o quando- lo farà sarà ancora dell’idea di stare con quel bifolco!»

L’impressione che Lionel aveva avuto di Michael Lancaster era…come dire? “neutrale oscillante a seconda del contesto tra l’accettabile e la mal sopportazione”.

Lo trovava sempre e comunque meglio di Zachary, che dopo quella faccenda della seconda battaglia con Warsman -ed Howard non aveva ancora detto a Lionel che Zeke era entrato a forza nella testa di quel povero cristo- non gli andava proprio a genio.

Ma era invece evidente che a Janice quell’americano non piacesse proprio.

«io spero ancora che lei e Kevin Mask un giorno tornino insieme. In fin dei conti lui è partito per cercarla, un interesse deve esserci ancora, e magari visto questo lei si renderà conto che è Kevin quello giusto!» confessò candidamente la donna, seduta in una comoda poltroncina posizionata su un largo terrazzo ad osservare il crepuscolo «ha fatto degli errori, ma…»

«e se invece alla fine di tutto questo invece Hammy decidesse a favore di una certa persona che non è né Kevin Mask né il suo attuale consorte?»

Calò il silenzio.

«non capisco di chi parli» disse Janice con voce esile, stringendosi nell’abito di seta e tulle.

«io invece credo proprio che tu abbia capito eccome. L’uomo che tu e Gabrijela avete aiutato, arrivando anche a rischiare molto. Ti prego di non fingerti completamente ingenua, so benissimo che non lo sei ».

Non era capitato spesso che i due si fossero trovati da soli come in quel frangente, e Janice doveva ancora “tararsi” per trattare con lui nel migliore dei modi riguardo certe cose, ma non sembrava molto semplice.

«io ho aiutato Warsman perché era giusto, ma non significa che mi piacerebbe se Emerald avesse con lui uno “strano rapporto compagno/compagna”. Non tanto perché è mezzo robot e mezzo umano, o perché non ha un viso degno di questa definizione, poverino…o ancora, perché Howard lo definisce una bestia che forse, alla fine, non è» ammise «ma perché sembra avere una specie di…ossessione…verso Emerald, e questo non è sano. E poi è vecchio, Lionel, ha oltre quarant’anni più di lei. Sarebbe come stare insieme a suo nonno, immaginala alla mia età a badare ad un ottantacinquenne! No, su. Forse essendo un ibrido ha modo di vivere più a lungo, ma sempre decrepito rimarrebbe».

«ecco, questo come punto di vista seppure sempre a sfavore è già molto più ragionevole di quello di Howard».

«perché, tu sei a favore?»

«no. Sinceramente no, proprio tenendo in considerazione età e probabilità di generare eventuali eredi. Per non parlare del fatto che, secondo Lela, se quel pover’uomo continuerà a subire un trauma dopo l’altro la sua povera psiche non tarderà troppo ad andare in frantumi. C’è da stupirsi che non sia già successo!...ma sembrano tenere molto al loro rapporto, lui più di lei, quindi è una possibilità che va presa ugualmente in considerazione».

«io però incrocio le dita e continuo a sperare in lei e Kevin».

«c’è un’altra possibilità ancora, che nessuno ha considerato e della quale io incrocio le dita perché non si verifichi: che Hammy lasci il marito per il cognato!»

Janice assunse un’aria sorpresa. Vero, nessuno aveva pensato a quell’alternativa! Emerald e Zachary, i due cognati del crimine, insieme.

«mi sembra un po’improbabile…credo che a Zachary non interessino le donne. O meglio, che non gli interessi avere una relazione amorosa e basta…»

Si allarmarono entrambi e Janice emise un piccolo strillo quando la tranquillità della serata venne spezzata da Robin Mask che urlava mentre Abraxas sembrava divertirsi ad inseguirlo, ma senza sforzarsi granché.

Era curioso vedere l’immenso cavallo così vicino alla villa, ma forse avere una maggior quantità di ospiti in casa -e quell’ospite in particolare- aveva cambiato un po’ la sua routine fatta di mangiate di erba e corse quasi continue per tutta la tenuta, che offriva terreno in abbondanza.

Già, Abraxas dal canto suo sperava che tutta quella gentaglia se ne andasse presto; in quel periodo aveva tirato più zoccolate che in tutta la propria vita, in quanto capitava spesso che i ragazzi -ubriachi- della Lega andassero di proposito a cercarlo, perché li incuriosiva per quanto li spaventava.

Il biondino con la K sulla fronte poi aveva anche tentato di domarlo. Tsk! Abraxas lo aveva fatto sbattere violentemente contro un tronco d’albero e poi, tanto per gradire, lo aveva anche calpestato più volte una volta svenuto.

E non contento in seguito lo aveva anche trascinato nel lago, dove sarebbe affogato se l’altro tizio ubriaco, quello marrone peloso con le zanne, non l’avesse tirato fuori.

Non vedeva l’ora di poter tornare alla sua pace, e alle lunghe cavalcate con il suo padrone o, saltuariamente, con la padroncina…o il ragazzo con i capelli bianchi.

Ma nel frattempo poteva sfogare il nervosismo inseguendo quel tonto con la maschera argentata!

«lasciami in pace brutto mostro, lasciami in pace!!!»

Robin peraltro era “soltanto” reo di aver fatto una camminata nella tenuta in cerca di qualcosa di possibilmente pieno di spine da infilare nel letto di Howard, avendo cura di non sbagliare lato magari. Ma poi aveva incontrato Abraxas, ed era da allora che correva come un forsennato.

E dire che Robin non era un novellino a trattare con i cavalli normali.

Ma quello era il cavallo prediletto del re delle scimmie, quindi tanto normale non poteva essere.

«ecco, quella sì che è una bestia che mi inquieta!» rabbrividì Janice «a me piacciono i cavalli, ma Abraxas mi fa paura esattamente quanta ne fa a Rose» il suo palomino, che come sentiva l’odore di Abraxas partiva al galoppo in una direzione diametralmente opposta «il che è tutto dire!»

«qui poi io non posso nemmeno intervenire, a me Abraxas non dà retta».

«chi è che sta urlando…? Oh! È Mr. Mask!»

«ciao, ragazzi…» quella che aveva parlato era Crea, ma Janice vide che con lei c’era anche buona parte del resto degli ospiti, eccetto Terry Kenyon per le ragioni dette sopra «eh si, temo proprio che Abraxas abbia deciso di dargli addosso».

«e vai così cavallooooo!!!» strillò Kid Muscle, beccandosi -tanto per cambiare- una botta in testa da diverse persone contemporaneamente «m-ma che ho detto di male?! Ehi! Robin Mask ci ha fatti tribolare un sacco nella Scuola di Ercole, dovreste capirmi tutti quanti!!!»

«sei il solito!!!» gli urlò contro Meat «qualcuno non può fare qualcosa per fermarlo?»

«Howie potrebbe, ma adesso è in ufficio e-»

Da un punto non eccessivamente lontano -ossia la finestra dell’ufficio- si sentì un “prendilo e fagli fare un bagno nel lago” rivolto al cavallo, e detto da una voce inconfondibile.

«…e direi che abbia tutt’altre intenzioni…»

 

 

:: Roma, sera tardi ::

 

 

«mi chiedo che ci stia a fare, dovrebbe servirci come radar per trovare quei due e invece non ha detto più un cavolo da stamattina…»

Kevin Mask e Kirika erano nella hall di un alberghetto della Città Eterna, avevano finito di cenare circa un’ora prima, e se non avessero visto piovigginare probabilmente sarebbero usciti a cercare -con profitto o meno visto che Roma non è un paesello di cento anime- Emerald e Zachary. Quanto a Lord Flash, aveva cenato ancor prima di loro per poi ritirarsi nella propria stanza. I soldi delle signore Lancaster permettevano loro di viaggiare comodamente e non in clandestinità, se non altro.

«Mask, per Yzgoth e Ahezeal, piantala! Mi hai scocciata!» sbottò infine Kirika «ficcati in testa che può trovare il computer di Zachary solo se ce l’ha acceso, se non ha detto niente non pensi che vorrà dire che Zachary, quindi, non l’ha acceso?! Sveglia!» batté pure due volte il pugno sulla maschera dell’inglese «se avesse un’idea di dove può essere la Lancaster sta’ sicuro che saremmo già partiti in quarta peggio di Blade quando c’è da ammazzare vampiri!»

«…hai visto i film di Blade?»

«sì, li ho visti, ma non stavamo parlando di quello. Senti, quel tizio è di un’antipatia tale che se potessi starei a schiaffeggiarlo tutto il giorno, sta sulle palle pure a me nonostante in realtà non mi abbia fatto nulla di male, ma al momento ci serve e dobbiamo tenercelo buono o c’è caso che se ne vada per cazzi suoi…»

«magari!»

«no, idiota!!! Se lui se ne va poi come la troviamo, ad Emerald?!...lascia che te lo dica, sei proprio il degno figlio di tuo padre, e non è affatto un complimento».

Quelli erano momenti in cui rimpiangeva quando era Kevin Mask il lupo solitario inavvicinabile, ma le cose da dopo Hammy erano cambiate. Lui stesso era cambiato. E quindi, se proprio doveva scegliere tra la compagnia di Warsman e quella di Kirika preferiva la seconda opzione. Kirika perlomeno non gli aveva recato i torti recatigli dal suo ex allenatore, sui quali non riusciva ancora a mettere una pietra sopra, nemmeno dopo averlo fatto evadere. E tutto sommato, quando non lo insultava, si era rivelata anche una compagnia più che accettabile. Avevano scoperto di avere in comune passioni come i giochi di carte, per qualche serie tv come per esempio Dexter, per qualche gruppo musicale. Inoltre c’era il percorso alla Scuola, c’erano gli incontri affrontati, gli avversari battuti.

Ed Emerald, sulla quale si erano fatti diverse domande a cui però solo lei stessa, o forse Warsman, avrebbe potuto rispondere.

Però quando se ne usciva con queste cose la demonessa lo faceva veramente imbestialire. E dire che lo sapevano tutti che detestava essere paragonato al padre, specialmente dopo aver saputo della carognata che Robin aveva fatto a lui e anche ad Alisa! Parlare di certe cose, specialmente in quel momento abbastanza teso, era come dare fuoco alle polveri.

«vai al diavolo!!! Non ho scelto io di nascere da un padre imbecille e degenere, razza di scema!» ringhiò.

«uh, hai usato “degenere”, è una parola complicata per uno come te» ribatté acida Kirika.

«uno come me, ossia come? Uno come me che è cresciuto in mezzo ad una strada, è per caso questo che vuoi dire?! Mi vedi ignorante così come mi vedeva la “signora la marchesa”?!! notizia dell’ultima ora, non siamo tutti quanti figli di qualche re di un qualche lurido pianeta messo in qualche ancor più lurido buco della galassia come te!»

Anche Kirika però nonostante ciò che poteva sembrare avvertiva la stessa tensione di Kevin.

E Mask era riuscito a toccare uno dei pochi argomenti che in una situazione simile avrebbe potuto farla veramente arrabbiare. Del passato di Kevin Mask, per bocca dello stesso ragazzo che non si era mai risparmiato nello sputtanare il padre sempre e comunque, rovesciandogli addosso tonnellate di rancore velenoso, erano tutti a conoscenza. Chi non lo temeva lo compiangeva poverino, bu-uh, è scappato di casa quando era piccino, bu-uh, ha vissuto per strada, bu-uh, credeva che mammina fosse morta quando invece era viva e vegeta su Nettuno…

Lei invece non aveva ricevuto comprensione da nessuno. Mai. Non si era neppure mai lamentata in mondovisione come Mask la prima volta che si era fatto vedere in tv con quei due della D.m.P. , era andata per la sua strada e basta, ed ora lui veniva a dirle certe cose, senza sapere minimamente di cosa andava blaterando?!

«idiota!» gli sputò contro, con lo sguardo pieno di rabbia «tu non hai la minima idea di quel che ho passato io!!! Credi di essere tanto duro e tanto tosto perché pensi di aver vissuto l’inferno da piccolo, eh?! Nyah-ah-ah-ah-ah-ah! Stupido!» non c’era traccia di allegria nella sua risata, e nemmeno del solito sarcasmo. C’era solo una grande amarezza.

«stupido!...tu non hai la minima idea di cosa sia l’inferno! L’inferno è quando ti trovi un padre che quando sei piccola non ti calcola minimamente, nemmeno per importi allenamenti come il tuo ha fatto con te. L’inferno è quando il suddetto padre è un alcolizzato di merda che cerca di prenderti a botte, e nei momenti di sobrietà cerca di ammazzarsi perché non sopporta di aver perso uno schifo di incontro. L’inferno è quando tua madre, per colpa di tuo padre, ufficialmente sparisce e ti lascia lì perché non le importa che tu viva o muoia. Ed è quando tuo padre poi, mentre tenta di romperti in testa la bottiglia di liquore appena finita, ti rivela di averla fatta ammazzare!»

Perlomeno la madre di Kevin era viva ed in compagnia di un uomo che la rendeva felice.

«l’inferno» continuò «è quando tuo padre ti getta in una scuola di lottatori suoi ex avversari mentre tu avresti voluto fare tutt’altro, è quando per anni non riesci a farti nemmeno un amico e non per tua scelta com’è successo per te, Lone Wolf Mask» gli piantò un dito nel petto «noooo, ma perché sei una demone figlia di uno psycho chojin, e non hai nemmeno un cazzo di orsetto di peluche con cui parlare perché quella è “roba da donnicciole”! E sei una donna!!! E nessuno ha uno straccio di comprensione verso di te perché ti hanno insegnato a tenere sempre tutto per te e a non lagnarti!!! Ecco qual è l’inferno, Kevin Mask!!!»

Lo spinse brutalmente, per poi correre fuori dall’albergo. Il ragazzo ebbe la fortuna di cadere sui divanetti, ma rimase lì sconcertato giusto per pochi istanti prima di decidere di lanciarsi all’inseguimento di Kirika.

La ragazza correva lungo la strada in pietra, reprimendo l’immensa voglia di rompere tutto quel che si trovava sulla sua strada. Correva per cercare di ritrovare un minimo di controllo, per rimettere da parte i ricordi che Kevin con quel che aveva detto aveva riportato a galla, e per cercare di combattere la vergogna che le stava arrossando le guance.

Come aveva potuto scoprirsi così? Come aveva potuto permettere alla tensione di giocarle un simile tiro, quando alla Scuola di Ercole non le era mai successo niente del genere?

Forse era stato perché in quel caso aveva potuto concentrarsi su altro: tentare di fuggire, o farli dannare quanto loro cercavano di far dannare lei…

«Kirika!»

Che cosa?! La stava perfino inseguendo?! A beh, certo, probabilmente non voleva perdersi eventuali lacrime. Ma Mask sarebbe rimasto deluso. L’ultima volta che aveva pianto risaliva a quando aveva sei anni. Quando si ha una vita dura, o ci si indurisce o si finisce per essere sopraffatti. E lei si era indurita.

Oh, ma perché non la lasciava in pace?

«Kirika!!!»

La demonessa frenò di botto la propria corsa. Scappare non sarebbe servito a niente se non a bagnarsi i vestiti di pioggia, ed era il caso di rientrare in albergo perché non potevano sapere quando Warsman avrebbe potuto localizzare i due.

Fece un respiro profondo e si voltò lentamente, venendo raggiunta da Kevin.

«ehi Mask…vedi di non prenderti un malanno, perché non starò a cantarti “soffice Kitty”» disse, con un evidente riferimento a The Big Bang Theory «chiaro?»

Il silenzio da parte del ragazzo riuscì ad allarmarla.

«il gatto ti ha mangiato la lingua?»

No, si era solamente reso conto di essere stato un idiota, e che pur provenendo dal Pianeta dei Demoni Kirika aveva eccome un lato ben più che umano. Aveva capito perché sembrava impegnarsi tanto per risultare una stronza ai più. Lui aveva fatto lo stesso per un bel po’di tempo.

Avevano in comune ancora più cose di quanto Kevin avesse immaginato.

«ho parlato senza sapere come stanno davvero le cose e me ne scuso. Non riesco a togliermi di dosso quest’abitudine di fare idiozie che mi ha già fatto perdere troppe cose. Mi dispiace».

«senti, non ho bisogno di compassione. Dimentica la scena di prima, non so che cazzo mi è preso» disse lei, evidentemente desiderosa di archiviare l’intera questione «rientriamo, ho veramente bisogno di bere qualcosa» aggiunse, procedendo a grandi passi verso l’albergo, affiancata da Kevin.

«offro io».

«lascia perdere».

«no. Offro io».

«di’ che offre Janice Lancaster, è più giusto».

«guarda che  non sono venuto via completamente senza soldi!»

«bah. Se proprio ci tieni alla fine fai un po’come ti pare».

L’albergo aveva un bar interno piuttosto fornito, per cui circa una mezz’ora dopo i due improbabili compagni di viaggio -non proprio alticci, ma comunque piuttosto “allegri”- si ritrovarono seduti vicini su due sgabelli, circondandosi a vicenda le spalle con un braccio, a stonare “Soffice Kitty”.

«”soft Kitty, Warm Kitty
Little ball of fur!
Happy Kitty, Sleepy Kitty
Purr purr purr!”
»

Kevin pensò che davvero, non stava andando poi così male. Forse in futuro sarebbero riusciti ad andare d’accordo davvero, e si ripromise di rendersi disponibile per parlare qualora la ragazza ne avesse avuto bisogno.

“non me lo direbbe mai, se lo avesse” pensò.

Anche quella era una ragazza forte, e adesso non faticava più a capire perché era amica di Emerald. Peraltro, di tutte le chojin del gruppo, era stata l’unica a partire nel tentativo di fare qualcosa di concreto per ritrovarla.

Indubbiamente era da ammirare.

«haaaappy Kitty, sleeeepy Kitty, purr purr purr!»

Anche solo per l’aria noncurante con cui stonava quella canzone.

«hai già finito la voce, Kevin?!»

Era la prima volta che lo chiamava per nome da quando la conosceva. Forse perché se prima lo trovava sempre un po’antipatico -e prima ancora invece lo trovava semplicemente molto stupido tanto da parteggiare per Michael- adesso non era più così.

Fu lì che Kevin fece la seconda immensa idiozia della serata.

Era un tipo impulsivo, e quando in seguito si chiese a cosa avesse pensato in quel momento di accorse di non saper rispondere.

Sta di fatto che all’improvviso si sollevò la maschera e la baciò.

«mhf!!!»

Kirika sgranò gli occhi a quel contatto improvviso, mentre l’allegria di poco prima veniva sostituita da una gelida sorpresa ed il cuore mancava un battito.

Dapprima pensò: “ma che diavolo…?”

Poi pensò: “però, non è mica male”.

E dopo ancora alla sorpresa di aggiunse una specie di “terrore” inspiegabile, che fece scattare il suo pugno destro andando a colpire Kevin dritto in faccia facendolo crollare giù dallo sgabello e sbattere malamente la testa -per fortuna protetta dall’elmo- contro il pavimento.

«m-ma che diamine-»

«che ti è saltato in testa?!!» Kirika si alzò bruscamente «ma sei cretino?!!»

Al di là di tutto, anche della sua poca esperienza con gli uomini, anche Kirika conosceva la legge universale secondo la quale non era assolutamente consigliabile farsi mettere le mani -o le labbra- addosso dall’ex della propria candidata a pseudo migliore amica, eccetto che nel caso in cui la suddetta avesse dato il proprio permesso.

«n-non so cosa-»

«ma tu sei veramente figlio di tuo padre!!!»

«basta voi due!»

Sia Kevin che Kirika si voltarono. A rovinare ulteriormente la serata era sopraggiunto Warsman, che forse aveva notizie di Emerald e Zachary. E che peraltro si era visto tutta la scena del bacio e del diretto in faccia a Kevin, ed era rimasto basito.

Ma come? Kevin gli aveva fatto tante scenate, tante rotture, lo aveva perfino picchiato dopo averlo liberato, e poi si sbaciucchiava un’amica della ragazza per cui il loro rapporto di fiducia si era rovinato?!

Per carità, meglio così, era giovane ed aveva tutto il diritto di rifarsi una vita, ma proprio in quel momento  e proprio con Kirika…! Pensava che Kevin conoscesse almeno la regola “giù le mani dalle amiche delle ex”, ma a quanto sembrava no.

«tanto per rendere la serata ancora più gradevole!» sbottò la ragazza «ci mancava giusto un altro cretino!»

Warsman fu, come spesso accadeva, fortemente tentato di infilzarle il cranio. Ma i due avevano già dato abbastanza spettacolo senza aggiungere una demonessa allo spiedo.

«fai silenzio, e tu Kevin rialzati. Stai dando uno spettacolo indegno!»

Il ragazzo si rialzò lentamente. «beh. Sempre meno squallido di un porco che sbava su una ventenne».

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah!» rise la demonessa dai capelli verdi prima di ricordarsi che ce l’aveva con lui e tornare a guardare entrambi in cagnesco.

Quanto a Warsman, alla voglia di infilzare qualcuno si era aggiunta quella di urlare dalla gran rabbia ed esasperazione. Soprattutto la seconda.

«a giudicare da quel che ho appena visto succedere ti consiglio di smetterla di provocarmi, perché la faccenda sta diventando ridicola».

Nessuno dei due fiatò più.

“maledizione, ci ha visti!” pensò Kevin.

«ho avvertito il segnale del computer di quel mostro. Sono qui, nel raggio di circa quattrocento metri; se vogliamo cercare di prenderli, il momento è questo».

 

 

Nonostante la pioggia che stava diventando sempre più fitta e minacciava l’arrivo di un vero temporale, Zeke ed Hammy non avevano resistito al fascino di una passeggiata lungo una via che dava sul Tevere, illuminata da pali dalla luce aranciata, lasciando il portatile di Zachary al sicuro dentro Chaos Star II.

Ad entrambi piaceva moltissimo quella città. Roma, Città Eterna. Roma, Caput Mundi, nella quale c’erano già gli acquedotti quando ancora i barbari del nord Europa vivevano in capanne di fango. Trovavano che anche l’albergo in cui soggiornavano, un tre stelle ad un paio di isolati da lì, non fosse affatto male. Certo, Hammy era abituata ad altro, ma era sempre meglio del motel in cui era stata con Warsman…e nemmeno a dirlo, si era fregata subito la penna che aveva trovato nel cassetto della scrivania, mettendosela in tasca. Tendeva generalmente a farlo per portarsele dietro come souvenir un po’illecito.

«mi sa che mi dispiacerà lasciare anche questo posto, Zeke».

Le frasi che riusciva a pronunciare si erano allungate ancora un po’.

«dispiacerà anche a me. Dove li ritrovo i saltimbocca? E gli spaghetti aglio e olio? E la carbonara?...fermami o non finisco più. Avrò messo su tre chili, da quando siamo arrivati qui! A momenti i pantaloni da hippy mi vanno stretti in vita!» non era vero, mancava ancora un bel po’perché potessero andargli veramente stretti, ma non sbagliava quando diceva di aver messo su circa tre chili. Per un americano abituato a mangiare porcherie di ogni genere -eccetto che quando cucinava sua madre, perché i piatti tipici argentini erano già meglio- l’Italia era un paradiso gastronomico.

«pff. Ma dai».

«non siamo tutti come te, cognatina, che mangi, mangi ma non metti su un grammo» replicò l’altro, cedendole l’ombrello «tienimi questo».

«che vuoi fare? Zachary!»

«I’m siiiiiiiiiiiiiiiiiiiingin’ in the raaain, just siiiiiingin’in the rain!!!» canto, attaccandosi ad un palo mimando la celebre scena « I’m siiiiiiiiiiiiiiiiiiiingin’ in the raaain…»

«guarda che la canzone non fa solo così!»

«eh sì, ma io so solo questa parte! non è che c’è il resto nel tuo archivio?»

«quale archivio?»

«la memoria!...hai ancora la memoria eidetica, vero?»

«sì…a parte che quei due anni e mezzo ricordo tutto. Anyway, non ho mai letto il testo di questa canzone».

«oh. Peccato».

Lo sguardo di Hammy cadde sul fiume.

Tevere…Tevere. Il rumore dell’acqua che scorreva sembrava come volerle dire qualcosa, ma non aveva proprio idea di cosa potesse essere. Che c’entrasse col suo precedente viaggio in quella città?

«Emerald?...Hammy?»

…che c’entrasse con il porcello? Chissà come stava. Chissà dov’era.

Ma poi, perché avrebbe dovuto interessarle?

Occhieggiò la panchina all’altro lato della strada, avrebbe avuto una voglia matta di sedersi a pensare, ma si sarebbe bagnata completamente e non era il caso...

Fu il rombo di un tuono a riscuoterla dai suoi pensieri, facendola trasalire e diventare particolarmente pallida, mentre si tormentava le treccine hippy multicolor. Un conto era affrontarli quando era in casa, un conto farlo quando era fuori, e dei tuoni sentiti da dentro casa aveva meno paura da quando…

Da quando?!

Perché non riusciva a ricordare?!

La sensazione che ci fosse qualcosa sotto si acuì nel momento in cui l’albino -che ancora non sembrava affatto albino per via della tinta- si riappropriò dell’ombrello avvicinandola a sé.

«mi sembrava di ricordare che mi avessi detto qualcosa a proposito di una sorta di brontofobia. Ma posso assicurarti che, pure se a volte possono risultare fastidiosi, da qualsiasi punto di vista -incluso quello scientifico- i tuoni sono completamente innocui. In pratica…non ti fanno niente, Emerald».

 

i tuoni non ti fanno niente, Emerald…”

 

Era uno scherzaccio del suo cervello sentire l’eco della fase di Zachary pronunciata, invece, da Nikolai?

No …

 

a me non piacciono lo stesso, ok?”

“eppure come DJ dovresti essere abituata al rumore”.

 

No, non era uno scherzo del suo cervello, era qualcos’altro, era-

«attenta!»

Emerald si sentì spingere bruscamente di lato rischiando quasi di cadere a terra come l’ombrello, mentre Zachary pur essendo riuscito ad evitare il peggio aveva comunque rimediato una brutta ferita al fianco da Warsman, i cui artigli erano ora ricoperti dal sangue che gocciolava a terra, mischiandosi con la pioggia.

«tu…non vedrai l’alba di domani!!!»

«Emerald!»

«Warsman!»

Nella confusione la ragazza si voltò, quelle voci erano familiari…Kirika, che aveva chiamato lei, e Kevin, che stava cercando di raggiungere Warsman per impedirgli di commettere un omicidio.

Era andato tutto abbastanza bene fino a quel momento, li avevano visti -ed erano stati indecisi se ridere o piangere per com’erano vestiti- e stavano discutendo su come avvicinarli, ma poi c’era stato quel tuono, Zachary aveva stretto Emerald a sé…e per qualche motivo ignoto a Kevin, il russo non ci aveva più visto ed era partito in quarta ad artigli sguainati con tutto l’intento -comprensibile, se lo avesse fatto per quel che era successo a Washington- di far fuori Zeke una volta per tutte.

Il fatto era che quel tuono non aveva riportato a galla dei ricordi solo in Emerald, ma anche in Lord Flash. Ricordi di quando avevano vissuto appieno il loro strano rapporto. E vederla riviverli, anche se un po’diversamente, con Zachary Connors lo aveva fatto veramente infuriare. Non con lei, ovviamente. Ma più che altro con Zeke e con la vita stessa.

«Warsman, non fare idioz-Warsman!»

Inutile dire che Zachary avsse reagito più velocemente che poteva, tirando fuori due coltelli ed usandoli per colpire il russo da vicino. Warsman evitò solo per un soffio di farsi tagliare l’arteria femorale ed infilzare profondamente in pieno stomaco, ma rimediò ugualmente delle brutte ferite ad una coscia e al ventre.

«va’ a vedere che nel processo ti ho inserito per errore un comando che ti fa diventare ancor più pazzo di quanto tu già sia ogni volta che mi vedi!» Zeke evitò un’artigliata e decise di allontanarsi, tentando di ignorare la ferita pulsante al fianco «potrebbe anche essere una cosa carina!»

Il russo non rispose.

Il sorriso malefico parlava per lui, e non faticò troppo a respingere Kevin che cercava di bloccarlo.

La pioggia aumentava, così come la vicinanza dei tuoni, ed in tutto ciò Emerald si sentiva sempre più…sopraffatta.

Il rumore, l’odore e la vista del sangue, Nikolai lì, Zachary ferito, la pioggia…il fiume. Ancora lui. Se prima aveva la sensazione che volesse dirle qualcosa, adesso era diventato un urlo di cui riusciva a comprendere poco il senso.

«Lancaster, devi spiegarmi diverse cose…!»

Registrò la presenza di Kirika, che non avendo voglia di mettersi in mezzo alla battaglia per raccogliere l’ombrello la stava coprendo con la propria giacca.

Chiuse gli occhi con un lamento, si sentiva la testa scoppiare.

Kirika…

 

“liquore del pianeta dei demoni, bevine giusto un paio di sorsi che è roba forte. Ti dirò, se non ti buttano fuori sono contenta di essere capitata con te; sei una di quelle che della vita ha capito tutto!”

“altrettanto”.

“non una parola su questi viveri segreti o sei morta”.

“ti rivelo un segreto, quelle tre valige sono così grosse perché hanno degli scomparti segreti non rilevabili da alcuna scansione fatte apposta per portarsi dietro cose che non ci si potrebbe portar dietro, e dentro ho una grossa scorta di alcolici. Adesso siamo pari”.

“avevo ragione: tu della vita hai capito veramente tutto”.

 

«tu…morirai…OGGI!!!»

I tentativi di Kevin di fermare il suo allenatore erano stati inutili, e adesso Warsman stava correndo in posizione d’attacco verso Zachary.

Posizione d’attacco…braccia alte, ventre e petto che erano un invito per un lanciatore di coltelli che si preparò a fare la sua mossa…

Emerald avrebbe capito. O lui, o quel robot. E se proprio doveva scegliere, beh, Zachary Connors ovviamente preferiva salvare se stesso in quanto essere ben più degno di nota.

Ma Warsman era troppo accecato dall’odio per capire di star commettendo un errore madornale, Kevin dalla sua posizione non riusciva a vedere bene quel che stava facendo Zeke per avvertirlo.

Ma Kirika sì.

«atten-»

Non fece in tempo, Zachary lanciò entrambi i coltelli con tutta la forza che aveva in corpo, dritti contro un bersaglio che sicuramente non avrebbero mancato se…

Ci fu un rumore assurdo, ed una panchina, quella che Hammy aveva visto prima, volò contro il russo ad una velocità tale che l’impatto lo fece finire nel Tevere.

Con la suddetta panchina addosso.

«VIA! Andiamo via!!!»

A gridare era stata Emerald, in tutto ciò Kirika non si era nemmeno accorta che aveva smesso di lamentarsi ad occhi chiusi sgusciando via da sotto la sua giacca. La londinese corse verso Zachary, lo afferrò e lo trascinò via a forza -col braccio che aveva usato per sradicare e lanciare la panchina- defilandosi in un vicolo.

Ma non prima di aver lanciato a Kirika un’occhiata che le rimase impressa, perché era da diverso tempo che non le vedeva quello sguardo negli occhi. C’era qualcosa di diverso, ma non avrebbe saputo descriverlo, e…

«Kirika, aiutami a tirarlo fuori dal fiume!!!...Emerald ha fatto un bel cavolo di lavoro…!» sbottò Kevin.

“ma sono la sola a pensare che gli abbia salvato la vita?” si domandò Kirika, rimettendosi la giacca.

E nelle tasche trovò qualcosa.

Una penna che prima non c’era…




Sono riuscita ad aggiornare!!! E con un capitolo dalla lunghezza decente!

Lettori: sì, peccato che il 90% sia fuffa!!!

...scusate. Lo so che di Neuschwanstein e di Howard che compra Neuschwanstein e di Kevin e Kirika non frega nulla a nessuno, MA è un inizio di ripresa!

A proposito di Neuschwanstein, eccolo qui.
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Dai, fa un sacco principessa!

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Capitolo 15
*** Tradimento! ***


«mi chiedo come ci abbiano trovati. Non può essere un caso. Che siano venuti a conoscenza dell’itinerario, quello vecchio almeno, ed abbiano avuto il colpo di fortuna di venire proprio qui è qualcosa a cui non credo. Forse è a causa dei cellulari…ma mi sembra strano, sono sim prepagate e mio fratello non è a conoscenza dei dati che riguardano le mie identità fasulle».

«per fortuna che mentre ipotizzi stai fermo. Dovremmo essere al pronto soccorso…»

Una cosa Emerald la doveva ammettere: quel ragazzo sembrava avere una soglia di dolore piuttosto alta, considerando che se ne stava lì ferito e disteso sul letto a fare ipotesi su come potessero averli trovati.

Stando bene attento a non tirare fuori l’argomento Washington, perché per quanto ne sapeva Hammy lui l’aveva trovata svenuta davanti ad un motel, dopo che Warsman aveva avuto un incidente in moto. Non era a conoscenza né del danneggiamento che Zeke aveva tentato di provocare al suo NN1, né del fatto che era stato catturato e portato a Londra.

«no, macché. Disinfettante, punti ed un paio di fasciature basteranno, e se fosse per me saremmo già in macchina. È rischioso rimanere qui a Roma. Diciamo che a questo punto è rischioso rimanere in Italia e basta. Potrebbero farci saltare tutto il tour. Il distributore automatico con gli artigli magari può avere solo l’obiettivo di ritrovarti e tentare di tenerti con sé, ma Kirika e il tuo ex vorranno riportarti a casa…»

«e per quanto mi dispiaccia l’idea di far preoccupare papà e Mikey, al momento tornare a casa non è nelle mie intenzioni» Emerald iniziò a suturare la ferita «rivoglio i miei ricordi, e questa sembra essere la buona strada. Adesso rimani immobile» gli ordinò «…e comunque mi chiedo: se abbiamo lasciato Warsman in America, com’è possibile che ora ce lo ritroviamo qui e pure in compagnia? A meno che dopo quell’incidente che mi hai detto che ha avuto non sia finito in ospedale e la notizia sia arrivata in qualche modo a Michael, che era a casa vostra…»

«…e che può averlo portato a Londra per fargli qualche domanda…» l’albino si trattenne dall’emettere un sibilo di dolore. Erano i serpenti a sibilare, non gli esseri umani.

Già, da quant’era che non uccideva un serpente? Una vita! Troppo per i suoi gusti.

«ma se è così mi chiedo come sia riuscito ad andarsene» commentò Emerald «certo…a meno che non se ne sia andato “autorizzato”. Tra tutti e tre non avevano l’aria di girare in clandestinità come noialtri».

«sei migliorata nuovamente col parlare, cognatina, ne sono contento. Per caso hai ricordato dell’altro?»

Emerald cucì un altro paio di punti prima di rispondere. «no» disse «niente di rilevante, a parte un vecchio episodio in cui Warsman mi prendeva in giro per la mia pura dei tuoni» aggiunse in seguito «un’idiozia, in pratica».

«qui a Roma?»

Hammy finì di cucire la prima ferita. Il brutto era che ce n’erano altre due. «non sono sicura di essere stata a Roma con lui, al di là di quello che mi raccontava. Probabilmente è successo quando vivevo con Kevin. I miei ricordi, a parte questo episodio, sono quelli di mezz’ora fa. Quindi non so dirti altro».

«ti ricordi di aver vissuto con Kevin?»

Emerald sollevò gli occhi smeraldini così da incontrare lo sguardo del cognato, che senza lenti a contatto faceva sempre un certo effetto quando cercava di inquisire in quel modo.

«tutta quella gente che è venuta a trovarmi mi ha raccontato questo ed altro. Non ricordo quei fatti, ma i loro racconti sì, parola per parola».

«chiaro. Memoria eidetica».

«già».

Sì, Zachary inquisiva. Perché al di là di tutto, le azioni di Emerald lungo il fiume avevano un “qualcosa” che non gli tornava. Aveva voluto salvare Warsman, e quello ci stava…ma il modo…

Fino a quel momento, pur sapendo di avere un braccio potenziato, aveva sempre lasciato fare a lui nei momenti in cui aveva avuto bisogno di protezione. Gli aveva lasciato pigramente le redini di tutta l’operazione, lei si sentiva “malata” e si comportava come tale, lasciando che ad occuparsi di tutto fosse lui.

Invece in quel caso prima l’aveva vista come “sopraffatta”…ed un istante dopo al contrario eccola sgusciare dalla presa di Kirika, lanciare una panchina contro il russo consapevole che lo avrebbe fatto finire nel fiume e salvandogli la pelle, e da ultimo trascinarlo via con un piglio risoluto, invece che spaventato da tutta la battaglia.

Così come con la stessa risolutezza era riuscita ad imporgli di rimanere in albergo almeno per quella notte dopo aver curato “fai-da-te” le ferite, anche se non era riuscita a convincerlo ad andare al pronto soccorso.

«torniamo a noi, Emerald…non hai torto, forse è stata davvero una fuga autorizzata. Li hanno mandati qui a prenderci… ma non lo avrebbero fatto se non avessero avuto la certezza che, primo, ci avrebbero effettivamente trovati e, secondo, di essere in grado a loro volta di ritrovarli. O almeno, ritrovare il robot. Detta in breve e in un modo che dovrebbe esserti chiaro, cognatina, credo che lo stiano usando come un cane da caccia provvisto di chip».

E non aveva affatto torto.

«non è né un robot né un cane da caccia, ma non mi sento nemmeno di darti torto. Solo, due cose: quale traccia sta seguendo? E soprattutto, mi spieghi perché ha tentato di ucciderti? Non mi risulta che tu gli abbia fatto niente».

Già, perché si era persa sia quel che era successo al matrimonio che tutto il resto, ossia la battaglia tra il russo, Zeke e Sebastian…e soprattutto non sapeva di Washington, appunto.

«e che ne so? ma ricordi il discorso che facemmo la sera in cui abbiamo finito per dare fuoco a quel locale…»

«ho ricordato diversi nostri trascorsi in America, ma non proprio tutto, e questa parte mi sfugge» e anche la seconda ferita era stata suturata.

«ti dissi che ha il cervello di un robot. Per cui, un uno al posto sbagliato…»

«e io dubito fortemente che c’entrino gli uno e gli zeri!»

Quello di Hammy sembrava quasi un tono accusatore. Che avesse iniziato improvvisamente a ritenerlo un possibile responsabile di…qualcosa?

«perché? Una macchina può guastarsi. E sai, non penso che a Londra abbia passato un bel quarto d’ora» fece schioccare la lingua contro il palato «per niente. Magari Lentiggine gli ha dato troppe botte in testa, non è tanto improbabile».

«eppure sanno che io non voglio che lo si tocchi!»

«immaginavo che fosse quello il motivo per cui gli hai tirato la panchina. Perché gli vuoi tanto bene».

Probabilmente quella avrebbe voluto essere ironia, ma Zachary non possedeva né un’espressione né un tono ironico da utilizzare.

«macché. Solo, non voglio che muoia...e tu prima hai cercato di ucciderlo!»

«mentre invece lui voleva solo mostrarmi come funzionano gli artigli, e le ferite che stai curando sono puramente accidentali…»

Altra “ironia”.

Emerald si passò la mano sul volto, facendo un lungo sospiro. «va’ a capire che gli è preso».

In effetti la reazione di Warsman era stata…bestiale. Nemmeno con Michael che l’aveva torturato per un periodo di tempo piuttosto lungo aveva mai agito in quel modo, attaccando a testa bassa senza stare a pensarci minimamente su. Forse era successo perché Zachary si era mosso diversamente dal fratello, violando la dignità e l’ “essere” di quel pover’uomo in modo molto più profondo di quanto fosse possibile fare a livello fisico.

E forse era anche un segno che dopo tutto quel che gli era successo il russo cominciava a non poterne veramente più. Un primo segno di cedimento dopo tutti i “colpi” subiti. Era un chojin, ed era un uomo caratterialmente molto forte, ma anche lui aveva un limite a quanto poteva sopportare.

E tutto per una donna, poi. Perché se avesse colto l’occasione e si fosse allontanato da Emerald dopo le finali, tutto quel che era capitato dopo non sarebbe successo.

«ingranaggio inceppato».

«Zeke. Su» finì di disinfettare e ricucire anche l’ultima ferita «…lo sai che a volte un po’mi inquieti?»

«perché?»

«ti ho ricucito e non ti sei mai lagnato».

«sì beh, il mio cervello era occupato con altro che non fosse il dolore. Alternativa: che ci abbiano trovati a causa del portatile vecchio?» quello con cui, per inciso, aveva hackerato il conto in banca del fratello «no, non ne vedo il senso, gli ho anche tolto la batteria da un pezzo. E se così fosse, perché mandare l’adorabile» ….e non era ironico stavolta…«Kirika e gli altri due? Lentiggine e tuo padre sarebbero venuti qui di persona».

«e col portatile nuovo che hai fatto invece?»

 

“tutta questa cosa con Hammy ti ha esposto a molti rischi. Stai facendo molte cose per lei, ti stai dannando per lei. Non sarebbe meglio che le stessi lontano, lattina? Che tu te la…dimenticassi?Ma si che lo sarebbe. Per tutti. Così ho pensato: facciamogli dimenticare la cognatina. Cancelliamo i ricordi che la riguardano, o meglio, cancelliamo i ricordi che riguardano lei e quel brutto distributore automatico che si crede Wolverine. Lasciamo dei buchi nella memoria di quel robot. Lasciamo che il robottino in questione passi il resto della sua vita a cercare di riempirli senza mai riuscirci, in un tormento che lo seguirà fino allo spegnimento”.

 

«principalmente ho giocato a Cut The Rope».

