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di katyjolinar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il mio nome è Lincoln Tyrone Lee, e questa è la storia della mia vita.
Sono nato il 3 ottobre 1981, ma io festeggio il mio compleanno il 27 aprile, data in cui, nel 2012, sono rinato.
Quel giorno, a Liberty Island, la mia vita è cambiata, anche se già qualche giorno prima aveva subito dei bruschi mutamenti.
Tanto per cominciare, ho visto morire me stesso. Sì, proprio così. Se l'avessi sentito dire 9 mesi prima da qualcun altro lo avrei preso per pazzo, ma da quando ho cominciato a lavorare nella sezione speciale dell'FBI chiamata Divisione Fringe, nulla è più classificabile come impossibile, neanche l'esistenza di universi alternativi e di altre versioni di noi stessi.
Mi trovavo nell'altro universo per riordinare delle scartoffie, ma poi sono rimasto coinvolto in un caso della loro Divisione Fringe... ed è così che il mio doppio è morto.
La sua collega chiedeva giustizia, così sono rimasto per darle una mano.
Poi dovetti fare una scelta: le due Divisioni avevano deciso di chiudere il ponte, quindi dovetti scegliere dove stare.
Scelsi l'altro universo.
Il ponte fu chiuso, ed io non potevo tornare indietro. Quella sarebbe stata la mia nuova casa.
La Rossa, accanto a me, mi sorrise; il Segretario Bishop si rilassò e diede degli ordini ai suoi sottoposti, quindi tornò a rivolgersi a noi.
"Agente Farnsworth, faccia preparare dei documenti nuovi per l'Agente Lee." ordinò. La giovane donna annuì e corse immediatamente fuori dalla sala, mentre il Segretario tornava a parlarci "Agente Dunham, faccia preparare uno degli alloggi della Divisione Fringe. L'Agente Lee starà lì finché non avrà trovato una sistemazione migliore."
Olivia annuì e fece subito una telefonata. Walternativo mi porse la mano, e io gliela strinsi. La sua stretta era calorosa.
"Benvenuto tra noi." mi disse.
Ero nell'altro universo da meno di cinque minuti e mi sembrava di essere lì da sempre!
Il mio nome è Lincoln Tyrone Lee, e questa che vi racconterò è la mia storia.

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Capitolo 2
*** 1 ***


Erano passati un paio di mesi dalla chiusura del Ponte.
Avevo preso casa a New York: un vicino di casa di Olivia aveva messo in vendita l'appartamento e lei mi aveva accompagnato a visitarlo. Fui fortunato: quando il proprietario seppe che ero un collega di Olivia mi propose un prezzo molto basso. Evidentemente in questo universo gli ufficiali della Divisione Fringe godevano di un trattamento di favore.
La Rossa mi aveva anche dato una mano ad arredarlo, e capitava spesso che andassimo al lavoro insieme, avendo gli stessi turni.
Una mattina, appena arrivammo alla Divisione Fringe, venni trascinato da Astrid alla sua postazione per controllare alcune statistiche che le avevamo richiesto riguardo un Evento Fringe avvenuto qualche giorno prima.
Da quando avevo cominciato a lavorare lì, quella ragazza si era legata a me come mai aveva fatto con nessun altro. Ero una sorta di fratello maggiore, per qualche motivo a me sconosciuto, e mi avevano detto che raramente Astrid dava confidenza ai nuovi arrivati, anche se li conosceva da tempo.
Stavo controllando quelle statistiche, quando Olivia si avvicinò sorridendo.
"Oggi torna Charlie dal viaggio di nozze." esordì, quindi mi guardò "Tu non lo conosci, ma sono sicura che diventerete ottimi amici."
Le sorrisi. In quel momento un uomo non troppo alto, bruno, con una piccola cicatrice accanto all'occhio sinistro, si presentò nell'ufficio.
"Sono tornato, gente!" esclamò, entusiasta.
Olivia gli andò incontro, io la seguii. Quello doveva essere Charlie.
Si abbracciarono calorosamente, quindi l'uomo si voltò verso di me, mi squadrò per qualche secondo, poi si guardò intorno.
"Dov'è Lincoln?" domandò. Mi aveva riconosciuto: io non ero il Capitano Lee.
La Rossa si voltò verso di me con aria di scuse, quindi prese da parte Charlie e gli parlò.
Io tornai alla mia scrivania e al mio lavoro; non volevo disturbarli mentre Olivia aggiornava Charlie sugli ultimi avvenimenti.
Stavo finendo di compilare un rapporto quando Charlie si avvicinò, mi prese per la camicia, obbligandomi ad alzarmi, quindi mi tirò un pugno, facendomi arretrare di qualche passo. Olivia corse, mettendosi immediatamente tra noi.
"Se pensi che accetterò la tua presenza senza fiatare ti sbagli, amico!" mi minacciò "Lincoln era insostituibile e tu non hai diritto di stare al suo posto!"
Detto questo si allontanò, mentre Olivia controllava, preoccupata, la mia faccia, sanguinante a causa del pugno ricevuto.
Questo fu il mio primo, burrascoso incontro con il mio compagno di squadra nella Divisione Fringe, Charlie Francis.

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Capitolo 3
*** 2 ***


A Charlie ci volle parecchio tempo ad accettare la mia presenza nella squadra. Olivia dovette lavorare molto per calmare gli animi, i primi tempi: Charlie si rifiutava di collaborare con me, o di ascoltare le mie osservazioni riguardo ai vari casi. Inoltre si rifiutava di chiamarmi per nome o almeno usando il grado militare che mi era stato assegnato dal Segretario in persona per permettermi di far parte integrante della Divisione Fringe: Tenente.
La situazione divenne ben presto dura e poco sostenibile per tutti, e degenerò quando Astrid, destabilizzata dalla poca collaboratività di Charlie, si chiuse in sé stessa, smettendo di parlare.
Inizialmente Charlie diede la colpa a me per la situazione creatasi. Ovviamente questo non servì a migliorare le cose, così un giorno Olivia prese da parte l'amico per parlargli a quattrocchi.
Non so cosa si siano detti, li vedevo parlare in un angolo tranquillo dell'ufficio, e non mi avvicinai per rispettare la loro privacy. Restai tutto il tempo accanto ad Astrid, che sembrava più tranquilla se io le stavo vicino, ma ogni tanto lanciavo uno sguardo a Olivia e Charlie. Li vedevo discutere animatamente, ma a bassa voce; sapevo che parlavano di me, non ci voleva molto a capirlo. In fondo, io ero l'ultimo arrivato e avevo preso il posto del loro collega morto, e questo a Charlie non era andato a genio. Olivia incrociò il mio sguardo e mi sorrise; Charlie si voltò verso di me, mi squadrò per qualche secondo, quindi sospirò, si voltò nuovamente verso Olivia e annuì. Il sorriso della donna si fece ancora più luminoso, come non l'avevo mai visto .
Non osai avvicinarmi, volevo aspettare che fossero loro a farlo, e non si fecero attendere: Olivia quasi corse da me e mi abbracciò calorosamente, poi Charlie ci raggiunse con calma.
"Okay, Olivia mi ha convinto. Proverò a darti una possibilità." disse. Io sorrisi e gli strinsi la mano, mentre Olivia mi stringeva ancora.
La Rossa ci guardò entrambi per qualche secondo, poi mi stampò un bacio sulla guancia. Credo di essere arrossito, perché sentii il sangue salire verso il volto.
Charlie stava per dire qualcosa, ma venimmo interrotti dall'allarme che ci avvertiva di un Evento Fringe in atto.
Quello fu l'inizio dell'amicizia tra me e Charlie.
Questa amicizia si rafforzò col tempo.
Erano passati più di due anni da quel giorno, io e Charlie eravamo diventati buoni amici, tanto che spesso ero invitato a cena a casa sua, e il Segretario Bishop e la moglie mi trattavano come uno di famiglia.
Era il 27 aprile 2015, il terzo anniversario della chiusura del Ponte e del mio trasferimento in questo Universo.
Il Segretario aveva invitato la squadra a cena a casa sua, approfittando anche del fatto che io, nonostante compissi gli anni il 3 ottobre, festeggiavo anche quella data. Io arrivai in orario, insieme a Olivia, che era venuta in macchina con me, visto che eravamo vicini di casa.
Elizabeth Bishop venne ad aprirci; appena ci riconobbe ci sorrise. Io mi feci avanti e le porsi il mazzo di fiori che avevo portato per l'occasione.
"Lincoln... non dovevi..." disse, prendendo i fiori e salutandomi con un bacio sulla guancia, come ormai faceva ogni volta.
Io le sorrisi e, poggiando delicatamente una mano sulla schiena di Olivia, la feci entrare in casa per prima.
Il Segretario Bishop si avvicinò, ci strinse la mano e mi porse un bicchiere di rarissimo vino rosso del Chianti.
"Come è andata la settimana al lavoro, figliolo?" mi domandò.
"Come sai, brancoliamo ancora nel buio per quei picchi di magnetismo." risposi "secondo i calcoli di Astrid non sono naturali."
"Quindi c'è un colpevole." concluse Walter, sospirando "Quesiti eventi si ripetono da più di due anni. Dobbiamo trovare una soluzione."
Annuii. Stavo per rispondere quando suonarono alla porta; Astrid, Charlie e Mona erano arrivati, e la cena poteva cominciare.
Ci sedemmo a tavola. La signora Bishop aveva cucinato tutto il giorno, sapendo che avrebbe avuto ospiti per cena.
Chiacchierammo animatamente per tutto il tempo; sembrava di essere a una cena di famiglia, in cui i parenti si ritrovano tutti insieme per passare del tempo in compagnia. A fine cena era diventata abitudine per il 27 aprile che io ricevessi dei doni, come al mio compleanno.
Ci eravamo spostati nel cortile sul retro della casa. Mentre sorseggiavo un bicchiere di raro e costoso whisky offerto dal Segretario, la signora Bishop ci raggiunse con, tra le mani, un piccolo pacchetto; me lo porse, io sorrisi e lo aprii, trovando un paio di occhiali nuovi.
"Elizabeth... non dovevate..." protestai debolmente.
"Te ne servivano di nuovi." spiegò la donna "Te li abbiamo fatti fare su misura."
Io annuii e li provai. Mi stavano a pennello; abbracciai la signora Bishop e strinsi la mano al Segretario, mentre Olivia mi porgeva un pacco più grande.
Presi anche quello e lo aprii. Era una giacca in pelle nera, con una linea semplice e pratica, come avevo cominciato a vestirmi di recente.
La indossai per provarla; Olivia mi aggiustò il colletto e mi sistemò un ciuffo di capelli, che cadeva ribelle sulla fronte.
"È perfetta. Grazie, Liv!" la ringraziai, abbracciandola e posandole un bacio sulla guancia. Mentre lo facevo, notai degli sguardi tra gli altri, intorno a noi. Mi allontanai delicatamente, continuando a tenere una mano sulla schiena della Rossa.
Charlie strinse la moglie e mi guardò sorridente.
"Noi non abbiamo portato nulla." esordì "Ma tra qualche mese avremo un figlio, e ci piacerebbe che tu facessi da padrino."
"Aspettate un bambino?" domandò Olivia, incuriosita.
"Si, siamo incinti." rispose Mona, stringendosi al marito.
"Oh, beh... che Charlie sia incinto non è una novità!" scherzò la Rossa.
"Olivia non ha tutti i torti. I tuoi ragni come la prenderanno?" domandai scherzosamente.
Charlie stava per rispondere, quando nei nostri palmari squillò l'allarme Evento Fringe.
Astrid prese il suo e lo controllò.
"Picco magnetico anomalo a Central Park." informò, parlando tutto d'un fiato.
Io e Olivia ci guardammo per qualche secondo, poi lei mi prese le chiavi della macchina dalla tasca dei jeans e andò verso l'uscita.
"Guido io." disse "Andremo più veloci. Charlie, vai pure a casa, per ora bastiamo noi. Signor Segretario, grazie della cena."
Uscì. Io la seguii; rimanemmo in silenzio per tutto il viaggio . Sapevamo già cosa aspettarci: oggetti metallici che si muovevano impazziti all'interno di un perimetro, tubature del gas e dell'acqua che venivano distorte dal campo magnetico, provocando esplosioni e allagamenti, in poche parole una zona di guerra.
Quando arriviamo mi guardai intorno, come al solito, in cerca di qualcosa di strano, o che mi rivelasse qualche nuovo indizio sull'Evento Fringe.
Era notte, ma una piccola folla si era già raccolta attorno al perimetro tracciato dai nostri colleghi, accorsi sul posto poco prima del nostro arrivo. Osservai i volti della folla, in cerca di qualcosa, quando il mio sguardo venne attirato da un ometto basso dall'aria apparentemente anonima. Lo osservai meglio e mi sembrò di averlo già visto prima; basso, tarchiato, con una pettinatura stramba e delle lunghe basette, di certo non passava troppo inosservato. Lo avevo già visto nei pressi degli altri Eventi Fringe simili a questo.
"Olivia, forse abbiamo una testimone... o un colpevole." la informai.
"Va bene. Andiamo." rispose. Ed io le feci strada verso quell'uomo. Si era appena acceso un sigaro e, quando gli fummo vicini, ci guardò con aria indifferente dal basso verso l'alto.
"Salve." salutò.
"Logan, che diavolo ci fai qui?" domandò Olivia, dopo qualche secondo di silenzio.

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Capitolo 4
*** 3 ***


Mi voltai istantaneamente verso Olivia, sorpreso.

"Conosci quest'uomo?" domandai. Lei annuì.

"Cosa sta cercando lo S.H.I.E.L.D. in un evento di nostra competenza?" chiese, senza togliere gli occhi dall'uomo.

"Lo S.H.I.E.L.D. non c'entra. Sono qui per conto di altri." rispose l'altro, ignorandomi.

"Lo S H.I.E.L.D.?" domandai. Avevo già sentito quel nome prima, ma non riuscivo a ricordare dove.

"Strategic Homeland Intervention, Enforcement and Logistic Division." mi rispose la Rossa "È l'equivalente della C.I.A. nell'altro universo."

Cominciavo a capirci di più, ma ancora c'era qualcosa che non mi tornava. Quell'uomo lo avevo già visto prima.

"Senti, Rossa," continuò Logan "noi non vogliamo intralciare le indagini della Divisione Fringe, ma sappiamo chi è stato, e vogliamo fermarlo."

"Sapete chi è stato?" domandai, intromettendomi nella discussione.

Logan mi squadrò, fulminandomi con lo sguardo.

"Tu devi essere il tizio dell'altro universo, vero?" domandò.

"Sì, è lui." tagliò corto Olivia "Ora dicci tutto."

