la fuga

di Mapiamica
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la fuga ***
Capitolo 2: *** la traversata 1 parte ***
Capitolo 3: *** la traversata 1 parte ***
Capitolo 4: *** la traversata 2 parte ***
Capitolo 5: *** TUONI E FULMINI ***
Capitolo 6: *** NUOVE DECISIONI ***
Capitolo 7: *** QUESTO MATRIMONIO... S'HA DA FARE ***
Capitolo 8: *** GIOCHI D'AMORE ***
Capitolo 9: *** AL LAVORO ***



Capitolo 1
*** la fuga ***


LA FUGA

Capitolo I

 

Il senso di solitudine invadeva il suo animo come la nebbia fitta nei più grigi giorni di Londra. La sua tristezza le era insopportabile, lei sempre così solare, allegra e sorridente, eppure non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione di opprimente malinconia che le era compagna ormai da giorni.

Ripensava a tutto quello che era successo. All’infido tranello di Iriza, alla reazione brusca, esagerata di suor Grace, alla sua punizione ingiusta, alle urla disperate quanto inascoltate di Terence. E ripensava a quanto fosse stato dolce sentire la musica della sua armonica mentre lei era confinata in quella lugubre, tetra, orribile prigione.

Ad un tratto sentì il rumore della serratura della porta che si apriva e apparve suor Margaret che le disse: - Signorina Andrews, presto, si sbrighi. La madre superiora ha deciso che può tornare nella sua stanza.

 

 

  • Ma… come mai? Non dovevo restare qui finché non fosse venuto qualcuno a prendermi e portarmi via? – chiese Candy sorpresa.
  •  

     

     

  • Non so… io eseguo solo gli ordini. Su, ora mi segua. La porterò nella sua stanza e domani tornerà a scuola.
  •  

     

    La ragazza seguì la suora con aria perplessa. Si chiedeva chi o cosa avesse fatto cambiare idea alla madre superiora, le pareva impossibile che ci avesse ripensato così repentinamente.

    Finalmente raggiunse la sua camera e improvvisamente una profonda stanchezza la invase. Decise di fare una doccia e di riposarsi un po’ prima di cena.

    Stava per sdraiarsi sul letto quando qualcosa attirò la sua attenzione. Il suo sguardo si posò su un foglio di carta bianco posato a terra sotto la porta d’entrata della stanza.

     

    Lo prese e subito riconobbe la calligrafia minuta, nervosa ma elegante di Terence. c’era scritto: "Cara Candy. Ho deciso di partire per New York per trovare il mio futuro. Non posso più restare qui al college. Spero che sarai felice. Addio. Terence."

    Appena letto il biglietto sentì le lagrime sgorgare dagli occhi. Lasciò cadere il messaggio e si nascose il viso tra le mani, singhiozzando. Fino ad allora non si era resa conto di quanto fosse importante per lei, di come si sentisse sola e persa senza di lui. Lo amava, questa era l’unica cosa che riusciva a capire, e non poteva permettere che se ne andasse così, senza parlargli, senza avergli confessato i suoi sentimenti, ciò che sentiva nel suo cuore.

     

    Decise di fare qualcosa, qualsiasi cosa. Le venne in mente un’idea, era più una speranza, una sottile speranza a cui si aggrappava disperatamente. Prese la corda sul balcone della sua stanza, ne legò un’estremità ad un albero vicino, salì sul parapetto e tenendosi con tutte e due le mani si lanciò in aria verso la stanza di Terence e atterrò sul davanzale di fronte camera sua. Sbirciò dentro la stanza, vide la luce filtrare dalle tende. Sospirò speranzosa. Forse il ragazzo era ancora là. Prese coraggio e bussò al vetro della porta-finestra.

     

     

  • Terence! Terence! Sono io, Candy. Aprimi, presto! –
  •  

     

    Vide il viso sorpreso di Terence che si affacciava, per poi aprire e chiederle: - Ehi, Tuttalentiggini! Che ci fai qui? Non hai paura che ti vedano le suore…? –

     

     

  • Non m’importa nulla di essere scoperta! Dimmi piuttosto perché vuoi partire, lasciare il college? ? –
  •  

     

    Il ragazzo si fece da parte per farla entrare e poi chiuse la porta-finestra tirando le tende. I due si guardarono per un tempo indefinito, poi Terence si girò e continuando a fare la valigia le disse: - Non ho più nulla da fare qui. Ho deciso di seguire il mio istinto, la mia vocazione e diventare un attore. - le spiegò, non potendole svelare il patto che aveva fatto con suor Grace. Infatti non poteva dirle che aveva promesso di andarsene se la superiora avesse lasciato Candy al college. Si sentiva morire al pensiero di lasciarla ma non poteva fare altrimenti, non poteva permettere che la espellessero dalla scuola, lei sola e troppo giovane per cavarsela con le sue sole forze.

     

    Candy non riusciva a capire, si sentiva smarrita e disperata, doveva convincerlo a rimanere a qualunque costo!

     

     

  • Aspetta… io… io non voglio che tu vada via! Non pensi a me? Cosa farò da sola in questa scuola… -
  •  

    -

    Sola??? Ma tu non sei sola! Hai i tuoi amici, hai Albert… - la interruppe lui girandosi sorpreso a guardarla. Davanti a sé vedeva una ragazzina impaurita, confusa, con una gran voglia di piangere e non capiva perché. Perché voleva che restasse? Dopotutto, quando l’aveva baciata qualche giorno prima, lei aveva reagito malissimo, schiaffeggiandolo.

     

    Candy gli si avvicinò e gli prese una mano. Si guardarono, come per annullarsi reciprocamente l’uno nell’altra, poi lui le chiese sommessamente: - Ti dispiace così tanto che io vada via? Cosa vuoi veramente da me, Candy? –

     

     

  • Venire con te – gli rispose d’impeto. Si sorprese lei stessa delle sue parole ma ormai l’aveva dette, lasciando Terence basito, non potendo credere a quanto aveva sentito. Dopo un momento di silenzio le disse: - Come pensi ce la caveremmo? Io ho solo diciassette anni, non ho niente da offrirti, non ho un lavoro, ho rinunciato all’aiuto e al nome di mio padre… e tu sei troppo giovane per affrontare la vita…
  •  

     

     

     

  • - Io ho sempre affrontato la vita da sola e non ho paura di fare una traversata per mare. Se è per il biglietto del viaggio non preoccuparti, ho qualcosa da parte… - lo interruppe lei convinta. – Una volta arrivati ci cercheremo un lavoro, almeno i primi tempi… e poi c’è sempre tua madre, sicuramente ci darà una mano… -
  •  

     

    - Hai pensato a tutto, eh? Mi spieghi però perché dovrei portarti? A che titolo? Non certo come mia sorella… o forse vorresti essere la mia fidanzata? – la canzonò Terence, strizzandole l’occhio. Aveva capito i reali sentimenti della ragazza ma voleva che fosse lei a confessarglieli.

