Past against Future

di Picciartina
(/viewuser.php?uid=50983)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 2: *** L'uomo del basket ***
Capitolo 3: *** Ricordi... ***
Capitolo 4: *** In front of You ***
Capitolo 5: *** Fuga sotto la pioggia ***
Capitolo 6: *** Il passato, sempre più vicino ***
Capitolo 7: *** Body and Mind ***
Capitolo 8: *** Pericolo ***
Capitolo 9: *** Confessioni e rivelazioni ***
Capitolo 10: *** La resa dei conti ***



Capitolo 1
*** Ritorno a casa ***


Capitolo 1 RITORNO A CASA

“E questo è tutto...capo” dissi sospirando profondamente dopo il mio lungo discorso.

“Io penso sinceramente cara Evelin che tu stia facendo una stupidaggine...ma in fondo la vita è la tua. Posso solo dirti che ci mancherai qui in redazione. Hai sempre fatto un ottimo lavoro...”

Imbarazzata spostai una ciocca dei miei capelli dietro le orecchie “La ringrazio molto ma...io seguo sempre il mio istinto, anche quando scrivo un pezzo. Ed ora mi dice di tornare a casa...”

Il Sign. Forrest mi sorrise e venne a stringermi la mano “Spero alemeno sia un arrivederci e non un addio...”

“Chi lo sa...” contraccambiai il sorriso e la stretta di mano per poi voltarmi verso l’uscita dell’ufficio.

“Ah! Aspetta Evelin...”

“Mh?”

“Ovviamente appena arriverai a Kanagawa ti contatteranno per formalizzare il trasferimento al Kanagawa Sport Magazine...ma per la maggiorparte delle cose ci ha già pensato il sottoscritto”

Sorrisi ancora “Non so come ringraziarla capo...a presto allora” m’inchinai alla giapponese e osservando di sfuggita il volto del Sign. Forrest vidi una strana smorfia alla quale non potei davvero resistere. Appena varcata la soglia del Chicago Sport News scoppiai a ridere fragorosamente. In effetti tutto questo mi mancherà, e come se mi mancherà...

“ULTIMA CHIAMATA PER IL VOLO DIRETTO A KANAGAWA!!!”

“Uff...quanto pesa questa roba!!”

“E non lamentarti sempre James! Ma che razza di uomo sei!?” urlai per farmi sentire dal “facchino-James” che, 2 km indietro rispetto a me, si era caricato due borsoni enormi sulle spalle e una mega valigia che trascinava con fatica. Tutta roba della sottoscritta, ovvio “I veri uomini non si vedono certo da questo, te lo assicuro!”

“Ah si? E da cosa? Sentiamo...”

“Eh...eheheheh...anf...” sghignazzò con fatica “Ma per favore...che porco che sei” risi per la scenetta appena aggiunta alle tante che avevano coronato ben 4 anni della mia vita qui, a Chicago in compagnia di uno dei migliori amici che una ragazza possa avere, James Lorentz.

Un cascamorto è vero, ma non con me almeno! Non sono proprio il suo tipo, troppo “acqua e sapone” dice lui...le sue preferenze infatti ricadono sempre su qualche Pamela Anderson della situazione, che puntualmente ci casca in pieno fra le grinfie di Jamie...

“Jamie fermo! E’ questa la sala d’aspetto!”

“Fiuuu...meno male, stavo per morire...” disse lasciando, anzi buttando tutto a terra.

Sorrisi ancora mentre l’osservavo, chissà quando l’avrei rivisto...

“Beh, è il momento dei saluti tesoro...” mi disse strizzando l’occhiolino in modo “dannatamente sexy”, o almeno così mi veniva sempre riferito dalle sue conquiste.

“Mi mancherai playboy...” dissi malinconicamente per poi gettargli le braccia al collo.

“Io ancora non capisco proprio perchè te ne ritorni in Giappone. 4 anni fa sei fuggita di nascosto da lì e per tutto questo tempo non hai fatto altro che ripetermi quando odiavi la vita lì, a casa dei tuoi, e ora vuoi ritornarci di tua spontanea volontà, lasciando addirittura un lavoro stupendo come quello di reporter sportivo al Chicago Sport News!?!”

