I can share my hell with you.

di Ameezy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sensi di colpa. ***
Capitolo 2: *** Il Boss ***
Capitolo 3: *** Sam. ***
Capitolo 4: *** Wimbledon. ***



Capitolo 1
*** Sensi di colpa. ***


Capitolo Primo: Sensi di colpa.

Tyson, il “giocattolino” che avevo usato per passare un’indimenticabile vacanza a Malibu Beach, irruppe in salotto, immediatamente sulla mia faccia comparve un’espressione di terrore. Joe e Chris, i miei angeli, coloro che mi hanno salvato dall’orfanotrofio,  si alzarono all’unisono dal divano, dandomi di spalle. Ero completamente paralizzata.

Tyson sembrava ubriaco, brutto segno. Estrasse la pistola dalla fibbia posizionata nella parte posteriore dei pantaloni e mi indicò con essa dicendo: -Muoviti puttanella, non ho tutta la giornata. Ti voglio nella mia auto. Adesso.- urlò l’ultima parola.

Incapace di muovermi rimasi ferma. Chris, il più protettivo dei miei due ‘colleghi’, fece un passo avanti e disse: -Lei non è una puttana e anche se lo fosse non sarebbe tua. Sì, è vero, non hai tutta la giornata perchè entro questa sera il minuscolo cervello che ti ritrovi smetterà di lavorare, sempre se l’ha mai fatto.- Joe sorrise alla battuta, l’avrei fatto anch’io se non fosse che ero intimorita dalla reazione di Tyson.

Quest’ultimo rispose: - Togliti dalle palle coglione se non vuoi fare una brutta fine.- rise aspramente puntando l’arma contro il mio difensore. Joe, a sua volta, prese la pistola dal retro dei suoi jeans, un’orribile visione per me, mirando verso Tyson.

In un istante vidi Chris accasciarsi per terra e il suo braccio sinistro ricoperto di sangue, poi un altro sparo, ma non m’importava più di tanto da dove provenisse il secondo. Mi avvicinai a Chris, con i sensi di colpa a mille. Velocemente gli strappai una striscia di maglietta e, con le mani tremanti, gliela legai più stretta che potevo al di sopra della ferita, per fermare la fuoriuscita di sangue. Presi il coltellino tascabile ed estrassi il proiettile dal braccio di Chris facendo attenzione a non danneggiare nessun muscolo o nervo. Ormai ero abituata a fare ‘interventi di chirurgia’ come questo con tutte le pallottole che avevo tolto da quei due.

Mi alzai per andare in bagno a prendere il disinfettante e mi ritrovai Joe davanti con il flacone e una confezione di cotone in mano: -Cercavi questi?- il solito spiritoso. Decisi di non rispondere. Presi il flacone dalle sue mani e lui mi lanciò il pacchetto praticamente in faccia. Ma dico io, proprio in una situazione come questa doveva fare il cretino? Alzai gli occhi al cielo per la frustrazione. Bagnai un po’ di cotone con il disinfettante e pulii il braccio di Chris, che ormai era svenuto.

Ad un tratto mi girai verso Joe, era tranquillamente seduto sul divano intento a fissarmi. Realizzai che il secondo sparo che avevo sentito era quello di Joe, che doveva aver ucciso Tyson. Ecco vicino all’ingresso il suo corpo senza vita steso per terra.

-Sai, mi chiedevo quando te ne saresti accorta.- disse Joe riferendosi allo sparo di prima.

-Non me ne ero accorta perchè i sensi di colpa mi stavano divorando viva.- feci un sorriso falsissimo.

-Perchè ti senti in colpa? Mica hai sparato tu a Chris.- chiese lui serio.

-E’ colpa mia perchè Tyson voleva me, o piuttosto il mio corpo. Ma non gli bastava essere stato scaricato a Malibu e trovarsi un’altra, doveva rintracciarmi e sparare a Chris.- dissi quasi isterica e prossima alle lacrime.

-Non è colpa tua e cerca di ficcartelo bene in quella testolina Skyla.- rispose disfacendomi lo chignon che andò a farsi benedire. In tutta risposta feci una smorfia con tanto di linguaccia, proprio come una bimba di otto anni. Ma contrariamente alla mia scetticità quelle parole mi rassicurarono, almeno per il momento.

Aiutai Joe trasferire Chris nella sua camera, domani le fitte al braccio saranno insopportabili per lui.

Mi raffiorò alla mente un insegnamento di Chris di quando ero ancora una novellina: “Nessuno di noi può andare all’ospedale se ha delle ferite da arma da fuoco, i dottori si insospettirebbero e chiamerebbero la polizi. E li si che sarebbero cazzi amari.”.

