A Burning Need Of Life

di AClaudia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Monastero ***
Capitolo 2: *** Diventerò un uomo ***
Capitolo 3: *** Nessun Rivale ***
Capitolo 4: *** La Chiave Della Verità ***
Capitolo 5: *** Quel Maledetto Spartito ***
Capitolo 6: *** Ghiaccio e Muffa ***
Capitolo 7: *** Tutto in gioco ***



Capitolo 1
*** Il Monastero ***








La neve scendeva lentamente e si poggiava silenziosa sulla ghiaia intorno a noi. Non era affatto strano. L’inverno di Mosca era cupo e gelido. Proprio come l’atmosfera che aleggiava sul gruppo di ragazzi schematicamente schierati nel cortile del Monastero Vorkov.

Era così ogni santo giorno.
Sveglia prestissimo, colazione veloce e poi subito in cortile, pronti per un’altra terribile giornata di allenamenti.
Già, terribile. Terribile per chi, purtroppo, non aveva la forza o la capacità di sopportare i soprusi e le torture che venivano inflitte a coloro che erano definiti deboli. Deboli.
Deboli erano coloro che non riuscivano a mantenere la mente fredda durante gli allenamenti, andando oltre il dolore fisico, oltre le regole civili, per ottenere la vittoria finale.

Questo era l’obiettivo degli allenamenti imposti da Vorkov, queste erano le sue regole.
Noi ragazzi, aspiranti campioni di Beyblade, dovevamo ottenere la vittoria a tutti i costi. Proprio tutti.
Ci veniva insegnato che gli affetti andavano eliminati, poiché ci rendevano vulnerabili. Ogni legame andava estirpato.
Ecco perché restavamo sempre rinchiusi tra queste quattro mura, con pochissime occasioni di poter uscire e girare per la città. Anche i rapporti tra gli stessi ragazzi al monastero erano ridotti al minimo, senza contare il fatto che durante gli allenamenti eravamo sì tutti insieme, ma di certo il clima non era amichevole. Eravamo impegnati in una lotta tutti contro tutti.

Per fortuna io ero un ragazzo cosiddetto ‘talentuoso’, perciò già da qualche anno, grazie agli allenamenti, ero diventato uno dei migliori qua dentro. Uno dei più forti, e quindi uno dei più freddi e più violenti. Per forza. Non c’era scelta.
Se avessi perso una sfida a beyblade, la punizione sarebbe stata memorabile, in modo da spingerti ad essere più aggressivo nell’incontro successivo.
Capita l’antifona, mi ero adeguato subito a questo sporco gioco, superando tutti i miei compagni in quanto a tecnica, velocità, forza, forma fisica. Cattiveria. Rancore. Rabbia.

Solo uno era più forte di me. L’unico che fosse riuscito a battermi. Colui che più di tutti risvegliava il mio istinto distruttivo. Quello straniero. Quello che parlava russo con un accento terribile. Quello che era diventato il preferito di Vorkov da quando era arrivato. Lo odiavo per questo, lo odiavo con tutte le mie forze. E un giorno la sua spavalderia gli si ritorcerà contro. Dovevo solo aspettare quel momento.
Io, Yuri Ivanov, sarò il migliore del monastero e poi diventerò campione del mondo. So che ce la farò.

Avevo tutto il tempo di fare queste riflessioni, visto che sicuramente sarebbero passati ancora svariati minuti prima che Vorkov decidesse di raggiungerci in cortile per intimarci l’inizio degli allenamenti.
Noi nel frattempo dovevamo essere schierati come un esercito, perfettamente immobili e pronti ad eseguire gli ordini. La disciplina era tutto. I più forti tra noi dovevano essere in prima fila, a rappresentare i migliori elementi. Inutile dire che io ero tra questi.
Alla mia sinistra sentivo l’irritante presenza di quel giapponese dallo sguardo duro, mentre alla mia destra c’erano Boris, Sergei e Ivan. Ecco, i migliori.

Mi riscossi subito dai miei pensieri quando vidi l’inquietante figura di Vorkov metter piede nel cortile, seguito dai suoi assistenti più fedeli, come cani al guinzaglio, e dai capi delle guardie. Loro si occuperanno di controllare i nostri allenamenti al posto di Vorkov. Insomma quelli che decideranno chi verrà torturato e chi invece meriterà la cena.

Il monaco avanzò lentamente verso di noi, guardandoci con aria soddisfatta. Tutta quella disciplina era una soddisfazione per lui.
Ci scrutò per un attimo, passando in rassegna ogni singolo ragazzo, poi con un cenno della testa diede il via agli allenamenti.

Si iniziava con la corsa di riscaldamento, un classico. Poi un po’ di palestra per migliorare le singole abilità ed infine si migliorava la tecnica col bey. Tutto questo nell’arco di una mattina. Inutile dire che eravamo sfiniti già prima di pranzo.
Breve pausa per poi dare il via alle sfide nel pomeriggio.

Ci recammo tutti nella grande sala degli stadi, dove il pavimento era ricoperto di campi da gioco, e ognuno consumava la proprio tragedia oppure esaltava le proprie abilità.

Noi cinque ‘capitani’ ci schierammo in fretta contro il muro in fondo alla stanza. Da lì dovevamo supervisionare ogni singola sfida, insieme alle guardie.
Noi saremmo stati gli ultimi a combattere.
Con un gesto secco del braccio la guardia diede il via alle sfide, che ai miei occhi si susseguirono rapide, senza però perdermi alcun particolare. In silenzio osservavo i ragazzi lottare per sopravvivere. E non sto scherzando.


Battaglia dopo battaglia, i perdenti venivano puniti in vario modo, a seconda della gravità della sconfitta. Quelli che venivano portati via rischiavano di non vedere più la luce del giorno.

Registrai nella mente ogni dato di quei combattimenti, sapendo che anche gli altri quattro avrebbero fatto lo stesso. Fra poco sarebbe toccato a noi. Di norma avremmo dovuto affrontare chi aveva vinto precedentemente, non capitava spesso di sfidarci tra noi, se non per volere del monaco. Voleva conservare al meglio i suoi elementi migliori, decidendo lui quando e come sfidarci tra noi. Queste sfide erano epiche, ma anche i danni riportati spesso erano tali.


Pensai all’ultima volta che sfidai Kei.
Avevo insistito, perché mi sentivo pronto a sconfiggerlo, la rabbia mi bruciava nelle vene. Condizioni perfette per vincere.
Vorkov aveva acconsentito e io di trovai di fronte a lui al tramonto di un giorno senza nuvole.
Lanciammo in campo i nostri bey. I sfoderai subito i miei colpi migliori cercando di liquidarlo in fretta, invece non ci fu storia.
Venni sconfitto, e dovetti portare fasce e bende per parecchi giorni.
Mi aveva demolito e portavo sul corpo i segni della sconfitta.
Mi aspettavo una punizione esemplare, che invece stranamente non arrivò. Non saprò mai il perché. C’erano delle cose che ogni tanto mi fuggivano. Ad ogni modo quella sconfitta fece crescere in me la rabbia e la frustrazione in modo esponenziale. Calmo, devi stare calmo. Avrai la tua vendetta.

Mentre le guardie si occupavano degli ultimi ragazzi da punire, Vorkov entrò nella sala, sempre seguito dai suoi leccapiedi, avvicinandosi a noi e richiamando il silenzio con uno schiocco delle dita. Tutti si voltarono verso di lui, sopprimendo il terrore negli occhi.
“Quest’oggi è un giorno molto fortunato per voi. Assisterete ad una grande sfida, tra due dei migliori bladers del monastero!” Annunciò fiero, allargando le braccia.
“Oggi si sfideranno Boris e Kei!”
Si voltò a guardare le loro reazioni. Come previsto nessuno fece una piega. Per Boris sarebbe stata un’occasione per rifinire i suoi freddi calcoli strategici, mentre per Kei l’occasione di esercitare ancora di più la sua incredibile potenza.
Sarà davvero una sfida interessante, pensai.
 
Senza proferir parola, nel mormorio dei presenti, i due bladers si misero in posizione di fronte allo stadio. L’aria era carica di tensione. Boris aveva uno sguardo gelido mentre Kei aveva gli occhi accesi dal desiderio di battaglia.

Lanciarono.

I bey si scontarono sul campo di gioco. Una volta. Due volte. Sempre più potenti e più veloci gli attacchi.
Divenne ben presto una guerra aperta tra i due, non risparmiandosi alcun colpo, anche quelli proibiti, pur di superare l’avversario.
Boris riuscì a creare una lama d’aria in gradi di colpire direttamente il blader, strappando a Kai un grido di dolore. Questa mossa mi incuriosì. Quell’arma poteva diventare micidiale se ben sviluppata.
Ma Kei rimase in piedi e riuscì bene presto a distruggere il bey avversario con la sua potente onda di fuoco, che riempì la sala di un calore allucinante.

Boris era stato sconfitto.
Dovrà subirne le conseguenze.
Pensai a quali atrocità andrà incontro.
Ancora una volta Kei era riuscito a mantenere l’imbattibilità, la sua potenza non aveva pari.
 
Osservai Boris rimettersi in piedi, lo sguardo basso.
Non provai alcuna pietà per lui.
Si meritava la punizione. Venne portato via dalle guardie.
Già sapevo che quella notte non sarei riuscito a dormire a causa delle sue urla provenienti dai sotterranei.


“Kei è il vincitore!” Annunciò con un ghigno indecifrabile Vorkov. Quell’uomo mi dava la nausea.
Guardai Kei sorridere beffardo, perfettamente conscio della propria forza. Eppure...

Eppure vidi un lampo di insoddisfazione nei suoi occhi che non riuscii a decifrare. Aveva distrutto Boris, cosa voleva ancora?

Le guardie ci condussero fuori dalla sala, il cielo era già buio. Cenammo in silenzio, poi ognuno tornò silenziosamente alla propria cella. Certo perché nei monasteri e nei conventi le stanze si chiamano così, no? Del resto assomigliavano in tutto e per tutto ad una prigione.

Decisi di passare per l’ala ovest, allungando un po’ il percorso. Non mi andava di rientrare subito. L’accesso a questa parte del monastero era riservato ai collaboratori di Vorkov, alle guardie e a me. Il monaco in persona mi aveva dato il permesso di entrarci.
Mentre camminavo lentamente ai bordi del chiostro notai una musica delicata provenire dalla chiesa. Una struttura antica a cui si accedeva direttamente dal colonnato, in cui Vorkov soleva ritirarsi ogni giorno per molto tempo.
Anche con la porta chiusa sentivo che qualcuno all’interno stava suonando l’organo. Chi poteva essere? Nessuno lì dentro si dava alla musica, men che meno i ragazzi. Non erano concesse distrazioni.

Rimasi per qualche minuto immobile ad ascoltare quella melodia.
Mi suonava familiare.
Erano rarissime le occasioni per me di ascoltare musica, ma quelle note credevo di conoscerle. Come se fosse stato smosso un pezzo del mio inconscio.
Sentivo quasi il movimento delle dita sui tasti duri dell’organo, come fossero accanto a me.
E mi davano pace. Incredibile.
Sembrava di essere in un altro mondo. Ma come potevo conoscere quella melodia?

Il chiacchiericcio concitato di alcune guardie mi fece risvegliare da quel coma. Mi guardai rapidamente intorno e mi nascosi dietro una colonna. Delle guardie in fondo al corridoio discutevano animatamente. Sembrava stessero parlando di una spedizione non riuscita.
Non era la prima volta che li vedevo spaventati a quel modo, ma dal basso dei miei 11 anni era difficile capire.  






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Capitolo 2
*** Diventerò un uomo ***




"Diventerò un uomo..."






Un odore nauseabondo penetrava violento nelle sue narici. Così prepotentemente da risvegliarlo dallo stato catatonico in cui era piombato. Non si riusciva a capire cosa fosse, ma era comunque terribile. Mozzava il respiro.
Se la morte avesse un odore, pensò Boris, sarebbe stato proprio uguale a quello.
 
Polvere scura e densa ricopriva tutto attorno a lui.
Tutto era dir tanto poiché non c’era niente oltre a lui, alla specie di branda su cui era sdraiato e ad una massa indecifrabile ammonticchiata sul lato opposto. Il buio di quella fredda stanza murata in pietra era attenuato solamente dalla luce di una torcia proveniente dal corridoio.
Tra lui e la libertà si frapponevano delle robuste sbarre di ferro arrugginito.
 
Il giovane dai capelli chiarissimi aprì lentamente gli occhi. La vista era appannata e sentiva le palpebre pesanti come macigni.
Per quanto possibile si guardò attorno, cercando di mettere a fuoco qualcosa. Non c’era niente.
Solo fredde mura e che culminavano con un soffitto a volte senza alcuna apertura.
 
Alzando un po’ la testa osservò il pavimento intorno a lui, per quel poco che riusciva a vedere. Tutto nero. Ah, no, c’erano delle macchie. Macchie scure, rotonde, una vicina all’altra.
Sangue. Le osservò intontito.
Altri ragazzi prima di lui erano passati da quel carcere e avevano subito le stesse torture riservate a lui. Se non peggio.
Attimi terribili. Attimi infiniti. Aveva cercato di resistere. Si chiedeva come una mente umana potesse concepire tanta malvagità e scatenarla su un altro essere umano. Su un bambino di 12 anni.
Aveva gridato, e tanto. Tantissimo. Non solo per il dolore, anche e soprattutto per coprire le risate sadiche del suo boia. Colui che trovava appagamento personale nel fendere la sua pelle bianca con una lunga frusta tutta annodata.
Si era accasciato per terra, per quanto concesso dalle catene, e una lacrima aveva bagnato il suo viso.
 
Nel rivivere quei momenti sentiva il suo corpo riprendere possesso dei suoi arti, fino a quando sentì un bruciore lacerante alla schiena. In un attimo sentì di nuovo tutto il dolore, e lanciò un grido agghiacciante, con tutta forza che gli era rimasta in gola.
Bruciava, bruciava maledettamente. Sentì le lacrime scendergli copiose sulle guance e cadere per terra, mentre lui cercava in qualche modo di placare quel dolore.
 
Le sue ferite erano state curate in qualche modo, eppure erano ancora troppo vive. Strinse i denti più che poteva cercando di soffocare la sua sofferenza, rannicchiandosi nel suo povero giaciglio. Respirò pesantemente, fino a quando tutto quel tormento non sembrò essere almeno vagamente placato.
 
Fu allora che rivide nella sua mente gli attimi terribili in cui la sua famiglia implose.
La violenza era stata l’inizio della sua discesa negli inferi. Rivide nitidamente se stesso alcuni anni prima, mentre piangeva terrorizzato dietro lo stipite della porta del salotto. Teneva in mano il suo giocattolo preferito, quella piccola trottola che da sempre aveva animato le sue giornate. Era diventato la sua ancora di salvezza, quando, per l’ennesima volta il padre era tornato a casa ubriaco.
Devastato.
E l’aveva fatto di nuovo.
Aveva picchiato la mamma. Aveva sfogato su di lei tutta la sua frustrazione, e lei non ce l’aveva fatta. Fu l’ultima volta che la vide. La sua adorata mamma. Colei che lo aveva amato nonostante tutti i problemi.
 