Sospirai mentre ancora mi stringevo a lui “Prima o poi il passato lo si deve affrontare, lo sai. E poi il mio istinto parla chiaro: prossima meta Kanagawa!” sorrisi al mio compagno dandogli poi una sonora pacca sulla spalla “Su su, ce la farai anche senza di me, Jamie...”

“Lo dici tu...chi mi rifarà il letto la mattina? E la colazione? E chi mi laverà le camicie sporche sul colletto di rossetto?”

“Stronzo...” gli diedi una spintarella sorridendo, e lui ricambiò con quel mega sorrisone “rimorchio-anche-un-sasso”, poi mi si avvicinò e mi baciò sulle labbra, così, a stampo. Non era la prima volta...

“Addio Shinobu-chan!” mi disse inchinandosi. Come lo pronunciava male il mio cognome...

“Arrivederci” sottolineai “Lorentz-kun!”

Presi tutto e mi diressi al check-in.

Aaaaaah....aria giapponese! Da quanto tempo...direi anche troppo, forse...

La primavera in America è bella, ma mai quanto qui...

I ciliegi, il vento che già preannucia un’estate afosa, i bambini che corrono in bicicletta anche nelle strade più affollate, che bella sensazione rimettere piede a Kanagawa! Pensavo davvero di non provarla mai più...

Con i bagagli in mano e un bigliettino da visita percorrevo una delle vie principali della mia cittadina natale.

Accidenti però, Kanagawa era cambiata in 4 anni, eccome!

Tecnologia alle stelle: planetari, scuole, stadi nuovi...ora era quasi una metropoli!

“Zona di Higashiyama...bah, non mi ricordo proprio nulla...”

Dopo circa 20 minuti di camminata sotto il sole arrivai a destinazione.

Un attimo, ma cos’è questa roba?

Un’estetista?!

Ma...ma...qui 4 anni fa ci abitava...

Non feci neanche in tempo a finire di pensare che la porta del negozio si spalancò, ed una ragazza alta, con i capelli biondo platino e un’abbronzatura alquanto esagerata mi corse in contro indossando un mini abitino rosa con un grembiulino verde.

“Oooh!! Eccoti finalmente!! Oh mio dio ma quanto sei bella!!” mi strinse a se e per un momento non riuscii bene a prendere fiato

“Tesoro ma non ti ricordi di me? Sono Megu!!”

A quel nome feci un balzo all’indietro e mi coprii la bocca con la mano destra “Sei...proprio tuuuu!!”

Finalmente l’abbraccio era contraccambiato da tutte e due.

Entrai nel locale della mia carissima amica e mi sedei sotto un casco per i capelli, chi l’avrebbe mai detto che ce l’avrebbe fatta alla fine!

“E così è tutto tuo, Megu-chan?” dissi guardandomi intorno.

"Si!" sorrise lei soddisfatta ed orgogliosa.

Nel negozio c’era solo una signora anziana che si stava facendo mettere lo smalto da un ragazzo alquanto “appariscente” dal ciuffo biondo come Megu. Lo è sempre stata un tipo stravagante ed originale, ma mai quanto ora. Ci eravamo solo sentite per telefono in questi 4 anni lontano da casa, e ora mi ospitava, almeno finchè non mi sarei sistemata a dovere. Ovviamente non in negozio, ma nel suo appartamentino al secondo piano. Piccolo, ma in due ci si stava. Infondo ero tornata a casa, ma a tutto pensavo fuorchè a tali cambiamenti...

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'uomo del basket ***


“TIC-TIC-TIC...TUC!!”

Spensi la sveglia di casa Megu con una gomitata e mi alzai da quel futon caldo ed appiccicoso dove avevo dormito tutta la notte. Accidenti, lo sapevo che il tradizionale “letto” l’avrei rimpianto...Non mi ricordavo quanto fosse “scomodo” rispettare le tradizioni del mio paese. Aprii la finestra e notai vicino al mio cuscino un bigliettino fuxia con su scritto

"Tesoro sono in negozio, dopo passerò a comperare alcune tinte che sono finite. Per la colazione c’è del thè da fare, sulla mensola della cucina. A più tardi. Megu"

Sorrisi. Che strano mi faceva tutto ciò. Gurdai l’orologio appeso al muro dell’appartamento. Le 9 e 15. Ancora...il mio appuntamento di lavoro era verso le 12...cosa avrei fatto per tutto questo tempo?