No. Non c'entrava quel che era successo a Washington, quello cerebrale di Warsman era un sistema chiuso, al limite accessibile solo tramite cavi, e che dunque non poteva ricevere via wireless dati -come la posizione- da altri dispositivi.

Era una cosa tanto improbabile da poter essere definita impossibile. E rifiutava di credere anche solo per un momento di averlo dietro per colpa di un suo errore -magari originato dalla disconnessione improvvisa?- in una branca della quale si riteneva un esperto.

“una disconnessione errata non può ccambiare la natura di un sistema chiuso. Punto”.

«cambieremo nuovamente cellulari. E al limite accenderò il portatile nuovo solo in caso di estrema necessità, nonostante io non creda che possa entrarci qualcosa».

«d’accordo. Hai delle idee su dove andare?...ah, vuoi dell’acqua?»

«sì. Mi sa che dovrai prenderla dal bagno» disse Zachary alla ragazza, che scomparve appunto nel bagno attiguo «e comunque, credo che saremo costretti a fare una piccola deviazione nel nuovo itinerario. Sparire per un po’in un posto che non c’entra nulla, e da questo posto che non c’entra nulla in seguito partire per Mosca, dove sai stata col tuo ex-ex fidanzato. Da Mosca poi cercheremo di raggiungere Bombay con qualche volo, ed in seguito da Bombay andremo a Bangkok. E da lì, a Sidney».

Emerald ricomparve con un bicchiere pieno d’acqua per tre quarti. «buono, ma il posto in cui sparire?»

«qualunque, purché non sia l’Olanda. Cinque anni e mezzo fa sono stato espulso con divieto di rientro».

Emerald sollevò le sopracciglia. «scherzi vero?»

«no».

«ma che hai combinato?»

«segreto».

«e dai…»

«segreto».

«Michael lo sa?»

«sì».

«eddai…»

«non te lo dirò mai. Specialmente se morirò disidratato».

Emerald gli passò il bicchiere. «tanto lo chiederò a tuo fratello appena torniamo».

«fa’ pure, ma per bocca mia non lo saprai mai. Non lo sanno nemmeno i miei, figuriamoci se…»

«non lo sanno?» allibì la ragazza «Zachary, essere espulso da un Paese con divieto di rientro non è uno scherzo. È impossibile che non-»

«possibile se l’unico numero conosciuto per le emergenze è quello di Michael, uomo di fiducia di una persona come tuo padre, e che dunque possedeva -e tuttora possiede- a sua volta agganci abbastanza decenti da fare in modo che i miei non venissero a sapere della cosa. Ai tempi non avevo nemmeno iniziato con le corse clandestine o a praticare legittima difesa contro le personacce perfide con tatuaggi serpentini. Mi riteneva giusto un po’strano per gli esperimenti, la mia mania anti i il fatto che mi piaccia il fuoco…» bevve un paio di sorsi «e poi entra in gioco anche il senso di colpa per non essere stato un fratello presente. Ho imparato molto presto che con quello potevo ottenere molto».

«in pratica mi stai dicendo che lo sfrutti».

«io la chiamo “ottimizzazione di un RU -177:129”».

«prego?»

«ottimizzazione di un Rapporto Umano tra una persona con QI di centosettantasette ed una di centoventinove».

«sei passato dall’ammettere di sfruttarlo a dare del coglione a mio marito?»

Zaachary bevve altri due sorsi. «se consideriamo che un QI “medio” è sul cento, un QI alto e da centoquaranta a centocinquantanove, e che dal centosessanta in su si è considerati dei geni posso affermare che la tua ultima accusa è completamente infondata».

“d’accordo. Quanto ci mette quella roba a fare effetto?”

E per “roba” Emerald intendeva una sostanza in grado di indurre il sonno. Zachary se la portava dietro da Washington -e lei si era chiesta a cosa servisse di preciso, nonostante le fosse venuto qualche vago dubbio visto che da quel che ricordava Zachary non usava addormentare i serpenti prima di ucciderli…- e lei se n’era servita per i propri scopi senza che lui nemmeno lo sospettasse, complici anche la battaglia e le ferite riportate prima.

«centoventinove. Mi batte di un punto!»

«centoventotto più memoria eidetica, gli sei comunque superiore…e io comincio ad avere un certo sonno».

«la stanchezza del viaggio in generale, della battaglia, dovuta al sangue perso e anche all’aver voluto guidare tu fin qui».

«per forza, Em…tu non hai la patente…» gli si stavano chiudendo gli occhi «domattina…sveglia alle sette».

«ok. Ora però riposa».

Lui chiuse gli occhi pochi secondi dopo.

«ottimizzazione di un RU-177:128*15% in più di furbizia rispetto alla tua, Zeke».

Era certa che Kirika non avrebbe tardato molto ad arrivare, una volta vista la penna che le aveva lasciato nella giacca.

 

 

«tsk…dopo questo, vienimi a dire di nuovo che non sei geloso di lei, che come l’hai visto stringerla tra le braccia hai dato di matto!»

Se non avesse avuto bisogno di farsi aiutare ad uscire dal Tevere e fosse stato appena un po’meno controllato, Warsman avrebbe tranciato con gli artigli la mano di Kevin per la grande esasperazione. Ma si limitò ad un ringhio sordo, mentre usciva gocciolante.

«e naturalmente non ti è venuto pensato neppure per un momento che io possa avere avuto quella reazione semplicemente perché quel bastardo ha fatto…quello che ha fatto, vero?!»

Se era uscito solo ora dal fiume, era perché gli ci era voluto un po’per riprendersi dal colpo e per togliersi la panchina di dosso.

Inizialmente aveva insultato Hammy in trecentomila modi per quel tremendo colpo improvviso, ma analizzando a mente fredda la battaglia che l’aveva coinvolto poco prima non gli ci era voluto molto per interpretarlo in tutt’altra maniera.

Aveva sbagliato a lanciarsi in quel modo,  con ventre, petto e gola scoperti, contro un lanciatore di coltelli fin troppo bravo. Se Emerald non gli avesse tirato quella panchina, sarebbe stato lui a non vedere l’alba del giorno dopo invece che Zachary.

Hammy gli aveva salvato la vita, il che significava che allora, per lei, contava ancora qualcosa.

E lo faceva ben sperare.

«non sei partito alla carica appena lo hai avuto sotto gli occhi, ma quando l’ha presa tra la braccia…»

«basta così! Prima sbaciucchi lei» il russo indicò Kirika, che in tutta l’operazione di recupero non aveva minimamente aiutato Kevin, con un furioso cenno del capo «e poi torni a seccarmi?! Abbi almeno il buon gusto di tacere!»

«da che pulpito viene la predica! E poi chi bacio non è affar tuo!!!»

La ragazza avrebbe voluto intervenire saggiamente per evitare che i due finissero a prendersi a pugni, ma Warsman aveva avuto la brutta idea di tirare fuori nuovamente la questione di quel bacio -“sicuramente senza senso” pensò- e Kevin aveva avuto la pessima idea di dire “chi bacio non è affar tuo” invece che “ma non voleva dire niente, e comunque chi bacio non è affar tuo”.

Sembrava di no, ma lei prestava abbastanza attenzione a certe piccolezze.

Sicuramente non aveva avuto un senso. Ma certo. Erano “allegri”, ed essendo cretino Kevin Mask si era fiondato sulle sue labbra come una iena su una carcassa.

«ah, non è affar mio!»

«no, non lo è, e io ho tutto il diritto di trovarmi bene con un’altra persona anche se Hammy mi ha lasciato!»

Ok.

Quello non avrebbe proprio dovuto dirlo.

Continuava ad essere un’azione senza senso -trovarsi bene con qualcuno e baciarlo non implicava certo dover avviare una relazione per forza, non erano mica nel seicento!- ma non avrebbe dovuto dirlo.

Kirika strinse in mano quel che Hammy le aveva lasciato. Non badavano a lei, nessuno dei due badava a lei, e pensava di sapere dove stesse la via scritta, insieme al nome dell’hotel, sulla penna.

Le parole di Kevin Mask non significavano nulla…ma perché mai correre il -vaghissimo- rischio di trovarsi invischiata in qualcosa in cui lei non voleva assolutamente trovarsi invischiata?

E poco le importava se ad un certo punto aveva pensato anche un “ehi, non è niente male”!...era dell’idea di aver già avuto abbastanza problemi senza aggiungere tutte le seccature derivanti da una relazione -genericamente parlando- intrattenuta con una zecca umana da chiamare “il mio ragazzo”.

Non voleva sapere nulla di quella roba, non voleva nemmeno sentirne l’odore da lontano. Passi una sveltina con chiunque ci stesse quando ne aveva voglia -ossia la definizione precisa della “poca esperienza con gli uomini” della ragazza- ma poi basta!

“allontaniamoci discretamente, passo dopo passo” pensò Kirika muovendosi cauta all’indietro “non facciamoci notare, lasciamoli scannarsi…”

Avrebbe raggiunto Emerald, e poi…avrebbero deciso tra loro cosa fare.

Almeno stando con lei e Zachary avrebbe potuto verificare di persona che la sua migliore candidata a pseudo migliore amica stava bene, e non succedeva niente di strano. Zachary le era simpatico, ma non aveva difficoltà a riconoscere che non aveva proprio tutte le rotelle a posto.

«e comunque se avessi immaginato che mi avresti rotto per questa storia, Flash, ti avrei lasciato annegare nel fiume!!!»

“ok, via, via, via!!!”

Si era allontanata di una decina di metri, e decise di poter iniziare a correre.

E i due se ne accorsero solo in quel momento.

«ma che diamine-»

«sta scappando!»

«Kirika!!! Dove diavolo vai?!»

Iniziarono a correrle dietro, ma lei era già lontana, e quando si imbucò in un vicolo la persero di vista completamente. Ma non si arresero lo stesso, cercando di intuire dove potesse essere andata.

«ma che le è preso?!» sbottò Kevin.

«va’ a vedere che Emerald le ha lasciato un indizio su dove si trova al momento!»

«ma non avrebbe senso, l’ha vista con noi, e lei da noi è fuggita!»

«forse ha ricordato qualcosa su Kirika che le ha fatto capire che avrebbe avuto una reazione del genere se lei le avesse rivelato la sua posizione!» erano fradici, e i tuoni non promettevano ancora bene, eppure continuavano a correre «probabilmente quella lì è voluta venirci dietro aspettando solo un’occasione per raggiungere quei due! L’ avevo detto che non andava portata via!»

«se non l’avessimo portata via, o non l’avessi portata con me al campo Alfa, Kirika avrebbe spifferato tutto a Lancaster e a quest’ora tu saresti ancora in gabbia!!!»

«facciamo una cosa logica» disse Warsman una volta arrivati ad una biforcazione «io a destra, tu a sinistra, e vediamo di ritrovarci qui con Kirika! Perché se riesce a raggiungere Emerald le dirà come abbiamo fatto a trovarli, Connors junior getterà il portatile, e addio all’unica pista che abbiamo!!!»

Vero, Kevin non ci aveva minimamente pensato.

«non può fare una cosa del genere!»

«e povero scemo!»

Invece di correre a sinistra Kevin Mask si fermò in mezzo alla strada e lo guardò truce.

«non ti azzardare a darmi dello scemo. Tu ed io abbiamo ancora dei conti in sospeso, e se non ti ho lasciato nel fiume a friggerti i circuiti è solo perché mi servi».

Calò il silenzio, e l’atmosfera divenne più che mai pesante.

«Kevin, per quanto ancora mi porterai rancore?»

«a vita. Ti sei messo in mezzo dove non dovevi, ed hai cercato di appropriarti di qualcosa di mio!»

Kevin ce l’aveva ancora con lui per quel che sapeva era accaduto tra lui ed Emerald, anche adesso che era finita e che -addirittura- era sembrato che ci fosse un miraggio di un possibile legame con un’altra ragazza.

Ma al momento il russo non era proprio in vena di sopportare altre accuse, e ciò portò entrambi a dimenticare almeno per il momento il problema maggiore, ossia che forse Kirika li aveva appena traditi. No. Pensavano solo ad accusarsi, a vomitarsi addosso accuse e rancori che in tutto quel tempo non avevano avuto il coraggio di “buttare fuori”.

«credo che ti sfugga una cosa fondamentale» disse dunque gelido Warsman «ossia che Emerald non è mai stata un “qualcosa di tuo” perché non è un oggetto, ma una persona -oltretutto piuttosto volubile- e con cui peraltro in quel periodo non stavi neppure insieme. È stata lei a propormi di partire, te l’ho già detto. Era con me che voleva stare, allora, e se non avessi insistito probabilmente non sarebbe neppure tornata a Tokyo. Libero di non crederci ma le cose stanno così!» si avvicinarono, fronteggiandosi «io mi sono “messo in mezzo” in un rapporto che forse non avrebbe neppure dovuto iniziare, considerando quanto è bastato poco per spezzarlo!»

Magari avrebbe potuto risparmiarsi di dire una cosa del genere, ma…aveva veramente torto?

«stai zitto!» esplose il ragazzo «Emerald ed io ci amavamo! Ma poi tutto il mondo si è messo in mezzo, tu, i nostri genitori, quell’americano di merda, l’incidente che ha avuto…!»

«e non ultima, mi spiace dirtelo, la tua stupidità. Sei stato tu a spingerla tra le braccia di Connors senior, te lo sei scordato? Hai tratto conclusioni sbagliate senza permetterle di spiegarsi e lei, sommando questo a tutti i problemi che avevate, si è scocciata!»

Kevin ce l’aveva con Warsman per i motivi che sappiamo, e Warsman ce l’aveva con Kevin perché le sue azioni avevano finito per allontanare Emerald non solo da Kevin stesso, ma anche da lui. Era a grandi linee una par condicio.

«i problemi sono cominciati per colpa degli altri!!!» ribatté Kevin, sempre più arrabbiato.

«no, i problemi sono cominciati quando ha capito che se fosse stato per te l’avresti rinchiusa in casa come un vaso prezioso chiuso in una teca di cristallo…»

E lui sapeva che con lei quello era tra gli errori più grandi che si potessero fare. Con l’onnipresenza del padre nella sua vita quella di Emerald forse era una libertà fasulla, ma per lei accettabile. Le era sempre stato lasciato fare quel che desiderava, le era stato concesso di sbagliare così da capire meglio anche da sola cosa fosse giusto o meno, ma con la consapevolezza di avere sempre le spalle coperte in caso di bisogno. Per questo Hammy non se ne rendeva nemmeno conto.

«…ed Emerald non si fa rinchiudere da nessuno. O almeno, da nessuno che lo faccia in modo così palese. Se l’avessi conosciuta meglio l’avresti capito da solo».

«oh si, perché tu invece la conosci bene, vero…”puttana” di qua, “stronza” di là…» disse sarcastico Kevin «e poi, invece…tsk. Ed hai anche avuto il coraggio di dirmi di non esserne innamorato!»

Ancora con quella storia! Per quanto sarebbe andato avanti con quell’idiozia?! Ormai il russo non sapeva più in che lingua dirgli che lui non era innamorato di lei! Forse in arabo l’avrebbe capito.

Peccato che lui non conoscesse minimamente l’arabo, e dunque Kevin avrebbe mantenuto quella sua assurda convinzione.

“perché naturalmente è assurda, io non la amo. Il solo pensiero rischia di farmi venire un’ulcera allo stomaco” pensò.

« per l’ennesima volta, io non sono affatto innamorato di Emerald! E di lei penso ancora tutto quello che hai detto, così come lei, se solo si ricordasse di me, continuerebbe ad insultarmi beceramente come ha sempre fatto… ma il punto è che -e vedi di mettertelo in testa una volta per tutte- pure se è indefinibile, il rapporto che avevo e che ho con lei è ben più forte di quello che lei ha con chiunque altro, inclusi te e suo marito…»

Non aveva difficoltà a sostenere lo sguardo di Kevin, e arrivato a quel punto voleva smetterla definitivamente di sentirsi in colpa nei suoi confronti, per il semplice fatto che si era altamente rotto le scatole di tutta quella faccenda.

Era tempo di chiarire le cose almeno con Kevin, Flash aveva già messo in conto che dopo tutto ciò che stava succedendo quel ragazzo non avrebbe voluto più saperne nulla di lui, per cui tanto valeva dire le cose come stavano.

Si era stufato di fare la parte del bastardo che aveva portato via la ragazza all’allievo, quando invece era quello che aveva cercato di restituirgliela pur avendo la possibilità di averla con sé, che lui ci credesse o meno.

Forse aveva sbagliato a non allontanarsi in seguito, forse era stato egoista, aveva fatto un errore a continuare quelle loro serate di tango e, d’accordo, lasciare che Emerald in quelle occasioni desse del sonnifero a quel  ragazzo era stato un atto che aveva quasi del criminoso…

Ma d’altra parte era stata Emerald stessa a dirgli di andare a vivere nella sua vecchia casa.

E per l’appunto, era stata lei a dare a Kevin il sonnifero.

Era stata lei a proporgli di fare quel viaggio, lei a fuggire dalla Scuola di Ercole per vederlo, a chiamarlo, a cercarlo.

Non si era allontanato perché sapeva che lei non voleva che si allontanasse, non sul serio, ed a sua volta lui non aveva la minima voglia di farlo.

«…è il mio nome che si è ricordata. Non il tuo, non quello di Connors. Il mio. Né io né lei mentre tentavamo di ammazzarci avremmo mai potuto prevedere che saremmo arrivati a questo punto, ma invece ci siamo arrivati eccome, indipendentemente da quello che volevamo ed indipendentemente anche dal suo caro marito, il suo carissimo padre, il suo adorabile cuginetto, l’amato cognato e TE!» gli puntò un dito contro il petto «e le conseguenze sono queste! Credi che mi piacciano? No! Avrei voluto tutt’altro che inseguire quell’idiota ovunque vada! Pensi che se avessi potuto scegliere mi sarei trovato un’arcinemica invece di una donna di un’età più consona con cui avere una decente relazione di tipo amoroso? Ebbene pensi male, perché è ovvio che avrei preferito la seconda opzione! Credi che non mi dispiaccia aver perso il legame di fiducia che c’era tra me e te? Certo che mi dispiace, perché…perché sei…come un figlio maschio che non ho mai avuto» trovò la forza di dire, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi «se avessi potuto scegliere non mi sarei mai messo in una situazione del genere, perché trovarsi contro quella dolcissima ed adorabile “persona”» mimò pure le virgolette «che è Howard Lancaster e tutta la relativa compagnia, incluso il demonio candeggiato che mi è entrato in testa, non è esattamente una passeggiata. Ma ebbene, io non ho potuto scegliere. Emerald è Emerald. E per me lei è…quello che è, qualunque cosa sia, che mi ha portato a questo. E ti dico di più, anche se lo troverai assurdo: forse proprio perché non posso scegliere, so che se potessi tornare indietro probabilmente rifarei tutto quello che ho fatto. Da quel che è successo il giorno del tuo compleanno ormai oltre un anno fa, fino ad inseguirla in capo al mondo. Preferirei altro, ma farei questo comunque. E adesso…fai un po’quello che ti pare».

Il silenzio di Kevin in quel frangente era preoccupante e Warsman si stava già preparando a difendersi da un eventuale attacco, che però Kevin non gli inflisse.

«tu parli molto. Ma al di là del fatto che si è ricordata il tuo nome per primo, tieni a mente che non ha avuto difficoltà a cestinarti quando stava ancora bene ed ha sposato Michael Connors» disse piatto Kevin «se il vostro rapporto fosse stato così tanto stretto e forte non avrebbe certo fatto quella scelta. Quindi, mio carissimo ex trainer, lo sai a cosa corrisponde il bel monologo che hai appena fatto?» fece una brevissima risata sarcastica, mentre se ne andava lungo il vicolo dandogli le spalle «esattamente a questo: “bla. Bla. Bla”. Ecco a cosa. Lascia che te lo dica, secondo me tutto quel che hai passato -e che non è stato piacevole, lo ammetto- ti ha messo un bel po’di casino nel processore, per cui dovresti proprio farti vedere da un buon meccanico. Ah, e un’ultima cosa» si voltò «se ti sei comportato così con me, e dici di considerarmi come il figlio che non hai mai avuto, allora forse è stato molto meglio così. Che tu non abbia avuto figli. Perché pare proprio che tu dal mio vecchio non abbia imparato solo le tecniche di lotta, ma anche a fare il padre, e ti assicuro che non è un complimento».

Il russo si sforzò di contenere l’ira che stava aumentando dentro si lui in maniera esponenziale. «tu sei qualcosa di peggio che un maledetto ingrato. Hai già dimenticato chi si è preso cura di te quando quella lì ti si è messa contro nelle finali?!»

Kevin, che non era altrettanto abile a contenere la rabbia, fece marcia indietro. «non l’ho dimenticato, peccato che però poi tu “quella lì” te la sia scopata in ogni modo possibile!!! Lo so che è così, o non romperesti tanto le scatole!!!» gli ringhiò.

Era triste vedere come due uomini che un tempo avevano un rapporto di fiducia, di stima, affezionati l’uno all’altro adesso invece fossero ridotti così.

Tutto per via di una donna.

«vuoi la verità?! La vuoi?! Ebbene SÌ!»

Glielo aveva detto.

Dio, glielo aveva detto davvero.

Anche lui aveva raggiunto e superato il limite, ed era già tanto che non avesse tirato fuori gli artigli. Non ce l’aveva più fatta a starsene zitto con Kevin che lo aveva tartassato ed incalzato in quella maniera. Alla fine anche l’uomo più controllato del mondo avrebbe ceduto e reagito così, specie se l’uomo in questione si fosse portato dietro certe cose per tutto il tempo che lo aveva fatto Warsman.

«sì, io ed Emerald J.V.P. Lancaster siamo stati a letto insieme, una volta da ubriachi e una no, e ti dirò di più, quella volta in cui non lo eravamo è stata lei a saltarmi addosso!!!»

«IDIOZIE…!!!»

Con delle urla di guerra degne di Vercingetorige i due si fiondarono l’uno addosso all’altro con tutto l’intento di fracassarsi vicendevolmente ogni singolo osso.

Kevin ne aveva voglia da un sacco di tempo, e quanto a Warsman…beh, lui avrebbe preferito non arrivare mai a tal punto, ma non ne poteva veramente più, tutti quanti gli erano ingiustamente contro, Kevin forse più di tutti, e a quel punto allora basta.

E poco importava ad entrambi dei tuoni, dei fuggitivi e delle mutande fradice.

«io non credo ad una parola!!! Non può essere stata con te avendo ME per le mani!!!»

Era uno scontro in cui sembravano due cervi maschi che tentavano di incornarsi per una femmina. Che ci si poteva fare, se erano nati uomini non era colpa loro. Probabilmente Emerald, alla scena, sarebbe stata combattuta se tentare di dividerli o alzare semplicemente gli occhi al cielo.

«chiediglielo, quando la ritroveremo!...ah, già, ma noi non la ritroveremo affatto, perché  ti sei portato dietro una traditrice!!!»

«il traditore peggiore resti tu sempre e comunque!!!»

Kevin riuscì a sganciarsi dalla presa e cercò di spaccare la faccia del suo ex allenatore con un diretto. Ma questi per ovvie ragioni conosceva fin troppo bene il modus operandi di Kevin, e dunque non faticò ad evitare il colpo e restituirglielo con gli interessi facendolo cadere a terra. Era vecchio ma, ehi, ci sapeva ancora fare!...ed era pure ferito.

«ficcati in testa una buona volta che io non ho tradito nessuno!!! Non voglio più sentirmi in colpa per qualcosa che non è!»

Con uno scatto felino l’inglese caricò contro il ventre dell’ex allenatore, avendo anche la cattiveria di colpirlo dove Zachary l’aveva tagliato con il coltello.

«e invece sì che lo è!!! Sì che lo è! Io mi sono fidato di te…e tu mi hai fatto una cosa del genere!!!»

Il russo si lasciò scappare un ringhio di dolore mentre Kevin lo bloccava in una dolorosa presa di sottomissione.

«tra te ed Emerald è finita, hai pure ammesso di trovarti bene con quell’altra, e allora piantala maledizione!!! Con o senza la mia intromissione lei ti avrebbe lasciato comunque, anzi, forse lo avrebbe fatto ancora prima se non ci fossi stato io a cercare di mediare tra voi due!!!»

«non avresti avuto interesse a mediare! Ammettilo che tu hai lavorato perché mi lasciasse, ammettilo, hai solo fatto finta! Hai appena ammesso di averla scopata, quindi devi aver fatto finta per forza! Tu la volevi per te!!!»

Warsman riuscì con fatica a liberarsi dalla presa di Kevin, con le ferite che avevano ripreso a sanguinare piuttosto copiosamente, e dandosi la spinta contro un muro assestò al suo ex allievo un bel calcio katana. Doveva reggere, doveva farsi ascoltare da quella zucca vuota… anche se sull’ultima parte suddetta zucca vuota forse non aveva torto.

La voleva per sé? Anzi no, la voleva con sé com’era stato durante il loro viaggio?

Sì. Quello ormai l’avevano capito anche i muri.

Non voleva più stare solo, ma non gli bastava neanche ovviare eventualmente al problema cercando una compagna vera e propria.

Voleva Emerald, voleva la sua NN1; non sarebbe stata mai la stessa cosa, senza di lei, non sapendo di essere tutt’altro che un semplice trastullo per quella ragazza.

O così gli aveva detto.

 

“ questo rapporto da arcinemici che c’è, non è e non è mai stato un gioco, ok? Così come tu non sei mai stato il mio giocattolo. E a voler essere completamente sincera mi è capitato parecchie volte di pensare che avessimo sbagliato a tornare invece di continuare a vagare senza meta da un Paese all’altro, ma dettagli…”

“dettagli un accidente! Non è un dettaglio! È tutto meno che un dettaglio!”

 

Perché poi invece, in effetti, non aveva esitato poi così tanto a sposare un altro dicendogli che doveva lasciarla perdere.

Il fatto era che Emerald era Emerald.

E significava che pur tenendo molto a certe persone -la sua famiglia, suo marito, i suoi amici, il “suo” vecchio porcello- al primo posto venivano lei stessa, i suoi desideri, i suoi bisogni. Sempre e comunque.

Lo aveva dimostrato più volte, come per esempio decidendo di stare con Turbinski pur essendo -parole sue- innamorata di Kevin, perché “aveva una vita da vivere patto o non patto”.

I suoi parenti, suo padre in particolare, le avevano sempre fatto credere di essere il centro dell’Universo…e lei, in realtà senza rendersene conto, si comportava di conseguenza! E dunque per esempio, in un momento in cui lei e Michael avessero sofferto in pari modo, lei si sarebbe prodigata solo fino ad un certo punto nel confortare il marito, desiderando che invece lui mettesse tutto se stesso nel confortare lei.

La sua non era cattiveria…era semplicemente fatta così.

«ma ti rendi conto della montagna di cretinate che stai dicendo?! Io te l’avevo detto che dovevi andarle a chiedere scusa immediatamente e non il giorno dopo, quella volta in cui ti ha lasciato definitivamente! Io te l’avevo detto! Ma tu non mi sei stato a sentire!...ed il fatto che sia stato a letto con lei…non vuol dire che, una volta scelto di tornare a Tokyo, io abbia tentato di portartela via. Quello lo ha fatto Connors maggiore, non io!» si mise ad evitare i colpi del ragazzo, perché almeno lui stava riacquistando un minimo di lucidità: in quella situazione non avrebbero dovuto lottare tra loro, avrebbero dovuto tornare in albergo, curarsi, riposarsi, e pregare che

a) Kirika fosse fuggita per fatti suoi o

b) che in un’eventualità estremamente improbabile evitasse di rivelare ad Emerald e Zeke come avevano fatto a trovarli.

«piantala di dire che ci sei stato a letto!!! Piantala!!!»

«sei tu che hai ritirato fuori l’argomento! Kevin, ormai quello che è stato è stato, concentriamoci sui problemi attuali! Una volta che sarà tutto finito potremo anche evitare di incontrarci vita natural durante, ma adesso tu hai bisogno di me, e io di te, perché non credo di poter riuscire a ritrovarla E restare vivo senza un aiuto!» e dirlo non gli costava poco, tutto il contrario, essendo un uomo piuttosto orgoglioso.

«eppure in tutti i film si vede che i mostri sono duri a morire!»

Il ragazzo si rese conto di aver parlato a sproposito quasi subito, ma per l’appunto era il “quasi” a fregarlo.

Vide che l’altro sembrava aver perso la voglia di lottare, lo vide scuotere leggermente la testa e poi andarsene via in silenzio.

“terza cazzata della serata, Kevin; peggiori, invece di migliorare!” si rimproverò mentalmente l’inglese “di questo passò finirò davvero come mio padre, nella cui vita l’unica nota positiva è la nuova compagna che ha trovato!”

«n-no…Warsman, aspetta…» decise di andargli dietro «ho detto un’idiozia!» il russo non sembrava volerlo stare a sentire, non lo stava guardando nemmeno «dai, fermati, sei ferito!»

«i mostri sono duri a morire».

«lo sai che non penso che tu lo sia! Ero -e a dire il vero sono tuttora- infuriato, ed ho parlato a vanvera perché sia quel che è accaduto sia il fatto che tu e lei abbiate continuato ad avere dei segreti mi fa imbestialire, però non ti ritengo un mostro! Un bugiardo traditore sì, ma un mostro no!»

«Kevin guarda, lascia perdere, che ad arrampicarti sugli specchi non sei mai stato bravo!» il russo sibilò di dolore portandosi una mano alle ferite «…a colpire sì però…”trova il punto debole dell’avversario ed attacca”! Il colmo è che dovrei esserne felice…» osservandosi la mano la trovò sporca di sangue «perché è una delle cose che ti ho insegnato a far bene io».

«senti…a questo punto direi di andare di corsa in un pronto soccorso, e-»

«no, ci farebbe solo perdere tempo. Dovrei spiegare al personale perché sono ridotto così, e poi…e poi forse, se quello riaccendesse il portatile…adesso anche lui non è al massimo…se aspettiamo ancora, Kirika…»

«al limite troveremo un altro sistema per rintracciarli, anche se non ho idea di quale, ma non adesso. Se proprio non vuoi andare al pronto soccorso torniamo almeno in albergo, posso provare a…a ricucirti».

«faccio da solo, per l’amor di Dio. Non sei in grado di rattoppare un calzino, figurarsi la mia pelle!»

Dopo la lotta sembravano essere venuti a più miti consigli, forse proprio perché si erano sfogati un po’. Procedettero dunque verso l’albergo, perché…non c’era altro da fare. Potevano provare a chiamare Kirika al cellulare, ma visto che non era completamente idiota lo aveva sicuramente spento.

«Warsman, ma quindi la donna di cui mi hai parlato quella volta…»

«Kevin, per piacere, non voglio tirare di nuovo fuori l’argomento».

«quella donna dunque era Hammy. Tra quello, e come ne hai parlato prima…»

«Kevin, ho detto che non voglio parlarne più!»

«da quando è?»

Il russo lo guardò quasi perplesso.

«da quando è che è così, intendo. Per te. Dal giorno del mio compleanno, o da quando suo padre le ha sparato?»

“o semplicemente da quando ci sei stato a letto?”

L’altro rifletté per qualche istante. «la seconda che hai detto. Prima era una cosa di tipo diverso. È stato da quando mi ha salvato in poi, ti ho già detto che ero andato a cercarla per vedere come stava, ricordi?»

«…e poi ti sei innamorato…»

«per l’ennesima volta, NO!»

«senti, qualcosa sotto deve pur esserci, che ti piaccia o no».

«ma perché dovrebbe esserci per forza?!...parliamo di cose serie per favore. Dovremo informare le signore Lancaster che abbiamo quasi sicuramente perso l’unica pista che avevamo, e che Kirika ci ha lasciati con un pugno di mosche».

«…Cristo. Adesso che penso a loro sì che mi sento un idiota!»

«mi hanno aiutato tanto, e le ho deluse…ad ogni modo…ormai tanto vale chiamarle domattina. Ormai staranno dormendo entrambe, e ci manca solo che le disturbiamo».

«magari sono al Tea Club».

«fa lo stesso. Le informiamo domattina».

 

 

:: il mattino dopo ::

 

 

Zachary Connors si rigirò parecchio tra le lenzuola nella specie di “cova” che aveva creato, prima di aprire lentamente gli occhi di diverso colore sul mondo. O meglio, sulla stanza d’albergo.

«hmm…»

E credette di avere le allucinazioni quando la sua vista ancora sfocata vide accanto alla “cognatina” una figura vestita di bianco e dai lunghi capelli verdi.

“mi sa che sto ancora dormendo” pensò confusamente.

«l’albino che tanto albino non pare più si sta svegliando».

Eppure la voce sembrava proprio quella di Kirika e…

E…

Si rizzò a sedere sul letto forse troppo bruscamente, con le ferite che a modo loro “urlavano” le loro proteste. «perché lei è qui? Come ci ha trovati?»

Sembrava tranquillissimo, ma il suo sorriso sornione mancava all’appello, per cui non lo era poi così tanto.

«ci ha seguiti, invece di dare una mano a Kevin e Warsman. È arrivata nella hall ieri sera, dopo che ti sei addormentato, io ero scesa giù in cerca di qualcosa da bere di diverso dall’acqua e l’ho trovata che chiedeva di me al tizio della reception» spiegò Emerald con la massima tranquillità «tutto qui».

«non è affatto “tutto qui”, perché quei due potrebbero averla seguita a loro volta» ribatté Zachary «e poi non capisco perché avrebbe dovuto venire qui».

«non dovevi essere un genio, tu? Arrivaci, svirgolato! Io sono venuta via dall’Inghilterra andando dietro a loro proprio per poter avere un’occasione come questa!» Kirika si fece scrocchiare il collo «in casa Lancaster si sta più che bene, ma io sono una donna d’azione, e avevo idea che vi steste divertendo più di me. Per cui eccomi qua».

Poteva anche starci, era in linea col carattere di Kirika. Però a Zeke non piaceva affatto l’idea che una Emerald dallo strano atteggiamento avesse avuto tutta la notte, in cui lui nonostante le ferite aveva dormito come un ghiro, per conversare amabilmente con Kirika di chissà cosa. Forse anche di quel che era successo a Washington, se mai ne fosse stata a conoscenza. Ed Emerald, quei dettagli, non doveva venirli a sapere.

«sei un bel problema, demonessa mia, sia perché non sono sicuro delle tue intenzioni che perché più si è, più viaggiare in clandestinità diventa complicato. Dovrei procurare dei documenti fasulli anche per te. E poi, devi dirci come ci avete trovati qui a Roma…e se l’impressione che stiano usando quel robot trincia cappelli come cane da caccia è giusta».

«in un certo senso sì» rispose Emerald al posto di Kirika «da quel che lei mi ha detto ieri sera, Warsman in certi momenti è in grado di rintracciare la nostra posizione come farebbe un radar».

«ma non ho idea di come faccia» aggiunse l’altra.

Mentendo a Zachary deliberatamente.

Ma perché?

 «si fidavano di me ancora meno di quanto ti stai fidando tu, è già tanto che sia riuscita a farmi portare via, e l’ho fatto col ricatto. O mi portavano via, o avrei impedito a Kevin Mask anche solo di andare a liberarlo da dove lo tenevano dicendolo ad Howard…»

«e quindi è come pensavamo, l’hanno portato a Londra» faceva lo gnorri, ma lo sapeva benissimo.

«sì».

«ad ogni modo sinceramente questa evasione mi pare strana».

«Kirika ha detto che mia madre e mia zia li hanno aiutati a farlo evadere. Sono ancora perplessa, perché francamente io non ce la vedo proprio, mia madre, ad entrare di notte nel campo Alfa accompagnata da zia Gabrijela e…con i pantaloni!»

«cognatina, non è la prima volta che lo aiutano, e tu lo sai benissimo».

Emerald si zittì. Vero, lei per bocca di Warsman ne era venuta a conoscenza, ma Zachary?

«non è la prima?» Kirika sollevò un sopracciglio «eh, ma allora tua madre non ha solo l’aria da buona samaritana, lo è proprio».

«…è vero. Io lo so perché me l’ha detto Warsman. Ma tu come lo sai, Zeke?»

L’aveva scoperto a Londra, quindi di quello poteva anche parlare. «ho trovato le scritte nella polvere. Nella soffitta di Robin Mask. Credo che ci sia mancato poco che trovassi anche te. E sempre da quelle scritte ho letto che la prima tappa sarebbe stata Washington».

«oh! Allora forse anche Michael le ha viste, o non mi spiego il suo arrivo in città. Certo, a meno che non ci avessero rintracciati in qualche altro modo…»

«e comunque, Kirika» Zachary tornò a rivolgersi all’altra ragazza «io non sono molto disposto a credere che tu, Kevin Mask, quel robot e le due signore siate potuti entrare ed uscire impunemente da...beh, da ovunque Warsman fosse stato rinchiuso, senza che il padre di Hammy ne sapesse nulla. Mi sembra una “mancanza” eccessiva».

«in effetti è sembrato strano anche a me, ma non so cosa dirti».

«davvero non hai un’idea precisa del modo in cui Warsman “ogni tanto” riesce a trovare la nostra posizione? O se Warsman stesso abbia nel corpo un segnalatore? Perché sinceramente mi sembra troppo strano anche che le signore l’abbiano lasciato andare così, senza avere un modo in cui conoscere la sua vera posizione in ogni momento. Non sarebbe stato logico. Chi avrebbe garantito loro che quel robot dai circuiti sfasati non abbia qualche colpo di testa di troppo?»

Kirika sollevò le mani. «vi ho detto tutto quello che so».

«i due problemi comunque rimangono, non sappiamo come fa a trovarci, e tu non hai documenti fasulli che…» riprese a dire Zachary, ma si zittì quando la vide tirarne fuori qualcuno da una tasca interna della giacca.

«mi servono quando torno sul Pianeta dei Demoni a fare scorta di liquore o per altri motivi. Non ho paura di mio padre, ma non voglio vederlo, e non voglio che sappia quando arrivo e parto dal pianeta. Per cui logicamente ho dovuto munirmi di cose come queste».

Emerald non sembrava sorpresa, notò Zachary. Forse aveva visto quei documenti durante la notte, o forse ancora prima…no, doveva averli visti quella notte, perché altrimenti non li avrebbe ricordati.

A meno che non stesse mentendo sulla propria memoria. Ma perché avrebbe dovuto?

«posso vederli?»

Kirika glieli lanciò. A Zachary non ci volle molto per vedere che erano alquanto ben fatti, e dunque idonei al loro viaggio in clandestinità.

«qualcuno oltre ai presenti è a conoscenza di questi documenti e dei relativi dati scritti sopra?»

«no».

«hai tolto la batteria al tuo cellulare?»

«sì».

«hai dell’altro addosso che può renderti rintracciabile?»

«niente aggeggi elettronici».

«bene. A questo punto Em, dobbiamo portarla con noi per forza. Insomma, o questo o la uccidiamo adesso, ma è tanto carina e non ha niente di serpentesco tatuato o indosso, per cui non avrebbe senso».

Sì, perché invece uccidere teppisti con tatuaggi serpentini ne aveva. Come no.

«bene» sorrise Emerald «ah, e mi è venuta un’idea sulla “destinazione imprevista in cui andare per un breve periodo di tempo”».

Avrebbe voluto essere lui a decidere, ma chissà, forse anche quella di Hammy non era una cattiva idea. «ossia?»

«tu hai ancora i documenti fasulli che hai procurato al cugino Seb quando lo hai portato con te, giusto?»

Breve momento di silenzio. C’era da aspettarselo, Kirika le aveva detto anche di Sebastian.

«sì. Li ho ancora. Ma non vedo il nesso».

«da quel che mio padre ha detto a Kirika, Sebastian al momento è in Croazia dai suoi nonni. Si dà il caso che io sappia la strada. E non credo che nessuno si aspetti che andiamo a prenderlo, dopo che si è fatto prendere a Washington entrando nella pasticceria…dei tuoi genitori» Emerald sospirò passandosi una mano sul volto «non è peggio della coglionata fatta da Robin Mask solo perché questa di Seb non è potenzialmente letale».

«…ti ricordi quel che ha fatto Robin Mask?»

Altro momento di silenzio.

«me lo hanno raccontato. Potresti smetterla di tartassarmi, Zachary?»

Era la prima volta da quando si conoscevano che Emerald sembrava estremamente seccata per un suo comportamento. Decise dunque di correre ai ripari.

«non è tartassamento. Io voglio solo sapere se stai meglio, e sarei contento se ricordassi di più, cognatina. Siamo in giro apposta» il ragazzo si mise in piedi «ad ogni modo, non vedo perché dovremmo portare con noi qualcuno che ha fatto una simile sciocchezza. Tanto più tenendo in considerazione il resto».

Kirika si mise a giocherellare col cassetto del comodino accanto le letto di Emerald. La sua parte l’aveva fatta, ora stava tutto alla sua ex compagna di stanza, anche se bisognava dire che anche Kirika non era molto convinta sull’andare a prendere un Sebastian in punizione.

«perché comunque era partito per cercarmi. Insomma, le intenzioni erano buone. Non possiamo lasciarlo lì a zappare la terra, i suoi nonni stanno in fattoria…»

«ah! Seb che zappa la terra?» se fosse stato un po’più normale, Zachary si sarebbe messo a ridere. Invece si limitò a far tornare il “suo” sorriso, e ad allargarlo un po’ «povero, come riuscirà a vivere con le manine piene di vesciche?»

«Save the Private Seb!» esclamò Kirika alzando un pugno.

«appunto, non farà altre idiozie sapendo cosa lo aspetterebbe. Eddai, Zeke. Prendiamo una nave, così ci portiamo dietro l’auto, e andiamo. E poi dalla Croazia andiamo a Mosca, a Bombay, a Bangkok e a Sidney come si era detto».

