I'm not leaving you

di xX__Eli_Sev__Xx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Strange meeting ***
Capitolo 2: *** Who am I? ***
Capitolo 3: *** I'm Calliope's daughter ***
Capitolo 4: *** Nico di Angelo is back ***
Capitolo 5: *** The attack ***
Capitolo 6: *** Dangerous bonds ***
Capitolo 7: *** Don't leave me alone ***
Capitolo 8: *** This is not our last time ***
Capitolo 9: *** Help me, father ***
Capitolo 10: *** The war is finished ***



Capitolo 1
*** Strange meeting ***


I’m not leaving you


CAPITOLO 1

Strange meeting
 
«Tessa! Svegliati o farai tardi a scuola!» gridò una voce maschile dalla cucina di un piccolo appartamento di Brooklyn.
Uffa. Che noia questa scuola. Ma quando finirà? pensò la ragazza sollevandosi sulle braccia e stropicciandosi gli occhi. Controvoglia, si alzò dal letto e si vestì. Felpa azzurra, jeans attillati scuri e stivali. Prima di andare in cucina per la colazione, aprì la finestra e si affacciò. L’aria primaverile le accarezzò il viso e lei inspirò. Il rumore di clacson e frenate brusche riempì l’aria. Nonostante Brooklyn fosse un quartiere tranquillo, i rumori della Grande Mela raggiungevano anche l’appartamento dei Silver.
Theresa Silver, aveva sedici anni e viveva a New York con suo padre e la sua matrigna da quattro anni. Si erano trasferiti da Seattle dopo il matrimonio, dato che Hellen lavorava in uno studio legale in città. Suo padre l’aveva incontrata ad un convegno e qualche anno dopo si erano sposati. Anche lui era avvocato e aveva ottenuto un posto nello stesso studio di Hellen, perciò, oltre che passare molto tempo insieme a casa, si vedevano anche al lavoro. 
Tessa, invece, frequentava il quarto anno di liceo e lo odiava, come amava ripetere in continuazione. Lo considerava il periodo più brutto che potesse vivere una persona. Odiava i suoi compagni e i suoi insegnanti. L’unico che valeva la pena ascoltare durante la lezione era l’insegnante di scrittura creativa, per cui Tessa aveva un vero talento.
«Tessa!» insistette il padre.
«Arrivo!» ribatté lei. Chiuse la finestra e uscì dalla piccola stanza. «Eccomi.» annunciò una volta in cucina.
«Dormito bene, Tessa?» chiese Hellen, dolcemente.
«Sì, Hellen. Grazie.» le aveva chiesto più volte di chiamarla mamma, ma Tessa proprio non ci riusciva. Non aveva mai conosciuto la sua vera madre. Il padre le aveva raccontato che se n’era andata quando era molto piccola, perciò Tessa poteva dire di non aver mai avuto una vera mamma. Comunque, Hellen non era male. Si occupava di lei ed era sempre gentile. Insomma, la madre ideale.
Daniel, il padre, un uomo alto e dai tratti severi, stava seduto al tavolo della cucina intento a leggere un giornale. Tessa si sedette di fronte a lui e lo osservò. Occhi blu, capelli castano chiaro. Ordinato, preciso e all’altezza di ogni situazione. Tutto il contrario di lei: capelli neri ribelli, occhi blu come la notte, disordinata, ritardataria e dislessica. Tessa usava spesso porre tra i suoi difetti questa caratteristica che la perseguitava fin da piccola. Odiava essere dislessica. Era frustrante e rendeva ogni cosa molto più complicata, soprattutto per una ragazza che adorava la scrittura creativa.
«Papà?» lo chiamò lei.
«Mh-m…?»
«Mark mi ha chiesto se dopo la scuola potevo accompagnarlo ad assistere allo spettacolo di un gruppo dove suona un suo amico. E volevo sapere…»
«Se potevi andarci?» concluse suo padre per lei.
«Già.»
«Fammi pensare…»
«Non farò tardi. Promesso.» disse lei con sguardo implorante.
Il padre le osservò da sopra il giornale e poi accennò un sorriso.
«D’accordo.»
Lei si alzò dalla sedia e scoccò un bacio sulla guancia dell’uomo, che sobbalzò leggermente.
«Grazie, grazie, grazie!» esultò.
«Nulla. Ora vai o perderai l’autobus.» disse e Tessa corse in camera sua per recuperare la sua tracolla.
Uscì di casa appena in tempo per prendere l’autobus che l’avrebbe portata a scuola.
 
«Silenzio, ragazzi.» disse la professoressa di matematica, entrando.
Tessa la osservò. Quarant’anni, magra, alta. Avrebbe potuto fare la modella e invece eccola lì, a insegnare matematica in un liceo. Non aveva proprio polso per quel mestiere e lo aveva dimostrato in varie occasioni. Tessa era quasi dispiaciuta per lei. Avrebbe voluto che almeno qualcuno oltre a lei la seguisse durante le sue noiose lezioni.
«Ragazzi, cominciamo.» annunciò.
Tessa tirò fuori il quaderno e il portapenne.
«Dunque. Avevo assegnato dei compiti. Chi vuole venire a correggerli per la classe?» chiese la donna, sedutasi alla cattedra.
Oh, no. Ti prego, non me. Ti prego.
«Theresa?»
Perché? Perché a me? Su venticinque studenti, proprio io?
La ragazza si alzò dalla sedia e raggiunse la lavagna. Sapeva che ogni tentativo di opposizione sarebbe stato inutile. Inspirò profondamente e prese un gesso dal cassettino. La professoressa Smith dettò l’equazione e poi attese.
Tessa la osservò. I numeri cominciarono a muoversi sulla lavagna come tante farfalle, troppo veloci per osservarli. Lei strizzò gli occhi e distolse lo sguardo.
«Theresa? Stiamo aspettando.» la incalzò la professoressa.
Perché non vieni tu a risolverla? Non ne saresti capace! Non con una dislessia come la mia. pensò, ma riuscì a trattenersi dall’esplodere.
Dopo vari tentativi, decise che era tutto inutile.
«Non so come si risolvono.»
«Theresa.» la rimproverò la Smith «Se non comincerai a studiare, potresti anche rimanere bocciata.»
Tessa abbassò lo sgaurdo.
«Torna al tuo posto.» lei annuì imbarazzata e tornò a sedersi.
«È da ricovero. Chiunque saprebbe risolvere un’equazione del genere.» esclamò Caroline Cotton.
Sta’ zitta. pensò Tessa.
Caroline era la ragazza più carina del loro corso e, oltre ad essere attraente oltre ogni immaginazione, era anche intelligente. Una combinazione vincente.
«Caroline? Vuoi venire tu?» la chiamò la Smith.
«Con piacere, professoressa.»
Tessa ebbe l’impressione, per un momento, che la professoressa Smith volesse umiliarla, chiamandola alla lavagna ogni santa volta.
 
Alla fine della giornata, Tessa ringraziò ogni divinità conosciuta per non aver dovuto sottoporsi ad altre umiliazioni.
Raggiunse Mark e lo salutò.
«Ciao.»
«Ciao, Tessa.»
I due si incamminarono verso il club più esclusivo di Brooklyn. Era lì che avrebbe suonato il gruppo di Carl, era piccolo, ma molto frequentato. Si fermarono davanti alla porta, l’insegna ormai vecchia di anni, ondeggiava illuminata dalla luce del tramonto. Il cartello di metallo diceva: SETH'S CAFE'.
«Tra cinque minuti si comincia.» annunciò Mark.
Tessa annuì. Entrarono e si sedettero al fondo della sala, ad un tavolino isolato.
«Cosa suonano?» chiese lei.
«Canzoni scritte da loro.»
«E sono…?»
«Accettabili? Credo di sì.»
«Credi?! Quindi potrebbe essere un fiasco?»
«Già. Per questo ci siamo seduti qui. Se dovessero lanciare pomodori, non ci colpirebbero e potremmo scappare.» spiegò.
«Buona idea.»
Le luci si spensero e lo spettacolo iniziò.
«Vado a prendere qualcosa al bancone. Cosa vuoi?» chiese Mark.
Lei ci pensò su. «Ehm… Un cappuccino, grazie.»
«D’accordo.» e si allontanò. Tessa tirò fuori il suo quaderno di scrittura creativa e cominciò a scrivere la storia che aveva cominciato durante la lezione. Era un giallo. Aveva già una buona idea, ma avrebbe dovuto terminare la scaletta e cominciare la stesura.
Il gruppo cominciò a suonare. Sembrava che avessero preso parole a caso nel dizionario e le avessero messe una dietro l’altra senza tener conto del senso. La canzone, probabilmente, avrebbe dovuto parlare d'amore, ma più che altro sembrava un caos primordiale senza senso.
Oh, cavoli. Non tireranno solo pomodori. Sarà un miracolo se non li lapideranno.
«Ecco qui.» sbottò Mark, porgendole una tazza.
«Grazie.»
Si sedette accanto a lei e osservò le persone attorno a loro. «Li uccideranno.» annunciò.
«Già.» concordò Tessa e bevve un sorso del cappuccino dalla tazza.
Quando la canzone fu finalmente finita, ci fu un applauso forzato e sommesso. Anche Tessa e Mark si trattennero. Si sorrisero e Tessa decise di andare in bagno prima che qualcuno capisse che conosceva i ragazzi di quella band. Erano abbastanza intonati ma le loro canzoni facevano davvero pena.
«Vado in bagno.» disse all’amico e chiuse il quaderno che era rimasto aperto durante il “concerto”, di modo che l'amico non potesse leggere. Si fidava di Mark, perciò sapeva che non l'avrebbe mai aperto senza il suo permesso. 
«D’accordo.»
Si alzò dalla poltroncina e chiese al barista dove fosse il bagno.
«Sul retro, esci ed è la seconda porta sulla destra.» disse.
«D’accordo. Grazie.» e seguì le sue indicazioni.
Appena fu fuori, l’aria primaverile la risvegliò. Si avviò nel vicolo e osservò le varie porte. Ognuna aveva incollato sopra un cartellino, ma tentare di leggerli sarebbe stato inutile.
Seconda porta a destra. pensò.
Ad un tratto sentì dei passi alle sue spalle. Si voltò e vide una ragazza e un ragazzo alti e mori fermi a qualche metro da lei. Li osservò per un momento e poi si avviò verso la porta su cui, probabilmente, c'era scritto “Toilette”.
«Ciao.» le disse la ragazza, proprio mentre stava per aprire la porta del bagno.
Si voltò. «Ehm… Ciao.»
«Posso farti una domanda?» disse la ragazza.
Lo sguardo perplesso di Tessa sembrò non scoraggiarla. «Sì.» rispose lei un po’ incerta.
«Te le inventi tu, queste?» chiese sollevando una mano.
Tessa ci mise un momento a mettere a fuoco ciò che la ragazza teneva sollevato.
Come cavolo ha fatto a prenderlo? era il suo quaderno di scrittura creativa. Perché Mark non ha detto nulla? Lo uccido, quando rientro. nessuno poteva leggere le sue storie, a parte l’insegnante ovviamente.
«Quello è mio!» esclamò senza riuscire a trattenersi.
«Lo sappiamo.» intervenne con voce piatta il ragazzo.
«Dove l’avete preso?»
«Sul tavolino. Non dovresti lasciare incustodita la tua roba.»
«Questo non vi autorizza a prenderla.» ribatté lei con aria di sfida.
«Giusto.» intervenne la ragazza «Tieni.» e gettò a terra il quaderno.
«Grazie.» Tessa lo raccolse e lo pulì.
«Sono molto belli, comunque.»
«Devo presumere che l’abbiate anche letto, quindi.»
«Non abbiamo resistito. Vero, Martin?» disse rivolto al ragazzo.
«Sì. Sei davvero brava. Un vero talento.» disse Martin con un sorriso beffardo.
«Grazie. Adesso devo andare.» concluse velocemente Tessa e fece per voltarsi, ma la voce di lei la bloccò.
«Sai, le parole possono essere molto potenti.»
Ma cosa cavolo dice?
«Davvero? Molto interessante.» sbottò lei, infastidita.
«Già. Ho visto poche persone con un talento come il tuo.»
Ci fu un momento di silenzio in cui Tessa osservò meglio i due ragazzi. Erano sicuramente fratelli. Capelli neri e corti con le punte di un rosa pallido, sicuramente tinti, e occhi viola. Lenti a contatto. pensò Tessa.
«Sai…» cominciò la ragazza «ci interessi molto. Crediamo che ti sia speciale. Potresti piacere al nostro padrone.»
Tessa si lasciò sfuggire una risatina. Padrone? Vivono ancora come nel Medioevo?
«Perciò» continuò Martin «o vieni con noi di tua spontanea volontà, o ti dovremo costringere e, credimi, non ti piacerebbe.»
Ok, sono matti.
«No, che non vengo con voi.» disse Tessa.
«Sei sicura?» intervenne ancora la ragazza.
«Ovvio. E adesso devo andare. Ciao.» si voltò e girò la maniglia del bagno.
«Noi ti avevamo avvertita.»
Adesso basta. Sono stata gentile, ma mi hanno stancata. si voltò per dirgliene quattro, ma Martin e la ragazza erano scomparsi. Al loro posto, c’erano due persone che assomigliavano parecchio a due cadaveri.
Tessa indietreggiò senza fiato per la sorpresa.
Avevano occhi infossati, erano pallidi e la loro pelle sembrava raggrinzita. I loro vestiti eleganti erano stati sostituiti da tute grigie.
Ma che cavolo…? Tessa tentò di gridare, ma l’urlo le morì in gola.
«Verrai con noi, Theresa.» disse la ragazza. La sua voce sembrava allo stesso tempo di un’ottava più bassa e di una più alta.
I due si avvicinavano trascinandosi con un passo pesante.
«Cosa volete da me?» chiese in preda al panico.
«Che tu venga con noi, tesoro.» rispose Martin.
«No!» gridò lei «Neanche morta.»
«Morta non saresti più utile.» spiegò lui.
Hanno anche il senso dell’umorismo. Fantastico.
Adesso i due erano troppo vicini. Per Tessa era impossibile indietreggiare ancora, perciò appoggiò la schiena contro il muro e chiuse gli occhi.
«Ehi voi!» sentì gridare da una voce maschile.
Mark! pensò.
«Vi consiglio di andarvene.»
I due mostri risero. «Certo, come no. Il capo la vuole. Non lo deluderemo, mezzosangue.» esclamò Martin.
«Mi dispiace, ma oggi non porterete proprio niente al vostro capo.»
Tessa aprì gli occhi. Da quando Mark era così coraggioso? Quando si voltò per vedere cosa stesse succedendo, vide che chi aveva parlato non era Mark, ma un ragazzo all’incirca della sua età, alto e moro.
Chi cavolo è? E soprattutto perchè ha una spada in mano?
Il ragazzo si mosse così velocemente che Tessa fece fatica a vederlo. Si gettò contro i mostri e trafisse Martin con la spada lucente. La ragazza lanciò un grido, ma subito un'altra ragazza, anche lei con una spada, la trafisse proprio all’altezza dello stomaco.
Oh, mio Dio.
I due mostri scomparvero in una nuvola di polvere, il loro grido risuonò nel vicolo e poi, lentamente, si dissolse.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Questa è la mia prima storia su Percy Jackson. Ḗ una saga che ho adorato e spero che la ff che ho scritto vi piaccia. Le critiche sono ben accette!
Fatemi sapere cosa ne pensate, a presto.
Izzy, xX__Eli_Sev__Xx

 

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Capitolo 2
*** Who am I? ***


I’m not leaving you
 

CAPITOLO 2

Who am I?

