Ti accetto per come sei

di MayaNp994
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Nuova vita ***
Capitolo 2: *** 2. Tutto grazie al caffè ***
Capitolo 3: *** 3. Nonno, parlami della mamma ***
Capitolo 4: *** 4. Un penny per i tuoi pensieri. ***
Capitolo 5: *** 5. Controlla il telefono ***
Capitolo 6: *** 6. Molte vittorie ed una sconfitta ***
Capitolo 7: *** 7. Lauren ***



Capitolo 1
*** 1. Nuova vita ***


Eccoci qui. Scusate il ritardo ma sono tornata tardi ieri e quindi pubblico oggi.
Spero non vi deluda.
 
Ti accetto per come sei.
Capitolo 1. Nuova vita
Sono passati dieci anni da quando ho lasciato Forks.
Qui a Phoenix ho una vita stabile e organizzata. Il mio lavoro mi consente di vedere Edward abbastanza per seguirlo nei singoli passi della crescita, anche se ora preferisce stare con i suoi amici. In fondo ha dodici anni.
Il mio bambino è l’essere più buono che io abbia mai visto. E’ comprensivo e non fa quasi mai i capricci.
E’ affezionato al suo nonno che vede tutte le settimane.
Ormai Charlie ha un posto fisso in casa nostra. Quando viene sa già che basta aprire il divano e il suo posto letto è pronto per lui.
Il nostro appartamente è modesto. Abbiamo due ampie camere che sboccano un corridoio. In fondo a questo c’è un bagno e dalla parte opposta il salotto con la cucina.
La camera di Edward è composta da un letto ad una piazza e mezza, solitamente sommerso da videogiochi, una scrivania coperta di libri e fumetti ed un pc.
Sul pavimento regnava un tappeto, completamente coperto da vestiti sporchi. Non potevo lamentarmi, anche io ero così. Sul muro, i poster della sua squadra di calcio preferita.
La mia camera era modesta. Un letto matrimoniale e il nostro armadio. I miei muri invece, come quelli di tutta la casa, era tappezzati di fotografie di famiglia. Solo in una era presente mia madre.
-Amore!- lo chiamai dalla cucina, mentre addentavo un pezzo di pane tostato. –E’ tardi!!-
-Mamma arrivo!- disse uscendo dal bagno. Mi guardò male quando mi vide. –Hai mangiato il mio toast.-
Feci la linguaccia. –Te ne ho fatto un altro.- Rise.
-Dai, facciamo tardi a scuola.- Disse lui precedendomi.
Lo accompagnai a scuola e lo feci scendere davanti al cancello. –Oggi è il giorno del regalino mensile.- mi sorrise. Aveva il sorriso beffardo di suo padre.
-Va bene.- abbassai la testa. –Che gioco vuoi?- Una volta al mese gli compravo un nuovo videogioco per qualche sua console, in cambio, lui, doveva portare sempre bei voti a casa. Fin’ora non c’è stato problema.
-Fifa 2014.-
-Va bene, Eddy.- gli sorrisi. –Ma visto che è appena uscito, devi fare il bucato per due settimane.-
-Agli ordini!- mi fece il saluto militare.
Risi. –Muoviti. Se no fai tardi.-
-Ci vediamo a casa, mamma. Ti amo!- mi gridò mentre correva verso l’edificio scolastico.
Scossi la testa sorridendo. Lo amavo tanto anche io. Lui era l’uomo della mia vita.
 
Arrivai al negozio di elettronica dell’amico di mio padre. Ormai lo dirigevo interamente io. Avevo preso un piccolo attestato circa sette anni prima e avevo acquisito le capacità necessarie.
-Bella!- gridò Iris dal bancone. –Sei in ritardo.-
Iris era una donna alta e magra. Aveva ventisette anni esattamente come me e sembrava dieci anni più vecchia. Aveva lunghi capelli ricci, di un biondo spento e più crespi del mare mosso.
Gli occhi in compenso erano una meraviglia. Azzurri come il cielo d’estate.
-Lo so. Dannata sveglia.- sbuffai mentre mi cambiavo. –Oggi gli Hanson vengono a ritirare i tre netbook. Sono pronti?-
-dovrebbero si.- Iris controllò sul pc. –Hanson.. Hanson..Ah! Eccoli qui!..Hanson, tre netbook con schermi danneggiati, riparati.-
-Perfetto.- Mi abbassai un attimo sotto il bancone per allacciarmi una scarpa.
Sentii aprire la porta del negozio.
-Salve.- disse l’uomo che entrò nel negozio. –Sto cercando uno smartphone di ultima generazione per il compleanno di mia nipote. Sapreste consigliarmi il migliore?- Voce familiare.
-Mi spiace, ma qui si fanno solo riparazioni o aggiornamenti.-
-Ah, capisco. Arrivederci e scusi per il disturbo!- se ne andò come era venuto.
-Iris, che ne pensi di Carlton?- chiesi alzandomi in piedi. –Pensi che sia serio?-
-Penso sia un buffone.- poi tornò a smanettare su Facebook.
Non usciavo con un uomo da quasi un mese e la cosa, anche se mi mancava un po’, non mi dispiaceva. Ma mio padre ogni volta mi fa la ramanzina.
Dio, sono adulta, ho un lavoro stabile e sono totalmente capace di badare a me stessa.. ma questo non mi risparmia dalle lezioni di vita di Capo Swan.
 
-Mamma! Sono tornato!- disse Eddy mentre chiudeva la porta.
-Amore, non posso darti un bacio ora.. sono piena di farina.-
-Come fatto.- sorrise mentre si sedeva sulla sedia. –Com è andata oggi?-
-Solita noia. Clienti scontenti delle riparazioni di Peter, anche se sono perfette, per pagare di meno.- sospirai. –E a te tesoro?-
-Ho preso 10 nel compito di geografia e 7 in quello di matematica.- aspettò.
Sorrisi sotto i baffi. Pure intelligente mio figlio oltre che bello.
-Mamma..- esclamò ad un certo punto. Mi voltai verso di lui. –Dov è il gioco.-
Risi. –Dentro la borsa in corridoio.-
Corse a prenderlo e subito si chiuse in camera.
Scossi la testa. Adolescenti.
Squillò improvvisamente il telefono. –MAMMA!! IL TELEFONO!!-
-CE L’HO!- risposi.
 