Accompagnai Joe in farmacia a prendere degli antidolorifici e dei sonniferi, non fecero domande grazie alla ricetta del medico falsificata. Erano davvero utili in casi come questi, perchè sarebbe sconsigliabile rapinare una farmacia, con tutte quelle telecamere poi...

Tornati a casa trovammo Chris sveglio e con un’espressione dolorante in viso. Prese subito le pasticche e mezz’ora dopo era già collassato sul letto.

Una settimana e mezza dopo avremmo avuto un importante incontro con il Boss. Doveva essere assolutamente in forma per quel giorno, noi eravamo la squadra più affidabile di tutta la California e di certo i suoi preferiti. Raramente ci convocava e questa volta avrà sicuramente qualcosa di urgente da dirci.

 
Ehy pipol! Questa è la prima storia che pubblico su efp, quindi non so esattamente come funziona..

Comunque qui potete capire in che tipo di ambiente si trova la nostra protagonista Skyla.

Nel corso della storia troverete alcuni flashback che verranno indicati dalla scrittura in corsivo.

Se avete delle domande riguardo alla storia chiedete pure nelle recensioni (:
E se volete chiedermi qualcosa su twitter io sono @loveamjb

Premetto già che non aggiornerò prestissimo, mi serve almeno una settimana per finire il prossimo e iniziare il terzo capitolo, anche perchè sono al primo anno di liceo e non voglio avere nessun debito.

Spero vi piaccia la storia come piace a me.

Vi prego mi potete lasciare almeno una recensione? Giusto per sapere chequalcuno sta leggendo.
Cia' pipol alla prossima c:

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Capitolo 2
*** Il Boss ***


Capitolo Secondo: Il Boss.

Venne il giorno dell’incontro. Chris, come previsto, era di nuovo in forma. Ero leggermente tesa per via della convocazione, speravo con tutta me stessa che non fosse successo nulla di grave e che il Capo non venisse a sapere della faccenda ‘Tyson’. Joe era sereno, come al solito. Non si preoccupava mai di niente, a volte mi chiedevo se provasse emozioni, ma subito scacciavo questi pensieri meschini dalla mia mente. Infondo gli volevo bene.

Scendemmo dalla macchna e subito ci vennero incontro due uomini vestiti di blu scuro che ci fecero cenno di seguirli. Obbidimmo. Arrivammo sul retro di un condominio a prima vista squallido, si fermarono ai lati di una porta di emergenza alquanto arrugginita: segno che dovevamo entrare. Percorremmo il tetro corridoio che conduceva ad una porta illuminata dalla fioca luce di un neon. L’aprimmo. Ci ritrovammo in uno scantinato faccia a faccia con il Boss che era seduto su una poltrona in pelle marrone palesemente consumata. Joe fece qualche passo in avanti, io e Chris lo seguimmo a ruota. Ora eravamo a pochi metri dal Capo.

Il Boss era un uomo sulla cinquantina, perennemente con un sigaro in bocca. Aveva il capo ormai privo di capelli, essi esistevano solo sulla sua nuca e sopra le orecchie ed erano di colore nero tendente al grigio, gli occhi erano due fessure piccolissime che riuscivano a trasmettere inquietudine anche in occasioni di felicità. Era abbastanza robusto, sembrava quasi che la cintura stesse per saltare da un momento all’altro. Al suo fianco non poteva mancare il suo braccio destro Dan, una sottospecie di mastino senza cervello e tutto muscoli il cui compito era stare costantemente attaccato al Capo proteggendolo anche a costo della propria vita. Al contrario Dan era molto alto e se non avesse avuto tutti quei muscoli da palestrato parrebbe anoressico, aveva occhi azzurri misti al grigio, tanto che sembravano di vetro, questi non facevano trasparire alcuna emozione. In certi versi poteva assomigliare ad un automa.

-Ecco la mia squadra preferita! Ragazzi siete sempre in perfetta forma voi.- disse elogiando il nostro aspetto fisico, tutto il contrario del suo... Ci limitammo a sorridere.

-Ad ogni modo...- riprese - vi ho convocati per parlarvi di una questione molto delicata.-

Stavo sudando freddo. Per quale cazzutissimo motivo non sputava il rospo? Avevo le mani intrecciate dietro la schiena che si torturavano a vicenda per l’eccessivo stress.

-Non voglio fare tanti giri di parole quindi andrò subito al dunque.- fece un tiro e continuò -Dopo questo week-end dovrete collaborare con un membro della nostra compagnia altrettanto in gamba quanto voi. Ho fissato un incontro per stasera, così potrete conoscervi.- il suo tono non ammetteva repliche.

