Il primo tradimento

di Agapanto Blu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I- Infernus ***
Capitolo 2: *** Capitolo II- La Luce del Dio ***
Capitolo 3: *** Capitolo III- Un patto con il diavolo ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV- La non-scelta ***
Capitolo 5: *** Capitolo V- Da oggi in avanti ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI- Come un sogno sul fare dell'alba ***



Capitolo 1
*** Capitolo I- Infernus ***







Capitolo I
INFERNUS
 
 
“Solo io conosco il tuo dolore,…”
 
 
Quando le urla della partoriente tacquero e si alzarono quelle più fioche e infantili dei nuovi nati, nessuno gioì.
Due, in quella notte, erano le motivazioni che facevano tacere i presenti nella stanza compresa la stessa neo-madre ed entrambe si riflettevano con la luce della luna rossa sulle due cicatrici a forma di croci incise nel braccio della donna. Chi, per un motivo o per l’altro, si ritrovava con un briciolo di compassione nel petto sapeva bene che per i tre esseri in quel letto minuscolo sarebbe stato meglio morire piuttosto che superare il parto; chi, degno demone, non aveva provato che una maligna soddisfazione all’idea di due nuovi membri della stirpe maledetta e aveva anche sperato di potersene prendere uno, era ora intimorito e in soggezione per via della figura al centro della stanza.
I capelli neri lunghi fino a metà schiena e il viso dai tratti sottili e raffinati, così belli da lacerare l’anima di chi lo guardasse, l’uomo si avvicinò di due passi, arrivando fino ai piedi della branda che aveva ospitato il travaglio.
La donna tremò e strinse d’istinto la presa sui due gemelli, due piccoli maschi paffuti e rosei che già le si erano addormentati ignari tra le braccia, ma non fu in grado di staccare gli occhi da quelli rubino del suo re.
“Vi prego…” si ritrovò a sussurrare, senza sapere da dove avesse preso il coraggio di supplicare il signore degli inferi, “Vi prego, sono appena nati…”
“Oh, Lilith,” sorrise Lucifero, scuotendo la testa con un sorriso crudele sulle labbra, “cresceranno, non lo sai?”
Lilith sapeva che avrebbe ricevuto una risposta del genere. Non ci si poteva aspettare pietà da quell’essere, né tantomeno poteva sperare in un po’ di compassione una donna come lei, meravigliosa con i capelli neri lunghissimi e gli occhi uno grigio e uno ametista ma schiava appartenente alla stirpe maledetta. E tuttavia, per un momento, ci aveva voluto sperare. Non per sé, sapeva di aver condannato la propria vita nell’istante in cui aveva scoperto di aver concepito i figli di un uomo che non era il suo padrone, ma per i suoi bambini aveva osato e avrebbe osato ancora supplicare.
“Per favore,” mormorò, la voce appena un po’ più forte, “non fate loro questo…”
Non poté finire. Lucifero fece un rapido cenno con la mano destra, portata in verticale accanto al proprio viso, e Lilith sentì la propria gola stretta in una morsa ferrea e invisibile che le strozzò la voce e le tolse l’aria. In uno spasmo, strinse più forte i gemelli tra le sua braccia.
Quello appoggiato al suo omero sinistro scoppiò a piangere per la pressione forte, l’altro divenne rosso per la paura o il dolore ma non versò una lacrima.
Lucifero sorrise ancora di più. Si spostò sul lato del letto, raggiunse le braccia della donna sempre più pallida che si dimenava pur di respirare e allungò le mani.
Il bambino di sinistra pianse ancora più forte quando sentì che oltre alla madre, sempre più gelida, gli veniva allontanato anche il fratello, ultima sua fonte di calore.
Ignorando i pianti di quello che per lui era ormai il più debole, Lucifero si raddrizzò con tra le mani il gemello di destra che ancora si ostinava a non piangere. Sorrise, quindi diede le spalle agli occhi imploranti di una Lilith ormai allo stremo e si diresse all’uscita.
“Quello” disse solo, sulla porta, accennando con la testa al gemello rimanente, “potete prenderlo.”
Quindi uscì. Fece due passi nel corridoio prima di sentire il suo incantesimo sciogliersi, ormai inutile, e la vita di Lilith dissolversi come cenere nel vento.
In quel momento, assieme al pianto sempre più disperato di Luze risuonò anche il primo di Luka.


 
[Sound the bugle now. Play it just for me.
As the seasons change, remember how I used to be.]

 
Luka aveva otto anni e davvero tanta fame quando incontrò Lucifero per quella che credeva essere la prima volta.
Dal momento in cui aveva ucciso i suoi genitori e lo aveva preso per sé, Lucifero non si era più mostrato al piccolo Crosszeria per anni. L’unica motivazione era che troppo piccolo era inservibile. Cosa se ne faceva di un bimbo di due, tre, quattro anni, che piange tutto il tempo e non sa fare nulla? Attendere che gli schiavi crescessero, effettivamente, era la parte che detestava di più. Ma per Luka…
Lucifero assaporò ogni istante, dal momento in cui le porte della sua stanza furono aperte e il giovane Cadenza –Opast di medio livello destinato alla grandezza– vi trascinò dentro il bambino fino a quando il demone se ne andò lasciandolo in ginocchio a terra, decisamente troppo debole per resistere ad un qualsivoglia attacco.
Per quanto infantile, Luka era bellissimo. I capelli neri morbidi e luminosi, come pece, lunghi fin oltre la schiena e gli occhi di un argento fisso e gelido come mercurio congelato in un iceberg. La pelle diafana era tesa sul corpo troppo magro, di cui si vedevano bene le ossa, e la sua tinta così chiara faceva risaltare i lividi che la costellavano come in un cielo al negativo.
Nonostante le sue condizioni, il piccolo fece forza sulle braccia per sollevarsi abbastanza da alzare la testa verso il padrone che l’aveva fatto chiamare ma non rabbrividì, come aveva fatto sua madre, quando incrociò lo sguardo rosso del signore dei demoni. Aveva già ucciso due demoni di livello A, per guadagnarsi quel poco di cibo che lo aveva tirato su e gli aveva permesso di sopravvivere, e questo intrigava il re dei demoni da morire. Il piccolo strinse i denti, un lampo d’acciaio passò nei suoi occhi che apparvero d’un tratto troppo cattivi e arrabbiati per un bambino.
No, Luka non sembrava un bambino, forse perché non lo era mai stato. Era un adulto in miniatura ed era troppo bello perché Lucifero aspettasse anche solo un giorno in più.
Senza una parola, allungò la mano e lo afferrò per i capelli, poi se lo tirò addosso.


 
[Now I can’t go on, I can’t even start.
I’ve got nothing left, just an empty heart.]

 
Quella notte, per la seconda volta in vita sua, Luka pianse.


 
[I’m a soldier, wounded so I must give up the fight.
There’s nothing more for me: lead me away...
or leave me lying here.]

 
“Muoviti!”
Luka non fece quasi caso al calcio che lo colpì al costato mentre cercava di alzarsi. In ginocchio sul pavimento, aveva pulito tutti gli alloggi del suo padrone e ora il corpo gli doleva per lo sforzo e i lividi che Cadenza si era divertito a procurargli di tanto in tanto, come in quel momento, mentre lo sorvegliava. In silenzio, si alzò e raccolse velocemente tutto ciò che aveva usato, per non lasciare nulla che potesse far perdere le staffe al suo padrone, e si diresse alla porta. Imboccò, senza protestare contro le spinte violente del demone alle sue spalle, la strada per la minuscola cella che gli era stata destinata come stanza, ma che per lui era la visione più bella della sua misera vita, perché significava che non era costretto a passare di nuovo la notte nella camera lussuosa e magnifica del padrone. Camera che, per lui, era la più atroce delle gabbie.
Quasi inciampò quando Cadenza lo colpì alla schiena con una spallata per fargli oltrepassare la porta di legno, ma riuscì a tenersi in piedi e rimase immobile, senza osare spostarsi di un millimetro, fino a che l’eco dei lucchetti chiusi non scemò del tutto e il suono sottile dei passi del suo aguzzino non fu ben più che inudibile. Allora osò prendere un respiro più profondo e raggiungere il sottile strato di paglia, ormai sporca e gelida per l’umidità, che gli faceva da letto. Voleva solo sdraiarsi un attimo e recuperare le energie, giusto quelle che gli sarebbero bastate a sopportare le ore che lo dividevano dall’alba e dal giorno che, con il sonno che ne sarebbe conseguito, gli avrebbe permesso di racimolare quel po’ di coraggio per alzarsi anche al tramonto successivo.
Luka abbassò le palpebre e nel nero che ne arrivò si raggomitolò su sé stesso, avvolgendo le braccia al corpo troppo magro per scaldarlo un po’.
Aveva accettato il suo destino. Lo comprendeva e in parte lo condivideva anche. Sapeva che la sua stirpe meritava ciò che ora lui stava subendo. Però a volte era così difficile…
Nel suo angolo buio, senza prestare caso ai morsetti che un paio di topi davano ai suoi piedi nudi, chiedendosi se ancora fosse vivo e soprattutto se fosse commestibile, lasciò per l’ennesima volta che le parole crudeli del resto dei demoni lo torturassero.
“Voi Crosszeria, tsk! Siete dei traditori schifosi, fate venire il voltastomaco solo a guardarvi!” “È colpa vostra, solo vostra! Se il vostro maledetto antenato non ci avesse venduti, adesso non saremmo tutti alla mercé degli umani!” “I nostri nomi! I nostri VERI nomi! Chi li conosce, può costringerci ad obbedire ai suoi ordini! Il bastardo ci ha venduti!” “Uccidervi tutti? E perché? Per risparmiarvi il destino a cui avete condannato noi?” “No, sarebbe troppo facile. Avete condannato la nostra stirpe alla schiavitù agli umani e allora sarà questa la vostra pena: non avrete tregua nemmeno nella vostra casa, marchiati con due ‘X’ scavate nel braccio sinistro, sarete maledetti. Criminali, sarete schiavi dei fratelli che avete tradito!”
Luka sobbalzò, sulla soglia tra sonno e coscienza, mentre la voce suadente e crudele di Lucifero che pronunciava la sua condanna gli rimbombava nel cervello.
Per un Duras, un demone infernale, il vero nome era sacro, nemmeno i parenti ne venivano a conoscenza perché se pronunciato costringeva il proprietario ad obbedirvi. Luka capiva per quale motivo tutti gli esseri infernali, dai più deboli di livello A ai più potenti Generali Opast, si fossero scagliati contro il suo clan e una parte di lui condivideva la loro rabbia per quell’antenato di cui nemmeno sapeva il nome. Ma nei suoi undici anni ancora credeva che un minimo di giustizia potesse esistere, anche ad Infernus, e che qualcuno prima o poi avrebbe capito che lui, dopo tutti questi millenni, non poteva certo avere colpe di ciò che il suo avo aveva commesso.
Spalancò gli occhi di scatto quando percepì Cadenza apparire di fronte alla sua porta e scattò in piedi d’istinto appena prima che l’Opast spalancasse la porta di legno.
Cadenza era alto, adulto già da un paio di secoli, e aveva lunghi capelli rossi e occhi piccoli pieni di crudeltà, una muscolatura taurina e un volto affilato e massiccio che ben vi si accostava. Non era minimamente paragonabile alla bellezza sottile ed elegante di Luka, ma come tutti i demoni era di bell’aspetto, ennesima trappola per gli umani.
Luka si accorse di avergli raggiunto il petto in altezza, seppure il suo corpo fosse molto più affusolato e malnutrito. Guardò Cadenza negli occhi e capì che cosa l’uomo fosse venuto a fare.
Una parte nascosta di lui tremò, ma il suo corpo non lo diede a vedere e rimase fermo in attesa che il Duras confermasse i suoi sospetti.
“Seguimi,” ordinò il rosso con disprezzo, squadrandolo dalla testa ai piedi come se fosse a sua volta incapace di credere alle parole che stava per pronunciare, “inizi l’addestramento.”


 
[Sound the bugle now. Tell them I don’t care.
There’s not a road I know that leads to anywhere.
Without a light I fear that I will stumble in the dark,
lay right down, decide not to go on.]


Luka fece passare lentamente il polpastrello del pollice sull’artiglio d’argento che portava all’orecchio destro. Gli sarebbe bastato fare appello ad una briciola dei suoi poteri perché quello mutasse nella sua spada nera, lunga e affilata, con l’elsa intagliata in modo spezzato, come a renderla a sua volta tagliente, e una grossa gemma rosso sangue all’incrocio tra questa e la lama.
E a Lucifero sarebbe bastato attingere ad ancor meno potere per farla a pezzi e ridurlo all’obbedienza con la forza. Luka lo sapeva, ma non poteva impedirsi di immaginare di impugnare la sua spada per provare a difendersi dal suo padrone, non solo per difendere il verme dagli altri.
Costringendosi a non sospirare, aprì piano la porta che conduceva negli appartamenti di Lucifero ed entrò, silenzioso, chiudendosela alle spalle. Oltrepassò la piccola anticamera ed entrò nella stanza da letto senza una parola.
Una tagliola nel suo petto scattò sui suoi polmoni, mozzandogli il fiato, quando vide Lucifero di spalle, intento a fissare la luna rossa di Infernus oltre i vetri lucidi della finestra. Se il signore dei demoni aspettava proprio lui, senza nient’altro a distrarlo, allora per Luka non sarebbe stata una notte indolore.
“Master?” chiese, inginocchiandosi piano a terra.
Lucifero si voltò senza una parola e rimase a contemplare la sottomissione del suo prediletto per un po’.
Il suo servo più amato con poteri magici superiori a quelli di chiunque altro, forse anche ai suoi. Un cuore di giaccio e privo di scrupoli, i suoi occhi erano come lame d’acciaio e i suoi capelli la notte. Il corpo era ancora magro per la malnutrizione cui era sottoposto, ma anche se sottile e slanciato verso l’alto si era gonfiato un po’ per gli allenamenti, i duelli e le battaglie. Ormai la pelle somigliante a carta di riso non mostrava solo le ossa, ma in alcuni punti lasciava vedere perfettamente l’intrico di vene, nervi e tendini tesi sui muscoli scattanti e potenti. Era palese che fosse un guerriero, tutto di lui era spaventoso eppure bellissimo. Ed era suo.
Si avvicinò al suo Brand Zess e gli infilò una mano tra i capelli. Si gustò per un po’ la sensazione di morbidezza, prima di stringere la presa e tirare il ragazzo in piedi. Questi non si lasciò sfuggire un gemito, nulla, e una volta in piedi assecondò i movimenti della sua mano e alzò gli occhi sul suo viso.
Aveva sedici anni, l’aspetto ancora un po’ infantile ma che sembrava voler urlare al mondo quanto meraviglioso e virile sarebbe diventato in capo ad un paio d’anni. C’era da dire che per Lucifero, che apprezzava la bellezza fanciullesca, in quel momento Luka appariva come la creatura più bella mai creata. Senza riuscire a trattenersi, impose al Duras un bacio violento e possessivo, senza mollare la presa sui suoi capelli, che forzò la sua bocca ad aprirsi e la contaminò con cattiveria.
Lo stomaco di Luka si rivoltò, supplicandolo di scappare da quel supplizio che lo faceva sentire violato in modo irreparabile, ma la sua testa gli ricordò che ormai nulla lo avrebbe riportato all’integrità e che tirarsi indietro era proibito e punito in modo atroce. Così rimase fermo, sforzandosi di rimanere in silenzio, e lasciò che il suo padrone prendesse il suo divertimento dalla sua bocca e dalla sua sofferenza.
Quando si staccò, Lucifero era ancora più convinto della sua decisione.
“Voglio farti un regalo, Luka… Sei contento?” sussurrò all’orecchio del ragazzo, avvicinando la bocca in modo da far sì che le sue labbra gli sfiorassero il lobo ad ogni parola.
Luka dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non rabbrividire. Continuò a fissare il vuoto davanti a sé, in silenzio, aspettando di scoprire cosa gli sarebbe successo.
Lucifero schioccò le dita della mano libera e gli abiti di Luka scomparvero.
L’aria, gelida, iniziò a colpirgli la pelle, ma lui quasi non se ne accorse, preoccupato dalla piega degli eventi. Aveva quasi sperato di evitarlo, per quella sera, ma avrebbe dovuto sapere che la speranza aveva vita breve, ad Infernus.
Lucifero lo strattonò per i capelli e lo spinse verso il letto, facendolo cadere prono sul materasso enorme e lasciando che i fili delle tende del baldacchino prendessero vita e si avvolgessero attorno a quelle braccia muscolose eppure esili per legarle assieme dietro la schiena.
Luka non tentò nemmeno di muoversi, rimase fermo ad aspettare l’inevitabile, ma passarono i minuti e nessun corpo caldo e violento, pensante perché troppo più grande del suo, arrivò a schiacciarlo.
“Luka…” sospirò Lucifero, in un tono che spaventò il ragazzo.
Non osò muovere il corpo, ma voltò la testa per guardare il proprio padrone da dietro la spalla.
Lucifero si era tolto i guanti neri della divisa e si era portato un indice alla bocca. Dopo un secondo, lo tolse e Luka poté vedere che c’era un taglio sul polpastrello dal quale stillavano gocce dense di sangue rosso scuro.
Il suo stomaco si contorse ancora di più.
“Il mio bellissimo Luka…” si lasciò scappare Lucifero, la voce ridotta ad un ansito spaventoso che il suo schiavo ben conosceva.
Luka strinse i denti, irrigidì la mascella e mantenne la sua espressione stoica, ma non staccò gli occhi da Lucifero che si avvicinava con il dito sanguinante teso verso di lui. Una parte di lui voleva urlare di terrore ma l’altra, più forte, voleva solo lasciar fare così che tutto finisse il più in fretta possibile. Ed era quella che gli aveva permesso di sopravvivere fino ad allora, quella che sapeva quando combattere e quando chinare la testa.
Lucifero vide l’espressione di Luka, spenta, e sorrise.
“Sigilleremo questo contratto speciale” rivelò, inginocchiandosi sul materasso in modo da avere le gambe del Duras bloccate dalle sue, “con il mio sangue.”
Luka sentì il proprio cuore rallentare mentre metteva in pratica tutto l’autocontrollo che aveva imparato ad avere per non pensare davvero a ciò che quella frase significava. Zitto, osservò l’espressione compiaciuta del suo signore che ghignava nel vederlo così debole nelle sue mani.
“Cosa ne diresti se colorassi il tuo Brend Zess, il tuo Marchio da Peccatore?” continuò quello e intanto strinse la mano sana sul braccio sinistro del ragazzo, all’altezza del gomito, e lo tenne fermo mentre avvicinava il dito sanguinante alle due ‘X’ incise nella sua carne. Luka continuò a fissare il suo viso con espressione spenta, come se non gli importasse, e questo fece diventare più grande il sorrisetto crudele del re dei demoni. Adorava la resistenza gelida che quello schiavo gli opponeva e il modo silenzioso con cui tentava di resistere alle ferite che gli venivano impresse tanto nella carne quanto nella mente, lo adorava da impazzire. “Non preoccuparti,” sussurrò ancora, con finta gentilezza, piegandosi in avanti per avvicinarsi e osservare meglio il suo lavoro, “dovresti essere in grado di resistere al dolore.”
Per un attimo Luka sentì il dito posarsi sulla parte alta di uno dei bracci della prima ‘X’, ma poi un qualcosa di rovente iniziò a consumargli la carne, lì dove il sangue toccava la cicatrice e iniziava a riaprirla a viva forza per poi infilarsi nei tagli nuovamente aperti e infettarli.
“Ricordati sempre…”
Luka sentì appena la voce di Lucifero attraverso la cortina di dolore, tanto forte da sovrastare tutto il resto e da fargli credere che fosse l’intero corpo a bruciare tra le fiamme di un rogo inestinguibile. Irrigidì la mascella, tentando di trattenere l’urlo che gli stava graffiando la gola, ma sentì il suo viso contrarsi in una smorfia di sofferenza pura contro il suo volere. I suoi muscoli, tutti, si tesero e irrigidirono, sconvolti da una ferita che non avevano visto arrivare e che non potevano fermare o raggiungere in alcun modo. D’istinto, provò a muovere le braccia, ma quelle erano legate e il signore dei demoni vi premeva ora sopra con il proprio peso pur di tenerlo bloccato sotto di sé. Con il corpo di Satana così premuto addosso, Luka sentì una durezza contro il suo fianco che lo avvisava che quella violazione non sarebbe stata l’unica di quella notte.
“...che tu sei mio.” gli mormorò Lucifero all’orecchio, ma la sua voce suadente ebbe solo il potere di far irrigidire ancora di più la mascella di Luka che, occhi fissi sul vuoto, cercava di mantenere il controllo sul corpo che ora cercava di dimenarsi. “Ogni ciocca di capelli, ogni goccia di sangue.
Il fuoco che lo bruciava tutto raddoppiò la propria temperatura quando Lucifero terminò, con l’ultima parola, di passare il dito anche sulla seconda ‘X’ e a quel punto per Luka fu troppo.
Chiuse gli occhi e urlò di dolore.


 
[Then from on high, somewhere in the distance,
there’s a voice that calls: “Remember who you are.
If you lose yourself, your courage soon will follow,
so be strong tonight. Remember who you are.”]


Strinse appena la presa delle mani sugli avambracci. Le ginocchia al petto, le braccia incrociate appoggiate su di esse, rimase con lo sguardo perso nel vuoto, verso un cielo troppo alto per essere raggiunto.
C’era una tempesta, un grossa tempesta, poco lontano dall’albero morto e secco sul cui ramo il giovane Duras si era seduto ore e ore prima, approfittando della libertà dagli ordini del suo master. Il firmamento di quella notte era coperto di nuvole spesse e dense, grigie e strette come grossi topi intenti a combattere tra loro, ma una pioggia di fulmini si abbatteva sulla linea dell’orizzonte, illuminando a giorno il viso spento e apatico del ragazzino, tutto raggomitolato nella sua divisa da Opast troppo grande per lui.
Luka abbassò di poco lo sguardo, muovendo solo gli occhi, e lo spostò su se stesso. La pelle bianca dei polsi, lasciata visibile dalla manica, mostrava senza possibilità di equivoco i lividi spessi che sembravano avvolgersi come serpenti attorno alle articolazioni e che proseguivano e si gettavano sotto la stoffa per nascondersi alla vista, calco perfetto delle corde che lo avevano stritolato nella camera da letto. Non osò pensare a come fosse ridotto il resto, la schiena contro cui Lucifero aveva premuto le ginocchia per tenerlo fermo e il petto che aveva preso a calci e le gambe che aveva stretto tra le mani per costringerle nella posa che lui aveva preferito. Sapeva bene che l’unico motivo per cui il suo viso non mostrava tracce della violenza del re era che questi ne amava la perfezione leggiadra. Per l’ennesima volta, Luka desiderò avere il coraggio di passarsi la lama sul volto, di sfregiarsi in modo irreparabile e in un modo tanto ributtante da far fuggire da sé anche il suo padrone, ma la parte più apatica di lui lo fermava sempre con le stesse motivazioni: la prima, il suo viso era forse la sola cosa che gli desse un minimo di vantaggio sugli altri Duras, l’unico motivo che Lucifero aveva per tenerlo con sé nonostante il rischio di ribellione e non eliminarlo a priori visto il potere magico enorme che stava mostrando sempre più e che ancora stava crescendo; la seconda, che il suo master si sarebbe infuriato oltre ogni immaginazione se il suo giocattolo preferito si fosse rotto e la sua collera sarebbe stata qualcosa di terribile che nessuno sano di mente avrebbe mai voluto affrontare. E Luka ne aveva prese troppe per avere voglia di subire un altro pestaggio e altre torture.
Senza sospirare, si raggomitolò un po’ di più e riportò lo sguardo sui fulmini che massacravano la terra così lontano da lui, ma ormai aveva visto.
Era debole. Non c’era modo di negarlo, ormai. Il suo corpo era troppo fragile, i muscoli non servivano a nulla se lui non aveva la forza di usarli, e i suoi poteri erano fuori controllo. Ogni cosa di lui diceva ‘vittima’ a qualsiasi demone incrociasse la sua strada.
Una serie più rapida di fulmini colpì un campo. Dapprima fu solo un lumino, ma ben presto le fiamme divorarono tutta la zona e si espansero ai domini limitrofi. E i fulmini continuarono a cadere.
Perché non si avvicinavano?, perché non colpivano quell’albero e non lo incendiavano, lasciando che lui vi bruciasse assieme?
“Guerra, Zess. Solo questo esiste ad Infernus. La legge della natura ‘Uccidi o sarai ucciso’ qui raggiunge il suo massimo splendore. Non è una regola non scritta, è la nostra semplice dottrina ed è l’unico credo a cui ci affidiamo. Quindi vedi di imparare ad ammazzare gente più grossa e cattiva di te in fretta o ti assicuro che non vivrai ancora a lungo.”
Luka rabbrividì nel sentire le parole del Generale cui lo avevano affidato perché imparasse a combattere. Erano arrivate nel bel mezzo di un pestaggio, mentre lui ancora non aveva la forza di liberarsi da un avversario tanto superiore. Aveva dodici anni, allora, ma le ricordava come fosse stato ieri. Così come ricordava il giorno in cui aveva deciso di metterle in pratica e aveva piantato la sua lama nella fronte del suo caro insegnante. Beh, quello era effettivamente stato il giorno prima.
Adesso cosa sarebbe successo, non avrebbe saputo dirlo. Aveva raggiunto lo status di Opast di alto livello già da tempo e l’uccisione di un Generale sommata al marchio di Satana ormai gli urlavano chiaramente nelle orecchie che agli occhi degli altri sarebbe stato qualcosa di leggendario, un assassino di Opast di meno di un secolo di vita, il prediletto del re dei demoni. Non sapeva se Lucifero gli avesse dato il marchio proprio in quel momento solo per caso o se l’avesse fatto apposta per accostarlo all’omicidio e rendere lui un qualcosa di nuovo e speciale agli occhi di tutti, ma da lì in poi ucciderlo sarebbe stato il desiderio di chiunque attraversasse la sua via, chi per paura e chi per invidia. Non credeva che il suo master volesse sbarazzarsi di lui, l’avrebbe già fatto, ma propendeva per l’idea che, sadico, avesse deciso di vedere quanto a lungo sarebbe sopravvissuto e con quanta tenacia avrebbe lottato. Era quello che voleva sempre, vederlo dibattersi e contorcersi per poi trovare chissà dove la forza per riprendersi.
Ma Luka era stanco di riprendersi, di guarire e ricominciare. Era stanco di guardarsi e provare l’impulso di distruggersi da solo per risparmiare la fatica ad altri.
Alzò gli occhi ai fulmini che continuavano a cadere sulla collina che ormai era tutta un rogo.
Non ci sarebbe mai stata fine alla sua sofferenza, se non fosse stato lui a mettercela. I demoni non avrebbero avuto pietà di lui e allora lui non avrebbe avuta di loro.
Sforzandosi ma senza tradire alcuna emozione con il viso, si alzò in piedi sul ramo. Il suo braccio sinistro pulsava ancora per il rito del padrone e sapeva le due ‘X’, nascoste al mondo dalla stoffa, svettavano sulla sua pelle in un denso e cupo scarlatto che le rendeva uniche. Un marchio di possesso e un’indipendenza, un bersaglio e uno spauracchio insieme, non poteva liberarsene e allora si sarebbe liberato di chi avrebbe cercato di fargliele pagare. Aveva già dato troppo e non aveva intenzione di spendere una goccia di sangue in più per mano di nessuno. Nessuno che non fosse quell’unico dal quale mai, lo sapeva, sarebbe potuto scappare o su cui avrebbe potuto prevalere.
Il suo master, purtroppo l’unico di cui gli sarebbe importato sbarazzarsi.


 
[You’re a soldier now, fighting in a battle
to be free once more.
That’s worth fighting for.]




 
Testo della canzone che inframezza il capitolo: Sound the bugle, Bryan Adams, Colonna Sonora di "Spirit-Cavallo selvaggio".




Salve!
Allora, se siete lettori della mia storia di HYP, non mandatemi contro anatemi! Lo so che con la vostra sono indietro, ma proprio non sono riuscita a resistere!
Tanto più che questa storia è un regalo: per te, Chrissy, onee-chan, che compi gli anni e che sarai sempre una persona speciale nel mio cuore perché una volta che ti si conosce, non si può fare a meno di volerti bene :)
Detto questo, ho da fare qualche precisazione.
-La storia sarà composta di sei capitoli, ognuno dei quali iniziato con una parte del piccolo discorso che Luka fa all'apertura di ogni episodio dell'anime e inframmentato da una canzone.
-Gli aggiornamenti non hanno una tabella, mi dispiace dirlo ma per ora non me la sento di porre una data perché non ho la certezza di poterla rispettare. Potrei aggiornare tra un mese come domani, non lo so, mi dispiace :(
-La storia della nascita e della madre di Luka è una mia completa invenzione, non supportata da nulla nel manga :)
-Il "monologo" di Lucifero (di quello che io ho capito essere Lucifero, visto che nel manga è sempre chiamato solo 'il Re dei Demoni', ma che potrebbe essere un mio errore) mentre marchia Luka è copiato dal manga, mie sono solo le descrizioni che ho cercato di fare rimanendo fedele alle immagini. Correlato c'è anche questo particolare: -Lo "stupro" di Luka non è solo dovuto al mio immenso sadismo, ma mi è venuto in mente perché nell'immagine Luka sembra essere messo su un materasso, perché viene sempre definito "il più amato dal re dei demoni", perché tutti parlano dell'alta posizione che aveva raggiunto, perché lui dice di non essere mai stato fedele ad Infernus e perché, nel ricordare il suo passato, Luka ha sempre delle reazioni dure, di spavento e sofferenza fisica. Mia elucubrazione, quindi, molto probabilmente sbagliata.
-La descrizione di Luka come "occhi come lame e capelli come notte" è presa dal manga, tutti sembrano divertirsi a definirlo così e allora vengo anche io :)
Credo di non aver altro da dire, non mi sembra ci sia niente di altro... Ah, sì, se vi chiedete "Ma dov'è Yuki?!" abbiate pazienza: comparirà nel prossimo capitolo!
A presto, spero!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 2
*** Capitolo II- La Luce del Dio ***







Capitolo II
LA LUCE DEL DIO
 
 
“…la tua incertezza…”
 
 
Luka non faceva neanche più caso a quei sussurri, neanche troppo sussurrati, di chi gli augurava il peggio possibile. Si limitava ad estrarre la spada ed eliminare il seccatore. Semplice, pulito e in piena coerenza con ciò che la sua vita era stata in quei secoli. Tanto coloro che lo provocavano non sarebbero durati molto lo stesso: se quei Duras non erano abbastanza intelligenti da capire che sfidare Bloody Cross non era una mossa alla loro portata, allora non meritavano di vivere.
Fu probabilmente per quello che i Duras con un po’ di cervello, anziché seguire la propria indole e sfidare chiunque li guardi dall’alto in basso, si facevano tutti rapidamente da parte quando Luka percorreva le strade di Infernus e i corridoi del palazzo del suo padrone, nonostante tutti sapessero cosa fosse. Nessuno osava usare parole dure, però Luka sapeva cosa pensasse la gente dietro la definizione ‘il più amato dal re dei demoni’.
Aprì la porta ed entrò, senza lanciare nemmeno un’occhiata al letto. Temeva di scoprirlo sfatto e in attesa tanto quanto lo temeva ancora ben preparato, era impossibile prevedere quando il suo padrone l’avesse chiamato per una missione o solo per divertirsi col suo corpo e allora tanto valeva ignorare il resto del mondo e rimanere all’oscuro fino all’ultimo, così da poter sperare in qualcosa di diverso dall’ennesima brutale violazione.
Quando intravide la figura di Lucifero in controluce davanti alla finestra, si inginocchiò e tenne lo sguardo fisso a terra, muto. Dovette attendere per poco prima che la mano del suo padrone si infilasse tra i suoi capelli e poi scivolasse sotto il suo mento. Le dita gli si strinsero sulle guance e gli fecero a forza alzare il viso. Luka obbedì, ma tenne lo sguardo fisso davanti a sé, vacuo, senza mettere nulla a fuoco.
“Luka, mio bellissimo Luka…” ansimò Lucifero nel suo orecchio, sospirando quasi mestamente, “Vorrei non doverti mandare via, proprio ora… La sola idea di farti uscire di qui senza godere di te…mi spezzerebbe proprio il cuore, se solo l’avessi.”
Luka rimase in silenzio.
Crosszeria significava anche quello, fondamentalmente. Ciò che il Master desiderava era ciò che lui avrebbe fatto. Non si poteva scegliere, era l’ordine naturale delle cose.
Lucifero spostò il volto a fianco di quello del suo schiavo e lo immerse nei capelli di quest’ultimo inspirando profondamente, quindi si ritrasse e sospirò.
Il ragazzo chinò di nuovo la testa e riprese a fissare il pavimento mentre il padrone tornava alla finestra.
“Dimmi, Luka,” riprese questi, la voce all’improvviso tanto fredda da far preoccupare il Duras, “come sta quel tuo animaletto?” Luka sentì un fremito di qualcosa rotolargli nel petto, ma scomparve prima ancora che lui potesse identificarlo. “Ti avevo detto che dovevi eliminarlo con suo fratello,” continuò Lucifero, “che mi avevano fatto infuriare e avevano umiliato molti dei miei uomini, sconfiggendoli. Mi hai disobbedito, Luka?”
Il Duras sentì un brivido contrargli i muscoli della schiena a quella domanda. Sapeva che Lucifero conosceva bene la risposta.
“Master…” tentò, ma fu bruscamente interrotto.
“Rispondimi, Luka.”
La voce del suo padrone era tagliente e lui si costrinse a rispondere.
“Sì, master.” ammise, la voce chiara nonostante l’incertezza nel suo petto, ma senza alzare lo sguardo.
Sapeva bene di non avere possibilità di mentire, l’aveva saputo nell’istante in cui aveva preso la sua decisione, perciò era pronto a subire le conseguenze del suo gesto.
La sua mente gli mise davanti un’immagine tremolante di quel piccolo draghetto più simile ad una pallina nera e pelosa che ad un mostro e Luka si accorse che qualcosa nel suo petto si allentava alla sola idea di quel cucciolo.
“Luka, Luka, Luka…” cantilenò Lucifero con delusione, “Che cosa devo fare con te, adesso? Non posso certo lasciartela passare liscia…”
Luka si sforzò di non deglutire e rimase fermo in attesa.
Il re dei demoni godeva della silenziosa rassegnazione del suo servo perciò attese ancora per un po’ prima di voltarsi di nuovo a guardarlo.
Gli anni avevano reso Luka sempre più bello, meraviglioso da far male. Capelli color pece ora tagliati corti, appena alle spalle, e occhi d’argento; zanne lunghe e pelle trasparente; una bellezza sovrannaturale e un potere immenso. A dispetto dei suoi quattro secoli di vita, mostrava diciannove anni di forza, letalità e violenza.
“Che ne diresti se ti lasciassi tenere il tuo piccolo amico?” propose, sorridendo.
Luka esitò. Tutte le volte che Lucifero diceva ‘che ne diresti se…’, in realtà intendeva ‘farò così e tu mi obbedirai.’, però temeva ugualmente le condizioni che questa finta concessione gli sarebbe costata.
“Master?” chiese solo. Per un attimo, una parte di lui si domandò se fosse ancora capace di dire altro oltre quella singola parola e ‘sì’.
Lucifero si avvicinò fino a che tutto ciò che Luka poté vedere non furono i suoi piedi, quindi lo guardò dall’alto pregustandosi le soddisfazioni che quel ragazzo gli avrebbe dato.
“Sai cosa sono gli Zweilts, Luka?”
 
[A warning to the people,
the good and the evil.
This is war.
To the soldier, the civilian,
the martyr, the victim.
This is war.]