Pronto?
Isabella Swan?
Si, chi parla?
Sono Carlisle Cullen, il medico curante di suo padre.
Capisco. E’ successo qualcosa?
Signorina, suo padre è ricoverato d’urgenza per un malessere di tipo cardiaco.
Mi sedetti sulla prima superficie libera che mi capitò. –Sta bene?
Si, ora si. Ma quandò uscirà non potrà stare solo, quindi per precauzione sarabbe meglio assumere una badante.
Non abbiamo abbastanza soldi per questo. Non può venire a casa mia?
Sarebbe meglio non fargli fare spostamenti per ora. E’ ancora debole.
Capisco. Può tenerlo in ospedale ancora per un giorno o due? Devo organizzarmi con il lavoro.
Certamente. Arrivederci, Signorina Swan.
A lei, Dottor Cullen.
 
-EDWARD!!- mio figlio schizzò fuori dalla camera. –Preparati tutto il necessario per partire.-
-Dove andiamo?-
-Staremo dal nonno per un paio di mesi.. o forse tre.-
-Ma la scuola sta per finire!- era a bocca aperta.
-Ti trasferisci alle medie di Forks. Il nonno è stato male e dobbiamo occuparci di lui.- Andai ad abbracciarlo. –Ti comporterai da ometto e partirai senza fare capricci?-
Annuì. Gli baciai la fronte e corse a preparare la roba.
Il giorno dopo presi delle ferie prolungate, con il rischio di perdere il lavoro, ma poco importava.
Chiamai mia madre, la scuola per il nullaosta ed il trasferimento e contattai quella di Forks.
Infine prenotai il volo.
Stavo ritornando nel posto in cui un tempo fui davvero felice.  

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Capitolo 2
*** 2. Tutto grazie al caffè ***


Ti accetto per come sei.
Capitolo 2. Tutto grazie al caffè.
Arrivammo di fretta e furia all’ospedale di Forks. Il Dottor Cullen ci stava aspettando davanti alla camera quindici, quella riservata a Charlie.
-Salve, lei deve essere la signorina Swan..- poi si voltò verso mio figlio e lo guardò da capo a piede.
-Sono suo figlio.- disse Edward secco. Odiava gli sguardi famelici di pettegolezzi di questa cittadina.
-Lo so, l’ultima volta che ti ho visto avevi due anni.- sorrise Carlisle. Era un brav’uomo. –Ti sei fatto grande!-
In effetti il mio Edward era diventato proprio grande. Era alto per la sua età e magro. Capelli neri come quelli di Jacob ed un naso perfetto. Gli occhi, invece, erano uguali a quelli di Charlie.
-Come sta mio padre?- chiesi preoccupata.
-Sta bene, Isabella. Deve solo riposare.-
-Cos’ha avuto?-  chiese Edward sulle spine.
-Ha avuto un piccolo attacco di cuore ma nulla di cui preoccuparsi per ora. Non ha danneggiato l’organo. Deve stare a riposo e non sforzarsi per nessun motivo.-
-Gesù…- mi misi una mano sulla fronte, mentre Edward entrava in stanza.
Sorrisi al Dottor Cullen e lo ringraziai prima di varcare anche io la porta.
 
Entrammo in casa Swan. Quanti ricordi. Charlie non aveva cambiato nulla dall’ultima volta che ci siamo stati, a parte qualche foto in più.
Stava ancora insieme a Sue ed abitavano insieme ormai e con loro il piccolo di lei, Seth.
Finalmente aveva trovato uno scopo per la camera vacante del secondo piano.
-Bells, posso avere una birra?-
-No. Solo acqua.-
-Ma.. Bells!- si lamentò mentre si sedeva sul divano.
-Papà ti prego.- dissi guardandolo negli occhi. –Solo. Acqua.-
Sbuffò e cominciò a raccontare ad Edward la storia della sua squadra di Baseball preferita.
Cosa che di sicuro non mi sarebbe mai interessata. Mi defilai per portare in cima alle scale i nostri bagagli.
Varca la soglia della mia stanza. Era tutto in perfetto ordine. I libri di scuola erano ancora sopra alla scrivania e anche i dvd.
-Chissà se…- mi venne in mente Edward Cullen. Erano anni che non ci pensavo più. Appena arrivata a Phoenix mi costrinsi ad accantonare il pensiero. A chiuderlo in un angolino e ricoprirlo di cemento, in modo da non poterlo neanche riprendere.
Quel cemento, quel giorno, si era sgretolato.
Scesi le scale di corsa, dovevo scappare dai miei pensieri, e comunicai a tutti che andavo a fare la spesa.  Sue era partita per lavoro ed il frigo era vuoto.
Andai a piedi fino al supermercato di zona. Si era evoluto. Avevano messo le porte scorrevoli automatiche. Wow.
Entrai e cominciai a prendere le cose essenziali.
-Uova.. latte.. oh, il caffè!- era l’ultimo pacco e lo afferrai in contemporanea ad un'altra persona. –Scusi l’ho visto prima io.-
-Cos è? Una gara?  La smetta di fare la bambina e molli il mio caffè.- alzai lo sguardo un attimo dalle sue mani e quasi svenii. Era lui. Risi.
-Che ha da ridere?- era arrabbiato. –Questa è pazza.-
-Edward Cullen.- esclamai.
-Ci conosciamo?- Davvero non mi aveva riconosciuta? Ok. Ero un po’ cambiata. I capelli erano più corti, il fisico più formoso ma comunque ero sempre io.
-Sono Bella. Bella Swan.- sorrisi.
-Be-Bella?!- chiese mollando il caffè. Che finì inesorabilmente nel mio cestino. Gli feci una linguaccia. Rise.
-Edward. Grazie per avermi lasciato il caffè.-
-Alice mi ucciderà ma penso che mi perdonerà se le dico il motivo per cui non gliel’ho preso.-  esclamò. Anche Alice era rimasta a Forks? –Come mai da queste parti?-
-Beh, ci vivo per ora.-
-Ti sei ritrasferita?-
-Beh, Charlie ha avuto un malore ed ha bisogno di qualcuno che badi a lui.- ci incamminammo verso le casse. –Tu che fai?-
-Sono specializzando all’ospedale di Forks.- Wow, Edward dottore. –Sotto gli occhi vigili di mio padre..- sorrise.
Risi. –Edward Cullen, Medico. Suona bene. Anche se pensavo che avessi scelto di diventare un gigolò.-
-Ah.Ah.Ah. Mi fai morire, Bella.- si mise una mano sul petto. –Era un periodo.- alzò le spalle.
Era tutto come allora. Non era cambiato nulla. Lui era divertente come lo ricordavo. Bello e simpatico come l’amico che avevo lasciato qui ben dieci anni fa.
Ero contenta di non aver rovinato tutto.
Pagammo e uscimmo dal supermercato. –Quella era Jessica Stanley?- chiesi poi indicando la cassiera.
Annuì trattenendo le risate.
-Wow, eppure era discretamente intelligente. Come è finita a fare la cassiera?-
-I genitori l’hanno mandata al college ma è stata espulsa per qualche motivo e quindi le hanno detto di cercarsi un lavoro. –
-E come si sanno queste cose?-
Indicò la Stanley. –Le brutte abitudini non muoiono mai.-
 
