Libera

di LaMusaCalliope
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1: Libera ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2: Emilio ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3: Rifugio ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4: Un Brusco Risveglio ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5: Caccia ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6: Vestiti ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7: Perchè? ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8: Gesti ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 9: Domenica parte I ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 10: Domenica parte II ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 11: Passato ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 12: La decisione ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 13: Preparativi ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 14: Il matrimonio ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO 15: Qualche mese dopo... ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO 16: Addio ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO 17: Lettere Parte I ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 18: Lettere Parte II ***
Capitolo 19: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1: Libera ***


~~Gertrude era davanti al padre. Gli stava spiegando cosa voleva. Lui era in silenzio, ascoltava la figlia che lo pregava di cambiare idea sul suo futuro. Le sentiva dire che lei non sarebbe voluta diventare una suora, chiudersi in convento e buttare la sua vita. Voleva vivere, sorridere, divertirsi, amare e provare le stesse cose che provavano le ragazze che aveva conosciuto.
- Io non voglio questa vita. Mi sta... soffocando. Mi sento in prigione. -
Gertrude era rossa in viso, la gola le bruciava. Aveva parlato per tantissimo tempo senza quasi mai respirare per paura di cedere agli occhi pieni di odio, delusione e disonore del padre. Alzò lo sguardo sopra di lui, il silenzio si faceva sempre più pesante.
- Se non ti piace questa vita, sei libera di andartene. Ma non considerarti più mia figlia. -
Il cuore di Gertrude perse un battito. Di tutte le possibili reazioni che si era immaginata, quella non c'era.
- Ma... - provò a dire, ma la gola le bruciava troppo.
- Manderò qualcuno a prepararti le valigie, per domani ti voglio fuori di qui. - e se ne andò, lasciandola sola, libera, dopo tanto tempo.

Se ne andò di pomeriggio, senza salutare nessuno. Voleva evitare lo sguardo di suo padre. Prese le valigie, già pronte, e infilò la porta.
Appena fu fuori annusò l'aria. Aveva un odore diverso, odore che sapeva di libertà. Corse a perdifiato, con le valigie che gli pesavano. Corse per le strade facendo slalom tra la gente che camminava tranquilla. Arrivò in piazza e si fermò davanti ad una fontana. Posò le valigie a terra. Era stanca, ma questa stanchezza era un bene perché era ora era libera. Bevve dell'acqua e si rinfrescò il viso. Sorrise. Quello era il giorno in cui la sua vita iniziava.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2: Emilio ***


Solo verso sera Gertrude si rese conto del problema: non aveva un posto dove passare la notte e nemmeno dei soldi. Si fermò a un angolo della strada e cercò nelle valigie qualcosa con cui pagare. Tutto ciò che trovò furono vestiti e scarpe. Rimise tutto nelle borse e si prese la testa fra le mani. Come le era venuto in mente di andarsene di casa senza nient’altro che abiti? Si sentì immatura, e sciocca. Una piccola lacrima le rigò il viso. Poi udì un tuono e in un attimo iniziò a piovere. Fantastico! Pensò ci mancava solo questa. Si rimise in piedi e prese le valigie. Camminò a lungo mentre le strade, pian piano, si svuotavano dalla folla di poche ore prima. Riposò per poco sotto un porticato. Era bagnata dalla testa ai piedi e stava iniziando a sentire freddo. Di lì a poco si sarebbe ammalata, sicuramente. Riprese il viaggio, senza sapere dove andare. Era stanca, non sarebbe riuscita a fare un passo in più. – che ci fa una ragazza per strada a quest’ora e, per giunta, tutta bagnata? – a parlare era stato un ragazzo che doveva avere all’incirca la sua stessa età. Era castano, con i capelli lunghi legati con un nastro dietro la nuca, e due occhi indagatori che rilucevano come acquemarine. Era seduto su un carro ed era bagnato anche lui. – non mi sembra che voi siate conciato meglio di me, messere – un sorriso scaltro apparve sulla faccia del giovane – avete ragione. Dove siete diretta? – - a dire il vero, non ho una metà. Non posso permettermi di dormire in una locanda, non ho di che pagare. – il ragazzo la guardò, pensieroso. – conosco io un posto. Non vi chiederanno niente. Se me lo concedete vi ci posso accompagnare. – Gertrude non se lo fece ripetere due volte e salì sul carro, aiutata dal ragazzo. – io sono Emilio. E voi invece, chi siete? – Gertrude per un attimo pensò che non fosse saggio dirgli il proprio nome, dopotutto era uno sconosciuto, suo padre non avrebbe approvato. Fu quel pensiero a far rompere gli indugi. – sono Gertrude. Allora? Andiamo? – Emilio salì alla guida del carro e partirono. Viaggiarono per un tempo lunghissimo, durante il quale Gertrude si addormentò. Non sognò nulla, per quanto era stanca, solo riposo. Fu svegliata da Emilio quando iniziò a sorgere l’alba. – dobbiamo fermarci, i cavalli sono stanchi e poi dobbiamo mangiare – la fece scendere e, dopo aver dato la bieta agli animali, tirò fuori un pezzo di pane e del formaggio. – come mai una ragazza così giovane si ritrova senza casa e senza soldi? – ecco, stava diventando curioso. Non poteva dargli torto, non era una cosa da tutti i giorni, ma non poteva proprio rivivere tutti quei momenti in cui è stata costretta a chinare la testa alle volontà del padre, così disse: - io e la mia famiglia avevamo idee diverse. – questo sembrò bastargli perché non fece più domande per tutta la durata del pasto. Finirono quando il sole era una luce tiepida nel cielo invernale, un vento pungente soffiava e faceva volare le foglie. Entrambi risalirono sul carro e ricominciarono il viaggio. - non mi hai ancora detto dove stiamo andando. – disse Gertrude dopo pochi minuti. – c’è una capanna, più a nord. Manca poco, non preoccuparti. Quando saremo lì potrai cambiarti e metterti dei vestiti asciutti, così non rischi. – Gertrude lo ringraziò. – sei sicuro che non debba pagare? Perché non ho davvero nulla. – il giovane si voltò verso di lei e le puntò addosso i suoi occhi azzurri – Tranquilla, non ce ne sarà bisogno – e tornò a guardare la strada.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3: Rifugio ***