 
Luka strinse i denti e resistette sino alla sua cella, ma una volta dentro si piegò in avanti, le braccia incrociate sullo stomaco, e gemette per il dolore. Le spalle gemevano per la violenza con cui erano state strattonate e aperte, i polsi per la stretta in cui erano stati imprigionati e il resto del corpo per l’umiliazione. Lucifero aveva detto che lasciarlo andare senza godere di lui gli avrebbe spezzato il cuore, e alla fine aveva deciso che non valeva la pena di rischiare una tale sofferenza.
Prese un respiro profondo, si raddrizzò un poco, si sforzò di ricacciare dentro di sé tutte le emozioni e, dopo aver ripreso la sua espressione gelida, fece ancora un passo avanti. Come il suo piede oltrepassò il bordo circolare del sigillo che aveva imposto, invano, nel tentativo di celare al suo padrone la presenza di una creatura magica nel palazzo, l’aria tremolò e una piccola figura prese forma.
Il ragazzo rimase a fissare la palletta di pelo nera come la notte che rimaneva sospesa a mezz’aria solo grazie alle spinte di due minuscole alette. Aveva un muso piccolo con scintillanti occhi gialli, una pietra rossa al centro della fronte e una coda lunga poco pelosa.
Appena ebbe realizzato chi fosse il demone entrato nel suo rifugio, il piccolo drago si lanciò in avanti con tutta la forza che le sue ali gli concedevano e si schiantò contro il petto del Duras, artigliandone la divisa per potervi rimanere attaccato, quindi iniziò a strusciarsi contro di lui emettendo uno strano suono molto simile a delle fusa.
Luka si sorprese nel sentire dei muscoli tendersi nelle sue guance, tentando di sollevare gli angoli della sua bocca, ma lo stesso soppresse quell’istinto. Tuttavia, non riuscì a impedirsi di sollevare le mani e stringerle attorno al piccolo, una sotto per reggerne il peso e una sopra ad accarezzarlo.
Sodom aumentò le fusa e iniziò a muoversi nelle mani del ragazzo lasciando sporadiche leccatine contro le sue dita mentre si godeva le coccole.
Luka ricordava bene la sua forma reale, l’enorme drago nero e viola di nome Salamander capace di sputare fiammate tali da incenerire un intero manipolo di Duras, ma ricordava anche lo sguardo nei suoi occhi.
Quando Lucifero lo aveva mandato con una squadra ad eliminare i draghi fratelli Sodom e Gomorrah, Luka aveva pensato di risolvere la cosa in fretta. Gomorrah, effettivamente, si era rivelato prevedibile nella sua smania di attaccare e uccidere, ma Sodom lo aveva sorpreso. Quando li avevano trovati, Gomorrah aveva appena attaccato e ferito gravemente il fratello e Sodom doveva essersi finalmente reso contro di stare per morire per mano del suo stesso gemello. Luka non sarebbe mai stato in grado di dimenticare la tristezza che quel tradimento aveva lasciato negli occhi dell’enorme drago. Sodom era tanto abbattuto che se ne era rimasto lì, sdraiato e fermo, mentre loro uccidevano Gomorrah e non aveva accennato un movimento neanche quando lui si era avvicinato per finirlo. Non aveva lottato e aveva aspettato silenzioso che il Duras decidesse. Luka sapeva che avrebbe dovuto ucciderlo, ma quando i loro occhi si erano incontrati aveva letto la disperazione più totale e una domanda che lui stesso si era posto molte volte: perché? Aveva abbassato la spada per la prima volta in vita sua perché si era trovato davanti un suo riflesso, certo distorto e diverso ma sempre così simile a lui da fargli male. Come avrebbe potuto ucciderlo, sapendo che sarebbe stato come uccidere sé stesso? Nell’attimo in cui aveva esitato, Sodom aveva visto in lui qualcosa che aveva rimpiazzato la sofferenza. All’inizio Luka aveva riconosciuto la curiosità, ma poi questa era diventata qualcos’altro. Forse comprensione, all’inizio, ma poi, chissà come, si era dal nulla tramutata in fiducia. Sodom aveva secoli di vita alle spalle, ma per la sua razza questo lo rendeva appena l’equivalente di un bambino di sette o forse otto anni: lo aveva visto, aveva deciso che era buono e così, da un momento all’altro, Luka aveva sentito la sua voce nella testa che lo supplicava di prenderlo come famiglio. Lui nemmeno sapeva cosa fosse, un famiglio.
Eppure aveva allungato la mano, aveva sfiorato la fronte di Sodom e questo si era trasformato in un’ammaccata pallottola di peli. Luka l’aveva nascosto sotto la giacca della divisa ed era tornato ad Infernus senza sapere quale idiota parte di lui avesse deciso di suicidarsi per un drago.
Adesso si rendeva conto che quella parte di lui aveva avuto ragione e Sodom, in pochi giorni, aveva ricambiato il favore dandogli qualcosa che lui non credeva avrebbe mai ricevuto: fiducia, rispetto e soprattutto affetto.
Luka andò a sedersi sulla paglia, la schiena contro il muro e le gambe piegate davanti a sé, ma tenne Sodom tra le mani in modo che si trovasse tra il suo petto e le sue ginocchia. Voleva disperatamente proteggerlo e non sapeva perché, non aveva mai avuto un desiderio simile per nessuno, ma per una volta non si fece domande e si limitò a stringerlo perché la missione che Lucifero gli aveva ordinato di compiere era praticamente un suicidio.
Sodom dovette accorgersi del nervosismo del padrone perché smise di leccargli il palmo e fece forza contro le sue dita fino a riuscire a far spuntare la testolina tra il pollice e l’indice della mano sulla sua schiena. Quindi, fissò il suo nuovo amico con curiosità e piegò la testa da un lato.
Master?
Luka sobbalzò. La voce di Sodom nella sua testa lo aveva preso alla sprovvista, ma mai quanto lo aveva fatto l’epiteto che gli aveva rivolto.
Non sono il tuo master, Sodom., pensò, fissandolo. Aveva paura di usare la propria voce, paura di sentirla e di scoprire che non era più in grado di dire nulla se non ‘Sì, padrone’.
Certo che il Master è il Master di Sodom., ribatté la vocina infantile nella sua testa, mentre l’animaletto si metteva eretto e stringeva tra le zampine anteriori le dita della mano che lo aveva coperto. Con attenzione, iniziò a mordicchiarle. Sodom vuole bene al suo Master.
Luka piegò un po’ la testa da un lato, teneramente, e un angolo della sua bocca si sollevò appena.
Non voglio farti male.
È per questo che Sodom vuole bene al suo Master.
Come indispettito dalla confusione che quel discorso gli portava, Sodom si lasciò cadere seduto sul palmo della mano sinistra del suo Duras e gli strinse la punta dell’indice destro tra i dentini aguzzi.
Devo andare via per un po’, Sodom.
La notizia improvvisa sorprese il drago così tanto che morse il suo amico troppo forte. A Luka scappò un’imprecazione mentre si portava il dito sanguinante alle labbra. Sodom gli inviò mentalmente tutte le sue emozioni di dispiacere, rammarico e confusione.
Luka sospirò.
Devo andare a combattere e non so quando tornerò., cercò di spiegarsi.
Sodom annuì con fare sapiente.
Il Master combatte bene. Il Master tornerà presto da Sodom.
Luka scosse la testa, suo malgrado rincuorato dalla fedeltà cieca del cucciolo.
Ci saranno nemici forti, Sodom. Non sono sicuro che tornerò…in fretta. L’espressione su quel viso animale era stata così sgomenta nell’udire le sue parole, che Luka si era sentito costretto ad aggiungere quell’ultima parte nella speranza di rasserenarla un po’.
Il piccolo famiglio sembrò pensare un po’, quindi svolazzò fino ad andare a sedersi sulla spalla di Luka.
Sodom va con il suo Master.
No, Sodom, tu…
Sodom va con il suo Master.
Sodom!
Sodom va con il suo Master.
Luka strinse i denti per trattenere la rabbia. Quel cucciolo ostinato si sarebbe solo fatto ammazzare!
Lui conosceva gli Zweilts, sapeva quanto fossero forti. Certo, lui lo era di più, sia nel combattimento che nell’uso della magia, ma loro si muovevano sempre a coppie ed erano ben più d’una. Lucifero, invece, lo mandava da solo. Le sue speranze di farcela erano poche, anche perché i suoi nemici godevano della protezione di un membro speciale della loro famiglia capace di curare tutte le loro ferite. Mentre a Luka sarebbero occorsi giorni per riprendersi dagli scontri, loro sarebbero potuti tornare immediatamente sulle sue tracce. Fin troppo facilmente il ragazzo se li immaginava dargli la caccia, stanarlo quando troppo debole per reagire ed eliminarlo così, senza lasciargli nemmeno la dignità di morire con la spada in pugno. Avrebbero eliminato Sodom senza pensarci due volte e lui non aveva intenzione di permetterlo.
Tu resti qui., ordinò quindi, imponendo a quelle tre parole tutta la severità di cui era capace.
Sodom lo fissò in silenzio per alcuni istanti, quindi…
Sodom va con il suo Master.


 
[It’s the moment of truth and the moment to lie,
the moment to live and the moment to die,
the moment to fight, the moment to fight, to fight, to fight, to fight...
To the right, to the left,
we will fight to the death,
to the Edge of the Earth.
It’s a brave new world from the last to the first.
To the right, to the left,
we will fight to the death,
to the Edge of the Earth.
It’s a brave new world, it’s a brave new world....]

 
Luka imprecò mentalmente un centinaio di volte quando lo Zweilt dell’Occhio del Dio gli si parò davanti. Aveva sperato di riuscire ad eliminare prima la Voce del Dio, senza dubbio più pericolosa per lui, allontanandola dal compagno e isolandola vicino al crinale, ma pareva che sbattere uno Zweilt contro una roccia non fosse sufficiente a metterlo fuori combattimento a lungo.
Promemoria per me: eliminarli e basta.
Quindi lasciò che l’attacco dell’Occhio scivolasse accanto al suo fianco limitandosi a spostarsi all’ultimo istante e allungò la spada tra le gambe dello Zweilt che, ferendosi, cadde addosso al compagno arrivato in quel momento alle spalle di Luka.
Il Generale mantenne la sua espressione neutra e gelida mentre guardava il sangue iniziare a colare dalla gamba dello Zweilt castano, quello con un po’ di cervello. Come previsto, l’altro era troppo idiota per accorgersi della trappola e si preoccupò subito del compagno, chiamandolo in modo tanto disperato che Luka non fu certo di aver capito bene il nome. Forse Shusi?, Shuse? Scrollò le spalle, era irrilevante, quindi puntò la spada verso i due ed evocò un attacco magico sufficiente ad eliminarli entrambi.
Stava anche per colpirli quando qualcosa lo distrasse, spezzando la sua espressione vacua per sostituirla con una sgomenta. Come la voce di Sodom entrò nella sua testa, Luka sgranò gli occhi.
MASTER! AIUTO, MASTER!
Dimenticati gli Zweilts, Luka aveva un nuovo obiettivo per lui molto più importante della missione del suo padrone.
Sibilò, più contro gli aggressori ancora sconosciuti di Sodom che contro i due Zweilts che ora lo fissavano con rabbia e confusione, quindi si voltò e scattò nella direzione dove sentiva essere Sodom.
Shusei aggrottò la fronte.
“Ma che sta facendo?”
Cercò di tirarsi in piedi, ma la gamba si era ferita gravemente nello scontro con l’affilatissima lama del Generale Opast e non resse il suo peso, lasciandolo cadere.
Hotsuma si affrettò ad aiutare l’amico a rialzarsi, quindi seguì con lo sguardo il punto dove il demone era fuggito.
“Immagino sarebbe troppo ottimista sperare che abbia avuto paura di noi, eh?” disse, sarcastico.
Shusei annuì, ma nemmeno lui seppe spiegarsi che cosa potesse aver convinto quel demone a rinunciare ad uccidere ben due Zweilts. Hotsuma non l’avrebbe mai ammesso, ma lui sapeva che quella volta erano andati davvero molto vicini al farsi ammazzare.
“Avvisiamo Takashiro.” ordinò al compagno, nella mente l’immagini di due ‘X’ rosso sangue, “Abbiamo un nuovo nemico davvero pericoloso.”
 
[A warning to the prophet,
to the liar, to the honest.
This is war.
To the leader, to the pariah,
the victim, the Messiah.
This is War.]


Luka corse così velocemente che si accorse di essersi fermato solo quando si ritrovò davanti gli occhi sorpresi di Cadenza. Con un attimo di ritardo, si accorse di avergli afferrato un polso e di starglielo praticamente stritolando. Era una bella sensazione.
Cadenza ci mise un secondo per riconoscere la figura rapidissima che si era frapposta tra di lui e quella sorta di drago in miniatura che aveva trovato nascosto in un albero cavo. Quando si rese conto di chi si trattava, sorrise.
Luka lo spintonò indietro e si allontanò da lui di un ulteriore passo, fino a quando non sentì Sodom artigliare la sua divisa e iniziarne la scalata per arrivare alla sua spalla. Sapeva che nella radura c’erano anche altri Duras pericolosi, come Ashley ed Elegy, ma non riuscì a staccare gli occhi da Cadenza. Sentiva il proprio viso di nuovo atteggiato nella sua espressione gelida, ma dentro di sé ribolliva di umiliazione.
All’incirca un anno prima, Cadenza era diventato un Generale Opast. Come al solito, il grado gli era stato concesso da Lucifero in persona ma a Cadenza, come premio per la sua sadica follia e per la sua indole al massacro, era stato concesso di esprimere un desiderio. Il maledetto aveva preteso una settimana di assoluto controllo su Luka e questi si era ritrovato incredibilmente a provare la mancanza dei modi di Lucifero. La sola vista di Cadenza, ora, gli faceva sentire di nuovo le mani del rosso addosso, che lo toccavano e violavano, e il suo stomaco iniziava a contorcersi lasciandolo preda dei conati. Se mai Luka aveva odiato qualcuno per davvero, quello era Cadenza.
E Cadenza lo sapeva.
Il rosso sorrise ancora di più nel notare piccole scariche elettriche viola scappare dalla lama di Luka nonostante l’orecchino di controllo degli incantesimi, una specie di cilindro d’argento intagliato, che indossava e che avrebbe dovuto mantenere a bada la naturale tendenza della magia ad assecondare i sentimenti del suo evocatore.
“Mi detesti proprio tanto, eh?” mormorò, la voce bassa ma maligna, e tuttavia Luka non gli diede soddisfazione e non rispose. Con un po’ di disappunto, Cadenza riprese. “Che ci fai qui?”
“Mi hai fatto perdere due Zweilts.” commentò Luka, gelido, senza rispondere.
In quel momento, la figura minuta di Sodom comparve sulla spalla di Luka e soffiò contro gli altri demoni, tentando miseramente di intimidirli.
Cadenza scoppiò a ridere.
“E quello cosa sarebbe? Il tuo nuovo amico?”
Luka scoccò un’occhiata ad Ashley, scoppiata a ridere, e questa impallidì e tacque non appena incrociò i suoi occhi. Quindi, il Duras tornò al suo antagonista principale.
“È il mio famiglio, Cadenza. È mio e ti è proibito avvicinarti. Toccalo e sei morto.”
Luka non era sicuro di cosa avesse esattamente affermato riconoscendo Sodom come suo famiglio, ma Cadenza sgranò gli occhi per un attimo prima di fissarlo con odio.
“Non può averti dato il permesso di avere un famiglio!” sibilò, “Tu non sei niente più di un cane, non meriti un servo!”
E in quel momento Luka seppe che Cadenza non aveva la facoltà di tenere un famiglio, altrimenti glielo avrebbe già aizzato contro per mostrargli quanto più forte di Sodom fosse.
Sollevò un sopracciglio, gustandosi la sensazione di essere al di sopra di Cadenza, e poi, senza una parola, si allontanò nella direzione da cui era arrivato. Si fermò dopo pochi passi.
“Lucifero non sarà contento di sapere che perdete tempo e che per colpa dei tuoi giochetti idioti due Zweilts sono sopravvissuti all’attacco del suo pupillo.” sibilò, prima di allontanarsi definitivamente in un silenzio irreale.
Lui sapeva che la rabbia di Lucifero non si sarebbe diretta certo contro Cadenza, ma sembrava che quest’ultimo non ne fosse così certo e allora tanto valeva approfittarne.
Appena fu fuori dalla vista e dall’udito degli altri Duras, Luka iniziò a correre e non si fermò fino a che non fu nella piccola grotta che aveva preso come propria base. Quindi fissò Sodom.
Che cosa ti avevo detto?, chiese, serio.
Sodom non apparve molto contrito.
Al Master non piace il tipo rosso. Sodom segue il tipo rosso e aiuta il Master.
Luka si scoprì indeciso tra il picchiare Sodom e il picchiare sé stesso. Non era sicuro che avrebbe fatto una grande differenza.
Tu devi stare lontano dal tipo rosso e rimanere qui. Ho perso due prede per la tua idea di oggi, sai?
Sodom abbassò le orecchie e lo fissò. Luka ci provò, ci provò davvero a rimanere arrabbiato, ma quando Sodom gli riversava nella mente tutto quel rimorso e tutta la sua paura di averlo deluso non era più in grado nemmeno di ricordare per che cosa lo stesse sgridando.
Fa niente., si costrinse a pensare, Li riprenderò. Tanto sono stupidi.
Sodom iniziò a muovere la coda, sul viso paffuto un’espressione felice, e allungò le zampe anteriori per posarle sulla guancia di Luka.
Sodom vuole bene al suo Master!
E Luka sapeva che era vero. Sodom era totalmente incapace di mentire: aveva una mentalità semplice che lo portava ad essere, dire e fare semplicemente ciò che pensava fosse giusto ed era l’unico al mondo capace di suscitare in Luka una qualche ombra di sentimento.
Da quando Cadenza lo aveva violato, gli riusciva difficile lasciarsi andare alle emozioni anche con Sodom. Ormai nemmeno lui sapeva far sorridere il suo viso, ma per qualche strano motivo era ancora capace di far sorridere la sua anima e questo era davvero moltissimo per uno Zess.
Lo so, Sodom.
Sodom vuole ancora più bene al Master perché il Master accetta Sodom!
Luka alzò gli occhi al cielo, fingendo di sospirare. Per Sodom era sempre stato molto importante essergli legato come famiglio, ma lui aveva sempre evitato per paura di ciò che avrebbe potuto fargli. Nella sua mente, il padrone era una persona crudele che non riusciva a fare a meno di far del male a colui di cui era possessore. Ora aveva passato il confine, ma non sentiva l’impulso di ferire Sodom, quindi si stava tranquillizzando un pochino.
Sodom all’improvviso tremò e Luka si bloccò di colpo.
Che succede?!, chiese, preoccupato. Che fosse colpa del legame?!
Sodom vuole crescere…, piagnucolò il draghetto nella sua testa.
Luka aggrottò la fronte, confuso.
Crescere?
Sì. Sodom vuole diventare grande, grande, grande. È tanto che Sodom non diventa grande. Sodom si sente schiacciato.
Cosa vuol dire che vuoi…? Capì prima di finire la frase. Vuoi mutare? Hai bisogno di diventare drago?
Sodom annuì molto vigorosamente, troppo perché perse l’equilibrio e cadde in avanti. Luka lo prese al pelo, a prezzo di un notevole spavento.
Stai attento, Sodom!, lo rimproverò, ma questi non chiese scusa.
Scosse la testa con forza, come per mettere a posto tutto ciò che c’era nella sua testa, quindi guardò Luka.
Sodom vuole diventare grande…, e la sua voce era così triste che Luka rinunciò ad obiettare.
D’accordo, Sodom. Puoi mutare.
Sodom lo guardò con gioia, quindi iniziò a crescere. Luka lo fermò appena in tempo prima che diventasse un drago enorme dentro una caverna grossa come un ripostiglio.
Non qui!, cercò di tenerlo a bada mentre, stringendolo tra le mani, lo portava fuori. Una volta nella piccola radura di fronte alla caverna e dopo essersi assicurato che non ci fossero Zweilts nei paraggi, lo posò per terra e si allontanò di un paio di passi. D’accordo. Ora puoi mutare, Sodom.
Sodom non se lo fece ripetere due volte e con un fischio acuto di gioia si inarcò all’indietro. Se Luka era rimasto sconvolto nel vedere un enorme drago ripiegarsi in una sorta di pallina giocattolo, lo rimase ancora di più nel vedere una sorta di pallina giocattolo espandersi fino a diventare un enorme drago.
Salamander era nero sul dorso, ma aveva il ventre, la parte interna delle ali e la gola viola scuro. Gli occhi gialli spiccavano come la pietra rossa al centro della fronte. Era davvero grosso.
Prima che Luka potesse anche solo pensare, Sodom spalancò le ali e sradicò involontariamente una decina d’alberi.
Sodom!, esclamò Luka, vedendo il disastro, Così ci troveranno!
Il drago, confuso, cercò di voltarsi per vedere cosa avesse combinato, ma così la sua coda sradicò un altro abete.
SODOM! Stai fermo!
Luka si ritrovò la testa piena di emozioni incerte, un po’ confuse e vagamente dispiaciute, che lo fecero sospirare.
Aprì la bocca per consigliare a Sodom di andare a volare un po’, ovviamente molto in alto dove non avrebbe potuto essere visto né lasciare tracce troppo evidenti di sé, ma l’ennesimo botto lo fermò.
Sodom…!
Non è stato Sodom!, iniziò subito il cucciolo, sollevando le orecchie, Questa volta non è stato Sodom!
Luka aggrottò la fronte. Il suo famiglio non sapeva mentire, quindi…che diavolo stava succedendo?
Prima che potesse capirlo un’altra esplosione vece scattare il suo volto verso est. Del fumo aveva iniziato ad alzarsi dalla foresta e, chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio, Luka percepì parecchi Zweilts e Duras impegnati nella battaglia.
Bastardo…, pensò, stringendo le mani a pugno, ma facendo attenzione a non proiettare l’insulto nella mente di Sodom.
Cadenza aveva deciso di prendere gli Zweilts e portarli a Lucifero al posto suo, così da riscattare la perdita della mattinata e umiliare Luka.
Sodom, dobbiamo andare là.
Sodom non se lo fece ripetere. Allungò un’ala per permettere al suo Master di salirgli in groppa quindi spiccò il volo.
 
[It’s the moment of truth and the moment to lie,
the moment to live and the moment to die,
the moment to fight, the moment to fight, to fight, to fight, to fight…
To the right, to the left
we will fight to the death,
to the Edge of the Earth.
It’s a brave new world from the last to the first.
To the right, to the left,
we will fight to the death,
to the Edge of the Earth.
It’s a brave new world, it’s a brave new world, it’s a brave new world.]

 
Sodom sorvolò con circospezione il campo di battaglia e fissò con confusione quei pochi umani, forse appena più di una decina, che si difendevano con le unghie e con i denti dai demoni di Cadenza e dai vari Generali. Provò un sentimento di simpatia immediata per un ragazzo dai capelli grigi che colpì Cadenza con una strana arma che sembrava sempre scoppiare.
Sodom…, lo rimproverò Luka, ma senza troppa convinzione. Anche a lui faceva piacere vedere Cadenza colpito.
Purtroppo l’Opast non sembrava in grande difficoltà, tanto più che rise e poi mandò lo Zweilt a sbattere contro una roccia circa dieci metri più distante e si dedicò alla Zweilt donna.
Luka decise che non voleva far atterrare Sodom nel bel mezzo della battaglia. Conoscendo Cadenza, il bastardo avrebbe attaccato il suo famiglio fingendo poi di averlo colpito per errore nel combattimento e lui non aveva la minima intenzione di permettere a nessuno di far del male al drago, specialmente non dopo tutto quello che gli era costato tenerlo con sé.
Plana accanto al campo, Sodom, ma cerca di non farti vedere., ordinò.
Sodom gli rivolse un basso gorgoglio d’assenso, quindi fece dietro-front e si allontanò un po’ prima di voltarsi di nuovo e tornare verso lo spiazzo volando rasente gli alberi. Si fermò alcuni metri prima, iniziando a rimpicciolire prima ancora di aver toccato terra per essere sicuro di non essere notato. Quando i piedi di Luka toccarono terra, accanto a lui stava un lupo nerissimo, con gli occhi gialli e una gemma rossa in mezzo alla fronte.
Il Duras batté le palpebre un paio di volte.
È…normale?
Sodom piegò la testa da un lato, confuso dalla domanda, quindi uggiolò andando a sfregare il muso contro la mano del padrone. Luka si scoprì a sorridere appena per quel contatto che, per umido e freddo che fosse, a lui dava una sensazione di calore.
Mi raccomando, questa volta resta qui. Niente pedinamenti del rosso o di qualsiasi altro demone, chiaro?
Sodom borbottò, in disappunto, quindi prese con i denti la manica della giacca del suo padrone e iniziò a strattonarlo verso di sé, nella direzione opposta a quella del campo di battaglia.
Luka scosse la testa. Con attenzione, accarezzò il muso di Sodom convincendolo a mollare la presa, quindi si raddrizzò.
Guardami le spalle, piccoletto.
L’espressione di Sodom nel sentire quell’ordine fu di tale gioia che Luka dovette trattenersi dallo scuotere la testa. Bastava così poco per far felice quel cucciolo…
Per un momento, uno solo, Luka desiderò fosse così facile compiacere anche il suo padrone, ma come quel pensiero gli attraversò la testa tutti i suoi muscoli si tesero. C’era un modo per compiacere il suo padrone, ma per Luka non era mai stato così semplice e mai lo sarebbe stato.
Sciolse le spalle per prepararsi alla battaglia in arrivo e quel gesto, come fosse un comando da tempo appreso, fece scappare qualsiasi pensiero non fosse il peso della spada nella sua mano. Socchiuse le labbra per poter respirare silenziosamente tra esse, quindi si avvicinò ad uno degli alberi che facevano da confine al campo di battaglia e si accovacciò un po’ per poter studiare la situazione prima di gettarsi nella lotta.
Quattro coppie di Zweilts e uno singolo si erano divisi la combriccola di Cadenza. La coppia che Luka aveva perso per poco quella mattina si era presa Elegy mentre Ashley combatteva con due fratelli, un maschio e una femmina, dai capelli castani; la coppia con il ragazzo dai capelli grigi e l’arma che produceva quelle fastidiose esplosioni aveva lasciato Cadenza per occuparsi di Rurk, un Opast tanto grosso quanto idiota che Luka non aveva mai potuto sopportare; e il ragazzo che combatteva da solo stava tenendo testa ad una Opast che lui non aveva mai visto. Erano tutti abbastanza in difficoltà, ma non così tanto come il Duras avrebbe immaginato. Gli occorsero comunque ancora alcuni istanti prima di individuare Cadenza e trovarlo intento a giocare con due Zweilts, uno dei quali non doveva avere più di una quindicina d’anni e una spada nera più alta di lui.
Luka strinse i denti vedendo il modo in cui il suo aguzzino di prendeva gioco degli Zweilts. Quel suo modo di combattere irritava profondamente lo Zess. Quando prendevi la vita di qualcuno, il minimo che potevi fare e mostrargli rispetto. Nessuno meritava di essere privato della dignità quando era ormai troppo tardi per lui per provare a riscattarla. Luka aveva assassinato un sacco di persone: era stato gelido e impietoso, implacabile, ma mai irrispettoso. Ma forse era una cosa da Zess, forse solo un guerriero che fosse stato schiavo per tutta la vita poteva capire cosa significasse ritrovarsi umiliato e temere che la tua vita finisca a quel modo, lasciando dietro di te solo la tua vergogna.
Luka strinse di più la presa su Roxass. Non era stato lui a chiamare così la sua spada, lei era apparsa quando i suoi poteri erano cresciuti tanto da aver bisogno di un oggetto fisico in cui essere incanalati e Luka aveva sentito che quello era il suo nome, niente possibilità di errore.
Concentrò la propria coscienza sul bosco alle proprie spalla, cercando un ultimo contatto con la mente di Sodom, e annuì tra sé e sé quando sentì i suoi pensieri orgogliosi e fissi sul compito di proteggere le spalle del suo master. Si piegò un po’ in avanti, sciolse ancora le spalle per essere sicuro che il primo fendente fosse fluido e non rigido. Avrebbe tagliato la testa allo Zweilt che combatteva da solo prima ancora che questi si rendesse conto di cosa stesse succedendo e poi sarebbe passato oltre. Se poi avesse eliminato Cadenza nella foga della battaglia… beh, gli errori capitavano a tutti, lui non ne era certo immune.
Fece appena in tempo ad allungare la gamba in avanti, solo di un poco, pronto per aggredire la preda che i suoi aguzzini stavano tentando di soffiargli, quando un fruscio diverso, alle sue spalle, lo fece immobilizzare. Un secondo e poi la voce di Sodom.
Master, Sodom non capisce… Perché è così?
Luka si voltò, confuso, ma vedere con i suoi occhi ciò che stava arrivando non lo aiutò.
Una figura annaspava tra gli alberi, barcollava in modo strano. Sembrava ubriaca, ma nell’odore che emanava da essa non c’era traccia della nota acre dell’alcool.
Sodom, cos’è?, chiese Luka, rimettendosi in posizione d’attacco anche se con un obiettivo totalmente diverso da quello di prima.
Un umano, Master! Un umano femmina!
Come chiamata in causa, la donna riuscì a oltrepassare una serie di cespugli e ad apparire visibile.
Era abbastanza alta per essere umana, Luka stimò che doveva a malapena raggiungergli le scapole, e aveva capelli di una strana tonalità bronzo e cenere che le scendevano lunghi fino almeno a metà coscia. Le ciocche ai lati del viso erano state intrecciate dietro la nuca e lasciavano libero un viso leggermente triangolare, candido e senza dubbio grazioso, ma distorto in un’espressione sofferente. Sodom le camminava dietro nella sua forma di lupo e fissava con confusione il movimento irregolare delle sue gambe, fasciate da un lungo kimono candido stretto in vita da una fascia viola scuro che esaltava il suo corpo da poco più che adolescente. Effettivamente, la sua camminata era tanto instabile che anche Luka l’avrebbe lasciata passare solo per continuare a fissarla e capire quanto ancora sarebbe stata in grado di percorrere prima di stramazzare al suolo.
La ragazza continuò ad avvicinarsi e solo allora il Duras si accorse che aveva gli occhi chiusi, come per farsi forza, perché lei li aprì, forse percependo la sua presenza.
Occhi enormi, la stessa tonalità dell’ambra, circondati da folte ciglia nere lo fissarono, ma senza metterlo a fuoco realmente. Era come se lei lo stesse guardando, ma senza vederlo per davvero.
“Lasciami andare da loro…”
Luka si scoprì a sobbalzare quando la voce della ragazza lo raggiunse, bassa e roca per il dolore, carica di una supplica così disperata che il Duras si raddrizzò d’istinto. La sconosciuta continuò a camminare, senza fermarsi né guardarlo più. Teneva gli occhi sul varco tra gli alberi dai quali giungevano i suoni della battaglia. Un grido di dolore, senza dubbio di un Zweilt, si alzò e la ragazza urlò a sua volta, come a rispondere a quella sofferenza, e subito si gettò in avanti, ritrovando chissà dove la forza di correre. Luka dovette spostarsi di scatto per evitare che, nella foga, la giovane si gettasse da sola sulla lama tesa di Roxass. La punta della lama le lacerò il fianco del kimono dall’altezza del ginocchio sino all’orlo basso, ma lei non sembrò accorgersene e continuò a correre.
Con sgomento del Duras, irruppe senza timore nel campo di battaglia.
Luka si avvicinò al varco che la ragazza si era aperta per controllare e lo fece appena in tempo per vedere lei che si piegava in due su se stessa e urlava. Fu un grido tanto forte e straziante che i Duras si voltarono per capire cosa fosse successo. Una delle due Zweilts donne, quella con lunghissimi capelli di colore simile a quelli della sconosciuta, le urlò un “No!” ma lei era ormai persa come in un mondo suo.
Luka capì cosa stava per succedere solo quando la ragazza inarcò la schiena all’indietro, urlando ancora più forte, e il suo corpo si accese di una luce bianca e calda. Troppo calda.
La Luce del Dio!
Luka non fu l’unico a capirlo, ma fu quello troppo vicino per reagire in tempo. Mentre gli altri realizzavano e svanivano, lui comprese che non avrebbe fatto in tempo a sparire prima che la Luce lo investisse e polverizzasse.
Si sentì colpire violentemente allo stomaco e il suo corpo perse aderenza con il terreno per un attimo mentre qualcosa lo sbatteva a terra ad un paio di metri dalla radura. Una sagoma enorme e nera gli piombò addosso e poi non vide più nulla. Il suo corpo rabbrividì sentendo l’energia crepitare al di fuori del bozzolo nero in cui era rinchiuso. La positività di quella forza era tale che ogni centimetro del suo corpo tremò alla sola idea di venirne colpito. Dopo qualche minuto, però, la Luce del Dio esaurì il suo potere e l’aria tornò normale.
Nonostante questo, Sodom attese prudentemente ancora qualche secondo prima di risollevarsi sulle zampe e sollevare le ali dal corpo del suo master, quindi lo fissò con attenzione.
Sodom ha schiacciato il Master?
Luka lo fissò, stranito, per un attimo, poi però si lasciò scappare un mezzo sorriso.
No, Sodom ha salvato il Master.
In un attimo Sodom aveva ripreso la sua forma di palletta di pelli e gli si era slanciato sul viso per leccarlo e rivolgersi un sacco di guaiti di felicità e rimprovero per la preoccupazione che aveva provato.
Sto bene, Sodom, tranquillo…, per alcuni secondi Luka dovette ripetere al suo famiglio di essere a posto prima che questi si accoccolasse sulla sua spalla e puntasse gli occhi verso il campo di battaglia, da cui ora proveniva un innaturale silenzio.
Cosa succede, Master?
Luka non lo sapeva, ma lo avrebbe scoperto. Con la magia richiamò Roxass, caduta ad alcuni metri da lui, nella propria mano e poi tornò alla radura.
Come previsto, tutti i Duras erano scomparsi. Luka poteva sentire che Rurk non era stato abbastanza veloce, la polvere del suo corpo puzzava ancora come lui, ma ciò che lo sorprese fu che anche gli Zweilts erano a terra, privi di sensi.
Il potere della Luce del Dio deve essere stato troppo anche per loro, ipotizzò osservando il corpo dello Zweilt biondo che aveva progettato di uccidere rigenerarsi a vista d’occhio, o forse l’incantesimo ha avuto effetto sulle loro ferite e li ha fatti svenire per accelerare la guarigione…
Non che importasse.
Luka si allontanò immediatamente dal corpo svenuto. A volte detestava quella sua necessità di rispettare il proprio avversario, avrebbe potuto eliminare tutti gli Zweilts in quel momento e risolversi un sacco di problemi, ma poi si ripeteva che in fondo lo faceva perché lui stesso potesse avere lo stesso rispetto. Vana speranza, ma pazienza.
Esitò per un attimo quando vide a terra il fagotto raggomitolato che poco prima gli era apparso come una giovane donna. Scosse la testa, era solo un’umana!, quindi la raggiunse e si inginocchiò per osservarla.
Dunque era così che appariva la Luce del Dio?
I capelli sparsi attorno al corpo, davvero troppo magro, si erano sporcati con il fango, così come anche le guance. Il viso era pallidissimo ad eccezione di grosse occhiaie e la faceva sembrare malata. La pelle sottile sembrava sul punto di strapparsi, il respiro era affannoso anche nell’oblio dei sensi e il volto mostrava una smorfia sofferente e spaventata. Eppure c’era qualcosa, nel modo in cui il collo si allungava sulle spalle, nel polso sottile, nelle dita lunghe, o forse nel nasino piccolo o nelle labbra rosa chiaro o nelle chiuse palpebre color lavanda che…confondeva Luka. Nonostante tutto, lei sembrava…bella.
Ehy! Niente idiozie!
Luka scosse la testa, rimproverandosi da solo, quindi tornò a guardare la ragazza. Che cosa doveva fare? Certo, era la Luce del Dio e probabilmente avrebbe dovuto ucciderla… ma non poteva farlo così, senza che lei avesse la possibilità di difendersi. Lasciarla lì sarebbe sembrata l’idea migliore se non fosse stato palese il dolore che provava. Gli Zweilts si sarebbero svegliati, prima o poi, ma quando?, abbastanza in fretta per aiutarla?
Luka imprecò tra i denti e alzò gli occhi su Sodom che, avvicinato il muso alla ragazza, la stava squadrando con circospezione, annusandola di tanto in tanto.
A Sodom piace…, decretò alla fine, guardando il suo master.
Luka aprì le labbra, pronto a troncare sul nascere i piani del suo famiglio, ma in quel momento, per un breve attimo, la ragazza aprì gli occhi e lo fissò. Dopo un istante, sorrise mesta e gli annuì.
“Lascia gli altri però, va bene?” mormorò, gli occhi che già le si richiudevano mentre il suo corpo, esausto, si lasciava cadere preda di alcuni spasmi.
Un istante e la ragazza perse nuovamente i sensi.
Luka sgranò gli occhi. Lasciare gli altri?, si era svegliata con un Duras chino su di lei e tutto ciò a cui riusciva a pensare era che questi doveva risparmiare i suoi compagni?!
Il demone alzò gli occhi su Sodom. Il famiglio ritornò lo sguardo con uno tranquillo, come se già sapesse cosa il suo padrone stava per fare.
Voglio capire., si giustificò Luka, ma il draghetto non risposte.
Semplicemente, prese la Luce del Dio tra le fauci e lasciò che il suo padrone gli salisse sulle spalle.
Era ora di tornare al rifugio.