Mi accompagnò a casa in auto. –E’ stato un piacere rivederti, Edward.- lo salutai con un bacio sulla guancia, che mi provocò dei brividi per tutto il corpo. Il Sex Appeal di questo ragazzo non diminuisce ma aumenta con l’età.
-Anche per me, Bella.- sorrise. –fatti viva a casa. Ci sono parecchie novità che devi vedere.- esclamò prima di andarsene.
Era da tempo che non mi sentivo così piena di vita. Magari ero pronta, finalmente, ad affrontare il mio passato. 

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Capitolo 3
*** 3. Nonno, parlami della mamma ***


Ti accetto per come sei
Capitolo 3. Nonno, parlami della mamma.
Ho dovuto salutare tutti i miei amici e la mia ragazza, della quale mia madre non sa nulla, per andare a Forks, cittadina di qualche migliaia di abitanti.
La mamma mi aveva raccontato che quando avevo circa due anni, e lei ne aveva diciassette, eravamo rimasti a vivere a casa di nonno Charlie per tredici mesi.
Ci siamo tornati solo due volte in dieci anni e questa seconda volta era per un motivo che mi spaventava molto.
Nonno Charlie era ricoverato in ospedale per un attacco di cuore. Ho dodici anni e sono molto maturo per mia età. So bene che mia madre non mi ha detto tutto della nostra vita a Forks ma di certo non spetta a me aprire l’argomento.
Quando arrivammo davanti alla camera dell’ospedale e quel medico mi guardava come se fossi radioattivo, mi montò una rabbia davvero assurda.
In questa cittadina del cavolo i pettegolezzi erano l’unica fonte di svago. Mia madre sorrise a quell’uomo. Forse si conoscevano.
-Nonno!- lo andai ad abbracciare, oltrepassando il medico dai capelli biondi e mia madre. La stanza era triste come il resto dell’ospedale. Non ci provavano neanche a far sentire meglio i pazienti attraverso qualche colore. –Come stai?- sorrisi.
-Eddy! Male, ometto. – abbassò lo sguardo sul giornale.
Risi. –Hanno perso di nuovo, vero?-
-Si, dannazione!-
Questo è mio nonno. Si preoccupa più di una partita di Baseball che della sua salute.
-Bella dov è?- chiese.
-Sta parlando con il medico biondo.-
Sorrise. –Quello è stato anche il tuo pediatra. Un grande uomo.-
Mamma entrò poco dopo e abbracciò il nonno.
-Dio, papà non puoi star da solo neanche una settimana che ti riduci così?- scosse la testa, esasperata.
-Su Bella. Aveva mangiato solo un po’ troppo.-
-Come ti nutri ora che Sue è all’estero per lavoro?-
Sue Clearwater era la moglie di Charlie, anche se non erano sposati. Ma ormai la vedevo come una nonna adottiva.
-Non te lo dico.- incrociò le braccia al petto e abbassò gli occhi sul giornale.
-Perché?- chiesi.
Si avvicinò al mio orecchio. –Ho paura di lei.-
Scoppiammo a ridere e mamma anche dopo di noi. Mi piaceva la nostra famiglia.
 