«non è una buona idea».

«eddaaaaaaaaaai…»

«no».

«eddaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaiiii…» Emerald scattò all’improvviso, tirò fuori la borsa col portatile nuovo da sotto il letto del cognato e lo accese «ok, cerchiamo una nave…»

«prenoteremo i biglietti in un altro modo!» disse rapidamente Zachary togliendole il pc dalle mani e spegnendolo.

«quindi questo vuol dire che è Croazia? nyah-ah-ah-ah-ah! Lo sapevo che tanto la Lancaster ti avrebbe convinto!»

«…ma se ci beccano la colpa sarà sua! Ed ora vestiamoci ed andiamocene immediatamente» disse seccamente il ragazzo, agguantando i vestiti «dove si va di preciso?»

«Marzana. È un comune croato in Istria…»

«e allora che ci andiamo a fare in nave? Usiamo direttamente l’auto!...»

 

 

«..per cui purtroppo dobbiamo dirvi che…»

Warsman interruppe la frase.

Lo aveva sentito ancora. Il segnale del computer di Zachary, ad un paio di isolati da lì.

“quindi Kirika o non li ha raggiunti o non glielo ha detto, è partita ieri notte, se gliel’avesse detto non lo avrebbero riacceso!”

«…che abbiamo trovato Emerald e Zachary. Purtroppo li abbiamo persi, ma stanno entrambi molto bene considerando che Emerald mi ha tirato una panchina facendomi finire nel Tevere».

oh, ben-ehm, volevo dire, mi dispiace per il colpo che hai preso…ma sono contenta di sapere che Emerald sta bene. È un sollievo, davvero. Peccato che non siate riusciti a prenderli e riportarli a casa, però sono fiduciosa.

«sì. A presto, signora Lancaster».

Chiuse la chiamata.

«ma che fai?!» protestò Kevin «perché non le hai detto-»

«perché ho sentito il segnale del computer di Zachary. Se Kirika li ha raggiunti come pensavamo, per qualche motivo non glielo ha detto».

«…che senso avrebbe, scusa?!»

«non ne ho idea, ma direi di approfittarne prima che lascino Roma! Andiamo!»




Kirika che fugge per motivi sciocchi e mente, lo strano comportamento di Hammy...
Dite che riusciranno ad intercettarli prima che se ne vadano a Marzana? (e poi Mosca, e poi Bombay...eccetera) volevo farlo un po'più lungo, far vedere di nuovo i ragazzi della ML e magari non solo, ma mi è mancata la voglia.

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Capitolo 16
*** Il ritorno dell'Asse RobWard ***


ods

«persi. Persi. Ecco cosa è che si ottiene utilizzando simili bestiacce come dei cani da caccia e mostrando loro tanta pietà da lasciarle in vita: un bel nulla! Specialmente affiancando un tale stupido a suddetta bestia. Più Kirika, che è l’unica di quel terzetto di cui io abbia stima».

«“suddetta bestia”, come tu definisci Volkoff, è quantomeno riuscito a rintracciare i due ragazzi. E adesso sappiamo anche che Emerald sta decisamente bene, se ha avuto la presenza di spirito di tirargli addosso una panchina e scappare via assieme a Connors junior».

Lionel sapeva che suo cugino era troppo sveglio per far riacchiappare ed uccidere Warsman  ora, non lo avrebbe fatto se l’unico motivo era la rabbia -sempre ben celata dietro il consueto strato di freddezza, per chi non lo conosceva bene come Lionel o Janice- ma perché mai far correre altri rischi a quel povero russo? Già era sufficientemente in pericolo, tra Howard stesso, Zachary Connors e forse anche Kevin Mask, aggiunse, ripensando a quando Gabrijela gli aveva raccontato dell’episodio del pugno in faccia al russo appena dopo averlo fatto evadere.

A proposito di quella faccenda, ovviamente Lionel si era sentito in dovere di dare alla moglie il giusto rimprovero per aver messo in gioco la propria incolumità in modo tanto imprudente. Tuttavia ne aveva condiviso pienamente le motivazioni, riconoscendo che lei e -a sorpresa- Janice avevano agito per una causa più che giusta.

Ricordò anche il disappunto di sua moglie nel venire a sapere del chip che, similmente a come si fa con i cani, era stato iniettato nel corpo del povero Warsman.

 

“e tu glielo hai lasciato fare?!”

“l’ho saputo in seguito, il neo Lancaster lo ha fatto quando non erano ancora a Londra, e pur provandoci in tutti i modi non avrei convinto Howard a rimuovere quel chip. Penso che te ne renda conto da sola”.

“me ne rendo conto”.

“faccio quel che posso per dare dei limiti a mio cugino, Lela, ma non sono ancora in grado di fare miracoli. È per questo motivo che rimango ancora qui…oltre che per essere di supporto a tutti loro, ovviamente…e tu lo sai.”

“per far sì che non accadano di nuovo fatti simili a quelli delle finali. Lo so. C’è mancato poco che finisse tutto in disgrazia, o per la morte di quel pover’uomo o, peggio, quella di mia nipote dopo quel suo gesto avventato”.

“speravo che Howard avrebbe imparato qualcosa da questo, ma non è così, e temo che se qualcuno non lo precederà alla fine di tutto questo farà sparire quel pover’uomo in qualche modo. Ha promesso ad Emerald di non fargli del male, ma ciò non gli vieta di farlo esiliare da qualche parte…o qualcosa del genere. Non so cos’abbia in mente di preciso, ma dubito seriamente che permetterebbe che Warsman resti libero in giro”.

 

«su questi aspetti positivi non discuto, e sono sollevato nel sapere Hammy sta riacquistando le forze…e che anche il ragazzo stia bene, naturalmente» concesse Howard «ma ciò non toglie che, avendoli persi, Hammy non tornerà a casa ancora per un pezzo. O comunque, non potrò mobilitare gli uomini di stanza in Italia per tenerla d’occhio. Se avessero telefonato a Janice la notte stessa avrei potuto disporre di piantonare ogni strada che porta fuori Roma ma è logico supporre che, dopo l’incontro che hanno avuto, mia figlia e Zachary abbiano immediatamente lasciato la città. Ho modo di sorvegliare elettronicamente tutte le strade, è vero…ma è utile solo fino ad un certo punto. Se solo fossi a conoscenza del numero di targa della sua nuova auto» e sapeva di Chaos Star II solo perché Michael aveva detto di aver visto tracce di pneumatici vicino al rifugio nel bosco «o ci fosse il modo di risalire al luogo dove se l’è procurata, o comunque si è procurato i componenti...e sempre ammesso che lui ed Emerald usino quella per viaggiare. Sinceramente lo troverei strano, se la seconda auto è come la prima potrebbe essere fin troppo riconoscibile, non sarebbe una mossa saggia, e renderebbe anche inutile tutto quel che ho detto prima sui componenti e-»

Il discorso dei due venne interrotto dall’arrivo dell’ospite indesiderato.

Sì, era ancora lì.

Sì, aveva maldestramente tentato qualche scherzo senza riuscire nell’impresa.

Sì, aveva anche tentato di ficcanasare a mo’ di un Lancaster, senza riuscirci, naturalmente.

E, sì, Abraxas l’aveva preso a calci un paio di volte. Un Mask, una leggenda del wrestling come lui, preso a calci da un cavallo! Ma come detto quello non era un cavallo normale, a dirla tutta forse sapeva combattere meglio di quanto sapesse farlo Dik Dik Van Dik.

E non c’erano stati solo i calci, no…

«senti un po’! quel cavallo-»

«buon pomeriggio anche a te, Robbie» disse Howard, annoiato.

«quanti milioni di volte dovrò ripeterti che non devi chiamarmi in quel modo?»

«puoi ripeterlo quanto vuoi, ma non per questo smetterò».

Quando Howard e Robin erano insieme, a Lionel sembrava di essere l’unico adulto presente. E sì che Robin Mask era più vecchio di lui. E, si diceva, abbastanza assennato se non c’erano Lancaster -o almeno, quel ramo dei Lancaster- in giro.

Ma in momenti come quello c’era soltanto da alzare gli occhi al cielo.

«rrr…al diavolo!» Robin era talmente irritato da non essersi nemmeno accorto di Lionel. Non che fosse complicato “non accorgersi di Lionel”. Era un tipo così discreto che non gli risultava difficile diventare praticamente invisibile…ma quando decideva di entrare in un discorso erano ben pochi coloro che non lo stavano a sentire, perché tendeva a dire cose fin troppo sensate. «ero venuto qui a parlarti di quel tuo equino mostruoso!»

«hai tenuto Warsman in casa tua per anni, teoricamente avresti dovuto essere abituato a trattare con gli animali…e non guardarmi in quel modo, tu» aggiunse, intercettando l’occhiata gelida dell’amato cugino.

«oh. Salve, Lionel. Non ti avevo notato, scusami» il tono e l’atteggiamento di Robin erano cambiati drasticamente nel rivolgersi all’altro marchese, tornando ad essere quelli del “solito” capofamiglia Mask. Quello che tendeva a non ricoprire di carta igienica la casa del suo dottore, insomma, specialmente sapendo che tale dottore era il mentore della sua compagna.

«non preoccuparti».

Ma quell’attimo passò alla svelta, e Robin Mask tornò ben presto ad assomigliare ad un cane arrabbiato che digrigna i denti alzando il pelo.

«punto primo: evita i commenti sul mio ex allievo!» intimò infatti al “nemico” «punto secondo: quel cavallo mi sta addosso!»

«mi permetto di dubitarne, Abraxas notoriamente odia le persone, agisce solo in presenza di intrusi e reagisce quando gli si va a dare fastidio. È già incredibile che si sia avvicinato alla villa quella volta, per inseguirti. Per cui tu limitati a stargli lontano, intesi?»

«io non vado di certo vicino a quel coso!!! È lui che viene da me! E sono convinto che lo faccia su tuo ordine!»

«sicuramente. Perché secondo te io, con mia figlia dispersa, mi sono preso la briga di ordinare ad Abraxas -che intanto, ricordiamolo, è sempre un cavallo- di venire a darti fastidio. Ti rendi conto dell’assurdità che vai dicendo? Se non altro mi hai ricordato che lo sto trascurando, è da un po’ che io e lui non andiamo a cavalcare…»

«me lo sono ritrovato a nitrire alla finestra di camera mia alle due di stanotte, col muso dentro!!! E come se questo non fosse bastato, dopo mi ha tirato addosso un sacco che teneva tra i denti, e che conteneva un dannatissimo istrice!»

«…e poi presumo si sia messo a cantare “Jamaica Rum”, vero?»

«e smettila di fare l’indiano!!!»

«vedi per caso un copricapo di penne sulla mia testa?»

«ti ho detto di smetterla!»

«e io dico che sarebbe meglio affrontare la questione con calma» si intromise Lionel, capendo che altrimenti non l’avrebbero mai fatta finita «sarò franco, questa storia sembra essere al limite dell’assurdo anche a me, ma d’altra parte sappiamo anche che Abraxas non è un cavallo comune. Robin, hai delle prove a sostegno?»

«ehm…avevo l’istrice…ma appena l’ho recuperato l’ho lanciato fuori dalla finestra, non potevo certo tenermi un animale in camera».

Howard sollevò un sopracciglio e guardò Robin con l’ombra di uno strano sorrisetto che evidentemente non era sua intenzione nascondere. Ossia con l’aria, riuscì ad interpretare il capofamiglia Mask, di quando quell’essere infido pensava a qualcosa di imbarazzante -e divertente, almeno per Howard stesso- sul suo conto.

«non so a cosa diamine tu stia pensando» disse Robin, lentamente e con aria alquanto minacciosa «ma smetti di pensarlo!»

“no, basta, io me ne vado” pensò Lionel congedandosi, capendo che a quel punto rimanere in quella stanza era inutile. Quando c’era Robin Mask diventava impossibile parlare di questioni più serie, perché i due “ex amici” erano troppo impegnati a darsi addosso.

Ma si ripromise di tornare a fare due chiacchiere con Howard sua sulle solite questioni che su quella dell’istrice!

«e a cosa starei pensando, Robbie?»

Non si curava neanche più di cercare di soffocare il suo divertimento. Sembrava una pantera che aveva voglia di giocare con una preda come avrebbe potuto fare un gatto.

«non ho modo di sapere cosa passi in quel tuo cervello da iena, ma ti ordino di non farcelo passare oltre!...ti ho detto che non devi guardarmi più in quel modo!!! Mi hai capito?! Hai cominciato a farlo da quando ho parlato di animali in camera e…e…»

Per qualche istante l’irritazione di Robin cedette il posto ad un miscuglio di sensazioni riassumibili in un “but WTF?!  nell’arrivare ad intuire ciò a cui il marchese doveva avere pensato.

«io non ho mai…io non mi sono mai portato Warsman in camera, maledizione!!! Mi hai sentito?! Non lo ho fatto! E quelle catene che hai visto nelle stanze dove lo allenavo servivano solo a tenerlo fermo per evitargli di saltare addosso alla gente, o anche a me, quando non avevo su la maschera…» detta così faceva sembrare quel povero disgraziato o una sottospecie di maniaco o la bestia che Howard diceva che era, e decisamente non era la pubblicità migliore che potesse fargli; se ne rese conto anche lui, anche se forse un po’in ritardo «Insomma! Non ti permetto di insinuare certe….certe cose!!!»

«ti faccio notare che io non ho detto una parola, hai fatto tutto da solo».

Più Robin invecchiava, più farlo partire per la tangente diventava facile, almeno per il marchese Lancaster, che pur avendo “insinuato silenziosamente” che Robin e Warsman avessero avuto una relazione di stampo sadomasochistico sapeva fin troppo bene che invece avevano entrambi tutt’altri gusti. Fin troppo raffinati, invero, considerando che quella con cui Robin Mask si era riaccompagnato era una gran bella ragazza, e che quella sudicia bestia invece era ossessionata da Emerald.

Cosa che per lui, checché ne dicesse Lionel, costituiva un oltraggio.

Forse le cose sarebbero andate diversamente se il giorno delle finali del Torneo Turbinskii non gli avesse mostrato quel video. Quello in cui Warsman stringeva il collo di Emerald, per inciso. Pur considerandolo sempre un mostro, pur avendogli dato la caccia anni addietro, senza quel video magari Howard durante le finali non avrebbe agito come aveva fatto.

Avrebbe prelevato Robin come aveva fatto, l’avrebbe indotto a firmare, e ad incontro finito, in qualunque modo esso fosse andato senza che lui interferisse, avrebbe prelevato Warsman -perché con o senza video comunque gli indizi riguardanti la sua identità li aveva messi assieme-  di cui immaginava che la passata battuta di caccia avesse indotto ad avere di lui un sacrosanto terrore, quello sufficiente a spingerlo a firmare per l’annullamento del patto.

E poi magari l’avrebbe pure lasciato andare sul serio per la sua strada senza fargli niente, perché aver risolto quell’annosa e spinosa questione lo avrebbe messo moooolto di buonumore…se Emerald avesse voluto così.

Ma per quanto sapesse che lei era in grado di difendersi più che bene già allora, per quanto adesso fosse diventata una chojin con tanto di diploma e braccio potenziato, o sapendo che anche in quell’occasione specifica se le cose si fossero messe male sul serio Turbinskii avrebbe impedito il peggio, non riusciva a dimenticare la sua lurida zampa -ergo, mano- stretta attorno alla candida gola di Hammy. E chi se ne importava se anche lei aveva tentato di ucciderlo…

Ed era solo la volontà di quest’ultima a trattenere  tuttora la sua mano. O quella di suo genero.

Altro che Nettuno, fosse stato per Michael l’avrebbe impiccato con le sue stesse budella, specialmente quando era venuto a sapere che i fuggiaschi erano stati trovati e persi.

In quell’occasione Howard aveva lasciato che l’americano inveisse quanto gli pareva senza rimproverarlo nemmeno una volta per il linguaggio, perché si poteva dire che lo stesse facendo anche al posto suo; Howard H.R.J. Lancaster non si sarebbe mai abbassato a mostrare il proprio disappunto con imprecazioni e bestemmie.

E se fosse stato per lui invece, tanto per citare una serie di libri che nei tempi precedenti al matrimonio di Emerald lo aveva preso, gli avrebbe dato personalmente la “giustizia del re”. Con una pistola invece che con una spada, ma quel che contava era che il marchese sarebbe stato più che disposto a macchiare del sangue di Warsman -o Lord Flash, o come accidenti lo si voleva chiamare- il proprio candido completo. Anche se si trattava del sangue di un animale, ma era un animale che aveva attentato alla vita della sua bambina, e adesso minacciava di macchiarne l’onore. “è giusto che la persona che emette la sentenza sia anche la mano che la esegue”, almeno in quel caso specifico, e poco importava che Howard Lancaster fosse un marchese qualunque (?) invece di un re.

«n-non…» farfugliò Robin «senti, torniamo a quel tuo dannato cavallo! Vedi di tenerlo sotto controllo, oppure io-»

«”tu” cosa? Abraxas non ha mai dato noia ad ospiti a volte ben più molesti di te, nei suoi confronti» e nell’elenco era incluso anche Sebastian, che aveva cercato di istruirlo riguardo Oscar Wilde «dunque mi è difficile credere che tu non ti sia sognato tutto. E mi costringi a ricordarti che non c’è nessuno a trattenerti nella mia tenuta, tra le altre cose. Puoi tornare della tua compagna in qualsiasi momento…» fece un leggero sospiro «a farti diagnosticare una volte per tutte una strana demenza senile allucinogena!»

«io non ho nessuna demenza senile!!! E ti comporti come se non sapessi che quel tuo cavallo è pazzo quanto te…»

«effettivamente accettare di ospitarti è stata una scelta piuttosto dissennata da parte mia, ne convengo. Ospitarti…frequentarti…anche il semplice starti a sentire, invero».

«sei più iena del solito, che diavolo c’è?!» sbuffò Robin «un affare saltato? Un investimento da annullare? È morto qualcuno? O c’entra quella tua “adorabile” figliola?»

Per fortuna Robin aveva avuto il buonsenso di limitarsi ad un “adorabile” detto ironicamente, invece di altro. Ed aveva dimostrato che tutto sommato lo conosceva abbastanza bene da capire quando c’era qualcosa che non andava -o meglio, qualcosa che non andava più di quante ce ne fossero ultimamente-.

«…ho sue notizie. So che sta bene ed è in forze, il che è molto positivo. Ma le buone nuove finiscono qui. Robin, Robin…che errore facesti, quando per la tua sete di vendetta portasti via dalle steppe quella cosa infame. Quanti problemi ci saremmo risparmiati?»

«di problemi, a me, Warsman non ne ha dati. A parte nel periodo in cui sventrava chiunque non portasse una maschera come la mia, quando non era legato, e poi dovevo far sparire…i cadaveri…»

«seppellendoli a sud-ovest della tua tenuta».

«e tu che ne sai?!»

«è che da ubriaco, anni orsono, tendevi a diventare piuttosto loquace» uno schiocco di dita del marchese e le massicce porte scorrevoli dell’ufficio si chiusero «già che sei qui, per la prima volta dopo anni gradirei fare con te un discorso serio senza i soliti “re delle iene” di mezzo».

Sembrava mortalmente serio, come la volta in cui gli aveva chiesto un prestito, per cui a Robin riuscì miracolosamente di mantenere “acceso” il cervello. «non c’è un altro prestito di mezzo, mi auguro».

«no, non c’è. Ma il discorso riguarda quel che è successo anni fa».

Ad Howard era venuta in mente l’idea di cercare di mettere contro Warsman anche lui, Robin, il suo ex maestro.

Il motivo era molto semplice: per quanto c’era ben poco che potesse fare contro i suoi soldi e il suo potere, doveva riconoscere che anche Robin aveva una certa influenza. Lo dimostrava il fatto che, se non fosse stato per Emerald, sarebbe riuscito a continuare quella farsa della moglie morta uscendone indenne…ed esiliare qualcuno su Nettuno -tenendo conto che uno dei due “qualcuno” era a sua volta un campione ben conosciuto- non era qualcosa che potevano fare tutti. E se in passato era riuscito a compierlo, poteva anche essere che riuscisse ad ostacolarlo, un esilio.

Niente di più che un sassolino nella scarpa, sia ben chiaro…ma Howard Lancaster intendeva mandare lassù Warsman subito e senza impedimenti, una volta tornata Emerald.

Era per quel motivo che non aveva detto nulla di tutto ciò nemmeno a Lionel, che avrebbe potuto cercare di dissuaderlo.

Ed era per lo stesso motivo che, dunque, a Warsman andava tolto ogni possibile aiuto.

«non vedo il motivo per cui dovremmo parlarne adesso. Sappiamo tutti e due com’è andata: sei arrivato in casa mia, mi hai chiesto un prestito, ed io ti chiesi di lasciarmi una notte per pensarci su…»

«lo ricordo, ma non era di questo che volevo parlarti…»

«pensai intensamente alla faccenda da dopo che eri tornato a casa» continuò imperterrito Robin mezzo perso nei ricordi «per quanto i soldi non siano mai stati un problema per me, quella era una veramente una forte somma. In nome del nostro legame di amicizia chiaramente sapevo già che avrei finito per accontentarti. Ma poi…mi sa che quella sera ho fatto con Warsman uno dei discorsi più lunghi che ho mai fatto con lui. Vedendomi pensieroso mi chiese cosa c’era che non andava, e quella che tu chiami “bestia” si dimostrò dispiaciuto per quanto era capitato. Ti riteneva degno di stima, a quei tempi».

“sai che me ne faccio del dispiacere e della stima di una bestia” pensò Howard. «ah davvero».

«mi disse che anche per il bene della mia figlioccia dovevo farti quel prestito, e mi parlò di quando l’aveva vista rincorrere un grillo qui nella tenuta…»

un momento. A me questo non risultava affatto!” pensò il marchese, decidendo ugualmente di lasciare che l’uccello canterino continuasse a cantare, nonostante quel che aveva appena detto lo avesse sorpreso, e non in bene.

Emerald, piccolina, probabilmente una delle volte in cui era sfuggita alla sorveglianza, da sola con…quel coso.

«…dicendo che sarebbe stato un peccato se non avesse più potuto farlo, se aveste dovuto lasciare la vostre tenuta. Mi fece anche notare che lei e Kevin hanno la stessa età…oltre ad aver fatto vari discorsi sull’importanza che ha lasciare che i bambini stiano con i loro coetanei, eccetera…e che magari a Kevin avrebbe fatto bene frequentarla un po’di più. In quel modo forse avrebbe iniziato a darmi più retta. Disse che gli era sembrata una bambina così dolce e carina che avrebbe solo potuto ammansire quel piccolo demonio» ossia Kevin «ed è da lì che mi è venuta l’idea!»

Poi la notte stessa nel dormiveglia gliene era venuta un’altra peggiore -impalmare lui stesso Emerald quando lei avesse raggiunto l’età- ma ringraziando il cielo aveva optato per quella della sera.

«l’idea».

«l’idea di concretizzare quel che più volte avevamo detto “così per dire”, ossia del matrimonio tra…i…»

Ma di tutto quel che Robin poteva dirgli, di tutto, si era lasciato sfuggire la cosa più sbagliata in assoluto. Una cosa vera, perché l’idea gli era davvero venuta quando Warsman, bontà sua, cercava solamente di convincerlo ad adottare con Kevin una linea meno dura, nulla di più. Era stato il cervello -bisogna dirlo- in quel caso bacato di Robin Mask a tirare fuori un matrimonio dinastico da quello che invece era un incoraggiamento a lasciare che Kevin vivesse almeno un po’la vita che avrebbe dovuto fare un bambino di quattro anni.

Si rese conto di aver di nuovo parlato troppo appena guardò negli occhi il suo “ex amico”.

«…due».

Il marchese tamburellò leggermente con le dita il ripiano della scrivania in ebano.

«quindi mi stai dicendo che la brillante idea che ha portato a quel patto scellerato, al litigio successivo… agli anni di silenzio che ne sono conseguiti, ai miei tentativi di spezzarlo tra cui quello ultimo della caccia a quell’animale, che ci ha allontanati definitivamente…l’odio tra le nostre famiglie…tutto questo è dovuto al fatto di aver ascoltato i latrati di quel mostro rognoso?»

Era il caso di cercare di correre ai ripari, per quanto non fosse granché possibile. «non-»

«adesso immagina di aver messo una museruola alla bestia. Immagina quante cose ci saremmo risparmiati, Robin. Sarebbe stato tutto diverso, a partire dal fatto che forse Emerald e Kevin sarebbero stati sposati, adesso» c’erano ottime probabilità, perché oltre all’atteggiamento del ragazzo la rottura tra i due era stata causata proprio per tutta l’acredine che c’era tra i loro padri. Ovviamente Howard era più che contento che Emerald avesse invece scelto Michael, ma in quel momento ciò che contava era tirare acqua al proprio mulino, e dire a Robin quel che era giusto dire per raggiungere lo scopo «per Emerald saresti stato “zio” Robin. Se anche fosse finita nella Scuola di Ercole, al di là del fatto che sei stato tu a nominarla, non ti avrebbe dato problemi. Ti avrebbe voluto bene come te ne voleva da bambina; ricordi quando ti abbracciò?...e la faccenda di Alisa non sarebbe venuta a galla. O se anche fosse successo, ti avremmo tutti dato una mano ad uscirne in modo onorevole» anche se quel che aveva fatto Robin di onorevole non aveva nulla «Emerald per prima, che avrebbe cercato in tutti i modi di ammansire tuo figlio. Già, ci pensi? Se quella bestia avesse tenuto la bocca chiusa, Kevin magari non sarebbe nemmeno fuggito di casa. Ti avrei convinto a fargli frequentare Emerald, e vedendoti un po’più umano nei suoi confronti ti avrebbe ascoltato davvero. Non si sarebbe unito ai D.m.P., con l’onta che ne è conseguita per i Mask. Non avrebbe sputato veleno sulla tua persona ad ogni minima occasione».

«ma-»

«non ci sarebbe stato bisogno che “Lord Flash” facesse la sua comparsa per insegnargli cose che avresti dovuto insegnargli tu, come ho fatto io con Hammy. E lei e Warsman, se le cose avessero continuato ad andare come andavano» ossia con Warsman che partecipava non troppo spesso ai suoi incontri con Robin, e le volte che lo faceva c’erano solo loro tre «probabilmente non si sarebbero incontrati o, se sì, giusto occasionalmente. E la cosa sarebbe finita lì. Niente Emerald che si frappone tra lui ed il mio proiettile…anche perché non avrei dovuto spararlo! A proposito, se non avessi dato retta a Warsman tuo figlio avrebbe vinto il Torneo, ne sono praticamente sicuro» aggiunse il marchese «come sono sicuro che il matrimonio tra lui ed Emerald sarebbe finito diversamente rispetto a quello tra lei e Michael. è praticamente assodato che è stato Warsman ad attirarla laggiù e lei è caduta dalle scale, con tutte le conseguenze attuali…se tutto fosse andato come doveva, non avrebbe avuto motivo di tentare di mettersi in mezzo…perché non ne sarebbe stato ossessionato com’è adesso, e non ci sarebbero state “arcinimicizie” di sorta, tra loro due. Che bellezza, mh? Sarebbe stato o no tutto perfetto?»

Ci fu un lungo istante di silenzio.

«ammetto che lo sarebbe stato».

«invece è andato tutto al contrario, e adesso anche tu ti sarai reso conto di chi è la colpa».

Le cose non stavano precisamente così, Howard avrebbe potuto comunque agire diversamente in molti frangenti, e lui stesso lo sapeva benissimo; non era così cieco da non rendersi conto di aver unicamente creato un capro espiatorio -le cui colpe in diversi casi erano proprio “tirate per i capelli”- per tutto quel che di brutto era successo negli anni.

Ma Robin gli aveva dato l’occasione d’oro per fare quel discorso, al quale altrimenti avrebbe dovuto arrivare in altri modi. Ed aveva toccato ogni possibile tasto che potesse indurlo ad evitare di aiutare Warsman in qualunque modo. Quindi non restava che attendere la reazione completa.

Robin si passò una mano sul volto coperto dalla maschera, con un sospiro.

«per come la metti tu, la vita di tutti sarebbe stata -e sarebbe tuttora- molto migliore se non ci fosse stato il mio ex allievo. Inclusa quella di Kevin, è un Mask, e come tale deve aver gradito l’ossessione di Warsman nei confronti di…quella ragazza…esattamente come ha gradito che si sia sposata con un altro».

«e la colpa di questo è sempre del russo» sì, con molta immaginazione...forse giusto Robin avrebbe potuto lasciarsi influenzare così!  «tienilo a mente».

Robin iniziò a tormentare l’orlo della manica sinistra della propria giacca. «messa così, mi verrebbe quasi da dire che più sta lontano da tutti noi meglio è».

“ah però. Sapevo che non avrei faticato troppo, ma non pensavo di metterci così poco a convincerlo” pensò il marchese. «la penso così anche io. Guarda i danni che ha fatto, Robin».

Altro momento di silenzio.

«hai idea di dove si trovi Warsman al momento?»

«non proprio» mentì «ma sono certo che quando Emerald tornerà a casa non tarderà a ricomparire. Perché questa domanda?»

«pensavo che magari, se lo rivedessi qui intorno, potrei parlargli e convincerlo a tornare nel suo paese natale. Alla luce di tutto questo è meglio anche per lui stesso…mi chiedo come abbia fatto a non accorgermene prima. Mi sa che ero troppo impegnato ad odiare te».

Doveva essere una giornata miracolata, perché le cose stavano andando anche meglio di quanto Howard avesse sperato. E per quanto riguardava i tentativi di proteggere Warsman, Lionel aveva fatto un errore ad andarsene dall’ufficio troppo presto; come accadeva quando Howard era piccolo, bastava voltarsi per un minuto perché questi ne combinasse una delle sue.

Solo che da piccolo si trattava di invadere casa con le rane…mentre lì era in gioco il futuro di un uomo relativamente innocente.

Si dice che la differenza tra un uomo ed un bambino sta nel prezzo dei suoi giocattoli. Ma se si tratta di un uomo di potere, oltre al prezzo i giocattoli cambiano anche l’entità.

«ammetto di non aver messo troppo impegno a far si che non mi odiassi. Io stesso avevo perso di vista la “vera causa di tutto”» ah davvero. Da quando in qua? « non devi rimproverarti troppo. Ed apprezzo la tua buona volontà, solo che temo non sia abbastanza; se il terrore di me non è servito a tenerlo lontano da Emerald, e dalle nostre famiglie in genere, non ci riusciranno nemmeno le tue parole».

«cosa potrebbe riuscirci, invece?» domanda incoraggiante, senza dubbio «...e non azzardarti a proporre di ucciderlo, altrimenti io-»

«non è tra le opzioni, perché è ferma volontà di mia figlia che lui resti vivo» lo fermò subito Howard.

Che la vita di Warsman fosse appesa ad un filo sottile quale era la volontà -la volubilità- di quella piccola iena non era una bella notizia per Robin, ma meglio di niente.

«e le opzioni sono?»

«strutture in grado di contenerlo».

«una prigione?!» Howard era stato generico, ma di opzioni non ce n’erano molte in quel caso «non se ne parla, non lascerò che tu lo imprigioni da qualche parte come un animale da circo, non contarci!» disse rabbiosamente Robin.

«non io. Ma la Giustizia».

Il capofamiglia Mask lo guardò attonito. «e sulla base di cosa?!»

«innanzitutto sulla base di quei cadaveri a sud-ovest della tua tenuta, per esempio».

Robin boccheggiò sotto la maschera. Aveva detto decisamente troppo, quella volta da ubriaco come adesso, e rischiava grosso a sua volta. «mi stai minacciando?!»

«assolutamente no. Al di là del fatto che tu ti sei limitato a seppellirli, non è necessario che questo piccolo dettaglio si sappia. Metti delle persone a fare degli scavi in quella zona, per costruire un lago artificiale come il mio, magari. I cadaveri salteranno fuori, e non faticheranno a rilevare i segni degli artigli sulle ossa. Tu, ovviamente, dirai di questo non sapevi nulla. Ti fidavi di Warsman, tutti sanno del vostro rapporto di amicizia, e “mai avresti pensato che in quegli anni in cui l’hai ospitato lui  potesse aver fatto…”» mimò le virgolette «sappiamo entrambi che hai appoggi sufficienti per uscirne pulito».

Disse così, ma non si offrì di dargli una mano. Voleva che Robin, definendolo troppo rischioso anche se valido, cestinasse quel piano. Howard glielo aveva presentato perché non pensasse che di piani, lui, ne aveva già di propri. Doveva sembrare che ci stessero pensando insieme, cosa che avrebbe contribuito a far sì che Robin si sentisse “sporco” per quella specie di tradimento ad un amico.

Una sensazione che lo avrebbe zittito in seguito, perché “anche tu l’hai fatto, Robin, ricordi? Hai pensato insieme a me a come liberartene. Di tradirlo rivelando cose che TU hai nascosto. E che lui ha compiuto perché TU gli avevi fatto raggiungere quel livello di ferocia…civilizzandolo solo in seguito”.

Classiche tattiche psicologiche Lancaster insomma, visto che Howard quel suo pollo lì lo conosceva bene.

«no. No, rischio troppo».

Mr. Lancaster si appoggiò allo schienale della sedia. «e va bene…se non te la senti di rischiare, troveremo qualcos’altro quando servirà. Vuoi che non abbia combinato dell’altro -che non ti coinvolge minimamente- in questi anni?»

«spero che tu non stia pensando di incastrarlo, perché sarebbe…squallido».

«lo sarebbe quanto l’aver pensato di tirare fuori dei cadaveri che tu stesso hai nascosto per farlo rinchiudere da qualche parte » replicò l’altro «ma no» alzò le mani «se mai si troverà qualcosa, non sarà condannato per nulla di più di quel che ha fatto».

Robin non riuscì a dire una parola in risposta, limitandosi ad alzarsi -e lì Howard premette il pulsante di prima così che le porte potessero aprirsi- ed andare via senza una parola di congedo. Howard Lancaster stiracchiò le dita delle mani.

“e che abbia ucciso Pumpinator è un dato di fatto” si disse.

“ma Pumpinator non è di certo cittadino di Nettuno, era un D.m.P., e come se questo non bastasse stava per violentare nostra figlia! Condanni un uomo che ha fatto esattamente quel che avresti fatto tu. Quanto ci metterà Emerald a capire che dietro quella condanna ci sei tu? Se anche non ci arrivasse prima, ci arriverà quando ti chiederà di salvarlo e tu dirai che non puoi. Perché in realtà non vuoi”.

Non c’era da stupirsi che la voce della sua coscienza fosse quella della moglie, se si tiene conto che la voce della coscienza di Emerald invece era quella dello stesso Howard. Il che la diceva lunga su che tipo di coscienza potesse avere quella ragazza.

“le parlerò. Non voglio mentirle dicendole che non posso aiutarlo, sarebbe sciocco ed inutile. Cercherò di farle capire quanti danni Warsman le ha arrecato e perché dunque va allontanato. Devi ammettere che da quando si sono incontrati lei non ha avuto più pace”.

“non più danni di quelli che tu e lei gli avete arrecato, Howie, e lui ha avuto ancor meno pace di Emerald, a causa vostra. Lo sai benissimo”.

possiedo raziocinio a sufficienza da rendermene conto, non lo nego. Ma, primo, della salute di Frankenstein Delle Steppe non mi importa. Secondo, non gli ho detto io di stare intorno ad una creatura che ha tentato di uccidere, e che giustamente ha a sua volta tentato di ucciderlo. Avrebbe potuto allontanarsi da lei. Sì…so quel che dicono Lionel e Gabrijela a riguardo, ma ciò che quell’essere prova e lo induce a comportarsi così stupidamente non è amore. Non può esserlo. Tanto più che Emerald lo ha definito un arcinemico. Ovviamente non ci vuole molto per capire che è un “arcinemico” per modo di dire, Hammy tiene a lui, ma non in quel modo. In più, Emerald ha scelto un altro per essere l’uomo che le rimarrà al fianco per il resto dei suoi giorni, e non l’avrebbe fatto se non ne fosse stata del tutto convinta.”.

“…e anche dopo questo, lui è andato a cercarla. Renditi un po’conto”.

“un’ossessione è un’ossessione”.

“e tu credi davvero che un uomo accetterebbe di passare tutto quel che Warsman ha passato decidendo di rimanerle accanto per una pura e semplice ossessione?”

“magari senza volerlo Hammy ha attivato un protocollo di imprinting, e dunque quella cosa agisce di conseguenza”.

“ah. E se fosse così secondo te sarebbe colpa di Warsman?”

“no, ma di colpe da scontare -tra cui quella di non aver tenuto la bocca chiusa, e del tentativo di strangolamento- ne ha già a bizzeffe. Ed è meglio che non stia a pensare troppo a quel che Robin mi ha detto poco fa, non vorrei cedere alla tentazione di dire al carissimo Egil di usarlo come cavia da laboratorio una volta portato lassù”.

 

 

Fu con aria annoiata che Terry Kenyon lanciò una lattina di birra vuota in testa a Kid Muscle.

Nelle stanze che erano state riservate a tutti loro -con tanto di salotto poi- se non fosse stato per Meat, Checkmate, le ragazze, un po’anche Jeager nonché l’efficiente servitù di casa Lancaster, avrebbe regnato il degrado più totale.

Si trovavano ancora tutti lì, i ragazzi della nuova generazione, giunti sul posto per stare vicino ad una loro amica e collega come da migliore tradizione della Muscle League. Davano un’estrema importanza alla forza dell’amicizia, e dunque era fuori discussione lasciare qualcuno di loro nei guai. Era buona norma stringerglisi tutti attorno in aiuto, conforto e protezione, e come lo avevano fatto per Hammy lo avrebbero fatto anche per chiunque altro del gruppo.

«Terry…potevi lanciarmela piena, la lattina di birra!»

Solo che nessuno di loro, a parte forse Jacqueline e anche Kid Muscle che sul proprio pianeta possedeva un intero palazzo da mettere in tavola, poteva minimamente rivaleggiare con tutti i lussi che c’erano nella tenuta. Tutto quel che serviva e anche molto di più. Troppo di più.

Prima, quando i soldi che spendevano per i bagordi erano i loro, erano costretti a darsi una regolata. Ma non era più così, non in quella specie di paradiso dove era tutto spesato e sembrava che nessuno avesse voglia di cacciarli via. In particolare alle signore Lancaster, le anzianotte signore Lancaster, sembrava non dispiacere avere attorno tutta quella gioventù. Ubriaca e non.

A Meat a volte era venuto il sospetto che le nonne di Emerald avrebbero gradito di ottenere anche dell’altro oltre alle chiacchiere, e poco contava che Phoebe avesse sessantacinque anni e Verbena sessantuno. Ma forse erano solo delle illazioni, al di là della conversazione avuta quel giorno durante la quale, mentre Verbena aveva detto che “non è l’altezza a contare in un uomo”, Meat aveva disperatamente voluto credere che si riferisse al suo cervello. Per carità, erano entrambe due belle signore, ma…a parte tutto lui aveva ancora una mezza cotta per la madre adottiva di Roxanne.

«se fosse stata piena l’avrei bevuta, genio».

Uscì dalla stanza, vagando per l’ampio corridoio esterno. Ormai il piccolo kinniku non aveva più nemmeno la forza di urlare loro contro, specialmente sapendo che era completamente inutile. I suoi appelli di evitare di ubriacarsi in continuazione e quelli ad allenarsi visto che nella tenuta non mancavano le strutture per farlo andavano immancabilmente a vuoto con tutti i componenti della League di sesso maschile, eccetto Jeager e Checkmate. Le ragazze erano diverse, loro utilizzavano le suddette strutture di allenamento nonostante le loro menti fossero ancora distratte - in particolare dalla fuga di Kirika- rivelandosi se non altro più responsabili.

«forse dovremmo andarcene di qui» borbottò, rivolto a se stesso «sì, dovremmo proprio fare tutti quanti i bagagli ed andare via da questo posto, prima che si dimentichino pure i loro nomi a forza di bere».

Se Meat non lo aveva fatto era stato unicamente per cercare di chiarire diverse faccende in sospeso, ma contrariamente a come aveva sperato i miseri sembravano soltanto infittirsi. Da quando era stato sorpreso ad origliare da Howard, poi, gli sembrava di essere tenuto costantemente sott’occhio.

“tieni stretti gli amici e ancor di più i nemici”, così diceva il proverbio, e Meat aveva scioccamente pensato che vivendo in territorio “nemico” avrebbe potuto ricavare qualche informazione…ma tutto quel che aveva ottenuto era stato un feroce mal di gola per il troppo urlare.

“se non si sta attenti, la tenuta dei Lancaster è per i propri ospiti come l’isola dei Lotofagi” pensò “ormai sono passati diversi giorni da che anche Robin Mask è qui, e da quel che so ha una nuova compagna dalla quale dovrebbe voler tornare, ma mi fulminassero se l’ho mai visto anche solo col cellulare in mano, e…ecco, parli del diavolo e spunta la coda”.

Da quel che Meat poteva vedere, Robin Mask sembrava avere voglia di camminare fino a crollare a terra. Ci sarebbe voluto parecchio tempo peraltro, essendo un chojin.

Ma una camminata era necessaria per digerire sia l’idea di voler tradire quello che era stato un amico oltre che un allievo, che quella di essersi trovato alleato a qualcuno che per circa quattordici anni aveva dichiarato di odiare a morte.