 
Tessa osservò la polvere che veniva trascinata via dal vento e poi volse lo sguardo verso i due ragazzi: sorridevano soddisfatti.
«Ehi! Ehi!» un ragazzo con due stampelle e uno zainetto arrivò di corsa nel vicolo. Era senza fiato per la corsa «Che mi sono perso?» chiese.
I due risero. «Ogni cosa.» disse il ragazzo sorridendo.
La ragazza aggiunse: «È stato divertente.»
«Accidenti! Non potevate aspettarmi?! Non è facile con queste!» esclamò avvilito indicando le stampelle. I due risero ancora.
«Se avessimo aspettato, l’avrebbero uccisa.» spiegò il moro.
Tessa li osservava stupita. Si era accovacciata con il muro per proteggersi dai mostri e adesso stava seduta con gli occhi sgranati. Aveva appena assistito ad un assassinio. I corpi si erano volatilizzati e quei ragazzi stavano ridendo e scherzando tranquillamente.
Forse sto impazzendo. O sto sognando.
Ad un tratto la ragazza si voltò verso di lei e le sorrise.
«Che fai lì per terra?» chiese.
Tessa le rivolse uno sguardo interrogativo.
«Io… cosa… cosa…» tentò di parlare.
«Erano zombie.» intervenne il ragazzo.
Oh, adesso sì che è tutto più chiaro.
«Voi li avete…» continuò.
«Uccisi? Bè, tecnicamente sono già morti. Li abbiamo solo rispediti da dove sono venuti.» spiegò il moro.
«Oh, mio Dio.» esclamò Tessa portandosi una mano alla fronte.
«Aspetta, ti aiuto.» disse il ragazzo e le porse la mano. Lei la ignorò e si alzò da sola. Si pulì i jeans e la maglietta. Raccolse il quaderno e lo strinse al petto.
«Chi siete voi?» chiese infine.
Il moro sorrise e le tese di nuovo la mano. «Percy Jackson.»
«Annabeth Chase.» disse la ragazza alzando una mano in segno di saluto.
Il ragazzo con le stampelle ne sollevò una e si presentò. «Grover Underwood.»
Lei annuì. «Tu sei…?» chiese Percy.
«Tessa Silver.» i tre sorrisero.
«Sei una Mezzosangue?» chiese Grover.
«Una cosa?» domandò lei di rimando.
«Una Mezzosangue.» intervenne Percy «Figlia di un dio dell’Olimpo e di un umano.»
Lei rise. «State scherzando, vero?» si incamminò verso la porta del locale «Siete pazzi quanto quei due… cosi.»
«Non siamo pazzi. Siamo Mezzosangue.»
«Gli Dei, non esistono.»
«Invece sì. Io sono figlio di Poseidone. Annabeth di Atena.» disse indicando l’amica.
«E lui di chi? Di Vulcano?» chiese ironica.
«No, lui è un satiro.»
Tessa rise ancora. «Non fatemi ridere.»
«Sei una mezzosangue. Per questo hai visto quegli zombie. Non hai idea di quante creature pericolose popolino il nostro mondo. Scommetto che sei anche dislessica.»
Tessa si bloccò. «Come…?»
«Tutti quelli come noi lo sono. Devi venire con noi al campo Mezzosangue.» intervenne Annabeth.
«Il campo Mezzosangue? Cos’è una prigione per matti?»
«No. Lì sarai al sicuro.» continuò la bionda.
«Non ci penso nemmeno. Io me ne torno a casa mia. Tanti saluti.» ed entrò dalla porta sul retro.
«D’accordo. Se cambierai idea, noi saremo nei paraggi.» concluse Percy, ma lei se n’era già andata.
«Credi che sopravvivrà fino a questa sera?» chiese Annabeth.
«Non lo so. Teniamola d’occhio.» concluse Percy e insieme agli amici si allontanò lungo le strade di New York.
 
Tessa rientrò nel locale, dove Mark stava parlando ai suoi amici. Quando la vide sorrise rincuorato. Era stata via per molto tempo.
«Ragazzi, lei è Tessa.» la presentò.
«Ciao, Tessa.» disse i cinque ragazzi.
«Ciao.»
«Bè, adesso devo andare. Ci vediamo.» li salutò Mark.
Tessa prese la sua tracolla, ci infilò il quaderno e insieme all’amico uscirono dal Seth’s cafè.
«Ma dov’eri finita?» chiese una volta fuori.
«Ehm… Non mi sentivo molto bene e…» non era molto brava ad inventare scuse. Ma Mark sembrò crederci.
«Va meglio, ora?» chiese.
«Sì.» non ebbe il coraggio di raccontargli ciò che le era successo. Non ci avrebbe mai creduto. Erano cose da… matti.
 
Una volta a casa, Tessa non era nemmeno affamata. Ciò che le era successo era stato pazzesco. Non avrebbe nemmeno potuto raccontarlo ai suoi genitori, cosa avrebbero pensato?
«Tutto a posto, Tessa?» chiese Hellen, vedendo che stava indugiando sulla pizza.
«Certo. È che ho mangiato al pub e adesso non ho molta fame.» mentì.
«Hai finito i compiti?» chiese il padre.
Lei si voltò e rispose. «Sì.» lui annuì e tornò a mangiare la sua pizza con peperoni.
 
Tessa si addormentò in pochi minuti. Era così stanca che non riuscì nemmeno a disfare la cartella e prepararla per il giorno seguente.
Alle undici, però, venne svegliata da rumori che provenivano dal salotto. Si sollevò sui gomiti e osservò la porta della sua stanza. Dallo spiraglio proveniva una luce. I suoi erano ancora svegli.
Si alzò e decise di andare a bere un bicchiere d’acqua.
Entrò in salotto, ma subito si bloccò, pietrificata.
«Scappa, Tessa!» gridò suo padre. Dietro di lui c’erano due ragazzi di qualche anno più grandi di lei e stavano puntando alla gola dei suoi genitori due coltelli.
«Papà!» gridò lei.
«Vattene!» strillò lui di rimando.
Lei esitò un momento, poi si voltò verso la sua stanza. Un ragazzo biondo era dietro di lei. I suoi occhi azzurri la stavano osservando attentamente.
«Ciao.» la salutò. Lei indietreggiò. In parte per lo spavento e in parte perché rimase affascinata dal suo aspetto. Era davvero bellissimo.
«Che cosa volete?» chiese, tornando alla realtà.
«Volevo conoscerti. Sono Luke Castellan.» e le tese la mano.
Lei la osservò ma non si mosse. «Volevi conoscermi?» chiese.
Lui sorrise e annuì. «Vorrei farti una proposta.»
«Proposta?»
«Unisciti al mio esercito.»
«Ma di cosa stai parlando?» chiese Tessa, confusa.
«Sei una Mezzosangue. Dovrai pur schierarti con qualcuno.»
Tessa si voltò verso il padre.
Mezzosangue? Ma cosa sta prendendo a tutti? Schierarmi? Con chi e contro chi, poi?
«Lei è una Mezzosangue, non è così?» domandò Luke, rivolto al padre di Tessa.
«Sta’ lontano da lei.»
«A giudicare dal suo sguardo, non ne era a conoscenza.» disse, poi tornò a guardare Tessa «Dunque, passiamo alle spiegazioni. Sei una Mezzosangue, quindi uno dei tuoi genitori è una divinità dell’Olimpo.»
Lei rimase spiazzata. Sono tutti matti.
«È in corso una guerra tra Dei e Titani. Io lavoro per Crono.» continuò. «Ne hai mai sentito parlare?»
Tessa si ritrovò ad annuire. «È il padre di Zeus, Ade e Poseidone.» è assurdo, sono tutti miti.
«Esatto. Molto brava. E conosci anche la seconda parte della storia?»
Tessa annuì ancora. Tanto valeva stare al suo gioco. Magari sarebbe arrivato qualcuno ad aiutarli.
«Aveva tentato di divorare i suoi figli per paura che prendessero il potere, ma loro riuscirono a ucciderlo, farlo a pezzi e gettare i suoi resti nel Tartaro.»
«Fantastico. Sei molto preparata.» si complimentò Luke.
«Non capisco cosa centri questo con me.»
«Centra.»
«In quale modo, se posso chiederlo?» forse sono stata troppo sfacciata. Hanno dei coltelli puntati alla gola dei miei genitori. Sta’ attenta, Tessa.
«Tu sei figlia di una divinità.»
«No. Impossibile. Mia madre se n’è andata quand’ero piccola. Ero figlia di un’umana.» spiegò.
Luke sorrise amichevole. «L’hai mai incontrata?»
Tessa scosse il capo. Si voltò verso suo padre e lo osservò.
«Papà?» lo chiamò per cercare una conferma alle sue parole.
«Lui… ha ragione Tessa.» disse lui, amareggiato.
«Come?»
In quel momento, la porta si aprì con un colpo secco. Percy, Annabeth e Grover entrarono di corsa. Il presunto Satiro, pensò Tessa, non portava più le stampelle e correva come gli altri. Subito però vide che ciò che le avevano detto era vero: al posto dei piedi aveva dei zoccoli.
Oh, mio Dio. È un Satiro. Non mentivano.
Tessa indietreggiò e osservò la reazione di Luke. Non sembrava sorpreso. Li conosceva.
«Jackson!» esclamò e sorrise allargando le braccia.
Percy prese in mano una penna e la puntò contro il biondo.
«Non costringermi ad usarla.» disse.
Tessa rimase spiazzata. Una penna? Avevo sentito dire che le parole ferivano più della spada, però…
In un millisecondo la penna si tramutò in una spada affilatissima, la stessa con cui aveva ucciso gli zombie quel pomeriggio.
Ma cosa…? Io non capisco! Sono tutti matti? Sto sicuramente sognando.
«Che noia. Sempre la stessa storia. Non sei stufo di essere sconfitto?» chiese Luke sbuffando dalla noia.
«Divertente Luke. Lasciali andare e forse non vi farete male.» continuò Percy e indicò i due ragazzi che tenevano fermi i genitori di Tessa.
Luke rise e si allontanò da Tessa. Lei indietreggiò e si avvicinò al divano che era a pochi passi da lei.
«Mi annoiano questi combattimenti.» disse Luke e poi fece segno ai due ragazzi di seguirlo «Non ho bisogno di combattere. Lei verrà da me da sola, Jackson. Andiamocene.» i due ragazzi si allontanarono da Daniel e Hellen e seguendo il loro capo, uscirono.
Tessa osservò la porta e poi i tre ragazzi rimasti lì. Anche loro erano stupiti. Erano venuti e li avevano minacciati per poi andarsene?
«Ciao.» disse Grover rompendo il silenzio. Annabeth gli rivolse uno sguardo di rimprovero.
Tessa non rispose e corse ad abbracciare suo padre.
«Oh, papà! Stai bene?» chiese.
«Sì, non preoccuparti. Hellen?»
«Tutto ok.» rispose la donna. Tessa abbracciò anche lei e poi si sedettero insieme sul divano.
«Grazie, ragazzi.» aggiunse Daniel rivolto a Percy, Annabeth e Grover.
«Si figuri.» disse Annabeth, cordiale.
«Che cosa sta succedendo? Perché loro sono qui? Cosa voleva quel Luke?» chiese Tessa, tutto d’un fiato.
Lui le accarezzò il volto e le sorrise mestamente. «È ora che tu venga a conoscenza dell’intera storia.»
 
