Le Colline Blu dei Ricordi

di Agnese_san
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** parte 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***
Capitolo 25: *** 25 ***
Capitolo 26: *** 26 ***
Capitolo 27: *** 27 ***
Capitolo 28: *** 28 ***
Capitolo 29: *** 29 ***
Capitolo 30: *** 30 ***
Capitolo 31: *** 31 ***
Capitolo 32: *** 32 ***
Capitolo 33: *** 33 ***
Capitolo 34: *** 34 ***
Capitolo 35: *** 35 ***
Capitolo 36: *** 36 ***
Capitolo 37: *** 37 ***
Capitolo 38: *** 38 ***
Capitolo 39: *** 39 ***
Capitolo 40: *** 40 ***
Capitolo 41: *** 41 ***
Capitolo 42: *** 43 ***
Capitolo 43: *** 43 ***
Capitolo 44: *** 45 ***
Capitolo 45: *** 45 ***
Capitolo 46: *** 46 ***
Capitolo 47: *** 47 ***
Capitolo 48: *** 48 ***
Capitolo 49: *** 49 ***
Capitolo 50: *** 50 ***
Capitolo 51: *** 51 ***
Capitolo 52: *** 52 ***
Capitolo 53: *** 53 ***
Capitolo 54: *** 54 ***
Capitolo 55: *** 55 - 56 ***
Capitolo 56: *** 57 ***
Capitolo 57: *** 58 ***
Capitolo 58: *** 59 ***
Capitolo 59: *** 60 ***
Capitolo 60: *** 61 ***
Capitolo 61: *** 62 ***
Capitolo 62: *** 63 ***
Capitolo 63: *** 64 ***
Capitolo 64: *** 65 ***
Capitolo 65: *** 66 ***
Capitolo 66: *** 67 ***
Capitolo 67: *** 68 ***
Capitolo 68: *** 69 ***
Capitolo 69: *** 70 ***
Capitolo 70: *** 71 ***
Capitolo 71: *** 72 ***
Capitolo 72: *** 73 ***
Capitolo 73: *** 74 ***
Capitolo 74: *** 75 ***
Capitolo 75: *** 76 ***
Capitolo 76: *** 77-78 ***
Capitolo 77: *** 79 ***
Capitolo 78: *** 80 ***
Capitolo 79: *** 81 ***
Capitolo 80: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** parte 1 ***


Parte 1

Indicazione della data: 26 giugno 2002 - Roswell, New Mexico.

L’ufficio dello Sceriffo riporta che non ci sono state circostanze misteriose nella sparizione di sei adolescenti del posto. I ragazzi, tre maschi e tre femmine, sono scomparsi nel bel mezzo di quella che testimonianze hanno dichiarato essere stata una stretta sorveglianza, durante la cerimonia della consegna dei diplomi nella West Roswell High School.

Una ragazza, la signorina Pamela Troy, ha dichiarato: "Erano tutti lì e uno di loro, Max, era appena salito sul palco per fare un discorso che non era in programma. Ad ogni modo, le luci si sono spente. Poi una luce accecante ci ha abbagliato e, quando siamo stati in grado di vedere di nuovo, loro erano spariti. Come se fossero stati rapiti dagli alieni. Non pensate che sia successo questo, vero?"

Qualche presente ha dichiarato di aver visto dei cecchini appostarsi in punti scelti. Mentre uno degli adolescenti scomparsi - Maxwell Evans, abitante in Murray Lane, Roswell - cominciava il suo improvvisato discorso, la sala è stata occupata da diversi membri armati dell’ Unità Speciale dell’ FBI. E’ stato a quel punto che una luce ha accecato tutti i presenti e, quando alla fine si è attenuata, il signor Evans è saltato sul sedile posteriore di una moto, apparsa dal nulla, ed è scomparso nella notte.

Sembra che Hanson, lo Sceriffo di Roswell abbia detto: "Questo gruppetto di ragazzi è particolarmente unito e si è già trovato nei guai, in passato. Affrontando la disapprovazione dei rispettivi genitori, hanno fatto quello che fa la maggior parte degli adolescenti delle piccole città, appena finita la scuola superiore. Si sono trasferiti in una città più grande, probabilmente Chicago, dove uno dei ragazzi è stato accettato al College."

L’FBI afferma che il suo intervento non è stato niente di più che un’esercitazione per la continua battaglia contro il terrorismo nel mondo. I capi dell’FBI negano che ci sia una qualsiasi connessione tra quei sei ragazzi e il mistero che circonda i molti incidenti riportati a Roswell, fin dal 1947. Sembra che Baurline, uno degli Agenti Speciali dell’FBI, abbia affermato: "Non stiamo investigando su quei sei ragazzi, sulle loro famiglie o sulla loro scomparsa. Non ci sono alieni a Roswell, New Mexico."

In seguito alle rimostranze di diversi illustri cittadini di Roswell, guidate dal padre di due dei ragazzi scomparsi, potrebbe essere avviata un’inchiesta per verificare se siano stati infranti dei diritti civili. I rapporti dicono che sono stati rinvenuti dispositivi di ascolto illegali e nastri di registrazioni telefoniche non autorizzate. - - - Reuters.

* * * * *

Il mio nome è Liz Parker, questo è il mio nuovo diario e qui ci sono i miei pensieri. Una volta ho detto a Max di tenere un diario in modo che, non importa cosa mi sarebbe successo, mi sarei sempre ricordata le sensazioni che ho provato. Visto che ormai l' ho sposato, so che nessuno potrà mai toccarmi come lo fa lui, per cui non è più questo il motivo per cui tengo il diario. Questo diario documenterà le nostre vite, la nostra storia, così, una volta che ce ne saremo andati, il mondo potrà sapere che uomo eccezionale era Max Evan, ed il modo in cui aveva ottenuto rispetto e lealtà da quelli le cui vite ha sfiorato.

Sono fuggita via da tutto, dalla mia vita, dal mio passato e dal mio futuro. Sono fuggita dalla mia famiglia, che amo moltissimo, con i miei due migliori amici e tre alieni, uno dei quali ha completamente conquistato il mio cuore. Tutto quello che ci è rimasto è il nostro presente, che è attualmente molto rischioso, non saprei descriverlo altrimenti. Sin da quando abbiamo abbandonato la cerimonia del nostro diploma, nel corso della quale l’FBI aveva in progetto di ucciderci tutti, siamo fuggiti per proteggere le nostre vite.

Ho paura che quando ce ne saremo … andati - perché tutti ci aspettiamo di venir catturati, prima o poi - non ci sarà nulla a ricordare al mondo di un incredibile, incredibile ragazzo il cui più grande crimine è stato quello di innamorarsi di una ragazza semplicemente umana, io. Da quando Max Evans ha posato la sua mano sopra il mio stomaco ed ha rimosso il proiettile che altrimenti mi avrebbe ucciso, le vite di tutti noi sono drasticamente cambiate.

Ogni volta che penso al passato o guardo i miei compagni di viaggio crollare sui sedili di questo vecchio furgone o sdraiarsi sul pavimento di uno sporco motel, stanchi e sconvolti, chiedo a me stessa se ne vale la pena. Se una vita in fuga, passata a guardarci costantemente alle spalle, senza mai sapere se il prossimo sarà il nostro ultimo momento, sia un prezzo che vale la pena di pagare pur di continuare ad esistere. Poi guardo gli occhi di Max e vedo l’amore che prova per me, l’amore che spero lui veda riflesso nei miei occhi, e allora ho la risposta. So, con ogni fibra del mio essere, che ogni momento che passo con lui, per me, vale come mille vite. Non potrà mai essere una cosa normale, ma a me non importa.

* * * * *

Così lasciarono Roswell, New Mexico. Sei adolescenti, uniti da un legame che solo pochi potevano capire, legame forgiato dalle avversità e temprato dalla lealtà, dalla fiducia, dalla consapevolezza che ci sarebbero sempre stati uno per l’altro e, soprattutto, dall’amore. Spaventati dal destino cui erano appena sfuggiti e addolorati dall’aver dovuto lasciarsi dietro tutti quelli che amavano, guidarono lungo il sentiero polveroso che partiva dalle rovine della Camera dei bozzoli dove, anni prima, tutto era cominciato. Prima di raggiungere la statale, sei facce videro nello specchietto retrovisore e nell’oscurità, le luci rosse della macchina del Vice Sceriffo Valenti, che si riflettevano nelle pareti rocciose della gola in cui si era fermato per dire loro addio. Tutti gli occupanti del furgone si augurarono che Jim ci sarebbe stato, per aiutare i loro genitori in futuro come già, in passato, aveva fatto innumerevoli volte per loro. Dopo un profondo sospiro ed un sorriso triste rivolto a Liz, Max voltò il furgone in direzione della strada principale e si lasciarono Roswell alle spalle. Tutti si chiesero se avrebbero ancora rivisto la loro città.

Viaggiarono verso ovest, verso l’Arizona come aveva suggerito Jim. Facendo a turno per guidare, tennero sulla strada il vecchio van che avevo procurato Jesse. Tutti loro dividevano il dispiacere di Isabel per aver lasciato l’uomo che amava. Per una strana ragione, questo fatto aveva avvicinato Liz e Isabel, ora che lei aveva provato personalmente quello che aveva provato Liz quando aveva lasciato Max, perché lui potesse seguire il suo destino. Liz aveva detto ad Isabel che come lei non aveva mai spesso di amare Max, anche Jesse non avrebbe mai smesso di amare lei. Come qualcuno molto speciale le aveva detto una volta, ‘Scegliamo da soli il nostro destino’.

Quando avevano passato il confine dello Stato, nessuno di loro sapeva se dovesse sentirsi sollevato o sconvolto. Ora erano veramente soli ma, di contro, non lo erano sempre stati? Era arrivato il momento di prendere la prima decisione. A dispetto della possibilità dell’anonimato e dei facili guadagni offerti da Las Vegas, e della ancora maggiore attrazione fornita dalla cappella di Elvis, la gang si diresse a nord, verso lo Utah. Né a Max, né a Liz, piaceva più molto l’idea di sposarsi sotto la luce dei riflettori. Quello era successo in un altro tempo, ormai loro non erano più gli stessi.

Prima di lasciare l’Arizona e di entrare nello Utah, presero in considerazione l’idea di separarsi. Sin da quando il piano originale di Michael di fuggire separatamente era stato modificato così drammaticamente dalla comparsa di Bryce McCain come ospite d’onore alla cerimonia del loro diploma, quella era stata una conversazione che nessuno di loro aveva gradito fare. Il pensiero c’era comunque stato. Dopo una lunga discussione, erano stati tutti d’accordo che l’idea di non stare insieme, come una squadra, li riempiva di terrore. Isabel non avrebbe sopportato l’idea di separarsi da Max o da Michael; aveva già perso anche troppo. In nessun modo Liz avrebbe permesso a qualcuno di separarla da Max, avevano già deciso di stare insieme a dispetto di qualsiasi cosa. Maria, naturalmente, voleva stare con Michael, ma aveva disperatamente bisogno di stare anche con Liz. Sia Max che Kyle volevano che rimanessero tutti insieme, nel caso in cui avessero avuto bisogno uno dell’altro. Era come aveva detto Max, c’era una ragione per cui erano insieme. Uniti ce l’avrebbero fatta; divisi avrebbero fallito. Michael era d’accordo con tutti. Il ‘quadrato’ era diventato un ‘esagono’. L’opzione di divedersi non fu più presa in considerazione.

Fu solo quando furono arrivati in Idaho, che si sentirono abbastanza al sicuro da permettere a Max e a Liz di trovare il tempo per sposarsi. Mentre Max riempiva i documenti necessari, Isabel e Maria avevano portato Liz in una piccola città lì vicino, dove avevano trovato una piccola boutique che aveva un delizioso completo, adatto ad essere indossato da una sposa per il grande giorno e che richiese solo un minimo di ‘adattamento’ da parte di Isabel.

La semplice gonna da campagnola e la camicetta potevano anche non essere propriamente ortodossi come abito da sposa, ma quello non si poteva definire certamente un matrimonio normale. Per un reincarnato re alieno - che aveva recentemente abdicato, che stava sposando la più piccola delle ragazze della più piccola delle città, la quale aveva recentemente sviluppato tendenze aliene, e che stava fuggendo da un gruppo scelto di cacciatori di alieni - l’abito sembrava in un certo qual modo, appropriato.

Inoltre, indossandolo, Liz era molto bella. Max aveva spalancato gli occhi quando Kyle, ridendo anticipatamente alla reazione che avrebbe avuto Max, aveva scortato una raggiante Liz Parker lungo la navata, accompagnato da Isabel e da Maria. Accanto allo sposo, Michael poté solo ridacchiare e chiedersi se Max avesse realizzato il potere che quella minuscola ragazza aveva su di lui.

Si erano sposati in una piccola cappella alla periferia di una cittadina chiamata Cherry Creek, proprio lungo il confine tra lo Utah e l’Idaho. Avevano pranzato in un piccolo ristorante italiano, dove Michael, come testimone dello sposo, aveva annunciato la sua finale accettazione di Liz come membro del loro piccolo gruppo. Insieme alla promessa di amarla e proteggerla per sempre, Max aveva promesso che, un giorno, avrebbero ripetuto la loro cerimonia nuziale con le famiglie e gli amici, per avere la loro benedizione. Era un pensiero amorevole, ma nessuno di loro credeva che avrebbe rivisto la propria casa … o la propria famiglia. Nonostante tutto, quello fu un giorno che Liz non avrebbe più dimenticato. Non poté trattenersi dal sorridere per tutto il giorno. Il suo più grande desiderio si era realizzato, lei aveva sposato l’uomo dei suoi sogni e non era mai stata più felice.

Alla periferia della cittadina successiva, Max e Liz trascorsero la loro prima notte di nozze in un piccolo, ma grazioso motel di campagna, nascosto tra gli alberi. La gang aveva concesso loro quel lusso, attingendo dalle limitate risorse, perché dopo tutto quello che quei due avevo passato dall’inizio della loro altalenante relazione, meritavano almeno una notte speciale. La stanza non avrebbe potuto essere più romantica. Nemmeno l’appartamento nuziale del più costoso albergo del mondo, avrebbe potuto competere con quella affascinante piccola stanza dalle tende di merletto, il caminetto e la coperta fatta a mano stesa sul letto enorme.

La loro unione fu consumata con gioia, tenerezza, passione, rispetto e, sopra ogni altra cosa, amore e devozione. Nemmeno gli avvertimenti sussurrati da Maria, in un attimo in cui erano rimaste sole, avrebbero potuto preparare Liz all’esperienza che avrebbe finalmente condiviso con Max quella notte. Ogni orgasmo derivato dal loro amore era durato più di un’ora e, invece di lasciarla soddisfatta, aveva fatto sì che il suo corpo desiderasse ancora di più. Quella notte, né Max né Liz avevano dormito molto e quando alla fine il sole si era alzato sul loro primo mattino insieme come marito e moglie, il loro amore era cresciuto ancora di più, se fosse stato possibile. I sorrisetti compiaciuti sui visi dei loro amici, quando si erano incontrati per pranzare insieme, indicavano che il loro aspetto la diceva lunga sul come gli sposini avevano goduto la loro notte di passione.

Mentre Max e Liz erano occupati nella reciproca scoperta sessuale, i loro amici non erano rimasti inoperosi. Avevano trascorso la serata in un bowling a pochi chilometri dal ‘Nido d’amore’, come Kyle lo aveva ribattezzato. Lui aveva preferito evitare ogni rischio di poter sentire quei due, suggerendo perfino che anche lo stato confinante era troppo vicino. Era stato al bowling che avevano sentito un gruppo di ragazzi parlare della possibilità di un lavoro estivo in un vicino campeggio. Sebbene sapessero del desiderio di Max di aiutare la gente che ne avesse avuto bisogno, loro avevano bisogno di denaro. Kyle era riuscito a sapere dove fosse e come si chiamasse il camping e, dopo aver studiato una cartina del posto, che Michael si era ‘procurata’ ad una stazione di benzina, lo avevano individuato.

Era stata Liz, durante il pranzo del giorno successivo che aveva suggerito di arrivare al campeggio separatamente, per non attirare l’attenzione sul loro gruppo. Il furgone era stato nascosto in una vecchia cava a poca distanza dal campo, dopo che loro quattro ne avevano alterato l’apparenza per mimetizzarlo col paesaggio. Lo avrebbero recuperato in un secondo momento e lo avrebbero portato più vicino alla loro temporanea residenza, nel caso in cui ne avessero avuto bisogno per una fuga improvvisa.

Kyle e Isabel furono i primi ad andare. Presa la penosa decisione di nascondere il loro matrimonio, Liz e Maria li seguirono il giorno successivo, mentre Max e Michael aspettarono il terzo giorno, dopo essersi assicurati di non aver lasciato alcun segno della loro sosta. Max non si era mai sentito così solo come si sentì quella notte. Per Liz fu la stessa cosa. Era come se avessero perso una parte importante di se stessi.

* * * * *

Nella Sawtooth National Forest, Idaho, appena fuori della città di Stanley, Camp Sawtooth era un grande ed affermato complesso che ospitava campeggiatori che arrivavano con tende o caravan, ma che affittava anche appartamenti, cottages e chalets per quelli che non amavano vivere senza comodità. Nella piazza principale del campeggio c’era un piccolo ristorante, molto simile al Crashdown, ma decorato con alberi ed animali, invece che da marziani ed UFO. Michael, o piuttosto ‘Mikey’ come era conosciuto in pubblico, vi aveva trovato lavoro come aiuto cuoco. Aveva brontolato, quando Liz gli aveva suggerito di presentarsi, ma sapeva che lei aveva ragione. Avevano bisogno di lavorare per andare avanti. Mikey posò due piatti di patatine fritte sul banco di servizio e suonò il campanello.

"Ordinazione per il tavolo dodici." urlò Mikey a Rita, una graziosa cameriera dai lunghi capelli biondi.

"Era ora." ribatté Rita, che nei momenti privati rispondeva al nome di Maria.

"Senti, qual è il tuo problema?"

"Limitati a cucinare, Ragazzo dello Spazio!" Rita roteò gli occhi.

Nelle sei settimane che avevano lavorato nel campeggio, la loro relazione aveva seguito pressappoco lo stesso sentiero di quando erano fuggiti per sopravvivere. Una notte Max e Liz avevano parlato della situazione ed erano arrivati alla conclusione che essere così rudi uno nei confronti dell’altra dava a Michael, ma soprattutto a Maria, una sensazione di normalità. Nonostante questo, era chiaro che vivere in una così stretta vicinanza, aveva esacerbato la loro animosità, cosa che valeva per tutti e sei i profughi di Roswell.

"Allora!" una piccola e graziosa ragazza dai lunghi capelli neri, stava sorridendo ai quattro ragazzi, seduti ad un tavolo, che la stavano guardando fissamente. "Tre hamburger al formaggio, tutti con patatine fritte, e un Grand Slam speciale. Avete deciso cosa volete da bere?"

"Nessuno ti ha mai detto quanto sei carina?" chiese uno dei giovani, il capo del gruppo. Erano in vacanza insieme, l’ultimo ‘hurrà’ prima di dividersi per andare nei diversi college che avevano offerto loro una borsa di studio per lo sport. Avevano un aspetto da atleti. O almeno si comportavano come tali.

"Grazie." lei gli rivolse un sorriso assassino, con la chiara intenzione di flirtare.

Aveva flirtato con loro fin da quando erano arrivati, la settimana precedente. In effetti, il suo atteggiamento era cominciato fin dalla sua prima settimana di lavoro come cameriera, facendola presto diventare la cameriera più richiesta. Tutti, specialmente i ragazzi, cercavano di trovare posto ai tavoli serviti da lei.

"Hey, Betty." continuò il ragazzo che si chiamava James. "Ti ho detto che sono il detentore per l’Idaho del record per i passaggi nella scorsa stagione, vero?"

"Sì." sorrise lei. "Insieme ai tre o quattro altri record, giusto?"

"Ti ha parlato solo di tre o quattro?" rise uno dei suoi compagni, cercando di attirare l’attenzione della graziosa cameriera.

"E ti ho detto che Stanford mi ha offerto una borsa di studio per il Football?" James ignorò l’amico. "A che ora esci oggi, Betty?"

"E perché lo vorresti sapere?" Betty, meglio conosciuta tra gli amici come Liz, strinse gli occhi.

"Pensavo che tu ed io potremmo andare a Stanley, per andare a cena o qualcosa del genere. Magari al cinema. Un appuntamento, insomma."

"Bene, per quanto la cosa sia allettante," sorrise Liz "credo che la mia compagna di stanza abbia già qualcosa in programma e sarebbe scortese da parte mia non andare."

"Che sta facendo?" chiese Michael quando Maria tornò al banco di servizio. "Credevo che dovessimo cercare di non attirare l’attenzione."

"Non parlarmi con quel tono!" ringhiò Maria. "Come se fosse colpa mia."

"E’ sposata con Max da meno di due mesi. Cosa penserebbe se arrivasse all’improvviso e la vedesse comportarsi così?"

"Senti, parlerò con lei. Va bene?"

"Vedi di farlo. Altrimenti lo farò io."

Maria non era impressionata dal comportamento di Liz come lo era Michael. Alla prima occasione, avrebbe scambiato due chiacchiere con la sua migliore amica.

"Una parola fuori posto e ci potrebbe scoppiare tutto in faccia." Michael sbatté un paio di bistecche sulla griglia. "Da parte mia, non voglio finire con un paio di proiettili in testa per colpa di ‘Mrs. Popolarità’."

"Ricordati una cosa, però." esplose Maria, sentendo il bisogno di difendere l’amica. "Se non fosse stato per Liz, tu non saresti stato qui."

"Hai detto bene!" rispose Michael a voce un po’ troppo alta.

"Cosa?"

"Niente!"

"Okay, Chica." Maria afferrò Liz per una spalla, mentre posava l’ordine dei quattro ragazzi sulla giostrina sospesa davanti al banco di servizio. "Io, te, ripostiglio. Ora!"

Maria trascinò per il colletto la sua amica attraverso la porta che da un lato della cucina portava nello spazio riservato al personale. Una volta al sicuro nello spogliatoio femminile, Maria si voltò verso Liz, con gli occhi verdi che fiammeggiavano.

"Allora? Che ti passa per la testa?"

"Che vuoi dire, Rita?" Liz guardò l’amica.

"Stai cominciando a rimpiangere tutta questa faccenda della ‘Regina Liz’?"

"Non ha molto senso quello che dici, sai?" Liz era confusa. "Ma di che stai parlando?"

"Quei bulletti." Maria mosse la mano in direzione della sala da pranzo. "Ho visto come stavi flirtando con loro. Ed ho notato che parli spesso con i nostri colleghi. I nostri colleghi ‘maschi’. Sei in cerca di qualcosa di diverso? Sei forse in cerca di una via d’uscita da questa situazione?"

"Ho detto a Max che avrei fatto qualsiasi cosa pur di stare con lui." sibilò Liz. "Tu, più di tutti gli altri, dovresti sapere quello che provo per lui, quello che ho dovuto sopportare per far avverare il mio sogno."

"E allora che sta succedendo? Il sogno è diventato un incubo?"

"Pensi che mi piaccia parlare ai clienti in quel modo? O ai nostri colleghi? Noi abbiamo bisogno di guadagnare il più possibile e di farlo in fretta." le ricordò Liz. "E abbiamo bisogno di accertarci che la gente che ci sta intorno sia quello che dice di essere. Me ne sto solo accertando, okay? Se voi ragazzi non riuscite a sopportare il modo in cui flirto per avere più mance, allora … allora … dovete crescere!"

"Perché fai così?" ribatté Maria.

"Ugh!" gridò Liz, alzando le mani al cielo ed uscendo di corsa dalla stanza.

Kyle, che per il resto del campeggio era conosciuto come ‘Bud’, entrò nella stanza dalla porta sul retro, appena in tempo per vedere Liz allontanarsi sbuffando. Un secondo dopo, quando anche Maria si allontanò, Kyle roteò gli occhi e fece un cenno allusivo con la testa.

"Rita!" chiamò attirando la sua attenzione. "Potresti mettersi insieme un pranzo veloce? Una delle giostre è ferma per manutenzione ed ho una scadenza da rispettare."

"Cosa?" sbuffò Maria. "Così, adesso, io sarei diventata la tua cameriera personale?" E seguì Liz nel ristorante.

"Questo è molto strano." si accigliò Kyle, entrando a sua volta nella sala e fermandosi accanto al banco si servizio.

"Cosa vuoi Va … Bud?" gli chiese Michael.

"Solo un hamburger ed un po’ di patatine." sospirò lui. "Oh, e una coca. Però non uno di quei cosi dietetici."

Dopo pochi minuti, una busta da asporto fu posata senza troppe cerimonie tra le mani di Kyle.

"Diamine, grazie!"

Imprecando contro gli umori mutevoli dei suoi compagni, specialmente di quello dei ‘Cecoslovacchi’, Kyle tornò alla giostra sulla quale stava lavorando. Morse il panino come se fosse stata la testa di ‘Mikey’ o quella di ‘Evan’ quella che stava mordendo. Kyle lavorava come meccanico, assicurandosi che le giostre, i veicoli e le motobarche ormeggiate al lago fossero tutte tenuto in buono stato di manutenzione e pronte all’uso. Aiutava il fatto che Max, o piuttosto Evan, passava ogni sera a controllare per lui il buon funzionamento delle apparecchiature, usando le sue abilità per analizzare la composizione delle parti metalliche. Fino a che loro fossero stati lì, nessun macchinario si sarebbe rotto o avrebbe provocato degli incidenti. Ma quel doppio controllo infastidiva Kyle, come se fosse un’accusa silenziosa alla sua capacità di svolgere quel lavoro.

Finito il suo pranzo, Kyle tornò ai suoi compiti, smontando, smartellando e imprecando contro la stessa esistenza di Cecoslovacchi.

"Ehy, amico." lo chiamò uno dei suoi colleghi dall’altra parte della giostra. "Guarda che quel paese non esiste più."

Vallo a dire ad Alex, urlò la mente di Kyle, mentre dava all’uomo un’occhiataccia.

"Grazie." disse ad alta voce. "Deve essere bello avere un’istruzione."

L’altro ragazzo ignorò il commento di Bud e, guardando oltre la sua testa, la sua espressione si illuminò. Cominciò ad aggiustarsi gli abiti e i capelli, cercando di rendersi più presentabile.

"Ehi, sta arrivando Belle." e con la testa indicò il centro del piazzale. "Che tu sappia, si vede con qualcuno? Io penso che sia sexy. Vorrei chiederle di uscire."

"Sì, come se lei potesse accettare." sospirò Kyle. "Mettiti in fondo alla fila."

L’alta ragazza bionda si diresse decisa verso i due lavoratori.

"Hey, Belle." il collega di Kyle fece un passo verso di lei. "Vorresti … vorresti venire in città con me? A vedere un film?"

"Non in questa vita." sogghignò Isabel. Si voltò verso Kyle. "Che stai facendo?"

"Cosa pensi che stia facendo?" sbottò lui.

"Non c’è bisogno di sfogarti con me." si risentì lei. "Sono solo venuta a vedere se volevi pranzare."

"Già fatto!"

"Oh, non mi hai aspettato?" sembrava ferita. "Grazie. Grazie tante."

"Non c’è di che."

Isabel si allontanò. ‘Belle’ trascorreva la sua giornata girando il campeggio, per fare foto con la sua digitale. Alla fine di ogni giornata, scaricava le foto su uno speciale computer dove apparivano in forma di albo elettronico. Gli ospiti del campeggio potevano, attraverso un collegamento speciale alla TV del loro alloggiamento, ordinare le copie delle foto che preferivano. Lei trovava il lavoro noioso e frustrante ma, come aveva detto Max, lei era i loro occhi e le loro orecchie, in grado di circolare tra la folla in cerca di possibili agenti dell’FBI. Ogni volta che vedeva un possibile candidato, poteva usare la foto che aveva scattato per passeggiare nei sogni del sospetto. Gli altri facevano a turno per studiare i visi sulle foto, ognuno alla ricerca di qualcuno o di qualcosa che poteva essere sfuggito agli altri. Tra tutti loro, Isabel era quella che guadagnava di più, contando sulla percentuale che prendeva su ciascuna foto. Credeva che gli altri la accusassero silenziosamente di non dividere tutto il suo guadagno. Si affrettò verso il ristorante, scontrandosi con Liz che ne stava uscendo con una busta in mano.

"Perché non guardi dove vai?" sibilò.

"Vale anche per te." lampi verdi passarono negli occhi di Liz.

Liz traversò la piazza e si diresse verso l’angolo del campeggio dove stavano i cottage e gli chalet che gli ospiti estivi prendevano in affitto, portando il necessario per un picnic con Max. Ogni giorno, immancabilmente, pranzavano insieme. Max era stato assunto per fare il lavoro di manutenzione e risolvere i piccoli problemi nelle piccole costruzioni. Di solito si trattava di piccole cose, come cipolle della doccia guasti o porte che non chiudevano bene, ma Max si era dimostrato esperto anche con gli impianti idraulici ed elettrici. Non in modo imprevisto, si era dimostrato naturalmente abile. Il signor Anderson, il proprietario del campeggio, si era complimentato con Max per il suo lavoro, dicendo che le costruzioni non erano mai state in un così buono stato.

"Tieni." disse Liz bruscamente e lanciò a Max il suo pranzo.

Lui la stava aspettando ad uno dei tavoli da picnic, un po’ isolato dagli altri e relativamente nascosto, in modo da non poter essere ascoltati facilmente.

"Ciao, Liz. E’ bello anche per me rivederti." Max sorrise a sua moglie.

Liz guardò nei suoi occhi scuri e il suo malumore svanì all’istante, rimpiangendo la sua animosità.

"Mi spiace, Max." sospirò lei, lasciandosi avvolgere dal suo abbraccio di benvenuto. "E’ solo che i ragazzi … lo sai.”

"Ne vuoi parlare?"

"Maria mi ha appena fatto la sua predica su ‘Cosa stai facendo?’, solo perché flirto con i ragazzi."

"Flirti, uhm?" rise lui, carezzandole la nuca con la mano.

"Non fare il geloso con me, Max." grugnì Liz. "Lasciano più mance se pensano di avere una possibilità. Sai? Cercano di farmi una buona impressione."

"Fa’ attenzione, Liz." Max sembrava preoccupato. "Potrebbero … arrabbiarsi … fare qualcosa di stupido. Potrebbero … "

"So badare a me stessa, Max."

"Lo so, lo so." sorrise lui. "Ma per farmi contento, vorresti fare in modo che almeno uno di noi sia sempre con te?"

"Okay." ridacchiò lei. "Se questo ti rende felice."

Finirono di mangiare, imboccandosi l’un l’altra, e godendosi la reciproca compagnia. Poi si sedettero sull’erba, stretti uno all’altra, per scambiarsi baci teneri e sensuali.

"Meglio che torni indietro." la riluttanza di Liz a lasciarlo era evidente. La sua mano strinse più forte quella di lui. "Che programma hai per il pomeriggio?"

"Bene, devo finire tutti i lavori sulla scheda, e uh … "

"Ma li hai finiti ore fa e lo sappiamo tutti e due."

"Sì." rise Max. "E’ una vita dura."

"Cosa farai del tempo guadagnato? Voglio dire, lo so che devi fingere di impiegare lo stesso tempo che impiegherebbero gli altri."

"Leggo questo." Max le mostrò un libro di elettronica avanzata. "Devo saperne di più su come prendere misure di protezione per noi. Su come possiamo scoprire i loro … congegni. Come fare per batterli."

"Max." Liz si accigliò. "Non li potremo mai battere. Noi siamo appena all’inizio. Anche se riuscissimo a toglierci di torno l’intero FBI, loro non dovrebbero far altro che assumere altri agenti. O usare l’esercito. Max? Affronta la verità. Questa è la nostra vita."

* * * * *

Finiti i turni di lavoro, tutti i sei elementi della banda si ritrovavano sul retro del piccolo cottage che dividevano. Più di un sopracciglio si era sollevato quando quei sei apparentemente estranei si erano dichiarati disposti ad accettare quella sistemazione. Naturalmente, il fascino delle tre ragazze aveva fatto rimpiangere agli altri ragazzi il fatto di non aver pensato prima loro a quella soluzione. Il cottage che dividevano aveva solo una stanza da letto al piano superiore. Kyle aveva suggerito che, come unica coppia sposata, fossero Max e Liz a prendere la stanza. Max aveva rifiutato dicendo che, per amore di giustizia, avrebbero fatto a turno. Una settimana l’avrebbero divisa Max e Liz, la successiva sarebbe stato il turno di Michael e Maria. Dopo di loro l’avrebbe avuta Isabel e, la settimana dopo di lei, sarebbe stata di Kyle. In questo modo, aveva spiegato Max, tutti avrebbero avuto una settimana di privacy, un lusso che era diventato difficile da avere. Era interessante notare che la relazione tra Michael e Maria dava il massimo durante la settimana che li vedeva di turno nella stanza da letto. Quando non era il loro turno, gli altri dormivano o sul divano letto o in una delle brandine da campeggio, aperte nel soggiorno.

Benché il lavoro della giornata fosse finito, Max e Kyle avevano un turno di reperibilità serale, così pur restando nel cottage con gli altri, né l’uno né l’altro era completamente rilassato. Non che, quella sera, gli altri lo fossero. Ormai la tensione stava crescendo da giorni e tutti sembravano tesi. Tutti stavano dando segni di ‘febbre da cottage’ e si azzannavano l’uno con l’altro per la minima cosa. Isabel e Maria avevano preparato la cena, mentre Liz e Michael avrebbero rigovernato. Erano così che andavano le cose, per tacito accordo tra di loro. Tutti quelli che lavoravano o che erano di reperibilità, erano esentati dai servizi domestici, che gli altri si dividevano. Era un sistema giusto e tutti facevano la loro parte. Spesso i poteri alieni rendevano le cose più facili per loro, ma dovevano prendere tutte le precauzioni per assicurarsi che qualche passante non li sorprendesse a facilitare le cose, rispetto al modo normale.

Michael crollò sbuffando sul divano, dopo aver finito di rigovernare. Liz stava asciugando i piatti, aiutata da Max che sembrava felice di stare con lei, anche se non era di corvée per aiutarla. La tensione era forte ed era ovvio che qualcuno stava per esplodere. Una persona sveglia avrebbe puntato i suoi soldi su Michael.

"Vorrei che potessimo permetterci la Tv via cavo." brontolò Michael.

"Ebbene, possiamo." disse brusco Kyle.

"Da parte mia, faccio volentieri a meno di rivedere qualche stupida replica di Bewitched o cose del genere." aggiunse Isabel.

"E allora? La mia compagnia non ti basta più?" Maria gli diede uno schiaffo sulla spalla.

Michael si alzò con un movimento improvviso, facendo cadere a terra Maria che si era accomodata sul suo grembo.

"Vado a fare una passeggiata." disse lui, a nessuno in particolare. "Censo che andrò al centro di divertimenti."

"No che non ci vai." Max si fermò davanti a Michael. "Stasera devi restare qui. Resterete tutti. Voglio che le foto siano tutte controllate due volte."

"Ancora, Max?" brontolò Kyle. "Lo abbiamo già fatto la scorsa settimana."

"E allora lo rifarai questa settimana."

Il cercapersone di Max cominciò a squillare. Lui lo prese e lesse il breve messaggio.

"Sentite." continuò a dire. "Voi avete voluto che io continuassi ad essere il vostro capo e io farà il possibile per assicurarmi che tutti noi possiamo uscire vivi da tutto questo."

"E questo lo chiami vivere?" chiese Michael.

"Credimi, Michael." Max fissò l’amico negli occhi. "So per certo che è meglio delle altre due alternative." Un’ombra passò sul viso di Max e guardò Liz in cerca di rassicurazione. "Morirei prima di lasciare che uno di voi soffra quello che io … io … Non permetterò che accada." Max si avvicinò ad una demoralizzata Liz e la baciò, prima di uscire per rispondere alla chiamata che aveva ricevuto.

"Ma chi si crede di essere?" disse Michael ai componenti del gruppo che erano rimasti, una volta che la porta si fu richiusa alle spalle di Max. Si rimise a sedere, tirando Maria contro di lui.

"Gente, riesce ad essere un tale idiota." concordò Kyle. "So che è tuo fratello, Isabel, ma ha bisogno di rilassarsi!"

"Hey, non preoccuparti del fatto che è mio fratello." Isabel si sedette ed accese la TV sul canale dell’album fotografico. "Sono d’accordo con voi. Ha bisogno di un trapianto di personalità."

"Perché deve tenere sempre tutto sotto controllo?" chiese Maria. "Credevo che avesse abdicato."

"Mi ha veramente stancato." annuì Michael.

Incapace di restare ad ascoltare gli amici parlare in quel modo di suo marito, Liz scivolò silenziosamente fuori dalla porta di ingresso ed andò a sedersi sulla veranda, per aspettare il ritorno della sua anima gemella. Dentro al cottage, poteva sentire gli altri uniti per criticare Max, lamentarsi ed avere da ridire sul suo comportamento, mentre guardavano le foto sull’album elettronico. Avrebbe dovuto parlare con Max, una volta che fosse rientrato. Doveva fargli capire che non poteva comportarsi in quel modo, che così si stava alienando i suoi amici. Liz sospirò e guardò il cielo stellato attraverso il baldacchino di alberi.

* * * * * N.d.T: Non ho tradotto io questa storia. L'ho trovata già tradotta su un sito che purtroppo è stato cancellato. L'ho salvata in tempo ed è molto bella quindi a voi la lettura :D

La Storia è stata tradotta da SirioJB :)


e Scritta da WR

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Capitolo 2
*** 2 ***


Parte 2

Schermata dal pianeta che i suoi abitanti chiamano Terra, all’ombra della sua Luna, una piccola, lucente astronave cambiò la sua traiettoria per effettuare una rotta in grado di farle intercettare l’atmosfera terrestre sopra una regione conosciuta con il Triangolo delle Bermude. All’insaputa degli abitanti del posto, avevano usato quel punto per entrare nell’atmosfera del pianeta da millenni. Intorno alla regione era nata una reputazione tale che nessuno, che avesse dichiarato di averli visti, sarebbe stato creduto. Rassicurata dal fatto che il pianeta non era ancora in possesso di tecnologie in grado di scoprirla, l’astronave continuò la curva che la portò al di sopra della massa continentale nord americana, verso la zona conosciuta come New Mexico. Lasciandosi facilmente dietro il misero aereo che l’aveva scorta, lo strano velivolo atterrò nella fredda aria del deserto. Dopo un breve lasso di tempo, si aprì un portale ed apparvero tre figure, due uomini e una donna. Avevano sembianze umane, una trentina d’anni. I visitatori si guardarono attorno, osservando la strana formazione rocciosa alla loro destra. Uno degli uomini la fissò e gli altri annuirono.

"Il posto è questo." confermò. Rivolse l’attenzione all’altro uomo. "Chyn, tu prenderai i Guerin." Poi guardò la donna. "Kalyn, tu prenderai i Valenti e io … prenderò gli Evans."

Aspettò la loro conferma per accertarsi che avessero compreso il loro incarico.

"Sì, Bektor." affermarono.

"Scoprite dove sono e fatemi rapporto."

"E poi?" chiese Kalyn, la donna.

"Poi," Bektor ghignò, controllando il dispositivo a forma di diamante che aveva in mano. "La faremo finita."
I tre si avviarono nel deserto, in direzione di Roswell.

* * * * *

Jesse osservò il panorama familiare, chiedendosi come potesse sentirsi così triste e solo a Boston, una città che amava e che conosceva come il palmo della sua mano. Era facile sentirsi miserabile quando la donna con la quale avresti voluto trascorrere il resto della tua vita, in quel momento, stava probabilmente fuggendo per proteggere la sua vita, sola e spaventata.

No, sospirò, non da sola. Aveva gli altri con lei. O almeno, era quello che lui sperava.

Dov’erano? si chiese. Come stava Isabel? Era al sicuro? Cosa peggiore, si sarebbe rivolta a Kyle in cerca di conforto? No, a lui Kyle piaceva. Era un ragazzo a posto e se lei avesse proprio avuto bisogno di qualcuno e non avesse potuto stare con lui, Jesse era contento che quel qualcuno fosse Kyle.

Avanti così Jesse, continua a dirtelo e finirai per crederci. Lo uccido se si azzarda a toccarla!

Ma erano ancora vivi? Sapeva che non ci sarebbe mai stato un rapporto se, o più probabilmente quando, l’FBI li avrebbe alla fine presi e … sterminati. Era così frustrante che, con tutte le sue conoscenze legali, non potesse fare nulla per aiutare Max, Isabel e gli altri.

Con le spalle al Government Center, Jesse guardò oltre Faneuil Hall e verso Quincy Market. Con un profondo sospiro traversò Congress Street e si diresse verso il mercato, dove sperava che la visione della lunga fila di fast food l’avrebbe convinto a mangiare qualcosa. Sarebbe servito a passare il tempo. Dato che il suo sguardo era abbassato a terra, non vide la donna che si affrettava tra la folla verso di lui, col cellulare attaccato all’orecchio. Stava per avvenire una collisione.

"Scusi!" ansimò Jesse.

"Stupido individuo!" gridò la donna. "Perché non guardi dove metti … Jesse? Jesse Ramirez?" Ritornò alla sua telefonata. "Ti richiamo più tardi!" E la interruppe.

Jesse sollevò lo sguardo verso il viso della donna. Un enorme sorriso aveva sostituito la sua rabbia. Jesse lo ricambiò con un sorriso che non raggiunse i suoi occhi.

"Sarah." annuì, tendendole la mano. "Sarah Brackham. Come stai?"

"Sto bene, Jesse." Strinse la mano che le era stata offerta. "Hai un bell’aspetto. Diamine, non ti vedo dai tempi del college."

"No, io … "

"C’è uno Starbuck’s da quella parte." e indicò una costruzione del mercato. "Andiamo a bere qualcosa e a parlare, come ai vecchi tempi."

"Così," cominciò a dire Jesse posando sue bicchieri su un tavolo e sedendosi di fronte all’attraente bionda. "Dove sei arrivata? Cosa fai ora?"

"Non ci crederai mai." ridacchiò lei. "Ma sto per diventare una personaggio della TV."

"Ma dai!" rise Jesse. "Tu? Hai sempre odiato la televisione."

"Lo so." lei ricambiò la risata. "Ma sono cresciuta in mezzo alla Legge e non voglio lasciare Boston, così ho accettato questo lavoro di ricerca per un commentatore politico di una rete locale. Ho cominciato con storie e scandali che interessano la politica, ma poi hanno cominciato a farmi riempire gli spazi vuoti. Ho cominciato con l’intervistare ‘l’uomo della strada’, chiedendo il suo punto di vista o i suoi problemi ed è stato un inizio. Ora ho anche diverse occasioni per fare l’annunciatrice televisiva."

"Una cosa molto diversa da quello per cui hai studiato." sorrise Jesse. "Buon per te."

"Non sono mai stata brava come te." gli prese la mano con affetto. "Ma mi piace, sai?"

Jesse annuì.

"E cosa mi dici di te?" Sarah sollevò gli occhi azzurri per guardare quelli di lui. Erano scintillanti. "Dove è arrivato il grande Jesse Ramirez?"

"Ebbene, dopo aver gironzolato un po’ qui attorno, sono tornato a casa, nel New Mexico. Sono andato a trovare mia madre."

"Aspetta!" lei sorrise divertita. "Tu non vieni da Roswell?"

"Sì." rise lui. "Ad ogni modo, ho lavorato un po’ per un avvocato del posto. E’ stato divertente. Mi è piaciuto. Ma poche settimane fa, all’improvviso, mi ha chiamato Chris Hobson. E’ diventato socio dello studio Langtree, Wadkins and Sullivan, e si è reso vacante un posto come civilista. Lo ha offerto a me ed eccomi qui. Di nuovo a Boston."

"Okay." annuì lei. "E allora perché quel muso lungo?"

"Mi sono sposato lo scorso anno." sospirò lui.

"Oh." disse Sarah, sorpresa.

"La figlia del mio capo." ridacchiò Jesse. "Era grande. Intelligente, affascinante e così innamorata."

"Sento che sta per arrivare un ‘ma’ …"

"Sì, lei ha un grande problema … familiare ed è dovuta andare via."

"Oh, Jesse. Mi dispiace."

"L' ho superato." Jesse si strinse nelle spalle. Sì, proprio vero!

"Ascolta. Mi capita spesso di essere libera di sera. Potremmo uscire, sai, come ai vecchi tempi. Potrei sollevarti un po’ il morale." disse dolcemente Sarah sporgendosi verso di lui e battendo le sopracciglia.

"Grazie, Sarah." lui le sorrise, cercando di non guardare la scollatura che lei gli aveva appena messo in mostra. "Posso avere un buono per l’offerta? In questo momento non me la sento di uscire con una donna."

"Certo." convenne lei, la voce piena di speranza. Prese un biglietto da visita dalla sua borsa e vi scrisse dietro il suo numero di casa. "Chiamami."

* * * * *

"No!" gridò Nancy Parker, continuando a camminare avanti e indietro nel soggiorno. "Max Evans ci ha rubato la nostra bambina, Jeff. L' ha drogata o … o … o l' ha forse ipnotizzata, o qualcosa di simile. Forse lui è a capo di una di quelle sette segrete. Sai, lui mi è sembrato prendere il sopravvento su di lei dopo la morte di Claudia, quando lei era in un momento di debolezza."

"Senti, Nancy." sospirò Jeff. "So che sei sconvolta, che sei arrabbiata, ma … "

"Sconvolta?" gridò lei. "Arrabbiata? Tu non hai idea di quanto sia sconvolta ed arrabbiata."

"Se tu leggessi il diario di Liz … "

"Cosa? Leggere le giustificazioni del perché si sia lasciata portare fuori strada da quel … quel … Non capisco come Philip e Diane abbiano il coraggio di dire che amano ancora quel ragazzo. Ho appena fatto vedere anche a lei quanto sono sconvolta ed arrabbiata."

Jeff scosse la testa e trasalì al pensiero di come sua moglie poteva aver trattato gli Evans. Aveva già cacciato fuori dal caffé Jim Valenti, accusandolo di non aver protetto sua figlia e di non aver arrestato Max Evans per averle fatto questo. Le cose si erano fatte tese tra di loro, fino da quando Liz era dovuta partire all’improvviso. Anche Jeff era stato arrabbiato con Max, anzi era stato furioso. Era stato arrabbiato anche con Jim, per quello che aveva detto la notte di Capodanno, e con se stesso, per averlo ascoltato e per aver dato a Max Evans una seconda possibilità.

Poi aveva ricevuto il diario di Liz ed aveva visto la verità, come l’aveva vista Liz. La sua opinione su Max era cambiata fin dalla prima pagina. Certo, il fatto che fosse un alieno lo preoccupava, ma se andava bene a Liz, andava bene anche a lui. Per ora, sua moglie era beatamente all’oscuro di quei fatti. Lui non voleva dirle niente, perché era qualcosa che doveva leggere da sola e capire da sola, come aveva fatto lui.

"Bene." guardò verso la moglie. "Ti dispiace se lo faccio leggere prima ad Amy?"

"Togli quel dannato diario dalla mia vista!" sibilò lei. "Non voglio vederlo mai più."

* * * * *

"Davvero?" Philip sembrò preoccupato. "Lei ti ha detto questo?"

"Sì." annuì Diane." Ma va bene. Lei non sa ancora. E’ ancora addolorata. So che cambierà idea. Voglio dire, proprio per il modo in cui li abbiamo costretti, la cosa ci si è rivoltata contro. Noi non abbiamo avuto il modo di passare attraverso la rabbia o il rifiuto. Abbiamo dovuto accettare tutto, per la loro salvezza."

"Spero che stiano bene." sospirò Philip. "Sono preoccupato per loro. Non solo per Max ed Isabel, ma anche per gli altri. Qualsiasi cosa siano, sono ancora dei ragazzi. E sono in pericolo."

"Come potremo mai sapere se va tutto bene?" gridò Diane. "Avrei voluto avere il modo di programmare un sistema per comunicare con loro."

"Non preoccuparti." Philip abbracciò la moglie, comunicandole tutta la rassicurazione che poteva. "Sono sicuro che avremo loro notizie. Sai, quei ragazzi sono pieni di risorse. Avrei voluto solo avere l’occasione di parlare veramente con Max, di sapere tutto quello che è successo. Voglio dire, so molte cose, ma ci sono molte altre domande che avrei voluto fargli. Vorrei aiutarli davvero."

"Anche io."

* * * * *

Come ci riescono? La gente di cui sentiamo parlare in televisione. Quelli che riescono a vivere la loro vita fuggendo? C’è la costante paura che ogni volta che ci separiamo dai nostri amici, per qualsiasi motivo, potremmo non vederli mai più. Odio quando Max va a lavorare da solo nei cottage. L’FBI potrebbe catturarlo e io potrei non saperne nulla. Ci sono volte in cui mi chiedo se è questo che provano anche gli altri. Momenti come questi, in cui la minima cosa li fa saltare uno alla gola dell’altro.

Forse dipende dal fatto che sono due mesi che abbiamo lasciato Roswell e, in questo periodo, non c’è stata prova che siamo stati scoperti. Momenti come questi, in cui sembra che le uniche persone che si preoccupano uno dell’altro, sembriamo essere io e Max. Io so che Max si preoccupa anche per gli altri, a dispetto di come lo trattino ogni tanto. Di solito, quando cominciano a sentirsi così, invariabilmente si sfogano su Max. Come se questa situazione fosse tutta colpa sua. Non aiuta il fatto che, qualche volta, lui se ne esca con qualche stupido ordine che fa sì che gli altri lo odino ancora di più. So che noi lo consideriamo ancora come il nostro leader; so che lui vuole proteggerci fino all’ultimo respiro; ma lui non ci rende certo le cose più facili.

Leader o no, è ancora mio marito. E io devo parlare con lui."

* * * * *

"Conveniente che Max ci costringa a guardare queste maledette foto, proprio mentre lui è chiamato fuori." brontolò Michael. Non avevano smesso di lamentarsi di Max fin da quando lui era uscito, tre ore prima. Erano rimasti seduti per un’eternità davanti al video ed avevano studiato a turno ogni fotografia, controllando ogni faccia, cercando di ricordare se l’avessero vista al ristorante o nelle attività del campeggio.

"E’ un lavoro inutile." sbottò a dire Kyle. "Come se un agente dell’FBI si presentasse al campeggio con un abito scuro o con una maglietta con su scritto ‘Sorveglianza FBI’."

"Qualche volta," concordò Isabel. "Max si comporta come un idiota."

"Hey, dov’è Liz?" chiese Maria, notando all’improvviso l’assenza dell’amica.

Kyle si alzò ed si diresse verso la finestra.

"E’ fuori." disse Kyle, timoroso che la sua voce potesse farla sobbalzare. "E’ seduta sui gradini."

"Deve essere duro per lei, ascoltarci parlare male di Max in questo modo." Maria si strinse nelle spalle. "Voglio dire, è pur sempre suo marito."

"Ma si merita tutto quello che si è cercato." osservò Michael.

"Liz non la pensa così." annuì Kyle.

"Oh, sentite." squittì Maria. "Perché non combiniamo a Liz un appuntamento con uno di quei ragazzi con cui lei flirta, tanto per far arrabbiare Max?"

Tutti rimasero scioccati.

"Farebbe solo male a Liz." Kyle fissò Maria. "Non posso credere che abbia suggerito una cosa simile. Voglio dire, e se la finisse male? Se si lasciassero?"

"Non lo so." Maria rimpianse la sua uscita. "E’ solo che lui è un tale … un tale … "

"Uno che vuole tenere tutto sotto controllo?" finì Isabel per lei.

"Sì." Quattro voci furono d’accordo.

Isabel si alzò e si diresse in cucina.

"Qualcuno vuole qualcosa?"

* * * * *
Liz scorse il ragazzo, prima che lui potesse vedere lei. Liz si chiese se fosse una capacità che avevano anche gli altri, una vista aumentata. Lo avrebbe chiesto a Max al suo ritorno. James, uno dei ragazzi del gruppo, il più arrogante, sbucò nella radura.

"Ciao, Betty." James le sorrise. Stava cercando di sembrare sorpreso, ma Liz sapeva che era lì per lei. "Stavo facendo quattro passi." e indicò il sentiero dietro di lui. Tirò fuori una bottiglia di Vodka dal giacchetto e gliela mostrò. "Ho pensato che tu ed io potremmo fare una festicciola privata giù al lago. Hai mai nuotato nuda?"

"Sì." Liz annuì. "Una volta. Non è stata un’esperienza che vorrei ripetere."

"Tu non vai al college, vero?" continuò lui.

"No." Liz scosse la testa.

"Avevo pensato di chiederti di venire a Stanford. Sai, lì potresti trovare facilmente lavoro. Poi, quando avrò finito il college e farò bei soldi con il football … "

"No, James." sospirò Liz. Forse Maria aveva ragione e lei non avrebbe dovuto mostrarsi disponibile. "Non funzionerebbe."

"Ma che futuro hai qui? Almeno laggiù avresti molte opportunità. Che male può farti?"

"Ebbene," Liz doveva mantenere il suo atteggiamento civettuolo. "Per quanto sia allettante, credo che dovrò rinunciare."

"Non c’è bisogno che tu decida di venire con me stasera. Possiamo sempre avere la nostra festa." E scosse la bottiglia di vodka per sottolineare l’invito.

"Hmmmm." lei sorrise. "Non posso, perché domani ho il primo turno. Forse, ora dovresti andartene."

"Andiamo!" insistette lui. "Non è un grosso problema."

"Lei ti ha detto di andartene." disse Max con voce calma e autoritaria, comparendo alle spalle del ragazzo.
Gli occhi di Liz incontrarono i suoi con un grande sorriso.

"E tu chi sei, il padre?" sogghignò James.

"Ora dovresti andartene." ripeté Max.

Per evitare di attirare l’attenzione su di loro come gruppo, avevano deciso di tenere nascosti i loro legami. Per quello che ne sapevano il signor Anderson e i loro colleghi di lavoro, loro erano un gruppo di ragazzi che si erano incontrati al campeggio ed erano diventati amici.

"Betty?" chiese James. "E’ la tua ultima possibilità."

"Grazie, James, ma sono stanca."

Il ragazzo si strinse nelle spalle e, con evidente delusione, si diresse verso gli alloggi degli ospiti.

"Avrei potuto sistemare la faccenda da sola, Max." Liz diede il benvenuto a suo marito abbracciandolo.

"Ma non avevi bisogno di farlo da sola, Liz." la informò lui.

“Non è questo il punto, Max." lei sospirò, appoggiandogli la testa sul petto. "Tu devi fidarti di noi. Di tutti noi. In questa storia ci siamo insieme."

"Questo lo so, Liz, ma non è sbagliato dare una mano qui e là, no?"

"No, Max. E’ solo che … "

Lui avvertì la sua frustrazione.

"Solo che … ?" disse Max con cautela, quasi temendo la risposta. "Liz, sei arrabbiata con me?"

"No. Sì. Sì, in un certo modo, lo sono."

"Perché? Cosa ho fatto?"

"E’ il problema di controllo che hai." grugnì lei esasperata.

"Io? Io non ho nessun problema di controllo."

"Max, tu lo hai! Guarda questa sera. Hai visto come stanno tutti, ha i visto come sono tutti pronti ad esplodere. Ma hai impedito a Michael di trascorrere un po’ di tempo da solo e li hai costretti tutti a guardare quelle stupide fotografie."

"Oh, quello." ridacchiò lui.

"Si, quello!" Ora Liz si stava veramente arrabbiando con lui.

"Credevo che tu avessi capito, Liz. Non avevi mai detto niente ed ho creduto che tu avessi capito."

Liz rimase a bocca aperta.

"Capito cosa? Max, tu sai che ti amo, e che non ti … criticherei mai davanti agli altri. Ma, in privato, voglio dirti che stai sbagliando. Max, stasera hai sbagliato."

"Cosa è successo dopo che sono uscito?" le chiese Max.

"Hanno cominciato a lamentarsi e a brontolare." Liz si strinse nelle spalle. "Cosa pensavi? Che ti avrebbero lodato?"

"Si solo lamentati uno con l’altro?"

"No, solo con te. Max, stasera ti hanno odiato."

"Hanno litigato e si sono azzannati tra loro?"

"No." Liz scosse la testa. "Come ti ho già detto, ce l’hanno solo con te. Max, tu fai certe cose. Fai delle cose che fanno sembrare che gli altri ti odino. E questo non mi piace, Max. Mi mette in mezzo. Ebbene, non proprio in mezzo, perché sai che ti sosterrò nella buona e nella cattiva sorte, ma dannazione! Loro sono miei amici."

"Dannazione?" Max si sorprese. "Liz, tu di solito non imprechi."

"Siamo al limite della sopportazione, Max. Non te ne rendi conto?"

"Sì, Liz." sospirò Max. "Ma io sto ancora imparando come sbrigarmela. Vedi, essere un leader non è solo fare piani e gridare ‘Seguitemi!’. Si tratta di capacità di dirigere. Persone, come tattiche o altre situazioni. So quanto siano tesi uno con l’altro e so che tutti hanno bisogno di un motivo di distrazione da quello che sta succedendo. Andare a spasso non avrebbe aiutato Michael. Lui si sarebbe crogiolato nel suo malumore e sarebbe tornato ancora più arrabbiato di prima.

Quello che io ho fatto stasera ha concesso loro una notte lontana dalla loro irritazione. Invece di lasciare che si odiassero l’uno con l’altro, ho dato loro un nemico comune. Liz, ho dato loro la possibilità di unirsi contro di me ed tornare ad essere amici uno con l’altro. Anche se solo per un po’. Domani saremo ancora amici, vedrai. E poi, quando le cose si rimetteranno male di nuovo, troverò qualche altro stupido ordine da dare. Sai, non mi avevi mai detto niente. Pensavo che avessi capito da tempo quello che stavo facendo."

"Oh, Max." disse Liz, senza respiro. "Mi dispiace. Ma non pensi a te? Cosa fai tu per spezzare la tensione?"

"Liz, io ho te. Ogni volta che mi abbracci, le mie tensioni spariscono e mi torna il buonumore. E se tu mi abbracci ogni volta che mi vedi, ebbene, rendi tutto sopportabile."

"Ma gli altri, Max? Loro ti odiano veramente."

"Quando arriverà il momento di prendere una decisione, Liz, faranno quello che devono fare. Meglio che odino me, che si odino tra di loro. Penso che saremo incollati uno all’altro per parecchio tempo ancora. E quando tutto sarà finito, potremo sistemare le cose."

Quando, non se, notò Liz.

"Sei un buon leader, Maxwell Evans." sospirò lei, abbracciando forte suo marito.

"Non ancora." sorrise lui. "Ma lo sarò, grazie a te. Possiamo andare dentro?"

"In effetti, Max," i suoi occhi scintillarono alla luce della luna "Forse, dopo tutto, quella festa privata al lago non era una brutta idea. Verresti a fare il bagno nudo con me, signor Evans?"

"Questa volta possiamo togliere anche la biancheria intima?" Lui aveva un grande sorriso sul viso.

"Se rimani qui," rise lei "non lo scoprirai mai."

Liz si alzò e si avviò velocemente verso il sentiero che portava al lago.

"L’hai voluto tu, Liz." le gridò dietro Max e corse anche lui verso il lago.

* * * * *

"E questo cos’è?" Maria si sedette sul letto della camera che era il suo turno di usare, insieme con Michael naturalmente. Era stata contenta che Max si fosse comportato da idiota, perché questo voleva dire che Michael era di umore più affettuoso. Lui aveva messo una scusa per andarsene e si erano infilati a letto. Sapeva che gli altri due non l’avevano bevuta. La loro passione quella sera era stata molto più divertente delle ultime volte. "Ho sentito gridare fuori."

Michael si alzò e si affacciò alla piccola finestra che dava sul davanti della casetta. Fece appena in tempo a vedere Max che correva dietro a Liz verso il sentiero che portava fino al lago.

"E’ solo il nostro illustre leader che da la caccia a sua moglie nel bosco." si lamentò. "Com’è che lui può andare a fare quattro passi e io non posso?"

"Non credo che sia una passeggiata quello che hanno in mente." ridacchiò Maria. "Qualche volta la invidio, sai?"

"Non stai cercando di dirmi che hai una cotta per Max, vero?" gli occhi di Michael andarono alla ricerca di quelli di lei. "O che vorresti che io fossi come lui?"

"No, no." Maria scosse la testa. "Niente affatto. E’ solo che … sai … i suoi … poteri da strega. Lei può contribuire alla difesa del gruppo. Lei può aiutarvi. Sai quante volte ho pensato di farmi sparare solo perchè Max potesse guarirmi?"

"Maria, ci sono altri generi di poteri, sai?" Michael tornò a letto e si infilò accanto a Maria. "Non hai bisogno di essere in grado di vedere il futuro o di scagliare un’ esplosione aliena per aiutarci."

"Lo so, è solo che … "

"Non preoccuparti, Maria." lui l’abbracciò. "Nessuno ti sottovaluta solo perché non hai sviluppato nessun … potere."

"Lui odia il modo in cui ha cambiato la vita di Liz."

"Te lo ha detto lui?"

"No, è una cosa che posso vedere. Quando pensa che nessuno lo guarda, lui guarda Liz e nei suoi occhi puoi leggere il dolore."

"Ma Liz lo vuole. Non avrebbe mai voluto che le cose fossero andate diversamente."

"Questo lo sai tu, e lo so io … ma Max? Non fraintendermi. So che è contento che lei sia qui con lui, ma so che avrebbe voluto per lei una vita normale. Si preoccupa troppo per lei. Si preoccupa troppo per tutti noi."

"Lui è un idiota." Michael si voltò e si tirò le lenzuola sopra la testa.

* * * * *

"Quei due non si rendono conto in quale situazione siamo?" chiese Isabel, mentre lei e Kyle erano seduti sui lettini da campo aperti in soggiorno. "Voglio dire, tutta l’FBI ci sta dando la caccia e loro si comportano come … come una coppia di … adolescenti."

"Che poi è quello che sono." sospirò Kyle, che aveva sistemato il suo letto il più lontano possibile da quelli di Max e Liz.

"Si, ma non si rendono conto di quanto contiamo su di lui?"

"Ti manca Jesse, huh?" le chiese Kyle in tono gentile.

"Sì. Si vede?"

"No, no." rise Kyle. "Solo una fortunata intuizione. Lui sarebbe venuto, se tu glielo avessi permesso."

"Io non sono come Max." Isabel si arrabbiò per un attimo. "Non avrei mai trascinato Jesse in tutto questo come lui ha fatto con Liz."

"Liz non se ne lamenta." osservò lui. "Ma in effetti, lei non ha avuto molta scelta, vero? Voglio dire, Jesse non è mai stato un bersaglio per l’FBI come lo è stata Liz. In effetti, io penso che il fatto che loro due siano insieme ci abbia aiutato. O almeno, quasi sempre. Tranne questa sera."

"Pensi che stia perdendo il controllo?" chiese lei.

"Max? No. So che ha detto che ha abdicato e tutto il resto, ma lui è sempre il nostro leader. Che lui lo voglia o no. E deve pensare a tutto. Qualche volta mi sento così miserabile che dimentico di non essere il solo cui manca la sua vita normale. E io non devo prendere nessuna decisione, qui. O almeno, non una di quelle che potrebbero farci ammazzare tutti."

"Rimpiangi di essere venuto via con noi?"

"Qualche volta." ammise Kyle in un sussurro, dopo un momento di silenzio. "Ma sono contento di essere con voi. Nonostante tutto."

"Spero che tu riesca a trovarla, Kyle."

"Chi?"

"Quella ragazza che ti sta aspettando là fuori, da qualche parte."

Kyle non rispose. Non avrebbe saputo cosa rispondere. Si voltò nel lettino, con il viso contro la parete.

* * * * *

Liz si affrettò lungo il sentiero verso il lago, passando tra gli alberi. Poteva sentire Max dietro di lei. Gridò di nuovo quando vide il molo di legno allungarsi nell’acqua. Alla fine, Max l’afferrò, stringendo le braccia forti intorno alla sua vita, prima che lei ne raggiungesse la fine. Liz si voltò verso di lui, le sue mani le presero il mento e lo tennero fermo mentre lei cominciava a mordicchiarsi le labbra. Lei rispose cercando di succhiare quelle di lui. Il loro bacio si approfondì, mentre le mani di Max andarono alla ricerca dei bottoni del vestito di lei. Liz lo imitò, togliendogli la camicia, mentre Max le sfilava l’abito. Le dita di lei lottarono con i bottoni dei jeans di lui, che l’aveva già liberata dal reggiseno.

E all’improvviso si ritrovarono all’estremità del molo, sospesi sopra l’acqua immobile e profonda. Tra grida e gemiti di passione, erano ormai nudi. Dita calde andarono in cerca di carne soda e morbida pelle. Mentre lui la carezzava, portando il suo desiderio ad un picco febbrile, Liz stava conducendo Max vicino al suo culmine. All’ultimo momento, prima che lui potesse arrivare, Liz spinse contro il petto di Max. Nonostante avesse avvertito una sensazione di vuoto alla perdita del suo tocco, lei scoppiò a ridere quando Max cadde nell’acqua fredda della notte.

Si voltò per allontanarsi di corsa sul molo, ma la sua risata l’aveva fatta trattenere troppo a lungo. Max aveva raggiunto a nuoto il molo e si stava arrampicando sulla piattaforma di legno, tagliandole la via di fuga. Lei indietreggiò ridendo. Max la guardò nei grandi occhi scuri, divorandola con i suoi. Liz rabbrividì e non vide l’ora che lui la raggiungesse. Ma era ancora presto.

Intrappolata alla fine del molo, Liz si voltò e con un unico movimento fluido, eseguì un tuffo perfetto, gettandosi in acqua. Nuotò per allontanarsi dalla piattaforma, la stessa che durante il giorno era piena di gente. Dietro di lei, Max era già tornato in acqua e si stava dirigendo verso di lei con lunghe, potenti bracciate. La raggiunse facilmente e passò qualche momento a stuzzicarla, usando le sue lunghe braccia per raggiungere parti che lei non avrebbe potuto proteggere. Insieme, giocarono nell’acqua, la gioia nelle loro voci che si spandeva sul lago. Poi Max la lasciò avvicinare, permettendole di ricambiare le sue carezze. Ora si potevano abbracciare e stringere più teneramente, il desiderio che avevano uno per l’altra più forte del desiderio di vendicarsi.

Max sollevò Liz sulla piattaforma e la seguì svelto. Le passò lentamente una mano sopra, asciugandola istantaneamente e riscaldandola.

"Posso farlo da sola." Liz roteò gli occhi. Lei passò una mano sopra di lui, asciugando e riscaldando suo marito.

"Lo so." Max le sorrise. "Ma non è più divertente così?"

"Sai quello che sto per farti, Max Evans?" rise lei, facendolo stendere sulla schiena. Max le sorrise, i loro occhi si incontrarono in un raggio di luna.

"Ne ho una mezza idea." gemette lui.

Quando Liz premette il suo corpo caldo e nudo su quello di lui, il loro mondo divenne una nebbia confusa, le erotiche, sensuali sensazioni li invasero e li portarono in un mondo perfetto dove non dovevano aver paura del momento successivo, dove l’unica cosa di cui dovevano preoccuparsi era se l’altro stava ricevendo lo stesso piacere nel loro fare l’amore. Culminarono con il più lungo orgasmo mai provato.

"Oh, mio Dio, Max." ansimò Liz quando furono discesi dalla loro esplosione di piacere. "E’ stato così … così … "

"Anche io, Liz." disse Max senza fiato.

Si abbracciarono, i loro corpi caldi e nudi premuti uno contro l’altro sulla piattaforma ed insieme rimasero a guardare il cielo della notte.

"Amo le stelle, Max." ammise Liz con un sorriso. Si voltò a guardare suo marito, per scoprire che lui la stava già guardando. "Mi hanno dato te."

"E’ meglio che rientriamo, prima che gli altri comincino a preoccuparsi." grugnì Max dopo che erano rimasti un po’ in silenzio.

"Non si preoccuperanno, Max." sorrise Liz. "Michael e Maria vengono spesso a nascondersi nel bosco, quando non possono usare la stanza da letto. Pensavo che lo sapessi."

"Ma non sono mai stati via così a lungo." disse, facendole capire che sapeva quello che facevano gli altri.

"E’ bello sapere che, di quando in quando, non pensi a loro, Max. E’ bello che, per una volta, tu sia un normale adolescente sfrenato."

"Uh huh. Ed è bello anche per te."

"Max." sospirò lei. "Io sono sempre un’adolescente sfrenata quando sono con te."

"Lo sei, huh?" ridacchiò lui con un caldo, furbo sguardo alla nudità di Liz. "Devo ricordarmelo."

Sentendo una vena di gioco nel suo tono, Liz lo guardò. "Non ti azzardare!"

"Io?" chiese lui, con aria innocente.

Scoppiarono a ridere.

"Andiamo." Max le diede un bacio sul naso e rotolò nel lago.

Liz stava giusto per tuffarsi dietro di lui, ma sulla piattaforma, qualcosa che rifletteva la luce della luna attrasse la sua attenzione. Lei si chinò per raccoglierla e, quando la toccò, i suoi occhi si coprirono di un velo. Lentamente, senza potersi controllare, Liz cadde in acqua.

* * * * *

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Capitolo 3
*** 3 ***


Parte 3

Dietro di lui, Max sentì Liz tuffarsi e si rese subito conto che qualcosa non andava. Avvertì il panico di Liz.

"Max." gridò lei.

Lui si voltò immediatamente e, con potenti bracciate, nuotò più velocemente possibile in direzione di sua moglie, lottando contro l’acqua. La raggiunse proprio quando la sua testa stava per sparire sotto la superficie. Si immerse e l’afferrò, riportandola a galla, mentre lei tossiva e sputava acqua.

"Rilassati, Liz." la esortò lui. "Ti ho presa. Sei al sicuro."

Lei sapeva di esserlo. C’era qualcosa nella presenza di Max che la calmava. Sapeva di essere al sicuro. Passandole una mano sotto il mento per tenerle sollevata la testa, Max si cominciò a dirigersi verso la riva con l’altro, usando le gambe a forbice per spingersi nell’acqua. La spiaggia poteva essere più lontana della piattaforma, ma Max voleva portare Liz al sicuro. Quando si furono avvicinati alla riva, li aspettava Isabel con un grande asciugamano.

"Ho sentito che avevate problemi, Max." gridò lei, al limite dell’isteria. "Ho pensato … ho pensato … "

Max prese Liz tra le braccia e la portò fuori dall’acqua verso Isabel, che si avvicinò con l’asciugamano aperto.
L’avevano appena avvolta, quando gli altri apparvero sulla soglia per vedere cosa stesse succedendo.

"Cosa è successo? Qual è il problema?" cominciarono a chiedere.

Liz afferrò la mano di Max e sibilò tra le lacrime. "Ho avuto un’altra premonizione."

Si immobilizzarono tutti e rimasero in attesa di quello che Liz stava per dire.

"Ho visto sparare a qualcuno. Aveva i capelli biondi."

"Chi?" chiese Michael. "Chi?"

"Uhm, ragazzi, potete darci un minuto?" chiese Max, con ancora Liz tra le braccia e molto imbarazzato. Fu allora che gli altri si accorsero che era ancora nudo.

"Oh, mio Dio!" balbettò Maria, diventando rossa.

Lei corse verso la casetta, Isabel roteò gli occhi e la seguì, lasciandosi dietro un Michael ed un Kyle estremamente divertiti. Poi anche loro si voltarono e si diressero verso la casa.

"Stai bene, Liz?” chiese Max con voce tenera, augurandosi che gli altri non li stessero aspettando dentro.

"E’ solo questa premonizione, è … "

"Shhhh, Liz." la tranquillizzò, stringendola a sé. "Aspetta che ci siano tutti, per parlarne. Io voglio solo accertarmi che tu stia bene."

"Sto bene, Max." Lei lo baciò. "Grazie."

"Liz, per favore." la pregò lui. "Mi fai controllare? Se non altro per farmi stare tranquillo."

Lei si limitò ad annuire. Max allungò la sua mano verso il lato della testa di Liz e la connessione fu quasi istantanea. Si scambiarono ricordi, mentre Max si accertava che non ci fossero danni nascosti causati dal loro recente incidente. Lei stava bene.

"Vedi?" gli sorrise. "Te lo avevo detto che stavo bene?"

"Oh, Liz." Max scosse la testa mortificato e passò una mano su entrambi per asciugarsi. Insieme, mano nella mano, si avviarono verso il molo per recuperare i loro abiti. Una volta vestiti, le loro mani si strinsero insieme, mentre tornavano verso gli alberi.

"Liz?" mormorò Max. "A proposito di quello che ho detto, sai, a proposito della connessione. Uhm, ti rendi conto che io sarò sempre così preoccupato? Fa parte del mio modo di essere, credo."

"Sì, Max." Liz sorrise. "Lo so."

"E’ solo che … "

"Capisco, Max." lei fece una risatina. "Così non pensarci. Ogni volta che senti la necessità di connetterti con me per sapere come sto, sentiti libero di farlo."

"Grazie."

Ci fu un attimo di silenzio, prima che Liz ricominciasse a parlare. "Inoltre, mi piace." gli strinse la mano.
Rimasero in silenzio per tutto il tragitto verso la casa.

"Liz?" chiese Max quando furono vicino ai gradini.

"Sì?" rispose Liz.

"Io ti amo, lo sai?"

Salirono i due gradini della veranda.

"Max?"

"Sì?"

"Anche io ti amo. Lo sai questo?"

"Lo so, Liz." sorrise lui, stringendola in un abbraccio. "Lo so."

* * * * *

Il momento di tenerezza tra la coppia si interruppe nell’ attimo stesso in cui entrarono nella casa. Quattro voci ansiose chiesero cosa avesse visto Liz.

"Okay, state calmi." ordinò Max.

Smisero tutti di parlare e si sedettero dove trovarono posto. Appena fu sicuro di poter parlare liberamente, Max fece un profondo respiro. "Io e Liz siamo andato a fare una passeggiata." cominciò a dire lui. "Giù al lago. Abbiamo deciso di fare una … nuotata."

"E’ solo per quello che siete usciti?" ridacchiò Michael.

"E’ tutto quello che dovete sapere." rispose Max.

"Ma nudi?" Maria aggrottò le sopracciglia.

Max si limitò a farle un sorriso, che la fece diventare di un rosso scarlatto. "Ad ogni modo," continuò lui "Stavamo tornando sulla piattaforma quando Liz ha cominciato ad … agitarsi."

"E’ stato in quel momento che ho avuto la premonizione." prese a raccontare Liz. "Sono quasi svenuta."

"E cosa hai visto? A chi hanno sparato?"

"Dillo a modo tuo, Liz." Max squadrò Michael.

"Okay. E’ successo nella sala della ricezione. Qui, voglio dire. Al campeggio. Non ho potuto vedere chi fosse. So solo che era una donna e che aveva i capelli biondi."

Isabel e Maria si scambiarono un’occhiata tesa. Doveva essere una di loro.

"Nessun’indizio sul quando?" chiese Kyle.

"No. Ma il sole era basso. Credo che fosse tardo pomeriggio. Il sole tramonta tardi, dalla parte dell’ufficio."

"Bene, fino a che non ne sapremo di più." rifletté Max voltandosi verso sua sorella e Maria "la cosa migliore è che voi due stiate lontano dagli uffici della ricezione. Se dovete andarci, fatelo sapere a me o a Michael. Non andateci da sole."

"Aspetta, aspetta, aspetta." lo interruppe Maria, agitando le mani. "Credevo che tu dovessi toccare qualcuno per avere una premonizione."

"Di solito, sì." concordò Liz, sembrando perplessa. "Di contro ho avuto la premonizione della mia … accettazione al college … quando ho toccato la busta."

"E allora, cosa hai toccato per aver avuto questa?"

"Io … io non lo so."

* * * * *

Isabel ascoltò con molta attenzione i suoni emessi da Max, Liz e Kyle, cercando di capire se si fossero addormentati. Soddisfatta, tirò fuori la fotografia di Jesse. Alla luce della luna, rimase a guardarla per un’eternità. Era una routine che seguiva ogni sera. Aveva pensato di passeggiare nei sogni di Jesse ogni sera da che erano partiti, ma non ne aveva mai avuto il coraggio, timorosa di poter vedere qualcosa che avrebbe rimpianto. Ma con la minaccia di essere uccisa in un prossimo futuro, sapeva che doveva provarci. Guardò ancora Max e Liz, i loro visi contenti che si sorridevano anche nel sonno. Toccò con il dito la faccia di Jesse e fu trasportata nel suo sogno.

Jesse era sul divano, accoccolato contro la sua versione di sogno di Isabel, come avevano fatto lo scorso Natale. Isabel avrebbe voluto piangere alla vista di suo marito con l’altra se stessa. Anche nel sogno, poteva sentire la tristezza del marito. Isabel si chiese se dovesse far sapere a Jesse della sua capacità di passeggiare nei sogni; che lei era lì con lui, con la sua mente, se non con il suo corpo. Sapeva che avrebbe dovuto prima chiederlo Max ma, visto il suo umore, lui avrebbe certamente detto di no.

"Vorrei che fossi veramente con me, Isabel." sospirò Jesse. "Vorrei vederti veramente e non solo nei miei sogni. Vorrei rassicurarmi che stai bene. Vorrei rassicurarmi che stiate tutti bene. Sai che sono tutti preoccupati per voi? Tua madre e tuo padre, la madre e il padre di Liz. Anche il papà di Kyle e la mamma di Maria. Avrei voluto che ti fossi fidata abbastanza di me da rivelarmi prima il tuo segreto. Tutti noi lo avremmo voluto. Avremmo voluto avere la possibilità di aiutarvi."

Le sue parole furono come un unguento. Isabel si fece coraggio e decise che glielo avrebbe detto. "Jesse." chiamò.

Il sogno svanì, come se qualcuno avesse spento una televisione. L’ultima parola che udì gridare da Jesse fu una vera sorpresa ‘Mierda!’.

* * * * *

Da quando ha rinunciato al trono, Max sembra ogni giorno di più un Re. Come se il fatto di scrollarsi di dosso la preoccupazione di essere un leader, lo avesse fatto diventare un leader migliore. Ha ammesso che sta ancora imparando, ma io lo vedo diventare ogni giorno più forte. Non ho dubbi che un giorno, tutto il mondo vedrà Max come lo vedo io. Beh, non proprio nello stesso modo.

Mi chiedo spesso cosa sia andato storto su Antar. Cosa può aver causato una rivolta così violenta? So che si suppone che Zan fosse innamorato di Ava, ma che tipo di Regina è stata lei? Ha aiutato Zan nei momenti difficili, offrendogli appoggio e conforto? O si è limitata a sedersi sul trono, abbigliata regalmente, e ad accettare le lodi che arrivavano? Avendo incontrato Tess, ne ho avuto una mezza idea. Farò tutto quello che è in mio potere per fare di Max la persona migliore che potrà essere.

Una volta Max mi ha raccontato che Larek aveva detto che Zan era stato la causa di tutti i problemi, per aver cercato di fare tutto e subito. Ancora il suo bisogno di tenere tutto sotto controllo. Anche Langley aveva odiato Zan abbastanza da nascondersi ad Hollywood, lasciandolo a proteggersi da solo. Aveva definito Zan un egoista e non solo per il fallito tentativo di Max di raggiungere Antar. I cambiamenti che Zan aveva cercato di fare erano stati a beneficio del popolo o della Corona? Vorrei poter vedere il passato nello stesso modo in cui posso sbirciare nel futuro. Ma, in questo caso, lo avrei capito meglio?

Prendete la mia ultima premonizione. Ho visto sparare a qualcuno con i capelli biondi nell’ufficio della ricezione. E’ tutto quello che so. Ma era Maria o Isabel? Non ha senso, perché nessuna di loro mi stava toccando in quel momento. Forse era un’estranea, qualcuna che era stata nella piattaforma quel giorno. E’ questa la cosa chi mi spaventa di più. Che senso ha avere questa capacità, se non ho la possibilità di usarla? Spero di poter vedere di più la prossima volta che avrò una premonizione.

Trovo ironico che, dopo che il mio futuro è tornato indietro per cambiare il mio passato, il mio passato non mi dia la possibilità di cambiare il futuro.

* * * * *

Quando finalmente arrivò l’alba, Liz vide che, come Max aveva predetto, la tensione che gli altri avevano provato era passata. Perfino Michael e Maria erano affettuosi l’uno con l’altra come lo erano lei e Max, sebbene nel loro modo stravagante. Si rese anche conto che Max aveva visto bene nel predire che la loro animosità si sarebbe diretta solo su di lui, quando a colazione nessuno gli rivolse la parola. Per compensare, Liz si assicurò di essere ulteriormente attenta nei suoi riguardi, abbracciandolo, toccandolo … baciandolo.

"Oh, per favore." grugnì Isabel dopo l’ultimo bacio tra i due giovani sposi. "Trovatevi una stanza."

"Forse dovremmo farlo." annunciò Max con un sorrisetto compiaciuto.

"Cosa?" chiesero gli altri cinque.

Ma di che stava parlando? Max stava forse suggerendo che lui e Liz avrebbero dovuto andarsene? Era un passo logico, ma difficilmente pratico. E sarebbe stato il primo passo verso la loro separazione.

"Forse dovremmo affittare un alloggio più grande." disse, placandoli. "Uno con più stanze da letto. Guardiamo in faccia la realtà, ragazzi. Vivere in questo spazio ristretto non è divertente per nessuno di noi."
"Ma ci costerebbe di più, Maxwell. Non sto a cuocermi il sedere dietro una griglia perché tu e Liz possiate giocare alla famiglia felice. Se vuoi farlo più spesso, c’è sempre il bosco."

"Tu e Maria non vorreste una stanza vostra?" Max inarcò le sopracciglia.

"Mi piace l’idea,Maxwell." annuì Michael, dopo averci riflettuto un momento. "Quando facciamo i bagagli?"

"Isabel?" chiese Max. "Kyle?"

"Sì, mi sembra una buona idea." annuirono insieme.

"Andò a vedere se c’è la disponibilità di qualcosa di più grande."

Michael rimase in piedi davanti alla porta, con indosso la sua uniforme. Maria e Liz scesero dalle scale indossando le loro tradizionali uniformi da cameriera di percalle.

"Era ora." brontolò Michael.

Quel giorno erano di turno per la colazione e Michael odiava alzarsi presto.

"Carina." Max rivolse a Liz un largo sorriso e fece scorrere la mano sul retro delle sue gambe nude, guardandola. "Come ci sentiamo?" Gli occhi gli ridevano.

"Max!" Liz gli schiaffeggiò la mano, allontanandola e diventando scarlatta. I suoi occhi, però, ricambiarono la risata di lui.

"Vogliamo andare?" brontolò Michael.

"Ciao." Liz diede a Max un bacio veloce, che prometteva altre cose per più tardi.

"Ci vediamo a pranzo." lui le fece l’occhietto.

Liz scosse la testa, chiedendosi cosa avesse in programma per lei. Maria fece una smorfia, sapendo che, con l’umore che Liz aveva in quel momento, le mance sarebbero state doppie.

"Kyle, a che ore finisci?" chiese Max quando gli altri tre furono usciti.

"Alle quattro, perché?" sollevò lo sguardo dalla colazione. "Hai bisogno di me per controllare altre fotografie?"

"Sei di reperibilità stanotte?"

"No." Kyle scosse la testa.

"Okay." annuì Max. Si alzò e si diresse alla porta. "Ci vediamo più tardi."

Kyle continuò a fissare la porta, anche dopo che Max fu uscito.

"Che voleva?" chiese ad Isabel.

"Non ne ho la minima idea." rispose la ragazza.

"Bene, oggi ho un sacco da fare." Kyle posò i piatti della colazione nel lavandino. "Ci vediamo dopo."

Isabel guardò Kyle sparire tra gli alberi, diretto al garage. Tirò fuori la sua foto di Jesse e cominciò a piangere.

* * * * *

Quel giorno, al ristorante, l’umore fu decisamente migliore. Non ci furono chiacchiere alle spalle, né grugniti e nessuno si lamentò con Liz per i suoi modi civettuoli. Ogni volta che Maria portava un’ordinazione, Michael rispondeva "Arriva subito."

"Oh, non ci vogliono la maionese qui sopra." ricordò Liz a Michael, prendendo un ordine appena preparato per lei.

"Oh, è vero. Scusa." annuì lui, che in quel momento aveva le mani occupate. "Uhm, Betty? Potresti … ?"

Liz si guardò attorno, per controllare che nessuno la stesse guardando. Vide che era così, ma Liz non se la sentiva di usare i suoi poteri in un posto così frequentato. Fin da quando avevano lasciato Roswell, aveva fatto pratica con Max e, anche se si stava rivelando promettente, mancava ancora di sicurezza in se stessa.

"Non posso." Liz scosse la testa.

Ricordando i suoi inizi, prima di passare l’intera estate a lavorare sopra i suoi poteri con … Tess, Michael annuì e passò svelto la mano sopra il piatto. Dopo che la sua mano ebbe sfiorato il cibo, non c’era rimasta traccia di maionese sull’hamburger.

"Grazie." Liz sorrise e portò l’ordinazione al cliente.

"Vuoi che me ne occupi io?" chiese Maria, vedendo che era entrato il solito gruppo di ragazzi per fare colazione.

Liz aveva raccontato a Maria della visita ricevuta la notte precedente e del relativo invito.

"No, grazie Rita." sospirò Liz. "Meglio che me la sbrighi da sola." Si avvicinò ai ragazzi, dopo aver dato loro il tempo di sedersi e di consultare il menù. "Buon giorno, ragazzi." li fulminò con un sorriso, tirando fuori blocchetto e matita. "Cosa posso portarvi, oggi?"

"Posso avere un enorme barattolo di miele?"

"Miele?" rise lei. "Ascolta, non sarà un po’ troppo dolce?"

"Oh, lo spero proprio."

"Betty." disse un altro. "Senti, questo è il nostro ultimo giorno qui."

"Oh, mi dispiace. Mi mancherete, ragazzi." mentì. Le sarebbero mancate le loro mance.

"Che ne dici di venire al nostro cottage, stasera, così potremo ringraziarti. Personalmente."

"No." Liz scosse la testa. "Al personale non è permesso andare nelle zone degli ospiti. Mi spiace."

"E allora che ne dici se veniamo da te?"

"Dubito che i miei coinquilini lo apprezzerebbero." sorrise Liz. "Sentite, sono un po’ occupata adesso, così posso avere le vostre ordinazioni? Non vorrei perdere il lavoro."

"Te l’ho detto, Betty." le ricordò James. "Potresti venire con me e io baderei a te."

"Sai, per quanto mi piaccia l’idea, temo che dovrò rinunciarvi."

Il giorno trascorse pressappoco come tutti gli altri. Sia Maria che Isabel evitarono con cura di andare alla ricezione, sebbene Isabel sapesse che il computer dove avrebbe dovuto scaricare le foto fosse lì. Quando fosse stata pronta, Michael aveva accettato di andarci con lei. Max aveva avuto ragione, lo avevano trattato tutti male, perché erano ancora arrabbiati con lui. Mentre invece, erano tornati amici tra di loro.

"Sembri felice." disse Isabel a Kyle, che stava fischiettando mentre riparava il motore di una piccola barca.

"Huh? oh, sì, credo." Kyle le sorrise. "Sai, le cose non mi sembrano più tanto brutte, oggi."

"La premonizione di Liz non ti spaventa?" Un’ombra passò sul viso di Isabel.

"Certo." annuì lui. "Certo che mi spaventa. Ma Liz ha visto anche che sparavano a voi quattro e la cosa non è successa. E visto che tu e Maria state alla larga dalla ricezione, non dovrebbe succedere niente, giusto? Inoltre, quante bionde ci sono al campeggio? Potrebbe essere una qualsiasi di loro."

"Sì, ma perché Liz avrebbe dovuto avere la premonizione che riguarda un estranea che non ha nemmeno toccato?"

"Liz ha quelle visioni per un motivo e non dubito che lei e Max ci stiano lavorando. Quei due sono una squadra."

"Kyle?" Isabel lo guardò duramente. "Non fraintendermi, ma non vorresti stare con me, stasera? Sai, come abbiamo fatto a Capodanno."

"Certo!" annuì lui. "Forse danno qualcosa di carino sui canali satellitari. E gli altri?"

"Qualche volta penso che ci dovrebbero essere meno coppie a passeggiare nel bosco."

* * * * *

La loro giornata terminò e, uno alla volta, la gang rientrò nel cottage. Alla fine, mancava solo Max. Era la prima volta, dopo molto tempo, che si ritrovavano tutti insieme senza che nessuno fosse di reperibilità o addetto al turno serale.

"Facciamo qualcosa." suggerì Michael. "Andiamo a mangiare al ristorante e passiamo un po’ di tempo al Centro Divertimenti."

"Max non ce lo permetterà mai."Maria si strinse nelle spalle.

"Max non è qui, no?" osservò Michael. "Se ce la filiamo, cosa può farci? Metterci in punizione?"

"E i soldi? chiese Kyle.

Liz era stata eletta tesoriera e fu su di lei che si concentrarono tutti gli sguardi.

"In nessun modo." lei scosse la testa. "Non verrò con voi al ristorante e non vi darò un soldo, senza il consenso di Max. Voi tutti avete accettato le regole."

"E dov’è Max, ad ogni modo?" si chiese Isabel.

"Non lo so." ammise Liz. "Ma sarà qui, così potrete chiederlo a lui. Se lui dirà sì, allora vi darò i soldi. Ma fino ad allora, niente."

"Credo di preferire la democrazia." Kyle scosse la testa. "Qualcuno mi spieghi perché lo abbiamo rieletto leader."

"Sta arrivando qualcuno." Michael si alzò e si avvicinò alla porta.

Tutti poterono sentire il motore che si avvicinava. Da quelle parti arrivavano pochi veicoli. Quando un grande SUV parcheggiò accanto al cottage, tutti si misero in allerta.

Michael restò accanto alla porta, mentre Liz ed Isabel si spostarono all’ombra del camino. Sia Kyle che Maria, seduti sul divano, fecero finta di essere una normale coppia di ragazzi che aveva appena terminato il turno di lavoro. Quando sentirono dei passi sulla veranda, la tensione montò. Michael alzò un dito, ad indicare che i passi appartenevano ad una sola persona. La porta si aprì e, dal suo nascondiglio, Liz rilasciò il respiro che non si era nemmeno accorta di trattenere.

"Max!" esclamò.

Tutti sospirarono di sollievo e Liz corse tra le braccia del marito.

"Ehi, ragazzi, che succede?" Abbracciò forte Liz, percependo il suo sollievo.

"Ci hai messo paura, Maxwell." brontolò Michael. "Abbiamo sentito una macchina ed abbiamo pensato …"

"Oh." Max si strinse nelle spalle. "L’ho presa in prestito. Dal campeggio. E sì, il signor Anderson lo sa."

"E perché avevi bisogno di una macchina?" lo schernì Michael. "Hai idea di andartene?"

"Sì." annuì Max. "Ho pensato che, visto che eravamo tutti liberi per il resto della serata, potevamo uscire. Andare in città."

Si guardarono tutti l’un l’altro, incapaci di trattenere il sorriso che stava spuntando sui loro visi.

"E i soldi?" fece notare Kyle.

"Abbiamo tutti lavorato duro." Max li guardò tutti. "E siamo solo ragazzi. Penso che dobbiamo solo rilassarci e divertirci, almeno … per una sera. Cosa ne dite se prendiamo 50 dollari a testa? E se non riuscite a divertirvi con 50 dollari, allora c’è qualcosa che non va."

"Dobbiamo stare tutti insieme?" chiese Maria con un accenno di cautela.

"No."

Isabel, Maria e Liz si guardarono l’una con le altre

"Il Centro Commerciale!" squittirono tutte insieme.

Furono subito pronte a partire. Max non ebbe dubbi che, tra Liz ed Isabel, vecchi vestiti sarebbero diventati abiti all’ultima moda. Quando le ragazze uscirono dalla camera dell’attico, Max seppe di aver avuto ragione. Michael e Kyle le guardarono sorridendo, e Max scosse la testa con una risatina. Che bisogno avevano quelle tre di andare al centro commerciale, quando potevano creare tutto quello di cui avevano bisogno? Si ammassarono nella SUV e Max li portò nella vicina città di Stanley. Sembrò loro strano essere di nuovo in strada, anche se solo per un giro di piacere.

Max parcheggiò l’auto quanto più vicino possibile al centro della città. Voleva lasciarla in un posto facilmente raggiungibile in caso di una emergenza. "Okay." sorrise."Ci rincontreremo qui alle undici, okay? Andate e divertitevi ma, per favore, tenetegli occhi aperti per ogni evenienza."

"Sì, certo." Michael scosse la testa.

Prima che Liz si allontanasse con le altre due, Max la prese per un braccio. "Liz." le sorrise. "Voi incontrarti con me alle otto?"

"Certo, Max." gli sorrise."Perché?"

"Perché vorrei invitare mia moglie a cena."

Liz ridacchiò, lo baciò su una guancia e si affrettò a raggiungere Isabel e Maria.

"Maxwell." Michael gli diede una pacca sulla spalla. "Senza offesa, ma me ne vado anche io."

"Non mi offendo." ghignò Max. "Stessa cosa per me."

Michael si avviò lentamente per le strade della città.

"Mi chiedo se qui ci sia un tempio?"disse Kyle ad alta voce, guardandosi attorno. "Mi spiace, Max. Anche solo per un po’, ma voglio sentirmi come un essere umano."

"Tu sei un essere umano, Kyle." rise Max. "Voglio dire, quando guardi Liz, non la vedi come un essere umano?"

"Non è giusto. Mi rifiuto di lasciarmi trascinare in un argomento dove potresti mandarmi all’altro mondo come niente."

"Va’ a divertirti." rise Max.

"E tu? Voglio dire, tutto lavoro e nessuna Liz a farti divertire?"

"Non preoccuparti per me."sorrise Max. "Ho un appuntamento, più tardi, ricordi?"

"Come potrei dimenticarlo?" rispose sarcasticamente Kyle, puntando verso un campanile scorto in lontananza. Forse il pastore avrebbe potuto sapere se ci fosse stato un tempio da quelle parti. Forse avrebbe comunque potuto azzardare una preghiera.

* * * * *

"Okay." rise Maria, con gli occhi che le brillavano, una volta arrivate all’interno del centro Commerciale. "E’ da troppo che sono senza la mia dose di spese."

"Stessa cosa per me." dichiarò Isabel. "Da dove cominciamo?"

"Vediamo … Vestiti. Cosmetici. Scarpe." Maria contò enfaticamente ogni articolo sulla punta delle dita.

"Biancheria." aggiunse Liz. "Cosa c’è? Io voglio andare da Victoria’s Secret." Quando Isabel roteò gli occhi, lei aggiunse "Vorresti dirmi che non hai mai comprato qualcosa di ‘carino’ da indossare per Jesse?"

Isabel arrossì e cominciò a ridere. Liz e Maria risero con lei.

"Liz, lo sai che potresti infilarti un sacco e Max lo vedrebbe come una camicia da notte di seta pura." le fece notare Isabel.

"Sì." ridacchiò Maria. "Non lo noterebbe nemmeno. Voglio dire, quanto tempo riusciresti a tenerlo indosso?"

"Non lo so, Maria." Liz ricambiò la presa in giro. "Forse tu ed Isabel potreste dirmi quanto tempo rimarrebbe su di voi?"

E le tre ragazze cominciarono a ridere istericamente, facendosi uscire le lacrime.

"E’ così bello poter ridere ancora così." ammise Liz.

Visitarono tutti i negozi nello stesso ordine in cui li videro. Alla fine, Liz riuscì ad andare al Victoria’s Secret e comprò una camicia da notte di merletto bianco che, come le promise Maria, avrebbe lasciato Max senza respiro.

"E tu come fai a saperlo?" chiese Liz con più di un’ombra di sospetto nella voce.

"E’ un ragazzo." Maria sollevò la mano con il palmo all’insù. "Non sai proprio niente?"

"Chi vuole un caffé? C’è uno Starbuck’s lì." disse Liz, per deviare l’attenzione dalle possibili discussioni basate sulla reazione di Max al suo corpo quasi nudo.

"Cosa pensi stiano facendo i ragazzi?" chiese Maria quando ebbero bevuto il caffé.

"Michael spenderà i suoi soldi più velocemente possibile." Isabel cominciò ad annuire. "Probabilmente ai videogiochi."

"Sarà meglio per lui che abbia i soldi per la cena di stasera." stabilì Maria.

"Spero che ti piaccia mangiare da McDonald’s." ridacchiò Isabel.

"Credo che Kyle sia andato alla ricerca di un posto tranquillo dove meditare." sorrise Liz, sollevando le gambe ed incrociandole ed unendole le mani in una posa di preghiera.

"Poi, probabilmente, raggiungerà Michael ai videogiochi." continuò Isabel.

"Non Max?" chiese Maria.

"No." Isabel scosse la testa. "Temo che Kyle abbia un po’ paura di Max."

Un senso di colpa passò attraverso Liz. Sapeva che la paura di Kyle era soprattutto colpa sua.

"Probabilmente, Max starà controllando il perimetro." continuò Maria. "Probabilmente ci starà controllando le spalle."

"Tipico di Max." sospirò Isabel. "Certe cose non cambiano mai."

Quando uscirono dal locale per continuare la loro esplorazione dei negozi, Maria notò su un tetto un operaio che stava sistemando una telecamera.

"E’ qualcosa che ha a che fare con … lo sapete?" Maria arricciò il naso.

"Aspettate. Non ci sono le telecamere anche al campeggio? Se si rompessero, la cosa non sarebbe … sospetta?"

"Io e Max ci assicuriamo che tutti i nastri siano cancellati, una volta messi in archivio. Servono solo se qualcuno li richiede. Se dovesse arrivare l’FBI, troverebbero solo nastri vuoti."

"Così non c’è niente di cui preoccuparsi?" indagò Liz.

"Fidatevi, ragazze." sorrise Isabel. "Facciamo così da molto tempo."

"Sì." Maria guardò l’operaio che le stava fissando perplesso. "Ci credo."

* * * * *

Michael stava sulla pista da bowling, gli occhi fissi sul fondo della corsia dove i birilli bianchi erano in piedi in una fila ordinata. Avendo trascorso la maggior parte del suo tempo ai videogiochi, era venuto lì a spendere i buoni che aveva ‘vinto’. Trattenne la palla nera con due dita ed il pollice della mano destra, sostenendola con la sinistra. Facendo lunghi passi decisi, sollevò ad arco la palla. Scivolando col piede, spostò la palla in avanti, rilasciandola sulla linea che aveva visualizzato nella testa. La palla rotolò sulla pista con un’ampia curva, facendo cadere il birillo sulla punta. I birilli caddero in un fragore. Un altro strike. Tornò al suo posto, accompagnato da un singolo battimani. Kyle era lì con uno sguardo comprensivo.

"Ti dispiace?" Kyle indicò una sedia vuota chiedendo a Michael il permesso di rimanere.

"Accomodati." Michael si strinse nelle spalle.

Quando i birilli furono rimessi a posto, Michael si riposizionò alla fine della pista, con la palla appoggiata al lato del viso. Ripetendo i movimenti di poco prima, mandò di nuovo la palla verso i birilli, questa volta lasciandone in piedi due ai lati. Si voltò verso Kyle, sfidandolo a commentare.

"Uno split, huh?" ridacchiò Kyle. "Bel tiro!"

Kyle guardò il tabellone segnapunti, per controllare il punteggio di Michael. Quello che vide gli fece spalancare gli occhi. Michael aveva preso due biglietti. Su uno era scritto il nome ‘MikeyG’, mentre sull’altro c’era il nome ‘Monk’. Tornò a guardare Michael con una domanda negli occhi.

"E’ una partita commemorativa." annuì lui.

"Giusto, capisco."

"Dov’è andato Max?"

"Non lo so." Kyle scosse la testa. "Ma conoscendo Max, sarà qua intorno a tenere sott’occhio le cose."

"Sì." concordò Michael. "Non sa come rilassarsi, a meno che non sia con Liz. E’ tanto ormai, che pensa a proteggerci. Forse è per questo che non sembra risentire di tutta questa situazione."

"Ne risente, Michael. E’ solo che la sopporta meglio."

"Si. Credo che sia bravo a nascondere le sue emozioni."

"A meno che non si tratti delle sue emozioni per Liz."

* * * * *

Una volta rimasto solo, Max si diresse al centro commerciale. Non lo fece con la speranza di imbattersi in Liz, casualmente o di proposito. Per quanto amasse Liz, sapeva che lei aveva bisogno di stare qualche ora lontana da lui, qualche ora con le ragazze. Lei aveva affrontato il loro esilio con coraggio e senza lamentarsi. Avrebbero avuto tutta la vita da passare insieme, così Max non voleva farle pesare quei momenti con le amiche. Il centro commerciale era solo il posto più logico dove cominciare la sua ricerca.

Trovò un negozio della Barnes e Noble appena fu entrato. Si fece strada lungo la sezione di Elettronica, cercando sugli scaffali i libri più aggiornati. Ne scelse un paio e controllò gli argomenti che lo interessavano, memorizzandoli durante la lettura. Soddisfatta la sua ricerca, trascorse la mezz’ora seguente un negozio di elettronica. Spese qualche dollaro in alcuni piccoli componenti. Avrebbe volto spenderne di più, ma aveva bisogno di soldi per portare Liz a cena. Lui si sarebbe concesso il piatto più economico del menù, ma per Liz voleva il meglio. Voleva che si divertisse così, per una volta, avrebbe potuto dimenticare le circostanze e comportarsi come una mogliettina normale, il cui marito la amava moltissimo.

* * * * *

Bektor era in piedi, all’ombra della navicella, che ora si era mimetizzata con il paesaggio circostante. Sembrava un po’ più che ansioso, mentre guardava i suoi compagni avvicinarsi sotto il sole del deserto. Lui odiava il secco calore di quel pianeta. Ma non era quello l’unico motivo della sua agitazione. Il suo viaggio dagli Evans non era andato come programmato.

"E allora?" chiese ai suoi compagni, una volta arrivati.

"Lui non è qui." Chyn scosse la testa.

"Pensavo dovessi fermarti per aspettarlo."

"L’ho fatto, Eccellenza." Chyn annuì per sottolineare la sua asserzione. "Ho aspettato tutto ieri, stanotte e mezza giornata di oggi. E’ per questo che sono tornato così tardi. Rath non si è fatto vivo. In effetti, non si è visto nessuno a casa sua. Ho anche forzato la porta per controllare dentro. La casa era tutta sottosopra. Come se qualcuno fosse partito all’improvviso."

"Kalyn?" Bektor si rivolse alla donna. Ora sembrava ancora più agitato. "Hai notizie migliori?"

"Mi dispiace, Eccellenza." lei scosse la testa, tenendo lo sguardo fisso a terra. "L’adulto conosciuto come ‘Jim’ è andato e venuto, ma non c’è traccia del giovane ‘Kyle’. Non ho saputo niente di Ava. Non c’è nulla che faccia pensare che sia tornata ad abitare da loro."

"E gli Evans?"chiese Chyn. "Possiamo osare di chiedere se li ha trovati tutti lì?"

"No." Bektor rilasciò un sospiro. "Nessuna traccia di Zan o di Vilandra. Gli umani che li avevano accolti erano lì, ma da come Ava ci ha descritto il loro modo di vivere, direi che i due siano spariti. Gli umani erano sconvolti e non c’era traccia della partenza di Zan e di Vilandra."

"Forse, tutti e quattro hanno finalmente accettato il loro destino ed hanno abbandonato l’influenza degli umani." Kalyn sollevò lo sguardo.

"Forse." commentò Bektor. "Ma questo non rende più facile il nostro compito." Cominciò a camminare avanti ed indietro, sotto il calore del sole, mentre Chyn e Kalyn lo guardavano sconfortati. "Rimani in città." ordinò a Kalyn. "Continua a sorvegliare gli umani che sono stati in contatto con loro. Forse torneranno prima che riusciamo a prenderli."

"Sì, Eccellenza."

"E io, Bektor?" chiese Chyn.

"Tu verrai con me." Bektor guardò l’altro compagno. "Seguiremo ovunque la strada del Sigillo Reale. Li troveremo."

"C’è qualche motivo per rimandare la partenza?" Chyn strinse gli occhi.

"Andiamo a cercarli. Voglio farla finita. Voglio tornare a casa."

* * * * *

Tutti sapevano che Max e Liz si sarebbero incontrarsi alle otto accanto alla macchina e tutti decisero di andare lì, se non altro per tenersi in contatto e vedere se qualcuno avesse avuto la stessa idea. Tutti e sei ragazzi arrivarono quasi contemporaneamente. Isabel, Liz e Maria arrivarono insieme, dopo essersi rinfrescate ai bagni pubblici, usando i poteri di Isabel e Liz per riadattare gli abiti a qualcosa di più consono ad una cena romantica. Max aveva indosso un abito scuro ed una camicia col collo aperto.

"Allora, Maxwell," gli chiese Michael, avvicinandosi a lui con ancora indosso jeans e maglietta. "Dove andiamo a cena?"

"Senza offesa, Michael," Max sorrise, guardando i caldi occhi di Liz nel modo riservato solo a lei. "Ma tu non sei invitato."

Kyle scoppiò a ridere, guadagnandosi un’occhiataccia dall’alieno.

Con le risate degli amici che ancora gli risuonavano nelle orecchie, Max mise un braccio attorno a Liz e la ricondusse verso la città.

"Tieni, Max." Liz gli tese del denaro.

"E questo cosa sarebbe?" lui guardò i soldi con sospetto.

"Non li ho spesi tutti." lei si strinse nelle spalle."Sapevo che, probabilmente, tu non avresti speso un centesimo per te."

Lui le sorrise, con uno sguardo colpevole, ma prese il denaro e lo mise nel portafogli.

"Ma devi promettermi che ne risparmieremo un po’ e che tu lo riuserai per concederti un piccolo lusso." Liz lo prese per un braccio, stringendoglielo. "Me lo prometti?"

"Lo farò." ridacchiò lui, sapendo che era il caso di arrendersi. Max le tese la mano, che lei accettò volentieri ed insieme proseguirono per la loro strada. Lui la portò in un piccolo e grazioso ristorante messicano. "E’ il più simile che ho trovato al Senior Chows." sorrise lui.

"No, Max." Liz rise eccitata. "E’ perfetto."

"Sì, tranne che qui non servono Biscotti della Fortuna."

"Forse meglio così,Max." ridacchiò Liz. "Ma fino a che il mio futuro è con te, posso affrontare qualsiasi cosa."

"Liz, io vorrei … vorrei che fossimo rimasti a Roswell … sai, voglio dire … vorrei che avessimo potuto andare al college e poi sposarci. Cominciare una famiglia … e solo … crescere ed invecchiare insieme."

"Lo faremo, Max." Liz sorrise agli occhi di Max. "Faremo tutto questo. Solo non necessariamente in quell’ordine."

* * * * *
Al ritorno dalla loro serata in città, Max guardò nello specchietto retrovisore. Sul sedile posteriore, Michael, Maria e Kyle si erano addormentati. Max pensò che fosse divertente vedere Maria appoggiata a Kyle,anche se stava stringendo la mano di Michael. Ridacchiò dentro di sé. L’aspetto rilassato dei loro volti, confermò a Max che la serata era stata un successo. Avevano avuto bisogno di un momento come quello. Liz si era addormentata appoggiandosi contro di lui, ancora abbracciata a lui. Oltre Liz, Isabel era ancora sveglia e guardava il paesaggio fuori dal finestrino.

"Tutto bene, Isabel?" le chiese con un tono preoccupato.

"No." Isabel tirò su col naso.

"Ne vuoi parlare?"

"No." Ci fu una lunga pausa, una pausa di silenzio. "Mi manca Jesse." ammise lei alla fine.

"Mi spiace, Iz." sospirò Max. "Non posso immaginare cosa provi. O cosa possa provare Kyle, se per questo. Voglio dire, so come mi sentirei se non avessi Liz qui con me. Sarei … "

"Solo? Perso?"

"Sì." concordò Max. "Devastato."

Una stretta al suo braccio gli fece capire che Liz era sveglia e che aveva apprezzato quello che aveva appena detto. Max sapeva che lei avrebbe provato la stessa cosa. E, in quel modo in cui solo Liz sapeva comunicare con lui, lei gli aveva appena detto che Isabel aveva bisogno di qualcosa da lui.

"Iz? Perché non entri nei suoi sogni?"

Il silenzio colpevole che seguì quella domanda, fece sorridere Max. E lui poté sentire anche il sorriso di Liz.

"Oh." fu tutto quello che riuscì a dire."Come … come l’ha presa?"

"Non ne sono sicura. Credo che la sorpresa lo abbia svegliato."

Max fece una risatina. "Provaci ancora, Isabel. Stanotte. Senza sentirti in colpa."

"E non mi dici di stare attenta? Di non dirgli dove siamo?"

"No." Max scosse la testa. "Perché so che non ce n’è bisogno."

Liz gli strinse il braccio in segno di approvazione.

* * * * *

Isabel aspettò pazientemente che tutti fossero addormentati. Non che avesse paura che Max potesse scoprirla, non ora che le aveva dato la sua benedizione. Aveva paura che in qualche modo quello che avrebbe potuto vedere nel sogno avrebbe potuto colpirla e, se qualcuno lo avesse visto o scoperto, lei non avrebbe potuto sopravvivere. Sarebbe come stato sorprendere insieme Max e Liz. In effetti, era ancora sorpresa che quei due riuscissero a tenere a posto le mani quando dividevano il soggiorno con gli altri, come in quel momento. Ma si rendeva conto che quello che quei due dividevano andava oltre l’aspetto fisico. Toccava anche le loro anime. Non aveva dubbi che avessero trovato altre strade per unirsi, memore l’episodio della notte precedente.

Prese la foto di Jesse e, dopo alcuni minuti di silenziosa contemplazione, gli toccò il viso. Questa volta, vide che stava sognando La Jolla, dove avevano trascorso la Luna di miele. Lui aveva una bottiglia di Champagne in un secchio pieno di ghiaccio e due bicchieri ed era seduto su un lato del grande letto. Non c’erano tracce di Isabel, nel sogno, un fatto che per un attimo la preoccupò.

"Avevo ragione." Jesse sorrise, alzandosi e dirigendosi verso di lei.

"Jesse!" gridò Isabel e si gettò tra le sue braccia. Rimase sorpresa di come lo sentisse reale. Non aveva mai avuto contatti fisici in un sogno, prima di allora. No, aspetta. Quella volta, aveva afferrato Max nella Stanza Bianca. Come mai non le era mai venuto in mente prima?

"E’ ingegnoso." rise lui. "L’FBI può controllare le mie telefonate, può mettere delle cimici a casa o in ufficio, ma non possono intromettersi nei miei sogni. Ma non è solo un sogno, vero? Isabel, tu sei veramente qui? E’ uno dei tuoi … "

"Puoi dirlo, Jesse. Poteri alieni. Sì, lo è."

"Come stai? Stai bene? Sono stato così preoccupato, Isabel." lui l’abbracciò quasi con ferocia. "Lo siamo stati tutti."

"Sto bene, Jesse. Starti lontano mi uccide, ma siamo al sicuro. Lo siamo tutti. Siamo lontano da Roswell ed abbiamo trovato lavoro. Non ti dirò dove ci troviamo, ma siamo al sicuro. E sentiamo tutti la vostra mancanza."

"Posso dirlo ai vostri genitori? Isabel, sono veramente sconvolti per quello che è successo."

"Forse, Jesse, sarebbe meglio che lo facessi io. L’FBI potrebbe intercettarti e scoprire un modo … no, Jesse, lascia che lo faccia io."

"Isabel? E i genitori di Liz? E il papà di Kyle? E la mamma di Maria?"

"Credo che con un piccolo aiuto, Liz potrebbe occuparsi dei suoi genitori, ma non ho idea di come aiutare gli altri due. Forse potresti trovare il modo di dire loro che hai avuto mie notizie, senza dire come. Credo che Jim sappia, ma potremmo tenerlo segreto? Ora, vuoi solo parlare o hai in mente qualche altra cosa?"

"Possiamo farlo? nel sogno, voglio dire."

"Non lo so." Isabel rise, chinandosi a baciare Jesse. "Ma qualcosa mi dice che sarà divertente scoprirlo… "

* * * * *

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Capitolo 4
*** 4 ***


Parte 4

L’umore, nel ristorante, fu ancora migliore di quello del giorno precedente. Persino l’animosità che avevano nutrito nei confronti di Max era evaporata. Erano di nuovo una squadra, pronta a fronteggiare il mondo. Avevano sentito Kyle fischiettare, mentre cambiava delle ruote e tutti sapevano quanto lui odiasse quel lavoro. Anche Max si era affacciato al ristorante, durante la sua pausa. Di solito, ne stava lontano, perché spesso lui non era la persona più benvoluta della giornata e lui sapeva che la rabbia degli amici avrebbe addolorato Liz. E a lui non piaceva sapere Liz addolorata. Isabel esibì sul viso un costante sorriso, ma solo Max e Liz ne sapevano il motivo. Michael cominciò a sospettare che lei si incontrasse con qualcuno, ma Max gli disse che era tutto a posto, che non c’erano problemi. Naturalmente, a Michael non piacque il fatto che Max sapesse qualcosa che lui non sapeva.

"Rita?" la sopraintendente del turno la chiamò da dietro la cassa. "Potresti portare dei caffé in ricezione, per favore?"

Liz e Maria si scambiarono uno sguardo preoccupato.

"Uhm, signora Stanton? Rita sembra un po’ occupata, ma io ho un momento libero." disse Liz. "Va bene se vado io?"

"Come vuoi." annuì la signora.

Liz riempì una caffettiera e la sistemò su un vassoio insieme a tazze, piattini, cucchiaini e qualche bustina di zucchero. La signora Stenton le tenne aperta la porta e Liz vi passò portando il vassoio. Vide Max dall’altra parte della piazza, diretto al lavoro. Da dove stava, poteva scorgerne il sorriso. Lui agitò la mano per salutarla, ma Liz poté solo ricambiare il sorriso, visto che aveva le mani occupate.

Una volta raggiunti gli uffici della ricezione, fu accolta dal sorriso di Clare e Susan, le due donne che vi lavoravano.

"Oh, Betty." ansimò Susan. "Lo sai che sei un tesoro?"

"Stavamo morendo per un caffé." annuì Clare.

"Bene." Liz rise. "Gustatevelo." E si voltò per andarsene.

"Oh, Betty, aspetta." la chiamò Susan. "Ci hai appena risparmiato una telefonata. Il signor Anderson voleva parlarti. Puoi fermarti un minuto?"

Liz si preoccupò, chiedendosi cosa volesse il signor Anderson da lei.

"E’ solo?" chiese.

"Sì." annuì Susan. "Aspettavi qualcun altro?"

"No." Liz scosse la testa. L’FBI forse? "Sai cosa vuole?"

"Rilassati, Betty." Entrambe avevano un enorme sorriso. "Ti piacerà."

"Ma devo tornare al lavoro." Ora Liz era veramente preoccupata. Avrebbe voluto che Max fosse lì con lei.

"Si libererà tra un minuto." le disse Clare. "Sta dando dei dettagli alla banca. Per i soldi delle paghe di domani."

"Okay." rispose Liz, ancora un po’ in apprensione.

"Mentre aspetti, perché non ci parli di quel bel ragazzo con quello sguardo assassino che divide il cottage con voi?" I loro sguardi brillavano di malizia.

"Evan?" chiese Liz. " Lui è … uhm … è … solo un ragazzo, sapete?"

Le due recezioniste annuirono, ridacchiando.

"Hai una cotta per lui, vero?" chiese Clare con franchezza.

"E’ così evidente?" Liz non si sorprese che la loro relazione fosse stata notata.

"Sì." le due donne risero. "Ma lo sai che anche lui ha una cotta per te, vero? Abbiamo visto il modo in cui ti guarda. E’ come se per lui tu fossi il mondo intero."

"No." Liz sorrise dentro di sé. "Probabilmente lo avete immaginato."

La porta dell’ufficio principale si aprì e il signor Anderson, il corpulento uomo di mezz’età, proprietario di Camp Sawtooth, entrò nell’area della ricezione.

"Ah, Betty." le sorrise, dirigendosi verso il vassoio che aveva portato Liz. "Vieni."

Liz seguì il suo capo nell’ufficio e si sedette sulla sedia che le aveva indicato, mentre lui si sedeva alla scrivania.

"Sai," cominciò lui "tu piaci a tutti, Betty. Ai tuoi colleghi, agli ospiti … "

"Grazie, signor Anderson." Liz si sentì un po’ in imbarazzo.

"Sei allegra, gentile e sempre disponibile. Mi stavo chiedendo se te la sentiresti di lavorare qui in ufficio. Mi piacerebbe se tu potessi fare da tramite con gli ospiti. Sai, indirizzare le persone nei punti di ritrovo, aiutarli a risolvere i loro problemi e anche aiutare ad organizzare feste ed altre attività. Questo genere di cose."

Liz si strinse nelle spalle. "Sono lusingata, signor Anderson. E’ solo che con le mance, guadagno molto al ristorante."

"Oh, non preoccuparti, Betty. Ti pagherò molto di più di quello che prendi ora. Sono certo che non ci rimetterai. E poi non dovrai più fare i turni. Solo dalle nove alle cinque."

"Accetto." Liz sollevò la testa di scatto. Avrebbe lavorato le stesse ore di Max ed avrebbe guadagnato di più. Per quello che la riguardava era una situazione vincente.

Trascorsero la mezz’ora seguente discutendo del nuovo lavoro poi, palesemente felice, Liz si alzò per tornare al ristorante, dove, non aveva dubbi, i suoi amici si stavano preoccupando. Mentre usciva, urtò col gomito una cornice sulla scrivania del signor Anderson. Si rivoltò, permettendo a Liz di vedere la foto che conteneva. Raffigurava una ragazza bionda, di non più di sedici anni.

"E’ mia figlia." disse orgoglioso il signor Anderson, prendendo la foto.

La tese a Liz. Appena ebbe toccato la fotografia, Liz vide svolgersi avanti ai suoi occhi una scena orribile. Ebbe la stessa visione del giorno prima, qualcuno che sparava ad una ragazza bionda. Questa volta, c’era del denaro sul pavimento. Un mucchio di denaro.

"Stai bene, Betty." le chiese il signor Anderson.

"Sì … uhm, certo." annuì lei. "Sarà meglio … che torni al lavoro."

* * * * *

Isabel canticchiava tra sé, mentre girava per il campeggio scattando fotografie a gente felice, che si divertiva in mille modi. Erano tutti così rilassati. Si chiese come si sarebbero sentiti se avessero saputo la verità, che tre alieni, in fuga da un gruppo di cacciatori di alieni, si stavano nascondendo in mezzo a loro.

Nemmeno quel pensiero tetro riuscì a guastarle il buonumore. Dopo aver trascorso diverso tempo accanto al lago, Isabel tornò al campeggio. Partendo dalla piscina, percorse la strada che dal parco portava allo spaccio e al ristorante. Come sempre, ricontrollò meticolosamente ogni foto dal visore sul retro della camera, non solo alla ricerca di qualche potenziale agente che poteva aver fotografato, ma per accertarsi che nessuno dei suoi amici comparisse in quelle foto. Una volta aveva scattato una foto in cui era comparsa all’improvviso Maria. Aveva usato i suoi poteri per rimuovere l’immagine dell’amica dal catalogo elettronico. Fu quando controllò le foto scattate sul viale principale, accanto agli uffici della ricezione, che il suo umore cambiò. Aggirandosi attorno agli uffici e cercandosi di mischiarsi tra la folla in vacanza, c’erano due uomini. Isabel si rese conto che, invece di divertirsi, stavano osservando con attenzione gli uffici. Quando Liz ne uscì e fu seguita da uno degli uomini fino al ristorante, Isabel seppe che non erano dei semplici turisti.

* * * * *

"Tempo di andarcene, Maxwell." brontolò Michael, dopo che Isabel ebbe detto loro quello che aveva visto quella sera.

"No." Liz scosse la testa. "No, non possiamo andarcene!"

"Cosa?" chiese Michael. "Hai sentito cosa ha detto. L’FBI è qui. Cercano noi."

"No, Michael." Liz era decisa. "Ascolta, quando ero nell’ufficio, ho avuto un’altra premonizione."

"Allora, a chi tocca questa volta?" Michael fissò Liz.

"Michael!" lo ammonì Max.

"La bionda alla quale spareranno?" Liz ignorò il commento di Michael. "E’ la figlia del signor Anderson. Sentite, credo che accadrà domani."

"Bene, allora sarà una buona cosa che noi non ci saremo." borbottò di nuovo Michael. "Allora? Cosa stiamo aspettando?"

"Perché pensi che succederà domani, Liz?" chiese Max con voce calma, che indicava tutta la fiducia che aveva in lei.

"Perché c’era del denaro sul pavimento. Credo fosse quello delle paghe. Il signor Anderson ha dato disposizione che sia consegnato in mattinata, così da poter pagare tutti. Non ce ne andremo fino a che non saremo sicuri che lei sia salva."

"Max, noi … "

"Hello, Michael?" sbraitò Liz. “Io sono qui, okay? Tu puoi sloggiare quando vuoi ed allontanarti da tutto questo. Abbiamo la possibilità di salvare una vita qui. Non potrei vivere con me stessa se succedesse qualcosa e io non avessi fatto nulla. D’altro canto, per quale motivo avrei questo potere?"

"Allora, per te è giusto rischiare le nostre vite?"

"Non sappiamo se quegli uomini sono dell’FBI, Michael." aggiunse Liz.

"Credo che abbia ragione." Max si mise a fianco alla moglie.

"Anche io." concordò Maria.

"Sì." annuì Kyle.

"Isabel?" disse Michael adirato. "Non sarai con loro anche tu, vero?"

"Bene … io … " esitò lei. "Ho paura quanta ne hai tu, Michael. Ma penso … penso che Liz abbia ragione. La nostra vita deve essere qualcosa di più che fuggire nell’ombra. Se, lungo la strada, possiamo aiutare qualcuno … io penso che dobbiamo farlo.

* * * * *

La colazione del giorno seguante fu piena di tensione. Erano tutti preoccupati da uno scontro con l’FBI. Max aveva cercato di calmarli suggerendo che, probabilmente, gli uomini visti da Isabel erano solo criminali che osservavano gli uffici e non agenti dell’FBI. La notte precedente non avevano dormito, così Isabel non aveva potuto controllare i loro sogni. O, almeno, era quello che aveva detto Isabel. E Max aveva deciso che non era il caso di farle altre domande. Chi doveva lavorare nel primo turno, si stava prearando per andare al lavoro.

"Andiamo, Liz." la chiamò Maria. "Faremo tardi."

"Donne!" sbottò a dire Michael.

"Qual è il tuo problema?" Max guardò l’amico, il cui atteggiamento era peggiore del solito.

"Penso che qualcuno, ieri notte, non abbia ottenuto quello che voleva." ridacchiò Kyle.

"Almeno io ottengo qualcosa." ringhiò Michael.

"Ouch." Kyle trasalì. "Colpo basso."

Liz uscì dal bagno con indosso una corta gonna nera, una camicetta bianca crespata ed una maglietta rossa. I capelli sciolti e pieni di onde.

"Ce l’hai fatta." si lamentò Maria. Poi notò il completo indossato dall’amica. "Aspetta, perché sei vestita così?"

"Mi dispiace." Liz rise alla reazione dei presenti, soprattutto a quella di Max. "Ieri, ho dimenticato di dirvelo. Ho avuto una promozione. E’ per questo che ero nell’ufficio. Sarò anche pagata di più."

"E’ grande, Liz." Max le sorrise, avvicinandosi per abbracciarla. "Congratulazioni."

"Che mi dici delle mance?" chiese Michael. "Con le mance che ottieni, quasi raddoppi il tuo salario."

"Ma che stai dicendo, Guerin?" Maria gli diede una botta sul braccio.

"No, ha ragione." Liz bloccò la lite incipiente. "La paga che prenderò, non mi farà rimpiangere le mance."

"Ben fatto, Liz." sorrise Kyle. "Se ci fermeremo qui, finiremo per gestire questo posto."

"Scommetto che non l’hai visto nel tuo futuro." ridacchiò Isabel.

"E io ho sempre pensato che avresti voluto stare dall’altra parte dell’obiettivo." Liz ricambiò la risatina.

"Touché!" rise Isabel.

* * * * *

Max traversò lo spiazzò per andare al ristorante, a fare la sua pausa. Ora che Liz non lavorava più lì, e che la sua presenza non le avrebbe causato nessun imbarazzo, si sentiva libero di entrare. Accanto alla ricezione, scorse Liz che stava dando indicazioni ad alcuni campeggiatori. Si fermò e si godette il suo sorriso entusiasta, mentre dava spiegazioni alla sua udienza rapita. Si fermò dietro ai camper, di fronte a Liz. I loro occhi si incontrarono e cominciarono a flirtare a distanza.

"Ti amo." mimò Max con la bocca. "Sexy."

Lei spalancò gli occhi e diventò rossa. Spendo che Liz aveva quasi finito, Max si diresse verso di lei ed arrivò proprio mentre i turisti si stavano allontanando.

"Come va?" le chiese.

"Bene." lei gli sorrise. "Veramente bene."

Le loro mani si sfiorarono per un attimo. Entrambi furono percorsi da quelle scintille che erano presenti ogni volta che si toccavano, ma che li stupivano sempre.

"Sarà meglio che io … " ed indicò con la testa il ristorante.

"Sì, sì." annuì Liz. "Anche io … "

"Tieni gli occhi aperti." le raccomandò lui.

Max camminò a ritroso fino a che poté, poi si voltò ed entrò nel locale. Liz sorrise, scosse la testa ed entrò nel box delle informazioni, per prendere una nuova mappa del campo, dato che aveva dato la sua agli ultimi turisti.

"Betty." Clare la chiamò dall’ufficio. "Hai un momento?"

Liz, sorridendo allo sguardo perspicace di Clare che aveva assistito all’incontro con Max, si diresse verso di lei.

"Il signor Anderson vuole vederti." informò Liz una volta che fu entrata nell’ufficio.

Liz annuì e si avvicinò alla porta, bussando.

"Avanti." disse lui.

Liz entrò nella stanza e vide il signor Anderson che stava infilando del denaro in piccole buste scure.

"Volava vedermi, signor Anderson?"

"Sì, Betty." le fece cenno di avanzare. "Ti stai godendo il tuo primo giorno?"

"Oh, sì. E’ veramente grande. Vorrei ringraziarla."

"Limitati ad essere te stessa." rise lui. "E’ tutto quello di cui ho bisogno."

"Lo farò. C’è qualcos’altro che posso fare?"

"in effetti, speravo che potessi aiutarmi con queste." ed indicò il denaro.

"Oh. Okay."

Liz si sedette sulla sedia che lui le offrì e lo ascoltò mentre le spiegava cosa voleva che facesse.

"Vorrei anche parlarti di qualcosa." disse l’uomo esitante.

"Oh?" campanelli di allarme suonarono nella mente di Liz. L’FBI era venuta a fare domande?

"Riguarda il tuo amico, Evan."

"Cosa c’è? Il suo lavoro la soddisfa?" C’era un’ombra di panico nella voce di Liz.

"Sì." ridacchiò il signor Anderson. "E’ il miglior tuttofare che abbia mai avuto. Ma è tutto quello che è, Betty. Lui non è come te. Non ha le capacità e le ambizioni che hai tu. Vi ho visti insieme, poco fa. Mi sono accorto che sta nascendo qualcosa. Se non stai attenta, ti fermerà. Tu hai un futuro. Non ne vedo nessuno per lui."

"Uhm, signor Anderson? C’è molto di più in … Evan di quello che lei può pensare. Ha difficoltà a mostrare il vero se stesso, se non ai suoi più intimi amici. Mi creda. Se Evan volesse diventare che so … un dottore, non lo fermerebbe niente."

Il signor Anderson restrinse gli occhi. Qualcuno bussò alla porta, attirando l’attenzione di entrambi. Una ragazza bionda entrò di corsa nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

"Papà!" disse ridendo e gettandosi tra le braccia dell’uomo.

"Hey, cara." suo padre l’abbracciò, poi guardò verso Liz. "Questa è mia figlia, Peggy."

"Piacere di conoscerti." annuì Liz.

Ci fu un grido fuori dall’ufficio. La porta della stanza si spalancò ed entrarono due uomini mascherati.

"Tutti a terra. Ora!"

* * * * *

Uno degli uomini armati si fermò sulla soglia, muovendo la pistola tra i due uffici e tenendo sott’occhio i cinque ostaggi terrorizzati. L’altro stava infilando i soldi in una sacca. Liz guardò attentamente, sperando che il signor Anderson e sua figlia lasciassero che gli uomini si prendessero il denaro e fuggissero via.

"Ce ne dovrebbe essere altro!" urlò l’uomo che stava riempiendo la borsa. "Dov’è il resto?"

"Nella … nella cassaforte." balbettò il signor Anderson. "Le buste erano già pronte e le ho messe nella cassaforte."

"Allora prendile!"

Il signor Anderson si alzò e si diresse alla cassaforte sulla parete. Aveva le mani che tremavano e sbagliò nell’inserire i numeri della combinazione. La cassaforte rifiutò di aprirsi.

"Sbrigati!" disse uno dei banditi, colpendolo dietro la testa come incitamento.

"Lascia stare mio padre!" Peggy si alzò in piedi.

Partì un colpo e la ragazza gridò. Nello stesso istante l’uomo sulla soglia volò nella stanza, andando a finire contro il suo complice. Entrambi crollarono sul pavimento in un mucchio scomposto, gridando di sorpresa e di dolore. Max, seguito a ruota da Michael, corse oltre le allibite segretarie.

"Liz!" gridò Max. "Stai bene?"

Liz annuì.

I due uomini cominciarono a rialzarsi, sollevando le pistole. Nessuno si rese conto di cosa stessero facendo, ma Liz, Max e Michael li colpirono con un’esplosione di energia.

"Max, sbrigati, per favore." gridò Liz, indicando la ragazza distesa sul pavimento. Max corse verso di lei e la voltò.

"Come si chiama, Liz?"

"Peggy!" gridò lei.

"Peggy, devi guardarmi." Max esortò la ragazza morente. "Devi guardarmi!"

"Oh, mio Dio!" gridò il signor Anderson. "Peggy!"

Cadde sulle ginocchia e cercò di avvicinarsi al ragazzo, Evan, che aveva poggiato la mano sulla spalla sinistra della figlia. Cosa stava facendo e perché Betty lo chiamava Max? E perché lui la chiamava Liz?

"Qualcuno chiami un’ambulanza!" gridò, anche se la voce gli uscì in un rauco sussurro.

Liz afferrò il signor Anderson e lo trattenne. "No. No, signor Anderson." gli disse. "Andrà tutto bene. Si fidi di me."

Lo sconcertato uomo guardò prima lei, poi il ragazzo che lei chiamava Max. Non credette ai suoi occhi quando vide una luce bianca brillare sotto la mano del ragazzo. Che stava succedendo lì? Peggy tossì e cominciò a piangere.

"Papà?" gemette.

"Muoviti, Max." ringhiò Michael. "Abbiamo finito."

Il signor Anderson spostò lo sguardo da sua figlia a Max, sul suo viso un’espressione di sgomento. Il ragazzo sembrava esausto.

"Porti Peggy a casa, signor Anderson." lo esortò Liz. "Noi rimetteremo in ordine qui e prepareremo il resto delle buste. Potremo parlare domani."

Il signor Anderson fece un cenno meccanico con la testa e si alzò, nel tentativo di portare sua figlia a casa. Riuscì a malapena a trovare la forza ma, in qualche modo, lo fece. Condusse Peggy oltre le confuse recezioniste, fino alla sua macchina.

"Clare." chiamò Liz. "Vorresti accompagnare a casa il signor Anderson? Non si sente troppo bene."

"Certo." rispose Clare, felice di allontanarsi dai due uomini svenuti.

"Mikey." Liz si voltò verso Michael. "Torna al ristorante. Dobbiamo tornare alla normalità." Lui annuì, le diede una strana occhiata e tornò correndo al ristorante. "Susan." continuò Liz. "Potresti chiamare la Polizia? Fa’ sapere loro che il signor Anderson è riuscito a fermare due uomini con l’aiuto del suo staff."

Susan afferrò il telefono.

"Max!" Liz lo abbracciò, concedendosi di crollare. Rimase tra le sue braccia, mentre entrambi si riprendevano dalla loro ordalia.

"Dobbiamo finire." Max indicò il denaro. "Forza, così potremo tornare a casa."

"Credo che dovremo imparare a gestire meglio le mie premonizioni." sospirò Liz.

* * * * *

"Stava cominciando a piacermi, questo posto." imprecò Michael, passando da una stanza all’altra.

Si erano radunati in soggiorno, raccontandosi le esperienze della giornata. La storia era stata esagerata. Il signor Anderson, Betty, Evan e Mikey avevano sopraffatto due uomini, che erano armati di mitra e che avevano delle bombe legate in vita e bandoliere di proiettili di traverso sulla spalla. Qualcuno aveva perfino detto che erano riusciti ad impedire un attacco terroristico. Michael era arrabbiato, perché ora sarebbero dovuti partire. Ne stavano discutendo tra loro. Era qualcosa che Max non poteva decidere da solo.

"La Polizia locale si è accontentata delle nostre testimonianze." disse loro Max. "Ho detto loro che sono entrato quando ho sentito lo sparo ed ho spedito il primo uomo addosso al secondo. Poi li abbiamo bloccati. Fino a che il signor Anderson conferma, non c’è nessun bisogno di partire."

"Stai scherzando?" Michael era sbalordito. "A questo punto i Federali arriveranno a frotte."

"Michael." disse Liz. "Se dovessero intervenire i Federali ad ogni rapina a mano armata che avviene in America, non ce ne sarebbero abbastanza."

"Ma quante volte succede che, dopo aver sventato una rapina, viene anche guarita una ragazza?"

"Nessuno sa della ragazza, tranne noi."

"Lo sa lei." sibilò Michael. "E lo sa lui."

"Perché pensi che dovremmo rimanere, Max?" chiese Isabel. Conosceva suo fratello e sapeva che c’era qualcosa che lo preoccupava.

"Proprio perché l’ho guarita." Max si infilò le mani nelle tasche. "Avrà bisogno di sapere cosa l’aspetta. Voglio dire, cosa farà tra un anno o due, quando comincerà … "

" … a scoppiettare di energia verde?" finì Liz per lui.

"Sì." annuì Max. "Glielo dobbiamo."

"Noi non dobbiamo niente a nessuno!" gridò Michael.

"Aspettiamo e vediamo cosa ci porta il domani." Max scosse la testa. "Forse potremmo fare dei turni di guardia, nel caso … " Max uscì e si sedette sulla veranda.

"Non portargliela via, Michael." lo mise in guardia Liz. C’era più di un accenno di durezza nella sua voce.

"Cosa?" chiese Michael. "Portargli via cosa?"

"La sua ragione per vivere."

"Ma di che stai parlando?"

"Queste azioni, Michael. Vi avevamo detto che era questo che volevamo fare."

"Non quando mettete il pericolo il resto di noi."

"Allora andate via." Liz si strinse nelle spalle. "Io e Max faremo il possibile per aiutare la gente. Abbiamo aiutato il signor Anderson e sua figlia. Ci sono cose che devono sapere. Così lui potrà proteggerla, sapete … dopo."

"Andarcene? Così?" Michael strinse gli occhi.

"Se è quello che volete. Se non siete felici per il modo in cui noi agiamo, allora siete liberi di fare quello che volete."

"Io resterò con Max." rispose Isabel.

"Anche io." annuì Kyle.

"Michael." lo esortò Maria. "Aspettiamo e vediamo cosa ci porta il domani, okay?"

"Bene!" sbraitò Michael, precipitandosi di sopra.

* * * * *

Seppe che era lì prima ancora di vederla. C’era una parte di lui che stava aspettando che lei venisse a cercarlo, proprio come aveva fatto Liz con lui a scuola, tre anni prima.

"Ehy, Peggy." Max le fece un cenno con la testa.

"Sono venuta per vedere te." sussurrò lei, esitando un po’. "Io … io … "

"Tu vuoi sapere cosa ti ho fatto, vero?" finì per lei.

"Sì." lei annuì."Voglio dire, so che mi hanno sparato e so che … tu hai fatto qualcosa. C’è … " si abbassò la spalla della maglia lungo il braccio, rivelando un’impronta argentata. "… questa."

Max fece un mesto sorriso. "Io, uhm … ho un … dono. Io posso … guarire." Tieniti sul minimo, Max, disse a se stesso. "Quando ho visto che ti avevano … sparato, ti ho guarita."

"Tu non mi stai dicendo tutta la verità, giusto?" lo accusò.

"No." ammise Max. "La verità renderebbe la tua vita più difficile, più pericolosa."

"Ma tu mi hai salvato la vita."

"Sì, così non sprecarla, huh?"

"Io … io … non so come dirlo." mormorò lei. "Ho una sensazione, sai? Io … penso … di essermi … innamorata di te."

Max scosse la testa. "Oh, Santa Cruccola!" sussurrò. "Senti, Peggy, ne sono lusingato. Voglio dire, sono veramente lusingato che tu ... lo creda. E’ solo che … io sono già innamorato di qualcuno. Di una persona meravigliosa."

"Qualcuno migliore di me?" la ragazza sembrava sconvolta.

"Io non ti conosco." sospirò lui. "Così non posso fare paragoni. Sono sicuro che tu sia meravigliosa, ma Liz, lei è … "

"Liz?"

"Sì."

"Oh." sorrise lei. "Io pensavo che forse, tu e Betty … "

"Huh." annuì Max.

"E’ carina?"

"Lei è tutto … lei è la mia metà, la mia anima gemella. Lei è Giulietta, se io sono Romeo, Isotta se sono Tristano, lo Yin del mio Yang."

"Hai reso l’idea." e lei cominciò a piangere.

"Mi dispiace." Max si scusò con un timido sorriso. "Non volevo che provassi certi sentimenti. Quando io … ho fatto quello che ho fatto, io … l’ho fatto. E lo rifarei ancora, se dovessi farlo. Noi … cerchiamo di tenerlo segreto, così … "

"Allora è per questo che lei non è con te?"

"Chi?" Max era confuso.

"Questa Liz. Lei potrebbe tradire il segreto?"

"Lei ne è stata terrorizzata fino da quando lo ha scoperto, in effetti." ammise Max.

"Ma lei conosce la verità, no?"

"Sì." il ragazzo annuì. "Il fatto è … lo dirai a qualcuno? Tuo padre lo dirà a qualcuno?"

"No." lei scosse la testa. "Il tuo segreto è al sicuro. Un minuto stavo per morire e il minuto dopo sono viva e con un tatuaggio d’argento … "

"Sarà meglio che lo tenga nascosto per un po’. Sparisce dopo qualche giorno. Magari evita di fare il bagno nel lago."

"Non mi piace il lago in questi giorni." sospirò lei. "L’altro giorno vi ho perso la mia collanina. Lo hai già fatto prima, vero?"

"Sì." annuì Max. "Una volta o due."

"Liz?"

Max annuì ancora.

"E lei, allora, si è innamorata di te?"

"Io sono sempre stato innamorato di Liz." Max fece un dolente sospiro. "Anche prima di averla guarita. Ma Liz? Non lo so. Forse è per quello che si è innamorata di me. Forse è un effetto collaterale." Dio, lui sperava di no.

Peggy annuì. "Meglio che torni a casa." disse a bassa voce, ormai vicina alle lacrime.

"Starai bene?"

"Sì." annuì la ragazza. "Ringraziarti mi sembra così poco, sai?"

Max annuì.

"Il tuo segreto è al sicuro con noi, Evan." gli ripeté, guardandolo ancora per un momento. "Buona notte."

"Buona notte, Peggy."

"Assicurati che Liz badi a te."

"Sono certo che lo farà." lui rise e lei scomparve tra gli alberi.

"Ti sbagli, lo sai?" disse una dolce, morbida voce, piena di emozione, dal buio della veranda. "Innamorami di te, non ha niente a che fare con l’essere stata guarita da te."

"Mi hai sentito?"

"Sì. E, Max? E’ facile innamorarsi di te. Il fatto che tu mi hai guarita lo ha solo reso più facile, oltre a provare che, dopo tutto, mi avevi notato. Non avrei mai creduto che tu potessi notarmi, ma io ho sempre avuto un sentimento per te. E’ stato solo dopo che mi hai guarito e mi sono resa conto che avresti sacrificato tutto per me, che ho permesso a me stessa di ammettere quel sentimento. Ti amo, Max. Ti ho sempre amato."

"Anche io ti amo, Liz." Le parole di lei lo avevano messo in imbarazzo.

"Bene, allora va tutto bene." Lei gli fece l’occhietto. "Ti va di fare una nuotata, stasera?"

* * * * *

La mattina successiva, Mikey, Evan e Betty, furono trattati da eroi, non solo per aver aiutato il signor Anderson e sua figlia, ma anche per aver salvato le paghe. Per associazione, anche il resto della gang acquistò popolarità. Anche gli ospiti furono pieni di elogi per i bravi ragazzi. Dicevano che la loro presenza li faceva sentire al sicuro.

"Evan." una morbida voce femminile lo chiamò attraverso lo spiazzo.

Max si fermò e si voltò verso la voce. Due colleghe di lavoro si stavano affrettando per raggiungerlo.

"Evan." disse ansando una delle due. "E’ stato molto coraggioso da parte tua."

"Grazie." Max sembrò a disagio.

"Senti." continuò lei. "Ci stavamo chiedendo … "

* * * * *

Maria portò il vassoio col caffé alla ricezione. Dopo averlo posato sul tavolo, si avvicinò a Liz che stava guardando fuori dalla finestra e ne seguì lo sguardo per vedere Max che stava parlando con le due ragazze. Maria scosse la testa.

"Non puoi fare sul serio, Betty." rise lei. "Tu, gelosa? Sai sicuramente che non ha occhi che per te."

"Cosa?" Liz sembrò scioccata. "No. Certo che non sono gelosa, Rita. No, è per tutta l’attenzione che stiamo attirando. Forse Mikey ha ragione. Forse dovremmo andarcene."

Maria fece una risatina ironica e tornò al ristorante.

"Betty?" il signor Anderson la chiamò dal suo ufficio. "Potresti venire un momento?"

"Sì, signor Anderson." il sorriso di Liz denunciava un po’ di apprensione. Sapeva cosa stava per succedere.

"Cosa è successo ieri, Betty?" le chiese.

Qualcuno bussò alla porta.

"Voleva vedermi?" Max entrò nella stanza. E il suo aspetto denunciava che anche lui sapeva quello che stava per succedere. Poi vide Liz. "Oh."

"Ditemi cosa è successo o chiamo la polizia." li minacciò il signor Anderson.

"Lo farebbe?" Max era rimasto senza fiato.

"No, non lo farà." Liz scosse la testa. "Lo sta solo dicendo."

"Come puoi esserne sicura?"

"Fidati." Liz sorrise.

"Lo farò, Liz."

"Liz?" lo interruppe Anderson. "Credevo che ti chiamassi Betty. E ieri, tu lo hai chiamato Max."

Michael irruppe nella stanza.

"Sella il cavallo, Maxwell. E’ora di andare." Tirò un giornale sulla scrivania. "Sta per arrivare Wyatt Earp."

Il titolo dell’articolo proclamava che una ragazza era stata colpita a morte durante una fallita rapina e che qualcuno l’aveva guarita. Il colore svanì dalla faccia di Max.

"Che succede?" chiese il signor Anderson.
"C’è gente che ci sta cercando, signor Anderson. Sono dell’FBI. Ma noi non abbiamo fatto nulla di male. Vogliono prenderci perché siamo … " Max non sapeva come finire la frase.

"Differenti?" propose Anderson.

"S’." Liz gli rivolse un grato sorriso. "Il fatto è che vogliono ucciderci. Senza processo. Senza diritti. Niente."
"Ma questo è assurdo!" il signor Anderson scosse la testa. "Non lo farebbero."

"Non è un rischio che possiamo correre, signor Anderson." disse Max in tono calmo e triste. "Senta, ci dispiace. Dobbiamo andarcene, prima che arrivino qui."

E tutti e tre corsero verso la porta, lasciandosi dietro un signor Anderson decisamente confuso.

Michael corse al ristorante per prendere Maria, mentre Max e Liz andarono in cerca di Kyle e Isabel. Furono immediatamente tutti al cottage a raccogliere i loro magri averi.

"Motori in avvicinamento." li mise in guardia Michael. "Uno."

Assunsero una posizione di difesa, in attesa di scoprire chi si stesse dirigendo verso di loro a tutta velocità. Un grosso pick-up rosso con una enorme cabina apparve da dietro l’angolo. Nonostante i vetri oscurati, riuscirono a distinguere che alla guida c’era il signor Anderson e che Peggy si stava sporgendo dalla cabina.

"Ci sono due SUV nere parcheggiate al cancello principale." li mise in guardia l’uomo. "Hanno bloccato l’uscita. Non lasciano entrare ed uscire nessuno."

"Stanno aspettando i rinforzi." imprecò Michael. "E’ la sola uscita dal campeggio. Dovremo combattere per uscire."

Tutti si scambiarono uno sguardo nervoso.

"No." lo contraddì Anderson. "Non è così. Se prendete la strada sul retro del campo, troverete un sentiero che vi passa sopra quella cresta laggiù e si ricongiunge alla strada principale a Boise. Da lì, tutta strada dritta fino al Canada."
"Il nostro furgone non ce la farà mai." Kyle scosse la testa.

"Prendete questo." L’uomo posò una mano sul pick-up.

"Non possiamo prenderlo." Max scosse la testa. "Vi coinvolgeremmo."

"Sarebbe un onore essere coinvolto, Max." lo pregò Anderson. "L' ho acquistato da poco. Non so da dove venite, ma ringrazierò certamente il buon Dio per avervi mandato da me. Non potrò mai ripagarvi per quello che avete fatto per me e per la mia famiglia. Vi prego, prendetelo e fuggite."

"Grazie." annuì Max. "E, signor Anderson? Non lasci che l’FBI prenda Peggy. Si rivolga ad un avvocato. A molti avvocati. Alle Associazioni per i Diritti Civili. Faccia in modo che rimanga nascosta. Mi creda, non è il caso che le autorità le mettano le mani addosso."

"Non preoccuparti, Max. Ho già provveduto a tutto. Arrivederci, figliolo. E bada alla tua ragazza." Ed abbracciò Liz. "Credo che ci sia molto di più di quello che balza agli occhi, tra voi due."

"Siamo sposati, signor Anderson." sorrise Liz, passandosi la mano sull’anello e togliendogli l’apparenza di una deformità del dito. Max e Liz si presero sottobraccio, mentre Peggy si asciugò una lacrima e sorrise.

"Mi dispiace di non sapere il resto dei vostri nomi e, forse, è più sicuro che non lo sappia." continuò Anderson. "Ora andate, per favore. E Dio vi protegga."

Si infilarono nell’enorme pick-up, con Max e Liz sul sedile davanti.

"Aspetta!" gridò Liz e corse verso un sorpreso signor Anderson. Gli parlò per alcuni secondi, poi tornò sul furgone. Dopo aver chiuso la portiera, videro il signor Anderson scrivere qualcosa su un notes. Max accese il motore e si diressero verso il viottolo che era stato loro indicato.

"Di che si trattava?" chiese Max alla moglie seduta accanto a lui.

"Gli ho detto, se lei dovesse avere qualche problema, di mettersi in contatto con Valenti."

"Mio padre?" disse Kyle dal sedile posteriore. "Perché lui?"

"Perché nel momento in cui lei dovesse friggere come una stagnola in un microonde, lui ci sarà già passato. E potrà aiutarla. Noi non potremo farlo."

Max seguì lo stretto sentiero che si infilava nel bosco e saliva sulla collina.

"E questo cos’è?" disse Kyle scorgendo una scatola incastrata dietro il suo sedile. Si chinò e la aprì. "Guardate!" disse stupito.

La scatola, che era stata affrettatamente confezionata, era piena di barattoli di cibo. C’era anche una busta piena di denaro, due piccole pistole ed un paio di potenti binocoli.

"Credo che li abbia preparati quando noi siamo tornati al cottage." annuì Michael. "Queste possono tornare utili." E tese una pistola a Kyle e una a Maria.

"E che ci devo fare?" Maria arricciò il naso, tenendo la pistola penzoloni tra il pollice e l’indice.

"Fai finta che sia un modo umano di far esplodere le cose." le sorrise lui.

Arrivati sulla cresta, Max fermò il furgone. Scese dalla cabina di guida e guardò ai piedi della collina, controllando per ogni segno che lasciasse capire che erano stati seguiti. "Potete passarmi un binocolo?" chiese.

Isabel li prese e scese accanto al fratello. Gliene tese uno, mentre anche gli altri cominciavano a scendere. Lui si portò il binocolo agli occhi e controllò il campeggio sotto di loro. Vide le macchine dell’FBI che bloccavano la strada e, ora, ce n’erano molte di più. Vide gli agenti in abito scuro controllare i documenti di tutti. Il signor Anderson stava parlando con un agente, uno di quelli che erano entrati nell’auditorio mentre lui stava facendo il suo discorso, ricordò Max. Il loro amico stava scuotendo la testa e stringendo le spalle, nel segno universale del ‘non lo so’. Poi Anderson indicò verso est, la direzione opposta a quella che loro avevano preso.

"Posso guardare?" Maria fece un passo avanti e prese il binocolo dalle mani di Max. Sorvegliò la scena sottostante, mentre Max raccontava agli altri quello che aveva visto. "Ma che diav … " esclamò Maria. "Che ci fa qui?"

Max si voltò e riprese l’apparecchio da Maria, tornando a guardare la scena. I suoi occhi si spalancarono per la sorpresa e scosse la testa. Isabel prese il binocolo da Max e, dopo che uno sguardo sorpreso gli ebbe attraversato il viso, fu Kyle a prenderlo da Isabel. Michael lo tolse a Kyle.

"Non mi è mai piaciuto!" brontolò Michael, tendendo il binocolo a Liz.

"Oh, mio Dio!" esclamò Liz.l

* * * * *

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Capitolo 5
*** 5 ***


Parte 5

Indicazione della data: 2 luglio 2002 - Boulder, Colorado.
Un astronomo dilettante, Jeremiah Muggins of Freneho, Colorado, ha dichiarato di aver scoperto un nuovo satellite dietro Plutone, il pianeta più distante del nostro Sistema Solare. Per ora, nessuno ha confermato la scoperta. La NASA ha dichiarato che non c’è nessun satellite e che nemmeno l’ Hubble Space Telescope è riuscito a vederlo. Loro ( la NASA ) hanno anche dichiarato che nemmeno le sonde che hanno avvicinato il pianeta sono riuscite a scorgere detto satellite. Interrogato a questo proposito, il signor Muggins ha dichiarato di essere convinto che il satellite, che lui ha chiamato ‘Muggins’ graviti quasi in permanenza su un’orbita nella parte più distante del pianeta. Lui crede che questa orbita presenti delle ‘oscillazioni’ che gli consentano di essere visto dalla Terra solo per pochi attimi, se qualcuno guarda al momento giusto nel posto giusto. Per ora, gli esperti di tutto il globo non sono riusciti a confermarne l’esistenza ma, come era prevedibile, tutti i telescopi sono puntati sul pianeta. La NASA ha confermato che l’ Hubble Space Telescope sarà riposizionato per avere una visuale migliore, non appena sarà possibile. Nel frattempo, Jeremiah Muggins dovrà aspettare per avere il suo momento di gloria. - - - API.

* * * * *

Bene, siamo di nuovo in fuga. Naturalmente, non ci siamo diretti in Canada, perché sappiamo che il confine può essere controllato. Se l’FBI fosse stata intelligente anche solo la metà di quello che supponiamo, non avrebbe mai creduto alla storia propinata dal signor Anderson sul fatto che eravamo diretti ad est ed avrebbe controllato le strade per l’ovest. Così noi ci siamo veramente diretti ad est, dopo aver guidato per una giornata verso sud. Dopo essere arrivati in Wyoming, stiamo adesso traversando i campi di grano del Nebraska.

E’ una buona cosa che possiamo fare a turno per guidare, altrimenti Max avrebbe guidato per tutto il tempo. Quando imparerà che in questa storia ci siamo dentro tutti, sarà esentato dalla guida, così avrà modo di concentrarsi sulle mosse successive da fare. Lui è meraviglioso ma, qualche volta, può essere così frustrante! Ogni giorno, penso di non poter amare quest’uomo più di quanto lo amo. Poi lui fa qualcosa per farmi ricredere e per farsi amare ancora di più. Come questa mattina. Kyle mi ha svegliato per il mio turno di guida ed io mi sono trovata tra le mani una rosa bianca, un regalo da parte di mio marito. Solo il Cielo sa dove l’abbia presa.

Max era addormentato, ma ha sorriso quando l' ho baciato sulle labbra. Anche io ho sorriso, un sorriso che è rimasto con me, mentre ho guardato il sole sorgere davanti ai miei occhi. C’è qualcosa di speciale nel sole che sorge. Mi ricorda la mia relazione con Max. E’ partita lenta e decisa, come un raggio di luce che si fa strada tra le tenebre. E poi c’è stata un’esplosione di colori e, prima che ce ne rendessimo conto, la piena forza di un’esplosione di vita ci ha circondati col suo calore. Naturalmente, la mia alba ha avuto un po’ di nuvole all’inizio ma, ora che ci penso, anche tra le nuvole c’è stato un raggio di luce. Devo ricordarmi di dire a Max che lui è il mio Sole. La vita è bella, in questo momento.

Poi ho sentito battere.

* * * * *

"Puoi sistemarlo?" chiese Michael a Kyle che aveva la testa sotto il motore del loro enorme SUV.

Gli altri erano dietro, lontano dall’automezzo, osservando attentamente e augurandosi che si potesse fare qualcosa. Subito dopo l’alba, il motore aveva cominciato a fare strani, martellanti rumori. Se Kyle o uno degli alieni fossero stati svegli, avrebbero potuto prevenire la catastrofica fine del loro mezzo di trasporto. Però alla guida c’era Liz, che non capiva nulla di motori, che stava appena cominciando ad imparare come usare le sue nuove abilità, e che non riconobbe i segni del pericolo se non quando fu troppo tardi.

"Se sapessi qual è il problema, se avessi i ricambi necessari e se avessi accesso ad una officina piena di attrezzi, potrei aggiustarlo." rispose Kyle a Michael in tono adirato.

Il battito era aumentato durante la corsa della mattina, costringendo Liz a svegliare Max. Dopo aver sentito il rumore, le disse immediatamente di accostare al lato della strada. Come si furono fermati, il motore soffiò una nube scura, depositando olio sul ciglio della strada. Liz capì dall’espressione di Max quanto il guasto fosse grave. Uno ad uno, svegliarono i loro amici con la brutta notizia. Il problema era più grave, perché si erano fermati proprio davanti all’unico edificio abitato che avevano incontrato da ore. Non potevano sistemare il guasto con le loro speciali abilità, cosa che avrebbe portato via solo pochi secondi, perché un’anziana donna, sulla tarda sessantina, era seduta nel portico della casa e guardava ogni loro mossa.

Tutti potevano capire che il loro non era un problema di semplice soluzione, e tutti sapevano che la donna si sarebbe insospettita se fossero saliti e partiti come niente fosse. Volevano mettere quanto più spazio possibile tra loro e l’FBI, prima di allertare qualcuno con le loro ‘abilità’. Kyle stava cercando di individuare il problema, per effettuare almeno una riparazione provvisoria che li avrebbe portati fuori dalla visuale della donna, per avere poi la possibilità di aggiustare il guasto nel modo per loro migliore.

"Un’unica casa nel bel mezzo del nulla e tu dovevi far rompere il furgone proprio qui." brontolò Michael rivolto a Liz.

"Falla finita, Michael." lo mise in guardia Max. "Non è stata colpa sua."

Ma Liz sapeva che lo era.

"Guarnizione rotta." disse la voce soffocata di Kyle. "E credo che sia partita anche qualche fascia dei pistoni."

"Ma se il furgone è praticamente nuovo!" si lamentò Michael.

"E allora?" grugnì Kyle. "Parti difettose, manodopera scadente, scegli quello che preferisci."

"Avremmo dovuto controllarlo." si rimproverò Max. "Dovevamo accertarci che fosse a posto."

"No, Max." Liz lo abbracciò. "Non è colpa tua." Si strinsero l’uno all’altro, guardando i loro amici discutere. "Se c’è qualcuno da biasimare, sono io. Dopo tutto, ero io alla guida."

"Non è stata colpa tua." sospirò lui. "Non avremmo dovuto spingerlo così forte. Abbiamo viaggiato per giorni. Avremmo dovuto fermarci più spesso e più a lungo. Dare al motore la possibilità di raffreddarsi."

"E’ come noi, credo." rise Isabel. "Ha bisogno di tanto amore e di tante cure."

"Liz, hai bisogno di più amore e di più cure?" disse Max sorridendo.

"Posso sempre sopportarne ancora." ridacchiò lei. La giovane coppia si abbracciò ancora e alla fine Max abbassò la testa per darle un dolce, tenero bacio.

"Oh, Dio!" si lamentò Isabel, dando la schiena alla coppia.

"Scusatemi." una voce di donna li chiamò dall’altra parte della strada. Era la vecchia signora nel portico li stava guardando. Portava un vassoio con sei bicchieri con un pallido liquido giallo. Sui bicchieri gocce di condensa. "Mi stavo chiedendo se vi avrebbe fatto piacere un po’ di limonata. Sono ore che state al sole e ormai fa’ abbastanza caldo."

"Grazie." Liz sorrise, lo sguardo pieno di gratitudine.

Si avvicinarono tutti alla donna, offrendo i loro ringraziamenti, e presero i bicchieri dal vassoio, bevendo la deliziosa limonata fatta in casa. Mentre bevevano, si scambiarono commenti su quanto buona e rinfrescante fosse la loro bibita.

"Grazie." Liz le sorrise ancora, posando il bicchiere vuoto su vassoio. Mentre lo faceva, la sua mano sfiorò il pollice della donna.

La vecchia signora indossava abiti sporchi e laceri, seduta in un vicolo buio di una grande città, cercando di costruirsi una sorta di rifugio con scatole di cartone. I colpi di tosse indicavano che era malata. Aveva freddo, era stanca, era affamata e stava morendo. La vecchia signora sarebbe morta il mattino seguante. Stando dietro di lei, Max non poteva vedere la faccia di Liz, ma ne avvertì il senso di disagio. Le si mise a fianco e tese la mano all’anziana signora.

"Grazie." ripeté le parole di Liz. "Io sono Evan … "

"Posso essere vecchia, ma non sono sorda." rise lei. "Tu sei Max. Credo che tu sia il capo."

Max apparve scioccato e si limitò ad annuire.

"Lui è Michael." lei continuò, indicando a turno tutti i componenti della gang. "E questa è Maria, e qualcuno potrebbe pensare che si odino l’uno con l’altra. E questo è Kyle, ma non credo che stia insieme ad Isabel. E questa cosina graziosa è Liz. Tutti possono vedere che tu e lei state insieme, anche senza i baci e gli abbracci." Tutti si agitarono a disagio. Dopo tutto quella donna conosceva i loro veri nomi. "Credo che voi due siate più che innamorati. Credo che siate sposati."

"Come fa a dirlo?" chiese Liz sorpresa.

"Facile." sorrise la signora. "Certo quegli anelli aiutano."

Liz ridacchiò, mentre gli altri scoppiarono a ridere. Liz esaminò l’anello al suo dito, quello che aveva lo straordinario diamante che Max aveva fatto apposta per lei.

"Bene, io sono Dora McCarthy. Tutti i ragazzi qua attorno mi chiamano Granny, così penso che dobbiate farlo anche voi. Sembra che abbiate qualche problema." disse la donna. "Volete che vi chiami un carro attrezzi? Quello di Ike è a sola mezz’ora da qui."

"Oh, grazie … Granny, ma no." Liz scosse la testa. "Non possiamo permettercelo. Inoltre, sono certa che fra tutti, possiamo aggiustarlo. Siamo molto bravi con le mani e Kyle è un bravo meccanico."

"Bene, se volete così." annuì lei. "Perché non provate a spingere il furgone nel mio granaio? Almeno lì sareste all’ombra. C’è un grande quantità di attrezzi lì dentro e alcuni sono completamente nuovi. E siete liberi di usare qualsiasi pezzo di ricambio troverete lì dentro. Forse ci sono anche un paio di guarnizioni che potranno esservi utili fino a che non arriverete alla prossima città."

"Grazie." le sorrise Max. Gli altri annuirono il loro apprezzamento.

"Ora, perché voi ragazze non venite a sedervi all’ombra del portico, mentre gli uomini aggiusteranno il furgone?"

"Sembra una buona idea." Liz era raggiante, mentre sorrideva a Max.

"E potremmo vedere se è rimasta un po’ di quella limonata." Granny strizzò l’occhio, guidando le ragazze verso il portico e lasciando Max, Michael e Kyle con il furgone.

"Voi ragazze sembrate esauste." commentò Granny dopo aver osservato i loro visi stanchi e tirati.

"Sì." gemette Isabel, ricordando la doccia del loro cottage al campeggio. "Ormai siamo in fu … in viaggio da giorni."

"Vorreste fare un bagno?" propose loro Granny. "C’è acqua calda in abbondanza."

"Ohhhh." squittì Maria. "Davvero? Una vasca piena di acqua calda? Credo di essere morta e di essere in Paradiso."

"Penso che sia un sì, Granny." rise Liz. "Se è sicura che non ci siano problemi."

"Certo che sono sicura." la rimproverò Granny. "Altrimenti non ve l’avrei proposto. "E c’è anche qualcos’altro. Non me ne intendo molto di macchine, ma so che Kyle non potrà aggiustare il motore in un solo pomeriggio. Perché non vi fermate per la notte? Posso offrirvi dei letti comodi. E sarete i benvenuti, fino a che ne avrete bisogno."

"Ma lei non ci conosce nemmeno." Liz scosse la testa.

"Siete bravi ragazzi. Io lo so."

"I ragazzi saranno contentissimi di restare." Liz sorprese Isabel e Maria accettando subito l’offerta.

* * * * *

Rimasti soli, i tre ragazzi cercarono di spingere il furgone lungo il viale di Granny, attraverso il cortile, fino al granaio. Fu più facile, una volta arrivati fuori portata di vista e nella possibilità di usare i loro poteri per far scivolare il veicolo come se fosse sul ghiaccio. Nella benvenuta ombra, e nella privacy del granaio, Kyle sollevò il cofano per dare un’altra occhiata.

"Senti!" sbottò Michael La sua impazienza, per non parlare dei suoi sospetti sulla donna e del fatto che conoscesse i loro veri nomi, stava venendo a galla. "Sbrigati ad aggiustare quel coso e partiamo!"

"Non possiamo." Max scosse la testa. "Granny sa che ci vuole del tempo per aggiustarlo e si accorgerebbe che è successo qualcosa di strano se ce ne andassimo ora. E se l’FBI dovesse arrivare qui a fare domande, lei potrebbe dirlo. Queste strade sono lunghe, dritte e non ci sono molti posti per nascondersi."

"E allora cosa dobbiamo fare? Trascorrere la notte qui fuori a battere qualcosa?"

"Se dobbiamo farlo, lo faremo." Max si strinse nelle spalle. "C’è della paglia nel solaio. Non è tanto male. Meglio che dormire nel furgone."

"Max." lo chiamò Isabel entrando nel granaio. "Non ti spaventare. Liz ha accettato l’offerta di un letto per la notte. Granny dice di poterci anche preparare qualcosa da mangiare."

"Ecco!" Max sorrise, guardando Michael. "Non so tu, ma io non vedo l’ora … "

"Non vogliamo sapere di cosa non vedi l’ora, Maxwell." brontolò Michael.

" … di fare un buon sonno." finì Max, dando un’occhiataccia all’amico.

"Sì." rise Kyle. "E se fossi sposato con Liz, anche io non vedrei l’ora di dormire."

Sia Michael che Kyle risero alle spalle di Max.

"Andrò a dare un’occhiata qua attorno." rispose lui, scappando letteralmente dal granaio.

Una volta uscito, anche Isabel lasciò andare la risata che aveva trattenuto. Il granaio si riempì delle loro risate isteriche.

* * * * *

Per sistemare tutti a tavola, Granny aveva aperto l’estensione centrale che non era mai stata usata prima di allora."Sapevo che un giorno mi sarebbe servita." scherzò lei.

Liz aveva notato la mancanza di provviste nella credenza, mentre aveva aiutato Granny a preparare il pranzo.
"Credo che sia il caso di fare una spedizione al supermercato." disse sorridendo.

"Spese?" Maria sollevò di scatto la testa. "Contate su di me!"

Tutti e sette seduti al tavolo, cominciarono a scherzare e a parlare di cose futili. Si stavano divertendo. Era la prima sera, da quando erano partiti da Stanley, che potevano rilassarsi. Granny si era accorta dello stretto, potente legame che li univa. Era chiaro che, per avere legami del genere, dovevano aver attraversato insieme una tempesta o due. Nelle loro giovani vite, dovevano averne viste parecchie.

"Allora, da dove venite?" chiese durante un momento di pausa della conversazione.

Insieme e colmi di apprensione, tutti i visi si rivolsero verso Max. Granny sapeva che facevano riferimento su di lui, lasciando a lui la decisione di quello che raccontare. Da parte sua, Max appariva un po’ a disagio, come se trovasse sgradevole essere il loro leader. Un’espressione si fece strada nella mente di Granny. Pesante è la testa che porta la corona.

"Preferirei non dire da dove veniamo." disse Max guardandola.

La chiarezza e la decisione nei suoi occhi ambrati la meravigliò.

"E’ meglio così. Per noi. E per quello che riguarda dove siamo diretti, non ne siamo sicuri. Tutto quello che sappiamo è che vogliamo stare insieme. Vede, a casa … c’era della gente che … che ci disapprovava."

Il modo in cui Max prese la mano di Liz, fece pensare a Granny che fossero i genitori di lei. Evidentemente disapprovavano Max. Romeo e Giulietta, sorrise lei. Si chiese come fosse possibile. Max sembrava un ragazzo così caro e premuroso. Chi non lo avrebbe voluto come genero? E, certamente, quei ragazzi erano abbastanza grandi da prendere da soli le loro decisioni. Perché sarebbero dovuti fuggire e tenere tutto segreto? A meno che Liz non fosse l’unica figlia di qualcuno molto potente e molto pericoloso. Forse suo padre era un capo della Mafia?

Osservandoli, notò che, mentre gli altri sembravano alquanto rilassati, Max sembrava essere sempre in guardia, come se fosse abituato al suo ruolo. Era solo in presenza di Liz, che sembrava mostrare segni di distensione. Anche allora, però, una parte di lui era cauta ed in allerta. Granny si rese conto di quanto a Max stessero a cuore i suoi compagni e di quanto fosse inebriato da Liz.

"Mi chiedo quale sia la loro storia." pensò dentro di sé, sorridendo. "Qui c’è molto di più di una coppia di ragazzi che scappano dai genitori."

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Capitolo 6
*** 6 ***


Parte 6

Lavorando come una squadra ed usando la tecnica già sperimentata nel cottage di Camp Sawtooth, i sei ragazzi riordinarono e lavarono i piatti del pranzo. Erano quasi una catena di montaggio e Granny si meravigliò della loro coordinazione. Una volta che la cucina fu tornata nell’ordine in cui la teneva Granny, la gang si ritirò in soggiorno, nella parte anteriore della casa.

"E’ stata grande." Kyle si diede una pacca sullo stomaco, allungandosi in una delle poltrone. "Grazie. Non so gli altri, ma mi ero stancato di vivere di hamburger e patatine fritte."

"E questo detto da uno che sarebbe morto di fame se non ci fosse stato il Crashdown." Maria roteò gli occhi.

"Sì." annuì Liz, concordando con Kyle. "Il pranzo è stato stupendo. Grazie."

Anche gli altri offrirono il loro apprezzamento.

"Bene." Granny sorrise a tutti quei complimenti. "Visto che ho raramente la possibilità di cucinare per qualcun altro, il piacere è stato mio."

"Credo sia meglio tornare al granaio." si accigliò Max. Guardò Liz, sperando solo di poter stare un po’ seduto con lei e rilassarsi.

"Sì." grugnì Michael guardando Maria.

Isabel roteò gli occhi.

Max, Michael e Kyle uscirono per tornare al loro lavoro di meccanici. Furono fermati da un improvviso bussare alla porta. I sei ragazzi si scambiarono un’occhiata nervosa e preoccupata. Granny rimase sorpresa quando Max, Michael e Isabel si avvicinarono alla porta, con uno strano sguardo negli occhi. Le sembrò che stessero tutti per sollevare una mano. Si chiese cosa stessero facendo.

"Perché non ve ne andate di là." Granny indicò una porta che, dal soggiorno, conduceva ad un’altra stanza. "Potrebbe non essere nulla."

I ragazzi si affrettarono a seguire l’indicazione di Granny e Kyle chiuse la porta dietro di loro, poggiandovi sopra l’orecchio e sperando di sentire cosa stesse succedendo. Max si diresse alla parete che separava le due stanze, la fissò e vi passò sopra una mano. La parete si mutò in una finestra, che permise di vedere il soggiorno di Granny e lei davanti alla porta.

"Come diavolo hai … " cominciò a dire uno sbigottito Michael, ma Max sollevò la mano per far loro segno di tacere.

Obbedirono tutti e guardarono la scena attraverso la innaturale finestra di Max. Potevano vedere e sentire tutto quello che accadeva nell’altra stanza. Sapendo che era stato Max ad aprire quel portale, non si posero nemmeno il dubbio che potesse essere scorto dall’altra parte. Conoscevano Max e sapevano che non avrebbe mai fatto correre loro rischi inutili.

Granny aprì la porta per rivelare una male assortita coppia di uomini. Il primo era di mezza età, indossava un abito elegante, cappello ed occhiali. Portava una piccola borsa di pelle stretta al petto, come se pensasse che qualcuno avrebbe potuto portargliela via. Dietro di lui un uomo che poteva essere descritto solo come un delinquente. Era grosso, dall’aspetto truce, il naso rotto e le orecchie deformi. Torreggiava sopra l’altro uomo ed aveva un aspetto minaccioso.

"Sì?" disse lei bruscamente. "Cosa volete?"

Dalla sua reazione era chiaro che Granny li conosceva. Max e gli altri si rilassarono un po’, ma sia Max che Liz non abbassarono la guardia.

"Su, signora McCarthy." disse l’uomo più anziano. "Non c’è bisogno di essere ostili." Passò con facilità oltre la donna. Il delinquente lo seguì. "Sono qui per parlare di affari."

"Come ti ho già detto, John Casey, la mia fattoria non è in vendita."

"Speravo che ci avesse ripensato." il signor Casey scosse tristemente la testa. "Speravo che avesse riacquistato un po’ di buon senso. Non riuscirà a mandare avanti la fattoria da sola."

"Posso riuscirci." disse lei con disprezzo.

"A meno che non riesca a fare il raccolto," disse lui alzando le mani. "La banca le toglierà il diritto a riscattare l’ipoteca. Lei non ha macchinari, né operai, né contanti. Lei è una donna vecchia, signora McCarthy. Non c’è motivo perché debba prendersi questa seccatura. Perché non mi vende tutto, baracca e burattini?"

"Perché la cifra che mi hai offerto non coprirebbe nemmeno i miei debiti." disse lei raddrizzandosi. "Dopo, come farei a vivere? Di cosa vivrei? Fammi un’offerta più realistica, e io ci penserò. Ma stando così le cose … sarebbe un furto!"

"Presto avrò la fattoria in ogni caso." Casey si strinse nelle spalle. "Non importa quello che pensa lei."

"Allora dovrei solo fare in modo che le cose siano più facili per te, vero?"

"Acconsenta alla vendita!" disse lui, lasciandosi prendere dalla collera.

"No." Granny scosse la testa ed incrociò le braccia sul petto.

"Hugo." Casey si voltò verso il suo scagnozzo. "Perché non fai vedere alla signora che genere di incidenti possono capitare ad una donna anziana che vive da sola nel bel mezzo del nulla?"

Hugo fece un passo avanti, minacciosa torre di carne. Nella stanza a fianco, Max fece un cenno a Kyle e gli indicò la porta. Kyle guardò la porta poi tornò a guardare il tirapiedi. Annuì a Max, afferrò la maniglia e, dopo aver fatto un profondo respiro, aprì la porta ed entrò in soggiorno.

"Nonna, dove hai detto che stanno … oh." Kyle finse uno sguardo di sorpresa. "Non mi avevi detto che avevi compagnia, Nonna."

"Oh?" Granny si voltò sorpresa verso Kyle. "Sai, stavano proprio per andarsene. Vero, signor Casey?"

"Non a causa mia, spero." Kyle usò il suo fascino.

"No. Assolutamente." brontolò Casey. "Ho consegnato il mio messaggio. Ora ci pensi, signora McCarthy."
"Ha già la mia risposta, Casey. Non cambierò idea."

Casey strinse gli occhi e guardò Kyle. "Vieni, Hugo." disse irosamente. "E’ ora di andarsene."

L’uomo più anziano usci dalla casa quasi di corsa. Hugo procedette con più indifferenza, continuando a fissare Kyle. Quando Hugo ebbe chiuso la porta, Kyle si precipitò alla finestra per controllare i due visitatori. Salirono su una Volvo scura e se ne andarono. Nell’altra stanza, Max ripassò la mano sulla finestra, facendola tornare una normale parete.

"Ascolta, Max." disse Liz agitata. "Quando prima ho toccato Granny, ho avuto una premonizione su di lei. Perderà la casa e diventerà una barbona in una qualche grande città. Morirà se non la aiutiamo."

"Mi ero chiesto del perché fossi così entusiasta di restare qui." Max le fece un cenno con la testa. "Okay. Andiamo a parlarle." Rientrarono in soggiorno, Liz in testa.

"Di che si tratta, Granny?" le chiese la ragazza. "Cos’è questa storia di vendita e di blocco dell’ipoteca?"

"Queste pareti sono fatte di solida pietra." disse Granny spalancando gli occhi." E la porta è di legno di quercia. So per certo che è dannatamente isolata acusticamente. Come avete fatto a sentire? Come ha fatto Kyle a sapere il momento in cui farsi avanti? So che la porta era chiusa."

"Non importa." Liz mise da parte le domande. "Che sta succedendo? Noi vogliamo aiutarla."

Granny guardò prima Liz, poi Max. Sapeva che poteva fidarsi di loro. Forse per il modo in cui quei due, che sembravano essere i capi, si prendevano cura l’uno dell’altro e di tutti gli altri del gruppo. Sapeva che non era per curiosità che si erano intromessi in una faccenda che non li riguardava. Era per qualcos’altro: un sincero desiderio di aiutare chi aveva bisogno di aiuto.

"Mio marito è morto all’inizio dell’anno." cominciò a dire. "Proprio dopo la stagione della semina."

"Oh, Granny." Liz sembrò imbarazzata ad aver costretto la donna a confessare qualcosa che considerava privata. "Ci dispiace."

Granny sapeva che Liz era sincera. Non erano le solite parole di condoglianze che gli estranei erano soliti dire quando sentivano quel genere di notizie. Liz e gli altri erano sinceramente preoccupati, come se avessero saputo cosa significasse perdere una persona cara.

"E’ stato un infarto." cercò di comunicare con lo sguardo a Liz che non avrebbe dovuto sentirsi imbarazzata. "Aveva lavorato duramente per finire la semina. E’ stata una perdita terribile. Non ultimo perché era la mia anima gemella."Vide che Max e Liz si erano scambiati, l’una con l’altro, uno sguardo pieno d’amore. Granny seppe che quei due capivano di cosa stese parlando. "Ad ogni modo, ora è tempo di fare il raccolto ed io non sono sicura di poterlo fare. Non so come far funzionare le macchine e, in ogni caso, molte sono fuori uso. Naturalmente, i miei vicini si sono offerti di aiutarmi, ma anche loro hanno i loro problemi. Non credo che riuscirò a fare il raccolto e non so cosa faccia più male. Il fatto che ho tanti debiti da poter perdere la fattoria o il fatto che se lascerò marcire il raccolto significherà che mio marito è morto per niente."

"Così, quell’uomo, Casey, vorrebbe … ?" Max lasciò in sospeso la domanda.

"Il signor Casey possiede una fattoria enorme verso est e sogna di espanderla, specialmente da questa parte. Qui il terreno è di prima qualità. E vuole averlo per niente."

"Granny?" la interruppe Isabel. "Che mi dice dell’assicurazione? Certamente suo marito era assicurato. Vero?"

"Oh, sì." annuì lei con un sorriso triste. "Era assicurato. Solo che sembra che l’assicuratore abbia omesso di parlarci di alcune clausole della polizza. Non ci capisco gran che, ma la compagnia non ha ancora pagato ed io non ho la possibilità di assumere un avvocato."

"Ma è terribile." Maria era rimasta senza fiato.

"Forse c’è qualcosa che possiamo fare." Isabel strinse gli occhi, l’accenno di un sorriso misterioso sulle sue labbra. Lei e Max si scambiarono un’occhiata e Max le fece un impercettibile cenno con la testa.

"La aiuteremo noi." annunciò Liz.

La bocca di Michael stava per aprirsi nell’annuncio della sua obiezione, ma Maria lo batté nel tempo.

"Liz, non sappiamo niente di fattorie." le fece notare.

"Possiamo sempre imparare." Liz fissò la sua amica, poi portò la sua attenzione sugli altri. Sapeva già di avere l’appoggio di Max. "Dobbiamo solo imparare qualcosa sul raccolto. Voglio dire, il granaio è pieno di macchinari. Sono certa che tra noi e con l’aiuto di Granny, possiamo farcela. Poi con i soldi che Granny farà con la vendita del grano, potrà pagare il debito. Forse potrà anche permettersi un avvocato o qualcuno che possa pensare alla semina del prossimo anno."

"Puoi lasciare a me i problemi con l’assicurazione." disse Isabel a Liz.

Lei guardò Isabel e capì che si sarebbe messa d’accordo con Jesse per avere qualcuno che provvedesse.

"Nel frattempo," continuò Liz "impareremo a fare i contadini."

Kyle si alzò dalla sedia in cui era crollato.

"Bene, credo che lascerò la parte di studio di questa avventura ai cervelli del gruppo." e guardò verso Liz. "Nel frattempo, sarà meglio che vada a controllare quegli ammassi arrugginiti nel granaio."

"Buona idea." grugnì Michael, non troppo felice all’idea di diventare un contadino. "Vengo con te."

"Anche io." disse Max, alzandosi per unirsi agli altri.

Guardò Liz e le sorrise, mettendo ogni grammo di fiducia che aveva in lei nel suo sguardo. Liz lo ricambiò con uno sguardo pieno di gratitudine.

I tre ragazzi lasciarono la casa, diretti al granaio, discutendo sui macchinari di cui avrebbero avuto bisogno, per averli studiati o per averli visti nei film.

"Allora, da dove cominciamo?" chiese Maria a Granny. Anche se pensava che la faccenda non sarebbe stata facile, avrebbe appoggiato al massimo la sua migliore amica. "Voglio dire … non dobbiamo andare e raccogliere le spighe, vero?"

"No." rise Granny. "Ormai è tutto gestito dalle macchine. Una mietitrice taglia gli steli del grano e separa le spighe dagli steli. Poi è solo questione di raccoglierli e metterli in magazzino."

"Non sembra difficile." Maria si sentì più sollevata.

Granny fece un sorriso triste. "Di per sé, non è difficile. E’ solo un lavoro molto duro."

"Uh oh." grugnì Maria. "Perché l’idea non mi piace?"

Mentre Maria parlava con Granny, Liz cominciò a guardare attentamente la stanza in cui si trovavano. Le molte fotografie avevano già attirato la sua attenzione, ma visto il passo che avevano preso le cose, non aveva avuto il modo di esaminarle.

Mentre la maggior parte erano foto in bianco e nero di parenti, morti ormai da tempo, c’erano alcune foto a colori di un giovane, di una giovane e di un bambino.

"Mio marito e mio figlio." disse Granny con voce roca, avvicinandosi a Liz.

"Ha un figlio?" Liz sembrò sorpresa, anche se non capiva perché avrebbe dovuto sorprendersi. "Dov’è? Voglio dire, non potrebbe aiutarla?" Poi ebbe un pensiero raccapricciante. "Oh, mi dispiace. Forse è … "

"No." Granny scosse la testa con un sorriso di simpatia al senso di colpa che aveva pervaso Liz. "No, non è morto."

"Oh." Liz fu sollevata. "Non volevo … "

"No. Va tutto bene." Granny si strinse nelle spalle, prendendo una fotografia più recente di suo figlio. Il suo sguardo era distante, quando si posò sui suoi lineamenti. "Abbiamo litigato." sospirò alla fine. "Ormai sono passati anni. Non riesco nemmeno a ricordare perché. Non ci vediamo da cinque anni. E non ci parliamo da tre."

"Non è venuto per il funerale di suo padre?" Liz sembrò rattristarsi.

"Era oltreoceano." spiegò la donna. "Non ha fatto in tempo ad arrivare."

Liz annuì, mentre Granny rimetteva a posto la foto. "La mia famiglia mi manca." Liz ruppe lo sgradevole silenzio che si era creato. Anche Isabel e Maria avevano smesso di parlare. "A tutti noi. Li amiamo così tanto e sentiamo la loro mancanza. Sa, non molto tempo fa, i miei genitori hanno cercato di impedirmi di vedere Max. Ho creduto di odiarli, ma alla fine siamo riusciti a metterci d’accordo. Si tratta solo di compromessi. Quando alla fine hanno accettato Max … "

"Avevo immaginato che fosse questo il motivo per il quale eravate scappati di casa." la interruppe Granny, con gli occhi stretti nel sospetto. "Perché i tuoi genitori non erano d’accordo."

"Oh." Liz chiuse gli occhi, rimproverando se stessa. "Sì."

"So che questa non è tutta la verità." la rassicurò Granny. "Ma non insisterò. Ti dico solo che potete fidarvi di me."

"Noi … " Liz si sentì imbarazzata per essere stata scoperta. Sentì di dover dare a Granny una ulteriore spiegazione. "Noi siamo stati accusati di qualcosa." continuò. "E qualcuno ci sta cercando. Temiamo per le nostre vite. Ecco perché siamo fuggiti."

"Non devi dirmi nulla." la rassicurò la donna.

"Lo so." Liz sembrava determinata. "La ragione per cui glielo sto dicendo è che vorrei farle capire che niente vale la pena di continuare le ostilità con suo figlio. Noi non abbiamo avuto altra scelta che essere separati da quelli che amiamo. Dobbiamo stare lontano dai nostri cari per il loro stesso bene. Non si tratta di orgoglio, si tratta di amore. Lei e suo figlio vi state facendo volontariamente del male. Uno di voi deve fare il primo passo, non importa chi."

"Max lo sa quanto è fortunato?" ridacchiò Granny.

"Non c’è niente che io e Max non sappiamo l’uno dell’altra. Possiamo leggere nelle nostre anime. E tutti e due sappiamo quanto siamo fortunati."

"Questo suona come una connessione." Granny fece un dolce, sognante sorriso. Come era possibile che una coppia così giovane potesse essere così certa del loro amore? Ma aveva visto abbastanza per comprendere che quei ragazzi dividevano una cosa. Un vero amore

"Lei non ne ha idea." sorrise Liz.

* * * * *

Il sole cominciò ad immergersi dietro l’orizzonte occidentale, rilasciando la fattoria dalla morsa del calore. Max uscì dal fresco interno del granaio, dopo aver trascorso il pomeriggio ad esaminare un vasto campionario di vecchi ed antiquati macchinari. Qualcuno era così vecchio che Kyle dovette ammettere di non avere la più pallida idea del loro uso. Diretto verso la casa con lo scopo di scoprire quando mancava alla cena, scorse una piccola figura seduta sulla torre del serbatoio dell’acqua. Dalle scure ciocche che si muovevano nella brezza, riconobbe Liz. Stava guardando verso sudovest, verso Roswell. E poteva sentire che non era felice. Sospirando tristemente, Max salì i rozzi gradini fino alla cima della torre e si sedette accanto a lei. Le sue mani andarono alla ricerca di quelle di lei e le strinsero con amore.

"Liz, stai bene?" le chiese sottovoce, quasi in un sussurro.

"Sì." annuì lei. "E solo che mi mancano, sai?"

"Lo so." concordò Max. "E ti prometto che li rivedremo ancora."

"Ti credo, Max."

"Ne vuoi parlare?"

"Credevo che lo stessimo facendo."

"No." sospirò Max. "Di quell’altra cosa. Di quella che ti disturba e di cui non vuoi parlare."

"Non è niente, Max." lei mosse in aria al mano per sottolineare le sue parole.

Max la guardò in viso. Lui sapeva che non era vero. Sapeva che c’era qualcosa che la stava rodendo dentro, facendola sentire … infelice.

"Vuoi scendere, ora?" le chiese.

"No." lei scosse leggermente la testa. "Credo che rimarrò ancora qui per un po’. E’ così bello."

"Okay." annuì Max. La baciò sulla guancia e cominciò a scendere i gradini.

"Ciao, Max." Quando arrivò in cucina, Granny lo accolse con un sorriso.

"Oh, salve Granny." Max si guardò attorno. "Maria sta da queste parti?"

"Certo." Granny annuì indicando la parte anteriore della casa. "E’ nel portico con Isabel."

"Grazie." Max prese quella direzione, uscendo nella veranda per trovare Maria e Isabel che erano sedute in un angolo.

"Non affaticatevi troppo." le prese in giro.

Isabel gli sorrise e gli mostrò la lingua.

"Maria, posso parlarti un attimo?" le chiese Max, indicandole se potevano uscire dal portico.

"Certo." annuì lei. Maria si alzò e si unì a Max in cortile. "Cosa c’è?"

"E’ Liz." Max gliela indicò, ancora seduta sulla torre. "Qualcosa la disturba. Qualcosa di cui non vuole parlare con me. Ho pensato che … visto che tu sei la sua migliore amica … "

"Che vorresti usare me per saperlo?" gli chiese con le sopracciglia inarcate. "Okay, Max. Lo farò. Perché anche io le voglio bene. Ma ti devo dire che, se mi farà una confidenza, io non ti dirò niente."

"Capisco." annuì lui con un sorriso. "Purché lei parli con qualcuno. E’ meglio che lasciarla a rimuginare da sola."

"Problema condiviso, problema dimezzato, vero?"

"Esattamente."

* * * * *

"Cosa c’è piccola?" le chiese Maria una volta arrivata in cima alla torre. Era stata una salita lenta e nervosa, di cui la preoccupava il ritorno.

"Ti ha mandato Max?" le chiese con un tono basso e malinconico.

"Sì." ammise Maria. "L' ha fatto. E io sono stata d’accordo con lui. Il vecchio radar da ‘amica con i problemi’ è fuori uso. Allora, cosa c’è?"

"Quando è comparsa Tess, io non mi sono fidata di lei." cominciò a dire Liz. "Sapevo che avrebbe causato problemi. E quando ho incontrato Nasedo, i campanelli d’allarme sono impazziti. Non mi sono fidata nemmeno di lui."

"Sì." annuì Maria. "E’ vero. Non ti sei fidata ed avevi ragione."

"E allora, che cosa è andato storto?" chiese Liz, afferrando il braccio di Maria con un senso di urgenza.

Maria guardò Liz, non esattamente sicura di dove volesse andare a parare.

"Liz, sai benissimo cos’è andato storto. Nasedo e Tess … "

"No." Liz scosse la testa. "Io mi fidavo di lui!" esplose. "Io pensavo che fosse grande! Mi ha aiutato così tanto. Mi ha fatto stare bene con me stessa. Io ho quasi … quasi … Come ho fatto a non vederlo per quello che era? Come ho fatto a non accorgermi che lavorava per l’FBI?"

"Oh." Nel cervello di Maria si accese una luce, mentre alzava ed abbassava la testa. "Vuoi dire Sean." fece una pausa riflettendo su qualcosa. "Forse il tuo radar funziona solo con gli alieni cattivi."

"Ma non ha individuato la Whittaker." ricordò Liz all’amica

"Non posso aiutarti, Chica." sospirò Maria scuotendo tristemente la testa. "Quello che dobbiamo ricordare, è che ora lo sappiamo. Non è successo niente con lui, vero? Così, da quel lato, non c’è niente di cui preoccuparsi. Se sei preoccupata per l’attenzione che gli hai concesso, Max capirà. Sai che lo farà. Lui sa come ti sentivi in quel periodo. E nessuno si aspetta che tu capisca ogni volta chi sono i cattivi ragazzi. Se ti può consolare, tutti pensavamo che fosse solo un noioso delinquente minorile. Chi poteva sapere che lavorava per l’FBI? Ora andiamo. Scendiamo giù. Sai come diventa Max quando è preoccupato per te. Non c’è bisogno di farlo preoccupare inutilmente."

Liz diede a Maria un grosso abbraccio ed aiutò l’amica a scendere dalla torre. Se solo tutti i loro problemi avessero potuto essere risolti da una chiacchierata e da un abbraccio, pensò.

* * * * *

La cena che condivisero quella sera fu meravigliosa. Granny, Liz e Maria cucinarono, mentre Isabel apparecchiò la tavola. Era come aveva detto Max: niente dava sapore al cibo come la buona compagnia. Finito di mangiare e di riordinare, Granny mostrò le camere che aveva preparato nel pomeriggio. Kyle e Isabel erano nelle stanze da letto di sopra, divise dalla stanza di Granny.

"Questo ti impedirà di sgattaiolare in corridoio." Maria prese in giro Kyle.

Poi li accompagnò ad una grande stanza da letto nel seminterrato.

"Mio marito la fece per nostro figlio." sorrise. "Poteva suonarci la sua musica a tutto volume, senza disturbarci. Michael e Maria possono dividersela."

Furono sorprese che Granny non avesse sollevato obiezioni sul fatto che la giovane coppia non sposata dividesse la stessa stanza.

"Così non dovremo sentirli litigare in continuazione." rise Kyle.

"E’ così che lo chiamano al giorno d’oggi?" Isabel fece l’occhietto.

Infine a Max e a Liz venne dato un piccolo appartamento costruito sopra le stalle, vuote ormai da molto tempo.

"Lo usavamo quando veniva trovarci qualche amico con la famiglia." disse loro Granny. "O per la gente che assumevamo per il raccolto. Non so perché, ma ho pensato che voi due l’avreste apprezzato."

"Credo che lo avremmo apprezzato tutti." Kyle fece un sorrisetto furbo.

"Grazie, Granny." disse Max dando un’occhiataccia a Kyle.

Tornarono tutti alla casa, eccetto Max che andò nel furgone ancora parcheggiato nel granaio. Ne tornò con le borse con i jeans e le magliette di ricambio e con i loro effetti da toeletta. Aveva deliberatamente lasciato nell’automezzo le borse con i loro abiti migliori, che non avrebbero avuto opportunità di indossare. Si unì agli altri in cucina e passò loro le rispettive borse.

"Siete stati occupati tutto il giorno." ricordò loro Granny, cercando qualcosa nella credenza. "Forse gradirete bere qualcosa. Devo avere della birra da qualche parte. Ah, eccola qui."

"Certo." Kyle accettò volentieri il barattolo di birra che gli era stato offerto. "Grazie."

"Max? Michael?"

"Uhm, no … grazie." Max scosse la testa.

Michael abbassò gli occhi a terra, ricordando la prima e ultima volta in cui aveva provato a bene qualcosa di alcolico. Il ricordo di essersi svegliato nel letto di Liz lo faceva sentire nervoso, in presenza di Max. Granny sollevò un sopracciglio.

"Noi … non andiamo d’accordo con l’alcol." le spiegò Max.

Granny lasciò cadere l’argomento.

Era scesa la notte e la gang cominciava ad accusare la stanchezza della settimana passata sulla strada.

"Se a nessuno importa," Liz si stirò e fece uno sbadiglio "io me ne andrei a letto."

"Credo che verrò con te, Liz." concordò Max, alzandosi con lei e prendendole la mano.

"Penso che tu sia scusata." ridacchiò Kyle. "Buonanotte, ragazzi."

"Grazie." risposero Max e Liz. "Buonanotte a tutti."

Max e Liz traversarono il cortile diretti alle stalle, mano nella mano. Arrivati in cima alla scala, fuori dalla porta del loro appartamento, Max fermò Liz. Le fece un sorriso dolce e pieno d’amore e le spostò una ciocca di capelli dietro la spalla, carezzandole nel contempo la guancia. "Liz, questa è la cosa più vicina a quella che si può chiamare una vera casa, almeno in questo momento." Max era arrossito. "Così vorrei fare una cosa, nel caso che … "

"No. Non dirlo nemmeno, Max." Liz gli premette un dito sulla bocca, ricambiando l’amore che leggeva nei suoi occhi.

Dopo averle baciato la punta del dito, Max sollevò una sorpresissima Liz tra le braccia, cullandola con tutta la profondità dell’affetto e dell’amore che provava per lei, guardandola negli occhi scuri che riflettevano la luce delle stelle. "Io ti amo, Liz." le sussurrò. "Più delle stelle che ci sono nel cielo e dei granelli di sabbia sulla spiaggia."

Liz lo gratificò con un grande sorriso. Certo, poteva essere melenso, pensò, ma sapeva che, provenendo da Max, era vero.

"Un giorno," continuò lui "lo farò a casa nostra, una casa dalla quale non dovremo fuggire." Max allungò una mano dietro le spalle ed aprì la maniglia della porta. Mentre continuavano a guardarsi perduti in una pura adorazione, Max portò la sua giovane sposa attraverso la soglia del loro provvisorio appartamento.

In cucina, il resto della gang si era raccolta davanti alla finestra per vedere Max e Liz che entravano nella casa. Anche Granny si era unita a loro. Anche se non potevano sentire quello che si erano detti, il gesto fu abbastanza ovvio.

"Questo è Max Evans." sospirò Maria. "Un uomo di gran classe!"

* * * * *

"Un altro wiskey!" ordinò il signor Casey, seduto nel grande, curato soggiorno della sua enorme casa, distante nemmeno venti miglia dalla umile dimora di Granny McCarthy. In sottofondo, le note delle ‘Quattro Stagioni’ di Vivaldi risuonavano nella stanza nel tentativo di creare un atmosfera rilassante. Casey non avrebbe potuto rilassarsi comunque.

"Subito." grugnì Hugo. Si alzò dalla poltrona e prese bicchiere vuoto che stava davanti a Casey. Si diresse poi ad un mobile a forma di sfera, ne sollevò il coperchio e ne prese una bottiglia di stagionato wiskey di puro malto. Ne versò una dose generosa, aggiungendovi del ghiaccio. Fu interrotto da un colpo alla porta e guardò in direzione del suo capo.

"Avanti!" disse il signor Casey.

Entrò nella stanza un uomo alto e magro, con indosso un paio di vecchi jeans ed una maglietta sporca.

"Allora?" chiese Casey al nuovo arrivato.

"Non lo sa nessuno, signore." l’uomo si torse nervosamente le mani. "Tutti pensavano che non avesse parenti. O almeno, non da queste parti."

"Forse è arrivato da un altro stato." grugnì Hugo.

"Forse." Casey si strinse nelle spalle. "Chi sia non è importante, dobbiamo mandarlo via comunque. Sono sicuro che con tutto quel legno secco e quella paglia c’è da aspettarsi che alla fattoria della vecchia signora capiti un incidente." Si alzò e si mise davanti al nuovo arrivato. "Sarebbe terribile se prendessero fuoco il granaio e le vecchie stalle, no?

"Sì, signor Casey." annuì l’uomo. "sarebbe proprio un peccato." L’uomo si voltò ed uscì.

* * * * *


 

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Capitolo 7
*** 7 ***


Parte 7

La mattina seguente Liz aveva sul viso un sorriso quasi paradisiaco. Persino Granny si era meravigliata dell’euforia della brunetta. Le quattro donne lavorarono insieme, con Liz che quasi danzava in cucina, mentre preparava la colazione. Avevano concesso ai ragazzi di dormire un po’ di più.

"Sa, Granny," disse Liz, guardando in una delle credenze "penso veramente che sia il caso di andare in città per fare la spesa."

"Oh, annuì." Granny arrossì, imbarazzata dalla mancanza di provviste. "Sai, in casa ci sono solo io e non mi serve molto … "

"No, no." Liz scosse la testa rivolgendo uno sguardo comprensivo a Granny. "Va tutto bene. E’ qualcosa alla quale possiamo provvedere noi. Voglio dire, avremmo dovuto mangiare in ogni caso."

"Stupidaggini." ribatté Granny. "Voi lavorerete per me ed è il minimo che io possa fare."

Liz chiuse lo sportello della credenza. "No. Noi siamo in sei e siamo ragazzi che mangiano una quantità tremenda di cibo."

"Pfui!" l’anziana donna spostò una mano in aria. "Comprate solo l’essenziale. Io posso cucinare pressoché tutto. Avete mai mangiato il pane fresco fatto in casa?"

"Ohhhh!" gli occhi di Liz si illuminarono. "Appena uscito dal forno? Con burro vero?"

"Naturalmente." rise Granny. "Esiste un altro modo di mangiare il pane fresco?"

"Cos’è questa storia di pane fresco?" chiese Max.

"Qualcuno deve andare a fare la spesa." disse Liz dirigendosi alla porta dalla quale era appena entrato Max. Le loro mani si unirono, mentre Max le spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio, poi le accarezzava il collo. Liz chiuse gli occhi e lasciò che la sensazione d’amore le riempisse il corpo. "Dobbiamo fare provviste, se contiamo di restare."

"Buon giorno, Max." Granny scosse la testa alla piccola manifestazione d’affetto.

"Buon giorno." Max le fece un cenno con la testa, prima di riposare lo sguardo su Liz. "Spesa, allora." E abbassò la voce. "Useremo il nostro denaro per pagare, vero?"

Lo sguardo di Liz si riempì di gratitudine ed abbracciò forte il marito, ringraziandolo per sostenerla al cento per cento.

* * * * *
"Allora, chi andrà?" chiese Maria, quando Liz ebbe spiegato la necessità della spedizione al resto della banda.

"Possiamo usare i fili di paglia." rise Kyle. "Ne abbiamo un granaio pieno."

Liz scosse la testa. "Contavo su qualche volontario."

Maria sembrò sorpresa. "Pensavo stessi per dire che sareste andati tu e Max."

"No." rise Liz. "Sarebbe una scusa troppo fiacca per filarcela."

"Bene, allora." Michael si alzò, con l’intenzione di smascherare il suo bluff. "Andremo io e Maria."

"Allora penso che sia tutto sistemato." sorrise Liz.

"Aspetta." si accigliò Michael, che non aveva avuto nessuna intenzione di andare.

"Ecco la lista." Liz tese loro un foglio di carta. "E i soldi. Granny ha detto che potete prendere la sua macchina."

Un quarto d’ora più tardi, Michael e Maria erano seduti dentro una vecchia station wagon, con la lista della spesa e le indicazioni dei negozi da visitare date loro da Granny.

"E noi che dobbiamo fare?" chiese Isabel a Liz, guardando l’auto che si allontanava lungo la strada. Max e Kyle erano già tornati al granaio per cominciare a lavorare sui macchinari.

"Le faccende di casa." Liz si strinse nelle spalle.

"Faccende?" Isabel sollevò un sopracciglio. "Non credo proprio."

"Andiamo." ridacchiò Liz prendendola per un gomito. "Io laverò i piatti e tu li asciugherai."

"Oh." Isabel sembrò sorpresa. "Quando hai detto faccende ho pensato volessi dire zappare, dar da mangiare ai maiali o cose del genere."

"Tu esageri sempre, Isabel." Liz roteò gli occhi.

"Per i ragazzi è più facile." sospirò Isabel.

"Ad ogni modo." Liz fece un sorrisetto furbo. "Dopo, dovremo scoprire di cosa c’è bisogno per il raccolto. Scoprire quello che dobbiamo fare. Sai, fare un … "

"Programma?" disse Isabel, guardandola di traverso.

"Sì." rise Liz.

* * * * *

"Allora?" Kyle, con le mani sui fianchi, stava fissando la silenziosa fila di macchine vecchie ed arrugginite. Nella penombra del granaio, sembravano scheletri di dinosauri. "Da quale cominciamo?"

"Non credo che dovremo rimetterle in funzione tutte, Kyle." Max si avvicinò all’amico e Kyle fece un passo indietro. "Credo che dovremo aggiustare solo quelle necessarie per il raccolto e forse, uno o due furgoncini."

"Okay." Kyle accettò l’idea. "Quali?"

"Conviene controllarli tutti e scegliere quelli in condizioni migliori. Faremo solo il necessario per consentire loro di lavorare, così Granny non si insospettirà, poi potremo sistemarli meglio più tardi."

"Ha senso, credo."

"Potremmo cominciare da questo ed andare avanti lungo la fila."

Sebbene fossero vecchi, apparivano in condizioni sorprendentemente buone. Le macchine più moderne avevano anche buoni livelli di olio e carburante. Non sembrava ci fossero ragioni perché non dovessero funzionare, ma quando Kyle provò a metterle in moto, non partirono. Impiegarono un’ora di lavoro per capire il perché. Kyle scoprì che c’era dello zucchero nei serbatoi. Una volta scoperto il sabotaggio, altre manomissioni furono trovate negli impianti idraulici, elettrici e nelle fasce, che erano state tagliate o staccate.

"Sospetto che siano stati Casey e il suo tirapiedi." imprecò Kyle.

"Sì." concordò Max. "Posso aggiustarli facilmente, ma sarà meglio far vedere che abbiamo preso qualche pezzo di ricambio da altre macchine, nel caso qualcuno venga a ficcare il naso, mentre noi non ci siamo."

"Ci vorrà un po’ di tempo, Max."

"Hai qualche idea migliore?" Max sollevò un sopracciglio. "Nel frattempo, credo che dovremmo tenere gli occhi aperti. Non dubito che Casey tenterà qualche altra cosa, se ha potuto già causare tutti questi problemi. Lui sa che sei qui, così penso vorrà accertarsi che tu non possa dare nessun aiuto."

"Vuoi dire che pensi che manderà Hugo a minacciarmi?" lo accusò Kyle.

"E questo ti preoccupa?"

"Io non ho le tue … capacità di difesa."

"Ancora."

"Non ricordarmelo."

"Ti terremo d’occhio." Max si strinse nelle spalle. "Faremo in modo che con te ci sia sempre uno di noi."

"Posso avere con me Liz?" Kyle fece un grande sorriso. Sapeva già quale sarebbe stata la risposta, ma non aveva potuto fare a meno di stuzzicare Max.

"Non spingere tropo la tua fortuna, Valenti." Max gli diede un’occhiataccia, decidendo di ignorare il suo tentativo di infastidirlo. "Inoltre, anche lei sta ancora imparando ad usare i suoi poteri. Certo, può fare molto, ma sta ancora imparando."

"Allora, quale mietitrice useremo?" chiese Kyle, cambiando chiaramente soggetto. “E quale furgone?"

"Credo questa." Max indicò la prima mietitrice della fila. "E’ la più nuova che c’è."

"Nuova di cinquant’anni." Kyle fece una smorfia. "E che ne dici di questo furgone? Non è il più nuovo, ma il motore è in buono stato. Potrei rimetterlo in moto anche senza i tuoi poteri."

"Okay." fu d’accordo Max. "Ma prendiamo tutte le scorciatoie possibili per risparmiare tempo."

"Hai qualcosa di meglio da fare?"

Max gli fece un sorriso teso. "Diamo una guardata a questa mietitrice."

"Sai come funziona?" chiese Kyle. "Voglio dire, fare il contadino non è mai stato il mio forte."

"Le lame rotanti anteriori spingono il grano contro le altre lame." cominciò a dire Max, indicando le parti della macchina. "Vengono tagliati gli steli che passano in questo raccoglitore. Le spighe sono staccate dagli steli ed infilate nei sacchi. Qualcuno deve stare su quella piattaforma, dietro al guidatore, per togliere i sacchi pieni e passarli nella cucitrice, per poi chiuderli e metterli sul nastro convogliatore che li lascia sul terreno. Qualcun altro segue col furgone e raccoglie i sacchi piani. Gli steli sono raccolti in balle, che la mietitrice deposita da quel lato. Potremo raccoglierle in un secondo momento, non sono importanti."

"Dove hai imparato tutta questa roba?"

"Qualcuno non ha perso tutto il suo tempo a leggere ‘Belle pupe in bicicletta’." ridacchiò Max.

Kyle distolse lo sguardo.

"Prima di cominciare," continuò Max "sistemeremo il nostro furgone, nel caso dovessimo andarcene di corsa."

"Buona idea." Kyle si voltò verso il grande furgone rosso. "Andiamo, ti mostrerò cosa c’è da fare."

Guidato da Kyle, Max cominciò a riparare le guarnizioni e le fasce dei pistoni. Riparò anche graffi e bozzetti superficiale e controllò completamente le linee idrauliche e del carburante. Per quando ebbero terminato, il veicolo era meglio che nuovo. Su richiesta di Kyle, che aveva ricordato una conversazione avuta un giorno con Isabel, Max sistemò il carburatore in modo da poter guidare per grandi distanze con un consumo minimo di carburante.

"Ora abbiamo bisogno solo dell’olio." disse Max a Kyle, pulendosi le mani.

"Puoi pensarci tu, vero?"

"Certo." Max roteò gli occhi. "Farò un gesto con la mano e l’olio gorgoglierà fuori dal terreno."

"Puoi farlo veramente?"

Max fissò Kyle, per decidere se stesse scherzando oppure no. Poi scosse la testa e gli voltò le spalle. "Che ne dici di quello?" Max indicò un grosso bidone in fondo ad un angolo del granaio.

"L' ho già controllato." Kyle scosse la testa. "Non ha la giusta viscosità."

"A questo posso rimediare." Ancora irritato, Max guardò Kyle.

Kyle stava per risponderli, quando arrivo un forte rumore metallico dalla cucina. Sia Max che Kyle si precipitarono fuori dal granaio per vedere cosa fosse successo, solo per vedere Liz che stava battendo con un martello su un grosso triangolo di metallo.

"Forza, venite!" disse lei con un enorme sorriso.

Rendendosi conto di quanto fossero affamati, Max e Kyle traversarono di corsa il cortile. Liz li stava aspettando con il martello ancora in mano.

"Ho sempre desiderato farlo." rise la ragazza.

"Eccoti accontentata." ridacchiò Kyle.

"Ehy!" esclamò Liz alla vista delle loro mani. "Ragazzi, andate prima a lavarvi."

"Liz, siamo affamati." gemette Kyle.

"Non sei al Café, Kyle." lei scosse la testa." Non mi metterò a tavola con te in quello stato. O con te, Max Evans."

Alla fine, si sedettero tutti a tavola con davanti a loro uno spiegamento di pane, burro e deliziose omelettes.

"La tua mogliettina è un genio, Max." gli sorrise Granny dall’altra parte del tavolo, dove stava imburrando il pane. "E’ praticamente riuscita a tirare fuori un pranzo da niente."

Max guardò orgogliosamente la moglie.

"Isabel mi ha aiutato." Liz abbassò lo sguardo, un po’ imbarazzata.

"Certo che ho aiutato." ridacchiò Isabel. "Ho fatto quella bruciata."

Max e Kyle controllarono la propria omelette per vedere se fosse la loro, alzandone un angolo per controllare. Isabel e Liz scoppiarono a ridere.

Un improvviso stridore di freni nel cortile li fece saltare dalle sedie. Kyle e Liz lasciarono che Max ed Isabel uscissero per primi; entrambi erano già in posa difensiva.

Dalla station wagon, che ora sembrava nuova, scesero Michael e Maria con lo sguardo terrorizzato. "Dobbiamo andarcene, Maxwell." gridò Michael. "Immediatamente!"

* * * * *

Dopo essersi scusati con Granny, spinsero Michael e Maria nella privacy del granaio. Ci volle un bel po’ di persuasione per farli calmare e ancora di più per convincere Michael che sarebbe stato meglio se avesse raccontato quale fosse il problema. Michael, comunque, rimase adamantino sul fatto che dovessero andarsene, rifiutandosi di dare altre spiegazioni. Tutti cominciarono a sospettare che Michael avesse fatto qualcosa, beh, di ‘maichelesco’.

"Maria." Liz cercò un altro angolo di approccio. "Perché non ci dici tu quello che è successo?"

"Okay." annuì lei. "Sapete, è stato così … "

* * * * *

"Quando siamo andati via, stavo osservando Michael. Sapevo che c’era qualcosa che lo infastidiva. Stava digrignando i denti e lo sentivo anche al di sopra del rumore del motore.
Sapevo che era frustrato, così gli ho chiesto se ne volesse parlare e lui mi ha risposto che lei lo aveva imbrogliato. Gli ho chiesto chi e lui ha abbaiato ‘Liz!’. Ha detto che Liz lo aveva imbrogliato, costringendolo a venire a fare la spesa con me."

"Io non ho fatto niente del genere." si lamentò Liz.

Maria scrollò le spalle. "Mi sono messa a ridere e gli ho chiesto come ci fossi riuscita. Mi ha risposto che è stata una cospirazione, di come Liz sapeva che avremmo pensato che lei e Max volessero filarsela da soli. Mi ha detto che tutti avevamo bisogno di stare un po’ lontani dagli altri. Era a pezzi."

"Io non ero a pezzi!"

"Lo eri." insistette Maria. "Ad ogni modo, ho detto al mio ottuso fidanzato che era proprio quello che stavamo facendo. Passando un po’ di tempo lontano dagli altri. Naturalmente, non ne è stato contento, perché dovevamo andare a fare la spesa. Mi sono arresa! Voglio dire, nessuno l' ha costretto ad offrirsi volontario. Avrebbe potuto starsene zitto e lasciare che Liz finisse di parlare, ma voi sapete com’è fatto Michael?"

"Ma … "

"Zitto, Guerin! Sto parlando io. Dopo un po’, ci siamo fermati da un lato della strada."

"Uh huh." ridacchiò Kyle.

"Tira fuori il tuo cervello dalla fogna, Valenti." Maria diede a Kyle un’occhiataccia. "Gli ho chiesto cosa stesse facendo. Mi ha risposto, prendendo precauzioni. Poi mi ha chiesto se vedevo qualcuno. Siamo scesi dall’auto e ci siamo guardati attorno. Sapete, lungo la strada, in cielo, dappertutto. Quando è stato soddisfatto, visto che non c’era nessuno, ha poggiato la mano sulla macchina e … l' ha cambiata."

"Bella pensata, Michael." si complimentò Max.

"Grazie." brontolò Michael.

"E’ quello che ho detto anche io." ridacchiò Maria. "E lui mi ha risposto che non siete solo tu e Liz ad avere buone idee."

Michael gliela lasciò passare.

"Così siamo arrivati in città. Abbiamo seguito le istruzioni di Granny, che erano molto chiare peraltro, e abbiamo trovato il negozio che ci aveva indicato. Era come il grossista da cui si serviva tuo padre, Liz."

Liz annuì.

"Allora, Michael ha preso un grosso cesto e siamo entrati. Era tutto molto strano. Dentro era tutto moderno e c’era anche l’aria condizionata. ma tutto sembrava così … fuori moda. Abbiamo camminato avanti e indietro tra gli scaffali alla ricerca di quello che Granny aveva scritto sulla lista. Abbiamo anche aggiunto qualche cosa che aveva dimenticato. Coca cola, Snapple e Tabacco per i Cecoslovacchi e dolci e cioccolata per noi ragazze. Avrei voluto prendere anche del gelato, ma non sono stata sicura di rientrare prima che si sciogliesse. Mentre stavamo aspettando di pagare, non hanno casse normali da queste parti, Michael mi è sembrato molto interessato all’uomo che avevamo davanti nella fila."

"Perché?" chiese Max. “Chi era?"

"No." Michael scosse la testa. "Non era Casey. Era un tizio di nome Hoskins. Il commesso stava commentando i suoi acquisti. Era solo un contadino che aveva comprato cose necessarie per il raccolto, come noi. Ma ha detto qualcosa che mi ha colpito. Ha chiesto se potevano mettere la spesa sul suo conto e allora il commesso ha scritto la somma e la data nel suo grosso libro ed ha chiesto al signor Hoskins di firmare."

"E allora cosa c’è di insolito?" chiese Isabel. "Penso che sia una proceduta normale tra le comunità contadine."

"Sì." annuì Michael. "L' ho chiesto al commesso e lui mi ha risposo che la maggior parte della gente, in questo periodo dell’anno, è a corto di contanti. Poi, una volta riscossi i soldi del raccolto, sistemano i debiti. Ha anche detto che, qualche volta, il raccolto non va come sperato e non riescono a pagare tutto. Questo mi ha fatto riflettere, così, quando lui si è voltato per mettere a posto i soldi che gli avevo dato, io … uhm … ho dato uno sguardo al registro e … "

"Cosa intendi dire con ‘mi ha fatto riflettere’ ?" chiese Maria. "Sono stata io. Io ho detto a Michael di controllare il se Granny aveva dei conti in sospeso."

"Ho trovato un sacco di note sul conto di Granny. Lei deve un sacco di soldi. Qualcuna risale a prima che morisse il marito. E indovinate un po’? Ho trovato qualcosa sul buon vecchio Casey."

"Sempre idea mia." lo interruppe Maria, dando un’occhiataccia al suo ragazzo.

"Così ho cambiato qualcuna delle somme a carico di Granny e le ho aggiunte al conto di Casey. Ho trasferito su di lui una bella porzione di debiti di Granny."

Tutti cominciarono a ridacchiare, tranne Liz. Lei fece un passo avanti ed andò a dare un bacio sulla guancia di Michael.

"Grazie." gli disse sorridendo.

Michael sembrò scioccato e distolse subito lo sguardo, cercando di coprire il suo imbarazzo.

"E’ stata una bella mossa, Michael." si complimentò Max dopo essersi ripreso dalla fitta di gelosia. "Ma difficilmente questo può essere un motivo per andarcene."

"Grazie." rispose un Michael molto più calmo. "Ma non è tutto."

"Sulla strada del ritorno," continuò Michael "ho notato che la macchina aveva quasi finito il gas. Ed ero piuttosto affamato. Così ho detto a Maria che ci saremmo fermati. Lei è rimasta in macchina, mentre io ho fatto rifornimento. Quando ho rimesso a posto la pompa, ho sentito un rumore basso arrivare dalla strada. Una piccola banda di motociclisti, circa una decina, stavano entrando nel cortile interno. Quando sono entrato nell’ufficio per pagare ed ho tirato fuori dalla tasca il portafoglio, ho continuato a guardare le loro moto. Poi sono andato a prendere qualcosa da bere, dei tramezzini ed un paio di pacchetti di patatine. A quel punto la banda era entrata nell’ufficio e si stava servendo di tutto quello che voleva. Il commesso non stava prestando loro attenzione, così li ho ignorati anche io. E’ quando hanno cercato di prendere anche le due ragazze che erano nell’ufficio che non ho potuto fare ameno di intervenire."

"Che è successo?"

"Cosa pensi sia successo, Maxwell?"

"Oh."

"Esattamente. Dopo che ne ho fatto volare qualcuno dalla porta e dopo averli seguiti fuori ed aver distrutto le loro moto, hanno cominciato a scappare via come se fossi una specie di … "

"Alieno?"

"Sì." Michael annuì lentamente. "Ad ogni modo si sono spaventate anche le due donne. Sono saltate in macchina e sono partite a tutta velocità. Il commesso mi ha detto che non avrebbe sporto denuncia. Così ho lasciato i soldi sul bancone e me ne sono andato. E’ solo questione di tempo, prima che la notizia arrivi ai cacciatori di alieni. Così, come ho già detto, dobbiamo andarcene."

* * * * *

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Capitolo 8
*** 8 ***


Parte 8

"No." Liz scosse la testa. "Non andremo da nessuna parte." Era ovvio, dalla sua affermazione decisa, che intendeva quello che stava dicendo.

"Non mi hai sentito?" Michael si alzò di scatto. Max si mise davanti a Liz, tenendola con la mano dietro di lui. "Quella gente sa. Quanto tempo pensi che ci voglia prima che lo racconti in giro? E allora l’FBI saprà che siamo qui."

"Siamo qui?" chiese Kyle. "Magari possono pensare che eravamo di passaggio. E poi non è che qualcuno sappia esattamente dove siamo."

"Non lasceremo Granny fino a che non saremo sicuri che starà bene." Liz uscì dal riparo di Max.

"L’FBI è sulle nostre tracce e tu vuoi ancora giocare alla famiglia felice?" Michael scosse la testa. "Incredibile."

"Michael." Max cercò di usare il tono più calmo che gli fu possibile. "Tu hai cambiato la targa e l’aspetto della macchina, giusto? Il che mi ricorda che sarà meglio tu li riporti allo stato originale prima che Granny faccia qualche domanda. I testimoni non hanno molto su cui parlare. E non sono nemmeno sicuro sulla loro attendibilità. Ma non ci farà male stare in guardia. Se teniamo occhi ed orecchie aperti, avremo tutto il tempo di andarcene prima che arrivi l’FBI."

"Sapevo che saresti stato dalla parte di Liz." bofonchiò Michael.

"Naturalmente, Michael." sospirò Max. "E in questo caso, credo che abbia veramente ragione. Continueremo ad aiutare Granny, ma ci terremo pronti a scappare in ogni momento. Tenete nel furgone tutto quello che non volete lasciarvi dietro."

Michael guardò Liz, poi di nuovo Max, prima di uscire furibondo dal retro del granaio. Il resto della gang rimase in uno spiacevole silenzio.

"Spero che voi sappiate quello che state facendo." Maria si strinse nelle spalle, prima di seguire il suo ragazzo. Kyle la guardò uscire, poi si voltò verso Liz, le rivolse un sorriso di sostegno ed attraversò il cortile, diretto a casa di Granny. Anche Isabel le sorrise, poggiandole una mano sulla spalla, prima di seguire Kyle, lasciando Max e Liz da soli nel granaio.

"E’ andata bene." sospirò lei. "Mi dispiace di entrare in conflitto con Michael. So quanto questo ti renda difficile le cose."

"No." le sorrise lui, prendendola tra le braccia. "Lui sa che io sarò sempre con te. Inoltre, non lasciarti imbrogliare dalla sua rabbia apparente. Credo che sia felice quanto noi di restare. E’ solo che va contro la sua natura lasciare che ci esponiamo così. Lui non sa come manifestarti il suo appoggio."

"Grazie." gli sorrise lei. "Per tutto. Per il tuo amore, per la tua comprensione e per il tuo appoggio."

"E’ a doppia direzione, Liz." Max la guardò negli occhi. "Tu prendi le decisioni e io le appoggio. Non ha niente a che fare col fatto che tu sei mia moglie e che io ti amo."

"No?"

"Certo che no. Non mi credi? Abbiamo deciso che era questo quello che avremmo fatto. Tu hai detto che mi avresti aiutato e io te ne sono grato. Così, se dovessi voltarti le spalle in quello che abbiamo deciso di fare, sarebbe un po’ … "

"Cattivo karma?"

"Hai parlato con Kyle?" rise Max. "No. Questa è la cosa giusta da fare ed io ti amo per averla fatta. Ora, dobbiamo dare qualche spiegazione a Granny. Avremo bisogno che ci copra."

* * * * *

Quella sera, a cena, Granny avvertì facilmente la tensione che c’era nell’aria. Sapeva che la ragione era che Michael e Maria dovevano aver fatto qualcosa che aveva messo in forse la sicurezza di tutti. Sapeva anche che quei ragazzi non avevano la sua saggezza. Alla fin fine, erano ancora … ragazzi. Avrebbe dovuto prendere lei l’iniziativa.

"Allora?" disse scuotendoli e rompendo il silenzio. "Vi decidete a dirmi cosa vi preoccupa o devo fare qualche ipotesi?"

Ancora una volta, Granny vide che si rivolgevano tutti a Max. Lui si guardò attorno nella stanza, come per chiedere il permesso per parlare.

"Tornando dal negozio, oggi, alla stazione di rifornimento, Michael … ha aiutato un paio di ragazze. Erano state … infastidite … da una banda di motociclisti. Quello che ha fatto per aiutarle, è quel genere di cose che potrebbe portare su di noi l’attenzione di chi ci sta inseguendo."

"Lui non avrà … "

"No." Max negò energicamente. "Non ha ucciso nessuno. In effetti, se togliamo qualche graffio e qualche livido, non si può dire che abbia fatto loro del male, vero Michael?"

"Sì." annuì Michael. "Diciamo che ho messo loro una paura del diavolo."

"Il fatto è," continuò Max, sorridendo a Michael per la sua scelta di parole e per la reazione che a quelle parole avevano avuto i suoi amici. "che dovremmo andarcene. Ma non vogliamo farlo. Vogliamo restare ad aiutarla."

"Non dovete farlo." protestò Granny. Se quei ragazzi erano in pericolo, sarebbero dovuti partire.

"Lo so." sorrise Max, ricacciando indietro le sue obiezioni con un gesto della mano. "Ma vogliamo. Il problema è … uhm … " Si bloccò. Non voleva coinvolgere nessun’altro nel loro … caos.

"Se qualcuno dovesse venire a cercarci," intervenne Liz avvertendo le difficoltà del marito "chiunque, avremmo bisogno che lei ci copra. Abbiamo bisogno che lei menta. Anche con la Polizia. Se lei non se la sente farlo, okay, lo capiremo. Forse c’è qualche altra cosa che potremo fare. Dovremo solo stare molto attenti."

"Non preoccupatevi, ragazzi." Granny le sorrise, guardandola come se fosse una adorata nipotina. "Mentirò fino a che la mia faccia non diventerà blu, anche se fosse il Presidente in persona a farmi delle domande."

* * * * *

Dopo aver riordinato la cucina, tutti si ritirarono in soggiorno, dove sedettero in silenzio a guardare la televisione. Tutti tranne Max. Diede un bacio a Liz e si scusò, preferendo andare a sedersi fuori, nella veranda di Granny, a guardare il cielo della notte. Non c’erano le luci della strada, così la vista era chiara quasi come il cielo del deserto del New Mexico. Fissò il cielo stellato, cercando di trovare le cinque stelle che formavano il suo sigillo. Dopo venti minuti di pace completa, Michael uscì e si unì a lui. Se Max si era accorto della sua presenza, non lo lasciò capire. Michael fece un respiro per dire qualcosa, ma fu interrotto. Fu Max a rompere il silenzio.

"Non ho avuto modo di dirtelo prima, vista la discussione che ne è derivata, ma oggi hai fatto una cosa molto bella."

"Scusa?" Michael sembrò sorpreso.

"Aiutare quelle donne." annuì Max, anche se col buio, dubitò che Michael se ne fosse accorto. "E’ stata una bella cosa."

"Non sei arrabbiato perché ho esposto tutti noi?" Michael sembrava incredulo.

"Non più di quanto sono arrabbiato con me stesso per quello che è successo nell’Idaho. Non è questo che facciamo adesso? Aiutare la gente?"

"Sì. Ma mi ci devo abituare. Voglio dire, ci siamo nascosti per così tanto tempo, che lasciare capire a tutti … è …"

"Sbagliato?"

"No. Non sbagliato." Michael sospirò, dopo aver fatto una lunga pausa. "E’ solo diverso."

* * * * *

Max era disteso sul letto che divideva con Liz, nell’appartamento sopra le stalle, e stava guardando sua moglie che, seduta davanti allo specchio si stava spazzolando le lunghe ciocche scure. C’era qualcosa nei capelli di Liz che non avrebbe mai smesso di eccitarlo e guardarla fare quei gesti così semplici, ma così personali, lo stava portando in Paradiso. Aiutava il fatto che lei aveva indosso la sottile camicia da notte di merletto bianco che aveva comprato a Stanley. Quell’indumento faceva strane cose su Max.

"Pensi che potrei sbagliarmi, questa volta, Max?" gli chiese lei, dopo aver posato la spazzola sulla cassettiera e dopo essersi voltata per guardarlo. Pensi che dovremmo limitare le perdite ed andarcene?"

"Certo che no." le sorrise lui, battendo una mano sul posto vuoto accanto a lui ed invitandola a sdraiarsi. Liz obbedì e si arrampicò sul letto a quattro zampe, quasi fosse un gatto, per andare a gettarsi tra le braccia del marito, facendogli alzare la temperatura corporea di diversi gradi. "Granny è nei guai ed ha bisogno del nostro aiuto."

"Lo so." sospirò lei. "E’ solo che … Max? Se dovesse accaderti qualcosa … "

"Shhhh. "la tranquillizzò lui. "La stessa cosa vale per me, Liz. Se adesso dovessi perderti, io … Ma non ci succederà niente. Fino a che continueremo a fare delle buone azioni, andrà tutto bene. E’ come se fosse … "

"Destino?" finì Liz.

Max sembrò trasalire, una sensazione che Liz avvertì.

"Scusami." mormorò lei. "Parola sbagliata. Fato?"

"Sì." annuì lui, baciandola sulla sommità della testa. "Fato. E’ come se qualcosa, o qualcuno, guidasse i nostri passi. Fino a che saremo presenti uno per gli altri e tutti per tutti, credo sento che andrà tutto bene."

"Adesso chi è che passa troppo tempo con Kyle?" ridacchiò lei.

"Hey, dobbiamo pur parlare di qualcosa mentre aggiustiamo i macchinari."

"C’è solo una cosa che voglio sapere, Max." Liz si rotolò sopra di lui e lo guardò negli occhi, i suoi che bruciavano selvaggiamente.

"Cosa?"

"Quanto hai intenzione di aspettare prima di baciarmi?"

"Provvedo subito." sorrise Max, posandole una mano sulla nuca e tirandola contro le proprie labbra. Man mano che cresceva l’intensità del bacio, altrettanto cresceva il loro desiderio di diventare uno. Liz si lasciò sfuggire un risolino.

“Cosa c’è?" chiese lei, un po’ confuso.

"Mi chiedo dove sia la piscina più vicina."

"Non è importante." ridacchiò lui, cominciando a sfilarle dalle spalle la camicia da notte.

* * * * *

Michael e Maria erano abbracciati nel buio confortante della loro stanza da letto nel seminterrato, la loro pelle che pizzicava ancora, dopo aver fatto l’amore.

"Cosa c’è. Ragazzo dello Spazio?" gli chiese Maria dopo un po’. "Stasera mi sembri un po’ distante. Non sarai ancora arrabbiato con Liz, vero?"

"No." sospirò lui. "Liz ha ragione. Perfino tu, Isabel e Kyle l’avete sostenuta. No, stavo solo pensando ad una chiacchierata che ho fatto con Max."

"E quando è stato?"

"Mentre voi stavate guardando la TV."

"Oh, quando voi due siete andati fuori?"

"Sì."

"Cosa ti ha detto per farti essere così silenzioso?"

"Mi ha ringraziato." Michael si strinse nelle spalle. "Ha detto che ho fatto una bella cosa."

"E vai, Michael!" lo prese in giro Maria. "Un complimento da Max?"

"Sì." ridacchiò lui. "Dovrei andare a vedere se la luna è diventata blu o se lì fuori stanno volando dei maiali."

"Ma cos’è che ti disturba veramente, Michael?" gli chiese Maria. "E’ da tempo che ricevo … questa sensazione da te, ormai. Cosa c’è?"

"E’ Max." sospirò lui. "Ti ricordi di quando ci parlò della premonizione di Liz sul fatto che ci avrebbero sparato? Ricordi come ci siamo rivolti tutti a lui per avere una guida? Lui ci disse che non se la sentiva di prendere le decisioni per tutti. Poi ha abdicato al Trono."

"Non è un giorno che potrò dimenticare facilmente." Maria si agitò a disagio. Quel giorno non aveva agito molto bene ed aveva costretto Liz a farle notare che si stava comportando in maniera puerile. Quel giorno, Maria aveva pensato di aver perso tutti.

"Maria, non è così semplice. Max può continuare a dire di non essere più il Re, di aver abdicato. Ma può continuare a dirlo fino a che le stelle smettono di brillare, lui sarà sempre il Re. Ti sei resa conto come continuiamo tutti ad appoggiarci a lui? Anche Liz."

"E’ questo che ti da fastidio?" Maria restrinse gli occhi.

“No." continuò lui. "Vedi, se lui è sempre il Re, questo significa che io sono sempre il suo Secondo in comando."

"O-kay … "

"Ora, prendi Liz." Michael sollevò la mano frustrato. "Hai mai visto Liz in disaccordo con lui?"

“Lei è sua moglie, Michael. Se non è d’accordo, glielo dice in privato."

"E’ più di questo. E’ perché lei non vuole minare la sua autorità. Se lui dice qualcosa di sbagliato, lei non glielo farebbe mai notare in pubblico. Ma scommetto che, una volta chiusa la porta, lei lo prende a calci nel sedere. E lo stesso vale per lui. Lo hai mai notato? Voglio dire, non fa come me. Se io noto che c’è qualcosa che non va, lo dico. Maria, se Max è sempre il Re, questo fa di Liz la Regina."

"Altroché!" rise Maria. "Max l' ha trattata come se fosse la sua Regina fin da quando … praticamente da sempre. Michael, è questo che ti da fastidio? Che Liz abbia, in qualche modo, preso il tuo posto?"

"No." sospirò lui. "Quello che mi da fastidio è che credo che la nostra piccola Regina possa prendersi cura di Max meglio di quanto possa farlo io."

* * * * *

Con una sorta di riverenza, Kyle posò la piccola statua di Bhudda sulla sedia davanti toletta, nella sua stanza da letto. Infilò i sottili bastoncino di incenso nel bruciatore e, usando un accendino, li accese. Immediatamente, il profumo di fiori d’arancio e di ylang riempì la stanza. Sedendosi a terra con le gambe incrociate, Kyle chiuse gli occhi, posò una mano chiusa a pugno sull’altra mano aperta e si inchinò alla statua, mormorando una preghiera purificatrice.

"Ora che le cose materiali sono distanti," Kyle guardò la piccola, grassa figurina "vorrei ringraziarti per averci concesso un altro giorno di vita e di libertà. Ti ringrazio perché i miei amici stanno tutti bene, anche se devo aiutarli con i miei scherzi. Siamo bravi ragazzi e ci vogliamo tutti bene. Ci proteggiamo l’uno con l’altro. Non potrei dire la stessa cosa dei ragazzi che consideravo miei amici, ma loro non hanno avuto la possibilità di conoscere bene Max Evans. Forse se l’avessero fatto … Forse se tutti potessero conoscere Max Evans, il mondo sarebbe un posto migliore."

Kyle si guardò attorno nervosamente, per assicurarsi che nessuno potesse sentirlo.

"Ti chiedo anche di continuare a spandere la tua benedizione su Max e Liz, perché l’amore che provano uno per l’altra mi dia la speranza che da qualche parte ci sia una donna per me. Qualcuna alla quale possa legare la mia anima e con la quale possa raggiungere le stelle."

Con un sospiro, Kyle fece un ultimo inchino e smantellò il suo piccolo altare. Poi si preparò per andare a letto.

"Chi voglio prendere in giro?" grugnì, spegnendo la luce, "Quale ragazza sana di mente si lascerebbe una casa alle spalle per fuggire con me, un aspirante meccanico con davanti un futuro fatto di lampi di energia verde?"

* * * * *

Quella sera Isabel impiegò tempo e cure per prepararsi per il letto. Si trattenne nella vasca da bagno, assicurandosi che la sua pelle fosse morbida e profumata. Passò la mano sulla camicia da notte, cambiandola in qualcosa di serico e sottile. Schioccando le dita, accese le candele che aveva sparso per la stanza e spense la luce principale. Prese un cd e cominciò a farlo girare sulla superficie della sua toeletta. L’aria si riempì delle dolci note di una melodia d’amore. Fu lieta che né Max, né Michael fossero a portata d’orecchio. Sapeva che la sua preparazione non aveva effetti nella dimensione dei sogni. Tutto quello era per lei. Aveva bisogno di farne parte.

Alla fine, si infilò a letto, tra quelle lenzuola che aveva fatto diventare di seta e, stringendosi al petto la foto di Jesse, si preparò all’appuntamento con il marito.

Lui la stava già aspettando, con indosso un pigiama di satin nero. Era steso su una sdraio, con accanto dello champagne ghiacciato ed una ciotola di fragole.

"Ciao, Isabel." le sorrise. "Ti stavo aspettando."

"Posso vederlo." sorrise anche lei, schioccando le dita e facendo sparire fragole e champagne.

"Oh." rise lui. "Avevo fatto un programma."

"Ci scommetto. Ma non con le fragole. Mi ricordano qualcun’altro."

"Giusto." annuì lui. "E non voglio nessuna intromissione, qui."

"Esattamente. Allora, cosa avevi in mente?"

"Perché non vieni a scoprirlo?"

"Perché no?"

* * * * *

Lo sceriffo Jim Valenti, chiuse la portiera dell’auto e si avvicinò, con estrema cautela, alla porta di casa sua. La porta era accostata e poteva vedere che dentro c’erano delle persone che si muovevano. Quando fu più vicino, le sentì parlare. Fermo sulla soglia, vide due uomini in tuta bianca che passavano un piccolo dispositivo intorno alla stanza.

"Trovato niente?" chiese, annunciando la sua presenza.

"No, Sceriffo." il primo uomo scosse la testa. "Tutto pulito. Ad essere sincero, non mi aspettavo di trovare qualcosa. Non dopo la prima volta. Chiunque lo abbia fatto, lo ha fatto senza essere autorizzato. Non avevano idea in che razza di pasticcio potevano finire? L’FBI non ama essere messa in imbarazzo, Sceriffo Valenti. E mi creda, dopo aver trovato quell’affare, erano in pieno imbarazzo. Ad ogni modo, è tutto pulito. Credo che ormai lei sia al sicuro, ma torneremo per fare un altro controllo a sorpresa. Non c’è niente di peggio di quelle arroganti agenzie che pensano di essere al di sopra della legge. E per cosa? Perché un paio di adolescenti appena diplomati decidono di andarsene a zonzo? Ooooo, una vera minaccia alla sicurezza!"

"Bene, grazie per i vostri sforzi, signori."

"E’ stato un piacere. Oh, l’FBI ha promesso una inchiesta interna. E questa volta ad ampio spettro. Ho sentito pronunciare più volte la frase ‘appropriazione indebita’. Cadrà qualche testa, questa volta. E sa quale ho sentito dire che sarà la loro linea di difesa? Ho sentito dire che dichiareranno che i suoi ragazzi sono responsabili della distruzione della Base Aeronautica Edwards."

"Non posso crederci." Jim scosse la testa. "Voglio dire, come può uno sano di mente credere che un gruppetto di ragazzi appena diplomati abbia potuto irrompere attraverso i sistemi di sicurezza, mettere una bomba e scappare via?"

"Esattamente." annuì l’uomo. "Nel frattempo, lei può tenersi aggiornato." Tese a Jim un piccolo apparecchio a forma di penna. "Produce energia statica, così, anche se dovessero usare una cimice, sarebbe disabilitata."

"Grazie."

Jim li riaccompagno al loro furgone e li guardò partire. Quasi nello stesso momento, Amy arrivò nella sua Jetta.

"Amy." lui le sorrise e l’aiutò a scendere dall’auto. Notò che, pur non essendo sconvolta, aveva uno sguardo allucinato, come se avesse ricevuto delle brutte notizie. "Cosa ti porta qui?"

"Da quanto lo sai?" disse lei, una volta chiusa la porta.

"Credo che tu abbia letto il diario di Liz, vero?" sospirò Jim.

"Perché non mi hai detto niente?" ruggì lei.

"Ora calmati, Amy." cercò di dire lui.

"No!" Lei batté un piede per terra. "Tu sapevi di quei ragazzi e non mi hai avvertito su di loro."

"Come ti sentiresti se io raccontassi ai miei amici un segreto che tu mi hai confidato?"

"Questo è diverso, Jim Valenti." disse lei adirata. "E tu lo sai."

"E perché, Amy?"

"Perché è coinvolta mia figlia."

"Capisco. E Maria ti ha mai raccontato qualcosa di questa storia?"

"No, certo che no."

"Bene." continuò Jim. "Ho mantenuto il segreto per lo stesso motivo per il quale lo ha fatto Maria."

"Tu non dovevi loro niente." Amy scosse la testa arrabbiata.

"Sì, invece." annuì Jim. "Sono loro debitore della mia vita. E sono debitore della vita di Kyle e io … "

"Ma se non fosse stato per chi … per cosa sono, nessuno di voi si sarebbe trovato in quella situazione."

"Garantito. Ma se Max non avesse salvato la vita di Liz, quel giorno, a lui non sarebbe successo niente di tutto questo. Vedi, Max, è come se ti entrasse dentro. Lui si guadagna il tuo rispetto, la tua lealtà, prima ancora che tu te ne renda conto. Ed è solo un ragazzo. Se il suo segreto non fosse stato scoperto, se fosse cresciuto come un ragazzo normale, Max sarebbe potuto diventare il più giovane Presidente degli Stati Uniti. Se lo avesse voluto. Ma lui non è così."

"Ma come ha fatto Maria a farsi coinvolgere? Non le hanno mai salvato la vita. Avrebbe dovuto rendersi conto di cosa fossero ed allontanarsene. Maria non si è mai lasciata influenzare."

"Ancora Max." sospirò Jim. "Appena lui sfiora la tua vita, tu non puoi fare a meno di seguirlo. Proprio come Liz."

"Lei sarebbe morta, giusto?" Amy stava aspettando qualche chiarificazione. "Voglio dire, non c’erano possibilità che potesse essere salvata dai paramedici? Sono arrivati quasi subito."

"No, Amy." Lui tornò con la mente a quel fatidico giorno. "Ho visto il buco lasciato dal proiettile nel suo vestito. All’altezza dello stomaco. Lei deve aver perso molto sangue e Dio solo sa quali lesioni interne doveva avere. Da come stavano le cose, Liz poteva essere anche oltre le possibilità di Max."

"Così, se l’avesse lasciata morire, lui avrebbe potuto vivere tranquillamente con il suo segreto?"

"Sì e noi avremmo seppellito una delle migliori persone di Roswell. Ma pur di salvarla, lui ha rischiato tutto."

"Solo perché era innamorato di lei, vero?"

"E’ più di questo, Amy." strinse gli occhi ricordando. "Dovresti vedere quei due insieme. Tu sai quello che hanno passato per stare insieme. Se mai c’è stata una coppia più innamorata di loro, io non l' ho mai conosciuta. Fanno sembrare buoni amici anche Giulietta e Romeo."

"Lui li proteggerà?" chiese Amy con un filo di voce.

"Non è da una sola parte, Amy." la rassicurò lui. "Loro lavorano insieme. Si proteggono uno con l’altro. Fino che quei sei staranno insieme, puoi scommettere che si guarderanno le spalle a vicenda."

Amy lo guardò a lungo, prima che il suo sguardo si addolcisse e lei facesse un piccolo cenno di assenso con la testa. Poi si voltò per andarsene.

"Amy?" Jim la chiamò Jim prima che arrivasse dalla porta.

"Sì?"

"Usciresti una sera a cena? Con me?"

Amy fece un piccolo sorriso di trionfo.

"Saremo interrotti da una chiamata anche questa volta?"

"No." rise Jim. "Sono solo un Vice Sceriffo. Quello tocca allo Sceriffo."

"Oh … "Amy annuì. "Allora, va bene."

* * * * *

"Max." sussurrò Liz. "Non posso crederci. Ogni volta mi sembra più bello."

La giovane coppia stava distesa, una nelle braccia dell’altro, nel tentativo di tornare a respirare dopo l’ultima intima connessione. Le loro mani si accarezzavano manifestando il loro amore.

"Lo so." ansimò Max. "Non so perchè."

"Mi chiedo se ci sarà un limite." ridacchiò Liz. "Sai, a quanto possa essere bello."

"Bene, non ci resta che testare la tua teoria, signora Evans."

"Oh, Max. Non sai come che bel suono ha. Signora Evans. Signora Max Evans."

"Credimi." gemette lui, prendendo le labbra di lei tra le sue per un altro bacio. "Lo so."

"Non riesco a pensare quanto duri a lungo." ammise Liz, diventando rossa. "Sai, Maria mi aveva avvertito, ma non mi ha mai detto che durava così a lungo. Voglio dire: un ora e mezza? E’ difficile dire se sia solo uno, o una lunga serie di tanti piccoli, uno dopo l’altro. Max, è una cosa incredibile."

"Bene." ridacchiò Max. "Se dovessimo essere a corto di soldi, forse potrei diventare un gigolo."

"Nuh-uh, giovanotto." Liz scosse la testa e, ridendo, gli diede una pacca sulla spalla. "Non dividerò questa esperienza con nessuno."

"Nemmeno per Maria e per Jesse è bello come per te." confessò Max.

"Come fai a saperlo, Max?" Negli occhi di Liz si accese un sospetto.

"Perché gli altri hanno la bocca grande."

"Hai parlato con loro di me? … di noi?" Per un momento Liz sembrò preoccupata.

"No, mai." Max scosse la testa per enfatizzare il suo diniego. "Non è qualcosa che devono sapere."

"Perché io, Max? Perché sono differente? Perché tu mi hai guarita?"

"Non lo so, Liz. Kyle non ti ha mai detto niente?"

"Non a me." ridacchiò lei. "Max? Vorrei chiederti qualcosa."

"Sì?" Dall’espressione sul viso di Liz, lui capì che stava per cambiare soggetto. "Me lo aspettavo, fin da quando, quella sera, ho parlato con Isabel. Tu vuoi visitare i tuoi genitori."

"Come fai a saperlo?"

"Sono tuo marito. E’ mio dovere."

"Max? Posso?"

"Sai che non hai bisogno di chiederlo, Liz. Se è quello che vuoi fare e se pensi che loro staranno bene … allora forza! E, Liz?"

"Sì, lo so." sospirò Liz. "Sii prudente."

"No, no." ridacchiò lui. "Stavo per dire, salutali da parte mia e fa loro sapere che mi prendo cura di te e che ti proteggo."

"Hanno già letto il diario, Max. Lo sanno già."

"Meglio rinforzare questi concetti." sorrise Max.

* * * * *

Molto lontano, a sud, Philip e Diane Evans erano seduti nel loro letto e fissavano la parete della loro stanza con un’espressione stordita. Sul letto, davanti a loro, aperto all’ultima pagina, c’era il diario di Liz. I loro occhi erano pieni di lacrime. Dopo un lungo periodo di tempo, si guardarono l’uno con l’altra.

"Ne conoscevamo la maggior parte, ma ci sono molte altre cose … " disse Diane , con la voce spezzata.

"E’ bello vedere la storia con gli occhi di Liz." annuì Philip.

"Ora sono sposati." singhiozzò Diane. "Oh, Philip. Avrei voluto essere lì con loro. Dopo che quei due ne hanno passate così tante, per stare insieme … "

"Ci siamo stati, in un certo modo." la consolò Philip. "Noi siamo nei loro cuori."

"Ma Philip … "

"Ascolta." continuò lui. "Si amano l’un l’altra e chiaramente, Max la rispetta abbastanza da averla sposata, prima di … Ad ogni modo, ti prometto che, un giorno, faremo un’altra cerimonia e celebreremo il loro matrimonio come doveva essere celebrato. Sarà il matrimonio più bello che ci sia mai stato a Roswell. Puoi scommettere che lo vuole anche Jeff. In effetti, non sarebbe meraviglioso che potesse salire sul tetto e gridare che sua figlia ha sposato un Re?"

"Sai come l' ha presa Nancy?"

"E’ ancora arrabbiata. Jeff mi ha detto che non ha voluto leggere il diario, ha rifiutato di farlo. Lui avrebbe voluto bruciarlo, come gli ha chiesto di fare Liz, ma prima vuole che lei lo legga."

"Liz lo ama veramente, vero?" Diane lo sapeva, ma voleva essere rassicurata.

"Supereremo tutto. Nancy si riprenderà. Anche Amy ha accettato tutto quello che è successo. Vedrai."

* * * * *

Dopo aver spento le luci esterne del Crashdown, Jeff Parker diede un’ultima controllata al ristorante e chiuse la porta di quel posto che sembrava molto più tranquillo, ora che Liz e Maria non lavoravano più lì. Gli mancavano perfino Michael che lavorava alla griglia e Max, che guardava con aria trasognata sua figlia, mentre lei lavorava. Sospirando, chiuse anche le luci all’interno e salì le scale verso l’appartamento della famiglia.

"Famiglia." sospirò, attraversando il soggiorno ed andando a sedersi sul divano per guardare le notizie della sera.

Era da tempo che non era più la stanza della famiglia. Una volta che Liz se ne era andata e sua moglie aveva assunto quell’atteggiamento gelido nei suoi confronti, la stanza era diventata fredda come un frigorifero. Nancy lo biasimava ancora per la fuga di Liz. Non passava giorno che Nancy non gli dicesse che lui avrebbe dovuto essere più duro con lei, che non avrebbero mai dovuto permetterle di lasciare il collegio. Era arrabbiata con lui per aver ceduto a Max Evans e per aver rifiutato di aiutare l’FBI nelle loro ricerche. Era arrabbiata con tutti, specialmente con gli Evans, ma ancora di più con Jim Valenti. Loro non riuscivano a vedere quello che vedeva lei. Che avevano perso tutti i loro ragazzi a causa di Max.

Come si era aspettato, Nancy non era venuta a salutarlo, quando era entrato, ma era rimasta a guardare la televisione in silenzio.

Con la cosa dell’occhio, vide per un attimo uno strano luccichio da un lato della televisione, prima di rendersi conto che stava succedendo qualcosa di strano. Quando la parte conscia della sua mente rilevò il fatto, vi prestò la sua piena attenzione. E poi, Liz era lì. Sia Jeff che Nancy sobbalzarono e si raddrizzarono su divano. Entrambi fissarono l’apparizione.

"Mamma? Papà?" L’immagine di Liz sorrise loro.

"Liz!" gridò Nancy, balzando in piedi e correndo verso la sua bambina. "Oh, mio Dio! Liz!"

"Nancy, no!" gridò a sua volta Jeff, cercando di fermare sua moglie.

La mancò. Nancy passò attraverso l’immagine eterea di Liz e la guardò, gli occhi pieni di paura.

"Lei non è veramente qui." Jeff continuò a parlarle cercando di calmarla. "E’ una … una proiezione."

"Cosa?" chiese lei.

"Ciao, mamma. Ciao, papà." Liz continuò a parlare, spostando preoccupata lo sguardo a suo padre a sua madre. "Non so se potete sentirmi. L’ultima volta che ho provato a fare questo, Max non ha potuto. Udirmi, voglio dire. "Ma ora sono diventata più forte e … "

Sia Jeff che Nancy annuirono.

"Potete sentirmi?" Liz sembrò compiaciuta. "Oh, ne sono così contenta. Ascoltatemi. Noi stiamo bene, okay? Non vi dirò dove siamo, perché non sarebbe sicuro per tutti noi. Ma posso dirvi che fino a poco tempo fa’ eravamo in Idaho. Io voglio … voglio scusarmi per essere fuggita via così, ma avete letto il mio diario e sapete perché. Vi amo e mi mancate molto. Liz sembrò distante per un momento, poi fece un sorriso ironico. Annuì, come se accanto a lei ci fosse qualcuno. "Max vi saluta e vi manda a dire di non preoccuparvi, che lui mi proteggerà. E credo che ormai sappiate che lui può farlo."

Sorrise di nuovo a qualcosa accanto a lei. Jeff capì che doveva essere Max.

"Saluta Max da parte nostra." rispose lui.

"Anche io posso sentirvi." Liz li guardò meravigliata, come se il fatto l’avesse sorpresa, poi guardò sua madre e si rese conto del suo stato. Sembrava come se non avesse preso molto bene le notizie. "Mamma, stai bene?"

"Cosa ti ha fatto, Liz?" le chiese Nancy. "Dove siete? Possiamo aiutarti. L’FBI può aiutarti."

"Non lo hai letto?" chiese Liz con uno sguardo di pura delusione. "Mamma, ti prego. Devi leggere il diario per capire. So che è duro, ma voglio che tu sappia che ti voglio bene e, fino a che saprò che anche tu me ne vuoi e che sarete al sicuro, ne sarà valsa la pena."

"Anche noi ti vogliamo bene, Lizzie." disse Jeff. "Ti prego, siate prudenti."

"Lo saremo, papà." annuì lei. "Grazie."

"Verrai a trovarci ancora?"

"Lo farò, papà. Ma è una cosa che mi stanca molto."

"E Liz?"

"Sì?"

"Forse … la prossima volta … se puoi … forse potrebbe venire anche Max?"

"Ci proveremo, papà." Liz gli sorrise. "Vorrei poterti abbracciare."

"Anche io, Lizzie." mormorò Jeff con la voce tesa. Lacrime gli bagnavano gli occhi.

"Puoi far sapere agli altri che stiamo tutti bene? Puoi dir loro che li amiamo?"

"Lo farò. Saluta tutti."

"Lo farò, papà. Ciao, papà. Ciao, mamma. Vi voglio bene."

"Che cos’era? chiese Nancy attraverso le lacrime. "Come ha potuto farlo?"

"Nancy? Quella era nostra figlia." le disse Jeff orgoglioso. "Ci sono tante cose di lei che tu non sai. Nancy, so che è difficile. So che tu vuoi credere che Max ce l’abbia portata via. Ma se tu leggessi il diario, capiresti la verità. Nancy, Max ci ha ridato Liz. Max ci ha dato altri tre anni di vita di Liz. E, io spero, molti altri anni, ma questo ora dipende da loro. Come ha detto Liz, devi leggere il diario per capire."

"Allora, forse è meglio che tu me lo dia."

"Te lo andrò a prendere domani." Jeff prese la moglie tra le braccia. "Philip e Diane ormai lo avranno letto."

* * * * *

"Izzy, sono a casa." disse Jesse entrando nel suo appartamento, dopo un altro giorno di duro lavoro nello studio del procuratore legale. Dopo aver posato la sua valigetta nell’attaccapanni, si diresse in soggiorno. Prese una scatoletta e sparse un pizzico del contenuto nella vasca dove nuotava un pesce rosso. "Ti sono mancato, Izzy?" chiese al pesce.

Proseguì verso la cucina e tirò fuori un vassoio di cibo precotto dal congelatore. Prese le istruzioni e le lesse, mentre andava verso il microonde. Il suono del campanello attrasse la sua attenzione così, dopo aver messo il vassoio nel forno, andò ad aprire la porta.

"Sì?" chiese, mentre la apriva.

Fu afferrato da due paia di mani. Prima ancora che potesse gridare, Jesse fu tirato fuori dal suo appartamento e trascinato per le scale.

"Che volete?" gridò alla fine.

"Jesse Ramirez," bofonchiò uno degli uomini che lo teneva. "Devi venire con noi."

"Tu, amico mio," disse l’altro uomo adirato "uscirai con noi e ti divertirai, anche se saremo costretti ad ucciderti."

"Oh, andiamo, ragazzi." si lamentò lui."Vi vedo già abbastanza in ufficio."

"Certo." rise Chris. "Passi tutto il tuo tempo chiuso quei dentro. Non è naturale. Stasera uscirai con noi. Non ti fa bene stare chiuso nel tuo appartamento notte dopo notte. Questa è Boston, ragazzo mio, non Roswell. Ti meriti una vita normale."

Caricarono Jesse sulla macchina che li stava aspettando all’entrata del palazzo, pronta per partire, e si immersero immediatamente nel traffico, diretti al centro di Boston.

"Non sarebbe stato meglio prendere la ‘T’?" chiese Jesse, notando la quantità di auto sulle strade.

"Molto meglio." ammise l’autista. "Ma hai idea di quanto sarebbe stato complicato trascinare un riluttante S.O.B. (Ndt: figlio di …) su un mezzo pubblico?" Poi voltò a sinistra, verso Beacon Street.

"Hey." disse ridendo uno degli amici, mentre passavano davanti ad un bar dove veniva girata una sit-com per la televisione. "Potremmo sempre andare al ‘Bull and Finch" e vedere se stasera c’è Norm."

"Oh, no." rispose Chris.

Risero tutti, anche Jesse. Forse, dopotutto, i suoi amici avevano ragione.

Trovarono un parcheggio dietro la stazione degli autobus e Jesse seguì gli amici, prima in direzione del Fenway Park, poi verso Lansdown Road. Arrivati in fondo alla strada, uno degli amici di voltò verso di lui.

"Ricordi questo posto?" gli chiese.

"Jillians?" annuì Jesse, sorridendo per la prima volta dopo un’eternità. "Certo."

Salì con gli amici la scala che li condusse ad un intero piano di videogiochi. Mentre aspettava che Chris prendesse delle birre, Jesse dovette ammettere che era bello, per una volta, essere tornato a divertirsi. Era bello ridere ancora. Era bello sentirsi ancora vivo.

La serata trascorse con Jesse, birra in mano, capace di rilassarsi per la prima volta dopo molto tempo. In quel momento non c’era Isabel, non c’era l’FBI, non c’erano cacciatori di alieni in cerca di alieni che non c’erano. Vide Chris accumulare punti ad un videogioco, che aveva come scopo salvare la Terra da orde di marziani verdi che volevano conquistarla.

"E’ buffo che siano sempre loro ad essere i cattivi, vero?" disse Jesse.

"Chi?" chiese Chris, intento a colpire il capo degli alieni per passare al livello successivo. "Gli alieni? Tanto non esistono."

"Lo so, lo so." Jesse fece una smorfia. "Ma se esistessero? E se ci fossero veramente degli alieni lì fuori? Sai quelli dei film? Alien Predator, Indipendence Day, La guerra dei Mondi, li dipingono tutti come mostri pronti a conquistare la Terra e a spazzarci via."

"E.T." rise Chris.

"Scusa?" Jesse strinse gli occhi.

"E.T." ripeté Chris. "Lui non è venuto per annientarci."

"Okay, okay. Mettiamola così." continuò Jesse. "Supponi di avere delle prove. Evidenze concrete che su questo pianeta ci sono forme di vita aliene. Cosa succederebbe? Come reagirebbero i militari? Come reagirebbe la gente?"

"Credo che i militari vorrebbero catturarli, per scoprire più cose possibili. Diamine, forse è così che siamo venuti in possesso della moderna tecnologia. La gente? Credo che si farebbe prendere dal panico."

"E perché? Se loro fossero già qui, avrebbero la tecnologia per annientarci. E perché non l’avrebbero usata? Voglio dire, perché non dovremmo accoglierli a braccia aperte ed accettarli tra noi?"

"Credo che dipenda dalla cattiva fama che ha dato loro la stampa scadente." rise Chris. "Forse dovrebbero assumere un manager migliore."

* * * * *

Un’ altra alba spuntò nel Massachusetts. Jesse si alzò al suono della sveglia, che indicava con le sue cifre rosse che erano le sette. Scese dal letto e si ricordò della notte precedente. Si era divertito molto con gli amici ed era rientrato a casa poco dopo la mezzanotte. Si era addormentato quasi immediatamente. Isabel lo stava aspettando. All’inizio era sembrata arrabbiata, ma dopo la sua spiegazione sulla serata passata con gli amici che lo avevano costretto ad uscire, si era addolcita, anche se solo un po’. Mentre si infilava l’accappatoio, Jesse sorrise al ricordo dei loro sogni sessuali.

La colazione consistette in caffè e croissant. Mentre mangiava, guardò il fiume Charles, fuori dalla finestra. Vide i corridori mattutini e i canottieri che prendevano il loro ritmo di remata. Una coppietta stava passeggiando lungo la riva, mano nella mano, e qualcuno si stava dirigendo al lavoro in bicicletta. Tutti si stavano godendo la normalità della loro vita. La sua era lontana dall’essere normale. Lui non poteva andare avanti così. La notte appena trascorsa glielo aveva provato. Jesse voleva condurre una vita reale, non una attraverso i sogni.

Trascorse il resto della mattinata al lavoro, lottando contro il suo dilemma. Considerando ogni angolazione, ogni possibilità. Dopo tutto, la sua decisione avrebbe coinvolto anche la vita degli altri. Forse, un giorno, lo avrebbero ringraziato. Intorno alle 11, aveva preso la sua decisione. Tutto quello doveva finire. Lui rivoleva la sua vita normale. Jesse prese il suo taccuino e ne voltò le pagine. Prese il telefono e digitò una serie di numeri.

"Pronto, Sarah?" disse con la voce che gli tremava un po’. "Sono Jesse. Jesse Ramirez. Sì, anche io. Ascolta, sei impegnata stasera? Vorresti venire a cena con me?"

* * * * *

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Capitolo 9
*** 9 ***


Parte 9

Come facevano i contadini, i sei ragazzi si alzarono insieme al sole. Rimasero scioccati dall’arrivo di Granny, che era in piedi già da un’ora ed aveva preparato la colazione.

"Una giornata di lavoro, ha bisogno di una buona colazione." aveva detto loro. "Credetemi, per l’ora di pranzo, ve la sarete già ripagata."

Nessuno era andato oltre il fatto che volevano aiutarla. La realtà era andata ben oltre quello che loro avevano immaginato. Come potevano pensare che sarebbe stato peggio? Mentre mangiavano le montagne di cialde e bevevano i galloni di caffè che Granny aveva preparato, gli assonnati adolescenti cominciarono a preparare un programma. Guidati dai suggerimenti di Granny, si sarebbero occupati di un campo alla volta, divisi in tre squadre. Mentre una squadra si sarebbe occupata della mietitrice, un’altra l’avrebbe seguita con il pick-up. La terza avrebbe riposato, così che tutti potessero fare delle pause.

Un po’ dopo le sei del mattino, Max lasciò che Liz mettesse il moto la mietitrice e, seduto nella cabina di guida accanto a lei, si diressero verso il primo campo indicato da Granny. Isabel e Kyle li avrebbero seguiti col furgone per raccogliere i sacchi di grano. Avrebbero poi raccolto le balle di fieno in un secondo momento.

Raggiunto il primo campo, Liz fece abbassare le lame, dando il via alla tagliatrice, all’imballatrice e alla trebbiatrice. La gigantesca macchina di avviò tra il frumento ed il raccolto ebbe inizio. Liz seguì il bordo del campo, procedendo in circolo, mentre Max sollevava i sacchi dalla tramoggia e, dopo averli cuciti, li poggiava sul nastro trasportatore. Quando raggiunse il punto di partenza, usò come punto di riferimento il grano ancora da tagliare e proseguì in un cerchio decrescente. Seguendo la loro scia, Isabel guidava il furgone, tenendosi pronta per Kyle che doveva raccogliere i sacchi ed ammassarli sul retro. Una volta riempito il pianale del furgone, sarebbero tornati nel granaio dove Isabel, Kyle, Michael e Maria li avrebbero accatastati in bell’ordine, pronti per la consegna. Tutte le coppie si diedero il cambio in modo da poter riposare a turno. Visto che una costante nuvola di polvere si alzava dalla mietitrice, ben presto furono tutti accaldati, sudati e molto, molto sporchi.

* * * * *

"Quel pennacchio di polvere si scorge da lontano un miglio, Max." gli indicò Michael quando lui e Liz vennero a dar loro il cambio. "E se l’FBI lo vedesse e venisse ad investigare?"

"Il nostro non è il solo." Max indicò la direzione opposta, dove si potevano vedere diverse nubi di polvere. "Dubito che l’FBI si metta ad investigare su tutte le mietitrici in funzione come controllerebbero un comportamento inusuale. Mi preoccupa di più il signor Casey e quello che potrebbe fare una volta scoperto che Granny farà il suo raccolto. Saprà che qualcuno la sta aiutando e potrebbe provare a fare qualcosa."

"Credo che stanotte ci saranno da fare dei turni di guardia, vero?"

"Sì." annuì Max. "Ma solo io, te e Kyle."

"Ma Kyle non può … "

"Può svegliarci. Se dovesse venire qualcuno, ci sveglieremo tutti. Dobbiamo lavorare insieme, per proteggerci."

"Okay, Max." annuì Michael.

* * * * *

Ogni giorno che passava sembrava assomigliare all’altro. La quantità di sacchi nel granaio cresceva ed ogni sera, dopo il calar del sole, erano quasi tutti troppo stanchi per mangiare. Ogni muscolo del loro corpo doleva e, qualche volta, Max era troppo stanco per poterlo alleviare. Anche se avevano aumentato la loro efficienza, avendo trovato il modo per fare di più e con minor fatica, il loro era pur sempre un lavoro massacrante.

Max e Michael avevano provato ad usare i loro poteri per sollevare i sacchi di grano, ma questo li aveva stancati come se avessero usato le mani. Ormai sembravano marciare col pilota automatico e svolgevano il loro lavoro come se fossero stati dei robot. Anche la guida della mietitrice, che era il più facile dei compiti ed era stato riservato alle ragazze, era pur sempre un lavoro stancante, vista la pesantezza della macchina da portare. Quando i ragazzi non stavano sollevando sacchi per cucirli o metterli sul nastro, li sollevavano da terra per caricarli sul retro del furgone. E anche se uno di loro era in pausa, scoprirono ben presto che la frequenza del rientro per scaricare il furgone li costringeva a trascorrere la pausa accatastando i sacchi nel granaio.

In più, stanchi come erano, Max, Michael e Kyle dovevano fare i turni di guardia durante la notte.

"Max." lo chiamò Granny, quando lo vide salire nell’appartamento che divideva con Liz, dopo che avevano lavorato per una settimana intera. "Abbiamo già fatto molto e sono sicura che abbiamo già coperto la quota dell’ipoteca. Sapete, non dovete esagerare."

"Andremo avanti." disse Max sbadigliando. "Fino a che avremo finito o fino a che saremo fisicamente in grado di farlo."

"Voi ragazzi non siete abituati a questo tipo di lavoro. Avete bisogno di una pausa."

"No." Max scosse la testa. "Staremo bene. Ci potremo riposare dopo." O almeno lo spero, pensò.

"Okay." Granny lo guardò dubbiosa. "Se ne sei sicuro."

Rimasto solo con Liz, dopo aver cercato di alleviarle i dolori muscolari, si abbracciarono e si prepararono per andare a letto. Da quando avevano cominciato il raccolto, erano stati troppo stanchi per poter fare l’amore.

"Mi manchi, Max." sospirò Liz.

"Io?" le rispose lui con un sorriso malizioso. "O ti mancano le due ore di orgasmo?"

Lei gli diede una pacca sulla spalla.

"Sai?" continuò lei. "Un giorno di pausa non farebbe male a nessuno."

"E’ quello che mi ha detto Granny."

"Bene, lei è molto saggia e si è occupata della fattoria per tutta la vita. Forse dovremmo ascoltarla."

"Domani è Domenica." annuì Max. "E’ un buon giorno per fare una pausa. Ne parlerò con Granny. Magari c’è un posto simpatico dove potremmo andare. Credo che un cambio di scenario ci farebbe bene."

Per quando si fu disteso sul letto, Liz si era già addormentata, con un sorriso trionfante sulle labbra.

* * * * *

In un angolo illuminato di un deposito abbandonato, un gruppo di uomini vestiti in abito scuro, era seduto in semicerchio davanti ad una lavagna bianca. Sulla lavagna, le foto di quattro adolescenti, due ragazzi e due ragazze. Al centro, l’Agente Speciale Baurline stava aggiornando gli uomini sui recenti sviluppi.

"Avete scoperto qualcosa sull’automezzo che hanno preso?"

"Nessuna denuncia di furto." rispose uno degli agenti. "Ma c’è molta gente che ha una casa per le vacanze ed è solita parcheggiare i mezzi in garage. Se hanno rubato uno di quelli, non lo sapremo che alla prossima primavera."

"Forse lo hanno avuto da qualcuno. Dal signor Anderson, per esempio."

"Nessun risultato dalle indagini sulla ragazza cui hanno sparato?"

"L’unico modo per avere notizie sarebbe farsi dare un mandato dalla Corte Suprema." rispose qualcuno.

"Non siamo nemmeno autorizzati a parlare col signor Anderson, a meno che non abbiamo le prove che abbia infranto qualche legge federale. E anche ammesso che troviamo la ragazza, ci vorrebbe l’esercito solo per riuscire a farle qualche domanda. Avrebbe attorno più avvocati lei, di quelli che ci sono alla camera dei Rappresentanti. Credo che possiamo scordarci degli Anderson."

"Le cose si sono fatte alquanto … difficili, da quando sono stati coinvolti gli attivisti per i Diritti Civili. Abbiamo avuto più fortuna a Roswell?"

"No, signore. Tutti i nostri apparecchi sono stati individuati fin dai primi giorni e, fino ad allora, nessuno ha detto qualcosa di interessante. Ed era già la terza volta che li mettevamo. Se trovano un’altra cimice a Roswell, credo che potremo dire addio al nostro lavoro."

"E questo è tutto, signori. Se trovassimo una prova, non dovremmo più giustificare le nostre azioni. Non stiamo facendo questo solo per il nostro lavoro, ma anche per il nostro paese, perché le nostre famiglie possano dormire tranquille, la notte."

"Allora, adesso che facciamo?"

"Qualcuno di voi controllerà la ragazza. Qualcuno abbasserà la guardia, prima o poi. Forse sarà presa dalla nostalgia di casa. Nel frattempo, andrete a controllare il Nebraska occidentale. Quei motociclisti si sono sicuramente imbattuti in qualcosa di natura extraterrestre. Si sono divisi o sono ancora insieme? Avete davanti a voi la descrizione della macchina che hanno usato. Interrogate i testimoni e ascoltate i pettegolezzi. Questa gente non ha alle spalle avvocati importanti, così avete mano libera. Ed usatela anche duramente, se ce ne fosse bisogno."

"Ma, signore … ?"

"Niente ma, agente! Qui potrebbe esserci in ballo la salvezza dell’intero pianeta. Trovateli, anche se doveste cercarli di casa in casa. Dovete trovarli!"

"Solo, accertatevi di portarli qui vivi." disse una voce nel buio.

Un giovane uomo entrò nel cerchio di luce. Aveva i capelli corti, biondi e crespi.

* * * * *

"Vivi?" chiese Baurline al nuovo arrivato, quando furono rimasti soli. "Ascolta, Deluca, non so a che gioco tu stia giocando, ma questa investigazione è mia."

"Ci ho pensato." Sean Deluca scrollò le spalle all’ obiezione dell’uomo più anziano. "Guarda quello che hanno fatto quei ragazzi. Voglio dire, so che tutti i dati sono andati persi quando l’Agente Pierce è sparito e che non conosciamo esattamente l’estensione dei loro poteri, ma guarda quello che sono riusciti ad ottenere. Sappiamo che hanno poteri telecinetici e che possono in qualche modo leggere le menti, come abbiamo scoperto quando sono sfuggiti alla trappola che avevamo teso alla cerimonia del diploma. Sappiamo che possono guarire, a meno che quegli idioti che hanno tentato la rapina al campeggio non ci abbiano mentito. Guarda quello che hanno fatto a quei motociclisti. E non voglio nemmeno pensare che hanno fatto irruzione in una Base dell’Aeronautica Militare già in stato di allerta e che l’hanno completamente distrutta."

"Il che dimostra quanto siano pericolosi. E i miei superiori vogliono che io mi ritiri." Il tono della sua voce era pieno di scherno.

“Tu non riesci a vedere il loro potenziale, Baurline." rise Deluca. "Con il controllo su risorse come quelle, potremmo essere l’unità più potente del paese."

Baurline sollevò un sopracciglio.

"No, non preoccuparti." Sean scosse la testa. "Non ho intenzione di mettermi al comando. Ma pensa quanto potere potremmo avere. Pensa che sicurezza potremmo dare al nostro Paese."

"Che vuoi dire?"

"Bene." Deluca cominciò a camminare avanti ed indietro di fronte a Baurline, gli occhi fiammeggianti di un feroce desiderio. "Supponi che possiamo usare i loro poteri speciali per individuare il nascondiglio dei capi più pericolosi dei gruppi terroristici in vita oggi. Supponi che riusciamo a trovare i capi, che so, dei Fondamentalisti Islamici. O i capi delle Milizie Private che infestano la nostra Nazione. Supponi che comincino a morire. E se tutti avessero quell’impronta d’argento, non potremmo affermare che si sia stato una sorta di intervento divino? Come la ‘Mano di Allah’ o la ‘Mano di Dio’, una prova di quanto lui sia dispiaciuto che si usi il suo nome per azioni infernali. Potremmo eliminare tutte le organizzazioni terroristiche che si oppongono all’occidente o, cosa più importante, agli Stati Uniti d’America."

"Capisco." annuì Baurline. "E se loro non fossero interessati a cooperare? Hai visto quello che possono fare. Cosa ci garantisce che lo facciano?"

"Datemi solo la ragazza coi capelli scuri." disse Sean, con uno sguardo cupido negli occhi. "Li controllerò attraverso lei. Lei farà di tutto perché lui sia al sicuro. E lui farà di tutto purché lei sia salva. E, nel frattempo, io avrò ottenuto quello che voglio."

"Con una aliena?" Baurline rabbrividì.

"Idiota!" sbottò a dire Deluca. "Lei non è un’aliena. Lei è solo una ragazza normale infatuata di qualcuno con i poteri. Se è così facile influenzarla, aspetta che veda il potere che avrò una volta che li avrò nelle mie mani."

"Senti, Deluca, so che la CIA ti tiene in alta considerazione … "

"Alta considerazione?" rise il giovane. "Sono l’agente dannatamente migliore che sia uscito da Langley, sin da quando è stato fondato. Ed ho un piano. Un giorno, non subito, sarò al comando. E quando sarà quel giorno, vi farò vedere come deve essere diretta la CIA."

"I tuoi capi non sanno che lavori per me, vero?" Gli occhi di Baurline si restrinsero, sospettosi.

"Non più di quanto i tuoi sappiano di te." ribatté Sean. "Senti. Sei tu che sei venuto a cercarmi. Ora farai le cose a modo mio, o agirò da solo. Ho ottenuto dei buoni risultati, fino a che non mi hanno richiamato. Ero quasi riuscito a controllarla."

Sean si voltò e si diresse verso la porta del deposito, fermandosi prima di aprirla.

"Tienimi aggiornato, Baurline. E ricordati: li voglio vivi."

"Tutti?"

"Solo quei quattro." ed indicò la lavagna. "Se con loro c’è qualcun altro, eliminatelo."

"Okay." annuì Baurline.

Aspettò fino a che non fu sicuro che Sean si fosse veramente allontanato.

"Per quanto possa odiare quei … mostri, spero veramente che ti trovino prima che io riesca a trovare loro."

* * * * *

Kyle stava guardando il cortile dall’ombra del granaio. Era stato un giorno lungo e pesante. In realtà, tutta la settimana era stata lunga e pesante. Erano tutti pieni di dolori muscolari ed avevano scoperto punti dei loro corpi in cui ignoravano ci fossero dei muscoli. Granny aveva fatto del suo meglio con bagni d’erbe e cataplasmi e li aveva aiutati come aveva potuto, con la sua medicina personale ma, anche quello, poco aveva potuto contro il dolore costante che stazionava nei loro arti.

Mentre montava per il suo turno di guardia, Kyle rifletté sul fatto che nessun allenamento sportivo avrebbe mai potuto ridurlo in quello stato di … dolore. O di stanchezza. Durante il suo turno, Kyle era stato lì lì per addormentarsi, più di una volta. Cambiò di nuovo posizione e si diresse dall’altra parte del granaio, nell’ombra, dove gli aveva indicato Max.

Spostò anche la pistola, contenuta nella fondina fatta a mano, e sentì che la sua presenza aveva su di lui un effetto tranquillizzante. Pur sperando di non dover mai usarla, sapeva però che avrebbe potuto farlo e l’avrebbe usata, se avesse dovuto difendere le persone a lui care. Stirò i muscoli e soppresse uno sbadiglio, che gli ricordò il bisogno che aveva di dormire. Fu in quel momento che scorse una figura entrare dal cancello alle spalle del granaio.

La figura aveva con sé una grande tanica rettangolare, piena di quello che Kyle pensò dovesse essere carburante di qualche tipo e si muoveva in un modo che poteva essere definito solo come sospetto. Anche se l’intruso sembrava essere solo, Kyle non aveva nessuna intenzione di disobbedire agli ordini di Max e di affrontarlo da solo. Inoltre, l’intruso avrebbe potuto essere armato.

"Max!" sibilò Kyle attraverso la finestra aperta accanto alla porta che dava nell’appartamento di Max e Liz. "Max!"

Max apparve, facendo sobbalzare Kyle.

"Santa Cruccola!" si lamentò lui. "Mi hai fatto paura."

"Cosa c’è, Kyle?" chiese Max, comprendendo dal suo stato di tensione che aveva sentito qualcosa.

"Abbiamo compagnia." Kyle indicò la figura che stava traversando lo spazio aperto sul retro del granaio.

"Va’ a chiamare Michael." Max fece un cenno verso la casa, aprendo la porta. Seguì Kyle giù per la scala, facendo attenzione a non fare rumore.

Poco dopo, tutti e tre si mossero furtivamente alle spalle dell’intruso, che era inginocchiato accanto alla montagna di sacchi pieni di grano e stava aprendo la tanica di metallo. Accanto alle sue ginocchia, videro una scatola di fiammiferi. Max illuminò il granaio con un breve ma brillante lampo di luce bianca, che ricordò a Kyle il flash di una fotocamera.

"Lo hai preso?" chiese Michael a voce alta.

"Sì." confermò Max. "L’ho preso proprio in faccia. E se adesso dovesse succedere qualcosa, non credo che si potrà proclamare innocente. Starà in galera per tanto, tanto tempo."

Avevano deciso di usare al minimo le loro inspiegabili abilità. Avevano deciso anche che un semplice ricatto avrebbe fatto da deterrente.
"Vuoi che chiami la Polizia?" chiese Kyle.

"Certo." concordò Max. "Forse sarebbero contenti di scoprire che razza di delinquente potrebbe fare una cosa simile."

L’uomo cominciò a correre più in fretta che poté, saltando addirittura il cancello. Preferiva affrontare la rabbia di Casey per il suo fallimento, piuttosto che correre il rischio che fosse coinvolta la Polizia.

"Dobbiamo fermarlo?" chiese Kyle.

"No." Max si strinse nelle spalle. "Lasciamolo andare. la gente ci penserà due volte prima di riprovarci. Specialmente lui."

Michael e Kyle si scambiarono un largo sorriso.

"Pensi che, adesso, posso andare a dormire?" chiese Kyle.

"Sì." annuì Max. "Va’ pure."

* * * * *

Quando Michael si svegliò, l’alba era passata da un pezzo. Al suo fianco, Maria era ancora profondamente addormentata. Guardò la forma vaga del sole attraverso le tende mezzo aperte e gli ci volle un po’ per rendersi conto che c’era qualcosa che non andava.

"Dannazione!" esclamò, cercando di saltare fuori dal letto e di infilarsi i jeans con un unico movimento.

"Cosa? Cosa?" si lamentò Maria ancora intontita dal sonno.

"Ci scommetto che lo ha fatto apposta." grugnì Michael, chiudendo la lampo dei pantaloni e allungando la mano per prendere una delle magliette pulite.

"Chi?" gemette Maria. "E ha fatto cosa?" Era ancora mezzo addormentata.

"Max." sbottò lui, infilando la testa dentro la maglietta. "Questo." ed indicò la luce del giorno che entrava dalla finestra. "Probabilmente lui è già fuori a mietere quel dannato campo da solo, pensando a quanto sia nobile lasciarci riposare."

"E tu mi hai svegliato per questo?" grugnì Maria. "Non posso crederci!"

"Cosa?" scattò Michael. C’era un tono pericoloso nella sua voce. "Questo non solo è stupido, ma è anche pericoloso. Chi sa cosa potrebbero tentare quegli idioti."

"Quali idioti?" si lamentò Maria, tirandosi le coperte sopra la testa. "C’è solo un idiota qui intorno, e sei tu."

"Senti, Maria." disse lui ancora adirato. "Non so se ti rendi conto … "

"E io non so se tu ti rendi conto, Ragazzo dello Spazio. Max ci ha dato un giorno libero, te lo ricordi?"

"Cosa?" Michael si immobilizzò.

"Una vacanza, Michael." rise Maria. "Oggi non si lavora."

Michael sembrò convenientemente imbarazzato e cominciò a togliersi la maglietta.

"E adesso che fai?" chiese Maria.

"Torno a letto, che altro?"

"Nuh-uh." Maria scosse la testa. "Ora che ti sei alzato, puoi preparare la colazione e portarmela a letto."

"Cosa? Preparatela da sola la colazione."

"Vuoi dividere la stanza con Kyle?" Maria gli fece uno sguardo dolce.

Michael diede un’occhiataccia alla sua bionda fidanzata ed uscì disgustato dalla stanza.

Quando gli altri cominciarono a farsi vedere, era quasi mezzogiorno. Prima era in piedi solo Michael, al quale era stato impedito di tornare nel letto che divideva con Maria. Aveva trascorso la mattinata da solo, in veranda, ascoltando i rumori fatti da Granny che stava preparando una tarda colazione per tutti.

Granny capì di aver avuto ragione, quando aveva detto a Max che avevano bisogno di un giorno di riposo. I ragazzi erano una pallida ombra di quello che erano stati i sei adolescenti della settimana prima. Avevano lavorato troppo. E lei li amava per questo, perché lo avevano fatto per lei, non per se stessi e certamente non per denaro.

"Non mangi, Maria?" le chiese Max, mentre stavano approfittando del festino preparato da Granny. "Ti senti bene?"

"Sto bene." sorrise lei. "Ma ho già fatto colazione."

"Davvero?"

"Sì. Michael mi ha portato la colazione a letto?"

"Davvero?" ripeté Isabel incredula. "Straordinariamente gentile da parte sua."

"Hey." abbaiò Michael. "Non è stata una mia idea. Okay?"

"Stavo per dire …"

"Oh?" rise Max.

"L’idiota mi ha svegliato." disse Maria, con un’espressione minacciosa. "Così ho deciso che se voleva alzarsi e compiangersi per cose che non esistevano e dare appellativi poco gradevoli a qualcuno, solo perché aveva dimenticato che avevamo un giorno di vacanza, tanto valeva che si rendesse utile."

"Quali cose?" chiese Max. "E con chi ce l’aveva?"

"Non importa." E Michael abbassò la testa."

* * * * *

"No, state fermi." li rimproverò Granny mentre si preparavano a riordinare la cucina. Andò alla credenza e ne tirò fuori un grande cesto da picnic. "Tieni." e tese il cesto a Kyle. "Prendete questo e la mia macchina, poi guidate per il sentiero che parte dietro il granaio e dirigetevi verso quel folto di alberi." e puntò il dito oltre i suoi campi. "Ci sono delle colline ed altri alberi. In mezzo, troverete una vecchia cava con una pozza naturale, alimentata da un corso d’acqua sotterraneo. La mia famiglia ha nuotato lì per generazioni."

"Una piscina naturale?" Liz richiamò l’attenzione di Max, che cominciò ad arrossire. Liz scoppiò a ridere.

"Sarà bellissimo!" esclamò Maria.

"Sì." concordò Kyle. "E al diavolo l’agricoltura."

"Ma se sei diventato un contadino perfetto!" lo prese in giro Isabel.

Venti minuti dopo, sbucarono in una piccola radura tra due enormi pareti di roccia. Riparata dagli alberi, una pozza d’acqua riempiva una piccola gola. Una stretta striscia di sabbia faceva da spiaggia e consentiva l’accesso all’acqua. La piccola gang si fermò sulla sporgenza sopra la sabbia a guardare la serena visione che avevano davanti a loro. Era uno scenario che li riempiva di una calda sensazione di pace.

"Chi ha pensato a portare il costume?" chiese Isabel.

"Possiamo sempre nuotare nudi." ridacchiò Kyle. "Abbiamo con noi i maggiori esperti di nuoto nudo di Roswell."

Si voltarono tutti a guardare Max e Liz, divertiti dal loro rossore improvviso.

"Ma abbiamo tutti la biancheria intima, no?" Maria si strinse nelle spalle e cominciò a sbottonarsi la camicetta.

"La mia è bianca." disse Isabel sdegnosa. "E so cosa succede quando la biancheria bianca si bagna."

"Isabel," sospirò Maria. "Tu hai i poteri di Samantha la strega, giusto? Arriccia il naso e trasforma la biancheria in un costume da bagno. Quanto potrà mai essere difficile?"

Isabel guardò Maria, poi scrollò le spalle.

"Okay." annuì. "Ma non qui."

Liz e Maria la seguirono dietro a dei cespugli, che le avrebbero coperte.

"Guastafeste!" urlò loro dietro Kyle.

L’acqua non era solo molto limpida, era anche molto fredda. Era comunque, rinfrescante e corroborante. Dopo essersi divertiti per un’ora nell’acqua, nuotando e giocando, si sentirono vivi e freschi come si erano sentiti la sera che avevano trascorso a Stanley. Sembrava essere passata una vita. Dopo aver fatto un picnic, Max fece un giretto, solo per esaminare i dintorni. Era riuscito ad arrampicarsi in cima ad una delle pareti che formavano la gola. Il nastro scuro del River Plate si snodava all’orizzonte, mentre dozzine di pennacchi di polvere si levavano dai quadrati dorati che formavano il panorama.

"Sei qui." Liz camminò verso di lui. "Mi stavo chiedendo dove fossi finito."

"Oh." Max sorrise alla sua mora mogliettina. "Non mi sono reso conto che mi stavi cercando. Ho visto che tu e Maria stavate parlando … "

"E ora sono qui." gli sorrise lei. "Se avessi saputo che eri alla ricerca di un posticino tranquillo, sarei venuta con te."

"Oh?"

"Hai una vaga idea di quanto ho bisogno di te?" ansimò lei.

"Ti sei assuefatta a me, signora Evans?" ridacchiò Max, costringendo Liz a fare altrettanto.

"Mi chiedo se ci sia un M.I.A." (NdT: Missing in action)

"M.I.A.?" Max sollevò un sopracciglio.

"Sì." gli sorrise lei. "Sai, dovrei stare davanti ad un una platea di gente e dire ‘Salve, io sono Liz ed è passata una settimana, da quando mio marito … "

"Liz!" Max le premette una mano davanti alla bocca. Sembrava scioccato, ma cominciò a ridere con lei.

"Ehi, cosa intendi per una platea?"

"Sia? Dopo tutto stavo pensando che, come hai suggerito tu, potrei affittarti. Diventerei ricca."

"No." Max scosse la testa. "Ho cambiato idea."

"Uh huh." gli occhi di Liz brillavano. "E per quale motivo?"

"Perché loro non sarebbero te."

Liz sorrise e si appoggiò contro di lui. Il calore della loro pelle accese il fuoco reciproco. Cominciarono a baciarsi, stuzzicandosi dolcemente le labbra, lasciando che le loro lingue si cercassero tra bianchi sentieri di perla. Le mani si unirono all’azione e le dita danzarono un tango appassionato sulla loro pelle. I loro costumi furono in breve un mucchietto ai loro piedi e la giovane coppia si sciolse in una cosa sola.

"Max, Max." ansimò Liz, la frustrazione evidente nel tono della sua voce. Continuò a baciarlo.

"Cosa?" ansimò lui in risposta, continuando a baciarla.

"Non possiamo." Pur ricambiando i baci appassionati di lui, lo stava pregando di fermarsi. "Non possiamo farlo. Gli altri potrebbero sentirci."

"E allora?" mormorò lui. "Non è che non ci abbiano mai sentiti."

"Non è giusto, Max." Liz cominciò a staccarsi da lui e Max avvertì la sua riluttanza. "Non è giusto nei confronti di Kyle."

Max allentò il suo bacio e si allontanò dalla moglie, combattendo per riacquistare il controllo del suo infiammato desiderio.

"Hai ragione." fece un lungo, profondo sospiro. "Mi spiace."

"No, no, Max. Va tutto bene. E’ solo che … "

"Che dobbiamo procurare a Kyle una ragazza."

"Sì." rise Liz. "Si può ancora ordinare una moglie per posta, da questa parte del paese?"

Max scoppiò a ridere. Piano all’inizio, poi sempre più forte. E, all’improvviso, le risate di Max risuonarono per la valle.

Stesi sulla spiaggia, gli altri si guardarono attorno, cercando di capire da quale direzione arrivasse la risata.

"E’ stupefacente scoprire che riesce a fare anche altri suoni." ghignò Kyle.

* * * * *

I due uomini stavano fermi davanti all’entrata del campeggio, circondato da alberi e montagne. Una grande insegna recitava ‘Camp Sawtooth’. Il primo uomo controllò il piccolo dispositivo a forma di diamante nella sua mano ed annuì. Da questa parte." ed indicò il cortile principale.

Si fecero strada attraverso il parcheggio verso una piccola salita che portava sul retro del campeggio. Seguirono il sentiero indicato loro dal dispositivo, arrivando ad un piccolo cottage nascosto tra gli alberi.

"Il posto è questo, Eccellenza." annunciò Chyn.

"Sono ancora qui?" chiese Bektor.

Chyn armeggiò con l’apparecchio che aveva in mano, sollevandolo in aria. Tre ragazzi vennero fuori dal cottage, guardando con sospetto i due uomini.

"Possiamo esservi utili?" chiese uno di loro.

Chyn scosse la testa in direzione di Bektor.

"No, non c’è più segno della loro presenza." rispose poi.

Bektor si voltò vero i tre ragazzi.

"Sapete quanto tempo è passato da quando quelli che si chiamano Max, Michael, Isabel e Tess sono andati via da qui?"

"Non conosciamo nessuno con quei nomi." il ragazzo scosse la testa, poi guardò i suoi compagni per vedere se quei nomi fossero loro familiari, ma anche loro scossero la testa. "Mi dispiace, amico."

Chyn controllò il display del dispositivo, poi guardò Bektor ed annuì.

"Crediamo che siano stati in questo cottage." disse al ragazzo.

"Quando, l’altro giorno, abbiamo cominciato a lavorare qui, il posto era vuoto. Ma non so da quanto lo fosse."

Ancora una volta Chyn guardò il dispositivo ed annuì in direzione di Bektor.