~~Il sole era tramontato da qualche ora quando arrivarono. Emilio fermò il carro davanti a una casa piccola, di legno con il tetto di paglia. Vicino all’abitazione c’erano due recinti, uno vuoto e uno con una mucca che doveva essere molto vecchia, e della terra. Emilio scese dal carro e aiutò Gertrude a fare lo stesso. Quando furono entrambi scesi, slegò i cavalli e  li portò nel recinto vuoto. Infine condusse la ragazza verso la porta. La aprì lentamente e subito entrambi furono investiti da un forte profumo di zuppa e di legna bruciata. – Elena, sono a casa – chiamò Emilio. Gertrude si guardò attorno. Erano in una stanza ampia, al centro c’era un tavolo circolare di legno chiaro con quattro sedie attorno. Il caminetto era lì vicino che scoppiettava, riscaldando la zuppa nel grande pentolone. Dalla stanza si poteva andare in altre due stanze. Fu proprio da una di queste due che Gertrude vide comparire una ragazza. Aveva qualche anno in meno di lei, occhi azzurri e capelli ricci e biondi che teneva coperti con un fazzoletto. Indossava un vestito semplice, blu, con un grembiule legato sopra. Si avvicinò a Emilio e lo baciò sulla guancia. – Bentornato! Come è andata in città? – gli chiese amorevolmente e con un sorriso che la fece apparire ancora più bella. – è andata bene. Ho trovato questa ragazza per strada, bagnata dalla pioggia. Mi chiedevo se potevamo ospitarla per un po’ da noi. Sei d’accordo? – Elena si voltò verso la ragazza e subito le sorrise. – Ma certo. Ciao, io sono Elena – le disse porgendole la mano, che la ragazza strinse – Gertrude. Non mi fermerò molto. Solo un paio di giorni per organizzarmi. Davvero, non voglio disturbare. – Elena liquidò quelle parole con un gesto della mano. – Resta quanto vuoi. Cosa devi organizzare, di preciso? – le chiese curiosa. – la mia vita – fu la risposta di Gertrude che non voleva mettersi a spiegare. Elena infatti se ne accorse e non fece più domande. – bene, per il momento puoi dormire in camera con me. Emilio dormirà qui.-
Gertrude si sentì a disagio – oh, no. Non è necessario che lui dorma qui, posso farlo io, davvero! -
 - Teniamo sempre qualche letto in più, per gli ospiti – le disse conducendola verso una delle due stanze. Era molto piccola. Conteneva due letti e un piccolo baule appoggiato sotto una finestra che affacciava alla strada. Le pareti erano vecchie, agli angoli era presente un po’ di muffa, segno che doveva essere parecchio umido, lì dentro. Elena prese le valigie di Gertrude e le mise in una nicchia che si trovava accanto a uno dei letti. – tu starai qui. – le disse con il suo solito sorriso. – se vuoi puoi sistemarti, hai tempo fino all’ora di cena. – Gertrude annuì e la ragazza se ne andò, chiudendo dietro di se la porta. Gertrude aprì la borsa e vi prese un vestito e una pezza per asciugarsi. Si cambiò e si pettinò, legando i capelli con un nastro. Nonostante tutto però, lei continuava ad avere freddo. Uscì dalla stanza e si sedette davanti al caminetto, dove si trovava anche Emilio. Stava controllando la zuppa, mentre la sorella tagliava gli ingredienti in un’altra stanza. – La zuppa è quasi pronta – le disse il ragazza, mentre girava con un cucchiaio nel pentolone. Gertrude annuì. – Elena … - cominciò, non sapeva esattamente cosa avrebbe voluto dire e Emilio le andò in aiuto – Mia sorella, adora avere ospiti – le sorrise. Qualcosa, nel cuore di Gertrude si allentò. Era come se, per tutto il tempo, avesse avuto il cuore stretto in una morsa. Non riusciva a capire cosa le stava succedendo. In quel momento, Elena entrò nella stanza e sistemò il tavolo per la cena. Poco dopo erano tutti riuniti a mangiare. Il pasto proseguì silenzioso, finchè Emilio domandò - qual è la tua storia, Gertrude? – per poco la ragazza non si strozzò con il boccone. Bevve un sorso d’acqua e, mettendosi l’anima in pace, raccontò ai fratelli la sua storia. Quando ebbe finito, era già ora di andare a dormire e tutti cadevano dal sonno. – Non preoccuparti, finchè non capirai cosa vuoi, davvero, potrai rimanere qui – le disse Elena, sorridendo incoraggiante. – almeno lascia che ti aiuti, posso fare qualcosa – Gertrude non voleva essere un peso per i fratelli, che sembravano andare avanti difficilmente. – se sai cucire, puoi darmi una mano con le riparazioni. Aggiusto abiti di un paesino poco distante da qui e non mi dispiacerebbe qualche puncicata in meno – a Gertrude vennero in mente tutti i ricami che aveva fatto quel poco tempo che aveva passato in convento. Era una cosa che la rilassava. Di nascosto, si era anche accorciata il velo e la tunica. – sarebbe perfetto – annunciò infine. – allora è deciso. Domani vieni con me in paese e mi aiuti a prendere le ordinazioni. Ma ora – Elena sbadigliò. – andiamo a dormire. Ci aspetta una lunga giornata – Emilio spense il camino e le ragazze andarono nell’altra stanza. Dopo essersi cambiata per la notte, Gertrude si mise a letto e, in pochi istanti, si addormentò.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4: Un Brusco Risveglio ***


~~CAPITOLO 4

Gertrude si sveglio con l’odore di latte caldo. In un primo momento pensò di essere ancora a casa, di dover ancora affrontare suo padre e di dovergli obbedire, ma quando aprì gli occhi, tutto le tornò in mente. La fuga, Emilio, Elena. Si tirò su e si stiracchiò. Il sole entrava dalla finestra, creando un cono di luce sul pavimento. Si alzò piano dal letto e si cambiò. Indossò l’abito più semplice che aveva in valigia, di stoffa rosa. Andò nella sala e vi trovò Elena, già pronta, che toglieva dal fuoco un pentolino con dentro del latte appena munto per versarlo in una caraffa che si trovava sul tavolo, insieme a un piatto pieno di pane nero. Gertrude si sedette e dopo pochi minuti anche Elena. – Emilio è già uscito. È andato a vendere un po’ di latte e della selvaggina che aveva cacciato – la informò la ragazza. Gertrude prese un pezzo di pane e del latte. Nella stanza scese il silenzio. Gertrude, non sapendo cosa fare, puntò il suo sguardo sulla tazza che stringeva tra le mani. Sollevò gli occhi solo quando la voce di Elena arrivò squillante alle sue orecchie. – pronta per oggi? – già, era pronta a tornare alla vita vera? – sì, lo sono. Non vedo l’ora a dire il vero. – sorrise, forzatamente. Non sapeva se aveva detto la verità, ma doveva almeno provare. Elena si alzò sorridente e portò le stoviglie in cucina. Quando tornò, teneva tra le mani un vecchio mantello. Lo porse a Gertrude. – lo tengo di scorta, nel caso il mio si rompesse. Per il momento puoi tenerlo, poi, quando avrai più capacità, te ne farai uno tutto tuo – Gertrude prese il mantello e notò che era di pelle di pecora, resistente e impermeabile, anche se logoro in alcuni punti. Lo provò per accertarsi che le stesse bene. Le arrivava fino alla punta dei piedi e il cappuccio le copriva il volto. Era perfetto. – grazie! – disse a Elena non appena lo ebbe tolto. – perché lo hai tolto? Dobbiamo uscire subito, altrimenti arriveremo tardi e non ci sarà più nulla di cucire. Vieni forza! – la ragazza uscì di fretta dalla casa, lasciando aperta la porta. La vide correre lungo la strada. Gertrude rimase spiazzata da una consapevolezza che andava creandosi nella sua mente: Emilio era uscito e aveva preso i cavalli, questo voleva dire che … - Gertrude! Sei ancora lì? Andiamo, sbrigati! – fece un lungo respiro e si incamminò anche lei verso quel paese che, per tutto il viaggio, le sembrò fin troppo lontano.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5: Caccia ***