Percy, Annabeth e Grover si sedettero sulle sedie che Hellen offrì loro e ascoltarono il racconto del signor Silver con attenzione.
«Vari anni fa, conobbi una donna bellissima, a Seattle.» cominciò «Me ne innamorai immediatamente e passammo insieme vari anni. Trovammo una casa e ci stabilimmo lì. Dopo qualche tempo mi confessò di essere incinta. Ero così felice.» fece una pausa. «Dopo la tua nascita, però, mi raccontò un segreto che aveva mantenuto per anni. Lei non era umana.»
«Cosa?!» intervenne Hellen.
Daniel annuì e proseguì con il racconto «Io non capii. Lei mi spiegò che i miti sugli Dei dell’olimpo erano reali e che lei faceva parte di quel mondo.»
«Era una Dea?» chiese Tessa.
«No. Era una Musa.»
Percy, Annabeth e Grover si bloccarono. «Mi scusi?» intervenne Annabeth.
«Una Musa.» ripetè Daniel «Precisamente, Calliope.»
«La Musa della letteratura.» aggiunse Tessa.
«Esatto.» confermò suo padre «Poco tempo dopo, Calliope se ne andò. Non poteva rimanere qui a lungo. Doveva assolvere i suoi compiti sull’Olimpo.»
«Insomma, ci ha abbandonati.»
«Fu costretta. Ma mi fece promette che finchè avessi potuto ti avrei tenuta lontana dal suo mondo.»
«Perché?»
«Lo riteneva corrotto e pericoloso.»
«Lo è?» domandò Tessa rivolta ai ragazzi.
«Bè…» cominciò Grover, ma Annabeth lo bloccò.
«Non tutti sono corrotti.» disse la ragazza sorridendole.
«Luke lo è, non è così?» chiese Tessa. Era rimasta affascinata da quel ragazzo, ma sapeva in cuor suo, che non era buono.
«Lui lavora per Crono.» spiegò Percy. «Sta tentando di riportarlo in vita per sconfiggere gli Dei e dominare il mondo.»
«Fantastico.»
«E noi stiamo tentando di fermarlo.»
«Ma allora che cosa può volere da me?»
«Tu sei comunque figlia di una divinità. Deve reclutare Mezzosangue per la battaglia.»
Tessa annuì, stava cominciando a capire.
«Sarebbe molto più sicuro, per te, se tu venissi con noi al campo.»
Lei si volse verso suo padre, che abbassò lo sguardo.
«Signor Silver, Tessa non è al sicuro qui. E nemmeno voi, finché lei rimane.»
Lui annuì.
«Papà?» lo incalzò Tessa. Non era entusiasta di andarsene, ma se questo voleva dire sapere Hellen e suo padre al sicuro, allora se ne sarebbe andata.
«D’accordo. Portatela con voi.» acconsentì infine.
«Fai i bagagli, Tessa. Si parte.» sbottò Grover dopo qualche secondo di silenzio.

 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Ecco il secondo capitolo della mia storia!
Spero tanto che vi piaccia, fatemi sapere ;D!
Izzy, xX__Eli_Sev__Xx

 

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Capitolo 3
*** I'm Calliope's daughter ***


I’m not leaving you
 

CAPITOLO 3
I’m Calliope’s daughter

 
Tessa salutò suo padre e Hellen con la promessa che sarebbe tornata presto. Il signor Silver le raccomandò di stare attenta e chiese a Percy di proteggerla. Quando si salutarono la ragazza abbracciò forte i genitori, prese lo zaino in cui aveva infilato qualche vestito e uscì insieme a Percy, Annabeth e Grover.
«Sei pronta?» chiese Annabeth.
«Per cosa, esattamente?» chiese di rimando Tessa.
«Allenamento.» intervenne Grover. Lei lo osservò con aria interrogativa.
«Hai sangue di guerriero nelle vene.» spiegò Percy «Ben allenata, potrai aiutarci con la questione di Crono.»
«Guerriero?» chiese Tessa.
«Già.» annuì Percy.
«Sarà dura, ma diventerai un guerriera. Te lo assicuro.» disse Annabeth.
Tessa annuì incerta e li seguì lungo le strade di New York.
 
«Benvenuta al Campo Mezzosangue!» esclamò Grover.
Tessa si guardò intorno. Non vedeva assolutamente nulla. Solo… il bosco.
«Devi guardare aldilà della foschia. Concentrati.» le suggerì Annabeth.
Lei chiuse gli occhi per un momento poi li riaprì.
Il bosco era rimasto uguale, ma davanti a lei era comparso un arco altissimo ed elaborato. Sulla cima spiccava una scritta greca dorata.
Fantastico. Si deve sapere il greco se si vuole rimanere qui. E io sono anche dislessica.
Dopo un momento, però, le lettere greche sembrarono avere un senso. Tessa si bloccò, incredula. Adesso, dove prima stavano delle incomprensibili lettere dell’alfabeto greco, Tessa riuscì a leggere: CAMPO MEZZOSANGUE.
«Oh, cavolo.» le sfuggì.
Annabeth sorrise. «È perché il tuo cervello è impostato sul greco antico. Per questo sembra che tu sia dislessica.»
«Quindi, so leggere il greco?»
«Certo.»
«Fantastico.» esclamò Tessa entusiasta.
Sorrise, soddisfatta per quello che aveva appena scoperto e avanzò insieme ai suoi nuovi amici. Appena ebbe passato il varco del campo sentì una forza che la rinvigoriva.
Il campo era una visione bellissima. I campi verdi che si stagliavano per chilometri, i ragazzi e le ninfe che correvano liberi, le capanne di legno. Ogni cosa era bellissima.
«Vieni, andiamo da Chirone.» disse Percy e la tirò per un braccio.
«Aspetta,» disse lei avanzando «Chirone? Il centauro?»
«Esatto.»
«Quello che ha addestrato Achille e i più grandi guerrieri?»
Percy annuì e sorrise. «Te ne intendi.»
«Bè, mi piace la mitologia.» rispose Tessa, un po’ imbarazzata.
Dopo qualche minuto raggiunsero un’enorme villa fiorita ed entrarono nel giardino passando attraverso un piccolo cancello di legno.
Bussarono alla porta con il batacchio a forma di leopardo.
La porta si aprì.
«Vieni.» disse Percy. Tessa lo seguì e lo stesso fecero Annabeth e Grover.
Attraversarono un lungo corridoio e svoltarono a destra. Salirono una rampa di scale ed entrarono in una grande stanza arredata con quadri e mobili d’epoca.
«Salve, Signor D.» salutò Percy.
«Oh, Marty!» esclamò lui. Era alto e in carne, con le guance arrossate.
«Ehm… Veramente è Percy.»
«Sì, come ti pare. Chi è lei?» tagliò corto, voltandosi verso Tessa.
Lei si sentì osservata e indietreggiò di qualche centimetro.
«È la Mezzosangue che siamo andati a prendere a Brooklyn.»
«Davvero?»
«Già.»
«Non sembra una Mezzosangue.» concluse l’uomo.
Certo, che non sembro una Mezzosangue. Nessuno lo sembra. Credo. A meno che non si distinguano per i loro cento occhi o per le cento braccia.
«Dov’è Chirone?» chiese il signor D.
«Credevo fosse qui.» intervenne Annabeth.
«Bè, Elizabeth, se fosse qui, lo avresti sicuramente notato.» le fece notare lui.
Tessa si avvicinò a Percy. «Lui chi è?» chiese.
«È Dioniso.»
«Ma…»
«È stato confinato qui come punizione. Sbaglierà il tuo nome in continuazione. Non farci caso.»
Tessa annuì e tornò a guardarlo mentre si aggirava per la stanza come in cerca di qualcosa.
«CHIRONE!» gridò ad un tratto.
I quattro sobbalzarono e si voltarono verso la porta dato che sentirono dei passi. Probabilmente Chirone era davvero lì, solo in un’altra stanza, ma ovviamente il Signor D non aveva voglia di scomodarsi e cercarlo.
Chirone era il suo “vice”, anche se Dioniso amava fare di testa sua.
Il Dio si sedette alla scrivania e prese una bottiglia di vino. Se ne versò un po’ in un calice e quando fece per prenderlo, la bevanda, da rosso scuro si tramutò in un marroncino chiaro.
«Accidenti!» esclamò lui.
Tessa lo osservò sbigottita.
«Come punizione, se tenta di bere anche solo una goccia di vino, si trasforma immediatamente in Diet Coke.» spiegò Annabeth, sussurrando.
Tessa sorrise.
«Eccomi.» disse il Centauro entrando.
Tessa rimase sbigottita quando lo vide. Alto più di due metri e con il corpo metà umano e metà equino. I capelli grigi e la barba gli incorniciavano il volto. Aveva uno sguardo gentile e disponibile, il che era davvero una benedizione, soprattutto quando si deve vivere con un Dio come Dioniso.
«Chirone! Finalmente» esclamò il signor D «Questi ragazzi hanno recuperato un’altra Mezzosangue, dicono.» aggiunse con aria di diffidenza.
Grover scosse la testa e si lasciò scappare un verso di disappunto.
«Siete stati bravi.» disse il Centauro e sorrise a Tessa «Come ti chiami, signorina?»
Tessa sorrise timidamente e rispose. «Tessa Silver.»
«Abbreviativo di Theresa, immagino.» disse lui.
«Sì, signore.»
«Bene. In attesa di scoprire con quale divinità tu sia imparentata, potrei stare con Percy. La sua capanna è vuota da troppo tempo.» disse.
Dioniso, intanto stava cercando invano di bere dalla bottiglia. Ma il vino continuava a tramutarsi in Diet Coke. Emise un ringhio e si rassegnò, appoggiando i piedi sulla scrivania.
«Noi sappiamo chi è sua madre.» intervenne Annabeth.
«È forse una figlia di Atena?» domandò Chirone.
La ragazza scosse il capo.
«Allora chi è tua madre, Tessa?» chiese, questa volta, rivolto alla diretta interessata.
«Calliope.» rispose lei.
Il silenzio crollò nella stanza. Fu il signor D a romperlo.
«Cosa?! Le Muse non hanno mai avuto figli con umani.» esclamò.
«Suo padre ha detto che Calliope glielo rivelò prima di andarsene.» spiegò Percy.
«Molto bene.» li interruppe Chirone «Starai comunque da Percy. Non abbiamo capanne per i figli delle Muse. Provvederemo.» sorrise e li guidò all’uscita.
«Arrivederci, signor D.» salutò Tessa.
«Arrivederci, Marysa.» Tessa scosse la testa, Percy aveva detto che era normale, ma lei non ne era tanto certa.
 
Percy la guidò fino alla sua casa e le disse di sistemarsi dove preferiva.
«Grazie.» disse lei.
«Figurati.»
«Sei sempre rimasto solo?» chiese posando lo zaino sul letto.
«Non sempre. Per un po’ mio fratello è rimasto qui.»
«Hai un fratello?»
«Già. Si chiama Tyson. È un ciclope.»
Tessa lo osservò senza mostrare la minima sorpresa. Sapeva che i ciclopi erano figli di Poseidone.
Appena ebbe finito di sistemarsi, Percy le raccontò del patto tre Zeus, Ade e Poseidone e di tutto ciò che era successo da quando era arrivato al campo.
«Quindi Luke, è figlio di Ermes. Tu di Poseidone e Annabeth di Atena.» concluse lei dopo la fine della spiegazione, durata ben venti minuti.
«Esatto.»
«E la famosa Clarisse è da evitare.»
«Sì. Almeno, secondo me è da evitare.»
Tessa sorrise e insieme raggiunsero la mensa. Lei si sedette accanto a Percy.
«Qui, ogni casa ha un tavolo. Tu puoi restare qui, se vuoi. L’importante è che ti ricordi di offrire una parte del tuo cibo a tua madre.»
Tessa annuì e quando ebbe il suo vassoio, buttò nel fuoco una parte del suo cibo.
Questo è per te, mamma. Ovunque tu sia. pensò.
Tornò a sedersi accanto a Percy e gli sorrise.
«Ciao.» sentì dire da una voce alle sue spalle. Sia lei che il suo amico si voltarono e si trovarono davanti una ragazza molto carina. Era alta e slanciata.
«Ciao, Clarisse.» salutò Percy.
«È la nuova recluta, Jackson?»
«Sì. Lasciala in pace. D’accordo?»
«Non mi pare di averle fatto niente. Posso almeno rivolgerle la parola?»
Percy alzò gli occhi e tornò al suo vassoio.
«Mi hanno detto che ti chiami Theresa. Io sono Clarisse la Rue.»
Tessa annuì. «Tessa Silver.» si strinsero la mano.
«Se vuoi diventare davvero brava ti consiglio di unirti ai figli di Ares. Noi sì che siamo forti.»
Lei sorrise. «No, grazie. Non sono una figlia di Ares.»
«Non sarai figlia di Poseidone come questo sfigato?»
«No. Per la verità sono la figlia di Calliope.»
«Calliope? E chi sarebbe?» esclamò Clarisse.
«La Musa delle letteratura.» intervenne Annabeth e si sedette accanto a Tessa.
«Non la conosco.»
«Non mi stupisce.» aggiunse Annabeth sorridendo.
«Scusami?» ribatté Clarisse con voce tagliente.
«Bè, non mi stupisce che tu non la conosca.»
«Chase, ti consiglio di chiudere quella bocca, altrimenti…»
«Altrimenti?» la incalzò lei.
Percy si alzò in piedi e fermò l’amica. «Lascia stare, Annabeth.»
Clarisse le lanciò un’occhiataccia. «Sì, Annabeth. Ascolta il tuo fidanzatino.»
«Lui non è…» tentò di dire lei.
«Piacere di averti conosciuta, Clarisse. Adesso vorremo mangiare in pace.» intervenne Tessa.
La figlia di Ares la osservò e poi concluse. «Pensa alla mia proposta.»
«Ci ho già pensato. La risposta è no.»
«D’accordo. Peggio per te.» e se ne andò.
I tre tornarono a sedersi. «Preferisci stare con noi sfigati?» chiese Percy sorridendo.
Tessa sorrise a sua volta. «Non credo che siate degli sfigati. Mi avete salvata da due zombie.»
Annabeth e Percy risero. «Grazie.»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao! Ecco a voi il terzo capitolo della storia! Spero vi piaccia!
Fatemi sapere!
Un bacio, Izzy, xX__Eli_Sev__Xx

 

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Capitolo 4
*** Nico di Angelo is back ***


I’m not leaving you
 

CAPITOLO 4
Nico di Angelo is back

 
Dopo una settimana di addestramenti, combattimenti con la spade, tiro con l’arco e lezioni su come riconoscere i mostri e che tecniche usare per tener loro testa, Tessa era distrutta. Non era facile imparare, soprattutto perché la maggior parte dei Mezzosangue, cominciava ad allenarsi a dodici anni e lei ne aveva già sedici. Chirone le aveva detto che era normale che non fosse mai riuscita a vedere oltre la foschia: le divinità minori, come le Muse sono molto meno potenti, perciò lo stesso vale per i loro figli, se non allenati assiduamente.
Alle 17, Tessa raggiunse la sua capanna, dove Percy era intento ad osservare uno scudo appeso alla parete proprio sopra la testiera del suo letto.
«Tutto ok, Percy?» chiese entrando.
«Certo.» disse lui «Come sono andati gli allenamenti?»
«Bene. Ma sono distrutta.»
«È un buon segno.»
«Davvero?»
«Sì. Vuol dire che ci stai mettendo impegno.»
Tessa annuì.
La porta della stanza si spalancò proprio mentre lei stava prendendo l’accappatoio per andare a fare una doccia. «Grover!» esclamò.
«Amico! Che succede?» chiese Percy, andandogli incontro.
Il Satiro, ancora con il fiatone, bofonchiò qualcosa di incomprensibile.
«Cosa?» domandò Percy. Anche lui come Tessa non aveva capito molto.
«Ho detto…» ricominciò lui «Nico di Angelo è tornato al campo.»
«Davvero?» esclamò il ragazzo.
«Già.»
Tessa osservava la scena in silenzio.
«Vado da lui.» esclamò Percy.
Grover si accasciò sul letto dell’amico. Tessa lo osservò e sorrise, poi parlò. «Chi è Nico di Angelo?»
Lui si mise a sedere. «Lui è un figlio di Ade.»
«Il fratello di Bianca? La ragazza morta due anni fa?»
«Esattamente.»
«Dov’era finito?» domandò ancora Tessa.
«Era rimasto negli Inferi per convincere suo padre a schierarsi con gli Dei nella battaglia.»
«Battaglia?»
«Sì.»
«Ma Crono non è ancora…»
«Risorto? No. Ma presto tornerà in vita. E Ade combatterà.»
Tessa annuì. Salutò Grover e andò a farsi una lunga doccia.
 