Ma con quel qualcuno aveva avuto -e checché ne dicesse aveva ripreso ad avere- un rapporto diverso rispetto a quello che aveva con Warsman. Era qualcosa più “alla pari” (per modo di dire!) e che, come aveva più o meno ammesso sull’isola, gli era mancato.

Fino a poco tempo prima lo avrebbe preso a sprangate, forse lo avrebbe fatto anche adesso, eppure quando si era trovato a dover scegliere tra Nikolai, che fosse stato per lui non si sarebbe mai allontanato né mai avrebbe fatto tutto quel che aveva fatto Howard, e quest’ultimo…aveva scelto proprio la persona che lo aveva portato via con sé a fare kayak per poi farlo ubriacare di brutto accanto ad un falò in spiaggia.

Poteva essere considerata un’assurdità completa, specialmente tenendo conto di quel che Warsman aveva fatto per Kevin. Ma Robin non aveva mai avuto un gran rapporto col figlio, forse anche perché troppo simile nei tratti alla donna che lo aveva tradito in quel modo, e le varie vicissitudini non avevano contribuito al riavvicinamento. Senza contare che tutto sommato questo non era più assurdo dell’aver fatto esplodere un aereo con lui stesso sopra.

E non c’era neppure nessuno che potesse consigliarlo perché resosi conto del tradimento che forse si sarebbe trovato a compiere, col relativo disonore, aveva deciso di starsene ben zitto.

Come previsto.

«salve, Robin».

«mh?...ah. Salve» borbottò l’altro.

«va tutto bene? I lavori nella tua tenuta…»

«sì, chiaro, è tutto a posto. E i lavori procedono».

Sicuramente procedevano.

Ma non aveva idea di come.

«sicuro che è tutto a posto?» incalzò Meat «mi sembri nervoso».

«immagino che saresti nervoso anche tu se un cavallo venisse a nitrire in camera tua alle due di notte e ti lanciasse addosso un istrice!» ribatté l’altro «ed ora, con permesso, devo proprio…» improvvisamente Robin parve aver visto un fantasma, tanto che anche Meat si voltò preoccupato.

Ma era di uno di quei fantasmi che molti uomini avrebbero gradito trovarsi davanti tutti i giorni visto che, se non ricordava male, la bella donna bionda con gli occhi azzurri che vide era proprio la compagna di Robin Mask. L’aveva vista al matrimonio di Emerald, dato che i Lancaster l’avevano messa con Robin nelle prime file insieme alla donna che a lui non piaceva e relativa famiglia.

«eeeh…Alya. Ciao» Robin deglutì cercando di riacquistare un minimo di compostezza «com’è andata nel centro benessere…?»

Capendo che era il caso di lasciarli soli Meat salutò velocemente entrambi e se ne andò via, con tutta l’intenzione di andare a cercare un minimo di aiuto da parte delle ragazze per convincere i suoi allievi ad andarsene di lì, o comunque far riaccendere loro quei due neuroni che avevano.

E che Robin se la sbrigasse da solo.

«è andata molto bene» disse lei con calma «ma sarebbe andata ancora meglio se avessi risposto ai miei sms o alle mie chiamate…» che erano stati pochi, a dire il vero, visto che Robin l’aveva portata lì per rilassarsi e non era una di quelle che ossessionavano il malcapitato con cui stavano insieme «non dico a tutte, ma almeno una volta».

«credo di essermi dimenticato di accendere il cellulare…» tentò di giustificarsi mentre le si avvicinava.

«così come ti sei dimenticato di dirmi che saresti venuto qui, direi, nonostante tu a Janice Lancaster abbia detto il contrario. Non mi ci è voluto molto a fare due più due. Non eri tornato a casa, non eri nell’albergo in cui mi avevi detto che saresti stato, quindi potevi essere soltanto qui…visto che se si tratta del signor Lancaster tendi a fare le cose di nascosto».

In certi momenti Alya pensava di essersi messa con l’uomo più privo di logica dell’Universo. Se già quella faccenda delle “sfide” di tempo fa aveva poco senso, andare ad infilarsi così nella tana del lupo ne aveva ancora di meno. Anche se Robin sembrava star bene, senza contusioni, lividi, ossa rotte, piercing e quant’altro. Se mai sembrava giusto nervoso, ma era tranquillamente imputabile all’averla vista arrivare all’improvviso.

«ma non è affatto vero!»

«tu dici? Ti sei dimenticato perfino di controllare a che punto sono i lavori, nonostante tu mi abbia detto che l’avresti fatto. E per la cronaca, casa nostra è agibile da due giorni».

«…davvero?»

«sì. Quindi direi che potremmo tornarci, capisco che tu e il tuo “nemico giurato” siete la coppia più bella del mondo» disse con appena una punta di sarcasmo «ma non vorrei che finissi ad abusare troppo della sua ospitalità».

Che per Robin, tradotto, voleva dire che era il caso di fare le valigie e tornarsene a casa immediatamente. E lui sapeva che era bene accontentarla, viste tutte le proprie mancanze nei confronti della compagna.

Ma come Lionel se n’era andato troppo presto Alya era arrivata troppo tardi, perché ormai l’Asse RobWard aveva ufficialmente ripreso ad esistere, e nel peggiore dei modi.

 

 

:: Marzana, Croazia ::

 

 

Zappare alle sette meno dieci della sera, col sole estivo a bruciare ancora un po’, non era facile per nessuno…

«“finora ignoravo cosa fosse il terrore: ormai lo so. E' come se una mano di ghiaccio si posasse sul cuore. E' come se il cuore palpitasse, fino a schiantarsi, in un vuoto abisso”…ed io provo terrore alla sola idea della giornata di domani! Ahimé! Cosa ho mai compiuto di tanto orribile da dover patire simili pene? La schiena si spezza come il ramo di una quercia rigogliosa sotto le troppe intemperie…» sospirò, dando l’ennesimo colpo di zappa «i capelli si sciupano come fili d’erba bruciati dal sole…» emise un lamento «e le mani bruciano. Ma questa ingiusta pena inflittami dal marchese mio padre si alleggerisce…» interruppe il lavoro di zappatura per guardare negli occhi le quattro belle ragazze che gli si erano fermate vicino «vedendo i vostri occhi ardenti!»

Il lupo perde il pelo ma non il vizio, così dice il proverbio, ed era perfettamente applicabile a Sebastian L.V.C. Lancaster.

Per il giovane nobile, niente affatto abituato a zappare la terra quanto piuttosto a scolpire il fisico grazie agli anni di danza classica, a leggere e a cercare di emulare in diversi aspetti il suo mito Oscar Wilde, quella vita da contadino era atroce.

Sveglia alle cinque del mattino. Zappa, semina. Dai da mangiare alle bestie. Spala letame. Mangia. Torna a zappare, ad innaffiare. Nutri di nuovo le bestie. Spala ancora. Cena, e poi a letto presto.

No, no. Non era quella la vita per lui, e l’unica consolazione proveniva dalle bellezze locali che si fermavano ad ammirare il fisico scolpito del nuovo sexy zappatore alto un metro e ottanta. E le bellezze erano aumentate di numero da quando erano venute a conoscenza del fatto che il nuovo zappatore era un nobile ricco sfondato. Caratteristiche grazie alle quali quel suo strano modo di parlare diventava più che scusabile.

«Sebastian!!!» urlò qualcuno dall’interno della casa, lontana parecchi metri dal limitare del campo di patate dove si trovava lui «lavora!!!»

Ormai il ragazzo nel sentire gli urlacci di sua nonna non trasaliva neanche più, ma fu costretto a distogliere la propria attenzione dalle ragazze. «povero te, Sebastian Lancaster! Povero nobiluomo costretto a subire le angherie in inglese di una tiranna» sua nonna, appunto, una settantenne alta con i capelli che un tempo erano stati rosso scuro, la pelle cotta dal sole e le mani callose «ed ingiurie in croato che con la mia conoscenza giusto basilare della lingua non capisco…» ossia suo nonno, un settantacinquenne più basso di lui, da tempo senza capelli, con pungenti occhi grigi e mani ancor più callose di quelle della moglie «ma rimembrino che un Lancaster paga sempre i propri debiti, e quando avrò abbandonato siffatto ameno luogo per far ritorno alla mia magione io-»

Emise un suono strozzato quando due figure che inizialmente non riuscì ad identificare gli strapparono la vanga dalle mani e gli chiusero la bocca.

«se vuoi smettere di zappare, cugino, zitto e corri veloce! right?!»

Non ebbe neppure il tempo di sorprendersi che vide quelle che sembravano Emerald  e -assurdo!- una Kirika bionda corrergli davanti, e sentì le proprie gambe muoversi da sole nel darsi alla fuga.

Parte di lui gli stava dicendo che correva dietro ad un miraggio causatogli dal troppo sangue affluito alla testa per stare chino a zappare oltre che al caldo, ma a quanto sembrava a tutto il resto del corpo non poteva importare di meno!

Non gli importava nemmeno di lasciare lì i cambi di intimo, ossia tutto quel che sua madre gli aveva concesso di portarsi dietro; Gabrijela non gli aveva lasciato cellulari, libri, e nemmeno i suoi strani vestiti, dicendogli che gliene avrebbero dati di quelli per i braccianti…

«mie eroiche salv-»

«zitto e corri!» lo zittì Kirika.

Ok, era meglio risparmiare il fiato, specialmente perché pur essendosi allontanati già un bel po’ poteva ancora sentire gli strilli di sua nonna, e voltandosi vide che un gruppetto di persone stava cercando di inseguirli. Poco più distante pi vide…cos’era…sì! Era Chaos Star II, nientemeno, e col motore acceso!

«verso la libertà!!!» non poté fare a meno di urlare.

«urla di meno e sgambetta di più!»

Il ragazzo non se lo fece dire due volte, tanto ansioso di andarsene da superare Kirika ed affiancare Emerald, arrivando a dieci metri dall’auto.

«muoviti, Seb, stiamo rischiando nuovamente di essere presi a causa tua!» si fece sentire Zachary, che al momento sfoggiava abiti sportivi, occhiali da sole e meches bionde.

«amico mio, sapevo che non mi avresti abbandonato!» esclamò Sebastian salendo rapidamente in macchina, sui sedili posteriori, imitato da Emerald. Kirika li raggiunse un secondo dopo, salendo invece davanti.

«dopo quell’idiozia che hai fatto a Washington se fosse stato per me ti avrei lasciato qui. Ringrazia tua cugina» diede gas, facendo mangiare la polvere agli inseguitori che erano arrivati a poca distanza «…e a causa tua ora gente che non doveva vederla ha visto la mia auto! Dovrò lasciarla qui, ti rendi conto?»

«si era detto di lasciarcela dietro comunque a breve, perché si riconosce troppo» obiettò Hammy «bell’abbronzatura, Seb» disse ironicamente, dando dei colpetti alle spalle ustionate dal sole.

«non arrecarmi altro dolore, adorata cugina mia! Le mie mani lo fanno già a sufficienza» si lagnò Sebastian «…nuovo taglio di capelli?»

Tutti e tre i suoi salvatori avevano trovato il tempo di passare da un parrucchiere o qualcosa del genere, a quanto sembrava, visto che anche Emerald sfoggiava delle meches chiare sui capelli neri tagliati corti.

«lascia perdere, che sto facendo più cambi in questo periodo di quanti ne abbia fatti in tutta la vita».

«lieto di sentirti parlare nuovamente bene! Vi sono stati miglioramenti anche sul fronte ricordi?»

«poca roba, Seb».

Zachary evitò di proferire parola. Aveva smesso di inquisire per amor di pace, e fatto questo con la cognatina era tornato tutto a posto, ma aveva ugualmente il sospetto che Emerald stesse anche meglio di quanto lasciava credere, e che Kirika a sua volta sapesse qualcosa di cui lui non veniva informato.

Non poteva dire che quella faccenda gli piacesse, per niente, e doveva assolutamente fare in modo che Sebastian si attenesse alla versione che avevano concordato a Washington, ossia che loro del destino di Warsman -almeno fino a quando non era arrivata Kirika con le relative nuove- non sapevano nulla. O Emerald avrebbe anche potuto pretendere di fare ritorno a casa propria, e con Kirika a darle manforte avrebbe pure potuto farlo.

Già, se stava meglio come pensava Zeke c’era da chiedersi perché non volesse tornare a casa.

“si sarà resa conto di non aver vissuto l’ultima grande avventura prima del matrimonio. Fosse così non vedo il problema, tanto ci sarò io a vegliare sulla castità della cognatina, tutto resterà in famiglia, ci saremo divertiti…” discorso ricco di doppi sensi a cui Zachary però non pensava minimamente “…e soprattutto io non verrò rispedito a Washington” invece a quello, che poi era l’altro motivo che lo spingeva a restare in clandestinità oltre la voglia di avventura, pensava eccome “così come Seb non tornerà a zappare”.

«richiedo di fermarci a comprare per me dei vestiti diversi da codeste brache di jeans, ovunque andiamo» disse poi Sebastian «non ritengo di poterle sopportare oltre».

«nyah-ah-ah-ah-ah-ah, ehi Seb, ma con la furia di mammina come la metti?»

Il ragazzo ebbe un brivido. Non voleva pensarci. «preferisco non lasciare che pensieri infausti mi ottenebrino la mente. Per favore, potreste rivelarmi la successiva destinazione?»

«pit stop da qualche parte e poi Mosca» disse Kirika «ehi Lancaster…»

«quale dei due?» domandò Hammy.

«Lancaster tu. Non è il caso di prendere il portatile, affittare un garage per questo trabiccolo…»

«non insultare la mia auto, grazie, è di appena un paio di gradini inferiore al mio cappello per importanza» protestò Zachary «però ha ragione. Cognatina, pensa a garage, taxi e biglietti aerei. Prenota a…» ci pensò su qualche istante «conviene tornare in Italia, piuttosto che proseguire per Zagabria. Anche perché credo che dopo questo blitz avremo ben poco tempo per passare il confine, prima che tuo padre blocchi tutti i confini. Affitta il garage e prenota un volo da Trieste, Qui bisogna correre!...Seb, dopo ti do i documenti…per fortuna ti sei bruciato un’identità sola. E sempre per fortuna non eri a conoscenza delle altre, o Lentiggine ti avrebbe fatto cantare come un uccellino».

«usignolo, prego. Mi ritengo alquanto intonato!»

«lo spero bene, Sebastian, e immagino che tu abbia parecchie canzoni da cantare!» disse Emerald con un sorriso.

«vi delizierò con la mia versione de “il Barbiere di Siviglia”!...h-hm…laaaaaaargo al factotum della città, larg-goooo!!!»

Kirika si girò verso di lui con aria assassina.

«tu provati a berciare in quel modo un’altra volta, e io ti butto giù i denti!»

«non gradisci le mie doti vocali, dolce fanciulla?»

«ma manco per niente!»

Sebastian, dopo un sospiro ed un commento a bassissima voce sul fatto che avrebbe dovuto educare le orecchie dei suoi compagni di viaggio, si mise a sedere composto sul sedile con gli occhi socchiusi.

«spero che non passi troppi guai pure tu, per colpa mia» gli disse Emerald.

«mia la scelta di partire, mia la scelta di seguire, mia la scelta di fuggire. Nulla dunque che mi induca a vederti come rea delle mie disgrazie. Sono solo lieto di trovarti più in salute».

Effettivamente nessuno, fin dall’inizio, aveva detto a Sebastian di lasciare la tenuta dei Lancaster. Quindi si poteva dire che se la fosse cercata, e tutto pur di avere qualcosa da raccontare ai suoi amici di Belfast.

«thank you».

Dopo un breve sorriso Sebastian si rivolse di nuovo all’ albino-che-non-pareva-albino. «Zachary, buon amico mio, durante il mio rientro coatto alla magione di mio zio ho avuto una breve conversazione con la dolce pulzella dai capelli rossi che a quanto sembra ti pensa ancora intensamente!»

«pensasse quanto vuole, purché non mi si pari davanti. Jackie è tanto carina, ma non mi interessa se non come amica, e l’ho già detto diverse volte. Quel che è successo tempo fa è stato solo perché non ero in me».

«già, parevi quasi normale» commentò Kirika.

«quasi normale per me è quasi un insulto, al di là di come mi sono conciato adesso» il sorriso sornione era tornato. Se non fossero stati in fuga, avrebbero quasi potuto sembrare i classici quattro amici in macchina che vanno chissà dove a fare chissà che. Peccato che non fosse affatto così…

 

 

:: Roma, aeroporto ::

 

 

«come abbiamo fatto? Come abbiamo fatto a non arrivare in tempo?! Erano qui, quelli della reception lo hanno pure confermato…»

«poche proteste, ragazzo! Sembra che abbiamo una traccia piuttosto consistente, nonostante io non capisca cosa ci facciano in…un momento. Mi hai detto che il cugino di Emerald è stato mandato in Croazia?»

«così dicevano».

«allora ha senso, per quanto mi stupisca che Connors junior abbia acconsentito a recuperarlo».

«Emerald avrà minacciato di tirare una panchina pure a lui se non l’avesse fatto. Tsk…Scimmiattolo violento».

«non scherzarci sopra, c’è caso che l’abbia fatto davvero. Ad ogni modo mi domando che razza di gente incompetente assumano negli alberghi…» Warsman strinse nervosamente il minuscolo bagaglio, frutto di acquisti fatti sul posto «non mi ci è voluto niente a farmi dire dov’era andata la ragazza hippy con gli occhi verdi».

“da come gliel’hai chiesto sembrava una questione di vita o di morte, ci credo”.

Avevano chiesto informazioni alla donna che stava alla reception. Kevin non avrebbe potuto giurarci, ma si era mezza commossa nel sentire quell’uomo quasi supplicarla di dargli delle  ulteriori informazioni in un modo quasi disperato, dopo aver sentito che avevano lasciato l’albergo.

Era evidente quanto a lui importasse di quella ragazza. Ed era altrettanto evidente che non fosse un pazzo assassino che voleva farle del male, così come la sua completa sincerità. Kevin poi aveva capito che il suo ex allenatore probabilmente non si era nemmeno reso conto del modo in cui aveva parlato. Solitamente in lui c’era una freddezza involontaria insita in ogni sillaba e in ogni suo atteggiamento, ma in quel momento in cui aveva creduto davvero di poterla avvicinare ancora si era dissipata del tutto.

Subito dopo il russo era tornato il solito se stesso, ma ormai quel che c’era da vedere si era visto. Lui l’aveva visto, la tizia della reception lo aveva visto, e pure i muri lo avevano visto!

«è il potere dell’ ammmmmore» disse sarcastico.

«Kevin, quanto scommetti che viaggerai nella stiva?! E farà freddo laggiù, quando arriveremo a Mosca».

«che senso ha che vadano a…ah, già. C’è stata con quell’altro russo. Pare che Emerald abbia una fissa con le unioni miste, mentre ha gettato dalla finestra un bell’articolo nostrano» disse, indicando se stesso «ma comunque quella è sicura che Kirika abbia detto “Mosca”?»

«diceva di sì. Era sicura, è plausibile, quindi noi andremo lassù. E prego che non l’abbia detto ad alta voce per depistarci. Quella demonessa finora si è comportata in modo ben poco chiaro, e non mi piace».

«non ci ha traditi però, non ha detto loro come fai a trovarli».

«appunto: intenti poco chiari».

«i tuoi non sono da meno. Dovremmo informare lady Janice della cosa, invece non sembri averne intenzione. Vuoi aspettare un contatto visivo per essere sicuro di non aver fatto un buco nell’acqua o vuoi tentare di rapire Hammy, piuttosto?»

L’altro non rispose. La seconda alternativa non gli sarebbe dispiaciuta, ma lui più che altro voleva prima parlare con lei da solo. Di cose da dire ce n’erano un’infinità.

«non dire sciocchezze e pensa a scorrere, che tra poco alla dogana tocca a noi».

«non mi hai ancora risposto».

«nessuna di queste cose, ed ora scorri».





Allora...che dire? Spero di non avervi seccati eccessivamente nemmeno qui, con la prima parte, tra le riflessioni di Howard Lancaster ed il ripristino dell'Asse RobWard. Eh sì, le assurdità di Robin non hanno limiti, e questa tutto sommato non è la peggiore che ha fatto... anche se potrebbe essere dannosa per un amico che a quanto pare "vale" meno rispetto al nemico giurato!
Il nuovo taglio di capelli di Emerald eccolo

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Capitolo 17
*** On fire ***


ultimocap

«ricordami perché stiamo tutti rischiando l’osso del collo in questo modo, Zachary. Ricordamelo».

«pfff…ma che rischi e rischi. Se qualcuno dovesse venire in questi archivi a quest’ora di notte, ed io non vedo perché, possiamo sempre tramortirlo. Siamo in quattro, due di noi sono chojin e in ogni caso siamo tutti armati».

«bello, qui siamo in Russia! Questi qui se si tratta di cose come questa scherzano quant’e noialtri del Pianeta dei Demoni: per niente».

«…ma perché sono venuto via?» si lagnò Sebastian.

«che devo dirvi, vediamo di non farci prendere ed eviteremo di scoprire se i russi conoscono almeno una barzelletta».

«ti rendi conto che ci siamo introdotti qui solo perché tu pensavi che-»

«avevo letto che tra i pochissimi altri, ad avere le mappe più complete di tutta la miriade di cunicoli sotterranei di Mosca, che per inciso in alcuni punti arriva ad oltre dodici livelli di profondità, erano i decani di questa cattedrale. E ti dirò di più, sono stato stupido a non aver deciso di venire subito qui sotto, invece di andare in albergo».

I quattro ragazzi si trovavano negli archivi polverosi dei sotterranei della cattedrale di Cristo Salvatore: demolita dai bolscevichi nel 1930 attualmente era in ricostruzione, ma una volta entrati di soppiatto ed iniziato a scendere nei sotterranei, sempre più in basso, i ragazzi si erano resi conto che ben poco nel sottosuolo era cambiato rispetto ad anni prima. Era certo però che trovare ciò che cercavano in giusto un paio d’ore era stata una questione di fortuna, ed ora stavano spulciando mappe su mappe.

«personalmente gradivo in maniera assai maggiore quella piccola e deliziosa suite, rispetto all’idea di addentrarmi in cotali malfamati luoghi…»

«lascia perdere Seb. Credo che ora i livelli sotterranei di Mosca siano il posto adatto…anche se ammetto che l’idea mi attira molto meno che a Talpa Connors».

«troveremo la biblioteca della principessa Sofia e i tesori di Ivan il Terribile!» canticchiò Zeke, tutto contento.

«se non stiamo attenti là sotto troveremo un sacco di mazzate oppure la morte, o in alternativa ci perderemo» borbottò Kirika «tratteniamoci meno che possiamo e limitiamoci a trovare dei cunicoli che ci facciano uscire dalla città…»

«c’è…c’è il reale rischio che possiamo perderci?» balbettò Sebastian.

«se non troviamo delle mappe decenti sì».

«credo di averne beccata una abbastanza completa» annunciò Hammy «Zachary?»

«fa’ vedere. Mh…» il ragazzo si mise a studiare la mappa «mi sembra di vedere diversi cunicoli che portano fuori città, però secondo me sono tutti a dei livelli troppo alti…eccetto questi» ne indicò due rispettivamente a nove e undici livelli di profondità «arrivarci non sembra una cosa propriamente semplice, ma considerando quanto arrivano lontani» svariati chilometri, praticamente in campagna «e quanto dunque possiamo viaggiare coperti, direi che ne vale la pena».

«più avanti si va meno mi attira. Chilometri e chilometri da fare a piedi sottoterra? Oh no» Kirika scosse la testa «nossignore».

«possiamo rubare delle motociclette» disse Hammy.

«sicuuuuuro, perché ad undici livelli di profondità se disgraziatamente finisse il carburante troveremo un mucchio di benzinai!»

«ruberemo anche delle scorte di carburante, che devo dirti?»

«è una pessima idea! Scendere giù va bene, ma non di undici livelli!!! Se capitasse qualcosa chi cazzo ci ritroverebbe, lì sotto?!»

«sssh! Modulate il volume, cortesemente» cercò di dire Sebastian.

«viaggiate con un appassionato di gallerie» Zeke era fissato da morire con i sotterranei tanto che  prima di costruire il rifugio nel bosco, lavorando duramente aveva scavato una galleria vicina ad un ammasso di rocce sperando di trovare una qualche grotta nascosta sotto…ma aveva solo rischiato di restare sepolto vivo quando suddetta galleria era mezza crollata; uno dei puntelli non aveva retto! «inoltre in questo gruppo -come ho già detto- due sono chojin, e tutti siamo armati. L’unico pericolo da temere è un crollo improvviso. Ma non vedo perché dovrebbe succedere, se gli esploratori sono arrivati fino alla fine quaranta e passa anni fa a maggior ragione possiamo farcela noi».

«io non ci vengo. Non così tanto sotto» concluse Kirika «non ci penso nemmeno».

«allora facciamo una bella cosa: tu e Sebastian adesso, prima che il signor Lancaster riesca a bloccare tutta Mosca, incominciate a viaggiare nei primi livelli, lasciate la città, ed aspettate me ed Emerald qui» indicò il punto sulla mappa «all’uscita. Se non l’avete capito, io ed Hammy ce ne andremo lì sotto qualunque cosa diciate» aggiunse con un sorriso fuori luogo «voi fate come vi pare».

«è follia pura, Emerald. Follia pura. Lo sai benissimo» le due ragazze si scambiarono un’occhiata cupa «chi vi dice che il passaggio non sia crollato?»

«si può tornare indietro».

«e chi vi dice che non vi crolli alle spalle?!»

«basta parlare di crolli, amabile demonessa, stai finendo col ripeterti. Dividiamoci e ritroviamoci lì. Nei livelli più alti in ogni caso due danno meno nell’occhio di quattro».

Sebastian non fece commenti. Kirika invece… «a me è venuta la vaga idea che tu voglia restartene solo con lei per qualche altro motivo diverso dalla fuga, considerata la farsa che avete messo su da quando siamo qui a Mosca».

Breve pausa di silenzio. Emerald si mise a giocherellare con una cinghia dello zaino. Zeke parve rimanere tranquillo.

«non comprendo».

«signor centosettantasette, non prendermi per il culo. Comprendi benissimo» ribatté lei seccamente «e va bene. Ce ne andiamo tutti giù».

«che cosa?! M-ma a me l’idea precedente n-non dispiaceva…» si disperò Sebastian.

«tutti nel passaggio. Se nei livelli più alti vediamo altra roba da mangiare la rubiamo, idem i mezzi. Caso chiuso. Da dove si entra?»

«anche da qui. Più sotto però» specificò Hammy.

«bene. E tu, Talpaboy, tieniti strette quelle mappe» uscirono rapidi dalla stanza «e facci strada».

Zeke si strinse nelle spalle, e si mise in testa. Gli altri lo seguirono.

«è una pazzia» borbottò Kirika, coperta dalle lagne di Sebastian.

«Kirika, non me la sento di rivederlo ancora…per adesso».

«se torni e casa e lo dici a tuo padre verrai accontentata, non vede l’ora di togliertelo di torno».

«ti prego…è complicato».

«in alternativa lascia che dica a Talpaboy com’è che ci trovano».

«sto già dando a papà grattacapi sufficienti. Niente pc significa niente localizzazione da parte di Warsman e, credo, nessuna pista per mio padre. Finché ne avrà una sarà un filo meno in ansia».

Ecco come stavano le cose. Emerald sapeva tutto benissimo, ma aveva deciso di lasciare le cose come stavano.

Fosse stata meno vigliacca avrebbe contattato suo padre e gli avrebbe detto che per ora voleva rimanere in viaggio.

Fosse stata meno vigliacca, gli avrebbe pure detto perché. Idem per Michael.

Ma la prospettiva di dare loro una delusione la atterriva più del passaggio ad undici livelli di profondità.

“Warsman ha ragione” ammise con se stessa la ragazza, pensando a quel che lui le aveva detto prima.

«tu stai veramente fuori, Lancaster, te lo dico io…»

«…beh, se non altro siamo sicuri che il pc portatile non c’entra» si sentì dire Zachary «non l’ho mai acceso ma ci hanno trovati ugualmente. Per di più sono capitati nello stesso albergo…questione di sfortuna…ma se troviamo i tesori di Ivan il Terribile pareggiamo!»

«…destino ingrato, io, nobile marchese, costretto a strisciare siccome lurido verme in codesti cunicoli…»

«Sebastian».

«sì, mio buon amico?»

«o la smetti di lagnarti o ti abbandoniamo qui sotto».

«…»

«non scherzo».

«non ti comporti in maniera gentile».

«non con chi si lagna di continuo».

«mentre sono impegnati a discutere, dimmi cosa ti ha detto Warsman in quei cinque minuti che vi abbiamo persi».

«mi ha…mi ha detto come sono arrivati qui».

Kirika alzò gli occhi al cielo. Non voleva dirglielo. Pensava di aver superato quella fase…

“io a farla ragionare ci ho provato. Anche prima”.

 

 

:: qualche ora prima ::

 

«non c’è che dire, sembra che tu abbia un sacco di uomini che fanno a gara per dormire con te».

«pfff…e me li chiami uomini? Uno è asessuato, e l’altro è il cugino Sebastian».

Emerald si portò la sigaretta alla bocca e fece un altro tiro. Da dopo le finali del Torneo chojin aveva drasticamente diminuito sia fumo che alcol per questioni di salute, o almeno ci aveva provato -e nel caso del fumo ci era quasi riuscita-  e a maggior ragione avrebbe dovuto farlo adesso che teoricamente era ancora convalescente; invece aveva ripreso a fumare minimo sei sigarette al giorno, e se non erano di più era solamente perché Zachary e Sebastian gliele toglievano appena la beccavano a prenderle.

Alla fine di tutto -e il cielo solo sapeva se sarebbe stata tra un mese, tra un anno o tra dieci- Zachary intendeva “restituirla” al fratello con i polmoni meno incatramati possibile, e quanto a Sebastian era contro il fumo e basta.

«la cosa divertente è che oltretutto dormirai con quello sbagliato…» disse Kirika, poggiandosi sulla ringhiera del  terrazzo della piccola “suite” composta da due camere collegate tra loro da un breve e stretto corridoio e due bagni in cui avevano scelto di alloggiare durante la permanenza a Mosca.

«e piantala!»

«…visto che dividerai il letto con Sebastian mentre teoricamente dovresti farlo con l’albino che tanto albino più non pare, essendovi spacciati per fidanzati. Ma perché poi?»

Emerald fece un ultimo lungo tiro. «per ragioni di sicurezza. Visto che Zachary non sa com’è che Warsman ci rintraccia, per confondere un po’più le acque lui ha deciso…insomma, chiunque lo conosca anche solo un minimo sa che a lui non interessano sesso e compagnia bella…»

«mh! Vallo a dire alla rossa, potrebbe farti restare sorpresa!» obiettò Kirika, venendo totalmente ignorata.

«…e quindi ha detto che impersonare quattro amici divisi in due coppie di fidanzati teoricamente dovrebbe confondere un po’le idee a chiunque possa chiedere di noi, oltre ai nostri cambiamenti d’aspetto. Anche se sarebbe stato forse più logico arrivare prima noi e poi voi fingendo di non conoscerci ma…vabbè».

«se si parla di tette e fianchi il travestimento ti ha giovato, porti una quarta piena tutta d’imbottitura e jeans di due taglie in più».

«grazie per avermi ricordato che quassù in alto ho poca roba e che sono costretta a sembrare una pera, davvero, ne avevo proprio bisogno» Hammy sollevò un sopracciglio «sposata con un fratello, fidanzata per finta con l’altro, e con Warsman e Kevin che mi inseguono…nonna Phoebe direbbe che il mio carnet a questo punto è bello che pieno».

«comunque a me questa di impersonare delle coppie di fidanzati sembra solo una scusa».

«una scusa per cosa?»

«secondo te? Sveglia, Lancaster ».

Emerald avviò un’altra sigaretta. «minchiate» cos’altro avrebbe potuto dire una siciliana per un quarto? «ha detto più volte che se un giorno dovesse “scegliere qualcuno con cui testare un consapevole coito non a scopo riproduttivo” sceglierebbe te che in quanto proveniente dal Pianeta dei Demoni sei un soggetto più interessante».

«un motivo in più per scegliere me come finta fidanzata in questa recita, mentre invece è te che ha slinguato tre giorni fa mentre io e Sebastian ci facevamo dare le tessere magnetiche».

Emerald ripensò alla sceneggiata nella hall quando erano arrivati, e a quelle successive nel bar anche quella mattina stessa. Per essere uno a cui certe cose non interessavano e che non le praticava se l’era cavata piuttosto bene.

A dirla tutta, guardandoli avrebbero potuto pensare tutto meno che lui fosse asessuato.

«non ce n’era tanta, di lingua» borbottò «non tantissima insomma…il giusto, ecco».

«ti è pure piaciuto, allora».

«non ho detto questo».

«ma si è capito. Lancaster…non ti sta venendo il dubbio che forse la cosa stia iniziando a spingersi ancora più oltre il limite di quanto già fosse prima?»

Forse per una volta quella di Kirika era la voce della saggezza, ma Emerald non sembrava convinta di volerla ascoltare.

«Kirika, non è nulla. Fingiamo di essere due coppie di fidanzati quando stiamo in pubblico, io con Zachary e tu con Sebastian, e finita la fiera. Tipo Angelina Jolie quando è sul set,  ma sta sempre con Brad, no?... in privato è tutto come al solito, e inoltre dormo con mio cugino, visto che il caro Sebastian non era contento di dormire nello stesso letto né con Zachary né con te. Se non fosse che stare sola con lui mi conviene, per i motivi che sai, francamente lo avrei mandato al diavolo. Cioè, ti “salviamo” e tu scartavetri pure le palle per chi dorme con chi? ma vaffanculo va’!» sbuffò «e comunque il vero motivo per cui Zachary ha scelto me -a parte che sono più bassa di lui- e non te è abbastanza chiaro: non sa più se e quanto fidarsi. “Tieniti stretti gli amici, e ancor più stretti nemici e potenziali nemici”. Teme che io voglia concludere il viaggio prima che lui abbia finito di divertirsi, o che per qualche motivo decida di tradirlo rivelando la nostra posizione e lasciando che venga rispedito a Washington a calci nel sedere,  mentre il resto di noi se la svigna. Per fortuna è comunque abbastanza calmo da farsi i suoi venti minuti di doccia, così abbiamo modo di parlare abbastanza tranquillamente…e Sebastian, che problemi di fiducia nei mei confronti dopo aver saputo che mi deve la libertà non ne ha, si fa la sua mezz’ora di doccia, manicure, cura dei capelli e spalmamenti vari di crema…»

«nyah-ah-ah-ah-ah! Ad ogni modo, non penso che il tuo maritino sarebbe contento di sapere tutto questo. Della recita. Non hai pensato che un giorno Zachary potrebbe usare questa cosa contro di te?...fammi fare un tiro, va’» aggiunse all’ultimo, ed Hammy le passò la sigaretta.

«ho te e Sebastian come testimoni al fatto che l’idea non mi convinceva per nulla. E se io non avrei dovuto accettare di reggergli il gioco, lui dal canto suo non avrebbe dovuto nemmeno proporre di giocarlo. Pur conoscendo Zeke anche Michael potrebbe pensare ugualmente quello che hai pensato tu, ovvero che sia una specie di scusa, specialmente sapendo quel che è capitato con Jacqueline. Inoltre io in questo periodo sono ancora una povera convalescente smemorata e facilmente influenzabile da personalità sufficientemente forti, do you remember?»

«giusto. Se la tua condizione ti ha spinta a fuggire con il tuo nemico numero uno, figurarsi cosa può indurti a fare se a…eeeh…com’è che si può dire?»

«“circuirti”».

«ecco, se a circuirti è qualcuno di cui ti fidi. Anche se tutto ciò non toglie, Lancaster, che sei una donna che sembra dimenticarsi un po’troppo spesso di essere sposata».

«sei sempre spiritosa, Kirika, a dire che mi dimentico cose di cui sai benissimo che ho un’amnesia».

La demonessa le rese la sigaretta.

«un’amnesia degli ultimi due anni e mezzo avrebbe fatto bene a quell’altro, secondo me. Magari non ricordando si sarebbe rifatto una vita».

«ne dubito, ma se anche così fosse avrebbe funzionato solo fino a quando i ricordi non sarebbero tornati tutti insieme, devastanti come un pugno d’acciaio dritto in faccia, a fargli desiderare di staccare la spina, a fargli riconsiderare tutto quello che ha fatto o che non ha fatto. Tutto quello che ha detto...o non ha detto».

Seguì una breve pausa di silenzio.

«per come la penso certe cose è bene che restino non dette, e basta. Se lui avesse un’amnesia, ed in seguito gli succedesse quello di cui hai parlato, non vedo perché dovrebbe cambiare qualcosa. Se in passato ha scelto di fare, non fare, dire o non dire qualcosa, un motivo c’era. Cosa cambierebbe?»

«in condizioni normali sarebbe come voltarsi e guardare una strada già percorsa, con tappe più o meno belle ormai abbastanza lontane. In condizioni come quella invece sarebbe come trovarsi  davanti uno spesso muro di mattoni con disegnato sopra tutto ciò che è avvenuto in queste tappe. Un muro che non ti permette di continuare tranquilla lungo la strada su cui stai camminando e ti obbliga a scavalcarlo, o a fare retromarcia, o tentare di trovare una via parallela. E che in ogni caso non si lascia aggirare come se niente fosse; qualunque scelta possibile richiederebbe fatica. Ecco, di preciso, cosa cambierebbe» finì la sigaretta, e la spense nel posacenere sul tavolino che stava loro accanto «che devo dirti, mi auguro che né io né lui ci troveremo mai in una situazione come questa qui. O potremmo trovarci a desiderare di aver fatto certe cose con più calma, o addirittura non averle fatte e basta».

«parrebbe una gran rottura di palle».

«lo sarebbe. Kirika, penso che Zachary tra un paio di minuti dovrebbe finire di fare la doccia».

«mh…me ne torno dentro. Fa freschino».

«che ti aspettavi, i tropici in Russia?»

«no, ma siamo a luglio, credevo che di sera la temperatura non scendesse a tredici gradi!»

«mi dicono che quando sono stata qui a Mosca con Turbinskii la temperatura fosse ben più bassa».

«e a me dicono che te il freddo l’hai patito poco perché siete stati più in camera da letto che in qualunque altro posto! ‘Notte, Lancaster».

«‘notte».

Rientrarono quasi contemporaneamente nelle rispettive stanze. Emerald si sedette sul letto, ed un paio di minuti dopo sentì di là dalla parete Zachary blaterare qualcosa che c’entrava con i soldi, e Kirika che rideva di rimando dicendogli di prendere una qualunque bevanda alcolica al bar, dopo, per festeggiare la nuova ricchezza.

Probabilmente Zeke aveva deciso di rimpolpare i loro averi -non che scarseggiassero, in fondo all’inizio aveva rubato due milioni di sterline- fregando i soldi dal conto in banca di qualcuno, e probabilmente quel qualcuno era nuovamente Michael, o magari no.

Ebbe una fitta al cuore pensando a lui. Le perplessità riguardo alla farsa di Zachary erano perfettamente reali, ma Emerald sapeva anche che in tutto il quadretto quello era il meno per cui sentirsi in colpa.

Avrebbe potuto venirne fuori facilmente. Quella era una recita, appunto. Lei e Zachary erano legati, vero, ma al di là del fatto che lo erano solo entro un certo limite quella loro intesa acquisita fin da subito ultimamente minacciava di rovinarsi.

No, il vero problema era un altro…ed aveva un nome ed un cognome.

«Sebastian Lionel Veltibor Charles Lancaster, spero che tu abbia finito di farti il bagno nelle cremine idratanti, perché la doccia devo farla pure io!»

E no, non erano quelli di suo cugino, nonostante al momento costituisse un po’una seccatura.

«chiedo umilmente venia, Emerald» per fortuna sembrava aver finito, visto che era uscito in accappatoio «ma il repentino cambio climatico rischia di danneggiarmi la pelle, se non me ne prendo adeguatamente cura. Devi sapere che è molto delicata, e posso affermare con crudele certezza che gli eritemi dovuti al lavoro nei campi non mi sono d’aiuto, ahimé!» disse, con un sospiro lugubre «in ogni caso se anche tu dovessi averne necessità hai l’ autorizzazione ad utilizzare le mie creme. Noto con dispiacere la presenza di una lievissima secchezza alle nocche delle tue mani!»

Emerald alzò brevemente gli occhi al soffitto, afferrando un pigiama alzandosi dal letto per andare in bagno. «le mie nocche possono sempre spaccare un paio di nasi, pelle secca o no, te l’assicuro».

«non avevo alcun intento offensivo nei tuoi confronti».

«difatti non sono mica offesa» Hammy sogghignò e diede due piccole pacche su una spalla del ragazzo, sempre dove si era scottato, chiaro! «ficcati a letto, cugino».

Sebastian fece spallucce ed obbedì, infilandosi sotto le coperte dopo avere indossato un pigiama leggero. Quella piccola suite non era certo ciò a cui era abituato, ma era sempre meglio della capanna nel bosco o della fattoria in Croazia, e quantomeno era tra amici…in teoria.

«mi è dispiaciuto tagliare i capelli, ma indubbiamente adesso ad asciugarli faccio un attimo» commentò Emerald meno di un quarto d’ora dopo, raggiungendolo nel letto.

«lo ho notato, e-»

«sì, Seb, la crema sulle mani l’ho messa. Non c’è più rischio che ti attacchi il morbo della pelle screpolata, right?»

«right» le sorrise, nello spegnere la luce «Hammy, volevo porgerti nuovamente i miei ringraziamenti per aver deciso di venire in mio soccorso. Sono consapevole che se fosse stato per Zachary in questo momento sarei ancora a sgobbare come il più disgraziato dei braccianti».

