Say you love me, please

di Mel_mel98
(/viewuser.php?uid=316266)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Balance ***
Capitolo 2: *** Broken ***
Capitolo 3: *** Save me from... ***
Capitolo 4: *** ... something inside of me ***
Capitolo 5: *** Doubs ***
Capitolo 6: *** Impossible ***
Capitolo 7: *** Messages ***
Capitolo 8: *** The most beautiful thing ***
Capitolo 9: *** Together again ***



Capitolo 1
*** Balance ***


~~Si svegliò di soprassalto, per quella che sarà stata la settima volta, quella notte.
Soffocò in gola un lamento di dolore.
Le fitte che sentiva ogni volta che compiva anche un minimo movimento erano insopportabili.
Ma non voleva mostrare ciò che provava.
Per orgoglio?
No. La ragione per cui teneva dentro di sé tutto quel dolore era un'altra.
Era seduta sulla poltrona in fondo alla stanza e dormiva beatamente appoggiata con al testa al muro.
Jade si passò una mano sulla fronte sudata.
“Accidenti”- sibilò con un filo di voce.
Odiava gli ospedali. Con tutta se stessa.
Si sentiva soffocare, le sembrava di sprofondare nel vuoto.
Ma per fortuna, da quando aveva ripreso conoscenza, lui era sempre stato al suo fianco.
Beck aveva chiesto il permesso di assentarsi dalle lezioni della Hollywood Arts per due settimane.
Aveva davvero bisogno di passare un po' di tempo con lei.
Aveva così tanto da farsi perdonare.
E poi, sapeva che carattere aveva la sua ragazza. Se non ci fosse stato lui, avrebbe mandato a quel paese ogni infermiera di quell'ospedale. Qualcuna si sarebbe sicuramente ritrovata in testa quell'insulsa poltiglia che servivano per pranzo.
A lui piaceva stare lì, con Jade.
Adorava infilarsi nel suo letto, coccolarla, accarezzarle i capelli.
Sentire il suo respiro regolare risuonare nella stanza quando si addormentava.
Però la vedeva, la sua sofferenza.
Soffriva perché ancora non le avevano permesso di alzarsi da letto. Perché la sue gambe erano praticamente immobili, e perché, perlomeno per adesso, da sola riusciva a fare poco.
Soffriva perché si sentiva impotente, insignificante. Non voleva dipendere da qualcuno, nemmeno da lui.
Per questo lui faceva solo quello che gli era esplicitamente richiesto.
Sapeva che il modo migliore per aiutare Jade era non aiutarla fisicamente. Altrimenti sarebbe caduta in depressione.
Jade distolse lo sguardo da un punto indeterminato sul soffitto e lo posò su Beck.
Sorrise.
Era felice che lui fosse lì, non poteva negarlo.
Aveva bisogno di lui, non ci poteva fare niente.
Per tanti anni dopo la morte di sua madre era andata alla ricerca di quell'equilibrio che aveva perduto. E quell'equilibrio lo aveva trovato in lui.
L'unica persona che volesse al suo fianco.
L'unica persona capace di ascoltarla e comprenderla.
Voleva, doveva restare per sempre con lui.
Ma si rendeva conto che quei pensieri erano troppo egoisti, persino per lei.
Non poteva pretendere che Beck si rovinasse la vita solo per starle vicino.
Sapeva che prima o poi, volente o nolente, quella poltrona sarebbe diventata vuota, così come le sue giornate. Ma alla fine, era così che doveva andare.
Lei non avrebbe mai permesso a Beck di perdere l'anno in questo modo.
Però... preferiva non pensarci.
Preferiva non immaginare la notte in cui si sarebbe svegliata senza trovare nessuno nella sua stanza.
Uno schiaffo.
Una porta che sbatte.
Il rumore di un'auto che frena, poi quello di un'ambulanza in arrivo.
E poi, gente che corre, grida, parla concitatamente. Tutti la guardano, la indicano.
C'è chi la chiama, ma lei non può rispondere. C'è chi la porta via, perché lei non riesce più a muoversi.
E quel grido di dolore, di disperazione le muore in gola, non riesce ad uscire. Per quanto lei si sforzi, i suoi occhi cominciano a cedere, si chiudono lentamente.
Si abbandona con la paura nel cuore a quella sensazione, sperando con tutta sé stessa che non stia accadendo davvero.

Sempre la stessa storia.
Ogni notte, nella sua mente salivano a galla sempre le stesse scene.
E il suo cuore cominciava a battere più veloce, il suo respiro a farsi più agitato.
Aprì gli occhi, in preda al terrore.
Non ne poteva più di rivivere quell'incidente ogni volta che provava ad addormentarsi.
Senza che lei riuscisse a far niente, le lacrime cominciarono a rigare il suo volto.
Si coprì la bocca con la mano.
Si faceva pena.
Poi una mano robusta si avvicinò alla sua guancia, togliendo le lacrime.
“Ehi, ancora quell'incubo?”
Lei fece cenno di sì con la testa.
Sentì un caldo bacio sulla sua fronte “È finito adesso, non ti preoccupare”
Lasciò che il silenzio riempisse di nuovo la stanza.
“Beck... Non ne posso più. Voglio andarmene da qui.”
Lo guardò quasi supplicandolo.
“No, Jade, ancora non puoi andare via di qui.”-rispose calmo lui.
Lei si lasciò prendere da un impeto di rabbia.
“Perché! Perché! Non voglio più stare qui, basta!”- gridò strattonando le lenzuola.
Beck le prese dolcemente le mani. Cercò nel buio della stanza i suoi occhi.
“Jade, ti prometto che appena mi daranno l'ok ti porterò via di qui. Ti porterò nella mia roulotte. Sarò io a prendermi cura di te, e di quello che è successo non dovrai più preoccuparti. Ma fino a quel momento devi resistere, ti prego.”
“Va bene...”- mormorò.
Nei suoi occhi era tornato un barlume di lucidità. Ma le sue mani tremavano ancora.
“Che posso fare per te adesso? Come posso tranquillizzarti?”- fece Beck, senza aspettarsi realmente una risposta.
“Dimmi che mi ami”- la risposta arrivò poco dopo- “... per favore.”
Beck sorrise. “Ti amo”
E mentre l'abbracciava sentì un sommesso “Grazie”

“Ehi... sei sveglia...?”
“Sì... da un po'...”-disse Jade.
“Perché non mi hai chiamato?”
“Dormivi così bene... mi scocciava svegliarti”
“Mhm...”- fece Beck avvicinandosi al letto. “Tutto ok?”
Conosceva già la risposta che gli sarebbe arrivata. E sapeva anche che non era una risposta sincera.
“Sì, tutto a posto”- disse, senza troppa convinzione. “Stavo solo... pensando.”
Beck si distese al suo fianco. “E a cosa pensavi?”
“Pensavo... che domani è venerdì.”
“Jade, ne abbiamo già parlato. Non devo tornare a scuola necessariamente lunedì, posso anche...”
“È fuori discussione. Non ti permetterò di passare un giorno di più a poltrire in questa camera.”- fece lei in un tono che non ammetteva repliche.
Lui rise “Va bene, va bene!”
“Non ti voglio più tra i piedi”- continuò lei, con il sorriso sulle labbra.
“Però...”- Jade si fermò.
“Però...?”
“...Mi mancherai, Beck.”
“Sarà per poco tempo, te lo giuro.”- disse, per poi baciarla.
 

Angolo dell'autrice:
TA-DAA!
Sono tornata! Che ne pensate di questo primo capitolo?
Io sono così emozionata! Ho creato la mia prima serie... :)
Spero che questo inizio vi sia piaciuto quanto a me è piaciuto scriverlo!
Detto questo...
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Broken ***


Era sabato.
Lo si capiva dall'aria di festa che regnava nell'ospedale.
Sabato. Giorno delle grandi visite.
Bambini, nonni, zii, parenti di ogni genere affollavano i corridoi, spintonavano per vedere i nuovi nati, o per mostrare ai propri cari i regali di buona guarigione che avevano portato.
Quell'atmosfera quasi gioiosa e rilassata era riuscita ad entrare come per magia anche nella stanza di Jade.
Appena sveglia si era trovata davanti una Cat decisamente su di giri.
In effetti durante i giorni lavorativi gli infermieri non permettevano a nessuno di entrare, perciò era da un bel po' che non si vedevano.
Cat si era presentata davanti al letto dell'amica con un'enorme giraffa in mano.
“Che cos'è quell'affare?”- mormorò Jade, ancora assonnata.
“Ahahaha”- ridacchiò la rossa- “...è per te!”- e detto questo la piazzò al fianco della compagna.
La faccia di Jade era un misto di sorpresa e disgusto.
Non le piacevano troppo i peluches, forse perché le ricordavano l'infanzia.
Non le piacevano neppure le giraffe.
E anche il colore viola non le andava a genio.
Perciò trovarsi vicino ad una giraffa viola di peluches non era proprio il massimo.
Ma dopo tutto era contenta di rivedere Cat e la sua stravaganza.
 
