Everything in its right place di katyjolinar (/viewuser.php?uid=3135)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Il mio nome è Lincoln Tyrone Lee, e questa è la storia della mia vita.
Sono nato il 3 ottobre 1981, ma io festeggio il mio compleanno il 27 aprile, data in cui, nel 2012, sono rinato.
Quel giorno, a Liberty Island, la mia vita è cambiata, anche se già qualche giorno prima aveva subito dei bruschi mutamenti.
Tanto per cominciare, ho visto morire me stesso. Sì, proprio così. Se l'avessi sentito dire 9 mesi prima da qualcun altro lo avrei preso per pazzo, ma da quando ho cominciato a lavorare nella sezione speciale dell'FBI chiamata Divisione Fringe, nulla è più classificabile come impossibile, neanche l'esistenza di universi alternativi e di altre versioni di noi stessi.
Mi trovavo nell'altro universo per riordinare delle scartoffie, ma poi sono rimasto coinvolto in un caso della loro Divisione Fringe... ed è così che il mio doppio è morto.
La sua collega chiedeva giustizia, così sono rimasto per darle una mano.
Poi dovetti fare una scelta: le due Divisioni avevano deciso di chiudere il ponte, quindi dovetti scegliere dove stare.
Scelsi l'altro universo.
Il ponte fu chiuso, ed io non potevo tornare indietro. Quella sarebbe stata la mia nuova casa.
La Rossa, accanto a me, mi sorrise; il Segretario Bishop si rilassò e diede degli ordini ai suoi sottoposti, quindi tornò a rivolgersi a noi.
"Agente Farnsworth, faccia preparare dei documenti nuovi per l'Agente Lee." ordinò. La giovane donna annuì e corse immediatamente fuori dalla sala, mentre il Segretario tornava a parlarci "Agente Dunham, faccia preparare uno degli alloggi della Divisione Fringe. L'Agente Lee starà lì finché non avrà trovato una sistemazione migliore."
Olivia annuì e fece subito una telefonata. Walternativo mi porse la mano, e io gliela strinsi. La sua stretta era calorosa.
"Benvenuto tra noi." mi disse.
Ero nell'altro universo da meno di cinque minuti e mi sembrava di essere lì da sempre!
Il mio nome è Lincoln Tyrone Lee, e questa che vi racconterò è la mia storia.
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Capitolo 2 *** 1 ***
Erano passati un paio di
mesi dalla chiusura del Ponte.
Avevo preso casa a New York: un vicino di casa di Olivia aveva messo in
vendita l'appartamento e lei mi aveva accompagnato a visitarlo. Fui
fortunato: quando il proprietario seppe che ero un collega di Olivia mi
propose un prezzo molto basso. Evidentemente in questo universo gli
ufficiali della Divisione Fringe godevano di un trattamento di favore.
La Rossa mi aveva anche dato una mano ad arredarlo, e capitava spesso
che andassimo al lavoro insieme, avendo gli stessi turni.
Una mattina, appena arrivammo alla Divisione Fringe, venni trascinato
da Astrid alla sua postazione per controllare alcune statistiche che le
avevamo richiesto riguardo un Evento Fringe avvenuto qualche giorno
prima.
Da quando avevo cominciato a lavorare lì, quella ragazza si
era legata a me come mai aveva fatto con nessun altro. Ero una sorta di
fratello maggiore, per qualche motivo a me sconosciuto, e mi avevano
detto che raramente Astrid dava confidenza ai nuovi arrivati, anche se
li conosceva da tempo.
Stavo controllando quelle statistiche, quando Olivia si
avvicinò sorridendo.
"Oggi torna Charlie dal viaggio di nozze." esordì, quindi mi
guardò "Tu non lo conosci, ma sono sicura che diventerete
ottimi amici."
Le sorrisi. In quel momento un uomo non troppo alto, bruno, con una
piccola cicatrice accanto all'occhio sinistro, si presentò
nell'ufficio.
"Sono tornato, gente!" esclamò, entusiasta.
Olivia gli andò incontro, io la seguii. Quello doveva essere
Charlie.
Si abbracciarono calorosamente, quindi l'uomo si voltò verso
di me, mi squadrò per qualche secondo, poi si
guardò intorno.
"Dov'è Lincoln?" domandò. Mi aveva riconosciuto:
io non ero il Capitano Lee.
La Rossa si voltò verso di me con aria di scuse, quindi
prese da parte Charlie e gli parlò.
Io tornai alla mia scrivania e al mio lavoro; non volevo disturbarli
mentre Olivia aggiornava Charlie sugli ultimi avvenimenti.
Stavo finendo di compilare un rapporto quando Charlie si
avvicinò, mi prese per la camicia, obbligandomi ad alzarmi,
quindi mi tirò un pugno, facendomi arretrare di qualche
passo. Olivia corse, mettendosi immediatamente tra noi.
"Se pensi che accetterò la tua presenza senza fiatare ti
sbagli, amico!" mi minacciò "Lincoln era insostituibile e tu
non hai diritto di stare al suo posto!"
Detto questo si allontanò, mentre Olivia controllava,
preoccupata, la mia faccia, sanguinante a causa del pugno ricevuto.
Questo fu il mio primo, burrascoso incontro con il mio compagno di
squadra nella Divisione Fringe, Charlie Francis.
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Capitolo 3 *** 2 ***
A Charlie ci volle
parecchio tempo ad accettare la mia presenza nella squadra. Olivia
dovette lavorare molto per calmare gli animi, i primi tempi: Charlie si
rifiutava di collaborare con me, o di ascoltare le mie osservazioni
riguardo ai vari casi. Inoltre si rifiutava di chiamarmi per nome o
almeno usando il grado militare che mi era stato assegnato dal
Segretario in persona per permettermi di far parte integrante della
Divisione Fringe: Tenente.
La situazione divenne ben presto dura e poco sostenibile per tutti, e
degenerò quando Astrid, destabilizzata dalla poca
collaboratività di Charlie, si chiuse in sé
stessa, smettendo di parlare.
Inizialmente Charlie diede la colpa a me per la situazione creatasi.
Ovviamente questo non servì a migliorare le cose,
così un giorno Olivia prese da parte l'amico per parlargli a
quattrocchi.
Non so cosa si siano detti, li vedevo parlare in un angolo tranquillo
dell'ufficio, e non mi avvicinai per rispettare la loro privacy. Restai
tutto il tempo accanto ad Astrid, che sembrava più
tranquilla se io le stavo vicino, ma ogni tanto lanciavo uno sguardo a
Olivia e Charlie. Li vedevo discutere animatamente, ma a bassa voce;
sapevo che parlavano di me, non ci voleva molto a capirlo. In fondo, io
ero l'ultimo arrivato e avevo preso il posto del loro collega morto, e
questo a Charlie non era andato a genio. Olivia incrociò il
mio sguardo e mi sorrise; Charlie si voltò verso di me, mi
squadrò per qualche secondo, quindi sospirò, si
voltò nuovamente verso Olivia e annuì. Il sorriso
della donna si fece ancora più luminoso, come non l'avevo
mai visto .
Non osai avvicinarmi, volevo aspettare che fossero loro a farlo, e non
si fecero attendere: Olivia quasi corse da me e mi abbracciò
calorosamente, poi Charlie ci raggiunse con calma.
"Okay, Olivia mi ha convinto. Proverò a darti una
possibilità." disse. Io sorrisi e gli strinsi la mano,
mentre Olivia mi stringeva ancora.
La Rossa ci guardò entrambi per qualche secondo, poi mi
stampò un bacio sulla guancia. Credo di essere arrossito,
perché sentii il sangue salire verso il volto.
Charlie stava per dire qualcosa, ma venimmo interrotti dall'allarme che
ci avvertiva di un Evento Fringe in atto.
Quello fu l'inizio dell'amicizia tra me e Charlie.
Questa amicizia si rafforzò col tempo.
Erano passati più di due anni da quel giorno, io e Charlie
eravamo diventati buoni amici, tanto che spesso ero invitato a cena a
casa sua, e il Segretario Bishop e la moglie mi trattavano come uno di
famiglia.
Era il 27 aprile 2015, il terzo anniversario della chiusura del Ponte e
del mio trasferimento in questo Universo.
Il Segretario aveva invitato la squadra a cena a casa sua,
approfittando anche del fatto che io, nonostante compissi gli anni il 3
ottobre, festeggiavo anche quella data. Io arrivai in orario, insieme a
Olivia, che era venuta in macchina con me, visto che eravamo vicini di
casa.
Elizabeth Bishop venne ad aprirci; appena ci riconobbe ci sorrise. Io
mi feci avanti e le porsi il mazzo di fiori che avevo portato per
l'occasione.
"Lincoln... non dovevi..." disse, prendendo i fiori e salutandomi con
un bacio sulla guancia, come ormai faceva ogni volta.
Io le sorrisi e, poggiando delicatamente una mano sulla schiena di
Olivia, la feci entrare in casa per prima.
Il Segretario Bishop si avvicinò, ci strinse la mano e mi
porse un bicchiere di rarissimo vino rosso del Chianti.
"Come è andata la settimana al lavoro, figliolo?" mi
domandò.
"Come sai, brancoliamo ancora nel buio per quei picchi di magnetismo."
risposi "secondo i calcoli di Astrid non sono naturali."
"Quindi c'è un colpevole." concluse Walter, sospirando
"Quesiti eventi si ripetono da più di due anni. Dobbiamo
trovare una soluzione."
Annuii. Stavo per rispondere quando suonarono alla porta; Astrid,
Charlie e Mona erano arrivati, e la cena poteva cominciare.
Ci sedemmo a tavola. La signora Bishop aveva cucinato tutto il giorno,
sapendo che avrebbe avuto ospiti per cena.
Chiacchierammo animatamente per tutto il tempo; sembrava di essere a
una cena di famiglia, in cui i parenti si ritrovano tutti insieme per
passare del tempo in compagnia. A fine cena era diventata abitudine per
il 27 aprile che io ricevessi dei doni, come al mio compleanno.
Ci eravamo spostati nel cortile sul retro della casa. Mentre
sorseggiavo un bicchiere di raro e costoso whisky offerto dal
Segretario, la signora Bishop ci raggiunse con, tra le mani, un piccolo
pacchetto; me lo porse, io sorrisi e lo aprii, trovando un paio di
occhiali nuovi.
"Elizabeth... non dovevate..." protestai debolmente.
"Te ne servivano di nuovi." spiegò la donna "Te li abbiamo
fatti fare su misura."
Io annuii e li provai. Mi stavano a pennello; abbracciai la signora
Bishop e strinsi la mano al Segretario, mentre Olivia mi porgeva un
pacco più grande.
Presi anche quello e lo aprii. Era una giacca in pelle nera, con una
linea semplice e pratica, come avevo cominciato a vestirmi di recente.
La indossai per provarla; Olivia mi aggiustò il colletto e
mi sistemò un ciuffo di capelli, che cadeva ribelle sulla
fronte.
"È perfetta. Grazie, Liv!" la ringraziai, abbracciandola e
posandole un bacio sulla guancia. Mentre lo facevo, notai degli sguardi
tra gli altri, intorno a noi. Mi allontanai delicatamente, continuando
a tenere una mano sulla schiena della Rossa.
Charlie strinse la moglie e mi guardò sorridente.
"Noi non abbiamo portato nulla." esordì "Ma tra qualche mese
avremo un figlio, e ci piacerebbe che tu facessi da padrino."
"Aspettate un bambino?" domandò Olivia, incuriosita.
"Si, siamo incinti." rispose Mona, stringendosi al marito.
"Oh, beh... che Charlie sia incinto non è una
novità!" scherzò la Rossa.
"Olivia non ha tutti i torti. I tuoi ragni come la prenderanno?"
domandai scherzosamente.
Charlie stava per rispondere, quando nei nostri palmari
squillò l'allarme Evento Fringe.
Astrid prese il suo e lo controllò.
"Picco magnetico anomalo a Central Park." informò, parlando
tutto d'un fiato.
Io e Olivia ci guardammo per qualche secondo, poi lei mi prese le
chiavi della macchina dalla tasca dei jeans e andò verso
l'uscita.
"Guido io." disse "Andremo più veloci. Charlie, vai pure a
casa, per ora bastiamo noi. Signor Segretario, grazie della cena."
Uscì. Io la seguii; rimanemmo in silenzio per tutto il
viaggio . Sapevamo già cosa aspettarci: oggetti metallici
che si muovevano impazziti all'interno di un perimetro, tubature del
gas e dell'acqua che venivano distorte dal campo magnetico, provocando
esplosioni e allagamenti, in poche parole una zona di guerra.
Quando arriviamo mi guardai intorno, come al solito, in cerca di
qualcosa di strano, o che mi rivelasse qualche nuovo indizio
sull'Evento Fringe.
Era notte, ma una piccola folla si era già raccolta attorno
al perimetro tracciato dai nostri colleghi, accorsi sul posto poco
prima del nostro arrivo. Osservai i volti della folla, in cerca di
qualcosa, quando il mio sguardo venne attirato da un ometto basso
dall'aria apparentemente anonima. Lo osservai meglio e mi
sembrò di averlo già visto prima; basso,
tarchiato, con una pettinatura stramba e delle lunghe basette, di certo
non passava troppo inosservato. Lo avevo già visto nei
pressi degli altri Eventi Fringe simili a questo.
"Olivia, forse abbiamo una testimone... o un colpevole." la informai.
"Va bene. Andiamo." rispose. Ed io le feci strada verso quell'uomo. Si
era appena acceso un sigaro e, quando gli fummo vicini, ci
guardò con aria indifferente dal basso verso l'alto.
"Salve." salutò.
"Logan, che diavolo ci fai qui?" domandò Olivia, dopo
qualche secondo di silenzio.
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Capitolo 4 *** 3 ***
Mi voltai
istantaneamente verso Olivia, sorpreso.
"Conosci quest'uomo?" domandai. Lei annuì.
"Cosa sta cercando lo S.H.I.E.L.D. in un evento di nostra competenza?"
chiese, senza togliere gli occhi dall'uomo.
"Lo S.H.I.E.L.D. non c'entra. Sono qui per conto di altri." rispose
l'altro, ignorandomi.
"Lo S H.I.E.L.D.?" domandai. Avevo già sentito quel nome
prima, ma non riuscivo a ricordare dove.
"Strategic Homeland Intervention, Enforcement and Logistic Division."
mi rispose la Rossa "È l'equivalente della C.I.A. nell'altro
universo."
Cominciavo a capirci di più, ma ancora c'era qualcosa che
non mi tornava. Quell'uomo lo avevo già visto prima.
"Senti, Rossa," continuò Logan "noi non vogliamo intralciare
le indagini della Divisione Fringe, ma sappiamo chi è stato,
e vogliamo fermarlo."
"Sapete chi è stato?" domandai, intromettendomi nella
discussione.
Logan mi squadrò, fulminandomi con lo sguardo.
"Tu devi essere il tizio dell'altro universo, vero?" domandò.
"Sì, è lui." tagliò corto Olivia "Ora
dicci tutto."
Logan annuì, spense il sigaro e si guardò intorno.