-C-cosa?- chiese Chris leggermente scioccato dalla notizia.

-Hai capito bene Evans. Il collega del ragazzo in questione ha partecipato ad una gara clandestina di macchine, verso la fine della corsa è stato coinvolto in un incidente. E’ morto sul colpo.- spiegò con un pizzico di amarezza nella voce. Avrei potuto giurare che quelle piccole fessure che possedeva al posto degli occhi stavano diventando umide. O-H-M-I-O-D-I-O: il Boss era sull’orlo di un pianto. Infondo ci teneva ai componenti delle sue gang...

Si ricompose e continuò a parlare: -Sospettiamo che tra le automobili che gareggiavano nella gara ci sia stata quella di un kamikaze appartenente alla SWAT.- sputò con rabbia il nome della nostra principale gang nemica. A differenza di tutte le gang di Los Angeles noi siamo un enorme gruppo formato da piccole gang. E’ per questo che, in città, abbiamo più potere di qualsiasi altra gang. Anche per questo motivo tutti ci vogliono soffiare il ‘podio’ e vorrebbero essere al nostro posto.

-In questo modo Sam- molto probabilmente si stava riferendo al ragazzo con cui ci saremmo dovuti incontrare sta sera -correrebbe il rischio di essere eliminato da parte della SWAT. E io non voglio che lui stia da solo neanche per una frazione di secondo, è un membro importante degli Irons.- in tutto il tempo trascorso negli Irons non avevo mai sentito il Capo rivolgersi alla nostra ‘compagnia’ in terza persona, gli dava un tocco di sentimentalismo che apparentemente non possedeva.

-Quando e dove?- chiese inaspettatamente Joe riferendosi all’incontro che si sarebbe tenuto questa sera.

-Sunset Beach, alle 22:30. Ci sarà anche una missione, una di quelle semplici e sbrigative, giusto per mettere alla prova il vostro spirito di squadra dopo aver ottenuto un nuovo collega. Dan vi darà le informazioni necessarie al compimento della missione.- disse il Boss facendo un gesto con la mano come per dire al suo braccio destro di consegnarci il fascicolo contente i dati della nuova missione, dopodichè ci congedò con un augurio di buona fortuna.

Arrivati a casa ognuno di noi lesse attentamente la cartellina che ci era stata consegnata. Guardai implorante Joe e Chris, ma non servì a nulla.

-Mi spiace, ma lo sai come sono fatti questi compiti. Quando volevi entrare nella squadra noi ti abbiamo avvertito di tutti i rischi e pericoli che avresti potuto affrontare.- disse malinconico Joe. Gli dispiaceva davvero, lo si leggava dai suoi occhi diventati improvvisamente cupi. Per l’ennesima volta avrei dovuto fare la parte della gatta morta, cosa che non mi si addiceva proprio, e come se non bastasse c’era il nuovo componente: non volevo fare la figura della troia davanti al nuovo ragazzo, volevo essere presa seriamente, non ero di certo una ragazza facile io. Avrei cercato di fare una buona figura nel parcheggio dove ci saremmo incontrati per la prima volta e lui avrebbe iniziato ufficialmente a far parte della squadra.

-Va be’ non importa, ormai ci sono abituata.- dissi, ma mi maledissi immediatamente. Avevo dimenticato quanto questo facesse male a Joe, lui non voleva che facessi la parte della zoccola, ma sapeva che era l’unico modo per avere successo nella missione. Istintivamente lo abbracciai e mi diressi verso le scale per prepararmi all’incontro.

Dopo una decina di minuti passati a pensare su cosa fosse meglio indossare in quelle circostanze optai per un paio di pantaloncini neri di semipelle e un top avorio dove erano disegnate delle rose nere intersecate l’una all’altra, mi misi una collana dorata molto spessa e abbastanza pesante e a quello abbinai dei bracciali dello stesso tipo. Il dilemma più grande erano le scarpe, decisi di indossare qualcosa di comodo: le mie amate Converse alte con tanto di borchie dorate, in modo che richiamassero la collana e i bracciali. Per il trucco scelsi di utilizzare soltanto mascara, matita,  che usai solo nella parte interna dell’occhio, e del correttore per coprire le imperfezioni. Lascai i miei capelli biondo paglia sciolti, le punte azzurre che tanto amavo davano un tocco di colore all’outfit. In seguito mi osservai bene allo specchio e decretai che ero finalmente pronta.