 
[I do believe in the light,
raise your hands into the sky.
The fight is done, the war is won,
lift your hands toward the sun…
To the right, to the left,
we will fight to the death,
to the Edge of the Earth.
It’s a brave new world from the last to the first.
To the right, to the left,
we will fight to the death,
to the Edge of the Earth.
It’s a brave new world, it’s a brave new world, it’s a brave new world.
A brave new world… The war is won… The war is won… A brave new world…]






 
Testo della canzone che inframezza il capitolo: This is War, 30 Seconds to Mars.





Salve!
Lo so, è un po' che non mi faccio vedere, ma voi limitatevi ad essere felici di avermi di nuovo qui v-v
Capitolo un po' lungo, lo ammetto, ma volevo dare spazio al piccolo Sodom ^-^ Avete visto inoltre chi è spuntato? Esatto! YUKI! Come promesso!
Faccio una precisazione: in questa battaglia sono presenti Kuroto e il suo vecchio partner, Oboro; Tsukumo (con la sua pistola) e Tokho; Shusei ed Hotsuma; Ria con suo fratello come partner; e infine Sairi. Chiaro? Solo per essere sicuri...
Dunque, le solite precisazioni...
-L'incontro con Sodom è in parte preso dal manga (la storia di Gomorrah e l'incarico di Luka) e in parte di mia invenzione (il portarlo di nascosto ad Infernus);
-Luka che si prende Yuki e se la porta via è totalmente di mia invenzione, ma siccome né l'anime né il manga vogliono darmi indizi su come siano andate veramente le cose, beh farò a modo mio! v.v
Basta, direi che ci siamo! ;)
Grazie a tutti, lettori, e soprattutto a te, onee-chan Chris, a cui è dedicata questa storia!
A presto,
ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 3
*** Capitolo III- Un patto con il diavolo ***






 
Capitolo III
UN PATTO CON IL DIAVOLO

 

 
“…e la tua solitudine.
…”
 
 
Luka camminava avanti e indietro di fronte alla piccola grotta da quando aveva permesso a Sodom di lasciarvi la Luce del Dio. Il giorno prima.
Sospirò, insultandosi mentalmente. Era solo una ragazza svenuta!, anche se aveva quei poteri, era priva di sensi: non poteva essere pericolosa! Eppure non riusciva ad avvicinarsi. Quando ci pensava, si ripeteva di starlo facendo perché lei era il nemico naturale della sua essenza di Duras, ma la realtà era che non riusciva a spiegarsi perché non l’avesse attaccata quando l’aveva vista, perché anzi si fosse preoccupato di non ferirla accidentalmente con la propria spada e soprattutto per quale folle e astruso motivo avesse deciso di portarla con sé. Se un qualsiasi Duras l’avesse scoperto, non avrebbe avuto alcuna possibilità di giustificarsi. Accusa di tradimento, un infinito periodo di torture e la condanna alla permanenza perenne nella camera da letto di Lucifero. Gli avrebbero tolto anche Sodom e Roxass.
Perché?!
L’unica risposta logica nella sua testa era che fosse un maledetto masochista con tendenze suicide. E stava iniziando a pensare che non fosse poi così improbabile.
Scosse la testa, irritato, per l’ennesima volta.
Il Master sta bene?
Luka si voltò mentre Sodom in forma di lupo usciva dalla grotta e lo raggiungeva per sedersi di fronte a lui e guardarlo dal basso in su con evidente preoccupazione.
Sto bene. Sodom come sta?, Luka fece una smorfia nell’accorgersi che stava iniziando ad adeguarsi alla terza persona del suo famiglio. Volevo dire: Sodom, come stai?
Sodom sa che il Master non sta bene., borbottò il drago, Sodom è triste perché il Master è…strano. Sodom non può aiutare il Master in qualche modo?
Luka si sentì toccato da quella premura infantile però dolce. Si inginocchiò a terra e prese il muso di Sodom tra le mani quindi, con gentilezza, iniziò a grattarlo dietro le orecchie, facendolo uggiolare contento.
Sodom però continua a sapere che il Master è strano.
A Luka scappò un mezzo sorriso mentre annuiva. Era difficile distogliere l’attenzione di Sodom, quando si trattava del benessere del Duras. In tutti gli altri campi, aveva la concentrazione di una girandola, ma quando si trattava del suo master diventava implacabile.
Lo so., ammise, Cosa farei senza il mio Sodom?
Sodom, invece che ridere per quel commento come Luka si era immaginato, ci pensò per un attimo con attenzione, ignaro che la domanda fosse puramente retorica, quindi leccò il naso del suo padrone.
Il Master sarebbe triste. Sodom fa sorridere il suo Master e lo protegge.
Per un secondo Luka tacque, sorpreso, ma poi ricordò le ali e il ventre del suo famiglio avvolgerlo all’esplosione della Luce del Dio e annuì.
È vero. Sodom mi ha salvato la vita., Luka sapeva che il suo famiglio desiderava disperatamente vederlo felice, quindi si costrinse a sorridere anche se con scarsi risultati. Grazie.
Sodom lo guardò con attenzione, poi allungò il viso per strofinarlo contro il petto del suo master.
Sodom vorrebbe che il Master sapesse ridere davvero. Il Master lo merita.
Luka fu sorpreso da quell’affermazione. Non si immaginava commenti simili, di solito Sodom si accontentava dei mezzi sorrisi che lui riusciva a dargli perché sapeva che Luka aveva soppresso da tempo le proprie emozioni per resistere al dolore, però negli ultimi tempi non sembrava capace di rassegnarvisi.
Non sapendo cosa rispondere, Luka continuò a grattargli la testa per alcuni minuti. Alla fine, fu Sodom a spezzare il silenzio.
Sodom è preoccupato per l’umana. Perché l’umana non si sveglia, Master?
Luka dovette trattenersi dal ringhiare. E dire che per un istante era riuscito a togliersela dalla testa.
Non lo so, Sodom., ammise.
Allora perché il Master l’ha portata qui? Non voleva curarla?
Sì, e magari anche giurarle fedeltà o firmare un contratto con lei. Perché no?, tanto a quel punto…
Sodom, non so come vadano curati gli umani.
L’espressione di Sodom diceva chiaramente quanto offeso fosse per quelle scuse e Luka digrignò i denti. I due si fissarono negli occhi per alcuni minuti, quindi il Duras imprecò a bassa voce.
D’accordo, andrò a controllarla., cedette. E tanti cari saluti alla sua autorità: se ripensava a come aveva avuto paura che prendere Sodom come famiglio gli avrebbe dato troppo potere sul cucciolo…
Sodom mugolò, contento, quindi si fece da parte per lasciare che il suo master entrasse nella piccola grotta.
Quando Luka oltrepassò la soglia del suo rifugio temporaneo, la roccia gli restituì l’eco basso dei suoi passi, facendogli notare quanto lenta e rigida fosse la sua camminata. Un ringhio basso gli si formò in gola come avvertimento a se stesso, quindi si raddrizzò e, un po’ più velocemente, superò una piccola curva nel cunicolo per poi fermarsi nel vedere la sagoma minuta della ragazza.
Era tutta raggomitolata su se stessa, in posizione fetale, e così sembrava minuscola. I capelli bronzei con sfumature color cenere le si erano allargati sul corpo come una coperta, riuscivano a coprirla tutta. Stringeva le ginocchia sottili al petto perciò mostrava le braccia magrissime, troppo per essere prove di salute. Luka osservò relativamente il kimono lacero che ricordava la corsa nel bosco verso i suoi compagni, ma si focalizzò sul suo viso. Dalla forma leggermente triangolare ma lungo e fine, si apriva su un collo lungo e morbido che lo faceva apparire come un giglio sul suo stelo, ornato da due labbra piccole, a forma di cuore, di un rosa antico quasi grigio, un po’ schiuse per lasciar passare l’aria. Il naso era leggermente all’insù, incastonato tra le guance pallide, e saliva a fare da spartiacque a due occhi grossi le cui palpebre lilla tremavano rivelando i sogni nella mente di lei. Luka non poteva vederla, ma ricordava la sconvolgente tonalità ambrata delle iridi, calda e densa come miele. Anche lei profumava di miele, realizzò, e di giglio e di…
Sangue?!
Luka si inginocchiò a terra e allungò la mano verso i capelli della ragazza, per spostargliele dal corpo e capire se l’odore fosse dovuto a qualche ferita, ma si fermò per un attimo con le dita nella massa morbida e ricca. Le ciocche erano tiepide per il contatto con la pelle e lisce al punto di sembrare liquidi. Senza pensarci, il Duras passò la mano lungo i capelli e si ritrovò a sobbalzare quando la punta del suo indice iniziò a trasmettergli il calore del viso di lei. Al di là del suo controllo, la mano di Luka si posò completamente, palmo aperto, sulla sua guancia. Era tiepida e morbida, anche se a vista sembrava rigida e fredda.
In quel momento, la Luce del Dio sospirò nel sonno e si rilassò appena. Il suo viso inseguì d’istinto il nuovo calore e Luka la sentì strofinarsi contro la sua mano con delicatezza.
Saltò in piedi e in un attimo era a due passi da lei. Ansimava.
Che diavolo…?!
Luka si costrinse a calmare il respiro. Era stata la sorpresa, solo quella, a farlo scattare. Sì, doveva essere stata quella, che altro sennò? Deglutì, riprese il controllo di sé e quindi, il volto imperscrutabile, tornò vicino alla ragazza.
L’espressione della Luce del Dio, ora, era quasi preoccupata, forse spaventata, per l’improvvisa scomparsa del calore appena trovato. Le pupille sotto le palpebre aumentarono i loro movimenti e lei gemette raggomitolandosi ancora di più.
Luka esitò un attimo, ma alla fine sospirò. Controllò finalmente che non avesse ferite poi, non avendone trovate, si tolse sbrigativamente il cappotto della divisa e lo drappeggiò con attenzione addosso alla ragazza.
Non avrebbe senso salvarla per poi farla morire di freddo., si ritrovò a giustificarsi mentalmente.
Ringhiò di nuovo contro se stesso, non aveva nulla per cui difendersi, quindi si alzò e si allontanò con un grugnito.
Alle sue spalle, la Luce del Dio aprì gli occhi e seguì con lo sguardo la sua figura finché non ebbe svoltato l’angolo.

 
[The broken clock is a comfort, it helps me sleep tonight.
Maybe it can stop tomorrow from stealing all my time.
I am here still waiting, though I still have my doubts.
I am damaged at best, like you’ve already figured out.
I’m falling apart, I’m barely breathing
with a broken heart that’s still beating.
In the pain there is healing,
in your name I find meaning.
So I’m holdin’ on, I’m holdin’ on, I’m holdin’ on,
I’m barely holdin’ on to you.]
 

Luka uscì a passo di marcia dalla grotta solo per trovare Sodom fedelmente seduto a lato dell’entrata, gli occhi fissi su di lui come in attesa.
Non è ferita., borbottò mentalmente, laconico, ma il suo amico non sembrò soddisfatto.
Dov’è il vestito del Master?, qualcosa nel tono della domanda disse a Luka che il suo famiglio sapeva benissimo dove fosse il suo mantello e che ne fosse anche ben felice.
Ce ne andiamo., dichiarò Luka, distogliendo lo sguardo e avviandosi verso la foresta.
Master! E l’umana?!
Luka lanciò a Sodom un’occhiataccia.
Non è ferita, è al caldo e al riparo. Starà benone., e per lui la questione era chiusa.
Ma per il lupo dagli occhi gialli no.
E se ha fame? Sodom ha sempre fame!
Sodom è un drago…, obiettò Luka.
…e l’umana ha la pancia che brontola., ribatté Sodom senza esitazione.
Luka stava per ringhiare contro il drago quando gli venne in mente quanto magra fosse la giovane.
Lui, come tutti gli altri demoni, non aveva bisogno di mangiare spesso. Poteva nutrirsi di sangue, ma a differenza di alcune razze dei suoi simili non lo apprezzava, e perciò l’altra opzione era limitarsi a mangiare qualcosa di umano all’incirca una volta ogni due settimane. Per lui il cibo, come il sonno, non era qualcosa di fondamentale: non poteva morire di fame e i suoi poteri non venivano alterati dalla penuria di nutrimento, però i crampi allo stomaco dovuti al digiuno li conosceva bene. Erano ciò che lo aveva cresciuto da piccolo, la prima cosa che lo avesse portato ad uccidere. Il suo addome gli mandò una fitta al ricordo dei mesi passati a stringersi lo stomaco tra le mani perché non era riuscito, durante le risse nell’arena, a prendere neanche un boccone del cibo rancido che i Duras avevano messo in palio e la sua testa lo riportò ai momenti in cui fissava i demoni che lo esaminavano e scommettevano, ridendo, su quale dei piccoli Zess gettati a forza nella mischia avrebbe vinto, su chi non sarebbe riuscito neanche ad avvicinarsi al piatto e su chi sarebbe morto. Le guance della ragazza erano scavate, i polsi sottilissimi e le gambe asciutte: per quanto strano potesse sembrare a lui che gli Zweilts tenessero a digiuno la loro preziosa principessa, era palese che non mangiava da un po’.
Luka sospirò, imprecando mentalmente, quindi incrociò lo sguardo di Sodom.
Immagino tu non abbia la minima idea di cosa mangino gli umani, eh?
Sodom piegò la testa da un lato, confuso, ed emise un verso incerto che rivelò come non avesse pensato a quel piccolo dettaglio.
Immaginavo…, Luka sospirò, poi però diede le spalle al suo famiglio e tornò ad avviarsi verso il bosco, Tienila d’occhio e fai la guardia, io torno subito.
Sodom rimase seduto e guardò Luka allontanarsi nel bosco. Si chiese se il suo master sapesse davvero cosa prendere per nutrire l’umana femmina quindi scrollò il proprio pelo, decidendo di fidarsi.
Stava fissando il bosco di fronte a sé, facendo buona guardia, quando sentì dei suoni sottili provenire dall’interno della caverna. Si voltò, confuso, poi però, assicuratosi che non ci fosse nessuno nei dintorni, entrò a controllare.
L’umana era ancora sdraiata sul giaciglio di erba secca che sarebbe dovuto essere il letto del suo master, ma aveva gli occhi aperti e fissi sul punto da cui Sodom era appena spuntato. Sembrava insicura e si mordeva le labbra.
“Perché non mi ha ancora uccisa?” chiese, la voce bassissima.
Sodom aggrottò la fronte, confuso, e senza pensarci proiettò la sua mente in quella ragazza, pronto a difendere il suo Master.

 
[The broken locks were a warning you got inside my head.
I tried my best to be guarded, I’m an open book instead.
I still see your reflection inside of my eyes
that are looking for a purpose. They’re still looking for life.
I’m falling apart, I’m barely breathing
with a broken heart that’s still beating.
In the pain (in the pain) there is healing,
in your name (in your name) I find meaning.
So I’m holdin’ on (I’m still holdin’), I’m holdin’ on (I’m still holdin’), I’m holdin’ on (I’m still holdin’)
I’m barely holdin’ on to you.]

 
 
Luka sbuffò. Dopo due ore di inutile vagare alla ricerca di un’idea, si era imbattuto in alcuni piccoli frutti rossi che una volta aveva visto mangiare al suo Master. Li ricordava bene perché il maledetto glieli aveva sventolati davanti dopo cinque mesi in cui non gli lasciava toccare cibo, furioso perché Luka aveva ucciso una Zess ribelle troppo velocemente senza farla soffrire a sufficienza. Adesso, dopo tanto, si ritrovava con il cappello macchiato di succo pieno di frutti e un ringhio in gola.
Luka saltò giù dal ramo di un abete appena arrivò di fronte alla grotta, e Sodom gli corse subito incontro, scodinzolando.
Mas-ter! Mas-ter! Mas-ter!, canticchiò nella sua mente e Luka si ritrovò a sorridere con un solo angolo della bocca. Sodom sembrava divertirsi come un matto a canticchiare il suo titolo e allora lui lo lasciava fare, suo malgrado divertito. In fondo, il draghetto era ancora un cucciolo e ogni tanto meritava di giocare.
Hai avuto problemi mentre non c’ero, Sodom?
Il lupo scosse la testa, quindi annusò con attenzione il cappello che il suo padrone teneva tra le mani.
Sono per lei?, chiese, confuso, e Luka annuì.
Senza pensarci tanto, prese una…fragola?…e la porse a Sodom, divertendosi vedendolo annusarla con sospetto per alcuni minuti prima di decidersi a mangiarla.
Quando Sodom gli leccò la mano, ringraziandolo, Luka gli strofinò le dita sulla testa e poi si incamminò verso la grotta. Oltrepassò la piccola curva…e fu congelato sul posto da due grosse iridi ambrate.
Master!, lo chiamò Sodom in quel momento, ricordatosi di un particolare, L’umana è sveglia!
Ma davvero?!, Luka si lasciò scappare con sarcasmo, prima di tornare a dare tutta la sua attenzione alla misteriosa nemica.
Si accorse di essere rimasto fermo sotto lo sguardo di lei, insolitamente calmo per una fanciulla indifesa che si risvegli nel rifugio del suo nemico, e quindi le si avvicinò sbrigativamente. Lei si era tirata seduta, la schiena contro la parete di roccia e le ginocchia tra le mani, ma aveva tenuto il cappotto sulle spalle e vi stava rannicchiata dentro perciò Luka lasciò cadere il cappello accanto al suo fianco destro.
“Mangia.” disse solo, apatico, prima di darle le spalle e cercare di allontanarsi.
Fu quando il Duras raggiunse la curva che la ragazza si riprese dalla sorpresa e sollevò gli occhi su di lui.
“Grazie.” gli mormorò dietro.
Luka si fermò, sorpreso. Ma si era resa conto della situazione?! Le lanciò un’occhiata da sopra la spalla e la trovò intenta a fissarlo. Attese che distogliesse lo sguardo, ma lei non lo fece.
Alla fine, fu lui a cedere e ad andarsene, sentendo gli occhi di lei ancora sulla sua schiena.

 
[I’m hangin’ on another day
just to see what you throw my way
and I’m hanging on to the words you say:
you said that I will be OK.
The broken lights on the freeway left me here alone.
I may have lost my way now, haven’t forgotten my way home.]


La corteccia dell’albero si spezzò e ripiegò su se stessa ma alcune schegge si infilarono nella carne del pugno facendo stillare piccole e scarlatte gocce di sangue.
“Maledizione!”
Luka tirò un altro pugno nello stesso punto, incurante delle ferite sulla propria mano e del tremore del ramo su cui era in piedi. Dopo il secondo fu un terzo e un quarto e un quinto fino a che la sua destra non iniziò a pulsare troppo violentemente anche solo per pensare di muoverla ancora. Allora posò la fronte contro il tronco e si costrinse a prendere respiri profondi tra i denti serrati.
Erano almeno due ore che saltava di albero in albero, fuggendo dal fantasma di quella ragazza.
Sollevò la mano sanguinante e la osservò. Tagli rossi, grosse schegge nere di legno, piccoli brandelli di pelle bianca, eppure poco prima contro quell’accozzaglia sofferente di colori si era spinta la Luce del Dio. Luka non riusciva a capire perché quel tocco l’avesse così turbato. Era stato addestrato al contatto fisico, si era insegnato a sopportarlo silenziosamente anche quando l’unica cosa che avrebbe voluto sarebbe stata divincolarsi, ma forse il problema era la natura di quel tocco. Quella ragazza non lo aveva cercato con cattiveria, più con…bisogno. Era la prima volta che qualcuno oltre Sodom aveva bisogno di lui. Inoltre c’era poi il ‘dialogo’ che avevano avuto. Certo l’ultima cosa che si fosse aspettato era di essere ringraziato, ma comunque tutto questo era un problema minore.
Lei era sveglia. Lo aveva visto, sapeva cos’era e senza dubbio aveva intuito quale fosse il suo compito, quindi che cosa doveva fare lui? Non poteva lasciarla andare come se nulla fosse, ma allo stesso tempo sapeva di non avere il coraggio di eliminarla così, a tradimento.
Tradimento…, proprio ciò che aveva condannato la sua famiglia. Sarebbe stato un tradimento per Sodom, che credeva che lui volesse aiutarla e a cui l’umana piaceva, e per lei, che sembrava aver preso la folle decisione di non aver paura di lui, ma soprattutto sarebbe stato un tradimento per sé stesso. Sarebbe stato come andare contro a tutto quel briciolo di onore che aveva lottato per mantenere, quel poco che gli restava.
Sbuffò. Ma allora cosa avrebbe dovuto fare?, lasciarla andare con tanti cari saluti?!
Maledetto il giorno in cui ho incontrato Sodom!, ringhiò mentalmente.
Quel cucciolo aveva preso la ragazza in simpatia e continuava a difenderla. E purtroppo lui non era proprio in grado di negare qualcosa, qualsiasi cosa, a quel piccolo, per folle e suicida che fosse ciò che chiedeva.
Che cosa ha fatto Sodom?!
Luka si morse la lingua con forza quando sentì la voce scioccata del draghetto nella sua testa. Perché non c’era mai fine al peggio, nella sua esistenza?
No, nulla, Sodom, son solo io che… Sodom? Sodom?
Luka sentì il sangue fermarglisi nelle vene, ogni suo organo sii congelò e immobilizzò mentre i suoi sensi si tendevano per cogliere anche solo un minuscolo segnale dal suo famiglio.
Sodom?!
Nulla.
Prima ancora di realizzarlo, Luka stava correndo verso la grotta infondendo nelle gambe tutta la forza di cui disponeva.
“Sodom!” chiamò non appena arrivò in vista del rifugio, ma il piccoletto non era di fronte all’entrata a fare la guardia.
SODOM?! SODOM, DOVE SEI?!
Luka iniziò a girare su se stesso quasi senza accorgersene, troppo impegnato a cercare con gli occhi una qualsiasi prova di dove fosse andato il suo famiglio. Dannazione, lui non intendeva davvero quello che aveva detto!, era solo nervoso per la Luce del Dio, ma non avrebbe mai davvero rimpianto l’aver incontrato Sodom! Lui era…la cosa più vicina ad una famiglia che avesse, era tutto ciò a cui teneva!
“SODOM, TI PREGO!”, si ritrovò a chiamare, per la prima volta in vita sua piegandosi a supplicare qualcuno.
“Luka…?”
Il Duras si fermò e si voltò di scatto verso la grotta da dove era arrivata la voce di donna che chiamava il suo nome. Se non avesse saputo che era impossibile, avrebbe detto che si trattava della Luce del Dio, ma lei non conosceva il suo nome perciò cosa diavolo…?
“M-Master…?”
Luka non esitò. Quando la voce del suo famiglio lo raggiunse, spezzata da singhiozzi, non perse tempo a chiedersi come fosse possibile che fosse reale e non una mera proiezione di pensieri nella sua mente, ma evocò Roxass e corse dentro.
“Sodom!”
Se quella Zweilt aveva toccato Sodom, non c’era ferita o svenimento o debolezza che avrebbe potuto trattenerlo dal farla a pezzi.
Luka svoltò la curva di corsa…e si irrigidì.
Tutto era pronto a vedere, tutto, ma non un bambino di forse sette o otto anni, corti capelli neri arruffati sulla testa e due grandi occhi gialli resi umidi dalle lacrime, con le braccia dalla tonalità caffelatte strette attorno alla vita della Luce del Dio che, placida anche se palesemente un po’ preoccupata, gli passava le dita sulla nuca. Tra due orecchie nere da gatto tenute basse.
Il demone sbatté le palpebre più volte, ma il bambino rimase là. Dannatamente simile a Sodom.
“Master!” esclamò il piccolo quando lo vide, staccandosi dalla Zweilt per correre ad allacciarsi alla vita del suo padrone mentre ricominciava a piangere disperatamente.
Luka non sapeva che fare perciò, un po’ incerto, abbassò la spada e iniziò a passargli il palmo della mano sulla testa, in una carezza forse troppo inesperta per essere definita tale.
“Non so bene cosa sia successo…” mormorò la Luce del Dio, un po’ esitante, “D’un tratto è corso qui in lacrime dicendo che non sapeva cosa gli fosse successo e che voleva il suo master. Mi ha chiesto di curarlo, ma io non…”
Luka fissò Sodom che piangeva con il viso premuto contro la sua vita, il massimo che riuscisse a raggiungere nella sua scarsa altezza, quindi alzò gli occhi sulla Luce di Dio. Era sicuro che ci fosse qualcosa che non quadrava, ma non riusciva a capire cosa.
“Master! Master, a Sodom non piace! Sodom vuole tornare Sodom! Master!”
Sodom singhiozzava con tanta forza da sobbalzare e Luka stava seriamente iniziando ad andare in panico. Non aveva idea di come gestire un Sodom umano e in lacrime! Così, nel momento del bisogno, fece ciò che qualsiasi demone con tutte le rotelle al loro posto non avrebbe mai fatto.
Alzò gli occhi sulla Luce del Dio e si risolse a chiedere aiuto al proprio prigioniero.
“Che cosa gli è successo?” chiese, la voce gelida quanto l’espressione per nascondere quanto veramente avesse bisogno di saperlo. Aveva imparato dall’esperienza che se avesse scoperto ciò che gli serviva, lo avrebbe usato contro di lui.
La Luce del Dio sembrò sorpresa di essere chiamata in causa, ma rispose in fretta, anche se la sua voce era ancora roca.
“Lui è…un drago, giusto?” chiese.
Luka esitò per un attimo, ma alla fine dovette annuire.
“I draghi, per quanto ho studiato io, hanno un forte istinto di somatizzazione.” mormorò la ragazza, continuando a mordersi il labbro inferiore, “Significa che sono molto sensibili ai propri cambiamenti d’umore e che tendono ad esternarli con delle reazioni fisiche.”
Luka aggrottò la fronte.
“Ha cambiato forma per via di una…forte emozione?” chiese, dubbioso.
La Luce di Dio annuì.
“O almeno, io credo sia così!” si giustificò subito, arrossendo un po’, “Ho letto dei draghi nella biblioteca della Residenza Principale, ma non so se tutto ciò che sappiamo di loro sia esatto…”
Esatta o no, restava l’unica strada che avessero perciò Luka abbassò lo sguardo su Sodom, un po’ più tranquillo ora, e si inginocchiò davanti a lui per poter portare il viso di fronte al suo. Vedendolo in aspetto…più-o-meno umano Sodom ispirava ancora più istinto protettivo. Cosa che avrebbe finito per far ammazzare Luka, molto probabilmente.
Lo Zess sospirò quindi però si sforzò di rivolgere al suo famiglio un mezzo sorriso e gli scompigliò piano i capelli mentre quello tirava su dal naso.
“Tu sai che non pensavo davvero quello che hai sentito, vero?” disse, guardandolo negli occhi con serietà ma tenendo la voce abbastanza bassa da essere sicuro che la Zweilt non lo udisse.
Sodom esitò un attimo, ma alla fine annuì e sorrise un poco.
“Bravo.” sussurrò Luka rialzandosi, quindi fissò gelidamente la donna dall’altra parte della caverna, silenziosa e pensosa, “Come può tornare normale?”
La Luce di Dio scrollò le spalle, confusa.
“Credo che appena si sarà calmato, potrà farlo da solo. Però la prossima volta che proverà un’emozione simile a quella di oggi, qualsiasi essa fosse, tornerà a questa forma.”
Non accadrà più perché non sarò più così idiota., pensò Luka, ma prestò attenzione a non mostrarlo.
Stava già per portarsi via Sodom quando lui intervenne.
“Se Sodom si sentisse di nuovo triste, tornerebbe così? Anche se il suo Master fosse in pericolo?” chiese il piccolo direttamente alla Luce del Dio. Luka fu sorpreso dalla domanda, ma Sodom non lo guardò nemmeno e continuò, la testa piegata e le orecchie basse. “Sodom pensava che il Master lo avrebbe lasciato solo. Se il Master si facesse male e Sodom pensasse che il Master potrebbe non tornare da Sodom, Sodom tornerebbe umano e non potrebbe andare a salvare il Master?”
Luka si scoprì davvero confuso alla fine di quel discorso privo di sinonimi o pronomi, nonostante tutto l’allenamento fatto in quelle settimane con il cucciolo, ma la ragazza, a sorpresa, si districò abbastanza bene in quella sintassi.
“Immagino che sì, torneresti umano.” annuì, portando Luka ad aggrottare la fronte per quella confidenza tra il famiglio e la Zweilt.
Un piccolo particolare gli saltò in mente e il demone sgranò gli occhi, un secondo prima di chiuderli e ringhiare sottovoce. Se aveva ragione, Sodom aveva tutte le intenzioni di farlo uccidere e si stava seriamente impegnando per riuscirci.
“Sodom, esci a fare la guardia.” ordinò.
Per un attimo, il neko lo guardò con sorpresa, ma poi sorrise, felice che il suo master si fidasse di lui anche in quella forma, e corse fuori canticchiando felice il titolo ‘Master’.
Luka aspettò di sentirlo tacere, conscio che a quel punto l’attenzione del cucciolo sarebbe stata totalmente rivolta ai dintorni, quindi raggiunse la Luce del Dio e la fulminò dall’alto con lo sguardo.
“Come sai il mio nome?” chiese a bruciapelo.
La ragazza sgranò gli occhi, forse un po’ intimorita, però poi sorrise con imbarazzo.
“Me l’ha detto Sodom.” ammise, ma poi si affrettò a giustificarlo, “Non è colpa sua, gli avevo fatto una domanda e lui ha cercato di spiegarmi chi fosse ‘il Master’, visto che non capivo. Non l’ha fatto apposta, sono sicura che non pensava di fare nulla di male.”
Ovvio che Sodom non ci avesse pensato, lui non poteva capire quanto pericoloso per un demone fosse dare il proprio vero nome a qualcuno. Per quanto ‘Luka’ non fosse la forma intera del suo, ne era comunque una parte e l’idea che fosse nelle mani della Luce del Dio gli faceva venire i brividi.
Luka pensò seriamente di ucciderla o di imporle di stare lontana da Sodom, ma aveva ancora bisogno di lei. Sodom era con lui da appena cinque settimane, e la quasi totalità del tempo lo avevano passato nel mondo degli umani, perciò non aveva avuto alcun modo di scoprire come si comportasse un drago e quali fossero i suoi poteri, come sarebbe cresciuto e con cosa. Non era nemmeno sicuro di cosa mangiassero, visto che Sodom sembrava in grado di ingurgitare qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. La Luce del Dio gli era indispensabile per proteggere Sodom e, che potesse bruciare ad Infernus, avrebbe fatto qualsiasi cosa per difendere quel cucciolo. Tutto ciò che nessuno aveva fatto per lui o, ne era praticamente certo, per quel fratello che a malapena aveva intravisto nelle strade della città maledetta e nei corridoi del castello del suo padrone.
“Tu sai come posso fare per risolvere questo problema prima che si faccia ammazzare?” chiese, serio.
La Luce del Dio sembrò sorpresa, ma annuì.
“Spiegamelo.” ordinò Luka, la voce seria ma i pugni stretti dalla rabbia per il compromesso cui era costretto a cedere, “Insegnami ciò che sai dei draghi. In cambio, ti riporterò dagli Zweilts.”
La sorpresa della ragazza fu tale che lei spalancò la bocca e fissò Luka, incredula, per un buon minuto.
Quando parlò, per poco lo Zess non imitò la sua espressione perché ciò che lei chiese, di fronte a quella possibilità di fuga, fu: “Sei sicuro?”
Lui sbatté le palpebre per un paio di volte, incapace di comprendere la mentalità di quella ragazza. Alla fine decise di rinunciare e si limitò ad annuire, un po’ rigidamente, in silenzio.
Lei ci pensò ancora un po’, quindi annuì.
“Potresti vincolare i suoi poteri ai tuoi.” propose, senza guardarlo, persa ad inseguire i propri pensieri, “A questo modo, lui non potrebbe cambiare forma senza il tuo consenso, almeno mentale, e quindi sarebbe libero dalle interferenze delle sue emozioni.” Alzò finalmente gli occhi su Luka. “Sai creare un sigillo?”
Luka per poco non le ringhiò contro, ma anche così il “Sì.” che le rispose fu parecchio sgarbato. Non poteva farci niente, nella sua mente avevano iniziato ad inseguirsi le immagini di quando era stato lui a subire il sigillo di un altro.
La nausea lo prese, una vertigine inaspettata lo fece barcollare costringendolo ad appoggiarsi alla parete di roccia ripiegato su se stesso con un braccio sullo stomaco. E la sola idea di fare una cosa simile a Sodom, il pensiero che anche lui passasse quel dolore atroce e quella umiliazione…
NO! No, no, no! Mai!
Alzò gli occhi sul giaciglio da attraverso la cappa di ricordi che lo aveva schiacciato, voleva mandare al diavolo quella Zweilt e giurare davanti a lei che mai e poi mai avrebbe fatto qualcosa di tanto crudele al suo famiglio, ma scoprì che non era più lì. Con un attimo di ritardo, realizzò che due mani gli si erano aggrappate al braccio e lo stavano trattenendo in piedi, impedendogli di schiantarsi a terra.
Voltò la testa e per un secondo rimase immobile, il volto ad un soffio da quello della ragazza. Poi tornò in sé e si divincolò rudemente, spintonandola indietro involontariamente e allontanandosi di un passo.
“Mai…” sibilò tra i denti, ignorando il pompare del cuore nelle sue orecchie per lo spavento del momento, “Non farò del male a Sodom!”
La ragazza lo fissò con la fronte aggrottata, confusa, ma non sembrava starlo ascoltando realmente. Dopo un attimo sembrò tornare al presente e scosse la testa.
“Non gli farà male.” spiegò, aveva l’espressione sorpresa di chi scopre di stare parlando con qualcuno che non lo può capire, “Se entrambi accettate il contratto, basterà un incantesimo a sigillarlo e non servirà alcun mezzo o marchio. Solo i sigilli di sangue sono dolorosi per chi li subisce, ma non è certo necessario uno di quel tipo.”
Luka esitò, sorpreso. Non sapeva che ci fossero contratti che non implicavano la sofferenza fisica del servitore, la pietà non era una cosa che veniva mostrata spesso ad Infernus, ma in quel momento fu dannatamente grato che fosse così.
“Mi servirà una mano.” dichiarò, stando ben attento a far capire con l’intonazione che non le stava chiedendo aiuto.
La Luce del Dio annuì.
“Abbiamo fatto un patto, no?” chiese retorica, “Manterrò la mia parte.”
Luka annuì, quindi le diede le spalle e si affrettò ad andarsene prima di ritrovarsi invischiato in qualcos’altro con quella donna malefica.
La ragazza lo fissò incamminarsi.
Sapeva di aver venduto la sua anima al diavolo, in pratica. I demoni raramente mantenevano fede agli accordi che stringevano e se lo facevano era perché si erano ritrovati davanti un negromante troppo potente che li aveva rimessi al loro posto. Di certo, non era il suo caso, quindi perché fidarsi di quel Duras? Ogni cosa nella sua testa le diceva che stava facendo una follia, ma c’erano piccoli stralci di luce, nei suoi ricordi, che la trattenevano. Quel demone era estremamente protettivo con il suo famiglio, il modo in cui si era rivolto a lui e quei sorrisi fugaci che il piccolo gli aveva strappato avevano fatto apparire per un attimo un ragazzo totalmente diverso dal gelido e terrificante assassino cui lei aveva avuto a che fare. Sembrava solo un fratello maggiore o un padre giovanissimo disposto davvero a qualsiasi cosa, compreso accordarsi con il suo peggior nemico, pur di proteggerlo da tutto e tutti. La sua rabbia al pensiero che lei avesse voluto far del male al piccolo, imporgli un sigillo doloroso, la aveva sorpresa…e in un certo senso rasserenata. Un legame così forte tra un Duras e il suo servo le sembrava quasi impossibile eppure era accaduto, era lì sotto i suoi occhi. E lei, che di legami non ne aveva nessuno, non poteva fare a meno di provare un profondo rispetto per quei due così impegnati nel proteggere il loro.
“Luka!” chiamò.
Il demone si voltò, confuso, sentendosi chiamare, ma la Luce del Dio si limitò a sorridergli.
“Il mio nome” gli disse, piegando un po’ il viso da un lato, “è Yuki.”
 