     

    Candy arrossì violentemente e fu tentata di sferrargli un pugno sul viso ma poi vide che si era fatto serio e si stava avvicinando pericolosamente a lei. Poi, con un gesto improvviso, le mise un braccio intorno alla vita, appoggiò le sue labbra sulle sue e iniziò a baciarla. Prima fu uno sfiorare delicato, uno sfarfallio delizioso di labbra, poi lui divenne più incisivo, più incalzante, come se avesse atteso quel momento da lungo tempo. I suoi baci diventavano sempre più passionali e irruenti, Candy fu travolta da un turbinio di sensazioni mai provate, incapace di resistere a quel fiume in piena lo lasciava fare, sentendosi come una farfalla che svolazzava felice tra i fiori.

     

    Poi Terence si fermò, spaventato dalle emozioni che stava provando, da quello che poteva succedere. La guardò e sorrise per l’aria sognante che aveva lei. Infine le disse: - Ascolta piccola testarda. Io ti porterò con me ma ad una condizione; che manterremo le distanze, ci comporteremo come due fratelli, almeno fino a quando non ci sistemeremo… -.

    Qualche ora dopo salivano sulla nave che li avrebbe portati verso una nuova vita insieme o così speravano.

     

     

     

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    Capitolo 2
    *** la traversata 1 parte ***


    Capitolo II

                                                                                      LA TRAVERSATA

    (prima parte)

     

    I due ragazzi avevano acquistato i biglietti a Southampton, prenotando unna cabina con due letti, per risparmiare, sulla prima nave in partenza per New York. Erano stati fortunati perché una piccola nave passeggeri partiva quella sera stessa. Si erano presentati come due cugini, perché a Candy gli era venuta l’idea di farsi passare per maschio.

     

    Si era fatta prestare alcuni vestiti da Terence di qualche anno prima, quando lui era meno alto e slanciato. Se li era provati e aveva costatato che le stavano bene. Poi aveva accorciato i capelli e li aveva raccolti in un berretto a visiera. Quando Terence l’aveva vista non si era potuto trattenere dal farsi una risata, dicendole che sembrava proprio un ragazzaccio, rimediando un bel pugno sullo stomaco. Dopo però si erano messi a ridere insieme, con gioia e allegria.

     

    Quando si erano presentati in biglietteria avevano dato nomi falsi: Terence si era presentato come Alexander Granger e Candy aveva detto di chiamarsi Daniel Anderson. Questo per evitare di essere rintracciati dal padre di lui, il duca di Granchester, o dalla famiglia di lei, i Williams.

    L’impiegato li aveva guardati sospettoso, intuendo che quei due ragazzi avevano qualcosa da nascondere ma non poteva fare niente. Dopotutto avevano pagato regolarmente e non c’era nessun avviso di persone scomparse.

     

    Terence guidò Candy fino alla porta della loro cabina suggerendole di prepararsi per la cena, per poi scendere nel salone. Entrati dentro accesero la luce e si guardarono intorno. La stanza era arredata sobriamente, con mobili semplici ma funzionali. C’erano due lettini in mogano, spaziosi e comodi, una scrivania con sedia, un armadio e una cassettiera con specchio, sempre in mogano. In un angolo c’era un separè e in un altro una porta che dava nel bagno. C’era anche un camino che in quel momento era spento. Terence si avvicinò ad esso e inginocchiandosi preparò la legna per accenderlo. Mentre faceva ciò si girò verso Candy e le disse:

     

     

  • Candy, mentre io accendo il camino tu potresti andare a cambiarti in bagno. Dopo ci andrò io. Che ne dici? –
  •  

     

  • Oh, sì, va bene. Ma… cosa mi metto? Non posso certo indossare un vestito da sera…! .
  •  

     

  • Perché no? Mettiti lo smoking che ti ho dato. Dovrebbe starti benissimo! – la canzonò lui, guardandola con un sorriso beffardo.
  •  

     

  • Spiritoso! – lo rimbeccò Candy, andando verso la valigia e rovistandovi dentro. Quando ebbe trovato ciò che cercava lo prese e corse in bagno. Quando ne uscì, mezz’ora dopo, Terence rimase a bocca aperta. Davanti a lui c’era un perfetto ragazzo biondo, con due magnifici occhi verde smeraldo, vestito impeccabilmente e i capelli tirati in una corta coda di cavallo. Il cuore del ragazzo fece un balzo vedendo quanto fosse bella e seducente nonostante l’aspetto mascolino dei vestiti. S’impose di non correre a baciarla e stringerla a se, anche se ne aveva una voglia pazzesca.
  •  

     

     

  • Ehi! Vuoi forse farmi concorrenza, signor Anderson? Attento alle ragazze, stasera! – le disse, sapendo di farla arrabbiare. Lei fece il broncio ma poi sorrise divertita.
  •  

     

    Quando scesero in sala da pranzo tutti si voltarono a guardare quella strana coppia di ragazzi; uno longilineo, snello, bello da morire, con uno sguardo magnetico che ti scavava dentro: l’altro biondo, lentigginoso, con due occhi meravigliosi e lineamenti delicati, quasi femminili.

     

    I due presero posto ad un tavolo appartato e ordinarono un cottage pie, un roast beef, un syllabub e un plum cake, tutto innaffiato con del buon vino italiano. Alla fine Terence volle una bottiglia di champagne per brindare alla loro nuova vita.

     

     

  • Candy, vuoi brindare al nostro futuro? – le chiese sorridendole.
  •  

     

  • Certo. Non farmi bere troppo però, non reggo molto bene l’alcool. – gli disse preoccupata.
  •  

     

  • Io sono un gentiluomo! Non ti fidi di me? - le ribatté, fingendosi offeso.
  •  

     

  • Ma certamente, Terry! – fece lei mortificata.
  •  

    Ma, nonostante i buoni propositi, bevvero più del dovuto e alla fine si sentivano un po’ intontiti, con la testa che girava fluttuante.

     

    Dopo cena decisero di andare a prendere un po’ d’aria fuori, sul parapetto, con la speranza che la brezza marina facesse svanire quel sottile malessere che li tormentava da qualche minuto.

    Sul ponte c’era poca gente perché quasi tutti erano nel salone dove c’era un’orchestrina che rallegrava la serata con musica allegra e ballabile.