Maledisse quell’uomo.
Era colpa sue se ora si trovava li. A dover lottare.
Di nuovo piccole lacrime scesero timide lungo le sue guance. Era una ingiustizia a cui non poteva sottrarsi. Però avrebbe potuto fare qualcosa di più. Avrebbe potuto sfruttare l’occasione per diventare forte, molto forte. Il più forte. E un giorno avrebbe avuto la sua vendetta. Questo era diventato il suo obiettivo.
 
Strinse i pugni pensando a quanta strada già aveva fatto. Era uno dei migliori. Sarebbe cresciuto. Sarebbe diventato un vero uomo, e avrebbe ottenuto giustizia per sua madre. L’aveva giurato sul suo fedele beyblade e sullo spirito magico che da allora lo accompagnava nelle sue battaglie.
 
 
 
 



Era coricato da un pezzo, eppure Yuri non riusciva a prendere sonno.
Come aveva immaginato, sentiva urla soffocate provenire dai piani interrati di quel labirinto di pietra. Di Boris, di chissà quanti altri ragazzi, conosciuti o sconosciuti.
 
Già, c’era qualcosa che non quadrava. Gli pareva di vedere dei bambini mai visti prima che dopo poco tempo sparivano improvvisamente. Come delle visioni che non si sa da dove vengano né dove vadano. Magari vedo i fantasmi, si diceva. Eppure non ne era molto convinto.
 La cosa di cui era sicuro era che il monastero nascondeva qualcosa, molto di più di ciò che era concesso loro vedere.
 
Un vago senso di inquietudine lo invase, mettendolo a disagio, come se si sentisse in pericolo. Istintivamente strinse al petto il suo beyblade. Quelle mura non erano sicure per lui, né per chiunque altro in quel posto maledetto.
 
Fu allora che risuonarono nella sua testa delle note misteriose, quelle che poco tempo prima aveva sentito uscire dalla porta della chiesa. L’avevano fatto stare bene. Gli richiamavano qualcosa dal suo passato, che riuscì a lenire il suo tormento. Si sentiva come richiamato da quella melodia.
Si concentrò.
Ad occhi chiusi cercò di richiamare alla mente qualsiasi cosa legata a quella musica. Un titolo, un testo, una voce, un luogo, qualsiasi cosa, bastava ricordare. 
 
Nulla.
 
Eppure sentiva qualcuno vicino a sé…  e una parola… ah si… eccola… Libertà.
Quel brano era legato in qualche modo alla parola libertà. Come? Non lo sapeva, ma sorrise. Il fatto di aver ricordato qualcosa lo rese fiducioso. Col tempo magari avrebbe ricordato altro. I suoi occhioni azzurri si illuminarono di speranza.
 
Strinse al petto il suo bey e finalmente si addormentò.
 
 
 
 


E tutto accadde.
 
 


Un’esplosione tremenda scosse il monastero dalle fondamenta, facendo sobbalzare il giovane rosso e creando il caos più totale. Sentì un marasma di allarmi e di sirene che suonavano, voci concitate e passi svelti nei corridoi.
Cosa diamine era successo?
 
Come una gazzella Yuri saltò giù dal letto deciso più che mai a scoprire tutto. Voleva sapere, voleva conoscere, voleva avere occhi dappertutto.
Si buttò addosso i vestiti in fretta e uscì furtivo dalla sua stanza stando bene attento a non farsi sentire. In situazioni di emergenza come quella, le guardie avevano il preciso compito di controllare che i ragazzi non uscissero dalle proprie celle.
Sogghignò.
Era un maestro in questo, non l’avrebbero scoperto.  Conosceva i trucchi del mestiere, e soprattutto i passaggi segreti.
 
L’esplosione aveva causato un piccolo incendio nella parte nord del monastero, innalzando un vortice di fumo nel cielo di Mosca. Sapeva esattamente dove andare.
 
In quella zona c’erano stati pochi giorni prima, quando il monaco aveva concesso loro di poter ammirare uno spettacolo più unico che raro.
Il leggendario beyblade nero, costruito da Rasputin in persona, in azione. Il sogno di ogni ragazzino racchiuso in un oggettino al di là di un vetro indistruttibile. O così doveva essere.
 
Più si avvicinava alla sala, più il caos dilagava. Guardie che correvano da una parte e dall’altra, che urlavano ordini, che cercavano di nascondere chissà che cosa. Una di loro stava uscendo di corsa, il volto teso, portando in braccio un fagotto, che Yuri riconobbe essere un ragazzo.
Kei.
Sgranò gli occhi. Era morto? Era svenuto? Cosa diamine era successo?
 
Prese allora un cunicolo nascosto che lo condusse ad una feritoia nella parete della sala da cui poteva osservare indisturbato la scena. Rimase a guardare, interdetto. Non riusciva a collegare i fatti.
La stanza era piena di fumo, ma non capiva cosa avesse causato l’esplosione. Una parete della sala era stata parzialmente abbattuta, e la teca in ci era stato riposto il meraviglioso bey nero era aperta. Cercò in giro con lo sguardo.
Del bey nero nemmeno l’ombra. Certamente le guardie l’avevano già messo al sicuro.
Ma cosa c’entrava Kei? Che domanda stupida. Si diede dello scemo mentalmente. Il suo acerrimo rivale desiderava con tutte le sue forze quel bey, lo si vedeva chiaramente. Voleva diventare il più forte, ed era disposto a tutto pur di farcela.
Dunque Kei aveva cercato di impossessarsi del bey ed invece era stato sopraffatto dalla sua potenza.
Si, probabilmente era andata così.
Non riusciva a crederci. Kei avrebbe subito una punizione al di fuori di qualsiasi immaginazione a causa della sua bramosia. Sempre se fosse sopravvissuto.
 
Comunque fosse, questa cosa avrebbe concesso al rosso un bel vantaggio. Ripercorse tutta la strada fino alla sua cella nel più breve tempo possibile. Tutto era tornato alla calma in quell’ala, dunque lui non era stato scoperto. Si reinfilò il pigiama e si buttò nel letto, con la netta sensazione che il giorno successivo sarebbe stato tutto diverso. 










Note posticce:
Innanzi tutto un ringraziamento speciale a chi ha trovato 5 minuti per fermarsi a leggere questa storiella. Spero sia almeno minimamente di vostro gradimento!
Nel primo capitolo non ho lasciato note, e me ne scuso, sicuramente ci avreste capito un pò di più in questo marasma. Ora mi sento in dovere di spiegarvi alcune cose, anche perchè si sta complicando sempre più.
Allora intanto specifico che Yuri è sempre stato uno dei miei personaggi preferiti, quindi eccolo protagonista! Si sta parlando ( ma lo avrete sicuramente capito...) della vita al monastero moooolto prima del primo campionato. Questo flashback (poco flash e molto back) è necessario per gli avvenimenti futuri, anche se è quasi completamente inventato.
L'unico evento reale è il momento in cui Kei esce di scena per via dell'esplosione e perde la memoria.
Per tutto il resto, spero che presto ci troviate un senso...e ovviamente potete lasciare tutte le recensioni che volete, mi fanno certamente piacere! Anche per dirmi che è una strepitosa ca***ta (dato che lo è...).
Ciao a tutti!

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Capitolo 3
*** Nessun Rivale ***


Un grazie sincero a tutti quelli che passano di qua.


"Nessun Rivale"




Una leggera brezza smosse timidamente le sue ciocche rosse.
Dalle grandi finestre medievali faceva capolino il cielo sereno della Capitale, che quel giorno rasserenava un po’ gli animi lasciandosi attraversare dai raggi del sole. L’inverno russo era ancora nel pieno delle sue forze e la temperatura aveva raggiunto i minimi storici. Nonostante ciò i vetri erano aperti sulla grande sala degli allenamenti, dove i ragazzi del monastero erano intenti a sfidarsi l’un l’altro in un clima decisamente ostile.
Come al solito Yuri osservava i suoi sottoposti scagliarsi in attacchi micidiali, creare difese insuperabili ed infine evocare le proprie creature magiche.
Il suo sguardo non si perdeva alcun dettaglio, e la sua mente registrava ogni dato con estrema precisione. I suoi occhi erano limpidi e freddi, in armonia con l’atmosfera al di fuori di quelle mura. Lo stesso sguardo di sempre, si potrebbe pensare. Eppure no, le cose stavano cambiando. In meglio o in peggio non si sa, ma la routine era stata spezzata.
 
Kei era scomparso. Sparito. Dalla notte dell’esplosione, quando Yuri lo vide per l’ultima volta in braccio ad una guardia, di Kei si era persa ogni traccia.
Yuri sapeva o intuiva cosa fosse successo, ma nessuno si era preso la briga di dare una spiegazione ufficiale. Nessuno, nemmeno il monaco, aveva accennato all’accaduto e il mistero si era fatto più fitto.
Tra i ragazzi serpeggiavano le ipotesi più impossibili, Yuri li sentiva borbottare tra di loro, e tutte culminavano con una sola domanda: dov’è Kei?
Già, anche lui se lo chiedeva. Si era rifiutato di svelare agli altri ciò che sapeva, eppure quella domanda rimaneva senza risposta. Per di più era implicitamente vietato nominarlo, poiché l’argomento veniva prontamente interrotto dalle guardie e i malcapitati passavano un brutto quarto d’ora. Quell’argomento era decisamente troppo scottante e Vorkov aveva preferito insabbiare tutto.
 
Non che Yuri ne fosse triste. Il suo massimo rivale era sparito e chissà se sarebbe mai ritornato, dunque non poteva che rallegrarsene. Non poteva che considerare il fatto che ora era lui il più forte. Il miglior blader del monastero. Aveva raggiunto uno dei suoi obiettivi, senza praticamente muovere un dito. Kei si era “bruciato” da solo e lui era stato ripagato dei duri allenamenti a cui era stato sottoposto.
 
Si sentiva decisamente meglio in quei giorni, quasi quasi gli veniva voglia di sorridere. Erano passati quattro giorni dall’esplosione e lui doveva nascondere la sua soddisfazione dietro il suo solito aspetto freddo e distaccato.
Certo quel nuovo ruolo comportava grandi onori, quali, ad esempio, essere il capitano della squadra che partecipa ai campionati, ma anche delle responsabilità. Responsabilità principalmente verso i suoi compagni di squadra e tutti i ragazzi del monastero.
 
Già, la squadra. Yuri era orgoglioso di essere capitano, soprattutto perché i suoi compagni erano dei bladers molto potenti. Sergei era potenza fisica pura, pur essendo un ragazzino già sovrastava tutti i coetanei, mentre Ivan era piccolo e scaltro, molto rapido nei movimenti.
Li guardò per un attimo. Erano in piedi di fianco a lui, così come da consuetudine, e guardavano fissi gli allenamenti dei ragazzi. Si, erano decisamente degli ottimi elementi da avere in squadra.
Mancava solo Boris. Non era ancora riemerso dai sotterranei. La sua squadra non era completa senza di lui e Yuri decise che era suo compito accertarsi delle sue condizioni, in qualità di capitano. Sarebbe sceso lui stesso nei sotterranei, all’insaputa di Vorkov che di certo non gli avrebbe dato il permesso, e sarebbe andato a cercarlo. Quella sera stessa.
 
Attese la fine della cena, consumata al tavolo con i suoi compagni, prima di sgattaiolare furtivo fuori dalla sala in direzione delle segrete.
Pur essendo un edificio antico, il monastero ospitava molti piani interrati, oltre a quelli costruiti nel medioevo,  che ospitavano i laboratori. L’accesso a tali piani era ristretto ai soli collaboratori di Vorkov e nessun’altro vi poteva entrare senza autorizzazione. Li venivano svolti esperimenti, con procedure magari non condivisibili, sul potenziamento dei beyblade e dei bladers. Yuri c’era già stato qualche volta, e non era stato divertente. Si era sentito strano per parecchie ore, come fosse stato drogato. Non gli piacevano affatto quegli esperimenti, ti modificavano profondamente perdendo il controllo della tua mente, che agiva da sola.

A quel ricordo, un brivido gli percorse la schiena. Scosse leggermente la testa per scacciare quel brutto ricordo e tornò ad osservare dritto davanti  a sé. Era quasi giunto alla zona dove venivano rinchiusi i ragazzi poco virtuosi, ed infatti sentiva già l’eco di lamenti sofferenti rimbalzare sulle mura di pietra.
In quel corridoio solitamente giravano un paio di guardie, non di più, eppure non c’era nemmeno l’ombra. Il corridoio fiocamente illuminato era totalmente vuoto. Acquattato contro il muro, il rosso tese l’orecchio in cerca del suono di passi. Non ne sentì, nonostante i lamenti provenienti dalle celle, e proseguì allora a passo svelto.
Sbirciò dentro ogni anfratto, mettendo a fuoco il più in fretta possibile, cercando il suo compagno. Attraverso le sbarre molte sagome di ragazzi che conosceva solo di vista lo osservavano con speranza mista a timore. Alcuni erano stesi per terra, in preda a chissà quale tormento fisico. Yuri si stupì non poco. Cerano più ragazzi lì sotto di quanti partecipavano agli allenamenti.

Si riscosse subito da quel pensiero quando vide Boris, nascosto nell’ombra della sua cella, che fissava il pavimento.
Lo osservò attraverso le sbarre. Del resto non aveva modo di entrare, perciò doveva fare presto.
“Boris…”
Lo chiamò con un sussurro appena percettibile. Nessuna risposta.
Lo scrutò attentamente. Sembrava stare bene, almeno fisicamente non riportava segni o ferite. Certo le frustate erano state curate, e la pelle delicata era stata coperta da alcune fasce e dalla maglietta sgualcita. Eppure Boris non dava segno di averlo sentito. Se ne stava a gambe incrociate seduto sul  giaciglio striminzito, con la testa bassa e gli occhi semi chiusi.
Riprovò.
“Boris! Mi senti? Rispondimi!”
Stavolta usò un tono perentorio, era un ordine.
In risposta il ragazzo mosse appena gli occhi, per scrutare il suo interlocutore attraverso la penombra. Lo sguardo spento dalla sofferenza nascondeva una scintilla di orgoglio che bramava la rivincita.
“Come stai?”
Boris non rispose, continuò semplicemente ad osservarlo cercando di capire come mai gli stesse facendo quella domanda. Di certo non per amicizia.
“Bene.”
Rispose con tono secco.
“Perché ti interessa?”
“Perché ora sono io il capitano della squadra” annunciò con un pizzico di orgoglio nella voce “ed è mio preciso dovere accertarmi delle condizioni dei miei compagni”.
Pausa. Quella notizia era qualcosa di anomalo.
“Come sarebbe? Non è più Kei il capitano?”
“No. Lui ha lasciato il monastero. Ora è a me che dovete ubbidire.”
Boris rimase interdetto. Bramava la vendetta contro Kei, ed ora lui se n’era andato. Non sapeva se esserne contento oppure amareggiato.
“Va bene” rispose ancora più freddamente.
Cosa importava chi fosse il capitano? Tanto ciò che desiderava era diventare il più forte. E vendicare sua madre.
“Quando potrai riprendere gli allenamenti?” si informò.
“Domani mattina.”
“Bene”.
Yuri rimase un attimo a fissarlo. Quegli occhi lo avevano sempre inquietato un po’, eppure adesso non provava timore. C’era qualcosa di nascosto che piuttosto lo incuriosiva. Del resto, chi non nascondeva segreti in quel posto maledetto? Ognuno portava dentro di sé la propria storia e i propri sentimenti, senza avere la possibilità di rivelarli. Lui stesso ne aveva.
Per un momento provò il desiderio di avere qualcuno con cui parlarne, a cui confidare anche solo una piccola parte di quell’universo che si portava dentro. Chissà se anche Boris provava la stessa cosa.

