un'altra faccia dell'amore

di Mariange7a
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** una data incisa sul cuore ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Un’Altra Faccia Dell’Amore

Per una strana ragione da adesso ci ritrovavamo, insieme, allo stesso incrocio, trascinate dal vento dell’alchimia che, inspiegabilmente, ci legava. Intrappolate nella fitta ragnatela che teneva incollati i nostri cuori, senza trovare mai via di fuga o senza volerla trovare mai davvero. Mi strinse la mano e disse:

<< Piacere, Alessandra! >>  presentandosi,  ed io feci lo stesso: << Piacere, Mati! >>

-tenne stretta ancora per un po’ la mia mano, alzò il sopracciglio destro e disse:

<< Mati? Che nome particolare, mi piace! >>  - continuai incoraggiata dall’apprezzamento ma con la paura di incartarmi e incepparmi con le mie stesse parole:

<< Si, “Mati“ sta per “Matilde” ma io preferisco ”Mati”>>

Agitai su e giù quella stretta di mano, strinsi gli occhi e riuscì ad abbozzare solo un lieve sorriso, ma ahimè anche in malo modo. Il mio sguardo senza nessuna apparente ragione, si trovò con le spalle contro al muro, disarmato. Di quel flash di pochi secondi,  fu costante in me un solo ricordo visivo.. il pavimento della scuola successivo alla stretta di mano. Non sapevo cosa mi stesse succedendo e probabilmente, presa dal seguire i passi che dettava il mio cuore, non ne sentii mai neppure l’esigenza di chiedermi se tutto fosse giusto..normale. Mi sentivo una stupida, sapevo di esserlo. Di Lei, in quel momento, sapevo solo il suo nome, che al mio orecchio diveniva magnifico, i suoi lineamenti, la sua voce e i suoi occhi divenivano i soli protagonisti, ricorrenti, delle mie notti e il suo profumo, oramai, era un elemento distintivo che mi faceva sempre più render conto che nessuno l’avrebbe eguagliata in nulla. Era diventata la mia ossessione, la mia stupenda, magnifica ossessione. Andavo in bagno e speravo di incontrarla lì, seduta, in quel gelido davanzale in marmo e che poi mi invitasse a sedermici  su e speravo tanto si avvicinasse a me, che mi sorridesse, che mi scostasse, con leggiadra, i capelli e che mi baciasse, che mi baciasse davvero,non solo con le labbra ma col cuore.

 Sentivo sulle mie la morbidezza delle sue labbra, carne e carne, si fondevano, facevano l’amore. Quei baci che sapevano di zucchero, quei baci dolci ma forti, quei baci di cui non vedevo mai la fine e che essi stessi non vedevano, nel segreto, la nostra fine. Mi immergevo in quell’unico profumo che portava in me solo la dannazione dell’anima ma rinunciare era impossibile. Solo io e Lei, nessun altro. Non c’era difetto, non le trovavo difetto. Le carezzavo i capelli, ci giocavo con le dita e la stringevo a me il più tempo possibile quasi per fondermi alla sua carne, ai suoi odori, alla sua splendida anima dagli occhi azzurri. Avrei potuto chissà ancora per quanto tempo fantasticare ma anche in quella giornata la campanella dell’ultima ora suonava e faceva da capolinea ai miei molteplici sogni.

Erano mesi, ormai, che ci vedevamo di nascosto. Nessuna  delle due aveva mai avuto il coraggio di dire all’altra cosa fosse quel rapporto, e chi lo voleva sapere?!  Bastava che mi guardasse un solo istante ed io mi sentivo a casa, mi sentivo amata, mi sentivo protetta, felice e soprattutto mi sentivo dalla parte del giusto perchè la passione ha sempre la meglio sulla ragione. Anche se credo che ogni dubbio si chiarì quando, il giorno del mio diciottesimo compleanno, ubriaca fradicia, le chiesi di venire al bagno con me. Entrammo barcollando per quella porta di legno fradicia, che aveva vissuto chissà quante storie su di se, che restava in piedi per un soffio. Ridevo di continuo senza una vera ragione, sbandai e quasi le gambe mi cedettero su quei vertiginosi tacchi, sbilanciandomi su di lei. A pochi centimetri dal suo viso, quasi prendendo coscienza smisi di ridere, la guardai fissa negli occhi e presa dalla sicurezza che l’alcool inspiegabilmente mi conferiva iniziai a baciarla mettendo in ogni singolo movimento tutto l’amore che provavo per lei, sicura di me, sicura di Noi. La guardai nuovamente fissa negli occhi e le dissi:

<< Ale, ti amo da morire e starei qui a baciarti per ore ma… >>

Non fece in tempo a spostarsi che iniziai a vomitare di brutto.

