Shinsengumi high school ( light up the hell)

di CainxAbel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quanto la odio ***
Capitolo 2: *** Addio pacchia: le crocette chiamano ***
Capitolo 3: *** lo "spasso" dell'Inferno ***
Capitolo 4: *** Santo Itachi, aiutaci tu ***
Capitolo 5: *** Odore di novità ***
Capitolo 6: *** Testa di legno ***



Capitolo 1
*** Quanto la odio ***


CAPITOLO 1
QUANTO LA ODIO

Mia madre era al settimo cielo all’idea di potermi mandare in una scuola privata. Non faceva altro che riempirmi le orecchie con chiacchiere: la divisa, i bei ragazzi che avrei conosciuto, l’impegno con cui avrei dovuto affrontare gli studi per tenere alto “l’onore” della famiglia. Mio padre sottolineava quest’ultimo aspetto, ma nessuno pensava a me. Ridevo amaramente all’idea che sarei stata scaricata in una scuola per rimanerci così a lungo che forse avrei dimenticato i fantastici periodi di nullafacenza a casa. Che cosa dovevo dire? Buona fortuna. Nessuno me l’aveva detto, quando mi mandarono alla Shinsengumi High school, il top del top dell’istruzione. Stare alla larga da zie benestanti e generose, mi promisi, quando quella mattina scesi dall’auto dei miei genitori. Era già bianca, ma se avesse avuto un cuore, sarebbe impallidita di fronte alle limousine di tutti i riccastri che frequentavano quella scuola. Erano tutti altezzosi, rigidi e impettiti, con le labbra serrate in una smorfia, come se avessero la puzza sotto il naso. Guardai a terra.
“Vi odio ancora prima di conoscervi” farfugliai, chiudendo rumorosamente la portiera di quell’auto sgangherata. I miei mi salutarono, senza troppe storie. Avevano dovuto pagare un bel po’ per sbarazzarsi in modo legale della loro figlia. Mi guardai attorno. Quasi tutti avevano l’aria di conoscersi e non sembravano sacchi di patate nelle loro divise scolastiche di un sobrio nero. Sul colletto, che fossero divise femminili o maschili,avevano un ricamo dorato, che rappresentava la lealtà, il simbolo della Shinsengumi. Con le mani cercai di abbassarmi la gonna. Mi sembrava troppo corta e troppo femminile per me che ero un ragazzo mancato. Avevo con me il necessario per vivere, anzi per sopravvivere, come un lettore mp3, per isolarmi mentalmente dai discorsi inutili che non sarebbero mancati, lo sapevo. Mi guardai ancora intorno, quasi come se sperassi che quella folla in qualche modo si muovesse.
“ Secondo te cosa dirà il preside?”
“Mostrate il vostro spirito guerriero, quanto ci scommettiamo?”
“Quello è scontato”
Due ragazze parlottarono tra loro e io non colsi le altre parole. Cercai di non farmi notare, ma non fu difficile. Dopotutto erano tutti presi dalle proprie conversazioni. Chiare risate maschili presto giunsero alle mie orecchie.
“Stai scherzando, Chizuru-chan? Sta’ tranquilla, quest’anno faremo i bravi. Non devi preoccuparti per noi”
“ Detto da uno che saltella sul palco, non mi fiderei”.
“Almeno ho le ossa forti, a differenza di un certo nanetto qui”
“Chi hai chiamato nanetto?”
I due ragazzi parlavano ad alta voce, soprattutto quello che aveva pronunciato quelle ultime parole. Mi voltai di scatto, quasi come se avessero chiamato me.
“ Su, ragazzi. Ho capito che farete i bravi. Di voi mi fido”
La studentessa che l’aveva detto non attirava subito l’attenzione se non con la sua voce dolce . Aveva un aspetto quasi dimesso con i capelli castano scuro raccolti in una semplice coda, il viso acqua e sapone e grandi occhi color nocciola. Chizuru Yukimura: non avrei dimenticato facilmente quel nome e  cognome. In quel momento non sapevo nemmeno il suo cognome e in fondo non m'importava. Aveva solo la gran fortuna di essere ben inserita nell’ambiente scolastico e di sorridere spesso. Anche se non mostrava i denti, quando sorrideva, era un sorriso sincero. Per quanto mi riguardava, era già una gran fatica sollevare gli angoli della bocca in una specie di smorfia. Cosa dovevo dire? Dopo essermi voltata rapidamente, cercai di non incontrare lo sguardo di nessuno. Non dovevo preoccuparmi, mi ripetei, nessuno mi conosceva. Qualcosa iniziò a muoversi qualche minuto dopo. C’era il discorso del preside ad aspettarci. Mi limitai a seguire la massa di studenti ed ebbi già un primo modo per conoscere gli ambienti di quella scuola: ampi, con lunghissimi corridoi che parevano interminabili. A suo modo voleva essere accogliente. In ogni caso non avevo chiesto di andare a studiare lì. Quando arrivai all’aula magna, mi sedetti al primo posto che individuai, senza badare se qualcuno si sedeva accanto a me o meno. Non molto lontano, c’era Chizuru: stava sussurrando qualcosa ai due ragazzi di prima e loro ridevano di gusto. Stranamente mi sentii irritata, ma anche tesa. Vidi altri studenti occupare il posto e non molto lontano da Chizuru si sedettero una ragazza con i capelli rosa acceso, un'altra con i lunghi capelli arancione e fermagli a forma di fiocco di neve. Non vidi bene i loro volti. Un tipo paffuto, un’autentica montagna di lardo, si piazzò proprio accanto a me. Un suo enorme braccio mi costrinse a trattenere il respiro. Mi sentii quasi soffocare e non vidi chi altro si era seduto vicino a me. Non m'importava. Quando l’aula magna si riempì, il preside fece il suo ingresso, oserei dire trionfale, a giudicare dallo scroscio di applausi che udii prima ancora che  potesse parlare. Cosa dovrei riportare del suo discorso, esclusi i benvenuti calorosi che riservò agli studenti e gli altrettanto calorosi auguri per un buon anno scolastico?
“Mostrate il vostro spirito guerriero”: le studentesse che avevano scommesso su quella frase non sbagliarono. Il preside, un certo Isami Kondou, aveva davvero un’aria da guerriero, ma allo stesso tempo era rassicurante e sorrideva spesso, altro che quella specie di mummia della scuola che frequentavo prima! Mi augurai che in qualche modo fosse un buon segno. Presto il preside presentò anche il corpo docenti. Uno degli insegnanti più giovani era Hijikata Toshizou, che avrebbe insegnato storia. Era alto e aveva i capelli neri e uno sguardo che incuteva un po’ di timore reverenziale ( almeno secondo me). Lanciai una rapida occhiata intorno a me: anche con la visuale parzialmente ostacolata, riuscii rendermi conto di come Chizuru lo fissasse con adorazione. Non so perché, ma sorrisi. A insegnare letteratura ci sarebbe stato Chikage Kazama. Udii un bisbigliare confuso: si vociferava che fosse un demone, a giudicare dai voti spietatamente bassi che metteva. Deglutii rumorosamente: era una fortuna che non insegnasse matematica o biologia, materie in cui ero decisamente poco portata. A quelle ci avrebbe pensato Sannan Keisuke, con quella sua aria da scienziato ( portava, infatti, grandi occhiali tondi e sembrava studiare con il suo sguardo qualsiasi cosa davanti a sé). Sempre dalle voci ( non molto confortanti tra l’altro), era emerso che qualche anno prima aveva insegnato un certo dottor Stein quelle materie. Era un pazzo, dicevano, che amava gli esperimenti, ma soprattutto sezionare. Perché mi mettevo ad ascoltare ciò che altre persone, con cui nemmeno volevo parlare, borbottavano e farfugliavano? Mentre me lo domandavo, un ragazzo passò vicino al mio posto e con un gesto secco e uno sguardo truce da far paura ridusse tutti al silenzio. Capelli viola e un impenetrabile sguardo di ghiaccio, il volto che pareva scolpito nel marmo: emetteva un’aura oscura. Non mi azzardai nemmeno a fiatare. Un altro futuro professore che conobbi fu quello di educazione fisica, Shinpachi Nagakura, alto e muscoloso e con un gran sorriso sulle labbra. Promise che ci avrebbe fatto lavorare e che avremmo avuto dei muscoli come suoi ( sinceramente non ci tenevo). Non circolarono voci sugli altri insegnanti, semplicemente perché con la sua presenza il ragazzo dai capelli viola non le fece circolare. Scoprii che si chiamava Hajime Saito e che era il presidente del consiglio studentesco. Lo disse in un sussurro una ragazza a una sua amica che annuì appena, lanciandogli una rapida occhiata. Ad essere sincera, nella Shinsengumi High school c’erano diversi personaggi che incutevano un certo timore, ma le spiacevoli sorprese non erano ancora finite. Presto il preside riprese a parlare.
“ Quest’anno ci sarà anche una novità. So che non sarà gradita, ma è necessaria”.
Il professor Kazuma sorrise in modo sinistro e mi inquietò con quel suo sorriso appena abbozzato, eppure beffardo.
“ Così come il tempo delle spade e delle lance è finito, lo è anche quello del relax. È il momento…”
“Quest’anno ci sarà un test per valutare la vostra preparazione iniziale. Inutile dire che chi non raggiungerà il punteggio minimo, partirà con un bel po’ di debiti”lo interruppe il preside.
“Da saldare”.
Il professore Kazuma sorrise di nuovo. Avrei preferito non guardarlo ancora. Un senso di nausea mi travolse e sudai freddo. Sentii lo stomaco annodarsi.
“ Quando si dovrebbe fare questo test?” chiese un ragazzo.
Era un po’ la domanda di tutti. Il professore Hijikata e Sannan si guardarono con aria di intesa, ma fu il preside a rispondere.
“ Tra un paio d’ore”.

