Soffia il vento

di _Arika_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Neve ***
Capitolo 2: *** Pioggia ***
Capitolo 3: *** Nebbia ***
Capitolo 4: *** Luna ***



Capitolo 1
*** Neve ***


SOFFIA IL VENTO by Chiara ( lealidiicaro@libero.it o http://lantrodidedalo.iobloggo.com )



RATING:

Per alcuni riferimenti alla morte e alcune scene di violenza la lettura è sconsigliata ad un pubblico inferiore ai 13 anni d'età. Chiunque continui a leggere questa storia ammette implicitamente di avere l'età sospracitata.

Nessun passaggio o idea di questa storia può essere utilizzato senza l'esplicito consenso dell'autrice.



PARTE PRIMA: NEVE

Ci sono cose che bisognerebbe sapere, prima di comprarsi un posto in cimitero.

E la prima di queste è che un cimitero vicino alla cittadina non è una scelta saggia, in tempi di cyborg.

Trunks rientrò a casa da scuola all'una e un quarto, si sfilò le scarpe sul tappetino dell'ingresso, appese la tracolla con i libri in corridoio e si diresse in cucina.

-Ciao Mà, sono io- disse sulla soglia, immaginando la madre da qualche parte nelle altre stanze.

In cucina tutto era pronto per il pranzo, una pentola fumante gorgogliava sul fornello mentre un'altra più piccola con un coperchio sopra stava in centro al tavolo sul poggiapentola.

Non c'era traccia di sua madre, nemmeno la tv accesa, eppure tutto lasciava pensare fosse in casa, dato che il fuoco sotto il fornello era stato lasciato acceso.

Trunks si tolse la giacca e la posò sulla sedia.

-Mamma! Ci sei?-urlò in direzione del laboratorio e del piano di sopra.

Anche questa volta non ottenne risposta.

L'unico rumore della casa era quella pentola gorgogliante sul fornello. Emanava un odore acre e dolce allo stesso tempo. O marmellata o frutta cotta, delle mele del cortile raccolte e surgelate a ottobre, probabilmente.

Trunks uscì di nuovo in corridoio e si diresse verso il garage. Come immaginava la macchina della madre non c'era, e per lui non c'erano biglietti in nessun posto.

Esaminò ancora una volta il garage in cerca di qualche indizio poi si arrese, si voltò e tornò in cucina.

La casa era pulita e in ordine, doveva aver pulito tutta la mattina, la mamma.

Non se la immaginava intenta a strofinare e passare l'aspirapolvere, ma con quella neve era l'unica cosa logica da fare oltre guardare i disastri dei cyborg in tv.

Dev'essersi scordata qualcosa facendo la spesa, pensò Trunks prendendo tre pezzi di carne dalla pentola sul tavolo. Magari aveva cominciato a fare la marmellata poi aveva visto che era finito lo zucchero, o forse qualcuno dei conoscenti si era sentito poco bene.

Ad ogni modo non aveva lasciato biglietti quindi non doveva essere nulla che l'avrebbe tenuta fuori casa troppo a lungo. Al massimo se alle cinque non fosse ancora rientrata le avrebbe telefonato sul cellulare.

Trunks finì la carne in silenzio e accese al tv mettendo sul fuoco un pentolino d'acqua per il tè.

Non era il tipo da bere le tisane della madre, ma con il vento gelido che tirava quell'inverno qualcosa di caldo poteva solo fargli bene.

Al telegiornale era tutto come sempre: attacco dei cyborg, freddo polare, incidente dovuto ai cyborg, west capital city stretta nella morsa del freddo.

Fine della trasmissione.

Non c'era nulla che suonasse nuovo o mai sentito.

Trunks si rese conto con rammarico di essersi ormai abituato a quelle decine di morti giornaliere, e che da quando era morto Gohan pensava non valesse più la pena di darsi tanto da fare.

Pensò soprattutto alla cosa peggiore di tutte, di cui si vergognò subito dopo averla pensata.

Che in fondo a lui non importava salvare qualcuno, lui voleva solo uccidere i cyborg.

Bulma Brief rientrò a casa alle tre, visibilmente infreddolita e con un diavolo per capello.

-Giuro che la prossima volta mi porto un fucile!- strepitò mentre cercava di togliersi gli stivali grondanti di neve.

Trunks era appena andato in camera a cambiarsi, quando udì le urla della madre. Si infilò in fretta una tuta presa dalla armadio e scese le scale.

Trovò la madre paonazza che stava cercando di sfilare uno stivale senza slacciarlo facendo perno sulla sporgenza di uno scalino.

-Ciao tesoro...dannazione...toglitiii

-Ciao mà...un mano?

-No, non ti preoccupare- disse Bulma, continuando ad armeggiare con le proprie calzature -è una questione tra me e queste dannatissime trappole per piedi.

Trunks andò in cucina a preparare un tè sorridendo di nascosto.

Lo spettacolo di sua madre infuriata in quel modo con delle scarpe era senza prezzo, aggiungendo i capelli inaccettabilmente spettinati e la giacca macchiata di bagnato simbolo di una bella caduta sulla strada ghiacciata.

Bulma Brief era l'unica persona che conosceva capace di fare delle questioni d'orgoglio con una scarpa, e la cosa lo riempiva di allegria ogni volta.

Perchè anche se è brutto dirlo, lui si sentiva terribilmente fortunato a vivere in quella situazione, con quella madre strana e assurda in giro per casa.

Era sempre meglio che lasciarsi andare alla valle di lacrime che c'era là fuori.

Era bello che almeno in casa si potesse per un attimo dimenticare e fingere di essere normali.

Bulma raggiunse il figlio in cucina brandendo lo stivale come la testa di un nemico.

-E' stata una lunga lotta- disse Bulma con tono solenne - ma alla fine la Regina della Capsule Corporation ha sconfitto l'insidioso nemico del pianeta Stivaletto 2.

Trunks sorrise spegnendo il fornello sotto l'acqua.

-Per un attimo ho temuto che stessi per soccombere- disse, porgendo alla madre la tazza con il contenitore delle bustine.

Prima di prendere la tazza Bulma di sporse in corridoio e tenendolo per i lacci lanciò lo stivale fin nell'ingresso, facendolo ricadere con un colpo sordo proprio davanti alla porta.

-Grazie- disse Bulma, prendendo con due mani la tazza dalle mani del figlio.

-Prego.

Bulma sedette in silenzio al tavolo ancora apparecchiato. Indossava ancora la giacca inzaccherata di gocce di neve sciolta.

-Tu NON HAI IDEA, Trunks, di che carnaio c'era al supermercato.

Trunks posò la biscottiera al centro del tavolo.

-C'era tanta gente?

Bulma intinse tre volte-non una di più-la bustina di tè nella tazza e poi la lasciò gocciolante nel piatto sporco del pranzo di Trunks.

-Sembrava di essere all'inferno: tutta Westway City c'era...

-Cyborg?

-Già, ho sentito una donna alla cassa che ne parlava con una che doveva essere la sorella. Hanno attaccato il centro commerciale distruggendo tutto il reparto alimentari, e quello era l'unico negozio rimasto aperto per via della neve.

-Bastardi...

Bulma sospirò e bevve una sorsata di tè.

-Se fossi dello spirito giusto ti direi di non parlare in quella maniera, ma bastardi è l'unica parola abbastanza gentile che mi viene per definirli.