 In certe situazioni mi venne pure fin troppo facile cullarmi nelle più abbozzabili scuse e credere che il nostro rapporto aveva innumerevoli vantaggi come: mantenere la costante adrenalina, il nascondersi da tutti quelli che ci credevano semplici amiche, stare chiuse in camera senza che i genitori dubitassero o pensassero male, oppure fare l’amore diverse volte e senza nessun tipo di anticoncezionale. Anche se a dire il vero io e lei non avevamo fatto mai ancora l’amore, l’amore fisico, quello che ti fa ansimare, gioire, gemere, quello che ti fa sudare ma non ti stanca mai, quell’amore fatto di baci, di brividi lungo l’addome e di vesti rigorosamente sul pavimento.

Non passavamo mai la ricreazione insieme e forse questo era una dei vantaggi che amavo del nostro rapporto perché mi permetteva di ritrovarmi sempre con l’eccitazione allo stomaco e lo sguardo attento nello scrutare la gente che passava, sperando che d’improvviso lei guizzasse da qualche angolo remoto, solo e soltanto per me e quel giorno fu realmente così. Iniziavano le prime giornate di sole, così, vista la nostalgia, decisi di scendere in cortile con le mie compagne. Stavamo in gruppo e parlavamo di quanto brutto fosse il nostro nuovo professore di matematica, così iniziai a ridere a crepapelle fin quando il mio occhio non catturò un’immagine di gran lunga migliore: i suoi capelli neri volavano trascinati dalle folate leggere e rade di vento ed il sole ne risaltava la magnifica lucentezza, sorrideva e veniva verso di me. Scioccai e restai di sasso senza neanche rendermene conto, mi zittii con una sola occhiata:

<< Ciao, Mati! Allora oggi alle 16:00 sei da me?!>>

Amavo questa ragazza e l’amavo ancora di più quando, pur sentendosi impacciata, in imbarazzo ed innamorata come me, riusciva a sorprendermi reprimendo certe sensazioni con disinvoltura e sicurezza, con la migliore delle frasi che sembrava tanto un invito ad un secondo fine.

<< Certo, Ale.. alle 16:00 sarò da te!>>

 

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Capitolo 2
*** una data incisa sul cuore ***


Una Data Incisa Sul Cuore

 

“Non sapevo cosa sarebbe successo, chi conosce le proprie sorti?! Sapevo solo  cosa avrei voluto succedesse e sapevo anche che avrei fatto di tutto per ottenerlo”.

 

Dopo scuola arrivai a casa piena d’eccitazione, quasi scombussolata. L’ansia e l’emozione m’attanagliavano la gola e toglievano in me la necessità di mangiare. Corsi velocemente nella mia stanza ignorando tutto ciò che mi circondava. Ciò che vedevano i miei occhi era sempre e solo Lei. Iniziai a prepararmi quasi subito cancellando dalla mia testa ogni mia ipotetica priorità, molto presto fui pronta e mi gettai con liberazione sul mio letto. Ad ogni battito d’orologio il mio cuore accelerava, la mia testa, il mio fisico ed i miei occhi erano stati plagiati dal profumo del fiore del male e ciò che m’ alimentava era il più infimo dei veleni: l’illusione.

Ad un’ora dall’appuntamento mi ritrovavo più che pronta e nel constatare che le mie gambe fremevano, nervose, di passi, decisi di scendere.