     

     

  • Cosa ci fate qui, soli soletti? Non vi piace ballare? – disse una voce femminile alle loro spalle, gentile e carezzevole. Si girarono e videro una bella ragazza dai capelli castani, acconciati all’ultima moda, come anche il suo vestito da sera verde, fasciante. Aveva gli occhi nocciola e un’espressione incuriosita. L’accompagnava una biondina, un po’ più bassa, con occhi marroni e un’aria timida e titubante.
  •  

     

  • Ecco… noi… stavamo prendendo un po’ d’aria. Lì dentro si soffoca. – s’affrettò a dire Terence. Aveva notato come lo guardava la ragazza castana e si sentiva in imbarazzo di fronte a Candy, che era diventata rossa di vergogna.
  •  

     

  • Oh, certo! C’è troppa gente che balla. Permettetemi di presentarci. Mi chiamo Julia Brenson e lei è la mia amica Lara Turnering. Stiamo andando in America a trovare dei parenti. E voi? -
  •  

     

  • Noi… beh, noi andiamo per turismo e lavoro. Io mi chiamo Ter… Alexander e…. lui è mio cugino Daniel. – farfugliò Terence non sapendo come districarsi da quella situazione incresciosa. Candy guardava la scena incapace di profferire parola.
  •  

     

  • Mi sembrate molto giovani. Che lavoro fate? – chiese Julia guardando Terence con occhi languidi. Candy sentiva che stava per esplodere dalla rabbia e per poco non le sferrò un pugno, quando sentì chiamare le due ragazze da un giovanotto molto alto e robusto. Julia gli rispose seccata e poi lo presentò come suo fratello. Dopo si scusò dicendo che doveva ritirarsi se non voleva che suo fratello facesse a cazzotti con loro due, essendo molto geloso e possessivo.
  •  

     

  • Oh, beh… noi stavamo per ritirarci in cabina. Siamo molto stanchi. – colse la palla al balzo Candy, respirando profondamente e tirando Terence per la giacca verso la cabina. Quando furono entrati tirarono un sospiro di sollievo.
  •  

     

    Decisero di andare a letto perché erano sfiniti dalle tante emozioni della giornata. Si baciarono sulla guancia e andarono a letto. Si rigirarono per un bel pezzo nel proprio letto, con una gran voglia di stare abbracciati, ma poi la stanchezza li vinse trasportandoli nelle braccia di Morfeo.

     

    (Fine prima parte)

    ÿ

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    Capitolo 3
    *** la traversata 1 parte ***


    Capitolo II

                                                                                      LA TRAVERSATA

    (prima parte)

     

    I due ragazzi avevano acquistato i biglietti a Southampton, prenotando unna cabina con due letti, per risparmiare, sulla prima nave in partenza per New York. Erano stati fortunati perché una piccola nave passeggeri partiva quella sera stessa. Si erano presentati come due cugini, perché a Candy gli era venuta l’idea di farsi passare per maschio.

     

    Si era fatta prestare alcuni vestiti da Terence di qualche anno prima, quando lui era meno alto e slanciato. Se li era provati e aveva costatato che le stavano bene. Poi aveva accorciato i capelli e li aveva raccolti in un berretto a visiera. Quando Terence l’aveva vista non si era potuto trattenere dal farsi una risata, dicendole che sembrava proprio un ragazzaccio, rimediando un bel pugno sullo stomaco. Dopo però si erano messi a ridere insieme, con gioia e allegria.

     

    Quando si erano presentati in biglietteria avevano dato nomi falsi: Terence si era presentato come Alexander Granger e Candy aveva detto di chiamarsi Daniel Anderson. Questo per evitare di essere rintracciati dal padre di lui, il duca di Granchester, o dalla famiglia di lei, i Williams.

    L’impiegato li aveva guardati sospettoso, intuendo che quei due ragazzi avevano qualcosa da nascondere ma non poteva fare niente. Dopotutto avevano pagato regolarmente e non c’era nessun avviso di persone scomparse.

     

    Terence guidò Candy fino alla porta della loro cabina suggerendole di prepararsi per la cena, per poi scendere nel salone. Entrati dentro accesero la luce e si guardarono intorno. La stanza era arredata sobriamente, con mobili semplici ma funzionali. C’erano due lettini in mogano, spaziosi e comodi, una scrivania con sedia, un armadio e una cassettiera con specchio, sempre in mogano. In un angolo c’era un separè e in un altro una porta che dava nel bagno. C’era anche un camino che in quel momento era spento. Terence si avvicinò ad esso e inginocchiandosi preparò la legna per accenderlo. Mentre faceva ciò si girò verso Candy e le disse:

     

     

  • Candy, mentre io accendo il camino tu potresti andare a cambiarti in bagno. Dopo ci andrò io. Che ne dici? –
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  • Oh, sì, va bene. Ma… cosa mi metto? Non posso certo indossare un vestito da sera…! .
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  • Perché no? Mettiti lo smoking che ti ho dato. Dovrebbe starti benissimo! – la canzonò lui, guardandola con un sorriso beffardo.
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  • Spiritoso! – lo rimbeccò Candy, andando verso la valigia e rovistandovi dentro. Quando ebbe trovato ciò che cercava lo prese e corse in bagno. Quando ne uscì, mezz’ora dopo, Terence rimase a bocca aperta. Davanti a lui c’era un perfetto ragazzo biondo, con due magnifici occhi verde smeraldo, vestito impeccabilmente e i capelli tirati in una corta coda di cavallo. Il cuore del ragazzo fece un balzo vedendo quanto fosse bella e seducente nonostante l’aspetto mascolino dei vestiti. S’impose di non correre a baciarla e stringerla a se, anche se ne aveva una voglia pazzesca.
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  • Ehi! Vuoi forse farmi concorrenza, signor Anderson? Attento alle ragazze, stasera! – le disse, sapendo di farla arrabbiare. Lei fece il broncio ma poi sorrise divertita.
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    Quando scesero in sala da pranzo tutti si voltarono a guardare quella strana coppia di ragazzi; uno longilineo, snello, bello da morire, con uno sguardo magnetico che ti scavava dentro: l’altro biondo, lentigginoso, con due occhi meravigliosi e lineamenti delicati, quasi femminili.

     

    I due presero posto ad un tavolo appartato e ordinarono un cottage pie, un roast beef, un syllabub e un plum cake, tutto innaffiato con del buon vino italiano. Alla fine Terence volle una bottiglia di champagne per brindare alla loro nuova vita.

