Seven

di Figlia_di_Atena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ANGEL ***
Capitolo 2: *** ANGEL ***



Capitolo 1
*** ANGEL ***


ANGEL

Tirava vento. 
Non uno di quei soliti venti burloni che si divertivano a sferzare il viso e a scompigliare appassionatamente i capelli. 
No. 
Quel giorno un vento più maligno soffiava impetuoso sull'affollata città, dove lei tranquillamente camminava.
Le scarpe da ginnastica nere, ben legate attorno ai piedi e i jeans attillati, leggermente più chiari che si presentavano più strappati sulla gamba sinistra che sulla destra. 
Una cintura borchiata le avvolgeva la vita mentre, un maglietta nera, con un teschio dorato formato da tantissime stelle di diverse dimensioni calzava impeccabile sulla sua figura minuta. 
Il volto minuto appena baciato da un pallore abbastanza esagerato, le labbra sottili, e gli occhi abbastanza grandi con l'iride azzurra come il ghiaccio e le ciglia belle lunghe.
I capelli erano lunghi, lisci, neri come la pece, che arrivavano fino alle spalle.
Sembrerebbe una ragazzina delle medie, ma il suo atteggiamento e il modo di muoversi era tipico dei liceali. 
Le cuffiette ad alto volume pulsavano nelle orecchie su un brano degli Lightning che adorava praticamente. 
Camminava ed ondeggiava la testa a ritmo, sul brano intitolato "Little Big Three" che adorava particolarmente.
E nella sua mente canticchiava le parole per paura di disturbare i passanti alzando la voce. 
Erano le quattro di un pomeriggio particolarmente ventilato, ma mite, che si stava comunque bene all'aria aperta. 
Solitamente lavorava, ma oggi aveva il giorno libero, e non aveva voglia di passare al locale. 
Prese la via di uno stretto vicolo malfamato, lì era solitamente pieno di gente in coma etilico, di persone pronte a drogarsi in ogni istante, e di tizzi loschi e sospetti che andavano avanti tra sigarette e spinelli. 
'In un vicolo di zombie vivo' si ripeteva lei 'Accidenti Angel, come mai la tua famiglia non è ricca?' finiva col chiedersi. 
Bussò alla porta, e dopo due colpi a vide crollare a terra, non erano in condizioni economiche abbastanza prestigiose da permettersi di chiamare qualcuno che la aggiustasse. 
-Angel...- la voce della sorellastra riecheggiò quasi seccata nella sua mente- Sei tornata prima del previsto... come mai? 
-Che c'è?- chiese lei con garbo- Ti dispiace forse? Non ascoltò nemmeno la risposta, gettò la borsa nella poltrona come suo solito e si chiuse in bagno, l'unica stanza ben messa della casa. 
'Porta pazienza Angel' si ripeteva ogni volta che tornava a casa 'Hai promesso alla mamma che avresti trattato bene la tua sorellastra' si sorprese a ripensare a quanto la esasperava 'Già... ma è impossibile'. 
Si sciacquò il viso con dell'acqua gelida e si diresse in cucina dove stava la sorellastra. 
Era più giovane di lei, però era in grado di asfissiarla come se fosse una sorella maggiore, e quello lo detestava. 
Vide il rubinetto aperto, mentre lei scribacchiava su dei fogli. 
Scosse la testa e chiuse fisso il rubinetto in modo che non perdesse. 
-Ma che fai!- sbraitò la sorella- L'acqua la dovevo usare tra poco! 
-L'acqua costa mia cara- sentenziò lei poggiando un polso pieno di bracciali borchiati, di catene, e ciondoli gotici- Vuoi usarla quando ti pare? Trovati un lavoro e pagatela! Con quello che guadagnamo io e mia madre a mal'appena arriviamo a fine mese! 
-Sei noiosa uffa! Lasciami disegnare in pace. 'Stupida' sentenziò lei stizzita. 
Si abbandonò sul divano, chiudendo appena gli occhi, aveva bisogno di riposare un po', non sopportava quella vita, voleva cambiarla, ma non poteva.
Lo sbattere della fuoco la fece schizzare in piedi, era il patrigno che tornava a casa. 
Nulla di che, un uomo rozzo, rude, e per niente educato. 
Avevano un rapporto perfetto: lui non sopportava lei, e Angel non sopportava quell'uomo, vivevano sulla stessa lunghezza d'onda. 
-Che ci fai qui!- urlò l'uomo. 
-Ci vivo razza di idiota ritardato!- sentenziò Angel con rabbia- Oh giusto... sedici anni sono troppo pochi per accorgersi che la donna con cui ci si è sposati ha una figlia. 
-Non usare quel tono con me signorina!- sbraitò con rabbia- O finisci in camera tua! 
Angel si alzò appena, scuotendo le spalle e spostando il peso da una gamba all'altra. -Litighiamo adesso... o litighiamo dopo, in ogni modo finisco nella mia schifo di camera- rispose- Vado vado! Si avviò ad una scala in discesa, che puntava sulla cantina, ovvero la sua "camera" perché non poteva ritenersi tale. 
-Idiota- bisbigliò prima di iniziare a scendere. 
Aprì la porta e una ragnatela la invase completamente. 
Si sbatté i residui e la polvere, stranamente non aveva paura dei ragni, nè dei topi, erano i suoi coinquilini da una vita. 
Ce ne era uno che le stava particolarmente simpatico, era tutto grigiolino, con una chiazza bianca sulla fronte e un orecchio mezzo mangiucchiato. 
-Ciao Neevee- disse lei carezzandolo- Ti sono mancata oggi?- lui squittì appena- Anche io piccolo mio. 
Sorrise appena e lo avvicinò al cuscino buttandosi sul cuscino, mentre lui stava tranquillamente a guardarla. 
'In un cantina vivo' pensò 'La cambierò questa schifo di vita! Ci sarà un posto per me, un posto che possa chiamare casa, un luogo in cui possa essere felice?'. 
Si voltò appena. 
Sorrise vedendo il piccolo Neevee muovere i baffi destra e sinistra rosicchiando una briciola di pane. 
Angel sorrise carezzandogli il ventre spelacchiato e incredibilmente tiepido. 
'Qualunque posto mi va bene' pensò lei con un sorriso in volto 'Basta che tu mi stia vicino piccolo. Stranamente sei il mio unico vero amico qui'.