"Noi dobbiamo andare a lavorare." disse loro uno dei ragazzi. "Forse dovreste chiedere in direzione."

Bektor e Chyn tornarono sui loro passi, per raggiungere la ricezione, accanto all’entrata. Entrarono nell’ufficio e si avvicinarono alle giovane donna dietro al bancone.

"Si, signori?" sorrise una di loro.

"Da quanto sono andati via i ragazzi conosciuti coi nomi di Max, Michael, Isabel e Tess?"

"Mi spiace, signore." la ragazza rivolse loro un sorriso forzato. "Temo di non poter dare questo tipo di informazioni. Inoltre, dovrei conoscere i loro cognomi. Non conosco nessuno con quei nomi."

Ancora una volta, dopo aver consultato l’apparato, Chyn annuì a Bektor, che si accigliò.

"C’è nessuno in una posizione tale da poterci aiutare?"

"Solo il signor Anderson, il proprietario del campeggio."

"E’ disponibile?" chiese Bektor.

"E’ nel suo ufficio. Vado a vedere se è libero."

Clare si avvicinò alla porta dell’ufficio del suo capo e bussò.

"Signor Anderson?" disse, aprendo la porta. "Ci sono … oh."

Si fermò e vide che non c’era traccia del signor Anderson. La grande finestra, che aveva fatto aprire quella settimana, era spalancata, chiara indicazione che l’aveva usata per uscire. Clare non ebbe dubbi che già fosse a mezza strada verso casa. Per qualche ragione, non aveva voluto parlare con quelle strane persone.

"Mi spiace." annunciò lei. "Sembra che se ne sia andato."

* * * * *

Granny si accorse subito che il giorno di riposo e di svago aveva fatto miracoli per i ragazzi che la stavano aiutando. Erano tornati a casa, proprio quando lei si stava accingendo a preparare la cena.

"Mi sembra di capire che vi siete divertiti." sorrise, guardando le facce felici.

"Davvero?" ridacchiò Kyle.

"Sì, Granny." Liz l’abbracciò con spontaneità. "E’ stato stupendo. Grazie."

Il loro umore era così felice, che a lei dispiacque di dover fare il commento successivo. "Avete scelto la giornata giusta per allontanarvi." disse in tono cauto.

Il buonumore svanì immediatamente.

"Perché?" chiese Max sentendo crescere la tensione. Ogni nervo del suo corpo era in allerta.

"Oggi è venuta qui l’FBI." disse loro Granny. Sembrarono agitarsi tutti. "Hanno detto che stavano cercando una gang di assassini. Sei ragazzi. Le loro descrizioni combaciano con voi. Hanno detto che siete pericolosi."

Poté quasi sentire nella stanza l’odore della paura.

"Non siamo pericolosi." fu l’enfatica dichiarazione di Liz.

Granny scoppiò a ridere.

"Questo lo so." disse, scacciando la preoccupazione di Liz. "So il vero motivo per il quale vi stanno cercando."

"Davvero?" chiese Max. La sua voce era appena un filo e sembrava distante. Quasi la voce di un bambino terrorizzato.

"Ho buone orecchie." li informò Granny. "E occhi. E, con gli anni, ho imparato a fidarmi di quello che vedo e sento. Sono i piccoli particolari che vi hanno traditi. Dite delle cose, quando pensate che io non posso sentirvi, e fate delle cose, quando credete che non posso vedervi. Poi, ci sono le cose più grandi. Come la mia macchina.

Michael e Maria devono aver fatto qualcosa per cambiarne l’aspetto e poi l’hanno fatta tornare come prima. E la mietitrice che avete aggiustato, ormai non funzionava più da tre o quattro anni. Mancavano dei pezzi speciali. Il problema è che non li fanno più. Abbiamo dovuto chiedere in prestito quella dei vicini. Ad ogni modo, io so che Liz … Max … Michael e …Isabel, sono alieni. Non so da dove venite, ma so che l’FBI vi insegue per questo motivo e che io sia dannata se li aiuterò a prendervi."

"Lei si sbaglia." sorrise Max, avvicinandosi a Liz.

"Non credo proprio." gli sorrise dolcemente Granny.

"Non Liz." continuò Max, guardando sua moglie negli occhi. "Lei è umana, come Maria e Kyle."

"Ma lei, come te, può fare delle cose … "

"Sì." annuì Max. "Probabilmente perché io l'ho guarita. In qualche … modo, l' ho cambiata, rendendola simile a noi."

"Non credo che sia dipeso solo da te, Max." sorrise Granny. "Credo che dipenda anche da Liz. Credo che lei voglia essere come te, essere tua uguale. E’ così che funzionano i grandi amori."

Max guardò Granny negli occhi, per vedere se si stesse burlando di loro. Ma non trovò segno di ironia, solo di compassione.

"Cosa ha detto all’FBI?" chiese lui, senza distogliere lo sguardo.

"Ho detto loro che vi siete fermati davanti a casa mia la settimana scorsa e poi che ho visto il vostro motore brillare. Dopodiché vi siete diretti verso est. Ho detto che sono mezza sorda e che non vi ho sentito parlare, così non ho potuto dare altre informazioni."

"Crede che le abbiano creduto?" chiese Maria.

"Chi lo sa?" Granny si strinse nelle spalle. "Non nuocerà stare con gli occhi aperti. A meno che non decidiate che sia tempo di partire."

"Credo di poter dire, con una certa sicurezza, che non sanno dove siamo e che stanno controllando tutti in questa zona, dopo l’incidente alla stazione di servizio."

* * * * *

Quella notte, finalmente, Max e Liz ritrovarono l’intimità della loro camera da letto. Fu una cosa dolce e tenera e piena di controllata passione. Dopo aver fatto l’amore, rimasero stretti l’uno all’altra, come se temessero che qualcosa avesse potuto dividerli.

"Dimmi che andrà tutto bene, Max." lo supplicò Liz. "Dimmi che non ci succederà niente. A nessuno di noi."

"Liz." Max si voltò di fianco, appoggiandosi su un gomito e facendo danzare le sue dita sul petto di lei. "Ti prometto che smuoverò il cielo e la terra perché, un giorno, tu possa passeggiare per strada senza doverti guardare alle spalle. Sai che proteggerò te e gli altri con tutto me stesso. Ma non posso prometterti una vita normale, fino a che starai con me."

"Che c’è di bello ad essere normale … "

Max la fece tacere con un bacio.

"Non mi sembra più così divertente." ridacchiò poi.

* * * * *

I giorni successivi, lavorarono ancora più duramente di quanto avessero fatto fino ad allora. Cominciarono presto al mattino e terminarono tardi la sera, aiutandosi qualche volta con i fari dei loro veicoli. Resistettero alla tentazione di creare luci innaturali, nel caso qualcuno li stesse guardando. Tutti sapevano di dover raccogliere più grano possibile. Il raccolto stava andando bene e Granny aveva previsto un bel guadagno, una volta che il grano fosse stato venduto. Anche Isabel e Liz insistettero per fare i turni di guardia la notte, permettendo ai ragazzi di dormire un po’ di più. Non c’erano stati altri tentativi di sabotaggio, né segni della presenza dell’FBI.

* * * * *

"Cosa significa che ti hanno fermato? chiese Casey. Hugo teneva fermo l’uomo che avevano assunto per dare fuoco alla fattoria della vecchia signora. Non era tornato a fare rapporto, come gli era stato chiesto e, quando Casey aveva scoperto che alla donna non era successo niente, aveva mandato Hugo a cercarlo. "Chi ti ha fermato? Chi sono ‘loro’?"

"Chiunque sia che sta aiutando la vecchia." balbettò l’uomo. "Mi hanno visto e mi hanno scattato una fotografia. Se dovesse succedere qualcosa adesso, saprebbero che sono stato io. Non voglio andare in prigione. Per favore, signor Casey. Io … io …"

"Oh, sta’ zitto!" scoppiò l’uomo più anziano. Poi si voltò verso Hugo. "Hai saputo chi ha prestato loro l’attrezzatura?"

"No, ma non può essere quella di lei." grugnì il tirapiedi. "Abbiamo messo più sabbia in quei serbatoi, di quanta ce ne sia nella dannata spiaggia."

"Ma devono essersi comunque procurati le macchine da qualche parte."

Ci fu un urgente bussare alla porta.

"Siamo dell’FBI." disse una voce da fuori. "Aprite!"

"Oh, mio Dio!" balbettò l’uomo magro. "Mi hanno scoperto! Io non ho fatto niente! Non ho fatto niente!"

"Sta zitto!" sbottò Casey, colpendo in faccia l’uomo con il dorso della mano. "Hugo, falli entrare."

"Buon pomeriggio, signore." Erano in due, in abito scuro e con gli occhiali da sole. Entrambi aprirono il portafogli, mostrando il distintivo di cuoio. "Agente speciale Tompkins e questo è l’Agente speciale Smith. Siamo cercando un gruppetto di ragazzi. Sono in sei, molto pericolosi. Abbiamo ragione di credere che si siano nascosti da queste parti." Tompkins tirò fuori una serie di fotografie. "Ne avete visto qualcuno?"

"Ho visto questo." Casey indicò la foto di uno dei ragazzi. "E credo che anche gli altri siano con lui." guardò il suo tirapiedi ancora tremante in un angolo.

"Le dispiacerebbe dirci dove, signore?"

"Certo." Casey annuì con un sorriso maligno. "Sono alla fattoria della signora McCarthy. Ora ve la indico sulla mappa. Non vogliamo che vi sfuggano, vero?"

* * * * *

Liz si svegliò nel buio che precede l’alba e guardò cambiare i numeri luminescenti sul quadrante dell’orologio. Mancava ancora un’ora prima che suonasse la sveglia, ma lei non riusciva a dormire. Aveva provato una sensazione che l’aveva tenuta sull’orlo dell’insonnia per tutta la notte. Con un sospiro di frustrazione scivolò fuori dal letto, lasciando Max a dormire e si vestì per affrontare la giornata. Uscì dal loro appartamento e si diresse in cucina per aiutare Granny, che Liz sapeva già in piedi, a preparare la colazione.

"Ti sei alzata presto." osservò Granny. "Non riuscivi a dormire?"

"Sì." annuì Liz. "Mi sento un po’ … "

"Irrequieta?"

"Sì. credo sia perché siamo arrivati alla fine del raccolto e dobbiamo pensare ad andarcene."

"Se volete restare, siete i benvenuti. Lo sapete."

"No." Liz scosse la testa. "Grazie per l’offerta, ma sarebbe troppo pericoloso per lei."

"Sono io che devo ringraziarvi." disse Granny abbracciandola. "Non capita tutti i giorni che degli estranei si mettano a rischio per aiutare qualcuno che nemmeno conoscono. Cosa ve l' ha fatto fare?"

"Oh … uhm … " Liz si guardò attorno alla ricerca di un pretesto per cambiare argomento, non volendo far sapere a Granny della sua visione. "Io … uhm … qualche volta … ricevo delle visioni dalle persone. Ed ho saputo, in qualche modo, che lei aveva bisogno del nostro aiuto."

"Stavo pensando … "annuì Granny. "Con il grano che avete raccolto, posso pagare i miei debiti. Se vendessi ora la mia fattoria e pagassi l’ipoteca, mi avanzerebbero ancora dei soldi per comprare un posticino da qualche altra parte."

"E, inoltre, ci saranno i soldi dell’assicurazione." le ricordò Liz.

"Dubito che riuscirò mai a vederli. Gli avvocati sono molto cari."

"Non quando il padre di Max ed il marito di Isabel sono avvocati. " rise Liz.

"Il papà di Max? Lui è … ?"

"No." Liz scosse la testa. "Lui e Isabel sono stati adottati. I loro genitori li hanno trovati che vagavano nel deserto, quando erano solo dei bambini."

"E come mai lui sembra così …?"

"Umano? Ma lo sono. Hanno corpi umani, ma … anime aliene. Sono degli ibridi."

"Ah, capisco." Granny sorrise. "E questo non ti crea problemi?"

"No." Liz rispose senza esitare. "Qualche volta ho difficoltà a ricordare che Max non è completamente umano. Credo che lui sia più umano di tanta altra gente che ho conosciuto."

"Come Casey?"

"Sì." ridacchiò Liz.

"Ad ogni modo," Granny si mise a sedere, mentre aspettava che la padella si riscaldasse. "ho deciso che, una volta che sarete andati via, chiamerò mio figlio."

"Oh, Granny." il viso di Liz si illuminò per la gioia. "Che bello!" E strinse la donna in un forte abbraccio.

La porta di ingresso si aprì bruscamente. Nello stesso istante, la porta della cucina esplose in centinaia di schegge di legno e vetro, mentre uomini in abito scuro e con le pistole in mano, irrompevano nella stanza. Sia Granny che Liz furono bloccate sulle sedie, mentre sentivano passi pesanti salire le scale per il piano superiore, e scendere per il seminterrato. Kyle rimase congelato con la mano a mezz’aria, mentre stava portando una forchettata di frittella alla bocca.

"Stai bene?" chiese Granny, con un’espressione preoccupata.

Liz si lasciò cadere sulla sedia dietro di lei. "No." disse scuotendo la testa."

Kyle entrò il cucina dalla porta posteriore, facendo sobbalzare Liz. Aveva appena finito l’ultimo turno di guardia.

Buongiorno Granny. Liz." Kyle annuì, aspirando il profumo nell’aria.. "Mmmmm. E’ odore di frittelle quello che sento? Sono affamato."

"Oh, mio Dio!"è gridò Liz, alzandosi dalla sedia. "Dobbiamo andarcene. Subito!" Corse oltre Kyle, gridando verso di lui. "Va a svegliare gli altri." E si mise a correre verso l’appartamento. "Max! Max!"

Nessuno afferrò immediatamente perché Liz fosse così terrorizzata, ma afferrarono l’idea di dover andare via e anche il più velocemente possibile. Erano quasi nel panico, mentre ptrendevano i loro pochi averi e li infilavano sul retro del loro furgone. Non avevano tempo per mangiare. Come furono saliti nel furgone, dando un frettoloso addio a Granny, il motore era già in moto.

"Dirigetevi verso gli alberi dove siete stati l’altro giorno." li sollecitò Granny. "Da lì parte una strada secondaria che porta a nord. Ci sono molti boschi in cui nascondervi."

Sentirono lo stridio di frenate in direzione della strada principale e il rumore di un elicottero che sorvolava il granaio.

"Oh, mio Dio, Max." gridò Liz.

"Kyle, guida tu." gli ordinò Max, salendo sul retro del furgone. Con un cenno della mano, aprì il finestrino.

Michael lo seguì, mentre Liz, Isabel e Maria, salirono sui sedili al centro della cabina. Max vide uomini armati circondare la casa e dirigersi verso il granaio.

"La porta!" gridò Max. "Sfonda la parete sul retro!"

Il SUV sbandò in avanti e con le ruote quasi fuori controllo, fece un balzo verso la parete posteriore del granaio. Isabel fece sporgere la mano dal finestrino ed una nuova porta comparve, accompagnata da un’esplosione. Max, con la sua energia, cercò di tenere chiusa la porta principale. Quando emersero nei campi alle spalle del granaio, una SUV nera con i vetri oscurati era già pronta a sbarrare loro la strada. Kyle fu costretto a sterzare bruscamente verso sinistra e ad abbandonare il sentiero che volevano seguire.

"Passa per i campi!" gridò Max, augurandosi che Kyle potesse sentirlo al di sopra del rombo del motore.

Una nuvola si alzò sulla loro scia, ma anche attraverso la polvere Max riuscì ad individuare quattro macchine scure che si stavano inseguendo. Sopra di loro, un elicottero li aveva individuati con estrema facilità.

Proiettili cominciarono ad esplodere sul terreno attorno a loro. Quasi senza pensarci, Max sollevò lo scudo verde per proteggere il furgone, ma questo impedì a Michael di rispondere al fuoco. Isabel, dal finestrino laterale, cercò di rallentare i loro inseguitori con esplosioni di energia. Le quattro SUV si allargarono e Max fu costretto ad allargare di conseguenza il suo scudo, impedendo anche ad Isabel di colpire.

"Quando abbasserò lo scudo," gridò Max, sperando che anche Isabel potesse sentirlo. "colpite le due macchine all’esterno. Pronti? Tre … due … uno!"
Lo scudo scomparve e quasi contemporaneamente, da tre dei veicoli partì uno sbuffo di fumo, quando i loro motori si surriscaldarono ed esplosero. Max e Michael si guardarono alle spalle, per scoprire che anche Liz era sporta dal finestrino, con la mano tesa.

"Cosa c’è?" chiese lei con un sorriso compiaciuto. "Pensavate che avrei lasciato a voi tutto il divertimento?"

Tre dei veicoli si fermarono ed il quarto rallentò, tenendosi a distanza di sicurezza. L’elicottero, invece, rimase sopra di loro, muovendosi a zigzag. Kyle riprese lo stretto sentiero e ben presto furono oltre la cava abbandonata, diretti verso il bosco comparso alla loro vista. Con una della auto ancora dietro e l’elicottero che ronzava sopra di loro, seguirono il sentiero tra gli alberi. Almeno erano protetti dagli inseguitori in cielo.

Si infilarono nel bosco, incuranti di rami e ramoscelli che graffiavano la carrozzeria.

"Da quella parte!" Max indicò una stretta curva. "Gira a sinistra!"

Kyle obbedì, rallentando, e si infilò in un sentiero ancora più stretto. Quando Kyle accelerò, Max ruzzolò verso la porta posteriore e si lasciò cadere a terra.

"Via!" fece cenno a Kyle. "Va avanti per un paio di chilometri. Io vi raggiungerò."

Col pesante suono dei rami che colpivano il furgone, Kyle si arrampicò sulla collina. Lo sguardo preoccupato di Liz rimase fisso sul marito. Max aspettò che fossero fuori vista, prima di cominciare ad usare i suoi poteri per far sparire le tracce del loro passaggio, creandone poi di false sul sentiero che avevano abbandonato. Si arrampicò poi lentamente lungo la strada, continuando a lasciare falsi segni, fino a che sentì avvicinarsi il SUV dell’FBI. Si nascose allora dietro un folto cespuglio, fino a che il veicolo non fu passato oltre. Max tornò indietro di corsa, riprendendo il sentiero seguito da Kyle. Continuò a cancellare le tracce, fino a che, nascosti dietro un folto cespuglio, li trovò ad aspettarlo. Il sollievo che lesse sui loro volti fu evidente.

"Max!" gridò Liz, correndo tra le sue braccia e lasciando che il sollievo le percorresse il corpo.

"Dove andiamo adesso, Maxwell? chiese Michael, dopo aver concesso all’amico un momento per godersi la loro riunione.

"Credo che siamo rimasti senza lavoro." disse Max stringendosi nelle spalle. "Ad ogni modo era arrivato il momento di lasciare il Nebraska."

* * * * *

Stando tra i detriti della nuova porta che era stata aperta nel suo granaio, la signora McCarthy vide il furgone fuggire tra i campi, dove proprio quella settimana, avevano raccolto il grano. Sentì gli spari delle pistole ma, con tutta quella polvere, non riuscì a vedere quello che stava accadendo. Continuò a guardare fino a che la nuvola si diradò, per dissolversi poi completamente. Fu quasi sicura che i ragazzi avessero raggiunto la foresta.

L’elicottero continuava a volare da una parte all’altra, abbassandosi e risollevandosi. La sua traiettoria suggeriva che era all’inseguimento di qualcosa e Granny capì che i ragazzi ce l’avevano fatta. Fece un enorme sorriso e scosse la testa. Sospirando, fece marcia indietro e, attraverso il granaio, si diresse verso casa. Entrò nel soggiorno e prese la foto di suo marito e di suo figlio. Ricordò le parole di Liz e con la mano che le tremava, prese il telefono. Compose un numero interurbano.

"Pronto?" disse con la voce pesante. "Sì, sono Dora. Vorrei parlare con mio figlio, per favore. Sì, il Senatore Glenn McCarthy." Sollevò lo sguardo e, attraverso la finestra, vide gli Agenti dell’FBI avvicinarsi alla casa, attraverso i campi.

"Sarà meglio che si sbrighi." suggerì alla persona al telefono.

* * * * *
 

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Capitolo 10
*** 10 ***


Parte 10

Indicazione della data: 15 agosto 2002 - Berkeley, California.

Gli scienziati del SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) hanno negato le voci che affermano l’intercettazione di una trasmissione che potrebbe provenire da fonte aliena. Affermano che si era già verificato il caso di un segnale, originato dalla terra qualche tempo fa, che aveva generato un’eco, percepita solo in seguito. Il professor David Klein, della squadra di scienziati del SETI, pensa che la scoperta originale, anche se riportata sulle migliaia di screensaver col il logo del SETI che girano sui computer sparsi per tutto il pianeta, sia un errore. "All’inizio, come potete immaginare, si è creata una grande eccitazione." ha dichiarato il Professor Klein. "Ma, dopo averlo studiato, è apparso chiaramente che il segnale aveva origini umane."

Un documento rilasciato dalla sede del SETI nella California meridionale, suggerisce che il segnale rilasciato usa un sistema binario, consistente in quattro diversi segnali di attività - uno corto, seguito da due lunghi e concluso da un altro corto. Il documento conferma inoltre che il segnale è stato rilevato una sola volta e che il sensore presente in quel particolare quadrante, non ha percepito altra attività.

E’ politica del SETI considerare ogni trasmissione non ripetuta, come un’aberrazione. Si crede però che gli scienziati del SETI stiano trattando questa trasmissione come reale. Si afferma anche che il segnale sia stato troppo controllato, troppo preciso nelle frequenze, per essere ritenuto una mera eco. Uno scienziato ha riportato che era come se il segnale fosse specificatamente diretto solo verso un punto preciso nel sud-ovest degli Stati Uniti.

Non ci sono stati commenti ufficiali del SETI su questa dichiarazione, né è stato confermato che il segnale sembrava provenire dal quadrante di spazio che doveva essere occupato, al momento della trasmissione, dal pianeta Plutone e dal suo ancora non confermato satellite, Muggins.

In tutto il paese, gruppi di persone chiedono che il SETI rilasci documentazione del segnale, per poter verificare le dichiarazioni del SETI, affermando che l’ente è ormai una organizzazione indipendente che tende ad aggrapparsi ai suoi trascorsi segreti e alle teorie di copertura delle cospirazioni.

Milton Ross è il portavoce dell’associazione ‘Among Us’, che crede che forme di vita aliene siano già presenti nel nostro paese e si siano ambientate tra la nostra popolazione. Si attribuisce a Ross la frase ‘Credo che la popolazione di questo pianeta abbia il diritto di sapere se questo è un segnale per qualcuno come loro, che è già sulla Terra, e se vogliono veramente mettersi in contatto con noi.’ - - - AFP.

* * * * *

Jeff Parker guidò la sua macchina per le strade di Roswell, guardando nello specchietto retrovisore per accertarsi che Philip e Jim avessero fatto la loro parte e avessero impedito a chiunque di seguirlo. Per ulteriore precauzione, scelse un percorso che lo portò per stradine tortuose, piene di incroci in cui poter voltare. Per quasi un’ora vagò a vuoto, poi voltò all’improvviso, tornò indietro e fece tutte le possibili azioni evasive.

Soddisfatto di non avere alle calcagna nessuno, Jeff si decise a lasciare Roswell, diretto sulla vecchia strada che lo avrebbe condotto a Vasquez Rocks. Col il diario di Liz sul sedile accanto al suo, aperto alla pagina dove lei aveva scritto le istruzioni, trovò il posto facilmente. Parcheggiata la macchina in un’area aperta, rimase seduto per qualche momento, chiedendosi quante volte sua figlia e i suoi amici avessero parcheggiato nello stesso posto. Fu preso da una sensazione di meraviglia e di timore reverenziale.

Scese dall’auto e si incamminò sulla pendenza che conduceva alla strana formazione rocciosa, che mostrava ancora i segni della recente agitazione. Era quella l’erta dalla quale Liz era corsa via da Max, quando, per lasciarlo al suo destino, si era sconvolta la vita. Erano quello rocce che avevano ospitato il Granilith e la caverna in cui Max era nato. Era lì che Max aveva dichiarato che far entrare Liz nella sua vita era stata la cosa migliore che avesse mai fatto. Quello era veramente un posto speciale. Jeff si fermò e lo guardò quasi con riverenza, quasi timoroso di avvicinarsi.

Poi, col diario sotto il braccio, si avvicinò e si arrampicò sulle rocce. Ricordando la descrizione fatta da Liz, Jeff passò la mano sulla parte piatta della roccia e non fu sorpreso quando non accadde nulla. Sospirò e scosse tristemente la testa. Gli sarebbe piaciuto poterla vedere. C’erano un sacco di cose che Jeff avrebbe voluto vedere. Trovando un angolo protetto, come gli aveva chiesto di fare Liz, proprio all’ombra della camera dei bozzoli, il posto dove suo marito era nato, Jeff si sedette a gambe incrociate, posando il diario davanti a lui. Con le lacrime agli occhi, Jeff fissò lo spesso volume.

Provava una forte riluttanza a bruciarlo. Chissà quanto bene avrebbe potuto fare quel quaderno negli anni a venire? Ma chissà anche quanto male? L’agonia dell’indecisione che bruciava nell’animo di Jeff gli fece venire la nausea. Una cosa era parlare di bruciarlo, un’altra completamente diversa era farlo veramente. Quella era la vita di Liz. Sentendosi molto strano, Jeff prese la lattina dalla tasca. Con le lacrime agli occhi, diede al diario un’ultima, tenera carezza. Aprì la lattina e lasciò che il liquido infiammabile, col suo odore pungente, impregnasse il diario. I vapori lo raggiunsero e gli fecero agitare lo stomaco. Quando prese dall’altra tasca una scatola di fiammiferi, la visione di Jeff cominciò ad offuscarsi. Il terreno sembrò ondeggiare avanti ed indietro, da una parte all’altra.

I vapori della benzina e le forti emozioni ebbero la meglio su di lui e Jeff svenne. Non si rese conto di quanto tempo fosse rimasto incosciente, ma fece strani sogni su Liz che faceva il tiro alla fune con strani esseri senza volto. Invece della fune, le due squadre usavano un cerchio d’oro, una corona. Ogni volta che sembrava lei stesse per perdere, Max le posava una mano sulla spalla e gli sforzi di Liz si rinnovavano. Quando alla fine rinvenne, era già buio ed il diario di Liz era scomparso.

* * * * *

La giovane donna era alla finestra della cucina, e guardava i suoi bambini che giocavano nel cortile posteriore, mentre lei lavava i piatti della colazione. Un colpo alla porta principale la distolse dai lavori domestici. Dopo aver controllato velocemente che i bambini fossero al sicuro, andò ad aprire la porta. C’era una giovane ragazza bionda, con un sorriso stampato sulla faccia. Con lei aveva una valigetta di cuoio. La donna stava per dirle di non essere interessata, quando la ragazza parlò.

"La signora Mill? Io mi chiamo Sarah Brackham e prima che lei dica qualcosa, non voglio venderle nulla."

"Oh." La signora Mill guardò la valigetta.

"Sì, sono una reporter indipendente e sto ricostruendo la storia di alcuni adolescenti scomparsi, proprio qui, a Roswell."

"Capisco." La signora Mill non si sentì affatto rassicurata. "Io … io credo che lei abbia avuto una … esperienza, con quei ragazzi. Le spiace se entro e le faccio qualche domanda?"

La signora Mill non sapeva cosa fare.

"Io … loro … Mi hanno salvato la vita." disse con un’aria un po’ spaventata. "Io non voglio creare loro alcun problema."

"Problemi, signora Mill?" Sarah sembrò confusa. "Non capisco. Come potrebbe creare loro dei problemi?"

"Forse è meglio che venga dentro." sospirò lei. "Posso portarle una tazza di caffé o qualcos’altro?"

"Grazie." annuì Sarah, passando oltre la donna, che stava tenendo aperta la porta, e seguendola poi in cucina.

"Le dispiace se registro la nostra conversazione?" le chiese. "Naturalmente se lei preferisce … "

"No, no." annuì la donna più matura, stringendosi nelle spalle e accendendo il bollitore. Poi si tenne occupata preparando due tazze per il caffé. "No, va bene. Se vuole registrare, faccia pure. Non è che le autorità non lo sappiano già."

"Forse dovrebbe cominciare dall’inizio, signora Mill." chiese Sarah, accendendo il piccolo registratore.

La signora Mill versò l’acqua bollente nelle tazze e si sedette dalla parte opposta della tavola, rispetto alla giornalista, facendo un pensoso sospiro.

"E’ successo a Maggio. "cominciò a dire. "Una sera stavo tornando a casa dopo aver fatto spese ed ho sentito fame. Robert … mio marito, era fuori per affari e i bambini erano con i nonni. Non mi andava di cucinare, una volta arrivata a casa, così ho deciso di concedermi una cena al Crashdown Café."

"Quel ristorante a tema alieno sulla strada principale, vero?" chiese Sarah, controllando gli appunti sul suo taccuino. "I suoi proprietari sono Jesse e Nancy Parker?"

"Sì." confermò la signora Mill. "Il cibo è buono lì e quella cameriera, la brunetta, è così cara."

"L' ho sentito dire." rispose Sarah.

"Pagato il conto, ho detto alla cameriera di tenere il resto. Poi, per un momento, mi è sembrata … distante. Ho pensato che non avesse gradito la mancia, ma … sapevo che non poteva essere quello il motivo. Sono uscita dal locale e mi sono diretta nel vicolo accanto per tornare alla mia macchina, parcheggiata dietro l’angolo. Quel tipo, sporco e trasandato, aveva un aspetto disperato. E’ sbucato dall’ombra ed ha afferrato la mia borsa. Ho lottato contro di lui ma, quando ha tirato fuori una pistola, mi sono fatta indietro. Ero così spaventata. Credevo veramente che sarei morta, poi la pistola gli è … volata via dalla mano. All’inizio mi è sembrato così, poi, quando ci ho ripensato, è come se l’avesse gettata via. Gli allarmi delle macchine hanno cominciato a suonare e la cameriera ed il suo ragazzo stavano in fondo al vicolo. Il ladro deve averli visti e deve essersi spaventato, poi è fuggito con la mia borsa. La ragazza è rimasta, probabilmente per accertarsi che io stessi bene, poi si sono allontanati tutti e due."

"Cosa hanno fatto le autorità?"

"Naturalmente ho fatto denuncia alla Polizia, ma i poliziotti dubitavano di riuscire a ritrovare il ladro. Pochi giorni dopo, sono stata … quasi rapita per la strada, dall’FBI."

"L’FBI l' ha arrestata? Avevano un mandato?"

"No, non mi hanno arrestata. Mi hanno presa e trascinata in un grande furgone. All’inizio, non sapevo che fossero dell’FBI e cosa volessero … Poi, uno di loro mi ha mostrato il suo tesserino. Ne ricordo ancora il nome. Agente Speciale Steven Baurline. Credo che mi abbia spaventato più lui che il rapinatore."

"Cosa volevano?"

"Volevano che guardassi delle foto e che identificassi i due ragazzi che mi avevano aiutato."

"E lei lo ha fatto?"

"Ero spaventata, signorina Brackham. Volevo tornare dai miei bambini. Ho pensato veramente di non avere altra scelta."

"Ha un’idea del perché volessero sapere chi l’aveva aiutata?"

"In quel momento non l’avevo, poi ho letto quella storia su uomini armati e tiratori scelti e non ho saputo più cosa pensare. Voglio dire, chi erano quei ragazzi? Mi hanno salvato la vita, ma perché l’FBI è così interessata a catturarli?"

* * * * *

Stiamo vivendo secondo la promessa che io e Max abbiamo fatto sull’aiutare gli altri. Insieme, come gruppo, abbiamo aiutato tre famiglie. So che le ragazze salvate da Michael non considererebbero la cosa i questi termini, ma va bene ugualmente. Quello che importa è che lo sappiamo noi. Non lo facciamo per avere riconoscimenti. E’ stato veramente bello aiutare Granny. E lavorare nella fattoria, mi ha fatto capire che la nostra vita è proprio come quella dei contadini. Entrambi seminiamo, coltivando i nostri sogni e le nostre speranze, e tutto quello che dobbiamo fare è assicurarci che crescano. Sia noi che loro dipendiamo da forze esterne, madre Natura per i contadini, le autorità per noi, che ci costringono a prendere delle decisioni. Anche se riusciamo a sfuggire solo per un pelo, siamo stati tutti contenti di aver aiutato Granny a vivere meglio. E questo vale per tutti, anche per Michael. Posso assicurarlo.

Qualche volta, credo che Michael si opponga a certe cose perché ce lo aspettiamo da lui. Ma sospetto che, dentro di lui, sia grato per la direzione che ha preso la sua vita.

So quanto tutto questo faccia stare bene Max. Lo sento quando lo bacio, cosa che avviene molto spesso. Ma posso sentire anche qualcos’altro. Qualcosa lo preoccupa, fin da quando abbiamo lasciato il Nebraska ed abbiamo vagato senza meta, dirigendoci alternativamente a sud e ad est. E’ cominciato piano, ma già potevo sentirlo. Ora sta crescendo e so che, quale che sia, sta cominciando ad influenzare il suo stato d’animo. Stavo aspettando il momento giusto per parlare con lui. E credo che sia arrivato.

* * * * *

Dopo essersi lasciati alle spalle l’FBI e con la copertura del buio, Max aveva guidato il furgone fuori dalla foresta e si era diretto a sud, ansioso di lasciarsi il Nebraska alle spalle. Avevano preferito non fermarsi, determinati a mettere quanta più distanza possibile tra loro e gli inseguitori.

"Ragazzi!" Kyle scosse la testa. "Non posso credere alla resistenza di questo motore. Voglio dire, siamo passati per campi pieni di polvere e di paglia, per un sentiero pieno di fango, abbiamo affrontato una foresta, abbiamo tenuto in moto questo piccolo per tre giorni interi e lui fa ancora le fusa come un gattino."

"Max ha fatto un buon lavoro." disse Liz al di sopra della sua spalla, accarezzando il braccio del marito.

"Hey, lo so!" Kyle stava saltando sul sedile. "Perché non troviamo una città da qualche parte e non ci mettiamo in affari? Potremmo aprire un garage ed offrire Super Interventi Alieni a prezzi stracciati. Faremo un sacco di soldi."

"Ma sentiti, Kyle!" Liz rise e Isabel cominciò a colpirlo sulla testa con una rivista arrotolata.

Due giorni dopo avevano lasciato il Nebraska, mentre Max era ancora una volta alla guida, bordeggiando il confine con l’Oklahoma. Se l’erano presa calma per attraversare il Kansas, serpeggiandovi attraverso e assicurandosi, nelle vaste estensioni di grano, di non essere seguiti. Liz, seduta al suo fianco, suggerì di fermarsi alla prossima stazione di servizio. Max annuì e quando apparvero le luci di un parcheggio, si prepararono tutti a prendere caffé, a stirarsi le membra e ad usare i bagni.

"Vuoi dirmi cosa ti preoccupa, Max?" chiese Liz quando furono tutti fuori dal veicolo.

Max la guardò e le rivolse un piccolo sorriso. Avrebbe dovuto saperlo che non sarebbe riuscito a nascondere quello che provava a sua moglie.

"Cosa c’è?" chiese Isabel.

Anche lei sembrava avere qualcosa che le passava per la mente, ma visto che non poteva entrarvi, Liz non sapeva come aiutarla. Però conosceva Max e capì che voleva parlare con lei. Vista la loro particolare situazione, Liz sapeva che non sarebbero potuti stare da soli ancora per molto tempo, quindi era meglio approfittare di quell’occasione.

"Problemi?" chiese Maria.

"Io voglio andare in Arizona." disse Max a bassa voce.

"O-kay." annuì Kyle. "E perché in Arizona?"

"A Phoenix, precisamente." continuò Max. "Ho pensato a quei bambini che ho guarito. E se cominciassero a stare male come è successo a Liz? Non hanno nessuno che li possa aiutare. devo assicurarmi che stiano bene."

"Problemi." annuì Michael, rispondendo alla domanda di Maria. Si guadagnò una botta sulla testa da parte di Isabel.

"Prima è, meglio è." sussurrò Max. "Non posso sopportare il pensiero che, in qualche modo … l’FBI riesca a trovarli e … "

"E li chiuda in una stanza bianca." annuì Maria, con gli occhi che stillavano compassione.

"Ma questo ci riporterebbe vicino a Roswell." obiettò Michael. "L’FBI, la Base Aeronautica Edwards … "

"Forse potrebbe essere un vantaggio." considerò Max. "Probabilmente pensano che ormai siano arrivati in Canada o forse a New York. Non penseranno mai che siamo tornati vicino casa."

"Certo, Max." Liz lo abbracciò per dimostrargli la sua incondizionata lealtà. "Andremo in Arizona. Rinfreschiamoci un po’ e prendiamo la strada più diretta. Poi, andremo a Phoenix, nell’ospedale dove hai guarito i bambini, e sistemeremo tutto."

"Ragazzi?" fece loro notare Michael. "Che senso ha andarci? Max li ha guariti, ricordate? Ora non sappiamo dove sono."

"Questo non è un problema." Liz scosse la testa. "Sono sicura che, con le nostre capacità, possiamo entrare negli uffici ed accedere alle registrazioni. Troveremo i loro indirizzi ed andremo a visitarli, uno alla volta."

"Ma non sappiamo nemmeno i loro nomi!" obiettò Michael.

"Anche questo non è un problema." Liz mise da parte le sue proteste. "Prima cosa, i giornali locali devono avere i loro nomi da qualche parte. E poi noi abbiamo già un nome. Dobbiamo controllare le registrazioni partendo da quello. Potremo sapere chi era nella stanza con lei."

"Chi conosciamo?" chiese Maria.

"Sydney, la figlia di Brody."

"Giusto." annuì Max. "E’ stata lei la ragione per la quale sono andato lì. Poi non ho potuto ignorare gli altri." Ci fu un intoppo nella voce di Max. "Io … io non ho … "

"Va tutto bene, Max." lo calmò Liz. Lo aveva già rimproverato per quello che aveva fatto. Non era che non fosse orgogliosa di quello che avesse fatto suo marito, ma era come aveva detto lei: lui non era Dio.

"Avete una idea di quanto tempo ci vorrà?" chiese Michael. "Dovremo controllare ogni registrazione, per sapere chi fosse in quella stanza con lei."

"Hai qualcosa di meglio da fare, Michael?" chiesero Max e Kyle nello stesso momento. Poi si guardarono l’uno con l’altro e scoppiarono a ridere.

"Cosa c’è di così divertente?" chiese Maria.

"Avresti dovuto esserci." ridacchiò Kyle.

"Max." lo chiamò Isabel, mentre si stavano dirigendo al negozio per fare provviste. Isabel rivolse a Liz uno sguardo di scusa, sapendo che quello che stava per chiedere, avrebbe riaperto una vecchia ferita, che sarebbe stato meglio lasciare chiusa. "Che facciamo per … per … per Zan?"

Guardarono tutti Max, ciascuno chiedendosi come avrebbe reagito. Max guardò Liz, che fece un cenno di comprensione con la testa.

"Io l' ho controllato." disse con cautela. "Quando è stato … con noi. Io … io non mi fidavo di Tess, voglio dire, lei mi aveva mentito così tante volte. Dovevo accertarmene. Ho controllato. Usando la nostra connessione. Sapevo cosa cercare … per via di Liz. Dopo che Tess mi aveva detto che era umano, sono entrato nella sua mente per accertarmene. Non volevo che crescesse con una famiglia normale, se non era umano. Io so cosa significa crescere sapendo di essere diverso e non volevo quello per Zan. Così ho controllato. Non c’era nessuna indicazione che avesse potuto sviluppare qualche … potere." Max si guardò intorno, la sua postura molto tesa. "E’ stato questo che mi ha aiutato a lasciarlo andare."

"Così, se avesse avuto poteri latenti, tu lo avresti tenuto con te?" chiese Isabel.

Liz conosceva già la risposta. Max ne aveva discusso con lei e lei lo aveva aiutato a prendere la sua decisione. Come Max, anche Liz voleva il meglio per Zan. Il bambino non aveva nessuna colpa di quello che era successo e, se Max avesse deciso di tenerlo con sé, lei lo avrebbe appoggiato. Certo, le avrebbe fatto male. E sarebbe stato un perenne ricordo … dell’errore di Max. Ma le parole di Tess erano state un balsamo per il suo cuore torturato. Anche nei giorni più bui, Tess non era riuscita a spegnere la fiamma dell’amore di Max per lei.

"Sì." rispose Liz al suo posto. "Ed avrebbe avuto il mio appoggio totale."

"Sta meglio dove sta." sospirò Max.

Dopo due giorni e diverse centinaia di chilometri per tornare indietro, traversarono il confine del New Mexico. Non ci furono evviva, né commenti. Solo silenzio. Ciascuno era perso nei propri pensieri, pensieri che erano rivolti a sud, nell’ unico posto che tutti consideravano casa, le colline blu dei loro ricordi.

Fu solo quando furono vicini a Las Vegas, New Mexico, che ricominciarono a parlare. Fu Maria a ricordare i nomi che Michael aveva dato loro durante la loro gita alla Las Vegas più famosa. Solo Max e Liz non si unirono alle battute scherzose degli altri. Nessuno dei due voleva soffermarsi sui ricordi di quando si erano lasciati. Vegas riportava loro alla mente troppi ricordi, non tutti belli, di un tempo quando le cose tra loro erano … differenti. Il cattivo umore era stato comunque spezzato e i ragazzi cominciarono a rilassarsi. E anche Max e Liz si unirono alla conversazione.

"Stazione di servizio in arrivo." disse Kyle verso il retro del SUV. "Potremmo fare benzina e, non so voi, io sono affamato."

"Okay, Kyle." rispose Max. "Fermati. Credo che una sosta ci voglia."

Kyle entrò nella stazione di servizio e scesero tutti dal veicolo per sgranchirsi le gambe.

"Perché voi ragazzi non andate avanti?" disse accennando con la testa verso il caffé. "Io faccio rifornimento e vi raggiungo."

"Okay." sorrise Liz. "Grazie, Kyle."

"Non c’è di che." sorrise lui. "Intanto ordinatemi una grossa bistecca, una porzione enorme di patate fritte e una gigantesca coca ghiacciata."

Scoppiarono tutti a ridere, mentre Michael e Maria si erano già diretti verso il ristorante. Isabel scelse di rimanere a tenere compagnia a Kyle. Max e Liz seguirono gli altri due, ma senza molto entusiasmo. Camminarono lentamente, permettendo alle loro mani di incontrarsi e di stringersi tra di loro. Questo era la conferma che era valsa la pena di sopportare tutto quello che avevano passato pur di stare insieme.

"Sai, Max?" Liz ruppe la magia del silenzio. "L’abbiamo scampata per un pelo già due volte, ma abbiamo aiutato tre differenti gruppi di persone. Gente le cui vite sono cambiate in meglio."

"E’ una bella cosa." annuì Max. "Aiutare la gente, voglio dire. Mi piace. Ma non riesco a fare a meno di sentirmi in colpa per i sacrifici che sei stata costretta a fare. Sai, i tuoi sogni."

"Smettila!" gli disse lei, stringendogli la mano. "Devi smetterla di farmi questo. Di farci questo. Max, tu mi hai guarita. Tu mi hai dato una nuova vita che non avrei dovuto avere. Se non fosse stato per te, non avrei avuto più sogni ai quali guardare. Stando così le cose, di tutti i miei sogni, uno ha avuto la precedenza nel momento in cui tu hai toccato la mia vita. Il sogno di dividere la mia vita con te."

"Ma … "

"Niente ma, Max! Io ho accettato questa vita quel giorno di settembre di tre anni fa. E sarà meglio che tu accetti l’idea, capo! Io sto dove voglio stare, sto con chi voglio stare. Max? La mia vita è la tua vita."

"E la mia è tua, Liz. Lo sai questo, vero?"

"Allora, andiamo a mangiare, o cosa?"

Max sollevò un sopracciglio, sorridendo. "Per quanto quel ‘cosa’ suoni invitante, sono piuttosto affamato."

Scoppiarono entrambi a ridere ed entrarono nel ristorante, attirandosi uno sguardo di biasimo da Michael.

* * * * *

Kyle attese fino a quando non fu certo che gli altri fossero fuori portata di udito.

"Non pensavo di rivedere ancora il New Mexico." sorrise, guardando i numeri susseguirsi sulla pompa della benzina.

"No." Isabel fissò il vuoto. "Nemmeno io."

"Ti rendi conto che Roswell è a sole poche ore da qui? Potremmo essere lì in tempo per mangiare un pezzo di dolce al Crashdown."

"Sì." e lei si strinse nelle spalle.

"Forse potremmo andare lì e fare una strage, uccidendo tutti quelli che incontriamo."

"Una buona idea." annuì Isabel.

Kyle non sorrise nemmeno. La guardò e scosse la testa.

"Ne vuoi parlare?" le chiese dolcemente.

"E’ per Jesse." sospirò Isabel, vicina alle lacrime.

"Cos’ha fatto, adesso?" Kyle scosse la testa.

"Credo che ne abbia avuto abbastanza. Non che possa biasimarlo. E’ solo che penso … penso che non mi ami più."

"E cosa te lo fa dire?"

"Quando entro nei suoi sogni, è come … voglio dire … Non è più come prima. Credo che abbia deciso di non aspettarmi più e che voglia lasciarmi andare."

"Ne sei sicura? Sai, quando si è presentato fuori dalla camera dei bozzoli con quel vecchio furgone, mi è sembrato piuttosto … Isabel, credo che tu stia solo immaginando qualcosa che non esiste. Probabilmente sente la tua mancanza quanto tu senti la sua e forse i vostri sogni sessuali, gli fanno rendere ancora di più conto di quello che sta perdendo. Credimi, il celibato non è divertente."

"Questo lo so, grazie."

"Ma tu almeno puoi visitare chi ami, nei sogni ed avere sesso virtuale. Io non posso farlo."

"E chi vorresti visitare?"

"Non dipende da me."

Prima che Isabel potesse rispondere, la loro attenzione fu attratta dal suono di sirene che si avvicinavano. Kyle e Isabel rimasero immobili per lo shock. Si guardarono l’un l’altro, chiedendosi entrambi cosa dovessero fare e realizzando entrambi che potevano fare ben poco. Una Mercedes nera frenò davanti al ristorante. Non era in buone condizioni: una delle ruote era a brandelli e dal motore usciva del fumo. Cinque figure vestire di nero e con passamontagna, scesero dalla macchina e, armi in mano, si precipitarono dentro il ristorante. Dall’interno del locale, si sentì lo staccato di una raffica di spari e di grida.

Isabel cominciò a muoversi per andare in soccorso degli amici, ma prima che riuscisse a fare due passi, una fila di auto della Polizia si fermò nell’area di parcheggio. Poliziotti scesero velocemente dalle macchine e formarono subito un perimetro difensivo. Mentre Kyle ed Isabel si erano immobilizzati per lo stupore e per un’incredibile terrore, un agente chiese loro di allontanarsi. Volevano la zona libera.

"Oh, mio Dio!" gridò Isabel, tenendosi insieme a malapena.

Kyle era ad un millimetro dal panico. I loro amici erano intrappolati da banditi armati e circondati dalla Polizia.

"Ora ci mancano solo quei maledetti dell’FBI." grugnì Kyle.

Una SUV scura comparve dietro le altre auto. Due uomini vestiti in abito scuro uscirono dall’auto.

"Ci siamo!" grugnì Isabel.

L’FBI era arrivata.

* * * * *

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Capitolo 11
*** 11 ***


Parte 11

"Pronto, Diane? Sono io, Jesse." disse un nervoso Jesse Ramirez al telefono, quando sua suocera prese la comunicazione.

"Jesse!" Diane lo salutò con una sincera cordialità. "Come stai? Eravamo preoccupati per te."

"Io sto … sto bene." confermò, pur non riuscendo a nascondere una traccia di angoscia nella voce. "E voi. Come state tu e Philip? E … gli altri?"

"Noi stiamo bene, grazie." Diane annuì, come se Jesse potesse vederla. "Oh, aspetta. Philip sta prendendo l’altro telefono."

"Ciao, Jesse. Come te la passi?"

"Per come vanno le cose, bene." sospirò Jesse. "Viste le circostanze. E voi?"

"Anche noi stiamo bene." rispose Philip.

"Ci mancano." aggiunse Diane. "E, naturalmente, ci manchi anche tu."

"Grazie." Jesse sorrise. "Avete parlato con mia madre, ultimamente?"

"Sì." gli assicurò Diane. "Ci incontriamo due volte la settimana. Non capisce perché Isabel sia dovuta fuggire all’improvviso. Lei pensa che Isabel e gli altri abbiano fatto qualcosa di veramente brutto, per essere inseguiti dall’FBI."

"Sì." Jesse fece una risatina amara. "Sapete, io e Max una volta ne abbiamo parlato e gli ho detto che comprendevo perché sentisse che non ero all’altezza di sua sorella. Mia madre pensa la stessa cosa di me."

"Credo che tu ormai abbia capito che Max aveva altre cose da tenere in considerazione. La conoscenza del loro segreto ti ha portato ad essere uno di loro."

"Odiavo il fatto che fosse così protettivo nei confronti di Isabel." la voce di Jesse si fece distante. "Ora prego che il suo istinto di proteggerla sia più forte che mai."

"Lui l'ha protetta da sempre, Jesse." lo rassicurò Philip. "Sai che continuerà a farlo. Ma c’è qualche altra cosa che dovresti sapere. Lui ha Liz con sé e tu sai quanto la ama."

"Sì." sorrise Jesse. "E’ difficile da comprendere. Voglio dire, io l'ho saputo dopo. Sono dovuto venire a patti con la scoperta, quando l’avevo già sposata. Ma Liz? Lei già sapeva la verità su di lui e si è lasciata coinvolgere di sua volontà. Lei continua ad amarlo. Sapete, è stato vedendo quanto teneva a lui, che mi ha aiutato ad accettare la situazione. Ho pensato che se una ragazzina come Liz, riusciva ad andare oltre a … tutta la faccenda … e continuava a vedere Max per l’uomo che era, allora io … Ma che cosa ha a che fare tutto questo con Isabel?"

"Jesse, Max e Liz si sono sposati."

Ci fu una pausa di silenzio, mentre Jesse assimilava l’implicazione.

"Oh."

"Non preoccuparti, Jesse." aggiunse Diane. "Tu non hai avuto modo di conoscere bene Max. E’ insito in Max prendersi cura di tutti. Liz è la sua priorità, ovviamente, ma lui proteggerà anche tutti gli altri."

"Inoltre, sai che Isabel non è completamente priva di … mezzi di difesa." aggiunse Philip, per tranquillizzarlo ulteriormente.

"Uh, sì." ridacchiò Jesse. "Il che mi riporta al motivo per il quale ho chiamato. Si è messa in contatto con me."

"Attento a quello che dici, Jesse." lo mise in guardia Philip. "Abbiamo problemi di infestazioni, qui a Roswell. Abbiamo disinfestato, ma non si può mai sapere cosa succede dalle altre parti."

"Tutto bene, Philip." lo rassicurò Jesse. "Isabel mi ha detto come fare un dispositivo che interferisce con ogni tipo di cimice. Li ha preparati Max in persona."

"Sono pieni di risorse." ammise Philip. "Come sta? Ti ha detto come stanno gli altri?"

"Sì." annuì Jesse. "Stanno bene. Sono dovuti partire piuttosto in fretta, la scorsa settimana, ma ce l’hanno fatta e sono di nuovo per strada."

"Di nuovo per strada? Vuoi dire che si erano fermati da qualche parte? Dove erano?"

"Non hanno voluto dirlo. Ma potete scommettere che sono a mille miglia da Roswell, per evitare problemi. So solo che hanno trascorso qualche settimana in Idaho, lavorando in un campeggio."

"Quella ragazza, vero? Quella che i giornali davano per ferita?"

"Sì. Max l' ha guarita."

"Credo che questo abbia attirato l’attenzione dell’FBI. Pensavo che si sarebbero tenuti nascosti. Ma, di contro, sai come è fatto Max."

"Il fatto è che è quello che hanno deciso di fare. Max ha detto che, se vuole dare un significato alla sua vita, deve aiutare gli altri. Come quella donna che hanno salvato la scorsa primavera, quando stava per essere rapinata fuori dal ristorante."

"E ora quella ragazza nell’Idaho."

"Giusto. Gli altri sono stati d’accordo, soprattutto perché vogliono restare tutti insieme, credo. Ad ogni modo, fino a qualche giorno fa, erano in Nebraska. Stavano aiutando una vecchia signora. Ascolta, Isabel vuole che aiutiamo una certa signora McCarthy. Sembra che abbia dei problemi legali."

"Provvedo subito." promise Philip.

"Ti manderò una email con i particolari."

"E cosa fai tu, Jesse? Come va il nuovo lavoro?"

"Va bene." disse lui, si stringendosi nelle spalle. "Il lavoro va bene. Ho un simpatico appartamento, che spero un giorno di poter dividere con Isabel. La ragione principale per la quale ho chiamato è che … ho ottenuto un aiuto."

"Aiuto?" chiese Diane. "Che genere di aiuto?"

"Mezzi di comunicazione."

"Jesse?" obiettarono contemporaneamente Philip e Diane.

"No, ascoltatemi." si difese Jesse. "Fino a che loro dovranno nascondersi, sia dall’FBI che dal resto del mondo, e fino a che nessuno saprà quello che sta facendo l’FBI, l’Unità Speciale avrà carta bianca. Continueranno ad infrangere i diritti … della gente normale e Dio solo sa quello che potrebbero far loro se riuscissero a catturarli. Voglio dire, quanto è legale rapire le persone dalla strada, senza nessun mandato?"

Jesse fece una pausa, dando modo ai suoi suoceri di assimilare quello che aveva detto.

"Ma se il mondo fosse a conoscenza della storia di Max? Se sapessero quello che Max ha fatto per Liz? Sapete come è fatta la gente. Questa storia è meglio di quella di Giulietta e Romeo. E non importa quanto male il Governo li dipinga, la gente ricorderà solo che Max ha salvato la vita di tre suoi amici e quella di persone completamente estranee. E chi può sapere quante altre belle cose abbiano fatto? Se il mondo venisse a sapere la loro storia, l’FBI avrà problemi a tenere nascosto quello che sta facendo."

"Ma se tutti conoscessero il loro aspetto e qualcuno li denunciasse? Sapete, sperando in una ricompensa o qualcosa di simile."

"Oh, sì." All’improvviso, Jesse sembrò meno sicuro si sé. "La giornalista è una mia vecchia amica. Posso sempre chiederle di non pubblicare nessuna fotografia. Io non gliene ho data nessuna, e non riesco ad immaginare come possa procurarsele per conto suo."

"Speriamo che nessuno di quelli con i quali sono venuti in contatto, ne abbia qualcuna."

* * * * *

Il signor Anderson era seduto nel suo ufficio, a Camp Sawtooth, e stava guardando fuori dalla finestra. Il suo sguardo era fisso sulla collina dietro la quale Evan e Betty, o piuttosto Max e Liz, erano scomparsi qualche settimana prima. L’FBI era stata implacabile nel tentativo di interrogarlo, ma il suo avvocato gli aveva detto che, a meno che non avessero un mandato, lui non era obbligato a rispondere alle loro domande. E fino a che non avessero provato che sua figlia era coinvolta in qualche reato, lui non era obbligato a dire dove lei si trovasse. I tentativo di rapina che aveva portato al ferimento della ragazza, non era di competenza dell’FBI.

Il signor Anderson sapeva che, dovunque lui andasse, era seguito ma da lui non avrebbero saputo mai niente. Lui non avrebbe detto niente su quei ragazzi, né avrebbe rivelato all’FBI dove si trovasse sua figlia. Era contento che suo cognato possedesse un ranch a Calgary, in Canada. Anche se l’FBI l’avesse scoperta, gli sarebbe piaciuto assistere ai loro tentativi per farla estradare. In quel momento, lei si stava preparando a richiedere la cittadinanza, visto che sua madre era Canadese. Era triste sapere che lui e sua moglie non avrebbero potuto vederla per un po’, ma meglio quello che il destino, lui lo sapeva, che lei avrebbe avuto se fosse caduta nelle mani dell’FBI. Avrebbe voluto avere la possibilità di dire ai ragazzi del ranch. Era piuttosto isolato e, con l’inverno imminente, sarebbero potuti rimanere lì fino alla primavera.

"Signor Anderson." Dall’interfono arrivò la voce di Clara. "C’è la signorina Brackham che vorrebbe vederla. Dice di essere una giornalista."

"Oh?" rispose lui. "Ha detto perché mi vuole vedere?"

"No, signore." rispose lei.

"Okay." sospirò lui. "La faccia pure entrare."

Il signor Anderson restò ad aspettarla seduto. Anche se non amava parlare con la stampa, specialmente dei suoi amici e di sua figlia, sapeva che era meglio ascoltarla che ignorarla. Si alzò quando vide una attraente biondina entrare nella stanza.

"Signor Anderson." gli sorrise lei, tendendogli la mano. "E’ un piacere incontrarla."

Lui accettò la mano e la strinse. Poi le indicò una sedia e tornò a sedersi anche lui.

"Cosa posso fare per lei, signorina Brackham?" le chiese.

"Per favore, mi chiami Sarah. Verrò subito al punto, signor Anderson. Sono qui per quei ragazzi che hanno salvato la vita di sua figlia. Mi piacerebbe sentire la sua versione della storia. Sa, che aspetto avevano, come hanno salvato la sua vita, come fossero gentili … questo genere di cose."

"E perché dovrei farlo? Lei capovolgerebbe comunque tutto quello che potrei dirle."

"No, signore. Non lo farei. Vede, io voglio aiutare quei ragazzi. Voglio raccontare agli Americani e al mondo intero, che sono solo un gruppo di ragazzi normali, che hanno degli straordinari talenti, ma che vogliono essere lasciati stare e vivere in pace. Che non vogliono fare del male a nessuno."

"E come posso sapere che mi sta dicendo la verità?" il signor Anderson strinse gli occhi.

"Non può farlo." rispose Sarah, stringendo le spalle. "Il fatto è che fino a che quei ragazzi dovranno nascondersi dall’FBI, saranno costretti a fuggire. Lei sa quanto siano giovani. Alcuni di loro dovrebbero essere al college. Sapeva che una di loro è sposata?"

"Veramente due. Tra di loro. Ho visto … "

"Prego?" Sarah si accigliò. "Ha detto che sono sposati tra di loro?"

"Sì. Betty ed Evan sono sposati. E dovrebbe vedere quanto si amano l’uno con l’altra." Il signor Anderson fece una risatina. "E pensare che le ho suggerito di stare lontana da lui."

"Questa Betty, è alta, bionda ed appariscente?"

"No, quella mi sembrerebbe Belle. No, Betty è la più piccola di loro. Capelli scuri, lunghi e bellissimi occhi marroni. Evan è alto, occhi e capelli scuri. Le ragazze lo trovavano adorabile."

"Ah." Sarah annuì. "Dovrebbero essere Max e Liz. Metterla in guardia non sarebbe servito a niente." rise lei.

"Come le ho detto, sono sposati. Ma come fa a conoscere i loro veri nomi?"

"Io so tutto di loro, signor Anderson. Il vero nome di quella che lei conosce come Belle, è Isabel. Ed è sposata con un mio amico."

"Ora mi spiego perché sembrava così spersa." l’uomo scosse tristemente la testa.

"Anche suo marito è sperso. Vede, signor Anderson, tre di quei ragazzi sono … speciali. Hanno delle … capacità particolari. Possono fare cose che né lei, né io riusciremmo mai ad immaginare. Gli altri tre sono normali adolescenti. Fino a che saranno inseguiti dall’FBI, quei ragazzi non potranno mai fermarsi ed avere la vita normale cui tutti hanno diritto. Sono bravi ragazzi. Vengono da ottime famiglie."

"Non deve dirlo a me. Qui, si sono comportati educatamente, sono stati sempre disponibili e sì … è stato un piacere averli attorno. Mi mancano. E per aver salvato mia figlia … "

"Torneremo poi a questo argomento. Ora vorrei dirle la loro storia. Voglio che il mondo sappia che il governo degli Stati Uniti d’America sta perdendo tempo e soldi dei contribuenti, per dare la caccia a dei ragazzi che non hanno fatto niente di male, tranne che avere delle abilità particolari. Voglio che la gente sappia che le nostre autorità hanno infranto la legge e i diritti civili di persone innocenti, mentre feroci e spietati criminali se ne vanno liberi per le strade."

"Mi piace la sua idea." annuì il signor Anderson. "Ma lei dimentica una cosa. Quanto riesce a capire della natura umana?"

"Mi piace pensare di capirne abbastanza."

"Okay, ora supponga che la gente venga a sapere che c’è un ragazzo di diciotto anni che vive nella strada principale di Vattelapesca, USA, e che può guarire la gente. Pensa che tutti dicano ‘Oh, che bello!’? Nossignore. Ci sarebbe una fila lunga chilometri davanti alla sua porta. Uomini, donne e bambini malati e perfino gli animali domestici. Ho visto come stava dopo aver guarito mia figlia. Stava male quanto lei. So che finirebbe per uccidere se stesso, pur di far vivere gli altri."

"Non ci avevo pensato." ammise lei.

"L’immaginavo." lui le sorrise. "E non finirebbe qui. Ci sarebbe gente abbastanza potente da volersi assicurare il controllo di quelle risorse. L’immortalità è una bella meta. Può immaginare cosa potrebbe fare la CIA con quei ragazzi? O cosa farebbe la Mafia? O magari una nazione straniera? Non voglio nemmeno pensarci."

"Ha ragione." sospirò lei. "Io volevo solo aiutare il mio amico. E questo significa aiutare quei ragazzi."

"Può raccontare la loro storia, senza entrare nei fatti?"

"Cosa vuol dire?"

"Potrebbe parlare solo dei ragazzi e farli sembrare, che so … alieni, magari. Sottolineare che fanno buone azioni, senza dire quali. Se dovesse raccontare la mia storia, non dica chi sono, dove vivo. Dica solo che hanno salvato la vita di mia figlia. Possiamo negare la parte che riguarda la guarigione, dicendo che è stata una trovata della stampa. E senza mette né nomi, né fotografie."

"Sarebbe difficile. Voglio dire, quanto sarebbe realistica la mia storia senza i fatti?"

"Ma se tutti sapessero chi sono, non potrebbero più muoversi senza che qualcuno avverta le autorità. Forse potrebbe usare nomi falsi. E senza foto. Lei deve decidere chi vuole aiutare, qui."

Sarah fece una pausa, fissando il signor Anderson. "Okay." sospirò. "Devo pensarci. Ora, mi dica tutto quello che sa."

"Non molto." rise lui.

"Okay. Cosa può dirmi per far loro guadagnare la simpatia dei lettori?"

"Le dirò una cosa. So riconoscere il vero amore, quando lo vedo. E se lei dichiara che Max è un alieno, allora un alieno ha veramente una brutta cotta per una ragazza della Terra."

"Mi sta suggerendo che lui l'ha rapita?" Sarah sembrava scioccata. "Che la trattiene contro la sua volontà?"

"Bene, anche ammesso che l’abbia rapita, non la trattiene certo con la forza. Per quanto devo dire che, secondo me, è la ragazza che ha rapito lui."

* * * * *

Ridendo tra di loro, Max e Liz videro Michael e Maria che stavano aspettando di sedersi.

"Tavolo per quattro?" chiese una cameriera di mezza età dall’aria stanca.

"No. Per sei." rispose Max dalle sue spalle.

La cameriera si guardò attorno, chiedendosi se il ragazzo stesse cercando di fare lo spiritoso.

"Uh, i nostri amici stanno facendo benzina." la informò Max.

"Oh." annuì la donna. "Okay." E li guidò ad un grande tavolo sul retro del ristorante, facendosi indietro per lasciarli sedere. Tornò poi al bancone, per prendere menù e posate.

"Intanto volete ordinare da bere?" chiese loro.

"Certo." annuì Liz. "Sei coche grandi e una brocca di acqua ghiacciata, per favore."

"Va bene." la cameriera scrisse i loro ordini su un blocchetto." Torno subito."

Si voltarono insieme al suono delle sirene. Come se fossero una sola persona, si alzarono e si scostarono dalle sedie. Cercarono di arrivare alla porta, ma furono ostacolati dai clienti che si erano ammassati per vedere cosa stesse accadendo fuori. Una macchina fumante si fermò di fronte all’uscita e cinque persone vestite di nero uscirono dall’auto e si precipitarono nel ristorante, brandendo delle armi.

"Tutti a terra!" gridò uno di loro, accentuando l’ordine con una sventagliata di spari contro il soffitto.

Obbedirono tutti e, con un accompagnamento di grida da parte delle donne, dei bambini e di qualcuno degli uomini, si sdraiarono sul pavimento. Da dove si trovava, Max poté assistere all’arrivo della Polizia, le luci rosse e blu che trasformarono la scena in un inferno dantesco.

"Max?" sibilò Michael tra i denti.

"Sediamoci." rispose Max. "Non sono dell’FBI. Vogliono questi tipi, non noi. Se tutti stanno fermi, presto sarà finita."

"Sì." la frustrazione di Michael era evidente. "E se sparano a qualcuno? Puoi dire ‘onestamente’ che te ne starai fermo?"

Max non rispose.

"Non credo proprio." grugnì Michael.

"Voi, nel ristorante." disse una voce amplificata da un megafono." Parla la Polizia. Il locale è circondato da poliziotti armati. Per favore, gettate le armi e venite fuori con le mani in alto. Nessuno vi farà del male."

Dentro, quattro degli uomini mascherati guardarono il quinto. Questi si tolse il passamontagna, rivelandosi un ragazzo di non più di una ventina d’anni. Aveva i capelli biondi e dei penetranti occhi blu.

"In altre circostanze," mormorò Maria "lo si potrebbe dire un gran bel ragazzo."

Michael la squadrò. Max e Liz rotearono gli occhi sorridendo.

Gli altri banditi imitarono il primo, rivelandosi anche loro molto giovani, anche se di aspetto meno bello.

"Questi non mi piacciono." Maria fece l’occhietto a Liz, guadagnandosi un’occhiataccia dagli amici.

"Scherzavo." rispose lei, si stringendosi nelle spalle.

Liz sapeva che Maria non dava importanza ai suoi commenti. Era semplicemente il suo modo di affrontare una situazione come quella, nondimeno il suo intervento non fu gradito.

Il quinto membro della banda si tolse il passamontagna, rivelandosi una lei. Liz si rese conto che la giovane donna era poco più grande di lei. Come gli altri, aveva un’espressione preoccupata. C’era qualcosa nel modo in cui guardava il loro capo.

"E’ innamorata di quello." Maria indicò col mento l’uomo al comando. Anche lei se ne era accorta.

"Come fai a saperlo?" chiese Michael, con un accenno di incredulità.

"Perché lo guarda nello stesso modo in cui Liz guardava Max."

"Cosa vuoi dire con ‘guardava’?" ridacchiò Michael. "Liz non è più innamorata di Max?"

"Ma per favore!" sbuffò Maria. "No, quando Liz non era sicura. Sai, quando … quando la sposa infernale gli girava intorno."

"Oh."

"Ho una brutta sensazione, Michael." Maria rabbrividì.

"Ebbene, non ci vorrà molto a noi tre per disarmare quei tipi." Michael avrebbe voluto agire. Non gli era mai piaciuto fare il gioco dell’attesa. Gli dava ancora fastidio sapere che Max non aveva ancora capito che la via diretta era la via migliore. "Possiamo essere fuori da qui in una manciata di secondi."

"Sì." annuì Maria, aspirando l’olio di cedro dalla fialetta che aveva preso dalla borsa. Non ce n’era rimasto molto. "E come lo spiegheremo ai poliziotti? Vi vedranno tutti, Michael."

"Potremmo … "

"Falla finita, Ragazzo dello Spazio. Faremo quello che dice Max."

"Max." Liz gli andò vicino. "Se succedesse qualcosa … e tu avessi la possibilità di andartene, fallo. Okay?"

"Non senza di te." Max la fissò negli occhi e scosse la testa.

"No, no." Insistette lei. Lì era come una trappola. Sapeva che le immagini della Stanza Bianca erano già presenti nella sua mente. Lei non voleva che rivivesse quell’ordalia terrificante. "Sai, se tu riuscissi ad uscire, troveresti il modo di liberarci tutti."

"Quando cominceranno a volare i proiettili, Liz," Max ignorò la sua richiesta. "c’è solo un posto in cui vorrò stare. Vi tirerò fuori, ma da dentro."

"Max … "

"No, Liz." i suoi occhi la imploravano di capire. "Io non ti abbandonerò. Io non abbandonerò nessuno."

* * * * *

"Oh, grande!" imprecò Kyle, dall’avvantaggiato punto di vista sul tetto del SUV.

Scortato dalla Polizia, si era allontanato dal distributore ed aveva parcheggiato il furgone dalla parte opposta della strada, all’ombra di un vecchio granaio. Fecero a turno per guardare le finestre del ristorante con il binocolo, sperando di cogliere qualche segno di Max, di Liz o degli altri. Altra gente li aveva imitati ed ora c’era una piccola folla in attesa di notizie. Kyle attirò l’attenzione di Isabel su un grande van bianco, che si era appena fermato. Viste le antenne, aerea e satellitare, montate sul tetto, era chiaro di chi fosse.

"Sono arrivati i media." disse lui.

Un gruppo di uomini scesero da altre macchine e cominciarono a tirare fuori le telecamere dal furgone. Dal veicolo uscì una donna con un completo blu e cominciò a raccogliere quante più informazioni possibili, interrogando il poliziotto che sembrava essere al comando. Una telecamera era puntata quasi costantemente sul suo viso.

"Non preoccuparti, Kyle." sospirò Isabel. "Sono qui per la rapina fallita e per l’assedio. Nessuno sa che siamo qui."

"Come pensi che se la stiano cavando gli altri, intrappolati in quel modo?"

"Michael vuole far saltare tutti, Maria è sull’orlo del panico, Liz vuole che Max esca in qualsiasi modo e Max si sta biasimando per aver permesso che rimanessero in trappola, mentre pensa ad un modo per uscirne."

"Caos totale, allora." rise Kyle.

"Huh?" chiese Isabel, continuando a guardare le finestre del ristorante.

"Situazione fottutamente normale … "

"Sì, ho capito." Isabel scosse la testa disgustata e si voltò verso il sole, scrutando lentamente l’orizzonte. "Sarà una nottata lunga." sospirò.

* * * * *
Parte 12

"Buon pomeriggio Jose." Jeff Parker salutò il cuoco che stava prendendo servizio per il turno del pomeriggio. Da quando Michael se ne era andato, non era riuscito a trovare un sostituto e così copriva i turni lui stesso. In effetti, non è che lo avesse cercato con convinzione. La verità era che non voleva trovarlo. Non sarebbe mai stato sicuro che chi avesse assunto non fosse un agente dell’FBI o una spia.

"Hey, mister P." annuì Jose, infilandosi in testa il previsto berretto.

Jeff finì di preparare l’ordinazione e, una volta posato il piatto sul ripiano, suonò il campanello e si voltò verso il suo impiegato.

"E’ tutto tuo." gli disse sorridendo.

Jeff si tolse il berretto e si slacciò il grembiule. Ne usò la parte posteriore per asciugarsi il viso ed entrò nella relativa frescura della zona riservata al personale.

"Fa caldo lì." disse, a nessuno in particolare.

"Cosa c’è, caro?" gli chiese Nancy, scendendo le scale con una cesta di biancheria da lavare tra le braccia. Nancy era stata molto silenziosa, da quando aveva letto il diario di Liz. Era molto meno offensiva nei riguardi dei loro amici e non si lamentava più, sbraitando contro Max per aver portato via la loro bambina, ma non aveva nemmeno parlato di quello che il diario aveva rivelato.

Jeff ne era sorpreso. Aveva pensato che lei ne avrebbe voluto parlare, cercando di razionalizzare. Sapeva che lei ci pensava, per averla sorpresa più di una volta a fissare il vuoto. Sapeva che avrebbero, quanto meno, dovuto cominciare a parlare di quello che era successo.

"Hai qualche programma per oggi pomeriggio?" le chiese lui.

"No." lei scosse la testa. "Solo stirare. perché?"

"Ho pensato che, forse, potevamo andare a fare quattro passi." Oltre che sperare che Nancy si aprisse un po’, lui voleva parlare della sparizione del diario e della preoccupazione su chi poteva averlo preso.

"Ora? Jeff, sono solo le due!"

"Certo. Jose può controllare il locale, mentre io sono via. Sta facendo un ottimo lavoro, ultimamente."

"Va bene, allora. Purché non stiamo fuori troppo a lungo."

Mezz’ora dopo, Jeff, ancora umido per la doccia, e Nancy, uscirono nel sole del pomeriggio del New Mexico e si diressero verso il parco. Per un riflesso quasi automatico, entrambi controllarono dietro le spalle alla ricerca della loro ombra, l’uomo in abito scuro che li seguiva ovunque andassero. Jeff si chiese chi avrebbe seguito, se loro si fossero separati. Jeff e Nancy camminarono in silenzio per le strade che ormai sembravano essersi svuotate dalla risate. La strana sparizione dei loro ragazzi, aveva commosso quasi tutte le famiglie di Roswell. Chiacchiere ed ipotesi erano corse per le strade come l’incendio incontrollato di un bosco. Tutti avevano le loro opinioni, ma nessuno si era nemmeno avvicinato alla verità.

Alla fine, giunsero al centro del parco, alla fontana. Era il posto dove amavano venire da ragazzi. Vi trovavano uno strano conforto. Si sedettero su una delle panchine ed ascoltarono ancora una volta il gorgogliare della fontana, in silenzio. La loro ombra si fermò ad una discreta distanza e cercò di farla sembrare una cosa programmata.

"Così si sono sposati, huh?" sospirò alla fine Nancy, a bassa voce in modo che l’uomo non potesse sentirla.

"Sì." il sorriso di Jeff era un misto di gioia e di malinconia.

"E se … " Nancy non era sicura di come mettere in parole quello che stava pensando. "Jeff. Sono così giovani. E sono in fuga. Non è il genere di vita per crescere un … per diventare … "

"Sono certo che prenderanno delle … precauzioni." annuì Jeff, più per convincere se stesso. Anche lui aveva preso in considerazione le conseguenze che il matrimonio della figlia avrebbe potuto avere e di quello che quel legame significava.

Nancy annuì, sapendo che il marito aveva ragione. Tra di loro scese ancora una volta il silenzio e Jeff si rese conto che, quella sera, nessuno dei due si sarebbe aperto. Sospirando, si alzò dalla panchina e aiutò Nancy a fare altrettanto, poi si allontanarono insieme.

"Metti le tue mani dove posso vederle."

Jeff e Nancy si voltarono, temendo il peggio. Invece, videro il Vice Sceriffo Owen che aveva puntato la pistola contro l’agente dell’FBI, mentre lo perquisiva. Tolse una pistola dalla fondina che l’uomo aveva sotto la spalla.

"Sono un agente federale." ringhiò l’uomo.

"Davvero?" chiese il Vice Sceriffo. "Allora avrai il mandato e le autorizzazioni per seguire due dei nostri migliori cittadini. Che ne dici se andiamo alla Stazione di Polizia per controllarli?"

Jeff e Nancy si guardarono l’un l’altra e, sorridendo, continuarono per la loro strada.

"Ho il distintivo per provarlo." sentì dire minacciosamente dall’agente dell’FBI.

"E allora?" ribatté Owen. "Sono sicuro che alla stampa piacerà. Specialmente dopo tutto il trambusto che i federali hanno già causato in questa città. Posso già vedere i titoli. "L’FBI fa perdere il lavoro ad un nativo Americano, per aver fatto il suo dovere."

"Credo che la Polizia cominci a stancarsi di tutto questo." Jeff si strinse nelle spalle, quando raggiunsero il cancello che portava fuori dal parco.

"Jeff, Nancy." udirono la voce di Jim Valenti che li chiamava. La sua SUV era parcheggiata da un lato della strada.

"Buon pomeriggio, Jim." lo salutarono entrambi.

"Perché non salite?" disse indicando la portiera dell’auto. "Un giro in macchina vi farà più bene di una passeggiata."

I due si strinsero nelle spalle ed accettarono l’offerta di Jim. Salirono e furono sorpresi di trovarvi dentro Amy, Philip e Diane, con un’espressione altrettanto confusa della loro. Lo spazio era poco, ma si strinsero. A Jeff non dispiacque avere Nancy sulle ginocchia. Appena chiusa la portiera, Jim si mise al volante, accanto ad Amy, e mise in moto. Quindici minuti dopo, stavano lasciando Roswell, senza tracce di inseguitori. Con una mano, Jim passò a Jeff il suo cellulare.

"Sarà meglio che chiami qualcuno per dare un’occhiata al ristorante per un paio di giorni."

"Come mai?" chiese Jeff, chiedendosi se, alla fine, Jim non fosse impazzito.

"Perché oggi, a mezzogiorno e un quarto, c’è stata una tentata rapina in una banca di Santa Fe. La Polizia locale ha inseguito i banditi e li ha costretti a fermarsi sulla Statale 84. La banda si è rifugiata in un ristorante, prendendo in ostaggio quelli che erano dentro. Alla presenza dell’FBI."

"E cosa ha a che fare con noi, Jim?" chiese Philip.

"Stai forse suggerendo che quei banditi sono i nostri figli? Che i nostri ragazzi hanno cercato di rapinare una banca? E’ assurdo!" aggiunse Jeff.

"Philip, Jeff, no." Jim sospirò, continuando a tenere lo sguardo sulla strada. "So che non sono stati Max e gli altri. Ad ogni modo, prima stavo guardando il notiziario. C’è una unità mobile sulla scena. La cinepresa ha spaziato tra la folla che si era fermata per curiosare."

"Diavolo!" imprecò Nancy.

"Cosa ha a che fare con noi?" chiese Diane. "Non sono molto interessata a vedere un assedio armato."

"Quando la camera è passata tra la folla, io … io ho visto Kyle."

"Cosa?" gridarono cinque voci.

"C’era Liz?"

"Hai visto Max?"

"E Maria?"

"Isabel era con lui?"

"E Michael?" chiese Diane.

"No, no, no, non lo so e no." rise Jim. "Io ho visto solo Kyle. Dopo tutto, lui è mio figlio. Non ho riconosciuto nessun’altro, ma ho visto che c’era qualcuno vicino a lui. Una ragazza, credo. Sono sobbalzato, quando ho visto mio figlio. Mi dispiace di essere stato vago, ma credo che siano ancora tutti insieme. Ho deciso di andare a controllare e sapevo che voi mi avreste mangiato vivo, se non vi avessi invitato."

"Allora è arrivato il nostro turno di stare sulla strada." fece notare Amy.

* * * * *

"Qualche notizia di loro?" chiese l’Agente Baurline, entrando nell’ufficio provvisorio che avevano sistemato in una piccola città nel sudest del Nebraska.

"No, signore." uno degli uomini stava controllando vari rapporti, che uscivano dalla stampante del computer. "Niente. La mia squadra sta setacciando ogni rapporto di qualsiasi episodio possa essere collegato, anche lontanamente, col paranormale. Sono scampati per un pelo. Saranno alla ricerca di un posto dove fermarsi per un po’. Io credo che si stiano dirigendo verso la costa orientale, probabilmente New York, per nascondersi tra i milioni di gente che vivono lì."

"No." Baurline scosse la testa. "Io penso che siano tornati verso ovest, sulle montagne. Lì ci sono più posti dove nascondersi. L’estate sta finendo e sarà dura per loro mantenersi. Hanno bisogno di soldi, devono trovare lavoro. Dove possono farlo meglio che in un posto che si riempie durante i mesi invernali? Tieni d’occhio le stazioni di sci."

"Potrebbero essersi diretti in Florida. Una marea di turisti e di lavori saltuari." l’agente fece una pausa per prendere in considerazione un’altra possibilità. "Se possono fare quelle cose di cui lei li ritiene capaci, signore, non potrebbero semplicemente rubare il denaro? Voglio dire, se sono riusciti ad entrare in una Base Aeronautica di massima sicurezza e ne sono usciti senza essere notati dai dispositivi di sicurezza più sofisticati conosciuti dall’uomo, allora, per loro, mettere fuori uso il sistema di sicurezza di una banca deve essere una passeggiata. Potrebbero entrare, svuotare la cassaforte ed uscire senza nemmeno essere visti."

"Non ne ho idea." ammise Baurline. "Forse pensano che potremmo rintracciarli usando i numeri di serie."

"C’è qualcosa qui, signore." disse qualcuno." Una fallita rapina ad una banca di Santa Fe, New Mexico. Abbiamo agenti sul posto. Devo controllare?"

"No, una rapina fallita no." Baurline scosse la testa. "Come ha detto il tuo collega, se volessero rubare in una banca, non sbaglierebbero."

* * * * *

Dentro al ristorante, i cinque rapinatori avevano costretto gli ostaggi a stare in cerchio e, usando delle corde che avevano trovato in un ripostiglio, avevano cominciato a legare il polso di ogni persona a quello del suo vicino. Appena Max se ne era reso conto, aveva immediatamente scambiato il suo posto con Liz, in modo da stare tra lei e Michael, che era alla destra della moglie. All’inizio, Liz aveva sorriso, pensando che Max fosse geloso all’idea che Michael le tenesse la mano, ma la cosa non le quadrava, considerando il fatto che ora era vicina ad un uomo grosso dall’aspetto di un pervertito. L’uomo le aveva rivolto un sorriso nervoso ed aveva cercato di prenderle la mano. Liz gli aveva rivolto un’occhiataccia ed aveva stretto il pugno.

Solo dopo si era resa conto che sistemandosi vicino a Michael, Max avrebbe potuto coordinare con lui qualsiasi piano gli fosse venuto in mente. Un attimo dopo essere stata legati, la corda che li aveva tenuti insieme si era sciolta. Liz notò che Michael aveva entrambe le mani libere, mentre Max aveva tenuto la corda che lo legava a lei. In qualche modo, quel legame era simbolico, una promessa che loro avrebbero condiviso tutto. E non avrebbero potuto spiegare la loro libertà, senza che i loro vicini non si accorgessero delle loro particolari abilità. Liz si chiese se il suo vicino avrebbe notato il fatto che si era sciolta da lui. Uno sguardo alla sua faccia, incollata alla propria, la convinse che se ne sarebbe accorto. Liz si avvicinò a Max, più che altro per cercare conforto.

La rapinatrice si avvicinò all’uomo per il quale manifestava una evidente adorazione. Gli sussurrò qualcosa, il linguaggio del suo corpo che lasciava chiaramente intendere il desiderio di essere avvolta dalle sue braccia. Liz la guardò con simpatia, conoscendo fin troppo bene quella sensazione, ringraziando il fatto che la sua adorazione era rivolta ad un uomo che non avrebbe mai fatto niente di così stupido come una rapina. Poi ricordò la disastrosa esperienza di quel giorno dello scorso settembre, quando lei e Max avevano finto la rapina nel supermercato. Ma quella non era una vera rapina e forse, anche quello che stava succedendo poteva essere qualcosa di completamente differente. Ma lei ne dubitava.

Un grido rabbioso del giovane uomo strappò Liz dai suoi ricordi.

"Guarda!" gridò in faccia alla ragazza. "Guarda in che situazione siamo. Non posso stare a sentire le tue continue lamentele e le continue richieste. Va’ a controllare che siano legati bene."

Le tese una torcia elettrica, necessaria perché la Polizia aveva tolto l’elettricità al ristorante. L’unica luce era quella del sole che stava tramontando. La ragazza la prese e, piagnucolando, cominciò a camminare intorno al cerchio, facendo posare il fascio di luce sui polsi degli ostaggi. Non sicura di come Max e Michael avessero riannodato la loro corda, Liz cercò di distrarla.

"Hey." disse Liz con la voce calma. "Stai bene?"

La ragazza la ignorò.

"Non è quello che ti aspettavi, vero?" continuò Liz.

"Che vuoi dire?" sussurrò la ragazza di rimando.

"Il tuo ragazzo." Liz fece un cenno con la testa in direzione del capo della banda. "Tu pensavi che sarebbe stata un’avventura, ma sta andando tutto male."

"Non è stata colpa sua." Lo sguardo della ragazza bruciò di una feroce lealtà.

"Non lo è mai." sospirò Liz, dando uno sguardo a Max che la stava fissando interrogativamente.

"E tu che ne sai?" le chiese lei.

"Beh, diciamo che ci sono passata. Anche noi abbiamo fatto delle stupidaggini, anche se questa non è una stupidaggine. Ma avevo deciso di seguire il mio ragazzo nella buona e nella cattiva sorte. Ha contribuito il fatto che sapevo … che so che lui mi ama completamente e senza riserve e che farebbe tutto per me."

"Sì? E quando è finito?"

"Quando finirà, te lo farò sapere." sospirò ironicamente Liz.

La ragazza proseguì e finì il suo controllo con meno entusiasmo di quando aveva cominciato.

"Max." mormorò Liz. "E’ una ragazzina. Non è più vecchia di noi. Forse più giovane. Dobbiamo aiutarla."

"Beh, se vuole andare dalla polizia, posso vedere di … "

"No. Penso che sia la prima volta che si sia lasciata coinvolgere in qualcosa di simile."

"Come possiamo aiutarla?"

"Dobbiamo portarla fuori da qui. Non può essere arrestata con loro. Max, è la figlia di qualcuno. Ti ricordi di come si erano messe le cose per me, quando ci hanno arrestato? Solo che io, fuori, avevo degli amici che si stavano battendo per me. Come te e mio padre. Ma quel ragazzo, credo che sarebbe capace di dire che il capo è lei, se questo gli facilitasse le cose."

"Okay." annuì Max. "Anche se non so come potremo farlo. Purché tu ti renda conto di essere la mia priorità."

"Lo so, Max." sospirò Liz, appoggiandosi contro di lui.

* * * * *

I secondi diventarono minuti e i minuti ore. Senza elettricità, l’aria condizionata, una necessità col sole del New Mexico, non funzionava. Come conseguenza, il locale stava diventando estremamente disagevole. Il telefono accanto alla cassa, già svuotata da molto tempo dai banditi, cominciò a suonare, come aveva suonato ogni mezz’ora da quando era cominciato l’assedio. L’elettricità era stata tolta quando si erano rifiutati di rispondere alla prima chiamata. La ragazza era seduta da un lato della stanza, con le lacrime che le scendevano lungo le guance. Gli altri quattro camminavano avanti ed indietro come animali in gabbia. Nessuno di loro aveva l’aria di resistere ancora molto a quella pressione. Il locale risuonava del pianto dei bambini e dei lamenti da parte di qualche adulto.

"Mi scusi." disse Max.

"Cosa?" rispose adirato il capo.

Max sentì un moto di pietà per l’uomo. Sapeva fin troppo bene cosa si provava ad essere un capo quando le cose intorno a te degenerano nel caos. Max sperò solo di poter risolvere la situazione meglio della volta precedente. La gente, gli amici, avevano preso l’abitudine di morire o di farsi sparare.

"Siamo qui da ore." gli fece notare Max. "Avremmo bisogno di una pausa." E gli indicò i bagni.

L’uomo ci rifletté per un attimo.

"Va’ a controllare." ordinò ad uno dei suoi compagni.

Si sedettero tutti, con un’espressione di aspettativa sul viso. Tutti avevano necessità di andare in bagno, ma erano troppo spaventati per avanzare la richiesta. Fissarono la porta in attesa del ritorno dell’uomo. La loro silente preghiera fu esaudita quando l’uomo tornò.

"Ci sono delle finestre alte e strette, Frankie, ma ci sono le sbarre. Dovresti essere Superman per uscire da lì."

"Okay." annuì il capo. "Tu e Terrie controllate i bagni. Li manderemo pochi alla volta." Si voltò verso la sua ragazza, seduta da sola. "Portati dietro la pistola."

La ragazza si alzò, sollevando l’arma perché Frankie potesse vederla e si diresse verso il bagno delle donne. A turno, gli ostaggi si avviarono verso i bagni. Le cose stavano andando meglio.

"Posso darvi un altro suggerimento?" chiese Max, cautamente.

"Cosa c’è ancora?" sospirò Frankie, come se pensasse che fosse la cosa migliore da fare.

"Credo che anche voi siate affamati come lo siamo noi. E accaldati. Potremmo accendere il grill e preparare qualcosa. Potremmo anche distribuire qualcosa da bere, magari solo acqua."

"Hanno tolto la corrente, Einstein." sogghignò lui.

"Io, uhm, lo so." esitò Max. "Ma questo è successo perché vi siete rifiutati di parlare. Se tu parlassi con loro … al telefono … potresti convincerli a ridare l’energia."

"Loro vogliono solo convincermi a lasciarvi andare." Frankie strinse gli occhi.

"Lo so." Max si strinse nelle spalle. "Perché per loro sarebbe preferibile al fare irruzione qui dentro rischiando le nostre e le loro vite."

"Potrei fare delle richieste."

"Sì." concordò Max, pur sapendo che avrebbero potuto non essere accolte.

"Un elicottero ed un sacco di soldi. Potremmo rifugiarci in Messico."

Max si limitò a fissare l’uomo, mascherando le sue emozioni. Aveva fatto molta pratica nel corso degli anni. Sicuramente Frankie sapeva che non gli avrebbero permesso di lasciare quel posto da uomo libero.

“Tentar non nuoce." lo incoraggiò Max, consapevole che tutti gli sguardi nel ristorante erano posati su di lui. Grande. Tutto a vantaggio dell’anonimità.

"Sì." concordò uno dei complici di Frankie. "Potremmo parlare con quei tipi, mentre pensiamo ad un modo per andarcene. Oltre tutto, con l’elettricità, potremo mangiare ed accendere i condizionatori.

"Sì." annuì Frankie. "Fa caldo qui dentro."

Non dovettero aspettare a lungo. Il telefono suonò di nuovo, proprio mentre gli ultimi ostaggi uscivano dai bagni. Frankie si avvicinò al telefono, guardò i membri della sua banda, poi guardò Max. Fece un profondo respiro e sollevò il microfono.

"Ascoltate." gridò prima che chi chiamava avesse la possibilità di parlare. "Ascoltate bene. Riattaccate l’elettricità e parleremo." Frankie aspettò la risposta del suo interlocutore prima di sbattere giù la cornetta.

"Allora?" chiese Max, allarmato dall’improvviso attacco di collera di Frankie. La sua prima reazione fu di controllare dove si trovasse Liz, la seconda quella di tenere pronto il suo scudo.

"Hanno detto che vogliono che rilasci alcuni ostaggi." brontolò Frankie.

Max si rilassò un po’. "E’ solo … sai … una dimostrazione di buona fede."

"Sì." annuì Frankie. "E’ quello che hanno detto."

Max annuì.

"E se non lo facessi?" Frankie si portò ad un passo da Max, parlandogli direttamente in faccia.

Max fece un profondo respiro e rilasciò l’aria lentamente. Aiutare quell’uomo gli sembrava giusto e se si fosse rifiutato qualche innocente avrebbe potuto rimanere ferito. C’era una sola cosa da fare. Max poteva sentire l’agitazione montare in Liz e Michael. Se lui non avesse allentato la tensione, uno di loro avrebbe potuto perdere il poco controllo rimasto e l’ultima cosa che avrebbe voluto era quella che qualcuno vedesse Liz accendersi di linee verdi.

"Se non rilasci nessuno sapranno quali sono le tue intenzioni. Ormai, probabilmente, lì fuori ci sarà una squadra delle Forze Speciali. Si staranno preparando a fare irruzione nel locale e il risultato, allora, potrà essere uno solo. Vi uccideranno tutti e daranno a voi la colpa dell’eventuale morte di qualche ostaggio."

"Dagli ascolto, Frankie." gridò Terrie. "Ti prego."

"Sta’ zitta, strega." Frankie schiaffeggiò la ragazza. "Per cominciare, questo è tutta colpa tua."

Max fece il possibile per trattenersi dal colpire Frankie. Sapeva che quel gesto non avrebbe aiutato nessuno. Uno dei suoi amici gli avrebbe sparato. Si sarebbe creato il panico e Dio solo sa come sarebbe finita.

"Come sarebbe è colpa mia?" singhiozzò Terrie.

"Perché io non ero buono abbastanza per il tuo paparino. Perché non ho un diploma. Guadagna del danaro, mi hai detto, e lui ti rispetterà."

"Io volevo dire trovati un lavoro." rabbrividì lei.

"Uhm, questo non aiuta." li interruppe Max, avvertendo che la paura degli ostaggi stava aumentando.

Come Max si era aspettato, l’uomo sfogò su di lui la sua rabbia crescente e la sua frustrazione. Con la mano in cui teneva la pistola, colpì Max in pieno viso. In una esplosione di dolore, il ragazzo cadde a terra, accompagnato da un grido spaventato di Liz. Sussultando e sforzandosi di vedere attraverso un velo di sangue, Max si sforzò a rimettersi in piedi.

"Si precipiteranno dentro, se sentono gridare e pensano che stai facendo del male a qualcuno." continuò a dire, nel tono più neutro possibile. L’ultima cosa che voleva era porsi in antagonismo con Frankie.

"Com’è che sai tutte queste cose?" gli chiese Frankie. “Sei un poliziotto?"

"No." Max scosse la testa in diniego. Il viso gli faceva male ma, con tutti quei testimoni, non poteva fare nulla per alleviare il dolore. "Qualcuno che rispetto e di cui mi fido è stato Sceriffo." Max si strinse nelle spalle. "Io l'ho ascoltato."

"E’ stato?" chiese uno dei compagni di Frankie. "Cosa è successo poi?"

"E’ complicato." Max scrollò di nuovo le spalle. Avrebbe voluto solo trovare Liz e cercare conforto tra le sue braccia. Lui non era abituato a provare dolore fisico.

"Allora credi che ci sia una squadra delle Forze Speciali lì fuori?"

Max annuì.

"Con i fucili di precisione?"

"Probabilmente." ammise Max.

Tutti gli uomini si abbassarono.

"Così, se rimetteranno la corrente, ci vedrebbero come un albero di Natale illuminato?"

"Hanno i visori notturni." gli fece notare Max. "Riuscirebbero a vedervi comunque."

"E allora che suggerisci?"

"Accetta la proposta." sospirò Max. "Fa tornare l’elettricità. Tieni spente le luci all’interno del ristorante, ma lascia accese tutte quelle fuori. Sarà difficile per loro individuarvi, a meno che non vedano un’arma."

"Ma non li rilasceremo tutti."

"No." concordò Max. "Non lo farete e loro non si aspettano che lo facciate. No, lasciatene andare solo alcuni. Magari i più vecchi. O le mamme con i loro bambini. Lasciateli andare. A nessuno piace veder minacciati mamme e bambini."

"Bene, tanto i bambini stavano cominciando a darmi sui nervi."

"Okay. Vediamo. Ci sono sei bambini e quattro mamme, vero?"

Le quattro donne annuirono freneticamente.

Frankie riprese la sua posizione di comando, girando intorno agli ostaggi. Max distolse gli occhi dagli sguardi pieni di aspettativa, sguardi che diventarono di accusa quando gli altri si resero conto che non sarebbero stati presi in considerazione per il rilascio.

Qualsiasi cosa accada, sospirò Max dentro di sé, almeno avrò salvato qualche vita. L’occhio gli procurava un dolore così forte, da riuscire a sopportarlo a malapena. Non riusciva a vederci. Sentì le ginocchia cominciare a tremare e si rese conto di stare per cadere.

Poi un paio di braccia lo sorressero. Erano braccia sottili, ma che avevano una grande forza. Sapeva a chi appartenevano e sapeva anche che ora poteva lasciarsi andare all’oscurità che stava minacciando di travolgerlo. La proprietaria di quelle braccia si sarebbe occupata di lui, nello stesso modo in cui lui si sarebbe preso cura di lei.

"Ti ho preso." piagnucolò lei. "Oh, Max."

"Liz." sospirò lui prima di lasciarsi andare.

* * * * *

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Capitolo 12
*** 12 ***


Parte 12

"Buon pomeriggio Jose." Jeff Parker salutò il cuoco che stava prendendo servizio per il turno del pomeriggio. Da quando Michael se ne era andato, non era riuscito a trovare un sostituto e così copriva i turni lui stesso. In effetti, non è che lo avesse cercato con convinzione. La verità era che non voleva trovarlo. Non sarebbe mai stato sicuro che chi avesse assunto non fosse un agente dell’FBI o una spia.

"Hey, mister P." annuì Jose, infilandosi in testa il previsto berretto.

Jeff finì di preparare l’ordinazione e, una volta posato il piatto sul ripiano, suonò il campanello e si voltò verso il suo impiegato.

"E’ tutto tuo." gli disse sorridendo.

Jeff si tolse il berretto e si slacciò il grembiule. Ne usò la parte posteriore per asciugarsi il viso ed entrò nella relativa frescura della zona riservata al personale.

"Fa caldo lì." disse, a nessuno in particolare.

"Cosa c’è, caro?" gli chiese Nancy, scendendo le scale con una cesta di biancheria da lavare tra le braccia. Nancy era stata molto silenziosa, da quando aveva letto il diario di Liz. Era molto meno offensiva nei riguardi dei loro amici e non si lamentava più, sbraitando contro Max per aver portato via la loro bambina, ma non aveva nemmeno parlato di quello che il diario aveva rivelato.

Jeff ne era sorpreso. Aveva pensato che lei ne avrebbe voluto parlare, cercando di razionalizzare. Sapeva che lei ci pensava, per averla sorpresa più di una volta a fissare il vuoto. Sapeva che avrebbero, quanto meno, dovuto cominciare a parlare di quello che era successo.

"Hai qualche programma per oggi pomeriggio?" le chiese lui.

"No." lei scosse la testa. "Solo stirare. perché?"

"Ho pensato che, forse, potevamo andare a fare quattro passi." Oltre che sperare che Nancy si aprisse un po’, lui voleva parlare della sparizione del diario e della preoccupazione su chi poteva averlo preso.

"Ora? Jeff, sono solo le due!"

"Certo. Jose può controllare il locale, mentre io sono via. Sta facendo un ottimo lavoro, ultimamente."

"Va bene, allora. Purché non stiamo fuori troppo a lungo."

Mezz’ora dopo, Jeff, ancora umido per la doccia, e Nancy, uscirono nel sole del pomeriggio del New Mexico e si diressero verso il parco. Per un riflesso quasi automatico, entrambi controllarono dietro le spalle alla ricerca della loro ombra, l’uomo in abito scuro che li seguiva ovunque andassero. Jeff si chiese chi avrebbe seguito, se loro si fossero separati. Jeff e Nancy camminarono in silenzio per le strade che ormai sembravano essersi svuotate dalla risate. La strana sparizione dei loro ragazzi, aveva commosso quasi tutte le famiglie di Roswell. Chiacchiere ed ipotesi erano corse per le strade come l’incendio incontrollato di un bosco. Tutti avevano le loro opinioni, ma nessuno si era nemmeno avvicinato alla verità.

Alla fine, giunsero al centro del parco, alla fontana. Era il posto dove amavano venire da ragazzi. Vi trovavano uno strano conforto. Si sedettero su una delle panchine ed ascoltarono ancora una volta il gorgogliare della fontana, in silenzio. La loro ombra si fermò ad una discreta distanza e cercò di farla sembrare una cosa programmata.

"Così si sono sposati, huh?" sospirò alla fine Nancy, a bassa voce in modo che l’uomo non potesse sentirla.

"Sì." il sorriso di Jeff era un misto di gioia e di malinconia.

"E se … " Nancy non era sicura di come mettere in parole quello che stava pensando. "Jeff. Sono così giovani. E sono in fuga. Non è il genere di vita per crescere un … per diventare … "

"Sono certo che prenderanno delle … precauzioni." annuì Jeff, più per convincere se stesso. Anche lui aveva preso in considerazione le conseguenze che il matrimonio della figlia avrebbe potuto avere e di quello che quel legame significava.

Nancy annuì, sapendo che il marito aveva ragione. Tra di loro scese ancora una volta il silenzio e Jeff si rese conto che, quella sera, nessuno dei due si sarebbe aperto. Sospirando, si alzò dalla panchina e aiutò Nancy a fare altrettanto, poi si allontanarono insieme.

"Metti le tue mani dove posso vederle."

Jeff e Nancy si voltarono, temendo il peggio. Invece, videro il Vice Sceriffo Owen che aveva puntato la pistola contro l’agente dell’FBI, mentre lo perquisiva. Tolse una pistola dalla fondina che l’uomo aveva sotto la spalla.

"Sono un agente federale." ringhiò l’uomo.

"Davvero?" chiese il Vice Sceriffo. "Allora avrai il mandato e le autorizzazioni per seguire due dei nostri migliori cittadini. Che ne dici se andiamo alla Stazione di Polizia per controllarli?"

Jeff e Nancy si guardarono l’un l’altra e, sorridendo, continuarono per la loro strada.

"Ho il distintivo per provarlo." sentì dire minacciosamente dall’agente dell’FBI.

"E allora?" ribatté Owen. "Sono sicuro che alla stampa piacerà. Specialmente dopo tutto il trambusto che i federali hanno già causato in questa città. Posso già vedere i titoli. "L’FBI fa perdere il lavoro ad un nativo Americano, per aver fatto il suo dovere."

"Credo che la Polizia cominci a stancarsi di tutto questo." Jeff si strinse nelle spalle, quando raggiunsero il cancello che portava fuori dal parco.

"Jeff, Nancy." udirono la voce di Jim Valenti che li chiamava. La sua SUV era parcheggiata da un lato della strada.

"Buon pomeriggio, Jim." lo salutarono entrambi.

"Perché non salite?" disse indicando la portiera dell’auto. "Un giro in macchina vi farà più bene di una passeggiata."

I due si strinsero nelle spalle ed accettarono l’offerta di Jim. Salirono e furono sorpresi di trovarvi dentro Amy, Philip e Diane, con un’espressione altrettanto confusa della loro. Lo spazio era poco, ma si strinsero. A Jeff non dispiacque avere Nancy sulle ginocchia. Appena chiusa la portiera, Jim si mise al volante, accanto ad Amy, e mise in moto. Quindici minuti dopo, stavano lasciando Roswell, senza tracce di inseguitori. Con una mano, Jim passò a Jeff il suo cellulare.

"Sarà meglio che chiami qualcuno per dare un’occhiata al ristorante per un paio di giorni."

"Come mai?" chiese Jeff, chiedendosi se, alla fine, Jim non fosse impazzito.

"Perché oggi, a mezzogiorno e un quarto, c’è stata una tentata rapina in una banca di Santa Fe. La Polizia locale ha inseguito i banditi e li ha costretti a fermarsi sulla Statale 84. La banda si è rifugiata in un ristorante, prendendo in ostaggio quelli che erano dentro. Alla presenza dell’FBI."

"E cosa ha a che fare con noi, Jim?" chiese Philip.

"Stai forse suggerendo che quei banditi sono i nostri figli? Che i nostri ragazzi hanno cercato di rapinare una banca? E’ assurdo!" aggiunse Jeff.

"Philip, Jeff, no." Jim sospirò, continuando a tenere lo sguardo sulla strada. "So che non sono stati Max e gli altri. Ad ogni modo, prima stavo guardando il notiziario. C’è una unità mobile sulla scena. La cinepresa ha spaziato tra la folla che si era fermata per curiosare."

"Diavolo!" imprecò Nancy.

"Cosa ha a che fare con noi?" chiese Diane. "Non sono molto interessata a vedere un assedio armato."

"Quando la camera è passata tra la folla, io … io ho visto Kyle."

"Cosa?" gridarono cinque voci.

"C’era Liz?"

"Hai visto Max?"

"E Maria?"

"Isabel era con lui?"

"E Michael?" chiese Diane.

"No, no, no, non lo so e no." rise Jim. "Io ho visto solo Kyle. Dopo tutto, lui è mio figlio. Non ho riconosciuto nessun’altro, ma ho visto che c’era qualcuno vicino a lui. Una ragazza, credo. Sono sobbalzato, quando ho visto mio figlio. Mi dispiace di essere stato vago, ma credo che siano ancora tutti insieme. Ho deciso di andare a controllare e sapevo che voi mi avreste mangiato vivo, se non vi avessi invitato."

"Allora è arrivato il nostro turno di stare sulla strada." fece notare Amy.

* * * * *

"Qualche notizia di loro?" chiese l’Agente Baurline, entrando nell’ufficio provvisorio che avevano sistemato in una piccola città nel sudest del Nebraska.

"No, signore." uno degli uomini stava controllando vari rapporti, che uscivano dalla stampante del computer. "Niente. La mia squadra sta setacciando ogni rapporto di qualsiasi episodio possa essere collegato, anche lontanamente, col paranormale. Sono scampati per un pelo. Saranno alla ricerca di un posto dove fermarsi per un po’. Io credo che si stiano dirigendo verso la costa orientale, probabilmente New York, per nascondersi tra i milioni di gente che vivono lì."

"No." Baurline scosse la testa. "Io penso che siano tornati verso ovest, sulle montagne. Lì ci sono più posti dove nascondersi. L’estate sta finendo e sarà dura per loro mantenersi. Hanno bisogno di soldi, devono trovare lavoro. Dove possono farlo meglio che in un posto che si riempie durante i mesi invernali? Tieni d’occhio le stazioni di sci."

"Potrebbero essersi diretti in Florida. Una marea di turisti e di lavori saltuari." l’agente fece una pausa per prendere in considerazione un’altra possibilità. "Se possono fare quelle cose di cui lei li ritiene capaci, signore, non potrebbero semplicemente rubare il denaro? Voglio dire, se sono riusciti ad entrare in una Base Aeronautica di massima sicurezza e ne sono usciti senza essere notati dai dispositivi di sicurezza più sofisticati conosciuti dall’uomo, allora, per loro, mettere fuori uso il sistema di sicurezza di una banca deve essere una passeggiata. Potrebbero entrare, svuotare la cassaforte ed uscire senza nemmeno essere visti."

"Non ne ho idea." ammise Baurline. "Forse pensano che potremmo rintracciarli usando i numeri di serie."

"C’è qualcosa qui, signore." disse qualcuno." Una fallita rapina ad una banca di Santa Fe, New Mexico. Abbiamo agenti sul posto. Devo controllare?"

"No, una rapina fallita no." Baurline scosse la testa. "Come ha detto il tuo collega, se volessero rubare in una banca, non sbaglierebbero."

* * * * *

Dentro al ristorante, i cinque rapinatori avevano costretto gli ostaggi a stare in cerchio e, usando delle corde che avevano trovato in un ripostiglio, avevano cominciato a legare il polso di ogni persona a quello del suo vicino. Appena Max se ne era reso conto, aveva immediatamente scambiato il suo posto con Liz, in modo da stare tra lei e Michael, che era alla destra della moglie. All’inizio, Liz aveva sorriso, pensando che Max fosse geloso all’idea che Michael le tenesse la mano, ma la cosa non le quadrava, considerando il fatto che ora era vicina ad un uomo grosso dall’aspetto di un pervertito. L’uomo le aveva rivolto un sorriso nervoso ed aveva cercato di prenderle la mano. Liz gli aveva rivolto un’occhiataccia ed aveva stretto il pugno.

Solo dopo si era resa conto che sistemandosi vicino a Michael, Max avrebbe potuto coordinare con lui qualsiasi piano gli fosse venuto in mente. Un attimo dopo essere stata legati, la corda che li aveva tenuti insieme si era sciolta. Liz notò che Michael aveva entrambe le mani libere, mentre Max aveva tenuto la corda che lo legava a lei. In qualche modo, quel legame era simbolico, una promessa che loro avrebbero condiviso tutto. E non avrebbero potuto spiegare la loro libertà, senza che i loro vicini non si accorgessero delle loro particolari abilità. Liz si chiese se il suo vicino avrebbe notato il fatto che si era sciolta da lui. Uno sguardo alla sua faccia, incollata alla propria, la convinse che se ne sarebbe accorto. Liz si avvicinò a Max, più che altro per cercare conforto.

La rapinatrice si avvicinò all’uomo per il quale manifestava una evidente adorazione. Gli sussurrò qualcosa, il linguaggio del suo corpo che lasciava chiaramente intendere il desiderio di essere avvolta dalle sue braccia. Liz la guardò con simpatia, conoscendo fin troppo bene quella sensazione, ringraziando il fatto che la sua adorazione era rivolta ad un uomo che non avrebbe mai fatto niente di così stupido come una rapina. Poi ricordò la disastrosa esperienza di quel giorno dello scorso settembre, quando lei e Max avevano finto la rapina nel supermercato. Ma quella non era una vera rapina e forse, anche quello che stava succedendo poteva essere qualcosa di completamente differente. Ma lei ne dubitava.

Un grido rabbioso del giovane uomo strappò Liz dai suoi ricordi.

"Guarda!" gridò in faccia alla ragazza. "Guarda in che situazione siamo. Non posso stare a sentire le tue continue lamentele e le continue richieste. Va’ a controllare che siano legati bene."

Le tese una torcia elettrica, necessaria perché la Polizia aveva tolto l’elettricità al ristorante. L’unica luce era quella del sole che stava tramontando. La ragazza la prese e, piagnucolando, cominciò a camminare intorno al cerchio, facendo posare il fascio di luce sui polsi degli ostaggi. Non sicura di come Max e Michael avessero riannodato la loro corda, Liz cercò di distrarla.

"Hey." disse Liz con la voce calma. "Stai bene?"

La ragazza la ignorò.

"Non è quello che ti aspettavi, vero?" continuò Liz.

"Che vuoi dire?" sussurrò la ragazza di rimando.

"Il tuo ragazzo." Liz fece un cenno con la testa in direzione del capo della banda. "Tu pensavi che sarebbe stata un’avventura, ma sta andando tutto male."

"Non è stata colpa sua." Lo sguardo della ragazza bruciò di una feroce lealtà.

"Non lo è mai." sospirò Liz, dando uno sguardo a Max che la stava fissando interrogativamente.

"E tu che ne sai?" le chiese lei.

"Beh, diciamo che ci sono passata. Anche noi abbiamo fatto delle stupidaggini, anche se questa non è una stupidaggine. Ma avevo deciso di seguire il mio ragazzo nella buona e nella cattiva sorte. Ha contribuito il fatto che sapevo … che so che lui mi ama completamente e senza riserve e che farebbe tutto per me."

"Sì? E quando è finito?"

"Quando finirà, te lo farò sapere." sospirò ironicamente Liz.

La ragazza proseguì e finì il suo controllo con meno entusiasmo di quando aveva cominciato.

"Max." mormorò Liz. "E’ una ragazzina. Non è più vecchia di noi. Forse più giovane. Dobbiamo aiutarla."

"Beh, se vuole andare dalla polizia, posso vedere di … "

"No. Penso che sia la prima volta che si sia lasciata coinvolgere in qualcosa di simile."

"Come possiamo aiutarla?"

"Dobbiamo portarla fuori da qui. Non può essere arrestata con loro. Max, è la figlia di qualcuno. Ti ricordi di come si erano messe le cose per me, quando ci hanno arrestato? Solo che io, fuori, avevo degli amici che si stavano battendo per me. Come te e mio padre. Ma quel ragazzo, credo che sarebbe capace di dire che il capo è lei, se questo gli facilitasse le cose."

"Okay." annuì Max. "Anche se non so come potremo farlo. Purché tu ti renda conto di essere la mia priorità."

"Lo so, Max." sospirò Liz, appoggiandosi contro di lui.

* * * * *

I secondi diventarono minuti e i minuti ore. Senza elettricità, l’aria condizionata, una necessità col sole del New Mexico, non funzionava. Come conseguenza, il locale stava diventando estremamente disagevole. Il telefono accanto alla cassa, già svuotata da molto tempo dai banditi, cominciò a suonare, come aveva suonato ogni mezz’ora da quando era cominciato l’assedio. L’elettricità era stata tolta quando si erano rifiutati di rispondere alla prima chiamata. La ragazza era seduta da un lato della stanza, con le lacrime che le scendevano lungo le guance. Gli altri quattro camminavano avanti ed indietro come animali in gabbia. Nessuno di loro aveva l’aria di resistere ancora molto a quella pressione. Il locale risuonava del pianto dei bambini e dei lamenti da parte di qualche adulto.

"Mi scusi." disse Max.

"Cosa?" rispose adirato il capo.

Max sentì un moto di pietà per l’uomo. Sapeva fin troppo bene cosa si provava ad essere un capo quando le cose intorno a te degenerano nel caos. Max sperò solo di poter risolvere la situazione meglio della volta precedente. La gente, gli amici, avevano preso l’abitudine di morire o di farsi sparare.

"Siamo qui da ore." gli fece notare Max. "Avremmo bisogno di una pausa." E gli indicò i bagni.

L’uomo ci rifletté per un attimo.

"Va’ a controllare." ordinò ad uno dei suoi compagni.

Si sedettero tutti, con un’espressione di aspettativa sul viso. Tutti avevano necessità di andare in bagno, ma erano troppo spaventati per avanzare la richiesta. Fissarono la porta in attesa del ritorno dell’uomo. La loro silente preghiera fu esaudita quando l’uomo tornò.

"Ci sono delle finestre alte e strette, Frankie, ma ci sono le sbarre. Dovresti essere Superman per uscire da lì."

"Okay." annuì il capo. "Tu e Terrie controllate i bagni. Li manderemo pochi alla volta." Si voltò verso la sua ragazza, seduta da sola. "Portati dietro la pistola."

La ragazza si alzò, sollevando l’arma perché Frankie potesse vederla e si diresse verso il bagno delle donne. A turno, gli ostaggi si avviarono verso i bagni. Le cose stavano andando meglio.

"Posso darvi un altro suggerimento?" chiese Max, cautamente.

"Cosa c’è ancora?" sospirò Frankie, come se pensasse che fosse la cosa migliore da fare.

"Credo che anche voi siate affamati come lo siamo noi. E accaldati. Potremmo accendere il grill e preparare qualcosa. Potremmo anche distribuire qualcosa da bere, magari solo acqua."

"Hanno tolto la corrente, Einstein." sogghignò lui.

"Io, uhm, lo so." esitò Max. "Ma questo è successo perché vi siete rifiutati di parlare. Se tu parlassi con loro … al telefono … potresti convincerli a ridare l’energia."

"Loro vogliono solo convincermi a lasciarvi andare." Frankie strinse gli occhi.

"Lo so." Max si strinse nelle spalle. "Perché per loro sarebbe preferibile al fare irruzione qui dentro rischiando le nostre e le loro vite."

"Potrei fare delle richieste."

"Sì." concordò Max, pur sapendo che avrebbero potuto non essere accolte.

"Un elicottero ed un sacco di soldi. Potremmo rifugiarci in Messico."

Max si limitò a fissare l’uomo, mascherando le sue emozioni. Aveva fatto molta pratica nel corso degli anni. Sicuramente Frankie sapeva che non gli avrebbero permesso di lasciare quel posto da uomo libero.

“Tentar non nuoce." lo incoraggiò Max, consapevole che tutti gli sguardi nel ristorante erano posati su di lui. Grande. Tutto a vantaggio dell’anonimità.

"Sì." concordò uno dei complici di Frankie. "Potremmo parlare con quei tipi, mentre pensiamo ad un modo per andarcene. Oltre tutto, con l’elettricità, potremo mangiare ed accendere i condizionatori.

"Sì." annuì Frankie. "Fa caldo qui dentro."

Non dovettero aspettare a lungo. Il telefono suonò di nuovo, proprio mentre gli ultimi ostaggi uscivano dai bagni. Frankie si avvicinò al telefono, guardò i membri della sua banda, poi guardò Max. Fece un profondo respiro e sollevò il microfono.

"Ascoltate." gridò prima che chi chiamava avesse la possibilità di parlare. "Ascoltate bene. Riattaccate l’elettricità e parleremo." Frankie aspettò la risposta del suo interlocutore prima di sbattere giù la cornetta.

"Allora?" chiese Max, allarmato dall’improvviso attacco di collera di Frankie. La sua prima reazione fu di controllare dove si trovasse Liz, la seconda quella di tenere pronto il suo scudo.

"Hanno detto che vogliono che rilasci alcuni ostaggi." brontolò Frankie.

Max si rilassò un po’. "E’ solo … sai … una dimostrazione di buona fede."

"Sì." annuì Frankie. "E’ quello che hanno detto."

Max annuì.

"E se non lo facessi?" Frankie si portò ad un passo da Max, parlandogli direttamente in faccia.

Max fece un profondo respiro e rilasciò l’aria lentamente. Aiutare quell’uomo gli sembrava giusto e se si fosse rifiutato qualche innocente avrebbe potuto rimanere ferito. C’era una sola cosa da fare. Max poteva sentire l’agitazione montare in Liz e Michael. Se lui non avesse allentato la tensione, uno di loro avrebbe potuto perdere il poco controllo rimasto e l’ultima cosa che avrebbe voluto era quella che qualcuno vedesse Liz accendersi di linee verdi.

"Se non rilasci nessuno sapranno quali sono le tue intenzioni. Ormai, probabilmente, lì fuori ci sarà una squadra delle Forze Speciali. Si staranno preparando a fare irruzione nel locale e il risultato, allora, potrà essere uno solo. Vi uccideranno tutti e daranno a voi la colpa dell’eventuale morte di qualche ostaggio."

"Dagli ascolto, Frankie." gridò Terrie. "Ti prego."

"Sta’ zitta, strega." Frankie schiaffeggiò la ragazza. "Per cominciare, questo è tutta colpa tua."

Max fece il possibile per trattenersi dal colpire Frankie. Sapeva che quel gesto non avrebbe aiutato nessuno. Uno dei suoi amici gli avrebbe sparato. Si sarebbe creato il panico e Dio solo sa come sarebbe finita.

"Come sarebbe è colpa mia?" singhiozzò Terrie.

"Perché io non ero buono abbastanza per il tuo paparino. Perché non ho un diploma. Guadagna del danaro, mi hai detto, e lui ti rispetterà."

"Io volevo dire trovati un lavoro." rabbrividì lei.

"Uhm, questo non aiuta." li interruppe Max, avvertendo che la paura degli ostaggi stava aumentando.

Come Max si era aspettato, l’uomo sfogò su di lui la sua rabbia crescente e la sua frustrazione. Con la mano in cui teneva la pistola, colpì Max in pieno viso. In una esplosione di dolore, il ragazzo cadde a terra, accompagnato da un grido spaventato di Liz. Sussultando e sforzandosi di vedere attraverso un velo di sangue, Max si sforzò a rimettersi in piedi.

"Si precipiteranno dentro, se sentono gridare e pensano che stai facendo del male a qualcuno." continuò a dire, nel tono più neutro possibile. L’ultima cosa che voleva era porsi in antagonismo con Frankie.

"Com’è che sai tutte queste cose?" gli chiese Frankie. “Sei un poliziotto?"

"No." Max scosse la testa in diniego. Il viso gli faceva male ma, con tutti quei testimoni, non poteva fare nulla per alleviare il dolore. "Qualcuno che rispetto e di cui mi fido è stato Sceriffo." Max si strinse nelle spalle. "Io l'ho ascoltato."

"E’ stato?" chiese uno dei compagni di Frankie. "Cosa è successo poi?"

"E’ complicato." Max scrollò di nuovo le spalle. Avrebbe voluto solo trovare Liz e cercare conforto tra le sue braccia. Lui non era abituato a provare dolore fisico.

"Allora credi che ci sia una squadra delle Forze Speciali lì fuori?"

Max annuì.

"Con i fucili di precisione?"

"Probabilmente." ammise Max.

Tutti gli uomini si abbassarono.

"Così, se rimetteranno la corrente, ci vedrebbero come un albero di Natale illuminato?"

"Hanno i visori notturni." gli fece notare Max. "Riuscirebbero a vedervi comunque."

"E allora che suggerisci?"

"Accetta la proposta." sospirò Max. "Fa tornare l’elettricità. Tieni spente le luci all’interno del ristorante, ma lascia accese tutte quelle fuori. Sarà difficile per loro individuarvi, a meno che non vedano un’arma."

"Ma non li rilasceremo tutti."

"No." concordò Max. "Non lo farete e loro non si aspettano che lo facciate. No, lasciatene andare solo alcuni. Magari i più vecchi. O le mamme con i loro bambini. Lasciateli andare. A nessuno piace veder minacciati mamme e bambini."

"Bene, tanto i bambini stavano cominciando a darmi sui nervi."

"Okay. Vediamo. Ci sono sei bambini e quattro mamme, vero?"

Le quattro donne annuirono freneticamente.

Frankie riprese la sua posizione di comando, girando intorno agli ostaggi. Max distolse gli occhi dagli sguardi pieni di aspettativa, sguardi che diventarono di accusa quando gli altri si resero conto che non sarebbero stati presi in considerazione per il rilascio.

Qualsiasi cosa accada, sospirò Max dentro di sé, almeno avrò salvato qualche vita. L’occhio gli procurava un dolore così forte, da riuscire a sopportarlo a malapena. Non riusciva a vederci. Sentì le ginocchia cominciare a tremare e si rese conto di stare per cadere.

Poi un paio di braccia lo sorressero. Erano braccia sottili, ma che avevano una grande forza. Sapeva a chi appartenevano e sapeva anche che ora poteva lasciarsi andare all’oscurità che stava minacciando di travolgerlo. La proprietaria di quelle braccia si sarebbe occupata di lui, nello stesso modo in cui lui si sarebbe preso cura di lei.

"Ti ho preso." piagnucolò lei. "Oh, Max."

"Liz." sospirò lui prima di lasciarsi andare.

* * * * *

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Capitolo 13
*** 13 ***


Parte 13 

"Sta succedendo qualcosa." annunciò Isabel dal tetto del SUV da dove, per l’ultima ora, avevano controllato il ristorante col binocolo. Si lasciò scivolare sul cofano, fino a toccare terra. "Rimani qui." disse. "Io vado a dare un’occhiata da vicino."

"Sta attenta, Isabel." le disse Kyle. "E sta’ lontana dall’FBI"

"Sì." rispose lei da sopra la spalla. "Lo farò."

La ragazza traversò la strada, che era stata bloccata da tutte e due le parti. Scelse di stare in mezzo ad un folto gruppo di persone, vicine al centro mobile di comunicazione che la Polizia aveva allestito. Dubitava che avrebbe potuto essere notata da chiunque la stesse cercando. Si fermò davanti ad un cavo telefonico provvisorio, che i poliziotti avevano attaccato per avere una linea diretta con il ristorante, e lo toccò con una mano. Usando la stessa abilità che le consentiva di ascoltare i CD senza lettore, attese una comunicazione. La sua pazienza fu ricompensata perché, poco dopo, sentì il telefono squillare.

"Siamo pronti a trattare." abbaiò una voce dura. "Manderemo fuori quattordici ostaggi. Sei bambini, quattro donne e quattro anziani, che probabilmente non avrebbero resistito ancora a lungo. Dopo che sarà tornata la corrente elettrica."

Un uomo con le cuffie, che stava accanto al furgone dell’FBI, fece un cenno verso l’ufficio principale della stazione di servizio. Il ristorante si illuminò all’improvviso e subito le luci all’interno si spensero e rimasero accese solo quelle esterne. Isabel capì che dall’interno avrebbero avuto abbastanza luce per vederci, ma che dall’esterno si sarebbe visto solo il buio.

"Dannazione." sentì imprecare uno dei poliziotti. "Sanno quello che stanno facendo, lì dentro. Ci vorrà del tempo."

Isabel era sicura che, in qualche modo, Max stava tenendo le cose sotto controllo, per assicurarsi che nessuno, nemmeno i banditi, si facesse male. Qualche volta, Max aveva troppo riguardi.

"Okay." sentì dire al telefono dalla voce calma di un agente."Ora puoi farli uscire."

"Sono legati in fila indiana." continuò la voce dura. "Davanti ci sono i bambini, poi i vecchi e in retroguardia le madri."

Le porte del ristorante si aprirono e i quattordici ostaggi rilasciati cominciarono ad uscire. Erano legati a catena per i polsi. Da dove si trovava, Isabel riuscì a vedere le loro lacrime, ma ne avvertì anche il senso di sollievo. Le porte si richiusero dietro di loro e la fila si fece strada fino al gruppo auto più vicino.

I poliziotti si precipitarono ad aiutarli, tagliando le funi che li tenevano legati assieme e conducendoli verso la fila di ambulanze. Isabel ascoltò con attenzione una mamma, quasi isterica, che cercava di parlare del ragazzo alto, con i capelli scuri, che aveva appena salvato loro la vita. Sorrise, sapendo che stava parlando di Max, ma le si gelò il sangue quando sentì della sua tremenda ferita. Il poliziotto rassicurò la donna, dicendo che avrebbero cercato di far rilasciare il ragazzo per farlo ricoverare in ospedale, ma Isabel sapeva che Max non sarebbe uscito dal locale se prima non fossero usciti tutti gli altri. Non era ancora finita. Alcuni degli ostaggi liberati, avevano dentro altri membri della loro famiglia. In effetti, gran parte della folla presente aveva membri della famiglia all’interno. Lei ne aveva quattro.

* * * * *

"Che stai facendo, Jim?" gli chiese Jeff, quando Jim lasciò la strada principale, per immettersi in una più piccola.
Erano rimasti in ascolto del canale della Polizia, per sapere se qualcuno dei loro ragazzi fosse stato scoperto, ma tutto quello che avevano sentito era che c’erano dei posti di blocco lungo la strada e che, nel ristorante, non si era sentito niente. Ognuno di loro era preoccupato che i ragazzi fossero rimasti ad assistere all’assedio, incuranti della presenza dell’FBI. Jim si era sorpreso che si fossero fermati abbastanza da essere ripresi dalle telecamere. No, nel profondo di se stessi, ognuno aveva pensato a quello che sperava fosse solo il proprio pensiero. E se qualcuno dei ragazzi fosse stato tra gli ostaggi? Questo avrebbe spiegato la presenza di Kyle fuori dal ristorante.

"La strada principale è chiusa." lo informò Jim. "Per tenere lontano i curiosi. Dobbiamo trovare un’alternativa, se vogliamo arrivare lì."

Continuò a guidare in un labirinto di strade. Quasi subito, videro furgoni fermi davanti a loro e orde di elicotteri che sorvolavano il posto. Parcheggiarono più vicino possibile, ma dovettero comunque percorrere a piedi l’ultimo mezzo chilometro. Si fermarono insieme, mentre Jim cercava di individuare la posizione di Kyle.

"Era seduto su un grosso SUV, fermo accanto ad un vecchio granaio."

"Da quella parte?" chiese Philip, indicando una vecchia costruzione seminascosta da una quantità di furgoni dei media e dalla folla di gente che stava in piedi sui tetti delle macchine cercando di vedere qualcosa.

"Mi sembra familiare." annuì Jim. "Andiamo."

Arrivati vicino al granaio, non videro tracce di visi conosciuti.

"Credo che fosse dall’altra parte." suggerì Jim.

Come girarono l’angolo, lo videro tutti nello stesso momento. Il figlio di Jim, Kyle, era seduto a gambe incrociate sopra il tetto di un enorme furgone a quattro ruote motrici e stava guardando il ristorante attraverso un binocolo. Era solo ed ebbero tutti paura che gli altri fossero tenuti in ostaggio all’interno.

"Kyle." lo chiamò Jim.

Kyle lasciò cadere il binocolo dalle mani e, con lo sguardo terrorizzato, scattò in piedi. Poi vide suo padre. Aveva raggiunto il veicolo prima ancora che il ragazzo saltasse giù. Si abbracciarono, sotto gli sguardi tristi degli altri genitori. Fu allora che Kyle li vide e, sentendosi un po’ in imbarazzo, ruppe l’abbraccio con suo padre. Sorridendo attraverso le lacrime che gli scendevano dagli occhi, Kyle mise da parte i suoi sentimenti e, uno ad uno, abbracciò tutti. Nessuno sembrò in grado di parlare.

"Sembra che Max stia tenendo le fila dall’interno." disse Isabel avvicinandosi al furgone. "Hanno appena rilasciato alcuni degli ostaggi, che hanno detto … " e allora li vide. "Mamma? Papà?" Per un attimo sembrò preoccupata. "Oh, mio Dio! Mamma! Papà!" Volò tra le loro braccia, lacrime di felicità che le scendevano dagli occhi.

Come Kyle prima di lei, dopo aver abbracciato i suoi genitori, abbracciò tutti gli altri. Ormai tutti erano a conoscenza del loro segreto e, anche se Nancy sembrò un po’ riluttante ad abbracciarla, era comunque bello rivederli.

"Isabel, dove sono gli altri?" Jim dette voce alla domanda che ognuno avrebbe voluto fare.

"Dov’è mia figlia?" chiese Nancy.

"Mia nuora." sorrise Diane, avvicinandosi a Nancy e posandole una mano sulla spalla.

"Sono ancora dentro." rispose Isabel. "Sono entrati poco prima che arrivassero i banditi. Ma non preoccupatevi. Gli ostaggi appena rilasciati, hanno detto che un ragazzo alto, dai capelli scuri stava parlando con i rapinatori." Omise di parlare del fatto che Max era stato ferito piuttosto gravemente. Avrebbe guarito la sua ferita prima di uscire. Isabel sapeva che Liz non avrebbe permesso che Max soffrisse inutilmente. "E’ stato lui a farli rilasciare."

"Questo non mi è di conforto." le disse Amy.

"Nemmeno per me." aggiunse Nancy.

"E’ perché voi non conoscete bene Max." Isabel sorrise attraverso lacrime di gioia. "E non sapete quello che è capace di fare. Non preoccupatevi. Michael baderà a Maria e Max si prenderà cura di Liz. Liz starà dietro a Max e a Maria. E Max proteggerà tutti."

"E’ tipico di Max." concordò Jim. "Ormai è così abituato a prendersi cura di tutti, da tanto tempo, che per lui è diventata una seconda natura."

"A parte questo," Philip cercò di riguadagnare il controllo della sua voce. "come state?"

"Siamo stanchi." rise Isabel. "Ma siamo vivi."

"Amen." rispose Jeff.

* * * * *
Mentre riprendeva lentamente i sensi, Max vide un viso d’angelo che lo stava aspettando.

"Max." disse Liz con sollievo. "Max, puoi sentirmi?"

Max annuì.

"Ho cercato di mandare via il dolore." lacrime le scendevano lungo le guance. "Ma non ci sono riuscita."

"Probabilmente è meglio così." grugnì Max. "Qualcuno avrebbe potuto chiedersi come mai il mio occhio avesse avuto un aspetto migliore."

"Max, nessuno sta guardando. Puoi fare qualcosa per diminuire il dolore?"

"Posso fare qualcosa, ma non molto. Per far sparire il dolore dovrei riparare i tessuti e questo si noterebbe."

Liz lo sollevò e gli diede un tenero bacio sulla guancia, vicino all’occhio ferito.

"Già va meglio." sorrise lui.

"E’ già sveglio?" disse Frankie, adirato.

"Sì." Max cominciò ad alzarsi, ma le ondate di dolore erano insopportabili.

"Senti. Il cuoco è terrorizzato e le cameriere anche. Vogliamo che tu e i tuoi amici ci cuciniate qualcosa. Una volta che noi avremo mangiato, potrai preparare anche per gli altri."

Michael, Maria e Liz aiutarono Max ad alzarsi e a raggiungere la cucina.

"Proprio quando si cominciava a stare bene." si lamentò Michael. "Voglio che sia chiaro: la prossima volta che dovrò lavorare sarà lontano dalle cucine."

"Cosa? Come se a noi piacesse servire ai tavoli." disse Maria.

Il dolore era talmente insopportabile, che Max fu costretto a rimanere seduto, mentre i suoi amici si affaccendavano in cucina. Michael accese la griglia e la friggitrice. Si accertò che nessuno lo guardasse, poi vi passò sopra la mano per portarle alla temperatura adatta. Dietro suggerimento di Liz, decisero di cucinare di tutto, mettendo in condizione banditi ed ostaggi di servirsi da soli.

Le due ragazze posarono il cibo, preso dal refrigeratore, sul grande tavolo d’acciaio, dove Michael poggiò i piatti di cibo cotto. Nel frattempo, Max si era sforzato di prendere delle bevande dal distributore e stava preparando diverse brocche di Pepsi, Seven-Up, Fanta e birra.

"Qualche altra idea brillante, Max?" sogghignò Michael, mentre erano seduti a mangiare quello che rimaneva del cibo cucinato da lui.

Erano rimasti in cucina con l’intenzione di rimettere tutto in ordine. Come avevano detto a Frankie, se fossero rimasti lì tutta la notte, il mattino dopo ci sarebbe stato bisogno di preparare la colazione.

"Non ancora." Max fece una smorfia. "Ma ci sto lavorando."

"Puoi provare a parlare con la ragazza?" chiese Maria a Liz. "Forse lei non vuole più seguirlo."

"Bene, se mi assomiglia almeno un po’," Liz sorrise a Max "lo farà."

"Nessuna è come te, Liz." Max allungò la mano e le carezzò la guancia. "Tu sei speciale. Unica nel tuo genere."

Il viso di Liz si illuminò.

"Come lo sei tu, Max." Maria ruppe l’incanto. "Tu non sei come Frankie e, se lo fossi, avrei fatto tutto il possibile per allontanare Liz da te. Allora, la questione è che forse lei non ne ha avuto ancora abbastanza."

Si voltarono tutti verso Liz.

"Le parlerò." fu d’accordo lei.

* * * * *

Liz lasciò la cucina e si diresse nella sala, illuminata solamente dalle luci che provenivano dall’esterno. Anche nell’oscurità, riuscì a vedere il modo in cui la stava guardando il capo della banda. Si sforzò di reprimere il brivido che stava per percorrerla.

"Io, uhm, ho bisogno di usare il bagno." disse a Frankie.

"Terrie." chiamò lui e guardò verso Liz con un sorrisetto furbo. "A meno che tu non vuoi che ti accompagni uno dei ragazzi."

"No, uhm … Terrie andrà bene." Liz cercò di non far trapelare il disgusto dalla sua voce, ma sapeva che tutti l’avevano percepito.

"Vieni." Terrie prese Liz per una manica. "Andiamo."

Liz seguì la ragazza, che non sembrava a suo agio con la pistola in mano. Entrarono nel bagno delle signore e Liz si voltò verso di lei.

"Vai." disse Terrie con asprezza.

"Volevo solo parlare con te." ammise Liz.

Terrie si voltò per uscire.

"No, aspetta." insistette Liz. "Andiamo, Terrie. Puoi veramente dirmi che è questa la vita che vuoi?"

Terrie non rispose.

"Sarete arrestati tutti." la informò Liz. "Sempre che non vi sparino prima."

"Ebbene, devo ammettere di aver scoperto un lato di Frankie che non avevo mai visto prima. A te è mai capitato?"

"Sì." ammise Liz. "Ma anche nei suoi momenti peggiori, era … Max non ha mai fatto del male a persone innocenti. Diamine, dubito perfino che abbia mai fatto del male fisico ad un’altra persona in tutta la sua vita. Eccetto a Michael, il suo amico. Ma erano circostanze estenuanti."

"Ho visto come ti comporti quando sei con lui." C’era una punta di gelosia nella voce di Terrie.

"Quanti anni hai, Terrie?"

"Ho appena compiuto diciotto anni."

"E vuoi gettare via la tua vita? Anche se riuscirai ad uscire da qui, sarai sempre in fuga. Ti dovrai sempre guardare alle spalle, chiedendoti se oggi sarà il tuo ultimo giorno. Non vedrai mai più la tua famiglia e i tuoi amici."

"E’ questo quello che è successo a te?"

"Una specie." sorrise Liz. "Eccetto che Max non rapina banche e non fa male alla gente. Lui vuole aiutarla. Gente come te."

"Mi sembra una cosa bella. E allora com’è che siete in fuga?"

"E’ … come dire … complicato." sospirò Liz. "Ma sopporto questa vita perché lo amo. Io lo amo veramente. Così, prima di varcare questa soglia, assicurati che i tuoi sentimenti per Frankie siamo veri e che lui li ricambi."

"E i tuoi?"

"I miei sentimenti? Se sono ricambiati?" Liz si aprì in un enorme sorriso. "Cento volte."

"Sembra bello."

"Ascolta, non è troppo tardi per te. Se vuoi uscire da questo incubo, se vuoi tornare a casa e cominciare da capo, possiamo aiutarti."

"Frankie non mi lascerebbe mai andare."

"Questo non è amore." Liz scosse la testa. "Se ti desse la possibilità di scegliere, lo sarebbe."

"E Max ti ha fatto scegliere?"

"Lo ha fatto. Ed io ho scelto questa vita. Fammi sapere se cambi idea."

Liz lasciò Terrie in bagno e tornò da Max. La sua espressione gli fece capire che aveva avuto successo solo in minima parte. Lui allungò la mano e la posò sulla guancia di Liz e lei vi si appoggiò, un gesto che Terrie notò, quando anche lei uscì dal bagno.

* * * * *

Il sole si alzò su un nuovo giorno. Avevano dormito a turno nel sorprendentemente comodo SUV, mentre gli altri stavano di guardia, con la promessa di svegliare i dormienti se ci fossero stati degli sviluppi. Jim e Kyle tornarono da un viaggio presso un altro ristorante lungo la strada, che aveva alzato i prezzi per approfittare dell’improvvisa popolarità. Portarono indietro con loro caffé e colazione per tutti. Avendo già mangiato, Jim e Kyle si misero di vedetta, mentre gli altri facevano colazione.

"Isabel, tesoro." cominciò a dire Diane. "Noi … io e Nancy … ci stavamo chiedendo se puoi parlarci del matrimonio di Max e Liz."

Nancy sollevò lo sguardo su Diane, le rivolse un sorriso di ringraziamento, poi guardò Isabel con gli occhi pieni di aspettativa. Isabel guardò le tre donne prestarle estrema attenzione e notò che anche Jeff e suo padre erano in attesa.

"Okay, allora. E’ stato quando siamo arrivati in Idaho, circa una settimana dopo che vi avevamo lasciato, che abbiamo deciso di essere al sicuro. Vedete, Max aveva detto che se doveva vivere con Liz, voleva farlo nel modo appropriato, così ci siamo fermati in una piccola città chiamata Cherry Creek, proprio vicino al confine. Max e i ragazzi sono andati a procurarsi un abito scuro, mentre io e Maria abbiamo pensato a Liz. Le abbiamo trovato un completo grazioso. Era così carina."

Isabel aprì una delle borse che erano sull’auto e ne prese una busta piena di fotografie.

"Max ha detto che avreste voluto vederle." e Isabel tese le foto a sua madre.

Le guardarono tutti, mentre Isabel raccontava loro il giorno del matrimonio, di quanto bella e raggiante fosse stata Liz e dell’imbarazzato sorriso di Max, quando si era reso conto che aveva finalmente sposato la ragazza che lo aveva ossessionato fino dalla terza elementare.

"Santo Cielo!" sospirò Diane. "Non è bella?"

Un grande sorriso di orgoglio traversò il viso di Nancy e una lacrima le scese dagli occhi. Jeff riuscì a malapena a contenere i suoi sentimenti guardando la sua graziosa figliola e non poté fare a meno di rimpiangere di non averla accompagnata all’altare e consegnata all’uomo che aveva vinto il suo cuore. Provò un attimo di gelosia nei confronti di Kyle che aveva usurpato il suo legittimo posto.

"Sembrano così felici." commentò Amy.

Era vero. Non solo Max e Liz, ma tutti loro. Sembravano tutti felici.

"Possiamo tenerne qualcuna?" disse Diane, facendo la richiesta che Nancy aveva troppa paura di fare.

"No." ridacchiò Isabel. "Ma potete avere i negativi."

Sia Diane che Nancy fecero un grande sorriso.

"Avrei voluto esserci." Nancy lasciò andare un piccolo singulto. "La mia bambina è diventata una donna, ormai."

"C’eravate." sorrise Isabel. "Almeno con lo spirito. Dopo, quando siamo andati al ristorante, abbiamo preso un tavolo con quindici posti. E Liz aveva preparato un segnaposto per ognuno di voi."

"Ma noi siamo solo tredici." precisò Diane. "Io, tuo padre, Jeff e Nancy, Jim, Amy e Jesse. Tredici."

"Avete dimenticato qualcuno." rise ancora Isabel. "Maria si era fatta prendere dal panico per via del numero tredici, così Max ha detto che se la nostra famiglia doveva essere con noi in spirito, c’erano altre due persone che dovevano dividere con noi il loro grande giorno."

"E chi erano? Jeff si accigliò. Guardò Philip per vedere se lui ricordasse qualcuno al quale non aveva pensato.

"Alex e Claudia." sussurrò Isabel.

Nancy cominciò a piangere.

"Liz ha reagito pressappoco nello stesso modo." rise Isabel.

"Ma sono felici, Isabel?" chiese Diane. "Voglio dire, sono così giovani."

"Oh, sì." ridacchiò ancora la ragazza. "Sono così felici che ci fanno venire la nausea."

"Non è un po’ troppo … insensibile, da parte loro?" continuò Diane. "Loro sanno che Jesse … "

"No, mamma." solo Diane percepì il breve lampo di dolore sul viso della figlia. "No. Loro sono … abbastanza discreti. Ma non si può fare a meno di notare quanto siano uniti. E’ veramente bello … quando non è nauseante."

"Ma stanno attenti, vero?" chiese Nancy. "Per quanto voglia diventare nonna … un giorno, non credo che ora le circostanze siano … "

"Non si preoccupi, signora Parker. Io … io ho insegnato a Liz un piccolo trucco. Non rimarrà incinta fino quando non lo vorrà."

"E cosa mi dici di Maria?" chiese Amy. "Michael si prende cura della mia bambina?"

"Si, signora Deluca." rise lei. "Non sono come Max e Liz e credo che qualche volta si godano le loro litigate, ma lui la ama e si prende cura di lei."

* * * * *

Più tardi, Jeff e Philip si trovarono di guardia insieme. Passarono il tempo parlando di Max, di Liz, della loro relazione e di come fossero dispiaciuti di non aver potuto assistere al matrimonio dei loro ragazzi. Fecero il patto di cominciare a mettere da parte dei soldi per fare la più grande cerimonia cui Roswell avesse assistito, una volta che i ragazzi avrebbero risolto la loro situazione.

"So che lui è capace di proteggerla più di quello che posso fare io, ora." sospirò Jeff. "Ma questo non me lo rende più facile. Voglio dirti una cosa, Philip: hai cresciuto un bravo ragazzo."

"Grazie, Jeff." sorrise Philip. "Venendo da te, queste parole significano molto. Ma credo che tua figlia possa reclamare parte del merito. E’ stata lei a tirarlo fuori dal suo guscio. Devi esserne molto orgoglioso. E io sono orgoglioso di accoglierla nella mia famiglia. E’ una ragazza meravigliosa."

Jeff guardò l’amico e sorrise.

"Vorrei solo che ci fosse qualcosa che potessimo fare." sospirò.

"Forse c’è." fu la criptica risposta di Philip.

"Che vuoi dire?"

"Volevo parlarne con voi ma, se ce sarà la possibilità, vorrei parlarne prima con Max e gli altri."

"Vuoi startene lì a ridacchiare e a lasciarmi all’oscuro o vuoi anticiparmi qualcosa?"

"Ieri mi ha chiamato Jesse."

"Come sta?"

"Gli manca Isabel, tanto quanto lui manca a lei, credo. Ma ha incontrato una vecchia amica, che ora lavora per i media."

"Amica?" Jeff guardò verso Isabel, che stava parlando con la madre. "Philip, non pensi … "

"No, no. Lui ha chiesto il suo aiuto. Lei sta ricostruendo la storia dei ragazzi, per farne un articolo o un programma, non so bene, per far sapere alla gente che non ha nulla da temere dai nostri ragazzi. Sai, questa dovrebbe essere la terra della libertà. L’ultima volta che ho controllato, Max era un cittadino degli Stati Uniti. Anche se ha un DNA alieno, non ha gli stessi diritti di tutti noi?"

"Questa amica, vuole farli comparire in TV?"

"No, non così. Vuole farne una storia, lasciando che la gente conosca quelli che hanno aiutato, dando risalto al loro caso. Presto, l’FBI non potrà continuare a fare quello che ha fatto finora. Dovranno venire allo scoperto, il che significa che dovranno agire secondo la legge e non al di fuori. Voglio dire, avevano intenzione di sparare a quattro ragazzi senza processo, solo perché avevano dei sospetti sulle loro origini. Riesci ad immaginare il clamore se avessero fatto qualcosa del genere ad un capomafia? Omicidio è omicidio, Jeff."

"Mi sembra rischioso, Philip. Forse sarebbe meglio aspettare e vedere cosa ne pensa Max. Sembra che tutti facciano capo a lui."

"Sentiremo anche cosa ne pensa Liz." ridacchiò Philip. "Da quello che ho capito, quei due fanno capo uno all’altra."

"Intesa perfetta, allora." Jeff tese la mano all’amico.

Philip la prese e la strinse, come fanno i vecchi amici che si ritrovano dopo una lunga separazione.

"Perfetta." rise Philip.

* * * * *
Il buio era sceso di nuovo sul ristorante. Frankie era in piedi accanto alla porta e guardava la folla di gente che si era raccolta, a distanza di sicurezza, per vedere quello che sarebbe successo.

"Ho sempre odiato i reality show." sibilò.

"Cosa facciamo, Frankie?" gli chiese uno dei compagni. "Quegli sbirri non ci lasceranno andare via da qui, vero? Come usciremo fuori, ci spareranno."

"Perché non prendiamo una di quelle macchine lì fuori e cerchiamo di passare il confine?"

"Perché è coinvolta l’FBI." disse Max dal fondo del locale, con una busta di ghiaccio, che Liz aveva preparato per lui, appoggiata sull’occhio. "Vi inseguirebbero subito."

"Non se portiamo degli ostaggi con noi e ne buttiamo fuori uno ogni tanto, fino a che non la smettono di seguirci."

"Avresti bisogno di un autobus." osservò Michael. "E lì fuori non ne vedo."

"Allora prenderemo qualcuna di quelle grosse quattro per quattro."

"Ma come ci arriveremo, Frankie?"

"Ci serviremo degli ostaggi come di uno scudo umano."

"Frankie, no!" gridò Terrie dall’angolo in cui sedeva da sola. "Non puoi farlo. Tu non sei un assassino."

"Ti ho detto di stare zitta, strega." abbaiò lui. "Non andrò di nuovo dentro."

Terrie sollevò lo sguardo, un’espressione scioccata sul viso.

"Di nuovo?" gli chiese. "Frankie, mi avevi detto che eri partito per lavorare."

"Ho mentito, e allora?"

"Ma tu mi hai detto che mi amavi."

I quattro uomini cominciarono a ridere di lei. Frankie si afferrò l’inguine e fece una risata oscena. "Certo, piccola. Come dici tu."

Max sollevò di scatto la testa e guardò verso Liz.

"Porta Maria con te." le disse sottovoce.

Max si era reso conto che, in quel momento, Terrie aveva realizzato di essere stata usata e che ora avrebbe parlato con Liz.

"Cosa? Max, no. Io non andrò con lei. L’aiuterò solo ad uscire da qui."

"No, Liz. Ascoltami. Io e Michael ce la caveremo meglio da soli. Voglio dire, so che anche tu puoi farcela, ma sarebbe la soluzione migliore per tutti. Voi tre potrete fuggire dal retro. Trovate Isabel e Kyle e tenetevi pronti a partire, nel caso che qui fuori ci sia l’Unità Speciale. Noi vi troveremo. Te lo prometto."

"No, Max."

"Liz, ti prego."

"Okay. Ma se qui fuori non ci sono cacciatori di alieni, non andrò da nessuna parte. Ti aspetterò."

"Posso accettarlo." sorrise Max.

Liz si chinò per scambiare con lui un breve, ma tenero bacio.

"Ti amo." le sussurrò Max.

"Anche io ti amo. Ti prego, sta’ attento."

"Anche tu."

Liz si alzò e si avvicinò a Frankie. Questa volta, con lei, c’era Maria.

"Possiamo andare al bagno?" gli chiese.

"Una alla volta." ringhiò Frankie.

"E’ solo che … io … "Maria si piegò all’altezza della vita. "Ho i crampi … "

"Ce la fai a guardarne due?" chiese a Terrie, voltando a disagio la testa.

"Sì." annuì lei. "Forza. Venite."

"Hai deciso cosa vuoi fare?" le chiese Liz, una volta chiusa la porta del bagno alle loro spalle.

"Voglio andare a casa." disse Terrie, piangendo. Si appoggiò contro Liz e lei le mise le braccia attorno. Le sue guance erano bagnate dalle lacrime.

"Okay." Liz rilasciò la ragazza dal suo abbraccio e le tolse la pistola dalla mano. "Prima di tutto dobbiamo accertarci che questa sia pulita."

Usando degli asciugamani di carta, pulì la pistola per cancellare le impronte digitali, poi la posò sul lavandino.

"Okay." continuò, salendo sulla toeletta ed aprendo la finestra, per poter controllare l’esterno. "Vedete da quella parte? Dove ci sono quegli alberi?"

"Uh huh." sia Maria che Terrie salirono con lei per dare un’occhiata.

"Quando vi darò il via, voglio che voi usciate dalla finestra, saltiate a terra e corriate fino a quegli alberi. Una volta lì, nascondetevi ed aspettate fino a che non ci saremo tutte e tre."

"Ma ci vedranno!"

"Fidati, Terrie. Non ci vedrà nessuno."

"Aspetta." la interruppe Maria. "Lasciamo Max e Michael qui?"

"Sì." annuì Liz. "Max mi ha detto di prendere te ed andare via."

"Liz, quando scopriranno la nostra fuga, quei tipi saranno piuttosto arrabbiati."

"Non preoccuparti, Maria. Loro staranno bene. Sai che sarà così."

Coprendo con il suo corpo quello che stava facendo alla finestra e sperando che Maria stesse facendo un buon lavoro nel distrarre Terrie, Liz si concentrò per trasformare il cemento che fissava le sbarre, in sabbia. Poi le rimosse con facilità.

"Ehi!" commentò Terrie alla vista delle barre rimosse. "Sei più forte di quello che sembri."

"Nah." Liz scosse la testa. "Non avevano messo abbastanza cemento per fissarle. Non c’è voluto un grosso sforzo. Terrie, va’ tu per prima. Io e Maria ti seguiremo."

"Solo, sta attenta a quello che fai." la mise in guardia Maria.

"Okay, siamo pronte?"

"Aspetta!" gridò Terrie. "Le luci. Potranno vederci tutti."

"Non preoccuparti. Oh, e sarà meglio che chiudiate gli occhi fino a che non ti darò il via. Siamo pronte?"

"Sì." arrivò come risposta dalle due ragazze.

Liz toccò l’interruttore e si concentrò. Fuori, senza che Terrie e Maria potessero vederle, le lampadine raggiunsero una luminescenza per la quale non erano state programmate e cominciarono ad esplodere in una doccia di scintille.

"Via, via, via." sibilò Liz.

Fuori dal ristorante, la luce improvvisa accecò tutti. Gli agenti abilitati per la visione notturna rotearono gli occhi all’improvviso dolore e gettarono a terra i dispositivi. Per qualche vitale secondo, nessuno riuscì a vedere nulla e, per quando la visione fu tornata, le tre ragazze erano già saltate dalla finestra ed erano corse per lo spiazzo, nascondendosi tra gli alberi. Erano salve. Liz si assicurò che stessero tutte bene, prima di girarsi verso il ristorante, dove aveva lasciato il suo cuore.

"Sii prudente." sussurrò, prima di portare al sicuro Terrie e Maria.

* * * * *

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Capitolo 14
*** 14 ***


Parte 14

"Che diavolo succede?" chiese Frankie, quando l’improvvisa esplosione di luce costrinse lui e i suoi amici ad abbassarsi dietro ai tavoli, in cerca di protezione.

Tenevano davanti a loro le pistole, mentre si strofinavano gli occhi momentaneamente accecati dalla luce. Anche molti degli ostaggi si stavano strofinando gli occhi. A peggiorare le cose, erano terrorizzati come i loro catturatori e molti stavano gridando terrorizzati.

"Terrie!" gridò Frankie. "Che succede lì fuori? Riesci a vedere qualcosa?"

Improvvisamente, come era arrivata, la luce scomparve e tornò il buio, accompagnato dall’esplosione delle lampadine. Il rumore fece sobbalzare tutti e qualcuno degli ostaggi si mise a gridare, convinto che Frankie e gli altri stessero sparando.

"Dannati, hanno tolto di nuovo la corrente!" imprecò Frankie, prendendo la mira per sparare a chiunque riuscisse a vedere dalle vetrine.

"No." lo rassicurò Max. "Non l’hanno fatto. L’aria condizionata funziona ancora. Non sono stati loro."

"Terrie! Che diavolo stai facendo?"

I quattro banditi si erano rialzati e stavano cercando di vedere, nel buio, se stesse succedendo qualcosa. Il telefono squillò, facendoli saltare tutti.

"Che avete fatto?" disse Frankie prima ancora che chi aveva chiamato riuscisse a parlare.

"Non abbiamo fatto niente." lo rassicurò una voce calma. "Siamo chiamando solo per sapere se va tutto bene. Abbiamo pensato che fosse successo qualcosa lì dentro."

"No. Non è successo niente."

"Controlleremo presso la Compagnia Elettrica. Forse c’è stato uno sbalzo di tensione."

"Fatelo!"

"Ascolta. Possiamo chiederti di prendere il considerazione il rilascio del ragazzo che hai colpito? Non dovrebbe essere in ottima forma, a questo punto. Non vorrai averlo sulla coscienza, vero?"

"Non sarà rilasciato nessuno, fino a che non avremo ottenuto un elicottero."

"Io non penso che … "

"E’ questo il problema. Lì fuori non c’è nessuno che pensa. Bene, pensate a questo. Se non sentirò presto qualcosa a proposito di quell’elicottero, allora potrei cominciare a pensare a tutte le brutte cose che potrebbero succedere agli ostaggi in quella cucina. Potrebbero succedere tanti incidenti, sapete?"

"Senti. Non fare niente … "

Frankie abbassò il microfono.

"Va’ a vedere cosa trattiene Terrie." ordinò a uno dei suoi amici.

Questi tornò poco dopo, con in mano la pistola di Terrie.

"Sono scappate, Frankie. Tutte e tre. Hanno lasciato solo questa. Le sbarre sono state rimosse dalla finestra."

Frankie si alzò e, seguito dagli altri tre, si avvicinò a Max, lo afferrò e lo gettò al centro della stanza.

"Che è successo?" gli gridò in faccia.

"Non lo so." Max lo guardò negli occhi. "Non ero lì e non posso sapere quello che è successo. Come potrei?"

"Lei è la tua ragazza, non è vero?"

"Credo che lei e le altre fossero abbastanza spaventate da riuscire a fuggire. Non lo so."

Frankie chiuse la mano a pugno e colpì Max allo stomaco. Restato senza fiato e con la mano poggiata nel punto in cui era stato colpito, Max crollò a terra. La sua testa batté contro il duro pavimento, per scontrarsi con lo stivale di Frankie, che gli sferrò un calcio. Michael cominciò ad avanzare verso di loro, solo per essere fermato da due dei banditi che non gli permisero di intervenire a difesa del suo amico. Michael guardò impotente Frankie che sfogava la sua rabbia e la sua frustrazione sul corpo incosciente di Max.

"Ora basta, Frankie." i suoi amici lo tirarono via. "Non hai bisogno di una imputazione di omicidio."

Come si furono allontanati, Michael si inginocchiò accanto all’amico. Lo prese in grembo e cercò di produrre un po’ di potere risanante, per alleviare la sofferenza di Max. Aveva le lacrime agli occhi. "Oh Dio, Max." gemette Michael. "Guardati Liz mi ucciderà!”

* * * * *
"Oh-oh." mormorò Jim alla vista della luce impazzita.

Jeff e Philip furono subito al suo fianco. "Che vuoi dire con ‘Oh-oh’?"

"Niente di buono."Jim accennò con la testa verso il ristorante, ora nel buio totale. "Qualsiasi cosa sia, non è una cosa buona. Quelle luci sono diventate incandescenti poi si sono spente. Credo che le Forze Speciali stiano per entrare in azione."

"Ma qualcuno di loro potrebbe restare ferito." obiettò Philip.

"Max li guarirà." lo rassicurò Jim.

"Ma se fosse Max ad essere ferito?" chiese Jeff con voce piatta.

"Sentite, Max sa cavarsela, okay? Gli hanno già sparato, prima d’ora. Lui sa quello che deve fare."

"Sì, ma … "

"Che succede?" gridò Nancy, uscendo dalla macchina, svegliata dal rumore.

"Jim pensa che l’FBI stia per fare irruzione nell’edificio." le rispose Jeff.

"Non possono farlo. I nostri ragazzi sono lì." gemette Diane, avvicinandosi a Nancy.

"Va tutto bene." Isabel si unì a loro. "Max li proteggerà. Probabilmente proteggerà tutti gli ostaggi."

"Ma qualcuno potrebbe vederlo."

"Aspettate." li interruppe Jim, sollevando una mano. Aveva cominciato a chiedersi se era stato saggio portare gli altri. Lui era abituato a situazioni come quella, gli altri no. "Se avessero voluto fare irruzione, sarebbe già successo. Ma visto che così non è stato, deve essersi trattato di un falso allarme. Rilassatevi."

Isabel gli sorrise e scosse la testa, allontanandosi. Poi vide Liz aggirarsi tra la folla, in cerca di qualcuno. Dietro a lei c’era Maria con un’altra ragazza.

"Liz!" gridò eccitata. "Liz, da questa parte!"

Nancy la sentì gridare e si voltò per vedere chi stava chiamando. E allora vide sua figlia, sana e salva. "Oh, mio Dio! Liz! Liz!" Nancy stava correndo verso la sua bambina. Sentendo chiamare quel nome, si voltarono tutti. Amy vide Maria ed ebbe la stessa reazione di Nancy e corse anche lei verso sua figlia. Jeff stava per seguirle, ma Jim lo trattenne.

"Lascia che si incontrino tra donne." gli sorrise. "Il turno dei papà è quello dopo."

Jeff annuì sorridendo e rimase a guardare le madri che abbracciavano le ragazze. Liz non riusciva a crederci. Aveva sentito Isabel che la chiamava e appena si era voltata verso di lei, sua madre era apparsa dal buio, prendendola tra le braccia.

"Mamma!" aveva gridato Liz e si erano strette una all’altra, con il viso bagnato di lacrime.

"Oh, Liz, tesoro. Stai bene?"

"Sì, mamma. Sto bene. Veramente. E tu? Tutto bene?"

"Ora che sei uscita da quel posto, sì. Ero così preoccupata."

"No, mamma. Non devi preoccuparti. Sai, Max, lui è … "

"Lo so." rise Nancy, asciugandosi gli occhi. "Continuo a sentirlo dire. Ma concedimi il lusso di preoccuparmi per mia figlia. Okay? Oh, Liz. Guardati. Non posso crederci. Sei diventata una donna."

"Mamma!" rise Liz imbarazzata. Accanto a lei poteva vedere che Maria stava subendo lo stesso processo.

"Ciao, Liz." arrivò sorridendo Diane. "Siamo così sollevati di saperti sana e salva. Benvenuta in famiglia." Abbracciò la nuora, felice che Max avesse trovato una persona meravigliosa come lei.

"Grazie, signora Evans. Uhm … "

"Per favore, chiamami Diane. Vuoi?"

"Okay. Diane."

"Max e Michael sono usciti con te?"

"No. Sono ancora dentro. Si è presentata una possibilità per me e per Maria di scappare e Max ha voluto che la cogliessimo. Oh, questo mi ricorda una cosa. Scusatemi un attimo." Liz si guardò attorno e vide la ragazza che aveva fatto uscire. La prese per mano e la portò verso Jim, salutando suo padre con un sorriso. Lui sembrò sorpreso, ma annuì. Poi Liz parlò con la ragazza, ed anche lei annuì. Le due ragazze si scambiarono un abbraccio e si separarono. Jim si diresse verso la sua auto, portando la ragazza con sé.

Liz li guardò allontanarsi, fino a che furono fuori vista. Allora si voltò e corse tra le braccia di suo padre, che la stava aspettando. “Papà!" gridò, stringendolo forte.

"Ah, Lizzie, Lizzie, Lizzie." lui ricambiò il suo abbraccio e la baciò sulla testa. "In cosa ti sei cacciata?"

Liz sollevò lo sguardo preoccupata, ma lo vide sorridere scherzosamente.

"Il Crashdown è vuoto senza di te." le disse, continuando a mangiarla con gli occhi.

"Anche tu mi manchi, ma lo sai, papà, sarei comunque partita per andare al college."

"Lo so." sorrise lui. "E io ti avrei comunque detto che il posto mi sarebbe sembrato vuoto."

"Forse, un giorno … "

"Max ti tratta bene?"

"Sai già la risposta, papà." ridacchiò lei. "Mi tratta meglio che mai."

"Sei felice?"

"Hai letto il mio diario, papà. Sai che lo sono."

"Davvero? Non lo hai scritto solo per farci stare meglio?"

"Davvero. Dico la verità. Vorrei solo che potessimo avere una vita normale. Ma sì, sono felice."

"Ma dov’è Max? Come hai fatto a sfuggirgli?"

"Max e Michael sono ancora dentro."

"Non è una cosa buona. Jim pensa che l’FBI stia per entrare in azione. Le luci si sono accese all’improvviso, poi è diventato tutto buio."

"No, no. Sono stata io. L' ho fatto perché la Polizia e l’FBI non potessero vederci. Non ci sentiamo di rispondere alle loro domande. Vedi, la ragazza che abbiamo portato via con noi faceva parte della banda. Era infatuata del loro capo, ma poi ha scoperto che lui la stava usando. Voleva solo tornare a casa dai suoi genitori. Così l’abbiamo aiutata."

"Voi ragazzi siete incredibili." commentò Jeff ridendo. "Siete qui, in fuga per le vostre vite e rischiate tutto per aiutare gli altri."

"Ci da uno scopo." rise Liz, dandogli un altro abbraccio. "Mi dispiace per tutte quelle bugie e per le uscite di nascosto alle tue spalle, papà. Non mi sento orgogliosa per averti ingannato in quel modo ma, lo sai, lo rifarei di nuovo."

"Lo so, Lizzie. E ora che so il perché, so anche che ti ho reso le cose difficili. Puoi perdonarmi?"

"Papà," lei scosse la testa "l' ho già fatto, ricordi? Capodanno?"

"Credo che, quella notte, tutti e due abbiamo passato un ponte."

Padre e figlia divisero un altro abbraccio.

* * * * *

Seduto nella sua auto, guidando verso l’altro ristorante, Jim stava guardando attentamente la ragazza piangente al suo fianco.

"Posso farle una domanda?" Terrie, alla fine, ruppe il silenzio.

"Puoi chiedere." rispose, lasciandole capire che lui avrebbe anche potuto non rispondere.

"Qual è la storia di Liz?"

"Liz è una ragazza che è stata fortunata a trovare un ragazzo che la ama quanto lei ama lui."

"E’ tutto quello che ha da dirmi?"

"Sì."

"Sono molto svegli, huh?"

"Quei due possono muovere le montagne."

"Ma perché mi hanno aiutato? Il mio … ex ragazzo ridurrà Max in polpette, quando scoprirà che me ne sono andata e che la sua ragazza mi ha aiutato. Spero che non gli spari."

"Non preoccuparti per Max. Può far finire quella situazione quando vuole. La mia ipotesi è che abbia voluto aspettare di saperti fuori da lì, in modo di farti tornare a casa. Ora, appena saremo arrivati dai tuoi, tutto quello che devi fare è dire che stavi con loro. Loro saranno il tuo alibi. Frankie può dire quanto vuole che tu eri con lui, ma se la polizia ti trova con i tuoi, sarà dura per lui provarlo."

"Ma tutta l’altra gente? Loro mi hanno visto."

"Bene, credo che la Polizia e l’FBI preferirà ignorare questa particolare testimonianza. Non ci farebbero una bella figura, no? Un paio di ragazze che riescono a fargliela sotto il naso."

"Voi siete veramente brave persone."

"Grazie, madame." Jim rise e si infilò nel parcheggio del ristorante.

Insieme, Jim e Terrie, si diressero verso i telefoni pubblici e riuscirono a trovarne uno libero dalla miriade di giornalisti. Jim prese il microfono ed inserì un quarto di dollaro.

"Qual è il tuo numero, Terrie?" le chiese. Lei glielo disse. Come il telefono cominciò a squillare, Jim tese il microfono ad una Terrie spaventata.

"Pronto?" disse con la voce che tremava, alla persona che aveva risposto. "Papà?" Poi scoppiò a piangere.

Jim si allontanò. Pensando che fosse prossima ad un collasso emozionale, voleva dare un po’ di privacy alla ragazza che stava scusandosi con suo padre ed implorando il suo perdono. Jim avvertì una sensazione di orgoglio, non solo per Max e Liz, ma per tutti i ragazzi. Ognuno di loro aveva fatto la sua parte ed era stato il loro desiderio di portare qualcosa di buono nel mondo che aveva salvato quella ragazza, come pure riunire una famiglia. Dopo nemmeno mezz’ora, una grande automobile familiare si fermò sull’area polverosa davanti ai telefoni. Ne scese un uomo, che cercava qualcosa o qualcuno nel buio.

"Papà!" squittì Terrie e corse tra le braccia dell’uomo in un’altra esplosione di lacrime. "Mi dispiace." gli disse singhiozzando. "Mi dispiace tanto."

"Lei deve essere Jim." l’uomo salutò Jim che si stava avvicinando.

"Sì." sorrise lui. "Sono io."

"Grazie, signore. Non so come abbia fatto a portare mia figlia lontano da … da … da quell’animale, ma ringrazio Dio che lo abbia fatto."

I due uomini si strinsero la mano. "Non sono stato io." Jim scosse la testa. "Sono stati un giovane uomo che si chiama Max Evans e sua moglie, Liz, che hanno salvato sua figlia. Benché apprezzerei se volesse tenere quel nome per sé, fino a che tutta l’intera faccenda non si sia risolta."

"Max è ancora lì, papà."

* * * * *

"Che ore sono?" grugnì Max, guardandosi intorno per capire dove si trovasse. Aveva appena ripreso conoscenza e l’improvvisa ondata di dolore lo disorientò.

"Cosa?" Michael si scosse dal leggero sopore che era sceso su di lui e guardò l’orologio. "Un po’ dopo le tre del mattino."

"Liz e Maria sono fuori, vero?"

"Sì." annuì Michael. "E’ per questo che ti hanno preso a calci, fino a ridurti così."

"Oh." Max sobbalzò, cercando di muoversi. "Mi chiedevo perché facesse così male."

"Ad ogni modo, grazie. Per aver fatto uscire Maria da qui."

"Non parlarne nemmeno. Adesso, credo che per noi sia arrivato il momento di far finire questa storia."

"Sei in condizione di poter fare qualcosa? Perché, prima, non ti guarisci?"

"No." Max scosse la testa. "Ci sarà tempo dopo. Inoltre, mi sento esausto. Non sono sicuro di quanta energia mi sia rimasta. Credo che il mio corpo stia guarendo le ferite interne da solo." Premette il dito su qualche livido, provando a vedere quanto fossero gravi le sue ferite. "Dobbiamo fare qualcosa per distrarre tutti; una sorta di diversivo. Poi, metteremo fuori combattimento i banditi e cercheremo di svignarcela tra la folla, quando avremo portato gli ostaggi fuori da qui."

"E’ più facile a dirsi che a farsi, Max. Hai visto quanti poliziotti ci sono lì fuori?"

"Quanto è distante la Polizia?" Max cercò di guardare attraverso i vetri con l’occhio sano, anche lui ormai nero, ma non riuscì a valutare accuratamente la distanza.

"Più o meno, un centinaio di metri."

"E se facessimo esplodere verso l’esterno tutti i pannelli di vetro? Fuori si abbasserebbero tutti. Credo che lo farebbero anche i banditi, non pensi? Sarebbero spaventati all’idea che le Forze Speciali facciano irruzione e si infilerebbero sotto i tavoli. E allora, tutto quello che dovremo fare sarà disarmarli, sono solo in quattro, e poi li colpiremo. Qualcuno chiamerà la Polizia e l’assedio sarà finito."

"Max, il tuo piano fa schifo."

"Ne hai uno migliore?"

"No, ma questo non significa che mi deve piacere il tuo. Non mi piace l’idea di dover uscire da qui. Tu non puoi camminare e io dovrò portarti. Poi verrà qualche paramedico e cercherà di portarti in un ospedale. Sai? Un simpatico, bianco ospedale."

"Se riesci a pensare a qualcosa di meglio, prego, accomodati."

"Io coprirò la metà sinistra e la parte frontale, compresa la porta. Ce la fai a pensare al resto?"

"Sì." annuì Max. "Aspetta, pensi di poter far esplodere anche il resto delle lampadine lasciate da Liz? Quelle della stazione di benzina e quelle sopra il parcheggio?"

"Sì." annuì Michael, guardando in lontananza. "Credo di sì. Perchè?"

"Confusione extra. Se ci sarà il buio totale, la polizia e l’FBI non reagiranno fino a che non sarà tornata la luce. E anche loro si abbasseranno. Forse, nella confusione, riusciremo a svignarcela."

"Forse." concordò Michael. Meglio avere una possibilità che nessuna.

"Dobbiamo far esplodere le finestre tutte insieme. Al mio tre."

"Aspetta. E’ mentre lo dici o dopo che lo hai detto?"

"Michael!"

"Okay. Scherzavo."

"Uno, due, tre."

I vetri esplosero all’improvviso. Nello stesso momento l’intera zona piombò nel buio. Max sentì gridare tutti, sia dentro che fuori. Come si era aspettato, i quattro banditi cercarono il mobile più vicino per ripararsi. Poteva immaginare che, fuori, anche i poliziotti si fossero riparati dietro le loro auto. Max sperò che nell’esplosione dei vetri, nessuno fosse rimasto ferito. Sentì un grido di sorpresa quando Michael eliminò il primo uomo. Concentrandosi oltre il dolore che gli aveva invaso il corpo, Max sollevò una mano e la puntò verso un uomo che aveva appena messo la testa fuori da un sedile. Vide la sagoma di una pistola e l’allontanò dall’uomo, spingendola fuori dalla porta, nell’area di parcheggio. Lui si voltò sorpreso, ma non vide mai il lampo di energia che lo rese inconscio. Due fuori, due rimasti.

Dov’era Frankie? Max udì un rumore alla sua sinistra e dal modo in cui Michael sollevò il pollice, seppe che era rimasto solo un uomo. Un grido di paura disse a Max dove si trovava Frankie. Aveva afferrato una ragazza e si stava facendo scudo col suo corpo, tenendole premuta la pistola alla tempia.

"Non so che sta succedendo qui, ma se non vi fermate, sparerò alla ragazza."

Nel buio, Frankie cercò di indietreggiare verso il fondo del locale, sperando di riuscire, nella confusione, a scappare dalla porta posteriore. Passò accanto a Max, che si limitò a sollevare una mano nella direzione dell’uomo, ‘eccitando’ le molecole dell’arma che lui aveva in pugno e portandole ad una temperatura da farla diventare troppo calda per tenerla ancora in mano. Con un grido, Frankie lasciò cadere la pistola e si allontanò dalla ragazza. Max tirò indietro il pugno e lo fece finire sulla mascella di Frankie, che cadde a terra come un sacco di patate.

"E’ finita." annunciò ai presenti.

Ci fu un vociare frenetico e gli ostaggi, ormai liberi, si abbracciarono l’uno con l’atro, sollevati di essere sopravvissuti a quella ordalia, ma Max non lo notò. Crollò sul pavimento.

Pur sapendo di essere liberi, nessuno nella stanza sapeva cosa fare.

"Max, che facciamo adesso?" chiese Michael.

"Lui è … è … è svenuto." balbettò la ragazza che Frankie aveva usato come scudo.

Michael traversò di corsa il locale e si inginocchiò accanto a Max. "Qualcuno avverta i poliziotti. Dite loro che i rapinatori sono fuori combattimento. Dite che stiamo per uscire."

Uno degli uomini andò ad una finestra e gridò nello spazio aperto. “I banditi sono a terra!" gridò. Ci furono grida di sorpresa da parte della folla. "Noi stiamo per uscire. Non sparate." Facendo strada, l’uomo cominciò a camminare nello spazio vuoto, ora illuminato dai fari delle auto. Gli ostaggi si ripararono gli occhi dai fasci di luce, mentre gli agenti correvano ad aiutarli. Qualcuno di loro proseguì verso il ristorante con la pistola in mano.

"Ti serve aiuto?" chiese un uomo maturo a Michael. Era il padre della ragazza dietro alla quale aveva cercato di nascondersi Frankie.

"No." Michael scosse la testa. Si passò sulla spalla un braccio di Max e lo sollevò. "Ce la faccio, grazie."

"Quando si sveglierà, vuoi ringraziarlo da parte nostra? Voglio dire da parte di tutti noi. Sono certo che tutti vorranno farlo personalmente, ma la gente reagisce in modo strano in situazioni come questa."

"Lo farò, grazie."

Michael aspettò che l’uomo si allontanasse e, dopo un gesto con la mano, ora aveva indosso l’uniforme dei poliziotti che aveva visto fuori. Aspettò che i primi agenti entrassero nel locale poi, semplicemente, si mischiò tra loro.

"Sembra che abbiano colpito questo ragazzo abbastanza rudemente." Michael mostrò le condizioni di Max alla luce delle torce elettriche che avevano in dotazione. "Lo porterò all’ambulanza."

Gli altri agenti annuirono, controllando i quattro corpi immobili sul pavimento e cercando le pistole.

"Ma non erano cinque?" chiese qualcuno.

Michael rifiutò l’offerta dei medici di far stendere Max su una barella. "No. va bene così. Posso portarlo io."

"Mettilo sul retro di quell’ambulanza." gli ordinò un medico, indicandone una in lontananza, una che avrebbe potuto lasciare in fretta l’area.

"Capito." rispose Michael, dirigendosi verso le ambulanze. Appena si fu allontanato, e nascosto dalla vista degli altri, Michael svoltò un angolo e cominciò a farsi strada tra la folla. La gente lo guardava stranamente, ma gli facevano largo. Lui cercò freneticamente un volto amico.

"Oh, mio Dio! Michael." sentì gridare alla sua destra.

Michael si voltò e vide Maria fare dei segni nella sua direzione.

"Sapevamo che eravate stati voi ragazzi e ci siamo sparsi in giro per cercarvi." Poi Maria vide Max e la sua espressione si trasformò. "Oh, mio Dio, Michael. Max. E’ … ?"

"No, sta bene. O almeno credo. Andiamo. Portiamolo nel furgone. Pesa una tonnellata."

"Cosa gli è successo?"

"Frankie." grugnì Michael. "Dopo che tu e Liz ve ne siete andate, lo ha preso a calci."

Maria rabbrividì. "Spero che tu l’abbia vendicato."

"Lo ha fatto Max." Michael fece un largo sorriso. "Gli ha dato un pugno in faccia e lui è crollato come se fosse stato travolto da una tonnellata di mattoni."

"Bravo, Max. Continua così! Uhm … ascolta. C’è qualcosa che dovresti sapere."

"Cosa?"

"I nostri genitori sono qui."

"Cosa?

"Sì. Una riunione di famiglia. Ascolta, portiamo via Max, poi ce ne andremo via da questa folla e ci nasconderemo per un paio di giorni. Staremo un po’ insieme ai nostri."

"Ma … "

"Niente ma, Guerin. I nostri genitori ora sono anche i tuoi. Che ti piaccia o no, siamo ormai una unica, grande famiglia. Facciamo parte della famiglia di Max e Liz."

* * * * *

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Capitolo 15
*** 15 ***


Parte 15

Indicazione della data: 4 settembre 2002 – Huston, Texas.

Oggi gli scienziati della NASA hanno confermato di aver monitorato, durante le ultime tre settimane, un distante meteorite la cui traiettoria sembrava essere in collisione con quella terrestre.

Classificato come WR-2002, il meteorite è apparso dal nulla, prendendo tutti di sorpresa e mandando le Agenzie Governative in giro per il mondo in una frenetica attività, per cercare di prevenire un potenziale disastro. E’ stato scoperto al limite del nostro sistema solare, ma gli esperti hanno detto che la possibile collisione con la Terra potrebbe avvenire entro un mese, vista la sua fenomenale velocità. A tutt’oggi, gli scienziati non sono in grado di stabilire la sua composizione, ma la sua grandezza è stimata pari a quella di un centro commerciale.

La NASA afferma che, fino a questo momento, non ci sono motivi di allarme. Credono che tutto quello che non brucerà durante l’impatto con la nostra atmosfera, sarà troppo piccolo per causare danni rilevanti, a meno che non cada in un’area ad alta densità di popolazione.

Il Dottor David Lovitz, è stato citato per aver detto "Quando il meteorite sarà più vicino, saremo in grado di stabilire il punto di impatto e di prendere le necessarie precauzioni." - - - Reuters.

* * * * *

"Michael!" gridò Liz sopra il vocio della folla eccitata, col viso pallido e tirato alla vista di suo marito svenuto nelle braccia di Michael. Carezzò il viso di Max. "Portalo nella macchina di Valenti. Maria, fagli vedere dove si trova."

"Okay." annuì Michael. "Poi dove andremo?"

"Valenti sa dove andare." rispose lei. "Le autorità stanno cercando di trovare l’uomo che i testimoni indicano come quello che ha salvato le loro vite. Vogliono una sua dichiarazione."

"Non possiamo permettere che trovino o identifichino nessuno di noi." gli disse Maria. "Nel caso qualcosa arrivi all’FBI."

"E tu che farai?" Michael guardò Liz negli occhi. "Non vuoi stare con lui?"

"Certo che sì." lei lo guardò offesa. "Ma qualcuno deve organizzare gli altri, per allontanarci da qui. Dobbiamo trovare il modo di farci strada tra la folla dei curiosi che impediscono ancora la circolazione. Sembra che nessuno voglia andarsene, fino a che non hanno trovato l’eroe."

"Così tu prendi il comando e … "

"Michael." Liz gli rivolse un’occhiataccia. "Io non sono Max. A me non importa niente del tuo ego, né del fatto che sei il suo migliore amico. Ora porta Max nella macchina di Valenti e sparite da qui."

"Andiamo, Ragazzo dello Spazio." Maria scoppiò a ridere e tirò Michael per una manica. "Ricordi quello che hai detto sulla nostra piccola Regina Liz? Ora andiamo e mettiamo al sicuro Max."

* * * * *

"Adesso come ti senti, Max?" chiese Diane a suo figlio. Quando quella mattina si era alzata, l’aveva trovato sdraiato accanto alla piscina. "E’ la prima volta che esci, da quando ti abbiamo portato qui, due giorni fa."

"Mi sento meglio." annuì lui, sollevandosi per abbracciare la madre. "E’ bello vederti."

"Continui a dirlo." rise Diane. "Proprio come continui a dire di sentirti meglio. Ma non importa. Chiederò a Liz come ti senti. Tra parentesi, dove sta?"

"E’ nella stanza dei suoi genitori." Max fece una pausa e guardò sua madre. "Mi dispiace." le sussurrò. "Per ill matrimonio. Ma non potevamo aspettare di essere tutti insieme."

"E’ una ragazza stupenda, Max. E sono così contenta che stia con te."

"Anche io."

"Buongiorno, Max." lo salutò Liz, uscendo dalla stanza che ospitava i suoi genitori. "Vedo che ti sei alzato. Salve, signora Evans … Diane."

"Buongiorno, Liz. I tuoi stanno bene?"

"Sì. Saranno qui tra un minuto. Poi andremo a fare colazione."

"Stavo chiedendo a Max come si sente." sorrise Diane. "Lui ha detto che sta bene, ma credo che chiederò a qualcun’altra per avere una risposta onesta."

"Ti conosce bene, Max Evans." rise Liz. "No, sta bene. Si sente debole, come quando ha guarito tutti quei bambini, ma va meglio. Gli ci vorrà un po’ di tempo per recuperare completamente, ma qualunque cosa sia stata a esaurire le sue energie, sembra sia finita. Ad ogni modo, la cosa buona è che siamo tutti sani e salvi e la possibilità di riposarci e rilassarci con le nostre famiglie è meravigliosa."

"Famiglia, Liz." sorrise Diane, enfatizzando il singolare. "E’ come ha detto Maria. Ormai siamo una sola famiglia, unita da un legame che nessuno, al di fuori, sarebbe in grado di comprendere."

"Sto ancora cercando di assimilare le notizie di Jesse che mi ha dato papà." ammise Max. "Voglio dire, so che quello che sta cercando di fare ha senso, è solo che … "

"Mette un po’ paura?" continuò Liz.

"Sì. Abbiamo passato tanto tempo a nasconderci … "

"Dietro a quell’albero?" negli occhi di Liz uno sguardo malizioso.

"Sì. E sapere che ora siamo su tutti i giornali, è così … "

"E’ romantico, Max." sorrise Nancy, unendosi alla conversazione. "Buongiorno, Diane."

"Buongiorno, Nancy."

"Buon giorno, signora Par … "

"Ti ho già detto che sono Nancy, ormai. E il padre di Liz è Jeff."

"Credo che gli ci vorrà un po’ di tempo, mamma." Liz era raggiante. "Diane e Philip hanno fatto un così buon lavoro con Max e le sue maniere, che ci vorrà tempo per abbattere le sue barriere. Se pensi che gli ci sono voluti mesi per baciarmi."

"Cosa vuoi dire con romantico, Nancy?" continuò Diane. "Noi sappiamo come stanno le cose, ma come faranno i lettori a comprenderlo?"

"Sarà come ai tempi del vecchio West, quando usavano le avventure dei fuorilegge per scrivere storie. La gente le leggeva e le romanzava. Vedrai, non ci vorrà molto perché Max e Liz siano compresi tra i grandi amanti."

Max e Liz scoppiarono a ridere.

"Oh, Liz, tesoro." continuò Nancy. "Se voi ragazzi avete deciso di partire domattina, sarà meglio che tu mi dia ora il tuo vestito da sposa. Non vorrei che, nella fretta, lo scordassimo."

"Cos’é questa storia?" chiese Max.

"Una precauzione." Liz si sedette accanto al maritò ed intrecciò le sue dita con le proprie. "Con tutte queste fughe all’improvviso, sono spaventata all’idea di perderlo. Così ho chiesto a mamma di portarlo con lei e metterlo al sicuro. Quando faremo quella cerimonia di cui abbiamo parlato, voglio indossare lo stesso vestito."

"Ottima idea." annuì Max. "E possono prendere anche gli intercettatori che ho preparato. Per noi, posso sempre costruirne degli altri."

* * * * *

Da una parte, siamo stati grati a Frankie e alla sua banda. Non per aver picchiato Max in quel modo o per quello che hanno fatto passare a tante persone innocenti, non ultima Terrie, ma per il tempo che ci hanno concesso di passare con le persone che amiamo e che ci erano mancate più di quello che potessimo immaginare. E’ stato bello poter rivedere i nostri genitori e poter passare qualche giorno con loro. Abbiamo avuto un grande pranzo di famiglia, per festeggiare Max ed il nostro matrimonio.

E’ stato triste che Jesse non potesse essere con noi, ma era nei nostri cuori. So che Isabel ne sente terribilmente la mancanza e, dopo aver risolto la situazione con i bambini all’ospedale di Phoenix, Max ha accettato di farle una sorpresa con una scappata a Boston. Anche se siamo consapevoli della necessità di tenere al sicuro le nostre famiglie, sappiamo anche che i legami hanno bisogno di essere rinnovati. Fare buone azioni per degli estranei è una cosa, ma tutt’altro è farle per quelli che ami.

Spero solo che i nostri genitori si godano la loro unione, quanto lo facciamo noi.

* * * * *

"La prossima volta che dovesse succedere qualcosa di simile," disse Jeff dal retro della SUV di Jim "Accertiamoci di avere una macchina più grande."

"Vorresti forse dire che sto ingrassando?" gli chiese Nancy.

Anche se nella sua voce c’era un ombra di minaccia, era nascosta dal tono divertito. Nessun disagio avrebbe potuto guastare il loro buonumore. Avevano incontrato i loro ragazzi ed avevano visto con i propri occhi di come si prendessero uno cura dell’altro e di come tutti cercassero di essere prudenti.

"Affatto, mia cara." Jeff fece l’occhietto a Philip. "Forse è stata la torta di nozze che hai mangiato ieri sera."

"Bene, signor Ancora-solo-un-pezzetto." Nancy cominciò a dimenarsi, come se stesse cercando di mettersi comoda su una vecchia poltrona. "Credo di non essere stata la sola a mangiarlo."

Scoppiarono tutti a ridere.

"E’ stato bello vederli di nuovo." Philip disinnescò la situazione, per quanto fosse divertente. "Sapete? Dovremmo organizzare una forma di comunicazione. E un modo per far arrivare loro dei soldi, se ne avessero bisogno."

"Ma abbiamo mezzi molto particolari da usare, no? disse Nancy. "Isabel e Liz."

"Vero." ammise Jim. "Ma come abbiamo visto con Max, non possiamo contare sul fatto che siano sempre in grado di usare i loro doni particolari. Dovremmo organizzare un sito Web e qualche identità email, che potremmo usare tutti. Forse usando codici di accesso."

"Forse River Dog potrebbe aiutarci. Non è un Navajo?"

Amy li interruppe. "Perché non lasciano il paese? Perché non si trovano un posto sicuro dove fermarsi e rimanere nascosti?"

La conversazione di Jim su Internet si bloccò.

"Perché è di Max che stiamo parlando." sospirò Jim.

"E Liz è con lui." aggiunse Philip.

Nel silenzio, si fece di nuovo vivo il senso di colpa di Jeff. Non aveva detto a nessuno della scomparsa del diario. Avrebbe voluto parlarne quando erano tutti insieme, in modo da poter trovare una soluzione, ma non aveva avuto il coraggio di affrontare il disappunto che Liz avrebbe provato nei suoi confronti.

E se fosse finito in mano ai loro nemici? La sensazione di aver deluso tutti era difficile da sopportare. Con un sospiro, che andava d’accordo con l’attuale umore generale, Jeff guardò fuori dal finestrino il suolo rosso del New Mexico.

* * * * *

La lucida Saab scura si fermò davanti al ristorante di una stazione di servizio vicino Las Vegas, New Mexico. I due occupanti uscirono ed esaminarono i dintorni. Uno di loro guardò con attenzione il piccolo dispositivo triangolare che aveva in mano.

"Si sono fermati qui, Eccellenza." confermò Chyn. "Il segnale è più forte. Hanno usato molto potere e si sono fermati per alcuni giorni."

"Puoi dire quale potere è stato usato?" chiese Bektor.

"Negativo, Eccellenza." rispose Chyn. "Il campo si è dissolto. Non c’è più modo di sapere quale potere abbiano usato, ma ha coperto una vasta area."

"Forse è stata una deviazione mentale di Ava." suppose Bektor. "Sarebbe troppo bello sperare che Zan abbia usato i suoi poteri, indebolendosi. Il nostro compito sarebbe molto più facile se lui non fosse in grado di opporre resistenza."

"Tutti noi ci siamo offerti volontari per questa azione e sappiamo cosa potrebbe costarci un fallimento."

"E sappiamo quale sarà la nostra ricompensa, in caso di successo." aggiunse Bektor. "Andiamo a controllare l’interno. Anche se questo fastidio va oltre la mia comprensione. Questi terrestri ci sono pressoché inutili. Sembra che nessuno abbia voglia di aiutarci."

"Forse, Eccellenza, dovremmo limitarci a seguire il segnale, senza preoccuparci di quanto siano distanti Zan e gli altri."

"Vorrei avvicinarmi a Zan, senza che lui sia al corrente della nostra presenza, piuttosto che finirgli addosso mentre lo inseguiamo. Dopo tutto, non abbiamo idea di che aspetto abbiano. Conosciamo solo Ava."

"Inoltre, questa azione ha un senso di precarietà. Dubito che siano in molti ad aver visto Zan e ancora meno quelli che conoscono il suo nome terrestre."

"Sono costretto ad essere d’accordo, Chyn. Abbiamo perso fin troppo tempo a parlare con quel vecchio che è scappato via o con quello che ci ha mentito sulla sua capacità di sentire."

"E’ vero. Loro non hanno nessuna importanza. Quello che è vitale è che riusciamo a fermare Zan, Ava, Rath e Vilandra. E’ vitale che questa lotta finisca una volta per tutte."

* * * * *

"Dannata pioggia! imprecò Kyle dal sedile di guida, cercando di vedere qualcosa dal parabrezza coperto d’acqua, anche se i tergicristalli andavano a tutta velocità.

"Da quando abbiamo lasciato i nostri genitori, il tempo è stato orrendo." bofonchiò Isabel. "Sembra che siamo ancora all’ovest. Ormai sta piovendo da giorni."

"Sono le montagne." confermò Liz. "Ora che siamo in Colorado, il clima è diverso."

"Non è il tempo che mi preoccupa." brontolò Max. "E’ la nostra fortuna. Sembra che sia sparita. Voglio dire, imbatterci nell’Agente Summers in quella stazione di servizio, ha riportato indietro l’intera … ordalia con … con l’Agente Piece, nella Stanza Bianca."

"Siamo riusciti a fuggire, Max." Liz si voltò e gli carezzò un braccio. "E lo faremo ancora."

"Sono preoccupato, Liz." ammise Max in un tono di voce destinato solo a lei.

"Oh, Max. Perché?"

"Ormai stiamo giocando a nascondino con l’FBI da tre giorni. Con le loro macchine … e con i loro elicotteri. Ogni volta che pensiamo di averli seminati, ricompaiono di nuovo, in genere dietro ad un posto di blocco. Ed è difficile continuare a girare per le montagne, dove ci sono gli alberi a coprirci. Loro stanno cercando di spingerci verso la pianura, dove non potremo nasconderci."

"Fino a che ci terremo stretti alle strade che serpeggiano e scompaiono tra gli alberi, riusciremo a sfuggire loro. Specialmente dove la vegetazione è fitta."

"No, no, no!" gridò Maria a Kyle.

"Cosa c’è?" chiese Max dal sedile posteriore. "Qual è il problema?"

"Non hai voluto girare lì." disse Maria adirata. "Non ha voluto girare lì." ripeté rivolta a Max.

Max e Michael si scambiarono un’occhiata.

"Perché no?" chiese lui, un tono urgente nella sua voce.

"Stando a questa mappa," e colpi con enfasi il foglio col dorso sella mano "questa strada non ha sbocchi."

"E come potevo saperlo?" si difese Kyle. "Ho bisogno di avere le indicazioni prima e non dopo!"

"Figurati!" sbraitò Maria. "Se avessi voluto farti voltare, te lo avrei detto."

La tensione nella macchina crebbe. Max poteva quasi toccare con mano la loro paura, mentre cercava freneticamente una soluzione. Prendendo in mano la faccenda, Kyle cominciò a rallentare.

"Tornerò indietro." disse.

"Non puoi." gridò Max, scorgendo la forma scura di una delle macchine dell’FBI tra gli alberi. "Li abbiamo alle spalle! Vai, vai, vai!"

Michael si voltò e lanciò una sfera di energia alla forma che aveva appena intravisto. Non colpì nulla ed esplose senza far danni tra i rami degli alberi, ma costrinse gli inseguitori a mantenere le distanze. Max puntò la sua mano, ma non riuscì a scorgere nulla. Anche lui colpì solo un albero. "Bel tiro." sogghignò Michael.

Il sentiero cominciò a scendere, continuando a serpeggiare tra gli alberi.

"Riesco a vedere a malapena." si lamentò Kyle da dietro al volante. Tra l’acqua e la vegetazione la visibilità era veramente scarsa. Isabel si voltò per guardare dal parabrezza posteriore. "Stiamo lasciando una traccia nel fango, che potrebbe essere seguita anche da un cieco."

"Hai una soluzione migliore?" grugnì Michael.

"Sì" gridò lei. "Dobbiamo tornare sulla strada principale."

Kyle premette sul freno facendo fermare di botto il veicolo. Tutti furono sbalzati in avanti.

"Che diavolo fai, Valenti?" urlò Michael.

"Un piccolo segnale di avvertimento ci sarebbe stato bene." disse adirata Maria, dando a Kyle una botta sulla spalla, mentre si massaggiava la testa.

"Non possiamo più farlo, Isabel." disse Kyle, ignorando i ruggiti di protesta. "Siamo alla fine della strada. Guardate." Kyle aveva bloccato il furgone proprio sull’orlo di un burrone. Non c’era modo di proseguire. Erano in trappola. Ciascuno degli occupanti guardò orripilato il bordo del precipizio e la gola al di sotto. Dall’altra parte della gola, altri alberi e altre pareti di roccia.

"Tutti fuori!" gridò Max. "Prendete quello che potete. Continueremo a piedi."

Ci fu un attimo di fervente attività mentre prendevano quello che sarebbe loro servito, lasciandosi indietro le cose che li avrebbero rallentati. Max si chinò e guardò da vicino un pezzo della carrozzeria.

"E questo cos’é?" chiese Michael, chinandosi anche lui per vedere meglio. Un piccolo dardo, contenente un dispositivo elettronico, sporgeva dal paraurti di plastica.

"Ora sappiamo perché non siamo riusciti a seminarli." si rimproverò Max. "Devono averlo messo quando ci hanno visti in quella stazione di servizio."

"Avremmo dovuto tenere per noi uno di quegli apparecchi che avevi fatto." Michael scosse la testa. "Dovremo stare più attenti, in futuro. Dobbiamo tenere gli occhi aperti su cose come queste."

"Su per il sentiero." Max indicò uno stretto tracciato che saliva tra gli alberi. Kyle fece strada, entrando nella foresta, seguito da Isabel, Maria e poi da Liz. Arrivato al limite del bosco, Michael tornò indietro verso il loro veicolo.

"Che fai? Max si fermò al suo fianco.

Michael allungò la mano e si concentrò. Il SUV esplose in una palla di fuoco. Max annuì la sua approvazione all’amico ed aggiunse la sua energia per far aumentare la temperatura e ridurre il mezzo ad uno scheletro. In quel relitto, l’FBI non avrebbe trovato nessuna traccia di loro. Max diede una pacca sulla schiena di Michael e si voltò per seguire gli altri.

* * * * *

"E’ stata una fortunata coincidenza." notò Sean Deluca. Era seduto al posto del passeggero, nel grande elicottero che sorvolava le montagne del Colorado, con l’Agente Baurline, diretti ad Oklahoma City. Sean stava guardando, fuori dal finestrino, lo scenario sotto di loro, come se potesse vedere la sua preda al di sotto delle basse nuvole grigie.

"Quale?" Baurline sollevò lo sguardo dai rapporti che stava leggendo.

"Che il tuo agente, non ricordo il suo nome, sia riuscito a riconoscere Evans."

"Sì. Lui era con l’Agente Pierce quando l’hanno preso la prima volta. Lo ha riconosciuto mentre stava rientrando dall’assedio di quel ristorante a Santa Fe. Ci ha chiamati subito. E’ stato premiato con la riassegnazione all’Unità Speciale."

"E’ stato sveglio da parte sua attaccare una trasmittente al loro veicolo."

"Noi siamo addestrati per eventualità come queste."

"Ti ricordi di quale siero avevano usato per tenere sotto controllo le sue … abilità?"

"Sì. E noi ne abbiamo preparato una certa quantità. E ogni agente sul campo ne è fornito."

"Bene. Bene. Naturalmente, mi farai avere la formula."

"Cosa?" Baurline sollevò di nuovo lo sguardo. "Oh, sì." cercò tra i suoi incartamenti e ne prese un foglio. "Tieni, eccola." Sean lesse la formula e si infilò il foglio in tasca.

"Che stai leggendo?"

"Questi," Baurline passò la mano sui fogli "sono i rapporti dei miei agenti con i dettagli di tre giorni di inseguimento dei nostri soggetti."

"Hai mai pensato che Evans poteva essere coinvolto in quell’attacco al ristorante?"

"No." l’agente scosse la testa. "E perché avremmo dovuto farlo? Il rapporto parlava di una fallita rapina ad una banca e che i rapinatori avevano preso degli ostaggi. E’ stato solo dopo aver letto i rapporti e le testimonianze sulle cose strane successe alle luci, che ho fatto la connessione."

Prestando scarsa attenzione, Sean fissò il vuoto. "Avresti dovuto vederla nella sua uniforme da cameriera nel ristorante del padre."

"Chi?"

"La ragazza Parker. Le cose che avrei voluto fare con lei in quella uniforme. Avrei ordinato ogni genere di cose che non sono mai state viste su un menù e che lei non avrebbe nemmeno immaginato."

"Tu sei malato, Deluca."

* * * * *

"Da quella parte." indicò Max, una volta raggiunti gli amici, da un altro sentiero che tornava indietro.

"Cos’é stata quell’esplosione?" chiese Liz, lo sguardo pieno di preoccupazione.

"Ho fatto saltare il furgone." ammise Michael.

"Cosa avete voi alieni da far saltare sempre le auto?" chiese Maria.

"Non volevo che l’FBI mettesse le mani nelle nostre cose." Michael si strinse nelle spalle. "E, inoltre, non si può sapere quali indizi ci saremmo lasciati dietro."

"Il mio diario!" gemette Liz.

"Questo?" Max sorrise estraendo il diario dal suo zaino.

"Max!" lo abbracciò, con un enorme sorriso sul viso. "Grazie."

"E i soldi?" chiese Kyle.

"Li tengo tutti nella cintura porta soldi." e Liz si dette una pacca sullo stomaco.

"Meno male." Kyle sembrò sollevato. "Odio l’idea di aver lavorato tanto per niente."

"Sarà ancora peggio se non ti muovi." lo spronò Max.

Continuarono a camminare a passo svelto tra gli alberi, consapevoli che gli agenti non erano molto lontani. Ogni tanto, Max li faceva fermare, sia per consentire agli amici di riprendere fiato, sia per cercare segni dei loro inseguitori. Ebbero anche l’opportunità di controllare i loro averi e di bere un po’ d’acqua. Erano tutti esausti.

"Stai bene, Max?" Liz lo guardò preoccupata.

"Sì." annuì lui. "Perché?"

"Hai ricominciato ad avere l’aspetto che avevi l’altro giorno. Debole."

"Te lo prometto, Liz. Quando verremo fuori da tutto questo, ci andremo a riposare da qualche parte. Ma prima devo tenere al sicuro te e gli altri. Andiamo. E’ tempo di muoverci."

Si affrettarono tra gli alberi, accompagnati dalle continue lamentele di Maria. Si lamentava del tempo, dell’FBI, del tempo, di Max, del tempo, del fatto che aveva perso tutti i vestiti e la maggior parte di quello che aveva, del tempo.

"Sta’ zitta, Maria." esplose Michael. "Probabilmente gli agenti dell’FBI sono guidati dalla tua voce."

"Smettila, Ragazzo dello Spazio." ribatté Maria. "E’ il tuo sedere che vogliono, non il mio."

"Forse sei voi bambini la finiste di giocare." protestò Max con un tono di voce un po’ più che irritato.

"Bambini?" chiese Maria con un tono stizzito. "Bambini? Senti, amico. Credo di avere una certa dimestichezza in questo campo. Se tu … "

CRACK!

Il colpo di fucile echeggiò tra le montagne. Ci fu un piccolo impatto contro un albero accanto a Maria.

"Andiamo." li spronò Max, la voce che dava eco alla paura di poter essere catturati.

"Vengo, vengo." sibilò Maria.

Correndo quasi alla cieca, si resero conto che il sentiero stava salendo di nuovo. Dietro di loro, potevano sentire gli inseguitori scambiarsi istruzioni tra di loro. Si stavano avvicinando.

"No, Maria." quando la ragazza si fermò per riprendere fiato, Max la esortò a proseguire. "Sono troppo vicini. Dobbiamo resistere." Anche se gli lanciò un’occhiataccia, in cuor suo Maria sapeva che Max aveva ragione. Grugnendo, si alzò e continuò a correre.

"E’ ridicolo, Max." ansimò Michael. "Ci stanno raggiungendo. Perché non ci fermiamo e combattiamo?"

"Solo quando ci saremo costretti." il respiro di Max era pesante. "Come ultima risorsa."

Il grido improvviso di Maria attrasse la loro attenzione. Si voltarono per vederla distesa sul terreno bagnato. Maria si voltò e si afferrò una caviglia. I due ragazzi furono al suo fianco in un istante.

"E’ slogata." disse Michael.

Max guardò Maria, poi le forme distanti che si muovevano tra gli alberi.

"Kyle!" gridò Max. Kyle corse indietro e li raggiunse. Stava ansimando come tutti gli altri.

"Dovete portarla voi." disse Max. "Sono troppo vicini perché possa guarirla. Dobbiamo muoverci."

Kyle annuì ed aiutò Michael a sollevarla. Mentre Maria gemeva per il dolore, Max restò dietro, guardando loro le spalle. Sapendo che l’FBI avrebbe cominciato a sparare da un momento all’altro, volevano tutti che Max tenesse pronto il suo scudo.

"Credo che sia arrivato il momento dell’ultima risorsa." gridò Michael.

"No. Non ancora. Passeremo quel ponte quando ci saremo arrivati."

Davanti a loro, gli alberi erano finiti e Liz e Isabel si erano fermate. Quando gli altri le raggiunsero, capirono perché. Ancora una volta avevano raggiunto l’orlo di un burrone. Erano in trappola. Totalmente disperate, Liz e Isabel si voltarono per guardare Max.

"Da quella parte!" gridò lui indicando un punto più avanti, dove la gola faceva una curva. E tutti videro il ponte che si stendeva sulla gola.

"Bene." si lamentò Kyle. "Sembra che siamo arrivati al ponte di cui parlavi."

"Forza!" grugnì Max." Muoviamoci."

Raggiunsero il ponte proprio quando gli agenti dell’FBI sbucarono dagli alberi. Il ponte di corde sembrava robusto e perfettamente sicuro. "Sembra nuovo." commentò Kyle quando tutti si furono fermati.

"Perché mi viene in mente quella scena di ‘Alla ricerca della pietra verde’?" brontolò Maria.

"Liz, tu e Isabel andrete per prime. Michael, tu e Kyle le seguirete con Maria. Io starò di retroguardia, proteggendoci con lo scudo."

Quando lo guardò, negli occhi di Liz c’era terrore allo stato puro. "Non sono sicura, Max."

"Va bene così." la rassicurò lui. "Ci reggerà."

"Non è quello." lei scosse la testa. "Ho un brutto presentimento."

"Non abbiamo scelta, Liz. Una vota arrivati dall’altra parte, potremo scappare. Ti prego. Corri."

Liz e Isabel cominciarono a traversare il ponte, tenendosi al corrimano di corda. Sotto di loro, un fiume gonfiato dalla pioggia correva lungo lo stretto canale, tra rocce enormi e piccole cascate. A parte l’oscillare del ponte, non c’erano altri motivi di preoccupazione. Il pavimento di legno era solido e le funi robuste. Michael e Kyle fecero un grande sforzo per portare Maria, ma cercarono di resistere.

Dietro di loro, Max aveva rallentato, tenendo d’occhio gli agenti che ora si stavano avvicinando al ponte. Come si erano aspettati, gli agenti cominciarono a sparare. Lo scudo di Max si librò in aria per fermare i proiettili, ma gli agenti si sparpagliarono, costringendo Max ad allargare lo schermo di protezione per proteggere i lati.

Michael e Kyle erano solo a metà strada, quando tre degli agenti cominciarono ad attraversare il ponte. Max tentò di usare lo scudo per respingerli, ma ancora non si era ripreso dall’ordalia precedente.

"Sbrigatevi!" gridò agli amici. "Non ce la faccio a resistere a lungo. Avrò bisogno di aiuto per respingerli."

Max smise di correre per incanalare tutti i suoi sforzi nel mantenere lo scudo. Di contro, gli agenti erano riusciti a respingere lo schermo, diminuendo la distanza. Michael raggiunse l’altra sponda e lasciò Maria a Kyle, voltandosi per andare ad aiutare l’amico. Stava aspettando che lo scudo di Max rientrasse, per poter cominciare a tirare la sua energia contro gli agenti. Una volta sparito lo scudo, Michael fece appena in tempo a vedere i tre agenti gettarsi su Max.

"Max!" gridò Liz inorridita, quando vide che uno degli uomini aveva infilato l’ago di una siringa ipodermica nel braccio di Max.

Max si sforzò di lottare per un po’, poi si voltò verso Michael. I loro sguardi si incontrarono e, in quell’istante, Michael si rese conto che Max non sarebbe stato in grado di scappare e, senza lo scudo di Max a proteggerli, tutti loro sarebbero stati vulnerabili ai proiettili dell’FBI. Michael sapeva cosa voleva da lui Max, ormai rassegnato al suo destino.

"Il ponte!" gridò Max.

Con Liz ed Isabel che gridavano perché Michael facesse qualcosa, il ragazzo cominciò a muoversi verso l’amico, ignorando il suo silenzioso comando. Gli occhi di Max sembrarono infuocarsi per un momento e Michael si fermò. Senza prestare ascolto alle grida delle ragazze, Michael corse via dal ponte.

"Michael, no!" gli ordinò Liz. "Dobbiamo liberarlo."

Liz cercò di oltrepassarlo, per correre in aiuto di suo marito, del suo compagno, della metà della sua anima.

"No, Liz." Michael la spinse indietro e Liz si dibatté per liberasi dalla sua stretta.

"Fallo!" gli ordinò Max.

"Mi dispiace, Liz." sussurrò Michael, immobilizzando la sua Regina contro un albero.

"No!" gridò lei, la voce piena di dolore. "No!" e continuò a dimenarsi "Non farlo! Non farlo!"

Michael si voltò verso il ponte e vide Max lottare per trattenere gli agenti.

"No, Michael, no!" gridò Isabel, realizzando in quel momento quale fosse stato l’ordine di Max. Era sotto shock. Rimase immobile a guardare l’orrore che si stava svolgendo davanti a loro, esposta ai proiettili che venivano esplosi dall’altra parte del burrone, se Kyle non l’avesse costretta a ripararsi dietro una roccia.

Abbassandosi, per diminuire il bersaglio, Michael toccò a turno le corde che sorreggevano il ponte, tagliandole. Gli agenti si attaccarono alle corde, temendo il peggio. Alla fine, il ponte fu tagliato.

"Maaaaaaax!" Il grido affranto e pieno di dolore di Liz echeggiò per l’intera gola.

"Non lasciate che vi prendano." furono le ultime parole che fecero eco al grido di Liz.

* * * * *

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Capitolo 16
*** 16 ***


Parte 16

Il cambiamento di rotta dell’elicottero, fece sì che Baurline e Deluca sollevassero gli sguardi dal rapporto che stavano leggendo. Entrambi guardarono il terreno sottostante dal finestrino.

"Stiamo atterrando." constatò Deluca.

"Sembra una stazione della Forestale." osservò Baurline. "Ci sarà una macchina ad attenderci." Stava sottolineando il fatto che non si considerava un socio di minoranza in quella faccenda.

L’elicottero atterrò in un ampio spazio, mentre Baurline riponeva i rapporti nella sua valigetta. Un attendente aprì la portiera per loro e si fece indietro. Anche se era nuvolo, inforcarono gli occhiali scuri e scesero. Mentre traversavano il campo di atterraggio, abbassandosi per evitare le pale che ancora stavano girando sopra le loro teste, si avvicinò loro un agente.

"Agente Baurline, signore." disse l’uomo, tendendogli una busta scura. "Ho gli ultimi rapporti."

"Mi accenni all’essenziale, agente." ordinò Baurline, prendendo la busta.

"Sì, signore." accettò lui, mentre montavano a bordo della SUV che li stava aspettando. "Gli agenti li hanno inseguiti dentro la montagna. A quanto pare i bersagli sono finiti in una strada senza uscita. Quando sono arrivati alla fine, sono fuggiti a piedi."

"Sono a piedi, ora?" sembrò sorpreso. "Bene. E’ solo questione di tempo, allora. Avete già perquisito il loro furgone?"

"Uhm, no, signore. Lo hanno fatto esplodere. E’ bruciato come fosse di legno. Tra i rottami non abbiamo trovato assolutamente niente."

"Oh." Baurline scosse la testa. "Con tutta la pressione che ci fanno, abbiamo bisogno di qualcosa di tangibile. Abbiamo bisogno di una tregua. Chi è al comando laggiù?"

"Sembra che Summers abbia preso il controllo, signore. Visto quanto è stato coinvolto finora e visto che sa quello che fa."

"Bene. Dov’è ora l’agente Summers? Cosa sta succedendo laggiù?"

"Non ne siamo sicuri." l’agente scosse la testa. "Quello che sappiamo è che, mentre erano inseguiti, i bersagli hanno dovuto traversare un ponte sopra una gola. Uno di loro è rimasto indietro, per impedire che gli agenti seguissero il resto del gruppo. Summers e due degli agenti lo hanno preso e sono riusciti ad iniettargli quel siero che avevamo preparato. Il rapporto lascia intendere che gli hanno iniettato una fiala intera. Ad ogni modo, dopo aver traversato il ponte, gli altri lo hanno tagliato. I tre agenti ed uno dei bersagli sono caduti nel fiume. Se non li ha uccisi l’impatto contro la parete, devono essersi schiantati sulle rocce sottostanti. Dubito che ci siano dei sopravvissuti."

"Voglio che sia scandagliato il fiume, fino al mare se sarà necessario. Trovate il suo corpo."

"Il corpo di chi, signore? Di Summers?"

"Non me ne importa un accidenti di Summers o degli altri. Voglio il corpo del bersaglio appena possibile."

"Non abbiamo abbastanza uomini per farlo, signore. Questo potrebbe impiegare … "

"Trovatelo!" esplose Baurline. " E continuate ad inseguire gli altri."

"Non abbiamo idea di dove siamo. Potrebbero aver preso qualsiasi direzione. Se sono stati disposti ad uccidere uno di loro in quel modo, si può scommettere che si sono allontanati più in fretta possibile. Specialmente ora che sanno che siamo lì."

"Non ho chiesto dove siano andati, agente." disse Baurline irritato. "Ho ordinato di continuare l’inseguimento."

"Quale di loro era stato preso?" li interruppe Deluca con voce piatta e distaccata.

"E’ importante?" rispose Baurline con un sopracciglio sollevato.

"Lo è per me. Qual’era?"

"Crediamo sia quello che avevamo già catturato una volta. Quello che sembra il capo."

"Evans è morto?" Sean sembrava scioccato. "No. Non ci credo."

L’agente si strinse nelle spalle.

"Mostratemi sulla mappa dove si trova il ponte."

L’agente aprì la mappa e cominciò a studiarla, seguendo la linea del fiume con un dito. "Proprio qui, signore." disse fermando il dito.

"Potete accompagnarmi alla città più vicina? Ho qualcosa di importante da fare."

* * * * *

La Toyota Celtic rossa, si fermò davanti alla casa circondata da campi mietuti di recente. La donna con il completo azzurro pallido restò a guardare la casa per un po’, notando il cartello ‘In vendita’ piazzato sulla parete anteriore. Scese dalla macchina, si sistemò il vestito e prese la valigetta dal sedile posteriore. Fece un profondo respiro e si avviò verso la porta, bussando decisa. Le rispose una donna più anziana.

"La signora McCarthy? Salve, io sono Sarah Brackham. Abbiamo parlato poco fa."

"Oh, sì." le rispose la donna con un sorriso. "Salve signorina Brackham. Sì. Spero che possa perdonarmi, ma ho fatto chiedere informazioni su di lei dal mio avvocato."

"Mi scusi se glielo chiedo, signora McCarthy, ma perché la madre del più giovane Senatore di Washington dovrebbe avere bisogno di un avvocato?"

"Oh," ridacchiò Granny. "Non vogliamo abusare di qualsiasi potere lei pensi che lui abbia."

"E questo ci riporta direttamente al motivo per il quale sono qui, signora McCarthy."

"La prego, mi chiami Granny. Ora, come pensa che io possa essere di aiuto?"

"Bene, so che ultimamente lei ha avuto degli ospiti e so che questi ospiti l’hanno aiutata e che sono poi dovuti partire all’improvviso."

"Non c’è nulla di male in questo." Granny la guardò diffidente.

"Granny, io sto cercando di aiutare quei ragazzi. Sto cercando di rendere la gente consapevole di quello che gli Agenti Speciali e le loro alquanto ambigue, se non illegali, attività stanno facendo passare a quei ragazzi."

"Non sono più ragazzi, ormai. Sono stati costretti a crescere in fretta."

"Lo so." annuì Sarah. "Una di loro è sposata ad un mio amico."

"Allora deve essere Isabel. E lei deve essere un’ amica di Jesse."

"Proprio così." annuì la giovane donna.

"Mi dica, signorina Brackham … "

"Sarah."

"Mi dica, Sarah." Granny le sorrise il suo ringraziamento."Lei è single?"

"Sì." Sarah restò confusa dalla domanda. "Perché?"

"Perché non andiamo nell’altra stanza? E’ più comoda." e spinse Sarah verso la cucina. "Inoltre, c’è qualcuno che vorrei farle incontrare."

Al tavolo, c’era seduto un uomo sulla trentina. "Sarah Brackham, questo è mio figlio, Glenn."

Granny non riuscì a trattenere il sorriso che le fiorì sul viso. Lo sguardo che si erano scambiati suo figlio e la giovane reporter si sarebbe potuto definire elettrico. Pur mancando dell’ intensità che legava gli sguardi tra Liz e Max, qui se ne vedeva un barlume, l’inizio semplice di un amore.

"Vado a preparare del caffè." Con le spalle alla giovane coppia, Granny prese la sua seconda più preziosa fotografia, dopo quella di suo marito con suo figlio. Era una foto di Liz e Max che si guardavano come solo loro potevano fare. Nessuno sapeva che lei l’aveva scattata.

"Io non so come avete fatto a portarla a casa mia," sussurrò alla coppia "ma sono contenta che l’abbiate fatto. Un altro debito che ho con voi." Guardò oltre la sua spalla, per vedere suo figlio che stava dicendo qualcosa a Sarah. "Forse è un po’ presto per dirlo," disse Granny alla foto. "ma non sarebbe bello se voi poteste venire al loro matrimonio?"

* * * * *

Fu con una sensazione che solo più tardi poté definire come nauseante e che gli si era fermata nelle ossa, che Michael vide il ponte cadere, roteando sulle corde restanti verso il lato opposta della gola, formando un lento arco che terminò contro la parete di roccia. Nonostante il fragore del fiume al di sotto, Michael avrebbe giurato di aver sentito lo scioccante tonfo dei quattro corpi che colpivano la superficie rocciosa. Tutti e quattro caddero poi nelle rapide. Vide almeno uno dei corpi colpire le rocce che sporgevano dall’acqua, prima che svanissero tutti sotto la spuma bianca.

Sentendosi inadeguato, per non poter far nulla in soccorso dell’amico, rimase a fissare il punto in cui l’aveva visto l’ultima volta. Michael poteva sentire dietro di sé i singhiozzi disperati di Liz. Quando l’aveva lasciata andare, dopo averle impedito di raggiungere Max, lei era crollata a terra, svuotando l’intero contenuto del suo stomaco.

Come sarebbe riuscito a guardarla di nuovo negli occhi? si chiese Michael.

"Dov’è Max?" chiese Isabel con un’espressione stordita che ben si adattava al tono della sua voce.

"Lui è … " Lui è cosa? si chiese Michael. Andato? Disperso? "E’ morto." disse con la voce soffocata.

Isabel cadde sulle ginocchia e cominciò a piangere. "No." singhiozzò. "No. Non è possibile. Lui doveva proteggermi. Proteggerci tutti. Ha detto che saremmo stati tutti insieme. Ha detto … "

"L’ho visto con i miei occhi, Isabel." cercò di consolarla Michael. "Gli agenti, loro … il ponte … Io … io ho dovuto tagliare il ponte. Lui … loro … sono finiti … contro le rocce. Nessuno sarebbe riuscito a sopravvivere."

"Allora è veramente morto, huh?" Maria sembrava in preda allo shock. Appoggiata contro un albero, stava fissando il vuoto.

"Sì." annuì Michael.

"Oh, Dio." Kyle lasciò andare il respiro, tenendosi la testa con le mani. "No, no, no. Non può essere vero."

Michael guardò i suoi amici ."So che abbiamo bisogno di riposare," mormorò. "e di lasciarci andare al dolore. Di leccare le nostre ferite, la nostra ferita più grande. Ma non voglio che Max si sia sacrificato invano. Lui ha voluto che tagliassi il ponte per due ragioni. La prima è che Max, in nessun modo, avrebbe mai affrontato un’altra Stanza Bianca e la seconda è che ha preferito morire pur di non lasciare che Isabel o Liz affrontassero lo stesso tormento. Ma per dare un significato alla sua morte, dobbiamo andare via da qui."

"Non so se Liz la vedrà allo stesso modo." sussurrò Kyle, non abbastanza forte da farsi sentire dagli altri.

"Isabel, ce la fai a camminare?" le chiese Michael.

Appoggiata contro la roccia, chinata in avanti con le mani sulle ginocchia, Isabel sollevò il viso cereo ed annuì.
Con un aiuto, Maria avrebbe potuto camminare zoppicando, ma era Liz il problema. Era un sacco vuoto e sopraffatto dal dolore. Michael scosse la testa meravigliato, realizzando la forza del legame che lei aveva diviso con Max.

"Valenti, puoi portare Liz?"

"Cosa?" Kyle sollevò la testa. Come tutti gli altri era sotto shock.

"Dobbiamo andarcene. Appena l’FBI troverà il modo di arrivare qui, questa montagna brulicherà di agenti. Dobbiamo andarcene subito."

"Sì." Kyle annuì, lo sguardo pieno di dolore, mentre guardava la forma insensibile di Liz. Con un piccolo sforzo, la prese tra le braccia, ma non riuscì a sopportare l’espressione angosciata impressa sul viso dell’amica. Si voltò e seguì Michael, Maria e Isabel per lo stretto sentiero che scendeva dalla montagna che aveva portato via uno dei membri più importanti della loro famiglia.

Camminarono per il resto della giornata, seguendo il passo che Michael impose loro. Kyle sospettò che la velocità fosse dettata dalla voglia di Michael di fuggire dalla parte che aveva avuto nella morte di Max, più ancora che dall’FBI. Nessuno parlò.

Alla fine, proprio quando il sole stava sparendo oltre la cresta delle montagne, portando prematuramente il buio nella piccola valle in cui erano discesi, Michael permise loro di fermarsi.

Lui e Kyle cercarono di trovare, negli zaini che erano rimasti, qualcosa da mangiare. Non era molto, ma nessuno sarebbe riuscito a mangiare in ogni caso. Liz era rimasta incosciente per tutta la camminata. Kyle la depose, il più delicatamente possibile, su un letto di felci e coprì il corpo fragile con la sua giacca. Lei aveva cominciato ad emettere piccoli lamenti nel sonno, come se, nel suo sogno, stesse piangendo. Anche Isabel aveva ricominciato a piangere e non ci volle molto perché Maria si unisse a lei.

"Michael?" chiese Kyle, mentre stavano cercando di preparare dei giacigli con rami e foglie, che Michael aveva ‘tirato giù’ dagli alberi vicini. "Questo significa che tu avrai di nuovo il sigillo?"

"Sta zitto, Valenti." esplose Michael.

Non fu sorprendente che tutti dormissero male, quella notte. Riuscirono ad afferrare solo brevi momenti di riposo, durante quella lunga e fredda notte e, quando il sole fece capolino tra le montagne, si alzarono per trovare Liz sveglia, che guardava la montagna dalla quale Michael li aveva fatti scendere il giorno precedente.

"Liz, tesoro." Maria fu la prima ad arrivare al suo fianco. "Mi dispiace così tanto. Ti senti bene?"

Anche Kyle ed Isabel si avvicinarono, entrambi aspettando la risposta e aspettandosi che lei crollasse di nuovo. Michael rimase indietro, coperto dagli altri, timoroso di avvicinarsi.

"Sì." rispose Liz, con un tono di voce troppo calmo. Isabel si fece ancora più avanti e le posò una mano sulla spalla.

"Andiamo." disse la voce scossa di Michael. "Muoviamoci da qui. Dobbiamo allontanarci il più possibile."

"No!" ordinò Liz. L’autorità e la forza nella sua voce, furono uno shock per tutti loro. Anche Maria, che la conosceva meglio degli altri, sembrò sorpresa dal comando della sua amica. "Dobbiamo trovare il fiume."

"Liz, non credo … " cominciò a dire Michael.

"Troviamo il fiume, Michael. E quando l’avremo trovato, cercheremo Max."

"Non ha senso, Liz."

"Ha molto senso, Michael. Max non è morto."

"Liz." gridò Isabel. "Devi lasciarlo andare. Tutti noi dobbiamo lasciarlo andare. Michael ha ragione."

"No!" disse Liz con ancora maggiore determinazione. "Non lo capite? Max non è morto. Io lo sento."

"Cosa vuoi dire con ‘lo sento’?" chiese Isabel.

"Quando l’altra volta Max è morto, per colpa di Wheelers, io l' ho sentito. Ho sentito il momento in cui Max è morto."

"E’ vero." annuì Maria. "Si è alzata di scatto ed ha detto ‘Max è morto.’ Tanto per parlare di cose strane. Naturalmente io non le ho creduto. Ma aveva ragione."

"Ma lui non era morto. Non proprio." le ricordò Isabel. "Era solo … "

"Ciò non toglie che io l' ho sentito, Isabel. Lui era morto, o almeno era morto il suo corpo. Se lui fosse morto, io lo avrei saputo anche questa volta. Max è vivo. So che lo è."

"Se Liz dice che è vivo, io le credo." dichiarò Maria.

"Anche io." annuì Kyle. "Questi due hanno qualcosa di diverso da tutti gli altri. Se Liz dice che è vivo, allora Max è vivo."

"Come possiamo trovarlo?" chiese Isabel.

"Seguiremo il fiume, fino a che non lo troveremo." Liz si strinse nelle spalle.

"Ma l’FBI starà facendo la stessa cosa." obiettò Michael.

"Allora dobbiamo muoverci con più attenzione e più velocemente e preoccuparci dell’FBI quando l’incontreremo."

"Stai prendendo troppa confidenza con quel ‘noi’." brontolò Michael.

"Ci siamo dentro insieme, Michael. Ora diamoci una mossa."

* * * * *

Quella mattina, la caviglia di Maria era migliorata e, con l’aiuto di due stampelle che Isabel aveva fatto apparire come per incanto da sue bastoni, fu capace di muoversi in fretta sullo stretto sentiero che li avrebbe portati al fiume. Avevano impiegato quasi tutta la giornata per girare attorno la montagna ed arrivare al fiume. Quando arrivò il buio, Liz si arrese riluttante al fatto che non potevano proseguire. Stanchi ed affamati, si fermarono al riparo di alcuni folti cespugli.

Kyle si sedette su una roccia in riva al fiume e rimase a guardare le infinite increspature di acqua finire in piccole pozze, riparate da grandi rocce nell’ansa del fiume.

"Vorrei avere una canna da pesca." Kyle si massaggiò lo stomaco che brontolava. Avevano mangiato quello che rimaneva del poco cibo che avevano lasciato a pranzo ed erano tutti affamati.

"A che ti serve una canna?" gli chiese Isabel.

"Per i pesci." Kyle indicò una forma grande e scura che si stava lasciando trascinare dalla corrente.

Isabel si avvicinò alla riva e tese la mano verso la superficie dell’acqua. Si concentrò, focalizzando i suoi poteri in un raggio che sembrò una piccola esplosione subacquea. Una mezza dozzina di pesci affiorarono in superficie, con la pancia all’aria.

"Li ho presi." Isabel sorrise a Kyle. "Ora tocca a te pulirli."

"Grazie." rialzandosi in piedi, Kyle le fece un grande sorriso e cominciò a raccogliere i pesci prima che fossero trascinati via dalla corrente.

Ora, con lo stomaco pieno di zuppa di pesce e di bacche, che Liz e Maria avevano raccolto dai cespugli vicini, dormirono molto meglio. L’umore triste era quasi del tutto dissipato e cominciarono a credere che, dopo tutto, le cose sarebbero andate bene. Mentre il giorno prima, tutti avevano creduto di aver perso Max per sempre, quel giorno era stato diverso. La connessione tra Max e Liz non aveva mai sbagliato prima e se Liz credeva che Max era vivo, Max era vivo. Ma, a dispetto di questo, tranne Liz, nessuno sperava veramente di ritrovarlo.

Solo e probabilmente ferito, sapevano che Max sarebbe uscito dal fiume, avrebbe guarito qualche osso rotto e, non sapendo dove fossero i suoi amici, si sarebbe allontanato per continuare la sua ricerca di buone azioni. Ma era come diceva quella signora in un vecchio film, quando aveva deciso che le cose non erano poi brutte come sembravano. Domani ‘è’ un altro giorno.

* * * * *

L’Agente Speciale Baurline camminò sopra i rami spezzati e fece una smorfia quando il suo piede finì nel fango. Spazzolando via la macchia verde dai suoi pantaloni, si guardò intorno sdegnosamente. "Perché non si sono rintanati in un centro commerciale?" chiese.

Baurline non era tipo da spazi aperti. Guardò i rinforzi che era riuscito a mettere insieme con il pretesto di recuperare i corpi degli agenti caduti, che setacciavano attentamente le rive del fiume.

"Non abbiamo trovato un accidente di niente." si lamentò uno degli agenti regolari. "Nemmeno una scarpa."

"Continuate a cercare." li incalzò Baurline. "Deve esserci qualcosa."

"E se lo troviamo?"

"Beh, se è morto, abbiamo risolto un problema. Se non lo è … qualcuno ha visto Deluca?"

"No, signore. Crediamo sia andato là fuori a cercare per conto suo."

"Se lo trovassimo vivo, portatelo immediatamente in un’area sicura prima che Deluca scopra che lo abbiamo noi. Voglio tenerlo lontano, se posso. Non mi fido di lui."

"Ha preso una bella sbandata per quella ragazza, vero?"

"E’ diventata un’ossessione." Baurline scosse la testa. "Come avete potuto notare, signori, Deluca non prende bene le sconfitte. Credo che ci sia un rancore personale, quello che lui vuole sistemare, tra lui e questo particolare bersaglio."

"Cosa c’è sotto? E perché è finito insieme a noi?"

"E’ una storia lunga." Baurline sembrò a disagio. "E credo che sia meglio passare il tempo a cercare."

Un fischio improvviso proveniente da davanti, catturò la loro attenzione. Gli uomini cominciarono a gridare, puntando una forma scura che galleggiava nel fiume. "Corpo in acqua!"

Usando una canna, uno degli uomini riuscì ad arpionare il corpo e a tirarlo a riva. Dalla sua postazione, Baurline riuscì a vedere che era morto. Se era il bersaglio, almeno avrebbe avuto la prova che non stava dando la caccia alle ombre e che i suoi sforzi, e le spese sostenute, sarebbero stati giustificati. Se non lo era, se era uno dei suoi agenti, ci sarebbe stato un altro assassinio da attribuire a … a quei mostri.

* * * * *

"Okay." Liz prese il controllo del piccolo gruppo. Un nuovo giorno era spuntato e Liz stava dirigendo i loro sforzi nella ricerca. "Ci divideremo in due gruppi. Kyle e Isabel, passerete dall’altra parte del fiume, usando quelle rocce come ponte." Indicò una fila di rocce basse, sulle quali si sarebbe potuto saltare facilmente da una all’altra. "Controllare la riva e ogni singola roccia. Guardate da vicino ogni tronco ed ogni ramo, okay? Oh, e controllate anche gli argini. Cercate se ci sono dei segni di qualcuno uscito dall’acqua. Io e Michael, controlleremo da questa parte e, mentre noi cercheremo lungo il fiume, Maria terrà gli occhi aperti in caso ci sia qualche squadra dell’FBI che faccia la stessa cosa."

"Arie da capo, vero?" mormorò Isabel.

"E tu non faresti lo stesso se a mancare all’appello fosse stato Jesse?" Maria sollevò un sopracciglio.

"Andiamo." Liz batté le mani. "Sapete quello che dovete fare."

A mezzogiorno, avevano controllato solo qualche miglio e non avevano trovato tracce di Max o degli agenti federali che erano caduti con lui. Michael e Maria si erano fermati per riprendere fiato, lasciandosi cadere in un letto di erba rigogliosa, mentre Liz si era seduta su una roccia. Fu allora che vide la forma scura intrappolata contro una roccia, vicino a Kyle.

"Kyle." lo avvertì. "Dall’altro lato, intrappolato tra gli alberi."

Kyle dovette entrare nell’acqua per raggiungere il punto indicato da Liz. Aggrappandosi all’albero, Kyle si fece strada verso la forma scura che ora riusciva a scorgere. Dalla sua reazione, Liz capì di aver avuto ragione: era un corpo. Kyle dovette usare un ramo per liberarlo, ma la corrente lo portò via prima che lui potesse afferrarlo. Ebbe una fuggevole visione della faccia gonfia dell’Agente Summers, prima che scomparisse nell’acqua bianca.

"Non è Max." disse a Liz.

"Lo sapevo già, Kyle." Liz scosse la testa. Lei sapeva che Max era vivo.

* * * * *

Liz era seduta da sola, lontano dal piccolo fuoco che Michael aveva acceso per cuocere il pesce pescato da Isabel. Il fuoco era ben schermato e non poteva essere visto attraverso gli alberi fitti. Da dove era seduta, nemmeno Liz poteva vederlo, anche se riusciva a vedere i suoi amici. "River Dog ne sarebbe stato orgoglioso." aveva riso lei, lodando Michael. Ora, nel buio, Liz stava fissando il fiume.

"E’ come se stesse proiettando in avanti la sua mente nel tentativo di trovarlo." commentò Maria.

"So che voi ragazzi volete crederle," Michael non sollevò lo sguardo dal fuoco che stava fissando. "ma io non penso che sia lucida, in questo momento. Io credo che Max sia morto." Nessuno lo contraddisse.

"Anche io." ammise Isabel.

Michael sollevò lo sguardo e scorgendo qualcosa negli occhi della ragazza, annuì.

"Cosa ve lo fa dire?" chiese Kyle.

"Perché non riesco a trovarlo nel piano dei sogni." disse Isabel, piangendo.

"Forse lui non sta dormendo o qualcosa del genere." obiettò Maria.

Isabel guardò l‘amica e scosse la testa. "Ricordi quando era nella Stanza Bianca? Era sveglio e completamente drogato, eppure sono riuscita ad entrare nei suoi sogni. Anche allora, l’ho trovato. Credimi, Maria. Se Max fosse vivo, lo troverei."

"Aspetta. Cosa mi dici di quando era a New York? Allora non ci sei riuscita."

"Sì, solo perché tra noi c’erano centinaia di chilometri. Maria, non può essersi allontanato così tanto da noi."

"Ma Liz dice di non averlo sentito morire." Kyle prese le difese di Liz.

"Ho una teoria per questo." replicò Michael.

"Sentiamola." lo spronò Isabel.

"Liz era isterica, ha gridato la sua anima, quando ho tagliato il ponte. In più, la stavo trattenendo con … i miei poteri. Tra tutto questo e le emozioni che ha provato forse, nel momento in cui Max è morto, lei lo ha … mancato. O forse, lui è morto dopo che lei era svenuta. E’ stata incosciente per molto tempo."

"Lei non vorrà ascoltarti." Maria scosse la testa. "Lei pensa che Max sia vivo."

"Posso darle ancora un giorno per cercare." Michael si strinse nelle spalle. "Se, per allora, non avremo ancora trovato il suo corpo … dobbiamo allontanarci dall’FBI. D’accordo?"

"D’accordo." annuì Isabel.

"Sì." disse Kyle, sospirando.

"Come volete voi." Maria guardò verso il punto in cui si trovava Liz. Poi si alzò ed andò a sedersi accanto all’amica.

"Come va la tua caviglia?" chiese Liz prima ancora che Maria fosse apparsa alla sua vista.

"Oh … uhm … bene." Maria sembrò sorpresa. "Il Ragazzo dello Spazio ha fatto quello che ha potuto ma, sai, lui non è … "

"Max." finì Liz per lei, con un cenno del capo. "Appena l’avremo trovato, lui te la sistemerà."

"Certo." Maria le sorrise e l’abbracciò.

Maria tornò al fuoco e fu il turno di Isabel di parlare con Liz.

"Non riesco più a sentirlo, Iz." ammise Liz con la cognata, seduta accanto a lei.

"Cosa vuoi dire?" chiese Isabel sorpresa.

"Non l’avevo mai notato prima, perché ormai c’ero così abituata, ma io posso sentire Max. O almeno, potevo. Non che potesse dire dove fosse o cose simili, ma ho sempre sentito come se una parte di lui fosse sempre con me. Lo sapevi?"

"Hai sentito che ti mancava quella parte, quando eri nel Vermont?"

"Forse." Liz si strinse nelle spalle. "Ma, quella notte, io avevo bevuto, così era tutto un po’ … sfocato."

"Forse non significa niente." Isabel cercò di alleggerire la situazione.

"Perché, questa notte, non provi a raggiungerlo nei sogni?" chiese Liz. "Io ho già provato a proiettarmi, sai, per vedere di riuscire a scoprire dove fosse, ma non ha funzionato."

"Certo che ci proverò." sospirò Isabel. Si chinò in avanti e strinse Liz in un abbraccio. Come Maria prima di lei, la lasciò sola con i suoi pensieri ed andò a raggiungere gli altri.

"Valenti." Michael lo chiamò sottovoce. "Va’ a tenerle compagnia. Stalle vicino. Non lasciarla sola, stanotte."

"Perché Kyle?" chiese Maria. "Se qualcuno deve stare con lei sono io. La sua migliore amica."

"Senti, lui è stato il suo ragazzo, okay?" le disse bruscamente Michael. Non gli piaceva il fatto che tutti cercassero di minare il suo ruolo. "Dobbiamo cercare di tenerla sotto controllo. Lei era la Regina, perché Max era il Re. Ora che lui non c’è più, non voglio pensare a lei come al capo. E lei dovrebbe pensare a guardare avanti. Prima lo fa, meglio è. Per tutti noi."

"Non è un po’ insensibile da parte tua, Michael?" gli chiese Isabel.

"Allora, Valenti? Va’ da lei, okay? So che provi ancora qualcosa per lei, quindi non ti chiedo qualcosa che tu non vorresti fare. Se non succede niente, non succede niente."

"Lo farò." Kyle sembrava arrabbiato. "Ma solo perché, lo ammetto, lei mi sta a cuore. Ma non succederà niente. Anche se Max fosse morto, lei non … "

"Che vuoi dire con ‘se’? Ma non hai sentito? Isabel non riesce a trovarlo nel piano dei sogni. Nessuno di noi può sentirlo. Nemmeno Liz, riesce più a sentirlo. Lui è morto."

"No." Kyle scosse la testa. "Lui non è morto fino a che non me lo dice Liz. E, ad essere franco, in questa faccenda credo più alle sue sensazioni che a te." Kyle si avviò verso Liz. Poi si fermò e tornò indietro. "E Michael? Da quando sei tu il capo? Io seguirò la tua Regina e non seguirò te. Almeno lei ha un cuore."

* * * * *

"E’ il tuo turno, huh?" chiese Liz quando sentì Kyle avvicinarsi.

"Sì." sospirò Kyle.

"Ti hanno mandato loro?"

"Sì." annuì Kyle sedendosi accanto a lei "L’ha fatto Capitan Schizo."

"Capitan Schizo?"

"Schizofrenico. Michael in modalità capo."

"Oh, sì." ridacchiò Liz.

"Spero che tu sappia che sarei venuto comunque. Stai bene?"

"Cosa ne dici, Kyle? Max è lì fuori, da qualche parte, solo e ferito."

"Liz, c’è qualche possibilità che tu possa sbagliarti?"

"Cosa?" gli occhi di Liz si spalancarono per la sorpresa. "No!"

"E’ solo che Isabel ci ha detto che tu non lo senti più. E nemmeno lei, o Michael. E, inoltre, Isabel non riesce a raggiungerlo nei sogni. Ieri sera ci ha provato. Ha detto qualcosa a proposito di averlo trovato perfino quando Pierce l’aveva drogato."

"Non lo sapevo." Liz si accigliò. "Che lei non è riuscita a trovarlo, voglio dire."

"Sai, anche quando noi eravamo insieme, sapevo che avevi una cotta in segreto per Max."

"Davvero?"

"Sì. Non sono cieco. Mi ha dato fastidio, sai? Che tu provassi qualcosa per lui, anche quando uscivi con me. Ma ho sempre pensato che lui non avrebbe mai provato a portarti via da me. Non mi è mai sembrato quel tipo di ragazzo e sapevo che tu non lo avresti mai avvicinato. Poi, voi due avete cominciato a comportarvi in modo completamente diverso dal solito, ed avete cominciato ad avvicinarvi, apparentemente senza alcun motivo, e sono successe tutte quelle cose strane con mio padre. Accidenti, ero così spaventato che tu ti fossi cacciata in qualcosa di brutto. Ricordi quella volta che vi ho trovato in quel motel da quattro soldi?"

"Sì." Liz fece un sorriso triste.

"Sai? Non ho mai saputo cosa ci fosse sotto. A quel tempo, pensavo che si trattasse di qualche strana cosa riguardante il sesso."

Liz sorrise di nuovo. "No. Problemi alieni."
"L’ho immaginato. Dopo, voglio dire, quando ho saputo la verità. Di che si trattava?"

"Avevamo trovato la chiave di una casa in Texas. Michael aveva avuto un flash toccandola. Eravamo diretti lì, quando tu ci hai trovato. Abbiamo trovato delle carte appartenenti ad un tipo, Atherton. E’ stata una delle prime vittime. Ad ogni modo, l’FBI è entrata in casa di Max ed ha rubato l’incartamento."

"Così non avete mai saputo cosa ci fosse scritto?"

"No. Ma hanno trovato un ciondolo che veniva dal loro pianeta. Max lo ha dato a me l’anno scorso."

"Lo l’hai ancora?"

"No." Liz scosse la testa. "Max lo ha nascosto, insieme ai comunicatori."

"Ascolta, Liz. Se … se tu ti fossi sbagliata e Max … fosse … Sai che io sarò sempre qui per te, vero?"

"Mi dispiace, Kyle." ridacchiò lei. "Ma non mi sbaglio. Okay? Non posso spiegarlo, ma so che Max è vivo."

"Anche in questo caso, io sono qui, se avessi bisogno di un amico."

"Grazie, Kyle. Ma non mi vedo nel tuo futuro."

"Allora chi vedi?"

"Non ne sono sicura. Ma non sono io. A meno che non mi sia schiarita i capelli … "

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N :: mi sono resa conto di aver dimentica di mettere il 12, mettendo al suo posto il 13... mi dispiaceee :((( se dovesse succedere un altra volta e io non me ne accorgo, vi prego avvisatemi T.T

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Capitolo 17
*** 17 ***


Parte 17

Non c’è bisogno di dirlo agli altri, sono sicura che mi capiscono fin troppo bene, ma sono sconvolta dal fatto di non avere Max nella mia vita, in questo momento. So che è vivo, ma mi manca. Se ora mi sento così, posso solo sperare che a Max non succeda mai niente. Non credo che sopravvivrei.

Vorrei poter capire perché nessuno riesce a sentirlo o trovarlo con i loro specifici poteri. Ma io sono assolutamente convinta che lui sia vivo. Me lo dice il mio cuore.

Forse gli altri hanno ragione, e questo è un pensiero che mi terrorizza. Forse la mia connessione con Max è basata su quello che voglio che sia, piuttosto che su quello che è.

A Michael può non far piacere che io abbia preso il comando, ma mi sono fatta una domanda: mi interessa quello che prova Michael?

No. Io mi rifiuto di arrendermi. Una delle donne più sagge che ho mai conosciuto, qualcuna che ho amato e nella quale ho creduto, un giorno mi ha dato un consiglio. A quel tempo, mi ha lasciato dubbiosa e, quando non l’ho seguito, ho avuto una marea di problemi. Non lo farò ancora. Farò esattamente quello che nonna Claudia mi ha chiesto di fare. Seguirò il mio cuore e troverò Max. Lo rimetterò al posto che gli spetta, tra le mie braccia, nel mio cuore e nella mia anima.

* * * * *

"Liz, non possiamo più continuare." Michael assunse la sua posizione, dopo che Liz aveva suggerito di continuare le ricerche.

"Okay." Liz si strinse nelle spalle.

"Allora sei d’accordo con noi?" Isabel la guardò sorpresa. "Accetti l’idea che Max sia morto?"

"No." Liz scosse la testa. "Io accetto che voi non possiate continuare."

"Allora verrai con noi?" chiese Maria.

Kyle guardò Liz sorridendo. Sapeva già la sua risposta e si sorprese di Maria.

"Non ho detto questo. Voi fate quello che credete di dover fare. Io so che Max è vivo. Io so che Max è lì fuori, da qualche parte, e che ha bisogno di me. In effetti, ha bisogno di tutti noi ma, visto che voi siete pronti a voltargli le spalle, dovrà accontentarsi di me."

"Questo non è giusto, Liz." protestò Isabel.

"Non sto cercando di essere giusta, sto cercando di fare quello che è giusto. Cosa avrebbe fatto Max se fossi stata io a cadere? Michael? O tu, Isabel? O Maria o Kyle?"

Non c’era bisogno di chiedere cosa avrebbe fatto Max se fosse stata Liz a cadere. Max avrebbe messo sottosopra l’intera sponda del fiume per cercarla, sasso per sasso, granello di sabbia per granello di sabbia. Liz non avrebbe lasciato dubbi nella mente di nessuno che voleva fare lo stesso per lui. Ma lei non aveva che un minimo controllo sui suoi poteri, rispetto a quello che aveva Max. Avrebbe fatto quello che poteva.

"Se sentite di non poterlo fare, non fatelo. Io rispetto la vostra decisione. Ora, se volete scusarmi, ho un marito da trovare." E Liz si voltò verso il fiume.

"Liz. Aspetta!" la chiamò Kyle. "Ho detto che ci sarei sempre stato per te. Max mi ha salvato la vita. Max ha salvato la vita di mio padre. Diamine, quella volta, quando prese l’iniziativa nell’auditorio, ha salvato la vita di tutti. Io non gli volterò le spalle fino a che non avrò la certezza che sia morto."

"Michael." Maria si voltò verso il fidanzato. "Non posso lasciare Liz. Mi dispiace."

"Sai che lei ha ragione." Isabel si strinse nelle spalle. "Noi gli dobbiamo così tanto."

"Non è che io non voglio trovarlo." Michael si passò una mano tra i capelli. "Lui è mio fratello, oltre ad essere mio amico, in un modo che voi ragazzi non potrete mai capire. Ma io devo pensare a voi. Max non mi perdonerebbe mai se vi lasciassi prendere dall’FBI."

"Come ho già detto, Michael, io ho preso la mia decisione. Vado a cercare Max. Questo ti assolve da ogni colpa. Max sa che tu non puoi obbligarmi a seguirti."

"Non ho ancora provato con la forza." le disse Michael, flettendo i muscoli.

"Michael." lo mise in guardia Liz. "Non ci pensare nemmeno. Io combatterò. Ora basta con le parole."

Si voltò e si diresse verso il fiume. Senza tentennamenti, Kyle la seguì. Maria baciò Michael sulla guancia. "Mi dispiace." Maria si strinse nelle spalle ed andò dietro all’amica.

"Cosa facciamo adesso, Michael?" chiese Isabel.

"Ora so perché Max odia così tanto queste parole." Michael fece una smorfia.

Isabel gli fece un mezzo sorriso e seguì gli altri. Michael infilò la mano nella tasca interna della giacca e ne tirò fuori una carta dei tarocchi, piegata e rovinata. Guardò per un po’ l’immagine di due figure nude e si strinse nelle spalle.

"Ancora due giorni." annuì e, dopo aver riposto la carta, raggiunse gli altri.

* * * * *

"Jim, ci sei?"

Jim Valenti era sulla statale, sul sedile anteriore della SUV del Dipartimento di Polizia, per accertarsi che le macchine che passavano rispettassero i limiti di velocità.

"Sì, sono qui." rispose lui, abbassando il pulsante del radiotelefono. "Cosa c’è?"

"Una chiamata per il 433 Crestview. Qualcosa a proposito di un allarme scattato in un garage."

"Sì, va bene." Jim si allertò immediatamente. "Vado subito."

Non era una chiamata di emergenza, ma Jim la trattò come tale. Mise in moto l’auto e tornò in città il più velocemente possibile. Non erano molti gli indirizzi che avrebbero scatenato questa sua reazione. Uno era il Crashdown. La casa di Amy Deluca era un altro, come lo era la casa degli Evans in Murray Lane. Ma il 433 Crestview era dove aveva vissuto Tess quando lei e Ed Harding erano arrivati in città.

Parcheggiò l’auto e si avvicinò alla casa. Ora che era stata venduta, ed aveva le tende alle finestre, sembrava meno minacciosa. La porta del garage era aperta e, con un po’ di trepidazione, Jim si avvicinò. Niente sembrava fuori posto. Il pavimento era cosparso di scatole ed un assortimento di attrezzi era appeso alle pareti. Una mazza da baseball era appoggiata in un angolo, poco lontana dalla palla.

"Posso aiutarla?" gli chiese una voce maschile.

"Oh … ah … " disse tentennando. "Sì. Valenti. Vice Sceriffo. Dell’Ufficio dello Sceriffo di Roswell. E’ lei che ha denunciato un’infrazione?"

"No, signore." l’uomo scosse la testa. "Non un’infrazione. Un allarme. Abbiamo sentito suonare l’allarme. Nel garage."

"Avete sentito l’allarme, ma non c’è stata nessuna infrazione?"

"Vice Sceriffo, non era questo il garage."

"Oh, mi scusi. Quando è arrivata la chiamata, ne ho dedotto che fosse il suo garage. E’ quello del suo vicino?"

"Forse è meglio che lei venga con me."

"Uh huh." annuì Jim.

"Vede," continuò l’uomo, mentre Jim lo seguiva. "quando abbiamo acquistato la casa, c’è stato detto che il garage non era in vendita, che il vecchio proprietario voleva conservarlo."

"Davvero?" Jim sembrò confuso. "Allora … perché … "

"Ad ogni modo, non ci siamo preoccupati. Dopotutto, c’era il garage davanti alla casa e non avevamo bisogno di quello sul retro."

"Sul retro?" chiese Jim, entrando nel giardino. In fondo al giardino, c’era un altro garage, servito da una rampa di accesso che correva dietro la fila di case.

"Ci eravamo appena seduti a guardare la TV, quando ha cominciato a suonare. All’inizio, non abbiamo capito da dove provenisse, poi ci siamo presto resi conto che arrivava da qui. Più ci siamo avvicinati, più forte è diventato, fino a che abbiamo dovuto allontanarci. Faceva male alle orecchie. Dopo cinque minuti, ha smesso. Le porte erano ancora chiuse e non sembrava che fosse entrato qualcuno, ma abbiamo pensato che forse voi potevate sapere chi era il proprietario, per avvertirlo."

"Controllerò subito." disse Jim, grattandosi la testa. "Lei può anche andare. Troveremo il proprietario e gli diremo di mettersi in contatto con lei."

"Grazie, Vice Sceriffo."

"Nessun problema. Arrivederci."

Dopo che l’uomo l’ebbe lasciato solo, Jim prese un piccolo passepartout dalla cintura e cercò di aprire la serratura che teneva chiusa la porta. Niente da fare, non riuscì ad aprirla. Il fatto che Tess, o Ed Harding, non avessero voluto vendere il garage in occasione della vendita della casa, voleva dire solo una cosa. Se uno dei due fosse morto, non volevano che nessuno scoprisse cosa c’era dentro. Ed era qualcosa che Max avrebbe dovuto approfondire.

* * * * *

La prima cosa che fece Sean Deluca, dopo essere stato accompagnato nella città più vicina, fu di andare in banca. Dopo aver prelevato una notevole somma di denaro, la mossa successiva fu di andare da un agente immobiliare.

"Come avrà capito, signor Timmins," disse al vecchio gentiluomo dietro la scrivania. "ho bisogno della mia privacy. Vorrei affittare un cottage da queste parti, il più possibile vicino al fiume."

"Non deve preoccuparsi, signor … ah … Smith. Ho la proprietà che fa per lei. Vado a prendere le chiavi ed una pianta, mentre lei firma i documenti. Come preferisce pagare? Assegno o carta di credito?"

"Contanti."

Gli occhi dell’uomo si illuminarono. "Benissimo." disse sorridendo.

"Può fare in modo che, oggi pomeriggio, mi siano consegnate provviste sufficienti per un mese?"

"Naturalmente, signor Smith. Devo dedurre che lei è un amante della birra?"

"Sì. Birra in abbondanza. Oh, e anche una bottiglia di Champagne. Che sia buono, perché ho in programma di festeggiare qualcosa."

Finito con l’agente immobiliare, la tappa seguente fu in un negozio di accessori per la caccia ed il campeggio.
"Avrei bisogno di una carta dettagliata di questa zona, di una bussola, di una corda, di una mezza dozzina di anelli da roccia, quattro paia di manette, quattro paia di ferri per le caviglie, un paio di contenitori per l’acqua, oh, e … " Sean guardò i coltelli da caccia esposti sulla parete. "Uno di quelli. Quello dovrebbe andare." E ne indicò uno con una lama affilata, lunga venti centimetri.

"Manette e ferri?" il commesso sollevò un sopracciglio. "Ha saputo che hanno messo fuori legge la schiavitù, vero?"

"Dipende da che tipo di schiavo stai inseguendo." Sean gli rivolse un sorriso sprezzante. "Sì, e mi dia anche dei proiettili per la mia pistola."

"Uh huh. Posso vedere i suoi documenti?"

Da lì, Sean si diresse verso una grande drogheria.

"Sì, signore." chiese l’orientale che indossava un lungo camice bianco. "Posso esserle utile?"

"Sì." Sean gli porse una lista scarabocchiata in fretta su un foglio di carta. "Può prepararmi questa?"

"Mi spiace, signore." e scosse la testa. "Ma sono tutte sostanze sotto controllo. Questo sedativo, ad esempio, è il più potente che abbiamo e deve essere usato in casi eccezionali. Non posso fornirglielo. E, per il resto, non è nemmeno una miscela legale. Non ha la licenza necessaria."

"Qual è il suo nome?"

"Patel, signore."

Sean infilò una mano in tasca e ne prese un piccolo porta-documenti nero. Lo aprì per mostrarlo all’uomo. "Bene, signor Patel. Lei preparerà quell’ordine e lo preparerà subito o sarò costretto a prendere provvedimenti. Azioni drastiche. Lei non vuole vedermi arrabbiato, signor Patel, vero?"

"Devo verificare." Patel spalancò gli occhi, guardando verso il telefono.

"Potrà farlo più tardi." Sean aprì il suo soprabito per lasciar intravedere la pistola. "Adesso, voglio che lei prepari quella composizione."

Stringendo la borsa sotto il braccio, Sean si complimentò con se stesso e si diresse verso la macchina a noleggio, togliendosi i pezzi di pelle falsa e i baffi finti dalla faccia. Cosa importava se le autorità l’avessero scoperto? Non ci sarebbe stata identificazione e i documenti mostrati erano falsi. Con un largo sorriso sulla faccia, guidò fuori dalla città, diretto verso un posto che chiunque sano di mente avrebbe evitato.

Il locale era brutto dentro, proprio come lo era di fuori. Puzzava di whisky, fumo stantio, sudore e altri odori sgradevoli che era meglio non nominare. Mentre si avvicinava alla porta, poteva sentire il brusio che quella gente degna di disprezzo faceva nel discutere le ultime conquiste o i prossimi programmi. Il brusio divenne un sussurro quando Sean entrò nel bar. Tolse gli occhiali da sole e si guardò attorno, ignorando l’ostilità che avvertì intorno a lui. Alla fine trovò quello che cercava e camminò deliberatamente tra i tavoli in fondo, dove diversi gruppetti di uomini stavano intorno a quattro sporchi tavoli da biliardo.

"Salve, Capo." annuì Deluca, fermandosi accanto ad un giovane nativo americano che stava per fare un tiro.

"Deluca." l’uomo nemmeno sollevò la testa.

"Credo di aver bisogno del tuo aiuto."

"Non mi interessa." E sottolineò la frase tirando la palla prescelta e mandando in buca quella cui aveva mirato.
Sean afferrò l’uomo e lo appese contro la parete. "Non mi interessa." sibilò l’uomo.

La lama di un coltello fu premuta sul collo di Sean. "Il mio uomo dice di non essere interessato." gli sibilò nell’orecchio un uomo di origine ispanica.

Con un movimento fluido,Sean lasciò il Capo e spinse via la mano che teneva il coltello, girando il braccio in modo che finisse dietro le spalle dell’uomo. Lo fece abbassare, torcendo il braccio fino a che non lasciò andare l’arma. Un’altra torsione, un click disgustante e l’ispanico urlò di dolore. Sean lo lasciò e si passò le dita sul collo, dove la lama aveva lasciato un taglio. Fissò i presenti e si leccò il sangue dalle dita.

"Andiamo, Capo, prima di costringermi a romperti tutte e due le braccia per quello che mi ha fatto quell’idiota. Voglio che mi cerchi qualcuno."

* * * * *

"Sono stati qui, Eccellenza." Chyn annuì, guardando il dispositivo triangolare che aveva fissato sul cruscotto, dietro al volante della Saab che stava guidando. Si erano fermati fuori da un motel nel nordovest del New Mexico. "Ma qui la gente sembra spostarsi da un posto ad un altro. Non credo che qualcuno possa ricordarsi di loro."

"Credo che tu abbia ragione, Chyn. Non penso che sia il caso di perdere il tempo facendo domande. Comunque, potremmo approfittarne per riposarci. Forse possiamo contattare Kalyn. E’ un po’ che non abbiamo sue notizie. Siamo vicino a Roswell. Forse Zan è tornato lì."

"Ha notato … non importa."

"Parla, Chyn."

"Ha notato come la gente che ha incontrato Zan non vuole parlare di lui? E’ come se avesse fatto qualcosa per … aiutarli."

"Ma non è tipico dello Zan che conosciamo. Nessuno ha mai voluto aiutarlo al di fuori del dovere, tranne i suoi parenti."

"Dopo quello che abbiamo saputo da Ava, prima lo troviamo, meglio è."

"Concordo. Non mi piace dargli la caccia così. Se ci fosse qualche altro modo, lo userei. Ma questo affare richiede un’attenzione … particolare. Ci prenderemo qualche giorno per recuperare, poi agiremo più in fretta possibile. Prima finiamo, prima potremo tornare alle comodità di Antar."

"Credo che Zan non sia tanto condiscendente come Ava ci ha lasciato credere."

"Pensa a come lei ha saputo maneggiarlo prima. Lei è sempre stata il suo punto debole. Porteremo facilmente a termine il nostro compito, con o senza l’aiuto di Ava. Zan non potrà impedirci di portare a termine la nostra missione e noi torneremo trionfanti a casa."

* * * * *

Jeff fischiettava, mentre girava gli hamburgers sopra la griglia, controllava la friggitrice e preparava i piatti che aveva appena cucinato. Attraverso la finestra aperta, vide entrare Nancy con un grande sorriso sul viso. Tra le sue mani, una grande scatola quadrata.

"E’ da tanto che non ti sentivo fischiettare in cucina." disse entrando dalla porta riservata al personale. "E questa vecchia canzone, poi. Qualcuno è di buonumore."

"Che posso dirti?" sorrise lui. "Sono felice. Sappiamo che i ragazzi stanno bene."

"Difficilmente possiamo chiamarli ancora ragazzi, Jeff." gli ricordò lei.

"Lo so." ridacchiò lui. "Ma per me saranno sempre gli stessi ragazzi che erano soliti venire al Crashdown alla fine della scuola." e cominciò a ridere.

"Cosa c’è?" gli chiese Nancy.

"Stavo solo ricordando qualcosa. Come il matrimonio di Isabel. Lo sapevi? Lei mi ha detto che avrebbe ballato con Max, non perché aveva trovato una scusa, ma perché si amavano l’una con l’altro. Sapevi che già da allora, lei voleva stare con Max?"

"Vuoi dire che tu non lo sapevi?"

"Ebbene … Ad ogni modo, poi c’è stata quella volta in cui tutti si sono ritrovati qui per Capodanno. E’ stato così strano. Michael si era ubriacato, ma veramente ubriacato, ed aveva passato la notte nella stanza di Liz. Liz aveva dormito sul divano nella saletta del personale e Max e Maria avevano trascorso la notte ad Enigma. A quanto pare Max, con l’aiuto di Maria, era riuscito a risolvere gli indizi. Liz aveva lasciato che Maria andasse alla festa ed era rimasta a fare la baby-sitter a Michael. Jesse era fuori città ed era arrivato a casa poco prima per trovare Kyle e Isabel addormentati sul divano. Quando li ho visti tutti insieme, quella mattina, ho saputo che quel gruppo non si sarebbe mai separato. Che erano una squadra, che si fidavano uno dell’altro. E adesso, anche io ho fiducia in loro. E Philips e Diane, e Jim ed Amy. Tutti noi. In questa storia, ci siamo dentro insieme."

"E’ una cosa buona che anche io divida questa fiducia, perché stavo cominciando a preoccuparmi seriamente."

"Huh?" Jeff la guardò sconcertato.

"Hai un’ammiratrice." e fece un cenno con la testa verso l’interno del ristorante. "Quella donna nel box all’angolo, ti sta guardando fin da quando sono entrata."

Jeff diede una breve occhiata, poi si voltò di nuovo. "E’ già stata qui. Sta solo seduta a guardare. Forse è dell’FBI. Ad ogni modo, cosa c’è in quella scatola?"

"Oh, guarda cosa ho fatto." disse lei aprendosi in un grande sorriso. Aprì la scatola e ne tirò fuori un album fotografico nel quale aveva messo le foto ingrandite del matrimonio di Max e Liz. Sfogliò ogni pagina, lasciando che Jeff scuotesse la testa meravigliato al viso sorridente della figlia.

"Oh, Nancy. Avrei voluto … avrei voluto far le cose come si deve. Guarda com’era felice."

"Come è felice." lo corresse Nancy. "E ho qualche ingrandimento da appendere alle pareti. Ne voglio mettere uno al ristorante. Voglio che tutti sappiano che Max e Liz stanno insieme. Sono così orgogliosa della mia famiglia."

Jeff guardò l’album. "Sembra un diario." disse, sentendosi un po’ in colpa.

* * * * *
Come suo solito, Liz era seduta lontano dalla gang, sotto i loro sguardi, ma separata da loro.

"Stai bene?" chiese Maria, avvicinandosi per la consueta chiacchierata con lei.

"Sì." annuì Liz, facendole segno di sedersi accanto a lei. Maria lo fece e mise un braccio attorno alle spalle dell’amica.

"E’ passata una settimana, Maria." mentre parlava, le lacrime, contenute a malapena, erano ora evidenti, "E non abbiamo trovato nemmeno un segno di Max. Tutto quello che abbiamo visto, sono stati gli agenti dell’FBI e, da come si sono comportati, non l’hanno trovato nemmeno loro."

"Almeno questa è una consolazione."

"Cosa devo fare, Maria? E se l’avessimo mancato e lui si fosse già diretto da qualche altra parte? Magari lontano? Non posso passare il resto della mia vita a cercarlo."

"Liz? Cosa ti dice il tuo cuore?"

"Mi dice che non dobbiamo andarcene da qui fino a che lui non mi abbia trovato."

"E allora è quello che faremo."

"Grazie Maria."

"Hey. E’ a questo che servono gli amici. Ora andiamo, piccola. Torniamo indietro e facciamoci una bella nottata di sonno. Al mattino le cose sembrano sempre migliori."

"Me lo dici ogni sera." osservò Liz. "E sai una cosa? Ogni mattina non lo sono. Ogni mattina mi sveglio senza Max. Mi manca."

"Hey. Prima o poi avrò pure ragione. Giusto?"

Quella notte, durante il suo turno di sentinella, Kyle era seduto contro un albero e guardava Liz che si girava e si rigirava nel suo sacco a pelo.

"Non ha più dormito bene da quando Max è … scomparso." annuì verso Isabel, quando lei venne a dargli il cambio. "Spero che lo trovi presto. Non credo che possa reggere ancora per molto."

"Non lo so, Kyle." Isabel si strinse nelle spalle. "Mi sentirei meglio se sapessi perché lei è così sicura che sia vivo, quando nessuno di noi riesce a sentirlo e nemmeno a trovarlo nel piano dei sogni."

"Io credo in lei."

"Io non l’ho detto a nessuno." ammise Isabel. "Io non l’ho ancora detto a nessuno."

"A chi?" chiese Kyle. "E cosa."

"A Jesse. Ai miei genitori. Da quando Max è … scomparso, non li ho più visitati nei sogni. Loro non sanno cosa stia succedendo."

"Isabel, perché no? Loro devono sapere. Hanno il diritto di sapere. Pensa a come ti sentiresti tu."

"Kyle, io so quello che sento, okay? E’ mio fratello quello che è là fuori." sospirò Isabel e si sedette sul tronco d’albero caduto. "E’ solo che se lo facessi, lo farebbe diventare più … reale."

"Non può essere più vero di questo." Kyle indicò il viso distrutto dal dolore di Liz. "Sai che ha detto di aver visto qualcuno nel mio futuro? Una bionda." Netto cambio di argomento qui, Kyle.

"Non guardare me." Isabel sollevò la sua mano sinistra e gli mise gli anelli davanti al naso, sorridendo. "Sposata. Okay?"

"Messaggio ricevuto e pienamente compreso." ridacchiò Kyle, alzandosi e dirigendosi verso il suo giaciglio. Guardò il cielo stellato della notte. "Almeno ha smesso di piovere."

Si alzarono presto e smantellarono il campo. Come i giorni precedenti, ispezionarono le rive del fiume, accertandosi di rilevare le tracce di qualcuno che era passato prima di loro. Avevano scoperto che le impronte lasciate dagli agenti dell’FBI nel fango morbido, erano differenti da quelle che avrebbe potuto lasciare Max.

"Nessuno sente odore di fumo?" chiese Isabel.

"Ci sono delle tracce che non ho mai visto prima." notò Kyle.

"Non sono abbastanza grandi per essere quelle di Max." sospirò Michael. "Ma forse chi le ha lasciate potrebbe averlo visto. Andiamo a controllare."

Seguirono le strane impronte e si allontanarono subito dal fiume. In una radura sotto una piccola cascata che fuoriusciva da una roccia, trovarono un vecchio uomo che stava cercando l’oro con un setaccio. Li stava fissando con uno sguardo sospettoso.

"Mi scusi." gli chiese Liz. "Ha visto un ragazzo? Alto, capelli scuri e occhi castani."

"Forse. Chi lo vuole sapere?" rispose lui.

Liz notò un movimento alla sua destra. Una figura apparve per un breve attimo dai cespugli, prima di voltarsi e correre via attraverso gli alberi, verso il folto del bosco.

"Max!" gridò Liz e, senza pensarci due volte, cominciò a corrergli dietro.

"Liz!" gridarono tutti gli altri.

"E’ crollata." borbottò Michael. "Nessuno di voi ha visto Max?"

"No, ma cosa importa?" Kyle cominciò a correre.

Cominciarono l’inseguimento, seguendo il sentiero nascosto dove era scomparsa Liz. Dopo pochi momenti, l’avevano persa di vista. Davanti a tutti, Kyle sollevò una mano e tutti si fermarono.

"Ascoltate." li incitò.

Tutto quello che riuscirono a sentire furono gli uccelli che cantavano ed il fruscio del vento tra le foglie rimaste sui rami sopra di loro.

"Dov’è andata?" chiese Isabel.

"Non lo so." bofonchiò Kyle.

Il piccolo gruppo rimase fermo a guardare gli alberi.

* * * * *

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Capitolo 18
*** 18 ***


Parte 18

Provando più dolore di quello che pensava fosse umanamente possibile, il ragazzo, infreddolito ed affamato, barcollò sul fangoso sentiero che si snodava lungo il fiume. Ogni passo fatto mandava un lampo di dolore che saliva dalle gambe e gli percorreva tutto il corpo. Un braccio era ferito gravemente, mentre l’altro aveva perso la sensibilità e gli pendeva lungo il fianco, sobbalzando ad ogni movimento. Se avesse potuto vedersi la faccia, si sarebbe spiegato l’atroce dolore che provava lì. Sangue secco sotto il naso che sembrava rotto ed entrambi gli occhi palle gonfie di colore blu e giallo. A giudicare dal dolore che gli proveniva dalla testa, doveva avere il cranio fratturato da qualche parte. Non poteva sapere che un normale essere umano sarebbe già morto per la gravità di quelle ferite.

Avrebbe voluto fermarsi per riposare e, magari, recuperare le forze, ma era spinto ad andare oltre. Non poteva spiegare cosa fosse a guidarlo, ma era consapevole di una cosa, di un avvertimento che gli echeggiava nella mente. Non poteva lasciare che loro lo prendessero. Il ragazzo non era completamente sicuro di chi fossero ‘loro’ ma, di contro, non era nemmeno sicuro di chi fosse ‘lui’. Così continuò a seguire il sentiero, deciso ad allontanarsi da lì il più possibile, qualsiasi posto fosse quel ‘lì’, per scappare da ‘loro’.

Sapeva che, ad un certo punto, doveva essere finito nel fiume, perché quando si era svegliato, i suoi vestiti erano bagnati. Se fosse stato così, le grandi rocce che affioravano dall’acqua avrebbero potuto spiegare la sua agonia. Doveva avervi sbattuto sopra un buon numero di volte, prima di essere liberato dalla forza della corrente. Si ricordava di essersi svegliato sulla riva del fiume e si ricordava di essersi costretto ad alzarsi e a seguire il sentiero che correva lungo la riva. Prima di allora, non ricordava nulla. Gli sembrava di ricordare che qualcuno avesse gridato un nome, un nome che gli era familiare, ma che era troppo vago per avere qualche significato. Qualcosa in fondo alla sua mente gli aveva detto che era importante, ma in quel momento non riusciva ancora a pensarci.

Quello che voleva era allontanarsi da ‘loro’ il più possibile, trovare un posto dove poter curare le sue ferite e trovare del cibo. Fu allora che sentì l’odore del fumo.

* * * * *

Il fumo gli ricordò qualcosa. Fumo significava fuoco e il fuoco era usato per cuocere il cibo. Il cibo, lui lo sapeva, avrebbe risolto uno dei suoi immediati problemi. Forse avrebbe potuto rubare qualsiasi cosa si stesse cuocendo. Non gli piaceva l’idea di rubare, ma sapeva che doveva farlo per sopravvivere. Sapeva che qualcuno contava su di lui. Chi o per quale motivo, non lo ricordava. Era solo una sensazione che aveva dentro.

Gli ci volle un po’ di tempo per trovare il fuoco, ma alla fine ci riuscì. Era stato acceso bene, al riparo delle rocce e di un vecchio albero. Vi fu quasi sopra, quando lo trovò. Realizzando che era praticamente finito a casa di qualcuno, si chinò per nascondersi dietro un cespuglio ed osservare il luogo.

C’era una vecchia capanna, quasi al limite del collasso, non lontana dalla riva del fiume, nascosta tra gli alberi ed non visibile dal sentiero. Sul fuoco, a poca distanza dalla capanna, stava arrostendo un animale. Un uomo, vecchio e con una lunga barba, con vestiti fatti di pelli di animali, era in piedi accanto ad un rivo d’acqua che fuoriusciva da un canaletto costruito sotto la cascata. Stava agitando un largo setaccio in piccoli cerchi, osservandone attentamente il contenuto.

"Puoi uscire fuori." gli disse l’uomo. "Ti ho sentito arrivare da una decina di minuti. Non ho nulla che valga la pena di essere rubato, ma se vuoi dividere il mio pranzo, sei il benvenuto."

Non lasciare che ti prenda.

Il ragazzo si appoggiò contro un albero e si guardò attorno. C’era soltanto il vecchio uomo. Il cuore gli batteva nel petto e guardò l’animale che si stava cuocendo. Si leccò le labbra ed il suo stomaco brontolò. Il vecchio posò il setaccio e si avvicinò al fuoco. "Serviti pure." gli disse e si sedette, tagliandosi una generosa porzione di carne arrostita. Il ragazzo si lasciò convincere dalla sua fame e si avvicinò all’uomo, continuando a guardare da una parte all’altra.

"Sembri un reduce di guerra, ragazzo." gli disse l’uomo, con la bocca piena di carne ed il grasso che gli colava sulla barba. "Hai un nome?"

Il ragazzo rimase in silenzio.

"Tu puoi chiamarmi Jeb. Abbreviazione di Jebediah. Io sono Jeb."

Passò al ragazzo un coltello affilato e gli indicò il fuoco. Il ragazzo ignorò il coltello e, con la mano buona, prese la carne e l’addentò.

* * * * *

"Sta fermo, ragazzo." gli ordinò Jeb.

Stava cercando di fasciagli le ferite con una pelle di animale, dopo averle medicate con una poltiglia di foglie e fango. Gli aveva già steccato il braccio rotto e, avendo deciso che aveva delle fratture lineari anche in entrambe le gambe, aveva steccato anche quelle.

"Ora, queste pelli di animali si ritireranno, una volta asciugate, e terranno ferme le tue ossa rotte meglio di qualsiasi ingessatura. Purtroppo, non posso sistemartele come potrebbero fare in un ospedale ma, visto che non vuoi andarci, dovrai accontentarti. Ora, io so tutto sul nascondersi ed ho capito che tu ti stai nascondendo da qualcuno e rispetterò il tuo desiderio. Potrai rimanere qui fino alla fine dell’inverno. Di solito non amo la compagnia. Troppe chiacchiere. Ma tu mi sembri un ragazzo tranquillo, così va tutto bene."

"Grazie." mormorò il ragazzo. "Ma appena starò bene, dovrò andarmene. Non posso permettere che mi prendano."

"Stai fuggendo dalla legge, ragazzo? Perché a me non importa. Io ho le mie buone ragioni per evitare i rappresentanti della legge ma, se ti stanno cercando, sarà meglio che tu te ne vada. Ma fino a che le tue gambe non saranno guarite, non andrai da nessuna parte. Dovrai stare fermo per almeno un mese e forse, dopo, potrò portarti ad una fermata di autobus. Nel frattempo, fino a quando non ricorderai il tuo nome, credo che ti chiamerò … ‘ragazzo’."

* * * * *

"Pronto?" disse Diane al telefono, che aveva appena interrotto il suo sogno ad occhi aperti, mentre stava guardando, ancora una volta, gli album delle foto del matrimonio dei suoi ragazzi. "Parla Diane Evans."

"Salve, Diane." la salutò una voce familiare. "Sono io, Jesse."

"Jesse!" esclamò lei con un sorriso. "Stavo proprio pensando a te."

"Davvero?" esclamò lui.

Diane si accigliò al suo tono. "Sì. Stavo guardando le foto del tuo matrimonio."

"Oh, sì." Jesse sembrava … deluso. "Credo che lei ora abbia le foto di quello di Max e Liz, huh?"

"Sì." ridacchiò Diane. "Sai? Mi è sempre piaciuta quella ragazza. La trovo così adatta a Max. Ho sempre sperato … E ora è sposata con lui. Sono così contenta che i miei due ragazzi abbiano trovato due persone speciali."

"Isabel mi ha detto come siete state eccitate lei e la mamma di Liz. Sembra che abbiate avuto un lieto incontro."

"Sì, ma ci sei mancato, Jesse. Ti abbiamo pensato tutti."

"Isabel me lo ha detto. "

"Allora … sei ancora a Boston?"

"Da solo."

"Posso immaginarlo." Diane fece una pausa. "Jesse, nessuno potrebbe biasimarti se tu … se tu … "

"No." sospirò Jesse. "Non potrei. Non credo … Sa una cosa? Chieda a Liz se potrebbe mai stare con qualcuno che non fosse Max. Forse lei potrà spiegarglielo meglio di quello che potrei fare io."

"Credo di aver capito." Diane sembrò imbarazzata.

"Diane?" questa volta fu Jesse a fare una pausa. "Diane, avete avuto notizie ultimamente?"

"No. Ora che mi ci fai pensare, no." Diane si accigliò.

"Credo che sia successo qualcosa. E’ una settimana che non ho notizie di Isabel. Diane, prendo il prossimo volo per venire lì."

"Jesse, aspetta … "

La linea era stata chiusa.

* * * * *
"Sai una cosa?" Jeff sollevò lo sguardo dai documenti sui quali stava lavorando. "Di tutti i lavori che devo fare per il caffé, il lavoro di tavolino è quello che mi piace di meno."

"E’ stata tua l’idea di comprare il locale." gli ricordò Nancy.

"O questo o il bar di mio nonno." rise Jeff. "Non era che il mondo dell’impiego mi avesse spalancato le braccia."

"Non saprei. Saresti potuto diventare una Rock Star."

"Certo." ridacchiò Jeff. "Tutte quelle fans attorno, le mutandine tirate sul palcoscenico. Mi sarebbe piaciuto."

"Ci scommetto." Nancy fece una smorfia.

"Siamo chiusi." disse Jeff quando sentì bussare alla porta.

La sua risposta fu ignorata e i colpi si ripeterono.

"Ho detto," gridò Jeff sollevando lo sguardo "Oh … Philips, Diane." e guardò i suoi amici che stavano gesticolando. Lui scosse la testa e si diresse verso la porta, aprendola. "Ehi, ragazzi. Che succede?"

"Avete avuto notizie di Liz di recente?" chiese Philips agitato.

"Okay, ora mi state facendo preoccupare. Che succede?"

"Ne avete avute?"

"Ora che mi ci fai pensare, no." Jeff scosse la testa. "Ne hai avute, Nancy?"

"No." anche lei scosse la testa. "Potrei controllare la posta elettronica … "

"Non abbiamo parlato con lei fin da quando li abbiamo lasciati al motel. Perché? Cosa è successo?"

"Non lo sappiamo. Ha chiamato Jesse. Sta venendo a Roswell. Ha detto che preoccupato perché è da una settimana che non ha notizie di Isabel."

"Non penserete che … "

"Non lo so." la frustrazione di Philips era evidente. "E’ questa la parte più dura per noi. Non sapere quello che può essere successo loro."

"Cosa mi dite di Jim?" chiese Nancy con una voce che sperava suonasse più ottimistica di quanto fosse in realtà.

* * * * *

"Grazie per la cena, Jim." sorrise Amy. "Ho passato una bellissima serata."

"Anche io, Amy." Jim annuì, aprendo la porta della propria casa, per lasciarla entrare. "E’ bello, sai, non essere lo Sceriffo e non doversi preoccupare delle chiamate di emergenza fatte da qualche stupido."

"Ricordi di quella volta che sei dovuto scappare via? Per un problema alla vecchia fabbrica di sapone, credo."

"Sì." Jim annuì. "Me lo ricordo."

"Era quello il vero motivo? O c’era qualcos’altro?"

"Amy, non sono orgoglioso di quello che ho fatto. Mi piace pensare di essere in grado di vedere il lato buono e il lato cattivo delle cose. Avevo il sospetto che Max fosse diverso e credevo veramente che fosse il responsabile di tutti quei casi di omicidio irrisolti. Non ho mai pensato al perché una persona che aveva ucciso per mantenere il suo segreto, potesse metterlo a rischio per salvare una ragazza. Mi ci è voluto un po’ di tempo per rendermi conto che stavo dalla parte sbagliata."

"Grazie, Jim."

"Per cosa?"

"Per esserci stato, per mia figlia e per i suoi amici."

"Sai, Amy, è già un po’ che ci frequentiamo."

"E’ vero." Amy aveva uno strano sorriso sul viso.

"E io mi stavo … "

Qualcuno bussò insistentemente alla porta.

"Ignoriamolo." Jim scosse la testa. "Come stavo dicendo …"

Bussarono ancora. Questa volta più forte.

"Jim!" chiamò qualcuno. "Jim!"

"Lascia che mi liberi di loro, Amy." sospirò Jim, dirigendosi verso la porta.

"Jim, grazie a Dio." disse Philips passando davanti ad un Jim stupefatto ed entrando in soggiorno. "Oh, ciao Amy." Philips si voltò verso Jim, scusandosi con gli occhi.

"Salve Philips, Jeff, Diane, Nancy." Jim si fece indietro per permettere agli altri di entrare. "Cosa posso fare per voi?"

"Ci dispiace per … l’irruzione." Philips guardò Amy ed arrossì. "E’ per i ragazzi."

"Cosa è successo?" Jim chiuse la porta e si avvicinò a Philips.

"E’ accaduto qualcosa ai ragazzi?" chiese Amy, alzandosi in piedi.

"Non ne siamo sicuri." Diane scosse la testa. "Ha chiamato Jesse. E’ una settimana che non ha notizie da Isabel. E nemmeno noi."

"E noi non abbiamo notizie da Liz." aggiunse Nancy.

"Sapevo che avrei dovuto lasciar loro un cellulare." Jim strinse i pugni lungo i fianchi. "Avete un’idea di quello che possiamo fare?"

Jeff e Philips si scambiarono un’occhiata allarmata. "Un’idea ci sarebbe." disse Philips cauto.

"Quale?" chiese Jim.

"Ricordate il diario di Liz? Di come abbia salvato la vita di Max, quella volta a New York?"

"Cosa?"

"Jim. Vogliamo che tu provi a metterti in contatto con Max."

"Io non penso che … inoltre, io non sono connesso a Max come lo è Liz. E, in ogni caso, non ho la più pallida idea di dove cominciare."

"Jim?" Nancy si avvicinò e gli posò una mano sul braccio. "Per favore. Tu sei la nostra unica speranza."

Jim notò l’aspettativa sui volti davanti a lui e lasciò andare un profondo sospiro. "Okay" disse sollevando le braccia in segno di resa. Si sedette sulla poltrona e chiuse gli occhi. "Vediamo. Ogni volta che ho visto Max fare qualcosa, mi sembra che cominciasse col concentrarsi."

"Credo che dovresti pensare a Max." gli suggerì Diane.

Jim strinse gli occhi e si concentrò, cercando si spingere la sua mente nel mondo, per trovare Max. Non successe nulla, tranne il fatto che si rese conto di trattenere il respiro. Ricominciando a respirare, provò ancora. Niente. Era chiaro che lui non aveva ancora sviluppato nessun potere. Jim non sapeva cosa fare. Abbattuto, guardò i suoi amici. "Lei aveva Isabel ad aiutarla."ammise poi. "Ma valeva la pena di provarci."

Jeff gli diede una pacca sulla schiena, poi si lasciò cadere sul divano.

"La mia bambina." singhiozzò Nancy.

* * * * *

"Tu non sei normale, ragazzo." disse quella mattina Job a Ragazzo, dopo avergli controllato le ferite.

"Perché?" chiese Ragazzo.

"Sei con me da appena una settimana e le tue ferite sono quasi guarite. Non hai più bisogno dei sostegni alle gambe e credo che anche il tuo braccio sia quasi a posto. E la tua faccia. Dannazione se non era conciata male, qualche giorno fa."

"Io … oh." Ragazzo si grattò dietro l’orecchio. "Io … uhm … mi dispiace."

"Non c’è bisogno di scusarsi." Jeb si strinse nelle spalle. "Credo che tu stia già pensando ad andartene."

"Me ne andrò non appena tu mi dirai di farlo." anche il giovane si strinse nelle spalle. "Ma devo fermarmi da queste parti."

"Perché?"

"Io … io non lo so. So solo che non posso andarmene. Non ancora."

"E che mi dici di quelli che ti stanno cercando?"

"Non posso lasciare che mi prendano. Questo è tutto quello che so."

"Non ricordi ancora niente?"

"No."

"Mai cercato oro, prima?"

"No."

"Vuoi imparare? Magari potresti aiutarmi."

"Certo."

"Okay. C’è un altro setaccio nella capanna. Sopra il camino. Vallo a prendere e io ti insegnerò."

Ragazzo entrò nella capanna, abbassandosi per entrare dalla porta, che era troppo bassa per lui. Andò verso il camino e prese il setaccio appeso ad un chiodo sulla parete.

"Meglio che cominci dal fiume." il vecchio indicò con la testa la riva. "Vieni con me, adesso."

Ragazzo seguì l’uomo tra gli alberi, in direzione del fiume.

"Ora, devi prendere la ghiaia così, con un po’ d’acqua." spiegò a Ragazzo, mostrandogli come usare il setaccio. "Poi lo muovi in cerchio. Vedi? Il trucco sta nel togliere le pietre grandi, poi quelle più piccole. Lo scopo è trovare piccoli granelli d’oro. Puoi stare qui tutto il giorno senza trovare niente ma, qualche volta, puoi essere fortunato. Forza, devi provare."

Il vecchio gettò via il contenuto del setaccio e lo tese a Ragazzo. Lui si chinò e raccolse la ghiaia dalla riva del fiume, come gli aveva mostrato Jeb. Tolse poi le pietre più grandi e cominciò ad agitare il setaccio per filtrare la ghiaia e togliere via quello che evidentemente non era oro.

"E’ questo che sto cercando?" chiese Ragazzo.

Il vecchio guardò nel setaccio e vide un piccolo pezzo d’oro lucente.

"Hai il tocco magico, Ragazzo." sorrise Jeb, dandogli una pacca sulla spalla. "Ora prendilo e mettilo qui." e tese a Ragazzo una piccola sacca di cuoio. A mezzogiorno, il vecchio ritornò per avvertirlo che il pranzo era pronto e per vedere cosa avesse trovato. "Di questo passo," rise Jeb "prima del tramonto sarai ricco."

Dopo pranzo, Jeb portò Ragazzo al canaletto che aveva costruito e gli insegnò come usare il setaccio lì. Passarono insieme il pomeriggio a raccogliere piccole scaglie di oro e riempiendo la sacchetta prima che fosse arrivata la sera.

"Sei un portafortuna, ragazzo. Non ho mai trovato così tanto oro, prima che arrivassi tu."

"Sono contento di essere utile." sorrise Ragazzo.

"Ora prendi questa sacchetta e valla a mettere sotto quell’asse nel pavimento della capanna. Poi prendine un’altra. vuota."

Lasciando Jeb a continuare il lavoro, Ragazzo prese la sacchetta e ritornò nella capanna. Sollevò un asse nella parte più lontana e lasciò cadere la sacchetta con le altre che erano già lì, poi ne prese una dalla mezza dozzina che erano ancora vuote. Si voltò per tornare dal suo amico.

"Sta arrivando qualcuno." sentì dire sottovoce a Jeb.

Ragazzo si immobilizzò e rimase nascosto tra il fogliame. Jeb continuò a lavorare come se non sapesse che stava arrivando qualcuno.

"Mi scusi." sentì dire. Guardò tra le foglie e li vide. Erano in cinque. Non lasciare che ti prendano. Quella che aveva parlato era piuttosto piccola, con lunghi capelli scuri legati a coda di cavallo. I suoi occhi erano pieni di tristezza, visibile anche da dove Ragazzo si stava nascondendo. "Ha visto un ragazzo? Alto, capelli scuri e occhi castani."

"Forse. Chi lo vuole sapere?"

La ragazza voltò la testa e guardò dritto verso di lui. Era come se sapesse che lui si trovava lì. L’avevano trovato. Corse via tra gli alberi, infilandosi nel bosco. Doveva fuggire. La ragazza con i capelli scuri gridò qualcosa e cominciò a corrergli dietro. Chiedendo aiuto, suppose lui. Continuò a correre, ignorando le fitte di dolore che gli arrivavano da ogni parte del corpo. Qualcuno sbucò tra gli alberi, davanti a lui. Un complice, forse? L’uomo dalla pelle scura cercò di afferrarlo alla vita. L’uomo si era afferrato al bordo della sua maglietta e Ragazzo cercò di spingerlo via, rimanendo sorpreso quando l’uomo volò tra gli alberi, come se fosse stato lanciato da una catapulta.

Ragazzo raddoppiò i suoi sforzi, correndo ancora più velocemente e cadendo in un piccolo avvallamento che non aveva visto. Si rimise in piedi, aspettandosi di vedere davanti a lui la ragazza con i capelli scuri, che gongolava per la sua cattura. La vide, ma non davanti a lui. Era alle sue spalle, distesa ai piedi di un uomo con i capelli biondi. Vide l’uomo prendere tra le braccia la ragazza, senza il minimo sforzo, e scomparire tra gli alberi.

"No!" gridò, anche se non capiva il perché. Perché la vista di quell’uomo che teneva tra le braccia la ragazza, lo faceva star male?

* * * * *

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Capitolo 19
*** 19 ***


Parte 19

Quando cominciò a svegliarsi, Liz si sentì girare la testa. Sentiva anche la nausea ed uno strano sapore in bocca. Le ricordava … il cloroformio. Provò ad allungare le braccia, che le facevano male. E fu allora che scoprì che erano bloccate dietro la sua schiena da un paio di manette Scoprì che anche le sue gambe erano legate con dei ceppi al fondo del letto sul quale era distesa.

Che stava succedendo? E tutto le ritornò alla mente. Ora ricordava tutto. Aveva visto Max, di questo ne era certa, ma molte domande preoccupanti le si affollarono alla mente. Non appena lo aveva visto, lui era fuggito tra gli alberi. Perché era scappato via da lei, come se fosse una nemica? Perché Max sembrava spaventato da lei? Senza pensarci sopra, Liz gli era corsa dietro, chiamandolo. Non riusciva a ricordare quanto a lungo avesse corso, ma ricordava di aver visto lo strano nativo americano sbucare dal nulla e cercare di afferrare Max. No, no, c’era riuscito, ricordò. L’uomo aveva afferrato Max, ma lui aveva fatto qualcosa e lo straniero era volato all’indietro. Max era corso via ancora più velocemente. Ed era stato allora che lei si era sentita svenire e … e quel tampone premuto contro il suo viso. Sì, era quella l’ultima cosa che Liz ricordava. Grugnì e cercò di alzarsi.

"Ah." sentì dire da una voce familiare. "Vedo che ti sei svegliata."

Una forma apparve davanti a lei e lei cercò di metterla a fuoco. Una volta che ci fu riuscita, desiderò di non averlo fatto. Sean era seduto davanti a lei, su una sedia da cucina girata al contrario.