Parlava piano, visto che dall’altra parte non giungevano più rumori e le pareti erano fin troppo sottili.

«se ci rifletti bene mi sa che non hai molto da ringraziare. Gli zii si saranno incazzati come belve, una volta saputo che sei scappato di nuovo».

Il bel viso di Sebastian divenne cupo. «sono conscio di star dando ai miei genitori una delusione dopo l’altra, negli ultimi tempi. Non dubito che mi apprezzassero di più in precedenza, quando le mie giornate erano divise tra studio, danza, ed uscite con amici. Ma nel momento in cui Zachary ha deciso di partire non ho potuto esimermi dal seguirlo… così come non ho potuto evitare di fuggire dal mio ameno luogo di punizione, io…» fece un sospiro nervoso «loro mi odieranno adesso, soprattutto mia madre».

«Seb, io non credo che-»

«era così già dal momento in cui sono stato riportato a Londra da Washington. Non mi hanno mai domandato se io stessi bene, o cosa avessi pensato nell’imbarcarmi in quest’impresa, no…loro mi hanno posto quesiti su dove fossi tu. E ciò, passi. Quando ho rivelato loro che eri col nostro amico, me ne hanno posti su dove avreste potuto trovarvi tu e il nostro buon amico Zachary…e anche questo, passi. Ma che si siano più preoccupati della sorte di quel mostro tuo amico -perché di un mostro si tratta - rispetto alla mia, che sono loro figlio, è inaccettabile!»

Curioso che Emerald stesse rimanendo in silenzio, lei che in situazioni del genere diceva sempre “non è un mostro, non è una macchina, non è un animale”. Che stesse aspettando qualcosa?

In ogni caso Sebastian stava parlando decisamente troppo rispetto a quanto Zachary avrebbe voluto, ma evidentemente aveva voglia di sfogarsi con qualcuno.

«“non è un mostro, è un essere umano come voi, non potete attaccarlo per noia, e quant’altro” ha asserito mia madre, come se siffatto abominio fosse un povero cucciolo indifeso!» continuò Sebastian «Zachary ed io abbiamo cercato di contrastarlo già nei giorni precedenti alla tua inspiegabile fuga in sua compagnia. Ciò che è seguito è la prova che non avesse volato lì da Tokyo con l’esclusivo intento di gustare un gelato di Londra. E le cicatrici sul volto e sul petto di Zachary dimostrano che a quella…cosa…non serve essere difesa a spada tratta da mia madre. Non avrebbe esitato ad ucciderci, buon cielo! E a Washington è…» una breve esitazione «se non fosse andata com’è andata avrebbe potuto capitare qualcosa di analogo» si limitò a dire, finendo per coprire Zeke  «e dopo tutto ciò, quando dettomi da mia madre e mio padre durante il mio breve ritorno a Londra è stato che la mia buona sorte mi avrebbe impedito di essere incarcerato come avrei meritato, e sono stato esiliato. Chi è causa del proprio mal pianga se stesso, sì, e se avessi deciso di restare a Londra tutto sarebbe differente…ma non posso evitare di pensare che se tuo padre fosse stato il mio, avrei ricevuto un trattamento ben diverso. Il mio adorabile zio stenderà il tappeto rosso quando tornerai, ti abbraccerà, e farà preparare un banchetto per festeggiare il tuo ritorno, e di certo non perderà tempo a discutere se certi aborti della natura posseggano umanità o meno. Tuo marito festeggerà allo stesso modo, poiché neppure lui è in collera con te. Se a tornare alla mia magione fossi io, non so se sarei destinato al carcere o a passare la mia intera vita in Croazia. Vorrei che i tuoi genitori fossero i miei. Oppure vorrei che i miei genitori fossero come i cari signori Connors, nonostante Zachary se ne lamenti; non sono restio ad ammettere che il nostro buon amico in alcune occasioni agisce similmente ad un terrorista, eppure non è mai stato esiliato in una fattoria».

«io non lo invidierei troppo, mi sa che per i suoi genitori l’attività che hanno faticosamente messo su conta più dei figli» suoceri o non suoceri quella era la verità e c’era poco da fare «non sono riusciti a dividere decentemente il tempo,tant’è che Zachary ha sulle spalle un’espulsione dall’Olanda con divieto di rientro, e nessuno della sua famiglia eccetto Michael lo sa. Pensa tu».

«espulso con…potresti spiegarmi quale è stata la causa?»

«non me l’ha voluta dire. Forse ha ammazzato qualcuno, che ne so?...’notte» concluse lei, chiudendo gli occhi e stringendosi nelle coperte.

«…è realmente un terrorista…»

«Seb, ho detto “buonanotte”!»

Ci fu una pausetta ingannevole di circa cinque minuti.

«anche quando tu e la tua famiglia veniste a Belfast otto anni or sono passasti tutte e quattro le notti in mia compagnia, andando via prima delle otto del mattino…»

«eri un adorabile dodicenne che parlava di meno e dormiva di più. Buonanotte».

«più di tutto non sono ancora in grado di capire il motivo per cui agivi in tal guisa».

«perché da sempre se posso scegliere tra dormire da sola o in compagnia scelgo la seconda! E ora, per l’ultima volta, b-u-o-n-a-n-o-t-t-e».

 

 

:: mezz’ora  dopo ::

 

 

«Warsman, a me tutto questo sembra un’assurdità. Viaggiare dietro al segnale di un portatile che potrebbe essere distrutto o cambiato da un momento all’altro».

«non hai tutti i torti, ma è la nostra unica pista».

«nonché quella dei Lancaster…» Kevin osservò il suo allenatore, vedendolo un po’pensieroso «che hai?»

Quante probabilità c’erano che di tutti gli alberghi di Mosca, inseguiti ed inseguitori potessero essere capitati proprio nello stesso? Oltretutto evitando sempre di incrociarsi per un soffio, nemmeno a farlo apposta?

Più o meno una su un milione, e la cosa era resa ancor più divertente dal fatto che i due wrestlers avessero a loro volta -giustamente- chiesto alle signore Lancaster di procurare loro delle identità fasulle; tenendo conto del fatto che Zeke fosse un hacker esperto, quanto ci avrebbe messo, volendo, a tenere sotto controllo le prenotazioni di tutti gli alberghi di Mosca fatte a nome Mask, o anche Lancaster?

Vero, se mai avesse acceso il computer Warsman li avrebbe trovati. Ma se si fossero “trovati” in contemporanea o quasi, non sarebbe stato granché utile.

Per cui adesso Kevin Mask era diventato Robert Stark, un omone dai capelli rosso cupo piuttosto corti e la barba, che si era lasciato crescere ed aveva in seguito tinto; il tutto lo invecchiava di oltre cinque anni.

Warsman invece era diventato Reek, un lottatore non meglio definito -di cui Robert Stark era il manager- che portava sempre una specie di elmo calato sul volto, e che quando non bisbigliava parlava con una falsa voce profonda.

«è che mi sembra strano. Con tutti i mezzi che hanno a disposizione, inclusi uomini più o meno da ogni parte del mondo, com’è possibile che non siano in grado di trovare quattro ragazzi prima di noi? Se ci pensi bene è un’assurdità. Al posto di Howard Lancaster avrei già messo sotto controllo tutte le città dove sa che sua figlia è stata in questi ultimi due anni…» “anche se all’appello gliene mancano diverse, ma sapeva di questa!” «inoltre credo che abbiano modo di controllare tutta la rete, e non mi stupirebbe se ci fosse in orbita un qualche satellite per il riconoscimento dei tratti somatici -o qualcosa del genere- che manderebbe al diavolo anche i travestimenti, a meno i ragazzi che non viaggino sempre con una sciarpa a coprire loro oltre metà viso».

«non è poi così assurdo. Lancaster ti ha dato la caccia per anni senza riuscire a trovarti, no? E se anche avesse tutte queste cose credo che gli servano per altro…» non aveva torto, e per quanto Emerald ovviamente fosse la priorità maggiore certe operazioni di controllo non potevano proprio essere sospese. Ed era già tanto che in quel periodo fino a quel momento fosse riuscito a gestire i propri affari senza muoversi da casa.

«vero ma io viaggiavo da solo, costantemente mascherato, nascosto più che potevo, e c’era Robin che cercava di darmi una mano tramite emissari. Ed è successo diversi anni fa, nel frattempo la tecnologia si è evoluta parecchio. Poi lasciamo perdere che quella faccenda degli emissari mi ha quasi fatto scoprire un paio di volte…ma ecco, io sono io, e quelli sono quattro ragazzini idioti. Kirika ed Emerald poi sono due volti estremamente noti…e inoltre, ti pare che Howard Lancaster non sospenderebbe qualunque operazione in corso trattandosi dell’adorata figliola?»

«dipende che tipo di operazioni sono, e poi “nel mondo siamo in sette ad assomigliarci”!» recitò Kevin.

«lascia perdere i modi di dire cretini e dimmi cosa pensi di questa storia, per piacere».

Il ragazzo sbuffò. «non so che dirti. In effetti a pensarci bene è un po’strano ma magari, il lanciatore di coltelli lì,  è bravo con le robe non tracciabili e i viaggi sotto copertura. Nel senso, talmente bravo da dare fregature anche a gente del genere».

«bah».

«desiderate dell’altro?» chiese loro il barista.

«altra vodka. Sempre di quella buona!»

«come tuo manager sono costretto a ricordarti che non è il caso che tu beva troppo, o non sarai in forma per i prossimi incontri!» se Kevin godeva per quel falso scambio di ruoli? Ma assolutamente sì!

«tranquillo, so benissimo quale è il limite signor Stark» ribatté Warsman «e comunque ho proprio bisogno di bere» borbottò pianissimo.

Kevin dal canto suo lasciò correre pigramente lo sguardo lungo la stanza, osservando con aria assente il tipo non troppo alto e dall’aria impettita che era appena entrato. «tsk. Guarda quello! Ma che cazzo ci fa con gli occhiali da sole di notte?»

«lo sai che l’Universo è pieno di gente matta» il russo nemmeno si degnò di voltarsi a guardare, ed il tizio impettito si avvicinò all’altro capo bancone con un gran sorriso sbiancato.

«avete una bottiglia spumante?» chiese al barista, rivelando uno strambo accento olandese «io e la mia ragazza festeggiamo l’anniversario…nonostante la congiuntivite! Ah! Ah! Ah!»

“con la congiuntivite non c’è mica tanto da ridere” pensò Kevin. Ad un certo punto sentì un’improvvisa presa ferrea al polso, che il suo compagno di viaggio sembrava aver voglia di stritolare.

«ovviamente ne abbiamo. Anniversario, ha detto? Auguri!»

«dankzegging, mijn vriend! Ah! Ah! Ah!»

«ma che hai?!» sibilò Kevin Mask a Warsman, mentre questi fissava l’olandese.

«la voce è identica a quella di Connors minore, e porta gli occhiali da sole per-»

«…ha la congiuntivite, non hai sentito?»

In certi casi al russo veniva veramente voglia di urlare. «e non ti viene in mente che possa essere una farsa?!»

«Zachary cammina diversamente, mi ricordo bene i suoi ciondolamenti verso Beverly Park dopo che per poco non mi aveva lanciato un coltello alla gola. Questo cammina tutto impettito, e poi da quando in qua avrebbe l’accento olandese?»

«può fingerlo!» lui e Kevin osservarono il tizio pagare lo spumante ed andarsene.

«e comunque ha parlato di una fidanzata, che-»

«parlate dell’olandese?» si intromise il barista, che evidentemente era un pettegolo «da! Lo ho visto con lei da qui, durante il turno mattutino. Si scambiavano effusioni piuttosto passionali…di fatto avrebbero potuto cercare di contenersi un minimo, ma si sa, i giovani…»

«e la ragazza…» indagò Warsman «com’era?»

«piccolina, capelli corti. Piuttosto formosa, bei fianchi larghi…con permesso» il barista si allontanò per servire altri clienti.

«mi sa che hai preso una cantonata, l’hai sentito? Se lei è formosa esclude automaticamente ogni possibilità che si tratti di Hammy!» disse con molto realismo, perché per quanto Emerald fosse ben fatta era tutto meno che formosa, esattamente come sua madre -seppure con un po’più seno-.

«esistono delle cose chiamate “imbottiture”!»

«esiste anche una cosa chiamata “paranoia”. Anche io vorrei che fossimo tanto fortunati da essere capitati dove sono loro, ma sappiamo benissimo che noi due e la fortuna viaggiamo su strade diverse. E poi ha parlato di due persone. Fossero stati loro sarebbero stati in quattro».

«si parlava dell’olandese e la fidanzata, non aveva motivo di dirci se erano o meno con altre due persone! E in ogni caso potrebbero sempre aver deciso di arrivare con orari diversi fingendo di non conoscersi» obiettò il russo.

«e comunque c’è un’altra cosuccia che ti sfugge e cioè: perché diavolo la neo sposa dovrebbe scambiarsi “effusioni passionali” con suo cognato?!» ribatté Kevin «per non parlare del fatto che da quel che so…e che mi dicevi anche tu, nonostante io non volessi ascoltarti…insomma, se fosse così sarebbe un po’mettere delle mezze corna e lei non è il tipo…»

«se lei considerasse tutto come una recita non vedo perché non dovrebbe farlo. E quanto al resto per come la penso io quel mostro albino maledetto le è sempre stato troppo appiccicato, già da quando erano a Washington, e ricorderai che durante il suo ritorno a Tokyo l’abbiamo vista a momenti più con lui che con il carissimo fidanzato! Quello ha delle mire ben precise verso di lei, te lo dico io».

«chiarendo il fatto che io ormai ho lasciato perdere l’idea di tornare con lei perché è troppo incasinata, sono dell’idea che l’unico ad avere delle mire ben precise verso di lei sia proprio tu. Le hai. Le hai sempre avute. Le avrai sempre».

«ne abbiamo già discusso abbastanza, basta».

«e ci siamo anche pestati. Questo, Kirika, tutto quello che è successo e tutte le riflessioni che ho fatto durante il viaggio in aereo e qui mi hanno fatto giungere ad una conclusione: che sarebbe stato meglio se io e lei fossimo rimasti soltanto amici» disse l’inglese, sorprendendo il compagno di viaggio «se le cose fossero andate in questo modo sia io che lei avremmo sofferto di meno» vide Warsman dimezzare il bicchiere di vodka con un paio di sorsi, ma decise di lasciarlo stare «ciò non toglie che anche in quel caso sarei comunque qui con te a cercarla, perché tengo a lei e non sarei rimasto con le mani in mano, ma col senno di poi non mi sognerei mai di mettermici insieme, porta troppi guai, avevi ragione quando me lo dicevi…»

«tutto questo discorso lo stai facendo per dirmi cosa, signor Stark?» disse Warsman, improvvisamente gelido. Temeva di aver capito dove voleva andare a parare.

«che una volta che l’avremo ritrovata parlaci pure se ti aggrada, ma poi chiudi lì la questione. Massimo rivedila una volta al mille per due chiacchiere, e rispediscila dal marito ringraziando il cielo di non essere al suo posto. Ricordo cosa mi hai detto a Roma, so che rifaresti tutto quello che hai fatto e accetteresti di farti torturare altre diecimila volte pur di fare un nuovo…viaggio…insieme a lei, ma te lo dico col cuore in mano e da persona che ha amato da morire Emerald e le vuole ancora bene: lasciala perdere. Di sicuro se una persona piuttosto frivola e volubile» no, Hammy quei “complimenti” non li avrebbe graditi «come lei ti ha accettato tranquillamente -da quel che mi hai detto- per come sei, a maggior ragione lo farà una donna meno superficiale e più matura, anche in termini di età. Si tratta solo di guardarsi intorno. Secondo me se non hai avuto relazioni significative è perché non le hai nemmeno cercate, o non hai creduto di poterle avere, e ti sei isolato».

«la tinta per barba e capelli deve averti convertito il cervello in un concentrato di idiozie che gradirei smettessi di sputare fuori una dopo l’altra, giovanotto! Non sono richieste. E non mi faccio consigliare dalla persona che fino all’altro ieri ce l’aveva con me perché “gli ho rubato la donna”, assolutamente» fu la replica molto piccata del russo.

“anche Emerald aveva parlato di vedersi ogni tanto per fare due chiacchiere una volta che si fosse sposata, e niente di più, ma non poteva essere quello che voleva davvero, e Kevin parla senza cognizione di causa, perché se riuscisse a capire veramente me ed Emerald certe cose non le avrebbe dette nemmeno!”

«te l’ho detto che da dopo la fuga di Kirika ho riflettuto parecchio. Da quando ho conosciuto Hammy non l’ho fatto spesso, lo ammetto, ma se voglio ne sono in grado».

«a me sembra il contrario» Warsman si alzò di scatto «quando te ne vai paga anche la mia parte, te la restituirò in seguito».

«dove vai?! Reek!»

“odio questo maledetto nome” pensò l’ex lottatore andandosene via, indeciso se cercare l’olandese nell’albergo oppure uscire fuori e camminare a vuoto.

Non gli piaceva quel che Kevin gli aveva detto. Nemmeno un po’…

“…alla reception non c’è nessuno” si accorse poi “devo correre, devo…devo cosa? Non so nemmeno il nome di quel tipo”.

Ma decise di tentare di cercare lo stesso qualcosa di utile nel computer, anche se di sicuro per accedere alle prenotazioni serviva una password e…

Si concesse un’esultazione soffocata. Il tizio della reception aveva lasciato la pagina delle prenotazioni aperta. In lotta contro il tempo Warsman diede una rapida scorsa ai nomi, non moltissimi a dire il vero, quando l’occhio gli cadde su…

“Adric Van Der Boss, Emmeline Vance, Oscar Cassel, Lysa Seaworth…a quanto pare alloggiano nella suite al terzo piano! Sono arrivati tutti e quattro insieme, e l’olandese somiglia troppo a Zachary Connors, devono essere loro per forza!”

Sgattaiolò via pochi istanti prima che la reception tornasse ad essere sorvegliata. L’unica domanda a quel punto era “ascensore o scale”? forse avrebbe fatto prima ad arrampicarsi sulla facciata dell’edificio, ma in quel modo avrebbe dato troppo nell’occhio, e il suo intento era di sorprenderli...sperando che il maledetto non li avesse riconosciuti.

“scale. A me le scale!” pensò, fiondandocisi.

«si può sapere che vuoi fare?!» Kevin era sopraggiunto all’improvviso, e lo stava trattenendo per il polso.

«quello per cui siamo in viaggio! Le cose sono due, o mi lasci andare o vieni a darmi una mano, ma in ogni caso evita di intralciarmi!» disse duramente, ma non troppo forte per non allarmare nessuno dello staff.

«sei impazzito o cosa?!»

«con l’olandese e fidanzata ci sono altre due persone, un uomo e una donna, sono arrivati tutti insieme, non ti basta?!»

«e tu dove hai visto tutto ciò?»

«reception. Sono nella suite, se agiamo adesso…»

«agire sulla base di cosa? Sul fatto che pensi che quel tizio e Zachary si assomiglino? Ragiona!» cercò di riportarlo giù, senza troppo successo perché Warsman se lo scrollò di dosso.

«sai benissimo cosa mi ha fatto! Non so tu, ma io tendo a ricordare molto bene le facce di chi mi ha torturato o peggio. Se dico che è lui, è lui, non c’è travestimento che tenga…e quando me lo troverò davanti…lo sgozzerò come un dannato pollo albino!» affermò il russo, riprendendo a correre su per le scale arrivando al primo piano.

Con Kevin sempre dietro, naturalmente.

«sì, e poi verrai ammazzato a tua volta!»

«ne vale la pena!».

«no che non ne vale la p-»

«non puoi capire, e mi auguro con tutto il cuore che tu non possa mai capire!»

«ascolta…ascoltami! Non è meglio aspettare di verificare meglio?! Ti immagini il casino se sfondassimo la porta di quella suite per poi scoprire che quel tipo non è chi tu pensi che sia?!» non che se lo fosse stato il casino sarebbe stato minore, a dire il vero «per piacere, la parte dell’impulsivo lasciala a me e torna la persona logica e freddina che conoscevo!»

«quindi per te sarei “freddino”? grazie mille».

«se i ruoli fossero invertiti mi fermeresti, io lo so, hai sempre cercato di evitare che facessi cazzate quindi ora non farne tu!...escogita…che ne so, un piano…» eh sì, tipico caso di mondo alla rovescia.

«…un piano».

«sì! Quella parola con la “p” che ti piaceva tanto. Il bastardo è intelligente, non so dirti se prenderlo di sorpresa può bastare, e inoltre non siamo qui per uccidere lui anche se la voglia è tanta. Senti…aspettiamo un po’, e innanzitutto verifichiamo che siano le persone che pensiamo…e poi vedremo, no?»

Il russo parve riacquistare un altro po’ di autocontrollo, vergognandosi oltretutto della reazione che aveva avuto. «sì, io…sì. Non è una cattiva idea».

“e dire che se non fosse stato per il robottino che si è fiondato alla reception appena ho lasciato il bar e poi su per le scale, confermando i sospetti, i loro travestimenti avrebbero quasi funzionato. Di grossi tizi è pieno il mondo. L’unica domanda è come possano aver fatto a trovarci”.

Zachary Connors, con la schiena poggiata contro il muro accanto alle scale, si rigirava in mano uno dei suoi coltelli. Se avesse scelto quell’istante per lanciare sia quello che l’altro che aveva in tasca sarebbe riuscito ad uccidere entrambi i suoi inseguitori ma, primo, le armi al momento erano piene di impronte; secondo, uccidere Kevin Mask finora non era mai rientrato nelle sue intenzioni; terzo, con la cognatina così “strana” era bene che uccidesse il robot solo per legittima difesa, come stava per succedere a Roma.

«bene».

«solo…voglio un altro bicchiere di vodka, adesso. O due».

Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, che era un’idea stupida tanto quanto l’altra, ma se proprio non poteva sfondare la porta di quella suite tanto valeva concedersi l’ultima serata di “baldoria”.

Una decisione influenzata dalla vodka che aveva già bevuto, senza dubbio.

Zeke li sentì riscendere. “mh. Peccato. Mi serve un robottino schizzato, non un robottino tranquillo che non fa idiozie. Con che scusa posso terminarlo, sennò?”

A quel punto forse era meglio lasciar perdere e prendere con gli altri un volo per Bombay  prima che Howard Lancaster trovasse il modo di bloccare la capitale russa.

“in alternativa ce la filiamo passando sotto la città!!! A Roma Hammy non ha voluto scendere giù, ma stavolta dovrà per forza, e tanto a Roma prima o poi ci ritorno, di sicuro lì sotto è più figo che ad Amsterdam. Dementi di olandesi…espellono la gente per qualche tulipano andato a fuoco per errore…

E per fortuna che prima del Keukenhof lui e i suoi compagni del college erano stati altrove, o l’avrebbero espulso prima del suo giretto sotterraneo…

 

 

:: cinque minuti dopo ::

 

 

Sebastian trasalì e lanciò un grido acuto quando venne svegliato all’improvviso da quelle che sembravano essere le trombe della cavalleria in arrivo, Hammy invece rimase silenziosa, ma in ogni caso dopo il primissimo attimo di smarrimento entrambi tirarono fuori le pistole da sotto il cuscino puntandole contro uno Zachary che, cellulare in mano, rimase piuttosto tranquillo.

«m-ma cosa-» balbettò Sebastian.

«ma si può sapere che ti salta in testa?! Dormivamo!!!» protestò Emerald. Kirika era ancora sveglia da prima, ma sembrava perplessa quanto loro per quella riunione improvvisa.

«appena sarà possibile lasceremo l’albergo, cercheremo di far perdere le nostre tracce, e nottetempo andremo nella cattedrale di Cristo Salvatore. Faremo meglio a munirci di abiti che trattengono il calore e di provviste, perché noi…fuggiremo sottoterra!»

«ma che cazzo hai bevuto?» Hammy come sempre fu molto delicata.

«io nulla, ma al bar qui sotto c’era il robottino che annegava nella vodka».

«…prego?» allibì Emerald «qui…in questo albergo?»

«yeah».

Per la rapidità con cui Hammy si alzò dal letto e si mise a cacciare nello zaino quel poco di roba che aveva, lasciando via imbottiture, reggiseni e jeans troppo larghi, qualcuno avrebbe detto che le avevano dato fuoco al sedere.

«via. Via. Andiamo via!»

«mi farà volar via il capo dal corpo, nel caso mi veda!!!» anche Sebastian scattò in piedi e fuggì in bagno a recuperare innanzitutto creme e cremine. Come se nei sotterranei potesse trovare il tempo di mettersele, sicuuuro…

«ecco delle persone reattive…sì, direi di fare tutti quanti gli zaini».

«ma se non sanno che siamo qui…» avviò a dire Kirika.

«non ho sbagliato nulla nel fare l’olandese, eppure il rovina cappelli sospetta. Se non ha sfondato la porta della suite è perché Kevin Mask, che per inciso con barba e capelli rosso scuro sta male un bel po’, l’ha convinto a non essere impulsivo».

“e ci credo che è diventato impulsivo se ti ha riconosciuto, con quel che gli hai fatto. Mi sta sulle palle ma ammetto che pure io vorrei staccarti la testa dal collo se fossi al suo posto” pensò Kirika “e a tuo fratello di seguito, se è vero che l’ha torturato tutto quel tempo”. «capisco. Solo…Kevin Mask che ragiona?»

«eh sì, pare strano anche a me».

«con me ha fatto il coglione ma non vuol dire che lo sia del tutto» intervenne Emerald, che aveva già preso tutto quel che le sarebbe servito «Zeke, perché sottoterra?»

«perché se dicono a tua madre che sei qui, lei lo dirà a tuo padre, che bloccherà la città» disse tranquillo Zachary «si vede che sei sveglia da poco, eh».

«non è cosa da tutti i giorni che un tizio ti svegli con le trombe…»

«ma…può realmente farlo?» anche Sebastian era ancora in shock da risveglio.

«qualcuno gli prenda un caffè, ha il cervello in standby. Se non fosse così perché cavolo ci saremmo sempre affrettati a lasciare le varie nazioni?!» sbottò Kirika «e il vostro motto non è “we can”?!»

«chiedo venia, dolce Kirika, non ho ancora riacquisito completamente le mie facoltà cognitive…»

«riacquistale ora, perché adesso tu ti vestirai, andrai di sotto, salderai il conto, darai una lauta mancia al concierge, gli chiederai di un’uscita sul retro e tutti quanti ce ne andremo da quella» Zeke prese dei vestiti glieli mise in mano «Kirika rischia di essere riconosciuta, Emerald peggio e io sono stato già scoperto, purtroppo, quindi tocca a te. Già che ci sei lancia un’occhiata verso il bar e guarda se quei due sono ancora lì a bere, nel caso dovremo stare ancor più attenti a come ci muoviamo».

«m-ma se mi l’abominio mi scoprisse metterebbe fine alla mia vita!» no, grazie a sua madre no, ma Sebastian questo non lo sapeva.

«metti le lenti a contatto, cammina saltellando e parla con l’accento francese come hai fatto fino ad oggi. Andrà tutto bene» spinse Sebastian in bagno perché si vestisse «alle brutte hai una pistola, gli spari ed è legittima difesa» gli bisbigliò  «me entiendes? Apúrate!» esclamò infine, chiudendo la porta.

«ogni tanto mi dimentico che pure tu sei mezzo argentino e non solo Michael» commentò Emerald «sicuro che sia una buona idea spedirci lui?»

«a dire il vero no. Sarebbe stato meglio calarci da qui e filarcela. Ma non voglio bruciarmi l’identità di Adric Van Der Boss, è un nome tanto carino…»

 

 

:: qualche minuto dopo ::

 

 

«ok, basta con la vodka, stai iniziando ad esagerare davvero» bisbigliò Kevin seccato.

«la vodka per me è come acqua, solo che è più buona e scalda dentro! Come l’ammmmore».

«well, dopo questo so che sei completamente fuso, quindi basta» affermò il ragazzo con tono deciso togliendogli di mano il bicchiere «è ora di andare a dormire».

“per come è messo adesso il nome giusto non era Reek, era Haymitch!” pensò l’inglese.

«no. Sto benissimo. Già che ci sei ordinamene un’altra, ho la lingua che mi si impasta…»

« “non dovresti bere ragazzo, è inutile e controproducente”, diceva…»

«eh n-no! no! “Diceva” è mio! Solo mio! E-ecco» il russo cercò di darsi un minimo di contegno «dopotutto…dopotutto devo pure avere qualcosa di mio. Almeno un inter…coso. Intercalare. Si dice intercalare…almeno un intercalare. Non ho nemmeno un nome…»

«su questo devo dissentire».

«ooh, giusto…ho un nome con cui non mi chiama nessuno. Preferiscono “bestiaccia”. O “macchina”. E infatti mi trattano proprio così, come a una bestiaccia, o mi cancellano la mente come i file da un computer…e l’unica che non lo faceva non mi ricorda e si è sposata con uno stronzo!»

«su, a letto» bofonchiò Kevin passandogli un braccio attorno alla vita facendolo alzare ed aiutandolo a reggersi in piedi.

«Michael Connors!» esclamò Warsman nel lasciare la stanza «tu, bastardo stronzo figlio di puttana stupratore con le mani lorde di sangue, anche del mio…tu a LEI non la devi toccare, capito?!»

«su quello concordo, peccato che lo stronzo non sia qui e stiamo facendo una figura di cacca».

«un marito del genere…un cognato del genere…un cugino del genere…un padre degenere...e io sono il problema! Io! Io!!! Capisci qual è il punto?!!»

«lascia perdere».

«no!!! Non posso lasciarla perdere, io non avevo…in tutta la vita non avevo mai…» farfugliò, poi si libero dalla presa del ragazzo parandoglisi davanti, guardandolo con aria del tutto spiritata «Kevin, che a te e agli altri piaccia o no, io ad Emerald la-»

«…è curioso, ma d’altra parte cos’è che non si fa per i clienti? Vi condurrò lì personalmente» disse il concierge intascando la ricca mancia appena ricevuta e lasciando il bancone «andiamo!»

«merci monsieur, vous étés bien gentil ! Mi dica, come è possibile raggiungere codesta uscita dal terzo piano senza essere notati… ?» rispose il cliente scrivendo qualcosa sul cellulare. Un “via libera” completamente sbagliato. Aveva guardato verso il bar solo in quel momento e non aveva visto nessuno di strano…perché erano a pochi passi da lui!

Warsman si voltò lentamente.

Molto lentamente.

«ooooh, no. Via. Andiamo di sopra» Kevin provò a trascinarlo verso l’ascensore, ma l’altro non intendeva collaborare.

«Sebastian Lancaster» sibilò il russo, seguendo con lo sguardo il concierge e lo pseudofrancese.

«sei del tutto sbronzo, vieni via»

«ne ho visti due su quattro, ora basta!!!»

«lo sapevo che non dovevo lasciarti ber-»

«staccati da me!!!»

Il russo lo spinse via e si lanciò all’inseguimento…

 

 

«dankzegging, il suo aiuto è stato prezioso».

«sicuri di non desiderare che vi chiami un taxi…?»

«no, siamo troppo di fretta anche per quello. Dasvidania!» concluse Zachary, allontanandosi assieme agli altri a passo svelto «e questa è fatta, e senza aver fatto ricercare Adric per qualche reato non meglio definito».

«ma tu eri serio quando dicevi dei sotterranei? Per Yzgoth, più ci penso…»

«e tu allora non pensarci, Kirika, perché tanto non-»

«…TOGLITI DI MEZZO!!!»

Tutti quanti si voltarono, chi attonito, chi indifferente e chi serio, verso Warsman che aveva appena spinto via il concierge saltando poi fuori dalla porta…con Kevin dietro.

I ragazzi si misero a correre come forsennati.

«oh, porco-»

«dividiamoci!» ordinò Zachary «ci ritroviamo voi sapete dove! Seb con Kirika, cognatina con me!»

Prima che chiunque avesse il tempo di protestare il ragazzo afferrò la mano di Emerald e svoltò con lei  all’improvviso in un vicolo.

«ci sopprimeranno!!!» strillò Sebastian.

«come se di noi fregasse loro qualcosa, sii serio!» sbottò Kirika continuando a correre.

«Kirika! Kirika!!!»

Kevin.

E stava chiamando proprio lei.

«...credo fossi in errore!»

«me ne fotto, non blaterare e corri!»

Kevin corse dietro a loro per qualche metro. Assurdo ma vero, pur avendo capito che Warsman aveva ragione e che quindi lì c’era la persona che stavano inseguendo, il suo primo istinto era stato quello di parlare con l’altra ragazza. Per capire i motivi per cui li aveva traditi e per spiegarsi. Per scusarsi delle mosse cretine che aveva fatto con lei e per chiederle aiuto.

Ma in seguito il senso del dovere prevalse, ricordandosi che Warsman si era lanciato dietro alla persona che a Roma e non solo l’aveva quasi ucciso. Sapeva che era un chojin molto forte ed almeno in condizioni normali era in grado di badare a se stesso, ma oltre che nero di rabbia in quel caso era pure ubriaco, quindi decisamente non era quello il caso.

Per cui girò sui tacchi e corse nel vicolo dov’erano spariti gli altri, ripromettendosi di parlare con Kirika in un’altra occasione.

Corse come mai aveva fatto in vita sua, doveva raggiungerli assolutamente prima di perderli di vista, ed Emerald, Zeke e Warsman erano già piuttosto lontani…

“ok, di questo passo li raggiungerò l’anno del mai” pensò, decidendo rapidamente di salire sul tetto del palazzo vicino. Saltando da un edificio all’altro riuscì assurdamente ad affiancare prima il suo allenatore, poi i fuggitivi, e a quel punto gli venne un’idea.

“non so se sia una bella pensata, ma così facendo almeno avrà modo di parlarle e forse capirà che ho ragione io” si disse, saltando giù dal tetto piombando davanti a Zachary e colpendolo con forza.

«fine della corsa, Connors!»

Emerald frenò bruscamente, voleva aiutarlo, ma c’era Warsman in arrivo, e…

«continua a correre, Em! Non ti fermare!» esclamò Zachary rialzandosi «vai!» la incitò vedendola esitare «vai!»

Pur mordendosi nervosamente il labbro inferiore Emerald alla fine obbedì, scattando via pochi istanti prima che Warsman arrivasse sul posto, terribilmente indeciso tra rimanere con Kevin per far fuori Zeke una volta per tutte o correre dietro alla londinese.

«a lui ci penso io, tu valle dietro, muoviti!!!»

L’esortazione di Kevin fu la molla che lo fece decidere, e pur non sapendo se stare tranquillo per il suo ex allievo oppure no alla fine riprese a correre dietro ad Emerald.

«senti…» Zachary e Kevin si guardavano, mentre la tensione tra loro cresceva sempre di più «anche se non sei particolarmente sveglio io contro di te non ho niente. Non hai nemmeno cose serpentesche addosso. Ed Emerald non gradisce che ti si faccia del male. Primo ed ultimo avvertimento: togliti di mezzo».

«non penso proprio! Tu sei un pazzo psicotico sociopatico» Kevin si mise in posizione da combattimento «e oggi tornerete tutti a casa. Spero che tu venga internato in qualche manicomio criminale, perché il tuo posto è quello».

«immagino che il robottino si sia lamentato del fatto che ho cercato di aiutarlo. Pensa… è determinato a non staccarsi da una donna sposata che gli aveva detto chiaramente di non seccarla più. Rischiando di essere ucciso più volte » sorrise «e poi il pazzo dovrei essere io? Lui e tu che lo aiuti, piuttosto».

Un baluginio.

Kevin Mask evitò per un soffio il coltello lanciato da Zachary, che forse non aveva intenzione di ucciderlo ma di azzopparlo sicuramente, e partì all’attacco a sua volta con l’intento di afferrarlo per il collo e sbattergli la testa contro il muro così da tramortirlo.

Zeke non poteva certo competere con la forza di un chojin, ma dalla sua aveva una certa agilità grazie alla quale riuscì a schivare diversi colpi.

«lo vuoi capire che non hai speranza?! Avresti dovuto rimanere a Londra, Connors!!!» di nuovo per un soffio evitò un affondo allo stomaco che Zeke fece con un altro coltello, e riuscì ad afferrargli il polso con una mano e torcerlo fino a far cadere l’arma, mentre con l’altra mano lo afferrò al collo «e avresti dovuto lasciare in pace Warsman!»

«pff…a-adesso mi spiego!» Zeke cercò di sorridere, nonostante il dolore «ho capito!»

«e cosa avresti capito, sentiamo!»

«da quanto tempo tu e il robot siete una coppia di fatto?»

Una domanda talmente assurda e posta con una tale naturalezza che sbigottì l’inglese al punto che l’atmosfera tesa mutò in una confusa bolla di perplessità. «m-ma che diavolo stai dicendo?»

«era 103, vero?»

«eh?!!»

«per l’ambulanza».

Da quel momento in poi i ricordi di Kevin divennero prevalentemente fatti da un’esplosione, da un gran dolore e dal fuoco. Tanto fuoco.

Gli ultimi frammenti di memoria di senso compiuto che aveva erano quelli del suo avversario che utilizzava un cellulare che poi gli aveva gettato addosso per far consumare dalle fiamme e di seguito rubava una motocicletta lì vicina, e poi di nuovo il dolore, e la confusione sempre maggiore…

Infine il buio.

 

 

«lasciami!!!»

«no! Emerald, tu adesso mi ascolti…» cercava di tenerle le braccia per non farla scappare nuovamente visto che l’aveva acchiappata per miracolo, ma non era semplice.

«quale parte di “lasciami” non hai capito?! In che lingua devo dirtelo?! Mollami, vecchio bavoso!!!»

«Emerald. Per favore».

Quelle poche sillabe furono una specie di sedativo per la ragazza, che smise di strillare pur guardandolo torva e continuando a cercare di divincolarsi, dapprima senza più troppa convinzione…per poi smettere proprio.

«abbiamo parecchio di cui parlare, tu ed io».

«io penso di no. Lieta che tu stia bene. Sto bene pure io. Ora mollami».

Non voleva giurarci, ma Hammy gli sembrava diversa rispetto a com’era a Washington e anche rispetto a com’era a Roma quando l’aveva vista abbracciata al caro cognato. Qualcosa nel suo sguardo e nel suo atteggiamento la rendeva molto simile alla Emerald pre-amnesia. E sembrava anche parlare bene.

«nossignora!...e ti dirò, che stai bene lo vedo benissimo. Quindi la domanda è una sola: da quand’è che ricordi tutto?»

«non ricordo una beata minchia».

«da quando è?! Da Washington? Da Roma, quando mi hai lanciato contro quella panchina per salvarmi la vita? Mi prendi per uno scemo?! Guarda che ti conosco fin troppo bene!»

«non “ti prendo” per uno scemo, tu sei uno scemo, è una cosa diversa, ed ho provato ad annegarti proprio per questo…»

«sì…maledizione, allora è proprio da Roma».

«hai qualche problema ai recettori uditivi o cosa?!»

«hai ritrovato la memoria. Forse non del tutto, ma il novanta per cento sì, ne sono convinto. Tu ricordi…mi ricordi».

La sua presa sulle braccia della ragazza era diventata differente. Si sarebbe potuta definire quasi un abbraccio.

«no».

«risparmia le bugie per chi ti conosce meno».

«ti dico che non è come pensi».

«se ricordi allora mi chiedo perché non torni dal tuo caro marito di cui eri così innamorata e convinta, invece di stare in giro con quel…quel mostro pazzo».

«perché non ricordo ancora niente, e venti! Oltre che vecchio, porco e moscio sei pure duro di comprendonio. Proprio un bijou».

«di motivo per cui non torni a casa può essercene uno solo: ti sei finalmente resa conto di aver fatto un errore e non sai come dirlo né a tuo marito né a tuo padre. Per cui prendi tempo scappando».

«idiozie!!!»

«e c’è dell’altro di cui sono convinto: che dopo tutto quello che abbiamo passato non posso essere estraneo a questa cosa, e…non so cosa sia questo rapporto che abbiamo…»

«avevamo. Forse».

«abbiamo. Non so cosa sia, ma non può essere messo da parte così facilmente, e lo sai benissimo».

Emerald strinse i pugni. «sbagli. Fa’ un favore a entrambi e lascia perdere. Finirai a farti male, se continui».

«abbiamo già fatto questa conversazione e la mia risposta non cambia».

La ragazza lo allontanò da sé con uno spintone. «io non ricordo ancora nulla! E non ti è venuto pensato nemmeno per un secondo che tu potessi non entrarci nulla?! Magari mi sono innamorata di mio cognato!»

Fu una doccia fredda, ma il russo non ci credette nemmeno per un istante. «sei una puttanella viziata, non potresti mai innamorarti di qualcuno che non ti porta a letto» rispose sarcastico.

«vaffanculo».

«e nemmeno di qualcuno che decide arbitrariamente di cancellarmi dalla testa ogni ricordo che ci riguarda» la vide irrigidirsi «Zachary ha fatto questo. È un pazzo ed è pericoloso per chiunque, anche per te».

Seguì un momento di silenzio.

« allora Kirika a Roma mi ha detto la verità».

Altra doccia fredda per Warsman. «tu…lo sapevi?»

Si interruppe quando fu costretto ad evitare una motocicletta che in caso contrario gli sarebbe arrivata addosso a tutta velocità.

«servizio cognatini taxi!» esclamò Zachary, che non ebbe nemmeno bisogno di esortare Emerald a salire perché la ragazza appena lo riconobbe montò in sella, e filarono via più velocemente che potevano.