Trunks tacque, il volto della madre aveva cambiato espressione, facendo sparire l'aspetto da macchietta di poco prima.

-Io davvero non capisco che senso abbia- altra sorsata- attaccare un reparto alimentari.

-E' senza senso.

-No, non è senza senso, è semplicemente crudele. E io la crudeltà non riesco a capirla.

Madre e figlio tacquero. Finirono di sorseggiare il tè e poi si dedicarono ognuno alle proprie occupazioni.

Fuori di casa infuriava il vento.

---

Il mattino seguente si alzarono presto, molto presto.

C'era da spalare la neve prima che Trunks andasse a scuola, se volevano che Bulma potesse uscire ad andare a far scorta di medicinali per entrambi.

La regola a casa Brief era diventata "Una volta, ma che si faccia tutto". Andavano in farmacia solo quando avevano finito tutte le medicine, alla spesa quando non c'era più nulla da mangiare e ai negozi d'abbigliamento solo nei cambi di stagione.

Quella era la mattina della farmacia, sia perchè Trunks starnutiva da diversi giorni, sia perchè con quei cyborg in giro il motto era "Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi, perchè domani potresti essere a marcire".

Quindi quella mattina Bulma e Trunks si alzarono alle cinque, fecero colazione con cioccolata calda e biscotti- panna per Bulma che dava un tocco di classe- si infilarono i vestiti più pesanti dell'armadio- Bulma si legò accuratamente i lunghi capelli per non bagnarli- e uscirono nel vialetto con le pale in mano.

Per fortuna la strada era coperta da una strato soffice che aveva coperto il ghiaccio, così riuscirono a non scivolare sul vialetto fino al cancello.

-Facciamo che io tolgo la neve e tu spargi il sale per il ghiaccio- disse Trunks- ok?

Bulma annuì e brandendo la pala disse: -Diamoci dentro!

Spalarono e sparsero sale fino alle sette, giusto il tempo che tornati in casa Trunks perdesse il colorito rossastro della fatica e poi per lui di nuovo fuori e a scuola.

Bulma appese le giacche sull'asciugatore a muro dell'ingresso.

-Hai dei test oggi?

Trunks stava bevendo un bicchiere d'acqua.

-No.

-Allora se sei stanco puoi restare a casa.

Trunks scosse la testa stringendo coi denti il bicchiere.

-Non ti preoccupare, non sono così debole.

Bulma sorrise e prese un biscotto al cioccolato.

-E ci credo...noi Brief siamo dei pezzi d'acciaio!

Trunks posò il bicchiere e sorrise.

-Pezzi d'acciaio. Ben detto.

Bulma guardò gli occhi azzurro ghiaccio del figlio e pensò che le somigliavano solo nel colore.

-Dai, adesso riposati due minuti, se no poi a scuola ti addormenti.

Trunks annuì e si sedette sul divano, prese il telecomando e accese la tv sul notiziario.

E fu allora che sentirono la notizia.

I CYBORG COLPISCONO ANCORA. DISTRUTTI 7 CIMITERI NELLA ZONA WEST DELLO STATO. IL PROSSIMO SARA' LA CAPITALE.

Mentre la scritta scorreva in sovraimpressione, Bulma e Trunks videro sullo schermo quello che non avrebbero mai voluto vedere.

Il cimitero di Westway city con l'80% delle tombe scoperchiate.

Quelle delle vittime dei cyborg.

.

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Capitolo 2
*** Pioggia ***


SOFFIA IL VENTO by Chiara ( lealidiicaro@libero.it o http://lantrodidedalo.iobloggo.com )



PARTE SECONDA: PIOGGIA



Il commissario Regan stava scartabellando una fitta pila di denunce riguardanti i cyborg, quando la furia dai capelli azzurri piombò nel suo ufficio.

-Cos'è questa storia dei cimiteri?-disse Bulma Brief, sbattendogli davanti la prima pagina del giornale cittadino senza troppe cerimonie.

UCCIDERE I VIVI NON BASTA PIU', recitava il titolo in caratteri cubitali.

Il commissario sollevò lo sguardo su Bulma senza nemmeno guardare il giornale.

-Buongiorno Bulma cara-disse con tono affabile.

-Buongiorno un corno Red, cosa diavolo sta succedendo?

Regan era oltremodo stupito dell'arrivo della donna, non per il tono con cui gli si era rivolta-se fosse stata gentile e affettuosa non sarebbe stata Bulma Brief- ma più per il suo arrivo in sè.

Aveva il volto congestionato dal freddo e un cappotto nero con una sciarpa rossa sopra. Dava l'aria di essere in piedi già da un pezzo, e di aver faticato parecchio prima di arrivare lì.

Doveva esser uscita di casa in fretta, visto che per la prima volta in vita sua la vedeva senza quel trucco così impercettibile quanto perfetto che la caratterizzava.

Era rimasto per alcuni secondi a fissarla, ripensando a quando parecchi anni prima aveva passato notti insonni pensando a lei.

Ma Bulma non era lì per perdere tempo.

-Allora?

Regan piegò in due metà perfette il giornale portato dalla donna e glielo restituì con calma.

-I telegiornali stanno ingigantendo la cosa, ma la sostanza è vera.

Regan fece cenno a Bulma di sedersi sulla sedia davanti alla scrivania e di togliersi il cappotto, se voleva.

Bulma fece un segno di diniego con la mano. -Non mi fermerò, ma voglio capire cosa sta succedendo. Come sai ho parecchie persone care seppellite al cimitero principale.

Chi fossero queste "persone care" rimase sospeso nell'aria, e benchè Bulma cercasse di sembrare distaccata, Regan capì che la notizia degli attentati ai cimiteri le era arrivata come un pugno allo stomaco.

Regan si alzò e prese dallo schedario alle sue spalle un sottile fascicolo giallo.

-Hai già fatto colazione?-disse, tirando fuori delle fotografie capovolte.

Bulma esitò un istante.

-Non ti preoccupare Red, non ti vomiterò sulle foto, se è di questo che hai paura.

Regan porse allora le foto a Bulma.

-Questo è quello che abbiamo trovato a Westway City. Ci sono stati altri sei episodi, nel distretto di West-ranch.

Bulma rimase immobile con le foto in mano, poi le voltò e improvvisamente Regan la vide impallidire.

Regan pensò che Bulma stesse per svenire, quella che stava guardando era la peggiore, delle foto.

-Bulma, forse è meglio se ti siedi-disse Regan, poggiando una mano sulla spalla della donna.

Bulma si sedette senza distogliere gli occhi dalla foto.

Era l'immagine di un cadavere ancora intatto, una donna sui vent'anni, bionda, con i capelli striati di sangue rosso.

Indossava un vestito nero lungo, senza spalline e con una giacchetta di buon taglio sopra.

Era sistemata seduta come una bambola con la schiena appoggiata a quella che doveva essere la sua stessa lapide, con gli occhi aperti e i capelli scarmigliati.

Ma la cosa peggiore era cosa teneva fra le mani.

Regan allentò la presa sulla sua spalla.

-Si chiamava Amanda Green, i cyborg la trovarono che tornava a casa con il figlio di pochi mesi dal supermercato.

Bulma non disse nulla, e si sa solo che impiegò diversi mesi, per scordare quell'immagine.

La testa di quel bambino senza corpo fra le mani della madre.