 
Ehy pipol, ho finalmente aggiornato lol non picchiatemi perchè vi ho fatto aspettare così tanto
Alour, so che questo capitolo è noioso, ma serve per far capire come si incontrano Skyla e X (che sicuramente avrete capito di chi si tratta)
Perchè Skyla ha così tanta paura di fare una brutta figura davanti al nuovo arrivato?
Almeno una recensione riesco ad avercela? pliz.
Cia' belle al prossimo capitolo c:

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Capitolo 3
*** Sam. ***


Capitolo Terzo: Sam.


Chiusi lo sportello della Camaro di Joe, il gioiellino di cui andava tanto fiero. Ero stranamente ansiosa di conoscere questo ‘Sam’ ed ero anche terrorizzata al solo pensiero che si facesse un’idea sbagliata di me, dopo tutto avrei dovuto convivere con lui per minimo dieci anni. Aprì nervosamente la mia pochette alla ricerca del pacchetto delle mie adorate Camel che erano misteriosamente scomparse, mmh... La mia attenzione si pose su Joe che mi sventolava in faccia le sigarette.

-Stronzo! Ridammele, sono mie.- quasi urlai, questo deficiente mi faceva saltare i nervi ogni volta.

-Tientele pure. Quando ti deciderai a passare alle Marlboro?- domandò retorico restituendomi il pacchetto. In tutta risposta lo spinsi giocosamente con la mano e lui fece finta di cadere in avanti. Che coglione.

A farci tornare seri fu Chris: -Dai ragazzi abbiamo un importante incontro, vedete di non fare i cazzoni più di tanto.- scoppiai a ridere e contagiai anche gli altri due, per poco non rischiai di bruciarmi con l’accendino.

Inspirai e, con un gioco di lingua, ne feci uscire un anello di fumo. Le sigarette avevano un effetto calmante su di me. Ma non ne ero dipendente, a differenza di moltissimi ragazzi della mia scuola. Decidemmo di muoverci verso il furgone nero dove avremmo sicuramente trovato il nostro nuovo ‘collega’.

Lo trovammo lì assieme alle due guardie del corpo di questo pomeriggio. Era straordinariamente bello, nonostante il suo volto risultasse comune, ordinario, come se non avesse nessun particolare che lo differenziasse dalla massa. Cambiai del tutto i miei giudizi quando mi imbattei in quegli occhi: scuri, totalmente neri, ma che al tempo stesso ti ci potevi perdere con un solo sguardo, due pozze color pece in cui sarei potuta affogare e non me ne sarei dispiaciuta per niente. I capelli castano chiaro tendenti al biondo erano tenuti all’insù dal gel, ma continuavano a sembrare morbidi e soffici, come se la lacca non avesse indurito il capello. Indossava una maglia a maniche corte bianca abbastanza aderente che risaltava la sua carnagione e ne faceva intravedere il fisico, i jeans neri a vita bassa facevano da contrasto. Notai un luccichio attorno al suo collo, e che collo... Portava una collana proprio come la mia, a mo’ di catena.*

Aveva un’espressione divertita sul volto, oh merda aveva assistito a tutta la cena. Improvvisamente arrossii. Non era da me, era tutto troppo strano.
 
 

Li vidi scendere dall’auto, davvero un bel modello. Due di loro, una biondina e un ragazzo sui vent’anni, schiamazzavano per delle sigarette. Trovavo quella scena molto divertente, di certo non mi sarei annoiato con la mia nuova squadra. Mi vennero incontro: un ragazzo, il più alto, aveva i capelli neri, quasi rasati e gli occhi marroni, nonostante indossasse la giacca di pelle si intravedeva la pistola infilata nei jeans, probabilmente lui doveva essere il leader, colui che aveva più importanza nella gang, dopo al Capo; il secondo ragazzo sembrava avere uno o due anni in meno del primo, aveva i capelli color biondo cenere e corti, aveva il mio stesso modo di vestire, maglia aderente sbottonata e jeans a vita bassa; poi la vidi e il mio povero cuore perse un battito o forse di più.

Era a dir poco mozzafiato. E come un bambino davanti alla vetrina di una pasticceria, o semplicemente come un completo idiota, mi incantavo ad ogni suo particolare. I suoi grandi occhi azzurri, che a guardarli meglio, si poteva capire che erano blu, come l’oceano: che qualcuno mi getti un salvagente, stavo affogando dentro quelle iridi sconosciute. I suoi capelli ondeggianti che alla luce del lampione risultavano ancora più biondi di quanto non lo fossero prima, con un accenno di tinta blu sulle punte. Le sue labbra rosee così sottili, ma allo stesso tempo carnose. Il modo in cui buttava fuori il fumo dalla bocca. Le sue gambe, che mi stavano provocando, erano troppo scoperte...