Dopo essersi rivestita e aver raccolto la sua roba, Tessa si avviò verso la sua “stanza”. Oltrepassò le case di Dioniso, di Zeus dove una volta, le aveva raccontato Percy, abitava Talia e quella di Ermes. Per un momento si ritrovò a pensare a Luke. Perché aveva scelto di aiutare Crono? Perché aveva scelto di opporsi al bene?
Quando vide la capanna contrassegnata con un tridente, svoltò a destra. Entrò sotto il portichetto di legno e si avvicinò alla porta. La aprì, ma all’ingresso si bloccò.
Un ragazzo stava osservando la parete di fondo della casa, dove stavano alcuni oggetti appartenuti a Poseidone. Quando sentì la porta cigolare, si voltò. Tessa si bloccò. Biondo, occhi blu. «Luke.»
«Ciao.» salutò lui sorridendo.
«Cosa fai qui?»
«Curiosavo.»
«Lo vedo. Intendevo, cosa vuoi?»
«Volevo vederti.»
«Vedermi? Per quale ragione?» chiese Tessa. Non aveva paura di lui. Adesso era allenata e la sua spada era proprio vicino al letto. Le sarebbe bastato guadagnare tempo e lentamente avrebbe potuto afferrarla.
«Innanzitutto, perché sono in netto svantaggio.» spiegò lui.
«In quale modo?»
«Bè, ti avranno già detto tutto di me. Io, invece, non so nemmeno il tuo nome.»
«Tessa.» disse lei sbrigativa.
«Strano nome.»
«Diminutivo di Theresa.» spiegò lei, infastidita da quel commento.
«Clarisse la Rue sarà già venuta a chiederti di unirti alla sua schiera di guerrieri.» azzardò sorridendo come se la sapesse lunga, dopo un momento di silenzio.
«Forse.»
Il silenzio riempì la stanza.
«Sai, mi sono domandato come fosse possibile che a sedici anni tu non fossi ancora stata… richiamata.» continuò. Lo sguardo interrogativo della ragazza lo costrinse a continuare. «Dal tuo genitore divino.»
«Forse perché sono figlia di una Musa?» disse lei.
«Già. Eppure, ti ho osservata durante gli allenamenti, non sembri più debole di un Mezzosangue normale.»
«Mi hai osservata? Come…?» chiese lei sbigottita.
«Ho i miei trucchi.»
«Perché ti interesso tanto?» sbottò ad un tratto lei.
«Non lo so. Hai qualcosa…» si bloccò, non riusciva ad andare avanti «Sei… speciale.»
«Dovrebbe essere un complimento?» chiese lei. Era sempre più vicina alla spada.
«Sì, direi di sì.»
«Quindi?» lo incalzò.
«Sicura di non volerti unire al mio esercito?» mentre parlava, Luke si avvicinò. Era a pochi centimetri da lei. I loro occhi si incontrarono.
«Temo proprio che dovrò rifiutare.»
«Accidenti. Ci speravo.» e sorrise beffardo.
Tessa rimase incantata da quel sorriso, gli illuminava il volto e anche la cicatrice che lo deturpava sembrava scomparire... No, Tessa. Lui è il nemico. Il respiro della ragazza si fece affannato, il cuore le batteva a mille.
«Bè, non succederà.» insistette lei.
Lui sorrise e le sfiorò la guancia con il dorso della mano. «Sicura di non essere figlia di Afrodite?» chiese sorridendo e scoprendo i denti bianchissimi.
Lei allontanò la sua mano del viso e indietreggiò. «Sicura.»
Un rumore di passi li fece voltare verso la porta. Qualcuno stava arrivando.
Luke le sorrise ancora e accostò il viso al suo.
«A presto, Tessa.» le sussurrò all’orecchio.
Lei rabbrividì nel saperlo così vicino, ma proprio mentre stava per afferrare la spada, lui scomparve.
Lei rimase ferma, in mezzo alla stanza, fino a che la porta non si spalancò.
«Tessa!» esclamò Percy «Ti volevo presentare Nico di Angelo.»
Lei si voltò e sorrise. Non avrebbe detto a nessuno del suo incontro con Luke. Era entrato al campo, ma Percy aveva detto che lo aveva già fatto tante volte. Nessuno avrebbe dovuto saperlo. Nessuno doveva sapere del suo interesse per lei.
«Ciao!» disse lei e gli porse la mano «Sono Tessa.»
«Nico.»
«Nico è tornato dagli Inferi.» spiegò Percy.
«Davvero?» chiese Tessa, tentando di nascondere l’agitazione che ancora la attraversava «Fa molto caldo lì?» domanda idiota, Tessa.
Lui rise. «Insomma.»
«Hai già fatto la doccia?» domandò Percy. Lei annuì. «D’accordo. Andiamo a mangiare, allora?»
Nico e Tessa annuirono e seguirono l’amico fuori dalla stanza.
«Quindi sei figlio di Ade?» chiese Tessa ricomponendosi.
«Sì. E tu?»
«Figlia di Calliope.»
«Calliope?» domandò lui. Possibile che nessuno la conoscesse?
«Sì, la Musa della letteratura.» spiegò Tessa. Sentì Percy ridere e gli diede un buffetto sul braccio «Percy!»
«Scusa, scusa.» disse alzando le mani in segno di resa «È che nessuno la conosce.»
«Già. L’ho notato.» ribatté Tessa.
Nico sorrise. Doveva avere qualche anno meno di loro. Forse tredici.
«Bè, se ti può consolare, io non conosco quasi nessun Dio. E in questo campo sono tutti poco informati.» la consolò lui. Lei di rimando, sorrise.
Quando arrivarono alla mensa, si sedettero al tavolo di Poseidone e consumarono un’abbondante cena.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Come state?
In questo ultimo giorno di vacanza, prima di tornare tra i banchi di scuola per lo sprint finale, prima della maturità, vi offro il quarto capitolo!
Spero tanto che vi piaccia! Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate! Le recensioni sono ben accette!
A martedì con il prossimo!
Izzy, xX__Eli_Sev__Xx

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Capitolo 5
*** The attack ***


I’m not leaving you
 

CAPITOLO 5

The attack

 
Tessa stava aspettando il suo turno per il tiro con l’arco. Alcuni erano davvero bravi: scoccavano dardi senza esitazione e colpivano perfettamente il bersaglio, anche quando era in movimento. Altri invece, facevano molta fatica.
Ogni corso insegnava le basi e poi ogni guerriero sceglieva quello più adatto a lui. Tessa aveva scoperto di avere talento sia per l’arco che per la spada. Dopo un mese di allenamenti era diventata brava. Molti dicevano che era quasi al pari di Clarisse la Rue. Lei non ne era sicura, ma comunque ce la metteva tutta.
Quel giorno però aveva la testa da un’altra parte. Le era tornato in mente il suo incontro con Luke. Era stato strano, non solo perché lui provava tanto interesse per lei, ma perché Tessa si era sentita una persona orribile. Aveva provato sensazione bellissime, ma la persona era la peggiore che avesse mai incontrato.
Ma cos’ho che non va? pensò mentre osservava un ragazzo della casa di Ermes che falliva un tiro, mancando di poco una Ninfa che stava ridendo con le ragazze della casa di Afrodite in riva al lago.
«Tyler!» esclamò l’insegnante, un figlio di Apollo «Sei un disastro. Dovresti dedicarti alla spada, almeno con quella non dovresti colpire i tuoi compagni!»
Tyler, abbassando lo sguardo per l’imbarazzo, posò a terra l’arco e la faretra e se ne andò, avviandosi verso il campo di addestramento per gli spadaccini.
«Tessa! Tocca a te!» la incalzò l’insegnante. Lei fece un passo avanti. «Direi che oggi possiamo provare con i bersagli mobili.»
Detto questo, azionò il meccanismo che fece partire i bersagli montati su una rotaia. Dovevano averlo progettato i figlio di Efesto. Un meccanismo veramente fantastico.
«Ok. Dieci bersagli!» annunciò lui.
Lei prese una freccia dalla faretra e prese la mira. In meno di trenta secondi aveva colpito tutti i bersagli al centro.
«Complimenti!» strillò entusiasta l’addestratore.
«Grazie.» disse Tessa e si allontanò dalla postazione. L’arco e le frecce le aveva nella sua stanza, perciò posò quelli del campo di addestramento al loro posto e si avviò verso il campo di addestramento per spadaccini.
Lì vide Percy combattere con Tyler. Era vero, con la spada ci sapeva fare.
Si avvicinò ad Annabeth e la salutò. «Ehi.»
«Ciao, Tessa.» la salutò e le sorrise «Mi hanno detto che sei la migliore del corso di tiro con l’arco.» si complimentò.
Lei scosse la testa. «No, non sono la migliore.»
«Molti dicono di sì.»
Tessa sorrise e tornò a osservare il combattimento.
Percy aveva vinto. Si avvicinò alle due ragazze e diede il cinque ad entrambe.
«Bravissimo.» si complimentò Annabeth.
«Davvero.» confermò Tessa.
«Grazie. Ma non è stato facile.» spiegò lui.
Loro sorrisero.
«TUTTI AL RIPARO!» la voce proveniva dalla casa di Chirone. Forse qualcuno stava giocando un brutto scherzo e in quel periodo, non era proprio il caso.
I tre ragazzi si voltarono. «Ma che succede?» chiese Tessa.
Percy scosse il capo. «Andiamo a vedere.»
Annuirono e si avviarono verso la capanna del centauro. Corsero velocemente e quando arrivarono davanti, Chirone li bloccò.
«Mettetevi al riparo, ragazzi. L’esercito di Luke attacca.» e li spinse verso il rifugio, costruito tempo prima, per le emergenze.
«Noi vogliamo combattere.» disse Annebeth.
«Infatti. Vogliamo dare una mano.» aggiunse Tessa, in sostegno dell’amica.
Chirone sospirò. «Va bene. Ma state attenti!» si raccomandò e corse ad avvertire i ragazzi rimasti nelle capanne.
Percy si guardò intorno. «D’accordo. Io mi occupo di quella!» disse indicando un mostro gigante che assomigliava a un drago, ma aveva una decina di teste.
«Oh, mio Dio! Ma quella è un’Idra!» esclamò Tessa.
«Lo so.» disse lui cominciando ad avvicinarsi.
«Ricorda di non tagliargli le teste!» si raccomandò Annabeth.
«Sì! Voi siate prudenti» e si allontanò di corsa.
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo.
«Ok. Andiamo ad occuparci di quello.» disse Annabeth indicando un enorme granchio.
«È un Carcino!» esclamò Tessa. Ne aveva sentito parlare.
«Cosa?»
«Un enorme granchio che venne sconfitto da Ercole e che dopo la sua morte, venne trasportato in cielo da Era dando vita alla costellazione del cancro.» spiegò lei mentre si avvicinavano.
«Perfetto. Uccideremo un animaletto sacro a Era. Punti deboli?»
«Ehm… Mi pare che Ercole l’avesse sconfitto schiacciandogli il guscio.»
«Perfetto. Proviamoci.»
La battaglia durò a lungo. Non fu facile da affrontare, dopotutto era un enorme crostaceo.
Tessa lo tenne occupato, mentre altri guerrieri lanciavano fendenti sul suo guscio. Niente, sembrava invulnerabile.
Annabeth corse incontro all’amica.
«Tessa!» lei si voltò «Non si decide a morire, che facciamo?» chiese.
Sei tu la figlia della Dea della saggezza. Tessa rifletté.
Poi un’idea le balenò in mente. Sorrise. «Ho un’idea!» strillò. Annabeth la osservò speranzosa. «Attiriamolo verso il bosco.» disse. Annabeth scosse la testa con sguardo interrogativo. «Io torno subito, ma ho bisogno che qualcuno venga con me.»
L’amica annuì e fece segno a due ragazzi di avvicinarsi. «Andate con lei e fate ciò che vi dice.» loro annuirono e seguirono Tessa fino al ripostiglio delle armi.
«Sono Tessa.» disse lei.
«Josh.»
«Stan.»
«D’accordo.» continuò lei «Abbiamo bisogno di una catena.» i due annuirono e si misero a cercare.
Possibile che le catene non esistano, qui?
«Eccola!» gridò Stan. La porse a Tessa, che cominciò a spiegare il suo piano.
«Allora, dobbiamo attirarlo nel bosco. Poi legheremo questa catena ad una chela e ad un albero. Secondo i miei calcoli, quando tenterà di liberarsi, l’albero lo schiaccerà.»
«Fantastico.» esclamò Josh.
«Pensi tu alla catena?» chiese Stan, rivolto a Tessa.
Lei annuì. «Voi distraetelo.»
Un ultimo sguardo e cominciarono a correre verso il mostro. I due ragazzi spiegarono il piano agli altri, che annuirono e cominciarono a tenere occupato il mostro scagliando fendenti e frecce in ogni direzione. Il mostro continuava a dimenarsi e a gettare a terra i ragazzi, ma loro continuavano senza arrendersi.
Tessa avvistò un albero che le avrebbe permesso di salire sulla schiena del mostro. Corse più veloce che potè, si diede la spinta con il piede destro contro il tronco staccando pezzi di corteccia che si adagiarono sul manto erboso. Atterrò dritta sulla schiena del mostro, lanciò la catena e questa si aggrovigliò attorno alla chela del mostro appena in tempo prima che scagliasse Tessa a terra. Lei saltò giù dalla sua schiena e corse all’albero più vicino. Ci girò attorno e vi attaccò la catena.
Dopo pochi secondi, come aveva previsto, il mostro diede uno strattone alla catena per riuscire a liberarsi e l’albero a cui era annodata la seguì. L’impatto con la corazza fu tremendo: un suono sordo, come del legno che si spezza, fendette l’aria e il mostro si dissolse in una nuvola di polvere.
Un grido di felicità si levò dal gruppo. Tessa esultò.
Annabeth le corse incontro e l’abbracciò. «Sei stata grande!»
Lei sorrise e tutti si complimentarono. «Siamo stati tutti magnifici!» disse lei. «Andiamo ad aiutare gli altri, adesso!» aggiunse e la folla si disperse.
Annabeth e Tessa corsero verso un gruppo di Mezzosangue e cominciarono a combattere. Tessa atterrò i due amici di Luke che erano stati a casa sua, tenendo come ostaggio suo padre e Hellen. Annabeth ferì al fianco Itan Nakamura.
Ad un tratto, tra la folla, Tessa scorse Luke. Le stava sorridendo. A quanto sapeva, non scendeva spesso sul campo di battaglia. Senza curarsi degli altri, lo rincorse nel folto del bosco, spada alla mano.
«Luke!» gridò.
Lui, fermo in una piccola radura dove gli alberi si diradavano, sorrideva beffardo.
«Ciao, Tessa.»
«Combatti. Non fare il codardo.» lo incalzò lei fermandosi a qualche metro dal biondo.
«Non faccio il codardo. Ti stavo aspettando.» disse lui «Sei stata brava a sconfiggere quel Carcino.» si complimentò.
Lei non rispose. «Sei venuto qui per parlare o per aiutare i tuoi compagni?» sbottò rabbiosa.
«Sono venuto qui per te.»
«La mia risposta è no.» disse lei sapendo dove voleva andare a parare.
«D’accordo.» assentì lui senza smettere di sorridere «Allora fammi vedere che sai fare.» Sfoderò la spada e allargò le braccia.
Lei attese qualche secondo, poi attaccò. Sapeva di non doverlo fare per prima, ma non poteva star lì ferma a perdere tempo mentre i suoi compagni rischiavano la vita.
Lanciò decine di fendenti e ne parò altrettanti, ma ad un tratto, Luke la bloccò contro il tronco di un albero, la spada contro la sua gola.
Lei si dimenò, ma lui le consigliò di stare ferma.
«Uccidimi. Forza.» lo incalzò lei.
Lui rise. «Non voglio ucciderti.»
«Davvero?» chiese lei in tono scherzoso.
Luke sorrise ancora. «Sai, mi sarebbe piaciuto averti nel mio esercito. Sei davvero magnifica.» disse e le sfiorò la guancia con una mano, proprio come aveva fatto l’ultima volta.
«Ti ho già detto di no. O sbaglio?»
«No, non sbagli.» sorrise ancora.
«LUKE!» gridò un ragazzo avvicinandosi. Tessa non l’aveva mai visto al Campo, perciò pensò che fosse un amico di Luke.
«Che c’è, Chris?» domandò lui senza distogliere lo sguardo dal suo ostaggio.
«Stiamo perdendo.» annunciò con il fiatone per la corsa.
«D’accordo. Richiama le truppe, ce ne andiamo.» annunciò.
Chris annuì e si allontanò di corsa.
Luke sorrise e allontanò la spada dalla gola di Tessa. Lei inspirò.
«Ci vediamo presto, Tessa.» e scomparve come l’ultima volta.
Spero di no. avrebbe voluto ribattere lei, ma proprio mentre stava per parlare, lui era già scomparso.
 