Entrammo in casa del nonno. Non ci mettevo piede da un sacco di anni. Circa cinque.
Era tutto come lo ricordavo, tranne molte nostre foto alle pareti.
- Ma.. Bells!- si lamentò il nonno appena mamma si rifiutò di dargli una birra.
Erano come il leone e l’agnello. L’agnello era il nonno ovviamente. Era una scena divertente.
-Solo.Acqua.- disse secca mia madre.
Il nonno sbuffò e cominciò a parlare di baseball. Un argomento che faceva sempre fuggire la mamma.
Dovremmo chiamarlo “Repellente per mamme”. Se vostra madre guarda il baseball, l’effetto sarà nullo.
Mamma corse di sopra per mettere a posto le valigie.
-..Pensi che ci senta?- mi chiese all’improvviso.
-Non penso.-
-Allora? Qualche uomo?-
-Nessuno che io sappia.- Il nonno si preoccupava sempre per la mamma. Diceva che non si impegnava abbastanza per  trovarsi un fidanzato. Non ne capivo il motivo.
Lui sospirò. –Come fa a non averlo dimenticato dopo dieci anni..-
-Chi?-
Mamma scese di corsa e disse che andava a fare la spesa perché il frigo era vuoto, il che non mi sorprendeva guardando il tavolo della cucina del Nonno. Cartoni di pizza, birre e resti di Hamburger. Non mi sorprendeva neanche che, in base alla sua alimentazione, abbia avuto un accenno di infarto.
Appena mamma si allontanò, nonno Charlie tirò fuori da un cassetto un vecchio telefono cellulare. Non capivo.
Lo accese e inserì il pin che, come tutte le password di mia madre, era la mia data di nascita o il mio nome intero “Edward Jay Swan”. Mio padre aveva insistito per mettere il secondo nome e così, quando ero ancora piccolo, andarono all’anagrafe e fecero richiesta.
Non vedo mio padre da anni ormai. Penso che sia scappato all’estero oppure, probabilmente, si sia fatto un’altra famiglia.
Non mi manca. Non era per nulla responsabile e lo sentivo fare sesso dalla mia camera, quando ero a casa sua.
Nonno Charlie mi porse il telefono e vidi lo sfondo. Ero io. Di sicuro. Mi riconoscevo.
Ero piccolo, due anni in base a quanto mi disse mio nonno, ed ero abbracciato ad un ragazzo dai capelli ramati.
-Chi è?-  Spalancai gli occhi.
-Edward Cullen.- Aveva il mio stesso nome. –Questo era il telefono di tua madre quando era ragazza.-
-Nonno..- chiesi un po’ imbarazzato. –Puoi parlarmi della mamma?-
Lui era sorpreso. In effetti, c’erano poche cose che io e mamma non ci dicevamo. Questo era un argomento che non voleva proprio aprire. La sua vita a Forks era un mistero per me.
-Certo, Ometto.-  Mi disse tutto. Mi parlò di come lui le avesse suggerito di farmi passare per suo fratello.
Di come lei, nonostante la bugia, andava in giro dicendo che ero suo figlio.
Di come spodesto la pettegola della scuola e della successiva ramanzina del preside della Forks High School.
Mi parlò di mio padre. Mi parlo molto di mia madre. E mi parlo anche di Edward Cullen.
-Era il migliore amico di tua madre…- sorrise.- Erano inseparabili e, ti giuro Eddy, io non l’avevo mai vista così felice, a parte il momento in cui ti tenne tra le braccia per la prima volta.- mi scompigliò i capelli. –Tua madre era una roccia ma, molti sbagli e qualche malinteso, l’hanno spezzata. Era innamorata di Edward ed Edward Cullen amava lei. Ed entrambi amavano molto te..-
Mi disse di come ce ne andammo da Forks.
In quel momento amai molto mia madre. Più di quanto non l’amassi già. Era una donna spettacolare.
Era la mia eroina.
Tornò a casa in macchina scortata da un uomo. La guardammo dalla finestra. Mio nonno sorrideva.
-Guardala Edward.-
La vidi. Era serena. Si vedeva chiaramente. Quando quell’uomo si girò notai il colore dei suoi capelli.
Quell’uomo era Edward Cullen.

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Capitolo 4
*** 4. Un penny per i tuoi pensieri. ***


Ti accetto per come sei
Capitolo 4. Un penny per i tuoi pensieri
Non ci potevo credere. Bella Swan era tornata a Forks. Avevo perso ormai le speranze.
Guidavo ma con la testa ero da un’altra parte. Era diventata una bellissima donna. I capelli erano setosi come quelli che ricordavo e i suoi occhi, spettacolari con quel filo di trucco che si metteva.
Il corpo si era sviluppato alla perfezione, il suo seno si era ingrossato di un paio di taglie.. se non di tre e quelle gambe… madonna.
Non potevo negarlo. Bella mi faceva lo stesso effetto che mi faceva dieci anni fa.
Rientrai in casa e vidi Alice aspettarmi sull’uscio della porta. Mi guardava esterefatta.
-Edward..- mi massaggiò le tempie. -…Dov è il mio caffè?!-
-Alice.. non sono riuscito a prenderlo in tempo.-
I suoi occhi erano infuocati. Lo sapevo che si sarebbe infuriata con me per il mancato acquisto giornaliero di caffè.
Si voltò verso i suoi abiti e me li indicò. –Come pensi possa utilizzare tutto il mio ingegno da stilista e realizzare queste opere uniche al mondo SENZA.CAFFE’?!-
Alice aveva aperto un suo negozio di abiti a Port Angeles. Persino Angelina Jolie si fornisce da lei per i grandi eventi Hollywoodiani. La “Ally&Co” era anonima prima degli aquisti della Jolie ed ora, invece,  Alice è sommersa di lavori da parte di molte attrici note, e non, di Los Angeles.
Fattura un sacco di soldi all’anno.
Emmett entra poco dopo di me e vede Alice totalmente fuori di testa. –Oh no..- fa retro marcia anticipando Rosalie e Steffie, la loro bambina. Una piccola pulce di quattro anni con una cascata di capelli dorati uguali a quelli di Rose e gli occhi castani alla Emmett. -..No.No.No. Rosellina cara. Torniamo dopo.-
-Che è successo?- disse Rosalie mentre si faceva spingere da mio fratello verso la macchina.
-Mamma! Mi avevi promesso che saremmo stati a dormire dalla nonna.- disse Steffie dimenandosi.
-Amore di papà, Zia Alice ha un attacco per la mancanza di caffeina.- Rose salì in macchina senza farselo dire due volte e partirono di nuovo.
Risi. Alice faceva scappare tutti. Mia madre si era rintanata in cucina. Mio padre era di turno. L’unico che doveva calmarla ero io.
-Alice, sai perché non ho preso il caffè?- chiesi serio.
-Perché sei idiota?- sorrise maligna. Brutta nana malefica!
-No. Me lo ha fregato Bella.- dissi tutti d’un fiato.
-Bella? Bella Swan!?- le si illuminarono gli occhi. –Davvero?!-
Annuii. All’improvviso mi si lanciò addosso e mi abbracciò stile Koala.
-Oh, Edward! Ti perdono per il caffè! Hai invitato Bella a casa?-
-Si, l’ho fatto.-
 