Optai per una passeggiata verso i vecchi ricordi. La piazza principale, il mercato del lunedì, il museo di storia naturale, ed infine lo Shohoku, il mio vecchio liceo. Sempre uguale.

Sorrisi di fronte a quel cancello, poi feci per andarmene ma un pazzo correndo quasi m’investì.

“Ma sei matto?! Se non ci vedi, stattene a casa!!”

Neanche si voltò. Non sembrava per niente un liceale, tanto meno indossava la divisa scolastica. Sotto il braccio aveva una palla da basket e ancora correndo si diresse verso il campetto che ricordavo si trovava dietro il campus.

Non so perchè, ma lo seguii.

Forse perchè non avevo nulla da fare in quelle poche ore di tempo libero, o forse perchè il mio istinto ancora si faceva sentire...

Arrivata cercai di nascondermi dietro l’edera rampicante che ornava la rete del campetto. Sembravo una maniaca!!

Appena la palla rimbalzò sull’asfalto sentii un tonfo al cuore.

Quel rumore, quanti ricordi...

Osservai l’uomo misterioso giocare. Non se la cavava per niente male! Ansi, al contrario era da tanto che non vedevo qualcuno giocare così bene a basket (esclusa l’NBA a Chicago).

Ma chi era?

Mentre cercavo di sporgermi per osservare meglio il gioco, mi poggiai sulla rete che appena sfiorata si accasciò a terra....con me sopra!

Mi sfuggì un urlo e l’uomo del basket si voltò di scatto verso di me.

“Ahi ahi...” mi sollevai da terra con fatica, la botta l’avevo bella che presa...non mi ero ancora accorta però che l’improvvisa ombra proiettata sul mio volto era provocata da un’alta figura maschile...

“Tutto a posto signorina?” disse lui porgendomi la mano Che figuraccia! Starà pensando che lo spiavo...e in effetti era proprio così!

“Oh, si la ringrazio è che...ehm...raccoglievo dei fiori e mi sono sporta troppo!!” era meglio se gli dicevo la verità suppongo...che pessima scusa!

Coprii con una mano i raggi del sole che cercavano di accecarmi, e finalmente vidi in volto quel ragazzo. Alto, sul metro e 90, occhi blu come la notte e capelli...beh...”strani” direi, sembrava un porcospino!

“Scusi se l’ho disturbata dal gioco...” cercai di cambiare discorso.

“Ma si figuri!” rise. Che bella risata possente!

“Piacere, Akira Sendo!” si grattò la nuca con la mano, come imbarazzato dalle circostanze.

“Evelin Shinobu! Ansi, Akiko!” sorrisi e gli tesi la mano. Il basketman mi guardò perplesso...

“Evelin o Akiko?”

Che stupida è vero!

“Diciamo Evelin! Akiko è il mio primo nome, Evelin è il mio secondo, datomi da mia madre. Lei era statunitense...”

Sembrava alquanto sorpreso...”E tu di dove sei? Americana o giapponese?”

Sorrisi per la domanda. Quante volte avevo risposto? Avevo perso il conto.

“Metà e metà. Sono nata qui ma ho vissuto fino a ieri all’estero. Era da quattro anni che non vedevo Kanagawa...”

Akira poggiò a terra la palla e prese dalla sua tasca una lattina di coca-cola. “Ne vuoi?”

Lo guardai perplessa. Stando così lontana da casa per tanto tempo, mi ero dimenticata delle buone maniere dei giapponesi. Anche se questo ragazzo era particolarmente gentile.

“Ti ringrazio ma non vorrei...ti serve per l’allenamento!” Indicai con un cenno del capo il canestro del campo e lui di scatto si voltò. Poi rise ancora con quella sua risata rumorosa.

“Non mi stavo nemmeno impegnando!”

“Eppure hai fatto un tiro niente male prima!” mi grattai il mento per pensare

“Ah si?” mi guardò asciugandosi poi con il braccio la sua fronte imperlata di sudore.

“Si...non hai fatto un canestro in sospensione pochi minuti fa?”

Rimase con la bocca spalancata per qualche secondo.

“Ma per caso sei qui per quell’intervista che dovevo fare per il settimanale del Ryonan?! Sei del liceo Ryonan tu?!”

Liceo?!

Ryonan?!

Ma cosa diceva questo pazzo?!?

Ho quasi 23 anni e secondo lui lavoro per il giornalino scolastico di un liceo?!?