Poco dopo erano arrivati anche André e Tori. E al loro seguito c'erano pure Robbie e Trina.
Beck aveva colto l'occasione per andare a risposarsi un po' nella sua roulotte.
“Allora... come te la passi Jade?”- iniziò André.
“Mah... come una che si è schiantata contro una betoniera”- rispose lei.
“Dai, non dire così...”- fece Tori- “...tra poco potrai tornare a casa, no?”
“Non ne sono così sicura...”- mormorò Jade.
“Perché? Quando ricominci a venire a scuola?”- chiese Cat.
“Sinceramente la scuola non era proprio nei mie principali pensieri, in questo momento...”- disse lei sarcastica, strappando un sorriso a tutti.
Era bello vedere che non era cambiata di una virgola.
 
Jade si sentiva strana. Ma era una bella sensazione, quella di avere tutti i suoi amici vicino a sé.
Sembrava tutto così... normale.
André aveva come sempre la sua fidata tastiera con sé. “Non si sa mai quando può arrivare l'ispirazione per una nuova canzone!”- disse.
Robbie se ne stava seduto in un angolo con Cat sulle ginocchia. Entrambi guardavano il perapad di Robbie e di tanto in tanto soffocavano qualche risatina.
Trina camminava avanti e indietro per il corridoio, con il telefono all'orecchio.
Jade la guardava perplessa. Non capiva per quale motivo fosse venuta. Forse l'avevano costretta.
O più semplicemente voleva cercare qualche medico o infermiere carino con cui rimediare un appuntamento.
Jade si passò una mano sul braccio, ormai pieno di lividi e cerotti.
Un pensiero, che fino ad allora era rimasto inosservato nella sua mente, venne fuori a quella vista.
“Tutto a posto?”- le chiese Tori, che l'aveva vista rabbuiarsi.
“Sembro uno scolapasta...”- fece lei piano.
“Non ti preoccupare, tornerà tutto come prima. Basta aspettare.”- rispose l'amica sorridendo.
“No, Vega, non penso sia possibile...”- sospirò Jade.
Sapeva che, prima o poi, qualcosa sarebbe successo. Sapeva che niente sarebbe stato più come prima. Lei sapeva. Ma lui ancora no.
 
 
Arrivò all'ospedale verso le quattro del pomeriggio.
Si era cambiato, lavato, riposato. Aveva finalmente dormito su un letto, dopo notti passate su una misera poltrona.
Aveva preparato il caffè e se l'era gustato a fondo. Tutta un'altra cosa rispetto a quello dei distributori nelle sale d'aspetto.
Aveva fatto con calma, tanto Jade era in buona compagnia.
Ma alle quattro non aveva resistito ed era tornato.
Sarebbe stata l'ultima notte, prima di ritornare a scuola.
Questo pensiero un po' lo preoccupava. Jade era migliorata, ma il suo carattere era rimasto lo stesso.
Non temeva tanto per lei quanto più per quelle povere disgraziate che avrebbero dovuto sopportarla... Non si poteva dire che fosse cordiale con medici e infermieri.
Scacciò quel pensiero scuotendo la testa.
Solo un paio di giorni, una settimana al massimo. Non la terranno là dentro più a lungo.
Salì le scale e arrivato a pochi passi dalla stanza di Jade, venne fermato da un'infermiera.
“Beck!”- fece questa. Ormai lo chiamavano tutti per nome.
“Eccomi. È successo qualcosa?”- disse tranquillo. Il viso della donna non sembrava preoccupato, di conseguenza lui non si allarmò.
“Ehm no no...”- disse lei, guardando i fogli che teneva tra le mani- “Ma volevo parlarti un attimo di una cosa.”
I due si accostarono al lato, per far passare due donne, dirette verso la stanza in fondo al corridoio.
“Ecco volevo sapere se tu eri a conoscenza di... questo”- sussurrò l'infermiera, scandendo bene l'ultima parola.
Porse a Beck uno dei fogli che teneva tra le dita.
Lui lo afferrò e cominciò a scorrerlo con gli occhi.
Arrivò in fondo e riprese immediatamente a rileggerlo da capo.
No. Non è vero.
Scandiva nella mente ogni parola scritta su quel dannatissimo foglio, che stringeva tra le mani.
Per la seconda volta finì di leggere.
Non sta succedendo davvero.
 
Alzò gli occhi verso la donna che aveva davanti, senza riuscire a spiccicare parola.
Lei lo guardò apprensiva. “Evidentemente non ne eri a conoscenza”
Beck non sapeva come interpretare quel tono di voce.
Lo stava compatendo?
Oppure si stava prendendo gioco di lui?
Una rabbia calda e amara stava salendo rapidamente dentro di lui.
“Che vuol dire tutto questo!?”- chiese, più a se stesso che a lei.
La donna stava per prendere parola, ma lui non aveva più intenzione di ascoltare.
Si precipitò in camera di Jade, dove avrebbe trovato le risposte che cercava.
 
Spalancò la porta.
Stringeva ancora il foglio tra le mani. Ormai era tutto piegato e mezzo accartocciato.
Era paonazzo, sembrava stesse per esplodere.
La guardò negli occhi, con uno sguardo indecifrabile.
E lei capì. Capì che adesso anche lui sapeva.
 
“Ehi Beck, che succede?”- fece Tori, abbastanza scandalizzata nel vederlo in quello stato.
“Andate via. Tutti”- disse lui tutto d'un fiato.
“Cosa? Ma che ti prende?”- esclamò André.
“Via. Ora”- sibilò guardando l'amico.
Afferrò la maniglia della porta e fece a tutti il gesto di uscire.
Ubbidirono, perché non lo avevano mai visto così. Era spaventoso.
Solo Jade non aveva paura. Perché lo conosceva.
Perché sapeva da cosa era dovuta quella ira improvvisa.
Forse perché anche lei, la prima volta che aveva letto un foglio simile aveva reagito così.
Se ne restava calma sul suo letto, tanto anche volendo non sarebbe potuta andare da nessuna parte.
E attendeva.
Aspettava di vedere che cosa le aveva riservato il futuro, questa volta.
Rassegnata all'idea che adesso lei poteva fare ben poco.
 
“Tu sapevi, vero?!”- gridò. Menomale che le pareti erano insonorizzate.
“Sì”- disse lei, guardandolo negli occhi.
“Tu lo sapevi, e non me lo hai detto.”- continuò lui, sempre più in collera.
“Esatto”- rispose lei.
“Perché? Perché Jade?”- fece afferrandola per i polsi.
Lei non smetteva di fissarlo.
Questa volta rimase in silenzio, incurante del dolore che lui le stava provocando.
“Come puoi avermi tenuto nascosta una cosa simile?!”- sbraitò infine.
“Non te l'ho nascosta. Semplicemente, non te l'ho detta.”
A questo punto Beck strappò a metà il foglio e lo lasciò cadere a terra.
Poi uscì dalla stanza, sotto lo sguardo attonito di tutti i suoi amici, che attendevano fuori di poter rientrare.
Non guardò in faccia nessuno, per non correre il rischio di dimenticare quegli occhi celesti che aveva fissato poco prima. Voleva tenerli stampati nella sua mente, almeno per un po' di tempo.
Voleva sognarli, voleva perdercisi dentro.
Perché sapeva che per rivederli di nuovo, avrebbe dovuto aspettare un bel po'.
 
 
“Ehi... tutto ok?”- fece timida Tori entrando cauta nella camera.
“Si è rotto.”- Jade guardava il soffitto.
Le lacrime bagnavano il suo volto, ma lei sembrava quasi che sorridesse.
“Di nuovo. Il mio equilibrio si è rotto di nuovo”
 
 
 

Angolo dell’autrice:
Ed eccoci qui con il nuovo capitolo!
Non vedo l’ora si sapere il vostro parere… A tal proposito ringrazio chi ha recensito il primo capitolo, e anche ci legge in silenzio! ;)
Io difinirei questo cap… misterioso… E voi?
Siete anche voi nel dubbio, o avete già capito tutto? (ciò vorrebbe dire che sono incapace nel creare la suspence… -.-’’)
A presto!
Sempre io, Mel :)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Save me from... ***


La suoneria irruppe nella stanza. Per la trecentesima volta.
Beck guardò il telefono appoggiato sul comodino.
Girò lo schermo verso di sé. ANDRÉ, c'era scritto.
Erano giorni che i suoi amici tentavano di contattarlo.
Non era rientrato a scuola. Non era passato neppure in segreteria per prolungare l'assenza giustificata.
Non era andato in ospedale dalla sua ragazza.
Si era limitato a passare le mattinate guardando il soffitto della sua roulotte.
Era uscito solo una volta, quando quel peso che aveva nel cuore aveva iniziato a soffocarlo.
 
Non aveva risposto a nessun messaggio, a nessuna chiamata.
Semplicemente aveva alzato il volume della musica nelle sue orecchie, per cercare di ignorare il mondo esterno.
Era stufo di tutta quella gente che si preoccupava per lui.
Che lo infastidiva, che lo cercava.
Era tutto a posto, no?
Che motivo avevano di agitarsi tanto per lui?
Lui stava bene. Giusto?
 