Logan annuì, spense il sigaro e si guardò intorno.

"Non qui." disse "Troppa gente."

Senza dire altro si incamminò verso un vecchio pick-up; noi lo seguimmo in silenzio. Pensai che, se l'equivalente della C.I.A. in questo lato era coinvolta negli Eventi Fringe, allora c'era in ballo qualcosa di grosso.

Ci fermammo davanti al pick-up. Logan infilò la mano nel finestrino e diede una pacca sulla schiena a un grosso cane accucciato sul sedile, il quale si alzò e saltò giù dal veicolo, facendogli le feste.

Guardai meglio l'animale: non era un cane, ma una lupa bianca, zoppicava vistosamente dalla gamba anteriore destra ed era incinta.

"Puoi parlare ora?" domandò Olivia, spazientita. Io restavo in silenzio e continuavo a fissare quell'uomo, cercando di capire dove lo avessi già visto.

Logan fece cenno di attendere ancora e prese il suo palmare, attivando la videochiamata.

"Professore? Ci sono due agenti della Divisione Fringe che vorrebbero conoscere le informazioni che abbiamo sul loro caso." disse, rivolto allo schermo.

"Chi sono?" domandò una voce maschile dal palmare.

"Il Capitano Dunham e il Tenente Lee. Allora che faccio, Chuck?"

"Accompagnali qui. Parleremo con calma." concluse l'altro, chiudendo la videochiamata. Logan alzò gli occhi e guardò Olivia, la quale si allontanò per chiamare la base e ottenere tutti i permessi.

Logan mi fissava, serio, mentre il suo lupo annusava l'aria intorno a lei.

"Quindi tu saresti la nuova ragazza della Rossa?" domandò.

Non risposi alla provocazione e analizzai il pick up, in cerca di altri indizi su chi fosse quell'uomo; Olivia tornò accanto a me quasi subito.

"Ho ottenuto tutti i permessi, possiamo andare. Logan, ti seguiamo." disse, facendomi un cenno.

Tornammo alla macchina e mi misi alla guida; seguimmo il pick up di Logan per circa un'ora, e quando fummo in vista di un'enorme villa con un grosso parco circondato da un robusto muro, rallentammo.

"Mh... deja-vu." dissi, osservando la villa, man mano che ci avvicinavamo.

"Cosa?" domandò Olivia, incuriosita.

"Questo edificio, l'ho già visto nell'altro universo, ma non capisco dove." risposi, parcheggiando di fronte all'ingresso.

Olivia annuì e scese dall'auto. Era l'alba, e non c'era anima viva in giro. Raggiungemmo Logan e attendemmo che finisse di fumarsi il suo sigaro, mentre guardava preoccupato il suo lupo, che era agitato e era agitato e girava attorno a noi, annusando ovunque.

"Che ha?" chiesi, indicandola.

"Sta per partorire." rispose l'altro, sospirando, quindi si abbassò e la fermò "Ora ti porto in infermeria, piccola. La Palla di Pelo si occuperà di te e dei tuoi cuccioli. Starete bene lì."

"Palla di Pelo?" domandai, mentre il portone d'ingresso si apriva e una giovane donna con la pelle scura e i capelli bianchi veniva ad accoglierci.

"Oh, buongiorno! Vi stavamo aspettando. Entrate pure." disse la donna.

La fissai a bocca aperta, mentre seguivo Olivia e l'albina: stavo cominciando a collegare gli indizi, ma non poteva essere che... era impossibile...

Camminammo in silenzio lungo i corridoi deserti dell'edificio che, apparentemente, sembrava essere adibito a collegio, e mano a mano i miei sospetti si fecero sempre più fondati, ma non osai parlare per non essere preso per pazzo.

Incrociammo nuovamente Logan davanti a una massiccia porta in legno; doveva essere l'ufficio del loro capo e, se i miei sospetti erano fondati, sapevo già chi poteva essere.

Logan bussò, attese qualche secondo, quindi aprì la porta e ci fece entrare.

L'ufficio era elegante e ordinato, una grossa scrivania in legno era posta davanti all'ampia finestra. Di fronte ad essa c'era un uomo calvo su una sedia a rotelle elettrica.

Si mosse verso di noi per stringerci la mano.

"Benvenuti agenti." ci salutò "Io sono il Professor Charles Xavier, e questi sono..."

"Logan e Ororo Munroe" lo interruppi "Alias Woverine e Tempesta. Gli X-Men. Sì, so chi sono."

Olivia si voltò verso di me, sorpresa.

"Li conosci? Come? Li hai conosciuti dall'altra parte?" domandò.

"Più o meno." risposi, guardandola negli occhi.

La Rossa mi fissò per qualche secondo; sapevo cosa stesse pensando: lei conosceva solo Logan, e neanche tanto bene, io sembravo conoscerli tutti, o almeno conoscevo le loro versioni alternative. Stava valutando se lasciarmi il comando dell'operazione o meno; alla fine sospirò e annuì.

Era quello che stavo aspettando; le sfiorai la mano con la mia e tornai a rivolgermi al Professore.

"Okay, ora che le presentazioni sono state fatte," esordii "diteci cosa sapete degli Eventi Fringe."

Il Professore sorrise e si avviò verso la porta.

"Certo, ma lo faremo davanti a una tazza di tè. È quasi ora di colazione."

Io annuii e, insieme, lo seguimmo lungo i corridoi dell'edificio, che cominciava ad essere popolato: bambini e ragazzi di ogni età camminavano in varie direzioni, chiacchierando animatamente tra loro; ebbi un'ulteriore conferma dei miei sospetti quando un uomo più o meno della mia stessa età ci superò salutando il Professore: aveva due enormi ali da angelo; mi voltai verso Olivia e la vidi confusa.

Continuando a camminare le afferrai delicatamente la mano per tranquillizzarla. Lei la strinse e non la mollò.

Entrammo in quella che doveva essere la mensa della scuola, che cominciava ad essere affollata.

Stavamo per sederci a uno dei tavoli quando sentimmo un'esplosione all'interno della sala; mi buttai istintivamente su Olivia per proteggerla.

"Scusate, colpa mia" si scusò un uomo dall'accento francese.

"Remy Lebeau..." sospirai, tirandomi su e aiutando Olivia.

Subito non ci feci caso, ma poi notai la sorpresa nei suoi occhi.

"Lincoln, guardati!" esclamò.

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Capitolo 5
*** 4 ***


La fissai per qualche secondo. Perché dovevo guardarmi? Non capivo. Alla fine mi decisi e mi guardai la mano, e rimasi sorpreso.

La pelle era color metallo, grigia e lucida, e anche una parte della manica della giacca aveva lo stesso colore, anche se stava lentamente tornando alla normalità.

"Ma che diavolo..." esclamai "Non è possibile..."

"È possibile, invece, amico." rispose Logan, che si era avvicinato con aria divertita.

"No, tu non capisci." protestai "Non è possibile che io sia un mutante perché dall'altra parte i mutanti non esistono: io vi conosco perché voi tutti siete fumetti."

Ci fu un improvviso silenzio. Mi guardai la mano: era tornata normale, non c'era più traccia del metallo sulla mia pelle.

Mi rivolsi nuovamente al Professore, mantenendo la calma.

"Picchi magnetici ed oggetti metallici impazziti. Mi faccia indovinare: Magneto." dissi, serio.

"Proprio così, Tenente." rispose l'uomo "Ma prima di poterlo affrontare, tu devi imparare a gestire le tue capacità." concluse, indicando le posate sul tavolo vicino a me, che vibravano impazzite.

Feci un respiro profondo e le posate smisero di vibrare; mi voltai verso Olivia, che attendeva spiegazioni e le consegnai le chiavi della macchina.

"Torna alla base e avverti gli altri che il responsabile è un pericoloso mutante con il potere di controllare i metalli. Il suo nome è Erik Lencherr, ma si fa chiamare Magneto." ordinai "Potrebbe non essere solo, state attenti."

"Dovresti venire anche tu." protestò la Rossa.

"Non posso. Al momento sono pericoloso. Qui posso comunque lavorare; tu non hai idea delle tecnologie di cui dispongono gli X-Men. Possiamo tenerci in contatto." conclusi. Olivia annuì e la accompagnai alla macchina.

Aspettai che si fosse allacciata la cintura e le chiusi la portiera, quindi le diedi una pacca affettuosa sulla spalla e mi allontanai di qualche passo.

Olivia partì; io mi voltai verso Logan, che mi aveva raggiunto e guardava l'auto della Rossa.

"Non fa per te, amico!" esclamai, scherzosamente "Conosco la tua passione per le rosse, ma tu non sei il suo tipo."

"Mh... vedremo." borbottò "Vieni con me, Hank vuole farti degli esami prima di cominciare."

Annuii e lo seguii lungo i corridoi della scuola. Era una situazione strana: fino a qualche ora prima pensavo che gli X-Men fossero solo un gruppo di eroi dei fumetti, ed ora mi ritrovavo a camminare accanto a uno di loro, nella loro scuola-base. La vita a volte ci riserva delle strane sorprese.

Scendemmo nel sotterraneo e passammo una porta in legno uguale a tutte le altre. L'arredamento cambiò, come il colore dei muri del corridoio in cui eravamo entrati; ora ricordava più uno dei locali della Divisione Fringe che quelli di una scuola.

"Ecco, questo è più simile ai film che ai fumetti." commentai, sorridendo.

"I film?" chiese Logan, incuriosito.

"Dall'altra parte hanno fatto una trilogia sui fumetti, un paio di spin-off e un reboot, forse anche il seguito di quest'ultimo." spiegai "Sono riuscito a vedere solo alcuni di essi, perché gli altri sono usciti dopo che mi sono trasferito. Ah, lo spin-off era su di te."

Logan mi guardò incuriosito, ma non disse altro, aprì la porta dell'infermeria e vi entrò.

Io lo seguii guardandomi intorno; la stanza era molto semplice: un paio di brandine, scaffali alle pareti e una scrivania alla quale era seduto un uomo peloso e blu, Hank McCoy, la Bestia.

"Allora, Palla di Pelo, come sta andando?" domandò Wolverine, camminando verso una piccola tenda montata nell'angolo più in penombra dell'infermeria, che non avevo notato in un primo momento.

"Stanno bene tutti quanti, Logan. Ora stanno riposando." rispose Hank. Logan annuì e si inginocchiò vicino all'entrata della tenda.

Mi avvicinai anch'io, mentre Wolverine infilava la mano nella tenda e dava una pacca leggera al suo lupo, che stava allattando tre dei suoi cuccioli, mentre il quarto sonnecchiava vicino al muso della madre.

Mi abbassai per guardarli meglio; Logan diede un'altra pacca alla madre e si spostò, lasciandomi la visuale libera.

"Due maschi e due femmine." spiegò "Sembrano in salute."

"Cosa farai quando cresceranno?" domandai.

"Non lo so, devo trovare loro una sistemazione al più presto." sospirò Logan, fissando uno dei cuccioli, l'unico che non stava mangiando e che annusava l'aria con fare curioso. La madre era vicina, ma il cucciolo, una delle due femmine, nonostante avesse non più di un'ora, gli occhi chiusi e fosse completamente indifesa, sembrava più interessata agli stimoli che provenivano dall'esterno che alle attenzioni della madre.

La piccola, continuando ad annusare l'aria, si avventurò fuori dalla tenda, trascinandosi con le ancora deboli zampine. La madre non la perdeva d'occhio, ma la lasciava libera, rassicurata dalla presenza di Logan; la piccola si fermò tra noi due e annusò nuovamente l'aria, poi venne verso di me. Io guardai la madre, pronto a scattare indietro nel caso il cucciolo mi avesse toccato e lei mi avesse aggredito: le madri sanno essere molto aggressive se il loro cucciolo viene sfiorato da un estraneo.

La piccola si fermò vicino alla mia mano, poggiata a terra, e posò la testa sulle dita; io guardai Logan, indeciso su cosa fare.

"Tranquillo, finché ci sono io nei paraggi non ti farà niente!" mi rassicurò "Sembra che tu abbia un'ammiratrice, ragazzo: alla piccola piace il tuo odore."

Io guardai la piccola, indeciso, quindi mossi delicatamente la mano. Il cucciolo protestò debolmente, ma si tranquillizzò quando rimisi la mano sotto di lei per prenderla in braccio.

Era molto piccola e fragile, eppure, per qualche strana ragione, appena sentito il mio odore aveva deciro di avventurarsi fuori dal rifugio sicuro dove era nata un'ora prima e di raggiungermi.

"Stanno istituendo delle nuove riserve naturali." dissi "Una delle più grandi si trova dove una volta c'era il Vortice di Yellowstone. Dall'altra parte è uno dei parchi più importanti al mondo. Il Segretario alle Politiche Ambientali, John Fritzgerald Kennedy, è molto amico del Segretario della Difesa, e io sono in buoni rapporti con il Segretario Bishop. Posso chiedere di organizzare un reinserimento in natura non appena saranno abbastanza grandi."

Logan annuì e Hank si schiarì la voce dietro di noi. Ci voltammo entrambi: aveva tra le mani alcune provette e una siringa per prelievi.

"Ah, giusto, le analisi." dissi, restituendo il cucciolo alla madre e andando a sistemarmi su una delle brande.

Sospirai e mi guardai intorno. Sapevo che la mia vita era cambiata, tre anni prima, ma non pensavo che i cambiamenti sarebbero continuati così drasticamente, rivelandomi di essere un mutante, quando nel mondo in cui ero nato i mutanti esistevano solo nei fumetti.

I miei pensieri vennero interrotti dalla porta che si apriva. Un uomo entrò, scusandosi per il ritardo; io lo fissai stupito.

"Nick Lane? Che ci fai qui?" domandai.