"Non qui." disse "Troppa gente."
Senza dire altro si incamminò verso un vecchio pick-up; noi
lo seguimmo in silenzio. Pensai che, se l'equivalente della C.I.A. in
questo lato era coinvolta negli Eventi Fringe, allora c'era in ballo
qualcosa di grosso.
Ci fermammo davanti al pick-up. Logan infilò la mano nel
finestrino e diede una pacca sulla schiena a un grosso cane accucciato
sul sedile, il quale si alzò e saltò
giù dal veicolo, facendogli le feste.
Guardai meglio l'animale: non era un cane, ma una lupa bianca,
zoppicava vistosamente dalla gamba anteriore destra ed era incinta.
"Puoi parlare ora?" domandò Olivia, spazientita. Io restavo
in silenzio e continuavo a fissare quell'uomo, cercando di capire dove
lo avessi già visto.
Logan fece cenno di attendere ancora e prese il suo palmare, attivando
la videochiamata.
"Professore? Ci sono due agenti della Divisione Fringe che vorrebbero
conoscere le informazioni che abbiamo sul loro caso." disse, rivolto
allo schermo.
"Chi sono?" domandò una voce maschile dal palmare.
"Il Capitano Dunham e il Tenente Lee. Allora che faccio, Chuck?"
"Accompagnali qui. Parleremo con calma." concluse l'altro, chiudendo la
videochiamata. Logan alzò gli occhi e guardò
Olivia, la quale si allontanò per chiamare la base e
ottenere tutti i permessi.
Logan mi fissava, serio, mentre il suo lupo annusava l'aria intorno a
lei.
"Quindi tu saresti la nuova ragazza della Rossa?" domandò.
Non risposi alla provocazione e analizzai il pick up, in cerca di altri
indizi su chi fosse quell'uomo; Olivia tornò accanto a me
quasi subito.
"Ho ottenuto tutti i permessi, possiamo andare. Logan, ti seguiamo."
disse, facendomi un cenno.
Tornammo alla macchina e mi misi alla guida; seguimmo il pick up di
Logan per circa un'ora, e quando fummo in vista di un'enorme villa con
un grosso parco circondato da un robusto muro, rallentammo.
"Mh... deja-vu." dissi, osservando la villa, man mano che ci
avvicinavamo.
"Cosa?" domandò Olivia, incuriosita.
"Questo edificio, l'ho già visto nell'altro universo, ma non
capisco dove." risposi, parcheggiando di fronte all'ingresso.
Olivia annuì e scese dall'auto. Era l'alba, e non c'era
anima viva in giro. Raggiungemmo Logan e attendemmo che finisse di
fumarsi il suo sigaro, mentre guardava preoccupato il suo lupo, che era
agitato e era agitato e girava attorno a noi, annusando ovunque.
"Che ha?" chiesi, indicandola.
"Sta per partorire." rispose l'altro, sospirando, quindi si
abbassò e la fermò "Ora ti porto in infermeria,
piccola. La Palla di Pelo si occuperà di te e dei tuoi
cuccioli. Starete bene lì."
"Palla di Pelo?" domandai, mentre il portone d'ingresso si apriva e una
giovane donna con la pelle scura e i capelli bianchi veniva ad
accoglierci.
"Oh, buongiorno! Vi stavamo aspettando. Entrate pure." disse la donna.
La fissai a bocca aperta, mentre seguivo Olivia e l'albina: stavo
cominciando a collegare gli indizi, ma non poteva essere che... era
impossibile...
Camminammo in silenzio lungo i corridoi deserti dell'edificio che,
apparentemente, sembrava essere adibito a collegio, e mano a mano i
miei sospetti si fecero sempre più fondati, ma non osai
parlare per non essere preso per pazzo.
Incrociammo nuovamente Logan davanti a una massiccia porta in legno;
doveva essere l'ufficio del loro capo e, se i miei sospetti erano
fondati, sapevo già chi poteva essere.
Logan bussò, attese qualche secondo, quindi aprì
la porta e ci fece entrare.
L'ufficio era elegante e ordinato, una grossa scrivania in legno era
posta davanti all'ampia finestra. Di fronte ad essa c'era un uomo calvo
su una sedia a rotelle elettrica.
Si mosse verso di noi per stringerci la mano.
"Benvenuti agenti." ci salutò "Io sono il Professor Charles
Xavier, e questi sono..."
"Logan e Ororo Munroe" lo interruppi "Alias Woverine e Tempesta. Gli
X-Men. Sì, so chi sono."
Olivia si voltò verso di me, sorpresa.
"Li conosci? Come? Li hai conosciuti dall'altra parte?"
domandò.
"Più o meno." risposi, guardandola negli occhi.
La Rossa mi fissò per qualche secondo; sapevo cosa stesse
pensando: lei conosceva solo Logan, e neanche tanto bene, io sembravo
conoscerli tutti, o almeno conoscevo le loro versioni alternative.
Stava valutando se lasciarmi il comando dell'operazione o meno; alla
fine sospirò e annuì.
Era quello che stavo aspettando; le sfiorai la mano con la mia e tornai
a rivolgermi al Professore.
"Okay, ora che le presentazioni sono state fatte," esordii "diteci cosa
sapete degli Eventi Fringe."
Il Professore sorrise e si avviò verso la porta.
"Certo, ma lo faremo davanti a una tazza di tè. È
quasi ora di colazione."
Io annuii e, insieme, lo seguimmo lungo i corridoi dell'edificio, che
cominciava ad essere popolato: bambini e ragazzi di ogni età
camminavano in varie direzioni, chiacchierando animatamente tra loro;
ebbi un'ulteriore conferma dei miei sospetti quando un uomo
più o meno della mia stessa età ci
superò salutando il Professore: aveva due enormi ali da
angelo; mi voltai verso Olivia e la vidi confusa.
Continuando a camminare le afferrai delicatamente la mano per
tranquillizzarla. Lei la strinse e non la mollò.
Entrammo in quella che doveva essere la mensa della scuola, che
cominciava ad essere affollata.
Stavamo per sederci a uno dei tavoli quando sentimmo un'esplosione
all'interno della sala; mi buttai istintivamente su Olivia per
proteggerla.
"Scusate, colpa mia" si scusò un uomo dall'accento francese.
"Remy Lebeau..." sospirai, tirandomi su e aiutando Olivia.
Subito non ci feci caso, ma poi notai la sorpresa nei suoi occhi.
"Lincoln, guardati!" esclamò.
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Capitolo 5 *** 4 ***
La fissai per qualche
secondo. Perché dovevo guardarmi? Non capivo. Alla fine mi
decisi e mi guardai la mano, e rimasi sorpreso.
La pelle era color metallo, grigia e lucida, e anche una parte della
manica della giacca aveva lo stesso colore, anche se stava lentamente
tornando alla normalità.
"Ma che diavolo..." esclamai "Non è possibile..."
"È possibile, invece, amico." rispose Logan, che si era
avvicinato con aria divertita.
"No, tu non capisci." protestai "Non è possibile che io sia
un mutante perché dall'altra parte i mutanti non esistono:
io vi conosco perché voi tutti siete fumetti."
Ci fu un improvviso silenzio. Mi guardai la mano: era tornata normale,
non c'era più traccia del metallo sulla mia pelle.
Mi rivolsi nuovamente al Professore, mantenendo la calma.
"Picchi magnetici ed oggetti metallici impazziti. Mi faccia indovinare:
Magneto." dissi, serio.
"Proprio così, Tenente." rispose l'uomo "Ma prima di poterlo
affrontare, tu devi imparare a gestire le tue capacità."
concluse, indicando le posate sul tavolo vicino a me, che vibravano
impazzite.
Feci un respiro profondo e le posate smisero di vibrare; mi voltai
verso Olivia, che attendeva spiegazioni e le consegnai le chiavi della
macchina.
"Torna alla base e avverti gli altri che il responsabile è
un pericoloso mutante con il potere di controllare i metalli. Il suo
nome è Erik Lencherr, ma si fa chiamare Magneto." ordinai
"Potrebbe non essere solo, state attenti."
"Dovresti venire anche tu." protestò la Rossa.
"Non posso. Al momento sono pericoloso. Qui posso comunque lavorare; tu
non hai idea delle tecnologie di cui dispongono gli X-Men. Possiamo
tenerci in contatto." conclusi. Olivia annuì e la
accompagnai alla macchina.
Aspettai che si fosse allacciata la cintura e le chiusi la portiera,
quindi le diedi una pacca affettuosa sulla spalla e mi allontanai di
qualche passo.
Olivia partì; io mi voltai verso Logan, che mi aveva
raggiunto e guardava l'auto della Rossa.
"Non fa per te, amico!" esclamai, scherzosamente "Conosco la tua
passione per le rosse, ma tu non sei il suo tipo."
"Mh... vedremo." borbottò "Vieni con me, Hank vuole farti
degli esami prima di cominciare."
Annuii e lo seguii lungo i corridoi della scuola. Era una situazione
strana: fino a qualche ora prima pensavo che gli X-Men fossero solo un
gruppo di eroi dei fumetti, ed ora mi ritrovavo a camminare accanto a
uno di loro, nella loro scuola-base. La vita a volte ci riserva delle
strane sorprese.
Scendemmo nel sotterraneo e passammo una porta in legno uguale a tutte
le altre. L'arredamento cambiò, come il colore dei muri del
corridoio in cui eravamo entrati; ora ricordava più uno dei
locali della Divisione Fringe che quelli di una scuola.
"Ecco, questo è più simile ai film che ai
fumetti." commentai, sorridendo.
"I film?" chiese Logan, incuriosito.
"Dall'altra parte hanno fatto una trilogia sui fumetti, un paio di
spin-off e un reboot, forse anche il seguito di quest'ultimo." spiegai
"Sono riuscito a vedere solo alcuni di essi, perché gli
altri sono usciti dopo che mi sono trasferito. Ah, lo spin-off era su
di te."
Logan mi guardò incuriosito, ma non disse altro,
aprì la porta dell'infermeria e vi entrò.
Io lo seguii guardandomi intorno; la stanza era molto semplice: un paio
di brandine, scaffali alle pareti e una scrivania alla quale era seduto
un uomo peloso e blu, Hank McCoy, la Bestia.
"Allora, Palla di Pelo, come sta andando?" domandò
Wolverine, camminando verso una piccola tenda montata nell'angolo
più in penombra dell'infermeria, che non avevo notato in un
primo momento.
"Stanno bene tutti quanti, Logan. Ora stanno riposando." rispose Hank.
Logan annuì e si inginocchiò vicino all'entrata
della tenda.
Mi avvicinai anch'io, mentre Wolverine infilava la mano nella tenda e
dava una pacca leggera al suo lupo, che stava allattando tre dei suoi
cuccioli, mentre il quarto sonnecchiava vicino al muso della madre.
Mi abbassai per guardarli meglio; Logan diede un'altra pacca alla madre
e si spostò, lasciandomi la visuale libera.
"Due maschi e due femmine." spiegò "Sembrano in salute."
"Cosa farai quando cresceranno?" domandai.
"Non lo so, devo trovare loro una sistemazione al più
presto." sospirò Logan, fissando uno dei cuccioli, l'unico
che non stava mangiando e che annusava l'aria con fare curioso. La
madre era vicina, ma il cucciolo, una delle due femmine, nonostante
avesse non più di un'ora, gli occhi chiusi e fosse
completamente indifesa, sembrava più interessata agli
stimoli che provenivano dall'esterno che alle attenzioni della madre.
La piccola, continuando ad annusare l'aria, si avventurò
fuori dalla tenda, trascinandosi con le ancora deboli zampine. La madre
non la perdeva d'occhio, ma la lasciava libera, rassicurata dalla
presenza di Logan; la piccola si fermò tra noi due e
annusò nuovamente l'aria, poi venne verso di me. Io guardai
la madre, pronto a scattare indietro nel caso il cucciolo mi avesse
toccato e lei mi avesse aggredito: le madri sanno essere molto
aggressive se il loro cucciolo viene sfiorato da un estraneo.
La piccola si fermò vicino alla mia mano, poggiata a terra,
e posò la testa sulle dita; io guardai Logan, indeciso su
cosa fare.
"Tranquillo, finché ci sono io nei paraggi non ti
farà niente!" mi rassicurò "Sembra che tu abbia
un'ammiratrice, ragazzo: alla piccola piace il tuo odore."
Io guardai la piccola, indeciso, quindi mossi delicatamente la mano. Il
cucciolo protestò debolmente, ma si tranquillizzò
quando rimisi la mano sotto di lei per prenderla in braccio.
Era molto piccola e fragile, eppure, per qualche strana ragione, appena
sentito il mio odore aveva deciro di avventurarsi fuori dal rifugio
sicuro dove era nata un'ora prima e di raggiungermi.
"Stanno istituendo delle nuove riserve naturali." dissi "Una delle
più grandi si trova dove una volta c'era il Vortice di
Yellowstone. Dall'altra parte è uno dei parchi
più importanti al mondo. Il Segretario alle Politiche
Ambientali, John Fritzgerald Kennedy, è molto amico del
Segretario della Difesa, e io sono in buoni rapporti con il Segretario
Bishop. Posso chiedere di organizzare un reinserimento in natura non
appena saranno abbastanza grandi."
Logan annuì e Hank si schiarì la voce dietro di
noi. Ci voltammo entrambi: aveva tra le mani alcune provette e una
siringa per prelievi.
"Ah, giusto, le analisi." dissi, restituendo il cucciolo alla madre e
andando a sistemarmi su una delle brande.
Sospirai e mi guardai intorno. Sapevo che la mia vita era cambiata, tre
anni prima, ma non pensavo che i cambiamenti sarebbero continuati
così drasticamente, rivelandomi di essere un mutante, quando
nel mondo in cui ero nato i mutanti esistevano solo nei fumetti.
I miei pensieri vennero interrotti dalla porta che si apriva. Un uomo
entrò, scusandosi per il ritardo; io lo fissai stupito.
"Nick Lane? Che ci fai qui?" domandai.
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Capitolo 6 *** 5 ***
Nick mi fissò, sorpreso di vedere me quanto io lo ero di
vedere lui.
Si avvicinò e mi strinse la mano.
"Ehi, Linc! Che ci fai qui?" mi domandò.
"Stavo per farti la stessa domanda..." gli risposi, mentre Hank mi
cercava la vena nel braccio per il prelievo.
"Vi conoscete?" domandò Logan, allontanandosi dal rifugio
del suo lupo.
"Sì, lui ci ha aiutato nell'ultima indagine congiunta prima
della chiusura del ponte." spiegai, poi tornai a parlare con Nick
"Allora? Che ci fai qui?"
"Oh, beh... poco tempo dopo avervi aiutato con quel caso ho scoperto di
avere delle abilità speciali: trasmettevo il mio stato
d'animo sulle persone vicine a me." raccontò "Il Professore,
poi, è venuto a trovarmi e mi ha fatto venire qui per
aiutarmi a padroneggiare la mutazione."
Io annuii, pensando alla situazione in cui mi trovavo.
