Una
Data Incisa Sul Cuore
“Non
sapevo cosa sarebbe successo, chi conosce le proprie sorti?! Sapevo
solo cosa avrei voluto succedesse e
sapevo anche che avrei fatto di tutto per ottenerlo”.
Dopo
scuola arrivai a casa piena
d’eccitazione, quasi scombussolata. L’ansia e
l’emozione m’attanagliavano la
gola e toglievano in me la necessità di mangiare. Corsi
velocemente nella mia
stanza ignorando tutto ciò che mi circondava. Ciò
che vedevano i miei occhi era
sempre e solo Lei. Iniziai a prepararmi quasi subito cancellando dalla
mia
testa ogni mia ipotetica priorità, molto presto fui pronta e
mi gettai con liberazione
sul mio letto. Ad ogni battito d’orologio il mio cuore
accelerava, la mia
testa, il mio fisico ed i miei occhi erano stati plagiati dal profumo
del fiore
del male e ciò che m’ alimentava era il
più infimo dei veleni: l’illusione.
Ad
un’ora dall’appuntamento mi
ritrovavo più che pronta e nel constatare che le mie gambe
fremevano, nervose,
di passi, decisi di scendere.
Alessandra
non abitava molto
distante da casa mia, a dire il vero stavamo proprio a qualche isolato
ma,
volutamente, visto l’anticipo, decisi di prendere il mio
motorino e fare
qualche giro. Iniziai a macinare strada su strada su quelle due ruote
che
rumoreggiavano quasi fino a rilassarmi e a distogliere la mia mente da
quella
forte e quasi eccessiva ansia. Non sapevo dove io stessi andando e
né dove mi
trovassi in quell’istante: ero in un lungo viale alberato
transennato
lateralmente da brevi staccionate in legno consumato. Il sole ad
intermittenza
penetrava da quelle folte chiome verdeggianti e lasciava intravedere
delle
ombre informi sull’asfalto, il vento cresceva
proporzionalmente alla mia
andatura, gli occhi obbligati mi si serravano e sulla mia bocca
s’intravedeva
un leggero sorriso rilassato. Non feci in tempo ad abbandonarmi a
quella
sensazione di libertà che intravidi una paletta dei
carabinieri: multa per
eccesso di velocità. Ma come darmi torto?! Non ero mai stata
puntuale ed anche
stavolta sarei dovuta essere abile nel confermarmi una ritardataria
incallita.
Dopo le innumerevoli raccomandazioni dei carabinieri, mi ritrovai a
pochi passi
da quell’imponente cancellata che mi s’innalzava di
fronte agli occhi, c’era un
solo campanello, il mio immancabile sorriso disegnato apposta per Lei
ed il suo
puntuale messaggio:
<<
Ma dove sei finita?! È da un’ora che ti aspetto!
>>
Sorrisi
immaginando il suo tono
di voce e suonai il campanello:
<<
Sono qui, apri! >>
Percorsi
le scale di casa a
grandi falcate cercando di controllare il battito cardiaco e
convincendomi,
quasi, che l’accelerazione era dovuta, per lo più,
alla fatica e non all’emozione.
Non feci in tempo a formulare bene in mente questo, quasi plausibile,
concetto
che la ritrovai a piedi scalzi sul ciglio della porta
d’ingresso di casa
sua: vestiva
d’un leggero pantalone di
un pigiama primaverile, arrotolato in vita e d’una maglietta
nera scivolata da
una spalla da cui era possibile ancora intravedere che anche il sole
l’aveva
baciata, donandole una meravigliosa
abbronzatura uniforme. Teneva
i capelli raccolti,
sfilacciati qua e la quasi come volessero mettermi a mio agio, quasi
volessero
farmi sentire a casa mia. Ad accogliermi insieme a lei trovai il suo
bellissimo
sorriso, ansioso di vedermi. Mi tirò per un braccio a se, mi
avvolse con le sue
sempre presenti braccia e disse:
<< Finalmente sei
qui. >> -
mi annusava profondamente: << Sei il mio
profumo preferito, mi
sei mancata da morire. >>
Le
sue parole al mio orecchio erano
rigenerative, lei parlava, mi sussurrava amabili parole ed io mi
sentivo in
un’altra realtà, libera, pura, rinfrescata, mi
sentivo sul ciglio di una montagna,
al margine tra la pianura e la valle, con le braccia distese, gli occhi
quasi
serrati, il viso rosso e fresco e un lieve sorriso naturale. Poi
alzò il tono
di voce ed io mi sentii quasi distolta da quel sogno:
<<
io le ripeto che la amo e lei sta zitta, non dice mai niente!
Dimmi qualcosa, Mati, “anche io” per
esempio! >>
La
guardai intensamente negli
occhi, come di chi sa a chi destinare tutto l’amore del
mondo, come di chi è
ipnotizzato e disarmato da ciò che vede. Sentii la bocca
paralizzata e il cuore
nudo di fronte al mondo e le sole parole che formulai furono:
<<
Anche io, Ale. >>
Mi
guardò sorridendo,
comprendendo ogni mio gesto e ascoltando le innumerevoli parole che
sgorgavano
ininterrottamente dai battiti del mio cuore e dai miei occhi intrisi di
lei, mi
accarezzò la testa e mi invitò ad entrare
prendendomi per mano.