Il suono di passi pesanti risuonò nel corridoio, facendo risvegliare Yuri, che subito si allontanò dalle sbarre e si nascose in cunicolo poco distante. Delle guardie a passo svelto erano venute a prendere uno di quei poveri disgraziati e lo stavano portando via, tra urla e imprecazioni.
Chissà dove l’avrebbero portato, si chiese.
Non c’era tempo per curiosare, altre guardie stavano invadendo il corridoio e Yuri non poteva rischiare di farsi scoprire. Percorse tutto il passaggio, stretto e buio, facendosi guidare dalla memoria. Sbucò proprio dove si aspettava. Non c’era nessuna guardia su quel pianerottolo. Perfetto, pensò.
C’era un silenzio irreale, ma c’era abituato, perciò non ci fece caso. Percorse alcuni corridoi, quando un suono lo fece fermare di colpo.
Di nuovo quella melodia. Questa volta il richiamo fu irresistibile. Voleva sapere, sapere qualcosa di più di quel passato che aveva cancellato, e l’unico indizio era là in quella chiesa. Aveva ricordato una parola: Libertà. Sembrava uno scherzo del destino. Esattamente ciò che non poteva avere.

Percorse correndo il chiostro, fino ad arrivare in prossimità del portone della chiesa. Non curandosi minimamente di nascondersi, rimase imbambolato di fronte ad essa. Ora la musica giungeva nitida e forte alle sue orecchie e lui si lasciò invadere da quella dolcezza. Era come un unguento che leniva le ferite, un vento caldo che solletica la pelle. Sembrava di essere in un’altra dimensione.
Chiuse gli occhi e fece vagare libera la propria mente, in cerca di un nuovo spunto, un appiglio a cui aggrapparsi per scalare la vetta dei ricordi.
Niente. Non ricordava nulla di nuovo.
Decise allora di agire. Il portone era leggermente socchiuso e una piccola lama di luce gialla fendeva il pavimento.
Rischiava molto ad entrare, ma la sua curiosità lo spinse comunque ad aprire i battenti per vedere chi stesse suonando.
Non sapeva cosa aspettarsi, forse una figura familiare che lo prendesse con sé e lo portasse fuori di li. Sarebbe stato magnifico, implicitamente lo sperava con tutte le sue forze.
 
Era una bambina. La osservò stranito. Da una parte all’altra della chiesa non poté vedere molto, eppure era sicuro che fosse una ragazzina: capelli lunghi dorati scendevano fluidi sulla sua schiena e le sue manine pigiavano con forza i tasti bianchi e neri.
Che ci faceva li una femmina? Al monastero era vietato severamente! Vorkov  le considerava esseri indegni, e mai e poi mai avrebbe permesso che una ragazzina venisse a suonare all’interno del monastero.
Mentre la fissava con tanto d’occhi, senza prendersi la briga di nascondersi, la biondina si voltò e lo vide. Lanciò un gridolino di spavento e di paura e subito smise di suonare, lanciandosi giù dallo sgabello.
Yuri, spaventato a sua volta da quella reazione, si defilò immediatamente, scappando dalla porta che rimase aperta e raggiungendo il più in fretta possibile la sua cella. Ancora col fiatone, si cambiò velocemente e si infilò sotto le coperte. Un sacco di domande cominciarono a ronzargli in testa, senza trovare ne capo ne coda. Il mistero si stava infittendo e la sua curiosità si faceva sempre più insistente. “Scoprirò la verità.” disse rivolto a se stesso, stringendo in mano il suo inseparabile Wolborg.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
 
 
 
Note:
Eccoci al terzo capitolo! Spero siate riusciti ad appassionarvi un pochino alla storia e soprattutto siate riusciti a capirne qualcosa!! ;)
Dai, piano piano alcune cose stanno venendo a galla, intrecciando la storia originale con una trama totalmente inventata da me. So che questa storiella vi sta piacendo perché la leggete in tanti, perciò vi ricordo che se doveste lasciare una recensione non vi si consumerebbero le dita, e magari potreste contribuire a migliorare le parti successive. Più cervelli sono sempre meglio di uno!
Comunque, a parte questo, inizialmente avevo pensato ad una certa lunghezza da dare alla storia, ma in corso d’opera ho deciso di aggiungere molti altri ingredienti perciò il numero di capitoli aumenterà di certo. Ah, non pubblico aggiornamenti a cadenza stabilita perché quando mi gira scrivo, e di conseguenza pubblico. Ma non temete, arriveremo di certo alla fine.
 
Nello scrivere questo capitolo ho dato una controllata sul web ai nomi russi ed alla loro corretta scrittura. Ci sono diversi modi in cui uno stesso nome si può scrivere, quindi ho scelto di usare la versione più facile da scrivere, cioè quella usata fino adesso. Se qualcuno ne sa più di me in materia sono ben felice di ascoltarlo.
A presto!
 

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Capitolo 4
*** La Chiave Della Verità ***




 
La Chiave Della Verità



Candida neve copriva come un mantello i tetti di Mosca, una coltre bianca che rendeva quella metropoli una città incantata, in cui tutte le gioie e le sofferenze venivano ugualmente coperte da soffici fiocchi cristallizzati.
Solo la neve aveva questo straordinario potere e Yuri ne era profondamente innamorato. Amava il silenzio e la lentezza con cui si posavano uno sull’altro, fino a dominare tutto il paesaggio circostante. Una potenza della natura dolce ma decisa.

Ancora più splendido per lui era osservare come i primi raggi del sole incendiassero di colori quella distesa compatta, dipingendo arcobaleni come un pittore mentre crea un nuovo quadro.
Yuri adorava quel momento della giornata, in cui ogni speranza si riaccendeva, ogni sogno riacquistava forza e la vita si mostrava in tutta la sua bellezza. Era un momento speciale, e lui amava goderselo sentendo la brezza gelida sulla sua pelle, completamente immerso nella natura, al di fuori di quelle mura infernali. Usciva di nascosto, ben coperto per evitare malanni, e si intrufolava nel giardinetto più recondito del monastero, che raramente veniva usato e mai nessuno era di guardia. La vegetazione cresceva selvaggia, tra siepi altissime, fitti cespugli e alberi secolari.

Quella mattina Yuri sedeva a gambe incrociate in mezzo a quel trionfo di vegetazione, mentre le prime frecce di luce accendevano di rosso i suoi capelli. Il silenzio della città ancora assopita suonava una musica di pace.
Uno strano verso raggiunse le sue orecchie spezzando il silenzio e distogliendo la sua attenzione dal quella bellezza. Una sorta di lamento, un pigolio, un miagolio, non sapeva distinguere. Si guardò intorno incuriosito. Gli animaletti che solitamente popolavano il boschetto non facevano quei versi. Tese le orecchie per capire da dove venissero e si fece largo tra i cespugli e i rami appesantiti dalla neve.

Silenzio. Non li sentiva più. Rimase immobile.
Di nuovo quei versi, erano un lamento, ma stavolta li sentiva più forti. Scansò un cespuglio ai piedi del quale vi erano dei rami spezzati e numerose pietre, un piccolo riparo naturale per dei cuccioli infreddoliti. Stralunato e curioso Yuri si accucciò per osservare meglio dei fagottini di pelo bianco e grigio, tutti accovacciati l’uno contro l’altro. Uno di loro lo fissava con enormi occhi sgranati.

Erano tre cuccioli di lupo. Quella visione infuse una tenerezza incredibile nel cuore di Yuri che istintivamente allungò una mano per accarezzarli. Erano così piccoli che ebbe paura di far loro del male, anche solo accarezzandoli. Come avevano fatto a finire li? E dov’era la loro mamma? Si guardò attorno, ma non vide nulla, nessuna lupa che reclamasse quei cuccioli. Erano lì soli, probabilmente affamati e infreddoliti. Tornò ad osservarli. C’era qualcosa che non andava, due di loro erano immobili, sembrava che non respirassero nemmeno. Non saranno mica…?

Provò a toccarli con la mano, ma niente, non si mossero, nessun segno di vita. L’inverno è impietoso con tutti, pensò Yuri. Probabilmente erano troppo piccoli per potersela cavare da soli. Che tristezza, poveri piccoli.
Eppure uno di loro continuava a fissarlo facendo di tanto in tanto qualche gridolino muovendo appena il musetto.
Non poteva lasciarlo lì, pensò Yuri, vedeva molto di se stesso in quel cucciolo. Sorrise vedendo quel musetto bianco e peloso. Lo prese in braccio e lo nascose sotto il pesante cappotto, per scaldarlo. Si, si sarebbe preso cura lui di quel batuffolino.

Tenendolo ben stretto al suo petto, attento a non farlo cadere, rientrò al monastero, sgusciando silenziosamente nei corridoi e raggiungendo ben presto la sua cella. Durante tutto il tragitto il cucciolo non aveva fatto alcun rumore, meno male, pensò Yuri.
Appoggiò il piccolo di lupo sul letto, ancora accuratamente avvolto nel suo cappotto, e si affrettò a mettere insieme dei vecchi vestiti per creargli un posto caldo dove stare. Mentre si affannava in questa operazione il cucciolo lo fissava, seguendo i suoi movimento col musetto. Finalmente il batuffolo di stracci, messi insieme alla bell’ e meglio, fu pronto e Yuri lo sistemò sotto al proprio letto, in modo che restasse sempre ben nascosto.  

Cavolo, probabilmente aveva fame, ma cosa dargli da mangiare? Yuri si era creato una scorta personale, sgraffignando qualcosa ogni tanto, in vista di momenti di carestia. Lo osservò. Era davvero piccino e sicuramente aveva bisogno di latte, doveva andare a rubarlo in dispensa. Aveva poco tempo prima dell’inizio degli allenamenti giornalieri, perciò prese il cucciolo, lo infilò nel suo giaciglio, ben nascosto tra i lembi di stoffa, e si precipitò fuori.
Era un azzardo, il monastero era già in fermento e le guardie avevano già cominciato il loro giro d’ispezione. Fortuna che esistono i passaggi segreti! Si infilò in uno di questi che, andando a memoria, lo fece sbucare proprio nel locale dispensa. Si avvicinò furtivo al grande frigorifero e lo aprì con un colpo deciso. Una folata di aria fredda lo investì ma non ci badò, era abituato. Prese alla svelta una bottiglia di latte e sparì nuovamente nel passaggio.
Una volta rientrato in camera, dopo aver controllato di non essere stato scoperto, si affrettò a prendere una piccola bacinella, tirata fuori da chissà dove, ed a riempirla di latte. Il cucciolo era rimasto immobile come l’aveva lasciato, e ancora lo guardava con i suoi occhioni. Gli avvicinò la ciotola. Per un attimo temette che non avrebbe mangiato. Invece il lupetto fece capolino dalle stoffe, muovendosi a piccoli passi incerti, e prese a bere avidamente il latte. Era davvero affamato, pensò. Sorrise e lo accarezzò dolcemente, gli faceva una tenerezza immensa.
Non era però il momento di incantarsi, sarebbe rimasto volentieri,  ma aveva un allenamento e non voleva certo rischiare di beccarsi una punizione. Lasciò tutto così com’era, chiuse la porta lanciando un ultimo sguardo al suo nuovo amico, e si precipitò in cortile.
 



“Sei in ritardo”. Una voce gelida tagliò il filo dei suoi pensieri. Boris! Con un certo sollevo ben dissimulato, il rosso notò il compagno di squadra già sistemato in testa alla loro truppa per l’allenamento quotidiano. Nonostante la punizione, sembrava in forma ed aveva uno sguardo acceso, che teneva fisso di fronte a se.
“La campana non è ancora suonata.”
“Di solito sei uno dei primi ad arrivare. Avevi di meglio da fare stamattina?” sussurrò Boris.
“Non azzardarti a parlarmi così! Quel che faccio sono solo affari miei, in più sono il tuo Capitano e devi portarmi rispetto, chiaro?” lo rimproverò Yuri con tono secco.
“Si, signor capitano…
Che faccia tosta Boris! Non aveva mai risposto così, ma era necessario chiarire subito le regole.
 
 




Passarono giorni, in cui l’insano ritmo di vita al monastero imperava senza problemi, e i giovani ospiti continuavano a subire le angherie del monaco folle.
Una sera come tante, Yuri si trovava nella sua cella, la cena era finita ed era tempo di ritirarsi nei propri squallidi alloggi.
Il suo però era diventato un po’ più accogliente, da quando sapeva che ad aspettarlo c’era un cucciolo di lupo, vivace ed in piena salute. Yuri se ne occupava con molta cura, portandogli regolarmente da mangiare e condividendo con lui i suoi pochi averi. Era una compagnia confortante, anche perché il lupetto mostrava molta gratitudine per le attenzioni ricevute.
Il giovane blader era sdraiato sul letto, intento ad osservare il cucciolo che giocava con un filo di lana della sua coperta. Muoveva le sue zampine rapidamente, con la foga di chi ha tutto da imparare, poi improvvisamente si fermava a scrutare gli oggetti che aveva intorno e subito riprendeva a giocare. Ma ciò che più attirava la sua attenzione era Wolborg, il bey di Yuri. Quando lo faceva roteare nella sua stanza, il piccolo spalancava gli occhioni e non lo perdeva di vista nemmeno un secondo, fin quando lui non prendeva in braccio tutti e due, interrompendo quel legame quasi mistico.
 
Mentre si rotolava sulla schiena in cerca delle attenzioni del suo ‘padrone’ Yuri lo accarezzava dolcemente con le dita, saggiando la morbidezza del suo pelo.
La stanchezza degli allenamenti stava prendendo il sopravvento, quando la porta si aprì improvvisamente, facendo scattare sull’attenti entrambi gli occupanti.
L’ombra nera dell’intruso si stagliò per un attimo davanti a loro, che però richiuse subito la porta dando modo al rosso di riconoscere Boris.
 
“Che diavolo stai facendo?” esplose Yuri mentre nascondeva il cucciolo nella sua tana di stracci per non farlo vedere al compagno. Tentativo fallito.
 
“Volevo vedere cosa combini di nascosto nella tua stanza” disse sorridendo con soddisfazione e lanciando un’occhiata al batuffolo.
 
“Ma come ti permetti di entrare così nella mia stanza! Vattene, o chiamo le guardie!”
 
“Fallo, dai, così poi sarai costretto a spiegare perché tieni un cucciolo di lupo nella tua cella. Non oso immaginare quale punizione avrebbero in serbo per te…” disse Boris mentre si avvicinava per vedere meglio il contenuto del cesto.
 
Yuri lo osservò con occhi furenti, lo avrebbe incenerito all’istante se avesse potuto. Eppure non poteva farci niente, aveva perfettamente ragione, e questa volta dovette ammettere di essere stato scoperto. Lo lasciò avvicinare, pur non abbassando la guardia, ed entrambi si sedettero sul letto.
 