~~Emilio uscì dalla casa poco prima dell’alba. Prese il carro e si incamminò verso i boschi. Per tutto il tragitto, che non era molto, pensò a quella ragazza che aveva trovato solo il giorno prima, sapeva che sarebbe stato problematico averla tra i piedi, ma qualcosa lo aveva fatto desistere quando, per strada l’aveva vista accovacciata e bagnata sotto la pioggia. Cercò di scacciarla dalla sua mente, ma più ci provava, più gli ritornavano in mente quegli occhi supplicanti. No, basta! Pensò. Devo concentrarmi sul mio lavoro. Controllò che le brocche col latte fossero dritte e integre. Scese allora dal carro e, da sotto un telo, prese un arco con delle frecce. Lasciò ai cavalli del fieno e si inoltrò nel bosco. Camminò a lungo, senza fare il minimo rumore, con le orecchie tese e gli occhi che scattavano a destra e a sinistra. Poi lo vide, vicino a un albero, intento a mangiare quel po’ d’erba che era rimasta. Un enorme cervo maschio. Le corna si ramificavano per quasi un metro. Emilio si appiattì a un tronco, incoccò la freccia e la scoccò. Il cervo, dopo un breve lamento, cadde a terra. Solo allora Emilio si avvicinò e controllò che l’animale fosse sano. Accertatosi che nessuno lo vedesse, si caricò il cervo sulle spalle e si diresse verso il carro. Mise l’animale vicino alle brocche di latte e ripartì, stavolta verso la città.

Riuscì a vendere tre quarti di cervo e tutte le brocche di latte in mezza giornata. Pensò che alle ragazze avrebbe fatto piacere non dover andare a piedi anche al ritorno. Era un accordo che aveva preso con sua sorella quando i genitori li avevano lasciati. Il carro sarebbe andato a lui per tre giorni la settimana e a lei per quattro. Avevano accordato i giorni insieme. Risalì per l’ennesima volta sul carro e andò nel villaggio in cui la sorella aggiustava gli abiti. Al pensiero di rivedere Gertrude, il cuore prese a battergli all’impazzata. Ma cosa mi sta succedendo? Pensò. Era una cosa nuova, per lui. Cercò di tranquillizzare il battito e si mise in viaggio.

 

 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6: Vestiti ***


~~
Camminarono per quelle che, a Gertrude, sembrarono ore. Non sapeva quanti passi avesse fatto. Troppi, di sicuro. In tutta la sua vita non aveva camminato così tanto. Davanti a lei, un’allegra Elena trotterellava per nulla affaticata. Gertrude strusciava i piedi, ormai pieni di calli e vesciche. Non era stata abituata a una cosa simile. Scagliò tutta la rabbia su Emilio. Perché mai un uomo doveva lasciare a piedi due donne? Gli uomini del suo “mondo” non lo avrebbero fatto di certo! Oh forse sì? La realtà era che lei non ne sapeva molto, ma ora le bastava comprendere che erano tutti una massa di bambini che non fanno altro che giocare. Tutti questi pensieri distrassero la ragazza per un bel po’, tant’è che nemmeno si accorse di essere arrivata in un piccolo borgo. Era pieno di casette in mattoni, con la paglia sul tetto. La gente, per strada, si salutava come se si conoscessero da una vita. Anche Elena sventolava la mano e sorrideva alle persone, segno che veniva in quel paesino spesso. Si fermarono in una casa quasi subito. Ci viveva una anziana signora, piuttosto in carne, i capelli castani striati di grigio. – Elena! Come sono contenta di vederti! – la signora abbracciò la ragazza con affetto. – signora Anna, la vedo bene – salutò Elena. La donna sorrise e, solo allora, si rivolse a Gertrude. – Sei nuova? Non ti ho mai visto? – Gertrude tese una mano e disse: - Gertrude, piacere di conoscerla, signora Anna. Per il momento aiuto Elena con gli abiti. E, per rispondere alla sua domanda, sì sono appena arrivata – concluse le presentazioni e i saluti, la signora Anna mostrò alle ragazze i vestiti che avevano bisogno di una ritoccata. E così fu per tutta la giornata. Andavano di casa in casa, a prendere abiti e a consegnarne altri. Quando fu l’ora di pranzo, Gertrude era stanca e lo stomaco iniziò a brontolare senza pietà. Fu allora che un carro si fermò proprio davanti a lei, per la seconda volta.
Quando vide Emilio, Gertrude si controllò dal prenderlo a schiaffi, ma usò comunque un tono severo e arrabbiato. – spero che il tuo viaggio sia stato piacevole – gli disse brusca. Emilio sorrise e le porse una mano. Lei l’afferrò e fu sul carro, vicino a del pane fresco e della carne sotto sale. – Elena? – le chiese. – è a prendere l’ultimo vestito, sarà qui a momenti. – quel cibo la chiamava e le faceva venire ancora più fame.  – Emilio! Siate benedetti tu e il carro! – disse una voce squillante. Un secondo dopo, Elena era accanto a Gertrude. Teneva in grembo una borsa piena d’abiti. Emilio partì e si avviarono verso casa.

 

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 7: Perchè? ***


~~CAPITOLO 7

Nel pomeriggio, quando furono tutti sazi, Elena e Gertrude si misero a lavorare sugli abiti nel salone. Gertrude non aveva la forza di parlare, per quanto era stanca, ma Elena non stava un secondo zitta. Le raccontò di ogni persona che abitava nel villaggio, di tutti gli scandali che c’erano stati. La ragazza a mala pena la ascoltava, se ne stava seduta su un treppiede a cucire, rinforzare, allungare con mano distratta. La mente vagava tra i mille pensieri che aveva, passando da una domanda all’altra senza ottenere una risposta. Perché Emilio l’aveva salvata dalla strada, se nemmeno la conosceva? Cosa sperava di ottenere? Solo dopo un po’ si accorse che tutto aveva un punto comune: Emilio. Con rabbia cercò di trattenere i suoi pensieri, di concentrarsi su ciò che le sue mani stavano facendo, invano. Quegli occhi verdi apparivano nitidi nella sua mente ogni volta che si distraeva, che guardava il camino, e sentiva come una sensazione di calore sul cuore e sul viso. – Gertrude, tutto bene? Sei rossa, non è che hai qualche linea di febbre per la pioggia? – Gertrude sperava proprio che fosse febbre, ma sapeva bene cosa aveva. Una malattia la cui unica cura era l’avverarsi del desiderio che pian piano andava creandosi in fondo al cuore. La ragazza ne aveva sentito parlare, credeva di averlo provato una volta, ma era stata solo un’illusione. Quel sentimento che animava le ragazze nel convento, e che adesso si stava insinuando dentro di lei, non facendola ragionare. – No Elena, tranquilla, sto bene. Era solo … stanchezza – doveva riposare. Non poteva essere quello, non doveva. Avrebbe solo complicato tutto. – io penso che mi riposerò un po’. Ti spiace? – le chiese, mentre ripiegava l’abito che aveva in mano. Elena annuì e continuò il lavoro.
Gertrude si stese sul letto, fissando il soffitto bianco e macchiato. D’un tratto tutto perse consistenza e lei si lasciò cullare dalla stanchezza, e cadde nel sonno.