Mi sentivo alquanto offesa.

“Scusa ma ora devo veramente andare...ho un appuntamento dall’altro capo della città” era vero in effetti!

“S-cusa non volevo offenderti...io...”

”E’ stato un piacere Akira Sendoh, buon lavoro...” uscii dal campo e mi diressi verso il centro della città.

Ma poi, perchè me la sono presa tanto?!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ricordi... ***


Bussai alla porta della redazione del Kanagawa Sport Magazine e pochi minuti dopo un ragazzo della mia età mi fece accomodare in una luminosa e spaziosa sala piena di ritagli incorniciati e trofei riprodotti. Mi sedei su una comoda poltrona in pelle nera e iniziai a sfogliare un vecchio volume della rivista, esattamente pubblicato un mese fa. Parlava soprattutto di basket, fortunatamente la mia specialità. Non per vantarmi ma a Chicago la pagina del basket veniva sempre firmata con il mio nome, e per intero anche: Akiko Evelin Shinobu.

Coppe, trofei, campionati nazionali, di articoli ce n’erano a bizzeffe e anche l’impaginazione non era niente male!

Si poteva fare!

Mentre controllavo la classifica delle scuole della città, la porta del direttore si aprì.

Un ragazzo giovane, con gli occhiali e nemmeno poi tanto alto, mi fece cenno di entrare.

“Prego signorina Shinobu, il direttore l’attende...” Entrata mi ritrovai davanti qualcuno che non credevo davvero di poter reincontrare ancora...

“Kogure!?!?!?” la cartellina con il mio curriculum che avevo in mano cadde sulla moquette dell’ufficio

“Non ci posso credere...allora quella Shinobu eri tu?!”

”Sei...tu il direttore?!” non mi ero ancora ripresa.

Kiminobu Kogure, vicecapitano, ai miei tempi, della squadra di basket del liceo Shohoku.

Quanto tempo...un’eternità

“Ebbene si, sono veramente felice di rivederti Akiko!” mi venne a stringere la mano. Era cambiato, più sicuro di se, sia nello sguardo che nei movimenti. Era elegante, mai visto così ai tempi del liceo, con indosso al massimo la divisa della scuola! Lo sapevo che tornare qui mi avrebbe fatto ricordare, ma non pensavo anche rivivere!

Parlammo pochissimo di lavoro (aveva già deciso di prendermi a lavorare lì) e poi decidemmo di andare al bar a prenderci uno spuntino per il pranzo. Infondo erano già le 14.

Parlammo di tutto e di più. Ci eravamo persi di vista quando mi ero trasferita a Chicago, dopo la maturità. Lui aveva intrapreso giornalismo come me senza però abbandonare la sua passione: il basket.

“E gli altri dello Shohoku? Che fine hanno fatto?” chiesi entusiasta di tale situazione.

“Beh Miyagi lo rivedrai lunedì prossimo. Lavora anche lui con me!” sorrise sorseggiando un caffè.

“Giornalista anche Ryota?” non potevo crederci!!

Kiminobu mi guardò in volto e scoppio in una fragorosa risata. Tutto il bar ci guardava...

“Ho detto qualcosa di poco serio?”

“Si! Ryo-chan giornalista?! Ma quando mai!! Non sa nemmeno scrivere!!” e continuava a ridere.

“Lui è....diciamo il mio “segretario!”

Compresi le risate del mio compagno e non resistetti nell’unirmi a lui.

Passammo quasi tutto il pomeriggio insieme. E per quelle piacevoli ore evitai accuratamente quel discorso che non avrei mai voluto riprendere. Ma Kogure non capì le mie intenzioni, tanto che arrivati davanti casa di Megu mi chiese:

“Non mi chiedi nulla di...lui?”

Mi voltai di scatto verso il mio interlocutore. Era fortemente imbarazzato.

Ripresi il mio camminare come se nulla fosse “Mh...non so nemmeno di chi parli...forse, Hana? oppure Rukawa? Akagi? Prima mi hai detto che stanno tutti benone mi sembra...” mentre cercavo di nascondere il mio timore, prendervo le chiavi dell’appartamento di Megu dalla mia borsa. Non era ancora rincasata.

“Lo sai di chi parlo Akiko...lo sai bene...” il suo volto era scuro, come il mio del resto

“Starà bene anche lui Kogure, lo so me lo sento anche se non mi dici nulla...” svelta cercavo di aprire la porta, senza però chiedere al mio compagno di lasciarmi sola

“Non vuoi sapere dove puoi trovarlo?”

