Mal d'aria

di Lapam8842
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Lo sconosciuto ***
Capitolo 2: *** 2. Sorprese inaspettate ***
Capitolo 3: *** 3. E' più facile essere.. ***
Capitolo 4: *** 4. Alla scoperta del Canada ***
Capitolo 5: *** 5. Il passato, a volte, ritorna. ***
Capitolo 6: *** 6. Il Natale dei Salvatore ***
Capitolo 7: *** 7. Vita notturna ***
Capitolo 8: *** 8. Come posso risponderti? ***
Capitolo 9: *** 9. Non giudicare se non vuoi essere giudicato ***
Capitolo 10: *** 10. Se hai amato era amore, non è mai un errore. ***
Capitolo 11: *** 11. Buongiorno a chi vuol essere felice e domani chi se ne frega. ***
Capitolo 12: *** 12. Lo speciale di Pasqua ***
Capitolo 13: *** 13. La bellezza è nella semplicità ***



Capitolo 1
*** 1. Lo sconosciuto ***


Mal d'aria





 

“E’ il comandante che parla. Volevo solo tranquillizzarvi. C’è una piccola turbolenza. State calmi e tenete allacciate le cinture di sicurezza. Grazie.”

Elena sapeva che non avrebbe dovuto prendere quel volo e nessun altro volo. Non sarebbe dovuta partire. Sarebbe dovuta rimanere a casa, sotto il suo morbido plaid rosso, senza più mettere piede fuori casa. Il suo futuro era distrutto per colpa del suo sposo, o meglio ex futuro sposo. Stefan l’aveva tradita con la sua migliore amica, cioè la sua ex migliore amica.

Cominciava a sentire l’aria mancare all’interno dei polmoni. Non aveva mai preso l’aereo, e prima di recarsi all’aeroporto, aveva controllato su Google le statistiche riguardanti gli incidenti aerei. Era certa di non aver letto “Morte causata da una turbolenza aerea”. Come mai, allora, sentiva quel peso all’interno del petto? Ne era certa: sarebbe morta. Decise di farsi aria con la mano libera, perché con l’altra strava stritolando, senza troppi complimenti, il braccio del ragazzo seduto accanto a lei.

 «E’ la prima volta che vola?» Chiese gentilmente, cercando di togliere le unghie della donna dal suo completo costoso.

«Sì. Pensare che ero seduta sul mio comodo divano, sotto una mega coperta a mangiare quintali di gelato alla stracciatella, quando mia madre ha detto: “Elena, hai solo 25 anni. Devi goderti la vita. Non puoi stare chiusa qui dentro, mentre il mondo là fuori è in fermento.” In fermento, capisci? Ma che me ne frega se il mondo va avanti?! Stefan, il mio ragazzo... cioè, il mio ex ragazzo, mi ha tradito con Bonnie. Quella grandissima troia della mia migliore amica... ops, ex migliore amica. Ci saremo dovuti sposare alla fine dell’anno ed io li ho trovati a letto insieme.» disse fra i mille singhiozzi, che non riuscì a trattenere.

«Sua madre le ha dato un ottimo consiglio, signorina. Ha una vita davanti a sé. Se quello Stefan l’ha tradita, evidentemente non l’amava come meritava di essere amata. Lei è una persona che sprizza simpatia e dolcezza, sono sicuro che presto troverà il suo vero principe azzurro.»

«Le chiedo scusa. –ritrasse la mano che stringeva energicamente il braccio del suo compagno di viaggio- Le ho fatto male?»

«Non si preoccupi, non è niente che non si possa aggiustare.» Le regalò un sorriso rassicurante, che la fece sentire meno in colpa per il suo comportamento.

Decisa a presentarsi, porse la mano destra: «Mi chiamo Elena.»

Lui la strinse con vigore:«Io sono Damon.»

Era un ragazzo moro, con un taglio di capelli piuttosto lungo sulla nuca e corto ai lati della testa. Aveva dei capelli così belli che Elena avrebbe voluto toccarli, e li osservava con una punta d’invidia perché i suoi sembravano stoppa da quanto erano privi di forma e di un castano spento. Damon aveva il viso magro e latteo, non come quello della ragazza leggermente abbronzato, ma segnato dall’insonnia dei giorni precedenti. Il giovane aveva gli occhi grandi di un bellissimo azzurro, mentre quelli di Elena erano color nocciola, troppo espressivi da tradire ogni sua emozione. Le labbra del ragazzo erano carnose e molto provocanti. Il solo guardarle fece nascere nella giovane donna il desiderio di poterle sfiorare con le sue, piccole e sottili.

«Posso chiederle cosa la porta in Canada?» continuò poi, con un tono basso e neutro.

«Sto scappando.» Rispose sinceramente, cercando di sorridere senza guardarlo negli occhi.

«E’ consapevole del fatto che la distanza non è d’aiuto? Le sue paure saranno lì, anche all’atterraggio.» Damon non smise di osservare la ragazza, che cominciava a mangiarsi le unghie nervosamente.

«Lo so, ma sarò completamente sola.»

«Non la spaventa essere sola?» domandò curioso il moro, senza staccare gli occhi dalla giovane seduta accanto a lui.

«Mia mamma diceva sempre: “chi lascia la strada vecchia per quella nuova, sa quel che lascia ma non sa quel che trova.” – finalmente si girò a scrutare il volto del suo interlocutore, con un nuovo interesse - Non mi preoccupa vivere in uno stato diverso. Non m’impaurisce dover ricominciare da zero. Sono pronta a farlo. Ho perso tutto quello che contava.» La voce le si era un po’ incrinata, quasi affievolita dalla punta di dolore che provava all’interno del petto, che l’appesantiva.

«Mi scusi se mi permetto, ma dove andrà a vivere?»

La ragazza non ci pensò due volte prima di rispondere e in modo istintivo affermò sicura:«Ho una tenda in valigia e un sacco a pelo.»

«Una tenda e un sacco a pelo?» il ragazzo cercò di trattenere le risate, per rispetto delle idee della giovane donna che aveva accanto, e si scoprì particolarmente stupito del clima piacevole che si stava creando, con quella sconosciuta.

«Rida, rida pure. –lo ammonì la bruna- Mi prenderò un anno sabbatico. Niente lavoro, niente famiglia e niente amore.» Diceva questo contando con le dita, in modo autorevole.

«Mi sta dicendo che viaggerà per un anno all’interno del Canada?» la guardava in modo confuso, toccandosi la lieve barba a ridosso del mento.

«L’idea è quella.» Asserì, giocando distrattamente con una ciocca di capelli che tentava di mettere dietro l’orecchio, ma che continuava a ricader davanti perché troppo corta.

«E’ molto coraggiosa per essere una ragazza di 25 anni.»

Elena lo fulminò con lo sguardo e lo guardò in modo glaciale: «Significa che le donne della mia età devono mettere su famiglia o ambire ad una carriera elevata per sentirsi realizzate professionalmente?» affermò in modo tagliente, alzando di un’ottava il tono della voce.

«Non volevo dire quello che ha rozzamente pensato, ma non è affar mio. Le chiedo scusa. Mi ha fatto piacere distrarla dalla turbolenza, ma se mi vuole scusare..» si slacciò la cintura e si alzò, senza lasciar controbattere la giovane.

Elena guardò fuori dal finestrino e questo le provocò ulteriore ansia. Vedeva i nuvoloni grigi tutt’intorno all’aereo, sembrava quasi che fossero intrappolati in una coltre di fitta nebbia. Si augurò che il comandante riuscisse a vedere la strada davanti a sé. In cielo non ci sono strade, si ritrovò a ridere da sola per lo stupido pensiero fatto poc’anzi.

«Mi dispiace che lei abbia pensato quelle cose.»

La giovane sussultò alle parole del ragazzo.  Non l’aveva sentito né visto ritornare al posto.

«Mi scusi. Non era mia intenzione spaventarla.» La rassicurò, toccandole dolcemente il braccio, posto sul bracciolo.

Elena scostò l’arto, come se quel contatto l’avesse scottata:«Non importa. Sono io che sono agitata. Non ho mai volato prima.» Tentò di scusarsi regalandogli uno sguardo dispiaciuto.

«Stava dicendo che si avventurerà per il Canada con tenda e sacco a pelo, in completa solitudine. –la guardò dritta negli occhi- è sicura di non voler compagnia?» chiese in modo sfacciato e malizioso, aggrottando leggermente la fronte.

Le guance della ragazza si colorarono violentemente, diventando paonazze: «No. Sì. – Damon le regalò un sorriso furbo e lei si ritrovò a roteare gli occhi in aria.- Non ho bisogno di compagnia.» Concluse infine.

«E’ un vero peccato. Ho letto sul Times (New York Times ndr) che sono aumentati gli abusi sessuali rivolti alle giovani donne che s’improvvisano amazzoni.»

Elena lo guardò sgomenta. Non aveva letto quell’articolo. Lei non comprava i giornali e non aveva sentito il notiziario nelle ultime settimane, perché continuava a guardare film strappalacrime, che la facevano stare ancor più male. Come aveva potuto partire senza prima informarsi? Stava corrugando le sopracciglia, assumendo un’espressione accigliata.

Damon scoppiò in una risata gioiosa ed inaspettata: «Dovrebbe vedere la sua faccia.- cercò di tornare serio.- Elena, la stavo prendendo in giro.»

«Ma come si permette? Io sono terrorizzata a morte su questo coso diabolico –disse roteando il polso, con l’indice puntato al soffitto, per indicare l’aereo in cui si trovavano.- e lei si prende gioco di me?»

La bocca di Damon si aprì in un sorriso spensierato:«Non si arrabbi, sono solo scherzi di cattivo gusto.»

«Si diverte con poco.» Fece notare al ragazzo vestito di tutto punto, nel suo completo di Armani.

«Fortunatamente si, altrimenti sarei veramente troppo serio. Bisogna ridere un po’ di più, tutti i giorni, per non essere colpiti dagli eventi più grossi di noi. Non trova?» chiese mordendosi il labbro inferiore.

Elena con un velo di ironia, canzonò il ragazzo seduto al suo fianco:«Il suo vestito sarà costato più di 1.000 $. Mi spieghi il motivo per il quale lo indossa, se vuole fare il buffone?»

Damon sembrò non prendersela, anzi, pareva abituato a parlare con persone dalla risposta pronta: «Perché l’apparenza è molto importante, soprattutto negli affari.» Concluse convinto, spostando un pelo invisibile dalla sua giacca al pavimento.

Elena, decisa a spostare l’argomento di conversazione in qualcosa di più tranquillo, chiese: «Quindi va in Canada per affari?»

Damon annuì, senza proferir parola.

La ragazza tentò, di nuovo, di tenere viva la conversazione, che la stava aiutando a distrarsi dal rumore che sentiva provenire dalle ali dell’aereo:«Che genere di affari, se posso chiedere?»

«Affari molto importanti e delicati.» Damon accavallò le gambe e distolse lo sguardo dagli occhi della giovane donna.

“Forse è un tipo riservato”, si costrinse a pensare Elena. Tentò di fare una battuta per cercare di allungare la conversazione:«Spero che non riguardino droga e prostituzione.»

La ragazza ottenne l’attenzione del giovane, che la stava osservando nuovamente e sussurrandole nelle orecchie le disse:«Le sembra che i miei vestiti siano appropriati per tali incontri?» e allontanò il volto, per godersi l’imbarazzo che presto avrebbe colorato le guancie della donna.

Elena, dal canto suo, cercò di recuperare un briciolo di sicurezza tentando di scacciare la leggera scossa elettrica che le aveva attraversato la schiena, quando lui si era avvicinato lentamente al suo orecchio, e quel lieve profumo di dopobarba, che le aveva invaso le narici inebriandola.  

«Non saprei. Non ho mai conosciuto un magnaccio.»

Damon non si fece cogliere impreparato e si accostò velocemente al viso della bruna. Le loro labbra erano a pochi centimetri di distanza. Prima si guardarono dritti negli occhi, in seguito lui spostò l’attenzione alla piccola bocca di Elena, per poi finire a fissare quei pezzi di cioccolato fuso, vagamente lucidi, che aveva al posto degli occhi.

«Beh, ce l’ha proprio seduto accanto.» Disse soffiando in un bisbiglio, mettendo poi, più distanza fra loro.

Il cuore di Elena perse un battito. Cominciò a sudare freddo e cercò di guardarsi in giro, mandando segnali d’aiuto utilizzando i suoi grandi occhi marroni. Nessuno però, sembrava accorgersene.

«Stavo scherzando.» Riferì fra le risate Damon.

«Ma vaffanculo. Mi vuoi far prendere un colpo?» asserì fulminandolo con lo sguardo.

«Oh, vedo che siamo passati ad un linguaggio meno formale. Ne sono felice. Mi ero stancato di darti del lei. Alla fine sei più giovane di me, sei tu che devi portarmi rispetto, non il contrario.»

Elena sbottò in tono acido:«Ma sei proprio uno stronzo.»

Damon le sorrise maliziosamente:«Il viaggio è lungo, che ne dici se ritorniamo a conversare come poco fa? Sai non mi piace essere insultato.»

Elena senza staccagli gli occhi di dosso rispose piccatamente: «Oh credimi, te lo meriti.»

«Forse sei tu che sei un po’ come lo yogurt bianco.»

«Cioè?»

«Acida.»

Elena lo guardò sgomenta e ancor più alterata rispose:«Sei veramente uno stronzo.»

«E siamo a due. Forse hai solo bisogno di lasciarti andare un po’ di più. Alla fine se il tuo ex ragazzo ti ha tradito, un motivo deve esserci. Forse sei un po’ frigida.»

«Ma come ti permetti?! Non mi conosci neanche. Taci, brutto stronzo!!»

Damon sogghignò:«Si, hai ragione. Non sono nessuno per giudicare la tua apatia sessuale.»

«Smettila!»

«Perché non mi dimostri il contrario?»

«Non ne ho nessuna intenzione. Sei uno stronzo, antipatico, volgare… non so se le altre donne ti caschino ai piedi, ma io ho intenzione di star seduta qui, a godermi il panorama.»

«Ti ho visto guardare fuori dal finestrino e sembravi terrorizzata. Se hai paura dell’altezza perché hai voluto prendere l’aereo?»

«Un’ora e mezza di volo posso sopportarla.» Si ritrovò a scrollare le spalle, più rilassata. Sebbene il suo compagno di viaggio fosse presuntuoso ed arrogante, riusciva a calmarla e a distrarla.

«Se ne sei convinta tu.» si affrettò a rispondere, sfiorandole leggermente il braccio.

Elena bruciò sotto quel lieve contatto. Si sentì la gola secca e deglutì cercando di far passare quella strana sensazione. Respirò a fondo. Una volta ritrovato il controllo di sé stessa chiese: «Quanto manca all’atterraggio?»

Damon, guardando l’orologio da polso, rispose:«Circa cinquanta minuti.»

Elena sbottò agitata:«Cinquanta minuti??! Non siamo ancora arrivati a Montreal?» cominciava a sentir l’aria venire meno all’interno del petto. Stava andando in iperventilazione continuando a respirare rumorosamente.

Damon le afferrò il polso e la costrinse a guardare i suoi profondi occhi azzurri. Le rispose lentamente: «Calmati, andrà tutto bene. Non manca molto.» Le accarezzò dolcemente la guancia, cercando di rincuorarla.

«Dici così perché tu non soffri. Credo di avere il mal d’aria.»

Damon senza staccarle gli occhi di dosso, continuando ad accarezzarle la guancia lentamente, sapeva che l’unico modo di distrarla sarebbe stato uno solo: «No che non hai il mal d’aria. Devi solo rilassarti. Conosco un metodo infallibile.» Sorrise malizioso alzando un sopracciglio. Elena sembrava non capire, ma quando colse l’espressione sensuale disegnata sul volto di Damon, si affrettò a rispondere:«Oh no. Non ci penso neanche per idea.» E scosse forte la testa per essere ancor più convincente.

Damon però non sembrava persuaso e ci riprovò: «Eh andiamo, tu sei sola e io sono solo. Non c’è nulla di male.»

Elena lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite:«Ma finiscila!»

Il moro sorrise compiaciuto:«Vedo che il tuo mal d’aria è passato.»

 

 

 

 

Oo_oO

Buongiorno a tutti,

sono "nuova" del fandom e ho deciso di scrivere questa storia Delena perchè... 

amo il Delena e adoro il Canada.

Vorrei che fosse anche una specie di guida per le città canadesi. 

Spero di poter aggiornare settimanalmente.

Se avete consigli o notate gravi errori ortografici, non vi fate remore, siete OBBLIGATI a segnarlarli! =)

Spero che, se a voi va, ci si sente mercoledì prossimo!

 

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Capitolo 2
*** 2. Sorprese inaspettate ***


mal d'aria


Se a terra ti ritroverai
Non arrenderti mai,
Perché se quello non era Amore
arriverà quello giusto che ti darà sapore.
L'amore - Cinzia Coppola







«Maledizione, hanno perso il mio bagaglio.» Elena si ritrovò a parlare ad alta voce, dopo aver guardato il nastro portabagagli, per ben tre volte, alla ricerca della sua valigia.
«Elena» Qualcuno nominò il suo nome e lei non curante, si girò ad osservare chi l’avesse richiamata. Si ritrovò davanti il ragazzo dell’aereo:«Damon… il mio trolley non c’è.» Scosse la testa indispettita per la situazione. Non aveva mai preso l’aereo in vita sua, si era ritrovata a volare al fianco di un ragazzo presuntuoso, antipatico, malizioso che… l’aveva aiutata a superare la paura dell’altezza e di morire in volo, ma non gli era simpatico, anche se era un angelo caduto dal cielo, per via di quegli occhi glauchi e quei  lineamenti fini, che le provocavano fitte all’altezza dello stomaco e del petto.
«Hai provato a guardare su quel nastro?» Damon indicò quello più dietro, dove una sola valigia continuava a girare. Elena si mise a correre notando che si trattava del suo trolley rosso.
Dopo averlo recuperato si ritrovò a sbuffare rumorosamente raggiungendo il ragazzo:«Grazie per l’aiuto, Damon.» Affermò, toccandogli leggermente il braccio e sorridendo imbarazzata.
Il moro le riservò un’occhiata dolce: «Sei ancora così sicura di dormire in tenda? Perché sai, non vorrei che mi chiamassi perché non la sai montare.»
«E come potrei telefonarti, se non ho neanche il tuo numero?» Elena si morse il labbro inferiore e si osservò le punte delle scarpe per la frase appena detta, in modo spontaneo. Damon l’attraeva, ma lei non aveva tempo per innamorarsi o per divertirsi. Era rimasta scottata una volta ed aveva bisogno di tempo per leccarsi le ferite e per tornare a sorridere, solo che con Damon sembrava tutto più semplice. Sarà per il suo atteggiamento canzonatorio e leggero nel gestire la situazione. Sarà che sembrava un uomo vissuto.
«Se vieni a cena con me, ti darò il mio numero di telefono.»
Non si era neanche accorta che la stava guardando dritta negli occhi, e le stava risistemando una ciocca di capelli dietro l’orecchia. Quel piccolo tocco le provocò scosse elettriche, piacevoli ed eccitanti lungo tutta la colonna vertebrale. Non si accorse neanche di star trattenendo il respiro mentre si perdeva nell’azzurro di quei profondi occhi.
«Ok.» Rispose bisbigliando, incantata dalla bellezza di quegli occhi cerulei.
 «Fantastico.» Damon sorrise soddisfatto, sfilandole la valigia di mano.
«Ehi, quella è mia. Che fai?» Lo ammonì velocemente, cercando di riprendersi la valigia.
«Sono pur sempre un gentiluomo.» Disse superandola ed allungando il passo.
Elena alzò di poco la voce, cercando di stare al passo: «Damon, aspettami!!»


***


«Non sia mai che io prenda il tuo stesso taxi.» Protestò Elena, mentre lui le prendeva la mano per bloccarla dal richiamare un altro taxista.
«Ti ho invitato a cena ed hai accettato. Stanotte sarai mia ospite.» Disse riponendo i bagagli nel baule del taxi, che si era appena fermato.
«Ma io ho accettato l’invito a cena, non a passare la notte con te.» si lamentò subito dopo.
«Ed io non ho mai detto che ti avrei portato in un ristorante.-si giustificò lui, con un ghigno vittorioso chiudendo il portabagagli.- ed ora, sali.»
«Questo potrebbe essere considerato rapimento, Damon!» si oppose la ragazza, ponendo resistenza incrociando le braccia al petto.
Damon le prese il volto fra le mani e la guardò dolcemente:«Elena, ti prometto che domani ti porterò a fare la giovane amazzone, ma fidati di me, stasera non ti succederà nulla che tu non voglia.» Sottolineò l’ultima frase, con voce roca.
Elena, che tentava di restare impassibile alla vicinanza di quelle mani affusolate, annuì stordita dal tepore che le aveva lasciato quel contatto. Salirono sui sedili posteriori dell’automobile gialla e Damon dettò al taxista l’indirizzo a cui erano diretti. Elena non era mai stata in Canada. Aveva vissuto a New York per più di dieci anni e lei e Stefan, il suo ex ragazzo, stavano per andare a vivere insieme, qualche mese prima del loro matrimonio. Si erano conosciuti all’università e si erano innamorati perdutamente. Stavano insieme da tre anni ed Elena era convinta che Stefan sarebbe diventato il padre dei suoi figli, prima di sorprenderlo a letto con la sua migliore amica, Bonnie.
«Suppongo che tu non sia mai stata a Montréal.» Damon interruppe lo scorrere dei suoi pensieri e lei si ridestò, rendendosi conto che era rimasta in silenzio da quando erano saliti sul taxi.
«Scusami, stavo riflettendo… -rispose imbarazzata- dicevi?»
«Spero che tu non stia pensando a qualcun altro. Non amo la concorrenza.» Sogghignò divertito Damon, strizzadole un occhio.
«Stavo solo ripensando a Stefan e Bonnie. Sai, non avrei mai creduto che Stefan avrebbe potuto tradirmi. Presumevo che non mi avrebbe mai fatto del male. Lui per me era una di quelle rare persone… era il mio appiglio. Sapevo di potermi rivolgere a lui per qualsiasi cosa. Mi aveva promesso che mi avrebbe risollevato il morale quando sarei stata triste, che mi avrebbe tenuto al riparo da qualsiasi tempesta. Ma la tormenta è arrivata e lui è rimasto a guardare. Irremovibile. Forse quello che fa più male è che non si è giustificato. Non mi ha fermato.»
Damon le prese la mano ed Elena si girò ad osservarlo: «Elena, probabilmente Stefan si starà mangiando le mani dopo averti lasciato andare. Come avrebbe potuto discolparsi? “Oh Elena, scusa ma stava togliendo le ragnatele a Bonnie. Sai, soffre di un disturbo raro e io sono un giovane samaritano.”» Lo canzonò facendo ridere divertita la ragazza. Aveva una bella risata ed il suo sguardo era più rilassato. Non ne capiva il motivo, ma voleva conoscerla meglio e voleva proteggerla.
«Grazie Damon. Anche se ci conosciamo da poche ore, e tu sei un presuntuoso, arrogante… sai anche essere simpatico.»
«Lo prendo come un complimento.»
Il taxista interruppe la loro conversazione, lasciandoli davanti a casa di Damon.
«Quindi questa è a casa tua?» chiese più entusiasta Elena, dopo aver visto l’enorme giardino posto all’ingresso della casa. C’era un basso muro a secco, che delimitava il perimetro delle piante fiorite, ed un acero rosso era posto al centro di esso. Era un tripudio di colori: giallo, rosa, rosso, arancio.. Tutto questo le metteva allegria e poi c’era un silenzio confortante. La casa era suddivisa in due piani ed una fitta edera ricopriva il muro vicino al garage. Si ritrovò a sorridere allegra, ringraziando mentalmente l’incontro con quello sconosciuto.
«Elena, vuoi che ti chiuda fuori?» Damon la richiamò, mentre stava aprendo la porta d’ingresso e lei era rimasta immobile ad osservare la natura. Si mise a correre come una bambina e lo raggiunse. Damon lasciò le valige all’ingresso e le fece fare un giro della casa. La cucina era di legno bianco, con una penisola centrale con il piano di marmo verde chiaro. Era molto spaziosa e sebbene avesse un piano cottura ad induzione e l’ultimo modello di forno, conservava un aspetto tradizionale e confortevole. Elena sorrise impercettibilmente pensando a come sarebbe stato bello veder lei e Damon far colazione, seduti vicini agli sgabelli riposti accanto alla penisola.
«Hai fame? Stai fissando il fornello con una faccia…» interruppe le sue elucubrazioni mentali Damon.
«No. Stavo solo pensando…- annaspò alla ricerca di una scusa valida- a te che bruci la cena.» Rispose infine.
«Ehi ragazzina, io so cucinare.» Ribatté il giovane, pizzicandole un braccio per protesta, per poi prenderla per mano e conducendola al piano di sopra, mostrandole le tre camere da letto.
«Damon scusa, ma questa è una casa per una famiglia.»
Il ragazzo aggrottò la fronte: «Credevi che vivessi in un appartamento al centro di Montreal?»
Elena sollevò con noncuranza le spalle, senza rispondere.
«Vado a prendere le valigie, ci rinfreschiamo e prepariamo la cena. Ti va?» chiese in tono dolce il moro. La giovane annuì, osservando meglio una delle tre stanze. Aveva la moquette rosa scura e le pareti erano rosa antico. Vicino alla finestra, c’era un mobile basso dal colore bianco, un armadio color noce che occupava tutta la parete di fronte all’ampio letto matrimoniale.
«Se vuoi puoi dormire lì, ma non ha il bagno in camera. Sicura di non preferire l’altra?» s’informò Damon, una volta tornato accanto a lei.
«No, questa andrà bene. Grazie.»
«Elena, guarda che se devi fare la doccia dovrai passare davanti alla mia stanza. Sicura?» ridomandò il ragazzo, con un tono più allusivo.
«Sono sicura che la porta della tua camera sarà chiusa quando io passerò coperta solo dall’asciugamano.»
«Cercherò di tenerla spalancata. Non vorrei perdermi lo spettacolo.» Sorrise malizioso, e le guancie di Elena si imporporarono violentemente.
«Elena, stavo scherzando. Cioè, sarebbe davvero uno spettacolo bellissimo, non fraintendere, ma non ti salterò addosso.- Damon le si avvicinò, e le sussurrò ad un orecchio- Sarai tu a pregarmi di farlo.»


***



«Finalmente. Credevo che avrei cenato da solo.» Affermò Damon, dopo aver notato Elena entrare in cucina, vestita con una comoda tuta grigio tortora.
Damon si girò, dando le spalle ai fornelli e osservò Elena.
«Stai per cenare con me, in tuta? Seriamente?» la guardò scocciato e un po’ deluso. Poco prima aveva osservato il suo fisico longilineo, fasciato in una salvietta blu elettrico, mentre usciva dal bagno per dirigersi nella camera che aveva scelto. Damon aveva lasciato spalancato la porta della sua stanza, e si aggirava per il piano, con indosso un paio di boxer neri. Si erano incrociati, mezzi nudi, e l’aria era diventata carica di desiderio sessuale. Damon le avrebbe tolto, molto volentieri, l’asciugamano e l’avrebbe fatta sua, ma non era sicuro che anche Elena, avrebbe fatto la stessa cosa.
«Si. Non sono stata invitata ad un ristornate. Siamo a casa e resto in tuta. –disse con un sorriso beffardo disegnato sul volto- e poi neanche tu indossi un completo costoso. Sei in jeans e maglietta.» Lo apostrofò Elena.
Damon le diede le spalle e tornò a prestare attenzione ai fornelli.
«Cosa hai preparato di buono?» domandò la ragazza, facendosi più vicina al moro.
«Crepes salate alla quebecchese.»
Elena lo guardò confusa:«Cioè?»
«Sono crepes con salmone affumicato. Se fossi scesa ad aiutarmi, ti avrei preparato la poutine*
«Che cosa??» chiese stupefatta la ragazza.
«E’ un piatto tipico canadese che, non per vantarmi, io sono molto bravo a preparare.» replicò semplicemente Damon, scrollando le spalle.
«E’ così che conquisti le ragazze? Le porti in questo posto meraviglioso, vantandoti della tua cucina?» ammiccò maliziosamente Elena, regalandogli un sorriso divertito.
Damon ribatté compiaciuto, senza staccare i suoi profondi occhi blu da quelli ambrati della mora: «E tu sei conquistabile?» si avvicinò lentamente fino a portarsi davanti ad Elena. La ragazza si scansò imbarazzata e si affrettò a sedersi sugli sgabelli, posti vicino alla penisola della cucina. Un sorriso vittorioso si dipinse sul viso del moro. Ne era certo: l’avrebbe conquistata.
Damon servì la cena e aprì una bottiglia di vino bianco frizzante, offrendone una dose generosa ad Elena.
«Astuto. Vuoi farmi ubriacare pensando che io venga a letto con te.» lo riprese, sfidandolo con lo sguardo.
Il ragazzo si ritrovò a sorridere esasperato. Le stava cominciando a piacere quella piccola insolente. Le piacevano le sue frecciatine, il suo modo di essere genuina ma al tempo stesso sensuale, allettava il suo profumo di pesca, i suoi capelli castani, leggermente arruffati. Non vedeva più una donna da conquistare e cacciar via, alle prime luci dell’alba. Cominciava a guardarla con occhi diversi e questo era inatteso. Inaspettato perché dopo la profonda delusione che gli aveva lasciato Rose, non aveva più avvicinato nessuno. Elena era diversa. Probabilmente l’aveva preso in contropiede sull’aereo, mentre sentiva le unghie di lei, conficcate nel braccio, e aveva voluto farla sentire al sicuro. Forse era per quelle labbra fini e piccole. Presumibilmente perché Elena era tanto fragile quanto cocciuta.
«Non hai bisogno di ubriacarti. So che lo vuoi.» alluse maliziosamente Damon.
Elena sbuffò divertita: «E sentiamo, cos’altro voglio?» postulò curiosa, abbozzando un sorriso, continuando a perdersi in quegli occhi glauchi.
«Tu vuoi dimenticare Stefan. Desideri allontanare il suo ricordo. Vuoi buttarti, come non hai mai fatto. Vuoi vivere giorno per giorno, senza pensare alle conseguenze. Non vuoi pensare al futuro. Vuoi viverti il presente. Sei scappata in un altro stato nella speranza che tu possa andare avanti, senza ripensamenti. Non vuoi tornare con la coda fra le gambe, continuando a leccarti le ferite. Tu vuoi lottare in questo mondo di squali, e vuoi vincere.»
Elena deglutì, investita dall’ondata di sensazioni che le avevano lasciato le parole sincere di Damon.