"Ciao, Parker. E’ passato molto tempo, vero?"

"Non abbastanza." disse lei rabbiosa.

"Non fare così." Sean si finse deluso. "Dopo tutto stavamo per diventare quasi amanti."

"Sbagliato. Io stavo quasi per fare un grosso errore. Uno stupido errore. Ma mi sono svegliata in tempo. Mi sono resa conto che tu eri solo una grande distrazione. Se fossi stata più attenta, me ne sarei resa conto prima."

"Di che stai parlando?"

"Non importa."

"Ho visto che ti sei sposata con lui." la sua voce trasudava disgusto. "Ho cercato di toglierti l’anello, ma non ci sono riuscito. Quando ti libererò le mani, dovrai togliertelo."

"Non in questa vita."

"Allora sarò costretto a tagliarti il dito." e le mostrò un lungo coltello.

"Puoi provarci."

Lui sorrise. "Hai passato troppo tempo con mia cugina."

"Sai una cosa? Non riesco a credere che siete parenti."

"Sì. E’ un mistero anche per me."

"Cosa vuoi?"

"Vuoi dire, oltre te? Ora mi addentrerò in un argomento difficile, ma penso che tu sappia tutto del tuo ragazzo e …"

"Mio marito."

Lui le rivolse un’occhiata gelida, ma Liz si rifiutò di lasciarsi intimorire. " … e dello stato di … immigrato del tuo ragazzo."

"No comment."

"Non sono mai riuscito a capire come sia stato attratto da quella bella ragazza. Sai, quella che è scomparsa. Ho cercato tanto di ritrovarla. Mi piaceva il fatto che lei fosse riuscita a distrarlo fino al punto da spingerti verso di me. Mi piaceva. Dov’è andata a finire?"

"Non lo saprai mai. Ti decidi a dirmi cosa vuoi o no?"

"Te l’ho detto, Liz Parker." sottolineò il suo cognome da ragazza, rifiutando il suo matrimonio con Max. "Voglio te. Una volta che ti avrò liberata dal suo odore, voglio dire. Come sei riuscita a toccarlo? E voglio anche il tuo ragazzo, ma non per lo stesso motivo. Lui lo voglio per quello che può fare per me. Ma voglio te per quello che io posso fare a te."

"Lo chiamano stupro." disse Liz rabbrividendo.

"Oh, no. E’ qui che ti sbagli. Tu salterai nel mio letto di tua spontanea volontà."

"Nei tuoi sogni."

"Sarà così o io sarò costretto a fare del male al tuo adorato Max. Fai la carina con me e io lo terrò vivo. Naturalmente, lui dovrà fare per me qualche piccolo lavoro. E non proverà a farmi del male, perché io gli dirò del piccolo detonatore che avrò messo dentro di te e che esploderà quando non avvertirà più il battito del mio cuore. Capisci? Sarai costretta a passare al mio fianco il resto della tua vita. Mi piace l’idea. Naturalmente, dovremo fare qualche modifica al tuo guardaroba. Mi piace che le mie ragazze abbiano un po’ più … "

"Ci scommetto. "sogghignò Liz.

"E anche questo atteggiamento deve sparire. Mi aspetto che tu sia molto più amabile."

"Si. Proprio così."

"Non ti piace il fatto che stai per diventare l’amante dell’uomo più potente del pianeta? Sarai adorata ed invidiata da tutti."

"Ti rendi conto che stai facendo il più grosso errore della tua vita?"

"Io non sono come quegli idioti dell’FBI. Io non sottovaluto i miei nemici."

"E allora, perché tutta questa storia? Solo per poter avere qualcuno che non potresti avere altrimenti?"

"Oh, no. Pensa a quello che potrei ottenere con i poteri di Max a mia disposizione. Forse il mondo intero."

"Vuoi diventare presidente?"

"Presidente?" Sean scoppiò a ridere. "No. Puoi essere Presidente solo per un periodo di tempo. Inoltre, non mi rimarrebbe molto tempo libero per occuparmi dei miei altri piaceri." si leccò le labbra e guardò cupidamente Liz. "Oh, sì. Io voglio essere l’uomo dietro al Presidente. Spalleggerò l’uomo o la donna che avrò scelto, assicurandomi di comandare tramite loro. E Max, Michael e Isabel mi aiuteranno a realizzare quello che voglio."

"Nei tuoi sogni."

"Sì. Arriverà presto il momento di realizzare tutto quello che ho sognato. Ma prima devo prendere Max."

"Vorrei augurarti buona fortuna, ma non voglio che abbia la tua morte sulla coscienza. E’ troppo buono per meritare questo."

"Non ho bisogno della fortuna." Sean si strinse nelle spalle."Ho l’esca giusta."

* * * * *

Il nativo americano che Liz aveva visto far volare da Max, aprì la porta ed entrò nervosamente nella stanza.
"Ah, Capo. Lo hai trovato?"

"No." il giovane uomo scosse la testa. "Mi è scivolato dalle mani."

"Cosa?" un improvviso lampo di rabbia passò sul viso di Sean. "Idiota!" Sean colpì Capo sulla faccia col dorso della mano. "Io credevo che tu fossi capace di seguire le tracce dei fantasmi."

"Quello è peggio di un fantasma." Capo si asciugò il sangue che gli colava da un lato della bocca.

"Ha detto bene, Sean." ridacchiò Liz. "Tu non sai con chi hai a che fare."

"Se sarà necessario, voglio che lo cerchi per tutta la notte."Sean ignorò il commento di Liz."Voglio che lo trovi."

"Posso provarci, ma ormai sarà lontano mille miglia."

"No." Sean indicò Liz con la testa. "No, lui resterà qui intorno. Lui cercherà di liberarla. Perché dovrebbe fuggire via da te, Parker?"

"Non vorrei essere nei tuoi panni."

Sean la guardò, poi si voltò e lasciò la stanza. Liz sentì chiudersi la porta. Dopo che se ne fu andato, Liz rilasciò l’energia che aveva accumulato nell’eventualità di doversi difendere da lui. Pur sapendo che, con un piccolo sforzo, avrebbe potuto liberarsi, pensò che sarebbe stato meglio aspettare di essere salvata, piuttosto che rivelare a Sean i suoi poteri. Lasciò anche cadere le sue difese, cosa che le permise di ricomporsi. Lei avrebbe voluto ribellarsi e combattere, ma sapeva che lui se lo sarebbe aspettato. Ora che se ne era andato, poteva riportare la sua attenzione sulla domanda che Sean le aveva fatto, una domanda alla quale non aveva voluto pensare in sua presenza.

Perché Max era fuggito via da lei?

"Lo hai spaventato." ridacchiò Capo. Ora che Sean se ne era andato, sembrava più rilassato.

"Cosa? Perché?" chiese Liz, guardando i ferri ai suoi piedi.

"Perché non ti comporti come gli hanno insegnato che si sarebbe comportata la gente. Tu dovresti essere terrorizzata da lui e da quello che lui farà a te e ai tuoi amici."

"Oh." Liz sorrise. "Tu non hai idea di quello che sta succedendo qui, vero?"

"No." ammise Capo. "E preferisco che sia così."

"Come hai conosciuto Sean?" Liz doveva trascorrere il tempo. Si era ricordata di una frase che aveva sentito ed aveva deciso di metterla in pratica. Conosci il tuo nemico.

Capo la guardò, scrollò le spalle e si sedette ad un angolo del letto. "Qualche anno fa, sono stato accusato di un crimine che non avevo commesso. Che possibilità avevo di essere creduto, quando tutti quegli uomini bianchi dicevano che l’avevo fatto? Sono stato mandato ad un centro correzionale per minorenni, ed è lì che ho incontrato Deluca. Dividevamo la stessa cella."

"E’ stato allora che l’FBI ha fatto un accordo con lui?"

"Pressappoco." rise Capo. "Vedi, Deluca non fa parte dell’FBI. Non lavora nemmeno per loro. Deluca è un agente della CIA."

"Cosa?" Liz non poté fare a meno di mostrare la sua sorpresa. "Ragazzi! Dobbiamo proprio essere disperati. Aspetta! Hai detto che dividevi la cella con lui."

"Sì, ma lui non era un delinquente minorile. Lui era in missione."

"E che genere di missione potrebbe intraprendere la CIA in un carcere minorile?"

"Il figlio di un barone della droga del Sud America era stato arrestato in quella città. Furto di un’auto. Deluca era stato inviato sotto copertura, allo scopo di infiltrarsi nell’organizzazione. Stava quasi per riuscirci, anche."

"E cosa è successo?"

"Sono arrivati gli agenti dell’FBI. Loro non sapevano che lui era una spia. Avevano trovato il suo nome sui registri e gli hanno offerto un accordo. Tutto quello che doveva fare era spiare dei ragazzi che conoscevano sua cugina. Lui fu subito eccitato a quell’idea. Avrebbe voluto accettare, ma era legato dalla sua missione. Credo che sia riuscito a risolvere il problema."

"Cosa è successo? E’ stato riassegnato?"

"Il ragazzo è morto. Circostanze inspiegabili."

"Oh." Liz annuì. "E tu come fai a sapere queste cose?"

"Deluca ha la bocca grande. Mi ha detto tutto quando mi ha … reclutato per aiutarlo."

"Tu non mi sembri come lui. Sean, voglio dire. Puoi aiutare me e i miei amici? Noi potremmo aiutare te, lo sai?"

"Non mi sono mai fidato dell’uomo bianco." Capo fece un sorriso di scherno.

"Ti fidi di Sean?"

"E’ facile fidarsi di un uomo che ha prove sufficienti per mandare in galera te e la tua famiglia per anni, anche se sono prove false. Ho anche pensato di ucciderlo, ma so che lui si è coperto le spalle."

“Mi spiace." Liz abbassò lo sguardo. "Non tutti sono come gli uomini che ti hanno tradito. O come Sean."

"Ho un uomo da trovare." Capo si alzò e si avviò per lasciare la stanza.

"Capo." lo chiamò Liz. Cercò di fare del suo meglio per essere sincera. "Per la tua salvezza, spero che tu non riesca a trovarlo."

* * * * *

Coperto da un gruppo di folti cespugli, nascosto in una piccola cavità, Ragazzo era disteso sulla schiena, ansimante. Aveva corso per secoli, spingendo le membra doloranti al di là della sua resistenza. Non era completamente sicuro che le ferite che aveva quando si era risvegliato sulla riva del fiume, fossero guarite, Ma, in ogni caso, gli facevano male. Al sicuro nel suo nascondiglio, Ragazzo dovette ammettere di essere fuggito non solo dallo straniero, ma dalle strane sensazioni provocate da quella ragazza, che avevano rischiato di sommergerlo. Quello di cui si rendeva conto era che era spaventato ‘per’ quella ragazza, tanto quanto era spaventato ‘da’ lei.

Dopo aver ripreso il controllo del suo respiro, voltò la testa da una parte all’altra, cercando di individuare ogni rumore che avrebbe potuto indicare che il suo inseguitore, o i suoi inseguitori, si stavano avvicinando. Tutto quello che riuscì a sentire fu il canto degli uccelli e il movimento di piccoli animali che correvano sulle foglie cadute. La sua mente si soffermò di nuovo sulla ragazza dai capelli scuri e sulla sensazione di offesa che aveva provato quando aveva visto l’uomo portarla via in quel modo.

Una farfalla bianca con delle strisce argentate, gli volò sulla testa per andare a posarsi sulla foglia rossa del cespuglio vicino. Quella vista fece agitare qualcosa dentro di lui, qualcosa che non sapeva spiegarsi. Non era nemmeno sicuro che quella cosa gli piacesse. La farfalla volò via, nella direzione da cui lui era arrivato.

Non poté fare a meno di pensare che, come la farfalla, anche la ragazza avrebbe dovuto essere libera. Si voltò sulla pancia e si alzò in piedi. Data un’occhiata riluttante al sentiero, cominciò a dirigersi nel folto del bosco. Non poteva lasciare che lo prendessero. Fatti pochi passi, vide un gruppo di farfalle posate su un cespuglio. Il cespuglio gli ricordò la testa di una persona e le farfalle gli ricordarono qualche altra cosa. Una corona, forse? Negli scuri solchi della sua memoria, sembravano significare qualcosa per lui, risvegliandogli sensazioni così profonde, da non poter essere ignorate. Significavano una promessa fatta, non una obbligazione o un dovere, ma qualcosa … qualcos’altro. Fu afferrato da un’immagine. La ragazza dai capelli scuri che indossava una coroncina di farfalle e lui che le faceva una promessa. Le sue spalle si abbassarono e, con un sospiro di trepidazione, il ragazzo tornò sul sentiero che aveva appena lasciato e rifece i suoi passi. Non poteva lasciare che lo prendessero, ma non poteva infrangere la sua promessa, qualunque essa fosse.

Ragazzo avanzò cautamente sul bordo del sentiero, augurandosi di non incontrare l’uomo che lo aveva sorpreso poco prima. Ritornò sul posto dove aveva visto la ragazza per l’ultima volta, ma non c’erano tracce di lei. Si guardò attorno, alla ricerca di qualche segno che potesse guidarlo. Non ne trovò nessuno, ma fu spinto dal desiderio di seguire un piccolo sentiero quasi nascosto. Aspettandosi, e temendo, che qualcuno saltasse fuori all’improvviso, si mosse con cautela. La luce stava diminuendo velocemente e, quando arrivò al cottage, era quasi buio. Non era grezzo o nascosto, come la capanna di Jeb, e le finestre erano tutte illuminate. Tranne che per le luci, non c’erano altri segni che fosse abitato.

Ciò nonostante, Ragazzo sapeva che la ragazza era lì dentro. Qualcosa lo stava chiamando. Rimase nascosto nell’ombra ad osservare e ad attendere l’opportunità di poterla liberare. Una figura scura si avvicinò alla casa, costringendolo a nascondersi ancora di più nell’ombra. Anche col buio incombente, riuscì a vedere che era l’uomo che aveva preso la ragazza. Si sforzò di respingere la profonda ondata di odio che stava quasi per farlo uscire dal suo nascondiglio. Fu un bene che fosse rimasto immobile, perché un altro uomo sbucò dall’ombra. Ragazzo lo riconobbe come l’uomo che aveva cercato di prenderlo.

"Nessun segno di lui, Capo?" chiese il primo uomo. La sua voce sembrava quasi disperata.

"No. Ormai sarà lontano. Ho seguito la sua traccia per cinque chilometri. Poi … è svanita. Questa è stata l’ultima volta che lo abbiamo visto."

"No. Tornerà. Ora sparisci. Io e la piccola signora abbiamo qualche affare in sospeso e conto di fare le cose senza fretta."

"Credo che non la troverai così disponibile come speri."

"Come se me ne importasse qualcosa. Tu va a fare quello che devi fare e lasciami al mo piacere."

Capo si allontanò e si infilò nel bosco. L’altro uomo fece un largo sorriso e, voltatosi, entrò nel cottage. "Tesoro." disse. "Sono a casa."

* * * * *

Baurline entrò nella stanza del motel che aveva prenotato, si tolse la giacca e la fondina e le appese sulla spalliera della sedia che stava davanti alla scrivania. Avevano preso una dozzina di stanze di quell’economico motel, per farne la loro base.

"Che progressi abbiamo fatto?" chiese al suo aiutante, sedendosi sul letto e togliendosi le scarpe coperte di fango.

"Abbiamo messo una squadra venti miglia a valle del fiume. Domani cominceranno a risalirlo, controllando tutto e dappertutto. Sempre domani, dovrebbero incontrarsi con l’altra squadra che sta discendendo il fiume. Entrambe le squadre hanno macchine e sommozzatori in grado di controllare qualsiasi ostruzione che possa essersi formata per tronchi o detriti. Abbiamo anche squadre di investigatori per cercare ogni traccia di qualcuno che sia uscito dal fiume, ma hanno avuto difficoltà a causa delle impronte lasciate nelle ricerche precedenti. Oh, tranne i nostri uomini, tutti pensano che siamo alla ricerca di un criminale evaso. E’ stato l’unico modo per ottenere l’approvazione alla nostra richiesta di rinforzi."

"Come mai?" Baurline lo guardò duramente. "Di solito basta pronunciare la parola ‘Speciale’ e tutto viene approvato."

"Lei non ha letto il giornale di oggi, vero?"

"No." Baurline scosse la testa. "Sono stato in quel maledetto fango per tutto il giorno."

L’agente tese a Baurline un giornale aperto su un articolo.


"L’FBI. La legge o al di sopra della Legge?

C’erano voluti mesi per prepararlo. C’erano dozzine di persone coinvolte per quell’avvenimento, accuratamente organizzato per dare alla gente un giorno che non avrebbe dimenticato facilmente. Ma questi piani non sono passati inosservati all’occhio vigile dell’Agente Speciale Steven Baurline dell’FBI. Con una abnegazione, che può essere descritta solo come ossessiva, Baurline ha accuratamente pianificato un’operazione che avrebbe consegnato alla giustizia i capi della banda. In questo caso, però, non sarebbe stato un Tribunale degli Stati Uniti, con un processo, una difesa, un giudice ed una giuria. No, la giustizia di questo Agente particolare sarebbe stata la sua.
Cecchini ben addestrati sono stati nascosti nell’Auditorio della locale Scuola Superiore, i mirini ad alta precisione puntati sui quattro che l’Agente Speciale Steven Baurline aveva già giudicato e dichiarato colpevoli.
La giustizia che l’FBI aveva programmato di applicare era come minimo assassinio, se non omicidio. Che crimine scellerato avevano commesso quei quattro per meritarlo? Questo pericoloso quartetto stava per diplomarsi nella stessa scuola dove l’FBI si era infiltrata. Per ragioni conosciute soltanto a lui, e ad un gruppo scelto dei suoi scagnozzi, l’esperto agente stava per uccidere, a sangue freddo, quattro adolescenti. Cosa abbia favorito la loro miracolosa fuga non lo sapremo mai, ma i ragazzi sono comunque riusciti a fuggire. Consapevoli del pericolo, hanno abbandonato la sicurezza e l’amore delle loro famiglie e sono fuggiti nella notte, inseguiti dall’ Agente Speciale Steven Baurline e dall’FBI.
Ma cosa ha attirato su di loro l’attenzione dell’FBI? Si da il caso che due dei ragazzi abbiano assistito alla rapina fatta ad una giovane madre, abbiano spaventato l’assalitore e le abbiano salvato la vita.
La maggior parte dei lettori potrebbe pensare che quei ragazzi avrebbero abbracciato una vita criminale per riuscire a sopravvivere. Ma è proprio quello che non hanno fatto.
Si sono invece cercati un lavoro, anche se sotto falso nome, in un campeggio dell’Idaho e, durante la loro permanenza, si sono fatti apprezzare per il loro duro lavoro. Non solo hanno impedito la rapina delle paghe dei dipendenti del campeggio, ma hanno impedito che la giovane figlia del proprietario venisse uccisa. Il loro coraggio è stato ricompensato da nuove attenzioni dell’FBI e si sono dovuti lasciare alle spalle i loro lavori e i pochi giorni di tranquillità vissuti.
Dalle montagne, il piccolo gruppo di amici è andato verso est. Nelle colline del Nebraska, si sono imbattuti in un’anziana vedova, in procinto di perdere la sua fattoria. Invece di continuare il loro viaggio verso la libertà, si sono fermati ad offrirle tutto l’aiuto che potevano dare, raccogliendo il grano della donna e allontanando l’ombra del suo fallimento. Ma per uno sfortunato incidente, in cui i nostri coraggiosi amici hanno impedito la violenza sessuale di due ragazze ad opera degli Hell’s Angels, la loro posizione è stata di nuovo individuata dall’FBI. Ed ancora una volta sono stati costretti a fuggire, con gli agenti armati dell’FBI alle calcagna.
Stanno ancora fuggendo.
La loro ultima posizione mi è sconosciuta e, spero, sia sconosciuta anche all’FBI. Ad ogni passo che fanno, sembra che siano sempre più violati i principi basilari della Legge e dei Diritti Civili. Gli agenti dell’FBI agiscono impunemente, come se si reputassero al di sopra della Legge. Sembra che non debbano rispondere a nessuno.
Ma chi pensa di essere l’Agente Speciale Steven Baurline? Chi gli da il diritto di processare, giudicare e condannare a morte quattro cittadini di questo Paese? Forse l’FBI ha superato se stessa e crede di dover rispondere solo a se stessa. Forse è arrivato il momento in cui noi, uomini liberi che credono nella Democrazia, dobbiamo alzarci e dire "Basta!"
E’ ora che l’FBI obbedisca a quella Legge che ha giurato di proteggere."



"Dannazione!" disse adirato Baurline, gettando il giornale sul pavimento.

"E non è tutto, signore." aggiunse l’altro agente, giocherellando nervosamente col distintivo.

"C’è altro?"

"Sì, signore. Ricorda quella vedova? In Nebraska?

"Sì."

"Sembra che suo figlio, il Senatore Glen McCarthy, abbia chiesto una inchiesta."

* * * * *

"Mi aspetto che tu sia affamata." Sean si appoggiò alla soglia della porta e sorrise a Liz. A lei sembrò più uno sguardo lascivo. "Vorresti prepararti per la cena?"

"No, grazie."

"Certo che vuoi." Sean scrollò le spalle. "C’è un vestito nell’armadio e nel bagno troverai il necessario per truccarti. Mi aspetto che tu faccia una doccia per rinfrescarti. Se ti sciolgo, mi dai la tua parola che non cercherai di fuggire?"

"No." Liz scosse la testa per sfidarlo. "Ti darò invece la mia parola che cercherò di scappare alla prima opportunità."

"E’ un peccato. Avevo sperato di trascorrere una serata civile, insieme a te, stasera. Certo, mi piace un po’ di violenza, sai, ma avevo sperato che la nostra prima volta fosse un po’ più … lo sai." Traversò la stanza per fermarsi accanto a Liz. Allungò una mano e le strappò la camicetta, facendo volare i bottoni per la stanza. Si leccò le labbra alla vista del suo petto seminudo.

"Ti contrasterò ad ogni passo, lo sai?" Liz ricominciò a mettere a fuoco la sua energia. "L’unico modo in cui potrai avermi sarà quello di rendermi incosciente. Ed anche allora ti combatterò."

Slacciandosi la cintura dei pantaloni, Sean continuò ad avvicinarsi a lei. "Sarai più sottomessa." rise lui. "Te lo prometto."

Ci fu un colpo alla porta. Nel suo sollievo, Liz sentì la sua energia dissiparsi.

"Va via, Capo!"

Bussarono di nuovo.

"Ti giuro, Capo," gridò Sean traversando la stanza per aprire la porta "Sarà meglio che tu abbia un buon motivo, o ti impiccherò con le tue stesse … "

Quando aprì la porta, incontrò un pugno. Cadde all’indietro ed arrivò sul pavimento già svenuto.

* * * * *

Liz guardò attraverso lo spiraglio della porta e vide Sean volare all’indietro. Doveva essere stato Michael, decise, ad aver colpito Sean così forte. Stava quasi per chiamarlo, quando lui entrò nella stanza e rimase in piedi accanto a lei, massaggiandosi le nocche con un senso di soddisfazione. Ogni nervo nel corpo di lei lo chiamò.

"Max!" disse con la voce piena di sollievo. "Max, sono qui."

Il ragazzo alto, dai capelli scuri, entrò nella stanza con un’espressione che diceva chiaramente di essere spaventato da lei.

"Oh, Max." Liz stava piangendo per la gioia. Lui era vivo ed era venuto per lei. "Lo sapevo. Lo sapevo che non eri morto. Sapevo che eri vivo." Liz stava praticamente saltando sul letto. Ma Max non stava andando ad abbracciarla. Sembrava non dare segni di riconoscerla. "Max?" gli chiese, cominciando a sentirsi preoccupata. "Stai bene?"

Lui la guardò e Liz poté vedere la confusione nel suo sguardo. Guardò la sua camicetta strappata e i ferri che la tenevano legata al letto. Liz si voltò, in modo che lui potesse vedere le manette. Max tornò nell’altra stanza e cominciò cercare nelle tasche di Sean.

"Io … io non riesco a trovare le chiavi." stava guardando dappertutto, tranne che verso di lei.

"Non hai bisogno delle chiavi, Max." Liz si accigliò. Che gli stava succedendo?

Quando Max non fece nulla per avvicinarsi a lei, Liz cominciò a preoccuparsi. Perché non sembrava contento di vederla, come lei era contenta di vedere lui?

"Sono chiusi." e indicò i piedi della ragazza, dove i ferri tenevano le sue gambe legate al letto. Alla fine le si avvicinò, continuando a fissare i legami che aveva ai piedi.

Liz sospirò e si concentro sulle manette. Non le rimaneva facile come lo era per Max, ma riuscì a liberarsi le braccia. Con Max che la fissava a bocca aperta per lo shock, si toccò le caviglie e liberò anche le gambe.

"Come hai fatto?" le chiese Max, gli occhi spalancati per la paura. E cominciò ad indietreggiare verso la porta.

"Max, sono io. Liz. Max?" Perché lui si stava comportando così?

Max si voltò per fuggire, ma Liz si rifiutò di lasciarlo sparire di nuovo. Lanciò la sua energia contro la porta, facendola chiudere prima che Max potesse raggiungerla. Lui spinse la maniglia, guardando oltre la spalla Liz che si stava avvicinando. Max si fermò e si voltò vero di lei, la schiena premuta contro la porta come se sperasse di riuscire a fuggire attraverso un invisibile spiraglio. "Chi sei tu?" le chiese.

Liz realizzò che stava sperimentando il peggior incubo di Max: essere guardata come se fosse un mostro.
"Non so cosa c’è che non va in te." Liz scosse la testa avvicinandosi a lui. "Ma posso fare una ipotesi. E il solo modo in cui posso aiutarti è questo."

Si appoggiò al corpo di lui, sentendolo tremare. Gli prese il viso tra le mani e lo fece abbassare verso il suo. All’inizio lui fece resistenza, ma dopo che lei gli ebbe preso le labbra tra le sue, con una determinazione che non avrebbe mai creduto di avere, lo sentì arrendersi. E poi risponderle.

Le braccia di lui si avvolsero attorno a lei, attirandola a sé. Ora non stava più cercando di fuggire da lei. La stava invece spingendo all’indietro, verso il letto. Quando lei vi si lasciò cadere sopra, le loro lingue erano già allacciate come se fossero una sola. Le immagini arrivarono velocemente e Liz seppe della caduta di Max, del suo risveglio ferito e solo, e dei suoi sforzi per ricordare chi fosse. Quando arrivò al punto in cui le farfalle gli avevano ricordato la promessa che le aveva fatto, Liz pensò di stare per scoppiare a piangere. Anche nelle profondità dell’amnesia, Max non era riuscito a dimenticare quanto lei fosse importante per lui.

"Liz!" ansimò Max, pieno di emozioni. "Oh, Liz!"

L’anima di Liz si rallegrò. Max era tornato da lei.

"Andiamo, Max." lo esortò, cercando di richiudere gli orli della sua camicetta. "Torniamo dagli altri, prima che pensino che sia morta anche io."

Max annuì. "Grazie." le sussurrò, poggiando la fronte contro quella di lei.

"Per cosa?"

"Per non avermi abbandonato. Ora. Prima. Sempre. Ora so come sarebbe la mia vita senza di te. Vuota. Senza significato."

Liz guardò nella profondità degli occhi di Max e, vedendo tutto l’amore che irradiavano, lo abbracciò stringendolo forte. "Andiamo, Ragazzo." lo prese in giro, facendolo alzare dal letto. Mentre passavano accanto al corpo privo di sensi di Sean, Liz gli diede un calcio.

"Ho cercato di avvertirti." disse scuotendo la testa. "Questa volta sei stato fortunato a cavartela."

* * * * *

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Capitolo 20
*** 20 ***


Parte 20

Indicazione della data: 22 settembre 2002 – New York.

E’ ufficiale. L’ avvistamento del satellite ‘Muggins’, avvistato per la prima volta da Jeremiah Muggins, è stato oggi confermato da una seconda fonte indipendente. Ricercatori che lavorano presso la Cornell University di New York, hanno annunciato che anche loro hanno avvistato il satellite dietro il distante pianeta Plutone.

Stuart Hargreaves, della Società di Astronomia, ha detto: ‘Dopo che il signor Muggins ha reso pubblica la sua scoperta, noi abbiamo riso di lui, ma abbiamo comunque deciso di dare un’occhiata. Abbiamo scattato una serie di foto a tempo, per il periodo di un mese lunare, facendo il paragone ora per ora, giorno per giorno. Poi, nella sequenza di foto dell’ultima notte, abbiamo trovato qualcosa di anomalo. Ora, pur rendendoci conto che questa non è una prova conclusiva, possiamo però credere all’esistenza del satellite e concordare col signor Muggins sulla sua strana orbita. Pensiamo che sia stato molto intelligente da parte sua averlo individuato, perché il segnale che è presente in una foto, sparisce nella successiva, dando al satellite una visibilità massima di circa due ore. Forse meno.

Finora la NASA si è astenuta dal commentare la scoperta dei ricercatori dell’Università, ma in una conferenza stampa, fanno dichiarato i non avere la possibilità di riposizionare il telescopio spaziale Hubble. Non c’è bisogno di dire che se non verificheranno l’esistenza del satellite prima che altri ricercatori della Cornell abbiano trovato prove addizionali, finiranno per perdere la faccia. Naturalmente, molti astronomi dilettanti non hanno le risorse della Cornell, per esempio il Radio Telescopio dell’Osservatorio di Arecibo, a Puerto Rico.

Questo, come molti lettori sapranno, è il Telescopio usato in una delle recenti avventure di James Bond. - - - - -UPI

* * * * *

Mi è sembrato strano camminare nel bosco buio con Max. L’ultima notte che siamo stati in un bosco al buio, non eravamo insieme e lui stava cercando segni della sua provenienza. Ora noi conosciamo la sua provenienza e siamo uniti come nessun’altro potrebbe, ma il buio sembra più minaccioso di allora. Chi dice che una piccola conoscenza può essere pericolosa? Forse per il fatto che ogni albero potrebbe nascondere un agente dell’FBI o forse perché il buio rappresenta quello che sarebbe la nostra vita senza la presenza dell’altro.

L’unica cosa che so è che Max è tutta la mia vita.

E’ brutto che gli agenti dell’FBI ci inseguano, ma noi abbiamo sempre la speranza che un giorno la giustizia trionfi e che loro siano costretti a ritirarsi, permettendoci da fare una vita quasi normale. La scoperta che ora è coinvolta anche la CIA, ci preoccupa. Da quello che ho detto a Max della nostra conversazione, lui crede che Sean stia agendo per conto suo. Io lo spero. Non credo che siamo abbastanza forti da combattere su due fronti. Nel suo modo tipico di mettere in chiaro ogni situazione, Max ha detto che siamo forti per quello che dobbiamo esserlo.

So che è preoccupato che un giorno potrà deludermi. Devo solo fargli capire che impossibile.

* * * * *

Stringendo la sua mano più di quanto fosse necessario, Max riportò Liz, attraverso il bosco, fino al fiume e alla capanna di Jeb.

"Non che mi lamenti, Max." Liz sorrise nel buio, sentendo la mano di lui stringersi sulla sua. "Ma, sai, io non andrò da nessuna parte."

"Ti ho quasi perso, Liz." Max si fermò provò a far vedere a Liz tutto l’amore che stava provando, attraverso il riflesso della luna nei suoi occhi.

"Ma non mi hai perso." Liz scosse la testa, lasciando che l’amore di lui scendesse su di lei come un balsamo.

"E non ci voglio andare mai più nemmeno vicino." sospirò Max, grattandosi dietro l’orecchio. Cosa poteva rispondere alla constatazione di Liz? Dopo tutto, era vero. A dispetto di ogni evidenza, il fato l’aveva riportato da lei.

Liz lo attirò a sé e lo strinse tra le sue braccia. "Ti amo così tanto." mormorò contro il petto di lui.

"Io non sono stato tutto quello che avrei potuto essere per te, Liz." Max le carezzò la nuca, stringendola forte. "Ma sto provando a esserlo, per te. Perché spero che un giorno tu possa essere orgogliosa di me."

"Lo sono già, Max." sospirò Liz. "Lo sono già."

Attraverso il fogliame, videro i volti preoccupati dei loro amici, seduti in semicerchio attorno al fuoco. Quando i due giovani amanti uscirono dal bosco, tenendosi per mano, tutti si alzarono in piedi, quasi per un senso di istintivo allarme.

"Max!" Isabel fu la prima a reagire e corse tra le braccia del fratello. Max poteva sentire il suo corpo scosso da un pianto di sollievo. La tenne stretta fino a che lei non riguadagnò la sua compostezza. Isabel si sciolse dal suo abbraccio e gli diede uno schiaffo sulla spalla. "Non provare mai più a farmi una cosa del genere!" gridò lei, ma i suoi occhi tradivano la sua felicità. Si voltò verso Liz, le fece un timido sorriso e abbracciò la cognata.
Maria fu la seconda.

"Bentornato a casa." gli rivolse un sorriso divertito, anche se i suoi occhi erano pieni di emozione. "Ho sempre saputo che Liz aveva ragione."

"Evans." Kyle gli tese la mano. Max la prese e rimase stupito come gli altri, quando lui l’attirò a sé in un affettuoso, quasi fraterno, abbraccio. "Bentornato tra noi."

Michael era imbarazzato. Dopo tutto era stato lui a tagliare il ponte, era stato lui a cercare di portarli quanto il più possibile lontano da Max ed era stato lui che si era rifiutato di credere a Liz. Quella dannata carta dei tarocchi, imprecò contro se stesso. Non avrebbe mai più dubitato dell’amore. Sentendo il suo disagio, Max si avvicinò.

"Grazie." gli disse abbracciandolo.

"Uhm … sì." Michael sembrò sorpreso. "Ma per cosa?"

"Per aver obbedito ad un ordine senza discutere. So quanto deve essere stato duro per te." Max fece un cenno con la testa in direzione di Liz e di Isabel, che stavano chiacchierando tranquillamente accanto al fuoco. "E per aver sostenuto Liz quando voleva cercarmi."

"Di niente." Michael fece un disegno con il dito nella sabbia. Era più facile che guardare Max negli occhi. "Uhm e grazie anche a te."

"Per cosa?" fu la volta di Max ad essere sorpreso.

"Per aver avuto fiducia in me." Michael si strinse nelle spalle. "E per avermi dimostrato che puoi prendere la decisione giusta, quando deve essere presa."

"Sai, non posso dire che sia stata la decisione giusta." Max guardò verso Liz. "Ma era quella che doveva essere presa."

"Io non l’avrei mai fatto."

"E spero che tu non debba farlo mai, Michael."

* * * * *

Kyle era in piedi, al di fuori del cerchio di luce del fuoco e, benché si supponesse che dovesse stare in guardia contro l’arrivo di Capo, di Sean o degli agenti dell’FBI, stava invece guardando gli amici. Erano tutti felici che Max fosse tornato sano e salvo, quantomeno salvo. Max non sembrava essere in buone condizioni e Kyle si chiese perché non si fosse guarito. Stava scoppiando dalla voglia di ricordare a tutti che lui aveva avuto ragione a credere nella connessione di Liz. Invece era rimasto in silenzio, mentre Max e Liz raccontavano la loro ordalia o, piuttosto, quello che potevano ricordare.

Il povero vecchio Jeb, non aveva sopportato la loro compagnia. Con gli occhi spalancati, guardando tutti loro, si era scusato, lasciando ‘Ragazzo’ e i suoi amici attorno al fuoco. Ma, col passare della notte, avevano capito che dovevano riposare. Kyle si era offerto di fare il primo turno di guardia. Michael, Maria e Max furono gli unici in grado di dormire. Liz e Isabel erano troppo tese per riuscirci. Dopo tutto, anche se in modo differente, entrambe amavano Max Evans più della loro vita.

* * * * *

"Sai, tu ed io non abbiamo mai … legato veramente." Isabel stava guardando la ragazza di capelli scuri che aveva in mano il cuore del fratello.

"Certo che siamo legate, Isabel." sorrise Liz.

"No." Isabel scosse la testa. "Voglio dire, fin dal primo giorno, quando Max ti ha guarita, tu … tu sei sempre stata presente per lui. Per noi. Se ci sono state difficoltà, tu ci hai sempre aiutato a superarle."

"Non sempre." Liz scosse la testa, ricordando la volta che si era allontanata da Max quando lui aveva più bisogno di lei.

"E Max? Lui è … lui è una persona completamente diversa quando è con te. Sai Liz, scommetto che se tu fossi stata su Antar con noi … se ci fossi stata tu al posto di … Ava niente di tutto questo sarebbe successo."

"Mi piacerebbe sapere di più delle vostre vite lassù." sospirò Liz.

"A me no. La mia vita qui è molto meglio di quella che ho avuto lì. Ho tradito i miei amici, la mia famiglia. Io …"

"No, non lo hai fatto."

"Scusami?"

"Tu non lo hai fatto. Lo ha fatto Vilandra. Nello stesso modo in cui Max non ha mai sposato Tess. Quelli erano Zan e Ava. E’ come ha detto Max, fin dal giorno in cui ha scoperto le vostre vite precedenti. Nessuno di noi lo ha mai ascoltato veramente. Forse, se avessi ascoltato quello che Max ha detto quel giorno, le cose sarebbero state … "

"No."

"No, che cosa?"

"Non biasimare te stessa per questo, Liz. Per niente di tutto questo. Quello che conta è che siamo vivi, che siamo insieme e che possiamo sperare. Qualsiasi cosa tu abbia fatto, lo hai fatto per noi e con la convinzione che fosse la cosa giusta da fare. E allora non pensare nemmeno di biasimarti. Tu diventerai la nostra Regina, e allora … "

"Io non sono una regina." disse Liz arrossendo.

"Ebbene, Max è il nostro Re, tu sei sua moglie e quindi …"

"No. Max ha abdicato, ricordi?"

"Sì. Certo. Ricordo un sacco di cose. Ricordo una ragazza che ha mentito al suo migliore amico per aiutare Max, e di conseguenza noi. Ricordo la stessa ragazza essere sempre presente, anche se quella testa dura di mio fratello pensava che fosse necessario fare un passo indietro. Ricordo sempre la stessa ragazza sopportare un’altra aliena che cercava di portarlo via da lei. E la ricordo ancora rischiare la vita per liberarlo dall’FBI. Ricordo … "

"Ho afferrato il concetto, Isabel."

"No, non penso. Vedi, tu e Max, è come … è come se il Cielo vi volesse insieme, come se dobbiate fare qualcosa di importante. Pensa agli ostacoli che sono stati messi sulla vostra strada, eppure li avete superati e ne siete venuti fuori ancora profondamente innamorati. Quello che non ci uccide, ci rende più forti. Liz? Tu dovresti vedervi insieme. Quando siete insieme, voi due potete fare tutto. Un potere come questo deve esistere per una ragione. Qualsiasi cosa ne dica lui, Max è il nostro Re. E questo fa di te la nostra Regina. Da parte mia, non riesco a pensare a nessun’altra che vorrei come mia Regina, mia cognata e mia migliore amica. Ti voglio bene."

Gli occhi di Liz erano pieni di lacrime che lei si stava sforzando di trattenere. Quando Isabel la abbracciò di nuovo e con la voce rotta dall’emozione le sussurrò "Grazie.", Liz perse la sua battaglia e le lacrime scesero.

Dal suo punto di osservazione, lui poteva vedere sia il fiume che i suoi amici. Kyle aveva sentito ogni parola ed aveva percepito ogni emozione. Si voltò e si asciugò le lacrime che gli avevano bagnato gli occhi. Sapeva che Max Evans era una persona di cui si poteva fidare. Non aveva dimostrato più di una volta la sua preoccupazione per quelli che amava? La piccola parte di Kyle che ancora nutriva dei dubbi nei riguardi di Max, morì quella notte. Non per quello che Max aveva passato, ma perché aveva capito che le due donne alle quali lui voleva più bene, amavano Max incondizionatamente. Chi era lui per nutrire rancore, quando le due persone che Max aveva ferito di più in passato lo avevano perdonato così facilmente?

* * * * *

Jeb li svegliò prima che il sole sorgesse. "Stranieri in avvicinamento." avvertì Max.

I sei ragazzi si alzarono e cominciarono ad infilare nelle borse malandate le loro cose.

"E’ tutto quello che posso darvi." Jeb tese loro qualche scatola di carne affumicata e di vegetali. "Sarò contento se le prendete. Me ne comprerò delle altre con l’oro che hai trovato per me, Ragazzo."

"Grazie." Max strinse la mano del vecchio. "Per il cibo e… per tutto il resto."

"Grazie per essersi preso cura di lui." Liz sorprese Jeb con un abbraccio.

"Prendete quel sentiero." Jeb si ricompose dopo che Liz l’ebbe lasciato. "Vi porterà attraverso il bosco fino ad una piccola città. Lì c’è una fermata di autobus. Vi porterà dovunque vorrete andare."

"Arrivederci, Jeb." Max aggiunse i suoi saluti a quelli degli altri.

"Arrivederci, Ragazzo. Se riuscirai a sistemare le tue faccende, potrai tornare qui a cercare oro con me."

"Potrei farlo." Max si passò la mano tra i capelli. Dopo un momento di silenzio, si voltò e seguì i suoi amici lungo il sentiero indicato da Jeb.

"Non devi stringermi così forte." disse Max a Liz, sorridendo.

"Mi sembra di ricordare una conversazione simile ieri sera."

"Sì." Max le strinse la mano.

"E’ che ho paura che sia tutto un sogno." ammise Liz. "Che tu non sia veramente qui."

"Io sono qui." Max allungò la mano libera per carezzarle la guancia e metterle una ciocca di capelli dietro l’orecchio. "E starò qui, perché questo è il mio posto. Al tuo fianco."

"Ti ho visto fare qualcosa al canaletto, prima. Cosa hai fatto?"

"Ho fatto in modo che lui trovi un po’ di oro ogni giorno."

"Max, hai fatto veramente una bella cosa. Ma perché non hai semplicemente trasformato un grande sasso in una pepita? Così lui avrebbe potuto smettere."

"Perché lui non lo fa per diventare ricco, Liz. Lui lo fa per la pace e la tranquillità che questa vita gli porta. Qui può nascondersi dal mondo moderno. Se lo avessi fatto diventare ricco, gli avrei tolto la sua ragione di vita. Credimi, Liz. Per un po’, io ho saputo cosa si prova."

* * * * *

Seguendo le indicazioni del vecchio Jeb, trovarono con facilità la piccola città. Come aveva detto il vecchio cercatore d’oro, sulla strada principale c’era una fermata degli autobus. Avevano avuto dei momenti di tensione quando gli agenti dell’FBI erano arrivati in città, ma quando li videro sparire tutti in un piccolo ristorante – per fare colazione ne dedusse Max – tirarono un sospiro di sollievo.

"Un’ora e mezza." disse Kyle dopo aver consultato l’orario esposto su una tabella di legno. "Ci porterà in un posto chiamato Carbondale. Sembrerebbe un po’ più piccolo di questo. Forse potremmo nasconderci da qualche parte, in un motel, ed aspettare che l’FBI se ne vada. Abbiamo bisogno di comprare qualche vestito e abbiamo bisogno di una macchina nuova. Dobbiamo pianificare le prossime mosse."

"Se l’FBI ci sta cercando qui," Maria strinse gli occhi "perché non ce ne torniamo a Roswell? I nostri genitori potrebbero aiutarci. Potremmo prendere qualche vestito e magari anche una delle loro macchine."

"Perché sappiamo che lì c’è almeno un agente." le ricordò Max. "Solo perché il Vice Sceriffo Owen lo ha arrestato, non significa che non sia ancora lì. O, se non lui, un altro."

* * * * *

Il vecchio autobus risalì per la ventosa montagna, guadagnando altezza ad ogni curva. Occasionalmente, SUV scure gli passavano accanto in entrambe le direzioni.

"Forse dovremmo spingerci oltre Carbondale." osservò Max.

"Penso che sia più importante che tu possa riposare." Liz gli carezzò un braccio. "Sai quel trucco che hai fatto con l’oro? Puoi provare a guarire qualcuna delle tue ferite?”

"Ho provato." ammise Max, con lo sguardo a terra. "Non risono riuscito."

"Bene. Questo sistema tutto. Non andremo oltre Carbondale, fino a che tu non sarai completamente guarito. Dobbiamo solo trovare un posto un po’ in disparte dove stare."

"La testa, le gambe ed il braccio, mi fanno male, Liz." sospirò Max. "Ma posso sopportarlo. Mi fa male il cuore e questo è un dolore che non posso sopportare. Non posso superare l’idea di averti dimenticata."

"Ma non lo hai fatto, Max. Non mi hai dimenticata. Lo provano le farfalle."

"E se non le avessi mai viste? E se fossi fuggito via? Voglio dire, ti ho raggiunta appena in tempo." Max guardò fuori dal finestrino, fissando la vallata e gli alberi scuri. "Che sarebbe successo se io … se io … "

"Max? Non sarebbe successo niente. Credimi. L’avrei fatto correre a gambe levate. Non passi tutto questo tempo con gli alieni, senza imparare un trucchetto o due."

Max sollevò lo sguardo, per vedere Liz che stava ridendo di lui. La bocca di Max si sollevò agli angoli e si aprì in un sorriso. Max l’attirò a sé ed aspirò il caldo profumo dei suoi capelli.

"E’ un po’ che l’FBI non si fa vedere." commentò Kyle, quando scesero dall’autobus.

"Così, questa è Carbondale?” Maria si stirò gli arti, guardandosi attorno.

"Tranne che per gli alberi e le montagne, mi ricorda Roswell." disse Liz. "Sembrano grandi uguali."

"Meglio trovare un buco." Michael accennò con la testa all’aspetto affaticato di Max, che si stava appoggiando a Liz.

"Lì c’è una mappa." Kyle indicò la parete della stazione degli autobus. C’era una grande cornice sulla quale era affisso l’orario degli autobus ed una grande mappa dell’area e delle strade di Carbondale. "Vado a dare un’occhiata."

"Ha ragione." Maria guardò da una parte all’altra della strada. "Niente FBI, da nessuna parte."

"Spero che Jeb non abbia avuto problemi." disse Max, mentre Liz lo stava accompagnando a sedersi su una panchina.

"Ragazzi, lo sapete dove siamo?" chiese Kyle al suo ritorno.

"Carbondale."grugnì Michael.

"Sì." sogghignò Kyle. "In fondo a questa strada ci sono Snowmass ed Aspen. Siamo nel cuore della regione sciistica."

"A meno che non mi sbagli, Valenti," Michael rivolse a Kyle un’occhiata acida. "per sciare ci vuole la neve. Difficilmente troveremo lavoro."

"Non è un lavoro che ci serve, in questo momento, Kyle." Liz si frammise tra Kyle e Michael. "Quello di cui abbiamo bisogno è un motel."

"Sì. Ne ho trovato uno. A circa mezzo miglio da qui."

* * * * *

Cercarono di risparmiare al massimo, prendendo in affitto solo due stanze. Isabel avrebbe diviso quella di Max e Liz, mentre Kyle sarebbe stato con Michael e Maria. Una volta sistemati, si erano riuniti nella stanza di Max per discutere sulle loro opzioni.

"Abbiamo bisogno di cibo." disse Isabel. "Carne e verdure in scatola possono andare bene per un po’, ma preferirei una dieta più variata."

"Quando abbiamo perso quello che avevamo con il furgone, ci siamo dovuti arrangiare." concordò Maria. "Ma, almeno per un po’, suggerirei di evitare il pesce."

"Appoggio la mozione." Liz sollevò la mano.

"Abbiamo bisogno di vestiti." continuò Michael. "E forse sarà il caso di procurarci delle borse nuove."

"Ed una macchina." aggiunse Kyle. "So che potremmo usare gli autobus, ma sarei più felice nel sapere che possiamo andarcene dove e quando vogliamo."

"Abbiamo soldi sufficienti per tutto questo?" Max era stato molto silenzioso per tutta la mattinata, un fatto che non era passato inosservato a Liz e ad Isabel.

"Sì." disse Michael, prima che Liz potesse aprire bocca. "Ne abbiamo in abbondanza. Nessun problema, su questo fronte."

"Abbiamo tutti bisogno di riposarci." Liz camminò fino al centro della stanza. "E di fare una doccia ed un pasto decente. Che ne dite se ci diamo una lavata, ci riposiamo un po’ e poi ci incontriamo per andare a pranzo? Poi, nel pomeriggio, potremmo dare un’occhiata intorno. Domani Michael, Kyle, Isabel e Maria potranno andare a comprare vestiti e borse. Penseremo dopo a trovare un lavoro, quando ci saremo ripresi dalle recenti difficoltà." Guardò verso Max. "Quando sarete tornati, Kyle, tu e Michael potrete andare a cercare un van usato. Ci basta soltanto che sia in grado di arrivare in qualche posto appartato dove Michael possa aggiustarlo."

"Puoi farlo?" chiese Kyle.

Michael gli rivolse un’occhiataccia.

"Mi sembra un programma buono come qualsiasi altro." Isabel fece un cenno con la testa, mettendo in guardia Michael da ogni possibile contestazione.

"E io?" chiese Max con un filo di voce. “Che posso fare?"

"Tu non preoccuparti, Max." Michael si strinse nelle spalle. "Prenditela comoda."

* * * * *

I due gruppi si separarono ed andarono nelle rispettive stanze.

"Max, vai tu per primo." suggerì Isabel.

Max annuì e si alzò dal letto, come avrebbe fatto un vecchio, barcollando fino al bagno. Dopo qualche momento, le ragazze sentirono scorrere l’acqua.

"Sta bene?" chiese Isabel, la voce piena di preoccupazione. "Bene veramente, voglio dire."

"No." Liz scosse la testa. "E’ così debole. E sembra che non riesca a recuperare i suoi poteri. Almeno non abbastanza in fretta."

"Non mi piace tutto questo, Liz. C’è qualcosa che non va."

"Lo so, Isabel. Ma cosa? C’è qualcosa che posso fare?"

"Non lo so, Liz." sospirò Isabel. "Non lo so."

Mentre lui stava facendo la doccia, Liz entrò silenziosamente nel bagno e passò una mano sui vestiti di Max, pulendoli e riparandoli con un solo movimento. Si fermò accanto alla porta e guardò la confusa immagine di Max attraverso la tenda della doccia. Riuscì a vedere i lividi neri che chiazzavano il suo corpo. Le si formarono lacrime agli occhi, quando fu attraversata da una sensazione di impotenza, ed alzò la mano verso di lui. In quel momento, più di ogni altra cosa, avrebbe voluto aver ereditato da Max la sua capacità di guarire. Lo avrebbe aiutato in ogni modo possibile, mentalmente, spiritualmente, se non fisicamente. In un modo o in un altro, si sarebbe assicurata che Max guarisse. Rivolgendogli uno sguardo pieno d’amore, che lui non avrebbe mai visto, Liz chiuse la porta e tornò da Isabel.

"Qualcuno di voi ha fatto sapere ai nostri genitori che sto bene?" chiese Max, uscendo pulito dal bagno. Aveva ancora un aspetto stanco.

"Non ancora." le due ragazze si scambiarono uno sguardo teso.

"Probabilmente saranno preoccupati, dopo che avete dato loro la notizia."

"Sai, Max?" Liz tese la mano al marito. "Eravamo ancora tutti troppo … sconvolti per dirglielo. Non abbiamo più parlato con nessuno fin da quando tu … tu … "

"Non ho parlato nemmeno con Jesse." Isabel sembrava affranta.

"E la notte scorsa, eravamo troppo eccitate per provarci."

"Ma saranno impazziti per la preoccupazione. Avranno pensato che ci fosse successo qualcosa. Appena puoi, vorresti contattarli? Dire loro che stiamo bene?"

"E far sapere loro quello che è successo?" chiese Isabel. "Vorranno sapere il perché del nostro silenzio."

"Sì." annuì Max. "Voi andate a farvi la doccia. Dobbiamo pensare anche a mangiare qualcosa. Non so voi, ma io avrei bisogno di dormire."

Max si stese sul letto matrimoniale e chiuse gli occhi. Non vide lo sguardo preoccupato che passò tra Liz ed Isabel.

* * * * *

Mentre mangiavano nel piccolo ristorante di fronte al motel, stavano tutti guardando Max.

"Non sta mangiando niente." disse sottovoce Maria a Liz, quando Max spostò una patatina dal un lato del piatto all’altro.

"Lo so." le sussurrò Liz in risposta.

"Non sta riacquistando la sua forza, vero?"

"No." lo sguardo di Liz si rabbuiò. "Maria, è pieno di lividi e gli fanno molto male. Ma non c’è niente che posso fare."

"Puoi solo stargli vicino." Maria posò la mano sul braccio dell’amica. "Tu sai che gli sei utile anche con la tua sola presenza, vero?"

"Lo so. E’ solo che … "

"Liz, sta con lui. Fallo riposare."

"Non preoccuparti Maria. E’ quello che ho in mente."

Mentre gli altri andarono in esplorazione della piccola città, Max e Liz rimasero in albergo, nella loro stanza. Dopo aver cenato, quella sera Max tornò subito a letto, cadendo addormentato non appena la sua testa toccò il cuscino.

* * * * *

Isabel era nel soggiorno della casa in cui era cresciuta. Intorno a lei le cose che ricordava, alcune delle quali erano, in realtà, cambiate nel corso degli anni. Con lei, nel suo sogno, c’erano sua madre, suo padre e Jesse.

"E’ terribile." esclamò sua madre, dopo che lei ebbe spiegato quello che era successo la settimana precedente."Oh, Isabel. Povero Max. Poveri tutti voi."

"Avreste dovuto dircelo, Isabel." la rimproverò suo padre. "Non siamo molto lontani. Saremmo potuti venire lì ed aiutarvi a cercarlo."

"Noi … Io … io non volevo dirvelo. Voglio dire … riuscivo a crederci a malapena io stessa. Non sarei riuscita a metterlo in parole."

Jesse la avvolse in un abbraccio protettivo. "Lo so." annuì lui. Aveva toccato con mano il legame che univa i due fratelli. Poteva immaginare quello che lei aveva provato. "Ma, Isabel? Ti prego, qualsiasi cosa accada, non lasciarci mai più all’oscuro in questo modo."

"Non lo farò." disse sorridendo al marito.

"Come sta Max?" chiese Philips.

"Non sta bene, papà." ammise Isabel. "Ormai, avrebbe già dovuto recuperare i suoi poteri. Liz dice che non ha la forza per guarirsi completamente. Siamo tutte e due molto preoccupate."

"Siamo tutti molto preoccupati." aggiunse Diane. "Sai? Forse dovreste riportare qui Max. Potrei aiutarvi ad assisterlo."

"Non possiamo rischiare, mamma. Ma credo che Liz ne parlerà a Max, questa sera. A questo proposito, Liz ha appena finito di parlare con i suoi genitori. Ha detto che stanno venendo da voi. Ciao, mamma. Ciao, papà."
Isabel abbracciò i suoi genitori. Poi si voltò ed abbracciò anche Jesse, baciandolo sulle labbra. "Ci vediamo stanotte." gli sussurrò.

"Nei miei sogni." commentò lui, ridendo.

"Lo sai."

* * * * *

I tre rimasero seduti sul divano, nel soggiorno degli Evans, e si guardarono uno con l’altro. Erano troppo sconvolti per parlare. Dopo che Isabel se ne era andata, si erano alzati dai rispettivi letti per aspettare i Parker. Un solo colpo alla porta, fu sufficiente per scuoterli dai propri pensieri.

"Abbiamo avuto notizie da Liz." disse di corsa Nancy, quando lei e Jeff entrarono quasi correndo dalla porta che Diane aveva aperto. C’era un tono di sollievo nella sua voce. "Stanno bene. Stanno tutti bene."

"Sì." Diane abbracciò Nancy. "Abbiamo appena incontrato Isabel. Ci ha detto tutto."

"Povero Max." singhiozzò Nancy, sopraffatta dall’emozione.

"Povera Liz." aggiunse subito Diane.

Philips e Jeff si scambiarono un’occhiata sollevata ed andarono a consolare le mogli.

"Ho appena chiamato Jim." annunciò Jesse, entrando nella stanza. "Ha detto che sarebbe venuto subito, dopo essere passato a prendere Amy."

I presenti si scambiarono un’occhiata.

"Cosa c’è?” chiese Jesse guardandoli.

"Jesse." Philips tossì. "Jim e Amy … loro … diciamo che … escono insieme."

"Oh." Jesse annuì. La sua faccia si colorò e lui fece un sorriso comprensivo. "Oh!"

Jim ed Amy arrivarono nel momento in cui Diane e Nancy avevano finito di preparare il caffé, trovando tutti seduti in cerchio.

"Ma stanno tutti bene?" chiese di nuovo Jim.

"Anche Maria?" aggiunse Amy.

"Maria si è solo distorta una caviglia." le confermò Philip. "Ora sta bene. Max, Max è un’altra storia. Isabel ha detto che sono tutti preoccupati per lui, ma Liz risolverà tutto. Noi non ne dubitavamo. Hanno perso il furgone e i loro averi e mi è sembrato di capire che sono a corto di denaro."

"Sono così contenta che Liz mi abbia dato il suo vestito da sposa." Nancy si posò la mano sul petto. "Le si sarebbe spezzato il cuore, se Michael avesse dovuto incenerirlo."

"E i negativi." le ricordò Diane. "Sono sicura che hanno perso anche le loro foto del matrimonio."

"Ne faremo stampare altre." promise Nancy.

"Già che ci siamo, potrei prelevare qualcosa dai nostri risparmi." propose Jeff. "Voglio dire, è il caso di aiutarli, se ne hanno bisogno."

"Anche io ho messo da parte qualcosa. E ora può far comodo."

"Io ho dei contanti." annuì Jesse.

"Credo che tutti potremmo mettere qualcosa." Jim si strinse nelle spalle.

"Jim." Philip guardò il suo amico. "Non possiamo lasciare che tu metta a rischio il pagamento del mutuo. I ragazzi non ce lo perdonerebbero mai."

"Anche io voglio aiutare." obiettò Jim. "C’è mio figlio con loro."

Tutti si scambiarono uno sguardo imbarazzato.

"Jim." Nancy ruppe il silenzio. "Tu hai già fatto molto per i nostri ragazzi e, nel contempo, hai dato loro così tanto. Ora è il nostro turno. Almeno fino a quando non ti sarai ripreso."

Jim si guardò attorno e, rendendosi conto che sarebbe stato inutile protestare, si arrese. Ci sarebbero state altre occasioni. "Bene." sospirò. "Forse posso essere utile in qualche altro modo. Ho delle informazioni che potranno ridarvi la speranza. Ma non ditelo ai ragazzi, perché non voglio che abbassino la guardia."

"Cosa c’è, Jim?" chiese Philip.

"L’FBI sta avendo dei problemi. Devono giustificare le azioni dell’Unità Speciale."

"Vuoi dire che l’articolo di Sarah è servito a qualcosa?" Jesse sembrò compiaciuto di se stesso.

"O almeno è servito il figlio di Granny McCarthy." aggiunse Philip.

"Allora è finita?" chiese Amy. "I ragazzi possono tornare a casa?"

"Forse." annuì Jim. "Questo potrebbe rappresentare la fine. Decisamente cadrà qualche testa, questo è sicuro. Si parla anche di un’accusa di appropriazione di fondi. Una faccenda pesante."

L’umore nella stanza diventò gioioso. Ci fu un’aria di celebrazione, mentre i genitori si abbracciavano uno con l’altro. Solo Philip sembrava non essere stato toccato dalle notizie.

"Cosa c’è, Philip?" il sorriso di Diane diventò un cipiglio.

"Non dimenticate che l’Unità Speciale è già stata sciolta una volta."

* * * * *

Michael uscì dal ristorante dove avevano pranzato e si schermò gli occhi dalla luce del sole sorto dietro le montagne.

"E’ bello." mormorò Maria, raggiungendolo.

"E’ freddo." si lamentò lui.

"Siamo in montagna, Michael." Maria scosse la testa. "E sta arrivando l’inverno."

"Questo lo so già."

"Ma perché me la prendo?"

"Allora … " Isabel si unì a loro. "Possiamo andare?"

"Perché non andate voi a fare spese, mentre io e Valenti pensiamo alla macchina?"

"La sicurezza sta nel numero." aggiunse Kyle unendosi agli amici.

"Sembra che qualcuno si sia alzato con piede sbagliato, stamattina." rise Liz, uscendo con Max dalla porta del ristorante.

"Andiamo, ragazzi." li chiamò Isabel, cominciando ad avviarsi verso l’area di parcheggio. “Stiamo perdendo tempo prezioso."

"Di chi è stata questa idea?" chiese Michael.

"Tua!" risposero in coro quattro voci.

"Mi dispiace di lasciarvi soli, ragazzi." Liz si accigliò.

"No. Va bene così, Liz." Maria posò il braccio sopra le spalle dell’amica. "Sai che l’unico modo che abbiamo di far rilassare Max è mettere te di sentinella. Come se stare con lui, fosse un compito ingrato per te."

* * * * *

"Hmmmm." quando i quattro ebbero raggiunto la strada che era stata loro indicata in direzione del piccolo Centro commerciale, Maria si accigliò.

"Problemi?" chiese Isabel da dietro di lei.

"Sì." Maria si voltò verso Isabel e Kyle. Roteando gli occhi, anche Michael si fermò.

"Dopo che avremo tolto i soldi per una settimana in motel e quanto basta per mangiare, non ci sarà rimasto molto." Maria mostrò loro le banconote che aveva in mano. "Ci rimangono solo 227 dollari."

"Con quelli non andremo molto lontano." Kyle scosse la testa. "Mi chiedo se ci sia un garage che cerca personale."

"Qui." Michael allungò la mano e prese i soldi dalla mano di Maria. "Ci penso io." Passò la mano sopra i biglietti e ne cambiò il taglio. Ora avevano più di mille dollari.

“Non penso che a Max piacerà questa faccenda." Kyle scosse di nuovo la testa. "Lui vuole rimanere nella legalità."

"Quello che Max non sa, non può fargli male." brontolò Michael dirigendosi nuovamente verso il Centro commerciale. Tutti si strinsero nelle spalle e lo seguirono. Trascorsero la mattinata girando per negozi e scegliendo abiti pesanti per tutti loro.

"Come faremo a sapere le taglie di Max e Liz?" chiese Michael.

"Per favore." sbuffò Maria. "Liz è la mia migliore amica da sempre. Sapevo che taglia portava fin da quando sono stata abbastanza grande da fare spese."

"E io credo di sapere la taglia di Max." aggiunse Isabel.

"Muscolosa." ridacchiò Maria. Michael le rivolse un’occhiataccia. "Cosa c’è? Stavo scherzando."

"Sì." bofonchiò lui, dirigendosi verso un negozio di musica. Comprarono jeans, camicie, felpe, scarpe pesanti e delle nuove sacche. Per via del tempo e per essere preparati, comprarono anche giacche invernali.

"Pagherei oro per comprare un vestito per un ballo." si lamentò Isabel. "Mi mancano quei giorni." Si erano fermati a prendere una tazza di caffé, ma avevano poi deciso di pranzare.

"So quello che vuoi dire." aggiunse Maria. "Mi piacerebbe fermarmi da qualche parte ed avere una bella serata, come quella volta nell’Idaho." Rimasero in silenzio a ricordare.

"Come va Max?" chiese Kyle, interrompendo i pensieri di tutti.

"Non bene." Isabel scosse la testa. "Ricordate quando ha guarito quei bambini? Per un po’ ha perso i suoi poteri, ma poi sono tornati. Questa volta, i poteri non sono tornati, o almeno, non con gli stessi tempi. E’ molto debole."

"Sì." annuì Maria. "Non ha un bell’aspetto, vero? Chi sa quali danni ha riportato quando è caduto in quel burrone. E, inoltre, gli hanno iniettato qualcosa, giusto? Sapete, quello di cui stavamo parlando? Di fermarci e divertirci per una sera? Potremmo farlo. Ma Max avrebbe bisogno di una settimana intera. Un’intera settimana lontano dalle preoccupazioni, senza pensare a niente, tranne che a Liz."

"Hai ragione." Michael si appoggiò alla spalliera della sedia e si passò la mano tra i capelli.

"Scusa?" Maria era rimasta a bocca aperta. "Chi sei tu e cosa ne hai fatto del mio ragazzo?"

"Ha bisogno di una tregua. Ma non abbiamo molti soldi e Max se ne accorgerebbe se cambiassi altro denaro. Per dar loro il riposo di cui hanno bisogno, abbiamo bisogno di soldi veri. Dovremmo essere ricchi."

Anche Isabel si appoggiò alla spalliera, guardando lontano. "Aspettatemi." disse alzandosi dalla sedia. "Torno tra un momento."

Mentre tutti la guardavano, Isabel scomparve tra la folla. Quando tornò, poco dopo, furono tutti contrariati con lei. Non volle dire dove era stata, ma aveva uno strano sorriso sulle labbra.

* * * * *

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Capitolo 21
*** 21 ***


Parte 21

L’uomo di mezza età, con gli occhiali rotondi appollaiati sul naso, posò il giornale sul tavolo della cucina. Il titolo sul frontespizio era quello dell’articolo di Sarah Brackham sull’FBI. Si passò la mano sui capelli cortissimi e si voltò ,per guardare dalla finestra della cucina un gruppetto di ragazzi che giocavano a calcio nel cortile. I suoi occhi guardarono lontano e lui sorrise, scuotendo la testa. L’uomo si staccò dalla finestra e, attraverso la cucina, raggiunse il suo studio.

Una volta dentro, si avvicinò alla mappa che rappresentava la parte occidentale degli Stati Uniti. Da una piccola ciotola sulla sua scrivania, prese dei segnalini colorati. Ne piantò uno verde al centro della Sawtooth National Forest in Idaho. Poi un altro, ancora verde, al limite sud-orientale del Nebraska. Tornò alla scrivania, aprì il cassetto inferiore e ne tirò fuori un vecchio giornale che vi aveva accuratamente riposto. Lo aprì alla pagina che parlava di un assedio in un ristorante nel nord del New Mexico.

Era bravo a fare ardite connessioni e in quel momento, ne aveva una in mente. L’uomo piantò un segnalino blu lulla Statale 85, a mezza strada tra Las Vegas e Santa Fe, facendo poi scorrere il dito sulla mappa fino a raggiungere Roswell. Dette tre leggeri colpetti col dito su quella località, prima di contrassegnarla con uno spillo rosso.

Si sedette alla scrivania ed accese il monitor del computer. Aprì la sua pagina internet, digitò un paio di parole e premette il tasto per attivare la ricerca. Fece scorrere i risultati ottenuti e ne scelse uno che aveva attirato la sua attenzione. Lesse l’articolo sull’FBI e su un gruppo di adolescenti scomparsi dalla città di Roswell. Aggrottò le sopracciglia e si prese il mento tra il pollice e l’indice.

"Tesoro." chiamò lasciando lo studio. "Devo fare un viaggio."

"Oh." una donna bassa e malinconica uscì da una stanzetta con un cesto di biancheria tra le mani. "Dove ti mandano, questa volta?"

"No, non è un viaggio di lavoro." le disse mettendo qualche vestito in una borsa. "E’ … personale."

"Oh?"

"Sì, ho … qualcosa da sistemare."

* * * * *

Max si svegliò dal suo sonno leggero per trovare Liz che lo stava guardando preoccupata. "Hey." le sorrise.

"Hey, anche a te."

"Sto bene." disse rispondendo alla domanda inespressa di lei.

"No che non stai bene, Max." Liz scosse la testa. "Puoi imbrogliare gli altri, ma non me."

"Dico la verità. Sto bene."

"Lasciami vedere."

"Cosa?"

"Max. Se fossi stata io a passare tutto quello che tu hai passato, tu non avresti trovato pace se non mi avessi controllato almeno tre volte. Lascia che lo veda da sola."

"Liz, io … "

"Max, devo ricorrere alle maniere forti?" Lo sguardo di Liz sembrò divertito.

"Okay." Max annuì lentamente.

"Non posso crederci." Liz scosse la testa.

"Cosa?"

"Sembra quasi che tu non voglia baciarmi."

"La pensi così, huh? Vieni qui."

Liz si appoggiò al corpo di Max e, allungati sul letto, cominciarono a baciarsi. All’inizio dolcemente, un disciplinato preambolo a qualcosa di cui avevano fatto a meno per lungo tempo. Max cominciò a succhiarle il labbro inferiore, mordicchiandolo. Lei ricambiò il gesto, cercando di catturare le sue labbra con le proprie. Le lingue si incontrarono per impegnarsi in una schermaglia e, prima di subito, il bacio divenne pienamente appassionato. Max aprì la sua mente a Liz, affidandole la sua intera anima. Liz avvertì ancora una volta la meraviglia nel vedere la profondità e la tenacia dell’amore che Max provava per lei. Sperava che lui potesse sentire il suo amore contraccambiato.

Con riluttanza, ma con feroce determinazione, Liz ignorò le immagini che le assalirono i sensi e, invece, permise alla sua mente di fondersi con quella di Max e di scivolare nel suo corpo, per controllarne la fisiologia. Trovò facilmente le fratture non completamente guarite, nelle gambe e nel braccio. Vide i tendini lesionati, gli strappi muscolari e la carne ferita e livida. Trovò il danno al cranio di Max e la strana corda che scendeva lungo la sua spina e si fermava. Provò con tutte le sue forze a guarire anche la più piccola delle sue ferite, ma non ci riuscì. Solo Max avrebbe potuto farlo.

"Oh, Max." disse con voce soffocata Liz, quando la loro connessione si interruppe. Aveva le lacrime agli occhi. "Deve essere un tormento."

"Mi sento così debole, Liz." ammise Max.

"Prova ad usare i tuoi poteri, Max. E’ già passato un giorno intero da quando li hai usati." Liz andò in bagno e ne tornò con un bicchiere d’acqua fredda. Max tese la mano per prenderlo, ma quando provò a scaldarla, cominciò a tremare. Sulle sue sopracciglia apparvero gocce di sudore, ma riuscì a scaldare l’acqua. Era ovvio che anche quel semplice compito lo affaticava.

"Vai a riposarti." Liz si accigliò. "Fammi riflettere un po’."

* * * * *

"Okay." Maria si voltò verso Isabel, dopo aver posato in camera i loro acquisti. Erano tornate in taxi dal loro giro di spese, mentre Michael e Kyle erano andati a cercare un’auto d’occasione. "Sputa."

"Che vuoi dire?" ridacchiò Isabel.

"Okay. "Hai quel sorriso stupido da ‘Io conosco un segreto’ sul viso, fin da quando sei tornata al ristorante."

"Non so di che stai parlando."

"Ho avuto spesso quel tipo di sorriso anche io. Tu stai combinando qualcosa di subdolo ed io voglio sapere cos’é."

"Non ora, Maria." Isabel scosse la testa. "Può non venirne fuori nulla e non voglio che, se sarà così, tu ne resti delusa. Ma se funziona, credimi, ne sarà valsa la pena. Ti piacerà."

"Hai un’idea di quanto odio che mi dicano ‘Credimi’? Ti rendi conto che passerò il resto della giornata chiedendomi cosa possa essere?"

"Ti aiuterà a passare il tempo, no? Ora aiutami con queste." Isabel le indicò le borse con gli acquisti. "Dobbiamo tenere tutto pronto, in vista di una partenza affrettata."

"Siamo stati sulla strada troppo a lungo." gemette Maria."

* * * * *

Il rumore di un motore che si avvicinava sferragliando, svegliò Isabel e Maria dal loro sonnellino. Si avvicinarono entrambe alla finestra e sbirciarono attraverso le tende. Isabel aveva un’espressione decisa sul viso. Si erano fermate in un punto che permetteva loro di controllare anche la stanza di Max e Liz. Entrambe sospirarono sollevate nel vedere Michael e Kyle scendere da un vecchio van arancione della Wolkswagen. Le due ragazze uscirono a studiare il loro nuovo mezzo di trasporto.

"Non è buono come l’ultimo che abbiamo avuto." commentò Maria, arricciando il naso. "Quello che ci ha dato Jesse."

"Meglio che prendere l’autobus." Michael si strinse nelle spalle.

"O andare a piedi." aggiunse Kyle.

"Vero." annuì Isabel.

Guardarono il van, prendendo nota delle chiazze di ruggine e dei bozzi nella povera carrozzeria.

"Michael ha appena sistemato il motore, le sospensioni, i freni e la parte idraulica. Sapete, quello che la gente non può vedere." e diede un calcio ad una delle ruote anteriori. "Ha detto che la gente si aspetta di vedere un van così vecchio … in queste pessime condizioni."

"Gomme nuove?" chiese Isabel, guardando il gesto di Kyle con un sorriso. Michael sembrò deluso e scosse la testa. Maria scoppiò a ridere e tornò nel motel.

"Qualcuno li ha controllati?" e Michael indicò con lo sguardo l’altra camera.

"No." Isabel scosse la testa. "Non siamo volute entrare. Sapete … nel caso … Non voglio trovare mio fratello …"
"A giudicare dall’aspetto di Max, ci vorrà del tempo prima che possa … " Kyle lasciò la frase in sospeso.

"Liz si assicurerà che lui stia bene." Maria si strinse nelle spalle.

"Sì." concordarono tutti.

"Andiamo." li scosse Michael. "Andiamo dentro, nel caso passi un’auto dell’FBI e qualcuno ci riconosca."

"Oh." Isabel guardò l’orologio. "Voi andate avanti. Io ho qualcosa da fare."

"Che cos’ha?" chiese Kyle, guardandola dirigersi verso la reception del motel.

"E chi lo sa?" Maria scrollò le spalle ed entrò nella stanza.

"E a chi importa?" Michael la raggiunse.

* * * * *

"Ti senti un po’ meglio?" gli chiese Liz, quando Max si risvegliò dall’ennesimo sonnellino.

"Sì." annuì lui. "Che ore sono?"

"Tardo pomeriggio." Liz si strinse nelle spalle.

"Gli altri sono tornati?"

"Sì. Sono nell’altra stanza. Credo che abbiano voluto darci un po’ di intimità."

"Oh, giusto." Max si grattò dietro l’orecchio. "Liz. Mi dispiace. Io … "

"Shhhh, Max." Liz gli posò un dito sulle labbra, sorridendo quando lui smise di parlare e glielo baciò. "Va bene così. Avremo una quantità di tempo, dopo. Per prima cosa, pensiamo a guarirti. Okay?"

"E’ solo che … "

"No, Max. Lo capisco. E stavo pensando ad una cosa. Sai, normalmente, tu ti indebolisci dopo aver usato una grande quantità di poteri. Ma poi tornano indietro, giusto?"

"Sì." annuì Max. "Alla fine."

"In un certo senso, sei come una batteria. Quando ti esaurisci, devi ricaricarti. Ma cosa succede se quello che riporta l’energia nelle cellule scariche, va perduto?"

"Vuoi dire, che … quel tendine che hai trovato?"

"Sì. Supponiamo che quel tendine si sia danneggiato, quando quella volta Frankie ti ha colpito. Forse è per questo che sei così stanco. Non ti stai ricaricando correttamente."

"Credo che la tua ipotesi abbia un senso." ammise Max.

"Credi di avere la forza sufficiente per guarire solo quel tendine, Max? Se ho ragione, dovresti cominciare a sentirti subito meglio. Poi, quando ti sarai completamente ripreso, potrai guarire tutto il resto."

"Dove sarei finito, senza di te nella mia vita?" si chiese Max a voce alta.

"Sai una cosa, Max?" gli occhi di Liz brillavano. "Non voglio nemmeno saperlo."

* * * * *

Il vecchio van arancione entrò nella piccola area dal cancello principale, introdotto dalla stanca, vecchia guardia, seduta nel suo box. Il campo di aviazione sembrava deserto, tranne che per il piccolo gruppo di aerei, fermi in fila nella parte più lontana della pista.

"Ragazzi, che ci facciamo qui?" Max si guardò attorno confuso. Fin da quando aveva guarito il danno che Liz aveva scoperto nel tendine, aveva cominciato a ristabilirsi. Sembrava più partecipe, più simile al vecchio se stesso.

"Lo vedrai." risero Isabel e Maria.

"Ti sei accorto di come tutti si stiano comportando in maniera strana, ultimamente?" chiese Liz a Max.

Isabel guidò il van, lontano dalle piste, verso gli hangar. Lo parcheggiò all’entrata di uno di quelli più grandi. Tutti scesero e la seguirono.

"Abbiamo saputo di una coppia che ha bisogno di aiuto. Il genere di aiuto che solo noi possiamo dare."

"E’ grande, Iz." Max sorrise con orgoglio alla sorella.

Isabel aprì la porta ridendo. La seguirono tutti all’interno. Nell’hangar, completamente illuminato, videro parcheggiato un Lear Jet. Una scaletta conduceva ad uno sportello semi aperto. Max e Liz esitarono.

"E’ tutto a posto." Isabel indicò l’aereo con un cenno della testa. "Questo è qualcosa che solo tu e Liz potete fare. Credimi, Max."

"Ti credo, Iz, ma … "

"Niente ma, Max." Isabel cominciò a sembrare impaziente. "Tu vuoi fare delle buone azioni. Ora entra e fai questa."

"Sì." aggiunse Maria. "Entra, Liz."

"Okay." disse Liz, ad occhi stretti, rompendo il silenzio. "Di che si tratta?"

"Se non entrate, non lo saprete mai."

"Vieni, Max." Liz si strinse nelle spalle, prese la mano di Max e lo condusse sulla scaletta. "Facciamola finita."
Max la seguì nell’aereo. All’interno, il velivolo era lussuoso, completamente tappezzato di pelle bianca.

"Così vive l’altra metà del mondo." mormorò Liz, passando una mano sulla pelle morbida.

Lo sportello si chiuse dietro di loro, facendoli voltare di scatto. Attraverso il piccolo oblò, videro Michael abbassare la maniglia per chiuderlo. Stando sulla scaletta, che Kyle, Maria ed Isabel stavano allontanando per liberare l’aereo, Michael li salutò con la mano.

Ancora confuso, Max si voltò verso Liz. Insieme, guardarono fuori dal finestrino per vedere i loro amici che sorridevano e li salutavano.

"Buon giorno, signore e signora King." disse una voce gentile dietro di loro. Dalla cabina di pilotaggio era uscita una hostess, con indosso una divisa bianca e rosa. "Volete sedervi e prepararvi per il decollo?" Ed indicò loro due sedili.

"Decollo?" chiese Max.

"Che sta succedendo?" aggiunse Liz.

"Vi sarà spiegato tutto, una volta che saremo in volo." assicurò loro la hostess.

A dispetto degli avvertimenti che gli stava gridando la sua mente, Max si sedette, affiancando Liz che si era già seduta. Insieme, allacciarono le cinture.

"Liz … " cominciò a dire Max.

"Credo che sia tutto a posto, Max." gli sorrise lei. "Se non fosse così, non ci avrebbero persi di vista."

Max sobbalzò quando le turbine si accesero. I loro amici corsero verso la parte anteriore dell’aereo, fuori dal suo campo visivo, cosa che non alleviò affatto la preoccupazione di Max. L’aereo cominciò a muoversi ed uscì dall’hangar, e Max vide i suoi amici accanto alla porta che avevano appena aperto. Quando l’aereo passò, quattro cospiratori sorridenti, fecero loro l’ultimo cenno di saluto.

* * * * *

Michael era accanto a Maria e stava guardando il movimento del Lear Jet. Il piccolo aereo si fermò per un secondo, poi cominciò ad accelerare per prendere velocità. Stavano ancora salutando, quando si sollevo da terra e cominciò a salire nel cielo, virando a sinistra e sparendo in una nuvola. Solo Isabel continuò a salutare.

"Mi sembra strano." sospirò Michael.

"Cosa?" gli chiese Isabel, senza distogliere lo sguardo dal punto in cui aveva visto sparire l’aeroplano.

"E’ la prima volta che assisto ad una sua partenza. Di solito, si limita a scomparire."

"Sì." sospirò lei.

"Oh, oh." sentirono mormorare Kyle.

Michael si voltò verso di lui e seguì la direzione del suo sguardo. Una limousine nera era appena entrata dal cancello dell’aeroporto e si stava dirigendo verso di loro.

"Dobbiamo cominciare a scappare?" chiese Kyle, cercando di valutare quanto fossero lontani dal loro van.

"No." Michael scosse la testa." Isabel ed io ci prenderemo cura di chiunque ci sia dentro."

La limousine si avvicinò e parcheggiò davanti a loro. L’autista scese e si tolse il berretto. "Una di voi è la signorina Vilandra?"

Michael restrinse gli occhi, mentre gli altri si scambiavano un’occhiata.

"Sì." ammise cautamente Isabel.

"Se volesse essere così gentile da salire sull’auto, signorina." L’autista le aprì la portiera del passeggero e rimase impettito sull’attenti. Michael fece un passo avanti, per obiettare.

"Lei sarebbe il signor Rath?" l’autista ignorò completamente il suo atteggiamento belligerante.

"Uhm … sì." Michael guardò Maria, che lo ricambiò con uno sguardo altrettanto perplesso.

Maria spalancò gli occhi, quando vide l’autista prendere qualcosa dalla tasca e, prima che lui potesse reagire, porgere a Michael una grossa busta. Michael la prese, senza rendersi pienamente conto che Isabel era già montata in macchina. La aprì, spalancando gli occhi alla vista di una spessa mazzetta di banconote da cinquanta dollari. Sollevò lo sguardo appena in tempo per vedere la limo allontanarsi.

"Non posso credere che tu l’abbia lasciata andare così." gli disse Kyle preoccupato. Poi vide i soldi. "E quelli da dove diavolo arrivano?"

"C’è un biglietto allegato." disse Maria indicandolo.

Mentre lo prendeva, Michael cominciò ad imprecare contro se stesso. Quella limo, dove stava portando Isabel? Se non ci fossero state risposte sul biglietto, lui avrebbe dovuto fare qualcosa. Lesse velocemente la nota scritta a mano. Con occhi sorpresi, guardò l’auto che sia allontanava.

"Ma che diavolo … "

* * * * *

Isabel salì sul retro della lussuosa auto e sentì la portiera chiudersi dietro di lei. Attraverso il finestrino oscurato, vide lo sguardo confuso e preoccupato di Michael, mentre prendeva la busta che gli aveva teso l’autista. Si chiese se avrebbe dovuto far finire tutto quello, ma dopo gli accordi che aveva preso per Max e Liz, non poteva fare a meno di essere incuriosita. La limo cominciò a muoversi e lei guardò ancora una volta Michael. Il finestrino che la separava dall’autista si aprì e lui le tese una custodia da CD. Come lei l’ebbe presa, il finestrino si chiuse di nuovo. La aprì, ne tolse il CD e lo fece scivolare nel lettore che si trovava davanti a lei. Su un piccolo monitor posto sullo schienale del sedile che aveva di fronte, comparve un viso sorridente.

"Oh, mio Dio!" esclamò Isabel sgranando gli occhi. "Sei stato tu!"

* * * * *

Max continuò a guardare dal finestrino, fino a che non vide scomparire il terreno tra le nuvole. Apparve di nuovo la hostess, uscendo dalla cabina.

"Posso offrirvi qualcosa, signori King?" chiese loro. "Champagne, vino, whisky?"

"Uhm … avete una Coca?"

"Volete solo una bibita?

"Sì." annuì Max. "Cherry Cola, se ne avete."

"E lei, signora King?"

Liz guardò da Max all’hostess. "Posso avere un succo di frutta? All’arancio?"

"Certo. E dei cioccolatini?"

"Oh, sì. Grazie." sorrise Liz.

"Penso che ci abbiano incastrati." borbottò Max a mezza voce, quando l’assistente di bordo si fu allontanata.

"Pensi?" rise Liz. "Mi chiedo dove ci stiano mandando. E mi chiedo anche come abbiano potuto permettersi di pagare tutto questo."

"Probabilmente qualche piccola magia aliena. Come quella volta che io e Michael siamo andato a La Jolla, dove Iz … "

"Sì." annuì Liz. "Non essere troppo duro con loro, Max. Lo hanno fatto per una buona causa." Liz si sporse in avanti e lo stuzzicò con un lento, sensuale bacio. "Una causa veramente buona."

Un piccolo telefono cominciò a squillare accanto al sedile di Max. Max strinse gli occhi perplesso e guardò Liz. Liz si strinse nelle spalle con un’espressione altrettanto confusa. Il ragazzo sollevò il ricevitore e, in quello stesso momento, un monitor prese vita davanti a loro.

"Pronto?" chiese Max.

Apparve il viso di un uomo sorridente.

"Tu?" farfugliò Max.

"Salve, Max." sogghignò l’immagine. "E’ da un po’ che non ci si vede."

* * * * *

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Capitolo 22
*** 22 ***


Parte 22

Da qualche parte, sopra il Midwest, un Jet si stava arrampicando tra le nuvole. Dentro la cabina, una giovane coppia, molto sorpresa, stava guardando ad occhi e bocca spalancati, uno schermo dove era apparsa l’ultima persona che Max avrebbe mai immaginato di rivedere sulla Terra.

"Max?" balbettò Liz. "Non è … "

"Langley." annuì Max. "Cal Langley."

"Sono lusingato dal fatto che tu ti ricordi di me, Max." disse Langley sorridendo con aria furba. "Pensavo che, viste le nostre … divergenze, ti saresti scordato di me e del tuo soggiorno a Los Angeles."

Max cominciò a mordicchiarsi l’interno delle labbra. Stava guardando dappertutto, tranne che lo schermo, dimenandosi a disagio sul sedile. La sua faccia era diventata rossa.

"Buon pomeriggio, signor Langley." Liz si era ripresa, dopo aver guardato Max. "A cosa dobbiamo questo piacere?"

"A chi, più precisamente, Liz. Per inciso, è bello riuscire finalmente a parlarti. Naturalmente ho sentito parlare di te e, una volta, sono anche venuto a vederti di persona."

"Oh … grazie." Liz fu colta alla sprovvista dai suoi commenti. "Uhm … a chi, allora?"

"Isabel." Langley incrociò le braccia sul petto. "Isabel mi ha chiamato e mi ha chiesto … " Langley si chinò in avanti, per avvicinarsi alla videocamera. "E’ proprio così, Max. Chiesto." Tornò all’indietro. "Mi ha raccontato quello che ti è successo. All’inizio, stavo per dire di no. Voglio dire, non ti devo nulla, no? Poi, da quel cuore tenero che sono, ho cominciato a pensare a tutto quello che hai dovuto passare da quando l’FBI ha cercato di catturarvi. A proposito, è stata una mossa intelligente. Mi riferisco alla tua fuga. Bella mossa quella di intervenire per consentire ai tuoi amici di fuggire. Hai rischiato la tua vita per salvare le loro. Così ho pensato, perché no? E’ una cosa umana da fare.

Vedi, Max? E’ il tuo lato umano che ti distingue. Aggrappati a quello e supererai tutti gli ostacoli che ti troverai davanti. La tua salvezza ti arriverà dal tuo lato umano, non da quello antariano. E chi lo sa? Forse anche la salvezza di Antar, potrà derivare dal tuo essere uomo. Ma tanto, a me non interessa che fine farà Antar. Io non voglio tornarci e sospetto che nemmeno tu lo voglia."

"Grazie, Langley." annuì Max. Anche se il suo colorito era tornato normale, sembrava ancora a disagio a parlare con l’uomo al quale aveva rovinato la vita. "Per quello che stai facendo per noi."

"Signor Langley? disse Liz. "Dove stiamo andando?"

"Ah. Avevano ragione su di te, Liz. Via dritta al punto. Ebbene, l’altro giorno Isabel mi ha detto che avete avuto momenti difficili quest’anno e che voi, più ancora di tutti gli altri, avete bisogno di una tregua. Mi ha anche fatto capire che non avete avuto una vera luna di miele. Sono rimasto un po’ offeso dal fatto che non mi abbiate invitato al matrimonio ma, viste le circostanze … Così consideratelo il mio regalo di nozze. Dopo tutto, Max, tu sei il mio Re."

Ancora una volta, Max si dimenò a disagio. Langley ridacchiò.

"Ad ogni modo, so che avrebbero potuto riconoscervi, se foste andati in un posto in cui erano necessari i passaporti e, con tutti i controlli per la sicurezza che ci sono al giorno d’oggi … Così ho pensato, perché non portarvi qui in California? Piscine, spiagge, feste … Ma no. Io e Max saremmo diventati claustrofobici, stando troppo vicini. Allora ho pensato alla Florida. Alla fine, ho deciso di far uscire la nave. State andando a Puerto Rico."

"Ai Carabi?" squittì Liz. "Maria ne sarà così invidiosa. Il primo anno di liceo, avevamo deciso di andare lì a trascorrere le vacanze di primavera del nostro ultimo anno."

"Bene. Credo che alla fine tu abbia avuto cose più interessanti da fare." ridacchiò Langley. "Ad ogni modo, all’aeroporto vi aspetterà una limousine. L’autista e lo staff dell’albergo dove starete, a mie spese, sanno che andate lì per cercare un posto adatto per il mio prossimo film. Così nessuno vi farà domande. Voi firmate per qualsiasi cosa vi occorra e tutto sarà addebitato sul mio conto."

"Langley." disse alla fine Max. "Ti costerà una fortuna."

"Cosa contano i soldi per me, Max?" Langley si strinse nelle spalle. "Se non avessi potuto guadagnarli onestamente, avrei avuto altri mezzi per procurarmeli. Io non mi sento legato dalle tue regole morali. In un certo senso, io sono molto più simile a Zan. Tutto quello che ti chiedo, per il futuro, è di essere contattato solo in caso di estrema urgenza. E, per favore, niente visite personali. Io continuerò a darvi un’occhiata e controllerò anche i vostri genitori, ma questo sarà tutto quello che farò. E non preoccupatevi per gli altri. Farò in modo che quelli dell’FBI non li trovino. Nel cassetto accanto a te c’è una busta, con un po’ di contante per voi. Per me sono spiccioli.

Prendetevi cura di voi. Divertitevi. E tratta Liz come dovrebbe essere trattata la tua Regina. Max? Non dimenticare mai chi è che ha determinato la tua umanità, fin dal primo giorno in cui l’hai vista. Forse, ora che non hai attorno una corte di adulatori, sarai quel Re che sei destinato ad essere. Liz? Voglio che tu mi faccia la promessa che cercherai con tutte le tue forze di mantenere Max umano. E che tu sarai aliena quando sarà necessario."

Prima che uno dei due potesse rispondere, il monitor tornò bianco. Sia Max che Liz, lo fissarono in silenzio.

"Siete pronti per il pranzo?" disse loro l’hostess, facendo la sua provvidenziale comparsa.

* * * * *

"Salve, Isabel." disse Cal Langley dal CD. "Mi dispiace di doverti parlare solo tramite un messaggio registrato, ma in questo momento sto parlando con Max, faccia a faccia. Credo che sia importante che io e Sua Maestà parliamo. Ma credo anche che non vorresti aspettare molto per capire quello che sta succedendo, per non lasciarti prendere dal panico, così ho deciso per questo compromesso. Nemmeno io posso stare in due posti contemporaneamente.

Mi scuso per averti fatto chiamare Vilandra dall’autista. So che sei arrivata ad odiare quel nome, ma non voglio che un giorno lui possa accidentalmente ricordare di essere andato a prelevare per me una Isabel Evans. Io ipnotizzo solamente i miei dipendenti, quando devono svolgere questi … lavoretti discreti, non mi intrometto nelle loro menti. L’ipnosi è una buona cosa, ma talvolta, qualcuno comincia a ricordare qualcosa nei momenti meno opportuni.

Ad ogni modo, sono stato veramente toccato dall’affetto e dalla preoccupazione che provi per tuo fratello, anche se, per quello che mi riguarda, penso che lui non meriti gli amici e i parenti tanto leali che ha attorno in questo momento. Ma, devo ammettere che Max è molto … diverso da quando … è venuto a trovarmi. E’ bello sapere che tu sei diversa da Vilandra, tanto quanto Max lo è dallo Zan che è stato una volta e, per un attimo, stava per diventare di nuovo.

Ad ogni modo, ho deciso che Max non era il solo a meritare un premio. Ho pensato di offrire anche a voi un po’ di riposo.

Michael è Michael. Sarà felice con un grande letto per lui e la sua ragazza, un enorme schermo TV con tutti i canali sportivi e un servizio in camera illimitato. E sono sicuro che Maria toccherà il cielo facendo tutte le spese che vuole.

Ma per te, lo so, serve qualcosa di diverso. La limo ti porterà alla Denver Railway Station, dove prenderai un treno che ti porterà a New Orleans. Prima classe, naturalmente. E’ un peccato che tu non abbia aspettato fino a primavera. Saresti potuta andare lì per il Martedì Grasso. Ad ogni modo, divertiti."

"Certo." sogghignò Isabel, col pensiero rivolto a Jesse e al desiderio che avesse potuto essere con lei.

Rassicurata dal fatto che quello non era un complicato complotto dell’FBI per catturarla, Isabel si rilassò e si godette il panorama. Quasi subito gli alberi lasciarono il posto a case e fattorie e la limo entrò a Denver. Quando arrivarono alla stazione, l’autista uscì per primo ed andò ad aprirle la portiera. Sentendosi importante, Isabel scese e cercò di assumere un atteggiamento elegante. Non fu un compito facile, visto che indossava un paio di jeans ed una felpa rosa pallido. L’autista aprì il portabagagli e ne tirò fuori una valigia di media grandezza.

"Se vuole seguirmi, signorina Vilandra." L’uomo le fece strada attraverso la stazione, fino al binario dove c’era un treno in attesa. La guidò ad una carrozza e l’aiutò a salire sul treno. Lungo lo stretto corridoio, si fermò davanti ad uno scompartimento di prima classe ed aprì la porta. Posò la valigia sul pavimento e si fece da parte per lasciar entrare Isabel.

"Queste sono le chiavi della sua cabina e, in fondo al corridoio, potrà trovare il soggiorno ed il ristorante per la prima classe. Faccia buon viaggio, signorina Vilandra." L’autista si toccò il berretto con la punta delle dita e le fece un piccolo inchino.

"Grazie." rispose Isabel, sbalordita.

Anche se lo scompartimento era piccolo, era di un lusso sfrenato paragonato agli alloggi dove era stata da quando aveva lasciato Roswell. Il divano si trasformava in un doppio letto ed aveva il bagno riservato. Ma era da sola. Non aveva nemmeno gli amici a farle compagnia. Avrebbe sentito la mancanza di Max e Michael. Le sarebbe mancata Liz e, sì, anche Maria. Le sarebbero mancati Kyle e le sue stupide battute, che la facevano ridere, non importa quanto fossero scontate. Isabel si sedette sul divano e fece un profondo sospiro. Aveva bisogno di parlare con qualcuno. E quel qualcuno, decise, sarebbe stato Max.

* * * * *

Isabel apparve all’interno del jet. Dovunque guardasse, il posto era cosparso di petali bianchi di rosa, come fiocchi di neve, che riempivano la cabina di una inebriante fragranza. Nei candelieri d’argento bruciavano candele rosa. Piccole farfalle bianche e argento svolazzavano per la cabina. L’intero ambiente trasudava … puro romanticismo.

Su un grande letto matrimoniale, con le lenzuola di seta coperte da un altro strato di petali di rosa, Max, con indosso un abito da sera bianco, e Liz, in abito da sera di seta bianca, erano stretti in un appassionato corpo a corpo.

"Oh, mio Dio, Max!" gridò Isabel e, con la faccia che le bruciava, si voltò immediatamente.

"Isabel?" Max sollevò la testa, pieno di imbarazzo. Subito lo scenario diventò normale, ma sempre all’interno del lussuoso aereo. Liz, vestita come Max con i blue jeans, era appoggiata contro di lui, addormentata. "Uhm … mi spiace … io … stavo … "

"Sognando ad occhi aperti, lo so. No, sono io che sono dispiaciuta. Prima avrei dovuto … avvertire."

"Non è che abbiamo a disposizione un telefono per i sogni." ridacchiò Max.

"Solo per curiosità, cosa state facendo, tu e Liz, in questo momento?"

"Stiamo riposando. Abbiamo fatto un pranzo stupendo. E tra poco atterreremo."

"Bene. Dove siete diretti?"

"Non lo sai? Langley ci ha offerto un soggiorno in un hotel di lusso a Puerto Rico."

"Oh, wow. Siete fortunati."

"Grazie a te, Isabel. Ho sentito dire che è stata una idea tua."

"Sì, ma ho avuto anche io il mio tornaconto."

"Come? Liberandoti di noi per una settimana?"

"No. Langley mi sta mandando a New Orleans."

"Tutti voi?"

"No. Solo io."

"Isabel, vorrei averlo saputo. Avrei potuto cercare di contattare Jesse. Quanto ti fermerai? Forse potresti chiamarlo."

"Non posso rischiare, Max. E se l’FBI lo controllasse?"

"Già. Isabel, mi dispiace."

"Sono sola soletta."

"Io ti sarò vicino, Iz, ogni volta che avrai bisogno di parlare. Io … uhm, cercherò di non pensare troppo a Liz."

"Grazie." rise Isabel. "Così ti sei già iscritto al Club dei VIP?"

"Sì, nel mio sogno stavo per farlo. Ma abbiamo questa hostess, che non fa che entrare ed uscire. Così ancora non abbiamo potuto farlo."

"Bene. Ora credo che andrò a farmi una doccia e a cambiarmi. Langley mi ha fatto avere una valigia. Spero che ci siano dei vestiti. Non ho più indossato un vestito dalla sera che abbiamo trascorso a Stanley."

"Mi sembra sia successo una vita fa."

"Per noi, il tempo è stato ancora più lungo, Max. Chiedilo a Liz."

* * * * *

Isabel appoggiò la valigia sul divano e l’aprì. Dentro c’erano dei vestiti belli ed eleganti. Ce n’erano anche alcuni, altrettanto belli, che Isabel non avrebbe mai indossato senza un accompagnatore, a meno che non avesse avuto intenzione di far conoscere la sua disponibilità. Ma non riuscì a soffermarsi troppo su quella riflessione. Quando vide la biancheria, non poté fare a meno di arrossire. Seppe, senza alcun dubbio, che era stato un uomo a preparare quella valigia e, a giudicare dalla valutazione del soggetto fatta da Max, doveva essere stato Cal Langley stesso.

Isabel chiuse a chiave la porta, scelse l’abito più classico e la biancheria … meno rivelatrice, alla quale, con un tocco, diede un aspetto più tradizionale, ed entrò nel bagno per concedersi una lunga, lussuriosa doccia.

* * * * *

"Qui dentro ci saranno cinque, forse anche seimila dollari." Maria era rimasta a bocca aperta.

"Cosa dice il biglietto, Guerin?" chiese Kyle. Il suo sguardo era ancora appuntato sulla limousine che si stava allontanando.

"Dice che Max e Liz sono stati mandati da qualche parte dove Max potrà rimettersi da quello che ha passato e che Isabel sta andando a trovare qualcosa che ha perduto. Oh, dice anche che, nella busta, c’è una carta di credito. Possiamo usarla per andare in un albergo di lusso per una settimana e divertirci."

"Dice dove?" Maria aggrottò le sopracciglia.

"No. Credo che potremo deciderlo noi. Stando al nostro intrepido esploratore, qui, siamo nel bel mezzo del paradiso degli sciatori. Possiamo scegliere una dozzina di posti."

"E Max e Liz? E Isabel?" chiese Maria. "Supponi che non riescano a trovarci. E se ci trovasse l’FBI?"

"Maria? L’ultimo posto in cui l’FBI verrà a cercarci, sarà in un albergo di prima classe, sulla strada in cui ci hanno individuati l’ultima volta. Ad ogni modo, qui dice che l’FBI ha i suoi problemi ai quali pensare."

"Da chi viene?" chiese Kyle preoccupato.

"Da Cal Langley."

"Non è quel tipo che Max ha incontrato a Los Angeles?" Maria strinse gli occhi. "Il produttore che ha ucciso quell’attrice a Roswell?"

"Credo che Isabel non gradisse l’idea di usare i nostri poteri per pagare tutto questo e ha preferito chiamarlo."

"Allora, dove ce ne andiamo?" chiese Kyle con un grande sorriso. "Aspen o Snowmass?"

"Potremmo lanciare in aria una moneta." Maria si strinse nelle spalle.

"Andremo da un’altra parte." decise Michael. "Glenwood Springs."

"Per qualche motivo particolare?" si chiese Kyle ad alta voce.

"Sì." annuì Michael. "E’ sulla Statale 70 e ci fornisce più vie di fuga."

"Credo avessi detto che l’FBI avesse i suoi problemi. Certamente non dovremo preoccuparci di loro."

"Sean non è l’FBI." borbottò Michael. "Non sappiamo se la CIA sia coinvolta o se lui agisca per suo conto. Dobbiamo tenerci pronti."

"Okay, allora." sorrise Maria. "Glenwood Springs, arriviamo!"

* * * * *

"Oh, Michael!" squittì Maria. "Guarda qui!" La ragazza stava girando nella lussuosa suite, osservando tutto. Quando vide il panorama che si vedeva dal loro balcone, le mancò quasi il respiro. "Immagina cosa deve essere in pieno inverno."

"La prima neve non è molto lontana." ridacchiò Michael, lasciando l’enorme schermo TV ed il microtelefono, per andare ad abbracciarla da dietro. "Ho sentito qualcuno dire che potrebbe arrivare tra qualche settimana."

"Noi abbiamo a disposizione una settimana sola." si lamentò lei. Michael si strinse nelle spalle.

"Non sono mai stata in un posto come questo." Maria scosse la testa. "Voglio dire così … di classe."

"Nemmeno io."

"Bene, c’è una cosa che dobbiamo fare prima di ogni altra." il sorriso di Maria era quasi infantile.

"Provare il letto?" Michael inarcò le sopracciglia.

"Tira fuori la tua mente dalla fogna, Guerin. no. Dobbiamo andare al centro commerciale. Se credi che voglia indossare felpe e jeans in un posto come questo, ti sbagli proprio."

"Lo sapevo che era troppo bello per essere vero." grugnì Michael.

* * * * *

La prima cosa che fece Kyle, subito dopo aver dormito nel letto più comodo da quando aveva lasciato casa, fu di accendere l’enorme televisore per scoprire quali canali sportivi e per adulti potesse vedere. Dopo aver guardato qualche incontro di wrestling femminile, la seconda cosa che fece fu ordinare una bistecca con sformato di patate ai quattro formaggi, una insalata di cavoli ed una birra ghiacciata per mandare giù il tutto. Si sarebbe goduto il suo soggiorno, decise, guardando le forme non troppo femminee lottare una con l’altra sullo schermo. Sarebbe andato in piscina ed in palestra, rilassandosi poi con una sauna. Si chiese se Michael avrebbe sottratto un po’ si tempo alla sua maratona di sesso con Maria, per giocare con lui a pallacanestro. Kyle promise a se stesso che si sarebbe goduto tutti i divertimenti di cui avrebbe potuto usufruire un ragazzo solo.

Poi il sorriso svanì dalla sua faccia e fece un profondo sospiro. Anche se non era romanticamente legato a nessuna delle due, avrebbe sentito la mancanza di Isabel e di Liz.

* * * * *

Isabel era seduta nella sua cabina a guardare il paesaggio del New Mexico che fuggiva via. Era venuta via dal soggiorno della prima classe, per avere un po’ di respiro dal vecchio uomo d’affari che sembrava pensare che il suo conto in banca sarebbe stata una tentazione alla quale Isabel non avrebbe potuto resistere. Lei aveva cercato di parlare di suo marito, ma l’uomo sembrava soffrire di una forma selettiva di sordità ed aveva ignorato i suoi commenti. Alla fine, il desiderio di essere lasciata in pace aveva superato la necessità di allontanare la solitudine con un po’ di conversazione.

Dopo la doccia, si era sentita rinfrescata, viva e pronta ad affrontare il mondo. Aveva solo dimenticato quanto quel mondo potesse essere brutto.

"Albuquerque." annunciò il piccolo altoparlante nella sua cabina. "La prossima fermata è Albuquerque. Cambio ad Albuquerque per Santa Fe."

Quando il treno cominciò a rallentare, Isabel uscì in corridoio e guardò fuori dal finestrino. Sperò di vedere qualche posto familiare, visitato durante una delle molte gite fatte con i suoi genitori. Era consapevole degli sguardi che stava ricevendo dagli altri passeggeri che camminavano nello stretto passaggio dietro di lei, ma preferì ignorarli.

"Guardate pure quanto volete." mormorò tra sé. "Io sono presa."

Il treno si fermò e, per un po’, ci fu movimento tra i passeggeri che uscivano dai loro scompartimenti. Il treno ripartì e il movimento rallentò. Un paio di mani si posarono sopra i suoi occhi.

"Indovina chi c’è?" chiese la voce appassionata che lei sentiva ogni notte nei suoi sogni

"Jesse?" squittì lei, pensando che il suo cuore sarebbe scoppiato. Non riusciva a crederci. "Jesse!" Isabel si voltò, spostando le mani di lui. "Oh, mio Dio, Jesse!" Isabel non riuscì a trattenere la sua emozione. "Non posso credere che tu sia qui."

"Non ci credo nemmeno io." lui sembrò emozionato almeno quanto lei.

Isabel si gettò tra le sue braccia e cominciò a baciarlo, con un desiderio che poteva essere definito solo come disperato. Anche se una parte di lei si rendeva conto che stavano bloccando il corridoio con le loro pubbliche manifestazioni d’affetto, ad Isabel non importò nulla. Lo baciò con ancora maggior calore.

"Trovatevi una stanza." sentì lamentarsi qualcuno.

Isabel allungò una mano dietro la schiena di Jesse ed afferrò la maniglia. La porta si aprì e si infilarono nella su … anzi, no, nella loro cabina. Dita corsero ai bottoni e mani carezzarono dappertutto.

"Grazie, Cal." gemette Isabel, mentre riceveva dal marito il primo vero bacio dopo mesi.

* * * * *

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Capitolo 23
*** 23 ***


Parte 23

Attraverso il piccolo oblò, Max e Liz sbirciarono l’isola verde circondata dall’azzurro del mare. Il terreno sotto di loro si avvicinò e subito il fogliame verde lasciò il posto all’asfalto della pista di atterraggio dove l’aereo andò a posarsi, sobbalzando e facendo stridere le ruote per protesta. Il piccolo jet si diresse verso un hangar che ospitava altri piccoli aerei. Alla fine, i motori si spensero e l’assistente ricomparve per aprire a Max e a Liz lo sportello.

"Divertitevi." disse loro sorridendo. "E arrivederci a presto."

Tenendola per mano, Max fece strada a Liz sulla scaletta che l’assistente aveva fatto uscire dal fondo dell’aereo.

Un uomo in abito grigio scuro li aspettava nel calore infuocato, ai piedi della scala, accanto ad una limousine bianca. La porta del passeggero più vicina a loro, era già aperta.

"Signore e Signora King." l’uomo fece un formale inchino. Parlava un buon inglese, ma con accento spagnolo. "A nome della Direzione e del Personale del Copamarina Beach Resort, vi do il benvenuto a Puerto Rico."

"Grazie." rispose Liz sorridendo e guardando verso Max.

Insieme, seguirono l’uomo verso la macchina ed entrarono nel retro della limousine, fresco grazie all’aria condizionata. L’autista non mostrò nessuna meraviglia all’assenza di qualsiasi bagaglio.

"L’aeroporto che stiamo lasciando," disse l’autista attraverso il finestrino aperto tra di loro, mentre metteva in moto l’auto. "si trova appena fuori la città di Ponce, sulla costa a sud di Porto Rico. L’albergo è a circa mezz’ora in direzione ovest, vicino ad una città che si chiama Guancia. Rilassatevi e godetevi il panorama. Nel frigorifero troverete acqua minerale e succhi di frutta."

* * * * *

"Max? Hai mai visto niente di così bello?" Liz non riuscì a nascondere lo stupore nella sua voce, mentre il suo sguardo si posava dappertutto, assorbendo le centinaia di gradazioni di verde e gli spruzzi di giallo, rosso, bianco e blu che si intravedevano dal finestrino.

"No." le sussurrò Max. "Mai."

Liz gli rivolse un sorriso, ma il sorriso si estese a tutto il suo corpo, quando si rese conto che Max non stava guardando fuori dal finestrino, ma stava guardando lei.

"Stavo parlando della vista." i suoi occhi brillavano.

"Anche io." Max si inumidì le labbra con la lingua.

Liz gli diede uno sguardo di puro amore e fu deliziata nel vederlo fremere.

"Tutto questo verde." continuò lei. "Non credo di averne visto tanto nemmeno in quel weekend che abbiamo passato al Frazier Woods o durante la settimana in cui ti stavamo cercando, in Colorado. E nemmeno tutte queste sfumature."

"Liz." le disse Max sorridendo. "Qualsiasi posto, per me è bello solo se ci sei tu. Senza di te è solo un posto."

"Grazie." Liz lo baciò sulla guancia.

"Lo sai?" e questa volta fu lo sguardo di Max a brillare. "Il piacere è tutto mio."

* * * * *

"Oh." Quando la limo si fermò davanti alla reception del Capomarina, Liz rimase senza fiato. Le due costruzioni principali che sembravano costituire il grosso dell’albergo, formavano un semicerchio, con al centro piscine all’aperto, bar e ristoranti. Dietro le palme, sulla spiaggia, una dozzina di villette formava un’isola in mezzo ad una marea di verde.

"Wow!" concordò Max.

"Benvenuti al nostro Copamarina Beach Resort, signore e signora King." una donna dalla pelle olivastra, con un vestito bianco di lino, li accolse quando scesero dalla limo, che l’autista aveva appena aperto. Un cartellino che aveva attaccato sul petto diceva che era la signorina Hernandez. "Ci auguriamo che il vostro soggiorno sia gradevole e rilassante. Se volete essere così gentili da seguirmi, vi accompagnerò alla vostra stanza. Il vostro bagaglio è già stato sistemato."

"Il nostro bagaglio?" Max sollevò un sopracciglio e guardò verso Liz.

"Sì. E’ arrivato questa mattina. Ci siamo presi la libertà di disfarlo per voi."

"Uhm … Grazie."

La giovane coppia, camminando e girando la testa in ogni direzione, rimase sbalordita quando la signorina Hernandez li accompagnò ad una villa sulla spiaggia. Una doppia porta conduceva da un enorme soggiorno in un patio, che a sua volta portava ad una distesa di sabbia bianca lambita dal mare azzurro. La camera da letto principale, completa con un letto matrimoniale enorme, aveva la sua stanza da bagno, con una grande cabina per la doccia. C’erano altre due stanze da letto, entrambe con il letto matrimoniale ed un bagno separato.

"Ci deve essere stato un errore." Max si guardò attorno nella stanza. "Noi siamo solo in due. Voglio dire, noi … non dobbiamo dividerla con nessuno … o si?"

"Nessun errore, signor King." li rassicurò la signorina Hernandez. "Il signor Langley ci ha chiesto per voi la nostra migliore sistemazione. Ha specificato che doveva essere degna di un re. Questa è la nostra suite più bella e voi non dovrete dividerla con nessuno. Ora, da quella parte c’è la cucina. Ci sono a vostra disposizione degli spuntini, come pure acqua minerale, bibite e succhi di frutta. Lui non lo ha chiesto, ma abbiamo lasciato anche del vino." Si avvicinò alla porta. "Mi auguro che gradiate il vostro soggiorno. Se doveste aver bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, chiamate la reception."

Max prese la busta che aveva messo nella tasca. Fu preso da un momentaneo attacco di panico, quando vide solo biglietti da cento dollari.

"Oh, no." la donna gli sorrise. "Non c’è … non c’è bisogno di una mancia per me. Ma grazie ugualmente."

"Bene, Max." Liz fece un passo e lo avvolse tra le sue braccia, poggiando la guancia sopra il suo petto. "Cosa ti piacerebbe fare per prima cosa?"

"Più tardi, dopo che avremo fatto una doccia e ci saremo cambiati, mi piacerebbe fare una passeggiata qua attorno. Ma prima … "

Con un sorriso di pura adorazione, Max sollevò Liz tra le sue braccia e la portò verso la stanza da letto, e verso l’enorme letto a quattro posti.

* * * * *

Dopo troppi giorni passati nella sua stanza a guardare la televisione, a mangiare il miglior cibo che l’hotel poteva fornire e ad allenarsi in palestra ed in piscina, Kyle era annoiato. Nei tre giorni che avevano passato lì, Kyle non aveva mai visto Michael e Maria. Li aveva dati per dispersi. Dopo aver fatto un altro lauto pranzo, Kyle guardò fuori dalla finestra e decise di andare a fare una passeggiata, per vedere un po’ di Glenwood Springs. Passò il pomeriggio al centro della città, alla ricerca di una potenziale vita notturna, prima di avviarsi verso le piste di sci. Fu mentre prendeva un caffé, che sentì parlare di un’opportunità di lavoro.

Decidendo di fare la domanda di assunzione, usò il nome di Carl Valentine, che era il nome cambiato da Max sul diploma e che aveva cominciato ad usare dopo aver lasciato l’Idaho. Kyle fu contento di aver avuto la previdenza di portarlo via dal furgone prima che finisse bruciato. Dopo un colloquio, che andò abbastanza bene, gli fu offerto un lavoro. Il mattino successivo, Kyle fece colazione presto, infilò abiti comodi e si diresse verso un giorno di onesto lavoro.

Fu veramente facile lavorare. Con un altro uomo, formò una squadra di manutenzione per controllare e riparare gli ski-lifts che sarebbero stati usati, nell’inverno imminente, da migliaia di sciatori. Il primo giorno filò via con pochi problemi. Aiutava il fatto che il suo compagno era competente quanto lui. Simon Mason era un uomo alto e snello, sulla quarantina abbondante, con i capelli brizzolati.

"Sei la prima persona con cui lavoro, che non mi assilla con le sue chiacchiere." disse Simon, mentre si preparavano a smontare. A parte le necessarie domande ed istruzioni, erano le prime parole che diceva da quando erano stati presentati.

"Sì." Kyle si strinse nelle spalle. "Credo di non aver molto da dire."

"Hai fretta di rincasare?"

"Nah." Kyle scosse la testa. "Stavo pensando di andare in città a bere qualcosa."

"Ti dispiace se ti accompagno?"

"Affatto." annuì. "Se a te non dispiace di andare ad un bar dello sport."

Nei giorni successivi, la male assortita coppia fece un tentativo di amicizia. Nessuno fece domande all’altro sul suo passato. Lavoravano bene insieme, costruendo una fiducia quasi istintiva che permetteva loro di svolgere il lavoro affidato con efficienza che rasentava la rudezza. Come lavoravano bene insieme, in un agevole silenzio, altrettanto bene trascorrevano il loro tempo libero. Trascorrevano la pausa del pranzo e il tardo pomeriggio, al bar dello sport, giocando a pallacanestro o guardando una partita alla televisione, sempre in un confortevole silenzio. Se Simon si fosse formato una opinione su Kyle e sulla sua riluttanza a parlare, non ne parlò mai, proprio come Kyle non diede voce al sospetto che Simon non volesse parlare del suo passato.

"Cosa fai di solito per cena, Kyle?" gli chiese Simon.

"Di solito mangio qualcosa in camera mia." Kyle si strinse nelle spalle. Non voleva confessare di stare in un albergo di prima classe." Perché?"

"Stavo pensando che, magari, potresti venire a cena da me."

Kyle spalancò gli occhi e si spostò da un piede all’altro.

"Uhm … " cominciò a dire. Non aveva mai pensato che Simon potesse avere quelle tendenze.

Accorgendosi il disagio di Kyle, Simon scoppiò a ridere. "No. E’ che … io e mia figlia, noi siamo così … non conosciamo molta gente, sai? Ho pensato che ti sarebbe piaciuto farci un po’ di compagnia. Potrebbe fare bene anche a te. So che a Chrissie lo farebbe."

"Certo." annuì Kyle, scuotendo la testa e con le guance rosse. "Sarà … "

"Ci vediamo alle sette. 271 di Cedar Way. Appartamento 16."

* * * * *
Alle sette, Kyle era fuori dalla porta di Simon, con lo stesso disagio che aveva provato al suo primo appuntamento. Si era preparato con cura e si era fermato al bar a prendere un pacco di birre. Dopo aver espirato tra le mani per controllare il suo alito, alla fine, bussò alla porta.

"Carl." Simon gli aprì la porta e lo salutò con un cenno del capo. "Entra."

L’appartamento era piccolo – minuscolo sarebbe stata la parola più adatta – ma era pulito. Simon e sua figlia sembravano avere pochi averi, proprio come lui. Il divano dava segni di essere usato come letto, e Kyle suppose che Chrissie dormiva probabilmente nella piccola stanza da letto dietro una delle tre porte che si aprivano sulla stanza. Dietro le altre, c’erano la cucina e il bagno.

"Ti piace il Chili?" chiese Simon. "Spero di sì. So preparare solo quello. Chrissie arriverà tardi, temo. Lei fa la cameriera all’albergo Alpine Lodge. Oggi hanno avuto dei problemi e lei si è fermata ad aiutare."

"Va bene. Capisco." annuì Kyle. Tese le sei birre. "Cosa vuoi che ci faccio con queste?"

Simon prese le birre da Kyle, togliendone due dalla confezione. "Vuoi un bicchiere?" chiese a Kyle, porgendogli una lattina.

"Va bene così." Kyle prese la lattina e ne tolse il sigillo.

"La partita comincerà tra un minuto. Giants contro Angels."

"Grande." Kyle si sedette sulla sedia che gli era stata indicata. "Ho la sensazione che vinceranno gli Angels."

"Anche io."

La porta si aprì e ne entrò una giovane donna, di poco più di vent’anni, che aveva i capelli tinti di biondo, tagliati all’altezza delle spalle. Kyle guardò la nuova arrivata, poi si voltò a guardare Simon, ed ancora Chrissie. Le mani gli cominciarono a sudare e le pulsazioni accelerarono. Sperò che lei non riuscisse a sentire il suo cuore battere. Kyle si era innamorato. Gli tornò alla mente il ricordo di una conversazione avuta con Liz.

"Anche in questo caso, io sono qui, se avessi bisogno di un amico."
"Grazie, Kyle. Ma non mi vedo nel tuo futuro."
"Allora chi vedi?"
"Non ne sono sicura. Ma non sono io. A meno che non mi sia schiarita i capelli … "


"Mi spiace di aver fatto tardi." disse lei, togliendosi la giacca.

Kyle si asciugò i palmi delle mani sui jeans e cercò di togliersi il desiderio dagli occhi.

‘La benzina viene iniettata nel carburatore.’ disse a se stesso. ‘Poi, unita all’aria, viene compressa in una miscela esplosiva. Una scintilla fa esplodere al miscuglio, che spinge in basso il pistone. Nel ciclo successivo, i fumi vengono scaricati all’esterno. Respira, Valenti, respira.’

"Ciao, Chrissie." Simon salutò la figlia. "Lui è Carl. Carl, questa è mia figlia Chrissie."

"Piacere di conoscerti." Kyle tese la mano, augurandosi che il suo tono di voce sembrasse disinvolto. La sua presa decisa lo sorprese. A dispetto del fatto che lei avesse quattro anni di più, a Kyle sembrò che lei godesse della sua compagnia come lei gradiva la sua.

‘Mi chiedo se era questo quello che provava Evans.’ si chiese Kyle lanciando un altro sguardo a Chrissie. ‘Tutti quegli anni a guardare Liz.’

A differenza di suo padre, lei sembrava godere la conversazione e fu contenta di parlare dei suoi giorni di scuola, anche se Kyle notò che non nominava mai i nomi delle città o dei suoi amici. A Kyle sembrò di capire che aveva trascorso la vita trasferendosi da una città all’altra. Sperò di non essere coinvolto con qualcuno che aveva alle spalle un passato criminale. Era proprio quello di cui aveva meno bisogno. Ma non poteva fare a meno di sentirsi attratto da lei. Per fare conversazione, Kyle raccontò loro qualcosa della sua infanzia, stando attento, come aveva fatto Chrissie, a non nominare niente che avesse potuto far capire da dove arrivava.

"C’era una ragazza che mi piaceva, ma mi ha piantato per un altro." ridacchiò Kyle.

"Scommetto che lo hai fatto a pezzi." rise Simon. "Penso che tu fossi un atleta, ho ragione?"

"Sì." annuì Kyle. "Ed avrei voluto farlo veramente a pezzi, sapete? Non mi piaceva il fatto di come lei fosse … diversa, quando stava con lui. Non avevo capito cosa ti può fare l’amore, credo. Ad ogni modo, è successo qualcosa e loro hanno smesso di vedersi. Una cosa veramente strana. Si vedeva che erano ancora innamorati l’uno dell’altra, ma si erano separati. Io ne sono stato quasi felice, anche se lei non mi ha dato nessun segnale di voler tornare con me.

Poi lei ha vinto un concorso per un appuntamento al buio, lanciato da una stazione radio. Si trattava di un programma trasmesso dal vivo e tutta la città si era radunata per vedere l’evento. Io e i miei amici avevamo bevuto un po’, così sono andato dal mio rivale per prenderlo in giro. E’ finita che ho fatto bere anche lui. Sapevo quello che stava passando, ma era troppo divertente. Abbiamo finito per creare una specie di legame tra noi. Ci siamo perfino infilati nella camera da letto della ragazza. Ma, sapete, parlando con lui quella sera, mi sono reso conto che era un bravo ragazzo e di quanto fosse adatto alla mia ex. Era così evidente che fossero innamorati. Lei si era anche liberata del ragazzo procurato dalla radio, pur di aiutarlo.

Quando il DJ l'ha fatta scegliere tra noi tre, lui l'ha baciata davanti ad una platea piena di gente. Dovevamo fornire un motivo per cui lei avrebbe dovuto scegliere uno di noi. Io? Mi sono limitato a dire che ero già contento di essere stato preso in considerazione. Il ragazzo dell’appuntamento ha detto che era una cosa che si aspettava. Ma il mio amico? E’ andato dritto verso di lei, l' ha baciata fino a toglierle il fiato, poi se ne è andato. Avreste dovuto vedere l’espressione sul viso di lei. Compiaciuta ed addolorata nello stesso tempo. Io sapevo che quei due erano fatti per stare insieme e mi piace pensare che quella sera io li ho aiutati. Chi lo sa? Ad ogni modo, dopo quella sera, siamo diventati buoni amici."

"E poi, cosa è successo?" chiese Chrissie. "Alla tua ex ed al tuo amico?"

"Oh, alla fine si sono sposati. E ora sono assurdamente felici."

"Sembra che tu abbia dei buoni amici, Carl." Simon si appoggiò alla spalliera della sedia ed incrociò le braccia sul petto. "Amici sui quali contare."

"I migliori." ammise Kyle.

Passarono tranquillamente il resto della serata a vedere la partita in TV.

"Sarà meglio che vada." Quando gli Angels ebbero vinto il gioco, Kyle si alzò dalla sedia, stirando gli arti intorpiditi. "Grazie per l’invito, Simon. E’ stata una bella serata."

"E’ stato un piacere, Carl." Simon gli fece l’occhietto. "Perché non lo accompagni fuori, Chrissie?"

La ragazza guardò suo padre stringendo gli occhi, poi prese la sua giacca. Nel corridoio, senza riscaldamento, faceva freddo. Scortò Kyle per le scale, fino al portone di ingresso.

"Buona notte." mormorò Kyle, guardandosi i piedi.

"Grazie." annuì Chrissie. "’Notte, Carl."

‘Puoi farcela.’ disse Kyle a se stesso.

"Uhm … Chrissie?" Kyle sollevò lo sguardo. "Non vorresti … forse …sai … uscire … una sera … per un appuntamento … con me?" Cosa aveva da balbettare? Caspita, Kyle! rimproverò a se stesso, assomigli ogni giorno di più a quel maledetto di Evans. "Lo vorresti?"

"Certo." annuì lei, con un sorriso di piacevole sorpresa sulle labbra. "Cosa ne dici di domani sera?"

"Davvero?" Kyle quasi gridò quella parola. Chrissie sorrise all’espressione sorpresa che era comparsa sul viso di lui quando lei aveva accettato. "Voglio dire, è grande." aggiunse lui dopo aver ripreso il controllo. "Domani, allora. Vengo a prenderti alle otto? Cosa ne dici di andare a cena e poi a vedere un film?"

"Certo, Carl." confermò Chrissie. "Ci vediamo domani alle otto."

Il portone si chiuse e Kyle si avviò per sua strada. “Sì." Kyle fece un saltò e colpì l’aria con un pugno.

Tornò alla sua stanza in albergo con il sorriso più grande che potesse ricordare incollato sulla faccia ed il passo più saltellante che gli consentivano le gambe. Non poté fare a meno di chiedersi cosa avrebbe fatto, una volta che i suoi amici fossero tornati e fosse arrivato il momento di ripartire, ma hey! Quello era il suo primo appuntamento dopo un anno.

* * * * *

Maria si svegliò nell’enorme, confortevole letto che divideva con Michael e si chiese dove fosse andato a finire il tempo. Max, Liz ed Isabel sarebbero tornati entro qualche giorno, dopodiché avrebbero dovuto riprendere la loro vita da fuggiaschi. Non era una prospettiva che aspettava con impazienza, anche se era contenta di rivedere i suoi amici. Per quanto fosse bello passare tutto il suo tempo con Michael, una donna aveva bisogno della compagnia di un’altra donna.

Cominciò a pensare a cosa sarebbe stata la sua vita, se l’FBI non avesse deciso di abbreviare la sua educazione. Sarebbe stata a Roswell da sola, con Liz che viveva con Max a Chicago ed Isabel con Jesse a Boston. Sarebbero rimasti solo lei e Michael. Liz si sarebbe fatta altri amici, assicurandosi di non tradire mai il segreto di Max, e altrettanto avrebbe fatto Isabel, che aveva già vissuto quell’esperienza e che sapeva tenere gli amici superficiali a debita lontananza.

Ma Maria sapeva che, con la sua tendenza alle chiacchiere, un giorno avrebbe finito, non volendo, per dire qualcosa a qualcuno con il quale non era il caso di parlare. Gemendo, si liberò del braccio di Michael teso sopra di lei e si voltò per guardare il suo ragazzo.

Questo, naturalmente, riportò a galla un altro problema. C’era stato un tempo in cui lei avrebbe gradito quel particolare problema, invidiosa del fatto che Liz ne soffrisse in continuazione. Quel problema era il romanticismo.

Durante gli ultimi giorni, da quando si erano separati dai loro amici, Michael si era dimostrato il più romantico dei fidanzati tradizionali. Maria non riusciva a credere di essere preoccupata per quello, lo aveva desiderato così tanto. La faccenda era che era così poco da Michael anche se, allo stesso tempo, i suoi sforzi non sempre riusciti erano così tipicamente … suoi.

E, oltre tutto, la sua dolcezza era imbarazzante. Aveva cominciato con poco, un fiore raccolto sul prato dove avevano fatto una passeggiata mattutina. Sarebbe stato commovente se Michael non avesse raccolto un dente di leone, l’unico in un campo pieno di margherite e di ranuncoli. A questo era seguito l’offerta si un bagno schiuma, di uno shampoo e di un balsamo assortiti e a sé stanti, come quelli che Max aveva regalato a Liz, ma confezionati con carta marrone con scritto Drogherie Walgreen’s da un lato. La romantica cena a lume di candela si era rivelata una cena in camera con cibo a portare via, segnata in conto al signor Langley. Michael non sarebbe mai stato Max, Maria l’aveva accettato da molto tempo, e lui rendeva solo peggiori le cose cercando di imitare l’amico. Maria amava Michael per quello che era.

Dopo essersi alzati dal letto ed aver fatto una tardiva colazione, Michael e Maria decisero di fare una passeggiata per quei sentieri che un giorno sarebbero stati usati per fare sci nordico. Nonostante il bel tempo, faceva piuttosto freddo e avevano indossato le giacche pesanti per difendersi dal freddo pungente. La neve sembrava proprio dietro l’angolo, come avevano sentito dire dagli abitanti del posto. Si erano fermati in un bar e stavano bevendo un cioccolato caldo.

"Maria?" disse Michael dopo un lungo silenzio. "Cosa ne pensa Liz di tutto questo? Di essersi sposata così giovane?"

"Huh?" Maria batté gli occhi. "Dici sul serio? Hai visto il sorriso sul suo viso, il giorno che ha sposato Max. Hai visto come brilla di gioia. Pensa a come stava la settimana scorsa, quando pensava che lui fosse morto."

Michael si limitò ad annuire.

"Sai?" continuò lei. "Sono contenta che siamo stati costretti a fuggire."

"Che vuoi dire?"

"Ebbene, prima che succedesse tutto questo, Liz stava per andare a Chicago e Max l’avrebbe seguita … "

"Aspetta!" la interruppe Michael. "Max sarebbe andato con lei?"

"Certo. Perché?" Maria roteò gli occhi. "Pensi che Max avrebbe permesso a Liz di andarsene, rimanendo a Roswell? Dopo tutto quello che quei due avevano passato?"

"Non me ne ha mai parlato."

"Sveglia, Michael! Da quando Max ha chiesto il tuo permesso?"

"E’ solo che … "

"E’ solo cosa, Michael? Non puoi a spettarti che Max ti consulti sul suo futuro. Lo hai detto anche tu. Lui è il tuo Re."

"Tuttavia … "

"Posso finire? Sai, io ti sto aprendo il mio cuore e tu sei sottosopra perché Max voleva seguire Liz a Chicago, quando tu sai perfettamente che l’avrebbe seguita fino in capo al mondo."

"Scusami. Va’ avanti."

"Come stavo dicendo, quando Liz è stata accettata alla NorthWestern, mi sono resa conto che lei se ne sarebbe andata e io sarei rimasta bloccata a Roswell. Che la vita di Liz si sarebbe staccata dalla mia."

"Avresti avuto ancora me."

"Non è la stessa cosa, Michael. Così, vedi, quella faccenda delle premonizioni che ci ha spediti in questo … viaggio, per me è stata una fortuna inaspettata. Così, sopporterò di tutto e di più, perché Liz sia felice. Perché senza Liz, io chi sono?"

"Maria, vuoi sposarmi?"

Maria restò in silenzio, cosa che fece agitare Michael sulla sedia.

"Scusa?"

"Io non sono come Max." sospirò Michael. "Io non sono un tipo romantico che fa le cose con classe, come tu pensi sia Max. Ma tu sai cosa provo per te e sai che sono impegnato con il nostro nuovo tipo di vita. E stavo pensando che, come Max, voglio farlo legalmente. Te lo devo."

"Michael, per quanto possa essere felice che tu me lo abbia chiesto e, credimi, tu non sai quanto mi abbia reso felice, non voglio sposarmi solo perché sembra la cosa giusta da fare. Come tu non sei come Max, io non sono come Liz. Questo genere di cose, per me, non è importante. Non so perché sia così importante per quei due fare le cose nel modo giusto, quando sono così innamorati, ma credo che ci sia qualcosa, qualcosa di cui noi non ci rendiamo conto. Ma io sono felice di come stiamo, Michael. Così, almeno per adesso, vorresti lasciare le cose come stanno?"

"Okay, Maria." sospirò Michael. "Ma non voglio sentirti lamentare che non siamo sposati."

"Non preoccuparti, Ragazzo dello Spazio." Maria lo baciò sulla guancia. "Non lo farò. Adesso, vorresti spiegarmi cosa ti ha spinto a fare tutto questo?"

"Che vuoi dire?"

"Andiamo, Michael. Non sono una stupida. L’eccessivo romanticismo. La proposta di matrimonio. C’è qualcosa che ti preoccupa."

"Non c’è niente."

"No. C’è qualcosa. Dimmelo."

"Io … Io ho … " Michael si passò le mani tra i capelli. "Io ho fatto dei sogni. Sogni strani. Non riesco nemmeno a ricordarli, ma quando mi sono svegliato … mi sono sentito … alieno. Maria, questo mi ha spaventato."

"Max tornerà presto." gli disse lei abbracciandolo. "Sentiamo cosa ne pensa lui."

* * * * *

"Questo posto è meraviglioso." disse Jesse all’orecchio di Isabel.

Doveva alzare la voce al di sopra della musica del complesso Jazz che suonava sul palcoscenico del club, dove lui e Isabel stavano trascorrendo la loro penultima notte di vacanza.

"Sì." annuì Isabel, muovendosi all’appassionato suono del sassofono.

Avevano trovato quel locale, proprio in fondo a Bourbon Street, dopo un altro giorno a girare la città. Avevano deciso di cenare e passare lì la serata, prima di tornare in albergo. Erano stati fortunati ed avevano trovato un tavolo con due posti liberi in un angolo. La coppia più anziana alla quale si erano uniti, sembrava non averli notati, persi com’erano nel loro mondo. Poi la coppia se ne andò, lasciandoli da soli.

"Ancora non riesco a credere che tu sia qui." Jesse sorrise, fissando il viso di sua moglie.

"Ebbene," Isabel mosse una mano davanti a lei. "io sono qui."

"Come ci sei riuscita?"

"Ho contattato qualcuno che conosco. Uno di noi, ma diverso. Un protettore. Gli ho chiesto di organizzare qualcosa per Max e Liz, per quello che avevano passato. E lui lo ha fatto anche per me, per noi."

"Perché non ha fatto nulla per Michael?"

"Visto che non sapevo nulla di quello che aveva preparato per me, fino a che non ho avuto la sorpresa, non ho idea se lui abbia o non abbia fatto qualcosa per gli altri."

"Come mai lui non vi è stato vicino? Com’è che lui non vi ha aiutato, visto che è il vostro protettore? Da quello che mi hai detto di lui, mi sembra un tipo alquanto sgradevole."

"Lui è diverso da noi."

"Puoi ben dirlo." Jesse sorrise. "Posso indicarti perfino i punti in cui siete diversi."

"Di sicuro, ieri sera, hai fatto un buon lavoro."

"Ma non riesco ancora a credere che tu sia qui."

"Vi dispiace se ci sediamo qui?" un uomo alto, pressappoco della stessa età di Jesse, si chinò e gridò per farsi sentire al di sopra della musica. Al suo fianco, un’attraente rossa si muoveva a tempo di musica.

"Certo." gridò Jesse di rimando, anche se, in quel momento, la musica si era interrotta, facendo rombare la sua voce nel silenzio del locale. "Certo." ripeté in tono più basso, guardandosi attorno, con il viso rosso come una barbabietola.

L’altra coppia si sedette.

"Martin." l’uomo tese la mano. "Martin Cunningham. Questa è mia moglie, Tracey. Veniamo da Indanapolis. Io sono consulente di amministrazione. Tracey insegna in una scuola elementare."

"Carlos." Jesse strinse la mano di Martin. "Carlos Rodriguez. E questa amabile signora," mise un braccio attorno alle spalle di Isabel. "è mia moglie … Violet. Boston. Io sono avvocato e … Violet è … una consulente di moda."

"Lo avevo immaginato." sorrise Martin.

Passarono l’ora seguente a parlare, al meglio che potevano fare oltre la musica, delle loro vite.

"E’ grande." disse Isabel a Jesse, quando Martin e Tracey si furono allontanati per prendere qualcosa al bar. "Sai? E’ così … normale. Posso fingere, anche se solo per un po’, che per noi le cose siano normali. Che questo sia un normale giorno di una moglie ed un marito in vacanza. Che stanno facendo amicizia con qualcuno."

"E’ una coppia simpatica." annuì Jesse indicando i due al bar. Aveva il braccio attorno a lei e le stava sussurrando all’orecchio.

"Sembrano così innamorati." rise Isabel.

"Mi ricordano Max e Liz." concordò Jesse.

"No." Isabel scosse la testa. "Nessuno è come loro. Riesci quasi a percepire l’amore che Max e Liz provano uno per l’altra."

"Hey, sentite." gridò Martin posando i bicchieri sul tavolo. "Domani, io e Tracey andremo in un ristorante alle spalle del Quartiere Latino. Ci hanno detto che servono la cucina Cajun migliore della città e che hanno affianco un locale per ballare. Mi stavo chiedendo se non vi piacerebbe unirvi a noi."

"Martin." obiettò Tracey." Non li hai sentiti? Domani sarà la loro ultima sera di vacanza. Probabilmente vorranno stare soli."

"Oh." Martin sembrò mortificato. "Hai ragione, piccola. Mi spiace."

Isabel e Jesse si scambiarono un’occhiata. "No." sorrise Isabel. "Sembra divertente."

* * * * *

"Ho sempre desiderato di trattarti così, Liz." Max sollevò il suo calice da vino, riempito di succo di frutta.

"E io ho desiderato di essere trattata così." sorrise lei, sollevando il suo calice di succo di frutta per farlo toccare con quello di Max.

La luna stava sorgendo alle loro spalle, mandando bagliori argentati sul mare calmo.

"Ti ho detto come sei bella?" gli occhi di Max danzarono sul vestito di seta blu che Liz aveva indosso.

"Una volta o due." lo prese in giro lei. "Ma non mi stanco mai di sentirlo dire. Specialmente da te."

"Oh?" Max batté gli occhi. "Vuoi forse dire che non sono l’unico a farti questo particolare complimento?"

"Certo che non lo sei." gli occhi di Liz brillavano alla luce delle candele. "Ma i tuoi, sono gli unici complimenti che voglio e che ho mai sentito."

"Allora, com’è il tuo animale?" ridacchiò Max.

"Si chiama aragosta, Max." Liz scosse la testa.

"Io penso ancora … "

"Questo, detto da un ragazzo che è rimasto deluso che non servano Anelli Spaziali."

"Che vuoi che ti dica? C’è qualcosa negli Anelli Spaziali. Penso che siano afrodisiaci."

"Non credo che siano gli Anelli, Max."

"No, ora che ci penso, credo che sia la cameriera dai capelli neri che me li serve."

"Uh huh?" ridacchiò lei.

"Non mi hai risposto. Com’è la tua aragosta?"

"Meravigliosa, Max. Tutto questo è meraviglioso. Tu sei meraviglioso."

"E tu, mia dolce signora, sei incredibile. Ti ha fatto male?"

"Cosa? L’aragosta?"

"No. La caduta. Quando sei caduta dal Cielo."

"Oh, Max." lei cominciò a ridere. "E’ così sdolcinato. Non posso credere che tu l’abbia detto."

"Posso sempre farti una serenata." Max sollevò le sopracciglia.

"No. Sai una cosa? Lascia stare."

"Ti piacerebbe ballare?" Max indicò la pista da ballo al fianco del ristorante, dove qualche coppia stava ballando sulla musica di una piccola orchestra.

"Max." il cuore di Liz apparve nei suoi occhi. "Mi piacerebbe da morire."

Max si alzò e le tese la mano. Liz la prese e si alzò accanto a lui. Traversarono il ristorante e si diressero sulla pista, dove, con la loro bellezza, attirarono l’attenzione degli altri commensali. Consapevole di questo, Max si tirò un po’ indietro, posando una mano sul fianco di Liz, mentre con l’altra stringeva la mano di lei. L’altro braccio di Liz era allacciato sul suo collo, e giocherellava col colletto della sua polo color limone.

"Ci stanno guardando tutti, Max." Liz sorrise.

"No." Max scosse la testa, mentre i suoi occhi non lasciarono quelli di lei. "Tutti stanno guardando te, Liz. Ora tutti possono vedere quello che io ho visto da tanto tempo. Stanno guardando questa gentile, calda, premurosa persona, incredibilmente leale e … vera."

Il viso di Liz si illuminò.

"Io ti amo, Liz. So che continuo a dire quanto vorrei darti la vita che meriti, ma voglio che tu sappia che tutto quello che devo sopportare, lo sopporterò volentieri, fino a che saremo insieme."

"Max, in fondo al cuore io so che, fino a che saremo insieme, noi potremo superare tutto. So che non possiamo vedere il futuro, o almeno quello che vorremmo vedere, ma so che sarà con te. So che, fino a che saremo insieme, noi sopravviveremo e vinceremo."

"Tu sei tutto il mio mondo, Liz Evans. E se mai dovesse succedermi qualcosa, la mia anima ti proteggerebbe, aspettandoti per l’eternità."

"Max, se dovesse succederti qualcosa, la tua anima non dovrebbe aspettare troppo a lungo."

Max fece scendere la mano, ancora unita a quella di Liz, sul fianco di lei e lasciò lì la mano della ragazza. Poi le avvolse le braccia attorno alla vita, attirandola a sé. Il calore generato dai loro corpi premuti uno contro l’altro, avrebbe potuto fare da carburante per lanciare un’astronave verso un sole lontano. Dimentichi del loro pubblico, Max e Liz furono soli sulla pista, mentre una dolce melodia fluttuava nell’aria attorno a loro. I loro volti si avvicinarono. I loro occhi cominciarono a chiudersi, in diretto contrasto con le loro bocche, che cominciarono ad aprirsi. Le loro labbra si toccarono, un tocco dolce ed esitante. Entrambi emisero un gemito soffocato, quando le labbra si incontrarono di nuovo. Toccandosi a malapena, le lingue cominciarono a cercarsi tra loro. In una lenta, ma dolce tortura le labbra si chiusero e si premettero insieme. Le lingue tornarono a danzare tra le labbra e a stuzzicarsi una con l’altra.

Max prese il labbro di Liz tra le sue, mentre le sue mani si mossero in una dolce carezza su e giù per la schiena di lei. Liz rispose attirandolo ancora di più contro di lei, bruciando dal desiderio di sentirlo. Il bacio si intensificò. Si infiammò. Bruciò. Le immagini, facenti ormai parte del loro amore, cominciarono a fluire attraverso di loro. Tra quei due non c’erano segreti e quelle immagini contribuivano a creare un legame che nessuno aveva mai visto prima di allora. Erano come il sole: nessuno poteva guardarli ad occhio nudo senza essere bruciato dall’amore che irradiava da loro.

"Max?" disse Liz con una voce roca e sensuale. "La musica è finita."

"Non è finita, Liz." ansimò Max. "Quando sei con me, c’è sempre musica."

* * * * *

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Capitolo 24
*** 24 ***


Parte 24

"Cosa mi dici, Chyn?"

"Temo di avere per lei solo brutte notizie, eccellenza." Chyn si morse l’interno del labbro e si accigliò. "Zan sembra essere sparito dal raggio di azione."

"Cosa?" Bektor, che stava seduto su una sedia, balzò in piedi. "Come è possibile? E’ calibrato per ricevere il segnale del Sigillo in un raggio di cento miglia. Lui non ha modo di disattivare il Sigillo. Non sarà che il dispositivo che non funziona bene?"

"Negativo, signore. E’ stato il mio primo pensiero, quando ha indicato che Zan si è mosso in direzione sud-est a grande velocità. Per quando ho tirato fuori l’apparato di diagnostica per controllare l’apparecchio, lui era svanito."

Bektor si voltò verso est e guardò in lontananza.

"Forse è tornato a Roswell. Hai potuto contattare Kalyn?"

"Questa è un’altra delle cattive notizie, signore. Kalyn non risponde alla nostra chiamata. Non ho idea se lei riceva il segnale o no. Forse lo sta ignorando. Qualche volta penso che lei non sia impegnata nel nostro compito come lo siamo noi."

"No. Kalyn non disobbedirebbe mai ad un ordine, indipendentemente da quali che siano le sue opinioni."

"Dobbiamo tornare a Roswell?"

"Hai detto che si è mosso in fretta? Più in fretta che se viaggiasse su un veicolo stradale?"

"Sì, signore. Molto più velocemente."

"Si è allontanato in linea retta?"

"No, all’inizio no. Si è diretto a nord, poi ha fatto un giro fino a dirigersi dritto verso sud."

"Credo che fosse su uno di quei veicoli che vanno per aria."

"E perché dovrebbe averlo preso? Roswell non è poi così lontana, da doverla raggiungere in volo."

"Forse la destinazione non era Roswell."

"Dobbiamo cercare di seguirlo?"

Bektor continuò a fissare l’orizzonte. "Informa l’Alto Comando." disse alla fine. "Aspetteremo qui fino a che non riceveremo nuove istruzioni. Nel frattempo, continueremo a cercare di contattare Kalyn. E sarà meglio che abbia un buon motivo per avere ignorato le nostre trasmissioni."

* * * * *

Philip Evans era seduto alla sua scrivania e stava guardando la lavagna sulla parete, ormai svuotata da tutti gli appunti che vi aveva messo qualche mese prima. Dopo aver scoperto la verità, aveva tolto ogni brandello di prova che aveva raccolto e li aveva bruciati. Quello era un segreto che non voleva fosse scoperto, per caso, da qualcuno.

"C’è il signor Curtis che desidera vederla." lo avvertì dalla soglia della porta Wendy, la segretaria part-time.

"Oh, è vero." Philip si raddrizzò sulla sedia e chiuse la cartella che giaceva aperta e non letta sul ripiano della scrivania. "Lo faccia entrare."

Un uomo basso, con capelli corti ed occhiali rotondi, entrò nella stanza. Era vestito in maniera informale, non come erano soliti vestire gli uomini di affari che Philip riceveva per lavoro.

"Salve, signor Curtis." Philip si alzò e tese la mano. "Io sono Philip Evans. Posso esserle utile?"

"Sì, signore." Il signor Curtis strinse la mano di Philip. "Sì. Io, ah … non c’è un modo facile per dirlo, signor Evans." Si guardò attorno, posando lo sguardo dappertutto. "E’ sicuro parlare in questa stanza?"

"Certo." annuì Philip.

"No. Voglio dire perfettamente sicuro? Mi perdoni, signor Evans, ma ricordo l’articolo sui teenagers scomparsi e l’interesse mostrato per loro dall’FBI. Sono anche consapevole che, poiché uno di quei ragazzi è suo figlio, è probabile che il suo ufficio sia … diciamo … infestato?"

"E’ perfettamente sicuro." confermò Philip. "Abbiamo fatto … disinfestare le stanze ed abbiamo preso le nostre … contromisure."

"Ho bisogno di rintracciare qualcuno." continuò Curtis. "Ho avuto un servizio di consegna che non ho potuto pagare e speravo che lei fosse in grado di fare in modo che il pagamento arrivasse al beneficiario."

"Capisco." Philip si appoggiò alla spalliera della sedia. Posò la penna sulla scrivania, cercando di mantenere un tono amichevole. "Signor Curtis, questo non è l’Ufficio Persone Scomparse. E io non sono un investigatore privato. Credo che sarebbe meglio se lei … "

"Vede, io credo che la persona che sto cercando abbia salvato la vita di mio figlio."

"Oh?" Philip si raddrizzò di nuovo.

"Sì. Era Natale di due anni fa. Il mio bambino era ricoverato in ospedale, a Phoenix. Stava morendo per il cancro e i medici si aspettavano il peggio. Mio figlio ha detto che era stato a trovarlo un Angelo e che lo aveva fatto sentire meglio. Signor Evans, il mattino dopo lui era guarito. Il cancro era sparito. E non c’era traccia della malattia. Nessuna."

"Capisco." Philip si stava sforzando per rimanere calmo, non volendo lasciar trapelare nulla.

"Io non potrò mai ripagare … l’Angelo che ha fatto questo, ma mi piace pensare che lui potrà ricorrere al mio aiuto ogni volta che ne avrà bisogno. Certo, dopo quella mattina abbiamo traversato l’inferno. Sa? Quell’Angelo ha lasciato un’impronta d’argento sul suo addome. Della grandezza circa della mano di un ragazzo. E’ scomparsa dopo un paio di giorni ma, nel frattempo, si sono fatti vivi quelli dell’FBI. Erano determinati ad interrogare mio figlio. Quando abbiamo rifiutato loro il permesso, hanno cercato di rapirlo. La Polizia è arrivata in quel momento ed ha trattato piuttosto brutalmente i tipi che erano nel furgone. Avevano pensato che fossero dei pedofili. Poi loro hanno mostrato il distintivo. Naturalmente, il tribunale locale si è incuriosito sul perché l’FBI si fosse messa a rapire ragazzini nella sua giurisdizione. E sapete cosa hanno risposto? Sicurezza Nazionale.

Ora, io so che l’Angelo che ha guarito mio figlio, non aveva nessuna intenzione di causarci questi problemi, forse non ci ha nemmeno pensato. Tutto quello che so, è che avrò la possibilità di veder mio figlio crescere, fare sport, avere il suo primo appuntamento con una ragazza, andare al ballo della scuola, diplomarsi e lo vedrò sposarsi con qualsiasi ragazza abbia in serbo il fato per lui.

Mi piace pensare di essere un uomo intelligente e il mio lavoro mi ha fatto riflettere sull’esistenza di altra vita, là fuori nell’universo." Il signor Curtis rimase in silenzio, facendosi scorrere una mano tra i capelli corti. "Signor Evans, io lavoro per il SETI, sa? L’Ente per la ricerca di una Intelligenza Extra Terrestre. Il mese scorso abbiamo ricevuto un segnale."

"Ho letto qualcosa a questo proposito. Il rapporto diceva che era un’eco."

"No. Non era un’eco. Io non sto dicendo che l’Angelo che sto cercando sia un Alieno e nemmeno che il suo figliolo scomparso abbia qualcosa a che fare con tutto questo. E non sto dicendo che lei sappia dove si trova suo figlio o come contattarlo. Tutto quello che le chiedo è che, se fosse in condizioni di farlo, vuole fare in modo che suo figlio riceva questo disco?"

"Lo prenderò nell’ipotesi che, un giorno, mio figlio possa tornare a casa." Philip prese il disco. "Per quanto, non capisco quale interesse possa avere mio figlio in un segnale proveniente da un altro pianeta."

"Certamente nessuno." sorrise il signor Curtis. "Oh, e quando lo vedrà, può porgergli i ringraziamenti di cuore da parte mia e di mia moglie?"

"Lo farò."

"Grazie. Ci sono anche i dettagli per contattarmi. Se lui riuscirà a tradurre il segnale, la mia codificazione sarà la ciliegina sulla torta. Gli dica che … ogni volta che avrà bisogno di aiuto, io sarò lì per lui. Deve solo chiedere."

* * * * *

"C’è la documentazione che hai chiesto, Glenn." L’assistente del Senatore gli tese una cartella di pelle.

Glenn McCarthy era seduto alla sua scrivania e stava riflettendo sulle ultime pieghe prese dalla sua vita. "John, credi che, oltre a noi, ci siano altre forme di vita nell’Universo?"

"Sarebbe arrogante da parte nostra non crederlo, Glenn. Voglio dire, con tutti i miliardi di stelle che ci sono lì fuori, ci devono essere certamente dei pianeti in grado di sostenere una forma di vita."

"E credi che gli Alieni possano essere arrivati sul nostro pianeta, che vivano in mezzo a noi?"

"Cosa ti ci ha fatto pensare?"

"Ma tu ci credi?"

John Frobisher si voltò e guardò il suo capo ed amico. "E’ difficile dirlo. Qualche volta penso che sì, possa essere così. Ma, di contro, tendo a credere in quello che vedo. Non starai pensando sul serio di rendere pubblico che tu ci credi, vero?"

"Perché no?"

"Perché perderesti dei voti, ecco perché no! Penserebbero tutti che sei pazzo."

"Ma se rimanessi sul neutro? Se dicessi che, mentre dubito dell’esistenza di Alieni sul nostro pianeta, credo che sarebbe saggio accettare l’idea che possano arrivare e che dobbiamo prepararci ad accoglierli in amicizia?"

"E’ una buona linea da seguire." John si strofinò il mento.

"Mi sto facendo un nome per essere stato l’uomo che ha istigato le domande sul comportamento dell’FBI. Forse potrei continuare col domandare ‘E se veramente fossero alieni?’ Voglio dire, pensaci. Se sono in possesso di una tecnologia tale da permettere loro di visitarci in segreto, cosa significa per noi? Pensaci, John. Supponi che noi mandiamo un astronauta americano su un altro pianeta e che si scopra che è abitato da una razza meno tecnologicamente sviluppata di noi. Ora fatti questa domanda. Supponiamo che quella razza uccida il nostro astronauta. Non sparandogli semplicemente un proiettile in testa, ma dissezionandolo vivo, su un tavolo da laboratorio. Come pensi che reagiremmo? E cosa ci fa pensare che questi … alieni reagirebbero in maniera differente?"

* * * * *

"Sarah?" Glenn guardò la sua nuova ragazza al di là del tavolo, nel tranquillo ristorante Italiano. "Io credo che qualsiasi altro … articolo che pubblicizzasse quei ragazzi, potrebbe essere controproducente."

"Che vuoi dire?" Sarah allungò la mano per prendere un altro grissino. "Io credo che il mondo debba sapere che grande … essere umano sia Max Evans."

"Sono d’accordo con te." il suoi occhi grigi guardarono in distanza, mentre rifletteva. "E’ solo che … " Glenn si appoggiò alla spalliera e sospirò. "Chiunque con un briciolo di intelligenza può fare due più due e capire che questo Max può fare delle cose. Sai, tutte le cose belle che ha fatto. Lui è un esempio per tutti noi. Noi, come esseri umani abbiamo molto da imparare da questo generoso ragazzo e dai suoi amici. Forse è proprio questo il suo dono più grande.

Ad ogni modo, non sarà solo dell’FBI e dei suoi complici assassini o di tavoli da autopsia, che dovremo preoccuparci. E non saranno solo le agenzie del nostro Governo a mostrare interesse. Ci saranno Agenzie straniere, crimine organizzato. Nominami qualche organizzazione e sarà interessata. E anche se noi riuscissimo a proteggerlo da queste, come faremmo col resto della popolazione? Saremmo circondati da masse isteriche. E lui non si merita tutto questo."

"Vuoi forse dire che dovremmo lasciare quei ragazzi a morire?"

"No." sospirò Glenn. "Noi siamo tra l’incudine e il martello. Quello di cui abbiamo bisogno è di una vera prova dell’esistenza degli alieni. Di altri alieni, voglio dire. Non i nostri amici alieni. Una volta avuta questa prova, potremmo presentare Max Evans come una sorta di … ambasciatore. Potremmo usare un approccio politico, invece di quello personale."

"Ma io credo che lui voglia essere solo un ragazzo normale, sai?"

"Questo Max non sarà mai normale. Tanto per cominciare, non è mai stato normale. Forse il problema è che Max Evans è troppo piacevole. Sai? Potrebbe far scappare diversa gente, se riuscisse ad incutere loro un sano terrore, farla diventare diffidente nei suoi confronti."

"Ma allora non sarebbe più Max."

* * * * *

Kalyn era seduta a gambe incrociate nella polvere di quello che restava della Camera dei Bozzoli, a diverse miglia da Roswell, e guardava le rovine della caverna che aveva contenuto il Granilith. Il suo sguardo non era focalizzato su niente in particolare. Le spalle erano abbassate e sul viso aveva un’espressione malinconica. Aperto davanti a lei, c’era il diario di Liz Parker che era scomparso.

Portò alla bocca una piccola scatola grigia.

"Registrazione 17 - Non ho più scritto da settimane. Non ho nemmeno riportato i miei pensieri, in questo periodo. E’ tutto così opprimente. Ho scoperto delle cose sulla vita di Zan e non sono sicura che mi piacciano. E’ cominciato tutto quando ho cominciato a seguire il guardiano terrestre di Zan e Vilandra. Un altro uomo sembrava godere della sua fiducia e, quando una sera lui è venuto per prendere un grosso libro, ho sentito il bisogno di seguirlo. L’uomo è tornato a casa, un ristorante che è una presa in giro della nostra esistenza. Per giorni l' ho osservato da un tavolo in fondo al locale, ma non ho trovato nulla che potesse giustificare l’abbandono del mio posto. Di tanto in tanto lo controllo ancora.

Poi, un tardo pomeriggio, l’uomo, un certo signor Parker, si è allontanato col libro. L' ho seguito nel deserto, dove mi è sembrato che volesse distruggere l’oggetto che ormai avevo un travolgente desiderio di leggere. Ho riempito la sua mente con emozioni che lui stava già provando e, quando è svenuto, ho preso il libro.Mi ci sono volute settimane per tradurre e leggere il primo quarto del libro, ma sono diventata più veloce a decifrare gli strani scarabocchi che rappresentano le loro parole. Quello che ho letto non è bello e non riseco a credere che abbiamo potuto permettere che accadesse. Non è sorprendente che abbiamo i problemi che abbiamo.

La sola cosa buona che ho appreso dal libro è l’ubicazione della Camera dei Bozzoli ed il posto dove era nascosto il Granilith. Sono venuta subito qui e vi ho passato molto tempo. Chyn e Bektor stanno probabilmente cercando di contattarmi e so che il loro segnale non può oltrepassare queste pareti. Ma io ho la sensazione che questo libro, connesso come è con Zan, ci mostrerà la sua forza e, quello che è più importante, la sua debolezza. Credo che Bektor si sbagli quando dice che avremo facilmente la meglio su Zan. Attiverò il visore olografico, per sapere quale aspetto abbiano ora Zan e gli altri. E se li avessi già visti? Incontrati per la strada? Devo scoprire tutto quello che posso. Il successo di questa missione dipende da questo."

Kalyn posò la scatola, si alzò e si diresse verso una parete. Passò una mano sopra una piccola sezione e si aprì un pannello. Lei pigiò qualche bottone, poi tornò nella stanza. Un cilindro luccicante apparve al centro della camera. Al centro del cilindro prese forma una figura. Lentamente la figura divenne l’immagine olografica di Michael. Kalyn non poté fare a meno di scuotere la testa e scoppiare a ridere.

"Sei brutto come lo eri prima, Rath. Sei sempre una testa dura?"

La figura sbiadì per essere rimpiazzata da Isabel.

"Vedo che hai scelto di mantenere la tua bellezza, Vilandra." ridacchiò. "Mi chiedo se hai pagato per la tua bellezza, quanto hai pagato a casa."

Tess fu la forma successiva ad apparire.

"Ava." sorrise Kalyn. "Le cose possono non essere andate come tu immaginavi, ma c’è ancora speranza. Non aver paura."

La forma cambiò ancora e questa volta apparve Maria.

"E tu chi sei?" Kalyn si avvicinò all’immagine. "Non credo che tu sia quella che ha scritto questo libro."

"E anche tu, chi saresti?" Era apparsa la forma di un ragazzo alto e magro, con pantaloni cadenti ed una catena che pendeva dalla cinta. "Un altro?" rimase senza fiato quando, a sostituire Alex, comparve un ragazzo robusto con la felpa gialla e blu della squadra di pallacanestro. "Che strano che abbiano cercato degli umani e li abbiano fatti diventare tanto importanti per loro."

Kyle svanì e apparve l’immagine di un ragazzo alto, dai capelli scuri e dall’espressione seria.

"Zan." Kalyn riprese fiato. "Come tua sorella, ti hanno fatto attraente per questa razza, come lo eri per la nostra. Mi chiedo se sei sempre lo stesso."

La figura di Max svanì ed apparve una ragazza piccola e con i lunghi capelli scuri, con uno sguardo dolce ma deciso.

"No!” urlò Kalyn. I suoi occhi brillarono dapprima di un totale shock, poi di un odio mortale. Colpì con la mano l’immagine. "No! No! No! No!" Sottolineò ogni esclamazione con un altro pugno sul cilindro, mandando piccole particelle di energia colorata per tutta la camera che, come polvere, svanirono lentamente.

Tornò verso il libro e lo tenne come se fosse un nido di serpenti. Ora più che mai, doveva arrivare in fondo a tutto quello. Doveva tradurlo in tutta fretta. Erano in un pericolo più grande di quello che avevano ipotizzato. Per la prima volta, da quando aveva accettato quella missione, pensò che avrebbero potuto anche fallire.

* * * * *

"Max?" Liz lo chiamò dal loro letto gigante. Dopo la cena e dopo il ballo della sera prima, erano andati a fare una passeggiata sulla spiaggia, al chiaro di luna, dove avevano parlato di piccole cose, mentre la loro connessione parlava dell’amore profondo che li legava. Quasi non fecero in tempo a tornare nella loro stanza, prima che la velocità con il quale era cresciuto il loro desiderio rendesse insopportabile il bisogno che avevano uno dell’altra. Liz non riusciva ricordare quando avevano finito di fare l’amore e si erano finalmente addormentati. Rimase delusa, nel destarsi, di non trovare il protettivo abbraccio di Max attorno a lei.

"Sono qui." rispose la voce di suo marito.

Infilatasi una vestaglia di seta sul corpo nudo, Liz seguì la voce di Max attraverso il soggiorno fino alla balconata che dava sulla spiaggia. Lo trovò, con indosso solo un paio di boxer, seduto al tavolo, mentre stava firmando il conto alla cameriera che aveva appena portato la loro colazione.

"Buon giorno." appena la cameriera se ne fu andata, Max le sorrise. "Hai fame?"

"Certo." disse Liz, permettendo alla sua vestaglia di aprirsi. Si mise a cavalcioni sulle gambe di Max, gli strinse le braccia attorno al collo e lo baciò sonoramente. Il suo seno nudo premette contro il petto di lui.

"Uhm, Liz?" ansimò Max , attraverso i baci che gli piovevano addosso." Per quanto tu mi faccia felice con il tuo saluto, tutti quelli che passano possono vederci."

"E allora?" Gli occhi di Liz avevano un balenio pericoloso.

"Allora mi piacerebbe tenere per me le delizie di mia moglie."

"Allora tu mi vuoi solo per il mio corpo?"

"Mmmmm." Max l’abbracciò. "Mi sono fatto scoprire."

Max le chiuse la vestaglia e l’aiutò a scendere da lui.

"Guastafeste!" Liz mise il broncio, allungando la mano per prendere il succo d’arancia.

In piedi accanto al tavolo, Liz si trovava ora tra Max ed il sole nascente. Attraverso la vestaglia, si vedeva la silouette del suo corpo squisito. Max gemette e si pentì di aver deciso di fare colazione sul balcone.

"Hai deciso cosa faremo oggi, Max?" Liz offrì a Max un po’ del suo succo, in cambio di un morso al croissant di lui.

"Ho pensato che potevamo passare la mattinata sulla spiaggia." le disse Max prendendo un altro croissant.

"Sembra grande. E questo pomeriggio?"

"Ah." Max sorrise. "E’ una sorpresa."

"Dimmelo." rise Liz. "O mi spoglierò e ti salterò di nuovo addosso."

Liz gridò, quando dopo essersi alzato, Max l’afferrò per un braccio e la tirò all’interno della stanza.

* * * * *

"Max." Liz stava abbracciando suo marito, mentre il sole tramontava dietro alle colline occidentali. "E’ stata una bella sorpresa. Grazie."

"Il piacere è stato mio, Liz." Max ricambiò il suo abbraccio. "Appena ho visto il depliant, ho saputo che avresti voluto vederlo."

"Sì, Max. E’ vero. Voglio dire, sapevo che era qui, ma sai una cosa? Da quando siamo arrivati non ci ho mai pensato."

Si voltarono a guardare l’enorme radio-telescopio.

"Sai?" Liz non riusciva a staccare lo sguardo dal grande disco incastrato sulla sua intelaiatura e dalle miglia di cavi che ne scendevano. "Con la tua … eredità, sono sorpresa che tu non abbia mai pensato di venire a Cornell."

"Da quando posso ricordare, c’è solo un posto dove avrei voluto veramente andare, Liz." Max si voltò ed indicò un taxi che aveva lasciato scendere alcune persone.

"E sarebbe?"

Max aprì la portiera posteriore per farla salire. Quando lei si spostò sul sedile, salì anche lui.

"Dovunque tu fossi." Max le sorrise, poi si voltò verso l’autista. Era il guidatore di taxi più anziano che Max avesse mai visto; sembrava avere un’ottantina d’anni. "Copamarina Beach Club, per favore."

"Si, senor." l’autista guardò Max dallo specchietto retrovisore. I suoi occhi si spalancarono e si voltò sul sedile per osservarlo meglio.

"Creo que no! Senor Henderson. Siete voi?"

"Prego?" Max e Liz lo guardarono confusi.

"Senor Henderson. Sono io. Diego. Diego Valdarama."

"Mi spiace." Max scambiò un’occhiata con Liz. "Io non la conosco. E non mi chiamo Henderson. Mi chiamo, uhm … King."

"Lei è identico ad una persona che conoscevo una volta." l’espressione del vecchio si rattristò. "Il Senor Henderson. Mi spiace, senor. Lo siento."

"Di niente." Max cancellò l’episodio con un gesto della mano, ma qualcosa in quella conversazione aveva colpito Liz.

"Mi scusi, signore." chiese. "Questo signor Henderson, quando l' ha conosciuto?"

"Eravamo amigos, senorita. Siamo cresciuti insieme."

"Mi scusi se glielo chiedo ma … lei… è più anziano di noi."

"Ho pensato che loro lo avessero riportato indietro."

"Chi?" chiese Max, stringendo gli occhi.

"Loro." l’autista si strinse nelle spalle. E puntò un dito verso il cielo, imitando lo stesso gesto che qualche anno prima aveva fatto Max nell’ammettere le sue origini con Liz. "Ho pensato che forse lo avevano riportato indietro. Quando si sono schiantati, ho pensato che forse lo stavano riportando a casa. Ho sperato di rivederlo ancora."

"Chi?" insistette Max. "Quale schianto? Quando?"

"Quelli che lo hanno preso." continuò l’autista. "Quando si sono schiantati qualche anno fa. Nel ’91. Laggiù." E l’uomo indicò verso le montagne ad est. "O almeno così diceva la gente. Ma non io. Io so che la loro astronave è caduta lì. So che è caduta in mare."

Lacrime comparvero agli occhi dell’uomo. "E’ stato tento tempo fa. 66 anni. Il mio amico era venuto a trovarmi dal Continente, quando fu rapito da loro, nel mio villaggio di pescatori. Ho sempre sperato che lo avrebbero riportato indietro e quando si sono schiantati … Lo siento, senor King. Ora vi porterò al vostro albergo."

* * * * *

"Posso aiutarla signore?" chiese l’uomo a Jesse, dopo che lui e Isabel furono entrati nel ristorante.

"Sì." annuì Jesse. "Dobbiamo incontrare degli amici. I signori Cunningham. Abbiamo una prenotazione."

"Certamente, signore. I vostri amici sono già arrivati. Se volete seguirmi." l’uomo prese due menu e li guidò attraverso il locale, fino ad un patio alle spalle del ristorante. Quando furono vicino al tavolo, Martin e Tracey si alzarono. Gli uomini si strinsero la mano, mentre scambiarono un bacio sulla guancia con la moglie dell’altro.

"Abbiamo già ordinato del vino francese." Martin e Jesse aspettarono che le donne si sedessero, poi le imitarono. "Spero che non vi dispiaccia. E’ uno Chardonnay."

"Oh." Isabel guardò il menu che aveva appena aperto. "Mi dispiace. Io sono totalmente astemia. Non vado d’accordo con … l’alcol. Vi dispiace se ordino dell’acqua minerale?"

"Affatto." Martin scosse la testa, chiamando il cameriere con un cenno della mano.

La serata passò troppo in fretta per i gusti di Isabel. Era così bello far finta che quella fosse una serata normale, per lei. L’unica cosa di cui aveva dovuto preoccuparsi era di non indossare lo stesso abito dell’amica. Domani sarebbe tornata all’altra vita. Jesse sarebbe tornato a Boston e lei si sarebbe riunita ai suoi amici, per continuare a sfuggire all’FBI. Per quanto sarebbe stato bello rivedere gli altri, le sarebbe mancato Jesse.

Martin e Tracey si erano rivelati una coppia simpatica e la conversazione non dava cenno di voler finire.

"Come vogliamo dividerlo?" Jesse guardò il conto che stava in un piatto al centro del tavolo.

"Bene." Martin si strinse nelle spalle. "Che ne dici se dividiamo a metà, dopo aver aggiunto un dieci percento per la mancia?"

"Per me va bene." sorrise Jesse. "Credo che renda più semplici le cose."

I due uomini contarono il denaro e nessuno commentò il fatto che entrambi non usavano una carta di credito.

"Andiamo nella sala da ballo qui accanto?"

Il locale si rivelò ancora più gradevole del ristorante. Il bar principale era un posto tranquillo e poterono parlare senza gridare, mentre la musica era comunque abbastanza forte da far vibrare il locale con le note dei bassi. Quando non stavano ballando, erano al bar, dove Isabel continuò a bere acqua minerale. I due uomini parlarono di sport, discutendo del campionato e della possibilità di vittoria della propria squadra, mentre le donne parlarono di moda e si scambiarono informazioni sulle rispettive città. Isabel dovette inventare la sua vita a Boston.

Tracey si alzò e prese la sua borsetta da sera. "Se i signori vogliono scusarci, è tempo che andiamo ad incipriarci il naso."

"Certo." i due uomini si alzarono.

"E’ grande, non è vero?" disse Martin guardando sua moglie che si allontanava.

"Sì." concordò Jesse, lo sguardo fisso su Isabel.

"Anche Violet è deliziosa." aggiunse Martin. "Sono entrambe delle belle donne. Penso che siamo una coppia di uomini fortunati." Martin diede una pacca sulla schiena di Jesse.

"Penso di sì." Jesse pensò a quanto sarebbe stato duro dire addio alla moglie, il giorno dopo.

"Voi ragazzi … voglio dire, non avete mai … Nah. Dimentica quello che ho detto."

"Cosa?" chiese Jesse, senza ascoltare veramente quello che Martin stava dicendo.

"Avete mai fatto scambio?"

"Prego?" la bocca di Jesse rimase aperta.

"Sai?" Martin gli fece l’occhietto. "Avete mai fatto scambio di coppia?"

"No!" Jesse scosse la testa. "No. Mai."

"Ascolta. So che trovi attraente Tracey. Ho visto come la guardavi."

"No. No, Martin. Ti sei sbagliato, credimi. Io ho occhi solo per … Violet."

"Ma perché non fare una nuova esperienza?"

"Martin, senza offesa, ma non mi interessa, okay? E nemmeno Violet è interessata. Ora, o la fai finita qui o noi ce ne andremo appena le ragazze saranno tornate."

"Non mi sono offeso, Carlos. E non voglio rovinarti la serata. Stavo solo sondando le acque."

"Credimi. L’acqua è fredda."

"Oh, siete qui." Martin si alzò all’arrivo delle signore.

Isabel sollevò un sopracciglio, quando Jesse le avvolse un braccio attorno alla vita e la attirò a sé.

"Che succede?" gli chiese.

“Niente." Jesse scosse la testa. "Solo il piacere di vederti."

"Ti va di ballare?" chiese Martin a Tracey.

"Balla con Violet." gli rispose lei. "Io e Carlos dobbiamo parlare di un affare legale."

"Permetti?" ed indicò ad Isabel la pista da ballo.

"Certo." annuì Isabel, e si allontanò con Martin mentre Tracey cominciava a parlare con Jesse.

"Sei molto bella." le disse l’uomo, mentre ballavano il brano jazz scelto dal DJ.

“Grazie." Isabel gli sorrise. "Anche Tracey lo è."

"Sì." concordò Martin. Uno strano sorriso gli passò sul viso.

"Cosa c’è?"

"E’ bella, ma non è l’unica, lo sai?"

"L’unica?"

"Sì. L’unica persona dell’Universo fatta per te. Quella con cui sei destinato a stare. Capisci cosa dico? Scusa, devi prendermi per un pazzo."

"No." Isabel scosse la testa. "No. Ti capisco. Vedi, io conosco una persona che credeva che qualcuna fosse fatta per stare con lui. Ha dimostrato di aver ragione."

"Allora l' ha trovata."

"Sì."

"Così, semplicemente, huh?"

"No. E’ stato piuttosto … complicato."

La canzone terminò e fu rimpiazzata da un lento. Martin guardò Isabel con la testa inclinata da un lato, tendendole le braccia in un invito. Isabel annuì e fece un passo verso di lui, ma tenendosi a rispettabile distanza.

"Io credo di averla trovata."

"Chi?"

"L’unica."

"Sì? E dove?"

"Qui. Sei tu."

"Prego?"

"Violet, non lo hai sentito? Quando mi hai incontrato? Non hai sentito la stessa attrazione che io ho sentito per te?"

"Martin, io … "

"Andiamocene via. Non se ne accorgerà nessuno. Potremo dire di esserci persi tra la folla e, per quando saremo tornati, gli altri se ne saranno andati. Andiamo."

"Mi dispiace, Martin. " Isabel si sciolse dalle braccia di lui. "Qualsiasi cosa tu possa privare, io non la provo. Io amo … Carlos."

"Ma lui non è l’unico, vero?"

"Non lo so. Io non sono come M … come il mio amico. Non ho mai provato quello che prova lui. Ma questo non significa che pensi che l’unico sia tu."

Isabel lasciò la pista da ballo per tornare da suo marito. Pur sentendosi a disagio per il resto della serata cercò di continuare a ridere per il bene di Jesse, che stava fingendo per il bene di Isabel. Quando la serata terminò, entrambi tirarono un sospiro di sollievo.

* * * * *

Liz non poté fare a meno di ridere, quando Max rifiutò il suo invito a far nuovamente colazione sul balcone. Anche se la sera precedente la loro passione era stata smorzata dalla strana conversazione che avevano avuto col tassista e che aveva dato a Max l’indicazione di dove provenisse il suo DNA, si erano svegliati pronti a godersi insieme il loro ultimo giorno di vacanza.

Liz aveva voglia di scherzare e si rifiutò di lasciare che Max se la cavasse con un bacio superficiale. Quella mattina lo aveva quasi divorato, rendendo memorabile il loro ultimo giorno di vacanza piena. Avrebbe mostrato a Max Evans come era in grado di assaltare le sue difese. Ad abbatterle, se fosse stato necessario.

"Allora, che facciamo, oggi?" chiese, mentre erano ancora uno nelle braccia dell’altra, in attesa di discendere dalle altezze dove si erano spinti uno con l’altra.

"Ti piacerebbe fare nuoto subacqueo?"

"E quando hai imparato ad andare sott’acqua?" Liz disegnò un simbolo familiare sul petto di Max. Ultimamente lo faceva spesso. Due spirali che si dipartivano da un triangolo. Il giorno prima Max l’aveva sorpresa a disegnarlo sulla sabbia. Era il simbolo del suo pendente, la Galassia a Spirale.

"La Jolla." Max ridacchiò sotto le dita di lei. "Quando io e Michael siamo stati lì, l’ultima volta."

"Non avete avuto bisogno di fare un corso? Non avete dovuto mostrare il brevetto per avere le bombole?"

"Liz." Max sembrò deluso.

"Ah, già." ridacchiò lei. "Sono sicura che sarà perfetto."

"Più che perfetto." Max ,l’attirò contro di sé. "Perché questa volta sarò con te."

* * * * *

Dalla piccola barca, Liz guardò l’enorme distesa del mare deserto fino alla linea di terra verso nord.

"Non siamo un po’ troppo lontani?" chiese al capitano della barca. Avevano affittato una barca, dicendo al capitano di essere in cerca di un posto per girare la parte del film che si sarebbe svolta sott’acqua. Il capitano aveva detto loro che la parte più pittoresca era quella.

"Rilassati, Liz." la rassicurò Max. "Starai bene. Non lascerò che ti accada niente."

"Lo so, Max. E’ solo che … "

"Dopo aver passato anni circondata dal deserto, tutta quest’acqua è un po’ … "

"Intimidante? Sì, Max. Ma so di essere al sicuro. Mi piace sapere che ci sarai tu a proteggermi."

"Vuoi che controlliamo di nuovo l’equipaggiamento?"

"No. Credo che basti."

"Sì." Max sorrise. "Ti ricordi i segnali?"

"Sì. Pollice in alto, significa tutto bene, giusto?"

"No." Max si accigliò.

"Sto scherzando, Max. Li ricordo. Davvero."

"Okay. Vuoi portare tu la fotocamera o vuoi che lo faccia io?"

"La porterò io." Liz prese la costosa Nikonos subacquea che Max aveva comprato, ripromettendosi di rifondere Langley, una volta rimessosi in sesto con il denaro. Liz aveva deciso di portarla lei, non fosse altro per far vedere a Max di cosa fosse capace.

"Pronta?" chiese Max.

Liz abbassò la maschera, si mise il boccaglio e chiuse a cerchio pollice ed indice. Mentre Max faceva altrettanto, Liz saltò dalla barca ed entrò in un altro mondo.

Guidata da Max, lo seguì tra strati di corallo e pesci colorati, lasciandosi assorbire dalla bellezza attorno a lei, senza pensare al fatto di non sapere cosa stesse facendo. Le sembrò una cosa così naturale. Si fecero foto l’uno con l’altra, circondati da scenari mozzafiato. Dettero la caccia a pesci di tutti i colori e si inseguirono tra di loro. Provarono anche a scambiarsi un bacio sott’acqua, bevendo quasi un gallone di acqua salata. Max controllò il suo misuratore e fece segno a Liz di fare altrettanto. Lei si stava avvicinando alla zona rossa e dovevano cominciare a pensare di risalire in superficie.

Liz diede a Max il segno di ‘okay’. Mentre Max stava nuotando accanto ad una roccia dalla forma strana, lei decise di scattare un’altra foto. Ne era rimasta solo una. Gli toccò la gamba e lui si voltò per guardarla. Liz sollevò la camera ed indicò entrambi e la roccia. Max capì subito cosa volesse e si tenne forte con le braccia contro la roccia.

Liz sollevò di nuovo la camera contro il viso per scattare la foto, ma quello che vide gliela fece cadere. Fu felice di averla legata alla cinta di galleggiamento, ma in quel momento non fu alla camera che pensò. Con gli occhi che quasi le uscivano dalla maschera, indicò la roccia dietro Max. Dove era passata la sua mano, stava brillando una impronta d’argento.

Max guardò da Liz alla roccia e poi di nuovo a Liz. La roccia aveva una forma triangolare, lunga quasi sei metri e larga tre. Liz guardò negli occhi interrogativi di Max e, pur spaventata da quello che poteva succedere, annuì. Lui premette la sua mano sull’impronta luminosa e, all’improvviso, un pannello sulla roccia, simile a quello della Camera dei Bozzoli, scivolò su se stesso, per mostrare l’interno illuminato da una pallida luce blu. Non ne uscì nessuna bolla d’aria.

Liz guardò Max fissare l’apertura e si rese conto che lui stava andando in iperventilazione. Non ne era sicura, ma non le sembrava una cosa buona essere così lontani dalla superficie. Posò una mano sul braccio di Max, notando immediatamente l’effetto calmante che il gesto aveva avuto su di lui. Il ragazzo le rivolse un’occhiata di gratitudine, prima di guardare di nuovo verso l’entrata. Indicò l’interno e guardò Liz. Poi indicò entrambi. Liz capì che Max voleva entrare, ma che si rifiutava di lasciarla lì fuori. Prendendogli la mano, formò il segno di ‘okay’ con l’altra ed insieme entrarono nuotando nel portale.

* * * * *

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Capitolo 25
*** 25 ***


Parte 25

Il passaggio era stretto per due persone insieme, specialmente con le bombole sulla schiena, ma nessuno dei due prese in considerazione di entrare nell’apertura della roccia, senza avere l’altro al suo fianco. Dopo ave nuotato, mano nella mano, attraverso il portale, e nella luminosità blu dell’interno, successe qualcosa di strano. Caddero entrambi sul pavimento della camera, che non era piena di acqua. La prima cosa che notarono fu di essere entrambi completamente asciutti e che non c’erano chiazze d’acqua sul pavimento. Dietro di loro il mare sembrava tenuto a bada da una enorme bolla d’argento.

La prima reazione di Liz fu quella di togliersi il boccaglio, ma Max la fermò prima che potesse sfilarlo dalla bocca. Scosse la testa ed indicò se stesso. Liz annuì, mentre il ragazzo toglieva il boccaglio e faceva un piccolo respiro, trattenendo l’aria. Max ripeté l’azione diverse volte, prima di considerarsi soddisfatto che quell’aria poteva essere respirata da entrambi. Max fece a Liz un cenno con la testa, togliendosi la maschera. Liz lo imitò.

"Che posto è, Max?" gli chiese, guardando l’interno della strana caverna. Ricordava loro l’interno del Lear Jet, tranne che questo posto era completamente privo di qualsiasi attrezzatura ed aveva una forma più angolata. Era più alto da una parte che dall’altra. A differenza della Camera dei Bozzoli, le pareti erano lisce e sembravano fatte di metallo lucido. La luce era emanata dalle pareti, incise con simboli che ricordarono loro quelli che avevano trovato della caverna di River Dog.

"Non ne sono sicuro." Max scosse la testa.

Camminò lungo il lato più corto della camera, compito reso difficile dalle pinne che aveva ai piedi. Quando raggiunse la parete, una porta scivolò su se stessa.

"Come facevi a sapere che lì c’era una porta, Max?"

"Non lo so." la voce di Max era piena di stupore. "Vieni a guardare."

Liz camminò ondeggiando verso la porta e sbirciò nella stanza che Max aveva scoperto.

"Max!" ansimò, spalancando gli occhi.

La stanza era molto più piccola di quella in cui erano caduti, ma non era vuota. Al centro della stanza un sedile singolo. Piegata in avanti sul sedile, tenuta ferma da una cintura di sicurezza, c’era una figura. Una figura non umana, ma piuttosto con l’aspetto che aveva avuto Nasedo quella volta che lo avevano guarito nella Camera dei Bozzoli.

"Max … "sussurrò Liz. "Lui … lui è venuto da … "

"Antar." finì lui.

Il ragazzo entrò nella stanza e si diresse verso l’essere. Benché fosse chiaramente morto, il suo corpo non mostrava segni di decomposizione.

"Se avessimo ancora le pietre," rifletté Max. "avremmo potuto guarirlo."

"E sarebbe stata una buona idea?" Liz era entrata nella stanza e si stava guardando attorno. Trovò un piccolo quaderno di appunti, simile al Libro del Destino. "Voglio dire, potrebbe essere un nemico."

"Avrebbe potuto essere una fonte di informazioni." Max si strinse nelle spalle. "Che cos’é?"

"Non ne sono sicura." Liz cominciò a sfogliare le pagine. "Ci sono due diversi tipi di scrittura. Il primo è formato dai simboli che sono usati sul tuo pianeta. Questi altri … io … io non ne sono certa, Max, ma mi sembra di averli già visti prima d’ora."

"Dove, Liz?"

"Non ricordo bene. "

"Per quanto intricato sia da tutto questo, Liz," Max si guardò attorno nella stanza. "penso sia ora di tornare indietro."

"Sì." annuì Liz. "Porterò via questo." Liz sollevò il libretto. "Forse puoi avvertire Langley di quello che abbiamo trovato. Max? Pensi che sia un astronave?"

"Sì." Max annuì, poi si fermò e guardò il pilota. "Mi chiedo cosa siano questi?" e tolse due apparecchi dalla cinta del pilota.

"Quello sembra una pistola, Max." Liz indicò il dispositivo più piccolo, che sembrava progettato per essere tenuto in mano. "Forse lo sono entrambi."

"Forse lo scopriremo una volta tornati indietro. Andiamo via, Liz. Qui non c’è più niente."

"Non sei tentato di scoprire se può volare?"

"Per quale motivo? Per tornare su Antar? Il mio futuro è qui, Liz. Non c’è nulla su Antar che possa persuadermi a lasciare quello che ho qui, con te."

Liz gli rispose con un enorme sorriso.

"Possiamo andare, ora? Queste bombole cominciano a diventare un po’ pesanti."

"Certo." Max si infilò i due dispositivi nella tasca della cinta di galleggiamento. "Andiamo."

Tornarono nella camera principale e si rimisero maschera e boccaglio. Max aiutò Liz ad uscire dalla apertura ed uscì subito dopo di lei. Con un gesto della mano, il portale si richiuse, tornando ancora una volta a sembrare solo una formazione rocciosa.

* * * * *

"Stiamo per arrivare ad Albuquerque." disse Isabel a Jesse mentre, seduti sul letto della loro cabina, stavano guardando filare via il paesaggio. Avevano trascorso tutto il tempo possibile a dividere momenti di intimità.

"Sì." sospirò Jesse.

"Sei piuttosto silenzioso." osservò Isabel.

"Non ce la faccio, Isabel." Jesse si voltò verso di lei.

"A fare cosa?"

"Non posso tornare alla vita di prima. Non posso vivere per qualche giorno rubato qui e là. Non posso vivere in sogno una vita amorosa, che rende le cose ancora peggiori. Proprio non posso."

Lacrime scesero dagli occhi di Isabel. "Sapevo che dirti addio sarebbe stato difficile." disse Isabel piangendo. "Ti capisco, Jesse. E se tu vuoi uscire … "

"Cosa? No. No, non è questo che voglio. Io voglio venire con te. Voglio fare parte della tua vita. Voglio far parte della squadra."

"Jesse, no. Non posso lasciarti buttar via così la tua vita. Tu non sai com’è adesso la nostra vita."

"E tu sai com’è la mia, Isabel? E’ un inferno. E’ una tortura. E’ una non-vita. Io voglio stare con mia moglie. Voglio dividere le stesse tue paure, gli stessi tuoi pericoli e le stesse tue gioie. Isabel, Liz è pronta a fare questo per Max. Maria lo fa per Michael. Ti prego. Lasciamelo fare per te."

Isabel strinse Jesse in un abbraccio feroce. "Non voglio che tu mi lasci mai più." singhiozzò.

* * * * *

"Ciao, mamma." Liz, in piedi nel suo posto preferito, accanto alla televisione, salutò sorridendo i suoi genitori. "Ciao, papà."

"Lizzie!" Jeff ricambiò il sorriso della figlia.

"Liz." sua madre resistette all’impulso di correre verso di lei.

"Giusto in tempo." rise suo padre. "Avevamo pensato che avresti saltato le tue visite, mentre sei … via."

"Non dargli ascolto." Nancy diede al marito una pacca sulla spalla. "Come sta andando la tua vacanza?"

"Veramente bene, mamma. E’ così bello qui. Ed è così bello il fatto che Max non debba preoccuparsi per nessuno. Penso di poter dire che, alla fine, abbiamo avuto la nostra luna di miele."

"Come sta Max, adesso?"

"Sta bene, mamma. Proprio come stava ieri sera e la sera prima ancora."

"Solo per esserne sicura. Sai quanto ci preoccupiamo per voi ragazzi."

"Lo so." rise Liz.

"Oh." le interruppe Jeff. "Prima che lo dimentichi. Liz, Jim vuole sapere se potete fare una sosta a Roswell, prima di riunirvi agli altri."

"E’ sicuro, papà?"

"Jim ha detto che potete atterrare in un piccolo aeroporto fuori Dexter. E’ piuttosto isolato e quindi lui può controllare che non ci siano visitatori indesiderati."

"Avete una idea di quale sia il motivo per questa richiesta?"

"No. Non ha voluto dircelo. Ha detto solo che era importante."

"Okay, papà. Ne parlerò con Max. Ma se Jim pensa che sia importante, allora credo che sarà meglio venire. E, prima, vorrei parlare con lui."

"Lo avvertirò più tardi. Perché non ci contatti di nuovo quando siete sull’aereo? Potremmo fare in modo che Jim sia qui per incontrarti."

* * * * *

Il Lear Jet atterrò nel piccolo e poco frequentato aeroporto ad un’ora di strada da Roswell.

"E’ sicuro di volere scendere qui?" chiese a Max l’assistente di volo, osservano il territorio deserto.

"Stiamo aspettando qualcuno." le rispose Max.

"Come desidera. Arrivederci, signor King, signora King. E’ stato un piacere avervi a bordo."

"Grazie." La giovane coppia sorrise e scese dall’aereo, portando in mano le valigie. Si fermarono a guardare la giovane donna che ritirava la scala nell’aereo e chiudeva il portello. Il Jet tornò sulla pista e, con un’ accelerata, tornò a solcare il cielo.

"Ha detto quando sarebbe venuto?" chiese Max, togliendo la valigia dalle mani di Liz.

"No." Liz si strinse nelle spalle. "Immagino che abbia parcheggiato qui vicino e stia controllando che non ci facciano brutte sorprese."

"Mi sembra lui."

Si fermarono insieme a guardare la SUV di Jim Valenti che si stava avvicinando. Si fermò davanti a loro e saltò fuori dall’auto per aiutarli.

"Mi dispiace per questo, Max." mise dietro i loro bagagli. "Ma penso che potrebbe essere importante."

"Certo." Max annuì, mentre Jim abbracciava Liz. "Di che si tratta?" Salirono tutti in macchina ed allacciarono le cinture.

"Come è andata la vacanza?" chiese loro Jim, con gli occhi che tradivano il suo divertimento.

"E’ stata … "

"Divertente." Liz sorrise a Max, posandogli la mano su una coscia. Jim scosse la testa e rise.

"Ci scommetto. Divertente come una luna di miele, huh?"

"Qualcosa del genere." Ora Liz cominciò ad arrossire.

"Bene. Vi siete ripresi tutti e due da quello che vi è successo?"

"Sì." annuì Max.

"Oh, il libro di tua nonna è lì dietro." disse Jim a Liz.

"Di che si tratta?" Max sembrò sorpreso.

"Ricordi quei simboli che mi sembrava di conoscere sul libretto che abbiamo trovato? Credo che siano simboli dei Nativi Americani."

"E penso che il libro di tua nonna possa aiutarti a tradurli?"

"Tentar non nuoce, Max."

"Ah, e tuo padre mi ha dato un CD per il computer, Max, insieme ad un piccolo portatile. Ha detto che probabilmente tu non avresti avuto la possibilità di procurartene uno. Ed ha messo qui tutti i dettagli per tenervi in contatto in un modo più terrestre." E guardò Liz con la coda dell’occhio.

"Cosa c’è sul disco?"

"Lui ha preferito non saperlo. Ha detto solo che glielo ha dato un amico e che tu avresti potuto trovarlo utile."

"Okay." Max si strinse nelle spalle e guardò Liz.

"Il che ci riporta agli affari, Max. Ho avuto una chiamata l’altro giorno. Dal 433 di Crestview."

"Non è dove vivevano gli Harding?" chiese Liz.

"Proprio così." annuì Jim, guardando la strada davanti a sé. "Il nuovo proprietario ha chiamato perché è scattato l’allarme nel garage sul retro. Per quando sono arrivato lì aveva già smesso di suonare. La cosa strana è che lui ha detto che più si avvicinava, più forte suonava l’allarme. Ho cercato di forzare la serratura, ma … Max, io sono piuttosto bravo a forzare le serrature, ma mi è sembrato che ci fosse qualcosa a fermarmi. Sai? Credo che sia una cosa che tu debba controllare. Il garage non è stato incluso nella vendita. Tecnicamente, appartiene ancora ad Ed Harding."

* * * * *

Max si avvicinò alla porta con un nervosismo che non provava più da molto tempo. Tese la mano verso la serratura ed avvertì la forza della piccola barriera che aveva impedito a Jim di aprirla. La superò abbastanza facilmente e la bloccò. Girò la maniglia e la porta si aprì. Max guardò Liz, poi Jim, fece un profondo respiro ed entrò nel garage. Era vuoto.

"Perché mettere un allarme in un garage vuoto?" chiese Liz, entrando subito dopo il marito.

"All’inferno se lo so." Jim si grattò la testa, guardandosi attorno nella stanza.

"C’è qualcosa, qui dentro." sussurrò Max, aggirandosi nel locale, con la testa inclinata da un lato come per sentire qualcosa. "E’ qui." disse alla fine. Max si inginocchiò sul pavimento e passò la mano sul cemento. Apparve l’ impronta argentata di una piccola mano.

"C’è del potere qui, e mi sta resistendo." disse Max dopo aver posato la sua mano sull’impronta. "E’ di Tess." sentì Liz trattenere il respiro.

"Ma Max, lei è … "

"No. Questa è precedente. E’ qui da prima. Devo metterci più energia. Lei è sempre stata forte."

"Sii prudente."

"Lo sarò. Aspetta. E questo cos’é?"

"Cosa?"

"Sembrerebbe … E’ il mio sigillo. No, non esattamente. Lasciami … sì … ci sono."

Un apertura, perfettamente rettangolare, apparve sul cemento. Il rettangolo si aprì all’interno con un udibile sibilo ed uno spostamento d’aria. Dall’apertura sottostante, accompagnato da un costante ronzio, prese vita un bagliore luminescente che diede una misteriosa colorazione verde a tutto il garage. Max scese i gradini che portavano alla stanza segreta. Liz e Jim scesero subito dopo di lui. Max fu sorpreso di vedere che Jim impugnava la pistola.

"E’ un laboratorio." disse Liz e trattenne il respiro.

La stanza era equipaggiata come uno studio medico. C’era un tavolo d’acciaio da un lato ed un banco da lavoro sull’altro.

"Una poltrona da dentista?" chiese Max guardando la sedia dalla forma strana sistemata in un angolo.

"Da ginecologo." Liz scosse la testa. "Non chiedere!"

Alle pareti c’erano diagrammi, lastre e, sul banco, fogli di analisi. Liz prese un registro e, mentre Max si aggirava per la stanza, cominciò a leggerlo.

"Sono tutti miei." mormorò Max.

"Prego?"

"I diagrammi, le lastre, le analisi." Max prese una lastra e la poggiò su un visore luminoso posto sulla parete. Mostrava delle cellule verdi. "Sono le mie."

"Da dove provengono, Max?" Jim si avvicinò per guardare la struttura cellulare. Era la prima volta che vedeva una evidenza dell’origine di Max.

"Pierce." gemette Liz. "Max? Nasedo non le ha distrutte. Le ha conservate. Lui e Tess hanno costruito questo laboratorio e vi hanno portato tutto quello che Pierce ha prelevato da te nella Stanza Bianca." Continuò a leggere il registro.

All’improvviso emise un singhiozzo soffocato e lottò per rimanere sulle gambe, che stavano tremando visibilmente. Guardò Max con le lacrime agli occhi e cercò di allontanarsi, per impedirgli di vedere quello che aveva appena letto. Preso nella sua ricerca, Max non se ne accorse.

"Liz? Cosa c’è?" le chiese Jim avvicinandosi a lei.

Guardando da sopra la spalla di lei e leggendo la stessa pagina che lei stava leggendo, Jim spalancò gli occhi. Le posò una mano sulla spalla e si portò un dito sulle labbra in segno di silenzio. Liz annuì e si asciugò le lacrime. Voltò la pagina ed entrambi i loro volti sbiancarono per l’orrore. Le gambe di Liz cedettero e lei sarebbe caduta se Jim non fosse stato pronto a sorreggerla. Mentre continuava a voltare le pagine, Liz scoprì altre cose che avevano fatto a Max e che lui non ricordava o, se le ricordava, le aveva tenute nascoste.

"Non mi sarei mai allontanata da lui se avessi saputo quello che gli avevano fatto, Jim. " Le lacrime erano comparse di nuovo. "Non quando lui aveva tanto bisogno di me."

Jim annuì e si voltò. Liz voltò un’altra pagina.

"Oh, mio Dio!" esclamò con la gola serrata. E questa volta anche Max la sentì.

"Cosa c’è, Liz?" le chiese Max, avvicinandosi.

Fissando il piccolo refrigeratore sul banco, Liz corse da quella parte e lo aprì. Non voleva credere a quello che aveva appena letto, fino a che non lo avesse visto con i suoi occhi. I suoi occhi si spalancarono e Liz si lasciò cadere in ginocchio sul pavimento.

"Max. Sarà meglio che guardi qui." Liz era ancora seduta sulle caviglie e stava aspettando che lui si avvicinasse.

"Cosa c’è?" disse Max, posandole una mano sulla spalla.

Piccole provette sigillate, piene di fluidi diversi, erano sistemate in speciali contenitori. Una recava la targhetta ‘Campione di sangue’. Un’altra era etichettata con ‘Saliva’, ma la terza portava la scritta ‘Sperma’.

"E questo cos’é?" chiese Max indicando un piccolo Disco di Petri.

"Ovuli." Il disgusto nella voce di Liz era scioccante. "Di Tess. Max, lei si è inseminata artificialmente, da sola." E Liz gli indicò il registro che le aveva dato la prova. "Usando i suoi ovuli e lo sperma che Pierce … ti aveva prelevato."

"Cosa?"

"Max, lei ti ha ingannato. Anche più di quanto tu ti renda conto. Tu non l’hai mai messa incinta. Ha fatto tutto da sola. Probabilmente perché, quando tu … non ci è riuscita."

"O, forse, non lo hanno fatto." disse Jim alle loro spalle. "Voglio dire, se Tess si è presa tutte queste seccature ed è dovuta ricorrere all’inseminazione artificiale, sarebbe stato secondario portarti a letto o no. Le sarebbe stato più facile ricorrere alla deviazione mentale per farti credere di averlo fatto."

"Vedi questi due?" disse Liz indicando due dischi separati. "Guarda. Sono già stati fertilizzati. Probabilmente li ha tenuti di riserva. Max? Forse è per questi che è tornata indietro. Forse sperava che, questa volta, il bambino potesse essere in parte Antariano."

"Non posso crederci. Liz, che genere di persona sono stato su Antar per poter amare qualcuno come … come … quella?"

"Max, forse lei … forse … Max, ora tu sei differente. Tu non sei più quella persona. Sai, forse questo spiega perché il bambino è umano al cento per cento. Forse tu puoi trasmettere … la tua parte aliena solo con l’atto del concepimento. Forse perché tu non … " Liz fece una pausa, spalancando gli occhi. "Max, forse tu non sei andato con lei!" E volò tra le sue braccia.

Max poté solo sorridere imbarazzato e stringerla in un abbraccio, sentendosi un po’ a disagio sotto lo scrutinio di Jim.

"Non ne abbiamo la prova, Liz." le carezzò i capelli per confortarla. "Per quanto voglia crederci … voglio dire, perché non te lo ha detto? Prima di … quando ti ha detto … Perché non ti ha detto anche questo?"

"E’ semplice, Max. Voleva essere sicura che tu ti prendessi cura di Zan. Se ti avesse tolto la responsabilità della sua paternità, se avesse pensato che tu non ti sentissi responsabile di un bambino che non avevi concepito … forse temeva che gli avresti voltato le spalle. Lei non ti conosceva bene come ti conosco io."

"Non sai quanto mi sento sollevato, Liz." Max la strinse ancora più forte.

"Cosa ne dobbiamo fare di tutto questo, Max?" Jim si sentì in colpa per aver interrotto quel momento di tenerezza. Sapeva quanto quella notizia fosse importante per loro. La nascita di Zan li aveva quasi distrutti.

"Distruggiamo tutto." ordinò Liz. "Come avrebbe già dovuto fare Nasedo."

Insieme a Max, Liz si aggirò nella stanza distruggendo appunti, lastre, registrazioni e campioni mano a mano che li trovavano.

"E questi?" la voce di Max era piena di dolore, mentre indicava i dischi con gli ovuli fertilizzati.

"Devi distruggere anche quelli, Max." lo esortò Jim.

"Cosa?" Max rimase senza respiro. "Jim, io non credo … "

"Ha ragione, Max." gli disse Liz con la voce piena dello stesso dolore. "Dobbiamo distruggerli."

"Non posso." Lacrime gli scesero dagli occhi.

"Max, devi." Anche la voce di Jim era colma di dispiacere. “Odio dirtelo e capisco quanto possa essere penoso per te. Ma credimi, Max. Devi farlo."

Max guardò Liz. Lei annuì tra le lacrime. Il ragazzo guardò i dischi, la vista annebbiata dalle lacrime che gli riempivano gli occhi, e vi stese sopra la mano, che tremava violentemente. Liz gli appoggiò la mano sul braccio, in un gesto di empatia e di compassione. Mentre le lacrime gli rigavano il viso, la mano di Max cominciò a brillare e i dischi di dissolsero in una nuvola di fumo bianco. Quando non restò più niente, Max si voltò e salì correndo le scale.

Jim trattenne Liz dal corrergli dietro. "Dagli qualche minuto, Liz."

"Ma … " L’impotenza riempì il suo viso. "Ha bisogno di me."

"Starà bene. Ha solo bisogno di qualche minuto per venire a patti con quello che è stato costretto a fare. Fidati di me, Liz. Ora, finiamo di sistemare qui."

Con gli occhi pieni di lacrime, Liz si assicurò che ogni legame di Max con il laboratorio fosse distrutto. Rimasero solo le attrezzature. Il laboratorio era completamente sterile.

"Lasceremo il resto com’è." Liz si guardò attorno. "Non si può mai sapere di cosa si potrebbe avere bisogno. Potremmo sempre usarlo come ospedale, se mai ci servisse. Potremmo anche usarlo per conservare cose di cui potremmo avere bisogno all’improvviso, come i comunicatori."

Salirono in garage, per trovare Max seduto a terra, appoggiato contro una parete. Aveva le gambe tirate contro il petto e il viso sepolto nel rifugio delle braccia piegate attorno alle ginocchia. Sulla parete dietro di lui, il segno di una scura bruciatura. Liz poté percepire il dolore che si irradiava da lui.

"Stai bene? gli chiese la ragazza correndo al suo fianco. Si inginocchiò accanto a lui e lo strinse forte contro di sé.

Max annuì, ma lei sapeva che non era vero. Capiva perché era così addolorato, anche se la feriva il fatto che quel dolore era causato da qualcosa che era stata una parte di Tess. Quando la botola che portava al laboratorio si chiuse sibilando, Max si alzò e la sigillò con i suoi poteri dicendo "Ora, solo il mio sigillo può aprirla."

* * * * *

"Allora, sai dove dobbiamo andare?" Liz era seduta sull’autobus, al fianco di Max, e stava facendo del suo meglio per impedirgli di scivolare nell’oscurità della depressione. Jim li aveva accompagnati fino a Santa Fe, dove avevano preso l’autobus che li avrebbe portati a Glenwood Springs.

"Sì." annuì lui, continuando a fissare, fuori dal finestrino, il paesaggio ghiacciato delle Colorado Mountains. Le dita di Max, intrecciate alle sue, la strinsero dolcemente. "Isabel ha detto che Kyle, Michael e Maria, con i soldi che sono rimasti dopo la settimana in albergo, hanno preso in affitto un appartamento. Ho l’indirizzo."

"Ti ha detto come stanno?"

"Stanno tutti bene. Ha detto che si sono divertiti."

"Sono contenta. Lei hai detto …"

"No!" Max scosse la testa.

"Stavo per dire se le hai detto che anche noi ci siamo divertiti, Max. So che non ti senti di parlare di … di quello che hai dovuto fare."

"Mi dispiace, Liz." alla fine lui si voltò a guardarla. I suoi occhi erano ancora pieni di dolore. "Mi dispiace per … per … Vorrei poterlo dimenticare, sai? Cancellarlo dalla memoria. Ma non posso. E non posso nemmeno parlarne. Non ancora."

"Io sono qui, Max." Liz gli posò un braccio attorno alla vita. "Quando sarai pronto. Io sono qui."

Max la guardò negli occhi, assorbendo dentro di lui il calore del suo sguardo.

"Sembra freddo lì fuori." disse tornando a guardare il paesaggio. "Chissà se vedremo la neve?"

"Max? Verresti di nuovo a pattinare con me? Se ci sarà ghiaccio, voglio dire."

"Certo, Liz. E se ne avremo la possibilità, andremo anche a sciare."

"Non vedo l’ora di stare di nuovo con gli amici." sorrise Liz. "Non sarebbe bello se fossimo ancora qui per Natale?"

* * * * *

"Liz!" gridò Maria, abbracciando l’amica appena entrata nell’appartamento. "E’ così bello rivederti. Ho sentito la tua mancanza."

"Hey, Maria." ridacchiò Liz. "Sei mancata anche a me."

"Max!" alla fine Maria lasciò andare l’amica ed abbracciò il ragazzo.

"Ciao, Maria." Max la ricambiò.

"Va tutto bene?" chiese a Liz, quando ebbe finito con Max, che ora era tra le braccia di Isabel.

"Non proprio." Liz scosse la testa. "Max ha avuto un momento difficile."

"Lo hai esaurito, huh?" Maria le fece l’occhiolino. "Bene così, ragazza!"

"Cosa? No. No, Maria." Liz scosse la testa. "Uhm … Possiamo evitare di parlarne? Vuoi lasciare che io e Max ce la vediamo tra noi?"

"Va tutto bene tra voi due?" le sopracciglia di Maria si aggrottarono per la preoccupazione. "Voglio dire, non vi state separando, vero?"

"Cosa? No. No. Max … Negli ultimi due giorni, abbiamo fatto delle scoperte spiacevoli. Abbiamo … Lui ha bisogno di tempo per accettarle. Una volta che l’avrà fatto, vi diremo tutto. Okay? Allora, com’è andata la vostra vacanza?"

"E’ andata … bene." Maria si tirò indietro. Liz sentì che c’era qualcosa che non andava, ma come aveva chiesto a Maria di lasciare loro spazio, l’avrebbe ricambiata con la stessa cortesia.

* * * * *

"Max, Liz." li chiamò Isabel. Ormai tutti avevano fatto i loro saluti e tutti sembrarono felici di rivedere Jesse. "Posso dirvi una parola?"

"Certo, Isabel." rispose Liz per tutti e due.

Liz si accorse della sorpresa negli occhi della cognata. Con la coda dell’occhio, colse lo sguardo di disappunto di Kyle. Sembrava che Isabel non fosse la sola a voler parlare con loro. Liz condusse Max ed Isabel nel cortile.

"Allora, Isabel’" Liz fece loro segno di camminare in cerchio nello spazio aperto. "Di cosa ci vuoi parlare?" disse, notando lo sguardo ansioso che Isabel aveva rivolto a Max. Isabel aveva notato che Max sembrava più sottomesso del solito e Liz sapeva che Isabel sarebbe rimasta sorpresa dalla sua inflessibilità, ma voleva usare tutti i mezzi a sua disposizione per aiutare Max.

"Jesse vuole restare." disse Isabel di getto. "Non vuole lasciarmi ancora una volta. E io non voglio che lui se ne vada."

"Mi dispiace, Isabel." Liz guardò verso Max a chiedere conferma. "Non può."

"Scusa?" Isabel sembrò scioccata. Liz poteva vedere che si era aspettata di trovare in lei la sua più grande alleata.

"Perché no?" chiese Max. Da quando erano arrivati, aveva parlato molto poco.

"Perché non hai bisogno di altre responsabilità, Max." Liz sollevò una mano. "Anzi, il contrario."

"Jesse non sarebbe responsabilità di nessuno." obiettò Isabel. "Io voglio Jesse con me. Non posso più stare senza di lui. Cosa hai da dire, Max?"

"Già è difficile preoccuparsi per noi sei." continuò Liz. "Sette sarebbe peggio. Vero, Max?"

"Credo che sia una cosa di cui dovremmo parlate." sospirò lui.

"E allora, parliamone." Isabel agitò in aria le mani.

"Isabel?" Liz guardò Max ad occhi stretti. "Puoi lasciarci soli un minuto?"

"Perché non mi hai sostenuto?" gli chiese Liz, una volta soli.

"Sei arrabbiata con me?" Max sobbalzò, scuotendo la testa. "Liz, avrei voluto che prima ne parlassi con me. Prima di esprimere le tue idee. Lei è mia sorella. Io … io non posso vederla così sconvolta."

"Ma tu sei d’accordo con me, no? E allora perché non lo hai detto?"

"No, Liz. Non sono d’accordo con quello che hai detto. E penso che, in fondo, non lo sia nemmeno tu. Queste decisioni affrettate non sono da te. Non della generosa Liz Evans che conosco."

"Max." esplose lei. "Io … "

"So che ti preoccupi per me, Liz, e lo apprezzo. Ma se qualcuno mi dicesse che non posso stare con te, io non rimarrei dove so che tu non sei la benvenuta."

"Max, ne hai già passate tante."

"Ne abbiamo passate tante, Liz. Ci siamo dentro insieme. Isabel vuole stare con la persona che ama. Liz, cosa faresti, cosa proveresti se gli altri mi mandassero via? Come pensi che mi sentirei io se mandassero via te? Ora, tu hai preso la tua decisione e io non la contrasterò. Ti amo troppo per metterti in imbarazzo davanti a tutti. Ma, Liz? Non farmi fare agli altri quello che non lascerei che facessero a me."

Liz guardò Max, l’emozione che le oscurava i bellissimi occhi. "Mi rifiuto di crederci." disse scuotendo la testa.

"A cosa?" Max spalancò gli occhi.

"Che tu non sei stato un buon leader. Max? Io non credo che tu fossi una persona cattiva. Io credo che … non ti abbiano compreso."

"Allora?"

"Andrò a dire ad Isabel che ho cambiato idea. Se Jesse vuole restare, può farlo."

"Grazie, Liz." lui la strinse tra le braccia. "Ti amo."

"E adesso siamo diventati i Magnifici Sette."

Max si voltò e vide Liz ed Isabel abbracciarsi l’una con l’altra e ritornare dalla gang per dare loro la notizia. Lui voleva rimanere da solo a pensare. Aveva così tante cose in mente.

"Evans?" lo chiamò Kyle. Era arrivato dopo che Isabel aveva annunciato l’addizione di Jesse al loro gruppo. "Posso parlarti un minuto?"

"Certamente, Kyle." gli disse, voltandosi verso di lui. "Cosa c’è?"

"Quando voi ragazzi non c’eravate, ho cominciato ad annoiarmi. Non ne potevo più di programmi sportivi e di servizio in camera."

"Credevo che ti saresti trovato nel tuo elemento."

"Era così." ridacchiò Kyle. "Ad ogni modo, ho trovato un lavoro."

"Bene."

"Per farla breve … ho conosciuto una ragazza."

Max capì subito. "Vuoi rimanere qui? Quando sarà arrivato il momento di andarcene, voglio dire."

"Sì. Max? Ora che c’è Jesse e che Isabel e Liz sono in grado di mettersi in contatto con me, se ce ne fosse bisogno … Forse è meglio per tutti se resto qui con Chrissie a vedere se nasce qualcosa."

"Mi mancherai, Kyle. Mancherai a tutti noi."

"Stai scherzando, vero?"

"No. Affatto." Max scosse la testa. "Sei stato un buon amico per Liz, per Isabel … e per me. Lo sai che saranno tutti dispiaciuti, vero?"

"Gli passerà. Liz ha te e Isabel ha Jesse. Prima o dopo doveva succedere."

"Sì. Ma c’è ancora tempo, prima di separarci. Ora non c’è bisogno di addii. Vuoi tenerlo nascosto fino ad allora?"

"No. Ho pensato di farvi conoscere Chrissie, prima. Poi dirò a tutti dei miei piani."

"Okay, Kyle." Max si grattò dietro l’orecchio. " E grazie. Grazie di tutto."

* * * * *

La porta della grande villetta bifamiliare della cittadina di Gleenwood Springs si aprì e ne uscì una giovane coppia, con i vestiti pesanti per proteggersi dalle temperature fredde che, quell’anno avevano colto tutti di sorpresa. Il giovane guidò la giovane, in avanzata gravidanza, verso la station wagon parcheggiata sul viale.

"Che bella notte!" commentò un uomo anziano, accanto ad una donna anziana, sulla soglia della suddetta porta.

"Fa freddo, però." osservò il giovane. "Non restate fuori troppo a lungo."

"Perché non vi fermate per la notte? Sapete che il posto c’è." disse la donna più anziana.

"Domattina devo essere al lavoro." disse il giovane, scrollando le spalle. "Tutti dicono che nevicherà presto. Dobbiamo avere le macchine pronte per preparare le piste."

"Allora, buona notte. Guida con prudenza e pensa a Jen. Non vediamo l’ora di diventare nonni."

"Lo farò, papà." il giovane sorrise. "Notte. Grazie per la torta e per tutto il resto. Non capisco perché ci fai sempre così tanti regali, mamma."

"E’ perché pensano che non guadagni abbastanza per mantenermi, Bill." la giovane donna sorrise, quando suo marito entrò nella stanza.

"Lo so, Jen." lui si strinse nelle spalle, mettendo in moto. "Ma c’è abbastanza lavoro per tenerci occupati per un paio di settimane." Bill scosse la testa.

"Rallenta." raccomandò al marito che, raggiunta la statale, aveva accelerato. "Lo sai come dicono. Arriva vivo."

"Lo so." annuì lui. "Si sente odore di neve. Voglio solo essere sicuro di arrivare prima che cominci a cadere."

"Non ne farà molta, è troppo presto. Vero?"

"E’ già successo, qualche volta. Non ha senso prendersela comoda."

"Forse non ti saresti dovuto fermare a vedere la fine della partita di hockey."

"Stai scherzando? Avrei preferito affrontare una bufera, piuttosto che perdere quella partita." Venti minuti più tardi, si pentì di averlo fatto.

"Sta nevicando più forte di quello che pensavo." Bill si era chinato verso il parabrezza, per vedere attraverso la neve che scendeva più veloce di quella che il tergicristallo riusciva a togliere. "Non ne ho mai vista scendere così tanta. Credo che prenderò la Valley Road."

"Sei sicuro che sia una cosa saggia?" Jen stava cominciando a preoccuparsi.

"Certo." annuì lui. "Da un lato è protetta dalla montagna e dall’altro dagli alberi. Non ho mai sentito che quella strada fosse bloccata."

"Credo che sia meglio restare sulla strada principale."

"Non preoccuparti, cara. Presto ti porterò a casa e al caldo."

Gli elementi, invece, cospirarono contro di lui. La neve cominciò a scendere sulla Valley Road e la station wagon, senza quattro ruote motrici e senza pneumatici da neve, faticò a mantenere la presa sulla neve.

"Stiamo slittando troppo." Jen si tenne alla cintura con una mano e premette l’altra contro il cruscotto, proprio sopra lo sportellino.

"Più fitta di quello che pensavo." grugnì lui.

"Quanta strada abbiamo fatto?"

"Non ne sono sicuro." lui scosse la testa. "Forse siamo a metà strada."

"Allora non ha senso tornare indietro?"

"Non proprio. Andrà tutto bene, vedrai."

Finirono contro un albero. Bill prese male la curva, dove le strisce laterali erano nascoste dalla neve. La macchina andò fuori strada e finì nella cunetta, finendo in un boschetto di giovani alberi di cedro. Fu avvolta da una nuvola di verde e di bianco.

* * * * *

"Allora sei d’accordo?" Kyle aveva accompagnato Chrissie su per le scale del suo appartamento e stava battendo i piedi per togliersi la neve.

Kyle aveva deciso di presentarle tutti gli altri dopo il loro successivo appuntamento. Avevano trascorso una simpatica serata, una cena tranquilla e poi un film e ora era arrivato il momento che per Kyle era peggio di una tortura. Sperava che Chrissie piacesse ai suoi amici. "Forse avrei dovuto fare in modo di farteli conoscere un po’ alla volta."

"Ad essere sinceri, sono terrorizzata." Chrissie giocherellò con le sue dita. "Ma voglio conoscere i tuoi amici e sarà più facile conoscerli tutti insieme. Spero solo di piacere loro."

"Certo. Ultimamente ne abbiamo passate parecchie. All’inizio potranno sembrarti un po’ pressanti ma, credimi, si scioglieranno davanti a te."

"Sono certa di aver conosciuto gente peggiore. Non mi hai parlato di loro. Chi sono?"

"Okay. Ti farò un aggiornamento veloce. Per cominciare c’è Mark. Probabilmente è il peggiore. Può sembrare freddo e arrogante ma, credimi, non lo è. La sua ragazza, Mary, ti sembrerà protettiva e piena di domande. Non sentirti in dovere di rispondere, perché lei parla per il gusto di farlo. Bella sarà distaccata e sospettosa. E’ il suo meccanismo di difesa, così non lasciare che la cosa ti preoccupi. Il suo compagno è Jose. Probabilmente ti accetterà con calore, non appena lo avrà fatto Bella. Poi c’è Betty. Lei è calda, gentile, aperta e ti accoglierà con calore fin dal primo momento. Lei è grande. Il suo ragazzo, Ray, è un tipo silenzioso e distante, ma non farti ingannare. Lui nasconde i suoi veri sentimenti ed è un gran giudice di caratteri. Lui ti accetterà una volta che saprà che Betty si fida di te, cosa che è certa. In pratica, devi ignorare loro e quello che dicono. Una volta che Betty avrà cominciato a parlare con te, anche tutti gli altri si scioglieranno.

"Questa Betty è il capo o cosa?"

"No." ridacchiò Kyle. "Lei è il nostro radar."

Si fermarono davanti alla porta. Kyle infilò la chiave nella serratura, la girò, ma tenne la porta chiusa.

"Pronta?" le chiese.

"Pronta." gli confermò Chrissie.

"Ragazzi?" Kyle chiamò per avvertire gli amici." Questa è … "

"Connie?" esclamarono contemporaneamente Max, Liz, Michael e Maria, con un’espressione sorpresa sulla faccia. "Connie Griffin?"

* * * * *

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Capitolo 26
*** 26 ***


Parte 26

Indicazione della data: 28 ottobre 2002 - Washington, D.C.

Oggi è stato annunciato che l’inchiesta del Senato sulle attività dell’FBI è finita con la condanna dell’organizzazione, costituita per difendere la legge e recentemente accusata di averla infranta. Già sciolta nel 2000, l’Unità Speciale, incaricata di investigare su fatti straordinari di origine extra terrestre, è stata ancora una volta costretta a chiudere. L’FBI metterà la documentazione a disposizione di un organismo indipendente che dovrà attestare le accuse di appropriazione indebita di fondi.

Gli agenti coinvolti saranno assegnati a nuovi dipartimenti e sarà loro proibito di mettersi in contatto con i loro ex colleghi per quello che riguarda le recenti investigazioni. Si dice che accuse penali saranno promosse contro gli agenti di grado più elevato.

Tutto questo è il risultato per un attentato non autorizzato alla vita di quattro adolescenti di Roswell, New Mexico, sospettati di essere coinvolti con l’esplosione avvenuta alla Edwards Air Force Base, nonostante le tenaci smentite dei genitori dei ragazzi. L’accusa ha costretto sei adolescenti, ormai conosciuti come il Sestetto di Roswell, a fuggire dalle loro case per paura di quella stessa gente che aveva fatto giuramento di proteggerli. Fonti non confermate dichiarano che gli agenti hanno ucciso uno dei ragazzi in un’imboscata sulle montagne del Colorado, dove anche tre degli agenti hanno perso la vita in quello che è stato fatto passare per un incidente. E mentre i loro corpi sono stati recuperati, con ferite che hanno confermato la morte per caduta o affogamento, il corpo del ragazzo non è mai stato ritrovato. - - - Reuters.

* * * * *

"Cosa dobbiamo fare, Eccellenza?" Chyn sollevò gli occhi dal dispositivo che ora mostrava una decisa linea bianca. "Zan è tornato, ma non da’ segni di volersi muovere."

"E’ una costante che si ripete." Bektor si grattò il mento. "Va da qualche parte, poi si ferma per un breve periodo di tempo. Poi si sposta ancora. Ci sono notizie dall’Alto Comando? Cosa mi dici di Kalyn?"

"Di Kalyn, nulla. Il Comandante Kell suggerisce di avvicinarci a Zan e di controllarlo da lontano. Dice che, visto che Zan si sta comportando in modo anormale, di studiarlo e di capire i suoi motivi. Prima d’ora, la prevedibilità di Zan ci ha reso le cose molto facili. Questi nuovi sviluppi, preoccupano lui quanto noi."

"D’accordo." annuì Bektor. "Domani, ci sposteremo sulle montagne dove si nasconde Zan e lo localizzeremo. Dopo che avremo individuato il suo aspetto, cominceremo i turni di sorveglianza."

* * * * *

"Michael?" Connie era senza fiato. "Che ci fai, tu, qui? E perché questi nomi falsi?"

"E’ una lunga storia." sbuffò lui.

"Voi vi conoscete." Il viso di Kyle era un grosso punto interrogativo.

"Sì." annuì Connie. "L’ ho incontrato qualche mese fa. E anche Max, Liz e Maria. Sono stata a Roswell per un po’."

"Grande!" Kyle scosse la testa. "Finalmente riesco ad incontrare una ragazza e lei già conosce Evans."

"E perché io non ti ho mai visto?" Isabel si accigliò.

"E nemmeno io?" Kyle si avvicinò a Connie.

"E’ stato quando è successo l’incidente con il Caccia." le disse Max. "Tu e Jesse eravate … stavate cercando di venire a patti con … la situazione. Non ho idea di dove fossi tu, Kyle. Oh, scusa. Questa è mia sorella, Isabel. E questo è Jesse, suo marito."

"Salve."

"Ciao."

"Allora, come vi siete incontrati?" Kyle guardò da Michael a Connie.

"Mi hanno aiutato a liberare mio padre."

"Gli abbiamo salvato la vita." ammise Max. "Suo padre era stato coinvolto in … un inspiegabile incidente, così lo abbiamo fatto fuggire."

"Dalla base dell’Aeronautica?" Kyle spalancò gli occhi e fece un lungo fischio. "Okay. E ora stiamo usando dei nomi falsi. Io sono Kyle. Io, ah … scusami per il nome falso, ma … noi … sai com’è. A proposito, si che sai com’è! Perché anche voi state usando nomi falsi?"

"Perché mio padre è ricercato dai militari. La storia di copertura che hanno usato è che è rimasto ucciso nell’esplosione. Dubito che possano permettergli di andare in giro a provare che vogliono coprire qualcosa."

"Coprire cosa?"

"Che mio padre si è scontrato con un UFO."

"Aspetta! Era Te … "

"Come sta tuo padre?" chiese subito Max. "Dove sta? Dovrebbe essere qui."

"Sta bene." annuì Connie.

"Ad ogni modo," Isabel assunse il ruolo della perfetta ospite. "Non rimaniamo in piedi accanto alla porta. Perché non ci spostiamo in soggiorno?"

* * * * *

"Stai bene, Jen?" Bill si chinò sulla moglie incinta e le passò una mano sulle gambe.

"Sto bene." gli confermò lei. "Niente di rotto."

"Credo che siamo bloccati." grugnì lui.

"Bella scoperta, Sherlock." Jen guardò fuori dal finestrino la neve che vi si stava ammucchiando contro. "Quanto pensi che ci vorrà, prima che arrivi qualcuno?"

"Ci potrebbero volere anni. Questa strada non è molto usata. Solo dalla squadra del parco. Prima sgombreranno la statale. E visto che nessuno sa che abbiamo preso questa strada … "

"Bill, non possiamo restare qui."

"Lo so." lui tornò ad appoggiarsi alla spalliera del sedile e si passò una mano tra i capelli. "Ascolta. La cosa migliore da fare è vedere se posso arrivare in città. Forse troverò un bar o un altro locale aperto."

"Bill … "

"Lo hai detto tu stessa, non possiamo rimanere qui. E, o restiamo qui, nella speranza che arrivi qualcuno o io posso andare a cercare aiuto. Tu hai cibo in abbondanza; per bere, puoi far sciogliere un po’ di neve. Dietro c’è un a coperta, così sarai a posto fino a che non tornerò con i soccorsi."

"Bill … " Lei gli afferrò un braccio.

"Lo farò." annuì lui.

Bill si chinò e baciò sua moglie. Aprì la portiera, appoggiandovisi pesantemente contro, ed uscì nel buio. Jen si sporse e posò il palmo della mano sulla portiera che lui aveva appena richiuso.

* * * * *

Sollevando il colletto per ripararsi dal freddo e chinandosi in avanti per contrastare il vento, Bill si sforzò di avanzare nella neve che aveva raggiunto un’altezza notevole. Teneva teso un braccio davanti a sé, per ripararsi gli occhi dalla neve che stava scendendo. Non era solo il vento a fargli sentire freddo; era scivolato e caduto tante di quelle volte, che era difficile dire dove terminava la neve ammassata dal vento e dove cominciavano i suoi vestiti. Faceva freddo. Aveva freddo. Era anche molto stanco, ma sapeva che non doveva addormentarsi. C’erano persone che dipendevano da lui. Doveva trovare aiuto per la salvezza di Jen. Scrollando i piedi, per togliere un po’ di neve, continuò a procedere faticosamente sul manto bianco.

La cosa peggiore era la stanchezza, decise. Il freddo era sopportabile. Era da molto che aveva smesso di sentirsi le dita delle mani e dei piedi.

"Il vecchio Duca di York!" muggì contro l’oscurità che stava svanendo. L’alba era dietro l’angolo. "Aveva diecimila uomini. Li faceva marciare su per la collina e poi li faceva riscendere." Cantare gli teneva lontana la mente dal desiderio di dormire. Quando la canzone finì, ricominciò ad arrancare tra la neve.

"Cinque minuti." disse a se stesso. "Che male può farmi resistere ancora cinque minuti?" Ormai non camminava più in linea retta, ma barcollava zigzagando. Bill si fermò e si chinò in avanti, appoggiandosi alle ginocchia per sostenersi. Nuvole di vapore gli uscirono dalla bocca, mentre si sforzava di riprendere fiato.

"Cento bottiglie di birra sul muro, cento bottiglie di birra … " Doveva proseguire. Il sole cominciò a sorgere. Aveva freddo, era stanco ed affamato. "Cinque minuti." grugnì. "Solo cinque minuti."

Il suo corpo ondeggiò avanti ed indietro. Le palpebre pesanti cominciarono a chiudersi.

"Devi stare sveglio." si disse. "Solo cinque minuti. Centiiiiglie di biiiiaasuuuuro … "

Il terreno si alzò per venirgli incontro. Il sonno gli sembrò il benvenuto. Il buio gli sembrò così caldo e, quando il manto di neve lo avvolse, lui era già svenuto. Non si accorse delle mani che si allungarono verso di lui.

"Va tutto bene, amico." disse una voce che lui non sentì. "Siamo qui."

* * * * *

Come cambiano le cose. Sono felice che Isabel e Jesse abbiano deciso di stare insieme, sebbene mi vergogni un po’ per il modo in cui ho reagito alla notizia. Mi preoccupo per Max e per la responsabilità di tutti noi che ricade sulle sue spalle. So che lui sta cercando di dividerne il peso, ma preoccuparsi è insito nella natura di Max. Ma so che la felicità di Isabel gli è di grande aiuto, così penso che la mia reazione sia stata eccessiva.

L’accettazione di Jesse nei nostri ranghi è permeata da un velo di tristezza per la perdita di Kyle. Sono felice che abbia finalmente trovato qualcuno con cui si senta a suo agio e tutti si sono accorti che, sebbene la loro relazione sia appena nata, provano sentimenti profondi, l’una per l’altro. Lui ha deciso di rimanere con la nostra amica, invece di ripartire con noi. E posso capirlo.

E’ impossibile, invece, capire quello che mi ha fatto provare la scoperta delle azioni di Tess per il concepimento di Zan. Sono sicura, anche se non c’è una prova concreta che Max sia andato a letto con Tess, che sia stata tutta una deviazione mentale. Ma non mi interessa più. Abbiamo accettato quel periodo terribile e ce lo siamo lasciati alle spalle. Dopo tutto, il pensiero che Max non ha tradito quello che avevamo, aggiunge una ciliegina ad un dolce già pieno di ciliegie.

Ma Max è ferito. E’ difficile descrivere quello che ho provato, quando ha distrutto gli ovuli fertilizzati di Tess. Perché anche se erano di Tess, erano anche una parte di Max, erano una forma di vita. Sarebbe stato meglio se ci fosse stato Michael lì con noi, ma non c’era. Io posso solo stare vicino a Max e sperare di poterlo aiutare ad uscire da quest’altro danno alla sua psiche. Sono arrivata ad augurarmi che l’FBI si faccia di nuovo viva, in modo che abbia altro cui pensare.

Ma l’FBI non sembra più essere una minaccia. Non che per questo abbiamo abbassato la guardia. In fin dei conti l’Unità Speciale era già stata disciolta anni fa. E poi c’è Sean, anche se spero che abbia imparato la lezione. Ma ho la sensazione che con lui non sia ancora finita. So che Max potrebbe ucciderlo, cosa che causerebbe un danno irreparabile alla più gentile delle anime.

* * * * *

"Allora, cosa avete trovato?" chiese Kyle dal divano dove era seduto, con in mano una busta di patatine.

"Ehy, Kyle." lo chiamò Maria dalla porta, dove lei e Michael si stavano togliendo i giacconi. "Sta nevicando ancora."

"E’ tanto che sei tornato?" Max si lasciò cadere sulla poltrona e si servì di una delle ciambelle posate sul piccolo tavolo.

"Quasi dieci minuti." Kyle si strinse nelle spalle. "Allora, cosa avete trovato?"

"Odio cercare lavoro." Maria saltò in grembo a Michael.

"Non che tu debba farlo molto spesso." grugnì Michael.

"Questo non me lo fa piacere comunque."

"Ragazzi! Ragazzi! Concentratevi!" Kyle sollevò in aria entrambi gli indici e se li posò sulle tempie. "Lavoro. Cosa … avete … trovato?"

"Io ho trovato lavoro in un asilo." Maria si strinse nelle spalle. "Niente di importante."

"Tu? Lavorare con i bambini?" Kyle aveva gli occhi fuori dalle orbite.

"E allora?" Maria si raddrizzò. "Okay. Erano disperati. La nevicata inaspettata ha causato un’ondata di panico. Centinaia di famiglie stanno per arrivare e hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura dei bambini."

"E tu, Michael? Cuoco in una tavola calda?"

"Sicurezza."

"Cosa?"

Michael fissò Kyle. "Valenti, se non la smetti di ridere, giuro che ti … "

"Salve, ragazzi." li salutò Isabel dalla porta. "Chi c’è a casa?"

Jesse ed Isabel si tolsero i giacconi ed entrarono in soggiorno.

"Ciao." li salutò Maria, roteando gli occhi in direzione di Kyle e di Michael. "Trovato niente?"

"Sì." Isabel fece un grande sorriso.

"Grande!" Kyle distolse lo sguardo da Michael, cercando di controllare la sua risata. "Allora, cosa farete?"

"Io lavorerò all’asilo. Sai, aver cura dei bambini."

"Stai scherzando?" ridacchiò Maria. "Anche io."

"Questo supera il lavoro di vigilante che ha trovato Michael." ridacchiò Kyle. "E tu, Jesse."

"Portantino all’ospedale." Jesse si sedette sul divano.

"Avete saputo qualcosa di Max e di Liz?" Isabel si sedette accanto a Jesse e le loro mani si cercarono.

"Non ancora." Kyle fece una smorfia. "Non credo che ci siano molte richieste di lavoro per moglie e marito."

"Hey." Maria sollevò una mano. "Sapete cosa potrebbero fare? Mettere in scena uno spettacolo. Max potrebbe indossare un abito scuro pieno di lustrini e Liz un vestito aderente. Max potrebbe fare i suoi trucchi in palcoscenico. Potrebbe farsi chiamare ‘L’incredibile Zan’."

"Liz non ha detto niente di Max?" Isabel si sedette sul bordo del divano. "A proposito di quello che lo fa essere così … "

"Giù di morale?" fu Maria a finire la frase. "Liz non lo direbbe mai. Ha detto solo che hanno scoperto qualcosa. Ho avuto paura che volessero separarsi."

"Quei due? Kyle sollevò un sopracciglio. "Separarsi? Non c’è possibilità."

"Forse dovrei parlargli." continuò Isabel.

"Lascia fare a Liz." Maria scosse la testa. "Sai che c’è una sola persona che possa aiutarlo quando sta così. Parla del diavolo … " La porta di ingresso si aprì. "Ragazzi, siamo tutti qui."

"Ciao." li salutò Max, con lo sguardo ancora spento.

"Ciao." fece eco Liz arrivando dietro di lui e prendendogli la mano.

"Sicurezza." disse Isabel indicando Michael. "Ospedale, asilo, asilo. E voi ragazzi?"

"Addetta alla ricezione al Plaza." Liz rise al gesto di Isabel.

"Soccorso." Max si grattò dietro l’orecchio. "Io, uhm … indosserò un giacchetto rosso e me ne andrò in giro per le piste, assicurandomi che stiano tutti bene. Se ci fosse una valanga, o qualcosa di simile … dovrò aiutare a cercare i sopravvissuti."

"Sperando che tu sia uno di loro." Maria sembrò preoccupata. "Non dovresti stare fuori dalle piste, dove si suppone gli sciatori non debbano andare, perché è pericoloso?"

"Credo di potercela fare, Maria." Max si accigliò.

"Sì." annuì lei. "Credo che potresti."

"Allora siamo tutti a posto." dichiarò Kyle.

* * * * *
"Devi vedere Connie, stasera?" chiese Max quando furono tutti seduti a cena.

"Non stasera." Kyle scosse la testa." Perché?"

"Abbiamo bisogno di parlare." Max posò coltello e forchetta sul piatto. "Tutti noi. C’è qualcosa che dovete sapere."

"Era ora." mormorò Isabel.

"Prima io e Liz sparecchiamo." Maria si alzò e cominciò a raccogliere i piatti vuoti. "Accidenti, avete visto come abbiamo fatto presto a ristabilire la routine che avevamo in Idaho?"

"Idaho." annuì Kyle. "Mi sembra che sia passata una vita."

"Lo so." rise Liz, portando i piatti in cucina.

"Bene." Max si alzò e cominciò ad aiutare le ragazze. "Molte mani rendono più leggero il lavoro, no?"

Visto che tutti si erano dati da fare, ci misero poco a radunarsi in soggiorno, gli sguardi fissi su Max e Liz.

"Siamo andati a visitare l’osservatorio. Sapete, quello enorme, che hanno usato per il film di James Bond?"

"Uh huh?" Annuirono tutti, gli sguardi pieni di aspettativa.

"Tutto qui?" Maria roteò gli occhi.

"Avete fatto delle foto?" Kyle aprì la bocca e vi portò davanti la mano aperta.

"Sono stato riconosciuto." Max li azzittì tutti.

"Dall’FBI?" Michael fu subito in allerta. "No, aspetta. Erano tutti troppo occupati a salvare il sedere. Da Sean Deluca?"

"No." Max scosse la testa. "Da un autista di taxi ottantenne."

"Huh?"

"Se mi lasciate continuare! Quel signore ha detto che non riusciva a credere che fossi proprio io. Era convinto che fossi un suo amico che era stato rapito dagli alieni sessant’anni fa."

"Allora il suo amico era il tuo donatore." Michael comprese subito. "E … ?"

"Per quanto sorprendente possa essere stato, quello che ha attirato la nostra attenzione è stato sentirlo parlare di uno schianto, a Puerto Rico, undici anni fa."

"E …?" Michael stava ignorando i commenti degli altri. "Andiamo, Max. Sputa la storia."

"Siamo andati a controllare su Internet. Nel 1991 c’è stato uno schianto sulle colline. L’aviazione ha detto che si era trattato di uno dei suoi jet. Testimoni hanno detto che era coinvolto anche qualcos’altro. L’autista ci ha detto che l’UFO era caduto in mare e non sulle montagne."

"Oh, bene." Michael si appoggiò alla spalliera. "Bella storia, Max. Raccontala ai tuoi nipotini."

"Michael!" Maria gli mollò una pacca sulla spalla. "Va’ avanti, Max."

"Ad ogni modo, io e Liz siamo andati a nuotare." e Max cominciò a cercare tra un pacco di fotografie.

"Oh, no." grugnì Kyle. "Max, io stavo scherzando."

"Abbiamo visto questa." Max fece girare la foto che avevano scattato alla strana roccia.

"Interessante formazione rocciosa." Michael era oltre la frustrazione. "Pensavo che avessi qualcosa di importante da dirci."

"Ti aiuterebbe se ti dicessi che c’era sopra una impronta argentata e che io e Liz siamo entrati dentro?"

"Un’altra camera dei Bozzoli?" gli occhi di Michael si spalancarono. Ora tutti erano seduti sul bordo della loro sedia.

"No." Max scosse la testa. "Era una nave spaziale."

"Una nave spaziale?" Isabel restò senza fiato.

"E c’era anche il pilota, ma era morto."

"Che forma aveva lo scheletro?" chiese Kyle.

"Una cosa strana. Quel tipo era morto ormai da undici anni, ma sembrava … normale. Per quello che era, voglio dire."

"Che aspetto aveva?" Isabel si stava torcendo le mani.

"Era come Nasedo, quando lo abbiamo guarito nella camera dei Bozzoli." disse Liz.

"Avete trovato qualche indicazione sul motivo per il quale sono venuti?" Michael si alzò per vedere le altre fotografie prese da Max.

"No." la nave era vuota, tranne che per il pilota."

"E il libro." aggiunse Liz. "E questi … congegni."

"Quale libro?" Michael sollevò lo sguardo. "Quali congegni?"

"Quando siamo entrati nella cabina di pilotaggio, ho trovato un libretto ed il pilota aveva questi due strani apparecchi alla … uhm, cintura. Uno potrebbe essere un’arma. L’altro non ne abbiamo idea."

"Sarà meglio che me li diate. E anche il libro."

"No." Liz scosse la testa. "Sto studiando il libro e voglio provare a tradurlo. In quanto agli strani congegni, li abbiamo lasciati con i comunicatori ed il Libro del Destino nel la … in un posto sicuro."

"Conveniente." sogghignò Michael.

"Ma che cos’hai?" Max guardò l’amico ad occhi stretti.

"Può volare?"

"Cosa?"

"La navicella. Può volare? Funziona ancora?"

"Non ho provato a metterla in moto. "Max si strinse nelle spalle. "Michael, ma che ti passa per la testa? Che razza di domande fai? E’ successo qualcosa?"

"Niente." Maria tirò Michael per un braccio, facendolo allontanare dal gruppo.

"Che può significare, Max?" Jesse, stando un po’ separato dal gruppo, sembrava nervoso.

"Non ne sono sicuro, Jesse. Potrebbe non significare niente. L’area … di carico era vuota. Forse ce ne erano altri, a bordo."

"Solo che adesso non ci sono più, giusto? Potrebbero essere dei nemici."

"Ma potrebbero anche essere amici. E sono passati undici anni. Ormai potrebbero essere dovunque."

"O da nessuna parte." aggiunse Liz. "Forse era vuota. Forse è stata mandata per prendere, non per portare."

"Vuoi dire noi?" Isabel spalancò gli occhi.

"Forse." concordò Max. "E’ solo un’altra cosa da cui guardarci."

* * * * *

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Capitolo 27
*** 27 ***


Parte 27

"Kyle è uscito presto." osservò Maria, sbadigliando davanti al tavolo della colazione. Si stavano preparando tutti per il loro primo giorno di lavoro.

"Che sorpresa, huh? Liz allungò la mano per prendere la marmellata. "Che la ragazza che interessa a Kyle sia Connie."

"Vero." annuì Maria.

Max prese il barattolo dalla mano di Liz e ne versò una cucchiaiata su due toast che stava preparando per lui e per la moglie.

"Kyle ha detto che tu l’hai vista, Liz." osservò Isabel. "Come mai non l’hai riconosciuta?"

"Non sempre vedo le cose chiaramente." Liz si strinse nelle spalle, dando un morso al suo toast. "E, qualche volta, quello che vedo è così vago che preferisco ignorarlo, fino a che non lo vedo di nuovo."

"Che cos’altro hai visto?"

Liz sorrise. "Ho visto che qualcuno di noi farà tardi al lavoro se non ci diamo una mossa."

"Bene, io vado." Max baciò Liz, le carezzò i capelli e si diresse alla porta. Era stato ancora più silenzioso del solito.

"Anche io. Aspetta, Max." lo chiamò Isabel, baciando Jesse sulla guancia.

"Sarà meglio … " Maria guardò Michael ed indicò con la testa gli amici che stavano uscendo.

"Sì." Michael si alzò.

"E tu, Liz?" chiese Jesse.

"Ho ancora qualche minuto. E devo andare dalla parte opposta di Max, quindi non ha senso uscire per prendere freddo, no? E tu?"

"Il mio turno non comincia che tra un’ora." Jesse cominciò a sparecchiare la tavola.

"Sono contento di avere l’opportunità di stare da solo con te." Jesse fece una pausa, col barattolo della margarina in una mano e quello della marmellata nell’altro. "E’ un po’ che volevo parlarti."

"Oh. Cosa c’è, Jesse?"

"Mi mette paura."

"Chi?"

"Max. Anche Michael. Non posso scordare quella volta che lui … che loro … quello che ha fatto Michael."

"Ora quella parte di Michael non c’è più." gli ricordò Liz. "Max l' ha ripresa."

"Sì. E cosa impedisce a Max di fare la stessa cosa?"

"Max è capace di controllarsi." Liz si strinse nelle spalle. "Da quando lo conosco, Max ha sempre avuto una … dolcezza speciale in lui. A Michael piace assumere pose da macho, ma dentro, è come tutti noi. E per quello che riguarda Max … tu sai che Max non farebbe del male a nessuno, vero? Lui è solo … Sai, Max ha dovuto sostenere il ruolo del leader e del protettore così a lungo, che potrebbe sembrare un po’ … "

"Prepotente?"

"Max? Prepotente? Allora non lo conosci affatto. Certo, di tanto in tanto può esercitare un controllo eccessivo, ma lui ama sua sorella, ama tutti noi. Stava facendo questo, quando stavate per sposarvi. Doveva assicurarsi che tu fossi a posto. E non solo per il bene di Isabel, perché in fondo, ha fiducia in lei. Ma Max ha difficoltà a seguire il suo cuore. Deve anche essere sicuro di agire nel nostro interesse. Di Michael, di Maria, di Kyle, di Jim e anche del mio."

"Direi specialmente del tuo."

"Lui ha bisogno di sapere che non mi sta … mettendo in pericolo."

"E tu sei felice, in tutto questo? Di aver dato via la tua vita così?"

"Jesse, spero che tu possa comprendermi se ti dico che non potrei mai amare nessuno come amo Max. E tu sai che il fatto che sia un Re per lui non significa niente. Non più. La verità è che noi lo consideriamo il Re di noi sei. Sette, adesso. E non credere che lui si aspetti inchini e adulazione o che tu faccia quello che dice. Se tu avrai un’idea diversa dalla sua, lui ti ascolterà. Potrebbe non tenerne conto, ma ti ascolterà. E se tu decidessi di andartene per la tua strada, lui non ti fermerà. Jesse, Max non penserà mai che tu gli devi qualcosa. Fino a che tu amerai e proteggerai Isabel, sarai il suo migliore amico."

* * * * *

Steven Baurline passò dall’enorme porta di vetro di un grande palazzo di uffici e si fermò in cima ad una larga scala che andava verso il basso, per guardare la città attorno a lui. Si toccò la tasca, poi scosse la testa e cominciò a scendere.

"Quindici anni di servizio, signor Baurline." un uomo era comparso al suo fianco. "Quindici anni di leale e devoto servizio per rendere questo paese sicuro per i suoi cittadini e loro l’hanno ripagata licenziandola."

"Chi sei tu?" Baurline sollevò lo sguardo sull’uomo alto e snello, vestito con un abito scuro. Se non avesse saputo altrimenti, l’avrebbe creduto un agente.

"Un amico, signor Baurline." l’uomo si guardò attorno. "Un amico che crede che la lealtà debba essere ricompensata, non punita licenziando un uomo il cui unico crimine è preoccuparsi per questo paese. Non come i suoi così detti amici, lì dentro." L’uomo sollevò una mano ed indicò l’edificio dietro di loro. "L’hanno buttata sulla strada ed hanno spedito i suoi colleghi in posti remoti dove, probabilmente, finiranno la loro carriera facendo i fattorini."

"E a te cosa importa di tutto questo?"

"Come amico, signor Baurline, le sto semplicemente dimostrando la mia preoccupazione e la mia costernazione su come il Governo ha ripagato la sua risoluta lealtà."

"Bene, questo non pagherà i miei conti. Ora, se vuoi scusarmi … "

"Sono consapevole che i conti hanno bisogno di soldi, per essere pagati, ma io ho ben più di preoccupazione e costernazione da offrirle, signor Baurline. Sono nella posizione di poterle offrire un lavoro."

"Che genere di lavoro?" Baurline strinse gli occhi e guardò l’uomo.

"Oh, è un lavoro per il quale lei è più che qualificato." l’uomo fece un cenno con la testa, posandogli una mano sulla spalla. "E, oserei dire, uno dal quale trarrà grande soddisfazione. Ma mi sentirei molto più a mio agio, se ne parlassimo in un … diciamo, in un posto più privato." Una lunga limousine con i vetri oscurati, si fermò accanto alla scalinata di marmo.

"Vorrebbe unirsi a me, signor Baurline?"

* * * * *

"Come stai?" chiese a Liz la voce gentile di Max, mentre lei faceva scorrere velocemente le dita sulla tastiera del portatile.

"Mi manca Alex." sospirò lei. "Lui ci sarebbe riuscito in un attimo."

"E questo sarebbe … " Max guardò le figure sul piccolo schermo.

"Il disco che ci ha mandato tuo padre, con il segnale ricevuto dal SETI. Sembra che il padre di uno dei bambini che hai guarito, lavori lì. Ha fatto due più due ed ha ipotizzato che i ragazzi scomparsi da Roswell potessero essere … interessati allo strano segnale che hanno ricevuto dallo spazio. Ne ha dato una copia a tuo padre, chiedendogli di fartela avere."

"Il padre di uno dei bambini che ho guarito? Ha lasciato il suo nome ed il suo indirizzo? Potremmo usarlo per scoprire gli altri nomi."

"Sì." Liz annuì. "E’ criptato qui."

"Allora, cosa hai scoperto?"

"Sembra composto da quattro numeri binari. I primi due sono molto corti. Così pure il quarto, che probabilmente rappresenta numeri decimali. Ma ce n’è uno che è enorme. Guarda!"

"Liz, se provassimo a convertirlo in numeri decimali, staremmo qui tutta la notte."

"Non ci riesce nemmeno il computer."

"Allora, forse, non è un numero decimale. Forse è ... una specie di immagine computerizzata."

"Lo sto pensando anche io. Come per il Viking Voyager. Hanno mandato un segnale binario dove, se si adattano gli uno e gli zero ad una griglia predefinita, mostra la forma umana e la collocazione del nostro pianeta rispetto al Sole. Questo genere di informazioni."

"Ci hai provato? A considerarlo in questo modo, intendo."

"Il problema è che non ho le dimensioni della griglia."

"Forse i primi due numeri binari sono quelli che rappresentano righe e colonne."

"Ci ho provato. Ed ho provato a rovesciarli e ad usarli per colonne e righe. Ne è venuto fuori un pasticcio. Inoltre, ci sono troppi numeri binari nel messaggio lungo, per adattarli. Max? Va tutto bene?" Liz aveva sollevato lo sguardo oltre la spalla, verso il viso di Max, distante pochi centimetri.

"Sì? Perché?"

"E’ che … mi sembra che tu voglia chiedermi qualcosa."

"Perché hai mentito a Michael? Sul fatto che avevamo lasciato i due congegni?"

"Meglio così che discutere con lui." Liz si strinse nelle spalle. "Stava diventando … "

"Difensivo?"

"Aggressivo. Si sta comportando in modo strano, Max. Credo che dovresti tenerlo d’occhio."

"Non farebbe del male a nessuno."

"Lo so. E’ solo che … Max. Abbiamo trovato noi quei dispositivi, non Michael. In passato, quando abbiamo scoperto qualcosa di alieno, lui ha fatto delle … cose, che forse non avrebbe dovuto fare. Come quella volta che ha rapito Maria. O il segnale mandato a Nasedo, quando abbiamo trovato i simboli. Max, non voglio che lui tocchi quelle cose fino a che noi non avremo scoperto cosa sono. Sai, dovremmo andare in un posto deserto e studiarle, quando ne avremo la possibilità."

"Non sono in disaccordo con le tue motivazioni o con le tue azioni, Liz. Mi stavo solo chiedendo per quale motivo non volevi dirlo a Michael. Sono contento che tu non l’abbia fatto. Spero solo che non nascano problemi dopo."

"Forse dovresti parlargli, Max. C’è qualcosa che lo disturba."

"Sì." sospirò Max. "Avresti pensato che le cose sarebbero diventate più facili, che avrebbe saputo che le sue azioni si ripercuotono su tutti noi."

"A proposito di sapere, Max. Hai detto a Langley della nave?"

"Sì." Max annuì. "E non mi è sembrato molto impressionato. Ha detto che si è schiantata e, come l’altra, probabilmente non funzionerà più. Gli ho fatto sapere che non ho nessuna intenzione di accertarmene."

"Bene." sorrise Liz.

"Fai una pausa, Liz." Max le carezzò i capelli, attirandola a sé e dandole un bacio sulla fronte. "Dubito che quel segnale sia importante. Almeno per noi. Andiamo ad unirci agli altri."

* * * * *

"Signor Rodriguez?" qualcuno chiamò Jesse, mentre lui stava spingendo la barella vuota verso la parte opposta della stanza.

"Sì?" annuì lui, voltandosi verso chi lo aveva chiamato. "Infermiera Grayson."

Lo avevano tutti messo in guardia dall’ infermiera Grayson, l’orco del Glenwood Springs General. Era di statura bassa, aveva poca pazienza e i suoi capelli grigi erano il segno che si avvicinava alla sessantina. Alcuni dicevano che era una vecchia zitella acida votata a rendere la vita impossibile a tutti, ma Jesse sapeva riconoscere l’esperienza quando la vedeva e si era reso presto conto che, da quelli che lavoravano con lei pretendeva il massimo. Se non eri all’altezza delle sue aspettative, lei ti avrebbe rimproverato fino ad ottenerla. Con questa consapevolezza e facendo del suo meglio per arrivare a quegli standards, Jesse era diventato il suo assistente preferito già dopo il primo giorno di lavoro.

"Sono sicuro che non vede l’ora di tornare a casa da sua moglie, signor Rodriguez, ma mi stavo chiedendo se non potesse farmi un favore. In rianimazione, abbiamo un paziente che soffre di una forma acuta di congelamento alle estremità. E’ stato in coma tutto il giorno, ma le sue condizioni si sono finalmente stabilizzate, così vorremmo trasferirlo nel reparto specializzato, in modo da cercare di salvargli più dita possibili."

"E vuole qualcuno che lo trasporti, Infermiera Grayson?" le sorrise Jesse. "Lo consideri fatto."

Seguì la donna in Rianimazione, fino al letto dell’uomo che sembrava in condizioni critiche. La sua pelle era grigiastra ed aveva mani e piedi fasciati con bende impregnate di acqua fredda. Jesse spalancò gli occhi. L’uomo sulla barella era il suo amico Martin, di New Orleans. No. Ora che aveva avuto modo di osservarlo meglio, gli somigliava soltanto. Non era Martin. Jesse ricominciò a respirare.

"Cosa gli è successo?" chiese Jesse, aiutandola a spostare i macchinari cui l’uomo era collegato.

"Lo hanno trovato le Guardie Forestali." L’infermiera bilanciò l’ultimo monitor ai piedi della barella. "Questa mattina all’alba. Era completamente congelato e ad un passo dalla morte."

"E che ci faceva fuori, con questo tempo?"

"Non ne ho idea. Le Guardie pensano che sia stato fuori per tutta la notte. Probabilmente è rimasto bloccato dalla neve ed ha deciso di raggiungere la città a piedi. I dottori pensano che perderà quanto meno, le dita delle mani e dei piedi. E sarà fortunato se perderà solo quelle."

O forse sarà ancora più fortunato, pensò Jesse, e sarà visitato da … un Angelo.

* * * * *

"Non so perché voi ragazze dobbiate sottoporvi a questa tortura." Michael scrollò le spalle mentre guardavano un altro show televisivo, pieno di drammi e di angoscia. "I personaggi cambiano talmente in fretta che non fai in tempo a conoscerli."

"E tu sei diverso, vero?" sogghignò Isabel.

"Sapete," rise Kyle. "dal modo in cui l’eroe cambia, da persona gentile e amorevole in un mostro pieno di sé, sembra che sia stato vittima di una delle deviazioni mentali di Tess."

Impallidito, Max si alzò e lasciò la stanza, chiudendosi nella camera da letto che divideva con Liz.

“Io … mi dispiace." Kyle guardò ad occhi spalancati la porta dietro la quale era sparito Max, prima di voltarsi verso Liz. "Io non avevo intenzione di … Io non … "

"Ma che cos’ha Max, ad ogni modo?" lo interruppe Isabel. "Sta cercando accanitamente di essere se stesso, ma non riesce a nascondere che si sta allontanando da noi. Che succede, Liz?"

Si voltarono tutti verso Liz, che stava fissando la porta chiusa. Lei scosse la testa e sospirò.

"Dovrete dare un po’ di spazio a Max, ancora per un po’." sospirò ancora.

"Liz? E’ successo qualcosa," continuò Isabel "e tu devi dircelo. E’ come hai detto tu. Ci siamo dentro insieme e se sta succedendo qualcosa tra voi due, noi dobbiamo saperla."

"Io … io ho sperato che fosse Max a parlarne. E’ qualcosa di importante e, anche se non riguarda voi, è una cosa che dovete sapere. Mi sembra quasi di tradirlo, ma credo che voi abbiate il diritto di sapere."

"Sapere cosa, Liz?" Isabel andò a sedersi accanto alla cognata.

"Jim ci ha fatto sapere che voleva vederci."

"Mio padre? E perché?"

"Lasciala finire." brontolò Michael.

"Di ritorno da Puerto Rico, abbiamo fatto in modo di fermarci in un piccolo aeroporto vicino a Dexter. Jim ci è venuto a prendere e ci ha portato a Roswell."

"Avete incontrato i nostri genitori?" chiese Maria sporgendosi in avanti.

"Ci ha portato nella casa dove viveva Tess." Liz scosse la testa a Maria. "Sapete, quella dove sono andati a vivere appena arrivati. Sul retro c’è un garage. Quando la casa è stata venduta, il garage non era compreso nella vendita. Il proprietario è ancora Ed Harding. Una notte, i nuovi proprietari della casa hanno sentito suonare un allarme ed hanno chiamato l’Ufficio dello Sceriffo. E’ andato tuo padre, Kyle. Jim ha cercato di aprire la serratura, ma non ha potuto e si è reso conto che era qualcosa che aveva a che fare con gli alieni, così ha lasciato, a mio padre e a mia madre, un messaggio per Max. Quando siamo arrivati lì, Max si è reso conto che la serratura era protetta da … un potere. E’ riuscito ad aprirla e siamo entrati nel garage, vuoto. Max si è guardato attorno ed ha trovato una botola nascosta sul pavimento. L’aveva chiusa Tess."

"E che nascondeva?"

"Ora ci arrivo, Iz." Liz si voltò verso di lei. "C’è voluto un po’, ma Max l'ha aperta e siamo entrati in un piccolo laboratorio. Non so come Max abbia trovato la forza di entrare lì, sembrava una piccola … Vi ricordate quando Pierce lo ha preso? Ebbene, tutte le registrazioni, le analisi ed i campioni presi in quei giorni erano in quel laboratorio. Nasedo non li aveva distrutti e, invece, li aveva dati a Tess." Il viso di Liz diventò bianco. "Ho trovato un libro, un diario, di tutte le cose che loro … che loro … avevano fatto … a Max."

"Oh, Liz!" Isabel le strinse una mano sul braccio.

"Io penso che lui non sappia la piena estensione di tutto quello che gli hanno fatto. Mi sono sentita così … Poi ho letto qualcosa che mi ha fatto gelare il sangue, ma che mi ha anche fatto nascere dei sospetti." Liz guardò gli amici, prima di continuare sottovoce. "Gli hanno prelevato del liquido spermatico."

"Come?" chiese Maria.

"Sai, c’è un solo modo." Liz scosse la testa. "Ma non riesco a vedere un Max molto cooperativo, mentre era così terrificato per la sua e la mia vita."

"La tua?"

"Sì. Hanno minacciato di uccidermi per avere la sua collaborazione."

"E in che altro modo potrebbero averlo ottenuto, Liz?" chiese Isabel con un filo di voce.

"Diciamo in un modo non molto piacevole." Liz rabbrividì.

"Okay." le interruppe Michael. "Per quanto tutto questo sia angoscioso, non basta a spiegare il comportamento di Max."

"Ho aperto un piccolo congelatore ed il mio orrendo sospetto è stato confermato. Insieme allo sperma di Max e ad altri liquidi prelevati, c’erano alcuni ovuli di Tess."

"Ma Tess non è stata nella Stanza Bianca."

"Lo so. Deve averli prelevati da sola, dopo aver costruito il laboratorio."

"Per quale motivo?" Maria strinse gli occhi.

"Ne abbiamo trovati due separati dagli altri. Erano fertilizzati."

"No." tutti restarono senza fiato.

"Così lei, cosa?" Gli occhi di Maria si spalancarono quando comprese. "Ha inseminato artificialmente se stessa?"

"Sì." annuì Liz. "E credo sia questa la ragione per la quale è tornata. Voleva provare a rimanere di nuovo incinta. Ma non ne ha avuto il tempo."

"Perché ha combinato un inferno per salvare Zan." Kyle scosse la testa e distolse lo sguardo dal gruppo.

"E cosa ne è stato dei due ovuli?" Isabel si prese la testa tra le mani.

"Max … lui … " Liz stava lottando per trovare le parole. "Max li ha distrutti."

Nella stanza cadde il silenzio.

"Oh." sospirò Jesse. "e ora lui pensa di essere … "

"Un assassino." finì Michael.

"Avevamo avuto il sospetto che Tess potesse aver deviato la sua mente per fargli credere di essere andato a letto con lei. Non ne abbiamo le prove, ma ora tutto ha un senso."

"Allora," grugnì Kyle. "quando ho parlato di deviazione mentale e del cambio di personalità di quel tipo … "

"Gli hai riportato alla mente qualcosa che preferirebbe dimenticare." annuì Liz.

"Oh, Santo Cielo, Liz. Mi dispiace!"

* * * * *

"Max?" Liz bussò piano alla porta ed entrò nella stanza che divideva con lui. Lo trovò seduto sul bordo del letto, al buio. "Stai bene?"

"Sì." annuì lui.

"No. Non è vero." si sedette accanto a lui e gli prese la mano. "Non c’erano secondi fini in quello che ha detto Kyle."

"Lo so. Non mi aspetto che dimentichino quello che è successo e che razza di idiota sono stato."

"Max, tu lo sai che non è stata tutta colpa tua, vero? Io ho la mia parte di responsabilità."

"No. Tu no, Liz." Max le strinse attorno le braccia. "Tu mai."

"Ho detto loro quello che è successo."

"Oh." sospirò Max dopo un momento di silenzio. "Credo che abbiano il diritto di sapere."

"Perché non vuoi lasciartelo alle spalle, Max? So che quello che hai dovuto ti ha fatto soffrire, ma tutto il resto? Non puoi soffermarti su quello che è successo prima che se ne andasse."

"E’ come … dicono … tutti. Quelli che dimenticano il loro passato, sono destinati a ripeterlo."

"Santayana," sorrise Liz. "Questo è Santayana."

"Liz, io ho sbagliato tutto su Antar e mi hanno mandato qui … per prudenza, mezzo umano, mezzo antariano. Non provo rimpianti per quello che ho fatto lassù e per essere stato ucciso, perché tutto quello mi ha portato da te. Ma ho corso il rischio di rovinare di nuovo tutto."

"Ma non l’hai fatto, Max. Hai ritrovato la tuia strada. Sei ritornato da me, proprio come io sono tornata da te."

"Ho paura che tutto questo non sia finito, Ho paura che quel passato che non posso ricordare, mi raggiunga e rovini il nostro futuro."

"Allora dobbiamo solo accertarci che non succeda."

Rimasero in silenzio, traendo conforto dalla presenza dell’altro.

"Io li ho uccisi, Liz." disse Max singhiozzando. "Erano innocenti. Qualsiasi giustificazione mi abbia dato Jim, io li ho uccisi a sangue freddo."

"Max? Non posso pretendere di sapere tutte le risposte e vorrei poterti togliere tutto il dolore che stai provando, cosa che vorrei disperatamente fare, ma sai … in un c erto modo, li hai salvati."

"Che vuoi dire?"

"Pensa allo scenario peggiore. Kivar li mette in una incubatrice e li fa nascere. O sarebbero stati rifiutati, perché umani, e probabilmente uccisi, o accettati come tuoi eredi ed usati per continuare una guerra civile, magari costretti anche a combattere contro di te. Nell’ipotesi migliore, potevano rimanere in quel congelatore, condannati ad una non-vita, fino a che una mancanza di energia elettrica li avrebbe rubati al mondo che avevano. Max? Forse dovresti considerare che … " Liz deglutì con qualche difficoltà " … che distruggendoli come hai fatto, hai permesso alle loro anime di avere una … una esistenza normale da qualche altra parte."

Max guardò Liz negli occhi, che brillavano per le lacrime che lui stesso stava versando.

"Sei incredibile, Liz. Ora vorrei veramente conoscere il mio passato, errori e tutto il resto. Non mi importa di quanto possa essere stato incapace lassù, ma devo aver fatto qualcosa di buono se ho meritato il tuo amore."

"E’ semplice, Max. Tu sei stato tu."

Max rimase a guardarla per un po’, prima di appoggiarsi contro di lei. Le loro labbra si sfiorarono, all’inizio appena un tocco, ma il loro amore domandò di più. Max prese le labbra di Liz nella sua bocca, come se stesse cercando di divorarle. Avvolse le braccia attorno a lei, mentre lei si voltava e si sedeva a cavalcioni sulle sue gambe. Liz tirò indietro le labbra e cercò di prendere quelle di Max. Mentre lei gli prendeva il viso tra le sue piccole mani, Max le infilò una delle sue tra i soffici capelli e l’altra sotto la maglietta per carezzarle la schiena. Max si spostò indietro, centimetro per centimetro, fino a che non fu sdraiato sulla schiena con Liz sopra di lui. I suoi lunghi capelli caddero in avanti a coprire i loro volti. La lingua di Max si infilò tra le labbra di lei, chiedendo permesso di invasione e quando Liz aprì la bocca per garantirgli l’accesso, Max stuzzicò la lingua di lei. Quando la loro passione si accese ancora di più e la loro connessione prese vita, furono nuovamente assaliti da immagini familiari, che ricordarono ad entrambi il loro amore.


Max che le spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio, la sera del Crash Festival.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

Max che abbracciava Liz dopo la morte della nonna.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

Max e Liz che si baciavano sul balcone alla fine dell’ondata di caldo.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

Il bacio che avevano diviso quando Max aveva fatto un passo indietro.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

Il bacio che Max aveva iniziato sul retro del Crashdown.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

Il dolore dolce-amaro di quando si erano confessati il loro amore nel vecchio van.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

Il rifiuto di Max di lasciarla andare quando lei era tornata dalla Florida.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

La determinazione di Liz a proteggerlo anche a costo della sua vita.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

La rinascita della loro amicizia a Natale.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

Il dolore di Liz nel sentire che Max stava partendo per Antar.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

La notte che Max portò Liz sul deltaplano.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

Il loro ballo al matrimonio di Isabel.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

La loro riunione quando Liz lo aveva riportato indietro dalla morte.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

La gioia di Liz quando seppe che Max non si sarebbe neppure avvicinato ad una nave spaziale.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

La proposta di Max a Liz.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

Il loro meraviglioso matrimonio.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.

Max che portava Liz oltre la soglia dell’appartamento di Granny.

Il simbolo con il triangolo al centro da cui partivano due raggi a formare un cerchio protettivo.



Liz allontanò lentamente il suo viso da quello di Max, gli occhi lucidi di lacrime al pensiero di quanto fosse profondo il loro amore, tanto da essere sopravvissuto alla terribile confusione che li aveva circondati fin dal primo giorno.

"Max? Anche tu hai visto tutto?"

"Sì." annuì lui, con lo sguardo distante.

"Cosa significa? Quel simbolo? Mi hai detto di averlo disegnato nella sabbia. Io lo disegno sul tuo petto ed ora lo vediamo nei nostri flashes. So che è la Galassia a Spirale, ma cosa significa?"

"Ho quasi paura a fare una ipotesi."

"Tu pensi di saperlo." Era quasi un’accusa.

"Liz? ho paura che, dopo tutto, quella parte della mia vita non sia ancora finita."

 

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Capitolo 28
*** 28 ***


Parte 28

L’ex agente dell’FBI Steve Baurline scrollò le spalle e, senza esitazioni, permise allo straniero di guidarlo verso la limousine che si era accostata. Dopo tutto, disse a se stesso, cosa aveva da perdere? Entrò nell’auto davanti al nuovo arrivato e non fu sorpreso di trovarvi un uomo vestito come il primo, abito scuro completo di occhiali da sole, già seduto dentro.

"Salga, Baurline." l’uomo gli indicò dove sedersi. "Si metta a tuo agio."

L’altro uomo salì dietro di lui e si sedette accanto al suo compagno. Lui rimase a guardare i due uomini fissarlo in silenzio. "Hai detto qualcosa a proposito di un lavoro?"

"Subito al sodo." annuì il secondo uomo. "Mi piace. Vede, signor Baurline, siamo ben consapevoli dei suoi sforzi determinati a mettere in luce questa minaccia al nostro pianeta. Dopo tutto, a dispetto delle buone cose fatte da questi … esseri in passato, ho notato che non è stata fatta menzione delle … chiamiamole cattive azioni che hanno perpetrato. I giornali hanno forse riportato le strane, inesplicabili morti? Gli agenti uccisi? Le misteriose sparizioni? No, penso di no."

"Siamo consapevoli," continuò il primo uomo "dell’esistenza di forme di vita extraterrestri che vivono su questo pianeta prendendo la forma di esseri umani. In questo caso di adolescenti. Siamo dell’opinione che questi ragazzi sono semplicemente … ‘congegni dormienti’, membri di una razza aliena che aspettano di ricevere ordini dalla nave madre, che li porteranno senza dubbi all’invasione del nostro pianeta. Devono essere fermati, signor Baurline."

"Sono d’accordo con lei." annuì Baurline. "Devono essere uccisi. Tutti."

"Sì." annuì Numero Uno.

"E no." Numero Due scosse la testa. Entrambi avevano sul viso un sorriso teso.

"Vede?" continuò Numero Uno "Dobbiamo scoprire la collocazione delle altre cellule dormienti."

"E, a questo scopo, ne dobbiamo catturare uno vivo. In modo da poter … estrarre … certe informazioni."

"Questo." Numero Due gli mostrò la foto di un ragazzo alto, con occhi e capelli scuri. "Il loro leader. Il Maschio Alpha."

"E’ morto." Baurline scosse la testa. "E’ caduto in un burrone due settimane fa."

"No, signor Baurline. Non è morto. Mi creda. E’ sopravvissuto alla caduta ed è stato ritrovato dai suoi amici."

"Maledetto!" imprecò Baurline . "Allora volete questo vivo? E’ importante in quali condizioni sia?"

"Purché il suo cervello sia ancora attivo, no."

"Bene." sibilò Baurline a denti stretti. "E gli altri?"

"La cattura di uno di loro vivo, sarebbe un bonus per il quale pagheremo profumatamente, signor Baurline. Specialmente questi due." Gli mostrò la foto della femmina alta e bionda e di quella piccola con i lunghi capelli scuri.

"Ma cos’ha di speciale questa?" Baurline indicò la brunetta.

"Perché dice così?"

"Il mio socio, Deluca, ha una dannata ossessione per questa strega."

"Non saprei." Numero Due si strinse nelle spalle. "Per adesso, deve sapere solo che per lei rappresenta denaro. Le daremo duecentocinquantamila dollari di anticipo per le prime spese e le daremo mezzo milione alla consegna del maschio Alpha." batté col dito sull’immagine di Max Evans. "Centomila dollari per ognuna delle due femmine e altri cinquantamila per la testa degli altri."

"Avete un’idea di dove siano andati?" gli occhi di Baurline erano un misto di avidità e di vendetta.

"Sappiamo solo che sono rimasti nella regione dove credeva di aver ucciso il Maschio Alpha."

"Una volta ottenute le informazioni," Baurline li guardò speranzoso. "avrete ancora bisogno del Maschio Alpha?"

"No." Numero Uno scosse la testa guardando Numero Due. "A quel punto sarà sacrificabile."

"Prenderò solo la metà di quei soldi, se potrò ucciderlo personalmente … e lentamente. Molto lentamente."

"Si può fare." sorrise Numero Due.

* * * * *

"Griffin." Max non fu sorpreso di trovare alla porta il padre di Connie. "Entra."

"Mi stavate aspettando?"

"Sì." Max si grattò dietro l’orecchio e si fece indietro per permettere a Griffin di entrare nella stanza. "Conosci già Michael, Liz e Maria." Max indicò gli altri. "Questi sono mia sorella Isabel e suo marito Jesse. Kyle e Connie sono … "

"Fuori per un appuntamento. Salve." fece un cenno on la testa a mo’ di saluto. "Sono venuto solo per … sapete, per ringraziarvi. Per prima. Non abbiamo avuto modo di parlare."

"Sì." annuì Liz. "Le cose erano un po’ tese."

"Ci ho pensato e ripensato. Connie ha detto che eravate solo ragazzi che frequentavano le superiori, ma siete riusciti ad entrare in una base di massima sicurezza dell’Aviazione, farmi uscire da una cella sorvegliata, lasciare al mio posto un killer esperto e poi … uscire di nuovo. Era come se voi foste … i proprietari di quel posto. Come ci siete riusciti, ragazzi?"

"Pura fortuna, credo." Max si strinse nelle spalle, guardandosi i piedi.

"E poi il van ha cambiato colore. Vorrei veramente sapere come avete fatto. Potrebbe tornare comodo di tanto in tanto."

"Allora … cosa avete fatto? Dopo … "

Griffin fissò per un momento Max, prima di scrollare le spalle. "Per prima cosa, io e Connie abbiamo guidato giorno e notte fino a Dallas. Quando sei stato con i militari tanto a lungo quanto ci sono stato io, specie col tipo di gente con cui sono stato coinvolto, impari un trucchetti o due. Avevo già preparato una falsa identità, sapete? Conto in banca, ed avevo messo carte e documenti in una cassetta di sicurezza. Una volta preso quello che mi serviva, abbiamo deciso di andare in California. Ho pensato che con tutti quei turisti, potevamo nasconderci e forse anche trovare lavoro nell’industria del divertimento. Nascondersi in piena vista. Abbiamo discusso per un po’, poi abbiamo imparato a convivere."

I ragazzi annuirono, ricordando di quando avevano sofferto di ‘febbre da cottage’.

"Poi un giorno, mentre stavo lavorando alla riparazione di un ponte, un vecchio collega mi ha riconosciuto. Mi sono messo d’accordo con lui per incontrarci quella sera in un bar, invece io e Connie siamo fuggiti. Chissà a chi avrebbe potuto dirlo. Sai chi ho incontrato oggi? Ci siamo diretti a nord, in Oregon. Ci siamo nascosti in un campo di tagliaboschi, dove ho trovato lavoro in una segheria. Uno dei ragazzi è diventato un po’ troppo preso da Connie e se lei non lo avesse quasi ucciso, quando ha tentato di … lo avrei fatto mio."

"Connie conosce il Kung fu, o qualcosa del genere." Michael fece una smorfia. "Ne ho avuto un assaggio quando le ho mostrato il tuo casco."

"Piuttosto che rispondere alle inevitabili domande," Griffin annuì "o affrontare una possibile ritorsione dai suoi compagni, siamo partiti di nuovo. Abbiamo seguito le montagne e ci siamo fermati qui, fingendo di volerci sistemare. Per essere sicuri che i ragazzi non provassero a darle fastidio, Connie ha scelto uno di qui come fidanzato. Uno a caso."

"E Kyle?" Liz lo guardò preoccupata.

"Circa un mese fa, il ragazzo con cui usciva quando siamo arrivati a Glennwood Springs l' ha lasciata con la scusa che lei non voleva … sapete, andare oltre. Così ho pensato che Carl o meglio, Kyle, sarebbe stato un buon sostituto temporaneo, perché avevo capito che anche lui aveva dei segreti. Poi mi ha detto che stava cominciando a provare qualcosa per lui. Così non devi preoccuparti, Liz. Connie non lo sta usando. Ad ogni modo, abbiamo trovato dei lavori che non ci fanno strare in contatto con i turisti. Questo è il periodo di tempo più lungo che abbiamo passato in un posto."

"Così, oltre a quel tipo che avete incontrato a Disney, nessuno ha idea di dove state?"

"No." Theodore Griffin scosse la testa. "Mi hanno insegnato un sacco di cose sulle evasioni. Credetemi, so quello che faccio. E a voi ragazzi cosa è successo? Hanno scoperto che siete stati voi? A liberarmi, voglio dire. O avete veramente fatto saltare la base? Connie mi ha detto che anche voi ragazzi state fuggendo. E’ a causa mia?"

"Una specie." Maria si rese conto che nessuno degli altri avrebbe parlato. "Per qualche motivo, l’FBI ha pensato che Max, Michael, Isabel e Liz facessero parte di una organizzazione che ha fatto saltare in aria la base. Cosa non vera, per inciso. Ma abbiamo scoperto che l’FBI li ha incastrati per farli sembrare colpevoli e che stavano per ucciderli a sangue freddo. Così abbiamo fatto quello che, in queste circostanze, avrebbe fatto qualsiasi persona sana di mente. Ci siamo procurati un furgone e siamo fuggiti. Tranne che nel nostro caso, in qualsiasi posto andiamo, ci trovano sempre … come se … fossimo sempre al posto sbagliato, nel momento sbagliato."

"O nel posto giusto, al momento giusto." la interruppe Liz.

"Semantica." annuì Max.

"Dipende dai punti di vista." continuò Maria, guardando Max. "In Idaho, abbiamo sventato una rapina nel campeggio in cui stavamo lavorando ed abbiamo salvato la vita alla figlia del proprietario. In Nebraska, abbiamo salvato la fattoria di una dolce vecchietta e la virtù di un paio di donne che stavano avendo qualche problema con gli Hells Angels. Nel New Mexico, siamo finiti in un assedio armato ed abbiamo salvato il sedere a quegli idioti che avrebbero potuto sparare a tutti. Ed ogni volta che aiutiamo qualcuno, l’FBI si trova ed è alle nostre calcagna."

"Wow." Griffin si appoggiò all’indietro sgranando gli occhi. "Pensavamo che per noi fosse dura. Voi da quanto siete in fuga?"

"Da un mese dopo di te."

* * * * *

"Max?" Jesse gli si avvicinò, mentre lui stava guardando Griffin uscire dalla porta principale. "Sei sempre dell’idea di fare buone azioni?"

"Non è una idea passeggera, Jesse." Max chiuse la porta e si voltò verso il cognato. "E’ questo che mi da uno scopo nella vita, sai?"

"Anche se attira su di te l’FBI come un moscerino verso la fiamma?"

"Mi spiace, Jesse. Io e Liz ci siamo impegnati. Questo è quello che vogliamo fare. E’ quello che abbiamo deciso di fare."

"A dispetto del fatto che stai mettendo in pericolo anche tutti gli altri?"

"Non obblighiamo nessuno a restare, Jesse. Tutti sanno quello che stiamo facendo, e tutti sanno che sono liberi di andarsene in qualsiasi momento lo vogliano. Se tu e Isabel volete andarvene, io non farò niente per fermarvi." Max gli indicò la porta. "Non mi farebbe piacere, ma … "

"E Liz?"

"Liz?"

"Anche lei è libera di andarsene quando vuole?"

"Certo che sì." l’espressione di Max si rattristò e lui si sentì molto meno sicuro di se stesso. "Jesse, stai cercando di dirmi che Liz vuole andarsene?"

"No. Ma come faccio a sapere che, per esempio, tu non hai forzato la sua mente o qualcosa di simile?"

"Non la mia mente, Jesse." Liz sbucò alle sue spalle e strinse Max tra le braccia. "Il mio cuore e la mia anima. Perché queste domande, Jesse? Pensavo che avessimo chiarito tutto."

"Perché è successo qualcosa." Jesse diventò scarlatto al pensiero di essere stato sorpreso ad interrogare Max. "Il problema è che, se ogni volta tu fai qualcosa di buono, spunta fuori l’FBI … ho paura di esporre Isabel ad un pericolo."

"E’ quello che facciamo, Jesse." Max strinse Liz contro di sé. "Facciamo del bene ed esponiamo noi stessi. Se avessimo paura di tutto, non faremmo più niente."

"Era più semplice quando me ne stavo seduto a casa e mi limitavo ad immaginare il pericolo a cui voi ragazzi eravate esposti. La realtà è molto peggio."

"Col tempo, ti sarà più facile. Ora, cosa è successo?"

"C’è un ragazzo in ospedale, in brutte condizioni. Lo hanno tirato fuori congelato dalla neve. E’ ancora in coma e hanno paura che perderà le dita delle mani e dei piedi. Forse anche di più. Mi stavo chiedendo se non c’era qualcosa che tu potessi fare."

* * * * *

"Ecco quello che faremo." Max camminava avanti e indietro nella stanza, mentre sei paia di occhi lo fissavano. "Isabel può andare nella stanza della sicurezza e distrarre le guardie perché non guardino le telecamere. Io e Liz indosseremo dei camici bianchi, mentre Jesse, con la sua divisa verde, ci accompagnerà nella stanza dove hanno messo l’uomo. Mentre Jesse e Liz staranno di guardia, io lo guarirò. Metterò fuori uso la telecamera, ma non ho mai guarito prima un caso di congelamento. Ci potrebbe volere un po’ di tempo, prima di riuscire a riparare i tessuti danneggiati e, nel frattempo, potrebbero mandare qualcuno a controllare il danno alla telecamera."

"Forse, dovremmo prima fare qualche ricerca in biblioteca, Max." suggerì Liz. "Se leggessi qualche rivista medica, sapresti cosa aspettarti e come guarirlo."

"Sì." Max si fermò e guardò Liz. "Probabilmente è una buona idea. Cercherò di guarirlo al meglio, ma non so se avremo il tempo per avvertirlo degli effetti collaterali."

"E dopo cosa succederà?" Jesse sollevò lo sguardo. "Voglio dire, lo staff si accorgerà delle impronte, senza parlare della guarigione miracolosa."

"Dovremo andarcene." Max si strinse nelle spalle. "Possiamo fare i bagagli già prima di andare. Gli altri possono uscire con noi o incontrarci dopo, davanti all’ospedale. Quando avremo finito, ci dirigeremo verso le pianure del New Mexico, prendendo la strada che porta al confine."

"Prima di quello che pensavo." mormorò Kyle. "Speravo che voi ragazzi vi sareste fermati più a lungo, magari per tutto l’inverno. Speravo che vi sareste fermati fino a quando le cose tra me e Connie fossero andate più avanti."

"Max?" Liz guardò da suo marito a Kyle. "E se invece di guarirlo completamente, lo facessi migliorare un po’ alla volta? Se tu andassi a trovarlo tutte le sere, come se fosse un controllo di routine e lo guarissi un po’ alla volta, non solleveresti sospetti. Anche in quel caso lasceresti l’impronta?"

"In questo modo non attireremmo l’attenzione su di noi." annuì Maria.

"E potrete fermarvi più a lungo." Kyle guardò raggiante verso Liz.

* * * * *

"Carina." Max guardò Liz vestita con la bianca uniforme da infermiera. "Sai, forse dovremmo usarla per qualche … tranquillo momento insieme."

"Max!" Liz fece un sorrisino furbo, lisciando l’uniforme.

"Andiamo." Jesse roteò gli occhi. Spinse la barella lungo il corridoio, seguito da Max, con indosso un camice da dottore, e da Liz. Sulla barella, stesa sotto una coperta, Isabel stava immobile. Nel cuore della notte, il rollio della barella e lo scricchiolio delle scarpe erano tra i pochi rumori che si sentivano.

"La stanza della sicurezza è qui." disse Max a bassa voce, ma in modo che Isabel potesse sentirlo. Dopo aver controllato che il corridoio fosse vuoto, Liz spostò la coperta e Isabel scese dalla barella. "Liz ti avvertirà quando saremo arrivati." le ricordò Max. "Da quel momento, avremo bisogno di una decina di minuti."

"Sei sicura che andrà tutto bene, Isabel?" chiese Jesse per la terza volta.

"Jesse," sospirò lei "capisco che per te è difficile, ma noi sappiamo quello che stiamo facendo, okay? Ora rilassati e fai finta che sia tutto normale."

Jesse annuì e, ad un segnale di Max, continuò a spingere la barella dietro agli altri due.

* * * * *

"Okay, Liz." Max fece un cenno con la testa, quando furono arrivati fuori dalla stanza dell’uomo assiderato. La mente di Liz si allontanò per un momento, poi tornò indietro.

"Okay." annuì lei e controllò l’orologio che aveva al polso. "Abbiamo dieci minuti."

Jesse si fermò sulla porta e controllò il corridoio, mentre Liz cercò le telecamere nella stanza.

"Siamo fortunati." disse a Max, che si era seduto accanto al paziente. "Niente telecamere di controllo. Isabel non deve intervenire tutte le notti."

"Cosa sta facendo esattamente Isabel in questo momento?" chiese Jesse.

Max sollevò la testa e la scosse impercettibilmente.

"Solo parlando con la guardia." Liz si strinse nelle spalle. "Probabilmente gli sta dicendo di essere una specie di dirigente e gli sta facendo ogni genere di domande. Sai, come una capo arrogante."

"Oh." Jesse sembrò sollevato.

Max posò la mano sul corpo dell’uomo, sorprendendosi per come fosse freddo. Con lui ancora in coma, sarebbe stato difficile formare una connessione, così Max si concentrò sulla composizione del tessuto umano, cercando di connettersi con il DNA. Trovò subito le cellule che erano state distrutte, come conseguenza del congelamento dell’acqua contenuta, che si era espansa ed aveva rotto la membrana cellulare. Cominciò a lavorare dal limite del tessuto sano e riparò le cellule danneggiate, permettendo al ghiaccio di sciogliersi, mentre ricostruiva le membrane rotte. Lavorò solo i danni maggiori e sollevò la temperatura solo di poco. Non voleva attirare l’attenzione sull’uomo.

"Ci potrebbero volere settimane." Jesse chiuse le mani a pugno, mentre Max raccontata a Liz quello che aveva fatto.

"Hai qualcosa di meglio da fare?" gli chiese Max sorridendo.

"Ma voi ragazzi come fate a stare così calmi?"

"Imparerai a farlo anche tu." Max si strinse nelle spalle.

Liz prese la mano dell’uomo, coperta dallo strano materiale che lo aiutava a tenere bassa la temperatura degli arti, per rimetterla sotto le coperte.

Liz si ritrovò accanto ad una tomba. Tutto intorno a lei, il terreno era coperto di neve. Una bara stava per essere calata nella fossa e l’uomo ricoverato in ospedale era lì accanto e piangeva. Le sue mani erano ancora bendate. Dietro di lui, una coppia di anziani stavano piangendo e cercando di confortarsi l’uno con l’altra.

"Max." disse Liz sottovoce, lo sguardo pieno di ansia. "Abbiamo un problema."

"Liz?" Max si voltò verso di lei, il viso una maschera di preoccupazione. "Che succede? Cosa c’è che non va?"

"L' ho appena visto. Era al funerale di qualcuno. Credo fosse sua moglie. Max! Jesse ha detto che lo hanno trovato che camminava nella neve. E se stava cercando aiuto? E se sua moglie fosse ancora lì fuori da qualche parte?"

* * * * *

Jesse scosse la testa, camminando nervosamente per il soggiorno. "Potrebbe essere dovunque. Come faremo a trovarla?"

"Con questa." Max tese la foto dell’uomo a Isabel. "Speriamo."

"Cos’é?" Jesse guardò la foto. Era una foto dell’uomo, scattata dopo che l’avevano trovato. "Dove l’hai presa?"

"Quando tu sei andato a riprendere Isabel," Liz gli sorrise "io e Max siamo andati a fare una visita in amministrazione."

"Vuoi dire che siete entrati e l’avete rubata?"

"Non fare l’avvocato con noi, Jesse." Max si accigliò, mentre Liz sollevò gli occhi al cielo.

"E a cosa ci servirà?"

"Entrerò nei suoi sogni." Isabel guardò la foto.

"Cosa?" Jesse sembrò scioccato. "Io non penso … voglio dire … Isabel, non credo che sia una buona idea."

"Hey, rilassati." intervenne Michael. "Lui non sognerà di lei, okay? Isabel cercherà di scoprire dove ha lasciato sua moglie."

"Lui non ti vedrà?"

"Anche se lo facesse, non saprà chi sono e perché sono lì. Rilassati, Jesse. L' ho fatto centinaia di volte. So quello che faccio." Isabel si rilassò, toccò la foto con la punta di un dito e chiuse gli occhi. Un momento dopo era di nuovo seduta, con un’espressione di disappunto.

“Non riesci ad entrare?" le chiese Liz.

"No." Isabel scosse la testa. "La foto è troppo … non è molto chiara. Lui, di solito, non ha questo aspetto, così invece di vedere lui, vedo una dozzina … di ombre. Mi è impossibile distinguere una dall’altra e ancora più impossibile entrare."

"Dove è stato ritrovato, Jesse?" Max si alzò in piedi con un cipiglio determinato.

"Lo hanno trovato al limite della città, fuori da un posto chiamato Valley’s End, o qualcosa del genere. Perché, Max?"

"Perché alle prime luci,"Max restrinse gli occhi "io andrò lì fuori e comincerò a cercare."

"Le parole ago e pagliaio ti ricordano qualcosa, Max?" Liz lo guardò preoccupata.

"Non c’è verso che me ne stia qui a fare nulla." Max si alzò ed andò a prendere il suo giaccone.

"Non andrai adesso?" Liz stava cominciando ad arrabbiarsi.

"No." il ragazzo scosse la testa. "Torno in ospedale. Lo guarirò completamente. Mi farò dire dov’è sua moglie ed andrò a prenderla."

"Max?" la voce di Liz era determinata. "Posso parlarti un momento?"

Liz e Max si guardarono negli occhi, poi lui fece un piccolo cenno si assenso e la seguì nella loro stanza.

"Max." Liz si voltò verso di lui. "Non è da te."

"Lo so." brontolò Max. "Ma c’è una donna, là fuori."

"E se tu guarirai completamente suo marito, forse non avrai abbastanza energia per salvare lei. E, nel frattempo, l’attenzione che avrai attirato su di te, ci costringerà a fuggire prima ancora di avere il tempo per cominciare a cercarla. E se lui avesse lo stesso problema che avevi tu? E se soffrisse di amnesia? Se non riuscisse a ricordare dov’è sua moglie? Potremmo essere i soli a riuscire a salvarla, ma saremmo troppo presi a fuggire per poterlo fare."

"Ma lei potrebbe morire lì fuori, Liz. Lui è stato ritrovato ieri mattina. Quanto a lungo potrebbe sopravvivere lei?"

