How to save a life.

di Layla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La gatta e il criceto. ***
Capitolo 2: *** 2)Los Angeles-Londra: un biglietto di sola andata. ***
Capitolo 3: *** Epilogo: Bambi è vivo e sta bene. ***



Capitolo 1
*** La gatta e il criceto. ***


1) La gatta e il criceto.

Hyde park è sempre stato il mio posto preferito dove riflettere.
Quando le cose andavano male a casa mia – e succedeva spesso con un padre che ama la bottiglia più della famiglia – o le mie compagne mi prendevano in giro.
Loro giravano con le calze di nylon sotto i calzini prescritti dalla divisa e si accorciavano le gonne, io invece ero costretta a non indossarle e a tenermi la mia vomitosa gonna color grigio topo ben sotto il ginocchio.
All’epoca ero una ragazzina mingherlina, con le trecce e senza un filo di trucco, mia madre non mi permetteva nemmeno di farmi le sopracciglia o strapparmi i baffi.
Era una all’antica mia madre – penso lo sia tutt’ora, anche se non abbiamo più rapporti da anni – e diceva che ogni cosa andava fatta a un’età ben precisa e per lei quindici anni erano troppo pochi per baloccarsi con la depilazione. O almeno fu quello che disse a me.
Capite bene come a quindici anni stessi spesso in questo parco a pensare a come facesse schifo la mia vita e a come non avessi strumenti per cambiarla, risparmiavo su ogni cosa perché a diciot’anni me ne volevo andare, ma tre anni mi sembravano dannatamente troppo lunghi.
E poi conobbi lui e i tre anni si accorciarono decisamente.
Lui è John Simon Ritchie, mia madre lo definiva un poco di buono da cui stare alla larga, era il figlio di una tossica che non ce l’aveva fatta a tenersi nessuno dei due mariti.
Quando lo incontrai la prima volta però mi sembrava più un tizio che aveva bisogno di un abbraccio che un teppista,   perché aveva l’aria di non averne ricevuti molti in vita sua.
Chiudo gli occhi  e il ricordo del nostro primo incontro mi invade.

{È un merdoso pomeriggio di dicembre. Fa un freddo che ti toglie la pelle dal corpo e mia madre ancora non mi lascia mettere le calze di nylon perché per lei sono sconvenienti.
Immagino che non sappia che non ci sono ragazzi che fanno la fila per spiarmi sotto le gonne ed è stato inutile tentare di farglielo presente, ha chiuso frettolosamente l’argomento e ha cominciato a pulire energicamente la finestra del salotto.
Mia madre è fatta così, più le cose vanno di merda, con mio padre che beve un giorno sì e l’altro pure, più lei si mette a pulire a fondo un appartamento squallido che già scintilla più che può.
Sto facendo avanti e indietro su un’altalena cigolante – per sfogare il  mio nervosismo – guardando con aria assente le luminarie.
“Posso?”
La voce maschile che mi parla mi fa trasalire.
Johnny Ritchie che parla a me?
“Certo che puoi, non ho mica comprato l’intera merdosa struttura.”
Lui scoppia a ridere smettendo poi per evitare che si trasformi in tosse.
Indossa un vecchio giubbotto di pelle e dei jeans laceri.
“Scusa, ma la mia vecchia non perde molto tempo a sistemarmi i jeans e cose del genere.”
“E la mia preferisce avere un figlia con un principio di ipotermia piuttosto che lasciarmi mettere delle calze.”
“Come ti chiami?”
“Katherine Anderson.”
“John Ritchie.”
Io mi esibisco nel mio miglior ghigno sarcastico.
“Io ti conosco, sei famoso a scuola. Dicono che non sai seguire una lezione senza farti buttare fuori.”
“Non è colpa mia se sono fottutamente noiose.”
“Hai ragione.”
Lui mi guarda incuriosito.
“Pensavo che una come te mi avrebbe fatto la predica.”
Io scoppio a ridere divertita.
“L’unica ragione per cui mi vedi così è perché mi obbliga mia madre e se provassi a ribellarmi il mio vecchio mi spedirebbe all’ospedale conciata come un colabrodo.”
“Merdosa la vita, la mia è una tossicomane.”
Lentamente iniziamo a parlare di noi e delle nostre vite e mi accorgo che è un tipo a posto, matto come un cavallo, ma sostanzialmente a posto. È migliore di quelli che mia madre chiama buoni partiti perché lui non trasuda ipocrisia da tutti i pori.
Se deve dirti una cosa te la dice dritta in faccia e questo l’ho  capito dopo averci parlato un paio d’ore.
“Ehi, Johnnie, posso fare una cosa?”
“Uhm, certo.”
Continua a fumare tranquillo, io invece raccolgo tutto il mio coraggio e lo abbraccio. La cosa lo coglie di sorpresa perché lascia cadere la sigaretta appena iniziata nel fango.
“Perché?”
“Uhm, sembri uno che ha bisogno di un abbraccio.”
Lui mi regala un sorriso vero e poi mi scompiglia i capelli.}

Da allora non ci siamo mai lasciati, se così si può dire.
Abbiamo iniziato a legare parecchio e circolavamo tranquillamente insieme anche a scuola, non c’è nemmeno bisogno di dire che da allora nessuno ha più osato disturbarmi.
Johnnie è sempre stato magro, ma nelle risse ci sa fare e poi aveva una reputazione da teppista che lo precedeva come un’ombra lunga.
In realtà ha un cuore d’oro ed è forse per questo che siamo diventati amici e poi qualcosa di più.
È stato due anni fa quando aveva appena incontrato John Lydon ed era appena diventato Sid Vicious. Sid come il suo criceto, Vicious perché Johnny credeva che quel criceto fosse maligno.
Non ho ancora capito chi dei due si sia scelto il nome peggiore, se Sid Vicious o Johnny Rotten.
Non ha importanza, so solo che due anni fa mia madre venne a sapere che avevo fatto amicizia con un poco di buono e sollevò un polverone.
Io però quella volta non me ne ero stata buona a sentire le sue sfuriate, il giorno dopo mi ero comprata una tinta rosso sangue e avevo tinto i miei capelli.
Quando mamma la vide svenne quasi e mio padre urlò che o mi toglievo quel colore da puttanella entro il giorno dopo o potevo considerarmi fuori casa.
Ho scelto il colore da puttanella e ho riempito una borsa e uno zaino con le cose che più mi servivano.