Oo_oO

Ben trovati! 
Devo far partire un coro di:"WOOWW" per chi ha aggiunto la storia nelle liste, ma sono realmente rimasta basita per essere stata notata da una ragazza che, secondo il mio personale parere, è in grado di scrivere brevi ma struggenti racconti. (Soqquadro04)

Vi avrei voluto mettere le foto della casa di Damon, ma è stata rimossa dal sito di annunci dove l'avevo vista. -.- Quanto prima, caricerò le foto, di qualcosa di similare, anche se quella era stupenda!!


*Le poutine:

Grazie ancora a tutti, e se vi va, ci sentiamo la settimana prossima!!!








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Capitolo 3
*** 3. E' più facile essere.. ***


 

Guancia

 

Capitolo 3. E’ più facile essere sinceri con noi stessi, parlando con chi non ci conosce

 

 

 

Puoi cercare di fuggire dai problemi, di girargli le spalle e tentare di andartene ma ti seguiranno, ti riprenderanno e ti si presenteranno davanti sempre più grandi, non permettergli di vincere, guardali in faccia e combatti.

Ilaria Pasqualetti


 

 

 

 

«Tu vuoi dimenticare Stefan. Desideri allontanare il suo ricordo. Vuoi buttarti, come non hai mai fatto. Vuoi vivere giorno per giorno, senza pensare alle conseguenze. Non vuoi pensare al futuro. Vuoi viverti il presente. Sei scappata in un altro stato nella speranza che tu possa andare avanti, senza ripensamenti. Non vuoi tornare con la coda fra le gambe, continuando a leccarti le ferite. Tu vuoi lottare in questo mondo di squali e vuoi vincere.»

Damon si era rivisto nelle parole appena dette ad Elena. Lui aveva deciso di tornare nella vecchia casa dei suoi nonni materni per allontanare il ricordo di Rose. Rievocare il suo nome faceva ancora male. Era passato un anno, ma per lui, era come se fosse successo il giorno precedente. La loro storia era iniziata, come iniziano tutte le avventure: in un Irish pub, e con l’aiuto di una bottiglia di bourbon, erano finiti a letto insieme. Il giorno dopo si erano svegliati e avevano concordato a restare in camera tutto il giorno. Dopo qualche mese di frequentazione stabile e monogama, scelsero di provarci sul serio e ufficializzarono la loro relazione. Ben presto Damon scoprì che Rose nascondeva un segreto: oltre ad usare cannabis regolarmente, la ragazza abusava di LSD. L’aveva esortata a smettere portandola anche in un centro di recupero, ma quando pensava che il peggio fosse passato, Rose morì di overdose.

«Sei per caso uno psicologo?» Elena risvegliò Damon dalle sue elucubrazioni mentali, e lui sorrise compiaciuto per essere stato sincero e per la prima volta senza malizia.

«Diciamo che sono anche piuttosto bravo a capire le persone, oltre che a cucinare divinamente.» Sogghignò divertito, mentre Elena bisbigliò uno:«Sbruffone.» tagliando un pezzo di crepes.

«E’ davvero squisito! –si complimentò con Damon, battendogli una mano sulla spalla- Pensavo che fossi solo presuntuoso, invece sei stato piuttosto modesto. E’ davvero molto buono. Chi ti ha insegnato a cucinare?»

«Ho avuto una maestra davvero brava.» Rispose soltanto, senza aggiungere altro. Elena lo spronò a continuare. Voleva saperne di più e lui, senza alcun motivo l’accontentò: «Mia madre era di origine canadese. Amava cucinare. Ci metteva passione. Io adoravo vederla spadellare e mi ha insegnato qualche trucchetto.» Ammiccò, cercando di tornare in sé, tentando di non far vedere quel luccichio che gli aveva velato gli occhi.

«Che cosa le è successo? – lo interrogò Elena, affrettandosi ad aggiungere, sfiorandoli il braccio, con fare rassicurante.- Se vuoi parlarne.»

«A New York abitavamo all’ultimo piano, di uno dei tanti grattacieli della città. Lexi, mia madre, era in casa da sola. Era intenta a preparare la cena, quando un ladro ha sfondato la porta a colpi di estintore. Voleva rapinarla, ma qualcosa è andato storto e le ha sparato. Dritto in fronte. Assurdo che nessuno si sia accorto di nulla. Probabilmente volevano fare un torto a mio padre, noto avvocato della zona e grandissima testa di cazzo. Se fossi rientrato prima, se non fossi stato inghiottito nel traffico newyorkese, forse l’avrei potuta salvare.»

Elena gli afferrò il braccio per sostenerlo: «Non è stata colpa tua. Se fossi tornato prima, avrebbe potuto uccidere anche te.»

«Sarebbe stato meglio che vivere senza lei.» asserì convinto, alzando il tono di voce e pronunciando la frase in modo tagliente e sprezzante.

«Damon, lei è felice che tu sia in vita. E’ felice di avere un figlio come te –Elena lo guardò negli occhi e gli accarezzò dolcemente la testa, in un gesto istintivo, inaspettato e delicato.- E’ felice che tu sia qui e che tu possa fare qualunque cosa tu voglia. Sono sicura che lei crede in te.»

Damon le strinse la gamba e le sussurrò un timido:«Grazie.»

Era strano come la malinconia si fosse impossessata di lui. Lui che fingeva di essere un ragazzo duro e che non lasciava trasparire le proprie emozioni. Era strano che si fosse aperto ad Elena, una ragazza conosciuta per caso, in uno dei tanti giorni di un qualunque anno. Era strano che, raccontare la verità su sua madre, gli avesse fatto ripensare a quei momenti vissuti con lei, lasciandoli un gusto dolce-amaro in bocca e una fitta di dolore all’altezza dello stomaco. Sentiva terribilmente la sua mancanza ma Elena aveva ragione. Per troppi anni si era addossato colpe che non aveva. Aveva vissuto nell’ombra di se stesso, ubriacandosi come meglio poteva. Rose era riuscita ad arrivare dove nessuno si era mai insinuato. Era riuscita a risvegliarlo dal torbido sonno autoimposto e l’aveva fatto tornare a sorridere. Per un po’. Per qualche tempo Rose gli aveva alleggerito l’esistenza e solo grazie a lei, alla sua esperienza da tossicodipendente, aveva capito di avere un’altra possibilità. Lui voleva vivere. Lui voleva vivere senza gettare nell’immondizia il grosso dono che gli aveva fatto la madre. Lexi l’aveva messo al mondo, spinta dall’amore provato per suo padre, l’aveva cresciuto, svezzato ed amato. Damon non voleva più deluderla, aveva preso una decisione lucida, chiara e inattesa: aveva lasciato New York per tornare nella terra dove la madre era cresciuta. La terra che la madre aveva amato e che rimpiangeva, giorno dopo giorno. Era tornato da poche ore e cominciava a sentirsi vivo. Vivo e pieno di emozioni che erano rimaste nascoste, assopite quasi, nei meandri del suo cuore. Elena era riuscita a farli provare qualcosa. Faceva male. Un male che causava brividi lungo la schiena, lungo le braccia muscolose e lattee, ma un dolore che soprattutto colpiva internamente, il cuore. Quel muscolo cavo, involontario che aveva deciso di riprendere a funzionare in modo corretto, facendoli provare ogni tipo di emozione.

«Dal momento che in vino veritas, come mai sei tornato in Canada?» chiese la ragazza, con una nota di allegria nella voce causata dal vino frizzante, che aveva sorseggiato. Elena era astemia, ma si era ritrovata a bere senza troppi complimenti quel liquido dal colore giallo paglierino e dal sapore fresco e fruttato.

Damon scrollò le spalle e sviò la domanda, per quella sera aveva già raccontato troppo: «Ti ho versato il vino per pura gentilezza. Non credevo che l’avresti tracannato con tale voracità.»

Elena rise rumorosamente: «E io sono a casa di uno sconosciuto e sono ubriaca. Non ho mai bevuto prima. Ho mangiato gelato per settimane e questa –indicò un punto indefinito della cucina- è la cosa migliore che mi sia capitata.» Rise a crepapelle, e se non fosse stato per la presa sicura e ferrea di Damon, sarebbe caduta dallo sgabello.

Damon abbandonò la presa dai fianchi di Elena e si alzò: «Ok, giovane amazzone credo che sia meglio che io ti accompagni in soggiorno, mentre sistemo la cucina.» Damon si avvicinò e cercò di prenderla in braccio ma Elena si alzò di scatto e picchiò la testa sul mento del moro.

La ragazza ridacchiò pensando che non si fosse mai divertita così tanto e che, forse, la compagnia di Damon non era così male. Il giovane dal canto suo, si stava massaggiando il mento dolorante e la guardava con fare omicida.

«Mi hai fatto male, sai?»

«Mi hanno sempre detto di avere la testa dura, e ora so che è vero. Non è divertente??» Elena si mise a fare dei passi di una danza tutta sua, mentre scuoteva la testa a destra e a sinistra.

«Elena, guarda che se fai così rischi di…» Damon interruppe la frase perché la giovane aveva appena rigettato la cena sul parquet.

«Mi dispiace, Damon. Io non volevo. Scusami.» Cercò di giustificarsi, guardandolo con gli occhi lucidi.

La parte più brutta nell’essere ubriachi e sentirsi male era il senso di colpa. Damon odiava la parte del pentimento forzato. Era consapevole che l’alcool avrebbe abbassato le difese della ragazza, rendendola meno guardinga e più sincera, ma non si aspettava che per un solo bicchiere di vino, si sentisse male. Quella ragazza era tutto un programma.

Damon si avvicinò a Elena, la prese in braccio e la lasciò sul divano: «Stai ferma qui, Elena. Non ti muovere.»

La bruna dispiaciuta per l’accaduto, gli strinse il collo e continuò a scusarsi: «Damon, perdonami. Io non so cosa sia successo. Non volevo. Era così una bella serata. Non mi ero mai sentita così…»

«Così viva?» chiese il moro, sorridendo dolcemente mentre le scostava una ciocca di capelli, lasciandole libera la fronte.

Elena annuì debolmente: «Non ho mai bevuto. Non so perché l’abbia fatto stasera. Forse perché sapevo di essere con il mio angelo custode. Hai persino gli occhi azzurri.»

Il vino faceva dire la verità, ma Damon era tutto fuorché un angelo.
 


***

 

Dopo aver riassettato la cucina, Damon tornò in salotto dove aveva abbandonato Elena sul divano a due posti, di tessuto color tortora. La trovò raggomitolata, abbracciata al misero cuscino beige, che stava russando rumorosamente. Le sembrava fragile ed insicura, bisognosa d’amore e protezione. Si avvicinò e le sfiorò dolcemente la guancia, con un dito, tracciando i contorni delle sue sottili labbra, andando poi a toccare il naso per risalire all’ampia fronte alta. Sorrise gustandosi il momento, prima di prenderla in braccio per condurla in camera da letto.

 

«Damon, mettimi giù!» Elena si svegliò di soprassalto, dimenandosi, mentre il ragazzo stava facendo le scale per portarla al piano di sopra.

«Elena, se non la smetti di muoverti, ci ritroveremo con il culo a terra o cadremo dalle scale. Io non voglio andare in ospedale.» la rimproverò con tono serio.

«Scusami.» Bisbigliò soltanto, cercando di tenere chiusi gli occhi, mentre il mondo girava davanti a sé. Damon l’appoggiò lentamente al letto e le rimboccò le coperte. Elena chiuse velocemente gli occhi, cercando di far fermare la stanza che aveva preso a vorticare velocemente, come se fosse una giostra impazzita. Il ragazzo stava per uscire quando Elena lo richiamò: «Damon non mi sento molto bene.»

Il giovane si avvicinò, le scostò dolcemente i capelli dalla faccia: «Perché hai bevuto?» chiese gentilmente in un bisbiglio.

«Non lo so. Damon puoi restare con me? Per favore.» Biascicò cercando di guardarlo negli occhi.

«Elena, non credo che sia una buona idea.» Cercò di protestare il moro, agitandosi per la richiesta.

La ragazza tentò di far sporgere le labbra ma il risultato fu un’espressione storta e divertente: «Dai.»

Damon ghignò divertito e si andò a sdraiare vicino a lei, cingendole i fianchi.

«Sei proprio un angelo.» Fu l’ultima parola di Elena prima di addormentarsi e russare rumorosamente.

Damon la guardava respirare lentamente, perdendosi nei suoi lineamenti fini e concentrandosi sulle morbide labbra. Si ritrovò a sorridere dolcemente, mentre si perdeva nei suoi pensieri. Elena era una ragazza testarda, sensibile e dolce. Aveva un buon profumo fruttato che gli ricordava quello dolciastro delle pesche e aveva un’espressione simpatica mentre dormiva. Per la prima volta dopo tanto, Damon stava osservando una ragazza appisolata, senza averla neanche baciata. Per la prima volta Damon stava sorridendo senza alcun motivo.

 

***

 

I raggi del sole incontrarono dispettosi gli occhi di Elena che si svegliò spazientita. Si sentiva confusa e frastornata. Percepì un corpo caldo vicino al suo e un braccio che le cingeva il fianco. Si ricordava vagamente di aver chiesto a Damon di restare con lei, ma non sapeva per quale motivo l’avesse fatto. Forse non voleva risvegliarsi sola in una casa sconosciuta. Scostò il braccio del ragazzo e si girò ad osservarlo. Damon lentamente aprì gli occhi e sussurrò un saluto amichevole.

 

«Grazie per non essertene andato.» Affermò sincera Elena, perdendosi in quegli occhi di ghiaccio.

Damon si stropicciò gli occhi e sbadigliò: «Ero certo che non mi avresti resistito.»

La bruna lo guardò dubbiosa senza capire. «Abbiamo dormito insieme, quindi sei venuta a letto con me.» ghignò furbo, facendo ridere la ragazza che si avvicinò e cominciò a fare il solletico al moro. Avevano assunto una posizione ambigua: Elena era seduta a cavalcioni sopra il bacino del ragazzo e quando se ne accorse si fermò. Damon le afferrò le mani e la guardò negli occhi per poi fissare le sue sottili labbra, domandandosi se le avesse potute sfiorare. Elena si avvicinò al viso del ragazzo e appoggiò la fronte su quella di lui, indecisa sul da farsi. Fu Damon ad interrompere quel piacevole silenzio fatto di sospiri lenti e terribilmente vicini: «Elena, sto per baciarti.» L’avvisò prima di far incontrare le loro bocche. Le labbra prima si sfioravano appena, toccandosi delicatamente e poi con più sicurezza si schiusero invitando le lingue a giocare fra loro. Si cercavano impazzite, si esploravano con impazienza, desiderando di più. Le mani di Damon si intrecciarono a quelle di Elena, in un gesto dolce e possessivo quasi. Si sentiva accaldato e la desiderava, come non aveva mai desiderato nessun’altra. Elena, dal canto suo, sentì dei formicolii partire dal basso ventre e si rese conto che neanche Stefan l’aveva mai fatta sentire così eccitata prima d’ora. Si staccò controvoglia dalle invitanti labbra di Damon, perché sebbene volesse dimenticarsi dell’esistenza del suo ex ragazzo, non avrebbe mai voluto che Damon, il ragazzo conosciuto su un volo aereo, fosse ferito dalle insicurezze di lei. Elena era una ragazza seria e non voleva avere storie leggere e dal sapore di sesso. Lei voleva amare con tutta se stessa e non solo provare piacere fisico.

Damon la guardò dubbioso ed ansante, in attesa di una sua parola, per capire il motivo di quella interruzione. Elena si alzò senza dire niente e senza guardarlo. Si diresse in bagno e si chiuse dentro. Aveva accettato l’invito di uno sconosciuto, aveva dormito con lui, l’aveva baciato e se non si fosse fermata, avrebbero condiviso molto altro. Che cosa le era preso? Si infilò sotto il getto dell’acqua calda della doccia decisa a raccogliere la sua roba e cominciare il suo viaggio senza altre implicazioni.




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Buonasera a tutti =)

Lo so, lo so. Sono in ritardo.

Voglio però scusarmi mostrandovi la casa di Damon -non è uguale all'originale, ma ci si avvicina parecchio. Alcune cose non sono come le ho descritte ad es. la cucina, ma prendetela come una licenza poetica XD-

Esterno abitazione

Esterno abitazione ravvicinato

Retro

Retro notte

Ingresso/soggiorno

Cucina "Lube"

Cucina "Lube" 2

Bancone cucina

Salotto

Bagno "comune"

Camera da letto 1

Stanza di Damon

Stanza di Elena, NON FEDELE ALLA DESCRIZIONE.




Adesso mi odiate un po' meno o state ancora pensando alla mia interruzione del capitolo? =P

Prossimo aggiornamento per il 4 dicembre (mi prendo una settimana di pausa come TVD XD.)

Per chi vorrà, a presto ^^

p.s. grazie a tutte le persone che mi danno una "spintarella" con il proprio entusiasmo. Siete meravigliose!!

 

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Capitolo 4
*** 4. Alla scoperta del Canada ***


 
Damon Elena




 

Capitolo 4. Alla scoperta del Canada

 

Forse ci si incontra per caso

O per il gioco del destino

E poi si resta né per caso,

né per gioco,

ma per scelta dei due destini.

Massimo Bisotti

 

 

 

 

«Ehi, non vorrai uscire senza fare colazione?»

Elena stava per andarsene tentando di non far rumore, ma le sue scarpe si erano messe a scricchiolare come non era mai successo. Alzò gli occhi al cielo e si girò verso Damon, rivolgendoli un sorriso di circostanza.

La bruna prima di sedersi, si torturò le mani, prese un respiro profondo e disse tutto d’un fiato:«Quello che è successo prima, non…» Damon la interruppe, senza lasciarle il tempo di terminare la frase: «Elena, è stato solo un bacio.» Entrambi sapevano che non fosse così. Ambedue si erano trovati elettrizzati, confusi, incerti per quel contatto inaspettato ma desiderato.

«Si, esatto. –annuì la ragazza, mordendosi le sottili labbra.- Sono in Canada per staccare la spina. Non voglio complicazioni..»

Damon le strinse il polso e le chiese di sedersi a mangiare i pancakes con succo d’acero o si sarebbero raffreddati. Il moro non era arrabbiato. Aveva avuto un mezzo rifiuto da parte di Elena. Si erano baciati improvvisamente e anche se avesse voluto toglierle i vestiti, non l’avrebbe mai forzata. Lo intrigava e lo incuriosiva. Si stava creando un rapporto particolare e lui non era disposto a lasciarla andare così presto. Per questo le lasciò mangiare i pancakes per poi proporle:«Sei sicura di non volere una guida?»

Elena lo guardò allarmata. Se lui le fosse rimasto accanto, avrebbe perso il controllo delle sue azioni e lei non era così. Non era impulsiva ed avventata. Amava riflettere sotto un albero mentre leggeva un romanzo rosa e sentiva il cinguettio degli uccellini. Adorava alzare gli occhi e sentire i gridolini dei bambini mentre giocavano fra loro. Non le pesava stare da sola ed anzi, si ritagliava spesso del tempo per sé. Anche se fare tutto ciò a New York era impossibile e la maggior parte delle volte, quel terremoto di Caroline, la costringeva a girare da un negozio all’altro, provando centinaia di vestiti, completi intimi e scarpe. Dopo il tradimento di Bonnie, Elena non l’aveva più chiamata. Non voleva che Caroline scegliesse da che parte schierarsi. Erano amiche dall’adolescenza. Caroline era la ragazza più popolare della scuola: aveva la fortuna di avere i capelli biondi naturali, gli occhi chiari e un corpo longilineo ed esile. Fin dal loro primo incontro Elena era la ragazza di cui la bionda si sarebbe occupata: la truccava, le stirava i capelli e la faceva sentire unica per le attenzione che le riservava. Poi c’era Bonnie, la ragazza dalla pelle cioccolato al latte, sempre chinata sui libri e di un’intelligenza sopraffina. Bonnie, al contrario di Caroline, era riservata e silenziosa. Le aiutava con lo studio. Erano tre ragazze diverse, ma si erano incontrate e si erano volute bene fin da subito. Ancora non si spiegava il motivo per il quale Bonnie l’avesse tradita. Era più scottata per l’infedeltà subita nei confronti dell’amica che del suo ex ragazzo. Forse, allontanarsi e prendere una pausa dalla vita, le sarebbe stato utile. Forse Damon l’avrebbe potuta aiutare. Ma cosa stava pensando? Non poteva intrattenere rapporti con uno sconosciuto! Damon era uno sconosciuto. Affascinante. Presuntuoso. Baciava come una divinità. Arrogante. Aveva dei bicipiti interessanti. Fornito di un umorismo tagliente. Stava facendo una lista mentale dei pro e contro di Damon?! Non poteva averla colpita così tanto, e quindi si affrettò a rispondere: «Avrei bisogno di una guida, ma non posso correre il rischio con te. - confessò sincera. Non sapeva per quale motivo avesse usato tali parole. – E poi, tu sei qui per affari.» puntualizzò ricordandosi la conversazione avvenuta sull’aereo il giorno prima.

Damon alzò le spalle con fare noncurante: «Rick arriverà fra due giorni e nel frattempo io ho molto tempo libero.»

«Rick?» chiese la ragazza mentre addentava un altro pezzo di pancake con voracità.

Damon l’osservò e camuffò con un colpo di tosse il moto di ilarità che le aveva causato la giovane, sporcandosi lievemente le labbra con lo sciroppo d’acero.

«E’ un mio amico nonché compagno di molte sventure.»

«O di bevute.» lo corresse Elena fulminandolo con lo sguardo.

«Almeno lui regge l’alcool.» l’apostrofò con un velo di malizia.

Elena sorrise colpevole:«Non avevo mai bevuto.»

«C’è sempre una prima volta.»

La ragazza sbuffò esasperata per le non troppo velate allusioni di Damon.

«Facciamo un patto. –Il moro si alzò dallo sgabello prendendo i piatti ed andando a posizionarli nel lavello.- Oggi sarò la tua guida e se poi non mi vorrai più, me ne tornerò a casa.»

Elena non sapeva se avesse accettato per il sorriso caldo ed ospitale di Damon, per quegli occhi grandi ed azzurri o perché la sua compagnia non era poi così male.

 

***

 

«Elena, davvero vuoi affrontare un anno in campeggio con lo zaino stracolmo di roba? Non riesci neanche a portartelo in spalle.» la schernì Damon, divertito nel guardare la ragazza camminare lentamente con delle gocce di sudore che le imperlavano la fronte.

Elena, testarda com’era, non si arrese: attraversò la porta in legno e scese i tre piccoli gradini posti all’ingresso dell’abitazione.  

«Ma dove hai messo la macchina?» chiese allarmata e con il respiro affannato per la fatica.

Damon si strinse nelle spalle e con il suo solito ghigno divertito rispose:«Macchina? Ho detto che ti avrei fatto da guida non che avrei usato la mia camaro.»

La bruna lo guardò senza capire, così il giovane aggiunse:«C’è una fermata del pullman poco più avanti.»

«Cosa?!» Elena si allarmò con il fiato corto.

«Dai, dammi lo zaino.» e glielo sfilò senza consentire repliche.

 

***

 

«Ma si può sapere dove stiamo andando?» domandò con una punta di irritazione al moro.

«Elena, per l’ennesima volta, stai calma. Ti sto portando a vedere un posto meraviglioso.»

«Prima il viaggio in pullman, adesso siamo in treno. Quanto ci vorrà ancora?» postulò esausta e curiosa.

«E di nuovo risponderò che l’attesa aumenta il desiderio.»

Elena sbuffò impaziente. Voleva sapere dov’erano diretti e se fosse stata una buona idea accettare Damon come guida turistica. Il viaggio in autobus era stato tranquillo e divertente. Avevano scherzato e si erano punzecchiati, come avevano imparato a fare in così poche ore. In tutto quel tempo non aveva pensato, non una volta a Stefan. La ferita lacerante, posta all’interno del petto, era ancora fresca ma Damon, con le sue battute e i suoi toni leggeri, l’aveva resa più sopportabile. Probabilmente non avrebbe dovuto scappare con la coda fra le gambe, ma avrebbe dovuto affrontare la situazione: parlare con Stefan e Bonnie e mandarli al diavolo. Non aveva fatto niente di tutto ciò. Si era rintanata in casa divorando confezioni e confezioni di gelato o di biscotti al cioccolato. Quando la madre, stufa di vederla con il viso ricoperto di lacrime fuse a briciole, l’aveva spronata ad andare avanti, aveva agito d’istinto. Non aveva pensato realmente di affrontare un viaggio in aereo, sfidando la sua paura più grande: l’altezza. Aveva agito per inerzia, e una volta ritrovata in volo, un attacco di panico le aveva procurato un mancamento d’aria. Grazie a Damon era riuscita a combattere i primi scheletri dell’armadio. Grazie a Damon era riuscita a sorridere e a sentirsi meglio. Confortata da quello sconosciuto con gli occhi chiari.

«Damon, volevo ringraziarti.» disse sincera, con un sorriso timido disegnato sul volto e gli occhi lucidi.

Il ragazzo le sfiorò una spalla e si avvicinò al suo orecchio:«Potresti sempre farlo con altri metodi.» Elena sussultò sorpresa ed imbarazzata dandogli una gomitata sul fianco.

«Mi piace vedere le tue guance colorarsi violentemente.» Sogghignò divertito mentre Elena sbuffò spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchia.

«Tornando seri. Sono io che devo ringraziarti.» Forse erano destinati ad incontrarsi. Forse il fato aveva deciso di scombussolare la sua vita facendoli incrociare per farlo sentire nuovamente vivo. Forse in una vita precedente avevano una relazione e le loro anime li spingevano a conoscersi e a curarsi le ferite reciproche. Forse nulla di tutto ciò, ma Damon si sentiva davvero fortunato ad aver conosciuto Elena e avrebbe voluto, per un inspiegabile motivo, non lasciarla più andare lontana da lui.  

Elena aggrottò le sopraciglia dubbiosa: «E perché dovresti ringraziarmi?» chiese insicura.

Il moro alzò semplicemente le spalle con fare noncurante: «Perché trovo la tua compagnia gradevole.» rispose infine, con sincerità e dolcezza.

«E poi?»

«Oh, andiamo. Non esageriamo. Non hai bisogno di altri complimenti per gongolare dalla gioia.» Damon sorrise divertito ed Elena con lui. Si guardarono entrambi negli occhi e si persero in quel contatto visivo pieno di significato e sentimenti ambigui. Cos’avrebbe fatto Elena se non avesse incontrato Damon? Se Damon non si fosse presentato come un playboy spavaldo, lei l’avrebbe notato? Se Stefan non l’avesse tradita, lei non avrebbe mai ascoltato i consigli della madre e non sarebbe mai salita su quell’aereo e non si troverebbe… a pochi passi dalle cascate del Niagara?!!

«Oh mio Dio. Oh mio Dio. - esclamò con il fiato corto la ragazza.- Mi hai portato a Niagara Falls?!!»

«L’avevo detto che ti avrei portato in un posto meraviglioso.» Damon riservò alla ragazza un sorriso storto e i loro occhi brillarono dalla gioia.

«Damon è stupendo!! So che si può prendere sia un battello che vederle da un jet.» rispose entusiasta la bruna, sorridendo a 32 denti.

«Si possono fare anche escursioni a piedi. Dobbiamo solo decidere come organizzarci.»

«A piedi?» domandò con aria insicura Elena, mordendosi le labbra. Non sarebbe mai riuscita a camminare per così tanto tempo con lo zaino in spalla e non voleva che Damon pensasse che non ce l’avrebbe mai fatta ad avventurarsi da sola, per un anno, all’interno del Canada.

«Beh, ho sentito che è molto più spettacolare la vista da vicino che dall’elicottero.» Damon si strinse nelle spalle, con fare noncurante. Lui voleva solo far passare una bella giornata alla ragazza, nulla di più. Avrebbe voluto dividere un anno in sua compagnia, ma Rick sarebbe arrivato molto presto e non aveva tempo da perdere, purtroppo.

«Sono sicura che il battello andrà bene comunque.»

«Non mi dire che… non avrai paura a portare lo zaino per tutto il tempo dell’escursione?» postulò con aria vittoriosa e vivace il giovane, rendendosi anche antipatico.

Elena lo guardò infastidita ed imbarazzata. Come faceva a leggerle i pensieri così chiaramente? Era un libro aperto per lui?

 

***

 

«Dai Damon, saliamo sul “Maidof of the mist”» chiese con gli occhi dolci e con le labbra sporgenti in modo implorante, una volta scesi dall’autobus.

«Oh, troppo facile così. A piedi è un panorama mostruoso.»

Elena cambiò tattica, incrociò le braccia al petto e disse:«A me non interessa la tua personale opinione.»

Il ragazzo alzò le spalle:«Va bene. Tu prenderai il battello e io andrò a piedi. Nessun problema.» Se non fosse che Elena non voleva restare sola, non proprio ora che stava così bene in compagnia di Damon e si stava divertendo.

Sbuffò spazientita:«Bene. Andremo a piedi ma tu terrai il mio zaino.»

Damon sogghignò rallegrato:«Neanche per idea.»

«Che cosa?!» Elena alzò il tono di voce, ormai stufa del diverbio che non li avrebbe portati da nessuna parte, se non a peggiorare la situazione, mentre si trovano a pochi passi dalle straordinarie cascate del Niagara, famose in tutto il mondo per la loro mastodontica bellezza.