     

     

  • Candy, vuoi brindare al nostro futuro? – le chiese sorridendole.
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  • Certo. Non farmi bere troppo però, non reggo molto bene l’alcool. – gli disse preoccupata.
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  • Io sono un gentiluomo! Non ti fidi di me? - le ribatté, fingendosi offeso.
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  • Ma certamente, Terry! – fece lei mortificata.
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    Ma, nonostante i buoni propositi, bevvero più del dovuto e alla fine si sentivano un po’ intontiti, con la testa che girava fluttuante.

     

    Dopo cena decisero di andare a prendere un po’ d’aria fuori, sul parapetto, con la speranza che la brezza marina facesse svanire quel sottile malessere che li tormentava da qualche minuto.

    Sul ponte c’era poca gente perché quasi tutti erano nel salone dove c’era un’orchestrina che rallegrava la serata con musica allegra e ballabile.

     

     

  • Cosa ci fate qui, soli soletti? Non vi piace ballare? – disse una voce femminile alle loro spalle, gentile e carezzevole. Si girarono e videro una bella ragazza dai capelli castani, acconciati all’ultima moda, come anche il suo vestito da sera verde, fasciante. Aveva gli occhi nocciola e un’espressione incuriosita. L’accompagnava una biondina, un po’ più bassa, con occhi marroni e un’aria timida e titubante.
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  • Ecco… noi… stavamo prendendo un po’ d’aria. Lì dentro si soffoca. – s’affrettò a dire Terence. Aveva notato come lo guardava la ragazza castana e si sentiva in imbarazzo di fronte a Candy, che era diventata rossa di vergogna.
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  • Oh, certo! C’è troppa gente che balla. Permettetemi di presentarci. Mi chiamo Julia Brenson e lei è la mia amica Lara Turnering. Stiamo andando in America a trovare dei parenti. E voi? -
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  • Noi… beh, noi andiamo per turismo e lavoro. Io mi chiamo Ter… Alexander e…. lui è mio cugino Daniel. – farfugliò Terence non sapendo come districarsi da quella situazione incresciosa. Candy guardava la scena incapace di profferire parola.
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  • Mi sembrate molto giovani. Che lavoro fate? – chiese Julia guardando Terence con occhi languidi. Candy sentiva che stava per esplodere dalla rabbia e per poco non le sferrò un pugno, quando sentì chiamare le due ragazze da un giovanotto molto alto e robusto. Julia gli rispose seccata e poi lo presentò come suo fratello. Dopo si scusò dicendo che doveva ritirarsi se non voleva che suo fratello facesse a cazzotti con loro due, essendo molto geloso e possessivo.
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  • Oh, beh… noi stavamo per ritirarci in cabina. Siamo molto stanchi. – colse la palla al balzo Candy, respirando profondamente e tirando Terence per la giacca verso la cabina. Quando furono entrati tirarono un sospiro di sollievo.
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    Decisero di andare a letto perché erano sfiniti dalle tante emozioni della giornata. Si baciarono sulla guancia e andarono a letto. Si rigirarono per un bel pezzo nel proprio letto, con una gran voglia di stare abbracciati, ma poi la stanchezza li vinse trasportandoli nelle braccia di Morfeo.

     

    (Fine prima parte)

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    Capitolo 4
    *** la traversata 2 parte ***


    LA TRAVERSATA

    (seconda parte)

     

    Il sole del mattino fece capolino dall’oblò della cabina, svegliando Terence e Candy dolcemente. Lui si alzò per primo e guardò la ragazza. Le sorrise dandole il buongiorno, a cui lei gli rispose altrettanto gentilmente.

    Candy si era seduta sul letto e si stava stiracchiando. Sentiva gli occhi di lui su di sé e ripensò per un attimo alla sera prima, alle due molestatrici, all’imbarazzo provato. Decise di parlarne con Terence.

     

     

  • Terence, io non voglio più passare un momento imbarazzante come quello di ieri sera, con quelle due arpie… -
  •  

     

  • Cos’è, sei gelosa? – scherzò lui. Poi, facendosi serio tutt’a un tratto – sì, hai ragione, anch’io ero sulle spine. Bisogna trovare una soluzione… uhm… senti, facciamo così. Ci faremo portare da mangiare qui in cabina, così non ci vedrà nessuno. –
  •  

     

  • E dovremmo starcene tutto il giorno chiusi qui dentro, come due prigionieri? No, Terry, io non ce la faccio, ho bisogno di uscire, di prendere aria! – esclamò Candy spazientita.
  •  

     

  • Beh, io un modo per passare il tempo ce l’avrei… - insinuò lui schiacciandole un occhio. Vedendola arrossire si ricompose e continuò: - no, tranquilla, ho promesso che sarei stato bravo e io mantengo sempre le promesse! Piuttosto, non penso che potremo evitare d’incontrare gente, finché saremo su questa nave. Propongo di dividerci durante il giorno. Faremo vite separate, così eviteremo situazioni imbarazzanti. Che ne pensi? –
  •  

     

    A Candy la cosa non piaceva affatto ma dovette ammettere che non c’erano alternative. Così, se uno era a poppa l’altra\o se ne stava a prua, oppure nel settore di seconda classe. Ognuno aveva fatto delle amicizie che poi commentavano alla sera, nella loro cabina prima di addormentarsi. Se incontravano Julia e Lara inventavano delle scuse plausibili per svignarsela al più presto.

    Una mattina Candy si svegliò tutta sudata e accaldata. Terence le toccò la fronte. Scottava.

     

     

  • Candy, tu scotti! Vado a chiamare un dottore! – e fece per alzarsi ma lei lo trattenne per un braccio.
  •  

     

  • No! Aspetta! Ricordo che miss Pony e suor Maria applicavano dei panni bagnati sulla fronte per far calare la febbre. Vai a prendere un fazzoletto o un asciugamani e posamelo sulla fronte. -
  •  

     

  • Ma perché non vuoi che chiami il dottore? – le chiese il ragazzo preoccupato.
  •  

     

  • Se venisse dovrebbe visitarmi e… scoprirebbe che non sono un ragazzo. Cosa succederebbe allora? – chiarì lei ansimante.
  •  

     

    Terence dovette ammettere che non aveva scelta e fece come gli aveva detto lei. Ma più il tempo passava più la febbre aumentava e la ragazza cominciò a delirare, farneticando e chiamando il suo nome. Alla fine non ne potette più e corse a cercare un medico, infischiandosene delle conseguenze.

    In tutta la nave sembrava non ci fosse un dottore, Terence era disperato. S’imbattè alla fine in Julia, che vedendolo in quello stato gli chiese cosa avesse.