Improvvisamente una nuova sensazione si fece spazio dentro di me sovrastando le altre. Provavo forse gelosia? Probabile, anzi di sicuro ero geloso. Geloso che qualcun altro possa ammirare la sua maestosa bellezza, che imprevedibilmente consideravo già mia. Ma cosa cazzo mi stava succedendo? Mi auto convinsi che era solo attrazione fisica.

Ma dopo essermi convinto di tutte queste puttanate rincontrai i suoi occhi che erano come intrecciati ai miei e nella mia testa ci fu un black-out che mi impediva di pensare tutt’altro che a lei.
 
 

Ci stavamo fissando da un paio di minuti e sicuramente Joe e Chris se ne erano resi conto. C’era uno strano silenzio imbarazzante dovuto anche dalle due guardie del corpo che osservavano la scena con occhi assenti, spenti.

Joe, attirando l’attenzione del ragazzo e interrompendo il silenzio, domandò: -Sei tu Sam, gusto?-

Quest’ultimo annuì lievemente. A sua volta disse: -Davvero una bella macchina.- e fece un cenno col capo indicando la Camaro. Cavoli che voce, roca e sensuale. Ma che mi prendeva? Pensavo come una cagna arrapata e la cosa non mi piaceva, per niente.

Joe annuì come segno d’assenso, poi si rivolse ai due che sorvegliavano la scena: -Adesso potete andare, d’ora in poi ce ne occupiamo noi.-

Non se lo fecero dire due volte che salirono in macchina e uno di loro accese e mise in moto il veicolo e sfrecciarono verso una meta a noi sconosciuta.

Ricaduti in un silenzio tombale questa volta decisi di rompere io il ghiaccio, pregando un Dio che da sempre mi andava contro di non balbettare qualcosa di incomprensibile.

Dissi la prima cosa che mi passava per la mente senza soffermarmi a riflettere neanche mezzo secondo: -Ne vuoi una?- gli porsi il pacchetto sperando di aver usato un tono gentile e abbastanza cordiale, dato che non capivo nemmeno più io cosa avevo detto, mi ero persa nei suoi occhi che reputavo dannatamente affascinanti e magnetici.

-No grazie, non vorrei riprendere il vizio.- rispose con altrettanta gentilezza. Per un millesimo di secondo stava per chiudere un occhio per farmi l’occhiolino. Ma forse ci ripensò o era soltanto la mia fantasia che stava divagando inutilmente.

In ogni caso: che gran figura di merda! Ma daltronde non lo potevo sapere, tentai di rassicurarmi.

-Ah, e così a me non le offri? Ma dimmi te che ingrata. Sti cazzi che dopo ordino il drink per te.- si intromise Chris fingendosi offeso. Risi di gusto e forse un sorriso lo strappammo anche a Sam. Eh sì, avevo ancora sedici anni, a maggio ne avrei compiuti diciasette, quindi per lo Stato della Califonia ero ancora troppo piccola per assumere alcolici.

-Tanto Fred o George, come cavolo si chiama quel cameriere, me lo porta lo stesso un sex on the beach.- dissi facendoli la linguaccia e causando la risata di tutti, compresa quella di Sam. Per la prima volta sentii la sua risata, mi girai di scatto, senza volerlo e lui smise subito, ma il sorriso non se lo tolse dalla faccia, a mia volta gli sorrisi. Poi abbassai lo sguardo cercando di nascondere l’improvviso rossore che si era impadronito delle mie guancie. Buttai per terra il mozzicone che restava della mia sigaretta e lo spensi con il piede.

-E comunque bastava chiederlo.- ripresi tendendo il braccio verso Chris con il pacchetto aperto in mano.

-No, adesso non più. E’ meglio entrare, sono già le undici meno un quarto. Il nostro cliente ci starà già aspettando.- riprese declinando la mia offerta.

Joe ci superò con al suo fianco Sam. Iniziarono a parlare della missione e percepii solo la prima domanda fatta da quest’ultimo -Ci hanno assegnato una missione?- poichè Chris mi venne vicino e si avviò con me verso l’entrata dicendo: -Qualcuno qui si è preso una bella sbandata eh? Non vi staccavate gli occhi di dosso neanche per un minuto.-

Cazzo, ora che rispondevo? Mi limitai a fare una smorfia e mi concese una tregua, probabilmente momentanea.

Joe e Sam ci aspettarono davanti all’ingresso. C’era un sacco di gente in coda, dopotutto era il pub più frequentato della spiaggia. Saltammo la coda facendo sollevare dei gridolini di disaprovazione delle persone in fila.