{Ok, alla fine ce l’ho fatta.
Sono diventata come Sid, a forza di stare con lui sono diventata una mezza teppista anche io e, per Dio, la cosa non mi dispiace.
Ero stanca di stare in quella casa, ora devo solo sperare che Sid e John mi vogliano come coinquilina, non riescono a farsi durare un lavoro più di una settimana, ma in qualche modo pagano sempre l’affitto a fine mese.
Cammino tra la folla di gente che torna a casa ricevendo parecchie occhiate, i miei capelli si notano, come i jeans stracciati, il giubbotto di jeans e gli anfibi.
In ogni caso ben presto mi trovo nel quartiere squallido dove vive Sid, spero di stare simpatica a Johnny perché io lo apprezzo davvero.
Suono il campanello e mi viene detto di salire, aprono la porta e io inizio a salire le scale: puzzano di cavolo e cipolla. L’appartamento dei ragazzi è all’ultimo piano e l’ascensore non funziona, così mi tocca fare le scale a piedi con la borsa che sbatacchia sulle mie gambe e le cinghie del mio vecchio zaino di scuola che mi tagliano le spalle.
Suono il campanello e Sid mi apre, indossa una canottiera e un paio di jeans, nonostante fuori faccia freddo e il riscaldamento non mi sembri al massimo.
“Ehi, Kat! Come mai qui?”
Io abbasso gli occhi.
“I miei mi hanno sbattuto fuori casa e non so dove andare. Potrei…”
Prima ancora di finire la frase mi ritrovo avvolta dal suo abbraccio e io mi abbandono sul suo petto magro lasciandomi andare a un breve pianto isterico.
Finito quello, mi guida nell’appartamento e chiude la porta, Johnny arriva dalla cucina con i suoi capelli rossi da irlandese irti.
“Ehi, Kitty Kat. Cosa ci fai qui?”
“Vivrà da noi, i suoi l’hanno sbattuta fuori.”
Johnny scuote le spalle.
“Sì, mi sta bene. Contribuirai anche tu all’affitto, ma per stasera abbiamo solo minestra di pollo per tutti.”
Io annuisco e mangio un misero piatto di minestra senza discutere, poi mi offro di lavare i piatti, poco importa che siano quelli di una settimana, cosa di cui mi rendo conto non appena metto piede in cucina.
Finito, guardo un po’ la tele con loro e poi Johnny se ne va a letto, l’ha preso come garzone un fornaio. Sid invece mi accompagna in camera sua, cambia le lenzuola e mi cede il suo letto.
“Sei sicuro?”
Dico un po’ a disagio.
“Posso dormire sul divano.”
“No, è scomodo. Stai tranquilla.”
Io mi metto a letto, ma non riesco a dormire e a un certo punto sento dei gemiti. Scalcio via le coperte e vado in salotto, come pensavo è Sid che fa casino. Lo tocco: il corpo è gelato, ma la fronte scotta.
Quel cretino ha la febbre e non me l’ha detto, penso in un impeto di tenerezza. Gentilmente lo scuoto e lui mi guarda con i suoi occhioni scuri, liquidi e gonfi di sonno.
“Katie, cosa c’è?”
“Hai la febbre, Sid. Devi dormire nel tuo letto.”
“E tu?”
“Posso dormire con te?”
Gli chiedo rossa come un pomodoro.
Lui mi accarezza una guancia.
“Richiedimelo.”
“Posso dormire con te?”
“Mi piace questa domanda e la risposta è ovviamente sì.”
Con un po’ di fatica si trascina in camera sua e si stende a letto, io vengo attirata sul suo petto non appena tocco il letto.
È la prima volta che sono così vicina a un ragazzo, ma è piacevole: mi sento protetta tra le sue braccia.
Sorridendo, mi addormento.}

Da allora non ci siamo più separati, Sid è stato il primo ragazzo con cui ho dormito e il primo con cui ho fatto sesso.
Penso sia quello perfetto per me nonostante tutti i suoi difetti e spero sia un buon padre, perché sono incinta ed è esattamente il motivo per cui sono qui sdraiata sull’erba asciutta a guardare le nuvole che si inseguono in cielo.
Aspetto un figlio da lui e non so come dirglielo.

{Mia madre ha sempre detto che fare l’amore fuori dal matrimonio è un peccato, ma a me non sembra proprio. Anzi.
Sento le ondate di piacere che si susseguono ogni volta che Sid entra in me. Raggiungo l’orgasmo chiamando il suo nome e poco dopo lui fa lo stesso e ricade ansante su di me.
Ora la stanza è piena solo dei nostri sospiri, lui si è alzato un attimo per togliersi il preservativo e buttarlo nel cestino e poi è tornato a letto. Immediatamente sono finita sul suo petto, lui gioca distratto con i miei capelli rossi e sorride.
“Ehi, Kat.”
“Sì?”
“Ti va di essere la mia ragazza?”
“Sì, assolutamente sì!”
Rispondo sorridendo.
“Mi piaci da un sacco di tempo.”
“Anche tu, da quando ti vedevo a scuola con le tue trecce, la gonna troppo lunga e l’aria incazzata.”
Io seppellisco la faccia nel suo petto per non fargli vedere che sono arrossita.
“Sei sicuro di volermi come ragazza? Potrei distrarti dalla tua musica e Johnny mi ucciderebbe.”
“Sicurissimo e sono sicura che non ti metterai in mezzo tra me e la musica.”
“Sì, non lo farò. Mi divertono i vostri concerti.”
“Allora, vieni a quello di sabato. Sembra che ci sarà qualcuno di importante, forse il tempo delle minestrine è finito e finalmente direi. Iniziavano a starmi sul cazzo.”
Io rido.
“Anche a me, comunque verrò.”
Fuori nevica, è sera e Johnny è fuori, scommetto in qualche pub ad ubriacarsi. Io mi abbandono lentamente al suo tocco, al suo giochinare con i miei capelli e mi addormento.}