Regan lanciò uno sguardo alla città innevata oltre la finestra. Le gocce di neve cadevano dai tetti come un sottile pioggia. Sembrava quasi autunno.

Regan restò immobile.

-La situazione sta peggiorando. I crimini in quest'ultimo periodo sono triplicati. Furti, stupri, violenze ingiustificate contro estranei, sembra che la gente stia perdendo la ragione.

Bulma decise che non voleva vedere le altre foto, e le posò capovolte sulla scrivania.

-E' la paura- disse, con un tono che a lei stessa sembrò atono.

Regan annuì.

-E' come per i cani. Quando sentono che la tempesta si avvicina danno di matto, la stessa cosa sta succedendo agli uomini ora.

Bulma annuì con la testa.

-Sentono che il cerchio si strige- proseguì Regan -siamo sempre meno e loro uccidono sempre più velocemente. E' l'attesa che li logora, questa continua incertezza. Poi questa storia delle tombe, Dio che mostri...

Regan si passò una mano fra i corti capelli neri striati di grigio.

Bulma cominciò a torturare uno dei bottoni.

-Ma siete sicuri che colpiranno qui, la prossima volta?

Regan si sedette di nuovo alla scrivania.

-Non ne siamo certi, ci affidiamo ai loro messaggi. Negli altri sei posti hanno lasciato indicazioni precise su dove avrebbero colpito la volta dopo, e finora non hanno mai mentito.

-E cosa contate di fare?

-A dire il vero niente. Non possiamo permetterci di perdere inutilmente quei pochi uomini che ci restano. La cosa migliore è conservarci per renderci utili dove possiamo, e cioè contro i delinquenti umani, non contro i cyborg.

Bulma esitò alcuni secondi, quasi stesse cercando di capire se per caso aveva sentito male.

-VUOI DIRE CHE LASCERETE CHE DISTRUGGANO IL CIMITERO?

Scandì ogni parola come se man mano che la frase si srotolava diventasse sempre più assurda.

Regan guardò la donna e annuì.

-E' una cosa orribile lo so, ma è il minore dei mali che possiamo commettere.

Bulma si alzò dalla sedia. Aveva l'espressione più gelida che le avesse mai visto in faccia. Un misto fra il disgusto e il contegno.

Regan capì qual era il problema.

Bulma capiva la sua posizione, che quello che aveva appena detto era quanto di più logico si potesse fare, in quella situazione.

Capiva che tutta la polizia era ormai da tempo in un vicolo cieco, e che non mettersi contro gli androidi era l'unica cosa saggia da fare.

Eppure se il suo cervello diceva che era giusto e logico, qualcosa dentro lei urlava.

Per questo la lasciò uscire senza dire altro, lasciando che il freddo la riavvolgesse e l'aiutasse a pensare.

La professoressa Tyler spiegò come suo solito ma Trunks sembrava su un altro pianeta. Se ne stava lì, immobile con gli occhi fissi alla finestra, non al di là di essa, proprio sulla croce di legno che l'attraversava.

Aveva l'espressione che aveva fatto innamorare le sue compagne, quell'espressione smarrita e assorta, come se qualcosa di immane, di catastrofico, stesse per verificarsi.

Alissa lo guardava dal suo banco una fila più indietro.

Aveva capito qual era il problema, forse lei e Trunks erano stati gli unici a sentire quella notizia prima di uscire.

Alissa era una ragazza riservata, dai lunghi capelli neri raccolti in due trecce ordinate dietro la schiena. Non parlava molto nè con Trunks nè con gli altri, ma guardare quel ragazzo era sempre stata la sua occupazione preferita.

Non gli aveva mai parlato molto-quando per molto si intende parlare anche di cose inutile pur di dirsi qualcosa-, ma era l'unica che si sarebbe potuta vantare di qualche sporadica confidenza da parte del ragazzo più bello-figo-intelligente della scuola.

Perchè Trunks non era un ragazzo solitario, anzi era uno dei più famosi della scuola, ma tutti capivano che quella dell'allegria era una maschera, e per questo tutti cercavano di capire quale terribile segreto nascondessero quei profondi occhi azzurri.

Se Alissa sapeva dei Sayan?

In parte lo sapeva. Sapeva che il padre di Trunks era un "alieno" arrivato sulla Terra anni prima e che era morto battendosi coi cyborg, sapeva che Trunks aveva in sè una forza che nessun ragazzo normale avrebbe mai potuto avere, ma si era sempre ben guardata dal ficcanasare nella sua vita.

Trunks si confidava e lei ascoltava in silenzio, gli porgeva una lattina di Coca presa dal suo pranzo- due pomeriggi a settimana c'era il corso pomeridiano di fisica- ma non chiedeva mai nulla d'altro.

Trunks avrebbe parlato quando avrebbe voluto.

Insistere era inutile.

Tornando al giorno della notizia, Trunks sembrava sotto effetto di qualche strana droga, e Alissa lo guardava invitando con lo sguardo i compagni a lasciarlo stare.

La lezione strascorse lenta e noiosa, piena di nozioni che finivano per tutti in uno sguardo alla neve, al suo potere ipnotico e tranquillizzante.

A mezzogiorno in punto la campanella di fine lezione svegliò l'intera classe dai propri sogni, e in pochi minuti tutti si rianimarono e corsero fuori a giocare a palle di neve.

Il vento sibilava tutt'intorno la scuola, ma nessuno sembrava curarsene.

Alissa attese che tutti fossero usciti poi si sedette in silenzio nel banco accanto a Trunks.

-Hai sentito il telegiornale- disse il ragazzo, senza smettere di fissare la finestra -vero?

-Già.

-Sono dei mostri.

La voce di Trunks era atona e indifferente, quasi le avesse detto che stava nevicando.

Aveva un tono così vuoto, così da voce preregistrata, che Alissa per un attimo ebbe il desiderio di scuoterlo per assicurarsi che fosse ancora vivo e non avesse solo un registratore attaccato al corpo senza vita.

Trunks continuò a guardare la neve.

-I tuoi sono sepolti lì?-disse, senza cambiare tono.

Alissa prese tra le dita la punta della treccia destra.

-No, mio zio li ha seppelliti nel retro del giardino di casa.

-Capisco.

Alissa tacque tormentandosi il piccolo ciuffo di capelli che spuntava dai tre giri dell'elastico.

-Sai,-riprese Trunks -io non volevo che seppellissero Gohan lì.

Alissa lasciò andare la treccia.

-Era come se me lo sentissi, che non era la cosa giusta.

Alissa non sapeva cosa dire, o meglio pensava che Trunks non stesse davvero cercando in lei una risposta.

-E' che io non lo so, quale sia la cosa giusta. Vorrei poterli combattere e ucciderli una volta per tutte, vendicare Gohan e mio padre.

Trunks continuò a fissare la finestra.

-Ma il fatto è che ho paura.

Alissa avrebbe voluto abbracciarlo.

-Paura?

-Paura per mia mamma...

-...

-...di abbandonarla anch'io...

---

Bulma arrivò al cimitero prima di mezzogiorno, sicura che non avrebbe trovato nessuno.

Attraversò le file di lapidi cercando di non scivolare e non sgualcire i tre mazzi di fiori che teneva in mano.

Aveva di nuovo indosso gli stivaletti del giorno prima, era sempre stata brava a simpatizzare coi nemici.

Cinque file oltre l'entrata, trenta lapidi a destra, accanto al grande olmo.