“È un cucciolo che ho trovato qualche giorno fa nel giardino-foresta dell’ala nord. L’ho trovato sotto un cespuglio insieme ad altri due, che però non hanno resistito. Probabilmente erano i suoi fratelli. Ero andato là per vedere l’alba e li ho sentiti.
Questo era l’unico vivo, e ho pensato di portarlo qui per evitare che morisse.”
Spiegò mentre lo guardava, contento del fatto che quel pericolo fosse ormai lontano.
Boris prese ad accarezzarlo, e la dolcezza di quella creatura fece breccia anche nel suo cuore, tanto che riuscì quasi a sorridere.
 
“È un bellissimo cucciolo” cominciò Boris.
Pausa.
 
“Quando ero più piccolo i miei vicini di casa avevano un bellissimo cane, ed io andavo sempre a giocare con lui…”
“…Anch’io avevo un cane!” esclamò Yuri, colpito dalla forza di un nuovo ricordo affiorato nella mente. Boris lo fissò lievemente stupito.
“Si, adesso mi ricordo…avevamo un cane, nella casa in cui vivevo prima con i miei genitori… e… era grande… quanto mi piaceva giocare con lui…” disse con lo sguardo perso, nel tentativo di ricordare il più possibile. Di ricordare stralci di vita familiare.
 
“Come si chiamava?”
Yuri tornò sulla terra. Lo guardò assorto.
“Ilo… si chiamava Ilo…”
“Che nome è? Gliel’hai dato tu?” Boris lo pungolò.
“No… beh, non ricordo chi ha scelto il nome. Forse… c’entrava qualcosa con un una città, una città greca…”.
“Bah, per quello che ne so io…” Boris tornò a concentrarsi sul piccolo che reclamava attenzioni muovendo le zampette.
 
“Lo chiamerò Ilo.” Yuri sorrise.
“Cosa?”
“Il cucciolo, lo chiamerò Ilo, come il mio vecchio cane. Sarà come avere con me un pezzo del mio passato”.
Boris decise di non ribattere, concentrandosi sui suoi ricordi.
“Anche io ero felice, prima di entrare qui…”
Il rosso puntò gli occhi su di lui. Stava per raccontargli qualcosa del suo passato? Sentiva che anche il compagno aveva subito qualcosa di terribile, ma non voleva spingerlo a parlare se non avesse voluto.
 
Infatti non parlò. Il silenzio calò pesante sui due bladers, mentre questi sentivano l’eco del passato tornare prepotente.
Ilo si dava un bel daffare a mordicchiare le dita di Boris, che a sua volta si divertiva a stuzzicarlo sempre di più.
 
Yuri approfittò del momento per affrontare un discorso che gli stava particolarmente a cuore.
“Boris, tu sai qualcosa di quella ragazza bionda che ogni tanto viene nella nostra chiesa a suonare l’organo?”
Boris lo guardò con tanto d’occhi “Non possono entrare ragazze al monastero, il monaco l’ha severamente proibito.”
“E invece ti dico che ce n’è una che ogni tanto entra nel monastero per esercitarsi… la sera dopo cena…”
“Ma com’è possibile? Tu l’hai vista?”
“Si, l’ho vista con i miei occhi! Ogni tanto passo dall’ala Ovest, e qualche volta mi è capitato di vedere la porta aperta e dentro qualcuno che suona.”
“Ma sei sicuro che fosse una ragazza? Non poteva essere proprio Vorkov? Quella è la sua chiesa, l’accesso è estremamente limitato.”
“No, ti dico. Perché io l’ho vista! La sera che sono venuto da te nei sotterranei, ho dovuto scappare in fretta e mi sono ritrovato in quella zona. Ho sentito la musica, una musica strana, che mi diceva qualcosa ma non so cosa, e non ho resistito. Sono entrato in chiesa e l’ho vista bene in faccia! Era una ragazza, bionda e con i capelli lunghi, mai vista prima.
Solo che quando lei si è accorta di me è scappata via.”
“Questa storia ha dell’incredibile. Per quante cose succedano qui al monastero, questa non l’avevo ancora sentita.”
“È tutto molto strano. Ma devo capire, perché ho la sensazione che quel brano che lei suona abbia qualcosa a che fare con me. O forse lei stessa. Non so. Sta di fatto che devo scoprire il più possibile.”
“Potrebbe essere divertente…”
“Allora vieni con me, andiamo là adesso. Se abbiamo fortuna potrebbe essere in chiesa a suonare, così anche tu potrai vedere con i tuoi occhi.”
“Ci sto!” affermò Boris, pronto ad andare all’avventura.
 
 
Sistemato Ilo nella sua cesta, sgattaiolarono fuori dalla cella indisturbati, ed arrivarono in un attimo al chiostro della chiesa. Il deserto più totale, non c’era nessuno. Nascosti dietro le colonne, tesero l’orecchio, e la udirono. Ancora quella melodia.
Erano stati fortunati, la ragazza era ancora lì.
Un cenno d’intesa e si diressero furtivi fino all’antica porta di legno. Era chiusa, ma non a chiave.
La aprirono lentamente, per evitare cigolii e rumori, e furono dentro.
Si avvicinarono con circospezione, mentre Boris ancora faticava a credere a ciò che vedeva.
Con l’ultimo crescendo, la melodia si concluse e la biondina cominciò a riporre le sue cose nello zaino, compresi gli spartiti.
Yuri, nel desiderio di sapere, colse l’attimo e si avvicinò a lei, almeno per sapere il suo nome, e il perché fosse li, dimentico di Boris che se ne era rimasto più nascosto.
La ragazza si accorse del giovane blader quando ormai lui era abbastanza vicino da notare due magnetici occhi verdi che lo fissavano terrorizzati.
“Come ti chiami?” Provò lui.
Lei rimase immobile, probabilmente per la paura, ma subito si riprese e scappò via con la sua borsa sotto il braccio.
Yuri, preso in controtempo, vide solo un alone biondo svolazzare via, ed un foglio cadere per terra, poco lontano da lui.
Boris chiamò il compagno con un sibilo senza un apparente motivo, ma Yuri non vi fece caso, troppo predo da quel pezzo di carta. Sembrava magnetico. I suoi occhi azzurri non riuscivano ad allontanarsi.
Si avvicinò e fece per raccoglierlo, quando una voce imperiosa tuonò nell’aria immobile della chiesa e gli fece gelare il sangue nelle vene.
 
“Yuri Ivanov! Che cosa ci fai qui? Sai benissimo che non puoi entrare, ed inoltre dovresti essere nella tua cella per recuperare dalle fatiche dell’allenamento!
Come hai osato disobbedire ad un mio preciso ordine! Tu che dovresti dare il buon esempio a tuoi compagni! “
A grandi falcate il monaco superò la ragazza, pietrificata nel mezzo della navata, lanciandole uno sguardo di fuoco.
“Portatela nel mio ufficio. Abbiamo due chiacchiere da fare!” disse rivolgendosi alle guardie al seguito.
La giovane musicista si affrettò a raggiungere la porta, con lo sguardo basso e il suo zaino stretto al petto, dove gli scagnozzi del monaco erano pronti a scortarla fuori. Una volta usciti, chiusero pesantemente la porta. Il silenzio che calò dopo, mozzò il fiato a Yuri, che già immaginava a cosa sarebbe andato incontro.
In un attimo Vorkov fu vicino a lui e raccolse lo spartito ancora per terra accanto a lui. Lo piegò e se lo mise in tasca, sotto lo sguardo gelido di Yuri.
 
“E così ci sei cascato di nuovo, Ivanov.”
Yuri lo guardò dritto negli occhi. Provava solo disprezzo per lui.
“Non è la prima volta che vieni qui, vero? Pensi di poter fare tutto quello che vuoi, ti senti potente, ed invece sei stato stupido. Ti sei scoperto troppo e ti sei fatto beccare.”
Il monaco gli girava intorno come un avvoltoio, con il suo nasone a becco. A Yuri non interessavano le sue parole.
“Sei stato qui l’altra sera. Le mie guardie ti hanno visto, ma non sono intervenute, su mio ordine. Ti ho voluto tendere una trappola per saggiare il tuo acume. Ma tu, come tutti voi marmocchi, ti sei comportato come un’idiota. Cosa pensavi di fare qui, eh? Trovare la formula segreta per diventare il blader più forte? Non esiste! Tutto ciò che serve è l’allenamento!”
Yuri continuava guardarlo in tralice. Chissà quante frustate lo avrebbero atteso.
“Cercavo qualche traccia del mio passato.”
“Ahh, tracce del passato. Ma come siamo diventati romantici, adesso” lo sbeffeggiò.
“Bè, qui non ne troverai di certo!” Si passò involontariamente una mano sulla tasca del suo soprabito, e Yuri lo percepì distintamente.
“Perciò ora vattene nella tua cella. E vedi di non mettere mai più piede in questa chiesa! Sono stato chiaro!?”
“Si, signore.” Riuscì a dire il rosso.
 
Era incredulo, non era stato punito. Nessuna punizione, niente. Solo un ‘vattene’. Che razza di miracolo!
Mentre Vorkov usciva a passo svelto dalla chiesa, una guardia lo afferrò in malo modo e lo scortò fino alla sua cella dove venne sbattuto dentro.
 
“Allora, che è successo?”
Boris si era nascosto in un angolo e lo stava aspettando.
“Boris! Ma che fine hai fatto??” disse sussurrando.
“Stupido! Ho cercato di avvertirti che il monaco stava entrando, ma tu eri talmente preso da quel pezzo di carta che non mi hai nemmeno sentito! Sembravi uno zombie! Così mi sono nascosto prima che mi vedessero, e sono scappato dal passaggio segreto, altrimenti sai che frustate se mi avessero scoperto!”
“Hai fatto bene. Io invece mi sono dovuto sorbire la ramanzina di quell’avvoltoio. Ma sai la cosa incredibile? Nessuna punizione!”
“Come sarebbe?”
“Non lo so. Semplicemente non ha detto nulla.” si guardarono allibiti.
“Qui c’è sotto qualcosa…” fece Boris.
“Già, ne sono convinto anch’io. Ed è per questo che andrò comunque avanti a cercare. Ho come avuto l’impressione che la chiave della verità si trovi in quello spartito.”
 
 


“Ascoltami bene, ragazzina. Tu sai di avere un vero talento per la musica, e già in tenera età si sono viste le tue doti per il pianoforte. Un genio nato, che ha bisogno però di esercizio per coltivare le proprie doti. Di molto esercizio.
Tutti i giorni dedichi ore allo studio del piano e dell’organo, ed hai bisogno di un luogo consono dove poterlo fare e di risorse sufficienti.
Tuttavia, sfortunatamente, la tua famiglia è povera, vivete in un sobborgo malfamato di Mosca, dove si lotta per sopravvivere. E i tuoi genitori non hanno i mezzi per poterti aiutare, anche se lo vorrebbero con tutto il cuore.
Ecco allora che, un bel giorno, un uomo gentile e con tanto amore verso il prossimo, si presenta a voi e rimane colpito dalla tua bravura. Tanto da offrirti i mezzi per studiare.
Sai di chi stiamo parlando, vero?”
La bambina, terrorizzata dal tono glaciale del monaco, riuscì appena ad annuire con la testa.
“Bene.
Quindi, se vuoi continuare a studiare qui al monastero, cosa di cui sono molto felice, dovresti fare una piccola cosa per me.
Potrai suonare qualsiasi brano di tuo gradimento, tranne quello che stavi suonando stasera. In sintesi voglio che non suoni più alcun brano scritto da Aleksander Ivanov nel mio monastero.”
 
 
 
 



Note:
Dopo secoli, eccoci al quarto capitolo! Scusate l’assenza (seee, e chi se n’è accorto?) ma purtroppo la scrittrice è andata in ferie mentre lavorava la studentessa.
Ora prometto di aggiornare la storia abbastanza di frequente, se non addirittura di finirla entro l’estate!! Booooom!!! Mah, chi lo sa… ;)
Ecco dunque un bel capitolo un po’ più lungo dove vengono aggiunti nuovi particolari e si capisce qualcosa in più ( qui siamo lontani anni luce dalla serie originale, eh, vi avverto!).
Anche chi ne aveva fatto la recensione chiedendo dei chiarimenti dovrebbe trovare questo capitolo abbastanza esaustivo, per quanto possibile!
Yuri e Boris stanno diventando amici! Yayyy!! Ma attenzione! Non sarà una YurixBoris! Anche se Boris avrà un ruolo molto importante…
La parte della musica spero non sia troppo intrigata, del resto è la colonna portante della mia fic, quindi si capirà tutto volta per volta.
Spero di non annoiarvi troppo, e se leggerete questo capitolo sotto l’ombrellone, beh, pensate un po’ anche a me che adoro il mare!!
Buone vacanze, my dear readers!!
E ricordate di lasciare una recensione, se vi va!
 
Thanks to: coloro che regolarmente lasciano due (o più) parole di commento! Grazie!
 