Non mi sono mai messa tra lui e la band, tranne forse adesso con questa gravidanza indesiderata. Sono sempre andata ai loro concerti, li ho sostenuti  e ho festeggiato con loro quando finalmente qualcuno si è accorto di loro.
Non sono il massimo come tecnica, ma incarnano benissimo la voglia di ribellione, John e Sid soprattutto, benché lui suoni con il basso non attaccato all’amplificatore. Poco importa, è l’energia che mette sul palco che coinvolge e fa venire voglia di saltare.
Questo è quello che gli viene meglio e che li rende speciali: tutti i ragazzi a cui la vita gira storta si riconoscono in quei quattro.

{Il concerto è finito e io sono saltata in braccio a Sid, Johnny ride, dice che sembro un koala.
Stiamo ancora battibeccando allegramente quando un uomo in giacca e cravatta si avvicina a noi, sorridendo.
“Siete voi i Sex Pistols?”
“In persona”
Gli risponde Johnny con il suo solito ghigno impertinente.
“Bene, perché potrei darvi la possibilità di diventare molto famosi.”
Lui e Johnny si mettono a discutere sui dettagli dell’incontro e un fremito di elettricità percorre l’aria: forse ce l’hanno fatta.
Quando l’uomo se ne va del ghigno di Johnny non c’è più traccia, c’è il sorriso di un bambino a cui hanno detto che il Natale arriverà una settimana prima.
“Forse potremo incidere un disco ragazzi!”
Immediatamente si scatena una selva di ululati di gioia, Sid mi bacia.
“Che carini!”
Commenta la voce di una ragazza, mi volto e mi trovo davanti una bionda. I suoi occhi dicono che non è affatto contenta di vedere Sid con una ragazza.
“Chi sei?”
Le chiedo poco gentile.
“Nancy Spungen, eroinomane e zoccola di professione.
Sparisci, bellezza. Qui non c’è bisogno di te.”
Lei se ne va furiosa, chiaramente umiliata dalle parole di Johnny.
Io sento le vibrazioni del pericolo continuare a mandare segnali. Temo che questa non sarà l’ultima volta che la vedrò.}

Non è stata l’ultima volta, Nancy ha provato con costanza a togliermi Sid e non ci è mai riuscita. Non sono una che molla facilmente, soprattutto quando ci sono in gioco le cose a cui tengo come Sid.
Non voglio che lui cada nel gorgo dell’eroina per colpa sua, soprattutto ora che sono incinta, anche se non ho idea se vorrà occuparsi o meno del bambino.
Forse siamo tutti e due troppo giovani e incasinati per averne uno, ma tant’è, ormai il piccolo o piccola sta crescendo nella mia pancia.
Mia madre sarebbe stata favorevole all’aborto, io no: non avrei mai il coraggio di liberarmi del frutto del mio amore per Sid.
“Tutto bene?”
Una voce maschile si fa sentire e il suo proprietario si siede accanto a me.
“Sid! Come hai fatto a trovarmi?”
“So dove vai quando hai bisogno di pensare e credo che tu abbia bisogno di pensare e molto.”
Il mio corpo si copre di sudore freddo improvvisamente.
“Cosa vuoi dire?”
“Che ho trovato un test di gravidanza in bagno e dubito che appartenga a Johnny.”
Io sospiro.
“Sì, hai ragione. Ho bisogno di pensare e molto perché… io…. Sono …. Incinta.”
Le parole mi escono a stento, ho una paura folle che se ne vada e mi lasci da sola, con i miei problemi  e casini, per seguire la band.
Mi aspetto della collera sul suo bel viso, inaspettatamente sorride.
“È mio, vero?”
“Ovviamente.”
Rispondo piatta.
“Ti capirei se non volessi prendertene cura, siamo giovani e tu hai la band…”
“Sh! Non dire cazzate!
Kat, è bellissimo!”
“Davvero?”
Per tutta risposta mi fa alzare e mi prende in braccio facendomi fare una giravolta.
“Sarò padre!”
“Sei sicuro? Non è una responsabilità da poco!”
Lui sorride di nuovo.