Per qualche secondo pensai che il cuore si stesse per fermare. Mi si stava davvero rivoltando lo stomaco. Ancora una volta il mio destino di studentessa stava per essere deciso da crocette. Avevamo il tempo di affliggerci, disperarci, bestemmiare, e io ne ebbi per pensare che quella scuola non mi stava piacendo per niente, anzi la stavo già odiando. Forse avevo modo di farmi espellere. No, che cosa stavo pensando? Mi sarei dovuta “accontentare” di debiti, e di consumare il mio cervello su libri che non avrei compreso. Era quello il mio destino, tra crocette e pazzia. Quanto lo odiavo…. 

ANGOLO DELL'AUTRICE : questa è la mia prima vera e propria fanfiction :) Amo molto l'anime Hakuouki, ma ho voluto inserire i personaggi in un contesto diverso. Spero con tutto il cuore che vi piaccia ^_^ Prometto di lavorarci su e di finirla ( speriamo) sostenetemi ;)

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Capitolo 2
*** Addio pacchia: le crocette chiamano ***


Avevamo quasi due ore a disposizione prima dell’inizio del test. Nessuno aveva la più pallida idea delle materie oggetto della prova, ma tutti conoscevamo il punteggio minimo per garantirsi un tranquillo inizio di anno scolastico: 35 su 80 punti. Ero tesa, come la corda di un violino e anche quando uscii dall’aula magna, la tensione non mi abbandonò. 
“Su, Misaki” pensavo “ Ci deve pur essere qualcuno che farà più schifo di te a questa prova”.
Erano deboli scuse, lo sapevo. Serviva solo ad alleviare l’ansia che mi stritolava nella sua morsa. Molti studenti attesero l’inizio della prova nell’immenso parco della scuola. Tutto quel verde avrebbe fatto perdere la testa a qualsiasi amante della natura. Forse era quello l’unico motivo per cui avrei potuto sopportare per un po’ la Shinsengumi High school senza dare di matto. Gruppi di ragazzi e ragazze chiacchieravano fitto fitto, cercando di sdrammatizzare sulla prova imminente. Rimasi in un angolo, sedendomi su una panchina ad ascoltare qualche canzone dal mio mp3. Il fatto che amassi ascoltare musica rock e metal sarebbe stato sufficiente ad allontanare una buona percentuale di persone da me, come se fossi una lebbrosa. Avrebbero preferito canzoni idiote, senza senso e senza un vero e proprio testo, adatte solo per ballare e perdere la testa a ritmo di musica. Mi lasciai trasportare dalle note, senza pensare al test, ai miei timori per il futuro e al rancore che riservavo al passato. Amavo più delle voci dei miei cantanti preferiti il suono delle chitarre e ad ogni assolo sembravo distendermi. Era come se il mondo attorno a me non esistesse, ma per un attimo abbassai il volume. Vidi di nuovo Chizuru che rideva e parlava allegramente con i due ragazzi che avevo visto prima. 
“  Ti prego, Chizuru-chan, ho bisogno davvero di aiuto. Quest’anno sarà una tragedia per me e non voglio partire con i debiti”.
Era stato il “ nanetto” a supplicarla, facendole gli occhi dolci e giungendo le mani come in preghiera. 
“Aiutalo, altrimenti non la smetterà più”.
L’altro ragazzo sorrise nel pronunciare quelle parole. Fui costretta a confessare a me stessa che in fondo mia madre aveva ragione: nella Shinsengumi High school non mancavano ragazzi carini. Lui ( cercai invano di distogliere lo sguardo) apparteneva decisamente a quella categoria. Aveva dei lineamenti perfetti e degli intensi occhi verdi. Mi morsi le labbra e tentai di non guardarlo. Il “nanetto” sghignazzò.
“Ci mancherebbe altro” disse “ Tu sei messo bene, Souji, ed è ovvio insistere così tanto con Chizuru. Sei la mia salvezza, Chizuru-chan. Sei brava in storia, in biologia, in letteratura, in matematica, in…”
“Ora stai facendo un elenco di tutte le materie” commentò il ragazzo che scoprii chiamarsi Souji.
Vedere quel gruppetto di tre amici parlare del più e del meno, ridere e scherzare mi provocò un’inspiegabile fitta. Mi allontanai in gran fretta da loro, camminando a grandi passi nel parco della scuola. Il sole che filtrava tra le chiome degli alberi, le panchine, il cielo di un azzurro che avrebbe fatto impallidire i miei occhi: cercai una momentanea quiete nella natura, ma non ero l’unica. Un’altra ragazza, anche lei estraniandosi dalla realtà come me, si era appoggiata contro il tronco di un albero. Stava osservando tutti gli studenti di passaggio e scarabocchiando qualcosa su un blocco da disegno. Ero davvero curiosa di scoprire di cosa si trattasse, ma alla fine cambiai idea e mi limitai a lanciarle una rapida occhiata. Ciò che saltava all’occhio erano i suoi capelli, biondi e riccissimi che le coprivano il volto. Per un attimo desiderai anch’io avere i capelli lunghi, poi ricordai una delle follie più grandi della mia vita, essermeli tagliati, come per rompere con la mia vita precedente. Trascorsi le due ore che precedevano il test girando come un fantasma per il parco,  con un senso di solitudine. Ogni tanto incontravo gli sguardi truci di Saito, che sorvegliava gli altri studenti con i suoi occhi da falco. L’altra ragazza restò a lungo per i fatti suoi a disegnare. Mi chiesi come facesse ad essere così tranquilla con il test alle porte. Presto giunse l’ora. Per essere precisi, era un quarto d’ora prima del vero inizio della prova, ma bisognava smistare le diverse pecore ( mi correggo, studenti) nelle aule, procedere con l’appello, sorteggiare il numero del posto e chissà quale altra diavoleria per accrescere l’agitazione. Non mancò nulla di tutto questo, a dirla tutta, ma ogni singolo studente avrebbe dovuto sorteggiare l’aula in cui avrebbe dovuto affrontare il test e il numero del posto.
“ Che sfiga! Che male ho fatto?”
“Mi dispiace, Heisuke-kun. Siamo nella stessa aula, ma non serve a molto”.
“Rendiamoci conto: io starò avanti. Avanti! Sotto gli occhi dei prof, a disperarmi”.
Il nanetto era davvero disperato, considerai tra me e lo ero anch’io, tuttavia cercai di non lasciare trapelare alcuna emozione. Avevo comunque i nervi a fior di pelle. Su un grande tavolo ( mi sembrava davvero un tavolo da banchetto) c’erano diverse scatole con tutti i numeri per gli studenti. Non ci sarebbe stata distinzione di anno e la cosa mi diede i brividi. Mi domandai che figuraccia avrei fatto. Ogni cosa era controllata dagli occhi glaciali di Saito. Il suo volto sembrava privo di espressione, mentre gli studenti si radunavano, parlando fitto fitto tra loro, chiedendosi quale sarebbe stato il loro destino. I professori cercarono in qualche modo di organizzare le file ( ognuna era formata da circa trenta persone). Davanti a me c’era Saito e per un attimo avvertii dei brividi. Estrassi con esitazione il numero dell’aula in cui avrei svolto la prova. Era il 7: si trattava di  uno dei miei preferiti. Poteva essere un buon segno? Me lo augurai con tutto il cuore. Cercai con gli occhi qualcuno che avesse il mio stesso numero. Il mio posto non doveva essere uno dei primi. Il mio sguardo guizzò disperatamente da una parte all’altra, mentre mi sentivo sempre più agitata. 
“L’aula 7 è la terza a destra”.
Mi voltai rapidamente per poi rendermi conto che era stato Saito a parlare. Il suo sguardo glaciale mi fece nuovamente rabbrividire. Era come se potesse polverizzare qualunque cosa con quegli occhi.
“Perfetto, grazie” dissi rapidamente, mangiandomi le parole.
Cercai di non correre, nonostante sentissi lo stomaco annodato in una morsa d’angoscia. 
” Terza a destra” mi ripetei mentalmente, come se temessi di dimenticarlo.
Per un istante incrociai lo sguardo della ragazza che avevo visto disegnare. Credetti di essermi immaginata il sorriso che affiorò sulle sue labbra. Feci un respiro profondo quando mi avviai verso l’aula 7, con l’espressione di un condannato a morte. Lanciai una rapida occhiata intorno a me.  Anche Chizuru avrebbe affrontato il test nella mia stessa aula e lo stesso valeva per Heisuke. Di Souji, invece, non c’era traccia. Saito controllò attentamente tutti gli studenti, come se fossero dei potenziali criminali. Secondo me sarebbe potuto diventare persino più severo di un professore. Per un attimo me lo vidi con un paio di occhiali a spiegare un qualsiasi argomento con un tono che non lasciava trapelare alcuna emozione. Mi trattenni a stento dal ridere e non sapevo nemmeno perché. Non riuscii a pensare ad altro. Un ragazzo corse come una furia in corridoio e mi spinse. Si affrettò subito a chiedere scusa, senza nemmeno guardarmi in faccia. Avrei voluto dirgli qualcosa, ma mi bloccai. Iniziò a parlare con Chizuru ed Heisuke.
“Dannazione, non so nemmeno dove ho la testa oggi”.
“Harada-san, va tutto bene. Non sei in ritardo”.
Ancora una volta fu Chizuru a parlare. Presto avrei scoperto che le parole che pronunciava più spesso erano “ sì”, “ va bene”, “d’accordo”. Era con quelle che riusciva a incantare la gente e a far colpo su chiunque, persino sui ragazzi.
E c’era quel sorriso, appena abbozzato… evitai di guardarla e mi soffermai sulla porta. 
Non avrei mai voluto che si aprisse. Avrei voluto dire: “Non aprite quella porta. Chissà cosa ne potrebbe uscire, forse il male, come il vaso di Pandora”.
La prima cosa che io e altri studenti vedemmo fu l’espressione compiaciuta sul volto del professore Kazuma.
 