Una mano sulla spalla. La scuoteva lentamente per farla svegliare e una voce calda la chiamava, ma sembrava lontana. Uno strattone più forte degli altri la costrinse, infine, ad aprire gli occhi. Davanti a lei, seduto a gambe incrociate ai piedi del letto, c’era Emilio, con la mano ancora sulla spalla della ragazza. – Finalmente! Sono minuti che ti chiamo -  le sussurrò, per farla riprendere dal torpore. Gertrude guardò fuori dalla finestra e notò che il sole era ormai sparito, al suo posto splendeva uno spicchio di luna. – ti ho portato la cena – accanto a Emilio c’era un vassoio con del pane nero e una tazza di latte caldo. – Elena mi ha detto che non ti sei sentita bene. Ho pensato che avresti preferito riposare di più – Emilio le porse il vassoio e Gertrude bevve un sorso dal bicchiere. – Grazie – disse appena finito. Il ragazzo era rimasto lì, a farle compagnia. Aveva con lui un pezzetto di legno e un coltello e, mentre lei mangiava, aveva iniziato a intagliarlo. – perché lo hai fatto? – l’espressione sul viso di Gertrude si fece seria e una piccola ruga le comparve tra le sopraciglia mentre aspettava una risposta dal ragazzo. – cosa? Portarti da mangiare? Beh te l’ho detto … - Gertrude lo fermò. – non intendevo quello. Perché mi hai portata con te? Nemmeno mi conoscevi, potevo essere una ladra, una truffatrice, eppure tu mi hai accolta in casa tua. Perché? – Emilio sembrò punto sul vivo. Era la stessa domanda che si faceva da due giorni. La stessa domanda a cui non era ancora riuscita a rispondere. – non lo so – disse infine. – non so perché l’ho fatto, ma non potevo lasciarti lì, da sola, sotto la pioggia. – Emilio prese a fissare il pavimento, un lieve rossore che gli si diffondeva sulle guance. Gertrude lo trovò adorabile, ma subito riprese l’espressione seria. – quindi il tuo è stato più un gesto di pietà? – chiese allora, avvicinandosi di più al ragazzo. Quando lui alzò gli occhi, si ritrovò pericolosamente vicino a lei e divenne ancora più rosso. – no, non era pietà. Non so cosa, te l’ho già detto – abbassò di nuovo lo sguardo, sempre più imbarazzato. Gertrude annuì poco convinta. I loro volti erano a pochi millimetri di distanza, talmente tanto vicini che la ragazza poté sentire il fiato di lui; sapeva di menta fresca. Si guardarono negli occhi. Emilio le carezzò la guancia, spingendola lentamente ancora più vicina. Le loro labbra si sfiorarono appena quando si sentì una voce dalla stanza accanto. – Emilio, vieni per favore! Non riesco ad accendere il fuoco – il ragazzo si allontanò velocemente e, allo stesso modo, si ricompose. – Arrivo, Elena – urlò e lasciò la stanza di Gertrude.

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 8: Gesti ***


~~I giorni trascorsero sempre uguali per Gertrude: la mattina al villaggio e il pomeriggio a cucire abiti. Emilio, stranamente, non c’era mai. Dal giorno in cui le aveva portato la cena a letto, lo aveva visto pochissime volte, e quando provava a parlargli si limitava a monosillabi. Ma dopo tre giorni di silenzio decise di affrontarlo.
Aspetto che Elena si addormentasse, per sgusciare fuori dal letto e raggiungere il ragazzo nel salone, dove era solito stare sempre a quell’ora. Gli piaceva il fuoco, una creatura che, se non ammaestrata, poteva essere fatale. Gertrude si sedette a terra, accanto a lui. Osservò il suo profilo alla luce delle fiamme. In quei tre giorni non aveva fatto altro che pensare a quello che aveva provato quando lui le si era avvicinato, al battito forsennato del suo cuore, alle mani tremanti. E aveva capito e accettato quel sentimento bellissimo che era l’amore che provava per Emilio. Sapeva di non conoscerlo nemmeno, ma il suo cuore batteva forte ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, ogni volta che le loro mani si sfioravano. Si accorse di stare ancora fissando Emilio e subito spostò lo sguardo verso il camino. La legna era poca e il fuoco era piccolo, a stento illuminava la stanza. Rimasero in silenzio per istanti lunghi come secoli, l’unico rumore era la legna che si spezzava e schioppettava. – non ti chiederò perché lo hai fatto. – disse Gertrude, lo sguardo fisso sulle fiamme – sarebbe ripetitivo da parte mia – ancora silenzio. – te ne stai pentendo? – abbassò la testa e si strinse le ginocchia al petto, come a proteggersi dalla risposta imminente. – no – disse Emilio e,finalmente, si voltò verso di lei. – tu? – Gertrude lo guardò con la coda dell’occhio – nemmeno – Emilio sorrise. Gertrude gli si avvicinò di più e poggiò la sua testa sulla spalla di lui. Il ragazzo la abbracciò forte, stringendola a sé in un caldo abbraccio. Lei lo guardò e vide gli occhi verdi diventare più belli, brillare di una luce nuova. Anche lui la stava guardando. Le tirò su il mento con dolcezza e la baciò. E in quel momento tutto il loro amore esplose in un turbine travolgente di sensazioni confuse. Sparì tutto: il caminetto, il pavimento freddo e duro, il respiro quasi percettibile di Elena, che dormiva nell’altra stanza. C’erano solo loro due che, con un semplice gesto, si dichiaravano l’amore immenso che provavano l’uno per l’altra.

 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 9: Domenica parte I ***


~~Gertrude si ritrasse lentamente, dividendosi da quelle labbra così morbide e calde, per poi ritornare a baciarle. Non aveva mai provato una sensazione del genere, quella sensazione piacevole alla bocca dello stomaco, le mani di lui che le sfioravano il volto, e quegli occhi che, anche se chiusi, sapeva essere diventati di un verde ancora più bello. Tutto era più bello. “Questo deve essere amore” pensò, per poi tornare a concentrarsi su Emilio.

Si baciarono per quelle che sembrarono ore e il silenzio che le aveva accompagnate valse più di mille parole; tutto ciò che dovevano dirsi poteva essere espresso dai cuori di entrambi, che battevano all’unisono. Non si accorsero quindi che Elena era entrata nella stanza e che li stava osservando. La ragazza si schiarì la voce, e i due si voltarono, entrambi rossi.  - Beh, vedo che qualcuno si è dichiarato - Elena sorrise maliziosa e ciò fece arrossire ancora di più Emilio. - sta zitta! Piuttosto, prepara la colazione che ho fame - il ragazzo si alzò e aiutò Gertrude a fare altrettanto. Appena le loro mani si sfiorarono, il cuore di lei fece un balzo e decise che quella sensazione era piacevole, se voleva dire amore. Passarono di fronte a Elena, ancora immobile nella posizione di prima e ancora sorridente. Lì seguì in cucina e si mise a versare il latte nelle tazze e a sistemare il pane nero nei piatti. Quando furono tutti seduti a tavola Elena chiese: - a quando le nozze? – per poco Emilio non si strozzò – Elena … - Gertrude arrossì ancora, non quanto alla domanda ma quanto al problema che ora andava affiorando nella sua mente – io … non ho la dote. Non posso sposarmi senza dote. – abbassò lo sguardo per paura di vedere la reazione che quel problema avrebbe scaturito. In tutta risposta, Emilio le prese una mano e solo allora lei si convinse a guardarlo negli occhi. – Risolveremo tutto, la dote non è un grande problema – no, infatti non lo era. Ma Gertrude aveva comunque il senso di colpa. Sapeva che, se avesse avuto una dote, avrebbe potuto aiutarli a mandare avanti la casa, ma andandosene di casa aveva rinunciato a tutto. “ma hai anche incontrato il tuo tutto” pensò con un po’ di felicità. – e poi. Non con la dote non ci abbiamo mai fatto niente. Neanche nostra madre ce l’aveva eppure, guarda, abbiamo questa casa, cavalli, mucche. Ce la caveremo, vedrai – la rassicurò Elena.