“Lo so!”
Poi mi rimette a terra e abbassa gli occhi.
“L’unica cosa per cui sono dispiaciuto è che non potrò esserci per tutta la gravidanza, solo per il parto.”
Lo guardo senza capire.
“Ci hanno organizzato un tour negli Stati Uniti, volevo chiederti di venire con noi, ma dato le tue condizioni  è meglio che tu rimanga a casa.”
Io annuisco.
“Sì, ma Nancy ci sarà.”
“Ma chi se ne frega di quella vacca,non mi piace per niente.
Io ho te e il bambino e non so di che farmene di lei e della sua eroina.”
Mi prende per mano.
“Andiamo a casa? Così daremo la notizia a zio Johnny.”
Io scoppio a ridere, John Lydon è l’ultima persona che chiameresti zio, rischieresti di prenderti un pugno in faccia e i suoi pugni fanno dannatamente male. Se Sid è stato coinvolto in poche risse, Johnny è il campione mondiale delle beghe del quartiere, nessuno sano di mente lo disturberebbe.
Prima dell’uscita del parco c’è una bancarella che vende crepes, io afferrò il polso di Sid e lo faccio fermare.
“Me ne prenderesti una?”
Gli chiedo gentilmente, lui annuisce.
La tizia che ce le vende ci guarda con sospetto, non credo le piacciano un ragazzo con i jeans stracciati e una vecchia canottiera bianca e una ragazza dai capelli rossi con una gonna troppo corta e una maglietta troppo strappata.
Mangiamo la crepes mentre torniamo a casa, il traffico è sostenuto come al solito e si è alzato un vento freddo. Io alzo lo sguardo al cielo e – come al solito – minaccia pioggia.
“La prossima volta che devi riflettere su qualcosa ti conviene scegliere un posto all’asciutto,  l’estate è finita.”
Io annuisco.
“Non riesco mai a rendermi conto di quanto passi alla svelta, ormai siamo già a settembre.”
Arriviamo alla villa in cui adesso abita il buon vecchio Johnny Rotten infreddoliti e stanchi, a tutti e due piace macinarsi Londra, ma oggi abbiamo sbagliato completamente abbigliamento.
Lui viene ad aprirci, indossa una maglia nera e ha in mano una bottiglia di Jack Daniels, i suoi capelli sono un casino come al solito.
“Spero abbiate una buona ragione per essere venuti a disturbarmi mentre mi stavo rilassando.”
Io lancio un’occhiata alla sua bottiglia.
“Oh, il tuo fegato ci ringrazierà.”
Ci sediamo tutti al tavolo del salotto, Johnny ci guarda interrogativo.
“Allora, piccioncini?”
“Kat è incinta.”
Lui trasalisce violentemente, poi si alza dalla sedia e si piazza davanti alla mia, le braccia aperte.
Io lo abbraccio.
“Per la Madonna, che notizia! Cristo, se sono felice per te, Sid.
Questo vuol dire che non ci seguirai nella terra dello zio Sam.”
Io sorrido.
“No purtroppo, rimarrò qui nella cara vecchia Inghilterra a lievitare come una torta mal riuscita.”
"Vado a prendere dello champagne e dei bicchieri.”
“Vengo anche io.”
Lo seguo in cucina e chiudo la porta, facendo attenzione a che Sid non se ne accorga.
“Cosa vuoi dirmi Kat?”
“Devo chiederti un favore, Johnny.”
“Spara.”
“Io non ci sarò e non potrò tenere d’occhio Sid, per favore tienilo lontano dall’eroina e da Nancy Spungen.”
“Eroina e Nancy sono sinonimi.”
“Lo so, per questo te lo chiedo e non ti chiedo di farlo per me, ma per il bambino che porto in grembo, non voglio che nasca orfano di padre.”
“Non voglio nemmeno io, perché è una vera merda.
D’accordo, terrò d’occhio Sid. Nella band non circola ero e cercherò di tenere lontana quella vacca di Nancy. Quanto cazzo la odio!”
“Non dirlo a me.”
Prendiamo lo champagne e torniamo di là, dove brindiamo al nuovo Ritchie in arrivo.
Io sorrido, ma dentro di me ho paura.
Riuscirà mio figlio ad avere un padre?