-Cazzo vi urlate? Abbiamo prenotato, coglioni.- gridò Joe voltandosi verso la folla che si ammutolì immediatamente.
Joe entrò, seguito da Sam, che con un gesto ‘cavalleresco’, mi tenne la porta per non sbattermela in faccia. Gli sorrisi in segno di ringraziamento mentre io non mi feci problemi a lasciarla andare quando sarebbe dovuto entrare Chris, scorgendo Sam che se la rideva sotto i baffi. Aw, che carino...
 
 
 
*Scusatemi il termine, ma non riuscivo ad esprimermi in altro modo.



 
Aye pipol.
Eccovi il nuovo capitolo, se vi ho fatto aspettare troppo ditemelo.

Vorrei chiedere ai lettori "silenziosi" di lasciare una mini recensione anche composta da poche parole tipo "scrivi da cani" o "scrivi bene", "mi fa schifo sta storia" o "bella storia". Il punto è che vorrei lasciaste una traccia della vostra esistenza nella storia (:

Comunque parlando del capitolo non sono molto soddisfatta perchè i dialoghi non mi piacciono molto, ma non mi veniva in mente nient'altro...
Vi è piaciuto il punto di vista di Sam? Farei meglio a scrivere "POV's Sam" d'ora in poi?
E' davvero come dice Sam? E' attrazione fisica quella tra i due?

Ora è il momento delle vostre risposte!
Non chiedo granchè, come sempre almeno una recensione plizz
Cia' belle al prossimo c:

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Capitolo 4
*** Wimbledon. ***


Capitolo Quarto: Wimbledon.

George, il cameriere, ci fece strada tra i vari tavoli per raggiungere il numero 38, dove ci stava aspettado il nostro cliente: il signor Wimbledon. Entrammo in una stanza più appartata con tanto di separè, direi che era perfetto per parlare di affari. Arrivammo al cospetto di questo donnaiolo in pensione, informazione che avevo tratto dalla cartella fornita da Dan, è stata utile per farci capire con chi stavamo per commerciare. Già me lo immaginavo: un vecchietto sulla sessantina detentore del record ospedaliero di esami alla prostata e il cassetto del bagno sempre pieno di viagra e profilattici, il solito pappone in poche parole.

I miei sospetti vennero confermati dallo sguardo che mi rivolse Wimbledon. Probabilmente credeva di avere un’espressione, come dire.. Sensuale? Beh si sbaglaiva di grosso: i suoi occhi erano diventate due fessure a causa del rialzamento delle guancie, nelle quali si trovava un sorriso malizioso, ma allo stesso tempo terrificante. Soprattutto perchè proveniva da un vecchio depravato con cui avrei dovuto flirtare, perchè era così che funzionava. Le sue sopracciglia non la smettevano di tentennare nella mia direzione e la cosa mi stava urtando parecchio.

Mi girai verso Sam sperando che non stesse guardando o che fosse occupato a dialogare con i ragazzi, invece come tutti i presenti, compreso George, stava osservando la scena. Ma al contrario lui aveva un’espressione comprensiva che gli dipingeva il volto, come se fosse a conoscenza di ciò che mi spettasse fare. Non è che il suo sguardo mi rassicurò, ma fu come un’approvazione per me, come un consenso a cominciare ciò che sarebbe stato il successo della missione.

Voltandomi verso il tavolino in legno notai che George stava aspettando che noi ci accomodassimo per segnare sul taccuino, che stringeva tra le mani con lampante nervosismo, le nostre ordinazioni. Mi sedetti con fare civettuolo accanto a Wimbledon, che non stava aspettando altro per mettermi un braccio attorno le spalle, il quale evitai immediatamente tendendomi in avanti, beccandomi un’occhiataccia da parte di Chris posto dall’altra parte del tavolo. Sam si mise di fronte a me, affianco a Chris; mentre Joe era il capotavola alla mia destra.

George, a turno, prese le ordinazioni e con passo spedito si diresse verso il barman, suppongo. Iniziarono a parlare di affari. Fu Joe, il più autoritario, ad introdurre l’argomento con molta nonchalance devo ammettere: -Sai già che tipo di “pacchetto” prendere o possiamo esporti le varie tipologie?- chiese enfatizzando il termine ‘pacchetto’ con delle virgolette immaginarie.

-No, in realtà vorrei prendere il solito. Sai com’è quando ci si abitua ad un certo tipo non si riesce più a cambiare.- rispose ridendo di gusto, così mi sforzai di fingere una risatina. Veramente non sapevo cosa ci trovasse di così tanto divertente in quella sua squallida battuta, se così si può definire. Non era nervoso come quei drogati che hanno finito le dosi e vengono a comprarle, lui era calmo, come se avesse ancora qualche scorta a casa in casi di emergenza d’astinenza.