Solo quando Emilio non uscì con il carro, Gertrude si accorse che era domenica e che quindi avrebbero avuto tutta la giornata da passare insieme. Per prima cosa sì cambiò. Indossava l’abito del giorno prima e poi voleva indossare qualcosa di particolare. Rovistò nella borsa fino a tirare fuori un abito lungo e bianco, con dei nastrini verdi che le ricordavano il colore degli occhi di Emilio. Lo indossò e poi prese a pettinarsi i capelli. Li lasciò sciolti. Le erano sempre piaciuti i suoi capelli, lunghi, perfetti, simbolo di femminilità. Solo al pensiero di vederli a terra, tagliati, la fece rabbrividire. Scacciò i pensieri tristi e uscì dalla camera. Nella sala c’era Emilio, vestito con una camicia bianca e dei pantaloni scuri, reggeva due secchi. Appena la vide le sorrise e lei se ne sentì riscaldata. – Oggi ti insegno a mungere -  aveva affermato non appena furono vicini. La ragazza sperò che scherzasse, ma quando lui le passò il secchio, tutte i piani di una bella giornata sfumarono.

 

ANGOLO AUTRICE: Chiedo umilmente perdono per il vergognoso ritardo. Mi dispiace ma il divino Apollo mi ha graziato di un'illuminazione solo adesso. Penso siamo arrivati quasi alla conclusione, non manca molto. Godetevi il capitolo e, ancora, mi dispiace tantissimo!

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 10: Domenica parte II ***


~~- Non penso sia una buona idea – disse Gertrude, seriamente preoccupata. Emilio le sorrise e la condusse fuori. – e invece sì. Se rimarrai qui, e io spero proprio di sì, dovrai darci una mano. – Gertrude arrossì. Non sapeva ancora bene cosa sarebbe dovuto succedere, ma sapeva cosa no:non avrebbe munto una vecchia mucca!
- Dai, sarà divertente! – la rassicurò il ragazzo. Gertrude alzò il sopracciglio, dubbiosa – il tuo concetto di “divertente”, devo ammetterlo, è alquanto discutibile – Erano arrivati nella stalla, la mucca era in un angolo a mangiare il fieno. – lascerò che sia tu a decidere, allora – Emilio le porse i secchi e mise uno sgabello di legno accanto all’animale. Riprese uno dei secchi e iniziò a mungere. Il ragazzo, notando che Gertrude non aveva davvero alcuna intenzione di imparare, si arrese. – E va bene, hai vinto. Lasciamo stare per oggi. Là dietro c’è uno sgabello, siediti. Io devo lavorare, però – Gertrude fece come le aveva detto e si mise vicino a lui. Emilio riprese a mungere e nel frattempo il latte riempiva il secchio. Gertrude si perse a guardare i suoi vividi occhi verdi. Distolse lo sguardo solo quando lui alzò il suo su di lei.
 - Sei ancora preoccupata per la dote? – Gertrude non rispose e quindi Emilio continuò: - Stai tranquilla. Io ti sposerei comunque. – Gertrude arrossì ancora. Non sapeva se voleva davvero sposarlo, non perché non lo amasse, ma perché lo conosceva da troppo poco tempo. Si sentì stupida per quei pensieri. Ora aveva quello che voleva, un uomo che la amava, che aveva perfino intenzione di sposarla, non poteva tirarsi indietro. Emilio non lo meritava. Eppure … tutto era successo così in fretta.
La mano del ragazzo sulla sua la strappò dai suoi pensieri. – Tutto bene? – le chiese Emilio, visibilmente preoccupato. Gertrude gli sorrise e decise di rimandare la decisione. Ora voleva stare con Emilio.

 

 

 

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 11: Passato ***


~~Passarono la mattina a parlare mentre Emilio mungeva e preparava forme di formaggio. Elena era uscita per andare a fare compere in città. Durante quel periodo di tempo, Emilio le raccontò la sua storia. I suoi genitori erano pastori e con le loro pecore riuscirono a tirare avanti per un po’ finchè la madre non rimase incinta di Emilio. Quando nacque iniziarono i problemi, i soldi cominciarono a mancare. Si arrangiarono per due anni ma poi arrivò Elena. La madre morì durante il parto e il padre cadde in depressione. Quando Emilio aveva sedici anni, si ammalò di polmonite e poco dopo morì anche lui. I due orfani rimasero soli, Emilio si prese cura di Elena per quanto poteva. Vissero coi prodotti della terra per quattro anni finchè Emilio iniziò a cacciare e a vendere la selvaggina. Racimolarono un po’ di soldi e riuscirono a vivere bene per tutto quel tempo.
Ora erano in cucina a controllare il formaggio.
- hai avuto un’infanzia difficile. – Emilio sorrise sarcastico.
- Già. Dovevo resistere. Per Elena. Era piccola, aveva bisogno di qualcuno su cui contare. E poi, com’è logico che succedesse, si è sentita in colpa per la morte dei nostri genitori. – Gertrude gli mise sulla spalla. – hai fatto un buon lavoro. –
In quel momento entrò Elena piena di buste. – Ragazzi potreste per favore … -  non finì nemmeno la frase che Emilio le andò incontro alleggerendola dal peso dei pacchi. Gertrude immaginò una scena futura: lei che tornava a casa dopo una mattinata di spese, con Emilio che la accoglieva in quel modo. E, decise, le piaceva.