 
 

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Capitolo 5
*** Quel Maledetto Spartito ***


QUEL MALEDETTO SPARTITO




La pioggia cadeva battente sui tetti del monastero, scandendo un ritmo assiduo e fresco, mentre lampi bianchi illuminavano a giorno le pareti, precedendo di poco dei tuoni assordanti.
Pesanti nuvole grigie segnavano l’orizzonte della capitale russa, riversando sulla città tutto il carico d’acqua, costringendo i passanti a ripararsi sotto ombrelli e impermeabili.
L’atmosfera cupa opprimeva gli edifici del centro come un forte soffio di tristezza e le gocce di pioggia colpivano le pietre come fendenti impietosi.
Alcune di esse riuscivano ad entrare dalla finestra aperta della sala degli allenamenti del monastero, formando una piccola pozza proprio accanto ai piedi di Yuri.
Era tardo pomeriggio, e la sessione di allenamenti volgeva al termine.
Alcuni ragazzi si stavano ancora sfidando, determinati nel voler dimostrare di aver fatto progressi, mentre i quattro capitani erano schierati vicino al muro ad osservare i combattimenti.
La loro mente era concentrata ad apprendere il più possibile da quegli incontri e ad elaborare nuove strategie per le future sfide.
Vorkov era stato tassativo quella mattina: quell’anno si sarebbero svolti i primi veri Campionati del Mondo di Beyblade, e la finale si sarebbe giocata proprio lì, a Mosca! Perciò i bladers del monastero dovevano aggiudicarsi la finale a tutti i costi!
“Già” pensò Yuri “il monaco vuole che la nostra squadra vinca il campionato, perciò non è più tempo di scherzare! D’ora in avanti, ognuno di noi lavorerà per avere l’opportunità di entrare in squadra, per dimostrare di essere forte, ma non sanno che io sono pronto a dimostrare quanto si sbaglino. Io sono il più forte, e questo torneo servirà unicamente a dimostrarlo a tutto il mondo!”
“Sei proprio deciso ad andare?”chiese Boris in un sussurro, tenendo lo sguardo fisso di fronte a sé.
Yuri esitò un attimo prima di rispondere.
“Sì.”
“Potrebbe essere pericoloso.”
“Non ho paura del pericolo, ci sono abituato.”
“Se ti dovessero scoprire, non te la caverai come l’altra volta” disse con una nota di preoccupazione sapientemente celata.
“Non importa. Devo vedere cosa c’è su quel foglio, è troppo importante. E comunque non mi scopriranno.”
La sua voce era carica di determinazione. In un lampo gli tornarono alla mente la chiesa e la ragazzina bionda che suonava, e poi… il monaco che raccoglieva quello spartito e lo nascondeva in fretta nella sua tasca.
Yuri sentiva di dover cercare quella prova, quel filo sottile che legava il suo presente al suo passato e quindi alla sua famiglia, tanto amata quanto perduta.
Ormai era deciso, quella sera sarebbe entrato nell’ufficio di Vorkov e l’avrebbe cercato.
“Sei così sicuro che il tuo piano funzionerà, eppure potrebbe fallire in mille modi. Così metti in pericolo anche la tua partecipazione ai campionati…”
“…e tu diventeresti capitano della squadra. Non è quello che vuoi? Di cosa ti preoccupi allora? Se dovessi fallire andrebbe tutto a tuo vantaggio… realizzeresti il tuo sogno…”
Boris si prese un attimo di tempo prima di ribattere e fece un respiro profondo. Intorno a loro gli echi dei combattimenti risuonavano nitidi e le incitazioni dei ragazzi accendevano il suo spirito battagliero.
L’insinuazione di Yuri non era casuale, aveva toccato le corde del suo orgoglio che ora vibravano pericolosamente.
“Io sono un combattente,” scandì lentamente, sottolineando il concetto, “tutto ciò che ottengo me lo sono guadagnato con le mie forze. Perciò il titolo di capitano sarà mio solo dopo che ti avrò sconfitto sul campo, non perché tu devi scontare una stupida punizione.”
A quelle parole Yuri accennò un sorriso compiaciuto. Non si aspettava niente di meno da lui, ed in parte condivideva il suo spirito combattivo. Boris era un vero guerriero.
Passarono alcuni minuti, durante i quali le voci concitate degli sfidanti lasciarono il posto al gongolare sommesso dei vincitori ed al silenzio degli sconfitti. L’allenamento era concluso, e ognuno si affrettava a raccogliere il suo bey e a uscire dalla sala sotto lo sguardo duro delle guardie.
“Non ho alcuna intenzione di venire con te, non voglio rischiare. Perciò ti dovrai arrangiare.”
“Non te l’ho chiesto infatti, andrò da solo.”
 
 
 
Il piano era stato pensato giorni prima.
Entrare nell’ufficio di Vorkov era una cosa quasi impossibile, perciò Yuri aveva messo in moto tutta la materia grigia di cui disponeva pur di pianificare ogni cosa nei minimi dettagli.
Il monastero era disseminato di telecamere, solo l’ufficio del monaco ne aveva almeno tre, così come ricordava Yuri, più, probabilmente, altre nascoste.
Inoltre esso era sempre chiuso a chiave, ed esistevano poche copie di quelle chiavi.
Per questo non si era fatto molti scrupoli nel rubare una di queste ad una guardia e a far ricadere la colpa su un altro ragazzo.
Restavano le telecamere.
 
Yuri, completamente vestito sotto le coperte del suo letto, attendeva che il suo piano facesse effetto.
Aveva organizzato un blackout generale del monastero.
Complice una piccola candela rubata dalla chiesa, pochi minuti prima era entrato di nascosto nel locale dei quadri elettrici, aveva acceso il lumino e l’aveva posizionato in modo che la fiammella sciogliesse pian piano la plastica isolante e danneggiasse i fili, mandando in corto circuito l’intero impianto.
Nel frattempo il rosso era tornato nella sua stanza, poiché sapeva che a quell’ora sarebbe passata una guardia a controllare che ogni ragazzo fosse nella sua cella.
Quella stessa guardia lo avrebbe visto esattamente nel momento in cui il monastero cadeva nell’oscurità. Nessuno avrebbe potuto incolparlo.
In un attimo il pensiero del piccolo Ilo gli occupò la mente. Se fosse stato chiuso nelle segrete chi gli avrebbe dato da mangiare, chi l’avrebbe coccolato?
Boris no, probabilmente non l’avrebbe fatto. Eppure chi può dire cosa c’è sotto una scorza tanto dura?
Diede un rapido sguardo al fagotto ben nascosto sotto il letto, anche se non vide molto poiché l’illuminazione era scarsa. Gli bastò sentire il suo lieve respiro sotto gli stracci che formavano la sua culla.
Si risistemò immediatamente appena sentì la guardia avvicinarsi alla porta e far scattare la serratura.
L’inquietante figura incappucciata mise appena un piede nella stanza, si guardò intorno con fare sbrigativo e, senza nemmeno una parola, richiuse la porta, allontanandosi.
Il cuore di Yuri cominciò a battere forte, i secondi successivi furono una vera tortura, attese con ansia quell’unico istante. Aveva forse sbagliato qualcosa nei suoi conti? Perché l’impianto continuava a funzionare?
Forse qualcuno si è accorto della cand…?
 
Buio
Tutto buio, di colpo.
 
Un solo istante di buio e silenzio.
 
Poi voci concitate e allarmate cominciarono a riecheggiare tra le pareti.
 
Yuri scattò fuori dal letto rapido e silenzioso come un gatto e diede il via al suo piano malefico.
Sistemò le coperte a forma di bambino per ingannare eventuali guardie, dopodiché uscì di soppiatto dalla sua cella, controllando che il corridoio si fosse svuotato.
Non si attardò. Sentiva le voci nei corridoi, ma non fece caso a nessuna di queste, era totalmente concentrato sul suo obiettivo. Sapeva bene che il tempo a disposizione era davvero poco.
S’infilò nel passaggio segreto ed in pochi minuti si ritrovò di fronte alla porta dell’ufficio di Vorkov.
 
Lo conosceva bene, c’era stato già molte volte. Entrò in un attimo e si richiuse la porta alle spalle.
Bene, era fatta! Ora doveva solo trovare lo spartito.
La lampada d’emergenza diffondeva una luce bianca, proprio nelle vicinanze della scrivania del monaco e Yuri vi si fiondò subito.
La sua mente lavorava rapidamente ed i suoi sensi erano allertati al massimo. Dove poteva essere?
Il piano della scrivania era totalmente sgombro, non c’era traccia di carta. L’avrà messo in un cassetto!
Cominciò ad aprirli uno ad uno, ma sfortunatamente per lui erano tutti pieni di carte, documenti e quant’altro. Maledisse mentalmente il loro carceriere.
Non c’era scelta, doveva farli passare tutti. Impiegò molto tempo e presto cominciò ad innervosirsi.
Allora decise di mollare quelle carte e di tentare con il cassetto chiuso a chiave.
“Se ci tiene molto, lo custodirà in un posto sicuro” rifletté Yuri.
Ma con cosa aprire quel cassetto? Nessun problema, era un abile scassinatore, grazie all’ausilio del tagliacarte appuntito posto vicino alla lampada da tavolo.
La lucetta fioca rese più difficile l’operazione, ma il rosso era perfettamente consapevole delle sue abilità, e la circostanza gli fece aguzzare l’ingegno.
 
Un piccolo tlac ed ecco il suo prezioso contenuto manifestarsi a lui. Era pieno zeppo di documenti, chissà quanti loschi affari gestiva il monaco.
Eppure eccolo, in cima a tutta quella pila di carta, vide un foglio pieno zeppo di pentagrammi, note e quant’altro.
Lo prese senza troppa grazia e, fremente di impazienza, lo portò sotto la lampada per vedere, per sapere, finalmente.
 
Lesse.
 
Il suo respiro rimase sospeso per lunghi attimi, e i suoi occhi si incollarono a quelle parole.
 
…cosa? Fu l’unica domanda che si formulò nella sua testa.
 
Non erano le note ad interessarlo, ma ciò che era scritto sopra:
 
 
 
 
LIBERTÀ
Di Aleksander Ivanov
 
 
 
 
In un lampo nella sua mente si formò l’immagine di un uomo chino su un pianoforte nero, con le mani affusolate che scorrevano agili sui tasti e lo sguardo assorto. Lunghi capelli neri ricadevano sulle sue spalle, mentre il suo corpo accompagnava il ritmo delle sue note. E poi una donna dai lunghi capelli rossi che si avvicinava a lui reggendo in mano una tazza di caffè. Bella, alta e snella, dai lineamenti fini e un sorriso incantevole.
Il loro sguardo. Di colpo ricordò con quanto amore sua madre lo teneva in braccio, e l’orgoglio con cui il padre lo guardava con quegli occhi azzurri, come i suoi.
 
Ora ricordava nitidamente i suoi genitori.
 
Ecco quale sarebbe stato il suo obiettivo, la sua ragione di vita, il suo futuro al monastero. Doveva ritrovarli e ricostruire la sua famiglia, indipendentemente dal prezzo da pagare. Gli allenamenti al monastero diventavano un’arma nelle sue mani. Avrebbe vinto il mondiale diventando il blader più forte del mondo, e a quel punto forse avrebbe avuto i mezzi per trovarli.
 
 
Il suo desiderio di riscatto scendeva come lava incandescente sulle sue guance, collassando sul pavimento, dove formava piccole macchie scure.
Non c’era più tempo, doveva andarsene da li.
Asciugandosi gli occhi col dorso della mano, ripose lo spartito così come l’aveva trovato, chiuse il cassetto e si precipitò alla porta, ma fu subito costretto a fermarsi e a trovarsi un nascondiglio.
Di là dalla porta c’erano delle guardie che parlavano a bassa voce.
Dovette rimanere nascosto col cuore in gola dietro un’anta del grande schedario, sperando che alla fine se ne andassero.
 
Fu quando l’impianto elettrico riprese a funzionare che cominciò la sua discesa nel panico. Di colpo si riaccesero tutte le luci e la stanza fu illuminata a giorno. Le voci dal corridoio non davano segno di cessare. Chissà quanto tempo sarebbe dovuto rimanere nascosto.
Improvvisamente una delle guardie entrò nell’ufficio e si guardò intorno per controllare che tutto fosse a posto. Fortunatamente non si accorse di Yuri, che lo spiava da una fessura.
“È tutto a posto, signore.”
 
Vorkov entrò a grandi passi nel suo studio per controllare di persona, passando in rassegna ogni millimetro di parete, come se il suo sguardo fosse dotato di raggi X. Yuri dal suo anfratto percepiva il disappunto del monaco, infastidito dall’incapacità dei suoi adepti.
“Bene, ora andate, e trovatemi il responsabile. Il colpevole dovrà pagare!” sibilò, sedendosi sulla sua poltrona.
Quando tutte le guardie furono uscite, Vorkov prese il suo PC e lo appoggiò di fronte a sé. L’illuminazione dello schermo rendeva la sua pelle di un pallore spettarle, sortendo un effetto davvero agghiacciante. Mentre Yuri fissava i tratti duri e spigolosi del monaco, si chiese se c’entrasse qualcosa con la scomparsa della sua famiglia e il seguente arrivo al monastero alla tenera età di 7 anni.
Non lo ricordava.
In quel momento il PC emise un trillo soffocato che destò Yuri dai sui pensieri. Vorkov prese un lungo respiro, dopodiché rispose alla videochiamata che destò l’attenzione del rosso.
 
Che diavolo è successo, Vorkov?”
“Scusi il disturbo signor Hito, ma abbiamo avuto un problema con l’ultimo carico.”
Che tipo di problema?”
“È stato intercettato e sequestrato dagli americani. I ribelli ora sono in gravi difficoltà. Alcuni loro magazzini sono saltati per aria, e loro ora chiedono rinforzi”
Quegli imbecilli dei tuoi scagnozzi si sono fatti beccare, stupidi idioti! Non deve ripetersi mai più Vorkov, hai capito?!”
“Ma non è colpa loro se…”
Non dire idiozie,la tua squadra fa pena, è solo una manica di stolti! Comunque non c’è problema, faccio preparare subito le casse di armi di cui hanno bisogno. Ma mi raccomando, stavolta niente errori, o ci andrai di mezzo tu personalmente, chiaro?!”
“Certo, signore!”
Con un ghigno rabbioso si congedò dal suo socio che già aveva abbandonato la conversazione.
 
In quell’istante una guardia entrò nell’ufficio e, dopo un cenno di consenso del monaco, gli si avvicinò e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Il volto di Vorkov cambiò immediatamente espressione, Yuri non riuscì a decifrarla. Come se all’improvviso fosse diventato una statua di cera, non c’erano emozioni, e ciò non era affatto di buon auspicio.
Con una lentezza degna di un rituale, abbassò lo sguardo sui cassetti di noce della sua scrivania e cominciò ad aprirli uno ad uno osservandone il contenuto. Yuri seguiva con ansia crescente quei movimenti, sperava che la divina provvidenza mettesse fine in qualche modo a quella lenta agonia.
Nonostante le sue preghiere, Vorkov arrivò ad aprire l’ultimo cassetto, quello che doveva essere chiuso a chiave. Lo sfilò con lentezza infinita, osservando il primo foglio poggiato sopra tutti gli altri documenti, e lo chiuse all’improvviso con un colpo secco, facendo sobbalzare Yuri nel suo nascondiglio.
Fu allora che si alzò dalla sedia, con poche falcate si stagliò di fronte allo schedario ed aprì l’antello con uno strattone.
 
 
La luce della stanza abbagliò il giovane che, ormai scoperto, si lanciò come una scheggia in direzione della porta, nell’ultimo disperato tentativo di sfuggirgli, ma un intero plotone di guardie gli fu addosso, bloccandolo.
Maledizione!
“E così hai frugato nel mio ufficio, come ti permetti, pivello!” disse afferrandogli il mento con forza per fissarlo dritto negli occhi.
Yuri non aveva paura di quello sguardo di sfida, ciò che voleva lo aveva ottenuto.
“Mi dispiace ma questa volta ti è andata male, il tuo trucco da quattro soldi è stato scoperto, le guardie si sono accorte che non eri nella tua stanza. Cos’hai da dire a tua discolpa?”
Il rosso continuava a guardarlo senza proferir parola, anche perché la morsa glaciale del monaco non glielo permetteva.
“Mettitelo bene in testa, Yuri, quel pezzo di carta non conta nulla per te. Non ha nulla a che vedere con te e con quello che eri prima. Conta solo quello che sei adesso, cioè il miglior blader del monastero, tu guiderai la nostra gloriosa squadra alla conquista del mondo! Non lo dimenticare mai! Noi saremo i padroni del mondo grazie a te! Dimentica il passato, non lasciarti distrarre da queste sciocchezze, concentrati solo sul presente e soprattutto sul futuro, tu sei il nostro futuro!”
I suoi occhi si erano riempiti di un fuoco malvagio che bramava potere e repressione. Sono gli occhi di un pazzo, pensò Yuri, ma tutto ciò sarebbe tornato a suo vantaggio.
Finalmente Vorkov mollò la presa e lui sentì di nuovo la circolazione mettersi in moto da quelle parti.
“Purtroppo però questa tua mancanza di giudizio non può passare inosservata. Inoltre scommetto che hai origliato durante una conversazione privata, non è stato per niente corretto da parte tua Yuri…”
Ancora nessuna risposta, tanto non sarebbe servita ad evitare il castigo.
“Molto bene. Date le circostanze, sarai punito, ma questa volta noi sarai portato nei sotterranei. Questa volta sarà elaborato per te un programma di allenamento intensivo per prepararti al meglio al campionato, e sarai sottoposto a delle tecniche di preparazione atletica, come dire… innovative. Tutto ciò a partire già da domani. E ora, riportatelo nella sua cella.”
Il suo tono di voce era ritornato freddo e tagliente, come sempre.
 