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Capitolo 6
*** 5 ***


Nick mi fissò, sorpreso di vedere me quanto io lo ero di vedere lui.
Si avvicinò e mi strinse la mano.
"Ehi, Linc! Che ci fai qui?" mi domandò.
"Stavo per farti la stessa domanda..." gli risposi, mentre Hank mi cercava la vena nel braccio per il prelievo.
"Vi conoscete?" domandò Logan, allontanandosi dal rifugio del suo lupo.
"Sì, lui ci ha aiutato nell'ultima indagine congiunta prima della chiusura del ponte." spiegai, poi tornai a parlare con Nick "Allora? Che ci fai qui?"
"Oh, beh... poco tempo dopo avervi aiutato con quel caso ho scoperto di avere delle abilità speciali: trasmettevo il mio stato d'animo sulle persone vicine a me." raccontò "Il Professore, poi, è venuto a trovarmi e mi ha fatto venire qui per aiutarmi a padroneggiare la mutazione."
Io annuii, pensando alla situazione in cui mi trovavo.
"Comunque è davvero strano... io provengo da un mondo in cui i mutanti non esistono, eppure sambra che io sia un mutante..." commentai.
"Ma ricordo male, oppure mi avevate detto che il mio doppio e quella bionda avevano capacità paragonabili a quelle dei mutanti?" domandò Nick.
"Sì, ma erano dovute alle sperimentazioni con il Cortexiphan!" protestai "Io, per quanto ne so, non sono mai entrato nella sperimentazione..."
"Farò anche una ricerca di sostanze chimiche nel sangue, allora." disse Hank, finendo di prelevarmi i campioni di sangue "Ma ci vorrà tempo."
Annuii e scesi dalla brandina, non appena Hank ebbe finito i prelievi. Salutai Nick e seguii Logan fuori dall'infermeria.
Mi portò nuovamente nell'ufficio del Professore, il quale ci aspettava vicino a un tavolino con una scacchiera. Mi avvicinai e il Professore mi fece cenno di sedermi di fronte a lui, dall'altra parte del tavolino; ubbidii, mentre Logan si sistemava vicino alla scrivania.
"Dimmi qualcosa di te, Tenente Lee." disse Xavier, muovendo uno dei suoi pedoni bianchi.
"Non c'è molto da dire, Professore." risposi, muovendo un pedone nero "E comunque credo che lei possa aver già visto qualcosa, qui dentro." mi toccai la tempia, in attesa di una sua risposta.
"Oh, beh..." disse "Sembra che tu possieda una sorta di scudo mentale che ti protegge dalla telepatia."
Annuii e mossi un altro pezzo degli scacchi, quindi gli raccontai la mia vita prima di trasferirmi in questo universo. Il Professore ascoltò in silenzio, continuando la partita a scacchi con me, mantre Logan ci osservava dalla sua postazione, immobile.
Quando terminai, bussarono alla porta; quasi subito questa si aprì e Tempesta entrò, portando dei documenti. Li posò sulla scrivania del Professore, quindi si sistemò accanto a Logan. Lui le passò un braccio attorno ai fianchi e la guardò, sorridendole, poi le posò un bacio sulle labbra.
Li fissai sorpreso. Sapevo tutto, o quasi, su di loro, ma questa non me l'aspettavo.
"Voi... voi due state insieme?" domandai.
"Sì." rispose Ororo "Non è così anche nei fumetti dell'altro lato?"
"In realtà no." risposi "Negli ultimi fumetti che ho letto tu eri sposata, ma non con Logan."
Il Professore ascoltò interessato, quindi si allontanò dalla scacchiera e parlò con la coppia.
"Accompagnate il Tenente alla sua stanza, poi avvertite Colosso. Sarà lui ad addestrarlo e testare i suoi poteri ." ordinò.
Tempesta annuì e mi fece cenno di seguirla.
I giorni seguenti subii un addestramento intensivo da parte degli X-Men, e dopo più di un mese gestivo già in modo accettabile le mie abilità mutanti.
Erano i primi giorni di giugno, i giorni precedenti avevo ricevuto dei rapporti periodici da Olivia riguardo il caso delle anomalie magnetiche, ma ancora non erano riusciti a trovare Magneto.
Quella avevo l'addestramento con Logan, il che significava passare dalle due alle tre ore nella Stanza del Pericolo, che simulava un ambiente, generalmente ostile, e battermi contro Logan, affrontando anche i pericoli che l'ambiente olografico rendeva molto reali, dopodiché passare altrettanto tempo in infermeria a controllare i lividi e le eventuali ferite.
Eravamo nella Stanza del Pericolo da un'ora e già grondavo di sudore, per via dell'ambiente olografico creato dal simulatore olografico, quando Tempesta ci interruppe, parlandoci dalla sala controllo.
"Ragazzi, interrompete l'allenamento." disse "abbiamo ospiti!"
Logan annuì e chiuse il programma, ed io andai a recuperare la mia t-shirt, buttata in un angolo a inizio allenamento,quindi uscii dietro Wolverine, asciugandomi il sudore.
Nel corridoio incrociammo Ororo, che scortava altre tre persone: Olivia, Charlie e Astrid, la mia squadra alla Divisione Fringe.
"Oh, ciao... come mai siete qui?" domandai, mentre Olivia mi abbracciava, ignorando il fatto che fossi ancora a torso nudo e sudato fradicio. La lasciai fare e strinsi la mano che mi porgeva Charlie, per salutarlo.
"Ehi, Linc! Come te la passi?" domandò l'uomo, mentre facevo strada verso l'infermeria "Ti sei fatto di steroidi per caso?" continuò, indicando il mio braccio, che si era irrobustito nell'ultimo mese.
Io sorrisi senza rispondere ed entrammo nell'infermeria . Dentro il locale era tutto in ordine, come al solito un angolo era predisposto a tana per la lupa di Logan e per i suoi cuccioli; lei stava mangiando da una ciotola, mentre Ororo le carezzava il pelo e Logan teneva d'occhio i cuccioli, tre dei quali lottavano giocosamente tra loro.
Appena feci il mio ingresso nel locale, uno di loro smise di giocare e corse da me, si trattava della femmina che si era legata a me fin dal primo giorno. La presi in braccio e mi sedetti sul lettino, mentre Nick eseguiva gli ordini del Dottor McCoy e preparava gli strumenti per i contrilli di routine.
La piccola era cresciuta molto in quel mese, ed era un piccolo uragano, non stava mai ferma e si lamentava se non le prestavo attenzione quando mi trovavo in infermeria.
Notai subito che Astrid, che fino a quel momento era rimasta in silenzio dietro Charlie, con i pugni chiusi, la schiena rigida e lo sguardo basso, venne attratta dai cuccioli giocosi, e li fissava incuriosita. Scambiai uno sguardo con Olivia, poi con Logan; entrambi avevano notato il repentino cambiamento nella ragazza.
"Ehi, Astrid!" la chiamai "vieni qui."
Astrid mi fissò, indecisa, così le sorrisi, mentre lasciavo che la cucciola mi mordesse giocosamente le mani. La giovane fece qualche passo verso di me, senza togliere gli occhi dalla piccola creatura che avevo tra le mani.
"I lupi vivono nelle foreste." disse, tutto d'un fiato "A causa del decadimento del nostro universo sono quasi estinti. Ne rimangono solo poche centinaia di esemplari, quasi tutti in Europa..."
"Oh, beh... qualcuno c'è anche nei Territori di Nord Ovest, in Canada." la interruppe Logan, avvicinandosi con in braccio uno degli altri cuccioli "la loro madre l'ho trovata da quelle parti, era finita con la zampa in una tagliola, mentre il compagno era appena morto per un boccone avvelenato messo lì da un bracconiere. Lei sono riuscito a salvarla, ma non potrò restituitle la libertà a causa del suo handicap, non sopravvivrebbe con la zampa in quelle condizioni."
Astrid annuì, fissando il cucciolo; Logan glielo passò, mettendoglielo delicatamente in braccio. La ragazza sorrise e andò a sedersi in un angolo, coccolando il piccolo.
Io sorrisi, infilandomi una felpa della scuola, mentre la cucciola giocava con Olivia; quindi mi rivolsi ai miei due colleghi.
"Ok, ditemi tutto. Notizie di Magneto?" domandai.
"Sì, ma non buone." rispose Charlie "C'è stato un altro attentato, ma le conseguenze sono stati peggiori rispetto ai precedenti: abbiamo dovuto ambrare la zona."
Annuii. Per quanto ne sapevo, l'ultima volta che avevano dovuto usare l'ambra per arginare un Evento Fringe, io neanche sospettavo dell'esistenza di questo universo, quindi se avevano dovuto ambrare quel posto la situazione era davvero grave.
"Dove c'è stato l'attentato?" chiesi.
"A New York." rispose prontamente Charlie "L'Opera House."
Scattai in piedi "Come hai detto?"
"L'Opera House," ripetè l'altro "perché?"
"Perché la prima volta che Lincoln è passato da questo lato, insieme a Peter Bishop, è passato da quel punto." rispose la Rossa, anticipandomi. Io annuii, continuando la spiegazione.
"È uno dei punti deboli che separa gli universi. Non mi stupirei se anche Peter e gli altri abbiano registrato qualche anomalia, dalla loro parte."
Rimasi in silenzio, pensieroso, ma venni distratto da Olivia, accanto a me, che poggiava la testa sulla mia spalla. Mi girai verso di lei per guardarla, e la vidi impallidire.
"Stai bene, Liv?" le chiesi, preoccupato.
"Sì, è solo un po' di mal di testa." rispose, portandosi una mano sulla tempia.
"Di nuovo?" si intromise Charlie. Lo guardai interrogativo, e lui si affrettò a spiegare "È da quando ti sei trasferito qui che ha continui mal di testa."
Guardai nuovamente Olivia, mentre Nick si avvicinava con una pillola per il mal di testa e un bicchiere d'acqua.
Sfiorai la fronte della rossa; era bollente. I miei occhi si spostavano di nuovo su Nick, ed ebbi una folgorazione.
Presi in braccio Olivia proprio nell'istante in cui lei perse i sensi e corsi fuori.
"Ehi! Che succede? Dove stai andando?" chiese Logan, venendomi dietro.
"Alla Stanza del Pericolo. È il posto più sicuro per lei, al momento. Attiverò uno dei programmi, ma nessuno deve entrare finché il posto non sarà sicuro!" ordinai, poi entrai nella stanza del pericolo con Olivia tra le braccia e bloccai la porta.