 
 
Angolo dell'autrice: la mia cara Misaki ( finalmente è comparso il nome della protagonista) si trova davanti al temibile professore Kazuma . Che cosa succederà? Prometto di aggiornare il prima possibile ;) Anche Saito fa paura XD 

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Capitolo 3
*** lo "spasso" dell'Inferno ***


Il professore Kazuma era un demone? Non lo sapevo, ma se fosse stato vero, il test sarebbe stato un inferno. Sfortunatamente non era falso. Il mio posto si trovava abbastanza lontano dai suoi occhi, o così pensavo. Fece l’appello, soffermandosi con lentezza straziante sui nomi e dei cognomi di noi poveri studenti. Secondo me si divertiva un sacco a torturarci in questo modo, come se non avessimo abbastanza motivi per preoccuparci. Solo a Saito sembrava non importare affatto. Aveva le braccia incrociate al petto e squadrava le espressioni degli altri. Per lui il test doveva essere una parte come un’altra della vita scolastica, nulla di più. Ero sicurissima che avrebbe ottenuto un punteggio alto.
“Chizuru Yukimura”.
La diretta interessata si guardò smarrita e si mosse a piccoli passi in quell’aula che sembrava immensa. La distanza tra un banco e l’altro mi pareva anni luce. Copiare qualcosa da qualcuno sarebbe stato difficile. Comunque il professore non ci chiamò in ordine alfabetico, infatti io, Misaki Tachibana, fui chiamata per ultima. Sfortunatamente Chizuru era abbastanza vicina a me e lo era anche Saito, che stava seduto proprio davanti a me. Ero sicurissima che non mi avrebbe aiutato in alcun modo. Mi sentii sprofondare. Heisuke borbottò qualcosa di incomprensibile. Gli occhi del professore Kazuma erano puntati su di lui. Anche il ragazzo che prima mi aveva spinto, Sanosuke Harada, non era molto lontano da lui. Sembrava compiere uno sforzo immenso nello stare fermo sul banco. Nulla era più fastidioso della voce del professore Kazuma, che sembrava compiaciuto della felice idea avuta dal corpo docenti quest’anno (quella di farci affrontare quel test infernale). Il cuore batteva a folle velocità nel petto: a momenti temevo che mi schizzasse fuori per tutta l’ansia che mi mise addosso. Mi torsi le mani, controllando l’orologio, mentre lui consegnava ( ovviamente sempre con quel sorrisetto compiaciuto) i test e la penna con cui avremmo dovuto svolgerlo. Avremmo avuto un paio di ore per risolvere tutti quei quesiti. 80  mostri da abbattere, mi ripetei, impugnando la penna come se fosse una katana, come se potessi davvero combinare qualcosa di buono.
“C’è una cosa che mi auguro con tutto il cuore” disse il professore Kazuma con un tono che mi fece venire i brividi.
Tutti ci raddrizzammo sulle sedie, vigili e attenti.
“ Me lo auguro soprattutto per i nuovi arrivati” aggiunse “ Che la vostra preparazione sia adeguata”.
Il suo sguardo si soffermò su di me e su pochi altri e questo non fece altro che aumentare la disperazione. Come ogni disperazione pre compito che si rispetti, la mia mente era già annebbiata dalla tensione ancora prima di iniziare. Trascorsero altri secondi di silenzio tombale, prima che lui ci desse il via per iniziare il test. Bastò leggere le prime domande per  disperarmi per davvero: date di eventi storici, calcoli complicati per completare reazioni chimiche di ogni genere, per non parlare dei meravigliosi quesiti che di logica avevano solo il nome. Le mani mi tremarono e il tempo sembrò scivolare via. Riuscii a rispondere a malapena a 10 domande nella prima mezz’ora. Il panico cresceva e per un attimo i miei occhi si soffermarono su un ragazzo che cercava di copiare qualcosa da Saito. Invano. L’occhiataccia che gli lanciò fu tale da farlo desistere. Il povero Heisuke si teneva la testa tra le mani. Secondo me stava pregando mentalmente non so chi di superare in qualche modo quella prova. Forse nulla di meno che Santo Itachi, martire da Konoha, anche se non era esattamente il patrono degli studenti. Non importava: bastava rivolgersi a qualcuno, non importava che si trovasse in aula o meno. Presto il professore Kazuma passò tra i banchi con quello sguardo demoniaco da fare paura: anche gli occhi si avvicinavano a un’inquietante sfumatura cremisi. Definirlo una specie di demone non era poi così sbagliato.
“Concentrati, Misaki. Qui c’è in ballo il tuo futuro di studentessa e guardi cosa combinano gli altri? Stupida!”
Cercai di mantenere gli occhi incollati su quelle maledette fotocopie. Per alcune risposte mi affidai semplicemente alla sorte, per altre non ero sicura. Erano proprio poche quelle che ero convinto di aver indovinato. Il foglio sembrava un campo di battaglia irto di croci e di no. Per alcune domande cambiai risposta un paio di volte. Il professore Kazuma ci osservava divertito. Secondo me sguazzava allegramente nella nostra disperazione. Le due ore trascorsero fin troppo rapidamente, e il tempo mi scivolò addosso, trascinandosi tutta la mia ansia. Quando la voce del professore Kazuma (oltre l’orologio) sentenziarono la fine della prova, tutti lasciarono le penne sul banco e lui passò a ritirare tutti i test, compreso il mio abominevole disastro. Bene o male che fosse andata, non sarei potuta tornare indietro. Avrei proprio voluto vedere come tenere alto “ l’onore” della famiglia, come diceva mio padre! Fui felice di uscire da quell’aula. Mi sembrò di poter riprendere a respirare. Heisuke si guardò intorno e si allontanò lungo il corridoio, parlando con Chizuru.
“Orribile! È stata la cosa peggiore che potesse capitarmi. Non ha fatto altro che guardarmi. Cosa potevo copiare? Da chi?”
Fu proprio il ragazzo a dire quelle parole, mentre Chizuru rideva sommessamente. Di cosa diavolo rideva? Non solo il suo amico aveva sofferto le pene dell’Inferno, ma si prendeva pure gioco di lui. Per quello che mi riguardava, poteva anche essere la prima della classe, ma in termini di amica non avrebbe mai ottenuto il punteggio massimo. Presto lasciai perdere pensieri del genere. Saito fu l’ultimo a uscire dall’aula.
“Questa sera alle ore 19 verranno resi noti i risultati del test, graduatoria compresa”.
Bastò quella frase per zittire tutti gli studenti che, come me, si erano cimentati in quella prova. Non ci aspettavamo di sapere subito quanto sarebbero stati bassi i nostri punteggi. Uscii dall’aula con abbastanza motivi per deprimermi e nessuno per sorridere. Sicuramente molti avrebbero riso di un punteggio orribile come quello che ero sicura di aver realizzato. L’unica consolazione è che tutti avrebbero il pomeriggio libero. Niente lezioni, niente club, solo quiete ( per quanto fosse possibile).          Avrei trascorso volentieri un’intera giornata al parco. I miei mi avevano detto che da qualche parte c’era un laghetto artificiale  e volevo restare un po’ per i fatti miei, se possibile. Cercai di non guardare altri studenti: non volevo nemmeno immaginare i loro visi. Percorsi a grandi passi il parco, come se avessi fretta. In fondo volevo trovare subito il laghetto e perdermi nei riflessi dell’acqua che, lo sapevo, mi avrebbero ispirato in qualche modo nello scrivere il testo di una canzone. Proprio nel momento in cui lo trovai, notai la ragazza che prima avevo visto disegnare. Lo stava facendo di nuovo: gli occhi sembravano guardare oltre, mentre parevano scorgere qualcosa che risultava invisibile ai miei. Pensai che, presa dai suoi disegni, non si sarebbe accorta di me. Che povera illusa che ero…
“Ehi, ciao”.
Pensai che stesse parlando con qualcun altro, ma non c’era nessuno che fosse abbastanza vicino a me. Non poteva di certo parlare da sola, pensai.
“Ciao” borbottai poco convinta.
Indietreggiai di un passo, temendo di averla disturbata.
“ Anche tu alla ricerca di un posto tranquillo…” commentò lei.
Ebbi l’impressione che un sorriso si disegnasse sulle sue labbra. Ero davvero alla ricerca della quiete, almeno per un po’. Forse mi era andata male: ancora non lo sapevo.
“Proprio così” dissi, senza nemmeno pensarci “Sono un’asociale del cavolo”.
Lei rise e io mi sentii imbarazzata per ciò che avevo detto con tanta sfacciataggine.
“Allora” mormorò lei, trattenendosi a stento dal ridere “ Come si chiama questa asociale del cavolo?”
“Misaki Tachibana”.
Pensai di aver detto qualcosa di strano. I suoi occhi brillarono e il sorriso sul suo viso si allargò ancora di più.
“Temo proprio che dovrai prepararti. Ti toccherà sopportarmi per un bel po’ e lo sai perché? sarò la tua nuova compagna di stanza”.

 

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Capitolo 4
*** Santo Itachi, aiutaci tu ***