 
La guardia lo sbatté dentro la cella e chiuse a chiave. Yuri subito s’infilò nel letto, carico di tutte le cose che aveva scoperto e che ancora doveva scoprire. Chiuse gli occhi pensando ancora ai suoi genitori, alla sua casa, al calore che lo circondava. Quei dolci ricordi avrebbero reso meno terribile il nuovo programma di allenamento, che si prospettava davvero pesante.
“Non importa”, pensò il giovane Yuri, “ora comincio a capire, e non mi fermerò certo qui. Devo andare dove posso trovare risposte.”
La stanchezza lo fece crollare in un attimo, portando con sé un sonno senza sogni, e in un attimo fu di nuovo mattino.
Fu la zampina di Ilo a fargli riaprire gli occhi poco prima che il sole sorgesse. Era salito sul letto, strofinando il suo musetto sulle guance del suo amico cercando cibo. Yuri sorrise, prese in braccio il cucciolo e gli riempì la ciotola di latte, osservandolo mentre si affannava a berne il più possibile inzuppandovi tutto il muso. Com’era bello accarezzare il suo pelo morbido. Chissà se anche lui sentiva la mancanza della sua famiglia?
Gli tornò in mente tutto ciò che era successo la sera prima, solo che stavolta c’era un elemento in più che misteriosamente gli era tornato alla mente: un palazzo e una grossa scritta.
“P. I. Čajkovskij”.
 
 
 
 
 
Note:
Eccovi, gentili lettori, il nuovo capitolo!
Tra lo studio e la vacanza, finalmente ho di nuovo prodotto qualcosa! Spero di non avervi lasciato per  troppo tempo col fiato sospeso!!
Ormai siamo vicinissimi alla conclusione della prima macro-parte (non so se si possa dire così…), nel senso che il capitolo successivo servirà a chiudere questa serie di eventi ambientati, come avevamo detto, ancora prima del primo campionato di beyblade. Ma chi sa cosa succederà in futuro? E soprattutto quanto può influire il passato sul presente e sul futuro?
Non sono ancora finite le sventure per il nostro Yuri!!
Perciò restate sintonizzati su questo canale, ne vedrete ancora delle belle!
Il suo fighissimo padre è ispirato un personaggio reale, vediamo se qualcuno capisce chi è… vero è che non l’ho descritto molto :P.
Comunque alla fine del prossimo capitolo vi dirò chi è ;)
 
Grazie a tutti i lettori, sia assidui sia occasionali, e a tutti quelli che hanno trovato il tempo di lasciare una recensione!
Ho promesso di controllare meglio l’ortografia prima di “andare in stampa”, perciò spero di non avere lasciato errori in giro!!
Quale scrittrice e critica (in erba) sono sempre pronta ad ascoltare tutti i pareri, positivi o negativi, lunghi o corti che siano, perciò ogni commento è ben accetto!
A presto!

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Capitolo 6
*** Ghiaccio e Muffa ***



GHIACCIO E MUFFA
 




Il vento gelido gli sferzava la pelle ed il giacchio sull’asfalto era dannatamente scivoloso. Ogni passo faceva scricchiolare le suole delle scarpe, ma la città dormiente non si accorgeva di quella piccola figura.
Quanto era lontano dal monastero?
L’illuminazione fioca celava la sua presenza allo sguardo di pochi passanti infreddoliti. Non erano certo in molti ad avventurarsi fuori di casa con quel tempaccio e a notte fonda, ma era proprio per questo che Yuri aveva deciso di agire.
Era uscito da pochi minuti dal monastero, ma doveva fare in fretta o sarebbe stato scoperto. Stava correndo a perdifiato, creando nuvolette di vapore da sotto la sciarpa e calcando strade via via più sconosciute.
Si dovette fermare vicino ad una piccola piazza, sedendosi pesantemente e passando una mano sugli occhi. La vista era oltremodo acuta, e i muscoli erano tesi. Il nuovo allenamento speciale stava agendo su di lui in modo misterioso e sinistro, provocando sensazioni mai provate prima, che Yuri non riusciva a controllare.  
Cercò di calmarsi mentre metteva insieme tutte le informazioni. Dopo la notte del blackout al monastero aveva ricordato un edificio antico e imponente, su cui campeggiava una scritta. Ed infine aveva capito, si trattava del Conservatorio “P.I. Čajkovskij “ di Mosca. Non era un vero e proprio ricordo, sapeva solo di esserci già stato tempo prima, e che una volta lì si sarebbe orientato perfettamente.
“Stupido, che fai lì seduto?”
Spaventato, Yuri alzò lo sguardo, incontrando fortunatamente Boris che si stava sedendo accanto a lui.
Un secondo dopo un ammasso peloso gli saltò in grembo, agitando la coda felice.
“Ilo! Ma che ci fate qui? Ti avevo detto di non seguirmi!” disse Yuri in un sussurro al suo lupacchiotto ma soprattutto al suo compagno di squadra.
Boris gli lanciò un’occhiata vagamente divertita.
“Ho visto il tuo lupo scappare dal monastero, ero sicuro che ti stesse seguendo, anche se hai voluto tenerti tutto per te senza dirmi niente. Ho capito che ti stavi imbucando in qualcosa di pericoloso e ho preferito seguirlo.”
“Sei un idiota, tornatene al monastero! Se ti dovessero scoprire…”
“Ormai siamo fuori, non possiamo tornare indietro! Dobbiamo darci una mossa!”
“È quello che stavo tentando di fare prima che arrivassi tu!
“Ma se te ne stavi seduto beatamente…”
“Non sono fatti tuoi! Non ti impicciare in cose che non sai!!” Yuri era seriamente alterato, lui stesso non si aspettava di reagire così contro Boris, che era anche l’unico a cui avesse mai raccontato qualcosa di sé. Per un secondò ripensò alle vasche enormi piene di liquido denso e maleodorante in cui doveva rimanere immerso per ore.
Che stessero cercando di controllare anche la sua mente?
Sospirò lievemente, accarezzando il morbido pelo di Ilo, accoccolato su di lui.
“La verità è che non mi sento molto bene. Gli allenamenti… Ma non importa, ora dobbiamo andare!” Yuri si alzò con circospezione, controllando di non essere visti.
“Si ma dove! Dimmi che cavolo vuoi fare!”
“Dobbiamo raggiungere il conservatorio. Lì dobbiamo cercare qualsiasi cosa riguardi la mia famiglia nell’ufficio di mio padre!”
“Muoviamoci allora!”
Nei giorni precedenti  Yuri aveva raccontato a Boris ciò che aveva scoperto nell’ufficio di Vorkov e di ciò che ora ricordava.
Ripresero a correre per le vie di Mosca, calcandosi la berretta in testa per proteggersi dal freddo, mentre il piccolo Ilo trotterellava accanto a Yuri, come se stessero giocando a chi arriva per primo.
La loro compagnia aveva infuso nel rosso una nota di speranza in più. Il non sentirsi solo era una bella sensazione, pensò.
 
“Perché stiamo andando di qui?” chiese dubbioso Boris fermando il gruppo in corsa.
“…”
“Bisogna andare dall’altra parte per il conservatorio!”
“Ah si? E tu come lo sai?” chiese polemico il rosso.
Boris lo fissò con occhi sgranati.
“…mi stai dicendo che tu non conosci la strada? Cioè, ci stai facendo correre come dei matti e non sai la strada?”
“Allora dimmela tu campione! No, non so la strada, ma sono sicuro di saperci arrivare in un modo o nell’altro!”
“Sei uno stupido! Così rischiamo di morire di freddo! Segui me, io me la ricordo!”
Yuri si mise così a seguire il compagno, rinunciando momentaneamente ad una discussione su chi fosse il capitano, che avrebbe solo fatto perdere tempo ai tre fuggiaschi. Il tempo era loro nemico, e ne avevano già perso abbastanza. Si chiese come mai il biondo conoscesse quel luogo, ma vista la situazione avrebbe indagato in un altro momento. Almeno ora avevano davvero la sensazione di andare in una direzione precisa, Boris lo stava guidando con decisione, e nel silenzio più totale arrivarono in pochi minuti in una piazzetta vagamente affollata.
Eccolo lì, maestoso e misterioso, il conservatorio. La sua facciata bianca rifletteva la luce gialla dei lampioni e le ante chiuse facevano assomigliare la struttura ad un gigante addormentato.
Solo un piccolo gruppo di persone richiamavano alla realtà quel posto magico, alcune intente a chiacchierare mentre si avviavano al parcheggio, altre a caricare oggetti su un furgone. Dalla porta aperta usciva una lama di luce e permetteva ai nostri di scorgere all’interno delle soffici poltroncine rosse.
“Quello dev’essere l’auditorium” sussurrò Boris all’orecchio del compagno.
I tre si erano nascosti tra la vegetazione spoglia del parco di fronte, da cui potevano studiare la situazione senza essere scoperti.
Yuri stava fissando la porta, come se fosse l’unico appiglio di speranza a cui aggrapparsi.
“Già… Dovremo entrare da lì senza farci vedere dagli addetti, e una volta dentro raggiungeremo l’ufficio di mio padre.”
“Ma almeno quello sai dov’è?” chiese speranzoso Boris.
“Non ti preoccupare. Saprò dov’è.” Disse voltandosi a guardare il compagno. “Sei pronto?”
“Certo!”
 
Il grande palco il legno era ormai vuoto, tutti gli oggetti di scena erano già stati smontati, spostati e riposti con la massima precisione ed ordine. Al termine del concerto di quella sera, dopo che il pubblico ed i musicisti avevano lasciato l’auditorium per continuare la festa in qualche bar, i custodi del conservatorio avevano risistemato la sala in pochissimo tempo.
Mentre ognuno di loro era concentrato sul proprio compito, i tre impavidi ragazzi si erano intrufolati dalla porta, avevano percorso a gattoni le file di sedie rosse ed avevano infine raggiunto la porta che dava sull’atrio buio.
La prima prova era superata. Aspettarono in silenzio che le luci fossero tutte spente e le porte chiuse, prima di lanciarsi nei corridoi tetri di quel palazzo antico.
Il silenzio premeva sulle loro orecchie e solo poche piccole luci illuminavano qua e là il pavimento. Nessun problema per Yuri, erano sufficienti  per i suoi occhi stranamente potenziati. In questo caso erano un vantaggio.
Era l’istinto a guidarlo sulla via da prendere, nonostante quel posto fosse pieno di stanze e di anfratti. Yuri non pensava. Sapeva solo che lasciando libera la sua mente sarebbero arrivati nel posto giusto, doveva solo correre.
Boris dietro di lui non spiccicava una parola, non era momento di parlare, doveva per forza fidarsi del compagno anche se questa incertezza non gli piaceva affatto. Scacciò brutti pensieri dalla mente, sforzandosi di credere che Yuri sapesse la strada.
Ilo, con il suo istinto di lupo, aveva intuito la fragilità della situazione, ed aveva sempre seguito i due blader senza emettere un verso, lanciandosi in corsa insieme ai due con le sue zampine felpate.
I minuti scorrevano veloci, ma anche i pavimenti cerati sotto di loro. I corridoi al buio sembravano tutti uguali, e i dipinti alle pareti sembravano osservarli come custodi silenziosi. Antiche statue di marmo facevano la guardia alle porte ed ai saloni, seguendoli con uno sguardo senza occhi, bloccati nella loro posa gloriosa. Superarono con agilità un'ultima ripida scalinata aggrappandosi al corrimano in ferro battuto, approdando così su un pianerottolo con molte porte. Yuri si bloccò di colpo.
“Che c’è Yuri?”
“…”
“Abbiamo sbagliato piano?”
Yuri fissava il pavimento con occhi vuoti, stava succedendo qualcosa nella sua testa.
Ilo intanto approfittava della pausa per trotterellare in giro ed annusare qualsiasi cosa all’altezza del suo muso.
“Oh Yuri, insomma, cosa c’è? Cos’hai?”
Vagamente preoccupato Boris lo prese per le spalle e lo scosse senza troppa grazia. In effetti non potevano concedersi il lusso di una pausa troppo lunga.
“Mi ricordo di queste scale, e di questo piano. Mio padre mi teneva per mano quando salivamo insieme, ed ogni gradino mi sembrava altissimo.”
“L’unica cosa che ti devi ricordare ora è la porta dell’ufficio, non possiamo più aspettare!”
Il tono basso ma imperioso di Boris lo fece ritornare alla realtà, accantonando quei dolci ricordi.
“È quella.” Disse sicuro, indicando una delle porte più lontane, dove Ilo già aspettava i due ragazzi.
Una volta raggiunta tentarono di aprirla con la maniglia, ma era chiusa a chiave perciò tentarono di forzarla, mentre il lupetto contribuiva, graffiando il legno con i suoi artigli.
La aprirono con qualche spallata e subito un odore di muffa e di polvere invase le loro narici. Da molto tempo nessuno ci metteva più piede, e la natura stava avendo il sopravvento.
Si guardarono intorno, nella semioscurità, cercando di catturare ogni dettaglio possibile. Da quel che si poteva capire, nel centro della stanza troneggiava un grande pianoforte a coda, mentre in fondo una grossa libreria faceva ombra ad una scrivania vuota. Non erano solo la polvere e le ragnatele a rendere sinistro quel luogo, anche il caos e il disordine tutto intorno. Il pavimento era pieno di oggetti, fogli e quant’altro, sparsi in giro non a caso, ma come se lì ci fosse stata una lotta.
Era tutto così strano, questo non faceva parte dei ricordi di Yuri.
Improvvisamente Ilo smise di giocherellare con le palline di polvere e cominciò a ringhiare in direzione della porta, mettendosi in posizione di difesa. Entrambi i ragazzi si voltarono a guardarlo spaventati, ma non ebbero il tempo di capire cosa stesse succedendo, né di fare un solo passo. Le luci si accesero tutte di colpo ed una schiera di poliziotti invase il pianerottolo fin dentro la stanza, urlando comandi e puntando su di loro un intero arsenale di pistole.
“Alzate le mani e non  muovetevi! Alzate le mani ho detto!”
I due ragazzi colti sul fatto erano pietrificati: Boris alzò subito le mani, sapendo che era meglio obbedire anche se il suo orgoglio urlava il contrario, mentre Yuri eseguì gli ordini più lentamente dovendo combattere contro la luce che lo stava accecando. Ora la normale illuminazione era per lui come fissare il sole. Gli occhi gli bruciavano da morire e cominciarono a lacrimare, mentre il rosso stringeva  i denti ed abbassava il viso per lo sforzo. Era in trappola, maledizione! Ma quello che è peggio è che tutto ciò non era servito a nulla, non aveva trovato nessun indizio utile. Nemmeno Ilo ringhiava più.
Un uomo con un pesante giubbotto nero ed un colbacco in testa si fece largo tra i poliziotti.
“Eccovi qua, piccoli delinquenti! Pensavate di essere furbi..."
Un ghigno perfido apparve sul suo volto. Era evidentemente molto soddisfatto di quel colpo.
“Povero piccolo, piangi perché ti abbiamo scoperto? Beh, questo non è niente in confronto a quello che ti aspetta!”
Forse trovava la situazione molto patetica, e l’ironia doveva essere il suo forte. Se solo avesse potuto, Yuri avrebbe scagliato il suo beyblade contro quell’uomo con tutta la sua forza.
“Ammanettateli”
L’uomo se ne andò lasciando ai suoi uomini il compito di prendere i ragazzi e di trasportarli fuori dal conservatorio. Yuri si sentiva derubato, aggredito, sconfitto. Teneva ancora gli occhi chiusi, più per la disfatta che per la luce, e si lasciava trascinare pesantemente dal poliziotto che non esitava ad esortarlo con insulti e improperi vari. Non gliene importava nulla. Boris invece, poco più avanti di lui, camminava lentamente ma con gli occhi bene aperti, per studiare la situazione e capire ciò stava realmente succedendo.
La polizia li aveva arrestati perché si erano introdotti abusivamente in un luogo pubblico e per  tentata rapina, così dicevano. Ma non tornavano i conti al biondo. Come mai erano stati così celeri nel catturarli e con così tanti uomini? Nel parcheggio attendevano almeno quattro auto della polizia più una camionetta dell’unità cinofila. Tutto questo per due ragazzini?
Furono separati e messi su due macchine diverse, mentre tutti i poliziotti si affrettavano a salire a bordo.
Yuri sentiva la rabbia crescere dentro di se come una furia, mentre fuori dal finestrino vedeva scorrere il paesaggio invernale della Capitale.
Qualcosa però colpì il suo sguardo. Quella via gli era familiare, anzi, la conosceva bene! Le piante, la fontanella, il muro di pietra, la vecchia casa e poi il portone.
Il portone del monastero.
 
