ARCADIA di yurei (/viewuser.php?uid=44038)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** LADRI ... ***
Capitolo 2: *** buona notte ... ***
Capitolo 3: *** 1° e 2° giorno ... ***
Capitolo 4: *** 3° giorno ***
Capitolo 5: *** 4° giorno ***
Capitolo 6: *** 5° giorno ***
Capitolo 1 *** LADRI ... ***
arcadia
ARCADIA
Ladri ...
Bene la sua preda era lì: bastava solo allungare un po’ le mani, fare attenzione e prenderla.
Aveva superato tutti i sistemi di
allarme con agilità e maestria. Aveva passato intere settimane
per studiare quel piano nei minimi dettagli e ora era giunto il momento
di metterlo in atto.
Quel diamante era così
splendente, con tutte le sue sfaccettature … lo chiamavano:
Arcadia. Il nome di un mondo fantastico.
Jeane era a mezz’aria tra il
piedistallo , sul quale stanziava una scatola a forma piramidale di
vetro che custodiva l’Arcadia, e il soffitto. Tutt’intorno
una rete inestricabile di allarmi.
Doveva fare la massima attenzione.
Sollevò piano la piramide
che ricopriva l’Arcadia e lentamente si tendeva per prendere il
suo gioiello, era quasi nelle sue mani quando lo vide letteralmente
sparire sotto i suoi occhi e ricomparire tra le mani di un giovane che
sorrideva divertito all’entrata di quella grande sala.
-ma che …?- Jeanne rimase
immobile qualche secondo, non aveva capito bene cosa fosse successo
sapeva solo che qualcuno l’aveva fregata.
Una sonora risata.
-tu chi cazzo sei?- fece molto
gentilmente Jeanne all’ignota figura, ma come risposta ottenne
solo un’ulteriore risata.
Poi gli allarmi suonarono. Violenti.
“cacchio, adesso come faccio?” la polizia sarebbe arrivata a momenti e lei era lì ,bloccata.
Aveva bisogno di molto più tempo per risalire …
”forza Jeanne pensa” si
diceva “su Jeanne pensa, pensa!” incitare il suo cervello a
pensare fu pressoché inutile: la polizia era arrivata.
Sentiva i cani ringhiare e le
guardie gridare e sputare le loro solite frasi da film d’azione
tipo ”sappiamo che sei lì dentro, ti conviene arrenderti!
Siamo armati!” il solito blef, o forse No,almeno lo sperava.
In ogni caso era nei guai , stavolta l’avrebbero davvero messa dentro.
E quello stupido non la smetteva di ridere … già, quel bastardo era ancora lì.
-addio cara!- fece salutando con la mano prima di andare via con il diamante .
Jeanne non fece in tempo a
rispondere in uno dei suoi soliti modi gentili che un poliziotto le
puntò una torcia sul viso. Accecante.
Chiuse istintivamente gli occhi e … fu buio.
Il soffitto era finemente decorato,
la stanza era arredata elegantemente da un armadio con un grande
specchio e un grande comò occupava lo spazio accanto al letto,
che era uno di quei letti che si vedono nelle telenovela di fine
’800 ,a baldacchino, tutto decorato.
Sembrava la suite di un albero o forse la camera di un castello.
Jeanne si alzò di scatto.
Dove si trovava?
Aspetta, qui qualcosa non quadrava.
Tentò di ricordare: stava
rubando un diamante, poi era arrivata la polizia , aveva chiuso gli
occhi e ora era in un posto lussuoso … no, i conti non
tornavano!
Sforzò i suoi ricordi
affinché fossero più precisi tentando di focalizzare
precisamente l’ultima immagine rimasta impressa nella sua testa:
un ragazzo … già quel bastardo! Era stata tutta colpa sua
se … poi improvvisamente si fece spazio tra gli altri un
pensiero: CIBO.
Bè aveva fame.
“ma perché devo mettermi a pensare al cibo in una situazione come questa? Stupido cervello sei un idiota!”
“non ti permetto di
rivolgerti a me in quel modo, bella; fino a prova contraria sono stato
io a pianificare un piano per-fet-to!”
Con chi stava parlando? Con il suo cervello ovviamente.
No, forse non così ovviamente.
“tu non sei stato capace di pensare ad un altro piano di fuga!”
“non mi piace lavorare sotto pressione!”
“ovviamente grande genio, come vuole lei …”
Mentre stava lì a fare lite con il suo cervello sentì un rumore.