Potevo aspettarmi di tutto, tranne trovare così presto la mia compagna di stanza. Si chiamava Hanabi Takigawa e non sembrava infastidita dalla mia presenza, cosa davvero strana, devo aggiungere. Aveva lasciato il suo blocco di disegni, ma lanciai una rapida occhiata: quello che mi trovai ad ammirare era una riproduzione praticamente perfetta del paesaggio circostante. Lei si accorse del mio sguardo e mi lanciò un’occhiata di intesa.
“ In realtà è solo uno schizzo” ammise, imbarazzata.
“Schizzo? Quello?!” esclamai stupefatta.
Lei annuì appena, altrettanto stupita dalla mia domanda.
“I paesaggi non sono il mio forte” confessò “ Preferisco i ritratti”.
Le lanciai una rapida occhiata. Aveva lasciato a terra un altro blocchetto per i disegni con la copertina nera.
“Stanno tutti lì?” chiesi, indicandolo “Posso vedere?”
Lei scattò, come se l’avesse morsa un ragno,afferrandolo rapidamente.
“Veramente non ho ancora disegnato niente qui” ridacchiò, ma mi parve imbarazzata. Non ne capii il motivo. Mi sentii anch’io impacciata, ma ero incuriosita dai suoi disegni. Mi resi conto di invidiarla: a malapena riuscivo a disegnare un paio di occhi che non fossero asimmetrici o strabici. Sospirai, sconsolata.
“Sono curiosa di vedere almeno altri disegni” farfugliai, con un tono quasi infantile.
“D’accordo” concesse lei, tirando un sospiro di sollievo.
Non ebbi idea del tempo che trascorse nel guardare i suoi disegni, però era certo che ne rimasi talmente incantata da dimenticare i miei guai, la mia irritazione per la situazione in cui mi avevano cacciato i miei e l’ansia per il test. Mi scordai di tutto questo, ma non dell’irritazione che tornò, sotto forma di una specie di pizzicore alla nuca.
“Okita-san, dove stai andando? I fan ti stanno aspettando e persino quelli del primo anno…”
Quella voce mi provocò quella spiacevole sensazione, seguita da un malessere all’altezza dello stomaco. Quel tipo bellissimo che mi aveva colpito dal primo istante sembrava voler dileguarsi e anche lui, come me e Hanabi, voleva isolarsi da tutto. Così credevo. Lei sembrava piuttosto irritata da quella situazione. Lanciò una rapida occhiata al ragazzo. Lo stupendo ragazzo che mi aveva fatto pensare che mia madre avesse ragione sull’avvenenza della componente maschile della Shinsengumi high school.
“Okita-san, ti prego. Tre ragazze vogliono il tuo autografo e stanno insistendo. Non posso farle aspettare così tanto”.
Mi colpì lo sguardo del ragazzo e i suoi occhi verdi che  si fecero improvvisamente seri quando guardò Chizuru.
“C’è tempo per gli autografi. Ho bisogno di un po’ di tranquillità”.
“Veramente ne avremmo bisogno di più noi. Come pesa la popolarità..”
Hanabi borbottò quelle parole. Solo io riuscii a sentirla e ringraziai mentalmente che fosse così. Si alzò di scatto e prese i suoi blocchetti per i disegni, allontanandosi di fretta.
“Non lo sopporto. Ora quanto scommettiamo che seguirà Chizuru? Mi ci gioco tutto quello che ho”.
Mi guardò, con un’espressione che tradì la sua irritazione. Sfortunatamente non sbagliò. Dopo le iniziali proteste, seppur riluttante, il ragazzo la seguì.
“Lo zerbino ha fatto il suo dovere”commentò.
La guardai perplessa, senza pronunciare una parola. Una smorfia affiorò sul viso di Hanabi quando parlò.
“Sai chi è peggio di Chizuru? Chiunque le dica di sì e si comporta come un cagnolino”.
Borbottò quelle parole tra i denti, gettando un’ultima occhiata ai due ragazzi che si allontanavano. Non osai fiatare.
“Quel Souji poi” aggiunse lei “ è il peggiore di tutti. Uno stupido esibizionista che mette in ombra chi davvero merita di essere considerato”.
Avrei voluto dire qualcosa, ma non sapevo nemmeno cosa rispondere. Non conoscevo né lei né Okita, così dopo qualche esitazione, pensai di iniziare un nuovo discorso.
“Quali club hai intenzione di frequentare quest’anno?”
“Non saprei davvero da dove iniziare” ridacchiò lei “ Ma quello di recitazione e quello di arte sono sicuri, però avrei anche un sogno proibito…”
Mi guardò, lanciandomi un’occhiata che voleva dire tante cose. Ero davvero curiosa di saperlo.
“Giocare a basket. Qui è davvero un sogno proibito, soprattutto per colpa del capitano” rise amaramente “Un tipo strano, che odia le ragazze e si porta sempre un quaderno nero. Non riesco nemmeno a immaginare cosa diavolo ci scriva sopra”.
Sospirò profondamente. Doveva davvero amare molto giocare a basket, a giudicare dalla sua espressione amareggiata.
“Ormai ci ho fatto l’abitudine. Da due anni la stessa storia con quel capitano: niente ragazze”.