 
Si aspettava una caserma, una centrale di Polizia, un dannatissimo posto in cui i poliziotti portano chi viene arrestato, invece no. Loro erano stati portati direttamente all’inferno, ovvero al monastero.
Questo non fece altro che confermare i sospetti di Boris, per cui ormai erano già certezze.
Con malagrazia vennero spinti oltre la porta dell’ufficio di Vorkov che, neanche a dirlo, gongolava come un pazzo.
Accanto a lui, con la stessa espressione, l’uomo del colbacco che doveva essere il comandante.
“Eccoli qua, Vorkov, i tuoi pupilli. Come vedi siamo riusciti a catturarli in tempo e ad evitare che si facessero male.”
Aveva un accento strano, quasi nordico rispetto agli standard della città, e Boris se ne accorse subito.
“Non avevo alcun dubbio. Ti ringrazio per la collaborazione. I corpi di polizia svolgono un’azione importantissima, avete la mia massima stima.” rispose il monaco alzandosi dalla poltrona e stringendogli la mano.
Il comandante sorrise di rimando e uscì dalla stanza mentre un’agente toglieva le manette ai due bladers. Quando la porta fu chiusa rimasero solo loro tre nell’ufficio, oltre ad alcuni leccapiedi del monaco.
Yuri e Boris erano in piedi di fronte alla scrivania, mentre Vorkov lentamente cominciò a girare intorno a loro come un avvoltoio, fissando il suo sguardo maligno su di loro e sogghignando. Sentiva il profumo della vittoria.
 “Sono incredibilmente deluso da voi due. Siete i miei migliori allievi, eppure siete quelli che più di tutti mi fanno dannare l’anima!
Perché, io mi chiedo, tutta questa ansia di scoprire il mondo esterno quando io faccio di tutto per voi? Non capite?
Qui avete tutto, siete protetti e nessuno può farvi del male. Qui dentro potete crescere al meglio, sviluppando appieno le vostre capacità, lontani da tutto il male ed il dolore che vi aspettano al di fuori da qui. E quando un giorno lo scoprirete sulla vostra pelle, non potrete far altro che ringraziarmi di avervi cresciuti al monastero!”
Una piccola pausa sottolineò i falsi buoni intenti del monaco. Yuri e Boris già conoscevano i sermoni del loro padrone.
Riprese: ”So cosa siete andati a fare al conservatorio. Yuri, tu sei alla disperata ricerca del tuo passato, e questo desiderio ti brucia dentro, ma devo metterti in guardia o ti scotterai. Ciò che scoprirai non ti piacerà.
Tu speri di poter trovare una traccia che ti porti alla tua famiglia, un luogo caldo ed accogliente insieme ai tuoi genitori, ma io conosco la verità. Ciò che troveresti sarebbe solo altro dolore. Quello che hai fatto stanotte mi fa capire che non posso più aspettare, tocca a me raccontarti la verità, e lo faccio solo per farti riflettere, per farti capire, per aiutarti.
 
Conoscevo i tuoi genitori: tuo padre era un musicista famoso, un pianista per l’esattezza, mentre tua madre era un’insegnante di storia. Due persone per bene, all’apparenza, ma io invece conoscevo le loro anime in profondità. La vera passione di tuo padre non era la musica, ma il potere. La sua sete di potere lo spingeva a fare cose grandi ma terribili, era il demonio in persona. Sfruttava le persone per fare carriera, sognava la politica, ma era disposto a tutto pur di riuscire. Era un vero farabutto. Tutti erano importanti eppure nessuno lo era veramente, se non se stesso. Faceva le cose più orribili, che ora non ti posso raccontare. Sei ancora troppo piccolo. Ogni volta che ne venivo a conoscenza mi si spezzava il cuore, poiché sapevo che suo figlio avrebbe pagato per gli errori del padre. Speravo che almeno sua madre, una donna molto incantevole, lo avrebbe protetto, ma non fu così. Anche lei come Aleksander era dura di cuore e lasciava che fosse la balia a prendersi cura di te. Mentre tu crescevi, bisognoso dell’affetto dei tuoi genitori, loro ti consideravano un peso da scaricare, finché un giorno tuo padre, ubriaco e amareggiato, decise di sfogare su di te, creatura indifesa, i suoi problemi. Fu la scintilla che scatenò l'incendio, perchè da quell'episodio la Polizia scoprì tutta la rete di imbrogli che aveva creato. Fu denunciato ed arrestato. Durante il processo gli furono imputati tutti i capi d’accusa, ed ora fortunatamente è in galera a pagare per tutti i suoi peccati.
Rimasta sola, tua madre fu uccisa poco tempo dopo, dalla mano di uno degli innumerevoli nemici di tuo padre.”
Vorkov si fermò davanti a Yuri e lo fissò negli occhi.
“Ecco perché ti trovi qui ora. Ho voluto sottrarti ad una vita d’inferno, solo contro il mondo intero. Nessuno sarebbe stato pronto a prendersi cura di te, ma io l’ho fatto, perché volevo risparmiarti la fatica ed il dolore della vita da reietto che ti aspettava. Vorrei che tu capissi questo e che la smettessi di cercare al di fuori di queste mura. Ora tutto quello che hai è qui. I tuoi genitori, la tua famiglia non ti vuole, io sono la tua famiglia adesso.”
 
Boris era incredulo, Yuri confuso e Vorkov santificato. Il monaco aveva come un’espressione angelica sul volto, ma il biondo che l’aveva fissato durante tutto il racconto non ne era convinto. Aveva imparato a non fidarsi di lui, ma chissà se anche Yuri se ne ricordava oppure era crollato sotto il suo incantesimo?
“Ora sai la verità” concluse con tono tagliente, il solito. “Spero di non dover mai più ripetere questo discorso. Inoltre non posso dimenticare che siete usciti di nascosto dal monastero, perciò sarete puniti. Portateli nelle loro celle!” concluse, rivolto alle guardie.
 
Nessuno proferì parola, finché le porte delle rispettive stanze non furono chiuse. Solo allora Yuri si accasciò sul letto e grosse lacrime cominciarono a solcargli le guance. No, non era possibile. Si passò una mano sul viso ma fu inutile, perché fiumi ormai scorrevano senza controllo, fino a bagnare le lenzuola. Il piccolo Yuri ricordava ben altro della sua infanzia e dei suoi genitori. Ma a tutte quelle domande che si formarono nella sua testa non seppe dare alcuna risposta.
Una sola cosa era certa: la sua vita era un inferno e, chiunque fosse il colpevole, avrebbe pagato.
Crollò sotto il peso della stanchezza e delle troppe emozioni, senza nemmeno accorgersi che un piccolo lupo era salito sul suo letto e si era accoccolato vicino a lui.
 
 
 
 
 

 
 Note:
La nave è finalmente giunta in porto! Si, insomma, una meta è stata raggiunta!
So di aver tardato molto con questo ultimo capitolo, ma mi sono ripromessa di terminarlo entro Natale, e ce l’ho fatta! Così durante le vacanze avete qualcosa in più da leggere.
Ora che le fondamenta della storia sono state gettate, preparatevi ad un salto temporale non indifferente! Ci sono in serbo delle belle sorpresine…
Non temete, tutto ciò che è rimasto in sospeso verrà spiegato piano piano nelle puntate successive!
 
Non ho la minima idea di come sia Mosca, perciò tutto la descrizione delle strade è puramente casuale. Se dovessero esserci delle incongruenze, anche nel resto della storia, segnalatemele. Alcune sono accidentali, altre invece sono messe apposta.
 
Aleksander Ivanov è conosciuto nel mondo reale come Tuomas Holopainen, che non ha bisogno di presentazioni, ma per chi ancora non sa chi diamine sia, ebbene lui è il tastierista/compositore/frontman dei Nightwish, gruppo metal finlandese. Lustratevi gli occhi ragazze: www.tuomas-holopainen.com
Infatti, piccola parentesi musicale^^, il titolo della storia è preso dal testo di “Cold Heart Of The Klondike”, traccia numero 5 del suo album “The Life And Times of Scrooge”, interpretata dalla fantastica voce di Tony Kakko (amo quell’uomo! <3 ).  È un album molto carino davvero, ascoltatelo se potete ;)
 
Sentiti ringraziamenti a chi legge, a chi commenta e a chi continua a seguire la storia!
A presto!

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Capitolo 7
*** Tutto in gioco ***


TUTTO IN GIOCO



La folla schiamazzava ed esultava tutto intorno al campo di gara, esaltati dallo spettacolo orribile che quel mostro di Vorkov stava offrendo loro. Chiedevano di più, sempre di più, sempre più azione e Garland, come un burattino, la offriva loro su un piatto d'argento senza indugio. Senza capire di essere manipolato dall'avida volontà del suo aguzzino e soprattutto senza comprendere il dramma profondo vissuto dal suo avversario.

Spietato e stolto, il blader dai capelli lunghi faceva bella mostra delle sue fini abilità, sferrando un fendente dopo l'altro con una precisione da maestro.

Di fronte a lui la caparbietà ed il sogno del Capitano della Neoborg spingevano Yuri a resistere ad ogni assalto pur di ottenere la sua vendetta.

Dagli spalti Boris si guardava intorno, per quanto potesse permetterglielo le fasce sull'occhio, allibito dall'atmosfera crudele degna solo degli anfiteatri romani. La battaglia che si stava consumando sul campo di gara di fronte a loro poteva essere chiamata tortura, tanto gli effetti erano assimilabili. Continuare a combattere a quel punto era pressoché inutile. Osservò Yuri annaspare tenendosi un fianco, mentre con un filo di voce incitava il suo beyblade.

Fiero e indomabile, come era sempre stato, si opponeva alla sconfitta cercando di ignorare il dolore provocato dalle molteplici ferite e colpi subiti. Il suo corpo stremato cercava disperatamente riposo nel contatto col suolo ma il suo orgoglio spingeva i muscoli a contarsi nuovamente in un disperato attacco.

L'espressione tesa di Boris si accentuò nel vedere l'ennesima caduta del compagno di squadra e subito una fitta dolorosa lo colpì alla testa, facendogli sfuggire un gemito di sofferenza. Anche il suo combattimento era stato estremamente duro, al di sopra delle sue possibilità, e nonostante fosse indubbiamente un fuoriclasse, era stato sopraffatto dall'avversario. Sentiva ancora male dappertutto, come se fosse stato investito da uno schiaccia sassi e il dolore alla tempia era insopportabile. Aveva perso i sensi per qualche minuto, ma appena ripreso, si era subito precipitato nell'arena a sostegno del suo capitano, senza curarsi troppo della propria salute.

“Che ti succede Boris? Stai male?”

La ragazza bionda seduta accanto a lui si fece più vicina, mettendogli una mano sulla spalla per rassicurarlo anche se i suoi occhi nocciola lasciavano intendere chi tra i due fosse più in ansia. Aveva visto Boris sfuggire alle cure dei medici per sostenere Yuri, ignorando le ingiurie appena subite e lei lo aveva rincorso per evitare di lasciarlo da solo in quello stato. Ora però non sapeva se essere più preoccupata per lui o per il rosso ed il respiro le si spezzò in gola.

“...tutto bene... non preoccuparti... sai... ho la pelle dura, io...” cercò di rassicurare la compagna forzando un sorriso e reprimendo una nausea dilagante.

Lei lo guardò per un attimo. “Sei sicuro? Posso portarti dai medici che ci sono laggiù e...” provò lei.

“No no, tranquilla. Ho detto che sto bene.” Rispose a fatica, accusando un bruciore ai polmoni che lo fece tossire malamente.

“Quello che ha bisogno di un medico ora è Yuri.” disse guardando il rosso con aria tesa. Anche Eva si voltò a guardarlo.

Quanto le faceva male vederlo ridotto in quello stato per puro masochismo di un branco di sconosciuti. Conosceva da poco il mondo del beyblade eppure si era subito affezionata a quei ragazzi tanto duri quanto uniti, ed i pericoli corsi insieme l'avevano resa un membro onorario della squadra. Ciò che stava succedendo però non riusciva a capirlo, andava oltre le regole della passione per uno sport. Un malvagio gioco di potere stava stritolando nelle sue spire le persone a cui teneva di più.
Sull'orlo delle lacrime, si portò le mani alla bocca quando Yuri cadde pesantemente a terra dopo l'ultimo definitivo assalto di Garland. Un grido strozzato le si bloccò in gola esattamente mentre la folla esplodeva in urli di gioia e di vittoria in direzione del campo. Paralizzata dalla paura, si accorse a stento che Boris stava brancolando verso le scale per soccorrere il capitano, in preda a ondeggiamenti per nulla rincuoranti.

La testa gli girava come se dovesse improvvisamente alzarsi in volo e le gambe parevano fatte di pasta frolla, ma non importava. Avrebbe raggiunto il suo amico anche a gattoni. Afferrò pesantemente il corrimano per rimanere in piedi e scendere lentamente i gradini, ma sembrava un'impresa impossibile. Sull'orlo dello svenimento stava per accasciarsi su se stesso, quando una mano amica lo prese per il braccio e lo aiutò a rialzarsi.

Era Eva che fortunatamente si era riscossa dalla paura e l'aveva seguito.