Automaticamente la ragazza si
nascose sotto le lenzuola decidendo di rimandare momentaneamente il
litigio con la sua materia grigia.
La porta si aprì.
-buon giorno principessa!- un
giovane che sembrava avere circa 20 anni, con i capelli biondi e lo
sguardo beffardo apparve sulla porta e le sorrise.
-salve io sono Cristopher, voi siete …? - con fare gentile fece un inchino che ricordava i tempi antichi.
-io sono Jeanne, la Ladra Jeanne e
voi … voi … - improvvisamente il volto della ragazza
divenne praticamente bordeaux e questo era dovuto al fatto che solo
allora si era accorta di avere indosso unicamente la biancheria intima.
Si tuffò immediatamente sotto le lenzuola.
-scusami, mi sono permesso di toglierti quei vestiti logori e sporchi- fece il biondino.
-tu razza di maniaco sessuale! In che cavolo di posto mi trovo? E poi … tu hai portato via il mio diamante!! maledetto!-
-il tuo diamante? Non l’ho
portato via, l’ho rubato. Un ladro che ruba ad un altro ladro:si
chiama voglia di competizione, è molto diffusa tra noi uomini.-
-non me ne fotte un cavolo di come
vuoi chiamarla, fatto sta che tu mi hai derubato! Io rivoglio il mio
diamante e i miei vestiti!-
- D’accordo , principessa-
- smettila di chiamarmi principessa! -
-ma è divertente farlo: sei così carina quando ti arrabbi!-
-No, non sono carina. Smettila e spiegami dove mi trovo e cosa ci faccio qui!-
-bene Jeanne, ti spiegherò
come stanno le cose, quindi calmati e ascoltami. Io , come ti ho
già detto mi chiamo Cristopher e come avrai capito sono un
ladro. Dato che mi annoiavo a rubare da solo ha deciso che avrei
cercato un “compagno di lavoro”. -
- ma perché dovevi scegliere proprio me?-
- bè è un po’
che leggo notizie di tuoi furti sui giornali e ho pensato che fossi un
soggetto interessante e … noto che sei anche sexy.-
La ragazza arrossì
nuovamente chinando il viso e nascondendolo dietro i lunghi capelli
castani e lisci. Immediatamente lanciò un cuscino sul ragazzo
che rideva.
-quindi ora tu dovrai … -
Il biondino non fece in tempo a
completare la frase che la ragazza, indossando il lenzuolo come un
vestito improvvisato,si era alzata e tentava di fuggire dalla finestra
- io non farò niente e non starò qui un minuto di più!-
Tentava di aprire la finestra ma era inutile. Era bloccata.
Non ebbe il tempo di pensare ad un
nuovo piano (tutta colpa del suo cervello a cui non piace lavorare
sotto pressione)che il ragazzo le fu addosso e la ributtò sul
letto.
Le stava completamente sopra,
sovrastandola. Lei era magra e piccola, perfetta per rubare ma inadatta
a competere con la forza di un maschio.
-tu non andrai da nessuna parte-
fece il biondino guardandola con i suoi occhi nocciola. Poi
continuò- tu sei mia prigioniera e non hai vie di scampo.-
la ragazza stava per sputare
qualche altra delle sue imprecazioni quando il ragazzo le mise un pezzo
di scotch sulla bocca per impedirle di fiatare
- ti lascerò libera solo dopo che avrai accontentato una mia richiesta: portare a compimento un furto con me.-
Cristopher guardò Jeanne,
che si era rassegnata all’immobilità, e la scrutò
per indovinarne la risposta.
Non aveva molte scelte.
-allora? Accetti? Non hai scelte.-
Piano le tolse lo scotch dalla bocca per permetterle di rispondere mentre le sussurrava - non fare casino principessa-
Lei gli lanciò uno
sguardo di sfida poi voltò gli occhi altrove per fuggire ai suoi
e disse - d’accordo, ma smettila chiamarmi principessa cacchio! E
ora lasciami!-
-No-
-perché no?-
-perché è divertente! E poi non pensi sia romantico … -
-cosa?-
-il fatto di esserci incontrati nel furto dell’Arcadia: il nome di un mondo fantastico … come t e … -
-io credo solo che tu sei tutto matto.-
- … per questo tu sei la mia principessa- non l’aveva ascoltata.