Quando fu ora di andare a letto. Ripensai a tutte le cose successe in passato. Tutti maledetti errori che avevo fatto. Se non fossi stato tanto superficiale, Bella non se ne sarebbe andata.
Presi il mio telefono e ripescai i messaggi che le scrissi ben dieci anni prima. Non avevo avuto il coraggio di cancellarli.
Le avevo inviato quasi mille messaggi in pochi mesi. Mi sfogavo con lei e le raccontavo della mia vita. Anche se non ricevevo mai una risposta perché Capo Swan mi aveva detto che si era dimenticata il telefono a casa sua e non aveva intenzione di riprenderselo.
Non gli chiesi il suo nuovo numero. Non so perché, ma mi vergognavo troppo. Lui sapeva tutto quello che accadde con sua figlia, eppure aveva ancora la forza di sorridermi amorevolmente.
Nonostante tutto continuai a scriverle.
Il suo ritorno mi aveva scombussolato la testa. Era ancora così forte quello che provavo per lei? Può essere possibile che in così tanti anni il desiderio per lei non si sia del tutto spento? Non lo sapevo con certezza.
Mi addormentai con il pensiero di lei e con la curiosità di rivedere il suo piccolo Scricciolo.
 
Il giorno dopo ero di turno in ambulatorio. Persone assurde con problemi assurdi che pensano di avere assurde malattie prese da siti internet assurdi.  
Mandai via il paziente convinto di avere un tumore al cervello, quando invece era solo mal di testa da gelato, ed entrò una donna.
-Si sieda.- le indicai il lettino senza neanche guardarla. Mi voltai con il più smagliante dei sorrisi e quasi affogai negli occhi cioccolato di Bella.
-C..ciao Bella.- mi avvicinai a lei. Sorrise.
-Edward, come stai?-
-Beh, dovrei chiedertelo io. Come mai qui?- sperai in qualche romantico tentativo di approccio.
-Sono caduta dal quinto gradino delle scale ed ho sbattuto il braccio a terra.-
Sghignazzai. –La solita vecchia bella.-
-Ehi! Vecchia a chi!?- mise il muso.
Le controllai il braccio e non era nulla. Solo una botta. –Ti verrà un bel livido. Devi solo tenerlo a riposo.-
Sbuffò. –Glielo avevo detto che non era niente ma lui voleva che andassi a farmi controllare.-
Risi. –Capo Swan è un tipo previdente.-
-Non mio padre. Mio figlio.- sorrise.
Rimasi un po’ impalato. La fissai per dieci minuti.
Lei mi sventolò la mano davanti. –Eddy..?- Mi ridestai. Nessuno mi chiamava più Eddy da molto tempo. Tutti sapevano che mi faceva stare male.
Le sorrisi. –Un penny per i tuoi pensieri.- disse alzandosi e prendendo la borsa.
-Ti voglio invitare a cena a casa nostra. Porta anche Edward e Charlie.-
-Non mancherò.- Mi diede un bacio sulla guancia e varcò la porta. La guardai oltrepassare le porte dell’ospedale e non mi accorsi neanche che il prossimo paziente era già seduto sul lettino.
Mi stavo proprio rincoglionendo.

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Capitolo 5
*** 5. Controlla il telefono ***


Questo non è uno dei migliori capitoli che io abbia scritto ma avevo un blocco su come far svolgere questo benedetto incontro con i Cullen. Quindi questa è la versione migliore che io abbia partorito. Il prossimo sarà un PoV Edward Jay. Quindi sarà molto più interessante.
Scusate il ritardo e spero di non deludervi!
 
Ti accetto per come sei.
Capitolo 5. Controlla il telefono.
Rivedere Edward Cullen era stata una svolta per la mia testa. Sapevo che potevo stare in sua compagnia senza scoppiare in lacrime, cosa che i primi tempi non riuscivo a fare. Persino pensare a lui era off limits.
Ci stavamo preparando per la cena a casa Cullen ed ero un po’ nervosa. Quando lo dissi a mio figlio era stranamente entusiasto della faccenda.
-Eddy! Muoviti su! Non dobbiamo andare ad un galà!-
-Ma se da quello che mi hai detto, questi Cullen, sono imbottiti di soldi!- mi urlò dal bagno.
-Fatto sta che sei più lento di una nonnina!-
-Sono pronto.- sbuffò scendendo le scale. Quanto era bello, mio figlio. Indossava una camicia ed un jeans normalissimo. I capelli erano perfetti. Probabilmente aveva usato qualche suo prodotto. Era peggio delle donne a volte.
-Grazie per esserti unito a noi, Maestà.- feci un mezzo inchino e lui rise.
Charlie ci strombazzava dalla macchina da venti minuti e appena salimmo, mi guardò un po’ male.
-Bella..- disse con voce grave. -..Sei troppo scollata. Vai a cambiarti.-
Alzai gli occhi al cielo. Non era nulla di che. Solo una maglia con una scollatura a V e un Jeans stretto. I tacchi obbligatori, per Alice.
-Dai, parti nonno.-
 