“ Immagino il tipo” borbottai.
“Light Yagami fa sembrare un angelo un qualsiasi dittatore”.
Il commento di Hanabi mi fece sorridere. Il tempo trascorse davvero in fretta in sua compagnia. Mi fece prendere un po’ confidenza con gli ambienti della Shinsengumi High school, ma mi pareva che nemmeno lei si trovasse a suo agio con la gente.
Mi sentii avvolta come da una bolla di felicità, che non tardò a scoppiare, quando vidi che mancava praticamente mezz’ora prima che conoscessi i risultati del mio disastroso test.
“Solo santo Itachi può aiutarmi” confessai con un’alzata di spalle “ Il mio test è stato una schifezza”.
Le mie parole furono seguite dalla fragorosa risata di Hanabi. Mi sentii stranamente a disagio.
“Allora dovresti vedere il mio” disse, lanciandomi un’occhiata eloquente “ Dicono tutti così quelli che vanno bene”.
“Ma…”
“Ci scommetto tutto quello che vuoi. Il tuo punteggio sarà superiore a 35 punti”.
Non ne ero convinta, ma non pronunciai parola. Tra meno di un’ora sarebbe stato deciso il mio destino di studentessa, a dispetto dell’orgoglio di famiglia, che voleva vedermi come un modello esemplare. Di cosa? Di comicità forse?
“Dimmi un po’: che prima impressione ti sei fatta di questa scuola?”
La domanda di Hanabi mi colse impreparata. Alzai le spalle, disorientata, con una smorfia.
“Non saprei dire… sono stata costretta dai miei a stare qui”.
Non volevo raccontare il mio anno trascorso nella precedente scuola. Una specie di innominabile Inferno in Terra.
“ Penso che ti troverai bene, se eviterai le persone giuste” commentò lei.
Una di quelle doveva essere Light Yagami, pensai, ma la cosa in fondo non mi riguardava, visto che non avrei mai giocato a basket. Ero una frana in qualsiasi sport ed era una fortuna quando non mi facevo male in qualche modo. Avevo il cuore in gola, come se fossi pronta a un’esecuzione. Ad Hanabi non importava. Così credevo: in realtà non potevo nemmeno immaginare quanto fosse rassegnata ai suoi soliti risultati. I punteggi dei test presto si fecero vedere, in tutta la loro “bellezza”, un immenso foglio appeso, ironia della sorte, non molto lontano dall’aula in cui io avevo affrontato la prova. Avevo davvero il cuore in gola. Ansia? La mia era pura e semplice angoscia. Il mio nome, il mio cognome e il mio punteggio sarebbero rimasti in bella vista, come quelli degli altri. Non mi stupii affatto del punteggio di Chizuru: un 75 che era molto alto considerando la classifica. Il suo punteggio impallidiva in confronto a quello di Saito: 89. era al primo posto, ma a lui sembrava non bastare. Come al solito l’espressione sul suo volto era indecifrabile, ma pareva un po’ compiaciuto di essere comunque il primo, per dare un esempio a tutti gli altri studenti della Shinsengumi high school. I miei occhi si abbassarono di molti posti prima di arrivare al mio nome e al mio cognome: 37 punti. Avevo raggiunto un punteggio sufficiente per non avere debiti. Il mio cuore si alleggerì di quello che era stato un peso insopportabile.
“Che fortuna”.
Quelle parole mi sfuggirono. Avrei voluto tacere. Secondo me Hanabi rise per non piangere.
“Cosa c’è?” domandai, perplessa.
“Guarda un po’” mi sussurrò all’orecchio “ Il mio punteggio. C’è qualcun altro che l’ha preso”.
Cercai un punteggio che si aggirasse intorno al 30, ma Hanabi con lo sguardo mi spinse a guardare in basso, molto più in basso, fino all’ultimo ( o forse penultimo?) posto. Due punti. Non riuscivo a crederci, ma lei non disperava. Anche Todou Heisuke… stesso, identico punteggio, nemmeno mezzo punto di differenza.
“Il nanet..”
“Come l’hai chiamato?”
Mi lanciò un’occhiataccia che, ero sicura, mi fece  impallidire.
“Heisuke” farfugliai con voce strozzata.
Tirai un sospiro di sollievo: la prima cosa che imparai a scuola fu di non chiamare “nanetto” Heisuke per nessuna ragione al mondo, per la mia incolumità.
Ero curiosa di conoscere i punteggi di quei pochi ragazzi che conoscevo di vista, ma non mi soffermai a guardarli: assurdo, ma vero ( dopotutto i punteggi erano in bella vista), mi sembrava di violare la loro privacy. Cercai di scacciare idee così assurde e mi allontanai con Hanabi.
“Ci sono cose in cui nemmeno santo Itachi può intervenire” ridacchiò.
Alzai le spalle, senza sapere cosa dire. Dopo aver visto il mio risultato, ero davvero sollevata, ma cercai di non farlo vedere. Avrei voluto dire a papà che avevo tenuto alto “ l’onore della famiglia”, o almeno a livelli accettabili….