«Sei tu che hai continuato a ficcare roba nello zaino e ora te lo tieni.»

La ragazza si massaggiò la testa con una mano, sbuffò e si avviò verso la biglietteria mentre Damon la osservava divertito. Le lasciò fare la fila e quando fu il suo turno, sorpassò la gente dietro di lei, scatenando un moto di insulti e pagò due ingressi al Maidof of the mist.

«Non volevi andare a piedi?» postulò con fare canzonatorio la bruna, Damon non rispose ma le sfilò l’enorme zaino dalle mani e le cinse i fianchi, invitandola a prendere posto sul battello.

 

***

 

La giornata era passata troppo rapida e veloce. I giovani si erano inzuppati nel vedere e quasi toccare con mano l’acqua delle cascate, sia della sponda americana che canadese. Erano rimasti senza parole, folgorati quasi, dal frastuono emesso dall’acqua che scrosciava con violenza contro le rocce, ipnotizzati dalle miriade di gocce d’acqua e dalla fitta nebbiolina che si creava man mano che ci si avvicinavano, provando una sensazione di sconvolgimento e di pace naturale. Erano andati a pranzo presso il Skylon Tower ed avevano osservato dall’alto la bellezza che avevano osservato dal basso, rendendo le cascate ancor più possenti ed enormi. Erano riusciti a mangiare poco, stravolti dalle immagini che continuavo ad osservare incantati ed estasiati. Nel pomeriggio avevano riso a crepapelle al lunapark vicino, tanto da perdere il fiato e restare senza voce. Dopo l’imbrunire erano saliti sull’elicottero e avevano visto le luci illuminare ciò che avevano scrutato nella mattinata, restandone comunque impressionati e colpiti. Elena era troppo meravigliata per provare paura dell’altezza, ma si ritrovò a stringere la mano di Damon per tutto il tempo dell’escursione notturna. Successivamente avevano preso i mezzi per rincasare.

Damon aiutò Elena a scendere dall’autobus e si avviarono lentamente verso casa. Era una serata leggermente calda e in lontananza si sentiva il frinire delle cicale, mentre il cielo era cosparso di stelle splendenti. Elena si fermò di colpo e Damon si girò ad osservarla confuso:«Mi hai regalato una bellissima giornata, Damon. Grazie.» La ragazza aveva gli occhi lucidi per la gioia e d’istinto si avvicinò e gli regalò un abbraccio sincero che il moro, alla fine, ricambiò, spiazzato da tale effusione spontanea. Inalò il profumo leggero e primaverile di Elena, che li inebriò le meningi, e fu colpito dalle forme del seno che sfioravano accidentalmente il suo petto. Damon fece scendere le proprie mani sui fianchi della ragazza e la scostò lentamente. I due giovani si guardarono dritti negli occhi: facendo scontrare l’azzurro cielo con il color nocciola con fermezza e decisione, creando un’intimità magica, che non poteva competere con nulla al mondo. I loro corpi si mossero coordinati e lentamente le loro labbra si avvicinarono. Prima un contatto leggero, dolce ed insicuro, per poi proseguire con più foga e passione. Il corpo di Elena era incastrato perfettamente a quello di Damon, come se fossero due pezzi di puzzle, finalmente intrecciati. Le mani del moro vagavano lungo il corpo della ragazza con spasmodico desiderio e bramosia, mentre quelle della giovane giocavano con i capelli di lui. Le lingue aggrovigliate ed insaziabili si muovevano impazzite. Sembrava di vedere due giovani innamorati, persi nella notte di una giornata di fine estate, che si esprimevano amore reciproco con un piccolo gesto appassionato. In realtà erano due estranei, che forse, avevano avuto la fortuna di avere un colpo di fulmine: le loro anime si erano legate, complici ed in sintonia. I loro cuori cominciavano a scaldarsi all’interno del petto, battendo all’impazzata e il calore che stavano provando era gioia e felicità. Gioia e felicità che andavano a rompere il muro ottenebrante di tristezza, delusione ed amarezza.

Purtroppo la passione terminò, come un lampo a ciel sereno, per colpa di un colpo di tosse poco distante, che li costrinse, a malavoglia, ad allontanarsi trafelati ed insoddisfatti.

«Rick?»

«Alaric?»

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Buonasera a tutti =)

L'immagine di oggi non è di qualità: mi ero fissata con una foto di Elena con lo zaino. Mi sono ricordata ll'episodio n.2 della terza stagione ma non ho trovato foto che mi soddisfavano. Allora ho cercato i video e l'ho copiato da lì, quindi scusatemi per la pessima qualità.

Detto questo: premetto di non aver riletto il capitolo, in questo momento, ma sono sicura che degli errori siano presenti. Oggi ho solo il cervello che non vuole collaborare ed è inutile, per me, impegnarmi a fare una cosa quando il mio cervellino è annoiato. -.-

Il Maid of the mist esiste davvero e queste sono alcune immagini che ho trovato:

A bordo della nave

Ai piedi delle cascate

Ci si avvicina a Niagara Fall

Uno spettacolo naturale

Skylon Tower

Vista dall'alto

Ristorante della torre

Cascate di notte

Cascate illuminate


Parlando del capitolo: il nostro caro disturbatore per eccellenza è apparso! Sto parlando di Alaric che non poteva comparire in un momento migliore.

Il prossimo aggiornamento dovrebbe essere fra S.Lucia e il mio compleanno.

Non sapete quando cade S.Lucia??!! PAZZIII!! XD. Scherzo. Sarà fra il 13 e il 15 dicembre.
Vi volevo avvisare che molto probabilmente, farò un'intervento agli occhi -addio lenti, addio occhiali... mi auguro!!!-
E può essere che la storia andrà un po' a rilento per quello.
Quando saprò qualcosa, vi dirò.
Per ora ci vediamo la prossima settimana!
Un bacio e grazie a tutti per l'attenzione!!







 

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Capitolo 5
*** 5. Il passato, a volte, ritorna. ***


 

 

Damon Elena

 

 

5.  Il passato, a volte, ritorna.

 

Non pensare di poter dimenticare chi hai amato veramente, chi è stato respinto dal tuo cuore è un’utopia credere di poterlo fare. Lo potrai “odiare”, rimpiangere, disprezzare ma farà sempre parte di una “fotografia esterna” del tuo cuore nel bene e nel male. Si dimenticano solo le persone che non contano.

Silvia Stremiz

 

 

»Rick?«

«Alaric?»

Elena e Damon guardano l’intruso con uno sguardo corrucciato per poi scambiarsi un’occhiata reciproca. Come facevano a sapere chi fosse?

«Come fai a conoscere Rick?» chiese Damon, senza perdere il contatto visivo con la bruna.

«E’ il ragazzo di mia zia Jenna.» spiegò la giovane confusa ed incerta.

Damon spalancò gli occhi e restò basito, come se tale rivelazione l’avesse ammutolito.

«Elena, che ci fai in compagnia di Damon?» fu il turno di Alaric, allarmato di saperla con il suo migliore amico.

«Alaric, lei è quell’Elena?» li interruppe il moro, ripresosi dallo shock.

L’uomo mosse impercettibilmente la testa ed Elena guardò dubbiosa i due ragazzi. L’unica a non capire, esclusa dalla conversazione, era evidentemente lei.

«Ehi, io sono qui! Proprio davanti a voi. –Puntò il dito verso Damon e scoppiò altera- Tu mi hai baciato poco fa e non sembrava che la cosa ti dispiacesse. Cosa significa il tono che hai usato? Sembri disgustato da me.» La giovane voleva capire cosa stavano cercando di dire gli occhi di Damon. Lesse dispiacere, paura e scompiglio. Perché il moro doveva provare tali emozioni? Avevano appena condiviso un bacio fantastico ed emozionante, che l’aveva lasciata senza fiato e l’aveva destabilizzata e ora lui la fissava come se fosse un fantasma.

Damon le si avvicinò e le mise le mani sul volto: «Tu mi piaci, Elena. – Le diede un bacio sulla fronte e poi si allontanò, lasciando il cuore della ragazza in tumulto. -Mi chiamo Damon Salvatore, Elena.» sospirò affranto.

La bruna continuava a non capire e non era per niente interessata al cognome di Damon. Non era rilevante in quel preciso momento. Lei avrebbe voluto sapere se, anche lui, avesse provato le sue stesse emozioni. Se anche lui era rimasto frastornato e piacevolmente colpito dal loro bacio. Le loro labbra si erano magicamente incontrate ed Elena aveva sentito i brividi percorrerle tutta la spina dorsale, nonché un formicolio al basso ventre seguito da una sensazione di benessere e calore all’altezza del cuore. Non aveva mai provato tali emozioni ma si era sentita confortata. Per la prima volta in vita sua, credeva di aver fatto qualcosa di giusto. Suo padre le aveva detto di fare tutto ciò che l’avrebbe resa felice. Lei agendo d’istinto si era sentita viva, ma ora sentiva salire la tensione per via dello sguardo che Damon le riservava.

Il moro, senza conoscere i pensieri di Elena, continuò: «Mio fratello è Stefan Salvatore.»

Sembrava, quasi, che un pugno le fosse arrivato dritto in pancia. Elena spalancò la bocca sorpresa. Il suo Stefan non aveva fratelli, ne era certa. Il padre era avvocato e aveva perso la madre in un incidente, ma era certa che Stefan non avesse mai nominato un fratello.

Elena cercò di parlare ma le parole rimasero incastrate in gola, con il nodo che si stava formando. Damon era il fratello del suo Stefan. Lei stava trascorrendo delle giornate con il fratello del suo ex? Stefan non le aveva mai raccontato la verità? Bonnie le aveva fatto un favore andando a letto con lui, mascherandolo? Aveva buttato nel cesso un’amicizia per una persona che le aveva sempre mentito? Lei stava male per una persona che non le aveva mai rivelato di avere un fratello? Lei si era sentita sbagliata, si era sentita piccola, inutile, frigida, poco passionale, quando il problema era sempre stato Stefan? Avevano condiviso tre anni di vita, d’amore, di amicizia, comprensione e fiducia, per niente? Lei che, pur di distogliere, dimenticare, la vista delle gambe di Stefan incastrate a quelle di Bonnie, con un moto di passione animalesca, aveva cambiato stato, non era quella sbagliata?!

Lei aveva rinunciato a tutto per una menzogna. Il suo rapporto con Stefan non era reale. Era frutto di falsità. Non c’era mai stato amore. Lui non l’aveva mai amata. Non le aveva dato le giuste attenzione. Lei si era annientata per lui, ma lui non era stato sincero fin dall’inizio. L’aveva solamente presa in giro.

Il loro amore era malato e tormentato? Lei che aveva sempre visto l’arcobaleno ed il cielo sereno con Stefan, ora si sentiva sciocca. Sciocca da non aver mai capito che era solo un passatempo per il ragazzo. Si rese conto che lei, aveva coinvolto Stefan nella sua vita, fin da subito. L’aveva fatto conoscere ai suoi amici e alla sua famiglia. Lui non l’aveva mai invitata a casa sua, non avevano mai passato le vacanze del ringraziamento a casa di lui, ne un compleanno in compagnia della sua famiglia. Come aveva fatto a non pensarci prima? Perché era stata così ingenua? Perché l’aveva amato così tanto? Stefan era il suo primo amore. L’unico che le aveva fatto sentire le farfalle nello stomaco e quella sensazione di primavera eterna. L’unico che, con un suo abbraccio, la riscaldava e faceva nascere l’estate dentro di sé. Come aveva potuto farle questo? Come aveva potuto mancarle di rispetto in quel modo? Era riuscito ad ingannarla, guardandola negli occhi. Le aveva detto:”Ti amo” la notte del loro primo anniversario. Le aveva sussurrato “Ti amo” posando i suoi occhi verdi su quelli di lei, l’aveva baciata con una passione nuova, un desiderio infuocato e con una dolcezza infinita. Come si fa ad approfittarsi della buona fede delle persone, persone talmente pure che non scorgono il male neanche quando l’hanno vicino? Come si può abusare delle debolezze altrui, senza sentirsi morire dentro?

 

Elena si accasciò a terra, stremata e sconvolta dalla semplice frase di Damon. Le lacrime le erano uscite a fiotti, inondandole il volto. Damon si precipitò su di lei e la sollevò di peso, portandola in braccio verso il letto della sua camera da letto. Le accarezzò la testa, spostandole dietro le orecchie i capelli e le sussurrò parole di conforto, facendole sentire tutto il calore che poteva offrirle.

Se Stefan fosse stato lì, in quel momento, l’avrebbe preso a pugni in pancia. Elena non meritava di soffrire come stava facendo. Stefan era solo un coglione come suo padre.

 

***

 

«Come sta?» domandò Alaric, dopo che Damon fu entrato in cucina, allungandogli un bicchiere di bourbon. Sapeva che aveva bisogno di rilassarsi e di sfogarsi. Lo capiva nel leggere agitazione e rabbia all’interno dei suoi occhi azzurri.

«Si è addormentata.» rispose dopo aver bevuto l’intero contenuto del bicchiere.

«Come vi siete incontrati, Damon?» chiese il biondo, osservando il liquido ambrato senza alzare lo sguardo sul moro.

«Stesso volo, stesso imbarco, stessi posti, stesso paese… vuoi che prosegua?» affermò con una punta di acidità nella voce, contraendo la mascella.

Alaric sospirò pesantemente: «Stefan le ha fatto molto male. Non fargliene anche tu.»

Damon si alzò, facendo sbattere la sedia sul pavimento: «Perché io sono il fratello cattivo e lui è quello buono? Hai visto come ha conciato Elena? Io non le farò del male. Io le starò accanto e l’aiuterò a star bene. Perché quello che le è stato accanto e che è riuscito a farla sorridere sono stato io, non lui!»

«Cercate di non scottarvi.» Se avesse saputo che la ragazza in compagnia di Damon fosse stata un’altra, non li avrebbe disturbati e sarebbe andato a dormire in un albergo, ma la giovane in compagnia di Damon assomigliava molto alla sua “nipote”.  Alaric aveva visto lo sguardo dei due giovani. I loro occhi si erano cercati, scontrati ed incendiati. Aveva assistito alla scena con i suoi occhi e si era sentito un grande intruso. Percepiva la loro intesa e la loro chimica. Era raro veder nascere un sorriso vero sul viso di Damon ed era certo di averlo visto.

«Perché sei arrivato in anticipo, Rick?»

Damon e Alaric avevano pochi anni di diversità. Si erano conosciuti al corso di scrittura creativa a New York. Avevano legato fin da subito. Damon amava frequentare bar e divertirsi. Rick usciva da poco da una relazione troppo seria, finita male. Si erano impegnati a scrivere un libro insieme, ma Alaric aveva capito che Damon era il vero scrittore e si era offerto di essere il suo agente nonché correttore di bozze, amico di sbronze e compagno di sventure. Erano sempre stati in sintonia. Grazie a Rose erano ancor più uniti, fratelli quasi. La morte della ragazza aveva lasciato ad entrambi un grosso vuoto all’interno del cuore.

«Damon, devi scrivere quel dannato libro. Non so più cosa inventarmi per tenere la casa editrice buona.»

«Rick, metti fretta a quel cazzone di Klaus con le illustrazioni! Lui è più in ritardo di me.»

«Oh, andiamo. Non siamo all’asilo. Mi serve la bozza del libro e mi serve subito!»

«Sai benissimo che non ho niente di pronto. Sono bloccato. Ogni volta che guardo la pagina bianca, vedo il volto di Rose. Vedo il suo corpo sbattere violentemente, come se fosse preda di un attacco epilettico.»

Alaric sapeva che Damon si addossava colpe che non aveva. Sapeva quanto l’aveva cambiato quella tragedia. Rose era stata l’unica ragazza a riuscire a domarlo. Erano una coppia di pazzi. Alaric adorava Rose, perché grazie a lei, Damon era tornato a sorridere. Il biondo si avvicinò a Damon e gli sfiorò le spalle: «Non puoi darti la colpa anche per quello. Tu non potevi fare niente, come non potevi far niente allora. Il destino decide per noi.»

«Cazzate. Il destino non esiste.» sputò alterato il moro, scostandosi dal suo migliore amico, nonché agente.

«Se il destino non esiste, perché tu ed Elena vi siete incontrati? Avevi mille possibilità per incontrare una ragazza qualunque, eppure hai incontrato Elena. Riflettici Damon. Io vado a dormire nella mia stanza. Buonanotte.»

Un’altra tremenda verità. Fanculo Rick e fanculo al destino.

 

***

 

«Posso offrirti da bere?» Damon si avvicinò al bancone del bar che era solito frequentare con Rick e Klaus, i suoi due più cari amici.

«Non è aria.» rispose la ragazza con un taglio scalato portato a mezza lunghezza.

«Io sono Damon.» si presentò il moro, fingendo di non aver sentito la giovane che stava cercando di cacciarlo.

«Bene Damon, allora alzati da quello sgabello e stammi alla larga.» l’intimò svuotando il bicchiere d’un fiato.

«Che ne dici se facessimo a gara? Se tu bevi più tequila di me, allora me ne andrò, altrimenti resterò qui con te, finché non avrò ottenuto quello che voglio.»

«Oh, andiamo. Vattene.» protestò disgustata e stufa la ragazza.

«Hai paura.» Damon sorrise soddisfatto. La giovane aveva abboccato alla sua trappola: la sfidò guardandola dritta negli occhi.

«Va bene. Adesso ti faccio vedere chi ha paura. Non dire che non ti avevo avvisato.- lo avvertì, con un tono di voce più acuto e scorbutico. – E per la cronaca, io non bevo tequila. Bourbon.»

Damon richiamò il barista e ordinò. Ci vollerò dieci bicchierini prima di far cedere le barriere della ragazza. Aveva scoperto che si chiamava Rose ed era certo che se fossero arrivati a quota venti, l’avrebbe riaccompagnata a casa, dove avrebbero potuto passare il tempo in maniera più divertente.

«Io vado a fumare.» Rose si alzò dallo sgabello e si avviò alla porta del locale. Damon la seguì e si sfilò il giubbino di pelle, mettendoglielo sulle spalle.

«Che stai facendo?» Rose protestò decisa e schifata dalla gentilezza del moro.

«Sei uscita senza giubbino. Avrai freddo.»

«Non hai bisogno di essere carino con me per portarmi a letto. Io non voglio un gentiluomo. Voglio un uomo che mi scaldi qui –Rose sospinse la mano di Damon nella sua intimità e il ragazzo la ritrasse. – Non era quello che volevi? Mi hai offerto da bere solo per ottenere la mia vagina e sfogare i tuoi bisogni animaleschi. Prendimi qui e facciamola finita. Sazia le tue voglie e vattene.»

«Vieni con me.» Il moro le afferrò un braccio e la trascinò al parcheggio. Rose non protestò e lo lasciò fare. Una volta raggiunta la macchina, la ragazza si sfilò la maglia e mostrò il suo piccolo seno. I capezzoli stavano diventando turgidi per il freddo ma Rose proseguì incurante della strada, dei lampioni e di chi poteva assistere al suo spettacolo, e cercò di slacciare il bottone dei jeans. Damon la spinse in auto e l’obbligò a rivestirsi mentre lei, si accasciò sopra la parte bassa dei pantaloni del ragazzo e cominciò a provocare piacere al giovane, torturandolo con la bocca e la lingua. Il moro la lasciò fare e poco dopo esplose in un orgasmo violento.

 

Damon si era ritrovato a ripensare al suo primo incontro con Rose. Era strano come si fosse evoluto il loro rapporto. Entrambi non volevano legami eppure si erano ritrovati affiatati ed inseparabili. Rose era diventata, col tempo, la sua più cara amica e la persona di cui si fidava maggiormente. Non erano una normale coppia, non stavano a casa a guardare la televisione e non uscivano a cena in ristoranti “in”. Sapevano di avere un legame tutto loro e per questo unico e speciale. Rose gli aveva chiesto di far pace con Stefan e di tornare a parlare con il padre: erano la sua famiglia. Erano il suo brodo primordiale e lui ne aveva bisogno. Damon però, fu deluso dall’unica persona di cui si fidava ciecamente. L’aveva persa. Lei non ci sarebbe più stata.

«Fanculo Rose. Fanculo Rick. Fanculo destino.»

 

***

 

Il cellulare suonò all’impazzata ma Elena non ne voleva sapere di rispondere. Il nome di Caroline lampeggiava ad intermittenza sul display, ma lei non voleva esserci per nessuno, tanto meno per una chiacchierona come la bionda. Alla fine decise di premere il tasto verde, estenuata dal rumore di quella stupida suoneria personalizzata.

«Ma dove sei finita?» sbottò agitata la ragazza dall’altra parte della cornetta, con un tono di voce arzillo e pimpante, come solo il suo poteva essere alle 7 del sabato mattina.

«Stavo dormendo.» rispose sbuffando la mora.

«Si, l’avevo intuito. Volevo dire in che campeggio sei?» Il tono di voce si fece più alto ed Elena avrebbe voluto ricordare all’amica di non essere sorda ma se avesse fatto questo passo falso, Caroline avrebbe trillato ancor più forte, disturbando il suo risveglio.

«Mi trovo a Westmount.»

«E come si fa ad arrivare lì? Cioè, posso prendere un taxi?»

«Caroline, che diavolo stai dicendo?» domandò confusa la bruna, alzandosi di scatto dal letto.

«Elena, io voglio esserci per te.»

«Caroline, sono le 7 del mattino. Il mio cervello non è ancora in grado di capirti a quest’ora.»

«Sono a Montreal, ok?! Adesso dimmi come arrivare da te.»

 

***

 

Damon andò ad aprire la porta, con indosso un paio di pantaloni blu. Non era sveglio da molto e stava per mettere il caffè nella moka.

«Elena è qui?» chiese la bionda con fare impaziente e cercando di alzare le punte dei piedi per sbirciare dietro il ragazzo. Damon chiuse maggiormente la porta e le sorrise in maniera finta:«E tu chi sei?»

Caroline cercò di spingerlo per farsi un varco ed entrare in casa ma non ci riuscì. Damon era più muscoloso di lei. «Che cos’hai fatto ad Elena? Lei è vulnerabile in questo momento e sicuramente non vuole avere bambini da un tizio come te! Copriti un po’.» sbottò inacidita ed esasperata.

«Vedo che hai fatto la conoscenza di Caroline.» Elena era appena scesa dalle scale e stava assistendo alla scena divertita.

«Oh Elena, stai bene? Avevo così paura che ti fosse successo qualcosa.» La bionda entrò in casa senza fatica perché Damon era rimasto incantato dalla vista della bruna. Si riprese subito però e andò in cucina: «Elena avresti dovuto dirmi di avere amiche psicopatiche. Non ti avrei mai ospitato.» La bruna scoppiò a ridere allegra mentre Caroline fece la linguaccia al ragazzo.

La bionda afferrò il braccio di Elena, che si stava dirigendo in cucina e la fermò: «Vedo che ti sei consolata in fretta.»

Elena la fulminò con lo sguardo:«Caroline, so che io e Stefan eravamo la coppia perfetta per te, ma ho scoperto che non è mai stato così. Tutto era un enorme menzogna.»

Caroline spalancò la bocca sorpresa ma si riprese in fretta:«Che ti ha fatto quel ragazzo?» chiese indicando Damon, ancora privo di maglietta e affrettando a distogliere lo sguardo dai suoi pettorali. I suoi muscoli erano scolpiti e definiti, ecco qual’era il problema. Damon era troppo bello ed offuscava la mente della sua amica.

«E’ il fratello di Stefan.» bisbigliò risvegliando Caroline dai suoi pensieri.

La bionda guardò prima l’amica e poi il moro:«Impossibile. Stefan non è così bello e tenebroso.»

«Non farti sentire da lui. E’ già pieno di sé.» Alaric si era intromesso nella conversazione senza volerlo.

Elena gli regalò un sorriso e si avviarono tutti insieme in cucina, apprestandosi a far colazione.

Damon aveva preparato le uova alla Benedict, il caffè e la spremuta d’arancia.

«Mi sei mancato Damon.» affermò Alaric annusando l’aria e fregandosi le mani con soddisfazione.

«Solo perché Jenna non cucina come me.» rispose alzando le sopracciglia il moro.

«Io sono vegetariana.» protestò Caroline, beccandosi una gomitata da parte di Elena. La bionda era onnivora e il cibo spazzatura era il suo preferito. Elena non capiva perché Caroline volesse risultare antipatica, quando non lo era.

«Ok, questo è tuo.» Damon le allungò un toast francese farcito con marmellata di mirtilli e crema di formaggio.

Caroline sorrise, si mise a sedere e mangiò in silenzio.

Elena si avvicinò al moro e chiese delucidazioni sulle uova.

Gli occhi di Damon si illuminarono e cominciò il racconto: «L’origine di questo piatto è divertente e anche controversa. Si narra che un’agente di cambio, ma a detta di tutti, un donnaiolo elegante e distinto – Caroline lo interruppe soffiando a denti stretti un “come te” a cui Damon non badò- ordinò due uova in camicia, del pane tostato, del bacon canadese e un po’ di salsa olandese. Una volta ricevuta al tavolo l’ordinazione, fu lui stesso a comporre il piatto.»

«E perché questo ha i muffin?» chiese Elena, notando delle incongruenze con la storia del moro.

«Perché l’allora maitre del ristorante decise di sostituire il pane tostato con i muffin e il bacon con il prosciutto arrosto.»

«Amo Jenna ma amo la tua cucina, Damon.» li interruppe Alaric con la bocca piena.

«Ehi, stai sempre parlando di mia zia.» si lamentò Elena ma con il sorriso sulle labbra.

Damon intervenne facendo ridere tutti quanti –Caroline compresa-:«Rick sono tutto tuo. Sposa me.»

«Mi piacerebbe ma Jenna è favolosa. E tu sei troppo rompi scatole.»

«Qui di rompiscatole ne vedo uno solo. Chi è venuto a Westmount per minacciarmi?» Elena e Caroline si lanciarono un’occhiata preoccupata ed ansiosa mentre Alaric scoppiò a ridere.

«Damon è mio lavoro.»

Le ragazze continuarono a guardarsi cercando di capire se una delle due avesse colto indizi fondamentali sul lavoro di Alaric o di Damon.

«Rick è il mio agente. Io scrivo libri.» Il moro si era accorto degli sguardi delle due giovani e spiegò il loro legame professionale.

«Tu scrivi libri? Non ho mai letto di un Damon Salvatore.» proruppe inacidita Caroline.

«Forse perché scrive con uno pseudonimo.» constatò Rick, stufo delle domande stupide dell’amica di Elena.

«Che genere di libri scrivi?» postulò la bruna incuriosita ed affascinata da quella passione che coinvolgeva anche lei. Lei amava scrivere poesie e racconti brevi. Non aveva mai pubblicato nulla perché non si riteneva abbastanza brava.

«Romantici.» chiarì il moro, abbassando lo sguardo. Elena rimase sorpresa dalla risposta. Si aspettava di tutto: dai libri erotici ai romanzi storici, ma mai avrebbe pensato a letture romantiche.

«Lo sapevo. Tutta quella bellezza sprecata. -sbuffò Caroline spazientita. In pochi secondi si trovò sei occhi puntati addosso e trasalì- E’ chiaro che è gay.»

Elena, Damon e Alaric scoppiarono a ridere. Elena aveva provato l’eterosessualità di Damon. Alaric aveva sempre visto il moro con una ragazza nuova ogni fine settimana –esclusa Rose-.

«Tu perché ridi? Hai favorito?» domandò la bionda più per mettere in imbarazzo l’amica che per vero interesse.

«E a te che importa?» protestò Damon appoggiando un braccio sulle spalle di Elena ed avvicinandola a sè. Sembrava che il ragazzo volesse proteggere la bruna da qualsiasi pericolo, anche se in quel caso si chiamava Caroline ed era un tornado biondo. Stefan non si era mai comportato così con Elena.

 

***

 

Elena bussò alla porta dell’aula. Era in ritardo di quindici minuti per colpa della segretaria, che fingeva di non capire la sua iscrizione al corso di scrittura creativa.

«Un’altra ritardataria.» constatò il professor Tanner, scocciato di essere interrotto un’altra volta.

«Mi scusi professore, non capiterà più.» Persino le orecchie di Elena si erano tinte di rosso per l’imbarazzo.

«Un altro ritardo e lei sarà bocciata in automatico. –il professore guardò l’aula intera, prima di proseguire- Spero di essere stato chiaro anche per tutti voi, vero signor Salvatore?»

«Cristallino.»

«Lei cosa fa ancora in piedi? Si sieda vicino al Salvatore. Quello è il posto dei ritardatari.»

Il professore ricominciò la lezione ed Elena cominciò a prendere appunti. Si chiese per quale motivo il ragazzo accanto a lei stesse così antipatico al professor Tanner, non le sembrava cattivo, anzi, pareva tranquillo. Aveva dei capelli biondo spento perfettamente pettinati con il gel e l’aria di chi la sa lunga.

«Mi chiamo Stefan.» bisbigliò il ragazzo per non interrompere la lezione.

«Io sono Elena.» rispose timida la ragazza.

«Lo so. Frequentiamo anche il corso avanzato di inglese insieme.»

Elena si stupì di quelle parole. Lei ignorava completamente la sua esistenza, ma lui l’aveva notata. Si sentì in colpa e così lo invitò a pranzo.

Quello fu solo l’inizio di una lunga serie di incontri.

 

***

 

«Elena, dove si può andare per festeggiare il tuo compleanno?» chiese la bionda mentre la bruna stava lavando i piatti e Damon l’aiutava asciugandoli.

Elena si girò sbuffando e guardò di traverso Caroline.

«Che ho detto di male? Ieri hai compiuto ufficialmente 25 anni. Dovremo pur festeggiare.»

La bruna sorrideva al ricordo della giornata precedente. Era stato un giorno perfetto. Tutto grazie a Damon.

«Perché stai arrossendo?»