Certe volte se lo domandava.
Si ritrovava a pensare se stesse veramente bene.
Certo che andava tutto bene.
E allora perché si sentiva gli occhi gonfi, il respiro corto e il cuore scoppiare dentro il petto?
Perché non riusciva ad uscire da casa sua e andare a scuola, come tutti gli altri?
Cos'era successo?
Poi, improvvisamente, si ricordava.
L'ospedale, l'infermiera, il foglio.
La sua rabbia, la sua paura.
Gli occhi di Jade, persi dentro i suoi.
Si ricordava la voce ferma e il volto rilassato della sua ragazza. Non capiva come facesse.
Non capiva come aveva potuto non dirgli una cosa del genere.
Si sentiva tradito, in qualche modo. Ferito, perché era come sei Jade non si fidasse più di lui.
O non si fosse mai fidata veramente.
Si sentiva deluso.
Da lei, ma anche da sé stesso.
Non se ne sarebbe dovuto andare, quel giorno.
Sarebbe dovuto rimanere, se ne rendeva conto.
Ma non ce l'aveva fatta. Aveva lasciato che le emozioni prendessero le decisioni al posto suo.
 
In un attimo, si risvegliò dal suo stato di quiescenza.
In quel momento era poco più di un vegetale, per la società.
Il suo telefono squillava di nuovo.
O forse, non aveva mai smesso.
Non lo sopportava più.
Lo afferrò con rabbia.
“Smettila di chiamarmi, André”
- No, Beck. Sei andato fuori di cervello!?- fece lui dall'altro capo del telefono.
“André, lasciami in pace. Sto bene, se è questo che vuoi sapere”
- Stai bene? Non non era questo che ti volevo chiedere, perché so già la risposta! E cioè NO, amico, tu non stai affatto bene- sbraitò André.
“Senti, ma che vuoi da me? Mi vuoi fare la predica? Non ne ho bisogno!”- Beck si ritrovò a gridare contro il cellulare, cosa che non aveva mai fatto in vita sua.
Credeva che quando si hanno dei problemi ci sia bisogno di affrontarli a faccia aperta.
Che tutti gli apparecchi elettronici rappresentino solo un ostacolo per chi vuole davvero riappacificarsi.
Ma, come avrete già notato, Beck in quel momento non era del tutto in sé stesso.
André, dall'altra parte, tacque.
Era seriamente preoccupato.
- Che ti succede? Che cosa è successo in quella stanza d'ospedale?!- gridò a sua volta.
Non riusciva a capire che cosa avesse trasformato uno dei suoi più grandi amici in quello con cui stava parlando adesso.
“Non ti riguarda, André”- la sua voce si incrinò.
L'immagine di Jade, sola e sul letto d'ospedale, lo fece tornare in un attimo in sé.
Che cosa stava facendo?
Che cosa aveva fatto per tutti quei giorni?
Chiuse la chiamata. Non voleva sentire altro.
Si guardò intorno.
Raccolse da terra alcuni vestiti. Mise nell'acquaio alcune tazze di caffè ormai vuote.
Spostò una pila di quaderni, impilati vicino al tavolo.
Gli venne a mente che era da un bel po' che non mangiava qualcosa di sano.
E capì che cosa aveva fatto in tutti quei giorni.
Niente.
 
 
“Ha riattaccato”- sbuffò rabbioso André.
“André...”- iniziò Tori.
Trovava quella situazione insopportabile.
Jade, all'ospedale, faceva impazzire tutto il personale. Tori riceveva almeno quattro chiamate al giorno di lamentele delle infermiere, adesso che Beck non rispondeva più al telefono.
Beck, murato dentro la sua roulotte, faceva impazzire André che ormai stava sempre incollato al cellulare, per tentare di parlare con lui.
Andrè intanto era uscito completamente fuori di testa.
Era tutto così fuori controllo!
“A che serve dispiacersi?”- ribatté lui- “Vorrei solo fargli capire quanto siamo tutti in pensiero per lui”
Tori lo guardò con apprensione, e gli passò una mano sulla schiena, per incoraggiarlo.
“Più che altro, a me piacerebbe sapere che cosa è successo...”- fece poi lei.
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire, potremmo aiutarlo meglio se sapessimo che cosa c'era scritto su quel foglio, non credi? Fino ad adesso stiamo andando alla cieca, stiamo facendo a istinto.”
Bevve un sorso d'acqua, mentre André si faceva ad ogni parola più interessato. Forse Tori aveva un piano.
Poi riprese: “Il nostro istinto di amici ci impone di aiutarlo. Ma effettivamente non sappiamo che cosa fare, perché non sappiamo davvero quale sia il problema.”- fece un'altra pausa.
“E quindi? Sono stato a sentire tutto questo ragionamento per scoprire che non hai assolutamente nessun piano?!”
“In un certo senso, un piano ce l'ho. Tu adesso vai da Beck. Ti metti davanti alla sua roulotte. Cerchi di farlo uscire, di parlare con lui.”
“Wow, come se non ci avessi già provato...”
“Sì, ma non ci hai mai provato di persona. Hai sempre usato il cellulare. Prova ad andare da lui. Fagli capire quanto sei disposto a fare per aiutarlo!”- esclamò Tori.
“Mhm... forse hai ragione. Posso provarci, dai... Ma tu? Che cosa farai tu?”
“Io vado da Jade. Non siamo certo amiche del cuore, ma proverò a capire qualcosa in più in questa situazione ingarbugliata.”
“Stai rischiando grosso... potrebbe lanciarti dietro il vaso di fiori che ha sul comodino!”- rise André.
“Beh, spero di essere abbastanza veloce da schivarlo!”
E detto questo si allontanarono, in direzioni opposte.
Anche se erano le due, e avevano ancora le lezioni pomeridiane da seguire.
Adesso, avevano qualcosa di molto più importante, nella lista delle cose da fare.
Aiutare, o forse salvare, due amici in difficoltà.
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Salve a tutti! Ok, diciamocelo: questo capitolo dice tutto e non dice niente…
Nel senso che ho voluto tenervi sulle spine un altro po’ e che per sapere chiaramente che cosa sarà mai successo dovete aspettare il prossimo capitolo (sì ve lo giuro, l’ho già quasi scritto e lì il “mistero” potrà dirsi risolto…).
Ma forse voi già qui avete capito… o forse no?
Beh, fatemelo sapere, le recensioni sono sempre ben accette.
Adesso voglio ringraziare chi ha recensito il secondo capitolo, ma come sempre anche chi legge in silenzio…
Spero che questo cap vi sia piaciuto quanto a me è piaciuto scriverlo (non ci posso fare nulla, adoro descrivere Beck in versione depressa!) ;P
A presto…
Mel

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** ... something inside of me ***


Andava a venti all'ora, quasi velocità di crociera.
Sembrava avesse improvvisamente paura che l'acceleratore gli mangiasse il piede.
Ma forse, la sua paura era un'altra.
Sì, aveva paura di quello che sarebbe successo, una volta arrivato alla roulotte di Beck.
Sarebbe uscito?
Avrebbero finalmente parlato come persone civili?
O gli avrebbe intimato di allontanarsi, incrinando ancora di più la loro amicizia?
André scosse il capo.
No, non ci stava.
Non voleva perdere un amico come Beck.
Leale, sincero, simpatico.
Era intelligente e brillante. E tutte queste caratteristiche le metteva in ogni cosa che faceva.
André lo ammirava. Come attore, come fidanzato, come persona.
Non tutti (meglio dire quasi nessuno...) riescono a stare con Jade.
Oddio, c'era da dire che lui stesso qualche anno prima si era preso una bella cotta per lei.
Ma da lì a dire di fidanzarsi.... anni luce.
 
Parcheggiò poco distante. Aveva voglia di fare due passi, prima di iniziare il “combattimento”.
Calciò un sassolino, che andò a sbattere contro la ruota della sua auto.
Più che si avvicinava, più che si sentiva agitato.
Poi, quando svoltò nella via di Beck, rimase sorpreso.
Lui era lì, fuori dalla roulotte.
Seduto su una sedia di legno, affiancato da un'altra vuota.
I due si guardarono per qualche secondo.
Un silenzio carico di tensione calò tra i due.
“Ti stavo aspettando”- disse piano Beck, spostando il suo sguardo su un punto indefinito della strada.
André sorrise e mise via mentalmente i guantoni.
Non c'era bisogno di combattere.
***
 
Camminò fino all'ospedale.
Entrata, le ci vollero tanta pazienza e una decina buona di minuti, perché la facessero passare.
Ma alla fine era lì.
Davanti a quella porta, che in quel momento temeva di aprire.
In un attimo si dimenticò tutti i suoi propositi, tutte le sue buone intenzioni.
Voleva semplicemente allontanarsi da lì. Tornare a scuola, magari.
Perché Jade era un terno al lotto.
Avrebbe potuto accoglierla a braccia aperte, come spingerla di sotto dalle scale.
Specialmente se era di malumore.
Poi si ricordò di Beck, di André. E allora girò la maniglia, con il cuore in gola.
“Speriamo solo che non sia troppo nervosa”- pensò.
 