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Capitolo 7
*** 6 ***


Continuando a tenere Olivia tra le braccia, attivai uno dei programmi. Vidi apparire prima alcuni alberi vicini, poi sentii l'erba sotto i piedi e vidi delle colline in lontananza.
Mi sedetti su una roccia, senza mollare Olivia, e la guardai, sfiorandole la fronte calda con la mano.
"Liv, ascoltami... devi concentrarti." dissi.
Olivia aprì gli occhi, io le sorrisi e continuai a parlarle, calmo.
"Guardati intorno e trova un obiettivo, poi concentrati. Io resto qui, non sarai sola"
La Rossa si aggrappò alla mia felpa, tirandosi su, poi si guardò intorno. Si focalizzò su un albero poco lontano e lo fissò, concentrata, mentre io le afferravo la mano, per farle forza.
Improvvisamente l'albero esplose. Istintivamente, con un movimento veloce, mi girai di spalle, riparando Olivia dall'esplosione grazie alla mia pelle, diventata subito metallica, che avevo scoperto essere molto resistente.
Quando l'onda d'urto cessò, mi allontanai delicatamente da lei, che ancora si teneva saldamente alla mia felpa.
"Okay. È finito tutto." la rassicurai, sfiorandole la fronte "Stai tranquilla, è andato tutto bene."
Olivia si tirò su, cercando di contrastare il tremore da panico che l'aveva colpita.
"Qual... qualcuno ha visto cosa è successo?" domandò, cercando di controllare la respirazione.
"No, nessuno, tranquilla." la rassicurai ancora.
"Per favore, non dirlo a nessuno, ma... a me non piace il fuoco..." mi implorò.
"Ho visto. Ti sei irrigidita non appena hai percepito l'esplosione, anche se l'hai provocata tu." risposi "Stai tranquilla, il tuo segreto è al sicuro con me."
Sorrise, distogliendo lo sguardo, mentre io chiudevo il programma e aprivo la porta, accompgnandola nuovamente nel corridoio.
"Lui non sapeva mantenere i segreti." confessò.
Sospirai, stringendola per le spalle; sapevo a chi si riferiva: l'altro Lincoln, morto tre anni prima.
Non dissi nulla, non c'era nulla da dire: la morte del suo migliore amico era, dopo tre anni, ancora una ferita aperta nel cuore di Olivia.
Raggiungemmo Logan, che ci aspettava poco distante, affiancato da uno dei cuccioli del suo lupo.
"È corsa dietro di voi non appena siete usciti." si scusò l'uomo, indicando la lupacchiotta, la quale mi corse incontro guaendo felice e preoccupata allo stesso tempo.
mi abbassai e la presi in braccio; la cucciola si calmò immediatamente, mentre io le grattavo la schiena.
"Ehi, tranquilla, non vado da nessuna parte!" le dissi, poi mi rivolsi a Logan "Olivia deve rimanere alla scuola con noi."
"Lo immaginavo." commentò Wolverine "Come lo hai capito?"
"Nick Lane. Nell'altro universo era un cortexikid, esattamente come lo era l'altra Olivia. E lei, prima che le sue abilità emergessero, aveva continui mal di testa."
Logan annuì e raggiungemmo nuovamente gli altri. Astrid non aveva ancora lasciato il cucciolo, che sonnecchiava placidamente in braccio a lei, e Charlie ci osservava preoccupato.
"Charlie, Olivia deve restare qui per un po'." lo informai "Ma ci faremo sentire appena possibile. Tu continua le ricerche e facci sapere, per favore."
Charlie annuì e guardò Astrid, eloquente. Mi avvicinai e, con la mano libera, le presi delicatamente il cucciolo dalle braccia.
"Potrai tornare a trovarlo quando vuoi." la rassicurai "Ora tornate a casa."
La giovane annuì e seguì Charlie verso l'uscita, mentre io lasciavo a Logan il cucciolo tenuto fino a poco prima da Astrid e portavo Olivia dal Professore.
La Rossa era stremata, la feci sedere su una delle sedie dell'ufficio e attesi che Xavier parlasse.
Il Professore si avvicinò e guardò Olivia, sorridendole.
"Agente Dunham..." la salutò "Permetti?"
Olivia annuì e l'uomo le posò le mani sulle tempie, chiudendo gli occhi.
"Mh... interessante!" esclamò "Telepatia... sento i flussi di pensiero in entrambe le direzioni." commentò l'uomo "E da quello che è successo nella Stanza del Pericolo, direi che sei anche una telecineta molecolare. Potresti fare grandi cose, ragazza. Hai solo bisogno di allenamento. Te ne occupi tu, Lincoln? Credi di esserne in grado?"
"Ci posso provare, con un po' di aiuto." confermai.
"Avrai tutto l'aiuto che ti serve, Tenente. Se vuoi, Olivia può occupare la stanza libera dell'appartamento che ti abbiamo assegnato qui." suggerì Xavier. Olivia annuì e il Professore ci congedò, quindi uscimmo dall'ufficio e io portai la Rossa nella sua nuova camera.
Olivia si guardò intorno e si sedette sul letto. La osservai dalla porta, non volevo invadere i suoi spazi; era spaesata, solo un'altra volta l'avevo vista così: tre anni prima, subito dopo la morte del suo partner.
Mi fece cenno di sedermi accanto a lei, e io ubbidii, adagiando il cucciolo che era ancora con me sulle mie cosce; Olivia la guardò e sorrise.
"Hai proprio fatto colpo su di lei: preferisce stare con te che con sua madre." affermò.
"Pare proprio di sì. Mi ha preso in simpatia." dissi, pettinando il pelo della piccola con le dita.
"Lui aveva un cane, sai?" disse, dando un buffetto al cucciolo.
"Ho visto le foto. Non credo di essere il tipo da quel tipo di cani. Mi sono sempre piaciuti i cani di taglia medio-grande, come i pastori tedeschi, o gli husky..."
"...O i lupi..." completò Olivia, sorridendo.
"Secondo te dovrei adottarla?" domandai.
"In un certo senso già lo hai fatto. Come ho già detto, sembra voler stare più con te che con la madre." confermò.
"Mh... hai ragione. Devo solo darle un nome." tirai su, delicatamente, la piccola creatura, tenendola per le spalle, e la guardai negli occhi "Tu hai qualche suggerimento, piccola?"
In tutta risposta, la piccola scodinzolò e mi leccò la faccia con aria felice. Olivia rise, togliendomi gli occhiali, per pulirmeli.
"È solare e allegra. Un raggio di sole. Che ne pensi di chiamarla Rainbow?" suggerì.
"Rainbow? Direi che è perfetto!" esclamai, mettendo a terra la cucciola.
Olivia annuì e mi restituì gli occhiali. Io li presi e me li misi in tasca; la Rossa mi guardò, sorpresa.
"Li porto solo per abitudine, ormai." spiegai "Da quando sono emersi i poteri la mia vista è migliorata notevolmente."
Olivia annuì, ma la vidi vacillare; era stanca, quindi decisi di lasciarla riposare per un po'.
"È meglio se riposi, devi recuperare le energie." dissi, alzandomi e aiutandola a stendersi. Lei mi lasciò fare e io le rimboccai le coperte e le baciai la fronte, prima di uscire.
Mentre camminavo nel corridoio, con Rainbow accanto, pensai agli avvenimenti della giornata: Olivia aveva mostrato delle abilità mutanti, qualcosa di molto potente e particolarmente distruttivo. Ma quello che mi aveva fatto spaventare di più era stato il momento in cui aveva perso i sensi.
In quei pochi secondi ho avuto seriamente paura di perderla. Di perdere anche lei, dopo che avevo perso l'altra Olivia, tre anni prima, a causa del ritorno di Peter dalla vecchia linea temporale.
Ero attratto da quell'Olivia, avevamo molte cose in comune, ma lei, alla fine, non ricambiava. Era stato anche a causa di ciò che ho cominciato a collaborare con questo universo, e a scoprire che mi trovavo molto più a mio agio qui che in quello dove ero nato; stavo trovando il centro del mio labirinto, un posto da chiamare casa.
Le mie radici si erano cominciate a formare, e cominciai anche a provare dell'affetto per quelli che dall'altro lato venivano chiamati Alter. Quando venne presa la decisione di chiudere il Ponte ero ormai certo che, rimanendo qui, non avrei mai più rischiato di volare via.
Mi ero affezionato subito a tutti, persino ad Astrid, che era per tutti molto difficile da gestire per via delle sue capacità personali, e al burbero Segretario Bishop, che mi accolse nella sua famiglia come un figlio, quel figlio che aveva conosciuto poco e che era rimasto nell'altro universo per amore.
Ma il legame creatosi con Olivia era andato rafforzandosi giorno per giorno. Lavorando fianco a fianco e vivendo in appartamenti vicini, imparavamo a conoscerci; dopo tre anni a così stretto contatto ci bastava uno sguardo o un tocco per capirci al volo, e nessuno dei due, negli ultimi tempi, si faceva problemi ad abbracciare o stampare un bacio sulla guancia dell'altro in pubblico.
Eravamo diventati inseparabili.
Qualcosa si era fatto strada nel mio cuore, ma non me ne ero mai accorto; mi tornarono in mente gli sguardi che ci lanciavano colleghi e amici quando ci vedevano abbracciati in diverse occasioni, e finalmente capii la natura di quello che mi stava succedendo dentro, cosa che loro avevano capito da tempo: mi ero innamorato di Olivia.
Sospirai, tornando nell'infermeria e lasciando Rainbow alle cure della madre. Avrei chiesto in un secondo momento a Logan di affidarmi quel cucciolo in modo permanente, ed ero sicuro che non mi avrebbe detto di no.
I giorni seguenti mi dedicai principalmente all'addestramento di Olivia, e il tempo restante lo passavo affiancando le lezioni dei vari insegnanti della scuola.
Era passato circa un mese dall'arrivo di Olivia.
Avevamo ricevuto altri rapporti, sempre più preoccupanti, delle attività di Magneto, ma finché non ne sapevamo di più non potevamo fare molto, se non mettere in sicurezza le zone colpite.
Ero seduto sulla poltrona del salotto dell'appartamento che dividevo con Olivia, sfogliando svogliatamente la posta arrivata sul mio tablet; la Rossa uscì dalla sua stanza e si avvicinò, sistemandosi sul bracciolo della poltrona e guardando lo schermo del mio tablet.
"Cosa c'è? Qualcosa non va?" domandò, individuando subito il mio stato d'animo.
"Nulla, è solo che... là fuori ancora tutti credono che io sia lui, e ancora non ci sono abituato, anche se sono passati più di tre anni." spiegai, quindi le mostrai la mail che mi era arrivata "La scuola superiore dove lui si è diplomato ha organizzato una festa per gli ex allievi. Mi ha mandato l'invito."
La Rossa lesse la mail con attenzione, poi mi restituì l'apparecchio.
"Potresti andarci. Non ti farebbe male staccare un po'." suggerì "Siamo tutti sotto stress a causa della storia di Magneto, per cui, secondo me, faresti bene a presentarti a quella festa, anche se la lettera non era indirizzata a te, ma al tuo alter."
La fissai pensieroso; aveva ragione, dovevamo svagarci in qualche modo. Sospirai, passandole una mano tra i capelli.
"Va bene, tanto è fra circa un mese. Ci andrò, ma a condizione che tu venga con me. Lo sai che non sono ancora del tutto pratico delle usanze di qui, non vorrei fare delle brutte figure."
Olivia sorrise, alzandosi in piedi.
"D'accordo, verrò anche io." acconsentì "Ora che dici se andiamo a vedere cosa stanno combinando gli altri in cortile? È da due ore che Ororo sta facendo piovere a intermittenza."
Annuii e mi alzai dalla poltrona, poi misi via il tablet e andai nel cortile insieme a Olivia.
Ci fermammo sotto il gazebo di pietra al centro del cortile, per ripararci dalla pioggia, e fissammo il gruppo composto da Logan, Ororo, Hank e il Professore, che ci davano le spalle e fissavano un punto nel cielo, dove Tempesta stava facendo delle prove di qualche tipo, usando il suo potere.
Guardammo anche noi nella stessa direzione; Olivia era immobile, accanto a me, con le braccia lungo i fianchi. Le lanciai un rapido sguardo, mentre Rainbow mi raggiungeva di corsa e si accucciava accanto a me, poi guardai anche io il cielo.
La pioggia cessò, e le nubi si diradarono, lasciando passare un raggio di sole.
Ma accadde un fatto insolito; la luce che filtrava attraverso le nuvole si scompose nelle sue componenti, creando un arcobaleno vivido e brillante.
Sentii il gruppo esultare, il Professore e Hank strinsero la mano Tempesta, e Logan la baciò: dopo più di un decennio erano finalmente riusciti a ricreare le condizioni atmosferiche per avere un arcobaleno, che mancava dai cieli di questo mondo da tutto quel tempo.
Mi girai verso Olivia. Fissava l'arcobaleno, sorridendo; il suo sguardo era luminoso, come se un desiderio che aveva espresso da tempo si fosse appena avverato.
"Continua a guardare in alto..." sussurrò "Continua a guardare in alto, dopo che ha smesso di piovere."
"Cosa?" domandai, incuriosito dalla sua strana affermazione. Si voltò verso di me, ancora sorridente, e mi spiegò.
"Poco prima che chiudessimo il Ponte, tre anni fa, ho confidato a Olivia che mi piaceva l'altro universo, dopo che aveva smesso di piovere, perché il fenomeno dell'arcobaleno, che lì è normale, qui era ormai impossibile da vedere. Sai, per me quel semplice fenomeno fisico rappresentava una speranza..." sospirò, riportando alla mente quei ricordi "Poi quando Peter ha spento la macchina e ci siamo salutate lì a Liberty Island, lei mi ha detto quella frase."
Annuii, pensieroso. Un'idea si stava facendo strada nella mia mente: i punti deboli, la Macchina, il Ponte, l'altro Universo. Feci ordine nei miei pensieri e, finalmente capii.
Sorrisi, abbracciando la Rossa. La sollevai anche di qualche centimetro.
"Sei un genio, Rossa!" esclamai.
Preso dalla foga del momento, tenendola sempre sollevata, approfittai della vicinanza dei nostri volti e la baciai.
Fu un bacio intenso, e lungo. Olivia ricambiò immediatamente, senza opporre resistenza.
Mi staccai quasi di malavoglia, continuando a sorridere, ma allo stesso tempo arrossii leggermente. Distolsi lo sguardo e vidi il resto del gruppo che stava tornando dentro l'edificio.
Prendendo per mano Olivia e con Rainbow sempre appresso, li raggiunsi di corsa.
"Ho un'idea, ma ci sarà bisogno di molto lavoro!" dissi.
"Dicci tutto, Lincoln." mi incoraggiò il Professore.
"Dobbiamo rimontare la macchina e aprire nuovamente il Ponte." spiegai.
"Ma c'è bisogno che anche la loro Macchina sia montata, possibilmente nello stesso posto dove verrà montata questa." obiettò la Rossa.
"Per questo dobbiamo metterci al lavoro. Dovremo passare dall'altro lato e avvertire la loro Divisione Fringe." continuai, quindi mi rivolsi al Professore "Quando ero dall'altro lato ho studiato minuziosamente le carte riguardanti il primo marchingegno usato dal Dottor Bishop per prelevare Peter da qui. C'è qualcuno, qui dentro, che può rielaborare tutto e creare qualcosa di più piccolo?"
"Sì, certo, non c'è problema." confermò Xavier.
"Aspetta, Linc." mi fermò Olivia "L'altra Olivia è in grado di passare negli universi senza l'uso di macchinari..."
"Ci ho pensato." la rassicurai "Ma tu non padroneggi ancora bene le tue abilità, è più sicuro usare un macchinario..."
Olivia sospirò e annuì: era perfettamente conscia del limite delle sue abilità.
Senza dire altro, rientrammo tutti insieme e cominciammo ad elaborare un piano.