A quelle parole mi voltai di scatto e fissai Kogure con tanta di quella rabbia repressa che lui stesso, accorgendosene, indietreggiò.

“Non gli devo proprio dire nulla a quell’idiota, e tu lo sai!” la conversazione aveva preso una piega che avrei evitato più che volentieri.

“Lo so lo so, ma ormai sono passati tanti anni e...beh io credevo che magari volessi reincontrarlo, anche solo per un ciao...”

Infondo non aveva tutti i torti. La mia storia con Mitsui era capitolo chiuso da ben 4 anni...capitolo chiuso male, malissimo, ma pur sempre chiuso.

“Dimmi allora...” mi voltai e a braccia conserte aspettavo Kiminobu che proferisse parola.

“Abita sempre lì, vicino il nostro Shohoku, ma se vuoi andarlo a trovare a lavoro, lo devi cercare al negozio di dischi al centro della città, capito no?” si sfilò gli occhiali e li pulì con il bordo della camicia.

“Si, certo certo...” almeno un lavoro lo aveva ora...“Ma non dirgli nulla se lo senti, ok? Non so se ci passerò...”

Sorrise approvando la mia scelta, forse anche un pò forzata da lui.

“Noi invece ci vediamo lunedì, signorina Shinobu!”

“Certo capo!” feci l’occhiolino al mio amico e rientrai velocemente in casa. Ora avevo davvero caldo. Non so se era per il sole che batteva così forte da stamane, o per colpa di qualche ricordo piacevole e non che riaffiorava dalla mia mente.

Presi un bicchiere d’acqua e mi sdraiai sull’unico divano, verde fosforescente, della casa. Forse per il caldo, vuoi per la faticosa giornata, ma mi appisolai in un batter d’occhio e l’unica cosa che sognai fu Chicago...che mi mancasse già?

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** In front of You ***


Dormire...quanto vorrei riuscirci...questo caldo è terribile!!

Non ce la faccio più! Voglio il gelo di Chicago! Ho sempre preferito l’inverno all’estate...sempre...

Uff...ma chi voglio prendere in giro? Non dormo per l’afa? Si come no...

Il motivo è un altro...

Sono anni che non lo vedo e che addirittura non lo penso, lo ammetto; ma ora, con quest’aria, con Kogure, è come se il tempo si fosse fermato a 4 anni fa...alla mia più grande sofferenza mai provata. Tutto per colpa di una sola persona, di un ragazzo, di un basketman: Hisashi Mitsui.

Eravamo in classe insieme, facevamo la strada per andare e tornare da scuola insieme, dopo gli allenamenti stavamo insieme, facevamo l’amore insieme...e, rischiammo anche di andare a vivere insieme. Era tutto perfetto, avremmo finito il liceo, ci saremmo sposati, io sarei diventata una giornalista di fama mondiale nel campo dello sport, e il mio Mitchy il più grande giocatore di basket del Giappone, così grande da poter far parte dell’NBA americana...che bello essere giovani, innocenti, illusi...che bello sognare...

Ma il nostro sogno non divenne mai realtà, anzi, si trasformò in un incubo...

Non dimenticherò mai quel giorno, quel campo , quella partita, quel ginocchio...

Con quell’infortunio non si giocò solo la carriera da cestista, ma anche la sua stessa vita, e la sua felicità con qualcuno che lo amava più della sua stessa esistenza. Non si confidò mai con me, mai...preferiva bere, picchiare le matricole e frequentare quel rifiuto umano di Tetsuo...così lo persi, definitivamente. Ma la colpa non fu solo sua...nel momento del bisogno ho abbandonato il mio uomo, la mia metà, colui che amavo più di qualsiasi altra cosa. Come ho potuto farlo? Non me lo sono mai perdonato, ma la mia debolezza di fronte alle difficoltà della vita fu più forte persino dell’affetto che provavo per Hisashi...mi si presentò la possibiltà di non vederlo mai più, di non sentirlo più sbraitare e rompere tutto quello che vedeva, di non sentirlo più dirmi quelle cose orribili su di lui, su di me, su di noi...