- io non sono la principessa di nessuno!-
-bene principessa … o ladra
Jeanne, ora dobbiamo lavorare per organizzare il furto del secolo:
quello della gioielleria Scietsnich-
Ma perché i ladri ogni furto lo chiamano “furto del secolo”? mah.
Avevano una settimana esatta per preparare quel furto …
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** buona notte ... ***
arcadia
questo più che un
capitolo è un' appendice del primo ... spero vi siate divertite
con il primo... io attendo commenti grazie.
- bene ma ora dormiamo, sarai stanca … anche se hai dormito fino
ad ora… Ma ho una brutta notizia da darti … -
Jeanne lo scrutò attentamente temendo il peggio.
Impaziente fissava le sue
labbra attendendo un loro movimento. Poi si mossero e pronunciarono -
mi dispiace ma in questo hotel ho prenotato solo questa stanza con un
solo letto: dovremo dormire insieme.- Cristopher finse dispiacere.
-nooooooooooooo- la ragazza
lanciò un urlo seguito da circa 300 bestemmie dette in 6 lingue
diverse il tutto concluso con una domanda al cielo: - perché
proprio a me!-
Poi rivolse lo sguardo verso il
ragazzo che stava iniziando a spogliarsi per indossare un ipotetico
pigiama (lei sperava che avesse un pigiama), stava per urlare qualcosa
di inaspettatamente offensivo quando si soffermò ad osservarne
il fisico: scolpito, perfetto, degno di un ladro allenato,a quel punto
il ragazzo, semplicemente in boxer, si stava avvicinando al letto
- non tentare di avvicinarti
sporco bastardo pervertito! Non penserai davvero che dormirai con me!!
Assolutamente no e poi vuoi darmi qualcosa da mettere addosso!-
-giusto!- la ragazza era ancora
in intimo, quindi prese la maglietta che aveva appena tolto e gliela
lanciò- questo è tutto quello che posso darti-
-ma … è la tua maglietta!!- fece con una faccia schifata.
- ehi! Non ho mica le pulci o
qualcosa del genere . Mettitela! O se preferisci restare così io
non ho niente in contrario … -
Jeanne non potè
fare altro che mettere quella maglia che gli andava un po’
grandina e dormire accanto a Cristopher, decisione voluta da una
pistola puntatale contro la testa.
Dopo 5 minuti il ragazzo dormiva beatamente.
Un raggiò di sole timido
attraversò le tende di quella stanza. Era giorno. Jeanne
aprì gli occhi: Cristopher dormiva beatamente a pancia in
giù mentre con un braccio cingeva involontariamente Jeanne.
(gesto probabilmente causato da rimembranze fanciullesche di un
orsacchiotto)
Jeanne si liberò del
peso e si alzò dal letto. Si voltò per assicurarsi che il
biondino dormisse ancora. Come un angelo, perfetto.
Tentò di aprire la
porta, fece pressione sulla maniglia , la porta si aprì. Strano:
la sera precedente la porta era chiusa a chiave.
Uscì dalla stanza in
punta di piedi. Si voltò verso il corridoi. Si aspettava un
corridoio tipico di un albergo, con una moquette rossa, e fu quello che
trovò; procedette,trovò delle scale che scendevano. Al di
là del corridoio Jeanne si aspettava di trovare una hall ma non
fu così: davanti a lei c’era una semplice sala da pranzo
con annessa cucina. Qui c’era qualcosa che non quadrava, i conti
non tornavano …
Più che un hotel quell’edificio sembrava una grande casa … vuoi vedere che quel bastard- ?
Jeanne non potè
terminare di formulare il suo pensiero poiché qualcuno
l’aveva attaccata alle spalle, stringendola a sé.
Si voltò: era Cristopher che tutto sorridente fece:- ti piace? Questa è casa mia! - sembrava fiero.
Jeanne non aspettò molto prima di lasciarsi sfuggire un pugno sul suo volto e di aggiungere
-brutto bastardo!! Allora
tutta la storia del letto era una cazzata!! Io ho dovuto dormire con te
solo perché ti andava?! Sei un maniaco!!- detto ciò
ricominciò a picchiarlo.