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 12: La decisione ***


~~Nel pomeriggio il formaggio era pronto; ne erano uscite un bel po’. Elena stava mettendo a cuocere una torta alle ciliegie e in tutta la casa si diffuse un forte odore di lievito. Si concessero tutti del sano riposo e quindi Elena e Gertrude si ritirarono nella loro camera.
- Emilio ti ha raccontato la nostra storia, vero? – Gertrude annuì. – in tutti questi anni lui si è preso costantemente cura di me senza pensare a sé. In paese, quando uscivo a fare compere, spesso mi accompagnava; faceva strage di cuori. – Elena rise – lui però non era interessato. Diceva che nessuna di loro valeva il suo tempo, solo io. – Gertrude non seppe cosa dire, si sentiva lusingata da quelle parole. – e io quindi sarei una specie di eccezione? – Elena annuì e proseguì – sei fortunata, sai? Emilio ti ama. Me lo ha detto qualche giorno fa. Non è mai successo, non è mai venuto da me per dirmi che era innamorato. Io gli ho chiesto se ne fosse sicuro e lui per tutta risposta mi ha fatto sentire il suo cuore. Mi ricordo che, da piccola mi addormentavo col piacevole suono dei battiti regolari del suo cuore. Quel giorno invece seguivano un ritmo del tutto loro, ed erano così veloci. Spero che anche il tuo cuore batta così. – Gertrude sapeva cosa stava dicendo Elena, la stava mettendo in guardia. Era una minaccia velata. – Puoi stare tranquilla, io provo lo stesso per lui e non gli farei mai del male. – Elena sorrise compiaciuta. – Bene. Vuoi aiutarmi con gli abiti? ne ho un paio arretrati. –

Cucirono fino a sera e anche dopo, parlando del più e del meno. Finirono che la luna era ormai alta. Elena si era addormentata con l’ago in mano. Gertrude glielo tolse e la aiutò a sdraiarsi sul letto.
Lei non aveva sonno, quindi andò nella sala. Emilio stava dormendo sdraiato sul pavimento vicino al fuoco ancora acceso. Il volto era rivolto verso il soffitto, i lineamenti delicati e rilassati. Gertrude gli si sedette accanto, lo guardò dormire beato e si chiese cosa stesse sognando. Allungò una mano fino a sfiorargli il volto e gli accarezzò una guancia, ma si ritrasse quasi subito, arrossendo. Emilio si era svegliato, aprendo gli occhi. La ragazza si bloccò, non sapendo cosa fare. Poi lui le sorrise, prendendole la mano. – non riesci a dormire? – Gertrude fece segno di no con la testa. – vieni qui. – Emilio la fece sdraiare accanto a sé, abbracciandola, le posò un bacio sulla fronte. Lei poggiò l’orecchio sul suo petto e trovò la conferma di ciò che le aveva detto Elena quel pomeriggio: il cuore del ragazzo batteva forte in un ritmo forsennato e irregolare. Gertrude pensò che fosse uno dei suoni più belli del mondo. Solo allora si rese conto di non aver confermato che anche lei voleva stare con lui. – anche io voglio sposarti. – affermò quindi. Cadde il silenzio e la ragazza pensò di aver detto la cosa sbagliata, che lui ci avesse ripensato, che non l’amasse più. Il tutto sfumò non appena si sentì stringere più forte dalle braccia di Emilio. Lo guardò e lo vide profondamente addormentato, probabilmente non l’aveva sentita. Poggiò le labbra su quelle di lui e chiuse gli occhi. Abbracciò il ragazzo e si addormentò anche lei.

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 13: Preparativi ***


~~I giorni seguenti furono i più allegri e impegnativi. Tutti e tre erano impegnati nell’organizzazione delle nozze che sarebbero avvenute il mese prossimo. Elena si occupava del vestito, cucendo giorno e notte. La signora Anna si era offerta per prepararle la torta e il prete del borgo era stato felice di poter celebrare il rito.
Un pensiero però assillava la ragazza: la sua famiglia. Avrebbe tanto voluto che potessero essere accanto a lei in quel giorno così importante. Mandò loro una lettera in cui spiegava cosa aveva fatto e li invitò alle nozze, indicandogli il nome del borgo. Attese una loro risposta ma quando passarono diverse settimane, si rassegnò.

Il mese volò e arrivò il gran giorno. Il vestito era pronto, la casa profumava di dolci appena sfornati e fiori freschi, ma della risposta dei genitori di Gertrude nemmeno l’ombra.
- Speravo che col tempo mi avrebbero perdonata. – commentò la ragazza davanti alla pila di auguri sul tavolo.
Elena le mise una mano sulla spalla per confortarla.
- Lo faranno, vedrai. Magari hanno bisogno di più tempo. – Gertrude sperò che fosse così. Non avrebbe potuto vivere con il loro rancore.
Elena guardò l’orologio a muro; segnava le otto di mattina, la cerimonia sarebbe stata alle undici. Dovevano sbrigarsi.
- vieni Gertrude, andiamo a prepararci! – Elena la prese e la trascinò in camera. Steso sul letto c’era un vestito di pura seta bianca. Aveva le maniche lungo e una scollatura sobria; un nastro largo di raso sulla vita slanciava la figura snella della futura sposa. Gertrude lo indosso e Elena la aiutò a sistemarlo.  Quest’ultima si fermò e la guardò, poi scoppiò a piangere gettandosi tra le braccia dell’altra.
- Non vedo l’ora di essere tua cognata! Oh, Gertrude. Ti meriti tutta la felicità del mondo. – Gertrude sorrise e ricambiò l’abbraccio.
- Grazie Elena! – la sua voce era tremante per l’emozione.
Quando si divisero, anche lei aveva gli occhi lucidi.
Elena iniziò a sistemarle i capelli mentre lei le passava forcine e spazzola, le fece indossare le scarpe e le mise una collana. Il filo era d’argento, molto fino. Il ciondolo aveva la forma di una colomba che stava per spiccare il volo. Mentre l’aiutava a indossarla, Elena le spiegò che era della madre e che la colomba, nell’antica Grecia, era il simbolo di Afrodite, dea dell’amore.
- Puoi tenerla tu. Emilio sarà felice di vedertela indosso. – La ragazza la ringraziò abbracciandola.
- Siamo pronte. Direi che ora di andarci a sposare. –


ANGOLO AUTRICE: Ecco a voi a gran richiesta il 13^ capitolo che definirei di passaggio. A breve (qualche minuto) sarà pronto il 14^.Grazie a tutti quelli che leggono questa storia, nonostante la mia irregolarità nel pubblicare capitoli. Avete molta pazienza. Ci vediamo tra poco!

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Capitolo 14
*** CAPITOLO 14: Il matrimonio ***


~~Emilio era andato a prepararsi a casa di un suo amico nonché testimone di nozze, Michele. Per quanto era agitato, Michele era stato costretto ad aiutarlo a vestirsi. Gli aveva messo la giacca e abbottonato la camicia.
Ora si trovavano nella chiesetta del bordo, aspettando l’arrivo di Gertrude e di Elena. Era già gremita di persone, perlopiù abitanti del paese. L’agitazione era sempre di più. Michele faceva di tutto per calmarlo, ma sapeva che ciò sarebbe successo solo quando Gertrude avrebbe pronunciato il sì. Aveva sentito che in un paesino non lontano dal lago di Como, sue ragazzi stavano per sposarsi ma lo stesso giorno il curato aveva rimandato le nozze, si diceva che ci fosse lo zampino di un signorotto della zona, invaghito della sposa.
iniziò a sudare freddo, al pensiero che ciò potesse succedere anche a lui. Ogni secondo che passava diventava più agitato, Gertrude non si vedeva. E se avesse cambiato idea? Se si fosse resa conto che non era lui quello che voleva?
Era talmente concentrato sulla sua ansia che non si era accorto che l’organo aveva iniziato a suonare e dalla porta centrale Gertrude avanzava lenta verso di lui, sorridente e bellissima in quel vestito bianco che le stava a pennello. Non appena gli fu accanto tutto sparì, rimasero solo loro due e una voce fuori campo, quella del curato, che non ascoltava nemmeno. La sua concentrazione era tutta per quella ragazza che amava e che lo ricambiava.