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Capitolo 8
*** 7 ***


Era passato qualche giorno dall'inizio dei preparativi.
Insieme a Hank e un gruppo di ingegneri che vivevano alla scuola mi ero messo al lavoro sul nuovo macchinario per passare dall'altro lato. Inoltre avevo avvertito il Segretario Bishop e la Divisione Fringe, chiedendo di trovare un posto sicuro e facilmente accessibile per ricostruire la Macchina, una volta presi accordi con l'altra Divisione Fringe.
Quella mattina avevo appena finito di allenarmi insieme a Logan, quando Olivia e Tempesta si avvicinarono a noi. Quest'ultima teneva un vecchio libro in mano, e la cosa mi incuriosì parecchio, in quanto i libri, da questo lato, non venivano più usati da almeno una decina d'anni. L'albina sorrise e me lo mise tra le mani; si trattava di un vecchio annuario della fine degli anni Settanta.
"È un vecchio annuario della scuola. C'è qualcosa che potrebbe interessarti." spiegò.
Annuii e sfogliai le pagine sbiadite del vecchio tomo, controllandolo pagina per pagina, finché una foto non attirò la mia attenzione. Fissai la pagina a bocca aperta, sorpreso di vedere quella foto su quell'annuario. Olivia si avvicinò e fissò la pagina.
"Elizabeth Bell? Chi è?" domandò.
"È... è mia madre... cioè, in questo caso è la madre dell'altro Lincoln." spiegai "Ma come..."
"Ho chiesto al Professore." continuò Ororo "Tua madre è stata una delle sue prime allieve, le era molto legato e gli è dispiaciuto molto quando ha saputo che era morta. Ci ha messo un po' a collegarla a te, e per questo mi aveva chiesto di fare qualche ricerca in proposito."
Annuii. Il mio cervello cominciò ad elaborare freneticamente le informazioni ricevute. Mia madre era mancata quando io avevo appena cinque anni, non mi ricordavo molto di lei, se non che era una persona dolce e solare, ma con un velo di tristezza sempre cucito addosso. Non avevo connesso subito, ma mi era venuta in mente un'altra persona.
Mi voltai istantaneamente verso Olivia: la sua alter era esattamente come mia madre, e il velo di tristezza che la copriva sempre era dovuto alla sua infanzia tormentata, agli esperimenti col cortexiphan.
La sua alter era una mutante, possibile che anche Elizabeth Bell, mia madre, avesse preso parte a questi programmi? Era impossibile, questi esperimenti erano cominciati ufficialmente nei primi anni Ottanta, quando io ero appena nato e lei aveva appena poco più che 20 anni. Mi ricordai di una frase detta dal Dottor Bishop, a proposito delle sperimentazioni da lui condotte: quelli erano solo una parte di tutte le prove sul Cortexiphan, e non erano i primi. William Bell ne aveva condotti altri in precedenza. Conclusione: mia madre è stata una delle prime cavie di quel programma.
Ma come poteva essere? Come poteva, un genitore, acconsentire a una tortura del genere sul proprio figlio?
Il mio cervello si bloccò, gli occhi si posarono sul nome sotto la foto sull'annuario: Elizabeth Bell.
Possibile che...
No, non era possibile, a meno che... mia madre non mi aveva mai parlato dei miei nonni, non sapevo nulla di loro; probabilmente non era il buoni rapporti con loro, soprattutto con il padre, poiché era quello il vero argomento tabù dei miei genitori.
Possibile che mio nonno fosse William Bell, l'ex collega del Dottor Bishop?
"Ti somigliava molto" intervenne Olivia, riportandomi alla realtà. Le sorrisi e riconsegnai l'annuario a Tempesta.
"Olivia, tu sai dove vive il padre del Capitano Lee?" domandai.
"Sì, perché? Cosa hai in mente?"
"Vorrei parlare con lui e chiedergli delle cose riguardo Elizabeth Bell. Potrebbe chiarirmi alcune dinamiche riguardo i miei poteri."
La Rossa annuì pensierosa, guardandomi negli occhi.
"Quando vuoi andarci?" chiese, ancora.
"Anche subito, se vuoi." risposi, deciso. Olivia annuì nuovamente e ci incamminammo al garage, mentre lei mi mostrava l'indirizzo sul tablet.
Presi le chiavi della mia macchina, aprii la portiera posteriore e feci salire Rainbow sul sedile, poi noi ci sistemammo davanti e partimmo.
Dopo circa un'oretta di viaggio arrivammo alla casa dell'alter di mio padre. Era una villina in un tranquillo quartiere residenziale della periferia di New York, con un piccolo giardino circondato da una staccionata di legno e la bandiera americana esposta vicino alla porta.
Parcheggiai vicino all'entrata del vialetto, fissando la casa; l'ultima volta che avevo visto l'alter di mio padre era stato tre anni fa, al funerale del Capitano, ma lui non aveva visto me: Astrid era entrata in crisi e io avevo deciso di restare con lei in macchina, per evitare che si agitasse ulteriormente.
"Sai, mi sa che non è una buona idea... magari non vorranno parlarmi." confessai, girandomi verso Olivia.
"Perché non dovrebbero?"
"Beh, lui è morto, e io..." cercai di spiegare, ma la Rossa mi bloccò, poggiandomi un dito sulle labbra.
"Linc, tu non sei lui." mi rassicurò "Tu sei una persona completamente diversa, con un tuo vissuto e un tuo carattere. E sono sicura che ti daranno tutte le risposte che potranno alle tue domande."
Annuii, poi feci un respiro profondo e decisi di uscire. Feci scendere anche il lupo dal sedile sul retro e aspettai Olivia, poi ci avvicinammo alla porta, insieme.
Feci un altro respiro profondo, poi suonai il campanello.
Restammo in attesa; dopo poco vennero ad aprirci, una ragazza bionda, sui diciotto anni, si affacciò sorridente, ma appena ci vide il sorriso scomparve, il suo volto impallidì e ci sbattè la porta in faccia.
Olivia sospirò, mi diede una pacca sulla spalla e si fece avanti, suonando di nuovo il campanello.
Questa volta ad aprire fu un uomo, Walt Lee, l'alter di mio padre. Mi fissò a bocca aperta,come se avesse appena visto un fantasma.
"Signor Lee, sono il Capitano Dunham, della Divisione Fringe. Si ricorda di me?" intervenne la Rossa. L'uomo annuì, senza togliermi gli occhi di dosso, e Olivia continuò "Possiamo entrare? Abbiamo bisogno di parlare con lei."
Walt annuì di nuovo e ci fece entrare. Mi guardai intorno: la casa era bene ordinata, molto diversa da come era quella di mio padre l'ultima volta che l'avevo visitato, prima di passare da questo lato. Ci sedemmo sul divano, mentre Rainbow si sistemava ai miei piedi; le grattai affettuosamente le orecchie, continuando a guardarmi intorno.
Vidi in un angolo, seminascosta, la ragazzina che ci aveva aperto la porta per prima, sembrava terrorizzata. Le sorrisi, ma lei si appiattì contro il muro, distogliendo lo sguardo. Mi concentrai, quindi, su Walt.
"Signore, so cosa sta pensando." esordii "Vorrei subito chiarire che non sono suo figlio. Ho il suo stesso nome e il suo stesso aspetto, ma non sono lui."
L'uomo sembrò quasi rilassarsi, e questa volta fu Olivia a prendere la parola, mentre la donna bionda che era con Walt al funerale del mio alter si affacciava dalla cucina e la ragazza le andava incontro, abbracciandola in cerca di conforto.
"Si ricorda, tre anni fa, quando si parlava di un altro universo simile al nostro che ci stava aiutando a risolvere i nostri problemi? Lui viene da lì: è il doppio di suo figlio. Si chiama anche lui Lincoln Tyrone Lee, ma ha un vissuto leggermente diverso. Si è trasferito qui dopo il funerale per aiutarmi a trovare i responsabili, ed è rimasto qui anche dopo la cessazione dei rapporti tra noi e le autorità analoghe dell'altro universo."
L'uomo ascoltò attento, poi tornò a guardarmi. Era più rilassato, quasi incuriosito.
"Un vissuto diverso? In che senso?" mi domandò. Feci un respiro profondo, cercando le parole giuste.
"In realtà molte cose sono simili, ad esempio a 16 anni, quando ero all'ultimo anno del liceo, dopo la scuola aiutavo mio padre al negozio di ferramenta..."
"Me lo ricordo..." si intromise la donna "Io non potevo aiutare Walt, perché avevo appena avuto Rachel, e Lincoln si è preso carico di tutto..."
"Ecco una differenza." confermai "Mio padre non si è mai risposato, ed io sono figlio unico. Aiutavo mio padre perché da solo non ce la faceva a gestire tutto. Non aveva ancora superato la perdita di mia madre, anche se erano passati dieci anni."
L'uomo sospirò e annuì, lanciando un'occhiata dolce alla moglie.
"Sì, effettivamente è stata dura, anche se aver conosciuto Nina ha aiutato molto, sia me che Lincoln." confermò.
"Lincoln aveva 10 anni quando ho conosciuto suo padre." continuò la signora, sedendosi accanto al marito "La mia auto si era fermata davanti alla ferramenta e Walt mi ha aiutato a farla ripartire. E da lì è nato tutto. Poi qualche anno dopo ci siamo sposati ed è nata Rachel. Lincoln adorava sua sorella." concluse, sorridendo alla figlia, che ancora non si era mossa dal suo angolo.
Guardai di nuovo la giovane, che mi fissava terrorizzata, quindi spostai il mio sguardo su Rainbow, seduta ai miei piedi, le diedi un buffetto sulla testa, schioccai le dita e indicai Rachel. Il lupo la guardò, si alzò con calma e la raggiunse, accucciandosi tranquilla ai piedi della giovane.
Alzai di nuovo gli occhi e tornai a parlare con Walt.
"Signore, siamo qui per lavoro, in realtà." esordii "Non possiamo dirvi molto, ma potrebbe avere a che fare col passato di mia madre... e della madre di suo figlio. Per questo avremmo bisogno di farle qualche domanda su di lei." attesi, quando vidi che era pronto continuai "Sua moglie le ha mai parlato dei suoi genitori?"
"Non molto." rispose, scuotendo la testa "Sua madre è mancata poco prima che la conoscessi, al college, e suo padre è morto quando sua madre era incinta. Non lo ha mai conosciuto."
"Sa per caso il nome di suo padre?" intervenne Olivia.
"Mi pare William. William Bell."
Annuii. Avevo avuto la mia conferma. Olivia sorrise e mi strinse la mano, che nel frattempo si era intrecciata con la sua.
"Grazie, signor Lee. Ci è stato di grande aiuto." lo ringraziai.
"Grazie a te, Capitano Lee." rispose Nina.
"Non sono Capitano, signora. Sono solo Maggiore. Vostro figlio era Capitano, non io." la corressi.
"No, non lo sei, ma sei la conferma del fatto che, anche se il nostro Lincoln non c'è più, da qualche altra parte c'è un'altra versione di lui che sta continuando a vivere, ha un buon lavoro, degli amici... e magari una moglie e una famiglia."
Annuii, sorridendo. Da quando eravamo entrati a far parte degli X-Men, sia io che Olivia portavamo sempre con noi un anello ciascuno, contenente un chip tracciante, che si attivava nel caso avessimo avuto bisogno d'aiuto. Poiché entrambi lo portavamo all'anulare sinistro, quando eravamo insieme in molti pensavano che fossimo sposati.
"Non sono sposato, signora. Non ho neanche una ragazza. Ma sono comunque felice." la corressi.
"Oh... ma quindi voi..." balbettò.
"Oh, no," si affrettò a rispondere la Rossa "Io e Linc siamo solo amici... e io sono il suo capo."
Nina annuì, sorridendo, poi si alzò e tornò verso la cucina.
"Posso offrirvi una tazza di tè prima che andiate via?" domandò, cordiale.
"Sì, grazie. Volentieri." acconsentii, poi seguii lo sguardo di Walt, verso la figlia minore, che fissava timidamente Rainbow, senza però osare avvicinarsi "Devo averla terrorizzata." dissi.
"Era molto legata a suo fratello. Era il suo eroe. La perdita è stata traumatica per noi come per lei, inoltre Rachel non è neanche potuta venire al funerale per dirgli addio."
Sospirai. Sapevo quanto poteva essere doloroso non riuscire a dire addio a una persona amata, e questo, per un'adolescente, era ancora più duro da affrontare. Mi alzai e mi avvicinai a lei, con cautela.
La ragazza alzò gli occhi, ma non si mosse, quindi io mi fermai vicino a Rainbow e mi abbassai per coccolarla.
"Quindi tu sei Rachel?" domandai, ma non attesi risposta "Ho conosciuto tuo fratello, sai? Era un vero eroe." Rachel annuì, senza proferire parola "Mi dispiace di averti spaventato, non era mia intenzione farlo. Lincoln ti manca?" Rachel annuì nuovamente "Sai, io penso che quando le persone muoiono non se ne vadano veramente. Finché rimangono nel nostro cuore e nella nostra mente non se ne andranno mai. Così anche tuo fratello, lui resterà sempre con te, non se ne andrà mai."
La guardai, sorridendole. Rachel, finalmente, sembrò rilassarsi e rispose al sorriso. Indicò Rainbow.
"Che razza è? Non ho mai visto cani così..." chiese.
"Rainbow è un giovane lupo. È nata ad aprile. I suoi fratelli verranno reinseriti in natura, nella nuova riserva di Yellowstone, ma lei resterà con me."
"Anche Lincoln aveva un cane, ma questo è più bello." ammise, poi guardò la madre, che tornava con il tè, e insieme tornammo a sederci nel salottino "Tornerai a trovarci ogni tanto?" domandò, a bruciapelo.
Bevvi un sorso di tè, cercando le parole giuste da dire, poi, finalmente, parlai.
"Non lo so. Alla Divisione Fringe abbiamo sempre molto lavoro, ma se non disturbo potrei fare un salto, in un momento libero."
"Nessun disturbo, Lincoln." intervenne Nina, rassicurante "Tu sarai sempre il benvenuto a casa nostra. In un certo senso fai parte della famiglia anche tu."
Sorrisi. Stavo per rispondere quando il mio telefono auricolare squillò, e mi affrettai a rispondere.
"Tenente Lee" mi identificai.
"Lincoln..." mi chiamò la voce della signora Bishop, dall'altro capo del telefono "Puoi venire al Martin Luther King Memorial Hospital? Walter ha avuto un infarto, lo hanno appena ricoverato." mi spiegò, in preda all'ansia.
"Un infarto? sarò lì prima possibile!" risposi "Sto partendo adesso, tienimi aggiornato. Ci vediamo tra un po', Elizabeth!"
Chiusi la telefonata e guardai Olivia, quindi ci alzammo simultaneamente.
"Cosa succede?" domandò Walt.
"Il Segretario Bishop è stato male. Dobbiamo andare, grazie ancora per tutto." li ringraziai.
"Conosci davvero il Segretario e sua Moglie?" domandò Rachel, incuriosita.