La lapide di Vegeta era coperta di neve anche sulla parte verticale della parete, probabilmente per il taglio obliquo che il vento aveva dato alla neve.

Non si leggeva la scritta del nome ma non poteva sbagliarsi, ci era andata troppe volte per confondersi coi passi.

Bulma posò il mazzo di fiori sulla neve e tenendo gli altri due in una mano, con l'altra pulì la pietra liscia e grigia.

VEGETA.

Solo questo c'era scritto.

Non un cognome, non una data di nascita.

E' strano come si possa andare a letto con un uomo e viverci assieme senza sapere quanti anni abbia.

-Non sono cose che ti interessano...

La voce di lui sembrava risuonarle ancora intorno, anche se era ormai convinta di aver dimenticato il vero timbro di quella voce.

Se l'avesse sentita l'avrebbe riconosciuta, ma nei suoi pensieri Vegeta parlava ormai con una voce muta, senza espressione.

E' brutto dimenticarsi.

Bulma fissò quella lapide spoglia.

Ma rendersi conto di non aver mai saputo è ancora peggio.

-Ma sì che te l'avrà detto!-dicevano le sue amiche quando lei ammetteva di non sapere il cognome di Vegeta -Magari te lo sei solo dimenticata.

Magari te lo sei SOLO dimenticata.

Ma come spiegare tutto quanto?

Come dire che lei non sapeva nemmeno se Vegeta ce l'avesse, un cognome.

Come dire che suo figlio si chiamava Brief perchè nessuno aveva mai trovato certificati di nascita o documenti legati al suo uomo?

Come dire che quell’uomo forse non era mai neanche stato suo?

Bulma costrinse i suoi pensieri a volare altrove, disse una breve preghiera, poi tornò indietro di due lapidi.

Yamcha, Crilin, Gohan, Junior....

Aveva fatto seppellire lì anche loro, tutti insieme.

Una specie di piccolo bar in cui ritrovarli, magari solo un po' più triste.

Posò uno dei due mazzi in terra e lasciò una rosa su ciascuna delle tombe. Sulla tomba di Gohan si fermò, già un altro mazzo giaceva sulla neve.

Chichi doveva averli portati il giorno prima.

Bulma si rese conto che dal funerale di Gohan non l'aveva più sentita.

Da quando...

-Fai presto a dirti dispiaciuta. Non è mica morto il TUO, di figlio...

Era colpa di Trunks se Gohan era morto, era colpa di Trunks se Gohan prima di morire aveva vissuto per mesi senza un braccio. Era colpa di Trunks...di Trunks...

Ed era colpa sua, se Gohan aveva lasciato gli studi per allenare Trunks, se quando era ancora vivo stava quasi sempre da loro a cena.

Se Gohan parlava ormai più con lei che con sua madre.

-Mia madre non capisce-diceva Gohan.

Eppure Bulma la capiva, lei stessa aveva cercato mille volte di persuaderli a stare calmi, a convincere Gohan a tornare a scuola.

La capiva soprattutto ora che Trunks era nella situazione di Gohan prima di morire.

Era da solo contro i cyborg, si sentiva in dovere di sconfiggerli ma non in grado di farlo.

Bulma fissò la lapide di Gohan ancora lucida di lisciatura, posò la rosa accanto al mazzo lasciato da Chichi, poi riprese il mazzo che aveva lasciato appoggiato sulla neve.

Come si aspettava anche sulla tomba di Goku c'era già un altro mazzo, Bulma sistemò il suo accanto al grosso mazzo di gigli e si incamminò verso l'uscita.

Fortunatamente aveva smesso di nevicare, ma la neve che cadeva sciolta dagli alberi dave l'impressione che stesse piovendo.

Il rumore dei suoi stivali sulla coltre bianca era come poggiare una mano nella panna quasi montata, esattamente lo stesso.

Era quasi arrivata in fondo al vialetto, quando due figure inconfondibili apparvero in cielo.

Istintivamente Bulma si ranicchiò dietro un cespuglio, sperando che i cyborg non l'avessero vista.

Smise di respirare nell'esatto momento in cui le All Star di C17 toccarono il terreno, e pregò tutti gli dei che conosceva che non fossero venuti lì per fare quello che pensava.

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Capitolo 3
*** Nebbia ***


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PARTE TERZA: NEBBIA


-E così sarebbe questo il cimitero...

C17 avanzò sulla neve mentre C18 si guardava attorno. Il luogo era più grande di quanto avevano pensato, ma non così grande da tenerli occupati troppo a lungo. Avevano volato due ore prima di arrivare, e anche se non avevano in alcun modo dissipato energia la noia stava cominciando a farsi sentire.

Nascosta dietro un cespuglio a pochi passi da loro, Bulma si premette una mano sulla bocca.

Era istinto di sopravvivenza? Con ogni probabilità sì, puro e semplice desiderio di portare a casa la pelle e cucinare ancora la cena per Trunks.

Era egoistico pensarlo, ma in quel momento sarebbe stata disposta a scavare e tirare a fuori dalla terra uno ad uno quei cadaveri, pur di tornare a casa.

C 18 prese in mano una manciata di neve.

-Chissà perchè ma ci avrei scommesso che non ci sarebbe stato nessuno.

Sentendo le gambe che cominciavano a intorpidirsi, Bulma pensò che forse Trunks aveva dimenticato le chiavi in casa. A quell'ora lei sarebbe già dovuta esser tornata.

Magari Trunks in quel momento era sulla soglia di casa a chiedersi dove fosse.

E lei non si era neanche messa un po' in ordine nel caso la polizia ritrovasse il suo cadavere nel cimitero.

C 18 alzò le braccia al cielo stiracchiandosi.

-17, io non ho voglia di mettermi a scoperchiare tutti questi cosi, diamo un'occhiata in giro poi torniamo domani.

Bulma vide le scarpe di C 18 muoversi nervosamente sul posto. Faceva freddo, molto freddo, e con ogni probabilità il volo li aveva infreddoliti ancora di più rispetto al normale.

Bulma non sentiva più la gamba destra. Pensò con paura a cosa sarebbe successo se il piede avesse ceduto. Sarebbe caduta a terra con una gamba bloccata dal formicolio, loro l'avrebbero vista, sarebbe stata la fine. Era stata davvero stupida. Venire al cimitero proprio quel giorno, proprio in quel momento, venire al cimitero...

(smettila)

forse anche con la speranza di incontrarli...

(piantala)

e scoprire che non era vero niente.

Le scarpe di C17 tornarono verso C18.

-Sì, anch'io non ho voglia. Andiamo a farci un giro in campagna.

Bulma si tolse la mano da davanti alla bocca e prese fiato lentamente.

Adesso sapeva che loro erano veri. Se ne rese conto solo quando sentì la paura che le attorcigliava lo stomaco.

Loro erano veri, in carne e ossa davanti a lei.

Era un processo strano, il convincersi che tutto questo poteva anche non essere vero. Il cominciare a pensare che i cyborg potevano essere delle invenzioni, che non potevano esistere esseri in grado di scoperchiare tombe solo perchè "ne avevano voglia". Bulma ripensò a quello che le aveva detto Red al commissariato. La gente stava perdendo la ragione. Se si girava per strada non si capiva più che insultare un passante che ti urtava non era un buon comportamento. Il limite fra bene e male si era assottigliato.