     

     

  • Mio… cugino Dan sta molto male. Ha la febbre altissima e delira! Sto cercando un dottore ma non lo trovo! – le disse concitatamente.
  •  

     

  • Non preoccuparti. Mio fratello è medico. Andiamo subito a cercarlo. – e corsero subito, trovandolo in salone. La ragazza gli spiegò il problema e lui accondiscese a visitare il malato.
  •  

     

    In quel momento la nave iniziò a sballottare fra le onde e il cielo era pieno di nubi nere. Stava arrivando una tempesta.

     

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    Capitolo 5
    *** TUONI E FULMINI ***


    TUONI E FULMINI

    Capitolo III

    Quando i tre entrarono nella cabina trovarono Candy-Daniel rannicchiata nel letto, tremante come un pulcino bagnato e con gli occhi lucidi e arrossati.

    Subito Henry, il dottore, si precipitò sul malato e cominciò a visitarlo ma dopo poco si arrestò allibito. Non potendo interrogare il\la paziente perché semi incosciente, chiamò Terence che era nel corridoio con Julia, impaziente e timoroso.

  • Signor Granger! Che scherzo è questo? Volete prendermi per i fondelli??! Questa è… è… è una ragazza!! – tuonò il medico infuriato.
  •  
  • Lo so. – rispose Terence con aria rassegnata e afflitta. Sicuramente il dottore aveva ragione ad essere arrabbiato ma ora la cosa più importante era la salute di Candy, per cui continuò: - Mi creda, le spiegherò tutto dopo ma ora… pensi alla ragazza! –
  •  
  • La signorina ha un brutto febbrone. Bisogna farle scendere la temperatura…. Le darò una medicina per farle scendere la temperatura. – e si mise ad armeggiare nella sua borsa professionale, tirandone fuori una bottiglietta. Ne diede un sorso alla malata e poi fece per rivolgersi a Terence ma qualcosa lo distrasse.
  • La nave aveva cominciato a ballare tra le onde e sembrava combattere ferocemente con esse per rimanere a galla, mentre il cielo era squarciato da saette e rimbombi assordanti. Nonostante i richiami alla calma lanciati dal personale di bordo che cercava di tranquillizzare i passeggeri, tutti gli ospiti tentavano di precipitarsi sui ponti in cerca di rassicurazioni.

    Il dottor Henry Brenson sentiva il frastuono che proveniva dal corridoio e si precipitò fuori dalla cabina. Vide un fiume di gente che correva impazzita verso l’esterno e decise di salire anch’egli per vedere se c’era bisogno di lui. Sentendosi trattenere per un braccio da Terence, si ricordò della ragazza malata e disse: - Guarirà presto, vedrai. Non farla alzare dal letto. Ora vado a vedere se c’è bisogno di me e quando la tempesta sarà finita mi spiegherai tutto. –

    Passarono diverse ore prima che la tempesta si calmasse. La nave sembrava un fuscello sbattuto dal vento e dalle onde. Più volte fu sul punto di soccombere alla furia degli elementi e mandò anche un S.O.S. ad altre navi ma alla fine la burrasca si placò e tornò a navigare in acque più tranquille.

    Terence rimase tutto il tempo con Candy. Spiava ogni suo sospiro, ogni suo gesto, ogni suo movimento. Le toccava la fronte, le bagnava le labbra col fazzoletto, le accarezzava la fronte e i capelli con dolcezza, quasi avesse paura a toccarla. Quando vide che dormiva tranquilla e che la febbre era scesa notevolmente, si accorse che non aveva mangiato niente tutto il giorno e il suo stomaco reclamava la sua parte. Così salì in sala da pranzo e si sedette ad un tavolo a ordinare la cena.

    Stava per alzarsi dopo aver cenato quando una mano gli si posò su una spalla. Era Henry il dottore che lo guardava con aria interrogativa. Terence allora lo invitò al bar per un drink. Accomodatesi su un divano ordinarono da bere e iniziarono a chiacchierare. Il giovane dai capelli lunghi raccontò la verità al medico che alla fine si fece una gran risata e disse: - Certo che siete proprio coraggiosi e intraprendenti voi due! Forse anche un po’ incoscienti! Però mi piacete. Ma cosa pensate di fare una volta a New York? –

  • Non lo so ancora bene. Sicuramente mi cercherò un lavoro, almeno i primi tempi. E poi tenterò di farmi accettare in qualche compagnia teatrale. Quello è il mio sogno! – disse Terence, nascondendogli che era figlio della grande attrice Eleonor Baker.
  •  
  • Beh, se vuoi una mano, io conosco un regista teatrale che ha una sua compagnia. Si chiama Robert Hathaway e lavora a Broadway. –
  •  
  • Oh, vi ringrazio, ci penserò. – gli disse Terence, che però voleva farcela da solo, senza raccomandazioni. – Piuttosto, a vostra sorella direte la verità su me e Candy? –
  •  
  • No, se non lo volete – lo rassicurò Brenson -

  • Ecco, per ora preferirei di no. -
  •  Bene. Qua la mano. Questo sarà il nostro segreto! – e si strinsero la mano calorosamente. Ormai erano diventati amici.

     In quel momento suonò la sirena della nave. Stavano per entrare nel porto di New York.

     

    (Fine capitolo III)

     

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    Capitolo 6
    *** NUOVE DECISIONI ***


    NUOVE DECISIONI

     

    Capitolo IV

     

     

    Era ormai mattina quando la nave attraccò al porto di New York. Tutti i passeggeri scesero sul molo disperdendosi, chi solo, chi con amici o parenti.

    Candy si era svegliata fresca come una rosa, la medicina del dottor Brenson aveva fatto miracoli. Terence le aveva spiegato ogni cosa sul dottore ora loro amico e lei si sentiva più tranquilla.

    Ora si trovavano sulla banchina, intenzionati a cercarsi una locanda dove alloggiare almeno i primi giorni, quando si sentirono chiamare da Henry. Era con Julia e la sua amica, a pochi metri da loro.

     

     

  • Eh, ragazzi! Dove andate? Possiamo accompagnarvi? –
  •  

     

  • Ehm… no, vi ringrazio. Andiamo da un nostro amico, a Manhattan. – gli rispose Terence guardingo. Preferiva non rivelare i suoi piani.
  •  

     

  • Oh, anche noi andiamo da quelle parti! In che zona di Manhattan abita il vostro amico? – chiese Julia curiosa.
  •  Abita… dalle parti di Lincoln Square – farfugliò imbarazzato, dicendo la prima cosa che gli venne in mente, cioè l’indirizzo di sua madre. Candy lo guardò sbalordita.

     Beh, noi siamo a Midtown. Non siamo lontani. Ad ogni modo ci incontreremo, prima o poi. - disse Brenson, trascinando via la sorella e l’amica. Aveva capito l’imbarazzo dei due ragazzi e non voleva infierire oltre.