Maledetta Caroline e la sua linguaccia. Damon assisteva alla scena senza parlare ma guardava Elena divertito. Aveva capito che la ragazza stava pensando alla perfezione delle cascate del Niagara, anche se si augurava che il loro bacio fosse stato qualcosa di più straordinario.

«Lasciate fare a me. Vi porterò in un bel posticino.»

Caroline sbuffò alla proposta di Damon, Alaric scosse la testa in segno di diniego e l’unica che sorrise entusiasta fu Elena.
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Oo__oO

Buonasera a tutti!
Non ho molto da aggiungere, anche se trovo il capitolo un po' noiosetto.
Fatemi sapere cosa ne pensate voi e soprattutto se trovate errori. ;)
Prossimo aggiornamento nell'anno 2014.
2014??
E pensare che il 1988 è così lontano...
25 anni sono tanti. -Per una che si sente nonna inside,,,-

Penso che ci rivedremo fra meno di un mese =P.
A presto e anche se mi sembra troppo presto per gli auguri: BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO. Che l'anno nuovo possa portarvi ciò che più ricercate: la salute, un bimbo, un taglia in meno, un 6 al superenalotto...


 

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Capitolo 6
*** 6. Il Natale dei Salvatore ***


6. Il Natale dei Salvatore

 

Damon RoseElena Stefan

 

La verità è che la magia del Natale non dipende dalla quantità di addobbi, luci colorate ed alberi né per la cioccolata calda e la neve che volteggia lentamente giù dal cielo grigio. Il Natale è sentirsi a casa. Il Natale è sentirsi al caldo nel tepore del nido familiare. Il Natale è stare in famiglia e sorridere per essere ancora insieme.

 

(A te che passerai il Natale con noi, anche se non ti potremo vedere ne sentire.)

 

 

 

 

 

«Potremo pranzare con tuo padre e magari ci sarà anche tuo fratello.» Rose stava cercando di mettersi degli orecchini d’oro abbinati alla collana con la coccinella rossa –suo portafortuna-, mentre finiva di prepararsi per uscire.

«Perché dovremo andare da Giuseppe quando Rik e Jenna ci hanno inviato da loro?» Damon si stava infilando i pantaloni del completo nero che avrebbe indossato per la vigilia.

Rose gli rivolse un’occhiata storta:«Credevo che la visita all’orfanotrofio ti avrebbe aiutato ad apprezzare il termine “famiglia”.»

Damon l’abbracciò da dietro e le diede un lieve bacio sulla spalla nuda:«Mi dispiace Rose. Mi dispiace che tu non abbia avuto una famiglia con cui passare ogni giorno dell’anno.»

La ragazza si girò a guardare il moro:«Ho avuto tante famiglie. Qualcuno mi ha violentata, qualcun altro preso a fibbiate sulla schiena ma non ho mai smesso di sperare. Ho sempre pensato che avrei incontrato i miei veri genitori. Ho immaginato conversazioni in cui urlavo a squarciagola e li facevo sentire sbagliati, altre in cui piangevo frustata ma felice di poterli vedere. Ho sognato di ricevere amore, carezze e baci. Poi ho incontrato te. –Rose abbracciò Damon e gli schioccò un bacio delicato sulle labbra- Tu mi hai insegnato un sentimento che mi era stato negato. Mi hai dato coraggio, conforto. Mi hai fatto sentire amata. E io voglio restituirti il favore. Voglio che tu faccia pace con tuo padre e tuo fratello perché poi sarà troppo tardi. Comincia da oggi. Non far passare ancora troppo tempo. Questo è il nostro primo Natale…»

«Tecnicamente è il secondo.» Damon si beccò un’altra occhiataccia da Rose. Odiava essere interrotta.

«E’ il nostro primo Natale di coppia. Voglio fare quello che fanno le coppie vere. Viviamo insieme da mesi ed è giusto che io conosca la tua famiglia.»

«Mi avevi già convinto alla casa famiglia.» sussurrò il moro guardandola fissa negli occhi e regalandole un sorriso dolce.

«Vado a chiamare Jenna.» Rose trotterellò felice in soggiorno.

 

***

 

«Papà vado a prendere Elena.» Stefan stava per varcare la soglia di casa ma Giuseppe lo trattenne.

«La porterai qui?»

«No, papà. Sua zia ci ha invitato a pranzo. Dice che sarà il primo Natale senza tradizioni. Credo non sia ancora pronta a farmi conoscere ai suoi genitori.»

«E neanche tu sei pronto a farla conoscere a me?»

«Papà non discuterò con te il giorno di Natale.»

«Perché dovresti discutere con me?» Giuseppe si stava alterando ma anche Stefan non era da meno.

«Mi hai fatto credere che Damon fosse responsabile della morte di nostra madre. Non ho più parlato a mio fratello per colpa tua! Perché non mi hai detto che stavano cercando te? Perché hai preferito dividere i tuoi figli?»

«Damon è solo un bastardo. Tu sei mio figlio. Non devi avere nessun legame con carne bastarda.»

«Cos’hai bevuto oggi? Quanto hai bevuto, eh?»

«Stefan questa è la verità, che ti piaccia o no. Tu sei un vero Salvatore.»

«Ma perché dici questo? Perché odi Damon?»

«Lexi sapeva che io ero innamorato di lei. Le avevo fatto la corte per anni, poi tutto ad un tratto lei accettò di uscire con me. In pochi mesi ci sposammo e scoprii che era incinta. Ero al settimo cielo. Sarei diventato padre. Era un maschio. Avrebbe studiato giurisprudenza e mi avrebbe affiancato allo studio. Saremo stati “Salvatore & Salvatore”. Quando Damon crebbe mi accorsi che non mi assomigliava. Pensai che mi stessi sbagliando e che aveva preso più da Lexi che da me. Tu, invece eri un Salvatore in miniatura. Un giorno, stavo cercando dei miei vecchi esami e trovai qualcosa di Damon. Aveva un gruppo sanguineo diverso da noi. Lexi diceva che suo padre aveva gli occhi azzurri ma c’era qualcosa che continuava a darmi il tormento. Portai alla clinica Damon e richiesi gli esami del Dna. Quando ebbi i risultati li abbandonai sul tavolo della cucina. Sapevo che Lexi li avrebbe visti. Mi ha preso in giro. Mi ha sempre preso in giro. Lei sapeva che Damon non era figlio mio ma non mi ha detto niente. Me l’ha taciuto.»

«L’hai uccisa tu, papà?»

«Non le avrei mai fatto nulla del genere. L’amavo. L’ho amata così tanto da perdonarle tutto.»

«E Damon cosa centra? Non è colpa sua se tu non sei il suo vero padre biologico.»

«Damon era figlio della lussuria, dell’inganno, della presunzione e delle incertezze. Lui è il disonore di questa famiglia.»

«Papà ti rendi conto di quello che stai dicendo? Stai dando la colpa a Damon quando è stata mamma a ferirti.»

«Lui mi ha sfidato. Non ha studiato giurisprudenza. Non ha voluto far parte del mio studio. E’ stato un cameriere, un modello, un personal trading ma non ha mai voluto realizzare il mio sogno.»

«Damon ha vissuto. E’ stato in giro per il mondo e ha fatto ciò che più desiderava.»

«Una vita senza schemi. Una vita frivola.»

«Non tutti vogliono essere avvocati come te. Non tutti vogliono indossare una giacca ed una cravatta e lavorare ininterrottamente. A qualcuno piacerebbe vivere diversamente.»

«E spendere tutti i soldi che IO mi sono guadagnato con fatica e sudore? E’ facile giudicare Stefan. E’ facile puntare il dito contro. Io sono il figlio di un contadino e di una sarta.»

«So benissimo da dove vieni. Sto studiando giurisprudenza perché è quello che voglio fare, non perché tu me l’hai imposto. Ho incontrato l’amore della mia vita e un giorno le chiederò di sposarmi.»

«Stai attento a quello che fai Stefan. L’amore è solo una parentesi. La carriera, quella è la strada da seguire. Non farti distrarre.»

«Perché sei così arido?»

«Arido? Io sono cinico perché essere avvocato mi ha dato molte più soddisfazioni di essere un marito ed un padre.»

«Io non sono e non diventerò come te. Quando avrò terminato gli studi andrò a lavorare per un altro studio. Non voglio avere niente a che spartire con te.»

Giuseppe si alzò dalla sedia e scaraventò a terra il bicchiere colmo di bourbon:«Tu farai quello che ti dico io, perché tu sei mio figlio.»

Stefan uscì e sbatté la porta. Gli mancava sua madre.

 

***

 

Giuseppe Salvatore era in casa da solo e stava osservando il camino elettrico con la finta luce delle fiamme, quando qualcuno suonò insistentemente al campanello della porta d’ingresso.

«Arrivo. Sto arrivando.»

Sperava che Stefan fosse tornato e avesse delle scuse epiche da riservagli ma quando aprì la porta si trovò di fronte Damon in compagnia di una ragazza, che reggeva una teglia tonda, impacchettata con la stagnola.

«Cosa ci fai tu qui?» disse in tono burbero ed impastato dall’alcool il padre.

Damon stava già per andarsene ma Rose lo strattonò per la giacca:«Buon Natale signor Salvatore. Io sono Rose, la fidanzata di Damon. E’ un piacere conoscerla.» Rose tenne la teglia con una mano e porse l’altra a Giuseppe che la strinse poco convinto.

«So che avremo dovuto chiamare ma le sorprese sono più belle. Possiamo entrare? Ho preparato la crostata al limone.»

Giuseppe sorrise alla ragazza e gli invitò a varcare la soglia.

«Scusate per il disordine. La governate è in ferie.»

«Oh, non importa. Sono molto felice di conoscerla e Damon continuava a parlarmi della sua famiglia che ero curiosa di incontrarvi. Stefan è in casa?»

«Sono sicuro che non sia così. Ci sono solo io comunque.»

«Nessuno dovrebbe passare il Natale da solo. Io sono orfana dalla nascita. Non mi piace stare da sola.»

«Mi… mi dispiace.»

«Non importa, possiamo accomodarci?»

 

***

 

«Stefan va tutto bene?» Erano seduti in macchina e stavano raggiungendo la casa di zia Jenna ma Stefan parlava a monosillabi. Non era mai stato un gran chiacchierone ma era in grado di formulare una frase composta da soggetto, verbo e vari complementi.

«Scusa. Ho litigato con mio padre.»

«Perché avete litigato?»

«Non ha importanza. Voglio che tu passi un bel Natale e da adesso prometto di occuparmi solo di te. Questo è il nostro Natale. Conoscerò tua zia Jenna. Farò in modo di piacerle.»

Elena afferrò la mano di Stefan, posta sul cambio:«Le piacerai perché piaci a me.»

«Spero che funzioni così anche con tuo padre.»

«Credo che sia più difficile ma se ti fa stare meglio, pensala così. Gira a destra e poi entra nel vialetto della casa turchese.»

Erano arrivati a destinazione. Elena scese dalla macchina e fece un sorriso di incoraggiamento al suo ragazzo.

«Pronto?»

«Ho portato il vino e anche il dolce. Credi che sia troppo poco?» Il ragazzo guardò preoccupato la bruna.

«Stefan fai un respiro profondo. Va tutto bene. Non mangiano.»

Stefan fece come chiesto e si sentì meno agitato ed ansioso: «Possiamo andare. Ora va meglio.»

Elena bussò alla porta e Alaric andò ad aprire.

«Ciao Elena. –la stritolò in un abbraccio.- E tu devi essere Stefan?» gli strinse la mano e li fece entrare.

«Elena, tesoro!» Jenna andò incontro alla nipote e le regalò un forte abbraccio.

«Ciao Stefan, io sono zia Jenna ma chiamami Jenna. Ho solo qualche anno più di voi.»

 

***

 

Quell’anno il giorno di Natale era stato strano per tutti.

Giuseppe si era ritrovato a passare la giornata con il figlio “bastardo” e la sua fidanzata. Una dolce peperina allegra e spensierata nonostante il passato tortuoso e impensabile. Vedeva il figliastro felice e questo lo rincuorava per quanto poco gli importasse. Lexi non si era comportata bene, Stefan aveva ragione, ma non avrebbe iniziato a trattare meglio il figliastro. Damon non l’aveva mai rispettato ma Rose sembrava la persona giusta per farlo cambiare. Forse c’era ancora una speranza per quel figlio non voluto.

Stefan aveva conosciuto zia Jenna e il compagno. Era stata un giornata leggera e vivace. Si era dimenticato presto della lite con il padre. Elena, continuava a ripetersi, che Stefan era l’uomo giusto per lei. Lo vedeva da come le sorrideva.

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Buonasera a tutti =)

Questo è un capitolo speciale riservato al Natale.

La storia non è andata avanti ma scopriamo qualcosa in più sul passato di Damon e Stefan.

Spero vi piaccia.

Alla prossima! =)

 

 

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Capitolo 7
*** 7. Vita notturna ***


Damon Elena


 

7. Vita notturna

 

Sai qual è un errore che si fa sempre? Quello di credere che la vita sia immutabile, che una volta preso un binario lo si debba percorrere fino in fondo. Il destino invece ha molta più fantasia di noi. Proprio quando credi di trovarti in una situazione senza via di scampo, quando raggiungi il picco di disperazione massima, con la velocità di una raffica di vento tutto cambia, si stravolge, e da un momento all’altro ti trovi a vivere una nuova vita.

(Susanna Tamaro)



 

 

Damon aveva detto che avrebbe pensato ad organizzare la serata. Cosa che a Caroline non andava bene perché lei doveva avere il controllo su tutto, specie su una festa di compleanno. Certo, si trovava in un altro Stato solo per far sentire meglio l’amica, ma lei amava decidere tutto, senza che nessuno si mettesse in mezzo. Non le piaceva Damon. Stefan era il ragazzo perfetto mentre Damon era solo un bel fisico. Lei avrebbe scelto mille e più volte, anche ad occhi chiusi, Stefan. Il giovane era affidabile, intelligente, poco spontaneo ma dolce. Damon cos’aveva? Occhi azzurri, muscoli ben scolpiti, una matassa di capelli scuri curati e un sorriso bianco. Niente di più. Perché Elena si trovava in casa di Damon? Cosa era successo realmente? Doveva scoprirlo e l’unico modo era andare a chiederlo alla diretta interessata, anche se poteva sembrare un terzo grado, poco importava.

Caroline uscì dal bagno e si diresse in camera di Elena ma non la trovò.

«Elena?» la richiamò ma nessuno rispose. «Che strano. Credevo che si stesse preparando.» Stava per richiudere la porta alle spalle, quando sentì un mugolio proveniente dalla camera più lontana. La bionda accorse, cercando di far meno rumore possibile e si mise ad origliare con l’orecchia ben salda alla porta in legno.

Il rumore continuò e Caroline fu costretta a fiondarsi all’interno della stanza. Damon ed Elena erano comodamente sdraiati –completamente vestiti- e stavano guardando un film. Si girarono ad osservarla e lei biascicò una serie di scuse imbarazzata ma riuscì ad attirare l’attenzione di Elena che la trascinò nella sua temporanea camera da letto.

«Non puoi fare come a casa tua, Car!» le sbraitò contro la bruna.

«Non vi ho mica disturbati. Stavate solo guardando un film, a meno che mi abbiate sentito arrivare e…»

«Cosa? Non ci posso credere. Stavi origliando!»

«Come? Non lo farei mai. Ti stavo solo cercando.»

«Si, certo. E perché sei entrata in camera come un tornado?»

«Si, va bene. Lo ammetto. Volevo sapere se stessi bene.»

«E logicamente ti fiondi in camera di Damon come se fossi una psicopatica.»

«Ehi, no! Io non sono una psicopatica e voi facevate rumore.»

«Rumore?» Elena stava guardando più che dubbiosa l’amica. Non riusciva a capire dove voleva andare a parare, anzi, sperava di essere troppo maliziosa perché Caroline non poteva insinuare nulla.

«Io temevo che…»

Invece Elena aveva capito benissimo e la cosa la infastidì ulteriormente: «Caroline se vorrò andare a letto con un'altra persona, tu dovresti solo essere felice per me.»

«Non puoi andare a letto con Damon!»

Elena sbuffò, alzò gli occhi al soffitto e cercò di calmarsi. Si promise di contare fino a dieci prima di rispondere alla sua amica. In fondo la bionda aveva sempre avuto un debole per Stefan e non sarebbe riuscita a farle cambiare idea.

«Ho incontrato Damon per puro caso. Eravamo sullo stesso aereo. Tu sai quanto io abbia paura delle altezze –Caroline annuì poco convinta, ma non fiatò.- Ho cominciato ad agitarmi e Damon mi ha aiutato a stare meglio. Una volta atterrata credevo che ci saremo divisi. Non avrei più rivisto il ragazzo carino dell’aereo ma mi sbagliavo. Ho fatto un’altra figura: non trovavo la mia valigia e Damon è stato così “carino” da indicarmi il nastro e di invitarmi a cena. Ho accettato. Non mi sembra di aver fatto nulla di male. Non sapevo che lui fosse il fratello di Stefan né quando ho acconsentito ad uscire né quando l’ho baciato.»

«Baciato?» Caroline era scandalizzata dal racconto dell’amica. Come poteva anche solo pensare di prendere impegni con un completo sconosciuto? Il suo cuore era davvero andato in mille pezzi e la sua testa non ragionava più. Povera Elena.

«Ho seguito l’istinto Caroline. Damon mi piace.» rivelò stupendosi lei stessa delle parole che le erano uscite, troppo spontanee, dalla bocca.

«Non ti può piacere Damon.» Caroline si intestardì e pestò i piedi a terra, come se fosse una bambina in preda ai capricci.

Qualcuno bussò educatamente alla porta e le ragazze si zittirono. Damon l’aprì ed Elena tirò un sospiro di sollievo mentre Caroline grugnì indispettita.

«Siete pronte per uscire?»

«Si, qui abbiamo finito.» La bruna si precipitò fuori dalla stanza, lasciandosi alle spalle una Caroline alterata.

 

 

***

 

 

«Perché stiamo andando a piedi, ovunque siamo diretti.» Caroline non era amante delle passeggiate e preferiva prendere il taxi, anche se il percorso fosse stato breve. Lei era abituata a portare scarpe con il tacco alto e la comodità di un mezzo di trasporto, per far riposare i piedi, era ideale.

Damon ed Elena erano più avanti e guidavano il resto del gruppo.

«Perché col taxi avremo perso questo immenso spettacolo.» Elena sorrise alla vista dell’enorme parco di Westmount. Non era ancora buio e la temperatura era gradevole.

«E poi si tratta di un chilometro. Perché prendere i mezzi quando si può raggiungere comodamente a piedi?» continuò Damon dando manforte ad Elena.

«Eh già, perché?» Caroline rassegnata sbuffò, senza aggiungere altro.

«Non hai nessuna storia da raccontare su questo parco, Damon?» chiese Alaric, cercando di mantenere viva la conversazione.

«Howard Manning si è ispirato alle idee, niente popò di meno che di Frederick Law Olmsted, uno dei primi architetti paesaggisti interessato ai problemi ambientali ed ideatori di Central Park a New York. Voglio dire, dobbiamo ringraziare chi si è interessato dei danni ambientali per la progettazione e l’ampliamento del parco. Hanno aggiunto sei ettari di terra e hanno costruito la prima biblioteca pubblica in Québec alla fine dell’ottocento. Negli anni sono state realizzate piscine, campi da baseball, tennis e parchi giochi attrezzati per i bambini. Tutto gratuito.»

«Sei molto orgoglioso delle tue origini canadesi.» affermò Elena, non staccando i suoi occhi marroni da quelli azzurri di Damon.

«Mia madre teneva molto alle sue origini. Tutto quello che so, lo devo a lei.» Damon rivolse un sorriso dolce alla ragazza. Erano affiatati e belli da vedere. Emanavano tenerezza e felicità.

«Quanto manca?» la bionda interruppe il loro momento speciale e la magia svanì.

«Siamo quasi arrivati.»

«Ci vuole ancora molto?» protestò con più insistenza la “nuova arrivata”.

«Caroline, se continui così, dirò al cameriere di portarti qualcosa di avariato.» Era quello che avrebbe voluto dirle Damon ma Alaric, il suo grande amico Alaric, riuscì a precederlo, tappandole la bocca. Finalmente potevano godersi un po’ di tranquillità.

La “Taverne sur le Square” si trovava nella zona commerciale del quartiere di Westmount. Sembrava di essere arrivati in una New York in miniatura: grattacieli grigi con specchi, traffico, qualche piazzola verde, passanti, paesaggio caotico ma non per questo poco riservato. A quell’ora la maggior parte delle persone stava rincasando ed altri si stavano preparando ad uscire. Le luci rendevano ancor più bella e spettacolare quel pezzo di città. Damon l’adorava.

«Non voglio fare il guastafeste, qui si può mangiare anche all’esterno, ma credo che sia meglio cenare dentro.»

«Dipende da quale tavolo ci hanno riservato, genio.» disse Caroline con un tono di presunzione.

«La prenotazione è sempre gradita ma non per me.» specificò il moro facendo schioccare la lingua sul palato.

«Solo perché sei figlio di un potente avvocato?» Chiese con più arroganza la bionda.

«No, solo perché sono figlio di una Côté. Il caso vuole che la “Taverne sur le square” sia di proprietà della famiglia Côté.»

«Oh…» Caroline si zittì in un baleno ma grazia a Rick il clima tornò più leggero dopo aver aggiunto un “raccomandato” all’indirizzo di Damon che sembrava più che azzeccato dal momento che la famiglia materna del moro era la proprietaria del ristorante in cui sarebbero andati a cena. 

Dopo essere entrati furono accolti da un ragazzo dai capelli castani con la faccia da stronzo che abbracciò calorosamente Damon.

«Lui è mio cugino Enzo.» spiegò Damon presentandolo agli altri.

«Elena è un bellissimo nome.» si complimentò Enzo, facendo arrossire Elena per il baciamano con cui la salutò.

«Io sono Caroline.» si intromise la bionda cercando di attirare l’attenzione su di sé, ma Enzo non staccò gli occhi dalla bruna, scatenando un finto colpo di tosse da parte di Damon.

«Mi spiace ma Damon non ha mai portato una così bella ragazza..» chiarì il ragazzo.

«Sta parlando di me.» interpretò Caroline.

«Ma no, è chiaro che stia dicendo a me.» commentò Alaric facendo ridere il gruppo.

Nel frattempo Enzo li accompagnò al tavolo. Il locale aveva i muri con i mattoni anticati a vista, posti in alcuni punti strategici come quello dietro al pianoforte in legno di frassino o sopra il camino, che lo rendevano ancor più grande e maestoso. Il soffitto era ricoperto di travi in legno lucido, dove erano appesi dei lampadari in ottone similari a Tiffany. Le finestre non avevano tende, per permettere ai passanti di guardare all’interno e per distrarre i clienti con la vista del piccolo pezzo di quartiere. Westmount era un’enclave della città di Montreal ed è considerato uno dei quartieri più ricchi del Canada e di tutto il nord America, oltre ad avere una indipendenza politica. Il nome del piccolo sobborgo era stato più volte modificato nell’arco dei secoli, dal momento che i primi coloni furono francesi, ma nel 1895 è stato rinominato Westmount per via della posizione geografica, infatti si trova nella zona ovest della città di Montreal,  e per la presenza prevalente di popolazione di lingua inglese.

«Il menù è scritto in francese!»

«La mia famiglia è orgogliosa di avere origini francesi, per questo il menù è scritto nella nostra lingua madre.» chiarì il moro dando un’occhiata alla lista dei vini.

«Prendiamo un Sauvignon, che dite?» domandò Alaric leggendo attentamente parola per parola ciò che era contenuto della carta.

«Potremo abbinarlo ad un antipasto misto di verdure grigliate con salsa vinaigrette con crostini marinati, e assaggi di cruditè di mare.» propose il moro, guardando i suoi compagni.

«Sono allergica al… - Elena diede un calcio alla sua amica, che dopo una smorfia di dolore concluse la frase- crudito

Damon si era ripromesso, più volte nell’arco della giornata, che non avrebbe messo le mani addosso all’amica di Elena, perché sua madre gli aveva insegnato le buone maniere, ma non riusciva più a trattenersi. L’avrebbe, volentieri, appesa a testa in giù mentre le proponeva una canzone rock –perché era certo che lei odiasse la musica rock- e avrebbe cercato un maiale puzzolente da far scorazzare lungo il soggiorno, solo per farle un dispetto ancor più grosso. Non importava se avrebbe respirato lui stesso l’odore.

«Ho provato ad essere gentile con te. E’ tutto il giorno che tento di non farti sentire a disagio o in imbarazzo, ma adesso ne ho abbastanza. Ordina quel che ti pare, io non ti tradurrò il menù.»

«Damon, ho bisogno di prendere un po’ d’aria, mi accompagni?» chiese la bruna, sfiorando la mano del ragazzo.

I due si alzarono, lasciando al tavolo Alaric e Caroline, raggiungendo l’ingresso.

«Mi dispiace molto per il suo comportamento. –Elena si portò dietro l’orecchia una ciocca di capelli, per cercare di calmare il suo nervosismo- Lei ha sempre tifato per Stefan. Credo che vederci insieme le dia fastidio.»

Damon afferrò la testa di Elena, per poi accarezzarle delicatamente il collo, puntando i suoi occhi glauchi in quelli ambrati di lei: «Non mi interessa niente di Caroline né di Stefan. Io voglio solo che tu stia bene e non credo che una persona che continui a nominarti il tuo ex sia d’aiuto.»

Elena si aggrappò alle mani di Damon. Sentì tutto il calore che voleva trasmetterle. Percepì una scossa elettrica lungo la colonna vertebrale. Damon era il suo appiglio. Si conoscevano da pochi giorni ma sentiva di volergli bene. Era capitata in Canada per viaggiare senza nessuno, eppure voleva condividere il viaggio con qualcuno. Una persona che riusciva a farla sorridere e ridere forte; una persona che con un solo tocco le suscitava mille emozioni; una persona che riusciva a farle dimenticare la realtà, circondandola d’affetto e di felicità; una persona come Damon.

Elena si avvicinò alle labbra del moro e scioccò un bacio dolce. Fu Damon ad approfondire il contatto, schiudendo la bocca e lasciando uscire la lingua, desiderosa ed affamata di lei. Le mani di Damon scivolarono lungo il fianco di Elena, stringendola forte ed avvicinandola ancor di più al suo corpo. Elena allacciò le braccia dietro al collo di lui, inspirando il suo profumo dolce. Si sentiva elettrizzata ma con le gambi cedevoli.

«Damon ti…- Enzo uscì in quel momento dalla porta di ingresso ma non appena si rese conto del pasticcio che aveva combinato, cercò di rimediare.- con permesso.» Rientrò nel ristorante come ne era uscito.

I due ragazzi staccarono le labbra ma non si mossero, tenendosi abbracciati stretti.

«Lorenzo ha la capacità innata di captare momenti inopportuni e di disturbare.»

«Non importa.» Elena si strinse nelle spalle mordendosi le labbra.

«Forse è meglio rientrare.» suggerì Damon, allontanadosi di poco dalla ragazza.

Elena non aveva mai agito senza pensare. La prima volta che aveva fatto l’amore ci aveva riflettuto parecchio e dopo due anni di “fidanzamento” con Matt, il suo ragazzo al liceo, aveva deciso che era arrivato il momento giusto. Ci aveva ragionato così tanto che fu un’esperienza catastrofica: Elena aveva steso petali di rosa sopra il letto, acceso le candele poste sui comodini e preparato un cd con le loro canzoni–così le aveva consigliato Bonnie-, si era lasciata depilare da Caroline, che l’aveva costretta ad indossare un corsetto ricamato rosso vermiglio e un paio di mutandine striminzite che lasciavano poco spazio all’immaginazione. Quando Matt arrivò, si fiondarono subito in camera da letto, affamati ed agitati. Il risultato fu quasi comico: Matt non era riuscito ad infilarsi il preservativo e quando ce l’aveva fatta, si era rotto con le prime spinte. Erano passati otto anni ma Elena rideva ancora al ricordo. Dopo anni di riflessioni inutili, aveva deciso di cogliere l’attimo. Lei desiderava Damon e voleva farglielo sapere.

«Magari potremo tornare a casa e abbandonarli qui.» propose sussurrando la ragazza. Cercò di essere il più sensuale possibile anche se sentiva la gola arida ma continuava ad aver saliva in bocca, le guancie in fiamme ma gelate dal freddo, il respiro affannato ma senza aver corso.
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Oo_oO

Buonasera a tutti! =)
Scusate per il ritardo dell'aggiornamento.
Ho avuto un periodo un po' pieno di esami e di visite ma sono felice di annunciare che sabato 25 gennaio butterò gli occhiali da vista =). Sisisisi, sabato sarà uno dei giorni più belli della mia vita: farò il laser. Che bello.
Cmq.. parlando di cose che vi interessano un po' di più: ho interrotto il capitolo e mi sento cattiva ad averlo fatto, ma se non l'avessi fatto vi avrei lasciato con meno curiosità. No?

"La taverne sur le square" esiste davvero:
http://tavernesurlesquare.com/   questo è il loro sito internet, ma non ho trovato foto degne di nota, per cui la descrizione me la sono inventata. Quando ho letto il menù, l'ho trovato solo francese, (ma contiene anche piatti di origine italiana), e per questo ho voluto, ancora, usare Caroline per lamentarsi. Sta rovinando la serata ma Elena e Damon sembrano fregarsene. Chissà se nel prossimo capitolo potranno continuare così.

Il prossimo aggiornamento non so quando sarà, ma spero di riuscire ad usare il pc già dalla prossima settimana.
Alla prossima
UN GRAZIE A TUTTI VOI LETTORI!!! =)




 

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Capitolo 8
*** 8. Come posso risponderti? ***


Damon Elena 3x19

 

8. Come posso risponderti?

 

È la tua voce che mi tranquillizza. È il tuo modo di parlare, il tuo modo di chiamarmi, quel nomignolo che mi riservi. È che sei tu. E quando si tratta di te, io non lo so che mi succede. Per quanto cerchi di trattenermi, se si tratta di te io sono felice.