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Capitolo 2
*** 2)Los Angeles-Londra: un biglietto di sola andata. ***


2)Los Angeles-Londra: un biglietto di sola andata.

 

Lasciar partire una persona che ami non è facile, nonostante le duecento rassicurazioni che ti fa.
Veder partire Sid non è facile, lui è Johnny in questi anni sono diventati i miei punti di riferimento, senza di loro sarei persa.
E ora mi ritrovo a essere senza di loro e con un bambino che cresce nella mia pancia, ho paura di non riuscire a  far fronte a tutto.
Sid mi ha giurato che ci sarà per il parto e io gli credo, so che non mentirebbe su una cosa così importante. In questi pochi giorni prima della partenza mi ha riempito di piccole premure che ho molto apprezzato, mi mancheranno quando lui sarà negli Stati Uniti a tentare di convincere i ragazzi yankees incazzati con il mondo che il punk è un buon modo per sfogare la rabbia e uno stile di vita alternativo a quello a base di erbe degli hippies.
L’ultimo giorno sono particolarmente agitata e lui se ne accorge, dopo cena mi chiama accanto a sé sul divano, ha in mano un lucchetto.
“Che ci fai con quel lucchetto in mano?”
Gli chiedo curiosa, lui me dà in mano,
“Aggancialo alla collana.”
Mi indica la sua vecchia collana d’argento, è l’unico ricordo che ha del padre naturale, non del reverendo che sua madre ha sposato quando era piccolo.
Io eseguo un po’ titubante, chissà cosa avrà in mente…
Finito, prende le chiavi, apre la finestra del nostro appartamento e butta le chiavi in strada.
“E con questo significa che sono tuo, perché il lucchetto rappresenta il mio cuore.”
I miei occhi diventano lucidi all’istante e qualche lacrima scende.
“Ehi, volevo metterti di buon umore, non farti piangere!”
Esclama, sedendosi accanto a me e prendendomi le mani tra le sue.
"Non sto piangendo perché sono triste, ma perché sono felice! È la migliore cosa che mi abbiano detto in tutta la mia vita.”
Lui sorride sollevato e mi abbraccia.
“Sh! Non piangere e sorridi, insieme siamo invincibili!”
Io sorrido.
“Hai ragione.”
“E adesso, forza! Vieni a letto che domani devo essere sveglio presto.
Quei figli di puttana avrebbero potuto trovare anche un volo un po’ più tardi.”
Io rido divertita e lo seguo nella nostra camera, accendo le lucine di Natale che ci sono sul letto e mi sento meglio. Non so perché, ma la combinazione Sid+luci mi fa sempre stare bene.
Ci buttiamo sul letto, lui con violenza – tanto che rimbalza un pochino  sul materasso – io più piano per via della mia pancia.
Ci mettiamo sotto le coperte e mi attira a sé, ha un’aria stanca visto che ha passato tutto il giorno a preparare bagagli e a discutere con Johnny, che non è molto convinto di questa cosa. Secondo lui Malcolm McLaren li sta solo sfruttando per avere soldi e popolarità e loro glielo stanno lasciando fare come dei babbi. Sid lo ha lasciato parlare per un po’, poi gli ha detto di smetterla di rompere i coglioni e comportarsi come una di quelle ambientaliste isteriche, figlie dei fiori del cazzo.
Johnny ha alzato gli occhi e se n’è andato.
“Sai, credo che Johnny abbia ragione. Lui vuole solo fare soldi su di noi e credo di essere il cavallo su cui ha appena puntato un grossa somma.”
“E perché glielo lasci fare?”
“Per il bambino, ci servono soldi e se il suo vecchio deve fare il pazzo su un palco per averli, lo farà.”
“Oh, Sid!”
“Siamo seri. Ho analizzato le possibilità da quando mi hai detto che sei incinta, non posso chiedere soldi a mia madre, perché – a quanto mi ha detto il reverendo – ha ancora la brutta abitudine di spenderli tutti in eroina. Ho provato a fare duecento lavori e non sono stato capace di tenermene uno, non so nemmeno suonare il basso: solo fare un po’ di scena.
Se è questo che devo fare lo farò.”
“Non esagerare, ho visto che hai messo delle lamette in valigia. Non farci nulla di estremamente stupido.”
“Tornerò vivo, te lo prometto.”
Nel dirlo si tocca il lucchetto, io sorrido.
Lentamente ci addormentiamo tutti e due.
Il giorno dopo è un casino, la vecchia sveglia di Sid suona in ritardo, così facciamo appena a tempo a fare colazione, caricare i suoi bagagli nella mia macchina e poi volare all’aeroporto.
Quando arriviamo Johnny sta già camminando avanti e indietro, come fa sempre quando è incazzato.
“Dove cazzo sei stato, Sid?
“Scusa, la sveglia ha suonato in ritardo.”
“E non hai i soldi per comprartene una nuova?”Gli urla esasperato.
“Scusa, ma Kat è incinta e sto cercando di tenere da parte più soldi possibile per lei e il bambino.”
Johnny si passa nervoso una mano tra i capelli rossi già irti e gli scompiglia ancora di più.
“Va bene, va bene.
Adesso andiamo.
Ciao, Kat!”
Mi abbraccia.
“Ricordati la promessa!”
Gli sibilo io, lui annuisce.
“Buon tour negli Stati Uniti!”
Dico sorridendo.
Loro mi salutano e si avviano verso le partenze internazionali, io li guardo fino a che non scompaiono dalla mia vista. Spero che vada tutto bene, spero che Nancy non ce la faccia a ottenere Sid e che lui non faccia cose troppo pericolose con quelle lamette.
Esco dall’aeroporto, su Londra cade una pioggia sottile che mi mette tristezza, con i soldi che Sid mi ha lasciato dovrei riuscire tranquillamente a pagare l’affitto, ma ho bisogno anche di un altro lavoro.
Chiederò in giro se a qualcuno serve una cameriera e potrei dare ripetizioni, in fondo a scuola ero piuttosto brava.
Entro nella mia macchina e accendo il riscaldamento, non sono passati venti minuti e Sid mi manca già, metto in moto sospirando.
Saranno due mesi molti duri per me.
Arrivo a casa mia e mi butto sul letto dalla parte di Sid avvolgendomi nelle coperte che sanno di lui. Ho bisogno di un lavoro, ma ci penserò domani, ora mi manca troppo per fare qualsiasi cosa e poi ho sonno.
Mentre dormo non sentirò la sua mancanza.
Forse.