«non ho ancora finito con te!!! Emerald!!!» Warsman tentò di corrergli dietro.

Poi però pensò a qualcosa di fondamentale.

Era Zachary che li aveva raggiunti, non Kevin.

E se Kevin non era arrivato, allora…

Il suo udito estremamente fino gli fece cogliere la sirena di un’ambulanza in avvicinamento.

Si voltò e corse indietro.

: ora, nei sotterranei ::

«credevo che avessimo superato quella fase del non detto» disse pianissimo la demonessa. Emerald fece un sospiro cupo.

«te lo dico dopo…forse. Solo...è dura, Kirika».

Ma mai dura come per Warsman e l'ustionato Kevin Mask.



Ok, adesso mi sparate. Lo so che mi sparate, forse tanto per l'attesa quanto per il risultato finale dell'attesa in questione.  Comporre questo capitolo -e dico "comporre" a ragion veduta visto che ho incollato insieme vari pezzi scritti in momenti diversi- è stata dura, spero che non vi faccia troppo schifo. Nel caso chiedo perdono.
 Deadpool96, se stai leggendo sappi che la parte di "Faida di sangue" che tocca a me è in scrittura, non ti ho abbandonato.

Alla prossima...prima o poi!

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Capitolo 18
*** La lista ***


C’era solo da ringraziare il cielo che Kevin Mask fosse un chojin, e non uno di quelli più debolucci, ma di categoria “ti spacco in due come niente”. Altrimenti non avrebbe avuto la sicurezza di sopravvivere, ustionato gravemente com’era.

In tutto il tempo in cui Kevin Mask era stato ricoverato dapprima in ospedale e, dopo una telefonata che era stato obbligato a fare a lady Janice, nientemeno che in una clinica Lancaster lì a Mosca, Warsman non si era mosso dal capezzale del suo allievo. Anche in quel momento era lì, quella sera, come tutte le altre.

Uno dei suoi problemi principali era che Howard Lancaster ora sapesse dove si trovava -povero stupido, credeva davvero che ne fosse venuto a conoscenza solo adesso!- ma la salute di Kevin aveva la priorità, e se in una clinica Lancaster poteva ricevere le migliori cure possibili, inclusi trattamenti estetici per far sparire o comunque ridurre di moltissimo i segni delle ustioni, e gratis, allora beh…che fosse!

Erano lì da una settimana. Dal notiziario Warsman aveva appreso che, com’era prevedibile, le autorità locali insieme a dei “corpi speciali” non meglio definiti avevano temporaneamente bloccato i voli in partenza dalla città e sorvegliavano con attenzione spasmodica ogni suo confine per la “presenza di un terrorista che fonti certe asserivano avrebbe tentato di lasciare Mosca in quei giorni”. Si presumeva che stessero cercando anche nei livelli sotterranei, quelli un po’più vicini alla superficie, dove vivevano barboni e a dire il vero anche non barboni, e una volta si nascondevano le spie.

L’ennesima dimostrazione di potere di Howard Lancaster -e la definizione di terrorista riferita a Zachary non era affatto sbagliata- eppure Warsman era convinto che sarebbero riusciti a sfuggirgli. Nel sottosuolo di Mosca, di livelli sotterranei, non c’erano soltanto quelli vicini alla superficie. Se fossero riusciti a procurarsi una mappa sarebbero scesi ben più sotto per poi risbucare chissà dove, e tutto quello spiegamento di forze sarebbe stato vano.

Dal canto suo il russo non pensava neppure di avventurarsi così in profondità, proprio perché sapeva che sarebbe stato completamente inutile. Era sceso nei primi livelli una volta, in quegli anni il cui il carissimo Mr. Lancaster gli aveva dato la caccia -uno dei tanti posti strani del mondo in cui si era imbucato pur di sfuggirgli- ma non si era mai azzardato a scendere al di sotto del terzo.

A proposito di caccia all’uomo, in quella settimana era stato costantemente ad aspettarsi che sapendolo lì Howard lo avrebbe imprigionato di nuovo…eppure nessuno aveva alzato un dito contro di lui. Che le signore Lancaster avessero parlato, ed ora i suoi ex carcerieri fossero a conoscenza del modo in cui riusciva a rintracciare Emerald? Facile che fosse così, non ci sarebbe stato un altro motivo valido per giustificare il fatto di essere ancora libero.

“vogliono usarmi come cane da caccia. Se è come penso, adesso Janice Lancaster sarà costretta a riferire ogni mia mossa”.

Povero ingenuo! La signora si erano sempre limitata a riferire avvistamenti di Emerald, e così avrebbe continuato a fare, perché al resto pensava il chip segnalatore che Michael gli aveva iniettato nell’addome.

“o forse questi qui della clinica stanno solo aspettando ordini. Forse stanno solo aspettando il momento buono per liberarsi di me, di incastrarmi in qualche modo, non lo so...!”

Pensieri simili lo avevano assalito di continuo, ma fino ad ora aveva cercato di mantenere la calma anche se non era semplice.

Lo faceva per Kevin.

“Kevin ha più bisogno di me di quanto ne abbia quella lì” pensò, decidendo di versarsi dell’acqua dalla brocca di vetro sul comodino sentendosi la gola secca, ennesimo scherzo di una tensione crescente che non gli aveva permesso nemmeno di sonnecchiare un attimo per tutto quel tempo “accidenti a lei!!!”

Verso la suddetta Emerald, perché ovviamente il suo “quella lì” era riferito sempre e solo a lei, al momento provava un 35% di preoccupazione, immaginando che per logica fossero giù nei sotterranei, ed un 65% di rabbia.

Non contenta di ricordare fingendo che così non fosse -fingeva, ne era convinto!- di continuare a mentire e fuggire, aveva volontariamente deciso di continuare a viaggiare con quel demone albino pur sapendo cosa gli aveva fatto -già, chissà se quel mostro le aveva detto di come aveva ridotto Kevin!- e perfino di fare la parte della sua ragazza!…

Un po’forse giocava anche una gelosia che non avrebbe mai ammesso neppure a se stesso, ma contava molto di più il fatto che pareva proprio non importarle niente se lui soffriva per qualsiasi motivo, o gli veniva fatto del male da chiunque! E lui proprio non riusciva a capire. Ci era riuscito nel caso di Howard: era suo padre, erano tanto attaccati che a momenti dividevano pure l’anima, lui la voleva proteggere e bla bla bla. Ci era riuscito, con molta fatica, nel caso di Connors maggiore: teoricamente lei era innamorata persa di lui, tanto da sposarlo. Ma Zachary?!! Non c’erano giustificazioni.

A volte Emerald aveva più o meno ammesso di tenere a lui, Warsman, eppure da come si comportava sembrava essere tutto il contrario, ed ogni briciola di logica gli stava urlando che era ora di finirla di subire di tutto per una simile stronza per cui, checché ne avesse mai detto, era solo un giocattolo. Ma poi…

“forse non voleva credere che lo avesse fatto davvero” si diceva “ma adesso non può stare lì senza fare niente e continuare a fuggire solo perché non vuole ammettere che sposandosi ha fatto un errore enorme. Magari credeva davvero che quella fosse la sua strada, ma invece no! Potrà darmi del pazzo e forse anche del presuntuoso, dell’egocentrico, ma io la conosco. Ormai so come stanno le cose. Siamo lei ed io, i due Nemici Numeri Uno. È sempre stato così. Deve solo prenderne atto come ho fatto io, per difficile che possa essere, perché non c’è altra mossa possibile. Non può continuare così” guardò Kevin “non a questo prezzo. Che io sia dannato…se solo mi fosse riuscito di dissuaderla dal fidanzarsi con quell’americano…”

Vide le palpebre del ragazzo tremolare, e di seguito dischiudersi leggermente.

«Kevin…? Compagno?» non poté fare a meno di avvicinarglisi ancor di più, era la prima volta che si svegliava in un modo in cui sembrava essere realmente cosciente «Kev-»

Il suo momentaneo sollievo fu immediatamente soffocato allo stesso modo in cui Kevin Mask, con una smorfia di furia animale sul volto, stava cercando di soffocare lui con entrambe le mani.

«rrrrr d…hem…one!!!»

D’accordo, evidentemente era sveglio ma del tutto fuori di sé visto che al momento Kevin invece di vedere davanti a sé il proprio allenatore vedeva lì Zachary Connors, il che spiegava la sua reazione.

Inutilmente Warsman tentò di articolare frasi con la speranza di calmarlo, ottenne solo di farsi stringere di più la gola, fino a quando disperato non riuscì ad afferrare la brocca piena a metà di acqua sul comodino e spaccarla in testa al suo povero ex allievo, riuscendo a distrarlo abbastanza da liberarsi da quella presa assassina e premere un pulsante che richiamasse i medici.

«Kevin qui sei al sicuro» aveva ancora la voce roca per quel tentato strangolamento «non intendo farti male, non-»

Anche stavolta venne interrotto, lasciandosi scappare un gemito ed un sibilo di dolore. Kevin aveva afferrato il più grosso e spesso dei frammenti di vetro che aveva trovato e con quello lo aveva infilzato all’addome, squarciandoglielo piuttosto in profondità creando una ferita che somigliava ad un sorriso storto.

I medici si degnarono di arrivare soltanto allora, e riuscirono a sedare il ragazzo solo perché questi era ancora troppo impegnato a cercare di uccidere Warsman, di cui si occuparono subito dopo.

«n-non ne ho bisogno!»

O almeno ci provarono, perché il russo cercò perfino di opporsi, pur rendendosi conto di aver bisogno di diversi punti.

«sa benissimo di averne bisogno, sia ragionevole e ci lasci intervenire sulla ferita!» disse il medico, che aveva già pronta la valigetta del pronto soccorso «sta perdendo sangue e-»

«non è la ferita peggiore che ho subìto e sono sopravvissuto senza fare tanti arzigogoli, lasciatemi in pace!»

«stia buono e tranquillo. Vogliamo solo aiutarla».

Avevano ragione, gli servivano cure e se fosse stato in un ospedale normale sarebbe stato buono come gli stava dicendo il dottore, ma per ovvie ragioni non gradiva molto che medici pagati da Howard Lancaster gli mettessero le mani addosso. Poco ragionevole magari, ma abbastanza comprensibile.

 

E non contava che fino a quel momento non gli avessero fatto niente, avrebbero potuto ritenere quella l’occasione buona, Howard avrebbe potuto decidere di tentare un’altra pista e di lasciarlo morire nelle segrete (?) della clinica dopo aver lasciato che subisse il cielo solo sapeva cosa!

«vi ho detto…di lasciarmi in pace!!!»

Strappò la valigetta dalle mani del dottore e riuscì a liberarsi con degli spintoni di tutte le persone che in breve tempo lo avevano attorniato, e con la forza della disperazione anche a scappare via sfondando una finestra che per chiunque altro sarebbe stata infrangibile e che per fortuna non era ad un piano molto alto.

Atterrò gemendo di dolore, portandosi una mano al ventre dal quale ancora sgorgava sangue, e decidendo di tentare di ignorare quel che stava provando complice anche una bella scarica di adrenalina si mise a correre con tutto l’intento di lasciare quel posto e ricucirsi.

Non aveva idea del fatto che in un certo senso l’ex teppista inglese squarciandolo in quel modo gli aveva fatto un favore perché ora, come dire…bye bye, chip segnalatore per cani!

Alla fine, dopo una settimana costantemente “in guardia” ed un’aggressione che lo aveva lasciato di sasso -e tra l’altro visti i precedenti era arrivato a temere che Kevin ce l’avesse proprio con lui!- la tensione aveva avuto la meglio.

In seguito probabilmente si sarebbe pentito di aver mollato lì Kevin che a momenti sembrava ridotto come Peeta Mellark depistato…ma solo in seguito, appunto.

Così come prima o poi, forse, una volta riacquistata la lucidità avrebbe chiamato l’altra signora Lancaster -quella di cui a quel punto ritemeva di potersi fidare di più- per scusarsi di quella sua azione inconsulta e per pregarla di tenerlo in qualche modo aggiornato sulle condizioni di Kevin. Il modo per uscire da Mosca lo avrebbe trovato da solo. Se fosse stato attento sarebbe riuscito a passare nei primi livelli sotto la città senza farsi notare, come aveva fatto in passato.

Corse come un forsennato. Non sapeva se ringraziare il cielo del fatto che non fosse troppo freddo o meno, perché se ci fosse stata della neve magari avrebbe potuto metterne sulla ferita così da contribuire a fermare l’emorragia…

“priorità: superare il terreno esterno della clinica. Superare le mura. Curarsi”.

La ferita “urlò” a modo suo le proprie proteste. Warsman gettò una veloce occhiata dietro di sé, lo stavano inseguendo, nemmeno a dirlo.

“senza rumore, vedo”.

Ovviamente il resto dei degenti non poteva certo essere turbato dalla fuga di un paziente reticente, non in quella clinica che al di là delle attrezzature futuristiche sembrava un hotel a ventisettemilasettecentonovantasette stelle.

“priorità: defilarmi. Curarmi. Nascondermi…fuggire” modificò “io posso farcela. Sono entrato nella villa dei Lancaster di nascosto, ferito in modo peggiore, e più volte. Questo a confronto è uno scherzetto” si disse.

 

 

:: Mosca, sotterranei ::

 

 

Erano arrivati al tunnel che avevano stabilito di percorrere solo un paio di ore prima, dopo una lunghissima, tesa ed estenuante settimana passata a districarsi tra i vari passaggi, evitare gentaglia, rubare quante più provviste possibili, delle biciclette -“e se il tunnel per cui dobbiamo passare fosse troppo stretto e malmesso?!”, “in quel caso le abbandoneremo, ma se invece ci passassero almeno faremmo prima.”, “…che codesti luoghi siano infestati da spettri molesti è veritiero? Lo spettro di Ivan il Terribile?!”, “di Ivan il Terribile quaggiù c’è solo il tesoro, cugino, e se lo troviamo è cosa buona.”- ed un piccolo generatore di calore a batterie.

Quell’ultima era stata una tra le migliori idee che avessero avuto. Prima di trovarsi nella cattedrale si erano procurati dei vestiti fatti apposta per trattenere quanto più calore possibile, eppure in quel tunnel ad undici livelli di profondità -che per fortuna non era troppo stretto e nemmeno malmesso ed anzi, era puntellato meglio di qualcuno del quinto- non era affatto caldo. Infatti durante quelle otto ore previste per essere destinate al sonno, i quattro ragazzi avevano impostato il generatore così che restasse acceso per un po’.

Sebastian era stato il primo a crollare giù. Zachary lo aveva fatto dopo essere sicuro che Emerald e Kirika si fossero addormentate, cadendo in un sonno profondissimo conciliato da tutto quel buio e silenzio.

«allora…lui ha ragione o no?»

Mh. Forse Zachary avrebbe fatto meglio ad effettuare controlli più accurati, perché le ragazze bisbiglianti sembravano essere tutt’altro che addormentate. Prova del fatto che nemmeno lui era infallibile.

«sì. No. Non lo so».

Durante la settimana passata Emerald aveva sfruttato ogni momento come quello per parlare a Kirika di quel che le aveva detto Warsman l’ultima volta. La demonessa aveva parlato bene nella cattedrale, con quel “credevo avessimo superato la fase del non detto”; in effetti era così, e per Emerald avere qualcuno di cui parlarne era solo una cosa positiva.

«te lo dico sinceramente, a volte sei una grandissima sega».

«e tu gentile quanto un cane idrofobo».

Kirika alzò gli occhi al soffitto. «tu come la penso lo sai benissimo. Torna a casa, e con il russo falla finita. È meglio per tutti».

«possibile che nessuno mi dica mai qualcosa di diverso?»

«una persona con un minimo di logica non ti dirà mai qualcosa di diverso. Ma d’altra parte dicono tutti che l’amore non ha granché logica, per cui…»

«non sono innamorata di lui. Ok?»

«e allora che problemi ti fai?!» Kirika si passò le mani sul volto in un gesto esasperato «se il punto è che vuoi scopartelo prenditelo come amante segreto! Anche se col marito che hai, non so cosa ci trovi nel russo per-»

«non voglio un amante segreto! Non sono il tipo, non è dignitoso e lui non ci starebbe in ogni caso».

«e allora mandalo al diavolo no? è tanto semplice».

«non lo è, e…che fai?»

Kirika aveva tirato fuori un foglietto e due penne di diversi colori. «mettiamo giù i pro e i contro il soggetto, a questo punto».

«ah, ma dai».

«aiuta, da’retta. Io l’ho fatto quando ho mandato definitivamente a fanculo mio padre. Non che ne avessi bisogno, ma vedere scritta tutta quella roba in “pro abbandono” e nulla in “contro”, sai…» gettò un’occhiata a Zachary. Non si era minimamente mosso «muoviti».

«ma via…mpf…ma fai sul serio?» a quanto pareva sì, se aveva scritto “pro W” e “contro W”! «e va bene…dai qua. Incominciamo con i pro».

«…se ne trovi…»

«mmmh…allora…eeeeh…condividiamo parecchi interessi» scrisse.

«inclusi balletti, tentare di uccidervi a vicenda e pratiche porche di vario genere?»

«avevo incluso solo la prima ma a questo punto ok. Tu tieni d’occhio loro due eh».

«dormono come sassi. Altro?»

«è un porcello».

«non barare, si è detto che è incluso. Idem musica, cibi, alcol, libri ed hobby vari» aggiunse Kirika sempre in un minuscolo bisbiglio.

«e ti pare un punto da poco?»

«no, ma è un punto».

« mh…è intelligente?»

«e lo chiedi a me? Per quel che mi riguarda no!»

Emerald lo scrisse lo stesso. «ha un cervello computer, è intelligente per forza no? Poi, è coraggioso. E di solito è onorevole, anche se quando ci siamo conosciuti i primi tempi mi ricattava, ma l’ho fatto anche io».

«ti ha salvata da uno stupro».

«bene. Coraggioso ed onorevole».

Dopo quello, per diverso tempo Emerald non scrisse niente.

«fine?»

«tiene a me» si decise ad aggiungere la londinese «e parecchio, mi sa, lui…più ci penso più mi rendo conto che…insomma, pensando a tutto quello che ha fatto -e che fa ancora visto che ce lo siamo ritrovato davanti da poco- per me perché non voleva che ci lasciassimo perdere, a tutto quello che gli è capitato per colpa mia e al fatto che tanto non si arrende…»

“pensando a tutto questo mi viene da dire che non è la cosiddetta ‘bestia inferiore’ a non meritarmi, ma che forse…considerando che io per lui non ho mai fatto niente se non dire a mio padre di non ucciderlo, né ho mai fatto molto perché non ci perdessimo…”

«ok» Kirika prese il foglietto «contro: “è completamente matto”» scrisse, riportando Emerald alla realtà.

«no!... cioè. Solo un po’».

“io però a mettersi nei casini così non ce l’ho mai costretto, eh!!!” pensò infatti quest’ultima “anzi, se mai il contrario”.

«un po’molto direi!...bene. Dormono ancora».

«mh. Sbrighiamoci però, perché in effetti di dormire ne abbiamo bisogno».

«hai altri pro o posso iniziare a scrivere i contro?»

«altri pro…beh, se ha capito che fingo e pure perché, vuol dire che mi conosce molto bene e mi capisce. Perché non scrivi?»

Kirika emise uno sbuffo. «di solito non chiedo il permesso di essere schietta, ma…posso?»

E già da quello Emerald intuì dove voleva andare a parare, perché di argomenti così delicati ce n’era solo uno. «sì».

Gettarono l’ennesima occhiata ai loro compagni di viaggio. Non si erano minimamente mossi.

«tre settimane dopo la fine della vostra vacanza hai scoperto di essere incinta di poco meno di un mese e mezzo» disse Kirika in un sussurro «ovviamente eri intenzionata ad abortire, ma pensavi anche alla fatica che ha fatto tua madre per averti. E qualche giorno dopo hai scoperto che, beh…hai proprio preso da tua madre».

Emerald non replicò.

«nonostante il tempo che è passato, a Roma mi hai chiesto se ti ritenevo stupida perché ti è dispiaciuto di aver perso un feto che in ogni caso avevi deciso di abortire. E se secondo me, al contempo, era normale sentirsi colpevole di aver provato il sollievo di non aver dovuto decidere. Di’: non si è accorto di tutto questo e mi vieni a dire che ti conosce e capisce bene?»

Il danno era successo in Brasile. Da quando era stata degente in America non aveva preso anticoncezionali di sorta, e quando era partita col porcello tenendo conto che c’era in ballo il ritornare con Kevin non aveva minimamente previsto di andare a letto con nessuno. Era stata stupida, ma aveva veramente creduto che senza l’ausilio di alcol ed erba lei non sarebbe mai andata a letto col russo, e invece…!

E non c’è bisogno di spiegare il motivo per cui aveva evitato di dare a Warsman anche quella mazzata.

«non è colpa sua» replicò prontamente Emerald «non se n’è accorto Kevin, con cui allora stavo insieme, e nemmeno mio padre al telefono mi ha mai trovata strana. Di solito lui peraltro ci riesce bene. Ma io se voglio le cose so nasconderle molto bene…come lui mi ha nascosto per anni di quella faccenda del patto. Idem mia madre, che teoricamente è la pettegola per antonomasia» aggiunse, pensando che anche Kid l'aveva quasi beccata: lo aveva incontrato fuori dall'ospedale dopo un controllo che aveva fatto, e lei gli aveva detto che era stata lì per delle analisi «a quanto pare la bravura a nascondere le cose è di famiglia. Ora però basta parlarne. Io te l’ho detto, pe-»

«“però non è mai successo”. Sì. Lo so. Però un consiglio su come avresti potuto usare questa storia te l’ho dato».

 

 “se volevi che smettesse di starti intorno avresti potuto dirgli che hai abortito perché non volevi un mini mostro uguale al padre”.

NO, Kirika! Cazzo…no. Non una cosa del genere”

“scusa”.

 

«e io ti ho risposto».

La demonessa non ribatté. Si limitò a prendere il foglietto e mettersi a scrivere i contro.

 

  • Non piace a nessuno della tua famiglia
  • Potrebbe essere tuo nonno
  • Non ha uno straccio di dote

 

«…ma cosa frega a me della dote?»

«tuo marito guadagna vari milioncini. È per fare il confronto».

 

  • Hai un marito molto figo

 

«aspetta. Questo va aggiunto» mormorò Emerald, scrivendo un appunto con un sorrisetto.

 

  • Si veste malissimo

 

Il sorrisetto però morì quando cancellò furiosamente una cosa che Kirika scrisse di seguito.

 

  • La sua faccia è un brutto accrocco di roba senza senso

 

«basta».

«e dai-»

«basta. È una cosa stupida. Una lista stupida. Voglio dormire» sibilò seccata, prendendo il foglietto e voltandosi dall’altra parte «non dovevo darti retta Kirika. Buonanotte».

Per qualche minuto calò il silenzio.

«è la verità, anche se non ti piace».

Emerald non si curò di rispondere.

Poco dopo il respiro della sua amica divenne profondo e regolare, segno che si era addormentata. Anche lei stava per cedere, eppure guardò per l’ultima volta quella lista di cose, con la mente che annebbiata dal sonno lasciava venire a galla i pensieri più intimi.

tiene a me”.

Quante volte l’aveva cercata? Troppe.

Ricordò quando a Tokyo l’aveva stretta al proprio petto, dopo averla smascherata, le proprie lacrime nel constatare che non se n’era andato. Aveva pianto per la troppa tensione, ma forse un po’anche per la gioia e la commozione dovuta al fatto che lui ci fosse ancora…nonostante tutto.

è matto come un cavallo”, aveva scritto Kirika.

Emerald si lasciò scappare un sospiro, e prima di far sparire il foglietto in tasca e che il sonno la vincesse scrisse un ultimo appunto vicino a quello.

“ma anche vivendo cento vite, non arriverei a meritarlo”.




Ammetto che questo capitolo non mi soddisfa troppo, anche perché è venuto molto corto rispetto agli altri, forse troppo fluff, un po'palloso e con poco senso.
Quindi mi chiederte: "perché accidenti l'hai pubblicato?"
Beh...perché sì. Mi è venuto così.
E per farvi vedere che anche Emerald inizia già ora a rendersi conto di qualcosina.
Nel prossimo capitolo la gente a Londra comparirà per forza, ma vi giuro che nonostante questo mi impegnerò per tirare fuori qualcosa di meglio rispetto a qui.
Saluti.

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Capitolo 19
*** Una nuova battaglia? ***


Ods19

Nella villa dei Lancaster non regnava affatto una bella atmosfera, nemmeno per la combriccola di Kid che solitamente era ubriaca e festante. Se a nessuno di loro Kevin Mask era mai stato simpatico, non significava che lo volessero morto…e sembrava che Zachary Connors, perché era stato lui, non era certo un caso che Kevin fosse stato quasi bruciato vivo proprio quando l’aveva incontrato, ci fosse andato abbastanza vicino. Tanto che perfino a Jacqueline era passata la mezza fissa che aveva per lui.

Il che comunque non era un male.

I ragazzi stavano perfino prendendo seriamente in considerazione l’idea di andare in Russia a vedere come stava, o almeno, ci stavano pensando quelli più di buon cuore come Kid Muscle e Wally. All’interno del gruppo si erano come create due fazioni, quella “andiamo” e quella “’sti ca…”, che con Dik Dik, Terry e Jeager era la più numerosa. Checkmate, come accadeva spesso, restava neutrale. Idem per le ragazze, rimaste estranee alla contesa.

Quanto a Meat, iniziava a pensare che avrebbe appoggiato la causa di Kid e Wally. Non tanto per Kevin Mask, ma perché sarebbe stato un buon motivo per andarsene dalla Villa dei Lotofagi. Il centro benessere interno gli sarebbe mancato da morire, ma si era reso conto che era veramente arrivato il momento di andare via.

Restare lì non avrebbe aiutato nessuno nella ricerca di Emerald, e comunque Meat aveva iniziato a pensare che forse più che fare un tour dei ricordi o simili lei volesse stare via e basta. Ovviamente lo preoccupava che fosse in compagnia di una persona pericolosa come Connors minore, ma d’altra parte se si trattava di pericolosità lei non era tanto da meno e se -da quello che aveva carpito da brandelli di conversazioni tra le signore Lancaster- Kirika aveva mollato Kevin e si era unita a lei a Roma significava che Emerald aveva anche un appoggio. Ah, e ovviamente c’era anche il cugino Sebastian a fare da tappezzeria.

Ciò che restava incerto era il destino di Warsman, del quale da dopo l’intrusione nella villa di Robin Mask nessuno di loro aveva saputo più nulla, e che forse -forse- rappresentava uno dei motivi per cui Emerald restava via.

Meat aveva accettato di farle da testimone al matrimonio, ed ovviamente aveva sperato che tutto andasse bene anche perché lei sembrava essere molto convinta; ma già allora avrebbe mentito sia se avesse detto che saperla sposata con quell’uomo lo soddisfaceva, sia se avesse detto che sicuramente col russo era tutto finito.

E quel che era successo dopo aveva solo dimostrato quanto quella bugia, se detta, sarebbe stata grande. Erano legati, e Meat meglio di tutti sapeva, o comunque arrivava ad immaginare, quanto.

“Emerald, ragazza mia, che mi combini?”

Meat non osava immaginare il putiferio se disgraziatamente Emerald fosse tornata determinata a far finire quella storia diversamente da come la sua famiglia si aspettava, e a quali sarebbero state le reazioni del marito e del loro ospite. Stupore e rabbia da parte dell’americano sarebbero state anche giustificabili invero -al di là del fatto che anche solo per l’età lui risultasse un partner più logico- perché a Meat non risultava che avesse fatto qualcosa di male ad Emerald tanto da darle motivo di lasciarlo, ma non era lui quello da temere.

“in questo posto la tensione si taglia col coltello. Howard Lancaster da un paio di giorni ha come un’ “aura” che non mi piace affatto, Janice è abbattuta per via di Kevin, ho visto Connors ridurre in briciole un manichino nell’area di tiro…e Lionel Lancaster è tetro come non l’avevo mai visto, mentre la sua signora è spaventosamente nervosa, presumo per via di Sebastian. Non so perché ma ho come la sensazione che quel che Zachary ha fatto a Kevin abbia come acceso una miccia, ed è bene che né io né i ragazzi, e le ragazze, siamo ancora qui quando scoppierà la bomba! A confronto l’idea dei quattordici gradi estivi durante le notti russe è molto più attraente!”

E mancava all’appello la reazione di Robin Mask all’attacco subìto dal figlio. Sempre che fosse stato informato, perché non era affatto scontato, ovvio.

Sospirò pesantemente sentendo i ragazzi litigare. Perorando la causa di Kid, avrebbe cambiato qualcosa davvero? Sarebbe riuscito a convincere gli altri? Più tempo passavano in quella villa meno la sua opinione sembrava contare. E sapeva per certo che avevano perfino spento da giorni tutti quanti i cellulari, tanto iniziavano a distaccarsi dalla realtà.

“basta” si disse risoluto “ora vado da Howard Lancaster a dirgli che lo ringraziamo tanto per l’ospitalità ma ce ne andiamo tutti quanti. Almeno potrò finalmente smetterla di sentirmi a disagio ogni volta che lo incrocio per caso” e il perché si sentisse in quel modo era ovvio “e magari una volta visto Kevin ridotto in quel modo riuscirò a convincerli a tornare ad allenarsi per evitare di finire come lui!...non che sia colpa del poco allenamento, d’accordo, però se servisse a far tornare quegli zucconi sulla retta via…”

Si mise a girare per la villa, chiedendo informazioni alla servitù su dove potesse trovare il marchese Howard Lancaster -ovviamente era costretto a specificare- a quell’ora di sera, senza che nessuno riuscisse a dargli una risposta precisa. Ma quando si imbatté nel maggiordomo in capo, stranamente in pausa e che stava leggendo il giornale, il suo sguardo venne attratto dal titolo in prima pagina.

“Deceduto re Yama Khan, Pianeta dei Demoni sul piede di guerra: un Torneo per stabilire la successione al trono?”

Il piccolo Kinniku si trovò a boccheggiare. «mi scusi…»

«a vostra disposizione, signore» al maggiordomo in capo non importava che lo si stesse richiamando all’ordina durante il suo momento di pausa: se ad un ospite serviva qualcosa, doveva essere accontentato.

«ehm…due cose. La prima: sa per caso dove posso trovare il marchese Howard Lancaster?»

«il marchese al momento è impegnato. Posso riferirgli che lo stavate cercando».

«grazie. La seconda cosa…potrei dare un’occhiata al giornale?»

«certamente, signore» glielo porse «posso esservi utile per altro?»

«no, però grazie lo stesso».

L’altro rispose con un inchino. Man mano che Meat leggeva il suo volto diventava sempre più preoccupato.

Yama Khan, re del pianeta dei demoni, è stato trovato morto nella propria vasca da bagno a notte inoltrata. Dai primi riscontri, le autorità ipotizzano che si tratti di suicidio. Voci di corridoio confermano che non si sia trattato del primo tentativo effettuato da Yama Khan in questo senso, con la differenza che in questo caso ha avuto un macabro successo.
Discorde la reazione della popolazione alla notizia del decesso del loro re. Se molti erano contenti della pace stipulata da Yama Khan con la Muscle League, con conseguente apertura del pianeta ai turisti, altrettanti se si tratta di esprimere la propria opinione hanno soltanto due parole da dire: “era ora”. Ed il visir Hell Knight, attualmente al comando data la scomparsa improvvisa del sovrano, sembra essere dello stesso avviso.
“da dopo la sconfitta subita da parte di King Muscle, il compianto Yama Khan era diventato una dissoluta e costantemente ubriaca ombra di se stesso” ha dichiarato “un re che si è bellamente lasciato dettare le regole dalla banda di pagliacci che è la Muscle League, cui ha anche svenduto il sangue del proprio sangue appena ha avuto l’età giusta. ma d’ora innanzi si cambia musica”.
In seguito a tale dichiarazione, la parte di popolazione che non desidera alcun cambiamento ha sollevato proteste ricordando al visir che secondo la legge è a Kirika, figlia di Yama Khan, che spetta di diritto il trono. La pronta risposta del visir è stata che la principessa Kirika è appartenente alla stessa organizzazione che umiliò gli psycho chojin  anni or sono, e non si è mai interessata alla corona. Ma…
“in ogni caso, tenendo conto della richiesta della popolazione, dichiaro che se da qui a venti giorni la principessa dovesse decidere di tornare per tentare di far valere il suo diritto di successione  avrà luogo un Torneo…“amichevole” tra  quattro miei campioni e quattro mie campionesse -rappresentanti anche della popolazione che desidera rompere ogni trattato di pace- ed altrettanti campioni e campionesse della principessa…se ne troverà” ha dichiarato “sfido i membri della Muscle League a presentarsi almeno come parte dei tali. Ah...ovviamente né io né la mia eventuale rivale al trono potremo scendere in battaglia.”

L’articolo non finiva lì, ma a Meat bastava ed avanzava quello che aveva letto.

Se voleva una buona scusa per lasciare la villa dei Lancaster l’aveva avuta, quel Torneo andava sia affrontato che vinto, assolutamente! Era già tanto che il Pianeta dei Demoni non avesse spezzato subito i trattati alla morte di Yama Khan, e non potevano permettersi di perdere l’occasione che le proteste di buona parte della popolazione aveva concesso loro.

«d’accordo, ora devo urgentemente parlare con Mr. Lancaster, è una questione di vita o di morte!!!»

Eh già… perché come potevano andare lassù a combattere perché Kirika potesse regnare, se la suddetta era dispersa chissà dove, con chissà quali intenzioni, e c’erano solo venti giorni di tempo perché potesse andare lassù a pretendere quel che le spettava?

«come vi ho già detto, Mr. Lancaster al momento è-»

«se non troviamo in fretta  Kirika e vinciamo quel Torneo i trattati di pace verranno spezzati!» protestò Meat «devo sapere precisamente a che punto sono le ricerche, perché se qui non ci si dà una mossa potrebbe accadere un disastro!»

 

 

Una chiamata di Ikimon MacMadd, nuovo presidente della IWF.

Proprio quel giorno, proprio quella sera in cui il lavoro lo aveva trattenuto di più lì in ufficio…se avesse detto di non aver avuto la tentazione di non rispondere avrebbe mentito.

Ma Howard Lancaster non poteva dire di non aspettarselo, non dopo aver saputo cos’era successo sul Pianeta dei Demoni, e immaginava anche quale potesse essere l’argomento, se Ikimon aveva saputo che i ragazzi si trovavano lì.

Per cui si rassegnò a rispondere nonostante un umore che da due giorni, precisamente da quando Kevin Mask aveva squarciato il ventre al suo ex allenatore mandando in panne il chip e suddetto allenatore era letteralmente scomparso da sotto gli occhi del personale, lo aveva indotto a vestirsi di grigio. E non grigio chiaro, ma un grigio quasi antracite con tanto di fazzoletto coordinato, il che non era affatto un buon segno.

Dopo aver premuto un pulsante comparve l’ologramma tridimensionale del mezzobusto di Ikimon MacMadd, che veniva proiettato da un sottile proiettore/microcamera a periscopio sulla scrivania.

«dica, mr. MacMadd…e possibilmente sia conciso».

Ikimon deglutì. A dirla tutta aveva sperato in un inizio migliore considerata la situazione -specie perché quell’uomo da dopo le finali gli metteva una paura del diavolo pur avendo guadagnati dieci milioni solo in un colpo grazie a lui- mentre invece sullo schermo del suo pc era comparso un Howard Lancaster non solo particolarmente freddo e poco in vena di chiacchiere, ma anche vestito di grigio antracite, il che non era affatto incoraggiante.

In quei momenti Ikimon quasi desiderava che la carica di presidente tornasse a suo padre.

O semplicemente che fosse stato Vance a fare quella chiamata.

Ma figurarsi, quando se ne era parlato aveva detto “no no! un presidente ha onori ed oneri, e questo onere è tutto tuo!”

– ehm…Emerald come sta?

Ovvio, pur avendo sua sorella lì in villa Ikimon MacMadd non sapeva che Emerald si era ripresa. Segno di quanto si parlavano in quella famiglia!

«si è ripresa dal coma, ma al momento non è disponibile. Lieto che si sia interessato della salute di mia figlia, mr. MacMadd, anche se mi sembra incredibile che lo abbia fatto proprio quando il Pianeta dei Demoni minaccia di muovere guerra ed oltre a Kirika e quattro campioni servono anche quattro campionesse».

– ah…ehm. Il mio interesse era completamente genuino, ma in effetti visto che siamo in argomento-

«non credo che ci sia molto di cui parlare. Emerald non è disponibile, al momento» ripeté «ed escludendo lei e Kirika restano precisamente quattro chojin, tra le quali sua sorella che se non ricordo male ha ricevuto il titolo di miglior lottatrice. Non vedo il problema».

? il problema potrebbe insorgere nel caso per qualche motivo…sa, c’è la possibilità che subiscano incidenti, o simili…

«se il numero di persone dalla parte di Kirika è tale da aver scongiurato una rottura immediata dei trattati di pace, non dovreste faticare a trovare qualcuno in sostituzione. Quel pianeta ha tanti lottatori quante lottatrici».

“e mia figlia lassù, in un pianeta a rischio ricolmo di pazzi scatenati, non la lascerei andare nemmeno se MacMadd piangesse in greco. È una chojin addestrata, ma è convalescente e ritengo che abbia i suoi…grattacapi da risolvere quaggiù. E per quanto non sappia dove si trovi al momento, se anche fosse a conoscenza della notizia, io dubito che Emerald abbia voglia di mettersi in altri guai…sempre se Kirika fosse intenzionata a prendersi il trono, poi. Se, se, se!” pensò “per fortuna che a me andrebbe bene in ogni caso, anzi, se rotti i trattati di pace servissero armi sarei ben più ai demoni che ai miei ex colleghi…e conoscendo di vista Hell Knight, seppure per rapporti prettamente di affari, mi permetto di dubitare che Yama Khan sia morto come si pensa”.

? m-magari ha ragione, ma non sarebbe meglio…?

«sarebbe meglio. Ma se una persona non è disponibile, non è disponibile».

? …

«c’è dell’altro?»

? Kirika e gli altri lottatori almeno sono pronti?

«ironico che lei, che è il presidente, venga a chiederlo a me che non sono neppure parte della Lega».

?  sono pronti oppure no? ? c’era disperazione nella voce di Ikimon. Quella conversazione gli aveva ulteriormente rovinato la giornata.

«Kid Muscle e le lottatrici sono pronte, ma non è detto che Kirika desideri il trono».

? qui non importa quello che vuole!!! Importa che avere su quel trono un’appartenente alla Muscle League ci sarebbe di grande vantaggio! E poi insomma, era suo padre per l’amor del cielo…

«questo non conta nulla. Le poche volte che l’ho sentita parlarne l’ha fatto in un modo in cui spero che Emerald non parli mai di me. La prospettiva della rottura di ogni trattato di pace non è rosea e cercherò di parlare con Kirika della cosa, ma da parte mia non intendo spingerla a fare niente che non voglia. Il potere comporta responsabilità, e alcune persone non sono né adatte ad esercitare il potere né in grado di assumersi responsabilità. Credo che lei possa capire».

Per un po’Ikimon rimase in silenzio.

? mi auguro che riesca a convincerla.

«naturalmente me lo auguro anche io. La saluto».

L’ologramma tridimensionale scomparve.

«certo…prima di provare a convincerla dovrei trovarla» aggiunse tra sé e sé.

Si concesse di sollevare un sopracciglio quando in ufficio entrarono il suo maggiordomo in capo e Meat.

«sono costernato, signore, ho chiarito che Voi eravate impegnato ma…»

«ho appena finito, Jordan, non preoccuparti. Signor Meat, credo di conoscere il motivo della sua visita: ho appena parlato con Ikimon MacMadd, e so che la situazione sul Pianeta dei Demoni non è rosea».

Niente convenevoli. Meglio così, si disse Meat, almeno si sarebbe trattenuto per meno tempo. «in effetti sono qui proprio per questo motivo. Le ricerche di-»

«se li avessi trovati sarebbero tutti quanti qui, non crede? Tutto quel che so è che al momento sono in Russia. Che stanno cercando di lasciare Mosca, o forse l’hanno già fatto, presumibilmente grazie ai passaggi sotterranei che vanno da uno a dodici o più livelli. Se ci saranno novità gliele riferirò…anche se non è sicuro che, una volta trovata, Kirika decida di competere per la corona. Altro?»

“appunto, sono due giorni che l’aura che ha intorno Howard Lancaster mi piace sempre meno” pensò Meat.

«in effetti sì. È quasi sicuro che io ed i ragazzi ce ne andiamo domani».

“li spaventerò con la prospettiva di una possibile guerra Muscle League/demoni e proporrò di andare a vedere come sta Kevin anche per renderci conto se sarà o meno in condizioni di affrontare un eventuale Torneo. Dovrebbe funzionare” pensò Meat “e finalmente torneremo ad allenarci!”

«oh. Che peccato».

«è sicuro di essere dispiaciuto?»

«non ho nulla contro quei ragazzi. E ancor meno contro le ragazze».

“anche se quella a cui dispiacerà di più sarà mia suocera” pensò, lasciandosi quasi scappare un sospiro “sperava di poter mettere le mani su carne giovane…”

Idem per sua madre, sia chiaro. Ma evidentemente voleva evitare di pensarlo…

«beh, messa così…in ogni caso davvero, mi auguro che riesca a trovare tutti quanti entro breve».

«è quel che spero anche io. Però la avviso già ora, mr. Meat: se anche tutto andasse per il meglio e Kirika decidesse di concorrere, non pensi nemmeno per un minuto che Emerald partecipi».