"Comunque è davvero strano... io provengo da un mondo in cui
i mutanti non esistono, eppure sambra che io sia un mutante..."
commentai.
"Ma ricordo male, oppure mi avevate detto che il mio doppio e quella
bionda avevano capacità paragonabili a quelle dei mutanti?"
domandò Nick.
"Sì, ma erano dovute alle sperimentazioni con il
Cortexiphan!" protestai "Io, per quanto ne so, non sono mai entrato
nella sperimentazione..."
"Farò anche una ricerca di sostanze chimiche nel sangue,
allora." disse Hank, finendo di prelevarmi i campioni di sangue "Ma ci
vorrà tempo."
Annuii e scesi dalla brandina, non appena Hank ebbe finito i prelievi.
Salutai Nick e seguii Logan fuori dall'infermeria.
Mi portò nuovamente nell'ufficio del Professore, il quale ci
aspettava vicino a un tavolino con una scacchiera. Mi avvicinai e il
Professore mi fece cenno di sedermi di fronte a lui, dall'altra parte
del tavolino; ubbidii, mentre Logan si sistemava vicino alla scrivania.
"Dimmi qualcosa di te, Tenente Lee." disse Xavier, muovendo uno dei
suoi pedoni bianchi.
"Non c'è molto da dire, Professore." risposi, muovendo un
pedone nero "E comunque credo che lei possa aver già visto
qualcosa, qui dentro." mi toccai la tempia, in attesa di una sua
risposta.
"Oh, beh..." disse "Sembra che tu possieda una sorta di scudo mentale
che ti protegge dalla telepatia."
Annuii e mossi un altro pezzo degli scacchi, quindi gli raccontai la
mia vita prima di trasferirmi in questo universo. Il Professore
ascoltò in silenzio, continuando la partita a scacchi con
me, mantre Logan ci osservava dalla sua postazione, immobile.
Quando terminai, bussarono alla porta; quasi subito questa si
aprì e Tempesta entrò, portando dei documenti. Li
posò sulla scrivania del Professore, quindi si
sistemò accanto a Logan. Lui le passò un braccio
attorno ai fianchi e la guardò, sorridendole, poi le
posò un bacio sulle labbra.
Li fissai sorpreso. Sapevo tutto, o quasi, su di loro, ma questa non me
l'aspettavo.
"Voi... voi due state insieme?" domandai.
"Sì." rispose Ororo "Non è così anche
nei fumetti dell'altro lato?"
"In realtà no." risposi "Negli ultimi fumetti che ho letto
tu eri sposata, ma non con Logan."
Il Professore ascoltò interessato, quindi si
allontanò dalla scacchiera e parlò con la coppia.
"Accompagnate il Tenente alla sua stanza, poi avvertite Colosso.
Sarà lui ad addestrarlo e testare i suoi poteri ."
ordinò.
Tempesta annuì e mi fece cenno di seguirla.
I giorni seguenti subii un addestramento intensivo da parte degli
X-Men, e dopo più di un mese gestivo già in modo
accettabile le mie abilità mutanti.
Erano i primi giorni di giugno, i giorni precedenti avevo ricevuto dei
rapporti periodici da Olivia riguardo il caso delle anomalie
magnetiche, ma ancora non erano riusciti a trovare Magneto.
Quella avevo l'addestramento con Logan, il che significava passare
dalle due alle tre ore nella Stanza del Pericolo, che simulava un
ambiente, generalmente ostile, e battermi contro Logan, affrontando
anche i pericoli che l'ambiente olografico rendeva molto reali,
dopodiché passare altrettanto tempo in infermeria a
controllare i lividi e le eventuali ferite.
Eravamo nella Stanza del Pericolo da un'ora e già grondavo
di sudore, per via dell'ambiente olografico creato dal simulatore
olografico, quando Tempesta ci interruppe, parlandoci dalla sala
controllo.
"Ragazzi, interrompete l'allenamento." disse "abbiamo ospiti!"
Logan annuì e chiuse il programma, ed io andai a recuperare
la mia t-shirt, buttata in un angolo a inizio allenamento,quindi uscii
dietro Wolverine, asciugandomi il sudore.
Nel corridoio incrociammo Ororo, che scortava altre tre persone:
Olivia, Charlie e Astrid, la mia squadra alla Divisione Fringe.
"Oh, ciao... come mai siete qui?" domandai, mentre Olivia mi
abbracciava, ignorando il fatto che fossi ancora a torso nudo e sudato
fradicio. La lasciai fare e strinsi la mano che mi porgeva Charlie, per
salutarlo.
"Ehi, Linc! Come te la passi?" domandò l'uomo, mentre facevo
strada verso l'infermeria "Ti sei fatto di steroidi per caso?"
continuò, indicando il mio braccio, che si era irrobustito
nell'ultimo mese.
Io sorrisi senza rispondere ed entrammo nell'infermeria . Dentro il
locale era tutto in ordine, come al solito un angolo era predisposto a
tana per la lupa di Logan e per i suoi cuccioli; lei stava mangiando da
una ciotola, mentre Ororo le carezzava il pelo e Logan teneva d'occhio
i cuccioli, tre dei quali lottavano giocosamente tra loro.
Appena feci il mio ingresso nel locale, uno di loro smise di giocare e
corse da me, si trattava della femmina che si era legata a me fin dal
primo giorno. La presi in braccio e mi sedetti sul lettino, mentre Nick
eseguiva gli ordini del Dottor McCoy e preparava gli strumenti per i
contrilli di routine.
La piccola era cresciuta molto in quel mese, ed era un piccolo uragano,
non stava mai ferma e si lamentava se non le prestavo attenzione quando
mi trovavo in infermeria.
Notai subito che Astrid, che fino a quel momento era rimasta in
silenzio dietro Charlie, con i pugni chiusi, la schiena rigida e lo
sguardo basso, venne attratta dai cuccioli giocosi, e li fissava
incuriosita. Scambiai uno sguardo con Olivia, poi con Logan; entrambi
avevano notato il repentino cambiamento nella ragazza.
"Ehi, Astrid!" la chiamai "vieni qui."
Astrid mi fissò, indecisa, così le sorrisi,
mentre lasciavo che la cucciola mi mordesse giocosamente le mani. La
giovane fece qualche passo verso di me, senza togliere gli occhi dalla
piccola creatura che avevo tra le mani.
"I lupi vivono nelle foreste." disse, tutto d'un fiato "A causa del
decadimento del nostro universo sono quasi estinti. Ne rimangono solo
poche centinaia di esemplari, quasi tutti in Europa..."
"Oh, beh... qualcuno c'è anche nei Territori di Nord Ovest,
in Canada." la interruppe Logan, avvicinandosi con in braccio uno degli
altri cuccioli "la loro madre l'ho trovata da quelle parti, era finita
con la zampa in una tagliola, mentre il compagno era appena morto per
un boccone avvelenato messo lì da un bracconiere. Lei sono
riuscito a salvarla, ma non potrò restituitle la
libertà a causa del suo handicap, non sopravvivrebbe con la
zampa in quelle condizioni."
Astrid annuì, fissando il cucciolo; Logan glielo
passò, mettendoglielo delicatamente in braccio. La ragazza
sorrise e andò a sedersi in un angolo, coccolando il piccolo.
Io sorrisi, infilandomi una felpa della scuola, mentre la cucciola
giocava con Olivia; quindi mi rivolsi ai miei due colleghi.
"Ok, ditemi tutto. Notizie di Magneto?" domandai.
"Sì, ma non buone." rispose Charlie "C'è stato un
altro attentato, ma le conseguenze sono stati peggiori rispetto ai
precedenti: abbiamo dovuto ambrare la zona."
Annuii. Per quanto ne sapevo, l'ultima volta che avevano dovuto usare
l'ambra per arginare un Evento Fringe, io neanche sospettavo
dell'esistenza di questo universo, quindi se avevano dovuto ambrare
quel posto la situazione era davvero grave.
"Dove c'è stato l'attentato?" chiesi.
"A New York." rispose prontamente Charlie "L'Opera House."
Scattai in piedi "Come hai detto?"
"L'Opera House," ripetè l'altro "perché?"
"Perché la prima volta che Lincoln è passato da
questo lato, insieme a Peter Bishop, è passato da quel
punto." rispose la Rossa, anticipandomi. Io annuii, continuando la
spiegazione.
"È uno dei punti deboli che separa gli universi. Non mi
stupirei se anche Peter e gli altri abbiano registrato qualche
anomalia, dalla loro parte."
Rimasi in silenzio, pensieroso, ma venni distratto da Olivia, accanto a
me, che poggiava la testa sulla mia spalla. Mi girai verso di lei per
guardarla, e la vidi impallidire.
"Stai bene, Liv?" le chiesi, preoccupato.
"Sì, è solo un po' di mal di testa." rispose,
portandosi una mano sulla tempia.
"Di nuovo?" si intromise Charlie. Lo guardai interrogativo, e lui si
affrettò a spiegare "È da quando ti sei
trasferito qui che ha continui mal di testa."
Guardai nuovamente Olivia, mentre Nick si avvicinava con una pillola
per il mal di testa e un bicchiere d'acqua.
Sfiorai la fronte della rossa; era bollente. I miei occhi si spostavano
di nuovo su Nick, ed ebbi una folgorazione.
Presi in braccio Olivia proprio nell'istante in cui lei perse i sensi e
corsi fuori.
"Ehi! Che succede? Dove stai andando?" chiese Logan, venendomi dietro.
"Alla Stanza del Pericolo. È il posto più sicuro
per lei, al momento. Attiverò uno dei programmi, ma nessuno
deve entrare finché il posto non sarà sicuro!"
ordinai, poi entrai nella stanza del pericolo con Olivia tra le braccia
e bloccai la porta.
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Capitolo 7 *** 6 ***
Continuando a tenere
Olivia tra le braccia, attivai uno dei programmi. Vidi apparire prima
alcuni alberi vicini, poi sentii l'erba sotto i piedi e vidi delle
colline in lontananza.
Mi sedetti su una roccia, senza mollare Olivia, e la guardai,
sfiorandole la fronte calda con la mano.
"Liv, ascoltami... devi concentrarti." dissi.
Olivia aprì gli occhi, io le sorrisi e continuai a parlarle,
calmo.
"Guardati intorno e trova un obiettivo, poi concentrati. Io resto qui,
non sarai sola"
La Rossa si aggrappò alla mia felpa, tirandosi su, poi si
guardò intorno. Si focalizzò su un albero poco
lontano e lo fissò, concentrata, mentre io le afferravo la
mano, per farle forza.
Improvvisamente l'albero esplose. Istintivamente, con un movimento
veloce, mi girai di spalle, riparando Olivia dall'esplosione grazie
alla mia pelle, diventata subito metallica, che avevo scoperto essere
molto resistente.
Quando l'onda d'urto cessò, mi allontanai delicatamente da
lei, che ancora si teneva saldamente alla mia felpa.
"Okay. È finito tutto." la rassicurai, sfiorandole la fronte
"Stai tranquilla, è andato tutto bene."
Olivia si tirò su, cercando di contrastare il tremore da
panico che l'aveva colpita.
"Qual... qualcuno ha visto cosa è successo?"
domandò, cercando di controllare la respirazione.
"No, nessuno, tranquilla." la rassicurai ancora.
"Per favore, non dirlo a nessuno, ma... a me non piace il fuoco..." mi
implorò.
"Ho visto. Ti sei irrigidita non appena hai percepito l'esplosione,
anche se l'hai provocata tu." risposi "Stai tranquilla, il tuo segreto
è al sicuro con me."
Sorrise, distogliendo lo sguardo, mentre io chiudevo il programma e
aprivo la porta, accompgnandola nuovamente nel corridoio.
"Lui non sapeva mantenere i segreti." confessò.
Sospirai, stringendola per le spalle; sapevo a chi si riferiva: l'altro
Lincoln, morto tre anni prima.
Non dissi nulla, non c'era nulla da dire: la morte del suo migliore
amico era, dopo tre anni, ancora una ferita aperta nel cuore di Olivia.
Raggiungemmo Logan, che ci aspettava poco distante, affiancato da uno
dei cuccioli del suo lupo.
"È corsa dietro di voi non appena siete usciti." si
scusò l'uomo, indicando la lupacchiotta, la quale mi corse
incontro guaendo felice e preoccupata allo stesso tempo.
mi abbassai e la presi in braccio; la cucciola si calmò
immediatamente, mentre io le grattavo la schiena.
"Ehi, tranquilla, non vado da nessuna parte!" le dissi, poi mi rivolsi
a Logan "Olivia deve rimanere alla scuola con noi."
"Lo immaginavo." commentò Wolverine "Come lo hai capito?"
"Nick Lane. Nell'altro universo era un cortexikid, esattamente come lo
era l'altra Olivia. E lei, prima che le sue abilità
emergessero, aveva continui mal di testa."
Logan annuì e raggiungemmo nuovamente gli altri. Astrid non
aveva ancora lasciato il cucciolo, che sonnecchiava placidamente in
braccio a lei, e Charlie ci osservava preoccupato.
"Charlie, Olivia deve restare qui per un po'." lo informai "Ma ci
faremo sentire appena possibile. Tu continua le ricerche e facci
sapere, per favore."
Charlie annuì e guardò Astrid, eloquente. Mi
avvicinai e, con la mano libera, le presi delicatamente il cucciolo
dalle braccia.
"Potrai tornare a trovarlo quando vuoi." la rassicurai "Ora tornate a
casa."
La giovane annuì e seguì Charlie verso l'uscita,
mentre io lasciavo a Logan il cucciolo tenuto fino a poco prima da
Astrid e portavo Olivia dal Professore.
La Rossa era stremata, la feci sedere su una delle sedie dell'ufficio e
attesi che Xavier parlasse.
Il Professore si avvicinò e guardò Olivia,
sorridendole.
"Agente Dunham..." la salutò "Permetti?"
Olivia annuì e l'uomo le posò le mani sulle
tempie, chiudendo gli occhi.
"Mh... interessante!" esclamò "Telepatia... sento i flussi
di pensiero in entrambe le direzioni." commentò l'uomo "E da
quello che è successo nella Stanza del Pericolo, direi che
sei anche una telecineta molecolare. Potresti fare grandi cose,
ragazza. Hai solo bisogno di allenamento. Te ne occupi tu, Lincoln?
Credi di esserne in grado?"
"Ci posso provare, con un po' di aiuto." confermai.
"Avrai tutto l'aiuto che ti serve, Tenente. Se vuoi, Olivia
può occupare la stanza libera dell'appartamento che ti
abbiamo assegnato qui." suggerì Xavier. Olivia
annuì e il Professore ci congedò, quindi uscimmo
dall'ufficio e io portai la Rossa nella sua nuova camera.
Olivia si guardò intorno e si sedette sul letto. La osservai
dalla porta, non volevo invadere i suoi spazi; era spaesata, solo
un'altra volta l'avevo vista così: tre anni prima, subito
dopo la morte del suo partner.
Mi fece cenno di sedermi accanto a lei, e io ubbidii, adagiando il
cucciolo che era ancora con me sulle mie cosce; Olivia la
guardò e sorrise.