"Max?" il tono di Liz si fece più calmo. "Io ho queste premonizioni per un motivo. Sono sicura che la troveremo, okay? Non c’è bisogno di farsi prendere dal panico. Ora, atteniamoci al piano che abbiamo fatto, insieme. E’ un buon piano."

"Ma il piano prevedeva che Isabel potesse entrare nei suoi sogni."

"Ascolta, useremo il portatile che ci ha mandato tuo padre, per fare una ricerca. Dobbiamo solo controllare le persone scomparse. Se siamo fortunati, un parente o un amico potrebbe aver messo una sua foto recente. Io, Isabel e Maria potremmo cercare lui, mentre voi ragazzi cercherete sua moglie."

"Okay." sospirò Max, le spalle abbassate. "E’ solo che … "

"Lo so, Max." Liz lo abbracciò. "Lo so."

* * * * *

"Ti è piaciuto il film?" chiese Kyle, mentre lui e Connie camminavano sul marciapiedi, bordato da mucchi di neve che era stata spalata dalla strada."

"Sì." annuì Connie. "E’ stato bello. E anche la cena. Come puoi permetterti tutto questo? So che guadagni quanto mio padre."

"Non preoccuparti, capito? E’ tutto coperto."

"Posso farti una domanda?"

"Certo." Kyle annuì lentamente.

"Perché Max e Liz sono convinti di poter aiutare l’uomo in coma che sono andati a trovare con Jesse?"

Kyle spostò lo sguardo. "Sai? Max è … lui è una specie … Max ha … Max ha bisogno … di aiutare la gente. Lui pensa di poterlo aiutare e farà tutto quello che è in suo potere per farlo."

"Solo che la gente fraintende le sue azioni, vero? E’ per questo motivo che è coinvolta l’FBI? Lui ha poteri … paranormali?"

"Sì, una specie. Ad ogni modo, sì, lui ha bisogno di … agire in segreto."

"Tu non mi stai dicendo tutto." rise Connie. "Ma va bene così. Capisco. Forse, un giorno, avrai abbastanza fiducia in me da raccontarmi tutto."

"Non è questo. Io … noi … ci fidiamo di te. Ma, come faccio a spiegartelo? Io, uhm … Quando Liz ha scoperto … il segreto di Max, lo ha tenuto nascosto anche ai suoi migliori amici. Una volta ha detto a uno di loro, che non si trattava di un suo segreto. In poche parole, credo che sia così. Io vorrei dirtelo ma, fino a che non mi daranno il permesso, non lo farò."

"E io capisco, Kyle. Non devi preoccuparti."

"E’ solo che … io non sono molto bravo nel gioco dei rapporti. Vedo Max e Liz ogni volta e non riesco a capire come possa essere così facile per lui. Credo che facciano intere conversazioni solo guardandosi negli occhi."

"Non te la cavi poi così male."

"No?"

"No." Connie sollevò il viso e baciò Kyle sulla guancia. Nel buio, Connie non si accorse che il viso di Kyle era diventato scarlatto e non vide lo sciocco sorriso che gli era comparso sulle labbra.

"E come avete fatto a sapere che sua moglie è intrappolata lì fuori, da qualche parte?"

"Credo che anche questo rientri nella sfera del segreto."

"Ma andrete ad aiutarla, vero?"

"Sì." annuì Kyle. "Ma dovrò anche andare a lavorare. Non posso permettermi di essere licenziato."

"Se ti fa piacere, posso venire con te." Connie allungò la mano, nel timido tentativo di stringere quella di lui.

"Ne sarei felice." Kyle sorrise, guardando le loro mani.

* * * * *

"E’ come cercare un ago in una dozzina di pagliai." si lamentò Maria, seduta davanti al portatile.

Avevano trascorso la mattinata, facendo i turni per controllare, tra i vari motori di ricerca su Internet, le persone scomparse in Colorado e nelle aree circostanti. Erano rimasti sorpresi non solo dal fatto di avere trovato dei siti appositi, ma anche dalla quantità delle persone scomparse.

"Sarà meglio per loro se non daranno la colpa ai rapimenti da parte degli alieni." scherzò Maria.

"Sì." annuì Liz. "So che è duro, ma solo perché la Polizia non conosce la sua identità, questo non significa che qualcuno non abbia denunciato la sua scomparsa. Avrà dei parenti, da qualche parte. E anche sua moglie. Qualcuno deve sapere chi è."

"Abbiamo controllato la biblioteca, i giornali, dappertutto." grugnì Isabel, frustrata.

"Come sta Max?" chiese Maria, notando come Liz era sembrata assente per un momento. Sapeva che Liz lo stava controllando ad intervalli regolari.

"E’ un po’ … tormentato."

"A causa di … "

"Sì. Ho paura di quello che potrebbe succedergli se non riusciamo a salvare quella donna. E’ come se fosse … "

"Ossessionato."

"Sì." Liz fece un mesto accenno con capo.

"Lascia fare a me." si offrì Isabel.

Maria si alzò dal tavolo, fece tre passi e si lasciò cadere sul divano. "Quando finirà questo incubo?" gemette. "E ho anche il turno all’asilo."

"Anche io." Liz guardò l’orologio. "E devo andare subito."

"Oh, mio Dio!" ansimò Isabel. "E’ lui!"

"Lo hai trovato?" Maria si raddrizzò sul divano. "Hai trovato il nostro uomo misterioso?"

"No." Isabel scosse la testa. "No. Ho trovato Martin."

* * * * *

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Capitolo 29
*** 29 ***


Parte 29

"Uhm… " Liz era una maschera di confusione. "Chi è Martin?"

"Quando eravamo a New Orleans," Isabel si appoggiò alla spalliera della sedia, fissando l’immagine dell’uomo che le aveva fatto delle proposte "io e Jesse abbiamo incontrato una coppia sposata, pressappoco della nostra età, che veniva da Indianapolis. Sembravano veramente simpatici, sapete? Fare amicizia, durante una vacanza, mi era sembrata una cosa così … " Isabel fece una pausa alla ricerca della parola giusta.

"Normale?" propose Liz.

"Sì." annuì Isabel.

"Aspetta." la interruppe Maria. "Era sembrata?"

"Si è rivelato un completo idiota." Isabel si accigliò. "Ci ha provato con me. Voleva farmi credere che io fossi ‘l’unica’, sapete? Voleva che me la svignassi con lui. Fino a quel momento, era stato come se io e Jesse fossimo una normale coppia sposata, che faceva le cose che fanno tutti i giorni le coppie sposate. Sapete quello che voglio dire, vero?"

"Hah!" ridacchiò Maria. "Dubito che Max e Liz sappiano che significa, se parliamo del … "

"Maria!" la rimproverò Liz. "Va’ avanti, Isabel. Allora, questo Martin? Chi è? Una persona scomparsa?"

"Forse il tuo rifiuto lo ha sconvolto." ridacchiò ancora Maria. "Aspetta! Gli hai detto di no, vero?"

"Certo che l' ho fatto." sbottò Isabel, dando un’occhiataccia a Maria per i suoi dubbi.

"Hai detto che veniva da Indianapolis?" Liz restrinse i suoi occhi scuri. "Ma perché qui dice che viveva a Boulder?" Liz si alzò e cominciò a camminare per la stanza. Si fermò e si voltò verso Isabel. "Kivar non ha già provato a fare una cosa del genere? Sai? Prendere possesso di qualcuno per arrivare a te. E se lo avesse fatto di nuovo?"

"Ma lei lo ha riconosciuto, l’ultima volta." Maria si alzò e si avvicinò a Liz. "Non ne hai parlato con Kyle?"

"Sì." annuì Isabel. "Ma sapevo che era Kivar, solo perché, prima, era entrato nei miei sogni e me lo aveva fatto capire. E, quando l' ho incontrato, sapevo chi era. Se lui avesse preso possesso di Martin, non me lo avrebbe fatto sapere, perché gli ho detto che la prossima volta lo avrei ucciso."

"Allora sappiamo che anche lui può intromettersi nel piano dei sogni, è così?" Liz ricominciò a camminare per la stanza.

"Uh huh." annuì Isabel.

"E se, mentre stavi cercando di raggiungere l’uomo in ospedale, ti fossi confusa con questo Martin? Se questo Martin fosse Kivar, forse ti sta impedendo di arrivare a quell’uomo. Come se un grosso segnale radar, oscurasse quello più piccolo. Kivar avrebbe un grosso peso, nel piano dei sogni."

"Potrebbe avere senso." concordò Isabel.

"Isabel?" Liz si avvicinò a lei. "Provaci ancora. Solo, questa volta, cerca di non pensare a quel Martin."

* * * * *

"Hanno preso una scorciatoia!" Isabel si mise a sedere sul letto, dove si era distesa, ed afferrò il braccio di Liz, seduta accanto a lei. Il suo sguardo era pieno di preoccupazione. "Stavano tornando a casa ed era tardi. Ha cominciato a nevicare e, prima di rendersene conto, sono rimasti intrappolati in un cumulo di neve. Lui è andato a cercare aiuto."

"Lei dov’è?" Questa volta fu Liz ad afferrare il braccio si Isabel.

"In un posto chiamato Old Valley Road. Credo a metà percorso. Sono andati fuori strada e sono finiti tra gli alberi. Svelta. Sarà meglio che tu avverta Max."

"Lo sta già facendo." sussurrò Maria.

Isabel guardò l’espressione assente che Liz aveva quando si proiettava verso qualcuno e capì che quel qualcuno era Max dallo sguardo pieno d’amore che le era apparso sul viso.

"Sì." annuì Isabel. "Lo vedo."

"Sei d’accordo con la sua teoria?" Maria si sedette dall’altro lato di Isabel. "Voglio dire, con la teoria di Kivar?"

"Non proprio." Isabel scosse la testa. "Ma ora, lo conosco per quello che è. So che Vilandra non ha tradito Zan. E, questa volta, farò in modo che la finisca. Una volta e per sempre."

* * * * *

L’aria fredda gli sferzava le guance scoperte, mentre Max guidava la snowmobile rossa su per la collina. Le orecchie gli erano diventate rosse. Fermò lentamente il mezzo e si tolse gli occhiali di protezione. Strinse gli occhi, per proteggersi dal bagliore della luce del sole che si rifletteva sul manto bianco. Il suo respiro lasciava nuvolette di vapore sospese in aria, anche ora che aveva smesso di muoversi. Usando un binocolo, Max controllò ogni rilievo, ogni forma strana ed ogni avvallamento, nella speranza che potesse essere quello che nascondeva la macchina con una giovane donna all’interno. Sentì un calore allargarsi nel suo corpo ed abbassò il binocolo. Seppe che lei era lì, ancora prima di vederla.

"Liz?" le sorrise. "Hai qualche novità?"

"Sì." il viso di lei ricambiò il suo sorriso. "L’abbiamo trovata. O almeno abbiamo scoperto la sua posizione. Sto controllando dove sei. Aspettami lì, Max. Arrivo appena posso."

"No, Liz." si accigliò lui. "Dimmi solo dove … "

"Io vengo con te, Max." Liz incrociò le braccia. "Ora aspettami lì e io ti raggiungo subito."

"Liz!" Max scosse la testa. "Ti prego. Dimmi dov’è. Certo, raggiungimi pure, ma lascia che cominci a cercarla."

"Okay." sospirò lei. "Hanno preso una scorciatoia che parte dalla statale. La Old Valley Road. Lui non è sicuro del punto preciso, ma ci sono una curva e degli alberi."

"Grazie." sorrise lui. "E, Liz? Vieni prima possibile."

Liz era scomparsa. Nonostante la sua riluttanza ad aspettarla, Max era contento che Liz sarebbe stata con lui. In qualche modo gli sembrava … giusto. Scosse la testa con un piccolo sorriso.

Assicurandosi di rimanere sulla cresta del cumulo di neve, Max si fermò e studiò il paesaggio davanti a lui. Il rumore di un’ altra snowmobile che si avvicinava, lo fece voltare verso la città. Uno dei suoi colleghi, vestito di rosso, portava, sul sedile posteriore un passeggero, con una pesante giacca a vento rosa. Max scese dal suo mezzo ed aspettò.

"Grazie." Liz salutò il suo autista e scese per correre da Max.

Il collega la vide gettarsi tra le braccia di lui e stringerlo forte. Scosse la testa, sorrise e voltò il suo veicolo per tornare in città.

"Sono rimasti in un posto fino a tardi." cominciò a dire lei, quando fu sicura che l’altro non potesse più sentire. "A guardare una partita in TV, credo. Poi ha cominciato a nevicare ed hanno deciso di tagliare per la Old Valley Road. Solo che la neve era troppa e sono finiti in un fossato, circondato da alberi."

"C’è da mettere in dubbio la sua intelligenza, se ha corso questo rischio." Max scosse la testa.

"Pensava di farcela." Liz si strinse nelle spalle.

Max guardò in lontananza, mentre i ricordi delle stupidaggini che aveva fatto gli passavano davanti. Col corpo caldo di Liz premuto contro la sua schiena, Max guidò lentamente la sua snowmobile su quella che sperava fosse la Valley Road, lungo la base della montagna. Controllarono qualsiasi posto ed ogni cosa che avrebbe potuto essere la macchina che stavano cercando. Si assicurarono di controllare ogni cumulo che si era formato ed ogni crepaccio che la neve avrebbe potuto trasformare in una trappola perfetta. Fu un lavoro lento e laborioso. Il sole era già scomparso dietro alla Max montagna e l’oscurità stava cominciando ad impadronirsi della valle. La temperatura stava scendendo sensibilmente.

"Non abbiamo speranza, Max." gli disse Liz all’orecchio. "Torniamo indietro e ricominciamo domani."

"No." Max scosse la testa. "E’ vicina. Lo so."

"Max. Non abbiamo più visibilità. E se la mancassimo?"

Senza preavviso, Max uscì dal sentiero che stavano seguendo e si diresse verso una macchia scura, dove le punte di qualche abete spuntavano dalla neve.

"Perché stiamo andando lì?" gli chiese Liz.

"La curva della strada." Max indicò dove il bordo della roccia scavata voltava, perdendosi nel buio. Con la luce dei fari riflessa dalla neve, può non aver visto la curva ed essere finito tra quegli alberi. Non hai detto che c’erano degli alberi?"

"Sì. Ma Max? Quelli non sono gli unici alberi qui intorno. O non lo hai notato?"

Max fermò la snowmobile e prese le piccole aste legate da un lato del veicolo, unendole per farne una sola, molto più lunga. Cominciò ad infilarla nella neve. Sembrò molto concentrato, come se fosse in ascolto di qualcosa, invece di tastare la resistenza della neve contro l’asta. Quando l’asta scese al suo massimo, lui la tirò fuori e provò in punti differenti, a poca distanza, muovendosi a zigzag tra gli alberi.

"Potrebbe volerci tutta la notte, Max." Liz si strinse attorno le braccia per scaldarsi.

Max la guardò e le sia avvicinò. Le diede un dolce, tenero bacio, poi si tolse un guanto. Con la mano nuda le sfiorò una guancia. Il calore si diffuse in tutto il suo corpo e a lei sembrò di essere di nuovo a Puerto Rico. Liz avrebbe giurato di sentire il profumo dell’acqua salata.

"Grazie." gli sorrise.

Max la ricambiò e tornò al suo lavoro.

"Non hai un’altra di quelle aste?" gli chiese lei, nel tentativo di trovare un modo per aiutarlo.

"No." Max scosse la testa, stringendosi nelle spalle. "Mi dispiace."

Poi si fermò. Sollevò l’asta e l’abbassò di nuovo. Sembrava fare resistenza. Ripeté il movimento. Ancora ed ancora. Sollevò lo sguardo verso Liz.

"Credo di aver trovato qualcosa."

* * * * *
"Ho visto Rath." Chyn abbassò il potente binocolo e si guardò indietro, nella stanza del motel dove Bektor era ritornato portando con se un piccolo dispositivo rotondo. "Anche Vilandra è comparsa, ma non ho visto nessun segno né di Zan, né di Ava."

"Si faranno vivi." gli rispose Bektor. "Sei sicuro che fossero loro?"

"Sì." annuì Chyn. "Quando li vedrà, li riconoscerà anche lei. Non possono essere che loro. C’è una cosa che mi preoccupa, però."

"Cosa?"

"Non mi sembra che si siano sottratti all’influenza dei loro amici umani. Sembra che girino ancora qua attorno."

"Speriamo che Ava sia riuscita a liberare Zan dall’influenza di quella femmina umana. Renderebbe tutto più facile. Come ti sembra che Rath risponda al segnale?"

"Non sembra aver avuto ancora nessuna reazione su di lui." Chyn si accigliò. "Forse, negli anni che hanno vissuto qui, hanno trovato il modo di ignorare la loro programmazione."

"No." Bektor osservò la piccola scatola nera che aveva appoggiato sul tavolo. "Il segnale è basso. Nei prossimi giorni lo aumenteremo. In un paio di settimane, lui sarà pronto a rispondere a quello che gli verrà richiesto. Pensi che l’assenza di Zan e di Ava possa essere imputata a quello che loro chiamano un ‘appuntamento’? Posso dedurne che Rath e Vilandra stanno insieme?"

"Non credo sia così." Chyn si accigliò. "Per quello che posso dire, sembra che siano ancora legati ai loro compagni umani. E per Zan ed Ava, non saprei."

"Cosa?" Bektor si alzò e raggiunse il punto di osservazione di Chyn. "Come è possibile? Che Rath e Vilandra siano così attaccati a quegli umani? Loro sono superiori sotto molti aspetti, dovrebbero guardarli con disgusto."

"Bene, sembra che il disgusto abbia un significato diverso sulla Terra."

"Alza il segnale." Bektor si toccò il mento. "Accertiamoci che, quando faremo le nostre mosse, lui possa rispondere. Sarà meglio avere almeno la sua collaborazione."

* * * * *

Philip sollevò gli occhi dal suo lavoro, per guardare il telefono che stava suonando. Desiderò che la sua segretaria non si fosse presa un giorno di ferie. Odiava rispondere al telefono, senza sapere chi ci fosse dall’altra parte.

"Philip Evans." disse nel microfono. "Come posso esserle utile?"

"E’ lei il Philip Evans, padre di Max Evans? Sposato ad una giovane donna che si chiama Liz?" domandò una voce pacata dall’altra parte della linea.

"Chi parla?" Philip aveva già alzato le sue difese. Si era aspettato chiamate come quella ma, per essere onesti, questa era la prima che riceveva. Si aspettava anche che qualche studente facesse degli scherzi, ma aveva sperato che il rispetto che Max, Liz e gli altri si erano guadagnati tra i ragazzi della loro età, glieli risparmiasse.

"Mi perdoni, signor Evans." continuò la voce. "Posso capire la sua riluttanza a parlare. Volevo solo accertarmi di parlare con il signor Evans giusto."

"Capisco." annuì Philip. "Ma non ha risposto alla mia domanda. Chi è lei?"

"I suoi modi difensivi mi fanno capire che lei è la persona giusta. Signor Evans, il mio nome è Carlton. Arthur Carlton."

"Carlton?" Philip spalancò gli occhi. "L’Arthur Carlton della Carlton’s Electtronics?"

"Sono io." rispose Carlton. A Philip sembrò quasi di vederlo annuire.

"E in cosa posso esserle utile, signor Carlton? Ha qualche problema legale?"

"No, non è un problema legale. E’ piuttosto un problema di rimborso."

"Questa non è una società di recupero crediti." Philip ebbe una sensazione di déjà vu.

"Potrebbe aiutarla se le dicessi che ho una figlia che recentemente, ha avuto un’avventura in un ristorante nel nord del New Mexico? E che si chiama Terrie?"

"Ah." gli occhi di Philip si spalancarono nel momento in cui comprese. La ragazza alla quale Max e gli altri, a caro prezzo, avevano evitato una vita nel crimine. "Come posso aiutarla, signor Carlton?"

"La prego, se lei è il padre di quel Max Evans, mi chiami Arthur."

"Dimmi, Arthur. Come posso aiutarti?"

* * * * *

Come un tasso che preparava una nuova tana, Liz scavò un tunnel nella neve, angolato rispetto alla macchina. Sapeva che Max avrebbe raggiunto l’auto molto prima di lei, ma doveva fare qualcosa. Non poteva restarsene ferma a guardare. Inoltre, avevano bisogno di un punto di accesso più normale, per quando fossero arrivati i soccorsi. Lavorando direttamente nel punto in cui aveva sentito resistenza, Max aveva sciolto la neve fino a raggiungere il tetto di quella che poteva essere una macchina.

"Ho trovato qualcosa." gridò a Liz.

"Cosa hai detto?" chiese lei sbucando fuori dal tunnel. Aveva neve nei capelli e nelle gambe dei jeans. Il suo viso era rosso sia per il freddo, che per lo sforzo.

"L' ho raggiunta." il viso di Max era raggiante di eccitazione. "E’ certamente una macchina."

"Lei è dentro? Sta bene?"

"Ancora non ho trovato il finestrino. Ora lo faccio. Volevo solo avvertirti di averla trovata."

"Vedi?" sorrise Liz. "Te l’avevo detto che ci saremmo riusciti."

"Ancora non l’abbiamo tirata fuori, Liz." le ricordò lui.

"Lo faremo." il viso di Liz era illuminato dalla fiducia. "Lo faremo."

Max annuì, tornando alla macchina, mentre Liz si infilava nel buco. Max continuò a sciogliere la neve in quella che gli sembrò la direzione della portiera, in modo che, se la donna fosse stata all’interno, avrebbe potuto tirarla fuori. Sperò che avesse avuto abbastanza aria. Max non sapeva come avrebbe reagito se l’avessero trovata morta.

Alla fine, dopo quelle che gli sembrarono ore, Max raggiunse un finestrino. Quando ebbe tolto abbastanza neve dal vetro, Max vi posò sopra una mano per riscaldarlo e sciogliere la condensa.

"E’ lei, Liz." esclamò, rinvigorito dalla scoperta. "L’abbiamo trovata." Max continuò a lavorare sulla neve che bloccava la portiera dell’auto, per poter saltare dentro.

"E’ grande, Max!" Liz ricomparve dall’entrata del suo tunnel. "Come sta?"

"Non posso dirlo. Non si muove."

"Non lasciarti prendere dal panico, Max. Starà bene, vedrai."

Alla fine, Max quasi distorse la porta nella fretta di aprirla. La sua espressione si gelò.

"Non sta bene, Liz." disse forte verso di lei. "Aveva aperto il finestrino, in modo da avere aria ed accesso all’acqua, ma … " Max saltò all’interno dell’auto, sentendo un rumore di qualcuno che atterrava sul tetto. Seppe che Liz l’aveva raggiunto. Fu allora che Max se ne accorse. "Oh, mio Dio! Liz!"

"Cosa c’è?" Liz avvertì il panico nella voce del marito e temette il peggio. "Max? Cosa c’è?" Lui la sentì scendere accanto a lui. "Non sarà …?"

"No. Liz? E’ incinta."

"Oh, mio Dio!" Liz guardò da dietro la spalla di Max. "Max, devi connetterti con lei. Devi accertarti che stiano bene tutti e due."

"Giusto!" Max aprì la giacca della donna e liberò dei diversi strati di abiti il punto sotto il suo collo. La sentì gemere.

"Devi guardarmi." incitò la donna semisvenuta. Debolmente, lei aprì gli occhi e guardò Max.

"Salva la mia famiglia." lo supplicò.

"Devi guardarmi." Max continuò a cercare di connettersi col lei. Come se avesse capito, la giovane lo guardò. I loro occhi si incontrarono e lui fu dentro. Era debole, ma era viva. Le sue condizioni non erano buone, aveva sofferto il freddo e la mancanza di ossigeno. Max continuò il suo viaggio e fece un’altra scioccante scoperta.

"Liz!" gridò, rimanendo quasi senza respiro. "Liz! Sta per partorire!"

"Oh, mio Dio!" ripeté Liz.

"Dobbiamo portarla in ospedale." Max si voltò verso di lei. La donna gridò.

"Non credo che ne avremo il tempo." Liz scosse la testa. "Max, credo che dovremo far nascere il bambino qui."

"Liz, io non so cosa fare."

"Tu non devi fare niente, Max. E’ un istinto. Il corpo umano sa quello che deve fare. Tutto quello che devi fare è connetterti con lei e lasciare che il suo corpo ti guidi. Tutto quello che devi fare è prestarle una mano."

"Ma, Liz. Io … "

"Connettiti con lei, Max. E connettiti anche col bambino. Fai tutto quello che puoi per tenerli caldi. Lei mi sembra gelata. Lascia che il suo corpo faccia tutto quello che è necessario per partorire. Io mi terrò in contatto con Isabel. Lei potrà accompagnare i soccorritori da noi."

"Come ti chiami?" chiese Max alla donna.

"Jen." disse lei con un lamento. "Mi chiamo Jen. Dovete trovare mio marito."

"Lui sta bene." la rassicurò Max. "E’ in ospedale. Era privo di sensi, altrimenti ti avremmo trovato prima, ma sta bene."

"Potete salvare la mia famiglia?"

"Farò tutto quello che posso per aiutarvi."

"Come hai fatto? Prima? Come sei potuto entrare dentro di me?"

"Ora non pensarci, okay? Facciamo in modo che stiate tutti e due bene. Ora devi guardarmi, Jen."

Max ignorò le immagini della vita di Jen che gli passarono davanti, cercando di raggiungere il bambino. Fu sorpreso e meravigliato quando ne trovò non uno, ma due, in paziente attesa. Era come se avessero capito la situazione, quasi come se lo stessero aspettando.

"Sono gemelli!" ansimò Max rivolto a Liz. La donna gridò ancora.

"Non preoccuparti." Max si ricollegò con lei. "Li salverò per te."

Fece quello che gli aveva suggerito Liz e riscaldò il corpo di Jen. Quasi immediatamente, sentì la contrazione.

"Ti ricordi quello che abbiamo studiato a scuola, Max?" Il ragazzo la sentì attraverso la loro connessione.

"Lo spero." le rispose allo stesso modo. Doveva essere un messaggio mentale, ma non ne fu sicuro.

A dispetto del freddo, Max sentiva gocce di sudore colargli dalla fronte. Intuì, piuttosto che sentire, la presenza di Liz che lo toccava con la mano. Lei si era unita alla connessione. Quando lui raggiunse di nuovo i bambini, fu sopraffatto dalla connessione a cinque vie che si era formata. Era una cosa travolgente.

Max seguì il consiglio di Liz e permise la corpo della donna di suggerirgli cosa fare. Usando le conoscenze acquisite durante la scuola, tenne sotto controllo battito cardiaco e pressione sanguigna. Quando, in un secondo momento, gli fu chiesto di raccontare quello che aveva fatto, Max non fu in grado di ricordare nulla di quelle interminabili, drammatiche ore. Tutto quello che ricordava erano grida, incitamenti a spingere e le parole di rassicurazione che lui e Liz sarebbero riusciti a far nascere quei due piccini.

"No, Max." Liz lo fermo quando si accorse che lui stava per tagliare il cordone ombelicale usando i suoi poteri. "Non abbiamo lasciato nessun segno su di lei, non rovinare tutto all’ultimo minuto."

"Hai ragione." annuì lui. "Nella tasca posteriore ho un coltello."

Liz prese il piccolo coltello dalla sua tasca, sorridendo quando lo riconobbe. Era il regalo che un giorno lui le aveva restituito, quello che lei gli aveva dato di nuovo la notte delle loro nozze.

Max si sfilò il giaccone, facendolo seguire dal maglione e dalla maglietta di cotone. Col coltello tagliò in due la canottiera e ne usò la metà per pulire il bambino, per avvolgerlo poi nella maglia di lana e nel giaccone. Poi appoggiò il piccolo accanto alla mamma.

Ancora connessa con Max, lei trattenne il respiro.

Poi Max tornò ad occuparsi del secondo neonato. Una bambina. Entrambi i piccoli erano avvolti nei vestiti di Max, al riparo dal freddo esterno. Il rumore di motori in lontananza attirò la loro attenzione.

Liz aprì la sua giacca a vento e, anche se era troppo piccola per lui, l’avvolse attorno alle spalle di Max. Era solo un piccolo gesto d’amore, perché lei sapeva che lui si sarebbe riscaldato con i suoi poteri. Poi uscì dalla macchina e si arrampicò sulla crosta di neve che li ricopriva, per attirare l’attenzione della flotta di snowmobile che si stavano dirigendo verso di loro. Fu sorpresa di quanto fosse buio.

Dopo che i soccorritori li ebbero aiutati ad uscire ed ebbero fatto salire la donna e i bambini sull’eliambulanza, Max spiegò che aveva fatto quello che aveva potuto.

"Hai fatto tutto bene, ragazzo." Uno degli uomini gli diede una pacca sulla spalla, mentre un altro lo avvolgeva in una coperta. "Probabilmente hai salvato le loro vite. Sei un eroe. La stampa avrà una giornata campale con voi. Un’adorabile coppia come voi."

"No, per favore." Max restò senza fiato. "Niente pubblicità. Ho fatto solo il mio lavoro."

"Ne sei sicuro?" l’uomo sembrò sorpreso. "Potresti fare un sacco di soldi con questa storia. La gente vi vorrà vedere alla Tv. A grande richiesta."

"Per favore." Max scosse la testa. "Niente chiasso. Dite soltanto che il merito va a tutti. Questo è un lavoro di squadra. Nessun merito individuale."

Liz avvolse il giaccone di Max che aveva recuperato dall’ambulanza attorno alle sue spalle e lo abbracciò, piena di orgoglio.

"Direi che abbiamo appena cancellato la lavagna, Max." gli disse sorridendo.

"In che senso?" Max non riuscì a nascondere la sua stanchezza, né la sua confusione.

"Tre vite salvate in un colpo solo, Max. E due bambini non sarebbero mai nati, se non fosse stato per te. Direi che ora siamo pari."

Max sorrise, guardando l’elicottero che si era alzato in volo, diretto all’ospedale.

"Grazie, Liz." Max ricambiò il suo abbraccio. "Per credere in me."

"E’ una strada a due sensi, Max." Liz lo attirò contro di sé e lo abbracciò di nuovo.

* * * * *

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Capitolo 30
*** 30 ***


Parte 30

Indicazione della data: 7 novembre 2002 - Huston, Texas.

Oggi, gli scienziati della NASA hanno confermato che il meteorite WR-2002 non è più considerato una minaccia per il pianeta. Come risultato di un’esplosione inaspettata, dovuta probabilmente al rilascio dei gas interni al meteorite stesso, WR-2002 si è diviso in cinque meteoriti più piccoli, ciascuno dei quali è ancora in rotta di collisione con il nostro pianeta, ma che non hanno una massa tale da costituire pericolo per la popolazione.

La Dottoressa Nadia Timienaschenko è quotata per aver detto: ‘Ciascuno dei cinque frammenti restanti ha la grandezza e la forma della fusoliera di un jet di linea. Ci aspettiamo che queste parti brucino al contatto con l’atmosfera terrestre, da qualche parte sopra il MidWest americano. Tutto quello che sopravviverà all’impatto con l’atmosfera, ricadrà senza fare danni sopra una regione desertica e non popolata. Naturalmente, seguiteremo a monitorare questi meteoriti e, nel caso qualcosa cambi, informeremo le autorità locali.

Sembra che, nei prossimi giorni, gli studiosi degli UFO che circondano la famosa ‘Area 51’, e in special modo quelli di Tickaboo Peak, si aspettino uno spettacolo di fuochi artificiali, all’arrivo di quei meteoriti. Su richiesta del governatore del Nevada, la NASA ha tenuta nascosta la data prevista per quello spettacolo, temendo che con l’afflusso di visitatori, possa crescere il rischio di morti, per effetto della ricaduta di particelle infuocate.

In un’altra nota, la NASA ha annunciato che il telescopio Hubble, è stato puntato verso Plutone, ma che ancora non ha rilevato prove dell’esistenza del nuovo satellite, Muggins.

* * * * *

"Avete preso tutto?" chiese Kyle a Liz che stava uscendo dalla sua camera.

"Sì." lei aggrottò le sopracciglia. "Sentirò la tua mancanza, Kyle."

"No, non la sentirai." le sorrise Kyle. "Ora tu hai Max."

"Non è la stessa cosa. Noi siamo amici da una vita."

"Una volta siamo stati anche insieme."

"Farò sempre tesoro di quel periodo, Kyle. Certo, è arrivato Max e … lo sai. Ma non ho mai rimpianto di essere stata con te. Avrei voluto solo che potessimo continuare ad essere amici fin dall’inizio. Beh, dalla fine. Sai quello che voglio dire."

"Sì." ridacchiò lui. "Ero solo troppo geloso di Max. Ma sono contento di averci ripensato. Sono contento di aver potuto conoscere meglio Max e anche di considerarlo un amico."

"Max?" Liz scoppiò a ridere. "E da quando consideri Max un amico?"

"Non dirgli che te l' ho detto, vuoi?"

"No. Sarà il nostro segreto."

"Chi avrebbe mai pensato che il bacio che ci siamo scambiati nella stanza dei cancellini, avrebbe portato a questo. Se non fossi uscito con te, non sarei mai stato coinvolto, quando l’FBI ha preso Max. Non mi avrebbero sparato e non avrei mai scoperto la verità su di lui. Voi due, invece, voi due eravate destinati a stare insieme. Una cosa come questa, Liz? Destino. Decisamente è destino."

"E tu e Connie? Nessun programma di stare con lei?"

"Ah." Kyle distolse lo sguardo. "Non ancora. Siamo ancora allo stadio del vediamo-quello-che-succede-tra-noi."

"Vorresti dire che ancora non sei stato a letto con lei?"

"No." Kyle fece un grande sorriso. "Non ancora. Ma non ho fretta. Lei mi piace davvero e penso che sia quella giusta. Dubito che proverò mai quello che avete tu e Max ma, in un certo modo, ne sono contento. Non sono abbastanza forte per sopportarlo."

"Tu hai una tua forza speciale, Kyle." Liz gli posò una mano sul braccio. "Sai essere un grande amico."

"Max mi ha detto la stessa cosa." rise lui. "Allora, ci siamo, huh? Ho sempre pensato che ti avrei salutato a Roswell, quando tu fossi partita per il college. Mai avrei immaginato di farlo in una cittadina sperduta, mentre tu te ne vai con un altro ragazzo ed io resto, con un’altra ragazza."

"E invece è così. Arrivederci, Kyle. E stai attento. E facci sapere quando comincerai a sperimentare certi … cambiamenti."

"Lo farò." annuì lui. "E stai attenta anche tu."

Liz gli diede un bacio su una guancia e Kyle rispose baciando la sua e stringendola in un forte abbraccio.

"Meno male che non sono un tipo geloso." la voce calma di Max li fece separare.

"Ci stavamo salutando." Kyle arrossì, mettendosi le mani dietro la schiena.

"Rilassati, Kyle." rise Max.

Uno ad uno, la gang salutò Kyle. Fu un momento pieno di emozione e, anche se i maschi lo nascosero dietro una maschera di virile rudezza, le ragazze piansero apertamente.

"Arrivederci, Valenti." Michael infilò le mani nelle tasche posteriori. "E sta’ attento."

"Devi essere prudente." Maria lo abbracciò e lo baciò su una guancia. "Fai attenzione ed io ti prometto che faremo in modo di mantenerci in contatto."

"Anche tu, Maria." le disse Kyle ridendo. "E tieni d’occhio Liz. Voglio dire, lo so che lo farà già Evans, ma tu fa in modo che resti con i piedi per terra e che non faccia la regale con noi."

"Ci puoi contare." Maria gli strizzò l’occhio.

"Arrivederci, Kyle." Jesse gli strinse la mano. "Grazie, sai? per aver aiutato Isabel per tutto questo tempo."

"E’ a questo che servono gli amici." Kyle si strinse nelle spalle. "Vedi? Ho cercato di dirtelo quel giorno, quando sei venuto al garage."

"Avrei dovuto darti ascolto."

"Jesse." lo chiamò Max, dopo che ebbe finito di salutare Kyle. Era il turno di Isabel e Max sospettò che era una cosa che Jesse non avrebbe dovuto vedere. "Puoi darmi una mano con i bagagli?"

"Certo." rispose Jesse, facendo le sue scuse ed allontanandosi.

"Allora?" disse Isabel sottovoce.

"Allora?" Kyle si strinse nelle spalle.

"Grazie, Kyle."

"Prego. Ma per cosa?"

"Per esserci stato. Sai … quando ho avuto bisogno di parlare. Per non esserti approfittato della mia solitudine. Per essere stato un vero amico e non l’ idiota che pensavo tu fossi."

"Che posso dirti?" Kyle si spostò da un piede all’altro, fissando il pavimento.

"So quello che senti per me." sorrise Isabel.

"Si?" Kyle sollevò lo sguardo. La sua voce era tesa.

"E lo trovo lusinghiero."

"Giusto." Kyle fece un piccolo cenno con la testa. "Sai, Isabel? Fin da quando ho firmato per questo ingaggio … da quando Max … mi ha salvato la vita, mi sono ritrovato in un mondo sorprendente. Voglio dire, Tess … i cristalli … il mio coinvolgimento nella morte di Alex. E adesso questa corsa-per-la-vita, sulla strada. Ma devo dire che ne è valsa la pena, perché aver incontrato voi tre, ha cambiato la mia vita. E voglio che sappiate che non cambierei nulla. Se fosse possibile, verrei con voi. Sarebbe divertente ed eccitante."

Isabel posò una mano sulla sua spalla, lo attirò in un abbraccio e le loro guance si toccarono. "Ciao, Kyle." gli sussurrò, mentre una lacrima le bagnava le ciglia. Isabel lo strinse ancora più forte, poi si tirò indietro lo baciò sulla guancia, e corse via dalla stanza.

"Addio, Isabel." mormorò Kyle. sollevando la mano e posando le dita sul punto in cui lei lo aveva baciato. "Prenditi cura di te."

* * * * *

Erano a gruppi davanti alla porta di ingresso, per portare le ultime cianfrusaglie che non avevano ancora caricato sulla nuova Chevy Suburban, comprata con quello che era rimasto dei soldi che aveva dato loro Langley. Max era sicuro che Michael avesse fatto qualche giochetto, ma sapeva quanto era importante per loro avere una auto nuova, così non disse nulla. Dettero un’ultima occhiata all’appartamento che era stata la loro casa nell’ultima settimana.

"Sarebbe stato bello essere qui a Natale." Maria si strinse nelle spalle.

"Roswell sarebbe stata meglio." Liz guardò Max negli occhi.

"Finché saremo insieme," Max sorrise "ogni posto andrà bene."

"Tranne che ora che Kyle resterà qui, non saremo più tutti insieme." fece notare Isabel.

"Possiamo tenerci in contatto." ricordò loro Max. "Non è che non lo rivedremo più."

"Non sarà la stessa cosa."

Qualcuno bussò forte alla porta. Senza un attimo di esitazione, si spostarono tutti, all’infuori di Jesse. Max si mise davanti alla porta, lontano qualche passo, pronto ad alzare il suo scudo, mentre Michael e Isabel si misero al suo fiancò. Liz e Maria si spostarono a lato della porta, in modo che, quando uno di loro l’avesse aperta, sarebbero state al riparo. Jesse rimase immobile, col terrore dipinto sul volto.

"Jesse!" lo esortò Isabel. "Mettiti vicino a Liz e a Maria."

Lui annuì e corse al suo posto, mentre Liz fissava Max. Ad un suo cenno, aprì la porta.

"Griffin." Max lasciò andare il respiro e si rilassò. Poteva sentire che gli altri avevano fatto la stessa cosa.

"Max." Griffin fece un cenno con la testa. "Speravo di poter scambiare due parole veloci con te. Da solo."

"Se si tratta di Kyle, lui … "

"No. Si tratta di Connie."

"Oh. Oh, va bene. Qualcosa non va?"

"Sì. Una cosa del genere." Griffin annuì mentre Max si dirigeva in corridoio, chiudendo la porta dietro di lui. "Ti ricordi di quel tipo che hai lasciato al mio posto?" Griffin parlò a voce bassa, in modo che solo lui potesse sentire.

"Vuoi dire l’assassino."

"Esatto. Vedi, lui lavora per il Colonnello Yorke. E’ il suo braccio destro. Sicurezza. Opprime, spaventa ed arriva perfino a torturare la gente, per avere quello che vuole. Arriva ad uccidere, se pensa che ne valga la pena. A dirla francamente, sono sorpreso che siate riusciti a prenderlo. Ad ogni modo, Yorke manderà lui, o qualcuno come lui, a cercarmi. E quando mi prenderanno … diciamo che non sarà facile per quelli che ci proveranno. Ma, esperti come sono, credo che sarà solo questione di tempo, prima che mi trovino."

"Capisco." Max si accigliò.

"Ho bisogno di lasciare il paese. Ho un amico, qualcuno che potrà aiutarmi. Lavora in un’isola ad est. Potrà trovarmi un lavoro, sai? Senza fare domande. Il problema è che non è un posto in cui portare una giovane donna. Nemmeno una che sa difendersi come Connie. Ora che ha trovato qualcuno che le sta a cuore e che so che hai dimostrato di saper proteggere i tuoi amici, mi chiedevo … "

"Vorresti che la portassimo con noi?"

"Sì." Griffin annuì. "Vuoi?"

"Ti rendi conto che la nostra vita potrebbe essere altrettanto pericolosa, se non di più?"

"Sì." Griffin annuì. "Ma è un tipo di pericolo diverso. E Connie sarà con qualcuno che si prenderà cura di lei. Inoltre, non voglio essere responsabile di averle portato via la prima relazione seria che abbia avuto dopo tanto tempo."

"Devo sentire gli altri, prima. Tutti hanno diritto a dire la loro, ma … "

"Oh, avevo creduto che tu … "

"Io posso anche essere quello al quale guardano come leader," Max fece un sorriso ironico "ma noi siamo una piccola unità democratica. Se loro non vogliono che si unisca a noi, io non posso costringerli ad accettarla. Ma Kyle ha degli amici e quegli amici non vogliono che lui li lasci. Lui aveva deciso di rimanere qui con Connie, così … "

"Lo farai? La porterai con voi?"

"Sì." Max annuì. "Dopo una votazione che so che sarà unanime."

* * * * *

"Cosa voleva, Max?" gli chiese Liz quando lui fu tornato. Lo sguardo di sollievo sul viso del ragazzo era evidente.

"Ha paura che l’Aviazione possa trovarlo." Max guardò i suoi amici. "Avrebbe un posto sicuro dove nascondersi, ma non vuole portarci Connie. Per lei, non sarebbe un posto sicuro."

"E allora vuole che la prendiamo sotto le nostre ali?" Liz lo guardò con attenzione.

"Sì." Max annuì. "Ma gli ho detto che avrei dovuto sentire voi ragazzi, prima. Sapete, metterlo ai voti."

Liz guardò attorno nella stanza le persone che ora considerava la sua famiglia. "Lui glielo dirà." sottolineò.

"Non abbiamo bisogno di … " cominciò a dire Michael.

"Sì." Maria fece un cenno con la testa, facendolo tacere. "E’ una cosa semplicemente naturale."

Max e Liz sorrisero alla scelta di parole di Maria.

"Come pensate che reagirà?" chiese Isabel, lasciando sottintendere il suo voto positivo.

"Essendo stata in Aeronautica, è al corrente della possibilità che gli alieni possano esistere, così penso che, dopo un momento di sorpresa iniziale, accetterà la cosa." disse Max annuendo.

"Chi pensate l’abbia accettata meglio?" chiese Jesse con lo sguardo distante.

"Liz." dissero tutti contemporaneamente.

"Alex l' ha presa molto bene." obiettò Liz.

"Nuh-uh." Maria scosse la testa. "Ricordi? All’inizio Alex ha rifiutato di crederci. Poi, una volta resosi conto che potevi avergli detto la verità, gli ci è voluta una settimana per accettarlo. Io sono corsa, gridando, per la strada. Ma tu? Tu ti sei buttata su Max, in ogni modo immaginabile."

"Se non ricordo male," ridacchiò Isabel "sei stata tu a baciare per prima Michael."

"C’è bisogno di questa discussione?" chiese Max. "Posso prendere per buono il vostro assenso al fatto che Connie si unisca a noi?"

Tranne Michael, annuirono tutti, ridendo al disagio di Max. Ci fu un altro colpo alla porta. Questa volta, Jesse reagì come Liz e Maria. Lo fece, però, scuotendo la testa.

"Che significa?" gli sussurrò Maria.

"Dovrei essere al fianco di Max e Michael per aiutarli."

"Non adesso. Parla più tardo con Max. E poi," Maria guardò Isabel "forse c’è qualcun’altro con cui potresti parlare."

Ancora una volta, fu Liz ad aprire la porta. Questa volta era Bill, l’uomo che Max aveva guarito in ospedale.
"Scusatemi." si tolse il cappello e lo tenne tra le mani bendate. "Volevo sapere se potevo scambiare due parole con Ray e Betty King. Mi hanno detto che abitano qui."

"Certo." annuì Max, interrompendo con un cenno della mano il commento che Michael stava per fare. "Entra. Andiamo nell’altra stanza."

Liz seguì Max e Bill in soggiorno.

"Io volevo ringraziarvi." balbettò Bill, continuando a cincischiare il bordo del cappello. "Per quello che avete fatto per mia moglie e per i miei bambini."

"E’, uh … " Max arrossì. "Di niente."

"Mia moglie, lei … uhm … lei mi ha detto quello che voi … quello che è successo."

"Capisco." Max e Liz si scambiarono un’occhiata.

"Com’è che puoi fare quelle cose?" Per la prima volta guardò Max, ma distolse subito lo sguardo.

"Quali cose?" disse Max esitando.

"Sai?" intervenne Liz. "Quando l’abbiamo trovata, tua moglie era all’estremo. Credo che la mancanza di ossigeno, possa averle procurato delle allucinazioni."

"Voglio delle risposte." esplose l’uomo. "O andrò dalle autorità."

"Hey." ringhiò Michael dalla soglia della porta. "Tua moglie sarebbe morta, se non fosse stato per noi. E anche i tuoi bambini. E tutto quello che tu vuoi fare è andare alla Polizia a dire ‘Ehy, qui c’è qualcosa di strano’."

"Michael." Max fermò l’amico che stava andando ad affrontare Bill.

"Lui non andrà alla Polizia." La voce di Liz era calma e pacata. "Vero?"

"No." l’uomo abbassò lo sguardo.

"E’ solo spaventato perché non sa quello che è successo."

"Io … io … Mi dispiace."

"Dannatamente giusto." mormorò Michael a denti stretti.

"Credo che ora dovresti andare via." lo esortò Liz. "Ricorda solo che se le autorità avessero un improvviso interesse per noi, avrebbero lo stesso interesse per tua moglie e per i tuoi bambini."

Il viso di Bill diventò bianco.

"E, a questo proposito, Bill," Max gli tese un piccolo cartoncino bianco. "Se tua moglie, o i piccoli, dovessero presentare qualche sintomo strano, sarà meglio che, invece di andare dal dottore, tu ti rivolga a questo avvocato di Roswell."

Bill prese il biglietto e dopo aver fatto un lieve cenno con la testa, si diresse verso la porta. Prima di uscire si fermò. "Quando ho saputo che avevate salvato loro la vita, avrei voluto chiamarli come voi. Ma mia moglie aveva già scelto altri nomi. Ed è stata piuttosto adamantina."

"Grazie ugualmente." gli sorrise Max.

"Che nomi ha scelto? chiese Liz.

"Max e Liz." l’uomo strinse le spalle ad indicare le sue scuse ed uscì.

* * * * *

Trovarono Connie e Kyle fuori dall’appartamento di lei. Connie stava salutando suo padre, lo sguardo triste sul suo viso, in aperto contrasto a quello gioioso di Kyle. Liz, Maria e Isabel, non poterono fare a meno di ricambiarlo, anche se provavano simpatia per Connie. Loro avevano dovuto fuggire, senza avere l’opportunità di salutare i loro genitori. Lo avrebbero fatto solo in seguito.

"Aprirò un account email, con il nome che usavi per me da piccola." le disse il padre abbracciandola. "Tu farai altrettanto, usando il nomignolo che ti avevo dato io. So che starai bene con Kyle, Max e gli altri. Baderanno a te e sono sicuro che anche tu sarai un aiuto per loro."

"Ciao, papà." singhiozzò Connie, mentre lui le baciava la fronte.

Theodore Griffin salutò, agitando la mano, i ragazzi che erano sulla quattro per quattro e salì su una piccola Honda Civic, che partì con una piccola nuvola di fumo blu. La freccia indicatrice rimase illuminata finché lui non voltò a sinistra, allontanandosi e svanendo dalla loro vista.

"Andiamo." le disse Kyle.

Connie annuì e prese la mano di Kyle che la guidò verso la loro macchina. I suoi occhi non si staccarono dal punto in cui era scomparso il padre.

"Dove si va?" chiese Maria dal posto di guida.

"Arizona." rispose Max. "Phoenix."

* * * * *

La limousine scura passò oltre ad uffici ad alta tecnologia e a fabbriche a bassa tecnologia, fino a che non arrivò ad un moderno deposito, fermandosi davanti all’entrata. Lo scuro finestrino anteriore, si abbassò con un sibilo ed una mano uscì per introdurre una scheda in un lettore. L’enorme porta di metallo cominciò ad alzarsi per fermarsi all’altezza esatta per consentire all’auto di entrare, poi si riabbassò. I due uomini vestiti scuro scesero dalla limousine, si sistemarono gli abiti e gli occhiali e si diressero verso la porta in fondo ad una rampa di carico.

"Il capo ne sarà compiaciuto." Numero Uno guardò l’oppressivo buio che li circondava. "Baurline è con noi ed ha già una base operativa a Las Vegas."

"Fino a che non si farà distrarre dai suoi propositi." annuì Numero Due.

"Dannazione, amo lavorare per questi tipi di psicopatici eccentrici reclusi. Chi altro ci darebbe tutti quei soldi per dare la caccia agli alieni?"

"Alieni." rise Numero Due. "Proprio così. Quei ragazzi sono alieni come te e me. Ma se lui vuole dar via i suoi soldi, io credo anche all’Uomo delle Nevi e sono pronto ad aiutare a catturarlo."

"Quanto credi che gli costerà tutto questo?" chiese Numero Uno, posando il palmo della mano su un verde pannello luminescente. "Sai che la porta è fatta di uranio impoverito?"

La porta in questione si aprì con un sibilo e i due uomini vi entrarono. La porta si chiuse dietro di loro. Seguirono un corridoio nel quale pavimento, soffitto e pareti erano umidi.

"Più soldi che buonsenso, direi. Da quello che dicono, ha tutti i suoi soldi investiti in pietre preziose. Grandi, a giudicare dal messaggio che devo consegnare."

"Lo hai mai visto?"

"No." il secondo uomo scosse la testa. "Quando mi ha intervistato per il lavoro, era seduto in quella sua tenda di plastica, circondato da spruzzi d’acqua. C’era anche qualcun altro. Lui lo chiamava Generale."

"Era nell’Esercito? Come si fa a fare tutti quei soldi nell’Esercito?"

"Non lo so. Ma i soldi non lo aiutano. Ha una strana malattia della pelle e deve stare nell’acqua. Finirà per sembrare una prugna raggrinzita."

I due uomini passarono attraverso altre tre porte, con lo stesso sofisticato livello di sicurezza, per arrivare in un grande ripostiglio. La stanza era irrorata da una fine umidità, spruzzata da tubazioni che attraversavano il soffitto. Al centro c’era una grande cabina fatta di fogli di plastica. Una leggera luce dalla parte opposta rivelava la silouette di una piccola figura seduta su una sedia, che sembrava collegata alle tubazioni. C’era molta più nebbia dentro la stanza di plastica, che sembrava irrorata anche dal pavimento.

"Allora?" disse una voce rude dalla tenda. "Ha accettato di trovarli per me?"

"Sì." annuì Numero Uno.

"Eccellente. Gli avete dato quei dispositivi?"

"L’abbiamo fatto." rispose Numero Due. "Ha già allestito una base in Nevada. Ha forti speranze di completare presto la sua parte dell’affare."

"Nient’altro?"

"Sì." Numero Uno tirò fuori un foglio dalla tasca e lo aprì. "Abbiamo un messaggio per lei. Dalla sua base in … "

"Ebbene? Cosa dice?" Nella voce bruciava l’impazienza.

"Le Unità Avanzate di Sicurezza arriveranno presto." lesse Numero Uno dal foglio che si stava già bagnando. "Si occuperanno di qualsiasi resistenza e assicureranno l’allocazione delle cinque pietre. Si aspettano che il problema della sua pelle si risolverà."

"Eccellente." disse la voce, molto più calma.

"Allora, sono buone notizie quelle che le abbiamo portato?" disse Numero Due.

"Oh, sì." ridacchiò la voce, anche se completamente senza umore. "Potete cominciare a pensare al prossimo ritiro, di cui abbiamo parlato."

"Sa? Ci stavamo chiedendo cosa significasse." continuò Numero Uno.

"Significa," ansimò la voce "che presto io lascerò questo miserabile posto e tornerò a casa. Significa che Zan e gli altri saranno finalmente morti. Mi aspetto che Khivar sia abbastanza sconvolto dalla perdita di Vilandra ma, di contro, lui sa di averla già persa. Credo che mi presenterò con un’altra donna che lo farà divertire. Potrei anche passargli la puttan*a di Zan. Fate sapere a Baurline che avrà un aiuto nel localizzare i suoi bersagli."

"Sì, signore." annuì Numero Uno.

"Immediatamente," concordò Numero Due."Generale Nikolas."

* * * * *

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Capitolo 31
*** 31 ***


Parte 31

"Phoenix, Arizona." disse Jesse oltre la sua spalla, a tutti quelli disposti ad ascoltarlo. "Cinquemilioni centotrentamila seicentotrentadue abitanti."

"Patria degli Arizona Diamondbacks." aggiunse Kyle, guardando il Municipio.

"Huh?" Connie si svegliò dal suo pisolino al fianco di Kyle. Lui era rimasto sorpreso, più di una volta, dalla sua capacità di essere all’erta nel momento stesso in cui si svegliava, una capacità che aveva visto solo in Max, Michael e Isabel. Lei gli aveva detto che era una cosa imparata durante l’addestramento di base.

"Siamo a Phoenix." le disse.

"Siamo diretti all’ospedale." disse Max dal sedile, dove si era appena svegliato anche lui. "Troveremo un motel più vicino possibile."

"Probabilmente sarà costoso." commentò Jesse.

"Sarà solo per una notte." Max si strinse nelle spalle. "Spero."

* * * * *

Pur avendo preso quattro camere, le più economiche, si ritrovarono tutti in una per riprendersi dalla stanchezza del viaggio e risvegliarsi dal pisolino che avevano fatto in macchina.

"Okay, ci siamo." Michael si sedette sulla sedia davanti alla scrivania. "Sistemiamo la faccenda il più presto possibile. Non voglio rimanere a Phoenix più di quanto sia necessario."

"C’è qualche altro posto dove credi che dovremo andare?" gli chiese Max, dandogli un’occhiata minacciosa.

"Penso solo che sia uno sbaglio restare dove non possiamo vederli arrivare."

"Chi? L’FBI?"

"No. Non l’FBI. Gli altri. Voglio dire … chiunque."

"Stai bene, Michael?"

"Bene. Bene. Senti, sbrighiamoci, così potremo dividerci."

"Che ne dici se io e te facciamo un salto in ospedale a dare un’occhiata? Possiamo decidere il da farsi e tornare per fare un piano."

"Mi sembra una buona idea, Max." concordò Liz. Michael annuì.

"Uhm … Liz?" Kyle si avvicinò alla porta e l’aprì. "Posso, uhm … dirti una cosa?"

"Certo, Kyle." Liz annuì e lasciò il fianco di Max per uscire con lui.

Dopo alcuni momenti, sentirono chiudersi una porta in lontananza. Connie si avvicinò alla finestra e guardò attraverso le tende. Era accigliata e si stava mangiando le unghie.

"Tu sei d’accordo con questo?" chiese a Max. "Che Liz e Kyle stiano da soli, così?"

Maria e Isabel si scambiarono uno sguardo divertito.

"Certo." annuì Max. "Non c’è niente di cui preoccuparsi."

"Voglio dire, loro non stavano insieme?"

"Sì." Max annuì ancora. "Stanno solo parlando, Connie."

"Va tutto bene, Connie." ridacchiò Maria. "Credimi. Se c’è una sola ragazza in tutto l’universo intoccabile per Kyle, quella è Liz. La tua preoccupazione è inutile."

Connie arrossì, facendo sorridere Maria.

* * * * *

"Mi sta mangiando dentro, Liz." ammise Kyle dopo aver chiuso la porta della camera di Max e Liz. "Che lei non sappia, voglio dire. Non è corretto non averglielo detto. Come posso costruire una relazione con lei se tra di noi c’è una enorme bugia."

"Sono d’accordo con te, Kyle." Liz gli sorrise.

Kyle rimase un po’ sorpreso. "Una bella cosa. Allora posso contare su di te? Chiederai a Max se possiamo parlare con Connie?"

"Non noi, Kyle. Tu. Puoi parlarle tu."

"Okay, okay." Kyle si passò una mano tra i capelli. "Puoi chiedere a Max se posso dirglielo?"

"Puoi chiederglielo da solo, Kyle."

"Lo so." sospirò lui. "E’ solo che … se lui dice … voglio dire … lui non direbbe mai di no a te."

"Non direbbe mai di no nemmeno a te." sogghignò Liz. "Hai ancora paura di lui?"

"No. Non è questo. Ho solo paura che possa dire di no."

"Rilassati, Kyle. Ne abbiamo già parlato e siamo stati tutti d’accordo. Puoi dirglielo."

"Davvero? Posso?" Kyle si accigliò. "E allora perché non me lo hai detto prima?"

"Volevamo essere certi che tu volessi farglielo sapere." Liz si strinse nelle spalle. "Che ne dici se io ritorno indietro e dico a Connie di venire a parlare con te?"

"Cosa?" Kyle si lasciò prendere dall’ansia. "Devo farlo da solo? Io speravo che … "

"Tu sei quello che vuole dirglielo, Kyle." rise Liz. "Così sarai tu a farlo."

* * * * *

"Allora, che c’è?" Connie sembrò un po’ più che ansiosa, quando si fu seduta sulla sedia che Kyle aveva preparato per lei.

"Ti ricordi l’altra notte? Quando abbiamo parlato di quel segreto, e come ti avevo detto di non poterne parlare perché non era un mio segreto?"

"Sì." annuì Connie.

"Bene." Kyle fece un profondo respiro. "Visto che ormai sei dei nostri, mi sembra giusto che tu sappia in cosa ti stai cacciando, okay?"

"Okay."

"Ti sto per dire una cosa e, non importa quello che tu potrai pensare, non è uno scherzo. Okay? E’ una cosa seria."

"Kyle?" Connie si accigliò. "Mi stai spaventando."

"Come hai fatto a dirlo a Liz, Max?" disse Kyle tra sé e sé. "Okay. Per prima cosa devo dirti che io, Maria, Liz e Jesse abbiamo dei genitori naturali. Okay?"

"Sì, okay. E con questo?"

"Michael, Isabel e Max sono stati adottati."

"E fino a qui, non ci vedo niente di strano."

"Li hanno trovati che girovagavano nel deserto. Michael fu trovato da solo ed è finito in affidamento. Isabel e Max sono stati adottati dalle persone che li hanno trovati."

"I loro genitori naturali li hanno, per così dire, abbandonati?"

"Ebbene, sì e no. Vedi, Connie … il motivo per il quale Max e Michael sono stati in grado di aiutare tuo padre, quella volta, il motivo per il quale Max è stato capace di cambiare il colore del furgone da argento in bianco, vedi … " Kyle fece un altro profondo respiro e chiuse gli occhi. "Loro non sono di queste parti."

"Cosa? Sono nati in un altro stato? In un paese diverso? E allora?"

"Prova con un diverso pianeta."

Connie batté gli occhi. "E’ uno scherzo, vero?"

"No." sospirò Kyle. "Loro sono alieni. In effetti sono un incrocio. Sono in parte alieni, in parte umani." Guardò Connie che stava respirando con qualche difficoltà. "Credo di capire quello che stai provando."

"Davvero?" disse lei bruscamente, lo sguardo in fiamme.

"Sì." annuì Kyle. "Sei confusa. Spaventata. Arrabbiata."

"Dannatamente vero!"

"Non sono qui per conquistarci o qualcosa del genere, okay? Sono spaventati quanto lo sei tu. L’FBI ha dato loro la caccia e Max è già stato … stato … "

"Stato cosa?"

"Catturato e sottoposto ad esperimenti da un membro del nostro governo." finì Kyle. "Il fatto è che, se verrai con noi, devi saperlo. Sai, loro possono fare delle cose."

"Che genere di cose?"

"Cambiare il colore dei furgoni, tanto per cominciare. Guarire le persone è un’altra."

"Guarire? Cosa intendi?"

Kyle si sedette di fronte a lei, sul bordo del letto. "Tutto questo è cominciato qualche anno fa, quando hanno sparato a Liz, durante una lite che è sfuggita di mano. L’hanno colpita all’addome e sarebbe morta, ma Max era lì e, dato che era segretamente innamorato di lei, l' ha guarita. Questo ha fatto sì che le autorità venissero a conoscenza della sua esistenza. In seguito ha guarito anche me, quando mi sono intromesso dove non avrei dovuto. Ha guarito anche mio padre e un’altra ragazza alla quale avevano sparato in Idaho, pochi mesi fa."

"Eravate voi?"

"Sì. E Max ha anche guarito dal cancro un gruppo di bambini, qui a Phoenix."

"Ma perché li state cercando?" negli occhi le bruciava ancora la rabbia.

"Perché quando lui guarisce qualcuno, succedono cose strane. Liz ha sviluppato degli strani sintomi, che non possono essere spiegati da un punto di vista medico. Abbiamo temuto che stesse per morire. Poi ha sviluppato dei poteri specifici. Dobbiamo contattare i genitori dei bambini, per far sapere loro cosa potrebbe succedere e cosa dovranno fare."

Connie si alzò e guardò in basso, verso Kyle. “Che idiozia!" Connie scosse la testa, ma la sua rabbia non dava cenno di diminuire. "Allora, mi vuoi dire la verità? Alieni? Andiamo, Kyle. Mi hai preso per un’idiota?"

"E’ la verità, Connie." Kyle la guardò, con una supplica negli occhi. "Lo giuro."

"Sì, proprio così." scoppiò a dire lei, aprendo la porta e sbattendola dietro di lei.

"E’ andata bene." grugnì Kyle.

* * * * *

"Stai bene?" le chiese Liz, quando trovò Connie su un’altalena del vicino parco.

"No." mugugnò Connie. Sembrava … stordita. "Ti ha mandato Kyle?"

"Sì." Liz si sedette sull’altalena accanto a lei, voltandosi per guardarla in faccia. "Ma solo perché ha paura di aver rovinato tutto. E perché è preoccupato per te."

"Allora?" disse Connie, dopo una lunga pausa. Ancora non aveva guardato in faccia Liz. "Alieni, huh?"

"Mi dispiace, Connie." Liz si strinse nelle spalle. "Cosa vuoi che ti dica?"

"Che non è vero. Che è stato tutto uno scherzo."

"Non posso farlo."

"Sai? Mi padre mi ha detto di essersi scontrato con un UFO, ma ho pensato che lo avesse detto letteralmente. Che fosse veramente un oggetto volante non identificato."

"Era veramente un UFO, Connie. Arrivato da un pianeta chiamato Antar, dalla Galassia a Spirale."

Connie sollevò lo sguardo all’improvviso, chiuse gli occhi e voltò la testa. "Michael aveva detto qualcosa a proposito del fatto che mio padre era stato abbattuto da un UFO. Ho pensato che fosse solo ‘Febbre da Roswell’. Sai? Cospirazioni aliene dietro ogni angolo. Siete stati voi a far saltare la base?"

"No." Liz scosse la testa. "E’ stata la persona che era sull’astronave."

"Persona?"

"Sì. Lei era come … era una specie di nemico. E’ una lunga storia."

"E a te va bene tutto questo? Santo Cielo, Liz, tu hai rapporti sessuali con un alieno!"

"No!" sbottò Liz. "Io faccio l’amore con Max, mio marito."

"Come puoi permettergli di usarti in questo modo? Lui non è nemmeno umano!"

"Oh, e quella gente che, a maggio, ha cercato di uccidere tuo padre, lo è? La gente che ci da la caccia? La gente che ha fatto esperimenti su Max? Loro sono umani, Connie? Lasciami dire una cosa. Max, Michael e Isabel, sono molto più umani di tanta gente che conosco. Quei tre lì dentro, hanno salvato più vite umane di quello che tu potrai mai sapere. E, sai una cosa? Hanno rischiato le loro vite per farlo."

"Ma loro sono … "

"Capirai una volta che li avrai conosciuti meglio, Connie. Se questo può aiutarti, considera anche me come in parte aliena."

"Ma loro possono fare … delle cose."

"Sì." sorrise Liz. "Hanno qualche potere."

"Ma come puoi andare a letto con lui?"

"Perché lo amo." Liz mise ogni oncia di sincerità in quella semplice frase. "Ma ci sono anche dei vantaggi."

"Quali?"

"Sai, Connie … ? Sono cose personali."

"Oh. Oh! Okay." Connie cominciò ad arrossire.

"Non ti farebbero mai del male. Non farebbero del male a nessuno."

"Questo credo di averlo sempre saputo." Connie abbassò vergognosamente la testa.

"Allora, rimarrai? Io non so cosa provi per lui, ma so che significhi il mondo per Kyle."

"Anche io gli voglio bene." annuì Connie. "Può sembrare un po’ superficiale, a volte ma, viste le circostanze, poteva essere peggio. Poteva essere Harry Stabinshi."

" Harry Stabinshi?" Liz sembrò confusa.

"Solo qualcuno con il quale non vorresti mai uscire. Credimi."

"Capito."

"Allora … quei bambini? Come posso essere d’aiuto?"

"Grazie." Liz si avvicinò e l’abbracciò, dandole il benvenuto nel gruppo. "Ma questa è una cosa che solo noi quattro possiamo fare. Voi ragazzi, prendetevi la serata libera."

"Forse potresti persuadere Kyle a portarmi fuori."

"Non credo che ci vorrà molto per convincerlo." Liz le strizzò l’occhio.

* * * * *

"Lì c’è una telecamera." indicò Michael con lo sguardo.

"Capito." annuì Max. Si accostò alla parete, appoggiandovi contro la mano aperta. "I cavi scendono nello scantinato, come quelli all’interno."

"Credo che il centro di controllo della sicurezza sia lì, allora. Non l' ho visto né al piano terra, né al primo piano."

"Credi di riuscire a scoprire come funziona, se andiamo lì?"

"Sì." Michael annuì. "Non ci vuole uno scienziato."

"Vuoi che proviamo ad andare adesso?"

"Di solito, questo è compito mio." ridacchiò Michael. "Correre rischi inutili."

"Non credo, Michael. Che tu corri rischi non necessari. Qualche volta, tendi ad essere un po’ … entusiasta, ma credo che tu pensi di fare la cosa migliore. Giusto?"

"Ti farò sapere quando l’avrò tradotto."

"Stai bene, Michael?" Max si voltò a guardarlo. "Voglio dire, ultimamente ti stai comportando … diversamente dal solito."

Michael guardò Max e si voltò per andare verso una panchina che stava tra le aiuole che correvano lungo la strada. Si sedette. "Ti ricordi quando, per te, le cose andavano veramente male? Sai, dopo la morte di Alex? Quando tu e Tess … o forse no."

"Sì." Max annuì, sedendosi accanto all’amico.

"Credo di capire quello che hai provato."

"Tra te e Maria va tutto bene?"

"Sì." sospirò Michael. "E’ solo che … Max, faccio dei sogni. Non riesco a ricordarli ma, quando mi sveglio, mi sento più … alieno. Mi sento come quando avevo il sigillo e sono diventato un po’ matto."

"Credi che potresti di nuovo, diventare … violento?"

"No." Michael scosse la testa. "Mi sento solo … Credici o no, mi sento molto protettivo. Verso di te."

"Me?"

"Sì. Ma non è proprio esatto. E’ come se, a meno che non parliamo di cose che ti riguardano come Re o che non riguardano i Quattro Reali, sentissi che è tutta una perdita di tempo. Max, non mi interessano gli oggetti che tu e Liz avete scoperto a Puerto Rico, ma ci sono momenti in cui una parte di me voglia sbattere insieme le vostre teste, per non averli portati qui da me. Una parte di me pensa che sono importanti e una parte di me vuole stare dannatamente lontana da loro."

"Quando sono cominciati i sogni?"

"Mentre ti stavamo cercando. Sai, tra le montagne."

"Pensi che possa esserci stato una sorta di transfert? Che una parte di me sia passata a te?"

"Non lo so." Michael si strinse nelle spalle. "Probabilmente no. Qualche volta, mi sembra che provenga … dall’esterno. Max. Per favore, non parlarne con gli altri, ma quando ho detto i Quattro Reali … Max, mi stavo riferendo a Tess, non a Liz."

"Ma Tess è … "

"Non lo sappiamo per certo, Max. Hai mai visto il suo corpo?"

* * * * *

Nel buio della prima sera che era sceso sull’ospedale, due giovani infermiere, una alta e bionda e l’altra più bassa e con i capelli scuri, camminavano nel lungo corridoio, che conduceva all’ingresso principale. Invisibili agli altri, due forme maschili completamente vestite di scuro, sbucarono dai cespugli entrando nello stesso edificio. Ma, mentre le infermiere entravano dall’ingresso, le due ombre scure si fecero strada da una finestra del sotterraneo.

"Preferisci farlo tu?" chiese Michael.

"No." si guardò attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno. "Fallo tu."

Michael posò la mano sulla finestra e la mosse lungo il bordo. "Ecco." annuì. La sua mano brillò e la finestra si aprì.

Max la tenne aperta mentre Michael si infilò dentro. Quando Michael tese la mano per tenere la finestra sollevata, Max lo seguì dentro la stanza buia. Poi passò la mano sul chiavistello, per tenerla chiusa fino al loro ritorno. Traversarono la stanza insieme. Michael aprì la porta e fece capolino nel corridoio. Scivolò fuori per primo e strisciò verso l’angolo. Dette un’occhiata e fece segno a Max di seguirlo.

"La consolle è alla fine di questo corridoio." sussurrò Michael. "Cosa facciamo? Corriamo o camminiamo furtivamente, sperando che non arrivi nessuno?"

Max voltò la tasta da un lato all’altro del corridoio, cercando di ascoltare se arrivasse qualcuno. "Correre?" chiese.

"Correre." annuì Michael."

Corsero insieme verso la porta bianca alla fine del corridoio. Nessuno li vide raggiungere la loro destinazione.

"Che ne pensi?"

"Credo che dovremmo entrare." Michael fece un largo sorriso. "Fino ad ora la fortuna ci ha assistito e sono sicuro che le persone dentro hanno la guardia abbassata."

"Okay." annuì Max, afferrando la maniglia. "Al mio tre?"

"Al tre."

"Uno, due, tre."

La stanza era vuota, tranne che per un tavolo curvo con una serie di pannelli, sormontati da monitor. Mentre Michael si avvicinò alla postazione, Max chiuse la porta. Poi si voltò e rimase a guardare Michael che metteva fuori uso i sistemi di sicurezza dell’ospedale.

* * * * *

"Da questa parte." Isabel stava conducendo Liz attraverso i corridoi dell’ospedale, come se ci avesse passato tutta la sua vita.

"Come fai a saperlo?" Liz guardò meravigliata l’amica.

"E’ solo una sensazione."

"Vorrei poter fare cose del genere."

"Non preoccuparti, Liz. Stai diventando più forte. Posso sentirlo. Tranne che passeggiare nei sogni, tu probabilmente sarai presto in grado di fare tutto quello che faccio io."

"Grazie, Isabel."

Isabel le sorrise. Le fece girare un angolo e si fermò davanti ad una porta con la scritta ‘Amministrazione’. "Guarda. C’è un archivio proprio lì davanti." Isabel accennò all’altra porta con la testa. "Io resterò qui e farò la guardia. Tu va’ e fai quello che devi fare."

"Okay." annuì Liz. "Ci siamo." disse nel piccolo microfono che Max aveva costruito quel pomeriggio. "Siamo pronte."

"Il sistema è fuori uso." disse una voce dalle cuffie che Liz indossava. "Semaforo verde. Stai attenta. Ti amo."

Guardandosi attorno un’ultima volta, Isabel passò la mano sulla maniglia ed aprì la porta. Liz entrò e si chiuse la porta alle spalle.

"C’è un armadio." disse a Max attraverso il microfono. "Ce ne sono diversi, ma questo mi sembra quello giusto. Lo sto aprendo. B per Brody. Vediamo. Briggs, Brindle, ecco, Brody, Sydney." Tirò fuori il fascicolo e lo aprì. "Max?" la sua espressione cambiò. "E’ vuota."

Ci fu un momento di silenzio, prima che Max cominciasse a parlare. "Liz, non lasciarti prendere dal panico. Voglio che mi ascolti attentamente. Apri la mente e posa la mano nella parte anteriore del cassetto. Fai scorrere lentamente la tua mano verso il fondo, e pensa a tutto quello che sai su di noi."

"Non capisco."

"Pensa a cose come alieno, guarigione, inspiegabile. Se passi la mano su una cartella catalogata con quelle parole e la tua mente è aperta, lo sentirai."

"Okay, Max. Ci proverò." Liz fece scorrere la mano sul cassetto, come le aveva detto Max. "Niente, Max." Nella sua voce echeggiava la delusione.

"Non preoccuparti, Liz. Prova ancora sul cassetto successivo."

Sotto la guida di Max, ripeté il processo su ogni cassetto della stanza. "Max? E se avessero messo tutto sul computer?"

"Non sono sul computer, Liz. Ricordi? Io e Michael abbiamo già controllato."

"Sì." sospirò lei. "Okay. Ora sono arrivata alla ‘I’." Aprì il cassetto e passò la mano aperta sulle cartelle. Mentre la spostava verso il fondo, la mano cominciò a brillare all’improvviso di una luce bianca. I suoi occhi si spalancarono e lei presa la cartella.

"Max, ho trovato qualcosa. E’ in una cartella intestata ‘Impronta argentata’."

"Avrei dovuto saperlo. Cosa c’è dentro?"

"Un elenco di nomi e indirizzi. Aspetta. Sidney è sull’elenco. E anche Thomas Curtis. Bingo!"

"Okay, Liz. Puoi copiarla?"

"Max, non c’è una fotocopiatrice qui."

"Puoi farlo tu stessa."

"Come?"

"Nello stesso modo. Apri la mente e passa la mano sopra l’elenco. Poi passala su un foglio bianco e lascia tutto quello che hai trattenuto sul foglio."

"Stai scherzando?"

"No. Prova e vedrai."

"Oh! Wow!" esclamò Liz, piegando il suo foglio in un piccolo quadrato ed infilandoselo nel reggiseno.

"Liz!" sibilò Isabel dalla porta. Dobbiamo andare. C’è troppa gente in giro."

"Ora dobbiamo andare, Max."

"Okay." concordò Max. "Michael dice che sta arrivando qualcuno anche qui. Ci incontriamo fuori."

* * * * *

Insieme, al riparo di un grande albero, i quattro adolescenti si passarono una mano davanti, cambiando i loro abiti in qualcosa di meno appariscente. Si tolsero i guanti di lattice che avevano sulle mani e li tesero a Max, che li fece sparire in una nuvoletta di polvere.

"Mi ricorda molto gli Skins." Michael rabbrividì.

Tutti annuirono, guardandosi l’uno con l’altro nell’oscurità.

"Vi ricordate quella notte nel vicolo? Quando Liz ci ha impedito di fuggire?" Isabel sorrise.

"Quante cose sono successe da allora." annuì Max. "E’ cominciato con noi tre. Poi, alla fine, ho lasciato che Liz sapesse. E da lì … è cominciata la valanga."

"Vi siete mai fermati a pensare dove saremmo, se fossimo andati via la sera del Crash Festival?" Michael si guardò attorno. "Sapete? Se non ci fossimo lasciati convincere da Liz a rimanere? La nostra vita sarebbe stata molto simile a questa, ma meno … "

"Gratificante?" propose Liz.

"Io so solo una cosa." sorrise Max. "So quale strada preferisco."

"Davvero, huh?" Isabel fece un grande sorriso in risposta a quello che Max e Liz si erano scambiati.

"Andiamo." Max posò un braccio sulle spalle di Liz. "La notte è giovane e Kyle è fuori per un appuntamento con Connie. Passiamo a prendere Maria e Jesse e andiamocene da qualche parte. Andiamo a divertirci."

"Chi sei tu?" rise Michael. "E cosa ne hai fatto di Max?"

"Non contate su di me, ragazzi." sorrise Isabel. "Lo avevo previsto. Jesse mi sta aspettando in un ristorante in fondo alla strada. Ci incontreremo con Kyle e Connie. Ci vediamo, ragazzi. Ma non aspettateci alzati."

* * * * *

"E questo ci porta ad oggi, giusto?" Kyle guardò Isabel, per chiederle conferma di aver detto a Connie tutto sulle loro avventure.

"Voi ragazzi siete stati piuttosto occupati." Connie scosse la testa." Cosa ti ha fatto cambiare idea, Jesse? Voglio dire, perché, questa volta, hai deciso di restare con loro?"

"Non ho dato ad Isabel la possibilità di rifiutare di nuovo." sorrise alla moglie, prendendole la mano. "Ma lascia che ti dica una cosa, Connie. Non sarà facile vivere con loro. Ma lo sarà per te."

"Perché?" chiese Kyle.

"Perché Connie ha avuto il buon senso di innamorarsi di un … " Jesse si guardò attorno e si chinò in avanti." … umano."

"Sì." rise Isabel. "Ma non per molto."

"Che vuoi dire?" Connie sembrò preoccupata.

"Anche Liz è umana, ma ha sviluppato poteri alieni suoi propri, dopo che Max l' ha guarita." le disse Kyle. "E visto che lui ha guarito anche me, è solo questione di tempo prima che succeda anche a me."

"Sono poteri umani, Kyle. Non alieni."

"Chiamali come vuoi." Kyle si strinse nelle spalle. "Se ha l’aspetto di una papera, cammina come una papera e fa ‘qua qua’ come una papera, è una papera."

"Cosa vuoi dire?" chiese Connie. "Come possono essere poteri umani?"

"Noi siamo stati modificati geneticamente." le spiegò Isabel. "Abbiamo DNA umano, ma la nostra essenza, la nostra anima, se preferisci, è aliena. E’ quello che noi eravamo nel nostro pianeta, prima di essere uccisi. Il nostro cervello è stato avanzato di qualche centinaia di anni, per darci il vantaggio dei poteri che possiede. Tutto quello che facciamo, è umano."

"No." Jesse scosse la testa. "Non può essere."

"Perché?"

"Perché ognuno di voi ha un potere specifico. Sai? Max può guarire … tu puoi entrare nei sogni … Liz ha quelle premonizioni. Se fossero poteri umani, tutti voi potreste fare tutto. Poi, quando Michael ha avuto il sigillo, dopo la morte di Max … "

"Max è morto?" Connie era rimasta a bocca aperta.

"Oh, sì." sogghignò Kyle. "E’ una storia lunga. Diciamo che Liz lo ha salvato."

"Ad ogni modo, Michael ha avuto i poteri specifici di Max."

"E’ vero." annuì Kyle. "Sapete? Stavo pensando ad una cosa. Qual è il potere specifico di Michael?"

"Fare esplodere le cose, credo." Isabel si strinse nelle spalle.

"No. Potete farlo tutti. Può farlo anche Liz."

"Non ci avevo mai pensato." ammise Isabel.

"Qual è il tuo altro?" Jesse guardò Isabel.

"Altro cosa?" la ragazza stava cominciando a sentirsi un po’ agitata. Avrebbe voluto che Max fosse lì per aiutarla.

"Potere, abilità, chiamalo come vuoi."

"Che vuoi dire?"

"Max può guarire e può innalzare il suo scudo. Liz ha quelle premonizioni e può proiettare la sua immagine. Sembra che tu sia capace solo ad entrare nei sogni. Tess poteva deviare la mente e cancellare i ricordi."

"Credo che faccia parte di uno stesso potere. Lei poteva alterare il tuo modo di vedere le cose."

"Okay. Allora, in realtà, non sappiamo quello che Michael è in grado di fare. Tu e Tess avete un solo potere. Max e Liz ne hanno due."

"Sembrerebbe così."

"Forse Max ne ha due perché è il Re." suppose Kyle. "Liz ne ha due perché Max l'ha guarita. Così si presume che anche io ne avrò due. Forte! Non devo più sentirmi inferiore a Evans."

"Senza offesa, Kyle." rise Isabel. "Credo che, in qualche modo, ti sentirai sempre così."

"A causa di Liz?" chiese Connie, sembrando un po’ gelosa.

"Non perché la rivoglio indietro. Niente del genere." replicò Kyle. "Anche quando pensavamo che Max fosse morto, sapevo che per lei non avrei potuto essere altro che un amico. Liz appartiene a Max, nella vita e nella morte. Proprio come lui appartiene a lei. Non si separeranno mai. Inoltre, romanticamente parlando, c’è una sola persona che mi interessa."

"Uh huh. E chi sarebbe? La conosco?"

"Puoi ben dirlo."

"Oh, mio Dio!" rise Isabel. "Voi due state flirtando!"

* * * * *

"Perché mi sembra che passiamo tutto il nostro tempo nelle stazioni di servizio?" grugnì Maria, mentre erano seduti in un grande tavolo, per pranzare. "Vi ho mai detto quanto odio il cibo fritto?"

Erano sulla strada per Tucson, che era l’indirizzo più vicino della lista che Liz aveva preso dall’ospedale.

"C’è di peggio." annuì Isabel, indicando il folto gruppo di uomini in fondo al ristorante.

Parlavano ad alta voce, erano turbolenti e stavano dando fastidio alle cameriere.

"Esercito." esclamò Connie, senza nemmeno guardarli.

"Come fai a dirlo?" le chiese Maria.

"Semplice. Avverto la presenza di un soldato da lontano un miglio."

"Quello biondo all’angolo, non ha tolto gli occhi di dosso a Liz da quando è arrivato." Maria si accigliò.

"Cosa c’è?" chiese Liz, sollevando lo sguardo dal foglio che stava leggendo con Max.

"Niente." ridacchiò Maria.

"Avete finito, ragazzi?" chiese Max.

Quando tutti ebbero annuito, si alzarono dal tavolo e, dopo che Liz ebbe pagato il conto e lasciato una buona mancia, uscirono nel caldo dell’Arizona.

"Dovremmo essere a Tucson per stasera." disse Max mentre tutti si stiracchiavano le gambe.

La porta dietro di loro si aprì e la gang uscì per la strada. Quelli che Connie aveva identificato come soldati, uscirono subito dopo di loro, facendo commenti pesanti. L’uomo biondo, che Maria aveva scorto mentre fissava Liz, si fermò con alcuni dei suoi compagni.

"Hey, piccola." disse a Liz sorridendo e posandole un braccio sulla spalla. "Perché non lasci quei ragazzi e vieni a vedere com’è la vita con un vero uomo?"

Liz allungò la mano e gli afferrò il braccio, rimanendo a guardare gli occhi dell’ uomo a bocca aperta.

"Guardala." disse uno dei suoi commilitoni." è cotta di te, Dixon."

"Ammaliata." aggiunse un altro.

"Sali, Dixon." disse qualcuno da vicino un grosso autobus.

"Vieni a trovarmi qualche volta, piccola." ridacchiò il ragazzo biondo. "Ti farò vedere cose che non hai mai nemmeno sognato."

"Hai visto l’espressione sulla sua faccia?" sentì commentare da uno degli uomini che si stavano allontanando, lo stupito gruppo di ragazzi.

Liz si scosse dal suo stordimento e guardò verso Max, prima di correre dietro all’uomo biondo.

"Guarda! Eccola di nuovo. Non può fare a meno di te, Dixon."

Liz afferrò il braccio dell’uomo e lo guardò negli occhi. Con grande sorpresa dei suoi amici, e tra i fischi di approvazione dei soldati, Liz si fece avanti e baciò l’uomo sulle labbra.

* * * * *

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Capitolo 32
*** 32 ***


Parte 32

"Dove stai andando?" ansimò Liz dopo aver rilasciato la bocca dell’uomo, liberandosi dal suo tentativo di avvicinarla di nuovo a sé. Dai finestrini aperti dell’autobus, gli amici commentavano e lo incoraggiavano.

"Puoi trovarmi al campo di Ash Springs National Guard, dall’altra parte di ‘Vegas, sulla statale 93, cara." l’uomo chiamato Dixon stava sorridendo da orecchio ad orecchio. "Sei mai stata a Vegas? Ti farò vivere i momenti più belli che tu abbia mai passato."

"Lascia stare la tua amichetta, Dixon." abbaiò un uomo più anziano con le strisce da sergente. "Sali!"

Come Dixon salì sul mezzo, i suoi commilitoni si congratularono con lui, battendo le mani e facendogli il cinque. Liz indietreggiò lentamente e tornò ad affrontare i suoi amici. A differenza dei militari, erano tutt’altro che compiaciuti. Isabel stava fumando, mentre Kyle e Jesse sembrarono imbarazzati. Maria era rimasta a bocca aperta, ma non riusciva a proferire parole. Perfino Kyle riusciva a guardarla a malapena. Connie sembrò scioccata. Michael si precipitò ad incontrarla, ma fu trattenuto da Max. Anche Max sembrò ammutolito ed il suo viso stava assumendo un colore verdastro.

"Cosa hai visto, Liz?" le chiese alla fine. La sua voce era bassa, ma aveva un chiaro tono agitato.

Pallida e spaventata, Liz gli rivolse un debole sorriso, sollevata dal fatto che lui avesse capito le sue azioni, anche se era ovvio che l’avessero ferito. "Io … lui … loro … " balbettò, mentre il bus si allontanava tra fischi e risate che arrivavano dai finestrini.

Liz attirò Max a sé e lo strinse forte. Lo baciò con tutto l’amore e con tutta la passione che riuscì a raccogliere, non solo per fargli sapere quello che provava per lui, ma per essere sicura che lui vedesse. All’improvviso, Max fu assalito dalle immagini. Passò attraverso quelle che gli dicevano che lei amava lui ed arrivò al motivo che aveva costretto Liz a baciare l’uomo.

"No." Max rimase senza respiro, fissando orripilato Liz mentre interrompeva il bacio. "No, no, no, no, no! Sta cominciando!"

"Max?" Michael si spostò al suo fianco, ancora furente di rabbia. "Cosa sta cominciando?"

"La fine del mondo!"

* * * * *

"Non capisco." Sul sedile del passeggero della macchina con la quale avevano seguito la Chevy Suburban blu, Chyn si strinse nelle spalle. "Perché abbiamo fermato il segnale per Rath? Credevo che il programma fosse di aumentarlo?"

"Mi ricordo di aver letto, una volta, che il corpo umano è in grado di formare una resistenza a qualcosa alla quale è esposto per un lungo periodo di tempo." rispose Bektor. "Non voglio che Rath crei un’immunità al segnale. Voglio che reagisca immediatamente, quando io gli darò l’ordine."

"Okay." annuì Chyn. "A questo proposito, il Comandante Kell non è stato ancora in grado di localizzare Kalyn. Pensa o che sia stata catturata da una terza organizzazione o che i resti del Granilith, che sono stati conservati lì vicino per molto tempo, stiano bloccando il dispositivo di individuazione. In ogni caso, dobbiamo considerarla persa."

"Allora abbiamo bisogno più che mai di Rath." annuì Bektor. "Gli daremo un segnale basso qualche ora prima del momento in cui avremo bisogno di lui, poi lo manderemo al massimo."

"D’accordo." Chyn si voltò a guardare il finestrino. "E’ un peccato per Kalyn, però. Tra tutti noi, era quella che aspettava di più questo … incontro."

* * * * *

"Okay." disse Michael, seduto dietro il sedile del guidatore, occupato da Jesse. Si era voltato per guardare Max e Liz, seduti nell’ultima fila ed ancora cerei in viso. "O voi ci dite cosa diavolo sta succedendo, o … o … Sentite. Che diamine succede? Liz bacia un idiota di soldato e tu … cosa? Parlate!"

Max e Liz si scambiarono un’occhiata, poi Max annuì.

"Quando lui mi ha toccata," cominciò Liz "sapete, quando sono uscito dal ristorante subito dopo di noi, ho visto delle cose. Ho visto che sarebbero stati coinvolti in una specie di battaglia."

"E allora?" Michael strinse gli occhi. "Sono soldati. Succede."

"Sì, ma da quello che ho potuto vedere, stavano combattendo in questo paese. Mi è sembrato nel deserto."

"Potrebbe essere stato l’Afghanistan." la interruppe Connie. Il suo sguardo sembrava sconcertato, visto che non era ancora abituata all’Abisso Alieno.

"No." Liz scosse la testa. "Mi è sembrato proprio questo deserto. La cosa era che … i tipi contro i quali stavano combattendo? Non usavano armi. Puntavano le loro mani. E Michael? I proiettili non li ferivano."

"Skins?" il viso di Michael sbiancò. E la sua rabbia svanì.

"Credo di sì."

"Perché l’hai baciato?" Isabel mostrava ancora la sua ostilità.

"L'ho toccato una seconda volta, per avere maggiori informazioni. Come quando o dove. Ma non è successo niente. Mi sono ricordata di come io e Max abbiamo cercato di avere altre informazioni quella volta che l’FBI è venuta a cercarci, ci siamo baciati, e allora … "

"Oh." Isabel sembrò un po’ sorpresa. "Ma ora quel soldato pensa di piacerti."

"Isabel." Liz scosse la testa. "Non può importarmene di meno di quello che lui può pensare. E’ quello che pensate voi che mi importa."

"Bene." Isabel guardò Liz. "Cosa hai visto?"

"Che sarebbero stati tutti uccisi." l’espressione di Liz si fece triste. "Gli Skins li hanno uccisi tutti. Loro avevano allestito una specie … sembrava un’arma. Ma la cosa peggiore, è che non penso che fosse la sola. Ho avuto la sensazione che quella fosse una specie di avanguardia. Gli Skins stavano aspettando rinforzi. Molti."

"Dobbiamo dirlo a qualcuno." Connie ruppe il silenzio. "Voglio dire, se stiamo per essere invasi, allora le autorità devono saperlo."

"E a chi potremmo dirlo, Connie? All’FBI? All’Esercito?" Michael scosse la testa. "Hai il numero di telefono del Presidente?"

"Che ne dite della mia amica Sarah? Jesse chiama dal fronte?"

"O al figlio di Granny, il senatore?" aggiunse Maria.

"Pensateci." disse Michael ai loro suggerimenti. "Ciao. Siamo i ragazzi che sono fuggiti da Roswell. Vogliamo avvertirvi che una di noi ha avuto una premonizione sul fatto che stiamo per essere invasi da un pugno di alieni invincibili."

"Ha ragione." concordò Max. "Non ci crederebbe nessuno. Tocca a noi fare in modo che quei soldati escano vivi dall’incontro, in modo che possano dirlo a qualcuno. E’ più facile che credano a loro che a noi."

"Ma anche così, Max, che cosa potrebbero fare?" disse Liz guardandolo. "C’è solo un modo di uccidere uno Skin ed è colpire la valvola alla base della loro schiena."

"L’ Esercito è addestrato al combattimento corpo a corpo." precisò Connie. "Abbiamo avuto lo stesso addestramento in Aviazione. E mi aspetto che lo facciano anche i Marines."

"Ma per farlo, devi avvicinarti a loro, Connie." le spiegò Liz. "E prima che tu possa farlo, ti avranno già fatta saltare con un lancio di energia. Noi sappiamo che quelle esplosioni possono uccidere gli umani."

"Tocca a noi, allora." Max guardò Michael.

"Dobbiamo scoprire qualcosa sull’arma che ha visto Liz." concordò Michael. "Forse potremmo usarla contro di loro."

"E noi?" chiese Kyle. "Voglio dire, io non posso restare seduto e lasciare che voi quattro andiate a combattere."

"E a morire." Maria chiuse gli occhi e voltò la testa.

"Torna indietro, Jesse." disse Max. "Andiamo a Las Vegas."

* * * * *

"Non c’è speranza." sospirò Liz, mentre riguardava la sentenza binaria del segnale che avevano ricevuto. "Ho provato con tutto quello che mi è venuto in mente, ma ancora non sono riuscita a decifrare questa cosa."

"Forse è molto semplice." Max si strinse nelle spalle. "Forse siamo talmente convinti che il segnale è parte di un codice complicato quando, in realtà, il numero finale è qualcosa di estremamente semplice, come una chiave. Non so, come un numero di controllo o qualcosa di simile."

Gli occhi di Liz si spalancarono e riportò la sua attenzione allo schermo del computer. Le sue dita volarono sulla tastiera, mentre spostava i numeri sul foglio elettronico. "Max!" gli disse. "Sei un genio!"

Girò il portatile davanti a lui, per fargli vedere la rappresentazione bitmap di un gruppo di simboli, simili a quelli che avevano trovato nella caverna di River Dog.

"Ho moltiplicato i primi due per l’ultimo. E questo è quanto."

"Ora, tutto quello di cui abbiamo bisogno, è di tradurre i simboli." sospirò Max.

"Stavo pensando." Michael sollevò gli occhi dal libro che stava leggendo. "Non avete detto di aver trovato un libro in quell’astronave? Con simboli alieni e petroglifici dei Nativi Americani?"

"Sì." la voce di Liz era cauta.

"Ebbene, se qualcuno avesse tradotto i simboli alieni in quei petroglifici? Se dicessero la stessa cosa?"

Liz spalancò gli occhi, mentre prendeva in considerazione le implicazioni.

"Sarebbero la nostra Stele di Rosetta!"

"Stele di Rosetta?" chiese Maria.

E’ quella che ha permesso di tradurre i geroglifici egiziani." spiegò Liz. "Qualcuno ha trovato una pietra che aveva incisi dei geroglifici, ma anche delle iscrizioni in Greco Antico e in Latino. Hanno scoperto che quelle in Greco e in Latino dicevano la stessa cosa, così sono stati in grado anche di tradurre l’Egiziano."

"Grande." ridacchiò Maria. "Così se avessi qui il libro e sapessi come leggere i petroglifici, potresti, probabilmente, tradurre il messaggio alieno."

"Uhm." Liz arrossì tirando fuori dalla borsa ai suoi piedi, il libro alieno che avevano trovato nell’astronave e il libro di sua nonna. "Credo di averlo."

Michael sollevò gli occhi dal libro e scosse tristemente la testa.

"Mi spiace, Michael." Liz si sentì a disagio davanti all’amico.

"Dimenticalo." rispose lui, scrollando le spalle.

* * * * *

"Mi dispiace, Max." Isabel era seduta accanto a lui, durante il suo turno di guida. Liz era ancora seduta sul retro, presa a tradurre i simboli.

"Ti dispiace?" sorrise Max. "A te? Di cosa?"

"Per non aver avuto fiducia in Liz. Per aver creduto che volesse baciare un altro uomo solo per il gusto di farlo e non per il motivo per il quale lo ha fatto. Per noi."

"E’ stata dura vederle fare una cosa simile." annuì Max.

"Sì." Isabel guardò verso il finestrino. "Ma tu non hai pensato male."

"Avrei solo voluto uccidere quel tipo." sogghignò Max.

"Non Liz?"

Max si voltò a guardare la sorella, scuotendo la testa con un sorriso. "Non Liz." Poi tornò a guardare la strada. "Ma credo che sia una conversazione che dovresti avere con lei, non con me."

"Lo credo anche io." Isabel annuì lentamente. "E’ solo che … è qualcosa che hai detto quando eravamo all’ospedale. Come noi eravamo abituati a stare da soli."

"Va tutto bene?"

"Ora abbiamo Liz, Jesse, Maria, Kyle e Connie da proteggere. Tu hai sposato Liz, io ho sposato Jesse. Sembra che non abbiamo più il tempo per parlare. Come eravamo soliti fare."

"Lo so, Iz." annuì Max. "E manca anche a me. Ma ora abbiamo nuove responsabilità. Credo che lo chiamino crescere."

* * * * *

"Max." lo chiamò Michael, quando fecero una sosta per sgranchirsi le gambe, sulla strada per Las Vegas. Fece un cenno con la testa verso la strada. "Vieni con me."

I due ragazzi si allontanarono lungo la strada, lasciando gli amici accanto alla Suburban. "Quei dispositivi che hai trovato nella navetta. Quelli che Liz ha detto di aver lasciato nel laboratorio con il libro."

"Mi dispiace per quello, Michael. Lei era preoccupata di farti sapere che li avevamo ancora noi."

"Per quella volta che ho avuto il Sigillo?"

"No. In realtà è per quando abbiamo trovato la mappa e tu sei andato a cercare River Dog e sei stato male." ridacchiò Max. "Non credo che ti perdonerà mai per aver rovinato il nostro appuntamento."

"Dannazione, quella ragazza ha la memoria di un elefante." Michael scosse la testa. "Così pensa che potrei fare qualcosa di stupido?"

"Michael, lei ha notato … " Max fece una pausa per valutare la reazione dell’amico a quello che stava per dire, poi decise di continuare. "Ha notato che ti comporti in modo strano. Voglio dire, rispetto a com’eri. Va tutto bene, ora? Non mi sembri più così impetuoso."

"Già." annuì lui. "Non mi sento più così. Proprio ora che ne avrei bisogno."

"Che vuoi dire?"

"Se ora dobbiamo affrontare gli Skins, potrebbe esserci di aiuto se fossi un po’ più come Rath, non credi? All’ ‘ennesimo’ grado?"

"Capisco quello che intendi." concordò Max.

"Tu e Liz avete provato quei dispositivi?

"No." Max scosse la testa. "Ultimamente, siamo stati piuttosto distratti dagli eventi. E non volevamo offenderti, ammettendo che li avevamo ancora."

"Max, tu devi scoprire cosa possono fare. E subito. Se, in qualche modo, potessero aiutarci … Avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile."

"Hai ragione. Stanotte, io e Liz ce la fileremo nel deserto e vedremo di riuscire a capire a cosa servono."

"Max? Pensi che a Liz dispiacerebbe se venissi anche io?"

"Glielo chiederò, Michael. Nella peggiore delle ipotesi, può solo dire no."

"Potresti limitarti a dirglielo." Michael strizzò gli occhi.

"Non potrei farlo, Michael."

"No. Credo che non potresti." ridacchiò Michael."

* * * * *

"Credo che siamo abbastanza lontani." esclamò Max, dopo aver guidato per diverse miglia lungo uno stretto sentiero verso il deserto. "Possiamo andare in quel canyon." indicò Michael.

Max parcheggiò la Chevy vicino al canyon e i due ragazzi saltarono fuori. Liz scese dal sedile del guidatore e si unì a loro. Dal sedile del passeggero scese Maria, che aveva rifiutato di essere lasciata indietro.

"Chi va per primo?" chiese Maria.

"Credo che dovremmo dare un’occhiata." suggerì Liz. Infilò la mano nella borsa e ne tirò fuori i due oggetti, avvolti accuratamente nell’asciugamano di un albergo.

"Che ne pensi, Michael?" chiese Max all’amico che li stava osservando.

"Questo ha decisamente l’aspetto di un’arma." concordò Michael. "Una pistola." Mirò ad una roccia e si voltò verso Liz. "Posso?"

"Certo." annuì lei.

Si voltarono tutti, per ripararsi da qualsiasi cosa potesse accadere. Michael premette il un piccolo bottone, ma non successe niente. Provò ancora ed ancora. Michael guardò accigliato prima la pistola, poi Max.

"Prova tu." e gliela tese.

Max ripeté i gesti di Michael ma, anche questa volta, non accadde nulla.

"Non credo che sia qualcosa che possiamo usare." si strinse nelle spalle, posandola su una roccia lì accanto. "E l’altro?"

"Non ne ho idea." Michael scosse la testa. "Non ci sono pulsanti od interruttori, solo un display quadrato."

"Sembra uno di quei piccoli computer portatili." suggerì Liz. "Forse devi tenerli in mano contemporaneamente, per far funzionare la pistola."

Michael prese la pistola e li tenne in mano entrambi. Di nuovo, niente.

"Sapete?" disse stringendo gli occhi. Tese la pistola a Maria, mentre si concentrava sul piccolo display. "Ho la strana sensazione che questo sia … una specie di radar."

"Vuoi dire una specie di congegno di puntamento?" Maria mirò con la pistola ad una roccia e premette il bottone.

"Forse." annuì Michael.

"Io arriverò alla fine del canyon, poi tornerò indietro. Voi controllate cosa succede." propose Max.

Cominciò ad allontanarsi, mentre Michael, Maria e Liz controllavano la finestrella del congegno. Quasi immediatamente, apparve un piccolo puntino bianco quasi al centro dello schermo, ma che si muoveva verso l’alto.

"Oh, mio Dio." esclamò Liz. "E’ lui."

"Maria." Michael toccò con gomito la sua ragazza. "Cammina in quella direzione."

"Okay."

Michael e Liz guardarono attentamente lo schermo ma, oltre al puntino bianco di Max, non apparve nulla.

"Prova tu, Michael." suggerì Liz. Tenne lei il dispositivo, mentre Michael si allontanava nella direzione opposta a Maria. "Un puntino bianco, Michael." gridò lei.

"Ora tu." Michael tornò e diede il cambio a Liz.

Liz andò nella stessa direzione che aveva preso Michael.

"Anche tu ne hai uno. Credo che sia a causa di Max." Sollevò lo sguardo per vedere che Max stava ancora camminando verso la fine del canyon. "Max!" gli gridò. "Torna indietro."

Max si fermò e si voltò. "Cosa?" La sua voce lontana echeggiò tra le pareti del canyon.

"Torna indietro!" gridò Maria, agitando verso di lui la mano che teneva la pistola. Una bianca scarica di energia partì dall’arma, spaventando a morte Maria che lasciò cadere a terra l’arma.

"Max!" gridò Liz, quando l’energia volò dritta verso di lui.

Nel punto in cui stava Max ci fu un’esplosione e quando il fumo si fu dissipato, lui era disteso, schiena a terra, mentre Liz già stava correndo verso di lui. Michael la sorpassò facilmente, ma arrivò solo qualche secondo prima di lei.

"Oh, mio Dio, Max!" Liz era sull’orlo di una crisi isterica.

"Max?" lo chiamò Michael, sollevando il corpo, per metterlo seduto.

"Che diavolo è stato?" grugnì Max.

"Max!" Liz si gettò contro di lui, stringendolo forte.

" Oh, mio Dio! Oh, mio Dio!" Maria stava inalando il suo olio di cedro. "Max, mi dispiace. Non lo sapevo."

"E’ una buona cosa che sono diventato veloce con il mio scudo." disse Max, strofinandosi il retro della testa.

* * * * *

"Stai bene?" Jesse si avvicinò ad Isabel, che stava guardando fuori dalla finestra del motel dove erano scesi, e le mise un braccio attorno alle spalle.

"Sì." annuì lei. "Ora che siamo insieme, sto più che bene."

"Voglio dire, per essere stata lasciata indietro, mentre Max e Michael sono fuori per provare quei congegni alieni. Voi ragazzi non avete sempre fatto insieme questo genere di cose?"

"Tutto quello è finito quando abbiamo lasciato entrare gli altri." sorrise Isabel. "Quando Max ha portato Liz, io e Michael abbiamo dovuto arrenderci, se volevamo fare qualcosa con lui."

"Ma non ti senti esclusa?"

"Un po’." annuì lei. "Ma capisco che c’è bisogno che uno di noi rimanga con voi. Non avrebbe avuto senso andare tutti e tre nel deserto per scoprire se quegli affari possono fare qualcosa. Max e Liz dovevano esserci, perché dopotutto solo stati loro a trovarli. Ha senso anche che Michael sia andato con loro, perché è il Secondo in Comando. E naturalmente Maria è andata con lui. E questo significa che è il mio turno per fare la babysitter."

"E’ così che la vedi?" Jesse si accigliò. "Babysitter?"

"No." lei si voltò a guardarlo. "Non è quello che intendevo dire."

"Sii onesta con me." la mise in guardia Jesse. "Io so che voi tre … e Liz, potete fare cose che noi non possiamo fare, ma questo non significa che noi quattro non possiamo essere d’aiuto." Jesse si passò una mano tra i capelli. "Io voglio fare parte della squadra. Quando le cose si faranno difficili, voglio esserci per te, ‘con’ te."

"Ma … "

"Niente ma, Isabel." Jesse la strinse a sé. "Non starò più dietro la porta. Sarò in prima linea, con te."

"Jesse." sospirò Isabel. "Anche Max fa stare Liz da una parte."

"Ma tu non sei Max e io non sono Liz."

"Sai una cosa?" gli rispose Isabel, spingendolo verso il letto. "Lo avevo notato."

* * * * *

"Perché prima non ha funzionato?" rifletté Max. "L’abbiamo provata tutti, anche Maria."

"Max." Liz sollevò lo sguardo su di lui. "Noi miravamo alle rocce. E se ci fosse una specie di sensore che … ti lascia sparare solo ad un bersaglio valido?"

"Dobbiamo accertarcene." annuì Max.

"No!" Liz scosse la testa. "Assolutamente no! So quello che stai pensando, Max, e la risposta è no."

"Abbiamo bisogno di testarla, Liz." Michael si avvicinò alla ragazza. "So che non ti piace l’idea. Non piace nemmeno a me. Ma se questo significa avere un’altra arma contro gli Skins, allora dobbiamo accertarcene."

"E se l’arma potesse essere usata soltanto contro voi tre?" sbottò Liz.

"Dobbiamo accertarci anche di questo." Michael scosse la testa.

"Ha ragione, Liz." annuì Max. "E dovremo accertarci anche se funziona contro te e Maria."

Alla fine si dimostrò più semplice e meno pericoloso di quello che avevano immaginato. Scoprirono che la pistola sparava solo contro un bersaglio vivente, sia che fosse umano o ibrido alieno. Usarono la pistola a turno. Quello che non poterono scoprire fu se l’arma fosse letale.

"Speriamo solo che funzioni contro gli Skins." Max si accigliò.

"E perché avrebbero bisogno delle pistole? chiese Liz. "Nel mio sogno usavano le loro mani, non delle pistole."

"Posso dirtelo io." dichiarò Michael. "Quelle esplosioni di energia possono uccidere gli umani." Michael fece esplodere una roccia con un lancio di energia dalla mano. "Come io … ho ucciso Pierce. Ma possono fare poco contro gli Skin, a meno che non li prendi alle spalle. Credo che possano fare poco anche contro di noi."

"Mentre sono propenso ad essere d’accordo con te, Michael," Max fece un sorriso ironico. "non sono pronto a testare questa teoria."

"No." ridacchiò Michael. "Nemmeno io. Andiamo. Abbiamo scoperto quello che potevamo scoprire, ora torniamo a casa."

"Tieni d’occhio il rilevatore." suggerì Max. "Guarda quando trova Isabel. Dobbiamo scoprire il raggio di azione di questa cosa."

A due miglia dal motel, Michael sollevò lo sguardo. "Eccola."

"Fammi vedere." Maria guardò il rilevatore da dietro la spalla di Michael. "E questo cos’é?"

"Cosa?"

"Guarda. Questo puntino qui." All’angolo sinistro dello schermo era apparso un indistinto puntino bianco.

"Max?" Michael tese il congegno al suo leader. "Che ne pensi? Dovremmo controllare?"

Max guardò la strana eco. Mentre il puntino bianco che rappresentava Isabel si muoveva verso il centro dello schermo, l’altro svanì.

"Non lo so." Max scosse la testa. "Potrebbe esserci qualcosa, ma noi non sappiamo quale altre funzioni abbia questo affare. Non vorrei dare la caccia alle ombre, mentre siamo lontani dagli altri. Torniamo da loro e diciamogli quello che abbiamo scoperto. Insieme, possiamo decidere il da farsi."

* * * * *

"Sei d’accordo con la sistemazione?" chiese Kyle quando gli altri ebbero lasciato la loro stanza dove si erano raccolti per la grande discussione. "Voglio dire, posso sempre chiedere a Maria di dividere la stanza con te, come ieri sera. O a Liz. O ad Isabel. Sono sicuro … "

"No." Connie scosse la testa, guardando il letto a due piazze. "Voglio dire, sì. Va bene. Gli altri, loro … non voglio sacrificare nessuno, capisci? Inoltre Liz e Isabel … loro sono … Va bene così."

"Fino a che tu sei a tuo agio."

"Starò bene." Connie frugò nella sua borsa e ne tirò fuori il pigiama. Guardò Kyle, poi traversò la stanza per andare in bagno, chiudendo la porta dietro di lei. Dopo pochi istanti, Kyle vide uscire dalla porta del bagno uno spicchio di luce, mentre lei faceva capolino. Come se andasse di fretta, Connie, con indosso il pigiama, corse per la stanza e si infilò sotto le coperte.

"Sei nervosa?" le chiese Kyle.

"Sì." ammise lei. "Si vede? Non ho mai dormito con un ragazzo, prima d’ora."

"Cosa? Tu sei … " Kyle si sollevò su un gomito.

"No. No." lei arrossì. "Voglio dire sono ‘stata’ con un ragazzo, certo. Ma non ho mai trascorso la notte a letto con un ragazzo. Tu?"

"No." Kyle fece un largo sorriso. "Nemmeno io ho trascorso la notte con un ragazzo."

"No." rise Connie. "Sei stato con una donna?"

"Sì." ammise Kyle. "Una volta o due."

"Liz?"

"Cosa?" Kyle spalancò gli occhi. "No. Non con Liz. Assolutamente no. Lei era … E’ difficile da spiegare. Guardandomi indietro, capisco che è come se si fosse conservata per Max. Lei ha detto no, così io ho fatto marcia indietro."

"Ma ci hai provato. Con Liz, voglio dire."

"Certo che l' ho fatto." sogghignò lui. "Hey, io ero un normale adolescente eccitato dagli ormoni e con una reputazione da difendere. Che cosa volevi che facessi?"

"Lo rimpiangi? Di non averci provato con più convinzione?"

"Credo di averlo fatto, una volta. Ma tu devi capire. Max e Liz? Loro sono come … lo scoprirai da sola."

"Kyle?" la voce di Connie sembrò un sussurro, nel silenzio della stanza.

"Sì?"

"Devi darmi solo un po’ di tempo, okay?" Lei si sporse in avanti e lo baciò sulla guancia.

"Okay." Kyle sorrise, poi si voltò e spense la luce. "Buona notte, Connie."

"’Notte." Ci fu un momento di silenzio. "Kyle?"

"Sì?"

"Come fai a non sentire i rumori che arrivano dalla loro stanza?"

"Ti ci abituerai." Kyle sogghignò nel buio.

* * * * *

"Okay." Max guardò gli amici fermi accanto alla Chevy blu. Erano in un’area di parcheggio al centro di Las Vegas. "Cerchiamo di non attirare l’attenzione su di noi. Se volete giocare, cercate di perdere altrettanto spesso di quando vincete." Guardarono tutti Michael. "Tenete gli occhi aperti. Ancora non sappiamo il significato di quel puntino dell’altra sera, quindi meglio non correre rischi. Sapete tutti come individuare gli Skins, vero?"

"Sì, papà." sbuffò Maria. "Ce lo hai detto almeno … quante volte?"

"Okay." Max le lanciò un’occhiataccia. "Ora ricordate che Liz ha visto quel soldato combattere proprio prima dell’alba. Arriveremo a quel motel di Ash Springs quando sarà buio, così potremo dare un’occhiata al campo prima che si muovano per dove e per quando incontreranno gli Skins. Okay? Quindi, tornate qui per le cinque. Oh, un’ultima cosa." Max alzò in aria un dito, come un padre severo che stesse per fare la predica ai figli. "Divertitevi." disse aprendosi in un largo sorriso.

Max restò accanto all’auto a guardare i suoi amici allontanarsi lungo la strada principale. Liz era al suo fianco ed aveva messo la mano in quella di lui.

"E’ stata una buona idea, Max." gli sorrise lei. "Dare a tutti un po’ di tempo per divertirsi. Chi può dire cosa ci porterà il domani?"

"Sì." annuì lui. "Ne hanno bisogno. Specialmente Connie. Sta andando tutto troppo in fretta per lei."

"Ce la farà, Max. Ho molta fiducia in lei."

"Proprio come io ho fiducia in te."

"Allora, cosa ti piacerebbe fare, Max?"

"Qualsiasi cosa, purché la facciamo insieme."

"Pensi che sia possibile andare a vedere la Cappella di Elvis?"

"Ma noi siamo già sposati." rise Max.

"Lo so. Ma da quando mi hai raccontato della visione che hai avuto, sono curiosa." si chinò per avvicinare le labbra al suo orecchio. "Max, ho questa fantasia."

"Vuoi cambiarti in un abito da sposa e vuoi che ti porti in una suite per la luna di miele?"

"Uh huh." gli occhi di Liz brillavano. "E spero che tu non sia troppo sensibile sull’usare i tuoi poteri, in questo caso, perché quello che ho in mente io costerebbe un sacco di soldi."

"Oh?" Max sollevò un sopracciglio. "E che cosa avresti in mente?"

"Hai mai … " diede a Max un bacio appassionato, durante il quale gli mostrò la sua fantasia.

"Una Jacuzzi?" rise lui, sciogliendosi dall’abbraccio per guardarla negli occhi.

"Oh, sì." le gli rivolse un sorriso malizioso. "E potremmo … " gli sussurrò nell’orecchio.

"Andiamo." Max aveva ancora gli occhi spalancati, mentre prendeva la mano di Liz.

* * * * *

"Sembri di ottimo umore." disse Maria, prendendo la mano di Michael, mentre si facevano strada tra la folla di Las Vegas.

"Sì." annuì Michael. "E’ da un po’ che non faccio più quei sogni."

"Ne hai parlato con Max?"

"Sì. Ne abbiamo parlato. Tutto a posto."

"E lui ha capito da che cosa sono stati causati?"

"Lui pensa che qualcosa si sia trasferito quando lui è caduto. Sai? Sulle montagne. Qualunque cosa sia stata, è finita. Così sciogliti i capelli ed andiamo nel casinò che ha fatto finire me e Max in prigione."

"Michael?" Maria si accigliò. "Non cercherai di vincere dei soldi al tavolo dei dadi, vero? Probabilmente ti accuseranno di nuovo di barare e Max ha detto … "

"No." rise Michael. "Non io. Io, infatti, non giocherò nemmeno un centesimo. Ma oggi, in questo casinò vincerà un sacco di gente. Per la direzione sarà un brutto giorno. E tu? Cosa vuoi fare?"

Lo sguardo di Maria si fece distante e lei si mordicchiò l’interno delle labbra. "Mi faresti un favore veramente grande?"

"Certo." Michael la guardò con sospetto. "Il favore richiede una cappella ed un imitatore di Elvis?"

"Nuh-uh." sorrise lei. "Puoi farmi salire di nuovo sul palcoscenico? Mi piacerebbe veramente cantare."

"E farò in modo che il resto della gang lo sappia." le sorrise Michael di rimando. "Sarà bello avere di nuovo tutti i miei amici intorno a me, mentre la mia ragazza è di nuovo sulla ribalta."

* * * * *

Mentre la Suburban si dirigeva per la Statale 93, verso Ash Springs, l’ultimo raggio di sole stava scomparendo dietro alle montagne lontane. Qualche componente dalla gang si era addormentato, esausto per la giornata di divertimento. Max e Liz erano seduti in fondo, al loro solito posto quando non erano di turno alla guida. Liz stava guardando i simboli presenti sul libro della nonna e li paragonava a quelli che avevano trovato sulla ‘loro’ Stele di Rosetta.

Sollevò lo sguardo e sussurrò a Max ed a Michael "Questo è il massimo che posso fare. ‘Consegnare venti agenti. Dopo la morte, organizzare la scoperta. Il segnale per i sopravvissuti seguirà in segretezza.’ Naturalmente ci sono altre parole, ma io non riesco a tradurle. Mi dispiace."

"Sei stata grande, Liz." le assicurò Max.

"Sì." annuì Michael. "Grazie. Forse ne sapremo di più quando sarai riuscita a tradurre l’altro messaggio."

"Sì." Liz si accigliò. "E’ solo che … avevo sperato che ci sarebbe stato di aiuto, sapete? Suona molto sinistro. Dopo la morte? Di chi? Di voi ragazzi?"

"No, se potremo impedirlo, Liz." Max l’abbracciò forte.

"C’è anche qualcos’altro, Max. Guarda."

"Questo è il simbolo della Galassia a Spirale." osservò Michael.

"Sì." annuì Liz. "E’ quello che abbiamo sempre creduto."

"Stai suggerendo che non è così?" Michael sollevò lo sguardo.

"Ultimamente, sto vedendo questo simbolo molto spesso, Michael."

"Liz lo disegna senza rendersene conto." gli disse Max. "Sulla sabbia, sul mio petto quando noi … "

Michael sollevò una mano. "Risparmiami i dettagli."

" … parliamo." finì Max.

"E l' ho visto anche molto spesso nei nostri flashes."

"Allora, il libro dice cosa significa?"

"La traduzione letterale è ‘pericolo di somiglianza’."

"Lo hai tradotto in modo diverso?" Max sollevò lo sguardo su Liz.

"Nel contesto in cui viene usato qui, mette in guardia dalle ripetizioni."

"Okay." annuì Michael. "E come pensi possa collegarsi con noi?"

"Credo sia un avvertimento. Sapete? Di non ripetere i vostri errori."

"Quelli che dimenticano gli errori del passato, sono destinati a ripeterli." mormorò Max.

"Sì." annuì Liz.

* * * * *

"Okay." sospirò Liz frustrata. "L' ho tradotto tre volte e viene fuori sempre la stessa cosa. Un assoluto non senso."

"Cosa dice?" Max guardò lo schermo del computer.

"Erre trattino quattro otto zero otto Enne."

"Che genere di messaggio è questo?" si accigliò Michael. "Che diamine vuole dire?"

"Facile." Connie sollevò lo sguardo. "E’ l’indicazione dello spazio aereo sopra Groom Lake."

"Groom Lake?" chiese Michael.

"Sì. Voi ragazzi dovreste conoscere meglio l’Area 51."

Michael guardò Max. Max non riuscì a nascondere il brivido che gli attraversò il corpo.

"Dov’è l’Area 51, in relazione a dove noi siamo ora, Connie?" chiese Max.

"Uhm." Connie guardò il buio scenario al di fuori. "Davanti a noi, un po’ a sinistra."

"Wow!" esclamò Jesse dal sedile del guidatore. "Guardate. Una pioggia di meteoriti."

Max e Michael si scambiarono uno sguardo preoccupato e guardarono fuori dal parabrezza.

"Fermati, Jesse!" gridò Max, sopra il cicaleccio dei compagni. "Subito!"

Jesse obbedì ed accostò al lato della strada. Max e Michael erano già fuori dall’auto per guardare la scia di cinque meteoriti diverse che stavano precipitando sulla Terra.

"Quanto pensi che siano lontane?" chiese Max.

"Difficile da dire." Michael stava fissando le linee di luce. "Dieci, forse quindici miglia. Sembra che si stiano dividendo. Qualcuna sembra più vicina delle altre."

Connie si unì a loro."Sono proprio sopra l’Area 51."

"Max?" Liz si avvicinò al marito. "E se quei meteoriti fossero gli Skins? Chiamerebbero i soldati per investigare, giusto? Andranno a cercare dove sono caduti quei meteoriti e si imbatteranno in un mucchio di alieni."

"Perché proprio l’Area 51?" borbottò Michael.

"Andiamo." li spronò Max." Dobbiamo andare a salvare quei soldati."

"Max, ci sono cinque meteoriti. Non possiamo seguirli tutti."

"Cominciamo da quella che possiamo." Max indicò la luce più vicina che precipitò sulla Terra. Non ci fu esplosione. "Quella."

* * * * *

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Capitolo 33
*** 33 ***


Parte 33

"Allora? Qual è il piano?" chiese Michael mentre Jesse parcheggiava la Chevy nell’area di una stazione di servizio abbandonata.

"Vorrei che tutti rimanessero qui e che andassimo solo io e te." Max fece un sorrisetto ironico. "Ma qualcosa mi dice che non succederà."

"Vuoi la mia opinione?"

"Certo, Michael. Cosa pensi che dovremmo fare?"

"Lasciamo che il rilevatore riceva la traccia di … " guardò attorno verso il piccolo gruppo, poi continuò in tono sommesso "qualsiasi forma di vita non-umana."

"Mi sembra una proposta ragionevole." ? Max.

"Okay. Poi, quello che dobbiamo fare è stare insieme, ma in un gruppo sciolto." Michael agitò in aria una mano, indicando lo spazio davanti a loro. "Io, te, Isabel e Liz davanti, con Jesse, Kyle, Maria e Connie dietro di noi. Possiamo usare il rilevatore per scoprire dove sono gli Skins ed avvicinarci a loro il più possibile. Quando li avremo trovati, rimarremo lì, così quando arriveranno i soldati noi saremo tra loro e il nemico e potremo proteggerli con il tuo scudo, mentre ci ritireremo. Potremo usare le nostre esplosioni di energia per non farci sorprendere ai fianchi."

"Ma la nostra energia non li ucciderà."

"Ma li metterà fuori combattimento per un po’, Max. C’è sempre la possibilità che cadano sul loro punto di disintegrazione." Ci fu una risatina da parte di Maria e Michael le lanciò un’occhiataccia.

"Abbiamo la pistola. Possiamo usare anche quella." aggiunse Max.

"Dalla a Valenti."

"Perché Kyle?"

"Perché probabilmente, sa sparare meglio di Jesse. Oh, aspetta! Connie potrebbe essere ancora meglio di Valenti. Lei era con i militari."

"Ma Kyle è stato Campione Nazionale Juniores di Tiro, una volta."

"Come preferisci." Michael si strinse nelle spalle.

"E’ un buon piano, Michael. Bravo!"

"Davvero?" gli occhi di Michael si spalancarono.

"Sì." rise Max. "Non stupirti. Sono sicuro che, su Antar, ero solito ascoltarti."

"Si. Ma, Max? No hai paura che possa sbagliare tutto?"

"No." Max sorrise ancora, dando una pacca sulle spalle all’amico. "Non più." Si voltò verso gli altri, ancora nell’auto.

"Whoa!" Maria si allontanò da Connie quando la vide estrarre una pistola. "Che roba è?"

"Una Browning nove millimetri." Connie scrollò le spalle, cominciando ad inserire un caricatore di proiettili. "Me l' ha data mio padre all’inizio della nostra fuga."

"Uhm, Connie?" le disse Liz, spalancando gli occhi. "I proiettili non possono ferirli. Te l’abbiamo detto, ricordi?"

"Uh huh." annuì Connie. "Ma mi hai anche detto che hanno quella specie di tappo alla base della schiena. Potrei fare un colpo fortunato."

"Loro non scapperanno da noi." l’avvertì Maria. "Ma se ti fa sentire meglio, tienila pure."

"Anche io porterò la mia." Kyle tirò fuori la sua pistola, una Magnum quattro-uno, inserendo i proiettili nella camera di carico.

"Dove l’hai presa, Kyle?" Liz guardò Kyle caricare l’arma.

"Me l' ha data papà, quella volta in New Mexico. Sai? L’assedio. Ha detto che se una situazione dovesse farsi difficile, un po’ di aiuto terrestre avrebbe potuto essere utile. Ed è senza numero di serie, come credo sia quella di Connie."

"Connie." Michael si avvicinò al gruppo. "Sei brava a sparare?" I suoi occhi si spalancarono quando vide le due pistole. "E’ un peccato che abbiamo dovuto lasciare le altre, quando abbiamo abbandonato la quattro per quattro."

"Abbastanza bene." rispose la ragazza. "Perché?"

"Ci stavamo chiedendo a chi di voi due dare questa." e tese l’arma aliena.

"Dalla a Kyle." Connie guardò il manufatto alieno con un leggero disagio.

"Credo di non avere bisogno di questa, allora." Kyle sorrise, accettando la pistola da Michael. "Jesse? Vuoi prenderla tu?"

Jesse guardò la Magnum. Guardò Isabel che fece un leggero cenno con la testa. "Okay." annuì. "Grazie."

"Ricordate." Max si accertò di avere l’attenzione di tutti, prima di cominciare. "Niente eroismi. Assicuratevi che gli altri sappiano quello che succede intorno a voi. Tenete gli occhi aperti ed ascoltate non solo me, ma anche Michael. Tutto quello che dobbiamo fare è proteggere quei soldati ed assicurarci che escano vivi da qui. Con la speranza che, quando parleranno ai loro superiori, siano creduti e che riescano a prevenire la … voi lo sapete. Ora, siete tutti pronti?"

Tutti annuirono.

"Okay." Michael sembrava a suo agio nel suo ruolo da militare. "Muoviamoci da qui."

"Non si suppone che tu debba dire," Maria abbassò il tono di voce per renderla mascolina "‘Rock and Roll’?"

"Maria." grugnì Kyle. "E’ ‘lock and load’ (NdT:chiudete e caricate – riferito agli ordini dati a militari durante la Seconda Guerra Mondiale).

Gli altri scoppiarono a ridere. Michael stava quasi per sgridarli, quando Max gli posò una mano sulla spalla.
"Sono nervosi." gli disse. "Lasciali sfogare un minuto."

"Okay." annuì Michael, lasciandogli capire il suo apprezzamento. Michael si voltò e cominciò a camminare verso il punto in cui avevano visto cadere il meteorite, o la nave spaziale. Max sorrise ai suoi amici, guardandoli tutti in viso. Sperò, che quando il giorno successivo sarebbe sorto il sole, li avrebbe trovati tutti salvi. Li voleva vedere ancora ridere tutti insieme. Max si voltò per seguire Michael, mentre gli altri li seguirono.

* * * * *

"Ancora niente?" chiese Liz sottovoce.

Guardando lo schermo del piccolo congegno alieno, Max scosse la testa.

"Ti senti bene, Max?"

"Non proprio, Liz." Max allungò la mano e prese quella di lei. "Sono un po’ spaventato."

"Anche io." lei gliela strinse. "Ma so che farai un buon lavoro, lì fuori. E anche Michael."

"Come puoi esserne sicura?"

"Perché ti ho già visto così una volta. Ricordi l’FBI? Quando loro … "

"Ma erano in pochi." le ricordò Max. "Ed erano umani."

"Ma tu non avevi esperienza, Max. E te la sei cavata benissimo. Ora i tuoi poteri sono più forti, così so che andrà tutto bene. Vorrei solo che avessimo dalla nostra parte l’abilità di deviare la mente che aveva Tess."

"Era utile." annuì lui. "Spaventosa, ma utile."

"Max, e se … "

"Non dirlo nemmeno, Liz. Non ti succederà niente."

"Non lo dirò se non lo dirai nemmeno tu."

"D’accordo." Max le sorrise. "Liz? Mi prometti che rimarrai vicino a uno di noi, stanotte?"

"Lo farò?" annuì lei. "Ma preferirei stare con te."

"Abbiamo bisogno di flessibilità." sospirò Max. "Farò il possibile perché sia così, ma dobbiamo essere in grado di reagire."

"Posso badare a me stessa, se devo farlo, Max." gli ricordò lei. "Lo hai visto."

"Lo so." le sorrise. "Ma tu sai come mi preoccupo sempre, per te."

Intorno a lui, Max vide che i suoi amici si erano accoppiati e che stavano facendo la stessa conversazione. Tra tutti loro, Connie sembrava la più nervosa, e Max non ne era sorpreso. Dopo tutto, non si era arruolata per quello; erano stati gli eventi a gettarsi su di lei. Ma Liz aveva detto che l’avrebbe superato, e lui si fidava dell’opinione di Liz.

"Lo so." ridacchiò Liz. "E io mi preoccuperò sempre per te."

Mentre Max le passava un braccio attorno alle spalle, una serie di puntini bianchi apparve sulla parte alta dello schermo del rilevatore. Anche se se li era aspettati, Max sentì il suo cuore fermarsi. "Sono due miglia davanti a noi."

* * * * *

"E’ un terreno discontinuo." osservò il punto distante in cui i puntini bianchi si erano ammassati. "Dovremmo essere in grado di avvicinarli inosservati."

"Stanno vicini tra di loro." Max guardò ancora lo schermo. "E’ come se stessero installando lì la loro base. "

"O l’arma che ha visto Liz." Michael sollevò un sopracciglio.

"E se anche loro avessero un rilevatore?" Liz fece la domanda che tutti avevano in mente di fare.

"Allora credo che ci aspetti un caldo benvenuto." Max si grattò dietro l’orecchio. "Il fatto è che loro non sanno che lo abbiamo. Possiamo presumere che ci vedano arrivare, ma non sanno che li abbiamo localizzati anche noi. Rimaniamo nell’ombra, però, nel caso non ne avessero uno."

"Quanti pensi che siano?" chiese Isabel.

"Sembrano essere più di dieci, meno di venti." osservò Connie da sopra la spalla di Max. "Aspetta. Uno sembra allontanarsi dal gruppo principale." Un singolo puntino bianco sembrò staccarsi dal gruppo.

"Un esploratore." commentò Max. "Hanno mandato qualcuno ad osservare il territorio."

"E’ quello che avrei fatto io." disse Michael. "Solo che io ne avrei mandati due insieme."

"Sì." annuì Max. "Ma ricordati: loro pensano di essere pressoché invincibili."

"Allora, abbiamo una sorpresa per loro." Michael fece scrocchiare le dita.

"Avviciniamoci." li esortò Max. "Voglio essere in posizione per aiutare i soldati prima che possano finire in quel covo di vipere."

Michael annuì e, ancora una volta, fece strada verso il distante gruppo di puntini bianchi.

* * * * *

"E adesso, dove sta andando?" Chyn guardò il dispositivo che gli permetteva di seguire Max ed i suoi amici.

Dietro di lui, Bektor sembrava in trance. Chyn scosse la testa e si avvicinò alla finestra del motel dove erano scesi, a poche migli di distanza da Max e dagli altri. Guardò nell’oscurità, poi tornò al controllo del dispositivo che permetteva loro di seguire i movimenti di Zan.

"Sto cominciando ad annoiarmi con questa storia." si lamentò Chyn, anche se sapeva che Bektor non poteva sentirlo. "Mi sono stancato di questo miserabile pianeta e della sua barbarie. Voglio che questa missione arrivi alla fine."

"Allora sarai contento di sentire le novità." la voce di Bektor lo fece sussultare.

"Eccellenza." Chyn si voltò verso il suo superiore. "Mi perdoni. Non volevo essere irrispettoso. Lei sa che sono felice di servire."

"Rilassati, Chyn." ridacchiò Bektor. "I tuoi desideri sono esauditi. Ho appena parlato col Comandante Kell. E’ arrivato il momento. Ci muoveremo a mezzogiorno. Domani sarà tutto finito."

* * * * *

"Questo complica le cose." Max sollevò la mano facendo fermare il gruppo. Mentre si stavano avvicinando ai puntini, avevano sentito dei colpi d’arma da fuoco in lontananza. Tutti insieme, avevano cominciato a correre, fermandosi solo al segno di Max.

"Che succede?" Michael aveva fatto un passo avanti per vedere la scena davanti a loro.

I soldati erano intrappolati con le spalle ad una formazione rocciosa, a poca distanza dall’imbocco del canyon. Stavano cercando di fare un fuoco di copertura, ma erano impediti dalle esplosioni di energia degli Skins.

"Da quella parte." Max indicò un lato del canyon dove un piccolo gruppo di soldati era stato separato dai loro compagni.

Il gruppo sembrava essere in un pericolo maggiore, rispetto agli altri, mentre una piccola squadra di Skins si stava avvicinando, riparata dalla parete della gola.

"Michael!" Max fece un passo verso l’amico. "Va’ dal gruppo principale di soldati. Aiutali a ritirarsi in quel canale laggiù, sotto la roccia sporgente. Lì, non potranno essere attaccati ai fianchi. Avvertili della valvola."

"Capito. E tu che farai?"

"Io e Kyle andremo ad aiutare gli altri."

"Io?" Kyle rimase stupito. "Perché io?"

"Perché tu hai la pistola aliena." gli rispose Max. "Ne abbiamo bisogno."

"Max." Liz sia avvicinò di corsa al marito.

"Va tutto bene, Liz." le tese la mano. "Con il mio scudo e con Kyle che userà quella pistola, abbiamo tutti gli elementi della sorpresa. Sarò fuori prima che si rendano conto di quello che è successo."

"Sta’ attento." I loro sguardi si incontrarono e si avvinsero uno con l’altro.

Max le fece un cenno con la testa. Piccole scintille di luce e leggeri cambi di colore indicavano che stavano facendo qualcosa in più che guardarsi.

"Anche tu." la strinse in un abbraccio. "Obbedisci a Michael." Max si voltò verso l’amico ed annuirono uno all’altro.

"Mi prenderò cura di lei." gli promise Michael. "Mi prenderò cura di tutti."

* * * * *

"Michael." sibilò Connie nel buio, dopo che si furono riparati dietro una roccia. "Ci solo tre puntini al fianco dei soldati, da quella parte. Passeranno davanti a noi tra qualche momento."

"Se li attacchiamo," Michael si grattò la testa "Max perderà l’elemento sorpresa. Vorrei aver portato delle radio."

"Abbiamo qualcosa di meglio." gli ricordò Isabel. "Abbiamo Liz."

"Liz?" la chiamò Michael.

"Cosa devo dirgli?"

Michael fu grado del suo consenso immediato. "Chiedigli quando farà la sua mossa. Non voglio lasciarmi scappare quegli alieni."

"Bene." Liz si appoggiò alla roccia ed il suo sguardo divenne vuoto per alcuni istanti. "E’ in posizione." disse poi a Michael, quando fu tornata. "Sta per muoversi."

Una improvvisa incandescenza verde e due brillanti fasci di luce dissero a Michael, che Max e Kyle si erano mossi.

"Connie, Jesse." sibilò Michael. "Potete vederli? Gli Skins? Si sono voltati per vedere cosa è successo. Colpiteli alla base della schiena."

I due presero accuratamente la mira, rendendosi conto di quanto fosse difficile il loro compito nel buio. Isabel, Liz e Michael si alzarono in piedi per aprire il fuoco, ora che avevano perso il proprio elemento sorpresa. Ci furono due spari, persi nello staccato del fuoco aperto dai militari. La fortuna fu con Michael ed uno degli Skins esplose in una nuvola di polvere. Seguirono tre esplosioni di energia, che spedirono gli altri due contro le rocce. I due Skins cominciarono ad indietreggiare.

"La base della schiena!" gridò Michael ai soldati, sperando di essere udito sopra il rumore e di non essere scambiato per un nemico. "Mirate alla base della loro schiena!"

O per un colpo fortunato o perché uno dei soldati aveva sentito le istruzioni di Michael, un altro degli Skins esplose.

"E voi chi siete?" chiese uno dei soldati quando Michael condusse i suoi amici nel loro campo. C’erano una dozzina di fucili automatici puntati su di loro.

"Siamo la cavalleria." brontolò Michael, spostando uno dei fucili da una parte. Poi guardò i gradi. "Colonnello."

"Benvenuti nell’ultimo avamposto del Generale Custer." l’uomo gli tese la mano. "Sono il Colonnello Roberts, degli Army Rangers degli Stati Uniti."

"Bene, Colonnello Roberts." Michael gli strinse la mano. "Lei può chiamarmi Michael e quello che vi sta attaccando non è Crazy Horse. Vogliamo che sposti i suoi uomini da quella parte." ed indicò la gola dove Max voleva che si muovessero. "Laggiù, non potranno arrivarvi dai fianchi."

"Sono venti minuti che sto cercando di arrivare lì." confermò Roberts. "Ho mandato avanti un piccolo distaccamento. Due di loro sono caduti nella terra-di-nessuno. Gli altri tre ce l’hanno fatta, ma sono stati immobilizzati. E ho anche qualche uomo intrappolato laggiù."

"Noi vi aiuteremo a raggiungere la gola." Michael si strinse nelle spalle. "Qualcun altro sta aiutando i suoi uomini ad uscire da quella sacca."

"Davis!" chiamò Roberts. "Date delle armi a questi gentiluomini e portate al riparo le signore." Si voltò verso Michael. "Non mi piace mischiarmi con i civili ma, date le circostanze, ho poca scelta. Mi sembra che sappiate quello che state facendo."

"Non siamo civili da un po’ di tempo." ridacchiò Isabel. "E siamo armati meglio di voi." Si voltò verso Michael. "Penso che Jesse e Connie preferiscano usare i fucili."

"Dica ai suoi uomini," continuò Michael "di mirare alla base della schiena. E’ il loro punto debole."

* * * * *

"Chi siete voi?" ansimò un sergente, con gli occhi spalancati, quando Max e Kyle apparvero in mezzo a loro.

"Amici." ridacchiò Max, concentrato a mantenere lo scudo attorno agli uomini. "Come state? Potete camminare?"

"Tutti, tranne Cole." il sergente indicò un corpo steso a terra. "Quei bastardi l’hanno ucciso quando ci hanno sorpreso. Chi sono e perché i proiettili non li feriscono? Come avete fatto ad ucciderne uno?" Indicò lo scudo verde di Max. "E che diavolo è quello?"

"Pensiamo ad uscire di qui, Sergente." Max guardò verso le rocce per vedere dove fossero gli Skins. "Dite ai vostri uomini di rimanere sotto il mio scudo, ma se qualcuno dovesse cercare di sorprenderci ai fianchi, dite di sparare alla base della loro schiena. Hanno un punto debole, lì." Max gli indicò il punto su se stesso.

"Sono pronto, quando lo sei tu, Evans." Kyle sollevò la sua pistola.

"Sergente?" Max guardò il soldato.

"I Rangers sono nati pronti." disse il sergente con orgoglio. Poi passò il messaggio ai suoi uomini.

"Pensi che ce la faremo?" Kyle sembrò preoccupato. "Voglio dire, è un bel pezzo da attraversare." Kyle si voltò dove i suoi amici stavano facendo un fuoco di copertura per aiutare gli altri soldati a ritirarsi nella gola.

"Sì." annuì Max. "Ora sanno che noi sappiamo come ucciderli e sanno anche che io sono qui."

"E’ questo quello che temevo." Kyle roteò gli occhi. "Pensi che si lanceranno su di te?"

"Kyle? Non sono sicuro del come lo so, ma fidati. Loro hanno paura di me, quanto tu ne hai di loro."

"Okay." annuì Kyle. "E io ho questo equalizzatore."

"Vorrei solo che ne avessimo di più."

"Okay, signor Evans."annunciò il Sergente Perkins al suo ritorno, usando il nome che aveva sentito da Kyle. Un Ranger prese il corpo di Cole e lo mise sulla spalla. Max stava quasi per parlare, quando Kyle gli posò una mano sulla spalla.

"E’ quello che fanno. Non si lasciano mai dietro nessuno."

"Ma … "

"Noi siamo diversi, Max?"

Il tragitto fu più facile di quanto avessero immaginato. Una volta resisi conto che lo scudo di Max li avrebbe protetti, i Rangers furono più sicuri nei loro movimenti. Usarono il fianco della gola per proteggersi alla sinistra, mentre Kyle con la pistola aliena li copriva a destra. Presto furono in salvo e più vicini ai loro amici.

"Pensa di riuscire a raggiungere quella gola, da qui?" disse Max al Sergente Perkins.

"Credo di sì." guardò in distanza, vide che il resto del loro plotone e qualche civile stavano facendo loro fuoco di copertura. "Questo significa che non vi unirete a noi?"

"Non subito, Sergente." Max scosse la testa. "Stanno allestendo una sorta di arma, là sopra. Devo scoprire cos’é e, possibilmente, metterla fuori uso."

"Spero che sappiate cosa state facendo." Perkins scosse la testa.

"Kyle, quando sarai arrivato, di a Michael … "

"Puoi dirglielo da solo, quando ‘noi’ saremo tornati. Se credi che ti lasci andare lassù da solo, ti sbagli. Hai una idea di quello che mi farebbe Liz?"

"Grazie, Kyle." annuì Max. "Sergente? Laggiù troverà un altro civile che si chiama Michael. Potrebbe dirgli quello che voglio fare e che deve coprirmi le spalle? Gli dica anche che i non-Cecoslovacchi devono allontanarsi il più velocemente possibile."

"Okay." Perkins annuì. Cecoslovacchi? tese la sua mano. "Buona fortuna!"

* * * * *

"Che sia dannato!" imprecò Michael una volta che Perkins gli ebbe trasmesso il messaggio. "Perché mi ha fatto questo?"

"Il rischio del comando." ridacchiò il Colonnello Roberts "Ti è permesso di sparare ai tuoi subordinati."

"Vorrei poterlo fare." Michael roteò gli occhi. "Ma è lui che è il capo, non io. Liz? Puoi andare a vedere che diavolo sta combinando?"

"Aspetta." obiettò Perkins. "Non manderai una donna lì?"

"Okay, Michael." annuì Liz. Lo sguardo sulla sua faccia disse a Michael che anche lei voleva saperlo. Michael provò un momento di pietà per Max. Un secondo dopo, lo sguardo di lei divenne vuoto.

"Sta diventando brava a farlo." osservò Maria.

"Brava a fare cosa?" Roberts sembrò confuso. "Che sta succedendo qui?"

"Dannazione! Vorrei avere il modo di raccogliere qualche informazione." Michael scosse la testa. "Mi chiedo se lei può farlo in mezzo agli Skins?"

"Credo che debba conoscere la persona alla quale compare davanti. E’ una specie di connessione."

"Sergente Perkins." chiamò Roberts, rinunciando a capire quello che stava succedendo. "Metta i suoi uomini di guardia, poi controlli i suoi feriti. Abbiamo un punto temporaneo di soccorso sistemato alle nostre spalle. Trovi l’altra ragazza – si chiama Maria – e si faccia dare del caffé."

* * * * *

"Che stai facendo, Max?" chiese Liz quando apparve tra lui ed il suo scudo. Sembrava piuttosto arrabbiata.

"Sei ancora qui, Liz?" Max sembrò sorpreso. "Gli Skins sono troppo occupati con me, per pensare a voi." Max le indicò le esplosioni bianche contro lo schermo verde.

"Non ce ne andremo senza di te, Max. Michael vuole sapere cosa stai facendo." Si posò le mani sui fianchi. "E voglio saperlo anche io."

"L’arma che hai visto, Liz. Deve essere molto importante per loro, se hanno combinato tutto questo per averla. Andrò lì e la prenderò, o la distruggerò. Dì a Michael di fare in modo che nessuno ci segua. Kyle sta facendo un buon lavoro, ma è solo uno."

"Okay." Liz diede la sua risposta con grande riluttanza. "Ma tanto vale che tu lo sappia. Nessuno se ne andrà fino a che voi non sarete tornati indietro."

"Questo suona come un ammutinamento." sorrise Max.

"Chiamalo come ti pare. Sii prudente, Max."

"Anche tu. Ti amo."

"E io amo te, Max. Voglio che tu torni da me."

Ripresisi dalla sorpresa iniziale, gli Skins si stavano raggruppando di nuovo per prepararsi ad assaltare la posizione difensiva dei soldati. All’inizio il coraggioso attacco di Max li aveva spiazzati, ma una volta resisi conto che si trattava solo di lui e di un altro, circondati dallo scudo, riportarono la loro attenzione su di lui. Quando fu chiaro che Max si stava dirigendo verso la grande pietra, della grandezza di un pallone da calcio, che avevano posato su un piedistallo, la loro resistenza si raddoppiò. Ma sebbene gli spari provenienti da un lato dello scudo avessero colpito solo pochi di loro, la consapevolezza che c’era un arma in grado di ucciderli li frenò.

"E adesso, Evans?" chiese Kyle quando ebbero circondato la strana pietra con lo scudo di Max. Kyle notò la tensione sul viso di Max e notò anche che il colore dello scudo si era fatto più tenue.

"Metterò tutta l’energia contro quella pietra, Kyle."

"Di cosa si tratta?"

"Io … io non ne sono certo. Ma non deve essere una cosa buona. Quando avrò finito, comincia a spararle. E non smettere."

"E’ una pietra, Evans. Per prima cosa, che danno posso farle? Secondo, la pistola non spara contro oggetti inanimati, ricordi?"

"Fidati di me." Max guardò Kyle. "Questa pietra è animata."

"Cosa?"

"Ricordi le pietre guaritrici?"

"Sì."

"Credo che sia la stesa cosa."

"La loro arma è una enorme pietra guaritrice?"

"Non sono sicuro che sia una pietra guaritrice." Max si accigliò. "Chi ci dice che non sia il contrario?"

Kyle fissò l’enorme pietra. "Dimmi quando." annuì poi, consapevole del semicerchio di Skins attorno a loro.

Max guardò la pietra, mentre gli Skins colpivano il suo schermo con tutta la loro energia. Posò le mano sui lati dell’oggetto e lasciò che la sua energia fluisse tra di loro.

"Non posso resistere molto." grugnì Max. "Ascolta bene, Kyle. Ho bisogno di più energia. Ho bisogno di avere quella che uso per lo schermo. Appena lo abbasserò, spara alla roccia. Se non succede niente comincia a correre. Dannatamente svelto."

"E tu?"

"Saranno troppo interessati a catturarmi, Kyle. Tu allontanati da qui più in fretta che puoi e non lasciare che Liz resti in dietro."

"Tu … tu vuoi … "

"Pronto?"

"No." Kyle scosse la testa, ma puntò la pistola alla pietra.

"Ora!"

Successe tutto all’improvviso. Max abbassò lo scudo e diresse la sua energia sulla pietra. Kyle sparò, non una volta, come aveva ordinato Max, ma tre. Aspettandosi di essere colpito dagli Skins, Kyle rimase al fianco dell’amico. Una serie di esplosioni colpì i loro assalitori. Qualcuno stava spedendo contro gli Skins esplosioni aliene, accompagnate da colpi di arma terrestre, che avrebbero tagliato in due qualsiasi oppositore umano. Qualche Skins esplose in una nuvola di polvere, colpito sulla valvola auto-distruggente da qualche proiettile ben mirato. Fu allora che Max sentì arrivare l’esplosione. Si gettò addosso a Kyle, coprendolo col suo corpo dallo scoppio della pietra.

* * * * *

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Capitolo 34
*** 34 ***


Parte 34

"Non ci stanno prestando attenzione." osservò Michael, quando lo scudo verde di Max si stava avvicinando alla posizione degli Skins. "Andiamo."

"Dove stiamo andando?" Isabel guardò Michael con la coda dell’occhio.

"Da quella parte." Max indicò il punto dal quale Max aveva liberato i Rangers. "Roberts! Formi due squadre. Una con me e l’altra da quella parte." Michael indicò la piccola depressione, visibile ora che il sole aveva cominciato a sorgere. "Appena saranno lì, voglio una raffica di colpi all’altezza vita, di fronte a quello scudo."

"Uhm … " Roberts stava guardando la parete verde che circondava Max. "Sì. Ma quando sarà tutto finito, tu mi spiegherai esattamente quello che sta succedendo."

"Accordo fatto, anche se penso che lo sappia già. Ora muoviamoci."

"Spero che nessuno colpisca Max per sbaglio." brontolò Isabel, mentre correvano verso la loro copertura.

Una volta arrivati, Liz guardò oltre le rocce e vide come Max fosse duramente pressato. Cominciò a muoversi per portargli aiuto.

"No!" Michael l’afferrò. "Ho bisogno di te qui, Liz. Non aiuterai Max mettendo te stessa in pericolo."

"Ma … "

"Niente ma. Fai quello che ti ho detto, Liz. Ora, dobbiamo mettere da parte i nostri sentimenti."

Entrambi videro Max abbassare lo scudo.

"No!" gridarono sia Liz che Isabel, entrambe temendo il peggio.

Ci fu un’esplosione di energia, quando il trio cominciò a far fuoco contro gli Skins. I soldati aprirono il fuoco, come aveva ordinato Michael. Al fianco di Max, Kyle stava sparando alla pietra. Max lo gettò a terra. Stavano giusto chiedendosi che pazzia li avesse presi, quando la pietra esplose. Tutto il suolo si scosse. Un’accecante luce bianca illuminò il cielo e dalla roccia esplosa si alzò un anello di luce bianca, che coprì l’intera gola. Michael afferrò entrambe le ragazze e le fece riparare dietro una roccia. Quando l’anello di luce li toccò, gli Skins esplosero in una doccia di polvere. Due dei soldati abbastanza stupidi da rimanere in piedi, si accasciarono per il dolore, come se fossero stati inghiottiti dal fuoco. Quando fu tornato il silenzio, le teste cominciarono a sollevarsi, facendo capolino tra le rocce. Gli Skins erano spariti ed una polvere fine si stava depositando sulla terra del deserto.

"Max?" Liz guardò il alto. Il suo cuore smise di battere quando scorse le forme inerti di Max e di Kyle. "Max!"

Sfuggì al tentativo di Michael di fermarla e corse verso il marito. Isabel la seguì e lo stesso fece Michael. Vedendo i ragazzi correre in avanti, i rangers cominciarono ad alzarsi e ad avvicinarsi anche loro ai due giovani uomini che si erano trovati nell’epicentro dell’esplosione, pur muovendosi con la cautela che era stata loro insegnata durante l’addestramento.

"Respira." Liz si voltò a guardare gli amici. Aveva notato il viso impolverato di Connie comparire dietro ad Isabel. "Anche Kyle." annuì. "Sono vivi tutti e due."

"E’ finita?" chiese il Colonnello Roberts a Michael, guardando Kyle e Max.

"Non per molto." Michael scosse la testa. "Ma per noi, lo è. Per ora. Portiamo via da qui i morti e i feriti."

"Kreig, Bartle, Morrisy, Vann." ordinò Roberts. "Voi prendete questi due. Il resto di voi raccolga gli altri e torniamo in quella gola. E’ un buon posto per leccarci le ferite. Assicureremo il perimetro."

Michael guardò la luce crescente.

"Accendete anche un fuoco." aggiunse.

* * * * *

Max riprese i sensi poco dopo che i rangers l’ebbero sollevato. Dopo che ebbe insistito sul fatto che poteva camminare da solo, lo misero giù. Furono immediatamente rimpiazzati dalla bellezza bruna che avevano visto gettarsi su uno di loro qualche giorno prima. Lei mise il suo braccio attorno a Max, offrendogli tutto il supporto di cui lui aveva bisogno.

"Non resistere, Max." ridacchiò lei. "Solo perché sei il loro capo, questo non significa che tu non possa appoggiarti a qualcuno. E si dia il caso che quel qualcuno sono io."

Max, Kyle e gli altri soldati feriti furono sistemati in un posto riparato della gola in cui avevano deciso di rifugiarsi. Sia il medico che il colonnello, rimasero scettici alla pretesa di Max che avrebbe potuto aiutarli ma, ancora scossi da quello che avevano visto, nessuno dei due cercò di fermarlo.

"Chi siete voi?" chiese ancora il Colonnello Roberts. "E chi erano quelli contro i quali ci siamo battuti?"

"Non credo che lo vorrebbe veramente sapere." Max scosse la testa.

"Ma … "

"Possiamo rimandare le domande a più tardi?" chiese Max. "Sono piuttosto stanco e non posso controllare i vostri feriti e parlare contemporaneamente."

Roberts scosse la testa e si allontanò per dare spazio a Max.

"Sei sicuro di stare bene, Max?" Liz gli posò una mano sulla spalla. La sua voce era bassa, dolce e piena di preoccupazione.

"Sì." annuì lui. Coprì la mano di lei con la sua ed appoggiò la testa contro il suo braccio. "Probabilmente avrò bisogno di dormire per una settimana, ma sto bene."

"Prenditela comoda, okay?"

"Lo farò." sorrise lui.

* * * * *

"Non posso credere a quello che sta facendo." disse Connie guardando Max che stava guarendo un uomo ferito, solo lui sapeva come. Era seduta accanto al fuoco, con Liz. "Voglio dire, ora tutti verranno a conoscenza del suo segreto. Come fa a sapere di chi può fidarsi? Potrebbero tradirlo facilmente."

"Lui è quello che è, Connie." Liz si strinse nelle spalle. "Se non provasse almeno ad aiutare quelli che hanno bisogno di lui, non sarebbe Max. E io non sarei qui."

"Devo fare uno sforzo per capire la vostra relazione." Connie si voltò a guardare Liz. "L’altro giorno, per esempio, come ha fatto Max a sapere che quello che stava vedendo non era quello che sembrava?"

"Credo che sia una questione di .. fiducia. Dentro di noi, sappiamo che non potremmo mai fare volontariamente del male all’altro. Voglio dire … " Liz si strinse nelle spalle. "Andiamo a vedere se c’è qualcuno che tiene nascoste le sue ferite. Sai come sono fatti gli uomini."

"Sì." ridacchiò Connie.

Le due ragazze gironzolarono tra il piccolo gruppo di uomini, notando come i loro amici si stessero comportando differentemente con i soldati. Jesse, Isabel e Maria si erano ritirati in un angolo tranquillo della gola, dove stavano parlando sottovoce tra di loro. Kyle stava ispezionando uno dei fucili automatici e discutendone i meriti con uno dei soldati. A giudicare da come le loro mani si muovevano in aria, Michael stava parlando di tattica col Sergente Perkins. Max, naturalmente, stava curando i feriti sotto l’occhio vigile di un pallido Colonnello Roberts. I soldati stavano discutendo degli eventi di quella notte, guardando i nuovi arrivati con un misto di meraviglia e di sospetto.

"Ehi, dolcezza." una figura familiare apparve al fianco di Liz, e le passò un braccio attorno alla vita. Dal modo in cui il suo viso si rabbuiò, fu chiaro che non era Max a salutarla.

"Salve, signor Dixon." Liz si voltò per sciogliersi dall’abbraccio. "Vedo che sta bene."

"Grazie ai tuoi amici." lui le strizzò un occhio. "E puoi chiamarmi Mark. Così, eri preoccupata per me, huh?"

"Non solo per lei." Liz scosse la testa, cercando Max con lo sguardo.

"Probabilmente mi ci vorrà qualche giorno per liberarmi." i suoi occhi brillavano. "Che ne dici se io e te ce ne andassimo a Las Vegas? Dove stai?"

"Uhm, sa … " si accigliò Liz. "Non credo che sia una buona idea."

"Certo che lo è." ridacchiò lui. "Ci divertiremo un mondo. Giusto il tipo di riposo di cui c’è bisogno per liberarsi di tutta l’adrenalina. Ora dammi il tuo … "

"Andiamo." lo interruppe Connie, tirando via Liz. "Mi dispiace, signor Dixon. Abbiamo delle cose da fare."

"A più tardi." disse lui

"Lo sai qual è il tuo problema?" chiese Connie in tono pacato.

"No." Liz scosse la testa. "Quale?"

"Sei troppo dannatamente gentile con tipi come quello."

* * * * *

"Ti è andata male?" rise un soldato, uscendo dall’ombra ed avvicinandosi a Dixon, che stava guardando le due ragazze allontanarsi. Diede all’amico una pacca sulla spalla.

"Non ne sono sicuro." si accigliò lui. "E’ tutto da vedere."

"Dovresti togliertela dalla testa." gli suggerì l’uomo. "E’ sposata."

"E allora? Quelle sposate sono buone proprio come quelle sole."

"Non capisci." l’amico scosse la testa. "E’ sposata con quel ragazzo." ed indicò Max che stava accanto ad uno dei feriti.

"E’ solo un ragazzo. Potrei batterlo con una delle mie mani legate dietro la schiena. Allora, qual è il punto?"

"E’ uno di quelli che è venuto a salvare me e tutti gli altri da dove eravamo bloccati."

"E allora?"

"Hai visto quello che l’altro ragazzo, Michael, ha fatto?"

"Certo che l' ho visto." annuì Dixon. "E con questo?"

"Bene, quel ragazzo lì si chiama Max. Lui è il capo. Da quello che ho sentito, lui può fare le stesse cose e anche di più."

"Vuoi dire … "

"Proprio così. Tocca sua moglie con un dito e lui ti ridurrà in tanti atomi."

* * * * *

"Buon giorno." Max si svegliò trovando Liz che lo stava guardando. "O buon pomeriggio, o qualsiasi cosa sia."

"E’ pomeriggio." sorrise Liz. "Appena cominciato. E’ passato da poco mezzogiorno, ma nessuno degli altri è sveglio."

"E tu è da molto che sei sveglia?"

"Da pochi momenti." annuì lei. "Stavo appena … sai?"

"Sì." rise Max. "Sono così contento che sia finita e che nessuno sia stato ferito. Non credo che avrei potuto sopportarlo."

"E abbiamo salvato tutti quei soldati."

"Avrei solo voluto poter fare qualcosa anche per gli altri." sospirò Max. "Mi sento così male al pensiero dei soldati mandati a cercare gli altri meteoriti."

"Io ho avuto una premonizione solo su quel Dixon, Max." Liz gli carezzò il mento. "Non sappiamo cosa sia successo agli altri. Forse sono riusciti a cavarsela."

"Forse." sperò lui. "Tutto questo sarebbe stato molto più facile se il Governo avesse avuto una mente aperta sulla possibilità dell’esistenza di forme di vita aliena."

"Lo sai?" si accigliò Liz. "Stavo pensando una cosa. Nell’eccitazione della notte scorsa, abbiamo usato i nostri nomi veri."

"Ci ho pensato anche io." sospirò Max. "E ormai non c’è molto che possiamo fare. Almeno siamo riusciti a sfuggire ai rangers e alle domande che avrebbero voluto farci. Credo che fossero felici quanto noi di venir via da quel posto."

Liz guardò lungamente e duramente Max negli occhi. "Stai bene?" gli disse.

"Mi sembra di sì." ridacchiò lui. Sapeva esattamente quello che lei gli stava chiedendo. "Ho sistemato tutto prima di addormentarmi e mi sembra che sia tutto a posto. Mi sento ancora un po’ debole, ma non è sorprendente, visto che abbiamo dormito solo un paio d’ore."

"Ne sei sicuro?"

"Sì." Max posò la mano sulla guancia di Liz.

Lei si chinò su di lui e si unirono in un tenero bacio. Immediatamente, sentì la connessione con lui, mentre lei, ancora una volta controllava la presenza di ogni danno di cui lui potesse non essersi reso conto. Da parte sua, solo per divertirsi, Max la lasciò fare.

"Okay." annuì lei, rompendo il magico, tenero bacio.

"Non mi credevi?" la prese in giro.

"Ho preferito controllare."

"Ho solo bisogno di un giorno o due di riposo." Max roteò, bloccando Liz sotto di lui.

"Max?" Liz si mordicchiò il labbro inferiore. "Che dobbiamo fare per gli altri Skins?"

"Non ne sono sicuro." sospirò lui. "Ma non possiamo lasciarli dove sono."

"Abbiamo bisogno di altre armi. Come vanno i tuoi studi di elettronica? Pensi che potresti scoprire come è stata costruita la pistola che abbiamo trovato?"

Max la guardò per un momento, spalancando gli occhi. "Sai qual’è la stanza di Kyle?" le chiese.

"Quella a fianco." Liz strinse gli occhi. "Perché?"

"Vestiti." la esortò. "Ho un’idea."

Max uscì nel sole del Nevada, per trovare una sorpresa davanti alla porta. "Michael?" si accigliò. "Che ci fai qui?"

Lo sguardo di Michael era interrogativo, come se Max gli avesse fatto una domanda stupida.

"E’ stato lì fuori fin da quando siamo tornati." gli disse Maria dalla porta. Poi uscì per unirsi a Max e a Liz. "Dopo che voi siete andati a letto, è come se si fosse mentalmente isolato, si è comportato in modo strano, parlando del suo dovere. Poi è uscito e si è fermato lì."

"Max." disse Liz prima che lui potesse occuparsi di Michael. "Guarda. E’ il Colonnello Roberts."

Grugnendo per la frustrazione, Max si voltò verso la jeep che si stava avvicinando, guidata dal sergente Perkins. Accanto a lui, c’era il Colonnello Roberts.

"Max." il Colonnello gli fece un cenno con la testa e il suo braccio cominciò ad alzarsi in un gesto di saluto, ma lui lo riabbassò. "Michael, signorina Elizabeth."

"La prego," sorrise lei "mi chiamo Liz."

"Come ha fatto a trovarci?" gli occhi di Max erano stretti.

"State scherzando? risse Roberts. "Noi siamo Rangers. Vi ho fatti seguire."

"E perché lo avrebbe fatto?" il viso di Max era rosso di rabbia. Sentì Michael avvicinarsi al suo fianco.

"Per prima cosa, lasciate che mi scusi per questo." sollevò le mani per placare l’improvvisa esplosione di rabbia di Max. "Ma in questo gioco è utile tenere d’occhio i propri alleati, come i nemici. Vedi, Max, so qualche cosa di più su quello che è successo l’altra notte. Quando sono tornato al campo per fare rapporto, ho aperto le orecchie, fatto qualche ricerca e un po’ di conti."

"E quale è stato il risultato?" chiese Liz.

"Che sta succedendo?" Isabel apparve sulla porta della sua stanza, con il segni della fretta con la quale si era vestita. Jesse apparve dietro di lei.

"Mi sentirei più a mio agio, se non parlassimo in un posto così pubblico." Roberts guardò la fila di stanze.

"Va tutto bene?" Kyle e Connie si unirono a loro, con in mano le pistole.

"Sì." annuì Max. "Il Colonnello Roberts ci sta spiegando cosa è successo stanotte."

"Sarà interessante." rise Kyle.

Seguirono Max nella sua stanza. Max si sedette sul letto, con Liz al suo fianco ed indicò a Roberts la sedia davanti alla scrivania. Perkins si fermò accanto alla porta, mentre il resto della banda si sistemò, a coppie, nella stanza. Tutti tranne Michael, che rimase in piedi accanto a Max, le braccia conserte sul petto.

"Qualche uomo delle altre squadre è riuscito a venir fuori dagli scontri di ieri notte." continuò Roberts. "Tutti hanno riportato la stessa cosa. I nemici erano invulnerabili ai loro proiettili e sembravano lanciare lampi di energia dalle mani. Sono stati fortunati ad uscirne vivi. Poi è arrivato il mio turno. Ho riportato che degli stranieri comparsi dal nulla ci avevano aiutato e poi erano svaniti. Ho detto quello che ho visto. Stanno decidendo se sottopormi o no ad una visita psichiatrica."

"E’ questo è il ringraziamento." rise Kyle. "Siamo stati relegati al rango di invenzione nell’immaginazione di qualcuno."

"E i suoi superiori cosa pensano che sia successo?" disse Max ad occhi stretti.

"Terroristi." il colonnello si strinse nelle spalle. "Che hanno usato delle nuove armi segrete. Ma io la penso in modo diverso. Io so quello che è successo veramente. lì fuori."

"E sarebbe?" disse Max aggrottando le sopracciglia.

"Alieni." Roberts studiò la reazione di Max. Non rimase deluso. "Ho ragione, vero? Dannazione! Da dove sono venuti e cosa vogliono?"

"Non lo sappiamo." a Max risultò facile mentire.

"Certo che lo sapete." disse Roberts. "Ma capisco il vostro bisogno di mantenere il segreto. Diavolo, se fossi inseguito dall’FBI, anche io sarei cauto." Notò il nervoso scambio di occhiate. Solo Max e Michael, che sembravano essere in un mondo tutto loro, non trasalirono. "E’ così." annuì l’uomo. "E so che anche voi siete alieni."

"Ora di andarsene." Michael cercò di tirare Max verso la porta.

"No." Max si liberò dalla sua stretta, voltandosi verso Roberts. "Non siamo tutti alieni, Colonnello Roberts. Solo Michael, Isabel e … ed io. Gli altri sono umani."

"Che mi dici di lei?" e indicò Liz, che stava al fianco di Max.

"Anche lei è umana." Max si strinse nelle spalle. "Solo che ha certi … poteri. Voglio sapere cosa farà di questa informazione."

"Sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato." cominciò a dire Roberts. "Sapevamo che, un giorno, tutti quei rapporti sugli alieni si sarebbero dimostrati veri, o almeno, la maggior parte. Ed abbiamo sospettato a lungo che, a meno di non avere una forza di risposta, noi saremmo stati sopraffatti."

"Noi?" Max sollevò un sopracciglio.

"C’è un piccolo gruppo di noi che si è preparato per questo giorno. Ho a mia disposizione una piccola guarnigione di uomini, molti di loro non più in servizio attivo, ma che sono ancora militari altamente addestrati. Provenienti non solo dai Rangers, ma da tutte le branche, anche dell’Aviazione e della Marina. Tutto quello che ci serve è un posto dove incontrarci ed esercitarci insieme, lontano da occhi indiscreti. Avremo bisogno di approvvigionamenti, anche se sono sicuro di trovare … degli amici che possono aiutarci. Ed armi. Abbiamo bisogno di armi che possano colpire questi … nemici. E abbiamo anche bisogno di qualcuno che ci guidi. Qualcuno che sappia chi abbiamo di fronte e come difenderci." Roberts fece una pausa e studiò Max. "Abbiamo sempre sperato che fosse qualcuno più come Schwartzkopf (NdT: Norman Schwarzkopf ex-generale americano e capo delle forze militari americane durante la Guerra del Golfo) che come Spock (il protagonista di Star Trek). So quello che tu e il tuo amico siete capaci di fare. Se tu sei pronto a comandarlo, io ho un esercito che ti seguirà."

"Io?" Max si tirò indietro. "Perché io? Voglio dire, non mi conoscono nemmeno."

"Ti conosceranno. Quando sapranno come tu e i tuoi amici avete rischiato la vita per salvarci. Quando sentiranno che sai quello che fai. Quando verranno a conoscenza del fatto che hai guarito una dozzina di uomini che sarebbero morti prima di tornare al campo. Gli uomini seguono uno come te, perché sanno che tu non li abbandonerai. In questo gioco, la reputazione è una cosa molto più importante di quello che tu possa pensare. E tu sei proprio quello di cui abbiamo bisogno."

"E loro sono quello di cui abbiamo bisogno noi, Max." Liz lo fece voltare verso di lei. "Questa volta, non lascerò che il mondo finisca. Non dopo tutto quello che abbiamo passato per impedirlo."

Max guardò lontano, la mente che correva a mille.

"Colonnello Roberts? In quanto tempo riuscirebbe a far arrivare un pacco a Roswell, New Mexico?"

"Roswell?" Roberts ci pensò per un attimo. "Poche ore."

"Bene." Max sorrise. "Aspetti qui."

Venti minuti dopo, portando una scatola che poteva essere aperta solo dal padre di Max, il Colonnello Roberts salì sulla jeep con Perkins e si allontanò. Mentre lo guardavano allontanarsi, un’altra auto si fermò davanti a loro. Immediatamente, cominciarono tutti ad indietreggiare verso la stanza di Max.

"Fermatevi!" ordinò loro Michael, tenendo puntate su di loro sia la pistola di Kyle, che quella di Connie.

"Che stai facendo, Michael?" gli chiese Max. Fece un passo verso l’amico, ma Michael armò una delle pistole e la puntò verso l’umano più vicino. Era Jesse. Lo guardarono tutti ad occhi spalancati.

"Michael?" lo chiamò Maria. Stava quasi per marciare verso di lui, ma uno sguardo di Max la fece fermare.

"Non è Michael, Maria." la mise in guardia. "Non so come, ma in questo momento non è lui. Sai quando hai detto di averlo visto isolarsi mentalmente? Qualcuno lo sta controllando."

"Eccellente osservazione." commentò uno dei due uomini che stavano accanto alla macchina.

Tutti si voltarono a guardare i nuovi arrivati, che stavano sorridendo apertamente. Ma, non appena videro Liz, le loro espressioni cambiarono, sostituite da una maschera di puro odio.

"Tu!" ansimò uno di loro. Allungò una mano nell’auto, mentre tutti si guardarono tra di loro e guardarono Michael, sentendo aumentare il loro nervosismo. L’uomo riapparve e gettò qualcosa a Michael. "Fa’ il tuo dovere, Lord Rath!" gli ordinò.

"Subito, Vostra Eccellenza." disse Michael, facendo un inchino. Si voltò verso Liz. "Elizabeth Parker." Le afferrò il polso, che fu immediatamente circondato da un pezzo di metallo, poi la fece voltare con facilità, ripetendo il gesto con l’altro. "Sei dichiarata in arresto per il crimine di tradimento contro il Sigillo Reale di Antar e per l’uccisione di Sua Altezza Reale, la Regina Ava di Antar."

"No!" Max balzò in avanti.

All’improvviso ci fu un bagliore di luce e Max crollò sul pavimento.

* * * * *

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Capitolo 35
*** 35 ***


Parte 35

Indicazione della data: 23 novembre 2002 - Rachel, Nevada.

Le voci dell’atterraggio di una piccola nave aliena in prossimità del Groom Lake, più comunemente conosciuto come Area 51, sono state prontamente negate dai funzionari di Washington. Testimoni assicurano di aver visto ‘almeno cinque’ scie di luce, discendere nel cielo della notte ed atterrare dolcemente nel brullo terreno desertico.

I funzionari dichiarano che le strisce di luce erano i frammenti del meteorite WR-2002. Queste attestazioni sono confutate dai testimoni che dichiarano che gli oggetti avevano troppo controllo per essere stati dei meteoriti. Ad una domanda specifica il signor P. Burns di Rachel, Nevada, ha dichiarato che ogni palla fiammeggiante era della grandezza del suo caravan, se non più grande. Anche residenti di Ash Springs affermano che, mentre un folto numero di soldati, di stanza nel vicino campo della Guardia Nazionale sono partiti subito dopo che gli oggetti erano atterrati, solo alcuni sono rientrati al campo il mattino successivo. Un residente è citato per aver detto ‘Era come se avessero partecipato a qualche azione, ma non potessero credere a quello che avevano visto’.

Un portavoce di Washington ha annunciato, durante una conferenza stampa, che ‘Nessuna astronave aliena è atterrata negli Stati Uniti d’America. Nessun soldato è stato spiegato per intercettare inesistenti astronavi aliene e nessun soldato ha partecipato ad azioni, quella notte. Le sfere di fuoco erano i resti di WR-2002 e i soldati sono stati mandati per evitare che i turisti potessero rimanere feriti. I soldati che non sono tornati ad Ash Springs sono stati inviati in altri campi per effettuare manovre di esercitazione in vista dell’imminente conflitto con i terroristi nel Medio Oriente’.

I critici, comunque, non sono rimasti convinti. Il signor Timothy Sparsholt, un membro del gruppo degli Osservatori dell’Area 51, è citato per aver detto ‘Questo prova la teoria della cospirazione. Perché gli alieni dovrebbero occupare l’Area 51? Ve lo dirò io perché. Perché sono furiosi. Furiosi per tutto quello che il nostro governo ha fatto in questi anni ai loro compagni. Ora è arrivato il momento della loro vendetta. Sono tornati per riprendersi le loro astronavi.’

Altri testimoni affermano non solo di aver sentito degli spari, ma una strana luce vicino all’area intorno ad Ash Springs.

In risposta a queste affermazioni. il Governo ha allargato la famosa zona di non accesso intorno all’Area 51 e residenti di intere città sono stati allontanati. La scusa fornita è quella di proteggerli da eventuali radiazioni provenienti dai residui del meteorite non completamente bruciati. Gli scettici indicano questo fatto come una prova che siamo sotto attacco da parte di un altro pianeta e che il governo vuole tenerlo nascosto - - - AP.

* * * * *

Fu con una strana, non familiare sensazione che Max si risvegliò. La sua mano si allungò al suo fianco e trovò … niente. Si mise a sedere e si guardò attorno nella strana stanza in cui si trovava. Sebbene fosse grande, appariva più vuota di quelle cui era abituato. Gli ricordò il set di un film di fantascienza, con le pareti che si curvavano dal pavimento al soffitto. Un costante ronzio pervase i suoi sensi. Quello che lo disturbava di più era il fatto di essersi svegliato da solo. Per la prima volta Max si era svegliato senza la presenza di Liz al suo fianco.

Chiusa dall’esterno, quella che sembrava una piccola porta circolare attrasse la sua attenzione. Tirò via il sottile, ma sorprendentemente caldo lenzuolo e si alzò dal letto. Mentre si avvicinava alla porta, alla ricerca di qualche meccanismo che potesse farla aprire, i due separati segmenti che la componevano scivolarono via, in un modo che ricordò a Max l’apertura dell’obiettivo di una macchina fotografica. La luce all’esterno lo stordì.

Anche il corridoio era una reminiscenza del set di Star Treck, con la sua forma circolare, quasi fosse un tubo. Guardie, vestite di un’aderente uniforme rossa, erano in piedi ai lati della porta. Di fronte a loro, Isabel stava chiedendo di poter vedere Max. Sembrava pronta ad esplodere.

"Ci spiace, Principessa Vilandra." una delle guardie scosse la testa. "Non vi è permesso di entrare."

"Che sta succedendo?" chiese Max alle due guardie. Non era sicuro della situazione. Ricordava i due strani uomini apparsi all’improvviso. "Sono prigioniero?"

"Naturalmente no." le due guardie lo guardarono meravigliate. Scattarono entrambi sull’attenti. "Vostra Maestà."

"Mae … " Max rimase a bocca aperta. Guardò Isabel, che stava ancora lanciando occhiatacce ai due uomini. "Dove siamo?"

"Siamo a bordo di Nyelda, la Nave Reale, Sire." rispose una delle guardie.

"Capisco." Max si accigliò. "E dove si trova esattamente Nyelda, la Nave Reale?"

"Ci stiamo nascondendo dietro il pianeta che i terrestri chiamano Plutone, per proteggerci dai loro primitivi, ma efficaci, sistemi di rilevazione."

"Sono libero di andare e venire a mio piacimento?"

"Sì, Sire." la guardia sembrò perplessa. "Dopo tutto, questa è la vostra nave."

"Entra, Iz." Max si fece di lato. Quando Isabel fu passata tra le guardie, lanciando loro un’occhiata sprezzante, Max chiese loro "Avete visto mia moglie?"

"Max!" cercò di avvertirlo Isabel.

"Ci spiace." i due uomini abbassarono la testa. "Non siamo riusciti ancora a localizzare Ava."

"No." Max scosse la testa. "Volevo dire … "

"Max." Isabel lo tirò nella stanza e la porta si chiuse dietro di loro.

"Iz?" Max si accigliò. "Stai bene?"

"No." brontolò Isabel, guardando la porta. "Non sto bene."

"Sai dov’è Liz?" cominciò a sentirsi preoccupato. "Pensavo che sarebbe stata qui, con me."

"Qual è l’ultima cosa che riesci a ricordare?" Isabel lo stava guardando attraverso gli occhi stretti.

Lui diede alla sorella un’occhiata nervosa, poi cominciò a camminare. "Uhm … " si mordicchiò il labbro inferiore. "Stavamo parlando col Colonnello Roberts. Lui se ne è andato e poi … " Max spalancò gli occhi. "Sono arrivati quegli altri due. Questo … è tutto quello che ricordo." Max scosse la testa e si sedette sul bordo del letto. "Perché ho la sensazione che sia successo qualcosa? Aspetta … Michael ha arrestato Liz?"

"I due uomini." Isabel si sedette accanto a lui. "Sono stati loro ad ordinarglielo."

"Perché?"

"Qualcosa a proposito del fatto di aver ucciso Ava e di aver commesso un tradimento."

"Liz non ha ucciso Tess." Max si accigliò. "Chi erano quei due?"

"Si chiamano Chyn e Bektor. Vengono da Antar. Dicono di essere i rappresentanti del Trono. Uhm, di te. Max? Sembrano aver riconosciuto Liz. E sembrano arrabbiati con lei."

"Credo che Tess abbia parlato di lei." sbuffò Max.

"Forse." annuì Isabel. "Ad ogni modo, Michael l' ha ammanettata. Tu hai cercato di fermarlo, ma sei stato colpito da qualcosa. Liz ha cercato di correre da te, ma è stata trattenuta da una specie di campo di forza. Lo siamo stati tutti." Lacrime apparvero agli occhi di Isabel. "Poi ci hanno separati. Hanno chiuso Jesse, Kyle, Maria e Connie in una delle stanze e caricato me, te e Liz nella Suburban. Abbiamo camminato per il resto della notte, fino ad un posto vicino Roswell."

"Roswell?"

"Sì." annuì lei. "Era lì che avevano lasciato la loro nave. Sono stati mandati a prenderci. Max? Michael si sta comportando in modo molto strano. Lui è stato il solo a non essere influenzato dal campo di forza e li ha aiutati. Gli ho chiesto cosa stava facendo e sai cosa mi ha risposto? ‘Qualcosa che avrei dovuto fare molto tempo fa’. Poi ha detto ‘Quella strega ha tenuto Zan in suo potere per troppo tempo’."

"Allora … " ora Max sembrava ancora più preoccupato. "Dov’è Liz?"

"Quei due alieni, Bektor e Chyn. Quando siamo saliti su questa nave, l’hanno portata via e l’hanno chiusa in una cella. Le hanno fatto qualcosa. Io non riesco ad entrare nei suoi sogni. Ho cercato di vederla, ma le guardie me lo hanno impedito. L' ho sentita piangere. L' ho chiamata, ma non sono sicura che abbia potuto sentirmi. Non mi ha risposto."

"Dov’è Michael?" Max si era alzato in piedi, la faccia rabbuiata. "Dove sono Chyn e Bektor?"

"Chyn e Bektor passano il loro tempo nella Sala del Concilio, a cantare vittoria perché hanno riportato il Re di Antar. Non ho visto Michael, ma quando lo farò, lo ucciderò. Max, c’è un’altra cosa che dovresti sapere."

La porta si aprì ed un uomo basso e magro entrò nella stanza. Sulle sue braccia portava un completo azzurro. "Ah, Vostra Maestà." fece un inchino molto formale ed il sorriso sul suo viso diceva che aveva aspettato quel momento da lungo tempo.

"Chi sei?" Max scambiò con Isabel uno sguardo divertito.

"Io sono Gant, Sire." sembrò ferito dal fatto che Max non lo riconoscesse. "Il vostro valletto personale. Ora che vi siete ripreso dalla vostra ordalia sulla Terra, sono venuto a vestirvi."

"Può aspettare." Max fece il gesto di portare via l’abito azzurro. "Chi è il capo qui?"

"Voi, Sire." Gant sembrò confuso.

"Oh." Max strinse gli occhi. "Dove posso trovare Chyn e Bektor?"

"Sono a disposizione, ai comodi della Vostra Maestà, nella Sala del Concilio. E’ per questo che sono venuto a vestirvi."

"Cosa c’è che non va nei miei … " Max notò che aveva indosso un pigiama di qualcosa che sembrava seta. "Dove sono i miei vestiti?"

"Sono qui, Sire." E Gant tese di nuovo il completo che aveva portato.

"No." Max lo allontanò. "Gli altri vestiti."

"Quegli stracci indegni sono stati vaporizzati quando vi ho preparato per riposare, Sire. Ora, se voleste permettermi … "

Gant si avvicinò a Max e cercò di togliergli il pigiama. Max si voltò, afferrò il braccio di Gant e lo spinse dall’altra parte della stanza. Lo stupito valletto cadde sul letto di Max. Max si passò la mano davanti, trasformando quello che aveva indosso in maglietta nera, blue jeans e un paio di scarpe da ginnastica.

"Andiamo, Iz." Max si diresse verso la porta.

"Te l’avevo detto." Isabel fece a Gant un sorriso ironico. "Ti avevo avvertito di quello che sarebbe successo se ci avessi provato." Si affrettò a raggiungere Max e lo trovò a parlare con le guardie.

"Ma Sire, gli ordini sono che di rimanere qui finché non vi avranno convocato."

"Bene." annuì Max. "Voi rimanete qui."

"Credo che volessero che tu rimanessi con loro." ridacchiò Isabel, facendogli strada nel corridoio.

"Dove tengono Liz?" lui ricambiò il sorriso della sorella.

"Da questa parte." Isabel sembrò sorpresa dall’improvviso cambiamento del fratello. Condusse Max attraverso diversi corridoi fino a che non raggiunsero una porta, con davanti altre guardie vestite di rosso.

"Ve lo abbiamo già detto, Principessa Vilandra," una delle guardie roteò gli occhi. "A voi non è permesso di entrare e a lei non è permesso di uscire."

Isabel sorrise e si spostò di lato. Le guardie spalancarono gli occhi quando videro il suo compagno e scattarono sull’attenti. "Vostra Maestà." lo salutarono.

"Rilasciate la prigioniera." ordinò Max. La sua voce aveva un tono duro.

"Mi dispiace, Sire." balbettò la prima guardia. "Lord Bektor ha detto … "

"Chi comanda qui?" chiese Max, un tono di voce basso e pericoloso.

"Voi, Sire." rispose la guardia.

"Allora rilasciatela, subito!"

Era una voce alla quale pochi avrebbero potuto disobbedire. Però le due guardie dopo essersi scambiate un’occhiata nervosa, non si mossero dalla porta. Max fece un passo avanti tra di loro e tese la sua mano verso quello che gli sembrò un meccanismo di chiusura. La sua mano brillò, ma la porta rifiutò di aprirsi.

"Solo Lord Rath può aprire questa porta." lo informò la prima guardia. "La strega che è dentro è sua prigioniera."

"Sono autorizzato a mettere a morte qualcuno?" scoppiò Max.

"In certi casi." annuì la guardia, timorosamente.

Max afferrò la guardia più vicina e l’attaccò alla parete ricurva. "La prossima persona che parlerà della mia Liz riferendosi a lei come a una strega, morirà. Orribilmente."

"Sì, Sire." squittì l’uomo.

"Cosa c’è di così divertente?" Max guardò Isabel, mentre lasciava che la guardia scivolasse sul pavimento. Isabel lo stava conducendo dalla parte della Sala del Consiglio.

"Tu." ridacchiò lei. "Per tutto questo tempo, sei fuggito da quello che sei. Ora che sei qui, ti riesce naturale come se, dopo tutto, volessi veramente essere Re."

"Vogliono un Re?" ringhiò Max. "Gliene darò uno. Glielo infilerò così profondamente in gola che non vedranno l’ora di riportarci sulla Terra, solo per liberarsi di me. Ora, andiamo a cercare Michael."

Non avevano fatto più di dieci passi che Max si fermò, si voltò e guardò Isabel con un sorriso di simpatia. "Mi dispiace." le disse. "Sono così preso da quello che sta succedendo a me e a Liz, che ho dimenticato che anche tu hai i tuoi problemi. Devi sentire la mancanza di Jesse."

"Sì." l’espressione della ragazza si fece triste. "Ma, almeno, io so che è al sicuro e che ha degli amici per aiutarlo. Liz è da sola."

"Puoi raggiungerlo nei sogni?"

"No." lei scosse la testa. "Credo che siamo troppo lontani. Non sono riuscita a raggiungerlo."

"Forse è la nave." suggerì Max. "Non hai potuto nemmeno raggiungere Liz, vero? Forse hanno qualche … campo, che ti blocca."

"No." rispose lei. "Ho cercato di raggiungere i tuoi sogni, quando eri svenuto. Per fortuna non ho visto nulla che avrebbe potuto spaventarmi a vita."

"Si aiuteranno l’uno con l’altro." la rassicurò Max. "Forse sono tornati a Roswell. Saranno al sicuro lì, senza di noi e senza l’FBI."

"Forse." Isabel distolse lo sguardo. "Che facciamo ora, Max?"

Max attirò la sorella tra le sue braccia. "Sistemeremo tutto, Iz. Poi torneremo dai nostri amici, dalla nostra … famiglia. Ora andiamo a cercare Michael e usciamo fuori da questa storia."

* * * * *

"Allora, Bektor." esplose Max, entrando nella stanza. Ogni traccia della preoccupazione che aveva mostrato ad Isabel poco prima, era scomparsa, alla vista dell’uomo causa dei suoi guai. "Che sta succedendo?"

"Ah." l’uomo chiamato Bektor si alzò dalla sedia posta a poca distanza dalla piattaforma dove erano sistemati due troni. "Vostra Maestà." Fece un profondo inchino. "Benvenuto a bordo della Nave Reale, Nyelda."

"Non preoccuparti di questo. Dimmi che sta succedendo?"

"Stiamo cercando di localizzare il duplicato della regina Ava, Sire. Una volta che l’avremo raggiunta, potremo tornare a … "

"Non questo." Max scosse la testa. "Cosa ne avete fatto dei miei amici? Di mia moglie?"

"Cosa vuole dire, Sire?" Bektor lo guardò perplesso.

"Perché mia moglie è imprigionata come una vile criminale?"

"Perché è precisamente quello che è." disse una voce alle sue spalle.

"Michael." Max si voltò. "Ma di che diavolo stai parlando?"

"Devi rivolgerti a me col mio titolo, Sire." Michael si inchinò. "E’ stato guadagnato con orgoglio e con onore, non dato per essere deriso. Ti prego, chiamami Lord Rath."

"Ti giuro, Mi … Rath, che se mi chiami Zan, ti farò vedere che potere ho come Re e lascerò che le tue particelle formino un nuovo anello intorno a Plutone. Ora voglio che tu lasci libera Liz."

"No." Rath scosse la testa. "Temo di non poterlo fare. Sarà processata per i suoi crimini … "

"Crimini? Michael, ma di che diavolo stai parlando?"

"Tradimento." Michael scrollò le spalle. "Contro di te. E, cosa più importante, l’uccisione della nostra Regina."

"Tess si è uccisa da sola. Si è uccisa per toglierci da dosso l’Aviazione."

"Il suo nome era Ava. Regina Ava." disse Rath adirato. "E come possiamo essere sicuri che Ava si sia uccisa? Perché l' ha detto una criminale?"

"Se ben ricordo," Max lo guardò furioso "tu hai votato per consegnare Tess alle autorità. Lasciamo che la uccidano, hai detto. Liz ha votato no. Lei aveva il voto decisivo, ma ha votato per far vivere Tess."

"Quello non ero io." Rath scosse la testa. "Non lo capisci? Era quell’individuo debole chiamato Michael. Anche lui era sotto la sua influenza. E’ questo quello che lei ti ha fatto, Zan. Tu sei debole a causa sua. Ava ha cercato di avvertirci, ma noi non l’abbiamo ascoltata. Prima tireremo fuori la tua essenza da quel DNA umano, meglio sarà. Così, non puoi governare Antar."

"Sai una cosa, Mi … Rath?" Max lo spinse all’indietro. "Governalo tu Antar. Io non voglio aver niente a che fare con tutto questo."

"Tu non hai scelta."

"Non ce l' ho? Sta’ a guardare."

"Non appena avrai un nuovo corpo antariano, vedrai le cose in modo diverso."

"Che vuoi dire?" Max restrinse gli occhi.

"Ho cercato di spiegartelo." li interruppe Isabel. "Hanno in mente di estrarre le nostre essenze da questi corpi e di metterle in corpi creati con DNA antariano."

"E possono farlo?" Max si voltò a guardare la sorella.

"Apparentemente." lei si strinse nelle spalle, preoccupata. "Pensano di poterlo fare."

"Non succederà." Max scosse la testa.

"Succederà, Za … Max." annunciò Bektor, unendosi alla conversazione. Si fermò, trattenuto dallo sguardo adirato di Max che gli aveva fatto capire quanto vicino fosse andato a sperimentare gli effetti della sua rabbia. "E una volta successo, ti scoprirai orripilato di aver cercato di corrompere il cammino della giustizia. Ma vedrai. Vedrai, durante il processo, i crimini che ha commesso contro di te, contro Antar. E ne sarai inorridito. Lord Rath ha compreso. Ora che non è più sotto l’incantesimo della strega, si è offerto volontario per il compito più duro."

"E sarebbe?"

"Ha chiesto di essere il Primo Accusatore."

"Dopo tutto quello che lei ha fatto per noi? Per te?"

"No, Zan." disse rabbiosamente Michael. "‘A’ noi. ‘A’ te. ‘Ad’ Antar."

"Come puoi dire una cosa simile?" Max andò incontro a Rath, spingendolo, mentre gli urlava in faccia. "Hai dimenticato che Tess ha ucciso Alex? Hai dimenticato che Tess e Nasedo hanno complottato contro di noi?"

"La vita umana è irrilevante." Rath agitò la mano frustrato. "In ogni caso, abbiamo solo la parola dell’imputata ad accusare Ava di quel crimine. Dove sono le prove? Ava voleva solo farti tornare su Antar. Tu non hai prove della sua così detta cospirazione con i nostri nemici."

"Tess lo ha ammesso con me."

"Quando? Chi era presente per testimoniarlo?"

"Mi stai dando del bugiardo?"

"No." Rath scosse la testa. "Sto solo dicendo che la tua mente è stata influenzata da quella che tu chiami Liz. Aspetta di vedere le prove, Za … Ma … Sire. Allora capirai."

"Tu hai scelto di restare." gli ricordò Max. "Per Maria."

"Io sono stato persuaso a restare. E sedotto. Persuaso dalla strega, sedotto dalla sua amica. Sarà un piacere accusarla."

"E chi la difenderà?"

"Dubito che troveremo qualcuno disposto a farlo." Rath si strinse nelle spalle. "Ma qualcuno lo farà."

"La difenderò io."

"Temo che non sia possibile." Bektor intervenne di nuovo. "Al Re non è permesso agire da difensore, da accusatore o da giudice. E sono sicuro che capirete perché."

"Tutti su questa nave la pensano così?" Max strinse gli occhi. "Odiano tutti Liz?"

"Certamente." Il sorriso di Bektor era sottile e soddisfatto.

"Ordino che le sia fatto un processo giusto. E, a questo scopo, come Re di Antar, ordino che sia trovato qualcuno che possa difenderla con tutte le sue capacità."

"Come ho detto," sorrise Bektor. " non troveremo nessuno."

"Qualcuno c’è." sorrise Max. "C’è qualcuno che vorrà difenderla."

"L’umano? Jesse?" Michael fece una smorfia. "Lui non conosce le nostre procedure. Sarà battuto in partenza."

"Avrà aiuto." Max sorrise ancora. "Avrà una buona squadra alle sue spalle."

"Chi? Chi, in Antar, vorrà aiutarlo?"

"Io."

"Ma … "

"Hai detto che non mi è permesso agire da difensore, da accusatore o da giudice. Ma posso aiutare Jesse e lo farò. Gli farò da consigliere. E lui vorrà presentare i suoi testimoni. Vorrà Maria, Kyle e Connie. Portateli con lui."

"Ma Sire … " Bektor cercò di sistemare le cose usando un tono pacato. "Vi prego di ricordare che, per prima cosa, voi siete il Re di Antar."

"Sbagliato!" sbottò a dire Max. "Per prima cosa io sono il marito di Liz."

"Non importa." Rath si strinse nelle spalle. "Le prove contro di lei sono schiaccianti. La sentenza sarà una conclusione scontata."

"E che sentenza sarebbe?"

"Non appena sarà dichiarata colpevole," sogghignò Rath "la sentenza di morte della strega sarà eseguita immediatamente."

* * * * *

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Capitolo 36
*** 36 ***


Parte 36

Connie era seduta in un angolo della stanza del motel e stava guardando i suoi nuovi amici venire a patti con la scomparsa dei quattro ragazzi che significavano così tanto per loro. Erano stati rapiti.

In qualche modo, i due stranieri arrivati nel pomeriggio avevano convinto Michael ad aiutarli. Aveva ammanettato Liz, messo Max fuori combattimento e i tre, insieme, avevano fatto salire i ragazzi sulla Suburban e li avevano condotti via.

Insieme a Jesse, Maria e, naturalmente, Kyle, lei si trovava bloccata in un motel nel bel mezzo del Nevada. Era stato Kyle a prendere il comando, perché gli altri due non erano in condizioni di fare molto. Jesse era impazzito per la preoccupazione per Isabel, mentre Maria era sconvolta sia dallo strano comportamento del suo ragazzo, sia dall’impiccio in cui si trovava la sua migliore amica.

La prima cosa che fece Kyle, fu di controllare la stanza di Max e Liz, dove aveva trovato la cinta salva-soldi di Liz. Almeno avevano del denaro. Poi si accertò di poter mettere in moto l’auto che i due strani personaggi si erano lasciata dietro. Ci riuscì, assicurandosi un mezzo di trasporto. Dopo aver impacchettato i loro averi, guidarono verso est, la direzione in cui avevano visto scomparire Max e gli altri. Quando furono troppo stanchi per proseguire, si fermarono in un piccolo motel per la notte.

"Allora." Kyle si rivolse al piccolo gruppo. "Abbiamo guidato per tutto il giorno e non abbiamo trovato nessuna traccia di loro. Cosa pensate che dovremmo fare?"

"Lei si metterà in contatto con me." il viso pallido di Jesse non guardò nessuno in particolare. "Stanotte, quando mi sarò addormentato. Lei ci dirà dove sono." Guardò Kyle. "Forse dovrei provare a dormire ora. Voglio dire, forse Isabel sta già provando a contattarmi."

"Se fosse così," Maria scosse la testa "entrerebbe nella tua mente anche se tu fossi sveglio."

"Può farlo?" Jesse si accigliò.

"Sì." annuì Maria. "Che io sappia l' ha già fatto due volte. Una volta, quando Max era nella Stanza Bianca e di nuovo quando è entrata nella mente di Pierce, per scoprire dove fosse Nasedo."

"Per me è ancora difficile accettare tutto questo." Connie abbassò lo sguardo sui suoi piedi. "Voi ragazzi siete così indifferenti, come se fosse una cosa di tutti i giorni."

"Per noi lo è." sorrise Maria. "Ormai sono tre anni che convivo con tutto questo."

"E col tempo diventa più facile?"

"Qualche giorno va meglio che in altri." Maria si strinse nelle spalle.

"Max troverà una soluzione." decise Kyle. "Lui e Liz penseranno a qualcosa e, quando l’avranno fatto, verranno a cercarci. Rendiamo loro le cose più facili ed andiamo in un posto in cui saremo al sicuro e dove avremo degli alleati, gente che ci guarderà le spalle."

"Vuoi dire Roswell?" Maria guardò Kyle. "Sono d’accordo. Ci fermeremo in un motel fuori città e faremo sapere ai nostri genitori dove siamo. Liz si metterà in contatto con i suoi e loro potranno dirle dove trovarci."

"Che ne pensi di quel motel sulla Statale 285? Mi sembra di ricordare che ti piacesse." ridacchiò Kyle.

"Valenti, tu sei in cerca di guai." ringhiò Maria.

* * * * *

Diane sorrise entrando in cucina. "Philip, guarda chi è venuta a trovarci."

"Signora Ramirez." Philip sollevò lo sguardo dal giornale del mattino, quando la madre di Jesse entrò nella stanza, dietro a Diane. Sembrava sconvolta. "Ha già fatto colazione?"

"No." la donna più anziana scosse la testa. "Ma non potrei comunque mangiare nulla."

"Oh?" Philip si accigliò. "Si sente bene? E’ successo qualcosa?"

"E’ solo che … è solo che non ho più avuto notizie di Jesse. Mi ha chiamato qualche settimana fa, dicendo che andava in vacanza a New Orleans. Sono stata felice che provasse a superare … sapete … dopo che lui e … Isabel … Ad ogni modo, la scorsa settimana ho chiamato il suo ufficio, ma nemmeno loro ne sanno niente. Lui non mi ha più chiamata ed io sono molto preoccupata. Mi stavo chiedendo se voi conosceste qualcuno … chiunque, che possa fare qualcosa. Come trovarlo."

Philip guardò Diane, voltò in alto i palmi delle mani e sollevò gli occhi. Diane scrollò le spalle.

"Vedrò quello che posso fare, signora Ramirez." Philip le sorrise. "So che c’erano un paio di cose che lui voleva sistemare, così … Mi faccia parlare con un paio di amici e poi le farò sapere."

"Grazie signor Evans." la donna sembrò un po’ più sollevata di quando era arrivata.

"Sarà un piacere." annuì lui. "Sono sicuro che sta bene, però. Probabilmente sarà solo stato distratto. E per piacere, mi chiami Philip, non signor Evans."

La signora Ramirez annuì. "Avete avuto notizie dei ragazzi?" chiese più che altro per gentilezza.

"Non di recente." Philip scosse la testa. "Ma di solito trovano il modo di farci avere notizie."

Lei annuì e lasciò che Diane la accompagnasse alla porta. Lui sentì le due donne che si salutavano e la porta chiudersi.

"Philip." lo chiamò Diane una volta tornata in cucina. Sembrava preoccupata. "Credo che sia un giorno di visite."

"Perché?" Philip bevve un sorso di caffé. "Chi altro c’è?"

"L' ho fatto accomodare in salotto."

"Chi, Diane?"

"Dice di essere un Rangers degli Stati Uniti d’America. Il Colonnello Roberts."

* * * * *

Il Generale Nikolas stava davanti allo specchio, tendendo braccia e gambe e facendo ruotare le spalle, come se si stesse provando un abito nuovo. Il riflesso di un giovane uomo sui venticinque anni, lo guardò. Aveva capelli biondi, tagliati corti, e penetranti occhi azzurri.

"Almeno non è il corpo di un dannato preadolescente." disse adirato. "Forse riuscirò a fare del sesso."

"Hai in mente qualcuno?" uno dei tre uomini che stavano dietro di lui sollevò un sopracciglio.

"Oh, sì." ghignò Nikolas. "Allora, avete un rapporto da fare. Avete allestito le basi?"

"Quattro, signore." annuì l’uomo. "I campi di forza sono sul posto e le pietre sono pronte per cominciare la loro trasmissione. Agli umani, sembreranno solo un gruppo di grosse rocce sporgenti."

"Solo quattro?" Nikolas si voltò per guardare gli uomini. "E la quinta? Sapete che abbiamo bisogno di cinque pietre per rianimare gli uomini nascosti nella camera di sicurezza. Sapete che ci occorrono tutte e cinque per trasmettere al resto dei nostri soldati il segnale per trasferirsi qui."

"Sì, signore. Ma … "

"Ma?" Nikolas si accigliò. "Non sono sicuro che mi piacerà. Ma cosa?"

"Signore, Zan e gli altri hanno attaccato la quinta base. Non ci aspettavamo un attacco e, in qualche modo, Zan … lui … ha fatto esplodere la pietra."

"Cosa?" con un gesto della mano, Nikolas gettò l’uomo contro la parete. "Come avete potuto permetterlo? Com’è possibile che lui lo abbia saputo? Come ha fatto a sapere le nostre posizioni? Portatemi il responsabile."

"Non è rimasto nessuno, signore. Sono morti tutti."

"Zan li ha uccisi tutti?"

"Per quello che possiamo dire, sì. In quel settore, non abbiamo trovato nessun sopravvissuto."

"Avete notizie di Khivar?"

"Non ancora, Generale. Sta ancora seguendo Vilandra."

"Ma che gli prende? La vuole solo per infastidire Zan. Lei se lo è già tolto di torno una volta. Cosa gli fa pensare che non lo farà ancora?" Nikolas cominciò a riflettere. "In quanto tempo potremo avere una pietra in sostituzione?"

"Non prima di quattro settimane."

"E quanti uomini stanno arrivando?"

"Solo duecento, signore. Dovrebbero cominciare ad atterrare in poche settimane. Facevamo affidamento su … "

"Quell’ umano pazzo, Baurline, è riuscito a trovare Zan?"

"No, signore. Ha detto di controllare i nostri mezzi di rilevazione. In apparenza, i sensori non rilevano la presenza di Zan."

Nikolas si avvicinò alla finestra e guardò la strada sotto di lui. "Dove diavolo sei, Zan?" disse scuotendo la testa.

* * * * *

Il Vice Sceriffo Jim Valenti entrò in casa, tirò chiavi e cappello sul ripiano della cucina e si diresse verso il frigo. Lo aprì, ne tirò fuori una bottiglia di birra gelata, la stappò e prese una lunga sorsata del contenuto. Chiuse la porta e si voltò verso la parete dove era appesa una foto del figlio con i suoi amici, scattata nel motel dove erano andati dopo l’assedio in New Mexico.

"Alla vostra salute." disse sollevando la bottiglia.

Il telefono in soggiorno cominciò a squillare. Diede un’occhiata all’orologio e decise che poteva essere Amy. Ultimamente si erano visti molto spesso ed era solo questione di tempo, prima che tutti e due si rendessero conto che non era più divertente vivere da soli. Dopo tutto, ormai passavano quasi tutte le notti insieme.

"Pronto?" chiese aspettandosi la voce di una donna.

"Jim? Sono Hanson. Senti, mi dispiace disturbarti, visto che hai appena smontato. Ma ho avuto il rapporto di una tentata irruzione."

"Uh huh." Jim scosse la testa. "E dove sarebbe?"

"433 Crestview."

* * * * *

Isabel guardò dall’oblò della nave e vide avvicinarsi il pianeta che era stato la sua casa, molto più di quello che fosse mai stato Antar. Poiché la parte del Nord America era al buio, non riuscì a distinguerlo e a localizzare la loro destinazione. Poté, comunque, individuare i punti di luce che indicavano grandi concentrazioni di popolazione. La nave cominciò a mandare un bagliore, segno che stavano entrando nell’atmosfera terrestre. Guardò il compagno che stava pilotando la nave al suo fianco.

"Sembra che tu l’abbia già fatto prima d’ora." commentò.

"No, Vostra Altezza." il giovane antariano scosse la testa. "O, almeno, non su questo pianeta."

"Quanto atterreremo vicini?"

"Re Zan … voglio dire … Ma … Max mi ha ordinato di atterrare nel deserto, dalla parte opposta a dove una volta si trovava il Granilith. Ha pensato che sarebbe stato meglio non attirare attenzioni indesiderate. Specialmente per voi."

"Quanto vicino a Roswell? Non vorrei fare troppa strada a piedi, sai?"

"Atterrerò alla distanza che voi chiamate un miglio, fuori da quelli che considerate limiti della città."

Isabel si stupì quando, diretta alla statale che portava in città, si voltò indietro per vedere che la nave con cui era atterrata, non sembrava altro che una formazione rocciosa.

"E’ la nostra mimetizzazione standard." le disse il pilota, come se le avesse letto il pensiero.

"Non c’era bisogno che venissi anche tu." lei si voltò e ricominciò a camminare.

"Non posso lasciare Vostra Altezza da sola in un ambiente ostile." il ragazzo sembrò scioccato.

"Tanto per cominciare io sono cresciuta in questo ambiente e non è più ostile della nave in cui è tenuto mio fratello, mentre cerca di salvare la vita di sua moglie. Seconda cosa, lascia perdere la faccenda di ‘Vostra Altezza’. E se vuoi vedere ancora Antar, non chiamarmi mai e poi mai, Vilandra. Capito?" La sua voce era più tagliente di un rasoio appena affilato.

"Sì, Vostra Alt … Isabel." il ragazzo scosse la testa per annuire.

"Ora, andiamo a cercare i nostri amici."

"Come faremo? Potrebbero essere ovunque."

"Facile." Isabel sorrise. Si sedette sulla panchina di una fermata dell’autobus proprio fuori città e tirò fuori una foto di suo marito, Jesse. Sorrise, toccò la foto, chiuse gli occhi e si concentrò.

* * * * *

"Allora, dove siamo diretti?" chiese Kyle dal sedile accanto all’uomo che Isabel aveva presentato come Sredyn. Non era completamente a suo agio a stare accanto ad un alieno al cento per cento ma, visto che Isabel e Jesse erano occupati in una gara di baci, era toccato ad uno degli altri tre sedere davanti. Dubitava che Connie lo avrebbe gradito e Maria era ancora troppo furiosa con qualsiasi non-umano perfino per chiederglielo. Così era toccato a lui.

"Siamo arrivati." Sredyn fece un cenno con la testa e fermò l’auto davanti ad una formazione rocciosa.

"Siamo arrivati dove? chiese Maria, guardando fuori dal finestrino.

Sredyn scese dall’auto, seguito da Kyle, Connie e Maria. Per Isabel e Jesse ci volle un po’ di tempo.

"Isabel?" Maria si voltò verso l’amica. "Che ci facciamo qui?"

"Okay, ragazzi. La situazione è questa. Come sapete, quando quei due sono arrivati, Michael è diventato strano ed ha arrestato Liz. Ad ogni modo, hanno … "

"Aspetta, aspetta." Kyle sollevò una mano. "Chi erano quei due?"

"Il capo, Bektor, è una specie di … è il rappresentante del Sigillo del Trono di Antar."

"Vuoi dire del Re? Di Max?" Kyle strinse gli occhi.

"No, è qualcosa di più di questo. Rappresenta proprio il Sigillo Reale. E’ piuttosto complicato. Ad ogni modo, l’altro è un suo assistente."

"Come Robin?" ghignò Kyle.

"Tranne che lui non è un ragazzo eroe." borbottò Maria.

"Ce n’è una terza, da qualche parte." continuò Isabel. "Solo che non riescono più a trovarla. Loro hanno una specie di dispositivo che fa agire Michael come Rath. Credo che sopprima il suo lato umano. E lui, come Rath, ha arrestato Liz perché pensano che sia stata lei ad uccidere Tess, quella notte."

"Michael pensa che Liz abbia ucciso Tess?" Maria si accigliò. "E’ assurdo."

"Non Michael. Rath. Te lo ricordi? Quello che ti ha piantato in mezzo alla strada e che ha distrutto il nostro appartamento?"

"Okay. E dove sono, adesso?" chiese Connie.

"Questo è un po’ più complicato." Isabel sorrise. "Che mi crediate o no, sono su una nave spaziale nascosta dietro al pianeta Plutone."

"Aspetta." Kyle strinse gli occhi. "Sarebbe quello il nuovo satellite che la gente dice di vedere?"

"Credo di sì." annuì Isabel. "Devono muoversi per poter mandare messaggi ai loro agenti qui, sulla Terra. Gente come quelle due scimmie che ci sono comparse davanti."

"Stai dicendo che Liz e Max sono su una nave spaziale?" chiese Maria.

"Sì." annuì Isabel. "E Max ha bisogno del nostro aiuto. Vogliono processare Liz, così c’è bisogno di qualcuno che la difenda. Qualcuno che non la odi, come fanno gli Antariani."

"Io." Jesse sollevò lo sguardo verso il cielo. "Volete che io vada lassù a giocare all’avvocato intergalattico?"

"E noi?" Connie arrivò dritta al punto.

"Max vuole che il resto di voi faccia da testimone."

"Vuole che andiamo lassù?" Kyle sembrò sorpreso. "Diavolo, se si tratta di salvare Liz, vengo subito."

"Grazie, Kyle."

"Io la conosco a malapena." Connie si strinse nelle spalle. "Non penso che potrò essere di grande aiuto."

"Sei comunque la benvenuta." Isabel lanciò un’occhiata supplichevole a Connie. Sapeva che Kyle si sarebbe sentito meglio se ci fosse stata anche lei.

"Allora? Come facciamo ad arrivare lì?" Maria stava guardando il cielo. "Un raggio trasportatore, come in Star Treck?"

"No." Sredyn scosse la testa. "Con quella nave." ed indicò le rocce.

Maria fissò la sporgente roccia triangolare. "Vuoi dire che siete arrivati con quella? E non è precipitata?" Maria scrollò le spalle. "La vostra tecnologia è decisamente migliorata."

* * * * *

"Cosa conti di fare, Max?" Jesse stava facendo avanti e indietro sul pavimento dell’anticamera. "L’unica esperienza in legge penale che ho avuto, è stata quella volta nello Utah ed era un caso più semplice. Qui, la faccenda è pesante, Max."

"Sapevo che non mi avresti abbandonato, Jesse." Max posò una mano sulla spalla del cognato. "Ti conosco. So che abbiamo avuto i nostri … momenti difficili, ma so che sei un buon avvocato e so che farai del tuo meglio, per Liz."

"Ma se avessi bisogno di aiuto, durante il processo? Come loro Re, non si aspettano che tu sieda in un posto … imparziale?"

"Io non posso essere imparziale, Jesse." Max scosse la testa. "E’ di mia moglie che stiamo parlando. No, lei è più che mia moglie. Lei … lei è una parte di me, una parte di me molto importante. A proposito, come sta? Non mi lasciano avvicinare a lei."

"Se può aiutarti, sente la tua mancanza come tu senti la sua." Jesse gli rivolse un sorriso simpatetico.

Max annuì e fece un sospiro di frustrazione. "Le hai detto che l’amo e che non mi arrenderò, vero?"

"Lo sa già, Max."

"Jesse!" ringhiò Max.

"Certo che gliel’ho detto." Jesse abbassò la testa. "Liz avrebbe voluto che non avessero bloccato la sua abilità di proiettarsi verso di te."

"Anche io." lo sguardo di Max era distante.

"Vi dirò io quello che dovremmo fare." brontolò Maria. "Dovremmo acchiappare Michael Guerin per le orecchie e sbattergli la testa contro il muro fino a che non ricomincerà a ragionare."

"Non è Michael." Max rise al suggerimento di Maria. "Loro lo controllano. Se fosse Michael, non l’avrebbe mai fatto. Questo lo sai, vero? Ma mi ricorderò il tuo suggerimento."

"E’ solo che … " Maria scosse la testa e si mise a sedere. "Vorrei che fosse già finito tutto."

"Come mai voi due reagite in modo diverso?" si chiese Jesse ad alta voce. "Se hanno qualcosa che perette di far fare a Michael quello che vogliono, perché non lo usano anche con te?"

"Perché cercare di controllare il Re, sarebbe tradimento." Max si strinse nelle spalle. "Credo che darebbero qualsiasi cosa per impedirmi di fare a loro quello che stanno facendo a noi. A ... Liz. Inoltre, scommetto che il Sigillo non glielo permetterebbe."

"Se provano ad usare quell’affare su di me," Isabel guardò Jesse "non sarò così moderata come Max."

"Allora?" Kyle, seduto accanto a Connie, sollevò lo sguardo su di loro. "Come funzionano i tribunali su Antar? Cosa dobbiamo aspettarci?"

"Pressappoco, come sulla Terra." Jesse li guardò tutti.

Lui e Max avevano controllato sui computers di bordo, attingendo informazioni sul sistema legale del pianeta natale di Max. Max aveva cercato anche di mettere insieme qualche notizia sul suo passato. Non aveva più dormito, da quando si era svegliato nella sua stanza, sei giorni prima.

"Sebbene sia meno formale," continuò Jesse "voi dovete rimanere qui ed aspettare di essere chiamati a testimoniare. Liz sarà portata qui a minuti e io e Max la condurremo dalla corte … naturalmente, dopo averla salutata." fece una pausa, mentre tutti guardarono comprensivamente Max. "Il Procuratore farà le sue dichiarazioni e noi faremo le nostre. Oh, Isabel non potrà testimoniare e Connie non è realmente coinvolta, così potranno sedersi tra il pubblico." si voltò verso le due ragazze. "Connie, forse ti sentiresti più a tuo agio se rimanessi qui con gli altri. In questo momento c’è molta ostilità verso gli umani."

"Come te la caverai?" gli chiese Connie. "Voglio dire lì, in trincea."

"Diciamo che sono contento di avere la mio fianco Max e il suo scudo." Cercò di sembrare sicuro di sé, ma la sua agitazione era evidente.

"C’è un’altra cosa che dovreste sapere. " disse Max in tono esitante, sollevando lo sguardo. "Questo è un grosso caso, okay? Pensate al caso di OJ Simpson e all’attenzione che attirato su di sé e non vi avvicinerete nemmeno all’importanza di questo caso."

"E … " chiese un coro di voci.

"Lo vedrete tutti."

"Ci saranno guardie? Controlli? Questo genere di cose?"

"Sì." annuì Max. "Le cose andranno avanti normalmente, ma ogni singolo antariano assisterà a questo processo. Quelli leali a me, voglio dire. Nelle loro teste."

"Grande." Kyle scosse la testa. "Odio i reality shows."

"Sì. E un’altra cosa. Quando sarete chiamati a testimoniare, non provate a mentire. Sarete seduti su una macchina della verità. Una bugia sarebbe più evidente del naso di Pinocchio."

Sentirono aprirsi una porta in fondo alla stanza. La testa di Max si voltò immediatamente.

"Liz!" gridò e si alzò di corsa per andare verso la porta.

Accompagnata da due guardie, Liz fu fatta entrare nella stanza. Indossava una divisa verde e le mani ed i piedi erano incatenati insieme, facendola camminare con difficoltà. Max si fermò davanti a lei, fissando le catene. Il viso di lei cercò di mostrare il piacere che provava nel rivedere Max, ma lui riuscì a percepire solo la sua disperazione.

"Toglietele." ordinò Max, senza distogliere lo sguardo da Liz.

Lacrime le scendevano dagli occhi. Sembrava così sconfitta.

"Toglietele!" gridò Max quando nessuna delle guardie si mosse.

Lo fecero troppo lentamente. Mentre una delle guardie stava ancora cercando la chiusura, Max la tirò via e passò la mano sui polsi di Liz. Le catene si sciolsero. Lui liberò anche le sue caviglie e l’attirò contro di sé.

"Max!" singhiozzò la ragazza, accoccolandosi tra le sue braccia.

"Oh, Dio, Liz!" mormorò Max, riempiendole la faccia di baci. "Mi dispiace. Mi dispiace così tanto."

"No. No." lei ricambiò i suoi baci. "Non è colpa tua."

Lui catturò le labbra di lei, in un lungo bacio pieno di disperazione, ma anche di passione. Max vide la disperazione di quando l’avevano bombardata di domande, permettendole solo qualche ora di sonno. Di come più di una volta Michael, o piuttosto Rath, le avesse chiesto di firmare un foglio di carta. Max sapeva che era una confessione, che diceva che non le importava veramente di lui, che aveva progettato di distruggerlo. Lei si era rifiutata di farlo, ancora ed ancora, aggrappandosi alla sua affermazione ‘Io lo amo’.

Quando il bacio terminò, Max la portò a salutare gli amici. La loro riunione fu toccante.

"Liz!" gridò Maria, stringendola in un abbraccio. "Mi dispiace."

* * * * *

Max fu sorpreso dal numero della gente presente sulla nave. La grande corte era piena. Deciso a mostrare alla corte e a tutti gli Antariani la sua fiducia in lei, Max tenne la mano di Liz nella sua, appoggiata bene in vista sul tavolo dove erano seduti al fianco di Jesse. Max ed Isabel avevano cambiato l’aspetto di Liz. Non indossava più l’uniforme da prigioniera. Ora indossava un completo, i suoi capelli brillavano, legati in una coda di cavallo, e un accenno di trucco copriva i segni della stanchezza. Quando le formalità si furono concluse, Rath si alzò e fece la sua dichiarazione di apertura. Una sensazione di terrore invase Max. Il processo era cominciato.

"Vostra Maestà." si inchinò davanti a Max. "Vostra Altezza." e davanti a Isabel. "Signori, Signore e cittadini di Antar." fece una pausa e si guardò attorno nella stanza. " Voi tutti sapete quello che il nostro popolo ha fatto per assicurarsi un futuro. Tutti siete a conoscenza del piano per far rinascere i nostri amati Quattro Reali sul pianeta Terra, per farli crescere forti, in attesa del giorno del loro ritorno. Il giorno in cui Re Zan sarebbe tornato per combattere contro l’usurpatore Khivar e per liberare Antar dal suo tentativo di renderci schiavi. Quello che non sapete, e che scoprirete ora, è che Khivar, fin dal primo momento, ha avuto una spia, che lavorava per tradire e, alla fine, distruggere il nostro amato Re!" sollevò la mano in direzione di Max.

"Decine di anni fa, quel giorno fatidico, la spia era lì per uccidere i Quattro Reali, era lì per informare Khivar dei piani per la loro rinascita, ed era lì per distruggere Zan quando uscì dal posto che i suoi protettori avevano tenuto segreto. L’accusa proverà che la spia in questione non è altri che Elizabeth Parker."

Ci fu un tumulto. Grida di ‘Uccidete la strega’ corsero per tutta la sala. Rath usava il pubblico come uno strumento e, facendo un segno con la mano, riportò il silenzio.

“Inoltre," continuò "l’accusa proverà che la stessa Elizabeth Parker ha convinto la Regina Ava ad andare nel deserto con lei e che lì l’accusata, Elizabeth Parker … " Rath fece una pausa ad effetto indicando Liz "ha ucciso la nostra amata … e amata da Zan … Regina Ava!"

"Ordine! Ordine!" il giudice picchiò sul tavolo con un martelletto, chiedendo il silenzio dopo la tumultuosa esplosione. I suoi sforzi, non completamente convincenti, permisero a Rath di sfruttare il momento per i suoi scopi.

"Max." sibilò Jesse. "Ti rendi conto che la giuria non mi ascolterà nemmeno?"

"Lo farà." Max gli posò una mano sul braccio. "Abbi fede in me e in Liz." guardò Liz e le strinse la mano. "Abbi fede nel nostro amore, okay?"

"Okay." Jesse scosse la testa, chiedendosi se stesse parlando a lui o a Liz. Si accorse che Max aveva capito che lui non era convinto.

"Limitati a fare quello che abbiamo detto. Per quanto ti riguarda, tu sei uguale a loro."

"Vorrei sentirmi uguale a loro."

"Vai e battili."

Jesse non si sentì sicuro come Max pensava, quando arrivò il suo turno.

"Uhm … " balbettò. Dietro di lui, ad osservarlo, c’erano più alieni di quelli che lui avesse immaginato. Era come vivere un incubo. Gli tornarono in mente i ricordi dei primi incubi avuti dopo la scoperta. Solo il fatto che tutti avevano un aspetto umani, gli impedì di crollare. "Lui … si sbaglia. Quello che ha detto. Se voi conosceste L … Liz, lo capireste. Lei … lei … ama Max. Grazie." Si sedette e seppellì la testa tra le mani.

"Mi dispiace, Max." gemette.

"Non preoccuparti, Jesse." Max cercò di risollevarlo ma, nel suo cuore, avvertì il primo accenno di sconfitta.

* * * * *

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Capitolo 37
*** 37 ***


Parte 37

Nell’immobilità dell’aula, Rath fece trascorrere qualche momento di silenzio totale prima di cominciare a parlare. "L’accusa chiama il Ciambellano di Re Zan, Balusca."

Da una strana macchina che pendeva dal soffitto al centro della sala, apparve l’immagine olografica di un uomo di mezza età.

"Lui non è veramente qui." spiegò Max a Liz. Lei gli diede un muto assenso. "Ci sta parlando da Antar." La guardò con uno sguardo preoccupato.

"In diretta?" chiese lei. "Non è una registrazione o qualcosa del genere?"

"Proprio così." annuì lui.

"Balusca." Rath si voltò e guardò la corte. "Quanto eri vicino a Re Zan?"

"Molto vicino, Lord Rath." Balusca fece un inchino. "Ho servito solamente lui, proprio come avevo fatto con suo padre."

"Così tu sei a conoscenza della storia e degli eventi che hanno portato alla morte di Re Zan, della Regina Ava, di Vilandra e di … Rath?"

"Lo sono." annuì lui.

"Vorresti essere così gentile da spiegarci, a parole tue, quello che è successo?"

"Certamente. Vostro Onore," l’immagine dell’uomo si voltò verso il giudice. "Cercherò di spiegare come avvenne la morte dei Quattro Reali, per come l' ho vista io, affinché i nostri … ospiti umani, come anche i personaggi reali presenti, possano comprendere da dove arriviamo. Sebbene voi conosciate la storia, sarà meglio che la racconti dal principio."

L’uomo esaminò la stanza, fermando un attimo lo sguardo sul suo Re, prima di posarlo su Liz. Un lampo di disprezzo gli comparve sul viso. Quando cominciò, sembrò parlare a lei e non alla corte.

"Come sapete, il nostro pianeta natale, Antar, è diviso in dieci Case dominanti. Io appartengo alla casa di Talluvia ed ero il maggiordomo di Re Zan. Per secoli, la casa di Talluvia è stata in guerra con le Case di Kreskascent e Stellarine. Sebbene ci fossero stati periodi di pace con la casa di Stellarine, la più grande e più potente Casa di Kreskascent aveva lentamente usurpato il potere della Casa di Talluvia, fino a quando re Zan prese il posto di suo padre, come capo dei Talluviani.

Sotto il suo brillante governo, la fortuna della Casa di Talluvia cambiò e, in un anno, riprese alla Casa di Kreskascent i territori che erano stati conquistati decadi prima. Quando i sacerdoti scoprirono i piani di Epsilian, il pianeta gemello di Antar, per invadere e rendere schiavo il nostro pianeta, le altre otto case chiesero di finire il conflitto e di allearsi insieme per difendere il nostro pianeta. All’unanimità, scelsero Lord Zan per portare il Mantello del Re, ma la Casa di Kreskascent accettò di stipulare un trattato solo se Lord Zan avesse sposato Lady Ava, la giovane figlia di Khivar, il capo di Kreskascent ed accettato il suo pupillo, Lord Rath, come suo Secondo in comando. Lord Zan non esitò ad accettare quello che gli imponeva il suo dovere e, in una sontuosa cerimonia, sposò Lady Ava.

Molti credevano che Zan fosse un uomo freddo e calcolatore. Molti dicevano che l’unica cosa che gli interessava era il potere. E sebbene molti pensassero che Zan fosse un Re egoista e spietato, bisogna ricordare che quelli erano tempi di guerra e che lui doveva prendere decisioni che avrebbero potuto far morire molti dei suoi uomini. Questo suo lato, però, fu ignorato dai più, grazie all’evidenza dell’amore e della devozione verso la Regina Ava, che lo fecero accettare più facilmente dalla gente di Kreskascent."

Al fianco di Max, Liz cominciò a piangere. Stava vivendo il suo incubo peggiore. Max cercò di farle sentire tutto il suo amore per lei, ma Liz non rispose. Avvertì dietro di lui che i suoi amici erano rapiti dal racconto della storia del suo passato.

Balusca continuò il suo monologo.

"I suoi piani di battaglia erano brillanti e, per un intero anno, bloccò l’avanzata degli Epsiliani più di una volta. Non ci sarebbe voluto molto perché il nemico non avesse più la forza di affrontare le perdite di mezzi e di uomini. La fine del conflitto sembrava essere dietro l’angolo e, con essa, un periodo dorato di pace e di prosperità. Ciascuna vittoria era dedicata ‘al suo unico, vero amore’. Al suo fianco, la sua giovane sposa brillava ad ogni suo complimento. Ma ‘Pesante è la testa che porta la corona’ e Re Zan aveva molti doveri spiacevoli. Lentamente, sembrò che le sue vittorie non fossero più così facili come una volta e il numero dei caduti salì. Era come se il nemico conoscesse i suoi piani. Anche se non me ne parlò mai, sono sicuro che aveva avuto un brutto presagio.

Comunque, con le case di Talluvia e di Kreskascent alleate attraverso un forte legame e con Talluvia in buoni termini con le altre Case, ci sentivamo tutti ottimisti. Sicuramente la sconfitta di Epsilian era solo questione di tempo e gli Antariani potevano guardare avanti verso un futuro di pace. Un periodo d’oro.

Per celebrare un’altra vittoria e per festeggiare l’annuncio del fidanzamento di Lord Rath con la sorella gemella di suo marito – Lady Vilandra – la regina Ava organizzò un piccolo banchetto per loro quattro. Nessuno ha mai potuto sapere cosa successe quella notte, ma le guardie furono richiamate dai rumori di una battaglia e, dopo aver forzato la porta dell’appartamento reale, trovarono morti il Re, sua moglie, sua sorella e il suo Vice comandante.

Era ovvio che qualcuno aveva usato un passaggio segreto e li aveva uccisi. La porta del passaggio era rimasta parzialmente aperta e, ai piedi della porta, fu trovato uno scialle che apparteneva a Lady Millia della Casa di Stellarine, che era rimasta in ostaggio dopo una delle prime vittorie della carriera militare di Lord Zan. I sospetti caddero immediatamente su di lei, che aveva rotto la promessa di non lasciare il Palazzo. Nella confusione di quella notte, era fuggita.

Tra il panico e il caos che ne seguì, il Grande sacerdote avocò a sé l’incarico del comando. Sapendo che gli Epsiliani avrebbero avuto bisogno di tempo per raccogliere le forze per irrompere attraverso le difese predisposte da Re Zan, aveva deciso di mettere in esecuzione un piano audace. Disse che, a compimento di una vecchia profezia, Re Zan doveva essere inviato nella Terra degli Anziani. Lì, con il suo vero amore al suo fianco, avrebbe creato una forza, un potere, che avrebbe fatto tremare i suoi nemici. Decise che il loro capo sarebbe rinato sul pianeta Terra, nascosto nelle caverne degli Anasazi, dove la nostra razza si era rifugiata più di duemila anni prima, durante un cataclisma che aveva colpito Antar e che ci avrebbe spazzati tutti via. Lì, sulla Terra, i Quattro Reali avrebbero potuto maturare velocemente, rinforzando i legami di dovere, devozione e amore tra di loro, per tornare poi a salvare la nostra gente."

* * * * *

"Siamo morti." Jesse scosse la testa guardando la reazione della folla alla storia che, ovviamente, avevano già sentito prima.

Max mise un braccio attorno a Liz, cercando di consolarla. Avrebbe fatto di tutto per risparmiare a Liz sentire qualcuno, chiaramente molto vicino a Zan, raccontare la storia della sua devozione ad Ava. Lei non aveva mai smesso di piangere da quando Balusca aveva detto che Zan aveva dedicato tutte le sue vittorie all’amore della sua vita. Ed era stato chiaro che, dopo tutto, Tess aveva detto la verità.

"No." mormorò Max a Jesse. "C’è ancora speranza. Ci deve essere qualcos’altro in questa storia"

"Spero di no." Jesse scosse di nuovo la testa. "Senti, Max. Chiunque fosse questa … " Jesse controllò i suoi appunti "… Millia, loro sembrano credere che sia Liz. Io non ho idea del perché o del per come, ma fino a che la giuria lo crede, non vinceremo mai."

"Allora abbiamo bisogno di scoprire perché ne sono convinti e provare che hanno torto."

"Max." singhiozzò Liz, rivolta al marito. "Perché mi odiano così tanto?"

"Ancora non ti conoscono, Liz." Max cercò di consolarla. "Ma lo faranno. Te lo prometto. E quando lo faranno, ti vedranno come ti vedo io. Vedranno quanto sei forte, quanto sei … vera."

"Vogliono uccidermi, Max." lei lo guardò. "Era quello che Michael voleva farmi firmare. Una confessione che permettesse loro di giustiziarmi senza bisogno di questo processo."

"No." Max scosse la testa. "Non succederà. Io li combatterò. Se vogliono ucciderti, prima dovranno uccidere il loro Re."

"No, Max." sospirò Liz. "Tu devi guidarli. Tu devi sconfiggere gli Skins sulla Terra. Tu devi salvare la mia famiglia. "

"Io devo salvare anche la mia famiglia, Liz." le prese entrambe le mani. "E questo include te."

"Max." Liz tirò su col naso. "Ti prego, lasciami morire prima che senta qualcos’altro su te e su Ava."

"Non io, Liz." lui scosse la testa. "Quello era Zan. Ricordi? Io amo te."

"Io voglio solo morire." Liz ricominciò a piangere, lasciandosi andare tra le braccia di Max.

Jesse non riuscì a sopportare la vista di Liz, sempre così forte, che si arrendeva alla disperazione. Rafforzato dalle sue lacrime si alzò.

"Obiezione, Vostro Onore!" disse, quasi a mo’ di sfida. "Sto sentendo un sacco di opinioni, qui, e di prove circostanziali, ma non vedo alcuna indicazione della colpevolezza della mia assistita. Non ci sono prove a supporto del fatto che questa … ‘Millia’, abbia ucciso quattro persone, due dei quali forti e valorosi guerrieri. Né riesco a capire che posto abbia Liz in questo racconto di un possibile rapimento. Lei è una donna umana, nata da genitori umani, sul pianeta Terra."

"Lord Rath?" il giudice guardò interrogativamente Michael, che fece un sorriso compiaciuto.

"Ti prego di continuare, Balusca."

"Vostro Onore?" Jesse interruppe ancora, guardando la figura esausta di Liz, chiusa nell’abbraccio protettivo di Max. "La difesa ha bisogno di una sospensione. Sono venuti alla luce fatti che richiedono ulteriori ricerche, se devo obbedire all’ordine del vostro Re e fornire all’accusata la miglior difesa possibile."

Max rivolse a Jesse un sorriso di gratitudine, consapevole di quanto fosse stata intelligente la sua richiesta, che aveva messo il giudice all’angolo.

"La corte si aggiorna fino a domani." accettò il giudice. "Le guardie scorteranno in cella la prigioniera."

"No!" Quando le guardie si avvicinarono con le catene in mano, per riportarla in cella, Max si mise davanti a Liz. "Lei rimane con me."

"Vostra Maestà." cominciò a dire il giudice, ma Max gli diede un’occhiataccia.

"Vorresti sfidare il tuo Re?" disse chiudendo leggermente un occhio. Il tono della sua voce sembrava … pericoloso. "Come rappresentante della legge, non sai che sarebbe considerato tradimento?"

"Ma, Sire …?" Il giudice si guardò attorno in cerca di aiuto. Vide Bektor e Rath cercare di farsi strada tra la folla.

"Io ci penserei attentamente." ridacchiò Isabel.

"Inoltre," aggiunse Jesse "ci sono degli aspetti del caso che vorrei discutere con lei. Come potrei farlo, se al mio consigliere antariano viene impedito di avvicinare l’accusata?"

"Vorrei abbracciarti!" sussurrò Max da un lato della bocca.

"Anche lei fa parte della mia famiglia, Max."

* * * * *

"Mi dispiace, Max." singhiozzò Liz, mentre lui la teneva tra le sue braccia nell’intimità della sua stanza.

"E per cosa dovresti essere dispiaciuta?" le chiese, asciugando le lacrime sulle sue guance. "Tu non hai fatto niente di male."

"Mi dispiace per tutto." disse lei, stringendosi nelle spalle. "Ma soprattutto, perché non arriverò a vedere la grande cerimonia che mi avevi promesso."

"Sì che lo farai, Liz." Max l’abbracciò ancora. "La faremo a Roswell." sorrise poi, facendole appoggiare la schiena sul letto e cominciando ad accarezzarle i capelli. Aveva un aspetto così stanco. "In un brande padiglione che sarà allestito nel parco. Ripeteremo le nostre promesse davanti a quella fontana. Ci saranno tutti. I nostri compagni di scuola, i nostri amici, i nostri genitori, tutti quelli che ci hanno aiutato … "

"Granny?"

"Tutti." sorrise lui. "E sai una cosa? Ci saranno le telecamere della TV, perché tutto il mondo vorrà vedere la famosa Liz Evans, la donna che ha avuto tanta fiducia in suo marito, da stargli accanto contro orde di agenti dell’FBI e di invasori alieni."

"Lo pensi davvero?" la voce di lei sembrava lontana.

"Lo so." la baciò sulla fronte. "E tutto il mondo si innamorerà di te, perché è quello che fai. Tu fai innamorare la gente."

"Mmmmm." Liz cominciò ad accoccolarsi contro di lui. "Non la tua gente, però."

"La gente come me, Liz. Ed è quella che conta. Io mi sono innamorato di te fin dal primo giorno che ti ho vista. So che Maria, Isabel e gli altri vorrebbero sapere perché ti sono così attaccati, ma indovina un po’? Io no. Io non ho bisogno di una ragione per amarti, Liz. Mi basta sapere che ti amo. E sapere che tu ami me, è … wow. Tu mi porti via il respiro."

"Ti amo." sussurrò lei.

Max le baciò la punta del naso e poi le nocche della mano, ancora allacciata con la sua. La cullò tra le sue braccia fino a che non si fu addormentata. Le poggiò la mano sul petto, le baciò le labbra e lasciò la stanza.

"Come sta?" gli chiese Maria, quando Max si unì a loro nella stanza accanto.

"Si è addormentata." annuì Max, accigliandosi. "Ma non è più lei. Si è arresa."

"Non preoccuparti." Maria scosse la testa, poggiando il braccio sulla spalla di Max. "Aspetta fino a che non si sia svegliata. Sarà come nuova." Gli diede un abbraccio fraterno.

"Devono averla trattata piuttosto male." confermò Jesse.

"Lo so." annuì Max. "Ha sofferto per la privazione del sonno. Hanno cercato di farle firmare una confessione."

"Loro?" chiese Kyle. "O Guerin?"

"Lo prenderò talmente a calci che finirà per credersi un biliardino." borbottò Maria."

"Ragazzi." Max interruppe la conversazione a ruota libera su quello che avrebbero voluto fare all’amico di un tempo. "Non è Michael, ricordatelo."

"Sai, Max?" Isabel si accigliò. "Quello che abbiamo sentito oggi spiega molte cose."

"Che vuoi dire?"

"Mi sono sempre chiesta, se tu eri il Re e io ero tua sorella, perché … quanto tu sei … morto .. il Sigillo non è passato a me? Ma ora la cosa ha un senso. Essere Re di Antar non è una cosa ereditaria. E’ come … se ti avessero eletto."

"E Tess era la figlia di Khivar." aggiunse Jesse. "E questo spiega perché avesse aderito così facilmente al piano di Nasedo di consegnargli Max. Ma se voi eravate così innamorati, come continua a dire Balusca, perché lei ti ha tradito con tanta facilità? Non riuscirei mai a vedere Liz fare una cosa del genere, non importa per quale motivo."

"Perché io non ero innamorato di Ava." Max scosse la testa. "Non chiedermi come faccio a saperlo, ma so che ero innamorato di qualcun’altra."

"Non pensi che magari potevi essere innamorato di quella Millia?" chiese Isabel. "Se Liz è lei, come tutti sembrano essere convinti, questo potrebbe rispondere a qualche domanda sulla vostra connessione. Abbiamo bisogno di saperne di più su di lei."

"Perché sono tutti convinti che questo traditore, quello che vi ha uccisi, sia Liz?" si chiese Kyle ad alta voce. "Che prove hanno?"

"Credo che Rath ce lo farà sapere, domani." sospirò Max.

* * * * *

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Capitolo 38
*** 38 ***


Parte 38

L’autobus della Greyhound si fermò nella calda e polverosa stazione di Roswell, New Mexico, davanti al cartello che la proclamava ‘Capitale Aliena del Mondo’. Dall’autobus scese un solo passeggero, un hippie con lunghi e sporchi capelli biondi. Posò la sua sacca da viaggio sul pavimento e quando il bus ripartì, lasciandosi dietro una nuvola di fumo e polvere, lui si guardò attorno come se pensasse che qualcuno lo stesse osservando, dando l’impressione che preferisse passare inosservato.

Prese un umido pezzo di stoffa e lo usò per asciugarsi la saliva che scendeva costantemente da un lato della sua bocca storta, che dava al suo viso un aspetto deforme. Mise via il fazzoletto, prese la sacca e si avviò lungo la strada, per raggiungere un motel economico, il cui proprietario non avrebbe fatto troppe domande.

"Sì?" disse sgarbatamente il proprietario, quando l’uomo fu entrato nell’atrio. Dietro allo sporco schermo di plastica, l’uomo non alzò lo sguardo dalla televisione.

"Ho bisogno di una stanza." l’hippie farfugliò le parole, incapace di formarle correttamente a causa della bocca. Abbreviò la frase, risucchiando la saliva in eccesso.

"Per quanto tempo?"

"Una settimana. Forse anche di più, ma per adesso basta una settimana."

"Ventotto dollari a notte." l’uomo ancora non aveva alzato lo sguardo. "Anticipati."

"Il cartello dice ventidue."

"Quella stanza è occupata. La vuoi una stanza o no?"

L’hippie contò duecento dollari e li fece scivolare nella fessura adibita a questo scopo. L’uomo grugnì, allungò una mano e prese il denaro. Preparò il resto e si voltò a cercare in un contenitore pieno di chiavi.

"Camera trentasei." dopo aver fatto scivolare una chiave nella fessura, tornò a guardare la televisione. "In fondo. Non può sbagliare."

L’ hippie aspettò il suo resto per qualche momento, prima di rendersi conto che l’uomo che aveva messo i soldi in cassa senza registrarli, non si sarebbe disturbato a darglielo. Prese la chiave, sollevò la sacca da terra e lasciò l’atrio scuotendo la testa, bofonchiando sottovoce sulla gente e sulla loro misera vita.

* * * * *

"Senatore McCarthy." chiamò qualcuno dal corridoio. "Senatore McCarthy!"

"John." Glenn McCarthy vide il suo amico, un suo collaboratore, affrettarsi nell’affollato corridoio. Il suo viso era rosso ed il suo respiro ansante. "Che cos’é tutta questa fretta?"

John guardò da una parte all’altra del corridoio, poi spinse Glenn in una stanza vuota.

"Si ricorda quando mi hai chiesto di tenere gli occhi aperti su ogni notizia strana o inspiegabile? Sa, una che potrebbe riguardare … gli amici di sua madre?"

"Sì." annuì Glenn.

"Bene. Ci siamo. Sa che i giornali hanno riportato le voci di un’invasione aliena?"

"Sì." ridacchiò lui, facendo una faccia di circostanza.

"Non so se fossero alieni o no, ma c’è stato certamente qualcosa intorno all’Area 51. Ci sono quattro settori che sono stati chiusi e ci sono investigatori in una quinta. Sembra che i rangers abbiano incontrato qualche … resistenza, quando sono andati a fare ricerche sui meteoriti caduti quella notte. Mi hanno detto che c’è stato uno scambio di fuoco con persona o persone sconosciute, e che ci sono stai dei morti. Mi hanno detto che qualsiasi cosa fossero, erano a prova di proiettile."

"Mio Dio!" esclamò Glenn, accigliandosi. "E i militari non hanno cercato di sopraffarli? Perché non abbiamo usato l’artiglieria?"

"Perché, in apparenza, non c’è più traccia di loro. Niente al segnale radar, niente agli infrarossi, niente. Ma con l’esercito è sempre così."

"Forse si stanno nascondendo nei mezzi con i quali sono arrivati."

"Forse." ammise il collaboratore. "Tranne che non c’è traccia di qualsiasi cosa abbiano usato per venire giù. E nemmeno tracce di residui dei meteoriti. E l’aviazione ha ampliato di cento miglia la zona interdetta al volo sopra l’Area 51."

"Così, in pratica, l’esercito avrebbe chiuso uno spazio vuoto?"

"Sembra sia così. E se questa … gente, decidesse di fare qualche mossa? E se ne stessero arrivando altri?"

"Perché l’Area 51?" chiese Glenn dubbioso.

"Vuole sentire una supposizione ardita?"

"Spara."

"Supponga che la teoria della cospirazione sia vera. Supponga che il Governo degli Stati Uniti abbia nascosto navicelle precipitate ed alieni morti per decadi. Perché ci potrebbe essere nascosto un intero esercito alieno in quelle grotte sotterranee."

"Sì, ma come hai detto tu, gli alieni erano morti."

"Ricorda quel ragazzo? Max? Non ci sono state voci sul fatto che potesse guarire?"

"Mio Dio!" gli occhi di Glenn si spalancarono. "Stai suggerendo che Max possa essere coinvolto? Che lui guarirà quegli alieni morti e poi … si impadronirà degli Stati Uniti? Del Mondo?"

"Se lui è coinvolto," John si accigliò "sospetto che lo sia per prevenire che accada una cosa simile. Le mie fonti mi hanno riferito che alcuni civili … con delle abilità, hanno aiutato una squadra di Rangers a fuggire, eliminando una intera base … degli altri. Ci dovevano essere cinque di quelle basi. Ora ce ne sono solo quattro. La quinta è l’area dove l’esercito sta facendo ricerche scientifiche ed è quella dove gli … stranieri sono stati sconfitti."

"Tienimi aggiornato, John." Glenn si voltò e cominciò a correre verso la porta.

"Dove sta andando, signore?"

"Se qualcuno ha bisogno di me," Glenn si voltò e guardò il suo aiutante con un sorriso "sarò a Roswell."

* * * * *

"Sei stato qui tutta la notte?" chiese a Max una voce gentile alle sue spalle. Era di nuovo seduto nella sua stanza, a leggere uno schermo pieno di dati che poteva essere descritto solo come un computer.

"Buon giorno, Liz." lui lasciò il suo lavoro e si affrettò al suo fianco, aprendosi in un enorme sorriso. "Come hai dormito?" Max le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e le prese il viso tra le mani.

"Meglio." ammise lei, poggiando la guancia contro la sua mano. "Io … " chiuse gli occhi e ne scese una lacrima. "Max, mi dispiace così tanto."

"Hey, te l' ho detto." cercò di calmarla. "Non è colpa tua."

"Ma qualcuna delle cose che ho detto … " la sua espressione si fece triste. " … erano … "

"Completamente comprensibili." Max le posò un dito sulle labbra e lei lo baciò. "Quello che hanno usato con te è un trucco vecchio, anche sulla Terra. Pierce l' ha fatto con me, così capisco quello che hai provato. Ad ogni modo, ho proibito loro di trattarti così."

"Mi sei mancato." i suoi occhi erano ancora più scuri.

"Anche tu mi sei mancata. E rimetterò a posto tutto, più presto che posso."

"Devo tornare ancora in quell’aula?" la sua espressione si fece seria.

"Temo di sì." sospirò Max. "Ho dato disposizioni perché, da ora in poi, tu sia sempre con me, così non rimarrai più sola. Ma ci sono cose che io non posso impedire. Il processo è una di quelle."

"Sembri stanco, Max." Liz tracciò la linea della mascella di Max con la sua mano aperta. "Hai dormito?"

"Non dormirò fino a che non avranno accettato il fatto che io sto con te e non con Ava." Max si appoggiò contro al mano della moglie. "Non mi interessa chi pensano che tu sia. Tu sei la mia Regina."

* * * * *

"Ci stavi raccontando dell’uccisione dei Quattro Reali, Balusca." Rath cominciò la seduta richiamando l’immagine olografica dell’anziano uomo. "e di come la prigioniera, Millia, fosse … " Rath fece una pausa e guardò Jesse. "potesse essere coinvolta. Perché non ci racconti cosa è successo dopo la morte dei Quattro Reali?"

"Naturalmente." l’uomo fece un inchino a Rath. "Dopo la loro morte, fu deciso di unire l’essenza dei quattro eroi con DNA umano geneticamente modificato, vista la decisione di mandarli sul pianeta Terra. C’erano molte ragioni per fare questa scelta.

Per prima cosa la razza umana matura più velocemente della nostra e questo avrebbe permesso di riportarli molto prima sul nostro pianeta. Seconda cosa, pur non essendo molto sviluppato, il cervello umano ha maggiori potenzialità del nostro. Abbiamo modificato il loro cervello perché sia avanzato di centinaia di anni. Loro avrebbero avuto capacità maggiori di qualsiasi essere del loro pianeta e più di quelli del nostro, sviluppando poteri sia umani che Antariani. Terza cosa, sebbene la loro sia una razza portata alla guerra, hanno, nei loro cuori, una grande capacità di amare.

I sacerdoti avevano profetizzato che sarebbe stato l’amore a salvare il nostro pianeta. I vantaggi per due Case di Talluvia e di Kreskascent, combinati attraverso un infrangibile legame di amore, oltre che di dovere, erano ovvi per tutti.

Dozzine di veloci navi da ricognizione furono spedite sulla Terra. Dato che erano piccole e che gli Epsiliani avevano sofferto perdite devastanti, scivolarono inosservate oltre le loro linee. Il loro compito era raggiungere la Terra e procurarsi un adeguato DNA per la clonazione dei corpi ospiti. Il DNA doveva provenire da un feto non ancora nato, perché è quello lo stadio in cui le cellule accettano le modificazioni necessarie per accettare l’essenza antariana.

Nel contempo, le essenze dei nostri quattro eroi caduti, erano state conservate nella nave madre, insieme con l’equipaggiamento necessario per aiutarli e sostenerli ed i sacerdoti avevano scelto quattro persone che sarebbero state mandate con i nostri giovani eroi. Per prevenire la possibilità di tradimento, questi quattro erano stati scelti dalle altre Case e dalle comunità più lontane, all’oscuro degli intrighi del Palazzo. I quattro prescelti avrebbero fatto da insegnanti e ed avrebbero aiutato a proteggerli, nutrirli ed addestrarli per la strada loro predestinata.

I sacerdoti avevano modificato il DNA di ciascun protettore, in modo da impedire loro di prendere la vita dei nostri quattro capi. Erano anche stati programmati per obbedire ad ogni ordine diretto di Re Zan, senza fare domande. Questo, loro lo sapevano, per impedire ogni atto di tradimento, mantenendo le parti felici e meno sospettosi uno dell’altro.

Presto la nave madre fu caricata e pronta pel la partenza per la Terra. Sotto la copertura di un attacco diversivo alla flotta Epsiliana, riuscì a fuggire, non vista, nella vastità dello spazio. Allora, non potevamo sapere l’ampiezza del tradimento perpetrato contro i Quattro Reali … contro di noi. In assenza del Re, Lord Khivar, capo della casa di Kreskascent e padre della Regina Ava, aveva assunto la carica di ‘Signore’. La sua prima azione fu di effettuare delle ricerche per conoscere l’assassino della sua famiglia.

C’era una traccia di sangue che portava al passaggio segreto fino all’appartamento di Lady Millia, l’ostaggio della casa di Stellarine. Nella sua stanza i segni di una partenza affrettata e, nel suo guardaroba, fu trovato un pugnale esiliano, macchiato del sangue di Re Zan. Con lo scialle trovato vicino alla porta e il coltello nella sua stanza, fu ovvio a tutti che Lady Millia era d’accordo con il nemico, che aveva tradito la fiducia che le era stata concessa, che aveva tradito Re Zan. Le fu data la caccia per ritrovarla e riportarla al palazzo, dove sarebbe stata processata."

"Balusca," lo interruppe Rath. "riconosci questo indumento?"

"Si, mio signore."

"Vorresti per favore dire alla corte cos’é?"

"E’ lo scialle appartenuto a Lady Millia. Una volta mi ha detto che le era stato dato da qualcuno cui teneva molto."

"E cosa c’è di così speciale in questo scialle, Balusca?"

"E’ uno scialle che viene prodotto solo su Esilia, mio signore." disse Balusca alla folla stupita. "E non uno che si possa comprare in un qualsiasi mercato di Epsilia. Scialli come questo vengono fatti solo su ordinazione e solo per grandi signori."

"Qualcuno come Re Larek?"

"Sì, mio signore."

"Così tu pensi che lo scialle sia stato un regalo di qualcuno come Re Larek?"

"Obiezione!" Jesse si alzò in piedi. "L’accusatore sta chiedendo opinioni, non fatti."

"Temo di doverle dare ragione." il giudice fece un apologetico gesto verso Rath.

"Molto bene." Rath scrollò le spalle. "Mettiamola in un altro modo. Balusca, per tutto il tempo che Millia ha abitato nel palazzo, quanti membri della società epsiliana ha avuto modo di incontrare?"

"Solo uno, Lord Rath."

"E chi sarebbe stato?"

"Lord Larek, quando veniva a fare visita a Re Zan, mascherato da amico."

"L’accusa chiede che lo scialle sia catalogato come reperto A."

"Vuole il Consiglio di Difesa esaminare lo scialle?"

Jesse guardò Max. Max guardò il viso oscurato di Liz, poi si voltò verso Jesse e scosse la testa.

"Non in questo momento, Vostro Onore." rispose Jesse.

"Bene." il giudice annuì. "L’accusa può procedere."

"Quando i giorni passarono senza che si trovasse traccia della traditrice, Lord Khivar accusò la casa di Stellarine di nasconderla. Prese il fatto come una indicazione che la casa di Stellarine avesse tradito tutti loro, per favorire le forze epsiliane. Propose che le altre Case alleate attaccassero la casa di Stellarine e la distruggessero per il suo tradimento. Qualcuna delle Case si oppose e ruppe l’alleanza per stare al fianco di Stellarine. Altre rimasero incerte e fu in quel momento, mentre regnava il caos totale, che gli Epsiliani presero il sopravvento. Trovandosi davanti alla propria distruzione. Khivar fece un patto con Epsilian.

Capendo che l’unico modo di salvare Antar era quello di accettare il dominio esiliano, si unì a loro. I nostri nemici si erano impadroniti di metà di Antar, anche se sopravvivevano sacche di resistenza, specialmente sulle montagne. Qualcuna delle famiglie di Kreskascent rimase fedele ad Antar, aspettando il ritorno della regina Ava. Furono incisi messaggi personali diretti agli eroi, per avvertirli del compito che li aspettava, e furono spediti a quelli a bordo della nave madre, che era pronta ad atterrare. Khivar mantenne il suo ruolo di Signore e, dato che le altre Case avevano assunto una posizione di palese sfida, da allora imperversò la guerra civile."

"Ancora una cosa." Rath sollevò lo sguardo. "Cosa ci faceva lady Millia a Palazzo e perché cercò di tradire tutti, in particolare Zan?"

"Perché durante i primi tempi, quando la casa di Talluvia e quella di Stellarine erano nemiche, Zan sconfisse Stellarine e reclamò la figlia del loro Signore come ostaggi,o per impedire ulteriori attacchi. Lei doveva odiare l’uomo che aveva umiliato suo padre. Anche se aveva dato la sua parola di non fuggire, doveva essere piena di odio, essendo a tutti gli effetti una schiava."

"Grazie, Balusca." Rath fece un cenno con la testa all’uomo. "Non ci sono altre domande."

"La difesa vuole controinterrogare il testimone?" chiese il giudice a Jesse.

“Tutto questo che cosa prova, Max?" Jesse si chinò verso Liz per parlare col suo ‘consigliere’. "Che cosa ha a che fare la morte dei Quattro Reali con Liz?"

"Credo che Rath stia cercando di dimostrare che questa Lady Millia era una traditrice e che ha collaborato con i nostri assassini. Deve avere altre prove, per collegare Liz a Millia."

"Devi ammetterlo, Max. La possibilità che Liz sia la stessa Lady Millia è quantomeno … eccentrica. Il fatto è … che domande dovrei porre per cercare di dimostrare che quella Millia non ha commesso tradimento?"

"Non ancora." Max scosse la testa.

"Per ora non ci sono domande, Vostro Onore." Jesse si alzò per rivolgersi al giudice, che aveva sollevato le sopracciglia e stava fissando Max. Rath sogghignò apertamente.

"Perché no, Max?" chiese Jesse, dopo essersi rimesso a sedere. "Perché non proviamo a fare qualche domanda?"

"Perché non sappiamo quale domanda fare." Max scosse la testa. "Non lasciamo capire la nostra ignoranza."

Rath si alzò di nuovo e, ancora ridacchiando, si rivolse al pubblico. "Ascolteremo ora la testimonianza di uno dei protettori mandati con i Quattro Reali. L’accusa chiama a testimoniare Gleed."

Non fu una proiezione olografica da Antar a parlare. Invece, da una porta al lato della sala, apparve un uomo di mezza età che camminò fino alla sedia davanti al giudice.

"Il tuo nome è Gleed?" Rath cominciò a camminare davanti al giudice, con le mani allacciate dietro la schiena.

"Sì, Lord Rath." annuì l’uomo.

"Ed eri uno dei protettori assegnati ai Quattro Reali?"

"Lo ero." annuì ancora l’uomo.

Max, Isabel e Liz fissarono l’uomo, cercando di vedere se potevano in qualche modo riconoscerlo. Nessuno di loro lo aveva mai visto prima.

"Abbiamo visto come Lady Millia abbia tradito noi su Antar, ma ancora non abbiamo visto quanto fosse profondo il suo tradimento. Forse, potresti dircelo tu?"

"E’ una storia lunga e complicata, Lord Rath."

"Abbiamo tempo." sogghignò Rath. "Dicci, con parole tue, quello che è successo."

"Non è … non è bello."

"Niente in tutta questa sordida storia lo è, Gleed." Rath agitò in aria la mano. "Ma sono certo che lo supereremo."

"Michael era abituato a guardare Perry Mason?" sussurrò Jesse a Max, coprendosi con la mano.

"A metà di giugno dell’anno terrestre 1947, le navi esploratrici si incontrarono con la nave madre, usando come copertura il lato oscuro della Luna. Avevamo sperato in un vasto campionario di materiale per la scelta dei donatori, in modo da poter scegliere gli esemplari perfetti. Comunque, delle due dozzine di navi partite da Antar, solo cinque si incontrarono con noi. Ci chiedemmo il perché, ma con tutti i doveri ai queli dovevamo attendere, mettemmo da parte il problema.

Le essenze dei Quattro Reali furono trasferite in due serie di bozzoli di incubazione, che contenevano le piccole sacche che si sarebbero trasformate in bambini umani. Era stato deciso di farli nascere come bambini ci circa sei anni di età, sapendo che così avrebbero avuto più probabilità di sopravvivere, se qualcosa fosse andato storto. Dopo tutto, i guardiani avrebbero dovuto vivere tra quella che, per noi, era una razza di alieni ostili, con una tecnologia in rapida crescita. Creammo il set di duplicati, come piano di riserva, nel caso fosse accaduto qualcosa agli originali. La storia ci aveva insegnato che, talvolta, anche i piani migliori possono fallire.

Sapevamo che la nave non era stata seguita così, quando, proprio mentre stavamo atterrando sul pianeta, ci imbattemmo in uno squadrone di soldati Epsiliani, capimmo l’ampiezza del tradimento di Millia. Lei aveva detto tutto a Larek, sebbene non fossimo mai riusciti a sapere come avesse fatto a venire a conoscenza della missione per far rinascere Zan sulla Terra. Sconfiggemmo gli Epsiliani, ma la nave rimase gravemente danneggiata. I nostri pannelli di controllo avevano subito danni maggiori di quelli che pensavamo e la nave precipitò nell’atmosfera terrestre, schiantandosi nel deserto, a poca distanza dalle caverne che avevamo rilevato.

Dei quattro guardiani, uno morì nello schianto, il suo corpo era troppo danneggiato per poter essere guarito. I tre rimasti cominciarono a spostare il pesante equipaggiamento, per poterlo sistemare in una camera e renderlo pronto a ricevere i bozzoli. Trovammo una caverna, adatta alle nostre necessità. La caverna era abbastanza lontana dal luogo dell’impatto da sfuggire alle ricerche delle forze richiamate dall’impatto, ma abbastanza vicina da permetterci di trasportare l’equipaggiamento necessario alla sopravvivenza dei bozzoli.

Per prima cosa, sistemammo il Granilith. Avevamo pensato che l’importante dispositivo non doveva essere collocato troppo lontano da Zan. Sfortunatamente i dispositivi che avrebbero dovuto essere usati per installare i loro ricordi e le loro future conoscenze era rimasto danneggiati, ma li sistemammo comunque, sperando che nostri protetti potessero recuperare almeno qualcosa.

Quando tornammo sul luogo dell’impatto per prelevare i bozzoli, scoprimmo che l’Esercito terrestre era già arrivato sul posto prima che potessimo metterli al sicuro. Fummo sorpresi dalle truppe della vicina Base Aerea ma, credendoci saccheggiatori o giornalisti, fummo arrestati e consegnati a quella che scoprimmo in un secondo momento, essere l’FBI. Cercammo di fuggire prendendo l’aspetto di tre agenti, ma uno di noi fu subito ripreso. A quel punto, sapevano chi eravamo. Io e quello che voi avete conosciuto come Nasedo, provammo a salvare i bozzoli. Non ci saremmo mai riusciti se non fosse stato per uno della loro stessa specie, un soldato, che creò una diversione per consentirci di fuggire.

Una volta fuori dalla base, Nasedo installò i bozzoli originali nella camera, mentre io portai i duplicati sulla costa orientale del continente in cui eravamo, nel posto più lontano da dove erano stati sistemati i Quattro Reali. Nonostante il tradimento, eravamo stai fortunati.

Una volta messi al sicuro i duplicati, in una metropoli chiamata New York, passai il mio tempo nascondendomi dall’FBI e tenendo sotto sorveglianza la camera dei bozzoli. Dopo tutto, quel posto era più vicino alla zona delle operazioni di ricerca degli alieni ed aveva maggiore importanza per noi. Quando vidi che Nacedo aveva condotto gli agenti assegnati alle ricerche lontano dall’area, mi resi conto che la mia presenza avrebbe potuto causare dei problemi e mi allontanai anche io. Prendendo la forma di un umano che loro chiamano Nativo Americano, cominciai a viaggiare per le terre degli Anasazi. Trascorsi molti anni cercando tra caverne e rovine, aiutandomi con i messaggi che ci eravamo lasciati dietro quasi duemila anni prima, quando i nostri antenati si erano rifugiati lì dopo la morte del nostro sole originale.

Sulla riva di un lago profondo, trovai i rottami di una delle nostre navi esploratrici. Quando ne raccolsi un pezzo, ricevetti la visione di una delle nostre navi colpite dagli eplisiani, che cadeva tra quelle rocce e si infilava nelle profondità del lago accanto a me. Da quel ricordo, mi sembrò che il nemico fosse a conoscenza della nostra missione e che fosse già lì ad aspettarci. Era quello il motivo per il quale solo poche navi erano tornate alla nave madre. Lady Millia aveva messo al corrente gli Epsiliani di ogni aspetto del nostro piano e loro ci avevano teso un’imboscata.

Quando mi voltai per andarmene, notai il piccolo ingresso di una caverna. C’era un’impronta, sopra l’entrata, simile alle impronte dipinte dappertutto, su ogni canyon e caverna di quella regione. Ma questa era più recente.

Entrai carponi nella caverna e feci un po’ di luce. In fondo alla caverna c’era un bozzolo di sopravvivenza, uno di quelli che si creano quando il nostro corpo sta per morire. Pensando si trattasse del pilota di una delle navi, andai a vedere se potevo essergli di aiuto, visto che avevo accesso alle pietre guaritrici. Spostai con grande attenzione la tela dal viso, in modo da poterne vedere l’occupante, e trasalii quando vidi che si trattava di Lady Millia. Evidentemente, la notte dell’uccisione di Zan, dopo aver lasciato il Palazzo, si era nascosta in una delle navi, sperando forse di poterla dirottare e di tornare a casa o di raggiungere il suo amore su Epsilian. Invece, era finita lì, vittima del suo stesso tradimento.

In quel momento, decisi di farmi un nome. Volevo risposte alle molte domande e ne avevo altre da fare, perché lì c’era in ballo il futuro del nostro mondo. Forse c’era coinvolto qualcun altro? Forse avrei potuto scoprire il modo di sconfiggere gli Epsiliani? Dopo aver recuperato le pietre guaritrici da un’altra caverna lì vicino, cercai di rianimare Lady Millia. Ma il suo corpo aveva subito troppi danni per poter essere guarito.

Comunque, volevo delle risposte e cominciai a pensare al modo di ottenerle. Dopo aver sigillato con cura l’ingresso della caverna ed aver riportato al loro posto le pietre guaritrici, tornai dai Nativi, sperando che la loro saggezza e le storie che si erano tramandati da una generazione all’altra, partendo dai giorni dei nostri ‘Anziani’, potessero darmi qualche indicazione, ma senza successo.

In quei giorni, arrivò una squadra di archeologi che sperava, come me, di riuscire a decifrare i dipinti ed i messaggi del passato. Impiegavano per le ricerche molti dei Nativi e così mi unii a loro, sperando di poter imparare qualcosa di nuovo. Fui impiegato come guida per una giovane studentessa. Era piena di vita ed aveva una mente estremamente analitica e priva di preconcetti, aperta a tutte le interpretazioni di quello che vedeva. Imparai non solo ad apprezzarla, ma anche a fidarmi di lei. Forse per come parlava apertamente dell’amore che provava per il suo fidanzato. In sua compagnia, mi sentivo rilassato ed un tardo pomeriggio, una volta che eravamo rimasti da soli, mi vide fare una cosa che non avrebbe mai immaginato possibile.

Dissi alla ragazza chi ero e da dove venivo. Pensò che stessi scherzando, così cambiai la mia apparenza davanti ai suoi occhi. Prese la cosa meglio di quanto sperassi, ma ci volle una settimana perché si avvicinasse di nuovo a me. Un pomeriggio mi seguì alla caverna. Avendo recuperato la sua fiducia, le raccontai quello che sto dicendo a voi. Lei rimase affascinata dall’intera storia e non riuscì a parlare d’altro che del processo di clonazione.

Quando le raccontai la storia di Lady Millia, lei si rattristò e diventò curiosa di sapere tutto su di lei, lasciandomi stupito per la sua reazione. La donna mi suggerì di creare un clone di Lady Millia, ma non avevo a disposizione i mezzi per prelevare il DNA senza che il donatore se ne accorgesse. Lei si offrì allora di lasciarmi estrarre il DNA da un suo feto, una volta che l’avesse concepito, per permettermi di creare il clone. Non fui sorpreso della sua generosa offerta, sapevo già che lei era fatta così. Parlammo per tutta la sera del processo e, una volta tornati al campo, ci siamo resi conto che i suoi amici stavano per organizzare una battuta di ricerca.

Poco dopo, lei sposò il suo fidanzato e, con sua grande gioia, rimase quasi subito incinta. Forse avrei dovuto starle più vicino, per assicurarmi che le cose procedessero correttamente, ma quando raccolsi il campione di DNA, rimasi sgomento nell’apprendere che stava portando avanti un feto di genere maschile. L’essenza femminile di Lady Millia, non si sarebbe mai integrata con un feto maschio. La donna mi disse che ce ne sarebbero stati altri, che avremmo potuto tentare ancora, ma io sapevo che non avrebbe avuto altri figli. Tornai alla caverna per controllare Lady Millia, ma con mio grande orrore, scoprii che si era decomposta in una pila di polvere. Alla fine, era morta."

* * * * *

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Capitolo 39
*** 39 ***


Parte 39

Indicazione della data: 9 dicembre 2002 - Huston, Texas.

Oggi, gli scienziati della NASA hanno annunciato il monitoraggio di un altro meteorite che sta per dirigersi sulla Terra. Non c’è bisogno di preoccuparsi. E’ solo un altro frammento del recente meteorite WR-2002. Gli scienziati stimano che il meteorite, al quale non è ancora stato dato un nome, brucerà nell’atmosfera in due settimane.

Gli esperti militari negano che ci siano legami con i recenti atterraggi riportati come conseguenza di WR-2002. Comunque, l’area attorno al Groom Lake è ancora chiusa e i rapporti dicono di un grande numero di truppe che stanno facendo manovre in quell’area. Gli scettici proclamano che ci sia stata recentemente una invasione da parte di forze aliene, cosa negata dal Pentagono. Un portavoce è stato quotato per aver detto ‘Se stessero rifornendo e rinforzando le loro truppe per questo motivo, non pensate che avrebbero mandato qualcosa di più potente?"

Gruppi di Osservazione per gli Alieni dichiarano che quello che è successo recentemente, fa sì che non possiamo rimanere seduti ad ignorare la vastità dello Spazio. Alcuni affermano che il nuovo satellite di Plutone sarebbe in realtà un’astronave e che i messaggi intercettati dal SETI sarebbero comunicazioni militari aliene. Questo spiegherebbe la chiusura del popolare sito internet SETI@Home, dopo che una persona aveva dichiarato di aver intercettato un secondo e genuino messaggio. Il SETI ha dichiarato che la chiusura è dovuta semplicemente a problemi di aggiornamento del sito. - - - REUTERS.

* * * * *

Nascosto dietro al pianeta Plutone, il pubblico stava ascoltando le rivelazioni di Gleed. Ci fu poca compassione alla notizia della morte di Lady Millia. Fu anzi un mormorio soddisfatto quello che accompagno l’annuncio della sua morte solitaria. Gleed lo ignorò e, con un’ombra di tristezza nella sua espressione, continuò il racconto.

"Mentre me ne stavo andando, un nativo mi raccontò del gruppo di turisti che erano stati lì qualche settimana prima e di come una donna fosse stata presa da un capogiro, quando si era avvicinata alla caverna. Il medico del posto l’aveva visitata ma non aveva voluto darle alcuna medicina, visto che era incinta di due mesi. La mia mente annaspo. L’essenza di Lady Millia poteva essersi in qualche modo trasferita nel feto della turista? Decisamente, in passato, si era dimostrata piena di risorse e nella Casa di Stellarine, era conosciuta per essere un’ottima scienziata. Avrebbe potuto avere sia la conoscenza, che la capacità per farlo, anche se era ad un passo dalla morte. C’era però la possibilità che l’essenza di Lady Millia sarebbe stata diversa da quella dell’originale, perché il feto aveva già sviluppato una sua personalità e sarebbe stato Lady Millia solo per metà. Decisi di cercare la donna che avrebbe potuto portare in grembo la traditrice del nostro popolo.

Fu allora che trovai un uomo, James Atherton, che sapeva tutto di noi, perché mi aveva già incontrato prima di allora e perché aveva aiutato Nasedo. Sembrava affascinato dal fatto che ci fossero alieni sulla Terra ed aveva tirato fuori le più diverse teorie. Ovviamente non sapeva tutto di noi, ed io non gli offrii altre informazioni, oltre a quelle che aveva avuto dal mio collega. Nonostante il suo coinvolgimento nelle ricerche svolte dal governo, non ci aveva mai traditi. Anzi, più di una volta aveva dirottato quelle ricerche da noi.

Senza scendere il troppi dettagli, gli dissi che dovevo rintracciare la donna incinta. Credo che si fosse immedesimato troppo nei suoi stessi racconti perché, oltre ad aiutarmi nella ricerca, aveva preparato, sotto la sua casa, un laboratorio segreto dove far nascere il bambino alieno che era sicuro esistesse.

Durante le mie ricerche, scoprii che la mia vecchia amica aveva avuto il suo bambino. Presi la forma sotto la quale mi conosceva ed andai a trovarla. Si rattristò molto quando le dissi che Lady Millia era morta ma, come me, sembrò convinta che l’avremmo incontrata ancora. Ne sembrò così convinta, che mi chiesi se in qualche modo l’essenza di Lady Millia non fosse riuscita ad entrare dentro di lei.

Col suo permesso formai una connessione, ma non ne trovai traccia. Ne fui sollevato, perché quel trasferimento sarebbe stato molto peggio di quello in un bambino non nato. In questo caso l’essenza avrebbe potuto vivere nel bambino, nell’altro sarebbe stata intrappolata dentro l’ospite. Inaccessibile. Perché non avrebbe potuto coabitare con la personalità già formata di un umano adulto. Cominciai a temere che nella mia ricerca di gloria, avevo perso l’opportunità di sapere la verità.

Per i successivi vent’anni, girovagai nel deserto, tornando ogni volta che lo ritenni sicuro, alla camera dei bozzoli. Non ero riuscito a rintracciare la donna incinta, né il suo bambino, ma non mi ero arreso. A quel tempo, gli occupanti dei bozzoli avevano raggiunto lo sviluppo di bambini di circa sei anni di età, ma non davano segni di consapevolezza. Il processo era lungo, ma ne sarebbe valsa la pena.

Fu in quel periodo che mi resi conto di essere stato seguito. Il crescente numero di persone trovate morte e con una impronta d’argento, mi fece capire che a seguirmi era Nacedo. All’inizio ho semplicemente pensato che mi stesse cercando e che aveva ucciso quelle persone perché avevano scoperto troppe cose, così provai a cercarlo. Fu solo dopo aver scoperto che aveva ucciso il nostro amico, James Atherton, che compresi che forse Nacedo aveva in programma di uccidere anche me.

Una strana sensazione di terrore aleggiò sopra di me e cominciai a temere per i quattro piccoli ospiti dei bozzoli. Cominciai a mettere insieme i fatti e compresi. Re Zan e gli altri erano stati vittime di un tradimento. In apparenza, Lady Millia era stata d’accordo con gli Epsiliani ed era fuggita dal palazzo, dopo la loro morte. Forse voleva tornare a casa o unirsi agli Epsiliani e, invece, era finita sulla Terra. Nacedo, uno dei guardiani, sembrava deciso ad uccidere me, un altro guardiano. Perché? Atherton aveva forse parlato a Nacedo della mia ricerca su Lady Millia? Nacedo pensava forse che io fossi coinvolto nel tradimento? O stava piuttosto cercando di aiutarla e di impedirmi di catturarla? Avevo troppe domande, poche risposte e così poco tempo.

Un pomeriggio ebbi la sfortuna, o forse la fortuna, di assistere all’aggressione di un vice sceriffo che aveva fermato un auto nel deserto. Gli occupanti del veicolo gli avevano sparato e lo avevano colpito a morte, poi erano fuggiti. Tirai fuori il giovane uomo e ne nascosi il corpo. Con la possibilità di avere accesso agli archivi della Polizia, fui in grado di rintracciare la donna che aveva avuto un malore alle caverne degli Anasazi. Fu un compito difficile, perché allora ancora non avevano cominciato ad usare i computers ma, cercando tra le annotazioni mediche, seppi che aveva avuto una bambina. Avevo un indizio che seguii attentamente, ma finito ad un punto morto. Con il pretesto di un controllo medico, conclusi che la donna non era Lady Millia.

Ritornai alla caverna e stavo guardando la polvere lasciata dal corpo di Lady Millia, quando mi resi conto dell’errore che avevo fatto. Ero sempre partito dal presupposto che la presenza di Lady Millia sulla Terra fosse un errore, che lei intendesse dirottare la nave esploratrice per tornare a casa o dagli Epsiliani. E se gli scienziati Epsiliani avessero tentato di fare con lei, quello che noi avevamo fatto con Re Zan e gli altri? Dopo tutto io stesso avevo preso in considerazione quell’idea, e perché non avrebbero potuto farlo anche altri?

Da qualche parte ci doveva essere un bozzolo, dove l’essenza che, in mia assenza, era stata rimossa da Lady Millia da un emissario esiliano ed unita a DNA umano, aspettava di emergere e di dare la caccia a Re Zan. Forse Era proprio quello che aveva fatto Nacedo e l’idea mi terrorizzò. Poi la risposta mi colpì come un fulmine. Era ovvia.

Gli Epsiliani non avrebbero avuto modo di sapere dove fossero i bozzoli. Avevamo dovuto cambiare i nostri piani dopo il loro fallito attentato per distruggerci. Di conseguenza, come potevano sapere dove collocare il bozzolo con Lady Millia e quando farla emergere? A meno che il traditore non fosse Nasedo stesso, e io non potevo crederlo, loro non avrebbero potuto saperlo. I resti che stavo osservando non erano quelli di Lady Millia.

Lady Millia era in qualche modo stata rianimata e la polvere era stata lasciata lì per ingannarmi. Lei non aveva bisogno di nessun corpo perché aveva il suo e, quello che era peggio, lei era una mutaforma. Tornai immediatamente alla camera dei bozzoli e rimasi sgomento nello scoprire i quattro contenitori vuoti ed i piccoli scomparsi. Potei solo sperare che il traditore non fosse Nasedo.

Ho trascorso gli anni successivi in due posti. A New York, dove ero tornato in tempo per assistere all’apertura dei bozzoli. Purtroppo, il fatto di averli trascurati negli anni seguenti, ha portato poco beneficio alla crescita degli occupanti. Il resto del tempo lo trascorsi nel New Mexico. Presi di nuovo la forma di un Nativo Americano e mi unii come Vice Sceriffo alle locali forze di Polizia. Come avevo già sperimentato prima, quale modo migliore per proseguire le ricerche di Re Zan? Il mio aspetto mi avrebbe dato accesso alle informazioni che i Nativi avrebbero potuto trovare se si fossero nascosti nella terra degli Anabasi o nella vastità del deserto.

Mentre gli anni passavano, cominciai a temere che Nasedo li avesse portati completamente fuori zona o, peggio, che li avesse già uccisi. E stavo quasi per andarmene, quando avvertii la presenza di Re Zan. Sapevo che era vicino, ma dove? Alla fine, ebbi un grande colpo di fortuna. Fui convocato in veste ufficiale in un incidente che aveva costretto Zan a rivelare se stesso. Il modo in cui lo aveva fatto, mi colpì fino alle ossa, perché era stato programmato per non correre mai un rischio simile. Ed il fatto che lo avesse fatto per salvare la vita della sua assassina, mi stupì ancora di più.

Appena scoperta l’identità di Re Zan, trovai facilmente sia Lord Rath che Lady Vilandra, ma non trovai segni né di Lady Ava, né di Nasedo. Sapevo che avrei solo dovuto aspettare, che un giorno si sarebbe fatta viva. Sarebbe stata attratta da lui.

Continuai a controllare i tre ragazzi, stupito che avessero consentito a degli umani di entrare nelle loro vite. Avevo paura per il nuovo Zan, per la sua vicinanza e ovvia attrazione per Lady Millia, ma qualcosa mi suggerì di non intervenire, perché il quel modo avrei potuto scoprire i suoi piani. Andando contro la mia naturale inclinazione, non feci nulla per separarli.

Non riuscivo a comprendere l’inclinazione che lui provava per lei, senza nemmeno conoscere la sua provenienza antariana. Pensai semplicemente che Re Zan la considerasse una piacevole distrazione, mentre aspettava l’arrivo della Regina Ava ma, anche questo caso, la cosa non si conciliava con il suo modo di agire. E anche l’interazione tra Lord Rath e Lady Vilandra cominciò a preoccuparmi. Avrebbero dovuto essere attratti l’uno dall’altra, non da quei terrestri.

In quel periodo, visitai di frequente le caverne degli Anasazi, cercando indizi che potessero spiegare il loro comportamento e mi capitò di essere assente durante momenti di crisi, quando avrei potuto essere d’aiuto. Come quando Zan ebbe un incidente mentre era in compagnia di Lady Millia. Forse l’aveva architettato lei. Quell’evento non fece altro che unirli di più.

Alla fine, Nasedo arrivò con la Regina Ava e il quartetto fu di nuovo al completo. Mi resi allora conto che i miei sospetti su di lui erano infondati, perché fece tutto il possibile per spingere insieme Ava e Zan. Forse anche lui aveva sospettato me di tradimento?

Rimasi sgomento dalla reazione che ebbero Re Zan e gli altri. Era come se per loro la Regina Ava fosse un’intrusa. Mi convinsi fermamente che i sacerdoti avevano sbagliato a mandarli sulla Terra perché, per qualche motivo, sembrava fossero in grado di eludere la programmazione biologica che era stata loro data. Pensai che fosse qualcosa dipendente dal DNA umano, perché i terrestri sembrano ribellarsi continuamente contro le loro autorità. L’unica che sembrava agire come ci si aspettava da lei, fu la Regina Ava.

Ho temuto veramente per le sorti del nostro pianeta. Tutto stava andando storto e c’era ancora aperta la questione del tradimento. Ogni giorno che passava, Lady Millia stava diventando sempre più vicina a Zan ma, ora che c’era Ava, ho sperato che lei potesse dargli la forza di vedere la verità. Sarebbe stata solo questione di tempo, perché lui si rendesse conto di chi fosse lei e si comportasse di conseguenza. Ho temuto che se avessi dovuto prendere in mano le redini della faccenda, avrei potuto rovinare ogni possibilità che Ava potesse convincere Zan a vedere Lady Millia per quella che era veramente. Perché Nasedo non aveva preso provvedimenti contro Lady Millia? Forse non l’aveva mai vista e per questo non l’aveva riconosciuta.

Visitai ancora una volta la terra degli Anabasi,sperando di trovare qualche caverna nascosta con maggiori informazioni. Dopo tutto, ce ne erano tante. Una volta tornato, l’estate successiva, avevo scoperto che le cose stavano andando meglio, perché Re Zan e gli altri avevano rimosso i loro legami con gli umani e si stavano avviando verso il loro destino. Ne fui sollevato, specialmente perché non c’era più traccia di Lady Millia. Ne dedussi che qualcuno, Zan stesso o più probabilmente Rath, l’avesse giustiziata e così tornai a New York, con l’idea di sistemare le cose con i duplicati. Finii in un vespaio. Gli agenti Epsiliani li avevano contattati e convinti a schierarsi con loro. Ne uscii vivo a malapena."

"Gleed." Rath sembrò perplesso, come se pensasse di essersi lasciato sfuggire qualcosa. "Non capisco. Perché pensi che l’accusata, Elizabeth Parker, sia Lady Millia?"

"Ebbene, come tutti sanno che, come mutaforma tutti noi dobbiamo tornare al nostro aspetto di base. Non possiamo mantenere gli altri aspetti troppo a lungo."

"Non credo di seguirti."

"Vede, mio signore." Gleed si voltò verso Liz. "Lei ha lo stesso aspetto di Lady Millia. Sono identiche. Elizabeth Parker non contiene l’essenza di Lady Millia. Lei E’ Lady Millia."

* * * * *

Kalyn era seduta a gambe incrociate all’interno della fredda camera dei bozzoli, mentre assisteva al processo con la sua mente. Dimenticato per un momento, il diario dell’assassina, Liz Parker, era sul pavimento accanto a lei. Aveva smesso di tradurlo da un po’ di tempo ed aveva cominciato a frequentare il locale di proprietà dei genitori della ragazza, con la speranza di sentire qualcosa a proposito delle sue origini e dei suoi piani. Le era apparso chiaro che, nella ricerca di quelle stesse informazioni, i suoi colleghi Chyn e Bektor erano finalmente riusciti a trovare Zan, Rath e Vilandra.

Aveva provato la loro stessa rabbia, quando aveva saputo che la Regina Ava era stata uccisa, assassinata a sangue freddo da quella strega. Non vedeva l’ora che la sua sentenza fosse eseguita. Sperava solo che qualcuno potesse venire a prenderla prima di allora, perché voleva assistere alla sua esecuzione. Poi, una volta localizzato il duplicato di Ava, avrebbero potuto far ritorno su Antar, per sconfiggere gli Epsiliani. Dopo che sua figlia fosse tornata sana e salva, Kivar avrebbe certamente cambiato la sua alleanza ed avrebbe combattuto per Antar.

Click, click, clack.

Kalyn avvertì il rumore di una pietra che rotolava e si rese conto di non essere più sola. Si alzò e cercò di distinguere ogni movimento, nella pallida lice azzurrastra emanata dai bozzoli in disuso.

"Vieni fuori." disse puntando la mano nell’ombra.

Una piccola forma si alzò e venne avanti nella luce. "Ciao, Kalyn." la forma sollevò una mano con il pollice ed il mignolo distesi. "Parola d’ordine."

* * * * *

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Capitolo 40
*** 40 ***


Parte 40

"Così Max è pienamente informato sulla situazione?" Glenn era seduto ad un tavolo del Crashdown, con intorno a lui le famiglie dei fuggitivi.

Una signora Ramirez dal viso cereo, stava ancora venendo a patti con la recente scoperta delle origini di sua nuora ed era seduta in disparte dal gruppo. I sei adulti avevano deciso che non era giusto tenerla all’oscuro e sapevano che i ragazzi sarebbero stati d’accordo. Specialmente ora che non avevano dato notizie di loro e nessuno ne sapeva il motivo.

Tutto quello che avevano avuto era stata una veloce visita nel sogno da parte di Isabel, che li aveva avvertiti di una situazione complicata e della impossibilità di contattarli per un po’ di tempo. Aveva promesso di metterli al corrente di tutto, non appena possibile, e aveva detto che non c’era motivo di preoccuparsi. Cosa che, naturalmente, era quello che avevano fatto.

"Sì." annuì Philip. "Sembra che si siano incontrati con una squadra di soldati e che abbiano in qualche modo scoperto che sarebbero stati attaccati dagli Skins. Max e gli altri li hanno soccorsi e sono stati in grado di distruggere gli Skins in uno dei punti in cui erano atterrati. Si sono dispiaciuti di non aver potuto aiutare anche gli altri, ma il Colonnello Roberts ha detto che molti soldati sono riusciti a fuggire."

"Ora dov’è Max?" Glenn strinse gli occhi. "Abbiamo bisogno del suo aiuto per gli altri gruppi. Non sappiamo dove sono o di cosa siano capaci. Abbiamo bisogno della guida di Max." Glenn sia agitò a disagio sulla sedia, mentre gli altri adulti si scambiavano occhiate. Chiaramente ne sapevano più di lui.

"Non siamo sicuri di dove sia." intervenne Jim." Ci hanno detto che dovevano occuparsi di qualcosa, ma non ci hanno detto di cosa. Quello che sappiamo è quello che ci ha riferito il Colonnello Roberts quando è venuto qui, la mattina dopo l’attacco."

"Max ha qualcosa per le mani." annuì Philip. "Non posso dire molto, ma speriamo di non doverci più preoccupare per gli Skins."

"Come stanno?" chiese Glenn. "Mia madre mi chiede in continuazione se ci sono notizie. Si preoccupa per tutti loro, ma credo che sia preoccupata soprattutto per Max e Liz. Ha un debole per loro."

Nancy e Diane si scambiarono un sorriso.

"Dica a sua madre che stanno bene." annuì Jeff. "Hanno appena avuto una brutta avventura, ma si sono ripresi."

"In effetti," Philip strinse gli occhi, picchiettandosi la guancia con un dito. "c’è qualcosa che lei e sua madre potreste fare per aiutarli."

"Mi dica cosa." lo esortò Glenn. "Dopo quello che i vostri ragazzi hanno fatto per mia madre, farò tutto quello che posso."

* * * * *

"L’accusa chiama a deporre Elizabeth Parker." intonò Rath.

Isabel trattenne il respiro. A Connie non piacque la reazione dell’amica e capì che quella convocazione non poteva essere una cosa buona.

"Obiezione!" disse Jesse.

"Su quali basi?" Rath si precipitò davanti a Jesse, inchinandosi sul tavolo per affrontarlo faccia a faccia.

Jesse si sentì intimidato ed avrebbe cominciato a tremare, se non fosse stato per la torreggiante presenza di Max al suo fianco.

"Domanda valida." disse il giudice. "L’accusa può chiamare a testimoniare l’imputata. E’ previsto dalla legge di Antar."

"Anche in questo caso," Jesse fu grado dell’opportunità di distogliere lo sguardo dagli occhi gelidi di Rath. "l’accusata ha sposato Max Evans in una cerimonia legale, sulla Terra. Il suo nome è Elizabeth Evans, non Elizabeth Parker. "

"Sulla Terra è permessa la bigamia?" chiese il giudice.

"No." Jesse scosse la testa. "No, aspetti. In certi casi. In certe religioni."

"E l’accusata appartiene ad una di queste … religioni?"

"No." Jesse scosse la testa.

"Allora è chiaro che il suo matrimonio con Zan è illegale, perché lui è ancora sposato con Ava. C’è un duplicato, signor Ramirez. E finché esiste Ava, esiste anche il suo matrimonio."

"Mi spiace." sussurrò Jesse a Max, dopo che si fu rimesso a sedere. "Ci ho provato."

Traversando la stanza per andare a sedersi, seguita da occhiate di odio, Liz mostrò una sicurezza che era ben lontana dal provare.

"Ama Re Zan?" le chiese Rath in tono mellifluo.

"No." Liz scosse la testa. "Io amo solo Max."

"E glielo ha mai detto?"

"Certamente." Liz sorrise a suo marito.

"Quando è stata la prima volta che gli ha detto di amarlo?"

"Quando siamo fuggiti la prima volta dall’FBI. Sai? Quando lo abbiamo liberato dalla Stanza Bianca."

"Ah, sì. Quella volta che una sezione speciale dell’FBI … i cacciatori di alieni, lo ha catturato. E mi dica, cosa ha portato alla sua cattura?"

"Lui stava cercando di salvarmi."

"Salvarla, signorina Parker? Da che cosa stava cercando di salvarla?"

"Da Nasedo. Il vostro protettore aveva preso le sembianze di Max e mi aveva rapita."

"E c’è qualcun altro che lo ha visto prendere l’aspetto di Max, cosa che noi avremmo considerato un atto di tradimento?"

"E fare un patto con i vostri nemici non lo è?"

"E’ compito mio fare le domande, signorina Parker. Il suo è solo quello di rispondere."

"No. Non lo ha visto nessuno. No … aspetta. Jim. Jim Valenti, lo sceriffo."

"Che si dia il caso non sia qui." ridacchiò Rath.

"Max!" esclamò Liz. "Lo ha visto Max."

"E dove?"

"Nel labirinto degli specchi."

"Sta dicendo che Max ha visto se stesso in una stanza piena di specchi? Signorina Parker, non è normale?"

"No, lui lo ha visto. Ha visto Nasedo portarmi via. Io credevo che fosse lui."

"Davvero?" sogghignò Rath. "Così, ancora una volta, Max si è trovato in un pericolo mortale a causa sua." Non ci fu risposta.

"Cosa ha pensato quando Zan … quando Max le ha detto di essere un alieno?"

"All’inizio mi sono rifiutata di crederci." Liz sorrise al ricordo di quel giorno. "Ma più ci pensavo, più la cosa aveva senso. E, una volta accettata l’idea, mi sono resa conto che lui era ancora … Max."

"Cosa le ha detto di non fare, dopo aver scoperto il suo segreto?"

Liz si accigliò per un momento e i suoi occhi si spalancarono. "Mi ha chiesto di non dirlo a nessuno. Che la sua vita era nelle mie mani."

"Capisco." sorrise Rath. "E poi cosa ha fatto?"

"Credo che ho cominciato a volerlo conoscere meglio. Sapevo chi era, naturalmente, ma non frequentavamo la stessa cerchia di amici. Volevo che le cose cambiassero."

"Lo ha detto a qualcuno?"

"Certo che no." Liz scosse la testa. "Oh, tranne che a Maria, la mia migliore amica."

"Così, nonostante lui le avesse chiesto di non dirlo a nessuno, lei lo ha fatto. E’ vero?"

"Uhm … " Liz arrossì. "Sì."

"E la persona alla quale lo hai detto non era altri che Maria Deluca, qualcuno non certo famoso per la sua stabilità mentale o per la sua capacità di tenere la bocca chiusa … "

"Meno male che Maria non è qui." grugnì Max.

"E’ una buona cosa che lei non lo abbia detto a nessun’altro, vero signorina Parker?" Rath continuò, ignorando il commento di Max.

Liz abbassò lo sguardo, il viso ancora rosso.

"O lo ha fatto? disse Rath guardandola in faccia. "Lo ha detto a qualcun altro?"

"Sì." Liz fece un lento cenno col capo. "L'ho detto ad Alex. Ma ho dovuto farlo o lo sceriffo avrebbe scoperto tutto."

Rath fece una pausa per permettere alla reazione del pubblico di placarsi. "Mi dica, signorina Parker. Che cosa l’ ha attratta verso Re Zan?"

Liz guardò Max e gli sorrise. "Mi dispiace, Michael. Ma non sono attratta da Zan, e tu lo sai."

"Cosa l’ ha attratta verso Max?" Rath le rivolse un’occhiataccia.