[I’m falling apart, I’m barely breathing
with a broken heart that’s still beating.
In the pain (in the pain) there is healing,
in your name I find meaning.
So I’m holdin’ on (I’m still holdin’), I’m holdin’ on (I’m still holdin’), I’m holdin’ on (I’m still holdin’),
I’m barely holdin’ on to you.
I’m holdin’ on (I’m still holdin’), I’m holdin’ on (I’m still holdin’), I’m holdin’ on (I’m still holdin’),
I’m barely holdin’ on to you.]




 
Salve!
Lo so, lo so, è un capitolo pressoché inutile, ma ne ho bisogno, credetemi!
Comunque, come al solito, è per Onee-chan! ;)
Lascio delle note un po' corte oggi, lo so, ma non ho nulla da dire :)
A presto,
ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 4
*** Capitolo IV- La non-scelta ***







Capitolo IV
LA NON-SCELTA
 
 
“…Se solo potessimo stare per sempre insieme…
…”
 
 
La porta si aprì e la donna entrò senza preoccuparsi di bussare.
Takashiro Giou, capofamiglia del clan della Luce del Dio e capo degli Zweilt, alzò gli occhi ma senza molta sorpresa. Lasciò cadere i documenti che teneva in mano sul ripiano della scrivania e si lasciò cadere con la schiena contro lo schienale della sedia.
“Sono arrivati al limite, vero?” chiese, la voce stanca, pur sapendo che era così.
La guaritrice della famiglia annuì.
“Sono peggiorati tutti.” ammise, cupa, “Shusei-san è al limite, ormai.”
“Credevo che dopo avergli parlato avesse avuto un miglioramento.” commentò Takashiro, la fronte aggrottata.
“Ha ripreso a sforzarsi di mangiare per una settimana o poco meno, ma adesso è peggio di prima: non tocca più cibo.” spiegò lei.
L’uomo sospirò e si passò una mano sul viso.
“Gli altri?” chiese.
“Hotsuma-san è intrattabile, il solo avvicinarsi alla sua camera significa rischiare una rissa e Kuroto-san è andato a provocarlo già un paio di volte solo in questi ultimi cinque giorni, con il risultato che ora hanno entrambi molti lividi nonostante siano stati fermati praticamente subito. Sairi-san è a sua volta davvero teso, non lo sento parlare da quattro giorni. Ria-san e suo fratello sono chiusi nella loro camera dalla sparizione di Yuki-sama, tre settimane fa, e continuano a usare i loro poteri per provare a individuarla, ma senza risultati. Tsukumo-san è debolissimo perché non riesce a dormire, ha incubi continui e la stanchezza lo renderà presto troppo lento e privo di forze, totalmente incapace di lottare. E Tohko-san ha perso il ciclo mestruale, ho fatto dei controlli e, anche se non posso dire con certezza che le si sia interrotto per lo stress, sono certa che non sia per una gravidanza. L’unico a sembrare ancora in sé è Oboro-san, ma anche lui vaga per i corridoi della Mansione del Crepuscolo senza meta, come se non sapesse dove andare.”
Takashiro chiuse gli occhi e sospirò, rimanendo fermo per un istante.
“Abbiamo bisogno della Luce del Dio.” disse, quasi parlando tra sé, “Gli Zweilt sono nati da lei, dal suo potere sono stati creati i loro. È il loro unico punto di riferimento e la loro salvezza: se non ritroviamo Yuki-sama in fretta, nessuno di loro sopravvivrà a lungo.”
“Con tutto il rispetto, Takashiro-san, gli Zweilt sopravvivono nel periodo tra un’incarnazione e l’altra della Luce del Dio.” intervenne la donna, confusa, “Non capisco perché ora…”
“Perché ora non lo sanno.” la liquidò Takashiro, alzandosi in piedi, “Perché quando lei muore per loro, sanno che era destino che andasse così e che non c’era altra possibilità e quindi se ne fanno una ragione. Ora come ora, Yuki-sama potrebbe essere viva, morta, prigioniera, sofferente… Ciò che sta uccidendo gli Zweilt non è la vera e propria assenza di Yuki, è il non sapere cosa le stia succedendo e dover comunque rimanere immobili perché non sanno cosa fare.”
Erano passate tre settimane. Riti, ricerche e pattugliamenti si erano risolti in un nulla di fatto. Ognuno degli Zweilt aveva dato il massimo senza risparmiarsi, ma purtroppo non era servito a nulla. Yuki-sama sembrava scomparsa nel nulla, sparita, ed era come se non fosse nemmeno più stata nella loro dimensione. Le possibilità erano due: che fosse stata catturata e portata ad Infernus, oppure che fosse…morta. La seconda possibilità era terrificante: se fosse deceduta senza l’assistenza di Takashiro, la Luce del Dio non avrebbe potuto reincarnarsi e il suo potere, in quanto lei priva di eredi biologici, sarebbe andato perso per sempre: la guerra contro i Duras e la salvezza dell’umanità sarebbero state in quel caso seriamente compromesse.
Takashiro attese ancora un attimo, gli occhi chiusi, ma poi sollevò le palpebre e puntò il suo sguardo sulla guaritrice.
“Riunisci tutti gli Zweilt. Dobbiamo ritrovare la principessa, in un modo o nell’altro.”
 
[And I’d give up forever to touch you
‘cause I know that you feel me somehow.
You’re the closest to heaven that I’ll ever be
and I don’t want to go home right now.]
 
Luka, gli occhi chiusi, allargò appena le braccia sollevandole all’altezza del proprio ventre e fece appello a tutti i suoi poteri. Sentì l’aria crepitare attorno a sé e percepì le piccole scosse di energia crearsi e svanire in mezzo alle sue dita aperte, ma attese ancora un attimo. Solo quando sentì finalmente il proprio sangue pulsare al ritmo dell’incantesimo, iniziò.
Ti invoco, con un antico incantesimo, dall’abisso più oscuro. Ti invoco attraverso il nostro contratto di sangue, per risvegliarti dal flusso eterno.” Il sangue aumentò la sua corsa, sempre più veloce fino a quando il cuore sembrò smettere di battere, incapace di reggere quel ritmo, e iniziò a volare. “Ti getterai sullo zolfo, offrendo il tuo sangue insieme al mio?”  L’aria attorno a lui era tanto densa di energia da gonfiargli i vestiti e i capelli, sollevandoli dalla pelle per lasciarli ondeggiare, esponendo la carne al vento e alla vista, diffondendo il suo odore nello spazio circostante come in un ammonimento ad altri predatori. “Mostra al tuo maestro oscuro la tua volontà e seguimi. Il tuo potere verrà resuscitato, così come quei fiammeggianti occhi cremisi!” Era ora. Si concentrò ed estese la propria mente, cercando con essa l’oggetto del sigillo che stava creando. “Vieni, re delle bestie! SALAMAN-!
“Ehm, Luka, forse è meglio se ti fermi…”
Luka aprì gli occhi, confuso.
E il suo incantesimo si spense come un debole cerino in pieno mare quando il demone scoprì che davanti a sé, nel pentacolo che aveva disegnato per terra, non c’era nessuno.
“… S-Sodom?” chiese, un po’ esitante, sbattendo le palpebre un paio di volte.
La risposta che ottenne fu il sorriso imbarazzato della Luce del Dio, inginocchiata a terra dall’altra parte del pentacolo, mentre indicava un abete. In quel momento, la voce disperata di Sodom che chiamava aiuto fece alzare gli occhi del demone.
Il piccolo drago, a cavalcioni di un ramo, si dimenava e agitava le braccia sopra la testa per scacciare alcune gazze intente ad attaccarlo ferocemente.
Luka non capiva.
“È stato…distratto…” spiegò Yuki, visibilmente in difficoltà, mordendosi il labbro inferiore, “da qualcosa di luccicante nel loro nido.”
Luka spostò di nuovo gli occhi sul suo famiglio e per un attimo rimase fermo, però alla fine sospirò.
“Un attimo.” chiese alla Zweilt prima di avviarsi a salvare Sodom.
“È ancora un cucciolo e i draghi hanno una mente molto dispersiva, prima della maturità.” gli gridò dietro lei, prendendo le difese del piccolo, “Non è colpa sua, ci vorrà un po’ perché impari a rimanere concentrato così a lungo.”
Un po’ quanto?!” borbottò piano lui saltando sul ramo, stando però attento a non farsi sentire perché non era troppo sicuro di voler sapere la risposta.
La sua apparizione fu sufficiente a far scappare i molesti animali e subito Sodom scoppiò a ridere e gli si gettò addosso per aggrapparsi ad una gamba. Luka fu tanto sorpreso dal repentino cambio d’umore del suo famiglio, che perse l’equilibrio e così entrambi i due caddero rovinosamente a terra.
Yuki si lasciò scappare un urletto spaventato quando li vide a terra, ma sorrise sollevata quando notò che Luka aveva stretto Sodom al petto per impedire che si facesse male nella caduta.
Erano ormai tre settimane che lei e il Duras avevano stretto il patto per la sua liberazione in cambio di un aiuto con Sodom e lei aveva ormai imparato quanto Luka fosse diverso da come appariva. Era protettivo con il ‘suo’ piccolo, rispettoso con lei, orgoglioso e determinato ma anche triste. Non le ci era voluto molto per capirlo, la disperazione della sua anima appariva palese se solo si scalfiva un minimo la sua cortina di ghiaccio, e siccome lui non parlava molto lei si era risolta a chiedere, di nascosto, informazioni a Sodom sul suo padrone. Quel poco che il drago, convinto in totale buona fede di non stare facendo nulla di male, le aveva potuto raccontare l’aveva scioccata. Non c’era da stupirsi che i demoni fossero così brutali se venivano cresciuti in modo tanto crudele. Certo, la situazione di Luka era stata aggravata dalla sua nascita, ma le veniva difficile accettare che un bambino potesse essere stato trattato a quel modo, anche se lei aveva studiato il clan dei traditori sin dalla prima vita poiché i Crosszeria erano sempre in prima linea in battaglia e perciò sapeva che erano gli schiavi della loro società. A conti fatti, avrebbe anche potuto comprendere se fosse diventato l’assassino che il suo mondo pretendeva che fosse, ma lui non era così, forse non lo era più o magari non lo era mai stato. Lo ammirava per il codice morale che si era imposto da solo e che seguiva anche quando i costi per lui diventavano altissimi. Yuki non aveva mai conosciuto nessuno come lui, prima.
Scrollando un po’ la testa tornò alla realtà e sorrise con dolcezza guardando gli scarsi tentativi del Duras di sgridare Sodom. In fondo, sapevano bene tutti e tre che non ne sarebbe mai stato capace, ma lui ogni volta tentava e puntualmente falliva, arrendendosi con un sospiro davanti all’espressione supplichevole del cucciolo.
Il draghetto aveva legato parte dei suoi poteri a quelli del suo master circa dieci giorni prima, ma ancora non era riuscito a stare fermo a sufficienza perché Luka lo riportasse alla sua forma animale. Yuki stava cercando un modo per rendere il tutto più immediato ma fino a quel momento erano riusciti a vincolare al potere di Luka solo la forma di drago di Sodom e quest’ultimo aveva ancora il controllo degli altri tre aspetti che aveva sviluppato. Avrebbero potuto lasciare tutto com’era, ma sia lei che Luka avevano qualche riserva sul dare al cucciolo la possibilità di divenire quasi-umano a suo piacimento.
“Riproviamo.” borbottò Luka, avvicinandosi, e la sua voce riscosse Yuki dai pensieri in cui si era di nuovo persa.
Però proprio in quel momento Sodom sbadigliò sonoramente e Yuki non poté fare a meno di scoppiare a ridere dell’espressione disperata di Luka.
“Master, Sodom è…” Sodom si fermò. Aggrottò la fronte, lanciò un’occhiata a Yuki e poi tornò a guardare il suo padrone con un’espressione concentrata. “Io sono stanco.”
Yuki annuì quando il cucciolo la guardò cercando conferme e questi si aprì in un sorriso enorme.
“Sodom sono bravo, visto Master?”
Luka sorrise con metà delle proprie labbra. Yuki sembrava essere riuscita dove lui aveva fallito, insegnando a Sodom a riferirsi a sé stesso con la prima persona. I risultati erano ancora scarsi, ma era un bel passo avanti.
“Ho visto e sei molto bravo.” lo accontentò spettinandogli i capelli.
Sodom rise e corse nella caverna, diretto al giaciglio che aveva iniziato a dividere con Yuki.
Luka spiò con la coda dell’occhio la Luce del Dio che, ridendo piano a sua volta, si era girata per seguire con lo sguardo la corsa di Sodom. Lei accettava il famiglio senza problemi, dalla prima notte in cui questi era crollato addormentato al suo fianco gli aveva permesso con grande disponibilità di dormirle abbracciato, mentre Luka all’esterno faceva la guardia. Vederli stretti nella notte, così simili a due fratelli o ad una giovane madre con suo figlio, faceva sempre crescere a dismisura il suo istinto protettivo.
“È molto dolce.” commentò la Luce del Dio riportandolo alla realtà.
Luka si accorse di dover rispondere qualcosa perciò sbuffò.
“Combina un sacco di guai.” borbottò sentendo addosso quegli occhi color ambra e scoprendosi sorprendentemente a distogliere lo sguardo con una sorta di strano imbarazzo.
“Non così tanti, in fondo…” lei provò a difendere il cucciolo, sempre sorridendo perché sapeva che in fondo non ce n’era bisogno perché sotto la superficie il demone provava un grande affetto per il suo famiglio. “O almeno, non così tanti come potrebbe.”
Luka scrollò le spalle, ma non la contraddisse.
Il silenzio si prolungò e divenne pesante tanto che il demone si accorse che, esaurito il discorso Sodom, non c’era nulla di cui loro parlassero. Non che ci fosse qualcosa di strano, lei era la sua prigioniera e lui la teneva in vita solo per una questione meramente pratica. Però quel silenzio gli metteva ansia.
D’un tratto ricordò una cosa che lo aveva incuriosito e prima che potesse decidere la sua bocca aveva già dato fiato alla sua domanda.
“Perché non ti nutrivano?”
Yuki alzò gli occhi su di lui, totalmente sorpresa.
“Sei troppo magra.” si affrettò a spiegare lui, distogliendo lo sguardo e rivolgendolo alla caverna, “Ti hanno nutrita meno di quanto il tuo corpo necessitasse. Mi stavo solo chiedendo perché gli Zweilt abbiano indebolito così la loro fonte di vita.”
Yuki arrossì violentemente, nonostante la pacata educazione nella domanda di Luka, e di colpo chinò la testa.
Luka non ne fu tanto sorpreso, doveva aver fatto qualcosa per essere punita e privata di cibo, ma lo fu quando si scoprì a pensare di andare a caccia per darle qualcosa di più nutriente di bacche e frutti e verdure.
“Non è andata come credi tu.”
Luka riabbassò lo sguardo su Yuki, ancora inginocchiata a terra appena al suo fianco, e la trovò a giocherellare con la stoffa della gonna ormai a brandelli del suo kimono. Sembrava molto esitante.
“Non è che mi interessi.” disse quindi scrollando le spalle, “Mi sembra solo un po’ stupido.”
“Mi davano del cibo.” lo interruppe lei, senza guardarlo. Sotto gli occhi di Luka, lo sguardo di Yuki si svuotò di ogni forza, divenne vacuo e malinconico, come mai lui l’aveva visto, mentre sul viso le sorgeva un sorriso amaro e finto. “Tutto ciò che potevo desiderare,” continuò ancora, apparentemente incurante dello sguardo che le teneva fisso addosso, “qualsiasi cosa avessi voluto, mi sarebbe bastato chiederla per ottenerla. Per il cibo come per tutto il resto, una sola mia parola e avrei avuto ciò che volevo. Che bello, vero?” Luka non riusciva a immaginarlo, specialmente sentendo il tono addolorato di lei. Era come se stesse recitando un copione senza crederci davvero, eppure continuava. “Mi davano del cibo, davvero, ma io non riuscivo a mangiarlo.”
Yuki sospirò e, lentamente, si tirò in piedi per poi spazzare via la polvere dalla propria gonna con le mani. Luka la fissava sbigottito.
Quindi…si era ridotta in quello stato da sola?!
“Perché?!” chiese, senza accorgersi di come la sua voce avesse perso la propria apatia.
Yuki sollevò gli occhi su di lui e per farlo dovette alzare un po’ il mento, ricordandogli quanto fosse più bassa, infine dopo un attimo sorrise, anche se lo fece con una tale mestizia che Luka stentò a riconoscere in lei la ragazza che aveva conosciuto sino ad allora.
“Sono…stata ammalata.” ammise lei,  un po’ incerta come fosse alla ricerca delle parole giuste da usare per spiegarsi, “Ero molto debole, non avevo quasi le forze per muovermi, e rigettavo qualsiasi cosa riuscissi a mangiare.”
Luka ne fu sorpreso, però effettivamente la Luce del Dio gli era apparsa molto debilitata al loro primo incontro, il giorno della battaglia, e camminava a stento. A ben pensarci, si era ripresa in modo sconcertante, considerate le sue condizioni di allora: aveva mangiato senza problemi, riso con Sodom e, anche se spesso preferiva sedersi o inginocchiarsi, camminava senza difficoltà, forse un po’ lentamente ma nulla di troppo strano.
“Ora stai bene.” si lasciò sfuggire il demone facendo quelle riflessioni e squadrandola con uno sguardo un po’ sospettoso. Forse era un potere della Luce del Dio, guarire rapidamente?
Yuki sobbalzò neanche fosse stata colpita a tradimento, quindi alzò su di lui uno sguardo un po’ allucinato, come se lui le avesse detto qualcosa di incredibile cui lei non aveva mai pensato prima. Per un po’ rimase lì, a guardarlo, quindi abbassò lo sguardo sulle proprie mani annuendo tra sé e sé in modo preoccupante.
Luka la guardò con confusione e lei, dopo alcuni secondi, sorrise un po’ in un modo strano però molto…dolce. E se lo pensava lui, che di dolcezza sapeva ben poco…
“Mi sento meglio, ora.” mormorò lei in quel momento, sempre fissandosi le mani ma con un’espressione un po’ più normale sul volto, “Non l’avrei mai creduto possibile prima, ma ora è come se fossi guarita.”
Luka aggrottò la fronte.
“Lo sei, no?” chiese. Che strana scelta di parole aveva fatto. Per come la vedeva lui in quel momento, lei sembrava così perfettamente in salute e nel pieno delle proprie forze che lui stentava a credere fosse stata nelle condizioni che aveva descritto prima.
Yuki sembrò di nuovo sorpresa per un attimo, ma poi sorrise.
“Colpa mia, colpa mia!” rise appena, giustificandosi con le guance che si arrossavano, “Ho…sbagliato parole.”
Luka la fissò, sempre più confuso dal suo modo di fare e dai suoi cambi d’umore ingiustificati, ma alla fine scrollò le spalle e si avviò verso il bosco. Ovviamente, andava a caccia solo e soltanto perché voleva che Sodom mangiasse un po’ di carne, non perché gli importava di rimettere in forze la Luce del Dio.
 
[And all I can taste is this moment,
and all I can breathe is your life,
‘cause sooner or later it’s over:
I just don’t want to miss you tonight.]
 
Yuki osservò Luka allontanarsi. Aveva una bella camminata, decise, e qualcosa nel modo in cui teneva le spalle che gli dava un’aria da guerriero imbattuto pronto a sfidare chiunque si fosse messo sulla sua strada. Lei, però, non stava pensando solo a quello, ma anche alle domande che le aveva fatto. Erano segno che era stato molto attento a lei, ai suoi bisogni e alle sue necessità, però dicevano anche che lui non sapeva nulla. Takashiro le aveva detto che aveva fatto il possibile perché non trapelasse la verità sul destino che attendeva il possessore della Luce del Dio, ma lei non aveva creduto che avrebbe funzionato davvero.
Sospirò. Per poco, presa dal momento, non aveva dato proprio ad un demone la chiave per distruggerla. Se i Duras avessero mai scoperto in cosa consistesse davvero il suo potere e quali ne fossero le conseguenze per lei, avrebbero iniziato a ferire gli Zweilt di proposito piuttosto che tentare di ucciderli e, ad un tale ritmo, lei non avrebbe potuto reggere a lungo.
Stupida., si rimproverò, però poi alzò lo sguardo nella direzione in cui era sparito Luka.
Sicuramente era la sua follia che si avvicinava di nuovo dopo la parentesi di quei giorni, perché Yuki aveva la strana sensazione di potersi fidare di lui.
Che sciocchezza., scosse la testa, Un Duras e una Zweilt, come potrebbero mai coesistere pacificamente?
Eppure, le diceva una vocina nella sua testa, non era proprio quello che stavano facendo loro da quasi tre settimane?
 
[And I don’t want the world to see me
‘cause I don’t think that they’d understand.
When everything’s made to be broken,
I just want you to know who I am.]
 
Luka si fermò nel bel mezzo della corsa, lasciando solchi nel terreno dove i suoi piedi fecero perno per permettergli di voltarsi immediatamente all’indietro.
Era andato a caccia, alla fine, e aveva trovato una lepre perciò, in mancanza di trappole, l’aveva inseguita. Peccato che qualcuno avesse inseguito lui. Erano un paio di secondi, Luka lo aveva sentito subito, e perciò il demone aveva cercato un minimo di spazio dove poter ingaggiare battaglia senza che il suo avversario avesse migliaia di nascondigli.
Arricciò un po’ le labbra e ringhiò verso il misterioso inseguitore, il suo corpo accucciato d’istinto e teso in avanti in una posa aggressiva e pronta all’attacco.
Una risata cattiva accompagnò l’entrata nel piccolo spiazzo dell’alto Duras dai capelli rossi e Luka si irrigidì d’istinto.
No!, corse con la mente a Sodom, per controllare che lui e Yuki stessero bene, ma si fermò appena in tempo quando i suoi poteri percepirono il sigillo che aveva posto attorno alla grotta. Se avesse contattato il suo famiglio, la protezione sarebbe svanita e Cadenza avrebbe potuto sentire il piccolo drago con la stessa facilità con cui poteva lui. Aveva già fatto quell’errore ad Infernus, quando il suo collegamento mentale con Sodom aveva a sua insaputa annullato il sigillo di mascheramento rendendo palese al suo master la presenza del draghetto, e non l’avrebbe ripetuto.
Strinse i denti costringendosi a tornare impassibile e a raddrizzarsi in una posa eretta, nonostante tutto il suo corpo gli stesse urlando di attaccare e poi correre a proteggere gli occupanti del suo rifugio. Doveva fidarsi del fatto che la barriera fosse ancora alta e che quindi nessuno l’avesse infranta, non aveva altra scelta.
“Cadenza.”
Il Duras rise nel sentire l’ammonimento nella voce di Luka e, senza neanche accennare un attacco, iniziò ad applaudire piano, schernendolo.
Lo Zess si tese. Non era un buon segno, Cadenza era troppo felice.
“Ah, Luka…” sospirò il rosso smettendo di applaudire per mettersi le mani sui fianchi, arrivando ormai ad un passo solo dal suo interlocutore, in una distanza troppo corta per una conversazione normale. “Non avrei mai creduto esistesse qualcuno così…così…” avvicinò il viso a quello di Luka, soffiandogli in faccia l’ultima parola, “…idiota.”
Luka si tirò indietro di un passo, ringhiando in avvertimento.
“Cosa ci fai qui?” chiese, furioso. Ogni fibra del suo corpo stava iniziando a tirare in direzione della grotta, voleva andare dalle uniche due creature che il suo spirito piegato volesse proteggere, e lui dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non assecondare quell’ordine.
Cadenza rise ancora, quindi fece un passo indietro, come per accontentare il desiderio di un bambino capriccioso, e allargò le braccia per mostrargli che non era armato. Non che contasse qualcosa, dato che avrebbe potuto materializzare la sua spada dal nulla in qualsiasi momento.
“Sono solo venuto a controllare.” spiegò con la sua voce calma, “Tu puoi immaginare per conto di chi, vero?”
Luka si irrigidì, un brivido gli corse lungo la schiena e gli occhi gli si sgranarono un poco.
Maledizione! Erano tre settimane che non faceva rapporto e che non combatteva per stare con Sodom, perché non aveva pensato ad inventare una scusa?!
“Gli Zweilt si sono rinchiusi nella Mansione del Crepuscolo.” disse quindi, dando fiato alla prima menzogna che la sua mente seppe inventare, “Non posso raggiungerli là dentro, devo aspettare che escano.”
“Come mai così sulla difensiva, Luka?” Cadenza si finse sorpreso e piegò un po’ la testa da un lato, “Non ti ho mica accusato di nulla, o sbaglio?”
Luka si costrinse a non stringere i pugni. Aveva fatto un errore e Cadenza lo sapeva, non avrebbe perso l’occasione di lavorarci sopra.
“Se non sei qui per sapere come procede la caccia, allora sparisci. Ho altro da fare.” ringhiò, voltandosi per allontanarsi dal rosso.
Non aveva ancora fatto un passo che Cadenza lo afferrò per un braccio e, voltandolo, lo lanciò a sbattere con la schiena contro uno degli alberi. Luka sentì il colpo, il dolore sordo dell’impatto, e subito si piegò sulle ginocchia evocando un incantesimo, i denti scoperti e un ringhio furioso in gola. Scosse elettriche viola come malva iniziarono a crepitare attorno a lui.
Cadenza non perse la sua aria giocosa, ma anzi scoppiò a ridere. Si divertiva a provocarlo e Luka lo sapeva, voleva che commettesse uno sbaglio per poterlo riferire a Lucifero e vederlo punito dal suo master. Non doveva stare al suo gioco, altrimenti sarebbe finita davvero male.
Sforzandosi di sopprimere l’ammaliante voce che gli diceva di fare a pezzi quel maledetto e risolversi un sacco di problemi, Luka si raddrizzò. La schiena gli mandò una debole protesta per questo, ma ormai lui era abituato a peggio. Tenendo l’albero alle proprie spalle, puntò gli occhi in quelli di Cadenza.
“Che. Cosa. Vuoi?” ringhiò.
Cadenza lanciò un’occhiata desiderosa al suo corpo, facendo scivolare lo sguardo dall’alto verso il basso in modo tanto lento e intenso che a Luka parve di sentire le sue mani sulla propria pelle come avevano fatto anni prima. Provò l’impulso di vomitare.
“Cadenza!” alzò la voce d’istinto, scosso dalla piega che gli eventi stavano prendendo, ma seppe subito di aver fatto l’ennesimo errore.
Il Duras apparve in un secondo accanto a lui e lo afferrò per i capelli sulla sommità della testa per sbatterlo ancora contro il tronco e premere il proprio corpo contro il suo, bloccandolo.
Luka sentì il panico crescere. Era uno Zess, pertanto non aveva il permesso di fermare un demone libero dall’usarlo, però forse…
“Non ti è concesso farlo.” sibilò quando Cadenza avvicinò i denti al suo collo, “Sono più che certo che il mio master non te ne ha dato il permesso. Allontanati o vedremo come reagirà nel sapere che hai toccato il suo Zess senza il suo consenso.”
Un lampo di qualcosa, forse paura, attraversò gli occhi del Duras per un secondo prima che questi tornasse alla sua espressione malignamente soddisfatta.
Con sommo sollievo di Luka, Cadenza si staccò. Non indietreggiò, ma questo provava che davvero non aveva il permesso di toccare il giocattolino del re e non era poco.
“Vuoi sapere cosa sono venuto a fare qui? Va bene, allora.” sibilò il rosso, tenendo il viso ad un soffio da quello di Luka. La sua voce trasudava di nuovo soddisfazione e Luka era più che certo che non fosse una buona cosa. “Riguarda proprio i tuoi cari Zweilt, sai? È molto strano che si siano rinchiusi nel loro quartier generale e che non stiano facendo nulla, giusto? Non ha senso, va contro i loro patetici ideali moralistici, perciò mi sono chiesto cosa stessero tramando. Mi ha molto sorpreso che tu non avessi investigato e te ne fossi rimasto da parte ad aspettare, non sei un novellino e neanche qualcuno che può fare certi errori. Comunque, vuoi sapere cosa ho scoperto?, perché gli Zweilt non stanno combattendo?” Luka si irrigidì, intuendo la catastrofe in arrivo. “Sembra che la loro principessa, la Luce del Dio, sia incredibilmente…scomparsa. Puff! Nel nulla. E senti cos’altro ho scoperto: la ragazza è sparita proprio dopo la battaglia con noi. Sono certo che hai presente quello scontro nel quale tu, misteriosamente, non ti sei fatto vedere. Dov’eri, Luka? Non hai sentito l’esplosione?”
“L’ho sentita.” inventò il demone, tenendo gli occhi fissi in quelli del rosso, “Proprio per questo non sono venuto: sai benissimo che sarei morto se mi fossi avvicinato. È il motivo per cui anche tu sei scappato, no?”
Cadenza digrignò i denti per un secondo, ma poi chiuse gli occhi e sorrise con condiscendenza.
“Giusto, giusto…” mormorò, ma Luka era certo che ci fosse dell’altro, “Mi è solo sembrato strano che le tue comunicazioni con Infernus si siano interrotte proprio allora. Che coincidenza assurda, non trovi?” Luka trovò più saggio non rispondere e attese. Sapeva dall’espressione di Cadenza che il rosso non credeva davvero che lui avesse la Luce del Dio, era più probabile che stesse solo cercando di stuzzicarlo per attirarlo in trappola, quindi lui doveva mantenere la calma e non fargli capire che c’era qualcosa di vero nelle sue accuse. “Un’altra coincidenza è che ho dato un po’ un’occhiata in giro e le tue tracce più recenti non si allontanano da una grotta poco lontana da qui. Sei rimasto tre settimane nel tuo rifugio, Luka? Non ti sarai ammalato, spero.”
Maledetto bastardo, un giorno ti farò a pezzi.
“Ho avuto da fare.” ringhiò l’altro, sempre più furioso, “Tu proprio non avevi altri compiti da eseguire, visto che passi tanto tempo a preoccuparti di ciò che faccio io.”
Cadenza non prese bene l’ultima insinuazione di Luka e rafforzò la presa di una mano sui suoi capelli per poi afferrare con l’altra la camicia del moro sul petto, ma quando avvicinò il volto per ringhiare qualcosa si bloccò. Una fragranza strana, non di Luka né del suo famiglio, raggiunse il suo naso. Era dolciastro, per lui nauseante, chiaramente appartenente ad...
“…una donna, Luka?” Cadenza sgranò gli occhi, un sorriso luminoso e soddisfatto che gli si allargava sul viso.
Luka si sentì morire e si irrigidì. Questo non andava assolutamente bene. In teoria lui non poteva avere una relazione con nessuno al di là del proprio master, a meno che questi non disponesse diversamente, e Cadenza stava sicuramente pensando che l’odore di femmina fosse una prova della sua ‘infedeltà’, ma se avesse anche scoperto che era della Luce del Dio... Luka doveva fare qualcosa, e anche in fretta, o la situazione avrebbe oltrepassato il punto di non ritorno.
Ragionò in fretta: Cadenza voleva metterlo nei guai, era l’unica cosa che gli importasse; non credeva davvero che lui avesse la Luce del Dio, credeva solo che lui stesse approfittando della sparizione degli Zweilt per provare a scappare. Non poteva più negare di essere stato a contatto con una donna e, con le prove evidenti che era rimasto nel bosco, non poteva neanche inventare di un contatto casuale.
Luka doveva scegliere velocemente. Se il suo master avesse saputo che lui aveva addosso odore di femmina, l’avrebbe punito senza dubbio. Se avesse negato di aver avuto una compagna, Cadenza avrebbe preteso di controllare nella grotta e avrebbe trovato la Luce del Dio, viva e vegeta nonché libera. Non era una vera scelta.
“Stanne fuori!” ringhiò quindi, sulla difensiva, “Questo non ti riguarda!”
Cadenza scoppiò a ridere, tanto forte che indietreggiò e si piegò su se stesso tenendosi la pancia con le mani. Luka strinse i pugni, ma si costrinse a non dire niente. Meglio uno schiaffo che un pugnale nel petto.
“Oh, Luka! Sapevo che eri un idiota, ma arrivare a questi punti…!” disse il rosso, tra le risa. Dopo un po’ smise e si tirò su, ma solo per fissare Luka con espressione felice e una luce folle negli occhi. “Ti farà a pezzi quando saprà che hai avuto un’amante nel mondo umano! Non vedrai più nulla al di fuori della sua camera da letto per il resto dell’eternità e potrai ben dire addio al tuo animaletto! Non vedo l’ora di sentirti piagnucolare!”
Luka si scagliò contro il rosso, incapace di resistere oltre, ma Cadenza scomparve.
“Bastardo…” ringhiò lo Zess, ma poi sgranò gli occhi.
Se Cadenza stava andando ad avvertire il suo master, in capo a pochi minuti Luka sarebbe stato richiamato e il suo Contratto non gli avrebbe permesso di rifiutare o di rimandare.
Doveva mettere Sodom e Yuki al sicuro prima di allora.
 
[And you can’t fight the tears that ain’t coming
or the moment of truth in your lies.
When everything feels like the movies,
yeah, you bleed just to know you’re alive.]
 
Yuki si sforzò di trattenersi, ma alla fine dovette mettersi una mano davanti alle labbra per nascondere le risate.
Sodom si stava sforzando di passare alla forma umana da quella di palla di pelo che aveva finalmente ottenuto di nuovo, ma sembrava proprio che non ce ne fosse verso e così Yuki si era ritrovata a fissare un piccolo ammasso peloso e nero che si gonfiava come un gatto bagnato a tradimento, soffiando e squittendo.
“Stai tranquillo, Sodom.” disse alla fine, prendendo l’animaletto tra le dita e portandoselo all’altezza del viso, “Andrà bene con il tempo, devi ancora imparare.”
In risposta, il piccolo le leccò la punta del naso, facendola ridere di nuovo. Risata che, però, si interruppe quando qualcuno entrò di corsa nella caverna.
Yuki alzò lo sguardo, sorpresa, ritrovandosi davanti un Luka pallido e ansimante per la corsa.
“Che succede?!” chiese, saltando in piedi e stringendo d’istinto la presa su Sodom.
Luka la ignorò per andare ad afferrare il proprio cappello e togliersi il cappotto. Gettò entrambi sul pagliericcio, fece spostare Yuki e poi con una scossa fece bruciare tutto per nascondere a chiunque l’odore di lei, nel caso Cadenza o il suo padrone avessero deciso di dare la caccia alla sua fantomatica amante.
“Ti riporto a casa.” ordinò quindi alla ragazza, senza ascoltare le sue deboli richieste di spiegazione.
Yuki tentò ancora di ribattere, ma prima che potesse farlo Luka si piegò e la prese mettendole un braccio dietro le ginocchia ed uno dietro la schiena. Lei si lasciò scappare un urlo di sorpresa e spostò una mano da Sodom per aggrapparsi alla camicia di Luka.
“Che stai facendo?!” esclamò, sgomenta.
“Puoi aprire un varco nella barriera della Tenuta Principale?” chiese Luka, ignorandola.
Yuki esitò, confusa.
“Ma Sodom…?”
“Puoi o no?!” ringhiò lui.
Yuki sobbalzò, sorpresa, ma alla fine annuì, sebbene con un po’ d’esitazione, e Luka, senza più chiedere niente, iniziò a correre.
 
[And I don’t want the world to see me
‘cause I don’t think that they’d understand.
When everything’s made to be broken,
I just want you to know who I am.]
 
La Luce del Dio fissò il Duras in volto, mentre saltava di albero in albero per portarla a casa.
Aveva acconsentito a farlo entrare e una parte della sua anima le stava dando dell’idiota per questo, ma lei la blandiva dicendo che ci sarebbero stati gli Zweilt, che lei aveva ormai ripreso le forze e che quindi lui, se anche avesse avuto cattive intenzioni, non avrebbe potuto farle del male.
L’altra parte, quella decisamente già impazzita, stava pregando sottovoce che quell’unico legame vero mai creato nella sua vita non la tradisse.
 
[And I don’t want the world to see me
‘cause I don’t think that they’d understand.
When everything’s made to be broken,
I just want you to know who I am.]
 