Così lasciai Kanagawa esclusivamente per non avere più nulla a che fare con quella persona che in pochissimo tempo era riuscita a cancellare dalla faccia della terra il mio unico amore. Non mi sono mai più innamorata così di un uomo, certo ho avuto altre storie, ma mai come quella con lui...con lui vedevo sereno, vedevo un futuro, ero andata addirittura contro le aspettative dei miei genitori, le persone che amavo e che sempre mi erano state vicine, ero diventata parte di lui, parte però di quell’Hisashi felice, semplice e cretino a volte...che non rividi mai più.

Mentre la mia mente passava da un pensiero all’altro così velocemente da non rendermene nemmeno conto, una lacrima sgorgò dal mio viso.

“Non posso...non posso rivederlo...se lo facessi...” Se lo facessi, cosa succederebbe? Lo picchierei? Lo maledirei? O lo amerei ancora follemente come 4 anni fa? Avevo paura. Volevo e non volevo andare in quel negozio... Ad un tratto nella mia mente comparve un’altra immagine, più nitida di quella di Hisashi...Akira Sendoh...

E ora lui cosa centra? Chi lo conosce?! Ripensai a quella mattinata al campetto...forse vedendo lui giocare a basket il mio inconscio aveva collegato quel momento singolo ai tanti passati con Hisashi...chissà, forse anche per questo ora ripensavo a quel ragazzo dagli occhi blu e dal sorriso luminoso.

Mi asciugai quelle poche lacrime che mi avevano bagnato il volto e mi alzai dal futon completamente sudata. Ci voleva proprio una bella doccia, anche per cancellari quegli angosciosi pensieri dalla testa. Ero appena entrata in bagno quando sentii lo scatto della serratura dell’appartamento di Megu.

“Tesoro sei in casa?” disse a bassa voce. Forse pensava stessi dormendo.

Urlai dal bagno “Si, sono in bagno a farmi una doccia Megu!”

“Ah, ok...quando esci non ti meravigliare se vedi un uomo...ho portato un...ehm....ecco...”

La precedetti “Un uomo ho capito...” sbuffai mentre mi sbottonavo il vestito che indossavo.

“Ecco brava...”

Mi lavai velocemente. Non mi piaceva l’idea che di là, mentre ero nuda, c’era uno sconosciuto. Con l’asccappatoio mi asciugai mentre mi osservavo allo specchio. Io in 4 anni ero cambiata molto. Ora avevo i capelli castano chiari e lunghi, al liceo li portavo rossi e corti. Ero più alta, più snella e soda di prima...insomma migliore. Chissà Hisashi com’era diventato...l’avrei riconosciuto se l’avessi incontrato? Scacciai subito quel pensiero dalla testa e mi allungai verso il lavabo per prendere la biancheria pulita da indossare. In pochi minuti ero vestita, e più tranquilla. Di là sentivo ridacchiare Megu e, in sottofondo, una voce maschile, profonda.

Mi pettinai e decisi di lasciare i capelli bagnati. Non avevo voglia di accendere quel coso “sputa-calore”. Girai la chiave del bagno ed uscii. Non erano nel salottino, erano in terrazza. Sarei voluta sgattaiolare via dall’appartamento, ma non mi sembrava corretto nei confronti di Megu che era stata così gentile con me. Feci uno sforzo e mi diressi verso il balcone. Non volevo conoscere nessuno, non ero dell’umore adatto per nuove amicizie, ma lo facevo in nome di un’amicizia importante come quella con Megu.

“Oh eccoti finalmente! Pensavo fossi morta affogata nella vasca!”

Il sole era ancora forte e alto in cielo, anche se erano appena passate le 18.

“Volevo solo rilassarmi un pò, tutto qui...”

L’uomo di Megu mi dava le spalle.

“Ti presento quel mio...amico che ti dicevo...Akiko lui è Hisashi!”

Un tonfo al cuore. La vista offuscata. Le gambe molli. Stavo per svenire. Non era possibile, no, no!! Non ora, ti prego, no!! Non sono pronta, non lo sarò mai! Ma era troppo tardi...

Si voltò di scatto e per qualche secondo, persino di più credo, ci guardammo negli occhi. Era lui, si, proprio lui. Davanti a me, dopo 4 anni.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Fuga sotto la pioggia ***


“A-akiko?!” quella voce. O mio Dio, no! Non mi parlare, non mi guardare, vattene!