C’era da immaginarlo, pensò Meat, guai a non proteggere la sua principessina. «certo. Poco importa che stia seminando tutti quanti in una fuga non poco faticosa che di certo richiede parecchio sforzo fisico, Emerald è comunque convalescente» si lasciò sfuggire con appena un filo di ironia che non riuscì proprio a nascondere nonostante conoscesse i rischi e vedesse bene il completo grigio antracite.

« Emerald è… convalescente. E in ogni caso ha già molto a cui pensare senza dover aggiungere anche questo. Nel caso in cui il torneo venisse disputato, avete il numero di lottatrici che serve anche senza di lei».

Meat stava per dire che forse Emerald avrebbe potuto pensarla diversamente. Ma a rifletterci bene se per i propri problemi personali stava già scavalcando la preoccupazione di suo padre, di suo marito e tutto il resto, quanto avrebbe mai potuto importarle dei trattati di pace del Pianeta dei Demoni? Se il torneo si fosse fatto Hammy si sarebbe mossa solo quando lei fosse stata a posto, e non prima.

Era una cara ragazza e Meat le voleva bene, ma anche i muri ormai erano a conoscenza del suo egoismo.

«vero».

«well».

Meat ebbe un’esitazione. «andremo da Kevin Mask. Devo portargli i saluti del padre?»

Il marchese Lancaster invece non ne ebbe alcuna. «piuttosto, i suoi auguri di pronta guarigione».

A Robin aveva detto che Kevin era stato aggredito in Russia da un criminale, e lo aveva rassicurato che avrebbe dato la caccia alla persona in questione. Ma aveva evitato di specificare che si trattava di Zachary anche se con Michael si era presa la decisione di non lasciare che l’albino la passasse liscia. Non questa volta.

Zeke aveva “pisciato fuori dalla tazza una volta di troppo”, volendo citare Michael, a cui ovviamente aveva fatto un appunto per il linguaggio. Aver quasi ucciso un esponente della nobiltà inglese non era qualcosa che si potesse tollerare, in qualche modo andava punito. Eh sì, aveva decisamente dato fuoco a quello sbagliato dei due.

«Robin Mask potrebbe andare a trovarlo» obiettò Meat.

«Robin dovrebbe andare a trovarlo come minimo» “ma pur essendosi preoccupato per il figlio, una volta tanto, ritiene un affronto che si sia fatto ridurre così da un criminale qualunque. Ah, Robbie…dici che io sono pazzo, ma tu non sei da meno”.

«beh…direi che è tutto» decise di concludere Meat «la ringrazio a nome di tutti per l’ospitalità, e la prego ancora una volta di farci sapere se ci sono novità».

«senz’altro. Solo un’ultima cosa, signor Meat. Proprio in virtù della mia ospitalità non credo che le seccherà farmi una minuscola cortesia».

Proprio adesso che pensava di essersi salvato…!

«eh…spero che non mi chiederà di pagare il conto» tentò di buttarla sull’ironico, ma riuscì nell’intento solo in parte.

«non in denaro, mr. Meat, ma in segreti».

“ma perché non sono schizzato via dall’ufficio appena dopo aver finito di parlare?” rimpianse il piccolo allenatore. «mi piacerebbe poterlo fare, ma sono al verde».

«scommetto che non è così al verde come dice. Voglio essere un po’ più diretto: Emerald e…quel mostro. Cosa potrebbe sapere, lei, che io non sappia già?»

L’istante di silenzio tombale che seguì parve un’eternità a Meat, che cercava di pensare a come rispondere abbastanza onestamente e al contempo evitare di creare danni a terze persone.

Capì che non era possibile riuscirci. Il marchese aveva intuito da tempo che lui sapeva qualcosa in più, ed iniziava a dubitare che lo avrebbe lasciato andare se non gli avesse detto qualcosa.

“si sono concessi una lunga vacanza insieme attorno al mondo, hanno avuto più di un rapporto intimo, si frequentavano clandestinamente per cimentarsi in competizioni di ballo quando lei stava con Kevin Mask e sono tanto legati da farmi avere dubbi sulla durata del suo matrimonio col tuo uomo di fiducia. Ti basterebbero questi, di segreti?”

«non so molto di preciso. Però so per certo che Emerald e Warsman sono legati, come è stato dimostrato. Molto…legati. So che Hammy rimproverava aspramente coloro che lo denigravano in sua presenza. E so che non vuole che gli sia fatto del male signor Lancaster, perché non penso che potrò mai dimenticare il modo in cui durante le finali del torneo Emerald si è messa in mezzo per proteggerlo, prendendo il colpo che lei aveva appena sparato. E penso proprio che non possa dimenticarlo nemmeno Warsman».

Forse se quel colpo non fosse stato sparato le cose sarebbero andate diversamente, ma non era possibile saperlo, e in ogni caso dopo quel discorso Meat uscì rapidamente dall’ufficio senza essere stato congedato.

Ecco, si era appena dato un altro motivo per andare via di lì immediatamente.

 

 

::  sotterranei di Mosca, secondo livello  ::

 

 

«di’ un po’…come va il sorriso rattoppato?»

Un’esitazione.

«bene. Sto bene. Avrei potuto fare da solo».

«o avresti potuto lasciar fare che i dottori di quel posto. È la prima volta che vedo qualcuno con una ferita simile che picchia i medici e fugge da loro, invece di cercarli».

«in ogni caso i motivi per cui stavo fuggendo non sono affari che ti riguardano».

«ma infatti chi ti ha chiesto niente? E ti dirò di più, dato che ti sei rivelato simpatico come un coccodrillo trincia testicoli col senno di poi ti avrei lasciato lì a…purtroppo dubito a crepare, visto che volevano darti una mano» sbuffò, vedendolo guardarla malissimo «sei ridicolo quando tenti le occhiate mortifere, uno scemo pagliaccio. Mh! “scemo pagliaccio”…mica male, me lo appunto» disse tra sé e sé «oltre che masochista, naturalmente, se il dolore ti piace così tanto da fuggire via dai dottori».

 “quando la rivedrò devo chiedere ad Emerald se suo padre si è dato da fare con qualche aliena di un pianeta lontano, perché mi viene voglia di prendere a cinghiate anche questa qui!”

«taci. Non sei divertente» disse secco, muovendosi nervosamente sul futon che l’aliena aveva tirato fuori per lui apparentemente dal nulla e posizionato non troppo lontano dal suo.

Il russo non aveva mai visto prima quella ragazza visibilmente non terrestre, e ancora non si spiegava come mai due giorni prima avesse deciso di aiutarlo oltre al modo poco ortodosso in cui l’aveva fatto.

Non era riuscito a tenere fede al suo proposito di curarsi prima di oltrepassare i confini della clinica, perché non aveva avuto un attimo di tregua. Era però riuscito a superare le mura, col “sorriso” -come lo chiamava lei- che a causa del troppo movimento sanguinava ancora. Peccato che fosse servito a poco, perché anche dopo quello si era trovato attorniato da medici e guardie contro cui, testardo, si era messo a combattere. Loro avrebbero solo voluto aiutarlo, ma in quel momento quell’idea proprio non gli si era infilata in testa.

Era sul punto di essere sopraffatto, quando…beh, Warsman non era in grado di descrivere quel che era accaduto. Qualcosa lo aveva afferrato, medici e guardie non erano riusciti più a vederlo, e si era trovato ad allontanarsi rapidamente in un caos vorticante di persone, di cose, di luci e di ombre. Soprattutto di ombre.

E quando il caos in questione era finito, si era ritrovato a vomitare anche l’anima in un vecchio bagno malmesso accanto ad una stanza che poi aveva scoperto trovarsi in uno dei livelli sotto la città…e con quella ragazza aliena -che in seguito lo aveva rattoppato con quel che c’era nella cassetta del pronto soccorso- accanto a lui.

Non avrebbe saputo dire di che razza fosse, anche perché non gli era importato di chiacchierarci per chiederglielo. Aveva la pelle nera come ossidiana, una lunga coda snodabile, delle “biogemme” incastonate in alcune parti del corpo, gli occhi dello stesso colore del ciuffo di capelli rosso vibrante che le copriva metà volto, indossava soltanto una specie di armatura che copriva giusto i punti “strategici”, si chiamava Zoisite e…non era affatto simpatica. La conosceva soltanto da due giorni, e quei due erano già di troppo!

Inoltre non gli piaceva affatto l’idea di essere in debito con qualcuno, perché immancabilmente non si sentiva a posto fino a quando il debito in questione non era ripagato.

«confrontata a te faccio ridere quanto il gas esilarante. E dire che essendo uno scemo pagliaccio dovresti strappare un paio di risate! È il tuo lavoro! Vuoi far fallire il circo?» si mise a camminare avanti e indietro lungo la stanza, rigirandosi al dito un bizzarro anello rosso che sembrava starle fin troppo largo.

«non vedo l’ora di andarmene di qui» borbottò stancamente lui.

Non avrebbe potuto essere qualcun altro a salvarlo? Qualcuno un po’ più… un po’meno…stronzo?

«direi che siamo in due. Ti ho portato via perché credevo che avessi qualcosa di interessante da raccontare» frustò l’aria con la coda, che muoveva nervosamente come avrebbe potuto fare un gatto «sai com’è, una ferita del genere, tu in fuga, medici che vogliono aiutarti e tu non ci stai…le alternative sono: a) sei fuori di zucca. Il che è probabile. b) sei un masochista. Altrettanto probabile. L’ultima: sei una cavia da laboratorio in fuga o qualcosa del genere!»

Parole che rievocarono in Warsman momenti della sua vita a cui non voleva assolutamente pensare. «lasciami in pace».

Più volte quella gran rompiscatole aveva accennato al fatto di voler conoscere la sua storia. Gli aveva detto a chiare lettere che quando non rubava per mantenersi viveva facendosi pagare per le storie che aveva da raccontare, e che nonostante avesse girato parecchio e dunque ne conoscesse già molte una in più non le sarebbe dispiaciuta.

Ma lui si era chiuso in un mutismo quasi assoluto dopo averle borbottato un “grazie”. Warsman non era tipo da mettersi a raccontare la storia della propria vita ad un’estranea, anche se questa lo aveva aiutato.

Tanto più visto che l’estranea in questione, a parer suo, somigliava troppo ad Emerald. Aveva perfino un tatuaggio sulla schiena, come lo aveva Emerald, solo che il suo sembrava una specie di mappa stellare, ed era incredibile che l’inchiostro rosso risaltasse tanto su quella pelle nerissima.

«mh. Allora sei una cavia per davvero, in effetti l’aria ce l’hai…»

«maledizione!!! Non sono una cavia!!! Ti ho detto di lasciarmi in pace! Va bene, basta» si alzò di scatto «me ne vado, non mi importa niente di questo dannato taglio!»

«ho visto che guarisci velocemente, un altro giorno e sei a posto, perciò non fare l’idiota! No aspetta: prova a smettere di essere idiota. Se crepassi prima di avermi raccontato la tua storia avrei sprecato tempo inutilmente».

«io non ti ho mai chiesto di salvarmi!» Zoisite era ancora più bassa di Emerald, eppure lo fronteggiava con un’espressione di noia completa sul volto nonostante in quel momento -seppur ferito- Warsman fosse abbastanza inquietante.

«e allora che devo dirti, vai e muori, pace all’anima tua! E spero per questa Emerald che tu non la riveda mai, perché altrimenti sai che strazio per quella poveretta».

Dopo un istante di sorpresa il russo divenne ancor più aggressivo. «che…che ne sai? Cosa sai tu di lei?! come diavolo fai a-»

«non so, forse perché stanotte l’hai chiamata nel sonno undici volte? undici “Emerald”, un paio di “Kevin”, vari “maledetto demone” inframezzati da lamenti, ringhi e borbottii vari. Sei una sega infinita anche quando dormi».

Undici volte.

L’aveva chiamata ben undici volte.

Non riusciva a trovare pace nemmeno nel sonno!, pensò, trovandosi a calciare il muro con tanta furia da sbriciolarlo…fino a quando qualcosa non gli si avvolse attorno alla vita e gli fece fare un breve volo.

«sentimi bene uomo innamorato, non ti lascio spaccare il muro della mia stanza solo perché sei nervoso. Anche perché non penso che sarà utile per…beh, qualsiasi cosa tu voglia fare».

«non sono un uomo innamorato!»

«oh, quindi ti fai tagliuzzare per sport? Lo dicevo io che sei masochista!»

Warsman quasi ringhiò per l’esasperazione. Un altro lunghissimo giorno in compagnia di una così gli sembrava un’eventualità insopportabile, anche se non aveva torto nel dire che gli conveniva aspettare un altro giorno e riprendere le ricerche -dopo aver telefonato ad una delle signore Lancaster magari- quando fosse stato perfettamente in forma. Lo aspettavano momenti difficili, di quello era più che sicuro.

«ti ho detto….che non sono affari tuoi. Non voglio più sentirti dire una parola fino a domani, quando finalmente potrò togliermi dalle scatole!»

«eee io invece parlo quanto mi pare. “ciao, sono Mario, soffro di amnesia, il mio cane si chiama ci-ci-ciao sono Mario soffro di amnesia, sono un impiegato e lavoro per ci-ci-ciao sono Mario soffro di amnesia, ho un fratello che si chiama ci-ci-ciao sono Mario soffro di amnesia, il mio gatto si chiama ci-ci-ciao sono Mario…»

In altri tempi il russo l’avrebbe gelidamente ignorata, ma quello non era il periodo. Ne aveva passate troppe, e in poco tempo, tanto che in alcuni momenti si sentiva sull’orlo di un crollo di nervi peggio di quello che l’aveva indotto a fuggire dai dottori…e Zoisite era irritante.

Troppo irritante.

Come Emerald, per cui aveva scelto di lottare e passare tutto questo.

Quindi, debito o non debito, le si fiondò addosso emettendo il suo respiro caratteristico con il processore annebbiato dalla rabbia, dalla confusione e dalla…stanchezza per aver dato tutto senza essere ancora riuscito ad ottenere risultati concreti.

Peccato che Zoisite non fosse qualcuno di facile da picchiare. Non per lui, almeno.

La ragazza scartò rapidamente di lato e lo fermò con un semplice colpo di coda, con la quale poi lo avvolse imprigionandogli le braccia e tenendolo sollevato da terra.

Ovviamente Warsman tentò di liberarsi, più rabbioso che mai, ma la presa di quella coda era venti volte peggio di quella di un anaconda.

«ok, tu sei veramente fuori come un balcone, a parte gli scherzi» disse «non so cosa ti è successo ma qualunque cosa sia…e piantala! » l’aliena mise l’indice destro, che iniziò ad emettere una luminescenza pericolosa dalla punta, a qualche centimetro di distanza dal volto del russo «adesso io ti lascio, tu ti siedi tranquillo sul futon che ti ho dato, la smetti di aggredirmi e mi parli del motivo per cui sei così sclerato al di là dei “ciao sono Mario”…altrimenti ti faccio saltare la testa. Chiaro?!» non lo avrebbe mai fatto, non aveva mai ucciso nessuno, ma Warsman cosa ne sapeva? Tanto che concluse che forse era meglio fare come diceva.

“un’altra reazione inconsulta. Sto diventando l’ombra di me stesso? Sto diventando pazzo sul serio? No… non posso permetterlo. Devo smetterla. Devo calmarmi” si disse, ripromettendosi -stavolta in modo più deciso- di ritrovare la sua compostezza. Tanto che quando Zoisite lo lasciò andare si sedette sul futon con tutta la dignità che gli fu possibile racimolare dopo la sceneggiata appena fatta.

«che ti è capitato? Non sei il primo che vedo in questo stato, e nessuno degli altri aveva alle spalle una storia piacevole. Però di solito dopo averne parlato sembravano tornare un po’ in sé».

Perché avrebbe dovuto dirglielo? Non le importava di lui, voleva solo farsi i fatti suoi. Lo aveva rattoppato e gliene era grato, ma nient’altro.  «non sono una persona che si lamenta per un nonnulla. Tantomeno con gli estran-»

Si interruppe quando lei gli porse una tavoletta di cioccolata. Anche questa apparentemente comparsa dal nulla come il futon.

«questa roba terrestre è buona. Si chiama cioccolata, se non sbaglio. È vero che in realtà Sheldon Cooper in questi momenti beve il tè, ma io non ne ho».

L’ex lottatore non sapeva se fosse più sorprendente che gli stesse offrendo della cioccolata o il fatto che conoscesse The Big Bang Theory. «non la voglio».

«non è avvelenata, Messer Paranoia. Su».

Passò diverso tempo prima che Warsman, con un sospiro e con diverse esitazioni, si decidesse ad accettare l’offerta. Anche se ostinatamente per una ventina di minuti non disse una parola oltre ad un “grazie”.

«se ti raccontassi la mia storia e poi tu la tua?» tornò alla carica lei, dopo quella pausa.

«non mi interessa conoscerla, mi hai detto che sei una ladra e che ti mantieni o così o raccontando storie altrui, ed è già troppo».

Zoisite alzò gli occhi al cielo. «puoi smettere di essere una simile sega vivente almeno per un secondo?!»

Di nuovo, lui non ribatté. Così com’erano comparsi la cioccolata ed il futon, nelle mani della ragazza comparve un cellulare con cui si mise a giocherellare. Di cose strane Warsman ne aveva viste, ma quella gli era piuttosto nuova. Che fosse una specie di maga?

«come…no, lascia perdere».

«no, dai, finisci la frase, voglio vedere se è idiota pure questa».

«mi chiedevo come fai a tirare fuori le cose dal nulla» disse Warsman, un po’seccato e un po’incuriosito.

«non tiro fuori le cose “dal nulla”, ma dalle ombre in cui le ho messe quando le ho prese. So farlo, ma non so precisamente come avviene questa cosa. Se io ed Hayun fossimo andati a scuola forse l’avremmo saputo, ma dato che così non è stato, pace».

«sei una di quelle che è scappata di casa col fidanzato invece di studiare?» niente da fare, essere acido gli veniva spontaneo.

«sono una di quelle che ad un anno e mezzo è stata sbattuta via dal suo pianeta assieme all’unico maschio della sua stessa razza in grado di camminare ma troppo piccolo per partecipare alla guerra che oltre ad aver distrutto il pianeta ha reso me e lui qualcosa di simile a due bestie rare» ribatté lei, fredda.

Se non altro questo riuscì a sedare il russo.

«dopo la guerra eravamo gli ultimi rimasti della mia etnia, gli Shadow» riprese Zoisite «ci differenziamo da quella più numerosa degli icejin comuni perché abbiamo tutti la pelle nera e traffichiamo con le ombre» aggiunse a mo’ di spiegazione «hanno salvato un maschio ed una femmina perché potessimo riprodurci. Siamo cresciuti da soli, cercando di…”cavarcela”. Senza sapere nulla dei nostri genitori…a parte i nomi dei miei, e solo perché sono incisi su questo anello» disse sollevando la mano «e lo Shadow con cui sono cresciuta, Hayun, non mi era molto simpatico, ed è morto da idiota qualche anno fa. Per cui di “bestie rare” ora ci sono solo io» sbuffò «“bestie rare”…ricordo quando un mercante di schiavi sul pianeta Evithlon che tentò di catturarci ci definì così. Solitamente sono contro l’omicidio, ma stimai Hayun quando ammazzò quella feccia dell’universo per aver osato tanto. Di’, hai idea di come ci si sente ad essere paragonati ad animali?»

A quel punto Warsman iniziò a ridere. Una lunga, terribile risata sarcastica.

«che ti prende?»

«dimmi un po’, quanti anni hai?»

«diciotto».

Lui rise ancora di più.

«io invece ne ho sessantatré. E sono un “mostro” quasi da sempre, una “bestia rara” da quando Howard Lancaster mi ha conosciuto, ed un “robottino con cui giocare” da quando quel demone albino è entrato nella mia vita. Fino a due anni e mezzo fa nessuno a parte mia madre mi ha mai visto in modo diverso da uno di questi, e lei è morta troppo presto. E poi è arrivata-»

«…Emerald?»

Odiava essere interrotto, ma lasciò perdere ed annuì. Zoisite si mise a rimuginare. «mi sa che io il nome che hai detto prima da quando sono qui sulla Terra l’ho già sentito. Non “Emerald”…»

«Howard Lancaster. Non mi stupirebbe. È un uomo potente, e preferirebbe che fossi morto…questo già prima che conoscessi Emerald, che è sua figlia».

«allora ti sei ficcato in un bel casino. Però se sapevi che era figlia di uno così perché le stai intorno, uomo innamorato?...ah, lei quanti anni ha?»

«per l’ennesima volta, non sono innamorato di lei!...e comunque…venti».

«tu sessanta e lei venti?! Credo che qui direste che sei un porcello!»

Warsman fece facepalm con un lamento. “sicura che tu ed Emerald non vi conoscete?” avrebbe voluto domandarle, ma evitò.

«che ne dici di raccontarmi meglio? Tanto abbiamo davanti una giornata. Così cancelli il tuo debito attuale ed anche quello che contrarrai quando ti porterò fuori dalla città».

Le diede un’occhiata stupita. «perché dovresti farlo?...e come sai che voglio lasciare Mosca e non volevo solo uscire fuori da quella clinica?»

«sai com’è, se resti in città è più facile che ti trovino. Per cui io scapperei per logica. E comunque se non corro rischi, se penso che possa valere la pena e se faccio in fretta, un aiuto nella fuga non lo rifiuto» con tutti quei “se” era come dire che la maggior parte delle volte in realtà Zoisite delle fughe altrui se ne infischiava, da brava shadowjin fortemente individualista.

Quanto a Warsman, gli seccava ancora l’idea di raccontarle la propria storia, ma tutto sommato non sembrava un pessimo affare se in cambio avrebbe ricevuto dell’altro aiuto. «rifarai quella cosa che poi mi ha fatto vomitare anche l’anima?»

«viaggiare con me nelle ombre? Sì! E una volta fuori città ci saluteremo. Facile che non ci rivedremo più, non conto di restare su questo pianeta troppo a lungo, dei luoghi in cui avevo scelto di andare mi manca solo la Turchia. Un altro motivo per raccontarmi di te: non posso darti problemi pur sapendo le tue faccende».

«magari a qualcuno potrebbe non piacere che tu mi stia aiutando, se si scoprisse».

«non vedo chi potrebbe venirlo a sapere, e in cogni caso cazzi suoi. Voi umani siete un genere variegato ed interessante, ma siete tutti deboli come…come si chiamano? Gattini, a confronto della mia specie».

Indubbiamente Zoisite Ultima Della Sua Etnia non si tirava indietro quando si trattava di ribadire a chiunque la superiorità degli icejin di qualsiasi razza, pur avendo vissuto un’esperienza simile alla sua finendo per sentirsi paragonare ad un animale raro.

“forse dovrei cominciare a tirarmela anch’io per essere un robo-chojin” pensò ironicamente “anche se avrei una voglia matta di chiederle com’è che gli Shadow sono stati sterminati tutti, se sono tanto forti e tanto superiori! Ma il numero di persone che vogliono darmi una mano è talmente esiguo che forse faccio meglio a tacere”.

«e poi senti, da quando stavo col gruppo del mio ex sono diventata una ricercata spaziale come loro, anche se sono stata vista sempre e solo di sfuggita. Quindi cosa vuoi che mi possa importare se un paio di terrestri ce l’hanno con me?»

«io mi auguro che tu stia scherzando».

«no, affatto. Allora, uomo innamorato, com’è questa Emerald?» e lì Warsman evitò di ripeterle che non era innamorato, tanto non serviva «per essere finito in casini del genere dev’essere una super gnocca, altrimenti saresti tonto».

«per essere “super gnocca” le mancano diversi attributi, non so se mi spiego…è un ammasso di stecchini anche se mangia come un cavallo. Inoltre ha un pessimo carattere, tanto che sarebbe da prenderla a cinghiate per la maggior parte del tempo. Però ci sono dei…momenti…che…ah, basta» borbottò «ho detto abbastanza».

«fai tutto questo per dei “momenti” e non vuoi che ti chiami uomo innamorato? mah…forse hai ragione, non sei innamorato, sei solo del tutto scemo e con poca voglia di vivere».

Warsman stava per risponderle a tono, ma proprio in quell’istante qualcuno aprì la porta di quella stanza sotterranea con un calcio.

Quando però sei uomini bene armati entrarono -tre non portavano segni di riconoscimento, ma gli altri avevano il simbolo dei Lancaster al petto- non trovarono altro che una stanza vuota.

«…la descrizione che hanno fatto è calzante, anche se lo hanno visto per poco» disse uno di loro «è facile che sia qui».

«…quando diavolo sei uscito?!» disse Zoisite in un bisbiglio inudibile da chiunque se non un Warsman piuttosto confuso che non si sentiva più il corpo e a cui sembrava di trovarsi ovunque e in nessun posto, e che non aveva neppure idea di come facesse a sentirla e di come potesse sapere di essere in grado di parlare.

«quando ieri eri in bagno sono uscito, mi sono affacciato per poco tempo. Volevo capire dov’eravamo».

«tonto!»

«ehi, hai sentito?» disse uno degli uomini dei Lancaster.

«sentito cosa?...ehi, nel bagno avete trovato niente?»

«nulla! Magari le pareti o il pavimento nascondono un passaggio. È un labirinto, qui sotto».

«da…non credo che troveremo Warsman o quei vostri ragazzini» commentò uno di quelli senza stemma «se non li hanno già uccisi, si perderanno».

«se avessero ucciso i ragazzi sarebbe comunque nostro compito ritrovarne le spoglie, questo è quanto. In ogni caso qui qualcuno c’era» ribatté un soldato dei Lancaster «qualcuno di forte. Questo muro sembra essere stato rotto con un calcio».

«se anche si fosse trattato di Warsman mi pare evidente che non è più qui. Non perdiamo altro tempo».

Era un po’avvilente per il russo vedere come anche i suoi compatrioti -al di là della motivazione ufficiale di cercare “un terrorista”- si prestassero a tentare di trovare tanto lui quanto i ragazzi. Ma d’altra parte sapeva benissimo quanto colui che lo stava cercando potesse allungare la mano.

Appena gli uomini se ne andarono sentì di aver riacquistato il proprio corpo, oltre ad un’incoercibile nausea che lo spinse a correre in bagno più in fretta possibile. Cercò di darsi un tono quando uscì.

«è una settimana che vedo questi con la pantera» l’aliena si indicò il petto «girare qui sotto. Quindi cercano te, e i ragazzini…?»

«una è Emerald. Gli altri sono suo cugino, una sua amica e quel demone maledetto di suo cognato».

I futon erano ricomparsi.

«adesso hai un altro debito, visto che ti ho nascosto. Quindi devi proprio raccontarmi tutto per bene. Io comunque voglio darti un consiglio: lascia perdere, cambia pianeta e rifatti una vita. Le storie come sembra essere la tua sono appassionanti, ma non vanno mai a finire bene».

«non ti ho mai chiesto un consiglio, e se solo lei aprisse gli occhi sarebbe diverso. Non rose e fiori, sicuramente complicato come al solito, ma diverso».

Zoisite gli diede delle lievi pacche sulla spalla.

«uomo innamorato, mi fai una pena che non ti dico perché mi sa che è tutto inutile».

«ficcati in quella testa di segatura che non sono un uomo innamorato, e che ti sbagli anche sull’altra cosa, e quando avrò finito di raccontarti questa benedetta storia per cui mi hai rotto le scatole tue giorni te ne renderai conto!»

«io invece penso che mi farò due risate sui filmini mentali che ti sei fatto, ti darò altre due pacche sulla spalla e calcolerò quanto potrò guadagnare da “L’Epopea Dell’Umano Innamorato”...»



Aye, mi sa che un altro po'di casino l'ho fatto anche se il capitolo è più lungo dell'ultimo.
La complicata alleanza di Warsman e Zoisite, che chi ha letto "Ombre" già conosce, vale solo per questo capitolo. Cos'altro? Ah, sì:  Kirika rispunterà fuori entro il tempo limite? Se sì, deciderà di concorrere o manderà tutto al diavolo? Rivedrete lei e gli altri nel prossimo capitolo, don't worry.  Il prossimo anno però : )

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Capitolo 20
*** Karma ***


Mai come in quel momento Emerald fu tanto felice di rivedere la luce, nonostante mancassero ancora diversi metri all’uscita.

«sei giorni di marcia in un tunnel lungo chilometri e chilometri percorso in bicicletta solo per metà» perché poi era diventato troppo stretto per le bici, e si erano divisi equamente da portare sia le provviste che le varie risorse tra cui, in parti uguali, il denaro che era rimasto loro «gelo, fantasmi ed umidità…ma infine ce l’abbiamo fatta. “tour dei sotterranei di Mosca: fatto!”»

Anche Zachary era piuttosto allegro, pur non avendo trovato né il tesoro di Ivan il Terribile né la biblioteca della principessa Sofia, e stava pensando di proporre una deviazione per Istanbul prima di andare a Bombay. Tanto per confondere un altro po’le acque…e soprattutto perché riteneva che anche Istanbul potesse avere dei sotterranei interessanti.

«siam giunti, alfine!» esultò Sebastian lanciandosi in avanti «a me, luce, dolce luce! A me, aria, dolcissima aria, per troppo tempo non ho goduto di te!»

«l’aria c’è anche qui sotto, tonto, sennò saremmo morti da quel dì» borbottò Kirika, che da sei giorni stava assistendo a delle scene che le piacevano ben poco. Di quella lista che avevano fatto Emerald non aveva voluto parlare oltre, così come di quel che sembrava spingerla verso il russo decrepito, ma in ogni caso non avrebbe avuto modo di farlo neanche volendo. Dal momento in cui si erano risvegliate da quella “pausa-sonno” in poi Zachary si era appiccicato ad Emerald più che mai.

Kirika non aveva neppure avuto modo di sapere cosa pensasse Emerald della cosa, se le piacessero o meno tutte quelle…attenzioni. Quella vicinanza, quelle coccole che diversi avrebbero potuto trovare inopportune. La demonessa non sapeva dare una spiegazione logica ad un comportamento del genere, se non che potesse essersi preso una cotta per lei, eppure allo stesso tempo non sembrava così. Era come se fossero coccole…consolatorie. A parte che una scusa per tenerla più sott’occhio.

 

“dai Hammy, forza e coraggio. Immagino che non sia semplice e più avanti potrebbe diventarlo ancor meno, però sei una ragazza forte”.

 

Che motivo avrebbe avuto per doverla consolare?

«aspetta Seb! Arrivo!» Emerald fece per raggiungere il cugino di corsa, ma si sentì trattenere.

«non c’è motivo di correre via, cognatina. Tu devi risparmiare energie. Non stai ancora bene».

Dopo un istante di immobilità Emerald scivolò via dalla sua presa. «apprezzo l’interesse, ma se voglio correre da qualche parte, io corro. Right?»

«non credo sia una buona idea».

«io sì».

“mh. Forse le apprezza solo fino ad un certo punto, le attenzioni” pensò Kirika “meglio così, perché tra gli abbracci, i ‘bacetti’ e le carezze che gli lasciava fare iniziavo veramente a pensare male…qualunque senso potessero avere”.

Poi lasciamo perdere che in passato Emerald si era lasciata coccolare anche da Kid Muscle quando ne aveva sentito il bisogno, così come da Kevin quando “non potevano stare insieme” pur sapendo che le stava dietro, nonché da Warsman -anche se in quel caso magari definirle coccole era eccessivo- quella volta a Roma, e da Michael stesso quando le cose con Kevin andavano male, e quindi c’erano dei precedenti…eppure sapeva benissimo cos’aveva fatto Zeke a quel povero russo. A meno che non agisse così per evitare di insospettirlo in qualche modo sul fatto che iniziasse ad esserci una possibilità -secondo Kirika nemmeno remota come al limite sarebbe stato meglio che fosse- che lei non tornasse con Michael, alla fine, lasciando che lui le si appiccicasse come aveva fatto da Washington in poi -e più-. Se si comportava più o meno come al solito, Zachary avrebbe pensato che era tutto normale…e tra le altre cose lei avrebbe evitato possibili problemi.

«”Il fatto è che gli uomini non dovrebbero mai tentare di dettar legge alle donne. Non sanno mai come farlo e, quando lo fanno, dicono sempre cose particolarmente stupide”» citò Sebastian da lontano, cosa che strappò a Kirika una risata.

«per una volta quoto Sebastian!»

«quantomeno io dico cose stupide solo quando tento di “dettar legge”. Invece pensa un po’, Seb, ci sono persone che sono in grado di dire unicamente cose stupide anche citando grandi autori!»

Ovviamente Zachary lo aveva detto sorridendo come suo solito, ma non significava che avesse apprezzato l’intromissione. In ogni caso Hammy corse accanto a Sebastian, e a mani allacciate i due cugini si lanciarono verso la luce. Sebastian non si curò nemmeno di ribattere, al momento non avrebbe potuto importargli meno delle chiacchiere altrui.

«non dirmi che te la sei presa, albinello».

«naturalmente no. Volevo far sì che evitasse di fare una cosa sciocca».

«lascia che te lo dica, mi pare che di cose sciocche durante la marcia ne abbiate fatte diverse» a meno che non le fosse chiesto chiaramente di tacere da persone per cui lei nutriva rispetto, raramente Kirika teneva per sé quel che pensava.

«specifica».

«a parer mio le stai troppo appiccicato».

«non siamo più vicini di quanto siamo mai stati da che ci conosciamo. Non so cosa ci sia di anormale. Ed oltre a non avere alcuna intenzione di “insidiarla” -contrariamente ad altri- se anche fosse libera da legami ed io fossi interessato a testare una relazione di tipo amoroso o prettamente sessuale, so per certo che lei non sarebbe tra le potenziali candidate».

«sembrava che la consolassi».

Non erano ancora usciti dal tunnel, contrariamente ad Emerald e Sebastian che ormai fuori strillavano tutti contenti. Nemmeno il cespuglio spinoso li aveva fermati, dato che Hammy aveva indurito il suo braccio “modificato” al punto che le spine non erano riuscite a forare la pelle ed aveva strappato via tutto…e poco importava che fossero sbucati su uno spiazzo brullo dal terreno duro.

«sai Kirika, a te “sembrano” e “paiono” troppe cose. In questi giorni non credo di aver fatto niente di male, soprattutto non alla cognatina, e neppure intendo farlo. Voglio solo il bene suo, di mio fratello, e del loro rapporto. Fattori esterni al momento possono metterlo a rischio, ma non sarà sempre così, e quando avrò sistemato tutto lei tornerà a casa. Io, volendo evitare grane, mi sono già rassegnato al fatto che non mi sarà possibile. Facile che me ne vada dal pianeta» aveva stabilito che per lui fosse la miglior cosa, specie dopo quanto aveva fatto a Kevin Mask «ma lei…tonerà a casa con Lentiggine».

«ovviamente se è quel che vuole. Potrebbe anche voler restare in giro».

Emerald faceva di tutto per non insospettirlo e Kirika se ne usciva con questo, fantastico. Zachary le concesse un’occhiata. «sono sicuro che se Emerald dovesse scegliere di non essere più la mia cognatina seguirebbe la corretta procedura di separazione, nel qual caso mi renderebbe impossibile avercela con lei» e per l’appunto aveva fatto un discorso simile ad Hammy quando l’aveva conosciuta a Washington  «ma non vedo perché non dovrebbe voler tornare a casa. Lei e Michael stavano bene».

«grazie caro. Questo lo so. Io ho sempre tifato per lui».

«è il partner più adatto rispetto agli altri possibili candidati, anche solo da un punto di vista riguardante una possibile progenie. Non credo che le farebbe piacere avere un figlio mezzo macchina dal volto devastato…»

Dopo quell’osservazione Kirika si limitò ad osservarlo con una punta di sospetto. Aveva detto così perché anche lui si era reso conto di quel che sembrava esserci tra Emerald e il russo tonto oppure per altri motivi?

«…o un figlio dalla stupidità congenita tipica dei Mask, presente anche se non in maniera evidente com’è per molti altri chojin/figli di chojin della Muscle League».

«e anche qui non hai torto».

Uscirono anche loro dal tunnel. Tutti quei giorni di cammino -e di bici- nel tunnel li avevano portati tanto lontani da Mosca da essere risbucati praticamente  in campagna, proprio come segnava la mappa. A quanto sembrava erano usciti da un rilievo di più o meno sette metri di altezza, sopra al quale Zeke riuscì ad intravedere una strada che doveva portare ad un villaggio vicino, il che sarebbe stato l’ideale per racimolare un altro po’di provviste.

E solo a quel punto Zachary si ricordò che doveva dirle un paio di cose fondamentali.

«ah, Kirika…?»

«che c’è?»

«tuo padre si è suicidato una settimana fa. L’ho visto ieri, quando siamo risaliti abbastanza perché il pc modificato agganciasse il segnale» disse con estrema tranquillità…quantomeno evitando di sorridere «e se non torni sul Pianeta dei Demoni entro tredici giorni a pretendere il trono e disputare il torneo, Hell Knight romperà i trattati di pace e potrebbe essere un bel casino. Scusa se non te l’ho detto prima, ma mi era sfuggito di mente».

Calò un silenzio di tomba, dato che anche i due Lancaster avevano sentito, ma durò solo per qualche istante.

«da quanto mi sovviene, esistono ben più adeguati modi per portare notizie sì luttuose alle fanciulle» commentò Sebastian, avvicinandosi ad una pallida Kirika come a volerle dare un sostegno.

«Zachay, hai la sensibilità e la delicatezza di un treno in corsa, “ehi, tuo padre si è…”…! Ma ti pare il modo?!!» esclamò Emerald lanciando un’occhiata dura al cognato «e non so come cazzo abbia fatto a sfuggirti di mente!»

Kirika rifiutò ogni aiuto che le venne offerto, limitandosi ad appoggiarsi contro la parete guardando il terreno.

La notizia ovviamente l’aveva sconvolta, per quanto un demone possa sconvolgersi.

Suo padre, Yama Khan, morto suicida.

La persona che le aveva reso l’infanzia un inferno, che quando non l’abbandonava a se stessa la prendeva a botte, che le aveva rivelato di avere ucciso sua madre perché “rompeva troppo”, che l’aveva venduta ai suoi ex avversari…la persona che, le uniche cose buone che avesse mai fatto, erano i trattati di pace e forse -ma solo forse- lei stessa…

Dopo tutti quei tentativi di morire andati a vuoto, a quanto pareva ce l’aveva fatta.

E per quanto la notizia le fosse arrivata come una pugnalata alla pancia, quello che Kirika disse fu…

«finalmente ti sei tolto di torno, pezzo di merda. Avrei solo voluto che ci riuscissi prima, almeno non avrei dovuto tornare su di nascosto per procurarmi il liquore» borbottò ad un immaginario spirito di suo padre.

Sebastian la fissò con un’espressione attonita talmente stupida che le fece venire voglio di prenderlo a sberle così tanto per gradire. Non che Emerald fosse messa tanto meglio in realtà, pur sapendo quanto odiasse suo padre. Magari stava pensando qualcosa come “io di mio padre non direi mai una cosa così”! Beh, lei invece l’aveva detta eccome, e non intendeva rimangiarsela.

Quanto a Zeke, aveva ripreso a smanettare col portatile. Lo aveva acceso già da ben prima che intravedessero uno spiraglio di luce e in tutto quel tempo non si era curato di spegnerlo.

«albinello» Kirika odiò il modo in cui la sua voce suonò schifosamente roca «cos’è questa faccenda del Torneo e dei tredici giorni?»

«Kirika, magari non è-»

«Emerald…zitta. Grazie».

Zachary si aggiustò gli occhiali. «da quel che leggo le cose stanno così: Hell Knight ha praticamente sfidato te e la Muscle League a competere con lui in un Torneo, il cui premio sarà il trono. Metterà in campo quattro campioni e quattro campionesse. Se sei interessata al regno tu dovrai trovarne altrettanti e presentarti lassù, sul tuo pianeta, entro tredici giorni…o Hell Knight si prenderà il titolo e basta, e come ho detto prima rompendo i trattati di pace la cosa potrebbe diventare problematica. Ecco tutto».

Come se con quella fuga non fossero finiti in mezzo a casini sufficienti, ecco che si prospettava un torneo non esattamente semplice da affrontare…con possibili ulteriori danni nel caso i campioni di Kirika non avessero vinto.

«ehm…hai più o meno un’idea di che fare?» chiese Emerald, quasi esitante, a Kirika…che adesso capiva davvero cosa significava sentirsi preda dell’indecisione.

Lei si era sempre vista come un “cane sciolto”. Kirika la demonessa picchiatrice, flagello del vecchio Robbie, gran bevitrice di liquore del suo pianeta. Si dimenticava spesso di essere anche la principessa del Pianeta dei Demoni, legittima erede al trono.

Non aveva mai pensato a se stessa in quelle vesti… per quanto essere regina di una massa di gente la cui parte più tranquilla era comunque abbastanza folle da sparare al vicino di casa se disgraziatamente il cane di quest’ultimo gli faceva i bisogni nel giardino, ed eventi di qualunque tipo -incluse serate di gala- finivano puntualmente in rissa, difficilmente avrebbe potuto rivelarsi noioso.

Quindi la domanda era…che fare? Mandare al diavolo tutto e lasciare che Hell Knight facesse quello che gli pareva -come, pur essendo costretto a rispettare i trattati, aveva più o meno fatto da che Yama Khan era diventato un pazzo alcolista- oppure reclamare quel che era suo?

«non so. Che Hell Knight mi stia sulle palle che non ho ti sembra una motivazione sufficiente per rompergli le uova nel paniere, Lancaster?»