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Capitolo 2
*** ANGEL ***


ANGEL

La notte passava, tutto taceva, lei e Neevee dormivano sullo stesso cuscino, in pace con loro stessi e con le loro vite.
Il letto cominciò a tremare, non era un terremoto, cos'era?
Si alzò di scatto, il piccolo topolino che si era infilato nella tasca laterale della maglietta, era decisa a vedere cosa stava succedendo.
Corse velocemente verso la porta della cantina, salì rapida le scale e provò ad aprirla, niente, nemmeno un cenno di aprirsi.
Angel sgranò gli occhi, indecisa se urlare o meno, come mai la porta era chiusa a chiave, che stava succedendo in casa sua?
Corse nuovamente giù dalle scale e si arrampicò sul letto, cercava di raggiungere una finestrella che buttava in superficie.
Saltò più in alto che poteva, ma non riusciva a raggiungerla, per quanto ci provasse non riusciva ad afferrare la maniglia e a girarla.
'Dannazione!' urlò lei nella sua mente 'Di questo passo muoio'.
Improvvisamente uno strano rumore cominciò a battere la porta, non sembrava però il bussare noioso e seccato della sua sorellastra e del suo odiatissimo patrigno, nemmeno quello premuroso di sua madre.
Ma allora cos'era?
Indietreggiò appena.
Due corna perforarono il legno dismesso della porta.
-Ma che diavolo!- urlò lei in preda all'affanno.
Il muso di un toro penetrò nella sua stanza, mentre il corpo di un uomo abbastanza imponente e ricoperto di pelo si muoveva verso di lei.
Credeva di sognare, si pizzicò il braccio, ma niente, era la pura realtà.
Un urlo disperato riecheggiò per quella cantina abbandonata, dove nessuno l'avrebbe potuta trovare, e dove le uniche vie di fuga erano praticamente inacessibili da lei.
Il rumore di un vetro che va in frantumi la fece trasalire.
Vide entrare in casa sue due gambe umane, e altre due di capra, o meglio zoccoli pelosi.
Indietreggiò terrorizzata.
-Ciao- disse il ragazzo con gli zoccoli- Non avere paura! Io Sono Grover, Grover Underwood- notò che gli fissava le gambe spaventata- Eh, va beh! Dopo ti spiego tutto! Jace aiutala ad uscire!
-Vogliamo aiutarti!- urlò quel ragazzo.
Un giovane alto e muscoloso, il volto praticamente perfetto, non sembrava tanto dolce ma nemmeno troppo rude, un'espressione impassibile, costellata da labbra dolci e carnose, occhi intensi e di un castano intensi, e i capelli leggermente scompigliati e ricci dello stesso castano delle iridi.
Indossava un paio di jeans semplici e una t-shirt bianca, con un paio di scarpe da ginnastica e aveva l'aria piuttosto affaticata.
-Non temete!- sentenziò Grover- Anzi sbrigatevi ad uscire! In questo momento siete una mia responsabilità!
-Ma...- affermai io.
Lo sguardo di quel ragazzo con le gambe di capra e le corna mi mettono in agitazione, e capisco subito che devo stare buona ed obbedire.
Io e Jace salimmo sul mio letto, e per quanto mi sforzassi di raggiungere la finestra, sembrava sempre impossibile, pareva ogni volta più alta.
E intanto Grover combatteva contro quel mostro, e io avevo paura per lui, anche se non lo conoscevo.
Solo dopo notai Jace accucciato vicino a me.
-Forza sali sulle mie spalle- mi disse- Altrimenti non arriverai mai alla finestra.
Un rossore improvviso mi affollò le guance, ma comunque per salvarmi avrei fatto questo e altro.
Deglutii e salii sulle spalle del ragazzo, non appena si alzò riuscii a raggiungere la finestrella e scgusciare fuori nel cortile.
Allungai una mano a Jace e lo aiutai ad uscire.
Il problema rimaneva Grover, che continuava a tenere a bada il mostro.
-Grover non ce la farà contro il Minotauro- disse lui.
-Quello del mito?- chiese la ragazza incredula- Cos'è questo un sogno? Ti prego svegliami!
-Spero che sia un sogno anche io- confessa Jace- Ma quel ragazzo non sembra scherzare molto.
'Accidenti' pensò Angel.
Improvvisamente un lampo di genio raggiunse la sua mente.
-Grover!- urlò- Sotto al letto! Troverai una scopa! Usala!
Il giovane corse, chiunque avrebbe pensato "come si fa ad uccidere il minotauro con una scopa?", la risposta era incerta e non ci credeva nemmeno lei.
Grover prese la scopa e affrontò il mostro.
Un colpo secco sul naso, abbastanza da fermarlo e poi due più forti sul cranio.
Il minotauro crollò a terra stecchito, intontito completamente.
-E' così che caccio mia sorella fuori dalla mia camera- affermò Angel.
Allungarono una mano al giovane e lo aiutarono a salire.
-Ora spiega- ordinò Jace.
-Voi due- disse Grover- Siete speciali! Non siete umani, o meglio mortali- i due ragazzi si scambiarono uno sguardo abbastanza incredulo- Siete semidei! Uno dei vostri genitori è un dio, e dobbiamo scoprire chi è. Ma qui non siete al sicuro, dovete venire con me, al Campo Mezzosangue, lì sicuramente sarete al sicuro.
-Non posso lasciare mia madre!- urlò Angel- Non con quei due!
-Angel- la ragazza sgranò gli occhi- I mostri non attaccano i mortali! Tua madre non rischia nulla.
Lei annuì timidamente.
Uno squittio riecheggiò fievole nella sua tasca.
Angel allungò la mano e tirò fuori il minuscolo topolino.
Grover urlò terrorizzato.
-E quello chi è?- urlò lui.
-Neevee- affermò la ragazza- Un mio amico.
Grover lo guardò incredulo.
-Va bene portalo con te- bisbigliò- Ma non lasciare che esca dalla tua tasca!
Angel annuì e continuava a fissare le strane gambe del suo misterioso salvatore.
-Ah sì giusto io sono un satiro- affermò- Non è che avete una lattina vuota? Combattere con il Minotauro mi ha messo fame.
Jace e Angel si scambiarono un'occhiata incredula.
'Questo o è fatto oppure non c'è proprio con la testa' pensò la ragazza.