 

Due settimane dopo le cose non sono molto migliorate.
Lavoro in un pub come cameriera e do ripetizioni a due ragazzini delle medie, alle loro madri non vado particolarmente a genio, ma loro sembrano stimolati a dare il meglio di sé dai miei capelli rossi e dalla rosa tatuata sulla mia spalla.
Adesso si vede persino la pancia e una delle madri, una volta, mi ha preso in disparte.
“E così sei incinta.”
Mi ha detto.
“Il tuo ragazzo lo sa?”
“Certo che lo sa.”
“E ti aiuta?”
“È all’estero per lavoro.”
“Ti ha mollata.”
“No.”
Ho precisato impaziente.
“È fuori per lavoro, ora posso andare?”
Lei mi ha lasciato andare, poco convinta, ma a me non interessa, basta che mi tenga il lavoro.
Un sera a settimana Sid mi telefona, parliamo di un po’ di tutto quello che ci succede, ma lo sento strano. Un giorno devo riuscire a parlare con Johnny e capirci qualcosa.
Una volta, mentre stavo lavorando al bar, sono capitate due amiche di Nancy.
“Ehi, è la ragazza di Sid!
Mi sa che non lo sarai più per molto, Nancy te lo prenderà.”
Ho dovuto fare appello a tutto il mio autocontrollo per non cacciarle via.
Una sera finalmente riesco a parlare con Johnny.
“Ehi, Rotten! Come vanno le cose?”
“Parecchi pomodori e qualche fan. Non male, comunque.
Sid è al centro dell’attenzione.”
L’ultima frase è detta in modo piuttosto strano, non mi piace.
“Cosa vuoi dire?”
Gli chiedo brusca.
“Beh, ecco. Non so se è una cosa adatta a una donna incinta.”
“Dimmelo, John.”
“Sul palco si taglia. Si è inciso “Give me a fix” sul petto durante un concerto a Memphis, l’hanno dovuto ricoverare e Nancy non ha mai smesso un attimo di stargli dietro.”
Io stringo i denti, vorrei avere tra le mani quella troia yankee e insegnarle alla cara vecchia maniera inglese come i ragazzi delle altre non si toccano.
“Ok, immaginavo facesse una cosa del genere. John, per questa cosa fermalo solo se va troppo oltre e per Nancy, ti prego, cacciala a calci se serve.
Si è fatto?”
“No, non ancora Lei lo pressa in una maniera assurda. Io adesso ti dico quello che penso su di lei.
Penso che voglia farsi fuori lentamente con quella cazzo di droga, ma che abbia troppa paura per farlo da sola e sta cercando disperatamente qualcuno da tirare a fondo insieme a lei… E temo abbia scelto Sid.”
“Beh, io non sono d’accordo. Voglio il mio uomo integro al ritorno.”
“Va bene, staremo attenti.
Sid non sembra cedere per ora.”
Parliamo per altri cinque minuti di altro, principalmente della mia gravidanza e del tour che lo sta deludendo come non mai e poi chiudiamo la comunicazione.
Sono nervosa e piuttosto arrabbiata per la sfacciataggine di quella ragazza.
“Se fossi vissuta ai tempi del vecchio Adolfo adesso saresti una saponetta e, per quanto suoni terribile questa cosa, sarebbe meglio per tutti.”
Dico ad alta voce massaggiandomi la pancia, il bambino ha cominciato a scalciare come un forsennato: è senza dubbio il figlio di Sid.
La notizia che Nancy giri attorno al mio ragazzo e che lui si sia messo sulla strada degli eccessi mi preoccupa, soprattutto lei. Quando lui è partito per gli Stati Uniti avevo una mezza idea che  si sarebbe comportato così: fare il buffone autolesionista per guadagnare soldi.
Mi sento parecchio sola, i miei non mi parlano da anni e i genitori di Sid non sono certo meglio, solo ogni tanto faccio una chiacchierata con il secondo marito di sua madre per tenerlo al corrente dell’andamento della mia gravidanza.
L’unica con cui parlo un pochino è Rachel, l’ex di Johnny Rotten, e quando ci vediamo per il nostro caffè settimanale mi vede parecchio giù.
“Cosa succede, Kat?”
Io mi tolgo la giacca di pelle – che adesso tira sulla pancia e che è troppo leggera per il clima autunnale londinese – e la appoggio su una sedia vuota.
“Sono preoccupata per Sid.”
Le riassumo la telefonata tra me e Johnny e lei annuisce.
“Brutta storia, ma sono sicura che lui non ti tradirà e poi ha Johnny e il resto della band attaccati al culo. Voglio dire, forse sono gli unici che lo fanno per amicizia e non per soldi, credo che Maclaren farebbe i salti di gioia se Sid si bucasse.”
Si ferma un attimo.
“Sai, credo che li stia solo sfruttando per promuovere sé stesso e lo stile di Vivienne Westwood, non penso che gli importi di loro come persone, sono solo pedine.
E se Sid si drogasse questo aggiungerebbe un po’ di colore al personaggio.”
“Io penso che sia già eccessiva la storia dei tagli. Cristo, l’hanno ricoverato in ospedale!”
“Sai quanto gli importa a Malcolm! Nulla, meno di zero. Lui spera che lo rifaccia perché ha trovato la gallina dalle uova d’oro, ma non credo continuerà per molto.
Johnny dice che Sid reggerà solo fino al parto, poi sfanculerà tutto e Johnny… Beh, John Lydon non è proprio un esempio di pazienza, credo che non reggerà ancora a lungo.
Questo tour negli Stati Uniti lo sta facendo incazzare, sia perché ha capito che è stato sfruttato, sia perché odia i piani di McLaren su Sid.”
“Li odio anche io, lui non merita di essere un eroinomane.”
Dico con acredine, facendo a pezzettini la bustina dello zucchero.
“Vedrai che ce la farà a salvarsi. C’è Johnny, non te lo dimenticare e poi ama te.”
“Lo so, ma a volte temo che non sia… Abbastanza.
Che nonostante il lucchetto che si porta addosso e l’idea che presto sarà padre potrebbe cedere a quella vacca e che potrei perderlo da un momento all’altro senza fare nulla, perché io sono qui e lui è a un oceano di distanza.”
“Stai tranquilla, non ti serve a nulla agitarti, fa solo male al bambino.”
Io respiro profondamente.
“Hai perfettamente ragione, questo stress non gli fa affatto bene.”
Lei annuisce.
“È solo che vorrei essere là, capisci?
E mi sento impedita da questa gravidanza, non che odi mio figlio, ma ho dei brutti presagi, come se fossimo vicini a una svolta nella mia vita e soprattutto nella vita di Sid.”
“Dammi retta, andrà tutto bene.”
“Ok.”
Parliamo ancora un po’ d’altro, poi io me ne vado a casa mia e lei a casa sua.

 