    Rimasti soli, Candy e Terence tirarono un sospiro di sollievo e, caricando le loro valigie su una carrozza, si fecero portare a Broadway. Girarono in lungo e in largo tutto il quartiere e alla fine videro un cartello con scritto "affittasi" esposto su un portone di un caseggiato non molto antico, situato in Upper East Side, non lontano dal viale dei teatri. Decisero di provare a chiedere l’appartamento.

    Il cartello indicava di rivolgersi al pianoterra ed essi entrarono e bussarono alla porta indicata. Aprì loro una signora sui cinquant’anni, piuttosto robusta, con occhi chiari e capelli rossi. Aveva una faccia rubiconda e simpatica e quando vide i due ragazzi provò empatia e tenerezza.

    Ci scusi signora. Abbiamo visto il cartello che dice che si affitta un appartamento. Vorremmo vederlo. – le disse il ragazzo bruno con un sorriso. Terence aveva deciso di sfoderare tutto il suo charme pur di vedere la casa.

    L’appartamento è al secondo piano. E’ ammobiliato. Il proprietario abita a Chicago e non si vede mai. Per il pagamento dovete rivolgervi ad una banca. Di solito è affittato da attori che lavorano nei teatri qui vicino. Anche voi siete attori? Mi sembrate tanto giovani! – disse la donna osservandoli attentamente.

  •  
  • Ehm… sì. Siamo solo agli inizi. Veniamo dall’Europa e pensiamo di restare qui per un po’. - disse Terence, che voleva spiegare il perché del suo accento straniero.
  •  E la signorina? E’ una parente? – domandò la signora guardando Candy che aveva tolto i vestiti da uomo, optando per un vestito di lanina leggera azzurra col soprabito e cappello a cloche coordinati.

     Sì… è mia cugina. Siamo cresciuti insieme, siamo come fratelli. Lei è sola al mondo e me ne devo occupare io. - affermò lui con convinzione.

  •  
  • Mi sembrate due bravi ragazzi. Vi mostrerò l’appartamento. – si decise la signora salendo le scale e aprendo la porta dell’appartamento con la chiave che aveva nella tasca del grembiule.
  • L’alloggio era piccolo ma confortevole. C’era una camera da letto, un cucinino con soggiorno e un bagno. Ai due ragazzi piacque subito e dissero che lo prendevano anche se il prezzo non era molto conveniente. La signora li lasciò soli per parlare meglio fra di loro sul da farsi. Si guardarono intensamente, poi Terence disse: 

  • Bene. Ora che abbiamo un tetto sulla testa dobbiamo sistemare alcune cose. Anzitutto cercherò un lavoro… -
  •  
  • Anch’io voglio cercarmi un lavoro – lo interruppe Candy ansiosa.
  •  
  • Va bene tesoro, io non te lo impedirò. Ma ci tengo a precisare che voglio regolare al più presto la nostra posizione. Senti, mi è venuta un’idea. Ora devo lasciarti per qualche ora. Tu intanto chiedi in giro se cercano qualcuno per un lavoro, quello che vuoi tu, che più ti piace. E poi fai un po’ di spesa, dobbiamo pur mangiare! – terminò lui facendo per andarsene. Ma una mano lo bloccò.
  •  
  • Ma dove vuoi andare? Perché non posso venire con te? – gli chiese Candy spazientita.
  •  
  • Non preoccuparti, tornerò presto. Entro stasera sarai mia moglie! – sentenziò Terence, e sparì lasciando Candy esterrefatta.
  •  

     

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    Capitolo 7
    *** QUESTO MATRIMONIO... S'HA DA FARE ***


    QUESTO MATRIMONIO… S’HA DA FARE

     

    capitolo V

     

    Quando Eleonor Baker vide sulla porta suo figlio Terence non ne rimase sorpresa più di tanto. In fondo se l’aspettava. Infatti le aveva telefonato il duca di Granchester infuriato perché il loro rampollo era scappato dal collegio insieme a una ragazza ed era preoccupato per loro. Lei aveva cercato di calmarlo, dicendogli che in fondo Terence era come lui, orgoglioso e impulsivo ma con un gran senso dell’onore. Se aveva deciso di fuggire con la ragazza forse era innamorato di lei e non l’avrebbe lasciata sola. Il duca aveva replicato che erano minorenni e quindi almeno Terence doveva tenere conto a lui delle sue decisioni. Eleonor gli rispose che ne avrebbe risposto lei e che comunque, se non voleva perdere del tutto il rapporto con suo figlio doveva venirgli incontro, non ostacolarlo nelle sue aspirazioni.

     

     

  • Terence! Figlio mio! – esclamo Eleonor abbracciandolo quando lo vide, poi aggiunse preoccupata: - Come stai? E la ragazza dov’è? Tuo padre mi ha telefonato e mi ha detto tutto. E’ molto preoccupato. –
  •  

     

  • Preoccupato? Quando mai il duca Richard Granchester si è mai preoccupato per me? E se sono fuggito è anche per colpa sua. Se mi avesse aiutato sarei ancora al collegio. Ma non voglio parlare di lui ora. Sono venuto da te per chiederti d’aiutarmi. Voglio sposare Candy oggi stesso! –
  •  

     

  • Sposarti??? Ma Terence! Hai solo diciassette anni… sei… siete minorenni tutt’e due! – esclamò Eleonor allibita. Non riusciva a credere che suo figlio fosse così determinato alla sua giovane età. – Perché vuoi sposarti ora, subito? Non dirmi che lei è… -
  •  

     

  • No, no mamma, tranquilla. – la interruppe lui intuendo i suoi pensieri - Nonostante le apparenze, io so comportarmi da gentiluomo. Voglio sposare Candy perché voglio vivere con lei, lo vogliamo tutt’e due. Tu mi devi aiutare: dobbiamo comprare un vestito per lei, le fedi, e trovare un prete. Ne conosci uno? Per la casa non preoccuparti, l’abbiamo già trovata, ora lei è là, che mi aspetta… -
  •  

     

  • Aspetta, aspetta… - lo fermò sua madre – non puoi sposarti così, senza il consenso di tuo padre. Lui ha la patria potestà. E anche Candy… -
  •  

     

  • Candy è sola al mondo, ha rinunciato al cognome della famiglia adottiva. – la informò Terence impaziente. – ma insomma! Mi vuoi aiutare o no? –
  •  

     

  • Sì… certo….. ma prima fammi fare una telefonata. – gli disse Eleonor correndo nello studio. Tornò dopo un po’ di tempo, raggiante. – E’ tutto a posto. Tuo padre ha dato il consenso, puoi sposarti! –
  •  

     

  • Ma… come ci sei riuscita??! – chiese Terence costernato.
  •  

     

  • Ehm… diciamo che ho toccato le corde giuste. Noi donne sappiamo sempre come convincervi. O quasi sempre. Ma ora diamoci da fare. Conosco un prete, mio grande amico, che ci può aiutare. –
  •  

     

    Dopo circa tre ore andarono da Candy che aspettava agitata e curiosa. Salutò contenta Eleonor e restò a bocca aperta quando vide il meraviglioso abito da sposa che le mostrò l’attrice, la quale la convinse a indossarlo. Quando si guardò allo specchio non riusciva a credere ai suoi occhi. Vedeva una stupenda ragazza fasciata in un abito bianco di pizzo e seta, con la gonna lunga plissettata. I capelli erano tirati in su, in uno cignon con sopra una coroncina di smeraldi e zaffiri, che reggeva il velo in organza, bianco e lungo fino ai piedi.