O il limite fra il vero e il falso, come nel suo caso.

Bulma pensò a quando due o tre notti prima aveva sognato Vegeta. Lei aveva la stessa età di adesso, Trunks era lo stesso. Eppure accanto a loro c'era Vegeta. Erano un famiglia felice, avevano passato le ultime vacanze al mare e Vegeta si era addolcito. Non da cambiare radicalmente, ma quel che bastava per una vita da sogno. L'aveva visto in cortile, coricato sull'amaca mentre i fiori di ciliegio cadevano dagli alberi. Stava riposando per l'allenamento, con le braccia dietro al testa e un'espressione tranquilla in volto. Lei era in cucina con Trunks, finiva di ornare di panna una torta e lo guardava.

I cyborg non c'erano.

Il vento diede una sferzata al cimitero e Bulma si svegliò dai propri pensieri. I cyborg erano immobili davanti al cespuglio, in silenzio.

Bulma guardò le loro scarpe a pochi centimetri da lei. Sembrava stessero aspettando qualcosa, come se l'avessero vista o avessero percepito la sua presenza.

Bulma smise istintivamente di respirare e rimase immobile. Stava per crollare dal dolore alla gamba quando le quattro scarpe di fronte a lei si sollevarono da terra. I cyborg volarono via e si allontanarono verso la città. Bulma aspettò ancora, poi di colpo di accasciò sulla neve e respirò tutta l'aria che potè.

La neve aveva ripreso a scendere, sottile come spilli, sul suo volto. Era viva, e questo era l'importante.

Aspettò che il formicolio alla gamba si placasse, poi si alzò scuotendo via la neve dai vestiti. Fece qualche passò avanti tornando sul vialetto. E fu solo allora che si accorse della scia di impronte che aveva lasciato sulla neve andando dietro il cespuglio.

La collina del cimitero era coperta di neve immacolata e intoccata, tranne che per una serie di impronte fino alla tomba di Vegeta e un'altra dallo spiazzo battuto su cui si erano posati i cyborg fino al cespuglio.

Avevano capito che era lì ma non l'avevano uccisa. Bulma impallidì. Avevano capito che era lì. L'avevano vista. Eppure non l'avevano uccisa. Non ne avevano voglia.

Per la prima volta Bulma pensò di essere la donna più dannatamente fortunata del pianeta.

E quindi da donna dannatamente fortunata ritornò in sè e prese il cellulare.

-Pronto, Trunks? Sono io, sono andata un attimo al cimitero...no, non ho incontrato nessuno stà tranquillo, aspettami ai Tre re che non ho avuto il tempo di cucinare. Prendiamo qualcosa lì. Dieci minuti e arrivo. Ciao.


Trunks accompagnò Alissa fino a casa, due vie prima del ristorante Tre re.

La ragazza cercava di tenerlo occupato, parlando di scuola e cinema. Stava cercando di rallegrarlo, di fargli dimenticare la notizia.

Arrivarono davanti a casa di Alissa, una piccola costruzione di inizio secolo lasciata in eredità di generazione in generazione.

-E’ carina- disse Trunks, guardando gli infissi intarsiati delle finestre.

Alissa aprì lo zaino per prendere le chiavi. –E’ particolare in una città quasi tutta nuova.

Trunks pensò che sarebbe stato un peccato se i cyborg fossero arrivati lì, anche solo per quella piccola casa.

-Il centro storico è davvero bello- disse, continuando a fissare le finestre.

Alissa trovò le chiavi e richiuse lo zaino. –Già, secondo me è la parte più bella.

Rimasero alcuni secondi in silenzio, poi Trunks dovette spostarsi dalla strada per l’arrivo dei camion della raccolta dei rifiuti.

-Bhè- disse, sistemandosi lo zaino su una spalla –allora io vado.

Alissa sorrise. –Ok, ci vediamo domani a scuola.

-Ok, ciao.

-Ciao.

Trunks si diresse verso il ristorante guardando attentamente il marciapiede per non prendere le lastre di ghiaccio e scivolare. Non c’era nessuno in giro, o meglio nessuno che non fosse costretto ad esserci. Qualche studente, addetti alla nettezza urbana, lavoratori in pausa pranzo. Trunks esaminò la via principale su cui si affacciava il Tre re.

Bulma era sulla soglia che lo aspettava, con i pantaloni neri che metteva per andare a fare la spesa e il cappotto dello stesso colore.

Trunks la raggiunse agitando una mano.

-Scusa il ritardo- disse, dando un bacio sulla guancia alla madre –ho accompagnato Alissa a casa.

Bulma mise il cellulare nella borsa. –Non ti preoccupare, entriamo?

Entrarono nel Tre re scuotendosi i vestiti e lasciando l’ombrello all’entrata. Bulma si sfilò la sciarpa e la mise nella tasca del cappotto che lasciò all’entrata.

Si sedettero a un tavolo vicino alla vetrata. Il locale era mezzo vuoto, ma l’atmosfera era comunque calda e tranquilla.

Bulma prese il menù bordato di rosso. –Ho una fame che mangerei un lupo, vediamo cosa c’è di buono.

Trunks annuì con la testa e si concentrò sul menù.

Il Tre re era un posticino tranquillo, non per gente chic ma nemmeno per studenti. Lui e sua madre ci andavano d'abitudine, quando lei tornava tardi dal laboratorio o quando il sabato sera lui non aveva impegni. E non poteva nascondere la cosa non gli dispiacesse. Dacchè Trunks se ne ricordasse, sua mamma non aveva mai mancato l'appuntamento settimanale al Tre re, non per un uomo, non per un lavoro.

Soprattutto non per un uomo.

Ma c'era stato uno, qualche anno prima, con cui aveva creduto la madre stesse facendo sul serio. Un bel tipo, moro con gli occhi chiari e la mascella quadrata. Un manager, probabilmente. Non l’ideale per sua madre, comunque.

Era venuto a casa loro un paio di volte a cena, e Trunks ricordava che quell’anno era tornato dalla gita scolastica con il terrore di scoprire che aveva passato la notte da loro.

Appena entrato in casa aveva fatto qualche domanda, più sull’allusivo, ma sua madre aveva risposto in modo giusto a tutto.

Lui comunque non si fidava, così un pomeriggio che la Bulma era uscita aveva chiuso la porta, spento ogni elettrodomestico per avvertire subito il rumore della madre che rientrava, ed era entrato nella camera da letto di Bulma.

Aveva trovato il letto rifatto alla meglio, nessuna traccia di lenzuola cambiate o altro. Aveva frugato nei cassetti, niente abbigliamento da uomo.

L'ultima prova era stato il bagno.

Aveva passato a setaccio ogni singolo centimetro di quel luogo in cerca della prova incriminante. Un capello o un pelo scuro.

Era saltato fuori che l'unico pelo nero che aveva trovato era del gatto che i nonni avevano lasciato loro prima di trasferirsi in periferia.

Trunks ripensò che mentre frugava fra le cose della madre non sapeva neanche perchè stesse cercando quelle prove. Non era nemmeno particolarmente contrario alla relazione.

Si rendeva contro di starsi comportando come un marito geloso che fruga nella borsetta della moglie, e forse in parte era così.

Aveva la sensazione che un altro uomo in quella casa -che era sempre stata così pulita- avrebbe sconvolto il loro ecosistema.

E per questo non aveva sofferto troppo quando la madre le aveva confessato di aver troncato la storia.