ANGOLO DELL'AUTRICE: Rieccomi qui ^^ Dopo i risultati del test, inizierà la vera vita alla Shinsengumi High school... continuate a seguirmi ;) 

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Capitolo 5
*** Odore di novità ***


CAPITOLO 5C
ODORE DI NOVITA’
 
Stavo per scoppiare a ridere davanti al temibile professore Kazuma. Cercai di trattenermi, mentre la saliva mi andava di traverso, provocando colpi di tosse che cercai di frenare. Era il vero e proprio primo giorno di scuola alla Shinsengumi High school ed era iniziato nel migliore dei modi, visto che io e Hanabi avevamo letteratura allo stesso orario, quindi era inevitabile ( e in questo mi ritenevo fortunata) che fossimo compagne di banco. Avevamo trascorso la sera prima a parlare e ci eravamo addormentate davvero tardi. Mi aveva mostrato una foto del famigerato Light Yagami che aveva sul cellulare, ma quella mattina, anche se di passaggio, lo vidi persino girare per i corridoi con un’espressione tutt’altro che rassicurante.
“Colui che fa sembrare un angelo qualsiasi dittatore: Light Fuhrer Yagami”.
Era questa la didascalia sotto la caricatura di Light che Hanabi aveva realizzato. Il diciottenne dalla faccia da schiaffi aveva un gran paio di baffi neri e un’espressione ridicola. Feci un respiro profondo nel tentativo di calmarmi. Hanabi mi sorrise, lanciandomi un’occhiata di intesa. Proprio in quel momento il professore Kazuma alzò appena la voce. Mancò poco che sobbalzassimo.
“ Mai in tanti anni di lavoro, ho visto uno simile scempio in una scuola. I debitori devono saldare i loro debiti, soprattutto chi ha totalizzato due punti al test”.
Dopo le parole del professore, ero sicura, Hanabi avrebbe desiderato nascondersi da quegli occhi spietati. Presto non lo avremmo chiamato in altro modo all’infuori di “ demone”. Dopo il test sembrava che avesse perso un po’ l’espressione divertita che aveva all’inizio. La sua ora trascorse con una lentezza straziante. Probabilmente era una sua tecnica segreta, il famigerato “ effetto Kazuma” che arrivava persino a fermare il tempo. Io lo sperimentai per la prima volta: non potevo nemmeno permettermi di lasciarmi andare, altrimenti se ne sarebbe accorto. Impallidii al pensiero. Intravidi solo una frase che mi scrisse Hanabi su un quaderno. Probabilmente dopo saremo così “fortunate” da incontrare Chizuru.
Devo ammettere che la “fortuna” non ci mancò affatto durante l’ora di chimica. Già da subito il professore Sannan prese il meraviglioso foglio con le domande di chimica e biologia del test. Quale gradevole presenza poteva allietarci la giornata se non Chizuru? Hanabi la sopportava ancora di meno di me, glielo leggevo dallo sguardo. Come al solito con la sua aria da brava ragazza, come al solito così carina e gentile. Per un solo istante ( pazza a pensarlo) credetti di essere solo invidiosa di lei. L’unica buona notizia era che non era lei la studentessa più brillante in chimica. Mi trovai a sorridere nel rendermi conto che il nostro orario di lezione coincideva con lo studente che aveva realizzato il punteggio più alto in chimica e biologia. Se non ricordo male, non aveva sbagliato nemmeno una risposta in quelle materie, poi il resto aveva lasciato a desiderare, secondo quanto dicevano. Si chiamava Edward Elric e aveva un aspetto inconfondibile con i capelli dorati che teneva legati in una treccia e gli occhi dello stesso colore.
Inaugurò l’anno scolastico davvero bene quando il professore gli chiese gli elementi che componevano il corpo umano.
“ 35 litri d'acqua, 20 chili di carbonio, 4 litri di ammoniaca, 1 chilo e mezzo di calce, 800 grammi di fosforo, 250 grammi di sale, 100 grammi di salnitro, 80 grammi di zolfo, 7,5 grammi di fluoro, 5 grammi di ferro, 3 grammi di silicio, più altri 15 elementi in minima quantità”.
Tutti lo fissammo allibiti, come se fosse un alieno, con gli occhi sbarrati.
“Sembra quasi che voglia creare un corpo umano” mi sussurrò Hanabi all’orecchio.
“O che voglia farci esplodere” aggiunsi, fingendomi impaurita.
. “Penso che diventerò una grande amica di Elric. Potrebbe sapere come far esplodere Chizuru”.
Abbozzò un rapido schizzo dell’esplosione e sorrisi. Non sarebbe stata una pessima idea. Un’altra cosa che mi colpì in quel primo giorno di scuola fu l’ora di educazione fisica. Corsi come non avevo mai fatto in vita mia. Hanabi, invece, sembrava fin troppo abituata, mentre io affannosamente cercavo di non farmi superare troppo.
“Perdonami, Hanabi, ma sono un animale da divano”.
Farfugliai le ultime parole con voce strozzata. Odiavo educazione fisica, non sopportavo la fatica e il sudore. Preferivo stare seduta in tutta tranquillità, a leggere o suonare la chitarra.
“Credo che quest’anno la musica cambierà” ridacchiò lei “ Forza, Misaki”.
Con quel sorriso incoraggiante, mi costrinsi a correre  ancora più velocemente. Alla fine di quell’ora ( non voglio nemmeno ricordare gli altri esercizi, più simili a torture) ero madida di sudore, farfugliavo parolacce e avevo un mal di testa atroce. Il peggio poteva essere passato? Certo che no! Quel giorno avrei anche dovuto decidere quali club frequentare e la scelta era davvero vasta, fin troppo. Avrei escluso a priori qualsiasi cosa che avesse a che fare con lo sport, basket compreso. Purtroppo per Hanabi, non avrebbe ancora giocato, per colpa del famigerato Light Fuhrer Yagami. Come se ciò non bastasse, anche Heisuke giocava in squadra. Forse mi immaginai gli occhi che le luccicavano mentre ne parlava. Mentre lei spiegava i vari ruoli dei giocatori e delle azioni di gioco, impallidii e la guardai con occhi vitrei, non molto diversi da quella di una bambola. La tecnica del sorridi e annuisci era davvero inutile e patetica in quella circostanza. Per fortuna presto il discorso si spostò ad altro. Un altro club che Hanabi voleva frequentare era quello di arte. Avrei scommesso tutto che lì si sarebbe trovata alla grande, mentre io avrei dovuto iniziare praticamente da zero. Lei diede voce a un pensiero che si affacciò nella mia mente e questo mi inquietò.
“Perché non frequentiamo insieme il club di arte? Anche se dici di non essere portata per il disegno, puoi sempre provarci”
“Ti avverto” replicai “ Il massimo che riuscirò a fare sarà qualche omino stilizzato della scuola elementare e qualche macchia di colore. Non pretendere …”
“Allora iscriviamoci!” esclamò allegramente lei “ Non hai idea di quanto sia divertente…”
”Se lo dici tu” farfugliai.
Non erano molti gli iscritti al club di arte. Oltre a me e Hanabi ci sarebbero state altre 5 persone. Davvero una miseria: pensai che tutti fossero davvero bravi nel disegno. Adesso che ci penso, mi preoccupavo davvero per delle sciocchezze. Io e Hanabi firmammo in tutta fretta il modulo di iscrizione. Il professore lo prese, ma non ci fu alcun cambiamento nella sua espressione . A dire il vero, anche i suoi movimenti erano troppo strani. Sembrava davvero rigido e un ragazzo dai capelli rossi passò davanti a me e a Hanabi.
“Quello è Sasori” mi spiegò lei.
Sembrava tutto concentrato e  non ci diede nemmeno retta.
“Sasori, mi stai almeno ascoltando? Ti dimostrerò che ho ragione!”
Il ragazzo che pronunciò quelle parole gli si avvicinò fissandolo.
”L’arte è esplosione, mettitelo bene in testa” proseguì.
“Ancora con queste sciocchezze, Deidara… la mia è vera arte, altrimenti il club rimarrebbe un sogno”.
Il diretto interessato strinse le labbra in una smorfia con un’espressione corrucciata. Guardai Hanabi, come alla ricerca di risposte che tuttavia non trovai. Poco dopo, sorpresa delle sorprese, bastò un attimo per voltarmi e notare con crescente stupore un altro studente che avrebbe frequentato il club dell’arte: nulla di meno che Edward Elric.