Quando arrivammo alla porta di casa Cullen, e dopo che Eddy era rinsavito dalla vista della mega-villa, bussai.
Non mi ero accorta fino a quel momento che avevo un’ansia crescente dentro. Ero tesa come le corde di un violino.
Qualcuno aprì la porta. -…si?- disse una vocina dolcissima.
Abbassai lo sguardo e vidi una bellissima bambina dai capelli dorati. Aveva le guanciotte rosee e piene, le labbra carnose a forma di cuore e gli occhi grandi e marroni. Sembrava una bambola di porcellana.
Mi abbassai e la guardai negli occhi, sorridendo. –Ciao piccolina. Come ti chiami?-
-Steffie e tu?-
-Mi chiamo Isabella e stasera mangio qui con voi. Mi accompagni?-  lei fece un sorriso radioso e mi prese per mano, felice di rendersi utile.
-MAMMA! PAPA’!!- Gridò all’improvviso. –SONO ARRIVATI!!!-
Rosalie e Emmett entrarono nella stanza correndo. O quasi.
-Bellina!!- Emmett mi prese in braccio e mi fece girare come era solito fare molto tempo fa. Risi come un’adolescente.
-Ciao orso.- dissi abbracciandolo forte. Mi staccai da lui e andai ad abbracciare Rosalie. Finimmo per piangere entrambe. Tipico.
-Mi sei mancata tanto Rose.- le sussurrai all’orecchio.
Dopo esserci ricomposte la piccolina mi prese per mano e mi disse una cosa che mi fece rimanere di sasso. –Questa è la mia mamma e questo è il mio papà.-
-Davvero?- chiesi più a loro che a lei.
-Eh si. Ci siamo anche sposati.- alzarono le mani in sincrono, mostrando le fedi nuziali. Mi ero persa tante cose.
Mi voltai e vidi Eddy guardarsi intorno, come se avesse timore di toccare qualsiasi cosa per paura di romperla.
-Amore, vieni qui.- si avvicinò a noi. –Lui ha la stanza piena di videogiochi.- dissi indicando Emmett.
-Come fai a sapere che ce l’ho ancora? Sono cresciuto.- disse Emm, fintamente offeso.
-Zitto Emmett, ce l’hai ancora la stanza dei videogiochi.-
Mi resi conto che mi mancavano i loro battibecchi.  –Hai anche “The last of us”?- chiese Ed imbarazzato.
-Certo! Vieni andiamo a spararci un paio di partite che qui la faccenda è lunga!-  Si dileguarono al piano di sopra.
Rose mi prese per mano e mi portò invece in cucina dove Esme stava preparando i suoi deliziosi manicaretti.
Quella donna non era invecchiata di un giorno dall’ultima volta che l’avevo vista. Era meravigliosa.
-Salve Bella!- mi sorrise. –Scusami ma sono un po’ in disordine, ti saluto bene dopo.-
-Non preoccuparti Esme. Anzi, vuoi una mano?-
-No Cara, ti ringrazio. Alice poi ti sta aspettando.- rise. –Meglio non farla arrabbiare e Charlie, Carlisle è nel suo studio e vuole parlarti.-
Tutti si erano dileguati.
Arrivammo davanti alla porta del garage e, Rosalie sospirando, mi fece segno di entrare. Non capii.
-Fa tanta paura?-
-Non è il posto che fa paura. Ma Alice.-
-Quindi.. tutto normale.- Risi ed entrai.
Quello che credevo il garage.. non lo era per niente. Era un trionfo di rosa, di tulle, di raso e di altri tessuti che non conoscevo neanche.
Mi fece male gli occhi per quanta roba c’era. Poi vidi i vestiti. Gli abiti più belli che io avessi mai visto in vita mia.
-Isabella Swan.- disse una Alice Cullen, fasciata da un tubino a dir poco spettacolare. –Qual buon vento!-
Mi si avvicinò e per un momento provai paura. Era così terribilmente seria.
Prese una serie di stoffe e mi colpì in testa. –Ahi!- mi massaggiai la parte lesa.
Rosalie scoppiò a ridere. –Questo è per non esserti fatta viva per dieci anni!- poi subito mi abbracciò come solo Alice sapeva fare.
Mi era mancata tanto. –Non ha mai smesso di pensare a te..- mi sussurrò all’orecchio.
-Chi?-
-Edward. Lui ti vuole ancora bene, Bella. Io lo so.- Risi.
Come faceva ad essere così… Alice, anche dopo dieci anni. –Sono passati dieci anni! Era una vecchia storia, Alice.-
-Controlla il telefono.-
Quella frase mi lasciò un po’ di stucco.

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Capitolo 6
*** 6. Molte vittorie ed una sconfitta ***


TI ACCETTO PER COME SEI

Capitolo 6. Mille vittorie e una sconfitta. (EDWARD JAY POV)

 

Entrai nella stanza dei giochi di Emmett. Era la cosa più spettacolare dell'universo.

-Benvenuto nel mio regno.- disse lui orgoglioso.

Sembrava un negozio di videogiochi. Aveva Wii, Nintendo DS, PS4, Xbox 360 e tutte le console che avevo sempre desiderato.

Superato lo stupore iniziale per tutta la meraviglia che poteva esserci in una stanza sola, una parete in particolare attirò la mia attenzione.

Era tappezzata di foto. Mi avvicinai e notai tutte le persone che avevo appena incontrato e la mia mamma, mentre giocavano ad un gioco, se non ad un altro.

Le brillavano gli occhi per quanto era felice.

Sentii una mano sulla spalla. -Tua madre è proprio una donna speciale, Edward.- disse Emmett, guardando fisso le foto. -Ci è mancata molto.- sorrise.

Forks sembrava rimasta bloccata nel tempo. Come poteva un luogo conservare foto, oggetti e pettegolezzi di dieci anni prima, senza mutamenti. Senza evoluzioni.

-Vuoi vedere una cosa divertente?- rise Emmett all'improvviso.

Annuii.

Prese una chiavetta e la inserì nel televisore. Aprì un file chiamato “Ed&Bella”.

Sulla tv apparirono le immagini girate palesemente da un telefonino. Eravamo io e la mamma che ballavamo su una canzone di Britney spears. Eravamo ridicoli. Risi anche io insieme allo scimmione.

 

Quando fu pronto da mangiare, scendemmo e ci sedemmo a tavola.

Riconobbi il medico dell'ospedale che ci aveva accolto quando andammo a trovarlo all'ospedale.