Intanto i cori di vittoria aleggiavano spaventosi sull'arena, ignari del fatto che Yuri, soccorso da Takao e dalla sua squadra, stava svelando il segreto di tutta quella messinscena. Gli echi si fecero via via più silenziosi lasciando spazio a due sole voci che si confondevano nella testa di Boris, sopraffatto dallo sforzo fisico.

Mentre Takao e Vorkov si accordavano sull'ultima decisiva sfida, Boris riprese fiato e riacquistò quel poco di lucidità sufficiente ad individuare il corpo a terra del suo compagno di squadra circondato da infermieri. Digrignando i denti per lo sforzo, corse con foga verso di lui, spingendo a lato un assistente stranito, e si chinò ad osservare Yuri.
Occhi chiusi, respiro lento, ferite e sangue ovunque. 
No, non poteva essere. Non potevano aver ridotto così il suo amico, così forte e fiero, ma allo stesso tempo così umano.
Non come quel cyber che Vorkov aveva tentato di creare, piuttosto come quel bambino che molti anni prima aveva varcato la soglia del monastero, alla ricerca disperata di una famiglia.
Si lui era così. Boris aveva ritrovato quel bambino nell'uomo che stava diventando ed aveva vissuto con lui i cambiamenti che avevano sconvolto la sua vita. Così tante sfide aveva dovuto affrontare e così tante volte il biondo gli era stato vicino, avevano corso molti rischi ed infine avevano affrontato insieme vittorie e sconfitte.  
Una piccola lacrima comparve a velare i suoi occhi grigi, mentre un dolore al petto lo spinse ad abbracciare il suo capitano privo di sensi.
Avrebbe voluto stargli vicino anche in quel momento eppure sapeva che Yuri doveva combattere da solo quella battaglia. Nessuno mai era stato così importante per lui, e l'idea che Yuri potesse abbandonarlo gli fece versare altre lacrime, sciolte dal calore del petto dell'amico.


Non si era accorto delle proteste e degli strattoni dei medici lì intorno che tentavano a forza di allontanarlo da Yuri. Mentre le lacrime sgorgavano copiose il biondo si stringeva sempre più saldamente all'amico, incapace di lasciarlo andare, e pochi passi più indietro Eva guardava la scena stupefatta.

Avrebbe voluto anche lei correre da Yuri, abbracciarlo forte, fargli sentire il suo affetto, perchè ormai per lei quel ragazzo contava più della sua adorata musica, più delle melodie celesti con cui incantava il pubblico di tutto il mondo. Ma non c'era riuscita. Il quadretto a cui stava assistendo aveva qualcosa di strano, che li per li non riusciva decifrare.

Nel frattempo qualche energumeno era riuscito a scardinare Yuri dalla morsa dell'amico, permettendo ai medici di portarlo sull'ambulanza il più in fretta possibile. Boris rimase seduto ginocchia a terra a fissare con sguardo vacuo il punto in cui il mezzo era sparito alla vista. Cedendo infine alla stanchezza ed al dolore si accasciò a terra attirando l'attenzione del gruppo di bladers poco più in là, ancora intento a parlare della sfida Justice 5.

Eva gli corse subito incontro, maledicendo quei pensieri sciocchi che l'avevano imbambolata, e si affrettò a soccorrere l'amico ormai in gravi condizioni di salute. Alcuni volontari 
lo caricarono rapidamente su una barella sotto lo sguardo preoccupato della ragazza, mentre Takao e la sua squadra le si fecero vicino.

“Come stanno Yuri e Boris? Si riprenderanno presto? Cosa dicono i dottori?”

“Smettila di fare domande Takao, non vedi che non è il caso?” lo interruppe Hilary che aveva notato lo sguardo cupo e triste della ragazza.

“Già. E poi non possiamo sapere subito come stanno le cose, bisogna aspettare che i medici facciano il loro lavoro, dopodiché sapremo quali sono le loro reali condizioni di salute”

“Il Prof. ha ragione, anche se sono molto preoccupato per Yuri, lui è un guerriero, non si meritava tutto questo e... oh...” Daichi si zittì.

Ciò che aveva detto era vero, Yuri non meritava tutto questo ed il pensiero di ciò che avevano passato insieme ruppe la barriera del pianto della povera Eva. Nell'arena vuota risuonò l'eco dei suoi singhiozzi e i pochi ancora presenti si guardarono con fare interrogativo. Certo, loro non sapevano quali avventure avevano vissuto insieme quell'anno, e non sapevano quanto fossero cambiate le cose in così poco tempo. 
Si lasciò avvolgere dall'abbraccio delicato di Rei e a passo lento lasciarono la sede della BEGA.







Molte lune erano passate, indifferenti alle vicende umane, ed anche quel giorno il sole stava tramontando sul Giappone, scagliando un lampo di luce verde prima di lasciare il posto alla sorella.

L'ospedale era deserto ed i corridoi bui celavano il passaggio svelto e deciso di un'ombra solitaria. I suoi passi erano silenziosi e a grandi falcate percorreva i reparti.

Il cappotto scuro celava una figura alta dalla pelle pallida e le labbra contratte in un'espressione indecifrabile.

Superati agilmente i metri che lo separavano dalla sua meta, si trovò di fronte a una porta chiusa ingrigita dal buio e senza esitazione ne abbassò la maniglia. 
Fece scattare la serratura trattenendo il respiro e in un attimo fu dentro la stanza.

Un respiro profondo e i passi cominciarono a susseguirsi, portandolo al lato del letto su cui giaceva Yuri. 
Si tolse il cappuccio, lasciando che i suoi lineamenti duri fossero scrutati dalla luna e posò lo sguardo sul ragazzo. Vorkov lo osservò per un attimo, percorrendo con occhi freddi tutta la lunghezza delle cicatrici maturate in anni di combattimenti senza pietà.  
Nonostante i colpi subiti nel combattimento contro Garland, Yuri respirava lentamente grazie alla macchina e il suo viso sembrava rilassato.

“Siamo solo tu e io, ora” pensò, fissando il blader con occhi tetri.
 

 





 
 
Il torneo sta per iniziare. Finalmente.

Un sorriso compiaciuto comparve sul volto di Yuri, che già assaporava il gusto delle vittorie che certamente li avrebbero attesi. Lui e la sua squadra, di cui per l'ennesima volta era capitano, che ora vantava un nuovo nome, la Neoborg.

Una squadra potente, risollevata dalle ceneri di ciò che Vorkov aveva lasciato loro e forgiata dal fuoco della libertà e della consapevolezza ritrovata.
Nessuno più sarebbe riuscito a soggiogarli, perchè la potenza e l'abilità raggiunta durante i mesi di allenamenti intensivi sarebbero serviti a portarli sulla vetta del mondo. Tutto ciò che volevano, che lui voleva, era conquistare il titolo mondiale a qualsiasi prezzo.

Nel frattempo, giunto al campo di gara del monastero dove si allenava giorno e notte, prese il suo fido Wolborg dalla tasca e si preparò a lanciare. Con quelle ultime parole in mente, scagliò il suo bey con tutta la forza che aveva in corpo. Il lupo delle nevi scintillava al centro, come volesse fargli l'occhiolino.
Era così desideroso di vittoria da aver accolto in squadra uno dei blader più forti del mondo.

“Sfrutterò la su potenza per vincere. Lui mi aiuterà ad ottenere il titolo. Lo sfrutterò secondo la mia volontà facendo leva sulla sua voglia di sconfiggere Takao. Una volta campioni del mondo non avrò più bisogno di lui, e potra finalmente sparire dalla mia vita per sempre.”


Kei. Aveva accettato di prenderlo in squadra per essere sicuro di ottenere la vittoria, ma non era stato facile. Non aveva dimenticato quanto rancore avesse provato per lui nei suoi giorni al monastero. In quei tempi Kei era il più forte, aveva un talento innato che nessuno riusciva ad eguagliare, e Yuri ne era sempre stato sopraffatto.

Scosse la testa al pensiero di quelle sconfitte. Non c'era più bisogno di preoccuparsi, ora era consapevole della sua immensa forza. Osservò Wolborg roteare feroce nell'arena, desideroso di riscatto come il padrone. Eppure non sapeva perché ma nei confronti di Kei sentiva ancora una certa inquietudine che non riusciva a placare.

Non ci pensare, si disse. Si concentrò sul suo bey. Era perfetto e pronto all'azione. Lo raccolse e rimise in tasca avviandosi nuovamente in quei corridoi bui col pensiero rivolto all'indomani, il giorno tanto atteso di inizio dei campionati. 
Raggiunse la saletta dove i suoi compagni di squadra lo stavano aspettando, tranne uno. Yuri li osservò torvo.
Da un lato Boris seduto sulla poltrona fece appena un cenno verso il nuovo arrivato, nonostante il volto semicoperto dal soffice pelo di lupo che ornava la sua giacca. 
Dall'altro lato Sergei si teneva aggiornato leggendo un giornale seduto al tavolo. Mancava Kei.

“Dov'è Kei?” chiese secco ai presenti, mentre il fuoco scoppiettava nel camino.

“Come facciamo a saperlo?” Boris rispose prontamente, “sono giorni che non si fa vedere. E non si preoccupa minimamente di farci sapere dove se ne sia andato” aggiunse evidentemente seccato dalla cosa.

“Si sarà cacciato in qualche posto dimenticato da Dio a seguire un allenamento super intensivo” commentò Sergei alzando appena lo sguardo dalla carta stampata, per nulla meravigliato.

Yuri si avvicinò al tavolo evidentemente scocciato da quella risposta, che molto probabilmente era verità

“Quell'imbecille... non lo sopporto quando fa così”

“Rilassati Yuri, dovrai tenerlo da conto fino alla fine del torneo, poi potremo sbarazzarcene una volta per tutte.” Boris aveva raggiunto i compagni al tavolo e si era seduto di fronte a Sergei.

“si. Vedrai che poi spunterà fuori prima della partenza.”

“Sergei, a me non importa nulla se lui farà o meno il viaggio con noi, anzi meno lo vedo meglio è. L'importante è che si presenti agli incontri.”
Un velo di silenzio calò sui tre ragazzi intenti a pensare ai loro prossimi incontri.

“Bene. Ora pensiamo alla nostra strategia.”
 
 
 
 
“Che inutile perdita di tempo” Sbottò il rosso spazientito, seduto sugli spalti tra i due compagni di squadra.

“Calmati Yuri, ormai è finito e fra poco scenderemo in campo.”

La Cerimonia di apertura dei Campionati mondiali era stata organizzata in grande, e coinvolgeva un gran numero di artisti da tutto il mondo. Nonostante per Yuri fosse una manifestazione inutile, moltissima gente la seguiva ammaliata da tanta creatività amalgamata con abilità in uno spettacolo incredibile. 
Cantanti, ballerini, coreografie pazzesche si susseguivano senza respiro incorniciati da effetti pirotecnici che conferivano un'aura magica.

In quel momento sul palco stava facendo il suo ingresso una giovane ragazza che salutava gli spettatori con piccolo gesto della mano per poi sedersi al pianoforte al centro e intonare la sua melodia. Subito un uomo vestito di nero con un'auricolare all'orecchio e un paio di occhiali da sole venne a chiamare i ragazzi della Neoborg, così come quelli delle altre squadre. Era giunto il  momento di prepararsi per sfilare all'interno dell'arena e dare quindi il via definitivo.

Yuri era sollevato di potersi muovere dal quella stasi, fare qualche passo gli avrebbe fatto diminuire notevolmente il nervosismo celato. 
Scesero alcune rampe di scale, percorsero vari corridoi fino ad arrivare ad un'ampia stanza che fungeva da punto di raccolta per i ragazzi. Di certo non sarebbero più stati in grado di tornare indietro da soli, tanto era intricato il giro che avevano fatto. 
Il rosso si guardò intorno con circospezione. Si sorprese non poco a vedere Kei appoggiato alla parete con gli occhi chiusi e un fare saccente, tipico suo atteggiamento. Ma non ci badò troppo, ormai era talmente assuefatto che non si pose alcuna domanda, continuando la sua perlustrazione. 

Tutte le squadre qualificate erano presenti: alcune già conosciute come i White Tigers, gli All Stars, e ovviamente i Bladebreakers; altre del tutto ignote come gli F-Sangre e soprattutto la Barthez Squadra. Si sarebbe aspettato di veder trionfare i Majestics che invece erano stati sopraffatti proprio da quest'ultimi. Poco importa, li batteremo tutti, pensò.

Un allegro chiacchiericcio riempiva la sala ma come al solito c'era qualcuno che faceva un baccano micidiale, e quel qualcuno erano proprio Takao e Daichi.  Stavando guardando con aria da stoccafissi al di là della vetrata, verso il campo, dove la pianista stava raccogliendo gli applausi e usciva agilmente di scena.

“Smettetela voi due, ho detto! Siete proprio degli allocchi!” Hilary sbraitava contro i due compagni, infuriata, mentre il Prof. cercava di calmarla.

“Ma guardali! Insomma, basta che vedano una bella ragazza e subito perdono la testa per lei! Siete due babbei!” urlò rivolta verso di loro.
I due ragazzi non sembravano sentirla, intenti ad osservare la bionda che ancheggiava delicatamente mentre salutava alcune personalità politiche.

“È bellissima... Voglio il suo autografo, lo voglio, lo voglio, lo voglio!”

“Ma smettila nanerottolo, quella nemmeno ti vedrebbe!” Takao si mise a sghignazzare alla sua stessa battuta, alludendo alla statura del compagno di squadra.

“Ehi, che cosa vorresti dire? Ti faccio vedere io!” e cominciarono a pestarsi come facevano sempre. Max rideva divertito tra i suoi compagni di squadra, mentre Hilary e il Prof. sospiravano, abituati a quelle messe in scena.

“Che poi io non vedo tutta questa gran bellezza.” commentò lei, facendo la sbruffona “che cosa avrà mai di speciale? Secondo me si da tante arie per niente...”

“Beh, però suona bene, per quello che abbiamo potuto sentire...”
Hitoshi, l'allenatore dei BB, apparve dal nulla. “è una musicista di fama internazionale, nonostante la sua età. Fa concerti in tutto il mondo ed è considerata l'astro nascente della musica in Russia. Si chiama Eva Paasikoski”

Proprio allora l'attenzione di Yuri si riaccese e come un lampo rivide nella sua mente la ragazzina che suonava l'organo nella chiesa del monastero.
 
 
Note:
Ben ritrovati cari lettori! Ecco che riprende la storia, come promesso, parecchi anni dopo gli avvenimenti precedenti!
Qui ormai siamo al terzo campionato mondiale, ed alcuni avvenimenti si rifanno proprio all'anime (perciò mi riservo di non descriverli nello specifico se basta guardare quelle puntate per capire cosa succede).
In particolare all'inizio di questo capitolo si fa riferimento alla sfida Garland vs. Yuri all'interno della sede della BEGA. Ho solo vagamente adeguato la storia facendo si che Boris non venga portato via subito dopo il suo incontro, ma riesca ad assistere alla sfida, giocando sul fatto che nell'anime non viene specificato.
Attenzione al salto temporale, la storia riparte dall'inizio del terzo campionato (in cui la cerimonia d'apertura è stata totalmente inventata).
Spero vi piaccia! Lasciate pure due righe di recensione, le leggo volentieri! ;)
Grazie a coloro che hanno recensito i 6 capitoli precedenti, che la storia continui!

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