  Note di quella pazza dell'autrice : vi è piaciuta la sopresina? Mi riferisco alla presenza di Deidara e Sasori ;) Non potevano mancare al club di arte.... vi garantisco che questo club nasconde segreti che scoprirete presto ;)Bacioni a chi mi segue.

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Capitolo 6
*** Testa di legno ***


Il professore non disse  nulla. Sasori gli portò il giornale, mentre noi entrammo nell’aula dedicata al club. Era davvero grande, considerato che eravamo soltanto 7 persone ed era troppo il materiale in proporzione alle nostre esigenze.
“Io continuerò a ripeterlo “ affermò Deidara “ L’arte è esplosione”.
Sasori sbuffò.
“ Invece è qualcosa di eterno, altrimenti sarebbe inutile”.
“Così mi offendi!” sbottò lui.
Hanabi sorrise e mi sussurrò all’orecchio:  “ Ormai è all’ordine del giorno che quei due litighino sull’arte”.
Mi trovai ad annuire e non seppi dire se mi sentissi a disagio o meno. Il professore rimase a leggere il giornale e Sasori diventò la sua ombra.  Mi domandai cosa dovessimo fare, da dove dovessimo cominciare.
“Come al solito” ridacchiò Deidara “Si inizia”.
Tutti lo guardammo, forse solo io con un’espressione interrogativa ( anche Edward e l’altra ragazza).
“Dunque ci sono tutti” commentò seccamente Sasori “ La nuova arrivata Misaki Tachibana. Poi c’è anche Rukia Kuchiki. Mi pare che ti piaccia disegnare conigli o sbaglio?”
”Proprio così” borbottò la diretta interessata.
“ Poi c’è anche Edward Elric” proseguì il rosso “ Sbaglio o la tua materia preferita è chimica? Ti piace davvero il disegno?”
”Veramente è affascinante osservare come cambia la materia “ affermò lui .
“Quindi osi dire “ Sasori impallidì visibilmente “ Che l ‘arte non sia eterna?”
“Dopotutto si sa che nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. L’opera, così per come la si conosce, è destinata a cambiare”.
Sasori gli scoccò un’occhiataccia, però non riuscì a replicare. In realtà ero sicura che non ne avesse proprio voglia.
“Voglio vederti disegnare, Elric” disse poco dopo.
Il tono della voce mi fece accapponare la pelle. Il professore non disse nulla. Si limitò a muovere la testa avanti e indietro, quasi come se stesse annuendo. Immaginai che volesse metterlo alla prova. A quel punto  il diretto interessato impallidì.
Anche Rukia fece altrettanto: il suo viso sembrava una mozzarella, mentre le labbra erano strette in una smorfia.
“ Per ora niente tele o pennelli” disse Sasori con un tono neutro “ Deidara, piantala di buttarmi addosso  tutto quel gesso! Che cosa diavolo stai facendo?”
Il diretto interessato sghignazzò e nemmeno io potei fare a meno di ridere, mentre scarabocchiava a folle velocità qualcosa sulla lavagna. Sasori tossì rumorosamente. I capelli rossi erano in parte bianchi.
“ Come invecchiare in pochi secondi” commentò Deidara, scompigliandogli i capelli” Poi ritorni  giovane e poi….”
Cancellò il disegno dell’esplosione ( prevedibile da parte sua).
“Di nuovo vecchio”.
“Deidara, giuro che ti faccio ingoiare tutto quel gesso, e anche con gli interessi”.
“Provaci”.
Il biondo fece  una linguaccia e il rosso cercò di mantenere la calma. Ci provò con tutte le forze, ma una smorfia irritata affiorò comunque sul suo viso.
Il professore non disse e non fece nulla: si mosse appena per sistemarsi meglio sulla sedia, ma sembrava irritato quanto Sasori. Tamburellava nervosamente le dita sulla cattedra e i suoi occhi vagavano per l’aula, ma sembravano stranamente spaesati.
“ Qui non ci si smentisce mai, non è così?”
Hanabi si alzò per raggiungere Deidara e Sasori. Inutile dire che anche la sua divisa come quella dei due ragazzi si sporcò un po’ di gesso e che scoppiai a ridere. Nel frattempo Rukia impugnò la matita come se fosse un’arma e in men che non si dica riempì il foglio di disegni di conigli stilizzati che sembravano saltellare allegramente su quel campo bianco.
“Ho una raccomandazione da farvi” disse Sasori, facendosi serio “ Non sporcate troppo”.
“ E non fate esplodere nulla” aggiunse Deidara con un tono da professore severo, poco dopo smentito dalla sua risata.
“Questo è rivolto soprattutto a te” replicò il rosso “ Non dimenticherò mai quella lezione di chimica dell’anno scorso”.
“Dai, è stata molto esplosiva e ti ho permesso di rimandare l’interrogazione. Dovresti ringraziarmi, sai?”
”Sai…. Mi ricorda qualcuno, sai?”
“ Giuro che ti chiamerò Diddy se continuerai con queste battute squallide”.
” E io Sassy”.
Scoppiai a ridere: non ce la facevo davvero più.
“ Come i sassi che vi dovrei lanciare quando le mie orecchie sentono certo squallore”
Hanabi ridacchiò di gusto “ Su, Misaki. Non stare lì impalata come una mummia. Non abbiamo nemmeno visto la tua arte”.
Rimasi come impietrita e le mie mani si fecero di piombo. Arrossii.
“ La m-mia arte?” balbettai “ Non credo che sia cambiata molto dalla scuola elementare”.
Con un gesto fin troppo eloquente, Hanabi mi fece capire che non avrebbe voluto sentire scuse. Persino i conigli stilizzati di Rukia erano a un livello superiore rispetto alla mia produzione artistica.
Con un cenno Hanabi mi invitò ad alzarmi. Che stupida che ero! Le gambe tremavano incessantemente e mi sembravano pesanti come piombo. Mi avvicinai alla lavagna e cancellai un piccolo pezzo dell’esplosione di Deidara. I miei omini stilizzati, era evidentissimo, stavano suonando degli strumenti, anche se a stento si riusciva a identificare quali. Le chitarre e il basso sembravano sacchi di patate, la batteria una serie di casette e il microfono un gigantesco lecca lecca. Gli occhi di tutti erano puntati su di me. Non volevo volgere lo sguardo nella loro direzione.
“ Cosa sarebbe per te l’arte?” mi domandò Hanabi.
“  Questa è una specie di interrogazione?”chiesi spiazzata.
“Certo che no, ma i membri del club devono pur presentarsi in qualche modo”.
Mi fece l’occhiolino e sospirai.
“D’accordo”concessi “Potrà sembrare ridicolo, ma per me l’arte è compagnia. Parlo per me che di solito scrivo canzoni e non c’entra ma…insomma è un modo per non sentirsi soli”.
” Che tenera la mia compagna di stanza!” esclamò Hanabi quasi stupita dalle mie parole  “Questa ragazza nasconde un cuore dolce come caramello”.
Mi stritolò in un abbraccio che mi tolse il fiato. Le farfugliai di lasciarmi prima che mi strozzasse , ma poi rimasi in silenzio e per qualche secondo glielo lasciai fare. Gli altri applaudirono.
“ Non è che avete dimenticato qualcuno?”