"Hai proprio fatto colpo su di lei: preferisce stare con te che con sua
madre." affermò.
"Pare proprio di sì. Mi ha preso in simpatia." dissi,
pettinando il pelo della piccola con le dita.
"Lui aveva un cane, sai?" disse, dando un buffetto al cucciolo.
"Ho visto le foto. Non credo di essere il tipo da quel tipo di cani. Mi
sono sempre piaciuti i cani di taglia medio-grande, come i pastori
tedeschi, o gli husky..."
"...O i lupi..." completò Olivia, sorridendo.
"Secondo te dovrei adottarla?" domandai.
"In un certo senso già lo hai fatto. Come ho già
detto, sembra voler stare più con te che con la madre."
confermò.
"Mh... hai ragione. Devo solo darle un nome." tirai su, delicatamente,
la piccola creatura, tenendola per le spalle, e la guardai negli occhi
"Tu hai qualche suggerimento, piccola?"
In tutta risposta, la piccola scodinzolò e mi
leccò la faccia con aria felice. Olivia rise, togliendomi
gli occhiali, per pulirmeli.
"È solare e allegra. Un raggio di sole. Che ne pensi di
chiamarla Rainbow?" suggerì.
"Rainbow? Direi che è perfetto!" esclamai, mettendo a terra
la cucciola.
Olivia annuì e mi restituì gli occhiali. Io li
presi e me li misi in tasca; la Rossa mi guardò, sorpresa.
"Li porto solo per abitudine, ormai." spiegai "Da quando sono emersi i
poteri la mia vista è migliorata notevolmente."
Olivia annuì, ma la vidi vacillare; era stanca, quindi
decisi di lasciarla riposare per un po'.
"È meglio se riposi, devi recuperare le energie." dissi,
alzandomi e aiutandola a stendersi. Lei mi lasciò fare e io
le rimboccai le coperte e le baciai la fronte, prima di uscire.
Mentre camminavo nel corridoio, con Rainbow accanto, pensai agli
avvenimenti della giornata: Olivia aveva mostrato delle
abilità mutanti, qualcosa di molto potente e particolarmente
distruttivo. Ma quello che mi aveva fatto spaventare di più
era stato il momento in cui aveva perso i sensi.
In quei pochi secondi ho avuto seriamente paura di perderla. Di perdere
anche lei, dopo che avevo perso l'altra Olivia, tre anni prima, a causa
del ritorno di Peter dalla vecchia linea temporale.
Ero attratto da quell'Olivia, avevamo molte cose in comune, ma lei,
alla fine, non ricambiava. Era stato anche a causa di ciò
che ho cominciato a collaborare con questo universo, e a scoprire che
mi trovavo molto più a mio agio qui che in quello dove ero
nato; stavo trovando il centro del mio labirinto, un posto da chiamare
casa.
Le mie radici si erano cominciate a formare, e cominciai anche a
provare dell'affetto per quelli che dall'altro lato venivano chiamati
Alter. Quando venne presa la decisione di chiudere il Ponte ero ormai
certo che, rimanendo qui, non avrei mai più rischiato di
volare via.
Mi ero affezionato subito a tutti, persino ad Astrid, che era per tutti
molto difficile da gestire per via delle sue capacità
personali, e al burbero Segretario Bishop, che mi accolse nella sua
famiglia come un figlio, quel figlio che aveva conosciuto poco e che
era rimasto nell'altro universo per amore.
Ma il legame creatosi con Olivia era andato rafforzandosi giorno per
giorno. Lavorando fianco a fianco e vivendo in appartamenti vicini,
imparavamo a conoscerci; dopo tre anni a così stretto
contatto ci bastava uno sguardo o un tocco per capirci al volo, e
nessuno dei due, negli ultimi tempi, si faceva problemi ad abbracciare
o stampare un bacio sulla guancia dell'altro in pubblico.
Eravamo diventati inseparabili.
Qualcosa si era fatto strada nel mio cuore, ma non me ne ero mai
accorto; mi tornarono in mente gli sguardi che ci lanciavano colleghi e
amici quando ci vedevano abbracciati in diverse occasioni, e finalmente
capii la natura di quello che mi stava succedendo dentro, cosa che loro
avevano capito da tempo: mi ero innamorato di Olivia.
Sospirai, tornando nell'infermeria e lasciando Rainbow alle cure della
madre. Avrei chiesto in un secondo momento a Logan di affidarmi quel
cucciolo in modo permanente, ed ero sicuro che non mi avrebbe detto di
no.
I giorni seguenti mi dedicai principalmente all'addestramento di
Olivia, e il tempo restante lo passavo affiancando le lezioni dei vari
insegnanti della scuola.
Era passato circa un mese dall'arrivo di Olivia.
Avevamo ricevuto altri rapporti, sempre più preoccupanti,
delle attività di Magneto, ma finché non ne
sapevamo di più non potevamo fare molto, se non mettere in
sicurezza le zone colpite.
Ero seduto sulla poltrona del salotto dell'appartamento che dividevo
con Olivia, sfogliando svogliatamente la posta arrivata sul mio tablet;
la Rossa uscì dalla sua stanza e si avvicinò,
sistemandosi sul bracciolo della poltrona e guardando lo schermo del
mio tablet.
"Cosa c'è? Qualcosa non va?" domandò,
individuando subito il mio stato d'animo.
"Nulla, è solo che... là fuori ancora tutti
credono che io sia lui, e ancora non ci sono abituato, anche se sono
passati più di tre anni." spiegai, quindi le mostrai la mail
che mi era arrivata "La scuola superiore dove lui si è
diplomato ha organizzato una festa per gli ex allievi. Mi ha mandato
l'invito."
La Rossa lesse la mail con attenzione, poi mi restituì
l'apparecchio.
"Potresti andarci. Non ti farebbe male staccare un po'."
suggerì "Siamo tutti sotto stress a causa della storia di
Magneto, per cui, secondo me, faresti bene a presentarti a quella
festa, anche se la lettera non era indirizzata a te, ma al tuo alter."
La fissai pensieroso; aveva ragione, dovevamo svagarci in qualche modo.
Sospirai, passandole una mano tra i capelli.
"Va bene, tanto è fra circa un mese. Ci andrò, ma
a condizione che tu venga con me. Lo sai che non sono ancora del tutto
pratico delle usanze di qui, non vorrei fare delle brutte figure."
Olivia sorrise, alzandosi in piedi.
"D'accordo, verrò anche io." acconsentì "Ora che
dici se andiamo a vedere cosa stanno combinando gli altri in cortile?
È da due ore che Ororo sta facendo piovere a intermittenza."
Annuii e mi alzai dalla poltrona, poi misi via il tablet e andai nel
cortile insieme a Olivia.
Ci fermammo sotto il gazebo di pietra al centro del cortile, per
ripararci dalla pioggia, e fissammo il gruppo composto da Logan, Ororo,
Hank e il Professore, che ci davano le spalle e fissavano un punto nel
cielo, dove Tempesta stava facendo delle prove di qualche tipo, usando
il suo potere.
Guardammo anche noi nella stessa direzione; Olivia era immobile,
accanto a me, con le braccia lungo i fianchi. Le lanciai un rapido
sguardo, mentre Rainbow mi raggiungeva di corsa e si accucciava accanto
a me, poi guardai anche io il cielo.
La pioggia cessò, e le nubi si diradarono, lasciando passare
un raggio di sole.
Ma accadde un fatto insolito; la luce che filtrava attraverso le nuvole
si scompose nelle sue componenti, creando un arcobaleno vivido e
brillante.
Sentii il gruppo esultare, il Professore e Hank strinsero la mano
Tempesta, e Logan la baciò: dopo più di un
decennio erano finalmente riusciti a ricreare le condizioni
atmosferiche per avere un arcobaleno, che mancava dai cieli di questo
mondo da tutto quel tempo.
Mi girai verso Olivia. Fissava l'arcobaleno, sorridendo; il suo sguardo
era luminoso, come se un desiderio che aveva espresso da tempo si fosse
appena avverato.
"Continua a guardare in alto..." sussurrò "Continua a
guardare in alto, dopo che ha smesso di piovere."
"Cosa?" domandai, incuriosito dalla sua strana affermazione. Si
voltò verso di me, ancora sorridente, e mi spiegò.
"Poco prima che chiudessimo il Ponte, tre anni fa, ho confidato a
Olivia che mi piaceva l'altro universo, dopo che aveva smesso di
piovere, perché il fenomeno dell'arcobaleno, che
lì è normale, qui era ormai impossibile da
vedere. Sai, per me quel semplice fenomeno fisico rappresentava una
speranza..." sospirò, riportando alla mente quei ricordi
"Poi quando Peter ha spento la macchina e ci siamo salutate
lì a Liberty Island, lei mi ha detto quella frase."
Annuii, pensieroso. Un'idea si stava facendo strada nella mia mente: i
punti deboli, la Macchina, il Ponte, l'altro Universo. Feci ordine nei
miei pensieri e, finalmente capii.
Sorrisi, abbracciando la Rossa. La sollevai anche di qualche centimetro.
"Sei un genio, Rossa!" esclamai.
Preso dalla foga del momento, tenendola sempre sollevata, approfittai
della vicinanza dei nostri volti e la baciai.
Fu un bacio intenso, e lungo. Olivia ricambiò
immediatamente, senza opporre resistenza.
Mi staccai quasi di malavoglia, continuando a sorridere, ma allo stesso
tempo arrossii leggermente. Distolsi lo sguardo e vidi il resto del
gruppo che stava tornando dentro l'edificio.
Prendendo per mano Olivia e con Rainbow sempre appresso, li raggiunsi
di corsa.
"Ho un'idea, ma ci sarà bisogno di molto lavoro!" dissi.
"Dicci tutto, Lincoln." mi incoraggiò il Professore.
"Dobbiamo rimontare la macchina e aprire nuovamente il Ponte." spiegai.
"Ma c'è bisogno che anche la loro Macchina sia montata,
possibilmente nello stesso posto dove verrà montata questa."
obiettò la Rossa.
"Per questo dobbiamo metterci al lavoro. Dovremo passare dall'altro
lato e avvertire la loro Divisione Fringe." continuai, quindi mi
rivolsi al Professore "Quando ero dall'altro lato ho studiato
minuziosamente le carte riguardanti il primo marchingegno usato dal
Dottor Bishop per prelevare Peter da qui. C'è qualcuno, qui
dentro, che può rielaborare tutto e creare qualcosa di
più piccolo?"
"Sì, certo, non c'è problema."
confermò Xavier.
"Aspetta, Linc." mi fermò Olivia "L'altra Olivia
è in grado di passare negli universi senza l'uso di
macchinari..."
"Ci ho pensato." la rassicurai "Ma tu non padroneggi ancora bene le tue
abilità, è più sicuro usare un
macchinario..."
Olivia sospirò e annuì: era perfettamente conscia
del limite delle sue abilità.
Senza dire altro, rientrammo tutti insieme e cominciammo ad elaborare
un piano.
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Capitolo 8 *** 7 ***
Era
passato qualche giorno dall'inizio dei preparativi.
Insieme
a Hank e un gruppo di ingegneri che vivevano alla scuola mi ero messo
al lavoro sul nuovo macchinario per passare dall'altro lato. Inoltre
avevo avvertito il Segretario Bishop e la Divisione Fringe, chiedendo
di trovare un posto sicuro e facilmente accessibile per ricostruire la
Macchina, una volta presi accordi con l'altra Divisione Fringe.
Quella
mattina avevo appena finito di allenarmi insieme a Logan, quando Olivia
e Tempesta si avvicinarono a noi. Quest'ultima teneva un vecchio libro
in mano, e la cosa mi incuriosì parecchio, in quanto i
libri, da questo lato, non venivano più usati da almeno una
decina d'anni. L'albina sorrise e me lo mise tra le mani; si trattava
di un vecchio annuario della fine degli anni Settanta.
"È
un vecchio annuario della scuola. C'è qualcosa che potrebbe
interessarti." spiegò.
Annuii
e sfogliai le pagine sbiadite del vecchio tomo, controllandolo pagina
per pagina, finché una foto non attirò la mia
attenzione. Fissai la pagina a bocca aperta, sorpreso di vedere quella
foto su quell'annuario. Olivia si avvicinò e
fissò la pagina.
"Elizabeth
Bell? Chi è?" domandò.
"È...
è mia madre... cioè, in questo caso è
la madre dell'altro Lincoln." spiegai "Ma come..."
"Ho
chiesto al Professore." continuò Ororo "Tua madre
è stata una delle sue prime allieve, le era molto legato e
gli è dispiaciuto molto quando ha saputo che era morta. Ci
ha messo un po' a collegarla a te, e per questo mi aveva chiesto di
fare qualche ricerca in proposito."
Annuii.
Il mio cervello cominciò ad elaborare freneticamente le
informazioni ricevute. Mia madre era mancata quando io avevo appena
cinque anni, non mi ricordavo molto di lei, se non che era una persona
dolce e solare, ma con un velo di tristezza sempre cucito addosso. Non
avevo connesso subito, ma mi era venuta in mente un'altra persona.
Mi
voltai istantaneamente verso Olivia: la sua alter era esattamente come
mia madre, e il velo di tristezza che la copriva sempre era dovuto alla
sua infanzia tormentata, agli esperimenti col cortexiphan.
La
sua alter era una mutante, possibile che anche Elizabeth Bell, mia
madre, avesse preso parte a questi programmi? Era impossibile, questi
esperimenti erano cominciati ufficialmente nei primi anni Ottanta,
quando io ero appena nato e lei aveva appena poco più che 20
anni. Mi ricordai di una frase detta dal Dottor Bishop, a proposito
delle sperimentazioni da lui condotte: quelli erano solo una parte di
tutte le prove sul Cortexiphan, e non erano i primi. William Bell ne
aveva condotti altri in precedenza. Conclusione: mia madre è
stata una delle prime cavie di quel programma.
Ma
come poteva essere? Come poteva, un genitore, acconsentire a una
tortura del genere sul proprio figlio?
Il
mio cervello si bloccò, gli occhi si posarono sul nome sotto
la foto sull'annuario: Elizabeth Bell.
Possibile
che...
No,
non era possibile, a meno che... mia madre non mi aveva mai parlato dei
miei nonni, non sapevo nulla di loro; probabilmente non era il buoni
rapporti con loro, soprattutto con il padre, poiché era
quello il vero argomento tabù dei miei genitori.
Possibile
che mio nonno fosse William Bell, l'ex collega del Dottor Bishop?
"Ti
somigliava molto" intervenne Olivia, riportandomi alla
realtà. Le sorrisi e riconsegnai l'annuario a Tempesta.
"Olivia,
tu sai dove vive il padre del Capitano Lee?" domandai.
"Sì,
perché? Cosa hai in mente?"
"Vorrei
parlare con lui e chiedergli delle cose riguardo Elizabeth Bell.
Potrebbe chiarirmi alcune dinamiche riguardo i miei poteri."
La
Rossa annuì pensierosa, guardandomi negli occhi.
"Quando
vuoi andarci?" chiese, ancora.