Un bel modo di iniziare la giornata! Decisamente!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** 1° e 2° giorno ... ***
arcadia
1° GIORNO
Cristopher
prese una cartina abbastanza grande, la pose sul tavolo della cucina,
proprio accanto a Jeanne, che ancora dormiva mentre lentamente beveva
una tazza di cappuccino. Quella stanza nella quale si era svegliata il
mattino precedente era solo una delle tante del grande palazzo in cui
consisteva la dimora del misterioso Cristopher. Il biondino avrebbe
potuto chiedere ai domestici di preparare la colazione, ma quel giorno
decise di prepararla egli stesso.
Poi aggiunse fissando il foglio
-bene
, questa è la piantina della gioielleria: ci sono sistemi di
sicurezza qui, qui, qui, qui, e qui e qui … dovunque!!-
-wow-
fece Jeanne commentando con aria scocciata. Sembrava più uno
sbadiglio o un suono emesso per sottolineare la sua presenza lì
piuttosto che un segno di approvazione.
-Jeanne svegliati e ascoltami!- riprese alzando la voce il biondino- dobbiamo trovare un modo per entrare … -
-prego faccia lei genio!-
-ok
facciamo le cose una alla volta. Bisogna innanzitutto superare i
sistemi d’allarme a raggi infrarossi … tu li attraverserai
e li disattiverai.-
-ehi calmati bello! La fai facile! Mi serve un percorso prima di … -
Il
biondino le pose un dito sulle labbra indicandole di tacere poi con
l’altra mano indicò un punto imprecisato oltre quella
stanza
-ho preparato tutto di là , cara principessa-
Jeanne arrossì. Sicuramente per la rabbia: non sopportava essere chiamata “principessa”.
2° GIORNO
Jeanne
aveva passato l’intera giornata ad allenarsi in quel maledetto
percorso ad ostacoli che doveva in un certo senso riprodurre la sala
della gioielleria che precedeva il caveau e la cassaforte.
Allenarsi
ancora ancora e ancora, fino a quando non l’avesse imparato alla
perfezione. Chiuse gli occhi e ripercorse il tragitto ancora una volta
attraverso mobili e corde sospese a mezz’aria. Esecuzione
perfetta. Non urtò nulla. Si ritenne soddisfatta del suo lavoro
e della velocità con la quale aveva memorizzato il tutto e si
stese a terra stanca a fissare il soffitto e recuperare le forze.
Il
soffitto: tutto in quella casa era tremendamente lussuoso e questo la
faceva sentire a disagio anzi le provocava un vago senso di disgusto.
Le sembrava una gabbia dorata, meravigliosa ma non abbastanza da
nascondere la sua funzione primaria. Era tutta una finzione.
L’oro odora sempre di guerre e morte.
-salve principessa!-
Improvvisamente il viso di Cristopher le si parò davanti sottraendole la visuale del soffitto.
Jeanne fece una smorfia.
-allora? Hai memorizzato il percorso?-
-certo sono una professionista io, cosa credi?-
-lo so, per questo ti ho scelta, oltre che per il tuo bel faccino ^.^ -
Si chinò e le diede un bacio sulla fronte.
Jeanne ricambiò gentilmente con un cazzotto e un “che cacchio fai?”
al quale seguì un sorriso.
-bene visto che sembri così sicura di te perché non mi fai vedere?-
Jeanne eseguì senza rispondere.
Si
muoveva con agilità ed eleganza, sembrava quasi che danzasse
attraverso la stanza, sicura e decisa nei movimenti anche se aveva gli
occhi chiusi.
Ancora un esecuzione perfetta, Cristopher doveva ammetterlo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** 3° giorno ***
arcadia
3° GIORNO
Jeanne
quella mattina si svegliò, si alzò e si diresse
automaticamente verso la cucina aspettandosi di trovare Cristopher
indaffarato su quella stramaledettissima cartina invece ad aspettarla
trovò unicamente il nulla. Silenzio. Sostò immobile per
un po’ attendendo qualche movimento. Niente. Pensò di
dirigersi nella stanza del biondino immaginando che la sua sveglia non
fosse suonata e che stesse ancora dormendo. Era quello che sperava.
Anche se negli ultimi giorni sembrava che tenesse più alla
pianificazione del furto che alla conservazione della sua vita.
Pensò anche che in fondo Cristopher fosse uno stupido ragazzino
e che probabilmente quel giorno aveva preferito fare la vita del figlio
di papà che viziato pretende essere svegliato alle 11 attendendo
la colazione a letto. Ipotesi realistica e probabile. Pensò che
prima del suo trasferimento in quella dimora- prigione lui vivesse
così.
“cretina ma a che stai pensando?”