«Tessa! Stai bene?» chiesero Annabeth e Percy in coro.
«Sì.» rispose lei e li abbracciò.
«Mi hanno detto che hai sconfitto un Carcino!» esclamò Percy.
«Abbiamo sconfitto.» precisò.
«È stata davvero grande.» aggiunse Annabeth.
Chirone arrivò di corsa. «Ragazzi!» li chiamò. Loro si voltarono e sorrisero. Era sporco e indolenzito, ma sembrava star bene. «Volevo farvi i complimenti per come vi siete battuti.»
«Grazie.» risposero i tre in coro.
«Complimenti anche a te, Tessa. Il modo in cui ha sconfitto quel Carcino è stato degno di una figlia di Atena.» Tessa pensò che dopo quel commento, Annabeth l’avrebbe uccisa, invece le avvolse le spalle con un braccio e lei fece lo stesso.
«Grazie.» disse e Chirone si allontanò al trotto.
 
Tessa stava camminando nella foresta appena fuori il campo. Era buio, ma non aveva paura. Camminava lentamente e accarezzava la corteccia degli alberi con una mano. Inspirò profondamente l’aria umida della notte e chiuse gli occhi per sentire ogni rumore, ogni suono.
Un rametto alle sue spalle si spezzò.
Si voltò di scatto e vide una figura avanzare verso di lei.
«Ciao.» le disse una voce famigliare.
«Cosa fai qui?» chiese lei.
«Sono venuto per te.»
Tessa lo osservò di sbieco. Il suo sorriso sembrava illuminare la notte e così anche i suoi bellissimi occhi blu.
Si avvicinò sempre più alla ragazza, che indietreggiava. La spinse contro il tronco di un albero e la bloccò con le braccia.
«Ti voglio solo per me.» sussurrò lui.
«Non sono una tua proprietà.»
«Ti sbagli. Noi ci apparteniamo.» continuò lui.
Lei sorrise, inspiegabilmente. Sentiva che le sue parole erano vere. 
Senza dire altro, il ragazzo avvicinò le labbra a quelle di lei e la baciò.
Tessa ricambiò il bacio e infilò le sue dita tra i capelli morbidi e dorati di lui.
Le loro labbra si sfioravano e si allontanavano per poi tornare a sfiorarsi. A Tessa quel momento sembrò eterno.
Quando si separarono, osservò meglio il suo viso, una cicatrice lo attraversava, ma lo rendeva ancora più bello.
Luke si allontanò, le accarezzò un’ultima volta il viso e poi sparì nell’oscurità come faceva sempre.
 
Tessa si svegliò di soprassalto. Si resse la testa con le mani.
Esci dalla mia testa, Luke. Esci dalla mia testa si ripeté.
Quel sogno l’aveva sconvolta. Non solo perché aveva sognato Luke, ma perché quel sogno le era piaciuto. Era… felice di averlo sognato e di averlo baciato.
Smettila, Tessa. Lui è il nemico ripeté quelle parole nella sua testa per il resto della nottata, anche perché, dopo ciò che aveva sognato, non riuscì più a chiudere occhio.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao! Ecco qui il quinto capitolo!
Fatemi sapere, a giovedì! Un bacio, Izzy, xX__Eli_Sev__Xx

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Capitolo 6
*** Dangerous bonds ***


I’m not leaving you

CAPITOLO 6
Dangerous bonds
 
«Tessa?» la chiamò Annabeth. I suoi occhi azzurri l’avevano osservata per un lungo minuto, ma sembrava che la loro nuova amica non se ne fosse accorta. La figlia di Atena spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e aspettò una risposta. Tessa, sentendosi osservata, lentamente, si voltò. I capelli neri e corti erano pettinati con il gel e i suoi occhi azzurri, si sollevarono dalla tazza. Era ancora assonnata, non aveva chiuso occhio a causa del sogno che riguardava lei e Luke. Sorrise, tentando di dissimulare, ma il risultato fu scarso.
«Cosa c’è?» chiese rivolta all’amica.
Annabeth e Percy le sorrisero. «Sei distratta, ultimamente. È tutto ok?» le disse lui.
Era passata una settimana dall’invasione del campo, ma lei si sentiva ancora indolenzita. Tutti quei colpi di spada, lo scoccare frecce… Erano qualcosa a cui credeva di essersi abituata. E poi si era aggiunto l’incubo. Perché Luke la tormentava? Lei aveva deciso di non allearsi con lui, non poteva accettarlo e basta?
«Lo so. Scusate.» disse infine tornando a osservare la sua tazza di latte e cereali.
«È a causa dell’invasione del campo?» chiese Annabeth.
«Forse.» ribatté lei, vaga.
«Quindi c’è… qualcos’altro?»
Tessa sollevò ancora lo sguardo e incrociò gli occhi azzurri dell’amica. «Non lo so.» rispose gentilmente.
Percy la osservò. «A noi puoi dire tutto. Lo sai.»
La ragazza annuì e finì la sua colazione. Poggiò i gomiti sul tavolo e si sporse verso i due ragazzi.
Non sapeva se confessare tutto o tenerlo per sé. Non era colpa sua se Luke la tormentava, lei era la semplice figlia di una Musa, forse loro l’avrebbero aiutata a capire. Tanto vale confessare tutto.
«D’accordo.» sospirò «Vi dirò tutto, ma alla capanna.» i due si rivolsero uno sguardo perplesso e annuirono. Lei sorrise e appoggiò la schiena contro lo schienale della panchina. Sospirò e osservò il cielo. Si era fatto cupo, per essere estate. Faceva caldo, ma le nuvole conferivano ad ogni cosa un colore grigiastro, plumbeo.
 
Finirono velocemente la colazione e si avviarono verso la capanna dei figli di Poseidone. Durante il tragitto incontrarono Grover, che decise di partecipare alla loro discussione. Oltrepassarono le casa di Ares ed Era e arrivarono alla loro.
Una volta dentro, si chiusero la porta alle spalle e si accomodarono sui letti.
«Allora, che succede?» chiese Grover con la sua solita allegria incrociando le gambe su uno dei letti liberi.
Non c’è niente da ridere, Grover. Credimi. pensò Tessa.
«Ehm…» cominciò «Diciamo che ho scoperto che Luke…» si fermò.
«Hai scoperto qualcosa sul suo piano?» sbottò Percy.
«No. Ho scoperto che prova un certo interesse per me.»
I tre sgranarono gli occhi e la bocca di Grover si spalancò.
«Non fraintendetemi. Volevo dire che ogni volta che ci vediamo, lui…» cercò le parole adatte «Sembra che mi segua per costringermi ad unirmi al suo esercito.»
«Oh, bè. È normale, Luke non molla facilmente la presa.» disse Percy.
«Lo so, ma…»
«Ma?»
«È comparso in un mio sogno. Sembrava così reale che…» si bloccò, non poteva raccontare del bacio.
«Come?!» esclamò Annabeth.
Tessa indietreggiò sul materasso. «È tanto grave?»
«Potrebbe essere un collegamento empatico?» chiese Grover, serio.
«Probabile.» ripose Percy. Il satiro e il suo protetto ne avevano uno, perciò se ne intendevano.
«Di cosa state parlando?» chiese Tessa.
«Te lo ricordi bene?» chiese Annabeth, sempre più preoccupata.
«Cosa?» chiese lei di rimando.
«Il sogno. Insomma, era nitido?»
«Sì. Molto nitido, credimi.»
«Allora è un collegamento empatico.» intervenne Percy. «Mi è successa la stessa cosa quando Grover era stato rapito di Polifemo.»
«È un cosa?» chiese ancora Tessa. Sono la diretta interessata e non mi ascoltano.
«Un casino.» concluse Grover.
 
Chirone era intento a preparare uno strano intruglio nel giardino di casa sua, quando Annabeth, Percy, Grover e Tessa arrivarono.
«Chirone!» lo chiamò Grover.
«Grover, mio caro ragazzo.» disse lui sorridendo.
«È successo un casino.»
 
«Come sarebbe a dire?» esclamò Chirone.
«È successa la stessa cosa a me e a Percy.» spiegò il satiro.
«Sì, ma con la differenza che voi due siete amici e non siete malvagi.» continuò Chirone.
Tessa e Annabeth stavano osservando la scena in silenzio. Erano sedute sulla panca sotto il portico della casa di Chirone. Percy, Grover e Chirone stavano camminando avanti e indietro, tentando di trovare una soluzione.
«Non c’è un modo per spezzarlo?» chiese Percy.
«No.» rispose il centauro, fermandosi in mezzo al piccolo giardino e voltandosi a guardare Tessa. «Solo chi l’ha creato può spezzarlo.»
Lei sentendosi osservata parlò. «Non capisco cosa sia questo collegamento empatico.»
«È una connessione che si crea tra due persone e permette di comunicare a distanza tramite la mente. Quindi, con sogni, visioni…» spiegò Chirone.
«Che male c’è in questo? Se lui può entrare nella mia testa, lo stesso posso fare io con lui. Potremmo scoprire in anticipo i suoi piani.» spiegò Tessa mettendosi in piedi.
«Non è proprio così che funziona…» spiegò Grover distruggendo le sue aspettative.
«C’è anche un inconveniente.» intervenne Annabeth avvicinandosi all’amica.
«Quale?»
«Con un collegamento empatico sei legata ad una persona in tutti i sensi.» spiegò Chirone avvicinandosi a Tessa.
«Non capisco.»
«Se succede qualcosa a lui, succederà anche a te.» concluse Annabeth.
Tessa si bloccò. Cosa?
«Quindi se…» tentò di dire, ma le parole le morirono in gola.
«Se lui morirà, tu morirai.» aggiunse Chirone, brusco.
Tessa si portò una mano alla bocca e Annabeth le si avvicinò cingendole le spalle con un braccio. La scosse delicatamente per farle sentire che era lì, ma Tessa scosse la testa ancora incredula per ciò che aveva scoperto.
«L’importante è che non si faccia del male a Luke. È stato un bene che l’abbiate scoperto.» concluse Chirone.
Percy annuì per l’amica e poco dopo, i quattro ragazzi si allontanarono dalla dimora del Centauro per andare nelle rispettive stanze.
 