Anna Ombra Brambilla

 

 

 

 

«Forse è meglio rientrare.» suggerì Damon, allontanandosi di poco dalla ragazza.

Elena non aveva mai agito senza pensare. La prima volta che aveva fatto l’amore ci aveva riflettuto parecchio e dopo due anni di “fidanzamento” con Matt, il suo ragazzo al liceo, aveva deciso che era arrivato il momento giusto. Ci aveva ragionato così tanto che fu un’esperienza catastrofica: Elena aveva steso petali di rosa sopra il letto, acceso le candele poste sui comodini e preparato un cd con le loro canzoni–così le aveva consigliato Bonnie-, si era lasciata depilare da Caroline, che l’aveva costretta ad indossare un corsetto ricamato rosso vermiglio e un paio di mutandine striminzite che lasciavano poco spazio all’immaginazione. Quando Matt arrivò, si fiondarono subito in camera da letto, affamati ed agitati. Il risultato fu quasi comico: Matt non era riuscito ad infilarsi il preservativo e quando ce l’aveva fatta, si era rotto con le prime spinte. Erano passati otto anni ma Elena rideva ancora al ricordo. Dopo anni di riflessioni inutili, aveva deciso di cogliere l’attimo. Lei desiderava Damon e voleva farglielo sapere.

«Magari potremo tornare a casa e abbandonarli qui.» propose sussurrando la ragazza. Cercò di essere il più sensuale possibile anche se sentiva la gola arida ma continuava ad aver saliva in bocca, le guancie in fiamme ma gelate dal freddo, il respiro affannato ma senza aver corso.

Elena stava impazzendo dall’ansia. Se Damon l’avesse rifiutata lei si sarebbe sentita stupida. Avventata. Sciocca. Precipitosa. Non era da lei essere istintiva ma con Damon vicino non rifletteva. Lui non riusciva a farla pensare, la spingeva ad agire d’istinto e forse si sarebbe ustionata precocemente. Alla fine si conoscevano da tre giorni. In tre giorni, si erano già baciati.. quante volte? Ogni bacio era stato un tumulto di emozioni. Ogni avvicinamento pericoloso delle loro labbra l’aveva risvegliata e fatta rinascere. Si sentiva un’adolescente alle prime armi. Damon la faceva sentire inesperta. Con poca esperienza perché sembrava che stesse facendo tutto per la prima volta. Le pareva di non aver mai incontrato delle labbra così morbide e piene; aveva l’impressione di non essere mai uscita a cena con qualcuno; reputava di non aver mai provato certe sensazioni. Com’era possibile che un ragazzo riusciva a farle mettere in discussione ogni singola decisione? Come ci riusciva? Perché le sembrava che contasse molto quello che le avrebbe risposto?

Damon, d’altra parte, avrebbe voluto infilarsi sul primo taxi o prendere in spalla Elena e trascinarla a casa. L’avrebbe ricoperta di baci lungo tutto il corpo, privandola lentamente dei vestiti, sfiorandola dolcemente provocandole piacere. L’avrebbe resa sua sulle scale, sul bancone della cucina, nella vasca e sulla lavatrice. Sarebbe andato bene anche il tappeto della sala, quanto era spasmodico il desiderio di lei, ma lui era un signore. Non si sarebbe approfittato della bruna, se prima non le avesse almeno offerto la cena. Erano usciti in compagnia, lui avrebbe finto di andare d’accordo con la bionda e poi, forse, avrebbero passato la notte insieme, accaldati e madidi di sudore per la troppa passione. Damon avrebbe aspettato perché aveva capito che Elena era una persona riflessiva, che non si lasciava andare spesso e non voleva farle avere rimpianti. Lui non ne avrebbe avuti il giorno successivo e si sarebbe risvegliato felice, come non era da tempo.

A malincuore, si costrinse a darle una risposta negativa. Non avrebbero dovuto aver fretta. La storia con Rose era iniziata come un’avventura erotica ed era finita terribilmente male. Non avrebbe lasciato che anche con Elena, andasse in quel modo. E comunque, non avrebbe doluto iniziare un qualcosa con Elena, perché lei se ne sarebbe andata presto a fare la piccola boyscout, in giro per il Canada, con uno zaino più grande di lei. Questo pensiero lo fece sorridere. Elena lo faceva sorridere. Lo faceva sentire speciale, o meglio, lo faceva sentire incapace. Lo faceva sentire come nessuna l’aveva mai fatto sentire. Non riusciva a capirne il motivo ma si sentiva profondamente legato a lei. Tutti i pensieri, i ragionamenti macchinosi di poc’anzi sparirono perché Elena era ancora in attesa di una sua risposta. Lo guardava con i suoi grandi occhi nocciola. Il suo sguardo gli causò una fitta piacevole allo stomaco.

Elena stava ancora trattenendo il fiato. Era lì, ammutolita, a perdersi nella bellezza di quei profondi occhi glauchi. Non si muoveva, speranzosa. Sentiva di non aver chiesto troppo. Sapeva che c’era qualcosa fra loro. Lo capiva dalla breve incurvatura delle labbra di Damon e dall’avvicinarsi del suo corpo contro il proprio. Ne era certa mentre dischiudeva le labbra e lasciava posto alla lingua di Damon. Lo percepiva dall’accelerare impazzito del suo cuore. Lo sentiva dal leggero vento freddo che li fece avvicinare ancor di più, come se volessero fondersi, per diventare un corpo solo.

Damon aveva scelto. Non era stato lui a decidere ma bensì lo sguardo di Elena. Lei lo aveva guardato con devozione, decisione ed ansia. Lui si era lasciato guidare dal suo sguardo e si era avvicinato, consapevole che da lì non sarebbe più potuto tornare indietro. Il suo cuore si agitava spasmodicamente all’interno del petto e lo stomaco stava eseguendo delle capriole migliori di quelle di una ginnasta professionista. L’avrebbe seguita in capo al mondo perché qualcosa lo spingeva ad avvicinarsi a lei. Qualcosa in lei, gli suggeriva di lasciarsi andare all’amore.

Elena stringeva convulsamente il giubbino di pelle del ragazzo, lo brandiva con impeto facendo diventare le nocche bianche e le mani doloranti. Lo impugnava con possessione per non perderlo. Si aggrappò forte alle sue possenti spalle per spingersi più vicina a lui. Per approfondire ancor di più il loro bacio.

La mano di Damon raggiunse l’orlo della maglia di Elena e lo superò. Tastò la pelle morbida della pancia e risalì, in una corsa inferocita, verso il seno di lei. Scansò la coppetta del reggiseno e disegnò con l’indice dei cerchi sull’incavo del capezzolo, per poi accarezzarle dolcemente quel piccolo vulcano che stava eruttando sotto il suo tocco. 

Il corpo di Elena era scosso dai brividi. Non aveva mai voluto qualcuno con tale desiderio. La sua mano si posizionò sul rigonfiamento dei jeans di Damon. Sfregò il palmo sul tessuto dei pantaloni con ardore e veemenza.

Damon farfugliò il suo nome ansante, intorpidito dal piacere che stava percependo e la trascinò contro il muro del ristorante.

Elena si diede uno slancio e allacciò le gambe intorno alla sua vita. Fremette al contatto del cavallo del ragazzo. Era scossa dalla passione.

La lingua di Damon, ora, vagava lungo il collo della ragazza, lasciandole baci umidi e fermandole il respiro. Elena inclinò la testa, permettendo a più pelle di essere ustionata dal contatto e sussurrò rapita il nome di lui, stringendo i denti ed allungando le mani verso il sedere di Damon.

Il mondo intorno a loro era inesistente. Non importava se si trovavano a pochi passi dalla strada del più grande quartiere di Montreal, in cui tutti avrebbero potuto vederli. Loro erano felici e si stavano lasciando andare.

 

***

«Che razza di festa di compleanno è, se la festeggiata non torna al tavolo?? Sto morendo di fame.» si lamentò Caroline, sbuffando indispettita per il comportamento dell’amica. Damon aveva organizzato la serata ed era stato bravo a svignarsela non appena le cose si erano fatte più serie. Era quel tipo di ragazzo che nessuna avrebbe mai dovuto incontrare. In pratica, Damon ergeva un cartello di avvertimenti che solo Elena non riusciva a leggere.

«Potremo cominciare ad ordinare. D'altronde la colpa è tua. Tu hai fatto arrabbiare Damon.» constatò Alaric, meno calmo del solito. Anche lui aveva fame ed era irritato per essere finito in quella situazione. Era partito per convincere Damon a tornare o quanto meno a scrivere qualcosa di decente, altrimenti sarebbero stati “licenziati”.

«Ma non ho detto ad Elena di seguirlo.» La bionda lo ghiacciò con il sol sguardo. Caroline era giunta in Canada per convincere Elena a ritornare a New York e a riprendere il lavoro. Lo studio risentiva la mancanza del suo migliore addetto. L’agenda degli appuntamenti era in confusione, la posta tradizionale si accumulava e i clienti erano scontenti per essere accolti da una ragazza diversa da Elena.  

«Caroline, quei due non vogliono sentir parlare di Stefan. Sta succedendo qualcosa fra loro.» spiegò il giovane, spostando nervosamente il menù per la milionesima volta.

Caroline non era stupida. Aveva capito che la sua migliore amica era attratta da quel fisico da Dio greco -che le stava fondendo il cervello- ma sentirlo dire anche da Alaric, la scoraggiava. Lei voleva la felicità di Elena ed era certa che Damon l’avrebbe fatta soffrire e, comunque, non era ancora pronta per buttarsi in una nuova storia –con Damon poi, non lo sarebbe mai stata.-

«Non accadrà nulla tra di loro, e sai perché? Perché io le ho riservato la più bella sorpresa di compleanno. Lei non se l’aspetta. E’ inutile che finga di provare qualcosa per Damon. Lei è ancora innamorata di Stefan e non lo supererà correndo dietro a quello stupido del tuo amico.»

Alaric le rivolse un’occhiata sospettosa che si tramutò in terrore quando capì le intenzioni della ragazza:«Che cos’hai fatto Caroline?»

La bionda finse uno sguardo e un sorriso innocente che fece arrabbiare il migliore amico di Damon: «Non mi piace alzare la voce. Te lo ripeto un’altra volta. Cos’hai combinato?»

 

***

«Andiamo a casa, Elena. Non resisto più e per quanto mi farebbe felice spogliarti adesso, non voglio farlo qui.» disse con il fiato corto il moro.

Elena si staccò debolmente dalle labbra di Damon e gli sorrise: «E non mi offri neanche la cena?»

Damon le riservò un’occhiata dolce ed impaziente: «Ti preparerò la cena più buona del mondo.»

«So che ne sei in grado.» Gli sorrise teneramente e gli schioccò un bacio veloce, come se fosse un gesto abituale ed intimo. Scese dal suo bacino e si affrettò a stringergli la mano.

Damon aveva occhi solo per Elena. Entrambi avevano disegnati sul volto un’espressione rilassata, felice e serena ma anche impaziente e carica di desiderio.

Qualcuno dietro di loro cominciò a battere le mani:«Ma complimenti Elena. Vedo che ti sei consolata in fretta.»










 

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Ciao a tuttiiiiiiiiiiii =)
Eccomi qui. Scusate per l'attesa ma QUANTO E' BELLO VEDERE SENZA OCCHIALI O LENTI A CONTATTO?? QUANTOOOOOOOOOOOOO??!!! Non avete idea della mia gioia continua. Svegliarmi al mattino e riuscire a vedere fuori dalla finestra chiaramente. Sono davvero molto ma molto soddisfatta e felice. Se potete, fatelo.
Se non avete nessun tipo di problema visivo... che culo! =)
Tornado a noi: il capitolo non è lunghissimo (ah, per favore, voi che siete attenti e lettori impariziali: ho sottolineato un tempo verbale perchè non mi sembra corretto. Trovo che sia una frase... forzata. Forse stava meglio: "Non resisto più e per quanto io sia felice  di spogliarti in questo momento... ecc..". Cosa dite voi?), ma spero che vi sia piaciuto. E' stato terribilmente difficile scrivere la passione fra Damon ed Elena e spero di non essere scesa nel volgare. Ditemi che ne pensate.
Grazie a tutti =)
CI sentiamo prestooo!!
 




 

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Capitolo 9
*** 9. Non giudicare se non vuoi essere giudicato ***


Stefan Caroline

 

9. Non giudicare se non vuoi essere giudicato.

 

 

Siamo tutti quanti in cerca d’amore: lupi solitari con un grande cuore.

 

Ivana Spagna

 

 

Stefan era proprio lì, davanti a loro. Aveva i folti capelli biondo cenere in piedi, con un taglio regolare; gli occhi verdi lampeggiavano di rabbia e il sorriso che si era dipinto sul volto, era di sfida e di ribrezzo. Come poteva presentarsi lì, sputando sentenze? Pensò Damon, alterato per la spiacevole interruzione inaspettata.

Come sapeva dove trovarla? Considerò Elena, disturbata dalla presenza del suo ex ragazzo nonché fratello del ragazzo con cui si era appartata. Sapeva che non stava facendo nulla di male: Stefan l’aveva tradita, le aveva strappato e ridotto in brandelli il cuore, l’aveva lasciato senza che lui provasse a fermarla, o quanto meno, a darle una spiegazione razionale dell’accaduto e ora si faceva vedere davanti a lei stizzito per quello che stava facendo. Aveva avuto il coraggio di complimentarsi per la velocità con cui si era consolata. Quanto poteva essere meschino e falso quel ragazzo? Come poteva permettersi di rivolgerle la parola e di farla sentire sbagliata? Lui era nella parte del torto e non poteva pretendere nulla da lei. Il mondo funzionava al contrario evidentemente. Prese un respiro profondo e contò fino a dieci. Non si sarebbe arrabbiata. Stefan non meritava neanche un secondo in più della sua attenzione. Spinta da tale convinzione, riafferrò la mano di Damon, che aveva lasciato dallo spavento per l’apparizione di Stefan, e lo tirò per andar via, lontano da quello stupido ragazzino biondo.

Damon non era dello stesso avviso perché, in un primo momento, rimase fermo sul posto per poi lasciarsi guidare dalla giovane, non prima di aver sferrato un pugno in faccia al fratello. Stefan si massaggiò il volto, sputò un po’ di sangue e sorrise: conosceva Elena ma conosceva ancor di più Damon. Elena lo stava deliberatamente ignorando ma il moro, con quel gesto, dimostrava chiaramente il suo punto debole. Damon teneva ad Elena e per riaverla avrebbe insinuato dubbi nella testa del fratello. Che poi, perché Caroline non l’aveva avvertito della presenza di Damon? Forse non l’avrebbe dovuta ascoltare e sarebbe dovuto restare a New York: lo studio aveva bisogno di lui. Decise che non avrebbe dato nessun aumento a Caroline. Stefan ignorò i due giovani, che erano ancora lì davanti a lui, ed entrò nel ristorante.

«Devo andarmene. Non posso restare qui un minuto di più.» Elena si stava mordendo il labbro inferiore spasmodicamente. Non voleva più avere a che fare con Stefan e non l’avrebbe più voluto sentir nominare.

«Ti accompagno a casa.» Furono le parole di Damon.

«Casa? Quella non è casa mia.» Alzò di un’ottava la voce. Era stravolta. Stefan l’aveva ferita e continuava a farlo.

Damon si mise una mano fra i capelli, resi più scuri dal buoi della sera:«Non dovresti restare sola.» esalò in un unico respiro.

«Sono scappata in Canada. Ho messo 400 miglia di distanza tra la mia vecchia me, fra le mie inquietudini e i miei problemi per capire che avevi ragione tu: le mie paure sono ancora qui, mi hanno inseguito e non mi vogliono lascar andare. Ci ho provato. E’ stato tutto una grande bolla di sapone. E’ stato sbagliato. Devo allontanarmi da qui. Non posso star qui un minuto di più.» Le lacrime erano tornare a rigarle il volto smunto in modo copioso. La felicità, o almeno, quell’effimera sensazione, era scemata. Credeva di poter ricominciare ed invece si sbagliava. Damon la strinse a se. Le avvolse le spalle, la inondò del profumo di pino marino, la rassicurò con il suo tepore, sussurrandole parole dolci.

 
 

****
 

«Stefan, sei tu?» Elena aveva sentito un rumore e si affrettò ad uscire dalla doccia, avvolgendo la salvietta verde pistacchio al corpo. Il verde era il suo colore preferito, o meglio, lo era diventato. Era la nuance di quelle splendide gemme che aveva Stefan al posto degli occhi; era il colore dei prati e della natura che le ricordavano casa.

Nessuno rispose alla sua domanda ma a lei sembrava aver sentito qualcuno aprire e richiudere la porta della stanza condivisa del dormitorio.

«Stefan?» Lo richiamò. Nuovamente nessuna risposta. Si strofinò l’asciugamano e si mise la crema corpo che profumava di frutti di bosco. Probabilmente Stefan stava ancora dormendo.

Avevano passato la loro prima notte insieme: avevano spedito il compagno di stanza in camera di Caroline –Santa Donna-. Stefan le aveva preparato la cena a lume di candele e aveva cosparso il letto di petali di rosa. Era stato tutto perfetto. Le note romantiche di una canzone, che sarebbe divenuta la loro canzone; i baci sempre più profondi e passionali, la dolcezza nello sguardo di lui mentre la spogliava lentamente, provocandole piccoli brividi…

«Elena, ti ho preparato la colazione.» Stefan era entrato in bagno vestito solo con dei pantaloni sportivi, il petto scolpito e muscoloso in bella vista. Era tutto perfetto. Non poteva essere più bello di così.

 

****
 

«Sei contento adesso?» Rose era sfrontata anche se ubriaca.

«Non eri obbligata. Non eri obbligata a far nulla.»

«Non dire che non ti è piaciuto, che non puntavi a questo quando hai cominciato a ronzarmi attorno al bar.» Rose stava guardando Damon con stizza e rabbia.

«No. io volevo solo trovare una donna da portare a letto.»

«Oh, quindi tu sei acido perché non te l’ho permesso.»

Damon sbuffò. Aveva bevuto, come faceva ogni sera dalla morte della madre e come ogni sera, voleva un corpo caldo che concedesse distrazione ai suoi tormenti. “Nessun legame” era il suo motto perché nessuno era indispensabile, perché prima o poi, se ti affezioni a qualcuno, quello sparisce dalla tua vita, lasciandoti un vuoto nel petto e facendoti soffrire. Damon non era il tipo da storie serie, non lo era mai stato e non avrebbe iniziato adesso. Aveva la fortuna di assomigliare alla madre: lineamenti gentili, occhi chiari e labbra carnose. Praticamente le ragazze si gettavano ai suoi piedi, facendo a gara per avere le sue attenzioni. Crescendo era diventato ancor più bello e fare il modello gli permetteva maggior popolarità e più corpi caldi da appagare. Lui seduceva, prendeva e scappava alle prime luci dell’alba, senza mai lasciare un biglietto né una spiegazione alle malcapitate di turno. Rose era solo una ragazza difficile, più delle altre e questo lo faceva andar fuori di testa. Erano arrivati all’appartamento che condivideva con Rick e Klaus.

«E’ qui che abiti? Bel posticino.»

«Basta parlare.» Damon scese dalla macchina e le aprì la portiera.

«Uno che va al dunque non avrebbe mai aperto la portiera.» Constatò con occhi furbi la ragazza.

Il moro alzò le spalle con finta non curanza:«Mi hanno insegnato le buone maniere.»

«Non mi freghi, Damon. Tu vuoi fare il duro, magari usci il trucchetto della gara di bevute con tutte, le fai ubriacare, ti approfitti di loro e poi le abbandoni a letto. Non lasci né il numero nè un ringraziamento ma la verità è che hai paura di provare qualcosa.»

«Come ti pare.»

«Vedi. Ti sei chiuso in te stesso perché ho ragione. Non è vero?»

«Volevo farmi una sana scopata. Se avessi voluto una seduta psicologica, avrei preso appuntamento da uno bravo non da una mezza ubriaca che non sa quel che dice.»

«Bene, allora facciamolo ma alle mie condizioni.»

Cosa sentivano le sue orecchie? Rose aveva anche delle condizioni. Perché l’aveva abbordata? Perché, per una sera, non era rimasto a casa?

Rose si avvicinò, diede un bacio lento e passionale al ragazzo. Un bacio dolce. Un bacio di altri tempi: un bacio come quelli che si danno quando lei ti piace e vuoi chiederle di essere la tua ragazza, un bacio morbido, timido. Un bacio che segna un nuovo inizio e che non provoca paura, non ti suscita pensieri. Un bacio in mezzo all’Upper East Side in piena notte, al chiarore della luna e delle stelle. Un bacio fin troppo romantico per Damon Salvatore. Un bacio che l’avrebbe sicuramente incastrato. Non sapeva se era per il troppo bourbon o per le parole di lei, ma si lasciò andare. la trascinò lentamente verso l’ingresso del palazzo, senza staccarle le labbra di dosso. Non c’era fretta nei gesti né esitazione. Chiamò l’ascensore e lemme lemme le cominciò a togliere i primi vestiti. Arrivarono di fronte all’appartamento di Damon, con solo l’intimo che faceva da scudo.

«Se vuoi che mi fermi, lo devi dire ora.» Damon non era ragazzo da avvertimenti né di proposte. Tutto ciò che voleva, lo prendeva senza troppi giri di parole. Non era da lui lasciarsi coinvolgere. Non era da lui preoccuparsi dell’altra persona, non era da lui accettare delle stupide condizioni silenziose fatte di sguardi e gesti. Non era da lui, eppure lo stava facendo.

Rose si sfilò il reggiseno e fece scivolare le mutandine. Damon sarebbe finito nei guai ma per qualche strana ragione non se ne curò.

 

*****
 

«Bene, bene. Caroline e Alaric qui tutti soli. È un appuntamento romantico anche il vostro?» sputò sarcastico Stefan, una volta raggiunto il loro tavolo. Caroline lo guardò confusa:«Stefan… che cosa vuol dire “anche il nostro”?» mimò le virgolette con le mani.

«Ho visto Elena con mio fratello.»

«Io non sapevo che Damon fosse tuo fratello. Non sapevo neanche che ce l’avevi un fratello! –quando Caroline era arrabbiata cominciava a diventare tutta rossa e la vena della testa si faceva più marcata.- Quando l’ho scoperto…» Stefan non la lasciò finire spazientito dal vederla furibonda:«E non hai pensato di avvisarmi? Mi hai fatto fare tutte queste ore di viaggio per ritrovare Elena a sbaciucchiare mio fratello?» Stefan non avrebbe mai abbandonato lo studio “Salvatore&Salvatore” se non avesse avuto la speranza di riportare Elena a New York con lui. Caroline gli aveva dato tale sicurezza. La bionda non aveva menzionato a Damon e al ragazzo della zia di Elena. Le aveva rivelato che si trovavano in un ristorante per festeggiare il venticinquesimo compleanno della bruna e che lui sarebbe stato una sorpresa gradita. Non si sarebbe mai aspettato di vedere Elena con un altro ragazzo, per di più con suo fratello. Credeva che fosse affranta dal dolore. La sua Elena era riuscita a passare oltre. 

Alaric fu l’unico che sorrise. Era contento per Elena. Lei aveva sofferto troppo e questa era la sua rivincita. Aveva, però, paura per il suo migliore amico. Si stava incastrando in una situazione pericolosa e si sarebbe fatto male. Elena avrebbe perdonato Stefan e avrebbe lasciato un Damon innamorato in completa solitudine. Forse stava andando troppo avanti con la fantasia ma Elena amava Stefan. l’aveva sempre guardato con devozione ed amore. I suoi occhi erano molto espressivi: rivelavano più di quanto riuscivano a fare le parole. Che sguardo aveva riservato adesso, dopo il tradimento? Di quell’amore infantile, adolescenziale, puro era rimasto qualcosa?

Caroline si alzò dalla sedia e diede un abbraccio di conforto al suo migliore amico:«Mi dispiace Stefan. credevo che l’avremo riportata a casa. Mi manca Elena.»

Alaric sbottò con ira:«evidentemente non la consideri così tanto se sei venuta qui solo per tuo tornaconto.»

«Per mio tornaconto? Ma come ti permetti! Io sono la sua migliore amica.» disse a denti stretti la bionda.

«Se lo fossi, le daresti lo spazio che cerca. Lei non è pronta a tornare a New York. Non è pronta ad affrontare il ragazzo che l’ha pugnalata alle spalle.» Alaric sospirò contrito per aver alzato la voce.

«Elena non è pronta per il Canada. Lei si deve sposare!» spiegò quello che per lei era evidente, come se avesse davanti un bambino con dei seri problemi di comprensione.

Stefan le prese la mano e la fece voltare per guardarla negli occhi:«Caroline, Alaric ha ragione. Elena deve superare, elaborare, perdonare… Se le mettiamo pressione, la spingeremo a scappare più lontano.» Stefan sembrava aver afferrato il discorso di Alaric. Era la soluzione migliore per tutti.

«Lo sai che Elena ha solo bisogno di un input giusto. Lei ti perdonerà perché Elena vede il buono in tutti noi. Elena ci fa essere persone migliori.» Caroline era davvero cocciuta: come poteva professarsi migliore amica di Elena se non la capiva?

«Perché l’hai fatto?» Alaric sorseggiava un bicchiere di vino bianco, seduto in una posa rilassata. La sua non era una domanda posta con cattiveria ma solo per mera curiosità. Voleva capire il motivo che aveva portato Stefan a tradirla.

«Non lo so.» ammise.

Caroline si morse il labbro inferiore ma non riuscì a tenere a freno la lingua:«Non puoi non saperlo. Sapevi che stavi rovinando tutto!»

«Non credevo che lei mi avrebbe visto.» si giustificò.

«Vuoi dire che se non avesse aperto quella porta, tu avresti fatto finta di nulla?» Caroline aveva la bocca spalancata per lo stupore. La rabbia cominciava ad insidiarsi in lei: l’unica persona che riusciva a giustificarlo, classificando la sua “scappatella” come un momento di stress.

«Io e Bonnie…» tentennò mordendosi le labbra.

«Non era la prima volta, vero?» domandò a denti stretti Alaric, ormai convinto che Stefan aveva tradito Elena numerose volte.

Il ragazzo improvvisamente aveva la gola arsa e rispose con un lento cenno del capo. Ammise la sua continua colpa, il suo continuo errore nel ricercare il corpo di un’altra persona; il corpo di una persona diversa dalla sua futura moglie.

«Perché volevi sposare Elena se ti divertivi con Bonnie a sua insaputa?» Caroline alzò il tono di voce e tutte le persone sedute a cenare nel bistrott si girarono verso di lei, compreso Enzo che in quel momento reggeva dei piatti fumanti di grigliata mista di carne.

«Era la cosa giusta da fare. Avrei scelto l’amore più giusto. Elena avrebbe fatto tutto per me; Bonnie sa tenermi testa, ribatte, mi fa impazzire. Elena è buona. Elena sa di mirtilli rossi, di fragole e primavera. Elena è altruista. Elena ama come nessuno è in grado di fare. Con Elena è tutto più facile. Elena è un posto sicuro. Bonnie è una persona impulsiva, diretta, avventata. Elena è sicurezza mentre Bonnie è… lei è…» Stefan cercò le parole giuste per definirla ma fu interrotto da Alaric.

«Non dovresti essere qui. Non dovresti scegliere una persona solo perché ti fa stare bene. In coppia si devono trovare compromessi, ci si tiene testa, si litiga ma c’è amore e fiducia reciproca. Una persona non merita di essere amata a metà.»

«Ma io ho scelto Elena. Quella sarebbe stata l’ultima sera con Bonnie. Le stavo dicendo addio.»

«E dici addio a tutte con una scopata?» Caroline non era solita essere esplicita né scendeva nella volgarità ma Stefan si stava scavando la fossa da solo. Quale donna vuole condividere il cuore dell’amato con un’altra? Lei non l’avrebbe mai voluto né per lei né per la sua amica. Si era sbagliata su Stefan. Elena meritava di meglio.

«Caroline non fraintendermi. Io amo Elena. Lei è stata il mio primo amore ma Bonnie… Io non so cos’abbia Bonnie. Lei è diversa.»

«Volevi toglierti un prurito intimo e sei stato con Bonnie mentre preparavi il tuo matrimonio! Ti saresti sposato, Stefan!»

«Lo so ma io amo Elena e amo Bonnie. Solo che amo di più Elena.»

«Non puoi promettere ad una persona fedeltà eterna, se l’hai già tradita. Come puoi guardarti allo specchio?»
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OooooO
 

Buonasera a tutti =)

Conoscete la storia 
L'amore imperfetto ? No? Filate a leggerla =) E' ovviamente una Delena veramente molto avvicincente. La storia, inizialmente inizia con una bella vacanza in crociera. Peccato che io non abbia mai visto Damon in costume... XD

Tornando a noi, io ve la consiglio. 

Parlando della mia ff: chi l'avrebbe mai detto che Stefan fosse innamorato anche di Bonnie?  Spero di avervi sorpreso.

Un'ultima cosa: avete voglia di schiacciare 
questo link? Grazie =)
A prestoooo!!

 


 

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Capitolo 10
*** 10. Se hai amato era amore, non è mai un errore. ***


Ciao a tutti... Ho una piccola domanda prima di iniziare: le immagini che inserisco all'inizio di ogni capitolo si vedono?? Fatemi sapere, grazie ;)





Elena Stefan portico

 

10. Se hai amato era amore, non è mai un errore

Un vero Uomo è colui che ha imparato ad amare prima di imparare a far l'amore, colui che si emoziona e versa lacrime senza preoccuparsi di essere "un duro", colui che sa far ridere una donna e all'occorrenza asciugarle le lacrime. Un vero Uomo è quello che sa guardare dritto negli occhi una donna e dirle ti amo, quello che non ha bisogno di cambiare, che non ha bisogno di una seconda possibilità, quello che ti allunga la mano e ti porta in paradiso. Un vero uomo è quello che non sfugge alle prime difficoltà ma aspetta anche le seconde per sfidarle, è quello che non sta con un piede in due scarpe ma le usa per camminare insieme alla donna che ama, è quello che, nonostante il periodo nero, vede sempre a colori. Un vero uomo è quello che si distingue, che "cancella" una donna difficile, che ti migliora la vita anche quando la vita ti ha peggiorata. Un vero uomo non ti chiede nulla in cambio perché dietro un vero uomo ci sei solo tu.