“a Cristopher …”
“a Cristopher?!?”
“si io … ahaaaaaaaaaaa cacchio! Sto pensando a Cristopher!!! Che cazzo mi passa per la testa?”
Ovviamente stava dialogando con il suo cervello …
Scacciò
dalla sua testa ogni tipo di pensiero. Grave errore: non avrebbe dovuto
smettere di pensare proprio nel momento in cui aveva trovato la stanza
del biondino vuota. Vuota, già.
“dove cazzo è andato quel cretino?”
Iniziò
a cercarlo inutilmente. Vagava a vuoto per quella grande casa che non
conosceva senza pensare, senza voler pensare. No, non doveva e non
voleva pensare. Respingeva i continui attacchi di pensieri che
suonavano forti nell’aria e sembravano far rima con abbandono,
bugia, solitudine, morte.
Il
su girovagare per la casa fu però fermato dai domestici che la
ricondussero in camera dicendole che il padrone era momentaneamente
assente e pertanto chiedendole di restare gentilmente in camera sua
assicurandole che la colazione le sarebbe stata portata in camera. A
tale sequenza di gentilezza mista a pura sottomissione ubbidiente e
dedizione al lavoro , Jeanne aveva risposto con -mi fate venire il
voltastomaco!!! Ahaaaaaa loro amano il loro padroneeee! È
inquietante! Mi fate schifo! - poi si era gettata sul letto con la
faccia contro il cuscino lottando con tutta se stessa per credere che
quel cretino era solo uscito per andare in qualche bordello.
Ore 8:00- attesa.
Ore 11:00- ritorno del padrone di casa.
Ore
11:05- il padrone di casa non saluta Jeanne che lo segue chiedendo
spiegazioni e , con viso serio, si dirige nel suo studio senza degnarla
di una sguardo.
Ore 11:10- Jeanne attende ancora. Si allena per ingannare il tempo.
Ore 13:00- pranzo. Jeanne gusta il cibo ignorando tutto il resto. Non fa domande. Cristopher non avrebbe risposto.
Ignorare i tagli sul corpo di Cristopher.
Sorrisi. Imprecazioni.
Ore
15:00- Cristopher rivolge la parola a Jeanne- scusami ma oggi non penso
riuscirò a contrarmi sul piano. Continueremo domani. Per oggi
puoi uscire di casa. Puoi anche andare via se vuoi. Non sei più
mia prigioniera, puoi anche andare via se vuoi.-
È serio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** 4° giorno ***
arcadia
4° GIORNO
Jeanne decise di restare pensando unicamente al bottino.
Il denaro era quello che le serviva per …
Quella gioielleria sarebbe stata
inespugnabile senza l’aiuto di qualcun altro. Decise di restare e
tutto riprese come sempre.
Come se non fosse accaduto nulla.
- principessina!!- era la voce di Cristopher, chi poteva essere?
- che cazzo vuoi?- questa era la finezza di Jeanne
-vedo che hai deciso di restare … -
Lei non rispose , si
limitò solo ad abbassare lo sguardo. Il biondino sorrise
decidendo di non chiederle altro per ora …
- comunque ho pianificato come
poter superare gli altri allarmi.- cristopher aveva stampato in faccia
un sorriso soddisfatto a 42 denti
bianco-smagliante-con-effetto-accecante.
- ma bravo- fece ironica Jeanne aggiungendo - bene datti da fare-
-cara, la maggior parte dovrai sbloccarli tu!-
-ovviamente!-
Il biondino si avvicinò
alla ragazza,lui indossava un maglia a mezza manica nera e dei
pantaloncini corti, indumenti che non bastavano a nascondere i tagli
che ricoprivano tutto il suo corpo, e lei finse di ignorarli. Almeno ci
provò . E poi a lei non gli fregava niente di lui, poteva anche
morire, il suo unico pensiero erano i soldi : di lui e delle sue ferite
non gli importava minimamente. Davvero?