"Proprio così, sono dei cari amici." risposi, quindi la abbracciai "Ora dobbiamo proprio andare."
Corremmo alla macchina, quindi quando fummo tutti e tre a bordo partii a tutta velocità verso l'ospedale, attivando anche la sirena.
In poco tempo arrivammo all'ospedale e corremmo al reparto dove era stato ricoverato il Segretario.
Usciti dall'ascensore venimmo fermati da una infermiera, che non volle farci passare.
"Signori, i cani non possono entrare qui." disse.
Feci un respiro profondo e sentii Rainbow ringhiare, mentre cercavo il distintivo nelle tasche.
"Siamo il Tenente Lee e il Capitano Dunham, della Divisione Fringe, e il cane è parte integrante della nostra squadra!" obiettai "Siamo stati chiamati dalla moglie del Segretario Bishop, quindi se non ci fa passare potrebbe essere arrestata per ostacolo a un'indagine federale!"
L'infermiera, finalmente, si decise e ci lasciò passare. Velocemente ci incamminammo lungo il corridoio.
"Quell'infermiera pensa che noi agenti siamo dei veri rompiscatole." mi riferì Olivia.
"Beh, fino a prova contraria stiamo facendo il nostro lavoro." mi giustificai, accelerando il passo quando vidi Elizabeth Bishop che parlava con un altro uomo, entrambi scortati da alcune guardie del corpo.
Mi avvicinai ancora, fermandomi a rispettosa distanza quando riconobbi il Segretario Kennedy. Elizabeth si girò verso di noi e ci fece cenno di avvicinarci.
"Signore..." salutai, rivolto al Segretario Kennedy, quindi parlai con la signora Bishop "Cosa è successo? Come sta?"
"Ora sta bene," mi rassicurò la donna "ma dovranno tenerlo sotto osservazione per qualche giorno."
Annuii, facendo un sospiro di sollievo. Walter era anziano, e non poteva affaticarsi troppo. Feci un cenno al mio lupo, che si accucciò tranquilla accanto a Olivia, ed entrai nella stanza.
Walter era steso sul letto, con gli occhi chiusi. Mi avvicinai e mi fermai a un passo di distanza. Lui aprì gli occhi e, appena mi riconobbe, mi sorrise.
"Lincoln, figliolo... che ci fai qui?" domandò.
"Mi ha chiamato tua moglie. Come stai, Walter?"
"Meglio, ora." rispose, sorridendo, poi guardò circospetto verso il finestrone che dava sul corridoio e frugò sotto il cuscino, tirandone fuori una Red Vine.
Sospirai. Da quando ero passato da questo lato avevo conosciuto meglio il Segretario Bishop, e avevo scoperto che, sotto la maschera del politico tutto d'un pezzo, non era poi tanto diverso dal suo alter ego: condivideva gli stessi vizi e le stesse passioni.
Uno di questi vizi erano quelle bacchette di liquirizia al gusto di fragola, le Red Vines.
Mi avvicinai ancora, frugai sotto il cuscino e trovai un intero pacco di liquirizie appena aperto. Lo presi e lo riposi nel cassetto del comodino, lontano dalle mani del Segretario, ignorando i suoi sguardi di protesta.
"Walter, lo sai che non puoi abusarne!" lo rimproverai.
"Oh, andiamo..." protestò "è solo un vizio innocuo..."
"Non è poi tanto innocuo: contengono zuccheri e robaccia chimica. Il tuo fegato non può sopportarne molta di questa roba, e neanche il tuo cuore, in questo momento!" feci una pausa, sedendomi nel letto per guardarlo negli occhi "Ascolta, Walter... davvero, non esagerare... Elizabeth è preoccupata, e questo infarto non è un buon segno..."
L'uomo spostò lo sguardo verso il finestrone; mi voltai anche io: Elizabeth e John Kennedy stavano ancora parlando tra loro, lei era preoccupata e lui aveva un atteggiamento confortante, mentre Olivia restava a rispettosa distanza, lanciando qualche sguardo affettuoso a Rainbow, che sicuramente stava ingannando l'attesa annusando ogni angolo attorno a lei.
"Tra poco faremo quaranta anni di matrimonio. A settembre..." confessò.
"E non penso che a lei piacerebbe passarlo in ospedale, con te che hai avuto un altro infarto." continuai "Senti... non sarebbe il caso che ti ritirassi dalla carriera politica?"
"Non lo so... io..."
"Sarebbe ora che lasciassi spazio alle nuove generazioni. Ormai il grosso della crisi è passata, e noi della Divisione Fringe siamo perfettamente in grado di autogestirci. Ritirati dalla carica di Segretario e stai a casa con Elizabeth."
Walter restò in silenzio, pensieroso, poi annuì. Sorrisi, soddisfatto.
"Bravo, Walter. E poi pensa anche un'altra cosa: io ho quasi 34 anni, e prima o poi potrei decidere di mettere su famiglia. Tu e Elizabeth siete, da queste parti, le persone più vicine a dei genitori, e se avrò dei figli, dei nonni a cui fare riferimento farebbero comodo."
Walter sorrise, lanciando un altro sguardo verso la finestra.
"Oh... quindi tu e Olivia..." commentò.
Risi. Sembrava che tutti quanti, più o meno apertamente, stessero seguendo l'evoluzione del rapporto tra noi due, e non mi sarei stupito se, alla Divisione Fringe, qualcuno avesse anche fatto delle scommesse in proposito.
"No, Walter. È complicato..." mi giustificai.
"Oh, andiamo! Non c'è nulla di complicato: lei ti piace e tu piaci a lei. È semplice." spiegò "Portala a cena fuori e dopo portala a casa e fai l'amore con lei per tutta la notte. Più semplice di così! Devo insegnarti tutto io, figliolo?"
Sorrisi e mi sentii arrossire. Guardai per un secondo verso Olivia, fuori del corridoio; era impegnata a far giocare il mio lupo, che sicuramente si stava annoiando, nell'attesa che uscissi dalla stanza.
"Vedi, Walter... non è solo questo." cercai ancora di spiegare "È che ora abbiamo troppe cose per la testa, tra Magneto, i mutanti, e l'organizzazione del viaggio dall'altro lato..."
"Sapete già quando sarà?" chiese, tornando improvvisamente serio.
"Domani pomeriggio faremo un sopralluogo al tuo vecchio laboratorio di Harvard. Se non sorgeranno problemi, io e Olivia tenteremo già il trasferimento." riferii.
"Va bene. Salutami l'altro Walter, quando lo vedrai."
Annuii e mi alzai, sorridendo.
"Ora vado. Tu stai a riposo, mi raccomando." lo salutai.
Mi avviai alla porta e, dopo aver salutato ancora, uscii.
Appena fui fuori mi avvicinai a Elizabeth e le sorrisi.
"Il Segretario ha la pelle dura. Si riprenderà presto." riferii "Ora dobbiamo andare, abbiamo del lavoro da fare."
La donna annuì, io e Olivia salutammo lei e Kennedy e tornammo alla macchina.
"Come sta?" chiese la Rossa, dopo qualche minuto di silenzio.
"Sta bene. Si riprenderà in fretta, ma non dovrebbe affaticarsi." riferii "Gli ho consigliato di lasciare perdere la politica e andare in pensione, gli farebbe bene riposare."
Olivia annuì, fissando il cielo, che cominciava ad avere le sfumature violacee tipiche del tramonto di questo lato.
"Siamo sicuri che li troveremo? magari si sono trasferiti; in fondo sono passati più di tre anni." disse, soprapensiero.
"Non credo. Walter è un abitudinario, non lascerebbe mai il suo laboratorio, per nessun motivo."
Olivia annuì. Nel frattempo eravamo arrivati alla scuola e avevo posteggiato nel garage sotterraneo. spensi il motore e mi girai a guardare la donna.
Era pensierosa, e sembrava preoccupata.
"Dimmi cosa ti tormenta." la incoraggiai.
"È solo che... nessuno lo fa notare, ma sono tutti abbastanza nervosi per l'ispezione di domani... hanno le menti piene di pensieri negativi..." spiegò.
Annuii. Effettivamente qualcosa l'avevo notata anche io, ma lei, con la sua telepatia, era come un'antenna che riceveva ogni radiofrequenza del circondario.
Le presi la mano e la guardai negli occhi, rassicurante.
"Olivia, concentrati, Cerca di isolare la tua mente. Ricordi cosa ti ha insegnato il Professore?" le dissi, calmo.
Lei annuì, ma vedevo che era agitata. Come tutti, era preoccupata per la buona riuscita della missione, il giorno dopo, ma sapevo che se si agitava troppo avrebbe fatto danni.
Strinsi la sua mano, che era insolitamente calda: stava perdendo il controllo, dovevo prendere in mano la situazione.
Scesi dall'auto, aprii la portiera a Rainbow e le feci un cenno autoritario con la mano; lei si allontanò di corsa, andando ad aspettarci vicino all'ascensore della scuola. Quando fui certo che il cane era al sicuro, aprii la portiera a Olivia e la aiutai a scendere, quindi la portai in una zona vuota del garage, vicino alla parete opposta all'ascensore dove ci aspettava Rainbow.
Mi concentrai e trasformai la mia pelle in metallo, quindi presi le mani della Rossa.
"Ti ricordi l'ultimo esercizio che abbiamo fatto alla Stanza del Pericolo?" domandai.
"Quello dove dovevo scaricare l'energia che producevo su una barra d'acciaio piantata a terra? Ma... è pericoloso..." protestò.
"Devi solo scaricarti. Concentrati su di me, sulla mia pelle, le molecole vibreranno e si creerà dell'elettricità, che verrà scaricata a terra." la guidai, facendo un respiro profondo.
Lei chiuse gli occhi, concentrandosi su di me. Sentii l'elettricità attraversare il mio corpo, partendo dalle mani. Fu molto doloroso, ma non mollai la presa, né emisi alcun suono. Tenni gli occhi chiusi, stringendo i denti, finché non sentii l'energia che mi passava attraverso diminuire.
Aprii lentamente gli occhi, ma dovetti poggiarmi al muro, perché rischiai di perdere l'equilibrio. Olivia mi sorresse, aiutandomi a stare in piedi.
"Sto bene..." la rassicurai "Solo un momento..."
Lei annuì, allontanandosi un po' per guardarmi. Le sorrisi, rimettendomi in piedi, e mi avvicinai per baciarle la fronte.
Ma invece di incontrare la sua fronte, trovai le sue labbra: aveva alzato la testa proprio nel momento in cui mi avvicinavo.
Smisi di pensare razionalmente.
Approfondii il bacio, senza trovare alcuna resistenza, e chiusi gli occhi.
Fu un bacio diverso da quello che ci eravamo scambiati qualche giorno prima, più istintivo e intimo, e ce ne accorgemmo entrambi.
Per qualche motivo le difese naturali che chiudevano la mia mente alla telepatia vennero improvvisamente a mancare; sentii Olivia entrare nella mia mente, e i suoi pensieri si mescolarono ai miei.
Vidi passare momenti confusi della sua infanzia e adolescenza, l'addestramento all'accademia della Divisione Fringe, e molte immagini del mio alter, il suo migliore amico.
Rividi, attraverso i suoi occhi, il momento in cui gli avevano sparato, e il funerale, qualche giorno dopo. Ed infine rividi gli attimi di vita che aveva passato con me, ma erano molto confusi, spesso il mio volto lo vidi sovrapporsi a quello dell'altro Lincoln.
Pensava ancora a lui, dopo tre anni dalla sua morte; si sentiva in colpa per qualcosa, forse per essersi affezionata a me, l'altro Lincoln, così in fretta.
Passai la mia mano tra i suoi capelli, continuando a baciarla. Percepii i suoi pensieri, i dubbi che, scoprii, la assalivano da molto tempo; capii, finalmente, che anche lei provava per me quello che provavo io per lei, ma aveva paura di infangare il ricordo del suo migliore amico facendo quel passo in più.
Non era pronta.
Aveva bisogno di tempo.
Avrei aspettato ancora. Lo avevo fatto per tre anni, potevo ancora aspettare, non avevo fretta.
Delicatamente mi allontanai; la connessione telepatica si interruppe, lasciandoci entrambi sorpresi.
La guardai negli occhi, e lei abbassò lo sguardo. Senza dire nulla le passai il braccio attorno alle spalle e, insieme, raggiungemmo Rainbow, per poi raggiungere gli altri e finire i preparativi per il giorno seguente.
Il pomeriggio del giorno dopo, insieme a un folto gruppo di X-Men, andammo al vecchio laboratorio di Harvard.
Entrai per primo, insieme a Olivia, e accesi le luci.
Non era molto diverso da quello dell'altro Walter, c'erano un sacco di macchinari scientifici e una vasca arrugginita al centro della sala. Mi avvicinai a quest'ultima e la sfiorai; il guanto della mia uniforme di X-Man si sporcò della polvere che si era depositata negli anni sulla superficie. Mi pulii e mi voltai verso Hank.
"Qui dovrebbe andare. Accanto alla vasca c'era sempre un sacco di spazio." riferii.
La Bestia annuì e prese da un borsone due involti sigillati e si avvicinò, mentre Olivia mi si affiancava.
"Verifichiamo subito." disse il mutante, poi aprì uno degli involti e ne estrasse un paio di occhiali dalla montatura semplice e me li mostrò, toccando dei led lungo le stanghette "Questo è di mia invenzione. Ti permetterà di vedere attraverso il velo tra gli Universi. Devi solo sfiorare questi led."
Annuii e li indossai. Appena sfiorai i led la visuale cambiò e vidi il laboratorio come lo ricordavo tre anni prima, nell'altro lato; evidentemente l'invenzione di Hank funzionava. Sfiorai di nuovo il bordo degli occhiali e tornai a vedere questo lato.
"Funziona. Credo che dovrete aspettarci per un po': non ho visto nessuno di là." riferii.
"L'importante è che quando li troverete li portiate con voi da questo lato, per permetterci di spiegare loro tutto." rispose Xavier, rimasto all'entrata, impossibilitato a scendere la rampa di scale a causa della sua sedia a rotelle.
Annuii e mi lasciai allacciare al polso un apparecchio che la Bestia aveva estratto dal secondo involto: il dispositivo per il passaggio.
Quando fu tutto a posto, feci un cenno a Rainbow, che andò ad accucciarsi accanto alla madre, seduta vicino a Logan, e guardai Olivia.
La Rossa si avvicinò ulteriormente a me e mi poggiò le mani sulle spalle, facendo un respiro profondo. Io premetti il pulsante di avvio sulla polsiera e chiusi gli occhi.
Sentii come una scossa, poi un brivido mi attraversò il corpo; infine sentimmo l'aria che si allontanava da noi a grandissima velocità.
I vetri attorno a noi si frantumarono a causa dello spostamento d'aria, e un carrellino si mosse, andando a sbattere contro il muro e facendo un gran fracasso.
Udii un muggito infastidito dalla saletta comunicante con il laboratorio e aprii gli occhi, sorridendo a Olivia.
Ce l'avevamo fatta. Eravamo passati dall'altro lato.