(Claudio Cassani)

 

 

 

«Come stai?» Damon era sdraiato a fianco di Elena, in quell’enorme letto a due piazze della sua camera.

«Voglio comunque andarmene.» Si stropicciò gli occhi gonfi di pianto e carichi di inquietudine.

«Posso venire con te?» chiese il ragazzo con un sorriso rassicurante. Elena lo osservò insicura. Da un lato le sarebbe piaciuto avere accanto Damon, la sua allegria la catturava, il suo sorriso la faceva vacillare, i grandi occhi azzurri la stregavano e il suo modo di essere rassicurante, deciso e sicuro la faceva sentire protetta e forte, proprio come si sentiva in quel momento: indistruttibile. Le sarebbe stata utile una guida ma… Le congiunzioni “ma” e i “però” la fecero desistere.

«Non credo sia una buona idea e poi Alaric è venuto qui per farti scrivere. Non hai tempo di correre dietro ad una ragazzina insicura e ferita.» Era vero. Damon doveva pensare al lavoro e non aveva tempo da dedicare ad una persona conosciuta pochi giorni prima.

«Non sono più riuscito a scrivere nulla dalla morte di Rose. Lei mi ha curato pazientemente, ha preso e rattoppato il mio cuore.» Gli occhi del moro si rabbuiarono riempiendosi di tristezza.

«Cosa le è successo?» Elena si avvicinò a Damon e gli sfiorò il braccio. Voleva fargli sentire tutto il suo sostegno e Damon si lascò andare, si liberò di quelle barriere che si era costruito e condivise la sua relazione, il suo passato, i suoi calli.

«Rose… lei era amante della droga. Mi ha fatto credere che abbiamo tutti un’occasione, che nessuno può star male eternamente. Mi ha spronato a pensare, a gioire, a provare qualcosa di positivo e poi se n’è andata. Stroncata da un’overdose.»

«Ci sarà qualcosa sotto. Lei non poteva insegnarti ad amare se si odiava.» Elena nonostante tutto era ottimista perché non credeva che chi fosse in grado di amare sinceramente potesse pugnalare alle spalle senza una vera giustificazione.

«Mi ha preso in giro, Elena.» disse a denti stretti, con il cuore che pulsava impazzito.

«Mi rifiuto di crederlo e dovresti farlo anche tu.» Elena sollevò la schiena e si appoggio alla testata del letto, con le braccia incrociate all’altezza del seno. Damon copiò la sua posa, sbuffò e disse:«Cosa cambierebbe? Lei è morta.» constatò flebilmente con gli occhi chiusi, preservando il ricordo di quella donna selvaggia e sfrontata. La sua donna. Damon non aveva mai creduto nell’amore o meglio, aveva smesso di crederci. Si era innamorato perdutamente della sua professoressa di storia alle superiori. Lui le aveva regalato tutto quello che poteva: il suo batticuore, le guance arrossate, il respiro lento dopo il piacere fisico, la prima volta ma lei non aveva lasciato il marito. Credeva di essere ricambiato dal suo primo amore ma Damon era solo un’avventura di poco conto, una distrazione per una donna che non voleva invecchiare. Rose non era la prima che tentava di insegnarli ad amare ma era l’unica che aveva avuto pazienza nel saperlo aspettare e poi se n’era andata. Nessuno restava al suo fianco a lungo.

«Lei è morta ma tu no. Tu non devi privarti dell’amore solo perché sei stato “trattato male”. Si cade e ci si deve rialzare.»

«Ma ti senti? Ieri sera eri distrutta da Stefan. Preferiresti scappare piuttosto che affrontarlo.» Spostò l’argomento su di lei perché non voleva più continuare una conversazione incentrata su di lui. Non voleva più essere vittima di pensieri troppo scomodi.

Elena annuì: «Lo so ed è per questo che troverò la forza di andarci a parlare.» Si alzò dal letto più combattiva e con una nuova forza.

«Damon, potrei aver bisogni di una mano però…»

Il ragazzo lo scrutava dubbioso ed in attesa.

«Non posso prenderlo a calci in culo da sola.»

I loro occhi sorridevano felici.

 

***

 

«Adesso vattene. Io e Alaric ti abbiamo fatto dormire sul divano solo perché siamo troppo buoni e stupidi! Io e te lavoreremo insieme e nulla di più. Non saremo più amici.»

«Caroline, quello che ho fatto… io non mi pento di quello che ho fatto. Si possono amare due persone contemporaneamente.» chiarì spazientito.

«No che non si possono! L’amore deve essere esclusivo. Si ricerca un’altra persona per coprire la mancanza di qualcosa. Non hai lasciato Elena perché avevi paura di restare solo, eh Stefan?» La bionda si stava arrabbiando e se avesse potuto, gli avrebbe staccato la testa a morsi. Aveva riferito a Stefan di aver trovato Elena. Entrambi erano preoccupati per lei ma Caroline aveva fatto un errore. Non avrebbe dovuto intromettersi. Stefan aveva tradito la sua amica, le aveva spezzato il cuore e lei cosa aveva fatto? L’aveva chiamato per farli tornare assieme perché era amica di entrambi ed ambedue soffrivano. Perché era stata così cieca? Aveva sbagliato. Lei commetteva innumerevoli errori e il più grosso l’aveva riservato alla persona di cui era innamorata.

«Caroline, me ne occupo io.» Elena era scesa dalle scale e si era fermata sull’ultimo gradino con Damon al suo fianco.

«Se ne stava andando.» Caroline si risvegliò dai suoi pensieri ed avvicinò ancor di più la porta alla faccia di Stefan ma Elena la fermò:«Ci penso io.» ribadì con voce ferma. Caroline la guardava con quegli occhi azzurri ricolmi di incertezza e dubbio. Si spostò dalla porta solo perché Elena le riservava uno sguardo sicuro. La bruna si girò verso Damon e annuì impercettibilmente.

Ora Elena era sola in compagnia di Stefan e si richiuse la porta alle spalle.

«Elena, mi dispiace tanto per quello che è successo. Non avresti dovuto scoprirlo in quel modo.» Stefan riusciva ancora a guardarla negli occhi nonostante le menzogne. Elena era stufa di sentirlo parlare. Era stufa di averlo vicino. Voleva che se ne andasse perché adesso non aveva la forza di perdonarlo né di ragionare lucidamente.

«L’avrei comunque scoperto, non importa la modalità.»

«Io te l’avrei detto. Ti avrei spiegato le mie ragioni.»

«Fallo. Sono tutta orecchie.» Si spostò malamente una ciocca di capelli che le ricadeva sugli occhi.

«Io scelgo te. Tu per me…» Venne interrotto dallo sbuffare di Elena.

«Voglio sapere tutto dall’inizio. Da quanto andava avanti con Bonnie?» La mora incrociò le braccia al petto stanca. Stefan le aveva tolto tutto: il sorriso, gli occhi felici, le sensazioni leggere. Le aveva lasciato tutto il male che poteva offrirle: lacrime, inquietudine, tristezza. Era come un campo incolto irto di erbacce.

«Beh.. ecco.»

«Dimmelo!» Alzò la voce alterata.

«Siediti Elena.»

«No. Ti sto concedendo del tempo. Si uomo e prenditi le tue responsabilità.» Tuonò.

«Io e Bonnie abbiamo cominciato a frequentarci a marzo.» confessò mordendosi le labbra ormai livide. Sembrava un bambino che non sapeva come dire alla mamma di aver preso un brutto voto a scuola.

«Quindi 5 o 6 mesi fa.»

«Lo scorso marzo.» La corresse abbassando lo sguardo al parquet di noce.

«Più di un anno, Stefan? Mi hai mentito per più di un anno?» Elena scosse la testa, si morse l’interno della guancia, chiuse le mani ma si costrinse a non arrabbiarsi, più di quanto non lo era già.

«Non ti ho mentito.»

Elena lo guardò con gli occhi incendiati dalla rabbia.

«Si, ti ho mentito.» Stefan aveva anche il coraggio di prenderla in giro. Se fosse stata “Saw l’enigmista” avrebbe provato piacere nel torturarlo ma trovò la forza di domandare quello che più le interessava, quello che più la feriva e la opprimeva, mettendo da parte la rabbia: «Perché mi hai chiesto di diventare tua moglie?»

«Io volevo –si corresse mandando giù un po’ di saliva in quella gola arsa.- Io voglio sposarti perché il mondo senza di te è ricoperto da una coltre grigia. Io ho condiviso molto con te. Sentivo che tu eri la persona giusta per me.»

Elena costrinse le lacrime a non uscire dagli occhi, inghiottì della saliva e tentò di calmare il dolore sordo che le stava attanagliando anche le viscere.

«Perché Bonnie?»

Stefan si sedette sui gradini del portico ed invitò Elena a fare altrettanto. Lei voleva stargli il più lontano possibile ma sentiva le forze venire meno e si costrinse a sedersi.

«E’ successo. Ci eravamo avvicinati solo per discolpare la madre dalle accuse di furto. Mi sono reso conto di non provare per le amicizia. Il nostro rapporto era qualcosa di più passionale. Non l’ho voluto. Io non avrei mai voluto innamorarmi anche di lei. Volevo lasciarla ma non riuscivo, non potevo. Lei è importante come lo sei tu. Sono partito per lavoro. Vi sono stato lontano per due settimane ma soffrivo la mancanza di entrambe. Ho scelto te ma mi rendo conto che non posso scegliere una di voi due. Io vi amo entrambe. So che ti perderò per sempre, e che forse l’ho già fatto ma non posso più mentirti per tenerti legata a me.»

Elena trovò l’energia in una parte recondita, trovò il modo di rispondere allo sproloquio di Stefan e lo fece con sincerità perché lei era sempre stata onesta e non sarebbe cambiata adesso. Non sarebbe cambiata per il dolore che le aveva e le stava procurando Stefan. Qualcuno meritava tutto il suo amore. Lei meritava di essere amata per il suo sorriso caldo, i suoi lunghi capelli setosi –non più adesso-, il suo profumo che ora ricordava le albicocche e non più le fragole, per la sua sincerità, per le sue insicurezze, per la sua testardaggine e per la sua positività ed allegria.

«Avresti dovuto dirmelo. Avresti dovuto parlarmene. Non avresti dovuto nascondermi nulla: l’esistenza di un fratello, le origini di tua madre, il rapporto con Bonnie. Credo che tu stessi con me solo per paura di restare solo. Che rapporto può accontentarsi di questo? Se fossi stato sincero con me forse, avrei potuto accettare un rapporto non esclusivo. Non avrei rinunciato a te, ti avrei detto:”Ama entrambe se è quello che ti fa felice” perché la tua felicità può andar al di sopra della mia, perché la tua felicità è la mia e l’avrei accettato piuttosto che obbligarti a fare una scelta che ti avrebbe fatto male.»

«Ecco perché mi piaci. –Sorrise mesto- Tu sei altruista. Ti sacrificheresti per il mio bene ma non è giusto. Tu meriti di essere felice e con me non lo puoi essere. Ero convinto che avremo avuto una bella famiglia felice ma hai ragione. Ti ho nascosto troppe cose.»

«Perché non mi hai parlato della tua famiglia?» Ormai le lacrime le ricoprivano il volto. Si sentiva svuotata e spossata.

«Credo di non essere pronto per questo.»

«Eri pronto a sposarmi ma non sei pronto ad aprirti con me.» Gemette straziata dal dolore che le pulsava sottopelle. Percepiva un vuoto opprimente all’interno del petto, come se un proiettile le avesse colpito il cuore.

«Mi dispiace Elena.»

«Centra tuo padre, non è così? – Si rispose da sola- Si certo. lui è sempre stato la causa dei tuoi sbalzi d’umore. Magari è stato lui a consigliarti di trovare un’altra donna.» La ragazza era ricolma di rabbia, di delusione, di sofferenza. Stava provando troppo emozioni tutte assieme che la rendevano confusa e fredda.

Nel frattempo all’interno della casa Caroline e Damon ascoltavano con l’orecchio attaccato alla porta, dimenandosi per farsi più spazio.

«Non ve l’ha mai detto nessuno che non è educato origliare?» Alaric stava scendendo le scale per raggiungere la cucina.

«Zitto. Elena ha appena accusato il dr. Salvatore di avere una cattiva influenza su Stefan.»

«Beh, è vero. Stefan è la copia di mio padre.»

«Damon dov’è la colazione?» Alaric era uscito dalla cucina con una faccia sorpresa e dispiaciuta.

«Non ho avuto tempo.» scrollò le spalle, facendosi più spazio tirando una gomitata a Caroline.

«Questo è assurdo. Smettetela di stare attaccati a quella dannata porta e concentriamoci a preparare qualcosa da mangiare. Avrà fame anche Elena.»

A malincuore i due giovani ascoltarono Alaric e si diressero in cucina.

«Damon è un cuoco. Lui potrebbe cucinare mentre io scopro di più. Sembra che la faccenda si faccia più interessante.»

«Io non sono un cuoco. Tu, da donna, dovresti avere un talento naturale con i fornelli.»

«Elena è brava a cucinare. Io purtroppo brucio qualsiasi cosa.»

«Basta! Oggi Damon ci insegnerà a fare i croissant e berremo caffè au lait.»

«Non possiamo andare a Mile End per un brunch?»

«Ottima idea Damon. Possiamo tornare alla porta adesso?»

 

***

«Mio padre non centra.»

«Perché sei qui, se vuoi escludermi? Non sarebbe stato meglio se fossi rimasto a New York?» Elena si stava mordendo convulsamente le labbra. Non ce la faceva più. tutto questo era troppo per lei. Dov’era Damon? Necessitava della sua presenza. Aveva bisogno di guardare quegli occhi chiari e profondi che riuscivano a tranquillizzala, come avevano fatto più volte in quei giorni. 

Stefan rassegnato allisciò i jeans e fece il discorso più difficile della sua vita; lui che era abituato a ribattere, lottare a furia di obbiezioni per vincere un processo, si trovava in difficoltà a confessare:«Mio padre mi ha fatto credere che mia madre fosse stata uccisa per colpa di Damon. Era il 23 maggio. Io ero in ufficio per l’ultimo giorno di tirocinio. Mi stavo trattenendo anche se avrei potuto andarmene perché ero il figlio del capo, ma non ho mai amato le preferenze. Mio papà non era stato in ufficio tutto il giorno. Ricevetti una chiamata. Mi dissero che mamma era al New York Hospital ferita da un’arma da fuoco. Il giorno dopo mia madre non ce l’aveva fatta: era deceduta. Mio padre disse che erano stati dei mafiosi per un regolamento dei conti. Disse che Damon gli aveva imbrogliati e che loro ci avevano punito portandoci via mamma. Non mi ero dato pace. Avrei cancellato l’esistenza di mio fratello. Mio fratello non esisteva più per me. Solo due anni dopo scoprii la verità: mio papà aveva detto che Damon non era suo figlio e che lo odiava e voleva che lo odiassi anch’io. Questo fu il motivo delle mie indagini segrete. Scoprii che chi aveva ucciso mia madre era lì per vendicarsi di mio padre. Lui si era messo in mezzo per sventare il più grande traffico di bambini. Aveva fatto arrestare i responsabili, tranne uno: il padre di Bonnie. Io l’ho aiutata e sono riuscita a scagionare sua madre dalle accuse infondate di furto e spedire suo padre in prigione per ciò che aveva commesso.»

Elena si avvicinò a Stefan e li strinse la mano sussurrando un “grazie” che valeva più di mille parole. Finalmente sapeva tutto. Stefan aveva trovato la forza di parlare e lei poteva andare avanti con la sua vita. Aveva capito che la famiglia Salvatore viveva di incomprensioni, rancore ed infelicità. Come si può essere sereni se si continua a rimuginare sul passato? Elena pensava al piano insensato del dr. Salvatore: far odiare due fratelli, facendo nascere disprezzo dove prima vi era amore. Possibile che Stefan aveva creduto al padre senza battere ciglio? Stefan negli anni era diventato succube del padre ma aveva sempre ragionato con la propria testa.

«So che stai pensando. Avrei dovuto parlarti di Damon ma avevo un conflitto con me stesso.»

«L’avremo superato assieme. E’ quello che si fa quando si è una coppia.»

«Forse mi sono innamorato di due persone perché mi manca qualcosa. Non avrei mai messo il piede in due scarpe se ti avessi raccontato tutto.» constatò turbato.

«Forse il nostro rapporto non era quello che volevi. Io non ti bastavo perché sono “la solita perfetta Elena”.»

«Di notte parli nel sonno e tiri calci.»

Scoppiarono a ridere, nonostante le delusioni erano ancora lì a scherzare assieme. Nonostante le lacrime che aveva versato per colpa sua, Elena lo stava già perdonando. Magari avrebbero imparato a riamarsi e a bastarsi. Magari un giorno sarebbe diventata la signore Salvatore; ma quel giorno non era adesso. Aveva bisogno di staccare, di rattoparsi il cuore. Doveva restare sola. Avrebbe mandato a casa Stefan e Caroline e avrebbe chiesto scusa a Damon per il disturbo. La sua avventura per il Canada sarebbe iniziata presto. Aveva trovato una nuova forza: non avrebbe più pianto perché il sorriso sarebbe stata la chiave delle sua felicità. Non si sarebbe più fatta abbattere da nulla.

«E’ meglio che io torni a New York. Lo studio non va avanti senza di me.»

«Portati dietro anche Caroline. Ti prego.» Risero. Sapevano che Caroline era una testa dura.

«Credo di aver perso anche lei.»

«Dovresti parlarle con sincerità. Caroline non è stupida. Capirà che non è stata colpa di nessuno. Capirà che l’amore si insidia ovunque. Anche in quella persona che mai avremo pensato e lotteremo per non lascarci coinvolgere da quel sentimento, combatteremo per non viverlo ma poi… il cuore prenderà il sopravvento sulla ragione e ci batteremo per averne di più.»

«Tu sei disposta a perdonarmi. Sei disposta a mettere una pietra sopra a tutto questo e torneresti con me.» Constatò il biondo, guardandola nei suoi profondi occhi scuri.

«Si, è vero. Probabilmente lo farei. Ti perdonerei e ricomincerei da capo ma ora come ora, non posso farlo. Mi hai ferito. Sei riuscito a strapparmi con tale irruenza il cuore che non so se ce l’ho ancora. Dovrei perdonarti, scusarci con gli invitati del matrimonio e sposarci ma ora so la verità. Ora so che tu mi hai tradito per amore. Se tu amassi davvero me, come pensi, non l’avresti mai fatto. Io ti sarei bastata. Mi hai nascosto troppe cose. Non ti sei fidato di me, o forse, ti vergognavi di te; non lo so. Io non sono fragile. Potevo sopportarlo. Ti avrei sostenuto nella ricerca di spiegazioni ma tu mi hai escluso perché pensi che io abbia una vita perfetta e non volevi che giudicassi la tua, ma io ti ho amato con tutto il cuore e mai ti avrei giudicato. Ora posso dirti che sei uno stronzo, un uomo senza palle e sono felice di aver avuto questo confronto per capire che io non sono sbagliata. Io ho sbagliato a darti la mia completa fiducia, a farti poche domande. Io avrei dovuto capire che c’era qualcosa che non andava ma ho fatto finta di nulla perché ti portavi dietro il tuo malumore per lo stress da lavoro. Si sono aggiunti i preparativi del matrimonio e tu eri sempre più nervoso. Avrei dovuto capire dai segnali che lanciavi che ti turbava qualcosa ma non l’ho fatto. Noi non siamo fatti per stare insieme. Non ci comprendiamo. Non lo facciamo più da tempo. Mettiti nei miei panni: ti ho visto steso sopra di Bonnie, una delle miei più care amiche, e ora so che non è stato un errore. Non posso far finta di nulla. Non più..»

«Lo so. Prenditi tutto il tempo che ti serve. Un giorno, magari non troppo lontano, potremo rivederci e capire se resta ancora qualcosa di noi.»

Elena annuì dolcemente e li prese la mano, facendosi forza per alzarsi dai tre gradini del portico. Stava per rientrare quando Stefan le domandò:«Perché sei venuta in Canada?»

«Mi è sempre piaciuta l’idea di prendermi un anno sabbatico per visitare un posto nuovo. Avrei voluto visitare il Canada per la nostra luna di miele. Quando ho preso il biglietto aereo ho pensato che tu non ti saresti mai preso una pausa così lunga dall’ufficio. Mi ero solo fatta un’altra stupida illusione pensandolo.»

«Spero che tu sia felice.» La sua era una frase sincera. Stefan l’aveva ferita e sperava che trovasse la felicità perché se lei fosse stata felice lo sarebbe stato anche lui. E non gli importava se avrebbe sofferto per la sua perdita perché forse era giusto così. E si accorse si sperare che la persona che le sarà a fianco sia migliore di lui e che possa donarle il doppio dell’amore che le avrebbe dato lui.

«Lo spero anch’io.»

Elena entrò in casa e trovò Damon, Caroline e Alaric che facevano finta di fare yoga, poco distanti dalla porta d’ingresso.

«Avete ascoltato tutto, non è vero?» Non sapeva se esserne arrabbiata o felice e scoppiò a ridere perché aveva degli amici pazzi che le volevano bene.
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 Buonasera a tutti e ben trovati =)
Oggi ho un po' di cose da dire. 
Questo capitolo è stato un parto. Ho ancora paura che la reazione di Elena sia troppo piatta. Poi stiamo parlando di un capitolo tutto Stelena perchè mi sembrava giusto che avessero un confronto. Caroline ha capito di aver commesso un errore a chiamare Stefan e non ne vuole più sapere di lui. Elena, invece, all'inizio è piena di energie poi man mano che i tasselli del puzzle vengono ricomposti, comincia a perdersi. Ad un certo punto vorrebbe che Damon fosse lì e l'aiutasse. Capirà verso la fine del capitolo che tutti erano intenti ad ascoltare la sua conversazione con Stefan. 
Spero che il lavoro finale vi sia piaciuto.
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate. ;)
Ci sentiamo presto

p.s. per chi non l'ha ancora fatto: vi invito a visitare 
questo link.

 Grazie
 

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Capitolo 11
*** 11. Buongiorno a chi vuol essere felice e domani chi se ne frega. ***


Damon Stefan

 

11. Buongiorno a chi vuole essere felice e domani chi se ne frega. A Curnetta

 

Qualcuno entra nella tua vita bussando alla tua porta delicatamente, quasi non volesse disturbare…

Ha gli occhi limpidi e la voce pulita, Le gambe stanche di chi ha viaggiato su lunghi e faticosi sentieri per poterti raggiungere. Non ti chiede nulla, solo di conoscere la tua anima. Ti porta sincerità, in cambio della verità e per ogni sua carezza, la pretesa è solo un tuo sorriso. Ci sono uomini che ti scelgono per amarti, perché nessun’altra vorrebbero al posto tuo. Nessuna tranne te.

 

 

Mile End era un quartiere bohémien della città di Montreal, ribattezzato da molti studenti “nuovo plateau”, sobborgo più giovane e vivace ma con prezzi più contenuti ed abbordabili. Questa zona è rinomata per le rivendite di bagel, imperdibile ciambella della tradizione ebraica a forma di grosso anello. Mile End conserva un’atmosfera multiculturale: infatti accanto a ristoranti greci si trovano chiese in stile neobizzantino polacche.

«Il brunch mi ha ricordato la mia amata New York. Non vedo l’ora di tornare per sfoggiare le mie adorate Manolo. Le ho comprate in uno di quei magazzini con le offerte a fascia oraria. Ho lottato con una rossa spocchiosa per aggiudicarle. Nessuno può battere Caroline Forbs.» disse entusiasta la bionda, cercando di alleggerire il clima teso del gruppo. La colazione era stata un fallimento: lei si era ritrovata a socializzare con Alaric e a parlare dell’ultimo affascinante film di fantascienza in uscita. Damon aveva guardato in cagnesco Stefan e sembrava pronto a scattare se il fratello avesse rivolto un’occhiata ad Elena. Quest’ultima seduta accanto al moro, non staccava gli occhi dal suo piatto e quando parlava si complimentava per il cibo e per il locale.

«Puoi tornare con Stefan.» suggerì Damon con una punta di rancore nella voce.

«Credo sia una buona idea.» confermò Elena riservando un sorriso caloroso al moro.

«Forse è meglio che io tolga il disturbo.»

«Si, forse è meglio.» approvò Damon.

«Si può sapere cosa vuoi da me, Damon? Eh?» Sbottò infastidito Stefan, facendosi contro al fratello. Damon li diede una spinta e Alaric si mise in mezzo ai due:«Volete fare una rissa? Bene ma scegliete un posto più discreto. Qui in mezzo ad una delle vie principali di Mile End non è il caso!»

Elena si avvicinò a Damon sfiorandoli delicatamente la guancia, cercando di calmarlo:«Damon non ne vale la pena.»

«Smettila di difenderlo. Ti ha preso in giro per tutto il tempo, non mi ha più rivolto la parola perché pensava che io avessi ucciso nostra madre e mi ha nascosto la verità! Io non sono suo fratello. Come posso non picchiarlo per quello che mi ha fatto?» sbottò alterato gridando in mezzo a Rue Saint-Viateur.

«Provagli che tu vali più di questo. Dimostragli che si sbaglia. Lui vuole provocarti.» Elena lo guardava con quegli occhi grandi carichi di dolcezza ma Damon era stufo di tutta quella situazione e le rispose infastidito:«Mi dispiace Elena ma è una questione di famiglia.»

«Se lo picchierai, cosa avrai ottenuto?» insistette di nuovo, testarda.

Damon era ferito dalla mancanza di sincerità dei suoi familiari. Suo padre aveva smesso di considerarlo il giorno del terzo compleanno di Stefan. Damon si era fatto male e il padre l’aveva portato in ospedale dal suo amico, il dr. Fell. Dopo averlo medicato era stato sottoposto a degli esami del sangue perché dovevano controllare se stava diventando “grande”. Lui orgoglioso aveva mostrato il braccio e si era lasciato bucare senza fare nessuna smorfia di dolore, vincendo una caramella e una carezza affettuosa dal padre. Quello era stato l’ultimo gesto d’amore del dr. Salvatore; era stata l’ultima giornata che avevano trascorso assieme. Da lì in poi Giuseppe trovava sempre una scusa per non dedicarli attenzione mentre passava tutto il tempo con il figlio minore. Non gli aveva più parlato del progetto della “Salvatore & Salvatore Enterprise” né l’aveva più spinto a laurearsi. Veniva accusato di essere un perditempo, un incompetente, un ragazzaccio e alla fine ci aveva creduto. Non aveva mai concluso nulla. Grazie alla sua bellezza posava come modello per i fotoromanzi. Ci aveva messo un po’ a convincere i ragazzi a dargli una possibilità. Aveva iniziato a scrivere da lì e grazie a tutta la troupe che lo sosteneva, aveva iniziato a frequentare un corso di scrittura. Tutto stranamente filava liscio. Giuseppe aveva smesso di avere il controllo su di se, la madre lo incoraggiava a coltivare le sue passioni, Stefan comprava tutte le settimane il giornale sul quale venivano pubblicate le storie del fratello e le appendeva orgoglioso in camera. Giuseppe cercava in tutti i modi di distogliere l’orgoglio di Stefan dal fratellastro e ci riuscì. Damon aveva perso tutto quel 23 maggio. Il 23 maggio uno tsunami abissale l’aveva investito e l’aveva fatto a pezzi. Aveva perso la donna più importante della sua vita e Stefan non si era fatto abbracciare da lui. Si trasferì in un appartamento dell’Upper Est Side con Rick e Klaus, lasciando un biglietto con il suo nuovo recapito ma nessuno l’aveva mai contattato. Damon non aveva più niente. Quelle piccole ma importanti cose che lo rendevano felice. Ora a 28 anni aveva perso completamente la stima del padre anche se Rose aveva tentato di far da paciere. Damon si era illuso un’altra volta. La sua vita era un’illusione continua perché nessuno può essere in grado di amare una persona completamente sbagliata come lui. Elena si avvicinò e lo strinse forte. Non disse una parola ma gli carezzò dolcemente i capelli corvini. Aveva capito dal solo sguardo che Damon stava combattendo con degli scheletri e voleva farli sapere che non era solo. Non più. Lei lo avrebbe aiutato.

 

«Ho un’idea. Ieri sera siamo andati al locale della famiglia di Damon, giusto?» Caroline aveva abbassato improvvisamente la voce e si stava rivolgendo ad Alaric che in tutta risposta annuì dubbioso.

«Andiamo lì e chiediamo ad Enzo di chiuderli in cantina. O si ammazzano o chiariscono.»

Il biondo si grattò la testa con un’espressione accigliata e tesa. Non amava costringere le persone a fare qualcosa che non volevano ma il suo migliore amico aveva bisogno di un confronto. Sapeva quanto l’aveva distrutto l’abbandono del fratello minore ed era per quello che quando aveva capito che il ragazzo di Elena e il fratello di Damon fossero la stessa persona, ne aveva parlato con Rose. Avevano pensato ad un piano perfetto per farli incontrare “casualmente”. Tutto era pronto ma purtroppo, con la morte improvvisa della giovane, non ebbe più il coraggio di realizzarlo.

«Ok.- acconsentì Rick- Ci troviamo là per le 13.»