"Anche
subito, se vuoi." risposi, deciso. Olivia annuì nuovamente e
ci incamminammo al garage, mentre lei mi mostrava l'indirizzo sul
tablet.
Presi
le chiavi della mia macchina, aprii la portiera posteriore e feci
salire Rainbow sul sedile, poi noi ci sistemammo davanti e partimmo.
Dopo
circa un'oretta di viaggio arrivammo alla casa dell'alter di mio padre.
Era una villina in un tranquillo quartiere residenziale della periferia
di New York, con un piccolo giardino circondato da una staccionata di
legno e la bandiera americana esposta vicino alla porta.
Parcheggiai
vicino all'entrata del vialetto, fissando la casa; l'ultima volta che
avevo visto l'alter di mio padre era stato tre anni fa, al funerale del
Capitano, ma lui non aveva visto me: Astrid era entrata in crisi e io
avevo deciso di restare con lei in macchina, per evitare che si
agitasse ulteriormente.
"Sai,
mi sa che non è una buona idea... magari non vorranno
parlarmi." confessai, girandomi verso Olivia.
"Perché
non dovrebbero?"
"Beh,
lui è morto, e io..." cercai di spiegare, ma la Rossa mi
bloccò, poggiandomi un dito sulle labbra.
"Linc,
tu non sei lui." mi rassicurò "Tu sei una persona
completamente diversa, con un tuo vissuto e un tuo carattere. E sono
sicura che ti daranno tutte le risposte che potranno alle tue domande."
Annuii,
poi feci un respiro profondo e decisi di uscire. Feci scendere anche il
lupo dal sedile sul retro e aspettai Olivia, poi ci avvicinammo alla
porta, insieme.
Feci
un altro respiro profondo, poi suonai il campanello.
Restammo
in attesa; dopo poco vennero ad aprirci, una ragazza bionda, sui
diciotto anni, si affacciò sorridente, ma appena ci vide il
sorriso scomparve, il suo volto impallidì e ci
sbattè la porta in faccia.
Olivia
sospirò, mi diede una pacca sulla spalla e si fece avanti,
suonando di nuovo il campanello.
Questa
volta ad aprire fu un uomo, Walt Lee, l'alter di mio padre. Mi
fissò a bocca aperta,come se avesse appena visto un fantasma.
"Signor
Lee, sono il Capitano Dunham, della Divisione Fringe. Si ricorda di
me?" intervenne la Rossa. L'uomo annuì, senza togliermi gli
occhi di dosso, e Olivia continuò "Possiamo entrare? Abbiamo
bisogno di parlare con lei."
Walt
annuì di nuovo e ci fece entrare. Mi guardai intorno: la
casa era bene ordinata, molto diversa da come era quella di mio padre
l'ultima volta che l'avevo visitato, prima di passare da questo lato.
Ci sedemmo sul divano, mentre Rainbow si sistemava ai miei piedi; le
grattai affettuosamente le orecchie, continuando a guardarmi intorno.
Vidi
in un angolo, seminascosta, la ragazzina che ci aveva aperto la porta
per prima, sembrava terrorizzata. Le sorrisi, ma lei si
appiattì contro il muro, distogliendo lo sguardo. Mi
concentrai, quindi, su Walt.
"Signore,
so cosa sta pensando." esordii "Vorrei subito chiarire che non sono suo
figlio. Ho il suo stesso nome e il suo stesso aspetto, ma non sono lui."
L'uomo
sembrò quasi rilassarsi, e questa volta fu Olivia a prendere
la parola, mentre la donna bionda che era con Walt al funerale del mio
alter si affacciava dalla cucina e la ragazza le andava incontro,
abbracciandola in cerca di conforto.
"Si
ricorda, tre anni fa, quando si parlava di un altro universo simile al
nostro che ci stava aiutando a risolvere i nostri problemi? Lui viene
da lì: è il doppio di suo figlio. Si chiama anche
lui Lincoln Tyrone Lee, ma ha un vissuto leggermente diverso. Si
è trasferito qui dopo il funerale per aiutarmi a trovare i
responsabili, ed è rimasto qui anche dopo la cessazione dei
rapporti tra noi e le autorità analoghe dell'altro universo."
L'uomo
ascoltò attento, poi tornò a guardarmi. Era
più rilassato, quasi incuriosito.
"Un
vissuto diverso? In che senso?" mi domandò. Feci un respiro
profondo, cercando le parole giuste.
"In
realtà molte cose sono simili, ad esempio a 16 anni, quando
ero all'ultimo anno del liceo, dopo la scuola aiutavo mio padre al
negozio di ferramenta..."
"Me
lo ricordo..." si intromise la donna "Io non potevo aiutare Walt,
perché avevo appena avuto Rachel, e Lincoln si è
preso carico di tutto..."
"Ecco
una differenza." confermai "Mio padre non si è mai
risposato, ed io sono figlio unico. Aiutavo mio padre perché
da solo non ce la faceva a gestire tutto. Non aveva ancora superato la
perdita di mia madre, anche se erano passati dieci anni."
L'uomo
sospirò e annuì, lanciando un'occhiata dolce alla
moglie.
"Sì,
effettivamente è stata dura, anche se aver conosciuto Nina
ha aiutato molto, sia me che Lincoln." confermò.
"Lincoln
aveva 10 anni quando ho conosciuto suo padre." continuò la
signora, sedendosi accanto al marito "La mia auto si era fermata
davanti alla ferramenta e Walt mi ha aiutato a farla ripartire. E da
lì è nato tutto. Poi qualche anno dopo ci siamo
sposati ed è nata Rachel. Lincoln adorava sua sorella."
concluse, sorridendo alla figlia, che ancora non si era mossa dal suo
angolo.
Guardai
di nuovo la giovane, che mi fissava terrorizzata, quindi spostai il mio
sguardo su Rainbow, seduta ai miei piedi, le diedi un buffetto sulla
testa, schioccai le dita e indicai Rachel. Il lupo la
guardò, si alzò con calma e la raggiunse,
accucciandosi tranquilla ai piedi della giovane.
Alzai
di nuovo gli occhi e tornai a parlare con Walt.
"Signore,
siamo qui per lavoro, in realtà." esordii "Non possiamo
dirvi molto, ma potrebbe avere a che fare col passato di mia madre... e
della madre di suo figlio. Per questo avremmo bisogno di farle qualche
domanda su di lei." attesi, quando vidi che era pronto continuai "Sua
moglie le ha mai parlato dei suoi genitori?"
"Non
molto." rispose, scuotendo la testa "Sua madre è mancata
poco prima che la conoscessi, al college, e suo padre è
morto quando sua madre era incinta. Non lo ha mai conosciuto."
"Sa
per caso il nome di suo padre?" intervenne Olivia.
"Mi
pare William. William Bell."
Annuii.
Avevo avuto la mia conferma. Olivia sorrise e mi strinse la mano, che
nel frattempo si era intrecciata con la sua.
"Grazie,
signor Lee. Ci è stato di grande aiuto." lo ringraziai.
"Grazie
a te, Capitano Lee." rispose Nina.
"Non
sono Capitano, signora. Sono solo Maggiore. Vostro figlio era Capitano,
non io." la corressi.
"No,
non lo sei, ma sei la conferma del fatto che, anche se il nostro
Lincoln non c'è più, da qualche altra parte
c'è un'altra versione di lui che sta continuando a vivere,
ha un buon lavoro, degli amici... e magari una moglie e una famiglia."
Annuii,
sorridendo. Da quando eravamo entrati a far parte degli X-Men, sia io
che Olivia portavamo sempre con noi un anello ciascuno, contenente un
chip tracciante, che si attivava nel caso avessimo avuto bisogno
d'aiuto. Poiché entrambi lo portavamo all'anulare sinistro,
quando eravamo insieme in molti pensavano che fossimo sposati.
"Non
sono sposato, signora. Non ho neanche una ragazza. Ma sono comunque
felice." la corressi.
"Oh...
ma quindi voi..." balbettò.
"Oh,
no," si affrettò a rispondere la Rossa "Io e Linc siamo solo
amici... e io sono il suo capo."
Nina
annuì, sorridendo, poi si alzò e tornò
verso la cucina.
"Posso
offrirvi una tazza di tè prima che andiate via?"
domandò, cordiale.
"Sì,
grazie. Volentieri." acconsentii, poi seguii lo sguardo di Walt, verso
la figlia minore, che fissava timidamente Rainbow, senza
però osare avvicinarsi "Devo averla terrorizzata." dissi.
"Era
molto legata a suo fratello. Era il suo eroe. La perdita è
stata traumatica per noi come per lei, inoltre Rachel non è
neanche potuta venire al funerale per dirgli addio."
Sospirai.
Sapevo quanto poteva essere doloroso non riuscire a dire addio a una
persona amata, e questo, per un'adolescente, era ancora più
duro da affrontare. Mi alzai e mi avvicinai a lei, con cautela.
La
ragazza alzò gli occhi, ma non si mosse, quindi io mi fermai
vicino a Rainbow e mi abbassai per coccolarla.
"Quindi
tu sei Rachel?" domandai, ma non attesi risposta "Ho conosciuto tuo
fratello, sai? Era un vero eroe." Rachel annuì, senza
proferire parola "Mi dispiace di averti spaventato, non era mia
intenzione farlo. Lincoln ti manca?" Rachel annuì nuovamente
"Sai, io penso che quando le persone muoiono non se ne vadano
veramente. Finché rimangono nel nostro cuore e nella nostra
mente non se ne andranno mai. Così anche tuo fratello, lui
resterà sempre con te, non se ne andrà mai."
La
guardai, sorridendole. Rachel, finalmente, sembrò rilassarsi
e rispose al sorriso. Indicò Rainbow.
"Che
razza è? Non ho mai visto cani così..." chiese.
"Rainbow
è un giovane lupo. È nata ad aprile. I suoi
fratelli verranno reinseriti in natura, nella nuova riserva di
Yellowstone, ma lei resterà con me."
"Anche
Lincoln aveva un cane, ma questo è più bello."
ammise, poi guardò la madre, che tornava con il
tè, e insieme tornammo a sederci nel salottino "Tornerai a
trovarci ogni tanto?" domandò, a bruciapelo.
Bevvi
un sorso di tè, cercando le parole giuste da dire, poi,
finalmente, parlai.
"Non
lo so. Alla Divisione Fringe abbiamo sempre molto lavoro, ma se non
disturbo potrei fare un salto, in un momento libero."
"Nessun
disturbo, Lincoln." intervenne Nina, rassicurante "Tu sarai sempre il
benvenuto a casa nostra. In un certo senso fai parte della famiglia
anche tu."
Sorrisi.
Stavo per rispondere quando il mio telefono auricolare
squillò, e mi affrettai a rispondere.
"Tenente
Lee" mi identificai.
"Lincoln..."
mi chiamò la voce della signora Bishop, dall'altro capo del
telefono "Puoi venire al Martin Luther King Memorial Hospital? Walter
ha avuto un infarto, lo hanno appena ricoverato." mi spiegò,
in preda all'ansia.
"Un
infarto? sarò lì prima possibile!" risposi "Sto
partendo adesso, tienimi aggiornato. Ci vediamo tra un po', Elizabeth!"
Chiusi
la telefonata e guardai Olivia, quindi ci alzammo simultaneamente.
"Cosa
succede?" domandò Walt.
"Il
Segretario Bishop è stato male. Dobbiamo andare, grazie
ancora per tutto." li ringraziai.
"Conosci
davvero il Segretario e sua Moglie?" domandò Rachel,
incuriosita.
"Proprio
così, sono dei cari amici." risposi, quindi la abbracciai
"Ora dobbiamo proprio andare."
Corremmo
alla macchina, quindi quando fummo tutti e tre a bordo partii a tutta
velocità verso l'ospedale, attivando anche la sirena.
In
poco tempo arrivammo all'ospedale e corremmo al reparto dove era stato
ricoverato il Segretario.
Usciti
dall'ascensore venimmo fermati da una infermiera, che non volle farci
passare.
"Signori,
i cani non possono entrare qui." disse.
Feci
un respiro profondo e sentii Rainbow ringhiare, mentre cercavo il
distintivo nelle tasche.
"Siamo
il Tenente Lee e il Capitano Dunham, della Divisione Fringe, e il cane
è parte integrante della nostra squadra!" obiettai "Siamo
stati chiamati dalla moglie del Segretario Bishop, quindi se non ci fa
passare potrebbe essere arrestata per ostacolo a un'indagine federale!"
L'infermiera,
finalmente, si decise e ci lasciò passare. Velocemente ci
incamminammo lungo il corridoio.
"Quell'infermiera
pensa che noi agenti siamo dei veri rompiscatole." mi riferì
Olivia.
"Beh,
fino a prova contraria stiamo facendo il nostro lavoro." mi
giustificai, accelerando il passo quando vidi Elizabeth Bishop che
parlava con un altro uomo, entrambi scortati da alcune guardie del
corpo.
Mi
avvicinai ancora, fermandomi a rispettosa distanza quando riconobbi il
Segretario Kennedy. Elizabeth si girò verso di noi e ci fece
cenno di avvicinarci.
"Signore..."
salutai, rivolto al Segretario Kennedy, quindi parlai con la signora
Bishop "Cosa è successo? Come sta?"
"Ora
sta bene," mi rassicurò la donna "ma dovranno tenerlo sotto
osservazione per qualche giorno."
Annuii,
facendo un sospiro di sollievo. Walter era anziano, e non poteva
affaticarsi troppo. Feci un cenno al mio lupo, che si
accucciò tranquilla accanto a Olivia, ed entrai nella stanza.
Walter
era steso sul letto, con gli occhi chiusi. Mi avvicinai e mi fermai a
un passo di distanza. Lui aprì gli occhi e, appena mi
riconobbe, mi sorrise.
"Lincoln,
figliolo... che ci fai qui?" domandò.
"Mi
ha chiamato tua moglie. Come stai, Walter?"
"Meglio,
ora." rispose, sorridendo, poi guardò circospetto verso il
finestrone che dava sul corridoio e frugò sotto il cuscino,
tirandone fuori una Red Vine.
Sospirai.
Da quando ero passato da questo lato avevo conosciuto meglio il
Segretario Bishop, e avevo scoperto che, sotto la maschera del politico
tutto d'un pezzo, non era poi tanto diverso dal suo alter ego:
condivideva gli stessi vizi e le stesse passioni.
Uno
di questi vizi erano quelle bacchette di liquirizia al gusto di
fragola, le Red Vines.
Mi
avvicinai ancora, frugai sotto il cuscino e trovai un intero pacco di
liquirizie appena aperto. Lo presi e lo riposi nel cassetto del
comodino, lontano dalle mani del Segretario, ignorando i suoi sguardi
di protesta.
"Walter,
lo sai che non puoi abusarne!" lo rimproverai.
"Oh,
andiamo..." protestò "è solo un vizio innocuo..."
"Non
è poi tanto innocuo: contengono zuccheri e robaccia chimica.