-E' che non ho voglia di legarmi- la solita risposta.

Fine della trasmissione.

Scottata una volta, quella dopo Bulma Brief si era fatta furba.

Seduti al Tre re, madre e figlio posarono simultaneamente i menù sul tavolo.

Ordinarono due hamburger con patatine, un gelato per Trunks, e una pasta al pomodoro per Bulma. Il cameriere era un po’ lento, ma visto che non avevano fretta non si lamentarono.

Bulma sistemò la borsa sulla sedia accanto a lui e chiese a Trunks com’era andata a scuola. Parlarono del più e del meno, le solite domande di rito per istaurare un buon rapporto madre-figlio.

Stavano per cominciare a parlare del tempo, quando Bulma prese un fazzoletto dalla borsa.

-Ti consiglio di mangiare più che puoi-disse, senza guardare il figlio -stanotte dovremo darci da fare.

Trunks fissò la madre con aria interrogativa. -Darci da fare?

Bulma esitò.

-Oggi LI ho visti al cimitero.

Trunks credette di non aver sentito bene.

-COSA?

Il cameriere interruppe la conversazione portando la coca cola per Trunks e e il mezzo litro di bianco per Bulma. I due aspettarono che il ragazzo si allontanasse, poi Bulma si verso un po' di vino nel bicchiere.

-Erano venuti a vedere il luogo. Domani attaccheranno.

Trunks non riusciva a bere. Continuò a fissare la madre. -Ma ti hanno vista?

Bulma fece spallucce. -Nascondendomi ho lasciato delle impronte che probabilmente hanno visto, ma l'importante è che non mi hanno fatto nulla.

Trunks stava cominciando ad agitarsi sulla sedia. Per la prima volta pensò a cosa avrebbe fatto se a sua madre fosse successo qualcosa.

-Non devi andare in giro così da sola- disse, con tono serio.

Bulma era meno allarmata di quanto avrebbe creduto. Probabilmente con il tempo i cyborg le erano diventati indifferenti. O forse aveva avuto una paura terribile che ora cercava di nascondere. Se da una parte era capace di infuriarsi con gli stivali, dall'altra ci teneva a non mostrarsi mai fragile e indifesa.

-Non ti preoccupare Trunks, la prossima volta andremo assieme.

Trunks spezzò un altro grissino ma non lo mangiò.

-Ok. Comunque cosa intendevi con dobbiamo darci da fare?

Bulma guardò il figlio poggiando il bicchiere sul tavolo.

Il male minore che si può commettere. Nella mente di Bulma quella frase rimbombava come un'eco. Il male minore. Andare al cimitero con egoismo per non rischiare la vita anche di suo figlio.

Lasciare che i cyborg facessero cosa dovevano fare. Senza fermarli.

Fuori dal locale i vapori che salivano dal tombino proprio al centro della strada creavano uno strano effetto sulla sua vista. Sembrava quasi ci fosse la nebbia. Nella sua mente e in tutto il mondo attorno.

Ma non era reale, quella nebbia, e anche lei doveva tornare lucida e riflettere.

Bulma prese un grissino.

-Stanotte porteremo via le tombe.

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Capitolo 4
*** Luna ***


SOFFIA IL VENTO by Chiara ( lealidiicaro@libero.it o http://lantrodidedaloupdates.iobloggo.com)



QUARTA PARTE: LUNA



Il cimitero era vuoto e scuro come un vecchio specchio d'acqua palustre. Bulma e Trunks salivano il sentiero con le vanghe in spalla, senza dirsi nulla.

C'era una civetta, sopra un albero accanto al fosso, che li guardava con gli occhi gialli e lucidi.

Bulma stava avanti, facendo luce con una piccola torcia elettrica. Ad ogni passo si chiedeva cosa fosse venuta a fare, cosa diavolo credeva di poter risolvere, stando lì. Ad ogni passo il cerchio di luce innanzi a lei tremolava e illuminava nuovi sassi coperti di nevischio. Stavano andando verso la loro salvezza personale, ma lei continuava a sentirsi sporca.

Avrebbe dovuto fare qualcosa di definitivo, di altruistico. Avvertire la cittadina, qualunque cosa.

Eppure era lì con suo figlio in piena notte, con quella vanga e il furgone parcheggiato poco in là.

Dissotterrare le tombe, spostare quella terra coperta d'erbacce e neve e vecchi fiori. Poggiare le mani su quel legno senza vomitare. Sentirsi dispiaciuta per tutti gli altri, ma uscire dal cimitero lasciando tutto il resto dietro di sè.

Il male minore che si può commettere.

Pestò un ramo che le si spezzò sotto il piede. Un suono secco nel silenzio, nell'impalpabile rumore dell'inverno.

E perchè Trunks taceva?

Era davvero così stufo di questa storia da non rendersi conto di quanto fosse sbagliato quello che stavano facendo?

Era davvero diventato così freddo?

Così simile..

...a Vegeta?

Bulma pensò a quando aveva visto il figlio al funerale di Gohan, con quello sguardo sordo d'odio che avrebbe scoperchiato la tomba, se avesse potuto. Pensò che era stato allora che era successo tutto, che si era conto Trunks fosse cambiato. Davanti a quella fila di persone vestite di nero, in ultima fila lontano da Chichi, aveva quasi sentito qualcosa spezzarsi.

Ma lui non aveva pianto, neanche quando era arrivato a casa con il cadavere di Gohan in spalla. Aveva gli occhi rossi e le guance bagnate, i vestiti zuppi di pioggia e lacrime, ma davanti a lei non aveva pianto.

Non le avrebbe concesso di vederlo per una volta debole e incapace di reagire, incapace di SPIEGARE, come fosse stato possibile.

L'orologio di Trunks si era fermato quel giorno, quando i suoi occhi da acqua si erano mutati in ghiaccio.

L'aveva visto il giorno dopo accanirsi con una coltello contro l'edera che ricopriva il portello del Trainer gravitazionale. L'aveva visto scuoiare quella piante con una ferocia che aveva riconosciuto con sgomento. Guardandolo di sfuggita, per un attimo le era persino sembrato di vedere quegli occhi mutarsi in pece.

Gli omicidi dei cyborg erano raddoppiati dopo la morte di Gohan, e personalmente Trunks non aveva mosso un dito per evitarlo. Solo entrava in quella stanza tutti i giorni dopo scuola, ci stava delle ore, eludendo le domande della madre che cercava di farsi dire qualcosa in più.

Era quasi come avere di nuovo Lui, in casa. Sentire quei colpi provenire dal trainer era una continua stilettata di ricordi e paure.

Quello che rientrava da scuola era suo figlio, in ragazzo tranquillo e gentile che aveva visto crescere. Quello che si allenava invece era un altro, quello che aveva visto una bambina cadere in mezzo alla strada e l'aveva ignorata, riprendendo ad allenarsi.

Trunks moriva ogni giorno su quella soglia, e su quella soglia rinasceva ogni sera.

Verso le sette Bulma sentiva quei passi avvicinarsi.

-Uff, sono stanchissimo- diceva Trunks con tono dolce apparendo in cucina-faccio in tempo a fare la doccia prima di cena?

Naturalmente c'era sempre tempo per la doccia.

-Vai pure, tanto l'acqua non bolle ancora.