Mia madre mi presentò tutti. Alice, Carlisle e Esme, eppure mancava qualcuno. Mancava Edward Cullen. Colui che volevo conoscere a tutti i costi.

Mia nonno mi sorrise.

-Alice, dov è Edward?- chiese mamma con un sorriso.

-E' andato a prendermi il caffè..- Tutti risero. Perchè ridevano?

-Non ti farebbe male un po' di astinenza da caffeina, Alice cara.- Disse una voce dall'entrata della casa. -E non ti farebbe male avvisare del tuo ritorno in città, Bella!-

-Jasper! Da quanto tempo!!- Oh madonna. Non ne potevo più di convenevoli.

 

Dopo una cena a dir poco divina, avevo bisogno del bagno.

-Scusami, Esme, dove posso trovare il bagno?- sorrisi caldamente.

-Tesoro caro, al piano di sopra, in fondo al corridoio- mi rispose con un sorriso che poteva eguagliare un angelo.

Salii al piano di sopra ma in fondo al corridoio c'erano tre porte.

Entrai nella prima, e l'unica cosa che saltava all'occhio era una grande letto a baldacchino tutto rosa.

Chiusi subito.

Aprii la seconda e capii subito di chi era la stanza.

C'erano libri di medicina impilati in un angolo ed una gigantografia dei fratelli Cullen attaccata alla parete.

Non era la stanza di Emmett, visto che faceva il pugile, ed ero quasi sicuro che la camera in rosa fosse di Alice. Per logica quella era la camera di Edward Cullen.

Guardai con espressione assorta il viso di quell'uomo. Quell'uomo era colui che aveva fatto innamorare mia madre. Era l'unica persona dopo mio padre ad averle fatto provare un sentimento simile.

-Ehi.. questo non è il bagno..- disse una voce mascolina e decisa alle mie spalle.

Mi voltai e finalmente lo vidi.

-Scusami tanto. Ho sbagliato stanza.-

-Tranquillo.- sorrise. Tutti in questa famiglia erano propensi a sorridermi.

-Tu.. sei Edward, giusto?- chiesi abbassando lo sguardo.

-Si.- spalancò gli occhi per la sorpresa. Forse non si aspettava che lo conoscessi. In effetti neanche mamma si aspetterebbe una cosa simile.

-Nonno Charlie mi ha parlato di te e la mamma.-

-Ah..- sembrava deluso. -Vieni dentro..-

Entrammo nella sua camera. Non mi interessava del bagno in quel momento. Volevo conoscere la verità. Volevo sapere il perchè non si parlavano più.

-Cosa vuoi sapere Edward?- mi chiese mentre andava verso la libreria.

-Tutto..-

Rise. -Sei uguale a tua madre per certi versi.- prese un libro e me lo porse. -Questo è il diario che tenevo quando andavo alle superiori. Leggilo e capirai tutto.- abbassò lo sguardo. -Comincia dal Settembre del 2004..- Poi entrò nel bagno e si chiuse dentro.

La serata andò avanti come da programma. Si erano incontrati tutti di nuovo, si mangiò benissimo e mia madre sotto supervisione di Alice, che a quanto pare è mezza pazza, fece una sfilata. Edward Cullen rimase a bocca aperta un vestito dopo l'altro.

 

Quando tornai a casa iniziai a leggere il diario che mi aveva dato e capii subito il cambiamento nel suo carattere. Lui amava la mia mamma.

Era tormentato, era felice, era triste, era assolutamente preso.

La cosa interessante era l'ultima pagina del quaderno...

 

20 Settembre 2013

Oggi comincio l'università. Sono cambiato in tutto questo tempo, me ne sono accorto.

Ho raggiunto tutti i miei obbiettivi. Mi sono diplomato con il massimo dei voti, ho una famiglia amorevole che non mi fa mai pesare nulla quando sbaglio, ho così tante ragazze intorno che ne sono quasi annoiato, ho un'intelligenza fuori dal comune, sono bello per quello che dicono...

Eppure non mi sento completo.

Lo devo ammettere una volta per tutte. Dopo dieci anni ancora non sono riuscito a provare nulla di quello che riusciva a farmi provare Lei.

Non riesco ancora a pronunciare il suo nome. Non riesco ancora ad andare nella stanza dei giochi di Emmett. Non riesco ancora ad accendere il mio vecchio computer portatile.

Continuo a scriverle e a chiamarla anche se so che non è possibile che lei risponda.

Penso che sia il caso di finire con questo diario e cominciarne uno nuovo.

Rileggendolo mi sono accorto che in tutta a mia adolescenza ho accumulato un considerevole numero di vittorie.. ma una sola sconfitta. Una sconfitta che mi sono provocato da solo. Una sconfitta che cancella tutte le mie vittorie.

Mi manca e mi manca il suo bambino che ormai sarà diventato un ometto.

Di sicuro Lei avrà qualcun altro di cui prendersi cura.. magari un marito o un altro figlio..

tante cose cambiano in dieci anni. Eppure sogno ancora che quel marito sia proprio io.

 

 

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Capitolo 7
*** 7. Lauren ***


Ti accetto per come sei

Capitolo 7.Lauren.

 

25 Dicembre 2014

Forse non avrei dovuto dare il mio vecchio diario a quel ragazzino. Forse non avrei dovuto alimentare la sua curiosità in merito ad una questione ormai chiusa da dieci anni.

Bella non gli aveva mai parlato di me. Ne ero certo. Bella non gli aveva mai parlato di nessuno di noi.

Per il carattere che ha, lo avrà tenuto all'oscuro e sono sicuro che lo vorrebbe ancora.

Forse mi sono intromesso in una situazione che non mi riguarda. Forse mi sono intromesso di nuovo di forza nella sua vita.

Edward Cullen.

 

Chiusi il quadernino pieno di dubbi. Dovevo dormire, anche se sapevo benissimo che non ci sarei riuscito.