Una voce si levò tra quegli applausi. Solo in quel momento mi ricordai che il club aveva un altro membro. Hanabi borbottò qualcosa e Deidara disse : “L’avevamo anche nominato, eppure ci siamo scordati di lui”.
“Vi ricordate almeno che mi chiamo Sai. Prima il team 7, poi voi. Dovrebbero chiamarmi uomo invisibile”.
Sorrise in un modo ( forse ero solo io a pensarlo?) inquietante e Hanabi mi lanciò un’occhiata eloquente.
“ Lui è fatto così, ma non arriverà ai livelli di Death the kid” mi spiegò a bassa voce “Era fissato con la simmetria.  Avrebbe scatenato la terza guerra mondiale per ogni imperfezione nei disegni  e visto che ce ne sono da vendere, ha dato di matto. Per questo l’anno scorso lasciò il club dopo due giorni. Dopo quattro lasciò la scuola… c’era troppa asimmetria”.
“ Una cosa è sicura” commentai in un sussurro “ Senza offesa, Hanabi, ma questo club è pieno di tipi strani”.
Anziché offendersi, lei si trovò a confermare quanto avevo affermato. Presto avrei compreso che gli studenti del club erano persino normali in confronto al professore. Sasori parlava come se fosse proprio lui un insegnante. Si trovava a suo agio a spiegare le proporzioni del corpo umano e capii che per fare omini abbastanza proporzionati avrei dovuto contare le teste. Pregai mentalmente di fare progressi tali che un giorno avrei potuto mostrare qualcosa che, pur impallidendo rispetto ai ritratti di Hanabi, sfiorasse la decenza.
“ Sarà interessante quanto vuoi, Sassy, ma se esplodesse? Sai come disegnare i brandelli?”
”Diddy, come al solito fai schifo”.
Risi di gusto, ma non fui l’unica. Persino Edward, che sembrava tanto serio, scoppiò in una fragorosa risata.
“Comunque” Deidara sorrise  “ Per prima cosa si cancella questo corpo”.
Prese il cancellino  e si affrettò ad eliminare ogni traccia dello schema tracciato da Sasori e glielo lanciò addosso. La divisa del ragazzo fu imbiancata, abbastanza perché lui rimanesse spiazzato. Dallo sguardo che aveva avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.
”Questa me la paghi, anzi dovrai lavarmi tu la divisa”.
“Mi vedresti a fare la lavandaia?” ridacchiò Deidara, facendogli la linguaccia “ Te lo scordi”.
“Diddy…..”
Sasori sembrava notevolmente irritato. Si allontanò  minacciosamente dalla lavagna  e  prese qualcosa dall’astuccio, poi sembrò cambiare idea e afferrò l’intero astuccio. Prese la mira e non riuscì a beccare Deidara, come avrebbe voluto. Beccò in pieno la testa del professore. Due secondi dopo quella stessa testa cadde con violenza al suolo. Lanciai un urlo terrificante, degno di un film horror. Non volevo guardare e continuai a gridare per qualche secondo.
“Tanaka-sensei! Che gli avete fatto?”
Ero terrorizzata, mi mancava l’aria e guardai spaventata Deidara e Sasori.
“Dobbiamo chiamare qualcuno, dobbiamo….”
“Tachibana, taci o siamo spacciati”.
Non mi sarei zittita comunque a quell’ordine perentorio di Sasori se Hanabi non fosse corsa da me e mi avesse tappato la bocca, impedendomi di urlare ancora come una pazza.
“ Perché non chiamiamo aiuto? Perché non c’è sangue? Perché non siete minimamente turbati per le vostre azioni?”.
Avrei voluto dirlo, ma non ce la feci. Sasori sospirò.
“Tachibana, non hai capito che Tanaka-sensei non è umano?”
Deidara rise sguaiatamente. Ero talmente indispettita che avrei preso a schiaffi sia lui che Sasori.
“Lui è  solo una marionetta” precisò il rosso “ la mia marionetta. Ecco perché si dice che senza la mia arte non saremmo qui. Persino Edward e Rukia lo sanno, in realtà è una cosa risaputa tra alcuni studenti della Shinsengumi High school”.
Rimasi letteralmente a bocca asciutta: avevo davvero fatto la parte dell’allocco in quella faccenda.
“Lo sappiamo anche noi” precisarono Edward e Rukia.
“In realtà l’avevo capito dall’inizio. Tanaka-sensei non ha affatto l’aspetto di una forma di vita pensante” affermò Edward, facendomi sentire ancora più sciocca.
In ogni caso il danno era stato fatto. Udimmo un rumore di passi.
“ Dannazione, sistemate quella testa”disse Hanabi, cercando di non alzare troppo la voce.
Mancò poco che Deidara scoppiasse a ridere e io ero sempre più indispettita dalla situazione. Sasori, completamente imperturbabile, raccolse la testa del professore e la riattaccò al collo. Tanaka-sensei gliene sembrò grato perché girò la testa di legno e sembrò annuire in segno di approvazione. Ci riuscì appena in tempo. Il professore Hijikata aprì di scatto la porta. Tutti ci alzammo in piedi, terrorizzati dai suoi occhi viola che studiavano la situazione.
“Cosa è successo qui?”
Tutti mi scoccarono un’occhiata che parlò più di mille parole.
“ È che…”
Stavo per dire una sciocchezza di proporzioni bibliche. Sasori mi interruppe.
“ Hijikata-sensei, deve sapere che Deidara è molto infantile a volte, anzi molto spesso, e perde anche pazienza se non gli riesce qualche disegno. Senza farsi notare, l’ha punzecchiata con una matita. A volte sa essere davvero furtivo, difficile crederlo e lei, che è una ragazza molto paurosa, e si terrorizza a morte per gli insetti, avrà pensato a chissà cosa…”
Il professore Hijikata non sembrava convintissimo delle parole di Sasori, ma senza dubbio lui sarebbe stato più credibile di Deidara. Continuò a studiarci per qualche secondo e mi parve che il suo sguardo si soffermasse su Tanaka-sensei.
Non guardare quella testa di legno.
Pregai mentalmente che se ne andasse il prima possibile. Tutti trattenemmo il fiato. Da quei secondi critici sarebbe dipeso il futuro del club di arte.
“Cercate di prendere i club più seriamente” fu l’unico commento del professore Hijikata.
Scoccò un’occhiataccia a Deidara e chiuse la porta. Tutti attesero con il fiato sospeso che si allontanasse. Trascorsero altri secondi, poi ci fu un grande sospiro di sollievo collettivo.
“Sassy, sai che me la pagherai? Hai parlato di me e Tachibana , ma soprattutto di me e  questo non posso perdonartelo. Ti vernicerò a dovere, sappilo. Dimenticavo di dire un’altra cosa: se in questo club c’è una testa di legno….”
Lasciò in sospeso il discorso, guardò il diretto interessato con un sorriso beffardo e ridacchiò.
“Sei proprio tu”.
 
Note dell'autrice: mentre scrivevo questo capitolo, non finivo più ridere. Amo questo club di arte e anche Deidara e Sasori. Vi è piaciuta l'idea della testa di legno. Recensite in tanti, please. 

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