Luka continuò a correre anche quando vide il Kekkai davanti a sé. Yuki aveva detto di poterlo fare entrare e lui non aveva tempo di dubitare della sua parola.
La barriera si aprì proprio di fronte a loro un attimo prima che vi sbattessero contro e si richiuse immediatamente dopo il loro passaggio.
“Non posso aprire un varco troppo grande troppo a lungo.” spiegò piano Yuki, le mani avviluppate a Sodom, “Takashiro se ne accorgerebbe e sinceramente non voglio che ti facciano a pezzi per avermi aiutata.”
Luka fu sorpreso dalla sua premura, tuttavia si sentì in dovere di rimettere la scala delle priorità della ragazza nel giusto ordine.
“Hai troppa fiducia in quel branco di ragazzini.” borbottò, “Non riuscirebbero a prendermi neanche se decidessi di lasciarglielo fare.”
Yuki gli rivolse un’occhiataccia, però aveva il sorriso sulle labbra e questo confuse Luka.
Oltrepassarono il giardino correndo verso la casa che si presentava loro dal suo retro. Yuki decise che era meglio per loro: passare dal portone principale con un Duras come portantina non le sembrava l’idea migliore possibile.
“Quale stanza?” chiese Luka, facendola sobbalzare.
“Ultimo piano, estrema sinistra, la finestra sotto la torretta.” spiegò, imbarazzata.
Takashiro le aveva fatto riservare un’intera ala della Tenuta e lì non aveva accesso nessuno tranne lei. Si sforzò di vedere il positivo della faccenda: Luka non avrebbe rischiato di essere scoperto.
Il demone accelerò ancora, muovendosi ad una velocità tale che due donne, intente a raccogliere qualcosa nel giardino, non lo videro passare. In un attimo, si infilò nella finestra indicatagli da Yuki, posò lei a terra e si richiuse le tende alle spalle.
Entrambi rimasero fermi, in silenzio, per un attimo. Alla fine, fu Yuki a spezzare il silenzio.
“Cos’è successo, Luka?” sussurrò. In ginocchio a terra, le mani che accarezzavano distrattamente una piccola pallina di pelo crollata nel sonno, aveva la testa chinata verso il basso e una voce molto triste. “Il nostro patto non è ancora concluso, Sodom non è ancora capace di controllare le sue mutazioni.”
Luka si accertò che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, quindi sospirò.
“Lo so, per questo lo lascio a te.”
Quando Yuki sobbalzò e sollevò su di lui gli occhi sgranati, Luka stava ancora accusando il colpo del dolore che quelle parole gli avevano causato. Separarsi da Sodom era l’ultima cosa al mondo che volesse fare, ma portarlo con sé significava fargli correre un pericolo enorme.
“Che stai dicendo?!” esclamò Yuki. La Luce del Dio corse a posare Sodom sul proprio letto, quindi ebbe cura di coprirgli le orecchie con la coperta, prima di tornare dal Duras. “Sei impazzito?! Sodom ci starà malissimo!”
Luka strinse i pugni ma poi, tra i denti, snocciolò alla Luce del Dio quel minimo che doveva sapere sull’incontro con Cadenza di poco prima.
“Se lo porto con me adesso, lo faranno a pezzi.” concluse, lo stomaco che gli si rivoltava al solo pensiero. “Di te perlomeno si fida.”
Yuki lo fissò. Il suo viso aveva un’espressione tremendamente triste e Luka vide, per la prima volta in vita sua, qualcuno piangere per lui.
“Puoi restare qui, magari c’è un modo per…”
“Ho un Contratto.” la fermò Luka, scuotendo la testa, “Non c’è modo in cui possa disobbedire.”
Yuki chiuse gli occhi, come in preda ad un forte dolore, e solo dopo alcuni attimi annuì.
“Grazie, Luka. Per tutto.” sussurrò, “Se c’è qualcosa che posso fare…”
Luka esitò. Lo feriva l’idea di chiedere a lei ciò che altri avevano fatto a lui, sapeva quanto fosse brutto essere costretti a cedere un gesto d’amore a qualcuno che non si conosce o che si odia, ma non aveva molte possibilità di scelta.
“Il mio master mi chiederà se ho avuto una compagna.” mormorò, guardandola in viso ma sforzandosi di non vederla, “Il Contratto mi costringerà a dire la verità, che non sono andato a letto con nessuna, e, se questo accadesse, il padrone inizierebbe a indagare sul tuo odore.”
Yuki parve confusa per un secondo, poi arrossì appena però sostenne lo sguardo di Luka.
“Quindi…cosa?” domandò piano, “Mi stai chiedendo di…venire a letto con te per poter dire al tuo master che hai effettivamente avuto una relazione?”
Luka scosse la testa.
Non c’era tempo per quello, e comunque non era certo di voler far sperimentare a Yuki l’esperienza di un rapporto vuoto e solo passivamente consensuale. Tuttavia, se voleva salvarla e tenere Sodom al sicuro, doveva portare qualcosa al suo signore.
“Scusami.” mormorò solo.
Yuki non fece in tempo a chiedere. Luka le prese il viso tra le mani e premette con forza le labbra sulle sue.
Il demone si irrigidì e si staccò di botto.
Che diavolo…?! Qualcosa non era andato come doveva. Avrebbe dovuto sentire la pelle della sua bocca che si piegava sotto la sua forza, la consistenza pastosa e viscida della saliva, il male per l’impatto tra i loro visi e poi basta. Certo, sensazioni non troppo piacevoli, ma niente di che. Invece qualcosa non aveva funzionato, forse erano stati i loro poteri a fare interferenza. Luka aveva sentito un calore strano, lì sulle labbra, e la pelle e la saliva di lei non gli avevano dato fastidio, ma ora sentiva come se ancora la bocca di lei fosse sulla sua, come se gli avesse lasciato un marchio a fuoco che era bollente ma non bruciava. Si era staccato in fretta, ma lo stesso respirava a fatica, come se avesse corso per ore, e c’era qualcosa che batteva nelle sue orecchie coprendo gli altri suoni.
Quando riuscì a mettere a fuoco la scena davanti a sé, Yuki sembrava non essere in condizioni migliori.
Luka indietreggiò fino alla finestra, riaprì le tende e poi l’imposta, quindi cercò di concentrarsi ancora un attimo.
Sodom, ti ordino di rimanere con Yuki.” dichiarò, infondendo tutto il suo potere in quell’ordine, rendendolo ufficiale e insolvibile. Guardò ancora per un attimo Sodom, tutto raggomitolato sotto il lenzuolo bianco, e provò una forte gratitudine verso di lui per avergli voluto bene in quel suo modo infantile e sincero. Alla fine, guardò Yuki. “Per favore, prenditi cura di lui.”
Lei annuì, come in trance, e Luka si lasciò cadere fuori dalla finestra senza voltarsi indietro.
 
[And I don’t want the world to see me
‘cause I don’t think that they’d understand.
When everything’s made to be broken,
I just want you to know who I am.
I just want you to know who I am.
I just want you to know who I am.]
 
Luka continuò a correre, anche se sapeva di starlo facendo senza meta né motivazione. Non aveva un posto dove andare, la grotta non l’avrebbe protetto, né qualcuno da raggiungere e comunque non sarebbe importato ancora a lungo dove o con chi fosse: quando il suo master l’avesse richiamato, nulla avrebbe più avuto importanza e lui sarebbe stato di nuovo all’inferno senza possibilità di scampo. Però non riusciva a fermarsi, perché troppi pensieri lo stavano inseguendo.
Che cosa aveva fatto?! Un’idiozia, senza dubbio. Aveva sentito il bisogno di proteggere la Luce del Dio, non solo Sodom, e così aveva dato a Cadenza ciò che voleva, una scusa per metterlo nei guai, pur di tenerlo lontano. Yuki però non era niente per lui, non era un suo famiglio o un membro del suo clan o della sua famiglia, non si conoscevano e certo lui non le doveva niente. Maledizione, era la principessa degli Zweilt!, il capo dei suoi nemici!, che diavolo gli era saltato in mente?!
Aveva fatto una stronzata, ecco l’unica spiegazione. E per salvare lei, aveva appena condannato se stesso ad un destino che nemmeno Cadenza gli avrebbe mai riservato.
Era a malapena uscito dalla barriera, con l’aiuto di Yuki, quando accadde.
LUKA!
Gli si mozzò il respiro. Le catene roventi del Contratto sorsero dal terreno e lo avvolsero immediatamente, anche se non aveva disobbedito ad alcun ordine, trascinandolo in ginocchio per terra. Subito la pelle iniziò a gonfiarsi, scottata, e piccole vesciche iniziarono ad apparirgli addosso mentre il suo corpo veniva avvolto sempre di più dal metallo. Strinse i denti, sforzandosi di non emettere un suono, ma il dolore si intensificò soltanto.
LUKA, VIENI IMMEDIATAMENTE QUI!
E Luka non ebbe scelta, né prese una decisione. Prima che potesse anche solo pensare a cosa la voce nella sua testa gli avesse ordinato, tutto attorno a lui divenne nero e fu come se stesse precipitando nell’abisso più oscuro dell’universo.
A ben pensarci, era esattamente ciò che gli stava succedendo.
 
[I just want you to know who I am.]



 
Testo della canzone che inframezza il capitolo: 'Iris', Goo Goo Dolls.




Salve!
Lo so, è passato un po' di tempo, ma ora sono qui, no?
Allora, altro capitolo praticamente di mia totale invenzione, non c'è assolutamente nulla preso dal manga che sostenga questa tesi, ma pazienza XD L'incantesimo usato da Luka all'inizio del capitolo, invece, è preso dall'adattamento anime del manga :)
Scappo perché devo andare a pubblicare questo capitolo in inglese XD
Come al solito, dedicato alla mia virtuale Onee-chan, Chris :)
A presto a tutti,
ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 5
*** Capitolo V- Da oggi in avanti ***







Capitolo V
DA OGGI IN AVANTI
 
 
“Se lo desideri, lo dirò tutte le volte che vorrai:
…”
 
 
Luka si era convinto di essere forte.
La sua esistenza era stata un’accozzaglia indistinta di colori cupi, prevalentemente il rosso del sangue e il nero dell’oscurità, piena di grida e di dolore a cui aveva trovato a stento una motivazione. Ma l’aveva superata, si era detto. Era passato oltre, sopravvissuto ad ogni tortura, uscito vincitore da ogni scontro. Aveva imparato, si era detto, a resistere alle punizioni del suo padrone senza perdere più un briciolo della sua sanità mentale.
Però quando le unghie di Lucifero si allungarono nel suo corpo, passando dal graffiargli la pelle al dilaniargli la carne, ognuna di quelle parole divenne vuota. L’uomo continuò a tenere Luka pressato contro di sé, standogli alle spalle e sfruttando la posizione per infilare i propri artigli ancora più a fondo nel petto dello Zess costretto in ginocchio di fronte al trono.
Cadenza, in un angolo del salone, osservava la scena con un sorriso sadico sulle labbra. Luka avrebbe voluto fargli ingoiare tutti i denti.
Le mani del suo padrone, incrociate sul suo petto come le braccia di un morto, incurvarono le dita, scavando a fondo nel suo corpo magro. Se fosse stato umano, sarebbe già morto da tempo.
“Allora?!” chiese Lucifero e un ringhio furibondo accompagnò l’ennesima domanda.
Luka strinse i denti e chiuse gli occhi, ma scosse la testa.
“Ho già detto che non…” provò, la voce resa incerta dal dolore, ma Lucifero non lo lasciò finire.
“BUGIARDO!” urlò, trascinando le mani nella carne di Luka fino a lasciare dieci segni, speculari cinque con cinque, che formavano una tremolante ‘X’ rosso sangue della grandezza del petto dello Zess.
Luka trattenne a stento un urlo di dolore mentre cadeva in avanti, ma un verso gli scappò ugualmente. Crollò sul proprio stomaco, le ferite che bruciavano quanto le catene che lo costringevano a terra e gli bloccavano le braccia dietro la schiena, e si ritrovò immobilizzato lì. Il suo padrone si mise al suo fianco, si inginocchiò e poi lo afferrò per i capelli per costringerlo a sollevare la testa e guardarlo negli occhi. Un rivoletto di sangue scivolò dall’angolo della bocca di Luka, segno dei danni che calci e pugni e quell’ultimo gesto avevano inflitto ai suoi organi interni.
Lucifero lo fissò per un attimo, poi sorrise e si piegò in avanti. Luka rabbrividì, disgustato, quando sentì la lingua del re dei demoni leccar via la goccia risalendo fino alle sue labbra.
Lucifero si staccò di colpo, come ricordando all’improvviso di essere furioso, e gettò Luka di nuovo faccia a terra prima di incamminarsi nervoso fino al suo trono, pur senza sedersi.
“Ancora una volta, Luka…” chiese, la voce calma che nascondeva la furia, “Hai avuto un’amante nel regno umano?”
Luka strinse i denti. Se solo avesse potuto dire di sì, allora il suo padrone l’avrebbe ucciso e sarebbe finita lì, ma il suo Contratto gli impediva di mentire.
“No…” mormorò, conscio che questo avrebbe portato ad un altro accesso d’ira nei suoi confronti.
A sorpresa, però, Lucifero prese un profondo respiro e si voltò, senza tuttavia attaccarlo. Lo fissò con disprezzo, indicando la presenza di Cadenza.
“Perché ha sentito l’odore di una donna?” chiese quindi, il tono accusatorio.
Di nuovo, Luka non poté far altro che chiudere gli occhi mentre la sua bocca dava fiato ad una verità che avrebbe solo voluto poter tenere per sé.
“Ho avuto una donna con me, queste tre settimane…” sussurrò, pur riuscendo ad impedirsi di dire che ella era la Luce del Dio.
L’urlo d’ira di Lucifero si mescolò ad una pioggia istantanea di fulmini al di fuori delle enormi finestre dalle vetrate rosse e nere raffiguranti scene di massacri.
“Ci sei andato a letto?!” chiese Lucifero, la voce che tremava per la rabbia.
Luka scosse immediatamente la testa.
Lucifero gli fu subito addosso nuovamente. La mano del re si strinse attorno al collo dello schiavo, costrinse il suo corpo in piedi e le catene che lo avevano tenuto attaccato al suolo seguirono docilmente quel movimento ordinato dal loro creatore.
“Non osare mentirmi!” gli urlò in faccia prima di colpirlo con un manrovescio tanto violento da rompere il naso dello Zess.
Luka boccheggiò, il sangue che gli entrava nella gola e nei polmoni privandolo d’aria, ma si sforzò per poter scuotere la testa.
Lucifero lo fissò con rabbia ancora un attimo, poi un flash passò nei suoi occhi e sostituì un’espressione di folle divertimento a quella furibonda.
“Non ci hai fatto niente…” mormorò, realizzando solo in quel momento ciò che il suo schiavo aveva ripetuto per mille volte almeno.
Luka sentì la presa sulla sua gola sparire e crollò a terra a carponi, le braccia incrociate sul petto per tenere insieme le ferite subite poco prima, mentre il suo corpo si scuoteva per i colpi di tosse nel tentativo di liberare i polmoni e la gola dal sangue.
“Non ci hai fatto niente.” ripeté Lucifero, guardandolo dall’alto e iniziando a ridere, “Sei stato tre settimane con una donna e non sei stato capace di farci niente!”
Luka non disse nulla, ma una parte di lui sospirò mesta. Lucifero era fortemente incoerente, l’attimo prima era furioso perché pensava fosse andato con una donna e l’attimo dopo lo scherniva perché non l’aveva fatto, e quello era il motivo principale per cui Luka non era mai stato in grado di prevedere come comportarsi per evitare uno scatto d’ira del suo padrone. Forse non c’era modo di sfuggirvi, semplicemente: in fondo, non era nemmeno raro che Lucifero lo picchiasse senza motivo.
Luka sentì uno strano vuoto allo stomaco e poi ombre nere vorticarono attorno a lui. L’istante dopo, si ritrovò sdraiato sul letto del suo padrone, nella sua camera, nudo e prono.
Lucifero rise, sedendosi sul bordo del letto e iniziando ad accarezzargli la testa facendo passare le mani tra i suoi capelli con lentezza.
“Sono molto, molto felice che tu non mi abbia tradito, Luka.” esordì, calmo, “Non ti avrei perdonato in quel caso, ma così…” Luka si sforzò di non rabbrividire per il disgusto quando il suo padrone si piegò per sfregare il naso contro il suo collo, inalando profondamente. “Ti toglierò il suo odore di dosso” promise il re, “e poi non ti lascerò più andar via. Troverò qualcun altro che si sbarazzi degli Zweilt, magari Cadenza, e tu invece resterai qui. Non ti permetterò di lasciare il palazzo…anzi, da ora in avanti ti è assolutamente proibito lasciare questa camera, chiaro?” Luka percepì, anche se solo a livello mentale, una nuova catena stringersi attorno al suo corpo, legandolo per sempre al nuovo ordine, e chiuse gli occhi. Alla fine, aveva ottenuto solo ciò che aveva sperato con tutto se stesso di evitare.
Sodom fu la prima cosa a cui pensò. Non l’avrebbe mai più rivisto, ora che l’ordine era stato dato. Un dolore acuminato gli lacerò il petto, più in profondità di come avessero fatto le unghie del suo padrone.
Quest’ultimo, intanto, strinse la presa sulle ciocche di Luka e passò la lingua sull’orecchio del suo Zess.
“Resterai qui con me, Luka,” sussurrò, “però ricorda: tu sei il mio preferito,” la mano di Lucifero afferrò il viso del ragazzo, costringendolo a puntare gli occhi color argento nei suoi rosso cremisi, “ma se mai dovessi tradirmi, ti ridurrei in pezzi grossi quanto l’unghia di un uomo senza pensarci due volte.”
Luka non poté far altro che rimanere immobile di fronte a quella minaccia, ma a Lucifero non importava di non avere risposte.
Sorridendo, il re dei demoni salì sul letto e su di Luka.
“E ora vedi di stare fermo.”
 
[An old man by a seashore,
at the end of day,
gazes the horizon
with seawinds in his face.
Tempest-tossed island,
seasons all the same,
anchorage unpainted
and a ship without a name.]
 
Luka si era convinto di essere forte.
In una settimana, Lucifero aveva provveduto a mostrargli apertamente quanto sciocca fosse stata quella sua idea.
 
[Sea without a shore for the banished one unheard.
He lightens the beacon light at the end of world
showing the way, lighting hope in their hearts,
the ones on their travels homeward from afar.]
 
“Kyuuuuu…”
Takashiro rimase fermo sulla porta e incrociò le braccia, prendendosi un ultimo momento per pensare ancora alla sua decisione.
Yuki era seduta su una piccola poltrona, di fronte ad un tavolino su cui un’intoccata tazza di te aveva ormai smesso di fumare, e accarezzava piano la testa del piccolo animaletto nero che aveva portato con sé. Questi continuava a mugolare, guardandola disperato e tirandole lievi zampate alle dita per scuoterla dal suo torpore.
Takashiro la guardò ancora un secondo prima di bussare delicatamente contro lo stipite.
Yuki sobbalzò e alzò gli occhi sgranati su di lui. Nel riconoscerlo poi, la giovane si sforzò di sorridere, ma la falsità del gesto era tale che il capoclan Giou sollevò un sopracciglio con scetticismo.
Takashiro si avvicinò mentre Yuki sospirava.
“Non sono molto di compagnia, oggi.” lo avvertì lei in un sussurro, stanca, “Gli Zweilt hanno bisogno di me?”
Takashiro sorrise mesto mentre scuoteva la testa davanti alla sua speculazione.
“Vengo da voi solo per questo, vero?” constatò amaramente.
Era la verità. La purezza della Luce del Dio era assoluta, avrebbe fatto sentire meglio chiunque indipendentemente dal suo dolore, ma lui portava un Duras dentro di sé e non meritava di sentirsi sollevato, perciò evitava di avvicinarsi ad essa.
Yuki lo guardò con dolcezza sincera, come consapevole dei suoi pensieri.
“È per questo che esisto.” gli ricordò come fosse una cosa ovvia, quieta nella sua rassegnazione.
Takashiro non osò ribattere. Quella, purtroppo, era la più crudele e veritiera realtà dei fatti e gli faceva male, dopo tante vite, sapere di essere l’unico colpevole di ciò. Ma avrebbe rimediato, almeno per una volta e in una piccola cosa.
“Posso?” chiese indicando la sedia e, quando lei annuì, si sedette con un sospirò. Pensò per un attimo, dubbioso, poi però si decise. “Tu ricordi com’eri prima di sparire?”
Yuki si irrigidì.
“Nessuna domanda.” gli ricordò, seria, ma lui sorrise.
“Non te ne sto facendo.” assicurò, “Sto solo cercando di farti capire.”
“Non c’è nulla che debba capire, io…”
Tu stavi morendo.” la interruppe lui, alzando un po’ la voce per attirare la sua attenzione.
Yuki si fermò. Si morse il labbro inferiore e chinò il capo prima di mormorare un fievole “Lo so…”.
Takashiro sospirò.
“Principessa, per un momento durante questa chiacchierata, lasciatemi fingere che siate solo Yuki, posso?”
Yuki era sorpresa, era la prima volta che Takashiro avanzava una tale richiesta, perciò annuì.
“Yuki,” Takashiro le prese una mano, facendo borbottare un po’ Sodom, e le parlò con tono serio, “ero pronto a celebrare il tuo funerale, quattro settimane fa. Ti ho promesso che non avrei fatto domande e non ne farò, però io ci vedo, lo capisci? Non posso sapere cosa tu abbia fatto in quelle tre settimane, ma vedo che sei ancora viva. Non fraintendermi, ne sono contento, ma è qualcosa di davvero vicino ad un miracolo e non ne ho visti molti recentemente. Qualsiasi cosa sia accaduta, Yuki, io ringrazio che sia successa, davvero. Solo non capisco perché una giovane donna, bella e intelligente, possa essere così triste dopo essere scampata ad una morte che tutti le davano per scontata.”
Yuki voltò il capo, distogliendo lo sguardo.
Non aveva bisogno della ramanzina di Takashiro per sapere di essere un’ingrata, ne era pienamente consapevole, ma non poteva fare a meno di passare ogni secondo a chiedersi come stesse Luka. Era un demone, vero, ma l’aveva salvata e protetta e adesso era nelle mani di qualcuno che gli avrebbe fatto del male per colpa del profumo di lei. Era un’ingrata a non essere semplicemente felice di essere a casa, era un’ingrata ad aver ripagato quel ragazzo solo con un addio ed era un’ingrata a lasciare che lui sopportasse chissà cosa senza muovere un dito.
“Cosa vuoi che faccia?” chiese con la voce incrinata, sfilando la mano dalla presa dell’uomo per asciugarsi le lacrime senza dover mollare con l’altra la presa su Sodom. “Vuoi che vada in giro per la casa saltellando felice e spargendo fiori? Scusami, ma proprio non sono dell’umore adatto…”
“Lo vedo,” mormorò Takashiro, aggrottando la fronte, “perciò sono qui per ascoltarti, se vuoi spiegarmi che cosa ti turba.”
Yuki rise un po’, piano e amaramente.
“Non sto scherzando, Yuki.” la riprese l’uomo, serissimo. “Qualsiasi cosa sia, se ha a che fare con il tuo ritorno, allora farò tutto ciò che è in mio potere per rimetterla a posto. Tu devi solo dirmelo e io me ne occuperò.”
Yuki era pronta a declinare l’offerta, ma quelle ultime parole smossero un istinto nel suo petto. Era una possibilità, quella che vedeva all’orizzonte? Takashiro in fondo aveva un Duras dentro di sé,  non poteva fare tante storie, no? Lei si morse il labbro inferiore.
“Mi turba il fatto che il Duras che mi ha salvato sia in pericolo... credo.”
Il rispetto di Yuki nei confronti di Takashiro aumentò quando vide che questi non si faceva prendere dal panico. Né dall’isteria.
“D’accordo.” sospirò dopo un attimo, appoggiandosi totalmente alla poltrona e guardarla con serietà, “Spiegami tutto dall’inizio alla fine.”
 
[This is for long-forgotten
light at the end of the world.
Horizon crying
the tears he left behind long ago.]
 
Takashiro sospirò e si passò la mano sul viso per l’ennesima volta da quando, la notte prima, Yuki gli aveva raccontato cosa le fosse accaduto nelle tre settimane della sua scomparsa.
Una parte di lui era convinta fosse definitivamente impazzita, l’altra era più che certa che il pazzo fosse lui.
Quando Yuki gli aveva descritto il demone che l’aveva salvata, lui aveva immediatamente capito chi fosse: capelli nero pece, occhi d’argento, pelle diafana, zanne e una bellezza sovrumana. Era il demone che aveva attaccato Hotsuma e Shusei poco prima della battaglia contro Cadenza e i suoi, non c’era dubbio.
L’amato del re dei demoni.” mormorò, guardando la luna oltre la finestra e ripetendo ciò che aveva potuto scoprire su quello strano Luka Crosszeria dai rituali della profezia, “Poteri magici che sorpassano tutto il resto, duro di cuore e spietato, i suoi occhi sono lame e i suoi capelli la notte. Le sue forme e il suo aspetto sono spaventosi e allo stesso tempo bellissimi.
E una tristezza profonda, avrebbe aggiunto Yuki. Aveva insistito molto su quel punto, e sull’amore che il demone era stato in grado di dimostrare nei confronti del suo famiglio. Erano due versioni contrastanti della storia, due ritratti della stessa persona fatti da artisti diversi, e perciò a lui toccava scegliere di chi fidarsi.
Un leggero bussare alla porta lo fece voltare, ma prima che potesse rispondere il suo ospite aveva già aperto e stava entrando.
Yuki lo fissò con determinazione.
“È pronto?” chiese.
I rituali potevano andare al diavolo, lui avrebbe sempre riposto la sua fiducia più totale in Yuki.
Con un sospiro, indicò l’incantesimo sulla sua scrivania e lasciò che Yuki si avvicinasse per prenderlo.
Aveva la forma di un pezzo di pergamena, rettangolare e di poco più grande delle dimensioni della mano della ragazza. Sopra stava disegnato un pentacolo strano e scritte a lei incomprensibili dipinte in un’inquietante inchiostro rosso.
“Brucialo e ti porterà da questo tuo Luka,” assicurò Takashiro con espressione cupa, “ma alla prima ferita, anche la più insignificante, tornerai qui. Non mi interessa se non è nulla, se ti inciampi e ti sbucci un ginocchio o se ti pungi il dito con una scheggia di vetro, non mi importa se non hai ancora trovato il tuo demone: alla prima ferita, tu torni dritta qui e su questo punto non ho intenzione di contrattare.” La ragazza era già riuscita ad ottenere di andare da sola, senza la scorta né di Zweilt né di quella pallina pelosa, ma Takashiro non avrebbe rischiato oltre la sua pupilla per un demone dalla dubbia fedeltà.
Yuki lo fissò.
“Starò attenta a non inciampare.” replicò solo prima di voltarsi ed andarsene.
Takashiro la fissò ancora un attimo, quindi sospirò.
Comunque fosse andata, qualcosa gli diceva che quella notte avrebbe cambiato definitivamente le vite di tutti. Quelle presenti e quelle future.
 
[The albatross is flying
making him daydream
the time before he became
one of the world’s unseen.
Princess in the tower,
children in the fields:
life gave him it all,
an island of the universe.]
 
Yuki aspettò mezzanotte, come Takashiro le aveva insegnato, e quando fu il momento, mentre allungava l’incantesimo verso la candela che aveva acceso, alzò gli occhi al cielo.
Una luna rossa e inquietante le restituì il gesto.
La notte di Valpurga., annuì Yuki, comprendendo perché Takashiro le avesse chiesto di attendere un giorno prima di andare, Quando il velo tra i due mondi è più sottile.
All’improvviso sentì il calore del fuoco vicinissimo alle dita, ma non fece in tempo nemmeno ad abbassare lo sguardo per vedere l’incantesimo che finiva di bruciare. Sgranò gli occhi quando tutto divenne nero per un momento, tutto tranne la luna. Mentre il disco rosso rimaneva fisso, tutto in un secondo mutò attorno a lei.
Yuki si ritrovò inginocchiata a terra, non più nella sua stanza ma in un lungo corridoio di pietre nere, con il viso rivolto verso una parete laterale fatta da finestre inquietanti dove schegge di vetro rosso e nero erano fatte incastrare come tagli e ferite su carne fresca. Yuki rabbrividì e si guardò attorno solo per scoprire che c’era un’unica porta, in fondo al corridoio alla sua sinistra. Se l’incantesimo doveva portarla da Luka, allora non c’era altra possibilità.
Senza perdere tempo per paura di essere percepita, Yuki scattò in piedi e raggiunse la porta. Si fermò un attimo, guardandosi attorno, per appoggiare l’orecchio contro il legno e cercare di sentire eventuali voci, ma il silenzio rimase totale quindi si fece coraggio e socchiuse l’anta.
C’era un enorme letto a baldacchino –con le lenzuola rosse e la coperta e i cuscini neri– messo con la testiera contro la parete di sinistra e con ai propri lati due porte chiuse; la parete di fronte all’entrata e quella di destra erano invece totalmente vetrate e per il resto i pavimenti e i muri erano di pietra nera come la notte. Alcune candele appese a sostegni accanto al letto illuminavano un po’ la stanza e facevano scintillare in modo tremulo molte catene lasciate mollemente a terra.
L’aprirsi della porta non aveva prodotto alcun suono, ma lo stesso una figura si mosse immediatamente. Yuki stava per urlare, ma si fermò appena in tempo.
Luka, nudo, era scivolato rapidamente fuori dall’ombra dell’angolo in fondo a destra della stanza e si era lasciato cadere elegantemente in ginocchio per terra, al centro della camera in corrispondenza dei piedi del letto. Non aveva alzato gli occhi sul nuovo arrivato neanche per un istante ma continuava a tenere il capo chino e questo comportamento sottomesso da solo avrebbe sconvolto Yuki, abituata a vederlo forte e deciso, se non fosse stato per le condizioni in cui versava il suo corpo.
Dieci ferite, palesemente da poco rimarginate, gli attraversavano il torace, cinque andando dalla spalla destra al fianco sinistro e cinque speculari, creando una ‘X’ frastagliata sul suo tronco. Altri tagli spezzavano i muscoli dei fianchi e lasciavano intendere che la situazione sulla sua schiena doveva essere ancora peggiore che sul suo petto. Le braccia erano coperte di lividi viola e neri e i polsi mostravano ferite che li avvolgevano come bracciali, memorie forse di un periodo in catene. Yuki non poteva vedere il suo viso, ma sperò gli fosse stato risparmiato, visto che era l’unica cosa gli desse un minimo di valore agli occhi del suo padrone, stando a ciò che Takashiro le aveva detto.
“… Luka?” chiamò, piano.
Luka si irrigidì. Era un imbroglio del suo padrone, era certo, lo stava mettendo alla prova per vedere se ancora fosse legato alla donna con cui lo aveva quasi tradito e per controllare che davvero non desiderasse andarci a letto. Sì, era così, Yuki non poteva essere…
“LUKA!”
Luka non sentì nemmeno dolore quando lei si gettò in ginocchio davanti a lui e gli si scagliò addosso per abbracciarlo con forza, era troppo sorpreso per prestare attenzione ai lamenti del suo corpo. In un attimo, il suo petto gli inviò la sensazione di piccole e calde gocce d’acqua che gli cadevano sulla pelle mentre il corpo tiepido della ragazza che lo stringeva aumentava la presa e iniziava a tremare un po’.
Luka aveva provato solo una volta in vita sua la sensazione che stava provando in quel momento. E questo poteva voler dire una cosa solamente.
“No!” Saltò in piedi, sgomento, e indietreggiò di due passi. Con orrore, vide la giovane alzare lo sguardo e rivelare davvero il volto di Yuki. Fu sul punto di imprecare, ma poi si accorse di quanto fosse pallida e del tremore che la percorreva e si trattenne. Realizzò dopo un attimo di essere nudo e quando lo fece sentì una profonda umiliazione.
Si voltò e si fece comparire addosso un paio di pantaloni mentre afferrava una camicia dal pavimento e la indossava in fretta, senza osare girarsi di nuovo verso di lei. La sua nudità gli era stata imposta dal suo master e aveva smesso di vergognarsene di fronte a lui perché ormai non c’era nulla del suo corpo che Lucifero non avesse toccato e infettato, ma lasciare che Yuki lo vedesse, che vedesse i segni che portava addosso e le prove di ciò che era diventato in quella settimana –una prostituta, più che un guerriero– era tutta un’altra cosa. Detestava l’idea e la bile gli bruciava la gola al pensiero che fosse troppo tardi per impedirlo. E lei era anche l’attuale tutrice del suo famiglio.
“Non dirlo a Sodom…” si sentì sussurrare, “Ti prego, non dirlo a Sodom…”
Yuki non prese nemmeno in considerazione l’idea di rispondere ad una tale supplica. Se anche Luka avesse avuto voce in capitolo e, anziché essere costretto, avesse scelto di accettare quei compromessi di cui il suo corpo parlava, lei non avrebbe mai osato giudicarlo e tantomeno sarebbe andata a raccontare una cosa simile al draghetto. Comunque, la sua mente si era fermata a processare due immagini repentine trasmesse dagli occhi prima che lui si coprisse del tutto e le desse le spalle. La prima, il suo viso ancora bellissimo ma deturpato da un grosso livido violaceo che si espandeva su tutta la parte sinistra del volto coprendo lo zigomo, l’occhio e il naso e poi i numerosi graffi e segni di morsi sulle labbra; la seconda, la sua schiena solcata da segni di unghiate violente, profonde, non certo dovute ad un errore in buona fede commesso nell’impeto della passione ma palesemente volute ed inferte al solo scopo di procurare quanto più dolore possibile.
Yuki era così persa in ciò che aveva visto che le ci volle un momento per realizzare il disagio di Luka.
Orgoglioso Luka, per lui doveva essere un’umiliazione tremenda essere visto in quelle condizioni…
Yuki si alzò, il suo abito bianco sporco di polvere nera e di gocce rosse che prima lei non aveva notato, e raggiunse Luka da dietro mentre lui ancora lottava con i bottoni della camicia per via di un inatteso tremore nelle mani e continuava a ripetere la sua preghiera di tenere il segreto con Sodom.
Le braccia sottili della ragazza avvolsero piano la vita del demone, con cautela come temendo di ferirlo solo con quel gesto di gentilezza, e lei appoggiò piano la fronte sull’incavo della sua colonna vertebrale, tra le scapole.
“Va tutto bene.” mormorò piano, stringendo appena la presa dell’abbraccio quando sentì il demone irrigidirsi in esso, “Andrà tutto bene, Luka. Perché io sono con te.”
Luka voltò appena la testa, senza osare muovere il corpo, e sbirciò la figura minuta di lei alle sue spalle. Era così…strano…essere abbracciati a quel modo, senza che il gesto chiedesse nulla ma che anzi provasse a dare qualcosa. Il demone sentì piano la pelle scaldarsi a contatto con il corpo di lei e, per qualche assurda e folle ragione, la sua mente si calmò e accettò senza fare domande quelle affermazioni che avrebbe senza dubbio rigettato se solo fosse stata un po’ più lucida.
Luka reclinò la testa all’indietro, si mise a fissare il soffitto in silenzio, ma non si sottrasse all’abbraccio.
“Come sei arrivata qui?”
Yuki strinse il suo abbraccio ancora un po’.
“Sono venuta a prenderti.” sussurrò, ignorando la domanda.
Luka sentì un’ondata di qualcosa, un’emozione tiepida nel suo petto, sovrastarlo e per un attimo chiuse gli occhi e si lasciò trascinare da essa, sospirando. Poi sentì.
Yuki fu costretta a indietreggiare dal subitaneo voltarsi del Duras, ma questo non le diede tempo di chiedere. Afferratala per la vita, la portò fino alla porta a destra del letto, quella più lontana dall’entrata, e la spinse in quello che scoprì essere un grande bagno con un’enorme vasca, ampia quanto un letto a due piazze. Confusa, quando Luka richiuse la porta, lei si chinò per spiare attraverso il buco della serratura.
Con enorme sgomento di lei, Luka tornò alla sua posizione in ginocchio di fronte al letto, testa china, un attimo prima dell’aprirsi della porta.
Cadenza entrò con calma, i lunghi capelli rossi sciolti e un sorrisetto sulle labbra. Si avvicinò fino ad arrivare ad un soffio da Luka.
“Chissà perché, ero sicuro di trovarti qui…” rise e lo Zess strinse i pugni, ma non si mosse.
“Cosa ci fai qui?” chiese.
Con enorme sgomento di Yuki, il demone tirò un calcio nello stomaco a Luka. Il moro si piegò in avanti con un sibilo, ma non reagì.
“Nulla, ad essere sinceri.” ammise quindi il Duras, scrollando le spalle, “Volevo farti un saluto…”
Yuki, in lacrime di fronte al divertimento crudele di Cadenza, si premette le mani sulla bocca per non essere sentita. Luka, invece, ringhiò qualcosa in avvertimento, ma non appena sollevò la testa verso il demone mostrando i denti le catene sul pavimento si mossero rapide e avvolsero il suo corpo con violenza.
Lo Zess strinse i denti, furioso, mentre il metallo iniziava ad arroventargli la carne. Di norma, Luka avrebbe mantenuto la testa alta e sfidato Cadenza approfittando dell’assenza del suo padrone, ma la presenza di Yuki e la certezza che questa non sarebbe riuscita a non intervenire di fronte alla sofferenza di qualcuno lo costrinsero a mettere da parte l’orgoglio.
Sentendo la vergogna dentro di sé, Luka riabbassò lentamente la testa e le catene scivolarono giù dal suo corpo per cadere a terra con lievi tintinnii.
Cadenza rise e afferrò i capelli sulla sommità del capo di Luka per spingere la sua testa ancora più verso il basso, ad un nulla dai suoi piedi.
“Quando adoro vederti così!” rise ancora, schernendolo.
Luka strinse i pugni ancora di più, ferendosi i palmi con le proprie stesse unghie, ma si costrinse a non muoversi.
Cadenza si godette la sua vittoria ancora per un attimo, prima di lasciare la presa, voltarsi e uscire ancora ridendo dalla stanza.
Appena i suoi passi furono scomparsi nel corridoio, Yuki corse fuori dal suo nascondiglio per inginocchiarsi accanto a Luka. Il demone teneva un mano premuta sul ventre colpito, ma aveva ancora la sua espressione gelida.
“Devi andartene.” ordinò a Yuki tra i denti, “Subito, prima che ti trovino.”
Yuki lo fissò per un attimo, poi scosse la testa con forza.
“Tu vieni con me.” dichiarò, “Non ti lascio qui dopo che…”
“Ho un Contratto, Yuki!” ringhiò Luka, facendola sobbalzare. Notando lo spavento di lei, lo Zess si costrinse a voltare la testa e ad abbassare la voce. “Non posso disobbedire e mi è stato ordinato di non lasciare questa stanza. Comunque, se anche potessi andarmene, gli basterebbe richiamarmi per costringermi a tornare. Non posso fuggire.”
Yuki esitò e si morse il labbro inferiore.
“Ci sarà un modo per annullare il Contratto, no?” chiese piano.
Luka rise con cattiveria.
“Sì, basta che il mio padrone mi liberi: cosa dici, accetterà se glielo chiedo ‘per favore’?”
 