Dopo alcuni giorni di viaggio incessante arrivarono sulla cima di una collina, c'era l'entrata per quello che sembrava un normalissimo campeggio, e vicino ad essa un bellissimo albero, su cui parecchie persone erano riunite, anche se loro non le riconoscevano.
Angel adagiò il piccolo Neevee nella tasca, come aveva promesso a Grover e insieme si avviarono per quello che doveva essere ad occhio e croce il Campo Mezzosangue.
-Una volta entrati qui sarete al sicuro da tutti- spiegò Grover- Mostri, dei, mortali... l'unico intoppo sarebbe scatenare una rissa con un altro semidio ma dubito che voi due siate persone violente- Angel era quella che ci capiva meno di tutti lì- Ah beh, per i mostri come quello che ti ha attaccato Angel non devi preoccuparti, l'Albero di Talia protegge il campo e genera una barriera che impedisce ai mostri di attaccarci. C'è stato un tempo in cui un figlio di Ermes l'aveva avvelenato e la barriera crollata, ma ci hanno aiutato altri della vostra specie- Grover parlava come se avesse vissuto in prima persona quell'avvenimento- Me lo ricordo ancora sapete! Per colpa di una stupida ricerca sono finito da Polifemo!
Angel ascoltò tutto, conosceva il poema che aveva citato con Polifemo, ma più tempo passava con quel satiro e più pensava che fosse pazzo.
'Se questo è veramente un sogno così assurdo' pensò lei 'Voglio svegliarmi immediatamente'.
E intanto avanzavano, verso quel gruppo di persone riunite intorno all'albero.
Lo guardò ammaliata.
'Che sia proprio quello' si disse 'L'albero di Talia?'.

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