Max e Liz si divisero un sorriso di trionfo.

"La sua natura." disse lei, guardandolo con adorazione.

"Non il suo potere?"

"Sai che non sapevo chi fosse, come non lo sapevi tu. Non fino al giorno in cui abbiamo sentito il messaggio, nella camera dei bozzoli."

"Ah, sì. Quel messaggio. E’ stato il giorno successivo a quando gli ha detto che lo amava, non è vero? Può dire alla corte, cosa ha fatto, dopo aver sentito quel messaggio?"

"Io … " il cuore di Liz saltò un battito. "Io l' ho lasciato, perché potesse seguire il suo destino."

"Capisco." ridacchiò Rath. "Vuol dire che é scappata via."

"Non è stato così … "

"No? Come é scesa da quella collina? Camminando? Guidando? Come?"

"Io … correndo."

"Ha lasciato Roswell, vero?"

"Sono andata in Florida, da mia zia."

"Devo dire, signorina Parker, che per essere qualcuna innamorata di questo … Max, ha trascorso molto tempo più lontano possibile da lui. No, non risponda." Rath sollevò la mano. "Non ce n’è bisogno." Si voltò verso il pubblico. "Signorina Parker, qual è il suo rapporto con Kyle Valenti?

"Kyle? E’ un amico."

"Un buon amico?"

"Sì."

"Più che un amico?"

"Cosa vuoi dire?"

“Dove vi ha trovati Max, lei e il suo ‘amico’ Kyle, un paio di anni fa’, quasi ad Halloween?"

Il viso di Liz sbiancò.

"Può rispondere, signorina Parker. Dove vi ha trovati quest’uomo che lei dice di amare così tanto?"

"Nella … nella mia stanza."

"Può essere un pochino più precisa? Dove, esattamente?"

"Nel … nel mio … letto. Ma noi … "

"Grazie, signorina Parker. Si limiti a rispondere alle domande. Così è capitato che l’uomo che lei amava è arrivato all’improvviso e l'ha vista a letto con un altro uomo. Mi dica, Max potrebbe aver visto qualcosa di innocente?"

"Sì."

"Ed è questo il motivo per il quale è scappato via? Perché ha visto che non era successo niente?"

"No." Liz scosse lentamente la testa. Lacrime le scesero dagli occhi.

"O è corso via perché lei e un altro uomo eravate in atteggiamento intimo?"

"Io … io … non è stato così."

"No? E che cosa avrebbe visto Max?"

Liz non poté rispondere e abbassò la testa.

"Potrebbe Max aver visto due persone che avevano appena condiviso un momento di intimità?"

"Sì." annuì lei. "Ma … "

"Sapeva che Max sarebbe venuto?"

"Prego?"

"Quella sera, sapeva che Max sarebbe venuto a trovarla? Risponda alla domanda, signorina Parker."

"Sì." disse lei sottovoce, ma nella stanza la sentirono tutti.

"Uh huh." Rath sogghignò. "E’ questo il modo di dimostrare l’amore sulla Terra?"

"Tu sai cosa stava succedendo!" scoppiò a dire Liz.

“Io?" chiese Rath. "Tutto quello che so è quello che mi ha detto lei. E ora credo che le sue parole possano essere un po’ più che sospette. Ha detto alla corte che appena un giorno dopo aver detto a Max che lo amava, è fuggita via da lui. Sappiamo anche che dopo aver dato la sua parola di non divulgare il segreto di Max, l' ha detto ad almeno due dei suoi amici. Perché dovremmo credere alla sua parola?"

Rath tornò a fronteggiare il pubblico. "Quando Ava comparve, cosa pensò di lei?"

"Ho pensato che era strana." Liz si sentì su un terreno più sicuro anche se, dal modo in cui la folla la stava guardando, che c’era solo un posto sicuro per lei. Voltò lo sguardo nella sua direzione, ma Max era assorto nei suoi pensieri. "Aveva dei buffi capelli, un trucco pesante e dei tatuaggi. Ed era strano anche il suo modo di camminare."

“Non il duplicato." Rath scosse la testa. "L’originale."

"Mi dispiace, Michael. Io conosco una sola Ava."

"Okay, allora. Cosa hai pensato di Tess?"

"Non mi fidavo di lei."

"E gli altri?"

"Nemmeno Max. "

"No? Mi dica, cosa è successo tra Max e Tess?"

"Prego?"

"Cosa ha visto Max fare con Tess?"

"Lui … lui l' ha baciata. Ma questo è successo prima che lui scoprisse i suoi poteri."

"Capisco. Max bacia un’altra ragazza e quando viene scoperto dalla sua fidanzata, dice che è stato costretto a farlo. Bella scusa. Chi altri non si fidava di lei?"

"Max, Alex … "

"Kyle?"

"Prego?"

"Kyle si fidava di lei?"

"Io … io non … "

"Kyle non è uscito con lei?"

"Sì, ma … "

"Ma cosa? Signorina Parker, le ha già dello alla corte che amava Max. Sappiamo anche che ha attirato Kyle nel suo letto per qualche gioco disgustoso e sappiamo che Tess è morta in circostanze misteriose. Era gelosa di lei, non è vero?"

"Si, ero gelosa!" gridò Liz. "Si supponeva che fosse il destino di Max. E’ stata la prima volta di Max. Certo che ero gelosa. Ma non l' ho uccisa."

"Cosa è successo la notte che è tornata a Roswell con il figlio di Max?"

"Che vuoi dire?" si accigliò Liz. "E’ fuggita dalla base ma, per farlo, ha ucciso delle persone. Ma io non ero lì, per cui non so cosa sia realmente successo."

"Cosa è successo quando è andata nell’appartamento di Max," Rath sogghignò "e l' ha rivista per la prima volta da quando se ne era andata?"

"Ero scioccata." annuì lei. "Non pensavo che l’avrei rivista ancora."

"E cosa le ha fatto?"

"Io … " Liz abbassò lo sguardo."L' ho fatta saltare."

"Mi scusi, signorina Parker, cosa ha fatto?" Rath sollevò la mano per appoggiarla a coppa dietro l’orecchio.

"L' ho colpita."

"Con una pistola? Qualche arma umana? Signorina Parker, come l' ha colpita?"

"Con un’esplosione della mia energia." Liz stava quasi sussurrando. "Sai? Come fate voi ragazzi."

"Vuole dire che ha usato poteri Antariani?"

"Credevo che fossero umani." Liz sollevò lo sguardo. "Tu hai detto che Nasedo … "

"Signorina Parker, quell’esplosione di energia non ha niente a che fare con i poteri umani. Anche se il cervello umano fosse avanzato di milioni di anni, non sarebbe mai capaci di incanalare l’energia in quel modo."

"Non possiamo saperlo."

"Ovviamente." Rath fece una smorfia.

"Obiezione!" Jesse si alzò. "Vostro Onore, è ingiusto che l’accusa faccia questo genere di affermazioni. A meno che non sia stato nel futuro,che prove può avere che gli umani non possano sviluppare quei poteri, un domani? E Liz è una ragazza fuori dal comune. Se ci fosse un umano in grado di sviluppare dei poteri, sarebbe lei. Specialmente quando si tratta di proteggere l’uomo che ama più di ogni altra cosa."

"Lord Rath?" il giudice o guardò con un sopracciglio sollevato.

Rath si voltò verso il tavolo e sollevò un piccolo cubo di metallo. "Risultato di cinquan’anni di studio, Vostro Onore." lo tenne in alto in modo che tutti potessero vederlo. "I nostri esperimenti, che includono lo studio dello sviluppo del cervello umano, hanno mostrato che questa capacità non sarà sviluppata né domani, né mai."

"Allora l’obiezione è respinta." sorrise il giudice.

Rath lo ringrazio con un cenno del capo, fece un sorriso ironico a Jesse e tornò a rivolgersi a Liz. “Allora forse, signorina Parker, potrebbe spiegare alla corte com’è che lei, che ha proclamato di essere umana, possiede un potere che hanno solo gli Antariani?"

“Io … io non posso." Liz abbassò la voce e guardò ancora una volta il pavimento. "Ho ottenuto i miei poteri da Max. Quando lui mi ha guarito. Non capisco come o perché, ma adesso posso fare delle cose. Come possono farle loro."

"Quante altre persone sono state guarite da Max?"

"C’è Kyle … e Jim … e quei bambini all’ospedale." cominciò a dire Liz. "oh, e c’è stata Peggy … "

"Nel complesso, Max è stato piuttosto occupato."

“Sì." annuì Liz.

"E di tutti gli umani guariti da Max, quanti hanno mostrato lo sviluppo di queste … abilità?"

"Nessuna, ma … "

"Grazie, signorina Parker." Rath la fermò. "Così nessun umano guarito da Max ha mostrato alcun potere, né umano avanzato, né antariano." si rivolse alla giuria. "Ci racconti della notte in cui Ava … Tess morì."

Liz deglutì ed annuì col capo. "Eravamo tutti a casa di Isabel. Avevamo votato se consegnarla o meno ai militari, per distoglierli da noi. Per il modo in cui era fuggita, stavano facendo per lei delle ricerche estese."

"Come ha votato Max?"

"Ha detto che non dovevamo farlo. Che lui non augurava quello che era successo a lui nemmeno al suo peggior nemico."

“Lui ha votato prima di lei?"

"Sì."

"Così, quando è stato il suo turno, lei non ha voluto andare contro il suo voto, vero? Quanto le sarebbe piaciuto mandarla a morire."

“No!" gridò lei. "Non è vero!"

"Cosa è successo?" Rath avvicinò il suo viso a quello di Liz. "Ha usato i poteri appena ‘scoperti’ per sottometterla? L' ha portata da qualche parte nel deserto e l' ha uccisa?" Rath smise di gridare contro la ragazza, che stava scuotendo la testa. "Signori della Corte, quando tutti andarono a dormire, quella notte, la Regina Ava era nella stanza. Quando si svegliarono il mattino successivo, lei e l’accusata, Elizabeth Parker, non c’erano. Più tardi, lei ritornò da sola, e ‘dichiarò’ che Ava era entrata di sua volontà dentro una base militare di massima sicurezza e che l’aveva fatta saltare e con la base, se stessa.

Abbiamo visto dalle sue precedenti ammissioni, che le sue motivazioni erano confuse. Come possiamo prendere per buona la sua parola in questo caso? Sono sicuro che la difesa vi dirà che tutto quello che questa ragazza ha fatto, l' ha fatto per Zan. Ma ricordate una cosa. Come può la donna, che tu credi di amare, abbandonarti proprio quando hai più bisogno di lei? Come può aiutarti trovare la donna che ami a letto con un altro uomo, dopo aver fatto del sesso? Ci sono molte dimostrazioni della capricciosa natura di questa ragazza, ma ve le risparmierò. In ogni caso, abbiamo potuto vedere come tutte le sue azioni sono servite solo a far soffrire Zan, ad indebolirlo. Il solo modo per liberarlo dal suo perfido incantesimo è condannandola a morte. Grazie."

Il pubblicò restò ammutolito. Max e Jesse gemettero.

"Jesse, dobbiamo trovare qualcosa che ci aiuti." il tono di voce di Max lasciava trapelare tutta la sua disperazione. "Altrimenti, temo che perderemo."

"Chi conosciamo, Max? Su questa nave, tutti odiano Liz. Dove troverai qualcuno al quale piaccia quanto basta per poterci essere di aiuto?"

"Ci sarà una sospensione, prima che la difesa possa presentare il caso." disse il giudice al di sopra del rumoreggiare della folla.

Max saltò dalla sedia e corse via dalla stanza.

* * * * *

"Dov’è Max?" chiese Kyle. "Dovrebbe essere qui. Come può abbandonarla così?"

Si erano raccolti nell’anticamera a fianco della stanza di Max, per cercare di stabilire le prossime mosse. La difesa di Liz non era partita molto bene. Jesse li aveva chiamati uno ad uno, per raccontare la loro versione della storia dell’amore che Max e Liz provavano uno per l’altra e di quello che avevano dovuto sopportare per quello. Rath era riuscito ad alterare tutto quello che avevano detto.

"Non lo so." Jesse scosse la testa e guardò verso Liz, che Maria stava confortando. "E’ sparito dopo le osservazioni di chiusura dell’accusa e, da allora, non l' ho più visto. E quelle … guardie, non permettono a nessuno di cercarlo."

"Non credi che lo stiano controllando in qualche modo, vero?" chiese Maria. "Come controllano Michael."

"No." Isabel scosse la testa. "Sarebbe un atto di tradimento. Come ricattare il Presidente."

"Tutto quello che so, è che qui abbiamo bisogno di lui." Kyle scosse la testa. "E se non si fa vivo immediatamente, Re o non Re, lo prenderò a calci nel sedere per tutta la nave."

"Ci stanno mettendo in croce." commentò Isabel. "Ogni testimone che hai chiamato è stato fatto a brandelli. Rath ha fatto sembrare che gli umani stessero cospirando contro Max. Non posso credere che mio fratello si stia nascondendo così. Credevo … che quello che divide con Liz l’avrebbe fatto rimanere al suo fianco. In questo momento, ha veramente bisogno di lui."

"La condanneranno a morte, vero?" disse Connie sottovoce.

"No, se potrò aiutarla." Jesse scosse la testa. "Ma è difficile fare il mio lavoro, quando Mi … Rath assume un atteggiamento così intimidatorio."

"Dovremmo dormire." sospirò Isabel. "Domani sarà una giornata dura. La giuria già è convinta che Liz abbia ucciso Tess e complottato per liberarsi di Max. A meno che non riusciamo trovare qualcosa che dimostri che Liz non è Millia, la incolperanno anche di tradimento.

"E cosa cambia?" Jesse si passò una mano tra i capelli. "Entrambe le accuse porteranno ad una sentenza di morte."

"Non ci provare!" lo minacciò Isabel. "Non provare ad arrenderti."

* * * * *

Rilasciata la loro testimonianza, alla gang fu concesso di prendere posto in aula. Scelsero di sedere dietro a Jesse e a Liz. Il posto di Max rimase vuoto, cosa che non passò inosservata al pubblico, al giudice e alla giuria. La notte precedente, il principale argomento di conversazione a bordo della nave, era stato che alla fine, Re Zan era riuscito a sfuggire all’influenza della strega. A fianco di Rath, sul banco dell’accusa, Bektor aveva sul viso un sorriso di soddisfazione.

"Il Consiglio di Difesa vuole ascoltare qualche altro testimone?" chiese il giudice a Jesse, con un sorriso ironico.

Jesse si voltò a guardare Isabel, rivolgendole un’espressione di impotenza, poi guardò Liz. "Mi dispiace così tanto, Liz. Sena Max io … io … "

"Lui verrà." lo incoraggiò Liz. "Lo so."

"Liz." Jesse scosse la testa. "Nessuno lo ha più visto dall’altro ieri. Mi dispiace."

"Jesse, ti prego. Devi fargli guadagnare tempo."

"Quando comincerò a parlare, Rath mi salterà addosso. Mi chiederà di convocare dei testimoni o di concludere." Una lacrima scese sulla guance di Jesse, rispecchiando le dozzine che erano su quelle di Liz. "Mi dispiace."

"Allora chiama me. Fammi parlare."

"No, Liz. L’ultima volta Rath ti ha distrutto. Non glielo lascerò fare di nuovo."

"Fallo, Jesse." lo sguardo di Liz bruciava di determinazione. "Ho bisogno di dare a Max del tempo. Sarà qui. Credimi. Fidati di me."

Jesse si alzò e guardò il giudice. "Vostro Onore, la difesa vorrebbe chiamare a … "

Le porte in fondo alla stanza si aprirono con un rumore simile ad una forte esplosione.

"Vorrebbe chiamare a testimoniare Veryn." gridò Max dalla porta dalla quale era appena entrato. Traversò l’aula come se gli appartenesse.

"Obiezione." gridò Rath al di sopra dell’improvviso baccano. "Non solo a Zan non è concesso di prendere parte alla difesa, ma che informazioni potrebbe aggiungere Veryn a quello che è stato già detto? E’ un dignitario di secondo rango."

"Lasciami rispondere alla tua prima obiezione." Max sorrise, fermandosi davanti al banco dell’accusa. "E’ semplice. Fino a che non sarò tornato al mio corpo antariano, non potrò governare come Re. Credo, Bektor, che sia chiaramente indicato dallo Statuto. Puoi confermarmelo?"

"Sì, è vero." balbettò Bektor. "Ma … "

"Così, anche se porto il Sigillo e ne ho la Sovranità, fino a che avrò un corpo umano, non sono il Re, vero?"

"Tecnicamente lo siete, Vostra Maestà."

"Ma legalmente?"

L’espressione di Bektor crollò. "No, legalmente no."

"Allora, dopo tutto, posso condurre la difesa?"

"Sembrerebbe di sì." borbottò Bektor.

"Ora rispondiamo alla seconda obiezione. Vostro Onore, Varyn è stato consigliere di Zan e suo amico fidato, fino a che non fu costretto a farsi da parte quando Zan divenne Re e Balusca, il ciambellano di suo padre, prese il suo posto. Visto che la maggior parte delle accuse contro mia moglie si riferiscono al periodo precedente a quello in cui Balusca rappresentava Zan, la sua testimonianza è di importanza vitale."

"Molto bene, Vostra Maestà." il giudice annuì. "Continui pure."

"Dove diavolo sei stato?" gli chiese Jesse quando Max si fu messo seduto accanto a Liz. Gli sguardi della giovane coppia si legarono immediatamente e lui la strinse in un forte abbraccio.

“Terra." mormorò Max. "Liz, mi dispiace di non esserti stato vicino, ma avevo bisogno di scoprire quello che era successo. Sono andato a trovare Langley."

"Langley? E che poteva dirti? Può aiutarci?"

"No." Max scosse la testa. "Langley non ha mai saputo quello che succedeva a Palazzo. Ma mi ha aiutato a trovare qualcuno che lo sapeva."

"Chi?"

"Sì, Max." Jesse cercò di distogliere la sua attenzione da Liz. "Chi?"

"Questo, amico mio, è una sorpresa."

"Che succede? Sono licenziato o cosa?" Jesse sembrò preoccupato.

"No." Max scosse la testa. "E’ che … Non potremo mai provare che Liz non ha ucciso Tess. L’intensità con cui lo vogliono credere, fa quasi male. Quello che dobbiamo provare è che Liz è umana. Una volta fatto questo, potremo appigliarci a cavilli tecnici, come il fatto che Liz è umana e che l’assassinio è avvenuto sulla Terra, sai? Cavilli legali."

"Ma io non l' ho uccisa, Max." obiettò la ragazza.

"Lo so, Liz." sospirò Max. "Ma doverlo provare è difficile."

"Spero che tu sappia quello che stai facendo, Max." Jesse scosse la testa.

"Fidati di me." gli rispose lui sorridendo.

"Con la mia vita." Liz lo avvolse in uno stretto abbraccio e Jesse alzò gli occhi al cielo.

* * * * *

"Ava!" gridò Kalyn e corse verso la piccola ragazza. All’ultimo momento si trattenne. "Vostra Altezza." le disse inchinandosi.

"Sì, sì." Ava scosse la testa. "Risparmiatelo."

"Dove è stata?" domandò Kalyn.

"Qua e là." e si strinse nelle spalle.

"Vi stavamo cercando." Kalyn ribolliva per l’eccitazione. "E io vi ho trovata. Ora non mi sento più così in colpa."

"Non montarti la testa." sogghignò Ava. "Direi, piuttosto, che sono stata io a trovare te! C’è qualche novità?"

“Sì. Non è meraviglioso? Voi e Zan sarete riuniti."

“Sì." Ava scrollò le spalle. "Stupendo. Cos’è quello?" E indicò il diario. "Sembrerebbe quello di Pappamolla."

"Questo è il diario della ragazza che ha ucciso l’altra te. Quella che ci ha traditi tutti. Mi sembra di essere riuscita a tradurlo. Speravo di trovare degli indizi per capire i suoi piani e i suoi motivi."

"Li troverai, ma probabilmente, non saranno quelli che ti eri aspettata. Ascolta. C’è qualcosa che dovresti sapere."

* * * * *

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Capitolo 41
*** 41 ***


Parte 41

"Signore e Signori della corte." Max era accanto al banco dei giurati, il viso rivolto verso il pubblico. Non aveva l’atteggiamento istrionico di Rath, ma la sua voce era l’espressione dell’autorità. Se lui parlava, tu dovevi ascoltare. "Chiamo il mio primo testimone, Veryn, una volta Ciambellano, nonché amico e confidente di Zan, quando lui era solo Lord Zan."

Dal macchinario al centro della stanza, apparve l’immagine olografica di un uomo molto anziano.

"Vostra Maestà." disse inchinandosi. "Mi da un grande piacere vedervi di nuovo, nonostante le circostanze. Spero solo di potervi essere ancora utile."

"Grazie, Veryn." Max si grattò la testa. "Vorresti raccontare alla corte gli eventi che hanno portato alla morte di Re Zan e degli altri? Quelli che loro ancora non conoscono."

"Ai vostri ordini, Sire." l’uomo si inchinò ancora. "Meno di due giorni dopo l’incoronazione di Lord Zan come capo della Casa di Talluvia, la Casa di Stellarine cercò di guadagnare un po’ di potere alle spese del giovane Lord. Con un attacco a sorpresa, invasero una larga parte delle nostre montagne che confinavano coi loro territori.

A quel tempo, Lord Zan non era ancora il giovane uomo caldo e generoso che l’anno successivo avrebbe sconfitto le forse di Krekascent. Era freddo e privo di emozioni, proprio come suo padre. Con una dimostrazione della sua spietatezza, respinse le forze di Stellarine nei loro territori, facendo prigioniero quasi un quarto del loro esercito, incluso il figlio del loro Capo. La Casa di Stellarine non ebbe altra scelta che implorare la pace. Come di norma, i prigionieri sarebbero diventati schiavi e i territori occupati, ricchi di prodotti, sarebbero diventati proprietà dei Talluviani. Fu un colpo per la Casa di Stellarine, perché quelle fertili pianure producevano la metà del loro cibo. Il popolo di Stellarine, sarebbe morto di fame.

Meno di una settimana dopo la sigla della resa, una piccola nave di Stellarine chiese il permesso di atterrare a Talluvia e il suo solitario occupante chiese udienza a Lord Zan. Come di consueto, dopo essere stato sconfitto in battaglia, l’emissario fu umiliato e condotto in catene davanti a Zan, che lo aspettava nella Sala delle Cerimonie. Era Lady Millia, figlia di Lord Novement, Capo della Casa di Stellarine. Lei gli disse che era venuta ad offrire se stessa come prigioniero sull’onore, in cambio della libertà dei loro contadini e di suo fratello, la cui presenza era necessaria a casa, visto che il loro padre si era ammalato."

"A beneficio dei nostri amici umani," Max accentuò le parole. "vorresti spiegare cos’è un ‘prigioniero sull’onore’."

"Un prigioniero sull’onore è una persona che prende il posto di un’altra e che giura che non cercherà mai di fuggire. I prigionieri sull’onore diventano schiavi, o peggio, facendo tutto quello che il loro catturatore ordina. Era un caso senza precedenti che una Lady offrisse se stessa, pur sapendo il destino che l’aspettava. Sarebbe stata libera solo quando il suo catturatore l’avrebbe concesso, o quando uno dei due sarebbe morto.

All’offerta di Lady Millia, Zan scoppiò a ridere e le chiese perché avrebbe dovuto accettare quell’accordo che andava a beneficio di una sola parte. Lei lo guardò dritto negli occhi, una cosa che pochi riuscivano a fare, e gli rispose che lo avrebbe fatto perché lei non credeva che fosse quel mostro senza cuore che pretendeva di essere.

Nella stanza, tutti trattennero il respiro. Molti avevano pagato per aver osato molto meno. Lord Zan si limitò a guardarla, gli occhi gelidi e impassibili. Poi, semplicemente e con la voce calma, le chiese se fosse disposta a dare la sua parola che non avrebbe mai cercato di uscire dal Palazzo, senza il suo permesso. Lei giurò che non avrebbe mai tentato di spezzare i suoi legami.

Quando Zan ordinò che le fossero tolte le catene, l’intera corte si lamentò. Il Maestro d’Armi cercò di spiegargli come una cosa simile non si dovesse fare, ma Lord Zan cominciò ad arrabbiarsi. Chiese di sapere chi era seduto sul trono della Casa di Talluvia. Era il Maestro d’Armi col le sue regole del passato o era lui, Lord Zan? Le catene furono rimosse immediatamente.

Dalla corte si alzarono altre proteste, quando Lord Zan disse a Lady Millia che l’avrebbe accettata come sua prigioniera sull’onore e che avrebbe rilasciato tutti i prigionieri disposti a fare un giuramento di lealtà. Una volta fatto, l’uomo che avesse rotto quel giuramento, avrebbe disonorato non solo se stesso, ma anche tutti i suoi antenati. Per lui, sarebbe stata meglio la morte.

I prigionieri furono condotti nel giardino sottostante, tutti tranne Lord Stepanas, il fratello di Lady Millia. Dietro istruzioni di Zan, fu scortato nella Sala delle Cerimonie, con grande dignità. Pregò sua sorella di non farlo, ma lei non volle nemmeno guardarlo negli occhi. Con Lord Stepanas riluttante al suo fianco, Zan disse agli uomini di Stellarine che erano liberi di tornare alle loro case, se avessero giurato di non prendere più le armi contro la Casa di Talluvia, se non per difendere le loro terre. Fu generoso, da parte sua, concedere agli uomini di poter combattere onorabilmente in difesa della loro Casa, se Lord Zan avesse deciso di invaderla.

Fedeli al loro Capo, aspettarono che Lord Stepanas rispondesse per primo. Sebbene sorpreso dall’offerta, Lord Stepanas disse quietamente a Zan di non poter accettare di lasciare sua sorella come pegno alla mercede di un’altra Casa, specialmente dell’odiata Casa di Talluvia. Lord Zan non fu sorpreso da quella reazione, perché lui avrebbe fatto altrettanto.

Zan promise allora di trattare Lady Millia, come se fosse stata sua sorella e che lei avrebbe goduto della cortesia e degli agi che il suo Palazzo poteva offrirle. Lord Stepanas guardò la sorella, che gli rispose con un cenno della testa, gli occhi spalancati per la sorpresa. Con un sospiro, Lord Stepanas disse di accettare il patto e che lui e i suoi uomini avrebbero prestato giuramento. Lord Zan aggiunse anche che avrebbe restituito le terre conquistate, come gesto di buona volontà.

Fui più di una guerra quella che Zan vinse, quel giorno.

Dopo la partenza di Lord Stepanas e dei suoi uomini per Stellarine, Lord Zan riportò la sua attenzione su Lady Millia. Mi disse, come ciambellano e come suo vecchio amico, di togliere le sue cose dalle sue stanze, che sarebbero state destinate ad ospitare Lady Millia. Le mise a disposizione un intero appartamento, con l’accesso personale al giardino, un posto dove lui era solito nascondersi per sfuggire alla pressione dei suoi doveri e dove nessuno aveva il permesso di entrare.

Riservò per sé una abitazione modesta accanto al Centro di Comando, dicendo che comunque avrebbe trascorso lì la maggior parte del suo tempo. Per accudire Lady Millia, scelsi un piccolo gruppo di giovani donne, che non l’avrebbero trattata in maniera diversa dalle altre e che non l’avrebbero messa in imbarazzo ripetendo in giro le sue piccole confidenze. Lei rimase genuinamente sorpresa da quel trattamento.

Lord Zan rimase sempre più coinvolto nel conflitto con la Casa di Krekascent ed accompagnò spesso le sue forze in battaglia. Quando era a casa, passeggiava con Lady Millia nel giardino, dove erano soliti parlare di molte cose. Qualche volta, approfittava di un punto di vista vantaggioso, solo per rimanere a guardarla, senza essere visto. Era mia opinione che si stava innamorando di lei, perché fu in quel periodo che cominciò a cambiare.

Lentamente, la sua freddezza svanì e lui fu più sereno nel progettare i suoi piani di battaglia. Le nostre perdite diminuirono e le nostre vittorie sembrarono aumentare, come se gli uomini fossero spinti a fare grandi cose da un capo nel quale avevano fiducia, ammirazione e che amavano. Per tutto il tempo che trascorse con Lady Millia, non ci fu nessuna scorrettezza. Quando gli chiesi se era saggio passare con lei tutto quel tempo, lui mi rispose che lei lo faceva sentire normale.

Quando Lord Zan ricevette la richiesta di sposare Lady Ava, seppi immediatamente che lui avrebbe accettato. Avevo coltivato la speranza che lui avrebbe trovato il modo di chiedere la mano di Lady Millia, perché vedevo grandi possibilità dall’unione delle Case di Talluvia e di Stellarine. Dall’unione con Krekascent mi aspettavo solo dispiaceri.

Incapace di affrontare Lady Millia, Zan inviò me a portarle la notizia. Lei la prese bene, come se fosse qualcosa che si era aspettata. Non mi sembrò sconvolta dalle novità, così ne conclusi che lei non provava per Zan quello che ovviamente lui provava per lei. Seppi dopo, da una delle cameriere che, come fui uscito dalla stanza, lei scoppiò a piangere e non smise per una settimana.

Una volta sposato con Lady Ava, Zan limitò i suoi incontri con Lady Millia ad una sola volta la settimana. Poi diventarono una volta al mese, fino a che, negli ultimi tre mesi, non la incontrò affatto.

Forse fu in un moto di gelosia che lei contattò gli Epsiliani, offrendosi di guidare i soldati per il passaggio segreto che aveva scoperto durante il suo soggiorno. Forse furono gli Epsiliani a contattarla, magari tramite un intermediario. Forse, alla fine, tutto quello che lei voleva era liberarsi di lui.

Una cosa è chiara, però. Lei fu testimone di quello che successe nell’appartamento reale, perché non avrebbe mai potuto ucciderli tutti e quattro da sola. Forse la sua fuga, più che essere segno di tradimento, fu indice del suo senso colpa. Forse lo scialle che Zan gli donò subito dopo il suo arrivo, fu lo strumento della sua rovina. Era il suo oggetto preferito, mi è stato detto. Uno scialle di Epsilian, degno di una regina.

* * * * *

"Max!" sibilò Jesse. "Ma che hai fatto? Vuoi farla impiccare?"

"Non ho ancora finito." Max ridacchiò. Si alzò ed andò davanti al giudice, dopo che Rath ebbe congedato Veryn, con un sorrisetto ironico. "Vorrei chiamare un altro testimone." si voltò verso Rath. "Molti di voi non lo riconosceranno ma, per adesso, è meglio così. Vi aiuterà a rendervi conto di una cosa."

Max guardò il soldato in fondo alla stanza e gli fece un cenno. La guardia aprì la porta e si rivolse a qualcuno che stava dall’altra parte, spostandosi poi di lato, per permettergli di entrare. Un giovane alto, vestito con abiti terrestri, si fece avanti nell’aula, con un ombra di arroganza nel suo portamento. Andò verso il banco dei testimoni e si mise a sedere.

"Doug Shellow?" dissero contemporaneamente le voci stupite di Kyle, Maria e Liz.

Rath spalancò gli occhi all’improvviso ed un sorriso gli passò sulla faccia. Si voltò verso Bektor e cominciò a parlare animatamente con lui.

"Max?" sibilò Liz. Con gli occhi della mente stava già sentendo le domande imbarazzanti che Rath avrebbe fatto, come ‘perché lo hai portato nella tua stanza da letto?’. "Sei sicuro di quello che stai facendo?"

In risposta, lui le strizzò un occhio. Fu una cosa che lasciò Liz sorpresa. Non poteva ricordare una sola volta in cui Max le avesse fatto l’occhietto. Ora si sentiva più fiduciosa. Seppe, senza ombra di dubbio, che Max avrebbe sciolto l’intera matassa.

"Grazie per essere venuto." Max gli fece un cenno con la testa.

"E’ stato un piacere." rispose Doug Shellow con un largo sorriso. "Non sai quanto sia felice di essere qui."

"Per piacere, vorresti dire alla corte, esattamente quello che hai detto a me?"

"Obiezione." Rath si alzò in piedi. "Che possibile informazione, di qualche interesse, potrebbe dare questo umano? L’unica cosa che potrebbe provare è l’ossessione dell’accusata per altri uomini."

"Lui ha delle informazioni, Vostro Onore. Più di quelle che potresti supporre, su quello che è accaduto su Antar dopo la morte di Zan, Rath, Vilandra e Ava. Ed è per questo che sono andato a prenderlo con una nave."

"E come ha avuto queste informazioni?" chiese il giudice.

"Nel solito modo, suppongo." rispose Max sorridendo. "Sentiamo cosa ha da dire."

* * * * *

Doug Shellow, seduto al banco dei testimoni, cominciò a parlare ad un cenno di Max.

"Dopo che Lord Zan ebbe rilasciato Lord Stepanas e i suoi uomini, e restituito i territori conquistati alla Casa di Stellarine, tutti salirono su una nave messa a disposizione da Talluvia per il loro ritorno a casa. Tutti sedettero in silenzio, assorti nei propri pensieri. Lord Stepanas guardò da un oblò la città di Talluvia diventare sempre più piccola. Alla fine, uno dei suoi generali lo avvicinò e gli disse che non aveva fatto nulla di cui vergognarsi, che si era onorevolmente difeso in battaglia contro una tattica superiore.

Lord Stepanas era arrabbiato con se stesso, non tanto per essere stato sconfitto, ma per il modo in cui era stato rilasciato. Non riusciva a sopportare il pensiero di sua sorella tenuta prigioniera da un uomo come Lord Zan.

Il suo generale provò a confortarlo di nuovo. Il generale era convinto che Lord Zan stava cercando una soluzione per uscire dalla situazione in cui si era cacciato, una che lo avrebbe lasciato con buoni rapporti con Stellarine, senza far perdere la faccia a Talluvia. Una volta che sua sorella era stata accettata come prigioniera sull’onore, Lord Zan non aveva modo di tornare indietro sulla sua decisione, senza perdere la faccia lui stesso.

Il generale non aveva dubbi sul fatto che lui avrebbe onorato la promessa fatta a Lord Stepanas di trattare Lady Millia come aveva detto - come una sorella. Lei aveva la sua strada da seguire, gli disse il generale. Ricordò poi a Lord Stepanas come sua sorella fosse una ragazza incredibile e come poteva essere la persona adatta ad unire la Casa di Stellarine con quella di Talluvia.

Le navi furono accolte non solo dai genitori di Lord Stepanas, ma quasi dall’intero popolo di Stellarine. Erano già arrivate le voci del loro rilascio, del pegno che loro avevano dato e della parte avuta da Lady Millia. Per i loro concittadini, erano degli eroi perché avevano permesso alla Casa di Stellarine di uscire da un potenziale disastro mantenendo intatto l’onore. Le voci furono confermate. Quel giorno, la stima verso la Casa di Talluvia crebbe notevolmente e continuò a crescere ogni volta che Lord Zan infliggeva una sconfitta alla Casa di Kreskascent, che cominciava a sentire il peso di quella guerra mal designata dalla sorte. Naturalmente erano i giorni in cui Zan non aveva ancora sposato Ava.

Lord Zan acconsentì ad ogni richiesta fatta dalla Casa di Stellarine per visitare Lady Millia ed i visitatori rimasero stupiti nel vedere che era trattata con il riguardo e la cortesia richiesti dal suo rango. Lei sembrava felice e la sua famiglia capì che Zan avrebbe mantenuto la sua promessa.

La Casa di Stellarine nutrì anche la segreta speranza che forse Lady Millia sarebbe riuscita a conquistare il cuore di Lord Zan e da lì sarebbe nata un’alleanza che sarebbe potuta diventare foriera di una pace duratura. Indipendentemente dai loro sentimenti però, capivano la convenienza politica di un matrimonio tra le Case di Talluvia e di Kreskascent.

Sulla Casa di Stellarine scese la vergogna quando vennero a conoscenza del tradimento commesso da Lady Millia. Ci fu qualcuno che credette che Lord Kivar avesse avuto ragione nel proclamare che Lady Millia si fosse nascosta tra la Casa di Stellarine.

Lo stesso Lord Stepanas si sentì così oltraggiato dalle azioni della sorella che organizzò un gruppo di ricerca per trovarla. Agenti furono reclutati tra le altre Case ed anche su altri pianeti. Non importava quanto fosse stata umiliante la sconfitta che Lord Zan aveva loro inferto, lui era stato un onorevole antagonista, che meritava una morte onorevole.

Quando fu chiaro che Lady Millia aveva lasciato il pianeta, rimasero solo due posti dove cercare. I più credevano che si fosse rifugiata su Esilia, ma Lord Stepanas era convinto che fosse andata sulla Terra, per continuare il suo tradimento verso Lord Zan ed impedirgli di tornare su Antar. Mandò qualcuno per cercarla e … per assoldare agenti che l’aiutassero a trovarla … ed a ucciderla."

* * * * *

Liz guardò il viso solenne di Doug e si chiese come facesse a sapere quelle cose. Poi guardò Max, che stava dietro di lui.

"Dove vuole arrivare?" sibilò Maria, alle sue spalle.

"Non ne ho idea." Liz scosse la testa.

"Signor Shellow." Max si appoggiò al banco ed infilò i pollici in tasca. "Perché Lord Stepanas ordinò una esecuzione senza processo?"

"Lord Zan era stato in posizione tale da poter distruggere Stellarine ed avrebbe potuto farlo. Lasciando liberi quegli uomini, e facendoli tornare alle loro terre, aveva permesso loro di mantenere il posto tra i Dieci. Quello che aveva fatto Lady Millia era stato mille volte peggio di quello che Lord Zan avrebbe mai potuto fare."

"Lui non è un alieno, vero?" mormorò Maria.

"Forse è solo uno degli agenti assunti da Stepanas." Isabel si strinse nelle spalle.

"Ho appena cominciato a capire come vanno le cose su Antar." disse Max freddamente, guardando Bektor. "Ma sapete bene, come lo so io, che sulla Terra, o almeno negli U.S.A., una persona è innocente fino a che non viene provata la sua colpevolezza."

"Di quali prove c’era bisogno? Lei era sulla scena del crimine, l’arma dell’assassinio è stata ritrovata nella sua stanza e lei è fuggita dal palazzo, venendo meno alla sua parola."

"Da quello che ci ha spiegato Veryn sui prigionieri sull’Onore, Lady Millia è diventata una donna libera nel momento in cui Zan è … è … lo sapete."

Liz non poté fare a meno di notare quanto Max fosse riluttante a pronunciare quella parola. Fino a quel momento, aveva sperimentato la morte per due volte.

"Signor Shellow." continuò Max. "Il Procuratore ha costruito il suo castello accusatorio sull’affermazione che Liz … lei si ricorda di Liz, vero?"

"Sì." Doug fece un cenno in direzione della ragazza. Le guance di Liz arrossirono al tiro mancino di suo marito.

"L’accusa proclama che Liz e Lady Millia sono la stessa persona. Ma lei non la pensa così, vero? Voglio dire, se questo fosse stato il caso, lei l’avrebbe uccisa nel febbraio di un paio di anni fa, no?"

"Uno dei protettori mandati con voi, era un agente di Lord Stepanas. Il suo dovere era quello di tenerlo informato di ogni donna che avrebbe cercato di avvicinarti. Quello era il suo modo di ringraziarti, Max, offrendoti una guardia del corpo contro Lady Millia. Bene, in apparenza, non eri tipo da frequentare le ragazze," sorrise Doug "perché lui non ebbe mai la necessità di contattare qualcuno."

Gli amici umani si scambiarono un’occhiata divertita.

"Cosa?" si stupì Connie.

"Max non è mai uscito con una ragazza, fino a che non ha cominciato ad uscire con Liz." sorrise Kyle. "Si è innamorato di Liz fin dalla prima volta che l' ha vista e credo che avesse sei anni, o giù di lì."

"Ma è quando è uscito dal bozzolo!"

"Esattamente."

"Più andiamo avanti," Connie si accigliò "più Liz somiglia a Lady Millia."

"Ed è stato così," continuò Doug "fino a pochi anni fa, quando ci è stato detto che tra te e Liz stava nascendo un legame. Fui mandato a Roswell più in fretta possibile ed arrivai lì poco dopo il vostro primo incontro. Mi resi subito conto che la ragazza era l’immagine di Lady Millia ma, prima di ucciderla, volevo esserne sicuro. Avevo già ucciso un’innocente, solo perché somigliava a lei."

"Sheila Hubble?" chiese Max.

"Si chiamava così?" Doug scrollò le spalle. "Non sai il senso di colpa che provo per lei. Stava fuori da un locale. Suo marito era entrato, lasciandola sola. Ho preso al volo l’opportunità e, per poco, non sono stato scoperto dal marito, che stava ritornando. Ho pensato che fosse Lady Millia, perché ero al corrente dei sospetti di Gleed e del fatto che una donna incinta aveva avuto un collasso nei pressi della caverna dove giaceva il corpo di Lady Millia. Anche noi avevamo il sospetto che lei fosse riuscita a trasferire la sua essenza nel feto."

"Così, come ha pensato di accertarsi della sua identità?"

"Quando l’amica di Liz, Maria, l' ha iscritta ad un concorso radiofonico, ho fatto in modo che lei lo vincesse. Poi, che fossi io ad essere scelto come il suo ‘misterioso uomo dai capelli scuri’."

"Così l’appuntamento al buio è stato solo una messinscena?" Max spalancò gli occhi più di quanto fosse necessario.

"Sì." rispose Doug. "Dovevo accertarmi se lei fosse una normale ragazza umana o qualcos’altro."

"E … ?" chiese Max, con un’ombra di urgenza.

“Bene, decisamente non è una ordinaria ragazza umana." sorrise Doug. "Ma non è neppure Lady Millia. Se Lord Zan fosse stato destinato a qualcun’altra, non avrebbe potuto esserci nessuna migliore di lei. Sei un uomo fortunato, Max."

“Grazie." Max sorrise a Liz. "Ma mi dica, Doug. Come ha fatto a scoprire che Liz e Millia non erano la stessa persona?"

"Con un bacio."

"Così aveva in programma di baciarla?" La voce di Max aveva un tono teso. Odiava l’idea che qualcuno potesse baciare Liz. "E come avrebbe fatto a capirlo da un bacio?"

"Come tu sai benissimo, Max," sorrise Doug "Qualcuno di noi ha la capacità di avere delle visioni, durante un bacio. E se fosse stata Lady Millia quella che stavo baciando, l’avrei saputo oltre ogni ombra di dubbio, credimi."

"Sa, Doug, ho come l’impressione che lei non sia un normale studente di college. Perché lo avrebbe saputo?"

"Perché Lady Millia era mia sorella." sogghignò lui. "Il mio nome è Lord Stepanas. E adesso, vorrei proprio poter tornare su Antar."

* * * * *

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Capitolo 42
*** 43 ***


Parte 42

"Il testimone è tuo." Max sogghignò in direzione di Rath.

Tornò a sedersi al fianco di Liz, mentre Rath si alzava e si avvicinava a Doug … a Lord Stepanas, non più sicuro di se stesso, come lo era stato prima.

"Okay." disse alle sue spalle la voce di Maria. "Ci può essere nessuno più strano di lui? Progettare deliberatamente di baciare la sorella!"

"Come hai fatto a scoprire tutto questo, Max?" gli chiese Liz. "Come hai fatto a sapere di Doug?"

"Dopo aver parlato con Langley." Max le sorrise. "Quando ha sentito quello che stava succedendo, mi ha detto tutto quello che sapeva. E’ saltato fuori che lui era una spia di Lord Stepanas. Ma non aveva mai conosciuto Lady Millia e ne ignorava l’aspetto. Così, quando ti ha vista con me, la cosa non l' ha preoccupato. Ad ogni modo mi ha parlato di Doug e mi ha detto dove potevo trovarlo. Appena l' ho rintracciato, lui mi ha suggerito di parlare con l’altro ciambellano, Veryn. Naturalmente," Max sorrise "Langley ha detto che l’aveva fatto per te e non per me. Ma c’è qualcun altro con cui dobbiamo parlare."

"Chi?" Liz si accigliò.

"Lo vedrai." sorrise ancora Max. "Nel frattempo, goditi questo. Finora Rath ha seguito un copione, perché come Michael è al corrente di tutto quello che ci è successo. Tranne questo. Questa è una parte della mia vita di cui non ho mai parlato con lui."

"E per quale motivo, Max?"

"Perché mi ricorda tutto il tempo che ho sprecato." lui la guardò dritta negli occhi.

"Uh huh." Liz gli sorrise. "Max dimmi che andrà tutto bene."

“Vorrei poterlo fare,Liz." l’espressione del ragazzo di fece seria. "Ma abbiamo ancora molta strada da fare. C’è ancora l’accusa di omicidio e devo ancora trovare una strada, per quella. Ma posso prometterti una cosa, Liz. Non lascerò che ti portino via da me."

* * * * *

"E adesso che succede, Max?" Jesse guardò Rath allontanarsi da Lord Stepanas.

Rath aveva cercato invano di far sì che l’uomo, come Doug, ammettesse con la corte che Liz fosse una ragazza così facile, da voler rimanere sola con lui. Invece lui aveva detto alla corte come la mente di lei era da qualche altra parte, come Liz avesse fatto tutto quello che era stato in suo potere per proteggere Max, quando aveva scoperto che era sotto l’influenza dell’alcol. Di come non avesse potuto fare a meno di vedere l’amore e la devozione che provava per Max, negli occhi di lei e nella sua mente, quando le aveva dato quel bacio, che non era stato ricambiato sinceramente.

"Ho avuto l’impressione che fosse andata avanti con quell’appuntamento, solo perché non voleva ferire i miei sentimenti." confermò Lord Stepanas. "Credo che Liz Park … Evans sia troppo buona per il suo stesso interesse."

"E ora siamo arrivati alla fine." si accigliò Max. "Non sono sicuro di questo, ma so che è l’unico modo."

"Qualsiasi cosa sia, sono certo che lei capirà." Jesse gli posò una mano sulla spalla.

Max annuì e si alzò dal suo posto. "Vostro Onore. La difesa vorrebbe chiamare a testimoniare Liz Evans."

"Obiezione." Rath si alzò. "Abbiamo già stabilito che il matrimonio non è valido."

"Liz." Max tese una mano verso di lei, ignorando sia Rath che il giudice. "Ho bisogno che tu venga con me."

"Max?" lei lo guardò, aggrottando le sopracciglia.

"Per favore, Liz. Fidati di me."

"Lo faccio sempre, Max." lei si alzò e si avvicinò a lui. "Ma … "

"Si tratta di Lady Millia, Liz. Ho bisogno di parlare con lei."

"Max? Lei non c’è. Di certo non penserai che è dentro di me, vero?"

"No." sorrise lui. "Ma conosco un altro modo."

Liz si mise a sedere, ma non guardò verso il pubblico.

"Liz." le chiese Max, sollevando lo scialle dal tavolo dove Rath lo aveva posato qualche giorno prima. "Lo riconosci?"

"Solo perché Michael me lo ha mostrato l’altro giorno."

"Questo scialle apparteneva alla donna che tutti pensano essere te. Accusano lei, e anche te, di aver commesso tradimento contro Re Zan. Sembra che sia stato Zan a darglielo."

"Lei non ti ha tradito." Liz tirò su col naso.

"Prego?"

"Lei non ti ha tradito, Max." Liz sollevò lo sguardo.

"Come puoi esserne sicura, Liz?"

"Lei era innamorata di te. Tu … tu fai questo effetto alle persone." Si scambiarono un sorriso, anche se quello di Liz fu incerto.

"Vorrei che potessimo parlare con lei." Max si avvolse un’estremità dello scialle attorno alla mano. "Rath, vieni qui un momento."

"A che gioco state giocando, Vostra Mae … Cosa state cercando di provare?"

"Hai paura di noi? Di Liz? Vieni qua."

Rath si alzò e si unì al suo Re.

"Prendi questo." Max gli tese un angolo dello scialle. "Anche tu, Liz." Max le tese il terzo angolo. All’improvviso, i tre furono assaliti da un’ondata di immagini. Max, attraverso lo scialle, aveva formato con gli altri, una connessione a tre vie e proiettò nella stanza quello che loro stavano vedendo.

* * * * *

Lady Millia stava camminando avanti ed indietro nella sua stanza, aspettando il responso dalla sua cameriera preferita. Era una ragazzetta graziosa e, sebbene potesse fidarsi di tutte le cameriere che Veryn, l’allora ciambellano di Zan, le avesse fornito, era di lei che si fidava maggiormente. Era da giorni che Lady Millia si sentiva in apprensione, come se stesse per accadere qualcosa di terribile. All’inizio, l’aveva attribuito al fatto che sentiva la mancanza delle sue chiacchierate con Lord Zan. Da quando aveva sposato Lady Ava, le sue visite erano diminuite e l’ultima risaliva, ormai, a tre mesi prima. Ma all’improvviso, cinque sere prima, era venuto da lei.

Era arrivato nel mezzo della notte, entrando come un ladro o forse, come un amante segreto. Quel pensiero le aveva creato una corrente calda nel corpo, facendo finta con se stessa che fosse così. In tutto il tempo che aveva conosciuto Lord Zan, lui non l’aveva quasi toccata, anche se c’erano stati dei momenti in cui il corpo di lei avrebbe gridato perché lo facesse. Quando si sedette sul suo letto, Zan aveva il viso disfatto.

"Mio signore!" esclamò lei. "Mi avete messo paura."

"Perdonatemi, signora." rispose lui dolcemente." Non era questa la mia intenzione. Ho bisogno di … State bene?"

"Si, grazie, mio signore." disse lei, chiedendosi cosa volesse dire in realtà. "Sto piuttosto bene. E voi? Voi state bene?"

"Io sto … bene." rispose lui. "A questo badano Lady Ava e mia madre."

C’era un tono tagliente nella sua voce, un tono che Lady Millia non gli aveva mai sentito prima. Capì che c’era qualcosa che non andava.

"Voi non state bene, mio signore." affermò semplicemente. "Voi siete molto preoccupato."

Lui la guardò, negli occhi un conflitto di emozioni.

"Da quando vi conosco," continuò lei "mi siete sempre sembrato molto sicuro di voi, così determinato. Le volte che abbiamo parlato, quando avete chiesto il mio parere, ho sempre sentito che voi sapevate cosa fare, ma che eravate in cerca di rassicurazione. Ora, invece, sento i vostri dubbi."

"Vorrei … " cominciò a dire lui, esitante. "Vorrei essere un semplice cittadino. Vorrei potermi svegliare al mattino, guardando la Torre e sapendo che l’uomo che ci guida sceglierà la cosa giusta da fare, il piano migliore per sconfiggere i nostri nemici. Vorrei poter vivere in pace."

"Questo è quello che vogliono tutti i grandi uomini con un dovere sulle spalle."

Zan la guardò di nuovo, i suoi occhi scuri che penetrarono quelli di lei. Era così facile leggere in quegli occhi; era stato il suo sguardo a farla convincere che lui era un uomo degno di fiducia. Era stato guardandolo negli occhi che aveva capito che sarebbe stata al sicuro, offrendosi come Prigioniera sull’ Onore.

"Non si tratta solo di questo." sospirò lui. "Sarebbe così bello poter stare con la donna che amo, perché l' ho scelta io. Stare con amici di mia scelta. Fare quello che voglio."

"Ma tutti sanno che amate vostra moglie. Non avete dedicato a lei tutte le vostre vittorie?"

Lui la guardò nuovamente negli occhi e, per la prima volta, sostenne il suo sguardo, parlandole. "Ho dedicato le mie vittorie alla donna che amo, a quella che me le ha ispirate."

Il corpo di Lady Millia fu percorso da un brivido. Perché parlava così?

Zan si alzò dal letto e cominciò a camminare per la stanza. "Io sono tutto per tutti." disse con voce amara. "Per mia moglie, sono un marito devoto ed affettuoso. Per mia madre, sono un figlio rispettoso. Per mia sorella, sono un fratello al quale appoggiarsi e che si prende cura di lei. Per il mio vice comandante, sono un capo, un mentore e chi lo sa, forse anche un amico. Per i miei generali, sono l’uomo che li guida, che da loro degli ordini, sono la loro ispirazione, la loro sicurezza; do loro la fiducia in se stessi. Per la nostra gente, sono il loro amato Sovrano, uno che li difenderà dai nemici, il portatore di speranza, di pace, di libertà. E per il destino? Io sono un ostaggio."

Lord Zan rimase in silenzio a fissare il pavimento. "Mi spiace, mia signora. Non sono venuto qui per opprimervi con i miei problemi."

Tra di loro scese il silenzio. Lord Zan sembrò confuso, mentre Lady Millia rimase a riflettere su quello che lui aveva detto.

"Lord Zan?" chiese lei con un filo di voce. "Chi vi conforta, quando ne avete bisogno?"

Lui la guardò con un’espressione interrogativa sul volto. Con tutta la sua forza, Lady Millia si augurò di sentirlo pronunciare il suo nome, di sentirgli dire che era lei che gli forniva conforto.

"Non l' ho ancora incontrata." sospirò Lord Zan. "E temo che non la incontrerò mai."

Stringendo gli occhi, lei ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di scendere.

"Ma sapendo che non posso fare a meno di essere confortato, sono venuto da voi." lui le rivolse un mesto sorriso. "Se fossi stato libero di scegliermi la moglie, avrei chiesto la vostra mano senza esitazioni. Ma temo di non potervi amare come voi meritate di essere amata."

"Ma poiché siete qui, mio signore," Millia si voltò per non fargli vedere le lacrime che avevano cominciato a scendere. "deve esserci qualche altra cosa. Se tenete veramente a me, ditemela, vi prego."

"Sono venuto a dirvi, che mi state molto a cuore, mia signora." sospirò lui." Per questo e per salutarvi."

"State partendo, mio signore?" si accigliò lei poi fu presa dal panico ad un pensiero improvviso. "Mi state liberando?" Non le piaceva l’idea di essere mandata via.

Lui si infilò la mano in tasca e ne tirò fuori un rotolo di pergamena. "Qui c’è la vostra libertà, mia signora. Ma non vi manderò via. Potrete andarvene solo quando lo vorrete." poi le sorrise. "No. Sono venuto a salutarvi perché ho paura. Ho visto la mia morte."

"Cosa?" lei rimase senza fiato. "Come? Dove? Quando?"

Ora lo stava guardando in faccia e le lacrime le scendevano liberamente. Lui la fece appoggiare contro di sé. Era così bello, così forte. Lei aveva sognato così a lungo di stare tra le sue braccia. Desiderò che la baciasse.

"Devi dirlo alle tue guardie." lo esortò lei. "Devi prendere delle precauzioni."

"No, mia signora." lui le sorrise, accarezzandole i capelli. "Mi è stato mandato un sogno. Ora, il Creatore ha bisogno di me. Forse ha bisogno di un buon generale per sconfiggere, nei Cieli, le forze del male."

"Tutti noi sogniamo, mio signore." gli sussurrò lei freddamente. "E molti di quei sogni non si avverano. Hai mai pensato che la tua guida è necessaria qui, e ancora di più?"

Lui la tenne ancora stretta a sé per qualche momento, poi la lasciò.

"Ti prego di non raccontarlo a nessuno, mia signora." la pregò Zan. "E ricorda sempre che, in assenza del mio vero amore, la mia ispirazione siete sempre stata voi. Prego perché, un giorno, possiamo incontrarci di nuovo, dovunque Lui abbia intenzione di mandarmi."

Da quella sera, lei non lo aveva più rivisto. La notte precedete anche lei aveva fatto un sogno nel quale aveva visto qualcosa di così raccapricciante, da sentirsi obbligata ad avvertirlo.

Se quello che lei aveva visto fosse destinato ad avverarsi, allora tutto il bene che Lord Zan aveva fatto, si sarebbe perduto in un istante. Aveva mandato la sua cameriera da Lord Zan, con la preghiera di essere ricevuta. Lei doveva avvertirlo.

In quel sogno lo aveva visto morto, disteso sul pavimento dell’ Appartamento Reale, accanto ad una tavola apparecchiata. Già quella da sola, era stata una visione terribile ma, nel suo sogno, lei aveva anche visto la morte del suo secondo in comando, di sua sorella e di sua moglie.

Alla fine, la giovane cameriera era ritornata, con un’espressione triste.

"Allora?" le chiese Lady Millia, ma seppe la risposta prima ancora che la ragazza cominciasse a parlare.

"Mia signora." rispose la cameriera, sconvolta dal fatto di aver fallito. "Balusca mi ha intercettata tre volte, mentre cercavo di raggiungere Re Zan. La terza volta, mi ha minacciata di farmi mettere in catene."

"Hai scoperto dov’è lui?"

"Si, signora." lei provò a sorridere. "E’ con sua sorella, sua moglie e Lord Rath, nell’Appartamento Reale. La Regina Ava sta dando un banchetto privato in onore del fidanzamento di Lady Vilandra con Lord Rath."

Lady Millia si sentì morire. Quella sera. Sarebbe successo quella sera, se non fosse riuscita ad avvertire Zan.Tempo prima, le sue cameriere le avevano mostrato i passaggi segreti che attraversavano il Palazzo. Millia li aveva usati per vedere di nascosto l’uomo che amava. Quella sera, li avrebbe usati per salvargli la vita. Avvoltasi nel suo scialle, un amato regalo di Zan, si affrettò nell’aria gelida degli stretti passaggi.

In un punto sopra la Camera Reale, prima che il passaggio conducesse alla scala per raggiungere la porta nascosta, c’era una griglia di aerazione che permetteva di guardare nella sala da pranzo posta al di sotto. Lei aveva spiato i quattro ed era rimasta stupita da quello che aveva visto.

Lontano dall’amore e dalla leale amicizia che era stata presentata al popolo di Antar, le sembrò che Re Zan e la Regina Ava, dividessero un rapporto fatto di discordia ed inimicizia. Invece di celebrare il fidanzamento, lo stavano usando come pretesto per litigare.

"Credo che sia un’idea stupida." disse Ava in tono adirato. "Che voi vi sposiate. Come me e Zan. L’idea di avere Vilandra ancora più vicina, mi fa venire la nausea."

"Credi che a me piaccia più che a te, Ava?" sogghignò Vilandra. "Per te e per Zan, va bene. E’ politica ad alto livello."

“O al più basso." Ava roteò gli occhi.

"Non è che io sia innamorata di Rath." continuò Vilandra.

"Grazie." ghignò Rath. "Allora quello che è successo l’altra sera, cosa è stato? Uno sbaglio?"

"Sì." Vilandra si appoggiò le mani sui fianchi. "Avevo bevuto e tu ti sei approfittato di me."

"Io ricordo il contrario." Rath scosse la testa.

"Zan." gli disse Ava. "Devi impedirlo."

"Non vedo perché." Zan scosse la testa e si massaggiò la nuca.

"Perché questo la farà diventare importante quasi come me. Io voglio che il popolo ami me, non tua sorella."

"Cosa importa chi sceglieranno di amare, fino a che saremo in grado di garantire la loro sicurezza."

"Zan." lo esortò Vilandra. "Su una cosa Ava ha ragione. E’ uno sbaglio farmi sposare Rath. Preferirei sposare qualcuno … " lanciò a Rath un’occhiata di sdegno. "… più forte."

"Posso anche non piacerti." Rath ricambiò lo sguardo ostile della sua fidanzata. "Ma almeno riconosci questa scelta per quello che è. Un espediente politico. Un’ulteriore legame tra le nostre due Case, in passato fortemente nemiche. Da parte mia, e senza ombra di dubbio, sono leale a Re Zan."

"Grazie, Rath." Zan gli fece un cenno con la testa. "E sappi che ho tenuto in gran conto le tue idee e le tue opinioni, nel periodo in cui abbiamo lavorato insieme. Insieme potremo salvare Antar." Si voltò verso la sorella. "Chi avevi in mente?" le chiese ad occhi stretti.

"Ebbene … " disse Vilandra esitante. "In questo momento non mi viene in mente nessuno, ma … "

"A chi stai pensando, Vilandra?" insistette Zan.

"E tutti sanno che non hai bisogno di lui." Vilandra guardò di nuovo Rath. "Sappiamo tutti che sei tu a preparare i pieni, a scegliere le strategie … "

"Chi è?" disse Zan con rabbia.

"Chi pensi di essere?" rispose altrettanto adirata sua sorella. "Non puoi obbligarmi a rivelarti i miei pensieri."

"Probabilmente è quel mollaccione, quello Stepanas." disse Ava con una smorfia.

Ci fu un colpo alla porta.

"Mi chiedo chi possa essere." disse Ava con un sorrisetto furbo. "Credevo che questo dovesse essere un incontro privato."

"Non lo so." Vilandra sembrò nervosa. "Io … io andrei a vedere."

"Fallo, Vilandra cara." ridacchiò Ava.

Vilandra andò ad aprire la porta, poi si fece da parte per lasciar passare una mezza dozzina di guardie vestite con la livrea della Casa di Kreskascent.

"Che succede?" chiese Zan.

"Kivar ha scelto questa sera per onorare la Casa di Talluvia con un grande dono." il sorriso di Vilandra le si allargò sulla faccia. "Non è una bella cosa?"

"Vilandra?" Zan scosse la testa. "E’ Kivar che hai scelto di sposare?"

"Perché no?" chiese lei. Sia Zan che Rath restarono a bocca aperta. "E’ più potente del suo semplice pupillo e con la sua forza, la nostra alleanza, sarà imbattibile."

"Preferisci buttarmi via a favore del mio mentore?" le chiese Rath.

"Tu starai lontana da Kivar." brontolò Zan.

"Troppo tardi." Kivar entrò nella stanza sorridendo. "Lei è infatuata di me."

"Che ci fai qui, Kivar?" gli chiese Zan. "Vai via immediatamente."

"Scegli bene le parole, Zan." ridacchiò Kivar. "Ho sei guardie armate con me. Tu chi hai? Tua sorella?"

"Ha me!" Rath si mise al fianco del suo Re e amico.

"Che sta succedendo?" Vilandra sembrò confusa. "Hai detto che i soldati avrebbero dato a Zan il tuo dono e che se ne sarebbero andati."

"Ancora non glielo hanno consegnato." sorrise Kivar. "E per quello che riguarda te," aggiunse, rivolgendosi a Rath. "non sei più mio figlio adottivo. Morirai qui, con Zan."

"E’ da vedere!" ruggì Rath, mentre lui e Zan cercavano di prendere le loro armi.

Il bagno di sangue si compì in pochi secondi, ma le cose non andarono secondo i piani. Sia Ava che Vilandra, non erano riuscite a scappare alla linea di fuoco che aveva falciato i due ragazzi. Prima di morire, Zan e Rath erano riusciti ad uccidere quattro delle guardie.

"Idioti!" gridò Kivar. "Avevo detto solo Zan!"

"Ci scusiamo, Lord Kivar." disse uno dei soldati. "Ma avete visto come Rath e Vilandra hanno combattuto. Abbiamo dovuto ucciderli, o saremmo morti tutti."

"Allora dovevate morire!" ringhiò Kivar. Chiuse gli occhi e cercò di ricomporsi. "E’ un peccato." disse guardando il corpo di Vilandra. "Poteva essermi utile." Spalancò gli occhi quando vide qualcuno dietro la griglia di aerazione. "C’è qualcuno lì."

Una guardia trovò ed aprì la porta, ma tutto quello che riuscì a trovare fu uno scialle.

"Appartiene a Lady Millia." sorrise Kivar. Tirò fuori un pugnale e con esso, colpì ripetutamente il corpo di Zan. Tese la lama ad una guardia. "Portalo nella sua stanza." Poi posò lo scialle oltre la porta e si fece indietro per ammirare la sua opera. "E chiama Larek. Digli di prepararsi ad atterrare."


* * * * *

Un attonito silenzio scese nell’aula del processo. Quando Max tolse lo scialle dalle dita di Liz, lei cominciò a barcollare e sarebbe caduta per terra se Max non l’avesse presa tra le braccia.

"Hai qualche domanda?" chiese a Rath squadrandolo, che se volesse sfidarlo a trovarne una.

Rath, stordito come il resto dei presenti, scosse la testa, fissando lo scialle con espressione vuota.

"Lei può andare." disse il giudice indicando Liz con un cenno della testa.

Max la sollevò, lei gli passò le braccia attorno al collo e seppellì il viso contro il collo di lui. Max avvertì il calore delle sue lacrime.

"E’ finita?" singhiozzò lei.

"Non ancora." le sussurrò lui. "Ma lo sarà presto."

Max non si preoccupò di poggiare Liz sulla sedia. Si sedette lui, invece, e tenne sua moglie tra le braccia, come se avesse intenzione di proteggerla così per il resto delle loro vite.

"Vostra Maestà?" gli chiese il giudice. "Avete altri testimoni?"

"No." Max scosse la testa. "Nessun altro."

Il giudice guardò nervosamente verso i giurati.

"Ora il consiglio farà l’arringa di chiusura." li informò. "Poi vi chiederemo il vostro verdetto."

Rath terminò la sua calorosa discussione con Bektor e camminò fino al centro della stanza. Guardò Max, poi portò lo sguardo sulla folla silenziosa.

"Che storia, non è vero?" disse sorridendo. "Mi chiedo, la difesa ha cercato di dimostrare che la stre …" Rath si voltò ancora una volta verso Max, accigliandosi. "La difesa ha costruito il suo caso basandosi sull’assunzione che l’accusata non fosse Lady Millia. Se così fosse, allora come faceva a sapere quello che era accaduto in quei momenti? E, in ogni caso, possiamo fidarci di lei?" Rath sollevò le mani in un gesto di supplica. "La difesa cercherà di dire che lei riesce a vedere delle cose e l’accusa sarebbe d’accordo. Noi affermiamo però che il motivo per cui lei riesce a vedere quelle cose è perché lei e Lady Millia sono la stessa persona.

Lord Stepanas ha dichiarato che avrebbe riconosciuto la presenza di sua sorella, ma se non fosse così? Ricordate quella terrestre? Se Lady Millia fosse riuscita a trasferire in lei la sua essenza e farlo poi con un’altra ospite, la sua essenza potrebbe essersi diluita al punto che chi una volta l’aveva conosciuta potrebbe non avvertirla?

E la sua pretesa che sia stato Kivar ad uccidere i Quattro Reali? Perché Kivar avrebbe dovuto uccidere la sua adorata figliola e il suo figlio adottivo? L’idea è inconcepibile. No. L’accusata è Lady Millia ed ha tradito Re Zan e gli altri, consegnandoli al nemico ed ha continuato a tradirlo, sul pianeta Terra. Non solo questo, ha anche ucciso la Regina Ava, dopo il suo ritorno. Signore e Signori della corte, l’accusa rimane convinta della sua colpevolezza. E crediamo che lo siate anche voi."

"Credo che ce l’abbia fatta." Jesse scosse la testa. "Guardali, Max." ed indicò la giuria con la testa. "Un momento fa erano convinti che Liz non fosse quella donna. Guardali ora."

"Max?" Liz afferrò il suo braccio e lo guardò negli occhi.

"Andrà bene, Liz. Mi rifiuto di credere che abbiamo dovuto affrontare di tutto, solo per finire così."

"Vostra Maestà?" lo chiamò il giudice.

Max abbracciò Liz e si alzò. Tenendole la mano il più a lungo possibile, arrivò al centro della stanza.

"La legge stabilisce che l’accusata è innocente fino a che non viene provata la sua colpevolezza. E’ così o no?"

Tutti annuirono.

"Ed è con questa convinzione che sono cresciuto. Eppure le ingiustizie avvengono … in continuazione. Bravi avvocati," Max rivolse a Jesse uno sguardo di scuse "riescono a rimandare in libertà i colpevoli, mentre ufficiali corrotti mandano in prigione gli innocenti. Odierei vedere che anche Antar è affetta da questi atti di … barbarie." Max fece un respiro profondo e si guardò attorno. "Non mi augurerei di dover regnare sopra un mondo così." Scosse la testa. "La mia coscienza non me lo permetterebbe. Liz," e sollevò la mano ad indicarla "è stata accusata dell’assassinio di Tess, quella che voi chiamate Ava. La sola prova prodotta dall’accusa è stata che nessuna delle due era nella stanza quando ci siamo svegliati."

Max scosse ancora la testa e cominciò a camminare per l’aula. "E questa sarebbe la prova di un omicidio? Rath non ha prodotto un singolo straccio di prova effettiva che Liz l’abbia uccisa. Non ha nemmeno detto come avrebbe fatto. Sì, Liz ora ha dei poteri." Max sollevò una mano con il palmo verso l’esterno. "Sì, ha sbattuto Tess contro il muro con un’esplosione di energia, ma Rath sa esattamente che così non possiamo ucciderci l’uno con l’altro. Inoltre, Tess aveva una enorme capacità di autodifesa. Era in grado di far vedere alla gente, quello che lei voleva che vedesse." Max rabbrividì. "Se voi condannerete Liz per omicidio, solo sulla parola di uno che si augura che sia eliminata, allora io non posso fare parte di un simile mondo."

Un basso mormorio si allargò nell’aula. Jesse fece a Max un grande sorriso e sollevò i pollici.

"Per quello che riguarda l’accusa di tradimento," Max si avvicinò a Liz e le prese la mano per condurla al centro dell’aula, insieme a lui. La guardò negli occhi e continuò a guardarla anche quando riprese a parlare. "Liz è incredibile. Certo, Rath ha distorto tutto quello che lei ha detto, per farla sembrare cattiva ai vostri occhi, ma lui conosce la verità. Sa che tutto quello che Liz ha fatto, non importa quanto potesse sembrare brutto, l' ha fatto per me." Staccò lo sguardo da lei e guardò la sua gente. "E questo significa che, alla fin fine, lo ha fatto per voi. Per tutti voi. Ed è così che voi ripagate il dolore, il senso di colpa e l’angoscia che questa … " guardò di nuovo Liz, si portò la sua mano alle labbra e la baciò. "che la persona più stupefacente dell’universo ha dovuto sopportare, solo perché ha scelto di innamorarsi di me? Abbiamo appena avuto la prova che Liz non è Lady Millia e che Lady Millia non ha partecipato all’uccisione dei vostri Reali. L’accusa, invece, insiste con quella fantasia. Io vi chiedo di riflettere attentamente, perché la vostra decisione potrebbe, alla fine, dare ai vostri nemici quella vittoria che fino ad ora è loro sfuggita. E un’altra cosa … " Max riaccompagnò Liz alla sua sedia e si sedette accanto a lei. "Dovunque Liz andrà, io andrò con lei. Se decidete di liberarvi di lei, ebbene, dovrete prima liberarvi di me."

La stanza fu pervasa da un nuovo silenzio, mentre Jesse, seguito dagli altri, si alzò per congratularsi con Max.

"Anche noi." gli sussurrò Maria. "Uno per tutti, tutti per uno. Giusto?"

"Giusto." le fecero eco quattro voci.

"Membri della giuria." il giudice interruppe il silenzio. "Vi chiedo di non tenere conto dell’ultimo commento del Re. Chiaramente, non è in condizione di essere razionale. Sapete bene come lo so io, che lui non può interrompere il corso della giustizia. Basate la vostra sentenza sui fatti, come vi sono stati presentati. Ora, avete raggiunto un verdetto?"

"Adesso?" Jesse diede voce alla sua preoccupazione. "Non dovrebbero ritirarsi e discuterne?"

"E per quale motivo?" il giudice sollevò un sopracciglio. "Loro sanno già se è colpevole o no." Si voltò verso la giuria. "Ebbene? avete preso la vostra decisione?"

"Boing. Boing." osservò sarcasticamente Kyle.

"Sì, Vostro Onore." annuì uno dei dodici uomini.

"Qual è il vostro verdetto per l’accusa dell’omicidio della Regina di Antar?"

"Per l’accusa dell’omicidio della Regina Ava, la giuria dichiara, non provata."

"Sempre meglio che colpevole." sorrise Jesse. "Bel lavoro, Max."

Dietro di lui, gli amici gli diedero delle pacche sulla schiena. Max e Liz si scambiarono un sorriso sollevato.

"Qual è il vostro verdetto per l’accusa di tradimento contro il Sigillo Reale di Antar?"

"Per l’accusa di tradimento contro il Sigillo Reale di Antar … " intonò l’uomo, facendo poi una pausa. Milioni di orecchie attraverso tutta una galassia, si tesero per ascoltare.

"Colpevole."

* * * * *

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Capitolo 43
*** 43 ***


Parte 43

"No!" gridò Max, facendo immediatamente apparire il suo scudo per proteggere Liz e se stesso.

"No!" gridò Maria, alzandosi in piedi.

"Jesse!" Isabel tirò uno stordito Jesse lontano dal campo di energia di Max.

"Rath!" ordinò Bektor, indicando la verde, scintillante barriera. "fai il tuo dovere! Giustiziala!"

Rath non si mosse. Era rimasto fermo a guardare da Bektor a Max, circondato dal suo scudo. Il suo viso era una maschera di indecisione. In particolare, si soffermò sullo scudo e il suo sguardo si fece lontano.

"Guardie!" gridò il giudice.

Una dozzina di uomini vestiti di rosso accorse nell’aula e cominciò a colpire con la propria energia lo scudo, cercando di indebolirlo. Gli amici di Max assistettero alla scena con una impaurita frustrazione.

"Quanto può resistere?" Maria guardò con gli occhi sbarrati dal terrore il campo verde di Max circondato da vampate di luce bianca.

Kyle scosse la testa. "Se c’è in ballo la vita di Liz, scommetto che morirà prima di arrendersi."

"Qualcuno faccia qualcosa!" disse Isabel piangendo

"No!" gridò Rath.

Fu come un grido di battaglia e fece tacere tutto il rumore nell’aula. Cominciò a lanciare sfere di energia, non contro lo scudo, ma alle guardie che lo stavano attaccando. Tre di loro erano fuori combattimento, prima ancora che potessero essersi rese conto di essere state attaccate. Dall’altra parte della stanza, Isabel entrò in azione e lo imitò. Cominciò anche lei a lanciare sfere di energia contro le guardie. Ne colpì una. Kyle grugnì per la sua impotenza, mentre puntava la mano e cercava di farne uscire qualcosa.

"Vi siete sbagliati!" gridò Rath. "tutto questo è sbagliato. Smettete subito!"

Se qualcuno lo ascoltò, nessuno se ne accorse. Altre guardie entrarono nell’aula e, dopo un altro scambio di colpi di energia, bloccarono sia Rath che Isabel. Anche gli umani furono presi. Questa volta a colpire lo scudo di Max c’erano due dozzine di uomini, invece che una.

"Max!" gemette Isabel quando si rese conto che lo scudo di Max stava svanendo.

"Liz!" gridarono tutti, quando fu completamente sparito.

* * * * *

Dietro il riparo dello scudo, i giovani amanti si erano stretti uno all’altra, come se la loro vita dipendesse da quello. Trassero qualsiasi conforto poterono trovare nella profondità dell’amore che provavano uno per l’altra.

"Max." Liz guardò il marito negli occhi. Poteva vedere la sua forza vitale scivolare via nel tentativo di mantenere lo scudo. "Devi lasciarlo andare."

"Assolutamente no." rispose lui con una smorfia. La sua voce era debole.

"No, Max." Liz scosse la testa e gli appoggiò le mani sul braccio. "Così ti ucciderai e così mi accuseranno anche della tua morte. Non lasciare che mi portino via il tuo amore così. Devi vivere, per dire alla tua gente quanto ti ho amato."

"Non posso vivere senza di te." Max supplicò la moglie con gli occhi pieni di lacrime. "Non lasciarmi."

"Io non ti lascerò, Max." Liz cominciò a piangere con lui. "Starò sempre con te. Qui." Posò tutte e due le mani sul cuore di lui. "Fino a che tu mi terrai qui."

"Per sempre, Liz." le lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi, lungo le sue guance. "Sempre."

"Saluta gli altri per me, Max, e ti prego, salva il nostro pianeta. Salva le nostre famiglie."

"Lo farò, Liz." la sua voce cominciò a spezzarsi. "E mi dispiace così tanto. Mi dispiace di averti portata in tutto questo."

"No, Max. Se non lo avessi fatto, sarei morta tre anni fa, ricordi? Grazie, Max." Lei lo baciò sulle labbra. "Grazie per questi tre anni. Grazie di tutti i momenti meravigliosi che abbiamo diviso."

Liz lo baciò ancora ed insieme, attraverso la connessione che li aveva resi così vicini, videro quei momenti incredibili fluttuare davanti a loro. Il loro primo bacio, i loro magici appuntamenti, i momenti teneri e, alla fine, il loro matrimonio sulle colline dell’Idaho, dove si erano scambiati così tante promesse.

"Addio, Max." singhiozzò Liz quando lo scudo di Max cominciò a svanire. "Ti amo."

"E io amo te." Max l’abbracciò. "Mi dispiace così tanto."

Quando lo scudo fu completamente scomparso, sentirono gli amici gridare il nome di lei.

* * * * *

"IN NOME DELLA REGINA DI ANTAR." gridò una voce al di sopra del fragore dell’aula. "FERMATEVI!"

Un lungo e penetrante fischio echeggiò nella stanza, attirando l’attenzione di tutti. Bektor alzò il braccio, la mano in avanti, indicando alle guardie di interrompere il fuoco.

"Chi viene a disturbare il corso della giustizia di Antar?" chiese, cercando oltre le teste dei presenti che, ormai tutti in piedi, si stavano guardando attorno con l’espressione confusa.

Un leggero sussurro cominciò ad alzarsi dal pubblico e si sparse per la stanza.

Dalla loro posizione sul pavimento, Max e Liz guardarono prima i loro terrorizzati amici e poi il punto da dove era arrivato il grido. Rath fu subito da loro e li aiutò a rialzarsi.

"Mi spiace così tanto, Max." il ragazzo non riuscì a guardare l’amico negli occhi. "Anche per te, Liz. Loro hanno … loro hanno usato … "

"Va bene, Michael." la voce esausta di Max venne fuori in un rauco sussurro. Sapeva che in qualche modo, il suo amico era riuscito a vincere il segnale con il quale lo avevano controllato. "Lo sappiamo."

"Ma ho detto delle cose … Liz, io … io … "

"Scordalo, Michael." l’intero essere di Liz era focalizzato su Max. "Aiutami a metterlo seduto."

"Ma noi dobbiamo uscire da qui." protestò Michael. "Mentre la loro attenzione è altrove."

Ora il brusio nella stanza era distinguibile. Stavano tutti mormorando due cose. Una era ‘Ava’. L’altra ‘Vostra Altezza’.

"E tu chiami ‘Giustizia’ questa parodia, Bektor?" gli chiese Kalyn, l’espressione un misto tra senso di colpa e rabbia. "Tutto quello che ho visto qui è stato un gruppo di gente spaventata che ha travisato la verità per adattarla ai propri bisogni, senza tener conto dei sentimenti del Suo Re. E questa è giustizia? Dopo di questo, sarei sorpresa se avessimo ancora un Re."

"Kalyn?" Bektor fu sorpreso di vederla. Gli occhi di Bektor si spalancarono alla vista della sua compagna. "Vostra Altezza." disse facendo un profondo inchino.

"Bektor." annuì Ava. "Pomposo come sempre, vedo."

Max e Liz si scambiarono uno sguardo perplesso. La donna che stava parlando non sembrava né Ava, né Tess.

Ava guardò oltre le teste per vedere Max, ora seduto sul sedile dei testimoni, con Liz accanto a lui. Il viso di Ava mostrava un profondo senso di perdita.

"Max." gli sorrise. Poi guardò Liz ed annuì. "Pappamolla." E sulla sua faccia si aprì un piccolo sorriso. Liz non poté fare a meno di sorridere in risposta.

"Ava ha qualcosa da dire." annunciò Kalyn, per tacitare la folla. "Qualcosa di vitale importanza. Qualcosa che preferireste non sentire, ma che farete meglio ad meglio ascoltare. Avete appena commesso un grosso errore."

"Cosa desiderate dirci, Vostra Altezza?" Bektor fece uh altro pomposo inchino in direzione di Ava.

"Dovrei darvi delle informazioni." la ragazza si voltò per rivolgersi al pubblico, che aveva ricominciato a sedersi. "Qualche parte mancante della storia. Si riferisce a Lady Millia, subito dopo che ebbe assistito all’assassinio di Zan. E credetemi, è successo come lo avete visto. Lady Millia non fu coinvolta nella morte dei Quattro Reali. E tutte le sue azioni successive furono fatte per aiutare l’uomo del quale si era innamorata. Vedete, inorridita e sconvolta oltre ogni limite – dopo tutto, aveva appena visto morire il suo amore – Millia fuggì nel passaggio segreto che conduceva alla sua stanza. Ma sbagliò strada e riuscì a perdersi …

* * * *

Millia si era persa. Durante la sua fuga aveva svoltato diverse volte e non sapeva più in che parte e a che piano del palazzo fosse finita. Nello scuro passaggio, continuò a correre, piangendo la morte di Zan. Gli sembrò di aver corso per giorni. Alla fine, vide una luce, la seguì e si ritrovò in una piccola camera, sopra un piccolo laboratorio. Attraverso un foro di ventilazione sul pavimento, poteva vederne gli occupanti ma, soprattutto, poteva sentirli.

"E’ tutto fatto?" chiese la voce familiare di una persona fuori dal suo raggio di vista. Dove l’aveva già sentita prima?

"Sì." annuì un tecnico. "Le coordinate per il loro atterraggio sono state trasmesse ai nostri amici. Abbiamo già mandato in avanscoperta dei soldati, con alcune navi."

"Bene." disse la voce dello straniero. "Quando rinasceranno troveranno ad attenderli uomini leali a me."

“E’ una buona cosa avere un governante forte. Ma come farete, ora, ad assicurarvi la fedeltà della Casa di Talluvia?"

"Erano mesi che stavo seducendo Lady Vilandra. Aspetterò che torni su Antar e la farò governare al mio fianco. Solo di nome. Zan avrà delle accuse che lo aspetteranno e mi occuperò personalmente della sua esecuzione."

"E pensate così di garantirvi il Sigillo Reale? Solo il Granilith può trasferire il Sigillo da un Re ad un altro. Supponga che scelga un altro?"

"Il Granilith è solo uno strumento e può essere controllato. Mi farò dare il Sigillo e passerò il Sigillo della Regina a Vilandra, perché possa generare i miei figli. La linea di Khivar sarà lunga e potente."

"Presto Antar governerà non solo i cinque pianeti, ma l’intero Universo."

"Non mi dimenticherò della tua lealtà, Doodrah. Hai fatto un buon lavoro."

"Grazie, mio signore."

No. Lady Millia scosse la testa. Doveva avvertire Zan. Passò i pochi giorni che seguirono nascosta nei passaggi segreti ascoltando tutte le conversazioni di quelli che credeva leali a Zan. Venne a conoscenza del piano per mandarli a rinascere sulla Terra e anche del tradimento ordito contro di loro. Non c’erano dubbi nella mente di Millia. Doveva fare qualcosa per proteggere il suo amato Re. Era riuscita a trovare la strada verso la piattaforma di lancio, da dove sapeva che sarebbero partite le navi per andare a raccogliere i campioni di DNA umano.

Mentre aspettava l’occasione per infilarsi in una delle navi, incontrò per caso il tecnico, Doodrah. Era il pilota di una delle navi da ricognizione. Non si sentì un’assassina, perché lo considerava responsabile di tradimento. Millia lo uccise, ne distrusse il corpo e salì sulla nave al suo posto. Avrebbe trovato il posto dove Zan sarebbe rinato e gli avrebbe dato tutto l’aiuto che le fosse stato possibile.

* * * * *

Come le altre navi da ricognizione, Millia riuscì a passare non vista tra le linee degli Epsiliani ed attivò il motore di trasferimento, che le avrebbe consentito di percorrere milioni da anni luce in pochi mesi. Solo il Granilith poteva viaggiare più velocemente. Emergendo dal campo di forza che aveva loro consentito di viaggiare a quella velocità, le navi da ricognizione si trovarono strette nella morsa delle navi epsiliane che le stavano aspettando. Guidando la nave con manovre che non avrebbe mai credute possibili, Millia, insieme ad una dozzina di altre navi, riuscì a fuggire nell’atmosfera terrestre.

Come la passò, comunque, la sua nave fu colpita e lei precipitò nel deserto sottostante. In bilancio tra la riva di un lago ed una sporgenza rocciosa, Millia uscì dall’abitacolo più morta che viva. Trovò una caverna, vi entrò gattonando e, nascosta da alcune rocce, permise al suo bozzolo di sopravvivenza di avvilupparla, rimanendo così fino a che uno dei protettori non la trovò.

Con i suoi sensi ancora funzionanti, lei lo guardò diffidente. Sembrava indeciso su cosa fare e tornò a visitarla più volte. Quando portò con lui una giovane studentessa e le spiegò il piano per trasferire la sua essenza, Millia fece un suo proprio piano, uno che le avrebbe permesso di proteggere Zan. Usando ogni oncia della sua volontà, Millia trasferì la sua essenza in Gleed, usandolo solo come mero mezzo di trasporto. Dopo un po’, come lei aveva sperato, lui tornò alla camera dei bozzoli nelle fogne di New York. Come Gleed aveva spiegato alla giovane donna, Millia scoprì che uno dei bozzoli era stato danneggiato e seppe subito quale fosse. La sua essenza era morta ed il corpo era soltanto un guscio vuoto. Usando di nuovo la sua forza di volontà, Millia trasferì la sua essenza nel corpo di …


* * * * *

"Ava?" mormorò Liz. "Sei tu Lady Millia?"

"E’ così, Liz." sorrise lei. "E tu sei quella di cui Zan era già innamorato, anche se ancora non ti conosceva."

"Il suo amore, la sua ispirazione." Liz sorrise abbracciando Max.

"Sempre." Max le sorrise in risposta.

"Assurdo!" disse Bektor adirato. Poi, un pensiero improvviso gli attraversò la mente. Spalancò gli occhi con un’espressione sconcertata. "Se tu non sei veramente Ava, allora tutto è perduto. Nessuno possiede il Sigillo della Regina."

"Non è così!" gridò Kalyn scuotendo la testa. "Il Sigillo della Regina è sano e salvo. Né Ava e né quella che chiamate Tess lo ha mai avuto. Il che spiega la mancanza di retaggio antariano nel bambino che Tess ha portato con sé su Antar."

"Qualcuno potrebbe spiegare tutto questo a dei poveri Terrestri?" gemette Maria.

Kalyn le sorrise. "Quando il Granilith concede l’autorità di Reale ad una persona che ne è degna, gli concede sia il Sigillo de Re che quello della Regina. Quando il Re sceglie la sua sposa, e lei se ne dimostra degna, lui le trasferisce il Sigillo della Regina. Solo se il Sigillo è al suo posto, ci sarà una discendenza capace di accettare il Sigillo di Re, quando sarà arrivato il momento di passarlo. In questo modo si garantisce che il Principe Ereditario, sia veramente figlio del Re. Impedendo, nello stesso tempo, rivendicazioni illegittime da parte di bastardi che il Re potrebbe aver avuto seminando la sua regale avena da qualche altra parte."

"Così il fatto che quando Ava portò Zan su Antar lui fu rifiutato, significa che Ava non possedeva il Sigillo della regina?" si chiese Liz ad alta voce.

“E’ così." annuì Kalyn. "Cosa che fu evidente, quando lei posò il piccolo Zan sul trono. Solo chi ha il Sigillo può sedervisi. E’ una condanna a morte. Zan è morto dopo dieci minuti."

"Cosa?" Max si alzò, fissando Kalyn. La sua faccia era bianca. "Che vuoi dire con morto? Io … io l' ho visto." Lacrime scendevano dai suoi occhi. Guardò i suoi amici, quasi per chiedere conferma. "Noi l’abbiamo visto."

"Io … io sono spiacente, Vostra Maestà." Kalyn sembrò sbigottita e distolse lo sguardo. "Io … io pensavo che lo sapesse." la sua espressione si fece preoccupata. "Se lo avessi saputo, le avrei dato la notizia con un po’ più di … "

"Tutto questo tempo?" Max riusciva a respirare a malapena. "Lui è morto da tutto questo tempo?"

"Lui … lui è stato ucciso quando Ava ha cercato di farlo passare per il Principe. Quando è tornata sulla Terra, deve aver preso un bambino umano di uno degli abitanti di Antar, facendolo passare come vostro. Sto solo facendo delle ipotesi, ma credo che sia tornata con l’intenzione di rimanere di nuovo incinta di voi. Credo che non sapesse del Sigillo."

“Deve essere tornata per quegli ovuli che abbiamo trovato." Liz abbracciò suo marito. "Mi dispiace, Max."

"Mio figlio è morto?" il ragazzo aveva un’espressione così triste. "Ma io l' ho sentito. Lui mi ha chiesto aiuto."

"Max?" Liz si alzò e lo guardò negli occhi. Il suo atteggiamento era di simpatia e di supporto. Lo avrebbe aiutato a superare qualsiasi cosa. Anche questo. "Lo hai detto tu stesso. Hai sentito che era in pericolo, e lo era. Ma è stato solo quella volta. Da allora, tu non l’hai sentito più, vero?"

"No." lui scosse la testa. "Ma perché non me lo ha detto? Sai, alla fine, quando ha ammesso che non c’era nessun legame? E perché era così preoccupata per il figlio di qualcun altro?"

"Istinto materno, credo. Anche ammesso che il figlio non era suo, questo non significa che non se ne preoccupasse." Liz posò la mano sul viso devastato del marito.

"O, forse, si era convinta che il bambino fosse veramente Zan." disse Isabel, avvicinandosi al fratello. "Probabilmente, non ragionava chiaramente. La perdita di Zan deve averla colpita quanto ha colpito te. Forse di più."

"Ma poteva dirmelo." Max si guardò intorno. "Perché me lo ha tenuto nascosto?"

"Perché voleva risparmiarti un altro dolore." Liz si strinse a lui. "Allora, si era ormai arresa all’idea di averti perso. Si era finalmente resa conto che tu non l’avevi mai amata, che non avrebbe mai avuto quello che voleva da te o che non avrebbe potuto usare quegli ovuli, così ha deciso di lasciarti andare. Mi ha detto che tu mi amavi ancora, che tu pensavi a me anche quando stavi con lei. Sapeva che noi saremmo tornati insieme, Max. Non dicendoti la verità su tuo figlio, ha voluto risparmiarti quell’ultimo dolore." Liz fece una pausa. "Forse ha creduto che, lasciandoti crescere Zan come se fosse tuo, lei, in qualche modo, avrebbe fatto ammenda. Ha detto una cosa e si è incamminata verso la base."

"E cosa ha detto?"

"Ha detto ‘Anche io ho un cuore’."

"Oh, Dio." gemette Kyle. Anche lui sembrava sconvolto. "L’avevo accusata di non averne uno. Vorrei potermelo rimangiare."

"Il suo spirito è qui, Kyle." Ava gli sorrise. "Lei lo sa."

"Cos’è questa storia di umani su Antar?" chiese Jesse ad occhi stretti.

"Durante gli anni, molti soggetti che abbiamo esaminato, hanno preferito non tornare sul loro pianeta." Kalyn si voltò verso Kyle. "Mentre facevamo le analisi, hanno conosciuto un po’ di Antar e hanno preferito andare lì. Ora ne abbiamo un piccolo gruppo."

"Allora non tutto è perduto." la interruppe Bektor. "Se Zan ha ancora il Sigillo della Regina, può trasferirlo ad Ava. Voglio dire, a Millia. Khivar non lo saprà. Lui non era presente quando lei ha fatto la sua confessione. Quando Zan e Millia saranno tornati su Antar, lei potrà continuare a tener nascosta la sua identità e potranno ancora tenere unite le Case."

"Hai ascoltato una singola parola di quello che è stato detto in questa stanza, Bektor? " gli chiese Kalyn. "Non è Ava, non è Millia di cui Max è innamorato. Anche come Zan, lui ha sempre desiderato qualcun’altra. E l' ha trovata, proprio qui, in Elizabeth Par … Elizabeth Evans."

"Ma … "

"Inoltre, temo che la tua proposta sia irrealizzabile." Kalyn scosse la testa.

"Perché no, Kalyn?" chiese Bektor. "E’ importante. C’è in gioco il destino di Antar."

"Lo so, Bektor. E non mi meraviglio, con gente cieca come te bendata dalle tradizioni e attaccata alle vecchie cose. E’ stato soprattutto il vostro ostinato rifiuto a cambiare, che ci ha portato alla guerra con Epsilian."

"Questo non cambia il fatto che abbiamo bisogno di una Regina."

"E dopo quello che avete fatto passare a Liz, mi meraviglio che non abbiamo bisogno anche di un Re. Noi abbiamo già una Regina, tu … cieco imbecille." scoppiò a dire Kalyn. Si avvicinò a Liz e le fece un garbato inchino. "Vostra Altezza." la salutò. "Sono la vostra fedele servitrice, Serena Kalyn."


* * * * *
"Vorresti spiegare anche a noi quello che sta succedendo?" gridò Max al di sopra del rumore causato dalla reazione dei presenti. Aveva stretto Liz tra le sue braccia, visto che non gli piacevano gli sguardi rivolti in direzione di lei. Non riusciva a capire cosa significassero.

"Vuoi che lo spieghi io?" chiese Ava a Kalyn.

La donna annuì e Ava si avvicinò a Max e a Liz.

"Ricordi quando mi hai detto come Max ti aveva guarita? E’ stato allora che ho capito. Ho capito che tu eri quella cui lui aveva pensato tutti quegli anni su Antar, quando io ero così innamorata di lui, ma disperata al pensiero che lui amasse un’altra. Così ti ho toccata ed ho sentito il Sigillo. Sapevo che Max l’aveva già trasferito dentro di te. Lui probabilmente non se ne è nemmeno reso conto, ma la sua essenza l' ha fatto."

"Quando ha invertito la connessione con me?" Liz batté gli occhi, incredula.

“Sì." Ava le sorrise. "E col Sigillo, sono arrivate le tue speciali abilità. Solo che, fino a che non hai terminato la tua transizione, l’unica che hai potuto usare è stata la capacità di proiettarti verso Max. Come quella volta che gli hai salvato la pelle a New York."

"Così, quando ho cominciato ad avere quei mancamenti e ad avere le scariche elettriche verdi … quando mi sono ammalata … era per la transizione?"

"Esatto." annuì Ava. "Il tuo corpo ti stava cambiando. Ti stava rendendo pronta ad accettare l’erede di Max. E’ da lì che vengono i tuoi poteri, specialmente le tue premonizioni. E’ stato per quello che hai potuto colpire Tess. E’ stato per quello che hai potuto liberare Max, la volta che era intrappolato nel corpo di quell’uomo, Wheeler, e riportarlo nel suo."

"Come fai a saperlo?"

"Ho letto questo." e le tese il diario che Kalyn aveva cercato di tradurre. "Mi dispiace."

"Il mio diario?" Liz rimase a bocca aperta. "Come lo hai avuto?"

"Kalyn lo ha rubato a tuo padre. Ma non è riuscita a leggerlo, così io l' ho tradotto per lei."

"Allora tu sai tutto a proposito di Max del Futuro?"

"Sì." annuì Ava. "Diavolo, deve essere stata dura."

"Non ne hai idea." Liz scosse la testa. "Allora perché non mi ha avvertito dei cambiamenti? Avrebbe potuto dirmi quello che stava succedendo, per rassicurarmi che sarebbe andato tutto bene."

"In quella linea di tempo, tutto questo non è mai successo."

"E come fai a saperlo?"

"Perché la transizione si è fermata nel momento in cui avete consumato la vostra unione. Nel suo tempo, voi due l’avete fatto prima ancora che la transizione cominciasse, così tu non l’hai mai sperimentata. Ed è il motivo per cui hanno perso. Vedi, anche se avevi il Sigillo della Regina, non eri pronta ad usarlo e, senza il Sigillo della Regina, non eri abbastanza forte per rimpiazzare Ava. Come vedi, lui ha sbagliato. Tutto quello che doveva chiederti era di non concedergli la tua verginità fino a dopo la transizione."

"E come avrei potuto saperlo?" chiese Max, un po’ urtato dalla silente accusa che la colpa era stata sua, dei suoi ormoni e del suo amore per Liz.

"Non avresti potuto." Ava sorrise, posandogli una mano sul braccio. "Ma, almeno, questa volta hai aspettato e così facendo, hai reso più forte la tua Regina."

"Antar non seguirà un’ umana." annunciò Bektor.

"Antar seguirà Zan." affermò Ava. "E lui è un ibrido. Così non avranno bisogno di seguire un umano. Ti aspettavi, forse, da Ava che ci guidasse in battaglia? Sii realista."

"Io avrei una domanda." Kyle sollevò una mano, sentendosi come a scuola.

"Tirala fuori." ghignò Ava.

"Hai detto che Liz ha ottenuto i suoi poteri perché Max le ha fatto qualcosa. Non li ha avuto solo perché Max l' ha guarita?"

"No." Kalyn scosse la testa. "I poteri di Liz le vengono dal Sigillo e dal fatto che sia una ragazza straordinaria."

"Così, tutti quelli che Max ha guarito … Loro non … "

"Avranno dei poteri? No." Kalyn gli sorrise. "Non funziona così, mi spiace."

"Perché Michael è andato fuori di testa quando ha avuto il Sigillo?" chiese Maria. "E perché non ha influenzato Max o … Liz?" aggiunse, sorridendo all’amica.

"Qui la risposta è semplice." Kalyn sorrise. "Liz è talmente innamorata di Max che non prenderebbe mai in considerazione nessun’altro."

"E questo che vorrebbe significare?" chiese Michael.

"I Sigilli lavorano in coppia. O il Re li possiede entrambi, o lui ne ha uno e la Regina, una volta che le sia stato dato, ha l’altro. E come coppia, possono funzionare solo all’unisono. Se si separano, come quando Liz ha lasciato andare Max, possono colpire l’equilibrio del Re e cominciare a comportarsi in maniera molto particolare, come dicono le registrazioni lette da Ava sul diario.

Quando Michael ha ricevuto il Sigillo de Re avrebbe mantenuto il suo equilibrio solo se li avesse avuti entrambi o se la Regina avesse acconsentito a cambiare il destinatario della sua devozione.

Ma lei si è rifiutata di lasciare Max e lo avrebbe amato anche se lui non fosse stato Re, per cui Michael ha perso il suo equilibrio, perché Liz, il Sigillo della Regina, non lo sosteneva. Non ho dubbi che se fosse stata Tess ad averlo, affamata di potere com’era, avrebbe cambiato subito."

"E questa, non è una cosa pericolosa?" chiese Liz.

"Se fosse successo, il Granilith avrebbe immediatamente ripreso il Sigillo della Regina. Nel nostro caso, è stato Max a riprendersi il Sigillo del Re. Poiché era già stato suo e non gli era stato revocato dal Granilith, ha potuto farlo. Se fosse stato Kivar a provarci con la forza, allora sarebbe morto."

"Qual è il mio potere specifico?" chiese Michael. "Max ha il suo scudo ed il potere di guarire. Liz può proiettarsi e vedere il futuro. Isabel può passeggiare nei sogni. Sembra che l’unica cosa che abbia, siano le esplosioni di energia. Ma possiamo farlo tutti. Io cosa posso fare?"

"Vuoi dire che non lo hai ancora scoperto?"

"No." Michael scosse la testa.

"Prima cosa, tutti voi avete un solo potere. Il Sigillo Reale garantisce poteri addizionali, ecco perché loro ne hanno due." Kalyn indicò Max e Liz. "Sebbene tu fossi stato il Vice Comandante di Zan, la tua forza non era in una capacità tattica brillante. Zan ha sempre avuto una tattica migliore della tua. Il tuo talento è sempre stato il raccogliere le informazioni. Tu facevi sapere a Zan come era schierato il nemico e lui reagiva di conseguenza. E spesso gli davi ottimi suggerimenti, il che faceva di voi un’ottima squadra."

"E come facevo a raccogliere le informazioni?"

Kalyn si guardò attorno nella stanza, poi indicò una guardia accanto alla porta che, come gli altri presenti, stava guardando la scena che si svolgeva al centro della stanza, come se fosse una puntata di una soap opera.

"Concentrati su di lui e guarda cosa sta vedendo."

Michael si accigliò, ma fece quello che lei gli aveva chiesto. Si concentrò sulla guardia e, per un breve momento, vide la stanza come la vedeva l’uomo. Stava guardando con gli occhi della guardia.

"Cribbio!" imprecò sobbalzando. "Davvero facevo questo?"

"Sì." annuì Kalyn. "Puoi vedere quello che fa il nemico. Passare da uno all’altro fino a che non individui il tuo bersaglio, sia dalla tua posizione, che dal tuo corrente punto di osservazione. Più tardi ti aiuterò a fare pratica."

Michael si voltò verso Max e fece un largo sorriso. "Quegli Skin non sanno cosa li avrà colpiti."

"Gli Epsiliani sulla Terra ci metteranno in pericolo." Bektor scosse la testa. "Dobbiamo riportare gli umani sul loro pianeta, trasferire voi nei vostri corpi Antariani e tornare su Antar, insieme con le vostre Altezze, naturalmente. E immediatamente."

"Bektor?" Max si accigliò. "Tu sei licenziato. Kalyn, tu prenderai il suo posto."

"Ma … " Bektor restò a guardarlo a bocca aperta.

"Ava … voglio dire … Millia." Max lo ignorò e si voltò verso la ragazza bionda così uguale a Tess. Dovette fare forza contro se stesso, per prenderle le mani. "Grazie."

Ava guardò Max con gli occhi lucidi di lacrime. "Non c’è bisogno di ringraziare, Vostra Maestà."

"Puoi chiamarmi Max." le disse sorridendole.

"Grazie." lei rise attraverso le lacrime che le annebbiavano la visione.

"Non c’è più niente che ti trattiene sulla Terra, vero?"

"No." lui scosse la testa. "Non più."

"Forse vorresti tornare su Antar con Lord Stepanas? Si potrebbe fare."

Ava scambiò un’occhiata con il fratello. "Mi piacerebbe." sorrise. Poi si lanciò tra le braccia di Max e lo strinse forte. "Abbi cura di te, Sire." gli diede un bacio sulla guancia e si spostò verso Liz. "Ti prego, prenditi cura di lui." le sussurrò dopo averla abbracciata, e le strizzò un occhio. "Pappamolla."

"Sai già che lo farò." le sussurrò Liz in risposta, anche lei con le lacrime agli occhi.

"Sì." Ava sorrise. "Credo di saperlo."

Lord Stepanas si avvicinò alla sorella e, con il,braccio attorno alle spalle di lei, la condusse via dall’aula.

"Mio signore." Jesse si voltò a guardare il giudice, ancora immobile al suo posto. "Alla luce delle nuove prove, chiedo che la sentenza sia ripresa in considerazione."

"Caso chiuso." annuì lui, non senza un po’ di paura nello sguardo. "Tutte le accuse contro Elizabeth Par … Evans, sono cadute. Vostra Maestà?" aggiunse. "Vostra Altezza? Vi prego di perdonarmi … io … "

Max lo ignorò e si voltò verso gli amici.

"Wow." Kyle scosse la testa. "Che razza di dramma! Forse dovremmo farci un film. Potremmo fare una fortuna. Brad Pitt potrebbe impersonare me."

"Ora, quali sono i nostri programmi, Max?" chiese Michael. "Ow! E perché mi avresti dato un calcio, Maria?"
Michael cominciò a saltellare su un piede, massaggiandosi la pelle.

"Per tutto quello che hai fatto passare a Liz. Idiota!"

"Non ero io." si lamentò Michael. "Quello era Rath. Ow! Smettila di prendermi a calci!"

"Nuh uh." Maria scosse la testa. "Non te la caverai così facilmente. Dove sono tutte le tue cose?"

"Nella mia stanza. Perché? Ouch! Smettila!"

"Bene, perché è lì che rimarrai. Non pensare nemmeno di spostarti da me. Andiamo, Liz. Io, te, Isabel e Connie avremo una serata tra ragazze. Credi che come Regina, riusciresti a procurarti un barattolo di gelato? Lascerò voi ragazzi a vedervela con Guerin."

Liz scoppiò a ridere vedendo Maria che cercava di non zoppicare, per nascondere il dolore procuratale dai calci dati a Michael. Si guardò oltre la spalla e si mosse solo quando Max le sorrise, facendole un cenno di assenso con la testa. Più tardi avrebbero avuto modo di festeggiare insieme.

"Grazie, Jesse." Max strinse la mano al cognato.

"E per cosa?" l’uomo si strinse nelle spalle. "Hai fatto tutto tu!"

“Lavoro di squadra, ragazzi." Kyle sorrise, avvolgendo con le braccia, le spalle di entrambi. "Mi chiedo se ci sia della birra, qua sopra. Ora che so che non mi sto trasformando in uno di voi, non devo continuare ad essere astemio."

"Ai buddisti è permesso di bere?" chiese Jesse.

"A questo buddista, sì." rise Kyle.

Kalyn era rimasta al fianco di Bektor, incerta su cosa fare.

"Le ragazze sono andate da quella parte, Serena." Max le sorrise, indicando con la testa le ragazze che si stavano allontanando. "Perché non vai con loro?"

"Oh, no." lei scosse la testa. "Non potrei. Voglio dire … "

"Eravate amiche, nell’altra linea di tempo." Max le sorrise di nuovo. " Non c’è motivo perché non lo siate anche in questa."

"Sono veramente licenziato, Sire?" gemette Bektor. "Quello che ho fatto, l' ho fatto solo per il bene di Antar."

"Sì." annuì Max. "Il problema non è stato quello che hai fatto. E’ stato come lo hai fatto. Comunque, fino a che sarò sulla nave, avrò bisogno di qualcuno che mi aiuti. Per prima cosa, dobbiamo decidere cosa fare."

"Per prima cosa, Sire, dobbiamo trasferirvi nel vostro corpo antariano."

"Ancora non lo hai capito, vero?" Max scosse la testa. "Come ti ho già detto, non succederà mai."

"Antar non seguirà un umano."

"Mi va bene." Max si strinse nelle spalle. "Com’era quella frase? O a modo mio o niente."

"Io avrei un suggerimento su cosa fare per prima." lo interruppe Jesse.

"Cosa?" Max si voltò a guardarlo.

"Prendiamo esempio dalle ragazze e andiamo a festeggiare." Jesse gli diede una pacca sulla spalla. "Ce l’hai fatta, ragazzo. Ci hai tirati fuori."

"Perry Mason non avrebbe saputo fare meglio." ghignò Kyle.

* * * * *

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Capitolo 44
*** 45 ***


Parte 44

Indicazione della data: 12 dicembre 2002 - Roswell, New Mexico.

Con l’approssimarsi delle festività di Natale, i pensieri della maggior parte della gente vanno verso le loro famiglie e i loro cari. Ma, molto spesso, quelle famiglie sono costrette a sopportare una separazione che impedisce loro di stare insieme per le vacanze. Per molti la causa può essere il lavoro. Persone come dottori o infermiere. Altri sono separati dalla distanza, e debbono accontentarsi di brevi comunicazioni telefoniche.

Ma provate a pensare a quelli che non possono essere con la famiglia, senza mettere in pericolo la propria vita. Prendete, per esempio, i nostri famosi adolescenti, fuggiti da Roswell, New Mexico.

Come potete ricordare, lo scorso giugno, sei adolescenti del locale liceo sono stati costretti a fuggire per salvarsi la vita, essendo diventati il bersaglio dell’ ora defunta Unità Speciale dell’FBI, guidata dall’ora caduto in disgrazia ex Agente Steven Baurline.

Sembra che Baurline avesse deciso che quei ragazzi erano colpevoli di aver fatto saltare in aria la base aerea Edwards e che li abbia processati e condannati a morte di sua iniziativa, bypassando tutti gli elementi del sistema legale, che avrebbe dovuto tener ben presente.

Questi ragazzi sono ancora nascosti, spaventati non solo dai vendicativi membri della disciolta Unità Speciale, ma anche dai molti gruppi ed organizzazioni che potrebbero in qualche modo, voler controllare quegli immaginari poteri che l’FBI ha attribuito loro. Invece di una cena natalizia con le loro famiglie e di un incontro con i vecchi amici, questi ragazzi potrebbero essere nascosti in qualche squallido motel.

Se il loro passato ci dice qualcosa, potrebbero essere nel bel mezzo di un tentativo di aiutare qualche persona sfortunata ad uscire da una situazione drammatica. E’ una vergogna che non possano fare nulla per aiutare se stessi.

A Roswell, amici dei ragazzi scomparsi stanno organizzando una veglia per la notte della Vigilia di Natale nella cappella del municipio. Si accenderanno candele e si innalzeranno preghiere, con la speranza che un giorno, presto, possano essere abbastanza al sicuro per tornare dalle famiglie e dagli amici che sono stati costretti a lasciarsi dietro. C’è anche in programma di organizzare una cena in loro ricordo per le famiglie bisognose di Roswell.

Se qualche lettore vuole contribuire alla "Campagna di Solidarietà dei Sei di Roswell", possono inviare quello che possono (tranne cibi deperibili) alla casella postale 285, Roswell. New Mexico.

E spendete un pensiero per tutti quelli che sono costretti a passare il giorno di Natale lontano dai loro cari. - - - AFP

* * * * *
La porta della loro stanza si aprì con un udibile sibilo e, reduce dalla serata passata con le ragazze, Liz tornò nell’Appartamento reale che divideva con Max.

"Ti sei divertita?" le chiese Max, dal letto dove era disteso. Aveva cominciato a sorridere non appena l’aveva vista entrare.

"Sì." sorrise Liz, traversando la stanza per andare dal marito. "E’ stato grande. Serena è veramente una persona simpatica. Lo sapevi che è una scienziata? Ha fatto parte della squadra che ha preparato i vostri bozzoli, le vostre essenze, il DNA e tutto il resto." la ragazza sollevò le sopracciglia in un’espressione divertita. "Credo che si sia presa una cotta per te."

"Per me?" Max sembrò stupito.

“Sì." rise lei. "Spero che tu non voglia approfittare di questa informazione. Ho sentito parlare di voi Re e delle vostre concubine."

"Non sei divertente." brontolò Max.

"Mi dispiace." gli occhi di Liz brillavano, ma la sua espressione cominciò a farsi preoccupata. Gli carezzò una guancia. "Sembri stanco."

"Lo sono." ammise lui. "Due settimane senza dormire sono lunghe."

"Bene, io ormai sono al sicuro, grazie a te e ad Ava. Voglio dire, Millia. La tua gente ha accettato che sarò io, e non Ava, a stare al tuo fianco, così adesso puoi dormire. Cos’è che te lo impedisce?"

"Tu." sorrise lui.

"Io?" sul viso di Liz esplose la sorpresa.

"Sì." annuì lui. " Ti rendi conto che è … passato tanto tempo da quando noi … "

"Uh huh." sorrise Liz. "E’ tutto quello cui sai pensare?"

"Normale condizione umana maschile. Genetica. Ogni quindici minuti o giù di lì."

"E’ così?" gli occhi di lei tornarono a brillare. "Ogni quindici minuti?"

"Apparentemente."

"Pensi di farcela? Non ti addormenterai addosso a me?" Liz cominciò a ridacchiare. "Odio essere lasciata nei guai."

"Fidati di me, Liz Evans." Max si alzò dal letto ed andò ad abbracciarla. "Non rimarrai a bocca asciutta."

"Mi sembra di averlo già sentito dire una volta."

"E?"

"E cosa?"

"E’ andata così?"

"Ebbene," lo prese in giro, mentre lui le sfilava la camicetta dalla testa. "l’ultima settimana mi è sembrata particolarmente vuota."

"Davvero?" la bocca di Max scese su una delle sue spalle nude, mentre la sua mano andava al bottone dei jeans. "Forse dovrei fare qualcosa a questo proposito."

"Oh." un sospiro scappò dalle labbra di Liz. "Oh, sì. Ti prego."

Lei portò la sua attenzione sui vestiti di Max e, annaspando alla ricerca dei bottoni e sfilandogli i vestiti, furono presto nudi tutti e due. Max sollevò la piccola forma della ragazza e la portò verso il letto.

"Ora." le sorrise, deponendola sul letto. "Per renderlo speciale … "

Passò la mano su una piccola placca posata sopra la testata del letto e sembrò come se una delle pareti fosse svanita, permettendo ai due giovani amanti di guardare direttamente verso il distante pianeta, circondato da stelle che sfrecciavano dietro di esso.

"Wow." fu la sola risposta di Liz. "Da qui, possiamo vedere la Terra?"

"No." Max scosse la testa. "Stiamo usando Plutone per coprirci dai loro telescopi. Ma quella stella splendente," e gliela indicò "è il nostro Sole."

Liz scoppiò a ridere.

"Cosa c’è di così divertente?" Max cominciò a ridere, contagiato dalla risata di lei.

"Ricordi quella volta che stavamo ritornando da Puerto Rico?" Lei si avvicinò ancora di più a lui. "Sai? Quando ci siamo uniti al Club Mille Miglia." gli sussurrò.

"Uh huh." lui ridacchiò, pensando dentro di sé a quanto fosse ancora timida.

"Bene, credo che stiamo per fondare un club ancora più esclusivo. Quante miglia pensi siamo lontano dalla Terra?"

"Quaranta milioni." Max si strinse nelle spalle e carezzò la morbida pelle di lei. "Più o meno."

"E non pensi che la precisione possa essere importante, in questo caso?" lei sollevò un sopracciglio.

"No." Max strofinò il naso nell’incavo del collo, mordicchiandole la gola. "No, credo che quello che sia importante, qui, è il livello del divertimento."

"Oh, sì!" concordò lei, rimanendo senza fiato quando le dita di lui la toccarono. "E sia il Club dei Quaranta Milioni di Miglia."

"Più qualche centimetro." Max si tirò indietro e rise.

"Come te lo immagini?" Liz gemette contro la spalla di lui, mentre le sue dita la carezzavano.

Max mosse di nuovo la mano davanti alla placca e i due ragazzi cominciarono a fluttuare nella stanza.

"Gravità Zero."

"Max, fai l’amore con me." lo supplicò Liz. "E’ passato tanto tempo."

Max obbedì alla richiesta di Sua Altezza Reale.

* * * * *

"Maria?" chiamò Michael dalla porta, dopo aver bussato piano.

Come Secondo al Comando e, tecnicamente, responsabile della sicurezza di Max, lui aveva l’autorità per entrare nelle stanze senza essere stato invitato, ma alla fine aveva imparato qualche cosa da Max ed aveva deciso di non usare quella tattica.

"Vattene, Guerin!" urlò lei.

Michael poteva percepire il livore di lei attraverso la porta. Sebbene sia Max che Liz lo avessero perdonato, per il comportamento tenuto quando aveva agito secondo i dettami del dispositivo per tenerlo sotto controllo, Maria non lo aveva fatto.

"Dobbiamo parlare." disse lui.

“E di cosa? Oh, lo so. Di come volevi giustiziare Liz?"

"Te l' ho detto … te lo ha detto anche Max, quella persona non ero io. Era Rath."

"Eri tu, Michael. Sei stato tu quello che ha tenuto Liz chiusa in una prigione, lontano da Max, e che ha cercato di farle confessare che voleva fargli del male. Dopo tutto quello che lei ha fatto per voi … Come hai potuto … dimenticarlo?" La sua voce trasudava rabbia.

"Una parte di me stava gridando, in quei momenti. Hai un’idea di che incubo sia stato? Senti, non sono orgoglioso di quello che ho fatto. Va bene? Ma l’istinto di Rath era quello di proteggere Zan, voglio dire, Max. E Rath credeva veramente che Liz gli volesse fare del male. Che volesse ucciderlo."

"E Rath non ha imparato una dannata cosa, in tutto il tempo che è stato sulla Terra? Dannazione, Guerin. Vatti a trovare un altro posto. Qui non sei il benvenuto."

"Umani!" brontolò Michael, allontanandosi dalla porta e agitando le mani in aria.

"Questo include anche me?" rise Kyle, uscendo dalla sua piccola stanza in fondo al corridoio.

"Se la scarpa va bene ad un piede … " Michael scosse la testa e si diresse verso le stanze principali della nave, dove aveva trascorso un sacco di tempo con le guardie, ad imparare tutto quello che poteva sul suo retaggio.

* * * * *

"Gliela stai facendo pagare veramente." ridacchiò Connie. Lei e Maria avevano deciso di dividere una stanza, piuttosto che affrontare la solitudine che le aspettava.

"Ancora non conosce il significato della parola ‘soffrire’." ghignò Maria. "Però non la porterò troppo a lungo. Mi manca. E vedere Max aggrappato a Liz ogni momento della giornata, me lo fa mancare ancora di più."

"Quanto a lungo pensi?"

"Forse fino a domani." Maria si toccò la guancia con un dito.

"Non credi che sia un po’ strano?"

"Huh?" Maria sembrò confusa. "Cosa? Farlo aspettare?"

"No. Tu hai detto domani. Voglio dire, siamo qui, Dio solo sa quanto siamo lontani dalla Terra, eppure parliamo ancora del tempo con i termini che siamo soliti usare. Tu non sai nemmeno quando sarà domani. Sai almeno che giorno è oggi?"

"Un giorno qualsiasi dei primi di Dicembre, credo." Maria sorrise. "Ma chi dice che mi riferisco ad un domani terrestre? Forse sto parlando di tempo di Plutonio."

"Plutonio?"

"Ehi, suona bene, okay? E parlando di cose romantiche, come vanno le cose tra te e Kyle?"

"E’ … siamo … a nostro agio."

"Ti potrebbe andare peggio, credo." sogghignò Maria. "Voglio dire, potresti stare col Ragazzo dello Spazio."

"Nuh uh." rise Connie. "Lo lascio a persone più coraggiose."

"Più coraggiose?" Maria sollevò un sopracciglio. "O più balorde?"

"Più balorde? E’ un termine vero?"

"Lo è adesso. Come membro dell’esclusivo Club "Amicizia tra Umani ed Alieni’, io faccio cose come questa. Aiuta a mantenere la nostra sanità mentale."

Qualcuno bussò alla loro porta.

"Va’ via, Guerin. Non hai ancora sofferto abbastanza."

"Se fossi Guerin," rispose la voce di Kyle "sarebbe già una sofferenza sufficiente."

"E’ per te." ridacchiò Maria.

Connie traversò la stanza per aprire la porta. "Ciao, Kyle." gli sorrise lei, poi si scambiarono un abbraccio amichevole.

"Ciao, Maria." lui le sorrise e lei ricambiò con un cenno della testa.

"Allora, cosa c’è?" Connie si fece indietro per lasciare entrare Kyle.

"Mi stavo chiedendo se avessi voglia di fare un giro. E’ piuttosto noioso, da queste parti, non credi? Volevo dare un’occhiata ai sistemi di propulsione che usano sulle navi più piccole, ma mi hanno detto che c’è bisogno del permesso di Max."

"Così io sono la tua seconda scelta?" Connie aggrottò le sopracciglia.

"No." lui scosse la testa, rimpiangendo il modo in cui aveva parlato. "Pensavo solo che tu e gli altri … lo sai."

"Puoi sempre andare da Max a farti dare il permesso." gli suggerì Maria.

"Non mi avvicinerò mai alla sua stanza." Kyle scosse la testa. "Quando lo vedrò, glielo chiederò."

"Ad ogni modo, è ora che Liz si svegli." Maria si diresse verso la porta. "Dirò a Max che lo stai cercando."

"Buona fortuna." Kyle rise. "Anche ammesso che le guardie ti lascino entrare, farai fatica ad avere l’attenzione di Liz."

La porta si chiuse dietro di lei.

"Volevo farti una domanda." Kyle si voltò di nuovo verso Connie. "Come stai prendendo tutto questo?"

"Sto bene." la ragazza si strinse nelle spalle. "Una parte di me vorrebbe fuggire via gridando e sperando che sia solo un sogno, ma c’è un’altra parte di me, probabilmente la parte che viene dall’Aviazione Militare, che vuole sapere più cose possibili. Mi piacerebbe volare con una di quelle navi."

"Chiedilo a Max." le suggerì Kyle.

"Credo che abbia ben altre cose cui pensare, in questo momento." disse Connie, scuotendo la testa.

"Io ho avuto due anni per assimilare tutta la faccenda." continuò Kyle. "Tu hai saputo di Max solo da poche settimane e già sei qui, a svolazzare intorno al pianeta più lontano dalla Terra, comportandoti come se fosse una cosa di tutti i giorni. Sono preoccupato che tu possa nascondere quelli che sono i tuoi veri sentimenti."

"Davvero? Sei preoccupato per me?"

"Sì." Kyle arrossì. "Certo che lo sono."

"Aww. Sei così dolce." Connie ridacchiò, dandogli piccole pacche sulla testa. "Che bravo ragazzo sei."

"Mi fai sentire un barboncino." Kyle la guardò disgustato.

* * * * *

"Sono così orgogliosa di te." Distesi insieme sul letto, Isabel si complimentò con il marito. Era sdraiata sul petto di lui, e con la mano tracciava linee immaginarie sulla sua schiena.

“E’ stato bello, vero?" ridacchiò Jesse.

"No." Isabel gli diede una pacca scherzosa sul braccio. "Cioè, sì. Io stavo parlando di quello che hai fatto per Max e Liz."

"Veramente è stato Max a fare tutto. Il merito dovrebbe essere suo."

"Questo ti fa capire, quanto vali. Max non avrebbe potuto fare niente senza di te. Me lo ha detto lui stesso. Ha detto che ha capito quello che doveva fare, osservando te."

"Ma se non fosse stato per Max, io mi sarei bloccato. Rath è stato piuttosto intimidatorio. Tu non sai che paura mi ha messo quel … bastardo."

"Però non è per questo che sono orgogliosa."

"No? E per cosa?" Jesse spostò indietro al testa, per guardare sua moglie.

"Hai fatto più che aiutare Liz." gli disse Isabel. "Hai dimostrato di meritare la fiducia che io e Max abbiamo in te. E in Kyle, Maria e Connie. Tutti, su questa nave, hanno capito quanto tu, Liz, Maria, Kyle e Connie ci vogliate bene e quanto noi vogliamo bene a voi. E ora che devono venire a patti col fatto che Liz è la loro Regina, devono venire a patti con l’idea che gli umani sono qualcosa di più che servi e che possono fare molto."

"Quelli che vivono su Antar?" Jesse si accigliò. "Sono trattati come servi?"

"Sì." annuì Isabel. "Ma credo di poterti dire che Max e Liz cambieranno lo stato delle cose."

"Così … " Jesse fece una pausa.

"Così?" Isabel si tirò a sedere, notando l’espressione sul viso di lui. "Jesse? Cosa c’è che non va?"

"Quando tornerete su Antar?"

"Chi ti ha messo in testa questa idea?"

"E’ per questo che vi hanno portato qui, vero?" Jesse aggrottò le sopracciglia. "Ci andrete?"

"Non credo proprio. Inoltre, per me, non c’è niente su Antar. Tutto … tutti quelli che amo … saranno sulla Terra."

"E che mi dici di Max?"

"Max?"

"Max vorrà tornare su Antar, vero? Voglio dire, è il loro Re. E io ho pensato che tu avresti voluto … "

Isabel guardò il marito e lasciò andare un profondo sospiro.

"Per poter tornare, Max dovrebbe riassumere il suo corpo antariano. Già era terrorizzato dal fatto che, essendo un ibrido, avrebbe potuto far del male a Liz. Pensa se fosse completamente differente da lei."

"Non sembrano così diversi."

"Credimi. Sono diversi. Molto diversi."

"Puoi spiegarmi una cosa?"

"Posso provarci."

"L’intero processo si basato sul fatto che pensavano che Lady Millia fosse una traditrice, giusto?" anche Jesse si mise a sedere, appoggiandosi contro la parete, col il sottile lenzuolo simile al metallo che gli copriva la parte inferiore del corpo.

"Giusto."

"E Liz è rimasta coinvolta in tutta la faccenda, perché pensavano che lei fosse Millia."

"Tranne che non lo era. Le somigliava solamente."

"Ma se Liz e Millia erano quasi identiche, come faceva Zan a sapere che non era Millia l’amore che lui stava aspettando? Come ha fatto … Max sapeva chi era Liz?"

"Credo … " Isabel si accigliò. "Credo che Max abbia un altro potere. Non so se alieno, o ibrido umano, ma Max … è come … è come se sia in grado di vedere l’anima delle persone. Credo che è così che sappia di chi si può fidare. E’ così che ha saputo che era Liz quella per lui. Ha riconosciuto la sua anima, non lei."

"Ma non l’aveva mai incontrata prima." obiettò Jesse.

"Non che io sappia." Isabel sorrise.

"Così, pensi che sia stato bravo, uhm?" disse lui, dopo aver riflettuto sulle parole di Isabel.

"Dipende di cosa stai parlando. Il processo, o il tuo ascendente sugli Antariani?"

"Stavo pensando a qualcosa di più … intimo."

"Oh." Isabel fece un cenno di comprensione con la testa. "Credo che tu sia stato sufficiente."

"Sufficiente?" brontolò Jesse, attirando a sé Isabel. "Te lo do io sufficiente."

"Oh, sì." Isabel scoppiò a ridere. "E credo che sarò io a giudicare."

* * * * *

"Nessuna novità su quel meteorite?" chiese Michael entrando nel centro di comando della nave. Guardò lo schermo che mostrava il proiettile luminoso e la sua traiettoria.

"Solo che sembra voglia atterrare nello stesso punto di quella con cui lei e sua Maestà avete avuto a che fare, signore." gli rispose l’operatore vestito di rosso che si era messo sull’attenti.

"Sembra cosa?" disse Michael ad alta voce. La guardia sembrò nervosa. "Tutta questa tecnologia a portata di mano e tutto quello che puoi dirmi è che sembra? Controlla di nuovo. Voglio sapere dove atterrerà, non dove sembra che abbia intenzione di atterrare! E ho bisogno anche di sapere quando!"

"Sì, signore." l’uomo salutò e ritornò alla sua consolle.

"Qualcosa ti preoccupa?" Serena sbucò fuori da una parete divisoria.

"La sicurezza di Max." brontolò lui. "Non mi va l’idea di andare alla cieca come abbiamo fatto l’ultima volta. Abbiamo avuto l’elemento sorpresa e siamo stati fortunati. Questa volta ci aspettano."

"E’ tutto qui?"

"E cos’altro potrebbe esserci?"

"Maria?"

"Perché dovrei preoccuparmi di lei? Ho cose più importanti alle quali pensare."

"Perché, per adesso, non lasci che siamo noi a preoccuparcene? L’abbiamo fatto per un tempo un po’ più lungo del tuo."

"Badare a Max?" Michael sollevò le sopracciglia. "Non credo proprio."

"No." Serena scosse la testa. "Voglio dire seguire le tracce degli Skins. Perché non fai una pausa e vai a parlare con Maria?"

"Giusto." Michael roteò gli occhi, tirandosi su una gamba dei pantaloni e strofinandosi il largo, dolorante livido sulla pelle. "Per darle la possibilità di farmi altri lividi? Non credo proprio."

"Dovresti chiedere a Max di guarirlo."

"Disturbare Max quando è solo con Liz?" Michael scosse la testa. "Si vede che non lo conosci molto bene."

"Lei non ti prenderà più a calci." Serena tornò all’argomento originale.

"E tu che ne sai, Kalyn? Sai almeno, cosa siano le emozioni? Come puoi capire cose come l’amore?"

Lo sguardo di Serena si oscurò. "E’ mai stato veramente capito?" disse, ferita.

"Forse no." ammise lui in tono irato. "Ma quello che tu e Bektor mi avete fatto, come lo chiamate? Avete un’idea di che incubo mi avete fatto vivere? Tradire il mio migliore amico e la donna che ama più della sua stessa vita?"

"Tu non capisci." Serena gli voltò le spalle. "Come potresti?"

"Ti dirò io cosa ho capito." Michael l’afferrò per un braccio e la fece voltare di nuovo. "Mi avete fatto prendere dei momenti che loro due avrebbero voluto dimenticare, e me li avete fatti rivivere. Mi avete fatto gettare via tutte le cose dure e dolorose che Liz ha dovuto sopportare, oltre al suo amore per Max, e me le avete fatte gettare sulla sua faccia. Nemmeno Tess ha mai cercato di mettere in dubbio l’amore di Liz per Max. Ma voi mi avete forzato a farlo. Mi avete costretto quasi a distruggere quella … ragazza straordinaria. E io dovrei essere suo amico. La sua migliore amica è la mia ragazza."

"Era necessario. Dobbiamo proteggere la Famiglia Reale. Non eravamo al corrente di come fossero andate le cose."

"Avete mai pensato a chiederlo, semplicemente a chiederlo?"

"Abbiamo pensato … "

"So quello che avete pensato." gridò Michael adirato. "Sai? E’ una grande cosa, per Antar, che Liz Evans abbia un cuore così grande. Vi perdonerà per quello che le avete fatto e, per questo motivo, vi perdonerà anche Max. Ma io non lo farò. Io non vi perdonerò mai, te, Bektor ed Antar, per quello che avete fatto loro." Michael uscì di corsa dalla porta, che si aprì appena lui le si avvicinò. Si fermò un attimo, prima di lasciare la stanza. "Sai? C’è stato un tempo in cui avrei voluto, più di ogni altra cosa tornare a casa. Ma non ora. Non se questo significa diventare come voi."

* * * * *

"Pensi che la studentessa incontrata da Gleed, potesse essere mia nonna Claudia?" Liz era sdraiata su un fianco, appoggiata su un gomito e con il viso posato su una mano. Con l’altra, stava tracciando sul petto di Max il simbolo ormai familiare.

"Sembrerebbe lei." concordò Max. "Ma perché avrebbe dovuto aiutare così volentieri qualcuno che era un potenziale traditore, un’assassina."

"Perché nonna Claudia sapeva che era innocente. Proprio come lo sapevo io."

"Così, tu non hai mai dubitato di lei? Non hai mai sospettato di essere, in qualche modo, collegata a lei?"

"Sapevo che non ti aveva tradito. Non so come, ma lo sapevo." Fece una pausa e guardò Max in viso. " Ti da … non importa."

"Va’ avanti, Liz." Max sollevò lo sguardo dalla sua posizione, sdraiato sulla schiena. "Finisci quello che stavi dicendo."

“Non ti da fastidio che io non sia connessa con Millia?"

"Dio, Liz, no." Max si mise a sedere. "Come puoi anche solo pensare una cosa simile? Non hai sentito come Millia ha detto che, anche allora, stavo aspettando qualcun’altra? Stavo aspettando te, Liz." si chinò in avanti e la baciò. "Sempre."

Max si tirò leggermente indietro, la guardò, poi tornò in avanti per poggiare la fronte contro quella di lei.

"E’ veramente ora di alzarci, Max." Liz continuò a far scivolare la mano sul torace del marito.

"Io lo sto dicendo da un’ora." si lamentò Max.

"Ma prima eravamo occupati." replicò Liz, con grazia altera. "E adesso non lo siamo."

"Non lo siamo?" Max sogghignò e la attirò contro di sé.

Le loro labbra si toccarono, in un tenero bacio. Poi cominciarono ad aprirsi e, quando cercarono di catturarsele a vicenda, la connessione si avviò istantaneamente. Nel frattempo, ad occhi chiusi, le loro mani danzarono sul corpo dell’altro, in cerca dei punti morbidi e sensibili che avrebbero scatenato quella reazione che per ciascuno di loro era il paradiso.

* * * * *

Il trasandato hippy portò un’altra cucchiaiata di Zuppa Asteroide alla bocca deforme e guardò sulle pareti del Crashdown i disegni alieni. Con l’altra mano portò il tovagliolo alle labbra, per impedire alla zuppa di uscire dall’angolo della bocca.

"Quattro giorni." mormorò con una voce che poteva essere ascoltata solo da lui stesso. "Sono quattro giorni che aspetto e ancora niente. Il che dimostra che, dopo tutto, le famiglie non sono così importanti per loro. Niente telefonate, niente lettere. Niente."

Sollevò un panino croccante e, mentre lo mordeva da un lato della bocca, i suoi occhi si riempirono di odio.

"Ma aspetterò." continuò, masticando il pane. "Aspetterò tutto il tempo che servirà. E se avrò bisogno di altri soldi, non sarà un problema. Non in questo straccio di città, con un buffone per sceriffo."

Portò un’altra cucchiaiata alla bocca.

"E la pagheranno." annuì. "Pagheranno per quello che mi hanno fatto. Tutti e due. Lui, ma specialmente lei." Restrinse gli occhi. "Specialmente lei."

Un finto sorriso gli traversò la faccia e sobbalzò per il dolore.

"Come odio questo posto!"

Jeff Parker era seduto sullo sgabello dietro la cassa e cercava di tenere d’occhio l’uomo che era venuto a mangiare lì per tutta l’ultima settimana. C’era qualcosa in lui che lo rendeva sospettoso.

"Non saprei." disse a Nancy. "C’è qualcosa di familiare in lui, ma non riesco a capire cosa."

"Probabilmente è uno dei ragazzi usciti dalla scuola superiore, o qualcosa del genere." Nancy si strinse nelle spalle. "Fino a che non ha in programma di rapinarci, sono più preoccupata per i ragazzi che per lui. Sono passate quasi due settimane da quando abbiamo avuto loro notizie. Hai parlato con Jim e Philip?"

"Sì." annuì lui. "Philip ha detto che, non appena avrà parlato con Max, potremo muoverci."

"E Jose è felice dell’affare?"

"Certo che lo è. Non hai notato quanto lavora sodo? Sente odore di un’opportunità di miglioramento che, per inciso, darà a noi la possibilità di avere più tempo a disposizione. Mi piace l’idea di un semi pensionamento."

"Ti rendi conto che questa potrebbe essere la prima vera vacanza da quando … almeno da quando Liz ha cominciato le superiori."

"Non sarà una vacanza. Non proprio." Jesse posò la mano sul fianco della moglie e sorrise, poi tornò a guardare il giovane uomo. "Credo che dirò a Jim di controllarlo." Guardò ancora lo strano, ma familiare hippy. "Sarei più felice di lasciare il locale a Jose, sapendo che quel tipo non è qui in giro."

* * * * *

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Capitolo 45
*** 45 ***


Parte 45

Nei profondi recessi dello spazio, protetto dietro l’influenza gravitazionale di Plutone, in una lucida astronave si stava tenendo una specie di consiglio.

"Avrei qualche domanda." Max si sedette a capo della lunga tavola, nella stanza delle riunioni.

Su ciascuno dei lati erano seduti non solo i suoi amici, ma anche i suoi … sudditi. C’erano sia Bektor, che Serena, Chyn e Mantik, il Comandante in capo delle rosso vestite forze di sicurezza a disposizione di Max. C’erano anche altri membri di alto rango, i cui nomi Max non aveva ancora memorizzato. Li aveva fati riunire per discutere cosa fare con le forze degli Skins arrivate sulla Terra. Sebbene il resto della gang avesse domande che volevano o, in qualche caso, avevano bisogno di fare, avevano deciso senza nemmeno parlarne, di lasciare che fosse Max a fare per primo le sue domande.

"Naturalmente." annuì Serena. Non si sentiva ancora sicura nel suo nuovo ruolo, ma aveva legato con Liz e le altre, quando l’avevano invitata a partecipare al rito terrestre chiamato ‘Serata per le Ragazze". Da Liz, e Maria, aveva saputo che Max le avrebbe fornito tutto l’appoggio di cui avrebbe avuto bisogno, fino a che lei sarebbe stata d’accordo sul fatto che lui non necessariamente avrebbe rispettato le regole antariane del gioco.

"Credo di aver incontrato Larek ad un … vertice, organizzato da Nikolas. O, piuttosto, la sua ‘personalità’, perché si era impadronito del corpo di un umano. Da quella riunione, e da incontri successivi con lui, ho avuto l’impressione che fossimo amici. Ci ha anche aiutati lassù … voglio dire laggiù. Ma ora vengo a sapere che le sue forze, ci hanno attaccato. Che è stato a causa sua, che siamo … morti."

"Così sembrerebbe." Bektor annuì. "La prima volta che lo abbiamo saputo, è stato quando una rappresentanza dei suoi sacerdoti è venuta da noi con una diffida. Ed è stato questo, in primo luogo, il motivo per il quale vi è stata data l’Autorità Regale."

"Sapete?" Liz tirò indietro al sua sedia. "Scommetto che Kivar c’era dietro fin dall’inizio. Immagino avesse sperato che il Granilith lo avrebbe scelto come Re. Per questo ha convinto la Casa di Stellarine ad attaccare Zan. Deve aver pensato che, con così poca scelta, avere la più grossa fetta di potere avrebbe fatto di lui l’unico candidato."

"Se non fosse stato per il fatto che Zan sbucò fuori dal nulla, riprendendosi tutto quello che suo padre aveva perduto e creando una stupefacente alleanza con Stellarine." aggiunse Serena. "All’improvviso, è diventato più potente di quanto Kivar avesse mai potuto immaginare."

"Allora perché Kivar non lo ha impedito?" la interruppe Kyle. "Se sapeva che non sarebbe stato scelto, voglio dire. Non sarebbe stato meglio per lui aspettare di essere in una posizione più … stabile?"

"Forse, a quel tempo, non sapeva ancora che non sarebbe stato scelto." intervenne Max. "Forse contava che il Granilith avrebbe scelto la sua esperienza, contro la totale mancanza di esperienza di Zan."

"Oppure," disse Isabel "fin dal principio, aveva come piano di riserva di far sposare Ava con Zan e di far accettare suo figlio adottivo come Secondo al Comando … Sapeva che, se non fosse riuscito a controllare Zan attraverso Ava, poteva ancora sperare che Rath avrebbe abbandonato Zan per lui. Sicuramente ha sperato che quella notte, in quella stanza, sarebbe stato Zan l’unico a morire."

"Tranne che Rath è diventato amico di Zan." concordò Michael. "E la sua lealtà per Zan è stata più forte di quella per Kivar. Così, alla fine, sono morti tutti."

Max accennò di sì col capo.

"Ma questo ancora non spiega perché ho sentito che Larek fosse mio amico. Se voleva farmi guerra, perché a New York si è comportato così amichevolmente?"

"Forse voleva solo sondare il terreno, Max." Jesse sollevò lo sguardo dal tavolo. "Non sapeva di cosa tu fossi al corrente, così si è comportato da amico per scoprirlo."

"Lui era tuo amico, Max." la voce calma di Liz attrasse la loro attenzione. "E’ stato Larek a darti lo scialle che tu … che Zan ha dato a Lady Millia. Lui veniva spesso a farti visita. Ma Antar non era il solo pianeta di cui Kivar voleva impossessarsi. Ha usato la minaccia del Granilith per soggiogare gli altri. Hanno fatto tutto quello che lui ha chiesto, per paura delle conseguenze. Ricordi quando hai detto di aver scioccato tutti i delegati con l’ammissione che il Granilith non era più su Antar? E se Kivar avesse esagerato il suo potere e ricattato Larek per farti attaccare?"

"Così avrebbe detto a Larek un mucchio di bugie?"

"Credo che abbia teso una grande ragnatela di bugie intorno a tutti loro. E quando tu … Zan, ha sposato Ava, tutti hanno avuto il timore che tu fossi solo un burattino nelle mani di Kivar e che avresti fatto quello che lui ti avrebbe ordinato di fare."

"Così è stato preso tra l’incudine e il martello, vero?"

"Come fai a saperlo, Liz?" Isabel fece la domanda che avrebbero voluto fare tutti.

Consapevole di essere al centro dell’attenzione, Liz diventò rossa.

"Non so come, ma lo so."

Max le sorrise, conscio degli sguardi meravigliati che arrivavano dagli Antariani attorno alla tavola.

"E’ il Sigillo." disse Serena sorridendo. "Ha una specie di … memoria. Se Liz riesce a concentrarsi veramente forte, probabilmente riuscirà a sentire cose provenienti da tutte le Regine della storia di Antar."

"Allora è così che ho saputo che non dovevo fidarmi di Tess?" Liz sollevò lo sguardo." Perché ricordavo che aveva tradito Zan?"

"In un certo modo." ammise la donna più grande. "Ma ricordati che Tess non ha mai avuto il Sigillo, così non hai potuto saperlo con la mente."

"Allora perché non mi sono fidata di lei?"

"Forse la madre di Zan non si fidava di Ava." Serena si strinse nelle spalle "Temo di non poterti dare altra risposta."

"Allora perché, nel suo nuovo corpo ibrido, a Tess non è stato dato il Sigillo?"

"Quando sono morti, Zan non lo aveva ancora trasferito a lei." aggiunse Bektor. "Non lo aveva ancora fatto. Ho sempre pensato che fosse a causa dei suoi impegni con la guerra. Abbiamo sempre discusso su questo, con me che insistevo perché desse il sigillo ad Ava, in modo che lei potesse concepire un erede. E se Zan fosse morto in combattimento? Cosa che poi, naturalmente, è successa." scosse la testa, facendo un profondo sospiro. "Per questo motivo non abbiamo potuto dare il Sigillo all’ibrido di Ava. Doveva farlo Zan."

"Ma questo ancora non spiega perché non mi sono fidata di Tess, o di Nasedo, se per questo."

"Forse eri solo tu, Liz." sorrise Serena.

"Ho una domanda." Michael aveva aspettato che la conversazione finisse.

"Okay." Serena si voltò verso di lui.

"Come avete fatto a controllarmi? Come avete fatto a trasformarmi in Rath?"

"Quando l’ abbiamo creata, signore, abbiamo aggiunto un … credo che ‘commutatore’ sia la parola migliore per descriverli." Bektor sembrò a disagio. "Abbiamo aggiunto questi commutatori al suo DNA umano. Tutto quello che ci serve è un dispositivo che attivi i commutatori. "Più li chiudiamo," mosse il dito come a mimare il movimento di un interruttore "più diventa come Rath. Quello che Rath ha fatto, non è stato per crudeltà verso Liz, ma per amore nei confronti di Zan e di Ava." fissò il tavolo, scuotendo la testa. "Avrebbe aiutato la causa di Liz, se Rath avesse potuto ricordare quello che era accaduto in quella stanza ma, come abbiamo scoperto, i Quattro Reali non hanno i loro ricordi completamente impiantati."

"Allora perché non avete trasferito la sua essenza nel corpo antariano?" disse Liz ad alta voce. " Era ovvio che, come Rath, lo avrebbe voluto."

"Per fare questo, avremmo dovuto disabilitare i commutatori, ridare il controllo a Michael." Bektor abbassò il capo per evitare sia lo sguardo del ragazzo, che quello di Liz. "Come Michael, avrebbe opposto resistenza, fino a che non avrebbe avuto motivo per arrendersi. Una volta che Zan e Vilandra fossero stati reintrodotti nei loro corpi, lui li avrebbe seguiti."

"Dov’è il dispositivo che agisce sui commutatori?" chiese Max.

"L' ho qui, Sire." Bektor annuì, posando la piccola scatola quadrata sul tavolo.

Max tese la mano e lo prese, restando a guardarlo per un momento.

"Michael." chiamò e gli tirò l’oggetto. Michael lo prese al volo e lo guardò attentamente. Cominciò a stringerlo e la sua mano si illuminò di una luce bianca. Quando la riaprì, una imperfetta sfera d’argento cadde sul tavolo e rotolò fino a fermarsi in una piccola depressione.

"E tu pensi che aver ridotto quella cosa a una palla, ti faccia uscire dai pasticci?" chiese Maria. "Scordatelo, giovanotto."

"Ce ne sono altri?" chiese Max. "Ci sono commutatori anche in me ed in Isabel?"

"No, Sire." Bektor scosse la testa. "C’era solo quello e nessuno di voi due, né voi, né Isabel, ha avuto la predisposizione necessaria. Non ci è sembrato saggio permettere che qualcosa o qualcuno potesse, in qualche modo, controllare il Re."

"Bene." grugnì Max.

"Max." Liz posò una mano sul braccio del marito. "Ha fatto solo quello che pensava fosse giusto fare."

"Lo so, Liz." sospirò lui. "Solo che … "

"Tu devi governare con imparzialità." gli sussurrò all’orecchio. "E’ pentito di quello che ha fatto. Se io posso lasciarmelo alle spalle, sono certa che puoi farlo anche tu."

"Sei stupefacente, Liz. Te l' ho mai detto?"

"Lo hai fatto." lei con gli occhi che le brillavano. "Ma non mi stancherò mai a sentirtelo dire."

"Qualcuno potrebbe spiegarmi una cosa?" chiese Jesse, interrompendo il silenzio che era caduto intorno all’aperta manifestazione di affetto di Max e Liz. "Tutti gli Antariani, hanno un aspetto così … ebbene … normale. Ma avete la capacità di mutare forma, vero? A cosa serve? Perché ne avete bisogno?"

"Per prima cosa," cominciò a dire Serena "la definizione di ‘mutare forma’ è piuttosto inappropriata. Noi non cambiano la nostra forma. Cambiamo semplicemente il modo in cui viene percepita."

"Uh, Liz?" Maria guardò l’amica. "Hai capito qualcosa?"

"Quello che stai dicendo," Liz fece di sì col capo a Maria, mentre parlava con Serena. "è che vi vediamo come volete essere visti?"

"E’ così, Liz." annuì Serena. "Vedi, un’evoluzione durata generazioni ha dato al nostro corpo una forma semplificata. Non abbiamo bisogno dell’apparenza come mezzo di attrazione, né di peli o capelli per tenerci caldi e così via. Le nostre forme basilari, sono simili agli archetipi che si sono sviluppati sulla Terra. Sotto l’immagine che voi percepite, noi siamo tutti uguali. Così, per aggiungere varietà e colore alle nostre vite, usiamo le nostre avanzate capacità mentali per proiettare l’immagine di come noi vediamo noi stessi." Mentre parlava, guardò intorno a sé i volti umani.

"Ma ci vuole energia per farlo, vero? E ci vuole energia per cambiare. Ecco perché i mutaforma, sulla Terra, tornano sempre alla loro … immagine di base, giusto?"

"Proprio così, Liz." Serena annuì ammirata.

"Allora … " Connie si schiarì la voce. "Allora Max … Michael e … Isabel … loro … "

"No." le sorrise Serena. "Poiché sono ibridi, incrociati con DNA umano, hanno un loro aspetto. Non hanno la capacità di cambiare la percezione della loro immagine."

"Okay." la interruppe Maria. "Allora perché quella Millia aveva l’aspetto di Liz?"

"Ah." Serena annuì. "Temo che non avremo mai la risposta, anche se io ho una mia teoria."

"Ti dispiacerebbe condividerla?"

"Quando erano molto giovani, Zan e Millia si incontrarono durante una visita di stato. Probabilmente fu allora che Lady Millia sviluppò il suo amore per Zan. Ora, supponiamo che voi abbiate la capacità di leggere la mente. O di vedere il futuro. Per quanto non sia sicura che lei avesse qualche potere speciale." Serena scosse la testa. "Ma, ad ogni modo, cosa sarebbe successo se qualcuno avesse dato un’occhiata alla ragazza dei sogni di Zan ed avesse cambiato la percezione che la gente aveva di lei, per assomigliare a quell’immagine?"

"La cosa ha senso, credo." concordò Maria, guardando i suoi amici.

"Posso chiedere qualcosa del … processo?" Jesse strinse gli occhi. "O dovrei dire della messinscena?"

"Uhm … " Bektor sembrò a disagio.

"Avete incriminato Liz con false prove, senza tener poi conto del fatto che abbiamo dimostrato che tra lei e Millia non c’erano legami. Eravate pronti a liberarvi di Liz ad ogni costo."

Bektor, Serena e gli altri Antariani, si scambiarono occhiate nervose.

"Avevamo paura." disse Serena, quasi sussurrando.

"Di Liz?" esclamò Max.

"In un certo modo." sospirò Serena. "Capite? Noi rivolevamo il nostro Re, il nostro salvatore. Credevamo fermamente che Lady Millia avesse ucciso i nostri Quattro Reali." fece una pausa e guardò Max e Liz. "Inoltre, l’ alternativa era … spaventosa. Il pensiero che Zan non avesse mai amato Ava, che l’unità tra la casa di Talluvia e quella di Kreskascent non esistesse e che, forse, Ava e Kivar avevano complottato per uccidere Zan … era una cosa impensabile. E la straordinaria rassomiglianza di Liz con Lady Millia, ebbene, diciamo che avremmo fatto qualsiasi cosa perché la storia non si ripetesse."

"E’ questo il significato del simbolo?" Liz si chinò in avanti sulla sua sedia.

"Di quale simbolo?"

"Di questo." Liz tirò fuori il pendente da sotto la camicetta. "Da tanto tempo, lo disegno senza nemmeno rendermene conto."

"Pressappoco." Serena fissò il ciondolo." Ma è più di un consiglio. E’ quasi un ordine … una missione."

"Una missione?"

"Liz, dove lo hai preso?"

"Me lo ha dato Max." Liz aggrotto le sopracciglia e rimise al sicuro il ciondolo. "Perché? E cosa intendi dire con ‘una missione?."

"Non so come spiegartelo, Liz." sospirò Serena. "Ma più ci penso, più la cosa ha senso. Liz, spetta a te assicurarti che Zan … voglio dire, Max non ripeta gli stessi errori fatti in passato. Gli stessi errori che tutti i Re, scelti dal Granilith, hanno fatto. E chi può farlo meglio della … sua Regina?"

"E quali sarebbero questi errori? Io so che Max ha commesso degli errori. Noi tutti ne abbiamo fatti. Ma, da tutto quello che ho sentito durante il processo, sembra che Max abbia fatto tutto quello che ci si aspettava da lui, e anche di più. Ha sposato Ava, come gli hanno imposto gli obblighi politici. Come faceva a sapere che lo avrebbe tradito? Cosa ha fatto di così sbagliato? E cosa hanno fatto gli altri Re?"

"Se potessimo rispondere a questa domanda," Serena scosse la testa. "non ci sarebbe bisogno di avvertimenti."

"Allora dovrò incollarmi a Max ed assicurarmi che non faccia nulla di quello che ha fatto nella sua vita precedente."

"Ha l’aria di essere un compito arduo." ridacchiò Kyle.

Liz gli lanciò un’occhiataccia.

"Dimmi, Serena." chiese Isabel. "E ora il popolo di Antar cosa pensa di Liz? Cosa prova per lei la gente?"

"Io ho il massimo rispetto per lei." disse Serena, sorridendo in direzione di Liz. "E così tutta Antar. Ma hanno anche paura di lei, almeno un po’. Dopo tutto, è un’umana che è in possesso del Sigillo Reale, che può avere accesso al Granilith … "

"E perché tu non hai paura di le?"

"Perché io ho potuto conoscerla."

"Così a loro non piace, non la amano e così via?" scoppiò a dire Maria. "E’ la loro Regina e basta?"

"Hanno bisogno di un po’ di tempo." Serena arrossì. "Dopo tutto, lei è considerata come appartenente ad una specie inferiore. Ma conoscono il suo amore per il loro Re e l’amore che lui prova per lei. Se non altro, la rispetteranno per questo." guardò in direzione di Liz. "Una volta che avranno avuto modo di conoscerti, le cose cambieranno. Il che ci riporta alla scopo della nostra riunione." continuò Serena. "Vostra maestà, come sapete, non mi trovo ancora pienamente a mio agio nel mio nuovo ruolo. Ed abbiamo a che fare con nemici che hanno invaso il pianeta Terra. Visto che Bektor ha un’esperienza maggiore della mia, specie trattandosi di argomenti militari, posso suggerirvi di permettergli di occuparsi di questa parte?"

"D’accordo." Max annuì. Si era reso conto che Serena stava cercando di fare in modo che Bektor non sparisse dalla scena. Come lei, anche Max capì che l’uomo poteva essere un utile alleato. "Purché comprenda che lui è solo un consigliere e che la sconfitta degli Skins sulla terra è il nostro obiettivo primario."

Bektor ci rifletté. "Ho la vostra parola che farete tutto quello che è in vostro potere per liberate Antar dagli Epsiliani?"

Max guardò Liz, che chiuse gli occhi ed annuì.

"Hai la mia … la nostra parola."

La sensazione di sollievo che passò tra gli Antariani fu palpabile.

"C’è un’altra condizione." continuò Max, prendendo la mano di Liz e guardando i suoi amici umani. "In nessun modo accetteremo di compiere operazioni che possano causare danni o morti di civili innocenti."

"Non puoi fare un dolce senza rompere le uova, Max." gli disse Connie.

"Ma le uova fanno parte della ricetta." ribatté Max. "Per fare un dolce servono le uova. Per combattere una battaglia, non hai bisogno di coinvolgere la popolazione civile."

Connie annuì, comprendendo l’analogia di Max.

"Sono d’accordo su questo." Bektor si inchinò.

"A questo proposito," Michael guardò Serena. "ci sono notizie di quel meteorite?"

"In effetti," Serena distolse lo sguardo da Michael. "ci sono novità."

"Quali?" Michael batté le mani sul tavolo, ergendosi in tutta la sua altezza. "Perché non sono stato informato?"

"Michael." Max lo ammonì con un’occhiata.

"L' ho saputo appena prima di arrivare qui." il suo sguardo di scuse fu diretto a Max. "Arriverà sulla Terra nel giorno che loro chiamano 22 dicembre."

"Buon Natale, signor Nikolas." mormorò Kyle.

"Atterrerà nel punto con le stesse coordinate in cui è atterrato quello che avete intercettato e distrutto." Serena aveva scelto di ignorare i commenti di Kyle. Lei non li capiva e li considerava solo interruzioni prive di valore. Si era chiesta cosa la Regina avesse trovato in lui e perché il Re aveva ritenuto giusto salvargli la vita. Serena sospirò. Capire gli umani e la schiavitù delle loro emozioni era difficile.

"Allora, sarà un altra pietra." commentò Max. "Come quella che abbiamo distrutto, Kyle."

Serena fu di nuovo disorientata. Sapeva che qualche volta Kyle infastidiva Max, eppure lui lo trattava come, se solo avesse osato dirlo, un suo eguale.

"Cosa volete dire con ‘una pietra’?" chiese Bektor. "Potete descriverla?"

"Era pressappoco grande così." Max allargò le mani. "E sembrava una versione più grande delle pietre guaritrici che avevamo."

"Avete perduto le vostre pietre guaritrici?" Serena sembrò piuttosto scioccata. "Com’è successo?"

"Sono esplose." disse Max imbarazzato. "Quando ho cercato di guarire Liz. Quando ha cominciato la transizione."

"Ve ne darò delle altre. Non ci dovrebbe essere pianeta senza pietre guaritrici."

"Grazie." disse Max. Lo aveva preoccupato il fatto di non essere in grado di aiutare Michael o Isabel, e ora anche Liz, qualora ci fosse stata la necessità di ristabilire il loro equilibrio.

"Cosa è successo quando avete distrutto la pietra grande?" chiese Bektor.

"Ho cercato di convogliare contro la pietra tutta l’energia possibile, quando Kyle le ha sparato con il laser … con la pistola … con quella cosa. La pietra è esplosa e un bianco anello di luce ha spazzato via ed ha ucciso tutti gli Skins con i quali è venuto in contatto. Che poi sono risultati tutti. Sai cosa fosse?"

"Avevate ragione, Sire. Era una pietra guaritrice. Sembrerebbe che Larek abbia progettato di guarire molta gente in una sola volta."

"L’area in cui è successo è una base governativa top secret." disse Kyle ad alta voce. "Per anni hanno girato voce che ci fossero chiusi lì degli alieni … uhm … voglio dire, degli esseri provenienti da altri pianeti. Anche delle navi."

"Se ce ne fossero abbastanza, ora potrebbero avere già un esercito pronto, laggiù." Max sembrò allarmato. "Se permettiamo loro di attivare quelle pietre, ci potremmo trovare sul collo un piccolo esercito di Skins."

"Quella nave che abbiamo trovato a Puerto Rico, Max." Liz sobbalzò sulla sedia. "Ricordi il messaggio che abbiamo tradotto? Diceva qualcosa a proposito di una consegna ad un agente. E se significasse la consegna di un certo numero di … corpi, a qualcuno che potrebbe portarli nella base? Pronti ad essere risvegliati?"

"Potremmo introdurre un virus in quei corpi?" chiese Kyle. “Come hanno fatto in ‘Independence Day’?"

"E’ un film." Max anticipò la domanda già pronta sulle labbra di Bektor. "Kyle, ti rendi conto di quanto stupida fosse tutta quella storia? Ti rendi conto di quanto sia difficile fare in modo che un pc Windows parli con un Mac? Per non parlare di navi intergalattiche, i cui computers lavorano in un modo che non riusciamo nemmeno ad immaginare ed usano sistemi operativi che sulla Terra nessuno sarebbe in grado di penetrare. Se Alex fosse qui, ti farebbe una lezione su quanto quella storia sia ridicola."

"Oh." fu la volta di Kyle di diventare rosso.
"Non dobbiamo permettere loro di posare la quinta pietra." continuò Max ."Dobbiamo distruggerla."

"Ti rendi conto che, questa volta, gli Skins staranno ad aspettarci?" Liz, preoccupata, posò una mano sul braccio di Max. "Questa volta non avremo dalla nostra l’elemento sorpresa."

“Sì." annuì lui. "Ma abbiamo aiuto. Possiamo prendere qualche soldato da qui, no?" disse rivolgendo lo sguardo a Bektor e a Serena.

"Certo." risposero loro contemporaneamente.

"Con dei piani accurati e con Michael che ci procurerà le informazioni, dovremmo essere in grado di sconfiggerli."

Ci fu un momento di silenzio, in cui ognuno di loro si fermò a riflettere su quello che aveva sentito.

"Posso chiedere una cosa, Max?" la voce di Maria ruppe il silenzio.

"Certo, Maria." annuì Max. "Fallo pure."

"Se Liz aveva l’aspetto di quell’altra ragazza, perché nessuno si è preoccupato che lei girasse intorno a Max? Voglio dire, Nasedo voleva che Tess stesse con Max, ma non l’ha mai presa di mira come avete fatto voi. E Cal Langley non se ne è mai occupato. Ricordo, infatti, che Max gli ha consigliato di tornare da Liz o qualcosa del genere."

"Mi spiace." Serena scosse la testa. "Ma chi è Cal Langley?"

"E’ uno dei nostri protettori." sospirò Max. "Non ha una grande stima di me. Ha detto che sono stato un Re insensibile ed egoista."

"Quale è, di questi?" chiese Serena, quando quattro immagini olografiche apparvero sul tavolo. C’era uno sconosciuto, che Max pensò essere quello che era morto nell’impatto, seguito da Gleed, poi Nasedo, o Ed Harding, ed infine Langley.

"Quello." indicò Max. "Quello è Cal Langley."

"Farò un controllo." annunciò Serena. Poi cominciò a studiare qualcosa che era apparsa sotto l’immagine e che scorreva verso l’alto. "Accidenti!" esclamò accigliandosi.

"Cosa c’è?" chiesero ad una voce Max e Liz.

"Niente di buono. Nessuna meraviglia che non gli piacessi. Sono perfino sorpresa che gli abbiano permesso di essere uno dei vostri protettori. Chiunque lo abbia scelto, ha fatto un grosso errore."

"Kivar?" Max sollevò un sopracciglio. "Perché? Cosa c’è che non va?"

"Permettete che sia io a rispondere." una voce fece sentire la sua presenza alle spalle di Max.

Tutti si voltarono per guardare il nuovo arrivato. Una delle guardie si raddrizzò, in segno di rispetto, piuttosto che mettersi sull’attenti alla presenza del Re.

"Perché ti sei introdotto senza bussare, Eldugar?" gli domandò Mantik, il Comandante in Capo.

"Temo che in questo momento, Eldugar non abbia il controllo del suo corpo, Mantik. " la guardia si strinse nelle spalle. "Temo di averne bisogno io."

"E tu saresti?" chiese Bektor.

"Deve essere passato troppo tempo, se non riconosci più la mia voce, Bektor." L’uomo sorrise, poi si voltò verso Max e Liz. "Vostre Maestà." fece un inchino. "Io sono l’Alto Sacerdote Jebulan, vostro umile servo. "Un secondo inchino, ancora più profondo. "Ho preso il controllo del corpo di questa guardia nello stesso modo in cui il vostro amico Larek usa il corpo di quello che voi conoscete come Brody. Avrei potuto usare uno dei vostro amici umani, ma ho pensato che se lo avessi fatto, non sarei stato ricevuto molto bene."

"Hai ragione." Kyle fletté i suoi muscoli. "Il mio corpo è il mio tempio, non il tuo."

"Hai detto di avere delle risposte." Max ignorò Kyle. Qualche volta le sue battute gli piacevano, ma non lo avrebbe mai ammesso con lui.

"Sì." annuì il sacerdote.."Ma quello che devo dire è riservato alle orecchie del Re."

Nessuno si mosse.

"Va bene, ragazzi." Max fece un cenno con la testa. "Se questo tipo ha fatto tutta questa strada per dirmi qualcosa, sono certo che non mi farà del male."

Tutti cominciarono ad allontanarsi, tranne Michael.

"Non tu, Liz." Max le prese la mano. "Non ho segreti per te e non voglio cominciare ad averne ora. Voglio, no … ho bisogno che ascolti anche tu."

"Ma, Vostra Maestà … " cominciò a dire Jebulan.

"Risparmiatelo." disse Max adirato. "Non mi interessa quello che pensi di Liz, o quante leggi e regole antariane saranno infrante. Parlerai davanti a tutti e due. In ogni caso, qualsiasi cosa mi dirai, io gliene parlerei comunque."

"Molto bene." annuì il sacerdote, non senza un po’ di riluttanza. "Ma non davanti a lui." Jebulan accennò con la testa al secondo di Max.

"Michael." lo esortò.

"Assolutamente no, Max." Michael scosse la testa. "E se … "

"Sono certo che tra me e Liz potremo affrontare qualsiasi attacco, fino al tuo arrivo. Rimarrai accanto alla porta, vero?"

Michael guardò duramente prima Max, poi Liz. Annuì e si alzò, dirigendosi verso la porta.

"Però la lascerò aperta."

"Va bene, Michael." Max roteò gli occhi e Liz cominciò a ridacchiare.

"Allora, dicci, Jebulan." cominciò Liz "Perché Langley odia così tanto Max, anche da prima di … da prima. Perché ha detto che Zan era un egoista?"

"Il mio tempo è limitato." Jebulan si mise a sedere per risparmiare energie. "Così andrò dritto al punto. Quello che voi chiamate Langley, era innamorato della madre di Zan. Ma lo era anche il padre di Zan. Se avesse potuto scegliere, lei avrebbe scelto Langley, senza alcun dubbio. Ma i suoi genitori preferirono farla sposare con il loro anziano signore. Quando Zan fu concepito, il suo feto che si stava sviluppando, richiese sempre più energie per sostenersi. Di solito questo è segno di un grande potere, in un individuo, ma questo, per, poco non uccise sua madre. Fu in pericolo di morte in più di una occasione.

Quando fu cresciuto, le innocenti richieste a sua madre - per più stimoli, per una maggiore educazione - non le lasciarono più il tempo per incontrare Langley in segreto. Divenne così disperato, nel suo bisogno di vederla, che fece irruzione nel Palazzo. Naturalmente, fu catturato e processato. Fu accusato di voler uccidere sia Zan che suo padre. Durante il processo, diede sfogo alla sua rabbia contro il giovane Zan. Affermò che doveva essere processato Zan, per il tentato omicidio di sua madre. Alla fine del processo, fu riconosciuto colpevole e condannato a morte. Solo l’intervento della madre di Zan gli salvò la vita, ma fu esiliato in un angolo remoto di Antar. Durante il suo esilio, il padre costrinse Langley a prendere moglie e lei diede alla luce un figlio. Fu cresciuto per diventare un soldato e morì in uno dei primi scontri condotti da Zan.

"Questo … tutto questo è così triste." Liz si asciugò le lacrime che le scesero dagli occhi. "Pover’uomo."

"Lui … " la voce di Max fu stranamente roca. Riuscì a respirare a fatica. Liz si rese conto del suo difficile momento e lo attirò a sé. "Lui è … Io sono … Tu hai detto che i problemi che ho causato a mia madre, le hanno impedito di incontrarsi ancora con Langley … "

"Sì." annuì Jebulan.

"Questo significa che, prima del mio concepimento, si incontravano?"

Jebulan annuì di nuovo. Sapeva che non c’era bisogno di rispondere.

"Langley … Langley è mio padre?"

* * * * *

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Capitolo 46
*** 46 ***


Parte 46

L’ attraente giovane uomo, sulla tarda ventina, era in piedi davanti allo specchio, ammirando il suo bell’aspetto irregolare e la linea del suo corpo nudo. Aveva capelli biondi e corti e penetranti occhi azzurri. La sua forma era snella, ma muscolosa. Allungò le braccia e le gambe, roteò le spalle, girando il collo da una parte all’altra, come se si stesse provando un vestito nuovo.

Sul letto dietro di lui, era distesa una donna bionda, nuda ed al limite delle proprie forze. La si sarebbe potuta considerare attraente, se non fosse stato per i tagli, i lividi ed il sangue secco che le segnavano la faccia e tutto il corpo. La sua espressione era una maschera di paura e di dolore. Il suo respiro, udibile a malapena, era l’unica prova che fosse ancora viva, anche se ancora per poco. Al contrario della soddisfazione sul viso del giovane, non sembrava che la ragazza fosse stata una compagnia di letto consenziente.

Qualcuno bussò alla porta, ma lui non distolse lo sguardo dallo specchio. Si limitò a dire "Avanti."

Dalla porta entrarono tre uomini. Due di essi indossavano abiti ed occhiali scuri, simili a quelli portati dall’FBI. Il terzo, un uomo molto più alto e più robusto, portava jeans scoloriti e una maglietta a quadri.

"Ah, Signori Numero Uno e Numero Due." disse l’uomo continuando a guardarsi nello specchio. "Siete arrivati in tempo per riscuotere la vostra ricompensa."

Sia Numero Uno che Numero Due, guardarono la femminile forma ferita, distesa sul letto.

"Si, signor Nikolas, signore." annuì Numero Uno, con voce scossa. "Come sa, abbiamo terminato tutti i nostri compiti. Credo che non abbia trovato errori nei nostri risultati."

"Siete stati abbastanza bravi." ammise Nikolas. "E, come d’accordo, ho pronto il vostro pagamento, più un extra." l’uomo nudo accennò col capo a due valigette sul tavolo. "Grier, ti dispiace?"

Grier traversò la stanza a grandi passi e prese le valigette. Si voltò e tornò dai due uomini, tendendogliele.

"Sentitevi pure liberi di controllare il contenuto." Nikolas si strinse nelle spalle.

"No." Numero Due scosse la testa. "Ci fidiamo."

"Se avrete ancora bisogno di noi," Numero Uno cominciò ad avvicinarsi alla porta "sapete dove trovarci."

"Grazie." aggiunse Numero Due, seguendo Numero Uno. "E arrivederci."

La porta si chiuse dietro di loro.

"Proprio così." annuì Nikolas. "Sai dove trovarli, vero?"

"Sì." confermò Grier .

"Bene. Non rovinare troppo il denaro ed accertati che tutto sembri normale."

Grier fece un leggero cenno con la testa.

"Ora, che notizie mi dai sulla pietra di ricambio?"

"Vardal ha detto che la nave atterrerà tra dieci giorni, nello stesso punto."

"Questa volta non voglio sorprese, Grier." alla fine Nikolas si voltò, sospendendo le sue attività narcisistiche.

"Non ce ne saranno." Grier scosse la testa. "Vardal ha aumentato il numero di uomini sulla nave, rispetto a quello per cui era stata concepita. Almeno il doppio."

"Scommetto che staranno piuttosto stretti." ghignò Nikolas. "Ma è una buona notizia. Più siamo, più ci divertiamo. Zan non è stupido, anche se ora è solo un adolescente umano. Lui sa cos’è questo ‘meteorite’ e quale è il suo significato. Proverà ad intercettarlo di nuovo. Mi piacerebbe sapere come ha fatto a scoprirlo. Forse potrei avere l’opportunità di chiederglielo. Aspettate e preparatevi per l’attacco. Chiamate gli altri. Vediamo se riusciamo a mettere insieme un degno benvenuto per il Re e per la sua corte." Nikolas si voltò e guardò la forma immobile della donna che aveva usato. "Penso che sarà divertente prestare omaggio alla nostra Regina personalmente."

"Perché sono tutti ossessionati dalla donna di Zan?" si chiese Grier ad alta voce. "Non è che non si possa trovare di meglio."

"Perché fino a che quel ragazzetto non è sbucato fuori dal nulla, avevo io stesso dei progetti sulla figlia di Khivar. Avevo pianificato di sposare Ava io stesso."

"Allora eri innamorato di Ava?" Glieg sembrò stupito.

"E sarebbe un problema per te?" Nikolas diede un’occhiataccia al suo luogotenente.

"No. No. E’ solo che … "

"Speravo di rinforzare la mia posizione presso Khivar. Dopo aver sposato Ava, un dovere che non avrei trovato spiacevole, sarei stato in linea di successione per governare la Casa di Kreskascent, quando un opportuno incidente sarebbe occorso a Khivar e a Rath. Il mio piano è andato in fumo quando lei ha sposato Zan."

"Allora questa faccenda con la donna di Zan, è solo una vendetta?"

"Dopo il potere, cos’altro c’è?"

Grier scosse la testa.

"Oh." continuò Nikolas, indicando il letto con la testa. "Puoi pensarci tu?"

* * * * *

"Non sono sicura che mi piaccia l’idea di mangiare carne che non so da che animale proviene." Sua Altezza Reale, la Regina Elizabeth, arricciò il naso davanti alle pietanze nei contenitori riscaldati. "Credo che prenderò un’altra insalata." Sollevò un grande piatto di insalata e lo posò sul vassoio. "Però," sorrise prendendo una coppa da un vassoio tenuto al fresco. "questo succo è ottimo."

"Potrei uccidere per una bistecca." sbavò Maria. "Rosa nel mezzo, con i succhi che escono al passaggio del coltello e che si scioglie nella tua bocca … "

"Sta’ zitta, Maria." Liz scosse la testa sentendo l’acquolina in bocca.

"Vedo che ti stanno guardando ancora?" Maria indicò gli sguardi meravigliati che Liz stava ricevendo.

"E’ perché mangio con le persone comuni." sbuffò Liz con disprezzo. "Bektor vorrebbe che mangiassi negli appartamenti reali. Io non voglio assolutamente mangiare da sola, non importa cosa sia per loro."

"Cosa c’è, Liz?" Maria si accigliò. "Oggi mi sembri a pezzi."

"Niente." sospirò Liz. "E’ che … " si fermò e guardò la sua amica servirsi dello stesso succo che a lei piaceva tanto. "Maria? Perché devo sempre dividere Max con tutti? E’ proprio come ha detto Zan a Lady Millia. Lui è tante cose per tanta gente." sollevò il vassoio e seguì Maria ad un tavolo libero. "Quando gli sarà permesso di essere solo Max, mio marito?"

"Quando, la sera, chiudete la porta della vostra stanza, credo." Maria prese una forchettata di insalata e la tuffò nel condimento.

"Ma durante il giorno?" Liz giocherellò con una foglia di lattuga. "Com’è che lui non riesce a fare mai niente per se stesso? E che ne sarà dei suoi sogni?"

"Uh, Liz?" Maria sollevò la testa con uno sguardo divertito. "Il sogno di Max è sempre stato quello di stare con te."

"Lo so." sospirò Liz, sollevando la testa dall’insalata, non toccata, che stava davanti a lei. "Mi dispiace. In questo momento mi sento un po’ egoista."

"Liz, se c’è qualcuna autorizzata a sentirsi un po’ egoista, quella sei tu. Okay?"

"Perché deve sempre succedere di tutto, a me e a Max?"

"Di chi altro ti fideresti?" Maria sembrò sorpresa. "Pensi onestamente che Michael avrebbe potuto affrontare tutto quello che è successo a Max? Pensi che Isabel avrebbe accettato di giocare la mano di carte sfortunata che è capitata a Max? O io, o Jesse? Ad ogni modo, voi due finite sempre allo stesso posto: al sicuro, uno nelle braccia dell’altra. Perché, in fondo, voi due vi conoscete bene. E potete scrollarvi dalle spalle tutto il resto. Voi siete unici, nel vostro genere, Liz. Siete speciali. E, a proposito di speciali, dov’è il Ragazzo d’Oro?"

"Mantik è venuto a prenderlo questa mattina presto." disse Liz imbronciata.

"E da qui, il tuo umore, giusto?"

"Non abbiamo nemmeno avuto il tempo di fare colazione insieme e ora, sembra che non verrà nemmeno a pranzo. Di nuovo."

"Ti manca, vero?"

Liz annuì. "Che mi dici di Michael?"

"Non ne so niente e non voglio saperne niente."

"Non puoi perdonarlo, Maria? Sta soffrendo, in questo momento."

"Sì." annuì me. "Ho già pensato di farlo. Stasera."

"Bene." un sorriso passò sulle labbra di Liz. "Molto bene."

"Ehi, ragazze." Connie si avvicinò al loro tavolo. Stava quasi saltando per l’eccitazione e i suoi occhi avevano uno sguardo pieno di meraviglia.

"Connie." la salutò Liz. "Ciao, Isabel." notò la cognata dietro Connie.

"Liz, Maria." annuì lei.

"Che ti è successo?" Maria guardò Connie con la coda dell’occhio. "Ohmiodio! Tu e Kyle … "

"No." Connie scosse la testa, con un enorme sorriso. "Max." la ragazza guardò Liz. "Hai sposato un ragazzo meraviglioso, Liz "

Le tre ragazze guardarono Connie a bocca aperta.

"Cosa?" chiese Liz con la voce soffocata.

"Sai cosa ha fatto?"

"Non voglio saperlo." Isabel si coprì le orecchie con le mani.

"Cosa?" ripeté Liz, questa volta con un filo di voce.

"Ha fatto in modo che uno dei piloti mi portasse con lui in una di quelle piccole navi. Ho volato nello spazio in una vera astronave aliena! Oh, Santa Cruccola! Avrei voluto che mio padre mi avesse vista!"

"Oh." Maria scosse la testa e Liz prese un lungo sorso del suo succo.

"Vergognati, Liz." ridacchiò Maria. "Pensare a certe brutte cose."

"Aspettate." Connie aggrottò le sopracciglia. "Avevate pensato … che Max …? Santo Cielo!"

"No." Liz scosse la testa. "E’ stata solo la sorpresa, ecco tutto. Il modo in cui lo hai detto. Allora … com’è stato? Volare nello spazio, intendo."

"Non ci sono parole." Connie guardò nello spazio, cercando di rivivere le sensazioni.

"E tu cosa hai fatto, Isabel?" Maria decise che era tempo di cambiare argomento. Liz era troppo imbarazzata.

"Non molto. Ho passato un po’ di tempo in biblioteca a cercare qualcosa del mio passato."

"E Kyle e Jesse dove sono?"

"Ho lasciato Jesse in biblioteca." Isabel si strinse nelle spalle. "Sta studiando le leggi di Antar e la sua Costituzione."

"Deve essere divertente." Maria roteò gli occhi. "Più divertente del fare un giro sulla Via Lattea."

"Kyle è col gruppo degli ingegneri." Connie agitò in aria la mano. "Gli stanno mostrando la meccanica della nave. Uhm, ragazze? Quand’è che torniamo a casa?"

"Sì." annuì Maria. "Anche io sto cominciando a stancarmi di queste pareti di metallo. Voglio respirare aria fresca e sentirmi la terra sotto i piedi."

Uno degli operatori in pausa, si avvicinò alla parete e passò la mano davanti ad una piccola placca. Nella mensa, cominciò a sentirsi una strana musica.

"Ed anche la musica di Brittany sarebbe meglio di questa." continuò Maria. Ma, pur avendo detto che non le piaceva, Maria cominciò ad ondeggiare al ritmo della musica. Si alzò e, con grande sorpresa degli Antariani, e delle sue amiche, cominciò a ballare. "Venite." fece alzare Connie e Isabel, che cominciarono a ballare con lei. "Anche tu, Liz. Butta via un po’ di malumore."

Liz si alzò e andò ad unirsi alle amiche per ballare quello che doveva essere un Rock and Roll antariano. Dopo averle guardate per un po’, qualcuna delle donne presenti cominciò a ballare con loro, tirandosi dietro i loro compagni maschi. Tre delle guardie in servizio si unirono a loro per ballare con Isabel, Connie e Maria. Nessuno si avvicinò a Liz. Sentendosi esclusa, tornò a sedersi e ricominciò a giocherellare con la sua insalata.

"Liz è proprio antipatica a tutti?" chiese Maria al suo compagno di ballo.

"Siamo tutti molto impressionati da Sua Altezza." la guardia guardò Liz con la coda dell’occhio ed annuì. "Ma anche se ci vorrà un po’ di tempo per abituarci, nessuno prova antipatia per lei."

"E allora perché nessuno le ha chiesto di ballare?"

"Sarebbe stato inappropriato." lui sembrò scioccato all’idea. "Lei è la nostra Regina."

"Ma è ridicolo. Vai a chiederglielo."

"Non io." la scioccata guardia, con gli occhi spalancati, scosse la testa con enfasi.

Serena entrò nella sala mensa, sorpresa per l’improvvisata festa da ballo che stava avendo luogo nel refettorio. Dietro di lei, c’era Eldugar, la giovane guardia che il sacerdote Jebulan aveva posseduto per parlare con Max e Liz.

"Vostra Altezza." i due si inchinarono davanti a Liz.

"Te l' ho già detto, Serena." Liz roteò gli occhi. "Sono solo Liz."

"Questo è Eldugar." continuò Serena. Liz salutò con un cenno della testa il giovane uomo. "Poiché lui ha le caratteristiche necessarie per essere posseduto ed è ora il recipiente del Grande Sacerdote Jebulan, lo abbiamo scelto per essere la tua personale guardia del corpo."

"Io non ho bisogno di guardie del corpo."

"Non è questione di averne bisogno, Vostra Altezza … Liz. E’ questione di protocollo e di sicurezza. La Regina non deve mai stare senza guardia del Corpo, né in pubblico, né in privato. Deve essere così."

"Vuoi dire … " Liz cominciò a tremare, la faccia rossa di rabbia. Disse a denti stretti "Non basta dover dividere Max con gli altri, durante il giorno, ora mi portate via anche il poco tempo che passo da sola con lui? No! No! Assolutamente no!"

"Lascia che ci pensi io." Maria si avvicinò all’amica e le posò una mano sulla spalla. "Voi volete che ci sia sempre qualcuno al fianco di Liz, anche quando i suoi amici più intimi e la sua famiglia non si sognerebbero mai di invadere il suo … legame con Max? Ragazzi, ne avete di cose da imparare!"

"Mi dispiace." Serena sollevò le mani in segno di impotenza. "E’ un’usanza antariana."

"La guardia del corpo della Regina non deve obbedire agli ordini del Re?" continuò Maria.

"Certamente." Serena sembrò sorpresa che si potesse anche solo pensare di disobbedire al Re.

"Allora, quando Liz dirà a Max quello che sta succedendo, credi che il suo ordine sarà ‘Stai con noi ventiquattr’ore su ventiquattro’ oppure ‘Vai al diav … "

"Maria!" l’ammonì Liz, notando la realizzazione nell’espressione di Serena. "Credo che ora abbia capito. Senti, Serena. Assegnami pure una guardia, senz’altro, ma il suo dovere finirà ogni volta che Max sarà al mio fianco. Capito?"

"Io … io credo di aver capito." disse Serena con un’espressione corrucciata. "Per favore, Vostra … Per favore, Liz, perdonami. Io ho il dovere di far rispettare le usanze antariane. Sto cercando di adattarle al vostro … bizzarro modo di fare e alle vostre eccentriche personalità ma, qualche volta, è difficile per me capire il vostro bisogno di … vita privata."

"Vorresti dire che la Guardia della Regina … " Maria sollevò un sopracciglio. " … anche quando loro … Eeeww!"

"Ho compiti urgenti da assolvere." Serena si spostò da un piede all’altro. "Ho il tuo permesso di ritirarmi?"

"Non hai bisogno del mio permesso." sospirò Liz. "Trattami come un’amica."

"Allora, Eldugar." Maria si avvicinò alla agitatissima guardia. "Tu devi stare con Liz ogni volta che Max non è qui, vero?"

"Vero." rispose lui inchinandosi.

"E allora, renditi utile." ridacchiò lei. "E, mentre lo fai, vieni a ballare."

* * * * *

Max entrò nella sua stanza e si lasciò cadere sul letto, rimanendo a fissare il liscio grigiore del soffitto.

"E’ stato divertente." disse la voce roca di Michael dalla porta rimasta aperta.

"Sì." Max roteò gli occhi. "Passare tutta la mattina con te, Bektor, Mantic e tutti quegli ufficiali a discutere sulle possibilità di come combattere gli Skins, è esattamente quello che amo fare del mio tempo."

"Che cos’hai? Mi sembri … seccato."

"Speravo che Liz fosse qui, ad aspettarmi." sospirò Max. Aveva veramente bisogno di sentire le braccia di lei attorno a sé, in quel momento, ma lei non c’era. Non ne fu sorpreso. "Ma lei ha le amiche che le tengono compagnia, almeno credo. Temo che ormai non sarò più un buon marito, per lei." Max si mise a sedere e fissò la parete davanti a lui. "Non riesco nemmeno a ricordare quando è stata l’ultima volta che abbiamo mangiato insieme. Tutti richiedono il mio tempo."

"Lei lo capisce, Max." C’era una nota di amarezza nella voce di Micha

"Non dovrebbe essere costretta a farlo, Michael!" disse Max adirato. "Non è che immaginasse una cosa simile, quando ha accettato di stare con me. Non potrebbero lasciarmi un po’ di tempo per stare con lei?"

"Rilassati, Max. Tutti possono vedere che Liz ha accettato la situazione, Lei è … lei è Liz."

"Lo spero veramente." Max appoggiò il mento su una mano.

"Ciao, Michael." sentì la voce di Liz provenire da dietro le spalle dell’amico. "Max è tornato?"

Michael si spostò dalla porta ed uscì nel corridoio, permettendo alla ragazza di entrare. "Sì." annuì. "E’ appena tornato. Io devo andare."

Liz entrò nella stanza e vide il marito seduto sul letto, la testa tra le mani.

"Stai bene?" gli si sedette accanto e lo prese tra le braccia.

"Ora sì." sorrise lui, girandosi per ricambiare il suo abbraccio.

"No che non stai bene." Liz scosse la testa, accarezzandogli una guancia.

"E’ solo che … Dio! Ora capisco perché mi odia."

"Max?" Liz gli prese il mento con la mano e gli fece sollevare la testa. "Non sentirti in colpa per cose che non puoi controllare. Non è colpa tua se Langley ha avuto un rivale nell’affetto di tua madre. Non sei stato tu a combinare il suo matrimonio e non hai certo chiesto tu di nascere. E non è stata colpa tua se tua madre ha avuto difficoltà a farti crescere. Il fatto che Langley ti ritenga responsabile e ti chiami egoista, dimostra che non sarebbe stato un buon marito per tua madre."

"Però capisco quello che prova. Io sarei arrabbiato e pieno di odio, se qualcuno ti portasse via da me per darti a qualcun altro. Ricordo ancora come mi sono sentito, quando pensavo che tu e Kyle … E se un bambino che tu portassi in grembo, mio o di qualcun altro, mettesse a repentaglio la tua vita, proverei la stessa cosa."

"No, non lo faresti." Liz scosse la testa. "Ti conosco meglio di quanto tu creda. Tu non biasimeresti mai un bambino per una cosa che non dipende da lui. Hai dato la colpa a Zan per i problemi che il suo concepimento ti ha portato? No che non l’hai fatto. Hai fatto tutto il possibile per aiutarlo, al punto da rovinare la nostra relazione."

Max si fermò a riflettere sulle parole di lei.

"Allora non biasimare te stesso, Max. Per niente di tutto ciò. Non per i sentimenti di Langley, né per la morte di Zan, né per quello che la tua gente ha cercato di farmi e certamente non per essere attirato in tante direzioni da non avere più tempo per me."

Lui la guardò con un’espressione colpevole.

"Lascia perdere, Max."

"Liz, io ti amo. Tu non puoi nemmeno immaginare che casino sarebbe la mia vita se non ci fossi. Tu sei la luce che mi guida, la mia Stella Polare, la mia Croce del Sud, la mia … Tu sei tutto il mio mondo. Il Granilith sapeva quello che stava facendo quando ti ha dato questo compito."

"Max? Tu sai che tutto quello che sono per te, tu lo sei per me?"

Dopo l’abbraccio in cui si erano stretti, si erano distesi per parlare. Ora tornarono ad abbracciarsi di nuovo, stretti una contro l’altro. Le loro guance si toccarono, poi lo fecero le loro labbra. Il bacio cominciò dolcemente, teneramente, ma la loro passione non aveva limiti e, nell’intimità della loro stanza, il loro amore prese fuoco.

* * * * *

"Allora, cosa diremo agli altri?" Liz era distesa sul torace nudo di Max, i suoi seni poggiati su di lui. Gli stava accarezzando i muscoli del petto. "Di Langley? Si stanno mordendo le labbra, per non farci domande su quello che ci ha detto Jebulan."

"Io … io non lo so."

"Meritano di sapere, Max." la ragazza sollevò lo sguardo su di lui. "Sono tutti interessati, specialmente Michael."

Max sbuffò debolmente. "Hai ragione." le sorrise. "Ma credo che sia Langley quello che debba saperlo per primo. Giusto?"

"Non so se sia il caso, Max." Liz si sollevò dal corpo di Max, in modo da poterlo guardare negli occhi. "Sai che tua madre non ha mai avuto il Sigillo della Regina? Così io non ho accesso ai suoi ricordi. Ma posso dirti questo. Se lei era almeno un terzo di come sei tu, non avrebbe mai tradito suo marito, il tuo … vero padre."

"Lo so." annuì Max. "Sono solo io, che sono ancora una volta arrivato alla conclusione sbagliata. Solo perché io ho tradito te, sono stato pronto a credere che mia madre avesse tradito suo marito."

"Max , basta! Eravamo d’accordo di lasciarci questa storia alle spalle."

"E’ vero." lui chiuse gli occhi. "Mi dispiace. Tu sei troppo buona con me."

"E’ perché ti amo." i suoi occhi brillarono.

"Ma sono convinto che dovremmo dire a Langley che non sono suo figlio." sospirò Max. "Voglio dire, lasciare che mi odi per quello che ho fatto a … " fece una pausa e guardò Liz "per quello che è successo a mia madre. Almeno spero … voglio dire … so che lui non avrà più sensi di colpa, pensando che io ho quasi ucc … che lei è quasi morta a causa mia."

"Okay." concordò lei. "Aspetteremo che Langley sappia, prima di dirlo agli altri. Ma a Michael non piacerà. Aspettare, intendo."

"E quando mai gli è piaciuto?"

* * * * *

"Ciao, Max." Maria si affretto nel corridoio per raggiungerlo. "Dov’è Liz?"

"E’ tornata nella nostra stanza." Max si fermò per aspettarla.

"Con la guardia, vero?" la ragazza scoppiò a ridere.

"Si." il viso di Max si rannuvolò.

"Rilassati, Max." gli posò una mano sulla spalla. "Sappiamo tutti che sei in grado di badare a Liz. Ma hai bisogno di concedere qualcosa a questi ragazzi. Noi siamo abituati a voi due e alla vostra connessione. Per il tuo popolo è tutto nuovo."

"Il mio popolo." sbuffò Max. "Hai un’idea di quanto questa parola mi spaventi?"

"Che ti piaccia o no, Max, tu sei il loro Re. Ora, perché hai lasciato la loro bellissima Regina in compagnia di un estraneo?"

"Non proprio in sua compagnia." Max roteò gli occhi. "Lei gli ha ordinato di rimanere in corridoio. Gli ha detto che è proibito entrare nella nostra stanza, a meno che uno di noi non gli chieda di entrare."

"Sta diventando una meravigliosa Regina."

"Lei è sempre meravigliosa, Maria."

"Non hai risposto alla mia domanda."

"Cena?"

"Cosa?"

"Sto andando a prendere la nostra cena." Max si aprì in un grande sorriso. "Stasera ceneremo in privato."

"Oh, capisco." Maria rise, facendo una cattiva imitazione di un aristocratico accento inglese. "Aspetta, perché non lo fai fare da un servitore?"

"No." Max scosse la testa. "Non quando posso farlo da solo."

"No." concordò Maria. "E non saresti stato il nostro Max se lo avessi fatto."

"Maria, vorresti fare una cosa per me?"

"Dipende." Maria lo guardò con circospezione. "Se hai intenzione di mettere su un Harem Reale, non puoi … "

"Si tratta di Michael."

"Oh."

"Ho bisogno che tu lo perdoni. Tu lo ami ancora, vero?"

"Certo."

"Allora potresti superare tutto? Lui è diventato un grande Secondo, ma io rivoglio indietro il mio amico. E la tua … ostilità è … Lui sta soffrendo, Maria. Ti prego."

"Okay, Max." sogghignò Maria. "Devo prenderlo come un ordine del Re?"

"Puoi farlo, se vuoi." Max fece un sorrisetto compiaciuto. "Se questo ti fa stare meglio."

* * * * *

"Che ci fai tu qui?" Michael si voltò, in modo che le sue gambe non fossero alla portata di Maria.

"Ciao anche a te, Michael." Maria roteò gli occhi.

"Ciao. Tutto qui quello che volevi?" Lui mantenne il suo atteggiamento sospettoso.

"No." l’atteggiamento di Maria si addolcì. "Senti, sia Liz che Max, mi stanno alle costole. Dicono che è ora che ti perdoni."

"Sarà mia cura ringraziare Max e Liz." sbraitò Michael.

"Hey, so che ti stavano controllando, okay? So che tu non odi veramente Liz. Così ho pensato di venire e fare il primo passo, okay?"

"Okay."

"Inoltre … "

"Sì?"

"Io … io ho sentito la tua mancanza."

Maria si allontanò dalla porta e cominciò ad avviarsi verso la stanza che divideva con Connie.

"Anche io, Maria." le disse Michael. "Anche io ho sentito la tua mancanza."

"Buona notte, Michael." lei non si voltò a guardarlo, ma sul suo viso c’era un grande sorriso.

"’Notte, Maria."

* * * * *

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Capitolo 47
*** 47 ***


Parte 47

"Non so voi," Kyle guardò, attraverso l’oblò, il pianeta verde-azzurro avvicinarsi sempre di più "ma io sono contento di tornare sul mio pianeta."

"Sì." fu d’accordo Max. "Sarà bello tornare ad essere semplicemente Max."

"Io non credo che tu sarai mai semplicemente Max." osservò Isabel. "Tu hai sempre pensato a tutti noi e ora hai anche gli altri … " ed indicò la dozzina di guardie, scelte tra i molti volontari per aiutare il loro Re a combattere gli Epsiliani sulla Terra. Per dire la verità, tutte le guardie sarebbero andate volentieri con lui , ma Max aveva rifiutato, nel caso ci fosse stata necessità di difendere la Nave Madre.

Le guardie, così come Serena e Bektor, erano sedute all’estremità della nave, sentendosi a disagio nei loro abiti umani. Naturalmente, uno di quei dodici era Eldugar, la guardia personale di Liz e, sebbene l’ordine che aveva ricevuto fosse di stare al fianco di Liz solo in assenza di Max, lui cercava comunque di starle quanto più vicino osasse stare.

"La prima cosa che farò," Jesse aveva uno sguardo distante "sarà procurarmi una grossa bistecca con una montagna di patatine fritte, contorno di funghi e un’enorme insalata Cesar. Oh, e una birra. Una birra ghiacciata."

"E’ tutto quello che riescono a pensare?" Isabel roteò gli occhi.

"No." ridacchiò Liz. "Ogni tanto, pensano anche a qualche altra cosa. Ogni quindici minuti, vero Max?"

"A quanto pare." Max fece una smorfia, facendole il solletico, per vendicarsi.

"Sempre meglio che pensare ogni momento a fare acquisti." rise Jesse.

"Oooh!" gongolò Maria. "Spese. Ragazze? Dobbiamo andare ad un Centro Commerciale. Inoltre, abbiamo perso quasi tutti i nostri vestiti e le nostre cose, quando questi babbei hanno preso Max e gli altri, fuori dal motel."

"Oh, no." Michael roteò gli occhi e di appoggiò contro la parete.

Max rivolse a Maria un’occhiata interrogativa. Lei gli rispose con un sorriso e sollevò il pollice. Max annuì.

"Ascoltate, ragazzi." Max attirò la loro attenzione. "Stavo pensando ad una cosa. Ora che l’FBI … si sta leccando le ferite, mi stavo chiedendo se vi piacerebbe fare una visitina a Roswell."

Tutti spalancarono speranzosamente gli occhi.

"Ma sarà sicuro, Max?" chiese Liz per tutti.

"Quando arriveremo sulla Terra, sarà quasi buio. Se ci fermiamo a coppie, diciamo ad un paio di miglia da Roswell, vicino ad un motel, e prendiamo in affitto una macchina, potremmo fermarci per una notte e domattina arrivare separatamente a Roswell. Saremo partiti prima ancora che qualcuno abbia potuto rendersi conto che siamo arrivati. Che ne pensate?"

"Non saprei, Max." il viso di Michael non aveva la stessa espressione speranzosa degli altri. "Non penso sia una buona idea quella di separarci in quel modo."

"Abbiamo tutti i nostri cellulari." gli fece notare Max. "E abbiamo anche altri modi per tenerci in contatto. Possiamo organizzare di chiamarci ogni due ore o qualcosa del genere. Credo che andrà tutto bene. Inoltre, a coppie, attireremo meno attenzioni."

Tutti si scambiarono occhiate eccitate.

"E loro?" Connie accennò all’indietro.

"Non c’è bisogno che vengano anche loro." Max scosse la testa. "Sanno dove ci ritroveremo."

"Mi sembra una grande idea, Max." Liz sorrise al marito. "Grazie."

"Sì." annuì Maria. "Grazie."

"Allora, Max?" Isabel fece un sorrisetto furbo. "Ora hai due coppie di genitori da andare a trovare."

“Credo che ce la farò." Max posò le labbra sul collo della moglie.

"Trovatevi una stanza." grugnì Kyle.

* * * * *

"Un letto matrimoniale, huh?" notò Maria, entrando nella stanza del motel che lei e Michael avevano preso. "Non potevi chiedere due letti singoli?"

Michael lasciò cadere le loro borse sul pavimento e sospirò. "Li ho chiesti. Non ne avevano."

"Allora, accertati di rimanere dalla tua parte. Capito, giovanotto?"

"Senti, Maria." Michael si sedette sul bordo del letto e fissò la parete di fronte. "Quello che ho fatto … quello che mi hanno fatto fare, non è mi è piaciuto più di quanto sia piaciuto a te, okay? Loro sono miei amici. Fino al giorno in cui ha guarito Liz, Max è stato il mio unico amico. Farmi fare quelle cose contro di lui, è stato … è stato come … se ti avessero portato via da me. Capito?"

Maria prese un profondo respiro, preparandosi a ribattere, poi rilasciò l’aria e scosse la testa. Si sedette sul letto, accanto a Michael.

"E allora come hai potuto farlo?" gli chiese, ma non c’era acredine nella sua voce. "Voglio dire, anche con tutti i commutatori in funzione, Rath avrebbe dovuto sapere quello che Liz significa per Max."

"C’era una parte di me, Michael, che si rendeva ancora conto di quello che stava succedendo, Maria." Michael rabbrividì. "Ma ero impotente a fermarlo. La parte di Rath non ha voluto nemmeno ascoltarmi. Eppure stavo gridando. Non avevo mai sofferto così prima di allora. Non posso immaginare quello che deve aver provato Max quando hanno sparato a Liz, o quello che deve aver provato lei, quando Max è precipitato nel burrone, ma ci sono andato vicino. E’ stato solo quando Max ha sollevato il suo scudo, che Rath si è reso conto che lui sarebbe morto, prima di lasciare che succedesse qualcosa a Liz.

Solo in quel momento, quando lui è stato assalito dai dubbi, sono riuscito a riprendere il controllo. Ti dico una cosa, però. Ormai, anche se riuscissero a privarmi della mia parte umana, Rath sa quello che c’è tra quei due e nessuno riuscirà più a metterlo contro Liz."

"Hai sofferto, huh?"

"E’ dire poco." Michael fece una smorfia. "Ma sai una cosa, Maria? Niente mi fa più male di questo baratro tra di noi."

"Bene, Ragazzo dello Spazio." Maria fece un sorriso compiaciuto. "Sai che si possono sempre costruire ponti sui baratri, vero?"

Michael sollevò la testa.

"Davvero?"

"Sì." annuì lei, avvicinandosi ancora di più a lui. "E, inoltre, mi sei mancato."

"Anche tu mi sei mancata, Maria. E non lo dico solo per il sesso."

"Solo un’ultima cosa."

"Cosa?"

"Fai di nuovo del male a Liz e io ti strapperò … "

Fu fermata dalle labbra selvaggiamente appassionate di Michael. Il loro atto d’amore fu paragonabile all’eruzione di un vulcano. Bollente, veloce ed esplosiva. Entrambi avevano sentito la mancanza dell’altro ed entrambi cercarono di rifarsi del tempo perduto. Si strapparono i vestiti di dosso, e caddero abbracciati sulla coperta del letto. Ci sarebbe stato tempo più tardi, per la dolcezza. In quel momento, ci fu solo il loro bisogno reciproco.

* * * * *

"E’ bello essere di nuovo soli." disse Jesse ad Isabel, che stava in bagno.

"Capisco cosa vuoi dire." gli rispose lei. "Qualche volta, mi sembra di vivere circondati dai gente."

"Ma non pensare che io ne voglia uscire. Niente del genere."

"Cosa te lo ha fatto dire?" Isabel usci dalla doccia, avvolta in un asciugamano e con i capelli ancora bagnati. "Stai bene?" Si sedette sul letto ed avvolse le braccia attorno a Jesse.

"Sai che ho accettato la tua causa, no? Intendo, questa guerra in cui sei stata trascinata, come aiutare la gente che si trova nei guai. E’ solo che … " Jesse sospirò e si passò una mano tra i capelli. "A volte vorrei poter sperare in una vita normale, per noi due."

"Bene." Isabel sorrise, facendo scorrere un dito sul braccio del marito. "Anche Max vuole dare una vita normale a Liz. E se c’è qualcuno che potrà riuscirci, saranno quei due." Isabel roteò gli occhi. "Il punto al quale voglio arrivare è che loro possono sopportare tutto, fino a che sono insieme. Faranno tutto quello che devono fare, solo per poter avere qualcosa che rassomigli anche da lontano ad una vita normale. E altrettanto farò io, Jesse. Specialmente ora che siamo di nuovo insieme. Anche io voglio una vita normale."

Jesse cercò di mettersi a sedere, senza sciogliere l’abbraccio con la moglie. "Sì." le disse sospirando.

"Che cos’è la normalità per te, Jesse?" gli chiese Isabel.

"Che vuoi dire?"

"Come vedi la tua vita normale?"

"Te come mia moglie, naturalmente." cominciò lui, strappando ad Isabel un sorriso. "E lavorare come avvocato, credo." lui si strinse nelle spalle. "O forse muovermi in politica. Senatore Ramirez. Come la vedi?"

"Votate Ramirez." ridacchiò Isabel. "O la sua sposa aliena vi colpirà col raggio mortale dei suoi occhi."

"Puoi farlo?" rise lui.

"No." lei gli colpì scherzosamente il braccio con un pugno.

"Forse, potrei fare qualcosa che aiutasse il mondo ad accettare l’idea che c’è vita su un altro pianeta. Molto più avanzato del nostro. Questo genere di cose."

"Sembra simpatico."

"Oh, sì. E la sera, tornare a casa, dalla mia adorata mogliettina, che si è data da fare tutto il giorno in cucina per preparare la mia cena, è qualcosa che fa parte del quadro."

"Schiavista." rise Isabel. "Così tu ti aspetti che rinunci ai miei sogni, perché tu possa candidarti alla Presidenza, con l’appoggio degli alieni?"

"Proprio così." Jesse le fece un grande sorriso. "E tu? Come dovrebbe essere la tua vita normale?"

"Ebbene … " Isabel sorrise. "Mi piacerebbe avere una bella famiglia." vide Jesse nascondere un improvviso sorriso. "Un giorno." lei gli strizzò l’occhio.

* * * * *

"Maria voleva mettere a posto le cose con Michael." Kyle si scusò con Connie, mentre raggiungevano la loro stanza. "Spero non ti dispiaccia di dividere di nuovo la stanza con me. Altrimenti ne prenderò un’altra."

"Non mi disturba affatto." Connie gli sorrise. "Non posso pensare ad un compagno di viaggio migliore di te."

"Davvero?" Kyle spalancò gli occhi. "Aspetta. Non mi stai dicendo solo questo?"

"Non esattamente." Connie posò la borsa sul pavimento e guardò i letti gemelli. "Sono d’accordo a dividere la stanza ed il tragitto con te, okay? Tutto."

Kyle annuì. "Cosa vuoi dire con tutto?" sul suo viso un’espressione di speranza.

"Sai una cosa, Kyle? Sono stata veramente tentata a muovere la nostra relazione ad un livello successivo, quando eravamo nello spazio. Sai, l’intero aspetto surreale di quei momenti. Ma per quanto sembrasse eccitante, volevo veramente che la mia prima volta con te, fosse sullo stesso pianeta nel quale sono nata."

"Allora … "squittì Kyle. Si schiarì la voce. Il suo viso era un misto di sorpresa e meraviglia. "Allora, vuoi dire veramente … tutto?"

"Sì." Connie prese poche cose dalla sua borsa e si diresse in bagno. "Ora andrò a prepararmi per andare a letto." disse, enfatizzando la parola ‘letto’. "Perché non provi a rimediare qualcosa da mangiare. Oh, e magari una birra o due?" Cominciò a chiudere la porta, mentre Kyle aveva preso già il suo portafogli. "E, a proposito, Kyle?"

"Sì?"

"Protezione."

Per quando Kyle fu tornato con i suoi acquisti - che consistevano in un paio di sandwiches di carne, patatine e sei bottiglie di birra ghiacciata - Connie aveva terminato di fare la doccia ed aveva indossato una camicia da notte verde pallido, attraverso la quale Kyle riuscì a vedere la scura forma della sua femminilità.

"Wow." commento lui con voce roca.

"Vuoi mangiare, prima?" Connie arrossì, sotto lo sguardo ardente di Kyle.

"Dipende." Kyle ritrovò la sua voce e posò gli acquisti sul tavolo, voltandosi verso di lei.

"Da cosa?"

"Se tu sei o meno sul menù."

"Oh." ridacchiò Connie. "Sarò sul menù, non appena avrai fatto la doccia."

"Considerala già fatta." Kyle si sfilò la maglietta e si diresse verso il bagno. Si fermò per togliersi una scarpa, poi fece il resto della strada saltellando su un piede, nel tentativo di togliere l’altra. Lasciò cadere tutto sul pavimento.

"Uomini." Connie scosse la testa, alzandosi per andare a raccogliere gli effetti personali seminati da Kyle.

Lo scorrere dell’acqua disse a Connie che Kyle era già nella doccia. Guardando gli acquisti, scoprì che Kyle era riuscito a trovare due piatti di porcellana. Annuì la sua approvazione e cominciò a disporre il cibo che lui aveva preso. Prese due bottiglie di birra e le aprì, proprio nell’istante in cui Kyle usciva dal bagno.

"Spero che non ti dispiaccia." lei lo guardò dalla testa ai piedi. Tutto quello che lui aveva indosso, era un asciugamano legato sui fianchi. "Ho pensato che era meglio mangiare prima che si raffreddasse tutto. Non hai preso l’insalata di cavoli."

La bocca di Kyle si aprì e si richiuse, mentre lui cacciava via ogni battuta che gli era venuta alla mente.

"Mangiamo." riuscì solamente a dire.

* * * * *

"Mi dispiace di non essere vergine." lei guardò Kyle negli occhi, mentre lui stava unendo i letti gemelli. "Ma voglio che tu sappia che non ho mai provato per nessuno un sentimento profondo come quello che provo per te."

"Veramente? Per me? Un sentimento profondo?" Kyle sembrò nervoso. Le parole gli venivano con grande difficoltà. "Uhm … Davvero?"

Lei ridacchiò. "Sai, Kyle? Dal modo come balbetti, penserebbero tutti che sei ancora vergine."

"Cosa?" l’offesa alla sua mascolinità sembrò rimetterlo insieme. "Assolutamente no. Anche se devo ammettere che è passato tanto di quel tempo, che forse la mia verginità è tornata."

"Non funziona così." Connie scoppiò a ridere. "E se Max potesse usare i suoi poteri per ridare la verginità, potrebbe fare una fortuna."

"Ne hai mai parlato con lui?"

"Scusa?" Connie fece un sorrisetto compiaciuto. "Dove eravamo rimasti?"

"Senti, Connie." Kyle si sedette sul bordo del letto. "Voglio solo che tu sappia che io provo la stessa cosa, okay? Per tutte le ragazze con le quali sono uscito, non ho mai provato quello che sento per te. Solo per Liz, ed anche con lei è stato qualcosa di diverso. Non so se ce la faremo, o se avremo almeno un futuro cui guardare, ma non riesco a pensare a nessun’altra con la quale vorrei dividere il mio cammino."

"Io nemmeno." Connie si sedette in grembo a Kyle. "Allora dimmi. Sei veramente un cowboy? E’ una pistola quella sotto l’asciugamano?"

"No." rise lui. "Sono solo contento di vederti."

* * * * *

"Credo che a Bektor verrà un colpo." rise Max. "Abbiamo lasciato Eldugar con lui e con gli altri."

"Stiamo andando a trovare le nostre famiglie, Max." Liz scosse la testa. "Come farei a spiegare a mio padre e a mia madre, perché c’è un tipo strano che mi gira intorno? Come posso spiegare loro che Eldugar è lì per proteggermi, quando tu non sei nei paraggi? Senza parlare del fatto che spunterebbe fuori come un pollice infiammato e noi non dobbiamo farci notare."

"Sono d’accordo con te, Liz." sorrise Max. "Trovo solo divertente il modo in cui riesci a circoscrivere le pretese di Bektor e di Serena."

"Serena è a posto. Cerca solo, troppo duramente, di giustificare la sua nuova condizione. E’ stato crudele, da parte tua, promuoverla in quel modo."

"Ce la farà." Max sorrise di nuovo. "Imparerà molte cose sugli umani, stando con noi. In questo modo, saprà come cambiare le loro usanze, perché non vengano a contrastare le nostre necessità. Non voglio che si ripeta quello che è successo sulla nave. Tu sei, e sarai sempre, la mia priorità. Prima lo capiscono, prima andremo d’accordo."

"Lo so." annuì Liz. "E lei è molto gentile con me. Tutti loro lo sono, in effetti."

"Sai?" Max guardò Liz, seduta accanto a lui, mentre guidava verso nord, verso Roswell. Avevano scelto di continuare, per essere un po’ più vicini a Roswell, il mattino successivo. "Potremmo continuare ed essere a Roswell in tre ore. In questo modo, avremmo più tempo per stare con i nostri genitori."

"Mi sembra una buona idea, Max." Liz annuì guardandolo. "Ma dove dormiremo?"

"Sai bene quanto me che sia i tuoi, che i miei, ci metterebbero a disposizione le nostre vecchie stanze." Max fece un sorrisetto compiaciuto, guardando la luce del tramonto. "Sai? Mi è sempre piaciuta l’idea di far l’amore con te sul tuo balcone." Ed agitò le sopracciglia.

Liz scoppiò a ridere. "Non mi piace l’idea di farlo nella stessa casa dove c’è mio padre, grazie molte." scosse la testa. "Specialmente se lui si trova nella stanza accanto. Inoltre, entrare dalla tua finestra e sedurti è sempre stata una delle mie fantasie."

"Lo so." Max rise e Liz arrossì. "Ma non con mia madre che può sentire. Così, credo che le nostre vecchie stanze siano fuori causa, vero?"

"Di sicuro." concordò Liz. "E questo dove ci lascia?"

"A nord, sulla Statale 285, alle otto e mezza di sera." Max si strinse nelle spalle. "Ehy, da queste parti non c’è quel posto in cui trovammo Michael e Maria? Sultan?"

"Toglitelo dalla testa, giovanotto." Liz roteò gli occhi. "Non voglio nemmeno ‘pensare’ a far l’amore con te in qualche ambiguo motel. Non dopo che mi hai portato sulle stelle ed indietro, letteralmente, e non dopo aver diviso momenti magici dietro il pianeta Plutone."

"C’è un motel, più avanti." Max, le indicò l’insegna luminosa dei Day Inn, davanti a loro. "Devo fermarmi o proseguo?"

Si voltarono a guardarsi, solo per vedere l’amore ed il rispetto reciproco, la loro passione e il bisogno che avevano l’uno per l’altra riflessi nei loro occhi.

"Stop." dissero insieme, ridendo.

Max accese la freccia direzionale e controllò il retrovisore, prima di infilarsi nel parcheggio del motel.

* * * * *

Il Vice Sceriffo Jim Valenti entrò, dalla porta principale, nell’atrio del Dipartimento dello Sceriffo di Roswell. Fermandosi davanti alla scrivania, si stiracchiò le braccia e gemette.

"Buongiorno." disse al Vice Sceriffo Holt, di servizio dietro la scrivania. Andò verso la macchina del caffè e si riempì la tazza, canticchiando un motivetto.

"Lo sarà." concordò Holt. "Stando a quello che dice KROZ, ci sarà un caldo torrido."

"Allora, probabilmente, pioverà."

"Sì." ridacchiò Holt. "Stai pensando alla tua vacanza?"

"Lo sai." ammise Jim ridendo. "E’ la prima vera vacanza che faccio da anni."

"Dove te ne andrai?"

"Me ne andrò dritto verso il golfo e faro qualche seria battuta di pesca."

"Sembrerebbe divertente. Vuoi un po’ di compagnia?"

"Solo del genere morbido e femminile."

"Allora porti con te Amy Deluca, huh? Non è esattamente un segreto, sai?"

"Se avessi un milione di dollari," cominciò a cantare Jim, fermandosi solo per bere il caffè "Ti comprerei una casa … "

"Il tuo complesso suona ancora, Jim?" si informò Holt.

"I Kit Shickers?" Jim sorrise. "Pressappoco. Non ci siamo mai sciolti, ma è un po’ che non suoniamo."

"Forse dovresti ricominciare." gli disse il Vice Sceriffo. "Ti aiuterebbe a distogliere la mente dal tuo ragazzo."

"Potrebbe essere d’aiuto." ammise lui.

Il telefono cominciò a squillare. Jim prese un altro sorso di caffè e si diresse nel suo ufficio, mentre Holt prendeva la chiamata.

"Forse è il caso che risponda tu, Jim." Holt gli tese il microfono, mentre finiva di compilare il modulo. "Un furto in corso a … "

"Non dirmi che si tratta di nuovo del 433 di Crestview?" Jim si accigliò.

"No." Holt scosse la testa. "Jim, è a casa tua."

Jim posò la tazza del caffè e corse verso la sua SUV.

Non attese i rinforzi, Jim ne aveva abbastanza dell’FBI e delle loro tattiche subdole per cercare di trovare qualche traccia di suo figlio e dei suoi amici. Ora che qualcuno aveva denunciato il tentativo di infrazione, Jim poteva avvicinarsi alla casa, entrare e sparare a chiunque vi avesse trovato. Quando sarebbe arrivato il momento di preparare il rapporto, avrebbe semplicemente detto che il malvivente gli aveva puntato contro una pistola. Poi, durante le indagini che sarebbero seguite, avrebbe chiesto di sapere perché un agente dell’FBI fosse entrato in casa sua senza i prescritti mandati. Forse l’avrebbero fatta finita.

Così, fu in silenzio che Jim fermò l’auto a qualche edificio di distanza da casa sua. Non aveva usato la sirena per farsi strada nel traffico della mattina. Quando scese dalla SUV, notò la strana macchina parcheggiata nel suo viale.

"Parliamo di sfacciataggine." mormorò a se stesso, estraendo la pistola dalla fondina.

Usando per coprirsi le case dei vicini, gli alberi e i cespugli, Jim si avvicinò di soppiatto alla sua stessa casa, la pistola puntata davanti a lui, usando la mano libera per tastare, come gli aveva insegnato suo padre tanti anni prima. In silenzio perfetto, salì i gradini del portico e, con le spalle alla parete, scivolò davanti alla porta. Si fermò ad ascoltare eventuali rumori, provenienti dall’interno. Poteva sentire qualcuno muoversi. Gli sembrò che fosse una persona sola.

"O mi sono sbagliato," pensò scuotendo la testa "o stanno cominciando ad avere problemi nel trovare agenti disposti ad infrangere la legge."

Col la pistola pronta, poggiò la mano sulla maniglia della porta. La girò lentamente, per evitare ogni possibile rumore che avrebbe potuto fargli perdere l’elemento sorpresa. Aprì la porta, in modo da lasciare solo un piccolo spiraglio. Da lì, non riuscì a vedere nessun movimento, così la aprì un po’ di più e si fermò. Quando ci fu abbastanza spazio, Jim aprì e, con la pistola puntata percorse la stanza. Mentre lui era ancora all’erta, ma immobile, una ragazza bionda entrò nella stanza, sgranocchiando dei cereali.

"Fermati!" ordinò Jim, puntandole contro la pistola.

La bionda gridò, lasciando cadere la tazza quasi colma di cereali sul pavimento, e si voltò verso Jim, con le braccia alzate in aria. Benché fosse chiaramente spaventata, non era certo un agente dell’FBI. Con movimenti lenti, dettati dall’esperienza di tanti arresti come quello, Jim si avvicinò alla ragazza, che lo stava guardando ad occhi spalancati, tenendole sempre la pistola puntata contro. Cominciò a perquisirla, sebbene fosse chiaro che non aveva modo di nascondere armi nei suoi abiti aderenti.

"Papà?" la stupita esclamazione dietro di lui, lo fece voltare di scatto, puntando la pistola in direzione della persona che aveva appena parlato.

"Kyle?" Jim sembrò sorpreso, ma il suo istinto stava ancora lavorando, così tornò a guardare la ragazza.

"Una visitina al volo." gli disse Kyle, scrollando le spalle. "Uh, papà? Vedo che hai già incontrato Connie."

* * * * *

Jeff Parker era seduto in uno degli scompartimenti del Crashdown Café, per controllare la lista dell’inventario ed assicurarsi che non ci fosse altro da ordinare. Non riuscì a trattenere lo sbadiglio che gli uscì dalla bocca. Aveva aperto il locale appena cinque minuti prima e l’affollamento delle sette era in pieno corso. Il telefono dietro al bancone cominciò a suonare. Jeff si strinse nelle spalle ed andò a rispondere.

"Chi pensi che possa chiamare a quest’ora del mattino? chiese a Tony, il cuoco che era di turno.

"Buon giorno, Crashdown café." intonò Jesse, quando ebbe sollevato il microfono. "In cosa possiamo esservi utili?"

"Posso ordinare qualcosa da portare via?" chiese una voce. Sembrava smorzata, come se provenisse da un cellulare.

"Certo." Jeff roteò gli occhi. Tutti sapevano che il Crashdown lo faceva. "Cosa vorrebbe?"

"Potrei avere una colazione da Re Alieno e un caffè formato Regina?"

Jesse spalancò gli occhi. "Certo. Non sarà un problema." rispose, mentre con gli occhi controllava il locale. "Per quando devo prepararla?"

"Possiamo essere lì tra un quarto d’ora circa."

"Va bene. Bussate alla porta sul retro. Vi aspetterò lì." Jesse chiuse il microfono, e strappò la pagina dal blocchetto degli ordini telefonici.

"Puoi fare questo ordine urgente?" e scrisse un’ordinazione per uova, pancetta, patate fritte e pane tostato, per due, e lo fece scivolare sul bancone della cucina. Si voltò poi verso la caffettiera e riempì due tazze di porcellana di caffè, mettendo due Danesi in un altro piatto. Posò tutto su un vassoio, mentre aspettava il cuoco..

"Per chi sono?" Tony guardò nella stanza, ma non vide nessuno in attesa di cibo.

"Nancy e me." sorrise lui.

"Okay." Tony annuì, facendo scivolare due piatti verso Jeff. "E quell’ordinazione al telefono? Vuole che me ne occupi io?"

"Ci hanno ripensato." Jesse posò i piatti sul vassoio e lo portò verso la scala che conduceva all’appartamento soprastante.

"Nancy." la chiamò, controllando che l’apparecchio per prevenire le intercettazioni fosse nelle stanza e funzionasse. "Sarà meglio che ti alzi, perché tra cinque minuti tua figlia e tuo genero saranno qui."

"Cosa?" squittì lei. "Oh, mio Dio. Jeff! Questo posto è un porcile. Perché non ci hanno avvertiti?"

Jeff sorrise e scosse la testa. A parte qualche rivista ed il giornale del giorno prima aperto sul tavolo, la stanza era immacolata.

* * * * *

Max si dette un’occhiata intorno, mentre Liz apriva la porta di quella che era stata la sua casa. Scivolò dentro, seguita dal giovane uomo che aveva sempre sognato di entrare in quella casa come membro della famiglia. Assicurandosi che nessuno dei dipendenti li vedesse, si affrettarono sulle scale.

"Liz!" ansimò sua madre correndo per il soggiorno ad abbracciare la figlia. "Oh, tesoro. Ero così preoccupata per te."

"Ciao, mamma." Liz le sorrise, stringendola tra le braccia. Quando la lasciò, fece la stessa cosa con suo padre.

"Ciao, Max." Jeff strinse la mano al ragazzo, dopo che Nancy l’ebbe avvolto in un abbraccio materno.

Ci volle un po’ di tempo per asciugare le lacrime dettate dall’emozione. E non furono solo Liz e Nancy a versarle. Anche Jeff fece la sua parte. Sebbene facesse parte della famiglia, Max si sentì un intruso.

"Allora, diteci." disse alla fine Jeff, indicando la colazione che aveva preparato. "Dove siete stati? Perché non ci avete fatto avere notizie?"

"Abbiamo preso contatto con la gente di Max." disse loro Liz, cominciando a mordicchiare il Danese. "Li abbiamo incontrati dopo che eravamo andati ad investigare sulla caduta di quel meteorite. Ci hanno portati sulla loro astronave, nascosta proprio dietro al pianeta Plutone."

"Quel nuovo satellite, di cui tutti stanno parlando, è l’astronave?" Jeff sollevò un sopracciglio.

"Sì." annuì Max, deglutendo la pancetta che aveva appena mangiato. "Ogni volta che hanno necessità di mettersi in contatto con la loro gente sulla Terra, devono spostarsi per mandare il messaggio."

"Come fai a sapere che quella è la tua gente, Max? Sei sicuro di poterti fidare di loro?"

"Ne siamo sicuri." Max strinse la mano di Liz.

"Allora per quale motivo hanno voluto portarvi sulla loro nave? Non vorranno mica riportarti su Antar, vero?" gli occhi di Jeff si restrinsero.

"No." Max gli sorrise, poi si voltò verso Liz e la guardò negli occhi, prendendole entrambe le mani nelle sue. "Volevano incontrare la loro Regina."

Nancy sembrò un po’ stordita. "Così, non solo mia figlia è la Regina di un intero pianeta, ma ha volato nello spazio più lontano di qualsiasi essere umano?"

"Ad eccezione di Kyle, Jesse, Maria e Connie, mamma." Liz roteò gli occhi. "C’erano anche loro."

"Tecnicamente, Connie è andata ancora più lontano di te." rise Max.

"Oh, è vero." ammise Liz.

"Allora, perché questa visita, Max?" chiese Jeff. "Non che non ne siamo contenti. E perché Philip ha organizzato per tutti noi, di allontanarci per un po’ da Roswell?"

Max guardò Liz, che ricambiò il suo sguardo annuendo leggermente con la testa.

"Potrebbe arrivare qualche momento difficile." sospirò Max. "Forse anche pericoloso. Vogliamo che le nostre famiglie stiano insieme, per la vostra sicurezza e per passare un po’ di tempo insieme a voi. Dopo tutto, siete sempre i nostri genitori e vi vogliamo bene."

* * * * *

"Ciao, mamma." disse Isabel, entrando in cucina con Jesse.

"Oh, Isabel." la salutò Diane, stringendola tra le braccia.

"Hola, mamasita." Jesse prese la madre tra le braccia e la sollevò.

"Oh, Mijo." sorrise sua madre, colpendolo sul braccio. "Mettimi giù."

La riunione fu simile a quella che si era tenuta nel Crashdown, con tante lacrime, sebbene avessero notato che, anche se la signora Ramirez aveva salutato Isabel, non l’aveva abbracciata.

"Isabel!" la chiamò Philip dalla porta della cucina. "Jesse!"

Philip era fuori per lavoro, quando Isabel aveva chiamato per avvertirli, con un messaggio in codice, che stavano arrivando. A differenza dei genitori di Liz, Diane aveva ricevuto la telefonata la sera precedente. Philip aveva lasciato il suo albergo nelle prime ore della mattina ed aveva fatto tutta una tirata, per arrivare in tempo.

"Lasciatemi il tempo per rinfrescarmi, poi mi unirò a voi per la colazione, volete?"

"Certo, papà." dissero insieme sia Isabel, che Jesse.

Philip si lanciò sulla scala, facendo i gradini due a due. Nella sua stanza da letto, prese attentamente il dispositivo anti-intercettazioni, che gli aveva dato Max, e lo posò sulla cassettiera. Fece una doccia svelta, si rasò, si lavò i denti e si infilò un paio di jeans ed una camicia a quadri. E, finalmente, si sentì pronto a raggiungere la figlia ed il genero.

Quando arrivò in cucina, fu compiaciuto di vedere che la signora Ramirez stava preparando la colazione. Lei non aveva mai sentito parlare delle ricette di Martha Stewart.

"Allora, perché questo silenzio?" disse Philip al di sopra della sua tazza di caffè.

I ragazzi si erano preparati le risposte con molta attenzione. Benché fossero stati tutti d’accordo nel raccontare ai loro parenti tutto quello che avrebbero avuto il coraggio di raccontare, avevano deciso di non parlare del processo di Liz, o di quanto Max e Liz fossero andati vicini ad essere uccisi. Si focalizzarono, invece, sulle cose buone del loro viaggio interstellare.

"Così, visto che siamo tutti a Roswell," Philip sorrise a sua figlia "e visto che voi avete intenzione di partire stasera, potremmo partire anche noi, invece di aspettare domani."

"Potremmo prendere in affitto un minibus o qualcosa di simile," suggerì Jesse. "invece di viaggiare in macchine separate."

"No." Philip scosse la testa. "C’è una ragione perché vogliamo viaggiare separatamente. Abbiamo bisogno di arrivare alla spicciolata, per non attirare troppa attenzione. Inoltre, Max e Liz devono fare una deviazione. Hanno un appuntamento per incontrare Arthur Carlton della Carlton’s Electtronics ad Albuquerque. Penso che Terrie voglia ringraziarvi personalmente. Non ha più visto Max, dopo che, quella sera Liz l' ha fatta uscire dal ristorante."

* * * * *

"Mamma?" chiamò Maria entrando nel Deluca Store, 'The Essence-ial Emporium'.

Allineato sugli scaffali e sugli espositori, c’era tutto quello che un aroma-terapista avrebbe potuto desiderare, insieme a vari medicinali a base di erbe e a capi di abbigliamento ‘new age’.

"Maria!" squittì Amy. "Oh, mio Dio! Maria!"

Amy arrivò come un uragano e prese Maria tra le braccia.

"Tale madre, tale figlia." Michael si coprì un sorriso con la mano.

"Come mai siete qui?" Amy si tirò indietro per guardare sua figlia. "Non sarai … "

"Mamma, no!" Maria roteò gli occhi. "Siamo passati per salutare. Sai? Visto che ultimamente siamo stati alquanto silenziosi."

"Uh huh." Amy guardò Michael e gli fece un cenno con la testa. "E come mai, a proposito? Lo sapete che siamo stati molto preoccupati, vero?"

"Sì." sospirò Maria. Non era come se lo era immaginato.

"Dove sono tutti gli aggeggi alieni?" notò l’assenza di oggetto legati alla famosa storia di Roswell.

"Oh." Amy si guardò attorno. "Sai? Non erano molto produttivi, così me ne sono liberata. Ormai, non li faccio più."

"E’ per via di Michael, Max e Isabel?" Maria sollevò un sopracciglio.

"Non esattamente." negò Amy, un po’ troppo enfaticamente. "Ma ho capito quanto potessero essere umilianti per loro quegli oggetti. Dopo tutto, Max ha salvato la vita di Liz, no? Come potevo prendere in considerazione di continuare la storia che lui, o il ragazzo che ha conquistato il cuore mia figlia, siano pericolosi esseri verdi, alti un metro e con grandi occhi neri?"

"Non l’abbiamo mai presa molto sul serio, Amy." Michael scosse la testa. "E non l’abbiamo mai presa come una cosa personale. Ci dispiacerebbe se avesse difficoltà economiche, solo perché ha cercato di essere … politicamente corretta." Michael si passò le mani tra i capelli e guardò il negozio vuoto. "Torni pure a vendere cianfrusaglie aliene."

* * * * *

Steve Baurline non era un uomo felice. Anche se aveva a disposizione ottime attrezzature tecnico-scientifiche, qualcuna delle quali gli era ancora sconosciuta, non era andato più vicino a trovare il mostro alieno che aveva distrutto la sua vita dei giorni d’oro.

Ogni singolo ago, quadrante, penna ed indicatore di ogni singola macchina, non mostravano nulla. Non c’era traccia del giovane uomo, o meglio, alieno, che queste macchine avrebbero dovuto individuare. Ormai da mesi, aveva cambiato la sua posizione ogni giorno, sperando di trovarlo e cominciava ad essere stanco. Si alzò dal letto e si avvicinò ad una delle scatole. Solo il suono del cellulare che aveva in tasca, gli impedì di prendere a calci il dispositivo.

"Cosa c’è?" abbaiò.

"Baurline? Sei tu?"

"Sì." disse lui con asprezza. "Chi è?"

"Sono … sono Haskins. Ho delle notizie."

"Sì? Quali?"

"Quanto?"

"La solita cifra."

"Voglio il doppio. Ho sentito dire che hai un committente generoso e credo che questa sia la notizia che stai aspettando."

"Okay." Baurline permise all’irritazione di trapelare nella sua voce. "Ma è meglio per te che sia vero."

"Ci siamo. L' ho trovato."

"Chi?" chiese Baurline dopo una pausa, ma sapeva che Haskins aveva sentito il suo senso di urgenza.

"Bella battuta. Sai benissimo di chi parlo. E’ comparso a Roswell, questa mattina presto. Ma ora stanno caricando la macchina. Stanno partendo di nuovo."

"Hai ragione, Haskins." ammise Baurline. "E’ un’ottima notizia e vale i soldi in più. Li metterò sul tuo conto. Puoi seguirli?"

"Sì, ma ti verrà a costare."

"Naturalmente." annuì Baurline. "Solito prezzo?"

"Doppio." Haskins fece una risatina furba. "Non dubito che avrai un ottimo compenso e, allora, perché io devo esserne tagliato fuori?"

"Okay, Haskins. Tienimi informato. Sistemeremo tutto, la prima volta che ci incontriamo."

"Voglio che i soldi mi siano accreditati ogni giorno. Salta un pagamento e io salterò la chiamata."

Haskins chiese la comunicazione. Baurline premette il bottone rosso del suo cellulare e si voltò a guardare i costosi macchinari nella stanza. Cominciò a ridere.

"Tutta questa tecnologia ed è stato un semplice informatore a trovarli."

Baurline premette un altro bottone del suo telefono. La risposta arrivò dopo appena uno squillo.

"Grier? Sono Baurline. Di’ a Nikolas che li ho trovati. Sono di nuovo a Roswell, ma si stanno muovendo. Ho qualcuno che li sta pedinando. Vi terrò informati. Oh, e ho bisogno di un po’ di contante."

* * * * *

Nella buia stanza del motel, l’hippie con la bocca deformata era seduto davanti ad un ricevitore digitale e stava premendo una serie di bottoni, mentre un display a led rossi mostrava una serie di numeri in continua evoluzione. Ogni tanto i numeri si fermavano e una scarica statica riempiva l’aria.

"Dannazione, non riesco a capire." gridò, dando una botta ad un lato del ricevitore. "Cinquemila dollari di denaro pubblico e questo maledetto non serve. So che l’apparecchio funziona bene. L' ho testato prima di rubarlo. Dovrebbe rilevare qualcosa, anche solo qualche stupida chiacchierata per ordinare qualcosa o chi parla con chi." Premette un altro bottone, la sequenza dei numeri cambiò e le scariche statiche ricominciarono. Poi, il rumore cambiò.

" … Inoltre, Max e Liz devono fare una deviazione. Hanno un appuntamento per incontrare Arthur Carlton della Carlton’s Electtronics ad Albuquerque. Penso che Terrie voglia ringraziarvi personalmente. Non ha più visto Max, dopo che Liz l’ha fatta uscire dal ristorante, quella sera."

"Alla maledetta fine." sbottò l’uomo, balzando in piedi per andare a prendere una mappa del New Mexico. "Credo che sarà il caso di fare una visitina ad Albuquerque."

* * * * *

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Capitolo 48
*** 48 ***


Parte 48

"Bene, sono andati." Philip agitò la mano per salutare la macchina che lasciava la Statale 285 e si dirigeva da sola verso Albuquerque. Diane si voltò e salutò suo figlio e sua nuora. Nancy e Jeff, seduti dietro la giovane coppia, ricambiarono il suo saluto.

"Non è giusto." brontolò. "Nancy ha passato più tempo con Max di quanto ne abbia passato io, e io sono sua madre."

"Tu hai me, mamma." le disse Isabel dal sedile posteriore della macchina dove i cinque stavano viaggiando. Lei era seduta dietro a Jesse e sua madre.

"Oh, Isabel." la madre si voltò per guardarla. "Lo so. E’ solo che … "

"Sai quanto sia importante un legame tra madre e figlia, mamma. Liz vuole stare con sua madre e Max vuole stare con Liz. Inoltre, li rivedremo domani."

"Capisco, Isabel." rispose Diane. "ma non posso fare a meno di sentirmi un po’ gelosa."

"Quanto dobbiamo andare lontano?" chiese la signora Ramirez.

"Mamma, te l' ho detto ieri sera." Jesse roteò gli occhi. "Stasera ci fermiamo a Santa Fe e poi ci dirigeremo piano, piano verso nord. Abbiamo altri due o tre giorni di viaggio davanti a noi."

"Oh, sì." annuì lei.

"Stai bene lì dietro, Isabel?" Jesse si voltò per guardarla.

"Sì." annuì lei, alzando gli occhi al cielo. Prometteva di essere un viaggio lungo.

* * * * *

"Qui dobbiamo voltare." commentò Max facendo uscire la macchina dal convoglio al Cline’s Corner e voltando per la Statale 40 in direzione di Albuquerque. "Salutate tutti." Accanto a lui, Liz stava schiacciando un pisolino

"Non sarebbe stato più sicuro rimanere tutti insieme, Max?" chiese Jeff, seduto sul sedile posteriore, accanto a Nancy. "L’FBI non è ancora pericolosa?"

"Probabilmente no." Max scosse la testa. "Ma faremo solo una piccola deviazione. Ci ritroveremo con gli altri domani sera."

"Ma perché dobbiamo andare ad Albuquerque?" chiese Nancy.

"Devo incontrare qualcuno."

"Chi è?" domandò Jeff.

"Il padre di Terrie."

"Terrie? Non è la ragazza che avete salvato dall’assedio di Santa Fe?"

"Sì." annuì Max, guardando lo specchietto retrovisore.

"E perché? Qualche problema?"

"No." continuò il ragazzo. "E’ solo che … vedete, suo padre è Arthur Carlton, della Carlton’s Electronics."

"E … ?"

"E … gli ho fatto avere un’arma che io e Liz abbiamo trovato a Puerto Rico." Max vide una veloce macchina sportiva sfrecciargli accanto. "Spero che sia in grado di farne delle copie. In questo modo, potremo armare i nostri amici, familiari ed alleati, per avere un aiuto a combattere i nostri nemici."

"Ma non sarà costoso?" Jeff restrinse gli occhi e si prese un labbro tra le dita. "Hai fondi a disposizione? Come farai a pagarle?"

"Jeff?" Max ridacchio. "Quanto vale Liz per lei?"

"Lei è preziosa, Max." Jeff lo guardò sorpreso. "Non ci sono soldi, su questo pianeta o sul tuo, che possano compensarmi per la sua perdita. Ma ho l’impressione che per te sia lo stesso."

"Sì." concordò il ragazzo. "Tranne che per me, non ci sono abbastanza soldi nell’intero universo. Ma sì, vale lo stesso per me. Ora, supponiamo che lei avesse saputo che io avevo salvato la vita di Liz, quel giorno, al Crashdown. Cosa avrebbe fatto la prima volta che avessi voluto pagare il mio conto al Crashdown?"

"Tu non avresti mai più dovuto pagare, Max." Jeff scosse la testa. "Avresti avuto pasti gratis per il resto della tua vita. Oh, sì. Ho capito dove vuoi arrivare. Non ci sarà fattura?"

"Il signor Carlton avrà l’accesso esclusivo ad una tecnologia aliena, così, se sarà intelligente, sarà più che ricompensato per i suoi sforzi."

Jeff annuì, lo sguardo distante. Max si chiese se stesse pensando a quel triste giorno di settembre. Lo vide guardare sua figlia, addormentata nel sedile davanti.

"Max?" gli chiese con voce rauca. "Come sta Liz? Dimmi la verità."

"Sta bene." sospirò Max. "Ne ha passate parecchie, ma voi la conoscete, lei è veramente forte. Ma questo non mi fa smettere di preoccuparmi per il suo futuro."

"Tu sei il suo futuro, Max." il commento di Jeff fu dettato dalla voglia di far sparire il senso di colpa dal tono di Max. "Tutti possono vedere che voi due siete fatti l’uno per l’altra. Dovunque tu andrai, puoi stare certo che lei ti seguirà."

"Mi piacerebbe darle tanto di più."

"Dalle solo il tuo cuore e la tua anima. E’ tutto quello che vuole. E’ tutto quello di cui ha bisogno."

"Temo di non poterlo fare." sospirò Max.

Jeff sembrò preoccupato. "Perché no?" gli chiese con voce tesa.

"Perché lei li possiede già. Li ha sempre avuti."

* * * * *

"Allora, Connie, sai dov’è adesso tuo padre?" chiese Jim da dietro il volante della sua auto.

"No, signore." Connie scosse la testa. "Gli avevano offerto un lavoro ad est. Ho avuto la sensazione che fosse un lavoro da mercenario."

"Spero che quelli del governo non lo trovino." Jim scosse la testa. "Non vedono di buon occhio quel genere di attività."

"Io credo che non gli interessi molto di quello che pensano quelli del governo." ribatté Connie. "Non dopo che hanno cercato di ucciderlo."

"Sì." Jim annuì. "Lo credo anche io."

"Dalle tregua, papà." lo pregò Kyle.

"Okay, figliolo." Jim sorrise. "Visto che ha contribuito ad allontanare un fantasma."

"E quale sarebbe questo fantasma?" gli domandò Kyle.

"Devo confessarti che, per un po’, ho cominciato a pensare seriamente che … sai? … che … tu preferissi l’altra sponda."

"Cosa?" per un po’ Kyle non si strozzò.

"E cosa dovevo pensare? Le uniche ragazze per le quali hai provato interesse sono state Liz, Isabel e Maria, tutte impegnate in relazioni serie. Poi c’è stata la faccenda di Buddha. Hai capito cosa intendo?"

"Sì, papà." Kyle alzò gli occhi al cielo, mentre Connie scoppiò a ridere.

* * * * *

"Allora, Michael." gli chiese Amy dal sedile accanto. Lei aveva scelto di sedere davanti con Michael, per permettere a Maria di riposare sul sedile posteriore. "Com’è che tu e Maria non vi siete ancora sposati?"

"Me lo ha già chiesto una volta." rispose per lui Maria. Sapeva che sua madre avrebbe fatto il terzo grado a Michael, ma quello era compito di Maria. "Ma io ho risposto di no."

"Oh, Maria. Pensavo che dormissi."

"Evidentemente."

"Che vuoi dire con ‘ho risposto di no’?"

"Quello che ha detto, signora." Michael si strinse nelle spalle. "Che ha risposto di no."

"Ma guarda Max e Liz. E Jesse e Isabel. Sono sposati ed è evidente che sono felici. Se la cavano bene."

Maria scoppiò a ridere.

"Senti, mamma." Maria si tirò a sedere. "Isabel e Jesse erano già sposati, prima che tutto questo cominciasse. E per quanto riguarda Max e Liz, fino a che stanno insieme, staranno sempre bene. Nessuno di loro si sarebbe sentito a suo agio a vivere così, senza essere sposato. Ma io e Michael … noi non siamo Max e Liz. Non abbiamo quello che hanno loro. Credo che nessun’altro abbia quello che hanno loro. Quello che abbiamo io e Michael è più … "

"Sessuale?"

"Mamma! No. Voglio dire, sì, ma non è solo questo. Io so che Michael mi ama. E io amo lui. E che … non penso che potrò mai essere come Liz."

"Ma Maria … " cominciò a dire Amy. Lo stato di nubile di sua figlia la preoccupava, per i recenti ideali che aveva acquisito.

"Farò un patto con te, mamma." Maria incrociò le braccia e si chinò in avanti tra i due sedili, appoggiandovi i gomiti. "Accetterò la proposta di Michael, se mai me la farà ancora, DOPO che Liz avrà la sua grande cerimonia che Max le ha promesso."

Amy ci rifletté sopra. "E quando sarebbe?"

"Quando lui reputerà che per noi sarà sicuro ritornare a casa."

"E’ come dire mai, vero?" la sua voce salì di un’ottava. "Come quando i maiali voleranno o la luna diventerà blu?"

"Amy." Michael cercò di calmarla. "E’ di Max che stiamo parlando."

* * * * *

"Pensi che staranno bene, Max?" chiese Liz per forse la quarta o quinta volta, da quando avevano lasciato i suoi genitori al motel in cui erano scesi.

"Liz, sono sicuro che staranno bene." ghignò Max mentre lei scendeva dalla macchina. "I tuoi genitori sono cresciuti e possono badare a loro stessi."

"Sai cosa voglio dire." rise lei.

"Sì." Max le sorrise. "Il motel è sulla strada principale, così se hanno bisogno di andare da qualche parte, possono prendere un autobus. Abbiamo preso le stanze, abbiamo diviso un grande pranzo, di cos’altro potrebbero avere bisogno?"

"Lo so, Max. E’ solo che … "

"Non devi preoccuparti per loro, Liz. Se la sono cavata per tutto questo tempo senza di noi. So che sarai una grande Regina, ma non lasciarti prendere troppo, okay?"

"Finché ascolterai il tuo stesso consiglio e non prenderai il tuo titolo troppo sul serio."

"Affare fatto." ridacchiò Max, inclinando la sua spalla verso Liz.

"Oh." Liz si chinò in avanti per vedere il segnale stradale appeso sopra la strada e poi controllare ancora la loro posizione rispetto alla mappa che aveva sulle ginocchia. "Spostati a sinistra, Max. Dobbiamo voltare alla prossima."

"Sembra che ci siamo." Max annuì e si fece largo nel traffico, per arrivare alla loro meta.

"C’è un’area di parcheggio." gli indicò Liz. "Oh, c’è un posto libero, Max."

Mano nella mano, la giovane coppia camminò lungo il marciapiedi che portava all’entrata principale della Carlton's Electronics. Le porte scorrevoli si aprirono con un sibilo che ricordò ad entrambi le porte della nave spaziale. L’aria gelida del condizionamento andò loro incontro. Dentro, l’atrio di marmo aveva un’apparenza piuttosto spartana, con solo una scrivania per la ricezione, qualche sedia elegante e una teca di vetro con l’esposizione dei prodotti Carlton.

"Posso aiutarvi?" li accolse il sorriso a trentadue denti dell’addetta alla ricezione.

"Per favore, puo’ far sapere al signor Carlton che Max e Liz sono qui?"

"Il signor Carlton vi sta aspettando?" fece scorrere il dito su una lista davanti a lei. "Max e Liz chi?"

"Si limiti a chiamarlo." Liz roteò gli occhi alla falsa cortesia della donna. Lei sollevò la testa con un’espressione scettica.

"Si fidi." alla fine, Max la guardò con tutta la forza di uno dei suoi sorrisi. Lei contraccambiò e sollevò il telefono.

"Pronto, Andrea? Sono Tracey. Ho un ‘Max’ e una ‘Liz’ nell’atrio. Dicono che Arthur li sta aspettando, ma non sono sulla lista dei visitatori di oggi."

"Sono una coppia giovane, capelli scuri?"

"Sì, è così."

"Li mandi su, Tracey."

"Potete salire." Tracey chiuse il telefono e fece loro un altro sorriso. Si voltò ed indicò loro un ascensore, al lato più lontano dell’atrio. "Potere usare quell’ascensore."

* * * * *

"Max." Arthur Carlton si alzò da dietro la sua scrivania circolare e andò a stringere la mano del ragazzo. "Liz." Arthur strinse anche la mano di Liz, di cui baciò anche il dorso, strappando un risolino all’incantevole brunetta. "E cos’ bello essere riuscito ad incontrarvi, alla fine. Non potrò mai ringraziarvi abbastanza per quello che avete fatto per mia figlia Terrie. Non potrò mai ringraziarvi abbastanza per aver riportato insieme la mia famiglia."

"E’ … uhm … " il viso di Max divenne rosso. "Non è stato niente." disse, stringendosi nelle spalle.

"Oh, ma lo è stato." annuì l’uomo. "Vedete?" Arthur indicò il divano di pelle alle loro spalle, guidandoli lì. Poi fece una pausa. "Fino a quella sera, credo che si potesse dire che la mia famiglia fosse un po’ … disfunzionale. Terrie e io non eravamo esattamente in buoni rapporti. Niente di quello che facevo le andava bene e, ai miei occhi, tutto quello che faceva lei era sbagliato. Amici sbagliati, vestiti sbagliati, voti sbagliati."

"Ragazzo sbagliato?" sorrise Liz.

"Giusto." Arthur roteò gli occhi. "Sua madre ha provato a dirmi che la stavo perdendo, ma tutto quello che vedevo era l’incapacità di mia figlia e del mio denaro. Voglio dire, io potevo accorgermi di quello che stava succedendo. Perché non lo poteva fare Terrie?"

"Credo che quando si è giovani e innamorate gli alberi ti coprono la foresta." Liz guardò verso Max.

"Sì." sorrise Arthur. "Ma che mi dite di voi due? Voi non siete venuti tanto male. Le mie fonti mi dicono che anche voi avete avuto la vostra parte di problemi."

"Ci ha fatto spiare, signor Carlton?" Max sollevò un sopracciglio.

"Solo per sapere qualcosa di più su di voi." sospirò lui. "Con buone intenzioni, capite? Avevo solo bisogno di conoscere i ragazzi che avevano salvato mia figlia e visto che voi ragazzi siete più difficili da trovare che una pepita d’oro, ho dovuto far ricorso a qualcos’altro. Mi scuso se questo vi ha dato fastidio. Non volevo mettervi a disagio."

"Va bene, signor Carlton." Max strinse la mano di Liz. "Comprendiamo. Ad ogni modo, dov’è Terrie? E come sta?"

"Per favore, chiamatemi Arthur. Dopo tutto, voi ragazzi fate quasi parte della famiglia. Una famiglia che non ho ancora avuto modo di conoscere."

"Grazie … Arthur."annuì Liz.

"E per quanto riguarda Terrie, lei sta bene. Veramente bene, in realtà. Sta frequentando le scuole serali, per recuperare le lezioni che ha perduto e, dopo un’intensiva sezione di scuola estiva, spera di ottenere un posto al College, l’anno prossimo. Tutte idee sue. Con il mio incoraggiamento, naturalmente, ma senza costringerla a fare quello che non vuole."

"E’ grande." Liz si aprì in un grande sorriso.

"C’è una possibilità che voi possiate andarci? Al College, intendo."

"L’abbiamo sicuramente in programma." Max si strinse nelle spalle. "Ma per adesso, è solo un sogno."

"Una speranza." aggiunse Liz. "Potremo vedere Terrie?"

"Certamente." sorrise l’uomo più anziano. "Muore dalla voglia di rivedervi. E’ tutto quello che è riuscita a dire negli ultimi giorni. Ora è a scuola, ma verrà più tardi."

"Oh." Max sembrò preoccupato. "Speravamo di andare via il prima possibile."

"Capisco." annuì Arthur. "Il fatto è che ho quello per cui siete venuti, chiuso in camera di sicurezza. E non vorrei aprirla fino a che tutti gli impiegati non avranno lasciato l’edificio. Ho avuto l’impressione, da suo padre, che la faccenda sia più segreta del massimo segreto."

"Beh, sì." concordò Max. "C’è riuscito?"

"Sì." gli disse Arthur con un sorriso. "Però, per mantenere il segreto, non ho potuto mettere su per te una linea di produzione, così non ho potuto prepararne il numero che speravo. Ma Terrie ha aiutato in ogni suo momento libero." La sua espressione si fece preoccupata. "Inoltre, a causa della mia … tecnologia limitata, non sono stato in grado di raggiungere la precisione millesimale e così penso che il raggio di azione delle pistole che ho costruito io, non sarà preciso come quella che mi hai lasciato."

"Parlerò con qualcuno in grado di aiutarvi con la tolleranza." annuì Max. "Ma finché sono accurate, e mortali, andranno bene."

"Naturalmente, non ho potuto testarle. Non vogliono funzionare. Questo mi avrebbe impensierito, se tuo padre non mi avesse avvertito. Spero che vadano bene."

"Sono sicuro che andranno bene, Arthur. Grazie."

"Le proveremo non appena riuscirà a farcele avere." confermò Liz.

"Allora, che ne dite di tornare qui verso le sette? Per allora, Terrie sarà arrivata e qui saranno rimaste solo le guardie per la sicurezza. Terrie vuole ringraziarvi personalmente, Max. Non l' ha potuto fare, dopo che Liz l' ha portata via da lì. E nemmeno io, fino ad ora. Forse potremo cenare insieme?"

"Allora siamo liberi fino alle sette, Max." Liz fece una sorriso compiaciuto. "Che faremo con tutto questo tempo?"

"C’è un grande centro commerciale in fondo alla strada." propose loro Arthur, guadagnandosi una risatina sarcastica da Max. "E la costruzione più alta di Albuquerque è proprio lì accanto. C’è una terrazza, all’ultimo piano, con una vista spettacolare."

* * * * *

Le rimanenti tre auto del convoglio speciale proveniente da Roswell, si fermarono nel parcheggio del 'Santa Fe Wagon Train Motel', un po’ dopo le cinque del pomeriggio.

"Grande. Di chi è stata l’idea? grugnì Michael.

"Perché?" il viso di Maria manifestava chiaramente la colpevolezza. "Io penso che sia carino."

Le camere del motel erano una deludente imitazione di vagoni che formavano un lungo, ampio semicerchio.

"Hanno l’aria condizionata ed una piscina, Michael. E, in una giornata come oggi, preferisco starmene a bagno nell’acqua fresca, piuttosto che rimanere in una stanza afosa a sentirti ruminare ‘perché non sai quello che sta succedendo a Max’."

Michael roteò gli occhi.

"Sapete?" Amy uscì dall’aria condizionata della macchina al caldo del deserto. "Capisco perché voi due siete così riluttanti a sposarvi. Volete risparmiare i soldi del divorzio."

"Pittoresco." disse Diane, unendosi a lei nella secca, calda aria esterna.

"Scelta di mia figlia." Amy si strinse nelle spalle.

"Avrei dovuto immaginarlo." Kyle arrivò alzando gli occhi al cielo.

"Io e Jim andiamo a registrarci." si offrì Philip. "Perché voi ragazzi non vi trovate un po’ d’ombra?"

"Andremo lì." disse Diane, indicando un camion frigorifero parcheggiato all’ombra di alcuni pioppi.

Il gruppo traversò l’arida area di parcheggio e si lasciò cadere sull’erba o sui tavoli da picnic, sistemati all’ombra. Michael si fermò davanti ad una motociclista sporco d’olio, fermo ad un lato della strada, accanto ad un rottame di moto. Dal manubrio pendeva un cartello che la dichiarava in vendita all’insignificante somma di cento dollari.

"Ma cammina, almeno?" disse Michael scettico.

Arrivato al suo fianco, Kyle si strinse nelle spalle.

"Certo che cammina." il motociclista sembrò offeso.

"Sì, certo." Kyle si voltò e si diresse verso gli altri.

Il motociclista si alzò ed andò a mettersi a cavalcioni del suo mezzo. Dopo aver girato la chiave di accensione, fece del suo meglio per mettere in moto. Ma fallì miseramente. Con la risata di Michael nelle orecchie, il centauro prese il cartello, cancellò cento e scrisse cinquanta dollari.

"Perché ci siamo fermati così presto?" chiese Amy, mentre Michael si lasciava cadere sull’erba, accanto a Maria.

"Non vogliamo allontanarci troppo da Max e da Liz." le rispose Isabel. "Domani, vogliono riunirsi a noi. Ma non potranno farlo, se ci saremo allontanati troppo."

"Però, avremmo potuto rimanere tutti insieme, non è vero?"

"Esattamente quello che penso io." brontolò Michael.

"Solo perché domani vogliono riunirsi a noi, non è detto che lo faranno." Jesse incrociò le mani dietro la testa e si appoggiò contro il tronco di un albero. "Abbiamo fatto un programma, atteniamoci a quello."

"Come ha fatto Max a resistere con voi per tutto questo tempo?" chiese Connie, voltandosi verso Maria. "Sono sempre così? Sempre pronti a criticare le decisioni di Max?"

"Quasi sempre." annuì Maria. "Solo che, in questi giorni, possono non avere tutti i torti."

Connie scosse la testa. "Credo che voi ragazzi trarreste beneficio da un po’ di servizio militare. I soldati obbediscono agli ordini, Michael, non li mettono in discussione."

Michael borbottò qualcosa tra sé e sé.

"Cosa hai detto, Michael?" Maria sollevò un sopracciglio.

"Niente, cara." Michael scosse la testa.

"Sono solo io," Diane si appoggiò contro il tavolo da picnic. "o anche voi avete l’impressione che a Max tocchi sempre la parte più difficile? Voglio dire, a paragone di lui, per voi le cose sono più facili. Quando le cose non vanno, vi rivolgete a lui. Ma lui a chi si rivolge?"

"A Liz." rispose un coro di voci.

"E quel periodo quando … quando lui e Liz non stavano insieme, e Tess … Chi ha aiutato Max a superare quel periodo?"

Non ci fu risposta, ma tutti notarono il senso di colpa che comparve sui volti di Michael e Isabel.

"Io l' ho visto come una prova." dichiarò Kyle.

"Che vuoi dire, Kyle?" gli chiese Diane.

"Una prova per vedere se Max fosse degno di Liz. Noi tutti sappiamo quanto lei sia speciale. E Max l' ha superata. Non importa quante difficoltà Max abbia dovuto affrontare, o dovrà affrontare, potrà sempre far conto sull’amore di Liz. E direi che è una cosa reciproca."

Stavano tutti riflettendo su quelle parole ma, prima che qualcuno potesse replicare, il cellulare di Michael squillò.

Tutti guardarono il ragazzo, ma senza preoccuparsi. Una telefonata di controllo. Fino a che non videro l’espressione sul viso di Michael.

* * * * *

"Ti immagini come sarebbe venire qui, al College?" chiese Max. Avevano trascorso qualche ora girovagando per il centro commerciale e ora stavano camminando nella zona degli uffici.

"No." sorrise Liz. "Voglio dire, sono cresciuta nel deserto, Max. Per una volta mi piacerebbe abitare nel verde. Un posto dove d’inverno nevica e puoi trascorrere i lunghi giorni d’autunno, davanti ad una grande finestra, per vedere la pioggia scendere sui i vetri."

"Come nella canzone di Simon e Garfunkel." Max annuì. "Sì. Capisco quello che intendi."

"Ma quando avremo terminato il College, credo che mi piacerebbe tornare qui e stabilirmi nel deserto. Dopo tutto, c’è qualcosa di particolare nel deserto."

"Cosa? Mosche? Polvere? Calore?"

"Guardare le stelle nelle notti calde, Max. Stare seduti in una Jeep e tenersi stretti uno all’altra. Inoltre, tu sei un dono del deserto, Max. Credo di essere in debito con lui."

Max guardò gli occhi di Liz, con un sorriso di pura gioia. "Sono così contento che ci siamo schiantati a Roswell, Liz." allungò la mano per carezzarle il viso.

Lei ricambiò il suo sorriso e ripresero a camminare.

"Ma non in una città come Albuquerque. "Liz scosse la testa. "Non potrei vivere in un posto così grande. Dopo essere stai per conto nostro per tanto tempo, mi manca la sensazione di appartenere ad un posto. Vivendo a Roswell, mi sono resa conto di … di come mi sento sicura lì, conoscendo tutti."

"Sì." annuì lui. "E’ più facile tenere nascosto un segreto a poca gente, piuttosto che ad un’orda … " ed indicò i marciapiedi gremiti di gente "come questa. Ouch!" Max si fermò e cominciò a massaggiarsi vigorosamente un braccio.

"Max? Cos’è successo?" Liz si voltò verso di lui.

"Qualcosa mi ha punto."

"Qui." Liz gli spostò la mano. "Lasciami vedere. Oh, Max, stai sanguinando."

"Cosa?" la mano di Max tornò a posarsi sulla ferita.

"No, Max. Non da lì." Liz gli prese la mano. Diventò pallida, quando fu assalita da un’ondata di immagini.

"Liz?" Max la sostenne, impedendole di cadere.

Lei era accanto a Max, appoggiato scompostamente contro una parete. Stavano affrontando qualcuno che era rimasto nell’ombra. La figura puntò una pistola e ne partì un colpo. ‘Max!’ gridò Liz.

"Max!" gridò Liz.

"Liz?" lo sguardo di Max le sembrò strano. "Stai bene?"

"Sì. E’ solo … Max? Cosa c’è?"

"Non mi sento bene. Mi sento … " lo sguardo di Max si oscurò. "Liz, mi sento come mi sono sentito quando sono stato catturato dall’FBI."

Liz lo trascinò in un vicolo lì vicino.

"Guarisci la ferita, Max." lo esortò.

La mano di Max si posò sulla piccola puntura dalla quale stava stillando sangue. Non accadde niente.

* * * * *

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Capitolo 49
*** 49 ***


Parte 49

"Abbiamo bisogno di aiuto." Max la supplicò con lo sguardo. "Abbiamo bisogno … "

"Di Michael." lo interruppe Liz. Tirò fuori dalla tasca il cellulare e premette uno dei numeri programmati. "Michael!" gridò Liz nel telefono.

"Sì?"

"Sono Liz." sparò la ragazza. Non c’era tempo per i convenevoli. "Devi venire subito."

"Perché? Che è successo?" Liz sapeva che Michael si sarebbe subito messo in allerta.

"Qualcuno ha iniettato qualcosa a Max. Ha perso i suoi poteri."

"Cosa? Chi?"

"Non lo so, Michael. Ma è importante?"

"Devi portarlo in un posto sicuro."

"Ma davvero?" Il sarcasmo di Liz trapelò dalle sue parole. "Lo riporterò al motel. Stiamo al Paradise Park sulla Statale 40. Proprio all’inizio di Albuquerque."

* * * * *

"Michael?" Maria aveva notato il cambiamento nell’espressione del ragazzo. Sembrava … terrorizzato. "Cosa c’è?"

"E’ Max."

"Cosa?" disse Isabel con impeto. "Cosa è successo a Max?"

"Io … io non lo so." Michael scosse la testa. "Era Liz. Qualcuno ha iniettato a Max la stessa sostanza usata dall’FBI su di lui l’ultima volta. Quando lo hanno catturato. Non può usare i suoi poteri."

"E cosa stiamo aspettando?" Isabel era balzata in piedi. Tutti la imitarono e si diressero verso le auto.

"La gang di Scooby al salvataggio." Kyle scrollò le spalle, correndo dietro Isabel. "Papà! Emergenza!"

Philip e Jim stavano tornando con le mani piene di chiavi.

"Che succede, figliolo?" i due uomini si affrettarono a raggiungere gli altri.

"Si tratta di Max." disse Isabel al padre. "Ha appena chiamato Liz. Qualcuno gli ha iniettato una sostanza per bloccare i suoi poteri."

"Cosa?" Philip afferrò la figlia per un braccio, guardando gli altri. "Quando è successo?"

"Pochi minuti fa." gli rispose Jesse.

"E allora, muoviamoci." li spronò Jim. "Salite. Andiamo."

"No!" gridò Michael. "No." ripeté abbassando il tono di voce, ora che aveva ottenuto l’attenzione di tutti. la sua espressione era determinata. "Non ci precipiteremo tutti. Voi resterete qui fino a che … "

"Stai scherzando?" gli chiese Philip. "E’ di mio figlio che stiamo parlando!"

"E’ il mio Re e il mio migliore amico." affermò Michael. "E non mi ringrazierebbe per avervi messo tutti nei guai. Inoltre, cosa potreste fare? Questo non è un problema legale. State insieme e state al sicuro. Io ve li riporterò indietro tutti e due."

"Okay." concesse Philip, ma non senza riluttanza.

"Ma porterai me, vero?" Isabel si avvicinò a Michael.

"No." lui scosse la testa. "Tu devi rimanere qui a proteggere gli altri."

"A fare ancora la baby sitter?" il viso di Isabel divenne rosso dalla rabbia.

"E’ quello che vorrebbe Max. Inoltre, da solo posso viaggiare più veloce."

"Prendi la mia macchina." Jim gli tese le chiavi." Probabilmente è la più veloce."

"Non prenderò una macchina."

"Cosa?" si stupirono gli altri.

"E come arriverai lì?" chiese Kyle, mentre un sospetto si insinuava dietro i suoi occhi socchiusi.

Seguirono tutti Michael, che stava tornando al camion frigorifero, avvicinandosi al motociclista, che se ne stava sdraiato a fissare il cielo.

"Cinquanta dollari, vero?" Michael gli tirò una manciata di banconote.

"E’ tutta tua, amico." il motociclista sorrise, contando i cinquanta dollari.

Michael salì sulla moto e passò la sua mano sopra qualche punto, come per controllare qualcosa. Girò la chiave e la moto prese vita, il rombo del motore simile a quello di una macchina di Formula 1. Una nuvola di polvere si sollevò dall’area di parcheggio e, con una sgommata, e Michael partì sgommando. Sulla strada rimase un lungo segno di gomma nera.

"Figlia di puttan*" si lamentò il motociclista.

"Va piuttosto veloce." commentò Philip, mentre lo guardarono allontanarsi sulla Statale.

"Spero che non si imbatta in una pattuglia della Stradale." annuì Jim.

"Per il loro bene." aggiunse Kyle.

"Sì." concordò Maria. "Michael non si fermerà per nessun motivo. Non finché Max e Liz sono in pericolo."

Sguardi consapevoli furono scambiati tra la generazione più giovane. Sapevano tutti che il senso di colpa rendeva più pesante il fardello di Michael.

"Penso ancora che avrebbe dovuto portarmi con lui." Isabel si accigliò ed incrociò le braccia sul petto.

* * * * *

"Da questa parte." disse Liz, riportando Max sulla strada verso il centro commerciale. "Torneremo indietro ed aspetteremo al motel l’arrivo di Michael."

"Buona idea." annuì Max.

Il suo sguardo, anche se distante, non sembrava più spaventato o disorientato. Sebbene tornato in possesso delle sue facoltà, anche se solo di quelle umane, lasciò che fosse Liz a guidarlo. Le mani strette tra loro, lo condusse tra la folla, ora meno pressante.

Guardarono ogni persona che incrociavano, cercando di stabilire se quell’uomo dal vestito chiaro o quella donna dall’abito giallo potesse essere stato l’assalitore di Max. Avrebbe potuto essere chiunque.

Due ore più tardi, assicuratisi di non essere seguita, la giovane coppia arrivò all’auto che avevano noleggiato. Mentre Max cercava le chiavi nella tasca posteriore, una delle ruote anteriori dell’auto esplose. Max e Liz guardarono dapprima la ruota, poi si guardarono l’un l’altro. Si chinarono insieme per esaminarla, quando esplose anche l’altra.

"Giù." Max sibilò il suo avvertimento, avvolgendo Liz in un abbraccio protettivo e facendola spostare verso la parte anteriore dell’auto.

"Che sta succedendo, Max?" Liz non poté nascondere la sua preoccupazione. "Perché le ruote sono scoppiate così?"

"Qualcuno ci sta sparando." Max cercò di sbirciare al di sopra del cofano.

Liz rimase impietrita, ricordando la sua visione.

"Probabilmente un silenziatore." Max continuò a guardarsi intorno, alla ricerca del cecchino. "Sta usando una … "

"Pistola." Liz annuì, ricordando quello che aveva visto. Però non ricordava che la pistola avesse un silenziatore. "Cosa dobbiamo fare, Max? Non possiamo restare qui."

"Lo so." sospirò lui, frustrato, passandosi una mano tra i capelli. Continuò a cercare e si voltò verso il centro commerciale. "Credo che lì saremo al sicuro." ed indicò il distante edificio. "Tutta quella gente ci coprirà. Ma potrebbe essere pericoloso traversare quello spazio aperto."

"Che ne pensi di quella parte?" Liz indicò la zona degli affari. "Potremmo usare i passanti come copertura ed arrivare al centro commerciale da lì."

"Buona idea." annuì Max. "Ora, tieniti bassa e stammi vicina. Okay?"

"Non mi sposterò dal tuo fianco." gli promise.

A tratti camminando abbassati ed a tratti correndo, Max e Liz traversarono l’area di parcheggio. Dovettero retrocedere per due volte nella direzione dalla quale erano arrivati. Una piccola eruzione di polvere e scintille accanto a loro, fece gridare Liz per la paura. Non era spaventata per se stessa, lo era per suo marito che, lei lo sapeva, si stava sentendo impotente come non si era mai sentito in vita sua.

Guardò la sua stoica espressione e seppe che stava cercando, con tutte le sue forze, di nasconderle la sua paura. Liz poteva quasi vedere le immagini della stanza bianca che passavano davanti agli occhi di Max. Lei avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per impedirlo.

Ci volle loro quasi mezz’ora, per arrivare alla fine del parcheggio. Una volta fuori, entrambi cercarono i segnali di qualcosa che potesse essere una minaccia per loro.

"Andiamo." la spinse lui e, tenendosi ancora per mano, corsero attraverso la strada affollata, schivando le auto ed ignorando i colpi di clacson diretti verso di loro.

Se le avessero chiesto di rintracciare la loro strada, Liz non sarebbe mai stata capace a farlo. Tutto quello che sapeva per certo, era che si stavano muovendo paralleli alla strada che correva lungo il centro commerciale. O, almeno, sperò che fosse così. Dall’impatto dei proiettili sul marciapiedi a fianco a loro, Liz capì che lo sparatore li stava spingendo, come un pastore con le pecore, verso una destinazione scelta da lui e non dove loro volevano andare. Erano stati costretti a fare molte deviazioni.

"Da quella parte." Max spinse Liz in una strada stretta, che sembrava priva di uscite. Un pensiero le traversò la mente. Non potevano permettere di lasciarsi intrappolare.

"Non è un vicolo cieco." le disse Max ansimando, immaginando quello che lei stava pensando. "Guarda. Alla fine c’è un parcheggio sotterraneo. Ci deve essere un’altra via per uscire."

Stringendosi le mani, come se la loro vita dipendesse da quello, cominciarono a correre verso il fondo della strada. Liz trasse da quel contatto tutto il conforto che poté. Ma con un improvviso, agonizzante grido di Max, il legame fu spezzato. Liz fu costretta a fermarsi e a voltarsi indietro. Max si stava contorcendo a terra, tenendosi la parte posteriore di una gamba.

"Max!" gridò lei. "Max! Cos’è successo?"

Lui non riuscì a rispondere. Guardò Liz, ora inginocchiata al suo fianco, la preoccupazione che trapelava da ogni suo gesto. La ragazza vide il sangue scorrere tra le dita di lui, ed ogni goccia del suo stesso sangue diventò ghiaccio.

"Oh, mio Dio, Max!" gemette Liz. "Ti hanno colpito."

* * * * *

Senza esitazione, Liz strappò una striscia di stoffa dal fondo della sua maglietta e la strinse strettamente attorno alla gamba di Max. Mentre lei lavorava, lui continuò a controllare l’imbocco della strada, alla ricerca di un segno del loro assalitore e di qualcuno che potesse aiutarli.

"No, Liz." la supplicò Max, afferrandole il braccio. "Mettiti in salvo. Corri più svelta che puoi."

"Nemmeno per sogno, Max." disse Liz a denti stretti, stringendo il legaccio più di quanto fosse necessario. Rimpianse il suo gesto quando lo vide sobbalzare per il dolore. "Non correrò mai più via da te. Nella buona e nella cattiva sorte. Ricordi?"

"Credimi, Liz." Max grugnì quando lei strinse di nuovo l’improvvisato laccio emostatico. "Questo è peggio che cattivo. Più terribile di quanto tu possa immaginare e io non voglio che tu debba soffrirlo."

"Scordatelo." lei scosse la testa, lo sguardo determinato. Liz si guardò attorno e vide una porta al lato di un edificio. Credette di riconoscerlo per quello che Arthur aveva consigliato loro di visitare.

"Andiamo Max. Forse se entriamo lì, riusciremo a far perdere le nostre tracce."

Si passò un braccio di Max attorno al collo e lo aiutò a sollevarsi, stupita di avere ancora la forza per farlo ma si ricordò di aver letto di donne che erano riuscite a sollevare automobili che avevano investito i loro mariti, e lo trascinò verso la porta. Poteva quasi sentirlo reprimere il grido per il dolore, che sapeva stava provando. Un proiettile rimbalzò contro la parete accanto a lei, e Liz fece scudo a Max col suo corpo, mentre cercava di lottare contro la maniglia della porta.

Sembrava che il loro misterioso assalitore non gradisse il piano di Liz. Lei ignorò il fatto che la porta fosse chiusa ed usò i suoi poteri per aprirla. Non le importava se il sistema di allarme si fosse illuminato come un albero di Natale. Lei doveva salvare Max.

"Andiamo." lo tirò dentro e chiuse la porta.

Resistette all’impulso di scoppiare in lacrime. Doveva pensare a Max. Doveva chiamare aiuto. Prese il cellulare dalla tasca, ma si rese conto che, durante la loro fuga, era stato danneggiato. Ricordando quello che Max le aveva detto sulla sicurezza, mandò una scarica di energia per distruggere la scheda. Ora, nessuno avrebbe più potuto estrarne i numeri memorizzati. Non avrebbero potuto usarli per risalire ai loro amici. Col suo telefono fuori uso, Liz scelse di usare altri metodi per chiamare aiuto.

* * * * *

Al Santa Fe Wagon Train Motel non c’era riposo per uno dei gruppi degli ospiti. Si erano riunito in una stanza, per condividere la loro ansia e la loro paura, lontano dagli sguardi degli altri ospiti. Ciascuno di loro si alternava tra lo stare inquietamente seduto su una sedia, agitarsi fino al punto di non riuscire più a restare seduto e camminare avanti e indietro per la stanza.

"Vorrei sapere quello che sta succedendo" grugnì Isabel per la centesima volta.

"Io vorrei sapere dov’è Michael." Maria fissò dalla finestra la striscia nera di gomma che Michael aveva lasciato sull’asfalto.

"Andrà tutto bene." li rassicurò Kyle, ma la sua voce mancava di convinzione. Era appoggiato, a braccia conserte, e usava la spalla per battere contro la parete.

"Dovevamo restare insieme." Philip si prese i capelli dietro la nuca e se li tirò. "Che diavolo gli ha preso per farci separare in questo modo?"

"Pensava che fosse sicuro." Jim cercò di calmarlo.

"E guarda come è finito." sbraitò Philip.

"Philip." Diane le posò la mano sul braccio. "Così non aiuti nessuno. Max meno di tutti."

"Mi chiedo come abbiano fatto a trovarlo." Connie scosse la testa.

"Probabilmente ci stanno controllando da mesi." Jim guardò dalla finestra per vedere se qualcuno lo stesse ancora facendo.

"Andrà tutto bene." annuì Jesse, facendo eco alle parole dette da Kyle poco prima.

"Perché non provate a richiamare Liz?" suggerì Diane.

Maria prese il telefono e spinse il pulsante predisposto col numero di Liz. Il telefono squillo tre volte prima di passare all’argentina risata del messaggio di Liz nella segreteria telefonica, che non sembrava più tanto buffo.

"Ciao. Avete chiamato la regina di Antar. In questo momento mi sto occupando di affari Reali con Re Max e non posso rispondere. Se lasciate un messaggio, vi richiamerò."

"Quanto ci metterà Michael ad arrivare lì?" Maria infilò di nuovo il cellulare in tasca.

"Alla velocità con cui è partito," Kyle guardò l’orologio, ma non ebbe una risposta. "probabilmente sarà già lì."

"Andrà tutto bene." Diane si sedette sul bordo della sedia, si strinse le braccia contro il petto e cominciò a dondolarsi.

"Liz!" il grido soffocato di Isabel arrivò all’improvviso. Lei si alzò in piedi.

Tutti si guardarono intorno nella stanza, poi guardarono fuori, pensando che i membri del gruppo mancanti all’appello, fossero arrivati. Non vedendo nessuno, si voltarono verso Isabel che stava fissando il vuoto.

"Isabel!" la voce di Liz indicava che era sull’orlo di un attacco isterico. "Hanno sparato a Max e lui non può guarirsi. Qualcuno ci sta seguendo. Cosa possiamo fare?"

"Cosa?" squittì Isabel. "Oh, mio Dio. Oh, mio Dio." Isabel si guardò attorno nella stanza. "Cerca di resistere, Liz." la esortò Isabel, ignorando gli sguardi confusi e spaventati degli altri. Già era difficile per lei avere a che fare con Liz e con la sua crescente isteria. "Michael sta arrivando e dovrebbe essere quasi lì. Devi fargli guadagnare un po’ di tempo."

"Non c’è niente che tu possa fare?" la supplicò Liz. La sua disperazione quasi spezzò il cuore a Isabel. Max doveva stare proprio male, se Liz era ridotta in quel modo. Lacrime le scesero dagli occhi." Ti prego."

"Mi dispiace, Liz." Isabel riuscì a malapena a contenere il suo senso di impotenza. "Non posso fare niente da qui. Devi dare un po’ di tempo a Michael. Fa quello che puoi."

"Di’ a Michael … " singhiozzò Liz." Di’ a Michael che siamo in un edificio altissimo. Il più alto di Albuquerque. Sul tetto. E digli di sbrigarsi."

"E tu di’ a Max che gli voglio bene." piagnucolò Isabel, ma Liz era sparita. "Oh, mio Dio!" Isabel cercò il confortante abbraccio di Jesse. "Oh, mio Dio!"

"Cosa è successo, Isabel?" Maria prese entrambe le mani di Isabel.

"Era Liz. Era qui. Max è messo male." cominciò tra i singhiozzi, capace a malapena di parlare. Doveva cercare di ricomporsi per passare loro il messaggio. Jesse traversò la stanza per andare ad abbracciare la moglie. "Credo che stia veramente male. Chiama Michael … lui deve … sbrigarsi … l’edificio più alto … tetto … credo. Svelto."

Ricacciando l’ondata di emozioni che rischiava di sommergerla, Maria prese il telefono per passare a Michael il messaggio. In sottofondo, Philip, con il viso cereo, stava facendo del suo meglio per ignorare la penetrante sensazione di panico, mentre a sua volta, faceva una telefonata.

"Colonnello Roberts? Philip Evans. Ascolti. Siamo nei guai, Può aiutarci?"

* * * * *

Quando ritornò, le occorse solo un attimo per riprendersi. Liz stava ancora singhiozzando, quando il suo corpo e il suo spirito si riunirono. L’isteria stava minacciando di sopraffarla, ma lei la ricacciò indietro. Max aveva bisogno di lei. Isabel le aveva detto di resistere. Così sarebbe stata forte. Per Max. Si guardò attorno. Sembrava che fossero in fondo ad una scala antincendio. Liz poteva scegliere tra una porta senza maniglia e la scala che portava all’insù.

"Credo che sarà meglio salire." si morse l’interno delle labbra, chiedendosi come avrebbero potuto farlo.

Con metà delle sue forze impegnate ad aiutare Max, qualche sosta e tanta determinazione, Liz riuscì a portare Max su per la scala. Ad ogni piano, trovò un’altra porta senza segni di maniglia. Non aveva dubbi che Max, e anche Michael, sarebbero stati in grado di entrarvi, ma Liz ancora non aveva imparato come affrontare simili cose. Continuò, invece, la sua lenta salita, consapevole della scia di sangue che Max stava lasciando. Poteva sentirlo indebolirsi ad ogni rampa che facevano.

Sentì dei passi pesanti dietro di loro Qualcuno li stava seguendo. Ma le sembrò che qualcuno stesse calcando volutamente i suoi passi, come se volesse generare un’eco che la terrorizzasse ancora di più. Stavano salendo lentamente, sicuri che i soccorsi sarebbero stati lontani. Ma sarebbero arrivati a Max solo passando sul suo cadavere.

"Li-zzie." sibilò da sotto una strana, ma familiare, voce. "Li-zzie."

Liz ignorò quella voce ossessionante e proseguì la sua salita.

"Lui sta perdendo troppo sangue, Li-zzie. Ce la farà a resistere?"

Era quella la sua preoccupazione. Liz non era sicura di quanto sangue Max potesse ancora permettersi di perdere.

"Morirà dissanguato, Li-zzie." la tormentò la voce. "O forse è questo che vuoi, huh?"

Meglio che in una stanza bianca, pensò lei, asciugandosi le lacrime che le appannavano la vista.

"Ci siamo quasi, Max." Liz riuscì a vedere la fine delle scale. "Forse c’è un’altra via di fuga, lassù." Ma forse non c’era.

La voce rimase in silenzio, con gratitudine di Liz, e lei riuscì a portare Max in cima alle scale. Era esausta e solo la sua tenace determinazione di allontanare Max dal pericolo la faceva resistere.

Non si sorprese di trovare una porta chiusa ma, se non altro, questa aveva una maniglia, una lunga barra che la traversava, chiusa con un semplice cilindro di vetro. Non ci pensò nemmeno e lo sciolse con un’esplosione di energia. Il vetro si vaporizzò. Piangendo per la paura, poggiò le spalle contro la barra, aprendo il passaggio verso il tetto dell’edificio.

"Vieni, Max." lo incoraggiò. "Non manca molto."

Mentre trascinava Max attraverso la porta, il vento le spinse i capelli sul viso, ma lei li ignorò. Non notò nemmeno la vista spettacolare che Arthur Carlton le aveva preannunciato. Usò il piede per accostare la porta e i suoi poteri per chiuderla. Dubitò che avrebbe resistito a lungo, ma forse avrebbe potuto far guadagnare loro abbastanza tempo. L’unico riparo possibile era lo sbocco di un apparecchiatura di aerazione nella parte più lontana del tetto. Forse avrebbe potuto nascondere Max lì dietro? Forse c’era un condotto dal quale sarebbero potuti fuggire?

Trascinò Max, ormai cosciente a malapena, attraverso il tetto. Il suo respiro era difficoltoso e Liz sapeva, oltre ogni ombra di dubbio, che ormai solo un miracolo avrebbe potuto salvarlo. Forse lei avrebbe dovuto solo aspettare che il proprietario di quella voce apparisse dalla porta, per colpire Max con i suoi poteri ed ucciderlo lei stessa. No. Liz scosse la testa. Una volta sua nonna le aveva detto che finché c’era vita c’era speranza. Naturalmente, a quel tempo, lei stava parlando di un coniglietto, ma la stessa cosa valeva anche per Max. Inoltre, Liz dubitava che le fosse rimasta un po’ di energia. Ne aveva usata troppa per trasportare Max.

Continuò la sua strada verso l’aeratore, che si dimostro essere solo una piccola stazione metereologica e non una via di uscita. Mentre lacrime di frustrazione le bagnavano le guance, Liz appoggiò Max contro la stazione e si lasciò cadere stremata. Erano in trappola. Ora aveva disperatamente bisogno di quel miracolo.

* * * * *

"Baurline." rispose lui al telefono, guardando la mappa che si era aperta sul suo schermo. Numerosi pallini colorati segnavano i punti di interesse e linee delimitavano strade e aree.

"E’ Haskins." lo informò chi chiamava.

"Che c’è?" Baurline si accigliò. "Sei stato pagato. Hai fatto già il tuo rapporto? Cos’è successo?"

"Il ragazzo che volevi che seguissi. Qualcuno sta dando la caccia a lui e alla ragazza. Sta sparando contro di loro. Ha già ferito il ragazzo e li ha intrappolati in un edificio. Credo che si siano rifugiati sul tetto."

"Che aspetto ha questo ‘qualcuno’?"

"Alto, vestito come un hippie e che si muove come uno che sa il fatto suo. Capelli biondi, lunghi, ma non mi sembrano naturali, sembrano una parrucca. C’è qualcosa che non va nella sua bocca. Sembra una mascella rotta che non si sia saldata bene."

"Dannazione!" imprecò Baurline. “Mi ero chiesto che fine avesse fatto."

"Lo conosci?"

"Sfortunatamente, sì."

"Vuoi che intervenga?"

"Rimani lì. Tieni d’occhio la situazione. Ti richiamo." Baurline chiuse la chiamata e compose immediatamente un altro numero. "Grier? Sono Baurline. Passami Nikolas."

Ci fu un momento di silenzio.

"Nikolas."

"Abbiamo un problema."

"Noi?" il tono di Nikolas era ironico.

"Sì." gli disse Baurline. Quanto odiava quell’uomo. "Noi. Qualcuno sta addosso al tuo maschio Alfa. Lo ha, in qualche modo, intrappolato."

"Conosci quell’uomo?"

"Sì, lo conosco. Noi … abbiamo lavorato insieme. Una volta."

"Allora, che intenzioni ha?" Ora Nikolas sembrò preoccupato. "Vuole ucciderlo?"

"Lui vuole per sé la ragazza. E’ tutto quello che so. E’ ossessionato. E in quanto ad uccidere il maschio, non ne sono sicuro. Sospetto che voglia usare i poteri di quella creatura per i suoi scopi."

La risata di Nikolas gli risuonò nelle orecchie.

"Ah, questa è buona. Mi piace quell’uomo. Che tortura adatta a Zan. Essere schiavo di un umano e vederlo prendersi la sua donna. Sì, quest’uomo mi piace. Potete prenderlo?"

"Non ne sono certo. Fino a che otterrà quello che vuole, direi di sì. Ma non vuole solo la ragazza. Vuole anche il potere."

"Tieni d’occhio le cose. Tieni l’uomo sotto sorveglianza. Con o senza Zan, seguilo."

"Non sarà facile." si accigliò Baurline. "E’ intelligente ed è stato addestrato al meglio."

"Ed è un mio problema?" la voce di Nikolas suonò pericolosa.

* * * * *

Liz poteva sentire i calci contro la porta. Lui, chiunque fosse, sarebbe arrivato presto. Avrebbe voluto avvicinarsi per assicurarsi che la porta reggesse, ma era troppo debole.

"Mi dispiace, Max." lacrime uscirono dagli occhi di Liz. "Ti ho abbandonato."

"Non … l’hai … fatto." ansimò affannosamente Max. "Hai fatto … del tuo … meglio."

Liz prese in considerazione l’idea di raggiungere Michael, ma dubitò delle sue energie. Alla fine la porta cedette, risuonando contro la parete come una campana. Liz si irrigidì, fece un profondo respiro e si asciugò le lacrime.

I loro nemici non avrebbero dovuto vederla debole.

Una figura entrò zoppicando dalla porta, vestita con vecchi jeans e una maglietta. I suoi capelli biondi, lunghi e sporchi, erano legati da una bandana, ma Liz si rese conto che non erano naturali, che era una parrucca. La bocca era tirata da una parte e le sue mascelle non combaciavano. In mano, una pistola, col silenziatore montato, puntata contro di loro. Liz si spostò per coprire Max.

“Che scena toccante." farfugliò l’uomo, notando il gesto protettivo. “Salve, Liz." Si asciugò la saliva dall’angolo della bocca. "Quanto tempo."

"Non abbastanza." gli occhi di Liz stavano mandando dardi pieni di odio. "Tu non sai in cosa ti sei intromesso." Indicò la sua bocca. "La tua mascella rotta non ti ha insegnato niente, Sean?"

* * * * *

"Toglietevi di mezzo!" imprecò Michael contro le auto che qualche volta, sembravano bloccargli la strada deliberatamente. Sembrava quasi che stessero lavorando per il nemico.

Alla velocità con cui stava viaggiando – di cui non era sicuro perché il tachimetro era partito da un pezzo – era difficile per Michael anche solo tenere la moto in linea retta. Dover ondeggiare intorno alle auto che stavano percorrendo la statale, era decisamente rischioso. Ma Max era in pericolo, così Michael usò l’ampiezza della strada come aiuto.

Le macchine che sorpassava reagivano tutte alla stessa maniera. All’inizio, riuscivano a malapena a credere che quel qualcosa che si stata avvicinando dallo specchietto retrovisore, potesse andare così veloce. Questo era accompagnato di solito dall’espressione ‘ma che diavolo …’ per l’onda d’urto provocata dalla motocicletta al momento del sorpasso, che faceva scostare violentemente l’auto da un lato, mentre il guidatore faticava per riprendere il controllo del mezzo. Quando poi si era accostato al bordo della strada, rimaneva a fissare per secoli il punto in cui quel qualcosa era scomparso e a chiedersi se quello che aveva appena visto era vero. Qualcuno pensò ad un’allucinazione dovuta al caldo e alla noia del lungo viaggio, ma uno o due ebbero la lucidità mentale per avvertire la Polizia. Le denunce, comunque, furono accolte con scetticismo.

"Capisco, signore. Una motocicletta? Ed ha infranto la barriera del suono? Sì, signore." L’agente fece una palla del foglio sul quale aveva scritto la denuncia e lo gettò nel cestino. "Arriviamo subito."

Anche gli agenti si servizio che furono testimoni del fenomenale eccesso di velocità, scelsero di ignorarlo, piuttosto che avere a che fare con le prese in giro dei colleghi, che sarebbero arrivate se avessero raccontato di aver visto una moto eccedere il limite di velocità, che i loro rilevatori non riuscivano nemmeno a leggere.

Per quanto riguardava Michael, un disagio in più gli venne creato dall’incredibile calore generato dal vecchio motore a combustione tra le sue gambe che, più che a una moto, era ora adatto ad un caccia a reazione. Poteva solo sperare che il suo costante flusso di potere, teso ad aggiustare qualsiasi guasto e a prevenire la fusione del metallo, riuscisse a portarlo a destinazione. Seppe che c’erano problemi, non appena sentì vibrare il telefono che aveva nel taschino. Era già duro riuscire a concentrarsi sulla strada e a tenere la moto in equilibrio, e non avrebbe potuto affrontare anche la distrazione causata dall’ascoltare le richieste dettate dal panico di Maria.

"Che c’è?" sbraitò. Tenere troppo a lungo il manubrio con una sola mano non era stata una buona idea.

"Michael!" la sua voce indicò che si stata a malapena reggendo insieme. "Ha appena chiamato Liz. Hanno sparato a Max e sono in guai seri."

“Sono quasi arrivato, Maria." Michael, sentendo una gelida stilettata di paura, guardò il profilo della città che si avvicinava. "Posso vedere i primi edifici. Tetti"

"Sbrigati, ti prego."

"Pensi che stia guardando il paesaggio?" sbraitò lui.

"Michael!" sbraitò anche Maria. "Liz era quasi isterica."

"Dannazione."gridò Michael, riponendo il cellulare. Se Liz era disperata, le cose dovevano andare proprio male. Michael spinse ancora di più la moto."

* * * * *

"Dove potrebbero essere?" Nancy si avvicinò alla finestra della loro stanza e guardò di nuovo fuori. "Hanno detto che la cena sarebbe stata alle sette e ci siamo quasi."

"Sì." concordò Jeff. "Liz mi è sembrata piuttosto eccitata, quando ha chiamato, subito dopo aver incontrato il signor Carlton. So che lì vicino c’è un centro commerciale, ma Liz, a differenza di Maria, non è mai andata pazza per lo shopping. Forse sono andati da qualche altra parte e passeranno a prenderci tra poco."

"Avrebbero potuto dircelo." Nancy si allontanò dalla finestra. "Jeff ho una brutta sensazione."

Il telefono di Jeff suonò.

"Devono essere loro." sollevò il telefono. "Liz, tesoro? Dove diavolo siete? Oh, Diane, ciao."

"Preparate i bagagli." si spronò Diane. "Tenetevi pronti a partire. Gli aiuti stanno arrivando."

"Diane?" il viso di Jeff perse tutto il suo colore. "Che sta succedendo? O, mio Dio. E’ Liz. E’successo qualcosa a Liz."

"Non a Liz." la voce di Diane si stese. "Max. Qualcuno ha sparato a Max."

"Cosa? Come? Dove sono? Perché non si è guarito?"

"Non può. Qualcuno gli ha iniettato qualcosa. Lui è … è … " Il telefono divenne silenzioso per un momento. "Jeff?" la voce di Jim era permeata di paura. "Vi spiegheremo tutto quando sarete qui. Non sappiamo esattamente cosa sia successo, ma qualcuno è riuscito, non sappiamo come, a trovare Max. Potete preparare i bagagli? Anche quelli di Max e di Liz. Qualcuno sta venendo a prendervi."

Il telefono tacque e Jeff chiuse la chiamata, poi guardò Nancy che stava dando segni di panico.

"Andiamo." le disse. "Dobbiamo essere forti. La nostra bambina ha bisogno di noi."

* * * * *

"Vuoi dire quescta?" Sean indicò la sua mandibola. "E’ sciolo un modo per ricordarmi di non sciottovalutare ancora quel mosctro." e si asciugò la saliva che le sue parole avevano prodotto.

Liz guardò Max.