“Tori... Fai la timida?”
Jade era seduta sul letto. Aveva i capelli legati in una coda di cavallo.
Era pallidissima, come sempre del resto.
Ma quel mezzo sorrisetto che aveva sulle labbra indicava che era completamente tornata in forze.
“No... Aveva paura di disturbarti..”- si affrettò a risponde lei.
“Ma come facevi a sapere che ero io? Non avevo ancora aperto la porta...”- disse poi, accomodandosi sulla sedia accanto al letto.
“Non lo sapevo infatti...”- rispose Jade- “Ma un po' ci speravo...”
Tori sorrise.
Forse quella era la sua giornata sì.
Ma per affrontare l'argomento del foglio doveva fare attenzione.
Si ricordava la reazione dell'amica quando Beck era uscito in quel modo, qualche giorno prima.
“Allora... Ti vedo bene... Sai già quando ti dimettono?”- iniziò.
“Nel fine settimana, tra sabato e domenica. Ma so che non sei qui per chiedermi questo, Vega”
Tori rimase interdetta.
L'aveva scoperta subito.
Le opzioni erano due: o lei era una totale frana come agente segreto, oppure Jade era un autentico mostro. Probabilmente entrambe le cose.
“Hai ragione, non sono qui per questo”- disse infine, quasi sottovoce.
“Sei qui per il foglio, vero?”
“No, cioè sì... insomma! Vorrei semplicemente sapere che cosa è successo!”- esclamò.
***
 
“Beck...”
“Scusami André. In questi giorni ti ho ignorato, ti ho trattato male, quando tu volevi solo aiutarmi. Mi dispiace di averti fatto stare in pensiero.”- iniziò Beck.
Si vedeva che era seriamente dispiaciuto.
Da come muoveva freneticamente le mani, da come non riusciva a tenere fermi i pedi.
“Ehi, amico è tutto a posto adesso... Scusa se sono stato troppo insistente, forse avevi solo bisogno di stare un po' da solo per rimettere in chiaro le idee...”- André si fermò un attimo- “Perché adesso è tutto a posto, vero?”
“Non lo so... sto bene adesso, però... c'è ancora quella sensazione che mi tormenta, che non mi dà pace...”- fece Beck sconsolato.
“Ti va di raccontarmi cosa è successo con Jade?”- azzardò.
Beck girò la testa verso il suo amico.
Prima di parlare fece un gran sospiro. Segno di quanto lo preoccupasse l'argomento che stava per affrontare.
***
 
“Perché vuoi sapere che è successo?”
“È per Beck... non è tornato a scuola, risponde controvoglia e in malo modo al telefono... Siamo preoccupati per lui.”- disse Tori.
“E credi che sapendo che cosa ha scoperto potrai aiutarlo meglio, giusto?”- fece Jade guardandola.
“L'idea più o meno sarebbe quella...”- sempre meno convinta.
Jade infilò una mano sotto il suo cuscino.
***
 
“André, si tratta di Jade.”- iniziò Beck.
“Che vuoi dire? Sta ancora male per via dell'incidente?”
“No no, per quello pare sia tutto a posto... però...”
“Beck, così mi fai preoccupare da morire...”- sussurrò l'altro.
“André, Jade è...”
***
 
Jade tirò fuori un foglio.
Prima lo osservò lei stessa, sorridendo amaramente. Le faceva sempre quell'effetto.
Poi lo rivolse verso Tori.
Lei si coprì la bocca con la mano.
Non ci poteva credere.
***
 
“...È incinta, André. Jade è incinta.”- detto questo si prese la testa tra le mani.
“C...cosa?!”- esclamò l'altro, che intanto tentava di digerire la notizia- “Cosa hai detto?!”
***
 
“Sì, Tori, sono incinta. E non fare quella faccia per favore.”- disse Jade, alzando le sopracciglia.
Tori prese tra le mani quel pezzo di carta.
La sua ecografia.
Una piccola macchia bianca su uno sfondo nero.
Sentì il suo cuore battere un po' più velocemente.
Era incinta.
Portava dentro di sé un'altra vita.
In quell'incidente Jade ne aveva rischiate due.
La sua e quella di quel piccolo fagottino informe.
Tori lesse piano quello che c’era scritto.
Erano entrambi sani e salvi, magari un po’ ammaccati, ma sostanzialmente il piccolo stava bene.
Non avrebbe voluto, ma una lacrima solcò il suo bel viso.
Sì, il bambino stava bene, ma Jade?
Sapevano benissimo entrambe che prima di riuscire a camminare di nuovo avrebbe dovuto aspettare mesi.
E in più c’era stata la reazione di Beck pochi giorni prima.
Adesso capiva come si sentiva la sua amica.
Era distrutta, sia dentro che fuori.
E per la prima volta Tori sentì il bisogno di aiutare lei, invece che Beck.
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Salve salve! Allora?! Che ne pensate?
Ve l’aspettavete, eh?
Vabbé… Adesso il mistero è stato risolto ma… Che cosa farà Beck?
Ancora un po’ di tempo e lo scoprirete!
Grazie mille davvero per aver letto e… alla prossima!
A presto!
Mel

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Doubs ***


“Beh… questa è una notizia spiazzante”- convenne infine André.
Si fermò un’attimo ad osservare l’amico.
Era ovvio che avesse paura di quello che sarebbe successo di lì a poco.
Aveva appena compiuto i diciotto anni, certo il suo principale desiderio non era quello di cambiare pannolini e passare intere notti insonni.
Era arrabbiato con Jade, e non gli si poteva dare torto. Avrebbe dovuto dirgliela, una cosa del genere.
Scoprire di stare per diventare padre così non è proprio il massimo.
Padre.
André personalmente non sapeva dare un vero e proprio senso a questa parola.
Era da un bel po’ che non vedeva i suoi.
Ormai erano quasi tre anni che viveva da sua nonna.
Non che questo gli dispiacesse, in fondo la adorava.
Però qualche volta avrebbe tanto voluto passare un po’ di tempo con i suoi genitori, raccontargli dei suoi amici, della scuola, dei suoi desideri per il futuro.
Sarebbe bastato alzare il telefono e digitare quel numero. Ma era passato troppo tempo, e non era sicuro di riuscire a parlare con loro con la semplicità e spontaneità di una volta.
 
Capiva il dolore, la frustrazione di Beck.
Ma c’era qualcosa che gli sfuggiva.
Lui, tipo calmo e pacato, quel giorno era proprio uscito fuori dai gangheri.
E per ritrovare la “pace interiore” gli ci erano volute due settimane.
C’era un particolare, qualcosa di insignificante, che André non aveva ancora avuto il tempo di prendere in considerazione.
Poi capì, sgranando gli occhi.
“Beck, ma a che mese è Jade?”
 
Colpito e affondato.
Quello sguardo diceva tutto.
“Quarto. Trai un po’ te le conclusioni”- rispose quello, cercando di mantenere un atteggiamento distaccato. Cosa che non sembrava riuscirgli troppo bene.
Quarto. Vediamo… Maggio, aprile, marzo… febbraio.
“Beck! Ma voi all’inizio di febbraio vi siete lasciati!”- esclamò André.
“Esatto”
Già, si erano lasciati poco prima di San Valentino.
Entrambi quel giorno non avevano fatto altro che evitarsi.
La tensione nell’aula di Sikowiz si tagliava a fette col coltello.
André rabbrividì a quel ricordo.
Quel giorno gli occhi di Jade gli erano sembrati più freddi e taglienti del solito.
Venne risvegliato dai suoi pensieri dal contatto con la mano di Beck: “Capisci André qual è il problema? Potrebbe… potrebbe non essere figlio mio. Lei potrebbe aver trovato qualcun altro e…”- Beck si interruppe, senza avere il coraggio di andare avanti.
“Andiamo, Jade la conosciamo entrambi, e tu meglio di me: lo sai che l’unica persona che è capace di amare sei tu. Non ha frequentato nessuno dopo che voi avete rotto, ne sono certo!”- esclamò André, sempre più scandalizzato.
Troppe rivelazioni, troppi dubbi tutti insieme.
“E allora come lo spieghi il fatto che non me ne ha parlato, eh?!”- gridò l’altro.
Seguì un attimo di silenzio.
“Scusami, ti prego”- sussurrò poi Beck.
“Smettila di scusarti. Stai passando un brutto momento, ti capisco.”- fece André comprensivo.
Beck sospirò: “È che… che la amo ancora. Da morire. È che non posso fare a meno dei suoi occhi, delle sue labbra… mi piace troppo quando Jade mi si stringe al petto, facendomi illudere di essere l’unica persona in grado di proteggerla. Mi piacciono troppo quei momenti in cui siamo da soli, in cui basta solo che i nostri sguardi si incontrino, e ci capiamo subito al volo. E adesso rimpiango anche le sue sfuriate, la sua gelosia ossessiva.”
“Ti manca”- sentenziò l’amico, sapendo che non avrebbe potuto dire altro in quel momento.
“Sì. E pensarla tra le braccia di un altro, o peggio, mi fa impazzire. Vi viene una voglia matta di…”- disse, tirando un pugno all’aria.
“Non sarebbe più semplice parlarne con lei?”- azzardò alla fine André.
“No. Non ce la farei nemmeno a finire il discorso”
“Ma Beck, prima o poi dovrai scoprire la verità, non credi?”
“Non ora, e neppure domani. Non ce la farei. Per adesso mi basta ricominciare ad andare a scuola, smettere di mangiare schifezze del fast food, magari studiare un qualsiasi copione di un qualsiasi spettacolo. Per ritornare ad essere semplicemente me stesso, Beck Oliver”- disse convinto.
André sospirò, alzando un sopracciglio.
Si stava semplicemente nascondendo.
Come gli struzzi, che nascondono la testa nella sabbia, quando si sentono minacciati.
Non avrebbe risolto niente, facendo finta che fosse tutto a posto.
Ma perlomeno aveva intenzione di ritornare a scuola.
Sempre meglio che passare le giornate a deprimersi nella roulotte.
“Va bene amico… come vuoi tu. Quindi domani ti aspetto alla caffetteria come sempre, che ne dici?”
Beck sorrise.
Sì, aveva bisogno di vedere i suoi amici, di ricominciare a vivere.
“Ci sto… alle 7.30, ok?”
“Perfetto… Non farmi aspettare troppo, mi raccomando!”- disse l’altro alzandosi- “Io vado, per domani ho un sacco da fare…”
“Bene…”- rispose Beck mentre i due siscambiavano il loro saluto, per poi voltarsi per rientrare in casa.
Proprio mentre stava per salire si fermò e si voltò verso André, già incamminato verso la sua auto.
“André!”- gli gridò.
Lui si girò.
“Grazie!”
André sorrise: “Io non ho fatto niente! Sta a te decidere come andranno le cose, d’ora in poi!”- e ricominciò a camminare.
 