-Come scusa? Il solito?- s’intromise Chris sorpreso, ma continuò non aspettando la risposta -Per quanto ne sappiamo questa è la prima volta che decide di acquistare qualche partita da noi.- Quel Wimbledon ci stava nascondendo qualcosa.

-No! Non è assolutamente vero, il mese scorso ne ho presa una di eroina in una palazzina appena alla fine della Valley, prima del confine con Sherman Oaks.- replicò Wimbledon alzando notevolmente il tono della voce e di conseguenza attirando l’attenzione di qualche vip esclusivo capitato nell’area più riservata del pub.

-Abbassa quella cazzo di voce, vuoi che ci arrestino per caso?- sputò Sam innervosito. La mia attenzione si focalizzò su un dettaglio che non avevo mai notato prima d’ora e che di certo non avrei più scordato: una sottile vena sul suo collo si era gonfiata e grazie alla sua carnagione abbronzata poteva sovrastare le altre appena accennate. Devo ammettere che stavo letteralmente sbavando.

Decisi di frenare i miei ormoni assieme al mio interesse verso Sam voltandomi per guardare meglio Wimbledon che aveva avuto tutto il tempo per rilassare i nervi e appoggiarsi correttamente allo schienale della sedia e rimettere il braccio sopra la testiera della mia. Si accorse del mio sguardo e distolse il suo dal mio fondoschiena e mi rivolse un gran sorriso decisamente poco rassicurante, a differenza di tutti quelli di Sam...

Ad alleviare leggermente la situazione arrivò George con le nostre ordinazioni. Finalmente una cosa positiva: il mio amato ‘sex on the beach’ che iniziai a sorseggiare per scrollarmi la tensione di dosso.

-Quei bastardi della SWAT si stanno allargando troppo, ‘sti infami sanno che la Valley è il nostro territorio da sempre. Molto probabilmente si spingeranno oltre il confine, quindi oltre la route 101.- tentò di fare il quadro della situazione Joe mantenendo a stento la calma. Affogò la sua rabbia bevendo tutto d’un sorso il suo boccale di birra Heineken.

-Dobbiamo rimandarli indietro, se oltrepassano la Houston Street siamo fottuti.- pensò ad alta voce Chris.

-Beh, non saremo totalmente fottuti: se proprio riusciranno a sorpassarla ci basterà tenere uno scontro a fuoco tra la Houston e la Addison e se terremo testa riusciremo a mandarli dietro il confine.- ipotizzai con un’aria pensierosa, eravamo davvero nella merda.

-Mmh... Si sarebbe fattibile.- approvò la mia teoria Joe che volle più dettagli da parte di Wimbledon -Allora, quanto tempo fa hai comprato quella partita prima del confine con Sherman Oaks?- Tutti ci voltammo verso il nostro nuovo informatore ansiosi di una sua risposta.

-Ehmm... Non saprei, forse due o tre settimane fa. Ah, sì ora mi ricordo: è stato il 9 Marzo!- esclamò Wimbledon, almeno si stava rendendo utile.

-Quindi due settimane fa, Cristo.- disse sconsolato Joe. Chissà quanto avrebbero potuto avanzare quelli della SWAT in questo lasso di tempo.

-Potrebbero benissimo essere arrivati alla Ventura Street, cazzo questo non ci voleva.- sbottò Sam passandosi esasperatamente una mano tra i capelli che ritornarono subito alla loro posizione, cioè perfettamente tirati all’insù. Mi aveva tolto le parole di bocca. Ed era meraviglioso anche da irritato.

-Meglio andarcene, qua non concluderemo nulla.- decretò Joe con un tono autoritario, quello a cui non sapevo disobbedire, tranne quella volta...

 
Entrai in casa lasciando che la porta si chiudesse da sola in modo che non mi vedessero entrare e salire le scale per raggiungere camera mia e far finta di non essere mai uscita. Per mia sfortuna, a causa di un gioco di correnti d’aria, la porta si chiuse bruscamente lasciandomi lì a pregare tutte le divinità più remote e sconosciute eccetto Dio che la tv fosse al volume massimo così da non aver sentito la porta sbattersi. Ma i miei tentativi furono vani. Joe arrivò dalla cucina e si appoggiò allo schienale del divano a fissarmi con uno sguardo inquisitorio, mentre Chris si limitò a girare la testa verso di me restando seduto sulla sua dannata poltrona. Io me ne stavo ferma lì, sull’uscio di casa, senza spiccare una parola, neanche una scusa lontanamente plausibile per spiegare la mia fuga.