"E’ la prima volta che ho sciottovalutato un nemico. E l’ultima."

"E come farai a spiegarlo ai tuoi amici della CIA? Che un ragazzo, senza nessuna preparazione, ti ha rotto la mascella con un pugno? Questo rovinerà la tua reputazione."

"Io e la CIA non andiamo più molto d’accordo, Parker. Volevano che mi occupasci di un’altra miscione. Io non lo volevo. In più non hanno appresciato che abbia … prescio in presctito i scioldi e l’equipaggiamento."

"Così ti hanno dato per AWOL?" (NdT: linguaggio militare: assente senza autorizzazione)

"Sciolo fino a che non avrò quescto mosctro sciotto il mio controllo." sogghignò lui. "Poi, la CIA sciarò io."

"Non lo hai capito?" Liz si avvicinò ancora di più a Max. "Non sarai mai in grado di controllarlo. Lui troverà il modo di batterti."

"No, non lo farà." Sean scosse la testa. "Non sce vuole tenerti viva."

"Dopo l’ultima volta, io e Max abbiamo parlato." lo avvertì lei. "Gli ho detto che avrei preferito morire che sottomettermi a te."

"Parlare e fare sciono due cosce differenti, Parker. Lo sciai."

"Se vai via ora," Liz posò lo sguardo su di lui. "dovresti essere ancora in tempo, prima che Max riacquisti la sua forza."

"Non credo proprio." Sean si strofinò la mascella. "Gli ho iniettato abbasctanza sciero da addormentare i sciuoi poteri per almeno due giorni."

Un gemito proveniente da Max, attirò l’attenzione di Liz. Lei abbassò lo sguardo e vide quanto era pallido. Il suo atteggiamento si addolcì.

"Puoi fare qualcosa?" chiese a Sena. "Per aiutare Max? Ti prego?"

"Certo che poscio." Sean annuì, ma non si mosse.

"Sean … se la nostra … amicizia, significa qualcosa per te … "

"Amiciscia?" sbraitò lui. "Io voglio di più. Farò un patto con te. Tu promettimi che farai qualsciasi coscia dirò, che tu sciarai la mia sciava, e io scisctemerò Evans."

Liz guardò di nuovo il viso di Max. Se non era già completamente incosciente, lo sarebbe stato tra poco. Dopo di che … chi poteva saperlo?

"Mi dispiace, Max." gli disse carezzandogli il viso. "Ma lo sto facendo per salvare la tua vita. Spero che tu possa capirlo. Ti devo così tanto." Tornò a guardare Sean. "Affare fatto." la sua testa e le sue spalle si abbassarono, dichiarando la sua sconfitta.

"Mettiti in ginocchio, puttan*" le ordinò Sean. "Vieni qui e rendi omaggio al tuo nuovo padrone."

Rimanendo in ginocchio, Liz fece i pochi metri che la separavano da Sean. Lui tenne la sua pistola puntata su Max per tutto il tempo, mentre cominciava a sbottonarsi i jean.

‘Per Max.’ ricordò Liz a se stessa, combattendo l’ondata di nausea. ‘Lo sto facendo per salvargli la vita.’ "Hai detto che avresti aiutato Max." gli ricordò Liz, la voce sconfitta, quando raggiunse il punto che lui gli aveva indicato.

"Oh, scì." sogghignò Sean. "Sai quello che devi fare."

Mentre la mano di Liz si allungava verso l’inguine di Sean, lui premette il grilletto e Liz sentì, piuttosto che vederlo, il proiettile colpire il corpo di Max.

"Noooooo!" gridò, gli occhi in fiamme, mentre si voltava per vedere la ferita nel petto di Max portargli via sangue vitale.

Il suo grido fu pieno di dolore. Cominciò ad alzarsi per correre al fianco di Max, per fare qualsiasi cosa in grado di aiutarlo. Stava sentendo morire una parte di se stessa. Ma Sean aveva altre idee. L’afferrò per il braccio e la tirò indietro.

"Avevi detto che l’avresti aiutato." Gli occhi di lei erano pieni di … rabbia? Risentimento? Disprezzo? Tutto questo e molto altro.

"L' ho fatto." Sean si strinse nelle spalle, appoggiando la pistola alla tempia di Liz. "Ho appena poscto fine alle sue miscerie, come avrei fatto per qualsciasi altro animale." La sua risata metteva i brividi. "Dove eravamo rimascti? Oh, sci. In ginocchio, puttan*, e finisci il tuo lavoro."

"Tu … tu … animale!" gridò Liz.

Raggi di verde elettricità cominciarono a percorrere non solo il suo corpo, ma si estesero verso l’esterno. Liz non si mosse nemmeno, ma la pistola di Sean volò oltre la ringhiera, portata via dalla sua mano come da un colpo di vento. Gli occhi di Liz erano diventati completamente neri e stavano brillando. La faccia di Sean restò immobilizzata dal terrore, vedendo la metamorfosi di Liz. Non sapendo se guardare i raggi verdi o gli occhi luminescenti, cominciò ad indietreggiare.

"Tu … " disse con voce stridula. "Tu scei … una di loro?" Fu più un’accusa che una domanda.

Liz si mosse come un mortale felino, facendo un passo avanti per ognuno che lui ne faceva indietro.

"Scta’ indietro!" Sean agitò le mani in aria in una serie di movimenti da arti marziali, ma la macchia scura che apparve sul davanti dei suoi jeans, così come le ottave crescenti nel suo tono di voce, furono la dimostrazione di quanto fosse coraggioso. "Va’ via!"

Liz lo seguì ad ogni passo che fece. Ora lui stava balbettando, chiedendole di lasciarlo stare, pregandola di andare via, dicendole che li avrebbe lasciati stare, se lei l’avesse lasciato vivere.

"Tu soffrirai la peggior specie di dolore per il resto della tua vita." gli promise Liz con voce gelida. Sollevò una mano.

"NO. No!" gridò lui, sollevando le mani per proteggersi dall’ira di lei. "No!"

Il passo successivo lo fece inciampare oltre il plinto in rilievo sull’orlo del tetto. Barcollò e, nel disperato tentativo di allontanarsi da Liz e di riprendere l’equilibrio, Sean cadde oltre la ringhiera. Vi si afferrò freneticamente, gli occhi spalancati della comprensione di quello che stava succedendo. Il suo grido fu lungo e pieno di terrore, mentre cadeva sulla superficie pavimentata.

L’ultimo pensiero di Liz, prima di voltarsi, fu che, sotto, non ci fossero passanti innocenti. La sua mente si focalizzò immediatamente su Max e non sentì neppure la parte finale del grido di Sean mentre incontrava il suo duro destino.

Fu al fianco di Max in un istante e la pericolosa, spaventosa Regina di Antar sparì. Al suo posto ci fu la sconvolta, isterica, terrorizzata Liz Evans, moglie ed anima gemella di Max.

"Non lasciarmi, Max." singhiozzò cullando la testa di Max tra le sue braccia. "Per favore, non andartene." Le lacrime le rigavano il viso e tutto il suo corpo era scosso dal dolore. "Non puoi andartene. Dobbiamo fare ancora fare tante cose. Maaax!" Gli carezzò il viso, consacrandolo con le sue lacrime. "Non può finire così. Ti prego! C’è troppa gente che ti ama. Ti prego, torna da noi. Ti prego, torna … da me."

* * * * *

Con il viso cereo, Michael salì di corsa le scale, guidato dalla traccia del sangue che sapeva essere di Max. Ce n’era così tanto. Una strana aura lo circondava, una che dissolse il sangue mano a mano che lui saliva, anche se lui non se ne rese conto. Si precipitò attraverso la porta che trovò in cima, respirando affannosamente, e guardò la scena davanti a lui. Max, pallido e coperto di sangue, giaceva accanto a Liz, che piangeva istericamente, anche lei coperta di sangue. Il sangue di Max.

"Oh, Dio!" l’emozione gli strozzò la voce. Michael corse al fianco dell’amico.

"Puoi fare qualcosa? lo implorò Liz.

"Ci proverò." Michael sollevò lo sguardo su di lei e ricacciò indietro le lacrime che stavano minacciando di scendere.

"Ti prego, Michael." Liz gli afferrò il braccio e lo spinse verso Max. "Tu devi salvarlo."

Michael poté solo annuire, mentre premeva la sua mano sulle ferite di Max e cercava di stabilire la connessione per guarirlo. Fece del suo meglio. Cercò di fare meglio del suo meglio. Mise tutta la sua esistenza nello sforzo di guarire almeno in parte le ferite di Max, ma non accadde nulla. Disgustato dal suo fallimento, non riuscì più a trattenere le lacrime. Paura, dolore e pura frustrazione passarono dentro di lui.
Poi gli venne un’idea. La proverbiale scommessa azzardata, ma …

"Aiutami." gridò a Liz, sapendo che era l’unico modo per raggiungerla.

Senza sapere quello che stava facendo, o come sapesse quello che doleva fare, Liz inviò a Michael la sua energia, perché la usasse. Lui vi si aggrappo come ad una corda di salvataggio, sperando che lo fosse, e cercò di usare le loro energie combinate per rianimare Max. Forse avrebbero potuto fornirgli abbastanza energia per permettergli di avviare il meccanismo di auto-guarigione. Tentarono ancora, ed ancora, fino a che Michael sentì che Liz non aveva più niente da dare.

"Mi dispiace." Michael si lasciò cadere, sconfitto.

Il lamento agonizzante di Liz, che gli fece realizzare che stava per perdere Max, spezzò Michael in due. Cominciò a singhiozzare, lasciando che il dolore fluisse dentro di lui, senza ritegno. Cercò di allontanare Liz da Max per confortarla, ma fu un tentativo fatto senza troppa convinzione. Lei lo spinse via e raccolse Max tra le sue braccia, sussurrandogli all’orecchio tenere parole di amore e di perdita, mentre piangeva col cuore spezzato.

Michael si alzò e si avvicinò alla ringhiera, per dare a Liz e al suo dolore l’intimità che meritava il suo amore per Max. Sporgendosi in avanti e guardando verso il cielo, permise alle lacrime di inondargli il viso.

"Che cos’ha fatto di male?" chiese, rivolgendo al cielo la sua rabbia. "Tutto quello che ha fatto è stato innamorarsi di una ragazza completamente umana e di salvarle la vita. E’ così sbagliato? Perché lei deve soffrire così per il suo errore? Eh?" Diede un calcio alla ringhiera, per sfogare la sua frustrazione. "Perché deve pagare anche lei? Solo perché lui l’amava? E’ così? Non ha già pagato abbastanza lui, per questo?"

Si voltò a guardare i suoi due amici. I pezzi che rimanevano del suo cuore si sbriciolarono alla vista ed al suono del dolore di Liz. "Tu devi salvarlo, non fosse altro che per dare un senso a tutto quello che quei due hanno dovuto sopportare, solo per poter stare insieme." Michael cadde in ginocchio. Poi tornò a guardare in alto, questa volta con uno sguardo supplice.

"Ti prego." la sua voce era più dolce. "Non lui. Prendi me, invece."

Un rumore improvviso riempì l’aria. La brezza gentile che aveva soffiato fino ad allora, si trasformò in un vento forte. Da sotto l’orlo del tetto, dove Michael stava pregando per la salvezza di Max, apparve un elicottero che roteò sopra le loro teste. Cominciò ad atterrare, a soli pochi metri da dove Liz stava ancora stringendo Max. La prima reazione di Michael fu difensiva e si lanciò per interporsi tra l’elicottero e Max. Sollevò una mano.

"Non avrete la vostra autopsia senza combattere." gridò Michael, preparandosi a far saltare gli intrusi.

La sua mano fu spinta da una parte. Si voltò e vide Liz che scuoteva la testa verso di lui, indicando qualcosa. Seguì il braccio di lei e vide il simbolo della Croce Rossa dipinto su un lato. Era un elicottero per il trasporto di feriti gravi. Due medici saltarono giù dalla porta che si era aperta, uno con in mano una valigetta di attrezzatura medica e l’altro quelli che sembravano due bastoni tenuti assieme da una striscia di tessuto. Dietro di loro, scese il Colonnello Roberts.

"Sono contento di vederla." gridò Michael al di sopra del rumore dell’elicottero.

"Come sta?" Gli occhi di Roberts erano posati su Max, che ora era visitato dai medici.

"Non bene." Michael scosse la testa e si asciugò le lacrime dagli occhi. Si voltò a guardare l’amico e non fu sorpreso di vedere che Liz era ancora al suo fianco.

I due medici si stavano gridando istruzioni l’uno con l’altro, ma Michael riuscì ad afferrare solo qualcuna di quelle strane parole. Bendaggio pressurizzato, salina, infusione, erano tra loro. Michael osservò attentamente forbici e bisturi balenare nel sole della sera. Apparvero bende bianche, scomparvero, poi ricomparvero macchiate di sangue e furono messe da parte. Ignorarono la ferita, curata alla meglio, sulla coscia di Max e si concentrarono sulla ferita sanguinante nel suo petto.

"Abbiamo bisogno di sangue." gridò a Michael uno dei medici.

"Ha il mio tipo." rispose Michael, tirandosi su la manica.

Il medico guardò da Michael a Max, poi annuì. "Ce ne serve di più. Molto di più."

"Potete provare con il suo." e indicò Liz. Sapeva, in qualche modo, che la loro connessione aveva superato i loro limiti biologici, che le cellule del sangue di Liz sarebbero cambiate per salvare la sua anima gemella. "E c’è Isabel. Ma lei sta a Santa Fe."

"Va bene, Michael." il Colonnello Roberts posò una mano sulla spalla di Michael. "La situazione è sotto controllo."

Dopo aver usato il sangue di entrambi i ragazzi per fare a Max una trasfusione, Michael lo aiutò a mettere Max su una barella, mentre Liz rimase al fianco del marito.

"Starà bene?" chiese lei ai medici.

Michael scorse, nei suoi occhi, il primo segno di vita da quando era arrivato. Senti, anche, che lei aveva paura della risposta. Michael vide lo sguardo che il medico diede al Colonnello Roberts.

"Certo che starà bene." annuì Roberts. "Ha una forte volontà di vivere."

Una volta saputo quello che voleva, Liz accetto la pietosa bugia. Era meglio avere una speranza, non importa quanto piccola, che niente.

"In questo momento," continuò Roberts "c’è una enorme quantità di gente che sta pregando i suoi dei perché questo coraggioso e straordinario giovane uomo riesca a cavarsela."

* * * * *

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Capitolo 50
*** 50 ***


Parte 50

Indicazione della data: 20 dicembre 2002 - Las Vegas, Nevada.

Ancora una volta le ipotesi hanno toccato livelli febbrili, mentre le autorità del Sud Ovest degli Stati Uniti d’America, si preparano all’arrivo di un altro meteorite. Il ricordo dell’ultimo spettacolo simile spiega l’arrivo di molti entusiasti degli Ufo, convinti dell’arrivo di altri extraterrestri. Le Guardie Nazionali del New Mexico, del Nevada e dell’Arizona sono state tutte richiamate, così come reparti supplementari dell’Esercito, che sono stati trasportati nella zona con lo scopo di tenere sotto controllo l’atteso afflusso di spettatori o, come preferiscono essere chiamati, Membri del Comitato di accoglienza.

Una cosa è sicura: se salterà fuori che questo meteorite è un UFO, per le autorità sarà difficile farlo passare per un altro ‘pallone sonda’.

In aggiunta alle ipotesi intorno al meteorite, girano voci che il SETI ha intercettato un altro segnale extraterrestre diretto verso il nostro pianeta. Gli ufficiali del SETI, come al solito, negano che sia vero.

Comunque, è impossibile confutare la crescente attività militare intorno a Roswell, New Mexico. Sebbene proclamino che siano normali esercitazioni, entusiasti dilettanti dichiarano di aver rilevato una inspiegabile attività intorno alla città. Inoltre, fonti anonime suggeriscono che ci sono quattro zone, attorno alla famosa ‘Area 51’, che sono state interdette da uno strano ‘campo di forza’ di natura ultraterrestre.

E mentre la presenza militare è aumentata attorno a Roswell e all’Area 51’, sono stati ricevuti rapporti sulla misteriosa morte di un operativo della CIA ad Albuquerque. La CIA si è presa il disturbo di specificare che non c’è alcuna commissione tra il decesso e quello che potrebbe, o non potrebbe, avvenire in quella regione.

Le autorità hanno fatto passare tutti gli ‘annunci’ come burle ed hanno proclamato che c’è un piano concertato per ottenere dalle forze governative, delle false ammissioni sul fatto che ci sia stato un incontro del terzo tipo. Suggeriscono, anche, che sia stato alimentato dagli inaccurati resoconti fatti dalla giornalista Sarah Brackham e dalle sue storie sui ragazzi che sono scappati di casa, a Roswell.

L’agenzia governativa responsabile si attiene ancora alla storia che tutto sia dovuto ad un’incomprensione, pur ammettendo che almeno un agente sia stato allontanato dal servizio. Precisa, inoltre, che i ragazzi non sono ancora tornati alle loro case, lasciando capire che potrebbero vivere altrove, probabilmente tra le sette religiose che proliferano nella regione.

A complicare le cose, si è scoperto che i genitori dei ragazzi scomparsi, sono scomparsi a loro volta, anche se vicini ed amici dichiarano che si sono presi una necessaria vacanza. Qualcuno ha fatto l’ipotesi che siano andati a trascorrere le vacanze di Natale con i loro ragazzi.

Nel frattempo, il meteorite continua ad avvicinarsi e cadrà sulla Terra tra pochi giorni. Molti ipotizzano che lo farà, indovinate un po’, nella zona del Groom Lake. - - - AFP.

* * * * *

"Sì, Sarah." Il Senatore Glenn McCarthy sorrise verso il telefono. "Anche tu mi manchi. Sei già riuscita a metterti in contatto con loro?"

"No." gli rispose Sarah con un sospiro. "Lui è incredibilmente evasivo. Come riesco a trovare una traccia, lui è già lontano."

"Bene, se trovarlo è così difficile per te, sarà impossibile per i suoi nemici, giusto?"

“Sì. E’ solo che … "

"Lo so."

"Allora, andrai da tua madre per Natale?"

"Così avevo programmato." annuì Glenn, pur sapendo che Sarah non avrebbe potuto vederlo. "Ma mi ha detto che andrà a trovare degli amici nell’Idaho. Mi ha invitato ad andare con lei, ma io non li conosco, così mi sentirei a disagio."

"Hai già provato a parlare con qualcuno dei tuoi colleghi senatori?"

"Quasi." ridacchiò Glenn. "Diciamo che non sono il solo ad avere una mentalità aperta. Se solo avessi delle prove concrete, avrei un grande appoggio al Senato."

“Abbastanza da presentarti per la Casa Bianca?"

"Forse." Glenn fece un incerto sorriso. "Non sarebbe bello? Che mi dici di te. Che farai a Natale?"

"Credo che farò un salto nell’Idaho a salutare tua madre."

"Le farà piacere."

"Le farebbe ancora più piacere se ci andassimo entrambi."

"Oooh." rise Glenn. "Ricatto emotivo."

"Quello che ti ci vuole."

"Sta’ attenta, ragazza. Potrei diventare l’uomo più potente del pianeta. Un giorno."

"E pensi che qualcuno ti voterebbe?"

"Mia madre lo farebbe."

"Questo resta da vedere." rise Sarah. "Specialmente se non passerai il Natale con lei."

"Sei spietata."

"Lo so. Senti, ora devo andare."

"Okay, Sarah. Stai attenta."

"Anche tu. Spero di vederti presto."

Glenn scosse la testa e tornò al documento che stava leggendo. Aveva appena letto la prima riga, di nuovo, quando qualcuno bussò alla porta.

"Avanti." disse.

Due uomini enormi, in abito scuro e con gli auricolari, entrarono nella stanza. Gli fecero un cenno si saluto con la testa e fecero un veloce controllo nell’ufficio, assicurandosi che non ci fosse nessun’altro. Poi usarono un’apparecchiatura manuale per accertarsi che non ci fossero apparecchi di ascolto.

"Pulito." disse uno degli uomini verso il proprio polso.

Un terzo agente entrò nella stanza.

"Senatore McCarthy? Il Presidente degli Stati Uniti."

Glenn rimase a bocca aperta e si alzò di scatto.

"Senatore McCarthy." il Presidente Forest entrò sorridendo nella stanza e gli tese la mano.

"Signor Presidente." Glenn prese la mano e la strinse.

Come suo padre, Presidente a sua volta, prima di lui, il Presidente Forest era un grande uomo, deciso a farsi un nome. Era incline ad usare il suo potere militare, se lo riteneva necessario, e pronto ad essere diplomatico, quando la forza avrebbe potuto portare ad un pericoloso braccio di ferro. O lo si amava, o lo si odiava. Non c’era area grigia per il Presidente Forest.

"Quei ragazzi di Roswell dei quali ho tanto sentito parlare." arrivò dritto al punto. Il Presidente Forest non era tipo da perdersi in parole inutili. "Cosa sa di loro?"

"Solo quello che ha scritto la mia ragazza." Glenn si tenne sul prudente.

"Ha mai incontrato qualcuno di loro?"

"No, signore. E nemmeno Sarah, anche se conosce il marito di una di loro, Isabel."

"Sa? Questa situazione sta creando alla Casa Bianca un pel po’ di problemi e noi … ebbene, io … stavo pensando una cosa. E se fossero veramente alieni, come sostiene l’FBI?"

"Signore?" Glenn restrinse gli occhi.

"Ci ho riflettuto. Mi piacerebbe parlare con loro. Saperne di più e, se fosse vero, sapere da dove provengono, che ci fanno qui, come possiamo aiutarli, questo genere di cose. Forse è arrivato il momento che la politica di governo degli Stati Uniti si adegui al ventesimo secolo. Pensa che le sia possibile organizzare questo incontro per me?"

"Io … io non … uhm … non lo so. Credo … "

"Questa è una faccenda strettamente privata, tra me e lei, okay? Organizzi un incontro segreto. In un posto sicuro. Pensa che a loro piacerebbe fare una visita a Camp David?"

* * * * *

Beep …… shhhh …… beep …… whooo …… beep ……

La stanza era stata preparata per il suo arrivo. Le pareti erano state ricoperte con un liscio materiale bianco, che era sterile e facile da pulire. Una struttura accessoria, in grado di fornire un maggior apporto di energia elettrica, era stata approntata contro la parete più lontana per provvedere agli strumenti elettronici che circondavano il letto di metallo. Da quegli apparecchi una rete di cavi e tubi terminava nella forma inerte distesa sul letto, vestita di un semplice camice bianco. L’unico suono udibile era il ronzio dei macchinari, il costante ‘beep’ del monitor cardiologico, che forniva la debole prova che Max era ancora vivo - almeno per ora - e lo strano sussurro del macchinario che faceva respirare il suo corpo. Max era stato trasportato in quella stanza pochi minuti dopo l’arrivo dell’elicottero ed aveva ricevuto le migliori cure possibili.

Da una parte della barriera trasparente, c’erano tre figure immobili che fissavano i verdi segnali del monitor, indicanti quanto Max fosse vicino a morire. I due uomini indossavano bianchi pantaloni da chirurgo, i capelli coperti da una cuffia e la mascherina sospesa sotto il loro mento. Accanto a loro, vestita anche lei con una divisa ospedaliera, una donna aveva già tolto cuffia e maschera.

"Non sono soddisfatto della sua temperatura." le sopracciglia dell’uomo più piccolo si unirono. "Non ho mai sentito nessuno che sia sopravvissuto."

Erano rimasti tutti sconcertati sia dall’anormale elevazione della temperatura, sia dalle altre niente affatto normali analisi.

"Mi creda." Michael scosse la testa. "Per noi è normale."

"Se lei si è assicurato di aver tolto tutti i proiettili, lui starà bene." Isabel, vestita da infermiera, roteò gli occhi. "Per noi è normale."

"E’ normale il fatto che vi sparino addosso?" il dottore spalancò gli occhi.

"No, se possiamo farne a meno." ridacchiò Michael. "Fino ad ora è la quarta volta."

"E’ …?"

"Senta, lei faccia quello che deve fare, d’accordo?" Isabel posò la sua mano sulla spalla del dottore. "Fino a che lei non toccherà la sua corteccia cerebrale e fino a che lui rimarrà vivo, andrà tutto bene. Lui si sistemerà da solo, qualsiasi lesione interna possa avere, non appena avrà ripreso conoscenza."

"Mi spiace." sospirò il chirurgo. "E’ solo che … sembra così umano, sapete? Tutti i suoi organi interni, i suoi … altri … è tutto come mi sarei aspettato. Ma una temperatura così alta … "

"Si rilassi, okay? Lei sta facendo un ottimo lavoro." Isabel gli rivolse un simpatetico sorriso. Sebbene tutti si aspettassero che quel giorno sarebbe arrivato, interagire veramente con gli alieni era stato pieno di sorprese.

"Vorrei che qualcuno lo dicesse a sua moglie." Il chirurgo guardò verso la camera che era stata adibita a sala d’attesa. "Ogni volta che la incontro, sono convinto che voglia polverizzarmi con un raggio laser o qualcosa di simile."

"Non si preoccupi di lei." ridacchiò Michael. "E’ solo un’umana."

* * * * *

Dall’altro lato della porta, la straordinaria, estesa famiglia di Max era seduta nella improvvisata sala d’attesa. La stanza era piena e permeata dell’odore di tante persone che si erano trattenute oltre il necessario. Non che nessuno di loro l’avesse notato. Liz era seduta sul divano, stretta tra sua madre e sua suocera. Non aveva chiuso occhio da quando erano arrivati, la notte precedente. Ora era quasi sera.

"Sai?" Jesse era seduto su una sedia, proprio davanti a lei. Le aveva preso una mano e la stava stringendo tra le sue, con la speranza che, anche se il suo sguardo era vuoto, Liz potesse sentirlo. "Isabel è stata operata per la sua ferita solo con un kit di primo soccorso, su un tavolo da cucina e da un medico radiato dall’albo. Max è qui, in una vera sala operatoria, con il meglio di tutto. Quei ragazzi sono dei professionisti e sanno quello che stanno facendo. Se c’è qualcuno che può sopravvivere, quello è Max. Inoltre, ha te da cui tornare."

"E Isabel aveva te." mormorò Liz.

"Sì, ma a quel tempo, noi non eravamo in buoni rapporti. Lei pensava che non la volessi."

"Ha ragione, Liz." le disse Maria. Anche lei sembrava stordita. Per lei, Max era più che un’amica onoraria. Max era arrivato a significare tanto, per lei. "Sai che lui non si arrenderà facilmente. Non ora che ti ha trovata."

Tutti fecero a turno per consolare Liz, ma lei rimase seduta tra le sue ‘mamme’, spingendo la sua mente ‘verso’ Max. Sapeva che, non appena lui avesse cominciato a svegliarsi, lei lo avrebbe sentito. Ora lui aveva il suo sangue. Aveva anche quello di Michael e di Isabel, ma soprattutto quello di Liz. Il suo sembrava essere quello che lo aiutava di più e lei gliene aveva donato più di quello che avrebbe dovuto. Dopo tutto, se lui fosse morto, a che le sarebbe servito?

Jim si schiarì la voce, e si raddrizzò sul bordo della sedia in cui si era lasciato cadere.

"Sai? In quei primi giorni, prima di conoscerlo, mi sono chiesto che potere avesse Max su tutti." Guardò Liz. Sperò che parlare dei suoi ricordi di Max, potesse esserle di aiuto. "Lo percepii dapprima su Michael e su Isabel. Poi su di te, Liz, su Maria e … Alex. Mi sono chiesto perché voi avreste fatto di tutto per proteggere lui e il suo segreto. Anche dopo aver scoperto quale fosse il suo segreto, una parte di me ha continuato a credere che fosse qualcosa di alieno. Che, in qualche modo, lui vi stesse controllando tutti." Spostò il suo sguardo da Liz a Maria, poi a Kyle. "Ma non era un potere alieno." Jim scosse la testa. "Il suo potere era umano."

"Di quale potere si tratta, Jim?" Jeff si accigliò. Non gli piaceva l’idea che qualcuno, fosse anche Max, avesse un controllo su sua figlia.

"Lui si conquista il tuo rispetto." Jim si strinse nelle spalle. "Tu fai le cose per lui, non perché lui vuole che tu le faccia, ma perché sei tu a volerlo. Lui non abbandonerà mai qualcosa … o qualcuno … in cui crede. Devi solo guardare Liz per capirlo. Max crede in lui e in Liz. Lui crede in lei. Lui crede nella vita. E non si arrenderà per nessun motivo. Se la Morte vorrà allontanare Max da Liz, dovrà combattere con lui ad ogni passo. E non ho dubbi, che questa sarà una battaglia che Max vincerà, anche senza i suoi poteri speciali."

Tutti annuirono il loro accordo.

"Non avevo mai notato Max." Amy si perse nei suoi ricordi. "O almeno non fino a che Maria non ha cominciato ad uscire con Michael."

"Non penso che lei avrebbe potuto farlo." ridacchiò Kyle. "Lui ha sempre fatto di tutto per non farsi notare."

"Anche quando ho cominciato a vedermelo attorno, non mi sono accorta che fosse attratto da Liz."

"Come hai fatto a non accorgertene, mamma?" Maria roteò gli occhi. "Diamine, mezza Roswell sapeva che si piacevano, prima ancora che lo sapessero loro stessi."

"Ad ogni modo," Amy dette alla figlia un’occhiataccia per averla interrotta "ho pensato solo che fosse un ragazzo tranquillo, sapete? Un tipo solitario, timido. Il ragazzo che porta scritto dappertutto ‘Sono un perdente’." Amy roteò gli occhi. "Come ho fatto a sbagliarmi così? Ma Liz deve aver visto in lui tutto quello che nessuno di noi ha visto."

"La prima volta che ho incontrato Max," Jesse scosse la testa "è stato per quella storia nello Utah. In quel periodo, mi stavo avvicinando ad Isabel ed avevo paura che le cose in cui lui era coinvolto, le potessero portare dei problemi. Non riuscivo a capire come una ragazza intelligente come Liz, avesse potuto farsi coinvolgere da un teppista come Max." Jesse si sorprese a ridere. "Sapete, ho parlato a tutti della ‘bistecca magica’ che Max mi aveva messo sull’occhio. E’ diventato un modo di dire dei pescatori. Quando qualcuno sparava qualcosa di incredibile o manifestamente esagerato, qualcun’altro diceva ‘Mettici sopra una bistecca." Sollevò lo sguardo verso sua madre. "Una volta saputa la verità su di lui, su tutti loro, Max mi ha fatto paura. Alla fine, c’è voluta una chiacchierata con la donna più gentile e più indulgente che conosco, per aiutarmi a vederlo per quello che è." portò la sua attenzione su Liz. "Ora sono contento che lui sia stato il testimone alle mie nozze. Vorrei aver avuto la possibilità di conoscerlo meglio, allora. Tanta gente gli vuole bene. Avrei dovuto capire che lui era … diverso."

"Il mio primo ricordo del rapporto tra Max e Liz non è così roseo." ridacchiò Nancy. "Ero stata chiamata a scuola dal preside, dopo che Liz era stata trovata a baciarsi con Max nella stanza dei cancellini. Attività sessuale, così l’aveva descritta. Ero pronta a leggere a Liz il "riot act". (NdT: Legge contro gli assembramenti, approvata in Inghilterra nel 1715 che vietava il raduno di gruppi di persone). Ma, anche allora, ho potuto vedere quanto lei fosse leale nei confronti di Max, di come non mi avrebbe permesso di impedirle di vederlo. La mattina dopo che avevano trascorso tutta la notte insieme, fu un momento determinante per me. Quando sono arrivati insieme, mano nella mano, pronti ad affrontare la musica, sapevo che Max non l’avrebbe mai lasciata sola. Lui ci sarebbe sempre stato per Liz. In un modo o nell’altro."

Jeff sbuffò. "Fino a quel momento, non sapevo nulla del loro legame. Non l’avevo notato nemmeno dopo aver visto Liz illuminarsi tutta alla sola vista di Max, che entrava nel locale. Ed ho dieci decimi di vista." Jesse scosse la testa. "Nemmeno Kyle l’aveva mai fatta illuminare così." Jeff fece una pausa, imbarazzato. "Uhm … scusa, Kyle."

Kyle scrollò le spalle.

"Ora che ci penso, fu solo la presenza di Max a consolarla, quando morì mia madre. Lui sembrava essere sempre presente per lei. Sono così contento che le abbia dato modo di dirle addio. Avrei voluto … " una lacrima si formò agli angoli dei suoi occhi. "Avrei voluto avere anche io quella possibilità."

"Quando ho scoperto il segreto di Max e degli altri, ne sono rimasta sconvolta." Maria ruppe lo strano silenzio che si era formato. "Avevo veramente paura che Liz si fosse cacciata in qualcosa più grande di lei. Ma Max, lui è stato così calmo e paziente con me, come se volesse scusarsi per la sua esistenza. Mi ricordo di quella volta che mi ha aiutato quando ho dato il resto sbagliato a quella donna. Ero sconvolta. E’ stato allora che ho capito che Max non mi avrebbe mai fatto del male. D’altro canto, Michael … "

"E’ stato solo quando l' ho fatto ubriacare, che mi sono reso conto di quanto Max amasse Liz." Kyle tagliò corta la filippica di Maria. Ne aveva riconosciuto i segni. "E’ stato allora che l' ho veramente lasciata andare e che ho accettato l’idea di non essere adatto a lei. Non avevamo mai legato, io e Max, ma allora mi sono reso conto che i suoi sentimenti per lei erano molto più intensi dei miei. Certo, io amavo Liz, ma senza nemmeno andare vicino a quanto l’amava Max. Ad ogni modo, lui è un grande, Liz. Lui sarà sempre presente per te. Devi solo lasciargli il tempo di ritrovare la strada di casa. Tutto qui. Il sentiero per la conoscenza deve, per forza di cose, passare attraverso il buio."

"Ho notato la sua attitudine al comando, quando lui e Michael sono andati a liberare mio padre." Connie prese la parola. "Era così calmo, e sapeva esattamente cosa fare e come farlo." scosse la testa al ricordo. "E il modo in cui guardava Liz. E come trattava i suoi amici. Io stavo parlando con Liz e Maria. Loro erano così tranquille, come se avessero la massima fiducia nei loro ragazzi, come se sapessero che sarebbero tornati sani e salvi. Cosa che è successa. Loro non ne hanno mai dubitato e questo mi ha colpito. La mia prima reazione era stata ’Come possono due ragazzini aiutare mio padre?’ Ma lo hanno fatto. Nessuno mi ha mai spiegato come ci siano riusciti, ma io gliene sarò eternamente riconoscente. Io ho ancora quella fiducia, Liz." Connie sorrise all’ amica sconvolta. "Se Max è riuscito a farcela quella volta, riuscirà a farcela anche adesso."

* * * * *

Liz era seduta su una sedia comoda, al fianco di Max, tenendo una mano del ragazzo tra entrambe le sue. Dopo che il pericolo immediato era passato - anche se il suo battito era ancora debole ed aveva ancora bisogno del respiratore - Liz aveva preteso che trasferissero Max in una stanza meno opprimente.

"Non voglio che si spaventi, quando si sveglierà." aveva detto a Michael. "Penserebbe di essere di nuovo nella Stanza Bianca."

Quando Liz faceva una richiesta, l’otteneva, specialmente se si trattava di qualcosa che riguardava il benessere di Max. Michael cedeva subito e consigliava Bektor di fare altrettanto. Max era ancora debole ed aveva ancora bisogno di essere collegato alle macchine che lo tenevano in vita.

"Mi dispiace se parlo troppo, per i tuoi gusti." gli disse. "Mi ricordo di aver letto da qualche parte, una volta, che fa bene parlare alle persone in coma. Così io continuerò a parlare fino a che non ti sveglierai." Un piccolo sorriso le traversò le labbra. "Così, se vuoi che stia zitta, è meglio che ti svegli. Farò di tutto, per farti ritrovare la strada che ti riporti a me."

Un’ infermiera entrò nella stanza e le rivolse un sorriso di simpatia, prima di annotare i dati del monitor. Poi controllò la flebo che portava nutrienti nel braccio di Max, gli altri tubi collegati al suo corpo e, per ultimo, quello nella sua gola. Appena terminato, li lasciò soli.

"Devi combattere, Max. Devi tornare da me. Dal resto della tua famiglia, da tutti noi. Stanno raccontando quello che ricordano di te. Dovresti svegliarti per starli ad ascoltare. Ti vogliono tutti bene, Max. Io ti amo. Ti ho sempre amato. E, lo sai … mi dispiace per il tempo sprecato, quando ti ho lasciato. Quando mi sono arresa su di noi."

"Qualche cambiamento?"

"No." Liz scosse la testa e si asciugò le lacrime appena versate, chiedendosi da dove le venisse tutta quell’acqua. "Ancora niente."

"Ce la farà." le ripeté Isabel. Liz sapeva che Isabel era spaventata quanto lei e che diceva quelle parole sia a suo beneficio, che per quello di Liz.

"Sì." annuì Liz. "Certo che ce la farà."

"Forse dovresti riposare." le disse Isabel. "Io starò qui mentre tu mangerai qualcosa e ti riposerai un po’. E forse sarà il caso di fare una doccia. Vorrai essere al meglio per quando si sveglierà, no?"

"Un’ora sola." disse Liz, sapendo che non sarebbe comunque riuscita a dormire. Ma una doccia e qualcosa da mangiare le sembrarono una buona idea.

* * * * *

"Sono passati tre giorni, Max." lo rimproverò Liz, profonde linee scure che le cerchiavano gli occhi. "E’ veramente ora che tu la faccia finita con questa stupidaggine, sai?"

Qualcuno bussò alla porta. Liz si accigliò. La sua famiglia e i suoi amici entravano senza bussare. Chi poteva essere? Eldugar si alzò dalla sedia ed andò ad aprire. Liz lo sentì scambiare qualche parola sottovoce con il visitatore.

"La signora Ramirez vorrebbe parlarle." le disse poi, con un inchino.

Liz annuì, così Eldugar spalancò la porta e si fece da parte per permettere all’anziana signora di entrare.

"Perché non vai a prenderti qualcosa da bere, Eldugar?" gli suggerì Liz.

"Non è necessario, Vostra … ehm, Liz." Lui scosse la testa.

"Senti." esplose lei. "Michael e Isabel sono nella stanza accanto. Ci sono guardie antariane intorno all’edificio. Guardie umane sono da tutte le altre parti. In questo momento, probabilmente, io sono nel posto più sicuro del pianeta."

Eldugar batté in una veloce ritirata, riconoscendo l’avvicinarsi di uno dei più pericolosi cambiamenti di umore di Liz.

Liz alzò gli occhi al cielo, poi spostò una sedia libera accanto alla sua, indicandola alla donna.

"Venga a sedersi, signora Ramirez." le disse.

La mamma di Jesse camminò lentamente verso la sedia che le era stata offerta. Liz notò che non aveva guardato né Eldugar, né Max.

"Tu lo ami, non è vero?" disse alla fine.

"Più di qualsiasi altra cosa." Liz riprese a carezzare la mano di Max.

"Parlami di lui. Di cosa è."

"Sa una cosa, signora Ramirez? Forse è qui che lei sbaglia. Lui è solo un ragazzo che è nato in un altro pianeta, da genitori molto importanti. A causa di qualche problema, e grazie ad una tecnologia avanzata, è finito quaggiù, un’anima aliena in un corpo umano. In qualsiasi modo lo si guardi, lui è umano, signora Ramirez. Più umano dell’uomo che gli ha fatto questo."

"Loro mi spaventano." rispose la donna, dopo una lunga pausa. "Tutti e tre loro. Non so come trattarli. Hanno quei poteri."

"Perché non pensa a loro come persone normali che posso fare delle cose?" Liz scrollò le spalle.

"Ma loro non sono normali." le fece notare la signora Ramirez. "Non solo provengono da un altro pianeta, ma fanno parte di una Famiglia Reale. E cosa mi dici della loro religione? Fanno parte della creazione di Dio?"

"E perché non dovrebbe essere così?" Liz voltò la testa. "Voglio dire, se Dio ha creato la Terra, tutti noi e qualsiasi altra cosa, perché non avrebbe dovuto creare anche loro? E per quanto riguarda la loro regalità, ebbene, lei potrebbe continuare a dire che Max è un Re fino a farsi diventare la faccia blu, ma lui sarà ancora Max. Sono solo persone normali, come noi, coinvolte in un disegno più grande. Non li tratti diversamente da come li avrebbe trattati se non fossero quello che sono."

La signora Ramirez studiò la piccola ragazza davanti a lei.

"Sai che Isabel ed Elizabeth provengono dalla stessa radice? La parte ‘El’ proviene da una parola ebraica, ‘Dio’. Significano ‘Giuramento di Dio’."

"Non lo sapevo." Liz scosse la testa.

"Non è buffo che le due donne più importanti della sua vita abbiano lo stesso nome? Come possono amarlo entrambe?"

"Questo è Max." Liz si aprì in un grande sorriso. "Ma Isabel ama anche Jesse." Liz si chinò verso la donna. "Proprio come io amo Max."

"Tuttavia, io ho paura di loro." ammise la donna. "Paura della vita che ora ha Jesse."

"Vorrei poterle dire qualcosa che la garantisse che ne vale la pena, che tutto finirà bene, ma lei dovrebbe sapere che stare con Max è tutto quello che voglio. Vale la pena di sopportare tutto, fino a che saremo insieme. Jesse e Isabel provano la stessa cosa. Nessuno dei due è stato felice, fino a che non si sono riuniti."

"Ma Max … Michael … il modo in cui … voglio dire, loro hanno questi soldati che fanno tutto quello che loro dicono. Potrebbero uccidere della gente."

"Solo i nostri nemici." confermò Liz. "Senta, signora Ramirez. Lei può senz’altro credere qualsiasi cosa di Max, okay? Lei può odiarlo, può avere paura di lui, quello che vuole. A lui non importerà. Ma accetti Isabel per quello che è. La moglie di suo figlio. Sua nuora. Questo, alla fine, le renderà le cose più facili e forse, lungo la strada, lei potrà accettare anche Max." Liz fece una risatina. "Forse anche Michael, ma questo sarebbe pretendere troppo."

"Hanno ragione su di te, Liz." sorrise la signora Ramirez. "Tu sei veramente una donna eccezionale. Ora ti lascerò in pace. Grazie."

"Ogni volta che vuole." sorrise Liz e, una volta che la porta si fu richiusa, riportò la sua attenzione su Max. "Credo che questo spieghi l’ostilità della signora Ramirez nei confronti di Isabel, fin da quando si sono incontrate a casa dei tuoi genitori. Iz sarà felice, quando le dirò che sua suocera non ha un cuore di pietra."

Poi spalancò gli occhi. "Oh, mio Dio!" esclamò.

Si alzò e corse verso la porta, andando a sbattere contro Isabel che le stava venendo incontro.

"So come aiutare Max!" esclamarono contemporaneamente.

* * * * *

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Capitolo 51
*** 51 ***


Parte 51

Il letto di Max era stato spostato al centro della stanza E loro avevano formato un pentagono, tutti e cinque attorno a Max e a i suoi macchinari. Prima Liz, seguita da Isabel, Michael, Maria e Kyle. Ognuno di loro aveva in mano una delle nuove pietre guaritrici che Serena aveva dato a Max, sulla Nave Madre, Nyelda. Formando un semicerchio e guardando con attenzione il procedimento, Nancy, Jeff, Philip, Diane, Amy, Connie, Jesse, la signora Ramirez, Bektor, Serena ed Eldugar si tenevano per mano, sperando che tutto quello funzionasse.

Come gli era stato spiegato, Jim intonò le parole che Liz gli aveva insegnato. "Da dovunque proveniamo, i nostri corpi contengono la stessa energia che c’è in queste pietre. Si chiama equilibrio. Tenete le pietre fino a che non saranno attivate dalla vostra energia, in modo che l’equilibrio del nostro amico sia ristabilito. Ma ricordatevi che c’è un rischio." rammentò loro Jim. "L’equilibrio vi può intrappolare. E’ una forza in grado di alterare sia il corpo che la mente, se non lo si orienta nel modo corretto. Ora, liberate la mente e bevete dalla ciotola."

Jim camminò in cerchio e tese una grande ciotola di acqua a ciascuna delle cinque bocche.

"Questa è acqua." continuò Jim. "Qualcosa che ci accomuna tutti. Bevendo dalla stessa ciotola, entreremo in sintonia. Non cambiate i sentimenti verso il nostro amico e troverete la giusta via. Non interrompete il flusso."

Jim cominciò a cantare una strana canzone. Liz si unì a lui, seguita da Isabel, Kyle, Maria e alla fine, da Michael. Nessuno seppe come sapevano le parole giuste, ma le sapevano. Mentre il loro canto cresceva di volume, sembrò che una miriadi di voci eteree si unisse alle loro. Da qualche parte, da nessuna parte, da tutto intorno, il rullo di tamburi proveniente da centinaia e centinaia di fuochi da campo, si riverberò nella stanza, in armonia con la calma cadenza del canto.

* * * * *

Era nel deserto, al centro di una ruota con cinque raggi. Si voltò e si guardò attorno. Riconobbe il posto immediatamente; era un posto che aveva già visto una volta … due volte. Entrambe le volte era così, come in un sogno. Alla fine di ogni raggio, c’era una persona a lui estranea, ma che evocava una sensazione di familiarità.

Una ragazza alta ed attraente, con i capelli colore del grano maturo, corse lungo il raggio e lo prese tra le braccia. Lei gli diede un bacio sulla guancia e si asciugò le lacrime che aveva agli occhi. Gli stava parlando, ma le parole non erano chiare.

Si fece indietro, per lasciare il posto ad un giovane alto ed atletico. Aveva i capelli castani e i suoi occhi emanavano una serenità interiore. Il ragazzo gli tese la mano destra e lo abbracciò con l’altra. Ancora una volta, le parole che disse furono inaudibili.

Un’ altra ragazza bionda prese il suo posto, non alta come la prima, ma altrettanto attraente. Nei suoi occhi brillava la speranza e l’amicizia, mentre lo baciava sulla guancia e lo abbracciava.

Un giovane uomo attento e cauto, con gli occhi più vecchi dei suoi anni, si fece avanti quando la ragazza bionda ebbe finito di salutarlo. A differenza degli altri tre, non disse una parola, non avvertendone il bisogno. Gli mise attorno entrambe le braccia, lo strinse e si fece da parte.

E poi arrivò lei. Era molto più bassa degli altri, ma i suoi occhi bruciavano intensamente. Il loro colore era intonato ai suoi capelli scuri, quasi neri. Nemmeno lei cercò di parlare, ma lui fu assordato dalle parole che gli colmarono la mente. Si fece indietro prendendogli entrambe le mani con le sue e guardandolo negli occhi. La ragazza fece un passo avanti, lo abbracciò ancora, poi lo baciò con amore incondizionato, unendo le sue labbra a quelle di lui. Le sue ultime parole gli attraversarono tutto il corpo.

"E’ ora che torni da me."


* * * * *

Uno ad uno, i portatori delle pietre si ridestarono dalla loro trance auto-indotta. Liz fu l’ultima e, come quelli prima di lei, la sua prima reazione fu quella di guardare prima Max, ancora in stato di coma nel suo letto, e poi le macchine che non mostravano cambiamenti nella sua condizione.

"Non capisco." piagnucolò Diane. Si voltò a guardare Liz, lasciando che le lacrime le scendessero dagli occhi. "Avevi detto che lo avrebbero guarito."

Liz sembrò disperata. "Io … "

"Avrebbero dovuto riportarlo in piena salute." Bektor si mise al fianco di Max e guardò il suo Re. "Abbiamo fallito nei suoi confronti."

"No." ansimò Liz. "C’è ancora una possibilità che possa farcela, vero?" e guardò Serena in cerca di rassicurazione.

"Mi dispiace, Liz." Serena le mise un braccio attorno alla spalla. "Se le pietre non lo hanno guarito, vuol dire che è oltre la possibilità di essere aiutato."

"Cosa?" Liz si voltò verso Michael, la cui espressione era crollata. "No. Non può essere … Non può essere." Afferrò la mano di Max. "Max!" gridò, lasciando cadere la testa sul petto di lui. "Maaaaax!"

Uno ad uno, il gruppo scoraggiato uscì dalla stanza, sia per lasciarsi andare al proprio dolore che per permettere a Liz un momento tutto suo. Michael posò la mano sulla spalla della ragazza.

"Mi dispiace." le sussurrò e portò Maria fuori dalla stanza.

Liz guardò Max, e cominciò a togliere il tubo del respiratore dalla sua gola. Voleva vederlo come era.

"Oh, Max." singhiozzò, carezzandogli una guancia. "Che farò adesso? Io ho bisogno di te."

* * * * *

Ora era solo. Le persone, non completamente estranee, che lo avevano circondato se ne erano andate da dovunque fossero venute. Lui cercò di seguirli, sapendo che aveva bisogno di stare con loro, ma tutto gli sembrò così … vago. Familiare, eppure … non lo sapeva. C’era una forza, una barriera che gli impediva di andare nel posto che voleva raggiungere. Forse era quella stessa barriera che gli impediva di ricordare. Chi fosse lui e chi fosse quella gente. Una voce in fondo alla sua mente, lo stava chiamando ma lui non poteva sentirla.

Nel cielo, un’aquila gridò, enfatizzando la sua solitudine.

"Il tuo sentiero non ti è chiaro."

Si guardò attorno, nel vuoto del deserto, cercando la persona che aveva detto quelle parole.

"Chi ha parlato?"

Benché guardasse dappertutto, non vide nessun’altro.

"Forse sei stato tu." gli disse la voce. "O forse sono stato io."

"Dove sei?" chiese lui.

"Dietro di te … "

Il ragazzo si voltò di centottanta gradi.

"Sono al tuo fianco, davanti a te, sopra di te e sotto di te. Sono tutto intorno a te."

Il ragazzo si guardò attorno.

"Chi sei?"

"Il nostro mondo è arrivato alla fine. Ho aspettato così tanto questo momento. Qualche tempo fa, ci siamo quasi incontrati, ma tu non ti sei lasciato andare e così ho dovuto aspettare. Hai legami molto forti che ti tengono, ma alla fine abbiamo avuto questa possibilità. Non abbiamo molto tempo."

"Chi sei?"

"Non c’è tempo per le domande ma, se hai veramente bisogno di sapere, le risposte sono dentro di te. Io sono te, eppure non sono te. Io sono io."

"Non capisco." il ragazzo si grattò dietro l’orecchio.

"Ho qualcosa da mostrarti. Forse dopo capirai."

"Ma non posso vederti. Fatti vedere."

"Io non ho forma." si scusò la voce. "Ti aiuterebbe se ne avessi una?"

"Sì." annuì il ragazzo. "Credo che lo farebbe. Mi sento … stupido, a parlare da solo in questo modo."

"Ma, in un certo senso, lo sei. Stai parlando con te stesso."

"Io … "

"Ma se ti potrà essere di aiuto, prenderò una forma più solida."

Davanti a lui, una strana caligine scintillante cominciò prendere una forma più distinguibile. Era la forma di un giovane uomo, forse un anno o due più giovane di lui. Anche lui aveva capelli scuri, tagliati piuttosto corti, ma a differenza di lui e degli altri due ragazzi che aveva incontrato prima, questo era snello, quasi magro. Gli sembrò familiare. Fu avvolto da un senso di colpa. ‘Colpa mia.’ il ragazzo lo sapeva. Il nome gli attraversò la memoria come se avessero acceso un interruttore.

"Alex?"

Ora poteva ricordare. Il suo nome era Max e quello davanti a lui era Alex. Alex era morto. Morto perché lui era stato troppo preso dalla propria sofferenza, per preoccuparsi delle persone che aveva così duramente lavorato per proteggere, che avevano protetto lui. I ricordi gli tornarono all’improvviso.

Liz, lo sparo, il sapore delle labbra di lei sulle sue, Tess, il suo destino, Liz che lo lasciava, che andava a letto con Kyle.

Lui che lasciava Liz, lui che era andato a letto con Tess, perdendo Liz, perdendo Alex, perdendo tutta la speranza. Un bambino! No, lui era morto, ucciso perché non aveva il sigillo. Liz! Liz era in pericolo! Lui era in pericolo. Uno sparo!

"Sono morto, Alex? Sei venuto ad indicarmi la strada?"

"No. Tu non sei morto più di quanto io sia Alex. Alex è un tuo ricordo che ho usato per darmi una forma. Te l' ho detto, io non ho forma."

"Dovevi per forza prendere il suo aspetto?" Max cercò di sopprimere il suo senso di colpa.

"No." Alex ridacchiò e si trasformò in Hubble. "Avrei potuto scegliere questo."

"No." Max scosse la testa.

"O questo." Hubble chinò la testa da un lato, spalancando gli occhi. La sua forma si fuse con un’altra e quella dell’Agente Pierce prese il suo posto. "Che ne dici di questa?"

"No!" la voce di Max era sull’orlo del panico. "No! Alex va bene."

"E allora Alex sia." annuì l’Agente Pierce, mentre i suoi lineamenti tornarono ad essere quelli di Alex.

"Perché sei qui?"

"Perché il tuo sentiero non ti è chiaro."

"Così hai detto. Pensavo che il mio sentiero fosse evidente." Max sembrò sorpreso. "Devo tornare da Liz ed aiutare i miei amici a sconfiggere Nikolas e gli Skins."

"Non basta sapere chi devi sconfiggere. Devi sapere anche perché devi sconfiggerli. E anche il come è importante."

"Semplice. Per salvare la Terra. Per salvare i miei amici, la mia famiglia. E per il come, mi hanno detto che ero abbastanza bravo con la tattica. Ed ho gente in gamba ad aiutarmi."

"Questo è vero. Hai consiglieri come nessuno ha mai avuto prima d’ora. Ora che conosci la tua meta, qual è la strada per arrivarci? Sconfiggendo Nikolas, la minaccia sarà finita?"

"Finché la Terra sarà salva, direi che lo sarà. Mi stai suggerendo di tornare su Antar per sconfiggere Khivar?"

"Come ti ho detto, ci sono cose che devo mostrarti. Il tuo sentiero non ti è chiaro."

A Max sembrò di volare. Prima c’era il buio e ora c’era la luce. Quello che vide somigliava molto alla Terra, eppure Max sapeva che le immagini che stava vedendo non appartenevano al sua pianeta adottivo. Le nuvole avevano sfumature verdi ed il cielo era del colore di un magico tramonto, anche se era chiaramente solo mezzogiorno. Gli edifici erano costruiti – anche se ‘cresciuti’ sarebbe stata la parola più adatta – con un bianco, opaco cristallo. Strade e sentieri erano nascosti da alberi e cespugli di ogni forma e colore. Uccelli esotici volavano da enormi, stupefacenti fiori verso altri enormi, stupefacenti fiori, mentre bambini facevano strani giochi tra il fogliame. Tutto era tranquillo e sereno.

Le nuvole cominciarono a diventare di un orribile colore viola ed il cielo si scurì in un rosso sangue. Sussurri di brezza furono rimpiazzati da ululati di improvvise tempeste, che spazzarono via dagli alberi foglie e boccioli, lasciando solo gli scheletri spogli della loro gloria primitiva.

"Lei li ha uccisi." gridavano. "Sono tutti morti. Tutto è perduto."

I bambini scomparvero dentro gli edifici, che non davano più sicurezza, mentre soldati, arrivati dai sentieri, sfondavano le protettive porte per portare via quelli abbastanza grandi da lavorare. Scuole furono abbattute per fare posto a fabbriche che sfornavano armi e munizioni per la guerra. I giardini furono spazzati via e, al loro posto, furono scavate profonde miniere per recuperare i minerali nascosti. Quello che una volta era stato il Paradiso, era diventato un inferno. E ‘c’era gente che soffriva.

"La tua gente." gli disse Alex.

"Ma cosa posso fare?" chiese Max. "Guarda!"

Max indicò le piazze d’armi e le baracche che traboccavano di soldati. Circondati da gruppi della resistenza, altri soldati uscirono, come formiche disturbate da un rumore. Nel cielo sopra ad Antar, una vasta flotta di navi da trasporto, pronte a spargere la malattia di Khivar dentro l’Universo.

"Khivar ha raccolto ogni persona abile." annuì Alex. "Da Epsilian e dalle parti di Antar che ha conquistato. E vuole usare quei soldati per soggiogare il resto di Antar. Dopodiché conquisterà gli altri tre pianeti e, alla fine, con un esercito troppo numeroso per essere valutato, verrà e sfogherà la sua rabbia, per vendicarsi contro il pianeta che da dato riparo al più odiato dei suoi nemici."

"Io." mormorò Max. "Alex, Liz ha cambiato tutto questo, vero? Quando mi ha fatto credere che … quando io sono tornato e … "

"Tutto quello che Liz ha ottenuto è stato non farvi consumare la vostra relazione, cosa che avrebbe impedito la sua transizione. L’invasione di Khivar è tuttora inevitabile, anche se, con le tue recenti azioni contro di lui, lo hai fermato. Ma non per molto. Anche con Tess voi sareste stati troppo deboli. Credevi veramente che voi quattro avreste potuto fermare Khivar? Anche se Tess avesse potuto deviare la mente a tutti? No, il tuo sentiero non ti è chiaro."

"Ma ho dei soldati che ci aiuteranno. So che non sono molti, ma hai visto mai? Qualcun’ altro da qui e là … un piano accurato … le pistole che stiamo costruendo … "

"Non sono altro che una goccia nell’oceano, paragonati alla forza che Khivar avrà a disposizione una volta che controllerà la federazione dei Cinque Pianeti. In questo momento, Khivar sta mandando i primi elementi della sua flotta di invasione, verso la Terra."

"Hai detto che mi avresti mostrato qualcosa per aiutarmi. Come può aiutarmi questo?"

"Sta a te decidere. Tu hai un cuore grande." la voce fece una risata soffocata. "E lei sarà una meravigliosa Regina. Confido nel fatto che il Granilith vi abbia scelto."

"Io non … " Max sospirò e si passò una mano tra i capelli. "Io cercherò di non deludere Antar."

"Ricordati che il tuo sentiero non ti è chiaro."

L’immagine di Alex cominciò ad affievolirsi. "Sono così orgoglioso di te." sussurrò.

"Grazie." Max si asciugò una lacrima. "Padre."

"La breccia sta diventando debole, figlio mio. E’ ora che tu torni indietro. Hai un lavoro da fare e la pena dei tuoi amici deve finire. La tua assenza li addolora."

Tutto diventò buio. Alex, o piuttosto, il padre di Zan scomparve e Max si sentì solo e sperduto. Nel cielo, l’aquila gridò ancora. Come avrebbe potuto trovare la via verso casa, per non parlare della strada di cui gli aveva parlato suo padre?

E poi la vide.

Come la Statua della Libertà, che aveva offerto speranze, sogni e la possibilità di una vita nuova a milioni di rifugiati, lei si alzò come un faro luminoso, per offrire a Max le stesse cose. I suoi lunghi capelli scuri si muovevano alla brezza che le carezzava i dolci lineamenti. Liz.

"Porta il mio amore a mia figlia e dille che sono orgoglioso di entrambi." gli sussurrò la voce senza corpo. Poi arrivarono le parole che lo fecero rabbrividire fino al midollo. "Khivar vuole quei Sigilli. E prenderà il tuo per ultimo."


* * * * *

Max si sollevò a sedere con un movimento lento, prendendo una lunga boccata d’aria. Momentaneamente scioccata, Liz restò a guardarlo, si asciugò gli occhi, e lo guardò di nuovo. Lui si voltò a guardare lei.

"M … Max?" gli chiese, completamente incredula. Si tirò indietro per un momento, per assicurarsi che fosse vero e non un sogno. "Oh, mio Dio! Max! Sei tornato da me!"

La gioia permeò tutto il corpo di Liz, quando si lanciò ad abbracciare il marito. Automaticamente, Max le strinse le braccia attorno.

"Oh, Max." lei cominciò a piangere e a coprirgli la faccia di baci.

"Liz." la voce di Max era roca. I suoi occhi si chiusero di nuovo e fece qualche profondo, irregolare respiro. Liz guardò il monitor e vide che, ad ogni secondo che passava, il suo battito di faceva più forte. Max era tornato da lei.

"Siamo … " Max combatté contro ogni parola. " … salvi?"

"Sì, Max." Liz ricominciò a baciagli il viso. "Ora siamo perfettamente al sicuro. Grazie al Colonnello Roberts ed ai suoi uomini."

Liz si sedette accanto a Max, senza parlare, ma solo a guardarlo. Lui entrò ed uscì dal dormiveglia, ma lei sapeva che ora era più forte. Non era più in pericolo. I suoi occhi non lasciarono mai quelli di lui, anche quando erano chiusi. Tenne una mano in una di quelle di lui, mentre con l’altra continuò ad accarezzargli il viso.

Liz sapeva che avrebbe dovuto avvertire qualcuno – dopo tutto, erano tutti preoccupati per lui e pensavano che per lui non ci fosse possibilità di aiuto – ma lui era suo marito e lo voleva, per qualche momento prezioso, solo per se stessa.

"Ora stai bene, Max." gli mormorò. "Sei al sicuro e con le persone che ami."

Max aprì lentamente gli occhi.

"Liz?" disse con voce rauca. "Sean?"

"Sean non ci darà più fastidio." lo tranquillizzò lei.

"Lui ha … " i suoi occhi manifestarono tutta la sua preoccupazione. "Tu … stai … bene?"

"Sì." lei gli sorrise. "Io sto bene. Non l' ho ucciso. E’ caduto. Dal tetto." Liz si concesse un sorriso. "Mi ha visto accendermi come un fuoco d’artificio ed ha perso il controllo."

Max ci pensò un momento. "Bene." disse poi. Ci fu un momento di silenzio mentre prese qualche altro respiro profondo.

"Ti ho sentita." la sua voce si stava facendo più chiara. "Qualcuno stava cercando di portarmi via, ma ho sentito te che mi chiamavi. Non riuscivo trovarti. Avrei voluto dirti che stavo venendo, ma non sono riuscito a farmi sentire. Poi tu … no, voi tutti, siete venuti per me. E io … ma Alex … no, non Alex … Qualcun … altro. Lui era lì. Loro … lui voleva parlarmi. Mettermi in guardia. Ed era buio … e non riuscivo a trovare la strada … per tornare a casa. Poi ho visto te, che stavi lì, come … la mia luce splendente."

"La tua Stella Polare." sorrise lei. "E tu sei tornato da me."

"Sempre." annuì Max. Si guardò attorno nella stanza. "Dove siamo?"

"Siamo a Camp Sawtooth, Max. Ricordi quegli uomini di cui ti ha parlato il Colonnello Roberts? Quelli che ti volevano come leader?"

Max annuì.

"Bene. Il signor Anderson, sai, il proprietario del campo? Quello cui hai salvato la figlia?"

Max annuì di nuovo.

"Lui ci ha lasciato usare questo posto come base."

"Un … " Max cercò di deglutire, senza riuscirci. "Un … ". Aveva la gola secca ed irritata.

"Oh, tieni." Liz si voltò e prese un bicchiere dell’ acqua che le aveva portato Jim. Aiutò Max a portarselo alle labbra. "Non molta, okay?"

Max annuì ancora, prendendo un piccolo sorso d’acqua.

"Un gruppo di gente armata in un campeggio nel bel mezzo dell’inverno … non susciterà qualche sospetto?"

"No, hanno pensato a tutto." Liz scosse la testa con un sorriso. "Stiamo partecipando ad un grande raduno. Poco costoso. Le armi e i mezzi sono stati nascosti e mimetizzati."

"Mezzi?"

"Sì. Uhm … " Liz gli carezzò di nuovo il viso. "Abbiamo qualche Jeep e un paio di elicotteri a nostra disposizione. Kyle dice che hanno un nome … uhm … qualcosa che ha a che fare con Donald Duck."

"Donald Duck?" Max si accigliò. Poi la sua espressione si aprì in un sorriso. "Hueys?" (NdT: Donald Duck è il nostro Paperino e Huey, Dewey e Louie sono i nostri Qui, Quo e Qua).

"Sì." Liz annuì, un po’ vergognosa. "E’ quello. Sembra che li abbiano rimessi in moto. Il Colonnello Roberts ha detto che avrebbero attirato troppa attenzione se si fossero presentati con un paio di ‘Apaches’."

"Come ci siamo finiti qui?" le chiese Max. "L’ultima cosa che ricordo è che eravamo ad … Albuquerque e quelle scale."

"E’ stato ancora il Colonnello Roberts. Tuo padre lo ha chiamato appena ha saputo che eravamo nei guai. Uno degli elicotteri è … una specie di ambulanza. L’altro è stato usato per andare a prendere mia madre e mio padre, e poi gli altri a Santa Fe. Ci hanno portato tutti qui."

"Liz … E’ possibile … E’ possibile che abbia visto Michael su quel tetto?"

"Sì." gli sorrise Liz. "Ha violato ogni legge di velocità terrestre per arrivare da noi. La moto che ha usato per farlo, si è fusa."

* * * * *

"Non ce la faccio." Isabel stava abbracciando sua madre e entrambe cercavano di trarre da quell’abbraccio ogni conforto possibile. Maria era appoggiata a Michael, mentre gli altri erano in piedi, sentendosi completamente inutili. Bektor e Serena sembravano devastati.

"Pensate a quello che deve provare Liz." Kyle scosse la testa.

"Siete sicuri che non ci sia qualcos’altro da fare?" chiese Isabel ai due Antariani.

"Le pietre guaritrici erano l’ultima risorsa." Serena si allacciò le mani dietro al collo, facendo toccare i gomiti. "Se poteva essere guarito, le pietre lo avrebbero fatto."

"E adesso, che facciamo?" disse Maria piangendo.

"Andiamo avanti." disse loro Michael. "Come Max avrebbe voluto."

"Ma … " cominciò a dire Kyle, con un’espressione di totale sconcerto. Fu interrotto dalla porta della stanza di Max che si aprì.

Tutti si voltarono a guardare Liz che ne stava uscendo.

"Oh, Liz." Maria corse al fianco dell’amica.

"Uhm … " Liz sorrise alla reazione di Maria e la strinse in un abbraccio. "Ragazzi? Max si è svegliato."

"Cosa?" dissero contemporaneamente quindici voci.

"Sì." il sorriso di Liz era la prova che lei non si era sbagliata. "E’ tornato da noi."

"E’ tornato da te, vuoi dire." ridacchiò Kyle.

Nessuno badò alla semantica. Quattordici persone cominciarono ad avvicinarsi alla porta. Solo una rimase immobile. Liz fermò Maria che aveva cercato di entrare per prima, e chiuse la porta della stanza di Max.

"Fermi." ordinò, alzando una mano. Qualche riga di energia verde si accese sul palmo. "E’ ancora molto stanco. Non potete entrare tutti insieme."

Tutti si fermarono, un po’ stupiti dalla determinazione di Liz.

"Diane? Voi siete i suoi genitori. Lei, Philip e Isabel potete entrare per primi." Si fece indietro per permettere ai membri più prossimi della famiglia di Max di entrare. "Michael, tu e Maria andrete subito dopo."

"Va bene, Liz." Michael le fece un sorriso. "Ma lascia entrare prima gli altri. Io posso aspettare."

Liz ricordò la reazione che Michael aveva avuto sul tetto ed annuì.

"Okay, allora. Mamma, papà, andrete voi. Kyle, tu e Connie li seguirete e, Jim, tu potrai entrare con Jesse e sua madre."

"Uhm, io … io non lo conosco." Dal fondo della stanza, la signora Ramirez stava scuotendo la testa. "Io … io posso aspettare."

Liz le rivolse un caldo, simpatetico sorriso. "Tu e Serena entrerete dopo di loro." disse la ragazza in direzione di Bektor.

Bektor scosse la testa. "Come rappresentanti del suo Regno …" cominciò a dire Bektor, ma Liz lo fermò, mettendosi le mani sui fianchi.

"Aspetterete. Prima la famiglia."

Serena annuì e cercò di nascondere il suo sorriso.

* * * * *

"Ci hai preoccupati, amico." sogghignò Michael. "Sai come tenere attento il tuo pubblico."

"E’ un dono di natura." sorrise Max. "Ho saputo che hai rimodellato una moto per arrivare lì."

"Sì." Michael si passò le mani tra i capelli. "Anche se in realtà, si è rimodellata da sola quando mi sono fermato. Qualcosa a che vedere col metallo che diventa troppo caldo."

"Posso immaginarlo. Nessun problema con la legge?"

"Solo con le leggi della fisica."

"Michael!" Max alzò gli occhi al cielo.

"Io non ho visto nessuno." Michael si strinse nelle spalle. "E dubito che qualcuno abbia potuto vedere me."

"Credo che ci sarà qualche storia raccontata tra una birra e l’altra."

"Sì." sbuffò Michael.

"Ascolta, Michael. Voglio ringraziarti. Sai? Per essere venuto."

"Sì, ma forse … se tu … se noi non ci fossimo … separati. Voglio dire … " Michael avrebbe voluto spellare Max, ma non poteva farlo. "Solo non … la prossima volta, tu … Sono felice che tu stia bene."

"Grazie, Michael." Max sorrise al tentativo dell’amico di fargli la predica. "Per tutto."

"Fuori dai piedi, Ragazzo dello Spazio." Maria diede una gomitata a Michael e lo spinse da parte per andare ad abbracciare Max. "Non ti azzardare a farci di nuovo una cosa simile, amica mia." borbottò. "E non far rivivere mai più a Liz qualcosa del genere o farò in modo che tu ti possa augurare di essere veramente morto."

"Anche per me è bello rivederti, Maria." Max ricambiò il suo abbraccio. "E’ veramente bello rivedervi tutti."

* * * * *

"Stai bene, Kyle?" Liz aveva notato che, a differenza degli altri, Kyle, non era tornato nella sua stanza.

"Sì." annuì Kyle. "Stavo solo pensando a come potevano mettersi al peggio le cose, sai?"

"Dillo a me." Liz abbassò gli occhi a terra.

"Quello che mi avrebbe preoccupato di più, in un quel caso, sarebbe stato Michael."

"Michael?" Liz sembrò sorpresa.

"Se dovesse succedere qualcosa a Max, il Sigillo passerebbe a lui, vero?"

"Sì. Credo di sì." Liz si accigliò. "L’ultima volta è andata così, ma Max l' ha ripreso. Forse questo ha cambiato qualcosa."

"Ma, per quello che sappiamo, Michael potrebbe averlo di nuovo. Su quella nave, ci hanno detto che Michael si è comportato con noi come un uomo di Neanderthal perché non aveva l’appoggio dell’altro Sigillo. Il tuo Sigillo. Lui non aveva il tuo appoggio."

"Sì." annuì Liz. "E’ così."

"Allora, la domanda è, se … se dovesse accadere qualcosa a Max, e sapendo quello che potrebbe succedere, tu vorresti … sai?"

"Assolutamente no!" Liz scosse la testa con un’espressione disgustata. "Non solo non farei mai una cosa del genere a Maria ma, senza offesa, Michael non è il mio tipo."

"Non lo è, huh?" ridacchiò Kyle.

"Puoi dire tranquillamente che preferirei morire, piuttosto che mettermi con Michael."

"Non è divertente, Liz. " lo sguardo di Kyle si rabbuiò.

"Non potrebbe succedere." Liz si strinse nelle spalle. "Se Max fosse morto, io l’avrei seguito. Molto semplice."

* * * * *

"Sono contenta di sapere che sei utile a qualcosa." Liz sogghignò in direzione di Eldugar. La guardia la stava scortando sulla strada del ritorno dalla mensa, portando un vassoio con la cena di Max e di Liz. La gestione del ristorante del campeggio era stata assunta dal Settore logistico dei ‘volontari’. Erano spariti tutti i cibi fritti e grassi e, al loro posto, una cucina degna di un ‘cordon bleau’.

"Spero di esservi più utile che come semplice facchino, Li … Vostra Altezza." rispose lui.

Liz si voltò e sollevò un sopracciglio all’improvviso cambiamento di direzione delle sue parole. Eldugar la chiamava quasi sempre Liz, tranne quando …

"Ah, Liz." Bektor stava giusto uscendo dall’edificio che stavano superando.

"Buona sera, Bektor." Liz scosse la testa e roteò gli occhi. "In cosa posso aiutarti?"

"Come state? Vi siete ripresa?"

"Sto bene, grazie."

"Bene, bene." annuì Bektor. "E la vostra famiglia? Stanno bene?"

"Stanno bene. Grazie per l’interesse."

"Uh huh." Bektor continuò ad annuire. "E i vostri amici? Presumo stiano bene anche loro?"

"Stiamo tutti bene." grugnì Liz esasperata. "I soldati stanno bene, gli alberi stanno bene, gli animali stanno bene e gli uccelli stanno bene. La neve sul terreno sta bene. Tutto sta bene." Liz si fermò e si voltò a guardare Bektor. "Anche Max sta bene, per quanto abbia notato che tu non l’hai nominato. Di cosa vuoi parlarmi, in realtà?"

"Si tratta… " lui deglutì. "Si tratta … dell’erede di Max."

"No." Liz scosse la testa. "Non era l’erede di Max, ricordi? Il bambino non aveva il Sigillo ed è morto. Max non ha un erede. Non l' ha mai avuto."

"Non era di questo che volevo parlarvi."

Liz lo guardò confusa.

"Quello che è appena accaduto, ci ha dimostrato di quanto sia tenue la linea Reale. Il Sigillo potrebbe non essere passato e, in questo caso, chi sa quali ripercussioni potrebbero esserci? Senza un erede per cui combattere uniti, la resistenza di Antar potrebbe frammentarsi e fallire. Tutto sarebbe perduto. Voi avete un dovere, Vostra Altezza. Voi siete la Regina di Antar."

"Senti, Bektor. E sia ben chiaro." Liz fece un passo avanti e spinse un dito contro Bektor. "L’unico dovere che ho è verso Max, okay? Ed in questo momento, renderlo padre, per dargli un motivo di preoccupazione in più, non è sulla mia agenda. Capito?"

"Ma una volta che il Principe fosse nato, Max non dovrebbe preoccuparsi di lui. Noi lo porteremo in un posto sicuro e la sua responsabilità passerebbe a noi. Vostra Altezza, il Principe Ereditario, non è mai cresciuto nello stesso posto dove si trovava il Re."

"Cosa?" Liz lo fissò incredula. "Tu vorresti che io … e poi … tu … lo porteresti via? Mio Dio! Ma che genere di mostro sei? Non potrei mai fare una cosa simile a Max. Non potrei mai fare una cosa simile a me stessa. Basta così, Bektor. Questa conversazione è finita. Io e Max avremo dei bambini solo quando saremo pronti e non prima. E certamente non ci saranno portati via, non finché avrò un briciolo di respiro nel mio corpo."

* * * * *

Liz sbatté il piatto con la cena di Max - bistecca al pepe, patate al forno e verdure miste - davanti a lui. Qualcuna delle verdure saltò dal piatto e finì sulla tavola. Poi sbatté anche il proprio piatto e si mise a sedere. Max rimase a guardarla, mentre lei continuava a tagliuzzare la sua cena, senza mangiarla.

"Sei arrabbiata con me, Liz?" le chiese, sollevando gli occhi dal piatto.

"No." ringhiò lei. "Perché me lo hai chiesto?"

"E’ che … sto percependo tutta la tua ostilità. E mi hai detto a malapena qualche parola, da quando sei tornata con la cena. Ho fatto qualcosa di sbagliato?"

"No." sospirò lei, appoggiando le posate sul piatto. Aveva perso l’appetito. "Non tu."

"Okay." Max annuì ed appoggiò a sua volta le posate. "Cos’è successo?"

Liz guardò il marito, scosse la testa e gemette. "Vorrei solo che potessimo … andarcene. Solo noi due."

"Lo vorrei anch’io." Max annuì ed allungò la mano sul tavolo per prendere quella di lei. "Come quella settimana a Puerto Rico. Ma con questo … meteorite … e Nikolas davanti a noi, è pressoché … "

"Non potrebbe occuparsene Michael?"

"Vorrei che fosse così. Ma tutta questa gente conta su di me, Liz. Io non posso … " Max fece una pausa. Poi abbassò lo sguardo e sorrise. "Probabilmente, sono l’uomo più importante di questo pianeta."

"Mettici una bistecca, Max." Liz roteò gli occhi.

"Scusa?" Max cominciò a ridere. "E questo che significa?"

"Devi chiederlo a Jesse." Liz scoppiò a ridere, mentre faceva il giro della tavola per andare a sedersi sulle ginocchia di lui.

"Io … io non posso abbandonare tutta questa gente."

"So che non puoi farlo." Liz gli sorrise con affetto. "E non mi aspetto che tu lo faccia. E’ solo che … che sto diventando un po’ egoista."

"Ed hai tutto il diritto di esserlo." Max le baciò la sommità della testa. "Ascolta. Dovremo parlare con Langley, ad un certo punto, no? Perché non ci prendiamo qualche giorno, subito dopo Natale, per andare a trovarlo?"

"Mi sembra una buona idea, Max." Liz gli fece un grande sorriso. "Forse potremmo aspettare fino all’anno nuovo."

"Non saprei." gli occhi di Max brillarono. "Langley da delle feste meravigliose. Posso immaginare che la sua festa per Capodanno sarà eccezionale."

"Ah, sì, signor Evans. E lei come fa a sapere che le sue feste sono così?"

"Mi sono intrufolato in una."

"Cosa?" la voce di Liz suonò pericolosa. "Spero, almeno, che tu ti sia comportato bene."

"Per quasi tutto il tempo." Max assunse la sua espressione più innocente.

"Sì." Liz fece un sorrisetto ironico, prima di baciarlo. "Ci scommetto!"

* * * * *

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Capitolo 52
*** 52 ***


Parte 52

"Scommetto che è stato bello." la mano di Liz era stretta in quella del marito, mentre facevano la solita passeggiata tra gli alberi, dopo pranzo.

Max aveva ricordato la sensazione di solitudine che lui e Liz avevano provato sulla nave, Nyelda, e, nel tentativo di far sì che la cosa non si ripetesse, aveva stabilito che qualche breve spazio del suo tempo, durante la sua giornata, fosse lasciato a disposizione dei suoi familiari e dei suoi amici.

Per prima cosa, colazione, pranzo e cena dovevano essere divisi con Liz. Qualche volta, anche con la famiglia e con gli amici, ma sempre con Liz. In aggiunta, l’ora dopo il pranzo, doveva essere sempre lasciata libera per lui e sua moglie. L’ora dopo la cena era riservata alla famiglia e agli amici. Inoltre, Max e Liz sarebbero stati indisponibili per tutti, tranne che per le emergenze - Michael e Maria che si lasciavano non era compreso in quei casi - dopo le nove di sera e fino alla colazione del giorno dopo.

Sebbene a Bektor queste disposizioni non piacessero, il resto della gang le aveva accettate ed aveva cercato di presentare a Max i problemi, solo quando lui era in modalità ‘Leader’.

In quel momento era in modalità ‘Anima Gemella’.

"Che cosa è stato bello?" Max sollevò un sopracciglio, rispondendo a Liz.

"Guarire te stesso." sorrise lei. "Sapevo che provavi ancora molto dolore."

"Sì." Max annuì. "Ora, sono come nuovo."

"Hai avuto delle visioni di te stesso?" gli occhi di Liz brillarono maliziosamente. Con la sua mano libera, stava carenando il braccio di Max sul quale era appoggiata.

"E’ strano." Max guardò il panorama attorno a loro. Sul terreno, c’era un sottile strato di neve e un vento freddo soffiava tra i rami dei sempreverdi. Nei cottages le luci erano accese, anche se era ancora presto.

"Cosa?"

"Essere tornati qui, dopo tutto quello che ci è successo."

“Sì." concordò Liz. "Spero solo che il signor Anderson non ci rimetta troppi soldi. Tutti questi soldati stanno qui gratuitamente e lui deve pagare per il gas e per l’elettricità."

"Non credo proprio." ridacchiò Max.

"Che vuoi dire?"

"Ho visto Michael e Kyle nella stanza di controllo. Credo che abbiano fatto qualcosa di veramente illegale e decisamente poco etico. Ma ho deciso di non indagare troppo a fondo. Allora? Gli uomini si sentono a loro agio?"

"Anche le donne." obiettò Liz. "Credo di sì. Sì." annuì poi. "I cottages sono ben fatti e molto caldi, anche adesso, in pieno inverno. Mi aspetto che abbiano vissuto in posti peggiori. E, inoltre, il fatto che abbiano col loro le famiglie … "

"Mi sto ancora chiedendo se sia stata una mossa saggia, ma mi rendo conto che io non vorrei essere separato dalla mia famiglia. E gli Antariani? Tutto questo deve sembrare loro molto primitivo."

"Sì." ridacchiò Liz. "Li abbiamo mescolati un po’, così che gli umani avessero la possibilità di vederli e di parlare con loro. Michael non vuole che si formino gruppi o fazioni."

"Buon pomeriggio, Max." Il signor Anderson sbucò dagli alberi. "Liz."

"Credo che lui non conosca le regole." sussurrò Max alla moglie. "Salve, signor Anderson."

I due uomini si strinsero la mano, poi l’uomo più anziano abbracciò Liz e le diede un bacio sulla guancia.

"Devo dire che avete decisamente un aspetto migliore di quello che avevate l’altra sera, quando siete arrivati qui."

"Uhm … sì." Max si grattò dietro l’orecchio. "Grazie per averci lasciato usare il suo campeggio."

"E’ il minimo che potessi fare." gli assicurò Anderson. "Dopo che voi … "

"Oh." si ricordò Max. "Sua figlia starà bene. Non avrà conseguenze dal fatto che l' ho guarita."

"Ne sarà delusa." ridacchiò lui. "Non vedeva l’ora di sviluppare i raggi della morte, per potervi aiutare."

"Mi dispiace." Max scoppiò a ridere. "E ora dovrebbe essere sicuro, per lei, tornare a casa."

"Già provveduto." sorrise Anderson. "Dovrebbe arrivare nel tardo pomeriggio. Non vede l’ora di rivedervi entrambi. Sono venuto a dirvi che c’è qualcuno che vi sta cercando. Al cancello principale."

Max e Liz si scambiarono un’occhiata preoccupata e seguirono il loro padrone di casa giù per la collina. All’entrata principale c’era un grosso camion. Poterono vedere che Michael, Isabel, Maria e Kyle erano già lì e stavano parlando con l’autista.

"Granny!" gridò Liz e corse ad incontrare la vecchia amica.

"Oh, Liz!" Granny sorrise, rilasciando Liz dal suo abbraccio. "Guardati un po’, ragazza mia. Diventi ogni giorno più bella." E sorrise di nuovo al rossore di Liz. "Ciao, Max."

"Ciao, Granny." anche lui l’abbracciò, sorridendole.

"Il mio nipotino adottivo è diventato un Re, huh?" lo prese in giro lei. "Ed ha anche un suo esercito."

"A che serve un Re, senza un esercito?" Max si strinse nelle spalle.

"Quello che ora ti serve è qualcuno per cui combattere ed un castello da conquistare."

"E’ buffo che tu l’abbia detto." sorrise Liz.

"Cosa c’è nel camion?" Max ne valutò la grandezza. "Hai guidato tu questo coso?"

"Certamente." sorrise l’anziana donna. "Ero solita guidare questi mezzi durante la guerra, quando gli uomini erano occupati a combattere."

Ne rimasero tutti impressionati.

"E per quanto riguarda il carico, diciamo che un esercito può marciare solo se ha lo stomaco pieno e qui c’è lo stomaco del tuo esercito. Provviste sufficienti per un mese o forse anche due."

"Granny." Max scosse la testa. "Non avresti dovuto farlo. Dove diavolo hai preso i soldi?"

"Ebbene, sembra che l’assicurazione si sia resa conto all’improvviso di aver liquidato il mio danno in modo sbagliato ed ha aggiunto una considerevole somma per il mio disturbo …"

"Il che significa che si sono evitati una denuncia." sussurrò Jesse da dietro a Max. "Dubito che le compagnie di assicurazione amino essere chiamate in giudizio per frode."

" … così, non ho avuto bisogno di vendere il grano che voi avete raccolto, per pagare l’ipoteca. Oh, e non ho dovuto mettere in liquidazione niente. Così, ho venduto la terra ai miei vicini, ma ho tenuto la casa. Ed ho usato il denaro per comprare qualcosa che potesse esservi utile. E sarete felici di sapere che anche i miei amici e i miei vicini hanno contribuito. Ora che nessuno ha più paura di perdere la propria fattoria, sono più propensi ad aiutarsi uno con l’altro, come era un tempo. E so che non avrei dovuto farlo, ma ho voluto farlo."

"Grazie." Max l’abbracciò di nuovo. "Ora vieni a conoscere la mia famiglia, mentre qualcun altro penserà a scaricarlo."

* * * * *

Benché gli Antariani fossero stati distribuiti per tutto il campo, con lo scopo di aiutare gli umani a familiarizzare con concetto di alieno, si ritrovavano, però, insieme, alla fine di ogni giornata. Li aiutava a rilassarsi dalla tensione che era stata loro imposta. Dopo tutto, erano sopraffatti dal numero dei soldati e si trovavano su un pianeta alieno. L’argomento di conversazione di quella sera era la salute del loro Re. Nel periodo in cui lui era stato … malato, l’argomento era tabù.

"Allora lei ha veramente detto così, Eldugar?" si fece ripetere Frimona, una delle guardie femmina. "Zan si è ripreso dal coma e ha guarito se stesso completamente?"

"Lui non ama essere chiamato Zan." spiegò Eldugar. "Lui non ama nemmeno essere chiamato ‘Vostra Maestà’ o ‘Sire’. Vuole essere chiamato Max. Solo Max."

"Trovo strano usare il nome che gli è stato dato." Tallen scosse la testa. "Voglio dire, su Antar qualcuno avrebbe potuto ordinare la nostra esecuzione per molto meno."

"Che ti piaccia o no, credo che Antar subirà un grosso shock se Max dovesse tornare."

"Se?" Geyshan si accigliò. "Stai suggerendo che il nostro Re potrebbe non tornare su Antar?"

"Lui pensa che la sua vita sia qui, ma so che ci aiuterà a sconfiggere Kivar, così credo che dovrà tornare su Antar, anche se per poco. Ma, per tornare alla questione di prima, sì, Max si è guarito da solo."

"E’ vero," intervenne Quonum, la compagna di stanza di Frimona " che Sua Altezza … "

"Liz." lo interruppe Eldugar.

"Prego?"

"Lei vuole essere chiamata Liz. Anche da me. Me lo ha ordinato lei."

Quonum scosse la testa. "Abbiamo un Re e una Regina molto strani."

"Ma sono grandi." E Tallen sottolineò la sua affermazione con un cenno della testa. "Tutto Antar li adorerà."

"E’ vero che … Liz non lascia mai il suo fianco?" chiese Gayshan.

"E’ così." confermò Eldugar. "Tranne nel momento in cui lui fa la doccia. Lei è preoccupata per lui, così come lo siamo tutti noi." ed indicò il gruppo delle guardie. "Ma lei gli parla, costantemente. Non di doveri e responsabilità, ma di amore e di devozione. E’ tutto molto strano, ma molto illuminante. Bektor avrà momenti difficili a farli comportare come fanno gli Antariani. Serena ha imparato ad incontrarli ... stavo per dire a metà strada, ma non è proprio così. Le cose vanno decisamente come Max e Liz vogliono che vadano."

"Sono strani, questi umani." Geyshan scosse la testa stupito.

"Affascinanti, però." ridacchiò Mailan, un'altra guardia maschio.

"Sono d’accordo." aggiunse Tallen. Si guardò attorno nella stanza. "Non lo direi alla presenza di qualcun altro, ma credo che Maria sia veramente eccitante. Scalderebbe il sangue di un uomo in pieno inverno."

"Non lasciare che Rath … ehm, che Michael ti senta." ridacchiò Eldugar. "Il suo temperamento non è uno di quelli che vorrei mettere alla prova."

"Mi stai dicendo che preferisci le ragazze umane?" Frimona sollevò un sopracciglio.

"Uhm … " Tallen fece un’espressione colpevole.

"Perché, adesso che ne hai parlato, quel Kyle ha veramente qualcosa di particolare."

"Per non parlare dello stesso Rath." aggiunse Quorum.

"O di Zan." disse una voce pacata dal fondo. "Voglio dire Max."

"Tieni i piedi per terra, Katya." rise Tallin. "Pensi che ci sia una possibilità che Max lasci Liz per te? Ci sono più possibilità che Antar appaia domani nella stessa orbita della Terra."

"Cosa?" Katya fissò i maschi che si stavano prendendo gioco di lei. "Nessuno di voi ha fatto qualche pensierino sulla nostra Regina?"

Si guardarono tutti con aria colpevole.

"Mi sembrava strano." Katya rise di cuore.

"Attenti." Eldugar si mise in piedi di scatto.

Bektor e Serena entrarono nella stanza, mentre il resto delle guardie reagiva all’avvertimento di Eldugar.

"Riposo." Serena fece loro un cenno con la testa.

"Stavamo parlando delle buone notizie sulla guarigione di Sua Maestà." le disse Eldugar.

"E’ per questo che siamo venuti." Serena si fermò al centro della piccola stanza. "Ora che Max si è ripreso al cento per cento, possiamo cominciare a programmare l’assalto agli Skins e la distruzione della nuova pietra."

Dodici facce si guardarono l’un l’altra, diventando militari a quella sola frase. Era arrivata l’ora.

* * * * *

"Signori." cominciò Max. Era seduto a capo di una grande tavola rettangolare, attorno alla quale erano seduti Michael, Kyle, Connie, Jesse, Jim, tre maggiori, due capitani e quattro sottotenenti, appartenenti alle varie armi. Il Colonnello Roberts, essendo ancora attivo, aveva dovuto riprendere servizio. A fianco di Max era seduta Liz, tenendogli la mano per fornirgli supporto morale per quello che per lui sarebbe stato un compito difficile. Pianificare morte e distruzione.

"Max, prima di cominciare … " lo interruppe Jim. "So quanto ami la sua compagnia," ci fu una risatina divertita da parte di tutti i presenti. "ma Liz non sarebbe più a suo agio con le altre?"

Michael scosse la testa, continuando a ridacchiare.

"No, Jim." gli occhi di Liz fecero un buco su di lui. "Non lo vorrei."

"Liz." Jim non si rese conto del pericolo.

"Senti," Liz scoppiò. "essere una Regina non significa che devo stare lontana da Max quando parla di giocare ai soldatini."

"Questo non è un gioco, Liz."

"Lo so, Jim, e sono qui per accertarmi che non lo dimentichiate."

"Liz è più della mia Regina, Jim." li interruppe Max. "E’ anche più di mia moglie. Lei è la mia compagna. Questo significa che va dovunque vado io, fino a che sarà lei a volerlo."

"E, oltre a questo, ci sono tra noi donne soldato, umane e antariane. Perchè non ci dovrebbe essere una donna qui, dove si sta decidendo cosa fare delle loro vite?" Liz si guardò attorno. "Oh, scusa Connie."

Jim si voltò verso Bektor, cosa che non sfuggì a Liz. Anche lei si voltò a fissarlo. Bektor abbassò la testa.

"So che non siete abituati ad avere uno come me … " Max riprese ancora il controllo. "o come Michael, a dirvi quello che dovete fare. So che voi rispettate l’esperienza e posso solo sperare che quel po’ di esperienza, che abbiamo conquistato combattendo questa gente negli ultimi anni, possa essere sufficiente. L’ultima cosa di cui ho … bisogno è che qualcuno non porti a termine il suo compito perché mette in dubbio la mia abilità a … comandare."

"Sappiamo tutti quello che è successo nel deserto, Max." il Maggiore Armstead si sporse in avanti e guardò i suoi colleghi ufficiali. "Sappiamo di cosa sei capace e siamo tutti d’accordo che hai portato a termine un compito difficile, in circostanze difficili. Tutti gli uomini lo hanno saputo e tutti loro sanno che è un onore servire sotto di te."

"Grazie." annuì Max. "Voglio che sappiate che farò del mio meglio. Voglio anche che tutti sappiano che non sono a favore delle missioni suicide. Mi rifiuto di programmare un assalto che potrebbe causare vittime non necessarie."

"Questo non possiamo garantirlo, Max." Il Capitano Fowler scosse la testa. "Il nemico combatterà duramente, come faremo noi. Ma non puoi pensare di non avere mai nessuna vittima."

"Ma è proprio quello che voglio fare." Max appoggiò entrambe le mani dietro la nuca e si poggiò, in avanti, sui gomiti. "Io accetto che qualcuno possa … morire, ma mi rifiuto di credere che sia accettabile aspettarselo."

Si rese conto che i professionisti erano scettici, ma Max si rifiutò decisamente di aspettarsi che un uomo, o una donna, sotto di lui, accettasse la morte come inevitabile.

"Questa è la situazione come la conosciamo." Max si alzò e preparò un grande schermo per proiezioni. All’altro capo della tavola, Connie si alzò e spense la luce. Jesse accese un proiettore, che mostrò una mappa del Groom Lake e della zona circostante.

"Questa è una mappa dettagliata del terreno dove combatteremo. Qui, qui, qui e qui," Max indicò i quattro triangoli rossi che formavano quattro delle punte di un pentagono. "ci sono le basi che l’esercito ha circondato. Sono protetti da barriere che impediscono qualsiasi tipo di accertamento. Il Colonnello Roberts mi ha assicurato che qualsiasi tipo di proiettile, sparato contro quei … campi di forza, sembra inerme. Non c’è segno di impatto o di esplosione. Io credo che la forza che compone i campi disintegri i proiettili."

"Sua Maestà ha ragione." affermò Bektor. "Ogni metallo non–Antariano, viene individuato e distrutto."

Lo stesso sembra succedere con la carne." Max scosse la testa. "Due volontari sono morti cercando di penetrare le barriere."

"E’ un po’ meno specifico di così, Vostra Maestà." aggiunse Bektor. "Mentre se entrasse un umano, morirebbe, non succederebbe la stessa cosa a voi, a Michael o a Isabel. A più a che vedere con … il modello cerebrale."

"Grazie, Bektor." Max annuì al suo Consigliere. "Intorno ad ognuna di queste ‘basi’ c’è una compagnia appartenente ad una branca dell’esercito. Credo che ad aiutare siano stati chiamati anche i Marines. Ora, questo sito qui," Max indicò il cerchio verde che formava l’ultima punta del pentagono "è dove atterrerà il nuovo meteorite. Conterrà la quinta pietra e non ho dubbi che, con essa, arriveranno dei rinforzi."

"Quanti?" chiese il Sottotenente Carter.

"Non lo sappiamo." Max scosse la testa. "Ora, le nostre pistole non funzionano nel modo convenzionale." Max si guardò attorno per vedere se i nuovi arrivati avessero capito. Il loro cenni con la testa gli fecero capire che tutti avevano sentito le storie. "Ma un proiettile alla base della spina dorsale … uhm, Liz?"

Liz si alzò e voltò le spalle alla stanza.

"Proprio qui, in questo punto." Max le sollevò la maglietta, mentre Liz abbassò di qualche centimetro i jeans, per mostrare la parte bassa della sua schiena, dove sarebbe stato trovato il suggello. "Un proiettile in questo punto li ucciderà. Non li ferirà o metterà fuori combattimento, li ucciderà. Esploderanno in una nuvola di polvere."

"Signore." il Capitano Stone alzò una mano. "

"Sì, Capitano?" Max si voltò verso di lui. "Cosa c’è?"

"Ci sono delle femmine tra questi … Skins?"

"Creo di sì." Max annuì, aggrottando le sopracciglia. "Sarebbe un problema?"

"Solo se il loro fondoschiena è attraente come quello di sua moglie."

La tavola scoppiò a ridere. Max arrossì. Anche Liz si voltò con la faccia rossa, abbassando la maglia bruscamente.

"Andiamo avanti." borbottò Max.

"Oh, Santa Cruccola, Evans!" la risata di Kyle era isterica. "Avresti dovuto vedere l’espressione della tua faccia."

"Max?" disse un sottotenente.

"E’ un altro commento su mia moglie … su Liz?" Max squadrò il Sottotenente Carter.

"No, signore." Carter cercò di controllare le risate. "Sulle pistole. I nostri uomini sono addestrati a sparare sui bersagli, naturalmente, e, naturalmente, abbiamo un certo numero di esperti tiratori, ma, signore? Abbiamo bisogno di qualcosa di più di qualche colpo fortunato, per prendere quei tipi. Voglio dire, siamo stati addestrati al fuoco di attacco, vale a dire a sparare a raffica su un gruppo di nemici, in modo che i nemici tengano bassa la testa, mentre i nostri avanzano sotto la copertura. Se questi Skins non devono mettersi al riparo, non potremo fare il nostro lavoro nel modo in cui siamo stati addestrati."

"Sto aspettando la consegna di pistole che possono ucciderli, indipendentemente da dove vengono colpiti." li informò Max. "In più, ciascun soldato antariano ha una di queste pistole. Loro non ne hanno bisogno, hanno a disposizione … altre armi. Anche se questa alternativa non ucciderà gli Skins, li metterà per un po’ fuori combattimento, quanto basta perché qualcun altro li finisca. Ci faranno da copertura quando cominceremo a sparare con i colpi che li uccideranno."

"Quante pistole in tutto, Max?" chiese Michael.

"Tre dozzine."

"Non sono poi molte." Kyle espresse il pensiero di tutti.

"Meglio di niente." Max si strinse nelle spalle. "Nessun’altra domanda, prima di andare avanti?"

"Su quale supporto aereo possiamo contare?" chiese il Maggiore Armstead. "Qualcuna delle piccole navi della Nave Madre potrà aiutarci?"

"Temo di no." Bektor scosse la testa. "La vostra atmosfera è troppo pesante, perché le nostre astronavi possano manovrare. Ecco perché molte si sono schiantate sul vostro pianeta. Sebbene i vostri radar possano avere problemi a scoprirle, le vostre armi possono colpirci facilmente. Altrettanto potrebbero fare le armi di Nikolas. Khivar aveva costruito il prototipo di un’astronave in grado di volare nella vostra atmosfera, ma non ha funzionato. Si è schiantata la prima volta che ha volato qui."

"Così ha avuto la sua risposta." Max scrollò le spalle. "Ma noi dobbiamo avere una cosa a nostro favore: l’elemento sorpresa."

"Come fai a dirlo, Max?" chiese Michael. "Nikolas non è stupido. Sa che stiamo arrivando."

"Sì, ma lui pensa che siamo solo noi sei."

Tutti cominciarono a sorridere, e ad annuire il loro accordo.

"Allora, qual è il nostro … stato? Quanti soldati abbiamo?"

"Abbiamo cinquanta combattenti, Max." lo informò il Maggiore Armstead. "Il resto della forza è formato da personale di supporto, piloti, medici, addetti alle comunicazioni, questo genere di cose."

"E, con la guardia di Liz, abbiamo dodici guerrieri antariani." aggiunse Michael.

"E noi." sorrise Kyle.

"E questo, signori," Max tornò alla mappa "è il nostro piano."

* * * * *

"Vostra Maestà." lo chiamò Bektor. "Posso parlare con lei?"

"Purché sia una cosa veloce." Max controllò il suo orologio. "E’ ora di cena. A meno che tu non voglia aspettare fino a dopo."

"No, no." Bektor scosse la testa. "Sarà breve. Si tratta della vostra relazione con Sua Altezza."

"Liz? Noi stiamo bene."

"No, non è questo che voglio dire. Da quanto siete … in intimità con lei?"

"Non credo che questi siano affari tuoi, Bektor." ringhiò Max.

"Presumo che la vostra intimità sia cominciata quando vi siete sposati, giusto? Lo scorso giugno? Sette mesi terrestri. E quanto spesso vi siete uniti?"

"Ora stai esagerando, no?" lo accusò Max. "Che ti importa?"

"Sospetto che Liz sia sterile. Sono portato a credere che a quest’età, la donna umana è al massimo della sua fertilità."

"Non essere così … stupido, Bektor. Ne ho abbastanza di questa conversazione."

"Voi non potete guarirla, Max. La biologia antariana non è poi così diversa da quella umana. Questo genere di cose non può essere guarito dalla manipolazione molecolare."

"Tu non ne hai le prove, così … falla finita." Max si stava arrabbiando.

"Sire, è di vitale importanza mantenere viva la vostra dinastia, ora che il Granilith ha acconsentito a garantirvi i Sigilli Reali. Voi avete bisogno di un erede."

"Siamo ancora giovani, Bektor. Liz non è pronta a cominciare una famiglia. E non sono pronto nemmeno io. Ci sono molte altre cose che voglio fare, prima."

"Potrebbe non essercene la possibilità." disse Bektor seccato. "Ho un suggerimento che credo che soddisfi tutte le parti."

"Va avanti." sospirò Max, sapendo che non avrebbe avuto pace fino a che non lo avesse ascoltato.

"Riprenda il Sigillo da Liz."

"Cosa?" l’espressione di Max si fece incredula.

"Non deve divorziare, niente del genere. Deve solo dare il Sigillo ad una delle guardie antariane, perché possa portare il vostro bambino."

Max smise di camminare e guardò Bektor per accertarsi che non avesse bevuto qualcosa di alcolico che qualcuno dei soldati umani si era portato dietro. "Io conterò fino a tre e poi ti voglio fuori dalla mia vista."

* * * * *

"Stai bene, Max?" chiese Liz quella sera, rientrando nel cottage.

Erano le nove. Il momento dedicato a loro. Nessuno li avrebbe disturbati, a meno che non ci fosse stata un’emergenza. Quei momenti erano così preziosi per loro e sarebbe stato un peccato se avessero permesso al loro malumore di rovinarli.

"Oggi ho parlato con Bektor." Max permise alla sua rabbia di affievolirsi. "Ma che ha quell’uomo?"

"Perché? Cosa ti ha detto?"

"Mi ha suggerito di toglierti il Sigillo e di darlo a qualcun’altra perché io possa diventare padre di un erede."

"A me ha detto che ho un obbligo verso Antar."

"E’ una cosa stupida, Liz. Spero che tu non creda che io appoggi la sua idea."

"No, questo lo so. Ma Max? Forse ha ragione."

"Sul fatto di toglierti il Sigillo o sul tuo obbligo?"

"Vuoi togliermi il Sigillo?"

"Cosa?" Max sembrò scioccato. "Nemmeno per sogno."

"Allora … " Liz si morse un labbro. "Forse dovremmo riflettere su quello che ha detto."

"Vuoi cominciare a mettere su famiglia adesso?"

"E tu?"

“L' ho chiesto prima io." ridacchiò Max. "Ma Liz? Onestamente? No. Non ancora. Non fino a che non potremo dare ai nostri bambini la stabilità e la sicurezza che io non ho mai avuto. Non sarebbe … "

"Giusto?" mormorò Liz.

"Esattamente." annuì Max. "Inoltre, abbiamo altre priorità, prima di cominciare una famiglia. Siano giovani, Liz, e non siamo stati … ‘insieme’ abbastanza a lungo. Godiamoci la nostra gioventù finché possiamo."

* * * * *

La scura berlina che trainava il caravan U-Haul fu accolta con sospetto dalla coppia, nella tarda ventina, seduta accanto al cancello principale. Anche se sembravano presi dalle loro effusioni, erano in effetti di sentinella. Era stata una scelta fatta per rendere il servizio di guardia meno evidente. La macchina si fermò davanti al cancello, mentre gli occupanti, un uomo di mezza età ed una ragazza, controllavano una mappa. L’uomo scese dall’auto, guardò il cartello e poi la giovane coppia.

"Scusate." interruppe la coppia che lo guardò con diffidenza. "Voi ragazzi siete ospiti qui?"

"Sì." annuì l’uomo. "Per la riunione del nostro Reggimento."

"Giusto, giusto. Io sto cercando un giovane uomo, alto, capelli scuri. Ha una moglie giovane e graziosa, bassina, anche lei con i capelli scuri. Si presume che dovessi incontrarli qui."

"Hanno dei nomi?

"Uhm … forse s’è c’è qualcuno qui che assomiglia a questa descrizione, potreste dire loro che Arthur Carlton e sua figlia li incontreranno al … uhm … quel motel a due miglia da qui, lungo la strada."

"Arthur Carlton? Quello dell’industria elettronica?"

"Sono io."

"Le suggerisco una cosa. Perché non chiede al proprietario del campeggio? Io non so chi ci sia qui, ma forse potrebbe saperlo."

"Okay. Noi … " Arthur indicò l’auto.

"Certo." l’uomo si strinse nelle spalle poi, con la sua ragazza, si diresse verso l’edificio principale.

* * * * *

Max e Liz, accompagnati da Michael, Eldugar, Jim e Peggy Anderson, la ragazza che Max aveva guarito dopo il tentativo di rapina, apparvero tra gli alberi che nascondevano la vista della ricezione dal cancello principale.

"Eccolo!" gridò Terrie. "Max! Max!"

Incapace di contenere la sua eccitazione, Terrie scese dalla macchina e si lanciò tra le braccia di Max.

"Oh, per favore." Peggy Anderson guardò la scena e sollevò gli occhi al cielo. "Potrebbe essere più lampante?"

Dietro di lei, Liz si coprì un sorriso con la mano. "Non dovrei essere io ad essere gelosa?" chiese Liz con voce calma e sopracciglia inarcate.

"Ciao, Max." Arthur venne fuori da dietro la figlia. "Ciao, Liz. Come state? Ciao, Jim."

"Salve, Arthur." Max gli strinse la mano, dopo essersi liberato dall’abbraccio di Terrie. Annuì in direzione del caravan. "Credo che quella sia … uhm .. la merce."

"Esatto." ridacchiò Arthur. " Non mi sarei fidato di nessuno per portartele. Oh, e sono riuscito a farne qualcuna di più."

"Grande, Arthur. Grazie." Max gli sorrise. "Portalo dentro. Michael ed io cominceremo a provarle."

* * * * *

"Allora?" Granny guardò la grande tavola dove erano seduti Max, Liz e i loro familiari ed amici per dividere la cena. "Domani sarà la grande notte, huh?"

Seduta di fronte a lei, Liz annuì. Sebbene cercasse di manifestare fiducia ed appoggio al piano di suo marito, non poteva fare a meno di sentirsi un nodo dentro.

"Sai, Liz?" Granny le sorrise. "Dobbiamo veramente cominciare a pensare a Natale. Abbiamo una quantità di bocche da sfamare qui, e la cena di Natale non si prepara da sola, sai?"

"E’ difficile pensare a qualcosa oltre domani." Liz abbassò lo sguardo sul piatto.

Sebbene la conversazione attorno alla tavola sembrasse allegra, nessuno stava mangiando. Il pensiero di tutti era fermo su quello che sarebbe accaduto la sera seguente. Quella notte, nessuno avrebbe dormito.

"Mi ricordo dei Natali che abbiamo avuto quando Glenn era piccolo. Non preparavamo l’albero fino alla sera della Vigilia. Quando era pronto e con le luci accese, ci sedevamo davanti al fuoco e facevamo uno spuntino. Cioccolata calda, gelatine e biscotti Oreo. Glenn lasciava un bicchiere di latte e qualche biscotto per Babbo Natale e le carote per le renne, e se ne andava a letto, portandosi dietro la calza. Poi, una volta che si era addormentato, prendevamo la calza dalla sua stanza e la riempivamo di dolci e di piccoli doni. Al mattino l’avrebbe ritrovata ai piedi del letto. Poi, dopo colazione, avremmo aperto insieme i nostri regali. Di solito, a pranzo, avevamo parenti ed amici. Natale era bello."

"Sai?" Liz sollevò lo sguardo. "Potremmo preparare un grande albero nella piazza principale."

"Ho abbastanza luci per illuminarne uno." intervenne il signor Anderson che aveva ascoltato la conversazione. "Peccato che la sala del ristorante non sia abbastanza grande per permetterci di mangiare tutti insieme."

"Se il tempo si mantiene bello," aggiunse Max "potremmo sistemare i tavoli nel cortile. Tra tutti noi, abbiamo abbastanza potere per farlo. Se fosse necessario, potremmo improvvisare una specie di tettoia."
Max aveva notato che tutti lo stavano guardando.

"Cosa c’è?" chiese. "Facciamo tutto insieme e tutti devono essere trattati allo stesso modo."

"Sapete?" continuò Granny. "I cuochi ed il personale di turno potrebbero mangiare più tardi. E forse qualcuno di noi potrebbe servirli."

"No." Max scosse la testa. "Dovremo combattere insieme e Dio solo sa come finirà la battaglia. Voglio che tutti si siedano insieme, che festeggiamo tutti insieme." Si guardò attorno nella stanza. "Ora, perché non ce ne andiamo tutti a letto presto? Abbiamo una lunga giornata che ci aspetta."

* * * * *

Si sdraiarono insieme sul letto, nell’intimità del loro cottage. Incapaci di dormire, avevano trascorso il tempo facendo l’amore.

"E’ stato … " ansimò Liz.

"Incredibile." finì Max. "Sì."

"Allora, dopo tutti, il pensiero di domani, non ha influenzato le tue prestazioni."

"Devi dirmelo tu." la prese in giro Max, facendo scorrere la mano sulla pelle morbida e liscia di lei.

Si baciarono, accarezzandosi ancora una volta, mentre scendevano dalle sorprendenti vette che avevano raggiunto insieme.

"Liz?" Max le stuzzicò un orecchio col naso. "Non c’è un modo per convincerti a rimanere indietro, domani sera?"

"Le stesse probabilità che ha Michael di convincere anche te a stare indietro."

Max le fece un sorriso. "Ho pensato che valeva la pena di provare."

"Lo so, Max." Liz gli sfiorò la guancia. "E’ solo che tu sei tu e pensi a me e alla mia sicurezza. E io ti amo per questo."

"Promettimi, però, di stare attenta." Max mise ogni oncia di sincerità nel suo sguardo.

"Anche tu, Max." Liz ricambiò il suo sguardo fermamente. "Tu non sei l’unico che non potrà andare avanti se dovesse succedere qualcosa di brutto. E io ne ho appena avuto un assaggio, ricordi?"

"Liz?" Max si appoggiò su un gomito ed abbassò lo sguardo sulle labbra di lei. Poi si passò la lingua bagnata sulle sue. "Se mi dovesse … accadere qualcosa, il Granilith passerebbe il mio Sigillo a Michael. Tu dovresti … "

"No, Max." Liz posò un dito sulle labbra di lui. Max lo baciò. "Non pensarci nemmeno, okay? Non solo non potrei fare una cosa del genere a te, ma non potrei farlo nemmeno a Maria."

"Oh." Max face un sorrisetto compiaciuto. "Io stavo per dire che avresti dovuto trovare il modo di passare il tuo Sigillo a Maria."

"Oh." Liz Batté gli occhi. "Sai una cosa, Max? Non credo che funzioni in questo modo. Inoltre, ce li vedi Michael e Maria, come Re e Regina?"

Scoppiarono entrambi a ridere.

"Ma non succederà niente a nessuno dei due, se staremo entrambi attenti." finì Liz.

"Ti amo, Liz Evans." Max si abbassò sulle labbra di lei.

"E io ti amo, Vostra Maestà." Liz cominciò a mordicchiare le labbra di Max.

"Ti darò tutta la Maestà che potrai sopportare." Max cominciò a stuzzicarla con le dita.

"Promesse, promesse. Solo promesse, Max." ridacchiò Liz, rotolando via da lui ed avvicinandosi alla porta della stanza.

Max si sollevò sul letto, alzò la mano ed usò i suoi poteri, attirandola a lui e chiudendo la porta. Le diede un bacio pieno di amore e di passione.

"Tu sei un tale provocatore."

"Diciamo che tu non sai perdere." Max cominciò a baciarle il collo, per scendere lungo il seno.

Liz gli prese il viso tra le mani e cominciò a baciarlo, succhiandogli le labbra e strofinandosi contro di lui, in un modo che gli fece tremare le ginocchia.

"E chi dice che ho perso?" ridacchiò Liz, spingendo Max contro il letto.

* * * * *

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Capitolo 53
*** 53 ***


Parte 53

Si sarebbe potuta tagliare la tensione col coltello. Nessuno parlò, mentre si radunavano nel canyon riparato a circa quindici miglia da dove sarebbe atterrato il meteorite. La giornata era trascorsa a trasportare lì i partecipanti all’azione, lontano dallo sguardo indagatore di qualsiasi autorità avesse potuto essere presente. Come i soldati, anche i ragazzi si erano infilati una mimetica per il combattimento nel deserto.

Avevano scartato i giubbotti antiproiettile, sapendo che sarebbero stati inutili contro le esplosioni di energia degli Skins. Liz aveva dovuto modificare la sua divisa, perché non ne avevano nessuna della sua taglia. Nessuno poteva ricordare di aver visto un soldato minuto come lei. Erano scoppiati tutti a ridere, quando la sua testa era sparita sotto il più piccolo degli elmetti che erano riusciti a trovarle; una pausa necessaria nella crescente ansietà.

"Whoa, Liz." la prese in giro Max. "Come puoi essere così sexy in quel travestimento?"

"Talento naturale." ridacchiò lei. "Tira fuori la testa dalla fogna, Evans." Liz diede alla spalla di Max una pacca scherzosa.

"Tieni, Liz." Jim che era stato addetto alla distribuzione delle pistole antariane, gliene porse una.

"No." Liz scosse la testa. "Dalla a qualcuno che ne ha bisogno. Io ho una guardia personale, ricordi? Se fosse necessario colpire qualcuno, lui lo farebbe per me."

"Ne sei sicura, Liz?" Max la guardò. "Sarei più tranquillo se potessi difenderti da sola."

"Max? Con te ‘E’ Eldugar, qui? Ma per piacere! Inoltre, posso sempre far esplodere qualche sedere, ricordi?"

* * * * *

Altrove, le varie coppie non abituate al concetto di battaglia, stavano avendo la stessa conversazione che Max e Liz avevano avuto la sera prima.

"Maria." grugnì Michael. "Sentimi bene! Io voglio che tu stia indietro, okay? Tu non sei un soldato."

"Se viene Liz, vengo anch’io." Maria incrociò le braccia su petto e fissò Michael. "Così, ti conviene andare a vedere se hai fortuna con lei."

"Se non è riuscito a fermarla Max, che possibilità ho io di farlo?"

"Esattamente." ridacchiò Maria, infilandosi l’elmetto. "Io vengo."

"Senti, Maria … " cominciò Michael.

"Allora, dimmi. Come ti sei trovato con Max che ha fatto tutti i piani?" Maria sapeva qual’era il bottone da premere su Michael.

"Lui ne ha discusso con me, prima." Michael scosse la testa. "E ho dato un paio di suggerimenti."

"Non ti sei sentito … non so, inutile?"

"E’ stato duro scoprire che era Max quello che sapeva cosa fare, sai? Che lui era lo stratega ed io ero solo quello che eseguiva gli ordini."

"Credo che, per lui, tu fossi molto di più che questo." affermò Maria. "Non lo hai tradito, come avrebbe voluto Kivar, e questo vuol dire che eravate buoni amici. Come lo siete ora. Ma c’è ancora di più. Vuoi sapere cosa penso? Penso che quando Max preparava i suoi piani, sapeva che non solo tu li avresti seguiti, ma che saresti stato in grado di cambiarli a secondo delle esigenze. Tu e Max dovevate essere una squadra eccezionale."

"Grazie, Maria." annuì Michael dopo un po’. Le appoggiò una mano sulla spalla. "Venendo da te, queste parole significano molto."

* * * * *

"Connie." Kyle la guardò mentre controllava la pistola che le aveva dato suo padre. Il compito loro assegnato, non richiedeva l’uso di pistole aliene. "Sai? Tra tutti noi tu sei l’unica che sembra essere al suo posto con una divisa da battaglia."

"Vuoi provare a convincermi a rimanere indietro?" lei lo guardò, voltando la testa da una parte. "Perché se così fosse, dovrei essere io a convincerti a rimanere indietro. Io sono addestrata per tutto questo."

"Mi piacerebbe rimanere qui." ridacchiò Kyle. "O anche tornare al campo, dove saremmo al sicuro. Ma non lo farei e non lo pretenderei nemmeno da te. Volevo solo assicurarmi che stessi bene con tutto questo. Perché questa non è proprio la tua guerra, sai? Da quando ti sei unita a noi, hai vissuto un incubo dietro l’altro. E quest’ultimo è alquanto pericoloso."

"Posso capire che tu la pensi così, Kyle." annuì Connie. "Ma mio padre sarebbe morto se Max e Michael non avessero messo a rischio le loro vite, perché lui potesse vivere. Il minimo che possa fare è rischiare la mia perché questi due possano vivere. Inoltre, le probabilità sono molto più a mio favore, di quanto non lo siano state per Max allora."

* * * * *

"Non so cosa pensare." Jesse si accigliò guardando l’abbigliamento di Isabel. "So che sei in grado di badare a te stessa, ma, essendo un uomo, non riesco a vederla in questo modo."

"Ti aiuterebbe sapere che starò attenta?"

"Credo di sì." annuì lui.

"Purché stia attento anche tu."

"Cosa può andare storto?" ridacchiò Jesse. "Ho mia moglie che mi protegge."

"Esattamente." annuì Isabel. "Allora, cos’altro hai in mente?"

"Pensi veramente che sia una buona idea che sia tu che Max facciate questo? E se a Max succedesse qualcosa? Non dovresti prendere il suo posto?"

"Ci sarebbe Michael, ricordi?"

"Sì. Ma è una questione di auto conservazione. Non dovrebbe essere il Granilith a decidere chi c’è in linea successione, dopo Max? Certamente saresti tu. A meno che Max e Liz … " Jesse si passò le mani tra i capelli. "Sinceramente, non ci capisco niente."

"E’ piuttosto semplice, in realtà. Max ha il Sigillo, giusto? E anche Liz, così i prossimi … Re e Regina dovranno averli da loro. Se dovesse succedere qualcosa prima che abbiano un erede, saremmo alla fine della linea di successione. Appena possibile, il Granilith prenderebbe indietro i Sigilli. Fino a quel momento, li terrà Michael, e tutti noi sappiamo cosa significa."

"Allora … " Jesse increspò le labbra. "Questo significa che tu non sei in linea di successione?"

"E’ così." Isabel si strinse nelle spalle. "E, per essere onesta, ne sono felice. Così, vedi, non sono io che tu dovresti cercare di tenere lontana dalla battaglia. E’ Max. O Liz."

"Fatica sprecata."

"Esattamente."

* * * * *

"Vedi di stare attento lì fuori, Jim Valenti. " Amy aiutò Jim ad abbottonarsi il giaccone. "Non sei più giovane come questi ragazzi, così lascia che siano loro a fare gli eroi, d’accordo?"

Sebbene non dovesse prendere parte alla battaglia, Amy li aveva accompagnati per dare una mano nella stazione di primo soccorso che sarebbe stata allestita. La sua esperienza, e la conoscenza delle erbe medicinali, era qualcosa che volevano sfruttare, se ce ne fosse stato bisogno. Tutti sapevano che Max avrebbe guarito tutti quelli che avrebbe potuto guarire, ma sapevano anche che la sua energia non era illimitata. Chi poteva sapere, dopo la battaglia, in quali condizioni sarebbe stato Max?

"Ce la metterò tutta, Amy." la avvertì lui. "Non andrò lì solo per fare una passeggiata, sai?"

"Lo so." Amy tenne tra le mani i lembi del giaccone di lui. "Ma questo non significa che devi gareggiare con i ragazzi, okay? Loro non si aspettano nessun atto eroico da te. E nessuna dimostrazione."

"No, signora." ridacchiò Jim.

Amy tirò giù i lembi del giaccone e portò Jim al suo livello, per dargli un vero bacio.

* * * * *

Presto i preparativi furono terminati e i soldati si allinearono nelle squadre alle quali erano stati assegnati. Max, accompagnato da Liz, da Michael, dal Maggiore Armstead e da Bektor, salì sopra una piattaforma di legno. Il silenzio scese sul canyon, mentre tutti aspettavano che Max cominciasse a parlare.

"Volevo solo farvi sapere … quanto … quanto NOI TUTTI apprezziamo il vostro aiuto. So che questa non è la vostra battaglia, non ancora. Ma so che un giorno lo sarà. Questo è un momento straordinario. Umani ed Antariani, per la prima volta nella storia, combatteranno una battaglia organizzata insieme, ma nessuno scriverà di questa battaglia. La Storia non la ricorderà. Combatteremo in una guerra che non vogliamo, ma che dobbiamo vincere. Non possiamo permettere che Nikolas attivi quelle pietre."

Un mormorio di assenso passò nel gruppo di guerrieri.

"Non ci saranno medaglie, né sfilate, Né striscioni di bentornato per gli eroi. Non ci saranno riprese televisive … né funerali. Ogni morte sarà segnata e pianta solo da quelli di noi che … sopravviveranno. In un mondo di operazioni militari coperte, questa sarà l’unica copertura che potrete avere. Non ci saranno pensioni per le vedove ma, se sarò in grado di farlo, mi prenderò cura della sicurezza dei vostri familiari. Voglio che tutti sappiate quanto apprezzi quello che state facendo. Ma lo state facendo anche per voi stessi. E per le vostre famiglie. E per le famiglie delle vostre famiglie. Il mio nemico vuole distruggere questo pianeta solo per il fatto che io sono cresciuto qui.

Ora, tutti sapete quello che dovete fare. Eseguite i vostri compiti con la professionalità che vi è stata insegnata, guardatevi le spalle uno con l’altro e per favore, state attenti. Voglio vedervi tutti domani ai festeggiamenti per la nostra vittoria."

"Uhrrrà!" L’assemblea dei guerrieri, giurando fedeltà ad un Re ultraterreno, fece risuonare la sua approvazione.

* * * * *

Nella strana oscurità serale del deserto, rotta solo dai fasci di luce che illuminavano la strana formazione rocciosa che spuntava nella notte, non molto tempo prima, una piccola squadra di soldati aveva cominciato il turno di guardia. Avevano bloccato il sentiero che era stato formato dall’andirivieni degli automezzi militari, che avevano come compito il contenere qualsiasi strana forza avesse creato la strana roccia illuminata. Piccoli punti di luce, provenienti da una lontana collina, disturbavano la notte. I soldati si prepararono, assumendo la posizione da combattimento e controllando le loro armi. Il rombo di pesanti veicoli in avvicinamento, ruppe il silenzio. Le truppe si fermarono a poca distanza ed una solitaria figura saltò giù dal veicolo che guidava la fila.

"Alt!" gridò un soldato, stringendo gli occhi contro la luce dei fari. "Chi va là?"

"Amici." disse la forma indistinta.

"Vieni avanti ed identificati." il soldato non aveva abbassato l’arma.

"Colonnello Roberts." l’uomo si fece avanti. "Terza Compagnia, Rangers degli Stati Uniti. Il Colonnello Roberts tese all’uomo un foglio.

"Buona sera, Colonnello Roberts, signore!" la sentinella esaminò il foglio e scattò sull’attenti per salutarlo.

"Riposo, soldato." Roberts ricambiò il saluto. "E’ ora che andiate a casa. Siamo venuti a darvi il cambio."

"Sì, signore. Grazie, signore." rispose il soldato. Si voltò verso i suoi uomini che erano ancora in attesa, nel buio. "Avete sentito, uomini?" disse loro. "Muoviamoci!"

Mezz’ora dopo, il Colonnello Roberts era accanto al Sergente Perkins ad osservare i suoi uomini predisporre il perimetro difensivo, mentre gli occupanti precedenti erano tornati alla loro base per un meritato periodo di riposo e recupero.

"E’ andata bene." Perkins guardò l’ultimo camion allontanarsi e sparire dietro la curva.

"Spero che vada così facilmente anche tutto il resto." Roberts si diresse verso la tenda del centro Telecomunicazioni.

"Il Cavaliere ha mangiato la Torre." disse Roberts nel piccolo trasmettitore che aveva in mano.

* * * * *

"Ancora niente?" chiese l’alto giovane uomo con i corti capelli biondi, camminando avanti ed indietro sulla terra del deserto.

Dietro di lui, un uomo più alto, più vecchio e molto più robusto, controllò il dispositivo che aveva in mano. Lo schermo era vuoto.

"Niente, Nikolas." gli disse Grier.

"La nave dovrebbe essere qui a momenti." Nikolas tirò un sasso nel buio. "Pensavo veramente che Zan sarebbe stato già qui. Mi lascerà sistemare tranquillamente l’ultima pietra? Non credevo che sarebbe stato così accomodante. Conoscono tutti il piano?"

“Sì." annuì Grier. "Abbiamo preso tutti gli uomini recuperabili dalle altre basi e li abbiamo divisi in squadre. Queste squadre sono nascoste nel deserto e, ad un nostro segnale, intrappoleranno Zan e gli altri quando faranno il loro attacco."

"Perché dobbiamo proteggere le nostre basi, quando abbiamo gli umani che possono farlo per noi? In questo momento stanno facendo le veci delle nostre guardie."

"Zan non saprà mai cosa l’avrà colpito." Grier si concesse un sorriso di soddisfazione.

"Ma ricordati che non è uno sciocco. Nessuno è mai arrivato vicino ad avere un’occasione per ucciderlo come quell’imbecille di Deluca. Eppure, lui è riuscito a fallire. E questo prova qualcosa."

"Cosa?" Grier sollevò un sopracciglio.

"Mai mandare un alieno a fare il lavoro di un Epsiliano."

* * * * *

"Il Cavaliere ha mangiato la Torre." disse una voce nell’auricolare di Max.

Guardò Michael che aveva sentito la stessa cosa nel suo auricolare. Il suo amico annuì. Max premette il bottone di trasmissione nel piccolo cavo che si stendeva dalla clip che teneva al suo posto l’auricolare, fino alla bocca.

"Il Re Bianco impegna B3." ordinò. Guardò il piccolo gruppo attorno a lui. "E’ cominciato. Spero che funzioni."

I suoi camerati gli dettero una pacca sulla spalla. Nessuno parlò? Cosa ci sarebbe stato da dire?

"E’ un buon piano, Max. Lo è veramente. Ma, solo nel caso che qualcosa vada storto, non dimenticare che noi non sappiamo come funziona la mente di Nikolas. Potrebbe non fare quello che ci aspettiamo da lui."

"Aspettati l’inaspettato." annuì Max. "Lo sto sentendo un po’ troppo, ultimamente."

Si spostò a fianco di Liz, bisognoso del calore delle sue braccia attorno a lui.

"Quanto tempo pensi che ci vorrà, prima di saperlo?" gli mormorò lei contro il suo petto, dando il benvenuto alle sue forti braccia attorno a lei.

"Sono sicuro che reagirà velocemente." Max poggiò la guancia sulla testa di lei. "Se reagirà."

"Cielo, spero che faccia quello che ci aspettiamo da lui." a si concesse un momento di dubbio. "Che faresti? Se tu fossi al suo posto, voglio dire."

"Credo che reagirei nel modo in cui pensiamo dovrebbe reagire lui."

"Ormai ci sei, Max." ridacchiò lei. "E allora, smettila di preoccuparti."

"E’ ora, Max." disse Michael, dalla breve distanza in cui si era spostato. Max guardò l’orologio, premette il bottone per illuminarne il quadrante ed annuì.

"Nel bene e nel male," Max guardò ancora il suo gruppo "ci siamo." Premette di nuovo il bottone della trasmissione. "Re Bianco su E8." disse con una sicurezza che non provava.

Il piccolo gruppo radunato attorno a lui, si voltò verso l’elicottero che stava aspettando, le pale del rotore che cominciavano a prendere velocità. L’ultimo a salire fu Max. Guardò gli altri tre elicotteri, mosse la mano a cerchio sopra la testa e salì. Gli altri elicotteri misero in moto i rotori, e tutti insieme si alzarono da terra.

"Finalmente." gridò Michael al di sopra del rumore delle pale.

Max provò una momentanea sensazione di disgusto all’entusiasmo di Michael, ma capì il suo forte era l’azione. A differenza di Max, lui era nel suo elemento.

* * * * *

Grier tenne gli occhi fissi sul bianco display dello scanner, mentre Nikolas continuava a camminare.

"Venti minuti." borbottò. "E ancora nessun segno di quel bastardo. Ero sicuro che sarebbe stato qui prima dell’atterraggio della nave. Lui sa certamente che ci porterà dei rinforzi."

"Forse non è più da queste parti." sogghignò Grier. "Da quello che ci ha detto Baurline, c’era un sacco di sangue su quel tetto. Anche Zan avrebbe potuto non sopravvivere."

Nikolas rivolse a Grier un’occhiata gelida.

"O forse non sa dove potrebbe atterrare. Forse non ha capito cosa significano le altre basi. O forse è solo spaventato."

"Lui è lì fuori, Grier." Nikolas ruotò lentamente di trecentosessanta gradi, fissando l’oscurità. "Io posso sentirlo. Inoltre, Baurline ha detto che il rilevatore è impazzito per tutto il giorno. E’ come se fosse dappertutto e contemporaneamente. E’ questo il problema con gli scanner a lunga distanza. Quell’idiota non riesce a localizzarlo, ma lui è lì fuori."

"Nikolas, signore?" gracchiò una voce dal piccolo apparecchio alla cinta di Nikolas.

"Cosa?" ruggì Nikolas dentro il comunicatore che aveva avvicinato alla faccia.

"Parla il Comandante Gatak, dal Quadrante Zeta. Ho rilevato quattro contatti, due a nord rispetto a noi. Si stanno dirigendo dalla nostra parte, apparentemente a piedi."

"Cosa?" chiese Nikolas. Sembrava scioccato. "Ne sei sicuro?"

"Sì, signore. Sono apparsi un momento fa nel settore AX21. Li abbiamo monitorati attentamente, per verificare che non fossero echi o qualcosa di simile."

"Quanti uomini avete?" Nikolas conosceva già la risposta. Aveva praticamente portato via quasi tutti gli uomini dalle altre basi. Non si era aspettato che Zan potesse attaccare una delle altre.

"Ne avete lasciati solo sei, signore." confermò Gatak.

"I soldato umani sono ancora al loro posto?"

"Si, signore. Ma lei sa bene, come lo so io, che Zan sarebbe capacissimo di passare inosservato oltre le loro linee."

"Non se ha degli aiuti umani con lui." Nikolas strinse gli occhi e si carezzò il mento.

"Non avrebbe bisogno del loro aiuto. Il campo di forza non potrebbe tenere fuori Zan o Rath, e non abbiamo segni che i quattro siano uniti."

"Tenetemi informato." abbaiò Nikolas. "Vi manderò subito dei rinforzi. " Riagganciò il comunicatore alla cinta. "Grier, Zan sta andando verso la pietra Zeta."

"Ho sentito, signore." Grier stava già parlando nel suo comunicatore, per chiamare a rapporto i suoi ufficiali.

"Lui sta arrivando da Nord." Nikolas si voltò verso la grande mappa olografica tridimensionale che era dietro di lui. "Noi siamo direttamente a Sud e loro sono a piedi. Possiamo ancora fermarli. Lascia abbastanza uomini a ricevere Vardal … almeno due squadre. Fai preparare le altre. Dividile in tre colonne. Che prendano questa, questa e questa strada. Ci avvicineremo da Sud, da Est e da Ovest. Schiacceremo Zan in una tenaglia e lo colpiremo con forza dal fronte."

Grier guardò Nikolas.

"Andiamo." ordinò. " Che stai aspettando? Riporta indietro quei soldati. Non abbiamo tempo da perdere. Muoviamoci."

Grier si infilò in tasca lo scanner e si voltò per andare ad eseguire gli ordini.

* * * * *

"Ancora niente?" chiese Kyle a Connie a bassa voce.

"Non da quando me lo hai chiesto ... " Connie controllò l’orologio " … venti secondi fa." Tornò a guardare un grande gruppo di rocce dal binocolo per la visione notturna, altamente potenziato.

Insieme ad un paio di ex soldati delle forze speciali, avevano trascorso gran parte della giornata a spiare l’accampamento di Nikolas. Essendo umani al cento per cento, non potevano essere rilevati dagli scanner alieni. Una volta che si furono confusi con buio, non avevano più avuto segni dei loro ‘protettori’ da ore, ma tutti loro sapevano di avere le spalle ben coperte.

"Aspetta!" mormorò Connie, guardando un punto dell’accampamento. "Sta succedendo qualcosa."

"Finalmente." Kyle rilasciò il respiro che aveva trattenuto fin dall’esclamazione di Connie. "Max si è già mosso. Allora, cosa stanno facendo?"

"Sembra che si stiano preparando ad andarsene. Stanno salendo su dei … camion. Dove hanno preso quei camion militari? Ecco, stanno partendo."

"Grande." Kyle scosse la testa, sollevato. "Che direzione hanno preso?"

"Ummmm …" Connie sembrò delusa. Controllò in diverse direzioni. "Si stanno dividendo. Stanno prendendo tutte e tre le strade possibili."

"Dannazione!" imprecò Kyle dando un pugno contro il terreno. "Che strada ha preso Nikolas?"

"Non ho visto traccia di ragazzi." Connie scosse la testa. . "Mi dispiace."

Kyle allungò la mano e premette il bottone del microfono, accano alla sua bocca.

"Re Nero su A7, B7 e C7." chiuse gli occhi e scosse la testa. "Su camion militari."

* * * * *

"Re Nero su A7, B7 e C7." La voce di Kyle echeggiò nelle orecchie di Isabel. "Su camion militari"

"Che significa?" disse Isabel in tono brusco. "Come può andare in tutte e tre le direzioni contemporaneamente?"

"Credo che voglia dire che ha diviso le sue forze." disse Jesse con la voce della ragione, tirando fuori la sua mappa. "Sappiamo che deve prendere una di queste strade, per evitare i dispositivi di rilevazione attorno al Groom Lake. Le sta solo prendendo tutte e tre. Guarda!" Jesse indicò col dito ognuna delle tre vie. "In effetti, è una mossa piuttosto intelligente. Può usare le forze ad Est e ad Ovest, come tenaglie e l’altra per un assalto frontale. Voi ragazzi non avreste avuto una possibilità."

"Mi accerterò che Max lo sappia." Isabel roteò gli occhi. "Non posso crederci. Il piano di Max sta veramente funzionando."

"E’ un buon piano, Isabel." si accigliò Jesse. "Qualche volta, non dai abbastanza credito a tuo fratello."

"Quello è compito di Liz." ridacchiò Isabel. "Io sono sua sorella."

"Quale strada pensi abbia preso Nikolas? Kyle ha detto qualcosa in proposito?"

"No." Isabel scosse la testa. "Non credo che lo sappia ma, conoscendo Nikolas, sarà nel gruppo che lo attaccherà frontalmente. Vuole aver la possibilità di vedere il viso di Max, quando lo affronterà. Sarà qui." ed Isabel indicò la strada centrale.

"Perfetto." annuì Jesse. "Tutto quello che dobbiamo sperare è che non controllino i loro scanner troppo presto e non si rendano conto della nostra imboscata."

"Anche se lo facessero," Isabel si strinse nelle spalle "sarebbero intrappolati in quella gola. Sappiamo che, prima o poi, dovremo affrontarli. La sorpresa lo renderà più facile."

"Saranno qui tra poco." annuì Jesse. "Facciamo preparare gli uomini."

"Ci sono anche delle donne qui, lo sai Jesse?"

"E’ un modo di dire." ridacchiò Jesse. "Ma per farti contenta, facciamo preparare gli uomini, le donne, gli alieni e gli umani."

"Divertente, Jesse." Isabel roteò gli occhi dietro le spalle di Jesse, che si stava allontanando.

* * * * *

"Re Nero su A7, B7 e C7." La voce di Kyle echeggiò nelle orecchie di Max. "Su camion militari"

"Sta dividendo le sue forze." gridò Max, accennando con la testa, al di sopra del rumore. "Bene. Questo renderà più facile il compito di Isabel."

"Così sarebbe se Kyle avesse detto dove si trova Nikolas." rispose Michael.

"E’ nel gruppo centrale." gridò Liz. "Isabel lo sa già."

"Ti dispiacerebbe spiegare come fai a saperlo?" Michael sollevò un sopracciglio.

"Perché vuole essere lui quello che prenderà Max." Liz si strinse nelle spalle, ma il gesto si perse sotto la sua giacca da combattimento. "Ha predisposto la classica azione a tenaglia. Lui sarà ne gruppo che arriva da Sud … con la speranza di prenderci. Lui sarà lì."

"Quando è previsto l’arrivo?"chiese Max al pilota.

"Tre minuti, Max."

"E il meteorite?"

"Non lo sappiamo per certo." il pilota scosse la testa. "Ma le informazioni lo danno per cinque, dieci minuti dopo di noi."

"Okay." annuì Max. "Non abbiamo abbastanza tempo prima che arrivi, per cui dovremo improvvisare."

"Sta diventando bravo." disse Michael, rivolto a Liz.

"E’ sempre stato bravo, Michael." Liz guardò il marito in adorazione. "Solo che tu non lo hai mai ascoltato."

"Per dirlo con le parole di Maria," gridò Max, in modo da farsi sentire da tutti. "Rock and roll!"

* * * * *

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Capitolo 54
*** 54 ***


Parte 54

"E’ cominciata." Philiph smise di camminare avanti ed indietro nel ristorante di Camp Sawtooth e guardò l’orologio.

In fondo al locale, uno degli ingegneri addetti alla radio alzò una mano col pollice sollevato. Ci furono dei silenziosi ‘Evviva!’ da parte degli altri tecnici, ma nessuno era troppo eccitato. C’era ancora molta strada da fare. Al tavolo, che stava dividendo con Nancy, Diane, la signora Ramirez, Granny, gli Anderson e i Carlton, Jeff prese una scacchiera e mosse il Cavallo Bianco al posto della Torre Nera.

"Vorrei che fosse tutto finito." gemette Diane, torcendosi le mani. "Odio quest’attesa."

"Anche io." mormorò Terrie da dove era seduta, con la testa appoggiata sulle braccia incrociate.

"Vale per tutti." concordò Anderson.

"Era più facile, quando non sapevamo esattamente cosa stessero facendo." annuì Nancy. Le sue mani stavano giocherellando con la tazza vuota del caffé, facendola girare in piccoli cerchi. "Certo, eravamo preoccupati. Ma dato che avevamo la speranza che si stessero godendo un periodo di meritata calma, tutta la nostra preoccupazione era se stessero bene."

"Max non lascerà che succeda niente a Liz." Philip offrì le sue parole per conforto.

"Philiph ha ragione." Jeff allungò la mano e portò via a Nancy la tazza. Come per gli altri, il rumore che faceva gli stava logorando i nervi. "Sai che lui la proteggerà sempre."

"Lo so." annuì Nancy. "Ma se qualcosa andasse storto? Questa è una … guerra. E se succedesse qualcosa a Max? Chi proteggerebbe la nostra bambina?"

"Lo farebbero tutti." disse Diane, diventata pallida al pensiero. Aveva le mani talmente strette assieme da avere le nocche bianche.

"Max avrebbe dovuto lasciare che io e Philiph li aiutassimo." si lamentò Jeff. Philiph annuì il suo accordo.

"Per dare a Max altre due persone di cui preoccuparsi?" commentò Granny, che aveva dimostrato meno ansia degli altri. Non che lei non condividesse la loro paura, era solo più brava a mascherarla. "Nessuno di voi due ha un addestramento militare, non siete abituati alle armi da fuoco e nessuno dei due ha più la forma che era solito avere. Che aiuto avreste potuto dare?"

"Jim è lì." disse Nancy. "E anche Amy."

"Jim è addestrato." fece notare Granny. "Sa come usare un’arma e se stesso. Ed Amy è molto lontana dal campo di battaglia. Lei è lì per aiutare i medici."

"Granny ha ragione, Jeff." annuì Philiph, copiando il modo in cui la chiamavano i ragazzi. "E’ giusto che sia così."

"Potevamo essere un altro paio di occhi." Jeff rifiutò l’idea di non essere in grado di aiutare sua figlia. "Potevamo guardar loro le spalle."

"E Max avrebbe dovuto guardare le vostre, invece di fare quello che deve fare. Senti, lui sa quanto tu sia importante per Liz, Jeff. Pensi che Max potesse lasciare che ti succedesse qualcosa, sapendo che questo l’avrebbe distrutta?"

"Il piano di Max è valido." Philiph si andò a prendere la caffettiera, che era tenuta sempre pronta. "Io vorrei essere lì fuori quanto lo vuoi tu, Jeff. Ma penso che questo sia qualcosa che devono fare da soli. I nostri ragazzi sono cresciuti."

"Vorrei che fosse tutto finito." Nancy ripeté il commento fatto poco prima da Diane.

"Sai?" Diane porse a Philiph una tazza perché la riempisse. "Non credo di sapere quale sia questo piano."

"In realtà è un piano piuttosto semplice." Philiph si guardò attorno nella stanza. "Sappiamo, da una ricognizione fatta, che Nikolas ha richiamato la maggior parte dei soldati che aveva lasciato a guardia delle basi e li ha spostati sul sito dove atterrerà il meteorite. Crede che Max lo attaccherà lì, piuttosto che rischiare un attacco attraverso le forze di contenimento umane e contro le difese che aveva stabilito."

"Come abbiamo fatto a sapere che lo ha fatto?" chiese Arthur. "Che quel Nikolas ha spostato i suoi soldati? Come abbiamo fatto a vederlo attraverso il campo di forze?"

"L’arroganza di Nikolas." sorrise Philip. "Lui non crede che la tecnologia umana sia in grado di rilevare gli spostamenti delle sue forze durante la notte. Il Colonnello Roberts è stato aggiornato sul loro numero e, naturalmente, l' ha detto a Max. Così Max ha potuto scegliere tra l’attaccare una posizione scarsamente difesa o il sito dell’atterraggio, con un maggiore spiegamento di forze. Abbiamo dovuto sottrarre l’iniziativa a Nikolas, per togliergli il suo equilibrio. Il Colonnello Roberts ha fatto in modo che la sua compagnia fosse di servizio di guardia in questa base." Philip indicò il triangolo rosso marcato con ‘B4’. "Il suo nome in codice è ‘Cavaliere Bianco’ e le linee di contenimento sono la ‘Torre Nera’."

"Il Cavaliere mangia la Torre." sorrise Jeff. "Questo significa che il Colonnello Roberts ha messo in posizione i suoi uomini. Max sa che ora può procedere."

"Appena avranno ricevuto un segnale da Max, quattro guardie antariane, si avvicineranno alla Base entrando nel campo di azione degli scanner."

"Il Re impegna B4." annuì Jeff.

"Non appena saranno nel raggio di azione, le quattro guardie saranno rilevati dallo scanner come alieni. Speriamo che i difensori avvertano Nikolas … "

"Che presumerà siano Max e gli altri." finì Jeff. "Nikolas sarà così spaventato che Max abbia superato la sua strategia, che si precipiterà a spostare le sue forze per difendere quella particolare pietra."

"Nel frattempo," continuò Philip "Kyle e Connie si sono infiltrati e sono arrivati il più vicino possibile a Nikolas, per osservarne le mosse."

"Ma non è pericoloso?" Nancy sembrò preoccupata.

"Certo che lo è." annuì Philip. "Tutta questa storia è pericolosa. Ma loro sono umani al cento per cento e così sono invisibili agli scanner degli Skins. Non credo che Nikolas abbia mai preso in considerazione di tenere sotto osservazione gli umani. Inoltre, hanno con loro un paio di soldati delle Forze Speciali. Max non ha voluto che fossero lì fuori senza nessuno che sapesse cosa stessero facendo. Non appena Nikolas manderà i rinforzi da una di queste tre strade … "

"A7, B7 e C7." intonò Jeff a memoria.

" … loro manderanno un messaggio in codice a Max … "

"Re Nero su una delle tre 7."

"Contemporaneamente Isabel, insieme a Jesse, Jim e ad una truppa di soldati umani, tenderà un’imboscata alla colonna dei rinforzi. Assalteranno qualsiasi veicolo abbiano usato, mentre i cecchini cercheranno di colpire gli sbandati, usando gli esplosivi e i combattimenti corpo a corpo, solo se sarà necessario. Il compito di Isabel è di tenerli impegnati, non di spazzarli via. Ma più ne uccideranno, meglio sarà."

"Ma Isabel non apparirà sui loro scanner?"

"Max ha deciso di rischiare sul fatto che Nikolas non se ne preoccuperà, una volta che saprà che dalla base hanno rilevato quattro contatti." Ad ogni modo, sarà quando Nikolas farà la sua mossa," Philip osservò che, nella stanza, tutti gli sguardi erano puntati su di lui. "che comincerà il vero divertimento."

* * * * *

"Dannato Zan!" Nikolas diede un pugno sul cruscotto del camion dove era montato. Dietro di lui, seguivano altri tre camion. "Quando si ricorderà di essere stato uno stratega? Ava lo aveva detto che era un buffone insicuro, troppo preso da quella ragazza, per occuparsi di qualcos’altro."

"Dubito che sia qualcosa che si possa dimenticare." il suo autista scosse la testa e guardò il buco che i pugni di Nikolas aveva lasciato. "Non più di quanto si possano dimenticare i suoi poteri. E’ un bene che non sappia dei nostri scanner. Non si renderà conto che noi sappiamo dov’è, fino a che non sarà troppo tardi. Non importa nemmeno che abbia degli umani con lui."

Il colore lasciò il viso di Nikolas, sebbene, al buio, l’autista non poté rendersene conto.

"Quando, l’ultima volta, Zan ha attaccato la pietra, come hanno reagito le truppe umane? Nei nostri confronti, voglio dire."

"Bene. I sopravvissuti hanno detto che sembravano meno spaventati. Una volta scoperto che c’era un modo per nuocerci, hanno cominciato a mirare alla nostra valvola."

"Grier!" chiamò Nikolas dal comunicatore. "Credo che Zan ci stia giocando qualche scherzo. Ho una brutta sensazione. Prendi il comando e porta metà degli uomini alla base Zeta e, se sei davanti a lui, tendigli una trappola."

"Affermativo, signore." assentì Grier. "E lei cosa farà?"

"Tornerò con l’altra metà delle forze alla base dell’atterraggio, nel caso in cui i suoi alleati umani cerchino di attaccarla. Avevo quasi dimenticato che qui, quello che conta è la pietra."

* * * * *

In un motel, subito fuori la famosa città di Rachel, Nevada, Baurline era seduto nella sua stanza, cercando di concentrarsi sul significato dei confusi segnali che saltavano in tutte le direzioni, sul macchinario che aveva davanti. Non lo aiutava il fatto che i simboli usati non erano umani, ma strani geroglifici purpurei.

"Forse se aveste perso un po’ di tempo a spiegarmi come usare questo maledetto coso, invece di lasciare che me la cavassi da solo!" imprecò contro Nikolas e Grier. "Forse, allora, saprei cosa significano questi dannati simboli e cosa dannazione sta succedendo."

Spostò ancora il quadrante, cosa che fece solo cambiare l’intensità del segnale. Come prima, i valori dei dati scesero quando spostò il quadrante in senso orario, per risollevarsi quando lo voltò in senso contrario.

"Stupida macchina." disse arrabbiato, dandole una manata.

Trovò il piccolo, invisibile bottone solo per caso. Si illuminò per un attimo con uno strano simbolo e poi tornò normale. Immediatamente, invece degli alti e bassi multipli, il segnale si stabilizzò per la prima volta da quando aveva cominciato ad usare la macchina.

"Che diavolo … ?" Baurline cominciò a muovere il mirino direzionale. Un basso suono lo fece fermare. Le forme sembravano essersi stabilizzate. "Ti ho preso!" Baurline gridò di gioia.

Distinse alcune figure e le mise a fuoco sul computer che Grier aveva preparato per lui. Su una immagine tridimensionale del Groom Lake, apparvero quattro distinti puntini, a Nord di uno dei quattro cerchi che sembravano interessare così tanto a Nikolas.

"Controllerò le altre posizioni, prima di chiamare Nikolas." decise Baurline.

Cercò il pulsante, lo trovò e lo premette. Un nuovo simbolo si accese per poi svanire. Cominciò a spostare il mirino direzionale e i dati cambiarono. Una volta inquadrata la nuova figura, apparve un singolo punto a mezza strada tra il cerchio nero ed il quadrato rosso, dove sapeva che Nikolas era appostato. Baurline guardò il punto con un’espressione corrucciata. Digitò nuovamente i dati e il punto singolo fu rimpiazzato dai quattro punti a nord del cerchio. Si accigliò di nuovo.

Allora digitò le due serie di dati, separati da una virgola. Entrambi i gruppi di punti, cinque in totale, apparvero sulle rispettive posizioni. Baurline si alzò e cominciò a camminare nella stanza. Cosa poteva significare?

"Ce n’è un altro!" decise Baurline, con un’espressione sorpresa.

Non aveva mai preso in considerazione l’idea che ce ne potessero essere più di quattro ma, in fin dei conti, i ragazzi fuggiti erano sei. Anche gli altri potevano essere alieni?

Premette di nuovo il bottone, spostò il mirino, e lesse i risultati. Li inserì daccapo nel computer e vide apparire sei puntini nel cerchio nero. Gli si spalancarono gli occhi. Ripetendo tutti i passi, cominciò ad isolare sei puntini per ciascuno dei cerchi neri ed un grosso raggruppamento a ridosso della linea tracciata in rosso.

"Maledizione!" esclamò Baurline. "C’è un intero esercito!"

Il sudore cominciò a bagnargli la fronte. Un altro tocco del pulsante rivelò undici puntini diretti verso il quadrato rosso.

"Due dannati eserciti! E’ una guerra! E io ci sono in mezzo! Figlio di putta*na. "

La realizzazione colpì Baurline, come una palla di acciaio colpisce un edificio da demolire. La sua espressione cambiò e il viso gli si fece cereo. Si passò la mano tra i capelli corti. Nikolas e Grier erano alieni!

"Maledizione!"

Per tutto quel tempo aveva lavorato per gli alieni. Si stavano prendendo la loro vendetta. Avrebbe voluto fuggire via - afferrò anche il cappotto, dirigendosi verso la porta - ma, dopo aver fatto il primo passo, si ricordò di una cosa. Un alieno era stato il responsabile della morte o della carriera rovinata di troppi bravi uomini. Troppi, per cavarsela in quel modo e permettergli di vivere liberamente e fare chissà quali altri danni. Lo doveva a Pierce, a Summers, a tutti gli altri senza volto. Lo doveva a tutti quelli che erano morti alla Base Edwards. Lo doveva al suo paese. Lo doveva al genere umano. Lo doveva a se stesso.

Quell’alieno malvagio doveva essere fermato.

Anche Nikolas, alieno a sua volta, voleva quell’alieno. Lui avrebbe aiutato l’alieno benefattore a prendersi la sua rivincita, poi gli avrebbe voltato le spalle ed avrebbe ottenuto vendetta per il genere umano.

Ma, per prima cosa, avrebbe dovuto avvertire Nikolas della presenza di una grande, e probabilmente ostile, presenza aliena che si stava dirigendo verso la sua posizione. Dubitava che il suo datore di lavoro ne fosse a conoscenza. Accese la radio che Grier gli aveva lasciato.

Quando premette il pulsante, pronto a trasmettere, si scatenò l’inferno. Per prima cosa, si spensero le luci. Poi sentì la finestra andare in frantumi e qualcosa di piccolo cadere a terra. La detonazione che seguì riempì la stanza di rumore e luce che, non solo lo accecò, ma lo rese momentaneamente sordo.

Quando tornò in possesso di un minimo di coerenza, si rese conto che l’ambiente era invaso dal fumo. La stanza cominciò a girare e le forme solide divennero eteree. Poi, delle linee rosse traversarono il buio. Uno sembrò mirare alla sua fronte. Baurline sollevò lo sguardo, cercando di vedere il punto rosso che sapeva essere lì. Davanti a lui prese forma una figura, facendolo indietreggiare, spaventato. La figura era completamente nera, sottile e con due grandi, rotondi occhi luminosi. La sua bocca esagonale, con due file simmetriche di buchi, e sporgeva dalla mascella. Baurline sentì lo strano rumore che faceva respirando. Appena sotto la bocca, al di sopra della gola, si estendevano ad angolo due strani cilindri.

"E’ lui quello che vogliamo." disse una strana voce, mentre la figura afferrava Baurline per il collo della camicia.

Baurline sentì che le sue mani gli venivano tirate insieme dietro le spalle. Sentì uno veloce suono di cerniera, quando i polsi gli vennero legati ad X, da qualcuno dietro di lui. "Anche loro usano questo metodo." si ritrovò a pensare, quando sentì il morso delle manette monouso di plastica. Quando fu spinto in avanti, cercando di mantenere l’equilibrio tenendo teso il collo e muovendo velocemente le gambe, vide che i compagni dello strano essere stavano trasportando all’interno un altro corpo.

Era vestito come un vagabondo e sembrava morto. L’ultima cosa che Baurline vide, mentre veniva fatto salire sulla nave della creatura, fu una luce arancione emanare da quella che era stata la porta della sua stanza.

"Non posso crederci." furono le ultime parole, pronunciate ad alta voce, prima di cadere nell’incoscienza. "Sono stato rapito dagli alieni."

* * * * *

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Capitolo 55
*** 55 - 56 ***


Parte 55 - 56

Isabel e Jesse erano di vedetta, dietro il gruppo di rocce sopra la gola. Due piccole coppie di puntini rossi penetrarono l’oscurità.

"Solo due?" Isabel si accigliò. "Ne ha molti di più di due. Max era sicuro che avrebbe mandato almeno i tre quarti della sua forza a rinforzare questa base. Anche se avesse diviso in parti uguali la colonna, ci dovrebbero essere almeno quattro camion."

"Forse ne ha mandati di più nelle altre due squadre." Jesse si strinse nelle spalle.

"Ma non ha senso." Isabel cominciò a preoccuparsi. "Tu hai bisogno del grosso della tua forza al centro, se conti di sferrare un attacco."

"Due, tre o quattro. Isabel, cosa importa? Abbiamo fatto una valutazione sbagliata, e ora è troppo tardi. Li fermeremo ugualmente. Non è che quei quatto Antariani vogliano veramente attaccare la base. Finirebbero in una trappola e, se non uccidessero gli Skins, lo farebbe Max. "

"No, Jesse. Non capisci?" Isabel gli mise una mano sul braccio. "Non li ha mandati tutti. Ne ha fatto tornare indietro una parte. Max si troverà ad attaccare una forza maggiore di quello che si aspetta. Dobbiamo avvertirlo." Portò la mano al microfono.

"Non c’è una mossa degli scacchi per questo, Isabel." Jesse la fermò. "Max non è stupido. Capirà che ci sono più Skins di quelli che si aspettava. Per cominciare, non sapevamo nemmeno quanti Nikolas ne avrebbe mandati qui. E non faremo stupidaggini come parlare alla radio, facendo scoprire il nostro gioco. Ora vieni. Abbiamo un lavoro da fare."

* * * * *

"Stanno liberando l’imboccatura della gola … " Ci fu una pausa. "Adesso!" Jim, che stava osservando i camion da un binocolo per la visione notturna, enfatizzò le sue parole abbassando di scatto il braccio.

Due camion armati, guidati dai soldati nemici, si stavano dirigendo verso la zona d’attacco, appositamente scelta dai consiglieri militari di Max.

Da una postazione nascosta alle sue spalle, due missili penetrarono il buio. Solo all’ultimo minuto, Jim ricordò di distogliere lo sguardo dal punto di impatto. La mira dell’ operatore fu precisa e i due camion saltarono in aria. Una pioggia di fiamme, metalli e detriti dei camion, ricadde a terra tra i lamenti dei passeggeri alieni dei due mezzi.

"Woo … hee!" Jim esultò di gioia. "Avete visto che roba?"

Dalle cime delle grandi pareti di roccia, linee rosse cercarono di raggiungere i loro bersagli o, come i soldati avevano cominciato a chiamare le valvole degli alieni, i loro ‘attraenti fondo schiena’.

Gli Skins capirono immediatamente la minaccia - sebbene almeno la metà di loro fosse stata ridotta dall’esplosione ad una nuvola di polvere - e si voltarono per ripararsi dai raggi dei laser. Uno Skin, alto e robusto, lanciò ordini in una lingua incomprensibile e gli alieni corsero a cercare qualsiasi riparo possibile, facendo attenzione ad appoggiare la schiena contro la roccia, nel tentativo di proteggere il loro punto debole. Poi cominciarono ad usare le esplosioni di energia contro la fonte dei raggi di puntamento. Un’esplosione colpì la roccia vicino la postazione di Jim, facendolo abbassare per ripararsi.

"Dannazione!" Jim imprecò contro se stesso. Si passò una mano sul viso per ritirarla sporca di sangue. Amy l’avrebbe ucciso, se non lo avessero fatto gli Skins prima di lei. "Mi sono comportato come una recluta imbranata."

"Restate in vista." ordinò la voce di Isabel dalla radio.

All’improvviso le luci rosse svanirono, ma gli Skins non si mossero, tranne che per sistemarsi in posizioni più sicure.

"Per quanto tempo credi che dovremo tenerli bloccati?" chiese Jim al suo vicino, un veterano della prima guerra con l’Iraq e dell’ Afghanistan.

"Potremmo andarcene anche adesso." gli sorrise lui, puntando il fucile contro le forme sottostanti. "Non andrebbero da nessuna parte. Ma visto che abbiamo un altro compito da portare a termine, faremo quello che ci è stato ordinato." Sparò, ma scosse la testa, quando si rese conto che aveva mancato il bersaglio. "E’ come sparare a dei topi intrappolati in un barile."

Un gruppo di Skins si alzò dal loro riparo e cercò di scalare le pareti della gola. Uno fu colpito da un proiettile proveniente da dietro e svanì. Quando furono vicini al bordo, un gruppo di figure si alzò e sparò loro contro. Raccontando l’episodio, i soldati dissero che l’espressione sulle loro facce fu impagabile.

"Sì!" il cecchino sparò un altro colpo. Questa volta, trovò uno Skins che aveva lasciata esposta la sua valvola per una frazione di secondo. Esplose in una nuvola di polvere.

"Topi in un barile."

* * * * *

Al suono dei rotori che si avvicinavano, Kyle e Connie si alzarono e guardarono i quattro elicotteri girare in cerchio ed atterrare ad emiciclo, davanti alla postazione dove sarebbe atterrato il meteorite.

Ombre scure scesero dai velivoli e corsero al coperto. Gli elicotteri si sollevarono nuovamente e, tenendosi bassi, si spostarono dalla zona dell’atterraggio di un paio di miglia, dove avrebbero atteso istruzioni.

Passarono pochi secondi, prima che arrivasse la reazione degli Skins. Dal suo fianco, Kyle sentì arrivare i colpi di un franco tiratore. I loro protettori avevano ora un altro compito da portare avanti. Aiutarli a tenere impegnati gli Skins, per non farli reagire alle squadre di attacco.

"Lo hai preso?" chiese Kyle.

"No, ma ci penserà due volte prima di muoversi di nuovo." gli arrivò come risposta.

"Buddha?" Kyle guardò il cielo e mormorò "Pensi di poter stare con tutti i tuoi amici quaggiù e di tenere un occhio aperto su di noi?"

"Come pensi che stia andando?" Connie allungò una mano per prendere quella di Kyle.

Gli uomini degli elicotteri, stavano facendo un buon lavoro. Mentre tre squadre stavano facendo fuoco di copertura - una grandine di colpi ad altezza vita, mischiata con i colpi di energia delle pistole aliene - la quarta si era affrettata a trovare riparo nei pressi del loro bersaglio. Ciascuna si era divisa in due squadre separate, otto in totale, nel tentativo di accerchiare la posizione degli Skins. Fu una costante: fuoco di copertura, avanzata, fuoco di copertura, avanzata. Kyle vide il gruppo, dove sapeva erano Max e Liz, spostarsi al riparo di un basso costone di roccia.

La dorsale avrebbe portato Max quasi alle spalle degli Skins. Con l’aiuto del suo scudo e con le pistole aliene, Kyle dubitò che la resistenza sarebbe durata a lungo, una volta che Max avesse cominciato a muoversi tra di loro.

Rimpianse l’assenza di segnale alieno, che lo aveva costretto a compiere quel dovere da sentinella. Kyle avrebbe voluto essere lì, con i suoi amici.

Qualcosa colpì il suo sguardo. Kyle sollevò gli occhi e vide avvicinarsi delle luci di posizione. Fece appena in tempo a vederle, che si spensero subito.

"Oh, no." disse, restando senza fiato. "Non è un buon segno."

"Cosa?" Connie stava osservando la squadra di Michael e di Maria.

"Nikolas è tornato indietro." ed indicò verso la gola.

Connie sollevò il binocolo a visione notturna e vide i veicoli in avvicinamento.

"Maledizione!" imprecò. Abbassò il binocolo sulla posizione di Max e lo vide alla guida dei suoi soldati, ognuno con l’arma pronta. "Si stanno dirigendo verso Max."

"Contrordine!" Kyle sollevò una mano. "Ora sono contento di aver permesso a mio nonno di insegnarmi a giocare a scacchi, tanti anni fa." premette il bottone di trasmissione. "Uh, Re Nero su E8! Fermatevi! Fermatevi! Fermatevi!"

* * * * *

"Non credo che nessuno di noi lo consideri divertente, Philip." lo rimproverò Diane. "Ci sono i nostri ragazzi, lì fuori!"

"Mi spiace." si scusò Philip. "L’entusiasmo mi ha preso la mano."

"Come in tribunale." Diane roteò gli occhi.

"Ad ogni modo," Philip si strinse nelle spalle "come vi stavo dicendo, Isabel aspetterà fino a che la colonna dei nemici sia avanzata allo scoperto e che le sue forze li abbiano accerchiati. Una volta fatto questo, Jim darà l’ordine e colpiranno i loro veicoli con dei missili TOW. Questo significa che ci sarà almeno la metà delle forze di Nikolas appiedata nel bel mezzo del nulla e bloccata là. Isabel colpirà quanti più Skins possibili, prima di ritirarsi sulla via di fuga preparata, pronta a radunarsi con gli altri più tardi."

"Nel frattempo," continuò Jeff "Max, Liz e gli altri arriveranno in elicottero a poca distanza dal punto dell’atterraggio del meteorite. Avranno bisogno di muoversi velocemente, perché dovranno accerchiare le forze nemiche e metterle fuori combattimento prima che la pietra arrivi. Quella sarà, uhm … la Regina Nera. Il piano è di sorprendere i rinforzi, senza dare battaglia. Loro, uhm … " Jeff cominciò ad esitare.

"Diciamo che questa è la parte del piano preferita da Max." finì Philip per lui. "Una volta che sia Max che Isabel, avranno impegnato il nemico, gli elicotteri cominceranno a trasportare … i feriti al campo base dove sono Amy ed i medici. Quando tutto sarà finito, potranno riportare tutti a casa. Mi aspetto che Max sia l’ultimo a tornare."

"Ma le autorità non saranno interessate a tutto questo movimento di elicotteri?" chiese Arthur. "Voglio dire, stanno già osservando il posto da vicino. Non c’è una zona interdetta al volo?"

"Amici in alto loco." Philip fece un largo sorriso. "Se ne è occupato il Colonnello Roberts. Ho preferito non fare domande."

"Vorrei che fosse tutto finito." si lamentò Peggy.

* * * * *

"Re Nero su E8! Fermatevi! Fermatevi! Fermatevi!" la voce di Kyle colse Max di sorpresa. Non si aspettava nessun contatto radio, così la voce nell’auricolare lo fece sobbalzare. La notizia comunicata fu compresa al volo. Max guardò l’imboccatura della gola e seppe che i rinforzi che Nikolas aveva dapprima mandato verso l’altra base, erano tornati.

"Soldato." fece segno al soldato che portava il loro lancia-missili TOW. "C’è una colonna, all’imboccatura della gola, che si sta dirigendo verso di noi."

Il soldato annuì, comprendendo immediatamente il pericolo.

"Appena sarai in grado di sparare, voglio che tu prenda di mira il veicolo di testa. Pensi di poterlo fare?"

"Dovrò avvicinarmi."

"Eldugar." Max si guardò attorno. "Va’ con lui, nel caso avesse bisogno di aiuto." Tornò a rivolgersi al soldato. "Se lo dovessi mancare, torna immediatamente qui. Okay? Non correre rischi."

Il soldato annuì e seguito da un riluttante Eldugar, che sentiva che il suo posto era quello accanto a Liz, si diresse verso la gola.

"Cavaliere Bianco Uno?" Max premette il bottone di trasmissione.

"Re Bianco, qui Cavaliere Bianco Uno." rispose il Maggiore Armstead.

"Aspettatevi il Re Nero all’imbocco della gola alle mie spalle. Riuscite a vederlo?"

"Affermativo, signore. Messaggio ricevuto e recepito."

"Dobbiamo prendere tempo. Potete tenere vicino il vostro uomo addetto ai TOW? Noi cercheremo di colpire il primo camion. Dovrebbero passare proprio accanto a voi. Se riuscite a colpire il secondo avremo bloccato l’ingresso della gola e saranno costretti a proseguire a piedi e allo scoperto."

"Re Bianco, qui è l’Alfiere del Re Bianco." la voce di Michael si unì alla conversazione. "Vuoi che mi muova di una casella o due verso di te?"

"Negativo, Alfiere del Re." Max scosse la testa. "Occupati di quelli che restano. Fa’ sloggiare il Pedone nero per poter catturare la Regina. Cavaliere Bianco Uno può aiutarmi a respingere il Re Nero e i suoi Cavalieri."

"Okay." Dalla riluttanza di quella risposta, Max capì che Michael avrebbe voluto correre in suo aiuto, ma c’era un piano più vasto di cui tener conto.

"Che sta succedendo, Max?" Liz lo guardò preoccupata. "Cosa voleva dire Kyle e dove stanno andando Eldugar e quel soldato?"

"Nikolas è rinsavito." Max si accigliò. "E’ tornato indietro."

"Potremo affrontare sia lui che gli altri?"

"Non credo, Liz." Max si grattò l’orecchio.

"E’ finita, non è vero?" Liz aveva davanti agli occhi la fine del mondo.

"No!" Max le prese entrambe le spalle con le mani. "E’ solo una battuta d’arresto, Liz. Li terremo a bada, mentre Michael finirà il suo lavoro."

"E se non ci riuscirà, come faremo a tornare indietro?"

"Ebbene, quando cominceranno ad avvicinarsi, tu ed Eldugar potrete scivolare inosservati da quella parte e … "

"No!" Liz posò una mano sulla bocca di Max. "Io non me ne andrò. O ne usciremo entrambi o staremo qui fino alla fine, insieme."

I loro occhi si incontrarono. Alla fine, Max annuì e le fece un sorriso.

"Insieme." acconsentì.

Una detonazione alle loro spalle attirò la loro attenzione. Il primo veicolo di Nikolas era stato colpito dal TOW. Subito dopo, il secondo camion che cercava di aggirare il compagno, fu colpito da un altro missile. Una piccola palla di luce illuminò il cielo del deserto.

"Ha preso il serbatoio." Max scosse la testa.

Liz gli afferrò un braccio."Meno nemici di cui preoccuparci."

"Andiamo." annuì lui. "Prepariamoci ad accogliere i nostri ospiti."

* * * * *

"Che sta facendo?" chiese Connie quando vide due degli uomini di Max dirigersi verso la gola. "Pensavo che avesse detto nessuna missione suicida."

"Che sta succedendo?" chiese Kyle, sforzandosi di vedere nel buio.

"Due ragazzi si stanno dirigendo da quella parte." Connie tese il binocolo a Kyle, puntandolo verso la direzione di Max.

"Probabilmente il ragazzo ha un lanciamissili." disse loro uno dei soldati nascosti accanto a loro. "Ha bisogno di avvicinarsi. Se Max è intelligente, cercherà di bloccare la gola facendo saltare gli automezzi e costringendoli a proseguire a piedi."

"E’ quello che sta facendo." annuì Kyle. "C’è anche un altro ragazzo, con un missile, che si sta avvicinando dalla parte più lontana della gola."

"Allora questo Max è intelligente. Spero che sia anche fortunato."

"Max si costruisce da solo la sua fortuna." Kyle roteò gli occhi.

Controllò col binocolo il resto del terreno. Sotto di lui, Michael stava guidando la sua squadra con feroce determinazione. Kyle ne poteva quasi avvertire l’urgenza. Riuscì a distinguere uno o due uomini, uno accudito dal soccorso medico, ma non seppe dire se era morto o ferito. Avvertì l’ispirazione che Michael era riuscito a trasmettere ai soldati che lo stavano seguendo. Il cerchio si sarebbe quasi completato, ma Max ed un’altra squadra - gli sembrò quella del Maggiore Armstead - erano stati costretti a fermarsi per affrontare il ritorno degli Skins. Kyle riportò il binocolo sulla gola, per controllare l’avanzata dei camion di Nikolas. Max si trovava in una posizione molto pericolosa.

"Aaaaah!" gridò per il dolore, lasciando cadere il binocolo, quando la prima esplosione illuminò la notte. Kyle barcollò e cadde a terra.

"Kyle!" Connie fu al suo fianco in un istante e così pure il soldato che era apparso dal nulla.

"Gli hanno sparato?" chiese lei all’uomo che stava controllando le condizioni di Kyle.

"No." ridacchiò lui, guardando Kyle che si teneva le mani sugli occhi. "Ma ha imparato nel modo più duro che non si devono guardare le esplosioni con un dispositivo di visione notturna."

"Oh." annuì Connie, mentre una seconda esplosione illuminava il cielo. "Stai bene, babe?"

"Signora, crede di farcela a rimanere qui?" le chiese il soldato. "I suoi occhi non torneranno normali per un po’, ma torneranno a posto."

"Sì." annuì Connie. "Perché?"

"Noi andiamo ad aiutare Max. A fare fuoco di copertura da quella dorsale laggiù."

"Oh, okay." disse Connie. "State, uhm … state attenti, okay? Ricordate quello che ha detto Max."

"Sì." il ragazzo scollò le spalle. "Ma un campo di battaglia è un posto incostante. Se cambia la situazione, devono cambiare le regole. Max ha bisogno di aiuto e noi andremo a darglielo. Non preoccupatevi. Saremo qui, a Natale, per ballare con lei."

"Huh." brontolò Kyle. "Non se io ti vedrò arrivare."

"Non mi vedrai." ridacchiò il soldato.

"Comincerò ad avvicinarmi al posto di Pronto Soccorso." Connie indicò un punto verso il deserto.

"Negativo." il soldato scosse la testa. "Voi rimarrete qui. Per lui è più sicuro. Potreste finire da quella parte e smarrirvi."

"So leggere una mappa." obiettò Connie.

"Per favore, signora. Si ricorda quello che ha detto Max? Niente rischi non necessari. Portarlo lì è rischioso per entrambi e non è necessario. So che lei sarebbe capace di farlo, ma abbiamo già abbastanza problemi così. Okay?"

"Okay." Connie sospirò ed abbassò lo sguardo su Kyle. "Staremo qui."

Quando lo rialzò, il soldato se ne era andato.

"Sai fare il cane per ciechi?" gemette Kyle.

"No." Connie lo strinse in un abbraccio. "Smettila di strofinarti gli occhi. Non farai altro che peggiorare le cose."

"Scommetto che saresti benissimo in uno di quei vestiti bianchi. Molto, molto corto, sai? E con i tacchi alti."

"Non ho la pazienza di giocare a fare l’infermiera per soddisfare le tue fantasie erotiche." lei roteò gli occhi. "Sei da solo."

"Non che non lo sono." Kyle cercò di ridere, ma il dolore era troppo forte. "Mi farò coccolare da Liz. Chissà se lei accetterà di mettersi l’uniforme da infermiera?"

"Nei tuoi sogni, cowboy." Connie gli baciò gli occhi.

* * * * *

Michael aspettò il conto alla rovescia. Come i suoi uomini, stava aspettando di poter avanzare verso la copertura successiva.

"Ora!" gridò un giovane soldato. Michael e gli altri sei uomini della sua squadra, saltarono fuori dalla loro copertura e corsero verso le rocce che segnavano la prossima posizione di vantaggio. Sfere di energia esplosero attorno a loro, ma riuscirono a raggiungere le rocce senza perdite.

"Maria?" chiamò Michael. "Stai bene?"

"Sì." disse lei tremante. Sembrava a corto di respiro. "Perché non mi hai convinto a rimanere indietro, Guerin?"

Nel buio, Michael ridacchiò, scuotendo la testa. Ricacciò indietro il ‘te lo avevo detto’ che stava minacciando di uscire. Si voltò e guardò tra lo spazio in mezzo a due rocce. Fino a quel momento, non aveva visto segno dei nemici, ma sapeva che erano lì. Cominciò ad osservare le loro posizioni.

"Alfiere del Re Bianco, come sta andando?" la voce di Max gli risuonò nell’orecchio.

"Lentamente." rispose Michael. "Perché? Hai bisogno di aiuto?"

"No. Non ancora. Sembra che il Re Nero si sia spaventato. Sta tornando indietro."

"Probabilmente perché sa che la Regina sarà qui da un momento all’altro." Michael fissò il buio. "Se riusciranno a spiegare quei rinforzi, noi saremo nei guai."

"Perché? Vorresti dire che ora non lo siamo?" Michael riuscì quasi a sentire il divertimento nel tono di Max, cosa che fece crescere ancora di più la sua rabbia. Possibile che non riusciva a prendere niente sul serio? "Ascolta. Se tu riesci a tenerli distratti per abbastanza tempo, io posso farmi strada col mio scudo. Questo dovrebbe lasciarli esposti per il nostro attacco finale."

"Purché tu sia prudente!" gli ordinò Michael. "Non lasciarti dietro nessuno."

"’kay." convenne Max. "Cercherò il momento giusto per fare la mia mossa. Tu parti quando vedi il mio campo."

"Dannazione a lui!" brontolò Michael, mentre tornava a studiare la posizione degli Skins.

"Chi, signore?" chiese un soldato, sorpreso dal veleno nell’esplosione di Michael.

"Max." ridacchiò Maria. "Non preoccuparti per questi due. Si amano davvero molto."

"Sta’ zitto, soldato." ringhiò Michael.

Maria roteò gli occhi, facendo sorridere il soldato con il suo atteggiamento.

Per loro, era quasi arrivato il momento di muoversi di nuovo. Michael non aveva distolto lo sguardo dalle linee nemiche. Stava cercando disperatamente di farsi strada. Alla fine, la sua pazienza, una cosa che di solito non era il suo forte, fu ricompensata. Vide un movimento e si rese conto che poteva essere uno Skin.

Immediatamente si concentrò su di lui e stabilì una connessione. Michael non stava più dietro quella roccia con i suoi uomini, ma dietro un’altra roccia, a guardare la grandine di proiettili e di energia che teneva immobilizzato il suo ospite. Si voltò e vide che gli Skins erano quasi seduti, con la schiena poggiata contro la parete protettiva di roccia, aspettando in un piccolo avvallamento che i loro assalitori venissero verso la cima e si trovassero intrappolati in un anello di fuoco.

Dall’altra parte del terreno, accanto a dove Max stava per cominciare la sua marcia protetta verso il centro, vide che i nemici gli avevano preparato lo stesso genere di sorpresa.

"Si sono nascosti." disse Michael ai suoi. "Abbiamo a malapena scalfito le loro difese." Accese il trasmettitore. "Re Bianco, ferma l’azione. Ripeto: non avanzare verso il Pedone Nero."

"Che succede, Alfiere Bianco?"

"Vi stanno aspettando. Si sono nascosti e i nostri colpi non hanno avuto effetto."

"Allora, dobbiamo arrivare dall’altra parte … " Ci fu un momento di silenzio. "Ricordi, a scuola, il ballo col Re Nero?"

"Sì." Michael scosse la testa incredulo. "No. Ma di che stai parlando?"

"Dannazione, devo andare." imprecò Max. "Il Re Nero sta cercando di dare Scacco Matto."

"Porca miseria!" Michael colpì la roccia con la mano. Ora poteva sentire i colpi d’arma da fuoco, sparati dall’altra parte. Sembrava che Max fosse pressato pesantemente. Se quegli Skins che aveva visto aspettare Max avessero scelto questo momento per contrattaccare, il suo amico si sarebbe trovato nei guai. Re Nero? Ballo? Scuola? L’unica volta il cui Nikolas si era trovato nella scuola, era stato quando avevano usato con loro quel dispositivo per cambiare dimensione e li avevano catturati. Se non fosse stato per Tess e per quella strana sfera di fuoco …

"Bombe incendiarie!" gridò Michael. Si voltò verso i suoi uomini. "Ragazzi, avete bombe incendiarie?"

"Certo." annuì un soldato. "Normale armamento. Le vecchie abitudini sono dure a morire."

"Usatele. Lasciatele scivolare verso il basso, in modo che esplodano lungo la parete. Il fuoco li distruggerà altrettanto velocemente che se li avessimo colpiti alla valvola."

"Vorrei che ce l’avesse detto prima." brontolò un soldato. "Saremmo venuti con i lanciafiamme."

Il messaggio fu passato lungo la linea e, ad uno ad uno, i soldati cominciarono a far cadere le granate nella gola. Sfere di fuoco cominciarono ad esplodere, fornendo l’effetto desiderato. Dovendo scegliere se lasciarsi bruciare o combattere, gli Skins preferirono la seconda opzione. Usciti dalle loro posizioni difensive, stavano ora rispondendo al fuoco. All’aperto, i tiratori scelti trovarono facilmente i loro bersagli e, inoltre, gli Skins dovevano comunque affrontare le granate incendiarie. Alla fine, Michael e i suoi riuscirono ad avanzare.

* * * * *

"Allora, dobbiamo arrivare dall’altra parte … " Max fece una pausa, cercando di pensare ad un modo per costringere gli Skins a lasciare i loro nascondigli. Poi si ricordò della sfera di fuoco di Tess. "Ricordi, a scuola, il ballo col Re Nero?"

"Sì." Michael sembrò scettico. "No. Ma di che stai parlando?"

"Max." lo chiamò Liz. "Guarda!"

Max guardò verso il deserto e vide che gli uomini di Nikolas stavano facendo la loro mossa, procedendo ad ondate e a zigzag sul terreno aperto.

"Dannazione, devo andare." imprecò Max. "Il Re Nero sta cercando di dare Scacco Matto." Sperò che Michael avesse capito. Si voltò verso i suoi uomini. "Aspettare a sparare finché non saranno più vicini. Concentrate la linea di fuoco all’altezza della vita. Quando saranno a tiro, usate le granate incendiarie. Mettetevi al riparo." Si voltò verso Liz. "Qualsiasi cosa succeda, non muoverti dal mio fianco."

"Non c’è possibilità, Max." convenne Liz. Sapeva che lui l’avrebbe voluta dietro il suo schermo.

"Eldugar." chiamò Max. "Tieni d’occhio quel rilievo. C’è una squadra di Skins che ci sta aspettando proprio lì dietro. "Se dovessero farsi avanti," gli lanciò una granata "fa’ cadere questa dall’alto, in mezzo a loro."

"Sì, signore." lo salutò Eldugar.

"Aprite il fuoco." ordinò Max.

* * * * *

"Dannazione, dannazione, dannazione!" ansimò Connie.

"Che succede?" Kyle voltò la testa, cercando di immaginarsi nella mente, dai rumori che sentiva, quello che stava succedendo sotto di loro.

"Max è in trappola! Nikolas si sta lanciando verso di lui. Ci sono due squadre addossate alla parete e, tra un minuto, per lui non ci sarà più niente da fare. Spero che non decidano di attaccare proprio adesso." Oh, no! Oh, maledizione!"

"Cosa? Che succede?"

"Lo hanno fatto. Hanno attaccato la retroguardia di Max."

* * * * *

"Nikolas." gridò Grier nella radio. Tutto intorno a lui, stavano colpendo i suoi Skins. Pochi momenti prima, quando avevano cominciato a tirare loro le granate incendiarie, c’era stato un momento di panico. "Siamo bloccati. Sto perdendo tutti i miei uomini. Chiedo rinforzi."

"Ho problemi anche io." Nikolas imprecò. "Zan ha fatto saltare due dei miei camion ed ha bloccato la gola. Devo far avanzare le mie truppe a piedi e in campo aperto. Non posso lasciare che loro guadagnino terreno. C’è troppo in ballo."

"Che devo fare?" chiese Grier. Non poteva credere che erano arrivati a quel punto, messi fuori combattimento da quattro ragazzini e da una manciata di soldati umani.

"Quello per cui sei stato addestrato!" la voce di Nikolas aveva un tono freddo. "devi combattere, come un guerriero. Massimo danno, Grier. Assicurati che Sua Maestà Rompiscatole debba rimpiangere di averci incontrati."

Come il suo capo si fu disconnesso, Grier, disgustato, gettò a terra il suo comunicatore. Guardò i suoi uomini che stavano morendo sotto la pioggia di fuoco o colpiti dai tiratori scelti. Scosse la testa e recuperò il comunicatore. Mutò la frequenza su uno strano simbolo e premette il bottone di trasmissione.

* * * * *

"Wow." Jesse scosse la testa alla vista della strage sotto di loro. Fin dal momento in cui Isabel aveva sentito il criptico commento che Max aveva rivolto a Michael ed aveva ordinato di usare le granate incendiarie, avevano cominciato a decimare gli Skins. "C’è una bella differenza, huh?"

"Non siamo abbastanza veloci." Isabel scosse la testa. "Dobbiamo finirli ed andare ad aiutare Max. Dobbiamo avvicinarsi."

Isabel cominciò a muoversi verso il piano sottostante.

"Iz." la chiamò Jesse. "Non farti prendere dal panico."

"Mio fratello è nei guai e che io sia dannata se non … " Isabel si fermò e si premette una mano sull’orecchio.

"Puoi sentirmi? Il mio nome è Grier e sono il Comandante delle truppe Epsiliane in esilio. Voglio parlare con Zan."

"Che c’è, Isabel?" chiese Jesse, appoggiandole una mano su braccio.

"Zan non è qui." Isabel mandò avanti il suo pensiero telepatico. Sapeva che questo Grier le stava inviando un messaggio telepatico, piuttosto che un messaggio radio. "Qui io sono il capo. Il mio nome è Isabel."

"Vilandra? Okay, vai bene anche tu. Voglio negoziare la nostra resa."

"Resa?" Isabel non riuscì a nascondere la sua sorpresa. Nessuno aveva pensato ad una cosa del genere.

"Isabel?" le chiese Jesse, che ora era chiaramente preoccupato. "Che succede?"

"Vogliono arrendersi." gli disse a bassa voce.

Isabel tirò fuori una pistola lanciarazzi e caricò un razzo verde. Puntò e sparò verso l’alto. Dopo pochi secondi, mentre il proiettile riscendeva, il cielo fu illuminato da una pallida luce verdastra. Il campo di battaglia divenne immediatamente silenzioso, quando i soldati cessarono il fuoco.

"Dannazione!" imprecò Isabel. Cosa avrebbe dovuto fare, adesso? "Grier, voglio che tu e i tuoi uomini alziate le mani, poi mettetevi in piedi. Voglio che veniate tutti allo scoperto, dove possa vedervi. State in gruppo, ma non troppo vicini uno all’altro."

Uno ad uno, gli Skins fecero quello che era stato loro ordinato. Isabel premette di nuovo il bottone di trasmissione.

"Se qualcuno abbassa le mani verso le armi, sparategli." Poi mandò un messaggio a Grier. "Che nessuno faccia qualcosa … di stupido, o vi annienteremo con una granata."

In tempo per precipitarsi ad aiutare Max.

Sopra le loro teste, il cielo si illuminò di rosso, quando una palla infuocata passò con un boato, soffocando la luce verde.

* * * * *

"Eldugar!" gridò Max, poi si voltò per vedere gli Skins arrampicarsi sul bordo della gola ed aprire il fuoco. Eldugar stava rispondendo agli spari, dopo aver tirato la sua granata, che era esplosa nello stesso momento in cui Max aveva alzato il suo scudo.

Più della metà degli Skins era morta sotto i colpi di Eldugar, ma Eldugar stesso era caduto a terra. Liz gridò e Max ampliò il suo scudo per proteggerlo. Liz corse al fianco di Eldugar e sollevò la testa della guardia caduta.

"Dietro il mio scudo." gridò Max con quando fiato aveva in gola.

I soldati si affrettarono a ripararsi, mentre il campo di forza di Max assorbiva i colpi degli Skins. Ma lui sapeva, per esperienza, che non avrebbe potuto sostenerlo a lungo. Poiché era concentrato sullo scudo, non riuscì a prendere il comunicatore. Con la coda dell’occhio, vide Liz prendere la pistola di Eldugar. Quando si voltò verso di lui, le guance della ragazza erano rigate di lacrime. Lei fece qualche passo, si avvicinò a Max ed aspettò. Dietro di lui, gli altri soldati stavano combattendo una battaglia persa. Gli Skins si stavano avvicinando, spinti da qualcosa che li spaventava di più delle bombe incendiarie.

‘Non può essere.’ Max scosse la testa. Rifiutò di rinunciare alla sua vita con Liz. "Non abbiamo niente da perdere." disse a tutti. "Prendiamo l’iniziativa." Fece un passo avanti, spostando lo scudo con lui. Ne fece un altro, ed un altro, costringendo gli Skins ad indietreggiare verso il bordo della gola, per cercare di evitare il contatto con la barriera di energia. Uno provò ad aggirare il bordo del campo, ma Liz puntò la sua pistola e sparò. Poteva anche non avere una buona mira - cosa alla quale Max si ripromise di porre rimedio più tardi, se ci fosse stato un più tardi – ma la minaccia bastò. Lo Skins fece marcia indietro e continuò la sua ritirata.

Continuarono a risalire la costa, seguiti dai soldati di Max. Lasciarono che Max si concentrasse sul fronte, mentre loro gli proteggevano le spalle. Le unità nemiche indietreggiarono lentamente fino alla cima della cresta, attente a mantenere la loro posizione difensiva, ma incontrarono qualcosa che non si aspettavano.

* * * * *

Connie afferrò il ricevitore di Kyle e se lo infilò sopra la testa. Si avvicinò lo stelo alla bocca e premette io bottone di trasmissione.

"Alfiere del Re Bianco." chiamò. "Attento. Il Re … oh, al diavolo, Max è nei guai! Ripeto. Max è nei guai!"

"Connie?" la voce di Michael sembrava spaventata. "Che succede?"

"E’ schiacciato. Ora lo stanno attaccando da dietro. Qualcuno è caduto. Posso vedere … "

"E’ … "

"No, non è Max. Lui ha appena sollevato il suo scudo. Gli stanno sparando contro. Non credo che possa resistere a lungo. Liz è con lui."

"Tienimi informato, Connie." abbaiò Michael.

* * * * *

"Al diavolo il gioco dei soldati." ringhiò Michael staccando le mani dal trasmettitore. Si voltò verso i suoi uomini. "Io vado. Voi venite con me o restate qui?"

Senza aspettare la risposta, Michael si alzò e, guardando la parete difensiva, cominciò a correre, sparando ad ogni cosa che si muoveva. Mentre sparava con la pistola in una direzione, lanciava le sue sfere di energia dall’altra. Si rese conto a malapena, che i soldati si erano alzati e lo avevano seguito. Le esplosioni riverberavano tutto attorno a lui, ma lui continuò a correre con una determinazione di cui solo lui poteva andare orgoglioso. Uno dopo l’altro, gli Skins si alzarono per confrontarlo, cadendo però sotto l’assalto furioso di lui o di uno degli altri.

Fu quasi distratto da un familiare grido di dolore, ma pur sentendo il dolore come fosse il suo, doveva proseguire. Non era quello il momento per i sentimentalismi, non quando era in pericolo la vita di Max. Alla fine riuscirono ad aprire una breccia nella parete, ma il suo compito non era ancora finito. Nello spazio aperto, vide la familiare luminescenza dello scudo di Max. Si diresse verso di lui e cominciò a sparare agli Skins, che sembrava stessero indietreggiando su per la collina.

"Li sta respingendo, Michael." lo avvertì Connie. "Ce ne sono una decina."

"E gli altri?" chiese lui. "Quelli che sono tornati indietro?"

"Devono ancora arrivare." confermò Connie. "Ma qualche tiratore scelto li ha seguiti ed ora sono più prudenti. Oh, e il Maggiore Armstead li sta attaccando da un fianco."

Dietro di lui, gli uomini armati con pistole antariane, lo stavano aiutando. Avevano preso a cuore quel giovane e fiero guerriero e lo avrebbero seguito dovunque. Quella carica quasi suicida era la materia di cui erano fatte le leggende. Anni dopo, avrebbero potuto dire che loro erano lì. Una strana luce illuminò il cielo, ma Michael la notò a malapena. Era concentrato su un unico scopo. Doveva salvare Max e Liz. Con i suoi uomini, cominciarono a colpire gli Skins, che stavano indietreggiando in cerca di salvezza.

Si incontrarono sulla cima della cresta. Max e Liz, protetti da uno scudo sempre più debole, incontrarono Michael circondato dal suo scudo di uomini. Michael si voltò a controllare quello che succedeva dietro di lui e rimase sorpreso di vedere, nel campo di battaglia, uno sciame di soldati umani ed antariani. La sua carica era stata contagiosa e tutti vi si erano uniti.

Il resto degli Skins era avanzato, ma non aveva più via di fuga dall’anello che si era stretto intorno a loro come un … guscio. Michael si voltò verso Max, proprio mentre Maria, respirando a fatica e sostenendosi un braccio sanguinante contro il petto, arrivò al suo fianco. Lo scudo svanì ed il Re Alieno si fece avanti per abbracciare il suo Secondo in Comando. Liz e Maria erano una nelle braccia dell’altra. Tutti notarono che Max stava tenendo Liz per mano, anche mentre abbracciavano i loro migliori amici. Ce l’avevano fatta. Avevano battuto gli Skins di Nikolas ed avevano raggiunto il loro obiettivo.

"Meglio che a Iwo Jima." sussurrò qualcuno con riverente meraviglia.

* * * * *

Il pesante colpo alle loro spalle avvertì tutti dell’arrivo della nave Epsiliana. Fu circondata da quello che poteva essere descritto solo come un’enorme, semi gonfio pallone che attutì l’impatto senza rimbalzare e si sgonfiò lentamente.

Questa era la parte del piano che Max odiava di più. Alla lunga, anche la più sicura. Max aveva detto che avrebbe svolto lui stesso quel pesante dovere, perché non voleva ordinare a qualcuno di fare una cosa che lui non avrebbe voluto fare. Michael lo aveva ignorato. Quello non era compito di un Re, ma di un guerriero.

Toccò l’involucro e ne dissolse una parte, per poter entrare. Il calore emanato dalla nave era insopportabile. Arrivò al fianco del grande, strano vascello proprio quando l’oblò cominciò ad aprirsi per rilasciare una nuvola di gas bianco. Michael prese dal suo zaino una scatola metallica, della capienza di circa quattro litri, premette tre bottoni e la tirò nell’apertura. Si gettò a terra mentre una colonna di fuoco si alzò per una ventina di metri nell’aria.

Più tardi, quando la nave si fosse raffreddata, sarebbero potuti entrare a prendere la pietra, insieme a qualsiasi cosa che potesse avere qualche valore.

Per ora, comunque, dovevano prendersi cura del resto degli Skins e dei loro feriti.

* * * * *

n.d.A: purtroppo il capitolo 56 manca. a quanto pare mentre salvavo la storia deve essermi sfuggito. Mi dispiace. ringrazio cris325 per avermelo fatto notare

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Capitolo 56
*** 57 ***


Parte 57

Max fissò ad occhi spalancati l’avvallamento, scuotendo la testa da una parte all’altra.

"Pensavo avessi detto che, quando morivano, esplodevano in una nuvola di polvere." il Maggiore Armstead ruppe il silenzio.

Tre alte, sottili, grigie forme erano distese sul punto più basso. Erano simili, in ogni dettaglio, a Nasedo prima che si disintegrasse, il giorno che avevano cercato di guarirlo. Sembravano avere quella che era stata la sua vera forma.

"Sono Antariani." gli disse Max a voce bassa. "Del mio pianeta. Dovevano essere leali a Khivar. Non avrei … non avrei mai pensato che ce ne fosse qualcuno quaggiù." Sollevo lo sguardo su Armstead. "Avrei dovuto saperlo."

"E questo cosa significa, Max?"

"Significa che non sto facendo un buon lavoro." si rimproverò Max. "Significa che sono ancora solo un … ragazzo."

Il Maggiore Armstead gli rivolse un’occhiata confusa.

"Significa," continuò Max "che se ce ne sono altri, non potremo fidarci del fatto che nessuno sia più chi ci sembra essere. Dannazione!"

"E perché?" Armstead restrinse gli occhi.

"Sono mutaforma. Possono cambiare il loro aspetto e sembrare chi vogliono. Te, lui, perfino me. Possono mimetizzarsi contro una parete, e cose del genere. Diventare praticamente invisibili."

"Però il tuo scanner riuscirebbe ugualmente a rilevarli, vero?"

Il cuore di Max cominciò a battere. Il mondo girò intorno a lui, mentre prendeva grosse boccate d’aria e cadeva in ginocchio. Sentì il sangue gelarsi nelle sue vene come se stesse soffrendo di un sovraccarico di adrenalina.

"Max?" gridò il Maggiore Armstead. Si guardò attorno temendo che gli avessero sparato. "Max? Stai bene?"

"Liz!" ansimò lui. "Liz è … " e si accasciò a terra.

* * * * *

Lei scosse la testa, cercando di schiarire la nebbia che le era scesa addosso. Il mondo sembrava muoversi lentamente. Era stupita da quanto i nemici di Max fossero stati vicini ad ucciderla. Solo la veloce reazione di Bektor, che aveva fatto l’estremo sacrificio per il suo Re, gettandosi tra il probabile assassino e la sua Regina, le aveva salvato la vita. Ora Bektor era ai suoi piedi, morto, gli occhi senza vita che fissavano il soffitto, ucciso dal colpo che era stato destinato a lei.

"Liz?" disse Michael senza fiato, portando la sua attenzione su di lei. Il tono stridente della sua voce rendeva evidente il suo panico a tutti i presenti. "Stai bene?"

Liz guardò dalla ferita a forma di stella sul petto di Bektor a Michael. Il suo sguardo mostrò che non era ancora pienamente cosciente, in contrasto col gesto di affermazione della sua testa. Michael corse al suo fianco e abbracciò il suo corpo tremante.

"Voi due!" richiamò l’attenzione delle guardie più vicine. Una era Antariana e l’altra era umana. "Scortate Sua Altezza fino al suo alloggio. Si guardò attorno nella stanza. "Isabel, va’ con lei. Assicurati che … "

"Certo, Michael." annuì Isabel. Si riscosse dal suo stordimento e traversò la stanza per prendere Liz da lui. Mise un braccio attorno alle spalle della cognata. "Andiamo, Liz." le disse, sostenendola.

"Mmm-hmmm." mormorò Liz, ma era chiaro che non aveva idea di quello che stava succedendo.

Liz seguì Isabel meccanicamente, come se la sua mente fosse altrove. Le guardie scortarono le due ragazze fuori dalla stanza.

"Jesse." continuò Michael. "Va’ a chiamare i suoi genitori. Di’ loro cosa è successo. Vorranno andare da lei. E cerca di trovare un dottore."

"Amy potrebbe essere utile?"

"Solo se non riesci a trovare un medico." annuì Michael. "E’ in stato di shock." Sollevò la voce di un tono. "Qualcuno mi cerchi Max."

Il telefono di Michael squillò.

"Non importa." fece un sorrisetto, scuotendo la testa. "Questo è lui." Prese il telefono dalla tasca. "Lei sta bene, Max." gli disse, senza nemmeno accertarsi se fosse lui o no. Sapeva che Max avrebbe avvertito il malessere della moglie.

"Che è successo?"

Michael avvertì il sollievo dell’amico. "E’ entrata al ristorante mentre stavamo parlando con i prigionieri. Uno di loro ha cercato di ucciderla. Bektor … le ha salvato la vita."

"Assicurati che i prigionieri non si avvicinino a meno di cento metri da Liz."

"Non ce ne sarà bisogno, Max." sbuffò Michael. "Non ci procureranno più nessun problema."

"Bene." Dopo una breve pausa, Max tornò a respirare. "Puoi passarmela?"

"Isabel l' ha riportata nel vostro alloggio. Ora è un po’ scossa."

“Okay." Max sembrò deluso. "Tanto qui ho finito e tornerò presto. Di’ a Liz che l’amo."

"Lo sa." Michael roteò gli occhi. "Ma glielo ricorderò."

Mentre riponeva il telefono, Michael guardò Bektor.

"Qualcuno lo porti alla camera mortuaria." sollevò lo sguardo. "Ricomponetelo. Max vorrà portargli il suo saluto."

* * * * *

"Hai sentito?" La scioccante notizia si propagò nel campo come un incendio. "Sì. Ringraziamo Bektor, Dio riposi la sua anima."

"Ho cercato di vederla."

Una folla di persone beneaugurati aveva cercato di vederla, ma erano stati rimandati indietro con l’assicurazione che Sua Altezza, la Regina Elizabeth, stava bene. Erano venuti tutti: i soldati, i loro partners, i loro bambini ma, soprattutto, le famiglie di coloro che erano caduti nella battaglia della notte precedente. Tutti avevano ricordato le dure parole dette solo quella mattina a Max e alla sua adorabile moglie.

"Stamattina, ho detto delle cose tremende." commentò uno di loro.

Ora si sentivano in colpa, come se, in qualche modo, le brutte cose che avevano augurato a Max si fossero avverate e, come risultato, rimpiansero amaramente le loro parole. Quelle persone, pur così sconvolte, volevano scusarsi con Liz.

"Va tutto bene." furono rassicurate. "Vi perdoneranno. Loro sono fatti così."

Frustrati dal servizio di sicurezza imposto da Michael – era permesso l’ingresso nel cottage solo ai medici, ai genitori di Liz, a Isabel, a Michael e alle due guardie – si radunarono tutti a ristorante per fare la veglia. Sollevarono gli sguardi quando sentirono avvicinarsi un elicottero.

"Max." Diane fece un debole sorriso, stringendo la mano attorno al polso del marito. "Forse, adesso che lui è tornato, ci permetteranno di vedere nostra nuora."

"Non fino a che lei non sarà pronta." Philip scosse la testa. "Sai bene quanto me, che nessuno potrà vedere Liz fino a che Max non sarà convinto che lei stia bene. E tutti sappiamo quanto si preoccupi per lei, come sia protettivo nei suoi confronti. Scommetto che perfino Nancy ha avuto qualche problema per starle vicina."

"Spero di trovare qualcuno come Max." Terrie si avvicinò alla grande finestra e vide Max dirigersi, correndo tra gli alberi, verso il cottage.

"Sono sicura che lo troverai." Granny le si avvicinò e le passò un braccio sulla spalla. "Solo, non aspettarti che sia proprio come Max. Voglio dire, quanti Re mezzo umani, mezzo alieni credi ci siano da queste parti?"

"Non abbastanza." Terrie scosse la testa. "Di gran lunga, non abbastanza."

* * * * *

"E’ stata colpa mia." Isabel guardò fuori dalla finestra, mentre Liz dormiva accanto a lei. "Se non avessi accattato la loro resa, Liz non sarebbe stata in pericolo e Bektor sarebbe ancora vivo."

"Non è stata colpa tua." Nancy scosse la testa, continuando a guardare Liz, dall’altra parte del letto. "Tu hai fatto quello che dovevi fare. Non puoi uccidere qualcuno a sangue freddo, solo perché non sai cosa fare di lui."

"Ma … "

"Nancy ha ragione." la interruppe Jeff, seduto in una poltrona dalla parte opposta della stanza. "Durante l’ultima guerra mondiale, i Nazisti hanno sterminato … non so … un numero infinito di gente innocente. Avevano anche l’abitudine di uccidere i loro prigionieri. Ricordi quel film? ‘La Grande Fuga’, con Steve McQueen?"

"E chi può dimenticarlo?" ridacchiò Isabel. "Lo ridanno ad ogni Natale."

"Bene, è basato su una storia vera. E la scena dove i prigionieri ricatturati sono stati fucilati in uno spiazzo nel bosco, è avveduta veramente. Uomini inermi giustiziati, no, assassinati. E’ a questo modello che tu ti saresti voluta ispirare? Vuoi che la gente della Terra associ Antar con il Nazismo? Vuoi veramente che la gente, guardando Max, pensi a d Adolph Hitler?"

"No." Isabel spalancò gli occhi, all’orrore di quel pensiero.

"La guerra non è piacevole, Isabel. Io so che se potesse, Max vorrebbe risolvere questa situazione senza versare sangue, ma sembra che Nikolas la pensi diversamente. Solo perché dobbiamo combattere, questo non significa che dobbiamo scendere al livello dei barbari. Possiamo combattere con onore."

"E cercare di assassinare una donna disarmata è onorevole?"

"Se il nemico non ha scrupoli, non significa che noi dobbiamo abbandonare i nostri."

"Liz!" ansimò Nancy.

Sebbene i medicinali che i dottori le avevano somministrato, l’avessero fatta dormire per diverse ore, ora Liz era sveglia e si era tirata a sedere sul letto. Il suo sguardo sembrava più presente di quanto lo fosse stato prima.

"Max è qui." li informò, fissando la porta.

* * * * *

L’elicottero non era nemmeno completamente atterrato, quando Max si era precipitato dal portello aperto, atterrando con un salto e correndo verso il loro cottage. Soldati stupiti si spostarono dalla sua strada, riconoscendo che lo sguardo nei suoi occhi significava che non avrebbe permesso a nessuno di fermarlo.

"Spero che Thompson non prenda i suoi ordini troppo seriamente e non cerchi di impedirgli di entrare." disse scherzosamente uno degli uomini. "Potrebbe trovarsi a volare fino al centro del lago."

Saggiamente, Thompson scelse di non fermare un Max con un unico scopo nella testa, quello di arrivare al fianco della moglie. Né lo fece Hulstan, la guardia Antariana. Entrambi avrebbero preferito affrontare la rabbia di Michael, che qualsiasi reazione Max avesse potuto avere.

"Max!" gridò Liz, quando lui si precipitò nella stanza.

Max non degnò nemmeno di uno sguardo Isabel o i suoi suoceri. Andò dritto al fianco di Liz e la prese tra le braccia.

"Oh, mio Dio, Liz." disse, quasi senza fiato, accettando finalmente il fatto che lei stesse bene.

"Mi dispiace così tanto, Max." Liz cominciò a piangere.

Max si fece indietro e le poggiò le mani ai lati del viso, asciugandole le lacrime con i pollici. "Non è colpa tua." ansimò.

"Se non fossi andata a vedere i prigionieri, come se fossero uno spettacolo, Bektor … "

"Shhhhh." la tranquillizzò, accarezzandole i capelli. "Tu stai bene ed è tutto quello che conta. Ho avuto tanta paura, Liz. Un attimo stavo parlando con Armstead e l’attimo successivo ero così pieno di adrenalina da non riuscire nemmeno a stare in piedi. La tua adrenalina. Sapevo che era successo qualcosa."

"Quell’uomo." singhiozzò Liz, rivivendo quei momenti. "Lui aveva una pistola. Comparsa dal nulla. Mi ha sparato, Max. Di punto in bianco. Sarei morta, se non fosse stato per Bektor. Mi ha salvato. Lui … "

"Dov’è Bektor?" Max si guardò attorno nella stanza. "Potrà anche essere una spina nel fianco, ma non potrò mai ripagarlo per quello che mi ha fatto."

Liz guardò Isabel, chiedendole aiuto con lo sguardo.

"Max." Isabel attirò la sua attenzione. "Bektor … è morto, Max. Si è gettato sulla traiettoria dello sparo di Grier. Si è preso il proiettile destinato a Liz."

Max rimase in silenzio. Guardò prima Isabel, poi di nuovo Liz che annuì la sua conferma. Poi guardò Jeff e Nancy, che stavano annuendo anche loro.

"Forse … " disse deglutendo con qualche difficoltà "Forse è ora che … Forse io … io dovrei … arrendermi."

* * * * *

Stavano come quando tutta quella storia era cominciata : insieme.

Fu un corteo doloroso e solenne quello che si fece strada tra gli alberi per arrivare al cottage che era stato convertito in camera mortuaria. Max, come sempre con Liz al suo fianco, apriva la strada. Dietro di lui veniva Michael, che sosteneva Maria. Isabel e Jesse erano proprio dietro a loro e Kyle e Connie facevano da retroguardia.

Una volta all’interno, la bassa temperatura penetrò nelle loro ossa. Su una serie di tavoli, giacevano i corpi degli otto guerrieri caduti, cinque umani e tre antariani, uno dei quali era Bektor. Max si guardò attorno, il suo sguardo addolorato che spaziava da una parte all’altra della stanza.

"Che cosa priva di senso." mormorò.

"E’ colpa mia." gemette Liz, stando in piedi accanto a Bektor.

"No che non lo è, Liz." Serena uscì dall’ombra. "Come non è stata colpa di Isabel. Nessuno sta cercando di attribuire colpe e certamente non a te. Non c’è un anima, umana o no, che non sarebbe disposta a morire per te, proprio come ha fatto Bektor."

"Grazie, Serena." annuì Liz, sembrando più che mortificata.

"Non potreste usare le vostre pietre guaritrici per riportarli indietro?" chiese Connie.

"Non funzionano in questo modo." Isabel scosse la testa, continuando a camminare lentamente nella stanza. "Per prima cosa, gli umani sono morti da troppo tempo."

"Le capacità rigenerative sia degli Epsiliani che degli Antariani, sono ben conosciute da entrambe le parti." continuò Max. "Le loro pistole sono state progettate per assicurarsi che loro non potessero essere … recuperati. Noi … noi ne abbiamo avuto esperienza diretta."

Si voltarono tutti a guardare Max. La sua voce aveva un tono sconfitto.

"Max vuole arrendersi." disse loro Liz, sentendo i pensieri scuri di Max.

"Cosa?" Michael si voltò di scatto per ritrovarsi faccia a faccia con l’amico. "E’ vero?"

"Sì." annuì Max. "Quanti ancora devono morire per questo … segreto?"

"Max?" Isabel si portò al centro della stanza. "Non abbiamo idea di quello che Kivar ha progettato per noi. Voglio dire … tu sai quello che vuole da me."

"Non lo sappiamo veramente, Isabel." si difese Max. "Abbiamo saputo sulla nave che si è solo servito di te. E’ me che vuole. I miei Sigilli."

"Tranne che ora uno ce l'ho io, Max." le parole gelide di Liz colpirono Max come niente avrebbe potuto fare.

"E se questo non bastasse," aggiunse Kyle. "devi solo guardarti intorno, Max. Questi uomini hanno dato la loro vita per te. Loro credevano in te, Max. Tutti loro." Kyle indicò ciascuno dei caduti. "Tutti noi. Non rendere inutili le loro morti, gettando la spugna solo perché stai diventando schizzinoso alla vista del sangue."

* * * * *

"Max ha detto che avranno finito tra un momento." disse Nancy agli altri membri della famiglia estesa, dopo che fu tornata con Jeff nella sala da pranzo. "E’ andato a portare per primo il suo saluto ai caduti. Gli altri sono con lui."

"Come sta Liz?" chiese Diane, alzandosi dalla sedia ed andando ad abbracciare Nancy.

"Sta bene." sorrise la consuocera. "Ora che Max è tornato."

"Le avevano dato abbastanza sedativi da addormentare un elefante." ridacchiò Jeff. "Ma come Max è entrato nella stanza, si è svegliata come se niente fosse successo."

"Quando sono insieme, quei due sono incredibili." commentò Granny. "Mi ricordo, come li guardavo quando sono stati con me. Gli sguardi, i piccoli tocchi. Quando l' ha portata oltre la soglia del loro piccolo appartamento, è il ricordo di un momento che mi porterò nella tomba."

"Sono così contenta che, tra tutte le cose brutte che sono loro successe, abbiano potuto avere quei bei momenti." Amy sorrise. "Perché quando le cose vanno male, come adesso, ti danno qualcosa cui tornare."

"Sapete? I ragazzi sono veramente giù di morale, in questo momento. Hanno bisogno di qualcosa che li ritiri su." Jim si sedette accanto ad Amy.

"Vuoi dire qualcosa come Disneyland?" lei si voltò verso di lui, inarcando le sopracciglia.

Gli Evans ed i Parker si scambiarono un’occhiata sbalordita. Potevano correre un rischio simile?

"No." Jim scosse la testa. "Quello di cui hanno bisogno è solo di ricordare perché stanno facendo tutto questo."

"Cosa avresti in mente?" la natura sospettosa di Granny e la sua capacità di osservazione, avevano messo insieme due più due. E la matematica era da sempre uno dei suoi punti di forza.

"Una cosa." Jim la guardò e le rivolse un sorrisetto furbo. Infilò una mano nella tasca della giacca e ne tirò fuori una piccola scatola di velluto. Con un lento movimento, si mise su un ginocchio davanti ad Amy, prendendole la mano sinistra.

"Amy Deluca?" lei lo guardò gli occhi sbigottiti. "E’ vero che sono solo un Vice Sceriffo e che le cose potrebbero non essere … stabili, in questo momento, ma i miei sentimenti per te sono forti esattamente come quelli che Max prova per Liz." Aprì la scatolina per rivelare un anello di fidanzamento, con un solitario incastonato. "Vorresti farmi l’onore di diventare mia moglie? Vuoi sposarmi?"

Amy guardò Jim e vide nei suoi occhi la sincerità. Per un momento, aveva pensato che si trattasse di una specie di scherzo.

"Sì." la voce uscì stridulando, e la parola non venne fuori molto chiara. "Sì." ripeté.

"Bene." gongolò Philip. "Credo che siano d’obbligo le congratulazioni."

"Allora, quando avete deciso che sarà il grande giorno?" Nancy fece un grande sorriso, mentre abbracciava la vecchia amica.

"Ebbene … " Jim si guardò attorno. "Avevo pensato … sperato … forse … la prossima settimana?"

"La prossima settimana?" dissero ad una voce tutte le donne presenti nella stanza.

"Beh … sì." Jim le guardò tutte. "Cosa c’è di meglio per dare ai ragazzi qualcos’altro cui pensare?"

"Sì." Amy annuì con entusiasmo. "Credo che potremo farcela."

"Posso suggerire una cosa?" Diane interruppe gli abbracci e le strette di mano. "Posso suggerire di non dirlo ai ragazzi che dopo la cerimonia commemorativa di domani?"

"Enhorabuena!" la signora Ramirez li baciò entrambi sulla guancia, tenendo tra le mani il loro viso. "Que romantica!"

* * * * *

Il mattino seguente, il piazzale principale, che aveva visto tanto movimento nei due giorni precedenti, fu lo scenario di un momento più silenzioso. Si erano tutti raccolti, vestiti di scuro, per pregare per coloro che avevano dato la loro vita nella recente battaglia e per Bektor, che aveva offerto la sua vita per una straordinaria giovane donna, nata milioni di anni luce dal pianeta di cui era ora Regina.

"Avrei voluto dire … qualcosa di appropriato, qualcosa di adatto alla circostanza." le parole sussurrate di Max raggiunsero ogni angolo della piazza silenziosa. "Ma non posso. Non potrei rendere loro giustizia. Così, invece, credo che dovrei dire qualche altra cosa, usando parole scritte da qualcuno molto più bravo di me."

Max si guardò attorno e fece un cenno all’uomo solitario che stava sul fondo. L’uomo si portò alle labbra una tromba e cominciò a suonare un triste e ben conosciuto brano. Max aspettò un po’, prima di cominciare a parlare. Il trombettiere continuò a suonare.

"Loro non invecchieranno, come noi che siamo stati lasciati ad invecchiare. L’età non li logorerà, né gli anni li condanneranno. Al calare del sole e al mattino, noi li ricorderemo. Per non dimenticarli."

Max rimase immobile e in silenzio, fissando il terreno per un paio di minuti. Al suo fianco, vestiti anche loro di nero, Liz, Michael e Isabel, come rappresentanti di Antar, c’erano Maria, Jesse, Kyle e Connie, in rappresentanza della Terra.

Dietro il podio, sette soldati in alta uniforme spararono in aria tre successive salve. Quando l’ultima nota della tromba si spense, Max guardò il suo seguito, senza vergognarsi delle lacrime che gli rigavano il volto.

"Mi sembra una cosa così piccola da dire." la sua voce era bassa e rauca. "Ma … grazie."

* * * * *

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Capitolo 57
*** 58 ***


Parte 58

"Allora, Max?" Michael si guardò attorno nella stanza e si chiese perché ci fossero solo loro tre. "Perché questo incontro?"

"E perché tutta questa segretezza?" aggiunse Isabel, notando che erano soli. Nell’invito, Max aveva chiesto che venissero da soli. "E perché questo gesto sensibile e premuroso?" E guardò la mano di Max posata sul suo braccio. Con l’altra, teneva il braccio di Michael.

"Ho delle novità." Max si guardò attorno per assicurarsi che nessuno li stesse ascoltando. Era una precauzione inutile, perché le guardie avrebbero tenuto lontano chiunque. "Voglio solo aspettare che arrivi Serena."

"Sembra che non dovremo aspettare molto." Isabel indicò la finestra. "Eccola che arriva."

"Mi dispiace." si scusò Serena, chiudendosi al porta alle spalle. "La perdita di Bektor ha portato altri grossi fardelli sulle mie spalle. " Si accigliò. "Ho così tante responsabilità."

"Allora, trovati un aiuto, Serena." le disse Max, posandole una mano sulla spalla. "Forse Isabel potrebbe essere interessata. Se non lei, potresti provare con Maria, o con Connie."

"Sono certa che preferirebbero non essere intrappolate in questi grovigli."

"Non lo saprai, finché non lo chiedi." rispose Isabel per Max. "Io penso che sarebbe preferibile se mi tenessi libera nel caso tu avessi bisogno di me, Max. Ma forse le altre apprezzerebbero qualcosa che le tenga occupate. Qualcosa che le faccia sentire utili."

"Che ne pensi di Jesse, Iz?" Max le sorrise. "Pensi che potrebbe imparare qualcosa di più su Antar?"

"O forse potresti chiamare quell’altro che era con te, Serena." Max si voltò verso di lei. "Come si chiama?"

"Chyn?" annuì Serena. "Sono certa che sarebbe onorato di aiutare."

"Siamo qui solo per parlare di problemi domestici?" sbuffò Michael. "Perché non vedo la necessità di mantello e pugnali per questo."

"No." Max scosse la testa. "No. Volevo farvi sapere quello che il Maggiore Armstead ha trovato in Nevada. Sapete? Quando mi ha chiamato."

"Allora, cos’era?"

"Tre alieni morti." Michael guardò Isabel e Serena, il suo fastidio pari alla sua confusione.

"Che stupido che sei!" Michael mostrò uno sguardo meravigliato. "Siamo stati coinvolti in una battaglia con loro. Ricordi?"

"Noi abbiamo combattuto contro gli Skins, Michael." disse Isabel adirata. "Quando muoiono loro … " Isabel mosse in aria le mani per enfatizzare le sue parole.

Nello sguardo di Michael comparve la realizzazione.

"Vuoi dire … alieni come noi?"

"No." Serena scosse la testa, continuando a guardare Max. "Vuole dire alieni come me."

Max annuì.

"Ma questo significa che loro … "

Max continuò ad annuire all’affermazione di Michael.

"E questo spiega il tocco sensibile e premuroso." ridacchiò Isabel.

"Cosa?" Michael la guardò.

"Ci stava controllando, Michael. Si stava assicurando che fossimo veramente quelli che sembriamo essere."

"Eccesso di paranoia?"

"Nasedo ha fatto credere a Liz di essere me." Max si strinse nelle spalle. "Come potevo essere sicuro che non succedesse qualcosa del genere?"

"E’ per questo che hai voluto la segretezza?" sbraitò Michael. "Per controllarci?"

"No." Max si grattò dietro l’orecchio. "Perché volevo farvi sapere quello che avevo scoperto senza spaventare gli altri."

"Ma dovremo dirlo anche a loro, Max." Isabel restrinse gli occhi.

“Sì." concordò Max. "Ma prima voglio parlare con Serena." Si voltò verso di lei. "C’è un modo per sapere che la persona con la quale stai parlando è un mutaforma?"

"Il cambio della forma è solo una nostra … proiezione nella tua mente, Max. Anche se ci fosse un modo per rilevarlo, ogni Antariano sarebbe segnalato. Tutti noi proiettiamo la nostra immagine."

"Ma se prendessi la forma di un umano, noi dovremmo accorgercene."

"Non so se ci sia il modo di farlo, Max. Ma lo chiederò a Chyn, quando lo contatterò. Forse a lui verrà in mente qualcosa."

"Cosa diremo agli altri, Max?" chiese Michael.

"Io lo dirò a Liz più tardi e Serena può avvertire le guardie Antariane. Lascerò a voi il compito di parlare con Jesse e con Maria. Tenete solo presente la paranoia che questa notizia potrebbe causare. A Kyle … lo dirò io … più tardi. Penso che dovremmo sempre stare in coppia, così qualsiasi persona sola sarebbe sospetta."

"Ogni scusa è buona, per tenerti vicina Liz." ridacchiò Isabel.

"Io non ho bisogno di una scusa." le sorrise Max, gli occhi splendenti d’amore.

"Lui è decisamente Max." sogghignò Michael. "Nessun mutaforma vivente potrebbe imitare quello sguardo."

* * * * *

"Grazie, Max." Maria sorrise, massaggiandosi la spalla che lui le aveva appena guarito e stringendolo poi in un abbraccio.

"Huh … Nessun problema, Maria." ridacchiò lui. "Potresti lasciarmi intatte le costole?"

"Scura." sorrise lei.

"Grazie, Max." Michael gli diede una pacca sulla schiena. Max grugnì sotto il colpo, un po’ troppo entusiastico.

"Di niente."

"Andiamo, Max." disse Liz, sottraendosi all’abbraccio dell’amica. "Credo che questi due vogliano rimanere soli."

"Ehi." si lamentò Maria. "Guarda che mi offendo."

"Uh huh." ridacchiò Liz. Come chiusero la porta del cottage che Michael e Maria dividevano con Kyle e Connie, sentirono dietro di loro una febbrile attività. "Vedi?" ridacchiò Liz.

Max annuì. "Spero che Kyle e Connie stiano alla larga per un po’. A proposito, come sta Kyle? E’ un po’ che non lo vedo."

"Sta bene." Liz scosse la testa. "Lui è … lui è Kyle."

"Lui è … ?" Max sollevò un sopracciglio.

"Non chiederlo." Liz scoppiò a ridere. "Avresti dovuto esserci."

Max scosse la testa e continuò a camminare verso il ristorante che era diventato il loro punto di riunione. Per la prima volta, da quando erano arrivati, Liz notò che i soldati, passando, facevano a Max il saluto militare.

"Lo so." sospirò lui. "Ho chiesto loro di non farlo, ma non vogliono smettere."

"E’ un segno di rispetto, Max."

"Il Maggiore Armstead. mi ha detto la stessa cosa."

"Chi può essere?" Liz indicò una Mercedes nera che era appena entrata dal cancello principale.

"Non ne ho idea." Max la fece voltare da quella parte. "Forse dovremmo avvicinarci."

"Se pensi che sia prudente."

"Voglio essere a portata di mano." Max si accigliò. "E’ la Vigilia di Natale. Oggi non deve morire nessuno. E nemmeno domani."

Un giovane uomo, di altezza e taglia media, scese dalla macchina. Max pensò che fosse sulla trentina. Fece il giro dell’auto, aprì la porta del passeggero ed aiutò una giovane donna bionda a scendere.

"Mi sembra familiare." mormorò Liz.

"Scusami?" Max fissò l’uomo per vedere se era in grado di riconoscerlo.

"L’ho già visto da qualche parte." Liz si accigliò. "Non nella vita reale, ma in una rivista, o in una foto."

"Una celebrità della TV?" Max si strinse nelle spalle.

"No." Liz scosse la testa. L’uomo stava chiedendo qualcosa al soldato di guardia.

"Nah." sentì dire Max alla guardia. "Il campeggio è chiuso. Stiamo tenendo una riunione del nostro Reggimento."

Videro la donna avvicinarsi alla guardia.

"C’è un Jesse Ramirez nel vostro … Reggimento?"

Max e Liz si scambiarono un’occhiata.

"Chiedo scusa." disse Liz. "Io credo di conoscerla. Chi è lei?"

"Mi chiamo Glenn McCarthy, signorina. E questa è la mia fidanzata, Sarah Brackham."

Il viso di Liz si aprì in un sorriso. "Io sono Liz." allungò la mano verso l’uomo. "E questo è mio marito Max. Se venite con noi, vi accompagneremo da sua madre."

"Max?" disse Sarah, mentre le due coppie si scambiarono una stretta di mano. "Max Evans?"

"Sarei io." Max fece un sorriso imbarazzato.

"E tu sei veramente un … un … "

"Può dirlo." ridacchiò Liz. "E, sì. Lo è veramente."

"Oh, mio Dio!" Glenn rimase a bocca aperta.

"Reagiscono tutti così." ridacchiò Liz, chiudendo la bocca del Senatore.

* * * * *

"Glenn!" esclamò Granny. "Sarah. Che bello vedervi." strinse il figlio e la sua ragazza in un abbraccio. "Vi fermerete per Natale?"

Glenn si guardò attorno, in quel posto pieno di stranieri. "Avevamo pensato così, ma vedo che qui c’è già troppa gente."

"Siete più che benvenuti." offrì Liz. "Più siamo, più ci divertiremo, purché non vi dispiaccia darvi da fare."

Granny sorrise a Liz.

"In questo caso, ci piacerebbe restare." Glenn guardò Sarah che annuì il suo accordo. "Ma perché questa riunione?"

"Oh, no." Granny sorrise. "La riunione è una copertura. Vedi, qui, gli uomini seguono tutti Max. Noi … uhm … "

"Abbiamo combattuto contro i miei nemici." la interruppe Max. "E non sto parlando dell’FBI."

"Allora, tutti quegli strani rapporti sulle aree interdette dall’esercito sono veri?"

"Lo sono." ridacchiò Michael. "Nikolas è scomparso nella notte, leccandosi le ferite."

"Nikolas?" Glenn cominciò a dare segni di psicosi traumatica.

"Sarah!" esclamò Jesse entrando nel ristorante con Isabel.

"Jesse!"

Lui corse verso di lei per abbracciarla. Lei lo incontrò a metà strada. Isabel non fu l’unica guardarli con sul viso un colore leggermente verdastro.

"Sarah, questa è mia moglie Isabel. Isabel è la sorella di Max."

"Sorella? Max? Come … alie … "

"Sì." Jesse roteò gli occhi. "Vedo che ci vorrà un po’ di tempo. Andiamo, lasciate che vi presenti alla nostra enorme famiglia."

"Jesse." Sarah si fece indietro. "Quante … quante di queste persone … sono … lo sai … ?"

"In questa stanza? Solo Max, Michael e Isabel." Jesse indicò ciascuno di loro. "Liz ha dei poteri, ma solo per la sua speciale relazione con Max. Ed abbiamo forse otto o nove Antariani con noi. Il resto di noi," si guardò attorno nella stanza "è umano."

"Sai? Io ho l' ho sempre sospettato, veramente, ma ora, saperlo … Credo di aver bisogno di mettermi seduta."

"E anche io." Glenn aveva osservato e sentito tutto.

"Perché non cominciamo dall’inizio?" propose Max, sedendosi e mettendo Liz a sedere sulle sue ginocchia."

* * * * *

"Max." Glenn lo chiamò mentre Max stava traversando il piazzale per andare in cerca di Liz.

"Salve, Senatore."

"No." Glenn scosse la testa. "Per favore, chiamami Glenn. Okay? Visto che mia madre vi ha adottato, siamo praticamente fratelli."

"Non proprio." Max fece un sorrisetto malizioso.

"No." Glenn scosse la testa. "Uhm, ascolta. Ho bisogno di parlare di qualcosa con te. Qualcosa di grosso."

"Non si potrebbe aspettare?" Max sollevò un sopracciglio. "Con tutto quello che c’è da fare per Natale, questo è il momento di pensare alla famiglia. Devo trovare Liz, prima che passi agli ordini della Nazista del Natale."

"Prego?" Glenn aggrottò le sopracciglia.

"Isabel." ridacchiò Max. "A lei, uhm … piace assicurarsi che tutti passino un buon Natale, sia che lo vogliano o no. Così sovrintende ai preparativi. Ha perfino una lista."

"Che ricontrolla due volte?" Glenn fece un sorrisetto compiaciuto.

"Paragonato a lei Babbo Natale è un dilettante." Max cominciò a ridere apertamente. "Ora, se tu vuoi tornare indietro a riposarti un po’, io non le dirò dove sei."

"Max!" sentirono gridare Isabel. "Dov’è lei?"

"Non lo so, Iz." Max alzò gli occhi al cielo.

"Come faccio ad aprire la grotta di Babbo Natale senza uno dei miei elfi?" chiese lei. "Lo sai che i bambini si aspettano che Babbo Natale sia accompagnato da due elfi."

"Sarà qui." sorrise Max. "Troppo tardi." sussurrò a Glenn da un lato della bocca.

"Che voi dire?" rispose confuso il Senatore.

"Ancora qui, Max?" indagò Isabel. "Ora, Glenn. Abbiamo bisogno di aiuto per preparare il rinfresco per i bambini. Nel ristorante c’è un tavolo con delle decorazioni. C’è tua madre lì, lei ti dirà cosa fare."

"Oh, sì. Va bene." Glenn non si mosse.

"Subito." Isabel cancellò una voce della sua lista e si voltò per dirigersi da un’altra parte del campo.

* * * * *

Max era in piedi nel piazzale e stava guardando i bambini eccitati, in fila per essere ricevuti dal signor Anderson, vestito da Babbo Natale.

"Devi ammetterlo." Michael apparve al suo fianco. "Con quel vestito da Babbo Natale, ha superato se stessa.

"Non l' ha fatto Isabel." ghignò Max. "E’ il suo. Ha detto che si veste spesso da Babbo Natale per i vicini."

"Anche tu ti stai nascondendo?"

"No." Max sorrise, voltandosi verso di lui. "Sto solo guardando i bambini." Max tornò a guardare i bambini che Liz e Maria stavano facendo del loro meglio per tenere in fila. "Forse Isabel può essere un po’ noiosa, ma guardali." Max indicò i piccoli. "Si stanno divertendo un mondo."

I bambini, una volta che Babbo Natale aveva dato loro un piccolo dono, scelti da Max senza fare troppe domande sulla provenienza, si spostavano verso il tavolo del rinfresco, dove potevano servirsi di dolce al cioccolato, gelatina, cioccolata calda e bibite varie. Qualcuno aveva portato un piccolo apparecchio stereo e qualcuno dei bambini più grandi stava ballando gli ultimi successi pop.

"Allora, tu cosa dovresti fare?"

"Già fatto tutto."

"Fatto cosa?"

"Noi dovevamo decorare l’albero." Michael si strinse nelle spalle. "Lei ha voluto così. E’ stato più facile con un po’ … " Michael mosse in aria la mano.

"Giusto." annuì Max.

"E tu?"

"In questo momento sono alla clinica, a guarire l’ultimo dei feriti."

"Ma tu hai già guarito tutti."

"Ma Isabel questo non lo sa."

"E’ utile il fatto di sapere com’è fatta, vero?" ghignò Michael.

"Buon Natale, Michael."

"Buon Natale, Max."

* * * * *

"Sì, Glenn." Max sollevò la testa dalla scrivania dove stava lavorando, quando sentì qualcuno entrare nella stanza.

"Liz mi ha detto che avevi un momento libero." Glenn sembrò scusarsi per averlo interrotto. "Cos’è quello?" Glenn indicò con la testa il piccolo oggetto intricato su cui Max era concentrato. "Un’esca per pescare?"

"Per modo di dire." ghignò Max. "Serve per pescare, ma non i pesci. Allora, di cosa vuoi parlarmi?"

"Max, capisco che le autorità federali, in questo momento, non siano i tuoi migliori amici."

"Mi sembra giusto." annuì Max.

"Se tu avessi l’occasione di portare tutto allo scoperto e di vivere senza la paura della caccia all’uomo dell’FBI, la coglieresti?"

"Con tutte e due le mani." Max si appoggiò sulla spalliera della sedia. "Ma non riesco a vedere un modo possibile. E’ passata troppa acqua sotto i ponti."

"Ho avuto una visita, la settimana scorsa. Il Presidente Forest."

"Oh, sì?"

"Mi ha chiesto cosa sapevo di te, che non era molto. Voglio dire, tutto quello che so è quello che mi hanno detto Sarah e mia madre."

"Uh huh." Max lo guardò con sospetto.

"Lui, uhm … lui ha suggerito di voler portare l’atteggiamento del governo al ventunesimo secolo e che forse dovremmo aprirci all’idea di una vita extra-terrestre."

"Significante che il fatto che l’Area 51 sia piena di alieni morti non gli dica niente."

"Max, lui vuole che io organizzi un incontro con te, Michael e Isabel. A Camp David."

Max sospirò, si alzò dalla sedia ed andò alla finestra. Fissò la foresta buia. La luna faceva risplendere lo strato di neve fresca.

"Capisco." annuì al suo riflesso nel vetro. "Devo discuterne con gli altri. Liz, Maria, Kyle, Jesse e anche con Connie. Riguarda loro quanto riguarda noi tre." Si voltò a guardare Glenn. "Ma potrà aspettare fin dopo Natale."

* * * * *

"Sembra che abbiamo avuto un certo numero di … defezioni." Nikolas era in piedi davanti a quelli che restavano dei suoi comandanti, in una stanza d’albero subito fuori Seattle.

"Noi pensavamo che Zan avesse ad aiutarlo solo pochi umani. Ragazzini." commentò qualcuno.

"L’ultima volta che ho avuto a che fare con lui," Nikolas fece un cenno con la testa a quello che aveva parlato. "erano solo loro quattro, più quei quattro ragazzi umani."

"Se ben ricordo," disse un altro "anche quella volta vi hanno respinto."

"Hanno avuto un colpo di fortuna. Per qualche ragione, Ava ha creato quella … tempesta di fuoco. Non sapevo che potesse farlo."

"E anche questa volta li hai sottovalutati. E qualcuno di voi sapeva che aveva messo insieme un esercito laggiù? Che ha trovato una squadra di Guardie Antariane pronte ad aiutarlo? Dove diavolo può averle trovate? Non posso fare tutto da solo e ci sono altri che si suppone debbano trovare informazioni su di lui." Nikolas lanciò un’occhiata di accusa ad un angolo della stanza.

"Non è stata colpa mia." si lamentò l’uomo. "Non appena li ho trovati, sono fuggiti per sottrarsi all’FBI che voleva ucciderli. Come facevo a seguirli, se non sapevo nemmeno che avevano programmato di fuggire?"

"Capisco." la voce di Nikolas si fece tesa. "Così, invece, sarebbe colpa mia."

Non ci furono commenti.

"Basta con le recriminazioni." Nikolas scosse la testa. "Non è per questo che vi ho chiamato. Sembra che i nostri metodi altamente tecnologici non abbiano funzionato … "

"Forse assumere quell’agente dell’FBI è stato un errore. Ci è costato tutto il nostro equipaggiamento di scansione."

"Forse." annuì Nikolas. "Ma li aveva trovati prima ed avevo sperato che sarebbe stato in grado di trovarli di nuovo. Ad ogni modo, se l’alta tecnologia ha fallito, forse dovremmo provare con la bassa tecnologia." Nikolas passò la mano sulla parete in fondo alla stanza ed apparve una grande mappa del Nord America. Appuntati sulla mappa c’erano un grande numeri di spilli con la capocchia bianca.

"Ognuno di questi," e Nikolas li indicò "rappresenta un fenomeno inspiegabile avvenuto dopo che Zan e la sua squadra si sono dati alla fuga. Io credo che Zan sia coinvolto in almeno qualcuno di essi. La maggior parte sono solo scherzi o esagerazioni. Voglio che voi mandiate i vostri soldati ad investigare. Che interroghino le persone coinvolte, ogni testimone, che controllino se conoscono qualcuno dei fuggitivi. Che cerchino informazioni nei dintorni. Vediamo di riuscire a tirare fuori Zan dal suo nascondiglio."

"Uhm, signore?" disse qualcuno. "Ce ne sono centinaia, migliaia. Noi siamo rimasti in pochi."

"Io credo che siano rimasti nella parte occidentale del paese." annuì Nikolas. "E dubito che abbiano passato i confini." Nikolas si voltò e tracciò due linee che si intersecarono sulla mappa. "Cominciate le ricerche da questa area. Parlate con la gente del posto. Qualcuno deve sapere qualcosa."

* * * * *

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Capitolo 58
*** 59 ***


Parte 59

Stava al caldo. Al caldo e al sicuro. Attraverso le nuvole profumate dolcemente, poteva sentire l’amore della sua vita circondarlo, proteggerlo dai pericoli. Tutto era calmo, tutto era come doveva essere.

Fino a che sentì qualcosa premere contro il suo petto.

Non c’era niente di cui preoccuparsi perché, dal modo in cui reagì la parte inferiore del suo corpo, al calore che aveva avvertito, poteva significare una sola cosa.

"Ma-ax." disse sommessamente una voce dolce e calda. "Oh, Ma-ax. E’ ora di svegliarsi."

Max aprì gli occhi, li batté e li richiuse di nuovo, quando la luce li colpì.

"Andiamo, Max." lo stuzzicò Liz con la sua voce piena di miele. "Fuori dal letto."

"Che ore sono?" Max sorrise alla sensazione dei baci che gli sfiorarono il viso come il tocco di una piuma. Continuò a tenere gli occhi chiusi.

"Un po’ dopo le sei."

"Le sei?" grugnì lui. "Liz, è troppo presto."

"Credevo avessi detto che non avevi bisogno di dormire molto."

La traccia di acido nella sua voce fu sufficiente. Max era sveglio.

"Sei così prevedibile, Maxwell Evans." lo prese in giro Liz.

"Uh huh." Max ghignò, guardando con occhi cupidi la sottile camicia da notte che indossava, quella mattina, sua moglie. "E anche così umano. Sembra che io soffra dell’afflizione mattutina cui vanno soggetti i ragazzi umani."

"E come fai a saperlo, huh?" Liz sorrise, premendosi contro la sua erezione mattutina. "Che i ragazzi umani ne soffrano, voglio dire."

"L' ho letto." Max scrollò le spalle e le passò attorno le braccia, stringendola ancora di più contro il suo corpo.

"Buon Natale, Max." Liz gli diede un bacio

"Buon Natale, Liz." lui lo ricambiò, con la stessa passione.

"Ora, voglio darti il tuo regalo." sorrise lei. "ma prima, voglio che tu ti faccia la doccia."

"Pensavo che potessimo … " Max agitò le sopracciglia. " … prima."

"Oh, sai una cosa?" ridacchiò lei. "Ti sei sbagliato. Io ho già fatto la doccia."

"E allora? Potremmo farne un’altra insieme."

"Max, se non vai a farti la doccia, non avrai il tuo regalo."

"Mi piacerà?"

"Moltissimo, fidati."

"Sai che lo faccio sempre." Max fece un grande sorriso.

La baciò sulla guancia poi, con grande riluttanza, si alzò dal letto e si diresse al bagno.

"E non dimenticarti di farti la barba." gli ricordò lei.

Sebbene fosse stato voluto da lei, Max decise di sconfiggere Liz al suo stesso gioco. Si prese il suo tempo, lavandosi accuratamente corpo e capelli. Dopo essersi asciugato e messo il deodorante, Max si lavò i denti e si fece la barba, vecchia di un giorno. Dopo aver messo dopo barba e profumo, Max allacciò la cinta del suo accappatoio ed entrò nella stanza. Era vuota.

Vuota, tranne che per un grosso regalo di Natale, posato in terra davanti al caminetto. Era lungo, alto circa mezzo metro, ed incartato con una carta blu con disegnate campanelle d’oro e ghirlande verdi e rosse.

"Mi chiedo dove sia finita Liz." rifletté lui ad alta voce. "E mi chiedo chi mi abbia lasciato questo regalo." Max si inginocchiò a fianco del pacco e rise, quando vide il rivelante alzarsi ed abbassarsi della carta. Allungò la mano per prendere il biglietto. "Al mio caro Max." lesse. "Spero che tu possa goderti il tuo nuovo giocattolo. Puoi farne quello che vuoi. Con tutto il mio amore, profondo ed eterno, Liz." Max fece un risolino. "Devo essere stato un bambino veramente buono se Babbo Natale mi ha portato un così bel regalo."

Max lasciò scivolare un dito lungo il pacco, premendo i contorni del regalo. Trovò subito un punto il cui la carta era sollevata da una rotondità al di sotto. Lo strinse con delicatezza e, dal pacco, sentì arrivare un gemito.

"Sembra così morbido." osservò Max. "Forse è qualcosa che posso indossare."

Il regalo ridacchiò e, quando lui continuò a far scorrere le dita, cominciò a dimenarsi. Arrivato a mezza strada, ruppe inavvertitamente la carta e le sue dita vennero a contatto con qualcosa di molto soffice e molto caldo. Il regalo emise un respiro affannoso.

"Oh, wow!" sussurrò Max con finta meraviglia. "Qualsiasi cosa ci sia, mi sembra così bello!"

Max continuò dolcemente a percorrere il pacco con le dita, facendolo accartocciare leggermente. Sentì la carta rompersi. Fece allora scorrere le dita sulla carta, aprendola alle giunzioni e cominciando a scartare il regalo.

"Questo mi sembra uno stomaco." commentò, quando la pelle fu esposta.

Cominciò ad accarezzarla, notando come si tendeva quando la sfiorava, ma tornava a rilassarsi una volta che le dita la toccavano. Sentì altra carta rompersi ed il regalo agitarsi. Si chinò e baciò la pelle, ottenendo come ricompensa un sospiro di piacere. Permise alla sua lingua di danzarvi sopra ed il regalo tornò a contorcersi ancora una volta, accompagnato da un forte rumore di carta che si gualciva. Riprese a baciare la pelle in attesa, premendo il viso sulla sua morbidezza.

Strappò un altro po’ di carta. Spuntarono alla sua vista, due seni, piccoli ma dolcissimi, rinchiusi nella biancheria più sottile che Max avesse mai visto. La seta era così sottile da essere trasparente. Sembrava tessuta col vetro. Due capezzoli si erigevano dal tessuto garzato. Max posò le mani sopra i seni e li strinse delicatamente. Ci fu un accenno di esasperazione nel suono che venne fuori dal pacco.

"Così caldi e così morbidi." grugnì Max. "Mmmmm."

Diede ai seni un’ultima stretta, prima di riportare la sua attenzione sui capezzoli che li coronavano. Abbassò il viso e fece scorrere la lingua su uno, mentre stuzzicava l’altro con le dita.

"Max." lo pregò il regalo, inarcandosi sotto il suo tocco.

Lui prese il capezzolo in bocca e lo succhiò.

Ora il regalo era decisamente agitato e Max sentì altra carta stracciarsi per la tensione. Max premette il viso nella valle tra i seni, facendo scorrere la lingua sulla pelle, dove incontrò l’orlo del sottile tessuto. Nel frattempo, la sua mano era scesa verso il basso, rompendo altra carta e scoprendo dei fianchi sensuali, avvolti nello stesso tessuto del reggiseno. I fianchi erano così belli da accarezzare e da stringere. Mentre lui continuava a baciare avidamente la pelle dei fianchi e del seno, un braccio venne fuori dal regalo. Allora Max si sedette all’indietro, sulle sue ginocchia, e cominciò a togliere quello che rimaneva della carta.

Insieme alle mutandine e al reggiseno, il regalo indossava delle calze sorrette da una giarrettiera. Il sensuale regalo guardò il suo proprietario con tanto amore, e forse, con ancora maggiore desiderio.

Lui le accarezzò teneramente la guancia con una mano, poi la posò sulla sua schiena. L’altra mano scivolò lentamente tra le gambe di lei. Senza nessuno sforzo, Max la sollevò da terra. Lei era tutta un sorriso, con le braccia abbandonate e la testa lasciata ricadere all’indietro.

Max portò il suo succulento regalo sul letto, fermandosi ogni tanto lungo il tragitto per baciarla. La sua morbida pelle aveva un così buon sapore. Raggiunse il letto e vi depositò il suo regalo con una sorta di riverenza. Lei si mise immediatamente a sedere e lo tirò giù con lei, poi cominciò a sciogliere la cinta del suo accappatoio. Stava cercando di parlare, ma le parole le uscivano come inintelleggibili suoni e gemiti. Aprì l’accappatoio e si premette contro di lui, abbracciandolo stretto. Max le mise le bracca attorno alle spalle, stringendola a sua volta.

"Devo esaminare attentamente il mio regalo per accertarmi che non si sia rovinato durante il trasporto." ridacchiò Max, tracciando un sentiero infuocato sulla morbida pelle di lei.

Lei gemette qualcosa come "Sssssiiiiiì" e chiuse gli occhi.

Ora la virilità di Max era così sveglia che, mentre la stava guardando, si distese davanti a lui. Lui si chinò in avanti e fece scorrere mani, viso e lingua per tutta la lunghezza del corpo di lei, dalla testa ai piedi. Le sue dita carezzarono, tirarono, strinsero, alla ricerca di qualsiasi imperfezione. Ma, naturalmente, non ce n’erano. Dopo tutto, il suo regalo sembrava essere stato modellato secondo la sua idea di perfezione. Le sue labbra e la sua lingua succhiarono e mordicchiarono la pelle delle gambe, mentre le mani rimasero a circondare a coppa i seni. Max fece scivolare il corpo su quello di lei, fino a che il suo torace ed i seni di lei furono premuti insieme e lui poté guardare direttamente dentro gli occhi di lei. Le loro labbra si unirono e, mentre le sue mani continuavano ad accarezzarla, si baciarono a lungo ed appassionatamente.

"Fai l’amore con me, Max." lo supplicò il regalo.

Max l’accontentò, ancora ed ancora.

"La cosa più strana," sospirò Max mentre stava accoccolato al regalo che Babbo Natale gli aveva lasciato davanti al camino. "è che il mio regalo ha lo stesso sapore di Liz."

* * * * *

"Allora, dov’è il mio regalo." sorrise lei.

"Oh." Max fece un’espressione dispiaciuta. "Sai, Liz, con tutto quello che è successo … la battaglia … e i feriti, e poi il viaggio fino a … e te … Mi dispiace, Liz. Non ho avuto la possibilità di comprare niente."

"Va bene, Max." lei cercò di tranquillizzarlo, ma Max vide la delusione della moglie. "Non mi aspettavo un regalo. Ecco perché, ho fatto quello che ho fatto per te. Perché nemmeno io ho potuto comprare niente."

"E questo?" Max sollevò la biancheria trasparente.

"Oh." Liz sorrise. "Questo non l' ho comprato. L' ho fatto."

"Tu hai fatto questo?" Max era rimasto attonito.

"Certo." rispose lei, fremendo per l’entusiasmo. "Una volta che hai visto il tuo ragazzo tirare fuori un diamante da un pezzo di carbone, fare la seta è una passeggiata."

"Sì." annuì Max. "Ma, Liz? Il diamante è fatto di carbone. Tu come diavolo hai fatto a fare della seta?"

"La seta naturale è una fibra di proteine composta da un certo numero di aminoacidi, glicina, alanina, valina, tiroxina, acido glutammico e qualche altro. Chimicamente, la seta naturale è C15H23O6N5."

"Ma, anche così, dove … ?"

"La glicina si può trovare nei cibi ricchi di proteine, come il pesce, la carne o i fagioli. La stessa cosa vale per l’alanina. La serina può essere ricavata dalla glicina. La valina … "

"Hai reso l’idea." Max scoppiò a ridere, una risata allegra e profonda. "Tu, signorina Piccola Scienziata. Come diavolo fai a sapere tutte queste cose?"

"Oh, uhm … " Liz cominciò ad arrossire. " … dal progetto di chimica cui ho partecipato nell’ultimo anno di scuola."

Max smise di ridere, appoggiandosi su un gomito e guardando la sua nuda mogliettina.

"Lo so." cominciò a carezzare le sue forme femminili. La sua voce era morbida, suadente. "Non andrà perduto, Liz. Avrai la possibilità di seguire il tuo sogno." Si sporse in avanti e le baciò il seno. "Te lo prometto. Ma, ehi!" Max fece un balzo sul letto. "Quasi dimenticavo. Dopo tutto, Babbo Natale non si è dimenticato di te." Max le tese una lunga scatolina avvolta in una carta dorata. "Tieni."

"Pensavo che non fossi riuscito ad andare per negozi." Liz cominciò a scartare il regalo.

"Non ho potuto." rise Max. "Io ho … "

"Oh, Max." Liz rimase senza fiato dopo aver aperto la scatola ed averne tirato fuori il girocollo.

" … ho barato."

"Lo hai fatto tu?" ansimò Liz. La collana d’oro era così sottile da essere quasi invisibile. La punta era costituita da cinque piccoli diamanti posti a forma di ‘V’. Sembrava che non ci fosse nulla a tenerli al loro posto. "Max. E’ incredibile. Ma non si romperà?"

"Mai, Liz." le disse Max in un sussurro. "E’ indistruttibile. Proprio come il mio amore per te."

"Ma i diamanti? Come fanno a … "

"In effetti, c’è un sottile filo di metallo che li tiene insieme. E’ solo troppo sottile per essere visto. Solo poche molecole di spessore."

"E dove hai preso l’oro per farlo?"

"L' ho trovato." Max si strinse nelle spalle, mentre aiutava Liz a sistemarsi il monile attorno al collo. La ‘V’ le ricadde proprio sopra l’attaccatura dei seni. "Era un souvenir del Colorado."

"Oh, Max." Liz si gettò tra le braccia del marito nudo. "Ti amo così tanto."

* * * * *

"Jesse, è pronto il caffè?" Isabel era in preda al panico, mentre correva da una parte all’altra del loro cottage per accertarsi che ci fossero abbastanza dolci per gli ospiti che sarebbero arrivati.

Aveva insistito per giocare alla perfetta padrona di casa ed aveva invitato la famiglia per la colazione di Natale.

"Sì, Isabel." Jesse roteò gli occhi, rivolto a sua madre. "Il caffè è pronto."

"E il forno? Il forno per tenere il cibo al caldo, è acceso? Quei rotolini si sono scaldati?"

La signora Ramirez scoppiò a ridere. "Rilassati, mi hija." disse sorridendo alla ragazza e attirandola contro di sé in un abbraccio.

Gli occhi di Isabel si spalancarono per la sorpresa e ricambiò l’abbraccio della donna. Era la prima volta che la suocera manifestava un segno di affetto per lei. Isabel si era subito calmata.

"Voglio solo che tutto sia perfetto." disse sorridendo.

"Lo sarà." la donna più anziana scrollò le spalle. "Perché loro sono la tua famiglia e alla famiglia non importa la perfezione. A loro importa solo della famiglia. E’ lo stare insieme che rende tutto perfetto."

"Ad ogni modo," disse Jesse che era alla finestra. "tuo padre e tua madre sono qui."

"Non restare lì impalato." lo rimproverò Isabel. "Falli entrare."

"Buon Natale, mamma." Jesse accolse Diane con un bacio sulla guancia. "Phi … " Jesse si fermò sotto lo sguardo severo del suocero. "Papà." finì, stringendogli la mano.

"Buon Natale, Jesse." risposero entrambi, prima di andare a baciare Isabel. "Buon Natale, tesoro. Buon Natale, signora Ramirez."

Quel modo di chiamarla era diventato un segno di affetto. Nessuno avrebbe potuto immaginare di chiamarla altrimenti che signora Ramirez, tranne che Jesse e Isabel che la chiamavano mamma.

"Siamo i primi?"

"Sì." annuì Isabel.

"Ma stanno arrivando i Parker." Jesse andò di nuovo alla porta.

Subito dopo arrivarono i Valenti, insieme con Connie. Dietro loro, c’erano le donne Deluca con Michael al seguito.

"E Max e Liz dove sono? chiese Maria, guardandosi attorno nella stanza.

"Non sono ancora arrivati." osservò Diane.

"Non c’è bisogno di chiedersi perché siano in ritardo." ridacchiò Michael. "Probabilmente stanno facendo sesso selvaggio."

"Possiamo evitare di parlare di mia figlia in quel modo?" brontolò Jeff.

"Scusate." Michael trovò qualcosa di interessante nei suoi piedi. Gli ci sarebbe voluto ancora del tempo, prima di abituarsi all’idea delle unità genitoriali così coinvolte nel loro gruppo.

"Stanno arrivando." disse Kyle dall’altra parte della stanza.

"Era ora." Isabel roteò gli occhi. Fu la prima ad accoglierli. "Ciao, Max." lo baciò sulla guancia. "Ciao, Liz." la strinse in un abbraccio. "Buon Nata … Oh, mio Dio! Dove hai preso questa? E’ … E’ … "

"Buon Natale, Isabel." risposero insieme i due ragazzi.

"Che cos’è che ha legato la lingua di Isabel?" chiese Maria, unendosi ai suoi amici sulla porta. "Whoa!" esclamò poi.

"Vi piace?" Liz abbassò lo sguardo sul girocollo. "Me lo ha dato Max."

* * * * *

"Bene." Max si alzò dalla sedia, tirando su Liz con lui e togliendosi le briciole cadute sulla maglietta. "Ora di giocare il ruolo di intrepido leader. Dobbiamo cercare di vedere più gente possibile prima di pranzo, così … "

"Aspetta, Max." lo chiamò Philip. "Prima che ve ne andiate, abbiamo un regalo di Natale per tutti voi."

"Papà." si lamentò Max. "Eravamo d’accordo … "

"No, figliolo." continuò Jeff. "Tu eri d’accordo. Ma, l’altra notte, abbiamo parlato ed abbiamo deciso che voi ragazzi avete bisogno che qualcosa di bello accada nelle vostre vite. Qualcosa che vi faccia ricordare per cosa state combattendo."

"Ci basta solo avervi con noi sani e salvi." gli disse Max con sincerità.

"Di che si tratta?" Liz strinse gli occhi, guardando i suoi genitori.

"Bene." Nancy si strinse nelle spalle. "Abbiamo pensato ad un matrimonio."

"Sì, ma noi siamo già sposati, mamma."

"Non voi due."

"Scordatevelo!" Maria scosse la testa. "Non fino a che io e Michael non saremo pronti."

"E credo che anche per me e per Connie sia un po’ presto."

"Non stavamo pensando a voi." Amy abbracciò la figlia.

"E nemmeno a voi, figliolo." Jim diede una pacca sulle spalle di Kyle.

"E allora a chi?" Isabel sollevò in aria la mano.

Max si guardò attorno nella stanza, gli occhi stretti. Vide l’anello che Amy aveva cercato di nascondere e si aprì in un sorriso. Toccò il gomito di Liz, indicandole Amy con un cenno della testa. Gli occhi della ragazza si spalancarono alla vista dell’anello. Entrambi traversarono la stanza.

"Congratulazioni." Max tese la sua mano.

"Grazie, figliolo." Jim la prese e la strinse.

Liz volò tra le braccia di Amy.

"Non posso crederci!" esclamò. "Quando?"

"Quando cosa?" Kyle e Maria si scambiarono un’occhiata confusa mentre tutti andavano a congratularsi con Jim e con Amy.

"Allora, quando sarà?" chiese Isabel.

"Quando sarà cosa? Mamma? Chi si spo … Oh, mio Dio!" Maria volò tra le braccia di sua madre.

"Non credevo che tu fossi così lenta." rise Amy. "Specialmente a proposito di qualcosa come questo."

"Wow, mamma. E’ meraviglioso."

"Okay, qualcuno vuole dirmi che diavolo sta succedendo?" gridò Kyle al di sopra del vociare della folla che si era stretta attorno ad Amy Deluca.

"Che ne pensa Buddha sul fare da testimone al matrimonio di tuo padre, figliolo?"

La comprensione comparve nello sguardo di Kyle. "Oh, Santa Cruccola!" grugnì. "Questo vuol dire che lei sarà mia sorella?"

"C’è di peggio." Max gli diede una pacca sulla spalla. "Quando la sposerà, Michael sarà tuo fratello."

* * * * *

"Guarda questo posto." Glenn indicò la gente che si stava affrettando lì attorno. "Sembra un alveare."

“Hanno tutti un lavoro da fare, figliolo." gli rispose Granny. "Max ha detto che dobbiamo mangiare tutti insieme, niente turni. E tutti stanno dando una mano."

"Ma i cuochi, e i camerieri?"

"Ha pensato già a tutto, caro."

"Okay. Ecco perché sono stato reclutato per riportare le sedie nei cottage, quando avremo finito, huh?"

"E’ il compito che hai estratto dal cappello?"

"Sì." annuì Glenn. "Tu cosa hai avuto, Sarah?"

"Io dovrò … servire a tavola."

"Non dirmelo. Visto che Max è un autentico Re vivente, lui se ne starà seduto sul trono e guarderà tutto dall’alto."

"Non è proprio così." ringhiò Maria. "Lui è stato in piedi fino a tardi per costruire la tettoia che riparerà il tuo sedere dalla neve mentre mangi." lo informò. "E Max ha estratto a sorte il compito di lavare i piatti dopo pranzo. Hai idea di quanta gente ha cercato di scambiare il proprio lavoro con il suo, per dargli modo di avere un compito un po’ più leggero? E puoi scommettere che in questo momento starà qui attorno a cercare di aiutare i cuochi o qualcun altro."

"A te cosa è toccato, Maria?" chiese Granny.

"Servire a tavola." rispose rabbiosamente la ragazza. "E anche a Liz. E’ incredibile. Giuro, la sorte ce l' ha con me. Una volta cameriera, cameriera per sempre. Ora, se volete scusarmi, vedo che sono pronti. Devo cominciare il mio lavoro."

Andò tutto liscio. Con un po’ di aiuto da parte di quelli più esperti, il cibo fu servito all’intero campo, seduto sotto la grande tettoia di legno. Bollente. Alla fine, furono tutti seduti e, dopo che uno dei membri più religiosi della compagnia ebbe recitato una preghiera di ringraziamento, cominciarono a mangiare.

Finito il pasto, sembrò che nessuno avesse voglia di alzarsi. Si appoggiarono alle spalliere delle sedie, giurando l’un l’altro che non avrebbero toccato cibo per una settimana. Il Maggiore Armstead si alzò in piedi e cominciò a battere il coltello contro il bicchiere. Il suono cristallino corse lungo la ‘sala’ ed attirò l’attenzione di tutti.

"Vorrei dire qualche parola." cominciò. "In effetti è qualcosa che avrei voluto dire l’altra notte, quando siamo rientrati dalla battaglia, ma Max mi ha preceduto."

Dagli ascoltatori si alzarono delle risatine.

"Penso che l’evento storico avvenuto l’altra notte debba essere ricordato, non fosse altro che da noi. Ma verrà il giorno che il mondo saprà quello che è successo qui."

Ci furono dei segni di assenso e qualcuno che disse ‘ascoltate! ascoltate!’

"E, in ogni caso, mi sembra appropriato poterlo dire oggi. Come un regalo di Natale. Così, a rischio di sembrare blasfemo, e scusandomi con William, ecco qui …"

Il silenzio completo scese tra gli astanti. Quando Armstead parlò, lo fece con autorità e con la voce tesa.

"Questo giorno sarà chiamato il giorno di Maxwell. Chi sopravviverà a questo giorno e tornerà salvo a casa, si alzerà in piedi, sentendolo nominare e fremerà al solo nome di Maxwell. Chi avrà vissuto questo giorno e arriverà ad essere vecchio, ogni anno, a questa vigilia, offrirà un banchetto e dirà ‘Domani è San Maxwell.’ Scoprendosi il petto mostrerà le cicatrici e dirà "Queste ferite le ho ricevute il giorno di San Maxwell."

Da vecchi si dimentica, ed egli tutto potrà dimenticare, ma ricorderà, sempre aggiungendo qualcosa, le gesta compiute quel giorno. E allora i nostri nomi, familiari sulla sua bocca come parole domestiche, Re Maxwell, Elizabeth, Isabel e Michael, Kyle e Jesse, Maria e Connie, rivivranno al ricordo, tra le traboccanti coppe.

E questo racconto il brav’ uomo farà a suo figlio e il giorno di San Maxwell non passerà mai, da oggi alla fine del mondo, senza che in esso noi non saremo ricordati. Noi pochi, noi pochi fortunati, noi manipolo di fratelli. Perché chi verserà oggi il suo sangue con Max, sarà suo fratello. Egli non sarà mai un vigliacco, questo giorno nobiliterà la sua anima.

E i gentiluomini, ora a letto, sulla Terra, si considereranno maledetti per non essersi trovati qui e abbasseranno lo sguardo, mentre parlerà chi di noi avrà combattuto nel giorno di Maxwell il Santo."
(*)(**)

(*) Nota dell’Autore: Plagiato senza vergogna dall’Enrico V di William Shakespeare.
(**) Nota della Traduttrice: Invece di tradurre il testo, l' ho trascritto prendendolo dalla scena finale di ‘Mezzo professore tra i marines’ con Danny De Vito, un film che adoro e che vi consiglio di vedere.


"This day is called the feast of Maxwell. He that outlives this day, and comes safe home, will stand a tip-toe when the day is named, and rouse him at the name of Maxwell. He that shall live this day, and see old age, will yearly on the vigil feast his neighbors, and say 'To-morrow is Saint Maxwell's day.' Then will he strip his sleeve and show his scars and say 'These wounds I had on Maxwell's day.'

Old men forget, yet all shall be forgot, but he'll remember with advantages what feats he did that day, then shall their names, familiar in his mouth as household words. Maxwell the King, Elizabeth, Isabel and Michael, Kyle and Jesse, Maria and Connie, be in their flowing cups freshly remembered. This story shall the good man teach his son, and King Maxwell shall ne'er go by, from this day to the ending of the world.

But we in it shall be remembered. We few, we happy few, we band of brothers. For he today that sheds his blood with Max shall be his brother, be he ne'er so vile. This day shall gentle his condition, and gentlemen on Earth now a-bed shall think themselves accursed they were not here, and hold their manhoods cheap whiles any speaks that fought with us upon Saint Maxwell's day." *


Quando il Maggiore Armstead tornò a sedersi, fu salutato da un applauso fragoroso. Max era seduto sulla sua sedia, con il viso rosso acceso, mentre tutti i suoi amici ridevano di lui. Molti sollevarono in alto i pollici. Liz si chinò su di lui e gli diede un veloce, ma dolce bacio. Lui le sorrise, poi sorrise alle cento facce che lo stavano guardando, mentre continuavano ad applaudire.

"Grazie." disse rivolto al Maggiore. " E, uhm … Buon Natale a tutti."

* * * * *

"Cosa?" sbraitò Nikolas al telefono.

"Sto chiamando da un ristorante vicino a Santa Fe."

"E oggi sono aperti? Pensavo che fosse una specie di festività religiosa."

"Sembra che qualcuno sia più religioso di altri. E’ uno dei posti che volevi controllassimo. C’è stato un assedio armato, un po’ di tempo fa. Sembra che siano successe cose strane. Come lampadine che hanno preso fuoco tutte insieme o vetri esplosi senza motivo. Questo genere di cose."

"Vogliamo arrivare subito al punto?"

"Ho fatto qualche domanda. Nessuno sembra sapere niente di utile. Il fatto è che hanno assunto un nuovo staff. Molti dei vecchi impiegati non sono voluti tornare al lavoro. Poi ho incontrato un tipo che mi ha sentito parlare con una cameriera. Lui è un venditore ambulante e quel giorno era qui, così gli ho mostrato le foto. Signore, lui ha riconosciuto Zan. Zan era qui, quel giorno."

"Buon lavoro." sorrise Nikolas. "Continua così."

Nikolas chiuse il telefono e prese uno spillo. Tolse uno spillo bianco dalla mappa e lo sostituì con uno rosso.

* * * * *

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Capitolo 59
*** 60 ***


Parte 60

"E questo è tutto." Max si strinse nelle spalle. Guardò attorno a lui gli amici più cari, aspettando la loro opinione. "In poche parole, il Presidente Forest vuole incontrarci."

"Tutto qui?" Kyle sollevò lo sguardo.

"Non proprio." Max si sedette sulla sedia accanto a quella di Liz. "Voglio dire, io non so di cosa Forest voglia parlarci. Glenn ha detto che il Presidente gli ha chiesto in organizzare un incontro con noi a Camp David. Ho la sensazione che voglia … accettare l’idea che esiste una vita oltre questo pianeta."

"No." Kyle scosse la testa. "Voglio dire, noi li perdoniamo e finisce tutto qui?"

"Dobbiamo pur cominciare da qualche parte, Kyle."

"Perché Camp David?" si chiese ad alta voce Isabel.

"Credo che lo abbia scelto perché non vuole che la stampa sappia di questo incontro. Cioè, è già difficile dire che forse c’è una vita là fuori, figurati se la stampa scrivesse che lui si è incontrato segretamente con degli alieni."

"Possiamo fidarci di lui?" Questa volta fu Jesse a fare la domanda.

"Noi possiamo fidarci di Glenn." rispose Liz per Max. "Forest è tutta un’altra cosa."

"Non ti fidi di lui, Liz?" Max aggrottò le sopracciglia.

"Non ho detto questo, Max." la ragazza si strinse nelle spalle. "Io non l' ho mai incontrato, così non posso sapere cosa lo spinge."

“Sta lavorando per la sua rielezione il prossimo anno." Connie arricciò le labbra. "Si può vederla in due modi. Uno, annuncia che gli alieni esistono e, per di più, lui è diventato loro amico; due, è una trappola e lui vuole usare … i vostri poteri per i suoi fini."

"Come voleva fare anche qualcun altro." Liz rabbrividì.

"In ognuno dei casi, lui ha vinto." annuì Connie.

"Ma se fosse sincero? Andiamo, ragazzi!" Maria roteò gli occhi. "Lui è il Presidente e tutto il resto. Se fosse sincero, potrebbe essere una cosa buona per tutti noi."

"Non ne sarei sicuro." Jesse scosse la testa. "Solo perché è il Presidente, non significa che rispetti le regole. Direi l’opposto. Voglio dire, qual è stato l’ultimo Presidente a meritare la nostra fiducia?"

"Sono d’accordo con Jesse." disse Isabel.

"Sentite." Max riprese il comando. "Mettiamolo ai voti. Okay? La maggioranza decide."

"Non solo gli alieni, vero?" Maria restrinse gli occhi.

"Non solo gli alieni." confermò Max. "Liz?"

"Io dico di sì."

"Maria?"

"Anche io. Sì."

"Jason?"

"No." Jesse scosse la testa. "Non credo che sia una buona idea."

"Io nemmeno, Max." Isabel prese la mano di Jesse. "Non posso fare a meno di ricordare quello i nostri cosiddetti capi hanno permesso che succedesse, quando … Io voto no."

"Kyle?"

"E come faccio a saperlo? Io voglio veramente tornare ad una vita normale, ma solo se lo volete anche voi ragazzi. Io voto sì."

"Connie?"

"Questa decisione non mi tocca quanto tocca voi ragazzi." Connie scosse la testa. "Forse io non dovrei votare."

“Tu sei una di noi." le sorrise Max. "E tutto questo riguarda anche te, a meno che non abbia letto male i segnali." Max sorrise a Kyle, che le teneva la mano.

"Bene, in questo caso … Io sono cresciuta con la convinzione che devi fidarti dei tuoi governanti. E’ per questo che mi sono arruolata, sapete? Per aiutare a proteggere l’America. Poi … " un’ombra scura passò negli occhi di Connie. Quando tornò a parlare, lo fece con voce tesa. "Mio padre è stato quasi ucciso da quella stessa gente di cui mi era stato detto di fidarmi, solo per tenere segreta la vostra presenza. Io voto no." Diede un’occhiata di scuse a Kyle.

"Michael?"

Michael guardò ad uno ad uno i suoi amici.

"Quando tutto questo è cominciato," respirò a fondo, passandosi una mano sulla fronte. "la nostra vita in fuga, voglio dire, ho pensato veramente che saremmo stati catturati … ed uccisi. Uno ad uno. Ma non è successo. Tu ci hai guidato attraverso molte difficoltà, Maxwell, ma ne siamo usciti ogni volta. So quanto tu voglia vivere una vita normale, e forse Forest è la tua occasione. Io voto sì."

"Grazie a tutti." annuì Max. "Quattro voti a favore, contro tre. Domani, dopo il matrimonio, parlerò con Glenn e gli dirò di organizzare l’incontro."

"Per quando?" Michael sollevò lo sguardo su di lui.

"Io e Liz andremo a trovare Langley a Los Angeles dopo Capodanno, così che ne pensate se lo fissiamo per il primo fine settimana dell’anno nuovo?"

* * * * *

Mentre gli altri si alzarono per lasciare il ristorante dove si era tenuta la riunione, Kyle rimase seduto a guardare gli amici.

"Liz?" il ragazzo attirò la sua attenzione quando lei stava per prendere la mano di Max e seguire gli altri.

"Sì, Kyle?" Liz si fermò.

Kyle guardò verso suo marito e poi guardò i suoi piedi. A Liz non sfuggì il gesto, né il suo significato.

"Max." chiamò Liz. "Ho bisogno di parlare un momento con Kyle. Okay?"

Max si voltò e vide lo sguardo teso negli occhi di Kyle. "Certo." disse, stringendosi nelle spalle. "Vuoi che ti aspetti qui fuori?"

"No. Torna pure al cottage. Vengo subito."

"Okay." Max andò verso la moglie per salutarla con un bacio prima di andarsene. "Non metterci molto."

Mentre lasciava l’edificio, Max vide Eldugar mettersi al fianco di Liz, prendendo una posizione di difesa. Per lui, era come se Kyle non esistesse, mentre l’alto alieno muoveva lo sguardo attorno la stanza. Max sorrise. Sapeva che dopo lo spavento nel recente episodio in cui Bektor aveva dato la sua vita per lei, gli Antariani erano diventati inquieti per la sicurezza di Liz. Eldugar si assicurava, quando Max non era nei paraggi, di essere pronto ‘a prendere il proiettile’ se fosse stato necessario.

"Mi chiedo cosa ne pensi Katya di questo." rifletté Max ad alta voce.

"Prego?" Connie aggrottò le sopracciglia.

"Niente." Max fece un grande sorriso. "Stavo solo pensando ad alta voce. Ascolta, Connie." Max le posò una mano sul braccio. Un gesto di simpatia, pensò lui. "Sono sicuro che tuo padre stia bene. Voglio dire, sa badare a se stesso, no?"

“Sì." annuì lei. "E’ solo che mi manca, sai? Non prenderla male, ma voi ragazzi avete i vostri genitori con voi. E per quanto mi piaccia Kyle, qualche volta una ragazza ha bisogno di suo padre."

"Mi dispiace." sospirò Max.

"Non è colpa tua … direttamente. Tu gli hai salvato la vita. E per questo, ti ringrazio."

Max guardò il cielo e scosse la testa.

"Vorrei che tutto questo finisse." poi tornò a guardare Connie. "Senti, devo andare a sistemare qualcosa. Ci vediamo più tardi, okay?"

"Certo, Max."

* * * * *

"Allora, Kyle. Cosa c’è?" Dalla finestra Liz guardò Max parlare con Connie e poi dirigersi verso il campo.

"Uhm … " Kyle guardò Eldugar che si era fermato alle spalle di Liz.

“Puoi provare a liberarti di lui, se ci riesci, Kyle." Liz si strinse nelle spalle. "Ma non ci sarà verso che se ne vada. Non dopo … "

“Oh, okay." annuì Kyle rassegnato.

"Allora, perché hai voluto vedermi?"

"Tu sei una delle damigelle di Amy, vero?"

"E’ quello che lei ha voluto. Maria come testimone e io come damigella. Perché?" Liz si accigliò. "Jim ha qualche problema con questa scelta?"

"Cosa?" Kyle sembrò scioccato. "No. Andiamo, Liz. Sai che mio padre ti considera una figlia. E’ felice come un cane da caccia in calore che tu sia una delle damigelle."

"Simpatica analogia." Liz scosse la testa con una smorfia. "E allora, qual è il problema?"

"Bene, tu sai che sarà Michael ad accompagnare Amy all’altare, vero?"

"Ah." Liz comprese al volo. "Normalmente, tu ti saresti aspettato di camminare per la navata con Maria, ma con Michael lì … "

"Sì, così mi chiedevo … "

"Certamente." Liz cominciò a ridere. "Sarò onorata di stare con te."

"Grazie." le sorrise Kyle. "Ma mi chiedevo se potessi chiederlo tu a Max."

"Oh." Liz cercò di tenere l’espressione seria. "Vuoi dire che vuoi Max al tuo fianco?"

"Co … cosa?" balbettò Kyle. "Liz, no!" il suo viso era la maschera dell’oltraggio.

"Te l' ho fatta." Liz scoppiò a ridere.

Kyle la guardò, aprendo e chiudendo la bocca, senza che ne uscisse una parola. "Sì." Kyle rise con lei. "Ci sono cascato come un baccalà."

"Non … ridevo … così … da … una vita." cercò di dire Liz tra accessi di risate isteriche.

"Nemmeno io." Kyle era piegato in due, con le mani appoggiate sulle ginocchia. "E’ così bello, però."

Liz smise di ridere, e spalancò gli occhi con orrore. "Sarà meglio … " Ed indicò la porta, prima di correre via.

"Dannazione!" imprecò Kyle. "Me e la mia grossa bocca."

* * * * *

"Che sta facendo?" Jim guardò ancora una volta alle sue spalle. Le sue mani erano agitate, come se stessero cercando qualcosa.

"Sarà qui." disse Kyle al suo fianco

"Non lo so." Jim saltellò da un piede all’altro. "Credo di essere più nervoso adesso di quanto lo sia stato l’altra notte durante … lo sai."

La tettoia che era stata usata per il pranzo di Natale, faceva ora da cappella. Jim era in piedi, alla base del podio, dove il ministro di una chiesa lì vicino era accanto all’altare improvvisato e stava chiudendo la sua Bibbia. Dietro di lui, si erano raggruppati tutti, tranne quelli che erano di servizio.

"Rilassati." Kyle si strinse nelle spalle. "Non è che tu non lo abbia già fatto prima."

"Non per venti lunghi anni. Almeno." Guardò l’orologio. "Cos’è che la trattiene?"

"Ma le spose non devono arrivare in ritardo?" ridacchiò Max dalla sedia alle spalle di Jim.

"Anche Liz è arrivata in ritardo?" Jim sollevò un sopracciglio e si voltò a guardare Max.

"Stai scherzando?" Isabel, da dietro Max, roteò gli occhi. "Era così desiderosa di sposare Max, quanto lo era lui di sposare lei. Anzi, è arrivata in anticipo."

"E’ arrivata in ritardo, Jim." Max diede ad Isabel un’occhiataccia.

"Solo perché io e Maria l’abbiamo trattenuta." Isabel cominciò a ridere.

"Avresti dovuto lasciarmi tenere il mio cappello." rimproverò Jim a Kyle. "Almeno avrei avuto qualcosa con la quale tenere occupate le mani."

"Cosa?" chiese Isabel, "Non puoi sposarti con in testa un cappello da cowboy."

"Perché no?" Jim si passò le mani tra i capelli. "Senza, mi sento quasi nudo."

"Però ha tenuto i suoi stivali." Kyle guardò i piedi di Jim.

"Uomini." Isabel roteò gli occhi e scosse la testa.

* * * * *

"Mamma." il viso di Maria si illuminò alla vista della madre vestita con un abito color crema. "Sei assolutamente … "

"Bella." finì Liz.

"Grazie, ragazze." Amy sorrise. "E mi sento anche bella. Isabel ha fatto un buon lavoro."

"Che possiamo dire?" Liz roteò gli occhi. "Ormai ha accumulato abbastanza pratica. Ma hai ragione. Il vestito ti sta molto bene."

Amy aveva scelto un vestito a mezza gamba, sorretto da spalline. Per affrontare il freddo, aveva un bolero intonato per coprire le spalle. Non aveva fronzoli, né merletti. Liz si era offerta volontaria per fornire ad Isabel abbastanza seta per confezionare il vestito, che fasciava Amy come un guanto. Isabel aveva preparato anche un velo che si intonasse all’abito. Liz aveva usato i suoi crescenti poteri per incoraggiare dei fiori a sbocciare, perché il bouquet per Amy fosse perfetto.

"Anche voi ragazze avete un aspetto favoloso."

"Grazie." entrambe le ragazze le sorrisero.

Come quello di Amy, anche le ragazze indossavano vestiti a mezza gamba, con le spalline e i boleri abbinati. Il sottile materiale che aderiva come una seconda pelle, era di un pallido color lilla.

"Lo sapete che tutti i ragazzi non avranno occhi che per voi?" Amy strizzò l’occhio. "E non solo i vostri."

"Mamma!" Maria roteò gli occhi.

"E’ quasi ora." disse Michael dalla porta.

"Non ancora." la fermò Maria. "Lei deve arrivare in ritardo. E’ tradizione."

"Non credo che, oggi, dobbiamo preoccuparci delle tradizioni, Maria." Amy roteò gli occhi. "Non è che non mi sia già sposata prima d’ora."

"Tu devi arrivare in ritardo, mamma." Maria fu adamantina.

"Liz è arrivata in ritardo?"

"Sì." Liz era indignata. "Ma non è stata un’idea MIA. hanno dovuto ricorrere alla forza fisica per impedirmi di correre fino alla cappella."

"Eravate in fuga, no?" Amy guardò la ragazza che per Maria era sempre stata una sorella. "Quando tu e Max vi siete sposati, voglio dire. Avrei voluto esserci."

"E’ stato bellissimo." annuì Liz.

"Qualche rimpianto?"

"Solo per il fatto che la mia famiglia ed i miei amici non fossero lì per rendere il giorno ancora più speciale. Ma per aver sposato Max? Nessun rimpianto."

"Ad ogni modo, mamma," la interruppe Maria. "Questo è il tuo giorno. E deve essere meraviglioso. Così … siamo pronte?"

"Come non lo sono mai stata." annuì Amy.

Amy uscì dalla porta, con Liz e Maria in fila dietro di lei. Liz sollevò la mano e la porta si aprì. Amy guardò oltre la sua spalla e le sorrise.

"Sei deliziosa, Amy." Michael le sorrise, tendendole la mano.

"Che caro ragazzo." Amy e si mise sottobraccio a Michael.

"Anche tu sei bella, Maria."

"Fermati, cuore mio." Maria alzò gli occhi al cielo.

"Grazie, Michael." disse Liz alle sue spalle.

"Uhm … anche tu, Liz."

Maria si spinse in avanti e dette una schicchera all’orecchio di Michael.

"Dovresti prendere lezioni da Max." gli sussurrò Amy da un lato della bocca.

"Credo che tu abbia ragione." Michael guardò il soffitto.

* * * * *

Il cuore di Jim Valenti accelerò il battito alle prime note della Marcia Nuziale. Le sue gambe cominciarono a tremare.

"Ti prego, Dio, non farmi cadere. Non mettermi in imbarazzo." mormorò Jim, accanto a Kyle davanti all’altare. "Come su quei video amatoriali."

Si arrischiò a dare un’occhiata alle sue spalle e il suo cuore saltò un colpo quando vide quanto era bella Amy. Poté vedere che, come lui, anche Amy aveva sul viso un sorriso nervoso.

"Meno male che non sono il solo." scosse leggermente la testa.

Dietro Amy, poté vedere lo sguardo soddisfatto di Maria, come se tutto quello fosse stato una sua idea fin dall’inizio. Ma con Maria, non si poteva mai sapere. Forse lo era stato veramente. Dietro Maria, quasi nascosta dalle due donne più alte, Liz sembrava proprio una Regina. Chi avrebbe mai detto che la Regina di un distante pianeta avrebbe assistito al matrimonio di James Valenti Junior, Vice Sceriffo di una piccola cittadina americana del Mid-West? Che storia sarebbe stata per i giornali.

"Nervoso?" mimò Amy con la bocca quando fu al suo fianco.

Con gli occhi fissi nei suoi, Jim annuì. "Tu?" mimò in risposta.

Amy fece un veloce cenno di assenso con la testa, poi si voltò verso Maria e le tese il bouquet. Sollevò il velo e guardò il celebrante, cercando la mano di Jim.

"Cari amici." il ministro sollevò lo sguardo sull’emorme congregazione. "Siamo oggi qui riuniti davanti a Dio …"

* * * * *

"Quello che oggi il Signore ha unito … " pronunciò alla fine il ministro. " … nessun uomo divida."

"O alieno." mormorò a bassa voce Kyle.

Tra gli applausi dei presenti, Jim prese Amy tra le braccia e la baciò. Dopo quella che a Jim e ad Amy sembrò un’eternità, ma che per gli altri furono pochi secondi, si separarono e, sorridendo come un idiota, Jim scortò la nuova signora Valenti lungo la navata. Kyle camminò dietro al padre ed offrì il suo braccio a Liz. Lei sorrise e vi posò sopra la mano.

"Allora." lui le fece l’occhiolino. "Oggi sono io il testimone."

"Tu sei solo il testimone di Jim, Kyle." Liz gli sorrise, guardando Max. "Non il mio."

* * * * *

"Posso?" Michael offrì il braccio a Maria.

"Puoi." rise lei, infilando il braccio sotto quello di Michael. "Non posso crederci." disse con le lacrime agli occhi. "Mia madre è cresciuta."

Michael la guardò con la coda dell’occhio.

"Sai cosa voglio dire."

"Sai una cosa?" Michael scosse la testa. "Il pensiero mi terrorizza, ma credo che ce la farò."

Max guardò Liz camminare davanti a lui al braccio di Kyle. Una fitta di … ingiustizia, passò dentro di lui. Si placò soltanto quando Liz distolse lo sguardo da Kyle, con cui stava dividendo qualche battuta divertente, e gli sorrise, un sorriso pieno di calore e di amore.

"Ti amo." gli disse silenziosamente.

"Anche io ti amo." rispose lui, senza che nessun suono gli lasciasse le labbra. "Sei bella."

"Grazie." Liz abbassò gli occhi e le sue guance si tinsero di rosa.

"Stai bene?" chiese Max a Connie mentre la scortava per la navata, dietro a Michael e Maria.

"Certo." Rispose lei.

"No che non stai bene." Max scosse la testa.

"E questo sarebbe un tuo nuovo potere?" lei chinò la testa da un lato.

"Potrebbe essere. Vuoi dirmi cosa ti disturba?"

"Non lo so." lei si strinse nelle spalle. "Io credo che … qualche volta … mi sento un’intrusa."

"E’ per qualcosa che noi facciamo?" Max si accigliò. "O che noi non facciamo? Perché non è intenzionale. Tu puoi essere con noi solo da poco tempo, Connie, ma tu sei in tutto e per tutto un membro importante del nostro gruppo, come Jesse, o Maria, o Liz, o perfino me."

"No." Connie scosse la testa. "Non importante come te o Liz. E no, non dipende da qualcosa che avete fatto o che avete detto. Voi ragazzi mi avete fatto sentire la benvenuta, parte della squadra. E’ … che … "

"E’ perché tu sei quasi orfana. Tutti noi abbiamo intorno i genitori. Perfino Michael è stato adottato dagli altri."

"Sì." annuì Connie.

"Bene." Max fece un sorriso compiaciuto. "Ora che sono sposati, Jim e Amy, tormenteranno i loro ragazzi perché si sposino anche loro. Questo vuol dire Maria e Kyle. Così non preoccuparti se ora Amy si comporterà con te come mamma chioccia."

"Sai?" Connie guardò Max e sorrise. "Credo che potrebbe piacermi."

Tutti si recarono al ristorante. Proprio fuori dall’entrata principale era stato eretto un padiglione per accogliere gli ospiti del matrimonio. Per il pranzo, erano stati invitati solo i familiari e gli amici più intimi, ma l’intero campo era stato invitato alla cerimonia ed al brindisi che sarebbe seguito. Così, mentre Max aveva messo tutti in fila davanti all’entrata, in modo che potessero andare a salutare gli sposi, Jim, Amy e gli altri si erano allineati per accoglierli. A Max sembrò volerci una eternità ma, alla fine, anche l’ultima persona varcò la soglia del padiglione. E lui riuscì ad entrare.

"Congratulazioni, Jim." gli disse stringendogli la mano.

"E’ stata dannatamente lunga, vero?"

"E non è ancora finita." Max andò da Amy e le baciò una guancia. "Sta attenta, Amy." le disse ridacchiando. "Sai che quando ho guarito Liz l' ho cambiata, vero? Ho sentito dire che il sesso alieno può essere piuttosto esplosivo."

"Cosa?" Amy guardò Jim ad occhi spalancati.

"E’ una bella cosa da dire." ridacchiò Michael, stringendogli la mano. "Vorrei averci pensato io."

Max guardò Michael con una smorfia e scosse la testa.

"Cosa c’è?" l’espressione di Michael cambiò.

Maria stava cercando di reprimere una risata, quando Max arrivò da lei.

“Verrà il tuo momento, Maria." Max le baciò una guancia. "Te lo prometto."

Max strinse la mano di Kyle, ma non sentì una sola parola tra quelle che vennero fuori dalla bocca del ragazzo. Max poteva sentirla. Con la coda dell’occhio, vide Liz parlare con l’ultimo uomo che lui aveva fatto entrare. Max lasciò Kyle e, sorprendendola a metà di una frase, le posò un braccio attorno alla vita e l’altro attorno alle spalle, la mano poggiata contro la nuca. L’attirò a sé per darle un bacio, lungo, profondo ed appassionato. Le loro labbra si carezzarono, le lingue si cercarono ed il bacio finì solo quando Max temette di perdere il suo prezioso fardello, quando sentì venirgli meno le ginocchia.

Rilasciata da quel corpo a corpo, Liz non riuscì a stare in piedi da sola, così Max la sostenne, mentre una delle cameriere si avvicinava a loro con un vassoio pieno di bicchieri. Max ne tese uno a Liz e ne prese uno per sé.

"Max." ansimò la ragazza. Anche nello stupore della passione si rese conto del pericolo di mischiare Max ed alcol.

"Succo di mela." Max sollevò il suo bicchiere e sorrise.

"Signore e Signori." disse il giovane uomo che aveva accettato di fare da maestro di Cerimonia. "Vi presento lo sposo e la sposa."

Tutti sollevarono i bicchieri. "Allo sposo ed alla sposa." intonarono tutti insieme, prima di prendere un sorso della loro bevanda.

* * * * *

Max non riusciva a smettere di stupirsi di quanto gli uomini che lo avevano seguito, avevano fatto per lui e per la sua famiglia. Molti di loro si erano offerti volontari come cuochi o camerieri, o per qualsiasi altro compito era stato necessario. Come organizzatrice del matrimonio, Isabel aveva avuto una giornata campale, per dare a ciascuno il suo compito. Più di una volta, Max aveva sentito le parole ‘matrimonio’ e ‘nazista’ nella stessa frase. Aveva usato la sua crescente saggezza regale e si era tenuto lontano dalle donne.

"Che bello!" Liz era raggiante. "Proprio quello di cui avevamo bisogno."

"Sì." concordò Max. “Ed un giorno, sarà abbastanza sicuro per Michael smettere di evitare il suo grande giorno."

"E anche Kyle e Connie."

"Forse, si potrebbe fare un doppio matrimonio."

"Forse. Max, quando sarà sicuro, tu … credi … credi che potremmo cominciare a pensare al suggerimento di Bektor? So che quello che ci ha detto ha un senso, ma cosa ne pensi veramente?"

"Credo che non mi piacerebbe niente di più che cominciare una famiglia con te, Liz." Max allungò una mano e le toccò il viso con un senso di referenza. "Vederti sbocciare, con mio figlio dentro di te, per me sarebbe il paradiso. Ma solo se e quando, entrambi saremo pronti. Abbiamo un sacco di sogni da realizzare."

Un suono attrasse la loro attenzione. Kyle si era alzato e stava colpendo leggermente il bicchiere col coltello. Quando ebbe l’attenzione di tutti, prese una grande mela da una composizione davanti a lui e si guardò attorno nella stanza. Tese la mela sul palmo aperto della mano.

"Ahimè, povero Yorick." cominciò a recitare. "Lo conoscevo così bene."

"Horatio." Liz scosse la testa e tutti risero allo scherzo di Kyle. "Io lo conoscevo, Horatio."

"E’ solo un atleta." Max le sorrise.

"No." continuò Kyle. "A differenza del nostro amico, il Maggiore Armstead, io non userò le parole di un poeta morto per gtrasformarle in un’altra lode per Max Evans."

Ci furono altre risate.

"Perché, per una volta, oggi non parleremo di Max. Oggi è il giorno di mio padre e della madre di Maria. Jim e Amy."

"E’ vero. E’ vero." Fu il mormorio generale. E Max fu il primo a dirlo.

"L’altro giorno, Maria mi stava raccontando di quando mio padre stava ancora cercando di scoprire il segreto di Max, di come lei e Liz erano tornate a casa di Maria ed avevano trovato il suo cappello e quello che avanzava di una torta in cucina. Amy e Jim uscirono da una camera e il loro aspetto … bene, diciamo che la torta non era stata l’unica cosa sul menù di quella sera."

All’espressione imbarazzata sui visi dello sposo e della sposa, tutti i presenti scoppiarono di nuovo a ridere.

"Credo che, quel giorno, fu l’inizio di un sentiero difficile, pieno di rocce piuttosto grandi. Ma è passato molto tempo, papà, e tu non sai quanto sia felice di sapere che tu non sarai più solo. E tra tutte le donne che avresti potuto avere, sono felice che tu abbia scelto Amy. Benvenuta in famiglia, Amy." Kyle guardò Maria. "E benvenuta in famiglia, Maria."

Kyle suscitò un assortimento di esclamazioni.

"Io e Maria possiamo anche non vivere più in famiglia," Kyle si guardò attorno nella stanza. "Ma posso rivelarvi che presto casa Valenti risuonerà ancora del rumore di piccole zampette."

Tutti si voltarono a guardare gli occhi spalancati di Jim ed Amy. Molte domande silenziose non ebbero risposta.

"Mamma!" squittì Maria guardando scioccata sua madre.

"E’ vero." annuì Kyle. "Papà ha sempre detto che, se si fosse risposato, avrebbe preso un cane."

* * * * *

Al suono insistente del campanello, Nikolas sollevò lo sguardo dalla televisione, dove stava con gli occhi incollati a guardare il canale via cavo che aveva decodificato. Corpi nudi si contorcevano sullo schermo.