«Stai bene, Tessa?» chiese Percy, vedendo che l’amica si stava rigirando nel letto da più di un’ora.
Lei si sdraiò sulla schiena e poi si mise a sedere. «No.»
«Vuoi… parlarne?» chiese lui, alzandosi e andandosi a sedere accanto a lei.
«Io… non lo so… insomma… È così…» balbetto, poi le lacrime le bagnarono le guance.
«Lo so. Ascolta, impediremo a Luke di farti del male. D’accordo?» le disse sedendosi accanto a lei. Tessa sollevò lo sguardo e osservò l’amico. Diceva sul serio? L’avrebbero protetta o sarebbe morta? Avrebbero impedito a Luke di farle del male, ma questo avrebbe comportato tenere in vita il loro nemico. Che avrebbero fatto alla resa dei conti?
«Andrà tutto bene.» disse Percy, sorridendo. Era stanco, si vedeva, perciò Tessa gli sorrise di rimando e gli disse di rimettersi a dormire, dato che stava meglio.
Lui tornò al suo letto e si sdraiò sulla schiena. In meno di qualche minuto si era riaddormentato.
Tessa decise che sarebbe uscita a prendere un po’ d’aria. Aprì delicatamente la porta e inspirò un po’ dell’aria estiva che soffiava al campo. Si appoggiò alla parete di legno della capanna, sotto il portico.
Si guardò intorno. Tutto taceva. Silenzio assoluto. L’unico suono udibile era quello dei grilli e dei gufi appostati sugli alberi. Le Ninfe che durante il giorno abitavano i boschi stavano dormendo e con loro tutta la foresta. La tranquillità regnava sovrana sul Campo Mezzosangue.
«Cosa ci fai fuori a quest’ora?» domandò una voce al suo fianco. Tessa sussultò. Credeva di essere sola e invece qualcuno era proprio lì accanto a lei. E poi conosceva bene, troppo bene, quella voce. Le era fin troppo famigliare.
Si voltò lentamente e scorse una figura nell’ombra, sotto il portico. Stava seduta sulla ringhiera e dondolava le gambe allegramente. Quando si accorse che lo sguardo di Tessa era puntato su di lui, saltò sul pavimento in legno con tanta leggerezza da sembrare leggero come una piuma. Mise le mani nelle tasche e inarcò leggermente le spalle.
«Cosa fai tu, qui.» disse lei, con tono di sfida. Non era lei l’intrusa, anche se non era figlia di Poseidone.
«Facevo un giro. Prendevo un po’ d’aria.» spiegò e Tessa giurò di aver “sentito”, nel tono assunto dalla voce, un sorriso.
Lei sospirò. «Anche io.»
«Non riesci a dormire?»
«Da quando ti importa, Luke?» domandò lei, osservando la capanna dirimpettaia.
«Da sempre.» rispose lui, come se fosse ovvio e si avvicinò lentamente, come se non volesse spaventarla. Quando fu a un metro da lei si fermò.
«Davvero? Allora perché hai creato quel collegamento empatico?» sbottò senza riuscire a trattenersi. Era curiosa.
«Per starti più vicino.»
«Certo.» si lasciò sfuggire.
Lui rimase in silenzio.
«Dovresti andartene. Altrimenti sarò costretta a chiamare Chirone o il signor D.» lo avvertì Tessa, voltandosi per guardarlo. Il suo viso era illuminato dalla luce della luna piena. La cicatrice correva lungo la guancia destra e i capelli biondi sembravano dorati, illuminati dalla luce argentea della luna.
«Se lo avessi voluto davvero, lo avresti già fatto.» le fece notare voltandosi e puntando i suoi occhi azzurri in quelli di lei.
La ragazza rimase spiazzata di fronte a quella affermazione.
Forse ha ragione. Perché non li chiami, Tessa? Forza! tentò di convincersi.
«Forse devo pensare che provi qualcosa per me?» azzardò lui, con tono ironico, che nascondeva un tono di sfida.
«Certo.» annuì lei «Odio.» sillabò.
Lui rise, una risata sommessa, trattenuta. «Però il nostro bacio ti è piaciuto.»
«Bacio? Quale…?» cominciò lei. Poi si bloccò, ricordando il sogno. Oh, quel bacio. «Non era reale.» continuò.
«Lo era fin troppo.» ribatté lui. Tessa lo osservò. Diceva sul serio? Come poteva pensare che lei potesse provare qualcosa?
«Non provo nulla per te.»
«Stai mentendo.»
«Non è vero.»
«Non mi importa che tu pensi questo. Ciò che mi duole è che tu stia mentendo a te stessa.»
«Non sto mentendo!» sbottò lei, irritata da quel comportamento saccente.
«Davvero?» la sfidò lui «Quindi se faccio questo,» e si avvicinò a lei. I loro visi erano a poca distanza l’uno dall’altro. I loro occhi incatenati «… non provi nulla?» concluse.
Il respiro della ragazza si fece affannato. Sentì il sangue colorarle le guance. Distolse lo sguardo. «No.» insistette, determinata più di prima.
Lui sorrise. «Allora non me ne vorrai per ciò che farò. Non provi nulla, no?»
Prima che Tessa potesse accorgersene, Luke le fu nuovamente accanto. Con un movimento fulmineo la raggiunse, i loro corpi erano a contatto. Le sollevò il volto con due dita e poggiò le sue labbra su quelle di lei. Tessa rimase immobile. Non riusciva a capire nulla, come se il suo cervello si fosse svuotato di colpo. Una nebbia, densa come la foschia che copriva ogni creatura mitologica e la proteggeva dallo sguardo indiscreto degli umani, le appannava la mente.
Da bacio a stampo, divenne un bacio appassionato. La ragazza si dimenticò tutto. Di essere al campo, che Luke fosse il nemico… ogni cosa. C’erano solo lei e lui, in una notte d’estate.
Mosse le sue labbra a ritmo con quelle del ragazzo. Gli prese il volto tra le mani e lui le cinse i fianchi facendo scorrere i palmi freddi lungo la schiena provocandole dei piccoli brividi. Tessa infilò le dita tra i capelli biondi del ragazzo e si alzò in punta di piedi per coprire quei cinque centimetri che la separavano dalle labbra di Luke. Lo abbracciò e continuò a stringerlo, fino a che lui non la allontanò per guardarla negli occhi.
«Davvero non provi nulla? Nemmeno adesso?» chiese accarezzandole una guancia con il pollice.
Lei scosse il capo. Cos’ho fatto? Perché Tessa? Facendo pressione sul suo petto con le mani, la ragazza lo allontanò. Come poteva continuare a guardare in faccia i suoi amici ora che aveva fatto questo? Come avrebbe potuto?
«Tessa…» cominciò lui, tentando di trattenerla.
«No!» si oppose lei, scostandosi.
«Noi potremmo stare insieme.» la sua voce si era addolcita e aveva abbandonato la sfumatura ironica.
«Come?» sbottò lei «Tu vuoi distruggere l’Olimpo! Parteggi per Crono!»
«Lo so, ma…»
«No, Luke. Non c’è nessun ma.»
«Vuoi dirmi che reprimerai i tuoi sentimenti?» chiese lui, prendendole la mano.
«Sentimenti? Non so nemmeno che cosa provo. E poi non tradirei mai i miei amici e tutto quello in cui credo.»
Lui annuì, ma non sembrò offeso. A Tessa sembrò di scorgere un luccichio in quegli occhi freddi come il ghiaccio. Subito si pentì di essere stata così dura. Abbassò lo sguardo.
«Ti aspetterò.» concluse lui, allontanandosi.
Lei sollevò lo sguardo, ma lui era già scomparso. Una lacrima le solcò il volto stanco.
Ti aspetterò? Non puoi avermi, Luke. Non se non rinneghi Crono.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Eccomi qui con un nuovo capitolo! Spero tanto che vi piaccia, a me è piaciuto molto scriverlo, soprattutto l’ultima parte. ;D
A sabato con il prossimo!
Izzy, xX__Eli_Sev__Xx

 

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Capitolo 7
*** Don't leave me alone ***


I’m not leaving you
 
CAPITOLO 7
Don’t leave me alone
 
«Tessa!» una voce costrinse la ragazza a voltarsi. Stava osservando il lago del Campo con grande interesse, anche se in fondo stava cercando di evitare i suoi amici. Almeno non avrebbe dovuto parlare del bacio con Luke. Il bacio di Luke.
Era stato indescrivibile, bellissimo. E stava proprio lì il problema. Perché l’aveva trovato bellissimo? Avrebbe dovuto trovarlo ripugnante, respingerlo. E invece aveva… risposto. E con trasporto.
Perché sei così stupida, Tessa? Perché? Lui è malvagio. Ficcatelo in testa.
«Tessa!» ripeté la voce. Era Annabeth.
«Ciao, Annabeth.» disse lei, tornando ad osservare il lago. La ragazza la raggiunse e si sedette accanto a lei.
«Cosa fai qui, tutta sola?» domandò.
«Nulla. Guardavo il lago.»
«C’è qualcosa che ti turba?» domandò ancora la bionda. Tessa si voltò verso di lei e sorrise. L’aveva notato. Ovviamente, però, lei non avrebbe ceduto. Non le avrebbe raccontato nulla.
«No. È tutto a posto. Ma grazie.» le rispose.
Annabeth annuì. «Va bene. Andiamo a cenare?» domandò infine alzandosi in piedi e tendendole la mano. Tessa le sorrise e afferrò la sua mano. Si rimise in piedi e insieme raggiunsero la mensa.
 
Nel mese successivo, Tessa tentò di distrarsi in ogni modo. Si esercitò con la spada e con l’arco, nel combattimento a corpo libero, nella corsa e in ogni attività che le permettesse di non pensare a Luke.
Non ci riuscì. Ogni volta che tentava di reprimere quel pensiero, lui tornava a tormentarla più fastidioso di prima. Forse era a causa del collegamento empatico, oppure semplicemente del fatto che quel bacio l’avesse sconvolta tanto.
 
Tessa si svegliò. Era sdraiata sull’erbetta fresca del bosco adiacente al Campo. L’aria notturna le accarezzava il volto e lei non poté fare a meno di sorridere. Le stelle e la luna illuminavano gli aghi dei pini e le foglie degli alberi conferendo loro un colore argenteo. Era uno spettacolo mozzafiato.
«Ciao.» disse una voce dietro di lei. La conosceva bene. L’aveva sentita tante volte.
«Luke.» disse, voltandosi. Il ragazzo era in piedi dietro di lei e la stava osservando con i suoi occhi azzurri. La cicatrice che gli tagliava il volto in due parti lo rendeva ancora più attraente, pensò lei.
«Volevo vederti.» disse lui, avvicinandosi.
Lei non avrebbe voluto. Avrebbe voluto dirgli di andarsene, che non voleva più vederlo o parlargli, ma non ci riusciva. Era una bugia. Lei aveva bisogno di vederlo.
«Perché?» domandò.
«Mi mancavi.» affermò Luke.
Lei continuò ad osservarlo in silenzio. Anche a lei era mancato. Sapeva che era sbagliato. Era sbagliato nei confronti di sua madre, di Percy, Annabeth, Grover, Chirone… Ma era più forte di lei. Era attratta da quel ragazzo. Non poteva più mentire a sé stessa.
Luke avanzò ancora e si fermò a pochi passi da lei. Le sfiorò una guancia con una mano e sorrise. «Sei diventata forte.»
«Mi sono allenata.»
«Lo so.»
«Perché sei qui?» domandò.
«Voglio tenerti con me.» affermò lui incatenando i suoi occhi a quelle blu della Mezzosangue.
«Non puoi.» ribatté «Non se non rinneghi Crono.»
«Oppure potresti venire con me.»
«No.»
«Anche tu provi qualcosa per me.» disse.
«Sì, ma non posso lasciare i miei amici.»
«Lo so.»
Il silenzio calò nel bosco e avvolse i due ragazzi. L’unico rumore udibile era quello delle cicale e dei gufi che svolazzavano sulle loro teste.
«Luke?» lo chiamò lei, rompendo il silenzio.
«Sì?»
Tessa gli sfiorò una guancia con la mano e abbassò lo sguardo. «Se è vero che tieni a me…»
«Io tengo a te.»
«Allora lascia Crono.» disse lei. «Andiamo via. Io e te.» era una pazzia, ma Tessa avrebbe tanto voluto rimanere con lui e non sarebbe mai stato possibile se lui non avesse lasciato il Titano.
Lui si allontanò da lei, dandole le spalle. «Non posso.»
«Sì.» insistette lei «Andiamocene.»
«No, Tessa.»
«Luke…» tentò di dire.
«Tessa, ti prego.» la voce si spezzò.
Luke stava piangendo?
La ragazza si avvicinò e gli mise le mai sulle spalle. Lo fece voltare e gli prese il volto fra le mani asciugandogli le lacrime. «Tu non vuoi fare questo. Te lo leggo negli occhi.» cominciò «Voglio aiutarti.»
«Non puoi.»
«Lasciami provare.»
«No, Tessa. Vorrei, ma…» si interruppe «Se lo facessi Crono mi ucciderebbe e moriresti anche tu.»
«Se ce ne andiamo non potrà farci del male.»
«Ci troverà.» insistette.
«Allora che possiamo fare?» chiese Tessa.
«Aspettare.»
«Cosa?» sbottò «Di morire in battaglia?» Luke scosse il capo. «E allora cosa, Luke?»
«Io…» non riuscì a continuare. Non sapeva come continuare. Alla fine parlò, rassegnato. «Non possiamo stare insieme, ma almeno devo proteggerti.»
«Non puoi.»
«Sì, invece.»
«Non potrai impedirmi di combattere.» esclamò lei.
«Non voglio farlo.»
Tessa non capiva. Come poteva proteggerla?
Il ragazzo si chinò, avvicinò il suo volto a quello di lei e senza aggiungere altro, la baciò. Tessa ricambiò il bacio circondandogli il collo con le braccia. Lui la tirò a sé facendole scorrere le mani sulla schiena; i loro respiri erano irregolari e i loro cuori galoppavano.
All’improvviso, Tessa sentì una fitta al cuore. Si separò da Luke e cadde in ginocchio. Lui si mise accanto a lei e le sussurrò qualcosa all’orecchio: «Così non sarai più legata a me.»
«Cosa?» chiese lei.
Aveva rotto il collegamento empatico. Come aveva potuto? «No!» esclamò. «No, Luke! Perché?»
«Voglio che almeno tu viva.»
«No, Luke. Non lasciarmi.» sentì le lacrime bagnarle il volto. Aveva distrutto l’unico modo in cui potevano vedersi. In cui lei poteva sentire le sue labbra sulle sue, il calore del suo corpo… Adesso che aveva ammesso tutto. Tutto quello che provava, lui la stava abbandonando? Perché?
Poi, prima che potesse aggiungere altro, tutto si dissolse.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Scusate per il ritardo nel pubblicare, ma ieri non ho avuto tempo per entrare su EFP. Spero di non essere andata troppo in fretta con la storia, comunque sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo…
Per farmi perdonare del ritardo, pubblicherò domani…
Ciao, Izzy, xX__Eli_Sev__Xx  
 

 

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Capitolo 8
*** This is not our last time ***


I’m not leaving you
 
CAPITOLO 8
This is not our last time
 
Le settimane passarono e l’estate giunse al termine. Tessa, Percy e Annabeth sarebbero tornati a casa per poter riprendere la scuola. Non che ne fossero entusiasti, ma erano costretti a farlo, erano pur sempre per metà umani.
Inoltre dopo che Luke aveva rotto il collegamento empatico con lei, per Tessa non era più stato possibile vederlo. Le mancava. Le mancava più di ogni altra cosa.
 