 
Seduto nella sua auto, digitò velocemente il numero di Tori.
Aveva bisogno di confidarle la sua scoperta.
- Pronto?- rispose poco dopo lei.- André?-
“Sì Tori… sono riuscito a parlare con Beck, finalmente… e ho scoperto che…”
- Che Jade è incinta… già, l’ho scoperto anche io…- sospirò lei.
“Già ma come… Non mi dire che te lo ha detto lei stessa!”- esclamò André.
- Sì, proprio così…-
“E non ti ha lanciato niente contro?!”- sempre più sorpreso.
- Esatto-
“Niente imprecazioni o offese?!”
- Niente di tutto questo, tranquillo. Anzi, penso che non vedesse l’ora di parlarne con qualcuno!-
“Da non credere…”- sussurrò lui.
- Eh già! Ma adesso che sappiamo che cosa è successo, dobbiamo pensare a come aiutare il loro rapporto! E io ho già in mente qualcosa…!-
André se le immaginava, con il sorriso sulle labbra.
Aiutare gli altri era lo sport preferito di Tori Vega.
Sì, era un po’ impicciona, ma lo faceva sempre a fin di bene. E a lui piaceva aiutarla.
“Sì Tori, però prima devo chiederti una cosa… Per caso Jade ha specificato se il figlio è di Beck o no?”- domandò.
- No, non gliel’ho chiesto… Ma perché me lo chiedi?-
“Beck pensa che lei possa averlo tradito, diciamo… Anche se non si potrebbe definire proprio tradimento, perché loro si erano lasciati, no?”
Tori stette un attimo in silenzio, pensando.
- Ma che si è messo in testa! Qui nessuno ha tradito nessun’altro, ok?- fece con voce convinta.
“Sì, lo penso anche io però…”
- Eccoci… però cosa?!-
“Non trovi strano il fatto che non abbia detto niente? Insomma, sono stati insieme all’ospedale per due settimane e lei non ha minimamente accennato l’argomento… forse Beck potrebbe avere ragione…”
- No- rispose forte lei- Ti sbagli André.-
“Tori, lo spero… Non ce li vedo proprio quei due, uno lontano dall’altra.”
- È proprio per questo che devi aiutarmi a riavvicinarli!”- continuò Tori.
“Va bene, va bene… dai, dimmi il piano”- disse André, pronto ad uno dei suoi soliti piani impossibili e complicatissimi.
- Jade esce dall’ospedale sabato pomeriggio, lo ha saputo oggi. Dice di non voler tornare a casa sua, ma che andrà da Cat-
“Mi sembra una buona notizia, no? Ma in quale parte del piano entro in scena io?”
-André, dammi un secondo!- sbuffò la ragazza- Allora, come dicevo, sì è una bella notizia, ma dovrà comunque stare per un po’ sulla sedia a rotelle e tu lo sai, Jade si metterebbe a strisciare piuttosto che sedersi lì sopra.-
“Sì, hai ragione… ma continuo a non capire che cosa devo fare…”- fece lui perplesso.
- Tu devi convincere Beck a venire all’ospedale. Sarà un’occasione in cui si riavvicineranno, potranno parlare e riappacificarsi.- disse entusiasta Tori.
“Tu la fai semplice! Gli ho già proposto di parlare con Jade, ma Beck non ne vuole sapere per ora!”
- André inventati qualcosa, convincilo in qualsiasi modo, ma fallo! Non possiamo perdere quest’occasione! Adesso scusami, ma devo andare, Trina mi sta chiamando… Probabilmente vorrà farmi ascoltare la sua ultima canzone… dai l’in bocca al lupo alla mie orecchie!”
“Ahahaha”- rise André- “In bocca al lupo, care orecchie di Tori!”- fece.
- Le mie orecchie ti ringraziano… E adesso vedi di spremerti le meningi e di trovare un modo per convincere Beck!- e detto questo la telefonata si concluse.
 
André si lasciò sprofondare nel seggiolino.
Non avrebbe potuto affidargli compito più difficile.
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Buonsalve (?) a tutti voi!
Come va? Io alla grande, ho scritto l’ennesimo capitolo che vi farà scervellare per un po’…
Ahahah… sì, avevo voglia di infilare dentro alla storia un altro piccolo mistero… Voi che ne pensate? Scrivetemelo nelle recensioni!
Ringrazio di cuore quelli che hanno recensito il cap precedente… GRAZIE <3
Ma apprezzo anche tutti coloro che preferiscono rimanere in silenzio….
Detto questo, penso di aver farfugliato abbastanza, vi saluto e vi mando un bacetto :-*
A presto!
Mel

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Impossible ***


“Buongiorno! Ma guarda un po’ chi abbiamo qui? Ben tornato!”
Esclamò Sikowiz vedendo entrare Beck nella classe.
Lui sorrise leggermente, poi andò a sedersi al suo solito posto.
Avrebbe voluto André al suo fianco, ma quest’ultimo venne prepotentemente portato via da Tori, che lo strattonò per la manica della giacca.
“Allora, gli hai parlato…?”- sussurrò.
“Ma certo che no! E come avrei dovuto fare, secondo te? Ci siamo visti solo stamani per colazione!”- esclamò lui, ma contenendo la voce. Non voleva certo farsi sentire.
La lezione passò velocemente.
Sikowiz era uno spasso, come sempre.
I suoi esercizi, uno più strambo dell’altro, erano riusciti a far dimenticare a Beck tutti i suoi problemi.
Si sentiva più leggero, più rilassato.
Sorprendentemente, si trovò a sorridere un sacco di volte, senza che se ne rendesse davvero conto.
Ma c’era qualcosa che lo impensieriva.
Tori ed André non avevano smesso un attimo di parlare tra loro sottovoce, guardandosi furtivamente intorno. Più volte gli era sembrato di sentire il suo nome, nei loro discorsi.
Ma aveva preferito non pensarci.
Per adesso l’unica cosa che voleva davvero fare era recitare.
Per questo, quando il prof, alla fine della lezione gli chiese: “Ehi Beck, ho finito ieri di vedere i provini per lo spettacolo del semestre. Ti andrebbe di provare la parte del protagonista?”, esplose di gioia. Non vedeva veramente l’ora.
Poi Sikowiz, fattosi più vicino, gli sussurrò: “Sai, nessuno mi ha convinto davvero…”- e gli fece l’occhilino.
Si vedeva da lontano che era stato informato dell’accaduto. Forse non proprio nei dettagli, ma sapeva eccome.
Era piacevole il modo in cui cercava di tenere alto il morale di Beck.
Lui gli era davvero riconoscente.
 
“Ma certo!”- esclamò il ragazzo.
“Bene! Ecco il copione!”- disse Sikowiz, porgendogli una pila di fogli tutti stopicciati.
“Ehm… posso provare adesso?”
Il professore rimase un attimo interdetto. Poi gridò: “Questo è lo spirito giusto! Ma certo, prego ti cedo il palco, emozionaci con il monologo a pagina 13!”
I due si scambiarono di posto.
Beck scorse velocemente quelle righe, e subito visualizzò la scena nella sua mente.
Ce l’aveva nel sangue, la recitazione.
Inutile dire che il monologo uscì fuori benissimo.
 

“Adoro il fatto che, dopo aver passato una giornata con te, possa ancora sentire il tuo profumo sui miei vestiti. E adoro il fatto che tu sia l’ultima persona con la quale voglio parlare prima di addormentarmi la notte. Non è che mi senta solo, e non c’entra il fatto che sia Capodanno. Sono venuto qui stasera perchè quando ti rendi conto che vuoi passare il resto della tua vita con una persona, vuoi che il resto della tua vita inizi il prima possibile.”

L’applauso fu inevitabile.
 