"Chi è?" domandò

"Dregen, signore. Sono andato in quel garage nel Nebraska." riferì la voce lontana. "Lei sa quale. La storia di quel tipo che ha distrutto le motociclette mettendoci solo sopra una mano."

"Allora era Zan?"

"No." lo contraddisse la voce. "Penso che sia stato Rath. E dove c’è Rath, Zan non può essere lontano."

"Qualcuno ha riconosciuto le foto?"

"Dei ragazzi qui pensano che quel tipo rassomigli ad uno di quelli nelle foto, ma lo hanno notato a malapena. Erano troppo occupati a salvarsi la vita."

"Qualcuno ha visto dove sono andati?"

"No. Ma ho cominciato a fare qualche domanda qui intorno. Ho fatto finta di essere un investigatore privato che sta cercando dei ragazzi fuggiti di casa. Qualche locale ha ricordato che una piccola banda di adolescenti ha aiutato una vecchia signora un po’ di tempo fa, al momento del raccolto."

Nikolas sobbalzò.

"Ma quei ragazzi se ne sono andati quando sono comparsi dei federali. Tutti hanno immaginato che fossero dei fuggitivi."

"Allora è un vicolo cieco?"

"Forse no. Sono stato a casa della vecchia. Era chiusa. Un passante mi ha detto che è andata a trovare una famiglia di amici in Idaho, più di una settimana fa."

"E allora?"

"Con un camion pieno di provviste. Quanto bastava per sfamare un piccolo esercito."

Nikolas posò il telefono ed andò verso la mappa. Localizzò lo spillo bianco nel Nebraska e lo sostituì con uno rosso. Poi tracciò una linea verso ovest, verso l’Idaho, dove erano appuntati diversi spilli bianchi.

"Slekt!" chiamò. Un uomo basso infilò la testa attraverso la porta aperta. "Dammi i dettagli di questo posto!" Nikolas puntò con dito la zona piena di spilli bianchi. "Camp Sawtooth."

"Immediatamente, signore." lo salutò lo Skin chiamato Slekt.

Rientrò nella piccola stanza e cercò tra i suoi documenti, cercando quello di cui Nikolas aveva chiesto notizie. Lo trovò e lo aprì, tornando da Nikolas.

"Una rapina di paghe andata male." lesse Slekt. "I malviventi sono stati sopraffatti da alcuni ragazzi. Hanno detto di aver sparato nell’addome ad una ragazza, che successivamente è stata trovata illesa."

"Perché tutto questo mi suona familiare?" Nikolas scosse la testa. "Avrebbe fatto prima a lasciare un neon acceso con scritto ‘Sono qui’. Che cos’è esattamente Camp Sawtooth?"

"Quello che dice il nome." Slekt si strinse nelle spalle. "Dove la gente va a fare campeggio. Tranne che ci sono cottage e chalet."

"Grande abbastanza da ospitare un piccolo esercito?"

"Sì." annuì Slekt. "Sembrerebbe così."

"Richiama tutti qui." ordinò Nikolas. "Raduna le truppe. Con un po’ di fortuna potremo sistemare tutto prima dell’arrivo di Khivar."

Nikolas guardò Slekt correre verso il trasmettitore. Si voltò verso la mappa e guardò la fotografia di Max appuntata nell’angolo superiore.

"Questa volta sei mio!" disse infilando uno spillo rosso tra gli occhi di Max.

* * * * *

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Capitolo 60
*** 61 ***


Parte 61

Potrei abituarmi a tutto questo." disse Max salendo sul lussuoso jet privato.

"Anche io." Liz si sedette accanto a lui e si allacciarono le cinture di sicurezza. "E’ stupefacente che qualcuno abbia organizzato tutto questo per noi. Ti rendi conto che tra te e i tuoi uomini, non c’è niente che non possiamo fare?"

"I miei uomini?"

"Huh?" Liz sembrò confusa.

"Li hai chiamati i miei uomini."

"Sì. Lo sono. Una specie."

"E’ che … sentirtelo dire … sai? Come se fossi una specie di … "

"Re?" Liz inclinò la testa. "Che tu lo voglia o no, Max, stai diventando un diavolo di leader. E se tu sei il Re, allora … perché no? Purché tu rimanga l’autentico Max che noi tutti conosciamo e … amiamo."

"Loro sono anche i tuoi uomini." le sorrise Max.

"Lo so." Liz si strinse nelle spalle. "Ma che ci farei con loro?"

"Se Kyle fosse qui … "

"Ma non c’è." lei gli premette un dito sulle labbra. "Così non ti azzardare a dirlo."

Un’altra coppia si unì a loro nella cabina.

"Il pilota dice che decolleremo subito." li informò Eldugar.

"Grazie." Max annuì mentre Eldugar si sedeva nel sedile opposto al loro.

"Grazie ancora per aver sistemato tutto, Liz." Eldugar guardò Katya sedersi accanto a lui ed allacciarsi la cintura. Katya gli prese la mano e si aggiustarono sui sedili. Tutti e due sembravano impressionati dall’aereo, come lo erano stati dagli elicotteri. Per niente affatto.

"Non è stato un disturbo." Liz scosse la testa. "Come ho detto a Serena, è più facile spiegare la presenza di due giovani coppie che quella di una sola con un uomo al seguito. E, per quanto non tenga conto dell’opinione degli estranei, se la gente che incontreremo è cattiva la metà di quello che immagino, ci sarebbero stati commenti stupidi che non solo avrebbero messo Max in imbarazzo, ma lo avrebbero ferito."

"Tu sei troppo buona con me." la prese in giro Max.

"Lo so." Liz scrollò le spalle. "Ma ne vale la pena, vero?"

"Decisamente." Max si chinò a darle un bacio.

"Sai?" Liz ridacchiò, ricambiando il bacio del marito. "Per qualche motivo, il Club Mille Miglia non mi sembra più così eccitante."

"Mi chiedo perché." sogghignò Max, ignorando lo strano sguardo delle loro guardie.

* * * * *

"Ti ho già detto quanto sei bella?" le chiese Max mentre stavano andando, sulla limousine presa a noleggio, a casa di Cal Langley.

Liz aveva i capelli sollevati sulla testa, con una cascata di riccioli ed una coroncina di fiori. Indossava un corto e aderente abito dorato con le spalline, che metteva in mostra ogni curva del suo corpo, e dei sandali dorati, abbinati all’abito.

"Sì." Liz annuì, guardando Max in un abito da sera blu. Gli sistemò il nodo della cravatta, leccandosi le labbra. "Ma tu sai quanto a noi donne piaccia sentirselo dire. Ancora ed ancora."

"Bene, allora te lo dirò. Ancora ed ancora. Tu sei assolutamente bellissima, Liz."

"Scommetto che lo dici a tutte le ragazze."

"No." Max scosse la testa. "Solo ad una minoranza selezionata. Solo se hanno lunghi capelli color cioccolata, profondi occhi scuri, una figura piccola e sono vere e leali."

"Mi stai dicendo che non mi ameresti se fossi calva e grassa?"

“Assolutamente no." ridacchiò Max. "Come Re, ho un’immagine da salvaguardare. Noi siamo autorizzati solo ad avere Regine bellissime, giusto?"

"E ‘questo’ chi lo avrebbe deciso?" Liz inarcò le sopracciglia.

"Non le ho fatte io le regole, Liz." ridacchiò Max. "Io sto solo cercando di conviverci."

"E cosa mi dici della Regina Elizabeth prima? Mi stai dicendo che era bella?"

"Certo." annuì Max. "Se ti piacciono le parrucche, una brutta pelle, denti mancanti e un odore come quello degli spogliatoi maschili dopo una partita."

"Che bel ritratto che ne hai fatto, Max." Liz arricciò il naso. "No, grazie."

"Stasera sei bella, Liz." Max allungò la mano e carezzò dolcemente quella di lei. "Veramente bella. Come sempre. Ma è la tua anima che mi chiama. E ancora quella la cosa più bella. Il tuo aspetto esterno è una ciliegina su una torta già deliziosa."

Max e Liz si guardarono negli occhi e, proprio mentre stavano perdendosi uno nell’altra, il viaggio terminò.

"Max, Liz." Eldugar si schiarì la voce. "Credo che ci siamo."

Eldugar e Katya scesero per primi dalla Limo. Dopo essersi guardati attorno, per accertarsi che non ci fossero minacce alla vita dei loro monarchi, Katya infilò la testa nell’abitacolo ed annuì. Max scese per primo e tese una mano a Liz. L’aiutò ad uscire dalla macchina, tra i commenti sottovoce dei presenti, che speravano di incontrare qualcuna delle celebrità presenti alla famosa festa di Capodanno tenuta dall’altrettanto famoso produttore Cal Langley.

"Chi è?" sussurrò qualcuno. "Lo conosci?"

"E’ quel ragazzo … come-si-chiama? Quello che ha fatto quel film su quella cosa … "

"Non lo so." aggiunse qualcun altro. "Ma la ragazza, non è la protagonista di quello spettacolo … ?"

Max era ignaro dei complimenti e dei lampi di flash attorno a lui. Mentre aiutava la moglie a scendere dall’auto, fece il possibile per smettere di guardare l’attaccatura dei seni che Liz aveva messo in vista scendendo. Quando intravide la sua gamba, dai tacchi alti dei suoi sandali su fino alla biancheria intima, cominciò a sudare.

"Qual è il problema, Max?" Liz gli sorrise, fingendo uno sguardo di completa innocenza.

"Sono le mutandine che tu … "

"No." Liz scosse la testa. " Quelle erano completamente inadatte."

"Oh." Max sembrò sollevato.

"Erano troppo grandi per questo vestito. Ne ho dovuto fare un paio più piccolo."

Max cominciò ad ansimare per mancanza di aria.

"Mi farai venire un infarto, Liz." si lamentò il ragazzo.

"Uh huh." lei rise e si posò lo scialle abbinato attorno alle braccia ed alle spalle. "Ma aspetta che la notte sia finita, okay?"

Max la prese sottobraccio e la fece avvicinare al cancello, che Eldugar e Kalyn avevano presidiato con un aspetto molto minaccioso. Intorno a loro, poterono sentire le chiacchiere eccitate dei presenti, mentre la gente si chiedeva chi fossero.

"Non ti piacerebbe dire loro la verità?" Liz gli fece l’occhiolino.

In risposta, Max sogghignò. "E pensi che poi starebbero ancora qua attorno?"

"Voi …?" una impressionante guardia della sicurezza, prese una lista e cominciò a controllarla.

"Stiamo andando a trovare il mio vecchio amico Cal." Max si strinse nelle spalle.

"No, volevo dire voi chi siete?"

"Vuoi dirmi che non lo sai?" Max sembrò offendersi.

"Mi dispiace, signore." balbettò l’uomo. La sua espressione cambiò. "Non è molto che sono qui. Temo di non conoscere nessuno."

"Devo parlare di lei con Cal."

"Si, signore." annuì l’uomo, col viso ormai rosso brillante. "Ma, nel frattempo, temo che dovrò chiedervi i vostri nomi."

"Io sono … "

"Il signore e la signora Eattie." Liz scosse la testa. Allungò la mano e la posò sulla lista. "E sa una cosa. Credo che sia l’ultimo nome della lista."

La guardia voltò le pagine della lista fino ad arrivare all’ultima. Proprio in fondo c’era scritto ‘signore e signora Eattie più due’. L’uomo si fece da parte per farli entrare.

"Grazie." Liz gli sorrise.

"Dovere. Passate una bella serata."

"Stai diventando brava." Max sorrise con orgoglio, mentre passavano il cancello.

"Grazie." Liz sorrise anche a lui.

"Eattie?" Max sollevò un sopracciglio.

"Mi sembrava adatto." rise Liz.

Mano nella mano, camminarono per la casa, indicandosi l’un l’altra le celebrità.

"Verrà un giorno, Max," Liz lo guardò con gli occhi pieni di adorazione "che sarai tu ad essere quello famoso che gli altri indicheranno."

Max la studiò per un momento, poi sorrise. "E allora sarai famosa anche tu."

"Non si può avere tutto." lei si strinse nelle spalle.

"Vuoi qualcosa da bere?"

"Sì, per favore." Liz annuì.

"Alcolico o no?"

"No." Liz scosse la testa.

"Okay." Max sorrise prima di dirigersi ad uno dei molti bar.

Non ci volle molto tempo perché Liz non fosse più sola.

"Ciao, Viso di bambola." le disse qualcuno dal suo fianco.

"Oh." Liz non sembrò impressionata.

"Tu sai chi sono, vero?"

L’uomo indossava un abito da sera bianco ed i suoi capelli – Liz si rese conto che era una parrucca – erano neri come l’ebano. Sembrava essere sulla tarda quarantina.

"Uhm?" Liz fece una pausa. "Lei lavora per la TV, vero? Lei non è uno dei giudici di quel reality show dove futuri attori e futuri attrici umiliano se stessi nella speranza di diventare famosi?"

"Sono io." l’uomo si gonfiò e si aggiustò la cravatta. "Greg Gregson. Ma dimmi, hai mai desiderato di fare l’attrice?"

"Uhm, no." Liz scosse la testa. "Una microbiologa, sì. Un’attrice, no."

"Microbiologa? E che cos’è? Una specie di robot miniaturizzato?"

"No." Liz scosse la testa. "Non proprio. A più a che fare con … Non importa. E’ una cosa scientifica."

"Oh, tu vuoi dire come la chimica? Come quella che abbiamo io e te?"

"Come quella che non abbiamo affatto." Liz scosse nuovamente la testa. "Sa? Io sto aspettando mio ma … "

"Io posso darti tutto quello che desideri." Greg si avvicinò ancora.

"Sono certa di sì." Liz roteò gli occhi. "Ma dubito che lei possa competere con mio ma … "

"Dillo."

"Prego?"

"Dimmi il tuo più grande desiderio. Dimmi la cosa che ora desideri più al mondo, e vediamo chi può accontentarti. Io, o chiunque tu stia aspettando."

"Okay." annuì Liz. "Voglio fare un viaggio dalla parte opposta di Plutone e tornare qui."

"No. Qualcosa di reale. Qualcosa di possibile."

"Le ho detto quello che voglio. Può accontentarmi?"

"E’ naturale che non posso." sbraitò Greg. "E lui può? Quello che stai aspettando?"

"Mio marito?" ridacchiò lei. Il suo sguardo si addolcì, quando lo vide avvicinarsi con due bicchieri in mano. "Certo che può."

"Sei strana." disse l’uomo allontanandosi.

"Che voleva?" Max vide l’uomo che si allontanava scuotendo la testa.

"Usurpare il posto del Re."

"Ah." annuì Max. "Un imitatore di Elvis. Non sembra molto bravo."

Liz guardò Max, non sicura se stesse scherzando.

"Che state facendo qui?" Cal Langley apparve davanti a loro. Il suo viso era rosso di rabbia e la collera era a malapena nascosta nella sua voce.

"Ballando." Liz gli sorrise.

"Bevendo." Max sollevò il suo bicchiere di Cherry Cola. "Una bibita."

"Come avete fatto a passare attraverso la sicurezza?"

"Huh?" Max ridacchiò. "Vuoi veramente saperlo?"

"Allora?" Cal scosse la testa. "Il ‘ragazzino’ è tornato per ordinarmi di portare di nuovo la nave a casa?"

Max strinse il suo bicchiere. Il vetro nella sua mano non andò in frantumi. Invece, diventò caldo. Il liquido all’interno cominciò a bollire e il vetro si distorse sotto la pressione della stretta di Max. Il suo viso fumava di rabbia. Girò sui tacchi e si diresse verso la porta che portava al grande patio e alla piscina. Langley cominciò a seguirlo.

"Tu ti fermi qui, signore." gli ordinò Liz, afferrandolo per il bavero della giacca. "Ma chi ti credi di essere? Lui è venuto in pace, lo sai. Lui voleva solo parlare con te. Non era obbligato a farlo. Non vuole niente da te. Questo stupido … antagonismo che provi verso di lui deve finire. Se ti prendessi la briga di conoscere Max, voglio dire il vero Max, quello che conosco io, non lo spaventato, disperato Max che è venuto qui l’anno scorso, capiresti quanto ti sbagli sul suo conto. Ora va’ a cercarlo e parla con lui. Civilmente."

"Si, signora." lui si inchinò ad una attonita Liz."

* * * * *

"Così sei qui." Langley entrò nel gazebo che era separato dall’enorme casa da una siepe di mirto.

"Sì." lo schernì Max. "Ho cercato la casetta dei giochi, ma sembra che tu non sia organizzato per noi ‘ragazzini’."

"Mi dispiace." Cal si voltò e si mise a sedere. "Credevo ti fossi fatto vivo per darmi dei problemi. Nessuno mi ha informato della tua venuta. In effetti, le mie fonti non sono state capaci di tenerti d’occhio, recentemente. Dove sei stato?"

Max lo guardò per un momento, prima di lasciare che il suo sguardo si addolcisse. "Quando è stata l’ultima volta che hai saputo dove eravamo?"

"Colorado. Abbiamo perso le tue tracce subito dopo che hai salvato quella donna e i suoi due bambini. Dove sei finito?"

"Qui e là." Max si strinse nelle spalle. "Ma alla fine ci siamo trovati invischiati nell’atterraggio di una grande quantità di Skins e di qualche pietra guaritrice."

"Allora era questo che stavano facendo. Mi sembrava strano che avessero messo su quel pentagono intorno all’area 51. Ad un certo momento, ho immaginato che fosse stato per causa tua che non ci siano riusciti. Che è successo?"

"Noi … uhm … abbiamo scoperto che dei soldati sarebbero stati uccisi combattendo contro gli Skins laggiù … "

"Liz?"

"Uh." il viso di Max si rabbuiò al ricordo. "Sì. Allora siamo andati anche noi per … uhm … assistere i soldati. Li abbiamo sconfitti ed abbiamo distrutto una delle pietre, che ha ucciso i rimanenti Skins."

"Allora avete capito cosa stavano cercando di fare?"

"Crediamo di si. Rianimare gli Skins che le autorità hanno raccolto attorno all’Area 51 nel corso degli ultimi decenni."

"Ha un senso." annuì Langley. "Santo Cielo! Dovrei farne un copione. Che film ne verrebbe fuori. Ti dispiacerebbe?"

"Fa’ pure." Max scrollò le spalle. "Senti. Credo che tu debba saperlo. Abbiamo delle guardie Antariane con noi."

"Cosa?" Langley spalancò gli occhi. Si guardò attorno, con il panico dipinto sul viso. "Hai portato qui degli Antariani? Da dove sono venuti?"

“Dopo la nostra … battaglia con gli Skins, ci siamo imbattuti in … qualche vecchia conoscenza. Tre Antariani chiamati Bektor, Chyn e Kalyn. Loro, uhm … ci hanno invitati a visitare la loro astronave. La mia astronave. Nyelda."

"La Nyelda è qui?" Rabbia e panico fecero tendere la sua voce. "Oh, grazie. Esattamente quello che volevo. Allora sei venuto a prendermi? Ti ho già detto che non voglio tornare indietro. Sei venuto a vendicarti?"

“No." Max scosse la testa. "E’ stato ordinato loro di stare lontano da te. Hai il perdono reale e sei libero di vivere dove e come vuoi. E se sapessi come fare, rimuoverei la programmazione che ti costringe ad obbedire."

Langley rimase in silenzio. "Grazie." disse alla fine.

"Io … io voglio scusarmi. Per l’anno scorso, sai? Per quello che ho fatto."

"I Re non si scusano, Max." sospirò Langley.

"Questo Re lo fa." Max si strinse nelle spalle. "Quando sono venuto da te, ero disperato. E tu avevi ragione. Avevo voltato le spalle a tutti quelli che mi amavano. Ed ho impiegato un po’ a ritrovarli."

"Ma, alla fine, lo hai fatto."

"Sì." annuì Max. "Mentre ero sulla Nyelda, ho saputo del mio passato."

"Capisco."

"E voglio che tu sappia. Ho saputo da una fonte sicura che tu non … tu non sei mio padre."

"E credi che non lo sapessi già?" disse Langley adirato. Guardò verso la casa. "Mi dispiace." lasciò andare un lungo sospiro. "Voglio dire, sì, ho amato tua madre. E mi piace pensare che lei amasse me. Ma lei non ha mai … Ah. Capisco. No, Max. Noi non abbiamo mai … Lei è sempre stata fedele e leale nei confronti di tuo padre."

"Grazie." Max annuì. "In qualche modo, questo mi è di aiuto. Ma credevo che fosse per questo che tu mi odi così tanto. Ho pensato che tu provassi una sorta di ripugnanza per me." Vide Langley scuotere la testa. "Mi hai chiamato egoista, ma io non ti conoscevo. Non ti avevo mai incontrato. Che cosa ti ho fatto? Per favore, dimmelo. E questo non è un ordine."

"Tu l’hai quasi uccisa." lacrime bagnarono gli occhi di Langley. "Hai idea di cosa si prova a vedere un altro uomo prendere la donna che ami? E poi vedere che il frutto della loro unione la porta quasi via da te per sempre? E’ … è … "

"Posso immaginarlo." Max cercò di ricacciare indietro l’immagine di Kyle nel letto di Liz. "E tu credi che io avrei potuto fare qualcosa?" gli occhi di Max avevano le proprie lacrime che brillavano alla luce delle stelle. "Come hai potuto pensare che potesse essere colpa mia?"

"E chi altro avrei potuto biasimare?"

"Così, solo perché la donna che amavi ha avuto momenti di intimità con suo marito, tu … "

"Tu non sai molto degli Antariani, vero?" Langley scosse la testa. "Voglio dire, conoscerli veramente. Su Antar, l’atto del sesso non ha niente a che fare con l’amore. E’ solo un mezzo di procreazione. Due corpi che si uniscono. E questo è tutto. E’ l’unione delle nostre essenze che rende l’amore così piacevole per noi. Noi vediamo uno dentro l’altra. Completamente. Ogni pensiero, ogni desiderio, ogni sogno e ogni rimpianto. Non ci può essere manifestazione d’amore più grande di questa."

"E’ per questo che le cose sono così … speciali, tra Liz e me? Gli umani ripongono molte aspettative nell’intimità fisica. Voglio dire, so come mi sono sentito tradito quando Liz ha … E so quanto Liz sia stata ferita quando io … con Tess … Ma anche noi possiamo vederci uno con l’altra. Le nostre anime, le nostre … essenze. E’ per questo che abbiamo quei … flashes?"

"Sembrerebbe così. Per un Antariano, il contatto fisico non significa assolutamente nulla. Sai? E’ come … grattarsi una mano. Le nostre capacità di rigenerazione lo hanno reso una cosa del passato. Ti ricordi tutte le volte che ti sei grattato una mano?"

Max scosse la testa. "Così, sostanzialmente, il sesso è grattarsi una mano?"

"Per noi, è così." annuì Langley. "Ma quando ho visto che aveva diviso la sua anima con tuo padre … quello sì che mi ha fatto male. E sì, credo di aver odiato te al suo posto. Ma era perché la mia amata stava per morire a causa di quello che tu richiedevi da lei."

"Tu conosci … conoscevi mia madre. Supponi che lei avesse potuto sapere in anticipo che sarebbe potuta morire per farmi nascere. Pensi che avrebbe interrotto la gravidanza?"

"No!" disse Langley con veemenza. "Certo che no! Tua madre era … troppo … troppo … " Langley si lasciò cadere contro la spalliera della sedia e sospirò. "La tua Liz me la ricorda molto. Lei era così forte, così leale. Il suo solo difetto era nella sua decisione di aderire al protocollo che stava uccidendo la nostra gerarchia."

"Bene." Max scrollò le spalle. "Ed è qui che sono diverse, allora. Liz pensa che le regole e le usanze alle quali Bektor ha cercato di costringerci, siano assurde."

Langley guardò le scure fattezze di Max.

"Cosa? Mi stai dicendo che finalmente ha capito l’inutilità di sbattere la testa contro Liz e si è arreso?"

"No." Max scosse la testa. "Lui … uhm … lui è morto per salvare Liz."

"Oh." Langley rimase un momento in silenzio. "Non che sia proprio afflitto dalla sua dipartita, ma sono contento che la sua morte abbia avuto un senso."

"Io non lo dimenticherò mai." Max abbassò la testa. "E non potrò mai ripagarlo."

Langley studiò Max per un momento. "Tu sarai un buon Re, Max. Specialmente con Liz al tuo fianco."

"Grazie." Max si agitò a disagio sulla sedia.

"Lo sai che mi ha costretto in malo modo a venire a parlare con te?"

"Lo ha fatto veramente?" Max sollevò un sopracciglio e cominciò a ridere.

"Sì." annuì Langley. "Ti rendi conto di che regalo hai fatto a te stesso sposandoti con lei?"

"Oh, sì." Max si aprì in un grande sorriso. "Certo che sì. Ma con Liz, devo prendere sia il dolce che l’amaro."

"Ma scommetto che per te c’è solo il dolce." sorrise il produttore.

Max annuì.

"Come mai tu non hai mai … Voglio dire … Sulla nave, loro pensavano che Liz fosse una donna di Antar, chiamata Lady Millia. Loro pensavano che fosse responsabile della mia morte. Hai sperato … hai sperato che lei mi uccidesse di nuovo?"

"Io non ho mai conosciuto Lady Millia." Langley si strinse nelle spalle. "Sapevo di lei, ma non sapevo che somigliasse a Liz. Non è strano? Che loro si dividano l’aspetto, voglio dire. Mi hanno anche detto che tu eri abbastanza preso da Lady Millia."

"No." Max scosse la testa. "Le volevo bene, ma non in quel modo. E, in ogni caso, lei è stata un’amica leale, non una traditrice. Lei è stata testimone della nostra morte, non l' ha provocata."

"Questo … questo è bello, Max."

"Ho fatto un sogno." continuò Max. "Nel sogno, mio padre è venuto da me. Ha detto che il mio sentiero non mi era chiaro, che non sapevo perché dovevo vincere."

"E ora lo sai?"

"Io … io credo si sì. E non è solo per me, o per Antar, vero? E’ anche per la Terra e per la gente che ci vive."

"E forse per gli infiniti milioni di altri pianeti così lontani, che Antar ne ignora ancora l’esistenza. E’ arrivato il momento di mettere in azione le vecchie regole di guerra. Tu hai visto i miei film. Non ti hanno insegnato niente?"

"I tuoi film avrebbero dovuto aiutarmi? Insegnarmi qualcosa?"

"Vorrei azzardare l’ipotesi che, se hai avuto successo, hanno funzionato. Che hai ricordato le tue capacità tattiche. L’unico rimpianto è di aver dovuto dare quel film a George. Ha fatto tanti di quei cambiamenti, ma ha lasciato il fatto che qualcuno ha cercato di fare un Impero galattico. Era troppo pretendere che imparassi da quel film."

"George … " Max era rimasto a bocca aperta. "Vuoi dire che tu … "

"Il lungo e il corto, Max. Tu stai combattendo contro due nemici, Larek degli Epsiliani e Khivar degli Antariani. E tu hai un solo esercito. Potrai combatterli contemporaneamente?"

"Così … forse dovrei dividere e conquistare?"

"Sembrerebbe la cosa migliore."

"Ma questo significherebbe tornare su … Io sono come te, Langley." sospirò Max. "Non credo di voler tornare indietro. Non ora che … "

Langley guardò Max che si era voltato verso la casa, verso Liz. Posò la mano sulla spalla di Max e sospirò.
"Tu sei di entrambi i mondi, Vostra Maestà."

* * * * *

Quando Max tornò nella stanza principale, vide Liz respingere le avances di un altro uomo di mezza età.

"Posso aiutarla?" ringhiò Max verso di lui, mettendo un braccio attorno alla vita di Liz.

L’uomo dette un’occhiata all’espressione di Max e fece marcia indietro.

"Perché attiro solo i tipi più vecchi?" Liz scosse la testa. "Perché i ragazzi belli e giovani stanno tutti a debita distanza?"

"Perché hanno capito che li colpirei col mio raggio della morte, se non lo facessero." ridacchiò Max. "Quelli più vecchi sono anche più disperati."

Lei lo abbracciò. “Allora? Come è andata?"

"Sorprendentemente bene." annuì Max. "Tu, piccola despota!"

"Te lo ha detto?"

"Uh huh." Max fece un grande sorriso. "E me lo ha detto con grande piacere. Credo che lui pensi che tu mi farai passare momenti duri."

Liz si appoggio contro Max, si alzò in punta di piedi e gli sfiorò la parte inferiore del mento.

"Solo se tu farai passare momenti duri anche a me, stasera." gli sussurrò all’orecchio.

Max diventò di una tonalità molto scura di rosso e si guardò attorno per accertarsi che nessuno l’avesse sentita.

"Dieci!" gridò qualcuno tra la folla.

"Nove!" altri si unirono a lui.

"Otto, sette sei, cinque, quattro, tre, due, uno … BUON ANNO!"

Clacson sirene e trombette risuonarono per tutta la casa, mentre palloni e stelle filanti scesero dal soffitto a coprire la coppia di innamorati.

"Buon Anno, Liz." sussurrò Max, mentre le sue labbra si davano da fare per intrappolare quelle di lei. "Spero che sia quello che ti porterà indietro tutti i tuoi sogni."

"Buon Anno, Max." Liz fece del suo meglio per afferrare le labbra di Max. "E, tanto perché tu lo sappia, io ho tutti i miei sogni. Proprio qui, tra le mie braccia."

Mentre la folla cominciava a cantare ‘Auld Lang Syne’, Max e Liz ignorarono i tentativi per coinvolgerli. Cessarono di combattersi e lavorarono insieme, muovendo all’unisono le labbra per baciarsi con una tenera passione, che non mancò di riaccendere il desiderio dell’uno per l’altra. Mentre i flashes del loro passato li portarono alla grande altezza del loro amore e della loro unione, il desiderio del loro futuro li trascinò all’ardore. Il mondo, no, l’universo, giaceva ai loro piedi e sia Max che Liz seppero, alla fine, che insieme erano inattaccabili. Il mondo avrebbe dovuto aspettare ancora molto, prima di finire.

* * * * *

Una forma scura sollevò la testa al di sopra della roccia e guardò la strada, dove due uomini erano in piedi, allo scoperto. Li vide voltarsi ed avviarsi nella direzione opposta.

"Ora!" sibilò una voce.

Un’altra forma si staccò dall’ombra degli alberi e traversò di corsa la strada. Scomparve tra gli alberi dalla parte opposta della strada.

"Aspettate." sibilò la voce, quando le due sentinelle tornarono a dirigersi verso di loro.

Qualcuno chiamò e i due uomini si diressero al grande cancello che stava loro di fronte.

"Ora." disse la forma ed un’altra ombra traversò la strada, seguita dalla prima forma, approfittando della mancanza di concentrazione delle sentinelle.

I tre intrusi si nascosero nell’ombra ed aspettarono per vedere se qualcuno li avesse scorti.

"Speriamo che non abbiano dispositivi di rilevazione." commentò uno di loro.

"Anche se li avessero, sappiamo già che ci sono altri Antariani qui. Perché non dovrebbero credere che facciamo parte della loro forza? Dopo tutto, siamo solo tre."

"Da questa parte." il loro capo sollevò lo sguardo dalla mappa, che avevano ottenuto in un negozio della città, ed annuì verso il campo.

I tre uomini si fecero strada tra gli alberi ed arrivarono in un grande piazzale asfaltato, con la tettoia di legno costruita al centro. Cercarono in ogni direzione qualche cenno di vita.

Un piccolo gruppo di rocce e di alberi sulla collina, offriva una imponente veduta della parte principale del campeggio. Tenendosi vicini agli edifici ed approfittando dell’ombra, si fecero strada per la piazza fino al successivo riparo.

"E ora?"

"Ora ci nascondiamo ed aspettiamo il momento giusto per la giusta occasione. Poi, colpiamo."

I tre uomini si spinsero tra le rocce e gli alberi e sparirono dalla vista.

* * * * *

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Capitolo 61
*** 62 ***


Parte 62

Isabel sbuffò e si rotolò di nuovo nel letto, dando un pugno al cuscino, mentre lo faceva.

"Non riesci a dormire?" Jesse cercò di recuperare le coperte per tornare a coprirsi.

"No." si lamentò Isabel. "Posso fare di tutto, ma non riesco a stare comoda."

"Max e Liz stanno bene, Isabel." Jesse si mise a sedere e cercò di allungarsi verso sua moglie. "Hanno chiamato da dove si supponeva dovessero chiamare. E non solo hanno i loro poteri, hanno anche Eldugar e Katya. In più, quattro ragazzi operativi li hanno preceduti per assicurarsi che tutto fosse sicuro. Stanno bene."

"Lo so, Jesse." Isabel rotolò ancora, voltandosi verso di lui. "E’ solo che ho una strana sensazione, sai? E’ più come un incubo che stia per succedere qualcosa di brutto."

"Pensavo che le premonizioni fossero una esclusiva di Liz."

"Non è una premonizione." Isabel scosse la testa. "Solo una sensazione."

"Bene. Abbiamo guardie in servizio anche qui. Siamo ben controllati. Che potrebbe succedere?"

"Se lo sapessi," disse lei irritata " non sarei così preoccupata."

"Senti." Jesse cercò di calmarla meglio che poté. "Max tornerà presto. Ora rilassati e cerca di dormire."

"Se ti fa stare meglio, va bene." Isabel si costrinse a sdraiarsi.

Il bisogno di girarsi di nuovo fu quasi troppo forte per lei, ma cercò di resistere. Sapeva che stava tenendolo sveglio, che si stava riempiendo di preoccupazioni e che non era girandosi nel letto che avrebbe fatto qualcosa di utile. Così rimase distesa, perfettamente immobile, aspettando il momento in cui il cambio della respirazione di Jesse le avrebbe fatto capire che si era addormentato.

Quando fu certa che dormiva profondamente, Isabel si alzò, andò all’armadio e si mise un accappatoio pesante. Legandolo in vita, si infilò un paio di pantofole e lasciò la stanza. Uscita nell’aria fredda della notte, fu contenta del pigiama caldo che aveva indossato. Isabel prese lo scuro sentiero che portava al ristorante. Pensò che forse, un po’ di latte caldo l’avrebbe aiutata a rilassarsi e nel cottage, l’avevano finito poco prima.

"Chi è là?" disse una voce dagli alberi.

"Sono solo io, Isabel." lei sbirciò tra i tronchi, incapace di vedere la sentinella, ma fu contenta di sapere che era all’erta. "Sto andando al ristorante."

"Oh, okay." la voce sembrò sollevata. Uno dei soldati che lei aveva conosciuto la sera che avevano combattuto Nikolas, sbucò dai cespugli. "Sta’ attenta, Huh? Il sentiero è irregolare e al buio … Ti farebbe piacere una scorta?"

"No, va bene così. Grazie." Isabel scosse la testa con un sorriso ironico. Se fosse successo qualcosa, era più probabile che avrebbe dovuto essere lei a proteggere la scorta e non viceversa. "Starò bene."

Sorrise e proseguì per la sua strada. Forse Jesse aveva ragione. Le guardie stavano facendo un buon lavoro nel proteggerli.

* * * * *

Max e Liz attesero fuori dalla porta della loro stanza d’albergo con Eldugar, mentre Katya ispezionava l’interno, nel caso avessero ricevuto visite in loro assenza.

"Tutto a posto." lei uscì nel corridoio. "Ora potete entrare."

"Grazie, Katya." Max annuì e prese la mano di Liz per condurla nella stanza. Dopo tutto quello che era successo di recente, Max non prendeva alla leggera la sicurezza di Liz. "Oh." si fermò e si voltò verso le guardie reali. "So che avete la stanza doppia qui accanto, ma siete sicuri che non vi sentireste più a vostro agio in camere separate?"

I due ragazzi sembrarono mortificati.

"Uh … piuttosto sicuri … grazie." entrambi annuirono, guardando dappertutto tranne che Max.

"Vi sta prendendo in giro." Liz scosse la testa, con un sorrisetto furbo. Diede una botta sul braccio di Max e si voltò a guardare l’altra coppia. "Andate e divertitevi." guardò di nuovo Max. "Smettila e lasciali in pace. Dovresti prestare più attenzione al mio benessere, signor Evans."

"E’ così, signora Evans?" Max chiuse la porta con i suoi poteri, chiudendo fuori le guardie e dirigendosi verso la moglie.

"Sì, è così." Liz indietreggiò con uno strano scintillio negli occhi. "Allora, quali sono i piani che mi riguardano?"

Max fece un grande sorriso. "Per prima cosa, ho programmato di fare questo." fece un balzo in avanti che trovò Liz impreparata. Lei si dimenò ridendo, mentre Max le stringeva le braccia attorno alle spalle, premendo il suo corpo contro quello di lei.

"Uh huh." Liz gli sorrise. "E questo a cosa servirebbe?"

"Perché da qui, posso fare questo."

Max fece scorrere le dita sulla lampo che correva tra le spalle di Liz, giù fino alla fossetta alla base della sua schiena. Il vestito si aprì. Le dita di Max si fermarono a giocare con l’orlo delle sue mutandine. Dalla strisciolina si accorse che si trattava di un tanga. Max mormorò la sua approvazione nelle orecchie di Liz, strofinando il viso contro la guancia di lei.

"E poi?" squittì lei. La sua voce le stava creando qualche problema … ed il respiro anche.

Max aiutò il vestito nella sua naturale reazione alla gravità. Una pila di seta dorata scivolò ai piedi di lei.

"Oh." sospirò Liz, sentendo la carezza del vestito di Max contro la sua quasi completa nudità.

Anche attraverso la giacca e la camicia che ancora indossava, Max riuscì a sentire i piccoli bottoni che spingevano contro il suo petto.

"Perché tu hai ancora tutti quei vestiti addosso?" grugnì Liz.

"Perché mi piace come sei quando sei in mio completo potere." le sussurrò Max all’orecchio.

"Così, tu pensi … " Liz rimase senza fiato quando le mani di Max si allungarono e cominciarono a carezzarla. " … che io sia in tuo completo potere?" Lei si dimenò per rendersi ancora più accessibile a lui, per aiutarlo a raggiungere i posti più nascosti e segreti.

"E non lo sei?"

"Sì." Liz gridò quando il dito di Max le stuzzicò il punto sensibile della sua femminilità. "Oh, sì! Sì!" Cominciò a strofinarsi contro di lui, sostenendosi al suo collo. "Ti prego, Max. Non farmi aspettare troppo."

Liz gemette quando Max tolse la mano, ma mugolò di felicità quando si rese conto che si stava togliendo la giacca.

"Sbrigati." ansimò quando Max sfilò i bordi della camicia dai pantaloni.

Max stava quasi per gettare la sua giacca sulla sedia.

"Vostra Maestà." la porta della stanza si aprì.

Con un movimento fluido, Max gettò la sua giacca su Liz e la spostò dietro di sé. La sua mano era già tesa per difenderla contro l’intruso. Eldugar si fermò sulla soglia della porta, coprendosi gli occhi con le mani, e abbassandoli sul pavimento.

"Eldugar!" sbraitò Max. "Sarà dannatamente meglio che tu abbia una buona ragione per essere piombato qui in questo modo o rimanderò il tuo dispiaciuto sedere sulla nave, a calci."

"Mi perdoni, Sire." Eldugar fece un profondo inchino. Le sue mani erano ancora premute contro gli occhi. "Sa che non mi sarei mai intromesso durante il tempo privato di Sua Altezza, ma temo che questo non possa aspettare. Ho appena ricevuto un messaggio da Serena."

"Serena?" Max si accigliò. "Pensavo che fosse tornata sulla nave con i caduti Antariani?"

"E’ vero." annuì Eldugar.

"E allora cos’è successo per farla rischiare di muoversi da dietro Plutone per mandarci un messaggio?"

"Hanno scoperto che una grossa nave si sta avvicinando al Sistema Solare."

"E’ il nostro Sistema, giusto?"

"Giusto, Sire."

"Cosa sono tutte queste formalità?" gli occhi di Max si strinsero. "E di chi è quella nave?"

"E’ tempo di essere Re, Sire." Eldugar guardò il suo signore. "Quella nave appartiene a Khivar. E’ la sua nave da guerra. I nostri informatori suggeriscono che possa trattarsi di una forza di invasione. L’evidenza suggerisce che lui sia a bordo della nave. Sembra che ci stia portando la guerra, Vostra Maestà."

"Max!" ansimò Liz.

"Oh." Max annuì. Il suo viso era senza espressione. "Quanto tempo prima che arrivi?"

"Approssimativamente due settimane."

"La Nyelda può difendersi?"

"No, Vostra Maestà. La Nyelda è solo una nave. Contro una nave da battaglia, non avrebbe possibilità alcuna."

"Ma potrebbe sfuggirle?

"Naturalmente, Sire." annuì Eldugar. "E’ stata costruita per la velocità."

"Bene. Di’ a Serena di mandarmi tutti i soldati di cui non ha bisogno sulla nave e di nascondere Nyelda da Khivar. Non possiamo permetterci di perdere la nave. Oh, e ho bisogno di parlare con lei. Poi trasmetti il messaggio a Michael. Torneremo a casa domani."

* * * * *

"Rapporto." chiese l’uomo alto entrando sul ponte della nave. Aveva una folta capigliatura nera e occhi grigi acciaio. Indossava una tuta di un lucido materiale nero. Intorno a lui, figure vestite di grigio stavano sbrigando i loro compiti.

"Ci stiamo avvicinando al Sistema Solare." Uno degli uomini in grigio seduti al quadro di comando, balzò sull’attenti. "Siamo a non più di quattordici giorni di distanza dal nostro pianeta di destinazione. La nave è in ottime condizioni. Il morale degli uomini è alto, considerando che sono stati fermi così a lungo. Forse un periodo di acclimatazione sulla superficie del pianeta potrebbe essere di beneficio. Staranno meglio una volta cominciata l’azione." Guardò Khivar e strinse gli occhi. "Qualcuno pensava ancora che sia stato un errore lasciarci dietro le piccole navi da battaglia e le armi, ma qualche turno extra li ha convinti che non sta a loro mettere in dubbio le scelte di chi è migliore."

"Puah! Non sanno che questo debole pianeta non ha un singola velivolo che possa contrastare questa nave?" Khivar roteò gli occhi. "E’ stato infinitamente meglio rimuovere tutto l’eccesso di navicelle e cannoni, per poter portare più truppe. I laser d’assedio sono tutto quello che ci serve. Possono distruggere qualsiasi veicolo che gli umani potrebbero mandarci contro che, come risulta dai nostri rapporti, sono arcaici per i nostri standard. Le nostre truppe incontreranno pochissima resistenza, se ne incontreranno. Più truppe potremo sbarcare, prima sottometteremo questo pianeta."

"Credo che gli uomini temano ancora che la voce che la Nyelda è partita qualche mese prima di noi, per arrivare sulla Terra, sia vera. Se hanno portato rinforzi a Zan … "

"La Nyelda porta soltanto qualche nave da esplorazione." abbaiò Khivar. "Non ha una sola nave che possa attaccarci. E anche se le avesse, un colpo del nostro laser le metterebbe fuori uso. Il raggio di azione del nostro laser è maggiore di quelli che possiedono loro. Vediamo come se la caveranno contro un preciso colpo di energia. E la Nyelda non può portare che un decimo degli uomini che abbiamo a nostra disposizione. Indipendentemente da quanti rinforzi Zan possa avere ricevuto, i suoi giorni sono contati, come lo sono quelli della feccia di ribelli che lo segue e di quella presa in giro di governo. Appena sarà possibile, voglio che controlliate il pianeta per sapere che risorse possiede. Prima finiamo qui, prima potrò sottomettere altri pianeti."

"Affermativo, signore."

* * * * *

Isabel aprì la porta del ristorante ed si diresse verso la cucina, facendo un cenno di saluto alle due guardie che stavano davanti ai monitor di controllo. Aprì il grande frigorifero e ne prese un cartone di latte. Prese una tazza dallo scaffale e la riempì. Passandoci sopra la mano, la bevanda raggiunse la temperatura preferita da Isabel. Presa la zuccheriera, ne vuotò quasi la metà nella tazza. Bevendo il dolce liquido caldo, tornò a vedere se le guardie stessero bene, perché le sembrò che stessero tenendo un’accesa se pur sussurrata discussione.

"Signora Ramirez." si sorprese uno dei soldati. Non l’aveva vista arrivare.

"Oh, per favore." Isabel roteò gli occhi. "Chiamatemi Isabel. Quando sento signora Ramirez, penso a mia suocera."

"Noi, uhm … pensiamo di avere un problema."

"Sì?" Un campanello d’allarme le risuonò nella mente. "Quale sarebbe?"

"Lo scanner che ci avete dato sembra rilevare qualcosa che non c’è. Non vogliamo disturbare Michael, visto che non ha quasi dormito negli ultimi due giorni. E il suo umore quando l’abbiamo chiamato … Johnson qui, pensa che sia solo un’eco."

"Sì." annuì Johnson. "L’altro giorno, ho notato che può succedere, ogni tanto. E non voglio far perdere tempo a Michael."

"Allora, cos’ha rilevato?"

"Tre contatti. Al centro del campo. Il fatto strano è che non si sono mossi fin da quando li abbiamo rilevati."

"Mostratemeli." annuì Isabel, posando la tazza su un tavolo vicino.

"Proprio qui." il primo uomo indicò i tre puntini che si erano fusi insieme. "Sembra che siano tra quegli alberi laggiù, ma quando guardiamo, non c’è niente."

"Lasciatemi vedere." Isabel tese la mano per prendere il binocolo per la visione notturna, lo portò agli occhi e studiò il gruppo di alberi e le rocce. Non vide nulla.

"Avete uno di quelli che rilevano i calori dei corpi?"

"Infrarossi?" l’uomo strinse gli occhi. "Sì, ma non qui."

"Potete procurarmene uno?"

Il soldato uscì di corsa dal ristorante, sparendo nel buio della notte.

"Da quanto sono lì?" Isabel guardò ancora una volta gli alberi attraverso il binocolo.

"Devono essere arrivati mentre tutti stavano festeggiando il nuovo anno." prese un’espressione colpevole. "Taylor ci ha portato dello champagne per brindare. Quando siamo tornati ai nostri posti, erano lì. Dapprima ho pensato che forse, come ha detto Daigle, fosse un’eco. O forse troppo champagne. Poi ho cominciato a pensare che era uno strano … uhm … rituale che questa gente potesse avere … sapete … "

"Capisco." la voce di Isabel era tesa.

"E da allora stiamo cercando di capire cosa fare."

"Ecco." Daigle tornò al ristorante, portando un altro paio di binocoli.

Spinse un pulsante e ne tese uno a Isabel. Isabel li avvicinò agli occhi e cominciò a guardare gli alberi, girando il quadrante del dispositivo.

"Oh, mio Dio!" esclamò poi. "Lì ci sono tre fonti di Calore. Devono essere mutaforma." Abbassò il binocolo e lo restituì a Daigle.

"Mutaforma?" Johnson aggrottò le sopracciglia.

"Glia Antariani hanno la capacità di proiettare un’immagine. Quello che vedi, quando li guardi, e quello che loro vogliono farti vedere. Possono, se lo vogliono, assumere l’aspetto di chiunque … o di qualsiasi cosa."

"Come rocce ed alberi?" annuì Daigle, guardando gli alberi, fonti di calore.

"Giusto."

"Così … dopotutto … sono dei nostri." Johnson sembrò sollevato.

"Non seduti lì fuori così." Isabel scosse la testa. "Devono appartenere a Nikolas. Sembra che ci abbia trovati."

"E noi abbiamo trovato loro." Daigle strinse gli occhi. "Fino a che se ne stanno fermi lì, sappiamo dove sono. Tutto quello che dobbiamo fare è gettare una granata incendiaria e … puff."

"No." Isabel scosse la testa. "Non con questi. A differenza degli Skins, possono difendersi. Inoltre, forse possiamo usarli a nostro vantaggio. Andiamo a scoprire cosa vogliono."

"Max, probabilmente." Johnson si strinse nelle spalle.

"Credo che sia il caso di fare un esperimento. Ascoltate, ragazzi. Per prima cosa, non dite niente a nessuno e tenetemi informata sulla loro posizione, okay?"

"E il nostro cambio?"

"Valgono le stesse regole. Avvertiteli, ma loro non dovranno dirlo a nessuno. Nemmeno a Michael."

“Posso chiedere perché?"

"Perché l’ultima cosa che vogliamo è che tutti, nel campo, comincino a guardare sospettosamente quegli alberi. Loro sono convinti di essere al sicuro. Seconda cosa, ho bisogno di parlare con qualcuno. Mentre vado a vestirmi, uno di voi può tenerli d’occhio per me?"

* * * * *

"Buon giorno, Langley." Max si alzò dal tavolo del ristorante dove avevano programmato di incontrarlo. Gli indicò una sedia vuota davanti a lui.

"Max." annuì lui sedendosi. "Liz."

"Buon giorno." lo salutò Liz, senza alzarsi.

“Allora, colazione, huh?" il produttore si strinse nelle spalle. "Voi ragazzi non dovreste stare a dormire o a fare … " Cal fece un risatina allusiva, curvando gli angoli della bocca. "… qualcos’altro?"

"Probabilmente." Max guardò il suo succo d’arancia. "Ma, uhm … è intervenuto qualcosa. Ed è per questo che ti abbiamo chiamato."

Langley notò il tono preoccupato di Max. Stava per parlare quando fu interrotto dall’arrivo della cameriera.
"Buon giorno, signore." cantilenò la ragazza. "Cosa posso portarle?"

"Solo del tè." continuò a guardare Max ."Earl Grey. Con tanto limone."

La cameriera scrisse l’ordinazione e si allontanò.

"Allora, vuoi dirmi cos’è che ti preoccupa?"

"Abbiamo avuto notizie dalla Nyelda." sospirò Max. "Questa mattina presto. Khivar sta arrivando. Qui. Con una nave da combattimento."

Cal fissò Max, poi Liz. Un pesante silenzio scese tra di loro.

"Ecco a lei." la cameriera posò una tazza davanti a Cal, seguita da una teiera di metallo piena un liquido fumante. Il fragrante profumo del bergamotto riempì i loro sensi. Poi posò un piattino pieno di fette di limone accanto alla tazza.

"Perché deve essere sempre di metallo?" Langley scosse la testa e guardò la cameriera allontanarsi. "Perché non una decente teiera di porcellana? Filistei." aspettò fino ad essere certo che fossero soli. "Tra quanto arriverà?"

"Due settimane."

"Dannazione! Questo non ci lascia molto tempo. Qualche idea su dove si farà vedere?"

"Io ho un idea, sì." annuì Max.

"E sarebbe … ?"

"L’ultimo posto dove lui sa per certo che eravamo."

"Hai bisogno di qualcosa da me?"

"Non mi aspetto niente da te, Cal." Max sollevò lo sguardo. "Te lo sto solo dicendo nel caso che tu voglia … "

"Senti, Max." Cal allungò una mano sul tavolo e la posò sul braccio di Max. "Cosa ti serve?"

"Grazie." Max gli sorrise. "Credo che del contante possa essere utile. Abbiamo bisogno di provviste, carburante per gli elicotteri … e io, uhm … credo che Arthur possa usarne un po’ per comprare il materiale per costruire altri laser."

"Laser?"

"Sì. Gli ho dato una delle pistole antariane. Lui le ha reingegnerizzate per noi. Ne ha costruito un paio di dozzine lui stesso, così che i suoi dipendenti non sapessero cosa stesse facendo."

"Mossa intelligente."

"Ma non sono potenti come il prototipo." gli ricordò Liz.

"No." concordò Max. "Gli ho promesso che avrei parlato con qualcuno che potesse aiutarlo a correggere le tolleranze, ma con tutto quello che è successo, credo di averlo dimenticato."

"Ti manderò del denaro a Sawtooth. Ti aprirò anche un conto. A nome di Zan King. Ti farò avere i dettagli. Questo ti aiuterà con qualcuno dei problemi che potrebbero presentarsi."

"Non c’è bisogno che tu lo faccia, Cal." Max sembrò sorpreso dalla sua generosità.

"Mi metterò in contatto con quell’Arthur." rispose lui scrollando le spalle. "Lo aiuterò con le tolleranze. E con qualsiasi altra cosa possa avere bisogno." Formò una ‘V’ con il pollice e l’indice contro il mento. " Hai il brevetto a tuo nome, vero?"

"Sì." annuì Max. "Non ha senso avere un avvocato in famiglia se non può fare qualcosa per te."

"Voi ragazzi dovete stare attenti." Langley contò dei dollari e li posò sul tavolo. "La nave di Khivar userà armi a lunga gittata, per spazzare via qualsiasi forza possiate mettere in campo. Sarà meglio che rimaniate nascosti ed usiate contro di lui una tattica da guerriglia. Colpisci e sparisci." Guardò Max fissamente. "Ma tu non lo farai, vero?"

“No." Max e Liz si scambiarono un’occhiata. Nessuno dei due riuscì a nascondere la propria tristezza. "Tu sai meglio di me che Khivar distruggerà ogni città che si troverà davanti, fino a che non mi avrà. Sarebbe meglio farla finita una volta per tutte."

"Saresti spazzato via."

Max guardò oltre Cal, attraverso la pesante lastra della vetrina. Stava passando una donna con una carrozzina e altri due bambini piccoli accanto.

"Meglio morire combattendo, che nascondersi dietro la tomba di milioni di innocenti."

* * * * *

Nella stanza da letto che era stata riservata a loro, Philip e Diane erano occupati a preparare i bagagli.

"Con l’incontro che si è profilato con il Presidente e senza sapere che fine ha fatto Nikolas," Philip spinse la sua camicia con un po’ più di forza di quella che avrebbe voluto. "non mi piace l’idea di andarmene più di quanto piaccia a te. Ma sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato. Sapevamo che, dopo Capodanno, saremmo dovuti tornare a Roswell."

"Possiamo almeno aspettare che Max e Liz tornino a casa?" Diane cercò di usare lo stesso sguardo da cucciolo che usava Liz per far diventare suo figlio una gelatina, ma sembrò che su Philip non funzionasse. "Per favore?"

"Li abbiamo già salutati." Philip scosse la testa, impassibile all’espressione di Diane. "Né Max, né Liz si aspettano di trovarci qui. Ho il lavoro che mi aspetta, cara."

Dietro la porta successiva, nella loro stanza da letto, la stessa scena si stava svolgendo tra Jeff e Nancy.
"Ho promesso a Jose che sarei tornato domani." disse Jeff.

"Ma tu sai meglio di me che lui vuole diventare direttore." Nancy ripose con cura la statuetta di legno che raffigurava Max e Liz insieme. I ragazzi le avevano date ad entrambe le coppie di genitori come regalo di Natale.

"Non così all’improvviso." le rispose Jeff guardandola.

"Ma Jeff … "

"Ascolta." Jeff le infilò le mani tra i capelli. "Io voglio restare, ma tutti gli altri stanno partendo. Quando avranno terminato la loro luna di miele, anche Jim ed Amy torneranno a Roswell. Glenn e Sarah sono partiti subito dopo il matrimonio dei Valenti, i Carlton sono partiti questa mattina presto ed anche Granny partirà domattina."

"E, oltre questo, c’è un’altra cosa che dovremmo considerare." Philip guardò la moglie.

"Cosa, caro?" Diane sembrava a … pezzi.

"L’FBI." Lo sguardo di Philip divenne freddo. "Più stiamo via da casa, più si interesseranno di dove siamo. Questo darà loro il pretesto ideale per ottenere un accesso legale alla nostra casa, al mio … ufficio."

"Perché?" chiese Diane. "E da quando è diventata materia federale il fatto che un cittadino si prenda una vacanza?"

"Da quando l’agenzia ha deciso che può rapire dei ragazzi per la strada."

* * * * *

Rimasero con i loro genitori e con gli amici sulla strada, fuori dal cancello principale. Col piazzale principale ancora occupato dalla tettoia, era diventato il punto temporaneo di atterraggio degli elicotteri. Vestiti con abiti pesanti, per ripararsi dal freddo, fecero i loro saluti. Dietro di loro, un elicottero stava scaldando i motori, pronto a volare verso il New Mexico.

"Scommetto che Jim ed Amy sono stato contenti della loro decisione di trascorrere la luna di miele in California." Nancy si strinse le braccia attorno alla giacca pesante.

"Sì." concordò Jeff.

"Sentite." Michael scosse la testa. "Il pericolo immediato è finito, giusto? Una volta riusciti a rintracciare Nikolas, non dovremmo avere problemi a liberarci di lui."

Michael sembrava nervoso. I Parker e gli Evans si scambiarono un’occhiata preoccupata.

"Penso veramente che per voi sia meglio tornare a casa." disse Michael rivolgendosi a tutti loro. "Non ha più senso nascondervi nel bel mezzo del nulla."

"Ma … "

"Presto torneremo a Roswell anche noi."

"Che sta succedendo, Michael?" chiese Philip, stringendo gli occhi.

"Non prima di aver parlato con Max." Michael scosse la testa.

"Michael." Philip si sollevò in tutta la sua altezza e gli lanciò la sua occhiata più intimidatoria.

"Sono già stato guardato in quel modo da Max." ridacchiò Michael. "E lei non ha la metà della forza di persuasione che ha lui. Non mi può costringere a dire qualcosa fino a che Max non mi darà il permesso. Non sono più un bambino."

L’improvviso rombo di un altro elicottero li distrasse.

"Finalmente!" Isabel guardò lungo la strada e mentre lei correva ad accogliere i nuovi arrivati, Michael aiutò i parenti a salire sull’elicottero.

"Aspetta!" esclamò Nancy. "Questi sono Liz e Max."

Tutti guardarono Liz e Max scendere dall’elicottero appena arrivato. Guardando a malapena parenti ed amici, seguirono Isabel verso il campo.

"Che sta succedendo?" chiese Jeff a Philip.

"Non ne ho idea." Philip scosse la testa. "Michael?"

"Probabilmente non è nulla." anche Michael scosse la testa, guardando gli amici in partenza. "Mi accerterò che vi telefonino, stasera."

"Qualcosa non va." commentò Nancy. "Non vedi che distanza c’è tra loro? Di solito, non riesci a separarli nemmeno con una sbarra di ferro."

"Sì." annuì Maria. "Non sembrano essere gli stessi sdolcinati di sempre. Qualcosa deve essere andata storta."

"Bene." disse Granny, dopo aver guardato la giovane coppia sparire nel campo con Isabel. "Non dovremmo interferire. Hanno bisogno di imparare a risolvere da soli i loro problemi. Tutto quello che dobbiamo fare è essere pronti, quando avranno bisogno di noi."

"Tranne per il fatto che dobbiamo tornare a casa." si lamentò Diane.

Michael cominciò a farli affrettare per salire sull’elicottero. Alla fine riuscì a chiudere la maniglia del portello e si voltò di corsa verso il campo.

"Che gli è preso?" sbraitò Maria.
"E’ successo qualcosa e lui non sa cos’è." disse Granny, stringendosi nelle spalle.

* * * * *

"Stai bene, Max?" Una volta che li ebbe raggiunti, Michael si rese conto che Max sembrava concentrato su qualcosa. "Mi sembri … "

Come risposta, Max si limitò ad annuire, guardando dritto davanti a lui.

"Com’è andata a Los Angeles?" chiese a Liz.

Lei si limitò a scrollare le spalle.

"Qui al campo sono tutti pronti a partire appena arriverà loro l’ordine, Maxwell." Michael scosse la testa. "Tutto quello che dobbiamo fare è decidere dove incontrare Khivar e tenerci pronti."

"Non adesso." disse Isabel adirata.

Michael la guardò, poi si voltò a guardare Max e Liz e la distanza che c’era tra loro.

"Qualcuno vorrebbe dirmi quello che sta succedendo?"

"Vi stanno seguendo." sussurrò una voce all’orecchio di Isabel.

Isabel non riuscì a mantenere la concentrazione e si voltò a guardare. Vide che tre soldati umani la stavano seguendo a breve distanza, facendo finta di fare una passeggiata.

"Hanno avuto tutte le possibilità di sparate." sussurrò al fratello. "Forse non è questo quello che vogliono."

"Ma di che state parlando?" chiese Michael mentre Max faceva un cenno con la testa ad Isabel.

"Stai attento, non si sa mai." continuò Isabel.

La tensione sia nelle spalle di Max, che in quelle di Liz era evidente. Era ovvio che stavano aspettando che succedesse qualcosa. Michael poté solo rimanere a guardare gli amici, confuso, sapendo che c’erano dei problemi, ma frustrato oltre ogni limite dalla mancanza di informazioni. Non fu troppo presto che raggiunsero il cottage di Max e Liz. Entrarono, chiudendo la porta dietro di loro.

"Ma che diavolo sta succedendo?" chiese Michael.

Isabel guardò dalla finestra.

"Abbiamo compagnia, Michael." Isabel guardò in entrambe le direzioni.

"Chi?"

"I mutaforma di Nikolas."

"Qui? Nel campo?" Una vena blu sulla tempia di Michael cominciò a pulsare. "Perché non sono stato avvertito?" Si voltò a guardare il suo Re. "Max?"

Max e Liz si guardarono, poi guardarono Isabel. Entrambi apparvero imbarazzati.

"Perché non volevo che li attaccassi e li spazzassi via." Isabel lo guardò fissamente. "Speriamo di poterli usare per trovare Nikolas."

"E tu eri d’accordo?" chiese Michael a Max.

"Senti, non sono qui per uccidere Max o Liz." cercò di calmarlo Isabel. "Hanno avuto dozzine di occasioni di sparare, ma non lo hanno fatto."

"Forse sono qui per arrendersi." disse Michael ironicamente.

"Forse." Isabel si strinse nelle spalle. "Forse io e Max dovremmo uscire e vedere se cercano di contattarci."

Max annuì e seguì Isabel alla porta.

"Non senza di me." Michael si unì a loro ed insieme uscirono nel portico.

"Non riesco a vederli." Isabel guardò verso gli alberi. Raggiunse il microfono e premette il pulsante di trasmissione. "Ragazzi, dove sono?"

"Sono ancora lì." la rassicurò la voce. "Il problema è che, a causa del raggio d’azione di questo coso e voi che siete lì, si vede solo un unico grosso punto."

Ci fu un fracasso improvviso all’interno del cottage, seguito da un grido di sorpresa. Max caricò contro la porta, seguito a ruota da Michael ed Isabel. C’era un grosso foro sulla parete che dava all’esterno e nessun segno di Liz.

* * * * *

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Capitolo 62
*** 63 ***


Parte 63

Steve Baurline grugnì, quando sentì che la vista gli stava tornando.

Sapeva che quando avrebbe aperto gli occhi, dopo il sonno – esitava a chiamarlo sonno notturno, perché non ne era sicuro – avrebbe visto la familiare stanza bianca nella quale aveva vissuto fin dal suo rapimento.

"Rapimento." sbuffò.

Era proprio così. Ora sapeva che la conclusione cui era arrivato quella notte, tra granate stordenti e gas, non poteva essere più sbagliata. Quando aveva ripreso le sue facoltà mentali e si era svegliato in quella stanza, simile alle molte stanze bianche che aveva visto così spesso durante la sua carriera, aveva saputo chi fossero stati a suoi rapitori. Era stato sequestrato da una squadra specializzata di militari. Senza dubbio, Forze speciali.

Baurline si ricordò di aver visto le speciali tute nere e di come, nelle mezza luce, li avesse scambiati per alieni. I grandi, scuri occhi riflettenti, le bocche esagonali con le file di buchi erano solo maschere antigas, necessarie quando usi gas e granate stordenti in un ambiente chiuso. I suoi catturatori erano completamente umani, specializzati nell’arte del rapimento. L’unica domanda che li riguardava era ‘chi erano’. Il ‘perché’ era chiaro. Lui era collegato agli alieni.

Poteva solo fare ipotesi su quanti giorni fossero passati. Le luci erano state lasciate accese per tutto il tempo, togliendogli la sensazione del giorno e della notte. Calcolò che fossero passati quindici giorni, da quando era stato preso. Aveva trascorso il tempo facendo esercizi, sia mentali che fisici per tenere corpo e mente attivi e all’erta. Durante la sua prigionia non aveva visto nessuno. C’era una fontanella per bere ad un angolo della stanza, vicino ad bagno, ed il suo cibo appariva ad intervalli regolari in un’apertura della parete, anche se non poteva dire quale fosse la colazione e quale la cena. La sua routine giornaliera era sempre la stessa. La stanza era la stessa. Niente era mai cambiato.

Fino a quel giorno. Quel giorno, quando si mise a sedere sul letto, vide che nell’angolo più lontano erano comparsi un tavolo e una sedia. Attaccata alla caviglia di Baurline c’era una catena. La prese in mano, per constatarne la consistenza. Si rese conto che gli avrebbe permesso di raggiungere ogni angolo della stanza, tranne quello dove erano il tavolo e la sedia. Qualcuno stava venendo a trovarlo. Ora doveva solo essere paziente ed aspettare.

* * * * *

"Oh, Dio, Max." piagnucolò Isabel. "Mi dispiace così tanto."

"Ma a che pensavi, Isabel?"

La rabbia di Max era ancor più spaventosa perché le parlò con calma, invece di gridare. Sotto la sua apparente calma esteriore, Isabel sapeva che lui era un calderone che ribolliva di rabbia. Si stava trattenendo solo per gli altri, i soldati. Dietro di lei, Daigle e Johnson erano sull’attenti, pronti ad accettare la loro parte di biasimo. Max fece in modo di non guardarli nemmeno. Preferì lasciarli al Maggiore Armstead, timoroso di sfogare la sua furia contro chi non poteva difendersi adeguatamente.

"Si suppone che voi siate dei veterani esperti!" gridò Armstead, il naso quasi contro quello di Daigle. Poi si spostò verso Johnson. "Voi siete stati sul campo, soldati! Sapete le conseguenze del nascondere informazioni importanti per la battaglia."

"Signore, sì, signore." risposero i due, all’unisono.

Michael non si fece scrupolo di nascondere la sua rabbia. Era furioso con tutti quelli coinvolti e non gli importava di chi lo vedesse.

"Non posso credere che tu sia stata così … così irresponsabile, Isabel." urlò. E la sua voce era più alta di quella del Maggiore Armstead. "Come posso fare il mio lavori se tu mi nascondi informazioni importanti? E, in quanto a voi due," e si voltò a guardare i soldati "pensavo veramente che foste qui per aiutarci. Non per aiutare voi stessi."

"Mi avete deluso." Max scosse la testa. La calma nella sua voce diede i brividi a tutti. "Non abbiamo imparato niente? Tu sapevi quanto fosse pericoloso mantenere questa notizia segreta. Dio, Isabel! A che stavi pensando?"

"Max, io … "

"Se le dovesse succedere qualcosa," il gelo nei suoi occhi la bruciò. "non te lo perdonerò mai, Isabel."

"Io non perdonerei mai me stessa, Max." mormorò lei. "So quanto ho deluso tutti. Specialmente la povera … Senti." si alzò in piedi e guardò Max negli occhi. "Mi prendo la piena responsabilità, ma ho pensato veramente che fosse un buon piano."

"Noi abbiamo capito cosa volesse fare, signore." Daigle cercò di intercedere per Isabel. Sospettò di stare sfidando la sua fortuna, parlando in quel modo a Max, ma doveva tentare. "Sapevamo che aveva ragione quando ha detto che voleva assicurarsi che la gente non cominciasse a fissare la collina."

"Così avete pensato che limitarvi a guardare dei nemici penetrati tra di noi, fosse una cosa saggia da fare, vero?" li schernì Michael. "Come una trasmissione alla TV. L’Alieno più scemo d’America. Avete preso anche cuscini e coperte?"

"Pensavamo di poter scoprire cosa stesse architettando Nikolas." Isabel sobbalzò alla frecciata di Michael.

"A chi importa quello che sta architettando? Quando infili spie nel campo nemico, si tratta di sabotaggio, spionaggio, assassinio o … rapimento."

"Si, va bene, Michael." si difese Isabel. "Ma dovevamo saperlo per certo."

“Okay." la calma di Max riportò l’attenzione su di lui. "Tutti siamo d’accordo che sia stata una cosa stupida da fare. Col senno di poi, al cento per cento. Tutte queste discussioni finiscono qui. Basta. Ora preoccupiamoci di riportarla qui, al suo posto."

* * * * *

"A rapporto." Serena si rivolse ai suoi ufficiali.

"Khivar sta puntando dritto sul pianeta." la informò Chyn. "Se sa della nostra presenza, cosa di cui siamo sicuri, ci sta ignorando."

"Nessuna meraviglia." annuì Mantik. "Ha armi superiori alle nostre. Da sola, la sua nave da attacco potrebbe farci fuori, prima che abbiamo la possibilità di sparare un solo colpo contro di lui. Per lui, siamo niente di più di un insetto."

"Max ha detto che dobbiamo nasconderci, non combattere." li avvertì Serena.

"Proprio così." Mantik strinse i pugni, frustrato. "E’ un’idea dura da accettare."

"Lui non ha le sue navi da attacco." lo interruppe Chyn.

"Prego?" Serena guardò verso di lui.

"Le nostre spie ci hanno informato che Khivar si è lasciato dietro le navi da attacco, in favore di un maggior numero di truppe. Sapeva quanto sarebbero state inutili nell’atmosfera terrestre."

"E’ stata una fortuna per noi che i suoi esperimenti nel far atterrare navi nell’atmosfera terrestre siano falliti." Mantik sembrò sollevato. "Se avesse avuto una superiorità aerea, oltre al vantaggio del numero, non avremmo avuto possibilità."

"Pensi che ne abbiamo qualcuna?" Serena sollevò un sopracciglio.

"C’è dell’altro." Chyn sollevò una mano. "Ha tolto anche tutti i cannoni da difesa e ha lasciato solo qualche cannone da attacco. Per affrontare i veicoli in possesso dei terrestri."

"La terra ha qualche arma che potrebbe essere usata contro di loro?"

"No." Chyn scosse la testa. "Tutte le armi terrestri sono, in un modo o nell’altro, collegate ai proiettili. E questo significa che devono essere fatti di metalli terrestri. Quasi certamente Khivar sarà circondato da uno scudo. Solo le armi antariane … o epsiliane potranno colpirlo."

"Quanti soldati possiamo mandare a Max?"

"Se lasciamo solo il personale necessario per azionare la nave, possiamo inviare circa quattrocento guerrieri. Forse dal cinque al dieci per cento di quelli a disposizione di Khivar."

"Abbiamo armi più potenti dei laser?"

"Abbiamo pistole a basso raggio. E quattro cannoni che montano laser."

"Prendete tutte le armi che abbiamo con noi. Qui non ne avremo bisogno."

"Ci vorranno diversi viaggi." Mantik guardò in lontananza. "Ma riusciremo a portare tutto prima dell’arrivo di Khivar. Appena in tempo."

"Bene. Cominciamo ad organizzarci. Chyn, cambia rotta per portare la Nyelda nella parte opposta del Sistema Solare, da dove si possa avvistare la nave da battaglia, così che Khivar non possa sorprenderci."

"Ma, quasi certamente, saremo avvistati dagli umani."

"Cerca di evitarlo, se puoi. Almeno fino a quando non sapremo che gli umani anno avvistato la nave di Khivar. Tra quanto pensi che succederà?"

"Alla velocità cui sta viaggiando, credo che si accorgeranno di Khivar un paio di giorni prima che attraversi la loro atmosfera."

"Max avrà già deciso quale tattica adottare?" si chiese Mantik.

"Sì." Serena scosse la testa. "Pensa di affrontare Khivar."

"Stai scherzando, vero?" si sorprese Mantik. "Questo fa parte del senso dell’umore umano di cui abbiamo sentito parlare?"

"No." lei scosse la testa. "Max teme che distruggerà una città alla volta, fino a che non sarà arrivato a lui. Proprio come in ‘Indipendence day’."

"Che cos’è Indipendence day’? E’ una città o qualcosa di simile?"

"Non ne ho idea." Serena scosse di nuovo la testa. "Max ha detto che la gente non morirà perché lui si nasconde dietro a loro."

"Allora ci siamo." Chyn appoggiò la fronte sul tavolo. "La fine di Antar."

"Se può consolarvi, Max ha detto che non dovremmo contare sui polli fino a che non siano stati covati."

"E questo che vorrebbe dire?" Mantik inarcò le sopracciglia. "Credo che vivere sulla Terra abbia influenzato il nostro Re."

* * * * *

"Quali sono le ultime notizie da Nikolas?" chiese Khivar.

Era seduto sulla sedia del pilota e guardava le stelle passare come strisce di luce bianca.

"Nell’ultimo rapporto conferma di non aver avuto contatti con Ava, fin dal suo ritorno, signore." gli disse l’aiutante che gli stava accanto. "Lui non ha idea se sia sopravvissuta o meno all’atterraggio. Sembra che si sia scontrata con un aereo terrestre e che i militari abbiano localizzato la nave, dopo che è stata costretta all’atterraggio. Ci sono state voci sul fatto che i militari abbiano fatto ricerche su vasta scala nella città vicina. Non abbiamo informazioni su quello che stavano cercando, né su quello che hanno trovato."

"Ava non è la prima delle mie preoccupazioni." Khivar scollò le spalle, ignorando lo sguardo stupito del suo aiutante. "Ogni femmina può fare da incubatrice. Abbiamo bisogno solo degli zigoti di Zan."

"A questo proposito ci sono delle buone e delle cattive notizie, signore."

"Non è sempre così?" la voce di Khivar era secca.

"Nikolas conosce la locazione degli zigoti."

"Ma … "

"Non può entrare dove sono conservati."

“Che sia dannato!" sbraitò Khivar. "E’ più furbo adesso, di quando era vivo."

"Tecnicamente, è ancora vivo, signore. E visto che gli scienziati lo hanno fornito di un cervello umano con un potenziale molto avanzato, la cosa non è sorprendente."

"Nikolas era il più forte dei Generali che avevo a disposizione. Con lui ho mandato un intero battaglione. Avrebbe dovuto trovarlo quando era ancora un bambino, piuttosto che perdere tempo in qualsiasi cosa abbia fatto. Dobbiamo scambiare due parole, io e Nikolas. Ha già rianimato gli altri?"

"Dovrebbe essere negativo, signore."

"E posso chiedere perché no?"

"Sembra che Zan abbia distrutto la nuova pietra che abbiamo inviato."

"Cosa?" lo scoppio di rabbia di Khivar fece sobbalzare tutti quelli che erano presenti sul ponte. "Vuoi dire che anche dopo che Zan aveva distrutto la prima, e sapendo che avrebbe attaccato il rimpiazzo, Nikolas è riuscito a combinare un completo disastro?"

"Sembrerebbe così. Tutti i rapporti suggeriscono che è uno Zan al meglio delle sue capacità tattiche."

"Chiamatemi Nikolas col comunicatore. Subito!"

"Mi dispiace, signore." l’aiutante scosse la testa. "Non sembra disponibile in questo momento. Crediamo che stia succedendo qualcosa."

"Vuoi dire che sta cercando di tirare fuori il suo sedere dal fuoco?" sbraitò Khivar.

* * * * *

Il rumore della porta che si aprì spostò l’attenzione di Baurline dal calcolare il sessantunesimo decimale del P greco. Sollevò lo sguardo e vide entrare nella stanza un giovane uomo, a metà della ventina, con indosso un camice bianco. Ignorando il suo occupante, l’uomo si sedette sulla sedia ed aprì una cartella sul tavolo. Baurline non si mosse, fingendo di ignorare il nuovo arrivato. Il gioco non era nuovo per lui. Continuò il suo calcolo, sapendo che l’intenzione era quella di metterlo a disagio, perché cominciasse a fare domande all’estraneo.

‘Ho aiutato a sviluppare queste tecniche, dannazione!’

Baurline aveva già assistito a scene come quella. Si chiese per quale Agenzia lavorasse l’uomo, e se fosse Americana. Mentre Baurline stava continuando ad esercitare la sua mente, il nuovo arrivato aveva aperto la cartella e ne stava leggendo il contenuto.

Alla fine, dopo una mezz’ora, secondo il calcolo di Baurline, l’uomo estrasse un blocco dal retro della cartella ed una penna stilografica dal taschino del camice. Fece una grande scena nel preparare la penna per scrivere.

"Lei è l’ex agente speciale Steven Baurline."

Fu una constatazione, non una domanda. L’uomo non cercò di prendere contatto con gli occhi. Il modo in cui la penna era sospesa sopra il taccuino suggeriva che lui stava aspettando una risposta. Baurline rifletté sul suo accento. Era chiaro che aveva lavorato duramente per eradicare ogni accento, ma ce n’era comunque una traccia. Forse lui non se ne era accorto. C’era un accenno di irlandese, ma non abbastanza forte da essere irlandese naturale. Forse l’uomo era cresciuto con un vicinato irlandese ed era così attento a nascondere la pronuncia americana, da aver tralasciato la sbavatura irlandese. Un posto come Boston, forse? Prese in considerazione il dubbio se rispondere o meno. Comunque, il silenzio non lo avrebbe portato da nessuna parte.

"Avreste perso un sacco di tempo e risorse se non lo fossi." sogghignò.

L’uomo spalancò gli occhi. Fu giusto per un attimo ma Baurline, addestrato a stare attento, lo notò.

"E’ un sì o un no?"

Si accorse che l’uomo stava trattenendosi attentamente dal non manifestare la sua irritazione. Qualsiasi esposizione di emozioni avrebbe significato la vincita di Baurline. Dubitò di aver mai incontrato, nei suoi interrogatori, qualcuno meno intimidito dall’ambiente che lo circondava.

"Se non sapete chi sono, allora qual è lo scopo di avermi portato qui? Perché non saltiamo questi giochetti ed andiamo dritti al punto?"

"Io posso renderle le cose molto difficili." il sorriso era teso, intenzionato ad apparire minaccioso.

"Oh, per favore." Baurline roteò gli occhi. "So che vi servo vivo, altrimenti sarei stato già morto. Cosa, credo, che per il resto del mondo, io sia."

"Forse no."

Baurline cominciò a ridere.

"Ascolta, figliolo." disse scuotendo la testa. "Ho fatto questo gioco da ben prima che tu nascessi. Tu dovresti veramente tornare dai tuoi insegnanti e chiedere di essere punito, per non aver prestato attenzione alle le loro lezioni. Se fossi stato uno dei miei studenti, mi sarei liberato di te anni fa. Tu metti paura come un topo morto."

La bocca dell’uomo si aprì e si richiuse, ma dal suo viso arrabbiato non uscì una parola.

"Davids!" chiamò una voce dall’interfono. "Salta l’atteggiamento teatrale e va subito al sodo."

"Vedi?" ridacchiò Baurline. Aveva vinto. "Te l’avevo detto. Ti saresti risparmiato l’imbarazzo, se mi avessi ascoltato."

"La conclusione, signor Baurline," disse Davids a denti stretti "è che ‘qualcuno’ che conosciamo, crede di poter presto arrivare … agli alieni che hanno, per tanto tempo, eluso ogni tentativo fatto da lei e dalla sua squadra per … ostacolare la loro libertà."

"Ed avete bisogno di me, perché … "

"Noi vorremmo … catturarli. La sua esperienza potrà esserci molto utile. Potrebbe aiutarci assicurandosi che non ripetiamo i suoi stessi errori."

"Io non ho fatto errori." Baurline scosse la testa con un sorriso. "Voi non sapete quello che sono in grado di fare quegli alieni, vero? Loro hanno dei poteri. E’ come se sappiano che tu sei lì. Sapevano che avevo una squadra di tiratori sul posto. Sapevano che stavo loro dando la caccia in Colorado. O hanno una spia nell’Agenzia, o possono predire il futuro."

"Nondimeno, vorremmo evitare gli stessi … vorremmo impedire che gli alieni possano sfuggire ad una trappola attentamente elaborata."

"Che ne sarà di me? Io sono ufficialmente morto, difficilmente potrete farmi tornare in vita e farmi delle pubbliche scuse. E quale sarà il mio destino una volta che non vi sarò più utile?"

"Potremmo darle una nuova vita. Come per il Piano di Protezione dei Testimoni."

"Uh huh." Baurline scosse la testa. "E che accadrà a quei bastardi una volta che li avrete presi?"

"Avranno l’onore di trascorrere il resto della loro vita a fornirci la loro tecnologia, così che non solo il popolo che noi rappresentiamo sarà la forza più potente del pianeta, ma avrà anche la tecnologia adatta non solo a difendere la Terra, ma anche a conquistare altri pianeti."

"E per i miei compagni uccisi? Per il personale della base aerea assassinato? Per le innumerevoli persone che hanno dato la loro vita per proteggerci dall’invasione di quei mostri?"

"Alla fine, avremo imparato da quelle creature tutto quello che c’è da imparare. E a quel punto, non ci serviranno più. Li prenda per noi, e potrà essere quello che li eliminerà, una volta che non saranno più utili."

"Mi sembra di averlo già sentito."

* * * * *

"Ben fatto." Nikolas si congratulò con i tre mutaforma per il successo della loro missione. Per avergli dato il potere su Max Evans. "Avete incontrato resistenza?"

"Nessuna, signore." i tre scossero la testa. "Non si sono nemmeno accorti che fossimo lì. Le loro difese sono pietose. Se dovessimo attaccarli ora, si sbaraglieremmo in un attimo."

"No. Ora che ho quello che mi serve, posso ottenere quello che voglio. Dopo attaccheremo. Senza il loro capo, non saranno nulla."

I quattro uomini guardarono verso il letto dove la piccola umana dai capelli scuri cercava di liberarsi dai suoi legami. Le mani e i piedi erano assicurati da manette di metallo e sulla bocca aveva un bavaglio.

"Avete usato l’uranio impoverito?"

"L’abbiamo fatto." annuirono. "Ha dei poteri?"

"Io credo di sì. Ed è meglio non correre rischi. Andate a trovare Slekt. Ha un premio per voi."

"Grazie, signore." Lo salutarono, prima di lasciare la stanza del motel.

"Ora ti toglierò il bavaglio." disse alla ragazza. " Preferirei che tu non gridassi ma, francamente, non è che me ne importi molto. La stanza è insonorizzata al cento per cento."

Tolse il bavaglio. Liz mosse la mascella per riportare in vita la bocca.

"Che vuoi?" domandò alla fine, con la voce un po’ roca.

"Voglio qualcosa che ha Max." disse, scrollandole spalle. "Tu sei secondaria."

"E con chi sto parlando?"

"Ehi, Lizzie," rise lui. "Noi ci siamo già incontrati, sai? Anche se, allora, ero solo un ragazzino, ancora più giovane di te."

"Nikolas." disse Liz con disprezzo.

"Esatto." rise lui. "Vorrei dire in carne ed ossa, ma entrambi sappiamo che non sarebbe vero."

"Vedo che credi di essere cresciuto." lo derise lei. "Ma vedo anche che ti comporti ancora come un bambino."

"Il mio nuovo corpo non ti fa effetto?" Nikolas si mise in posa da atleta. "Visto che hai un debole per i corpi alieni."

"Oh, ma per favore." ringhiò Liz, dimenandosi contro i suoi lacci. "Tu? Ma non farmi ridere."

"Non serve agitarsi, Lizzie." Nikolas fece un sorriso compiaciuto. "Il solo modo in cui tu potrai uscire viva da qui … oh, aspetta. Tu non uscirai viva da qui."

"Max verrà."

"E’ quello che spero." rise Nikolas. "Altrimenti avrei perso il mio tempo, no? O viene per trattare, o viene per combattere. In tutte e due i casi, sono in una situazione vincente. Ma, per adesso, non sa ancora dove sei. Verrà quando glielo dirò io, dove gli dirò io. Naturalmente, prima avrò messo su una trappola adeguata."

"Non hai imparato nulla dall’altra notte?"

"Ah, quello." Nikolas si strinse nelle spalle. "Questa volta ho un asso. Te."

Liz rimase in silenzio.

"Sai che ho il potere di connettermi con la mente di un’altra persona ed estrarne tutti i ricordi?" Nikolas si avvicinò al fondo del letto. "Non è molto piacevole, temo. Anzi, è piuttosto doloroso. Mi hanno detto che le vittime lo chiamano stupro della mente." Si fermò e guardò verso di lei. "Ma non preoccuparti. Non c’è niente che non so di te e della tua squadra. E non voglio vedere immagini di te e di Max che vi fotte*te a vicenda. Così non violenterò la tua mente."

La porta si aprì ed entrarono cinque degli uomini di Nikolas, guardando tutti Liz.

"D’altro canto, il tuo corpo … "

"Combatterò contro di voi." sibilò Liz, mentre i sei uomini si avvicinavano a lei.

"Sì." Nikolas la guardò con occhi cupidi. "Ci abbiamo contato."

* * * * *

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Capitolo 63
*** 64 ***


Parte 64

Max era seduto sul vecchio molo e fissava, oltre il lago, il sole che stava nascendo dietro le colline lontane. Una sottile foschia si alzò dalle acque fredde del lago, portando un surreale senso di pace nella sua mente in subbuglio. I suoi pensieri tornarono a quei pochi mesi spensierati, quando lui e Liz erano sposini novelli, quando, sebbene la minaccia di essere scoperti fosse stata sempre presente, la loro vita era stata così semplice. Così differente da quella che avevano ora.

Dopo l’accesa discussione seguita al suo piano di soccorso, Max ne aveva avuto abbastanza dell’anarchia che esisteva attorno a lui. Aveva lasciato gli altri a trovare un piano, sapendo che almeno Michael e il Maggiore Armstead sapevano quello che stavano facendo. Era così arrabbiato con Isabel e gli altri, che aveva preferito lasciare la stanza.

Max aveva bisogno di restare solo. Solo con i suoi pensieri neri che, ogni tanto, minacciavano di sopraffarlo.

Questo era successo ieri pomeriggio. Incapace di dormire, Max aveva trascorso la notte sia al ristorante, dove era stato immusonito per un’ora o due, sopra una tazza di caffé che si era freddato, sia camminando sul terreno ghiacciato, a riflettere. I suoi passi lo avevano portato lì, dove aveva ricordato con una strana chiarezza, quella notte che aveva fatto l’amore con Liz sul pontile, prima che lei ricevesse la visione che, alla fine, li aveva portati lì.

Con un profondo sospiro, Max si alzò in piedi e si diresse al cottage. Era tempo di riprendere le redini del comando e di scoprire quale piano avessero progettato.

Si fece strada sul sentiero ghiacciato e attraverso i rami spogliati dalla stagione, che si impigliavano alla sua giacca e lo costringevano a spingerli via. Un gorgoglio nel suo stomaco gli ricordò che non aveva mangiato nulla dalla colazione della mattina prima, a Los Angeles. La sua prima destinazione fu il ristorante, dove soddisfò i primi morsi della fame con un paio di fette di pane tostato, tutto quello che riuscì a mangiare in quelle circostanze, ed una tazza di caffé caldo, condito con una buona dose di tabasco.

Dopo aver riportato il suo piatto in cucina, a dispetto delle proteste di quelli che stavano lavorando per preparare la colazione, lasciò il ristorante a quelli che si erano alzati presto. Quando arrivò al cottage, era come se gli altri, durante la sua assenza, non si fossero mossi. Gli ibridi, la loro controparte umana e gli ufficiali erano in cerchio attorno alla tavola, esattamente come li aveva lasciati quindici ore prima. Si chiese se avessero dormito.

"Allora, qual è il piano?" chiese Max dalla soglia della porta, interrompendo la discussione.

"Saliamo, andiamo, la prendiamo e ci lasciamo dietro una nuvola di polvere." Kyle tirò fuori un’immaginaria pistola da un’immaginaria fondina, sparò a Max con un dito, soffiò sulla punta e lo ripose dentro la fondina.

"Allora sapete dove l’hanno portata?" Max sembrò sorpreso.

"Lo sappiamo."disse Maria con un grande sorriso.

"L’hai raggiunta nei sogni, Isabel?"

"Quello avrebbe funzionato solo se lei avesse saputo dove l’hanno portata." Isabel si strinse nelle spalle. "Ero sicura che Tess avrebbe detto a Khivar tutto quello che sapeva su di noi, e che lui l’avrebbe detto a Nikolas, così … dubitavo che avrebbe funzionato."

"Così come …?"

"Un rilevatore." disse Connie raggiante.

"Prego?"

"Lei ha un dispositivo di rilevazione." gli spiegò Michael.

"Fammi capire." Max guardò Isabel. "Tu sapevi che poteva succedere una cosa del genere?"

Isabel lo guardò furiosa. "Certo."

Max guardò Michael che si strinse nelle spalle e scosse la testa.

"E se lo avessero scoperto e lo avessero mandato da qualche altra parte per fuorviarci? L’avranno perquisita."

"E’ interno, Max." gli disse Eldugar. "E usa una bassa frequenza che è quasi inavvertibile dagli strumenti che usano gli Epsiliani."

"Allora … allora qual è la potenza del suo raggio?"

"Daigle dice quasi duecento miglia." Isabel si aprì in un sorriso. "Ma l’abbiamo già trovata. Ho pensato che avrebbero voluto stare in un posto umido e non troppo lontano da qui. Vorranno negoziare, ho pensato. Così ho pensato all’Oregon. E i nostri esploratori l’hanno trovata ieri sera."

"E perché abbiamo aspettato tutto questo tempo, lasciandola in mano a Nikolas e ai suoi scagnozzi?"

"Ricognizione." annuì Michael. Traversò la stanza e si avvicinò ad una grande mappa dell’Oregon. "Li abbiamo seguiti fino ad un motel, qui." Indicò un’area montagnosa subito dopo il confine dell’Oregon, lungo la statale 20, vicino alla città di Burns.

"Com’è appropriato." Max guardò la mappa.

"Ieri pomeriggio, sul tardi, abbiamo mandato due famiglie a registrarsi nello stesso motel. Hanno tenuto occhi ed orecchie aperte. Non solo, hanno sistemato anche un paio di telecamere."

"Aspetta." Max sollevò la mano. Sembrava scandalizzato. "Tu hai deliberatamente messo a rischio due famiglie in questo modo? Hanno dei bambini?"

Michael guardò Isabel, poi tornò ad affrontare Max. "Tu che pensi?"

"Michael, io … "

"Loro hanno davanti la fine del mondo, Max." gli spiegò l’amico. "Si sono offerti volontari per questo compito, così ho pensato di lasciarli fare quello che possono." La sua espressione si aprì in un sorriso. "Perché dobbiamo divertirci solo noi?"

"Divertirci?" sbraitò Max.

Una mano gentile si posò sulla spalla di Max. "Ti sta prendendo in giro." lo rassicurò una voce dolce.

Max si voltò verso la fonte della sua consolazione.

"Liz." disse con una voce che aveva perso tutta la sua tensione.

"Dove sei stato tutta la notte?" lei sollevò un sopracciglio. "Mi sei mancato, lo sai?"

"Non potevo dormire." lui si strinse nelle spalle. "Sono andato a fare quattro passi. Sai? … Per pensare."

"Avresti dovuto dirmelo."Liz si accigliò. "Sarei venuta con te."

"Non aveva senso perdere il sonno in due."

"Avrei potuto aiutarti." lo blandì Liz. "Tutta questa faccenda ti disturba, vero?"

"Sì." annuì lui. "So che Frimona e Tallen si sono offerti volontari per interpretare te e me, ma questo non mi fa preoccupare di meno, Liz. E se fossimo stati qui? E se ti avessero catturato veramente? E che farà Nikolas quando si renderà conto che non sei tu? Che le farà in ogni caso?"

"Max, noi non eravamo qui, okay?" la voce di Liz era ferma, ma piena di simpatia. "Sai perfettamente che non c’è nessuno in questo campo che avrebbe messo che sia te che me in una situazione così pericolosa. Isabel ha potuto fare quello che ha fatto, solo perché noi non c’eravamo. Sai che se fossimo stati qui, la cosa sarebbe stata diversa. E Frimona sapeva che poteva accaderle qualcosa di pericoloso. Tu non puoi sentirti responsabile di quello che accade quando la tua gente si offre volontaria, okay? Come per quelle famiglie. Loro conoscono il rischio che stanno correndo, ma vogliono farlo comunque. Non solo per te, ma ... sì, anche per te. Tu ti saresti comportato diversamente?"

"Ne dubito." sospirò Max, chinandosi in avanti fino a che la sua fronte non toccò quella di lei.

"Hai dormito almeno un po’?"

"No." lui scosse la testa. "Dormirò dopo, quando Frimona sarà al sicuro."

"Allora, proseguiamo con il piano. Prima sarà libera, prima potrai dormire."

"Max annuì, allacciò la mano a quella di Liz e si riavvicinò al tavolo. "Allora? Cosa ne pensi, Michael?"

Michael fece scorrere lo sguardo intorno al tavolo, osservando i cenni di approvazione fatti col capo da tutti i presenti.

"Credo che qualsiasi cosa succeda, per te, Max, è una faccenda personale. Non ti voglio in prima linea. Voglio che tu e Liz restiate indietro a dirigere l’operazione. Con Khivar in arrivo, non possiamo permetterci di perderti. Di contro, il resto di noi … "

Max guardò Liz, che lo stava guardando e stava accennando la sua approvazione.

"Okay." si arrese Max. "Ma prima voglio parlare con lui."

"Cosa?" esplose Michael. "Ma nemmeno per sogno, Max!"

Anche gli altri diedero voce al loro dissenso.

"Max." disse Michael, cercando di calmarsi. "Non possiamo permetterci di perdere l’elemento sorpresa."

"Quale sorpresa?" Max sollevò un sopracciglio. "Nikolas ha i sensori. Non lo troveremo di nuovo a sonnecchiare. Ci sta osservando come un falco. Ci vedrà arrivare. Io voglio solo … " Max sospirò. "Voglio dar loro la possibilità di arrendersi."

"Come l’ultima volta?" Michael rimase a bocca aperta. "Ma sei pazzo?"

"Mi dispiace." Max si grattò dietro l’orecchio. "Non posso agire altrimenti e continuare a dormire, di notte."

"Questo, soprattutto." Liz sorrise, appoggiandosi contro Max, per dargli il suo supporto. "Per agire come il vero te stesso."

"Grande!" brontolò Kyle. "Ora dobbiamo vivere la nostra vita secondo quello che dice Shakespeare?"

"Meglio che ascoltare Buddha." ridacchiò Maria.

"Perdonala, o Benevolente." Kyle alzò gli occhi al soffitto. "Lai deve ancora vedere la luce."

Max non volle incontrare lo sguardo di nessuno e nella stanza scese il silenzio. Alla fine, sospese la riunione e chiese di nuovo le fotografie.

"Fotografie?" Max sollevò finalmente lo sguardo.

"Dalle web-cams, Max." gli disse Liz, allungando la mano sul tavolo. Cominciò a disporre alcune foto davanti a lui.

"Così vedrà meglio." aggiunse Michael, mettendogli davanti il portatile.

Lo schermo era diviso in quattro sezioni. In ciascuna, si vedeva una parte differente del cortile del motel, con numeri sovraimpressi alle immagini. Max rimase affascinato.

"Nessun segno di … "

"No." Michael scosse la testa. "Abbiamo riconosciuto qualcuno degli Skins e qualcun altro no."

"Ma nessun segno di un adolescente pigmeo." commentò Maria.

"Aspetta." disse Max. "E questo chi è?"

Max indicò un giovane che camminava sullo schermo. Gli altri Skins che passavano, sembrarono salutarlo con deferenza.

"Non ne sono sicuro." Michael cominciò a passare da una immagine all’altra. "Non credo di averlo mai visto prima."

"E’ Nikolas." affermò Max. Combatté contro un’ondata di nausea e la sua testa cominciò a girare.

"Ne sei si … "

"E’ lui." Max sputò quasi fuori le parole. "Ha un nuovo guscio, ma riconoscerei ovunque la sua arroganza. E’ lui."

"Scusami, Max." lo chiamò un soldato dalla porta, riluttante ad entrare.

"Sì?" Max si voltò verso di lui.

"C’è un ragazzo alla porta che ha chiesto di te, chiamandoti per nome."

Tutti guardarono Max, preoccupati.

"Credo che sia inglese."

"Accompagnalo al ristorante." Max sorrise. "E che qualcuno gli prepari un Galaxy Sub. Di’ al cuoco, come quelli che Maria prepara per noi. E digli di andarci pesante col peperoncino." Mentre il soldato tornava di corsa al cancello, Max si voltò verso gli amici. "Forza, ragazzi. Finiamo ed andiamo al ristorante. Abbiamo un ospite."

"Aspetta." Maria sollevò una mano, con l’espressione sorpresa. "Peperoncino? Brody? Hai invitato qui Brody Davis?"

* * * * *

"Devo parlare con Max, da solo." Larek scosse la testa, davanti all’orda di estranei che era arrivata al ristorante. Anche se sapeva che nessuno dei presenti avrebbe potuto nuocergli fisicamente, gli serviva molta energia per preparare un nuovo ospite.

"Posso accettarlo." commentò Max.

"Ehi, aspetta … " Michael guardò Max. Il suo sguardo era rabbuiato.

"Ho detto che posso accettarlo, Michael." lo ammonì Max.

Michael stava imparando. Sapeva quando fare marcia indietro. Il commento successivo di Max, comunque, diede fuoco alla rabbia che aveva dentro.

"Ma voglio con me mia moglie, Larek."

Larek annuì alla richiesta.

"Così sia." disse con una risatina. Guardò le facce presenti nella stanza e ne riconobbe qualcuna. "Dov’è Lady Ava?"

Max e Liz si scambiarono un’occhiata divertita e scossero la testa.

"Andiamo, Larek." Max scortò l’ospite in un cottage vuoto che era stato preparato proprio per questo incontro speciale. "Abbiamo un sacco di cose di cui parlare."

Liz li seguì, ancora scuotendo la testa. Quello prometteva di essere un pomeriggio molto lungo.

"Cosa sta facendo?" chiese Larek quando vide Liz ferma accanto alla porta dietro di loro, ma ancora nella stanza.

"Larek." Max tese una mano verso Liz. "Permettimi di presentarti … "

"So già chi è Lady Millia, Max." Larek fece un forbito inchino. "Io ho acconsentito solo alla presenza di tua moglie, Lady … voglio dite, la Regina Ava. Ti ricordi di Ava, Zan? La figlia di Khivar? Tua moglie?"

"Qui le cose sono un po’ … diverse, Larek." Max abbassò lo sguardo a terra, toccandosi il lobo dell’orecchio. Poi sollevò lo sguardo ed indicò una sedia, permettendo a Larek di sedersi. "Ava è … uhm … è morta. Io … io non l' ho sposata, in questa vita. E questa … " si voltò verso Liz. "Questa non è Lady Millia, non importa quanto possa somigliarle. Questa è Liz. Liz Evans. Mia moglie, la mia Regina." Max le sorrise, permettendo al suo amore di illuminargli gli occhi. "La mia vita." Condusse Liz ad una sedia e quando si fu accomodata, si sedette accanto a lei. Poi tornò a guardare Larek. "Ecco perché volevo parare con te. Della mia vita. Voglio dire, della mia passata vita."

"Giusto." Larek sembrò nervoso.

Max continuò. "Ho sentito recentemente che … noi eravamo in guerra … io e te."

Larek si agitò sulla sedia, apparendo a disagio. "Sì. Sì, lo siamo."

Max annuì, permettendo a quelle semplici parole di fare presa.

"Dalla nostra conversazione … a New York … al summit, quella volta, e poi ancora per i Gandarium, mi era sembrato di capire che fossimo amici."

"Lo eravamo, una volta." Larek si strinse nelle spalle, prendendo la brocca dell’acqua ed un bicchiere vuoto. "Poi, tu hai iniziato la tua politica espansionistica."

"Espansionistica?" si sorprese Max.

"Ho visto con i miei occhi la tua ingordigia, quando hai cominciato a portare via le terre a Khivar. Poi, dopo aver conquistato la Casa di Stellarine e preso Lady Millia … " Larek non poté trattenersi dall’accennare a Liz con la testa "… come ostaggio d’onore … avrei potuto ignorarlo se non fossi venuto a conoscenza dei tuoi piani per conquistare il resto dei cinque pianeti … e dell’Universo."

"Aspetta." Max sollevò una mano e si accigliò. Guardò Liz, come per chiederle conferma. "Io non ho mai pensato di regnare sull’Universo." Tornò a guardare Larek. "Da quello che mi hanno detto, non mi sono mai sentito a mio agio nemmeno a governare la mia propria Casa."

"Questo è quello che vuoi credere." disse Larek con una smorfia.

"Io non capisco. Chi ti ha detto tutto questo?"

"Khivar." Larek si strinse nelle spalle. "Si stava lamentando della tua richiesta di sposare Lady Ava, per assicurarti la lealtà di Kreskascent."

"Questa sì che è una sorpresa." sbuffò Liz. "Così, tu hai messo da parte anni di amicizia e sei entrato in guerra contro un uomo di cui ti eri sempre fidato ciecamente, solo perché Khivar, notoriamente nemico di Zan e che era appena stato umiliato da un … " sorrise a Max. "un giovane venuto dal nulla, ti ha detto così?"

"E’ così." annuì Larek. "Sì."

"Bell’amico!" disse Liz a denti stretti.

"Vedi? Noi sapevamo che lui voleva il Granilith. L’ipotesi era stata confermata quando la mia flotta ha cominciato a muoversi e Zan ne ha preso il controllo. Hai un’idea di che potere possedeva?"

"Credimi, Larek." Liz chiuse gli occhi e le sue parole vennero fuori in un sussurro. "Ne ho un’idea più precisa di quella che ne hai tu."

"E’ stato il Granilith a scegliere Zan." Max accarezzò il braccio di Liz. "Non lui a prenderlo."

"Cosa?"

“Il Granilith non può essere usato, a meno che non sia lui a permetterlo." Max scosse la testa. "E stata quella cosa a scegliere me … Zan, piuttosto che Khivar, per guidare come Re di un Antar unito, contro le forze di Epsilia."

"Avrebbe potuto scegliere Khivar." aggiunse Liz.

Larek li guardò confuso.

"A New York," affermò Max "quando Nikolas ha ammesso che Khivar non aveva il Granilith, che lo avevo io, tutti voi mi siete sembrati … scioccati."

"Khivar ci aveva sempre detto che, senza il Granilith, tu eri senza difese, quaggiù." lo sguardo di Larek era distante. "E’ per questo motivo che ho accettato di mettergli a disposizione una forza di Epsiliani al comando del mio migliore Generale, per darti la caccia."

"Ed uccidermi."

Larek annuì.

“No." Liz scosse la testa, con enfatico vigore. I suoi occhi mandarono bagliori, contro l’ingenuità di Larek. "No, questo non è vero. Nikolas conosceva da anni dove si trovava Max. Nikolas sapeva anche che Max aveva il Granilith. Ha anche attaccato Roswell con un dispositivo temporale, nel tentativo di trovarlo. Se lui è uno dei tuoi uomini, perché non ti ha passato l’informazione?"

"Non lo so." Khivar si accigliò. "Gli ordini di Nikolas erano di trovarti ed ucciderti e di riportare gli altri tre da Khivar."

"Ha avuto questa possibilità." grugnì Liz, guardando verso Max. "Ha scelto invece di interrogarlo, violentandogli la mente, cercando di scoprire dove fosse il Granilith per conto di Khivar."

"No. No." Larek scosse vigorosamente la testa. "Mi rifiuto di credere che il mio migliore generale abbia potuto tradirmi in questo modo."

Ci fu un momento di silenzio, ed entrambi gli uomini si fissarono. Erano ad un punto morto.

"Allora, perché mi hai messo in guardia … ci hai messo in guardia, quando abbiamo parlato dei Gandarium?" disse alla fine Max. "Tu mi hai avvertito del pericolo per il pianeta."

"Il pericolo è stato un po’ esagerato." disse Larek, dopo una lunga pausa. Ormai che danno avrebbe potuto fare dire a Max la verità? "Non ci sarebbero state conseguenze per il resto del pianeta. La Regina ha bisogno di un ospite adatto in cui annidarsi. Usa la debolezza degli umani per trovarlo. Questa è l’unica minaccia che può costituire per la Terra. La distruzione di un nuovo ospite ogni dieci anni o giù di lì."

"Ma perché … ?"

"Perché ti volevo morto, ricordi? Volevo che facessi qualcosa che ti mettesse in pericolo. Se non fossi rimasto ucciso nel tentativo di rubare uno Shuttle, saresti morto soffocato nello spazio, aspettando un aiuto che non sarebbe mai arrivato."

"Ma è orribile." Liz impallidì.

"E noi eravamo amici?" Max sollevò un sopracciglio. "E quello che mi hai raccontato? Di quando mi hai presentato Ava?"

"Invenzioni. Khivar mi aveva informato che Nikolas non poteva ucciderti perché eri sempre circondato dai tuoi compagni. Avevamo bisogno che ti avvicinassi ad Ava, in modo che potesse farti … abbassare la guardia."

"Allora qual’era il patto che riguardava l’erede di Max?" chiese Liz.

"Non c’era nessun patto che riguardasse l’erede di Max." Larek strinse gli occhi. "E perché avremmo dovuto volere un erede da un uomo che volevamo comunque morto? Khivar ha detto che una volta che tu fossi morto e che la minaccia del Granilith fosse finita, la gente lo avrebbe accettato come sovrano."

"Nei suoi sogni." sibilò Liz a denti stretti.

"Io non ho più il Granilith." Max guardò Larek negli occhi. "Tess … voglio dire, Ava lo ha riportato su Antar, oltre un anno fa."

"Non ti credo."

"Ma è vero." Max si strinse nelle spalle. "Tess, lei … uhm … "

"Tess ha cercato di fecondarsi con il seme di Max, per rimanere incinta e correre a casa con il Granilith." disse Liz adirata. Prima lo avrebbe detto, meno avrebbe fatto male. "Era parte dell’accordo con Khivar, tramite Nikolas. Ecco perché volevano che Max e Tess, cioè Ava, fossero vicini. Ha ingannato Max per costringerlo ad attivare il Granilith e poi è tornata a casa con esso. Mi aspetto che ora lo abbia Khivar, ma l’erede di Max è morto quando lo hanno fatto sedere sul trono."

“Non ti credo." Larek scosse la testa.

"Quanti uomini ha Khivar sulla sua nave?" chiese Max.

Larek sembrò contemporaneamente sconcertato e scioccato. Sconcertato dall’improvviso cambio di argomento di Max e scioccato che Max fosse a conoscenza dell’arrivo di Khivar.

"Io non sono tuo prigioniero, Max." Larek riprese la padronanza di sé. "Non ti aspetterai che ti risponda, vero?"

"Tu sei stato usato, Larek." gli disse Liz. "Lo sei stato fin dall’inizio e per tutto questo tempo. Non riesci a capirlo?"

"E questo vi farebbe comodo, non è così?"

Max si grattò dietro l’orecchio. "Tutto quello che voglio, Larek, è essere lasciato in pace, così da poter vivere la mia vita con la mia famiglia e i miei amici." Rivolse a Liz un’occhiata piena d’amore. "Con Liz. Io non voglio regnare su Antar, Epsilia o qualsiasi altro angolo di questo Universo, con l’eccezione di casa mia. Se riuscissi a provarti il tradimento di Nikolas, accetteresti da me una proposta di pace?"

"Solo se mi darai prove reali, e non quelle che tu chiami prove."

"Posso accettarlo." annuì Max. "Larek, un’ultima cosa. Il corpo che tu usi per contattarmi … è quello di un mio amico. Un buon amico. Lo disturba risvegliarsi, dopo che tu lo hai lasciato, e trovarsi in un posto inaspettato. Quando hai finito … potresti riportarlo a casa sua?"

Larek guardò Max con una strana espressione. "Farò quello che posso."

"Grazie, Larek."

"Hai un posto dove possa stare mentre ti organizzi per farmi avere quelle prove?"

"Sì, naturalmente." annuì Max. "Farò in modo che qualcuno ti accompagni." Max guardò la porta. "Puoi entrare ora, Michael."

Michael entrò nella stanza, come se aspettasse solo la chiamata di Max.

"Puoi occuparti della sistemazione di Larek?"

"Certo, Max." annuì Michael. E gli lanciò un’occhiata che lasciava intendere che, al suo ritorno, avrebbe preteso il racconto dell’intera storia. Max annuì.

"Allora?" Liz si alzò dalla sedia, si avvicinò a Max e gli sedette sulle ginocchia. Gli avvolse le braccia attorno al collo, facendo scorrere le mani tra i suoi capelli e gli posò un caldo, lungo bacio sulle labbra. "Te la sei cavata bene, Maxwell." gli disse sorridendo.

"Forse potremo tornare ad essere amici."

"Sono sicura che ci riuscirai." sorrise ancora lei. "Se c’è qualcuno che può farlo, quello sei tu. E chi lo sa? Forse riuscirai anche a sconfiggere Khivar."

"L’impossibile posso farlo subito." Max ricambiò il suo sorriso. "Per i miracoli mi serve un po’ più di tempo."

"Sei così presuntuoso, signor Evans." ghignò Liz.

* * * * *

N.d.A: La storia conta in totale 81 capitoli più un Epilogo. Ancora ci vuole un po' alla fine ;)

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Capitolo 64
*** 65 ***


Parte 65

"Ricordati, Max." Liz era davanti al marito e stava togliendo immaginari pilucchi dalla sua giacca. "Sii deciso, sii forte. Ne abbiamo parlato la notte scorsa, quindi non essere il solito Max insicuro. Sii il capo fiducioso di sé, il Re forte che tutti noi conosciamo."

"Io non mi sento sicuro di me, Liz." Max fece una smorfia triste. "O forte. E se … "

"Non cominciare!" Liz gli posò un dito sopra le labbra. "Tutti e due sappiamo che questo è l’unico modo per uscirne. Andrà tutto bene. Io ho fiducia in te. ‘Noi’ abbiamo fiducia in te."

"Ti amo." Max si chinò e le sfiorò le labbra con le sue.

"Che coincidenza." sorrise Liz, ricambiando il bacio. "Ora va. Prova a Larek che gli sei ancora amico, anche se io penso che lui non si meriti la tua amicizia."

Max si voltò verso i compagni che si erano radunati in semicerchio, dietro di lui.

"Tutti pronti?" chiese guardando Michael.

"Sì." annuì il ragazzo, rispondendo alla domanda di Max per la quarta volta. "Sarai coperto per tutto il tempo. Accertati solo di tenerti insieme quanto basta per tirar fuori il tuo scudo, se lui dovesse fare qualche prodezza. Ed appena non ne potrai più, vattene via. Appena sarai fuori dai piedi, noi interverremo."

"Michael … " lo ammonì Max.

"Lo so, lo so." Michael scosse la testa. "Vuoi che gli dia una possibilità e blah, blah, blah."

"Esatto." Max annuì, guardando il motel oltre la sua spalla. Aspirò profondamente e lasciò lentamente uscire l’aria. "Ci siamo."

Allungò la mano per prendere quella di Liz. La strinse, sorrise e poi la lasciò andare, voltandosi verso il motel. Passò attraverso il piccolo gruppo di alberi che avevano usato per ripararsi, anche se sapevano che Nikolas era al corrente della loro presenza. Apparve alla sua vista la lunga fila delle stanze del motel. Max si sentì sollevato dalla presenza di solo una dozzina di auto. Questo voleva dire che ci sarebbero stati meno innocenti che potevano finire sulla linea di fuoco.

"Nikolas!" chiamò Max. Il suo respiro si congelò in una nube si vapore, mentre la sua voce fu assorbita dagli alberi coperti di neve. "So che sei al corrente della mia presenza. Vieni fuori e parliamo."

La porta di una stanza al centro del complesso si aprì. Un uomo alto, con corti capelli biondi, uscì all’aperto. Si guardò attorno come per assicurarsi che la via fosse libera, poi camminò verso Max con un’aria di arrogante sicurezza.

"Mi hai trovato." ridacchiò " Come sei stato intelligente. Stai sviluppando un nuovo potere?"

"Tu non hai idea di quali poteri possiedo, Nikolas. O di quanto io sia forte."

"Ah." sogghignò Nikolas. "Mi aspetto che sia stata una sorta di connessione con la tua putta*na."

"Sii forte." gli ricordò la voce di Liz.

"Forse." rispose, stringendosi nelle spalle.

"Suppongo che tu la rivoglia." Nikolas sembrò divertirsi.

"L’idea sarebbe questa."

"E se ti dicessi che lei non vuole tornare da te? Che si sta godendo la sua permanenza qui?" C’era un tono di scherno nelle parole di Nikolas.

"Direi che è altamente improbabile."

"Che ci trovi di così affascinante in loro?" Nikolas si coprì l’inguine con la mano. "Voglio dire, a parte la cosa ovvia, che non è completamente senza attrattiva, perché hai buttato via la tua moglie antariana per una appartenente al sesso debole di una sottospecie debole?"

Max strinse le spalle e infilò le mani nelle tasche della giacca.

"Tu sei qui da quando ci sono io. No, aspetta. Tecnicamente, tu sei qui da più tempo di me. E li vedi ancora come deboli?"

"Per favore." Nikolas inarcò le sopracciglia. "Sono una specie … di parassiti."

"Ci stiamo allontanando dal punto fondamentale." sogghignò Max.

"Ah, sì. La tua putta*na."

"Non c’è bisogno di chiamarla così." Max lo guardò furioso.

"Non c’è?" Nikolas fece un’espressione cupida. "Vedi, io e i ragazzi abbiamo avuto il benvenuto nel suo letto, negli ultimi giorni. E notti. Lei geme come una putta*na da dieci dollari, sai? Non ne ha mai avuto abbastanza di noi."

Max cominciò a sentirsi ribollire il sangue. Strinse i pugni ed irrigidì il corpo, pronto a fare un involontario passo in avanti verso la sua nemesi. Il pensiero di quello che aveva dovuto sopportare Frimona stava cominciando a turbarlo.

‘Per un Antariano, il contatto fisico non significa assolutamente nulla. Sai? E’ come … grattarsi una mano. Le nostre capacità di rigenerazione lo hanno reso una cosa del passato. Nemmeno un ricordo. Ti ricordi tutte le volte che ti sei grattato una mano?’

Le parole di Cal gli tornarono alla mente come un antitodo al morso di un serpente. Sentì il suo corpo rilassarsi e permise alla sua rabbia di sciogliersi. Ricordò a se stesso che lì c’era in gioco ben più del benessere e della libertà di Frimona.

"Smettiamola con questo gioco, Nikolas." Max scosse la testa. "Sono venuto ad offrire a te e ai tuoi uomini la possibilità di arrenderti."

Nikolas fissò Max per un momento, poi scoppiò a ridere.

"Questa è bella! Io ho in mano tutti gli assi e tu vuoi che io passi la mano? Nuh uh. Non credo proprio." Fece scorrere la mano tra i capelli corti. "Vedi, io so come ti abbia … indebolito quella ragazza umana, Liz. So che tu faresti assolutamente tutto per salvarla. Così, ecco quello che faremo. Primo, voglio che vada a prendere quegli ovuli fertilizzati che sono chiusi nel laboratorio di Ava e che li porti da me. Poi tu, Vilandra, Rath e, se è ancora in giro, Ava, vi arrenderete a me. Solo allora, lascerò andare Liz e quella disparata squadra che ti ritrovi."

"E perché vorresti quegli ovuli?" chiese Max con un tono di voce un po’ più alto del necessario. "Pensavo che volessi la morte della monarchia."

"Io voglio morto solo te." Nikolas scosse la testa. "E quel buffone traditore di Rath. Ma il tuo erede, lo voglio molto vivo. Oh, e anche Vilandra. Khivar sembra compiaciuto dall’idea di vederla strisciare ai suoi piedi."

"E perché avete bisogno del mio erede? Sarebbe lui a regnare su Antar, non tu o Khivar."

"Lasciamo che succeda." Nikolas rise sotto i baffi. "Khivar regnerà attraverso il tuo erede, idiota. Non conosci il concetto di reggenza, vero? Khivar avrà accesso al Granilith – a proposito, grazie per avercelo rimandato. Khivar è stato veramente contento che Ava ce lo abbia riportato. Una volta che avrà stabilito un rapporto con il Granilith, non ci vorrà molto perché ne assuma il pieno controllo."

"Così potrà regnare su tutto Antar."

"E sugli altri pianeti, Zan." Nikolas scrollò le spalle. "Antar è un pianeta così piccolo, e perché non impadronirsi anche degli altri quattro? O del resto dell’Universo?"

"E un piano grande, Nikolas." Max scosse la testa. "E a te che ne verrà?"

"Epsilia." ghignò Nikolas. "Sono certo che a Larek succederà un terribile incidente ed Epsilia mi vedrà, me, il suo più leale generale, come il suo successore naturale. Meglio essere un prestanome di Khivar che un suo nemico."

"E’ un bene che tutti i tuoi uomini ti siano leali." osservò Max. "Voglio dire, basterebbe che uno di loro dica a Larek cosa stai macchinando e sarebbe finita. Mi aspetto che su Epsilia trattino i traditori come fanno qui, sulla Terra."

"Sì." annuì lui. "Loro credono quello che gli dico. E io gli ho detto che è quello che vuole Larek. E, visto che io sono il solo a contattare Larek … "

"Potrei dirglielo io." ghignò Max. "Una volta eravamo amici."

"Sì, una volta." rise Nikolas. "Hai idea di quanto abbiamo dovuto faticare per metterlo contro di te? Ma ci siamo riusciti e, per usare un’espressione umana, ci dovrebbe essere un giorno di gelo all’inferno, prima che lui possa fidarsi nuovamente di te. Ora, il tempo è essenziale. Gli zigoti?"

"Naturalmente." Max annuì. "Ne hai bisogno prima dell’arrivo di Khivar. Mi aspetto che sia piuttosto arrabbiato che tu hai perso non una, ma ben due pietre."

"Non pensare a Khivar." Nikolas lo guardò torvo. "O alle pietre. Non dovresti essere più preoccupato per Liz?"

‘Sii il capo fiducioso di sé, il Re forte che tutti noi conosciamo.’

"Liz sta bene." fu il turno di Max di ridacchiare. "A proposito, ti manda i suoi saluti."

“Sì." Nikolas fece una smorfia. "Certo."

"Mi sto stancando di questa scherma. Michael voleva che attaccassi e che la finissi con te una volta per tutte. Io non sono così … freddo. Io preferirei che ti arrendessi ma, se non lo farai, temo che dovrò fare quello che ha suggerito Michael."

"Se attacchi, io ucciderò Liz."

"No, non lo farai." Max scosse la testa. "Tu ucciderai un’antariana. Che sembra Liz."

"Non ti credo."

"Lo sto sentendo spesso, ultimamente."

"Okay." Nikolas sentì il terreno scivolargli sotto i piedi. "Diciamo che ti credo. Se mi attacchi, ucciderò l’antariana."

"Sì." annuì Max, con l’espressione triste. "Ci credo. Forse un anno fa, avrei fatto marcia indietro. Ma, vedi, quella ragazza che tu hai accusato di indebolirmi, mi ha dato una forza che non avevo mai avuto. La ragazza antariana è una guerriera. Si è offerta volontaria per questo incarico, sapendo che poteva essere una missione suicida. Io preferirei che non le accadesse niente, ma non voglio sminuire il suo sacrificio e toglierle la sua dignità di soldato. Noi abbiamo un’altra espressione, qui, sulla Terra. Non puoi fare una frittata senza rompere le uova."

Nikolas fissò Max, Non era così che doveva andare. Max doveva essere un debole, patetico folle, che smaniava dietro quella Liz.

"Basta così!" gridò Larek, uscendo dal riparo degli alberi.

Nikolas si mosse per colpire, ma si rilassò quando riconobbe il suo capo.

"Eccellenza!" Nikolas batté gli occhi e fece una strana genuflessione, con la mano sinistra. "Che ci fate qui?"

"Ho portato dei cappotti per gli abitanti dell’inferno." rispose seccamente Larek.

"Siete venuto ad assistere alla morte di Zan?" Nikolas scelse di ignorare il sarcasmo di Larek, anche se era diretto a lui. "Alla sua morte definitiva?"

"Ad un osservatore casuale," Larek guardò gli alberi attorno, che lui sapeva ribollire di imminente violenza "sembrerebbe che non sia Zan a doversi preoccupare della sua morte."

"Le apparenze possono ingannare, od esaltare." Nikolas si inchinò.

"Non fare il leccapiedi." sbraitò Larek. "I tuoi modi striscianti mi irritano qui, come lo facevano su Antar. Ma hai detto la verità. Le apparenze possono ingannare. Per esempio, avrei potuto credere facilmente che tu mi sia ancora leale, Nikolas."

"Ma lo sono, signore." la testa di Nikolas andò su e giù. "Nessuno potrebbe essere più leale di me."

"Allora provalo. Provami la tua lealtà."

"Datemi un ordine e consideratelo già fatto."

"Bene, Nikolas." sorrise Larek. "Poiché voglio salvare te stesso e il resto dei miei uomini, voglio che tu ti arrenda a Zan."

La faccia di Nikolas sbiancò.

"Non avete bisogno di preoccuparvi del nostro destino, Larek." Nikolas si accigliò. "Tutti noi ci siamo offerti volontari per questa missione, sapendo a cosa andavamo incontro. Noi siamo soldati. Lasciateci morire combattendo contro il nostro nemico. Inoltre, ci sono dei fattori che potrebbero volgere l’esito della battaglia a nostro favore. Fattori che voi potreste ignorare."

"Vuoi dire che hai rapito la moglie umana di Zan e uno dei suoi soldati, e li tieni prigionieri lì dentro? Oppure il fatto che Khivar sta arrivando?"

"Entrambe le cose." lo sguardo di Nikolas andava da una parte all’altra.

"E come soldato, e una volta grande generale, trovi accettabile il tuo comportamento? Non importa quanto possa odiare il mio nemico, non avrei mai inflitto una simile crudeltà ad un civile."

"Se è sua moglie, questo significa che è la Regina." disse Nikolas adirato. "E questo fa di lei un possibile bersaglio militare."

"Questo è discutibile." Larek scosse la testa. "Io e Zan abbiamo negoziato un trattato di pace. Gli Epsiliani e gli Antariani di Khivar, non sono più alleati in questo conflitto, Nikolas. Ora siamo alleati di Zan. E come tali, ti chiedo di arrenderti alle forze di Zan."

Nikolas guardò il motel oltre la sua spalla. "Ho bisogno di parlare con i miei uomini."

"I tuoi uomini, Nikolas?" Larek sollevò un sopracciglio. "Forse avrei dovuto alzare la voce, quando ho dato il mio ultimo comando."

"Sì." annuì Nikolas, nascondendo la sua improvvisa preoccupazione. "I miei uomini. E perché no? Negli ultimi cinquant’anni, sono stato io ad occuparmi dei loro interessi, del loro benessere. Non potete sapere cosa hanno dovuto sopportare. Ora quegli uomini sono leali a me."

"Non dire stupidaggini, Nikolas. Ora tra Epsilia e Zan c’è la pace. Questo significa che Khivar non avrà più un vantaggio su Antar. I giorni di Khivar sono contati."

"Io sceglierei le parole con grande attenzione, Larek." Nikolas scoppiò a ridere. "Khivar sta arrivando per distruggere Zan. Anche con i suoi patetici alleati umani, non sarà un ostacolo per Khivar. Tutto questo finirà molto presto. Sembra che, proprio alla fine, vi siate alleato con la parte sbagliata. E Khivar è uno che si ricorda degli amici."

"Tu sarai qui ad assistere alla sua vittoria? Zan e i suoi uomini vi hanno circondato."

"Lui può dire quello che vuole." ridacchiò Nikolas. "Ma potrà fare quello che dice?"

"La storia non te lo ha insegnato, Nikolas?" Larek spalancò gli occhi. "Lui è superiore a te … da sempre."

"Voi conoscete il vostro nemico, Larek. E io conosco il mio. Non dovete preoccuparvi per me e per il mio destino. Sarà meglio che vi preoccupiate del vostro."

Nikolas guardò da Larek a Max.

"Tieni al sicuro tua moglie." gli disse con un sogghigno. "Mi dispiacerebbe se rimanesse uccisa e non fosse privata della possibilità di rendermi omaggio il giorno della mia vittoria."

"La terrò al sicuro." gli rispose Max. "Ma se fossi in te, non tratterrei il respiro aspettando il momento del trionfo. Per te, è finita qui."

* * * * *

Con Larek al suo fianco, Max tornò tra gli alberi, per incontrare i suoi amici. Liz gli fu accanto in un istante.

"Sei stato grande, Max." gli sorrise, con le mani in quelle di lui. "Molto regale."

Max le ricambiò il sorriso.

"Zan." Larek cercò di distrarre Max dal guardare con ardore sua moglie.

"Dovrai aspettare, temo." ridacchiò Maria. "Lo fanno tutte le volte. Dovrai abituarti."

"Abituarsi a cosa?" Max si voltò, alla fine, a guardare Maria.

"Vedi?" rise lei. "Larek stava cercando di attirare la tua attenzione."

"Mi dispiace." Max si grattò l’orecchio.

"Va perfettamente bene." Larek sorrise. "Senti, Zan."

"Max." gli ricordò Max.

"Max. Mi dispiace. So che le mie scuse non basteranno a ripagare quello che ti ho fatto. Né nella tua … precedente esistenza, né in questa, ma mi dispiace veramente. Avrei dovuto riporre più fiducia nella mia amicizia con te e non credere alle bugie di Khivar."

"Bene." Max guardò Liz. "Se tu non avessi fatto … quello che hai fatto, io non sarei mai stato spedito qui … sulla Terra. Non avrei mai incontrato … Liz." La attirò contro di lui. "Così, credo," le sorrise. "che sia stato destino."
"Destino." annuì Larek. "Max, ho un favore da chiederti. Puoi risparmiare la vita a quelli dei miei uomini che si arrenderanno? Ti prego."

"Certamente, Larek." annuì Max. "Lo avrei fatto comunque."

"Come possiamo controllarli?" chiese Michael. "Loro hanno dei poteri, no? Come noi. E non possiamo avere abbastanza uranio impoverito, né possiamo offrire loro la possibilità da fare un altro attentato contro Liz, o Max."

"Se potete ottenere una camera a tenuta d’aria, di qualsiasi tipo," Larek strinse gli occhi. "con una qualche specie di … valvola, potrete saturare la stanza di idrogeno. Una volta avvolti dall’idrogeno, gli Epsiliani potranno rimuovere i loro gusci. L’ossigeno sarebbe fatale per gli Epsiliani, senza la protezione del guscio, così sarete sicuri che non potranno tentare la fuga. Potrete usare un tubo stagno per introdurre il cibo o l’acqua, così come altri Epsiliani che riuscirete a catturare."

"Grande." Michael scosse la testa. "Magari il supermercato locale potrebbe consegnarcene una. Dove diavolo possiamo procurarcela?"

"Veramente … " il capitano Fowler alzò una mano. "La mia città natale è in fondo alla strada. Prineville. Mio padre lavora in una fonderia che prepara camere di decompressione per la Marina. Potrebbe funzionare, no? Se usiamo un elicottero, potremmo averne una qui, o a Camp Sawtooth, in poche ore."

Max guardò Fowler, poi cominciò a sorridere, scuotendo la testa.

"Il Fato sembra sorriderti." Liz strofinò il naso contro il braccio di lui.

"Era ora." commentò Max.

"Aspettiamo e vediamo in quanti si arrenderanno." suggerì Michael. "Ora abbiamo bisogno di tutti. Lasciamo che prima finisca la battaglia, poi vedremo di prenderci cura di quanti vorranno arrendersi."

"Sì." annuì Max. "Mi sembra una buona idea. Tutti sanno quello che devono fare?"

“Sì." Michael gli fece un cenno con la testa. "Ho solo ancora qualcuno che devo vedere."

* * * * *

Nikolas sembrò pensieroso, quando chiuse la porta della sua camera.

"Allora?" Slekt sollevò l’angolo dell’occhio. "Dobbiamo combatterete o … "

"Tu che ne dici?" sbraitò Nikolas.

"Ma gli uomini? Loro hanno sentito gli ordini di Larek. Mentre molti ti sono leali, altri sono leali a Larek."

"Tu." Nikolas fece un cenno ad una delle guardie. "Raduna tutti nella camera numero 12. E’ la più grande."

"Non temi che Zan possa cominciare ad attaccarci?" la guardia sembrò preoccupata. "Sarebbe il momento ideale per farlo."

"No." ghignò Nikolas. "Zan è troppo nobile per ricorrere ad un trucco così vile. Abbiamo un’ora a disposizione; facciamone buon uso. Ora va’."

"Immediatamente, signore." l’uomo lo salutò e corse ad eseguire l’ordine.

"Che ne facciamo di lei?" Slekt indicò la porta che portava al bagno, dove avevano sistemato quella che pensavano essere la Regina di Zan.

"Non andrà da nessuna parte." Nikolas scosse la testa. "Lasciala lì."

"Perché non la uccidiamo? Non ci serve per i nostri piani. Voglio dire, Zan non è disposto a cederci quegli zigoti."

"Potrebbe tornarmi utile." Nikolas fissò la porta. "Ora andiamo a vedere da che parte tira il vento."

"Credo che gli uomini vogliano arrendersi." lo avvisò Slekt.

“Gli uomini hanno sentito qualcosa oltre quel comando? Hanno sentito qualcosa della conversazione?"

"No." Slekt scosse la testa. "Solo l’ordine."

"Questo può giocare a mio vantaggio."

"Cosa può giocare, signore?"

"La paura."

* * * * *

"Credo che dovremmo fare quello che ha ordinato Larek."disse uno degli uomini. "Tutti sappiamo che Zan è un uomo di parola. Se ci arrenderemo, saremo trattati bene e ci sarà permesso di tornare su Epsilia."

"Sei uno stupido a crederci, Torkan." esclamò un altro. "Dopo quello che abbiamo fatto a sua moglie?"

"Kinsa ha detto la verità." annuì Nikolas. "Tutti sappiamo quanto Zan sia attaccato a questa … quanto Max sia attaccato a sua moglie. Che possibilità ci darà, una volta che ci avrà fatto prigionieri?"

"Ma Larek ci proteggerà." Torkan continuò nella sua convinzione.

“Larek se ne sarà già andato." precisò Slekt. "Non potrà trattenersi in quel corpo così a lungo. Quando ci sarà solo Zan, chi ci proteggerà?" Potrebbe dire a Larek che c’è stata una rivolta e che è stato costretto ad ucciderci."

"E puoi star certo che Zan si prenderà la sua vendetta nel modo più doloroso che riuscirà a pensare."

"Ma non riuscite a capire il nostro vantaggio?" insistette Slekt. "Guardatevi. Guardiamoci. Paragonati alla popolazione indigena di questo pianeta, noi siamo come il personaggio di quei fumetti, Superman. Vivremo come re, una volta che Khivar avrà sottomesso questo posto."

"Ma saremo ancora qui per vedere l’arrivo di Khivar?" chiese un altro. "Resisteremo fino ad allora."

"Avremo un certo … vantaggio, sì." annuì Nikolas. "Uno che ci metterà alla pari con Zan ed i suoi seguaci umani."

"E cosa sarebbe?"

"Okay, ascoltatemi tutti. Questo è quello che dobbiamo fare."

* * * * *

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Capitolo 65
*** 66 ***


Parte 66

"Connie." la chiamò Michael, quando la vide salutare Kyle.

Quando Kyle si allontanò, il ragazzo la raggiunse.

"Michael." lei gli fece un cenno con la testa." Che succede?"

"Ho bisogno che tu mi faccia un favore."

"Dimmelo." lei gli sorrise. "Sai che non riuscirò mai a ripagare te e Max per quello che avete fatto per me."

"Non te lo sto chiedendo perché tu mi devi qualcosa," Michael scosse la testa. "te lo sto chiedendo perché penso che tu sia più adatta che chiunque altro, qui."

"Uh huh?"

"Max e Liz hanno accettato di rimanere lontano dalla prima linea." le disse.

"Sì." rispose Connie." L' ho sentito."

"Ma, se conosco Max, non sarà capace di starsene lì molto a lungo."

"E allora, cosa vuoi che faccia? Che cerchi di fermarlo?" Connie lo guardò incredulo.

"No." sorrise Michael. "Se non posso fermarlo io, non può farlo nessun’altro su questo pianeta, o su qualsiasi altro, tranne Liz. Vedi, Maria starà con Liz, che seguirà Max e, sai? … Maria non è un soldato. Io voglio che stia al sicuro, ma voglio darle l’impressione che stia facendo qualcosa di importante."

"Così tu vuoi che le faccia da baby sitter?" Connie sembrò delusa.

"Sì." annuì Michael. "Mi dispiace di chiedertelo, Maria capirebbe di cosa si tratta, e tu sai com’è fatta Maria."

Connie roteò gli occhi. "E che mi dici di Jesse o Kyle?" rifletté Connie.

"Andiamo, Connie." ridacchiò Michael. "Lei capirebbe subito quello che stanno facendo Jesse e Kyle e aprirebbe la bocca, finendo per dire qualcosa che non deve. Senti, non sono uno che dice certe cose alla leggera, okay? Ma dopo l’ultima volta, quando lei è stata … Senti, vuoi farlo? Per piacere?"

"Tu sai quanto voglio vedere esplodere quell’idiota?" gli chiese. "Specialmente dopo il commento sull’essere il sesso debole di una sotto specie debole. Che idiota!"

"Se posso," sogghignò Michael. "lo prenderò vivo. Finché non permetteremo che Max assista, puoi occuparti di lui in prima persona."

"Lo farò." annuì lei. "E grazie."

* * * * *

"Accidenti." esclamò Isabel quando Jesse emerse dal bagno. "Che bell’aspetto."

"Pensi?" Jesse guardò la sua uniforme da ufficiale della Polizia Stradale dell’Oregon. "Forse una carriera nella parte più dura delle Forze della Legge, mi si adatterebbe."

"Allora hai rinunciato all’idea di una carriera in politica?" Isabel inarcò le sopracciglia.

Jesse fece una smorfia.

"Sei convinto di quello che stai facendo?"

"Sì." annuì Jesse. "Max ha ragione. Questa sarà una battaglia diversa da quella che abbiamo avuto qualche settimana fa. Quel poco che so di operazioni militari, mi dice che combattere da una stanza all’altra è un gioco di guerra diverso e ben più pericoloso. Qualcuno deve tenere lontani i passanti innocenti ed è meglio che lo faccia gente come me e Kyle, piuttosto che distogliere altri soldati, che saranno più utili i battaglia. Io posso bloccare il traffico prima del motel e farlo deviare su una strada ben scelta."

"Ma non voglio che pensi che siete meno importanti di noi. Di Max."

"Tu ti preoccupi troppo, Isabel. So quello che Max prova nel mettere a rischio persone innocenti, così io farò qualcosa che per Max è molto importante. Non mi sento inutile e certamente non credo che Max mi stia mettendo da una parte per tenermi al sicuro."

"E’ solo che non voglio che pensi che lui stia punendo te per i miei errori."

"E’ questo che credi?" l’espressione di Jesse si fece seria. "Che Max ti stia punendo?"

"Non mi ha quasi parlato, da quando … "

"E’ stato un po’ preoccupato, Izzy." lui si sedette sul divano accanto a lei e le posò un braccio attorno alle spalle. "Inoltre, Liz ha passato un po’ di tempo con te, ieri sera. Non lo avrebbe fatto se fosse stata arrabbiata con te."

"Allora tu non conosci molto bene Liz." Isabel scosse la testa. "Lei non è mai arrabbiata con nessuno."

"Non crederlo." Jesse dissentì da lei. "Liz è molto protettiva nei confronti di Max. Lei si arrabbia con tutti quelli che lo turbano. Credimi, Iz. Nemmeno Max è arrabbiato con te." guardò il suo orologio. "Senti, ora devo andare. Gli altri mi stanno aspettando e dobbiamo preparare i blocchi stradali."

"Okay." Isabel sorrise. "So che starai lontano dal pericolo immediato, ma sta’ comunque attento. Okay?"

"Lo farò." Jesse si chinò e scambiò un bacio appassionato con la moglie. "E sta’ attenta anche tu. So che voi ragazzi sembrate indistruttibili, ma le pistole che ha Nikolas, ‘possono’ uccidervi."

"Lo so." annuì Isabel. "E lo sarò. Attenta, voglio dire."

"Non si può mai sapere." Jesse fece un grande sorriso. "Nikolas potrebbe cambiare idea ed arrendersi."

"E Max, il giorno di San Valentino, chiederà il divorzio a Liz." Isabel fece un sorriso, il sarcasmo che uscì da ogni sillaba. "Tu non conosci Nikolas. Il suo orgoglio non gli permetterà nemmeno di prendere in considerazione l’idea."

"Ma è dannatamente certo che non vuole morire."

“Deve avere un asso nella manica." rifletté Isabel. "Il problema è sapere quale."

"Sarà meglio … " e Jesse indicò la porta.

"Sì." annuì Isabel, agitando la mano. "Vai."

Jesse le carezzò il dorso della mano, le sorrise e si alzò. Poi si avvicinò alla porta e la aprì. Fu sorpreso nel vedere Max, con il pugno alzato pronto a bussare.

"Max!" esclamò sobbalzando.

"Ciao, Jesse." Max abbassò la mano e fece un cenno con la testa. "Isabel … uhm … Isabel è ancora qui?"

"Certo." e gliela indicò. "Entra. Io devo andare."

"Grazie." Max fece un debole sorriso. "Sta’ …"

"Attento, lo so. Anche tu."

"Sì." Max si fece indietro per permettere a Jesse di uscire. Aspettò che si fosse allontanato, poi entrò chiudendosi la porta alle spalle.

"Ciao, Iz." le disse traversando la stanza.

"Max." annuì lei. Lui sobbalzò al gelo della sua voce. "Grazie per aver tenuto Jesse fuori dal pericolo."

"Lo dici come se fosse una cosa brutta."

"Non lo so, Max. lo è?"

"Non credo proprio." Max scosse la testa. "Ho bisogno con qualcuno che ci sappia fare con la gente, al posto di controllo. E Jesse ci sa fare."

Guardò Isabel annuire il suo accordo e si sedette accanto a lei.

"Senti, Iz." sospirò. "Mi dispiace per il modo in cui ho reagito quando ho scoperto … quello che era successo. Voglio solo che tu sappia che parte della mia rabbia era dovuta al fatto che avrebbero potuto farti del male … o peggio. Tu sei mia sorella, Isabel. Non importa quello che succede, io ti vorrò sempre bene."

"Ho solo pensato che, se avessi potuto scoprire quello che stava macchinando, avremmo potuto prenderlo in trappola. Voglio dire, non sapevamo nemmeno dove fosse." Ci fu un disgelo nel suo modo di fare. "So che avrei dovuto dirlo a Michael, ma lui li avrebbe attaccati. So che Frimona è in pericolo, ma almeno ora tutto questo può finire."

"Almeno per quanto riguarda Nikolas." annuì Max. "Abbiamo sempre Khivar da affrontare."

"Sì." Isabel annuì lentamente.

"Quando cominceremo," Max si agitò a disagio "per favore, non fare nulla di … avventato. Per favore, non fare qualcosa perché ti senti in debito. Tu e Liz siete le persone più importanti della mia vita, Isabel. E non voglio che accada niente a nessuna delle due."

"Lo farò, Max. Ma non me ne starò nascosta dietro gli alberi quando comincerà la battaglia."

"Lo so." Max si strinse nelle spalle. "Ma sta’ attenta, okay?" Max cominciò a sorridere. "Se ti fai ammazzare, non ti rivolgerò mai più la parola."

"Va bene, Max." lei gli ricambiò il sorriso.

* * * * *

Il ragazzino si stava allenando nel cortile alle spalle del motel, cercando si fare del suo meglio per sembrare un normale studente che lavorava per migliorare le sue capacità nel basket e non il figlio di un soldato in missione per spiare un gruppo di alieni cattivi.

Poco prima, quando aveva visto uno di quelli che Max aveva definito Skins infilarsi in una delle stanze, aveva capito che avrebbero discusso i loro piani militari di difesa. Era un’occasione troppo allettante per lasciarsela sfuggire. Si era recato nel cortile sul retro e si era avvicinato il più possibile ad una finestra. All’inizio c’era stato silenzio, poi aveva sentito delle voci arrivare dalla finestra, accompagnate da grida di rabbia.

"Li avete circondati?" disse una voce piena di arroganza.

"L’abbiamo fatto, Nikolas." confermò qualcuno.

Chi? si chiese il bambino.

"Qualcuno sembra mancare. Forse sono andati in città."

"Ne abbiamo circondati abbastanza?"

"Sì." confermò la seconda voce.

"Bene. Ne voglio uno legato al centro di ogni stanza. Se ne avanzano, raddoppiateli nelle stanze in fondo."

"Sì, signore."

"Questo li rallenterà. Zan non permetterà l’uso delle granate incendiarie, quando scoprirà che sta uccidendo degli innocenti."

Gli occhi del ragazzino si spalancarono. Doveva avvertire Max. Rischiando sul fatto che stare alle spalle del motel gli avrebbe dato un certo grado di sicurezza, si mosse dal suo posto e, facendo rimbalzare la palla sul selciato, si avviò verso gli alberi. Una volta arrivato, appoggiò la schiena ad un grosso tronco e soppesò le sue possibilità.

Dove potevano essere Max e gli altri? Guardò attraverso gli alberi. Non aveva sentito elicotteri sorvolare la zona, così sospettò, o piuttosto sperò, che Max fosse ad est. Dopo aver preso la sua decisione, camminò da un albero all’altro, cercando di tenersi al riparo. Non gli ci volle molto per non essere più visto dal motel. L’unico dubbio era, quanto lontano sarebbe potuto andare. Decidendo di essere abbastanza al sicuro, cominciò a correre proprio nel momento in cui un paio di mani sbucarono da un cespuglio e lo gettarono a terra.

"Lasciatemi andare!" il ragazzino cominciò a dare pugni e a scalciare. "Lasciatemi andare!"

"Chi abbiamo qui?" chiese una voce.

"Troppo grande per essere un topo." disse ridendo un’altra voce. "Forse è un coniglio."

"Dove stai andando così di fretta, coniglietto?"

"Da nessuna parte!" il bambino continuò a dimenarsi. "Lasciatemi!"

"Non credo che sia un coniglio." disse una terza voce. "Guardate come si agita. Forse è un maialino."

"Io non sono un coniglio, né un maialino. Sono solo un ragazzo! Lasciatemi andare, prepotenti! ve le farò dare da mio padre!"

"Sapete chi sembra?" chiese agli altri l’uomo che lo teneva. "Assomiglia a Tony, il ragazzo dei Pettigrew."

"Sei Tony? Perché mi dispiacerebbe dover mangiare il figlio di un vecchio amico."

Il ragazzino smise di agitarsi. "Devo andare da Max." ansimò. "Stanno combinando qualcosa, lì dentro. Qualcosa di brutto."

* * * * *

"Allora?" Max stava camminando con Michael attraverso gli alberi, diretti alla tenda-comando dove avevano allestito il loro sistema di comunicazioni. "Non dovrebbe essere difficile. Circonderemo il motel, per impedire che qualcuno possa nascondersi tra gli alberi. Le nostre due squadre d’assalto, guidate da te e dal Maggiore Armstead, cominceranno a muoversi, partendo dalle due ali laterali dell’edificio. Tireremo qualche granata, usando i nostri poteri per controllare le fiamme, e avanzeremo, spazzando via ogni resistenza. Una stanza alla volta."

"Assicuriamoci anche di ripulire tutto, dopo." gli ricordò Liz che lo stava spettando all’entrata della tenda.

"Sì." annuì lui, prendendole la mano. Lei lo tirò dentro la tenda. "Isabel seguirà Michael, sistemando ogni stanza dopo che lui l’avrà sgombrata. Noi faremo altrettanto col Maggiore Armstead. In questo modo, potrò essere a portata di mano, se dovesse servire una potenza di fuoco aggiuntiva."

"Accertati solo di rimanere indietro, Max." lo ammonì Michael. "Anche tu, Liz."

"Niente di nuovo?" chiese Max all’operatore che teneva d’occhio lo schermo del portatile.

"Hanno fatto una grossa riunione." disse l’uomo, stringendosi nelle spalle. "Poi hanno cominciato a spostarsi da una stanza all’altra. Credo che abbiano radunato gli altri ospiti."

"Probabilmente per tenerli fuori dai piedi." suggerì uno degli operatori radio. "A meno che non vogliano usarli più tardo come ostaggi. sapete, nel caso che … "

"Teneteli d’occhio." Max fissò lo schermo. "Fate in modo di sapere sempre dove sono. Non voglio che succeda nulla a quella gente."

"Sì, signore." lo salutò il soldato.

"Tempo?" chiese Max.

"Quindici minuti." Michael sembrava pronto, desideroso di passare all’azione.

"Credo che sarà meglio cominciare a muoverci verso le nostre … "

"Posizioni di combattimento." finì Michael.

"Sei veramente padrone del gergo." rise Max.

"Parlare è facile " ridacchiò Michael.

"Allora andiamo a far vedere a Nikolas che sappiamo anche mettere in pratica quello che diciamo."

Cominciarono ad avvicinarsi all’entrata della tenda.

"Max!" venne un grido da fuori.

Tre soldati, pesantemente mimetizzati, stavano correndo verso di loro, il respiro trasformato in nuvole di vapore dall’aria fredda. Uno di loro portava un piccolo fardello tra le braccia. Max si sentì gelare il sangue. I tre soldati si fermarono all’ingresso della tenda e uno depositò a terra il suo carico. Un ragazzino si alzò in piedi e guardò Max, con i lineamenti tesi dalla preoccupazione e dalla paura.

"Diglielo, figliolo." lo esortò il soldato.

"Max." ansimò Tony. "Hanno preso prigioniera della gente. Mia madre. Mio padre. tutti."

"Sì." Max gli posò una mano sulla spalla. "Lo so, Tony. Li abbiamo visti radunarli in una stanza al centro."

"No." Tony scosse la testa. "Loro hanno come sciolto le pareti tra le stanze. Hanno legato la gente nelle stanze per non farvi lanciare le granate. Non vogliono che usiate il fuoco contro di loro."

Nella tenda scese il silenzio e tutti si voltarono a guardare Max.

"E adesso?" Michael sembrò sperso.

Max sospettò che se avesse lasciato fare a Michael, il piano sarebbe rimasto lo stesso. Per quanto fosse entrato nel suo ruolo, Max non poteva costringersi a sacrificare degli innocenti in quel modo. Max fissò il vuoto per un momento, poi nella sua mente capì cosa doveva fare.

"Cosa?" chiese Michael quando capì che aveva avuto un’idea.

"Non ti piacerà." lo mise in guardia Max.

Michael fece un’espressione rassegnata. "Sentiamola."

"Useremo un fuoco di copertura dagli alberi, per tenere gli Skins lontano dalle porta e dalle finestre." Max si guardò attorno nella stanza. "Qui ci saranno la maggior parte dei laser. Le squadre di assalto ne avranno solo qualcuno. Invece di attaccarli da entrambi i lati, useremo un lato come diversione, per inchiodare gli Skins."

"Uh huh." annuì Michael.

"Nel frattempo, l’altra squadra, che ora sarà formata da te, da me, da quattro Antariani e sei soldati assalterà le stanze dall’altra parte. Dovremo muoverci in fretta. Lanceremo granate accecanti. Gli Skins entreranno nel panico, almeno per un momento, pensando che si tratti di quelle incendiarie. Questo sarà il mio segnale di entrata. Mi precipiterò dentro e circonderò l’ostaggio e me stesso con il mio scudo. Solo allora tirerete le granate incendiarie."

"No, Max." Liz fece un’espressione di orrore. "Non puoi metterti a rischio in questo modo."

"Liz ha ragione." brontolò Michael. "Non ti lascerò fare l’uomo di punta per nessun motivo."

"E in quale altro modo pensi di affrontarlo?" Max carezzò la schiena di Liz. "Nessun’altro può alzare il mio scudo. Io sono l’unico capace di proteggerli. Così nessun’altro può fare l’uomo di punta."

"Esattamente, che cos’è un uomo di punta?"

"Di solito significa l’uomo davanti ad una pattuglia." la informò uno dei soldati. "Non è il posto più divertente dove stare. E’ quello che passa per primo attraverso le trappole o i campi minati. In questo caso, significa il primo uomo ad entrare in un edificio ostile. Ugualmente non divertente."

"Su questo punto non si discute." Max scosse la testa. "A meno che qualcuno non abbia un’idea migliore per tenere al sicuro gli ostaggi, è quello che faremo."

"Quale codice useremo?" Ad Isabel non piaceva l’idea che Max facesse ‘da punta’, almeno quanto non piaceva a Liz ma, come Liz, sapeva che non c’era modo di far cambiare idea al fratello, se non fosse uscita fuori una proposta migliore. Sapeva che era meglio impiegare quel tempo a rendere più sicura possibile l’azione di Max.

"Codice?" Max la guardò perplesso.

"Sai, le mosse degli scacchi."

"Nessun codice." Max scosse la testa. "Silenzio radio."

"Come faremo a stabilire i tempi?" volle sapere Michael. "Non possiamo metterci davanti alla porta e dire uno, due, tre, via."

"D’accordo." annuì Max. "Ci divideremo in due. Tu e metà della squadra, vi muoverete contro la parete sul retro. Io guiderò il resto sulla parete anteriore. Sincronizziamo i nostri orologi. Quando sarà il momento, voi lancerete le granate. In quella frazione di secondo, io farò la mia mossa. Entrerò, afferrerò l’ostaggio e alzerò lo scudo. Datemi tre secondi e poi tirate le granate incendiarie da entrambi i lati."

"Max." Liz sembrò determinata. "Tu avrai il tuo scudo alzato quando entrerai, okay? Non dopo. Puoi aprirlo e circondare l’ostaggio quando lo raggiungerai, ma non voglio che tu ti esponga a quello … a quella scusa di forma di vita, nemmeno per un nanosecondo."

"Sì, signora." Max le rivolse un grande sorriso, poi guardò il resto dei soldati. Quando le granate saranno esplose, entrerete dai varchi aperti dagli Antariani. Io posso dirigere il vostro fuoco, se qualcuno dovesse essere sopravvissuto. Isabel? Tu e Liz potrete sistemare la stanza solo dopo che noi avremo liberato quella seguente, okay? Non voglio nessuna delle due vicine all’azione."

Sia Liz che Isabel annuirono.

"Eldugar? Nessuno, e dico nessuno, deve avvicinarsi a Liz. A meno che lei non vi confermi che sia chi dice di essere, capito?"

"Sì, signore." risposero all’unisono sia Katya che Eldugar.

"Se qualcuno si separa dal suo gruppo, resti separato. Non possiamo fidarci del fatto che Nikolas non provi a fare qualche trucco pur di arrivare a Liz."

"Okay. Tutti hanno capito quello che devono fare?"

"Sì, Max." tutti i presenti fecero un cenno con la testa.

"Bene. Passate parola." Guardò il suo orologio. "L’ora zero è alle dodici ed un quarto precise."

* * * * *

Un’auto della Polizia Stradale dell’Oregon parcheggiò al lato della Statale 20, le luci rossi che lampeggiavano nell’aria fredda e si riflettevano sulla neve polverosa che si era depositata per terra e sugli alberi. Ne scesero due ufficiali, vestiti pesanti per proteggersi dal freddo, giacconi verde pallido e cappelli di pelliccia sintetica. Muovevano le braccia avanti ed indietro e battevano i piedi per il freddo.

"Santa Cruccola se fa freddo!" si lamentò Kyle ancora una volta.

"Mi aspetto che invece al motel faccia molto caldo." ghignò Jesse.

"Sì." Kyle annuì. "Ma non possiamo essere dappertutto contemporaneamente. Tutto sommato, non credo che sia poi così male qui."

"Isabel pensava che Max mi avesse mandato qui, per punire lei."

"Pensa veramente che Max sia così … così … " Kyle cercò di trovare la parola adatta.

"Implume?"

"Non sono certo di cosa significhi." Kyle scosse la testa. "ma sei tu l’uomo di Harvard, così presumo che sia la parola che cercavo."

"Credo che Isabel si senta un po’ … fragile, in questo momento."

“Max era piuttosto arrabbiato, vero?"

"Si." concordò Jesse. "Non vorrei veramente averlo come nemico."

"Se i nemici di Max fossero svegli," Kyle fece una risatina ironica "si farebbero amica Liz."

Jesse guardò Kyle e scoppiò a ridere.

Il rumore di un motore che si avvicinava li distrasse dalle loro fantasticherie. Jesse si avvicinò al veicolo in arrivo ed agitò le braccia. La macchina rallentò e si fermò. Jesse si avvicinò al lato del guidatore, che aveva già cominciato ad abbassare il finestrino.

"C’è qualche problema, agente?"

"Mi dispiace, signore. La strada è chiusa. Deve tornare indietro." Jesse indicò il fondo della strada. "e seguire la segnalazione. Non è molto lontano e la porterà a circa dieci miglia lungo la strada."

"Ma io ho bisogno di andare da questa parte." obiettò l’uomo.

Dietro di lui, la moglie gli stava suggerendo di chiedere all’agente di lasciarli proseguire. Dietro di loro, due bambini piccoli stavano saltando sui sedili e gridando, mentre giocavano alla guerra.

"Senta." l’uomo si sistemò gli occhiali, spingendoli con l’indice sul ponte. "Noi dobbiamo arrivare al motel che sta a cinque miglia su questa strada. Sto guidando da una vita e sono distrutto, agente."

"C’è un altro motel, indietro sulla statale, a circa sette miglia da qui." Jesse distolse lo sguardo dalla macchina. "Il motel di cui parla lei è chiuso. C’è stata una fuoriuscita di prodotti chimici proprio lì davanti. L’intera area è stata evacuata."

"Diglielo, Jerry." disse la donna, gridando al di sopra del chiasso che stavano facendo i piccoli.

"Noi abbiamo questi buoni." l’uomo mostrò il blocchetto. "Abbiamo anche prenotato in anticipo."

"Fate una cosa." propose loro Jesse, prendendo il blocchetto. "Nell’altro motel troverete molte stanze vuote. E dite al portiere che, non appena arriveranno a darci il cambio, sistemeremo il problema di questi buoni."

"Ma … "

"Mi spiace, signori." Jesse scosse la testa. "Se vi lasciassi passare, voi e i vostri bambini potreste intossicarvi gravemente. Di certo non vorrete che succeda qualcosa ai vostri ragazzi, vero?"

L’uomo guardò vero il sedile posteriore. L’espressione del suo viso lasciò capire che stava riflettendo seriamente su quella possibilità. Sospirò e cominciò a fare inversione.

"Accidenti." quando la macchina sparì dietro la curva, Jesse scosse la testa. "E io che pensavo di avere una moglie tremenda."

"Stai scherzando, vero?" Kyle lo guardò preoccupato.

Jesse gli lanciò un occhiata, ridendo, poi tornò alla macchina.

"E quei buoni?" gli disse Kyle alle spalle.

"Quando avremo finito qui," gli rispose Jesse "andrai al motel e pagherai il loro conto."

"Io? E perché io?"

"Prendilo come un modo per bilanciare il tuo karma."

"Si vede che sei parente di Evans." brontolò Kyle.

* * * * *

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Capitolo 66
*** 67 ***


Parte 67

"Linee telefoniche tagliate?"

"Sì."

"Cellulari in silenzioso?"

"Sì. Maxwell?" Michael sollevò una mano per tacitare la successiva domanda di Max. "Ma per chi mi hai preso?"

"Scusami, Michael." Max si passò le mani tra i capelli. "Credo di essere un po’ … "

"Pieno di energia?"

"… teso."

Michael scosse la testa e roteò gli occhi. Prese il polso sinistro di Max con la sua mano destra, così da poter vedere entrambi gli orologi. Poi passò la mano su entrambi.

"Ora sono perfettamente sincronizzati con quelli degli altri." sogghignò. Poi si voltò a guardare il Maggiore Armstead. "Cominciate con le bombe tra cinque minuti."

"Sì, signore." lo salutò Armstead.

"Aspetta." il viso di Max assunse un’espressione di vero orrore. "Bombe?"

“Bombe fumogene, Max." Michael fece un respiro profondo. "Abbiamo bisogno di copertura per attraversare il terreno aperto tra qui e il motel."

"Questo lo sapevo." annuì Max.

"Liz!" chiamò Michael. "Vieni qui e bacia tuo marito. E’ quasi ora di andare ed abbiamo bisogno che si calmi."

"Sarà un piacere, Michael." Liz si staccò dalla ‘squadra delle pulizie’, che comprendeva lei, Isabel, Eldugar, Kalyn e quattro soldati.

"Ne ero certo." ridacchiò Michael.

"Io sono calmo." Max informò Michael. "Sono solo preoccupato, ecco tutto."

"Allora non hai bisogno di un bacio di conforto da me?" Liz fece finta di mettere il broncio.

"Come se questo potesse succedere." Michael roteò gli occhi.

Condusse da una parte il Maggiore Armstead, per lasciar loro quel po’ di intimità che avrebbero potuto trovare, visto che erano circondati da una dozzina di soldati.

"Anche tu non hai qualcuno da salutare?" Armstead cercò Maria tra la folla.

"Già fatto." annuì Michael. "Nell’intimità della camera da letto. Maria e Connie sono già andate a controllare il sentiero che porta alla città."

"Nessuno usa quel sentiero in questo periodo dell’anno, Michael." Armstead restrinse gli occhi.

"Io so lo." annuì Michael." E lei lo sa."

"Uh huh. Il tuo matrimonio sarà un diavolo di viaggio."

"Non mi sono ancora sposato." ridacchiò Michael. "Ma sembra che questo viaggio durerà … per sempre."

* * * * *

"Stai bene?" Liz avvolse le braccia attorno a Max.

"Considerando che sto per lanciare un attacco contro un motel pieno di nemici, con gente innocente, per non parlare che ci saranno le persone che conosco e che ho care," indicò i soldati con un gesto della mano. "che potrebbero essere uccise … " Max fece un profondo respiro. "Sì. Sto bene. Credo."

"Non puoi permettere che questo ti preoccupi."

"Lo so." annuì lui. "E tu non devi preoccuparti per me. Voglio dire, so che non posso controllare quello che succede, ma questo non significa che deve piacermi."

"Sì." Liz annuì tristemente. "Non desideri mai di tornare indietro a quando tutto questo è cominciato? Sai, prima che … mi sparassero."

Max la guardò con gli occhi pieni d’amore.

"Se stare accanto a te, come tuo marito, significa che devo affrontare cose come queste … " i suoi occhi si illuminarono "Liz. Io sopporterei tutto, se questo significa stare con te."

Liz sorrise e si gettò tra le braccia di Max.

"Allora era tutto più semplice." mormorò contro il suo largo torace.

"Per te, forse." Max rise, facendo scorrere le mani tra i lunghi, scuri capelli di lei. "La tua decisione più difficile era scegliere cosa indossare per uscire con Kyle."

Liz sollevò lo sguardo e rise, dandogli uno schiaffo sul braccio.

"Ma sai, nel dubbio, non cambierei niente. Così lo farò, Liz. Lo farò perché così forse, solo forse, potremo avere un futuro cui guardare."

Il sorriso che aveva illuminato per un attimo il viso di Liz, svanì.

"E Khivar, Max?"

"Una cosa alla volta, Liz." Max posò dolcemente un dito sulle labbra di lei. “Prima sistemiamo Nikolas e gli Skins. Poi incontreremo il Presidente Forest. hai visto mai? Forse lui metterà l’intero esercito degli Stati Uniti a nostra disposizione. Forse riusciremo a vincere."

"Promettimi solo che starai attento, Max. Lo sai? Ho bisogno di averti qua attorno. E non solo per condurre il nostro esercito."

"Lo farò." promise lui. "E voglio abbracciarti, stanotte. Quindi sta’ attenta anche tu."

Max si abbassò e la baciò. Mentre le labbra e le lingue si univano, amore e compassione fluttuarono attraverso la connessione, sommergendo tutte le paure e le preoccupazioni che avevano diviso.

"Cosa?" chiese Max vedendo lo sguardo di lei. Nella foschia del suo desiderio, aveva male interpretato lo sguardo di lei. "Hai avuto una premonizione?"

"Sì." lei fece un largo sorriso. "So che sarai fortunato stasera."

"Io sono fortunato tutte le sere, Liz." rise Max.

"Vedi? Le mie premonizioni stanno diventando veramente belle."

* * * * *

"Tutti a posto?" Nikolas era in piedi nella stanza e controllava i suoi uomini. "L’ora è passata. Zan arriverà da un momento all’altro."

"Noi siamo pronti." confermò uno degli uomini.

Guardò la donna che avevano legato al centro della stanza, le braccia tese sopra la testa, sospesa al soffitto.

"Bene." annuì Nikolas. "Con questi ostaggi sparsi per il motel, Zan non userà quelle maledette bombe. E con le altre … sorprese, gli abbiamo tolto il vantaggio del numero che aveva. Abbiamo avuto ancora la meglio su di lui."

"La sorpresa non durerà a lungo, Nikolas." precisò qualcuno. "Appena arriveranno alla prima stanza, la scopriranno."

"Allora faremo in modo che paghi un alto prezzo per questa conoscenza." ghignò Nikolas. "Ma anche se prendessero la stanza, saremo sempre in vantaggio."

Da fuori, arrivò il suono di esplosioni soffocate.

"Che cos’è?"

"Vai a dare un’occhiata." Nikolas fece un cenno a uno degli uomini. "Sembra che Zan stia arrivando."

"Stanno usando i fumogeni." lo informò il soldato. "Non riusciremo a vederli, quando si avvicineranno."

"Fate dei fori nella parete di fondo." ordinò Nikolas. "Proprio alla fine. Lo rallenteremo. Potremmo anche avere un colpo di fortuna." Nikolas si guardò attorno.

Le finestre esplosero, mentre la stanza si riempì di spari e di strisce di luce blu. I colpi mancarono l’ostaggio legato. Tutti gli altri si abbassarono sul pavimento, mentre la donna gridò attraverso il bavaglio.

"Prendete i vostri posti, gente." gridò Nikolas, camminando a quattro gambe verso la stanza successiva. "Niente pietà."

* * * * *

Il suono di una dozzina di esplosioni soffocate scossero l’immobilità dell’aria gelida. Una spessa coltre di fumo si mosse alla debole brezza che la spingeva verso le ultime stanze del motel. All’altra estremità del complesso, stava succedendo la stessa cosa. Il fumo circondò entrambi i lati dell’edificio, facendolo somigliare ad uno strano, etereo peso da palestra. Max era pronto con la sua squadra, aspettando che la nube di fumo raggiungesse la sua massima saturazione.

"Ora!" sibilò Max.

Scattò dalla sua posizione nascosta e corse attraverso il terreno aperto fino al motel, ora circondato da una fitta coltre di fumo. Era consapevole degli altri uomini che lo stavano seguendo, proprio come sapeva che Michael stava portando avanti la sua squadra. L’aria era piena del rumore degli spari. Max sentì lo strano fischio dei laser, come anche la percussione delle normali armi d’assalto, mentre le squadre posizionate ai lati del motel, sparavano contro le finestre per far abbassare gli Skins.

Il rumore fu intervallato dai forti spari dei fucili, quando i cecchini cominciarono a sparare contro ogni Skins che si esponeva. Rumori lontani di vetri infranti si aggiunsero al concerto. Strisce blu di energia screziarono il fumo verso di loro, quando gli Skins cominciarono a mirare attraverso la nebbia, sperando in qualche colpo fortunato. Ma la Signora Fortuna sorrise a Max e nessuno dei suoi uomini rimase colpito.

"Fatto." disse uno sei soldati respirando affannosamente.

Max si voltò a guardarlo e vide l’uomo appoggiato con le spalle alla parete, mentre si faceva il segno della Croce e prendeva un profondo respiro.

"Credo che ogni piccolo aiuto, possa servire." mormorò Max all’uomo che gli stava accanto. "Spero che Kyle abbia parlato con Buddha."

Respirando profondamente, Max guardò gli uomini che aspettavano il suo comando. Controllò l’orologio e contò i secondi.

"Ora." annuì ai due uomini che stavano accanto all’angolo, lungo il marciapiedi che portava alle porte delle stanze del motel.

I due uomini tirarono gli anelli in cima alle scatole di metallo che avevano in mano, contarono in silenzio e tirarono le granate lungo il sentiero. Dalle scatole si levò del fumo che riempì il corridoio. Con gli occhi incollati all’orologio, Max alzò in aria la mano con le quattro dita ed il pollice tesi. Poi piegò il pollice contro il palmo della mano, seguito dall’indice e poi dagli altri, mentre contava alla rovescia gli ultimi cinque secondi.

Quando il mignolo si chiuse, Max si mosse. Gli uomini ben addestrati lo seguirono senza esitazioni. Max li condusse lungo il sentiero, tenendosi più bassi possibile, per passare al di sotto della linea delle finestre, mentre correvano verso la porta. Dopo averla passata, Max indicò due punti sulla parete e due guardie Antariane si fermarono ed usarono il loro potere di manipolazione sulle molecole, per rimuovere i mattoni esterni dai fori, che avrebbero usato in un secondo momento. Max si fermò davanti alla porta e, usando la spessa parete come riparo, allungò una mano per prendere la maniglia. I suoi occhi erano di nuovo incollati all’orologio.

Max guardò la seconda lancetta dell’orologio raggiungere lo zenit del suo viaggio. Sentì uno strano suono, come se due tazzine si toccassero tra di loro. Anche da così vicino, vide la luce prima di sentire l’assordante detonazione. Usò i suoi poteri per spalancare la porta e, circondato da un’aureola di energia verde, rotolò nella stanza. Era piena di fumo e non c’era segno di movimento. Forme disordinate giacevano sul pavimento. Scorgendo la mamma del piccolo Tony Pettigrew sospesa al soffitto con un lungo cavo elettrico, Max fu al suo fianco e la avvolse nel suo scudo, nel medesimo istante in cui quattro oggetti metallici volarono nella stanza.

Max chiuse gli occhi, isolandosi dalle espressioni terrorizzate sulla faccia degli Skins e, a dispetto del fatto che sapeva che erano al sicuro, coprì col suo corpo Elsa Pettigrew, per ulteriore precauzione. Quando le fiamme svanirono, la stanza era piena degli uomini di Max. Michael fu al suo fianco in un istante, mentre gli altri perquisivano la stanza nell’eventualità di qualche nemico nascosto.

"Tutto pulito." gridò Max, controllando il posto dove aveva visto gli Skins.

"Tutto bene, Max?"

"Sì." Max annuì, lasciando cadere il suo scudo. Controllò velocemente la donna, soddisfatto nel vedere che era semplicemente svenuta e la lasciò ai soldati. "Prendetevi cura di lei." ordinò. Si voltò verso uno degli Antariani ed indicò la porta improvvisata che conduceva alla stanza successiva.

"Tallen, tieni d’occhio quella porta. Assicurati che non ci siano … sorprese."

"Immediatamente." Tallen si mosse per coprire la porta.

"Niente?" Max si voltò verso Michael che stava controllando tutti i potenziali nascondigli.

"No." l’amico scosse la testa. "Fatto e spolverato."

"Max." lo chiamò Tallen. "Sarà meglio che tu venga a vedere."

Max traversò la porta e, dalle spalle di Tallen, diede un’occhiata nella stanza. Sospeso ad un cavo al centro della stanza, c’era un altro ostaggio, che portava i segni di grandi bruciature.

"Non potevi saperlo." vedendo l’espressione devastata sul volto di Max, Michael gli appoggiò una mano sulla spalla.

"Avrei dovuto, invece." Max imprecò contro se stesso. "Avrei dovuto sapere che le fiamme si sarebbero propagate nella stanza a fianco."

"Dove stai andando?" Michael lo trattenne, mentre Max stava per entrare nella stanza. "Non sappiamo se questa stanza è pulita."

"Devo andare da lui. Posso guarirlo."

"Un passo alla volta, Max." Michael scosse la testa. "Non potrai guarirlo se ti uccidono prima."

Max fece un posso indietro ed annuì. Si circondò del suo scudo ed entrò nella stanza.

"Sembra vuota." disse, mentre avviluppava l’ostaggio.

Con la pistola puntata, Tallen seguì il suo Re nella stanza. Michael era dietro di lui.

"Controllate il bagno." Michael fece un cenno a Tallen, mentre controllava l’armadio. Soddisfatto, si voltò verso Max."Sta bene?"

"Sì." annuì Max. "C’è un ostaggio anche lì?" gridò ai due uomini accanto alla porta.

"Negativo, Max." rispose uno dei due. "Sembra pulita. Aspetta." entrambi gli uomini puntarono le pistole. "Fermo o sparo."

Michael accorse per vedere la schiena di uno Skin che fuggiva dalla stanza attraverso un’altra apertura improvvisata. I soldati aprirono il fuoco ed una grandinata di proiettili colpì lo Skin sulla valvola.

"Dannazione!" imprecò Michael.

"Lo hanno mancato?" Max sembrò stupito, mentre appoggiava l’uomo ustionato sul letto risparmiato dalle fiamme.

"No." Michael scosse la testa. " Lo hanno preso, ma è fuggito."

"Non è esploso?" Max si accigliò. "Doveva essere uno degli Antariani di Khivar."

"Ma un proiettile ha ucciso Nasedo." gli ricordò Max. "Finché non l’abbiamo rianimato."

"Signore." disse qualcuno dalla porta. "Qualche idea su a che cosa possa servire questo?"

Il soldato portò una cintura carbonizzata con un disco metallico fissato al centro.

"E’ un fottutissi*mo scudo." sbraitò Max.

Gli uomini si scambiarono occhiate divertite. Un frequente argomento di conversazione, durante le bevute di birra serali, era il fatto che nessuno aveva mai sentito Max imprecare.

"Nikolas ci ha appena tolto uno dei nostri vantaggi." continuò Max.

"Ma ne abbiamo guadagnato un altro." confermò poi. "Non pensava che avremmo usato di nuovo le granate incendiarie."

"Che è, credo, il motivo per il quale sono fuggiti."

"Sì." annuì Max. "ma il fatto che non c’era un ostaggio in questa stanza, indica che li raddoppieranno altrove. Forse li terranno divisi. Io non posso proteggerne due alla volta." Max guardò il fumo che stava uscendo dalla finestra. "Passate parola lì fuori." disse a Michael. "Cessate il fuoco. Non ce n’è più motivo e potremmo ferire degli ostaggi, se loro li stanno facendo spostare. Ora è meglio che curi questo ragazzo."

"Fa solo il necessario perché sopravviva, Max." lo ammonì Michael. "Potremo guarirlo più tardi. Ora abbiamo bisogno dei tuoi poteri per battere Nikolas."

* * * * *

"E’ cominciata." Nikolas avvertì i suoi uomini constatando una cosa ormai ovvia.

Come lui, anche gli altri erano chinati sul pavimento. Nikolas si voltò per tornare nella stanza dalla quale era appena uscito. Lontano dalla finestra e protetto dalle pareti, cominciò a rialzarsi. Non appena lo ebbe fatto, volò all’indietro spinto dall’onda d’urto della granata che era esplosa nella prima stanza. Stordito, stava per rialzarsi, quando una parete rovente gli passò sopra la testa.

"Che si danni all’inferno!" imprecò Nikolas colpito dalla realizzazione di quello che aveva appena fatto Max.
"E’ un dannato pazzo."

Rendendosi conto che Max avrebbe messo in pericolo delle vite innocenti nel tentativo di sconfiggerlo, Nikolas seppe che la sua tattica non era più valida.

"Ritiratevi nella camera al centro." ordinò ai suoi uomini. Poi guardò l’ostaggio ferito. "Lasciatelo là, ma portate gli altri con voi." Si voltò ed indicò uno degli uomini. "Tu. Resta indietro e osserva quello che fa. Dobbiamo capire quello che ha intenzione di fare."

Lasciandosi indietro l’ostaggio e la sua retroguardia, Nikolas e gli altri camminarono carponi verso la stanza successiva.

"Signore?" lo chiamò qualcuno. "Gli uomini sul fondo riportano che stanno resistendo all’assalto. Non sono penetrati nell’edificio dalla parte opposta."

"Così sembra che, mentre Max si prepara a lasciar soffrire i suoi umani, i suoi alleati umani non lo facciano. Forse questo può esserci utile. Raggiungiamo l’ultima stanza prima possibile."

"Sì, signore."

La retroguardia li guardò allontanarsi. Quando sentì Max e gli altri penetrare nella stanza successiva, decise di aspettare dietro la parete della stanza in cui Nikolas era appena entrato. Meglio prudente che … morto.

* * * * *

"Non posso crederci!" sbraitò Nikolas. "Dimmi? Cos’altro può andare dannatamente per il verso sbagliato?"

Nikolas aveva raggiunto la stanza centrale per scoprire che tra le sue forze stava nascendo una piccola ribellione.

"Se Zan si prepara ad usare il fuoco, forse sarà il caso di pensare ad arrenderci." affermò uno degli uomini ancora leali a Larek. "Non abbiamo possibilità contro quell’arma."

"Sembra che tu abbia un dilemma tra le mani." disse Nikolas con un sorrisetto compiaciuto. "Se lasci questa stanza, le sue forze ti uccideranno. Se rimani, lui ti trasformerà in una torcia."

"Potremmo alzare la bandiera bianca." continuò il leale Epsiliano. "Perfino Zan ne riconoscerebbe il significato."

"E poi? Che ti dirà? Oh, tutto bene. La tua banda ha violentato mia moglie, ma io ti perdono. Non credo proprio."

"Potremmo provarci."

"No." Nikolas scosse la testa.

Quelli che lo sostenevano puntarono le armi contro i ribelli.

"Voi starete qui e combatterete Zan fino alla fine o morirete subito." Nikolas scosse la testa. Guardò quelli che gli rimanevano leali. "Slekt, tu vieni con me. Il resto di voi, li controlli. Portatene qualcuno come rinforzo a quelli che stanno combattendo nell’altra stanza."

Slekt seguì Nikolas nella stanza dove avevano lasciato gli ostaggi, controllati da due degli uomini di cui si fidava."

* * * * *

Max fece capolino nella stanza, poi si circondò del suo scudo ed entrò nella breccia, sotto lo sguardo vigile di Michael e Tallen.

"Tutto pulito." disse ai compagni.

Michael stava per entrare, quando Tallen lo tirò indietro. "Aspetta. Controlliamo che non ci siano trappole."

"Ma Max è lì dentro." obiettò Michael.

"Sì." concordò Tallen. "Ma circondato da uno scudo. Tu ne hai uno?"

Michael guardò oltre Tallen, verso il Maggiore Armstead, in cerca del suo appoggio.

"Ha ragione, Michael." annuì Armstead.

Michael roteò gli occhi e si fece indietro. Max assistette alla conclusione della scena, poi si diresse verso il bagno. Tallen ed uno dei soldati cominciarono a cercare eventuali pericoli, man mano che procedevano nella stanza. Tallen che cercava dispositivi extra-terrestri, mentre il soldato controllava per quelli più … normali.

“Il bagno è pulito." annunciò Max rientrando nella stanza. "Voi ragazzi avete trovato qualcosa?"

"Negativo, signore." rispose Tallen.

"E’ ridicolo." brontolò Michael, entrando nella stanza e sorpassando gli uomini che stavano controllando il pavimento. "Se ne sono andati, okay? Non avrebbero avuto il tempo per prepararci qualche sorpresa." fece un’espressione disgustata al ghigno di Max. "Andiamo. Diamoci una mossa. Ci sono voluti quindici minuti per controllare una dannata stanza."

"Dobbiamo essere sicuri, Michael. Liz e Isabel verranno dietro di noi. Vuoi veramente esporle a qualche pericolo?"

"Sono anche sorelle mie, Max." brontolò Michael. "Se pensassi per un momento che potesse esserci qualche pericolo per una delle due, smonterei ogni stanza, mattone per mattone. Ora chiudi quella bocca e andiamo a lavorare per la pace."

* * * * *

"Perché non ci arrendiamo?" chiese Slekt. "Sappiamo che Zan sa che non è stata sua moglie ad essere rapita. Lui terrà fede alla sua parola per chi si arrende."

"Assolutamente no." Nikolas scosse la testa. "Preferirei morire, che arrendermi a quel bastardo. E devo ricordarti che Khivar sta per arrivare?"

"E che ci guadagnerà se saremo morti?"

"Perché io non ho in programma di morire. Penso di essere ben vivo quando Sua Eccellenza arriverà qui."

"Ma come … ?"

"Ho sempre avuto un piano di riserva. Ho imparato a non sottovalutare Zan. E non l' ho fatto. Sapevo che avrebbe escogitato qualcosa, ma non sapevo cosa. Così, mi sono tenuto un asso nella manica."

"E sarebbe?"

"La nostra fuga."

"Fuga?" Slekt lo guardò a bocca aperta. "Come?"

Nikolas sciolse la cintura che aveva alla vita. Il suo uomo lo imitò, lasciando che lo scudo cadesse sul pavimento.

"Primo, dobbiamo dare ai soldati qualcosa da fare, che non sia spararci addosso."

"Ad ogni modo, hanno smesso di sparare." disse qualcuno.

"E come mai?" si chiese Slekt.

"Per loro." sorrise Nikolas. Si voltò a guardare gli ostaggi, che apparivano molto spaventati. "Okay, gente." sogghignò. "Ora faremo un giochetto. Credo che si chiami tiro al bersaglio. Tra un momento, la parete sparirà. Non ci sarà niente tra voi e la libertà, se non uno spazio aperto, pieno di fumo. Ora, è qui che il gioco si fa interessante. Potete camminare o correre verso la libertà, e rischiare di essere colpiti da quegli idioti col grilletto facile appostati tra gli alberi, o rimanere qui dove io sparerò ‘sicuramente’ nella schiena a voi e a tutti quelli che posso. A voi la scelta. Ora conterò fino a dieci."

Gli ostaggi umani titubarono, presi dal panico.

"Signori." Nikolas fece un cenno con la testa ai due mutaforma Antariani che erano rimasti. Loro agitarono le mani davanti alla parete, facendola svanire.

"Uno!" gridò Nikolas.

Tutti insieme, come un gregge di pecore, gli umani corsero verso gli alberi.

Come avevano immaginato, gli uomini tra gli alberi non aprirono il fuoco. O, almeno, non alla mandria che correva in preda al panico. Lo fecero, invece, contro il motel, per cercare di prevenire una fuga di massa. Appena raggiunti gli alberi, Nikolas si abbassò dietro un cespuglio, che aveva già scelto come un nascondiglio sicuro. Un alto, spesso cespuglio di sempreverdi. La neve che si era depositata sul fogliame, fu spazzata via al suo passaggio. Aspettò, ascoltando i rumori dei passi di corsa e della gente che piangeva di sollievo una volta che trovava soccorso.

"Alt!" sentì gridare.

Nikolas capì che uno dei suoi uomini era stato avvistato. Seguì una serie di spari.

"L' ho preso." sentì esclamare con gioia.

"Avverti gli altri." disse qualcuno. "Quei dannati Skins hanno cercato di filarsela con gli ostaggi. Controllate tutti."

Nikolas ghignò, si sedette ed aspettò. Quando le voci sembrarono allontanarsi, si arrischiò a dare un’occhiata all’area circostante. Era solo. Usando gli alberi come copertura, Nikolas si allontanò dal motel e si diresse verso il lato della montagna, dove aveva lasciata parcheggiata una jeep per un’eventualità come questa. Mentre si allontanava, usò tutto il fiato che aveva disponibile per imprecare contro Zan, giurando che avrebbe trovato un modo, qualsiasi modo, per fargliela pagare, dolorosamente. Fu allora che vide Connie.

* * * * *

"Che razza di compito è questo?" chiese Maria." Stare qui fuori come … non lo so. Un eschimese o qualcuno del genere. E, potrei aggiungere, a congelarmi il sedere."

"Dopo l’ultima battaglia, hai detto che la cosa più intelligente sarebbe stata quella di starsene lontano dalla prima linea."

"Sì." annuì Maria. "Ma, quella volta, intendevo in un posto intimo e caldo. Non nel bel mezzo del polo Nord."

"Difficilmente si può dire che siamo al Polo Nord, Maria." Connie roteò gli occhi.

"Sai una cosa?" rifletté Maria. "Ci scommetto che Michael l'ha fatto di proposito. Ci scommetto che ha detto: qual è il posto peggiore dove posso mettere Maria? La spedisco nel bel mezzo della foresta. Farà un bel freddo laggiù."

Maria prese la borsa e ne tirò fuori un enorme thermos. L’aprì e versò una buona dose di caffè bollente in una tazza di plastica.

"Pensi che sia una buona idea?" Connie scosse la testa. "Voglio dire, lo sai che il caffé è un diuretico, vero? E sai che effetto potrebbe avere sulla tua vescica?"

"Naturalmente." sbottò Maria. Poi si addolcì. "Che cos’è un diuretico?"

"Lo vedrai." rise Connie.

"Senti." Maria cominciò a saltellare da un piede all’altro. "Sto bene, okay?"

"Certo che stai bene."

"No, davvero. Io sono cresciuta al Crashdown, giusto? Praticamente sono stata svezzata col caffé."

"Allora, perché stai facendo il Ballo del Disperato?"

"Non è vero."

"E’ vero."

"Non è stato il caffé." Maria tirò fuori la lingua. "Comunque, dov’è quella più vicina?"

"Proprio lì, credo." Connie le indicò un gruppo di cespugli.

"Nemmeno per sogno." Maria scosse la testa. "Oh, no. Nuh uh. Non questa ragazza."

"Fa’ come credi." rise Connie. "Ma se dovremo stare qui fino a che non sarà tutto finito, dovrai trattenerla per un bel po’."

"Potrei farlo." Maria guardò gli alberi silenziosi che avevano attorno. "Se volessi." Cominciò a correre verso i cespugli, sfilandosi i guanti e trafficando col bottone dei jeans. "Ma io non voglio." aggiunse. Si fermò quando fu arrivata ai cespugli e si voltò verso Connie. "Aspetta. Ci sono orsi o lupi nell’Oregon?"

"Be’," rifletté Connie ad alta voce. "I Grizzly scendono dalle montagne quando hanno fame e i lupi arrivano dal Canada quando è ghiacciato, per trovare prede facili."

"Mi piacerebbe sapere," Maria squadrò Connie "che ci vede Kyle in te."

* * * * *

Avvertì il rumore dei passi, prima ancora di vedere avvicinarsi qualcuno. Aspettandosi di vedere qualcuno che era venuto a prenderle, Connie rimase sorpresa nel vedere Nikolas uscire da dietro un albero.

"Che vuoi?" gli chiese, cercando di nascondere l’improvvisa sensazione di paura.

"Dal tuo spirito," ghignò Nikolas. "direi che sei una delle cagne di quel bastardo."

"Dovresti stare attento a come parli, sai?" lo ammonì. "Sulla Terra, anche le cagne possono combattere."

"Oooh." Nikolas indietreggiò fingendosi spaventato. "Mi piace. Penso che potrei portarti con me. Sarebbe stato meglio avere la putta*na di Max, ma tu mi piaci altrettanto."

"Tu non mi porterai da nessuna parte." Connie lo guardò dirigersi verso di lei. Si voltò per poter continuare a stargli davanti. "Se griderò arriveranno i nostri soldati."

"No." Nikolas scosse la testa. "Sono troppo occupati. Non ci sono soldati nelle immediate vicinanze. Siamo solo tu ed io. E io so che tu sai di cosa sono capace."

"Ti giuro, Connie," Maria sbucò fuori dai cespugli "Se lo racconti ad anima viva, io … " Poi vide Nikolas.

Nikolas si voltò a guardare la nuova arrivata, la mano in posizione di difesa.

"Bene, bene. Se non posso avere la putta*na di Zan, prenderò quella di Rath."

"Non riusciresti a gestire una come me." disse Maria adirata. "Tu, faccia da vaso da notte, piccolo nano pervertito."

"Ti farò rimpiangere queste parole." disse lui scuotendo la testa. "Ti farò provare una feroce agonia per il resto della tua breve vita."

Nikolas sollevò la mano, che cominciò a brillare. Distratto, non vide Connie fare un passo avanti, sollevare una gamba e girare su se stessa di trecento sessanta gradi. Disegnò con il piede destro un ampio arco e colpì Nikolas alla base della schiena. Nikolas non ebbe il tempo di riflettere sull’ironia, troppo occupato ad esplodere in particelle di polvere, che caddero a terra e si mescolarono alla neve polverosa. L’ironia, comunque, non sfuggì a Connie.

"Il sesso debole di una debole sottospecie?" disse con ira. "Sembra che tu non fossi poi così avanzato come credevi."

Con uno sguardo stupito, Maria corse verso Connie.

"Ragazza!" le disse con un largo sorriso. "Sei proprio forte!"

Connie e Maria batterono il cinque e si abbracciarono ridendo.

* * * * *

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Capitolo 67
*** 68 ***


Parte 68

Con un’espressione determinata sulla faccia, Michael si spinse tra i cespugli di sempreverdi che costeggiavano il sentiero che portava al cottage della Famiglia Reale. I suoi piedi scricchiolarono sulla neve che era caduta mentre erano nell’Oregon ed il suo respiro si solidificò in una nuvola di vapore, nell’aria fredda ed immobile della notte.

Dal loro ritorno, Max era stato occupato nel controllare il benessere dei feriti e di quelli che erano stati presi in ostaggio. C’era voluta tutta la capacità di persuasione di Max e Liz per rassicurare i cittadini che non erano caduti dalla padella alla brace.

Nel frattempo, Michael si era occupato della sistemazione dei prigionieri che si erano arresi. C’era voluto parecchio tempo per infilare tutti i detenuti nel deposito sotto vuoto, che era diventato il campo dei Prigionieri di Guerra. Aveva dato ordine alle guardie che aveva messo, di tener lontano tutti i non combattenti, specialmente Liz e Maria. Sia Max che Michael erano stati così occupati da non essere riusciti ad incontrarsi dal loro ritorno, il pomeriggio precedente.

"Buona sera, signore." Daigle sbucò fuori da uno dei cespugli dove stava di guardia e sbarrò il passo a Michael, sul sentiero. Sollevò lo sguardo verso il cielo stellato. "Non è una bella notte, signore?"

"Sì." Michael rabbrividì. "Se sei un dannato orso polare."

Cercò di oltrepassare la guardia, ma lui lo bloccò di nuovo.

"C’è qualcosa che posso fare per lei, signore?" gli chiese Daigle
.
"Puoi toglierti di torno e lasciarmi passare." bofonchiò Michael ."Ho bisogno di parlare con Max."

"Non posso." Daigle scosse la testa. "Ho avuto ordini rigorosi di non disturbare Max fino a domattina, a meno che Khivar non si faccia vedere o che si tratti di un’emergenza. E’ un’emergenza, signore? Perché penso che se Khivar fosse arrivato, lo avrei sentito."

"Ti rendi conto che potrei farti esplodere in milioni di atomi, vero?" lo minacciò Michael.

“Sì, signore." annuì Daigle. "Ma il dolore finirebbe in un istante. Temo che qualsiasi cosa Liz abbia in mente per me, se trasgredisco i suoi ordini, sarebbe infinitamente più lungo."

Michael fissò l’uomo per un momento, poi tornò sui suoi passi, mormorando parolacce sulla falsità delle donne.

"Non l' ha presa molto bene." disse una voce dal buio.

"No." Daigle scosse la testa e cominciò a ridacchiare. "Proprio no. Non fraintendermi. Io ho il massimo rispetto per Michael. Anche per Max. Sono così semplici e naturali, in tutto questo. Loro due da soli, valgono un esercito di questo pianeta."

"No. Niente male, se si considera che sono ancora dei ragazzi. Ho un figlio della loro età al college. La sua preoccupazione più grande è se la ragazza con cui esce ci starà o no. Ma Max? Lui ha il destino del mondo intero sulle sue spalle."

"Il che ci porta a Liz." annuì Daigle. "Quell’uomo potrebbe avere le ragazze più belle dell’intero pianeta, ma ha scelto la normale ragazza della porta accanto di una piccola città degli USA."

"Tranne che lei non è una ragazza normale." L’uomo uscì dai cespugli per unirsi al compagno. "Lei è … "

"Speciale."

"Sì. Ed è nostra. Una di noi. Certo, anche Max e Michael sono dei nostri, in un certo modo. Ma Liz è nata su questo pianeta, da genitori umani."

"La nostra eroina."

"Hey." sorrise l’altro. "Io voterò per lei."

"Hai sentito di Connie?"

"Che ha ucciso il capo dei cattivi? Sì. Anche lei è forte."

"Credo che abbiano dato una bella lezione a qualsiasi pianeta si sia fatto l’idea di darci problemi."

"Speriamo."

Entrambi guardarono il cielo stellato, sentendosi un po’ meno sicuri di qualche momento prima.

* * * * *

Michael sbatté la porta alle sue spalle, entrando nel cottage che lui e Maria dividevano con Kyle e Connie. Trovò gli altri tre ragazzi in soggiorno.

"Oh, non è il soldato felice?" Maria sollevò lo sguardo e si rese immediatamente conto del suo umore scontroso. "Probabilmente è ancora invidioso del fatto che io ho preso Nikolas e lui no."

"Divertente." le disse Michael dandole un’occhiataccia.

Maria ridacchiò, si alzò dalla sedia e girò attorno al divano dove era seduta l’altra coppia, per andare incontro a Michael. Si fermò quando lo vide andare diretto in cucina. "Cos’è che ti ha morso il sedere?"

"Liz." brontolò lui, prendendo una Snapple dal frigo.

"Cosa?” lei si accigliò, immobilizzandosi. "Liz ti ha morso il sedere? Spero in modo figurativo."

"No." Michael sembrò deluso. "Non mi ha lasciato vedere Max. Da’ ordini a quei soldati come se fossero i suoi."

"Scemo." rise Maria. "Forse è perché lo sono."

"Abbiamo cose di cui discutere, Maria." sbraitò Michael. "Come la faccenda del Presidente. Ancora non mi convince."

"Senti, Michael." il tono si Maria si raddolcì. "Ricordi quello che è successo sulla nave? Di come hanno sofferto quando sono stati separati per … tutto quello che è successo? Questo è il loro momento di riposo."

"Conoscendo Max e Liz," ridacchiò Kyle "questo è il loro momento di attività. Dipende da come lo vedi."

Visto che gli stava alle spalle, Maria mollò uno schiaffo sulla testa di Kyle.

"Ow!" si lamentò il ragazzo, girandosi verso di lei e massaggiandosi il punto dove l’aveva colpito. "E questo per cosa sarebbe?"

"Non m’importa se ora sei mio fratello." brontolò Maria. "Non devi parlare in quel modo di Liz."

"Okay." disse continuando a massaggiarsi la testa dolorante. "Stavo solo scherzando."

Guardò Connie in cerca di conforto.

"Cosa c’è?" rise lei. "Non guardarmi. Te la sei cercata."

Michael cominciò a ridacchiare.

"Non puoi prenderlo a calci per conto mio, vero?" le chiese Kyle.

* * * * *

Philip Evans aprì la porta per lasciar entrare i Parker ed i Valenti. Quando le due coppie si furono accomodate in soggiorno, Philip, per abitudine, guardò da una parte all’altra della strada buia per vedere se qualcuno li stesse osservando. Soddisfatto che tutto andava bene, chiuse la porta e seguì gli altri all’interno.

"Jim." sorrise Diane. "Amy. Vi siete divertiti?"

"Oh." Amy ricambiò il sorriso. "E’ stato grande. Voi ragazzi dovete andare in California. Qualcuno dei paesaggi è … da togliere il fiato."

"Non credevo che gli sposini avessero il tempo di osservare il paesaggio." commentò Jeff con Philip.

"Sedetevi." Philip si ricompose. "Servitevi pure. Lì c’è qualcosa da mangiare. Birra sulla credenza e vino sul tavolo. Mi casa es su casa."

"Immagino che questa non sia solo una riunione tra amici." Jim prese un piatto e vi posò qualche stuzzichino.

"Hai ragione, Jim." annuì Philip, mentre si serviva a sua volta, insieme a Jeff. "Mentre è comunque bello stare con gli amici e, diciamo la verità, questo segreto ci rende amici molto speciali … "

"Una famiglia, Philip." gli ricordò Nancy.

"Hai ragione, Nancy." Philip le sorrise. "Una famiglia. E’ sempre piacevole vederci, ma ci offre anche una copertura se dovesse bussare qualcuno. Non che me lo aspetti."

"Si tratta dei ragazzi, vero?" l’espressione di Amy si fece seria. "E’ successo qualcosa."

"Ebbene, sì." annuì Philip. "Stanno tutti bene, solo che … sono stati coinvolti in un’altra battaglia."

"Hanno trovato Nikolas?" chiese Jim.

"Per modo di dire. In effetti è stato Nikolas a trovare loro. Ricordate quando tutti abbiamo notato qualcosa di diverso tra Max e Liz?"

"Vero." annuì Nancy. "C’era troppo spazio tra quei due. Come se non fossero proprio loro."

"Non lo erano." confermò Philip. "Erano due degli Antariani che avevano assunto l’aspetto di Max e di Liz. Isabel ha trovato tre uomini di Khivar nel campo ed ha cercato di scoprire cosa stessero complottando e li ha attirati in una trappola. Ad ogni modo, quella che sembrava Liz è stata … rapita. Loro li hanno seguiti in Oregon e c’è stato un assedio. Apparentemente, Nikolas ha cercato di scappare ed è incappato in Connie. Credo che quella ragazza sia più forte di quello che sembra."

"Tutti loro sono più forti dei quello che sembrano." lo informò Diane.

"Ma stanno tutti bene, vero?" disse Nancy preoccupata.

"Sì. Nessuno è rimasto ucciso, solo qualche ferito. Max li ha guariti tutti."

"E allora perché questo incontro?" Amy lo guardò speranzosa. "E’ finita? Possono tornare a casa?"

"No." Philip scosse la testa. "C’è ancora il fatto che Khivar sta arrivando e, naturalmente, c’è ancora l’FBI."

"Pensavo che dovessero incontrarsi con il Presidente"

"Sì. Ma questo non significa che abbiano richiamato i loro cani da caccia."

"Credo che dovremmo andare tutti a casa a preparare i bagagli." Nancy si alzò dalla sedia.

“Perché?" Philip strinse gli occhi.

"Perché dovremmo andare in Idaho." Diane si alzò a sua volta e si mise accanto a Nancy. "Dobbiamo aiutare i nostri ragazzi."

"Assolutamente no!" Philip scosse la testa. "Max ci ha detto di non fare niente fino a che non saprà cosa vuole il Presidente Forest. Mi sono offerto di andare con lui, sapete? Come suo rappresentante legale, ma ha detto che lo avrebbe fatto Jesse. Max ha detto che ci avrebbe fatto sapere cosa fare, una volta che l’incontro sarà terminato."

"Allora dobbiamo solo aspettare?" Jim si strinse nelle spalle. " Se Max … "

"Per prima cosa, dovremmo andare e vedere quale aiuto possiamo dare." Amy assunse un atteggiamento belligerante. "Dopo tutto, abbiamo una responsabilità verso di loro."

"No." Jeff scosse la testa. "Possiamo anche essere i loro genitori, ma ormai sono degli adulti. E Max è considerato un leader. Che messaggio darà a quelli che lo seguono quando vedranno che gli abbiamo disobbedito?"

"Sì." fu d’accordo Jim. "Potrebbe minare qualsiasi autorità Max abbia su di loro."

"Allora aspettiamo?" brontolò Nancy. "Ancora."

"Aspettiamo." sospirò Philip.

* * * * *

"Avrei voluto vedere l’espressione sulla faccia di Nikolas quando il piede di Connie è entrato in collisione con la sua valvola." Jesse rise, abbracciando Isabel, sul divano.

"Sì." ridacchiò anche lei. "Ma dubito che abbia avuto il tempo di rifletterci. Deve essere stato … Puff! Finito."

"Buon per lei." ribatté Jesse. "E che dicono il Grande Capo e il suo Guerriero sul fatto che sia stata una umile donna a prendere lo scalpo più importante?"

"Michael l' ha presa veramente male." Isabel fece una smorfia. "Avrebbe voluto incontrare Nikolas faccia a faccia. Se ne è andato in giro con un’espressione truce per tutto il giorno."

"E a lei non ha detto niente?"

"Oh, sì." annuì Isabel. "Alla fine. Ma vuoi sapere qual è stata la cosa più ironica?"

"Cosa?"

"Michael aveva chiesto a Connie di fare da babysitter a Maria. Le ha deliberatamente mandate lì fuori, pensando di tenerle al sicuro."

"Che gli serva di lezione. E Max?"

"Non lo so." Isabel scosse la testa accigliandosi. "Lui sembra così … indifferente, a tutta la faccenda. Quando qualcuno gliene parla, lui lo guarda, sorride e dice che era destino. Come se non fosse una cosa importante."

"Dubito che Max volesse ucciderlo di persona. Ma sapeva che Nikolas non si sarebbe mai arreso. Così, credo che, in qualche modo, si sia reso conto che Connie gli ha fatto un favore."

"No." Isabel scosse la testa. "Conosco mio fratello. Credo che sia un po’ irritato, ma non può mostrarlo. Credo che Liz lo abbia preso parecchio in giro su questa storia."

"Ho sentito dire che Connie sarà proposta per un’onorificenza Antariana. E’ vero?"

"E’ vero." Isabel fece un grande sorriso. "Servizio reso alla Corona. Qualcosa del genere."

"Credo che due ragazzi che si sono congelati il sedere per mandare indietro automobilisti con ragazzini piagnucolosi, non avranno niente di speciale, vero?"

"Non posso dirlo." Isabel scrollò le spalle. "Ma so che un ragazzo avrà qualcosa di veramente speciale, stasera, per quello che ha fatto per noi."

"Sì?" Jesse sorrise, baciando la guancia di Isabel ed attirandola a sé. "Qualcuno che conosco?"

"Non lo so." ridacchiò lei. "Un giorno o l’altro dovrò presentartelo."

* * * * *

"Così tu sei sicuro che Frimona stia bene?" chiese Liz al marito per l’ennesima volta.

"Lei ha detto di sì." la rassicurò Max. "Dopo quello che mi ha detto Cal sugli Antariani e … sul sesso. Credo che essere violentata non sia peggio di … "

"Grattarsi le nocche." annuì Liz. "L’hai già detto. Ma Max, la violenza … "

"E io sono d’accordo con te." Max la strinse in un abbraccio. "Le ho detto di prendersi tutto il tempo che le serve per riprendersi, ma lei mi ha assicurato di essere già pronta a riprendere servizio. Che altro posso fare?"

"Posso parlare con lei?"

"Tu non hai bisogno del mio permesso per fare qualcosa, Liz." lo sguardo di Max si addolcì. "Spero che te ne renda conto. Io posso essere il Re di questa gente, ma tu ed io, siamo … una coppia."

"Tu non sai come sia bello sentirlo." Liz si strinse a lui ancora di più. "Michael è ancora di malumore?"

"Michael è Michael." Max si strinse nelle spalle. "Sono contento che abbiamo deciso di non dirglielo. Voglio dire, se Michael avesse saputo che Connie avrebbe ucciso Nikolas, non le avrebbe affidato il compito di proteggere Maria. E, se non l’avesse fatto, avrebbe voluto dire che Maria sarebbe stata lì con qualcun’altro. Come, per esempio, un soldato che avrebbe reagito con la pistola invece che con i piedi. E allora Maria sarebbe stata in pericolo."

"Sai quanto ero preoccupata per lei, vero? Fin da quando ho avuto quella premonizione, ho soppesato nella mente tutte le possibilità. Non sono riuscita ad immaginare come avrebbero fatto Connie e Nikolas a trovarsi nello stesso posto."

"E sei ancora arrabbiata perché ho voluto che non ne parlassi con nessuno?"

"No." Liz scosse la testa. "Capisco come le decisioni possono influenzare il futuro. Ma lasciami preoccupare, quando le prendi, okay?"

"Fintanto che mi permetterai di preoccuparmi quando prendi parte alle battaglie."

"D’accordo." Liz sorrise. "Allora … adesso ci rimane solo Khivar."

"Non proprio." Max scosse la testa. "C’è ancora il piccolo problema delle autorità. Dobbiamo ancora incontrare il Presidente Forest."

"Sì." annuì Liz. "Ma una volta che ti avrà incontrato, capirà che tu non sei una minaccia per la Sicurezza Nazionale. In effetti, sei l’opposto."

"Liz. Questo incontro … "

"Non ti azzardare a chiedermi di rimanere in disparte, Max."

"No." Max le sorrise. "Io ti voglio veramente con me. Voglio che veda che sono quello che sono, per merito tuo. Voglio che si renda conto che, anche se in origine sono nato come Zan della Casa di Talluvia sul pianeta Antar, ora sono Max Evans, un ragazzo, e il marito di una incredibile giovane donna che mi ha dato la forza di affrontare le mie responsabilità."

"Max … " Liz prese fiato, ma non riuscì a dire niente. Attirò il marito in un forte abbraccio.

* * * * *

Attenzione – Da qui, fino alla fine del capitolo R Rating.

"Sta ancora nevicando." Liz guardò fuori dalle pesante tende di lino.

"Allora rannicchiati accanto al camino è il posto giusto dove stare." le disse Max seduto su una coperta accanto al fuoco.

"Sì." annuì Liz.

"Tutto bene?" Max aveva avvertito che qualcosa non andava.

"E’ solo … "Liz agitò in aria le mani. "Non lo so."

"Vieni qui." Max le tese una mano.

Liz traversò la stanza, accettò la mano di Max e si accoccolò accanto a lui. Restarono seduti uno nelle braccia dell’altra, permettendo a quel tocco di farli rilassare. Il sommesso scoppiettio della legna che bruciava, fornì un gentile contrasto all’immobilità che solo la neve che cadeva poteva infondere.

Liz appoggiò la testa sulla spalla di Max. Lui voltò il viso per poter inalare il meraviglioso profumo delle sue ciocche scure. Le poggiò il braccio attorno alle spalle, lasciando che le sue dita giocassero tra i capelli di lei. Liz mugolò la sua soddisfazione e si strinse ancora di più contro di lui, ogni traccia di preoccupazione ormai sparita. Chiuse gli occhi. Il calore che Liz provava proveniva dal fuoco, mentre quello che provava Max veniva dalla consapevolezza che Liz era tra le sue braccia. Il suo sogno infantile diventato realtà.

Senza dire una parola, si godettero la loro solitudine. Improvvisamente, per loro, non esisteva alcun problema. I sensi saturi di serenità, Max si lasciò scivolare in un pacifico sonno.

Quanto durò il suo assopimento, Max non seppe dirlo. Fu svegliato dalla morbida sensazione di un bacio sulla sua guancia. Voltò la testa ed incontrò lo sguardo di lei. La guardò negli occhi e vi vide riflessa l’immagine del fuoco che danzava. Max sollevò una mano e disegnò un sentiero delicato sulla sua guancia. Liz posò una mano su quella di lui e la guidò verso la bocca. Uno ad uno baciò la punta delle dita di Max.

Max, nel frattempo, le sfiorò delicatamente le labbra, mentre lei lo baciava. Lo sguardo ardente negli occhi di lei, gli disse che, per quello che la riguardava, la serata era appena cominciata.

Max le posò una mano sulla nuca e l’attirò a sé. Lei non oppose resistenza. Si unirono in un bacio affettuoso, un gentile tocco delle loro labbra. Poi si fusero insieme. Max posò la mano sotto la mascella di lei, tenendole il viso mentre la baciava, le dita tra i suoi capelli. Liz fece correre le sue mani sulla schiena di lui, sopra la pesante camicia. Senza interrompere il bacio, lei aprì il primo bottone e cominciò a sfilargliela, incurante dei bottoni che restavano. Max sentì i suoi muscoli tendersi, quando le unghie di lei tracciarono linee sulla sua pelle, mandandogli brividi lungo la spina dorsale.

Con la camicia scesa sulle spalle, interruppero il bacio per permettere a Liz di sfilargliela con facilità. L’aria calda contro la sua pelle nuda, diede a Max una gradevole sensazione. Liz allungò una mano e gli posò un dito sulla fronte, facendolo scorrere lungo il naso, sfiorandogli delicatamente le labbra e Max ne approfittò per baciarlo. Continuò a tracciare una linea verso il basso, sul mento, sul collo, Il dito raggiunse il torace di Max e cominciò a giocare con i peli sottili che vi crescevano, girando in piccoli cerchi.

Dopo pochi momenti, continuò la sua discesa sopra il torace solido e raggiunse lo stomacò. Da lì i peli creavano un sentiero facile da seguire e il dito si adattò alla loro direzione. Liz lo fece scorrere sotto il bordo dei jeans di lui, lungo la vita, solleticandogli il basso addome. Posò il pollice sul bottone e gli slacciò i pantaloni. Abbassò la lampo ed aprì i jeans. Un sorriso scherzoso le sfiorò le labbra quando abbassò lo sguardo, ammirando quello che il suo gioco di seduzione gli aveva fatto.

Liz si abbassò e baciò la pancia di Max, facendo scorrere la lingua sulla pelle. Lui avvertì il suo respiro caldo contro di sé e respirò profondamente, chiedendosi cosa Liz avesse in serbo per lui. Lei continuò a giocare col suo corpo, con lenti, leggeri baci. I baci risalirono fino al suo petto, facendogli provare un momento di disappunto, mentre i battiti del suo cuore acceleravano sempre di più. Lui tirò indietro la testa e chiuse gli occhi, per isolare le distrazioni e focalizzarsi sul tocco amorevole di Liz. Lei si fece strada fino al collo, facendolo tremare e ridere al suo tocco solleticante.

Il sottile aroma del suo delicato profumo gli risvegliò i sensi. Lei cominciò a baciarlo dietro l’orecchio, dove sapeva che l’avrebbe fatto impazzire. Poi gli fece scorrere le mani tra i capelli corti, suscitando in lui un gemito. Il corpo di lei si tese, strofinandosi contro quello di lui e Max avvertì la dolce prominenza dei suoi capezzoli.

La mano di Max, ormai inoccupata da troppo tempo, cominciò a strofinarle la schiena, allentando ogni tensione nel suo corpo. In quel momento, sentiva il calore irradiarsi da lei, invece che dal fuoco. Decise che lei era rimasta vestita troppo a lungo. Le sfilò la camicia di flanella dai jeans, e cominciò a sbottonarla, un bottone alla volta, mentre Liz si inarcava all’indietro per permettergli l’accesso. L’angolazione che lei aveva assunto, gli permise di guardare all’interno della camicia e di godersi la vista dell’attaccatura dei suoi seni che furono sempre più esposti, man mano che lui andava avanti.

La vista di lei senza reggiseno, i seni ondeggianti, anche se piccoli, fu sufficiente per fargli perdere il controllo. Raggiunto l’ultimo bottone, aprì la camicia ed espose il suo petto nudo. La sua morbida carne gli sembrò splendida, alla luce del fuoco. Fece scivolare la camicia sulle sue braccia, strofinandole la pelle, mentre lo faceva. Lei sollevò le braccia, per permettergli di sfilarle le maniche, poi si sedette di fronte a lui, nuda dalla vita in su. Max fece tesoro di quella splendida visione, il suo volto pieno di meraviglia e sorrise, lasciando capire a Liz che gli piaceva quello che stava vedendo.

Liz si alzò e si frappose tra Max ed il camino. Lui poté vedere le fiamme danzare tra le gambe di lei. Liz si fece scorrere le mani tra i capelli, gli occhi fissi in quelli di lui. Poi le fece scivolare sulle spalle, accarezzandole. Le fece scendere ancora, a coprire i seni e ad accarezzarsi lo stomaco. Si accorse che il suo gioco stava eccitando Max ancora di più. Si posò le mani a coppa sui seni, e li strofinò per il solo piacere di Max. Dopo averlo fatto per alcuni momenti, Liz decise che voleva, no, aveva bisogno di mostrare a Max qualcosa di più.

Dopo aver aperto in parte la lampo, cominciò a far scendere i suoi pantaloni lentamente, ma molto lentamente lungo i fianchi. Max intravide le sue deliziose mutandine, il contrasto tra il tessuto bianco e la sua pelle scura. I suoi occhi seguirono la forma dell’indumento, dall’elastico attorno ai fianchi alla V tra le sue labbra intime. Liz continuò ad abbassare i suoi jeans, mettendo in mostra nel contempo le sue gambe proporzionate. Con i pantaloni calati sulle caviglie, sollevò le braccia al di sopra della testa e si inarcò all’indietro, mostrando a Max tutto il suo corpo.

Agli occhi di Max, non c’era nulla di più bello. Si alzò dal pavimento e si avvicinò alla moglie, ammirando il suo corpo nel tragitto. Si fermarono per un istante per fissarsi negli occhi, poi si unirono in un tenero, appassionato bacio, esplorando la bocca dell’altro con la lingua.

La mano di Max scivolò sulla schiena di lei e si infilò nelle sue mutandine, assaporando la fermezza delle sue natiche. Le accarezzò e le strinse godendosi la carme morbida ma soda. Lei mosse i fianchi in avanti e si premette contro di lui, sentendo la sua rigidità attraverso i jeans. Liz sospirò e cominciò a strofinarsi contro di lui. Max afferrò le sue mutandine e le fece scorrere lungo le gambe. Quando arrivarono alle caviglie, lei sfilò un piede e le spinse fino a farle unire ai jeans. Poi, facendo un passo, si liberò di entrambi.

Liz decise che era arrivato il turno di Max ad essere spogliato. Finì di aprire la zip e vi infilò dentro la sua piccola mano, chiudendola sulla dura carne eccitata che vi trovò all’interno. La fece poi scorrere per tutta la sua lunghezza, facendolo restare senza respiro per il piacere. Dopo aver giocato con lui per un momento, recuperò la mano e cominciò a togliergli i pantaloni, facendoglieli scivolare oltre i fianchi. Come li ebbe abbassati oltre l’inguine, i suoi slip scattarono in avanti a causa della rigidità contenuta all’interno.

Liz fece scorrere la mano sopra le sue cosce, poi risalì, partendo dalla base della sua asta eretta e carezzandola per tutta la sua lunghezza. Il respiro di Max si fece più veloce.

Non pronta a lasciarlo andare, le gli abbassò gli slip fino alle caviglie. Lui ne uscì fuori e li calciò via, facendoli volare accanto al divano. Si premettero uno contro l’altra e Liz avvertì la rigidità di lui contro la sua pancia, mentre i peli sulle sue gambe le facevano il solletico. Lei sollevò una gamba e con quella strofinò una gamba di Max. Max la prese e cominciò ad accarezzarla, elettrizzato dalla morbidezza della sua pelle. Continuò ad accarezzarla, dalla coscia alla caviglia, affascinato dalla perfezione delle sue gambe.

Liz si spinse un po’ più in alto con l’altra gamba, così che l’erezione di lui scivolasse sotto di lei. Sostenuta dalle forti braccia di Max, si sollevò e lo intrappolò tra le sue gambe. Fu una di quelle volte in cui a Max non importò di essere stato fatto prigioniero. Potevano sentire uno il calore dell’altra, mentre lei continuava a strofinarsi, sempre più forte, contro di lui.

I loro corpi cominciarono a diventare umidi per il sottile strato di sudore che si era formato. Si staccarono dal loro lungo bacio e lei spinse all’indietro la testa, gemendo, e Max le baciò la gola esposta, tenendola saldamente dietro la schiena. Fece scorrere le labbra dal seno fino alla spalla, poi tornò a seppellire il suo viso tra i seni di Liz, e lei gli tenne ferma la testa, spingendola decisamente. La morbidezza della carne di lei contro la sua guancia, gli diede una sensazione fantastica.

Liz allacciò le gambe attorno alla vita di Max che, tenendola saldamente, per assicurarsi che il suo prezioso carico non cadesse, la portò accanto al fuoco. Arrivato accanto al caminetto, Max si lasciò cadere sulle ginocchia. La fece stendere su una morbida coperta di pelle d’orso, dove continuò a baciarle tutto il corpo, affamato di lei.

Decidendo di aver resistito troppo a lungo, Max si spinse in avanti, in modo che la punta della sua virilità si trovasse a contatto con i setosi ricci di lei. Lei lo prese in mano, accarezzandolo dalla testa alla base. Max abbassò lo sguardo su di lei, sorridendo alla sua bellezza. I suoi capelli si erano sparsi come un’aureola di cioccolata. I suoi bellissimi occhi brillavano come diamanti nella morbida luminescenza del fuoco. Liz gli sorrise, incantandolo col suo fascino angelico.

Lei avvertì la morbidezza del respiro di lui, quando Max si chinò su di lei, le sue labbra ad un centimetro da quelle di lei. Poi vi posò un tenerissimo bacio. Lei lo ricambiò e si immersero uno negli occhi dell’altra, dimentichi di tutto. I loro corpi si fusero in uno ed entrambi sospirarono alla sensazione della loro carne che si toccava. I loro corpi uniti cominciarono a tremare. Il calore del fuoco era niente a paragone del calore del loro amore. I cuori battevano forte nel loro petto, uno al ritmo dell’altro, battito su battito.

Si mossero all’unisono, nati per un amore così profondo che ognuno di loro sapeva esattamente come muoversi per dare all’altro l’estremo piacere. I loro occhi non ruppero mai il contatto. La passione che divisero fu intensa, il piacere infinito.

Loro furono uno e fecero tutto il possibile per dare all’amante la felicità. Allacciati, si unirono nello spirito come nella carne. Tutti e due sapevano, per esperienza, che la loro connessione emozionale era più forte di qualsiasi esperienza fisica avessero mai potuto provare.

Fecero l’amore per tutta la notte, totalmente immersi nell’essere dell’altro. Persero il conto del numero degli orgasmi, persero il ricordo della loro durata. Tutto quello che contava era che loro erano lì, che erano insieme e che erano innamorati.

Al mattino, si svegliarono al canto degli uccelli invernali sugli alberi. Il fuoco si era spento da tempo, ma l’amore di Max e Liz aveva tenuto caldo il cottage. Si baciarono dolcemente.

"Ti amo, Liz." sospirò Max.

"Ti amo, Max." sospirò Liz.

Erano state le prime parole, dopo il commento fatto da Liz sulla neve. Non c’era stato bisogno di parlare.

* * * * *

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Capitolo 68
*** 69 ***


Parte 69

"Avrei voluto essere più occupato." Jeff si chinò sul bancone e guardò l’interno del locale semivuoto. "Mi avrebbe aiutato a far passare il tempo."

"Io sono contenta che ci sia un po’ di tranquillità." Nancy era seduta su uno sgabello dalla parte opposta del bancone. "Ad ogni modo, non avrei potuto concentrarmi ed avrei finito per consegnare ordini ai clienti sbagliati."

Guardò fuori dalla vetrina, striata di gocce d’acqua,al rovescio torrenziale di pioggia, che aveva tenuto a casa i clienti.

"Sì." sospirò Jeff. "E io, probabilmente, avrei cucinato le cose sbagliate."

"Odio questa attesa. Avrei voluto essere con loro."

"Come il resto di noi." annuì Jeff. "Ma Max ha detto … "

"Max ha detto, Max ha detto!" sbraitò Nancy. "Lei è nostra figlia, Jeff. Da quando dobbiamo dare retta a quello che dice Max?"

"Da quando Max l'ha sposata e si è assunto la responsabilità di Liz." le spalle di Jeff si abbassarono. "Ma in questo caso, penso che quel ragazzo abbia ragione. E’ qualcosa che lui deve fare, e senza di noi. E penso che sia meglio starcene da parte, che restare tra i loro piedi. Sono certo che, in questo momento, saranno molto occupati."

"Ci sono tante cose che potrebbero andare storte, Jeff." piagnucolò Nancy. "Spero che il Presidente si comporti bene con loro."

Il campanello all’entrata del Crashdown suonò. Sia Jeff che Nancy si voltarono a guardare i clienti, sperando che la loro occhiata gelida ed ostile, li avrebbe fatti desistere dall’entrare. Le loro espressioni si addolcirono, riconoscendo chi era entrato.

"Voi ragazzi siete qui per fare colazione?"

"Non proprio." rispose Jim. Lui ed Amy entrarono nel caffè, scrollando via l’eccesso di acqua dalle loro scarpe. L’acqua scese anche dal cappello di Jim, mentre Amy si fece scorrere le mani tra i capelli. "Solo per un po’ di compagnia. Abbiamo pensato che voi dovevate essere ansiosi quanto noi. Tutta questa attesa!"

"Nancy voleva filarsela in Idaho." annuì Jeff.

"Solo perché sono preoccupata." si difese Nancy.

"So come ti senti." disse Amy in un sussurro.

"Caffè?" chiese Jeff, prendendo qualche tazza. "Sapevo che sarebbe stato un giorno lungo, così ne ho preparato una caffettiera intera."

"Qualcosa mi dice che sarà dura arrivare a stasera."

"E non solo fino a stasera, temo." grugnì Jeff. Riempì due tazze e le mise davanti a Jim e ad Amy. "Philip mi ha detto che Max potrebbe stare col Presidente per un paio di giorni."

"Un paio di giorni?" squittirono le due donne.

"Allora, dove sono i tuoi clienti?" Jim si guardò attorno, nel locale deserto. Capì che era il caso di cambiare argomento.

"Non lo so." Jeff scosse la testa.

"E non ci interessa." aggiunse Nancy. "Voglio dire, non riusciremmo a concentrarci sul lavoro, mentre Liz … "

"E’ come se i clienti lo sapessero." commentò Amy.

"Di solito la pioggia li tiene lontani." Jeff si strinse nelle spalle. "Sono sicuro che si presenteranno presto."

Il campanello suonò di nuovo.

"Sembra che abbiamo avuto tutti la stessa idea." disse Diane entrando nel Crashdown. Mentre lei e Philip si asciugavano i piedi, Diane posò l’ombrello bagnato in un angolo. "Vi sentite anche voi … "

"Inutili?"

"In eccesso?"

"Deboli?"

"Rimpiazzati?"

"Sì." Diane annuì facendo un mesto sorriso.

"Dove sono tutti i tuoi clienti?" Philip si guardò attorno, poi diede un’occhiata alla porta alle sue spalle. "Oggi hai chiuso il locale, o cosa?"

Gli altri scoppiarono a ridere.

"Sono contento che siate qui." Jeff indicò loro gli sgabelli per sedersi e prese altre due tazze. "Potresti spiegarci di nuovo il piano?"

Philip annuì e guardò l’orologio. Poi controllò nel taschino della camicia che il dispositivo contro i microfoni spia fosse ancora lì e che fosse in funzione.

"Okay." disse sospirando." Questa mattina presto, alle cinque, Max, Liz, Isabel, Jesse ed un paio di guardie … "

"Eldugar e Kalyn." lo interruppe Diane. Annuirono tutti, sapendo che l’ombra di Liz non sarebbe restata lontano da lei.

" … sono saliti a bordo di un elicottero." continuò Philip. "Hanno percorso la breve distanza fino a Stanley dove, circa alle cinque e mezza, sono saliti a bordo del jet privato di Cal Langley. Da lì, hanno volato fino a Tulsa, Oklaoma. In questo momento stanno per arrivare lì, dove troveranno l’elicottero privato del Presidente, nel parco della città. Solo che il Presidente non conosce ancora il luogo dell’appuntamento. Al pilota sarà detta la sua destinazione, solo quando entrerà nello spazio aereo di Tulsa, in modo da prevenire un’eventuale trappola."

"E che mi dici del Presidente? chiese Jim. "Si fida di Max per accettare una cosa del genere?"

"Bene, visto che Max deve fidarsi del Presidente, è giusto che anche il Presidente debba fidarsi di Max." annuì Philip. "Dopo tutto, è stato Forest a volere questo incontro. Max conta sul fatto che Forest sia un uomo d’onore e che non cerchi di fare qualcosa di … stupido in un posto come camp David."

"Spero che Max abbia ragione." Nancy scosse la testa.

* * * * *

"E se fosse una trappola?" chiese Isabel, sistemando sul polso di Max lo speciale trasmettitore, settato su una frequenza indistinguibile dai dispositivi umani.

Il sole stava appena spuntando nella fredda aria sopra le montagne. Molti dei presenti stavano lottando per reprimere gli sbadigli.

"Allora Michael ci troverà attraverso questo." Max tese la mano sopra il trasmettitore. Quando la tolse, il dispositivo svanì, fondendosi con la sua carne. "Con questo, può monitorarmi, trovare la mia locazione e, se mi concentro abbastanza, sentire i miei pensieri."

"Bel giocattolino." Maria sollevò un sopracciglio. "Com’è che ora abbiamo gli arnesi di James Bond? Dov’era Q quando avevamo bisogno di lui?"

"Siete tutti a posto?" Max si guardò attorno.

"Non mi fido di lui." brontolò Michael per l’ennesima volta.

"Lo so." annuì Max. "E io sono d’accordo con te. Ma devo provarci. Devo vedere se c’è qualche speranza."

"Se ti prendono, Max, verrò con le pistole spianate e non m’importa di quanta gente innocente ci andrà di mezzo. Qui, la posta in gioco è troppo grande."

Max guardò per un momento l’amico, prima di annuire riluttantemente.

"Toccherà a te, Michael. Fa’ quello che pensi sia necessario."

"Grazie." Michael posò la mano sulla spalla di Max. "Sta’ attento a loro." ed indicò Liz ed Isabel.

"Sempre." concordò Max con un sorriso, poi si voltò a guardare il piccolo gruppo. "Venite." disse "E’ ora di andare."

Fatti i loro saluti, i sei ragazzi Max, Liz, Isabel, Jesse, Eldugar e Kalyn, salirono a bordo dell’elicottero che, dopo qualche momento, si librò nell’aria e si diresse a tutta velocità verso sud, all’aeroporto dove il jet privato di Cal li stava aspettando.

Gli amici rimasero a guardare le luci dell’elicottero fino a che non scomparvero dietro le montagne lontane. Si fermarono ancora di più, fino a non sentire nemmeno il suo rumore echeggiare sulla vallata.

"Spero che vada tutto bene." fu Kyle a rompere il silenzio, facendo annuite tutti. "Qualcuno conosce un buon modo per ammazzare il tempo?" continuò poi.

Nessuno rispose.

"Mikey." continuò. "Qualche canestro uno contro uno?"

"Un’altra volta." Michael scosse la testa. "Se qualcuno ha bisogno di me, sono al centro di comando."

"Loro non daranno notizie per ore, Michael." Maria incrociò le braccia sul petto. "Perché non ti rilassi un po’? Stai diventando più teso … più teso di Max."

"Sono troppe le cose che possono andare storte, Maria." Michael si voltò verso il centro. "Oggi non sarei una buona compagnia. Mi dispiace."

"Bene." Quando vide Michael sparire nell’edificio, Connie scrollò le spalle.

"Si è molto soli, quando si è al comando." commentò il Maggiore Armstead. "Vuole veramente molto bene a Max, vero?"

"Non credo che qualcuno possa andare anche solo vicino a capire il legame che li unisce." annuì Maria. "E’ … "

"Complicato." finì Kyle.

"E’ ancora più di questo, però." Maria scosse la testa. "Michael è ancora tormentato da così tante cose. Per prima cosa, dal modo in cui ha trattato Liz i primi giorni. Né lui, né Isabel volevano che Max avesse niente a che fare con lei. E come ha trattato anche Max. Poi, c’è quello che è successo sulla nave quando lui era quell’animale di Rath. Ma, più di tutto, c’è quello che ha scoperto su quella nave. Michael ha così tanta paura che Max possa ricordare che, all’inizio, gli era stato messo a fianco come Secondo in comando con la speranza che lo tradisse in favore di Kivar, che … Michael sta cercando disperatamente di provargli la sua lealtà."

"E la cosa divertente," continuò Connie "è che non ce n’è assolutamente bisogno. Max sa che non c’è nessuno che gli sia più leale di Michael."

"Tranne Liz." annuì Kyle.

"Tranne Liz." annuirono tutti.

* * * * *

Il volo verso Tulsa, Oklaoma, avvenne senza incidenti. Rimasero seduti in silenzio nel lussuoso jet privato, che ormai a Liz e a Max sembrava una seconda casa.

"Perché hai voluto che venissi anche io, Max?" chiese Jesse, chinandosi in avanti sulla poltrona di pelle bianca. "Non che non voglia esserci, capiscimi. E’ solo che sono curioso."

Max guardò il cognato per un momento, come se lo stesse paragonando con qualcuno.

"Se le cose andranno nel modo in cui spero che vadano … " Max cominciò a parlare in tono misurato. Era autoritario, sicuro, dava la misura di quanto fosse cresciuto Max recentemente. " … allora avrò bisogno di qualcuno, che sia al cento per cento umano e che mi faccia da … rappresentante. Qualcuno che possa parlare per mio conto, che non sembri una specie di fantoccio, ma un portavoce."

"Credo che voglia dire qualcuno che ti assicuri un buon trattato, ma non a spese della Terra."

"Esatto." Max gli fece un grande sorriso. "Cinquanta-cinquanta."

"Ma perché io? Perché non Liz?"

"Credo che possano considerare Liz un po’ prevenuta." ridacchiò Max. "Inoltre, se si sapesse che, quando l' ho guarita, l' ho cambiata, chi riuscirebbe a credere che lei è ancora umana?"

"Ma io sono sposato con tua sorella. Questo non può far credere che anche io sia un po’ prevenuto?"

"In un certo senso, sì." Max si strinse nelle spalle. "Ma non prevenuto. Leale, forse. E, a parte questo, tu sei un avvocato esperto. E io ho certi … interessi, da salvaguardare."

"I brevetti e cose del genere, vero?"

"Tra le altre cose. Jesse, tu non devi sentirti obbligato a farlo per me. Se non ti senti a tuo agio … o se pensi che ci sia un conflitto di interessi … voglio dire, so che hai la speranza di condurre una vita normale, e se non vuoi essere coinvolto, non hai che da dirlo. Per quanto io desideri che tu lavori per me, rispetterò i desideri tuoi e quelli di Isabel."

"Posso parlarne prima con Isabel?"

“Naturalmente." annuì Max. Guardò Liz, assorta in una conversazione con Kalyn ed Isabel, senza dubbio stavano parlando di ragazzi. Si voltò a guardare Eldugar, chiedendosi se sospettasse cosa gli stavano combinando. "Non mi sarei aspettato altrimenti."

* * * * *

"Una volta arrivati a Tulsa," continuò Philip. "Avranno tutto il tempo per arrivare nel parco. Ci sarà una SUV ad aspettarli. Ancora Langley."

"Ricordami di invitare Cal a cena, una di queste sere." lo interruppe Diane. "Sta facendo così tanto per i nostri ragazzi."

Tutti annuirono la loro approvazione.

"Una volta arrivati al parco," continuò Philip "aspetteranno nella SUV fino a che non avranno comunicazione che l’elicottero stia arrivando. Max ha già appostato i suoi uomini, perché si accertino che non ci siano brecce nella sicurezza. Cosa non plausibile, visto che i suoi uomini gli sono estremamente leali. Ma è il loro Presidente che Max sta per incontrare." Philip fece una pausa. "E anche il nostro. Quando l’elicottero - che avrà a bordo solo Forest, il pilota ed un co-pilota - sarà atterrato, Max e gli altri saliranno a bordo. Poi decollerà verso Camp David, controllato dagli uomini della sicurezza di Max. Qualsiasi deviazione dal piano di volo e Michael saprà che è una trappola ed accorrerà in loro soccorso. Ma con Max, Liz, Isabel, Eldugar, Kalyn e i loro poteri, il Presidente dovrebbe nascondere un esercito, nel suo elicottero."

* * * * *

I sei montarono sulla loro SUV. Un furtivo cenno dell’uomo del noleggio, fece sorridere Max. Sapendo che era uno degli uomini di Langley, gli sembrò di essere in un film di James Bond.

"Siamo solo a ventiquattv’ore da Tulsa." sussurrò a Liz da un lato della bocca.

"Scusa?" Liz aggrottò le sopracciglia.

"Tu dovresti rispondere qualcosa come ‘Hai dimenticato di guavdave il tuo ovologio."

"Ma di che stai parlando, Max?" il viso di Liz era una maschera di confusione.

"Di niente." Max scoppiò a ridere.

Gli altri rivolsero uno sguardo preoccupato a Max, mentre Eldugar faceva partire la SUV e la immetteva nel traffico diretto al centro della città.

Il viaggio fu fatto in silenzio. Nessuno diede voce agli scuri pensieri che agitavano le loro menti, mentre la strada scompariva sotto le ruote. Liz si voltò a guardare Max, chiedendosi cosa il Presidente degli Stati Uniti ne avrebbe fatto del misterioso ragazzo dai capelli scuri, di cui lei era perdutamente innamorata.

Sarebbe stato capace di vedere la meravigliosa persona, l’anima gentile e premurosa, il cuore amorevole ed appassionato che vedeva lei ogni volta che lo guardava? O avrebbe solo visto una fonte di potere, qualcuno da usare e di cui abusare, fino a che fosse stato utile? O, forse, lo avrebbe visto come una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti e dell’intero pianeta, qualcuno da eliminare? Troppe cose imponderabili.

Max sentì lo sguardo di Liz su di lui. Le prese la mano, permettendole di sentire la sicurezza, che lui si era costretto a sentire. C’erano tante cose in ballo, lì, e le vite di quelli che amava di più al mondo, oltre a quelle di tutti gli altri, erano a rischio. Lui ce l’avrebbe fatta. Lui avrebbe vinto, a qualsiasi costo. Per loro.

"Il posto è questo." Eldugar fermò la macchina in una grande area di parcheggio, al centro di Tulsa. "Quanto tempo abbiamo?"

Max guardò il suo orologio. "Almeno un’ora." Poi prese il cellulare. "Chiamerò Michael per il controllo. Quando l’avrò fatto, accertatevi di lasciare in macchina i vostri cellulari. Ricordatevi che siamo stati d’accordo su questo punto."

Dopo che Max ebbe confermato che erano arrivati sani e salvi, si fecero strada nel parco, verso il grande spazio aperto che avrebbe permesso l’atterraggio dell’elicottero del Presidente. Aspettarono su una panchina, con le spalle ad un fitto gruppo di alberi, guardando la gente del posto giocare nel grande spazio aperto davanti a loro. Aspettarono. Finalmente il piccolo radioricevitore portatile che Max aveva in tasca, cominciò a gracchiare.

"Visitatore Lontano, Visitatore Lontano, qui il Vettura di Accoglienza. Mi ricevete? Passo."

"Benvenuto, Vettura di Accoglienza. Qui Visitatore Lontano." disse Max al microfono. "Vi ricevo. Passo."

"Saluti, Visitatore Lontano. Siamo pronti a ricevere le vostre coordinate per l’atterraggio. Passo."

"Roger, Vagone di Accoglienza. Procedete sulla vostra griglia per Tango Quebec quattro cinque tre sette, Lima Bravo quattro uno sei nove. Passo."

"Ripeto. Tango Quebec quattro cinque tre sette, Lima Bravo quattro uno sei nove. Confermato, Visitatore Lontano. Procediamo. Il nostro tempo di arrivo è cinque minuti. Passo."

Un elicottero apparve all’orizzonte, muovendosi in un largo arco, verso di loro. Quando fu abbastanza vicino, scorsero l’emblema dell’aquila, simbolo degli Stati Uniti.

"Ci siamo." mentre l’elicottero atterrava, Max lasciò andare il respiro.

* * * * *

"Era Michael." confermò Jeff alle cinque facce preoccupate che lo stavano guardando, dopo che aveva riappeso il telefono.

"E …?" abbaiò Nancy.

"Sono arrivati sani e salvi al parco. Ora stanno aspettando l’arrivo dell’elicottero."

"E fin qui, tutto bene." sospirò Philip.

"Rilassati, Philip." gli sorrise Jim. "Se c’è una cosa che ho imparato di Max, è che è pieno di risorse. E’ anche molto svelto con quello scudo. Ricordati che ero lì quando quel Grant gli ha sparato contro. Max non sapeva nemmeno che fosse lì, fino a che non ha sparato ed ha reagito immediatamente."

"Concedimi il lusso di preoccuparmi, Jim." Philip si strinse nelle spalle. "Viste le circostanze, è tutto quello che posso fare."

"Starà bene." Diane sembrava la meno preoccupata. "E’ Max, no? Dopo cinque minuti, il Presidente sarà ammaliato da lui, proprio come chiunque altro l’abbia incontrato. Andrà tutto bene. Credetemi."

* * * * *

Il veicolo militare causò un putiferio quando si fermò all’ingresso di Camp Sawtooth per un momento, prima che le guardie in servizio facessero cenno di proseguire con un gesto della mano. Tutti si fermarono, guardandolo proseguire dritto verso il ristorante, che era diventato il centro di comando per le operazioni.

"Cosa c’è?" sbraitò Michael, quando qualcuno entrò per dirgli cosa era successo. Max stava per incontrare l’elicottero e qualcuno era aveva permesso l’ingresso di un estraneo nel loro campo. Michael si alzò infuriato dalla consolle e si precipitò alla porta, con l’intenzione non solo di liberare il campo dagli intrusi, ma di strapazzare l’imbecille che aveva permesso loro di entrare nel campo.

"Non so chi pensi … " stava gridando Michael verso la macchina, prima che l’occupanti ne emergesse.

La portiera si aprì ed una imponente figura in divisa militare scese dal sedile posteriore.

"Colonnello Roberts." Michael rimase sorpreso nel vedere l’uomo che li aveva messi in quella direzione, quando aveva messo in contatto Max con quegli uomini. Nessuna meraviglia che gli uomini l’avessero lasciato passare.

"Ciao, Michael." Roberts lo salutò nel modo che credeva più adatto. "C’è Max?"

"Temo di no." Michael scosse la testa, spalancando gli occhi. "Ma in sua assenza, io sono al comando. Posso esserle utile?"

"Forse." Roberts sembrò deluso che Max non fosse lì. Michael lo accompagnò all’interno del ristorante. "Conosci un uomo di nome Baurline? Steve Baurline?"

"Sento suonare un campanello." annuì Michael. "Non è quell’agente dell’FBI che ha cercato di ucciderci, quella volta a Roswell? Lo hanno licenziato, vero?"

"Non ho letto, da qualche parte, che era morto nell’incendio di un motel?" chiese Maria.

"Sì." annuì Roberts. "E’ lui. Ad ogni modo, uno dei miei uomini ha un amico tra i Marines. Sembra che qualche settimana fa, la notte in cui ci siamo occupati di quell’atterraggio ostile, un gruppo di Marines sia stato mandato in missione, sotto copertura. Attrezzatura completa. Occhiali da visione notturna, tute nere, respiratori, granate stordenti, e via dicendo. Il loro obiettivo era un uomo conosciuto come un cacciatore di alieni. Lo hanno rintracciato in un motel di Rachel, Nevada. Sono penetrati nella sua stanza usando fumogeni e granate stordenti."

"Così le autorità lo hanno eliminato per noi." disse Michael con un largo sorriso. "Bene. Un lavoro risparmiato."

"No." Roberts scosse la testa. "Hanno preso Baurline dalla sua stanza, lo hanno portato con loro, lasciandosi dietro un corpo da bruciare, sapendo che più tardi sarebbe stato identificato da un amico come quello di Baurline."

"Non capisco." si accigliò Connie. "Che vogliono i Marines da Baurline? E qualcosa che ha organizzato lei?"

"No. Non io." Roberts scosse di nuovo la testa.

Tutti si scambiarono occhiate preoccupate.

* * * * *

Max aspettò, insieme ai suoi amici, che l’elicottero atterrasse, sollevando in aria una nuvola di polvere. Quando le pale cominciarono a rallentare, Max si alzò e si voltò a guardare gli amici. Tese la mano a Liz, che la prese e si alzò per andargli accanto.

"Bene." disse lui. "Andiamo a finire questa faccenda."

Anche Isabel e Jesse si alzarono e si fermarono al lato di Max, cominciando poi ad avvicinarsi all’elicottero. Eldugar li precedette, mentre Katya rimase alle loro spalle. Potevano sentire il movimento dell’aria spinta contro di loro dai rotori. Il portello da un lato dell’elicottero si aprì ed il pilota rivolse loro un gesto di saluto con la mano. Dall’interno della cabina, il Presidente Forest sorrise ed agitò la mano per salutarli.

* * * * *

"No." Roberts scosse la testa. "E’ stato qualcun altro ad organizzarlo. Qualcuno che deve aver saputo quello che ha fatto Baurline. Qualcuno che deve aver capito che, magari, tutto quello che aveva detto era vero e che aveva bisogno della sua esperienza." Guardò le persone radunate attorno a lui. "Qualcuno di importante. Abbastanza importante da poter autorizzare la sua falsa morte nell’incendio, aggirando le normali procedure di identificazione, come un’autopsia."

Michael strinse gli occhi, riflettendo sulle parole di Roberts.

"Forest?" chiese alla fine.

Roberts annuì lentamente.

"Max sta per incontrarlo." il viso di Michael si tese. "A Camp David."

"Penso che potrebbe essere una trappola." Roberts confermò i neri pensieri di tutti.

"No, dannazione!" imprecò Michael.

"Conoscendo Forest, probabilmente vuole la vostra tecnologia. Una volta che Max metterà piede a Camp David, non sapremo più niente di lui. Dobbiamo fermarlo, prima che sia troppo tardi."

"Diamine! Accidenti a lui!" Michael si stava già dirigendo verso la radio. "Max pensava che questo potesse portarlo ad una sorta di vita normale."

E, dietro di lui, tutti gli altri.

"Sembra che il normale, per Max, sarà tutto bianco." disse Kyle adirato. "Pareti bianche, pavimento bianco, soffitto … "

"Così non aiuti." Connie posò la mano sulla bocca del ragazzo.

"Fermate Max a tutti i costi!" gridò Michael nel microfono della radio che lo collegava agli agenti sul campo di Tulsa. "Immediatamente!"

"Non potrà sentirci." rispose una voce stupita. "Gli Ospiti si stanno dirigendo verso il trasporto. Ripeto. Gli Ospiti si stanno dirigendo verso il trasporto."

* * * * *

"Sappiamo che sono di più di quello che avevamo pensato." disse Baurline ai quattro uomini mimetizzati, che si erano nascosti dietro i sedili dell’elicottero. Dall’esterno, erano praticamente invisibili. "Così non abbiamo scelta. Anche se sappiamo che Jesse Ramirez è al cento per cento umano, fate finta che non lo sia."

"Signorsì, signore!" risposero i quattro all’unisono.

"Le pistole con i dardi che avete in dotazione, possono sparare sei colpi, prima che dobbiate ricaricarle. Ogni dardo ha abbastanza siero da tenere i soggetti neutralizzati per un giorno intero. Ognuno di voi ha un bersaglio principale ed uno secondario. Assicuratevi di colpire il vostro bersaglio principale almeno quattro volte ed il secondario due. Non smettete di sparare fino a che il caricatore non sia vuoto. Ci siamo andati vicini, prima d’ora, ma mai così vicini. Non lasciate possibilità, non date niente per scontato."

"Signorsì, signore!"

"Signore." disse il pilota. "Ci hanno appena comunicato le coordinate per l’atterraggio. Atterreremo tra cinque minuti."

"Atterra effettuando un arco. Tieni gli occhi aperti, nel caso in cui abbiano portato rinforzi. Tieni gli occhi ben aperti."

"Ricevuto." annuì il pilota.

"Signori." Baurline si rivolse di nuovo ai suoi uomini. "Tenete pronte le armi."

Gli uomini si prepararono come era stato loro fatto provare, controllando le munizioni, i percussori ed accertandosi di aver tolto le sicure.

"Possiamo vederli, signore." disse il pilota. "Sono solo in sei. I quattro che ci aspettavamo più altri due."

"Okay, gente." Baurline rise, infilandosi la maschera di lattice con le sembianze del Presidente Forest sulla faccia. "Andiamo a catturare qualche alieno."

* * * * *

"Okay." Max ricambiò il saluto del Presidente Forest. Tenendo Liz per la mano, cominciò ad avviarsi verso l’elicottero. "Andiamo a parlare con Forest, sperando di poter tornare a casa per il fine settimana."

* * * * *

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Capitolo 69
*** 70 ***


Parte 70

Philip guardò il suo orologio "Ormai, Max e Liz saranno a bordo dell’elicottero." Per tutta la mattinata aveva fatto la radiocronaca delle azioni dei ragazzi e, per quanto fosse fastidioso, nessuno lo aveva interrotto. "Tra qualche momento i nostri ragazzi saranno faccia a faccia col Presidente degli Stati Uniti d’America.

"Chi lo avrebbe mai pensato." commentò Jim.

"I nostri ragazzi." concordò Jeff. "Faccia a faccia con l’uomo più potente della terra." guardò attorno a sé le facce sorridenti. "Bene, sapete quello che voglio dire. Ovviamente, tra loro due, Max è molto più potente, ma è quello che dicono del Presidente, non è vero?"

"Sì, caro." gli sorrise Nancy.

"Sapete, lasceranno su di lui un marchio indelebile." Diane aveva sul viso un enorme sorriso. "Chissà quanta popolarità acquisterà Forest per la sua rielezione. Quei due possono fare così tanto l’uno per l’altro. "Max finirà per vivere alla Casa Bianca, o in un posto altrettanto importante."

* * * * *

"Quanto tempo manca prima di avere la conferma che lui sarà sotto la nostra custodia?" il Presidente Forest diede un’occhiata al suo orologio, senza sapere che il padre del ragazzo che aveva in mente di rapire, stava facendo la stessa cosa.

"Da un minuto all’altro, signore." lesse il suo aiutante dal un rapporto che aveva in mano. "L’uccello è atterrato e i soggetti si stanno avvicinando."

"Hai un’idea di quello che rappresenta quel giovane uomo, Nixon?"

"Non esattamente, signore." Nixon sollevò gli occhi dal rapporto e scosse la testa. "Avevamo già prove decisive della presenza di vita su altri pianeti."

"Ma quelle prove erano morte o inutilizzabili. Questo Max Evans rappresenta la possibilità di usarlo e di comprendere, rappresenta un potenziale enorme. Pensa ai benefici che potrebbe portami. Che potrebbe portare a tutti noi. Una volta che avremo quella tecnologia e il potere nelle nostre mani, non ci sarà un paese, in questo pianeta, che potrà starci alla pari. Tutto quello che dovremo fare sarà macchinare una finta minaccia in uno dei paesi comunisti, per esempio, la Corea del Nord. Poi, manderò il mio nuovo esercito ad annientarla, totalmente ed assolutamente. Quando il resto del mondo sarà testimone del potere che avrò in mano, potrò garantire la pace mondiale. Se potessimo replicare la loro capacità di leggere la mente, anche le cellule terroristiche sarebbero un ricordo."

"Ma, anche se venisse rieletto, avrebbe ancora solo un mandato. Per quando saremo riusciti ad avere pieno controllo di quel potere, sarà ora di passarlo a qualcun altro."

"Stai scherzando?" Forest cominciò a ridere. "Con un tale potere a mia disposizione, spingerò il Parlamento ad abolire il termine dei due mandati. Sarò Presidente a vita. E tu, mio caro amico, sarai con me ad ogni passo."

"Presumendo che Max Evans cooperi."

"Lo farà." ghignò Forest. "Baurline mi ha detto che è attaccatissimo alla moglie. Quell’idiota di Deluca ha cercato di controllare il potere di Evans tramite lei. Noi faremo lo stesso. Hai un’amante, Nixon?"

"E’ molto carina." Nixon guardò con occhi cupidi la fotografia che aveva davanti a sé. "Non la vorrebbe per lei?"

"Non è il mio tipo." Forest scosse la testa. "Io preferisco le bionde."

* * * * *

"Fermate Max a tutti i costi!" l’ordine risuonò negli auricolari dell’Unità di Supporto che Michael aveva piazzato ore prima dell’arrivo dell’elicottero.

Nascosto tra il fogliame, accanto all’elicottero presidenziale, John H. Pettigrew Jr. guardò la scena dal mirino telescopico del suo fucile. Stava sperimentando un dilemma morale. L’uomo che stava camminando verso quello che sembrava un pericolo, era un uomo che ammirava. Peggio ancora, era un uomo che aveva dimostrato più di una volta che avrebbe fatto l’impossibile per assicurare la salvezza di quelli che lo avevano seguito. Lui e sua moglie gli dovevano la vita. Max Evans era un uomo che lui ammirava. Rispettava anche sua moglie quella giovane donna della quale, a dispetto della differenza di età, si era innamorato.

Avrebbe fatto tutto il possibile per proteggerli, proprio come loro avevano protetto lui. Ma la causa del suo dilemma era che l’uomo, attualmente al centro del suo mirino, non era altri che il Presidente degli Stati Uniti. Che pericolo poteva costituire? Come poteva avvertire Max senza ricadere nell’accusa di tradimento? Deglutendo con qualche difficoltà, spostò via il fucile da Forest e mirò alla fusoliera dell’elicottero. In un posto lontano da componenti vitali, ma che Max potesse vedere. Contando sulla fortuna e sul sorprendente senso del pericolo che Max sembrava possedere, tirò il grilletto.

* * * * *

Max si stava avvicinando al Presidente, che sventolava la sua mano, con ogni nervo del suo corpo che gli stava gridando di tornare indietro. I suoi occhi non stavano mai fermi, controllando l’elicottero alla ricerca di un segno che lasciasse capire che non era quello che sembrava. Sentì lo sparo, anche se coperto dal fendente rumore dei rotori e vide apparire un buco nella parte posteriore della fusoliera. Lo scudo di Max si alzò ancora prima che i quattro uomini apparissero dall’interno, sparando con le loro semiautomatiche. Una parete verde avvolse i sei ragazzi. Strani dardi apparvero contro il suo scudo, fermandosi per un istante a mezz’aria, per ricadere a terra, inermi. Liz guardò Max, il suo terrore a malapena sotto controllo.

"Indietro." ordinò Max.

"Era una trappola!" disse Jesse adirato. "E io che ho votato per quel … quel … "

"Fa’ come dice Max." gli ordinò Isabel, spingendo Jesse con lei dietro agli alberi. "Ci occuperemo più tardi di chi ha fatto che cosa e quando."

"Max." Liz afferrò il braccio del marito ed indicò l’orizzonte.

Sei forme scure si stavano avvicinando velocemente verso di loro. Erano elicotteri da attacco, con uomini in più sospesi ai lati.

"Svelti!" ordinò Max.

Isabel puntò la sua mano alle pale dell’elicottero del Presidente, proprio mentre i quattro uomini armati, insieme al Presidente, stavano saltando fuori dal mezzo, armi in mano. Il piccolo rotore si disintegrò sotto il colpo. Perso il bilanciamento, il velivolo cominciò a ruotare su se stesso, mentre la fusoliera si distorceva per l’enorme pressione. Col suono del metallo che strideva nelle loro orecchie, gli uomini si gettarono a terra, per proteggersi dai detriti, mentre i rotori girando ormai fuori controllo, perforavano la terra.

"Verso gli alberi!" gridò Max oltre il frastuono.

Mantenendo il suo scudo, Max si abbassò, cercando si tenere d’occhio contemporaneamente gli elicotteri che si stavano avvicinando, gli uomini a terra e gli occasionali pezzi di metallo che volavano dalla loro parte.

Intorno a lui, cecchini sparavano sul terreno davanti agli uomini rannicchiati, tenendoli immobilizzati, per permettere a Max e agli altri di scappare.

"Verso quel terrapieno." gridò Max.

Proprio tra gli alberi, il terreno risaliva in una ripida collina. Corsero attraverso il sottobosco, usando come appiglio cespugli e piccoli rami. Arrivati ai piedi della collina, Max, Jesse ed Eldugar aiutarono le ragazze a scavalcare una recinzione. Scomparsi gli alberi, giunsero ad una strada. Una SUV argentata frenò bruscamente a pochi metri da loro ed una portiera si aprì.

"Dentro, dentro!" Max li spinse verso il van. "Sbrigatevi."

Una volta saliti, chiusero la portiera. La SUV era già ripartita verso la strada principale, prima ancora che si fosse richiusa.

"Meno male che avevi un piano di riserva, Max." Jesse era seduto sul pavimento e respirava affannosamente.

"Non è ancora finita." Max stava guardando gli elicotteri sopra di loro.

"Una volta immersi nel traffico, torneremo a casa sani e salvi." disse l’autista al di sopra della sua spalla. Tirò fuori un cellulare. "Sarà meglio chiamare Michael e fargli sapere che va tutto bene."

"Forse, dovremmo chiamare una linea aerea." grugnì Isabel. "Forse è arrivato il momento di lasciare il paese."

* * * * *

"Così ce l’hanno fatta tutti?" Max guardò dalla finestra i soldati scendere dagli elicotteri che li avevano riportati a casa. "Nessuno è rimasto vittima di effetti secondari?"

"Tutto liscio." annuì Michael.

"Credo che Forest sia piuttosto arrabbiato con noi." sospirò Max. "Non solo gli abbiamo distrutto l’elicottero, ma avremmo potuto ferire anche lui."

"Ha cominciato lui." Michael si strinse nelle spalle. "Ma non era lui. Sembra che fosse qualcuno che indossava una maschera di lattice. Scommetterei tutti i miei soldi che era Baurline."

Max guardò Michael ed annuì.

"Qualcuno di loro è rimasto ferito?"

"No." Michael sembrò deluso. "Ho parlato con Roberts. Se la sono cavata con qualche graffio. Ma mi hanno detto che i loro vestiti sono dovuti andare in lavanderia. Gli altri elicotteri sono arrivati troppo tardi per individuare con quale macchina siete fuggiti. Non hanno nemmeno pensato che potevamo avere dei sospetti su di loro e avere pianificato una fuga."

"Lo abbiamo dovuto imparare nel modo più duro." annuì Max. "Grazie, Michael. E non lo dico solo per il duro lavoro che hai fatto. Grazie per la tua lealtà, per il tuo sostegno, ma, soprattutto, grazie per la tua amicizia."

Michael si agitò a disagio. Max continuò a parlare.

"Spero che tu non ti veda come un mio sottoposto. Tu sei mio amico, Michael. Il mio migliore amico. No, tu sei mio fratello. Legato a me da qualcosa che nessuno nell’universo può comprendere."

"Nemmeno Liz?" ridacchiò Michael.

"Quello che io e Liz dividiamo è … differente. Solo perché voglio passare più tempo con lei, non significa che non apprezzo la tua amicizia."

Michael cominciò a sentirsi imbarazzato. "Inoltre," ridacchiò Max. "Lei è molto più morbida di quanto non lo sia tu."

"E adesso che facciamo?" Michael aveva la disperata necessità di cambiare argomento.

"Non ne sono sicuro." sospirò Max. "Contavo su Forest. Portare la forza dell’esercito degli Stati Uniti in questa … Credo che siamo di nuovo soli."

"A costo di sembrare una cheerleader," ridacchiò Michael "Se non puoi farlo tu, non può farlo nessuno."

"Viva! Viva! Viva!" Max scoppiò a ridere.

"Tu stai pensando a qualcosa." affermò Michael. "Lo fai sempre. Forse dovresti andare a riposarti."

"A questo proposito," Max diede all’amico una lunga occhiata "Non hai un bell’aspetto nemmeno tu, questi giorni."

"Grazie tante."

"No." Max scosse la testa. "Dico sul serio. Quando è stata l’ultima volta che ti sei riposato?"

"Mi riposerò quando sarà tutto finito."

"A che prezzo, Michael? Io ho quasi perso Liz, per aver cercato di fare tutto da solo, ricordi? Fai una pausa. Te la sei guadagnata."

"Qualcosa potrebbe andare storto." Michael scosse la testa. "Ci sono così tante cose da controllare, tante cose da fare."

"Bene." Max annuì. "Speravo veramente di non doverlo fare. Ho sperato che, come amico, mi avresti ascoltato. Ma sembra che dovrò usare le maniere forti. Michael. Come tuo Re, ti ordino di prenderti la serata libera e di goderti la compagnia di Maria."

"Qualche volta, odio veramente il fatto che tu sia il Re." rispose Michael, guardandolo torvamente.

* * * * *

"Avrei voluto vedere le facce di quei tipi, quando i dardi sono rimasti sospesi a mezz’aria." Connie stava ridendo alla descrizione degli eventi della giornata, fatta da Isabel. Ora che erano tutti sani e salvi, potevano riderci sopra. "Quello scudo è stupefacente, vero Liz?"

"Sì." annuì Liz, gli occhi fissi al soffitto.

"Ho veramente pensato che Michael stesse per esplodere. Lo giuro." Maria scosse la testa. "Gridava di procurargli un jet, chiedendo di sapere perché non ne avessimo uno."

"Qualcosa del genere, sarebbe utile di sicuro." commentò Isabel.

"E Max come l' ha presa?" volle sapere Connie.

"Hmm?" Liz abbassò lo sguardo. Era chiaro che non aveva la minima idea di cosa stessero parlando.

"Finché è durata, è stato tutto affari ed efficienza." rispose Isabel al suo posto. "La sua prima preoccupazione era la nostra sicurezza. Una volta in salvo, è diventato silenzioso. Credo che stesse pensando a qualcosa, huh, Liz?"

"Uhm." annuì lei. "Sì. Sai una cosa, stavo giusto … "

Indicò assentemente le scale. Si alzò dalla sedia e salì al bagno.

"Sta bene?" Isabel guardò Maria. "E’ una mia impressione o sembra piuttosto giù di morale?"

"E’ perché lo è." confermò Maria. "Tutto quello che è successo. Qualche volta, è fin troppo forte, sai?"

"Non lo sa che, con noi, può lasciarsi andare ad un sano pianto? Se no, a che servono le amiche?"

"Lei pensa che, essendo la moglie di Max, non le sia permesso dividere con noi le sue paure. Liz vuole una vita normale con Max, almeno quanto Max vuole una vita normale con lei."

"Anche se sconfiggessimo Khivar," sospirò Isabel "non otterrebbero la normalità che vogliono. Riuscite ad immaginare gli Antariani … " indicò Katya seduta accanto alla porta. " … che rinunciano a Max? O Max che volta loro le spalle? Lui è troppo … "

"Responsabile?" aggiunse Maria.

"Ecco perché mi sono resa conto che tutti si erano uniti per aiutare." la interruppe Connie.

Isabel e Maria si voltarono a guardarla, chiedendosi di che stesse parlando. Accennando appena con la testa, Connie le avvertì che Liz stava tornando.

"Parlando di mettere insieme le cose, sono la sola a vedere quanto sia teso Michael? Ha bisogno di prendersi una pausa dalle responsabilità che si è imposte."

"Tu sai che Max apprezza ogni singola cosa che Michael fa per lui, vero Maria?" sembrò che Liz non fosse sicura della risposta dell’amica.

"Oh, Liz, tesoro." Maria afferrò la preoccupazione nella voce di Liz. "Lo sai che lo sappiamo tutti. E’ solo che Michael ne ha fatto un lavoro da ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni la settimana. Non riesco nemmeno a ricordare quando è stata l’ultima volta che noi … " e cominciò ad arrossire.

"… che voi?" la prese in giro Isabel.

"Non importa." Maria cercò di riprendere il controllo del colore del suo viso. "Liz? Pensi che potresti chiedere a Max di ordinare a Michael di riposarsi o qualcosa del genere?"

"Certo che lo farò, Maria." Liz annuì con sincerità. "Ma ci sono due problemi. Primo, ce lo vedi Max ad ordinare a qualcuno di fare qualcosa? Secondo, Michael lo ascolterebbe?"

"Ne dubito." Isabel confermò ambedue le cose. "Il che significa che noi dovremmo mettere insieme le nostre teste. Che possibilità avrebbe uno come Michael quando le donne mettono insieme le loro menti? Dopo tutto, c’è più di un modo per spellare un gatto."

"Non sapevo che questa fosse un usanza della Terra." disse Katya, dal punto dove era di guardia.

"Cosa, Katya?"

"Portare pelli di gatto. Hanno proprietà terapeutiche che possono aiutare Michael a rilassarsi?"

Ci fu un momento di silenzio, prima che le quattro ragazze scoppiassero a ridere. "Quello che Isabel vuole dire è che ci sono molti modi per far fare a Michael quello che vogliamo, cioè rilassarsi."

"E perché non lo ha detto, invece di fare riferimento ai gatti?"

"E’ una cosa umana." Liz si strinse nelle spalle, con le lacrime agli occhi per il dolore che stava provando la sua lingua nel tentativo di smettere di ridere.

* * * * *

"Sei così bello con un vestito elegante, Max." sospirò Liz dalla balconata che portava dalla loro stanza da letto alle scale.

Guardò in basso, verso Max, cha la stava aspettando accanto al fuoco. Max sollevò lo sguardo su di lei e rimase a bocca aperta.

"Liz." esclamò, senza fiato alla vista dell’intricato vestito che indossava. Non era né rosso, né d’oro, ma una combinazione dei due colori che scintillava alla luce, cambiando colore ad ogni movimento che lei faceva scendendo le scale. "Tu sei così … Wow! Ma è adatto a dove stiamo andando? E’ solo una cena a Stanley."

"Max," Liz scosse la testa "ormai dovresti aver capito che per il Re e la Regina di Antar, questa cena non è ‘solo’ una cena. Ho appena ricevuto una lezione da Katya su questo argomento. Noi rappresentiamo tutto Antar, anche se nessuno sa della sua esistenza e, per questo, non possiamo esimerci dall’apparire al meglio."

"Veramente ti ha detto questo?"

"Altre parole, stesso effetto." Liz si strinse nelle spalle. "Ha detto molte altre cose, ma io ti ho dato la versione condensata."

"Credo sia per questo che hanno insistito per il ristorante più elegante della città. Cosa sarebbe successo se fossimo voluti andare da McDonald’s?"

"Stai scherzando, vero?" Liz sembrò preoccupata.

Max le fece un sorriso.

"Ma quel vestito? Liz, per quanto sia bello, e per quanto ti faccia apparire meravigliosa, possiamo permettercelo?"

"Probabilmente no." Liz scosse la testa. "Ma visto che è stato fatto completamente dai tuoi leali sudditi, non potevo evitare di indossarlo."

"Se la metti così." Max le sorrise, dandole un casto bacio. "Allora," continuò "non pensi che stiamo approfittando della nostra posizione, vero? Tutti vorrebbero avere la possibilità di passare un po’ di tempo da soli."

"Sì, Max." Liz sembrò esasperata, mentre gli raddrizzava il nodo della cravatta. "Sono tutti d’accordo. Ora, vieni. Eldugar e Katya ci stanno aspettando nella Limo."

"Perché mi sembra di godere di un trattamento speciale?"

"Perché ti piaccia o no, Max," Liz si aprì in un grande sorriso, mentre lui l’aiutava ad indossare un pesante cappotto "tu ‘sei’ speciale."

Tenendosi per mano, uscirono nell’aria fredda della notte. Camminando attentamente sul terreno ghiacciato, nessuno dei due scorse l’ombra scura che si infilò nel loro cottage.

* * * * *

Michael camminava nel suo soggiorno con la mente immersa nelle tattiche militari. Stava cercando di ricordare tutto quello che aveva visto negli epici campi di battaglia di quei film che amava tanto, sperando che qualche trama potesse dargli l’ispirazione per la tattica da usare per sconfiggere Kivar. Dubitava che una carica sanguinolenta con i volti dipinti di blu alla Braveheart sarebbe stato lo stratagemma adatto, ma ci dovevano essere altre cose da imparare da Wallace. Oltre che come perdere.

"Potremmo attirarlo in una trappola." guardò Maria che aveva la testa immersa in una rivista. "Potremmo far trasformare ancora una volta Tallen in Max ed imbottigliare le sue forze in un canyon o qualcosa del genere."

"Perché non lasci che sia Max a farlo?" Maria sollevò lo sguardo.

"Assolutamente no." Michael scosse la testa. "Non permetterò che Max si avvicini minimamente a Kivar."

"Tu non … ?" Maria lo guardò a bocca aperta. "Michael? Ma di quale Max stai parlando?"

Qualcuno che bussava impedì a Michael di risponderle. Lui andò alla porta e la aprì, facendosi indietro per lasciar passare il visitatore.

"Mi hanno detto di chiederti di accompagnarmi al cottage di Max." lo informò la guardia.

"Ne sei sicuro?" Michael guardò l’orologio. "Aspetta. E’ successo qualcosa, non è vero?" Michael cominciò ad avvicinarsi alla porta.

"No." lo fermò la guardia. "Per quanto ne so, non è successo nulla. Mi hanno solo detto che devi venire con me. Questo è tutto."

"Se è tutto a posto, posso venire anche io?" Maria posò la sua rivista sul tavolo. "Vorrei parlare con Liz e visto che Michael sarà con Max, non è che mi intrometterò del loro tempo privato."

"Falla finita." le disse Michael tirandole il suo giaccone.

* * * * *

"Allora il piano consisteva nel togliermi di mezzo, perché Maria potesse attirare Michael nel nostro cottage per passare un po’ di tempo con lui?" Max scosse la testa, dopo che Liz gli ebbe spiegato il loro piano.

"Stai dicendo che non apprezzi il fatto di essere solo con me?" Liz si accigliò.

"Assolutamente no." le sorrise Max. "Io apprezzo sempre sia te che qualsiasi momento che riesco a passare con te da soli. No, sono solo un po’ offeso che non mi abbia messo al corrente del tuo segreto. Avrei potuto aiutarvi, specialmente dopo che ho ordinato a Michael di passare un po’ di tempo con Maria."

"Tu hai ordinato questo a Michael?" Liz sembrò stupita. "E lui ha obbedito?"

"Sospetto che dovrò accusare Michael di tradimento per la sua insubordinazione." ridacchiò lui. "Tu che ne dici?"

"Sì." annuì lei. "Probabilmente dovresti farlo."

"Liz? Stai bene?" le chiese Max dopo averla osservata per qualche istante. "Ultimamente, mi sembri molto silenziosa."

"Si." lei gli sorrise. "Sto bene."

"Liz." la ammonì Max. "Lo sai che, con la nostra connessione, non puoi nascondermi le cose. Ora, cos’è che ti disturba?"

"La fine del mondo." sospirò Liz. "Non importa quanto possiamo correre, o quando duramente tentiamo di … Max, io ho quasi distrutto la nostra relazione per prevenirla. Eppure ancora torna a rincorrerci. E’ come se … dopo tutto, io continui a fare le scelte sbagliate."

"E’ quello che senti?" Max sentì una pungente sensazione alla bocca dello stomaco. "Che io e te … sia uno sbaglio?"

"No." Liz scosse la testa. "Mai, Max. E’ come hai detto tu. Prenderemo i giorni che ci restano e li vivremo come se fossero vite intere. E lo abbiamo fatto. Vivere, intendo. E’ solo che … " sollevò le mani e le riabbasso, frustrata. "Contavamo sull’appoggio di Forest, non è così? Solo che lui è come Kivar. Che faremo adesso, Max?"

Max la fissò per un momento, crogiolandosi nella bellezza della luce riflessa su di lei dai candelieri.

"Ho un embrione di idea, Liz." ammise Max. "E’ un po’ che lo sto covando, con la speranza che cresca. Voglio sapere cosa ne pensi."

* * * * *

"Ciao, Isabel." la salutò Kyle quando la incontrò sullo scuro sentiero che portava al ristorante. "Dove stai andando a quest’ora?"

"Probabilmente dove stai andando tu." rise lei. "A cercare uno spuntino."

"E come mai non lo ha fatto Jesse per te?"

"Jesse è al telefono con Glenn McCarthy." il sorriso di Isabel svanì. "Glenn è piuttosto sconvolto per quello che è successo. Teme che Max possa pensare che lui abbia qualcosa a che fare col tentativo di Forest di rapirlo."

"Tu che ne pensi?"

"Io penso che lui sia a posto." rispose Isabel dopo averci riflettuto per un momento. "Voglio dire. Lui sapeva dove eravamo. Avrebbe potuto tentare di prendere Max in qualsiasi momento. Se Glenn fosse stato invischiato, sarebbe stato a conoscenza degli uomini che avevano seguito Max e avrebbe potuto anticipare le sue mosse."

"Sì." annuì Kyle.

"Allora, come va tra te e Connie?"

"Oh." Kyle sorrise. "Va alla grande."

"Non è divertente come si siano messe le cose?"

"In effetti, sì."

"Sai?" Isabel esitò per un attimo, prima di continuare. "Mi sono chiesta spesso se gli altri abbiano mai pensato che io e te avremmo trovato conforto uno nelle braccia dell’altra ed avremmo finito con lo stare insieme."

"Sono veramente contento che tu e Jesse siete riusciti a tornare insieme, Isabel." le disse Kyle sorridendo. "Ma sai, se non avessi incontrato Connie e le cose tra te e Jesse non avessero funzionato … per me, stare con te sarebbe stato un onore, Isabel."

I due finirono la loro strada in silenzio. Isabel fu contenta che il buio della notte nascondesse le lacrime che le stavano facendo bruciare gli occhi.

* * * * *

"Se volete attendere qui," disse la guardia indicando il divano "sarete ricevuti tra un momento."

"E’ una mia impressione," disse Michael accigliandosi "o Max sta diventando un po’ … "

"Rilassati." Maria si lasciò cadere sul divano. "Probabilmente è occupato."

"Probabilmente è … "

"Michael!" lo ammonì Maria.

Rimasero in silenzio.

Fu Maria ad interromperlo. "Sai? E’ una gran bella cosa che tu segua Max con tanto zelo, ma è ora che tu prenda un foglio dal suo libro ed impari che non puoi fare tutto da solo. Lascia che ogni tanto, siano le guardie a proteggere Max e Liz e, per cambiare, pensa un po’ a te stesso. Tu hai una vita da vivere. Max vuole che tu la viva. Io voglio che tu la viva. E vorrei che anche tu volessi viverla."

"Lo faccio, Maria." annuì il ragazzo. "Con te."

"Santo Cielo!" Maria roteò gli occhi. "Tu passi troppo tempo con Max. Stai anche cominciando a parlare come lui."

"E per te sarebbe un problema?"

"No." ridacchiò Maria. "Non se ne avessi i benefici che ne ha Liz."

"Quanto tempo dobbiamo aspettare?" sbuffò Michael, impaziente." Forse dovremmo tornare indietro e … lo sai."

"Vado a vedere." Maria alzò gli occhi al cielo. "Tu aspetta qui."

"Dove credi di andare?" le chiese Michael, cercando di afferrarla.

"Senti." Maria sfuggì alla sua presa. "Se fossero occupati, Max si farebbe più scrupoli a colpire me, di quelli che si farebbe Liz a colpire te."

Si affrettò sulle scale. Venti minuti più tardi, Michael si stava chiedendo dove fosse finita Maria e se qualcuno l’avesse colpita.

Stava giusto prendendo in considerazione l’idea di andarla cercare, quando le luci si spensero. La stanza fu illuminata all’improvviso dalla luce di una dozzina di candele. Strumenti a corda iniziarono a suonare un pezzo di Sinatra. La porta si aprì e Maria uscì sulla balconata. Indossava un diafano negligé rosa, con un paio di sandali a tacco alto e quasi nient’altro. Anche con la luce attutita, Michael riuscì a vedere l’ombra scura della sua area intima. Deglutì con qualche difficoltà.

"Fammi volare sulla luna." cantò Maria, muovendo il corpo eroticamente, danzando appoggiata alla balaustra.

"E lasciami giocare con le stelle."

Continuando a cantare per Michael, Maria si avvicinò alle scale.

"Lasciami vedere come è la primavera su Giove o Marte."

Michael non restò impassibile. Seduto sul divano, si agitò alla ricerca di una posizione più confortevole per la sua crescente erezione. Maria continuò a danzare sulla balaustra, svelando un barlume dei suoi tesori.

"In altre parole, prendimi per mano." Maria gli tese una mano.

"In altre parole," si posò un bacio sulla mano e lo soffiò verso Michael "baciami, amore."

Con ancora la musica in sottofondo, Maria scese ondeggiando, per le scale.

"Riempi la mia vita di musica e fammi cantare di nuovo."

Gli scalini scomparvero, man mano che Maria li scendeva, esponendo le sue cosce nude ad ogni passo.

"Tu sei tutto quello che spero, tutto quello che adoro."

Maria arrivò sul pavimento e traversò la stanza per andare a mettersi dietro il divano.

"In altre parole, ti prego, sii vero." cantò da dietro Michael.

"In altre parole," lei si lasciò scivolare sul divano e tra le braccia di Michael. "Io ti amo."

E gli mostrò quanto.

* * * * *

"Allora, che ne pensi?" disse Max preoccupato, quando ebbe finito di parlare a Liz della sua idea.

Liz sospirò. "Se funziona, Max, sarà il piano più ambizioso che tu abbia mai escogitato."

"Sì." concordò lui. "A estremi mali, estremi rimedi."

"Ma ci sono troppe cose che possono andare storte."

"Okay, il piano ha bisogno di essere definito. Ma cosa ne pensi del concetto?"

"Nei sei sicuro? E se … E se non reagissero nel modo che speri? In quel caso, perfino la nostra vita attuale sarebbe meglio."

"Liz." sospirò Max. "Kivar sta arrivando. Lo hai sentito alla riunione. Noi non abbiamo la forza per sconfiggerlo, nemmeno contando sugli uomini che Mantik e Serena hanno fatto radunare nella camera dei bozzoli. Lui vincerà, Liz e io devo fare qualcosa. Ma non deve per forza essere questo. Se non ti piace, possiamo pensare a qualcos’altro."

"No, Max." Liz scosse la testa. "Non penso che il piano in sé, non sia valido. Ho solo … ho solo paura di quello che potrebbe significare per te. Per noi."

"Niente si metterà tra noi, Liz, se è questo che ti preoccupa. Niente. Io non lo permetterò. Tu hai sempre detto che siamo insieme in tutto questo."

"Okay." annuì lei. "Vediamo se, tra tutti e due, riusciamo a definire il tuo piano. Non voglio che qualcuno si faccia del male, se non è necessario."

"Nemmeno io, Liz. Deve essere ‘a prova di imbecille’."

"Allora sarà meglio lasciare fuori Kyle, huh?"

"Sì." annuì Max.

Scoppiarono tutti e due a ridere. E Max sorrise anche dentro di sé, al pensiero che la sua Liz , forte e confidente, era tornata indietro.

* * * * *

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Capitolo 70
*** 71 ***


Parte 71

Mentre la nave di Kivar continuava il suo viaggio nel Cosmo, diretta a tutta velocità verso la Terra, le cose sul pianeta ancora lontano, stavano cominciando a mettersi in moto.

Prima di quello che gli alieni in avvicinamento si fossero aspettati e grazie soprattutto agli sviluppi stupefacenti della tecnologia umana, un nuovo sistema di rilevazione appartenente al SETI e conosciuto come ‘Scansione Profonda’ , raccolse un eco che suggeriva la presenza di qualcosa di grande e solido che si stava dirigendo contro la Terra. Tutti gli altri dispositivi di rilevamento furono diretti sulla nuova eco, anche se nessuno riuscì a rilevarla. Eppure, il nuovo apparato continuava a monitorare il veloce progresso dell’oggetto.

"Forse è un ‘fantasma’." suggerì qualcuno. "Sapete, l’eco di una vecchia onda radio, residuo di qualche precedente missione nello spazio."

"Non alla velocità alla quale viaggia." un altro scosse la testa. "O per la stazza che sembra avere."

"Un meteorite?" si chiese un altro. "Ultimamente ce ne sono stati parecchi."

"Troppo veloce per essere un meteorite." confermò qualcuno. "E troppo lenta per un’onda radio."

"Rileviamo la sua traiettoria." suggerì uno degli scienziati. Poi rifletté per un momento. "E se è in rotta di collisione, rileviamo il punto di impatto."

I computer si misero al lavoro e i calcoli vennero inviati alla memoria centrale. Numeri e lettere vennero detti ad alta voce mentre uno sciame di tecnici eseguiva il suo compito, i dati come polline.

"Prevista una collisione." disse un uomo, orgoglioso di essere stato il primo.

"Punto di impatto?" chiese il capo.

"Non posso crederci." l’uomo scosse la testa. "Di nuovo il mid-west degli Stati Uniti."

Rotto solo dal ronzio dei macchinari, nella stanza scese il silenzio.

"Signori." il capo degli scienziati fece un profondo respiro. "Credo che questo ‘fantasma’ sia quello che abbiamo temuto e che ci siamo augurati per tutti questi anni. Credo che presto saremo … contattati. Credo che si stia avvicinando un’astronave proveniente da un altro pianeta."

Attese per un momento, permettendo ai colleghi di assorbire le sue parole. Poi, cominciò ad abbaiare ordini come se seguisse un protocollo prestabilito, che nessuno aveva avuto motivo di mettere in atto prima di allora. Quelli che non avevano nessun compito assegnato, corsero a cercare un telefono.

Alla consolle del suo computer, Reggie Curtis vide l’eco in avvicinamento. Non poté impedire alla sua mente di correre ad un certo ‘angelo’ che aveva cambiato così drammaticamente la sua vita due natali prima. Si chiese se quella cosa avesse a che fare con lui.

"Guardali." lo interruppe una voce.

"Chi?" Reggie sollevò lo sguardo.

"Loro." e gli indicò col pollice, gli uomini al telefono alle sue spalle. "Stanno chiamando i loro principali. Tra un momento, la casa Bianca, il Cremino, Downing Street, comunque lo chiamino in Cina, praticamente tutto il mondo saprà di questa nave. Diamine, scommetto che uno di loro avrà telefonato perfino alla stampa."

"Ogni uomo balla ad un ritmo differente." Reggie si strinse nelle spalle.

"Tutto questo trambusto, ed io scommetto che quella cosa è veramente un ‘fantasma’." sogghignò l’uomo.

Reggie annuì, si alzò dalla sua sedia e raggiunse il telefono della sua scrivania. Formò un numero che aveva memorizzato.

"Acchiappa-fantasmi."

* * * * *

"Ah, Glenn." Il Presidente Forest salutò il senatore e gli indicò la sedia davanti a lui.

Glenn McCarthy cercò di non sembrare un turista, entrando nel famoso ufficio del Presidente.

"Mi ha mandato a chiamare, Signor Presidente?"

"Sì." annuì Forest. "Posso offrirle qualcosa? Caffè? The?"

"No." Glenn scosse la testa. "Grazie."

"Forse un Bourbon?" il Presidente sollevò una caraffa di cristallo.

Glenn scosse la testa, mentre Foresti si versò una buona dose in un bicchiere. Si sedette sulla sua lussuosa poltrona di pelle e prese un sorso del forte liquido.

"Ho ricevuto delle sgradevoli notizie, questa mattina." si decise a dire alla fine.

"Oh?" Glenn sollevò un sopracciglio.

"Sembra che il SETI abbia rilevato una … presenza, nello spazio profondo. In apparenza, diretta verso di noi."

"Capisco." annuì Glenn. "Un altro meteorite? Sembra che, ultimamente, ce ne siano stati molti."

Il Presidente lanciò a Glenn una lunga, dura occhiata.

"Non è un meteorite." Forest prese un altro sorso. "I più grandi cervelli hanno concluso che la velocità alla quale viaggia suggerisce che possa essere solo … un’astronave."

"E allora?" Glenn continuò ad annuire. "Cosa ha a che fare questa notizia con me?"

Forest notò non solo la freddezza del comportamento di Glenn, ma anche la mancanza di sorpresa alla notizia che gli aveva appena dato. Forest decise di andare dritto al punto.

"Quali sono le sue aspirazioni politiche, Glenn?" gli chiese all’improvviso il Presidente. "Come sa, io mi presenterò per la rielezione, e i miei consiglieri mi hanno detto che per conquistare il pubblico, dovrò avere al mio fianco un giovane, come Vice Presidente.

"E … ?" Glenn si accigliò.

"Lei mi piace, Glenn." sorrise Forest. "E penso che insieme potremo fare una bella squadra. E, naturalmente, lei sa che il Vice Presidente avrà un posto di vantaggio nelle elezioni successive, quando io non sarò più autorizzato a presentarmi."

"Lei vuole me?" Glenn era rimasto a bocca aperta. "Perché?"

"Come le ho detto," Forest si strinse nelle spalle. "lei mi piace."

"Sento che sotto c’è una trappola."

Il Presidente lo guardò da vicino.

"Ho bisogno di Max Evans." continuò Forest. "Sospetto che lui sappia qualcosa di questi … visitatori e che possa mettermi al corrente delle loro intenzioni. Sono amici o nemici? Ho bisogno del potere che lui possiede."

"Mi scusi per essere un po’ perplesso, signore, ma non avevo già organizzato un incontro tra voi due?"

"Lo ha fatto." assentì Forest. "Ma sembra che ci sia stata qualche incomprensione sulla situazione. Sembra che lui abbia interpretato la presenza della mia sicurezza, come un tentativo di catturarlo."

"Davvero? Mi chiedo come mai."

"Lei deve capire la mia posizione. Qui c’è molto di più in ballo che non la libertà di qualche ragazzo. Ci sono in ballo delle vite. Io devo pensare alle vita di un intero popolo, se non a quelle di tutto il pianeta e non solo ad una manciata di adolescenti. Ho bisogno del potere che quel ragazzo controlla e non posso rischiare di lasciarlo libero per il paese, il ‘nostro’ paese, come una pallottola vagante. Ha bisogno di essere … indirizzato."

"E lei pensa di essere quello adatto a farlo."

"Con il consiglio di certe persone." annuì Forest. "Come il mio Vice Presidente."

"Così, se ho ben capito, l’accordo è che ora mi viene offerta la Vice Presidenza e poi l’appoggio alla Presidenza, in cambio del mio tradimento nei confronti di un sincero ragazzo e dei suoi amici?"

"In questo gioco, McCarthy," Forest fece un profondo respiro "chi non è con noi, è contro di noi. Dove vuole stare?"

"Signor Presidente," Glenn si alzò dalla sedia "Credo che lei abbia più possibilità di giocare a golf con Elvis, di quante ne abbia di avere la possibilità di … controllare Max Evans. Né penso che abbia la possibilità di affrontare chiunque sia in quella nave, senza la sua cooperazione. Io non credo che lei si renda pienamente conto della posizione in cui si è messo. Le parole ‘incudine’ e ‘martello’ dovrebbero farglielo capire. Io ne sono fuori."

* * * * *

Indicazione della data: 9 gennaio 2003 - Washington, DC.

I Governi di tutto il mondo si sono agitati, la scorsa notte, quando un comunicato del SETI della California, ha suggerito di aver captato nello spazio, l’eco di un segnale radar che credono essere un’astronave in avvicinamento. Benché i nostri governanti, compreso il Presidente Forest, proclamino che questo documento sia una burla, i giornali di tutto il mondo lo riportano come un comunicato dei propri governi.

"Non so nulla di oggetti non identificati in avvicinamento." sembra abbia detto Forest, alla conferenza stampa di questa mattina. "Non so nulla di alieni che vivono tra noi. Stiamo assistendo solamente agli echi del passaggio di una coda nella cinta degli asteroidi. Gli oggetti che sono recentemente caduti nel deserto del Nevada sono solo meteoriti, proprio quello che si dimostrerà essere l’oggetto in avvicinamento."

A dispetto di questa negazione, è stato notato che lo Scudo Nucleare, da tempo in disuso e privo di manutenzione da dopo la caduta della Cortina di Ferro, è stato tirato fuori dalla naftalina ed è stato reso di nuovo funzionale.

La situazione è così seria che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiamato a raccolta tutti i delegati, presumibilmente per discutere di come disinnescare la situazione e mettere a tacere le voci. Ci sono congetture, però, che questa sia solo la copertura per discutere, invece, di quale tattica la Terra dovrà usare nell’eventualità che questa nave sia stata inviata sulla Terra per scoprire quale sia stato il fato dei loro colleghi, mandati in precedenza sul nostro pianeta, e che ora, stando alle voci, giacciono nelle caverne dell’Area 51.

Nel frattempo, i supermercati riportano che, se il panico da approvvigionamento non è ancora iniziato, i normali acquisti si sono raddoppiati e che le famiglie hanno cominciato a fare provviste. Qualche stazione di carburante afferma di aver deciso servire solamente i clienti regolari, mentre qualche altra si rifiuta di riempire altro contenitore che non sia il serbatoio delle macchine.

Le Forze di Polizia, in tutto il Paese, hanno cancellato tutte le licenze, mentre le caserme della Guardia Nazionale sono piene, visto che le autorità hanno richiamato in servizio tutti i membri, con la raccomandazione di mantenere il controllo nel loro Stato.

Inoltre, è stato notato che la sicurezza attorno al Presidente è aumentata. Il normale numero di agenti di scorta che lo circondano, è stato raddoppiato, mentre i visitatori dalla casa Bianca, anche i ben conosciuti appartenenti ai media convocati per la conferenza stampa, sono stati fatti sottoposti ai Raggi X. Questo lascia intendere che il Presidente e i suoi consiglieri si aspettano un attentato alla vita del Presidente, forse da parte di quegli stessi alieni che lui proclama non vivano tra noi. - - - Reuters.

* * * * *

"Signore." un aiutante si avvicinò a Kivar e gli tese un sottile foglio di metallo argentato. "Questo è appena arrivato dallo scanner."

"Di che si tratta?" Kivar allungò la mano per prendere il rapporto.

"Abbiamo rilevato delle onde radio che si rifrangono su di noi."

"E?" Kivar non riusciva a capire.

"Sembra che sappiano del nostro arrivo." gli disse l’uomo. "I Terrestri ci hanno rilevato."

"Dubito che questo possa preoccuparci." Kivar si strinse nelle spalle. "Senza alcun dubbio, la Nyelda deve aver già avvertito Zan del nostro arrivo."

"I Governi Umani sono in possesso di armi che potrebbero colpirci se ci avvicinassimo. Ava aveva suggerito che sono una razza belligerante."

"Tenete pronto lo scudo per essere aperto in caso di bisogno." ordinò Kivar. "Quando sarà aperto, non c’è materiale umano che possa trapassarlo. Quando saremo lì, ci terremo fuori tiro dalle armi che certamente avrà la Nyelda. Sono sicuro che Zan le avrà fatte portare sulla Terra. Chiama i miei comandanti. E’ ora di discutere la nostra strategia."

"Certamente, Eccellenza." annuì l’aiutante. "Ma se mi perdona la mia impertinenza, cosa c’è da discutere? Tutti noi siamo al corrente dell’andirivieni delle navi tra la Terra e la Nyelda. E’ ovvio che Zan ha raccolto le sue forze sul pianeta. Non ho alcun dubbio che cercherà di tornare su Antar, per unire le sue forze a quelle di Larek. Lord Stephanas ha già eliminato le nostre forze dai suoi territori e ora starà sicuramente marciando verso Talluvia."

"Se succederà," Kivar sorrise "i miei comandanti saranno d’accordo con te. Anche loro lo credono. E per quanto questo sembri preoccupante, una volta che avremo le nostre forze sulla Terra, credo che costringeremo l’ex Re a tornare e ad affrontarmi."

"E ad essere distrutto." ghignò l’aiutante.

"Io certamente lo spero."

"Abbiamo sentito la notizia della sconfitta di Nikolas, Eccellenza." continuò l’uomo. "L’esercito che lei aveva sistemato con tanta attenzione negli anni scorsi non sarà a nostra disposizione."

"Una volta che avrò fatto atterrare una dozzina di navi sulla superficie, saremo in una posizione abbastanza forte da … rianimarli. Io conosco la sistemazione delle quattro pietre rimaste. Sono certo che riusciremo a fabbricarne una quinta."

"Ma la conquista della Terra è veramente necessaria?"

"So cosa dicono i soldati." confermò Kivar. "Io so che pensano che le cose stanno andando male. Ma non torneremo su Antar finché Zan sarà ancora vivo. Con la sua morte, morirà anche la ribellione."

"E il suo erede?"

"Non ho avuto nessuna notizia da mia figlia." Kivar scosse la testa. "Devo presumere che mi abbia deluso ancora una volta."

"Si dice che il modo in cui l' ha trattata dopo il suo ritorno, l’abbia fatta riavvicinare a Zan e che ora stia dalla sua parte."

“Ne dubito. Io credo che Zan l’abbia uccisa. E questo è un altro dei motivi per cui lo voglio morto. Ed ecco perché metterò in atto un piano molto semplice."

"E sarebbe?"

"Distruzione Totale." disse Kivar scrollando le spalle.

"Da dove cominciamo?" ghignò l’uomo.

"Da dove altro?" Kivar puntò il dito su una grande mappa, indicando una grande area gialla e marrone. "Da Roswell."

* * * * *

"I soldati sembrano un po’ più nervosi del solito." osservò Kyle dalla finestra del ristorante.

Erano tutti seduti intorno ad un grande tavolo, ma nessuno aveva voglia di mangiare la colazione che aveva davanti. Fuori, sul piazzale, l’ultimo gruppo di soldati stava montando sugli elicotteri, per lasciare il compendio. Un tranquillo, ma nutrito gruppo di non combattenti - come i familiari - era già partito in convogli sovraccarichi.

"Ma hanno ancora un aspetto determinato." osservò Michael. Poi si voltò verso Max. "Non vogliono lasciarti, Max."

"Non vogliono lasciarci, Michael." gli ricordò Max. "Noi."

"Noi." annuì Michael.

"E allora? E’ la terza ondata?" Connie serrò le labbra, nel tentativo di ricordare l’andirivieni.

"La terza." annuì Isabel.

"Quando ci muoveremo, Max?" chiese Jesse.

"Noi saremo i prossimi." Max guardò il suo orologio. "Hai avvertito Glenn?"

"Sì." annuì Jesse. "Per inciso, mi ha detto che Forest gli ha fatto una proposta. Ha barattato te con un posto nel suo staff. Vice Presidente."

"Wow." Maria sollevò un sopracciglio. "E lui ha accettato?"

"Glenn è uno dei buoni." confermò Jesse. "Mi piacerebbe vederlo correre per la Presidenza."

"E’ troppo tardi per presentare la sua candidatura?" si chiese Max. "Collaborerei con lui, se il Presidente fosse lui."

"Non ancora." Jesse scosse la testa. "E una volta che l’avrà presentata, dovrà comunque competere con chi sarà appoggiato dalla moglie dell’ex Presidente."

"Forse potremmo persuaderla ad appoggiare Glenn." ridacchiò Liz. "A lei piacerà essere sotto i riflettori con Max. E’ il genere di foto che sogna da una vita."

"Io spero che non ci siano riflettori per me."

"Sii realista, Max." rise Connie. "Quelle luci sono su di te fin dal giorno che hai dichiarato all’Universo quanto ami Liz."