-sai ho pensato anche a cosa dovremo indossare per essere più furtivi … -
-non preoccuparti io ho la mia tuta aderente nera.-
-si ma io ho pensato ad un
equipaggiamento molto più sofisticato e molto più furtivo
… - il biondino sembrava serio e poi Jeanne pensò che
forse fosse anche giunta l’ora di cambiare quella sua tuta logora
e vecchia. Ora lo ascoltava con attenzione immaginandosi già i
migliori equipaggiamenti che avesse mai sognato e alla fine lui
parlò, era serio …
-bene io ho pensato che potresti
indossare un body di pelle nera con bustino e frustino annessi e - a
quel punto Jeanne gli diede un forte pugno nello stomaco aggiungendo un
- col cavolo!-
Il biondino, piegato in due per
il dolore continuava a dire, implorante e con la faccia innocente: - ma
io credo che il body sia piuttosto comodo per muoversi e poi la pelle
nera serve a nascondersi meglio e il frustino … bè, non
si sa mai, può sempre servire! Soprattutto se ci sono io nei
paraggi e tu non riesci a controllare i tuoi istinti … - qui fu
interrotto da un pugno precisamente sulla bocca.
Alla fine si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere entrambi. Come due bambini. Come due vecchi amici.
Jeanne si accorse solo dopo che Cristopher nascondeva dietro la sua schiena un frustino e un bustino di pelle …
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** 5° giorno ***
arcadia
5° GIORNO
Quel giorno Cristopher fu chiamato proprio nel bel mezzo degli allenamenti …
-padre, mi ha fatto chiamare?-
La
poltrona oltre la scrivania di legno pregiato roteò su se stessa
scoprendo l’uomo sedutoci sopra. Gli sguardi si incrociarono
sfidandosi.
-sei di nuovo ubriaco?-
L’uomo non rispose, lanciò una matita contro il giovane che aveva innanzi.
Cristopher non si mosse.
La matita cadde miseramente a terra dopo essere stata debolmente lanciata oltre la scrivania.
Era ancora ubriaco. Come sempre da quando aveva trovato la moglie a letto con un altro.
-perché mi hai chiamato qui?-
-io
non sono ubriaco!- no, non era affatto convincente - e tu,
scansafatiche inutile , sei solo un peso per questa famiglia. Io
lascerò l’azienda nelle tue mani e voglio che la gestisca
al meglio.-
-non lo farò mai.- fece qualche passo in avanti.
-non preoccuparti , potrai avere tutto il denaro che desideri … -
-non
lo voglio il tuo sporco denaro! Ascoltami: io non diverrò mai
come te e non amministrerò mai questa azienda … -
-invece
lo farai!- l’uomo , di corporatura robusta ma che comunque non
nascondeva la sua età, aveva alzato la voce interrompendo il
figlio, continuando- tu sei mio figlio e in quanto tale mi ubbidirai!-
sbattè i pugni sul tavolo alla disperata ricerca di
un’autorità paterna ormai perduta.
-
no, io non sarò mai il figlio di un uomo meschino e corrotto
come te! Tu non mi hai mai trattato come tuo figlio e ogni volta ti
ricordavi della mia esistenza solo quando ti servivo per sfogarti
… - lentamente Cristopher avanzava verso la scrivania guardando
negli occhi quell’uomo e tentando inutilmente di ricordare un
solo episodio felice legato a lui.
Ci provò.
Niente.
Ci provò ancora.
Inutile.
- non hai fatto altro che picchiarmi ogni volta che tornavi a casa ubriaco! Bene allora io. Non. Sono. Tuo. Figlio.-
Ora
era proprio a 2 cm dalla scrivania, con le unghia che raschiavano il
legno pregiato. L’uomo prese un tagliacarte e lo conficcò
in una mano del figlio. Con rabbia. Fu quella la sua reazione: dopo
tanti anni l’unica cosa che sapeva fare era ancora usare la
violenza.
Cristopher non si mosse. Sentì il dolore ma quella ferita non era nulla in confronto ai tagli sul suo cuore.
Guardò
per l’ultima volta il padre giurandosi che lui sarebbe stato
diverso. Poi andò via senza aggiungere una parola.
Sulla scrivania c’era il suo sangue.
Pensò
che bastasse per accontentare suo padre, era quello che voleva in
fondo: sangue del suo sangue da mettere a capo della sua azienda, da
porre su quella scrivania.
Addio padre.
Varcò la porta di quella sala.
Lo
trafisse un solo pensiero: la mano enorme del padre che stringeva la
sua minuscola di bambino mentre attraversavano la strada che li avrebbe
condotti a quella sala. L’unica volta in cui si era sentito suo
figlio. L’unico pensiero felice.
L’aveva trovato.
Troppo tardi.
Ora era un ladro un po’ per essere diverso dal padre e forse anche un po’ per noia.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=256028
|