Non appena la cerimonia si concluse, i due sposi uscirono dalla chiesa dove furono accolti dagli abitanti che avevano organizzato un pranzo sulla piazza cittadina. Servirono ogni genere di pietanze, tutte buonissime. Michele, che sapeva suonare, intrattené tutti con una canzone che dedicò agli sposi, un paio di giovani si esibirono in uno spettacolo, altri musici li accompagnarono per tutta la giornata. Gertrude e Emilio ballarono e si divertirono, vedendo accanto a loro facce sorridenti e allegre.
In un angolo, Elena e Michele parlavano e ridevano. Tutto andava per il meglio e la torta della signora Anna era finita subito per quanto era buona. La festa durò fino a tarda sera e quando ormai la luna era alta nel cielo quasi tutti erano andati via.
Erano rimasti gli sposi, Elena, Michele e la signora Anna, occupati a rimettere a posto. Se ne andarono solo quando la piazza tornò al suo ordine.

Elena e gli sposi rincasarono che era appena spuntata l’alba. Erano tutti e tre molto stanchi e se ne andarono subito a dormire.
Come faceva quasi tutte le notti, Gertrude aspettò che Elena si addormentasse per andare in sala da pranzo. Emilio era lì, con gli occhi chiusi. Sapeva che era sveglio perciò gli si sdraiò accanto, poggiando la testa sul suo petto, ascoltando il suo cuore battere come quella sera che aveva accettato di sposarlo.
- ti amo. – gli sussurrò all’orecchio, come se fosse un segreto tra di loro, qualcosa di inviolabile, fragile, che poteva distruggersi se qualcun altro avesse ascoltato. Il loro amore però era tutt’altro: solido e forte, indistruttibile.
una voce impastata da sonno le rispose con un “anch’io” accompagnato da un sorriso a fior di labbra. E di nuovo, come tante volte prima di quella, si addormentarono. Stavolta era diversa perché la loro unione sarebbe durata per sempre.

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Capitolo 15
*** CAPITOLO 15: Qualche mese dopo... ***


~~Gertrude era in casa che puliva mentre Elena preparava un gustoso dolce. Era ancora presto, il sole i era levato in cielo da poco e i suoi raggi filtravano attraverso le finestre, riscaldando il salone. Emilio era uscito da ore. Aveva trovato un lavoro al porto del borgo e quella notte un suo amico era venuto a prenderlo per qualcosa di urgente; una nave spagnola piena di soldati aveva attraccato. Una settimana prima la cosa si era ripetuta. Gertrude aveva sentito che a Milano c’era stata una rivolta per il pane o cose simili, a lei non interessavano certe cose, preferiva non immischiarsi in affari che non la riguardavano, non ora che la sua vita era perfetta grazie ad Emilio, e sperava che quella perfezione durasse in eterno.

Emilio tornò a casa poco dopo, stanco e affamato. Abbracciò sua sorella, diede un bacio a Gertrude e si sedette accanto al tavolo, abbandonandosi contro lo schienale della sedia. Si teneva la testa tra le mani, in silenzio. Sentì qualcuno sfiorargli la spalla e vide Elena che gli sorrideva.
- Come è andata al porto, oggi? – Emilio sbuffò e scosse la testa.
- La situazione si sta facendo critica. La gente si ribella al governo spagnolo,è stanca delle tasse e …-
si zittì, come avrebbe potuto spiegare?
- Cosa? Emilio parla! – intanto Gertrude si era avvicinata, sedendosi di fronte a lui e gli teneva la mano. Sorrideva. Emilio non se lo sentiva di distruggere quel sorriso. La stretta sulla sua mano si fece più decisa, lo invitava a continuare. 
- Gli spagnoli, giù al porto, mi hanno offerto un lavoro. La paga è buona. – non riusciva a andare oltre.
- Ma è fantastico, non capisco proprio la tua faccia – disse Elena, molto contenta della notizia.
- Devo lavorare sulla loro nave, andare fino in India e tornare. Gli servono delle braccia in più per caricarsi di materiale – ed eccoli, i sorrisi che spariscono gli occhi che si fanno tristi e pieni di lacrime.
- Ho accettato – continuò Emilio guardando Gertrude – Quei soldi ci servono. Potremo comprare una casa più grande, costruirci un futuro. – La ragazza si alzò e corse ad abbracciarlo mentre piangeva. Emilio la strinse a sé, anche Elena si unì.
Quando si staccarono avevano tutti e tre gli occhi rossi.
- Quando parti? – la voce di Elena tremava.
- Domani. – e quella parola pesò come un macigno.
Elena andò a togliere il dolce ormai bruciato dal camino. Gertrude strinse la mano di Emilio.
- Io sono qui con te. Sempre. Lo sai, vero? – il ragazzo annuì e lei gli sorrise. – Adesso non ci pensiamo. Oggi passeremo una bellissima giornata. Va bene? – Emilio la abbracciò e mentre lei non vedeva permise a una lacrima solitaria di scivolare via.

Il giorno passò più veloce di quanto avrebbe dovuto, portando con sé la sera. Emilio stava preparando il borsone con tutte le sue cose e Gertrude lo aiutava.
- Bene, c’è tutto. – disse lei mentre metteva via le ultime due cose e chiudeva la borsa.
- Stai bene? – le chiese Emilio. Lei annuì.
- È solo che … mi mancherai – Gertrude si nascose tra le braccia del marito e si sentì protetta quando le mani di lui le carezzarono la schiena.
- so che ti sembrerà difficile, ma pensa sempre che tornerò da te. Starò via solo qualche mese. Mi aspetterai? – le sollevò il mento e la guardò negli occhi. Sapeva la risposta ma aveva il bisogno di sentirla, il suo cuore aveva bisogno della voce di Gertrude che lo tranquillizzava.
- Sempre. -  e lo baciò. Si stampò nella mente ogni sensazione di quell’istante: la morbidezza delle sue labbra salate dalle lacrime che scendevano copiose, i capelli lunghi che le sfioravano le dita sul collo, il battito del suo cuore, di nuovo accelerato.
Emilio si allontanò e la abbracciò ancora.
- Ti amo – le disse e lei pianse ancora al suono di quelle due parole. Lui la consolò finchè Gertrude non si calmò e insieme andarono a dormire, con i pensieri concentrati su ciò che sarebbe successo nei giorni successivi.

ANGOLO AUTRICE: Bnene, bene, bene. Siamo quasi arrivati alla conclusione di questa storia. Questo capitolo direi che è stato il più complicato da scrivere e se notate errori fatemi sapere. Ci si legge al prossimo capitolo! Bye!
        