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Capitolo 9
*** 8 ***


Sorrisi, guardandomi intorno. Sfiorai quindi il led degli occhiali per avere conferma.
"Ci siamo. Vedo gli altri nell'altro lato!" dissi.
Olivia annuì, poi sentimmo di nuovo un muggito infastidito.
"Deve essere Gene, la mucca domestica di Walter." continuai, prendendo la mano della Rossa e andando verso la stanza adibita a stalla.
La mucca ruminava, innervosita dal rumore che avevamo fatto arrivando. Mi avvicinai con cautela e le carezzai affettuosamente il muso.
"Ehi, piccola, ti ricordi di noi?" dissi, vedendo che si stava calmando.
Gene muggì, proprio mentre la porta del laboratorio venne spalancata di colpo e qualcuno scese di corsa le scale. Mi allontanai dall'animale e tornai nel laboratorio, senza lasciare la mano di Olivia.
Ci trovammo di fronte Peter, col fiatone e un'espressione speranzosa sul viso, che però si trasformò in delusione appena ci riconobbe; dietro di lui stava entrando la sua compagna, l'altra Olivia, circospetta e sospettosa, con una mano pronta sulla fondina della sua pistola.
"Non è Walter." la informò Peter, continuando a fissarci "Ma credo siano dei guai più seri."
La Bionda ci guardò, togliendo la mano dalla fondina, si girò, fece un cenno verso la porta e attese. Una bambina bionda di circa tre anni fece capolino, timida, e la raggiunse, poi insieme scesero le scale.
Tornai a guardare Peter, mentre l'altra Olivia e la bambina si avvicinavano; doveva essere successo qualcosa di recente.
La Rossa lasciò la mia mano e si avvicinò alla sua alter. Entrambe si sorrisero e, infine, si abbracciarono calorosamente. Io e Peter le guardammo, poi decidemmo di imitarle; mi tolsi il guanto e gli porsi la mano, l'altro la strinse e, infine, ci abbracciammo amichevolmente anche noi.
"Cosa ci fate qui? È successo qualcosa nel vostro lato?" chiese la bionda, prendendo in braccio la bambina, che si strinse a lei con fare timido.
"Sì, avremmo bisogno del vostro aiuto. È una lunga storia." spiegai velocemente, guardandomi intorno "Dove è Walter? C'è bisogno anche di lui, se possibile..."
Notai immediatamente lo sguardo che si scambiarono i due, e intuii subito che Olivia aveva intercettato i loro pensieri.
"Walter è scomparso." riferì "Ieri, quando sono tornati dalla gita fuori porta non c'era più. Ha lasciato un messaggio a Peter."
L'altra Olivia la guardò sconvolta, sorpresa che la sua alter sapesse tutte quelle cose.
"Sono una telepate." si affrettò a spiegare la mia compagna "Lunga storia anche questa. E no, non è stato creato il Cortexiphan dal nostro lato."
La bionda annuì, ancora perplessa, e guardò la bambina.
"Tesoro, resti con papà mentre vado a preparare del caffè per queste persone?"
"Chi sono loro?" chiese la piccola, passando in braccio al padre e indicandoci.
"Sono dei vecchi amici di mamma e papà, Henrietta." rispose Peter, tenendola stretta "Sono venuti a chiederci aiuto per qualcosa."
Io annuii e lanciai uno sguardo alla Rossa, che senza dire nulla seguì la sua alter nell'altra stanza.
Peter attese che le due donne fossero uscite e andò a sedersi a uno dei tavoli; lo seguii e mi sistemai di fronte.
"Sono cambiate un po' di cose, vedo..." esordii "Avete messo su famiglia?"
"Sì, Etta è nata otto mesi dopo che abbiamo spento la Macchina..." spiegò l'altro.
"A proposito della Macchina, siamo qui per questo... abbiamo bisogno che venga riattivato il Ponte. Non posso spiegarti tutti i dettagli ora. Verrete con noi e vi spiegheranno tutto i nostri superiori."
Peter sospirò, e capii che la cosa non lo entusiasmava gran ché. Tornai a guardarmi intorno, cercando le parole giuste da dire.
"Dal nostro lato sono ripresi gli Eventi Fringe..." cominciai.
"'Nostro lato'?" ripeté l'altro, sorridendo "Allora hai davvero trovato un posto nel mondo?"
"Sì, ma su alcune cose ci sto ancora lavorando." dissi, lanciando uno sguardo verso il finestrone che dava sull'altra stanza, dove le due Olivia stavano chiacchierando, aspettando che il caffè fosse pronto "Comunque credo che qualcuno di questi Eventi possa essersi sentito anche da voi, perché è avvenuto in luoghi dove il confine tra gli universi è più labile."
"Tipo l'Opera House?" domandò Peter, dandomi conferma dei miei sospetti "Avete già individuato il responsabile?"
"Sì, ma non ci crederai mai..." continuai, sorridendo nervoso "Non lo abbiamo ancora catturato, abbiamo dovuto unire le forze noi della Divisione Faringe, i servizi segreti e un altro gruppo segreto, di cui io e Olivia facciamo anche parte, da un paio di mesi."
"Servizi segreti? Anche dal vostro lato esistono?"
"Sì, quelli ufficiali, l'equivalente della CIA, che da noi si chiama S.H.I.E.L.D., e un altro gruppo non completamente ufficiale, in cui siamo entrati quando sono emersi i nostri poteri..."
"Vostri? Stai dicendo che anche tu, oltre Olivia, hai una capacità simile alla sua?" chiese, sorpreso.
Annuii e fissai una pinza metallica da laboratorio posata sul tavolo a cui eravamo seduti. Questa si aprì e si richiuse, facendo saltare Peter, che non se l'aspettava. Senza dire una parola, mi tolsi i guanti e allungai le mani verso di lui, concentrandomi. Partendo dalle dita, la mia pelle e i miei abiti si trasformarono in metallo.
"Ma come..." balbettò l'altro, mentre la figlia mi fissava affascinata.
"Controllo elettromagnetico degli oggetti metallici, più il potere secondario di trasformare me stesso e ciò che tocco in metallo, a piacimento." spiegai "E sembra che questo faccia anche da scudo per la lettura del pensiero. Nessuno è in grado di leggere la mia mente, o quasi..." lanciai un altro sguardo verso le due donne nell'altra stanza, sospirando.
Peter seguì il mio sguardo, quindi tornò a sedersi di fronte a me.
"Tu e Olivia sembrate molto uniti..." disse.
"So cosa stai pensando, Peter. Non stiamo insieme... ma ci stiamo lavorando anche su questo." sospirai "Lei non è pronta, pensa ancora all'altro Lincoln, e ha paura di infangare la sua memoria."
"E tu come sai certe cose? Non era lei la telepate?" domandò l'uomo.
"Beh... ci siamo baciati un paio di volte, e lei è riuscita a leggere la mia mente. L'effetto collaterale è stato che anche io sono riuscito a leggere la sua." risposi, abbassando lo sguardo e arrossendo.
Peter annuì, sorridendo. In quel momento tornarono le due donne, con delle tazze di caffè; presi quella che mi porgeva la Rossa e lo assaggiai.
Erano tre anni che non bevevo un caffè come si deve: nel mio nuovo universo era una bevanda molto cara, accessibile solo a chi aveva molti soldi, quindi mi capitava di berlo soltanto durante le cene a casa Bishop, ma non aveva lo stesso sapore di quello che avevo bevuto nel mio universo di nascita.
"Quindi dovremmo venire con voi nel vostro universo?" chiese la Bionda, dopo un po'.
"Sì, per favore." rispose la Rossa, sorseggiando il suo caffellatte "I nostri superiori vi spiegheranno tutto, poi voi potrete chiedere a chi di dovere, da questo lato, una volta conosciuti tutti i fatti."
"La Macchina, al momento, è nei magazzini della Massive Dynamics, ci vorrà un po' per avere tutti i permessi..." spiegò l'altra Olivia.
"E la nostra è nei magazzini delle Stark Industries" confermai io "Ma è pronta per il piano. Posso venire anche io a parlare con chi di dovere da questo lato, se può servire."
"Ma non è pericoloso saltare da un universo all'altro così?" chiese ancora l'altra Olivia.
"Preoccupiamoci di un problema alla volta." tagliò corto la Rossa, alzandosi "Dobbiamo andare."
"Ma non possiamo lasciare Etta qui da sola..." obiettò Peter.
"Verrà anche lei con noi, non c'è problema, sarà iperprotetta." lo rassicurai "Non penserai che siamo gli unici con delle abilità speciali nell'altro lato. Solo una cosa: evita di fare commenti sull'altezza di Logan: è molto suscettibile su questo argomento."
Peter stava per obiettare ma la mia Liv lo anticipò.
"Si tratta degli X-Men. Da questo lato sono fumetti, ma da noi sono reali. E Logan è Wolverine." disse, avvicinandosi a me, mentre io controllavo il dispositivo di trasferimento. Alzai gli occhi, invitando gli altri due, con la bambina, ad avvicinarsi a me, dopo che avessero finito di scrivere il messaggio di spiegazioni ad Astrid, quindi premetti il tasto di accensione.
Ma nulla accadde. Il dispositivo rimase spento.
Imprecai e mi girai verso la Rossa.
"La batteria è scarica. Non possiamo usarlo." dissi.
"Cosa?!" domandò lei, controllando personalmente il dispositivo.
"Non avete un piano B?" chiese Peter, insolitamente calmo.
"No, il piano è riattivare la Macchina e prendere Magneto." riferii, cercando di attivare ancora il dispositivo; notai il suo sguardo sorpreso "Sì, proprio lui. Te l'ho detto, dal nostro lato molti eroi dei fumetti esistono realmente, e coloro che da questo lato erano parte del programma di sperimentazione del Cortexiphan sono mutan..."
Mi bloccai e fissai le due Olivia, quindi mi focalizzai sulla mia.
"Credo di aver appena ideato il piano B." riferii, sorridendo e passando una mano sui capelli di Liv.
"Cosa vuoi dire? Senza il dispositivo di Hank non possiamo..."
"Non ne abbiamo bisogno. Basti te." le dissi, calmo.
"Cosa?!" esclamò la Rossa "Ma l'hai detto anche tu che non sono in grado..."
"Sì, l'ho detto." ammisi "Ma so che puoi farcela. Devi solo stare calma e concentrarti."
Olivia era perplessa. Non aveva ancora acquistato molta sicurezza nel gestire i suoi poteri, e aveva paura di fare qualche errore; glielo leggevo negli occhi, e la capivo pure, perché ci ero passato anche io, le prime settimane di addestramento.
Le presi il volto con entrambe le mani e la guardai negli occhi.
"Puoi farcela." ripetei "Ho fiducia in te. Ti guiderò io, stai tranquilla."
La Rossa annuì e fece un respiro profondo, mentre io mi avvicinavo ancora, per sussurrarle le istruzioni all'orecchio e tenerla calma e concentrata.
Con la coda dell'occhio vidi la famiglia Bishop avvicinarsi a noi, per facilitare alla mia Olivia il compito di farci passare tutti e cinque nell'altro universo. Continuai a parlarle, a bassa voce, sfiorandole i capelli con una mano, finché, finalmente, non notai l'ambiente attorno a noi tremolare, per poi stabilizzarsi di nuovo: eravamo riusciti a passare il velo.
Sorrisi e mi allontanai dalla Rossa, quindi mi girai verso il gruppo degli X-Men, che ci stava aspettando, e li presentai a Peter e la Bionda.
"Peter, Olivia, loro sono gli X-Men." dissi, quindi mi tolsi il dispositivo per il passaggio interuniversi dal polso e lo lanciai alla Bestia "Hank, dagli un'occhiata. Abbiamo rischiato di restare bloccati di là. Se non fosse stato per le abilità di Liv non avremmo mai potuto..."
Non potei completare la frase: Olivia era caduta a terra, priva di sensi e con forti convulsioni.
Allarmato, la soccorsi, aprendole la tuta fino al petto e spostandola in una posizione più sicura per lei, cercando di capire cosa le fosse appena successo