Bella era tutto quello che vedevo. E tutto quello che riuscivo a pensare era il piccolo Edward che leggeva schifato il mio vecchio diario.

Magari mi avrebbe disprezzato. Magari era giusto così.

 

Il giorno dopo mi risvegliai di soprassalto. Erano le sei del mattino. Mia madre era sulla porta che mi sorrideva.

-Avanti Edward, devi alzarti se no farai tardi.- e richiuse la porta molto dolcemente.

Chi avrebbe mai detto che Edward Cullen si sarebbe ridotto a vivere a casa dei genitori a 27 anni. Io non l'avrei detto di sicuro.

Mi vestii di malavoglia. Era natale ed avevo il turno in ospedale.

Bella ormai era a Forks da un mese e ci vedevamo più o meno spesso. Compreso l'ospedale. Quella ragazza era sbadata come sempre.

Aveva trovato lavoro in un negozio vicino Port Angeles e Edward Jay andava alla scuola media di Forks.

-Ciao papà- salutai uscendo.

-Edward!- mi chiamò dalla cucina. -Oggi se vedì la dottoressa Miller avvisala che la riunione del 4 gennaio è annullata. E che passi delle splendide vacanze.-

-Si, papà.-

La dottoressa Miller. Lauren Miller. Chi se lo sarebbe mai aspettato che la donna con cui fornicavo alle scuole superiori fosse diventata una stimata pediatra. Almeno ero sicuro che fosse più matura di quando andavamo al liceo. Almeno non aveva fatto la fine di Jessica Stanley.

 

Bussai alla porta di Lauren, un po' intimidito. Da quando era tornata a Forks non le avevo rivolto la parola e, a dire il vero, non riuscivo neanche a guardarla in faccia.

-Avanti.- disse la donna.

Aprii cauto la porta. -Salve Dottoressa Miller.- sorrisi, o almeno di provai.

-Edward Cullen. Cosa ti porta da queste parti?-

-Sono venuto per conto di mio padre, il Dottor Carlisle Cullen, per dirle che la riunione di Gennaio è saltata.-

Mi guardava fissa negli occhi da dietro quella scrivania insulsa. Sorrideva sotto i baffi, cercando di nasconderlo.

Io ero imbarazzato. Sapevo che si ricordava di me.

Scoppiò a ridere. -Dio, Edward.- aveva addirittura le lacrime agli occhi. -Sei diventato così serio. Non ti ricordavo così.-

Si alzò in piedi e, provocante, venne verso di me ancheggiando leggiadramente. Mi ricordavo il suo corpo alla perfezione.

Prima di Bella, era lei a farmi perdere la testa quando la vedevo. Ma di sicuro non per gli stessi motivi.

I capelli non erano più neri ma rossi come il raso. Aveva un paio di occhiali che teneva strategicamente sulla punta del naso. E, si, avevo notato anche la presenta di autoreggenti quando si era alzata.

Mi prese per il colletto del camice e si avvicinò al mio orecchio. -In effetti.. Sono ben diverse le cose che ricordo di te..- mi sussurrò come fece il serpente con Eva. La sua mano scese in basso verso il miei jeans che puntualmente slacciò.

 

Quando uscii da quello studio, mi sentivo sporco e terribilmente in colpa.

-Dottor Cullen..- si avvicinò l'infermiera Grace. -..Ha un po' di rossetto sull'angolo della bocca.- poi mi porse un fazzoletto.

Ennesima figuraccia. Accettai con un sorriso timido il pezzo di carta che mi aveva porto.

-Grazie Gracie.- le feci l'occhiolino. Era una bella donna. Alta e magra, con capelli che potevano fare invidia ad Angelina Jolie per quanto erano belli. Inoltre, aveva due occhi color grigio molto profondi e stimolanti. Vi starete chiedendo perchè non ci provo? Beh, Gracie è omosessuale.

Rise della mia faccia. -Su Edward ti ho visto fare di peggio in luoghi ben peggiori.- mi fece un pernacchia e se ne andò.

A volte mi ricordava Alice. Scossi la testa e tornai al mio lavoro.

 

Alla fine del turno tornai subito a casa. Dovevo fare ancora un sacco di cose.

Impacchettare i regali, scrivere i bigliettini. Si, avete sentito bene. Alice aveva bandito i bigliettini di augurio già fatti dalla nostra casa da tre anni. A quanto pare al posto di comprarle un biglietto di buon compleanno per i vent'anni, Emmett le aveva preso un biglietto per i cinquanta. Non potete immaginarvi la scena.

(Oh Alice, Melodrammatica Alice.)

Corsi in camera mia. E presi il piccolo tablet che avevo preso per Steffie. Un tablet per bambini ovviamente. Sono andato fino a Phoenix per trovarlo. Alla fine l'ho trovato solo online.

Bussò qualcuno.

-Entra.-

Sentii piano aprire la porta e altrettanto piano richiuderla. -Alice.. cerchi di spaventarmi?- Davo le spalle alla porta quando sentii la sua voce.

-No.. non cerco di spaventarti...- Mi voltai di scatto.

-Edward..- dissi stupito da quella visita. -..Cosa ci fai qui?-

Lui abbasso lo sguardo sul mio vecchio diario. -Te l'ho riportato...Ora so tutto quello che dovevo sapere sulla mamma.. e su di te..- alzò lo sguardo e mi sorrise.

Lo fissavo con occhi spalancati e con la bocca serrata. Aspettavo una parola cattiva o uno sguardo disgustato. Ma non avvenne nulla.

Disse solo poche parole prima di andare via.

-Avrei voluto anche io...- prese un respiro profondo. -..Che tu fossi stato il mio papà.. in questo modo la mamma sarebbe stata felice-

mi guardò negli occhi. -E lo sarei stato anche io.- poi chiuse la porta dietro di sé.

Lasciandomi ai miei pensieri e a qualche lacrima amara e dolce allo stesso tempo.

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