Bulma calpestò una pietra liscia e il piede perse aderenza. Si ritrovo bocconi sulla neve, con il fiato spezzato dal colpo alle ginocchia. La pila rotolò via e si spense.

Trunks tastò l'aria finchè non trovò la schiena della madre. -Mamma! Ti sei fatta male?

Bulma sentì quel palmo caldo poggiarsi sul suo cappotto, un braccio amorevole cingerle la vita e issarla in piedi.

Riprese fiato lentamente.

-Sì, sto bene. Devo essermi distratta. Dov'è la torcia?

Trunks lasciò andare la madre aspettando alcuni secondi per assicurarsi che non cadesse, poi si allontanò tastando il terreno.

-Eccola- Trunks pigiò il tasto di accensione -ma credo si sia rotta...

-Fà vedere.

Bulma tese una mano nel buio e Trunks le passò la torcia.

Era proprio vero, il vetro si era rotto con l'urto sul terreno. Bulma mise la torcia in borsa.

-Mi sa che dovremo andare avanti senza. Riesci a vedere qualcosa?

Un sottile spicchio di luna brillava in cielo sopra le loro teste. Trunks guardò il cielo e poi la strada.

-C'è troppa poca luce, vedo solo qualcosa ogni tanto. Ma possiamo volare, se non hai paura...

Bulma si diede mentalmente della stupida. Ma perchè non ci aveva pensato prima?

-Ma certo! Forza, andiamo che così facciamo in fretta.

Mentre parlava Bulma fece qualche passo avanti -maledicendo le ginocchia doloranti- e si ancorò al corpo del figlio attendendo di essere presa in braccio. Volarono lentamente, attenti agli alberi e a non alzare troppo il livello combattivo di Trunks. Con i cyborg non si era mai troppo prudenti, sarebbero potuti essere ovunque.

Atterrarono davanti al cimitero e come pensavano in cancello era aperto. In quel posto non c'era più un custode da due anni, troppo lavoro per troppi pochi soldi. Trunks fece cenno alla madre di fare silenzio ed entrò di due o tre passi oltre il cancello. Restò in ascolto alcuni secondi, attento ad ogni possibile segno di una qualche presenza. Niente. Nemmeno un gufo.

Trunks tornò dalla madre e prese la pala che nel volo aveva affidato a Bulma.

-Non dovrebbe esserci nessuno. Possiamo entrare.

Bulma fece un cenno di assenso con la testa e si diresse con passo sicuro verso il Loro gruppo di tombe. Trenta tombe e destra, vicino al grande olmo. Ma si fermò prima. La tomba di Goku era subito lì, pochi passi oltre l’entrata.

Bulma guardò l’espressione fredda del figlio e deglutì con forza.

-Diamoci da fare.- disse –Non abbiamo molto tempo.

-Va bene.

Bulma vide Trunks prendere i due mazzi di fiori sulla tomba e lanciarli via in malo modo. Lo vide cominciare a scavare con movimenti meccanici, senza parlare e senza far trasparire una benchè minima reazione.

Lei invece restava lì, con la pala in mano a guardare senza riuscire a far nulla.

Perchè gli faceva così effetto?

In fondo stavano solo salvando i resti delle loro persone care, non c’era nulla di sbagliato.

Eppure...

(smettila)

il male minore...

(basta!)

Bulma lanciò uno sguardo alle altre centinaia di tombe nel cimitero. Altri mille e più fiori, altre cento e più famiglie, altri milioni e più di lacrime. Bulma si sentì stringere lo stomaco. Che le piacesse o meno, quello che stavano facendo NON era la cosa giusta.

Era il minore dei mali.

L’unica soluzione oltre non far nulla e mandare suo figlio ad ammazzarsi per proteggere i morti di qualcun altro.

Bulma sentì un tuono scuotere il cielo in lontananza. Trunks aveva già scavato tutt’intorno alla tomba di Goku e degli altri ed ora era immobile vicino a quella di Gohan. Fissava la lapide con uno sguardo che riconobbe. Lo stesso che aveva al funerale. Quel covo d’odio di chi si sente tradito e abbandonato.

Trunks passò accanto alla madre senza dire nulla. Le uniche due tombe ancora sotterrate erano QUELLE due.

Decise di lasciare la tomba di suo padre per ultima e si diresse verso quella di Gohan.

La rosa che sua madre aveva lasciato era semicongelata, di un rosso vermiglio che stava virando al violaceo. Accanto a quel piccolo segno d’affetto c’era un grande mazzo. Gigli bianchi. I fiori che Chichi aveva cominciato a coltivare nel retro di casa dopo la morte di Goku.

Trunks fissò il nome sulla lapide, e per un attimo si chiese cosa sarebbe successo se invece di dissotterrare la cassa l’avesse distrutta per sempre.

Gohan se n’era andato. L’aveva lasciato SOLO quando aveva più bisogno di lui. L’aveva protetto, in qualche modo. Ma la cosa aveva solo peggiorato la situazione.

Trunks si accorse che la madre si era scossa dai propri pensieri e lo stava fissando. Prese la pala e diede un colpo violento al terreno, facendo schizzare ovunque neve e terriccio.

Non era GIUSTO, che Gohan fosse morto. Quasi la sentiva, la voce di Chichi.

Era stata colpa sua se Gohan era morto, l’aveva fatto per proteggerlo, perchè se fosse stato per lei avrebbe smesso ormai da tempo. Gohan era morto per salvare lui, perchè lui e sua madre gli avevano inculcato in testa l’idea che era LUI che doveva farsi carico delle responsabilità che la malattia aveva strappato a suo padre.

Trunks continuò a scavare restando impassibile.

Gohan si era sentito in dovere di proteggerlo. L’aveva giudicato troppo DEBOLE, per combattere.

L’aveva giudicato debole...

Debole...

La vanga cozzò contro il legno della cassa. Un rumore sordo, che risuonò secco nel cimitero buio.

Avrebbe voluto prendere quel legno e spezzarlo e trovare quell’involucro vuoto. Avrebbe voluto svegliarsi, capire che non era vero niente.

Avrebbe voluto uccidere Gohan, piuttosto che lasciarlo morire in quel modo.

Era per questo che si allenava.

Perchè lui non era DEBOLE.

Non aveva bisogno di protezione. Di aiuto. Lui era un sayan, non un ragazzo qualunque.

Lui non aveva bisogno di NESSUNO, che lo proteggesse.

Di nessuno.

Bulma guardò Trunks allontanarsi con la prima cassa in spalla.

La tomba di Vegeta era ancora lì, l’unica intatta del gruppo, accanto al vecchio olmo come un qualcosa di diverso.

Bulma si avvicinò e spostò con cura il mazzo di fiori. Era il momento. L’avrebbe fatto personalmente, senza aiuto.

Piantò con decisione la vanga nel terreno, tenendo gli occhi chiusi nella parabola finale dell’attrezzo. Una zolla di terra, erba e neve saltò via, cadendo il là nel buio.

Un colpo dopo l’altro, non era difficile. Non c’era nulla di cui impressionarsi. Era solo una tomba, nulla più.

Bulma continuò a scavare anche quando Trunks arrivò a prendere la seconda cassa. Era quasi l’alba, il cielo si stava schiarendo pian piano. Dovevano essere le sette, forse le sette e mezza.