 

***

Viene chiamata sala d’attesa quel piccolo posto con sedie attaccate e scomode. C’è una piccola televisione accesa sul canale delle notizie ma Damon non sente nulla. Ascolta solo il ticchettio fastidioso dell’orologio appeso alla parete. E’ seduto in una posa scomoda, rannicchiato su se stesso con le mani giunte in segno di preghiera. I suoi occhi azzurri sembrano il mare in tempesta da quanto sono lucidi e pieni di preoccupazione. Si morde le labbra convulsamente e ha un macigno in petto. Fa fatica a respirare da quanto sia teso, come le corde di un violino troppo tirate, che ad un sol tocco si spaccano. Non è arrivato in tempo. Lexi gi aveva chiesto di essere in orario perché aveva una sorpresa per lui. Purtroppo era stato inghiottito dal traffico newyorkese e si era chiesto più volte il motivo per il quale avesse ascoltato i suoi genitori e non avesse comprato una moto per sgattaiolare nelle vie sempre affollate e congestionate della sua città. Era quasi arrivato al suo palazzo quando un suono prepotente di sirene l’aveva risvegliato dai suoi pensieri. Afferrava il volante con forza ma non appena vide l’ambulanza, uscì dal veicolo e corse al suo stabile, non curante dei clacson e degli insulti degli altri automobilisti. Salì le scale a due a due e trovò fuori dal loro appartamento degli agenti della polizia, che li impedivano il passaggio e dettero poche informazioni: “proiettili, donna, sangue, ospedale”. Riuscì a captare da quanto la sua mente viaggiava su altri binari. Si fiondò di sotto, lasciando i poliziotti senza parole e telefonò avilito al padre. Fu conciso e diretto. Non si aspettava di udire delle lacrime dall’altro capo del telefono e questo lo inchiodò sul posto. Lui stava correndo in preda all’ansia Dio solo sa dove e fu risvegliato da quei muti sospiri irregolari e dal suono di singhiozzi incessanti. Non aveva previsto la reazione e non credeva di star compiendo la stessa azione angosciata finché non si toccò il volto. Lacrime silenziose lo avevano invaso senza che lui le avesse invocate. Riagganciò senza dire una parola e riprese la sua corsa disperata verso il New York Hospital. Se avesse preso un taxi non sarebbe più arrivato a destinazione per via dell’orario di punta. Si mise a correre come un pazzo, urtando passanti che imprecavano al suo passaggio, scansando cestini e passando col rosso. Arrivò in ospedale trafelato, grondate di sudore e con il cuore che pulsava in modo innaturale. Sorpassò la fila del pronto soccorso e chiese alla receptionist informazioni. Fu solo per via della sua disperazione che la ragazza gli aprì la porta e chiese ad un collega di accompagnarlo fuori dalla sala operatoria. Erano passate tre ore e non era ancora arrivato nessuno. Nessuno gli portava notizie di sua madre. L’infermiera aveva detto che la stavano operando e che stavano facendo il possibile. Tutti erano in grado di fare il possibile ma lui chiedeva disperato di fare anche l’impossibile per sua madre. Lui non poteva perderla. Lei doveva stare al suo fianco finché fosse anziana e avesse visto i suoi innumerevoli nipoti. Lui aveva bisogno di una mamma. Era la sua famiglia. La prima donna che aveva imparato ad amare incondizionatamente. Non poteva abbandonarlo. Lei ce l’avrebbe fatta perché lo amava, amava Stefan e quel coglione di Giuseppe. Ed era troppo presto per varcare quella stanza bianca o di vedere quella luce bianca o chissà quale altra cosa per attraversare il paradiso. Lexi era giovane ed in salute. Non poteva morire. Altre lacrime si impossessarono del suo viso, il cuore fastidiosamente pesante, un sasso in gola e la tensione che lo attanagliava da capo a piedi. Poi vide Stefan. Gli corse incontro e lo strinse forte. Gli carezzò i capelli biondo cenere e cercò di calmarlo. Era più teso di lui. Stefan era pallido, stremato e con gli occhi ombrosi. Damon sussurrava all’orecchio del fratello che sarebbe andato tutto bene, che avrebbero visto presto la madre.

La mattina dopo arrivò il dr. Salvatore, impettito nel suo completo costoso, con la mascella contratta e i capelli scompigliati. Aveva stretto Stefan in un saldo abbraccio mentre Damon assisteva alla scena ammutolito.

«Sei contento, Damon?» Domandò in tono aspro il padre.

Il moro lo guardò senza capire. Era ancora scosso e stava in piedi solo per i nervi che lo controllavano e non lo facevano cedere.

«Cosa vuoi dire papà?» chiese Stefan, sciogliendo l’abbraccio.

«Non te l’ha ancora detto?» Stefan si girò verso il fratello ma entrambi non parlavano.

«E’ stata tutta colpa sua. Se lui non fosse stato coinvolto in traffici di droga, tua madre non sarebbe in una stanza a lottare con la vita e la morte.»

«Che cosa?» Stefan lanciò sguardi infuocati sia al fratello che al padre.

«Non è vero. Stai mentendo.» Damon si rivolse al padre arrabbiato.

«Sai che non è così.» affermò Giuseppe mantenendo uno sguardo serio ed impenetrabile.

«Perché l’avrebbe fatto?» domandò il minore dei Salvatore.

«Credi che entrare nel mondo dell’editoria sia facile? Tutto ha un prezzo.»

«E’ così?» Stefan guardò il fratello speranzoso ma in quel momento un medico si avvicinò a loro e gli informò delle condizioni di Lexi.

«L’operazione era molto complicata. La paziente ha perso molto sangue. Abbiamo fatto tutto il possibile.»

«No!» Gridarono all’unisono i fratelli.

«Non lo dica.» continuò Damon.

«Tutto cambierà se lei lo dice.» affermò Stefan.

«Mi dispiace ma non ce l’ha fatta.»

Lacrime spietate, irriverenti e dolorose che annebbiavano la vista, si impossessarono di Damon e Stefan. il mondo si era fermato. L’orologio che martellava sulla parete si era fermato. Tutt’intorno il mondo continuava ad andare avanti ma loro non sentivano più nulla. Damon si avvicinò al fratello e cercò di abbracciarlo ma Stefan li diede le spalle. Nessun sostegno. Solo il rumore sordo del cuore che si stava squarciando all’interno del petto.

***

«Senti Caroline, mi dispiace di aver tradito la tua fiducia.»

«Hai tradito la mia migliore amica, Stefan. L’hai ferita e ti sei ferito. Perché non hai parlato a nessuno dei tuoi problemi?»

«Credevo di essere più forte. Sai, Damon è sempre stato il mio modello. Ho sempre voluto assomigliare a lui ma non volevo deludere mio padre.»

«Stai facendo questo lavoro solo per far felice il dr. Salvatore.»

«All’inizio era così. Ora credo che sia diventata una piacevole abitudine.»

«Non dovrebbe essere un’abitudine, dovrebbe piacerti ciò che fai.»

«Lo so ma è lo studio di famiglia.»

«Quindi, siccome non hai il coraggio di affrontare tuo padre, fai un lavoro che ti fa schifo.»

«Non mi fa schifo. Vorrei aver seguito i miei sogni.»

«Ma non l’hai fatto perché non sai rischiare. Se avessi detto ad Elena la verità, tu non ti troveresti in questa situazione. Ti sei scavato la fossa da solo.»

«Lo so.»

«Probabilmente è anche colpa del dr. Salvatore. Ti ha cresciuto a sua immagine e somiglianza e non ti ha lasciato scelta.»

«Sei diventata una psicologa?»

«No e comunque sono ancora arrabbiata con te. Hai mentito anche a me.»

«Lo so. Cercherò di farmi perdonare una volta a casa. Torniamo insieme?»

«Va bene ma sto morendo di fame. Andiamo al ristorante di ieri?»

 

***

«Scusate, Jenna mi sta chiamando.» Alaric si allontanò un poco per avere un po’ di privacy.

Damon ed Elena presero a passeggiare in silenzio.

«Quando inizierai il tuo viaggio?» Domandò il moro mettendosi le mani in tasca, in segno di nervosismo.

«Avrei voluto cominciare già oggi ma mi sono resa conto di non saper davvero montare la tenda.»

«Posso insegnarti.» propose Damon con gli occhi che sembravano ghiaccio da quanto erano chiari alla luce del sole.

«Non posso. Ogni volta che sto con te, tu non mi fai capire più nulla. Mi fai venire le vertigini. Quando mi sfiori…» Damon si avvicinò e le posò una mano sul volto. Sorrise e le risistemò una ciocca bruna dietro le orecchie. Elena stava trattenendo il respiro, il cuore le martellava all’interno del petto e una scossa elettrica la investì per tutto il corpo.

«Quando ti sfioro?» Il respiro caldo di Damon la ipnotizzò.

«C’è qualcosa fra noi. Non so definirla. E non credo di sentirla solo io.»

«Perché non rischiare?»

«Non voglio farti del male.»

«Elena, davvero tu pensi di potermi ferire? Ne ho passate così tante…» Elena li posò un dito sopra le labbra che lo costrinse a fermarsi:«E’ proprio per quello che non voglio. Non voglio aggiungerti altra sofferenza.»

«E se ti dicessi di prenderla come viene? Niente aspettative, niente pensieri…»

«E se io mi innamorassi?»

«Hai presente quando, sotto il sole di mezzogiorno, stai camminando sulla spiaggia scalza e senti la sabbia bollente ad ogni passo ma non ti importa perché stai per entrare in acqua a rinfrescarti? Beh, ecco… bisognerebbe vivere così. Niente “se” e niente “ma”.»

«Non ne sono capace.»

«Lasciati guidare da me. Te lo mostrerò.»

«Jenna è incinta. Aspetta un bambino!» Li interruppe Alaric euforico dalla notizia. Elena lo abbracciò felice e si congratulò ma Damon rimase fermo con un sorriso furbo dipinto sul volto:«E sai che significa? Che ti ha rovinato la sorpresa.»

«Come?» Elena lo guardava dubbiosa.

«Le avrebbe fatto la proposta.»

«O mio Dio! Ma è meraviglioso!»

«Festeggiamo! Potremo andare al ristorante di ieri sera.» propose Rick, troppo entusiasta e con un sorriso ampio e felice.

«No, Enzo fa un po’ troppo il cascamorto.» arricciò il naso Damon, al ricordo del cugino un po’ troppo invadente e disinvolto nei confronti di Elena.

«Non sarai mica geloso?» domandò l’amico con una punta di malizia nella voce.

«No, non lo sono. – Non l’avrebbe mai ammesso. Soprattutto con lì davanti Elena che lo guardava sognante e Rick che voleva solo prenderlo in giro.- Andiamo lì.»

 

***

«Ehi Stefan, come mai qui?»

«Che piacere rivederti Enzo. Ieri sera mi avevi promesso che avremo visitato la cantina dei vini ma poi non ce n’è più stata l’occasione. Possiamo vederla adesso?» domandò Caroline. Il ragazzo la guardò dubbioso ma annuì e li fece strada. Scesero le scale vicino al camino e si trovarono in una grande stanza.

«Qui teniamo i vini più pregiati –indicò una teca vicino alla porta- In quell’angolo lì.» continuò ma Caroline lo interruppe:«Scusa, non ricordo dov’è il bagno. Mi puoi accompagnare?» un’altra occhiata dubbiosa da parte di Enzo, ma tornò indietro e sorrise a Stefan.

«Chiudi la porta a chiave.»

«Si può sapere cosa sta succedendo?»

«Stefan e Damon devono chiarire.»

«E hai pensato di farmi usare la cantina? Lo sai quanto costa il Brunello di Montalcino?»

«No, ma se fanno danni, mettili sul loro conto.» tagliò corto la bionda, salendo le scale senza aspettare il cugino dei Salvatore.

Enzo le corse dietro e domandò a bruciapelo:«Dov’è finita la tua amica bruna?»

«Arriverà fra poco con Damon. –spiegò piatta.-  Ti consiglio di lasciarla in pace. Non ne vuole più sapere degli uomini.» ammise sicura rivolgendogli un’occhiata minacciosa.

«Quindi non è la ragazza di Damon.» constatò incurvando le labbra verso l’alto.

Caroline lo guardò interdetta: «Cosa?? No, no! Stefan è il suo ex. L’ha tradita.»

«Ah. E perché è in compagnia di Damon?»

Caroline si girò e vide arrivare i suoi amici.

«Facciamo la stessa cosa con Damon, ok?» complottò abbassando la voce, e dando uno schiaffo leggero al braccio del ragazzo.

«Car non credevo di trovarti qui!» rivelò Elena corrucciando la fronte.

«E’ praticamente l’unico posto che conosco.» spiegò la bionda stringendosi nelle spalle.

«Dov’è Stefan?» Chiese quindi, mostrandosi insicura.

«Sta andando in aeroporto. Abbiamo discusso.»

«Non me la racconti giusta.» Damon portò una mano a massaggiarsi la tempia, incerto ma senza capire cosa stava organizzando quella ragazza.

«Cugino, mi aiuteresti a scegliere il vino per quella coppia? Lui le sta per chiedere di diventare sua moglie.»

«Ma si devono sposare tutti adesso?» disse infastidita la bionda.

Tutti si girarono verso di lei:«Era così per dire.»

Enzo si apprestò a scendere le scale e Damon lo seguì senza dire una parola.

«Pensavo ad un Larmandier Bernier Ros de Saigne, Extra Brut ovviamente. Lo teniamo in quell’angolo là in fondo. –indicò una nicchia dietro alla colonna del muro portante- Posso offrirlo anche a voi, se vuoi.» si affrettò ad aggiungere per non lasciargli il tempo di replicare. Una volta distratto, l’amico uscì senza far rumore e chiuse la porta a chiave.

Damon si accorse con disappunto dello scherzo  di cattivo gusto del cugino e urlò: «Enzo, se non mi apri ti ricorderò quanto è divertente bere l’acqua del water!»

«Non funzionerà.» Spiegò Stefan, spuntando da chissà dove.

«E tu cosa ci fai qui?» chiese stupito il moro.

«Credo che qualcuno voglia farci chiarire.» disse con convinzione, mettendosi le mani in tasca a disagio.

«Io non voglio chiarire.» chiarì perentorio al fratello.

«Mi dispiace Damon. Per tutto. Ho sbagliato. Avrei dovuto darti un’occasione, avrei dovuto capire i piani di nostro padre.»

«Tu non mi hai più parlato. Hai creduto a lui. Non mi hai lasciato spiegare. Hai dato per scontato che lui avesse ragione.»

«Lo so.» ammise mesto, mordendosi amaramente le labbra.

«Che razza di fratello sei? Tu sei un coglione e non meriti neanche un minuto della mia rabbia. Ti avrei preso a pugni prima, se non mi avesse fermato quella ragazza fantastica che hai tradito! Come puoi essere così coglione, cazzo? Hai preso tutti i geni sbagliati.» Damon era fuori di se dalla rabbia e Stefan lo lasciava fare. Meritava di essere trattato in quel modo. Meritava di essere preso a pugni per tutti gli anni di silenzio che aveva inferto al fratello.

«Ho letto il tuo libro.» disse dopo un attimo di silenzio.

Damon lo guardò sbalordito ma senza parlare:«Ti controllavo. Anche se non ci vedevamo, anche se nostro padre mi riempiva di odio nei tuoi confronti, io non ho mai smesso di seguirti. Non riuscivo a capire come poteva un ragazzo del genere, così pieno d’amore e di bei sentimenti, essere coinvolto in affari loschi. Non era possibile. Mi dispiace di averlo anche solo pensato. Quando ti ho visto stringere Elena, ieri sera, ti ho odiato. L’ho odiata. Poi ho pensato che io ho sbagliato tutto. Non ho dormito stanotte. Ho sentito Elena singhiozzare ma sapevo che qualcuno la stava aiutando. Tu sei una brava persona. Non importa quello che dice nostro padre.»

«Lui non è mio padre.» Damon li sferrò un pugno in pieno volto.

Stefan si tastò il volto dolorante. «Mi dispiace per tutto quello che hai passato. Lexi era innamorata di un uomo. Era rimasta incinta e ne era felicissima. Avrebbe avuto un figlio dal suo grande amore ma lui non era dello stesso avviso. Era giovane e stava ancora studiando. Anche lei era giovane, poco più di diciotto anni ma non avrebbe mai tolto la vita a suo figlio. Lexi conosceva Giuseppe…»

Damon lo interruppe aspramente:«Risparmiami la storia. Non voglio sapere nulla.»

«Nostro padre credeva che tu fossi suo figlio ma non gli somigli. Nostra madre non glielo ha mai confessato.»

«E credi che sia colpa mia? Io non meritavo di essere odiato. Non ho mai chiesto di nascere. Meritavo anch’io l’amore di due genitori e non solo di uno. Avevo bisogno di un padre. Un padre che mi insegnasse a fare a pugni per difendermi dai prepotenti, un padre che mi spronasse ad avere dei sogni e a realizzarli, che mi insegnasse a guidare, a fare un canestro. Un padre che mi abbracciasse, mi ascoltasse, che si entusiasmasse per le mie gare di nuoto. Io meritavo un padre. Mamma è rimasta incinta ed è stata lasciata? Io ci ho rimesso comunque perché un padre non l’ho mai avuto.»

Stefan si avvicinò a Damon e lo guardò dritto negli occhi: «Tu hai me. La vita ti ha regalato un fratello.» disse cercando di abbracciarlo ma Damon si scansò con disappunto: «Un fratello che ha saputo voltarmi le spalle quando la faccenda si è fatta più complicata. Lo stesso fratello che non mi ha mai richiamato.»

«Voglio cambiare, Damon. Tu sei mio fratello nel bene e nel male. Non importa se siamo solo figli della stessa madre. Io sono cresciuto con te e so che non ti sei arreso e ce l’hai fatta. Dopo tutto il tuo impegno sei stato pubblicato, senza l’amore di un padre e senza un fratello che ti sostenesse. Tra poco tornerò a New York ma ti devo chiedere un favore.»

«Come puoi pensare di chiedermi qualcosa?»

«Si felice, Damon. Qualsiasi cosa accada, si felice. Quando sarai riuscito a perdonarmi, ricominceremo da dove avevamo lasciato ma lasciati alle spalle tutto l’odio di nostro padre. Io ho sbagliato e l’ho capito troppo tardi ma spero che un giorno torneremo ad essere fratelli.»

Alaric aprì la porta ed Elena si tuffò fra le braccia di Damon.

 

***

«Restiamo solo io e te, giovane amazzone.» Andarono a far scontrare un bicchiere colmo di bourbon e uno di cocktail alla frutta.

«Che giornata infernale.» ammise Elena, spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

«Già. So come potremo passare una bella serata.»

Elena lo guardò con uno sguardo corrucciato.

«Ti fidi di me?» continuò Damon, non staccandole gli occhi di dosso. La bruna annuì e sorrise.  

«Enzo, fra quanto smonti?»

«Adesso.» disse appoggiando uno straccio al bancone di legno.

«Vogliamo regalare ad Elena una nottata indimenticabile?»

«Come quella che abbiamo condiviso con quella biondina? Come si chiamava?»

«Andie, credo. Comunque si, proprio quella.»

«Sei pronta Elena? Perché io non mi faccio pregare.» Enzo la guardò con malizia. Elena si stava mordendo le labbra senza capire.

«Che cosa avete in mente voi due?»

«Devi solo lascarti andare.»


BOLLINO ROSSO DI ITALIA UNO...

Damon la fece scendere dallo sgabello e la baciò appassionatamente, accarezzandole i lunghi capelli castani. Elena ricambiò il bacio con irruenza e desiderio. Enzo si avvicinò a loro e cominciò a leccarle il collo niveo. Il ristornate era ormai chiuso e restavano solo loro ad occupare il locale. Elena era ustionata dal contatto dei due ragazzi e gemeva con il fiato corto. Le mani di Damon vagarono lungo il suo petto e le andarono a scostare il reggiseno di pizzo blu, andando a solleticarle i capezzoli. Enzo scese a baciarle la schiena, una vertebra alla volta, soffiando lentamente per aumentare l’eccitazione di Elena. Le labbra della ragazza succhiarono, tirarono, baciarono il collo di Damon, la mascella e quella ispida barba di qualche giorno. Enzo le solleva le braccia e finalmente si libera della t-shirt rossa. Damon le slaccia il reggiseno e scende a succhiarle il seno. Enzo le tocca i fianchi e corre giù a sbottonarle il bottone dei jeans e a sfiorarle l’intimità. Elena non riesce più a capire di chi sono le mani che la sfiorano poco velatamente, a chi appartiene quella lingua che danza sul suo corpo. Il piacere è così intenso da farle mancare il respiro. E ad un certo punto non sa più di essere in un ristorante. non sa più di essere con Damon ed Enzo. Non sa più nulla da quanto il sistema nervoso sia in tilt.
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Ciao a tutti ^^
Vi chiedo scusa per l'ultimo pezzo. Non l'ho revisionato a dovere ma lo modificherò presto perchè non mi piace che ci siano tempi verbali messi un po' così... 
Vi dico solo una cosa: ho scritto solo mezza pagina del prossimo capitolo -.- le idee ci sono, solo che mi sono un po' bloccata dal finale di questo capitolo. 
Cosa ne pensate voi? Una persona che conosco io mi aveva gridato "SESSO" da tutte le parti e quando l'ho accontentato e gli ho fatto leggere velocemente il finale di questo capitolo mi ha detto:"Che zoccola sta Elena..". 
Io non la penso in questo modo, ma vedo le cose da donna. L'uomo, secondo me, vede di buon grado un rapporto a tre, se sono due donne, ma se la situazione si ribalta, addita la donna come.... 
Ma non voglio attirare le lamentele da parte di tutti ;) 
Ci sentiamo prossimamente. 
Grazie a tutte le persone che ci sono e a chi, soprattutto,  mi regala meravigliosi commenti!! 
Siete una forza!

 

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Capitolo 12
*** 12. Lo speciale di Pasqua ***


Capitolo speciale in vista della Pasqua. Come quello di Natale, non continua la storia ma vede un piccolo spaccato del passato dei nostri ragazzi.
Buona lettura ;)


Amiche


 

12. Lo speciale di Pasqua

 

Lei non c’era. Lei non c’era più. Si erano ritrovati soli, spiazzati, doloranti ed esausti. Come si torna a sorridere dopo che il male si è infiltrato prepotente nelle loro vite?




 

 

«Devono smetterla di far sentire queste cose al tg.» borbottò infastidita.

«Tutti gli anni c’è una mattanza di agnelli indifesi.» osservò Damon.

«Disse “Mister bistecca al sangue”! E’ una cosa ipocrita. Nessuno si lamenta delle mucche, dei maiali, dei polli, dei salmoni, del pesce spada e persino delle uova. Nessuno dice nulla dei mattatoi che tolgono la vita quotidianamente a quei poveri animali. Ci si scandalizza per la carneficina di agnelli a Pasqua e per i tacchini nel giorno del Ringraziamento. Sono tutti ipocriti.» alzò la voce alterata, puntadoli contro l’indice.

«Che è preso alla tua ragazza, Dam?» disse entrando in salotto Enzo.

«Ce l’ha con il telegiornale…» rispose calmo il moro.

«Io sono stufa di tutte queste calunnie! Il tg è una perdita di tempo. Le notizie sono filtrate e se possono parlare di qualche scandalo lo fanno, travisando la realtà dei fatti. Quando avrò un mio giornale, dirò tutto quel che penso e non mi farò pagare per riportare notizie false.» ammise con una vena di collera la giovane.

«Sei sotto ciclo?» chiese dubbioso Enzo.

Rose lo fulminò con lo sguardo:«Enzo… mi dispiace che tu riesca a pensare solo a questo. Non hai dei sentimenti?»

Il ragazzo si strinse nelle spalle:«Neanche Damon li aveva, prima di incontrare te. tu hai rovinato tutto il nostro divertimento.» ammise allegro.

«Se il vostro divertimento era contendervi Kathrine, capirai che rovina.»

«Lei sa di Kat?» chiese a bocca aperto Enzo.

Damon alzò le spalle indifferente.

«Dam, questa ragazza ti ha incastrato. A quando il matrimonio?»

Il sorriso di Rose sparì dal suo volto e le guance si tinsero violentemente di rosso. Non era facile imbarazzare quella ragazza.

«Presto. Rose è incinta.» Annunciò entusiasta al cugino. Lo sguardo di Rose si alzò velocemente dal pavimento e incrociò gli occhi divertiti di Damon mentre Enzo li diede una pacca sulla spalla complimentandosi.

«Ora capisco gli sbalzi d’umore.» riferì Enzo che si beccò una cuscinata in pieno volto.

«Non sono incinta.» disse uscendo dal salotto.

 

***

 

«Ehi, Elena!» La richiamò Stefan correndole accanto.

«Ciao Stefan.» Lo salutò allegra la mora.

«Dove andrai per Pasqua?» s’informò curioso il ragazzo. Erano diventati amici e Stefan l’aiutava a studiare diritto pubblico, una materia ostica e sgradevoli da imparare.

«Da nessuna parte. Forse faremo una gita con il traghetto che collega Staten Island a New York. E’ sempre bello vedere la statua della libertà.»

«Quindi resterai qui a New York.» appurò felice il biondo.

Elena annuì, spostando il peso dei libri sull’altra mano:«Si, i miei vengono a trovarmi perché non sono mai stati nella grande mela. Per cui rimarrò qui.»

«Che bello!» si entusiasmò sincero con il sorriso sulle labbra.

«E tu cosa farai?»

L’espressione serena di Stefan si mutò in un battito di ciglia:«Sto facendo tirocinio nello studio di mio padre. Dedico tutti i miei momenti liberi al lavoro.»

Anche il sorriso di Elena sparì ma tentò di mantenere un tono spensierato:«Sei proprio uno stacanovista. Ora capisco perché ti mancano così pochi esami, rispetto a me e Caroline.»

«Beh si, diciamo che non vedo l’ora di entrare nel mondo del lavoro.» E le regalò un sorriso di circostanza.

«Bene.» concluse Elena, torturando con il pollice la copertina di un libro.

«Senti, ti va se una di queste sere, usciamo a bere qualcosa? – e si affrettò ad aggiungere – o a cena. Non necessariamente a bere per ubriacarsi. Cioè, magari preferisci vedere un film.» Si corresse aggiustandosi nervosamente il colletto della polo.

«Va bene qualsiasi cosa deciderai di fare ma sappi che sono una finta salutista, quindi va bene anche un hamburger con doppi cetrioli.» Lo salutò correndo verso il suo tram.

 
 

***
 

 «Sono un completo idiota!» si guardò allo specchio, osservandosi meticolosamente il sedere evidenziato dai jeans grigi.

«Che succede Stefan?» Chiese il padre affacciandosi alla porta della camera.

Li sudavano continuamente le mani e le sfregò, per l’ennesima volta, sulle gambe.

«Stasera esco con una ragazza.»

Giuseppe lo guardò stupito:«Non metterla incinta.» Riuscì a dire prima di tornare nel suo studio.

“Fantastico. Tutto quello che riesce a dire è quello. Mi manca Damon. Mi manca mamma.” Pensò triste. Non era stato vicino al fratello e non l’aveva più visto da quando si era trasferito. Il Damon che conosceva li avrebbe lasciato un recapito o un biglietto per come ritracciarlo; ed invece non era più fatto trovare. Era sparito dalla sua vita e l’aveva abbandonato con il padre. Non vedeva l’ora di laurearsi ed iniziare a lavorare per avviare legalmente le indagini. Era certo che Damon non avesse responsabilità, perché se fosse stato così, Giuseppe l’avrebbe fatto marcire in galera. Non capiva per quale motivo voleva allontanarli. Stefan era stato al gioco del padre ma aveva perso il fratello. Aveva perso tragicamente la madre e il legame saldo che aveva con Damon si era sgretolato. L’avrebbe rintracciato e li avrebbe spiegato ogni cosa. Sperava nel perdono. Sperava in quel dono completo, divino, quella piccola linea sottile che non si dà né si riceve ma che salda i rapporti come per magia. Come per magia per far sparire e bandire i sentimenti maligni e far crescere quelli buoni e sinceri.

 

***
 

«Allora Rose, quanto sei felice di conoscere il cugino meraviglioso di Damon?» domandò strafottente Enzo.

Erano al loro pub preferito e stavano aspettando Alaric e Klaus.

«Damon mi ha detto che ne avete combinate di tutti i colori quando vi trovavate assieme.» cambiò discorso la ragazza.

«Oh si. Quando venivano in Canada a trovarci, io e Damon ci divertivamo un mondo. Una volta abbiamo anche provato a scappare di casa.»

«Ci siamo accampati sul retro, vicino al piccolo bosco. I grandi fingevano di non sapere dove fossimo e noi ci sentivamo dei ribelli. Peccato che all’ora di cena avessimo fame, altrimenti avremo dormito nella nostra tenda improvvisata.» ricordò il moro con occhi dolci.

«Ehi Rick! -salutò Enzo balzando in piedi ed abbracciandolo.- chi è questa bella ragazza?» ammiccò fissando la giovane al fianco del biondo.

«Lei è la mia ragazza –disse afferrandole la mano.- Jenna lui è quel cretino del cugino francese di Damon.»

«Ehi, sono canadese a tutti gli effetti ormai!» protestò Enzo.

Si misero tutti seduti al tavolo, pronti ad una cena a base di hamburger.

 

***
 

«Stai benissimo così!» Si complimentò Caroline al riflesso di Elena. Le aveva fatto indossare un abito fucsia monospalla, talmente aderente da farle perdere il respiro, un coprispalle panna e un paio di sandali bianchi con un tacco vertiginoso.

«Ma è un appuntamento o una cerimonia di nozze?» postulò Bonnie osservando i capelli raccolti di un chignon, il trucco un po’ troppo pesante e la micro pochette che non poteva contenere neanche il cellulare.

«Elena deve far colpo su Stefan.» chiarì la bionda, spruzzando una generosa dose di profumo sul polso dell’amica.

«Ma non sa neanche dove la porterà.» affermò la ragazza dalla pelle ambrata.

«Ok, allora tu cosa le faresti indossare?»

Dopo più di mezz’ora Elena e Bonnie riemersero dalla camera da letto. Il vestito era stato sostituito da un paio di pantaloni azzurro pastello, a vita bassa con tasche laterali, una t-shirt in stile marinaio con scollo a barca dai colori tenui e un paio di sandali in tessuto marrone con zeppa abbinati alla borsa.