“Allora ragazzi…”
“Oh Beck, sei stato fantastico! Avrai sicuramente ottenuto la parte!”- esclamò Tori, una volta fuori dall’aula.
“Oh beh, sarebbe fantastico… Ma…”- fece lui.
“Ma cosa?!”- fece André, già super agitato. Non aveva proprio voglia di mettersi a discutare con Beck per la storia di Jade, adesso che sembrava aver raggiunto una fase di equilibrio.
Ma purtroppo…
“Sbaglio o ho sentito il mio nome pronunciato almeno una decina di volte da voi, prima in classe?”
“Ehm… certo, stavamo parlando della tua performance di poco fa…”- mormorò André, ormai tutto sudato per l’agitazione.
Poi sentì una gomitata di Tori arrivargli alle costole.
Lei si affrettò ad aggiungere: “Sì beh, ma io e André stavamo parlando anche di un’altra cosa… non è vero?”
“Ah sì, e che cos’è?”- disse Beck.
André sarebbe voluto scappare, pur di non pronunciare quel nome.
Tori, di conseguenza, fu costretta a caversela da sola: “Beh vedi… ieri sono stata all’ospedale.”
Il ragazzo si rabbuiò un poco: “Continua”- disse.
“Jade viene dimessa domani pomeriggio, pensavo che…”
“Come domani pomeriggio?! E dove pensa di andare? A casa?”- Beck parlò senza pensare. Subito infatti si morse la lingua e rimase in silenzio.
“No, ha detto che va a stare da Cat. E probabilmente tornerà a scuola lunedì, o martedì.”- disse Tori, spiazzata dalla reazione dell’amico.
“Sì, tutto molto bello, ma che c’entro io?”- Beck tentò di darsi un tono, maledicendosi mentalmente per aver perso il controllo, anche se solo per pochi secondi.
Ma quando si trattava di Jade, era difficile recitare.
“Beh pensavo che… domani potresti andare all’ospedale con Cat, no?”
Lui non rispose.
Il mondo cominciava lentamente a cadergli addosso. Di nuovo.
Non voleva, non poteva permetterselo.
Decise di andare fuori, a prendere un po’ d’aria, a riflettere.
O forse per scappare.
Da quel nome, che gli portava alla mente tante, troppe cose.
Perché non riuscivano a capirlo? Lui voleva semplicemente tornare alla normalità.
Già, normalità.
In quel momento capì come questo fosse impossibile.
Aveva scelto di evitare il dolore, di ignorare il problema.
E cioè, detto in quattro semplici lettere, Jade.
E questo comportava di non tornare mai più alla normalità.
Poiché lei ne faceva parte.
 
“Beck! Beck!”- gli urlò Tori.
Lui si voltò, con un misto di stanchezza e frustrazione sul volto.
“Promettimi che ci penserai, ti prego”- disse Tori, avvilita.
Per tutta risposta lui fece un cenno del capo, in segno di assenso.
Poi sparì in cortile.
Tori e André sospirarono.
La loro missione si rivelava più ardua del previsto.
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Sì, lo so è un po’ corto… ma diciamo che è solo un capitolo di passaggio, il bello deve ancora arrivare…!
Comunque mi piacerebbe sapere che ne pensate… È davvero troppo cosrto?
Attenderò il vostro parere ;)
Per adesso un bacione…
A presto!
Mel

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Messages ***


“Due tacos, per favore”- disse André a Festus, l' uomo che gestiva il camion degli hot dog parcheggiato davanti alla Hollywood Arts.
Quello gli porse una scatola di plastica, contenente il suo pranzo.
“Da bere cosa vuoi?”
“Una bottiglia d'acqua gassata, grazie”- rispose il ragazzo.
Dopodiché, prese tra le mani i suoi acquisti e andò a sedersi accanto a Tori, ad un tavolo poco distante.
Lì, ad attenderlo c'erano anche Robbie e Cat.
Ovviamente di Beck neanche l'ombra.
“Mmmh! Oggi Festus si è superato! È tutto buonissimo...!”- esclamò Robbie.
“Puoi mangiare anche il mio pranzo, tanto non ho fame...”- mugugnò André , allungandogli la vaschetta di plastica.
“Agitato?”- domandò Tori.
“Puoi dirlo forte!”- disse lui- “Sono di nuovo in pensiero per Beck. Dopo stamattina non si è fatto più sentire né vedere... Chissà cosa gli passa per la testa...”
In quel momento sentì il telefono vibrargli nella tasca.
Inizialmente non gli dette troppo peso, probabilmente sarà stata una notifica del social network al quale si era da poco iscritto.
Poi però decise di dare un'occhiata.
Sgranò gli occhi, era un messaggio di Beck.
 
E se sbagliassi, André? Se facessi la scelta sbagliata?
 
Allora era questo che stava facendo. Stava pensando a cosa fare.
Beh, già che ci pensasse era una cosa buona.
Adesso avrebbe potuto digli che doveva andare all'ospedale, che era la cosa migliore per lui, per Jade, per tutti.
Ma dentro di sé sentiva che non sarebbe stato giusto.
Era un argomento troppo delicato, troppo intimo. Beck doveva decidere da solo.
 
Non so cosa deciderai di fare. Non so neppure se sarà la cosa giusta.
Ma di questo sono certo: avrai sempre i tuoi amici al tuo fianco, qualunque cosa accada.
 
 
Lesse attentamente la risposta che gli era appena arrivata.
Tipica di André. Non si sbilanciava mai troppo, preferiva stare nel mezzo.
Sorrise, stancamente.
Quella situazione lo distruggeva.
Era tutto così snervante, così faticoso.
E lui era bloccato, non riusciva a muoversi.
Decise di raggiungere i suoi amici, era stufo di starsene in piedi in un angolo.
Beck si sedette accanto a Robbie, che stava finendo il pranzo di André.
Tori non gli chiese niente, ma continuava a fissarlo con sguardo quasi supplichevole.
André tentava di farla smettere, senza grandi risultati.
Cat intanto sembrava particolarmente interessata al suo telefono.
Muoveva le dita rapidamente, sembrava un fulmine.
“Ehi, cos'hai di così interessante lì?”- chiese poi Tori, rinunciando al suo sguardo di supplica.
“C...cosa? Dove?”- rispose velocemente lei.
“Come dove?! Sul tuo telefono! Hai installato una nuova applicazione?”
“Ah, sul telefono! Sì beh devo proprio aver installato una nuova applicazione!”
Tutti sorrisero, ormai erano abituati alle risposte strambe di Cat.
“Bene, e di che applicazione si tratta?”- chiese Robbie, sporgendosi verso di lei.
“Ehm no! Non... non puoi saperlo...!”- gridò la rossa, sempre più agitata.
“E perché mai!? Dai, che se è carina la installo anche io!”- continuò Robbie.
“No, è bruttissima, orribile! Anzi, adesso la tolgo immediatamente!”- gridò ancora più forte lei, digitando tasti a caso sul cellulare.
“Ehi Cat, calmati...”- fece André, avvicinando la sua mano a quella della ragazza.
Proprio in quel momento il telefono di Cat vibrò per l'ennesima volta.
Questa scattò in piedi immediatamente, urlando: “AAAH!”
“Cat! Ma che succede! Adesso piantala!”- aggiunse Tori.
La rossa, senza badare ai suoi compagni, guardò il telefono.
Stava messaggiando con Jade.
Le capitava di farlo, a quell'ora del giorno.
Di raccontarle cosa era successo a scuola, di dirle cosa stava facendo e perché.
A Jade non è che interessasse un granché... però i messaggi di Cat le tenevano compagnia.
La rossa lesse velocemente il messaggio, ignorando la voce degli altri, che evidentemente volevano sapere che cosa stava facendo.
No, non gliel'avrebbe detto. Non con Beck presente.
 
Cat, fidati, non verrà. Lo so.
Dì a Tori che si metta l'anima in pace e la faccia finita.
Prima che glielo dica io.
 
Cat si allontanò dal tavolo, dove gli schiamazzi degli altri le impedivano di formulare una risposta decente.
Jade non doveva perdere la speranza.
Lei e Beck sarebbero tornati insieme, Cat ne era sicura.
Ma non era sicura che Jade ne fosse altrettanto convinta.
Doveva convincerla, doveva farle capire che sarebbe tornato tutto a posto.
Gliel'aveva già ripetuto un milione di volte.
E la replica di Jade era sempre stata la stessa. “Non è possibile. Niente è più come prima. Niente è più a posto.”
 
Smettila, domani verrò all'ospedale e lui sarà con me.
Credici, perché sarà così.
E tutto sarà come prima.
 
Cat inviò il messaggio, non proprio soddisfatta.
Non era brava come Tori. Non riusciva a trovare le parole giuste.
Avrebbe voluto scrivere qualcosa che lasciasse la sua amica senza parole, che la convincesse veramente.
Ma a quanto pareva quello non era il suo caso.
Perché Jade le aveva già inviato un altro messaggio.
 
Vuoi davvero che ti elenchi le differenze sostanziali rispetto a prima?
Ad esempio i chili sulla pancia, i tagli sul viso, la gamba rotta...
Devo davvero ricordarti che con quel foglio ho praticamente distrutto la vita di Beck, ogni sua sicurezza, ogni sua certezza?
No, lo so che non devo. Perché tu tutte queste cose le sai, Cat.
È inutile far finta che tutto vada bene, se non è così.
Non sarà mai tutto come prima.
C'è un bambino di differenza.
 