Bulma scavava e cercava di pensare ad altro. Pensò innanzitutto che aveva fame, che tornando indietro si sarebbero fermati da Sin a prendere una cioccolata. Poi pensò che non era certo nelle condizioni di farsi vedere in giro sudata e coi capelli bagnati dalle gocce che cadevano dagli alberi. Al massimo a casa c’erano due croissant al cioccolato, avrebbero mangiato quelli con un buon caffè.

Le gambe continuavano a tremare mentre scavava, ma perlomeno la mente vagava altrove.

Doveva andare a comprare un paio di scarponi da neve, pensò anche. Uno per lei e uno per Trunks. Poveretto, doveva avere i piedi congelati, dentro quelle scarpe.

Le braccia le bruciavano dallo sforzo, sentiva il sudore colarle sulle braccia sotto il cappotto e la felpa. Le nuvole di vapore che le uscivano dalla bocca le appannavano di tanto in tanto la vista, ma dopo una notte insonne non era in grado di dire se fosse il sonno o il vapore, a giocare brutti scherzi.

Senza rendersene conto si trovò ad aver smosso tutta la terra fino a lasciare scoperto l’intero coperchio della cassa di Vegeta.

Trunks ora le era accanto, sudato e rosso in volto.

Bulma guardò il figlio.

-Hai caricato tutto?-disse, tornando a fissare la cassa.

Trunks si tolse i guanti. –Sì, questa è l’ultima.

Una folata di vento sferzò il cimitero. Trunks era impassibile, quasi fosse lì per lavoro. Ma lei non ce la faceva.

-Ok, carichiamola-disse con voce incerta.

Trunks si piegò per afferrare la cassa e la sollevò. La portò fino alla macchina volando, Bulma lo seguì a piedi, ora che c’era abbastanza luce da vedere il sentiero.

Il furgoncino era pieno di bare, il sedile posteriore di lapidi. Quando Bulma arrivò pensò che sembravano le attrazioni di una casa degli orrori, di quelle dei lunapark.

Sarebbero potute essere vuote, se quello fosse stato un gioco.

Lei e Trunks stavano pensando la stessa cosa.

Forse Gohan non c’era mai entrato, in quella cosa.

Forse anche Vegeta, non c’era mai entrato.

Sarebbero potuti essere due pezzi di legno qualunque, senza significato.

Ma allora perchè le gambe le tremavano così forte?

Bulma fissò il figlio mentre caricava la bara di Vegeta sul furgone e chiudeva lo scomparto.

Vide anche quando le mani di lui scivolarono sulla chiusura coperta di acqua ghiacciata. Vide la bara di Vegeta scivolare fuori, con quella di Gohan al seguito.

Entrambi rimasero immobili mentre le due scatole cozzavano sui sassi, mentre una parte del legno marcio cedeva e si spaccava.

Entrambi videro, due ossa spuntare dalle due bare.

Un braccio e un cranio.

Poi Bulma non vide più nulla, tutto divenne nero.


La prima cosa che dovresti sapere prima di trovarti un posto in cimitero è che un cimitero in città non è una buona scelta, in tempo di cyborg.

La seconda è che un cimitero dal terreno troppo fertile non è MAI, in ogni caso, una buona scelta.


I cyborg distrussero il cimitero quel giorno stesso, poche ore dopo che Bulma e Trunks tornarono a casa. Dopo che Bulma riprese i sensi sul furgone nessuno parlò. Trunks aveva le pupille così piccole da sembrare capocchie di spillo. Bulma semplicemente non riusciva a pensare.

Impiegarono due settimane per trovare il coraggio si scavare le fosse dietro il frutteto e scaricare quel furgone. E altre due per anche solo accennare all’argomento durante i pranzi.

L’unica cosa che fece Bulma, appena arrivata a casa, fu prendere il telefono.

-Pronto?-disse una voce dall’altra parte, rispondendo dopo tre squilli.

Bulma prese coraggio. –Chichi, sono Bulma...

Bulma sentì la donna riflettere sul se sbatterle il telefono in faccia o no.

-Cosa vuoi?

Bulma prese un foglietto dal tavolino e lo stropicciò.

-Hai sentito la notizia dei cimiteri?

-Sì.

Il tono di Chichi era freddo e distaccato. Aveva portato i fiori due giorni prima perchè l’aveva sentito, che sarebbe successo qualcosa.

Bulma esitò. Per la prima volta dopo tanti anni, non era più sicura di nulla. Nemmeno se sapere che le tombe erano salve le avrebbe fatto piacere.

-Volevo solo dirti che io e Trunks abbiamo dissotterrato le tombe per portarle via, ora sono qui, se le vuoi portare a casa dirò a Trunks di venire a darti una mano.

Era una cosa folle, lo sapeva, ma tentar non nuoce.

All’altro capo del telefono Chichi sospirò. –Se ti dicessi di no cosa faresti?

Bulma riprese il foglietto in mano.

-Bhè, il frutteto a casa mia è grande, pensavo di seppellire di nuovo tutti lì.

-Fallo pure.

Bulma capì il sottinteso. Non c’era molto spazio vicino a casa di Chichi per seppellirli, ed essere una donna sola con due morti in giardino avrebbe fatto impazzire chiunque.

Bulma prese fiato. –Allora li seppellisco qui, non farti problemi a venire.

Seppellire l’ascia di guerra. In quel momento gli insulti che la donna aveva rivolto a lei e suo figlio le scivolarono via di dosso.

Seppellire l’ascia di guerra. Per una volta smettere i giocare a chi soffre di più.

Chichi annuì e disse che qualche volta sarebbe passata, se non distubava. Le due donne si salutarono e Bulma riattaccò.

Sentendo la notizia al telegiornale, poche ore dopo, si trovò per la prima volta a pensare al futuro. Vide donne piangere sulle macerie del cimitero.

E capì che l’unica soluzione...

(tornare indietro)

In fondo...

(tornare indietro)

Era solo...

(creare un mondo diverso)

Il male minore...

Ma era sempre meglio di nulla.


I ciliegi sono in fiore da due giorni, Alissa ti sta accanto in silenzio.

La terra ha attecchito bene, sembra quasi siano sempre stati lì.

Guardi quella lapide e poi guardi il trainer. Sullo sportello c’è la polvere.

Domani partirai, e sono due mesi che non ti alleni.

Ti senti stupido per non aver capito, per esser stato così cieco.

Vedere quelle ossa ti ha svegliato, ti ha fatto capire che essere vivi è sempre e comunque meglio di essere morti. Gohan in quella bara ha la stessa età che hai tu ora, e a questo non avevi mai pensato.

Guardando quella bara hai capito che lui non era un padre, lui era un ragazzo come te.

E che come te aveva paura.

Adesso ringrazi Gohan tutti i giorni, grazie a lui hai imparato.

Che un livello combattivo non ti renderò forte, se non lo userai per aiutare.

Guardi la tomba e poi dici ad Alissa:-I tuoi zii avevano ragione, in cortile è molto meglio che al cimitero.

La ragazza ti sorride.

E allora sai cosa fare.

Prendi il pennarello dallo zaino. Attraversi il cortile. Appoggi la mano sulla parete della macchina.

E scrivi l’unica cosa che ti viene in mente.

HOPE.


N.d.A
Questa è la concluione della storia, voglio ringraziare tutti voi che avete letto e commentato, spero che la storia vi ia piaciuta e una volta finiti i commenti anche sulla conclusione risponderò a tutte le vostre eventuali domande e commenti ^^

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