Alessandra non abitava molto distante da casa mia, a dire il vero stavamo proprio a qualche isolato ma, volutamente, visto l’anticipo, decisi di prendere il mio motorino e fare qualche giro. Iniziai a macinare strada su strada su quelle due ruote che rumoreggiavano quasi fino a rilassarmi e a distogliere la mia mente da quella forte e quasi eccessiva ansia. Non sapevo dove io stessi andando e né dove mi trovassi in quell’istante: ero in un lungo viale alberato transennato lateralmente da brevi staccionate in legno consumato. Il sole ad intermittenza penetrava da quelle folte chiome verdeggianti e lasciava intravedere delle ombre informi sull’asfalto, il vento cresceva proporzionalmente alla mia andatura, gli occhi obbligati mi si serravano e sulla mia bocca s’intravedeva un leggero sorriso rilassato. Non feci in tempo ad abbandonarmi a quella sensazione di libertà che intravidi una paletta dei carabinieri: multa per eccesso di velocità. Ma come darmi torto?! Non ero mai stata puntuale ed anche stavolta sarei dovuta essere abile nel confermarmi una ritardataria incallita. Dopo le innumerevoli raccomandazioni dei carabinieri, mi ritrovai a pochi passi da quell’imponente cancellata che mi s’innalzava di fronte agli occhi, c’era un solo campanello, il mio immancabile sorriso disegnato apposta per Lei ed il suo puntuale messaggio:

 << Ma dove sei finita?! È da un’ora che ti aspetto! >>

Sorrisi immaginando il suo tono di voce e suonai il campanello:

<< Sono qui, apri! >> 

Percorsi le scale di casa a grandi falcate cercando di controllare il battito cardiaco e convincendomi, quasi, che l’accelerazione era dovuta, per lo più, alla fatica e non all’emozione. Non feci in tempo a formulare bene in mente questo, quasi plausibile, concetto che la ritrovai a piedi scalzi sul ciglio della porta d’ingresso di casa sua:  vestiva d’un leggero pantalone di un pigiama primaverile, arrotolato in vita e d’una maglietta nera scivolata da una spalla da cui era possibile ancora intravedere che anche il sole l’aveva baciata, donandole una meravigliosa  abbronzatura uniforme. Teneva i capelli raccolti, sfilacciati qua e la quasi come volessero mettermi a mio agio, quasi volessero farmi sentire a casa mia. Ad accogliermi insieme a lei trovai il suo bellissimo sorriso, ansioso di vedermi. Mi tirò per un braccio a se, mi avvolse con le sue sempre presenti braccia e disse:

<< Finalmente sei qui. >>  - mi annusava profondamente: << Sei il mio profumo preferito, mi sei mancata da morire. >>

Le sue parole al mio orecchio erano rigenerative, lei parlava, mi sussurrava amabili parole ed io mi sentivo in un’altra realtà, libera, pura, rinfrescata, mi sentivo sul ciglio di una montagna, al margine tra la pianura e la valle, con le braccia distese, gli occhi quasi serrati, il viso rosso e fresco e un lieve sorriso naturale. Poi alzò il tono di voce ed io mi sentii quasi distolta da quel sogno:

<< io le ripeto che la amo e lei sta zitta, non dice mai niente! Dimmi qualcosa, Mati,  “anche io” per esempio! >>

La guardai intensamente negli occhi, come di chi sa a chi destinare tutto l’amore del mondo, come di chi è ipnotizzato e disarmato da ciò che vede. Sentii la bocca paralizzata e il cuore nudo di fronte al mondo e le sole parole che formulai furono:

 << Anche io, Ale. >>

Mi guardò sorridendo, comprendendo ogni mio gesto e ascoltando le innumerevoli parole che sgorgavano ininterrottamente dai battiti del mio cuore e dai miei occhi intrisi di lei, mi accarezzò la testa e mi invitò ad entrare prendendomi per mano.

Mi fece visitare quella casa vuota e ad ogni angolo di essa ritagliava uno spazio per noi, baciandomi o semplicemente rimembrando azioni che ricordavano me, lei, noi. Un po’ perché baciarci era vitale, un po’ per segnare il nostro territorio, come a dire che da lì eravamo passate noi e nulla c’avrebbe impedito di slegare quei due cuori, fusi a tal punto da non capire più quale fosse il punto di confine. Rideva come una bimba che ha in corpo l’adrenalina e la piena consapevolezza di chi sta per combinare, sotto l’occhio del genitore, un’ enorme marachella. Quasi correva, mi tirava per un braccio, in quel lungo corridoio buio, sconosciuto dalla luce del sole. D’improvviso la sua risata cessò d’esistere. Entrammo in una stanza ancora più buia. Mi chiuse la porta alle spalle, era frontale al mio corpo adesso. Il buio non mi permetteva d’analizzare nessun dettaglio, ne suo, ne della stanza. Restò in piedi, di fronte a me, immobile per qualche attimo. Il buio mi conferì la sicurezza dei gesti ma contrariamente a ciò persi, quasi, la percezione dello spazio e delle misure. Mi affrettai a dare il primo passo verso lei e alzai lievemente le mani come se avessi paura di cadere, di sbattere in qualcosa o di perdere l’equilibrio. Con le mie mani cercai le sue, ne intrecciai le dita e feci una lieve pressione mettendo, così, un nuovo punto esclamativo al nostro rapporto. Avvicinai il mio viso al suo e la carezzai, guancia a guancia percepii la morbidezza della sua pelle. Sorrisi naturalmente perché ancora una volta ebbi la conferma di quanto grande fosse ciò che io provavo per lei. Raccolsi ogni certezza, feci in modo d’assorbire la sicurezza che quel buio mi conferiva, mi scostai leggiadramente dalla sua guancia ed a pochi centimetri dalle labbra, fissandole le dissi:

<< Ale, io ti amo! >>

 passò qualche attimo dalla sua risposta, i suoi occhi sprigionarono tutta la luce assorbita in quegli ultimi 18 anni di vita e disse:

<< Come?! Credo di non aver capito, cosa hai detto? >>

Sorrisi: << Ale, io ti amo.. ti amo da morire, ti amo ogni giorno di più. Sei essenziale, sei parte di me. Sei la mia droga! Non sei illegale, vero?! >>

Iniziò a ridere, a stringermi, a baciarmi ovunque. Rideva e gioiva poi si fermò e si fece seria:

<< E tu, Mati?! Tu sei legale o no?! Perché io ho intenzione di stare tutta la vita con te.>>

Cercai di non mostrarmi festante un po’ perché il mio carattere richiedeva questo, un po’ perché mi convinsi che così facendo lei non si sarebbe mai allontanata da me. Nel mio viso vigeva la più totale compostezza, i miei occhi erano illuminati dalla luce che il suo viso radiava e le mie labbra abbozzavano un leggero sorriso. Ma il mio cuore esplodeva ed  i miei battiti erano impossibili da contare.

Le scostai i capelli con la mano sinistra, la destra la misi nel suo fondo schiena e con cautela ma decisione la tirai ancora più vicina a me obbligandola ad ascoltare il mio ventre muoversi. Avvicinai il mio viso al suo e le sfiorai le labbra con le mie. Aspettai un po’ prima di baciarla, non so perché, forse per farle desiderare ancora di più quei baci segreti, ma il tutto durò solo pochi istanti, la desideravo. La baciai, una volta, due, tre, fino a perderne il conto. Si staccò per un attimo da me e mi invitò a seguirla. Mi fece distendere nel suo letto e continuò a baciarmi. In ogni bacio cercavo di migliorarmi, di mettere tutto l’amore che avevo per lei. I nostri battiti cardiaci aumentavano simultaneamente e consequezialmente a ciò quella stanza fu ripiena dei nostri respiri affannati. Si mise su di me, continuava a baciarmi mentre con la sua mano destra carezzava il mio viso ed iniziava a scendere fino al seno, lo stringeva e mi faceva sua con quei movimenti senza malizia. Iniziò a baciarmi il collo, le sue labbra, la sua lingua gelida provocavano in me amabili brividi nel basso ventre. Riprese a baciarmi sulle labbra mentre la sua mano destra gelida continuava a scendere verso il mio addome. Mi accarezzava, mi faceva sentire amata, protetta, voluta. Continuò a scendere con la mano che rallentò la sua discesa, il mio cuore esplodeva mentre la sua mano esplorava il bordo dei miei jeans. Non capì subito cosa stesse facendo ma fingendo sicurezza e caparbietà ne seguì per filo e per segno ogni movimento fin quando non toccò punti fondamentali e persi quasi coscienza nei gesti che stavo commettendo. Emettevamo amabili gemiti ad incastro ed io non facevo altro che ripeterle quanto fosse in grado di farmi sentire felice. Adesso la casa non era più vuota ma ripiena di Noi, avevamo fatto per la prima volta l’amore insieme, stavamo abbracciate e stanche e adesso più che mai sapevo che di quei giorni non avrei mai voluto vedere la fine. La strinsi ancora più forte e le dissi:

<< Oggi sarà una data da ricordare, non lo dimenticherò mai, resterà  per sempre incisa sul mio cuore! >>

Mi sorrise spalancando l’azzurro dei suoi occhi e riprese a baciarmi.

 

 

 

 

 

 

 

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