Il suono arriva da molto lontano e sembra terribilmente a quello di un telefono. Io grugnisco qualcosa e mi tiro il cuscino sulla testa, ma quello continua a suonare.
Alla fine non posso più ignorarlo e allungo una mano per rispondere.
“Pronto?”
Dico con voce assonnata.
“Ehi Kat, ti ho svegliata?”
“Johnny!”
Gemo.
“Qui è notte, è ovvio che tu mi abbia svegliata. Cosa succede, comunque?”
“Credo che tu abbia appena salvato la vita a Sid.”
Io mi tiro a sedere, ormai completamente sveglia.
“Cosa vuoi dire?”
“Beh, stanotte Sid era ubriaco marcio e Nancy ci ha provato per l’ennesima volta.”
Un brivido freddo mi percorre la schiena.
“E?”
“Lui ha guardata un attimo interessato e, ti giuro, ho pensato che l’avrebbe seguita e il giorno dopo l’avrei trovato euforico o depresso per via dell’ero.”
“In-invece?”
“Dopo quell’attimo ha distolto gli occhi e ha detto di no, che non voleva la droga e non gli interessava lei. Adesso lui dorme con me, penso che probabilmente torneremo in patria presto.”
“Tutta la band?”
“No, solo io e Sid. Gli altri continueranno con un altro cantante e un altro bassista.
Ah, si è reinciso “Give me a fix”.”
“Johnny.”
Dico con voce sottile.
“Avete i soldi?”
“No, ma li troveremo. Siamo a Los Angeles, in un parco, su una panchina.”
“Vi hanno mollato senza soldi e senza una stanza?”
“Sì, ma domani cercherò di chiamare il capo della Virgin Records.”
“Forse posso mandarvi qualcosa…”
“Sid non vorrebbe e adesso buonanotte. Ti faremo sapere.”
La telefonata si chiude bruscamente, lasciandomi con un brutto presagio addosso.
“No, stai calma.
Ha detto di no a Nancy, è con Johnny e torneranno in patria. Va tutto bene, non ci saranno problemi.”
Mi dico ad alta voce per calmarmi, poi mi alzo e mi faccio una tazza di the, sperando di ricevere presto notizie da quei due.
Due giorni dopo il telefono suona di nuovo ad un’ora assurda.
“Kat?”
“SID! Stai bene?”
“Sì, sto bene, ma non ho tanti soldi. Stiamo per partire, l’aereo farà scalo in Giamaica, per domani pomeriggio alle quattro dovremmo essere a Londra.”
“Vi vengo a prendere, così mi raccontate tutto.”
“Ma è pericolos…”
“SID, CAZZO! Sono mesi che non vi vedo e sono preoccupata, non fare il cretino. Ci vediamo domani alle quattro!”
E con questo chiudo la telefonata.
Il giorno dopo alle quattro mi reco all’aeroporto piuttosto agitata e preoccupata. Quei bastardi! Abbandonarli negli Stati Uniti senza niente, niente!
E McLaren che non muove un dito, anzi impedisce loro di chiamare la loro etichetta, meriterebbe di venire impiccato e squartato come ai bei vecchi tempi!
Parcheggio la macchina e aspetto di vederli arrivare agli arrivi internazionali. Dopo un po’ li vedo, sono più magri e malmessi di quando sono partiti, hanno solo una valigia ciascuno, Johnny mi sembra quello messo peggio.
“Ragazzi!”
Urlo agitando una mano, loro si dirigono verso di me, Sid molla la valigia e mi bacia con passione, poi accarezza la mia pancia.
Johnny se ne sta un po’discosto.
“E tu non mi abbracci, Rotten?”
“Ho l’influenza,”
Mi risponde con voce roca.
“Potrei fare male a tuo figlio.”
“Capisco.”
Usciamo dall’aeroporto e saliamo sulla mia macchina.
“Beh, raccontatemi tutto.”
“McLaren voleva trasformare del tutto Sid in un burattino nelle sue mani, ha sempre incoraggiato Nancy a seguirci e a stare attaccata al suo culo di. Credo pensasse…”
“Che l’eroina aggiungesse un tocco di colore al personaggio?”
“Come lo sai?”
Mi guardano curiosi.
“Ho fatto una chiacchierata con Rachel sulle intenzioni di Malcolm.”
“Capisco. Beh, a un certo punto mi sono rotto le palle, Paul e Steve volevano seguire il piano di Malcolm, io no. Ci tenevo ad avere un amico ancora in salute e che la smettesse di incidersi cose sul torace.
A San Francisco, l’ultima data che avremmo fatto insieme, ho cantato una cover degli Stooges, “No fun”, la conosci, no?”
Io annuisco, attenta alla strada
“E ho detto che tutto questo non era per niente divertente, poi ho detto al pubblico “Avete mai avuto l'impressione di essere stati imbrogliati?” e ho mollato il microfono per terra.
Si sono incazzati da morire, gli altri e Malcolm voglio dire, credo che al pubblico non gliene fregasse niente. Un mese dopo siamo usciti dalla band e ti abbiamo telefonato perché gli stronzi ci avevano abbandonati.
E vuoi sapere un’altra cosa?”
“Dimmela.”“Per prima cosa creerò un’altra band e quei bastardi si pentiranno di avermi lasciato a marcire in quella cazzo di città e poi non devi più preoccuparti per Nancy.”
Io lo guardo senza capire.
“È morta di overdose, sia lode all’Altissimo.”
“Bene.”
È inutile che mi finga dispiaciuta per lei, lo sanno tutti che la odio.
Lasciamo Johnny a casa sua e io Sid raggiungiamo il nostro appartamento, lui mi sembra stanco.
“Penso che dormirò.”
“Vengo a farti compagnia, ho chiesto una giornata di ferie per oggi.”
Lui annuisce, si fa una doccia, contravvenendo al principio che i punk non si lavano mai e poi si butta a letto gemendo.
“Fanno male.”
Si gira a pancia in su e vedo le cicatrici di “Give me a fix.”
Le percorro delicatamente con le dita.
“Sei stato un pazzo.”
“Ma mi hanno fatto guadagnare dei soldi, li ho messi in un conto per voi. Domani andiamo a dare un’occhiata.”
Mi stendo accanto a lui e lui subito mi attira a sé.
“Come faremo con il bambino?”
“Ce la faremo.
Ho fatto abbastanza il cretino per garantirgli un futuro decente e poi non ho intenzione di stare con le mani in mano.
Sid Vicious sparirà e tornerà il buon vecchio John Simon Ritchie, voglio provare a fare il manager. Andrò a parlare con quelli della Virgin che sono stati così gentili da pagarci il viaggio.”
“Ok, Sid. Ce la faremo.
Mi basta questo.”
con un sorriso sulle labbra mi addormento, finalmente con lui vicino come ho desiderato in tutti questi mesi. Non posso chiedere di più.

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Capitolo 3
*** Epilogo: Bambi è vivo e sta bene. ***


Epilogo: Bambi è vivo e sta bene.

 