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Capitolo 16
*** CAPITOLO 16: Addio ***


Gertrude aveva sempre amato il mare, una distesa d’acqua enorme, infinita, che toccava terre lontane. Non appena lo vide pensò che fosse bellissimo, assaporò l’aria che sapeva di salsedine. Guardò le navi, straordinarie, di legno lucido, le vele spiegate. Peccato che una di quelle navi le avrebbe portato via suo marito.
Si avvicinarono alla banchina dove era attraccato un vascello sobrio, le vele bianche e nessun ornamento; sul ponte i soldati urlavano ordini in spagnolo. Aveva riconosciuto anche Aurelio, l’amico di Emilio. Quello, appena lo vide, mosse le braccia per farsi notare.
- Emilio, muoviti. Tra poco si salpa! –
- Arrivo – si voltò verso le due donne. – è il momento. – provò a sorridere ma ciò che ne uscì fu qualcosa di forzato, che non convinse nessuno. Elena aveva iniziato a piangere da quando erano usciti di casa, Gertrude cercava di controllarsi, voleva mostrarsi forte per Emilio.
- Stai attento – Elena abbracciò forte il fratello mentre singhiozzava.
- Prenditi cura di Gertrude – Elena annuì e si separò da Emilio. Il ragazzo guardò negli occhi Gertrude e li trovò lucidi. La strinse tra le braccia e le lasciò un bacio sulla fronte. Lei non riuscì più a fermare le lacrime che iniziarono a scivolarle lungo le guance, nascoste dalle braccia di Emilio. Sentì Aurelio che chiamava e allora il ragazzo si allontanò, non prima di aver dato un bacio a fior di labbra a Gertrude con la promessa che le avrebbe scritto.
Salì sulla nave che salpò poco dopo, allontanandosi dal porto. Elena e Gertrude se ne andarono solo quando il vascello diventò un puntino all’orizzonte.
 

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Capitolo 17
*** CAPITOLO 17: Lettere Parte I ***


~~Carissime Elena e Gertrude,
certamente non vi aspettavate che io avrei scritto la prossima lettera che avreste ricevuto.  Mi rincresce moltissimo mettervi a conoscenza di una disgrazia. Tre notti fa, durante una bufera, la nostra nave è stata presa d’assalto da una ciurma di pirati; hanno saccheggiato la nave, portando via qualsiasi cosa, lasciandoci senza nulla e con pochissimi uomini, superstiti dall’arrembaggio. Tra i feriti, purtroppo, non c’è il vostro Emilio. Alcuni uomini, appena hanno capito che non ci sarebbe stato molto da fare, si sono buttati in mare; altri invece sono stati fatti prigionieri e portati sul vascello pirata. Non si sa quale sorte sia toccata ad Emilio. Siamo certi però che non si trova sulla nostra nave. Abbiamo attraccato su di un’isola per prendere provviste e l’abbiamo cercato ovunque, rivoltando l’isola, ogni angolo. Purtroppo nulla. Mi dispiace tantissimo per la vostra perdita. Sappiamo come agiscono questi uomini, e conosco Emilio, non si farà certo mettere i piedi in testa da quegli uomini senza Dio e di certo non sarebbe scappato con la oda fra le gambe di fronte al pericolo.
Non appena avrò notizie vi scriverò, tenendovi aggiornate sulla situazione. Spero che nella prossima lettera ci saranno buone notizie.
A presto.
Aurelio.

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Capitolo 18
*** CAPITOLO 18: Lettere Parte II ***


~~
Carissime Elena e Gertrude,
lo abbiamo trovato. La corrente ha trascinato il suo corpo verso ovest e mentre passavamo vicino alla Grecia lo abbiamo trovato. Abbiamo provato a rianimarlo. Non c’è stato nulla da fare. Il sale ha mantenuto il corpo intatto. Sappiate che vi starò vicino, io ho perso un amico fedele, voi avete perso qualcosa di più. Non appena l’ho riconosciuto ho sentito il mondo rompersi, mi sono chiesto perché lui, perché non me, nessuno avrebbe sofferto per me, lui invece aveva voi, una famiglia che lo amava. Tra pochi giorni saremo nel porto del borgo. Il corpo è stato pulito e preparato per i funerali che si svolgeranno non appena attraccheremo. Potete contare su di me per qualsiasi cosa, non appena arriverò.
Ancora condoglianze.
Aurelio.

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Capitolo 19
*** EPILOGO ***


~~- Emilio, non correre! – Gertrude urlò al bambino di quattro anni che correva ovunque, orientandosi perfettamente nel borgo. Il figlio di Emilio e Gertrude era come la madre, stessi occhi e lineamenti, ma la risata era del padre, quel suono che faceva stringere il cuore agli zii e alla giovane madre
Poco dopo aver scoperto la tragica fine del marito, Gertrude era scoppiata in lacrime, chiudendosi in camera per giorni, senza uscire, senza mangiare nulla. A Elena parve di tornare indietro nel tempo, quando sua madre morì, il padre che non le parlava, che non faceva nulla. Cercò di aiutare la cognata il più possibile, standole vicino, facendole mangiare qualcosa. Ma ciò che mangiava era troppo poco. Un giorno, al limite delle forse, svenne. Proprio quel giorno scoprì di essere incinta. Ciò sembrò ridarle la forza. Tornò a mangiare, aiutava Elena con i vestiti, tutto era tornato come prima, ma la mancanza di Emilio si faceva sentire. Mentre cucivano, le lacrime scorrevano sulle loro guance, pensando a lui. Gertrude passava notti davanti il camino, lo fissava, pensava.
Quando il bambino nacque, riportò un po’ di gioia nella famiglia che si era allargata. Elena si era innamorata del giovane Aurelio, che sembrava ricambiare; erano felici insieme.
Gli ultimi quattro anni non furono esattamente facili, ogni giorno che passava, il ricordo di Emilio si allontanava, e non appena sembrava svanito ecco che il piccolo lo riportava indietro, ridendo come solo il padre sapeva fare.

 Emilio corse incontro alla madre che lo abbracciò.
- Chi ti stava inseguendo adesso? Un terribile drago? – il bambino annuì contento e poi corse di nuovo via. I passanti lo evitavano e gli abitanti, che lo conoscevano, lo lasciavano fare. Poco lontano, Elena e Aurelio passeggiavano mano nella mano, chiacchierando allegramente.
La sua vita era così diversa da come sarebbe dovuta essere; in quel momento sarebbe dovuta trovarsi in un convento, con il velo e nessun altro a farle compagnia, oppure a passeggiare col suo amato Emilio, mentre lui la guardava con amore e lei che gli sorrideva. Ogni cosa di lui le mancava terribilmente, le mancava ascoltare il suo cuore battere solo per lei.
Guardò il piccolo Emilio accettare una mela da un venditore, e allora pensò che quel bambino era la sua salvezza, e lo amava proprio come aveva amato Emilio. Altroché se lo amava.

 


ANGOLO AUTRICE: This is the end!! Ebbene sì, è finita. Ora, so che vorrete uccidermi perchè "No! Emilio!" ma stava diventando tutto troppo semplice. Devo ammettere che anche io ho sofferto molto scrivendo quella lettera e l'epilogo, ma era necessario. Questa storia però è un traguardo per me, 18 capitoli sono molti! Spero che vi sia piaciuta come è piaciuta a me. Questa storia è nata da un esercizio per le vacanze sul libro de 'I Promessi Sposi' ed è diventato tutto questo. Grazie mille ragazzi, per averla seguita, per avermi fatto sapere cosa ne pensavate dei cpaitoli, grazie per il sostegno e per tutto! Alla prossima storia!

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