[Now his love’s a memory,
a ghost in the fog.
He sets the sails one last time
saying farewell to the world.
Anchor to the water,
seaweed far below,
grass still in his feet
and a smile beneath his brow.]
 
Cadenza entrò nel salone e si inchinò profondamente di fronte al trono.
“Beh?” chiese il re, mollemente abbandonato contro lo schienale e con la testa sostenuta da una mano, “Non ti avevo chiesto di portarmi l’intruso?”
“Credo non sia qui per uccidere voi, mio sire.” rispose Cadenza.
“Per cosa, allora? Lo percepisco, Cadenza: è nelle mie stanze.”
“Ma nelle vostre stanze non state solo voi.” Cadenza sollevò la testa per incrociare gli occhi color sangue del suo signore, “La vostra camera è satura dell’odore che Luka aveva addosso dopo la sua scampagnata nel mondo umano.”
L’espressione di Lucifero si irrigidì, divenne gelida, ma i suoi occhi brillarono minacciosi.
“Lui?” chiese.
“Quando sono entrato, ha finto che non ci fosse nessun altro.”
“Può essere che non se ne fosse accorto?”
“Anche il suo corpo aveva il profumo di quella donna.”
Lucifero chiuse gli occhi per un lungo momento. Sorrise. Si alzò in piedi e fece cenno al Generale Opast di seguirlo.
“Luka è mio, Cadenza.” disse, “Non ho intenzione di dividerlo con nessuno. Ma se ti va, puoi avere la sua donna.”
Il rosso ghignò immaginando la reazione di Luka mentre lui si faceva la ragazza di cui era invaghito.
“Con molto piacere, sire.”
 
[This is for long-forgotten
light at the end of the world.
Horizon crying
the tears he left behind long ago.
(…so long ago…)]
 
Yuki ignorò il sarcasmo di Luka.
“A parte questo?” chiese ancora.
Lui scrollò le spalle.
“L’unica è che un master più potente mi reclami a sua volta, ma io ho addosso un marchio di sangue che mi identifica come prediletto del mio signore e non esiste tanta gente più forte del re…” spiegò. Lesse nell’espressione di Yuki ciò che stava per dire e la fermò, “Il potere dei Duras si accresce con gli omicidi che questi commettono: io avrò anche ammazzato un sacco di gente, ma alla Vigilia della Notte di Valpurga, ogni anno, lui elimina di persona quindici Zess. Hai idea di che potere abbia ormai? E il massacro di quest’anno è stato solo ieri.”
Yuki sbiancò all’idea di una tale carneficina rituale, ma si costrinse a restare concentrata.
“E i poteri di un evocatore?” chiese, “Takashiro è un negromante molto potente, forse lui…”
“Nessuno, Yuki.” la interruppe Luka, serissimo e sempre più nervoso, “E adesso vattene.”
Yuki fu sul punto di protestare, ma fu preceduta.
“Andiamo, Luka!” esclamò Lucifero, un sorriso falso carico di rabbia sul viso mentre entrava nella camera con Cadenza alle sue spalle, “La tua fidanzata è appena arrivata: non vorrai mandarla via subito!”
Luka agì d’istinto, senza ragionare, e saltò in piedi spingendo Yuki lontana da sé, verso il letto che sperava le avrebbe offerto un minimo di riparo, ma non fece in tempo ad avvicinarsi ai due uomini nemmeno di un passo prima che le sue catene lo aggredissero di nuovo, questa volta stritolandolo con forza. Reclinò il capo all’indietro, la bocca aperta in un urlo muto, e inarcò la schiena mentre le sue braccia venivano bloccate dietro la sua vita e il ferro ardente provvedeva a costringerlo in piedi arrivando ad avvolgersi anche intorno alla sua gola.
Quando riuscì a riaprire gli occhi, scoprì Cadenza a trattenere Yuki, stando alle sue spalle e tenendole le braccia mentre lui continuava a ridere. D’istinto, strattonò nella loro direzione per fermarlo, ma il suo Master afferrò il giro di catena che gli avvolgeva il collo e lo tirò verso di sé.
“Quand’è che sei diventato così stupido, Luka?!” gli sibilò in faccia con cattiveria prima di spingerlo verso l’unica colonna di pietra fra le vetrate della parete di destra.
Non è giusto…
Luka sbatté di fianco, la sua tempia sinistra cozzò contro la pietra aprendo un nuovo taglio sulla sua fronte e per un attimo barcollò, ma prima che potesse cadere, Lucifero lo afferrò per i capelli.
Non è giusto… Non può difendersi… Se fosse libero, non osereste toccarlo…
Lucifero strinse più forte la sua presa sulle ciocche di Luka e poi gli sbatté la testa contro il muro una seconda volta. E un terza. E una quarta.
Non avete il coraggio di combattere lealmente con lui… Siete dei codardi…
“TU. MI. APPARTIENI! Quante volte dovrò ripetertelo?! Sei mio! Ogni ciocca di capelli e ogni goccia di sangue, hai capito?! Sei mio! MIO!”
Vigliacchi, lasciatelo stare… Non è leale così… Non è giusto… Basta…
“Pensi di poter fare ciò che vuoi?!” la testa di Luka continuava ad essere sbattuta contro il muro e ormai lunghe striature rosse gli percorrevano il viso, “Sei MIO! Quando avrò finito con lei te ne accorgerai! Tu non mi tradisci, hai capito?! NESSUNO mi tradisce!”
Basta… Lascialo andare… Basta… Basta…
“BASTA!”
Luka aspettava l’ennesimo dolore alla testa, invece un’intensa luce inondò la stanza. Qualcuno, Cadenza forse, urlò di dolore mentre tutte le vetrate andavano in pezzi. Luka si voltò, confuso, e vide il rosso indietreggiare con le mani sugli occhi. Lucifero stesso aveva portato un braccio a proteggersi il volto e questa sua debolezza sconvolse Luka così tanto che gli occorse un attimo per realizzare che le finestre non erano state le uniche cose ad andare in pezzi.
Le catene degli ordini del suo Master giacevano a terra, inermi, e mutavano rapidamente in polvere.
“Luka!”
Yuki corse verso di lui. In fretta, l’oscurità tornò non appena la sorgente di luce si fu spenta, ma piccoli frammenti di essa, come lucciole cadenti o grosse briciole di stelle, continuarono a fluttuare per la stanza per alcuni secondi. Secondi che Luka capì di dover sfruttare.
Facendo appello a tutte le forze rimastegli, Luka scattò in avanti. Afferrò Yuki per un braccio e la tirò con sé fin dentro l’enorme bagno del suo padrone, poi chiuse la porta a chiave.
“Non li tratterà.” ansimò voltandosi di scatto, ma il movimento subitaneo gli fece girare la testa, costringendolo in ginocchio.
“Fermo!” gli ordinò Yuki, inginocchiandosi accanto a lui con preoccupazione, “Fammi vedere…”
Luka allontanò le sue mani dalla propria testa prendendola per i polsi.
“Vattene da qui!” ribatté, “Entreranno presto e per allora…”
“Non ti lascio qui così!” si rifiutò però lei, scuotendo la testa con forza.
“Yuki, dannazione, ho un…!”
La frase di Luka si troncò a metà quando lui ricordò. Le catene del Contratto erano svanite. Cosa diavolo…?!
Yuki gli sorrise dolcemente.
“Te l’avevo detto doveva esserci un modo…” gli ricordò.
Luka non sapeva cosa dire. Comunque non ebbe il tempo di aprire bocca.
Un tonfo sordo giunse dalla porta assieme al ringhio di rabbia di Lucifero.
Senza pensarci, Luka attinse ai propri poteri e pose un sigillo sulla porta. Un pentacolo viola inscritto in un cerchio iniziò a brillare pigramente sul legno. Non avrebbe resistito per molto, ma era meglio di niente.
“Luka, non ti lascio qui! Non ora che puoi andartene: questa è probabilmente l’unica possibilità che avrai di liberarti!”
Lo Zess la guardò e sentì un moto di tenerezza scaldarlo da dentro. Era una sensazione non molto diversa da quella che provava quando Sodom semplificava tutto l’universo in un ‘Sodom vuole bene al suo Master!’. Yuki viveva in un mondo diverso dal suo, un mondo tutto bianco dove chiunque poteva riscattarsi. Lei non capiva, e non avrebbe mai capito, cosa significasse essere nato schiavo, aver vissuto da schiavo per più di quattrocento anni: essere uno Zess era qualcosa da cui non era possibile fuggire, che ti veniva bruciato nella carne sin dalla nascita con le due croci e che nessuno ti avrebbe mai permesso di dimenticare, qualcosa che nemmeno la magia di lei avrebbe potuto cambiare.
Ma le era grato per quella gentilezza e per la sua innocenza. Rendevano più facile accettare l’idea di stare gettando alle ortiche la sua unica possibilità di fuga.
Diede le spalle alla porta, per rimanere tra quella e Yuki, e si sforzò di raddrizzarsi in tutta la sua altezza. Guardò quegli occhi ambrati per un attimo, quindi annuì tra sé e sé.
Sarebbe morto quel giorno, Lucifero non gli avrebbe permesso di lasciare Infernus in vita, ma non l’avrebbe fatto da servo del re dei demoni, quello no.
Mano destra sul cuore, nocche del pugno sinistro sul pavimento; gamba sinistra piegata, ginocchio destro per terra. Luka abbassò la testa ed evocò ogni goccia dei propri poteri.
Da oggi in avanti, per l’eternità dei tempi, io giuro a te: la mia vita sarà il tuo scudo e il mio corpo sarà la tua spada. Fino al giorno in cui morirò, io prometto che la mia anima sarà una tua proprietà. Tutto di me ti appartiene. Da oggi in avanti, per l’eternità dei tempi, io lo giuro a te, mia signora e padrona.
Yuki sgranò gli occhi quando una luminosa catena bianca si avvolse attorno alla gola di Luka, come un collare, e poi protese l’altro capo di sé verso il suo polso destro. Lì si fermo per un attimo, come in attesa, e Yuki capì che doveva scegliere.
Non era quello che voleva. Non se la sentiva di dire che capiva ciò che Luka avesse passato, la sua condizione era infinitamente migliore di quella di lui, ma desiderava lo stesso liberarlo. Voleva che fosse libero, non che si limitasse a cambiare padrone. Tuttavia, la condizione dell’incantesimo di Takashiro le venne in mente, spingendola a scegliere.
“Io accettò la tua fedeltà, da oggi in avanti, per l’eternità dei tempi.” dichiarò. La catena le avvolse delicatamente il polso, come un bracciale, e divenne per un attimo più luminosa prima di svanire nel nulla. Yuki si inginocchiò davanti a Luka e lo fissò dritto negli occhi. “E ti giuro che ti porterò fuori da qui.”
Luka era sorpreso, e un po’ irritato, dalla sua cocciutaggine, ma prima che potesse dire qualcosa per distoglierla dal suo folle e suicida proposito, come sempre quando lui tentava di discutere con la ragazza, non poté parlare.
Il sigillo sulla porta esplose e gli artigli di Lucifero aprirono solchi nel legno facendo cadere schegge sui due in ginocchio.
“Via da qui!” ordinò Luka sollevando Yuki quasi di peso per spingerla verso la parete opposta alla porta.
“Luka…!” tentò Yuki, ma in quel momento la porta fu divelta dai suoi cardini.
Luka ruggì e si scagliò contro Lucifero non appena questi ebbe passato la soglia. Il re dei demoni ruggì ancora più forte e spintonò Luka con la schiena contro lo stipite, bloccando però così anche il passaggio a Cadenza.
“TRADITORE!” urlò, furibondo, realizzando di non essere stato in grado di impedire che il suo schiavo si legasse alla ragazza.
Luka gli mostrò i denti.
“Solo con te!” ribatté, colpendolo allo stomaco con una ginocchiata.
Lucifero ringhiò. I suoi occhi si illuminarono, diventando ancora più rossi. Riuscì ad afferrare Luka per i capelli sulla fronte e, come immune ai pugni che lo Zess gli stava tirando per scrollarselo di dosso, si scagliò su di lui.
Luka urlò quando i denti di Lucifero penetrarono nel suo collo. Annaspò, la testa forzata verso l’alto, mentre il suo ex-padrone beveva da lui con foga crescente e in uno sprazzo di lucidità capì che il demone era intenzionato a prosciugarlo fino ad ucciderlo. Per mero istinto, sollevò il braccio per strattonarlo inutilmente per i capelli e poi allungò la mano all’indietro, alla ricerca di qualsiasi cosa potesse aiutarlo.
Le sue dita strinsero il vetro bollente di una lampada ad olio appesa al muro.
Con un grido di ribellione, staccò l’oggetto dal muro e lo fracassò sul viso di Lucifero come meglio poté.
Satana si allontanò con uno strillo. Metà del suo viso, quella su cui Luka era riuscito a rompere l’oggetto, era bagnata di olio combustibile e ora bruciava, assieme con gli abiti e i capelli dell’uomo.
Luka fissò la scena con sgomento, incapace di realizzare ciò che aveva fatto anche mentre guardava Cadenza affannarsi sul suo sire.
Lucifero cadde a terra, urlando in agonia.
Qualcuno afferrò Luka per un braccio, lo tirò dentro il bagno.
Cadenza iniziò a sbattere la coperta sul corpo ormai avvolto dalle fiamme del suo sovrano.
Yuki apparve nella visuale del ragazzo e si chinò a raccogliere una scheggia di vetro dal pavimento.
Lucifero rotolò su sé stesso, nel tentativo di spegnere le fiamme, ma si fermò quando lo vide.
Yuki si tagliò il palmo della mano e lasciò che il sangue iniziasse a gocciolare.
L’occhio sano di Lucifero, rosso come la luna di Infernus, fissò Luka con odio e follia mentre il re ringhiava e urlava per il dolore e la rabbia.
Ombre vorticarono ovunque e lo stomaco di Luka si contrasse.
Quando poi sbatté le palpebre, si trovava in un’altra camera da letto. Una stanza che aveva già visto, ma solo una volta.
Yuki lo fissava in silenzio, ferma in piedi davanti a lui in attesa di qualcosa che lui non sapeva.
Luka sentì le forze venirgli meno, tutto intorno a luì crebbe improvvisamente in altezza e qualcosa lo colpì alle spalle. Mentre si chiedeva perché di fronte a lui stesse il soffitto, si accorse delle finestre aperte alla sua sinistra.
Nel cielo blu splendeva una luna rossa.
Poi tutto divenne nero.
 
[This is for long-forgotten
light at the end of the world.
Horizon crying
the tears he left behind so long ago.
(…so long ago…)]




 
 
Testo della canzone che inframezza il capitolo: "The Islander", dei Nightwish.




 
Salve!
Eccomi e so cosa state pensando: ci fa aspettare un mese per il capitolo IV e poi il V arriva subito. Beh, accontentatevi, quando arriva un attacco di ispirazionite acuta non ci posso fare niente v.v
Parliamo del capitolo, vi va?
C'è un piccolo cameo: in un punto, Yuki dice a Luka "Va tutto bene. Andrà tutto bene, Luka. Perché io sono con te." Bene, questo dialogo è totalmente tratto dal manga, Volume 2 Capitolo 10 Pagina 27 se vi interessa, dove Luka ricorda Yuki che lo abbracciava da dietro rassicurandolo sul fatto che tutto sarebbe andato bene. Luka indossava una camicia e Yuki un abito, sono stata il più fedele possibile all'immagine.
Altro particolare: Lucifero. Non è morto, non sperateci, solo Luka farà l'errore di crederlo morto. Perché lo farà? Perché così io posso dire che Lucifero è l'uomo con la maschera d'osso che si vede nel manga, quello che Luka insegue dicendo a se stesso che è morto e che poi scoprirà essere un'illusione di Elegy. Perché ho scelto così? Per un dialogo tra Elegy e Luka nel manga, dove lei dice di avergli fatto vedere l'uomo con la maschera per "dargli un indizio" e poi inizia a proporre a Luka di tornare ad Infernus assicurandolo che "lui" lo perdonerà per la sua fuga... Scusate, ma io una giustificazione a quel tipo mascherato dovevo trovarla, altrimenti ci sarei uscita di testa -.-
Che altro? Ah, faccio presente a tutti che Luka NON SA che Yuki è destinata a morire, ne è totalmente all'oscuro, quindi dovrà scoprirlo nel prossimo capitolo: com credete che avverrà? 0:)
Per la canzone, non so voi ma io vedo Luka tantissimo nella figura del guardiano del faro: solo, bandito, senza una vera possibilità di farsi una famiglia (Yuki muore spessissimo, avete notato? -.-), inascoltato da ambo le parti perché nessuno si fida realmente e totalmente di lui... Luka, vieni qui, ti consolo io! XD
Niente, idiozia a parte (ma quando mai?!), solita dedica alla mia adorabile Onee-chan: lo so che ultimamente ho pochissimo tempo, Chris, ma non cambia il fatto che sei una persona speciale e che ti voglio un sacco di bene, per favore ricordalo :)
Non so quando riuscirò a postare il prossimo capitolo, ma ci sto già lavorando quindi spero sia presto! :D
Grazie a tutti voi!
A presto,
ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 6
*** Capitolo VI- Come un sogno sul fare dell'alba ***













Capitolo VI

COME UN SOGNO SUL FARE DELL’ALBA
 
 
“…
io non ti tradirò mai.”
 
 
Yuki sollevò delicatamente il torso di Luka, stringendolo appena per le spalle, e poi lo appoggiò piano a sé, in modo che il collo del ragazzo posasse sulla sua clavicola e la sua schiena rimanesse staccata dal petto di lei abbastanza per permettere alle sue dita di lavorare. Lentamente, come se lui fosse stato fragile vetro sul punto di spezzarsi, allungò le mani da dietro sul suo petto e fece scivolare i bottoni della camicia dalle loro asole. Sorrise mesta notando che, nella fretta, Luka aveva abbottonato l’estate con l’inverno. Gli mosse piano le spalle per sfilare le maniche e il suo corpo seguì i suoi gesti senza opporre resistenza, molle e indolente come privo d’anima.
Alla luce della luna rossa, nella notte di Valpurga, le ferite cremisi a croce su quel petto candido sembravano ancora più terribili di quanto fossero davvero.
Yuki prese delle garze imbevute di una medicina disinfettante dalla ciotola sul comodino e poi iniziò a tamponare piano tutti i graffi che vedeva, senza spostarsi dalla posizione in cui era. Sentiva il respiro sottilissimo di Luka contro il suo collo, lì dove premeva il viso di lui, e contò il passare del tempo sul ritmo di questo, silenziosa. Dopo le garze, prese le bende e iniziò ad avvolgere piano il busto dello Zess nelle fasciature, fino a ricoprirlo quasi totalmente, quindi gli strinse nuovamente le spalle e lo sollevò un po’ per poter scivolare via da sotto di lui.
Si alzò dal materasso morbido e accompagnò delicatamente con le mani la discesa del corpo privo di sensi di Luka sulle lenzuola, facendogli posare con cura la testa maltrattata sul cuscino. Spostò le ciocche nere come la notte dalla sua fronte con la sola punta delle dita, per paura di disturbare quel sonno così pacifico, e poi prese altre garze e disinfettò anche le tante ferite sulla sua tempia o sul fianco del capo e i tagli e i morsi sulle labbra. Un cerchio fatto di bende avvolse anche la testa di Luka e a quel punto il pallore del suo viso già diafano di natura spiccò ancora di più nell’ombra della stanza buia, le candele della quale si erano ormai spente da tempo.
Nell’ombra ma con precisione, Yuki estrasse con cura le schegge di vetro dal palmo destro di Luka, passò della linfa di aloe sulle bruciature, incerta della validità del suo effetto su un demone, e poi bendò anche quella con cura.
Quando ebbe finito di medicare tutte le ferite del corpo di Luka, si fermò un attimo a guardarlo. Immobile e privo di sensi, inerme e solo nella notte più pericolosa dell’anno, un profugo senza padrone e senza casa che però manteneva un aspetto bellissimo, spaventoso e determinato, forte, anche nel sonno indotto dai colpi subiti. Allora si inginocchiò piano al fianco del proprio stesso letto, ora occupato dal ragazzo, e allungò le mani a stringere quella grande, bendata e abbandonata di lui, poi chinò il capo e iniziò a piangere in silenzio per le cicatrici nella sua anima che neppure lei avrebbe mai potuto curare.
 
[A te che sei l’unica al mondo,
l’unica ragione per arrivare fino in fondo
ad ogni mio respiro:
quando ti guardo
dopo un giorno pieno di parole,
senza che tu mi dica niente
tutto si fa chiaro.]
 
Luka aveva imparato nei secoli a studiare la situazione con i sensi più invisibili, prima di aprire gli occhi al suo risveglio.
Percepì un materasso sotto la propria pelle e delle lenzuola sulla sua vita; il suo corpo era nudo e gli mandava dolore da ogni centimetro di sé. Un brivido lo percorse mentre emozioni contrastanti crescevano dentro di lui.
Letto, nudità e dolore potevano voler dire una cosa sola: che era ancora con il suo master e che le immagini confuse che credeva di ricordare, rosse di fiamme e sangue, non erano altro che i rimasugli affastellati di un sogno evanescente. Una parte di lui ne era sollevata, significava che Yuki non lo aveva mai visto in quelle condizioni così misere e patetiche e che i suoi incubi non sarebbero mai stati popolati dal volto di Lucifero. Ma l’altra parte di lui era delusa, ferita. Suo malgrado, l’idea che Yuki –piccola, pura e ingenua Yuki–  si fosse preoccupata per lui a tal punto da scendere ad Infernus per cercarlo gli aveva fatto piacere, come se non fosse esattamente solo una proprietà di qualcuno ma addirittura una persona. Senza contare la soddisfazione di colpire Lucifero che aveva provato nel suo sogno…
Luka sospirò, conscio che nessun sogno aveva mai cambiato la sua situazione, e si decise ad aprire gli occhi, pronto –o quasi– ad affrontare l’ennesimo giorno di umiliazioni.
E trovò una piccola nera palla di pelo con due vispi occhi gialli e una gemma rossa in mezzo alla fronte, immobile a fissarlo.
Prima che lui potesse davvero reagire, il suo famiglio emise un fortissimo ed offesissimo fischio, quasi un richiamo, e poi gli si gettò sul viso, afferrandogli la guancia destra con le zampine e iniziando a strofinare il muso contro di essa lasciando ogni tanto qualche leccata sulla sua pelle.
Luka realizzò.
“…Sodom?!” mormorò, sgomento, ma quando allungò la mano verso il famiglio, per prenderlo, questi gli morse vigorosamente le dita e si aggrappò con più forza al suo viso, tremando per i ringhi di ammonimento più simili a gargarismi che aveva iniziato ad emettere.
“È molto arrabbiato con te.”
Lo Zess alzò lo sguardo per trovare la figura ormai nota di Yuki, fasciata in un morbido abito color lavanda, che si avvicinava con tra le mani un vassoio coperto di bende e medicazioni.
Solo allora Luka si accorse che la stanza in cui si trovava non era di pietre nere ma grigie, che le finestre ampie sulla sinistra erano trasparenti e lasciavano passare la luce calda di un sole splendente e gentile e che il letto in cui stava, sebbene a due piazze, non aveva baldacchino né tende né tantomeno corde o catene e che le coperte e i cuscini erano bianchi e freschi.
“È convinto” continuò Yuki sedendosi sul bordo del letto alla sua sinistra e posando il vassoio su un ampio comodino, “che se ti resta appiccicato, il tuo ordine di restare con me si romperà e lui potrà seguirti di nuovo. Ha detto che non ti vuole più parlare perché sei cattivo, ma secondo me ti adora.”
Luka sbatté le palpebre per un paio di volte, confuso, poi tentò di raggiungere Sodom con la mente.
Ehi?, provò.
Sodom non ci parlo con il Master!, arrivò immediata la risposta, Sodom sono arrabbiato!
Luka si sentì come cadere dall’alto quando sentì di nuovo la voce di Sodom nella testa. Era passata solo una settimana dall’ultima volta che era accaduto ma sembrava così tanto, non era mai stato separato da Sodom così a lungo e dopo essersi convinto che non avrebbe potuto vederlo mai più… Il sollievo lo travolse e, senza rendersene conto, si ritrovò a sorridere. Con entrambi gli angoli della bocca.
Sodom ho detto che sono arrabbiato!, borbottò il cucciolo, staccandosi per andare a sedersi sul suo petto e fissarlo con espressione offesa.
Luka allungò la mano e porse al piccolo drago il suo indice perché giocasse, ma Sodom incrociò le zampette e girò con testa per non guardarlo negli occhi, rifiutando quell’offerta di pace.
Mi sei mancato tantissimo, Sodom., pensò il Duras, riempiendo il pensiero di tutta la dolcezza di cui era capace. Ben poca in verità, ma per Sodom, che lo conosceva bene, era più che sufficiente.
Il piccolo drago squittì e sobbalzò, sorpreso dalla frase così esplicitamente d’affetto, e si voltò a guardare il padrone con espressione dubbiosa. Luka mosse un po’ la punta dell’indice.
Sodom si sforzò di resistere, perfino Yuki all’oscuro del loro dialogo se ne accorse, ma alla fine fu troppo per lui. Con un sonoro “Kyuuu!”, si gettò sul dito del suo master afferrandolo con le zampine e iniziando a mordicchiarlo allegramente.
Luka scoppiò a ridere, per la prima volta in vita sua, perché si sentiva bene, per davvero.
Yuki si sforzò di non ridere a sua volta mentre guardava i due giocare, come padre e figlio, e non intervenne. Lasciò che si divertissero ancora per un po’, conscia che per entrambi era stato difficile sopportare il periodo di separazione seppur breve, e solo quando Sodom si slanciò di nuovo sul viso di Luka, senza pensare troppo al colore violaceo di questo, si intromise.
La ragazza afferrò il draghetto per le ali appena in tempo prima che si schiantasse contro il naso rotto di Luka.
“Va bene,” disse, con tono che suggeriva un lieve rimprovero, “adesso però il Master deve farsi cambiare le medicazioni e poi deve riposarsi.” Sodom starnutì in segno di ribellione e Yuki lasciò la presa sulle sue ali così che potesse fluttuarle davanti al viso. “Qualcuno ha lasciato la pappa per Sodom nell’altra stanza. Che ne dici di andare a mangiare e intanto fare la guardia affinché non entri nessuno mentre il tuo Master si cura?”
Gli occhietti gialli di Sodom scintillarono e, al ritmo di “Ky-uuu! Ky-uuu! Ky-uuuuuuuuuu!” il draghetto sparì nell’anticamera.
Sia Yuki che Luka sorrisero, ma il Duras si rabbuiò quando lei prese le bende.
“Riesci a tirarti su?” gli chiese lei con calma, “O preferisci prima mangiare qualcosa?”
Luka si chiese se potesse rispondere ora che lei era la sua mistress o se dovesse attendere il permesso, perciò si ritrovò con le labbra socchiuse, sul punto di dire qualcosa, ma senza voce. Yuki lo guardò con sorpresa quando non rispose, incitandolo con lo sguardo a dire qualcosa, e lui si accorse di starla fissando in viso, così distolse d’istinto lo sguardo. Lucifero detestava che lui osasse sostenere il suo se non sotto sua esplicita richiesta, ogni volta lo accusava di avergli mancato di rispetto, perciò immaginò che anche a Yuki avrebbe dato fastidio.
La Luce del Dio si irrigidì un momento quando Luka abbassò gli occhi, intuendo la situazione. Era proprio ciò che non voleva, che il Duras cambiasse per via del Contratto tra loro. Scuotendo la testa appena un po’, si costrinse a calmarsi.
Allungò una mano e la usò per sfiorare la guancia sana di Luka, in un sottile invito a guardarla in viso, e quando lui lo fece lei gli rivolse un sorriso così dolce e luminoso da ridurre la stanza intera in ginocchio.
“Che cosa ti hanno fatto?” gli chiese, gli occhi e la voce colmi di un’emozione calda e gentile, arancione, mentre con le dita gli spostava alcune ciocche di capelli dalla fronte per vederlo meglio. “Dov’è il guerriero che conosco io? Lui era molto orgoglioso, sai? Non si piegava del tutto davanti a nessuno, nemmeno al suo master.”
Luka non era sicuro di come interpretare quelle frasi, cosa volessero suscitare in lui, ma scoprì che la sua attenzione non era tutta su esse.
Per la prima volta in vita sua si scoprì a desiderare, a desiderare davvero qualcuno, con un’intensità tale da star male. Desiderò avere la forza di togliersi quell’espressione da idiota dal viso e quella per sollevarsi sulle braccia e tornare ad essere il guerriero che lei vedeva, non lo spettro debole e patetico di se stesso; desiderò la forza di allungare una mano verso il suo viso e di avere il coraggio di sentire il calore di questo contro la propria pelle senza fuggirlo; il coraggio di avvicinare la bocca alla sua per scoprire che sapore avesse un bacio voluto, un sentimento caldo che proteggesse dall’inverno e dal ghiaccio; desiderò scoprire se la sua bocca avesse il sapore di miele e gigli e che effetto facesse ritrovarlo sulla propria con la punta della lingua.
Infine, occhi sgranati e organi congelati, desiderò con tutto se stesso di stare ancora sognando, perché altrimenti avrebbe dovuto fuggire dall’altra parte del pianeta per evitare la vergogna di aver effettivamente compiuto ognuno di quei gesti.
Le labbra di Yuki erano soffici, appena umide di saliva, al gusto di miele e giornate di sole e sogni proibiti che si avverano all’improvviso. La sua guancia era bollente, arrossata dall’imbarazzo, ma i suoi occhi grandi erano chiusi e pertanto probatori di fiducia.
Lentamente, con riluttanza, Luka si staccò da lei.
Yuki ci mise un attimo a riaprire gli occhi e il Duras trattenne il fiato fino a quel momento ma, quando le sue palpebre tremarono per sollevarsi, abbassò lo sguardo puntandolo sui propri pugni stretti sul lenzuolo.
Cos’aveva fatto?!, perché non era capace di restare al suo posto almeno una volta nella vita?!
Attese ancora, in silenzio, ma dopo alcuni minuti non riuscì più a sopportarlo e dovette dire qualcosa, altrimenti sarebbe impazzito.
“Mistress…” iniziò, ma senza sapere come continuare.
Le dita di lei tra i suoi capelli e la sua risata cristallina, anche se un po’ imbarazzata, lo sorpresero tanto da fargli alzare la testa per guardarla.
Yuki era tutta rossa, ma sorrideva.
“Immagino che a qualcuno darà fastidio,” commentò a bassa voce continuando ad accarezzargli i capelli, “ma credo che, per la prima volta in vita mia…non mi interessi affatto.”
Luka sorrise e schiuse le labbra per dire qualcosa, ma sobbalzò quando sentì un forte bussare da qualche parte nell’altra stanza, di fronte al letto, e un “Kyuuu!” d’avvertimento proveniente da un Sodom con la bocca piena.
Si irrigidì per un attimo, ma subito afferrò l’orlo della coperta e fece per alzarsi, solo per trovare la mano di Yuki sul suo braccio.
“Non ci provare!” lo riprese lei, “Sei ancora troppo debole.”
Luka era sorpreso, sconvolto quasi. Il suo master si era sempre vantato di lui, l’aveva esposto e mostrato agli altri senza permettere a nessuno –eccezion fatta per Cadenza– di averlo, ma nonostante questo non tollerava di averlo con sé quando trattava con i suoi Generali: Luka doveva essere un muto soprammobile, a malapena visibile nella penombra di un angolo della stanza, e guai se avesse attirato l’attenzione su di sé, distogliendola da lui. Yuki, invece, sembrava non curarsi degli altri, di cosa avrebbero pensato trovando un Duras nel suo letto.
Il bussare alla porta si fece risentire e di nuovo a rispondergli fu Sodom, questa volta con un ringhio davvero minaccioso, per provenire da una piccola palla di pelo nero.
Luka guardò Yuki, ma lei gli rivolse un cenno noncurante con la mano mentre cominciava ad occuparsi del contenuto del vassoio.
“Non preoccuparti.” gli disse, “È solo Takashiro, il capofamiglia Giou.” si fermò per piegare un po’ la testa all’indietro e alzare la voce, avendo cura di farsi sentire anche oltre la porta dei suoi appartamenti, “Però gli ho detto chiaramente che, a meno che ci sia un’emergenza, non lo lascerò entrare fino a quando non ti sarai totalmente ripreso.”
Il bussare alla porta cessò, ci fu una bassa risata e poi dei passi che si allontanavano.
Luka era sgomento.
“Sa che sono qui?” chiese piano.
Yuki rise, immergendo una pezzuola dentro un inquietante liquido verdastro e gelatinoso.
“Chi credi che mi abbia aiutato a metterti nel letto?” chiese, retorica, rivolgendogli un sorriso dolce, “Sei pesantuccio, sai?”
Luka ignorò la battuta.
“Credevo avessi detto che è il tuo capofamiglia…” mormorò, sempre più confuso.
Yuki scrollò le spalle, tornando a guardare la benda che lentamente assorbiva il suo intruglio verde.
“Takashiro è testardo, a volte gelido, ma molto comprensivo. Si fida di me e io mi fido di te, pertanto immagino continuerà a controllare per un po’ per essere sicuro, ma non ci starà addosso.” Yuki sorrise, mesta, mentre si allungava verso di lui per sistemargli meglio i cuscini dietro la schiena. “E poi, alla fine della storia, io sono…un qualcosa a sé. Non sono proprio né un membro della famiglia, né una Zweilt.”
Yuki si era mossa mentre parlava, si era protesa verso il comodino e aveva preso la garza, l’aveva strizzata un po’ e ora, toltasi i sandali e rimasta a piedi nudi, si era tirata a sedere sul letto con le ginocchia tra le braccia, come per proteggersi da un freddo improvviso. La benda nelle sue mani lasciò colare una goccia di liquido sulle lenzuola.
“Yuki…?” provò Luka, ma lei si affrettò a rivolgergli un sorriso mesto.
“Non è così terribile essere rinchiusa qui. Tanto, non sono mai stata libera.” provò a dire, scrollando le spalle, prima di rivolgergli uno sguardo significativo. “Ci sono cose più difficili da sopportare.”
Luka rimase in silenzio. La confessione di Yuki non arrivava così inaspettata, lui stesso aveva già intuito la tristezza profonda che la ragazza si portava dietro.
Quando Yuki parlò di nuovo, dopo un lungo momento di silenzio, lo fece a voce bassissima.
“La cosa che fa più soffrire è…” esitò, scosse la testa, guardò il demone e poi riabbassò gli occhi, incerta ed inquieta, ma alla fine riprese a parlare, “Senti… Luka… La cosa che fa più soffrire è…la solitudine.” sussurrò quella parola in un soffio, come terrorizzata dal suo suono, ma quando poi riprese a parlare fu come se avesse ormai abbattuto un argine, “Nessuno che mi guarda. Fa paura. È qualcosa di immensamente triste, qualcosa da temere.”
Luka la osservò. Il suo abito era composto da una gonna di un viola un po’ più scura coperta da una sopragonna lavanda che le saliva come corsetto fino al seno, fasciato invece da una banda nera, mentre le braccia erano nude ad eccezione di due sottili strisce di velo di nuovo color lavanda sugli avambracci. Due fiocchi neri erano acconciati come fiori e sistemati ai lati della sua testa. Sembrava così piccola e fragile in quel vestito così grande, che provò l’impulso di proteggerla nonostante non ci fossero pericoli all’orizzonte.
Lui stesso, in fondo, conosceva la sensazione, prima di incontrare Sodom, e la ricordava ancora bene. Quel vuoto nel petto, la sensazione che nulla al mondo avesse a che fare con lui perché era prigioniero di una bolla trasparente; vedere gli altri ma non poter essere visti, e sentirsi male senza che nessuno mai accorra, e avere paura del buio dietro le palpebre sapendo che nessun viso arriverà mai a spezzare quell’oscurità al chiudersi degli occhi, ed essere privati di tutti i sensi –olfatto e vista e udito ma anche gusto e tatto– senza che mai nulla possa interferire con quell’assoluto niente. Yuki aveva ragione: era qualcosa di terrificante, qualcosa da temere.
Silenzioso, allungò una mano fino alla guancia di lei e la posò a palmo aperto sul suo viso tiepido.
Non era certo di poter spazzare via tutte le paure di quella fragile ragazza, ma, in tutto il suo discorso, ce n’era una che era sicuro di poter sconfiggere.
“Io ti guardo.” mormorò scrollando le spalle, con un tono che sminuiva l’importanza intrinseca in quella frase all’apparenza totalmente disgiunta dal resto del discorso, “E ti vedo.”
Yuki sgranò gli occhi per un secondo, ma poi sorrise, di nuovo dolce, e per un attimo abbassò le palpebre e si appoggiò interamente con il viso al suo palmo. Dopo un attimo, comunque, era già inginocchiata sul letto accanto al suo fianco e brandiva minacciosamente la grossa garza ancora imbevuta di robaccia verde.
Luka si tirò indietro con una smorfia, ma la ragazza rise della sua espressione e semplicemente si avvicinò di più così che, tenendo la pezza tra indice e medio, poté iniziare a staccargli con le altre dita le bende dal capo.
Fu solo allora che il Duras realizzò di essere stato curato e che, come il petto e la testa, anche la sua mano sinistra era stata fasciata.
Mentre Yuki gli tamponava delicatamente i tagli sulla fronte, lui fissò il bendaggio in silenzio.
“Sarà furibondo…” ragionò dopo un attimo e il suo corpo rabbrividì istintivamente al pensiero di una tale furia rivolta contro di lui. Se Lucifero gli avesse mai messo le mani addosso di nuovo… Nemmeno dopo quattro secoli sotto il suo dominio, era in grano di immaginare cosa gli avrebbe fatto.
“Non è un problema tuo.”
Luka rialzò su Yuki uno sguardo stralunato quando la sentì dire una cosa simile.
“L’ho ferito io…” le ricordò.
Yuki abbassò gli occhi dal suo lavoro per puntarli nei suoi.
“Ma tu non sei più suo.” gli ricordò, con una serietà che raramente lui le aveva visto indossare, “Tu eri mio quando l’hai attaccato e sei mio tuttora. Se vuole prendersela con qualcuno, lo aspetto tranquillamente.”
Luka scosse la testa.
“Tu non sai di cosa parli…” mormorò.
Yuki, per tutta risposta, scrollò le spalle.
“Non so un sacco di cose, eppure sono qui.” replicò, “Quello che mi importa sapere ora è se e come posso liberarti dal Contratto con me senza metterti in pericolo.”
 