Sono passati molti anni da quel giorno in cui Sid tornò a casa,  molte cose sono successe e adesso che sono una signora di mezza età posso permettermi di finire di raccontare la nostra gioventù folle e scatenata.
Sid è considerato ancora adesso uno dei fondatori dei punk, un dio per migliaia di ragazzi e io sono la moglie invisibile, quella che lo ha salvato dall’essere fagocitato dal suo stesso personaggio.
Quella che si sveglia accanto a lui ogni mattina e non può fare a meno di ammirare come sia rimasto magro e come il grigio che ha sulle tempie lo renda ancora più attraente di quando era solo un ragazzino.
A quest’ora è fuori a comprare le uova di Pasqua per i nostri nipoti, così posso lasciarmi andare ai ricordi senza che lui mi prenda in giro.
Come aveva promesso una volta tornato dall’America Sid Vicious scomparve e tornò  John Simon Ritchie. Con i soldi che aveva tenuto da parte dal tour americano ci assicurammo  una buona rendita, anche se io non ho mai smesso di lavorare. I soldi che avanzarono da quel periodo strano, di stasi, li mettemmo in un conto per nostro figlio, casomai da grande avesse deciso di studiare.
Johnny ci veniva spesso a trovare, convinse Sid a registrare un paio di cose, ma i risultati non erano convincenti e un giorno semplicemente smise di andare allo studio.
Appese il basso al chiodo e si limitò a suonarlo solo quando ero a casa e io glielo chiedevo.
Il giorno in cui nacque  nostro figlio fu una fredda giornata di inizio febbraio, fuori nevicava fitto e Sid era lì a tenermi la mano, mentre io urlavo come una matta.
Alla fine quando mi misero l’esserino che avevo partorito sul seno l’amai immediatamente, decidemmo di chiamarlo Jack, come il protagonista della favola del fagiolo gigante: la favola preferita di Sid.
Quando tornai a casa dall’ospedale trovai una camera sistemata per il bambino, erano stati lui e Johnny Rotten  a farlo, come sorpresa per l’arrivo di Jack Ritchie.
Io abbracciai tutti e due, all’improvviso quella sensazione di mancanza era sparita, avevo di nuovo la mia vera famiglia.
Sid, qualche giorno dopo il mio ritorno a casa, andò alla  Virgin per ottenere un lavoro, sperava che gli dessero quello di talent scuot. Come musicista non era granché, ma aveva orecchio e sapeva riconoscere il potenziale negli altri e poi conosceva tutti i musicisti punk inglesi, la cosa non guastava.
Dopo tutto lo scalpore e le proteste create dai Pistols le loro idee erano attecchite e ai ragazzi piacevano, così c’era richiesta di nuova musica punk considerata un modo per mostrare quanto erano diversi dai loro genitori.
La Virgin decise di dargli una possibilità e lui cominciò a battere tutti i bar e le bettole alla ricerca di gruppi da mettere sotto contratto. McLaren e Vivienne Westwood si offrirono di aiutarlo, ma lui li mandò al diavolo.
Questa volta voleva farcela da solo, non voleva più essere il burattino di nessuno.
In quanto a Johnny Rotten abbandonò anche lui il suo soprannome e decise di tornare anche lui ad essere semplicemente John Lydon, solo che – al contrario di Sid – era pieno di rabbia e deciso a sfondare con un’altra band.
Non aveva perdonato quelli che lo avevano usato come un burattino.
Nell’78 riunì tre musicisti – un suo vecchio amico, l’ex chitarrista dei Clash e un batterista – e creò una band chiamata Public Image Ltd.
Musicalmente erano molto diversi dai Sex Pistols, aveva un suono post punk, new wave abbastanza coinvolgente. Piano piano si conquistarono il loro posto al sole e il diritto di influenzare nuove band.
Johnny era molto soddisfatto di sé stesso, sentiva di avercela fatta alla faccia di quelli che lo davano morto senza i Pistols.
Sid era lì per dividere la sua gioia con lui, loro due sono rimasti in buoni rapporti, con gli altri i rapporti sono più freddi. Non si dimentica facilmente l’essere abbandonati a Los Angeles come sacchi della spazzatura.
A un certo punto hanno raggiunto una sorte di pace armata, dato che il lavoro di Sid li portava spesso a contatto. Non gli è andata male con l’idea di fare il talent scuot, ha scoperto parecchie band, alcune si sono rivelate delle meteore, altre no.
In ogni caso non ha più avuto bisogno di mostrarsi in pubblico, tagliuzzarsi o rischiare di finire nel tunnel dell’eroina.
Lui andava – e va tutt’ora – ai concerti con il suo vecchio chiodo di pelle, i jeans mezzi rotti e gli anfibi consumati e ascolta.
Ogni tanto lo accompagnavo e sembrava entrasse in una sorta di trance personale e quando ne usciva diceva se il gruppo era interessante o meno.
Ha sempre avuto un buon fiuto, quelli della Virgin se ne sono accorti e l’hanno lasciato fare. Forse si sentono addirittura orgogliosi di avere come dipendente una leggenda vivente del punk.
Lui non me l’ha mai voluto dire e io non gliel’ho mai chiesto.
Parla poco di quei due anni che hanno rivoluzionato la sua vita, non ho ancora capito se li considera un sogno perduto – uno di quelli che vengono all’alba e vuoi disperatamente ricordare, ma non ci riesci – o il periodo peggiore della sua vita.
Più di una volta l’ho visto sospirare allo specchio, mentre contemplava la scritta “Give me a fix” incisa sul suo torace.
“Mi hai salvato la vita, Kat.”
Mi ha detto una volta.
“C’è stato un momento in cui ho pensato davvero che almeno una volta avrei potuto scopare Nancy e provare l’ero. Era così diffusa in quegli anni che sembrava piuttosto… innocua.
Conoscevo un sacco di gente che si faceva e non mi sembrava se la stessero cavando male, mi sbagliavo e di molto. Alla fine o sono morti o sono finiti in un centro di disintossicazione.”
“Cosa ti ha fatto cambiare idea?”
Gli chiesi con un filo di voce, scossa dai brividi e considerando per la prima volta che miracolo fosse vederlo accanto a me respirare.
“Tu, ho pensato a te e al bambino e mi sono reso conto che non aveva senso scopare Nancy e nemmeno volere la sua eroina. Tu e Johnny non me l’avreste mai perdonata e avreste avuto ragione.”
Questo è tutto quello che mi ha detto sull’argomento.
Johnny non mi ha mai detto altro, solo che Malcolm aveva cercato di incularli e non ci era riuscito, Jack era piccolo e io gli ho detto di chiudere la sua boccaccia.
Lui rise.
“Ma il piccoletto non può capire!”
“Iculare!”
Aveva esclamato Jack facendo ridere Johnny e Sid, molto orgogliosi della prima parola detta dal bambino.
Molto punk, devo ammetterlo.
Ora però devo smettere, la porta di casa si apre e Sid rientra carico di uova di Pasqua.
“Vedo che hai preso le uova!”
Gli dico ironica.
Lui ride e mi bacia, senza rispondermi.
A me basta questo, solo che lui sia qui con me dopo tutti anni.
Vivo.

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