Il tuo fegato non può sopportarne molta di questa roba, e
neanche il tuo cuore, in questo momento!" feci una pausa, sedendomi nel
letto per guardarlo negli occhi "Ascolta, Walter... davvero, non
esagerare... Elizabeth è preoccupata, e questo infarto non
è un buon segno..."
L'uomo
spostò lo sguardo verso il finestrone; mi voltai anche io:
Elizabeth e John Kennedy stavano ancora parlando tra loro, lei era
preoccupata e lui aveva un atteggiamento confortante, mentre Olivia
restava a rispettosa distanza, lanciando qualche sguardo affettuoso a
Rainbow, che sicuramente stava ingannando l'attesa annusando ogni
angolo attorno a lei.
"Tra
poco faremo quaranta anni di matrimonio. A settembre..."
confessò.
"E
non penso che a lei piacerebbe passarlo in ospedale, con te che hai
avuto un altro infarto." continuai "Senti... non sarebbe il caso che ti
ritirassi dalla carriera politica?"
"Non
lo so... io..."
"Sarebbe
ora che lasciassi spazio alle nuove generazioni. Ormai il grosso della
crisi è passata, e noi della Divisione Fringe siamo
perfettamente in grado di autogestirci. Ritirati dalla carica di
Segretario e stai a casa con Elizabeth."
Walter
restò in silenzio, pensieroso, poi annuì.
Sorrisi, soddisfatto.
"Bravo,
Walter. E poi pensa anche un'altra cosa: io ho quasi 34 anni, e prima o
poi potrei decidere di mettere su famiglia. Tu e Elizabeth siete, da
queste parti, le persone più vicine a dei genitori, e se
avrò dei figli, dei nonni a cui fare riferimento farebbero
comodo."
Walter
sorrise, lanciando un altro sguardo verso la finestra.
"Oh...
quindi tu e Olivia..." commentò.
Risi.
Sembrava che tutti quanti, più o meno apertamente, stessero
seguendo l'evoluzione del rapporto tra noi due, e non mi sarei stupito
se, alla Divisione Fringe, qualcuno avesse anche fatto delle scommesse
in proposito.
"No,
Walter. È complicato..." mi giustificai.
"Oh,
andiamo! Non c'è nulla di complicato: lei ti piace e tu
piaci a lei. È semplice." spiegò "Portala a cena
fuori e dopo portala a casa e fai l'amore con lei per tutta la notte.
Più semplice di così! Devo insegnarti tutto io,
figliolo?"
Sorrisi
e mi sentii arrossire. Guardai per un secondo verso Olivia, fuori del
corridoio; era impegnata a far giocare il mio lupo, che sicuramente si
stava annoiando, nell'attesa che uscissi dalla stanza.
"Vedi,
Walter... non è solo questo." cercai ancora di spiegare
"È che ora abbiamo troppe cose per la testa, tra Magneto, i
mutanti, e l'organizzazione del viaggio dall'altro lato..."
"Sapete
già quando sarà?" chiese, tornando
improvvisamente serio.
"Domani
pomeriggio faremo un sopralluogo al tuo vecchio laboratorio di Harvard.
Se non sorgeranno problemi, io e Olivia tenteremo già il
trasferimento." riferii.
"Va
bene. Salutami l'altro Walter, quando lo vedrai."
Annuii
e mi alzai, sorridendo.
"Ora
vado. Tu stai a riposo, mi raccomando." lo salutai.
Mi
avviai alla porta e, dopo aver salutato ancora, uscii.
Appena
fui fuori mi avvicinai a Elizabeth e le sorrisi.
"Il
Segretario ha la pelle dura. Si riprenderà presto." riferii
"Ora dobbiamo andare, abbiamo del lavoro da fare."
La
donna annuì, io e Olivia salutammo lei e Kennedy e tornammo
alla macchina.
"Come
sta?" chiese la Rossa, dopo qualche minuto di silenzio.
"Sta
bene. Si riprenderà in fretta, ma non dovrebbe affaticarsi."
riferii "Gli ho consigliato di lasciare perdere la politica e andare in
pensione, gli farebbe bene riposare."
Olivia
annuì, fissando il cielo, che cominciava ad avere le
sfumature violacee tipiche del tramonto di questo lato.
"Siamo
sicuri che li troveremo? magari si sono trasferiti; in fondo sono
passati più di tre anni." disse, soprapensiero.
"Non
credo. Walter è un abitudinario, non lascerebbe mai il suo
laboratorio, per nessun motivo."
Olivia
annuì. Nel frattempo eravamo arrivati alla scuola e avevo
posteggiato nel garage sotterraneo. spensi il motore e mi girai a
guardare la donna.
Era
pensierosa, e sembrava preoccupata.
"Dimmi
cosa ti tormenta." la incoraggiai.
"È
solo che... nessuno lo fa notare, ma sono tutti abbastanza nervosi per
l'ispezione di domani... hanno le menti piene di pensieri negativi..."
spiegò.
Annuii.
Effettivamente qualcosa l'avevo notata anche io, ma lei, con la sua
telepatia, era come un'antenna che riceveva ogni radiofrequenza del
circondario.
Le
presi la mano e la guardai negli occhi, rassicurante.
"Olivia,
concentrati, Cerca di isolare la tua mente. Ricordi cosa ti ha
insegnato il Professore?" le dissi, calmo.
Lei
annuì, ma vedevo che era agitata. Come tutti, era
preoccupata per la buona riuscita della missione, il giorno dopo, ma
sapevo che se si agitava troppo avrebbe fatto danni.
Strinsi
la sua mano, che era insolitamente calda: stava perdendo il controllo,
dovevo prendere in mano la situazione.
Scesi
dall'auto, aprii la portiera a Rainbow e le feci un cenno autoritario
con la mano; lei si allontanò di corsa, andando ad
aspettarci vicino all'ascensore della scuola. Quando fui certo che il
cane era al sicuro, aprii la portiera a Olivia e la aiutai a scendere,
quindi la portai in una zona vuota del garage, vicino alla parete
opposta all'ascensore dove ci aspettava Rainbow.
Mi
concentrai e trasformai la mia pelle in metallo, quindi presi le mani
della Rossa.
"Ti
ricordi l'ultimo esercizio che abbiamo fatto alla Stanza del Pericolo?"
domandai.
"Quello
dove dovevo scaricare l'energia che producevo su una barra d'acciaio
piantata a terra? Ma... è pericoloso..." protestò.
"Devi
solo scaricarti. Concentrati su di me, sulla mia pelle, le molecole
vibreranno e si creerà dell'elettricità, che
verrà scaricata a terra." la guidai, facendo un respiro
profondo.
Lei
chiuse gli occhi, concentrandosi su di me. Sentii
l'elettricità attraversare il mio corpo, partendo dalle
mani. Fu molto doloroso, ma non mollai la presa, né emisi
alcun suono. Tenni gli occhi chiusi, stringendo i denti,
finché non sentii l'energia che mi passava attraverso
diminuire.
Aprii
lentamente gli occhi, ma dovetti poggiarmi al muro, perché
rischiai di perdere l'equilibrio. Olivia mi sorresse, aiutandomi a
stare in piedi.
"Sto
bene..." la rassicurai "Solo un momento..."
Lei
annuì, allontanandosi un po' per guardarmi. Le sorrisi,
rimettendomi in piedi, e mi avvicinai per baciarle la fronte.
Ma
invece di incontrare la sua fronte, trovai le sue labbra: aveva alzato
la testa proprio nel momento in cui mi avvicinavo.
Smisi
di pensare razionalmente.
Approfondii
il bacio, senza trovare alcuna resistenza, e chiusi gli occhi.
Fu
un bacio diverso da quello che ci eravamo scambiati qualche giorno
prima, più istintivo e intimo, e ce ne accorgemmo entrambi.
Per
qualche motivo le difese naturali che chiudevano la mia mente alla
telepatia vennero improvvisamente a mancare; sentii Olivia entrare
nella mia mente, e i suoi pensieri si mescolarono ai miei.
Vidi
passare momenti confusi della sua infanzia e adolescenza,
l'addestramento all'accademia della Divisione Fringe, e molte immagini
del mio alter, il suo migliore amico.
Rividi,
attraverso i suoi occhi, il momento in cui gli avevano sparato, e il
funerale, qualche giorno dopo. Ed infine rividi gli attimi di vita che
aveva passato con me, ma erano molto confusi, spesso il mio volto lo
vidi sovrapporsi a quello dell'altro Lincoln.
Pensava
ancora a lui, dopo tre anni dalla sua morte; si sentiva in colpa per
qualcosa, forse per essersi affezionata a me, l'altro Lincoln,
così in fretta.
Passai
la mia mano tra i suoi capelli, continuando a baciarla. Percepii i suoi
pensieri, i dubbi che, scoprii, la assalivano da molto tempo; capii,
finalmente, che anche lei provava per me quello che provavo io per lei,
ma aveva paura di infangare il ricordo del suo migliore amico facendo
quel passo in più.
Non
era pronta.
Aveva
bisogno di tempo.
Avrei
aspettato ancora. Lo avevo fatto per tre anni, potevo ancora aspettare,
non avevo fretta.
Delicatamente
mi allontanai; la connessione telepatica si interruppe, lasciandoci
entrambi sorpresi.
La
guardai negli occhi, e lei abbassò lo sguardo. Senza dire
nulla le passai il braccio attorno alle spalle e, insieme, raggiungemmo
Rainbow, per poi raggiungere gli altri e finire i preparativi per il
giorno seguente.
Il
pomeriggio del giorno dopo, insieme a un folto gruppo di X-Men, andammo
al vecchio laboratorio di Harvard.
Entrai
per primo, insieme a Olivia, e accesi le luci.
Non
era molto diverso da quello dell'altro Walter, c'erano un sacco di
macchinari scientifici e una vasca arrugginita al centro della sala. Mi
avvicinai a quest'ultima e la sfiorai; il guanto della mia uniforme di
X-Man si sporcò della polvere che si era depositata negli
anni sulla superficie. Mi pulii e mi voltai verso Hank.
"Qui
dovrebbe andare. Accanto alla vasca c'era sempre un sacco di spazio."
riferii.
La
Bestia annuì e prese da un borsone due involti sigillati e
si avvicinò, mentre Olivia mi si affiancava.
"Verifichiamo
subito." disse il mutante, poi aprì uno degli involti e ne
estrasse un paio di occhiali dalla montatura semplice e me li
mostrò, toccando dei led lungo le stanghette "Questo
è di mia invenzione. Ti permetterà di vedere
attraverso il velo tra gli Universi. Devi solo sfiorare questi led."
Annuii
e li indossai. Appena sfiorai i led la visuale cambiò e vidi
il laboratorio come lo ricordavo tre anni prima, nell'altro lato;
evidentemente l'invenzione di Hank funzionava. Sfiorai di nuovo il
bordo degli occhiali e tornai a vedere questo lato.
"Funziona.
Credo che dovrete aspettarci per un po': non ho visto nessuno di
là." riferii.
"L'importante
è che quando li troverete li portiate con voi da questo
lato, per permetterci di spiegare loro tutto." rispose Xavier, rimasto
all'entrata, impossibilitato a scendere la rampa di scale a causa della
sua sedia a rotelle.
Annuii
e mi lasciai allacciare al polso un apparecchio che la Bestia aveva
estratto dal secondo involto: il dispositivo per il passaggio.
Quando
fu tutto a posto, feci un cenno a Rainbow, che andò ad
accucciarsi accanto alla madre, seduta vicino a Logan, e guardai Olivia.
La
Rossa si avvicinò ulteriormente a me e mi poggiò
le mani sulle spalle, facendo un respiro profondo. Io premetti il
pulsante di avvio sulla polsiera e chiusi gli occhi.
Sentii
come una scossa, poi un brivido mi attraversò il corpo;
infine sentimmo l'aria che si allontanava da noi a grandissima
velocità.
I
vetri attorno a noi si frantumarono a causa dello spostamento d'aria, e
un carrellino si mosse, andando a sbattere contro il muro e facendo un
gran fracasso.
Udii
un muggito infastidito dalla saletta comunicante con il laboratorio e
aprii gli occhi, sorridendo a Olivia.
Ce
l'avevamo fatta. Eravamo passati dall'altro lato.
|
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Capitolo 9 *** 8 ***
Sorrisi,
guardandomi
intorno. Sfiorai quindi il led degli occhiali per avere conferma.
"Ci
siamo. Vedo gli altri nell'altro lato!" dissi.
Olivia
annuì, poi sentimmo di nuovo un muggito infastidito.
"Deve
essere Gene, la mucca domestica di Walter." continuai, prendendo la
mano
della Rossa e andando verso la stanza adibita a stalla.
La
mucca ruminava, innervosita dal rumore che avevamo fatto arrivando. Mi
avvicinai con cautela e le carezzai affettuosamente il muso.
"Ehi,
piccola, ti ricordi di noi?" dissi, vedendo che si stava calmando.
Gene
muggì, proprio mentre la porta del laboratorio venne
spalancata di colpo e
qualcuno scese di corsa le scale. Mi allontanai dall'animale e tornai
nel
laboratorio, senza lasciare la mano di Olivia.
Ci
trovammo di fronte Peter, col fiatone e un'espressione speranzosa sul
viso, che
però si trasformò in delusione appena ci
riconobbe; dietro di lui stava
entrando la sua compagna, l'altra Olivia, circospetta e sospettosa, con
una
mano pronta sulla fondina della sua pistola.
"Non
è Walter." la informò Peter, continuando a
fissarci "Ma credo siano
dei guai più seri."
La
Bionda ci guardò, togliendo la mano dalla fondina, si
girò, fece un cenno verso
la porta e attese. Una bambina bionda di circa tre anni fece capolino,
timida,
e la raggiunse, poi insieme scesero le scale.
Tornai
a guardare Peter, mentre l'altra Olivia e la bambina si avvicinavano;
doveva
essere successo qualcosa di recente.
La
Rossa lasciò la mia mano e si avvicinò alla sua
alter. Entrambe si sorrisero e,
infine, si abbracciarono calorosamente. Io e Peter le guardammo, poi
decidemmo
di imitarle; mi tolsi il guanto e gli porsi la mano, l'altro la strinse
e,
infine, ci abbracciammo amichevolmente anche noi.
"Cosa
ci fate qui? È successo qualcosa nel vostro lato?" chiese la
bionda,
prendendo in braccio la bambina, che si strinse a lei con fare timido.
"Sì,
avremmo bisogno del vostro aiuto. È una lunga storia."
spiegai
velocemente, guardandomi intorno "Dove è Walter?
C'è bisogno anche di lui,
se possibile..."
Notai
immediatamente lo sguardo che si scambiarono i due, e intuii subito che
Olivia
aveva intercettato i loro pensieri.
"Walter
è scomparso." riferì "Ieri, quando sono tornati
dalla gita fuori
porta non c'era più. Ha lasciato un messaggio a Peter."
L'altra
Olivia la guardò sconvolta, sorpresa che la sua alter
sapesse tutte quelle cose.
"Sono
una telepate." si affrettò a spiegare la mia compagna "Lunga
storia
anche questa. E no, non è stato creato il Cortexiphan dal
nostro lato."