    Eleonor le disse che dovevano andare in chiesa, dove le aspettava il figlio, e Candy la seguì, come in trance. Si sentì letteralmente mancare il respiro quando vide Terence davanti la chiesa, vestito con un elegante abito blu notte, un papillon grigio chiaro, che teneva in mano un bouquet con una fantasia di narcisi, camelie, rose rosa e gigli, che formavano un tutto variopinto e armonioso. Bello da mozzare il fiato, con i suoi occhi blu zaffiro che scintillavano come stelle, nessuno l’aveva mai visto così felice e appagato.

    Grande fu la sorpresa di Candy quando scorse accanto al suo futuro marito la figura maestosa del dottor Brenson. Le spiegarono che si erano incontrati fortuitamente e che a Terence gli era venuta l’idea di chiedergli di accompagnare Candy all’altare e di farle da testimone.

    Giunse il momento di entrare in chiesa e tutti si appressarono. Davanti all’altare li aspettava un prete sulla cinquantina d’anni, dall’aspetto giovanile e simpatico. Non aveva obbiettato molto quando la sua amica attrice gli aveva raccontato la storia dei due ragazzi: piuttosto che farli vivere "nel peccato" meglio sposarli subito.

    Al momento delle promesse tutti erano emozionati e commossi ma Terence riuscì a dire: - Candy, io prometto davanti a Dio di amarti, rispettarti, proteggerti e assisterti nella buona e nella cattiva sorte, e di non lasciarti mai più. Da quando ti ho incontrata la mia vita è cambiata, tu mi hai cambiato. Ero un eterno insicuro, ribelle e arrabbiato con la vita e col mondo. Con te ho scoperto la gioia di vivere, l’allegria e l’altruismo. Sono sicuro che insieme supereremo ogni ostacolo, ogni avversità e problema, perché con te vicino mi sento vivo, sicuro e invincibile. Tu sei il mio sostegno e la mia forza, amore mio. -

    Con le lagrime agli occhi Candy disse: - Terence, anch’io prometto davanti a Dio di amarti, onorarti, rispettarti e assisterti in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, e di esserti fedele in ogni giorno della mia vita. Prima di conoscerti il mio cuore era triste, sconsolato. Tu mi hai ridato la facoltà di ridere, di scherzare e di guardare avanti con fiducia e speranza. Ero piena di paure, tu me le hai spazzate via come il vento fa con le nuvole. –

    Tutti gli invitati erano sorpresi dalla maturità delle parole pronunciate da quei due ragazzi, perfino il prete ne rimase colpito, pur essendo avvezzo ai matrimoni. Ci fu un applauso generale pieno di commozione. Dopo lo scambio delle fedi e la benedizione il sacerdote dichiarò sposi i due giovani.

    Candy e Terence si scambiarono il loro primo bacio da marito e moglie, prima timidamente, poi sempre più appassionato. Dopo il rinfresco, offerto da Eleonor nel miglior ristorante della città, i due novelli sposi si ritirarono nel loro appartamento, ansiosi e felici di essere finalmente soli.

     

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    Capitolo 8
    *** GIOCHI D'AMORE ***








    GIOCHI D’AMORE

    Capitolo VI



    Giunti davanti la porta dell’appartamento Terence prese in braccio sua moglie e, dopo aver aperto con qualche difficoltà l’uscio di casa, entrò e si diresse speditamente in camera da letto. Guardò Candy intensamente, con una luce splendente nei suoi inconfondibili occhi blu. Si accorse che lei lo fissava, con un misto di curiosità, timore e aspettativa, che egli giudicò fosse timidezza.



    Poggiò delicatamente Candy sul letto e cominciò a baciarla teneramente sulla bocca, sul collo e sulle orecchie. Vedendo che lei rispondeva con slancio misto a pudore alle sue avance iniziò a sbottonarle il vestito e quando lo tolse iniziò ad accarezzarla sulle spalle, sul décolleté, facendo in modo di toglierle anche la biancheria intima. Vedendola completamente nuda le prese i seni fra le mani, avvicinò la bocca ai capezzoli, succhiandoli avidamente ma senza farle male. Candy si sentiva trasportare in un vortice di sensazioni nuove, sconosciute, mai provate, sentendo il suo corpo reagire tumultuosamente alle sollecitazioni provocate dalle mani e dai baci di suo marito.



    Senza quasi avvedersene, anche lei cominciò a spogliarlo e quando lo vide in tutto il suo splendore di giovane uomo sentì uno strano calore diffondersi nel basso ventre e una voglia incontrollabile di essere sua. Lui si era abbassato fino al pube e le stava baciando e leccando le sue parti intime, procurandole brividi intensi di piacere. Quando capì che la sua erezione era al massimo e lei era pronta le allargò le gambe, si sistemò sopra e iniziò a penetrarla cautamente. Candy dapprima sentì un dolore acuto, pungente, alla vagina, tanto che s’irrigidì un attimo, poi istintivamente inarcò la schiena e lui spinse ancora più in dentro e cominciò a muoversi con il bacino su e giù, sempre più velocemente fino a raggiungere il culmine del piacere. Anche la ragazza aveva raggiunto l’orgasmo e si sentiva felice e appagata come non mai.



    Dopo Terence stette un pò su di lei baciandole il viso e poi si girò su un fianco guardandola con occhi fiammeggianti felicità.







     

       
    • Amore, tutto bene? Ti ho fatto tanto male? – le chiese titubante.








     

       
    • No, tranquillo. E’ stato bellissimo, stupendo! Non riesco ancora a crederci… io qui, con te, su questo letto…. Sono così felice che mi sembra che il cuore mi scoppi dentro! Non avrei mai creduto di provare sensazioni così… sconvolgenti! –








     

       
    • E ne proverai ancora più intense! – le assicurò il marito rimettendosi a baciarla e ad accarezzarla ancora più profondamente.