«un titolo regio implica tanti onori quanti oneri» commentò il Lancaster non interpellato «confido che in codesti tredici giorni tu rifletta intensamente su ciò, poiché in certi casi da una scelta può dipendere l’intero proprio destino».

«mi tocca quotare il cugino Seb. Di nuovo» commentò Emerald, piuttosto sorpresa.

«per me che sono un futuro esule avere come amica la regina del Pianeta dei Demoni sarebbe una cosa tanto carina!!!»

«oh sì albinello, i regali calci nel culo che ti darei sarebbero tanto carini anche per me» replicò Kirika.

«sei arrabbiata con me?»

«beh “cognatino” non so lei ma io al posto suo ti avrei picchiato».

«sei cattiva con me…proprio cattiva» Zachary rimise a posto il pc e si stiracchiò «e poi se mai per te sono “cognatone” visto che ho due anni di più. In ogni caso direi che serva un piano d’azione,  che Kirika voglia o meno lasciare la nostra allegra combriccola. Propongo di salire, seguire quella strada» indicò quella che aveva visto prima «e se ci conduce in un qualsiasi paesello fare provviste, accamparci lì per un po’, e di seguito decidere come raggiungere Bombay. Troviamo un’altra città abbastanza vicina con un aeroporto…»

«o sennò torniamo in città, una volta appurato che siamo usciti i confini che li sorvegliano a fare?» buttò lì Emerald, tanto per fingere di avere un’opinione in merito.

«non condivido la tua opinione, cugina mia. Non mi allieta il pensiero che il viaggio appena conclusosi in quei freddi tunnel possa essere stato vano, e inoltre ritengo che attualmente lo stato emotivo della nostra adorata compagna di viaggio abbia una rilevanza maggiore rispetto alle molteplici vie per raggiungere Bombay…»

«al diavolo» sbottò Kirika «io non ho bisogno della pietà di nessuno. E rifletterò mentre viaggio. Lancaster…»

«chi dei due?»

«tu, Lancaster femmina. Ti dico già adesso che se mai dovessi decidere di andare lassù -e giusto per quel che ti ho detto prima, e perché quel che è mio è mio, e perché non vorrei che con la rottura dei trattati poi non riuscissi più a trovare il liquore- non ti ci porterei nemmeno se piangessi in greco».

Emerald la guardò, un po’confusa. Che ce l’avesse anche con lei, oltre che con Zachary, perché non la stava sostenendo abbastanza? Eppure Emerald si era contenuta proprio perché sapeva che Kirika non avrebbe tollerato nemmeno una compassione velata. «ho fatto qualcosa di sbagliato?»

«macché. Penso solo che tu abbia già le tue beghe, e io le mie. E il qui presente albino-che-non-pare-albino ha ragione quando dice che tu, effettivamente, sei convalescente ed avresti bisogno di riposo invece che di fughe assurde…o di un torneo in un pianeta di matti. Te l’ho raccontato che lassù festeggiano l’arrivo dell’anno nuovo mettendo delle cariche esplosive nei corpi dei condannati a morte, sparandoli in aria e facendoli esplodere in cielo?» al pensiero sogghignò. In effetti, da demone  trovava la cosa tanto macabra quanto buffa…quando si diceva “una fine col botto”! «e con la voglia che avevi tu di fare la chojin…»

«io in effetti avrei voluto continuare a fare la dj a tempo perso, ma se hai bisogno-»

«Em, mi risulta che al momento se oltre a te anche Kirika non combatte le quattro campionesse che servono ci sono tutte: Fiona, Roxanne, la rossa e Crea» la fece notare Zeke «…però magari io ti seguo lassù Kirika! Mi sembra un posto tanto divertente e carino! Tu che dici, Seb?»

«mi avvalgo della facoltà di non esprimermi in merito a codeste insolite tradizioni».

«Kirika-»

«Emerald, sul serio, ad ognuno il suo».

«gli amici ci stanno apposta, ed ho avuto il premio per la miglior tecnica».

«ci stanno apposta solo se sono meno sconclusionati di te. Hai da fare quaggiù, da’ retta».

E Kirika sperava che in ogni caso anche Hammy non finisse per fare la scelta sbagliata. Non avrebbe cambiato le sorti di un regno, ma il corso di buona parte della sua vita forse sì, e probabilmente non in meglio.

«ok, iniziamo a cercare una strada che ci porti…all’altra strada».

 

 

:: contemporaneamente, Pianeta dei Demoni, palazzo reale ::

 

 

Già dall’inizio, dal momento stesso in cui era stato insignito del titolo di visir, Hell Knight sapeva bene che quello che gli si era prospettato non sarebbe stato un compito semplice. Non con le continue follie di Yama Khan, non sapendo di avere la Muscle League ad alitargli continuamente sul collo.

“che vecchi idioti”.

Il colossale demone dall’aspetto estremamente inquietante -e l’elmo blu/violetto con quattro spuntoni neri, la celata nera e gli occhi gialli non aiutavano- nel definire vecchi i suoi ex avversari sembrava proprio le lepre che prendeva in giro l’asino per le sue orecchie lunghe. Aveva su per giù la loro età, ma contrariamente ad essi Hell Knight si riteneva giovane almeno mentalmente.

Chiuso nelle proprie stanze lucidava la katana dalla quale non si era mai separato fin dalla gioventù. Le era particolarmente affezionato nonostante non lo avesse molto aiutato, quando aveva perso contro Warsman e Robin Mask.

Sì, anche lui era uscito sconfitto dagli scontri con la Muscle League. Sconfitto e con danni permanenti. Le ferite riportate non gli avrebbero consentito di scendere personalmente in campo in un torneo, ma se la cavava ancora …e non era andato via di testa come il suo ex re, che aveva fatto fuori il vecchio visir pochissimo tempo dopo la sconfitta solo perché reo di avergli tolto la bottiglia di liquore dalle mani.

In passato Yama Khan non era stato solo il suo re ed il leader del suo gruppo. Era stato anche un amico e perfino un modello da seguire. Arrogante forse, ma non folle. Un uomo deciso, sicuro, che sapeva cosa voleva e come ottenerlo, che faceva quel che andava fatto. Un re.

E King Muscle e la Muscle League l’avevano trasformato in un rifiuto della società che purtroppo aveva continuato ad avere una corona in testa.

Si era pensato di destituirlo, ma avrebbero solo peggiorato la situazione in un pianeta alla cui popolazione la sconfitta non era affatto andata giù. Ai tempi serviva stabilità, serviva una “continuità”, tentare di sfruttare quei dannati trattati aprendo il pianeta a turisti che avrebbero portato nuovi introiti aumentando così il benessere della gente a livello economico -che comunque non stava male di suo- ed aprire strutture dedicate che portassero anche nuove opportunità di lavoro.

Ai demoni doveva sembrare che lo spirito del loro sovrano non fosse stato spezzato, ma che avesse tratto il meglio da quella situazione creando nuovi contatti che un giorno sarebbero serviti per una rivalsa.

Hell Knight era stato così bravo a realizzare tutto ciò che a quegli imbecilli della Muscle League era arrivata solo la notizia del primo tentativo di suicidio di Yama Khan, ed era accaduto solo perché imprevisto e troppo eclatante per essere nascosto. Ma avevano creduto che in seguito si fosse ripreso e non fosse poi tanto malmesso, tanto che era a lui che inviavano direttive su come secondo loro avrebbe dovuto o meno legiferare.

“doppiamente idioti. Quando ancora si comunicava tramite lettera lui usava quelle missive per soffiarsi il naso, e poi ero io a dover recuperare e decifrare pezzi di carta incrostati di muco. Che schifo”.

Non si erano resi conto che Hell Knight aveva trasformato con immenso dispiacere -e molta attenzione, perché Yama Khan non doveva capirlo o lui avrebbe fatto la fine dell’altro visir- il suo ex amico in un fantoccio badando solo che non sembrasse troppo ubriaco durante le apparizioni pubbliche, e fingendo di acconsentire ad ogni stupidissimo editto che proponeva.

“e in tutti quelli che avrebbe voluto promulgare -come quello di proibire la vendita di liquore a chiunque se non a lui così da poterselo bere tutto ed era uno dei meno peggio- non ce n’era nemmeno uno che stabilisse di liberarci una volta per tutte dal giogo di quei vecchi bastardi”.

Vance MacMadd e compagnia, che avrebbero preteso di mettere il naso ovunque.

Se il suo leader si era rovinato al punto di costringerlo a fare…quello che alla fine aveva dovuto fare, perché Yama Khan stava diventando sempre più incontrollabile, era tutta colpa loro.

Se la regina aveva subìto maltrattamenti di ogni sorta ed infine era stata uccisa per aver protestato una volta di troppo, era colpa loro.

Se la principessa era stata anch’ella maltrattata, ed ignorata, e dopo ancora praticamente venduta, era sempre colpa loro.

Hell Knight avrebbe potuto, e dovuto, proteggerle da chiunque; non solo per amicizia ma perché in casi estremi anche questo rientrava nei suoi compiti.

Proteggerle da chiunque, sì…ma non dal suo sovrano.

Probabilmente Kirika lo odiava quasi quanto aveva odiato Yama Khan, per essere stato a guardare senza intervenire. Se era così, aveva tutta la sua comprensione.

Lui non aveva nulla contro quella ragazza. Era stato costretto a lanciare quella sfida quando il popolo aveva sollevato rimostranze, ma guarda caso il regolamento previsto le proibiva di combattere evitandole così il rischio di farsi male o di morire, cosa molto probabile.

Nel caso il torneo si fosse fatto il visir puntava sì a sconfiggerla, ma anche a farle capire le proprie motivazioni e farla passare dalla sua parte così da accontentare anche i fissati dalla “continuità della linea di sangue”…ma sinceramente sperava che continuasse a farsi i fatti propri e basta, sarebbe stato più facile. E che dopo una settimana la principessa non si fosse ancora vista era una cosa che lasciava ben sperare.

Oltretutto Kirika non era in ogni caso inclusa nella sua lista nera, e il motivo era sempre quello: non sarebbe piaciuto a nessuno se avesse ucciso la figlia del vecchio re.

Idem per quanto riguardava la figlia di uno dei pochi uomini potenti della Terra che avesse accettato, in apparenza di buon grado nondimeno, di trattare con lui.

Howard Lancaster era stato un Muscle Leaguer, ma non si era immischiato nei combattimenti avvenuti anni prima, e ad Hell Knight era sempre sembrato un “eroe” od “ex eroe” molto per modo di dire…e quel che era successo nelle finali del Torneo per la Corona chojin lo aveva confermato.

Peccato che non fosse riuscito nel suo intento di uccidere Warsman, o Hell Knight gli sicuramente avrebbe inviato in regalo una scorta a vita del loro liquore locale per ringraziamento, come minimo.

“sì, per me sarebbe molto meglio continuare a non avere contro Howard Lancaster” concluse.

Sollevò la katana, osservando i riflessi del lampadario su quella meravigliosa quanto letale lama. C’erano due possibilità su tre che a breve la sua arma avrebbe nuovamente assaggiato il sangue dei suoi nemici.

E si rifiutava di prendere in considerazione la terza possibilità, ovverosia quella di una nuova sconfitta e di dover lasciare il trono a qualcuno che apparteneva alla Lega. Era un demone di parola, e se avesse perso l’avrebbe mantenuta.

“ma non accadrà”.

Una volta diventato re avrebbe rotto i trattati e distrutto la Muscle League, certo che tutti quanti ne avrebbero giovato…e nessuno avrebbe più preso i demoni poco seriamente.

Così come nessuno sarebbe più venuto a rompere loro le scatole perché “erano una razza troppo violenta e psicotica”.

Sarebbero stati liberi.

E chiunque avesse anche solo minacciato di mettere a rischio la loro libertà ritrovata, in qualunque modo, anche solo “buttando lì” che forse non avrebbe dovuto essere loro concessa, sarebbe stato spazzato via.

Sperava solo che il tempo spazzasse via anche i suoi pochi rimorsi di coscienza per avere fatto sì che il desiderio di morte dell’irrecuperabile Yama Khan fosse accontentato…e pensando a quanto aveva speso per questo, perché i servigi di un appartenente alla gilda degli Assassini della Casa del Dono erano impeccabili quanto cari, si lasciò sfuggire un grosso sospiro.

Pensare che intendeva chiedere di poterne assoldare altri due come campioni per l’eventuale torneo, poi, gliene fece sfuggire uno ancor più grande.

A proposito, l’uomo della gilda degli Stanziali a cui aveva versato tre quarti della somma dovuta gli aveva detto chiaramente che quel giorno, e in quella precisa ora, l’Assassino che aveva svolto il lavoro sarebbe venuto a prendere il compenso che gli spettava direttamente -ossia il restante quarto- eppure non si era ancora…

Ah.

«dannazione!» si lasciò sfuggire «non potevi annunciarti come fanno tutti i comuni mortali?! A che pro questo teatrino?!!»

Chiamalo “teatrino”…va’ a sapere da quanto tempo l’Assassino, sbucato improvvisamente da non sapeva dove, era nelle sue stanze.

«silenzioso come la morte, eh? Ci credo che vi assoldano anche come spie».

La figura incappucciata di un uomo vestito completamente di nero, con il volto celato da una retìna a trama sufficientemente fitta da nasconderne i tratti, si limitò a tendere la mano guantata.

Hell Knight gli porse un sacchetto. L’uomo della gilda degli Stanziali della Casa del Dono lo aveva informato che gli Assassini accettavano unicamente contanti.

Era inquietante pensare che quella fosse solo la divisa ufficiale di quando questi ultimi per qualche motivo si mostravano in pubblico per quello che erano -come avrebbero fatto quelli che forse avrebbe finito per assoldare- o venivano a reclamare la loro ricompensa…e che sotto di essa, per quanto ne sapeva, avrebbe anche potuto nascondersi un qualsiasi servo del palazzo.

«se hai voglia puoi pure contarli, ma ti assicuro che ci sono tutti. Non mi attira l’idea di averti di nuovo nelle mie stanze, e per scopi che non mi piacerebbero».

L’Assassino mimò una risata. Quando erano in divisa non potevano emettere alcun suono che avrebbe permesso un riconoscimento.

«d’accordo, adesso però togliti di torno. Siete veramente inquietanti, voialtri, e se lo dico io c’è da prendermi sul serio…» borbottò, passandosi una mano sul volto.

Quando sollevò gli occhi, non trovò traccia dell’Assassino.

«…veramente tanto…inquietanti».

 

 

:: Russia, campagna ::

 

 

«inizio a pensare che l’unica via sia un’arrampicata. Di “strade per la strada” non ne vedo» disse Emerald a Kirika.

Avevano iniziato a camminare costeggiando il rilievo da cui erano usciti sperando di trovare una via, dapprima tutti e quattro insieme per poi invece dividersi. Per riuscire ad allontanarsi insieme da sole l’avevano messa giù parecchio dura, complice anche il comportamento che Zeke aveva avuto in precedenza, ma anche così per ora non avevano ottenuto risultati…e a dirla tutta, dopo quella discesa nelle profondità della terra, Hammy aveva una gran voglia di tornare ai suoi percorsi “naturali”; ossia verso l’alto, sempre e comunque. Un’arrampicata per lei facile da farsi e di un’altezza anche abbastanza stupida, anche se con quel terreno durissimo e brullo la gente normale non sarebbe uscita indenne da una caduta.

Ma d’altra parte, specie dopo il periodo trascorso alla Scuola di Ercole, lei non era precisamente “gente normale”.

«so che muori dalla voglia di arrampicarti, ma non pensi alle delicate manine del tuo cuginetto? Potresti essere costretta a portarlo di peso lassù, sai?»

Emerald emise un lamento. «zio Lionel avrebbe dovuto insegnargli ad arrampicarsi, invece del tennis».

«tuo zio sa arrampicarsi?»

«da quel che mi ha detto p…che mi è stato detto…sì».

«Lancaster, solo perché il mio vecchio stronzo è crepato o è stato ammazzato non è diventato improvvisamente vietato pronunciare “padre, papà” e quant’altro in mia presenza. Non voglio compassione. Non ne ho bisogno. Lo sai che mi urta i nervi».

«è che pensavo avresti preferito evitare di parlare oltre , o di sentir parlare oltre, di cose che lo riguardano. Almeno per oggi. Non è compassione. È che di solito per certe cose le persone gradiscono un minimo di tatto, e direi che di persone con la sensibilità di un panzer ce ne basta una».

«e pensare che fin quando siamo stati lì sotto gli eri tanto attaccata…finito l’amore tra “cognatini”?» domandò sarcasticamente la demonessa.

«lascia perdere. Non ho capito tutte quelle sue mosse. Facile che fossero solo per tenermi d’occhio però non ne sono del tutto sicura…cioè, ovviamente non credo che si sia preso una cotta per me, ma non…o senti, so solo che per quanto di solito io gradisca sempre le coccole un po’a volte mi inquietava. Anche se ho deciso di non farglielo capire. Non voglio che inizi a capire le mie incertezze sul matrimonio, non sono sicura di niente al momento, e ritengo di aver già fatto abbastanza danni. Non c’è bisogno che altri oltre a te sappiano per certo di questa cosa» concluse, confermando quel che Kirika aveva sospettato.

«non so come dirtelo, ma secondo me se non lo sanno ormai è perché…non lo vogliono sapere! Del tipo “non ci voglio credere”, mi capisci?» tentò di spiegarsi Kirika «e comunque quando tu e tuo cugino vi siete lanciati fuori dal tunnel Zachary ha parlato sia di “fattori esterni che mettono a rischio il matrimonio” sia del fatto che “quando avrà sistemato tutto” tu tornerai a casa e basta».

«certo…se deciderò così. E non oso immaginare cosa sia il “tutto” da sistemare».

«secondo me più che un “cosa” è un “chi”. Non ci ha ancora detto cos’è successo in città tra lui e Kevin Mask…»

«Kirika, ha detto che Kevin ha cercato di catturarlo ma lui “gli è sgusciato via dalle mani come quegli orrendi serpentacci, già, quant’è che non ne uccido uno?”…quindi cos’è successo ce lo ha detto eccome, e non vedo come potrebbe essere andata diversamente».à tra lui e Kevin uccessol "utto questo tornerai a casa e bastay ha parlato sia di "nnelà di un panzer ce ne basta una

«pensavo che ormai, almeno al fatto che non eviterà di tentare di uccidere la gente solo perché tu non vuoi, ci fossi arrivata. Allo stesso modo in cui si permette di cancellarne i ricordi, o almeno di provarci. Cristo, Lancaster, non penserai mica che fosse convinto di fare del bene? Io sono più propensa a credere al russo quando ha detto che l’ha fatto per vendicarsi della rottura di quella ridicola cuffia di Pac-Man!...cosa deve fare perché tu ti svegli ed inizi a vederlo per quello che è, tanto dolce e carino per quanto è psicotico? Sventrare il tuo russo davanti a te e farne prosciutti e salsicciotti?!»

«non è il “mio” russo» borbottò Emerald «è solo un vecchio porcello fissato».

«e tu sei solo una stupida e piccola arpia!» ribatté una voce dall’eco fredda con un tono oltremodo seccato, facendo prendere un colpo alle due ragazze «forse Zoisite non aveva tutti i torti…»

«ma che-» Emerald non fece nemmeno in tempo a concludere la frase dopo essersi voltata ad occhi sgranati ed aver visto Warsman lì, vicino a loro, che Kirika la prese per un braccio trascinandola letteralmente via di corsa.

«non c’è un cazzo da fare, quando uno pensa “cos’altro può andare storto?” succede sempre qualche altra cosa!!!»

«ma come ha…ah, ma certo, il computer, da ieri!» Emerald si sciolse dalla presa della demonessa, ma continuò a darsela a gambe lo stesso, preda di una valanga di sensazioni a cui non sapeva dare un senso, preda dell’indecisione, ed anche del senso di colpa per tutto quel che gli aveva causato. La fuga però durò poco, perché dopo averle tallonate per un po’ Warsman saltò contro la dura parete del rilievo, dandosi così spinta sufficiente da atterrare in piedi davanti alle due.

«ma porco Robbie…!» per bestemmiare Robin Mask era sempre il momento adatto.

«condivido, Lancaster!»

«Emerald, è tempo che tu ed io facciamo una chiacchierata».

Non solo era tornato a posto fisicamente, ma da quando aveva parlato con quell’aliena raccontandole la propria storia aveva iniziato a stare meglio anche psicologicamente. Si era sentito bene una volta finito, come se tutto quel che gli era capitato fosse stato meno pesante. Non era stato più così teso e sul punto di crollare. Inoltre, per motivi suoi -aveva ricevuto una chiamata di qualcuno, dal contenuto a lui ignoto- Zoisite doveva aver trovato conveniente rimanere lì a Mosca per altri quattro giorni…e gli aveva detto che tutto sommato aspettare ancora un po’ per lui non sarebbe stata una brutta idea. E lui non se n’era andato.

Era diverso tempo che, nausee a parte, non si era sentito tanto al sicuro. Grazie a lei era perfino rientrato nella clinica da cui era fuggito, così da vedere come stava Kevin, per poi uscirne come se nulla fosse, senza che nessuno si accorgesse di lui.

Doveva ammetterlo: all’idea di poter entrare ovunque, vedere tutto e sentire tutto senza essere visto o sentito a sua volta, e per di più in una clinica Lancaster, si era sentito quasi euforico.

E da ultimo, aveva preso per buono il consiglio finale della shadowjin -che però rimaneva sempre insopportabile, eh!- riguardante Emerald, ossia “se la vuoi davvero, la prossima volta che la incontri dovrai tirare fuori le palle più di quanto tu abbia mai fatto. Falle vedere che non ti sei ridotto uno straccio!”

«non c’è niente da dire, non ricordo niente, non so niente, non-»

«basta».

«wo. Oggi è tetro forte» commentò Kirika.

«grazie mille per il commento non richiesto, ed ora ti chiederei di lasciarci soli. Quello di cui dobbiamo discutere non ti riguarda. Ah, ad ogni modo…condoglianze».

Aveva assistito da lontano al momento in cui Zachary aveva detto a Kirika della cosa, lui si era messo lì nascosto ad aspettare già da prima capendo più o meno dove sarebbero potuti sbucare grazie al segnale del pc, ma aveva deciso saggiamente di non lanciarsi contro tutto il gruppo ad artigli sguainati aspettando piuttosto un’occasione più propizia.

«com’è che tutti tratte noi sapevano che mio padre si è ucciso?»

«beh, forse perché tutti tranne noi erano in superficie» obiettò Emerald, pur continuando a fissare Warsman che a quanto sembrava non aveva proprio la minima voglia di demordere. Nemmeno calarsi nei tunnel era servito, li aveva trovati in tempo record ugualmente.

«sì, c’è caso. Che faccio, mi tolgo di torno? Sicura?...ok» disse quando Emerald, dopo delle esitazioni, annuì. Kirika dunque si rivolse al russo «di’, hai mangiato vivo un generale per colazione?»

«vai».

«fottiti».

Dopo quel dolce scambio di cortesie però Kirika si allontanò davvero.

«io detesto i demoni» borbottò Warsman, avvicinandosi ad Emerald di qualche passo…e rimanendo male vedendola indietreggiare, non con aria ostile e nemmeno spaventata, quanto piuttosto confusa. E non sembrava avere molta voglia di guardarlo in faccia.

«d’accordo Emerald, che hai combinato questa volta?»

«perché?»

«ormai so che quando non mi guardi mentre parliamo c’è qualcosa che non va. E tu sai che io lo so…ti prego, dimmi che non hai fatto il tuo mestiere gratis anche con lo psicotico sbiancato perché-»

«ma no che non l’ho fatto! Sei scemo?! No!» adesso lo stava guardando in faccia e sembrava pure piuttosto incavolata, probabilmente perché le aveva velatamente dato della puttanella come suo solito «e comunque a quel velato modo di darmi della troia rispondo: tua madre!» sì, appunto, era proprio per quello. Ironicamente la cosa lo fece sentire quasi sollevato…almeno fino a quando non tentò di avvicinarsi nuovamente, e nuovamente lei si allontanò. Ad ogni modo si impose di mantenere la calma, era necessario che almeno uno di loro due risultasse saldo, lucido e sicuro di quello che andava fatto.

«non allontanarti. Perché lo fai? Non c’è motivo. L’ultima volta che ci siamo visti hai negato di aver recuperato la memoria, ma a questo punto direi di smetterla di fingere. Non serve a nessuno, nemmeno a te, non puoi continuare a fuggire dalla verità per tutta la vita. Sei stata avventata ed hai sposato l’uomo sbagliato…»

Ed ecco che ricominciava con quella sinfonia con cui la tormentava da mesi. A volte Emerald Lancaster odiava profondamente quando le persone le dicevano in faccia delle verità difficili da ammettere. E ancora di più quando era lui a farlo.

Possibile che non si rendesse conto che in ogni caso non era una scelta semplice, la sua? Che avrebbe avuto bisogno di essere lasciata in pace invece di avere intorno gente a romperle le scatole di continuo?!

…un’altra verità che non ammetteva: se avesse veramente deciso di aver sbagliato a sposarsi, senza la “gente a romperle di continuo” probabilmente avrebbe finto di avere l’amnesia ancora per un bel pezzo; e se Zachary un giorno avesse cercato veramente di costringerla a tornare si sarebbe staccata anche da lui, trovando probabilmente in seguito un supporto in Kirika, e magari anche in Sebastian, e…continuando a fuggire.

Tutto pur di non affrontare persone che non voleva deludere.

Vigliacca, vigliacca Emerald.

«di certo è meno sbagliato per me di quanto lo sia tu, questo ce l’ho ben chiaro. Il fatto di aver corso troppo può starci, ma è un altro discorso, e non c’entra niente con te».

Vigliacca e pure bugiarda.

«possibile che ti ostini ancora a mentire?! Ma non lo capisci che è inutile quanto continuare a scappare?!!» e al diavolo i progetti di mantenere la calma «perché devi essere così stupida?!»

«e tu perché non vai a squittire altrove, ratto?! In che lingua devo dirti che devi lasciar perdere, o potresti finire-»

«…come Kevin?»

Emerald si zittì bruscamente, avvertendo una morsa gelida all’altezza dello stomaco. Ebbe quasi la tentazione di pregare che le centinaia di pensieri che le stavano attraversando la mente riguardo il fatto che tutto sommato Zeke non fosse semplicemente sgusciato via fossero tutti falsi dal primo all’ultimo.

«cosa…che è successo a Kevin?»

«ah, il tuo caro cognato non te l’ha detto. Ovvio».

Purtroppo sembrava proprio che invece tutti quei pensieri avrebbero finito per concretizzarsi. «Zachary è scappato. È solo scappato via da Kevin».

«sì. Dopo averlo quasi ucciso dandogli fuoco! C’è mancato tanto così, Emerald» avvicinò il pollice e l’indice fin quasi a farli toccare «tanto…così. Spero che questo ti faccia capire una volta per tutte che razza di mostro sia. Kevin non voleva fare altro che prenderlo e riportarlo a casa, sai che non aveva i motivi che ho io per odiarlo. Quindi non puoi nemmeno giustificarlo con la legittima difesa».

Non poteva averlo fatto davvero. Non poteva…

No. Poteva eccome. Kirika aveva ragione, così come l’aveva Warsman. Contrariamente ad altri, Zachary non evitava di fare del male alle persone solo perché glielo diceva lei. Agiva unicamente in base a quel che lui voleva, a quel che gli conveniva, a quel che decideva. Forse a modo suo le era affezionato davvero, e non le avrebbe fatto del male, ma non lo era al punto di darle veramente ascolto se si trattava di altro.

Ed aveva omesso quel “particolare” del tentato omicidio di Kevin con una facilità impressionante.

«dimmi che è uno scherzo».

«preferirei che lo fosse, ma invece è vero. È in una clinica di tuo padre a Mosca, ed ha iniziato a riprendersi sul serio solo da pochi giorni. Ma è solo l’inizio. Una volta guarite le ustioni dovrà sottoporsi a diversi interventi estetici prima di poter tornare quasi com’era… ed è una fortuna che il viso non sia stato granché colpito».

Kevin. Povero Kevin. Lui non c’entrava in quella faccenda, era solo reo di tenere a lei e alla sua salute, al di là di quanto era finita male tra loro. Faceva l’idiota ma era una brava persona, e tutto meritava ma non questo.

Emerald strinse i pugni. «lo capisci, allora? Lo capisci perché ti dico di lasciarmi perdere? Io porto guai, e tu rischi di finire anche peggio di lui!!! Warsman, ficcati in testa una volta per tutte che…che non è conveniente per nessuno dei due che tu continui a girarmi intorno. Ok?...porto guai» ripeté piano la ragazza, con aria ora assente «solo questo faccio, lo avevo capito già dalle finali del torneo, ma non avevo ancora idea in quale misura e-»

Trasalì. Quando le si era avvicinato al punto di poterle appoggiare le mani sulle spalle?

«non hai dato tu fuoco a Kevin. È stato Zachary Connors. E se ti fermassi un momento decidendo di accettare quello che io ormai ho accettato da tempo, se ti scrollassi di dosso certi soggetti -sono loro a portare guai!- e mettessi in chiaro le cose, non è detto che debba finire male per forza. Serve solo un po’di coraggio! Non è semplice, io questo lo so, e so già che in ogni caso gli ostacoli non mancheranno. Però credo che si possano affrontare, una volta aver capito cosa si vuole ed essersi convinti di essere nel giusto».

Per un attimo, solo per un attimo, Emerald pensò a cosa avrebbe potuto succedere dandogli retta. Immaginò una vita passata a discutere, guardare vecchi film, ballare, tentare di uccidersi, fare sesso e giocare a dama cinese. Che splendida illusione. Poteva passare la vita a fare fondamentalmente un cavolo solo col sostegno di suo padre, specie economico.

E se, deluso come sicuramente sarebbe stato, lui avesse deciso di tagliarle i fondi?

Se proprio avesse dovuto rimboccarsi le maniche Emerald l’avrebbe fatto, nel caso il suo stipendio da chojin e la pensione di Warsman non fossero stati sufficienti, ma sarebbe stata una vita fatta meno di sole cose che piaceva loro fare e più…reale.

In ogni caso già il solo fatto di avere immaginato di poter fare una cosa del genere per una come Emerald era una gran cosa!

Stava realmente muovendo i primi passi in direzione del suo Nemico Numero Uno, forse era la seconda tappa di un percorso di…accettazione della cosa, per così dire, con le conseguenze del caso.

Però non era ancora sicura di volere, o potere, andare oltre.

E tantomeno fino in fondo.

Ma perché doveva essere così ostinato? Non avrebbe potuto facilitarle le cose dicendole di non volerne più sapere nulla? Almeno l’avrebbe deciso lui, non lei, e sarebbe stata a posto.

«non è cosa. Lascia perdere. Te lo ripeterò fino allo sfinimento, vattene via!»

Il russo non disse niente.

Si scambiarono una lunga e silenziosa occhiata, e lui scosse il capo tanto lentamente quanto con decisione in un irrevocabile “no” che gli fruttò un pugno in pieno petto.

«ahi!»

«zuccone, sei!!! Un maledetto zuccone!»

«cugina adorataaaaaa, il buon Zachary ed io abbiamo alfine trovato la via!» Sebastian scelse proprio quel momento per fare la sua entrata in scena, con un gran sorriso poi «se tu e Kirika voleste…»

Le parole gli morirono in gola, sostituite da uno strillo femmineo nel trovarsi davanti il re degli aborti della natura, e dopo questo la seconda cosa che fece fu spianare immediatamente la pistola.

«t-tu…immonda creatura! Non lordare la mia nobile cugina con le tue sporche zampe!» gli intimò, ma senza avvicinarsi e con una certa paura che traspariva dal bel volto.

«non mi aspettavo che a questo punto fosse ancora vivo» disse Warsman ad Emerald, sarcastico «andiamo via di qua!» esclamò poi correndo verso la parete del rilievo trascinandosi dietro Emerald, intenzionato ad arrampicarsi rapidamente verso l’alto per raggiungere la strada; arrivare al paese vicino era conveniente anche per lui, più o meno per le stesse ragioni dei ragazzi.

E se aveva ragione, ed aveva veramente riconosciuto il posto, a qualche chilometro di distanza dal paesello a cui erano diretti c’era il proprio, di paese. Quello dove sua madre lo mandava a fare le commissioni quando era piccolo, prima la sua intera vita iniziasse ad andare a puttane.

«non ho mai detto di voler venire con te, io-»

Emise un’esclamazione di sorpresa quando un proiettile mancò di poco Warsman, e si voltò verso il cugino per urlargli di non sparare, ma anche a lei morirono in gola le parole quando vide che a sparare era stato Zachary. Di certo aveva sentito lo strillo di Sebastian ed avendo intuito che c’era qualcosa che non andava era corso lì subito, ed aveva in mano uno di quei maledetti fucili che sparavano altrettanto maledetti proiettili particolari per la caccia ai serpenti.

«sei un robottino lento a capire. Lei non ha mai detto di voler venire con te, quindi lascia la presa e fatti uccidere senza opporre resistenza, grazie».

Aveva minacciato il russo ma fu Hammy a rispondere molto a cavolo. «volevi uccidere Kevin!!! Gli hai dato fuoco!!! Perché l’hai fatto?»

«cos…Kevin Mask?» anche Sebastian guardò perplesso ed attonito il suo compagno del crimine, che invece restò tranquillissimo.

«ha cominciato lui, cognatina. E io non ho mai avuto intenzione di ucciderlo. È come quando lo salutai lanciandogli un coltello, ricordi? E ricordi cosa ti dissi? “se avessi voluto ucciderlo, a quest’ora sarebbe morto”. Come sarà Warsman a breve. Concorderai che a questo punto non può essere lasciato in vita…no, aspetta. Non concordi, lo so. Ma sono certo che a mente fredda capirai che è meglio così!»

Stava per premere ancora il grilletto, ma proprio in quel momento Kirika si decise a tornare da un “giro” fin troppo lungo e più o meno capendo al volo la situazione si gettò immediatamente sull’individuo al momento più pericoloso, ossia Zeke, riuscendo a coglierlo di sorpresa tanto da gettarlo a terra e disarmarlo.

«Kirika!!!»

«fila via!!! Filate via!!!»

Non approvava qualunque cosa potesse esserci tra quei due ma non voleva che anche Hammy si trovasse ad affrontare una morte imprevista. Una al giorno bastava, grazie tante.

E a quel punto Emerald non poté fare altro che obbedire, ringraziandola silenziosamente insieme a Warsman, iniziando ad arrampicarsi rapidamente lungo la parete.

«Seb!!! Non stare lì impalato! Fermali!!!» Zachary al momento era impegnato in una lotta con Kirika, che conoscendo un po’le sue mosse era riuscita ad evitare di essere infilzata da un coltello e stava facendo di tutto per non dargli modo di afferrare qualsiasi altra arma, ma poteva ancora dare ordini.

«m-ma compare io non-»

«fallo e basta! SPARA!!!...e vedi di non sbagliare!»

«Sebastian rimetti a posto la dannata pistola, mi hai sentito?!!» strillò Kirika, che riuscì ad assestare un bel colpo al volto del suo avversario.

«spara!....Spara!!! è un abominio, va ammazzato, spara!!!»

Zeke aveva premuto i pulsanti giusti nel cervello di Sebastian, che a parte quello temeva ancora che Warsman potesse realmente fare del male a sua cugina non avendo capito un accidenti del loro rapporto, e dunque il ragazzo annuì con aria improvvisamente decisa sparando dritto in testa al russo, che si salvò solo perché la sporgenza a cui si era aggrappato si era distrutta tra le sue mani ed era scivolato un po’giù prima che Emerald lo soccorresse grazie al braccio potenziato.

«attento a dove metti le mani, porcello!!! …Sebastian, smetti di sparare o torno giù e ti ficco quella pistola dove non batte il sole! Ma con tanto amor-SEB!!!» strillò, riuscendo ad aiutare Warsman ad evitare un altro colpo «sei sordo?!!»

«ti farà del male! Non posso permetterlo!»

«ok, adesso basta!!!» alla fine Kirika prese Zachary di peso e lo lanciò contro Sebastian, cercando l’effetto “due al prezzo di uno” «speravo che ce ne fosse almeno uno meno svitato!!!»

«dobbiamo fare in fretta, su, muoviti!» Emerald era arrivata praticamente in cima, stava tendendo la mano a Warsman per aiutarlo nel tratto finale, iniziava ad illudersi che potessero uscirne indenni, e lo stesso Warsman iniziava a pensarla come lei.

Poi però qualcuno -forse Sebastian, forse Zachary- sparò nuovamente. Ed il proiettile, che colpì di lato una sporgenza rocciosa, prese una traiettoria talmente assurda da entrare nella testa di Warsman. Ed uscirne, per fortuna.

Emerald gridò, con gli occhi sbarrati dall’orrore, credendo per svariati terribili istanti di aver perso veramente il suo arcinemico.

Non poteva essere accaduto davvero.

“no per piacere no per favore no no no ti prego no!!!” finì di tirarlo su senza essere in grado di formulare un solo pensiero lucido, brandelli di nozioni di pronto soccorso, di frasi senza senso e sensazioni senza alcuna coerenza si rincorrevano nel suo cervello come cavalli impazziti, vedeva solo che il foro che il proiettile aveva creato entrando -assurdo!- nella parte frontale della testa, dritta al suo cervello-computer, ed il foro di uscita lì vicino, e…

«E-Em-»

E era vivo.

Quello era il vantaggio di avere un cervello artificiale. Quel proiettile entrato ed uscito gli aveva causato un buon momento di buio completo, ma a quanto sembrava non aveva fatto danni veramente gravi. Era penetrato in un punto della struttura di quel computer in cui non c’era praticamente nulla. 

Nulla, a parte…

«Nikolai…?»

«…paese. Andiamo…al paese e…poi a casa mia».

Stava vaneggiando, oh no, aveva perso la testa, e adesso? «ma non-»

«dopo questo p-paese c’è il mio e…p-poi casa mia!»

No. Forse non vaneggiava.

«devi andare in ospedale!!!»

«no! s-si ripara da solo».

«Warsman-»

«f-fai quello che ti dico!»

Cercò la mano di Emerald mentre lo diceva.

Emerald si chiese perché non riuscisse a trovarla, prima di stringergliela ed aiutarlo ad alzarsi quando lui praticamente glielo ordinò.

Poi capì.

Warsman era cieco.

«porcello…»

«andiamo e b-basta. Ci riesco. Giuro».

Nel frattempo, al di sotto del rilievo, Zachary era riuscito ad afferrare il fucile perso in precedenza e a colpire forte Kirika alla testa, riuscendo ad intontirla ben bene almeno per un po’. Seb era ancora a terra da quando Kirika aveva effettuato quel lancio.

 Non sapeva se prima, quando aveva strappato di mano a Seb la pistola ed aveva sparato, aveva veramente colpito Warsman. Avrebbe spiegato il grido di Emerald, ma non era scontato che lo avesse fatto per quello.

Corse verso la parete rocciosa, incurante del fatto che il colpo preso prima da Kirika lo avesse ferito tanto da farlo sanguinare, ed iniziò ad arrampicarsi pur essendo molto meno esperto di Emerald.

«possibile che nessuno a parte me sia sufficientemente intelligente da capire quel che va fatto?...non lascerò che lui la porti via a Michael. Non se ne parla».

«Z-Zeke, attento, è sdrucciolevole!!!» gridò Sebastian ricordando quel che aveva visto prima, in un avvertimento al quale Zachary rimase sordo.

Aveva una missione da compiere.

Quella di sistemare tutto.

Ah, e ovviamente la vendetta del cappello era inclusa.

Pensò che se avesse raggiunto i propri obiettivi forse Lentiggine ce l’avrebbe avuta di meno con lui. Che lui e Mr. Lancaster sarebbero passati sopra anche a quel che aveva fatto a Kevin. Che forse non avrebbe dovuto andare via dal pianeta per forza. Forse…

Era arrivato ad oltre cinque metri quando, come era accaduto a Warsman, all’improvviso perse la presa.

E non c’era una Emerald che potesse soccorrerlo.

Zachary Connors sperimentò cosa significasse cadere nel vuoto. Caderci davvero, con la prospettiva di farsi male, senza superfici morbide sotto, senza alberi o cespugli ad attutire la caduta,  senz’acqua ad accoglierlo.

Forse non avrebbe raggiunto alcun obiettivo, dopotutto.

Forse avrebbe dovuto ascoltare Sebastian.

Forse avrebbe dovuto ascoltare anche Emerald e trovare un altro modo di “sistemare tutto”.

“ho…sbagliato?”

Non era riferito a tutte le azioni commesse, no. Banalmente stava rimpiangendo di aver calcolato male i punti in cui mettere mani e piedi, di non aver sparato in testa al russo da lontano. Di non averlo ucciso direttamente a Washington.

Di non aver detto ad Emerald che in tutto questo lui però le voleva bene davvero, a modo suo, e che non ce l’aveva con lei, nemmeno ora che stava cadendo.

Ultimo pensiero coerente prima dell’impatto col terreno.

Quel che seguì fu piuttosto confuso. Strilli di Seb, Kirika che diceva qualcosa. Sentiva come la testa fluttuare, ed al contempo avvertiva le urla metaforiche del suo corpo dolorante.

O meglio, di metà del suo corpo.

«io…non sento…più...le gambe» mormorò, prima di perdere i sensi.




Allora...che dire? Rivertiti lettori e letterici, mi scuso per averci messo tanto ad aggiornare e mi auguro di non avervi delusi troppo. Perdonate gli errori di battitura, eventuali di ortografia e di sintassi.
...mia sorella mi ucciderà, per come ho concluso il capitolo.
Se sopravvivo...alla prossima!

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