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Capitolo 10
*** 9 ***


Non ricordo bene cosa successe in quei lunghi minuti. Tutto era diventato confuso nel momento in cui avevo visto Olivia perdere i sensi e cadere a terra in preda alle convulsioni.
Ricordo che le tenevo la testa e che qualcuno si era avvicinato e mi aveva detto qualcosa, non so cosa. Avevo risposto senza badare troppo a cosa dicevo, e avevano tentato di allontanarmi da lei.
Avevo opposto resistenza, e devo aver fatto anche qualcosa con le mie abilità, perché, dopo un momento di confusione del gruppo (non sono molto sicuro di cosa successe, ma avevo sentito la bambina di Peter urlare e il mio lupo abbaiare), qualcun altro si era avvicinato e mi aveva tirato un doloroso ceffone in piena faccia, riportandomi alla ragione.
Fu come risvegliarsi da un incubo confuso; la mia mente si era improvvisamente schiarita, riportandomi alla realtà. Mi guardai intorno, rendendomi conto di avere addosso gli occhi di tutti, quindi abbassai lo sguardo su Olivia. Era ancora priva di sensi, ma le convulsioni sembravano essere passate.
"Dobbiamo portarla in ospedale!" dissi, rivolto a Logan, che era inginocchiato di fronte a noi, per cui dedussi che era stato lui a tirarmi il ceffone che mi aveva riportato alla realtà.
"No, Tenente, non possiamo." mi rispose l'altro "È più sicuro portarla alla scuola, lì saranno in grado di curarla. Ora andiamo, abbiamo un lavoro da fare." concluse, alzandosi in piedi e guardando Peter, che si era avvicinato di nuovo, passato lo spavento della figlia.
"Come sta Olivia?" domandò "Cosa è successo?"
"È successo che il novellino ha fatto il passo più lungo della gamba: la Rossa non è ancora in grado di affrontare un simile impegno."
”Se non l'avesse fatto saremmo rimasti bloccati dall'altra parte!" protestai "Non ho avuto altra scelta."
Logan stava per replicare, ma Peter si intromise e lo interruppe, rivolgendosi a me.
"Va bene, non fa nulla. Ora abbiamo un lavoro da fare. Al massimo, più tardi, quando avremo finito il lavoro per cui ci avete prelevato, vi do una mano a controllare quell'affare per riportarci a casa."
Annuii, alzandomi in piedi, mentre Colosso si avvicinava per prendere Olivia e portarla alla scuola. Rainbow mi fu subito accanto; le grattai le orecchie, rassicurante, e mi avviai all'uscita, facendo segno a Peter e Olivia di seguirmi.
Arrivati al SUV di servizio lo aprii e feci salire il lupo sul sedile posteriore; mi voltai verso l'altro uomo e lo vidi storcere il naso, stringendo la mano della figlia con fare protettivo.
"Rainbow è tranquilla, non farà nulla a vostra figlia." li rassicurai, dando un buffetto sul collo del lupo, che fece un verso felice, prima di spostarsi sul fondo del sedile per fare posto a Olivia e Etta.
Ci sistemammo in macchina e accesi il motore, quindi mi avviai in direzione di New York. I primi kilometri restammo in silenzio, almeno noi adulti, perché la bambina faceva molte domande, indicando qualunque cosa vedesse fuori.
Eravamo fermi a un semaforo, non lontano dall'entrata dell'autostrada, quando Etta indicò un cartellone pubblicitario posto sul palazzo di fronte a noi.
"Mamma! Guarda! Un TARDIS rosso!" esclamò.
"Sì, tesoro. suppongo che qui sia di quel colore." le rispose, con calma, la madre.
"Anche la storia cambia un po', in realtà" mi intromisi, sorridendo "Alcuni episodi, come quelli in cui i protagonisti finiscono nell'universo alternativo, li hanno gestiti diversamente."
"Ci credo, non possono mettere i dirigibili, dal momento che qui è normale vederli in giro." si intromise Peter, fissando il cartellone "Vedo che qui è stato scelto Cumberbatch al posto di Capaldi."
"Capaldi? Scusate, io sono rimasto ai tempi di Smith, che qui non ci è mai stato, dato che hanno scelto questo." lo interruppi, ripartendo ed entrando in autostrada "Spero che gli altri siano arrivati..."
"Stai tranquillo, Lincoln." mi rassicurò la Bionda "Olivia starà bene. Anche a me era successa una cosa simile nella vecchia linea temporale."
Annuii. Sapere che all'altra Olivia era successa una cosa simile non mi tirava molto su di morale, ma almeno sapevo che sarebbe stata bene.
"Posso chiedervi che fine ha fatto Walter?" domandai, cercando di cambiare argomento.
"È scomparso. Non so molto, ha lasciato un video con la spiegazione, ma non ci ho capito molto. So solo che ieri, quando siamo tornati dalla gita, non c'era più." spiegò Peter, sospirando preoccupato.
"Ieri il Segretario ha avuto un infarto." ammisi "Le cose potrebbero essere collegate."
"Come? Sta bene?" domandò Peter, allarmato.
"Sì, non ti preoccupare. Stavo pensando di fare un salto all'ospedale per aggiornarlo, prima di andare alle Stark Industries." riferii, continuando a guardare la strada, attento.
Dopo un po' di tempo, finalmente, arrivammo in vista di Manhattan. C'era parecchio traffico e decisi di attivare la sirena, in modo da poterlo aggirare.
"Non ricordavo così tante macchine in giro, l'ultima volta che sono venuto da queste parti." commentò Peter, osservando le macchine che si spostavano prontamente al nostro passaggio.
"Di solito non è così tanto. È solo che stasera a Madison Square Garden c'è il concerto dei Jackson Fam." spiegai, mantenendo gli occhi sulla strada.
"I Jackson Fam? Chi sono?" domandò Olivia, sporgendosi verso di noi, mentre Etta era occupata a fare le coccole al mio lupo.
"L'equivalente di questo lato dei Jacksons Five, Michael Jackson e famiglia. Dovevano fare il concerto alla Opera House, ma hanno dovuto spostarsi a Madison Square Garden dopo l'attentato." continuai.
Nel frattempo eravamo entrati nel traffico cittadino e ci stavamo dirigendo all'ospedale dove era ricoverato Walter. Il traffico era diminuito, quindi staccai la sirena, poi entrai nel garage sotterraneo del policlinico.
Scendemmo dall'auto e salimmo al piano. Mentre camminavano, la piccola Henrietta mi prese inaspettatamente la mano; la guardai e lei mi sorrise. Era un sorriso sereno, ma molto simile a quello della madre; le sorrisi di rimando e mi fermai davanti alla porta della stanza del Segretario.
"Entro prima io." dissi, facendo un cenno a Rainbow, che si appostò vicino alla porta.
"Posso venire con te, zio Lincoln?" domandò Etta, cogliendomi di sorpresa. Guardai i genitori, che annuirono, quindi la presi in braccio ed entrai, insieme alla mia lupa.
Walter era steso nel letto, leggeva sul suo tablet e masticava qualcosa che si era affrettato a nascondere sotto il cuscino non appena avevo aperto la porta. Sospirai; il vizio delle Red Vines non lo avrebbe mai perso, dovevo rassegnarmi.
"Tranquillo, Walter, sono io. Siamo tornati." dissi, avvicinandomi al letto; Henrietta si era stretta al mio collo e fissava il Segretario, incuriosita e intimidita allo stesso tempo "Sono passato per aggiornati, e per farti conoscere una persona."
"Oh... okay, figliolo." rispose l'anziano "Dimmi tutto. Olivia è rimasta fuori? Cosa ti sei fatto alla faccia? E chi è questa bella signorina?"
"Che ha la mia faccia che non va?" domandai, sfiorandomi la guancia,
"Sei tutto nero dove l'altro signore basso ti ha picchiato, zio Lincoln" mi rispose la bambina.
"Oh... grazie, Henrietta." dissi, tornando poi a rivolgermi al Segretario "Olivia non è stata bene. Gli altri l'hanno portata alla scuola, e lei è Henrietta, la figlia di Peter e l'altra Olivia. Ora sono qui fuori, vuoi salutarli prima che li porti alle Stark Industries?"
"Quindi avete avuto successo? Sì, falli entrare, per favore."
Feci sedere la bambina sul letto ed andai a chiamare gli altri. Non appena furono entrati, Peter rimase a rispettosa distanza, guardando il padre naturale negli occhi.
"Walter... mi hanno detto che hai avuto un infarto." esordì l'uomo.
"Sto meglio ora, figliolo." rispose il Segretario "Come sta l'altro Walter?"
Peter sospirò. Sicuramente stava cercando le parole giuste per dargli la brutta notizia.
"È scomparso." ammise "Ieri. Mi ha lasciato un video di cui non ho capito molto..."
"Mm... magari la cosa è collegata al mio infarto." suggerì l'altro "È successo ieri..." fece una pausa e guardò la bambina "Così tu saresti la mia nipotina? Quanti anni hai, biondina?"
Etta non rispose e si strinse timida ai fianchi della madre, che si era avvicinata, e rispose per lei.
"Ha tre anni. Di solito è una gran chiacchierona, ma oggi non sembra volerne tanto sapere."
"Beh, dopo ciò che è successo ad Harvard si è spaventata" continuò Peter "La vostra Olivia è stata male ed è successo un casino."
Mi guardò eloquente. Sospirai senza dire nulla, mentre Walter offriva una delle sue caramelle alla bambina.
"Vedi, figliolo..." disse Walter "questo è un segno. Datti una mossa!" quindi prese un sacchetto dal comodino e me lo porse "È l'anello che ho regalato a Elizabeth. Entro un mese lo voglio vedere al dito del Capitano Dunham, chiaro?"
Sospirai nuovamente, alzando gli occhi al cielo, mentre Peter trattenne un sorriso, lanciando uno sguardo alla moglie.
"Vedrò cosa posso fare, Signor Segretario" risposi, accondiscendente "Ma ora dovremmo andare, il tempo stringe e Tony Stark ci sta aspettando al suo ufficio."
Salutammo il Segretario e tornammo alla macchina. Quando fummo tutti e cinque a bordo partii, senza dire una parola. Fu Peter a rompere il silenzio, pochi minuti dopo.
"E io che mi lamentavo delle uscite del mio Walter... nonostante tutto anche lui non è da meno..."
"Non me ne parlare... è già un miracolo se non ha organizzato a me e Olivia un appuntamento galante a sue spese... sarò come un figlio per lui, ma a volte esagera."
"Se non esagerasse non sarebbe Walter." scherzò l'uomo. Risi di gusto, Peter aveva ragione: era nella natura di Walter Bishop.
Arrivammo alle Stark Industries e venimmo accolti da Tony Stark in persona, che ci condusse al suo ufficio, dove ci attendevano tutte le massime cariche del Paese, eccezion fatta per il Segretario della Difesa, per ovvie ragioni, che era sostituito dal Segretario Kennedy. Dovetti rimanere anche io, in qualità di ufficiale di collegamento, poiché conoscevo bene entrambi i Mondi e potevo dare suggerimenti sul posto migliore per posizionare le due macchine.
Dopo due ore la riunione terminò, e la conclusione fu quella di dare carta bianca alla Divisione Fringe sulla scelta del luogo e i tempi di accensione della Macchina. Ne conseguiva, quindi, che avrei dovuto fare almeno altri due viaggi dimensionali per poter parlare io stesso con chi custodiva il macchinario, nell'altro lato.
Quando la riunione fu conclusa, contattai gli X-Men e riaccompagnai la famiglia Bishop ad Harvard. Hank aveva aggiustato il macchinario per passare nell'altro lato, quindi riaccompagnai Peter e gli altri, questa volta da solo, e prima di tornare indietro presi accordi con lui su quando sarebbe stato il mio viaggio successivo.
Riuscii a tornare indietro illeso, quindi aggiornai il resto della mia squadra e tornai alla scuola per vedere come stava Olivia.
Alla Rossa ci vollero parecchi giorni per riprendersi, quindi decidemmo di comune accordo che i primi viaggi li avrei fatti da solo, finché non fosse stata in grado di affrontare di nuovo tutto.
Programmai due viaggi per parlare con Nina Sharp, ancora a capo della Massive Dynamics, e completare il compito assegnatomi, e intanto ne approfittai per cercare ulteriori informazioni su mia madre; misi al corrente sia Peter che la signora Sharp della mia parentela con William Bell, e questi mi assicurarono il loro supporto nella ricerca di informazioni, così che dovetti preparare ulteriori viaggi nell'arco del mese successivo, col consenso anche degli X-Men, che erano al corrente di tutto.
Tre settimane dopo, Olivia si era finalmente ripresa. Quel giorno avevo in programma l'ultimo viaggio, corrispondente all'inizio dei lavori di rimontaggio della Macchina, e dovevo supervisionare al tutto, quindi per due settimane non sarei più tornato nell'altro universo, e la volta successiva avrei varcato la soglia attraverso il Ponte creatosi.
Mi stavo finendo di vestire, quando la Rossa bussò ed entrò in camera mia, rimanendo sulla porta.
"Allora quando andiamo?" domandò.
"Andiamo? Dove?" chiesi, di rimando.
"Nell'altro lato. Oggi vorrei venire anche io."
"Olivia, è solo un viaggio di supervisione. Non c'è bisogno che ci andiamo entrambi." obiettai.
Olivia sospirò, ma non disse nulla. La guardai: teneva la braccia incrociate e lo sguardo basso, e si mordeva le labbra nervosamente. Conoscevo quell'atteggiamento: era nervosa e si stava trattenendo dal rovesciarmi addosso tutta la rabbia che stava covando dentro. Mi avvicinai e la guardai, deciso, tenendo le braccia incrociate sul petto.
"Avanti, Liv. Parla." la incoraggiai.
"È solo una scusa." sussurrò.
"Cosa?"
"La supervisione all'inizio dei lavori. È solo una scusa." ripeté, alzando gli occhi e guardandomi in faccia "Sei diventato ossessionato dalla storia di tua madre! Cosa vuoi ottenere? Non cambia quello che sei!"
"Liv, tu non capisci... io..." cercai di spiegare, ma lei mi interruppe.
"Tu sei ossessionato, Lincoln!" continuò, quasi urlando "Quasi non ti riconosco più! Questa cosa ti sta cambiando, non te ne accorgi? Parli solo delle scoperte sulla tua famiglia e trascuri il resto!"
"Olivia, ascolta..." cercai di obiettare, afferrandole delicatamente il braccio, ma lei se lo scrollò di dosso e andò a chiudersi nella sua stanza.
Sospirai frustrato e mi rivolsi a Rainbow, che aveva assistito alla scena dalla sua cuccia.
"Resta con lei, piccola." le ordinai, avvicinandomi e carezzandole dolcemente la testa "Io torno stasera tardi, tu non perderla d'occhio." la lupetta mi guardò adorante e mi leccò la mano: era segno che aveva capito, così potei finalmente uscire e mettermi al lavoro.
Presi la mia moto e mi diressi al luogo dell'appuntamento. Dovevo andare fino in Florida, Jacksonville, in un punto in cui il Velo era più sottile, quindi era il posto ideale sia per farmi passare nell'altro universo che per creare il Ponte. Nell'altro lato sarei stato accolto dai tecnici della Massive Dynamics, Peter e, molto probabilmente, qualche militare, visto che la zona scelta era occupata da una base militare.
Dopo qualche ora di viaggio, finalmente arrivai. Parcheggiai la moto all'esterno dell'hangar dove i tecnici della Stark Industries stavano già lavorando, e vidi venire verso di me Tony Stark in persona.
"Sei in perfetto orario, Tenente!" disse, stringendomi la mano.
"Grazie. Dall'altra parte mi aspettano. Mettiamoci al lavoro." risposi, tagliando corto. Non ero in vena di chiacchiere, non dopo aver passato tre ore di viaggio, tra moto e dirigibile, a ripensare alla discussione che avevo avuto con Olivia.
Senza dire una parola, annuì e mi fece spazio per permettermi di passare nell'altro universo, dove, come avevo previsto, trovai ad aspettarmi Peter e Nina Sharp.
Ci mettemmo subito al lavoro, e le ore passarono veloci. Non parlai molto, mi concentrai sul compito assegnatomi; mentre controllavo delle carte, Nina mi si avvicinò, guardandomi preoccupata.
”Qualcosa non va, Agente Lee?" domandò.
"No, signora Sharp. Sto bene." mi affrettai a rispondere, alzando lo sguardo.
"Sai, di solito sono abbastanza brava a capire le persone, e dal tuo comportamento oggi, ho l'impressione che prima di venire qui tu abbia avuto una discussione con qualcuno, forse la tua ragazza."
"Non è la mia ragazza." specificai.
"Ma vorresti che lo fosse."
Sospirai e la guardai negli occhi. La donna sorrise, mi tolse le carte dalle mani e mi prese sotto braccio.
"Facciamo una pausa. Mi racconterai tutto davanti a una tazza fumante di caffè." ordinò.
Annuii, seguendola in un angolo dell'hangar, dove erano disposti dei piccoli tavoli. La donna prese due tazze di caffè e si sedette di fronte a me, porgendomene una.
"Dimmi tutto. Con chi hai litigato?" mi domandò.
"Olivia." risposi, tenendo gli occhi sulla mia tazza.
"Lo immaginavo." ammise, sorridendo "Olivia sa essere testarda, quando vuole, almeno quella di questo lato, ma credo che anche la tua non sia da meno."
"Voleva venire con me, oggi, ma non ho voluto rischiare." continuai "Mi ha accusato di essere ossessionato dalla storia della mia famiglia."
"Oh, beh... questo prova che sei il nipote di William, caro." rispose, sorridendo, quindi mi prese una mano, rassicurante "Stai tranquillo, se saprai farti perdonare, Olivia dimenticherà in fretta l'accaduto. Se posso darti un consiglio, prepara qualcosa che la sorprenda in positivo, tipo una cena, o un weekend solo per voi..."
"Nina, io e Olivia non stiamo insieme, lei non è la mia ragazza..." cercai di spiegare "siamo solo amici... domani andremo insieme a una festa, ma non siamo una coppia."
"Il fatto che siate solo amici non esclude che provi qualcosa per lei, Tenente Lee. Se saprai giocare bene le tue carte Olivia ti perdonerà."
Sospirai, guardando le finestre dell'hangar. Il cielo stava assumendo le tinte rossastre del tramonto; rimasi incantato: non ero più abituato a queste tinte, era strano, nonostante fossi nato su questo lato non ne sentivo molto la mancanza, anzi, dopo questo poco tempo passato nel mio universo di nascita stavo cominciando a sentire la mancanza della mia nuova casa.
Controllai l'orologio, era tardi, dovevo attraversare il velo.
"Devo andare." salutai "Ci vediamo tra un mese, all'apertura del Ponte."
Attivai il macchinario al mio polso e tornai a casa.
Era notte fonda quando varcai la soglia del mio appartamento alla scuola. Cercai di non far rumore, entrando: non volevo svegliare nessuno.
Rainbow, distesa nella sua cesta, alzò la testa e scodinzolò; le sorrisi e mi avviai verso la stanza di Olivia, per controllare come stesse.
La Rossa dormiva serenamente sul suo letto; mi avvicinai e le baciai la fronte, cercando di non svegliarla, ma senza successo. Liv aprì gli occhi, assonnata, ma il suo sguardo si illuminò appena mi riconobbe.
"Sei tornato!" esclamò, tirandosi su e abbracciandomi, mentre io mi sedevo sul letto e ricambiavo l'abbraccio.
"Avevi qualche dubbio?" chiesi, ma non attesi risposta "Ascolta... mi dispiace per quello che è successo... hai ragione, sono ossessionato..."
"No, Linc... scusami tu..." mi interruppe "non avrei dovuto aggredirti in quel modo... avevi ragione, era un viaggio pericoloso, e io non ero pronta..."
Mentre parlava mi aveva afferrato stretta la mano, non voleva lasciarla. La guardai negli occhi e sorrisi.
"Va bene, non fa nulla, ma ora dormi che è tardi." le dissi, spostandole una ciocca di capelli con la mano libera e avvicinandomi per baciarle la guancia.
Istintivamente si aggrappò alla mia maglia; la lasciai fare e decisi di stendermi accanto a lei, almeno finché non si fosse addormentata. La Rossa non mi mollò e la strinsi protettivo.
Pochi minuti dopo dormivamo entrambi, l'uno abbracciato all'altra.

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