«Ma ti sembra una mise adatta ad un primo appuntamento?» criticò Caroline con disappunto.

«Ok, sentite: siete state gentilissime ma credo che farò da me. Grazie.» Elena rientrò in camera e si chiuse la porta alle spalle.

«Che le è preso?» domandò Bonnie alzando gli occhi al soffitto.

«Non lo so ma non appena varcherà quella porta le faremo uno scherzo epico. Riempi una pentola di acqua gelata, al resto ci penso io.»

 

Purtroppo lo scherzo del secolo non fu realizzato perché quando Elena uscì dalla camera, il campanello suonò e Caroline si precipitò ad aprire la porta d’ingresso. Stefan reggeva un bouquet di orchidee blu e di anthurium bianchi.

«La fiorista mi ha detto che le rose sono troppo scontate.» si giustificò il ragazzo.

 

***
 

«Dove pensi che l’abbia portata?» domandò Bonnie a Caroline.

Erano entrate in un Irish pub per trascorrere la loro serata da single.

«Spero che non la porti davvero a mangiare un hamburger o una pizza, altrimenti ce li ritroveremo qui.» stabilì la bionda sbuffando.

«Questo è il miglior posto per mangiare un panino.» affermò entusiasta Bonnie.

«Con gli amici non per un’uscita romantica.» borbottò Caroline.

«Buonasera bellezze.- si presentò un ragazzo dai capelli rossicci e la barba incolta – posso offrirvi da bere?» continuò sorridendo malizioso.

«No, grazie.» lo liquidò Caroline mentre Bonnie rispondeva affermativamente.

«Beh, se cambiate idea, io sono a quel tavolo con i miei amici.» indicò una compagnia di persone sedute vicino alla grossa vetrata che dava sulla strada e si allontanò.

 

«E’ andata male anche stasera eh, Klaus?» lo rimbeccò Damon strafottente.

«Sono solo due ragazzine.» si difese il rosso, andandosi a sedere vicino a Rose.

 

***
 

«Spero che tu ti sia divertita in mia compagnia, anche se forse avresti voluto vedere la statua della libertà con i tuoi.»

«No, no. E’ stato molto bello solo che, devi scusarmi. Io soffro le vertigini. Non volevo svenire e farti preoccupare. E neanche farti aspettare tutte quelle ore al pronto soccorso.» chiarì Elena una volta arrivati al pianerottolo del suo appartamento.

«La prossima volta me ne ricorderò.» disse dolcemente sorridendole.

«La prossima volta? – si stupì lei – Tu vuoi comunque uscire con me, dopo questo disastroso primo appuntamento?» Caroline sosteneva che la prima uscita fosse la base fondamentale per gli incontri successivi. Diceva che se il fato si fosse messo contro, bisognava allontanarsi immediatamente dal ragazzo di turno e dedicarsi ad altro.

«Tu mi piaci. – si confessò, asciugandosi la mano nei pantaloni, senza farsi notare – e vorrei portare la nostra relazione ad un gradino superiore.» farneticò agitato.

Elena si avvicinò e gli regalò un timido bacio sulla guancia prima di rincasare,

«Che razza di cretino dice:”Vorrei portare la nostra relazione ad un gradino superiore”?» pensò Stefan e disse Caroline una volta che Elena entrò in casa.
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Mi sono divertita molto a scrivere questo capitolo, un po' più leggero, con pochi problemi.
Se siete delusi per la mancata descrizione dell'"Appuntamento dell'anno", mi dispiace ma è il massimo Stelena che posso darvi. 
Un augurio di una buona mangiata di angelli o serpenti domenica. XD
alla prossima, 
un bacio
e grazie a tutti, ma proprio tutti!!!



 

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Capitolo 13
*** 13. La bellezza è nella semplicità ***


Damon Elena Letto
 

13. La bellezza è nella semplicità

 

La felicità non è una destinazione ma la strada della vita.

 
 

Come ci era arrivata Elena in quel letto? Come ci era arrivata a casa di Damon, nuda e in mezzo a due corpi maschili? Cosa aveva fatto? Cosa aveva fatto?! Era andata a letto con due uomini. Uno che conosceva da qualche giorno e l’altro incontrato il giorno prima. Come aveva potuto fare una cosa del genere? Perché si era fatta una cosa del genere? Lei non era una donna oggetto, e soprattutto non andava a letto con sconosciuti! Cosa avrebbe detto sua madre? E Caroline cosa ne avrebbe pensato? Doveva allontanarsi. Sarebbe dovuta partire il giorno prima ed invece era ancora lì, ferma e schiacciata fra due uomini. Con un bel corpo, osservò. E con un buon profumo: quel sapore di sesso e di ormoni appagati. E lei si sentiva rilassata, leggera… forse era stato il sesso più bello della sua vita. Ricordava ancora la lingua di Damon scorrerle velocemente sul corpo e le mani di Enzo sfiorarla dappertutto.

No. No. No. Non si doveva lasciar confondere dalle sensazioni che aveva provato, non doveva ricordarsi lo stordimento e quel formicolio al basso ventre. Doveva resettare tutto e aveva bisogno di una doccia ghiacciata. Dopodiché avrebbe parlato con Damon e forse con Enzo, e l’avrebbe salutato ringraziandolo per i giorni trascorsi insieme e la serata elettrizzante appena passata.

No. No. No. Doccia gelata e subito.” Urlavano disperati quei pochi neuroni rimasti nella sua testa.

Certo che avrebbe potuto baciarlo, solo un bacio innocente per svegliarlo. Dopotutto non poteva muoversi senza far rumore e l’avrebbe dovuto affrontare.

No. No. No. Elena, sono il tuo cervello. Potresti collegarti con me??

«E’ stato un grosso errore.» Si lasciò sfuggire e gli occhi di Damon, chiusi fino a quel momento, si spalancarono all’improvviso, tinti di un colore più scuro e velati da una leggera preoccupazione. Si aspettava una frase del genere e, per la verità, si aspettava una fuga in piena notte. Elena si morse le labbra, colpevole di aver detto una parola di troppo, colpevole di non aver taciuto i suoi pensieri e di aver svegliato il ragazzo.

«Ti sei solo lasciata andare come non facevi da tempo.» Le sussurrò comprensivo, allungando la mano per invaderla del suo calore corporeo ma lei si scansò quasi infastidita.

«Un menage a trois è una cosa normale? Io non sono così. Non faccio questo genere di cose.» affermò seria, irritata ed esasperata. La lotta con le sue convinzioni è forte. Nessuno può cambiare una persona riflessiva facendola diventare avventata e sfrontata.

E Stefan cosa le avrebbe detto una volta scoperta la sua piccola avventura? Quanto ci avrebbe messo per additarla come prostituta? Tremava al solo pensiero.

Tutti l’avrebbero definita “donna leggera, frivola, incline ai rapporti occasionali” e gli sguardi colmi di comprensione per essere “la sposina tradita sull’altare” sarebbero diventati di rimprovero e disgusto.

Damon le circondò le braccia intorno al collo e le regalò un abbraccio. Elena non si ritrasse ma si lasciò andare. Si lasciò riscaldare dal calore della pelle nivea e scolpita, si lasciò riscaldare dalle leggere carezze sui capelli e pianse scossa dai pensieri che le vorticavano in testa. La sera prima il suo corpo era andato in tilt ed ora era la sua mente a metterla di fronte a pensieri contrastanti fra loro e lei non sapeva più cosa pensare. Non sapeva più cosa era giusto e cosa non lo fosse. Non riconosceva il suo comportamento ma da un lato non le sembrava scorretto aver agito d’impulso ed essersi lasciata sopraffare dal piacere fisico ma dall’altro, si sentiva scorretta. Scorretta nei confronti di chi? Stefan l’aveva tradita e lui non aveva più voce in capitolo; Caroline si professava “Miss Liberty 2012” per cui per lei non doveva essere un grosso problema aver dormito con due uomini; Bonnie l’aveva tradita quindi non doveva neanche lontanamente pensare di giudicarla.

«Non è che adesso tirerai fuori una croce e ti metterai a recitare chissà quale preghiera?» domandò scherzosamente Enzo. Damon lo fulminò con lo sguardo ed Elena si staccò velocemente dall’abbraccio del moro. Fu allora che si accorse che il suo petto non era coperto e lo sguardo malizioso di Enzo continuava a fissare quel punto. Damon le si parò davanti.

«Ho già visto tutto, non c’è bisogno che ora diventi una puritana bigotta. Dio non ti perdonerà.»

«Vattene.» disse serio Damon. Non c’era ombra di scherzo nella sua voce.

«Oh, andiamo. Stavo scherzando! Il sesso è stato fenomenale e non c’è bisogno di rovinare il momento con mille turbe mentali. Rilassatevi. E’ così che bisogna reagire dopo una nottata di saltelli. – Visto che nessuno aggiunse nulla, Enzo proseguì il suo sproloquio – Va bene, me ne vado. Comunque se volete, sapete dove trovarmi. Bye.» inforcò la t-shirt e i jeans verde militare ed uscì dalla stanza e probabilmente dalla casa.

«Sai che ha ragione.» disse dopo un po’ Elena. Damon la guardò corrugando la fronte.

«Stanotte ho fatto sesso. Sono stata a letto con due uomini. Ho avuto la più bella esperienza della mia vita, mi sono lasciata andare ai sospiri, agli urli di piacere e non vi ho fermato, né mi sono vergognata. Ma stamattina mi sono svegliata in mezzo a due uomini attraenti e con un fisico scolpito ma io non ho mai avuto un’avventura. Non mi sono mai concessa per puro piacere. Tutto questo è nuovo per me. Sono stata tradita. Non voglio una storia seria e so di non volere un’avventura. Perché so che mi riempirei di pensieri, di paranoie ed analizzerei ogni singolo gesto. Io non posso stare con te. Tu mi confondi. E io non lo so gestire.»

«Io non voglio una storia seria! L’ultima ragazza che ho avuto è morta, Elena. Avevamo bisogno entrambi di staccare il cervello e di lasciarci andare. Non ci siamo dichiarati amore eterno e sicuramente tu confondi me. Ma questo non mi preoccupa perché tu ti preoccupi per entrambi e parli, parli e parli! Tu continui a parlare e…»

Elena li buttò le braccia al collo e non lo lasciò terminare. Gli dischiuse la bocca e giocò con la sua lingua. Li salì a cavalcioni e sfregò la sua intimità contro la sua parte bassa.

«Che stai facendo?» domandò riappropriandosi delle sue labbra.

«Non parlare. Non voglio pensare.»

 

***

«Elena, cos’è quel muso lungo?» domandò la madre alla figlia.

«Stefan.» rispose mesta.

«Vuoi parlarne?»

Elena si buttò fra le braccia della madre e scoppiò in un pianto liberatorio. Miranda le accarezzò delicatamente i capelli e la lasciò sfogare. Elena singhiozzava disperata, con il fiato corto, scossa dai tremori. Si sentiva vuota. Il suo cuore si era rotto, infranto, caduto, spezzato. Aveva deciso di portare un po’ di brodo di pollo a Stefan, per farli passare l’influenza. Era una settimana che non avevano avuto modo di ritagliarsi un po’ di tempo da soli e quella era l’occasione perfetta per dimostrare al suo ragazzo quando lo amava, anche se era colpito da un virus che lo costringeva a stare a letto a riposare. Elena aveva noleggiato una videocassetta, una commedia romantica e leggera per trascorrere un po’ di tempo o se Stefan se la fose sentita, avrebbero potuto baciarsi per poi fare l’amore. Era quasi un mese che lui non la sfiorava, che anzi, non la guardava con malizia. Quando era l’ultima volta che avevano parlato normalmente, senza parlare di appuntamenti di lavoro o dei preparativi del matrimonio? Stava tutto succedendo così in fretta che non si era mai fermata a pensare davvero a quelle piccole mancanze. Stefan era stressato. Non aveva bisogno di altre pressioni, così allontanò quelle piccolo riflessioni ed aprì la porta d’ingresso dell’appartamento di Stefan. Il brodo era ancora caldo, il suo alito fresco e i vestiti puliti. Indossò il grembiule da cucina e si diresse in camera da letto, senza far rumore. Stava per bussare ma si ritrovò a spiare dallo spiraglio della porta aperta.

Pelle nocciola contro quella candida, baci passionali, mani fluide che tastavano senza vergogna il corpo dell’altro, ansiti sempre più forti.

Il piatto si infranse ai suoi piedi. Il mondo girò sempre più forte, le gambe correvano senza meta, il fiato spezzato. Il cuore cadde, insanguinato, trafitto dalle uniche persone che non si aspettava l’avrebbero calpestata. Lacrime impacciate segno di un amore troppo grande, le cosparsero il volto. Trema ma corre come se una scarica di elettricità l’avesse colpita e non sapesse che altro fare. Quella non poteva essere la sua vita. Non poteva aver visto quei corpi incastrati perfettamente. Si stava sbagliando. Era tutta una menzogna.

«Stefan stava facendo l’amore con Bonnie.» E non appena sentì le sue stesse parole, capì di non poter più tornare indietro. Le avevano strappato senza ritegno il cuore e non si erano preoccupati di raccoglierglielo.

«Oh, tesoro. Pensa se l’avresti scoperto una volta sposata. E’ stata una benedizione. Ora puoi licenziarti da quello stupido lavoro, trovare la tua strada e un vero uomo.»

Elena sciolse l’abbraccio e la guardò con il viso rigato dalle lacrime. La voce le uscì tenue e tremante ma decisa:«Io amavo Stefan. Avrei costruito la mia vita con lui. Non posso pensare ad un altro uomo. Io volevo solo Stefan.»

«Allora fingi che non sia mai accaduto. Perdonalo silenziosamente e non ritrarti quando lui cercherà il tuo corpo, come ha fatto con Bonnie.»

«Sei ingiusta.» disse, mettendosi le braccia al petto.

«No, tu lo sei, se pensi che io guarderò la mia unica figlia, distruggersi per un ragazzo che non la sa apprezzare.»

«Mamma, Stefan mi amava. Mi ha sempre trattata bene.»

«Elena, ti ho insegnato a non accontentarti delle briciole. La vita è ricolma di rischi imprevedibili ed occasioni positive. Stefan non ti ha regalato grandi emozioni. Non accontentarti di vivere una vita piatta. Là fuori il mondo è ricco di possibilità. Trova il lavoro che ti piace, vivi di avventure, lasciati andare, ubriacati. E torna più forte di prima. Solo così troverai quell’amore che ti consuma, che arde di passione e voglia dell’altro.»

 

***

«Svegliati pigrona!» La salutò Damon, profumato di pulito, aprendo la finestra della stanza. Elena mugugnò qualcosa di insensato e nascose il viso sotto il cuscino.

«Ti ho preparato la colazione. Ho pensato che un po’ di  gelato indiano andasse bene.»

»Forse dovremo parlare di ciò che è successo.»

Damon la ignorò:«Ti farò fare un giro per la città e stasera ho una bella sorpresa per te.»

«Mi hai sentito?» chiese scocciata la bruna.

«Si, ma ho deciso di ignorarti e sarebbe meglio se fingessimo che non fosse successo nulla, altrimenti ti riempirai di rughe per le facce pensose che assume il tuo viso quando pensi troppo.»

Elena sorrise per la descrizione di Damon ma continuò:«Ma se per caso, capitasse che ci sfiorassimo e la tensione fra noi aumenti?»

«Ti aspetto di sotto. Hai dieci minuti.»

 

***

Aveva deciso. Era il momento giusto per impegnarsi seriamente. Stava con Rose da tre anni, anche se in realtà era un po’ meno, ma non importava. Lui voleva passarci il resto della vita. Non erano stati anni facili e pieni d’amore: c’erano state incomprensioni, aspettative e segreti trapelati sottopelle, gelosie ma anche risate, sbronze euforiche e gesti sinceri. Il loro legame era unico, solido ma soprattutto vero. Rose era diventata il suo appiglio nelle giornate nere, la luce in fondo al tunnel e il bisogno di lei, non cessava mai ed anzi, aumentava a dismisura. Se lui guardava al domani, la vedeva accoccolata sulla sedia a dondolo avvolta in un morbido plaid panna, ad osservare le fiamme che riscaldavano il salotto, dal camino. La vedeva con in mano un libro di fiabe e a leggerle con affetto ai bambini. Riusciva a vederla con indosso un grembiule mentre estraeva dal forno caldo il tacchino ripieno, ormai bruciato dalle troppe ore di cottura. La vedeva chiaramente emozionarsi e piangere il giorno dei diplomi. Le sembrava di sentirla bisticciare con la figlia per un abito troppo aderente. Lui la vedeva ovunque nel suo domani e doveva solo chiederle di restare. Doveva chiedere di lottare per il loro amore. Mesi prima lo psicologo aveva detto che Rose stava lottando con il passato, sempre così vivido in lei e che solo una scossa positiva l’avrebbe aiutata davvero a non lasciarsi abbattere e a sconfiggere l’oblio nel quale entrava usando droga. Aveva assecondato ogni sua stravagante idea, anche quella che riguardava quel coglione di Giuseppe. Avevano vissuto i mesi più intensi della sua vita, sfidando la gravità, buttandosi dalla cima di un ponte legati ad un elastico, per finire quasi con la faccia nell’acqua del fiume; si erano immersi scorgendo la bellezza senza tempo della barriera corallina, abitata da pesci di ogni tipo e rocce particolari; e poi quella mattina si era svegliato e aveva capito il suggerimento dello psicologo. Quella mattina aveva capito che voleva Rose e la voleva sempre, probabilmente la voleva dal loro incontro bizzarro in quel bar. E così aveva deciso di farlo e subito. Sapeva che l’avrebbe trovata in cucina, nella loro futura cucina. Ma quanto ci aveva messo a capire che voleva lei soltanto? Damon aveva affittato un appartamento solo per stare il più possibile con lei, che alla fine, si era quasi trasferita da lui.

«Rose?» la richiamò entusiasta e con il sorriso stampato in faccia.

«Rose?» proseguì più incerto e un po’ allarmato. Forse era già uscita, anche se, generalmente, si salutavano con un bacio prima di dividersi.

«Rose?» alzò la voce una volta raggiunta la cucina.

Rose era riversa sul pavimento, tremante e della saliva le usciva dalla bocca. Damon si buttò a terra, gli occhi di Rose erano dilatati e sembrava fosse in un altro mondo. Lui le parlava e cercava di tenerle ferma la lingua, ma lei sembrava non sentire. Con un gesto fulmineo, chiamò i soccorsi, tirando fuori dalla tasca il cellulare. Avevano detto che sarebbero stati lì a breve. I minuti passavano e sembravano ore. Rose continuava ad essere scossa dai tremori lungo tutto il corpo. Il volto era imperlato di sudore e la carnagione era pallida.

«Rose, resta con me.» pregò il moro, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchia.

«Rose, ti prego.» continuò con gli occhi lucidi, con le lacrime che tentavano di uscire e la voce incrinata.

«Non puoi lascarmi anche tu. Resta con me, Rose. Resisti.» pianse disperato accarezzandole la testa. Rose aveva chiuse gli occhi. I tremori erano cessati.

«Amore? Amore mio, apri gli occhi. Ti prego, apri gli occhi.»

Rose non si muoveva più. La cassa toracica era immobile. La saliva si era fermata. La testa era diventata pesante sulle sue cosce.

«No, Rose. Non puoi farmi questo.»

Scomparsa. Liquefatta. Svanita. In una nuvola di dolore.

 

***

«Mamma.» disse timidamente quando dall’altra parte sentì la voce rassicurante e dolce della madre.

«Ciao tesoro, come stai? Fa freddo in Canada?»

«Ho conosciuto un ragazzo.» Ammise d’un fiato, senza pensare. Era quello che voleva fare. Aveva chiamato l’unica persona che mai l’avrebbe giudicata e che mai avrebbe smesso d’amarla per le azioni compiute.

«Ed è bello?» le chiese con frivolezza ed allegria.

«E’ il più bel ragazzo che io abbia mai visto.» rivelò con le guance in fiamme per l’imbarazzo.

«E gli hai chiesto di uscire a cena?» domandò con il sorriso sulle labbra, felice di sapere che la figlia stava andando avanti nonostante tutto.

«Io… mamma… abbiamo fatto l’amore. Ed è così sbagliato. E’ sbagliato dirlo a te, che sei mia madre ed è sbagliato essersi gettata fra le braccia di un altro, così presto. Ed è sbagliato perché mi illuderò di nuovo. È sbagliato perché riporrò speranze in lui e poi mi volterà le spalle, tradendomi con un’altra.»

 

***

«Rick, ho fatto l’amore con Elena.»

«Che cosa? Ti lascio solo un attimo e guarda cosa combini.» sembrava quasi volesse ridere divertito dalla sua affermazione. E Damon non sapeva cosa fare. Cosa dovrebbe fare con quella ragazza che lo attira con il suo canto da sirena? Come dovrebbe comportarsi con lei e cosa lo spingeva a starle vicino?

«Solo che lei vuole analizzare, pensare e io no. Io… noi siamo stati bene ed è questo che conta perché se mi mettessi a pensare, il mio pensiero andrebbe a qualcun’altra. Ed Elena non è Rose e mai lo sarà.»

 

***

«Non sono tutti come Stefan. Tu ti sei lasciata andare e non c’è nessuna legge che ti vieti di divertirti con un altro ragazzo. Non ci sono tempistiche giuste per voltare pagina. Non commettere l’errore di paragonare le esperienze, i ricordi con gli attimi presenti. E sai perché?»

«No, mamma.» sanciva con una nuova nascente speranza.

«Perché tu sei un’altra persona. La vita ci cambia. Ci fa aprire gli occhi, ci arricchisce e ci svuota innumerevoli volte ed innumerevoli volte le nostre reazioni saranno diverse perché avremo imparato le lezioni che verranno impartite.»

***

«Lo so io e lo sai tu. Forse lei sarà il tuo salvagente o quella che ti butterà in mare. Perché Elena è così vera e piena di vita che o la ami o la odi. Non ci sono mezze misure con lei.»

«Ho intenzione di farle vedere la città e poi salutarla e lasciarla andare. Non posso coinvolgermi. Non voglio coinvolgermi in lei. Ho paura di lei. i suoi grandi occhi marroni sono un tornado di emozioni e io ho paura di ferirla. Ho paura di ferirmi perché se cominciassi a cedere al suo sorriso dolce, a quelle guance che si colorano per l’imbarazzo, finirebbe male e non voglio stare male. Non posso.»

«E così facendo non vivresti più. Che scrittore può scrivere d’amore se si lascia inaridita la vita? Che scrittore può scrivere d’amore, se non vede via d’uscita dal tunnel?»

 

***

«Mamma, tu pensi che io sia sbagliata?» domandò con voce appena udibile.

«No, tesoro. Tu non sei sbagliata. Hai riposto fiducia ed amore in persone che non hanno saputo apprezzare. Io non so se questo ragazzo sia solo un bel corpo ma so che se continui a pensarci, non saprai mai come andrà. Vivi. La vita ti darà mille occasioni per inaridirti. Trova qualcuno che ti faccia germogliare con cura e dedizione. Non è la fine del mondo se anche con lui non va. Risali in sella e pedala.»

«Fosse così semplice.»

«Non lo è affatto. Ci saranno giorni in cui vorrai stare sotto la coperta e mangiare gelato – Elena scoppiò a ridere al ricordo di poche settimane prima – ma è proprio in quei giorni che devi alzarti e reagire.»

«Quindi dovrei vivere il momento?» chiese titubante alla madre.

«Vivi Elena. Vivi.»

«Ti voglio bene, mamma.»

 

***

«Ho bisogno di tempo.» ribadì il moro, stringendo più forte il telefono.

«Rose vorrebbe che tu la lasciassi andare. Rose vorrebbe che tu andassi avanti.»

«Come posso farlo se ho paura dell’abbandono? Ogni donna, davvero importante, nella mia vita, è morta. Non è andata dall’altra parte del mondo per mietere chilometri di distanza. È morta.» sbottò spazientito all’amico, che pareva non capire.

«Damon, tu sei il creatore del “goditi il momento-time”. Perché ti stai facendo così tanti problemi?»

Damon guardò la cornetta, come se la vedesse per la prima volta.

«E’ Elena. Lei mi manda in tilt.»

«Goditi il momento, Damon. Falle vedere la città, portava a “La Ronde” e falla ridere. Ridete insieme e poi chissà… non fasciarti la testa prima di essertela rotta.»

 

***

La mattinata era volata al Parc de Mont Royal, il parco situato sulla collina ad ovest della città, dove ogni domenica mattina viene organizzata la “Tam Tam Sundays”, una vera e propria istituzione intramontabile del quartiere Plateau, dove centinaia di persone si danno appuntamento per suonare, ballare e far festa, oltre alle diverse bancarelle di prodotti artigianali originali. Si erano poi spostati nel punto più panoramico del parco: Kondiaronk, dove si può osservare tutta la città dalla cima del promontorio e Damon l’aveva guidata alla Croix du Mont-Royal, realizzata in memoria del fondatore del villaggio, che aveva ringraziato Dio per averli risparmiati da un’inondazione.

Nel pomeriggio Damon l’aveva portata al Jardin Botanique, uno dei più grandi giardini del mondo. Si erano fermati a lungo in quello d’ispirazione giapponese con ninfee, bonsai, rododendri, rocce e piccole cascate. Quello era un posto rilassante, tranquillo e molto zen. Erano passati dal frastuono del mattino alla pace intesa e spiazzante nel giro di poche ore. Elena aveva riso, si era divertita, e lì in quegli enormi giardini, si stava perdendo, assaporando la pienezza della tranquillità e dell’assenza di pensieri. Percepiva un benessere interiore che cresceva e la faceva star bene. C’erano solo rumori leggeri, ovattati quasi ed odori, profumi casti, blandi che le solleticavano il naso.

Verso il tardo pomeriggio erano saliti su un traghetto ed avevano attraversato il fiume Saint-Laurent, fermandosi su Île Saint-Hélène, una delle due isole che costituiscono Parc Jean-Drapeau.

Erano entrati a “La Ronde”, gigantesco parco divertimenti, ed erano saliti su “Le monstre” montagne russe più alte del mondo. Elena aveva urlato forte, stringendo convulsamente la cintura di sicurezza ma aveva voluto salirci ancora ed ancora. Aveva quasi perso la voce a furia di urlare.

«L’ultima volta, giuro!» aveva detto entusiasta e a corto di fiato ma Damon fece cenno di diniego col capo.

«Perché?» chiese piano, quasi triste, come una bambina dispiaciuta dal no ricevuto dai genitori.

«Perché adesso ho una sorpresa per te e dobbiamo raggiungere quel punto –indicò la riva del fiume dove si stava raggruppando un po’ di gente.- per l’international des feux loto Québec

«Cosa significa?» domandò curiosa e con il ritrovato sorriso.

«Aspetta e vedrai. Ne varrà la pena.»

Elena avrebbe voluto dirli che tutta la giornata in sua compagnia era valsa la pena, che avrebbe voluto conoscerlo prima per ridere a crepapelle, ballare con un robot impacciato, urlare a più non posso e sentirsi bene, senza pensare alle conseguenze. Avrebbe voluto dirli che con lui stava bene e che non aveva senso definire un rapporto indefinibile e speciale. Era così presa dalle sue elucubrazioni mentali che il primo botto la spaventò. Alzò gli occhi al cielo e si perse nella bellezza dei fuochi d’artificio che coloravano la notte di verde, rosso, bianco, viola… sembrava la proiezione delle gocce d’acqua che schizzano impazzite infrangendosi nel fiume; altri ricordano dei delfini che escono dall’acqua realizzando un armonioso tuffo, altre ancora dalle majorette che ballano facendo fluttuare il bastone in alto, ci sono quelli che ricordano le lacrime leggere di gioia e soddisfazione, quelli che ti lasciano senza parole, o ancora, rossi come delle palle di fuoco che si diverte ad inghiottire un mangiafuoco. Tutti illuminano il paesaggio e si infrangono in acqua, specchiandosi come per magia. Quando possono essere sorprendenti dei fuochi d’artificio? Quando rumore, quante sensazioni possono creare? Damon si avvinò ad Elena e le cinse i fianchi, accarezzandole la braccia, infreddolite dalla sera. Ma non fa solo quello perché il cuore di Elena batteva impazzito e fa quasi più rumore d tutti quei fantastici botti. Quanto può regalarle quel ragazzo? Quanto bene può farle il fratello del suo ex ragazzo?








 

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Ciao a tutti, spero di non avervi annoiato con questo lunghissimo capitolo. 

Abbiamo visto il risveglio dei tre, la reazione di Elena, il suo non voler pensare e buttarsi fra le braccia -e non solo...- di Damon. Poi ci sono due flashback importantissimi: abbiamo il tradimento di Elena e la morte di Rose. Le telefonate intrecciate di Damon ed Elena e alla fine, la giornata passata insieme.

Dunque:  in questo sito in basso c'è la cartina di Montreal. Più a sinistra vedete Mont Royal, mentre l'isola che vedete sulla destra -dove c'è la scritta Montreal..- è l'isola di Sant'Elena, dove andranno nel tardo pomeriggio al parco divertimenti. 

Qui trovate un video in merito al Tam Tam sundays. Ho scelto questo fra altri video perchè riassume quello che succede la domenica mattina da quelle parti; mentre dopo il primo minuto di questo video potete vedere il panorama dalla collinetta. 

Alcune immagine del Giardino botanico, recuperate tramite facebook altrimenti se volete dare un occhio più approfondito questo è il loro sito internet.

Le monstre, ve lo metto solo perchè ad un certo punto potete vedere la vista sul fiume -che non è niente di spettacolare, ma non è male..- 

mentre il video che vi consiglio in assoluto -dura una mezz'oretta ma merita- Competizione internazionali dei fuochi d'artificio del Quebec. Questo video mi ha aiutato a scrivere l'ultimo pezzo del capitolo. Sono rimasta letteralmente a bocca aperta.

E dopo avervi spompato a furia di chiacchere, vi lascio con questo quesito: come vorreste che continuasse la storia? =P

a presto, un bacio

 

 

 

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