[A te che mi hai trovato
all’angolo coi pugni chiusi,
con le mie spalle contro il muro,
pronto a difendermi.
Con gli occhi bassi,
stavo in fila
con i disillusi:
tu mi hai raccolto come un gatto
e mi hai portato con te.]
 
La luna rossa si mostrava opaca attraverso il color borgogna del vino e il grigio traslucido dell’osso levigato, mentre il cielo di norma nero appariva ora di uno scarlatto intenso e cupo. Quando però la luna mutò in un’iride argentea piena di sfida, Lucifero fracassò il calice nel palmo della propria mano.
Schifoso bastardo…
Emise un sibilo lasciando cadere in terra le schegge e il verso fece sobbalzare Cadenza, a distanza nelle ombre della parete sinistra del salone.
In mancanza dell’oggetto diretto della sua rabbia, Satana si era gettato su chiunque gli fosse capitato a tiro e perfino il Generale si era ritrovato vittima tale furia. Fino a quando non aveva ricordato l’esistenza di qualcuno che molto più di lui avrebbe potuto attirare su di sé la collera del padrone e permettergli di sfogarsi forse anche del tutto.
Dopo lunghe e cruente ore, Luze giaceva ora immobile a terra, rannicchiato sul pavimento nel bel mezzo della sala, con gli abiti a brandelli ma ben coperto di lividi e sangue.
Lucifero ringhiò quando posò di nuovo lo sguardo su di lui.
Non riusciva a tollerare la sua vista. Era fottutamente identico a suo fratello, ma quei suoi maledettissimi occhi ametista sembravano prendersi gioco di lui, divertendosi a ricordargli che quello non era altro che una brutta copia del suo burattino proprio quando lui iniziava a dimenticare la fuga del suo gemello. Ogni volta che incrociava quelle iridi, ricordava quelle argento di Luka e la sua rabbia tornava, ancora più violenta. Luze doveva averlo intuito, perché era ormai da un paio d’ore che teneva le palpebre ostinatamente chiuse, indipendentemente da ciò che gli accadeva intorno.
Lucifero lo fissò con disgusto, le labbra arricciate e i denti scoperti. Sembrava così tanto Luka che anche lui avrebbe potuto confonderli, ma il suo schiavo non avrebbe chiuso gli occhi fino alla fine, anzi glieli avrebbe sbattuti in faccia assieme a quella sua maledetta espressione da ribelle.
“Bastardo…” sibilò tra i denti per l’ennesima volta.
Portò la mano bagnata di vino alla propria guancia destra, ma questa, anziché la pelle gonfia e traslucida, si scontrò con il freddo e rigido osso.
Nonostante il suo occhio destro fosse ancora capace di vedere, metà del viso del re dei demoni era bruciato nello scontro con Luka e così l’uomo aveva tagliato i capelli, indossato guanti per coprire le mani e ricavato da vari teschi una maschera d’ossa per nascondere la parte carbonizzata della sua faccia. Sapere di non poter guarire nessuna di quelle ferite, aumentava ancora di più la sua furia.
“Cadenza!” urlò.
Il Generale Opast si affrettò a portarsi di fronte al trono e ad inginocchiarsi davanti al re. Luze non mosse un muscolo.
Lucifero dovette ammettere che il ragazzo era più forte di quanto avesse immaginato alla sua nascita, era perfino sopravvissuto tanto quanto Luka.
Luka…
A Luka aveva dato più di quanto non avesse mai dato a nessun altro, ma forse perché nessun altro era mai stato al pari di Luka. La sua bellezza era qualcosa che trascendeva i caratteri fisici, che si palesava nella presenza e nel portamento; qualcosa che forse risiedeva nei suoi occhi, visto che Luze non sembrava possederla nonostante la sua identicità con il fratello. A vederlo così bello, Lucifero lo aveva tirato vicino a sé più di qualsiasi altro schiavo; il fatto che lui non volesse, aveva spinto il re dei demoni a sottoporlo a tante e tali sevizie sia mentali che fisiche da renderlo capace di sopportare quasi qualsiasi dolore e umiliazione senza piegarsi; scoprirlo capace di usare la magia –dote scomparsa da secoli nel clan Crosszeria– aveva spinto Satana a lasciarlo in vita pur di vedere quanto forte sarebbe diventato; e rendersi conto di quanto meravigliosamente unico fosse, gli aveva fatto commettere l’errore di marchiarlo con il proprio sangue pur di legarlo a sé. Alla fine di tutto quello, Luka si era rivelato più forte di quanto lui stesso avesse immaginato. Troppo forte.
“Sai cosa voglio.” ringhiò al rosso, “Non mi interessa come, riportalo qui.”
“Vivo?” chiese Cadenza, leggermente esitante.
“Ovviamente!” ruggì Satana, furibondo, scatenando una pioggia di fulmini all’esterno.
Cadenza si affrettò a piegare ancora di più la testa poi, più veloce che poté, si voltò ed uscì dalla stanza.
Il re dei demoni carezzò di nuovo la sua maschera d’osso.
Come per Luce del Dio, Lucifero aveva una limitazione al proprio potere: non poteva guarire le ferite infertegli da un suo simile o da un membro del suo clan. Pertanto, essendo lui uno degli angeli originari caduti dal Paradiso, aveva semplicemente dovuto prestare attenzione, le volte in cui si era unito ad una donna, a non lasciare in giro scomodi eredi che avrebbero potuto metterlo in pericolo.
E poi lui stesso aveva messo il proprio sangue nelle vene di Luka. All’epoca non aveva pensato potesse essere un problema, invece la cosa aveva reso lo Zess alla sua pari, dandogli anche facoltà di infliggergli ferite che lui non avrebbe potuto rimarginare. Per una sorta di legge del contrappasso, lui avrebbe potuto guarire tutte le ferite che gli Zweilt si erano inferti a vicenda e la Luce del Dio avrebbe potuto guarire quelle che a lui erano state imposte da Luka. Ma la Luce del Dio, per pateticamente ingenua che fosse, aveva preso il suo schiavo per sé e non avrebbe mai accettato alcuno scambio.
Non lo vorrei lo stesso!, pensò Lucifero, furioso, Lei… Lei se l’è preso… Lei deve pagare…
Sì, avrebbe fatto in modo che fosse così.
Mentalmente raggiunse Cadenza, ormai sulla soglia della porta verso il regno umano.
Portami anche la Luce del Dio, Cadenza. Portameli entrambi. Vivi.
In tutto quello, mentre Lucifero sognava ad occhi aperti le sue follie violente, Luze rimase a terra.
Quando i fulmini all’esterno si placarono un po’, lo Zess sollevò per metà le palpebre, quel tanto che gli bastava per ottenere un’immagine sfocata della stanza attorno a sé e per intuire la sagoma del re dei demoni ancora seduto sul suo trono.
Luze aveva parlato con suo fratello solo un paio di volte nella sua vita, durante alcune missioni, e non poteva dire che si conoscessero. Non sapevano nulla l’uno dell’altro e non condividevano nulla ad eccezione del sangue. Ma allora perché?, perché doveva essere lui a pagare per i peccati del suo gemello? Stava già scontando una pena per quelli del suo antenato, perché anche i suoi quando lui non aveva fatto nulla? Non conosceva suo fratello più di quanto non lo conoscesse uno qualsiasi degli altri Zess o anche dei demoni liberi! Doveva pagare al posto suo solo perché il fato aveva deciso che dovevano dividere la stessa faccia?
Spero che ti prendano, Luka., pensò richiudendo gli occhi, mentre l’indignazione e la rabbia crescevano assieme ad un potente senso di tradimento, Spero che ti prendano e che te la facciano pagare.
 
[A te io canto una canzone
perché non ho altro.
Niente di meglio da offrirti
di tutto quello che ho.
Prendi il mio tempo
e la magia
che con un solo salto
ci fa volare dentro all'aria
come bollicine.]
 
Luka aggrottò la fronte.
“Vuoi rompere il Contratto?” chiese senza capire.
Yuki lo guardò con sorpresa, ma rispose senza esitare.
“Voglio che tu sia libero. È tanto sbagliato?”
“Se scindi il Contratto, tornerà in vigore quello con Lucifero, per via del marchio di sangue.” rispose automaticamente, ma senza veramente concentrarsi su ciò che stava dicendo. Si sollevò un po’ dai cuscini, quel tanto per mettersi seduto, e strinse delicatamente con le dita il polso di Yuki per fermare il suo continuo spalmare robaccia verde sulla sua faccia. “Perché mi vuoi libero?”
La voce di Luka era seriamente curiosa, come quella di un bambino intento a chiedere perché il cielo sia blu, e per questo Yuki non poté impedirsi di scoppiare a ridere tanto forte che Sodom si affacciò alla porta, sebbene lei non se ne accorse.
Senza sapere della presenza del famiglio, Yuki sfilò la mano dalla presa di Luka e, sebbene arrossendo un po’, gli accarezzò lentamente e delicatamente il viso, fino ad arrivare a toccargli le labbra con la punta delle dita.
“Perché sei importante.” spiegò piano prima di staccarsi, “Non come schiavo, ma come persona.”
Luka stava ancora realizzando quello che Yuki gli aveva detto con tranquillità ma che per lui era incredibile, quando fu interrotto nel suo pensare da Sodom che si gettò nella stanza e, con un “Kiuuu!” che si trasformò in “Master!” a metà, atterrò sul letto mentre ancora stava mutando in forma umana.
“Master!” esclamò di nuovo, con un enorme sorriso, lanciandosi sul petto di Luka per abbracciarlo, “Il Master è felice!”
Yuki sorrise della smorfia che Luka si scappò sfuggire sotto la forza dell’abbraccio di Sodom, decisamente eccessiva per un ferito. In fondo, sapevano bene tutti e tre che il draghetto, come spesso succedeva, aveva fatto centro.
 
[A te che sei,
semplicemente sei.
Sostanza dei giorni miei,
sostanza dei giorni miei.
A te che sei il mio grande amore
ed il mio amore grande.
A te che hai preso la mia vita
e ne hai fatto molto di più.
A te che hai dato senso al tempo
senza misurarlo.
A te che sei il mio amore grande
ed il mio grande amore.]
 
Luka ringhiò.
“No!”
Yuki gli lanciò un’occhiataccia premendosi le mani sui fianchi.
“È aloe, una pianta curativa, non veleno, Luka. Non fare il bambino!”
Luka lanciò un’occhiataccia alla gelatina viscida e verde brillante, piena di filamenti di…qualcosa…e puzzolente che Yuki gli aveva piantato in mano dentro un bicchiere.
“Non ho intenzione di bere questa cosa.” ribadì, “O di mangiarla. Maledizione, non capisco nemmeno se sia solida o liquida!”
“Non devi decidere come sia, devi solo ingoiarla e poi dormire un po’.” ribatté Yuki, “E mi permetto di farti presente che Sodom fa meno capricci di te.”
Luka fissò l’espressione di superiorità che Yuki gli stava rivolgendo da ormai una decina di minuti, quindi ringhiò di nuovo.
Yuki alzò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente.
“Sei impossibile!” lo rimproverò voltandosi e afferrando una mantella da sopra una poltroncina. Mentre la indossava, si voltò verso di lui per guardarlo male ancora un po’. “Vedi di berla per quando sarò tornata.”
Luka quasi scattò in piedi quando collegò i suoi gesti e le sue parole.
“Dove stai andando?” chiese, dimenticando per un attimo la schifezza tra le sue mani.
Sebbene Yuki non si fosse comportata con lui come una padrona, Luka percepiva il legame tra loro. E anche se non l’avesse percepito, iniziava a temere che si sarebbe preoccupato per lei ugualmente. Ad ogni modo, sentiva una sorta di ansia mista ad una terribile sensazione d’impotenza prenderlo alla gola all’idea di lei che andava chissà dove da sola. Andiamo, a malapena era in grado di sollevare un vassoio, figurarsi difendersi da sola! Come poteva pensare di andarsene in giro senza scorta?! Luka non riusciva a concepire l’idea.
“Frena i cavalli, grande condottiero.” lo prese in giro lei, con un sorriso un po’ più dolce, mentre gli si avvicinava. Con sua enorme sorpresa, gli lasciò un bacio sulla fronte. “Vado solo al cancello per rinforzare il Kekkai, la notte di Valpurga lo ha indebolito. Resto sotto la barriera, recito due formule e torno: non mi succederà nulla.”
Luka non ne era così convinto, era inquieto, ma Yuki non lo lasciò parlare.
“A te invece succederà qualcosa di molto brutto se non berrai quella linfa prima del mio ritorno!” continuò a dirgli, con un tono scherzoso, mentre raggiungeva la porta ed usciva.
Luka si ritrovò fermo, bloccato a letto, solo con Sodom che, in forma di lupo, fissava con sospetto la roba verde nella tazza.
“Vuoi prenderla tu?” chiese il Duras sporgendogli il contenitore e lasciando che lo annusasse.
Sodom starnutì immediatamente e subito dopo scosse la testa, facendo smorfie e schioccando la lingua in segno di rifiuto assoluto per quella robaccia puzzolente.
“Concordo.” borbottò Luka, tornando a fissare l’intruglio come fosse il nemico più terribile da lui mai incontrato. Yuki doveva odiarlo più di Lucifero per torturarlo a quel modo.
A proposito di Yuki, il ragazzo tese la mente per raggiungere la sua aura. Era facile riconoscerla, era così bianca e luminosa da essere paragonabile a…un bersaglio grosso come una mucca.
Luka sospirò. Proteggerla sarebbe stato un lavoro difficile, la ragazza aveva praticamente scritto in fronte ‘Colpire qui, grazie’.
Il Duras si tendeva ad ogni aura che sentiva arrivare vicino alla Luce del Dio e si rilassava solo quando quelle passavano oltre e si allontanavano. Alla fine, Yuki arrivò alla barriera e la sua aura si illuminò ancora di più quando lei iniziò ad evocare incantesimi. Luka ringhiò fra i denti, ma sapeva che quello era il dovere di Yuki e si costrinse ad accettare la cosa. O almeno ci provò.
Sospirando, il demone rimise a fuoco la schifezza verde che Yuki sosteneva gli avrebbe fatto bene –se non l’avesse ucciso, cosa di cui lui non era poi così certo– e chiuse gli occhi. Con una smorfia, si portò il bicchiere alle labbra.
Un pensiero tagliente, come non suo, gli attraversò dolorosamente il cervello, facendogli sgranare gli occhi. Il bicchiere gli cadde dalle mani e la linfa verde si allargò sulle lenzuola quando si portò le dita alla testa ferita, che aveva iniziato a pulsare violentemente in risposta alla sensazione di pericolo.
Luka ringhiò quando capì che era stato il Contratto a portargli una percezione che Yuki non aveva decifrato, ma che lui conosceva fin troppo bene. Balzò giù dal letto di corsa, così tanto che appena fu in piedi il mondo prese a vorticargli attorno, nel momento in cui il suo cervello riconobbe la presenza dell’aura di un Opast vicino alla sua mistress.
“Sodom!” chiamò Luka.
Il lupo fu rapido a mettersi al suo fianco, lasciando che lui gli si aggrappasse alla pelliccia per non crollare a terra, e con i denti afferrò un mantello nero che la Luce del Dio aveva lasciato sul letto e lo mise sulle spalle del suo padrone per coprirne il tronco, nudo ad eccezione delle bende.
Luka si strinse addosso il tessuto senza pensare, troppo concentrato sulle due figure che ora gli interessavano: la sua padrona e il demone che la stava spiando senza che lei avesse avvertito il pericolo.
Il Duras misterioso si allontanò un po’ dalla barriera e attese. L’aura di Yuki oltrepassò il Kekkai e uscì allo scoperto.
No, stupida!
Luka ringhiò, pur sapendo che né lei né il suo cacciatore l’avrebbero sentito, e si gettò verso la finestra, aggrappato a Sodom che obbediva d’istinto ai pensieri confusi del suo padrone. Infransero il vetro, senza preoccuparsi di far accorrere chicchessia, e una volta a terra, incolumi solo grazie alla magia di Luka, iniziarono a correre.
Il Duras sentiva il corpo protestare, ma era abituato ad ignorarlo perciò continuò a correre. Cercò Yuki con la mente non appena intravide il cancello d’ingresso della Tenuta Principale, ma non fece in tempo perché l’urlo di Yuki lo distrasse.
Ruggendo quanto più forte poteva, in avvertimento, oltrepassò il Kekkai e si gettò tra gli alberi, inseguendo la voce di lei. Sodom, alle sue spalle, ululò.
Trovarono Yuki poco più avanti, in mezzo ad un cimitero senza mura costruito alla bell’e meglio sulle rocce che circondavano la Tenuta. Luka intuì che doveva trattarsi del terreno consacrato dedicato ai cadaveri degli Zweilts e delle Luci del Dio, seppelliti dove nessuno avrebbe potuto notare il ricorrere degli stessi nomi e degli stessi volti.
La Luce del Dio aveva la schiena premuta contro un’alta croce e i piedi a due palmi da terra, usava le unghie per graffiare convulsamente il polso del Duras che le stava stringendo una mano attorno al collo e si dimenava per liberarsi dell’assalitore, ma senza successo.
Luka sgranò gli occhi e Cadenza gli rivolse un sorriso soddisfatto.
Nelle iridi del rosso c’era una follia nuova, quella di un pazzo che sta per vendicarsi, e dal suo occhio nero Luka intuì che Lucifero non aveva badato troppo a chi stava colpendo mentre sfogava la sua rabbia. Chissà perché, non si sentiva per nulla in colpa all’idea del rosso che pagava per lui.
Si accovacciò e ringhiò, preparandosi ad attaccare, ma Cadenza sollevò un indice.
“Ah, ah, ah!” lo fermò, poi indicò la Luce del Dio. La lama rossa del Generale comparve nella sua mano, trasformando il gesto di indicare in una presa salda sull’elsa e facendo sì che la punta della spada graffiasse la gola di Yuki, strappandole una goccia di sangue che le rotolò giù lungo la linea sottile del collo.
Luka iniziò a vedere rosso ed era più che certo che non fosse per le ferite.
“Allontanati. Immediatamente. Da. Lei.” scandì lentamente, ma lo stesso la sua gola trasformò ogni parola in un ringhio spaventoso.
Cadenza continuò a sorridere.
“Dovresti essere contento che lui vi voglia vivi…” iniziò, poi finse di pensare, “Oh beh, forse no. Qualsiasi cosa abbia in mente per voi, sarà davvero tremenda.”
Luka si accucciò ancora di più, in una posa quasi ferina, e alcune scintille di energia viola si sprigionarono dai suoi occhi facendoli brillare minacciosamente.
Yuki riuscì a voltare la testa abbastanza per vederlo e, con sommo sgomento del ragazzo, sorrise sollevata.
Dopo mi sentirai, oh se mi sentirai!, promise il Duras mentalmente, Maledetta ragazzina stupida, ingenua e incosciente!
Cadenza fissò Yuki con più sgomento di Luka.
“Che cosa ridi?!” le strillò in faccia, scioccato e forse spaventato dalla sua calma, “Pensi che possa battermi?! Ti sbagli! Lui è solo un cane!”
La ragazza non aveva detto nulla, ma lo stesso quando tornò a guardare Cadenza questo lasciò la presa sulla sua gola per avere una mano libera e la colpì al viso con un manrovescio non appena i suoi piedi ebbero toccato terra.
Yuki, gracile e mingherlina com’era, cadde rovinosamente a terra su di un fianco, gemendo di dolore, e Luka perse definitivamente il controllo.
Approfittando del fatto che Cadenza non avesse più le mani sull’ostaggio, gli si lanciò addosso, finendo per rotolare con lui ad alcuni metri da Yuki.
Le rocce, le croci di legno che si ruppero sotto i loro pesi e i sassi li ferirono, facendo protestare il corpo già debilitato di Luka, ma quest’ultimo ignorò il dolore. Ritrovatosi a terra su fianco, notò Cadenza vicino alle sue gambe e tentò di colpirlo al viso con un calcio, ma questi riuscì a sfuggirgli e a saltare in piedi prima di lui.
Mentre Cadenza richiamava a sé la sua lama, Luka afferrò l’orecchino di Roxass. Nella furia del momento, si strappò il gioiello dall’orecchio senza curarsi di aprirlo e il lacerarsi del suo elice gli mandò al cervello una stilettata di dolore che questo ignorò bellamente.
Luka sfruttò la propria posizione in ginocchio per attaccare per primo, dal basso, mirando al ventre del Generale Opast, ma questi fu abbastanza veloce da parare l’attacco.
No, non è lui ad essere veloce., realizzò Luka continuando ad attaccare senza sosta e vedendo i propri colpi sempre parati o evitati con tranquillità, Sono io che sono lento!
Strinse i denti e costrinse il suo corpo al limite nei minuti successivi, ma le ferite e la debolezza per la settimana di digiuno negli inferi si fecero sentire e non riuscì a migliorare le proprie abilità di molto. Cadenza non ebbe alcun problema ad adattarsi al nuovo ritmo di colpi.
Luka disimpegnò la propria spada e saltò indietro, allontanandosi dal rosso e atterrando in punta di piedi su una roccia. Con un attimo di ritardo, scoprì che i vari fendenti schivati da lui e dal suo avversario avevano aperto solchi sul terreno, rialzato intere zolle di pietra e reso il cimitero come il negativo di una ragnatela spezzata. Yuki era aggrappata alla croce e una spaccatura nel suolo passava a solo due dita dai suoi piedi, ma per fortuna Sodom l’aveva raggiunta e, sebbene dall’altra parte del solco, le si era messo di fronte per proteggerla in caso i duellanti le si fossero avvicinati troppo.
Luka ansimava, mentre Cadenza era palesemente ancora nel pieno delle forze, tanto che iniziò a giocherellare con la sua spada facendola roteare con un abile gioco di polso.
Lo Zess non aveva idea di quanto tempo fosse che combatteva, ma attorno a lui si era creato un deserto di macerie, rocce e croci storte o spezzate. La polvere dovuta allo sbriciolarsi delle pietre nella lotta, ora che i due erano fermi, si posava lieve su una distruzione assolutamente tremenda e rendeva tutto di un colore a metà tra il nero e uno strano bluastro. Il cimitero appariva come fosse stato abbandonato da secoli, eppure solo poco prima era in perfette condizioni.
Sta andando troppo oltre., ragionò Luka. Non poteva vincere se nemmeno si rendeva conto di ciò che lo circondava, significava che semplicemente per mantenere quella parità faticata si stava concentrando solo ed esclusivamente su Cadenza. Rischiava addirittura di ferire Sodom o Yuki inavvertitamente e il Generale nemmeno si stava impegnando al massimo delle sue facoltà.
Lo Zess stava ancora cercando un modo per costringere il rosso alla ritirata, o per toglierlo dalla strada che avrebbe permesso ai suoi due protetti di raggiungere il Kekkai della Tenuta Principale, quando questi scomparve nel nulla. Luka si irrigidì e un secondo dopo un dolore atroce lo prese al rene destro.
“Alla fine ti ho preso…” cantilenò Cadenza nel suo orecchio, avvolgendogli il braccio libero attorno al collo per tenerlo fermo, e poi con una risata spinse ancora più in profondità la lama nella schiena del moro, facendogliene spuntare la punta dal ventre.
Luka ringhiò di dolore quando la spada lo trapassò da parte a parte e d’istinto artigliò l’avambraccio del Generale, ma questo non lo mollò nemmeno quando le sue unghie crebbero fino a trapassare carne, ossa e tendini da parte a parte. Anzi, rafforzò la presa.
“Fa’ il bravo.” gli rise Cadenza nell’orecchio, “Lucifero ha detto che ti vuole vivo, non costringermi a disobbedirgli.”
“Tanto ora ti pesta lo stesso, vero?” sibilò Luka.
A malincuore, lasciò cadere Roxass a terra per avere anche l’altra mano libera e con questa riuscì ad afferrare i capelli sulla nuca di Cadenza. Tenendo il Generale fermo a quel modo, lo colpì al naso con il retro della propria testa e questi si staccò imprecando e stringendosi una mano sul viso sanguinante.
Luka tentò di muoversi in avanti, ma tutto ciò che ottenne dal suo corpo fu un vago barcollare e, prima che potesse recuperare la propria spada, Cadenza si gettò su di lui, afferrò la sua lama e la svelse con violenza dallo squarcio nel corpo del ragazzo.
La schiena di Luka si inarcò all’indietro mentre un ruggito di dolore gli scappava dalle labbra, un attimo prima che il suo corpo perdesse definitivamente ogni rimasuglio di energie e crollasse a terra stremato.
Il mondo si allontanò all’improvviso.
I suoni divennero ovattati, confusi, e tutto attorno a lui sembrò muoversi al rallentatore. I piedi di Cadenza entrarono nella sua visuale con lentezza esasperante e allo stesso modo la sua gamba lo colpì allo stomaco. Il corpo di Luka tremò leggermente per il calcio, ma una sorta di tremolio fu tutto ciò che lo Zess percepì. Il dolore, se anche ci fu, non raggiunse il cervello, in quel momento vittima di una strana foschia. Luka sapeva che si sarebbe dovuto alzare, ma per quanto ordinasse al proprio corpo di farlo questi non rispondeva.
Sotto il suo corpo si allargò sempre più una grossa macchia rossa che raggiunse anche le dita della mano che aveva di fronte al viso. Poteva una persona perdere tanto sangue? Probabilmente no, ma lui era un demone e il dissanguamento non era una delle opzioni praticabili per la sua morte: molti Duras, soprattutto Zess, cedevano o erano costretti a cedere il proprio sangue come nutrimento ad altri, in cambio di qualcosa o come prova di fedeltà, possesso e tutte quelle cose. Anche se venivano privati del liquido fino all’ultima goccia, ne ricavavano solo una profonda debolezza che li costringeva in una sorta di sonno o coma per parecchi giorni, fino a quando il corpo non ricreava del tutto il sangue perso, ma nulla di più. Però lui non poteva permettersi di entrare in coma in quel momento.
Gli stivali neri di Cadenza si allontanarono da lui, voltandosi e puntando verso Yuki.
La ragazza nemmeno guardava il Generale, anzi si protendeva verso di lui e solo la grossa sagoma di Sodom premuta contro di lei le impediva di andargli incontro. Con un attimo di ritardo, Luka realizzò che Yuki non stava cercando di raggiungere Cadenza, ma lui.
Dannata stupida…, pensò, ma in realtà quella sua preoccupazione scaldò qualcosa dentro di lui.
Yuki era l’unica persona che si fosse mai preoccupata per lui e che si comportava da amica, era la ragazza piccola e magra che lo aiutava con Sodom, che profumava di gigli e i cui baci sapevano di miele. Ma soprattutto era la persona che lo aveva salvato da Lucifero anche rischiando se stessa in prima persona. Era la Mistress che lui aveva giurato di proteggere. E lui manteneva sempre i suoi veri giuramenti.
Con un ringhio di rabbia, spezzò la nebbia che avvolgeva i suoi sensi, recuperando la lucidità che la carenza di sangue stava creando, e puntò i palmi a terra poi, anche se dovette far appello a tutta la forza che aveva, si tirò a quattro zampe. Con il dorso della mano si pulì il sangue dalla bocca.
“Non abbiamo ancora finito…” ringhiò puntando gli occhi argento in quelli del Generale.
Cadenza, ad un passo da Yuki, lo fissò con sgomento misto a terrore, ma solo per un attimo. In un secondo fu subito accanto a Luka e iniziò a colpirlo a calci e pugni per bloccarlo a terra ed impedirgli di alzarsi.
Lo Zess portò un braccio a proteggersi lo stomaco dai calci, ma si sforzò di non cadere prono.
Se fosse finito di nuovo a terra in quel momento, lo sapeva, non si sarebbe più rialzato.
Non così!, pensò in un lampo d’orgoglio, Non come un cane!
Con un ruggito, strinse la mano che teneva sul petto a pugno, chiamò tutta la propria forza e la propria magia nel braccio e con il gomito andò incontro alla tibia di Cadenza.
Il colpo fu duro da entrambe le parti e tutti e due sibilarono per il dolore, ma ci fu un solo schiocco inquietante.
Cadenza zoppicò indietro stringendo con le mani la coscia della gamba colpita, ma Luka sibilò quando il suo braccio cadde inerte verso il terreno, con l’articolazione centrale spezzata e perciò ormai inservibile.
 
[A te che io
ti ho visto piangere nella mia mano,
fragile che potevo ucciderti
stringendoti un po’,
e poi ti ho visto
con la forza di un aeroplano
prendere in mano la tua vita
e trascinarla in salvo.]
 
Yuki si portò le mani alla bocca per soffocare un urlo quando Luka saltò di lato, per togliersi dalla posizione di svantaggio in cui era, e lei poté vedere il suo braccio penzolare in modo innaturale, inerte. Lo Zess strinse l’arto subito sotto la spalla con la mano sana e si concesse una smorfia, ma poi dovette schivare di nuovo un affondo di Cadenza. Riuscì a scampare al colpo per un soffio, però il Generale lo incalzò ancora e ancora e ancora, costringendolo a spostarsi a grandi balzi all’indietro, incapace di capire in che direzione si stesse muovendo e sempre più lontano da Sodom e Yuki.
La ragazza sobbalzò quando un colpo per poco non tranciò di netto una gamba dello Zess.
“Sodom, spostati!” supplicò quindi per l’ennesima volta, cercando di oltrepassare l’enorme lupo nero che le bloccava la strada verso i due combattenti.
L’animare ululò poi però, anziché rimandarla indietro, le morse la gonna e iniziò a tirarla con sé nella direzione opposta a quella nella quale Cadenza stava spingendo Luka.
“Sodom, no!” iniziò a dire Yuki, ma poi la vide.
Roxass giaceva inutilizzata per terra, troppo lontana perché Luka la raggiungesse e troppo pesante perché lui potesse, nelle condizioni in cui era, chiamarla a sé con la magia.
Yuki gettò un’occhiata a Luka, capace solo di schivare, quindi capì. Corse in avanti, e Sodom la lasciò andare, fino a raggiungere la spada abbandonata sulle rocce, quindi afferrò l’elsa. L’arma era veramente pesante, specialmente per lei che non aveva tutta quella forza, e le occorse un attimo per sollevarla ad un’altezza notevole.
Si voltò per lanciarla a Luka, ma lo Zess era finito a terra sulla schiena poco lontano da lei e ora Cadenza stava svellendo la propria spada dalla sua coscia, strappandogli un ringhio di dolore.
Yuki non pensò.
Non aveva mai veramente combattuto in vita sua, ma non ci fece molto caso. Corse fino ai due, alzò la spada con entrambe le mani sopra la testa e poi calò il colpo più forte che le riuscì sulle spalle di Cadenza.
Evidentemente avrebbe dovuto chiedere ad un qualche Zweilt di insegnarle la scherma, perché il rosso inarcò la schiena e gridò di dolore, ma in un attimo si voltò, gli occhi carichi di furia.
Yuki tentò di caricare un secondo colpo, ma il Generale la raggiunse allo stomaco con un pugno tanto violento da farla cadere in ginocchio, Roxass che le scivolava dalle dita mentre lei, d’istinto, portava le mani al ventre. Boccheggiò, sgomenta, e quando riuscì a riaprire gli occhi e a rialzarli, Cadenza stava per restituirle il fendente, mirando alla sua testa.
Un attimo prima che iniziasse il gesto, però, Luka riuscì a far leva sulla gamba ancora sana e saltargli sulla schiena, passandogli un braccio attorno alla gola. Il rosso fece due passi indietro prima di riuscire a divincolarsi a sufficienza per tirare una gomitata nel plesso solare di Luka, dove già stavano le ferite inflitte da Lucifero, e il moro perse la presa, crollando a terra sulla schiena.
L’Opast premette un piede sullo squarcio nella coscia dello Zess e questi dovette mordersi le labbra per non urlare mentre chiudeva gli occhi e inarcava la schiena all’indietro.
Yuki aveva ancora le braccia incrociate sullo stomaco e non riusciva a muoversi. Fissava l’espressione di dolore assoluto sul viso di Luka e all’improvviso la sua vista annebbiata passò in secondo piano.
La sentiva, la follia, premere contro i muri solidi della sua testa, gabbia per i suoi pensieri e rifugio per la sua stessa essenza. Era come una nube nera di caos e disordine, dove nulla aveva senso e lei era ancora più sola di quanto non fosse nella realtà. Una nebbia in cui l’unica cosa certa era il dolore, acuto e lacerante, terribile.
Però preferiva accogliere quel dolore, che lasciare Luka nel suo.
Chiuse gli occhi, cercò tutta la luce che trovò dentro il proprio cuore spaventato e la convogliò nelle mani che, lentamente, staccò dal proprio corpo per portare davanti a sé, con i palmi perpendicolari al terreno. Unì le punte degli indici e dei pollici e creò un triangolo, poi abbassò le dita rimanenti. Nel centro della figura convogliò tutta la magia che poté e poi pensò a Luka.
Se solo fosse stato sano, nel pieno delle sue forze, non avrebbe avuto alcun problema ad eliminare Cadenza.
Si concentrò solo su quello, non si fermò neanche un istante a pensare che lo Zess, in quanto Duras, potesse essere ferito dalla sua magia.
Luka non è un demone., le disse una voce nella sua testa, È solo un angelo nato nel posto sbagliato.
E spinse tutta la propria magia, la propria sanità mentale e la propria forza vitale verso il suo Zess dagli occhi d’argento.
Ti amo, Luka. Grazie per non avermi lasciata da sola, grazie per avermi dato un legame per cui valesse la pena di combattere. Grazie e, ti prego, perdonami perché non sarò come te.
 