Il penultimo pomeriggio al campo, Tessa, dopo gli allenamenti, si avviò verso la sua capanna. Salutò alcuni ragazzi che stavano raggiungendo la mensa ed entrò nella piccola costruzione in legno.
Rimase bloccata sulla porta. Accanto al suo letto, in piedi, intenta a leggere il suo quaderno, c’era una donna. Non l’aveva mai vista, né fuori né al campo. Portava un lungo vestito senza maniche che le scendeva sinuoso lungo il corpo mettendo in risalto le sue forme perfette. I lunghi capelli neri le scendevano fino a metà schiena e quando si voltò Tessa vide che era terribilmente simile a lei. Capelli neri, occhi blu…
Oh, mio Dio, pensò, non può essere.  
«Chi sei?» domandò chiudendo la porta.
La donna sorrise. «Ciao.» la salutò. Lei rimase immobile e attese, non le aveva risposto. In cuor suo sospettava chi potesse essere, ma ne voleva una conferma. «Sono Calliope.» disse lei alla fine.
Tessa si irrigidì. Aveva ragione. Mia madre?
Che cosa poteva dire? Era sua madre, ma pur sempre una Musa. Viveva sull’Olimpo, con gli Dei…
«Mamma?» si scoprì a dire, infine.
«Sì.»
«Cosa ci fai qui?» domandò la ragazza avvicinandosi.
«Sono venuta a vedere come stavi.»
«Sto bene.»
«Lo vedo. Sei stata brava. Sei diventata una guerriera, nonostante i figli delle Muse siano meno potenti dei Mezzosangue normali.» si avvicinò fino a trovarsi a meno di un metro da lei.
«Sono stata addestrata bene.» ribatté lei pensando a Chirone.
Era sua madre. Per tanto tempo aveva desiderato vederla, incontrarla, abbracciarla, ma adesso… Era lì, di fronte a lei e Tessa non riusciva nemmeno a parlare.
«Lo so. Chirone è sempre stato bravo ad addestrare i guerrieri.» affermò l’altra. Tessa sorrise. «Sei così bella, Theresa.» aggiunse, cambiando argomento.
«Tessa.» la corresse lei.
«Tessa.» ripeté la Musa, come se avesse dovuto imparare una nuova parola in una nuova lingua e avesse voluto sentire come suonava pronunciata da lei e infine sorrise. Avvicinò la sua mano al volto della figlia e le sfiorò una guancia. «Sono venuta per parlarti.»
«Di cosa?»
«Della guerra.»
Tessa rimase impassibile. Sapeva della guerra, era ovvio che ci sarebbe stata.
«Devi stare attenta, Tessa.» cominciò allontanandosi di qualche passo. «Molti guerrieri periranno in questa battaglia.»
«Lo so.» affermò.
«Io voglio proteggerti.» spiegò «Se tu volessi rimanere al sicuro, potrei…»
«No.» la interruppe lei.
«Tessa…»
«No, mamma.» esclamò «Non abbandonerò i miei amici. Sono stata addestrata, sono pronta e voglio dare una mano.»
«Lo capisco, ma è molto pericoloso.» insistette la donna.
«Lo è anche per i miei amici, eppure tutti combatteranno.»
Calliope sospirò. «D’accordo.» disse «Se è quello che vuoi non ti fermerò.»
Tessa avrebbe voluto dirle che era abbastanza ovvio, che non avrebbe potuto, che non ne aveva il diritto dato che per tutta la sua vita non si era presentata una sola volta per darle una mano. «Grazie.» fu quello che disse alla fine.
La madre annuì. «Ma stai attenta, ciò che provi per Luke è molto pericoloso.»
Tessa si irrigidì. Come poteva saperlo? Come poteva sapere ciò che provava?
«Sull’Olimpo possiamo vedere ogni cosa, possiamo sentire ogni cosa.» spiegò Calliope.
Tessa annuì. Ovviamente. Come aveva fatto a non pensarci?
«Adesso devo andare.» sbottò la donna dopo qualche secondo si silenzio. «Sii prudente. Sii forte.» sorrise.
La Mezzosangue annuì. «Grazie, mamma.»
«A presto.» la salutò la donna. Poi si avvicinò e, inaspettatamente, la strinse a sé. Tessa ricambiò la stretta e per un momento inspirò il profumo dolce della madre. Sapeva di incenso ed eucalipto. Oh, mamma.
Quando si separarono, Tessa poté vederla scomparire lentamente come il fumo si dissolve nell’aria. In pochi secondi, il suo corpo non c’era più.
 
Il giorno seguente, un boato assordante svegliò il Campo Mezzosangue prima dell’alba. Tessa saltò giù dal letto in un baleno e insieme a Percy uscì dalla capanna. Indossava solo degli shorts e una canottiera, infatti l’aria di fine estate la colpì facendola rabbrividire. Si appoggiò con le mani alla balaustra e si sporse per osservare il sentiero che si stagliava tra le due file di capanne.
Tutti i Mezzosangue erano usciti e stavano chiedendo ai compagni se sapevano cosa stava succedendo.
«Ma che succede?» domandò Percy, ancora assonnato, sbadigliando e stiracchiandosi.
«Non lo so.» affermò lei, scuotendo il capo.
«Ragazzi!» gridò Grover correndo verso la capanna di Poseidone. «Ragazzi!»
Loro lo osservarono preoccupati. «Che succede, Grover?» domandò Percy.
«Luke si sta preparando.» spiegò il satiro; Tessa gli rivolse uno sguardo interrogativo. «Stanno tentando di sfondare la barriera del Campo.»
Tessa e Percy si rivolsero uno sguardo fugace ed entrarono nella capanna. In meno di due minuti erano pronti per la battaglia. Il ragazzo prese la sua spada e lo scudo regalatogli da suo fratello Tyson e lei il suo arco e la sua spada.
Uscirono e si diressero verso la capanna dei figli di Atena, una volta arrivati chiamarono Annabeth, che uscì munita di spada e pugnali.
«Andiamo.» disse e insieme si avviarono verso i confini del Campo, nel fitto del bosco. Arrivati alla barriera si bloccarono. I guerrieri non erano molti, come si erano aspettati: potevano essere una sessantina al massimo.
«Sono pochi.» affermò Percy, dando voce a un pensiero comune.
«Meglio.» ribatté Annabeth «Faremo in fretta.»
Uscirono dal Campo e cominciarono a combattere. Annabeth e Percy scagliavano fendenti e Tessa prendeva la mira e tirava frecce contro i nemici. Alcuni seguaci di Crono si dileguarono dopo pochi minuti, altri, invece, non davano l’impressione di voler rinunciare.
Tessa colpì un ragazzo alto con una freccia all’altezza del ginocchio, facendolo cadere a terra e quando una ragazza le si scagliò addossò la colpì con il legno dell’arco, mettendola K.O..
Si voltò in cerca dei suoi amici, ma non li vide. Erano scomparsi tra gli alberi.
Girò su se stessa più volte e quando stava per raggiungere Clarisse, intenta a combattere con tre guerrieri, notò un ragazzo nascosto dietro il pino che una volta aveva ospitato Talia, la figlia di Zeus.
Luke.
Corse verso di lui e quando lo raggiunse sentì una fitta allo stomaco. Non lo vedeva da mesi. Aveva rotto il collegamento e non aveva più potuto comunicare con lui o anche solo sfiorarlo…
Erano in un luogo isolato, nessuno li avrebbe visti. Appena lui la vide, sorrise mestamente. Lei non attese una sua parola, né controllò che qualcuno li stesse osservando, corse verso di lui e gli gettò le braccia al collo.
«Luke…» sussurrò al suo orecchio.
Lui la strinse a sé e inspirò il suo profumo di sapone. «Ciao.» sussurrò. Quando si separarono, vide che Tessa stava piangendo.
«Perché l’hai fatto, Luke?» esclamò. Disperata, prese a dargli pugni contro il petto, anche se sapeva che non gli avrebbero fatto del male. «Perché hai rotto il collegamento? Era l’unico modo che avevo per vederti!»
Lui sorrise. «Quindi tieni davvero a me…»
«Non fare l’idiota!» esclamò «Certo che ci tengo!»
Lui le accarezzò le guance con le mani e le sfiorò le labbra con le sue. «Dovevo proteggerti.»
«Non mi interessa.»
«A me sì.» insistette lui.
Tessa abbassò lo sguardo. Le lacrime continuavano a sgorgare dai suoi occhi senza che lei riuscisse a fermarle. Lui le sollevò il volto con due dita.
«Sono venuto a salutarti.»
«Come?» sbottò lei.
«Non so se dopo la battaglia…»
«Non dirlo, Luke. Non dirlo, ti prego.» disse, poggiandogli due dita sulle labbra.
«Tessa…»
«Ci vedremo ancora.» disse lei, sicura. Lui abbassò lo sguardo. La ragazza si alzò in punta di piedi e poggiò le labbra su quelle di lui. «Ci vedremo ancora, Luke Castellan.» lui sorrise.
«A presto…» sussurrò all’orecchio di lei e scomparve tra gli alberi, prima che lei potesse rispondere.
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Ecco che, come promesso, pubblico l’ottavo capitolo della mia FF.
Spero tanto che vi piaccia!
I capitoli della storia, in tutto, sono dieci, perciò siamo quasi giunti al termine. Spero solo di non essere andata troppo velocemente! Volevo scrivere una storia con i momenti più belli, senza però dilungarmi troppo!
;D Pubblicherò il prossimo Mercoledì!
A presto, un bacio, Izzy, xX__Eli_Sev__Xx

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Capitolo 9
*** Help me, father ***


I’m not leaving you

CAPITOLO 9
Help me, father

 
La battaglia cominciò prima del previsto. Una settimana dopo aver lasciato il campo, Percy bussò alla porta di Tessa chiedendole di raggiungere i compagni per la battaglia. Le offrì arco, faretra e spada e insieme partirono alla volta dell’Empire State Building.
 
Raggiunsero Annabeth davanti al palazzo e dopo mezz’ora l’esercito di Crono arrivò.
Cominciarono a combattere senza fermarsi per più di tre ore, fino a che le truppe del Titano si ritirarono per riposare.
Quando i tre entrarono nell’Empire State Building i feriti e i corpi senza vita erano disposti su due file. Tessa riconobbe molti dei ragazzi con cui si era allenata. Alcuni erano feriti, ma sembravano pronti a tornare a combattere, altri invece erano a terra, immobili e non avrebbero combattuto mai più, nemmeno per allenarsi. Una lacrima le rigò il volto. Non era giusto. Perché Crono se la prendeva con loro? Perché gli Dei non correvano in loro aiuto? Provò un moto di rabbia verso sua madre e le altre divinità, pur sapendo che avrebbe dovuto portar loro rispetto. Era a causa loro che erano morti. Era colpa loro se era cominciata quella guerra. Avrebbero dovuto combatterla per impedire ai loro stessi figli di morire al posto loro.
In cuor suo sperava che Luke stesse bene. Sperava che fosse ancora vivo e che sarebbe tornato da lei, una volta finita la battaglia.
«Tessa?» la chiamò Percy. Lei si voltò. «Tutto ok?»
«Sì.» si asciugò le lacrime e prese una bottiglietta d’acqua, di quelle offerte dai figli di Ermes.
 
Due ore dopo, la terra tremò facendo sobbalzare i Mezzosangue. Tutti uscirono dall’edificio appena in tempo per vedere una figura simile a un cumulo di brace ancora in fiamme avanzare verso di loro.
«È Crono.» disse Percy.
«Prepariamoci alla battaglia.» affermò Annabeth.
Tessa non ebbe il coraggio di parlare. Dietro Crono stava avanzando un esercito di Mezzosangue e tra di loro, pensò, poteva esserci anche Luke. Se uno dei suoi amici se lo fosse trovato davanti l’avrebbe sicuramente ucciso. Avrebbe dovuto trovarlo e avrebbero dovuto andarsene. Non c’era altro modo. Non voleva abbandonare i suoi amici, ma non voleva e non poteva perdere Luke.
 