La
bionda annuì, ancora perplessa, e guardò la
bambina.
"Tesoro,
resti con papà mentre vado a preparare del caffè
per queste persone?"
"Chi
sono loro?" chiese la piccola, passando in braccio al padre e
indicandoci.
"Sono
dei vecchi amici di mamma e papà, Henrietta." rispose Peter,
tenendola
stretta "Sono venuti a chiederci aiuto per qualcosa."
Io
annuii e lanciai uno sguardo alla Rossa, che senza dire nulla
seguì la sua
alter nell'altra stanza.
Peter
attese che le due donne fossero uscite e andò a sedersi a
uno dei tavoli; lo
seguii e mi sistemai di fronte.
"Sono
cambiate un po' di cose, vedo..." esordii "Avete messo su famiglia?"
"Sì,
Etta è nata otto mesi dopo che abbiamo spento la
Macchina..." spiegò
l'altro.
"A
proposito della Macchina, siamo qui per questo... abbiamo bisogno che
venga
riattivato il Ponte. Non posso spiegarti tutti i dettagli ora. Verrete
con noi
e vi spiegheranno tutto i nostri superiori."
Peter
sospirò, e capii che la cosa non lo entusiasmava gran
ché. Tornai a guardarmi
intorno, cercando le parole giuste da dire.
"Dal
nostro lato sono ripresi gli Eventi Fringe..." cominciai.
"'Nostro
lato'?" ripeté l'altro, sorridendo "Allora hai davvero
trovato un
posto nel mondo?"
"Sì,
ma su alcune cose ci sto ancora lavorando." dissi, lanciando uno
sguardo
verso il finestrone che dava sull'altra stanza, dove le due Olivia
stavano
chiacchierando, aspettando che il caffè fosse pronto
"Comunque credo che
qualcuno di questi Eventi possa essersi sentito anche da voi,
perché è avvenuto
in luoghi dove il confine tra gli universi è più
labile."
"Tipo
l'Opera House?" domandò Peter, dandomi conferma dei miei
sospetti
"Avete già individuato il responsabile?"
"Sì,
ma non ci crederai mai..." continuai, sorridendo nervoso "Non lo
abbiamo ancora catturato, abbiamo dovuto unire le forze noi della
Divisione
Faringe, i servizi segreti e un altro gruppo segreto, di cui io e
Olivia
facciamo anche parte, da un paio di mesi."
"Servizi
segreti? Anche dal vostro lato esistono?"
"Sì,
quelli ufficiali, l'equivalente della CIA, che da noi si chiama
S.H.I.E.L.D., e
un altro gruppo non completamente ufficiale, in cui siamo entrati
quando sono
emersi i nostri poteri..."
"Vostri?
Stai dicendo che anche tu, oltre Olivia, hai una capacità
simile alla
sua?" chiese, sorpreso.
Annuii
e fissai una pinza metallica da laboratorio posata sul tavolo a cui
eravamo
seduti. Questa si aprì e si richiuse, facendo saltare Peter,
che non se
l'aspettava. Senza dire una parola, mi tolsi i guanti e allungai le
mani verso
di lui, concentrandomi. Partendo dalle dita, la mia pelle e i miei
abiti si
trasformarono in metallo.
"Ma
come..." balbettò l'altro, mentre la figlia mi fissava
affascinata.
"Controllo
elettromagnetico degli oggetti metallici, più il potere
secondario di
trasformare me stesso e ciò che tocco in metallo, a
piacimento." spiegai
"E sembra che questo faccia anche da scudo per la lettura del pensiero.
Nessuno è in grado di leggere la mia mente, o quasi..."
lanciai un altro
sguardo verso le due donne nell'altra stanza, sospirando.
Peter
seguì il mio sguardo, quindi tornò a sedersi di
fronte a me.
"Tu
e Olivia sembrate molto uniti..." disse.
"So
cosa stai pensando, Peter. Non stiamo insieme... ma ci stiamo lavorando
anche
su questo." sospirai "Lei non è pronta, pensa ancora
all'altro Lincoln,
e ha paura di infangare la sua memoria."
"E
tu come sai certe cose? Non era lei la telepate?" domandò
l'uomo.
"Beh...
ci siamo baciati un paio di volte, e lei è riuscita a
leggere la mia mente.
L'effetto collaterale è stato che anche io sono riuscito a
leggere la
sua." risposi, abbassando lo sguardo e arrossendo.
Peter
annuì, sorridendo. In quel momento tornarono le due donne,
con delle tazze di
caffè; presi quella che mi porgeva la Rossa e lo assaggiai.
Erano
tre anni che non bevevo un caffè come si deve: nel mio nuovo
universo era una
bevanda molto cara, accessibile solo a chi aveva molti soldi, quindi mi
capitava di berlo soltanto durante le cene a casa Bishop, ma non aveva
lo
stesso sapore di quello che avevo bevuto nel mio universo di nascita.
"Quindi
dovremmo venire con voi nel vostro universo?" chiese la Bionda, dopo un
po'.
"Sì,
per favore." rispose la Rossa, sorseggiando il suo caffellatte "I
nostri superiori vi spiegheranno tutto, poi voi potrete chiedere a chi
di
dovere, da questo lato, una volta conosciuti tutti i fatti."
"La
Macchina, al momento, è nei magazzini della Massive
Dynamics, ci vorrà un po'
per avere tutti i permessi..." spiegò l'altra Olivia.
"E
la nostra è nei magazzini delle Stark Industries" confermai
io "Ma è
pronta per il piano. Posso venire anche io a parlare con chi di dovere
da
questo lato, se può servire."
"Ma
non è pericoloso saltare da un universo all'altro
così?" chiese ancora
l'altra Olivia.
"Preoccupiamoci
di un problema alla volta." tagliò corto la Rossa, alzandosi
"Dobbiamo andare."
"Ma
non possiamo lasciare Etta qui da sola..." obiettò Peter.
"Verrà
anche lei con noi, non c'è problema, sarà
iperprotetta." lo rassicurai
"Non penserai che siamo gli unici con delle abilità speciali
nell'altro
lato. Solo una cosa: evita di fare commenti sull'altezza di Logan:
è molto
suscettibile su questo argomento."
Peter
stava per obiettare ma la mia Liv lo anticipò.
"Si
tratta degli X-Men. Da questo lato sono fumetti, ma da noi sono reali.
E Logan
è Wolverine." disse, avvicinandosi a me, mentre io
controllavo il
dispositivo di trasferimento. Alzai gli occhi, invitando gli altri due,
con la
bambina, ad avvicinarsi a me, dopo che avessero finito di scrivere il
messaggio
di spiegazioni ad Astrid, quindi premetti il tasto di accensione.
Ma
nulla accadde. Il dispositivo rimase spento.
Imprecai
e mi girai verso la Rossa.
"La
batteria è scarica. Non possiamo usarlo." dissi.
"Cosa?!"
domandò lei, controllando personalmente il dispositivo.
"Non
avete un piano B?" chiese Peter, insolitamente calmo.
"No,
il piano è riattivare la Macchina e prendere Magneto."
riferii, cercando
di attivare ancora il dispositivo; notai il suo sguardo sorpreso
"Sì,
proprio lui. Te l'ho detto, dal nostro lato molti eroi dei fumetti
esistono
realmente, e coloro che da questo lato erano parte del programma di
sperimentazione del Cortexiphan sono mutan..."
Mi
bloccai e fissai le due Olivia, quindi mi focalizzai sulla mia.
"Credo
di aver appena ideato il piano B." riferii, sorridendo e passando una
mano
sui capelli di Liv.
"Cosa
vuoi dire? Senza il dispositivo di Hank non possiamo..."
"Non
ne abbiamo bisogno. Basti te." le dissi, calmo.
"Cosa?!"
esclamò la Rossa "Ma l'hai detto anche tu che non sono in
grado..."
"Sì,
l'ho detto." ammisi "Ma so che puoi farcela. Devi solo stare calma e
concentrarti."
Olivia
era perplessa. Non aveva ancora acquistato molta sicurezza nel gestire
i suoi
poteri, e aveva paura di fare qualche errore; glielo leggevo negli
occhi, e la
capivo pure, perché ci ero passato anche io, le prime
settimane di
addestramento.
Le
presi il volto con entrambe le mani e la guardai negli occhi.
"Puoi
farcela." ripetei "Ho fiducia in te. Ti guiderò io, stai
tranquilla."
La
Rossa annuì e fece un respiro profondo, mentre io mi
avvicinavo ancora, per
sussurrarle le istruzioni all'orecchio e tenerla calma e concentrata.
Con la
coda dell'occhio vidi la famiglia Bishop avvicinarsi a noi, per
facilitare alla
mia Olivia il compito di farci passare tutti e cinque nell'altro
universo.
Continuai a parlarle, a bassa voce, sfiorandole i capelli con una mano,
finché,
finalmente, non notai l'ambiente attorno a noi tremolare, per poi
stabilizzarsi
di nuovo: eravamo riusciti a passare il velo.
Sorrisi
e mi allontanai dalla Rossa, quindi mi girai verso il gruppo degli
X-Men, che
ci stava aspettando, e li presentai a Peter e la Bionda.
"Peter,
Olivia, loro sono gli X-Men." dissi, quindi mi tolsi il dispositivo per
il
passaggio interuniversi dal polso e lo lanciai alla Bestia "Hank, dagli
un'occhiata. Abbiamo rischiato di restare bloccati di là. Se
non fosse stato
per le abilità di Liv non avremmo mai potuto..."
Non
potei completare la frase: Olivia era caduta a terra, priva di sensi e
con
forti convulsioni.
Allarmato,
la soccorsi, aprendole la tuta fino al petto e spostandola in una
posizione più
sicura per lei, cercando di capire cosa le fosse appena successo
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Capitolo 10 *** 9 ***
Non ricordo bene cosa successe in quei lunghi minuti. Tutto era diventato confuso nel momento in cui avevo visto Olivia perdere i sensi e cadere a terra in preda alle convulsioni.
Ricordo che le tenevo la testa e che qualcuno si era avvicinato e mi aveva detto qualcosa, non so cosa. Avevo risposto senza badare troppo a cosa dicevo, e avevano tentato di allontanarmi da lei.
Avevo opposto resistenza, e devo aver fatto anche qualcosa con le mie abilità, perché, dopo un momento di confusione del gruppo (non sono molto sicuro di cosa successe, ma avevo sentito la bambina di Peter urlare e il mio lupo abbaiare), qualcun altro si era avvicinato e mi aveva tirato un doloroso ceffone in piena faccia, riportandomi alla ragione.
Fu come risvegliarsi da un incubo confuso; la mia mente si era improvvisamente schiarita, riportandomi alla realtà. Mi guardai intorno, rendendomi conto di avere addosso gli occhi di tutti, quindi abbassai lo sguardo su Olivia. Era ancora priva di sensi, ma le convulsioni sembravano essere passate.
"Dobbiamo portarla in ospedale!" dissi, rivolto a Logan, che era inginocchiato di fronte a noi, per cui dedussi che era stato lui a tirarmi il ceffone che mi aveva riportato alla realtà.
"No, Tenente, non possiamo." mi rispose l'altro "È più sicuro portarla alla scuola, lì saranno in grado di curarla. Ora andiamo, abbiamo un lavoro da fare." concluse, alzandosi in piedi e guardando Peter, che si era avvicinato di nuovo, passato lo spavento della figlia.
"Come sta Olivia?" domandò "Cosa è successo?"
"È successo che il novellino ha fatto il passo più lungo della gamba: la Rossa non è ancora in grado di affrontare un simile impegno."
”Se non l'avesse fatto saremmo rimasti bloccati dall'altra parte!" protestai "Non ho avuto altra scelta."
Logan stava per replicare, ma Peter si intromise e lo interruppe, rivolgendosi a me.
"Va bene, non fa nulla. Ora abbiamo un lavoro da fare. Al massimo, più tardi, quando avremo finito il lavoro per cui ci avete prelevato, vi do una mano a controllare quell'affare per riportarci a casa."
Annuii, alzandomi in piedi, mentre Colosso si avvicinava per prendere Olivia e portarla alla scuola. Rainbow mi fu subito accanto; le grattai le orecchie, rassicurante, e mi avviai all'uscita, facendo segno a Peter e Olivia di seguirmi.
Arrivati al SUV di servizio lo aprii e feci salire il lupo sul sedile posteriore; mi voltai verso l'altro uomo e lo vidi storcere il naso, stringendo la mano della figlia con fare protettivo.
"Rainbow è tranquilla, non farà nulla a vostra figlia." li rassicurai, dando un buffetto sul collo del lupo, che fece un verso felice, prima di spostarsi sul fondo del sedile per fare posto a Olivia e Etta.
Ci sistemammo in macchina e accesi il motore, quindi mi avviai in direzione di New York. I primi kilometri restammo in silenzio, almeno noi adulti, perché la bambina faceva molte domande, indicando qualunque cosa vedesse fuori.
Eravamo fermi a un semaforo, non lontano dall'entrata dell'autostrada, quando Etta indicò un cartellone pubblicitario posto sul palazzo di fronte a noi.
"Mamma! Guarda! Un TARDIS rosso!" esclamò.
"Sì, tesoro. suppongo che qui sia di quel colore." le rispose, con calma, la madre.
"Anche la storia cambia un po', in realtà" mi intromisi, sorridendo "Alcuni episodi, come quelli in cui i protagonisti finiscono nell'universo alternativo, li hanno gestiti diversamente."
"Ci credo, non possono mettere i dirigibili, dal momento che qui è normale vederli in giro." si intromise Peter, fissando il cartellone "Vedo che qui è stato scelto Cumberbatch al posto di Capaldi."
"Capaldi? Scusate, io sono rimasto ai tempi di Smith, che qui non ci è mai stato, dato che hanno scelto questo." lo interruppi, ripartendo ed entrando in autostrada "Spero che gli altri siano arrivati..."
"Stai tranquillo, Lincoln." mi rassicurò la Bionda "Olivia starà bene. Anche a me era successa una cosa simile nella vecchia linea temporale."
Annuii. Sapere che all'altra Olivia era successa una cosa simile non mi tirava molto su di morale, ma almeno sapevo che sarebbe stata bene.
"Posso chiedervi che fine ha fatto Walter?" domandai, cercando di cambiare argomento.
"È scomparso. Non so molto, ha lasciato un video con la spiegazione, ma non ci ho capito molto. So solo che ieri, quando siamo tornati dalla gita, non c'era più." spiegò Peter, sospirando preoccupato.
"Ieri il Segretario ha avuto un infarto." ammisi "Le cose potrebbero essere collegate."
"Come? Sta bene?" domandò Peter, allarmato.
"Sì, non ti preoccupare. Stavo pensando di fare un salto all'ospedale per aggiornarlo, prima di andare alle Stark Industries." riferii, continuando a guardare la strada, attento.
Dopo un po' di tempo, finalmente, arrivammo in vista di Manhattan. C'era parecchio traffico e decisi di attivare la sirena, in modo da poterlo aggirare.
"Non ricordavo così tante macchine in giro, l'ultima volta che sono venuto da queste parti." commentò Peter, osservando le macchine che si spostavano prontamente al nostro passaggio.