    Fecero l’amore tutta la notte e Terence ce la mise tutta per essere un eccellente amante e un ottimo maestro per sua moglie. L’alba di un nuovo giorno li trovò abbracciati e felici.

     

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    Capitolo 9
    *** AL LAVORO ***


    AL LAVORO

    Capitolo VII

    I due novelli sposi si svegliarono che il giorno era già inoltrato da un bel pezzo. Terence salutò sua moglie con un bel bacio e un sorriso smagliante. Si sentiva raggiante, euforico e in gran forma come non mai. Aveva intenzione di andare a trovare lavoro al più presto. Pensava che sarebbe stata una buona idea seguire il suggerimento del suo amico e testimone di nozze Henry Brenson: sarebbe andato alla Compagnia Hathaway chiedendo di fare un provino, omettendo naturalmente la sua conoscenza col dottore e la parentela con Eleonor Baker.

    Informò Candy delle sue intenzioni mentre facevano colazione in cucina. A dire il vero la giovanissima signora Granchester aveva fatto del suo meglio ai fornelli, preparando uova strapazzate con prosciutto, pane tostato, caffè nero, tè, budino al creme caramel e frutta fresca ma il risultato non era stato dei migliori. Poco importava però a suo marito, troppo contento e soddisfatto di stare con lei.









     
    • < >Sai Terry, anch’io penso di lavorare, anzi ieri ho avuto fortuna. La signora Barcley, la portinaia, mi ha dato un indirizzo. C’è una famiglia che cerca una governante per i bambini. Poi ho un altro indirizzo per un lavoro come sarta in un laboratorio teatrale. Penso di andarci oggi. – gli annunciò la ragazza risoluta.E tu quale preferiresti? – le chiese Terence curioso.Beh, io amo i bambini e quindi preferirei il posto da governante, ma non so se mi prenderanno così giovane e senza referenze… - disse Candy un po’ sconfortata.Oh, vedrai che con la tua simpatia e parlantina sciolta conquisterai tutti. E poi potrai sempre dire che hai studiato in una delle migliori scuole inglesi. – la consolò il marito allargando le braccia per stringerla in un abbraccio. Per un po’ dimenticarono i loro propositi lavorativi, proiettandosi in un loro mondo, fatto di tenerezze e coccole.
    Qualche ora più tardi uscirono di casa incamminandosi ognuno verso il proprio obiettivo lavorativo. Terence si avviò verso il viale dei teatri, che non era lontano da casa. Quando trovò il teatro che cercava entrò e chiese al portiere del signor Hathaway. L’uomo gli domandò cosa volesse dal direttore e regista. Il ragazzo gli rispose che voleva parlare con lui. Il portiere stava per rispondere qualcosa ma una voce femminile lo interruppe. Terence si girò e vide una bella ragazza bionda, con grandi occhi azzurri, che avanzava verso di lui.





     
    • < >buongiorno, cerchi il signor Hathaway? Dovrai aspettare, è in teatro per i provini. O, se vuoi fare un’audizione, devi andare da quella parte a destra, troverai il palcoscenico. -Grazie signorina. – disse Terence, precipitandosi verso la direzione indicatagli dalla ragazza che lo fissava sbalordita. Susanna Marlowe, questo il suo nome, era rimasta colpita dalla bellezza e dal portamento di quel ragazzo e sperò di poterlo rivedere presto. C’era qualcosa in lui che l’attirava come una calamita e si ripromise di fare di tutto per rivederlo.

    Terence nel frattempo era entrato nel teatro dove si stavano facendo le selezioni per il nuovo spettacolo shakespeariano che Robert Hathaway intendeva allestire. Si trattava del "Re Lear" e il regista, attore e produttore stava cercando gli interpreti fra le centinaia di aspiranti attori che affollavano la platea. Aveva già esaminato tanti provini e scelto i migliori per le parti principali ma gli restava ancora qualche ruolo da assegnare.
    Aveva quasi finito i provini quando gli si presentò un giovanotto alto, molto bello, dal portamento fiero e dall’aria altera e risoluta. A prima vista gli ricordava qualcuno ma non sapeva dire esattamente chi.













     
    • < >Come si chiama, giovanotto? – gli chiese incuriosito. Terence Graham, signore. – rispose il ragazzo, che aveva deciso di usare il suo secondo nome come cognome. – Da dove arriva? – domandò il regista notandogli un leggero accento anglosassone. Sono nato a New York ma ho vissuto a lungo a Londra. – gli rispose Terence leggermente infastidito da quella domanda. E perché vuol fare l’attore? Chi gli ha detto il mio nome? – il teatro mi ha sempre affascinato, c’è qualcosa di magico, d’irreale in esso eppure è anche così assolutamente vero. La sua fama non poteva non arrivare in Europa e a Londra in particolare, visto che è l’unico regista americano a portare Shakespear nel modo originale in cui lo intendono gli inglesi. Io sono perfettamente d’accordo con lei, ritengo che il Baldo deve essere rappresentato puristicamente, senza manipolazioni. –

    Hathaway rimase colpito dalle parole di quel giovanotto. Non sapeva se erano sincere o dettate da adulazione e interesse ma gli piaceva il suo modo di fare spigliato e diretto. Così gli chiese cosa avesse preparato come pezzo da recitare e quando Terence iniziò a declamare "Essere o non essere…" dell’Amleto restò sbalordito dalla veemenza e dal fervore che ci metteva. Quel ragazzo aveva un grande talento ed era sicuro che un giorno sarebbe diventato uno dei migliori interpreti shakespeariani. Così, quando ebbe finito gli comunicò che poteva considerarsi assunto a tempo indeterminato e che poteva cominciare a studiarsi la parte del Re di Francia.
    Terence tornò a casa euforico e abbracciò e baciò Candy che era rientrata da poco. Le raccontò tutto e poi volle sapere come era andata la sua giornata.
    Candy gli disse che anche lei era stata fortunata perché era stata assunta come governante per tre bambini rimasti orfani di madre. Tralasciò però di dire al marito che il padre dei piccoli era giovane e di bell’aspetto, per non farlo inquietare, sapendo quanto fosse geloso e insicuro. A sua discolpa c’era da dire che nella casa vivevano i genitori del suo principale, il che la rendeva più tranquilla.
    Si ripromise comunque che avrebbe detto tutto a Terence al momento giusto, quando sarebbe stata sicura che avrebbe capito le ragioni del suo silenzio. Così si limitò a comunicargli che avrebbe cominciato a lavorare il giorno dopo. Terence annuì e la strinse forte, baciandola con tenerezza.
    (continua)
     

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