Adesso era Cat, quella senza parole.
Era mortificata.
Jade si era nascosta dietro la sua solita maschera, quella della Jade sicura, forte e invincibile.
Ma lei lo sapeva che dentro stava lentamente morendo.
Di paura, di dolore.
Sapeva che doveva riportarle Beck, perché ne aveva bisogno.
Ma non sapeva come fare.
Se non mandarle un altro messaggio
 
...
 
 
Angolo dell’autrice:
Ok, vi ho fatto attendere un bel po’, e mi dispiace davvero tanto, ma sono stata sommersa da tutti quei dannati progetti extra-scolastici e non ce l’ho fatta a pubblicare prima.
Spero che in ogni caso il capitolo vi sia piaciuto… Non vedo l’ora di sapere che cosa ne pensate!
Adesso scappo, ci sentiamo presto :)
Un bacio,
Mel

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** The most beautiful thing ***


Non arrenderti. Niente è dovuto,niente è scritto.
Continua a lottare.
Lotta per rendere la tua vita un po’ migliore di quella che è.
Esci dal tuo guscio, vivi la vita che hai sempre sognato.
E se quella ti casca addosso, rialzati.
Niente fa più male del guardarsi indietro e rimpiangere di non aver fatto abbastanza.
Quello che loro chiamano il destino è solo una finzione.
Un cartonato dietro cui si nascondono.
Rompilo, brucialo.
Fai di testa tua, per una volta.
 
O forse è meglio: fai di testa tua, come hai sempre fatto. :)
 
Jade sorrise, leggendo il messaggio di Cat.
Era tratto dall’ultima scena di uno spettacolo in cui avevamo recitato insieme, qualche mese prima.
Aveva ragione.
Avrebbe dovuto fare di testa sua.
Andare da Beck, tiragli un bello schiaffo.
Dirgli che lei era preoccupata e spaventata quanto lui.
Che anche lei sentiva la paura scorrerle dentro le vene.
Che lo capiva, che provava le sue stesse emozioni.
Ma poi lui le avrebbe chiesto quello che né Tori né Cat avevano avuto il coraggio di chiederle.
“Perché non hai abortito, finché eri in tempo?”
La sentiva quella domanda, detta in tono profondo e serio, risuonarle nella testa.
Già… perché non aveva abortito?
Succede a tanti di ricevere una sorpresa inaspettata (e il più delle volte anche indesiderata)
Era successo anche a sua madre, con lei.
In fretta e furia se n’era andata di casa e aveva trovato una sistemazione. Assieme a quello che sarebbe poi diventato suo padre.
Sua madre aveva faticato, ma non le era mai passato per la mente di rinunciare a sua figlia.
Perché, come le aveva sempre detto, lei era la cosa più bella che fosse mai riuscita a creare.
 
“Signorina, lei è Jade West, giusto?”- una voce di donna la riportò sulla terra ferma.
Ultimamente aveva la testa ovunque fuorché al suo posto.
“Sì sono io”- rispose.
“Bene, deve compilare questo modulo prima di iniziare. Dalla carta di identità vedo che non ha ancora compiuto i diciotto anni… ce l’ha il foglio firmato da un maggiorenne?”
Jade mosse impercettibilmente la testa.
Il foglio ce l’aveva eccome. La firma era ovviamente falsa.
Suo padre non sapeva niente di tutto quello che era accaduto. E non lo avrebbe mai dovuto scoprire.
Quando aveva fatto il test era addirittura andata a gettarlo nel cassonetto del vicino.
 
La donna prese il foglio e ne dette a Jade un altro, scritto con caratteri minuscoli.
“Puoi accomodarti là, è un po’ lungo da compilare…”
“Lo vedo…”- sibilò lei.
Due pagine piene, fronte-retro.
Si sedette in un angolo e cominciò a riempire le caselle e gli spazi vuoti.
Appena finito, consegnò modulo e penna all’infermiera.
“Sei sicura di quello che stai per fare? Non si può tornare indietro, lo sai.”- disse quella guardandola seria.
Jade rimase spiazzata. Le sembrava forse una bambina?
Certo che sapeva quello che stava facendo.
Stava per abortire.
Per togliersi quel peso dal cuore.
E voleva fare in fretta, perché l’attesa la stava rendendo nervosa.
“Certo che lo so.”- risposo fredda.
“Perché lo fai?”- continuò la donna.
“Perché mi sta facendo tutte queste domande? Che cosa gliene importa?!”- Jade cominciava decisamente ad alterarsi.
“Fa parte del mio lavoro. Devo essere sicura che tu conosca ciò che stai per fare.”
“Come dovrei fare a saperlo? Quante volte pensa che mi sia trovata in questa situazione? Ho forse altra scelta?!”- sbraitò.
“C’è sempre una seconda scelta. E tu non credo che l’abbia ancora presa in esame. Torna tra una settimana, dopo averci pensato.”
Rimase lì immobile, come una cretina.
Chi era quella per poter parlare in quel modo?!
Eppure aveva ragione. Aveva dannatamente ragione.
Lei nel profondo non se la sentiva di uccidere quella “cosa” che sguazzava nel suo utero.
Perché era fondamentalmente la cosa più bella che fosse mai riuscita a creare.
 
Jade sospirò, accarezzandosi la pancia.
Adesso iniziava davvero a vedere qualcosa. Una leggera rotondità.
Fino ad allora non si stupiva che nessuno si fosse accorto di niente.
Lei poi non aveva avuto i classici sintomi che tutte lamentano.
Niente nausea, nemmeno per sbaglio.
Niente stanchezza, almeno non più del normale.
Se ne era accorta alla terza settimana di ritardo del ciclo.
Lì per lì, si era lasciata prendere dal panico.
Ci si sarebbe voluta uccidere con quel test di gravidanza positivo.
Era rimasta almeno un’ora chiusa nel bagno. Immobile, a fissare quella riga rosa.
Piccola, graziosa, perfetta.
Per molte donne segna l’inizio di un periodo di immensa felicità.
I preparativi per la nascita, le tutine, il passeggino, le scarpine.
Per Jade rappresentava l’inizio della fine.
Lei e Beck si erano appena lasciati. Non poteva andarglielo a dire.
Sarebbe sembrata una poveraccia.
Sarebbe sembrato che volesse a tutti costi tornare con lui.
Il che era anche vero, ma aveva pur sempre un orgoglio da difendere.
E poi… lui si sarebbe sentito costretto.
E lei non era nessuno per costringerlo a fare il padre, anziché l’adolescente spensierato.
 
E così aveva deciso che quello sarebbe stato il suo segreto.
Carpe diem, cogli l’attimo.
Vivi oggi, senza pensare al domani.
Era esattamente quello che aveva deciso di fare lei.
Di fare finta di niente. Di aspettare che fossero gli altri ad accorgersene.
Avrebbe lasciato che la verità venisse fuori piano piano.
Avrebbe lasciato parlare la gente.
Poi però c’era stato l’incidente.
E con quello la verità e la consapevolezza dello stare per diventare madre le erano piombate addosso, così come a Beck.
Si ricordava il suo volto.
Semplicemente devastato da quella scoperta.
 
Certe volte, le veniva una voglia irrefrenabile di telefonargli.
Per poter anche solo sentire la sua voce.
Ne aveva bisogno.
Ma reprimeva questa voglia, la seppelliva sotto una catasta di altri pensieri.
Non poteva chiamarlo. Gli avrebbe fatto solo più male.
E lui era l’unica persona che il male non se lo meritava neppure un po’.
***
 
Sikowiz si avvicinò al tavolo dei ragazzi.
Tutti lo salutarono calorosamente.
“Ragazzi devo assolutamente andare via prima oggi da scuola, devo portare il mio criceto dal veterinario…”
“Lei ha un criceto?”- domandò Tori.
“Che carino! Lo voglio vedere!”- fece Cat, entusiasta. Adorava gli animaletti da compagnia.
“Sì, ho un criceto, e no, non puoi vederlo, perché è a casa mia adesso, in giardino…”
“Lei tiene un criceto in quel minuscolo giardino?”- esclamò André.
“Sì”- fece il prof esasperato- “Tengo il criceto in giardino, ok!? Avete qualche altra domanda da fare, prima che riprenda il mio discorso?”
“Sì”- disse Robbie alzando la mano- “Io vorrei sapere se dà al suo animale cibo biologico, perché al giorno d'oggi è importante proteggere l'ambiente, utilizzando prodotti che non hanno a che fare con ogm o sostanze chimiche...”
“Robbie, ma che c'entra?!”- fece Beck.
“Beh, volevo semplicemente un'informazione...”- disse piano lui.
Sikowiz stette un attimo in silenzio, guardando severo i suoi alunni.
Li adorava, si divertiva sempre un sacco con loro.
“Allora...”- disse infine- “Posso andare avanti?!”
“Sì, prego...ci dica, avanti”- fece Tori.
“Bene, prima di andare via volevo informarvi sulle scelte che ho fatto riguardo allo spettacolo del semestre, sono sicuro che siete curiosi, giusto?”
“Sì, da morire!”- esclamò Cat
“Immaginavo... allora: Robbie tu farai Zac, il migliore amico del protagonista. Tori e André, avete recitato parti importanti nello scorso spettacolo, per cui siete incaricati della gestione delle luci. Cat, sei alla postazione trucco e vestiti, e nel caso ce ne fosse bisogno sostituirai Trina, che fa la protagonista.”
“Come diavolo ha fatto Trina ad ottenere la parte della protagonista?!”- esclamò Tori.
“Beh, non c'era nessuno di meglio...”- rispose il professore- “E poi mi ha pagato un mese di ciambelle e caffellatte...” sussurrò.
“Adesso si spiega tutto...”- sorrise Beck.
“Ah, Beck... quasi mi dimenticavo del mio protagonista! Congratulazioni!”
Beck rise, i suoi amici cominciarono ad applaudirlo.
Effettivamente era stato davvero bravo in classe poco prima.
“Ok, dato che stasera dovrò occuparmi del criceto, non possiamo provare. Vi aspetto domani pomeriggio, d'accordo?”
“Oh beh... io domani pomeriggio sono impegnata...”- mormorò Cat pensando subito a Jade.
“Oh, non ti preoccupare, con te proveremo lunedì...”- disse comprensivo Sikowiz- “Qualcun altro ha qualche impegno?”
“Io devo portare mia nonna al corso di salsa... può darsi che arrivi un po' in ritardo...”- disse poi André.
“Bene, qualcun altro?”
 