[A te che mi hai insegnato i sogni
e l’arte dell’avventura.
A te che credi nel coraggio
e anche nella paura.
A te che sei la miglior cosa
che mi sia successa.
A te che cambi tutti i giorni
e resti sempre la stessa.]
 
Luka non ricordava molto, aveva solo flash frammentati di ciò che era successo.
Il momento prima era prigioniero del buio delle proprie iridi e del dolore atroce che gli arrivava da ogni centimetro del suo corpo, ma quello dopo c’era una strana luce bianca tutto attorno a lui, anche se aveva gli occhi chiusi, ed una specie di brezza fresca lavava via tutte le ferite. Quando aveva riaperto gli occhi, Yuki era immersa in una sottile luminescenza che le faceva ondeggiare i capelli e l’abito. Aveva aperto gli occhi un attimo, lo aveva guardato e gli aveva sorriso, ma con una tristezza infinita. Poi aveva rovesciato gli occhi all’indietro, era caduta sulla schiena e aveva urlato e da allora tutto era confuso nella testa dello Zess. Ricordava il corpo di lei che si inarcava, preda di spasmi che lui non poteva fermare, e la sua voce urlare per un dolore a lui sconosciuto; ricordava un proprio ringhio e poi l’espressione terrorizzata di Cadenza e Roxass vicino alla giugulare del Generale, l’uniforme del rosso zuppa di sangue prima che scomparisse, e infine alberi e alberi e alberi.
Luka non era certo di come fosse guarito o di cosa fosse successo a Cadenza, ma era conscio del peso tra le sue braccia e del paesaggio che sembrava aprirsi per lasciargli strada fino al Kekkai. Quando intravide la barriera, Luka ricordò che Yuki era preda di qualcosa di strano, che si dimenava tra le sue mani con la pelle sudata e il viso bollente distorto in una smorfia di dolore, e ricordò che senza di lei non avrebbe potuto attraversare il confine della Tenuta. Se l’avesse fatto, l’incantesimo lo avrebbe messo fuori combattimento e avrebbe fatto accorrere tutti gli Zweilt per proteggere la principessa.
Quando arrivò al Kekkai, Luka non si fermò.
Un dolore lo prese quando mise un piede sul limitare della barriera, acuto come uno spillo nel centro esatto del cranio, poi la sua testa si spense e lui si perse nel buio.
 
[A te che sei,
semplicemente sei.
Sostanza dei giorni miei,
sostanza dei sogni miei.
A te che sei,
essenzialmente sei,
sostanza dei sogni miei,
sostanza dei giorni miei.]
 
“Soffoco… Mi sento male…”
Luka sobbalzò nel sentire quella voce. Era esitante, bassa e strozzata, tremula e come incompleta perché rotta nel bel mezzo della parola, però lui la conosceva.
Yuki?!
Tentò di guardarsi attorno, ma realizzò di non sapere bene dove fosse e di non riuscire a trovare con precisione il proprio corpo.
“Ascolta…ti prego…”
Luka continuò a guardarsi attorno, sgomento, ma vedeva solo e soltanto buio e nulla di più. Non riusciva nemmeno a capire da dove provenisse la voce di Yuki, sembrava così vicina eppure così…ovunque…, e questo lo faceva impazzire perché era così sofferente che ogni parte di lui gli stava urlando di raggiungerla.
“Non ce la faccio più… Vorrei…che qualcuno mi liberasse.”
Lo Zess si sentiva impotente come mai prima di allora. Avrebbe voluto muoversi, raggiungerla, o anche solo gridarle di non fare la stupida e di aspettare, che lui l’avrebbe raggiunta prima o poi, ma non poteva fare altro che restare fermo, senza corpo, ad ascoltarla soffrire.
Qualcosa cambiò. La voce di Yuki perse il suo eco, come se dal nulla fosse passata ad un mondo di carne, e all’improvviso Luka la sentì proprio vicina, neanche gli fosse di fronte o stesse parlando direttamente nelle sue orecchie.
“Ti supplico”, mormorò, con voce debole ma seria, carica di lacrime non versate, “quando verrà la mia ora…”
Luka seppe, d’istinto, di non voler ascoltare ciò che stava per sentire, ma non aveva mani da premersi sulle orecchie che non riusciva a trovare.
No! No, no, no! Stupida Yuki, non dire sciocchezze! Vieni qui!
Desiderò così tanto di ritrovare il proprio corpo e d’un tratto, come dal nulla, riconobbe le proprie palpebre e le scoprì chiuse.
Quando le aprì, attorno a lui c’era solo il cimitero devastato degli Zweilt che però ora si estendeva per miglia e miglia, fin dove poteva arrivare il suo sguardo, creando un orizzonte di desolazione assoluta. Qualcosa di caldo e morbido si mosse contro il suo petto, in una gabbia protettiva che lui aveva inconsciamente creato con le proprie braccia e il proprio tronco.
Abbassò lo sguardo e Yuki aveva il viso premuto nelle sue bende, le mani strette a pugno posate sopra la stoffa, e non osava guardarlo. Lui indossava ancora il mantello nero datogli da Sodom, anche se ora lacero per la battaglia con Cadenza, e Yuki indossava il suo abito, ma con molti pezzi in meno, come se anche lei avesse combattuto per ore contro qualcosa. I fiocchi nei suoi capelli si erano sciolti e strappati e ora giacevano a terra inerti mentre le ciocche di lei le ricadevano gentilmente sulle spalle e giù lungo la schiena.
Yuki non gli mostrò il viso quando concluse la sua richiesta: “uccidimi con le tue mani.”
Luka sgranò gli occhi, ma quando aprì la bocca per replicare, lei fu più rapida.
“Se il mio destino è perdere la testa e morire di follia...preferisco allora che tu, con le tue mani, mi liberi di questa profezia.” mormorò, inerme come una bambina.
Luka sentiva che c’era qualcosa di sbagliato in ciò che lei aveva detto, ma in realtà gli appariva tutto così chiaro e semplice, che non esitò a rispondere.
“Ho capito.” disse, perché forse non era vero ma esisteva una parte di lui convinta che fosse così, convinta di aver profondamente capito qualcosa, finalmente. “Io non farei mai niente…che possa causarti angoscia o dolore.” si sentì dire e forse era quella la verità che aveva capito. “Lo giuro. Però terrò fede al mio giuramento solo se dovesse capitarti qualcosa... Ma tanto ci sarò sempre io a proteggerti.”
Luka guardò l’orizzonte scomparso e desolato che li circondava e sentì che qualcosa di brutto stava per capitare, che un nemico invisibile stava arrivando per loro. Per lei.
Si alzò in piedi staccandola da sé con delicatezza e Roxass fu subito nella sua mano. La tese per mostrarne la lama insanguinata a Yuki, a riprova di quanto vero fosse ciò che aveva detto.
“Devi stare tranquilla perché io non ti tradirò mai.”
Yuki lo fissò, ancora inginocchiata a terra, ma non sembrò rassicurata dalle sue parole. I suoi occhi grandi si allargarono e una patina di lacrime li ricoprì, rendendoli più belli e luminosi ma anche più dolorosi per lui. Il demone non capì perché, ma Yuki allungò la mano, sporca di sangue, verso di lui come se si stesse allontanando da lei, come se la stesse abbandonando di nuovo nella sua solitudine e come se lei fosse terrorizzata alla sola idea di perderlo.
“A…aspetta!” iniziò a chiamarlo e Luka avrebbe voluto stringere le sue dita e darle della stupida per quella folle paura, ricordarle che non l’avrebbe mai potuta lasciare neanche volendo ora che avevano il Contratto e che lui era un ottimo guerriero quindi non doveva preoccuparsi, ma non ci riuscì.
La voce era sparita di nuovo ed era come se, anche se fermo, qualcosa lo stesse trascinando via da Yuki, allontanandolo. Cercò di muoversi, di tornare verso di lei, ma era di nuovo paralizzato. Sgranò gli occhi vedendola divenire sempre più piccola e sfocata, sempre più distante, mentre la sua voce tornava l’eco disperato che aveva sentito all’inizio.
“Luka!” continuava a chiamarlo, protesa verso di lui, “LUKA!”
Luka sobbalzò e sgranò gli occhi. Aveva il fiatone e attorno a lui c’era una stanza che non aveva mai visto prima.
Tirò un piccolo sospiro di sollievo realizzando che il suo era stato solo un sogno, quindi si tirò a sedere nonostante le proteste della sua testa, ancora dolorante per…per cosa?...ah, giusto, per lo scontro con il Kekkai. Luka fece una smorfia ricordando la sua grandiosa idea, ma poi, massaggiandosi la nuca, si alzò in piedi e si guardò intorno. La stanza era bianca, abbastanza piccola, con un letto ad una piazza sola circondato da ciotole piene di erbe e piante e impiastri strani, compresa quell’aloe-schifezza che anche Luka aveva dovuto patire, e la luce che entrava dalle finestre sulla destra era quella arancione del tramonto.
Ma Yuki non era da nessuna parte.
Luka si tese immediatamente, preoccupato, ma prima che potesse dire qualcosa la porta di fronte al letto si aprì per lasciar entrare un uomo. Era alto, con lunghi capelli bronzo e cenere di Yuki, occhi sottili gelidi color ambra come Yuki. Aveva un portamento sicuro di sé nonostante stesse entrando nella stanza occupata da un Duras profondamente confuso e preoccupato per la sua Mistress. E lo fissava dritto in viso. Per un qualche motivo che non seppe bene identificare, Luka sentì immediatamente di non sopportarlo.
“Sei già in piedi, incredibile.” commentò l’uomo con un sorriso strano prima di dirigersi verso una scrivania nell’angolo della stanza e sedersi sulla poltrona, “Yuki mi aveva detto che guarisci rapidamente, ma mi sorprendi lo stesso. Oh, e io sono Takashiro Giou.”
Luka elaborò in fretta il pensiero.
“Sei il capofamiglia di Yuki.” commentò, teso. Qualcosa non quadrava. “Dov’è lei?”
Takashiro non sembrò sorpreso dalla sua domanda, però sospirò.
“Sei nella stanza della nostra guaritrice, mentre Yuki è nei suoi alloggi.” disse poi lo guardò di nuovo in viso, “Ti ringrazio per averla portata qui subito: non sarà molto, ma potremo almeno renderle tutto il meno doloroso possibile fino all’ultimo.”
Il cervello di Luka rifiutò di processare quella frase, ma la sua bocca non poté trattenersi.
“Che diamine vorrebbe dire?!” ringhiò.
Questa volta, Takashiro parve davvero preso in contropiede e necessitò di alcuni secondi prima di capire.
Yuki, che cosa gli hai fatto?!, pensò quando comprese.
“Lei non te l’ha detto, vero?” mormorò, scioccato.
Luka sollevò un sopracciglio. La sensazione di irritazione che provava al solo guardarlo continuava a crescere. Non rispose, incerto sull’argomento della conversazione, ma Takashiro sembrò prenderlo come una risposta perché si alzò. Chissà perché, Luka era certo che non fosse un buon segno.
“La Luce del Dio…” iniziò a dire Takashiro, tenendo gli occhi fissi su Luka per calibrare le sue reazioni. Non voleva essere lui a dare al Duras la notizia, ma ormai era troppo tardi perché Yuki potesse farlo di persona. “…non si limita a curarci.” Vada per la strada più lunga: non credo che renderà tutto più facile, ma meglio di niente. “Quando guarisce qualcuno, lei prende su di sé tutto il suo dolore, fisico e mentale.”
Gli occhi di Luka si illuminarono pericolosamente per un attimo quando comprese il proprio coinvolgimento nell’ultima ricaduta di Yuki. Takashiro non fu tanto sorpreso nel sentirlo chiedere se fosse stata lei a guarirlo, ma lo fu dalla rapidità con cui il Duras intuiva le cose. Sarebbe stato difficile indorargli la pillola in modo da convincerlo a rimanere con loro anche senza Yuki.
“Alla fine,” riprese a dire, sempre tenendo gli occhi fissi in quelli di Luka e sforzandosi di non mostrare nulla con il viso, “lei raggiunge il suo massimo di sopportazione. Il problema è che non porta su di sé solo il proprio dolore, ma quello di tante altre persone e perciò, in un attimo, oltrepassa il limite. Sai cosa succede in questo caso?”
Luka non lo sapeva e rimase impassibile. Ora era più che certo di non volerlo sapere, ma come al solito si ritrovava forzato contro la sua volontà.
Takashiro sbatté solo le palpebre, unico segno di solidarietà nei confronti del Duras, quindi si costrinse a dirlo.
“Perde la sua sanità mentale, la ragione. Impazzisce.” spiegò, poi i suoi occhi si scurirono un po’, “E muore.”
Luka rimase immobile. Non sentì nulla, nemmeno nel suo petto, se non una forte irritazione.
“La Luce del Dio è immortale.” sibilò, “Lo sanno tutti i demoni.”
Takashiro lo fissò per un lungo momento prima di scuotere la testa.
“La Luce del Dio raramente raggiunge i venticinque anni di vita, molto spesso non arriva nemmeno ai venti e quando gli attacchi dei demoni sono serrati non riesce nemmeno a vedere i sedici.” La sua voce era gelida e ferma, inespressiva, nonostante la realtà cruda che stava sbattendo in faccia a Luka. Venticinque, venti, quindici…non riusciva nemmeno a concepire delle unità di tempo così piccole, dopo quattrocento anni di vita. “Rinasce.” continuò a dire Takashiro, forse notando qualcosa che mutava nel suo viso, “Come tutti gli Zweilt, viene fatta reincarnare, solo che le sue morti e nascite vengono tenute segrete, così che i nostri nemici non ci attacchino a cuor leggero quando lei è incapace di aiutarci.”
Luka fissò Takashiro. Adesso iniziava a sentirsi molto giustificato nel detestarlo.
“Non è mai stata malata.” disse e Takashiro scosse la testa.
“Era al suo limite, ma chissà come la tua compagnia le ha dato un po’ di tempo in più.”
Limite. Luka iniziava a detestare quella parola.
“Quando mi ha guarito nel cimitero, ha oltrepassato il limite?” chiese.
Takashiro, come al solito, attese un attimo prima di annuire, come per prevedere la sua reazione, e Luka desiderò prenderlo a pugni in faccia fino a ucciderlo, ma era quasi certo che a Yuki sarebbe dispiaciuto.
Le sarebbe dispiaciuto…per quanto ancora, però? Quanto tempo le restava per rimproverarlo, per costringerlo a bere l’aloe, per giustificargli tutti i pasticci di Sodom, per…tutto?
“È tardi per fare qualcosa.” Takashiro ammise quando gli occhi argentei di Luka trapanarono i suoi con violenza inaudita. Il demone non si era mosso di un centimetro, rimaneva ostinatamente in piedi a testa alta accanto al letto, ma i suoi occhi erano passati dall’essere simili a mercurio all’essere palesemente delle lame pronte a fare a pezzi qualcuno. “Stiamo aspettando che sia alla fine, il rito della reincarnazione va compiuto sugli ultimi respiri.”
E fu a quel punto che qualcosa si spezzò dentro Luka. Qualcosa di importante che lui non aveva realizzato di stare provando.
Quando tornò dal suo attimo di introspezione, Takashiro era premuto contro il muro con la sua mano a stringergli la gola.
“L’ho portata qui subito.” ringhiò lo Zess, “Immediatamente, senza perdere un attimo. Come avete potuto non riuscire a curarla?!”
Takashiro non si prese la briga neanche di provare a difendersi, come se già sapesse che Luka non lo avrebbe ucciso, e questo fece venire voglia al demone di fracassargli la trachea.
“Non c’è rimedio per ciò che sta uccidendo Yuki.” ribatté il Giou.
Luka ruggì e i vetri delle finestre tremarono, alcune ciotole in equilibrio precario sui bordi dei mobili caddero e si fracassarono a terra. Takashiro non mosse un muscolo e continuò a fissare il moro negli occhi.
“Non comportarti come se ti stessi prendendo di sorpresa.” sibilò gelido, “Hai parlato nel sonno.”
Luka esitò per un attimo, realizzando una cosa. Perché il suo sogno sapeva del destino di Yuki?!
“Com’è possibile?”
“Evidentemente, quando ti ha guarito, Yuki ha stabilito un lieve legame mentale con te. O forse è stato il vostro Contratto. Comunque sia, devi aver percepito parte dei suoi pensieri nel momento in cui realizzava di stare per morire.” commentò il biondo.
Luka voleva così disperatamente ucciderlo da trattenersi a malapena dal farlo.
“Dov’è?!” ripeté, senza sprecarsi ad esprimere il soggetto.
Takashiro attese come al solito, ma stavolta Luka non aveva pazienza e strinse la presa sulla sua gola per ribadirlo. Alla fine, il Giou annuì.
“Seguimi.”
 
[A te che non ti piaci mai
e sei una meraviglia.
Le forze della natura si concentrano in te
che sei una roccia, sei una pianta, sei un uragano.
Sei l’orizzonte che mi accoglie quando mi allontano.]

Di fronte alla porta della camera di Yuki c’erano gli Zweilt e Luka poteva dire, dalla loro espressione e dalla rigidità delle spalle di Takashiro, che Yuki non era stata l’unica a non condividere alcune minuscole ma fondamentali informazioni. Tipo il suo essere in punto di morte o il fatto che avesse un Contratto con un Duras. Non che gliene importasse poi molto in quel momento, infatti tirò dritto ignorando il fatto che Takashiro si fosse fermato e raggiunse la porta.
Quando afferrò la maniglia, qualcuno lo prese per il polso e lui si limitò a fare ciò che aveva sempre fatto. Incanalò la magia nel punto del contatto, creò una scossa elettrica e si sbarazzò del problema mandando a sbattere lo Zweilt biondo –la Voce del Dio, se non ricordava male– contro un muro del corridoio.
Alle sue spalle, Takashiro rise appena.
“Dovresti imparare a gestire le tue relazioni sociali.” commentò, ma Luka non prestò attenzione né a lui né allo scompiglio che la sua presenza aveva creato tra le Mani dei Punitori ed entrò nella stanza.
Era tutto come quella mattina e al contempo tutto era cambiato.
Sodom era sdraiato per terra ai piedi del letto e uggiolava disperatamente senza sosta, le lenzuola candide erano le stesse perché vi era ancora la macchia verde della linfa d’aloe, ma la differenza sostanziale era che adesso la figura sotto le coperte era quella debole e pallida, inerme, di Yuki, non la sua, ferita ma non spezzata.
I capelli bronzo e cenere di Yuki erano larghi sotto la sua schiena, i suoi occhi grandi chiusi e la pelle chiara tesa sugli zigomi come se si fosse ristretta all’improvviso. L’aria puzzava di chiuso e del sudore di cui Yuki era zuppa e Luka poteva vedere la terra che le macchiava le braccia, larghe accanto al suo corpo e sempre in movimento, ora aggrappate alle lenzuola e ora alte nell’aria come a difendersi da qualche mosto in arrivo. Era pallida, davvero troppo, e sembrava che avesse perso parecchi chili in pochi minuti, riducendosi allo scheletro di sé stessa.
Luka aveva sperimentato tante forme di dolore nella sua vita, ma nessuno andava anche solo minimamente vicino a quello che lo colpì allo stomaco quando la sua mente realizzò lo spettacolo che le si parava davanti, tanto che per un lungo momento rimase bloccato in piedi, con il pomello tra le mani e il corpo sulla soglia.
“Lui può entrare?!” esclamò uno degli Zweilt, sgomento, alle sue spalle, e l’astio in quella voce fece riprendere Luka a sufficienza da fargli oltrepassare la porta per poi chiudersela alle spalle, lasciando fuori quel tramestio confuso.
Il silenzio della stanza, però, gli si presentò subito come peggiore, spezzato solo dagli ansiti e dai gemiti sofferenti di Yuki. Luka le si avvicinò lentamente, incerto su cosa fosse disegnato sul suo viso. Che espressione aveva in quel momento?, una triste?, una confusa?, o una rassicurante messa su per lei? Probabilmente aveva la sua solita, imperscrutabile, però in quel momento sentiva tante di quelle cose agitarsi nella sua testa e i suoi pensieri urlavano tanto forte che temeva gli si leggessero in faccia.
Yuki dovette sentire i suoi passi, o forse avvertì la sua presenza, perché aprì a fatica gli occhi. Quando lo mise a fuoco da sotto le palpebre semi aperte, sorrise lievemente e la pelle delle sue labbra, secche e raggrinzite, si spezzò su un angolo della bocca colorandolo di rosso.
Stupida… Stupida, stupida, stupida… Stupida!
Yuki sembrò sorpresa per un attimo, quindi però sorrise di nuovo.
“Va tutto bene, Luka…” mormorò piano, sforzandosi di alzare un braccio e di tendere la mano verso di lui.
Luka si affrettò a prenderla tra le sue, ma quasi rabbrividì quando sentì quanto fosse gelida. Con sua enorme sorpresa, Yuki strinse la presa e praticamente lo costrinse ad aiutarla a tirarsi a sedere.
No, stupida… Stupida, stupida, stupida Yuki…
Luka sollevò i cuscini e li appoggiò contro la testiera del letto per aiutare la sua mistress ad appoggiarvisi contro ma poi, quando ebbe fatto e tentò di lasciarle la mano, lei strinse la presa sulle sue dita.
“Starai bene, Luka.” gli disse lei, piano, “La mia anima non sarà purificata e la mia memoria rimarrà intatta, quindi il Contratto tra di noi non si spezzerà e tu non correrai alcun pericolo. Te lo assicuro, starai bene…”
Luka fu sorpreso da quelle parole. Non aveva nemmeno pensato alla faccenda del Contratto o di quello che sarebbe successo. Sinceramente, era l’ultima cosa che gli importasse in quel momento.
Stupida, non è quello che mi importa. Stupida, stupida, stupida… Stupida Yuki, stupida…
“Luka…” sussurrò allora lei, sorridendogli con dolcezza, “Stai parlando ad alta voce…”
Luka fece per aprire la bocca e replicare, ma scoprì che aveva effettivamente le labbra già aperte e ferme a metà dell’ennesimo ‘stupida’ che aveva continuato inconsciamente a ripetere. Chiuse la bocca e si morse la lingua fino a sentire il sangue giù per la gola.
“Va tutto bene, Luka.” ripeté Yuki, posando una guancia contro i cuscini pur di continuare a tenere la testa voltata verso di lui.
Tremava tutta, e convulsamente, per lo sforzo e Luka si chiese quante energie stesse usando solo per rimanere seduta, quanti dei minuti che le restavano stesse sacrificando solo per rassicurare lui. Era tutto così sbagliato.
“Va tutto bene.” ripeté, solo perché non aveva parole proprie da usare.
Yuki chiuse gli occhi e le occorsero parecchi secondi per trovare la forza di riaprirli, secondi che Luka trascorse teso come una corda di violino. Quando lo guardò di nuovo, lui tirò un sospiro di sollievo e Yuki, suo malgrado, sorrise.
“Ti amo, Luka.” disse, chiudendo gli occhi e regalandogli uno di quei suoi sorrisi luminosi e splendenti, di quelli che da soli facevano fuggire le tenebre più di tutti gli Zweilt messi assieme.
Eppure, sentendosi un bambino, Luka dovette chiedere.
“Cos’è l’amore?” sussurrò piano, poi, trovando sciocca la sua stessa domanda, si costrinse a specificare, “È la causa…del dolore che sto provando?”
Yuki sgranò per un attimo gli occhi, ma poi li assottigliò un po’ e le sue labbra si incurvarono appena, mentre sul viso le si posava quell’espressione dolce che faceva ogni qualvolta lui le diceva qualcosa di bello. Anche se non era sicuro di aver capito cosa le avesse detto di così gentile.
“Sì,” ammise Yuki in quel momento, stringendo appena la presa delle dita sulle mani del Duras, “amare qualcuno, a volte, causa sofferenza.” E, come a provarlo, lei iniziò a piangere piano. “Mi dispiace, Luka. Volevo dirtelo, ma è capitato tutto così in fretta e poi tu stavi ancora male e ho pensato che forse non era il caso di…di…” si morse il labbro inferiore, “Credevo davvero di avere più tempo.”
E, come a rimarcare quella frase, la porta si aprì, lasciando entrare un silenzioso e oltremodo serio Takashiro. Tra le mani, il capoclan Giou teneva la Chiave di Salomon e quell’oggetto bastò a far capire per cosa fosse venuto. L’uomo si avvicinò al letto, si mise dall’altra parte rispetto al demone e poi posò una mano sulla fronte di Yuki e iniziò a mormorare una strana litania, come se nella stanza non ci fosse nessun altro e quella sotto le sue dita fosse solo una bambola.
“Eccoci…” mormorò Yuki sospirando.
Luka deglutì, ma non disse nulla. Si avvicinò al bordo del letto e si piegò in avanti, poi le portò le labbra all’orecchio e le sussurrò una parola. Quando si staccò, lei lo guardò confusa.
“È il mio vero nome.” spiegò lui, scrollando le spalle. Yuki non disse nulla, ma Luka era certo che avesse compreso quanto quella sola parola significasse, quanto potere lui le stesse dando su di sé. “Sarò qui, quando ti svegli.” le sussurrò ed entrambi sapevano che quella frase aveva un significato molto più profondo di quanto non sembrasse, “Non ti tradirò mai.”
Yuki sorrise ancora e annuì, lentissima.
“Fa’ il bravo con gli altri.” si raccomandò a bassa voce, “E resta fuori dai guai.”
Un sorriso mesto salì anche alle labbra di Luka, che sentì i propri occhi bruciare in modo strano per la prima volta in vita sua e che si chinò su di lei per baciarle una guancia, unico punto del suo viso che potesse raggiungere per colpa della mano di Takashiro.
Quindi si staccò, strinse la presa sulla sua mano sempre più fredda e rimase fermo a guardarla, incurante della presenza di Takashiro o di qualsiasi altra cosa.
Nella sua testa c’era spazio per un solo pensiero: Ti prego, stupida, non andartene così.
 
[A te che sei l’unica amica
che io posso avere,
l’unico amore che vorrei
se io non ti avessi con me.
A te che hai reso la mia vita bella da morire,
che riesci a render la fatica un immenso piacere.]
 
E fu come un sogno sul fare dell’alba: tutto d’un tratto, tutto finì.
 
[A te che sei il mio grande amore ed il mio amore grande.
A te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più.
A te che hai dato senso al tempo senza misurarlo.
A te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore.
A te che sei, semplicemente sei.
Sostanza dei giorni miei,
sostanza dei sogni miei.]
 
Luka perse consapevolezza del mondo. Si rinchiuse in se stesso, nelle braccia abbandonate lungo i fianchi e nella sensazione di dita gelide che scivolavano via dalla presa inerte delle sue e nella schiena rigida fino a far male e nel viso congelato nella sua maschera di nulla.
Yuki…
Non lo disse ad alta voce, perché non sarebbe servito. Yuki non c’era più.
Luka tentò di pensarci, pensarci veramente, ma si scoprì incapace di farlo. Aveva convissuto con la morte per secoli, l’aveva invano desiderata per sé migliaia di volte e altrettante l’aveva portata in braccio con i suoi cadaveri e in lei aveva trovato la sua unica vera abilità, ma ora che la fedifraga si era presentata all’unica persona che lui avesse mai amato, l’unica cosa che desiderava era farla a pezzi e costringerla ad andarsene e a restare lontano.
“Sarà sempre così.”
Luka sollevò lo sguardo su quell’uomo, Takashiro, e lo fissò in silenzio mentre quello, palesemente provato dal rito per la reincarnazione, si alzava in piedi.
“Ogni volta” continuò questi con serietà, “sarà la stessa cosa. Dolore, dolore, dolore, dolore, follia, morte. Questa è la vita che aspetta la Luce del Dio. Riesci a capirlo?”
Luka non rispose. No, non lo capiva. Non capiva perché una persona come Yuki dovesse passare una sofferenza del genere, non capiva perché dovesse farlo per persone che conosceva a malapena e per un mondo per vedere il quale non avrebbe mai vissuto a sufficienza. Yuki diceva che era il suo dovere e lui, forse, quello lo poteva capire; ma questo non significava che gli piacesse.
“Riuscirai a sopportarlo?” lo incalzò Takashiro, ancora più serio, “Oppure tra un paio di vite ci tradirai e te ne andrai pugnalandoci alle spalle?”
Luka si raddrizzò, sempre più convinto che ammazzare Takashiro lo avrebbe fatto sentire meglio almeno in minima parte.
“Tradirvi?!” sibilò, guardando il Giou con espressione gelida e vagamente disgustata, “Io non vi devo niente, a nessuno di voi. Tu non ti fidi di me e io non ti ho giurato nulla, perciò se anche ti ammazzassi qui e ora non avrei tradito proprio nessuno e non proverei assolutamente alcun rimorso.” Spostò gli occhi sul corpo esausto e freddo di Yuki e dovette trattenersi dal tremare. “C’è una sola persona a cui appartengo, corpo e anima, e, lei, io non la tradirò mai.”
Takashiro sorrise a quella minaccia.
“Come vuoi, …?”
“Zess.” ringhiò Luka fissandolo con disgusto. Non meritava nemmeno una sillaba del suo nome, preferiva essere chiamato con il nominativo della sua razza che concedere una cosa così importante a quell’uomo.
“Ci conto, Zess.” disse solo Takashiro, prima di voltarsi e andarsene, chiudendosi la porta alle spalle e lasciando Luka e Sodom soli.
Il demone si lasciò cadere in ginocchio a fianco del letto e posò la fronte contro il materasso.
Mai., pensò chiudendo gli occhi, La tua anima, Yuki, è ciò che ho scelto. Quando tornerai, in qualsiasi tempo lo farai e qualsiasi sia il tuo aspetto, il tuo carattere o il tuo odore, mi troverai al tuo fianco. E questa volta ti proteggerò, riuscirò a difenderti. Non ti tradirò mai. Una sola lacrima, solitaria quanto lui e nella luce argentea come le sue iridi, cadde dal suo viso al pavimento. Mai. Non ti tradirò mai.
Io non ti tradirò mai.
 
[E a te che sei, semplicemente sei.
Compagna dei giorni miei,
sostanza dei sogni miei.]
 
FINE




 
Testo della canzone che inframezza il capitolo: "A te", di Jovanotti.





Salve!
Fine, immagino di aver già detto che detesto questa parola. Pazienza.
Lo so, non è il finale più bello che Luka potesse desiderare, ma questo è il destino che ha scelto amando Yuki e non sarebbe stato leale finire la storia con loro felici e contenti e fingere che potesse durare per sempre.
Parlando del capitolo in sé e per sé (che, lo so, è davvero lungo) ci sono parecchie note che vorrei fare, se non vi dispiace:
- all'inizio Yuki non cura Luka usando la Luce del Dio, semplicemente perché la teoria dice che quel potere ucciderebbe il Duras e non è certo questo che vogliamo, giusto? ;) ;
- Sodom ha migliorato il suo linguaggio, lo ammetto, ma ancora è agli inizi quindi, pur usando la prima persona, continua a pensare a sé stesso in terza, abbiate pazienza con il cucciolo:) ;
- il monologo di Yuki, da "Non è poi così terribile essere rinchiusa qui." a "Qualcosa da temere." è totalmente preso dal manga, in una delle scene di ricordi di Luka;
- la storia di Satana e la sua ipotetica limitazione di poteri è totalmente di mia invenzione, ma la storia della maschera di ossa no. Ricorderete tutti l'illusione creata da Elegy per Luka, l'uomo con il viso coperto da una maschera d'osso: ecco, la mia personale teoria è che quello fosse il precedente master di Luka, tantopiù che proprio il nostro eroe pensa a lui come 'qualcosa che è successo ad Infernus': ovviamente è solo una mia teoria e non ci sono prove, quindi abbiate pietà e lasciatemi fantasticare;
- il pestaggio di Luze come vendetta contro Luka è un'altra mia invenzione, niente che vi faccia menzione nel manga, ma volevo in qualche modo giustificare la rabbia di Luze per suo fratello e il suo continuare a rinfacciargli il peggioramento delle condizioni di vita dei Crosszeria in seguito al suo tradimento;
- la lotta con Cadenza è di nuovo una mia invenzione, ma quel Duras mi stava troppo antipatico perché non permettessi a Luka di farlo a pezzettini almeno un pochino, però ho fatto in modo di ricreare il paesaggio dell'inizio del manga, ossia il cimitero di rocce tutto devastato e Luka vestito con un mantello nero e pronto a combattere;
- il sogno di Luka è la completa ripresa dell'inizio del manga, ossia il sogno di Yuki :), ho voluto creare questo parallelo facendo sognare a Luka la stessa scena solo...come cameo, ecco;
- primo incontro di Takashiro totalmente di mia invenzione, volevo giustificare l'astio che poi Luka proverà per Takashiro in tutto il resto del tempo e ho pensato che far sì che fosse lui a dirgli che Yuki stava per morire fosse il modo migliore per renderglielo...antipatico XD;
- il dialogo Yuki-Luka, da "Ti amo" (scontato, lo so) a "Sì, amare qualcuno, a volte, causa sofferenza" è di nuovo uno dei ricordi di Luka nel manga (anche se ammetto che nei disegni Yuki sembrava un po' più...viva);
- il rito della reincarnazione non è descritto, lo so, ma è per il semplice fatto che non ho la pallida idea di come avvenga XD, in compenso ho messo il fatto che Luka dica a Yuki il suo vero nome perché nel manga poi lui racconterà al Yuki-ragazzo di avergli detto il proprio vero nome in quanto suo servitore;
- "Zess", chi l'avrebbe detto che una sola parola potesse darmi tanti problemi! Perché ho fatto pensare a Luka che Zess fosse la sua 'razza'? Spiegazione lunga, quindi ascoltate con attenzione: Luka è un Crosszeria, e fin qui non piove, e "Crosszeria" è un Clan, non una razza; il punto è che Luka racconta che tutti i Crosszeria sono così disprezzati ad Infernus che è loro proibito considerarsi parte della razza Duras (ossia "coloro che sono orgogliosi") e sono invece definiti Zess ("peccatori") come fossero una razza a sé. Tutto questo per spiegarvi perché Luka si presenta come Zess (stessa cosa che se io mi presentassi "Piacere, io sono Umana" -.-) e pensi a questo come il nome della sua "razza". Probabilmente non vi interessava, ma io ve l'ho detto lo stesso XD.
E fine anche delle note -.-
Non so che dire. Uragiri non ha il seguito che merita, secondo me, qui in Italia ed è anche per questo che la storia sta venendo pubblicata anche in Inglese (ne approfitto per ringraziare un'anonima che ha recensito sul sito in inglese dicendomi praticamente di stare quasi per accusarmi di essermi plagiata da sola XD Grazie, a parte gli scherzi: mi ha fatto molto piacere!) perciò ci tengo a dirvi che, se leggete in inglese e incappate in una storia dal titolo "The First Betrayal" by Agapanto Blu, non scioccatevi se vi sembra di averla già letta da qualche parte XD
Come sempre, per la mia Onee-chan, segnando sul nostro tabellone che di devo l'ennesimo cuore nuovo, dopo questo colpo finale XD E grazie a Brokeback91, unico/a altro/a abbastanza pazzo/a da recensire questo parto (p.s. scusa, ma ogni volta che provo ad azzardare il genere di uno dei recensori finisco immancabilmente per sbagliare e fare una figura orrenda -.-) XD
Che dire? Grazie, grazie a tutti per essere arrivati fin qui (so che non è stato facile -.-)
A presto,
ciao ciao!
Agapanto Blu


P.S.
Quasi dimenticavo: nel caso non si fosse capito, sono maledettamente, dannatamente innamorata di Luka XD

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