“Ti facevo più furba Skyla. Pensavi davvero che non ce ne saremmo accorti?” disse Joe, cazzo se l’avevo deluso, ora sentivo di avere la coscienza sporca. Con tre veloci passi, o dovrei chiamarli falcate, mi fu vicino. Fissò il suo sguardo nel mio che a stento riuscivo a reggere. Merda, questo non ci voloeva...

“Scommetto che sei andata dal tuo amichetto Michael e non avete fatto altro che sniffarvi cocaina, magari anche tagliata male.” Sputò quelle parole con disprezzo. Per la prima volta da quando lo conosco mi aveva ferita e faceva dannatamente male.

 
Mi risvegliai da quello stato di trance in cui ero caduta e rivolsi la mia attenzione su Joe che aveva decretato di portare con noi anche Wimbledon, per ottenere maggiori informazioni suppongo. Saremmo stati davvero stretti in quella Camaro in stile anni ’90.

Arrivati nel parcheggio Chris decise che sarebbe stato davvero giusto farmi sedere nei sedili posteriori proprio in quello al centro. Una cosa molto valida da far fare ad una persona claustrofobica quella di schiacciare una ragazza dal fisico gracile tra un ragazzo mozzafiato e un vecchio ciccione.

No, aspetta avevo davvero pensato a Sam in quel modo? Lo scrutai velocemente. Be’ di sicuro non si poteva dire che era brutto, ma anche se lo avessi voluto non potevo vederlo in quel modo...

Il motore rombò e Joe mise la terza e partimmo, purtroppo, secondo i limiti decretati dalla legge stradale. Il caro signor Wimbledon continuò la sua serie di avance, questa volta in modo più insistente del dovuto.

-Vi dispiace se fumo un po’?- chiesi sfoderando un sorriso beffardo sul mio viso.

-Attenta a non diventarci dipendente.- rispose Chris facendomi l’occhiolino dallo specchietto laterale.

-Senti chi parla.- sbuffai alzando gli occhi al cielo -Joe puoi abbassare la capote?- domandai con un tono che non ammetteva repliche.

-Agli ordini mia maestà.- disse Joe sfottendomi mentre il tettuccio della decappottabile scendeva fino a ripiegarsi su se stesso. Con un atteggiamento altezzoso allungai le gambe appoggiando e incrociando i piedi alcuni centimetri dopo il freno a mano.

Sam diede un colpo di tosse. Mi voltai verso di lui con un’espressione confusa cercando di capire il motivo della sua falsa mossa. Lui prima spostò lo sguardo da me a Wimbledon, per accertarsi che non stesse guardando, poi lo rivolse dinuovo a me e portò alla bocca la mano sinistra mimando il gesto di fumare. Aveva capito la mia scusa per non farmi toccare da quel pervertito ed era impressionante. Gli rivolsi un sorriso rapido ma sincero, come per ringraziarlo di avermi ricordato che in quel momento avrei dovuto prendere la sigaretta.

Mentre cercavo le mie Chesterfield blu accidentalmente sfiorai il bicipite di Sam con il mio avambraccio e qualcosa come una scossa calda e magnetica mi percorse la spina dorsale. Proprio come succede quando si hanno i brividi dal freddo, ma quella scossa emanava calore e mi riscaldava il cuore, da sempre gelido. Era una sensazione nuova e stranamente piacevole. Mi voltai leggermente verso il mio gomito e notai che anche Sam era girato verso le nostre braccia che erano ancora a contatto. Mi rigirai di scatto con la paura addosso, una paura sconosciuta e non identificata.

Presi una sigaretta e me la misi tra le labbra per poi accenderla e iniziare a fare dei tiri lenti e rilassanti. Tutto il fumo che espiravo lo indirizzavo verso Wimbledon che stava iniziando a tossire a causa del fumo passivo che respirava. Mi sentivo come realizzata, di solito non ero così perfida da far quasi strozzare una persona, ma in quel caso...

Il rumore di uno sparo mi fece smettere immediatamente di pensare.










Alour... Non mi uccidete pliz, so di avervi fatto aspettare tanto (ma credo ne sia valsa la pena) e spero che almeno una persona abbia aspettato questo capitolo.
Be' che dire, in questo capitolo iniziano a comparire i flashback.

Cosa c'è di così oscuro nel passato di Skyla che l'ha spinta a disobbedire persino a Joe?
E chi è questo Michael?
Come mai non ve ne ho ancora parlato?
(AHAHAHA no, okay scusatemi ma questa domanda ci stava, giusto per mettere uno po' di suspance lol)
Ah, e cosa più importante: Chi ha sparato a chi? E perchè?

Recensite dicendo le vostre opinioni, grazie di aver letto. Byeee c:

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