Beck rimase lì, impietrito.
Si trovava davanti al bivio, che per tanto tempo aveva cercato di evitare.
Non voleva andare da Jade, non si sentiva ancora pronto.
Ma sapeva che se non avesse scelto lei, avrebbe rovinato ancora di più il loro rapporto.
Guardò Sikowiz negli occhi.
“Beck, tu ci sarai domani alle prove?”
Sospirò, per prendere tempo.
E poi finalmente rispose.
“Certo che ci sarò. Non ho nessun problema.”
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Ed eccoci qua, sempre più vicini al finale. Ancora un capitolo e dovremo dire conclusa anceh quesat ff (ma niente paura, potrebbe sempre essercene un’altra, chi lo sa?)
Allora? Ve l’aspettavate?Beck ha fatto la sua scelta... e adesso? Beh, spero di avevi sorpreso e di avervi reso desiderosi di leggere il prossimo cap.
Bene, se così è stato, non avete che da attendere, il finale arriverà a breve.
Adesso vi saluto… Bye bye!
A presto
Mel ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Together again ***


Il silenzio inonda la sala.
Le luci si spengono.
L'attenzione è tutta per il palco, tutta per lui.
Il pubblico tace, in trepidante attesa.
E lì in ultima fila, c'è anche lei.
Lui lo sa. Lo sente.
Sente quegli occhi di vetro puntati su di lui. Solo e soltanto su di lui.
Lo spettacolo inizia. Parte la musica, poi gli effetti speciali.
Lui recita, ma non si sente a suo agio come al solito.
Perché, quando c'è Jade nei suoi pensieri, è difficile recitare.
 
Aprì gli occhi, in preda al panico.
Seduto su una sedia dietro le quinte, cercò con gli occhi l'orologio.
17.30. Altri venti minuti, prima di andare in scena.
 
Calma, mantieni la calma.
Ma perché diavolo sono così agitato oggi?
Neanche fosse il primo spettacolo che faccio.
Però... e se dimentico le battute, se mi blocco?
No, questo non succederà.
Potrebbe succedere solo se lei fosse lì tra gli spettatori.
Ma non verrà, ne sono certo.
Come io non sono andato a prenderla in ospedale, lei oggi non verrà a vedere la prima.
Occhio per occhio, dente per dente.
È giusto così.
È così che deve andare.
Eppure vorrei che ci fosse. Vorrei che fosse lì, a guardare.
Vorrei che mi mettesse davanti alla realtà, perché io da solo non ci riesco.
 
“Beck, in scena!”
Il ragazzo cercò di farsi coraggio, come meglio poteva.
Un passo avanti all'altro, dritto verso il palcoscenico.
Sorrise sentendo gli applausi della gente.
Si voltò verso di loro, pronto per iniziare.
E poi...
Lei era lì. In ultima fila, sulla sedia a rotelle.
Proprio come nel suo sogno.
Beck si dette furtivamente un pizzicotto sul braccio. No, non era affatto un sogno.
Rimase lì, bloccato.
Era venuta davvero.
Non sapeva che fare.
Ridere, piangere. Gridare.
Perduto nel suo mondo, o meglio nello sguardo della sua ragazza.
Perché quella era ancora la sua ragazza.
Sua e di nessun altro.
 
“Beck... Beck, la prima battuta è tua!”- sussurrò Trina.
La prima battuta? Lui si era già dimenticato di tutto.
Così fece la prima e unica cosa che gli venne in mente.
Un bell'inchino al pubblico.
Poi uscì.
Era inutile continuare a fingere.
Non ce l'avrebbe mai fatta ad arrivare alla fine dello spettacolo.
“Beck, Beck, ma dove vai?”- sibilò quella.
Nessuna risposta. Lui era già fuori, seduto sugli scalini. Il suo posto preferito.
 
Jade sbuffò.
Beck aveva proprio perso la testa.
E sapeva che in parte era colpa sua.
Era l'ora di dargli una bella scrollata.
Fece dietrofront, ruotando abilmente la carrozzina.
Oramai era diventata espertissima. Ma desiderava comunque abbandonarla al più presto.
Riuscì velocemente ad aprire la porta, rifiutando puntualmente tutti gli aiuti che le venivano offerti.
Non aveva bisogno di nessuno di loro, lei.
Attraversò l'atrio in qualche secondo.
E si fermò esattamente di fronte a lui.
“Allora, attore dei miei stivali… Che si lascia un pubblico così, con un palmo di naso?!”
 
Beck sorrise debolmente.
Lei si avvicinò un po'.
“Sono io che ti ho ridotto in questo modo. So di averti fatto male. Ma così mi uccidi Beck. Ti ho davvero ferito a tal punto da non essere più in grado di fare la cosa per cui vivi, cioè recitare?”
“La recitazione non è la mia vita. La mia vita sei tu.”
Si guardarono negli occhi.
“Beck io... non volevo trascinarti in tutto questo.”- mormorò Jade.
“Perché non è figlio mio, giusto?”- fece mogio lui.
Jade alzò un sopracciglio. Adesso capiva un sacco di cose.
“Sei uno stupido.”- disse senza mezzi termini
“Come prego?!”- fece lui di rimando.
“Avresti potuto chiedermelo subito, e ci saremmo risparmiati un bel po' di seghe mentali.”
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire che sì, certo che è figlio tuo. Davvero credevi che mi fossi messa con qualcun altro?”
Beck si sentì sollevato.
Sì, quella era ancora la sua Jade.
“No, non fino in fondo”
Lei sorrise. Con uno sforzo immane si alzò e si gettò tra le braccia di Beck.
Lui la accolse teneramente, baciandola sulla fronte.
Quanto gli era mancato quel contatto.
“Jade... perché non me lo hai detto?”- disse dolcemente.
“Perché ci eravamo appena lasciati... ti avrei costretto a diventare padre, senza magari che tu lo volessi.... Mio padre è stato costretto. E guarda che razza di uomo è diventato.”- disse, senza guardarlo in faccia.
Lui la strinse più forte.
“Ti prometto che io non sarò come tuo padre. Però non ti posso negare che ho una paura folle”
“Io non ho paura, invece”- disse sicura Jade.
“E come mai, sentiamo...”
“Perché adesso sono nel posto giusto per poter crescere un bambino.”
“E dove, sui gradini della scuola?!”- rise lui.
“No, scemo!”- lei gli dette un pizzico sul naso- “Tra le tue braccia.”
Beck sorrise, finalmente di felicità.
La amava davvero.
Amava il fatto che riservasse solo a lui quel suo lato dolce e sensibile.
Amava i suoi occhi, la sua bocca.
Amava quel suo modo di mantenere la calma, che dava l'impressione che avesse tutto sotto controllo. Anche quando non era affatto così.
Beck infilò la testa nell'incavo del suo collo, e lasciò che per una volta fosse lei ad accarezzargli i capelli.
“Che cosa posso fare per tranquillizzarti?”- gli sussurrò Jade.
“Dimmi che mi ami”
“Ti amo, anzi ti amiamo, perché siamo in due.”
Beck alzò la testa.
E la baciò.
Come se fosse l'ultima volta, o come se fosse la prima.
 
“Dimmi qualcosa che ti piace”
“Che mi piace o che amo?”
“Che ami”
“Te”
 
 
Angolo dell’autrice:
Ebbene sì, sono una romanticona, non ho resistito….
Che ne dite di questo finale? Spero vi sia piaciuto, io comunque sono abbastanza soddisfatta.
Non vedo l’ora di scoprire che cosa ne pensate…
Che dire… da un parte sono un po’ triste che sia finita… Ma potrei sempre ritornare all’attacco, no?
Adesso vi saluto…
Ci vediamo presto, con qualche altra idea che mi passerà per la testa!
Sempre io, le vostra Mel

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2567322