"Così Glenn è stato d’accordo?" Max si affrettò a cambiare discorso.

"Sì." Jesse alla chiara manovra di Max. "Lui preparerà il terreno, proprio come hai suggerito tu. Poi, ci incontreremo quando sarà tutto finito."

"Bene." Max annuì. "Non voglio che nessuno rimanga vittima delle conseguenze."

Finalmente, gli elicotteri tornarono. Con i loro zaini preparati con quello di cui avevano bisogno, a seconda del compito che avrebbero avuto nell’operazione, Max e i suoi amici uscirono dal ristorante e si diressero verso uno degli elicotteri vuoti. Furono intercettati dal signor Anderson e da sua figlia Peggy.

"Così ci lasciate, Max." disse con aria delusa.

"Temo di sì." annuì Max. "Noi, uhm … abbiamo delle cose da fare."

"Si profila un’altra battaglia, huh? Ma questa volta non userete il mio campeggio come base, vero?"

"No." Max scosse la testa. "Temo che dopo questo, non sarà sicuro per voi rimanere qui."

"La situazione è così brutta?"

"Così brutta." confermò Michael.

"Tornerete qui?"

"Certo che lo faremo." annuì Max, ma il suo sguardo diceva che dubitava della sincerità delle sue stesse parole.

"Bene, abbi cura di te." Anderson strinse la mano di Max. "E della tua adorabile moglie."

"Lo farò." annuì lui, mentre l’amico abbracciava sua moglie.

Gli addii furono pieni di emozione, specialmente quando Penny diede il suo saluto a Max. Alla fine, salirono sull’elicottero, che si alzò in volo sul campo, per dare a tutti un’ultima veduta di quella che era stata la loro casa per tanto tempo, prima di allontanarsi sopra le cime degli alberi. Nessuno parlò, nemmeno Kyle.

* * * * *

"Dovresti amare quel Langley." Kyle guardò il jet privato che era quasi diventato proprietà personale di Max e di Liz.

"Puoi provarci tu." ridacchiò Max.

"Io vado d’accordo con lui." esclamò Liz.

"Tu vai d’accordo con tutti." le fece notare Jesse. "Ora, tornando a quello di cui abbiamo parlato ieri, tu saresti una splendida First Lady. Ci vorresti fare un pensierino, Max?"

"Abbiamo già fin troppi problemi ad essere quello che siamo." Liz roteò gli occhi. "Cerchiamo di non aggiungere altre pressioni, okay?"

"Bel lavoro di pittura." disse Michael indicando il retro dell’aereo. "Prima non era tutto bianco?"

"Sì." annuì Max. "Questo è nuovo."

"Hai visto cos’è?"

"Oh, mio Dio!" esclamò Liz. "Max, è … "

"I nostri Sigilli." aggiunse Max. "Uno sovra impresso all’altro."

"Sopra al simbolo della Galassia a Spirale." finì Isabel.

"Non credo che sia una cosa della quale dobbiamo preoccuparci." commentò Maria.

"Scusa?"

Tutti si voltarono a guardarla, con espressioni evidentemente confuse.

"Quel simbolo a spirale." indicò Maria. "E’ come una ricerca, no? Qualcosa come impedire alla storia di ripetersi? Bene, credo che Liz lo abbia fatto. Max ha sposato la ragazza giusta e nessuno lo tradirà. Credo che, questa volta, andrà a finire tutto bene."

"Se riusciremo a superare tutto questo." Max indicò che dovevano salire sull’aereo. "Abbiamo una tabella di marcia da rispettare."

* * * * *

Dopo essere atterrato nel piccolo aeroporto privato, il velivolo rullò fino ad un hangar posto all’estremità della pista, lontano dagli altri viaggiatori. Dentro l’hangar, li attendevano quattro taxi, guidati dagli uomini di Max.

"Ricordate." disse loro Max, mentre caricavano i loro zaini nelle macchine. "In pubblico, noi non ci conosciamo. Okay? Così nessun cenno di riconoscimento. Maria? Se devi fare quattro chiacchiere da donna a donna, dovrai trovare qualcun altro. Questo è troppo importante, okay?"

"Parli come se io non potessi vivere senza Liz." si lamentò Maria. "non corro da lei per ogni stupidaggine."

"Figurati!" Isabel sollevò gli occhi al cielo ed entrò nel taxi con Jesse.

"State lontani dai telefoni!" gridò Max. "Tranne che per le emergenze."

Fatti i loro saluti, anche gli altri salirono sui rispettivi taxi. I veicoli lasciarono l’hangar e si allontanarono dall’aeroporto prendendo direzioni differenti.

"Pensi che staranno bene?" Liz guardò gli altri taxi dal lunotto posteriore.

"Sono tutti cresciuti." sogghignò Max. "E’ ora che lascino il nido."

"Lo dici per confortarmi?" Liz gli rivolse un caldo sguardo.

"Staranno bene." annuì lui. "Ed è solo per una notte. Inoltre, li rivedremo stasera."

Al motel, Max e Liz si registrarono come il signore e la signora King. Jesse e Isabel avevano scelto il cognome Law, mentre Kyle e Connie usarono Constable e Michael e Maria , Spacey. Una volta sistemata, la giovane coppia camminò, mano nella mano, verso l’affollata strada dei ristoranti, dove cercarono di mangiare qualcosa. Erano entrambi troppo preoccupati per l’avventura che li stava aspettando.

Tornarono nella loro stanza, dove si lavarono e si vestirono, aspettando la chiamata che li avrebbe convocati per la riunione. Sebbene si scambiassero baci, nel tentativo di rafforzare uno la fiducia dell’altra, il loro umore era troppo sottotono per poter andare oltre qualche effusione. Dopo una lunga attesa, un colpo alla porta li avvertì che era arrivato il momento.

"Il signore e la signora King?" chiese l’autista del taxi quando Max aprì la porta.

Questa volta, non si trattava di uno dei seguaci di Max, ma di un autista normale. Normale come se ne poteva trovare in una città come quella.

"Sì." annuì Max.

Il tassista seguì le indicazioni di Max e fece scendere lui e Liz fuori un affollato centro commerciale.

"Questo posto avrebbe fatto impazzire Maria." rise Liz seguendo Max in una delle entrate, verso il cuore del centro, per poi uscire dalla parte opposta.

Dopo un breve controllo per vedere se fossero stati seguiti, salirono su un autobus. Venti minuti dopo entrarono in un vecchio teatro di uno dei quartieri meno eleganti della città, affittato da un’agenzia di produzione di Hollywood. La loro copertura, insieme a quella di una dozzina di altri, era quella che erano lì per sostenere un provino di un film di prossima produzione.

Fuori, un gruppo di guardie Antariane si sarebbero accertate non solo che non ci fossero interruzioni, ma che non nessuna autorità curiosa potesse usare dispositivi di intercettazione a distanza. Avevano paura di una sola cosa, specialmente in quella città, ed erano le procedure applicate contro il terrorismo.

Nelle ultime ore, molte persone erano arrivate in piccoli ma numerosi gruppi. Max e Liz erano nell’ultimo. Quando Michael li vide arrivare sani e salvi, fu come se gli avessero tolto un grosso peso dalle spalle.

"Mi sembrano ancora nervosi." commentò Max dal posto sul palcoscenico dove si era seduto.

"I rapporti sono sempre così, Max." cercò di rassicurarlo il Maggiore Armstead. "Quando arriverà l’ora zero, sarà tutto a posto."

Max annuì, Max Liz capì che non era convinto. Gli strinse la mano per rassicurarlo.

* * * * *

"Signori." Armstead. richiamò all’ordine i presenti. "Signore. Cominciamo."

Il brusio delle conversazioni cessò e tutti presero posto sulle vecchie sedie di velluto rosso. Dopo anni di addestramento, ebbe subito la loro completa attenzione.

"E’ stato un viaggio piuttosto lungo, non è vero?" Fece una pausa, mentre tutti annuirono.

"Mi ricordo quando ho avuto il primo contatto con questo nostro esercito segreto." Armstead si lasciò andare ai ricordi. "Ho sempre sospettato che, oltre che sul nostro, forme di vita esistessero su altri pianeti. E sono sempre stato scettico sulle loro intenzioni. Così, quando mi hanno chiesto di aderire ad una forza che si sarebbe opposta ad un tentativo di invasione, sono stato compiaciuto di accettare. Ma non avrei mai immaginato … mai … che per resistere a questa invasione, sarei stato guidato da un ragazzo fresco di scuola e che è in realtà, una forma di vita di uno di quei pianeti."

Ci furono altri mormorii di consenso.

"Ma Max è stato una vera sorpresa. Un grande leader. Qualcuno che abbiamo finito per rispettare e, perché no? per amare."

Tra il pubblico, molti cenni con la testa.

"Ed ora ci guiderà in un’altra avventura, solo che questa sarà diversa da quelle che abbiamo avuto finora. Certo, siamo stati addestrati per questo, ma abbiamo sempre sperato di non dover usare questa esperienza. Se tutti faremo il lavoro per il quale siamo stati preparati, otterremo una totale sorpresa e non ci saranno sparatorie. Sappiamo come la pensa il nemico, come agisce il nemico. Solo, che in realtà, loro non sono nostri nemici. Oggi, loro sono soltanto i nostri avversari. Devono fare il loro lavoro ed una parte di quel lavoro consiste nell’impedirci di fare quello che dobbiamo fare."

Armstead fece una pausa, perché gli uomini assimilassero le sue parole.

"Noi non vorremmo farlo, ma il recente tentativo di Forest di rapire Max, ci ha forzato la mano. Questo è l’unico modo per ottenere il supporto e l’aiuto di cui abbiamo bisogno. E’ tutto o niente, signori. Se avremo successo, allora, quando avremo di fronte Kivar, avremo una possibilità. Se dovessimo fallire … beh, non importa.

Max sa che quello che vi sta chiedendo va contro ogni giuramento che avete fatto. Contro ogni principio della vostra fede o credo del vostro modo di vivere. Così, se non ve la sentite di proseguire, ora è il momento di lasciare. Né Max, né io, perderemo la stima per voi. Tutti voi vi siete comportati mirabilmente e avrete sempre il nostro rispetto. Se la vostra coscienza non vi permette di fare il passo successivo, questo è il momento di andare."

Nessuno si mosse. E nessuno dette l’impressione di aver preso in considerazione l’idea di andarsene.

"Grazie." disse Armstead con un grande sorriso.

L’applauso fu fragoroso, un rumore che solo i tuoni o i soldati possono fare. Max dovette aspettare cinque minuti perché l’assemblea si quietasse. Senza ombra di dubbio, gli uomini erano al cento per cento con lui. Quando Max prese il suo posto sul podio, aveva il portamento del suo titolo. Max era in tutto e per tutto un Re.

"Grazie." disse sorridendo apertamente, poi aspettò che si placassero. "Come sapete, avevo sperato che il mio incontro con Forest, avrebbe portato ad un riconoscimento di quello che abbiamo fatto. Che avrebbe portato la forza dell’esercito degli Stati Uniti al nostro fianco. Ma, come abbiamo scoperto … la sua … uhm, accecante sete di potere lo ha reso … cieco alla realtà della situazione. Anche adesso, mentre il mondo è sull’orlo del panico per le voci di un UFO in avvicinamento, ancora complotta per catturarmi. Allora, abbiamo bisogno di questa strada.

Abbiamo un solo modo per poter ottenere aiuto, senza la minaccia, per me, di finire in uno dei loro laboratori. Abbiamo bisogno di aiuto, se vogliamo proteggere la popolazione del mondo. So quello che provano, in segreto, molti di voi ed apprezzo che siate così determinati ad arrivare fino alla fine con noi. Grazie. Così, con questo in mente, ecco quello che faremo."

Alle spalle di Max, Michael e Kyle si alzarono e dispiegarono un’enorme mappa arrotolata di quella famosa città, con uno dei più famosi edifici al suo centro. Molti dei presenti, scossero la testa anche se avevano già saputo quale sarebbe stato il loro bersaglio.

* * * * *

Jim Valenti entrò al Crashdown Café con indosso la sua divisa da Vice Sceriffo, tenendo contro di se il thermos per proteggerlo dalla folla di clienti che si era radunata nel locale. Non riuscì nemmeno a sentire il campanello che suonò alla porta d’ingresso a causa del rumore fatto dai clienti.

"Piuttosto pieno." Jim sorrise a Jason, occupato dietro al bancone.

"Non è giusto." Jeff ricambiò il sorriso. "Ho lavorato sodo per tutti questi anni, pregando che succedesse una cosa come questa, sai, per dare una spinta agli affari e va a succedere proprio nel momento in cui non lo vorrei."

"Questa è la vita." Jim gli strizzò l’occhio. "Sono già arrivati i media? Lì fuori c’è un autentico circo. Stanno chiedendo a tutti se conoscono Max, Liz e gli altri. La cosa buona è che tutti vogliono essere in primo piano e stanno dicendo che Max è un ragazzo normale, pieno di virtù e da sempre pazzamente innamorato di Liz. Il National Inquirer ha offerto un bel po’ di soldi a qualsiasi ragazza li abbia baciati ed abbia delle storie da raccontare su di loro. Mi hanno detto che un reporter ha ancora stampata l’impronta della mano di Pam Troy, per quanto forte lei lo ha colpito."

"Buon per lei." Jeff cominciò a ridacchiare. "E pensare che a Liz non è mai piaciuta quella ragazza."

"Qualche idea sul perché?"

"Scontro di personalità, forse."

"Sono già venuti ad intervistarti?"

"Sì." Jeff si accigliò. "Sono arrivati questa mattina presto, chiedendomi come mai mia figlia sia finita con un alieno, che tratti ha mostrato Max per provare di essere un alieno, cose del genere. Credo che avessero intenzione di dipingerlo come un orco o qualcosa di simile."

"Non riesco a credere che così tanta gente sia venuta fuori dal nulla."

"Stanno cercando di interessare la stampa con le loro storie." concordò Jeff. "Il che è una buona cosa perché li tengono lontano da noi."

"E ci sono anche differenti schieramenti."

"Dillo a me." Jeff scosse la testa ed indicò l’angolo più lontano. "Lì abbiamo dei pazzi che proclamano di essere il risultato di una nascita aliena o di essere stai rapiti in passato." Indicò un altro gruppo, che sembrava meno compito del primo. "Quello è il gruppo di quelli che dicono ‘Ve lo avevo detto’."

Jim guardò il gruppo, che indossava magliette con scritto ‘Vedete!’, ‘Provato’, ‘Vendicato’ e ‘Tutti questi anni, tutte quelle bugie’.

"Saranno una spina nel fianco." disse poi scuotendo la testa.

"E non sono ancora i peggiori." Jeff indicò un altro gruppo. "Pazzi religiosi che proclamano che non è un UFO, quello che sta arrivando, ma la seconda venuta del Messia. Quando Khivar sarà qui, questi pazzi vogliono dargli il benvenuto."

Entrambi gli uomini si voltarono a guardare la folla. Un uomo piccolo e robusto, corse dalla porta verso di loro.

"Bene, bene, bene." sorrise Jim. "Milton Ross. Sono anni che non ti vedo."

"E’ vero?" Milton afferrò il braccio di Jim. "E’ vero che Max Evans è sempre stato un alieno? Dannazione. Gli sono stato così vicino e non ho riconosciuto i segni."

"Perché non c’erano segni da vedere, Milton." Jim scosse la testa. "Max Evans è umano. Quei pazzi sono confusi."

"Avrebbe dovuto dirmelo." Milton lo ignorò. "Lavorava per me, Santo Cielo! Per me. Ho avuto un vero alieno vivente a lavorare per me per tutto quel tempo. Non avrei mai dovuto vendere a quell’inglese. Dio, era così … riservato."

"Milton." lo interruppe Jim.

"E tu, Jeff." Milton si voltò verso di lui. "Quanti affari abbiamo fatto insieme? E non mi hai mai detto che tua figlia usciva con un alieno. Aspetta. Può farlo? Non è che, non so, ci sono degli impedimenti biologici?"

"Milton." disse Jim a voce un po’ più alta. "In questo momento, Jeff è alquanto occupato e non è un buon momento per chiedergli cose sulla sua bambina. Che ne dici di tornare più tardi, quando ci sarà meno gente, per parlare un po’?"

"Mi direte la verità?"

"Per come la vediamo noi." annuì Jim.

"Che gli dirai?" chiese Jesse quando Milton si fu allontanato, per andare ad aumentare le storie su Max Evans e sulla sua eredità aliena.

"Che sta soffrendo della stessa isteria degli altri." Jim si strinse nelle spalle. "Forse Philip potrà fornirci qualche argomento legale. Una citazione in giudizio o qualcosa del genere. A questo proposito, non riesco a trovarli. Gli Evans. La loro casa è sigillata come il laboratorio che abbiamo trovato sotto al garage."

"Philip è lì dietro." Jeff si voltò ed indicò la cucina.

Jim scoppiò a ridere alla vista di Philip con una bandana ed un grembiule, mentre lavorava alla griglia. Philip lo salutò con un cenno della testa, ma lo ammonì con gli occhi ad evitare qualsiasi commento.

"Aspetta di vedere le mie cameriere." rise Jeff.

Jim controllò l’interno del Café. Dovette ricontrollare due volte, quando vide non solo Nancy, ma anche Diane ed Amy vestite con la divisa turchese, con il grembiule argentato a forma di alieno e le antenne che ondeggiavano sopra le loro teste.

"Non certo carine come le cameriere che lavoravano qui un tempo." continuò Jeff. "Ma penso che sarai d’accordo, ognuna di loro ha qualcosa di attraente per noi."

"Direi." Jim gli strizzò l’occhio. "Amy potrebbe portare l’uniforme a casa?"

"Si può fare." Jeff ricambiò l’occhietto.

"Visto che siamo tutti qui," Philip apparve dietro Jim, togliendosi la bandana dalla testa." vorrei suggerire un veloce incontro di sopra."

"Che è successo?" chiese Amy quando vide Philip andare alla finestra e sbirciare all’esterno.

"Spero che sia a proposito di Liz, Max e gli altri." Nancy annuì ad Amy. "E’ tanto tempo che non abbiamo notizie di loro. non rispondono più nemmeno al telefono."

"Perché Max non si tiene in contatto?" chiese Diane a Philip.

"E cosa c’è di così interessante lì fuori?" aggiunse Jim.

"Sono lì." Philip indicò con la testa verso la finestra.

Si unirono tutti a lui per guardare fuori. Accanto al Centro UFO, c’erano due uomini, vestiti con magliette inneggianti agli alieni, ma che non sembravano i tipici fans di X-Files.

"FBI." annuì Jim.

"Credo che potrebbero essere del Servizio Segreto." dissentì Philip.

"Servizio Segreto? Sperano forse che Max si faccia vedere da queste parti o cosa?"

"Credo che Max non si sia fatto sentire, per una buona ragione. Credo che ci voglia tenere completamente fuori da qualunque cosa abbia in programma di fare."

"Tu sai cos’è, vero?" Amy fu la prima a rendersene conto.

Cinque volti in attesa lo fissarono.

"No." lui scosse la testa. "Non lo so per certo, ma posso immaginarlo."

"Bene, ti decidi a dircelo?" gli chiese Diane.

"O dobbiamo tirartelo fuori?" finì Nancy.

"E’ così. Max ha bisogno di Forest, giusto? Solo che Forest non vuole giocare. Così, se la montagna non va a Maometto, allora Maometto deve fare qualcosa per incontrare la montagna."

"Smettila di parlare per enigmi." sbraitò Jeff.

“Io credo … " la voce di Philip si affievolì. "Credo che Max cercherà di rapire il Presidente degli Stati Uniti d’America."

* * * * *

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Capitolo 71
*** 72 ***


Parte 72

Le due forme erano allacciate insieme nello strano letto dello strano motel nella strana città. L’unica cosa non strana era la posizione in cui si erano trovate. Come una coppia di cucchiai, Liz stava con la schiena premuta contro il torace e l’addome di Max. Le braccia di lui erano attorno a lei, per avvolgerla in un bozzolo protettivo.

"E’ strano, vero?" chiese lei, la voce un sussurro.

"Cosa?" rispose Max in un tono simile al suo.

“Essere divisi dai nostri amici, proprio prima di una giornata così … importante."

“Sì." annuì Max nel buio. "Precauzioni che non avevamo mai preso prima, Liz. Con tutta la sicurezza che è stata aggiunta qua attorno, non possiamo permetterci che uno di noi sia avvistato. Almeno, in questo modo, se uno di noi lo sarà, non metteremo a rischio l’intera operazione."

"A meno che quello non sia tu." mormorò Liz.

Max manifestò il suo accordo accennando con la testa. Rimasero in silenzio, ascoltando i rumori del traffico provenienti dalla strada.

"Da domani," disse Liz alla fine "sarà tutto diverso."

"Ti sei pentita di quello che abbiamo deciso di fare." la voce di Max tradiva la sua preoccupazione.

"No." disse Liz convinta. Trattenne il respiro per un attimo, poi esalò lentamente. "E’ solo che … " Liz si voltò, tra le braccia di Max, così da poterlo vedere. Le loro facce erano distanti solo pochi millimetri. "Max, quando potremo pensare solo a te e a me. Finora, tutto quello che abbiamo fatto era sempre dettato dal dovere, o … o … "

"Non penso che succederà mai, Liz." Max poggiò la bocca contro la guancia di lei, cercando il sensibile lobo dell’orecchio. "Voglio dire, non importa quello che succederà domani, non importa come finirà, io potrei essere morto o … "

"Non dirlo nemmeno, Max." Liz liberò la mano dai loro corpi e la premette contro la bocca di Max che stava respirando contro il suo orecchio. Ansia e preoccupazione erano intessute in ogni sillaba, come se le parole di lui fossero state una premonizione della peggiore specie.

"O sarò … non lo so, una figura di primo piano, un capro espiatorio … qualsiasi cosa. E’ così, Liz. E lo sarai anche tu. Tu sarai lì con me e qualcuno potrebbe vederti anche come … qualcosa di peggio. Questo è il paese che ancora diffama Benedict Arnold."

"Lo so." sospirò Liz.

"Non hai firmato per tutto questo, quando mi hai sposato l’anno scorso." la voce di Max sembrava tesa. "Noi eravamo solo dei … ragazzi … che stavano fuggendo, facendo buone azione ed eludendo la legge, ricordi? Ma adesso? Ora io sono di nuovo un Re. Un leader. E, come mia moglie, sarai alla ribalta, rispettata o odiata insieme a me. Se per te è troppo, io … " c’era un groppo nella sua voce " … io capirò."

Liz prese respiro per rispondergli, ma Max la interruppe.

"Prima che tu dica qualcosa," Max allungò una mano dietro di sé e la infilò nel suo zaino, a terra accanto al letto. "voglio che tu ascolti questa. L' ho sentita l’altro giorno, per la prima volta dopo anni. Io, uhm … l' ho preso in prestito da un soldato." Un disco sottile nella mano di Max, catturò la poca luce disponibile. La stanza si riempì di musica.

‘Guarda nei miei occhi – vedrai
cosa significhi per me
Cerca il tuo cuore – cerca la tua anima
E quando lì avrai trovato me, non cercherai più
Non dirmi che non vale la pena di provare per questo
Non puoi dirmi che non vale la pena di morire per questo
Tu sai che è vero
Tutto quello che faccio, lo faccio per te.

Guarda nel mio cuore – troverai
che non c’è niente da nascondere
Prendimi come sono – prendi la mia vita
Io darei tutto – sacrificherei tutto
Non dirmi che non vale la pena di lottare per questo
Io non posso farne a meno – non c’è niente che voglio di più
Tu sai che è vero
Tutto quello che faccio, lo faccio per te.

Non c’è amore - come il tuo amore
E nessun’altro – ha più amore da dare
Nessun luogo esiste – a meno che tu non sia lì
per tutto il tempo – per tutta la via
Non dirmi che non vale la pena di provare per questo
Io non posso farne a meno – non c’è niente che voglio di più
Tu sai che è vero
Tutto quello che faccio, lo faccio per te
Tu sai che è vero
Tutto quello che faccio, lo faccio per te.


"Io non andrò da nessuna parte, Max." Liz lo prese tra le braccia e gli spinse il viso contro il suo seno. A meno che tu non sia lì, con me."

"Tu non sai quanto sia contento di sentirtelo dire." Max sorrise contro il suo seno candido.

Posò un tenero bacio contro la carne morbida. Le sue labbra tracciarono un sentiero sulla soffice collina, su verso il collo, sotto il mento, per trovare alla fine le sue labbra. Tuttavia, a dispetto dell’amore che provavano uno per l’altra, fu tutto quello che riuscì a fare.

"Domani avremo una giornata dura." Liz gli posò un bacio sensuale sulle labbra. "Sarà meglio dormire."

"Sì." convenne Max, pur sapendo che quella notte non avrebbe chiuso occhio. Non quando tutto quello che aveva combattuto per raggiungere, avrebbe potuto essere gettato via dal tiro sbagliato del dado del destino.

* * * * *

Quella mattina, per l’uomo vestito di scuro, alla guida della sua grande auto giapponese, fu una piacevole sorpresa vedere la superstrada libera dal traffico. Benché lavorasse in centro, preferiva abitare fuori città, anche se questo significava dover guidare un’ora al mattino ed un’altra ora la sera, per tornare a casa. Svolgeva un lavoro importante, come Capo della sicurezza presso un famoso – per non dire politicamente importante – edificio, che gli faceva sopportare l’inconveniente di fare il pendolare per avere la pace a la tranquillità della sua casa in campagna.

Molti dei suoi vicini gli chiedevano come facesse a sopportare la tensione. La sua mano andò in cerca del rassicurante rigonfiamento della sua Magnum 44, annidata nella fondina sotto la sua spalla, che gli rammentava che il potere politico e militare del suo paese, lo sosteneva. La promozione, lui lo sapeva, era proprio dietro l’angolo. Qualcosa di grande e di migliore. Responsabile dell’edificio, sperò che presto avrebbe protetto invece qualcuno degli ospiti dell’edificio. Un giorno, chissà? Forse, lo stesso grande uomo. O la donna, si accontentò. Quel giorno era proprio dietro l’angolo.

Poiché non era molto concentrato sui pochi veicoli attorno a lui, non vide le luci rosse e blu che lampeggiavano, fino a che non furono proprio dietro di lui. Scosse la testa, mettendo la freccia e rallentando.

"Dannate reclute!" brontolò, le parole piene di rabbia. L’aria fredda gli punse la faccia, quando abbassò il finestrino davanti ad uno dei poliziotti, che si era avvicinato, blocco e penna in mano. "Lei sa chi sono?" domandò al poliziotto.

"Sì, signore." annuì l’agente. "Lei è qualcuno che sta andando a sessanta all’ora dove c’è il limite di cinquanta."

"Assolutamente no." l’uomo scosse la testa. "Torna alla macchina e controlla con i tuoi superiori. Credo che scoprirai di aver fatto un errore."

"Le dispiacerebbe scendere dall’auto, signore?"

"Ti farò licenziare per questo." sbraitò, cercando nella giacca il suo tesserino di riconoscimento.

Dietro di lui, nella mano dell’agente apparve una pistola.

"Apra la giacca, signore." gli ordinò il poliziotto.

"Senti, buffone, io sono … "

"Apra la giacca, signore!" La pistola scattò dietro di lui.

Si rese conto che, dall’altra parte, il secondo poliziotto ora gli stava puntando la pistola contro. Decise che sarebbe stato meglio obbedire a quegli imbecilli e sistemare tutto una volta in città, piuttosto che rischiare una pallottola sparata da quelle due reclute nervose. Aprì la giacca, rivelando la sua pistola. Il primo agente allungò la mano e gli sfilò la pistola dalla fondina.

"Ora scenda dalla macchina." il poliziotto aprì la portiera, senza spostare la pistola.

L’uomo uscì nell’aria fredda e grugnì, quando il poliziotto gli girò attorno e gli chiuse i polsi nelle manette.

L’altro agente era ora dietro di lui ed insieme, lo perquisirono attentamente. Pensò che fosse strano che nessuno dei due si preoccupasse delle grandi lettere stampate sul suo tesserino. Uno degli agenti si limitò ad infilare tutto in tasca, la pistola, il tesserino, la carta di identità ed il suo cellulare. Fu condotto verso l’auto della Polizia e una volta sistemato sicuramente nel sedile posteriore, vide che il secondo poliziotto condurre via la sua auto.

* * * * *

Il secondo poliziotto vide l’auto della polizia continuare per la superstrada. Poi, usando l’uscita successiva, fare una conversione ad U nella corsia opposta e tornare indietro. Lui salì sull’auto dell’arrestato, la mise in moto e si immise sulla superstrada. Una luce blu illuminò l’interno della macchina e la forma dell’uomo arrestato stava di nuovo guidando l’auto per recarsi al lavoro.

Meno di un’ora dopo, voltò nella strada principale che era la sua destinazione. Guardò dal finestrino l’imponente edificio e sorrise alla presenza delle bandiere. Al cancello della sicurezza, dal piccolo edificio accanto alla sbarra abbassata, emerse una guardia.

"Buongiorno, signore." la guardia lo salutò con un cenno della testa, mentre controllava ID e tesserino. Anche se era il suo capo e lo conosceva da dieci anni, doveva seguire la procedura da lungo stabilita. "Un po’ in ritardo questa mattina?"

"Sono stato fermato sulla superstrada." rise l’uomo.

"Bene. Sono tutti dentro." la guardia gli restituì i documenti. "Promette di essere un giorno memorabile, huh?"

"Direi." sogghignò lui. Guidò la macchina verso il parcheggio e la fermò nel posto che gli era stato assegnato.

"Qui è Jack." disse in un piccolo microfono che aveva sul bavero della giacca. "Il seme della pianta di fagioli è stato piantato."

* * * * *

Seth, il vecchio custode spinse il carrello con l’attrezzatura per le pulizie lungo il corridoio di marmo, occupandosi di ogni piccolo compito che la sua esperienza gli indicava come necessario. Faceva quel lavoro da ventidue anni ed aveva elevato la sua routine ad un’arte. Si fermò accanto ad un telefono, appeso in una cabina di legno insonorizzata e prese del disinfettante spray ed uno straccio da uno dei comparti del carrello.

Quel telefono poteva anche non essere uno di quelli politicamente sensibili, poteva anche non essere usato per trasmettere comunicazioni importanti, era solo un telefono pubblico ma, non di meno, c’era uno standard da mantenere. Sollevato il microfono, spruzzò lo spray sulle parti terminali e le asciugò con lo straccio. Quando si rese conto che non sentiva il suono del segnale, lo poggiò all’orecchio, mentre abbassava un paio di volte la forcella. Niente.

Seth si strinse nelle spalle, riappese il microfono e spinse il carrello fino al suo ufficio. Sapeva che sebbene avesse potuto aspettare a far notare il guasto, era meglio risolvere quelle cose una volta che le aveva trovate. ‘Non fare oggi quello che potresti fare domani’, sorrise ripensando alle sagge parole di suo padre. parole che aveva trasmesso ai suoi figli. Sollevò il suo telefono e spinse un bottone con un numero memorizzato.

"Sì, pronto?" disse, quando l’operatore rispose. "Chiamo per avvertire il guasto di un telefono. Il numero? Sì. E’ 555-3791. No, non proprio. Non è affatto urgente, ma in un giorno come oggi, dobbiamo essere pronti, sapete? Davvero? Subito? Bene. Lo apprezzo molto."

* * * * *

La guardia nella portineria guardò il furgone della società che riparava i telefoni fermarsi proprio davanti alla barriera che gli impediva l’accesso. Una delle guardie uscì, portando un blocco nelle mani guantate.

"Ho ricevuto una chiamata per riparare uno dei vostri telefoni." il guidatore informò la guardia, mostrandogli il cartellino di identificazione che aveva appeso al collo.

"Avete una richiesta?" la guardia controllò che la foto corrispondesse alla faccia del guidatore.

"Uh huh." annuì lui. "Proprio qui." e tese alla guardia un foglio rosa.

La guardia prese il foglio, controllò il numero della richiesta sul suo blocco e cancellò una delle voci dalla sua lista di lavoro, facendo scivolare il foglio rosa in fondo ad una pila di altri fogli. Ad un cenno della guardia, altri due uomini uscirono dalla portineria. Uno aveva in mano una lunga asta con uno specchio fissato sulla cima. Mentre lo usava per controllare la parte inferiore del furgone, il suo collega aprì le portiere posteriori.

Alla fine, terminati tutti i controlli di sicurezza, la sbarra fu sollevata e al tecnico fu fatto cenno di passare. L’uomo annuì e si diresse verso una porta alle spalle dell’edificio. Fece manovra all’indietro per accostarsi alla porta. Dopo averla aperta, aprì anche le portiere del furgone. Dopo aver controllato che nessuno lo vedesse, guardò nel van ed annuì. Due uomini, invisibili solo un attimo prima, sembrarono apparire dalla sottile parete del furgone. Una luce blu illuminò l’interno ed apparvero, al loro posto, gli esatti duplicati delle guardie in servizio all’entrata. L’autista li guardò scivolare tra i cespugli e dirigersi all’ingresso.

"Qui è Aladino. Il Genio è fuori dalla lampada."

E si voltò per andare in cerca del custode.

* * * * *

Beverly Crafen scese dall’autobus affollato e si chiuse il cappotto per proteggersi dall’aria fredda che soffiava all’aperto. Cominciò a camminare dalla fermata verso l’imponente edificio dove lavorava. I suoi capelli fulvi erano legati in uno chignon e portava sul naso degli occhiali ovali. Era bassa e leggermente soprappeso. Essendo legata agli orari dei mezzi pubblici, arrivava sempre presto, così aveva preso l’abitudine di fermarsi allo Starbucks all’angolo per prendere un caffé e dei muffin, che si sarebbero depositati sulle sue cosce. E in altre parti. Era diventato un rituale quotidiano che le avrebbe fatto cominciare la giornata con il piede giusto. Mentre sedeva accanto alla vetrina a guardare il movimento delle persone mattiniere, un’attraente bionda venne a sedersi accanto a lei, per bere il suo latte.

"Buongiorno." disse la ragazza bionda con un cenno della testa.

"Buongiorno." rispose Beverly.

"Freddo, vero?"

"Sì. Ma potrebbe esserlo ancora di più."

"Davvero. Io devo averla già vista prima. Lavora da queste parti?"

"Laggiù." Beverly indicò l’edificio.

"Wow!" la bionda sembrò colpita. "Veramente? Sono impressionata."

"Oh, niente di importante." Beverly si affrettò a scuotere la testa. "Lavoro come traduttrice."

"Veramente? Che lingua parla? Oltre l’inglese, voglio dire."

"Uhm, francese, italiano e, uhm, spagnolo."

"Impressionante." la bionda sollevò un sopracciglio. "Così lei … "

"Sì." Beverly sorrise. Volevano tutti sapere le lei trattava argomenti segreti.

"Se io parlassi fluentemente un’altra lingua, sarebbe difficile trovare un impiego lì? Ho sempre pensato che sarebbe stato eccitante fare un lavoro come il suo. So che lei non può parlare di niente, ma deve sentire molte cose interessanti che il resto di noi non saprà mai. Vero?"

"Sì." annuì Beverly. "Sentiamo cose che lei definirebbe … interessanti. Ma non per tutto il tempo. Per esempio, questa settimana ho avuto la sfortuna di essere di reperibilità. Saprò quello che succede solo se una delle altre non si presenterà."

"Sfortuna?" la bionda aggrottò le sopracciglia. "Perché?"

"Con tutte quelle pazze voci sugli alieni e via dicendo." Beverly cercò di prenderla allegramente, ma c’era un’ombra di nervosismo nel suo sguardo. Controllò l’orologio. "Oh!" esclamò. "Devo andare."

L’altra donna si alzò con lei.

"Le spiace se l’accompagno. Anche io sono diretta da quella parte."

"Certo."

Insieme, lasciarono il caldo di Starbucks ed uscirono al freddo.

"Allora, come potrei fare a lavorare lì? Parlo seriamente."

"Prima di tutto, deve superare un esame di lingua. Poi, supponendo che lo superi, si sono dei test politici e i test psicologici e i … "

"Test dei test."

"Sì." rise Beverly. "Potrei procurarle un modulo di domanda, se vuole."

"Ma c’è un modo più facile, giusto?"

"Più facile?" disse aggrottando le sopracciglia. "Che intende dire?"

"Potrei … prendere il suo posto."

Beverly cominciò a ridacchiare.

"Giusto." Beverly guardò la bionda dalla testa ai piedi. "Ma sa che procedure di sicurezza ci sono in quel posto? Lei non solo non ha il mio aspetto, ma nemmeno le mie impronte digitali e i tessuti della retina."

"A questo si può porre rimedio."

Beverly si voltò verso la sua compagna e rimase a bocca aperta vedendo davanti a lei l’immagine perfetta di se stessa. La sua espressione divenne confusa, quando cercò di capire cosa stesse vedendo. Sovraccarica, non riuscì a resistere. Svenne. Una macchina si fermò accanto a loro e lei fu trascinata all’interno. Qualcuno le prese i documenti ed il cellulare e li tese alla mutata forma della donna che era ancora fuori. La macchina partì, portando Beverly Crafen ad un lussuoso albergo, che era stato adattato a temporanea prigione per quei … prigionieri di guerra.

"Qui è Riccioli d’Oro. Sono nella casa dell’orso."

La nuova Beverly continuò per la sua strada.

* * * * *

Come il furgone della ditta di riparazione dei telefoni, il grande furgone bianco si fermò al cancello di sicurezza dell’ingresso posteriore, poco prima della barriera che bloccava l’entrata. La guardia con il suo blocco, uscì per controllare. Guardò la scritta laterale che lo proclamava unità mobile per uno dei nuovi canali indipendenti. Scosse la testa, avvicinandosi al finestrino. Il finestrino si aprì.

"Posso vedere i vostri tesserini?" disse, guardando i due passeggeri all’interno.

Gli furono passati due tesserini.

"Allora?" lesse i nomi di entrambi. "Come ha fatto ad ottenerli, Signorina Brackman? La sua è l’unica agenzia di informazione alla quale è stato permesso di entrare oggi."

"Amici al posto giusto." rispose lei scrollando le spalle. "Il mio produttore avanzava un favore da grossi calibri di Hollywood, che avanzavano un favore da un esponente politico … reso l’idea?"

"Certo." la guardia sogghignò, mentre restituiva il tesserino all’altro passeggero. "Una faccenda ingarbugliata. Ecco a lei, signorina Brackman." le tese il tesserino. "Signor King." la guardia annuì al suo compagno, poi si voltò verso gli altri due colleghi che stavano controllando il veicolo. "Tutto pulito lì dietro?"

"Tutto pulito." le altre guardie stavano guardando il retro del furgone della televisione. Tra le telecamere, c’erano una dozzina di persone, vestite di nero e con in mano armi automatiche. I due gruppi si fecero un cenno di intesa.

"Tutto pulito."

"Può entrare, signorina Brackman." la guardia sollevò la barriera. "Ricordi che non può riprendere niente fino a che non ne avrà il permesso e che dovrà andarsene prima che cominci la riunione."

"Capito."

"Credo che quello che sentirà oggi, cambierà le vostre vite."

"Non la mia." Sarah fece l’occhietto a Max, mentre passavano attraverso il cancello.

* * * * *

La guardia vide il furgone dirigersi verso l’edificio.

"Non posso credere che oggi abbiano ammesso la stampa." disse stringendosi nelle spalle. "Gente. Ho bisogno di una vacanza."

"In qualche posto di lusso?" uno dei suoi colleghi sorrise e si avvicinò a lui.

"In qualche posto dove possa stare a far niente per tutto il giorno e a rilassarmi."

"Perché non ti prendi il resto della giornata e lo fai?"

La terza guardia si unì a loro.

"Perché non lo faccio io?"

La guardia rimase a bocca aperta vedendo se stesso. Una piccola puntura sul collo, seguita dall’oscurità, mise fine alla sua parte nel lavoro della giornata. Dopo qualche momento, tre furgoni passarono oltre la sbarra sollevata. Ne emersero degli uomini, che scomparvero all’interno dell’edificio.

"I Sette nani sono nella casetta."

* * * * *

Saltarono fuori dal furgone della televisione. Gli ultimi ad uscire furono Isabel, Jesse, Connie, Kyle, Michael, Maria e Liz. Liz corse al fianco di Max quando le comparve di fronte. Le loro mani si unirono immediatamente.

"Fin qui, tutto bene." annuì Max a tutti i presenti. "Sapete tutti quello che dovete fare. Andiamo a farlo."

"Non è troppo tardi per rinunciare, Max." Isabel gli rivolse un’occhiata di simpatia. Sapeva quello che sarebbe costato a suo fratello.

"No." Max scosse la testa e guardò Liz. "Devo farlo. Non c’è più solo il mio modo di vivere in ballo. Stiamo parlando del futuro di questo pianeta."

Isabel annuì, e fece un cenno ai soldati. Con Jesse al suo fianco, si voltò verso il corridoio che portava agli uffici dell’amministrazione.

Due dei soldati, i radio operatori, andarono ad aiutare Sarah con gli apparati televisivi. Erano quelli che avrebbero tenuto le varie squadre in comunicazione tra di loro. Le loro radio erano state mimetizzate come parti delle telecamere. I tre cominciarono a preparare il carrello per trasportare il tutto.

"Buona fortuna." Kyle si voltò verso l’uscita. Lui e Connie guidarono i loro uomini all’uscita posteriore, dove avrebbero dovuto impedire l’ingresso di rinforzi.

Max si avvicinò a Michael e gli strinse la mano. Poi si voltò ed abbracciò Liz.

"Buona fortuna, ragazzi." disse loro con un sorriso.

Non fece nessun segno agli uomini assegnati a lui. Quando si voltò per dirigersi verso le stanze della centrale di sicurezza, i suoi uomini – il grosso delle forze disponibili - lo seguirono. Maria si trattenne ad abbracciare Max. Poi abbracciò Liz.

"Prenditi cura di Max." le sussurrò all’orecchio. "Perché già so che lui si prenderà cura di te."

Liz sorrise e guardò Maria affrettarsi dietro a Michael.

"Bene." sospirò Max. "Andiamo a mettere in onda lo spettacolo."

"Perché stiamo camminando a quattro zampe in questo tunnel di servizio, come un gruppo di topi?" disse una voce alle loro spalle.

Stavano camminando in uno stretto tunnel, quasi piegati in due.

"Fino a che Michael non avrà il controllo del sistema di sicurezza, non possiamo permetterci di essere visti. La sorpresa è importante." li informò Max. "E questa è l’unica strada per andare dove dobbiamo andare."

Dopo mezz’ora le loro schiene erano a pezzi e tutti non vedevano l’ora di potersi alzare.

"Qui è Bo Peep" la voce di Isabel risuonò nelle loro orecchie attraverso il sistema radio. "La pecorella è stata ritrovata. Ripeto. Bo Peep ha ritrovato la pecora."

Un momento più tardi, la voce di Kyle seguì quella di Isabel.

"Little boy blue a rapporto. Le mucche sono tornate nel recinto e le galline sono fuori dal granaio."

"L' ha cambiato." ridacchiò Liz. "Non avrebbe mai parlato di soffiare il suo corno."

Le risate che seguirono contribuirono ad allentare la tensione.

"Ora, quello che ci manca è che Michael prenda il centro di controllo." si lamentò Max. "Ho veramente bisogno di raddrizzare la spina dorsale."

"Non è giusto che tu debba infilarti in questo posto come un ladro." brontolò uno degli Antariani.

"In questo momento," considerò Max "con tutte le armi spianate lì fuori, è il modo in cui preferisco fare la mia entrata. Non voglio trasformare questo posto in un campo di battaglia."

Il tempo passò e loro continuarono ad aspettare.

"Stai bene, Liz?" Max notò che la moglie era rimasta in silenzio.

"Sì." annuì lei. "E’ solo che ci sono tante cose che possono andare storte. Non in questa missione, Max. Mi fido dei nostri uomini. So che faranno di tutto per assicurare il successo del nostro piano, ma dopo. Sono preoccupata di quello che ti succederà dopo."

"Fino a che ti avrò al mio fianco, affronterò qualsiasi cosa mi si presenterà davanti. Come per gli altri problemi che abbiamo affrontato e risolto. Fidati di me, Liz. Io e te. Insieme. Per sempre."

"Qui è lo Gnomo." riportò Michael. "Abbiamo il controllo del fuso."

"Ci siamo." una strana sensazione pervase Max. La spina dorsale gli formicolò, mentre il suo cuoio capelluto sembrò invaso da un esercito di formiche.

Due soldati si affrettarono verso la scala ed aprirono un portello. Max e Liz furono gli ultimi a salire, una volta che i soldati si furono assicurati della sicurezza del corridoio. Liz si guardò attorniò e parlò al microfono.

"Cenerentola e il Principe Azzurro stanno andando al ballo."

Si passarono la mano sopra le ture nere trasformandole in abiti formali. Con la sua gonna al ginocchio, Liz indossava tacchi più alti del suo solito, per apparire più regale. Max guardò l’orologio, mentre i soldati si allontanarono dal gruppo e scivolarono verso la porta alle loro spalle. Contò i secondi con le dita. Quando arrivò l’ultimo, Max allungò la mano sulla porta della maniglia e guardò i suoi uomini, che annuirono.

"Elvis è entrato nell’edificio." sussurrò qualcuno nei loro ricevitori.

"Grazie molte." Max arricciò opportunamente le labbra.

Con un’aria di sicurezza, non in se stessi ma in quelli che li seguivano, Max e Liz entrarono nella grande stanza, come se fosse la loro. Volti scioccati si voltarono a guardarli. Le poche guardie di sicurezza presenti stavano per estrarre le armi, ma scoprirono di esserne impediti da militari apparsi al loro fianco.

"Che significa tutto questo?" chiese qualcuno.

Max si guardò attorno nell’aula e vide che l’uomo al centro del podio, quello al quale tutti sembravano fare riferimento, sembrava preoccupato. Sarah Brackham, in piedi accanto ad una telecamera, sollevò un pollice, continuando a parlare agli ascoltatori di tutto il mondo.

"Mi scuso per l’intrusione." Max annuì in direzione dell’uomo. "Ma ho qualcosa da dire."

Max si avvicinò al podio ed indicò all’autorevole uomo di fare un passo indietro. Si voltò verso l’assemblea e, poi, verso le telecamere. Sarah alzò di nuovo il pollice ad indicargli che stava parlando ad un pubblico molto speciale. Il ragazzo fece un profondo respiro, andò in cerca dello sguardo sereno di Liz, poi cominciò.

"Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma quando sono diventato un uomo, ho messo da parte le cose infantili." fece una pausa e guardò l’assemblea, aspettando un indefinito segnale che gli lasciasse capire che tutti avessero compreso. Max non aveva dubbi che, nella sala dei traduttori, Isabel avesse tutto sotto controllo e che i delegati stessero sentendo le sue parole. E anche se in quell’aula molti non erano cristiani, erano tutti colti ed avevano senza dubbio sentito quelle parole molte volte.

"In effetti," continuò "non riesco a ricordare di essere stato bambino. Sono diventato uomo il giorno in cui sono stato trovato, un ragazzino di sei anni, nudo, solo nel deserto insieme a mia sorella. In quel momento ho saputo che avrei dovuto proteggere lei e me stesso."

Liz guardò il marito, aggrottando tristemente le sopracciglia. Non aveva mai pensato che l’infanzia di Max fosse finita il giorno in cui aveva capito che lui ed Isabel erano diversi. Gli sorrise, rammentandogli che era con lui. In corpo, mente e spirito.

"Sono qui per dirvi che per voi è arrivato il momento di mettere da parte le cose dell’infanzia. Signore e signori, Rappresentanti delle Nazioni Unite." Max guardò la telecamera. "Popoli della Terra. E’ tempo che le nazioni di questo pianeta crescano. Il mio nome è Max Evans." guardò il pubblico, raddrizzandosi in tutta la sua altezza. "Io … io non sono di queste parti."

* * * * *

Dalla Prima epistola di San Paolo ai Corinzi
Sacra Bibbia, 1 Corinzi 13 - verso 11

Quando ero bambino, parlavo da bambino,
pensavo da bambino, ragionavo da bambino:
ma quando sono diventato un uomo, ho messo da parte
le cose infantili. Noi ora vediamo, infatti, come attraverso
un vetro, confusamente; allora, invece, vedremo direttamente.
Ora conosco solo in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, nello stesso modo in cui sono conosciuto.


* * * * *

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Capitolo 72
*** 73 ***


Parte 73

In tutti quegli anni, alle Nazioni Unite, nonostante i tumulti di cui erano stati testimoni, niente aveva confuso i rappresentanti quanto la piuttosto ambigua affermazione di Max. Si voltarono per chiedersi uno con l’altro, chi fosse quell’intruso. Fu in quel momento che lui lanciò la bomba.

"Con tutte le voci a proposito di un’astronave in avvicinamento, ultimamente su di noi sono state fatte molte illazioni. Sono qui per dirvi che, almeno per quanto mi riguarda, quelle illazioni sono vere." Max fece una pausa. "Io sono un alieno."

Il silenzio gravò pesantemente nell’aria. Max sorvegliò i presenti, che lo guardavano come se fosse un terrorista impazzito.

"E lo sono anche mia sorella, Isabel, e il mio migliore amico, Michael. Noi tre siamo originari di un pianeta, distante milioni di anni luce, che si chiama Antar."

Divertimento e preoccupazione corsero nell’aula. Qualcuno tra i rappresentanti più anziani, cominciò a ridacchiare di lui. Altri si unirono, e le risatine divennero risate. Non ci volle molto perché tutta l’aula ridesse di cuore. Uno sgradevole rumore gracchiante arrivò dalla porta dalla quale erano entrati Max e gli altri. Tallen stava spingendo un pilastro di pietra alta quasi due metri, dal corridoio fin dentro la stanza. Nell’aula scese di nuovo il silenzio quando i delegati videro Tallen spingere il pilastro verso Max.

Max guardò attorno a sé le facce incuriosite e sorrise. Posatavi sopra la mano, il pilastro brillò ed al posto di una colonna di pietra, c’era la statua dell’uomo che lui aveva spinto fuori dal podio. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Le risate cessarono.

"Quando avevamo sei anni," cominciò di nuovo il ragazzo "io, mia sorella ed il mio migliore amico, siamo emersi dai … voi li chiamereste bozzoli di incubazione. Eravamo soli, eravamo nudi e non avevamo idea di chi … o di che cosa fossimo. Mentre il mio amico si spaventò ed andò a nascondersi, noi fummo trovati da due persone meravigliose. Loro ci hanno adottato, me e mia sorella, e ci hanno cresciuto come se fossimo loro. Dopo tutto, perché non avrebbero dovuto considerarci bambini normali? Ci hanno nutrito, vestito ed insegnato i comportamenti fondamentali che avremmo dovuto sapere fin dalla nascita. Loro ‘sono stati’ i nostri genitori, indipendentemente dal fatto che non ci abbiano generato e noi li amiamo per questo.

Una volta riuniti con Michael, il nostro amico, eravamo di nuovo noi tre. E, per allora, ci eravamo già resi conto di essere … differenti. E abbiamo fatto tutto il possibile per mantenerlo segreto. ‘Nascondersi in piena vista’ diventò un’espressione familiare, in quei giorni. Non fare niente per attirare attenzioni indesiderate. E così abbiamo fatto, fino a che, un fatidico giorno è successo qualcosa che mi ha fatto abbandonare anni di segretezza. Qualcosa che ho giudicato così tremendo, da farmi correre il rischio di essere scoperto e … di tutto quello che ne è seguito."

Max fece una pausa ad effetto. Aspettò che i traduttori, sotto il controllo di Isabel, terminassero di parlare.

"Stavo facendo colazione in un locale del posto." Max guardò in lontananza, come se stesse richiamando alla mente i ricordi di quel giorno di tanto tempo prima. "C’erano quei due, non so … due tipi che sembravano piuttosto violenti. Ad ogni modo, hanno cominciato a litigare per qualcosa e, nella lotta, hanno … accidentalmente sparato a Liz." Max tese la mano verso la statua e la spinse con la mente. La statua si allontanò da lui. "Io, uhm … l' ho salvata, ma lei lo ha scoperto. Lei ha saputo che le avevo fatto qualcosa. Poi ha saputo perché.

Vedete, io mi sono innamorato di Liz la prima volta che l' ho vista, quando avevo solo otto anni. Molti potrebbero ridere: troppo giovane. Che ne sa un bambino dell’amore? Ma io non ero più un bambino, ricordate? Io avevo già messo via le cose della mia infanzia. Così ho infranto il nostro giuramento, ho salvato la vita di Liz ed ho messo le nostre in pericolo. Non solo Liz aveva scoperto che avevo fatto qualcosa di … speciale, lo aveva scoperto anche qualcun altro. E’ stato il diretto risultato delle mie azioni, che ha portato all’attentato alle nostre vite e alla fuga per la nostra salvezza.

Altruista? potreste dire. No, egoista. Vedete, non potevo lasciarla morire. Lei era la ragione che mi dava la forza per vivere come vivevo. Se mantenere il mio segreto significava lasciarle vivere una vita normale, ne valeva la pena. Ma come avrei potuto vivere con me stesso, se mi fossi permesso di mantenere quello stesso segreto lasciandola semplicemente … morire?

Liz prese la notizia sorprendentemente bene e divenne mia … nostra amica. Altri la seguirono presto e, inevitabilmente, anche loro furono al corrente di quel segreto. Maria, Jim Valenti, Kyle e Jesse." Un’ombra passò nello sguardo di Max. "Ce ne furono anche altri. Persone che sono state toccate dalla mia vita e che, in cambio, hanno toccato la mia. Un amico, un caro amico, ha perso la sua vita a causa del mio segreto."

Max attese un momento, cercando di ricomporsi, mentre il pubblico assorbiva le sue parole. Liz lo guardò negli occhi, permettendogli di trarre forza dal suo amore e dalla sua fiducia in lui. Max fece un profondo respiro e continuò.

"Qualche mese fa, sono diventato il capo di un piccolo gruppo di devoti professionisti. Un esercito. Non per condurlo contro qualche Governo, ma contro un nemico comune. Abbiamo combattuto contro forze … aliene, che non volevano solo la mia morte, ma anche la sottomissione di questo pianeta. Fianco a fianco, con alleati sia umani che alieni, abbiamo combattuto una guerra segreta. Fino ad ora, abbiamo vinto tutte le battaglie.

La ragione della mia visita di oggi è di confermare quelle voci. Un’astronave sta arrivando sulla terra. Trasporta un considerevole esercito, che le mie esigue forze non hanno speranza di battere. Il loro capo, un uomo di nome Khivar, vuole consolidare la sua posizione sul trono di Antar, nonché saccheggiare le risorse della Terra, che lo metteranno in condizione di effettuare altre conquiste.

Io non permetterò che succeda nessuna delle due cose. Avevo sperato che un incontro con il Presidente degli Stati Uniti d’America, mi avrebbe fornito la forza militare del mio paese di adozione, che potesse aiutarmi a difendere il pianeta. L’incontro si è rivelato una trappola. Sembra che Forest volesse catturarmi per usarmi per i suoi propri scopi.

Ecco perché sono qui oggi. Ho bisogno di aiuto. Aiuto per proteggere il vostro pianeta, la nostra casa e la gente, incluso i miei familiari ed i miei amici. In cambio, farò in modo che la Terra riceva aiuto. Aiuto che non solo salvaguarderà il suo futuro, ma migliorerà le condizioni di miliardi di persone che soffrono per i capricci di Madre Natura.

Non permetterò l’accesso a nessuna tecnologia che darà il predominio di una Nazione sull’altra, come voleva Forest. Lui ha cercato di controllarmi, come hanno fatto altri, solo per il proprio beneficio. Non sono qui per esercitare il mio potere, né per aiutare altri a farlo. Io sono qui per vedere sconfitto il mio e il vostro nemico. Dopo di che, voglio vivere una vita normale, normale come possano permetterlo le circostanze."

Max guardò il cerchio di poltrone, gli occhi che si spostavano da un viso all’altro. Una mano si alzò.

"Sì?" Max indicò il rappresentante della Nigeria.

"Signor Evans." cominciò l’uomo.

"Max." sorrise Max.

"Max." il delegato annuì. "Tu hai detto di essere un alieno, eppure tu e i tuoi colleghi sembrate straordinariamente umani. Dovete essere sembrati umani, quando eravate bambini, altrimenti i vostri genitori adottivi avrebbero notato qualcosa di diverso in voi. Anche i vostri compagni di scuola, avrebbero notato la differenza. E dovete essere cresciuti normalmente, anche. Dobbiamo dedurre che sul vostro pianeta, la vostra specie si è evoluta esattamente come la nostra?"

“Quando ho detto di essere un alieno," Max esitò per un attimo "non sono stato preciso. In effetti, io sono un ibrido. Ho DNA umano, modificato geneticamente per permettere alla mia essenza … aliena di viverci. Ho una struttura ossea umana, organi umani, un sistema respiratorio umano … ed ho decisamente, emozioni umane. A tutti gli effetti, sono umano.

Come lo Shylock di Shakespeare, se mi tagliate, sanguinerò. Il mio sangue è differente, ma è sempre rosso. Ho solo dei … poteri speciali. La gente del mio pianeta, invece, di norma, ha un aspetto molto differente. Hanno assunto forme umane, perché non vi sentiste minacciati. Pensate al loro aspetto come ad una tuta spaziale."

Un’altra mano fu alzata. Max annuì alla donna della Nuova Zelanda, lasciandole fare la sua domanda.

"Per quale motivo, esattamente, questo … Khivar, vuole distruggervi? Che minaccia potete essere per un pianeta che, come hai detto, è molto lontano da qui?"

Max deglutì con qualche difficoltà. Quella era una cosa che avrebbe preferito mantenere segreta, ma non poteva rischiare di instillare il sospetto che stesse nascondendo qualcosa di peggio. Meglio la verità ora, che pagarne le conseguenze più tardi.

"Sul mio pianeta, c’è una guerra civile." disse Max sospirando. "Khivar ha cercato di prendere il posto del Re e di governare in sua vece con la forza delle armi. Un colpo di Stato. Durante la lotta, il Re, sua moglie, sua sorella ed il suo Secondo al Comando, sono stati uccisi. Quelli leali … alla famiglia Reale sono riusciti a creare dei cloni di corpi umani, usando il DNA che si erano … uhm … procurati. Hanno trasferito le essenze dei loro capi morti nei corpi clonati e li hanno mandati sulla Terra perché fossero al sicuro e perché, il giorno che fossero pronti, potessero tornare e liberarli da Khivar.

Khivar ha bisogno che io muoia, così da poter dissolvere l’opposizione. Fino a che io sarò vivo, la resistenza continuerà." Max cominciò a sorridere ironicamente. "Come potete immaginare, preferisco questa opzione a quella sostenuta da Khivar."

"Così, signor Ev … Max," disse il delegato della Germania. "Esattamente, qual è il tuo ruolo? Hai parlato di un Re e di un Secondo al Comando. Dobbiamo supporre, dal fatto che sei tu che ti sei rivolto a noi, che, in questo momento, stiamo parlando con … un Re?"

Max, sul podio, si spostò a disagio da un piede all’altro.

"Per quelli che ancora mi seguono, sul mio pianeta," annuì Max "io sono considerato il loro Re. Ma, per gli altri, io sono solo … "

A Max non fu consentito di terminare.

"Allora, Vostra Maestà," il rappresentante della Spagna si alzò e fece un inchino. Molti degli altri delegati lo imitarono. "presumo che la bella ragazza che la sta guardando con tanto amore, sia vostra moglie." Si guardò attorno, controllando il gruppo di Max. "E vostra sorella? E il vostro Secondo?"

"Mia sorella Isabel, il mio Secondo al Comando, Michael, ed altri amici, si stanno occupando della sicurezza." annuì Max. "Della nostra sicurezza, voglio dire. Non sapevamo come ci avreste accolti, così abbiamo preso delle precauzioni per assicurarci di non doverci aprire una via di fuga, combattendo nell’aula. Non vogliamo far del male a nessuno. E per quello che riguarda questa bella ragazza … " Max tese il braccio verso Liz. "Sì. Questa è mia moglie, ma non era mia moglie sul mio pianeta natale. Questa è Liz. Liz Evans."

"La ragazza alla quale hai salvato la vita?"

"Esatto."

"Aspetta." disse il delegato americano, alzando la mano. "Questa è la ragazza alla quale hai salvato la vita?"

"Sì." Era stato messo in guardia contro quell’uomo. Era uno degli uomini di Forest.

"E lei è completamente umana? E’ stata concepita da genitori umani e partorita normalmente?"

"Sì." Max strinse gli occhi.

"E siete sposati? Quanto è naturale? Ed è legale?"

Max si strinse nelle spalle. "L’ultima volta che ho controllato, ero ancora cittadino degli Stati Uniti. Ho una patente di guida legale ed ho un legale numero di sicurezza sociale. Se mi avessero permesso di assistere fino alla fine alla cerimonia, avrei avuto un diploma di scuola superiore. E, allora, perché dovrei essere autorizzato a sposare Liz? E, in quanto al naturale … se lei riesce a spiegarmi perché sarebbe innaturale che due persone che si vogliono bene si sposino, la prego di farlo."

"Ma l’hai detto tu stesso. Sei un alieno."

"Dove vuole arrivare?" Max lo fissò. "Ho anche detto di essere umano."

"Ma … "

"Senta," Max alzò la voce, ma senza lasciarsi prendere dalla rabbia. "Non sono venuto qui a discutere la misura delle emozioni umane. Io sono innamorato di Liz. Liz è innamorata di me. E’ una cosa che riguarda solo noi due. Se ne faccia una ragione. Sono venuto qui per parlare … "

"Ma come facciamo a saperlo?"

"Prego?"

"Come possiamo sapere se Liz ti ama? Voglio dire, è facile per te dirlo, ma … "

"Lo amo." gridò Liz al delegato. Si fece avanti sul podio. "Amo quest’uomo … più della mia stessa vita. Dubito che lei possa mai arrivare anche vicino a capirlo, ma quello che io e Max abbiamo, va ben oltre l’amore. E’ come se ci dividessimo la stessa anima."

"Due cuori che battono all’unisono." annuì Max.

"Molto poetico, ne sono certo." li derise l’americano. "Come possiamo sapere se non le controlli la mente?"

Liz cominciò a ridere e guardò Max, per lasciargli capire che sarebbe state lei a rispondere all’uomo.

"Mia nonna, una donna incredibilmente saggia, una volta mi ha detto di seguire il mio cuore. E’ quello che sto facendo. Così potreste dire che è il mio cuore che controlla la mia mente. E visto che Max possiede il mio cuore e la mia anima, credo di poter dire che sì, Max controlla la mia mente."

Max sorrise ed abbassò lo sguardo su di lei.

"Liz ha controllato il mio cuore fin dalla prima volta che l' ho vista." guardò direttamente il suo avversario. "Così lei potrà dire che è Liz che controlla la mia mente."

Il resto dei delegati scoppiarono a ridere.

"Signor Evans." disse il delegato britannico al di sopra delle risate. "Come membro del Consiglio di Sicurezza e rappresentante del Governo di Sua Maestà, è mio dovere non farmi un’opinione fino a che noi," ed indicò gli altri "le Nazioni Unite, non abbiamo avuto una possibilità di discutere tutto questo e, come prescrive il protocollo, votato una risoluzione."

Ci fu un mormorio di approvazione nella sala, mentre tutti i delegati approvavano la saggezza di quella affermazione.

"Ma come essere umano e cittadino del pianeta Terra, i miei sentimenti mi obbligano a dire … " guardò l’assemblea dei rappresentanti. "Di cosa ha bisogno? Io, per primo, farò quanto è in mio potere per aiutarla, ma cos’è esattamente che vuole?"

Max guardò le facce che lo stavano guardando, piene di aspettativa.

"Io voglio vivere in pace. Io voglio tornare a casa la sera, dopo un giorno di lavoro, da mia moglie e parlare con lei della nostra giornata. Voglio avere una famiglia, trascorrere del tempo con i parenti e con gli amici. Voglio invecchiare con Liz. Signor Segretario Generale," Max si voltò verso di lui. "Io voglio la normalità. Ma tutto questo potrebbe non essere possibile, con o senza il vostro aiuto.

Se oggi sono qui a parlare con voi, è perché Khivar sta arrivando. Noi siamo pochi, ma ci batteremo ugualmente contro di lui. Non ci consegneremo a lui, né gli consegneremo questo pianeta. Membri delle Nazioni Unite, io chiedo aiuto. Aiuto per difendere il vostro … il nostro pianeta dal mio nemico. Dal nostro nemico. Io non posso e non voglio obbligarvi ad aiutarmi. Spero solo che possiate guardare nelle vostre coscienze, che votiate la vostra risoluzione e che scopriate che come esseri umani, siete capaci di aiutarmi."

Max non era mai stato sicuro di come sarebbe stato accolto dalle nazioni Unite, ma un applauso in piedi, non era mai stato preso in considerazione. Fu quello che accadde quando, come un solo uomo, tutti i delegati si alzarono e lo applaudirono fragorosamente.

Sparsi per la sala, i soldati che seguivano Max lo guardarono orgogliosi. Da una vetrata posta sopra la sala, Isabel guardò orgogliosamente suo fratello. Michael osservò con orgoglio, l’inquadratura di Max sul monitor. Kyle, Connie, Maria, Jesse si illuminarono d’orgoglio, quando il rumore dell’applauso tributato a Max arrivò fino a loro. Da dietro la telecamera, Sarah Brackham sollevò il pollice, l’orgoglio che le brillava negli occhi. Lontano centinaia di miglia, quattro coppie di genitori guardarono con orgoglio lo spettacolo dal televisore del Crashdown.

Stando dietro a suo marito, scaldandosi al calore dell’ammirazione che si era conquistato da parte di un cinico congresso di uomini e di donne che avevano creduto di aver visto già tutto, Liz lo guardò con qualcos’altro. Sì, era orgoglio e sì, era anche amore. Ma, mescolato con l’amore e l’ammirazione che sentiva per la sua anima gemella, c’era anche un’altra sensazione, una sensazione che aveva a lungo tenuto segreta della sua anima. Una sensazione in cui lei aveva creduto da molto tempo. Se il mondo avesse mai scoperto quanto fosse bella l’anima di Max Evans, che mondo meraviglioso sarebbe diventato.

* * * * *

All’interno di un anonimo caseggiato in un suburbio qualsiasi di Washington, DC, un uomo non provava orgoglio per l’uomo che aveva visto alla televisione. Quello che provava era una sensazione più simile alla paura. Paura che la sua utilità per un Presidente che aveva falsificato la sua morte, perché potesse partecipare in segreto ad una missione che non gli avrebbe fornito nulla, fosse finita. Baurline sapeva che i suoi giorni, se non le sue ore, erano contati.

Non si fermò a guardarsi attorno. Non si disturbò neppure a radunare le sue cose o a chiudersi la porta alle spalle. Corse, invece, per la strada. Con un occhio alle sue spalle, si confuse tra la folla e si diresse verso la stazione degli autobus. Nella sezione sinistra del deposito bagagli andò verso uno degli armadi più grandi. Quelli più grandi erano chiusi da una combinazione e non da una chiave. Baurline digitò la combinazione e lo aprì. Ne tirò fuori una valigia che aveva depositato lì da più di cinque anni. Lì c’era la nuova identità di Steve Baurline. Una persona non lavora per l’FBI per più della metà della sua vita senza imparare un trucchetti o due dagli individui ai quali ha dato la caccia.

Con un’ultima occhiata alle sue spalle, l’ex agente dell’FBI Steve Baurline entrò nei bagni pubblici. Al suo posto, emerse Jose Perez, lavoratore itinerante da Tijuana, Mexico.

* * * * *

Mentre Max aveva la gola chiusa ed era sommerso dall’emozione che aveva usato per arrivare in fondo a tutto quello, il Maggiore Armstead salì sul podio al suo fianco e lo guidò tra le braccia di Liz. Tornò sul podio, aspettando che l’applauso scemasse.

"Il mio nome non è importante," disse alla fine. "ma io non sono un alieno."

Aspettò che il pubblico finisse di ridere.

"Io sono uno dei tanti uomini che ha aiutato Max nelle battaglie contro i probabili invasori. Noi che lo abbiamo seguito, lo abbiamo fatto con gli occhi aperti. Sapevamo in cosa ci stavamo cacciando. In questo momento, molti di voi guardano Max e vedono immagini di marziani verdi. Ma lasciatemelo dire. Se aveste potuto vedere Max con i suoi amici, con la sua famiglia … " guardò verso la coppia abbracciata. "con Liz … " si aprì in un sorriso gentile. "lo avreste visto per quello che è. Avreste visto un gentile e generoso essere umano. Se aveste potuto vedere la preoccupazione e la simpatia che ha mostrato agli uomini che sono stati feriti o alle famiglie che avevano perso i loro cari, allora avreste capito.

Se riuscirete ad andare oltre il fatto che è in parte alieno e vedere solo il giovane uomo, ancora adolescente, allora avrete bisogno di vederlo guidare gli uomini che lo hanno spontaneamente seguito in due battaglie e che lo seguiranno ancora.

Max è una merce rara. E’ un leader che si preoccupa. Qualità capitale che noi, esseri umani, vorremmo vedere nei nostri capi. Max non è il vostro capo. E’ il nostro, perché noi abbiamo scelto di sostenerlo nel suo compito. Sebbene lui non avesse voluto il potere, lo ha usato con saggezza e con parsimonia. Sarebbe potuto andar via da molto tempo. Ha accesso ad una nave spaziale che gli avrebbe garantito la fuga, eppure ha scelto di restare e di aiutarci a combattere per la nostra libertà. Come lo ripagheremo?"

* * * * *

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Capitolo 73
*** 74 ***


Parte 74

"Bene, Maxwell." Michael staccò lo sguardo dal finestrino per guardare il suo leader. "Direi che è andata bene, huh?"

Max era seduto accanto alla parete dell’autobus, con Liz appoggiata su di lui.

"Almeno non ci hanno arrestato." e scrollò le spalle.

"Devo ammettere," disse Isabel "non credevo che saremmo semplicemente usciti da lì e che saremmo saliti sul nostro autobus."

"Pensavo che ci saremmo trovati molta più gente di fronte." annuì Connie. "Perfino i media sono spariti."

"Lo sapevo che ne saremmo usciti." sorrise Liz. "Chi non si sarebbe innamorato di Max?"

Isabel cominciò a ridere.

"A giudicare dagli sguardi che le giovani traduttrici hanno dato a Max quando era sullo schermo, potresti rimpiangerlo, Liz."

"Però credevo che ci sarebbe stata molta più gente che avrebbe voluto parlare con te, Max." Michael si sporse in avanti sul suo sedile. "Sai, faccia a faccia."

"Ho ricevuto qualche invito. Sono anche stato messo alle strette da qualcuno che ha cercato di parlare con me."

"Chi?"

"Non importa. Voleva sollecitare il mio aiuto per sconfiggere il suo vicino. Non credereste a quello che mi ha promesso."

"Una quantità di mogli? Cammelli? Oro?" chiese Kyle. "Cosa?"

"Quando avremo la risposta su quello che ha deciso il Consiglio?" chiese Jesse dal suo sedile.

"Sapendo quello che sappiamo sui politici," Liz si strinse nelle spalle "probabilmente molto dopo che la faccenda con Khivar si sarà risolta, in un modo o nell’altro."

"E’ la verità." Maria roteò gli occhi. "Sapete una cosa? Avremmo dovuto parlare con le loro mogli."

"Oh, lo capisco." ridacchiò Kyle. Si voltò a guardare Max. La sua voce si alzò di diverse ottave. "Oh, no. Khivar sta arrivando e io non ho uno straccio da mettermi. Questo mi fa il sedere troppo grosso?"

E Kyle si voltò per mostrare il suo sedere.

"Ma imparerà mai?" sussurrò Max all’orecchio di Liz. Connie mollò uno schiaffo sulla nuca di Kyle.

"Dubito che lo farà." ridacchiò Liz.

"Oh, oh." Isabel si sedette accanto a Jesse ed indicò il lunotto posteriore.

Tutti si voltarono per vedere quello che aveva visto lei. Due poliziotti addetti al traffico, sulle motociclette, erano dietro di loro, le sirene lampeggianti. Max si alzò dal fianco di Liz e riavvicinò ad Eldugar, che era al volante.

"Sono dei nostri?" gli chiese.

"No." Eldugar scosse la testa e i suoi occhi si restrinsero, sospettosi. Dietro di lui, Max sentì il rumore secco che facevano le pistole quando venivano caricate, mentre i soldati sull’autobus si preparavano. Non si sarebbero arresi senza combattere.

"No." Max scosse la testa. "Se sono venuti ad arrestarmi, li seguirò tranquillamente."

"Cosa?" Michael scattò in piedi.

"Lo dico veramente, Michael. Eldugar, accosta."

Eldugar annuì e cominciò ad eseguire la manovra. Tutti sul bus trattennero il respiro, mentre guardavano il poliziotto avvicinarsi al finestrino di Eldugar. Aveva un blocchetto in mano.

"C’è qualche problema, agente?" chiese Eldugar.

"Solo se lei non pensa che andare … " la voce dell’agente diminuì, quando vide il giovane uomo di fronte a lui. "Tu! Tu sei quello … Tu sei Max Evans."

"Ci conosciamo?" Max aggrottò le sopracciglia.

"Cosa? No. O meglio, non proprio. Vi abbiamo appena visto alla TV. Alla stazione di Polizia. Ho sentito la chiacchierata alle Nazioni Unite."

"Oh." Max annuì. "Quella."

"Harry!" il poliziotto fece un cenno al suo collega. "Harry, vieni a vedere chi c’è."

"Chi è?" chiese il suo compagno avvicinandosi.

"Dai un’occhiata." disse il primo poliziotto, facendosi da parte.

"Qualche attore oppure … Gesù!"

"Sbagliato." rise Kyle da dietro la spalla di Max. "Ma c’è andato vicino."

"Che ci fate qui?"

"Stiamo cercando di andare all’aeroporto." li informò Max. "E siamo in ritardo."

"JFK o La Guardia?"

"No." Max scosse la testa. "Teterboro."

"Vi ci vorrà tutto il giorno con questo traffico." lo avvertì il poliziotto. "C’è un ponte chiuso, lì davanti."

"Grande." grugnì Michael.

"Sapete cosa vi dico?" propose l’uomo. "Che ne pensate se vi scortiamo? Potremmo precedervi e liberarvi gli incroci. Darvi via libera per tutto il tragitto. Vi porteremo lì in un’ora."

"Davvero?" Max spalancò gli occhi. "Fareste questo per noi?"

"Sì." annuì l’agente. "Mio fratello è un ranger. Qualche mese fa, è stato mandato in Nevada. Non ha detto niente in proposito, ma so che è stato coinvolto in qualcosa laggiù. Io credo … io credo che tu gli abbia salvato la vita."

Max rimase in silenzio.

"Ad ogni modo," continuò l’uomo. "ti ho visto con la tua ragazza. Mi fido di te. So che farai tutto il possibile per aiutarci."

"Grazie." disse Max alla fine. "Spero che le Nazioni Unite la pensino come lei."

"Ascolta." l’agente si strinse nelle spalle. "Non importa quello che decideranno, alla fine, voi avrete l’aiuto. Ricordatevelo. L’umanità è molto di più che frontiere e bandiere."

"Sagge parole." concordò Max.

"Andiamo a farvi strada."

I poliziotti si rimisero i caschi sopra la testa e si diressero alle loro moto, mentre li allacciavano. Cinque minuti dopo, il bus stava correndo sulla superstrada, guidato da due motociclette della Polizia.

* * * * *

"Non riesco a credere che stiamo tornando a Roswell." Max scosse la testa. "E senza essere ammantati di segretezza."

Erano seduti in una limousine lunga, guidata da Eldugar e stavano guardando il deserto del New Mexico correre via. Dietro di loro, una flotta di minibus portava i soldati che li accompagnavano.

"Capisco quello che vuoi dire." annuì Liz. "E’ una sensazione strana, però."

"Come pensate che ci riceveranno?" Quello era un pensiero che aveva preoccupato Isabel. La sua più grande paura era che la gente che aveva conosciuto per tutta la vita, non riuscisse a capire perché lei avesse sentito il bisogno di nascondersi come aveva fatto. Vedeva l’immagine dei suoi vecchi amici che le tiravano pietre, chiedendo che i mostri alieni lasciassero la città.

"Andrà bene." Jesse l’abbracciò. "Hey, ora siamo delle celebrità. Saranno stati intervistati almeno tre o quattro volte al giorno."

"E avranno fatto una fortuna vendendo le loro storie." commentò Kyle.

"Se qualcuno di loro dirà di essere venuto a letto con qualcuno di noi." brontolò Maria. Kyle diventò rosso.

"Ascoltate tutti." Max attirò la loro attenzione. "Ora siamo sotto gli occhi di tutti. Tutto quello che diremo e faremo sarà passato al setaccio. Se Liz dovesse abbracciare un altro ragazzo … "

"Tu lo friggeresti." ridacchiò Kyle.

"… finirebbe sulle prime pagine." Max gli lanciò un’occhiataccia. "Ora, non vi sto dicendo di ignorate tutto e tutti. Siate voi stessi, senz’altro, solo … solo state attenti, tutto qui. E ricordate che lì fuori, c’è gente alla quale non importa la verità, né la morale. Se una foto potrà procurare qualche dollaro, a loro basterà."

"Posso dire una cosa, Max?" Jesse sollevò una mano.

"Sì."

"Un’altra cosa alla quale dovrete stare molto attenti. Ora Max rappresenta il potere. E, per questo motivo, ci sarà gente che cercherà di manipolarlo. Siamo stati già testimoni di qualche caso estremo, ma ce ne saranno altri che penseranno di poterlo influenzare. E anche Liz, perché sanno tutti che Max stravede per lei. Così penseranno di poterlo controllare attraverso lei. State attenti ai Greci che portano regali."

"Dannazione." imprecò Kyle. "Avevo pensato di fare una fortuna organizzando appuntamenti con Liz."

"Non avresti vissuto abbastanza da spendere il primo centesimo dei tuoi guadagni." disse Liz in tono falsamente irato.

"Max." lo chiamò Eldugar. "Sarà meglio che tu venga a vedere una cosa."

"Cosa?" Max guardò attraverso il parabrezza, dove Eldugar stava puntando il dito. Davanti a loro, da una parte all’altra della strada, c’era un enorme striscione, fatto con delle lenzuola cucite assieme. Dipinta a grandi lettere rosse, c’era una scritta. ‘Benvenuti a casa Max e Liz’.

"E il resto di noi?" brontolò Maria.

"Guardate quanta gente." Dietro lo striscione una folla li stava aspettando.

"Chi ha vuotato il sacco?" chiese Michael.

"Devono aver controllato i piani di volo." sospirò Connie. "Qualcuno al Teterboro deve aver chiamato qualcun altro, che ha chiamato qualcun altro e tutti hanno saputo dove stavamo andando."

Eldugar fermò l’auto.

"Che succede?" Michael si fece strada per arrivare affianco ad Eldugar. In modalità difensiva. "Perché ti sei fermato?"

"Devo proseguire?" Eldugar guardò Max.

"Max?" Jesse gli posò una mano sulla spalla. "Normalmente, non direi mai una cosa del genere, e non posso nemmeno credere di stare per dirla ora, ma … "

"No." Michael scosse la testa. "No! Non puoi dirlo sul serio!"

"Ora Max è una figura pubblica e tutta questa gente lo sta aspettando. Se vogliono amare Max e Liz, lasciamoglielo fare. Può solo aiutare la nostra causa."

"Ti ricordi di Kennedy?"

"Max ha il suo scudo. E ha buoni sensi. Se ti farà star meglio, possiamo schierare delle guardie. Farle camminare ai lati della limousine, come fanno le guardie del corpo del Presidente."

"E chi sarebbe così stupido da camminare accanto alla limo con questo caldo?" chiese Michael.

"Tutti loro." Isabel indicò con la testa." E tu sai che lo farebbero, Michael. Sono d’accordo con Eldugar. Diamo loro quello che vogliono."

"Nel caso non lo aveste notato," Liz si intromise nella discussione semi privata "la nostra limousine non è una convertibile."

"Liz, Liz, Liz, Liz, Liz," Maria scosse la testa. "Sei seduta in una macchina dove c’è abbastanza potere da rimodellare il mondo e ti preoccupi per il modello della limousine?"

"E’ vero." ridacchiò Liz.

Michael si arrese, ma insistette perché l’auto fosse sistemata al centro del convoglio. Si lamentò amaramente della mancanza di soldati, ma ne impiegò solo la metà ai lati della limo. Gli altri rimasero sui loro automezzi. Avrebbero fatto a turno, per bere e riposarsi.

Fu così che un ragazzo, che una volta una delle sue amiche aveva paragonato a John F. Kennedy, fece la sua entrata in quella che considerava la sua città natale, in un modo che riportava alla mente il grande Presidente. La cosa buona fu che non c’erano depositi di libri a Roswell, né colline ricoperte d’erba.

* * * * *

A causa della febbrile scenografia lungo la strada, dove amici, conoscenti e perfetti sconosciuti, salutarono Max e Liz, che erano seduti sugli schienali della loro limousine, ora scoperta, la Main Street non era mai stata così caotica.

"Max! Liz!" chiamavano tutti, mentre i flashes si illuminarono per tutta la strada.

"Da dove è uscita tutta questa gente?" chiese Liz. "Ci deve essere un milione di persone in città."

Le strade erano adornate da striscioni e bandiere. La gente salutava, proclamando il suo amore per uno del gruppo, sebbene Max e Liz fossero di lunga i più popolari. Fotografi e squadre delle televisioni, si mescolarono tra la gente, per fermare ogni immagine per la posterità. Palloncini, stelle filanti e odori di fast food, riempivano l’aria.

"Tuo padre starà facendo una fortuna." rise Maria. "Il suo sarà il ristorante più attuale della città. Diavolo, dell’intero pianeta."

"E pensi che lui approfitterà di questo momento per pensare agli affari?" Connie spalancò gli occhi.

Liz e Maria si guardarono l’un l’altra, poi tornarono a guardare la folla. "Sì." dissero contemporaneamente, scoppiando a ridere.

"Forse, finalmente, riuscirà a vendere tutte quelle cravatte." ridacchiò Max. "Da ora in poi, ci sarà un sacco di gente che farà soldi alle nostre spalle. E allora perché non dovrebbero farlo le persone che conosciamo ed amiamo?"

"Scommetto che Brody sta facendo soldi a palate." rise Maria.

"Sì." Kyle roteò gli occhi. "Scommetto che ce l'avrà a morte con Max per non avergli detto la verità, per tutta la strada fino alla banca."

"Non posso crederci." Max continuò a salutare la folla. Qualcosa lo colpì leggermente sul petto e rimbalzò. Un articolo di biancheria intima femminile comparve sulle sue ginocchia.

"E io non posso credere a questo." Liz rigettò l’offensivo articolo per la strada.

Max si limitò a diventare di diverse tonalità di rosso.

* * * * *

La parata fu costretta a fermarsi davanti al Crashdown Café. Un palco improvvisato sbarrò loro la strada. C’erano più telecamere lì di quante ce ne fossero state lungo la strada.

"Oh, mio Dio!" grugnì Isabel. "Guardate!"

Ed indicò un lato del palco, dove era stata portata una delle tribune della scuola. Con indosso tocco e mantello, la maggior parte della classe del 2002 – quelli che erano stati rintracciati nel poco tempo a disposizione – stavano dando il benvenuto ai nuovi arrivati, insieme al resto della città.

Sul palco, erano riuniti il Sindaco, il Governatore e membri assortiti della camera di Commercio. I loro genitori stavano da una parte, stupiti del fatto di essere lì.

"Credo che ci vogliano lassù." Max indicò il palco con la testa. "Qualcuno deve aver lavorato sodo per preparare tutto questo."

"Andiamo e facciamola finita." brontolò Michael.

"Aspetta." Max scosse la testa. Scese dalla limousine e, come prima cosa, andò a ringraziare gli uomini che l’avevano scortata. Solo allora, condusse la sua famiglia su per i gradini del palco.

Michael rimase indietro ad aiutare Eldugar a schierare i soldati per formare una barriera tra Max e la folla che si era assembrata. Occhi controllarono il pubblico alla ricerca di qualche segno di pericolo per i loro amici. Max raggiunse la piattaforma. In un angolo, chiaramente a disagio ma contenti di rivederli, c’erano i loro genitori. Max si unì agli altri per sorridere nella loro direzione.

"Max." il Sindaco andò a stringergli la mano. "Liz, Maria, Isabel, Jesse, Kyle … " fece una pausa davanti a Connie.

"Connie." gli sussurrò qualcuno.

"Connie." finì lui.

Michael salì i gradini per unirsi a loro. Il Sindacò cercò di stringergli la mano, ma fu fermato dalla sua espressione ostile.

"Benvenuti a casa." terminò il Sindaco.

La folla eruppe in un frenetico applauso. Mente il Sindaco dava dimostrazione delle sue capacità nelle pubbliche relazioni, qualcuno si fece strada fino ai piedi del palco, portando due strani oggetti dorati. Stando davanti al microfono, il Sindaco fece un cenno con la mano per chiedere alla folla di fare silenzio.

"Vostra Maestà." si inchinò a Max, un movimento che non riuscì a compiere molto bene.

Tese a Max una corona dall’aspetto scadente, che dava l’idea di essere stata completata solo un momento prima. Max chiese aiuto con lo sguardo ai suoi amici. Liz gli toccò il braccio col gomito ed annuì, quando lui le diede un’occhiata interrogativa, posandosi la corona sulla testa. Mentre gli applausi ricominciarono, Max sembrò imbarazzato tanto quanto i suoi amici.

"Benvenuti a casa." ripeté il Sindaco. "Per i vostri servigi nel dimostrare, una volta per tutte, che Roswell è la capitale aliena del mondo, vorremmo donarvi la chiave della città. Della vostra città."

Il Sindaco tese a Max una grande chiave, altrettanto appiccicaticcia.

"Mi dispiace per Rachel!" gridò il Sindaco al microfono sollevando in alto il pugno.

"Uhm … " balbettò Max, mentre la folla acclamava il gesto del Sindaco. "Grazie." Guardò il pubblico. "Grazie. E’ … uhm … bello essere a casa." Max sollevò in aria la chiave come fosse una spada leggendaria.

La folla applaudì di nuovo. Quando l’applauso si affievolì, salì sul palco il Preside del Liceo.

"Per quelli di voi che ricordano," disse al microfono "qualcuno di questi … miscredenti … " fece una paura per permettere alla gente di ridere della sua battuta "è mancato alla cerimonia del suo diploma. Così … " fece un cenno con la testa agli studenti vestiti di rosso. I ragazzi tesero cappelli e toghe a Max, Liz, Maria, Kyle e anche a Michael. Dopodiché i cinque li abbracciarono. Liz e Maria si scambiarono uno sguardo meravigliato, quando Pam Troy abbracciò Liz come se fosse una sua vecchia amica.

"Non farti domande." le sussurrò Maria da un lato della bocca.

Infilarono le toghe sopra i loro vestiti e si misero i cappelli in testa.

"Maria Deluca." chiamò il Preside, quando vide che erano pronti.

Maria fece un passo avanti, sentendosi più che un po’ idiota. Come la folla cominciò ad applaudire, il Preside le tese il suo diploma. Con un grande sorriso, Maria si voltò verso la folla e spostò la nappa del cappello da una parte all’altra. Poi si voltò verso sua madre, agitò il diploma davanti a lei e tornò tra i suoi amici.

"Kyle Valenti."

Kyle fece quello che aveva fatto Maria, accettando la reazione della folla con un cenno della testa e poi sorridendo a suo padre.

"Michael Guerin."

Michael non poté fare a meno di accigliarsi, riconoscendo la cerimonia per quello che era. Una montatura pubblicitaria. Accettò il suo diploma, ma non lo agitò verso la folla. Lui sapeva di non essersi diplomato.

"Liz Parker, prima della sua classe."

Liz non si mosse.

"Io … Io … oh, mi dispiace." il Preside si rese conto del suo errore. Il suo viso diventò del colore della sua veste. "Liz Evans, prima della sua classe."

L’applauso per Liz fu accompagnato da forti acclamazioni e da fischi ancora più forti. Lei accettò il suo diploma, spostò il fiocco e andò diretta dai suoi genitori. Quel diploma era importante per loro quanto lo era per lei. Si riunì subito ai suoi amici, mentre il Preside prendeva l’ultimo dei diplomi. Ben prima che pronunciasse il nome, il rumore si quadruplicò, non appena lui si avvicinò al microfono. Max fece un passo avanti ed accettò il diploma, poi si voltò verso Liz e sorrise.

"E questo è uno." mimò con la bocca, sapendo che non sarebbe mai riuscito a sentirlo. Lei lo capì, però, ricambiò il suo sorriso ed annuì.

Tutti e cinque, presi nell’atmosfera, lanciarono in aria i loro cappelli, insieme ai cappelli del resto della Classe 2002 del Liceo di Roswell.

* * * * *

In un giorno pieno di sorprese, la più grande arrivò quando il Governatore cominciò a parlare.

"Ogni Nazione ha bisogno di un’Ambasciata. Ed ogni Re dovrebbe avere un palazzo." disse al microfono. "Ed un Re che vive a Roswell, New Mexico, non dovrebbe fare eccezione. In effetti, direi che è ancora più necessario che in qualsiasi altro … Regno. Vostra Maestà." tese a Max una busta colorata. "In questa busta troverete tutte le migliori proprietà che sono in vendita intorno a Roswell. Se vorrete scegliere quella che più si addice a voi e ai vostri amici, lo Stato del New Mexico la acquisterà per voi. Sarà il vostro palazzo e, noi lo speriamo … è così che dite? Antariana? … l’Ambasciata Antariana."

Max aprì la busta. C’erano almeno una dozzina di fogli colorati con i dettagli di case molto grandi e molto costose. Max guardò i suoi amici che cominciarono a sfogliare le proprietà. Eldugar guardò oltre la spalla di Max, i pochi che Max aveva sfogliato. Sussurrò qualcosa all’orecchio del ragazzo che annuì, concordando con qualsiasi cosa lui gli avesse detto. Michael prese il foglio con la descrizione della casa più costosa e sorrise.

"Questa, Maxwell."

"Mette soggezione, ragazzi." commentò Kyle. "Guardate che piscina!"

"Signor Governatore." Max si avvicinò al microfono. Dopo aver guardato l’uomo magro, con i capelli scuri, si voltò verso la folla. "Gente del New Mexico, gente di Roswell," fece fare alla sua mano un ampio arco. "Gente del mondo. Grazie. Grazie per l’onore che ci avete tributato oggi. Dubito che dimenticheremo un solo momento di questo giorno. E per quanto riguarda la vostra generosa offerta, io … noi vogliamo ringraziarvi. Ma, per quanto sia generosa, temo che dovrò rifiutarla."

Lo sguardo deluso dei suoi amici rispecchiò quelli del pubblico.

"Però, mi piacerebbe avere un palazzo qui, a Roswell, così come anche l’Ambasciata Antariana. Ma vedete, a causa unicamente di problemi di sicurezza, temo che queste case, per quanto siano meravigliose, non siano adatte per i bisogni specifici del popolo di Antar. Così, se fosse possibile, preferirei che mi garantiste un’estensione di terra dove poter costruire un palazzo degno di Roswell."

"Si può fare." annuì il Governatore. "Avete in mente una particolare area?"

Max si voltò verso Liz e sorrise.

"Vasquez Rocks." dissero entrambi nello stesso momento.

* * * * *

"Okay." ringhiò Kyle quando, alla fine, furono soli nell’interno, fornito di aria condizionata, del Crashdown. Aveva aspettato in una tesa pazienza che tutti salutassero i rispettivi genitori. Non poteva più trattenere la sua delusione al rifiuto di Max di quello che gli sembrava una giusta ricompensa per tutto quello che avevano dovuto sopportare, da quando Max aveva capovolto il suo mondo. "A che diavolo stavi pensando là fuori, El Jefe?"

"Huh?" Max si voltò dall’abbraccio in cui Nancy lo aveva avvolto. "Ma di che stai parlando, Kyle?"

"La casa, idiota. Il ‘tuo’ palazzo. Ti hanno offerto una scelta delle case più belle di Roswell: piscine, saune, bastava che parlassi. E tu cosa vai a scegliere? Il deserto. Un ammasso di rocce e di terra desolata. Grande!"

"Questa volta sono con Valenti, Max." sbraitò Michael. "Di solito non mi piace accettare la carità ma, dannazione, questo ce lo siamo meritato."

"In effetti," Philip guardò verso Max. "Anche io sono incuriosito dalla tua scelta. Cosa hai in mente, figliolo?"

"A cosa ci servirà una di quelle belle case se Khivar vince?" Max si strinse nelle spalle. "In questo modo, ora ho a disposizione un centinaio di chilometri quadrati per far accampare un piccolo esercito. E visto che è mio, posso metterci delle guardie e tenere fuori i civili. Tecnicamente, ora quella terra è suolo del Regno di Antar, così tutto quello che vi accadrà sarà fuori dalle leggi degli Stati Uniti.

E per questo, e quando avremo sconfitto Khivar, avremo un posto tutto nostro, costruito per le nostre esigenze e, probabilmente, molto meglio di qualsiasi altra casa di questo pianeta. Potremo anche costruirlo con la tecnologia di sicurezza Antariana. Chi sa quanti dispositivi di ascolto e di controllo ci sarebbero stati nella casa che avessimo scelto? In più, ora posseggo tutte le alture. Nessuno potrà dominarci dall’alto. Area 51 senza Tickaboo Peak."

"Oh." Michael rimproverò se stesso. Non aveva nemmeno preso in considerazione la sicurezza.

"Qualcuno deve pur pensare a cose come queste." sogghignò Max. "Rilassatevi, ragazzi. Avrete la vostra piscina, anche se consiglierei a Michael di star lontano dalla sauna. Ora, andiamo a vedere il nostro esercito."

* * * * *

 

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Capitolo 74
*** 75 ***


Parte 75

Indicazione della data: 12 gennaio 2003 – Washington, D.C.

Il Pentagono ha confermato la notizia che intere unità di personale militare sono state dichiarate AWOL (Assenti Ingiustificati) dopo il drammatico discorso tenuto dal giovane Maxwell Evans davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sebbene non confermato, si sospetta che le unità mancanti abbiano raggiunto Roswell, New Mexico, dove si crede abbiano offerto i loro servigi al Re Alieno, in vista dello scontro imminente con le forze aliene in avvicinamento.

La terra donata recentemente a Re Max è ora tecnicamente suolo del Regno di Antar e, come tale, ogni reparto che si nasconde sul quel territorio, non sarà sottoposto alla legge, fino a che non lo lascerà. Ci si chiede se saranno intraprese azioni contro questi uomini qualora prendessero parte all’attesa battaglia per la salvezza del nostro pianeta.

Mentre il Presidente Forest vacilla e mentre il Consiglio di Sicurezza non riesce a prendere una decisione su se e come aiutarlo, Max Evans e i suoi seguaci si stanno raccogliendo a Roswell per proteggerci. Se solo tutti i leader potessero agire così responsabilmente.

Sembra che l’America non sia la sola Nazione rimasta intrappolata nell’incantesimo che Max e la sua affascinante moglie hanno lanciato. Le Ambasciate Straniere, in rappresentanza di quasi tutti i paesi a Washington, hanno ammesso che molte delle loro guarnigioni militari hanno disertato le loro postazioni. Come per gli Americani, si presume che si stiano dirigendo a Roswell. Stanno arrivando anche notizie che unità straniere hanno lasciato i loro paesi e stanno arrivando nel New Mexico. E’ dubbio che molte di loro riusciranno a raggiungere Max Evans in tempo, ma questo è sicuramente indicativo di come l’umanità desideri aiutare Max.

Nel frattempo, il consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sta ancora decidendo cosa, e se qualcosa, dovrà essere fatto. Ed ancora, nessuna notizia è stata ufficialmente rilasciata, ma le voci in circolazione suggeriscono che qualcuno ha usato il diritto di veto per prevenire decisioni unilaterali, in un modo o nell’altro.

Per il momento, sembra che Max Evans dovrà affrontare da solo la più grande minaccia contro questo pianeta. Almeno ufficialmente. - - - Reuters.

* * * * *

"Come va di sotto?" chiese Nancy quando Jeff tornò nel loro appartamento, dopo una veloce escursione in cucina per fare provviste.

"Uno zoo." Jeff si strinse nelle spalle. "In questo momento ci sono più giornalisti che clienti. Jose ha applicato un piccolo addebito. Sembra che faccia pagare loro dieci dollari ciascuno per una tazza di caffé."

"E con quale motivazione?"

"Perché impediscono ai clienti paganti di occupare i tavoli e stanno tutti disperatamente sperando che noi facciamo un’apparizione. Dio solo sa che domande vogliono farci questa volta."

"Se sapessi che ci vogliono fare domande ragionevoli, mi farei intervistare. Ma parlare della vita sessuale di mia figlia non è qualcosa che voglio fare."

"Dillo a me." Jeff scosse la testa. "E’ in momenti come questi che avrei voluto non sentir mai parlare di Max Evans. Poi ricordo quello che sarebbe stata la nostra vita se lui non ci fosse stato e rifarei tutto questo ogni giorno."

"Ma perché devono essere così … Vorrei che Sarah fosse qui. Potremmo concederle un’esclusiva ed usarla come agenzia stampa."

"E pensi che questo li fermerebbe?" sbirciò dalle tende la folla che aspettava la possibilità di mangiare qualcosa nel caffé dove tutto era cominciato. "Gli avvoltoi saranno affamati ancora per poco. Philip sta cercando di procurarsi un’ordinanza dal Tribunale."

"Anche se ci riuscisse, a che servirebbe? Non abbiamo abbastanza Polizia per farla applicare."

Ci fu un impatto contro una delle finestre sul retro. Jeff si precipitò alla porta, subito seguita da Nancy. Entrò di corsa nella stanza di Liz per scoprire un cameraman che stava filmando l’interno della stanza attraverso il vetro.

"Vada via!" urlò Jeff. "Prima che prenda una pistola e le spari perché ha tentato di derubarci."

"E’ questo il letto in cui hanno fatto sesso, signor Parker?" chiese un reporter ad alta voce. "Che ne pensa del fatto che un alieno si scopi sua figlia?"

"Nancy, prendi la pistola."

"Quante altre ragazze pensa che lui abbia sedotto, signor Parker? Abbiamo trovato tre ragazze a Clovis che giurano che Max Evans è il padre dei loro figli. Che ne pensa di questo?"

C’erano altri reporter dietro a quello. Presto microfono e telecamere oscurarono la gente. "Penso che sia ora di imbarcarsi e tornare alla base." Jeff si voltò verso Nancy e chiuse la tenda.

Nancy annuì, mentre lui metteva una coperta pesante sopra il bastone della tenda. Poi tornò in soggiorno e sollevò il telefono.

"Pronto?" disse quando qualcuno rispose. "Dipartimento dello Sceriffo di Roswell? Sono Jeff Parker. Abbiamo un problema."

* * * * *

"Sono ancora lì?" Diane aveva cercato di seppellirsi sul divano, per guardare la televisione, dove stavano trasmettendo le ultime notizie su Max e gli altri.

"Sì." Philip lasciò ricadere la tenda. "Ancora lì. Solo che ce ne sono ancora di più. Dubito che ci sia una sola telecamera negli Stati Uniti che non sia a Roswell."

"Credevo avessi ottenuto un’ordinanza del Tribunale."

"L' ho fatto." annuì Philip. "Anche se il giudice era più interessato a Max che ai nostri diritti. Il problema è che questa gente si limita ad ignorarla. Hanson ha detto che proverà a fare quel che può, ma che non può stare dovunque contemporaneamente. Ha problemi in tutta la città, e non abbastanza fondi per assumere altri agenti."

"Pensi sia ora di andarcene nel deserto?"

"Credo che Max abbia già abbastanza problemi."

"Almeno lui ha le sue guardie per proteggere la sua privacy."

"Stavo pensando all’arrivo di Khivar."

"Sai?" Diane si accigliò. "Con tutto quello che sta succedendo, ho dimenticato qual’è il vero problema. Max è tornato a casa per combattere la sua grande battaglia con Khivar." Aveva un groppo in gola. "Oh, Philip. E se … E se … "

"Non ci preoccupiamo di questo, okay? Dobbiamo essere forti per Max."

Qualcuno bussò alla porta. Entrambi l’ignorarono.

"Hai ragione." sospirò Diane. "Non c’è bisogno che si preoccupi per noi."

I colpi alla porta si fecero più insistenti. Philip roteò gli occhi.

"Di contro, andarcene da qui potrebbe non essere una cattiva idea."

"Signor Evans. Il mio nome è Darren O'Shea. Sono un avvocato, signor Evans. Temo di dover veramente parlare con lei."

"Vada via, signor O'Shea. Io non ho niente da dire. Mio figlio non ha bisogno di altri avvocati. Ne ha già due che lo rappresentano."

"E’ una buona cosa, signor Evans." disse la voce. "Perché ne avrà bisogno. Ho cercato di contattarlo dove si trova, ma i suoi … mercenari non mi hanno lasciato passare. Hanno minacciato di spararmi se mettevo piede nella loro terra."

"Avrebbero potuto farlo, signor O'Shea. Quel pezzo di deserto, ora, è al di là della vostra legge, ora."

"Ma suo figlio non lo è." disse ancora l’uomo. "Lui proclama di essere un cittadino degli Stati Uniti d’America e come tale è sottoposto alle nostre leggi. Signor Evans, penso veramente che lei dovrebbe lasciarmi entrare, a meno che non voglia che tutti questi giornalisti sentano quello che ho da dire."

Philip socchiuse la porta e sbirciò dall’apertura per assicurarsi che l’avvocato fosse solo. A parte quello che sembrava essere il suo assistente, lo era. Philip lo lasciò entrare. L’uomo era basso, calvo e coperto da un leggero velo di sudore. Philip lo riconobbe per quello che era. Un individuo spregevole.

"Avete un bel posticino, qui." l’avvocato si stava guardando attorno nella stanza, quasi a calcolare quanto potesse valere.

"Cosa posso fare per lei, signor O'Shea?"

O'Shea tese a Philip una grossa busta.

"Cos’è questa?" chiese lui.

"Una causa di riconoscimento di paternità."

"Abbastanza corretto." Philip si strinse nelle spalle. "Ma cosa ha a che fare con me?"

"Suo figlio, signor Evans, è il padre di Jamie Evans, il bambino di due anni figlio di Donna McKenzie."

"Cambiare il nome del bambino dopo gli ultimi eventi, non farà di mio figlio suo padre." Philip strinse gli occhi.

"Ma certamente le libertà che si è preso nel sedile posteriore della macchina della mia cliente, sì. La mia cliente si aspetta di ricevere l’appropriata remunerazione che il suo stato di Regina di Max Evans richiede."

"Regina?" Philip sollevò le sopracciglia.

"Lei è la madre del Principe Ereditario di Antar. Non è così che funziona la monarchia?"

"In effetti, non è così." Philip scosse la testa. "Inoltre, lei non ha le prove che sia la madre del bambino di mio figlio."

"Lo costringeremo a fare un esame del sangue, signor Evans."

Philip scoppiò a ridere.

"Lei sta scherzando, vero? Non ha sentito il suo discorso, signor O'Shea? Lui ha detto che il suo sangue è differente. Quanto tempo pensa che ci vorrà per provare che il loro sangue non è compatibile?"

"Nessuno sa con certezza come la combinazione del sangue possa essere interessata, signor Evans. Le differenze potrebbero essere spiegate. Potremmo tenere questo processo coinvolgendo la stampa per anni. Tutta cattiva pubblicità. Comunque la mia cliente comprende la situazione. Ci rendiamo conto come, in questo momento, suo figlio non voglia essere coinvolto in un processo per un riconoscimento di paternità, visto che la sua mente è occupata altrove e che vorrà tenere il suo nome al di fuori di uno scandalo. Così per un considerevole pagamento ed una rendita adeguata, lei rinuncerà ad ogni pretesa al trono."

"No." Philip scosse la testa. Gli era venuta un’idea e cominciò a sorridere. "Su Antar non funziona così, signor O'Shea. Vede, quando un Antariano prende un compagno è per tutta la vita. Se il bambino è veramente il Principe ereditario di Antar, non solo lei dovrà prendere il suo posto a fianco di mio figlio, ma il suo bambino dovrà sedere sul trono di Antar. Così, temo che la sua cliente dovrà accompagnarmi da Max. Anche il bambino sarà sottoposto alla loro legge e, come tale, sarà fatto sedere sul trono. Naturalmente, sono certo che, nonostante l’apparente pericolo, lei sarà contenta dei benefici. La ricchezza, la … "

"Pericolo?"

"Come le ho detto, signor O'Shea, se il bambino è l’erede di Max non correrà nessun pericolo."

"E quale sarebbe questo ‘pericolo’, signor Evans?"

"Niente di cui lei debba preoccuparsi. Vede, il trono è come un avanzato analizzatore del DNA. Se il bambino non è l’erede di Max, il trono giustizierà lui e sua madre come impostori. Sul loro pianeta è una cosa legale. Per prevenire falsi pretendenti al trono. Ma, come avvocati, noi dobbiamo sostenere la legge, giusto? Specialmente se la sua cliente è così certa della paternità di Max."

"Mi scusi." Darren O'Shea abbandonò la casa.

"E’ stato infame." rise Diane. "Troppo divertente, ma infame."

"E questo eviterà future pretese da parte di donne avide." ridacchiò Philip. "Quel tipo spargerà la voce e questo dovrebbe anche rendere a Liz la vita un po’ più facile."

* * * * *

"Guarda chi c’è, Max." disse Jesse entrando nella tenda.

Max era seduto ad un tavolo di mogano e stava discutendo la situazione con Michael, Mantik, il Maggiore Armstead e il Colonnello Roberts, che era stato uno dei primi militari ad essere dichiarato AWOL, insieme a tutto il suo reparto di rangers.

"Arthur!" esclamò Max quando vide Arthur Carlton fare capolino nella tenda. "Vieni dentro." e traversò la tenda per andare a stringere la mano dell’amico.

"Bel Palazzo che hai qui, Max." Arthur guardò attorno a sé una tenda molto poco militare, che sarebbe stata invece bene sul set per un film sulle Notti Arabe.

"E’ un regalo del Maggiore Ali Assif Mahoudah, addetto militare dell’Ambasciata del Kuwait. Ha detto che uno della mia levatura aveva diritto ad una tenda degna di un Re. Naturalmente intendeva un Re Arabo. E’ arrivato la notte scorsa con venti guardie Kuwaitiane."

"Solo venti?"

"L’intera guarnigione. E non sono i soli. Abbiamo diversi gruppi di soldati in arrivo. Hanno tutti disertato dai loro posti. In totale abbiamo oltre milleduecento uomini."

"Allora avrei dovuto lavorare più velocemente."

"Che vuoi dire?"

"Il tuo amico, Cal Langley, è venuto a trovarmi."

"E?" Max lo guardò.

"E non solo mi ha aiutato a ridurre le tolleranze con le quali avevo qualche problema, ma ha messo su una catena di montaggio in modo tale da tenere gli operai all’oscuro su cosa stessero lavorando."

"Allora mi hai portato più armi?"

"Una o due."

"Quante esattamente?"

"Per prima cosa, Max," Arthur gli fece un grande sorriso. "dov’è la tua deliziosa mogliettina? Terrie vuole salutarvi entrambi, ma visto che non è un militare, le tue guardie non l’hanno lasciata entrare."

"Liz è con Isabel e Maria ad accertarsi che tutti i soldati siano adeguatamente sistemati e nutriti. Non avrai lasciato Terrie al cancello, vero?"

"No, è al caffé con i tuoi suoceri. Credo che sia stata minacciata con un giro sugli album fotografici."

"Oh, Santa Cruccola." Max scosse la testa. "Tenetela lontana dai miei genitori."

"Lo faremo." annuì Arthur.

"Liz andrà a prenderla quando avrà finito qui, va bene? Io, temo di essere un po’ occupato. Ora, quante pistole ci hai portato?"

"Quattrocento."

"Quattro … " Max rimase a bocca aperta. "Ma è stupendo. Come diavolo hai fatto a farne così tante?"

"Le meraviglie delle moderne catene di montaggio." Arthur si strinse nelle spalle. "Ma non è tutto, Cal mi ha aiutato a costruire quattro cannoni. Ha detto che possiamo usarli per far fuoco sulle navicelle per l’atterraggio. La nave di Khivar sarà troppo in alto, ma più ne abbatteremo prima che atterrino, meno dovremo sparare a quelle che riusciranno ad atterrare."

"Amen e così sia." annuì Kyle.

"Oh, e c’è qualcos’altro che apprezzerete di sicuro. Cal ha insistito per fare qualche modifica. Sono stati montati dei circuiti elettrici, così se la pistola sarà portata lontano più di dieci miglia dalla centrale di comando, friggerà. E friggerà anche se qualcuno cercherà di aprirla. Così nessuno potrà fare quello che ho fattolo e ricopiarla."

"E’ stata una buona idea." annuì Michael. "L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che qualcuno, su questo pianeta, cerchi di copiare Khivar."

"Sei stato grande." gli disse Max. "Grazie."

* * * * *

Max era in piedi sul palco eretto davanti al Crashdown. I turisti erano tornati, non quelli che avevano dato a Max e agli altri il bentornato, ma quelli che avevano avuto sentore che stesse accadendo qualcosa di particolare. Max avrebbe voluto farlo in privato, ma Jesse, che era diventato velocemente un esperto di P.R. aveva insistito per farlo davanti ad ogni team televisivo che avrebbe voluto assistere. Quella sarebbe stata un’altra opportunità di mostrare la vera natura di Max Evans al mondo. Sarah era troppo occupata a fare da rappresentante di Max alle Nazioni unite, così aveva dovuto rinunciare alla possibilità di un altro scoop.

Alle spalle di Max, c’era Liz. La sua presenza era quasi scontata. Michael, Mantik - il Comandante delle Forze Antariane - e Serena, stavano dietro di loro. Ai piedi della scala che portava alla piattaforma, i soldati umani che avevano combattuto con Max contro Nikolas, prima nel deserto del Nevada ed ancora tra le montagne dell’Oregon, erano in formazione di parata. Indossavano l’uniforme da cerimonia delle Guardie Reali Antariane.

Mentre le telecamere riprendevano ed il pubblico aspettava trattenendo il fiato, Max si raddrizzò e cominciò a parlare nel microfono.

"In riconoscenza dei servigi che avete prestato in nostro nome e nel nome di Antar, noi, Re Max e Regina Liz di Antar, sovrani per grazia del Granilith, abbiamo decretato che a tutti quelli che hanno mostrato una tale indubbia lealtà, sia concesso un onore che mai, prima d’ora, è stato concesso a qualcuno non Antariano.

Così, dichiariamo davanti ai testimoni qui presenti e davanti al mondo intero, che quelli che chiamerò, da ora in avanti saranno conosciuti e riconosciuti come membri delle Guardie Reali Antariane. Signori," Max si rivolse direttamente ai soldati. "Quando farò il vostro nome, per favore, salite ed accettate quello che vi è dovuto. Maggiore Mattew Armstead."

Il Maggiore Armstead salì la scala con andatura militare. Come in una piazza d’armi, scattò sull’attenti davanti a Max e gli fece il saluto. Liz non riuscì a trattenere un grande sorriso, specialmente quando Armstead le fece l’occhietto. Trattenendosi a sua volta, a malapena, Max ricambiò il saluto nello stesso modo in cui gli era stato fatto ed appuntò una medaglia, con l’immagine dei due sigilli reali, sul petto di Armstead. Lui gli strinse la mano, fece un passo indietro e fece di nuovo il saluto militare. Finito di salutare, Armstead si voltò verso Liz. Prima di riuscire a salutarla, lei fece un passo verso di lui e lo baciò sulla guancia.

"Capitano Thomas Fowler." chiamò Max mentre Armstead si allontanava.

E così un soldato dopo l’altro, salirono quando Max chiamò il loro nome e ricevettero la loro medaglia e, cosa più importante, il loro bacio da Liz.

* * * * *

Quasi ogni ora, autobus carichi di gente, arrivarono a Roswell.

Fuori dei confini della città, era spuntata una piccola tendopoli. Tende, caravan e camper erano arrivati fino a lì e il consiglio comunale di Roswell aveva avuto il suo da fare per assicurarsi che l’area fosse adeguatamente rifornita di acqua e di misure igieniche. Quelli che non erano riusciti a trovare posto negli alberghi, o nelle stanze che molti avevano affittato per speculare sulla situazione, si ritrovarono ad acquistare una tenda, nel migliore dei casi, o dei sacchi a pelo, nel peggiore, e ad aggiungersi alla popolazione dell’improvvisato quartiere.

La maggior parte di loro era venuta solo per vedere i famosi alieni di Roswell, mentre qualcuno era venuto per assistere alla battaglia ormai prossima. Molti degli arrivati, però, erano soldati. Soldati di tutte le nazionalità che avevano disertato le loro postazioni e si erano diretti nel New Mexico, per unirsi a Max nel tentativo di respingere l’attacco di Kivar.

Per Michael, Mantik, Armstead e per il Colonnello Roberts, smistare le reclute era diventato un lavoro a tempo pieno. Dovevano accertarsi non solo di arruolare persone che avessero un addestramento militare - i soldati non erano gli unici a voler combattere - ma anche che fossero lì per le giuste ragioni.

Molti candidati erano membri di gruppi estremisti che cercavano di persuadere Max ad aderire alla loro causa. Molti gruppi di miliziani del Mid West dell’America, avevano cercato di infiltrarsi nel nuovo esercito, con la speranza di avere l’accesso ad una tecnologia che avrebbe permesso loro di portare a compimento le proprie ambizioni.

Max era fin troppo consapevole che, se si fosse lasciato coinvolgere politicamente da uno di quei gruppi, presto non sarebbe stato più preso sul serio. Eppure, il loro esercito crebbe. Max stava raccogliendo le sue forze.

* * * * *

"Voglio gli uomini divisi in otto gruppi." Max era chinato sulla mappa e la stava osservando insieme ai suoi ufficiali. "Gruppi di combattimento, se preferite. Mescolateli in modo da avere uomini con esperienza di combattimento con gli alieni e novellini. Cercate di tenere assieme uomini della stessa nazionalità e cercate di non mettere assieme nazionalità notoriamente nemiche tra loro. Cerchiamo di fare in modo che le nostre forze non si combattano tra loro. Assegnate le pistole prima alle Guardie Reali e dopo distribuite tra gli altri quelle che restano. Cercate di addestrare quelli che ne hanno bisogno. Non ci è rimasto molto tempo, ma fate in modo che tutti sappiano quello che li aspetta. Non so se Kivar avrà con lui degli Skins, così assicuratevi che tutti quelli che non hanno una pistola laser, sappiano della valvola."

Intorno a lui, gli uomini annuirono il loro assenso.

"Sappiamo già dove atterreranno?" chiese qualcuno.

"Non lo sappiamo per certo ma, come certamente avrete imparato dal vostro addestramento, è meglio sapere su quale tipo di terreno atterrerai. Voglio dire, Eisenhower non scelse le spiagge della Normandia il giorno prima, giusto? Sospetto che Kivar abbia scelto di atterrare in un posto di cui sa qualcosa, di cui ha una buona descrizione del terreno, come se ci fosse stato." Max piantò un dito sulla mappa. "Vasquez Rocks."

"Solo a poche miglia, lungo la strada." osservò Armstead. "Proprio al centro del tuo nuovo territorio."

"Una ragione in più per difenderlo, allora." sorrise Max.

"Allora, ci raduneremo lì e aspetteremo?" Michael strinse gli occhi.

"No." Max scosse la testa. "Non credo che Kivar sia così stupido da cercare di atterrare con un gruppo compatto di navicelle. Credo che proverà a sparpagliarle un po’. Per farci dividere le forze. Dopo tutto, lui pensa di avere una superiorità numerica. Così, voglio piazzare un gruppo in un’area protetta per ogni punto della bussola. Nord, Nord-Ovest, Ovest e così via, tenendo qui il Centro di Comando. Michael, voglio che tu stia con me." Max notò il disappunto di Michael.

"Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a trasmettere gli ordini, visto che non mi è permesso di raggiungere il fronte … Piazzate i quattro cannoni dietro un camion aperto o su un quattro-per-quattro, in modo da poterli spostare. Ne voglio uno su ogni punto cardinale. Nord, Sud, Est ed Ovest. Dividete lo spazio aereo in settori e preoccupatevi solo delle astronavi nel vostro settore. Se e quando una nave atterrerà, voglio che le forze a terra la colpiscano, prima che possano raggrupparsi, ma non voglio che le nostre forze si avvicinino troppo. Usate prima i mortai e le armi a lunga gittata. Usate i laser, se si avvicineranno, come sono sicuro che faranno. Qualcuno ha domande da fare?"

"Io." Roberts alzò la mano. "Hai detto alle donne di rimanere in città?"

"Vuoi dire Liz, Isabel, Maria e Connie?"

"Sì." annuì Roberts. "Questa non sarà una battaglia come le altre."

"Lascerò che sia tu a dirglielo." Max sogghignò in direzione di Michael.

"Sì." annuì Michael. "Assicurati solo che sappiano che noi non c’entriamo niente e aspetta a farlo che siamo fuori portata di udito, okay?"

"Max!" qualcuno lo chiamò dall’entrata della tenda. "Questo devi venirlo a vedere."

Il soldato scomparve. Max scambiò un’occhiata con gli altri, prima di seguirlo. Quando uscirono dalla tenda, videro il soldato fuori dalla mensa improvvisata, che salutava agitando la mano. Lo seguirono ed entrarono nella stanza. Le aspre voci dei presenti tacquero. Stavano guardando la televisione.

"Che succede?" chiese Max. "Cosa c’è di così importante da farmi venire qui?"

"Questo." il soldato indicò il video.

C’era l’immagine di un podio, con alle spalle l’emblema degli Stati Uniti. "Il Presidente sta per rivolgersi alla Nazione." gli disse qualcuno.

"Questa dovrebbe essere carina." Michael roteò gli occhi. "Probabilmente dirà che i suoi scienziati hanno prove certe che gli alieni non esistono."

"Shhh!" sibilò qualcuno. "Sta arrivando."

Il Presidente Forest fece il suo ingresso, seguito da una telecamera mentre saliva sul podio. Controllò alcuni fogli di carta, mentre aspettava che il pubblico facesse silenzio.

"Miei amici Americani," cominciò a dire.

"Diamine." brontolò Michael. "Ma non potrebbero scrivergli un’apertura un po’ più originale?"

Forest abbassò lo sguardo sui fogli, poi lo riportò sulle telecamere.

"Nelle ultime dodici ore, sono stato in diretto contatto con Kivar, a bordo dell’astronave che si sta avvicinando." fece una pausa ad effetto.

"Bugiardo." sussurrò Mantik al fianco di Max. "La Nyelda ha monitorato tutte le trasmissioni dalla nave di Kivar. Quell’uomo può anche avergli mandato dei messaggi, ma Kivar non ha risposto."

"Sono qui per dirvi," continuò Forest "per dire a voi tutti e al mondo in generale, che Kivar non sta venendo qui per conquistarci. In effetti, Kivar non si interessa del nostro pianeta se non per il fatto che ospita, attualmente, qualcuno che lui vorrebbe trovare.

Ora, sono sicuro che tutti voi vi siete commossi all’eccezionale discorso fatto da un giovane uomo, l’altro ieri, alle Nazioni Unite. E sono sicuro che molti di voi sono stati attratti dal suo affascinante comportamento. Come sono sicuro che sapete che molti soldati, di diverse nazioni, hanno disertato le loro postazioni e si sono schierati al fianco di Max Evans, auto-proclamatosi Re di un distante pianeta. Fortunatamente, io non mi sono lasciato coinvolgere. Ho avuto la presenza di spirito di mettere in dubbio le sue parole."


Forest guardò il suo pubblico, poi di nuovo la camera.

"Perché una civiltà aliena avrebbe dovuto piazzare l’ ‘essenza’ di un membro della famiglia reale nel corpo clonato di un umano e mandarlo sul nostro pianeta? Che cosa ne avrebbe guadagnato? A cosa sarebbe servito? Questa cosa non aveva senso. Così ho contattato Kivar per conoscere la sua versione della storia. E non crederete a quello che ho scoperto. Questo Max Evans non è un Re."

Fece una pausa.

"E non è nemmeno un membro della famiglia reale. Non ha nessun titolo, o almeno, titoli ufficiali."

Ci fu un’altra pausa.

"In effetti, Max Evans è attivamente coinvolto in un complotto per sovvertire il vero sovrano del pianeta e sta cercando il sostegno di altri pianeti. Lui è per Antar, quello che Osama Bin Laden è per noi. Un terrorista della peggiore specie. Questo Max Evans è responsabile dell’uccisione di massa di migliaia di Antariani innocenti.

Kivar ha scoperto che si sta nascondendo qui e sta conducendo la sua personale versione della Desert Storm per arrestarlo. Mi ha dato la sua parola che se gli consegniamo Max Evans, ci lascerà in pace. Non ci aspetteremmo la stessa cortesia, se dovessimo scoprire che il nostro peggior nemico si nasconde da qualche parte?

Per finire, imploro le forze militari che si sono unite a questo … diavolo personificato … di fare un favore al genere umano. Arrestate Max Evans e i suoi compagni. Per favore, consegnateli ai più vicini uffici dell’FBI, per aiutarci ad organizzare una formale estradizione a Kivar, così che possa essere processato dai suoi pari."


* * * * *

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Capitolo 75
*** 76 ***


Parte 76

Nella stanza cadde un attonito silenzio. Facce si voltarono a guardare Max, con espressione interrogativa.

"Quel bastardo!" disse rabbiosamente Michael. "Falso, bastardo, ipocrita figlio di … "

"Signor Evans?" chiese uno dei soldati stranieri. "E’ vero quello che ha detto?"

"Assolutamente no." rispose uno degli Americani. Alzandosi in piedi indicò il televisore. "Niente di quello che ha detto quell’asino è vero. Max è il vero Re."

Il resto degli Americani, che avevano già prestato servizio con Max, furono d’accordo con lui.

"Ma voi state dalla sua parte." obiettò qualcuno. "Vi ha dato perfino una medaglia. Magari siete d’accordo con lui."

"Sì." disse un altro. "Puoi provarci che sei tu quello che dice la verità?"

"Come potete credere a quello che dice Forest?"

"Come potete credere a quello che dice Evans?"

L’aria nella mensa si stava facendo tesa. La gente stava cominciando a scegliere una delle parti, spostandosi alle due estremità della stanza. Max fece un profondo respiro e stava per parlare, quando venne interrotto.

"Shhh!" disse qualcuno. "Stanno facendo delle domande. Sentiamo cosa dice e parleremo con il signor Evans più tardi."

"Si?" il Presidente puntò verso la folla. "Lei, laggiù."

"Reginald Baines."
disse una voce. "Washington Post. Signor Presidente, cosa dice dell’affermazione che Max Evans ha accettato di incontrarsi con lei, la scorsa settimana, e che lei ha usato quell’occasione per catturarlo?"

Il Presidente tese la mano verso il microfono, mentre un consigliere gli sussurrava qualcosa all’orecchio.

"Prima di tutto questo, se qualcuno l’avesse avvicinato pretendendo di essere un alieno e chiedendo di parlare con lei, non sarebbe stato un po’ preoccupato? Che quell’uomo fosse un po’ … spostato? Ero preoccupato che lui fosse mentalmente instabile ed essendo un buon cristiano, ho cercato di fargli avere un aiuto medico. A quel tempo, non sapevo della sua pretesa di essere un Re, né conoscevo la sua vera natura. Sì?" si voltò verso un altro giornalista.

"Terry Dickerson." rispose lui. "CNN. Noi tutti abbiamo visto Max e la sua incantevole moglie. Penso sia giusto dire che quasi tutti si sono innamorati di loro. Che aspetto ha questo Khivar e come fa a sapere che è lui quello che dice la verità?"

"Non tutti si sono innamorati di loro, Terry."
ridacchiò Forest. "Ma Khivar, è un uomo da ammirare. Sembra forte e determinato a soffocare il terrorismo. Mi ricorda molto … me. E per quanto riguarda la verità. Avete sentito tutti le pretese di Max Evans. Morto? Rinato come clone? Andiamo, gente. E per quale altro motivo una razza avanzata come quella dovrebbe venire sulla Terra? Per conquistare il nostro pianeta? Quanti altri pianeti ha incontrato prima di arrivare qui? Perché prima, non avrebbe potuto conquistare quelli? Noi non siamo una minaccia per lui, a meno che non sia preoccupato che noi possiamo duplicare questo Evans ed usarlo per attaccare lui."

I giornalisti stavano annuendo. Stavano cominciando a pensarla come Forest, adesso. Max Evans non era quello che sembrava essere. Max sentì la marea montare di nuovo contro di lui. Le cose si stavano mettendo male, per lui.

"Un’altra domanda." il Presidente sorrise, pregustando la sua vittoria. Il suo consigliere gli sussurrò qualcosa all’orecchio e lui annuì a qualcuno. "Una donna, questa volta." Indicò una testa rossa.

"Sarah Brackham." disse la sua voce. Si tolse la parrucca per rivelare i suoi famosi lineamenti. "Che nome ha usato Khivar per indicare quel terrorista ricercato?"

"Prego?"
il Presidente sembrò confuso.

"Quando le ha detto che stavamo nascondendo un terrorista ricercato su Antar, con che nome l'ha chiamato? E quali nomi ha usato per indicare gli altri? La sorella che Max ha nominato, il suo Secondo in Comando. O sua moglie. Che nomi ha usato, signor Presidente?"

"Non ricordo."
rispose il Presidente, dopo essersi consultato con il suo consigliere.

"Vi ho mai detto quanto voglio bene a Sarah?" Max fece un grande sorriso.

"Non quando Liz è qui intorno." ridacchiò Michael.

"Non li ha chiamati per nome?"

"L' ha fatto di sicuro."
annuì il Presidente. "Solo non ricordo che nomi ha usato."

"Com’è conveniente. Eppure ricorda perfettamente che erano quelli gli alieni che stava cercando."

"Quanti alieni pensa che ci siano su questo pianeta, signorina Brackham?"

"Signor Presidente."
Sarah fece un sorrisetto compiaciuto. "Io so a occhio e croce quanti ce ne sono. Ne ho incontrati la maggior parte e posso ricordare molti dei loro nomi Antariani, almeno per quelli che mi sono stati presentati. Io conosco il precedente nome di Max, come quello di sua sorella e del suo vice comandante. Ho sentito la loro versione della storia, signor Presidente, ed ho sentito la sua. Io so chi sta dicendo la verità.

Non è vero, signor Presidente, che Khivar non le ha mai detto il vero nome di Max, perché lei non ha mai parlato con Khivar? In effetti, non è vero, signor Presidente, che lei ha inviato segnali alla nave di Khivar, ininterrottamente, da dopo che Max ha fatto il suo discorso, ma che Khivar non le ha mai risposto? E questo non le sembra strano? Se fosse venuto in pace, non crede che Khivar avrebbe risposto?"


"Maxwell." Michael fece un grande sorriso. Lo scetticismo che aveva pervaso la stanza poco prima, era sparito. "Dobbiamo consegnare un’altra medaglia."

"Mi chiedo come ha fatto a sapere che doveva essere lì." Max scosse la testa. Il discorso del Presidente si era trasformato in una battaglia senza regole, mentre lui tentava di rilanciare la domanda che aveva fatto sentire odore di sangue ai giornalisti. "O quali domande fare. Come ha fatto a sapere che si sarebbe rivolto alla nazione e come ha fatto ad essere lì?"

"Ti darò tre possibilità." Michael si strinse nelle spalle. "E scommetto che è lui che sta sussurrando all’orecchio del Presidente."

* * * * *

La notte trovò Michael e Max seduti su un paio di sedie fuori dalla tenda, a guardare le stelle nel cielo chiaro della notte. Stavano bevendo delle Snapple dalla bottiglia.

"Lui è lì da qualche parte." sospirò Max.

"Sei preoccupato?" Michael fece un cenno con la testa.

"Sì." Max continuò a fissare il cielo. "Tu?"

"Sì. Ma, nello stesso tempo, anche eccitato, sai?"

"Sarà tutto finito." convenne Max. "In un modo o nell’altro."

"Prima che tutto questo cominciasse," Michael guardò in direzione di Max. "sai, il giorno che hai guarito Liz, io non credevo nei miracoli. Fato, destino, sorte, niente di tutto questo. Ma quest’ultimo anno … No, cancella questo. Da quando Jim Valenti ci ha aiutato a liberarti da Pierce, non ne sono più tanto sicuro. E’ stato un miracolo dietro l’altro. Così, questa faccenda con Khivar. E chi lo sa? Forse avremo fortuna."

"Sai che stavo prendendo in considerazione l’idea di chiedere a Jeff e Nancy di portare Liz in Florida?"

"E tu pensi che lei ci andrebbe?

"Penso che ci siano più possibilità che l’inferno geli. Ma ho il terrore che Khivar possa catturare Liz viva. Santo Cielo! Non posso sopportare l’idea di … "

"Non creiamoci altri problemi, Max. Ne abbiamo già abbastanza."

"Sì."

"Ma ti capisco, amico. Anche io avrei voluto portare via Maria da qui."

Sentirono avvicinarsi dei passi leggeri.

"Ciao, Liz." disse Max senza nemmeno voltarsi.

"Ciao, Max." lei gli baciò la guancia. Dietro di Liz, apparvero le onnipresenti forme di Eldugar e Katya. Appena lei fu alla presenza di Max, si diressero alla tenda che ormai dividevano. "Che ci fate qui, voi due?"

"Gelando." Max fece un sorrisetto ironico.

"E così che si dice preoccuparsi, in questi giorni?" sorrise lei.

"Qualcosa del genere." Michael scoppiò a ridere. "Che mi dici di te? Che ci fai, qui?"

"Dopo esserci assicurate che tutti i soldati fossero a posto," Liz si sedette in braccio a Max. "siamo andate ad accertarci che anche i loro partners e le loro famiglie fossero sistemati. Abbiamo assistito all’esibizione di Forest insieme a loro. Non vi siete innamorati di Sarah?" sorrise Liz. "Oh, a proposito, Terrie vi manda i suoi saluti. Poi, ho passato quasi tutta la sera a parlare con Annah, la moglie di Ali Assif."

"Sì? E com’è andata?"

"Bene, direi." Liz si strinse nelle spalle. "Lei è veramente dolce. Non devi preoccuparti. Non ti vedono come un profeta o qualcosa di simile. Oh, Michael. Maria è tornata alla vostra tenda. Ad ogni modo, io sono pronta per andare a letto. Buona notte, Michael."

"Buona notte, Vostra Altezza." sogghignò il ragazzo.

"Arriverò tra un momento." Max sorrise a Liz che si stava infilando nella tenda.

"E’ come se sapesse quello che succederà domani." Michael scosse la testa.

"Lo sa." confermò Max. "Ma abbiamo fatto un patto. Ogni giorno che ci è dato da passare insieme, è un dono. Così lo viviamo pienamente. Domani, ci preoccuperemo per domani."

"Tu sai quello che dicono a questo proposito, vero?"

"No. Cosa?"

"Domani potrebbe non venire mai."

"Magari."

Sedettero in silenzio e finirono le loro Snapple.

"Bene." Michael si alzò. "Credo che sia meglio che torni da Maria. Senza dubbio avrà qualcosa da rimproverarmi."

"Dovresti imparare a trattarla meglio."

"Nah." ridacchiò Michael. "E’ più divertente così."

"Ho sempre saputo che ti piaceva."

"Sai? Noi non siamo come voi due. Per noi funziona."

"Solo, falla felice, Michael. Non voglio che, altrimenti, le conseguenze sconvolgano Liz."

"Afferrato." annuì Michael. "Ma non saresti tu a risentirne. Liz verrebbe dritta da me."

"’Notte, Michael."

"’Notte, Max."

* * * * *

Attenzione – Da qui, fino alla fine del capitolo R Rating.

Max guardò Michael dirigersi per lo scuro sentiero che portava alla tenda che divideva con Maria. Come le altre, la loro era una normale tenda dell’esercito. Solo Max e Liz dividevano la tenda, sontuosa quanto un palazzo, che era stata loro regalata. Max si voltò per entrare nella tenda. Le pesanti pareti tagliavano fuori tutti i rumori esterni. Era come entrare in un suo mondo personale.

"Liz?" chiamò quando non la vide.

"Siediti e rilassati." rispose lei. "Arrivo subito."

Max si lasciò cadere sulla grande sacca a forma di fagiolo, che fungeva da divano, ed aspettò. La luce delle lampade a gas si attenuò e sentì una musica, a dispetto del fatto che, nella tenda, non avevano nessun impianto per ascoltare la musica. Era una musica straniera, araba. Il lembo di tenda che portava alla loro stanza da letto si aprì ed una Principessa Araba entrò nella stanza principale. Max batté gli occhi.

Liz indossava un paio di pantaloni blu, rigonfi e trasparenti. Un piccolo top blu le copriva soltanto il seno e la piccola catena dorata che teneva insieme le coppe, dondolava nella valle tra i seni. Un velo blu le copriva il naso e la bocca. Tutto il completo, di seta squisita, era piuttosto trasparente. Liz si era anche adornata di piccole catene dorate e di pietre scintillanti. Mosse il suo corpo a tempo con la musica, agitando i fianchi al ritmo rapido e suonando con le dita dei piccoli cembali, come accompagnamento. Max sentì crescere la sua eccitazione.

Lei danzò seducentemente per Max, muovendo il corpo per lui, contro di lui, stuzzicandolo quando gli andava vicino. Con la rapidità di un felino, Max si allungò e le afferrò un braccio, tirandola a sé e facendola cadere, strillando, sul suo grembo. Spingendo il velo da una parte, le loro bocche si unirono in mutuo desiderio. Liz non ebbe bisogno di essere persuasa ad aprire le labbra; lo scivolare della lingua di lui fu un’erotica delizia che le fece girare i sensi.

"Max." gemette. "Avevo fatto un altro programma."

"I programmi sono una buona cosa." le posò le labbra sul lobo dell’orecchio, attraverso la seta. "Ma la spontaneità è ancora meglio."

Poggiò le mani tremanti sulle spalle di lei. Anche attraverso la seta sottile, poteva sentire la morbidezza e il calore della sua pelle. Spostò indietro la testa per guardarla completamente e lei sollevò il mento per incontrare l’apprezzamento dei suoi occhi d’ambra. Liz sapeva che gli piaceva quello che stava vedendo, come sempre.

La mano di Max abbandonò la sua spalla, per accarezzarle delicatamente la guancia e le labbra socchiuse, facendo tremare entrambi. Le sue dita si spostarono lentamente sul naso, intorno agli occhi affascinanti, per fermarsi sul mento delicato. La mano di Max era come un esploratore che non aveva ancora delimitato il suo territorio, ma che ne rivendicava la proprietà. Per se stesso. Ma Liz era già sua. Totalmente e senza condizioni, altro che quella che lui l’amasse. Cosa che lui faceva, con tutto il suo cuore.

Liz era contenta di essere seduta tra le sue braccia, affascinata da lui, lieta di permettergli il libero dominio del suo corpo, tanto quanto lo voleva Max. Si stava sentendo come un petalo di rosa, il petalo di una rosa bianca che fluttuava in un azzurro, no, ambrato oceano. Alla fine, sollevò le mani per accarezzargli il torace. Mentre i suoi palmi aperti scivolavano sul petto di lui, sentì il battito del suo cuore. Andava di pari passo con quello di lei, battito per battito.

Max abbassò la testa per coprire con la sua bocca quella di lei e lasciare che le lingue si toccassero e giocassero tra loro. Liz era in estasi; Max era quello che voleva, quello di cui aveva bisogno. Lui era lì con lei. Qualche volta, odiava il fatto di doverlo dividere con così tanta gente che richiedeva il suo tempo prezioso, ma lui trovava sempre il tempo per lei. Non la metteva più da parte. Liz si sentiva sempre così a suo agio con lui, ma ancora di più quando erano soli, come in quel momento. Si sentiva così viva e felice, bella e selvaggia allo stesso tempo. Poteva lasciarsi andare nel premuroso e totale slancio di Max.

Le mani di Max si posarono sul suo seno morbido, ogni mano pronta a catturare e ad accarezzare una ferma collina. Non c’era bisogno di imbarazzo o di vergogna o di resistenza tra loro. Avevano diviso così tanto, erano così innamorati, potevano fare tutto quello che avrebbe potuto dar piacere all’altro. E a loro piaceva così tanto compiacere l’altro.

Max sentì i capezzoli indurirsi sotto le sue mani. Tremiti, come lampi, corsero nel corpo di lei, quando lui strinse le sensibili nocciole tra il pollice e l’indice. le mani di lui strinsero la carne elastica, tormentandone dolcemente le vette. Max chinò la testa in avanti, per lasciare che la lingua incontrasse quella di lei, per assaporarsi di nuovo, l’una con l’altro.

Le mani di Liz vagarono sul corpo duro e liscio davanti a lei. Giocarono sopra i muscoli tesi e vigorosi del suo torace e scivolarono sulle sue spalle. Liz si mise a cavalcioni sulle cosce di Max e lasciò che le sue piccole mani vagassero sull’addome piatto e snello. Lasciò giocare le dita con i fianchi, poi desiderò esaminare le natiche sode. I suoi movimenti stavano rubando a Max tutto il buon senso e l’autocontrollo. Non poté trattenere un gemito di piacere, quando con abilità gli sbottonò i jeans.

Max le tracciò la spina dorsale fino alla base, per scoprire la dolcezza della forma delle natiche di lei. Stingendola a sé, in modo che sentisse la sua crescente eccitazione, le fece scivolare lentamente le mani dentro i pantaloni di seta e Liz sentì la sua mano sulla pelle nuda. Liz stava tremando, lo voleva con un’intensità incredibile e non credeva di poter resistere più a lungo. Lo sentì irrigidirsi contro di lei, mentre le sue dita le carezzavano la base della schiena, attirandola contro di lui.

Con un sospiro di anticipazione, Max si allontanò da lei, la prese tra le braccia e la portò oltre il lembo di stoffa che li divideva dalla loro camera. La poggiò in terra, accanto al letto.

La sua bocca chiuse quella di lei in un divorante, appassionato bacio che accese ancora di più il loro ardore. Rispondendo pienamente con il suo desiderio, Liz gli fece scorrere le braccia dietro il collo e lo attirò contro di sé. Erano separati solo dai vestiti.

Max cominciò a muoversi contro l’accogliente calore di lei. I suoi capezzoli eretti contro il proprio torace ebbero un effetto devastante sui suoi sensi già infiammati e il suo desiderio arrivò all’insopportabile, quando un rauco gemito salì dalla gola di Liz. Lentamente, si staccò da lei e, con le dita malferme, slacciò i fermagli che chiudevano il delizioso top, rivelando il gonfiore dei suoi seni.

"Sei così bella." le sussurrò con riverenza, tracciando un sentiero erotico sulla carne esposta.

Liz si sentì attraversata dal suo tocco stuzzicante e si tese contro di lui, desiderando di più. Lui chiuse le dita attorno alla carne morbida e rotonda del suo seno. Il gemito di Liz fu quasi disperato, quando sentì i palmi delle mani di lui chiudersi a coppa sulla sua carne sensibile.

La consapevolezza che quel suono erotico era provenuto dalla sua gola, la sorprese. Il gioco delle mani calde ed esperte di Max che la massaggiavano diede fuoco al bisogno di sentirlo dentro di lei e quando lui si chinò per succhiarle i capezzoli, Liz rimase senza respiro alla sensazione che lui le aveva risvegliato. In tutto il tempo che avevano trascorso insieme, non si era mai sentita così eccitata. Continuò a trattenere il proprio respiro, mentre quello caldo ed umido di lui bruciava la sua pelle. Chiuse gli occhi, impotente; la sua testa si muoveva da una parte all’altra in una voglia torturata. Era scioccata dalla violenza con cui lo desiderava.

Max la trascinò giù, sui cuscini che erano stati impilati sul loro letto. Dopo averle fatto scivolare il top oltre le spalle, lo tirò incurante da una parte e la prese tra le sue braccia. Il fuoco che dentro di lui aveva covato sotto le ceneri, divenne fiamma, quando si stese sopra di lei, rubandole un altro bacio. Quando le sue cosce premettero sopra il corpo elastico di lei, Liz si sollevò ad incontrarlo, nel desiderio - no, nel bisogno - di qualcosa di più e si dimenò febbrilmente sotto di lui.

"Piano, amore mio." le mormorò dolcemente Max, abbassando la testa sul suo seno e premendo baci caldi sui bruni capezzoli.

Scoppi improvvisi di passione la pervasero, mentre lui li tormentava a turno, e lei gli teneva la testa contro di sé, assaporando la gioia delle sue carezze.,Liz poteva sentire la dura erezione di lui premerle contro la coscia ed allungò una mano esitante per toccarlo, desiderosa di dargli lo stesso piacere che lui stava dando a lei. Lentamente, cautamente, infilò le dita dentro ai suoi jeans ed esplorò la parte più intima di lui. Max premette la sua mano su quella di lei e vi mosse contro i fianchi. Le dita di Liz misurarono l’ampiezza, la lunghezza e l’energia di una parte di lui che lei conosceva già bene, alternandosi tra stringerlo ed accarezzarlo fino a farlo ansimare.

Max allungò la mano e allontanò quella di lei, tenendola stretta per un istante, prima di portarsela alla bocca per baciarne le nocche. "Continua così," si lamentò lui. "e sarà tutto finito prima ancora di cominciare." La baciò dolcemente. "Io ti voglio, Liz. Più di quanto riesca ad esprimerlo con le parole."

La sua dolce confessione fece volare lo spirito di lei. Amava il fatto di poter fare quello ad un uomo che era sempre così controllato in tutto ma, in quel momento, lei avvertì una sfumatura di turbamento. Il pensiero che quella avrebbe potuto essere l’ultima volta. Forse era quello che le stava dando un contorno così magico.

"Anche io ti voglio."

La dolce confessione di lei fu tutto quello di cui Max aveva bisogno. Muovendosi rapidamente, si tolse i vestiti e tornò da lei. Con mani pazienti, le slacciò i pantaloni e, con l’aiuto di Liz, glieli sfilò.

"Sei perfetta." le sussurrò. "Lo sei sempre stata e lo sarai sempre."

Gli occhi di Max si posarono di nuovo sul suo seno di seta, sull’addome liscio e sulla agile lunghezza delle sue gambe. Mentre Liz lo guardava con gli occhi spalancati per l’anticipazione, lui si chinò lentamente a baciarla. Al tocco delle sue labbra, lei sospirò abbandonandosi e gli avvolse le braccia attorno al collo, tirandolo contro di sé. Il tocco del suo torace contro il petto nudo, le diede una sensazione meravigliosa e la fece strofinare contro di lui.

Quando la mano di Max sfiorò la levigatezza dell’addome nudo di lei, per proseguire la sua strada verso il basso, le labbra di Max reclamarono di nuovo quelle di Liz. Lei rispose appassionatamente, inarcandosi quando la mano scivolò sopra i suoi riccioli di seta ed esplorò il centro della sua femminilità. Quando lui cominciò ad accarezzarla, creò tali sensazioni nel suo corpo da farla fremere per l’estasi. Il tocco magico e stimolante di Max, la portò all’apice ancora ed ancora, fino a che fu costretta a supplicarlo di liberarla da quel dolce tormento.

"Max." ansimò, gli occhi lucidi per la passione. "Ti prego … ho bisogno … "

Max sapeva che era pronta per accoglierlo, ma combatté contro il desiderio di prenderla. Non ancora. Con una gentile pressione, aumentò il ritmo delle sue carezze e le catturò le labbra in un bacio veloce e devastante.

"Ora, amore mio." le sorrise. "Ora ti darò piacere."

Tracciandole un sentiero di baci lungo la gola, si fermò un attimo per assaporare il selvaggio battito che pulsava sotto le sue labbra, poi scese per continuare la sua erotica escursione sulle colline tentatrici del seno. Lei sentì fuoco liquido correrle nelle vene, quando tornò a succhiarle i capezzoli e si lamentò quando alla fine la sua bocca abbandonò i seni, per creare un’impronta bagnata sul suo addome fino al riccioluto triangolo al di sotto.

Max premette un caldo bacio sul morbido monte e Liz sentì un brivido arrivarle fino alle dita dei piedi. Spalancò gli occhi, per ammirare con piacere la testa di Max intimamente annidata tra le sue gambe aperte. "Max!" ansimò, quando lui diede un caldo bacio sull’umido calore di lei. Le sue dita si infilarono bruscamente tra i capelli di lui, afferrandoglieli. "Oh, Max!"

Lui sollevò la testa al convulso tono della voce di Liz. Incapace di trattenersi, lei mosse i fianchi in una silenziosa protesta per la sospensione dell’ardente tormento delle labbra di lui sul sensibile oggetto delle sue attenzioni. Al suo involontario movimento, gli occhi di Max si strinsero deliziati e il suo respiro divenne un rauco ansito.

"Hai sempre un sapore così buono. Come miele e spezie." mormorò gutturalmente, tornando a immergersi tra le gambe di lei.

"Oh, sì" gridò Liz. "Sì."

Gli afferrò la testa, mentre le sue labbra e la sua lingua facevano cose meraviglie su di lei. Le sensazioni che lui le suscitava stavano andando fuori controllo e la facevano muovere così selvaggiamente, che Max dovette tenerla per i fianchi per poter continuare a darle piacere. Liz trovò il suo apice in un arcobaleno di luce che la lasciò debole e soddisfatta. Con gli occhi chiusi, rimase immobile e permise alla bellezza della gioia che lui le aveva appena dato, di permearle l’anima. Come sempre, Max aveva saputo come soddisfarla, ma ora voleva portarla ad altezze ancora maggiori.

Le sue labbra la reclamarono di nuovo con un feroce, selvaggio desiderio di possesso. Ancora alle prese con gli esiti suo ultimo orgasmo, Liz ansimò e tremò contro la sua bocca. La mano di Max tornò a muoversi e ad accarezzare il centro del suo piacere, mentre le sue labbra, tornarono a reclamare i seni di lei. Max cominciò a carezzarli di nuovo, questa volta con più coraggio. Liz aveva creduto che la passione, dentro di lei, fosse stata soddisfatta ma il tocco di Max, spavaldo ed aggressivo risvegliò sensazioni eccitanti.

Risvegliandosi dal piacere precedente, lei si abbandonò di nuovo senza discutere, aprendo le gambe in cerca delle sue carezze. Infilando di nuovo le mani tra i capelli di lui, lo attirò a sé, ma questa volta fu lei l’aggressore e lo baciò con violenza, spezzando la determinazione di lui ad andare lentamente. Quando lei si fece avanti, Max fu perduto. Con uno svelto movimento, Liz portò Max su di sé.

Muovendosi sopra di lei, le coprì il corpo nella più intima delle posizioni. Liz sentì la durezza della sua virilità cercare la sua carne e si mosse ad invitarlo. Moriva dal desiderio di sentirlo e di provare la pienezza dell’amore di Max. Sfacciatamente, allungò una mano a toccarlo. La mano era velluto e fuoco e Max fu perso quando lei lo guidò dentro di sé. Prendendola per le natiche, le sollevò i fianchi e premette alla sua entrata, muovendosi lentamente per prolungare l’estasi. Liz trattenne il fiato nel piacere di accettarlo. Max gemette a sua volta, per l’intenso piacere, scivolando profondamente tra le strette pareti di seta.

Lei gli mise le braccia attorno al collo e premette appassionatamente le labbra contro quelle di lui. Ruotò i fianchi, chiedendo di più. I suoi piccoli movimenti furono un invito per Max che, alla fine, diede alla sua passione pieno dominio.

"Muoviti con me, Liz." la supplicò lui.

Prendendo il suo passo, lui si spinse nell’ardente centro della sua profondità femminea. Offrendogli l’essenza del suo amore, Liz si incontrò con lui, seguendo l’indicazione dei suoi fianchi, che la attirarono contro di lui, per tutto il tempo. I fianchi di Liz si mossero ad un ritmo istintivo, vecchio di millenni, che fece ansimare Max e lo fece muovere sempre più svelto

Liz sentì di nuovo l’agitazione del desiderio e prese il passo del suo ritmo, intenzionata a ricambiare il piacere che lui le aveva dato e desiderosa di riprovare del fuoco dell’estasi che lui le aveva dato prima. La sensazione del corpo di lei che lo inghiottiva solo per liberarlo e poi inghiottirlo ancora era squisita. Lei lo strinse dentro di se, chiamando il suo nome.

Il rigido autocontrollo di Max si dissolse quando il corpo di Liz lo chiamò, ospitando le sue forti spinte. Liz gli carezzò la schiena, spingendo in basso la sua esplorazione, fino alle natiche sode e ai fianchi snelli. La sua eccitazione crebbe freneticamente e lei si dimenò sotto di lui, desiderando ed avendo bisogno di più. Gli strinse le gambe attorno, tenendolo stretto e muovendosi con lui come se fossero uno. Quando le mani si lui la presero per le natiche, per sollevarla e farsi accettare più profondamente, lei trattenne il fiato alla sensazione che lui aveva suscitato.

Ancora una volta il suo corpo fu inghiottito dall’estasi delle onde di intenso piacere che scivolarono sopra di lei e strinse Max dentro di se, stringendosi alla sua vigoria e adorando il corpo di Max con il suo. Sapendo di averle dato un nuovo piacere, Max si lasciò andare alla sopraffacente passione che lo possedeva. Insieme, esplosero. Stelle nacquero, vissero e morirono, tutte nei confini del loro orgasmo. Insieme, salirono verso il cielo e tornarono, visitando satelliti e pianeti. Comete esplosero sulla loro strada ed accrebbero la loro esperienza. Quando la neonata galassia svanì, il sole stava sorgendo.

Rimasero distesi, immobili, riprendendo a respirare. Dopo un po’, Max si voltò su un fianco e avvicinò Liz al suo corpo sudato.

"Wow, Max." ansimò lei. "E’ stato … "

"Indescrivibile, Liz." confermò Max.

Il suo braccio l’avvolse e la strinse ancora. Quando il suo elaborato respiro rallentò, per tornare alla fine normale, posò un bacio sulla fronte bagnata di Liz. Le sue dita scivolarono pigramente lungo la sua spalla e sul suo braccio e lei si accoccolò contro di lui. Rimasero così per un po’.

"Dove hai trovato quel vestito, Liz?" gli occhi di Max brillavano.

"Me lo ha dato Annah. Quando ha saputo che suo marito ci aveva regalato questa tenda, ha detto che questo avrebbe dato il tocco finale. Ti è piaciuto?"

"Ricordami di ringraziarla." disse Max, con un sorriso compiaciuto.

* * * * *

Il vecchio e sporco autobus si fermò alla Stazione degli autobus di Roswell e le porte anteriori si aprirono in una nuvola di polvere. Uno ad uno, gli stanchi passeggeri scesero i gradini e posarono i piedi sulla terra di Roswell. Si guardarono attorno per capire al loro posizione e, come tutti quelli che erano arrivati prima di loro, fecero un paio di cose. O cominciarono l’infruttuosa ricerca per una sistemazione, subito seguita da una dura camminata verso la tendopoli o, dopo aver chiesto la direzione, si diressero verso la base militare sotto il comando di quel Max Evans.

Uno dei passeggeri non fece nessuna delle due cose. Fece una pausa, come gli altri, ma si fermò lì, tenendo in una mano la custodia di una chitarra e lo zaino, completo di tenda e sacco a pelo, nell’altra. Diede un’occhiata a una parte della strada, poi all’altra. Conosceva già la sua direzione. Si voltò e cominciò ad allontanarsi dalla stazione, dirigendosi verso la strada principale e verso il Crashdown Café.

"Mi dispiace." gli disse l’ispanico direttore. "Non ho bisogno di altro personale. Ho messo anche un cartello sulla vetrina." Ed indicò il cartello che diceva che non c’era bisogno di aiuto.

"Non l' ho visto." Jose Perez si strinse nelle spalle. "Ho pensato che, essendo lei un ispa … "

"Senti," il direttore scosse la testa. "Forse, se qui non ci fosse il caos, chi lo sa? Ma stando così le cose, non ho bisogno di nessuno. Ho già fatto tutte le assunzioni di cui avevo bisogno ed ho una lista di attesa lunga quanto il mio braccio. In ogni caso, il capo mi ha detto che posso assumere solo gente del posto, visto con chi è imparentato."

"E una stanza? Avete una stanza dove potrei stare?"

"Mi spiace. Le stanze di sopra appartengono al capo. Lui vive lì e non le affitta."

"Sa dove potrei andare a stare?"

"L’unico posto è la tendopoli. Hai una tenda?"

Jose Perez sollevò il suo zaino.

"Allora sei a posto. Ora, lì c’è acqua e tutto il resto."

Perez grugnì il suo ringraziamento. Era frustrato dal fatto che né Max, né Liz fossero lì, ma sapeva che non avrebbe potuto una simile fortuna

"Allora, dove sono i famosi alieni?" disse guardandosi attorno. "Speravo di vederli."

"Tu e il resto di quelli che sono in città. Sono all’Ambasciata."

"Ambasciata?"

"Certo. Naturalmente ora è solo una tenda, ma un giorno sarà diverso. Scusa, ora devo tornare al lavoro."

Perez annuì e lasciò il caffè. Seguì le indicazioni per la tendopoli e si ritrovò a gironzolare tra le aree demarcate della città provvisoria. Agli spazi tra le tende erano stati dati nomi di strade. Erano a tema astronomico, come Saturn Street o Lunar Lane. Alzò la tenda nel primo spazio disponibile che trovò e si sistemò.

Ascoltò i commenti dei perditempo attorno a lui. Speravano tutti di poter dare un’occhiata agli alieni. Qualcuno sperava di potersi unire al loro esercito. Orde di ragazze proclamavano il loro eterno amore per Max. C’erano dei ragazzi con pochi averi malridotti, ma con i vestiti immacolati e con l’aspetto di dongiovanni. Stavano cercando di accrescere la loro reputazione, e il loro stile di vita, seducendo quella che credevano una ingenua giovane donna, la moglie del Re alieno.

"Guardali." disse Perez, scuotendo la testa e senza rivolgersi a nessuno in particolare. "I rifiuti della società. Eppure sono bloccato in mezzo a loro e mi impressiona sapere quanto ho in comune con loro. Tutti vogliono fotte*re Max o sua moglie."

Perez aprì la custodia della chitarra.
"Diamine, scommetto che qualcuno vuole fotte*re Max E sua moglie. Bene, io voglio la stessa cosa. Voglio fotter*li entrambi."

Perez infilò una mano nella custodia e ne tirò fuori un fucile ad alta precisione.

"Fotter*li per bene e per sempre."

* * * * *

"Sono tutti al loro posto?" Max guardò gli otto uomini che aveva messo al comando delle squadre. Erano radunati nella tenda comando per ricevere le ultime istruzioni. Gli uomini annuirono.

"Tutti al loro posto, Max." gli confermò Michael. "Li ho controllati io stesso. I quattro cannoni sono stati montati su due quattro-per-quattro, per poterli spostare. Uno è posizionato proprio ai piedi della collina. Le pistole sono state distribuite, tutti sanno come usarle e non vediamo l’ora di farlo. Quello che ci serve, ora, è Kivar. Quanto manca al suo arrivo?"

"La Nyelda ha confermato che la nave di Kivar entrerà nell’atmosfera terrestre entro un’ora." lo informò Serena. "La presunta tattica che userà per un assalto è … "

"Prima un bombardamento aereo, seguito dalla discesa ad ondate delle sue otto astronavi da attacco, sparse a caso per coprire la massima superficie. Ce l’hai già detto, Serena."

"Non fa male ripeterlo." disse Serena, arricciando il naso con disprezzo.

"Sono d’accordo." disse Max. "Voglio che tutti sappiano quello che devono aspettarsi."

"Lo sappiamo, Max." disse Michael esasperato. "Lo sappiamo."

"Bene." annuì Max. "Allora, andiamo. Buona fortuna a tutti e prendetevi cura di voi stessi."

* * * * *

"Rapporto!" ordinò Kivar.

"Le navicelle sono pronte, signore." gli rispose l’aiutante. "Gli uomini sono già a bordo. Le loro armi sono state controllate e sono pronte. La nostra squadra di fuoco sta aspettando l’ordine. Appena saremo entrati nella loro atmosfera ed avranno ricevuto le coordinate e l’ordine di fare fuoco, cominceranno il bombardamento aereo."

"Voglio provare a catturarli vivi." Kivar si passò un dito lungo il mento. "Non vedo nessun vantaggio ad incenerirli. Sappiamo che non hanno armi per colpire le navicelle. Assicuratevi che il loro scudo sia in funzione."

"Sì, signore." annuì il subalterno. "Agli uomini non piace l’idea di affrontare una difesa organizzata, signore. Specialmente quando è Zan ad averla organizzata. Sono sicuro che li affronterebbero meglio, se prima li ammorbidissimo un po’."

"Sono certo che sia così." annuì Kivar. "Ma loro non pensano alla situazione generale. Io devo provare che Zan è morto. E, per fare questo, ho bisogno del suo corpo."

"Sì, signore. Oh, stiamo ancora ricevendo quello stano segnale di richiesta di dialogo."

"Qualcuno sta cercando di fare un accordo." Kivar agitò in aria la mano. "Come se avessi bisogno di un aiuto, laggiù. Che mi dici di Zan. E’ lì?"

"Noi crediamo di sì. Abbiamo rilevato un accumulo di forze, ma i nostri sensori non hanno ancora segnalato nessun Antariano."

"La Nyelda è ancora lì?"

"Affermativo. Crediamo che Zan sia ancora sul pianeta. Altrimenti perché la nave si sarebbe trattenuta qua attorno, quando avrebbe potuto precederci e tornare su Antar?"

"Perché non ci sono ancora Antariani, laggiù?" sbraitò Kivar. "I nostri sensori avrebbero dovuto illuminarsi come una mappa stellare."

"Vorrei avere una risposta." l’uomo si accigliò. "Forse Zan è fuggito? Se fosse così, gli Antariani lo avrebbero seguito."

"Pronti ad entrare nell’atmosfera." ordinò Kivar. "Dirigete le navi per una rosa di tiro che copra le forze che ci aspettano. Scendiamo tra di loro e facciamola finita."

* * * * *

Max guardò l’orologio.

"Sono appena passate le tre." lo informò Michael, che aveva appena controllato il suo.

"La Nyelda ha detto da un momento all’altro."

"Pensavo che ormai fosse già in vista. Voglio dire, con un cielo così limpido."

Max si strinse nelle spalle.

"Odio questa attesa, Max." Liz gli prese la mano.

"Anche io." annuì Max.

"Oh. Mio. Dio." Maria stava guardando il cielo.

Strane nuvole cominciarono ad apparire dal nulla, quasi come se fossero state create in quel momento, per effetto del calore generato dalle navi al contatto con la fredda atmosfera. Il banco di nuvole crebbe da un piccolo punto fino a coprire una grande parte di cielo. Luci tremolavano dentro le nuvole. Max sentì le grida dei veterani, nella squadra accanto a lui. Era uno spettacolo minaccioso.

Lentamente, dalle nuvole blu scuro, stava prendendo forma una solida sagoma. Una nave spaziale si stava materializzando proprio davanti ai loro occhi. Liz trattenne il fiato, afferrò il braccio di Max e lo tenne stretto.

Per Max, fu una vista impressionante, ma con una sua strana bellezza. Ringraziando il cielo, non era così grande come aveva supposto. Non era più grande di uno stadio da football, anche se era più larga. Nondimeno, incuteva una sensazione di ansia e di paura negli uomini. Max non ebbe dubbi che tutti ne fossero stati impressionati allo stesso modo.

"Rilassatevi." disse Max alla radio. Cercò di tenere il tono di voce calmo e senza intonazioni di paura. "Calma. State fermi. Fidatevi del vostro addestramento e del vostro istinto e ne verremo fuori."

Era una voce rassicurante, una che istillava fiducia. La sensazione di paura svanì nella squadra più vicina a Max e le sue parole calmarono gli uomini. Lassù, negli strati più alti dell’atmosfera, la lucente macchina si fermò. L’enorme nave spaziale restò sospesa in aria, immobile, una missione praticamente impossibile. Kivar era arrivato.

* * * * *

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Capitolo 76
*** 77-78 ***


Parte 77

"Ovviamente sospetta che abbiamo qualche cannone." grugnì Michael. "Si è fermato fuori dalla nostra portata."

"Sì, è fuori tiro." confermò Mantik. "Ma è quella l’altezza standard per rilasciare navicelle di attacco. Si sono fermati al limite dell’atmosfera per aumentare al massimo gli effetti della forza di gravità. Scenderanno a caduta libera ad una velocità incredibile e useranno i retro campi per attutire l’impatto. Meno motori e meno carburante, significa più spazio per gli uomini e per le armi. E’ un modo impressionante ed efficiente per fare la guerra su un’area devastata dai bombardamenti aerei."

"Quando comincerà?" Max non aveva staccato gli occhi dalla nave fin da quando era apparsa.

"Da un momento all’altro." Mantik scosse la testa. "Ecco perché ha fermato la nave. In movimento, è più difficile colpire un bersaglio. Puoi farlo solo sparando a caso. Di solito, il cielo sarebbe stato striato di navi da caccia, per schermare la nave da missili sparati da terra e da navi ostili ma, dato che lui sa che non abbiamo nulla per penetrare il suo scudo, o nostre navi da caccia, lui non ne ha portata nessuna. Più spazio per altri uomini e navi da attacco."

"Quando parli di bersaglio," Max alla fine aveva distolto lo sguardo "vuoi dire che potrebbe avere dei sensori e che può localizzare la posizione di tutti gli Antariani?"

"Sì." Mantik gli fece un lento cenno con la testa.

"Forse avremmo dovuto pensarci." Michael si grattò l’attaccatura del naso. "Avremmo potuto spostarli tutti in una parte per distogliere i bombardamenti dal resto degli uomini."

"No." Max scosse la testa. "Non posso permettermi di dividerli. Dubito che Kivar voglia colpire solo gli Antariani. Se fossi lui, tempesterei tutta l’area, solo per terrorizzare gli umani."

"E funzionerà, Vostra Maestà." disse Mantik accigliato. "Non c’è niente di peggio di un fuoco al quale non si è in grado di rispondere."

"Lo so." Max si voltò verso i portaordini.

"Trovate un paio di quattro-per-quattro. Anche tre o quattro. Svelti."

Gli uomini corsero via.

"Che vuoi fare, Max?" disse Liz preoccupata.

"Quello che faremo è girare, Liz. Tutti noi. Andremo a visitare le truppe a terra, quando affronteranno il bombardamento, e faremo loro sapere che non ci stiamo nascondendo in qualche posto sicuro. Quello che affronteranno loro, lo affronterò anche io. Devo tenere alto il loro morale."

"Max, non puoi!" gli ordinò Michael.

"Posso." annuì Max. E guardò l’amico. "E voglio."

Fu Connie che parlò per prima.

"Guardate lì!" esclamò, indicando la nave con una mano, mentre con l’altra si schermava gli occhi dai raggi del sole. "Stanno arrivando!"

Tutti guardarono nella direzione che lei stava indicando. Su quella che sembrava essere la parte anteriore della nave immobile, erano comparsi una fila di oblò.

"La prima ondata." annuì Mantik. "Ce ne dovrebbero essere otto."

"Forse, dopo tutto, ha delle navi da caccia." Michael fissò il cielo. "Dopo tutto, non ha ancora cominciato a bombardare."

"E non lo farà." Max capì la situazione. "Lui non sa quali dei segnali appartengono a noi. Ci vuole vivi e non rischierà di ucciderci con un colpo a casaccio."

"Allora quelle sono le prime delle navi da attacco?"

"Uh huh." annuì Max.

"Posso dare l’ordine di aprire il fuoco?"

"Non ancora." Max scosse la testa. "Aspetta che siano a tiro. Non mettiamo sul preavviso Kivar fino all’ultimo momento. Forse farà uscire la seconda ondata prima di rendersi conto di cosa lo aspetta. Più ne eliminiamo durante la discesa, meno ne dovremo affrontare a terra."

"Ha un senso." concordò Michael e sollevò lo sguardo sulle navi che stavano scendendo.

"Non li vedrai." sogghignò Mantik. Sapeva quello che Michael stava cercando di fare.

"Lo so." disse Michael, imbarazzato.

Max ridacchiò e raggiunse la postazione radio trasmittente.

"Pronti con i cannoni." disse. "Per citare una espressione famosa, non sparate fino a che non vedete il bianco dei loro occhi."

"Ricordatevi di Alamo." gridò qualcuno lì vicino.

"Uomini." Liz roteò gli occhi.

Maria, Connie e Isabel scoppiarono a ridere.

"La seconda ondata è cominciata." osservò Serena.

Più di un migliaio di paia di occhi guardarono le navi scendere, le dita sul grilletto di qualunque arma avessero in mano. Sebbene spaventati, erano determinati a fare il loro dovere. Quelli che avevano già affrontato gli alieni, benché nervosi, fecero del loro meglio per diffondere la fiducia che avevano in Max e negli altri. Sapevano di cosa Max era capace e sapevano di avere la sua fiducia. Loro non lo avrebbero abbandonato, né avrebbero permesso di farlo ai loro compagni. Dissero parole di conforto alle reclute, assicurandosi che quelli che parlavano poco o per niente l’inglese, venissero a conoscenza dei loro sentimenti. Max non si sarebbe aspettato niente di meno, da loro.

"Pronti." disse il Maggiore Armstead alle truppe del suo settore. "Max sa quello che fa. Non ci ha lasciato qui per niente. Se lui pensa che possiamo farcela, allora io, per primo, gli credo."

In un altro settore, il Colonnello Roberts stava facendo la stessa cosa.

"L’ho visto affrontare un intero battaglione di nemici. Solo lui e Kyle, un umano." disse a tutti quelli che potevano sentirlo. "Due contro tanti, eppure ne sono usciti illesi. Abbiate fiducia in Max e vinceremo."

I Comandanti degli altri settori fornirono lo stesso conforto. Racconti delle gesta di Max, Michael, Kyle, Isabel e perfino di Connie, furono detti e ridetti.

"Sono ragazzi." ricordarono tutti. "Sono ragazzi e non hanno paura. Noi siamo uomini addestrati. Perché dovremmo averne?"

Gli animi erano meno coraggiosi e meno fiduciosi in città, dove centinaia di migliaia di occhi videro le nere navicelle cadere dalla nave madre, che aveva portato paura e totale disperazione tra i civili lì raccolti. Dal loro punto di osservazione avvantaggiato, sopra il Crashdown, sette paia di occhi: Philip e Diane Evans, Jeff e Nancy Parker, Amy e Jim Valenti e la signora Ramirez, si erano stretti gli uni agli altri, offrendo tutto il supporto che potevano. Lacrime scesero dai loro occhi. Nessuno parlò, non ce ne era bisogno. Invece, offrirono silenziose preghiere a qualunque Dio fosse disposto ad ascoltarli, chiedendo che i loro ragazzi non morissero.

* * * * *

"Pronti." mormorò la voce di Max attraverso le onde radio. Era calma, era suadente, eppure autoritaria. "Pronti."

La discesa delle navicelle continuava, mentre i soldati cominciavano a sudare, aspettando l’opportunità di fare qualcosa.

"La terza ondata è per strada." avvertì qualcuno.

Alla fine, la quarta ondata del nemico fu a portata di tiro.

"Fuoco dai cannoni." esclamò Max.

I quattro cannoni presero vita quando gli artiglieri, prendendo di mira i loro bersagli, premettero il grilletto. Dei quattro tiri, tre fecero centro. Tre navi si dissolsero in una grandinata di detriti incandescenti. La quarta fu colpita di striscio, ma continuò a scendere. Imprecando contro se stesso, il tiratore che aveva fallito il colpo, si affrettò a sparare ancora. Scelse di ignorare la nave danneggiata e sparò alla successiva che entrò nel suo settore. Tirò il grilletto ed un sospiro di sollievo quando vide fiorire un’enorme palla di fuoco. Altre tre esplosioni indicarono che altre tre navi erano state distrutte

Il ruggito di giubilo che partì dalla città di Roswell, distante diverse miglia, coprì gli evviva saliti dall’accampamento militare. Nel resto del mondo, la gente incollata ai televisori sintonizzati sulla battaglia in corso, applaudì e fischiò la propria gioia. Forse, dopo tutto, non sarebbe finita tanto male.

"Pronti." la voce di Max mise in allerta i suoi uomini attraverso la radio. "Non esageriamo. Abbiamo dei nemici a terra. Occupiamoci di loro."

Max portò il binocolo agli occhi ed osservò la nave danneggiata accendere i retrorazzi ed atterrare. Colpì il terreno con un sobbalzo. Vide aprirsi un portello.

"Sono conciati male." gli disse Michael, quando vide uscire i primi soldati alieni, storditi. "I retro non hanno funzionato bene e molti di loro sono morti nell’impatto. Al momento hanno poca forza per combattere. Dai ordine di spazzarli via, prima che si riprendano."

"Truppe a terra, prendeteli." ordinò Max attraverso la radio. "Cannoni, pronti per la prossima ondata." chiuse la trasmittente e guardò in alto. "Quante ondate?" chiese.

"In totale, altre cinque." gli rispose Liz.

"Speriamo di poter stare al passo."

Nell’ondata successiva, non furono altrettanto fortunati. Mentre le truppe a terra di Max avevano finito gli storditi alieni di Kivar, i cannoni erano tornati a sparare, mirando alla successiva schiera di navi. Di otto, ne furono colpite solo cinque. Tre atterrarono integre nel deserto e le truppe al loro interno uscirono, per formare un fuoco di copertura, nella landa senza forma.

"Non lasciate che vi raggiungano." avvertì Max. "Possono mutare forma e allora non sapremo più chi è chi."

Mentre una fiera battaglia cominciava nella pianura, i cannoni ripresero a sparare sulle navi in discesa. Quando non erano puntati su una nave, sparavano contro le truppe atterrate. Le cose andarono meglio, man mano che i tiratori presero confidenza con il fuoco sotto pressione. Della terza ondata, furono solo due le navi atterrate indenni. Della quarta fu una nave solitaria a toccare terra e a rilasciare le truppe contenute al suo interno. I soldati nemici non riuscirono ad assicurare la loro testa di ponte.

Sebbene la battaglia a terra infuriasse ferocemente, stava prendendo tempo. Mortai e granate piovvero sui soldati di Kyle, che furono immobilizzati dalle unità di Max, che erano attivate da tutti i fianchi.

"Forse ti interesserà sapere," Mantik fece un sorriso compiaciuto, mentre Max stava gridando gli ordini ai soldati che avevano fatto repulisti dei nemici atterrati "che Kivar ha smesso di inviare navi a terra."

"Buon segno, no?" Max guardò il Comandante delle forze Antariane.

"Per ora." annuì lui. "Hai costretto Kivar a rivedere la sua tattica. Non aveva mai fallito prima d’ora."

"Non aveva mai tenuto fermi i suoi cannoni a lunga gittata, prima d’ora." borbottò Michael.

"Abbiamo ancora truppe a terra cui pensare." si scusò Max. "Roberts." chiamò nella trasmittente. "Cominciate a circondarli. Usate la massima capacità di fuoco, come abbiamo fatto in allenamento."

"Ricevuto, Max." gli rispose Roberts.

Intorno alla tasca difensiva, il fuoco si intensificò, quando le squadre si avvicinarono. Il fuoco di risposta diventò sempre più debole.

"Si arrenderanno." Max osservò le strie di luce e le esplosioni. "Vero?"

"Potrebbero farlo." ghignò Michael. "Ma questa volta non funzionerà."

"Che vuoi dire?" Max abbassò il binocolo e guardò Michael.

"Non vogliono fare prigionieri, Max. Questi sono uomini di Kivar e loro non si fidano. Non c’è un soldato lì fuori, sia umano che antariano, che accetterà la resa dagli uomini di Kivar."

"Ma … "

"Niente ma, Max. Non lo stanno facendo per te, lo fanno per loro stessi."

"Non mi piace, Michael." brontolò Max, voltandosi verso la radio per dare un ordine.

"Non deve piacerti." Michael lo fermò. "Devi solo accettare che non tutti hanno la tua stessa morale. Tutti loro ricordano come Grier abbia cercato di uccidere Liz, dopo che si era arreso. Gli Antariani ricordano le atrocità commesse su Antar dagli uomini di Kivar e gli umani sono fin troppo consapevoli delle atrocità che commetteranno se dovessero vincere. Così, devi lasciarli fare."

"E’ così che cominciano le lotte, Michael." lo pregò Max. "Non lasciamo che questo si trasformi in odio tra noi e Kreskascent."

"Sire." si intromise Mantik. "Non c’è niente che voi possiate fare a questo proposito. Se dovessimo vincere, non ci sarà nessuno nella Casa di Kreskascent, tranne forse quelli che si sono ribellati a Kivar fin dall’inizio, al quale sarà permesso vivere. Per favore, non interferite. Fino a che rimarranno vivi, saranno sempre una minaccia."

"Max." Liz gli posò una mano sul braccio. "So che questo va contro tutto quello in cui credi. E tutti sanno quello che provi. Ma ricorda: questa è anche la loro vita."

Max chiuse gli occhi, respirò a fondo, poi annuì.

Sul campo, la battaglia stava arrivando alla fine. L’ultimo dei lanci, aveva visto tutte e otto le navi o annientate, oppure atterrate, ma con la distruzione totale dei loro passeggeri, quando erano usciti tra le grandinate di colpi mortali. Nella tenda di comando, tutti i presenti non poterono fare a meno di sorridere, stupiti da quanto bene fossero andate le cose. Ce l’avevano fatta. Avevano respinto Kivar. Credettero fermamente che tutto fosse finito.

* * * * *

Jose Perez seppe che stava succedendo qualcosa quando, uscendo dalla tenda, quella mattina, sentì la paura nell’aria. Tutti stavano andando ai confini della tendopoli. Prese la custodia della chitarra e li seguì. Ci sarebbe stato tempo per lavarsi più tardi. Sulla strada che portava a quella parte di deserto diventata l’accampamento degli alieni, la Guardia Nazionale aveva avuto il compito di tenere indietro la folla.

"Non fa niente." sussurrò alla custodia della chitarra. "Noi sappiamo come arrivare lì senza essere visti, vero?"

Perez tornò alla sua tenda e prese dal suo bagaglio degli abiti per mimetizzarsi nel deserto. Poi attraversò la tendopoli, incamminandosi sulla strada che portava a Roswell. Si impadronì di un vecchio furgone e si allontanò dal centro delle attività. Guidò per un ampio cerchio, per arrivare alla sua destinazione dalla parte posteriore. Parcheggiò il furgone dietro a delle rocce ed indossò la sua tenuta mimetica. Fece a strisce i suoi vecchi vestiti e li avvolse attorno al fucile che aveva tirato fuori dalla custodia.

"Tu e io, piccolo." sogghignò. "Andiamo a fotte*re gli Evans."

Fu un lavoro duro, ma Perez perseverò nel suo compito e camminò carponi, e qualche volta strisciò sulla pancia, per miglia di deserto. Era ancora lontano dall’area dove aveva individuato, una volta, la tenda di comando, quando sentì gli spari. Alzò gli occhi e vide le navi che si avvicinavano.

"Perfetto, piccolo." accarezzò il fucile. "Non potrei aver programmato un diversivo migliore. Chi guarderà a terra, quando il fuoco arriva dal cielo?"

Fu in grado di muoversi più velocemente, ora che sapeva che nessuno l’avrebbe osservato. Gli ci volle un po’ ma, alla fine, trovò un buon punto di osservazione. Sebbene si trovasse al centro del perimetro formato dalle truppe di Max, non era troppo vicino a nessuna delle navi che erano atterrate. Perez prese il binocolo dalla custodia protettiva che portava sulla schiena e lo puntò sulla tenda comando.

"Perfetto." sogghignò quando mise a fuoco la fronte di Max Evans, che stava parlando con Michael Guerin. Mosse il binocolo e trovò Liz, l’affascinante mogliettina, come sempre la fianco del marito.

"Dicono che la vendetta è un piatto che va servito freddo." sussurrò. "E cosa c’è di meglio del sapere che nessuno scoprirà che siamo stati noi?"

Fissò il mirino sul fucile e lo regolò. Alla fine, puntò il fucile su Max, elettrizzato dalla gioia di avere finalmente la sua nemesi sotto mira. Usò un piccolo giravite per l’ultima regolazione e centrò, ancora una volta, la testa di Max nel mirino. Spostò il fucile in basso a sinistra e trovò Liz, dove sapeva sarebbe stata. Ghignando come un gatto che aveva trovato la panna, Perez caricò due proiettili speciali. Entrambi portavano inciso un nome. Su uno si leggeva ‘Max’ e sull’altro ‘Liz’.

"Proiettili con sopra il vostro nome." sogghignò ancora.

Fece scivolare il primo proiettile nel caricatore. Si sdraiò a terra a cercò di calmare il suo respiro. Prese attentamente la mira, centrandola sopra l’occhio destro di Max, proprio mentre lui stava scuotendo la testa. Gli piaceva il fatto che lui avesse un’espressione preoccupata, come se stesse ascoltando qualcosa che non gradiva. Gli piaceva l’idea che Max non avrebbe mai saputo cosa l’avesse colpito. Che un secondo prima era preoccupato per qualcosa ed un secondo dopo … l’oblio.

"Max Evans." Jose Perez, precedentemente conosciuto come l’agente speciale dell’FBI Steven Baurline, rise mentre tirava il grilletto. "Sei fottu*to."

* * * * *

I soldati saltarono per la gioia. Gli elmetti furono tirati in aria. Tutto intorno c’era aria di festa.

"Restate ai vostri posti!" sbraitò Max. Ma nessuno lo ascoltò.

"Non si sta ritirando." Kyle constatò l’evidenza. "Perché non se ne va a leccarsi le ferite?"

"Perché non pensa che sia finita, ancora." Max scosse la testa.

"Sono d’accordo con Vostra Maestà." annuì Mantik. "Abbiamo appena mostrato a Kivar la follia di tentare un atterraggio su una posizione difesa, senza prima il supporto di un bombardamento."

Un grido improvviso soffocò le scene di giubilo. Un assordante ruggito cambiò l’intero scenario. Sebbene il primo colpo fosse esploso senza fare danni, nel terreno desertico, l’onda d’urto fu abbastanza forte da intontire gente a cento metri di distanza.

"Tutti al coperto!" ordinò Max.

Un attimo dopo, un’altra esplosione squarciò un pezzo di deserto. Grida riempirono l’aria, mentre corpi venivano proiettati ovunque.

"Dannazione!" imprecò Michael.

"Oh, no." Max scosse la testa all’orrore di quella devastazione.

"Sapevamo che potevano esserci dei morti." Mantik posò una mano sulla spalla di Max.

"Non posso guardare." Liz seppellì il viso contro il petto del marito.

Max assistette impotente al susseguirsi di esplosioni che falciarono i suoi uomini. Molti dei colpi finirono nel deserto ma, ogni tanto, uno dei potenti colpi di cannone esplodeva tra uomini che Max aveva conosciuto. Max non si era mai sentito così disgustato, nauseato dalla violenza. Si sentì impotente.

Sotto di lui, l’artigliere fu strappato via dal suo cannone quando un’onda d’urto arrivò sulla sua squadra. Detriti volarono in ogni direzione, penetrando anche nella tenda comando. Liz gridò. Max si voltò immediatamente. Una roccia l’aveva colpita al braccio e schegge di pietra le avevano ferito il viso. La sua reazione fu istintiva. Un secondo dopo, non c’erano segni che Liz fosse stata colpita. Max, invece, era chiaramente ferito. Assicuratosi che Liz stesse bene, Max corse al cannone rimasto vuoto e, con Liz, Isabel e Michael, che gli gridavano dietro, cominciò a sparare contro la nave di Kivar, disperatamente fuori tiro.

"Ordina la ritirata." ordinò Max quando Michael lo raggiunse. Sparita all’improvviso la sua rabbia, Max lasciò l’arma e si guardò attorno. "Kyle, Jesse. Portate le donne alla tenda. Anche tu, Connie. Le voglio fuori da qui, ora."

"Ma Max … " cominciò a dire Liz.

"No, Liz." Max scosse la testa e la prese per le spalle. "Per favore. Almeno per una volta, fa’ quello che ti dico."

"Va bene, Max." annuì lei. Non voleva fargli fare la figura dello stupido, in quel momento. Avrebbero litigato più tardi.

Sia Connie che Maria si resero conto che sarebbe stato inutile protestare. Max aveva quello sguardo … se Liz aveva fatto marcia indietro, loro non avevano possibilità. Anche Isabel preferì non discutere.

"Michael, vieni con me." Max si diresse verso uno dei quattro-per-quattrro che aveva ordinato gli procurassero poco prima.

"Dove stiamo andando?" chiese Michael preoccupato.

"A far sapere a tutti che noi rischiamo quello che rischiano loro." disse salendo al posto di guida.

La jeep si mise in moto e partì. Max la guidò da una squadra all’altra, aiutando dove poteva, spronando i suoi uomini a trovare qualsiasi riparo possibile. Ordinò ai comandanti una lenta ritirata, assicurandosi che gli uomini non si assembrassero. Ordinò anche che i cannoni fossero portati al riparo. Uno era stato colpito in pieno ed era ormai perduto. I tiri di Khivar per poco non li colpirono, facendo chiedere a Michael se ce l’avrebbero fatta a tornare. Max lo ignorò.

Intorno a loro regnavano la violenza e la distruzione. Max stava cercando di essere contemporaneamente dappertutto e la cosa lo stava spossando. Michael desiderò che Liz non si fosse arresa così facilmente. In quel momento aveva bisogno che lei fosse lì. Era già tanto che Max avesse ascoltato i consigli di tutti e che, sebbene la cosa lo uccidesse dentro, si fosse trattenuto dal guarire chiunque, rivelando qualcosa che avevano deciso sarebbe stata meglio tenere segreta. Non per la prima volta, quel giorno, Michael desiderò che fosse tutto finito.

E poi successe. Il silenzio regnò ancora una volta nel deserto e le urla canoniche cessarono. Max fermò la jeep e guardò la nave spaziale, con la paura che ricominciasse il rilascio delle navi di attacco. Il silenzio crebbe, mentre l’attesa che stesse per succedere qualcosa divenne insopportabile. Un forte suono attraversò il cielo.

"POPOLI DELLA TERRA!" una voce forte, proveniente dall’astronave sospesa sopra di loro, scese sul deserto. "PER ORA, HO ORDINATO IL CESSATE IL FUOCO. VI DARO’ VENTIQUATTRO DELLE VOSTRE ORE PER CONSEGNARMI RE ZAN E IL VOSTRO PIANETA O CANCELLERO’ L’AREA ATTORNO A ROSWELL, NEW MEXICO E TUTTI QUELLI CHE CI VIVONO. E CONTINUERO’, DISTRUGGENDO UNA CITTA’ ALLA VOLTA, FINO A CHE LE MIE RICHIESTE NON SARANNO SODDISFATTE."

La nave cominciò a scomparire nella nuvola che aveva generato. Dopo pochi istanti era svanita. Una specie di pace scese sopra il deserto.

* * * * *

n.d.A: purtroppo il capitolo 78 manca. A quanto pare mentre salvavo la storia deve essermi sfuggito. Mi dispiace. Ringrazio cris325 per avermelo fatto notare

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Capitolo 77
*** 79 ***


Parte 79

"Qual è la nostra situazione?" chiese Khivar, rialzandosi dal pavimento.

Aveva uno sguardo violento, mentre si guardava attorno nella cabina di controllo. Le esplosioni avevano squarciato l’interno della nave ed avevano gettato a terra tutti quelli che non erano seduti.

"Signore!" gridò l’aiutante, camminando carponi sul ponte con un tono di panico nella voce. "Tutti i motori sono fuori uso. Il fuoco nemico li ha distrutti completamente. Chiunque fosse il pilota, sapeva perfettamente dove mirare."

Tranne che per le grida dei tecnici che urlavano ordini e contrordini, nel tentativo di rimettere il moto il sistema, l’interno della nave era stranamente silenzioso e tutto quello che dipendeva dai motori era immobile. Senza l’impianto di condizionamento, che provvedeva a mantenerla pulita, l’aria stava diventando calda e pesante. Pennacchi di fumo blu si alzavano nell’aria immobile, illuminata solo dalle luci rosse di emergenza. I membri dell’equipaggio non impegnati nei compiti di routine, guardarono a Kivar per tirarli fuori da quel pasticcio.

"Riparateli!" ordinò Kivar. "Se Zan ha ancora uno di quei maledetti missili, ci cancellerà dalla faccia di questo pianeta per decenni. Siamo completamente alla sua mercé, qui. E sapete tutti cosa significa, vero?"

"Ci stiamo provando, Kivar." l’aiutante scosse la testa. "Ma il danno … " agitò la mano in aria. " … è troppo esteso. Non possiamo … "

"Lo scudo è ancora in funzione?"

"Sì." annuì l’uomo. "E’ rifornito da energia interna."

"In questo momento lo scudo è pressoché inutile. Guarda se si può reindirizzare quell’energia verso i motori. Nel frattempo, cercate di individuare la rampa di lancio di quel missile." sbraitò. "Distruggetela. Poi, cercate di organizzare una difesa contro quella nave."

"Ma non possiamo." l’aiutante si allontanò dalla furia crescente di Kivar. "Quando i motori si sono spenti, abbiamo perso l’energia per i cannoni laser. Quella nave … "

"Da dove è sbucata fuori, ad ogni modo?" la voce di Kivar era quasi stridente. "Chi stava controllando la Nyelda?"

"Non è arrivata dalla Nyelda." rispose qualcuno.

"E allora da dove diavolo è venuta fuori?"

"Credevo che fosse un altro di quei caccia terrestri." l’operatore del sensore di rilevamento spalancò gli occhi, terrorizzato. "Non mi sarei mai immaginato che sarebbe riuscita a passare lo scudo."

"Io credo di averla riconosciuta, signore." disse uno dei tecnici, avvicinandosi. "La ricordo da una missione precedente."

"Allora?"

"Era una delle nostre navi di prova, signore. Il prototipo. Quella che abbiamo mandato qui per vedere come riusciva a manovrare in questa atmosfera."

"E come diamine ha fatto Zan a procurarsela? Mi avevano detto che era precipitata."

"Lo era, signore." annuì il tecnico. "E’ precipitata in mare, a est da qui. Il pilota ha tirato fuori qualche corpo da consegnare a Nikolas per il deposito e, mentre tornava, si è scontrato con un velivolo terrestre sopra un’isola ed è caduta in mare. Dopodiché ne abbiamo perse le tracce."

"Eppure è qui e ci sta tenendo sotto mira." grugnì Kivar. "Perché devo sempre lavorare con incompetenti? Aspettate un minuto. Non è mai stata armata."

"Zan deve averci montato un cannone. Non è una cosa difficile."

"Kivar!" una voce femminile risuonò nella sua mente. Il suo tono era regale, pieno di autorità. Era un tono che comandava attenzione. "Tu sai chi sono."

* * * * *

"Benvenuto a casa, Griffin." Non appena riuscì a togliere il microfono dalle mani di una ammutolita Connie, che lo stringeva come se la sua vita dipendesse da quello, Max salutò il loro salvatore. "Un modo piuttosto sensazionale di entrare on scena."

"Che posso dire?" rispose Griffin. "Ora gioco con i ragazzi grandi. Ora, però, non posso smettere. Vuoi che finisca la storia per te, Max?"

"Non ancora." rispose Max. "Aspetta ulteriori istruzioni. Max, chiudo."

"Sì, signore. Griffin, chiudo."

Max poté quasi immaginare Theodore Griffin salutarlo dalla cabina di pilotaggio della strana astronave aliena. Scuotendo la testa con un sorriso ironico, si voltò verso gli amici. Loro ricambiarono il suo sguardo con espressioni incredule. Era veramente finito tutto?

Sul capo di battaglia era disceso il silenzio. I soldati erano in piedi a guardare la gigantesca nave, incerti se la fine dei bombardamenti fosse o no una cosa positiva. Guardavano dall’enorme vascello alla piccola nave che era sbucata dal nulla per colpirlo. Davide e Golia.

Liz si unì al marito, pregandolo con gli occhi di farla finita una volta per tutte. Lui annuì, le carezzò il dorso della mani con il pollice e sorrise. Non sarebbero mai più vissuto con la minaccia della fine del mondo sul loro futuro.

"Vuoi tu l’onore, Michael?"

"Se non ci tieni, allora sì." Michael si aprì in un enorme sorriso. "Certo che lo voglio. Posso già assaporarlo. Ma penso che ci sia qualcun’altro che vorrebbe farlo. Qualcuno che ha ancora più diritto di noi."

"Sono d’accordo." annuì Max.

E tutti e due si voltarono verso di lei.

"Isabel?"

"Posso?" anche Isabel fece un grande sorriso. "Veramente. Oh, sì, vi prego."

Max annuì, mentre i loro amici si stringevano a cerchio. Lei entrò al centro del cerchio, pur sapendo che non ve ne era bisogno. Era solo un gesto simbolico al loro cameratismo. Guardò la nave immobile.

"Proverò un piacere immenso a farlo."

Fece un profondo respiro e si raddrizzò in un atteggiamento di orgoglio e di vittoria.

"Kivar!" Isabel proiettò il suo pensiero. Il suo tono era regale, pieno di autorità. Era un tono che comandava attenzione. "Tu sai chi sono."

"Vilandra?" la voce di Kivar sembrò sorpresa. "Sei tu, mia amata?"

"Io non sono la tua amata, Kivar." lo derise Isabel. "Né allora, né adesso, né mai."

"Diglielo, Iz." le disse Liz ad alta voce.

"In cosa posso esservi utile, Vostra Altezza?" c’era un tono di scherno nella voce di Kivar che sembrò fuori luogo. "

"E’ arrivato il momento di discutere della tua resa."

"Ah, capisco. E dov’è Zan, in questo momento? Non riesco ad immaginare che quel cucciolo rinunci al suo momento di gloria. Perché non me la chiede lui stesso? Forse lui e Ava sono di nuovo in calore?"

Max strinse la mano di Liz in risposta all’improvvisa tensione di lei.

"Sai una cosa, Kivar?" Isabel fece una smorfia. "Zan non pensa che tu sia poi questa grande minaccia. In questo momento è alquanto occupato. Pensa di avere cose ben più importanti da fare che non parlare con un patetico piccolo verme come te. Qualcosa come accertarsi che il banchetto di stanotte abbia nel menù la zuppa che gli piace. Così ha chiesto a Rath di trattare con te. Solo che, indovina un po’? Anche Rath è occupato. Ha bisogno di assicurarsi che le sue medaglie siano ben lustre, per la parata in programma per stasera. E sai un’altra cosa, Kivar? Avrei passato più volentieri il tempo ad occuparmi del mio guardaroba. Ho di meglio da fare che stare qui a cianciare con un perdente, ma non c’era rimasto nessuno per parlare con te ed è toccato a me fare da capro espiatorio."

"Capro? Ma di che stai parlando, Vilandra? Cos’è un capro?"

"Okay. questa è la proposta." Isabel e i suoi amici stavano ridendo. Avrebbe voluto che anche Jesse, Kyle, Maria e Connie potessero sentirla. Si stava godendo ogni minuto di quell’incontro. "E hai una sola possibilità di dare la risposta giusta. Abbiamo il nostro caccia già pronto per colpirti ancora. Tutti e due sappiamo che non hai modo di difenderti e il nostro è un diavolo di pilota, non è vero? Abbiamo anche un altro missile puntato su di te. E indovina di cosa è fatto? Cadmium-X. Passerà dritto nel tuo scudo e spargerà la tua miserabile nave per miglia nel deserto. Allora, la domanda è: tu, Kivar, ribelle e traditore di tutta Antar, nemico di Epsilia e completo e totale idiota, ti arrendi totalmente ed incondizionatamente a Sua Altezza Reale Zan di Antar, protettore della Terra e ottimo ragazzo? Puoi scegliere tra il ‘sì’ e l’ ‘oblio’."

"Devi essere così ostile, Vilandra? Una volta eravamo molto vicini."

"Aeaeaea. Risposta sbagliata. Preparati a morire."

"Aspetta, aspetta, aspetta."

"Questo era un ‘sì’? Ti arrendi?"

"Io … "

"Tic, tac, tic, tac." Isabel spostò la testa da una parte all’altra, enfatizzando il passare di ogni secondo. Se la stava godendo. E altrettanto se la godevano Max, Liz, Michael e gli Antariani che potevano udire la silente conversazione.

"Io … "

"Il tempo scorre."

"Mi arrendo." disse Kivar sottovoce.

"Non è sufficiente, Kivar. A quali condizioni?"

"Totalmente ed incondizionatamente."

* * * * *

"Griffin?" Max rideva, quando parlò al microfono. "Qui è Max. Mi ricevi? Passo."

"Forte e chiaro, Vostra Maestà. Stai per darmi l’ordine di distruggere quell’affare?"

"Non oggi." Max scosse la testa." E sono Max, okay? Perché ora non vieni giù? Credo che ci sia un po’ di gente che non vede l’ora di stringerti la mano."

"Guastafeste." rise Griffin. "Non ho mai tirato giù niente di così grande fino ad ora."

"Bene, ma l’attuale occupante si è appena arreso e ora la nave è sotto un’altra amministrazione. Tecnicamente appartiene a me, così, per ora, lasciamela in un sol pezzo, okay?"

"Ricevuto, Max. Qui è Griffin, pronto per l’atterraggio. Passo e chiudo."

Guardarono tutti la strana navicella scivolare nel cielo e fermarsi sopra il deserto. Alzando una nuvola di polvere, la nave atterrò. Senza il minimo rumore. Rimase immobile fino a quando un pannello quadrato si aprì sul suo fianco, lasciando apparire una figura, con una casco bianco e rotondo ed un ovale scuro al posto della faccia. La figura sollevò la mano e sfilò il casco. Ted Griffin sorrise al mondo.

"Papà!" Connie corse subito al suo fianco.

Griffin lasciò cadere il casco a terra e, mentre quello rimbalzò e prese a rotolare in un lento cerchio, afferrò la figlia tra le braccia e la fece roteare.

"Grazie per aver badato alla mia ragazza." Griffin fece l’occhietto, tendendo a Max la mano.

"E’ stato … interessante." Max ricambiò il suo sorriso. "Uh … grazie. Sai? Per averci salvato la giornata."

"Non è stato niente, davvero. Diamine, pur di volare con questa piccola, avrei affrontato qualunque nave d’attacco Kivar avesse portato con sé."

"E’ bellissimo, papà. Io ho volato con una di quelle nello spazio."

"Veramente?" Griffin la guardò sorpreso. "Una di queste?"

"Beh, non proprio. Era più simile ad uno Shuttle, ma ho volato attorno a Plutone."

"La mia bambina." rise lui. "Un’astronauta."

"Un’astro-pazza." ridacchiò Michael, unendosi a loro. "Ehi, Griffin. Che ne è stato di quel lavoro all’ Est?"

"E’ successa la più strana delle cose." Griffin posò a terra Connie, ma le tenne un braccio attorno alla spalla. "Stavo aspettando all’aeroporto, dove avrei dovuto incontrare il mio contatto, quando un grosso produttore cinematografico si è rivolto a me e mi ha detto che aveva un’offerta migliore. Mi ha citato una frase de ‘Il Padrino’, sapete? Quando gli ho detto che non ero interessato, mi ha risposto che avrei potuto aiutare voi ragazzi. Così, naturalmente, sono stato interessato. Innanzi tutto, è saltato fuori che era stato lui a contattarmi per il lavoro all’Est. Ad ogni modo, mi ha fatto portare a Puerto Rico. Ha affittato una barca e siamo andati in mare. In quel momento, mi sono un po’ preoccupato, sapete? Ma indovinate un po’ cosa abbiamo trovato tra le onde?"

"La nave." Max posò la mano sulla ruvida fusoliera.

"Come fai a saperlo? Voglio dire, chi metterebbe un astronave sotto al mare?"

"E’ affondata." ridacchiò Max. "Io e Liz l’abbiamo trovata lo scorso anno. E’ stato quando tu e Connie avete incontrato Kyle."

"Ad ogni modo, l’abbiamo riportata in superficie. Fortunatamente, non era rimasta troppo danneggiata. Niente che Langley non potesse riparare. Poi mi ha insegnato a pilotarla. E’ questo che ho fatto per tutto questo tempo. Imparare a guidare questa cosa. Si porta che è un sogno. Poi, la scorsa settimana, lui è tornato con quei cannoni e di fretta. Un breve aggiornamento sui punti vulnerabili sui quali mirare e … "

"Questo era il prototipo di Kivar." Max si rivolse a Michael. "Ricordi che ci avevano detto che le navi antariane non potevano manovrare nell’atmosfera terrestre? Così lui ne ha costruita una che poteva farlo. Solo che è precipitata alla sua prima missione."

"Per essere recuperata da noi ed usata contro di lui." ghignò Michael.

"Se questa non è ironia … " Kyle scosse la testa.

* * * * *

"Allora?" Max guardò il Maggiore Armstead. Lui si era già seduto, con Liz al suo fianco, aspettando di ricevere gli ultimi rapporti sulle vittime.

"Abbiamo perso undici uomini ed abbiamo altri trentasei feriti. Tra i civili in città, ne sono rimasti uccisi sessantacinque e duecentoventinove sono rimasti feriti. Le vittime sono quasi tutti turisti della tendopoli."

"Quasi?"

"Il Teatro di Roswell è uno degli edifici che è stato colpito." Armstead aveva un’espressione dispiaciuta sul viso. "All’interno c’era un grande schermo e c’era molta gente a guardarlo. E’ stato completamente distrutto, Max. Sono morti tutti, compreso il personale."

"Nessuno che conosciamo?" la voce di Max era un sussurro.

"No." Armstead scosse la testa. "O almeno, nessuna conoscenza intima. Oh, ce n’è anche un altro. Ma, per essere onesti, non sappiamo chi sia."

"Che vuole dire?"

"Abbiamo trovato dei … resti. Nel deserto. Non era uno dei nostri; possiamo rendere conto di tutti. Il suo DNA è umano, così non era nessuno degli uomini di Kivar. Abbiamo anche trovato i rottami di un fucile di precisione. Roba usata dall’FBI. Io non ho mai posizionato cecchini, Max."

"Dov’era?"

"Dove Kivar ha fatto esplodere il primo colpo. Ieri."

"Forse era solo un civile che voleva partecipare all’azione."

"O qualcosa di peggio." Armstead si accigliò. "Qualcuno che ti voleva morto."

"Qualcuno mandato da Forest?"

"Probabilmente. Chi lo sa? Meglio che tu stia in guardia, Max."

* * * * *

"So che odi l’idea, Max, ma dobbiamo fare così." Roberts enfatizzò il suo punto di vista, dando un pugno sul tavolo. "Kivar è un ‘tuo’ nemico. ‘Tu’ lo hai sconfitto. Il punto, qui, non è se tu lo abbia fatto con l’aiuto dei tuoi alleati umani o meno. Kivar deve arrendersi a te. E non solo. Kivar deve essere ‘visto’ mentre si arrende a te. Non importa che razza di somaro sia Forest, lui è sempre il Presidente degli Stati Uniti d’America. Se intravede una possibilità di farsi pubblicità ed alienare … scusa la parola, te, lo farà. Kivar deve arrendersi a te e non a me. Lascia che il mondo ti veda per il leader, anzi, per il Capo di Stato che sei. La guerra è finita. Tu l’hai vinta. Ma ora arriva la parte più difficile, Max. Tu devi vincere la pace."

"Io sono d’accordo con la saggezza del Colonnello, Max." annuì Serena. Dietro di lei, annuì anche Mantik. "A meno che quei membri ancora leali alla Casa di Kreskascent non vedano Kivar arrendersi a te, negheranno che sia successo. Nello stesso modo in cui la tua famiglia ha negato per gli ultimi cinquant’anni che tu eri morto."

"Facciamo finire questa guerra, Max." gli disse Michael, stringendosi nelle spalle. "Non è che, in ogni caso, tu non sia già sotto i riflettori."

"Ha un senso, Max." disse Liz, stringendogli la mano.

"Okay." annuì lui. "Ma voglio ugualmente sul podio una rappresentativa. Io accetterò la resa, ma insisto che lei sia con me, Roberts. E voglio un numero uguale di guardie, nella cerimonia. Sei di Antar e sei della Terra. Lascerò la scelta a Michael e ad Armstead. E anche voi dovete essere lì. Maria, Kyle, Connie e Jesse, vi voglio con noi. Siete parte di tutto questo, sia che siate umani o no. Abbiamo cominciato insieme, finiremo nello stesso modo."

"Ora che abbiamo deciso il grosso, che ne dite di pensare ai dettagli?" chiese Jesse.

"Okay, Jesse." Max annuì. "Pensa tu a scegliere chi sarà presente. Invita quelli importanti e usa una specie di lotteria per gli altri. Oh, assicurati che le nostre famiglie abbiano … "

"Un trattamento da VIP, Max? Potrei fare altrimenti?"

"Vedi se Glenn può venire e cerca di contattare Sarah. E gli Anderson."

"Non dimenticarti di Granny." gli ricordò Liz.

"Diamine, tutti quelli che ci hanno aiutati." Max si strinse nelle spalle. "Ma voglio che mi riservi due posti. Vicino a noi."

"Per chi?"

"Uno per Brody.," ridacchiò Max. "L’altro per Milton. Impazzirà di gioia."

* * * * *

Lo Shuttle della Nyelda lasciò la grande nave di Kivar … di Max, e cominciò la discesa verso la Terra. Sicuramente non ci fu persona, nell’intero pianeta, che non stesse assistendo alla importante cerimonia davanti ad una televisione.

Lo Shuttle accese i razzi frenanti e si fermò ad un centinaio di metri dal podio principale, sul quale Max era seduto su un trono ricavato da una roccia di granito cristallizzato. Accanto a lui, anche lei seduta su un trono, Liz era seduta e guardava. Entrambi erano vestiti con gli abiti reali di Antar.

Max si era rifiutato di portare qualsiasi cosa somigliasse ad una corona. Aveva anche tirato a Kyle, che gliela aveva portata, la scadente corona che gli era stata consegnata durante la cerimonia di benvenuto.

Da entrambi i lati del podio, dodici delle Guardie Reali erano sull’attenti, ognuna di loro pronta a difendere Max e Liz fino alla morte. Il resto dei soldati formava un corridoio che dal podio conduceva allo Shuttle, appena atterrato, formando un sentiero tra la folla che si era raccolta. Alle spalle di Max e Liz, c’erano i loro amici.

"Non posso credere che sia finita." Maria scosse la testa, meravigliata. "E, adesso, che faremo?"

"Come ha detto Roberts," Michael non spostò nemmeno per un attimo gli occhi dalla nave. "dobbiamo vincere la pace."

"Non vedo l’ora di vedere Max e Liz salire sul palcoscenico del mondo."

"Il mondo non saprà cosa l'ha colpito." ridacchiò Kyle. "Come faranno ad essere tutti pomposi e a tiranneggiare Max per sottometterlo, quando lui non li prenderà mai sul serio e, in ogni caso, potrebbe far esplodere il loro intero esercito in tanti pezzetti?"

"Potrebbero consegnare a Max un foglio bianco già firmato e lasciare che sia lui a scrivere i trattati." ridacchiò Jesse.

"Un giorno, Liz mi ha detto che il mondo sarebbe stato un posto migliore se avesse potuto conoscere Max." Maria sorrise. "E io penso che abbia ragione."

"Dovresti aver compassione di lui." Connie scosse la testa. "E anche di Liz. Come possono vivere la loro vita, se il mondo reclama un pezzo di loro ogni volta? Pesci d’oro in una palla di vetro. Non ci sarà una singola telecamera al mondo, che non vorrà riprenderli in qualsiasi momento."

Tutti si guardarono tra di loro.

"Se tu fossi un fotografo, Connie," ridacchiò Michael "e sapessi quello che ti potrebbe fare Max se ti sorprendesse a scattare una foto non voluta a Liz, lo faresti?"

"Cosa? Assolutamente no!"

"Ho la sensazione che, da ora in poi, Max farà un largo uso di quello scudo che tiene lontani i metalli terrestri. Quale mezzo migliore per proteggere la loro privacy?"

Il portello dello Shuttle si aprì, il sibilo della pressione che si bilanciava fu l’unico suono udibile. Dallo scuro interno, due guardie vestite con l’uniforme nera e oro della Casa di Kreskascent, uscirono per prime, e si allontanarono di qualche passo, mettendosi sull’attenti. Un attimo dopo, un uomo alto con i capelli neri come l’ebano, uscì dalla nave nella luce calda del deserto.

Si fermò, si raddrizzò e guardò la folla attorno a sé, con penetranti occhi grigi. Molte donne trattennero il respiro. Kivar poteva essere descritto solo come incredibilmente affascinante. Era duro immaginare quell’uomo impotente che si arrendeva ad un adolescente come Max. Sollevò lo sguardo sul podio e fece una risata beffarda, dirigendosi lentamente verso il ragazzo.

Da parte sua, Max non guardò Kivar nemmeno una volta, come se il nuovo arrivato fosse meno che insignificante. Lui stava parlando con Liz, facendo uno sforzo enorme per non gridare a Kivar di sbrigarsi.

"Vostra Maestà." Kivar fece solo un mezzo inchino e fece in modo di ignorare completamente Liz. "Vilandra." annuì verso di lei. "Rath." la sua voce prese un tono gelido.

Isabel scelse di ignorarlo.

"Kivar." annuì Michael, facendo poco per mascherare il disprezzo nella sua voce.

"Finalmente sei arrivato, Kivar. Cosa ti ha trattenuto?" disse Max con aria annoiata. "Non ti sei perso per strada, vero?"

"Difficilmente avrei potuto farlo." Kivar si strinse nelle spalle, facendo vagare lo sguardo sul podio. "Dov’è Ava, mia figlia?"

"Ava è morta, Kivar." lo informò Max, il tono di voce più dolce. Nonostante l’odio che provava per quell’uomo, Max non riuscì a mettere da parte il suo cuore. "Non avresti mai dovuto permetterle di tornare."

"L’hai uccisa tu?" era un’accusa.

"No." Max scosse la testa. "Si è tolta la vita. E’ morta per distogliere l’attenzione delle autorità da noi. E’ morta per salvarmi la vita."

"Menti!"

"Credi pure a quello che vuoi, Khivar." Max si strinse nelle spalle. "Non siamo qui per parlare di Ava. Noi abbiamo fatto pace con lei. Tu sei qui per arrenderti a me. Allora andiamo avanti con questo, okay? Mettiamo fine alla guerra che hai cominciato."

"Io non l’avrei cominciata se tu non mi avessi umiliato."

"Khivar, sei circondato da gente che vorrebbe vedere morti te e i tuoi uomini. Spazzarvi via dall’esistenza. Probabilmente, io sono l’unica persona su tutto il pianeta che non vuole ucciderti. Cerca di non farmi cambiare idea, okay?"

"Di’ solo una parola, Max," disse Michael in tono iroso. "ed illumineremo il cielo come un albero di Natale."

"Vedi?" Max sollevò la mano, palmo in aria. "Che posso farci?"

"Cosa vuoi che faccia?"

"Firma questo, tanto per cominciare." E tese a Khivar un piccolo rotolo. Era color argento e fu chiaro agli spettatori, che era qualcosa di alieno. Khivar srotolò il documento e lo lesse velocemente.

"Attesta che tu accetti la piena responsabilità per la guerra che hai portato sul nostro pianeta e su questo. Attesta che tu, d’ora in avanti, riconoscerai che io sono il vero Re di Antar e che con la mia sposa, Elizabeth Evans, Regina di Antar, regno interamente e senza controversie, per grazia del Granilith."

"Che ne sarà di me? E dei miei uomini?"

"Tu sarai ricondotto su Antar per essere sottoposto a processo." Max si strinse nelle spalle. "Io non sono un assassino, Khivar. Ma se il popolo di Antar ti condannerà a morte, io non potrò e non vorrò fare niente per fermarli."

"Tu sei il Re." affermò Khivar. "Tu puoi fermarli."

"Te lo sei cercato tu, Khivar. Risparmia le tue parole per il processo." Max fece una pausa, lo sguardo lontano. "Lo sai qual è la cosa più ironica? Se tu ci avessi lasciati in pace, se avessi tenuto Nikolas lontano da noi, se tu avessi detto a Tess … di lasciarci nella nostra ignoranza, forse ora avresti potuto governare Antar. Avresti potuto riprenderti Ava in qualsiasi momento, raccontandole qualche storia lamentosa su come noi fossimo tutti morti quaggiù.

Io sarei stato solo un ibrido alieno-umano che non avrebbe mai sentito parlare di Antar e che si starebbe dando da fare al College con la mia ragazza. Non avrei mai sentito parlare né di te, né di Antar e io non sarei mai diventato il tuo nemico, il Re, che ha guidato le forze combinate dei nostri due pianeti contro di te." Max fece una pausa e cominciò a ridere. "Tu dovevi mettermi in mezzo, vero? Brutta mossa, Khivar. Brutta mossa."

* * * * *

"Povero vecchio Milton." Liz era distesa al fianco di Max nel loro grande, comodo letto. Il ricevimento dopo la resa sembrò non voler finire mai, quando tutto quello che Liz avrebbe voluto era portare Max in un posto tranquillo e tenere con lui, un piccolo festeggiamento privato. "Tutti quegli alieni e lui bloccato dalla sindrome del palcoscenico. Non credo che sia riuscito a dire una sola parola."

"Sì." ridacchiò Max. "Spero che recuperi presto la sua voce. Sembra che sia stato invitato ad una dozzina di talk show."

"E ora che succederà, Max?"

"Ora, mi preoccuperò della tua ricompensa."

"No, sciocco." gli occhi di Liz brillarono. "Volevo dire, ora che è tutto finito. Khivar è stato battuto e non ci sono più minacce da parte delle autorità, a meno che Forest non sia così stupido da dichiarare guerra ad Antar. Abbiamo tutta la vita davanti a noi, Max. E per la prima volta, niente fine del mondo in vista."

"Abbiamo una pagina bianca, Liz. Ma ti dirò una cosa, Liz. Io intendo mantenere le mie promesse. Così dobbiamo cominciare a fare qualche programma."

"Che programmi?"

"College, tanto per cominciare."

"E tu pensi che ce lo permetterebbero?"

"E chi mi fermerà? Liz? Ti rendi conto che tutto quello che dobbiamo fare è dire ‘Chi ci vuole?’ I college faranno a gara per offrirci un posto. Harvard, Yale … dinne uno e noi potremo andarci."

"Ma un grande matrimonio, Max … "

"Liz, non ti permetterò di sfuggire a quella particolare promessa, signora Evans, né lo faranno i tuoi genitori. E nemmeno i miei."

"Max!" la voce soffocata di Serena arrivò da fuori la tenda.

"Entra pure, Serena." la chiamò Max.

Serena entrò nella tenda, con l’aspetto un po’ sconvolto.

"Khivar e gli altri sono stati chiusi in un posto sicuro?"

"Sì, signore." annuì lei. "Ed abbiamo il pieno controllo della nave. Abbiamo anche portato i cannoni sulla Nyelda e non c’è nulla che Khivar possa fare."

Guardò Max e Liz.

"Max." gli disse inchinandosi. "Liz. Ho sentito che state facendo programmi per un matrimonio formalmente regale."

"Vero." Max si accigliò. "E cosa c’è che non va?"

"Max." l’espressione della donna cambiò. "C’è qualcosa che dovresti sapere. Una vecchia legge che riguarda il matrimonio del Re."

Liz e Max si scambiarono un’occhiata preoccupata. Non aveva l’aria di essere niente di buono.

* * * * *

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Capitolo 78
*** 80 ***


Parte 80

"Ha detto cosa?" Maria si alzò di scatto dalla sedia, la faccia rossa di rabbia.

"Ha detto … " Max fece un profondo sospiro. " … che ad un matrimonio reale non è consentito alla gente non sposata di stare vicino allo sposo ed alla sposa. Lei sa che noi vogliamo te e Michael accanto a noi, così è venuta ad avvertirmi prima che completassimo i nostri piani. E’ una vecchia tradizione, una legge o qualcosa di simile."

"E tu sei d’accordo?"

"Per la verità," Max scosse la testa. "no."

"Tu sei il Re." sbottò Maria. "E allora, cambia la legge!"

"Sono ben consapevole che, come loro Re, ho il potere di correggere queste leggi arcaiche, Maria. Dio solo sa quante ne ho trasgredite negli ultimi mesi. Sono preparato a ignorarne qualcuna che impedisca a me e a Liz di stare insieme o addirittura di sposarci, ma non voglio ribellarmi per una insignificante come questa. Voglio combattere le battaglie importanti, non tutte le battaglie."

"Mi sembrano un mucchio di sciocchezze egoistiche, Max." gridò Maria. "E tu lo sai!"

"Parli come se sposarti fosse l’ultima cosa che vorresti fare." ridacchiò Max.

"Così, tu vorresti che io e Michael … "

Si fermò quando vide un’occhiata piena di sensi di colpa tra Max e Liz.

"Cosa?" chiese allora.

"Vedi, Isabel e Jesse sono già sposati, e … "

"E tu, allora prenderesti loro." Maria sembrò ferita.

"Hai ragione solo in parte, Maria." Liz cercò di posare un braccio attorno alle spalle dell’amica, ma lei lo scrollò via. "Vedi, noi vi vogliamo con noi. Noi vogliamo tutte e tre le coppie a dividere con noi il nostro grande giorno."

Le sue parole furono incontrate dal silenzio.

"Solo che per fare questo, noi dobbiamo prima sposarci." Connie fu la prima a parlare.

La risposta fu ancora il silenzio.

"Oh, mia anima gemella." Kyle si inchinò facendo un ampio gesto con la mano. La sua faccia si aprì in un sorriso tortuoso. "Tu sei la più bella nubile della galassia. Quando passi, Cupido si ferma a guardarti, la natura sboccia per poterti vedere. Tu sei la ragione per cui sorge il sole e la ragione per cui la luna lo insegue, rivaleggiando tra loro per sorridere sui tuoi bei lineamenti. Tu sei il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest. Vuoi far diventare verde di invidia il creato, accettando di diventare mia per sempre? Vuoi acconsentire a darmi in matrimonio la tua bella mano?"

Cercando di trattenere la propria risata, ognuno di loro si voltò a guardare Connie.

"Chiedimelo come si deve." Connie gli rivolse un’occhiataccia. "O tu non starai al fianco di Max."

Kyle batté gli occhi. "Che vuoi dire con ‘come si deve’?" si lamentò. "Se Max avesse fatto questa proposta a Liz, lei si sarebbe sciolta sul pavimento."

"Non ci scommettere." sussurrò Liz a Max, nascondendo una risatina.

"Tu non sei Max." Connie scosse la testa.

"Sai una cosa?" bofonchiò Kyle. "Grazie per avermelo ricordato."

"Dico sul serio, Kyle. Io voglio sentire la tua proposta. Non voglio sentire quello che tu pensi avrebbe detto Max."

Kyle la guardò duramente, mentre i suoi amici si agitarono a disagio.

"Connie, io ho sempre invidiato Max." la voce di Kyle era un sussurro. "Per tutto quello che aveva, ma specialmente per Liz. Ma ora, io ho qualcosa che Max non ha. Qualcosa di speciale."

"Cosa?" gli occhi di Connie erano spalancati.

"Te." Kyle le sorrise, mettendosi su un ginocchio. "Connie, vorresti rendermi il più felice essere umano dell’universo accettando di diventare mia moglie? Vuoi sposarmi?"

Incapace di parlare, Connie lo prese per il bavero e lo baciò. Fu un bacio lungo e sincero.

"Lo prenderemo per un sì." Maria rise, strizzando l’occhio a Connie. Connie riuscì solo ad annuire, continuando a baciare Kyle, con le lacrime agli occhi.

"Ben fatto, Kyle." Liz sorrise, dando al ragazzo una pacca sulla spalla.

"Allora?" Maria si voltò a guardare il suo fidanzato.

"Allora cosa?" grugnì Michael.

"Michael!"

"Cosa? Qui? Adesso?"

"Certo che qui e adesso." Maria roteò gli occhi. "Perché no?"

"Pensavo che non fossi ancora pronta a sposarti." dichiarò Michael, senza mezzi termini. "E poi, avevi detto che non lo avresti fatto se non dopo che Max avesse dato a Liz la sua grande cerimonia."

"Michael!" Maria batté un piede a terra. "Lo giuro! Per essere un così bravo comandante, hai una pessima tempistica."

"Cosa? Perché?"

"Non mancherei al matrimonio da favola della mia migliore amica per nessun motivo al mondo, Michael Guerin!" gli agitò un dito davanti al viso. "Se tu non mi fai quella dannata proposta, giuro che mi troverò qualcuno che lo farà!"

Michael guardò Maria, che aveva incrociato le braccia sul petto e gli aveva dato le spalle. Guardò Max, che a sua volta lo stava guardando con un’espressione interrogativa sul viso. Liz lo stava guardando duramente.

"Maria." Michael si mise in ginocchio ed avanzò lentamente verso di lei. "Tu mi conosci. Sai che non mi piacciono le dann … le smancerie." allungò la mano a prendere quella di lei. "Ma fin da quando tutto questo è cominciato, sai … io e te … quel giorno che ho preso la tua macchina e ti ho rapita, sai? Da quel giorno non c’è stata nessun’altra che avrei voluto rapire. Tu sei stata l’unica. E come Max ha sempre saputo che Liz era la sola per lui, io ho sempre saputo che tu eri fatta per me.

Anche con tutto quello che è successo - Pierce, Billy e quello che è ci è capitato addosso da quando abbiamo scoperto chi eravamo - i miei sentimenti non sono cambiati. Tu sei sempre la sola, Maria. Questa è la ragione per la quale Dio ha fatto di te la migliore amica di Liz. Perché io potessi trovarti, quando lui ha trovato Liz. Allora, Maria? Vuoi rendere felice uno scorbutico alieno ed accettare di sposarmi?"

La reazione di Maria fu simile a quella di Connie, tranne che lei ebbe il buon senso di sussurrare un veloce ‘Sì’, prima di scoppiare in lacrime. Max e Liz sorrisero alle due coppie di amici e abbracciarono forte i loro compagni.

Con le lacrime agli occhi, Liz guardo il suo, di compagno, e gli disse, sorridendo: "I nostri ragazzi sono cresciuti, Max."

"Era ora." commentò, ridendo anche lui ed attirandola a sé per non farsi escludere dalla festa dei baci.

Ed era vero. In molti modi, loro due erano stati genitori, per i loro amici.

* * * * *

Kyle e Connie furono la prima, tra le due coppie, a salire all’altare.

Avendo optato per una cerimonia intima e semplice, fu semplice e veloce organizzarla. Sebbene avesse provato a farlo tramite Liz, alla fine Kyle trovò il coraggio di chiedere a Max di fargli da testimone. Kyle sapeva che se non fosse stato per Max, per chi lui era e per quello che lui aveva fatto quando gli avevano sparato, Kyle non avrebbe mai lasciato Roswell e non avrebbe mai incontrato Connie. Gli sembrava giusto che Max fosse al suo fianco, araldo della nuova alba nella sua vita.

"Allora?" accanto all’altare, dove stavano aspettando le loro signore, Max fece a Kyle un grande sorriso. "Ho saputo che hai avuto qualche problema a mettere insieme il coraggio per chiedermi di farti da testimone."

"Liz te lo ha detto?"

"Naturalmente." ridacchiò Max. "E’ stato tanto difficile?"

"No." Kyle si unì alla risata dell’amico. "Non proprio. Non dopo tutto quello che abbiamo passato insieme." Guardò al suo fianco, verso Max. "Sai? Io non ce l’avrei mai fatta a sopportare tutto questo. Anche se avessi avuto i tuoi superpoteri, non sarei riuscito a fare tutto quello che hai fatto tu e a venirne fuori rimanendo fondamentalmente lo stesso ragazzo. Voglio dire, dove sono le tue ferite?"

"Liz." Max si strinse nelle spalle, come se quella parola potesse spiegare tutto. "Lei le ha baciate via."

"Hai fatto un buon lavoro, Evans. Volevo solo che lo sapessi."

"Grazie, Valenti. Ora che ne dici di rilassarti?"

"Facile, per te, dirlo." sbuffò Kyle. "Non eri anche tu così, quel giorno a Cherry Creek?"

Max ci pensò per un momento. "No." disse, scuotendo la testa. "Non ricordo di essere stato nervoso. Ma, allora, eravamo ragazzini in fuga. Non saprei. Era come se il fato fosse al mio fianco, sai?"

"Destino."

"Sì." annuì Max. "Senti, Kyle. Io e te non abbiamo mai parlato molto, sai? Di Liz che ha rotto con te e di me … "

"Max?" lo interruppe Kyle. "Mi ci è voluto un po’, ma non preoccuparti, okay? Tu e Liz? Voi siete … non so … Romeo e Giulietta. Astaire e Rogers. Burton e Taylor."

"Spero proprio di no." Max ridacchiò, scuotendo la testa. "Non hanno divorziato?"

"Sì. Quattro volte, credo. Ma questo non potrebbe mai succedere a voi due. Il mondo finirebbe prima."

"Credo che tu abbia ragione, Kyle." Max ripenso alla sua conversazione con Liz sull’intero fiasco della fine del mondo. Ma, tu e Connie … anche voi ce la farete. Quello che tu dividi con Connie ha superato quello che abbiamo superato io e Liz. Lei è grande ed è bello averla con noi. Tutti e due voi." Max si voltò verso Kyle e gli posò una mano sulla spalla. "Kyle, non avrei potuto scegliere umani migliori, come amici."

Le note di apertura della Marcia Nuziale attirarono la loro attenzione ed entrambi i giovani si voltarono per guardare verso la navata, oltre la fila degli amici e dei parenti. Quando Connie apparve, nel suo abito avorio, al braccio del suo orgoglioso papà, Kyle rimase senza respiro. Non aveva mai avuto una visione più bella.

"Ci siamo." Max richiamò la sua attenzione. "Questa è la tua ultima possibilità di scappare via."

"Non ho possibilità." Kyle cercò di riprendere a respirare.

Pur sapendo che avrebbe almeno dovuto dare uno sguardo alla sposa, gli occhi di Max furono solo per Liz.
Il corto tragitto della navata, sembrò a Kyle non volesse finire mai. Dopo, riuscì a malapena a ricordare che il sacerdote aveva dovuto suggerirgli le risposte e che Max gli aveva dato diverse gomitate, ma rammentò ben poco dal momento in cui l’aveva vista a quando l’aveva baciata per la prima volta, come moglie, davanti a tutti.

* * * * *

Max era seduto in fondo al ristorante e stava guardando Kyle e Connie Valenti al centro della scena.

Era la festa per il loro matrimonio e Max era più che compiaciuto di lasciare a Kyle il suo momento di gloria. Si era tenuto lontano dai fotografi e dalle telecamere, quando avevano tenuto la conferenza stampa per quella occasione. Max non aveva avuto dubbi che, se lui fosse stato presente, l’intero circo si sarebbe focalizzato su di lui e non avrebbe mostrato nessun interesse per Kyle e Connie. Anche Michael e Isabel erano stati d’accordo, e così, come tutti gli Antariani, si erano tenuti in disparte fino a che Kyle non aveva voluto mostrare al mondo di essere amico di Max e lo aveva chiamato.

"Allora?" Michael gli fece un sorriso. Lui e Max erano soli al tavolo, mentre Liz e Maria stavano parlando con le altre donne. "Alla fine, hai avuto la tua vita normale."

"Non sono proprio sicuro di poter chiamare normale la vita che condurrò." rise Max. "Voglio dire, ora sono un Re, sai? A capo di un intero pianeta. Per non parlare di qualunque stato mi abbiano attribuito qui, sulla Terra." guardò in direzione di Liz, che un brillante sorriso non aveva mai lasciato per tutto il giorno. "Ma ho la mia ricompensa."

"Sì." annuì Michael, notando che Liz si era voltata versò il marito. "Ma ora avrai la tua casa con lo steccato bianco."

"Cosa avrò?" Max batté gli occhi

"Pensavo che fosse questo che tu volessi. Sai, una casetta in periferia, uno steccato bianco … "

"Ti sei sbagliato." Max si grattò il viso. "Da dove ti è venuta questa idea?"

"Credevo che volessi la ‘normalità’."

"E questa sarebbe la tua idea di normalità?" Max scosse la testa. "Certo che sei strano, Michael."

* * * * *

Molto dopo che il signore e la signora Valenti furono partiti per la loro luna di miele, i sei amici rimasti si radunarono nel soggiorno degli Evans. Philip e Diane erano andati con i genitori di Liz, lasciando i ragazzi da soli.

"E’ andato tutto bene, Isabel." si congratulò Liz.

"Sei molto brava ad organizzare queste cose." concordò Maria.

"E’ solo nel mio che ho sbagliato." rise Isabel.

"Hai già organizzato quello di Michael e Maria?" Max sollevò un sopracciglio.

"Spero che sia intimo e tranquillo come quello dei Valenti." brontolò Michael.

"Sì, Michael." Isabel alzò gli occhi al cielo. "Come se tu avessi una sola possibilità di cavartela così."

"Arrenditi, Michael." disse Max ridendo. "Ora tu sei un uomo importante."

"E quanto dovrà essere importante il nostro matrimonio?" Maria spalancò gli occhi.

"Okay." disse Isabel, raddrizzandosi sulla sedia. "Su una scala da uno a dieci, con il matrimonio di Kyle e Connie a uno, il mio è stato a quattro, quello di Max e Liz sarà a dieci e il vostro … "

"A otto." finì Max. "Quanto meno."

"Cosa?" Michael sembrò tutto fuorché felice.

"Michael, per me tu sei molto importante." continuò Max. "E altrettanto lo è Maria. Avrà bisogno del supporto della sua migliore amica, quando andremo su Antar e se dovranno prendere sul serio Maria, allora lei deve essere vista prendere la sua posizione al tuo fianco in modo serio."

"Tu sai che io non voglio tutte quelle stupidaggini."

"Non mi interessa quello che vuoi, Michael. Non questa volta. Qui si tratta di Antar. Hanno bisogno di qualcosa che li aiuti ad accettare Liz e Maria per quello che sono. E quale modo migliore di questo? Dai a Maria, e ad Antar, questo giorno, Michael."

* * * * *

La chiesa principale di Roswell, New Mexico, aveva appena ricevuto una mano di vernice e non era mai stata più maestosa da quando era stata costruita, sessantatre anni prima. Le finestre erano coperte di fiori. All’interno le panche di legno brillavano per la fresca mano di vernice, che era stata data durante il restauro. Tutti gli invitati al matrimonio tra Lord Michael di Antar e Maria Deluca erano già stati accompagnati ai loro posti. Familiari ed amici erano nelle prime file, mentre le persone che Michael e Maria avevano considerato importanti per loro, occupavano le file restanti.

A dispetto dell’importanza, Michael aveva insistito perché non ci fossero personaggi politici ad assistere al suo matrimonio, fatta eccezione per Max. Qui non si trattava di politica, si era lamentato Michael. Lui era solo un soldato che aveva fatto il suo dovere.

E fu così che Re Max stette al fianco di Lord Michael sull’altare della Cappella di San Pietro, ad aspettare le donne più importanti del pianeta, almeno per quel giorno.

"Pensavo che saresti stato più nervoso." osservò Max.

"Io non sono come te, Maxwell." sogghignò Michael. "Certo, io amo Maria. Ma noi non abbiamo quella … roba che avete tu e Liz. Noi ci amiamo e questo è quanto. Perché dovrei essere nervoso? Non è che possa ripensarci." ridacchiò Michael. "O almeno, non se vuole essere la damigella d’onore al vostro matrimonio."

"Un giorno," Max fece un sorrisetto ironico "sarò testimone di un avvenimento memorabile."

"Quale?"

"Vedrò Michael manifestare una vera emozione."

"Non in questa vita." Michael scosse la testa. "Hey, paragonato alle battaglie che abbiamo combattuto, questa sarà una passeggiata."

"Lieto di sentirtelo dire." Max scosse la testa. "Qualche volta è duro decidere con chi hai avuto le battaglie più ardue. Se con Nikolas, con Khivar o con Maria."

"Divertente, Maxwell. Divertente."

"Ammettilo, Michael. Sei nervoso."

"Non lo sono."

"Allora perché controlli sempre l’orologio?"

"Io stavo … non lo sono."

"Beccato."

"Senti. A te può anche piacere essere al centro dell’attenzione, ma a me non piace. Okay? Voglio solo farla finita con tutto questo."

L’inizio della musica li avvertì che Maria stava per arrivare. Michael guardò fisso davanti a sé. Max ridacchiò e fece voltare Michael per guardare Maria. Al braccio di Jim Valenti, con indosso un abito bianco aderente, che sembrava brillare, anche Max si rese conto che era bellissima. I suoi occhi incontrarono quelli di Liz e i due ragazzi si sorrisero. Con il vestito da damigella d’onore lilla, lei era bella quanto Maria. Almeno agli occhi di Max. Dietro Liz, vide Isabel e Connie, entrambe che guardavano le sedie dei rispettivi mariti.

Qualcosa distrasse Max, lui si voltò per guardare Michael e rimase a bocca aperta. Non solo Michael stava tremando, ma c’erano lacrime nei suoi occhi. Dopo che il corteo ebbe raggiunto l’altare, e dopo aver dato a Liz il suo bouquet, Maria sollevò il velo e rimase sorpresa dall’aperta manifestazione di emozione di Michael. Max dovette letteralmente voltare Michael dalla parte del sacerdote.

La cerimonia proseguì senza difficoltà, senza che nessuno notasse che Max dovette suggerire le parole all’orecchio di Michael quando il sacerdote gli pose la domanda.

"Vuoi tu, Michael Guerin, prendere Maria Deluca come legittima moglie ed averla come tale da questo giorno in avanti?"

"Huh?" Michael sembrò confuso.

"Lo voglio." la voce decisa di Max sembrò risuonargli nella mente. "Di ‘lo voglio’."

"Lo voglio." squittì Michael.

Michael Guerin, il muro di pietra, aveva alla fine trovato l’altra metà della sua anima ed era crollato, ed era diventato polvere ai piedi di lei.

* * * * *

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Capitolo 79
*** 81 ***


Parte 81

L’alba maestosa di una Nuova Era.

Una intervista privata al giovane Re e alla Regina di Antar, le loro maestà Reali Max e Liz Evans.


Ti rendi conto all’improvviso che loro sono entrati nella stanza, anche se non puoi vederli. Li senti. L’intera atmosfera cambia. Ti aspetti di scoprire che sia entrata la vera Afrodite, invece si tratta di una giovane, amorevole coppia.

La prima cosa che noti di loro, a parte la loro età o la saggezza nei loro occhi, è che si toccano costantemente. Di solito, si tratta di piccolo gesti, come le loro dita che si sfiorano, ma non passa molto tempo prima che le loro mani si uniscano. Quando tra loro non c’è nessun contatto, il modo in cui si guardano l’uno con l’altra, suggerisce che su un piano metafisico, inarrivabile per noi mortali, le loro anime si stanno toccando. E’ una coppia molto innamorata.

C’è una tale aura intorno a Max, che puoi dimenticare facilmente che questa è un’intervista informale e ti alzi, automaticamente. Max e Liz alzano le loro sopracciglia in disapprovazione, rimproverandomi tacitamente per il mio lapsus. Max non si sente ancora a suo agio con la pompa e gli avvenimenti che lo hanno circondato in questi giorni. Io dubito che si sentirà mai a suo agio, e so che pretende che quelli che considera suoi amici si comportino con lui normalmente.

Non è nella sua natura essere pomposo, né lo è in quella di Liz, anche se a volte appaiono così regali che fai fatica a immaginare che, un tempo, lei serviva i turisti nel ristorante di suo padre e lui lavorava in un mediocre Centro UFO. Cosa che ho trovato alquanto ironica.

Ritrovandomi in piedi, è quasi naturale completare la formalità con un inchino, mentre li ringrazio per aver accettato di incontrarmi.

"Tu sei più che benvenuta, Sarah." mi sorride lui.

Il suo sorriso è devastante. Mi chiedo come faranno le donne in politica nel mondo, a tenergli testa. Il suo sorriso può vincere il più duro dei cuori, mentre nessuno ha la possibilità di catturare il suo. Liz lo tiene troppo saldamente, con la sua benedizione. Max mi fa segno di sedermi e io non posso fare a meno di sentire come se mi avesse dato un comando regale, cosa che, naturalmente, non ha fatto. Si toccano di nuovo. Liz si e appoggiata contro di lui ed il braccio di Max le è scivolato attorno. Giuro che le rose sbocciano alla loro ombra.

Max continua a parlare. "Tu ci hai aiutati così tanto, in passato. Per me e per Liz sei stata una grande amica. Tu ti meriti tutte le esclusive che riuscirai a sopportare."

Ammetto di sentirmi orgogliosa che lui sappia che ho aiutato lui e la sua causa, rimanendo dietro le scene. E’ stato duro smettere di arrossire. Ma ho sbagliato in qualcosa. Gli ho confessato che la mia carriera ha preso il volo, fin da quando mi sono imbattuta la scorsa estate, a Boston, in suo cognato, Jesse Ramirez.

Liz sorride e mi chiede dove sia andato a finire il tempo. Credo che sia stato un periodo piuttosto intenso, per lei. Noi, ora, conosciamo qualcuna delle loro avventure, ma ci sono ancora molte altre cose che non ci hanno detto. E so che non tutte sono state divertenti.

Faccio loro notare che, in effetti, hanno avuto il tempo di fare un sacco di cose.

Sono scampati agli assassini dell’FBI, si sono sposati, hanno aiutato moltissime persone lungo la loro strada, sono riusciti a salvare la Terra da un’invasione su larga scala e hanno vinto una guerra intergalattica. E ora, sembra, stiano programmando un formale Matrimonio Reale interplanetario. Devono essere esausti.

"Sì." si guardano di nuovo negli occhi. A quanto pare, amano farlo anche quando si toccano. "Dovremmo riposarci, ma ci sarà il tempo per farlo, più tardi, quando saremo in luna di miele. Ci rilasseremo e ricaricheremo le nostre batterie."

Chiedo se è così che gli sposini lo chiamano, oggigiorno, e loro mostrano di essere ancora molto umani diventando di dieci gradazioni di rosso. Dopo tutto, le voci che girano tra i loro amici dicono che questi due sono peggio di una coppia di conigli stimolati.

"Questo non lo scriverai, vero?" mi chiede Max. C’è quel bellissimo, mortificato sguardo sul suo viso. Avrei voluto veramente aver portato con me un fotografo, ma la camera non sarebbe mai passata attraverso lo scudo che circonda il palazzo. Ho promesso a Max che non l’avrei fatto, ma so che Liz ha capito.

"Certo che non lo farà, Max." Liz mi fa rivolto un sorrisetto ironico. Lei riesce a vedere dentro le persone, un abilità che si è rivelata la rovina dei molti, molti delegati che hanno cercato di trascinare Max in accordi che lui non voleva. "Perché Sarah sa cosa potremmo farle per rappresaglia."

Il mio sorriso svanisce al pensiero che quello che lei potrebbe farmi. Anche io ho sentito delle voci. Liz scoppia a ridere del mio disagio. Io le dico che è una infida giovane donna.

"Bene." lei ci ha pensato un momento. "Essere infida non è una cosa che mi piace, Sarah. Ma c’è una cosa che ho imparato da tutto questo e non me ne starò più seduta ad incassare. Createci dei problemi e noi li creeremo a voi."

Sussulto, alla durezza delle sue parole, riconoscendo l’acciaio che Max e gli altri sanno fin troppo bene essere dentro di lei. Le credo.

"Credile solo in parte." aggiunge Max. "Dubito che Liz sia così dura da portare avanti questo genere di minaccia."

Gli faccio notare che lui parla così solo perché non ha mai visto il suo lato duro. O almeno, non dal punto di vista di una terza persona. Max fa un grande sorriso a sua moglie e io mi ritrovo a pensare alle cose che devono aver visto questi due.

Chiedo della loro luna di miele. E’ stata oggetto di congetture fin da quando è stato annunciato il matrimonio. Interi battaglioni di spie sono stati messi in campo. Non c’è giornalista vivo che non abbia cercato di corrompere una delle guardie di Max. Tranne me. Io so fin troppo bene come vengono trattati gli ospiti sgraditi. Diciamo solo che le farmacie di Roswell hanno esaurito le pomate di antistaminico.

"Noi ti vogliamo bene, Sarah," Max scuote la testa. "Ma non fino a questo punto. Non è importante sapere dove andremo. Finora, lo sanno solo Serena, Michael, Maria e i nostri genitori. E Michael ha avuto severe istruzioni di trattare tutti quelli che chiedono di sapere dove andremo, nel modo che lui ritiene più opportuno. Dubito che sopporterà ancora per molto che i nostri genitori vengano tormentati. Non più di quanto non sopporti che veniamo importunati noi."

Max ha quel modo di fare minacce, pur continuando a sembrare innocente. L’ovatta di Liz è avvolta su una solida barra di ferro. Io faccio marcia indietro, ma non prima che avergli chiesto un indizio.

"Caldo. Sabbia. Quiete." mi risponde sorridendo. Non posso fare a meno di realizzare che mi ha descritto una vasta porzione della Terra. "E chi dice che è sulla Terra?" lo sguardo di Liz brilla di malizia. Avevo ragione. E infida.

E dopo la luna di miele, cosa c’è per la giovane coppia più famosa del mondo?

Max attira Liz vicina a lui. "Durante l’estate andremo su Antar per l’Incoronazione ufficiale. Faremo il possibile per far tornare una sembianza di normalità. Ritorneremo in autunno e decideremo cosa fare, prima che tutto questo ci soffochi. Isabel vuole diventare una perfetta padrona di casa ed aiutare Jesse nella sua prossima avventura."

Gli chiedo di cosa si tratti.

"Che posso dirti, Sarah?" sorride Max. "Sai bene quanto me che il tuo fidanzato, Glenn McCarthy, si presenterà come candidato alla Presidenza, con Jesse Ramirez come Vice Presidente."

Mi chiedo da che parte stia Max, in tutti questo. Tecnicamente, lui è ancora un cittadino americano e avrebbe diritto di voto. E non è un segreto che lui e il Presidente Forest non si vedono di buon occhio. Max ha umiliato pubblicamente il Presidente rifiutando l’invito di incontrarlo alla casa Bianca. Max è quotato per aver detto ‘L’uomo bianco parla con lingua biforcuta’. Le loro divergenze sono state ampiamente riportate.

"Io sto dove voglio stare, non importa chi si presenta. Io credo che Glenn sia la scelta migliore e ha con lui il migliore dei Vice Presidenti. E lo direi anche se non fosse mio cognato. Naturalmente devo dirlo, altrimenti Isabel mi ucciderebbe."

Gli chiedo in tutta sincerità, se non pensa che Jesse sia un po’ troppo giovane e privo di esperienza per diventare Vice Presidente degli U.S.A. In effetti, lui sarebbe secondo solo al Presidente, nel governare la nazione più potente del pianeta. L’unica reazione di Max è un sorriso sarcastico ed io mi sento una sciocca per avergli fatto questa domanda.

"Jesse è più grande di me." si stringe nelle spalle, con quel suo sorriso. "E io governo, per quanto ne so, il pianeta più potente dell’Universo. Così, probabilmente, hai fatto la domanda al ragazzo sbagliato. In ogni caso, non può fare peggio dell’attuale titolare, giusto? Jesse ha avuto l’addestramento migliore che si possa avere. Mi piacerebbe vedere il passato militare del concorrente di Jesse. E ci vorrebbe un giornalista investigativo molto coraggioso, per indagare sul passato di Izzie."

‘Izzy’ è il nomignolo che Max ha dato alla sorella. La loro vicinanza è eccezionale e, a detta di tutti, lo è sempre stata.

Chiedo se è vero che Forest ha rifiutato l’invito per assistere al loro matrimonio. Per una volta, Liz e Max sembrano avere opinioni diverse. Max annusce, mentre Liz scuote la testa. Ma mi rendo conto ancora una volta che sono molto più in sintonia di quanto possa rendermi conto.

"Sì e no." dice Max sorridendo.

"Lui non verrà perché non lo abbiamo invitato." borbotta Liz."Ho ancora negli occhi la visione di quello che ha dovuto sopportare Max quando è stato preso dall’FBI. Se Forest fosse riuscito a prenderlo di nuovo … " Rimane senza parole per la rabbia.

Nessuno ha voluto dirmi quello che Max ha passato quando era nelle mani dell’FBI, in una ‘Stanza Bianca’ dei loro laboratori segreti, ma non c’è bisogno di un diploma per immaginarlo. Liz ha bisogno di calmarsi e va verso la credenza per prendere un bicchiere d’acqua.

"Lui non verrà." Max mette da parte tutto il resto, per guardare solo Liz. E’ degno di nota che lei sia più sconvolta di quanto lo sia lui e che lui cerchi di confortarla, quando dovrebbe essere il contrario. Nessuno dei due vuole vedere soffrire l’altro, nemmeno nella sua immaginazione.

Porto il soggetto sui loro amici e chiedo di Michael e Maria. Max mi fa un grande sorriso e dice che stanno venendo e mi ci vuole un momento per rendermi conto che si sta prendendo gioco di me.

Gli chiedo cosa faranno al ritorno dalla loro gita su Antar. E’ Liz, ormai ripresasi dal suo accesso di rabbia, che mi risponde.

"A Maria hanno offerto molti contratti come cantante e lei è decisa a cogliere l’opportunità. Ma lo farà alle sue condizioni. Con la possibilità di cantare tutto quello che vuole, come vuole. E Michael la seguirà da vicino. Lui non vuole rimanere impantanato in un lavoro, perché prende il suo compito di secondo di Max molto sul serio."

"Non potremmo aveva un amico più leale di Michael." Max annuisce, guardando con quanta passione Liz parla di Michael. "Spero solo che riesca un po’ a vivere."

"Maria farà in modo che lo faccia, Max." sogghigna Liz. Maria e Michael sono veramente una strana coppia. A meno che tu non li conosca bene, non crederesti che si amino. Litigano in continuazione.

Ho detto loro che sapevamo già che Kyle e Connie saranno a capo delle loro forze di sicurezza, finché staranno sulla Terra.

"Non è proprio così." Max scuote la testa. "Connie sta per diventare il nostro pilota personale. Lei adora volare sulle nostre navi e noi abbiamo bisogno di qualcuno di cui ci fidiamo e, per lo stesso motivo, Kyle sarà il nostro meccanico. Quei due saranno con noi dovunque andremo così, sì, saranno due figure importanti per la nostra sicurezza, ma è Michael il vero capo."

Hanno anche due impressionanti guardie del corpo, nelle persone di Eldugar e di Katya. Entrambi Antariani, fanno parte dell’elite delle Guardie di Max. Accompagnano Max e Liz dovunque vanno, controllandoli continuamente.

"Non sempre." ridacchia Max. "Per cominciare, si prenderanno un po’ di tempo libero quando torneremo su Antar. Si sposeranno ed avranno le loro famiglie da salutare."

Così rimane solo la nostra coppia Reale. Cosa faranno in autunno, al loro rientro da Antar?

"College." dicono insieme, sorridendo.

"Fa parte di una promessa che ho fatto a Liz." Max le bacia il dorso della mano.

Chiedo loro se hanno già fatto la loro scelta. Non è un segreto che non c’è un College al mondo che non abbia offerto un paio di posti nella loro istituzione. Si può solo immaginare l’adulazione che questi due hanno ricevuto. Non c’è dubbio di che prestigio possa guadagnare un College dicendo che hanno aiutato ad educare il Re e la Regina dell’Universo. Non è un segreto nemmeno che sia Harvard la favorita, a causa del sogno infantile di Liz di studiare lì Biologia Molecolare.

"Sì." dice Liz con un sorriso. "E’ vero. Harvard è stata sempre la prima, sai? Ma quando ho fatto domanda di iscrizione, l’ultima volta, mi hanno detto di no. E a Max non hanno risposto affatto. Così andremo al College che ci ha accettato quando eravamo una coppia di sconosciuti."

Questa dovrebbe essere una sorpresa, eppure, conoscendo questi due come li conosco, non lo è affatto. Hanno scelto di frequentare la Northwestern University di Chicago, Illinois, facendone il campus più popolare al mondo. Max e Liz, in autunno, andranno alla Northwestern.

"Forza NWU!" Liz agita in aria la mano. Sarebbe un’ottima cheerleader ma, a meno che Max non faccia parte della squadra, dubito che si prenderebbe il disturbo.

Così, deciso l’immediato futuro, chiedo loro se hanno dei piani per dopo il College.

"Credo che quello che Sarah voglia chiederci, Max, è se resteremo sulla Terra o se ci trasferiremo su Antar." Ho già detto che Liz è molto sveglia?

"Ah." annuisce Max. "Perché usare quattro parole quando se ne possono usare cento?" Mi sorride di nuovo. Forse dovrei suggerire una nuova clausola per la Convenzione di Ginevra.

"Max prende molto sul serio i suoi doveri." dice Liz per lui. "Quando potremo, terremo corte su Antar. Ma abbiamo delle responsabilità anche nei confronti di questo pianeta. Così, passeremo del tempo anche qui. C’è molto da fare, per entrambi i mondi."

Il che mi porta chiaramente alla domanda successiva. Chiedo loro del Palazzo.

"E’ bello, non è vero?" Liz quasi scoppia dalla gioia.

Bello non rende giustizia a questo posto. Gli ingegneri Antariani hanno incoraggiato le pareti a ‘crescere’ dalla terra del deserto. Costruito interamente da granito cristallizzato, non si riesce a vedere una singola giunzione. Mi è stato detto che il processo usato non permetterà che la pietra invecchi. Il Palazzo rimarrà nelle sue condizioni originarie per milioni di anni. Sembra così …

"Naturale." annuisce Max. "Come se facesse parte della terra. I nativi Americani ne sono rimasti molto impressionati. La scorsa settimana, sono venuti a darci la loro benedizione con una cerimonia molto speciale."

Max e Liz hanno una grande affinità con la popolazione del posto.

"Credo che sappiano che non abbiamo intenzione di sfruttare la terra, ma che vogliamo vivere in armonia con essa. Era quello che facevano i loro antenati."

C’è un enorme arco, fatto dello stesso granito cristallizzato, che delimita l’ingresso alla proprietà di Max. Il modo in cui rifrange la luce lo fa sembrare un arcobaleno. Su un altare accanto all’arco, sono stati incisi i nomi di tutti quelli che, nella cerchia di Max, hanno dato la loro vita per combattere contro i suoi nemici. E’ la cosa più incredibile che io abbia mai visto, a dispetto del fatto che, considerando tutto quello che hanno dovuto affrontare, i nomi sono relativamente pochi. Non è un segreto che Max non approvi che la gente muoia per lui.

"Si chiama ‘Arco della Pace’." mi dice Max. "E non rimarca la nostra vittoria, ma il fatto che la guerra è finita. La perdita di ogni singola vita è deplorevole e noi vogliamo che essere sicuri che il loro ricordo viva per sempre. E’ un simbolo che unisce il pianeta Antar al pianeta Terra. Spero che, col tempo, diventi un grande monumento, come ogni altro che adorna il mondo, entrambi i mondi. Spero che la gente lo veda come un … tempio, credo. Un tempio contro l’inutilità della guerra."

Nessuna parte del Palazzo è visitabile, per motivi di sicurezza, ma chiedo a Max di spiegarmene la disposizione.

"Laggiù, c’è il nostro appartamento personale. E’ fatto a forma di più, così che ognuno di noi abbia la propria ala. E quando metteremo su famiglia, potremo avere la nostra intimità, ma gli amici sempre vicini. Naturalmente abbiamo una grande piscina. E’ una specie di promessa che avevo fatto a Kyle e a Michael."

"Non che tu ti sia opposto strenuamente ad averne una." Liz da una gomitata sulle costole di Max.

Visto che hanno parlato del mettere su famiglia, chiedo loro se si aspettino presto di sentire passi di piedini.

"Non da noi." sorride Liz. "Non prima che abbiamo finito il College."

"I quartieri privati sono separati dal resto del compendio da alte pareti." continua Max, e io sospetto che anche le pareti siano protette da quella specie di scudo di energia. "Lì ci sono le caserme e le sale per le riunioni. Lì è dove terremo corte, quando saremo sulla Terra, certo. Credo che possiamo considerarlo l’equivalente sella Sala Ovale."

La sala dove Max incontrerà e accoglierà i suoi ospiti ha un nome strano.

"Non strano." Max scuote la testa. "Onorato. L’abbiamo chiamata ‘Sala Bektor’, il nome di un coraggioso Antariano che ha dato la sua vita per salvare quella di Liz. Noi non lo dimenticheremo mai."

E Bektor non è la sola persona che questi due hanno voluto ricordare.

"No." concorda Liz. "Abbiamo ricostruito il teatro che Kivar ha distrutto, più bello e più grande. Ovviamente Roswell è destinata a cambiare, perché sappiamo che molta gente verrà qui per vederci. Così, abbiamo voluto un posto che potesse accogliere i Capi di Stato e così via. Abbiamo voluto un posto che potesse accogliere balletti, opere, spettacoli di Broadway e, naturalmente, concerti dal vivo. Qualcosa di cui Roswell potesse andare orgogliosa." gli occhi di Liz si sono riempiti di lacrime. "Lo abbiamo chiamato ‘Alexander Whitman Memorial Theatre', il nome di un amico, a noi molto caro, che è morto prima che ci accadesse tutto questo."

Capisco di aver finito l’intervista dall’emozione che cominciano a mostrare. E’ strano vedere che a questa giovane coppia siano rimasti ancora dei sentimenti, dopo tutto quello che hanno passato. Ma ancora li hanno e continuano ad essere importanti, per loro.

Basta solo vedere la lealtà che è loro data da quelli che hanno servito sotto di loro. Lealtà e rispetto che si sono guadagnati nel fuoco della battaglia. E non solo da parte dei guerrieri. Sembrano amarli tutti, i loro compagni, i loro bambini. Non che lo conoscessi personalmente, ma in qualche modo Max mi ricorda J.F.K.

So che devono avere mille e uno impegni che li attendono e, sebbene Max e Liz possano fare molte cose, non possono controllare il tempo. Li ringrazio per avermene dedicato una parte, che so molto preziosa.

"Come ho detto prima, Sarah, noi ti dobbiamo molto. E’ il meno che potessimo fare."

Liz mi abbraccia e mi bacia sulla guancia. Non il genere di bacio delle attrici di Hollywood, ma uno che mi fa sentire quanto le sia cara. Max mi prende la mano e mi stringe in un abbraccio. Anche lui mi da un bacio sulla guancia e io mi sento andare a fuoco. Quando lasciano la stanza, resto a guardarli per un po’.

Appena pensano di essere fuori di vista, cominciano a scherzare tra di loro, prendendosi in giro come una coppia di normali adolescenti, cosa che mi ricorda che è esattamente quello che sono. Beh, forse non proprio normali. E’ come se Max e Liz abbiano uno sdoppiamento della personalità. E’ qualcosa che i veterani che hanno imparato a conoscere questa giovane coppia, notano ogni volta.

Un momento, sono questi seri leader del mondo, modellatori del nostro futuro, premura e compassione che sprizzano da tutti i pori, le cui parole hanno un peso per quelli che ascoltano, le cui azioni hanno superato anche quelle dei generali più famosi.

Un momento dopo, sono una coppia di simpatici adolescenti, pazzamente innamorati, in cerca di un posto dove pomiciare.

Ma non sottovalutateli. Max e Liz prenderanno il futuro di entrambi i pianeti per la collottola e ne faranno un bel futuro.

Sarah Brackham.

* * * * *

Il prossimo è l'epilogoooooo

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Capitolo 80
*** Epilogo ***


EPILOGO

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Il Signor e la Signora Parker
hanno l’onore di invitarla formalmente
a partecipare al matrimonio della loro unica figlia

Elizabeth Parker
con
Sua Altezza Reale Re Max di Antar

al
Roswell Fanatics Board
il
12 Marzo 2004
R.S.V.P.



Questo invito è stato creato da BorderInsanity a tutti quelli che hanno lasciato dei commenti su Roswell Fanatics Board, dove questa storia è stata postata per la prima volta. Grazie per il tuo aiuto, Jen.

* * * * *

La notte precedente il grande giorno, Max non dormì molto bene. Non era per la pressione nel coinvolgimento della preparazione di un giorno così importante. E nemmeno perché era nervoso al pensiero di sposare, di nuovo, la sua anima gemella davanti al mondo intero. E neppure perché i suoi amici lo avevano angosciato, decisi a provare che lui fosse umano quanto loro e che fosse nervoso per il grande giorno.

No, la causa dell’insonnia di Max era dovuta al fatto che, dopo aver dormito tanto tempo in compagnia di Liz, quella notte era solo. La mamma di Liz era stata adamantina nel rispettare la tradizione che lo sposo non doveva vedere la sposa il giorno prima della cerimonia, anche se la cerimonia del matrimonio aveva solo di nome.

Quella mattina Max si era alzato col sole ed aveva già fatto i suoi esercizi mattutini, quando Serena era arrivata, seguita da Teren, appena nominato cameriere personale del Re, che portava la colazione di Max.

"Buon giorno, Vostra Maestà." annuì lei formalmente.

"Quante volte, Serena?" lui scosse la testa. "Solo Max. E posso prepararmi la colazione da solo."

"Non oggi." rifiutò Serena. "Oggi tu sei il nostro Re. Tu sposerai la nostra Regina. Oggi, ti sarà mostrata la formalità che il tuo rango riserva e ti supplico di comportarti allo stesso modo. Ti prego, non deludere Antar."

"Non lo farò, Serena." Max scosse la testa. "Che tu lo creda o no, ci tengo anche io. Per Liz. Ma … "

"Comincia il giorno come vuoi che prosegua." Serena si inchinò davanti a lui. "Teren sa cosa fare, così segui le sue direttive. Solo per un giorno, Sire. Oggi devi giocare a fare il Re."

"Va bene, Serena. Se serve a farti felice. Ma sarò Re Max, è chiaro. Se uno dei sacerdoti mi chiamerà Zan, io lo ignorerò."

"Posso accettarlo, anche se non ho dubbi che molti ne rimarranno delusi. Tua madre tra loro."

Max trasalì.

"Serena, io sono grato a loro per questa seconda opportunità." Max si sedette dove Teren gli aveva indicato, quando vide che la sua colazione era pronta. "Ma io sono cresciuto come Max Evans. I miei genitori … i miei genitori adottivi … è per loro che sono come sono. Mi hanno insegnato il modo di fare che ho la fortuna di possedere. Io sono Max, adesso. Zan era qualcun altro. Liz sposerà Max, non Zan. Non importa cosa dicono gli altri, io abdicherò piuttosto che essere qualcuno che non sono."

Serena annuì.

"Goditi il tuo giorno, Sire. E’ un giorno molto importante. Tu sei molto importante, ora."

Max fece un grande sorriso. "Che tu ci creda o no, Serena, oggi Liz sarà molto più importante di me. Tra gli Antariani, ma specialmente tra i Terrestri."

Serena sorrise e lasciò la stanza.

"Sei sposato, Teren?" Max guardò il suo valletto. Gli sembrava strano che un guerriero si fosse offerto volontario per fare il suo cameriere.

"No, Sire." il giovane antariano, che aveva spesso chiamato Max per nome, arrossì.

"Non vorresti sposare Serena e togliermela da torno, vero?"

"No, Sire." rise Teren.

"Uomo saggio." commentò Max, ridendo anche lui.

Qualcuno bussò alla porta. Teren andò ad aprire, mentre Max cominciava a mangiare.

"Lord Michael è qui per vedervi, Sire." annunciò Teren in tono formale.

"Lord Michael?" Max sollevò un sopracciglio. "Teren, tu sei con noi fin da quando siamo tornati dalla Nyelda. Perché ti riferisci a lui come ‘Lord’?"

"Perché oggi è il giorno del vostro matrimonio, Sire." rispose lui. "Abbiamo atteso per molto tempo il ritorno del nostro Re, Sire. E’ già duro abbastanza sapere che voi non volete esserlo. Vi prego, non negateci almeno la gioia di questo giorno."

"Molto bene." annuì Max. "Teren, fai entrare Lord Michael."

Max sospirò. Prometteva di essere un giorno molto lungo.

* * * * *

"Buon giorno, Liz." Nancy entrò nella stanza di Liz ed andò ad aprire le tende.

"Che c’è di buono in questo giorno?" brontolò Liz, tirandosi le coperte sulla testa.

"Perbacco! Siamo irritate, questa mattina? Qualcuno potrebbe pensare che non sei felice di sposare Max."

"Quel qualcuno avrebbe potuto pensare che io avrei dovuto dormire con lui, questa notte." disse Liz, da sotto le coperte. "Chi diavolo ha inventato questa tradizione così stupida?"

"Mettiti seduta, Liz." Nancy si sedette sul bordo del letto. "L’assenza rende il cuore più vivo, lo sai? Ti ho portato del tè."

"Maria è già qui?" la voce di Liz era piena di sospetto.

"Non ancora." Nancy scosse la testa, mentre Liz cominciò a sedersi sul suo letto di ragazza. "Perché? Dovrebbe già essere qui?"

"No." ridacchiò Liz. "Questo significa che è un tè normale e non un infuso di erbacce per farmi cominciare bene la giornata."

"Maria non è poi così male, no?"

"Tu non ne hai la più pallida idea."

"Allora, cosa vorresti per colazione? Posso friggere qualcosa, se vuoi."

"Solo un toast." sorrise Liz. "E un po’ di marmellata, se c’è."

"Conosco bene la mia ragazza." Nancy spostò davanti a lei un vassoio. "Toast, marmellata e una tazza di tè."

"Tu sei contenta di tutto questo, mamma?"

"Di cosa? Di portarti la colazione a letto?"

"No." Liz scosse la testa, mordendo un pezzetto di pane tostato. "Di tutta l’attenzione che avete tu e papà. Non potete andare in nessun posto senza essere tampinati dai giornalisti."

Nancy guardò la sua bambina e sorrise. Altro che bambina. Ormai era una donna, famosa in due galassie.

"Noi abbiamo sempre voluto il meglio per te, Liz. E mai, nemmeno nei nostri sogni più sfrenati, avremmo potuto immaginare quello che hai ottenuto. Il meglio in assoluto. Hai un uomo che ti ama completamente ed incondizionatamente; hai un futuro più brillante di quello che avremmo mai potuto immaginare. Voglio dire, quanto è ricco Max? Tu non hai mai voluto niente, Liz. E noi sappiamo che sei sempre la rag .. la giovane donna che non sarà mai influenzata da tutto questo. Tu sarai ancora Liz Parker."

"La più piccola delle ragazze della più piccola delle città."

"No, Liz." sorrise Nancy. " Tu non sei mai stata una piccola ragazza di una piccola città. Da quello che abbiamo saputo, Max si è innamorato di te prima ancora che tu nascessi. Ai suoi occhi tu sei sempre stata una Regina. E allora vedi? Il destino ti ha conosciuto fin dall’inizio. Tu sei sempre stata la cosa più lontana che possa esserci da una piccola ragazza di una piccola città.

Per questo io e tuo padre non daremo importanza a tutto quello che ci troveremo davanti, perché ci ricorderà che tu hai preso i tuoi sogni e li hai fatti realizzare. E se questo significa che dobbiamo vivere alla tua ombra ed essere conosciuti come i genitori della Regina Liz, lo faremo, perché ne varrà la pena. Perché ti vogliamo bene e, in fin dei conti, per noi niente è più importante della tua felicità."

Liz la guardò con gli occhi lucidi. "Grazie, mamma." le sussurrò.

"Ora finisci di fare colazione e comincia a prepararti. Oggi è il tuo grande giorno, ma è un grande giorno anche per tutti noi. Facciamo in modo che sia come deve essere. D’accordo?"

"D’accordo."

* * * * *

L’atmosfera, sotto il cielo azzurro del deserto, era piena di aspettativa. Perfino il caldo del New Mexico si era mitigato per vedere Max e Liz sposare insieme due pianeti. La giornata era perfetta - né troppo calda, né troppo fredda - era come se Madre Natura stessa fosse presente.

I Maestri di Cerimonie, reclutati tra i ranghi dell’esercito di Max, avevano svolto i loro compiti, assicurandosi che gli ospiti fossero tutti ai loro posti. I pochi membri della famiglia erano in prima fila, mentre il resto dei posti era occupato da amici, conoscenti e da tutti quelli che avevano aiutato, o erano stati aiutati da Max e Liz.

Le ultime sedie erano state riservate per i rappresentanti delle Nazioni Unite. La parte dei sedili che dava sulla navata era adorna di fiocchi, che rinchiudevano simbolicamente la congregazione. Pareti di seta formavano delle alcove, dietro alle quali tutti sapevano che la sposa, lo sposo e tutti quelli coinvolti nella cerimonia, stavano aspettando il segno di inizio. Un segno che era atteso, trattenendo il respiro, da milioni di spettatori sparsi per tutto il mondo. La coppia felice aveva permesso a selezionate squadre di cameraman e di giornalisti, di riprendere l’evento.

Finalmente, l’attesa terminò. Al suono di Pachebel's Canon, due guardie in alta uniforme, una umana e l’altra antariana, uscirono fuori dalla tenda si seta che simbolizzava una porta. Ognuna di loro portava una lancia, decorata con le insegne regali dei Nativi Americani, un regalo dei loro Capi. Batterono con le lance contro la parete di legno.

Kyle e Connie Valenti apparvero da dietro la tenda, dalla parte finale della navata e si avviarono sul tappeto rosso, per raggiungere l’altare, Connie scivolando e Kyle a passo di marcia, entrambi a tempo con la musica. Quando raggiunsero l’altare, entrambi presero una sottile candela bianca, le accesero, e le misero sull’altare. Si inchinarono verso l’altare poi, uno di fronte all’altra, si inchinarono di nuovo e fecero sette passi indietro, fermandosi Kyle da una parte dell’altare e Connie dall’altra.

Appena ebbero completato il loro rituale, le guardie batterono di nuovo le lance due volte. Jesse e Isabel Ramirez uscirono. Come gli altri due prima di loro, si mossero lungo la navata. Jesse sembrava meno teso di quanto lo fosse stato Kyle. Ancora, presero le candele, le accesero da quelle che avevano acceso Kyle e Connie e le posarono accanto alle altre due. Si inchinarono all’altare, si inchinarono tra loro e fecero sei passi indietro, per fermarsi ad angolo rispetto a Kyle e a Connie.

Le guardie bussarono con le lance ancora, questa volta tre volte. Dalla tenda uscirono Jim ed Amy Valenti, insieme alla signora Ramirez. Camminarono nella navata, con Jim nel mezzo. Scelsero delle candele e le accesero da quelle di Isabel e di Jesse. Si inchinarono all’altare, con la signora Ramirez che aggiunse alla cerimonia un Segno della Croce. Invece di fermarsi con gli altri, Jim accompagnò la signora Ramirez ad una sedia della prima fila, dalla parte dello sposo e poi passò dalla parte della sposa. Era stata una decisione difficile per Jim, vicino come si sentiva a Max, ma Amy era da molto tempo amica con i Parker ed aveva ceduto al desiderio di lei di sedere accanto ai genitori di Liz.

Le lance che bussarono quattro volte sulla parete di legno, annunciarono l’ingresso di Philip e Diane Evans. Ci fu un diluvio di applausi ad accogliere i genitori di Re Max. Philip si illuminò di orgoglio, mentre Diane non poté fare a meno di arrossire. Camminarono a testa alta lungo la navata ed arrivarono in fondo con un’aria di sicurezza. Accesero le loro candele da quelle di Jim ed Amy, posandole poi tra il crescente mazzo di candele illuminate. Dopo essersi inchinati, presero posto accanto alla signora Ramirez, nella prima fila di sedie.

Vestito in uniforme di gala, il Maggiore Armstead scortò Nancy Parker per la navata. Anche lei ricevette un applauso. Come gli Evans, lei aveva patto la sua parte nel crescere una delle più meravigliose persone che il mondo avesse mai amato. Accesero le candele da quelle degli Evans e si inchinarono all’altare. Il Maggiore Armstead accompagnò Nancy al suo posto, le fece un inchino ed andò a sedersi nella fila alle spalle degli Evans.

Allo squillo di una solitaria tromba che suonava l’Inno del Volontario, il reverendo Timothy Price ed Eldugar, entrambi vestiti con paramenti religiosi, entrarono dalla porta di seta alla destra dell’altare. Il Reverendo Price era stato il sacerdote che aveva sposato Max e Liz la prima volta, a Cherry Creek. Avevano deciso di invitarlo a celebrare anche questa cerimonia, piuttosto che accettare le molte offerte ricevute dai sacerdoti di rango ben più elevato, che rappresentavano praticamente tutte le congregazioni religiose del mondo.

Eldugar era stato posseduto da Jebulan, il santo uomo antariano con il quale Max aveva già parlato a bordo della Nyelda. Lo seguivano Michael e poi Max, accolti da un applauso tumultuoso.

Max sorrise, chinando la testa e grattandosi dietro l’orecchio. Michael scosse la testa. Max si fermò ai piedi dei gradini che portavano all’altare. Michael si inchinò a lui, salì sull’altare e accese la sua candela da quella della signora Ramirez. Si inchinò all’altare e tornò al fianco di Max.

Max si mise in ginocchio davanti ai due sacerdoti che si erano avvicinati. Il reverendo Price lo benedisse in un modo che racchiudeva le benedizioni di tutte le confessioni che riuscì a ricordare. Quando ebbe terminato, Jebulan posò le mani dietro la testa di Max. Il pubblico restò senza fiato quando il sigillo di Max si irradiò sulla tenda che pendeva dall’arco sopra di lui.

"Chiamo a testimoni tutti i presenti che questo è sua Maestà Reale Max Evans, Re di Antar per grazia del Granilith. Qualcuno dei presenti vuole negare questo fatto?"

La sua richiesta fu accolta dal silenzio. Jebulan annuì e lui e il Reverendo Price tornarono all’altare.

Da una orchestra invisibile, arrivò la Marcia Nuziale di Wagner. In un unico movimento, tutti i presenti si alzarono e si voltarono verso la porta alle loro spalle. Jeff Parker uscì dalla soglia di seta con la donna del momento, Elizabeth ‘Parker’ al suo braccio.

Il pubblico trattenne il respiro alla visione che aveva davanti.

Settimane di ipotesi avevano cercato di predire lo stile del vestito che Liz avrebbe indossato, ma nessuno, al di fuori del suo piccolo gruppo, ci era andato nemmeno vicino. Liz aveva scelto di indossare lo stesso vestito che aveva portato a Cherry Creek, quello che sua madre aveva portato al sicuro quando erano stati coinvolti nell’assedio armato.

Era coperta da un velo di pura seta, intessuto con infinitesimali fili d’argento. Sembrò brillare, mentre si muoveva senza sforzo per la navata, la sua mano posata delicatamente sul braccio di suo padre. Anche attraverso quel velo stupefacente, Max vide che gli occhi di Liz brillavano di lacrime. E non riuscì ad impedire che si formassero anche nei suoi.

Eccolo lì. Il culmine di tutte le promesse che aveva fatto a Liz quando tutto questo era cominciato, la drammatica sera, sul balcone di lei, quando le aveva fatto la sua proposta. Maria camminò al fianco di Liz, ma Max la notò a malapena. Era come se fossero soli. Tutti gli altri erano svaniti ed erano rimasti solo loro due, come se la natura avesse voluto tutto questo fin dall’inizio. I suoi occhi non abbandonarono mai quelli di Liz, mentre il piccolo corteo si avvicinava all’altare.

Lei si fermo davanti a lui, a pochi passi, ma per Max furono come il Grand Canyon. Jeff Parker e Maria salirono sull’altare ed accesero le loro candele, da quelle di Nancy e di Michael. Si inchinarono all’altare e si unirono agli altri, prendendo il loro posto al fianco di Liz. Si inchinarono tutti davanti a Max, che rimase dritto, dando uno sguardo interrogativo a Liz, che si stava inchinando a lui.

Liz gli sorrise, uno scintillio negli occhi. Jeff sollevò il velo dal viso della figlia e sorrise, guardandola. Le prese il mento tra le mani, si chinò in avanti e le posò un bacio sulla guancia. Altre lacrime si formarono negli occhi di Liz. Jesse andò poi a mettersi al fianco di Maria.

Max parlò, rivolto alla congregazione.

"Io non so se la voce dell’uomo può arrivare al cielo. Non so se Dio vorrà ascoltare la mia preghiera. Non so se il dono che ho chiesto mi sarà accordato. Non so cosa ci porteranno i giorni a venire. Spero solo, amore mio, che per te ci siano solo cose belle."

"Per favore, sedetevi." chiese il Reverendo Price all’assemblea, aspettando che tutti si sedessero. "Benvenuti a tutti." sorrise. "Di solito, mi piace ringraziare quelli che sono venuti da lontano per partecipare ad una cerimonia, rendendo speciale il giorno speciale di una giovane coppia, facendo loro capire che hanno degli amici meravigliosi, ma … non credo che oggi avrebbe significato, se chiedessi se qualcuno è venuto da lontano."

Un risolino soffocato percorse l’assemblea.

"Alla presenza di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo," continuò il reverendo "siamo qui riuniti per assistere al compimento di un grande destino, al matrimonio di Max e Liz, per invocare la benedizione di Dio su di loro, per dividere la loro gioia e per celebrare il loro amore."

Per aiutare a spiegare il Granilith agli umani, Serena l’aveva descritto come la loro versione della Santa Trinità. Il reverendo Price fece una pausa e guardò verso Max e Liz, affatto sorpreso che stessero guardando uno negli occhi dell’altra.

"Il matrimonio è un dono di Dio per la creazione, che attraverso l’unione di due cuori, fa conoscere la sua Grazia." continuò. "Diciamo che, quando un uomo ed una donna crescono insieme con amore e fiducia, saranno uniti cuore, corpo e mente, come Cristo è unito alla sua sposa, la Chiesa. Abbiamo appena scoperto che questa è una tradizione che dividiamo con un altro pianeta, segno ulteriore di gloria per un alto potere al lavoro.

Il dono del matrimonio porta a marito e moglie la gioia e la tenerezza di una unione sessuale e di un lieto impegno che durino fino alla fine dei loro giorni. La formazione di una famiglia, in cui nasceranno e cresceranno bambini e in cui ogni membro potrà trovare, nella buona e nella cattiva sorte, forza, amicizia e conforto, e crescere, maturando nell’amore.

Il matrimonio è un modo di vivere santificato da Dio e benedetto dalla presenza di Nostro Signore Gesù Cristo, quando quelli che festeggiavano le nozze di Cana, in Galilea, divennero testimoni del suo primo miracolo. E’ un segno di unità e di lealtà, che dovrebbe essere sostenuto ed onorato da tutti. Arricchisce la società e rafforza la comunità. Fa brillare l’universo. Nessuno dovrebbe entrarvi con leggerezza od egoismo, ma solo dopo averne soppesato l’importanza alla presenza di Dio Onnipotente.

Max e Liz stanno ora per entrare in questo nuovo modo di vivere. Daranno il proprio consenso all’altro con una solenne promessa e, per questo, non riceveranno solo un simbolo visibile, gli anelli, ma un segno molto più spirituale. Il Sigillo di Antar che li legherà insieme in un modo che solo pochi possono capire. Pregheremo con loro perché Spirito Santo li guidi e li sostenga, perché possano soddisfare tutto quello che Dio ha in mente per loro, durante tutta la loro vita terrena."

L’uomo fece un’altra pausa.

"I genitori degli sposi vorrebbero alzarsi, per favore?"

Philip e Diane Evans e Jeff e Nancy Philip si alzarono.

"Date la vostra benedizione a Max e a Liz? Onorerete il patto che loro faranno oggi, dando loro amorevole appoggio, rispetto ed incoraggiamento?"

"Sì." risposero tutti.

Jebulan si fece avanti e guardò i Parker.

"Come Regina di Max, Liz ha accesso a molti poteri." disse loro. "Questi poteri ci sono per un motivo e il motivo è che lei ora è parte di Antar. Date la benedizione a vostra figlia, pur sapendo che ora è figlia anche di Antar e strumento del Granilith? Che lei apparterrà anche ad Antar e non solo alla sua famiglia? Signore e signora Parker, date vostra figlia a Max di vostra libera volontà?"

"Sì." entrambi guardarono Max e sorrisero, sedendosi poi, quando il reverendo fece loro segno di farlo.

"Max." il reverendo Price si rivolse al ragazzo. "Accetti Liz come l’unico amore della tua vita, per vivere con lei nel patto del matrimonio, per esserle fedele e mettere le sue necessità prima delle tue, fino a che sarete vivi?"

"Sì." Max espresse in suo consenso a voce alta e sicura.

"Liz." chiese Eldugar. "Accetti Max come l’unico amore della tua vita, per vivere con lei nel patto del matrimonio, per essergli fedele e mettere le sue necessità prima delle tue, fino a che sarete vivi?"

"Sì." la voce di Liz era melodiosa, ma chiara e piena di emozione.

Il reverendo Price ed Eldugar fecero un passo indietro ed indicarono gli altri, accanto all’altare. Con Maria che reggeva il serico velo di Liz, salirono i pochi gradini e presero il loro posto accanto all’altare. Liz tese a Maria il suo bouquet di roselline bianche e, come Max, scelse una candela. Le accesero da una di quelle che stavano già bruciando, offrendo lo stoppino alla stessa fiamma, legando assieme simbolicamente, le loro famiglie e i loro amici.

"Quando si fa un voto davanti a Dio," intonò il reverendo Price "rinviarlo non ha senso; perché lui non ama gli stolti. Mantieni quello che hai promesso." Si voltò verso Max e Liz, davanti all’altare. "Max, Liz, vorrei chiedervi di mettervi uno di fronte all’altra e di prendervi per mano."

Ricevette uno scroscio di risatine, perché né Max, né Liz aveva mai lasciato la mano dell’altro, né avevano mai smesso di guardarsi. Max aspettò che le risate terminassero.

"Io, Max, prendo te, Liz, che ho scelto come colei alla quale prometto la mia vita, il mio amore e la mia anima, come mia moglie. E prometto davanti al Granilith, a Dio, alla nostra famiglia e ai nostri amici qui presenti di dividere con te la mia vita, con rispetto e amore, con fiducia e tenerezza, nella felicità e nel dispiacere, in salute e in malattia, fino a che saremo vivi."

Liz ripeté le stesse parole.

"Io, Liz, prendo te, Max, che ho scelto come colei alla quale prometto la mia vita, il mio amore e la mia anima, come mio marito. E prometto davanti al Granilith, a Dio, alla nostra famiglia e ai nostri amici qui presenti di dividere con te la mia vita, con rispetto e amore, con fiducia e tenerezza, nella felicità e nel dispiacere, in salute e in malattia, fino a che saremo vivi."

Maria tese il bouquet di Liz ad Isabel, e lei e Michael fecero un passo avanti, fermandosi Maria al fianco a Max e Michael al fianco a Liz. Fu Michael a parlare per primo.

"Liz, ti prego di prendere le mani di Max nelle tue, così potrai vedere che dono lui è per te. Queste sono mani, giovani e forti e vibranti d’amore, che tengono le tue nel giorno del vostro matrimonio, mentre ha promesso di amarti ed impegnarsi con te per tutta la vita. Queste sono le mani che ti accarezzeranno appassionatamente e si prenderanno cura di te negli anni di una vita di felicità. Queste sono le mani che asciugheranno le lacrime dai tuoi occhi – sia quelle di dolore che quelle di gioia. Queste sono le mani che toglieranno la tensione dalle tue spalle, che ti conforteranno nella malattia e che ti stringeranno quando sarai presa dalla paura o quando il dolore ti affliggerà la mente. Queste sono le mani che solleveranno teneramente il tuo mento e sfioreranno le tue guance e che alzeranno il tuo viso per permetterti di guardarlo negli occhi – occhi pieni dell’amore e del desiderio che prova per te. Queste mani ti sono donate con amore."

Quando Michael ebbe finito, toccò a Maria.

"Max, ti prego di prendere le mani di Liz nelle tue, così potrai vedere che dono lei è per te. Queste sono mani, giovani e morbide e vibranti d’amore, che tengono le tue nel giorno del vostro matrimonio, mentre ha promesso di amarti ed impegnarsi con te per tutta la vita. Queste sono le mani che ti accarezzeranno appassionatamente e si prenderanno cura di te negli anni di una vita di felicità. Queste sono le mani che asciugheranno le lacrime dai tuoi occhi – per confortarti e consolarti. Queste sono le mani che toglieranno la tensione dalla tua schiena, che ti stringeranno per aiutarti nei momenti difficili e nei momenti di speranza. Queste sono le mani che solleveranno teneramente il tuo mento e sfioreranno le tue guance e che alzeranno il tuo viso per permetterti di guardarla negli occhi – occhi pieni dell’amore e del desiderio che prova per te. Queste mani ti sono donate con amore."

Jebulan si avvicinò alla giovane coppia e sollevò le loro mani unite.

"Queste sono le mani che guariranno il mondo. Queste sono le mani che mostreranno amore e compassione per quanti ne abbiano bisogno, sia nel mondo di Max che in quello di Liz. Queste sono le mani di un Re e della sua Regina."

Quando ebbe finito, si fece avanti Jesse. Aveva tra le mani un cuscinetto di seta, sul quale erano posati gli anelli di Max e di Liz, consegnati dai ragazzi il giorno prima, con grande riluttanza. Max prese l’anello che aveva già dato una volta a Liz e glielo infilò al dito.

"Ti do questo anello come simbolo della mia promessa, ed in pegno e vincolo della mia fiducia costante e del mio amore eterno. Con tutto quello che sono e con quello che diventerò, io ti onoro, nel nome del Granilith, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Con questo anello, io ti sposo."

Liz prese il suo anello per Max e lo infilò al suo dito.

"Ti do questo anello come simbolo della mia promessa, ed in pegno e vincolo della mia fiducia costante e del mio amore eterno. Con tutto quello che sono e con quello che diventerò, io ti onoro, nel nome del Granilith, del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. Con questo anello, io ti sposo."

"Ora reciteremo una preghiera per questa giovane coppia." Il reverendo fece segno alla congregazione di inginocchiarsi.

Solo Maria non si inginocchiò per offrire la loro silenziosa preghiera. Prese una chitarra da dietro l’altare. Solo quelli molto vicini a Max e Liz conoscevano l’importanza di quell’amato strumento. Lei cominciò a suonarla, accarezzandone le corde, riversando fuori tutto l’amore per Alex, per Max e per Liz.

Mi ricorderete quando il vendo dell’ovest soffia
sopra i campi d’orzo
dimenticherete il sole nel suo cielo geloso
e cammineremo nei campi d’oro.

Così lei portò il suo amore
a guardare per un po’ i campi d’orzo
e cadde tra le sue braccia
sciogliendo i capelli.
Tra i campi d’oro
tu sarai con me, tu sarai il mio amore
tra i campi d’orzo
dimenticheremo il sole nel suo cielo geloso
e vivremo nei campi d’oro.

Guarda il vento dell’ovest muoversi come fa un amante
sopra i campi d’orzo
Senti il corpo di lei che si solleva quando le baci la bocca
tra i campi d’oro

Non ho mai fatto una promessa a cuor leggero
e ce n’è qualcuna che non ho mantenuto
ma giuro sui giorni che ancora mi restano
che noi cammineremo nei campi d’oro
che noi cammineremo nei campi d’oro

Sono passati molti anni da quei giorni d’estate
tra i campi d’orzo
Guarda i bambini che giocano e il sole che tramonta
tra i campi d’orzo
Mi ricorderete quando il vendo dell’ovest soffia
sopra i campi d’orzo
e potrete raccontare al sole nel suo cielo geloso
che noi abbiamo camminato nei campi d’oro
che noi abbiamo camminato nei campi d’oro
che noi abbiamo camminato nei campi d’oro


L’assemblea pregò, ascoltando la straziante interpretazione di Maria della famosa canzone. Max aveva messo il braccio attorno alla vita di Liz e le loro teste si toccavano, mentre rimanevano inginocchiati.

Fu un momento molto tenero e risultò poi essere il più fotografato della cerimonia. Per settimane, parlando del matrimonio, sia sulla stampa che in televisione, sarebbe stata mostrata quella immagine.

"Non riesco a crederci, Max." gli disse Liz a bassa voce, sorridendo. "Ce l’abbiamo fatta. Ce l’abbiamo fatta veramente."

"Tu non sai quanto sono felice di essere qui, Liz." Max le ricambiò il sorriso, accarezzandole la guancia con il pollice.

"Si che lo so." annuì lei. "Perché io sono altrettanto felice. Ti amo."

"Ti amo."

"Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo." il reverendo Price pose fine alla preghiera. "Amen."

"Amen." fecero eco tutti.

Poi Max e Liz si alzarono, si avvicinarono all’altare e accesero insieme una candela, proprio mentre Maria stava terminando la sua canzone.

"Non smetterò mai di crederci, Liz." le disse Max, asciugandosi una lacrima dall’angolo degli occhi. "Mai. Noi cammineremo per sempre nei campi d’oro."

"Di solito," il reverendo Price sorrise, mentre la coppia tornava al suo posto "questo è il momento della cerimonia in cui dico ‘Quello che Dio ha unito, l’uomo non separi’. Ma nemmeno io sono così cieco da non vedere che non c’è una forza nell’Universo in grado di rompere questa unione. Dio ha visto giusto nel mettere insieme queste due persone per un motivo e dubito che vorrebbe sopportare un tentativo di dividerli, non più di quanto lo vogliano Max e Liz. Allora forse è il caso che dica ‘colui che proverà a dividere quello che Dio ha unito, cerchi da Dio la pietà contro la loro collera."

Fece una pausa aspettando che le risate si placassero.

"Max, Liz. Sebbene voi non siate sulla soglia di una nuova vita, essendo tecnicamente già sposati, i vostri voti rinnovati sono ciononostante molto emozionanti. Ricordo a tutti voi, Michael e Maria, Jesse e Isabel, Kyle e Connie, e alle famiglie e agli amici e agli ospiti di Max e Liz che voi siete qui perché Max e Liz vi hanno chiesto di essere qui e che voi dovete essere loro accanto non individualmente, ma tutti insieme. E capisco anche come siete, in ogni caso, abituati a farlo già da tempo."

Jebulan si avvicinò a Max e gli posò di nuovo la mano sulla testa. Questa volta posò una mano anche sulla testa di Liz. I due simboli del sigillo Reale di Antar si fusero insieme sul velo di seta sopra di loro, segno di completa unità ed armonia.

Tutti gli Antariani presenti, si poggiarono la mano destra sul cuore. Lontano anni luce, un intero pianeta proruppe in una giubilante acclamazione.

"Ora so che la voce dell’uomo può arrivare al cielo." disse Max ad alta voce. "Io so che Dio ha ascoltato la mia preghiera. Io so che il dono che ho chiesto mi è stato accordato. Io so cosa ci porteranno i giorni a venire." Si voltò a guardare Liz. "Io so, amore mio, che per noi ci saranno solo cose belle."

"Io vi dichiaro marito e moglie." il reverendo Price fece un grande sorriso. "Max, ora puoi baciare la sposa." Il sacerdote cominciò ad applaudire, seguito da tutti i presenti.

Non ebbero bisogno di un secondo invito, anche se riuscirono a mantenere abbastanza controllo da limitarsi ad un tenero bacio, invece dei baci appassionati, che erano soliti scambiarsi.

Ma quel bacio, per Max e Liz, significò molto di più di tutti i baci che si erano scambiati fino ad allora.

Quel bacio era il culmine di tutto quello che avevano dovuto sopportare per stare insieme. Avevano avuto cento esami per mettere alla prova il loro amore e li avevano superati tutti. Si erano guadagnato il diritto di stare insieme e non c’era forza nell’Universo che glielo avrebbe impedito.

Fu evidente per Michael e Maria, che li conoscevano bene, che stavano dividendo una visione, visione che li fece sorridere timidamente l’uno con l’altra.

"E ora, vi presento il SIGNORE E LA SIGNORA EVANS! Il Re e la Regina di Antar."

Mentre l’orchestra suonava l’ ‘Anastasia Finale’, Max e Liz, mano nella mano, camminarono per la navata, seguiti da Michael e da Maria, Philip e Diane, Jeff e Nancy, Jesse e Isabel, Kyle e Connie, Amy, Jim e dalla signora Ramirez e, alla fine, anche dal reverendo Price e da Eldugar. Mentre camminavano nella navata, i volontari delle Guardie Reali liberarono gli ospiti, fila dopo fila, sciogliendo il tulle che aveva legato le file dei sedili.

Max e Liz, il signore e la signora Evans, il Re e la Regina di Antar, terminato il lungo corridoio di seta, si trovarono davanti le loro Guardie Reali, nel bellissimo abito da cerimonia.

Emersero attraverso lo sbarramento di flash, capace di mettere in ombra il sole, e le acclamazioni dei turisti e dei cittadini arrivati da Roswell, New Mexico, pronti ad affrontare il mondo, insieme. Qualcuno, in mezzo alla folla cominciò a cantare. Era una canzone che era stata scelta da quelli che erano intorno alla cantante che l’aveva resa famosa, e che si sparse velocemente, fino a che, poco dopo, l’intera folla la cantò ad una voce.

Alla fine il ritornello arrivò fino a Max e a Liz, ora uniti a Isabel, Jesse.
Michael, Maria, Kyle e Connie.

"Oh I am what I am,
I'll do what I want but I can't hide
I won't go,
I won't sleep.
I can't breathe,
Until you're resting here with me.
I won't leave.
I can't hide.
I cannot be,
Until you're resting here with me."



FINE

* * * * *

 

 

Ringrazio immensamente chi ha letto la storia e l’ha seguita fino a quest’ultimo capitolo.

Mi ero dimenticata di dire che questa storia ha vinto il premio come miglior sequel di Roswell, direi che se la merita  a pieno :)

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