I seguaci di Crono erano davvero preparati a tutto. Avevano armi più potenti dei Mezzosangue del Campo ed erano anche più crudeli e violenti.
Tessa ne aveva colpiti molti con le frecce e con la spada, ma questi sembravano non finire mai. Inoltre di Luke, non c’era traccia.
I Mezzosangue indietreggiarono verso l’Empire State Building, troppo deboli per continuare a battersi e troppo pochi per riuscire a fronteggiare un esercito.
«ANNABETH!» chiamò Tessa «PERCY!» non riusciva più a trovarli. Era preoccupata. Se fosse successo loro qualcosa?
Ad un tratto li vide. Stavano combattendo contro due ragazzi e una ragazza ed erano in netto svantaggio. Corse verso di loro e prese una freccia dalla faretra, prese la mira e la scoccò. Questa andò a segno colpendo la ragazza all’altezza dello stomaco. Lei rimase immobile per un momento, poi cadde a terra sulla schiena, esanime.
Uno dei ragazzi che erano con lei, ringhiò e ricominciò a scagliare fendenti contro Annabeth. Lei li parò tutti, fino a quando lui non la fece cadere a terra. La ragazza inciampò e cadde sula schiena gemendo per il dolore. Lui si preparò a colpire dritto al cuore, ma Tessa lo raggiunse. Parò il colpo con la sua spada e lo spinse indietro. Il ragazzo quasi perse l’equilibrio, ma riuscì a rimanere in piedi. Digrignò i denti e ripartì alla carica. Tessa, più veloce che poté, prese l’arco e una freccia e colpì il ragazzo al petto. Anche lui, come la sua compagna, cadde a terra e non si mosse più.
Tessa espirò e si voltò verso Annabeth per aiutarla ad alzarsi. Le porse la mano e lei l’afferrò.
«Grazie.» disse l’amica. Tessa sorrise. Corsero verso Percy e, quando lo videro cadere dopo essersi preso un pungo in pieno volto, partirono all’attacco. In meno di cinque minuti avevano steso anche l’altro ragazzo, che cadde a terra svenuto.
«Sì!» esclamò Annabeth e raggiunse Percy per aiutarlo ad alzarsi. Stava bene a parte qualche livido.
Ad un tratto, dal nulla, comparve un altro seguace di Crono. Aveva un arco in mano e stava puntando la freccia contro la figlia di Atena. Prese la mira, chiudendo un occhio e inspirò. Stava per tirare.
«Annabeth!» gridò Tessa. La ragazza si voltò, ma non sarebbe mai riuscita a parare la freccia. Così, prima che venisse colpita, Tessa si parò davanti a lei e scagliò una freccia a sua volta e anche questa andò a segno colpendo il ragazzo e trapassandogli la gola. La ragazza sorrise. Era davvero brava con l’arco.
Poi sentì un dolore tremendo all’altezza del cuore. Una puntura, una fitta così dolorosa da mozzarle il fiato. Abbassò lo sguardo e vide che anche lui ea stato bravo: la freccia aveva fatto centro. L’aveva colpita. L’aveva colpita al cuore.
«NO!» le grida di Annabeth e Percy fendettero l’aria. «Tessa!»
Lei cadde sulla schiena. Sentì un dolore lancinante dove lui l’aveva colpita. Sollevò una mano e sfiorò il legno della freccia.
«Tessa!» disse Percy, sollevandole la testa. «Resisti.»
«Percy…» sussurrò lei.
«Non parlare, Tess. Resisti…» disse Annabeth, tra le lacrime.
«Io…» tentò di parlare, ma la voce le morì in gola. Sentiva le forze abbandonarla, il sangue defluiva dalla ferita e aveva già creato un’enorme chiazza sull’asfalto. Stava morendo dissanguata.
«Resisti…» sussurrarono i due amici.
«Vi voglio bene…» sussurrò lei prendendo le mani ai due ragazzi e stringendole forte. Non c’era altro da dire. Sapeva che stava morendo, sapeva che non li avrebbe più rivisti e che non avrebbe più rivisto neanche Luke. Il suo Luke.
«Tessa…» disse Annabeth, ma non riuscì a concludere la frase perché l’amica aveva già chiuso gli occhi. «No. No, Tessa! Ti prego.» esclamò scuotendola per svegliarla.
«Annabeth. Annabeth!» disse Percy, prendendola per le spalle. «Basta, è finita.» anche lui aveva le lacrime agli occhi.
«Non può essere…» disse «Perché? PERCHÉ?» gridò.
Era sua amica. Era sua amica e l’avevano uccisa.
«Mi dispiace.» disse lui abbracciandola forte. «Mi dispiace. Gliela faremo pagare. Te lo prometto.»
Annabeth annuì. La pagherete.
Presero le loro armi e si avviarono verso l’edificio in cui si erano nascosti. 
 
Like corse più veloce che poteva verso l’Empire State Building. Gli avevano detto che era lì che si erano nascosti i Mezzosangue del Campo. Avrebbe dovuto trovare Tessa. Avrebbero dovuto scappare insieme. Avrebbe dovuto ascoltarla fin dall’inizio, abbandonare Crono per lei… Avrebbero potuto avere una vita insieme.
Quando arrivò a qualche centinaio di metri dall’edificio, vide Annabeth e Percy avanzare abbracciati verso la porta. Tessa era loro amica, avrebbe dovuto essere con loro. Volse lo sguardo verso sinistra, da dove i due venivano e solo allora la vide.
Era sdraiata a terra. Immobile.
Ecco perché Annabeth piangeva.
Corse a perdifiato verso di lei. Il suo corpo era coperto di sangue. Una freccia l’aveva colpita al cuore ferendola a morte.
«No…» disse «Tessa… No, ti prego…» si inginocchiò accanto a lei e tolse la freccia dal suo petto. «Tessa…» perché non le aveva dato ascolto? Se fossero scappati prima, non l’avrebbero uccisa. «Tessa…» continuò a sussurrare.
L’avrebbe fatta pagare a Crono. L’avrebbe ucciso. Avvicinò il suo volto a quello di lei e chiuse le sue labbra sulle sue, ormai pallide e fredde. «Ti amo, Tessa.» sussurrò tra le lacrime. «Lo ucciderò. Te lo prometto.» e dopo essersi alzato si allontanò per cercare il Titano.
 
Percy era già stato sull’Olimpo, una volta. Aveva dodici anni, ma ricordava benissimo ogni particolare. Lì aveva visto per la prima volta suo padre e per la prima volta gli aveva parlato e lo aveva abbracciato.
Ma adesso era lì per Crono. Per ucciderlo e porre fine a quel massacro che gli aveva portato via la sua migliore amica.
Entrando nella sala del trono, dove gli Dei si radunavano per discutere le decisioni, vide Luke, immobile ad attenderlo. Credeva che fosse morto. Aveva visto morire Tessa e il collegamento empatico avrebbe dovuto causarne la morte, ma forse era stato interrotto. Anche se Percy non capiva il perché.
«LUKE!» gridò.
Lui sorrise, ma quando aprì bocca per parlare non fu la sua voce ad uscirgli dalle labbra, ma quella di Crono. Era posseduto. Il Titano si era impossessato del suo corpo.
«Percy Jackson…» cominciò «Sei qui per uccidermi?»
«Sì. E per porre fine a questo massacro.»
«Ah, sì.» disse lui «Soprattutto ora che abbiamo ucciso quella tua amica… La figlia di Calliope.»
«Come sai di…?» tento di domandare.
«Vedi, questo ragazzo,» e il corpo di Luke si indicò «è pieno di sorprese. Era disperato per la morte di… Tessa? Si chiamava così, no?»
«Disperato? Ma cosa…?» ringhiò Percy, sempre più arrabbiato.
«Oh, non lo sapevi?» chiese lui beffardo «Erano innamorati.»
«Lui e Tessa? No, impossibile.»
«Invece sì.» ribatté l’altro «Oh, ma lei non te l’aveva detto.» ipotizzò.
«Sta’ zitto!»
«Volevano scappare insieme, abbandonarvi.»
«NO!» gridò lui, alzando la spada. «Lei non ci avrebbe mai abbandonati!»
«Pensala come vuoi, figlio di Poseidone.»
«Sta’ zitto e combatti! Codardo! Mandi a morire i tuoi uomini invece di combattere al loro fianco!»
«Oh, oh, Jackson! Come siamo sfacciati! Ricordati sempre che io sono il padre degli Dei, nonché tuo nonno. Portami rispetto.» mosse una mano e scagliò Percy dall’altra parte della stanza.
Luke, intanto, intrappolato nel suo stesso corpo, tentava di combattere contro il Titano. Appena era tornato a cercarlo, lui si era impossessato di lui, ma se non si fosse riappropriato di sé stesso, Percy sarebbe morto e l’Olimpo sarebbe caduto. Però Crono era troppo potente e stava usando lui per uccidere l’unico in grado di salvare gli Dei.
Questo è il mio corpo pensò Luke e me ne riapproprierò.
Tentò di scacciare Crono in ogni modo, ma non ci riuscì. Come si poteva respingere un Titano essendo solo un Mezzosangue?
Poi un’idea gli balenò in testa.
Pensò intensamente all’unica persona che poteva aiutarlo. Padre. Padre, ti prego, perdonami. Mi serve il tuo aiuto. Voglio riprendere il controllo, aiutami e indebolirò Crono in modo che Percy possa ucciderlo.
Non sentì nulla. Niente sembrava cambiato, ma ad un tratto, qualcuno entrò nella sua mente.    
Luke.
Padre? disse lui, riconoscendo la voce di Ermes.
Voglio aiutarti.
Grazie, padre. rispose il ragazzo e attese. Non sapeva perché il padre aveva scelto di aiutarlo dopo ciò che aveva fatto, ma era felice. Più felice che mai.
Ad un tratto, come se una forza straordinaria scorresse nelle sue vene, Luke sentì di nuovo il peso del suo corpo su di sé. Mosse le mani e vide che queste rispondevano ai suoi comandi.
Non riuscirò a trattenerlo per molto, figliolo.
Senza perdere tempo, Luke prese il pugnale che portava alla cintura e lo impugnò.
Sentiva Crono gridare nella sua testa, ma non ci faceva caso. Lo avrebbe indebolito, abbastanza per permettere a Jackson di farlo fuori. Senza attendere un secondo di più, si pugnalò al cuore. Sentì un dolore lancinante, il respiro si bloccò; cadde sulle ginocchia e poi sulla schiena. Sentì il sangue fluire dalla ferita e insieme ad esso, sentì l’anima di Crono abbandonarlo. Rivolse un ultimo sguardo al trono di suo padre e lo ringraziò. Grazie, padre. Perdonami.
E poi, tutto si fece buio.
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Lo so, lo so, forse non vi aspettavate questo, ma non è ancora detto l’ultima parola, non uccidetemi!
Spero vi piaccia, fatemi sapere, ;D
A venerdì con l’ultimo!
Izzy, xX__Eli_Sev__Xx

 

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Capitolo 10
*** The war is finished ***


I’m not leaving you

CAPITOLO 10
The war is finished

 
Luke aprì gli occhi e una luce abbagliante lo costrinse a coprirli con una mano. Si trovava in una grande radura verde, colma di alberi e animali. Attorno a lui, c’erano uomini, donne, bambini, anziani… Tutti sorridevano felici, indossavano abiti bianchi e camminavano tranquillamente.
Il ragazzo si mise a sedere.
«Ciao, Luke.» quella voce. L’aveva già sentita. Sembrava fossero passati anni dall’ultima volta, eppure gli provocava lo stesso effetto. Una fitta allo stomaco, una fitta piacevole, famigliare. Si voltò e si mise in piedi. Davanti a lui, c’era lei. La ragazza che aveva amato più di se stesso e che aveva sperato di ritrovare.
«Tessa.» lei sorrise e quando lui le gettò le braccia al collo lei ricambiò la stretta.
Quando si separarono lei gli accarezzò le guance con le mani. Luke la osservò, i suoi occhi risaltavano ancora di più grazie all’abito bianco che indossava.
«Dove siamo?» chiese lui.
«Nei Campi Elisi.» rispose lei.
Lui si voltò e osservò il paesaggio. «Non volevo che tu morissi.» sbottò.
«Ehi, l’ho fatto per salvare Annabeth e Percy. Lui era l’unico che poteva salvare l’Olimpo. E poi, sapevo i rischi che correvo.» lo rassicurò. «Quello che hai fatto, è stato molto coraggioso, Luke.»
«Come hai detto tu, Percy era l’unico che poteva salvarci.» disse lui, ricordando che si era ucciso per permettere a Percy di uccidere Crono.
Tessa sorrise. «E ci è riuscito.»
Luke annuì e sorrise. «Non avrei mai pensato di dirlo, ma sono felice di essere morto.» la ragazza gli rivolse uno sguardo interrogativo. «Almeno adesso posso rimanere con te per sempre.»
Tessa sorrise e si avvicinò a lui. Il ragazzo le cinse i fianchi e la tirò a sé; poggiò le labbra su quelle di lei e la baciò. La baciò donandogli la sua anima, il suo amore… tutto.
Quando si separarono, fu lei a parlare. «Sono in debito di un “ti amo”.»
Luke sorrise. «L’hai sentito.»
«Certo.» rispose lei, ridendo «Ho sentito tutto.» poi fece una pausa. «Ti amo, Luke Castellan.»
«E io amo te, Tessa Silver.»
Luke si chinò e la baciò ancora, abbracciandola e stringendola forte. Lei gli circondò il collo con le braccia e il suo corpo aderì perfettamente a quello del ragazzo.
Non aveva mai creduto ad una vita dopo la morte, né avrebbe pensato che quella vita avrebbe potuto essere felice; ma avrebbe affrontato la morte ancora centinaia e centinaia di volte se questo voleva dire passare l’eternità con l’uomo che amava. Lo amava con tutta sé stessa e non l’avrebbe lasciato. Mai.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Ecco che con grande rammarico pubblico il decimo e ultimo capitolo della mia ff non molto long!
Spero tanto che vi piaccia! Fatemi sapere!
Ringrazio coloro che mi hanno seguita, preferita, ricordata e soprattutto recensita!
A presto con un’altra ff!
Un bacio e grazie ancora, Izzy, xX__Eli_Sev__Xx

 

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