"Di solito non è così tanto. È solo che stasera a Madison Square Garden c'è il concerto dei Jackson Fam." spiegai, mantenendo gli occhi sulla strada.
"I Jackson Fam? Chi sono?" domandò Olivia, sporgendosi verso di noi, mentre Etta era occupata a fare le coccole al mio lupo.
"L'equivalente di questo lato dei Jacksons Five, Michael Jackson e famiglia. Dovevano fare il concerto alla Opera House, ma hanno dovuto spostarsi a Madison Square Garden dopo l'attentato." continuai.
Nel frattempo eravamo entrati nel traffico cittadino e ci stavamo dirigendo all'ospedale dove era ricoverato Walter. Il traffico era diminuito, quindi staccai la sirena, poi entrai nel garage sotterraneo del policlinico.
Scendemmo dall'auto e salimmo al piano. Mentre camminavano, la piccola Henrietta mi prese inaspettatamente la mano; la guardai e lei mi sorrise. Era un sorriso sereno, ma molto simile a quello della madre; le sorrisi di rimando e mi fermai davanti alla porta della stanza del Segretario.
"Entro prima io." dissi, facendo un cenno a Rainbow, che si appostò vicino alla porta.
"Posso venire con te, zio Lincoln?" domandò Etta, cogliendomi di sorpresa. Guardai i genitori, che annuirono, quindi la presi in braccio ed entrai, insieme alla mia lupa.
Walter era steso nel letto, leggeva sul suo tablet e masticava qualcosa che si era affrettato a nascondere sotto il cuscino non appena avevo aperto la porta. Sospirai; il vizio delle Red Vines non lo avrebbe mai perso, dovevo rassegnarmi.
"Tranquillo, Walter, sono io. Siamo tornati." dissi, avvicinandomi al letto; Henrietta si era stretta al mio collo e fissava il Segretario, incuriosita e intimidita allo stesso tempo "Sono passato per aggiornati, e per farti conoscere una persona."
"Oh... okay, figliolo." rispose l'anziano "Dimmi tutto. Olivia è rimasta fuori? Cosa ti sei fatto alla faccia? E chi è questa bella signorina?"
"Che ha la mia faccia che non va?" domandai, sfiorandomi la guancia,
"Sei tutto nero dove l'altro signore basso ti ha picchiato, zio Lincoln" mi rispose la bambina.
"Oh... grazie, Henrietta." dissi, tornando poi a rivolgermi al Segretario "Olivia non è stata bene. Gli altri l'hanno portata alla scuola, e lei è Henrietta, la figlia di Peter e l'altra Olivia. Ora sono qui fuori, vuoi salutarli prima che li porti alle Stark Industries?"
"Quindi avete avuto successo? Sì, falli entrare, per favore."
Feci sedere la bambina sul letto ed andai a chiamare gli altri. Non appena furono entrati, Peter rimase a rispettosa distanza, guardando il padre naturale negli occhi.
"Walter... mi hanno detto che hai avuto un infarto." esordì l'uomo.
"Sto meglio ora, figliolo." rispose il Segretario "Come sta l'altro Walter?"
Peter sospirò. Sicuramente stava cercando le parole giuste per dargli la brutta notizia.
"È scomparso." ammise "Ieri. Mi ha lasciato un video di cui non ho capito molto..."
"Mm... magari la cosa è collegata al mio infarto." suggerì l'altro "È successo ieri..." fece una pausa e guardò la bambina "Così tu saresti la mia nipotina? Quanti anni hai, biondina?"
Etta non rispose e si strinse timida ai fianchi della madre, che si era avvicinata, e rispose per lei.
"Ha tre anni. Di solito è una gran chiacchierona, ma oggi non sembra volerne tanto sapere."
"Beh, dopo ciò che è successo ad Harvard si è spaventata" continuò Peter "La vostra Olivia è stata male ed è successo un casino."
Mi guardò eloquente. Sospirai senza dire nulla, mentre Walter offriva una delle sue caramelle alla bambina.
"Vedi, figliolo..." disse Walter "questo è un segno. Datti una mossa!" quindi prese un sacchetto dal comodino e me lo porse "È l'anello che ho regalato a Elizabeth. Entro un mese lo voglio vedere al dito del Capitano Dunham, chiaro?"
Sospirai nuovamente, alzando gli occhi al cielo, mentre Peter trattenne un sorriso, lanciando uno sguardo alla moglie.
"Vedrò cosa posso fare, Signor Segretario" risposi, accondiscendente "Ma ora dovremmo andare, il tempo stringe e Tony Stark ci sta aspettando al suo ufficio."
Salutammo il Segretario e tornammo alla macchina. Quando fummo tutti e cinque a bordo partii, senza dire una parola. Fu Peter a rompere il silenzio, pochi minuti dopo.
"E io che mi lamentavo delle uscite del mio Walter... nonostante tutto anche lui non è da meno..."
"Non me ne parlare... è già un miracolo se non ha organizzato a me e Olivia un appuntamento galante a sue spese... sarò come un figlio per lui, ma a volte esagera."
"Se non esagerasse non sarebbe Walter." scherzò l'uomo. Risi di gusto, Peter aveva ragione: era nella natura di Walter Bishop.
Arrivammo alle Stark Industries e venimmo accolti da Tony Stark in persona, che ci condusse al suo ufficio, dove ci attendevano tutte le massime cariche del Paese, eccezion fatta per il Segretario della Difesa, per ovvie ragioni, che era sostituito dal Segretario Kennedy. Dovetti rimanere anche io, in qualità di ufficiale di collegamento, poiché conoscevo bene entrambi i Mondi e potevo dare suggerimenti sul posto migliore per posizionare le due macchine.
Dopo due ore la riunione terminò, e la conclusione fu quella di dare carta bianca alla Divisione Fringe sulla scelta del luogo e i tempi di accensione della Macchina. Ne conseguiva, quindi, che avrei dovuto fare almeno altri due viaggi dimensionali per poter parlare io stesso con chi custodiva il macchinario, nell'altro lato.
Quando la riunione fu conclusa, contattai gli X-Men e riaccompagnai la famiglia Bishop ad Harvard. Hank aveva aggiustato il macchinario per passare nell'altro lato, quindi riaccompagnai Peter e gli altri, questa volta da solo, e prima di tornare indietro presi accordi con lui su quando sarebbe stato il mio viaggio successivo.
Riuscii a tornare indietro illeso, quindi aggiornai il resto della mia squadra e tornai alla scuola per vedere come stava Olivia.
Alla Rossa ci vollero parecchi giorni per riprendersi, quindi decidemmo di comune accordo che i primi viaggi li avrei fatti da solo, finché non fosse stata in grado di affrontare di nuovo tutto.
Programmai due viaggi per parlare con Nina Sharp, ancora a capo della Massive Dynamics, e completare il compito assegnatomi, e intanto ne approfittai per cercare ulteriori informazioni su mia madre; misi al corrente sia Peter che la signora Sharp della mia parentela con William Bell, e questi mi assicurarono il loro supporto nella ricerca di informazioni, così che dovetti preparare ulteriori viaggi nell'arco del mese successivo, col consenso anche degli X-Men, che erano al corrente di tutto.
Tre settimane dopo, Olivia si era finalmente ripresa. Quel giorno avevo in programma l'ultimo viaggio, corrispondente all'inizio dei lavori di rimontaggio della Macchina, e dovevo supervisionare al tutto, quindi per due settimane non sarei più tornato nell'altro universo, e la volta successiva avrei varcato la soglia attraverso il Ponte creatosi.
Mi stavo finendo di vestire, quando la Rossa bussò ed entrò in camera mia, rimanendo sulla porta.
"Allora quando andiamo?" domandò.
"Andiamo? Dove?" chiesi, di rimando.
"Nell'altro lato. Oggi vorrei venire anche io."
"Olivia, è solo un viaggio di supervisione. Non c'è bisogno che ci andiamo entrambi." obiettai.
Olivia sospirò, ma non disse nulla. La guardai: teneva la braccia incrociate e lo sguardo basso, e si mordeva le labbra nervosamente. Conoscevo quell'atteggiamento: era nervosa e si stava trattenendo dal rovesciarmi addosso tutta la rabbia che stava covando dentro. Mi avvicinai e la guardai, deciso, tenendo le braccia incrociate sul petto.
"Avanti, Liv. Parla." la incoraggiai.
"È solo una scusa." sussurrò.
"Cosa?"
"La supervisione all'inizio dei lavori. È solo una scusa." ripeté, alzando gli occhi e guardandomi in faccia "Sei diventato ossessionato dalla storia di tua madre! Cosa vuoi ottenere? Non cambia quello che sei!"
"Liv, tu non capisci... io..." cercai di spiegare, ma lei mi interruppe.
"Tu sei ossessionato, Lincoln!" continuò, quasi urlando "Quasi non ti riconosco più! Questa cosa ti sta cambiando, non te ne accorgi? Parli solo delle scoperte sulla tua famiglia e trascuri il resto!"
"Olivia, ascolta..." cercai di obiettare, afferrandole delicatamente il braccio, ma lei se lo scrollò di dosso e andò a chiudersi nella sua stanza.
Sospirai frustrato e mi rivolsi a Rainbow, che aveva assistito alla scena dalla sua cuccia.
"Resta con lei, piccola." le ordinai, avvicinandomi e carezzandole dolcemente la testa "Io torno stasera tardi, tu non perderla d'occhio." la lupetta mi guardò adorante e mi leccò la mano: era segno che aveva capito, così potei finalmente uscire e mettermi al lavoro.
Presi la mia moto e mi diressi al luogo dell'appuntamento. Dovevo andare fino in Florida, Jacksonville, in un punto in cui il Velo era più sottile, quindi era il posto ideale sia per farmi passare nell'altro universo che per creare il Ponte. Nell'altro lato sarei stato accolto dai tecnici della Massive Dynamics, Peter e, molto probabilmente, qualche militare, visto che la zona scelta era occupata da una base militare.
Dopo qualche ora di viaggio, finalmente arrivai. Parcheggiai la moto all'esterno dell'hangar dove i tecnici della Stark Industries stavano già lavorando, e vidi venire verso di me Tony Stark in persona.
"Sei in perfetto orario, Tenente!" disse, stringendomi la mano.
"Grazie. Dall'altra parte mi aspettano. Mettiamoci al lavoro." risposi, tagliando corto. Non ero in vena di chiacchiere, non dopo aver passato tre ore di viaggio, tra moto e dirigibile, a ripensare alla discussione che avevo avuto con Olivia.
Senza dire una parola, annuì e mi fece spazio per permettermi di passare nell'altro universo, dove, come avevo previsto, trovai ad aspettarmi Peter e Nina Sharp.
Ci mettemmo subito al lavoro, e le ore passarono veloci. Non parlai molto, mi concentrai sul compito assegnatomi; mentre controllavo delle carte, Nina mi si avvicinò, guardandomi preoccupata.
”Qualcosa non va, Agente Lee?" domandò.
"No, signora Sharp. Sto bene." mi affrettai a rispondere, alzando lo sguardo.
"Sai, di solito sono abbastanza brava a capire le persone, e dal tuo comportamento oggi, ho l'impressione che prima di venire qui tu abbia avuto una discussione con qualcuno, forse la tua ragazza."
"Non è la mia ragazza." specificai.
"Ma vorresti che lo fosse."
Sospirai e la guardai negli occhi. La donna sorrise, mi tolse le carte dalle mani e mi prese sotto braccio.
"Facciamo una pausa. Mi racconterai tutto davanti a una tazza fumante di caffè." ordinò.
Annuii, seguendola in un angolo dell'hangar, dove erano disposti dei piccoli tavoli. La donna prese due tazze di caffè e si sedette di fronte a me, porgendomene una.
"Dimmi tutto. Con chi hai litigato?" mi domandò.
"Olivia." risposi, tenendo gli occhi sulla mia tazza.
"Lo immaginavo." ammise, sorridendo "Olivia sa essere testarda, quando vuole, almeno quella di questo lato, ma credo che anche la tua non sia da meno."
"Voleva venire con me, oggi, ma non ho voluto rischiare." continuai "Mi ha accusato di essere ossessionato dalla storia della mia famiglia."
"Oh, beh... questo prova che sei il nipote di William, caro." rispose, sorridendo, quindi mi prese una mano, rassicurante "Stai tranquillo, se saprai farti perdonare, Olivia dimenticherà in fretta l'accaduto. Se posso darti un consiglio, prepara qualcosa che la sorprenda in positivo, tipo una cena, o un weekend solo per voi..."
"Nina, io e Olivia non stiamo insieme, lei non è la mia ragazza..." cercai di spiegare "siamo solo amici... domani andremo insieme a una festa, ma non siamo una coppia."
"Il fatto che siate solo amici non esclude che provi qualcosa per lei, Tenente Lee. Se saprai giocare bene le tue carte Olivia ti perdonerà."
Sospirai, guardando le finestre dell'hangar. Il cielo stava assumendo le tinte rossastre del tramonto; rimasi incantato: non ero più abituato a queste tinte, era strano, nonostante fossi nato su questo lato non ne sentivo molto la mancanza, anzi, dopo questo poco tempo passato nel mio universo di nascita stavo cominciando a sentire la mancanza della mia nuova casa.
Controllai l'orologio, era tardi, dovevo attraversare il velo.
"Devo andare." salutai "Ci vediamo tra un mese, all'apertura del Ponte."
Attivai il macchinario al mio polso e tornai a casa.
Era notte fonda quando varcai la soglia del mio appartamento alla scuola. Cercai di non far rumore, entrando: non volevo svegliare nessuno.
Rainbow, distesa nella sua cesta, alzò la testa e scodinzolò; le sorrisi e mi avviai verso la stanza di Olivia, per controllare come stesse.
La Rossa dormiva serenamente sul suo letto; mi avvicinai e le baciai la fronte, cercando di non svegliarla, ma senza successo. Liv aprì gli occhi, assonnata, ma il suo sguardo si illuminò appena mi riconobbe.
"Sei tornato!" esclamò, tirandosi su e abbracciandomi, mentre io mi sedevo sul letto e ricambiavo l'abbraccio.
"Avevi qualche dubbio?" chiesi, ma non attesi risposta "Ascolta... mi dispiace per quello che è successo... hai ragione, sono ossessionato..."
"No, Linc... scusami tu..." mi interruppe "non avrei dovuto aggredirti in quel modo... avevi ragione, era un viaggio pericoloso, e io non ero pronta..."
Mentre parlava mi aveva afferrato stretta la mano, non voleva lasciarla. La guardai negli occhi e sorrisi.
"Va bene, non fa nulla, ma ora dormi che è tardi." le dissi, spostandole una ciocca di capelli con la mano libera e avvicinandomi per baciarle la guancia.
Istintivamente si aggrappò alla mia maglia; la lasciai fare e decisi di stendermi accanto a lei, almeno finché non si fosse addormentata. La Rossa non mi mollò e la strinsi protettivo.
Pochi minuti dopo dormivamo entrambi, l'uno abbracciato all'altra. |
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