Mi
fece visitare quella casa
vuota e ad ogni angolo di essa ritagliava uno spazio per noi,
baciandomi o
semplicemente rimembrando azioni che ricordavano me, lei, noi. Un
po’ perché
baciarci era vitale, un po’ per segnare il nostro territorio,
come a dire che
da lì eravamo passate noi e nulla c’avrebbe
impedito di slegare quei due cuori,
fusi a tal punto da non capire più quale fosse il punto di
confine. Rideva come
una bimba che ha in corpo l’adrenalina e la piena
consapevolezza di chi sta per
combinare, sotto l’occhio del genitore, un’ enorme
marachella. Quasi correva,
mi tirava per un braccio, in quel lungo corridoio buio, sconosciuto
dalla luce
del sole. D’improvviso la sua risata cessò
d’esistere. Entrammo in una stanza
ancora più buia. Mi chiuse la porta alle spalle, era
frontale al mio corpo
adesso. Il buio non mi permetteva d’analizzare nessun
dettaglio, ne suo, ne
della stanza. Restò in piedi, di fronte a me, immobile per
qualche attimo. Il
buio mi conferì la sicurezza dei gesti ma contrariamente a
ciò persi, quasi, la
percezione dello spazio e delle misure. Mi affrettai a dare il primo
passo
verso lei e alzai lievemente le mani come se avessi paura di cadere, di
sbattere
in qualcosa o di perdere l’equilibrio. Con le mie mani cercai
le sue, ne
intrecciai le dita e feci una lieve pressione mettendo,
così, un nuovo punto
esclamativo al nostro rapporto. Avvicinai il mio viso al suo e la
carezzai,
guancia a guancia percepii la morbidezza della sua pelle. Sorrisi
naturalmente
perché ancora una volta ebbi la conferma di quanto grande
fosse ciò che io
provavo per lei. Raccolsi ogni certezza, feci in modo
d’assorbire la sicurezza
che quel buio mi conferiva, mi scostai leggiadramente dalla sua guancia
ed a
pochi centimetri dalle labbra, fissandole le dissi:
<<
Ale, io ti amo! >>
passò qualche
attimo dalla sua risposta, i
suoi occhi sprigionarono tutta la luce assorbita in quegli ultimi 18
anni di
vita e disse:
<<
Come?! Credo di non aver capito, cosa hai detto? >>
Sorrisi:
<< Ale, io ti
amo.. ti amo da morire, ti amo ogni giorno di più.
Sei essenziale, sei parte di me. Sei la mia droga! Non sei illegale,
vero?!
>>
Iniziò
a ridere, a stringermi, a
baciarmi ovunque. Rideva e gioiva poi si fermò e si fece
seria:
<<
E tu, Mati?! Tu sei legale o no?! Perché io ho intenzione di
stare tutta la vita con te.>>
Cercai
di non mostrarmi festante
un po’ perché il mio carattere richiedeva questo,
un po’ perché mi convinsi che
così facendo lei non si sarebbe mai allontanata da me. Nel
mio viso vigeva la
più totale compostezza, i miei occhi erano illuminati dalla
luce che il suo
viso radiava e le mie labbra abbozzavano un leggero sorriso. Ma il mio
cuore
esplodeva ed i miei
battiti erano
impossibili da contare.
Le
scostai i capelli con la mano
sinistra, la destra la misi nel suo fondo schiena e con cautela ma
decisione la
tirai ancora più vicina a me obbligandola ad ascoltare il
mio ventre muoversi.
Avvicinai il mio viso al suo e le sfiorai le labbra con le mie.
Aspettai un po’
prima di baciarla, non so perché, forse per farle desiderare
ancora di più quei
baci segreti, ma il tutto durò solo pochi istanti, la
desideravo. La baciai,
una volta, due, tre, fino a perderne il conto. Si staccò per
un attimo da me e
mi invitò a seguirla. Mi fece distendere nel suo letto e
continuò a baciarmi.
In ogni bacio cercavo di migliorarmi, di mettere tutto
l’amore che avevo per
lei. I nostri battiti cardiaci aumentavano simultaneamente e
consequezialmente
a ciò quella stanza fu ripiena dei nostri respiri affannati.
Si mise su di me,
continuava a baciarmi mentre con la sua mano destra carezzava il mio
viso ed
iniziava a scendere fino al seno, lo stringeva e mi faceva sua con quei
movimenti senza malizia. Iniziò a baciarmi il collo, le sue
labbra, la sua
lingua gelida provocavano in me amabili brividi nel basso ventre.
Riprese a
baciarmi sulle labbra mentre la sua mano destra gelida continuava a
scendere
verso il mio addome. Mi accarezzava, mi faceva sentire amata, protetta,
voluta.
Continuò a scendere con la mano che rallentò la
sua discesa, il mio cuore
esplodeva mentre la sua mano esplorava il bordo dei miei jeans. Non
capì subito
cosa stesse facendo ma fingendo sicurezza e caparbietà ne
seguì per filo e per
segno ogni movimento fin quando non toccò punti fondamentali
e persi quasi
coscienza nei gesti che stavo commettendo. Emettevamo amabili gemiti ad
incastro ed io non facevo altro che ripeterle quanto fosse in grado di
farmi
sentire felice. Adesso la casa non era più vuota ma ripiena
di Noi, avevamo
fatto per la prima volta l’amore insieme, stavamo abbracciate
e stanche e
adesso più che mai sapevo che di quei giorni non avrei mai
voluto vedere la
fine. La strinsi ancora più forte e le dissi:
<<
Oggi sarà una data da ricordare, non lo
dimenticherò mai,
resterà per sempre incisa sul mio cuore!
>>
Mi
sorrise spalancando l’azzurro
dei suoi occhi e riprese a baciarmi.
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