“Vi conoscete?” Megu era abbastanza frastornata “NO!” risposi io, quasi urlando e lasciando la terrazza in pochi minuti.

“Aspetta Akiko, non mi riconosci?” sta zitto...

Uscii dall’appartamento e scesi velocemente le scale, tre alla volta. Sembrava che mi stesse inseguendo un killer per uccidermi da come ero agitata. Ma per me era anche peggio di un thriller...

“ASPETTA!” urlò dalla porta.

Mi bloccai. Perchè l’ho fatto?! Ormai era tardi, mi aveva raggiunta in pochissimo tempo.

“Sono Mitsui, dello Shohoku...” lo so, lo so idiota!

Mi voltai lentamente con lo sguardo basso. Vedevo solo i suoi piedi. Indossava delle scarpe da basket, come sempre...

“Ma...sei tu, si o no? Akiko Shinobu...”

Alzai lo sguardo e finalmente lo vidi bene in volto. Si, era davvero lui, il mio Mitchy. Avrei riconosciuto quello sguardo anche al buio.

“Si, sono io...” dissi cercando di non piangere, non ce la facevo...

“Accidenti...” disse lui toccandosi quella cicatrice sul mento che tanto adoravo baciargli ai tempi del liceo. “Saranno...”

“4 anni!” lo interruppi io gelida.

“Eh si...forse. Sei...sei diversa, più alta e...oh, i capelli si! Sono quasi biondi!” Ma perchè mi parlava come nulla fosse, eh?!

“Anche tu. Scusa ma ora ho da fare...” tagliai corto e scesi le scale senza nemmeno saluatare Megu che mi fissava andare via dalla porta di casa.

Mi sentivo quasi soffocare. Iniziai a correre per la città, sembravo posseduta! Decisi di fermarmi ai giardini della città, su una panchina. Avevo il fiatone, ma non era per la corsa. Alla fine insomma ci ha pensato il destino a farmelo incontrare...

Lui non sembrava per nulla agitato di rivedermi. Forse lo nascondeva bene o magari, passati gli anni...

Ma magari avrà una moglie, figli, sarà nonno...oddio come viaggia la mia fantasia! Ha 23 ed è nonno?! Sono fusa...

Aspetta...

Megu me lo ha presentato come amico o come qualcos’altro?!

Lui e Megu stanno insieme?! Ecco ci mancava solo questa...ma infondo cosa mi potevo aspettare? Anche io mi sono praticamente rifatta una vita a Chicago, perchè lui non avrebbe dovuto? Certo che coincidenza, proprio con la mia migliore amica ai tempi del liceo...

Ma tanto non ha importanza. Più tardi tornerò a casa e spiegherò tutto a Megu così che non lo rivedrò mai più. A quel pensiero trasalii...

Lo volevo davvero? Cosa avevo provato qualche minuto fa? Accidenti...era bello come lo è sempre stato. Quella voce profonda, quanto l’ho sognata i primi tempi del trasferimento, e quegli occhi scuri come la pece, profondi come un burrone. Prima mi ci perdevo dentro mentre il suo profumo mi inebriava, oggi ci ero precipitata dentro sbattendo anche il capo!

Aveva tagliato i capelli. Ai tempi del liceo li portava lunghi, sulle spalle. Ora li aveva davvero corti. Eppure l’avevo riconosciuto subito, molto probabilmente anche se Megu non me lo avesse presentato chiamandolo per nome, l’avrei riconosciuto.

Iniziavo ad avere freddo e il mio istinto mi diceva che sarebbe piovuto da un momento all’altro. Così fu. Mentre l’acqua fredda scendeva dal cielo cercavo un posto dove ripararmi. Arrivai fino in piazzetta, completamente bagnata e, non so perchè, decisi di entrare nel negozio dove Kogure mi aveva detto che avrei trovato Hisashi. Forse perchè sapevo che non lo avrei mai incontrato lì ora. La campanella all’ingresso suonò appena aprii la porta del locale.

“Salve, posso aiut--....oh!” la voce del ragazzo che ancora non avevo notato si bloccò. Per quello mi voltai.

“Akiko Evelin!” disse lui, Akira Sendoh.

Ancora un tonfo al cuore. Oggi non era proprio giornata eh? “C-ciao...Akira...” dissi cercando di strizzarmi i capelli (che erano comunque già bagnati!)

“Oh, aspetta di là ho un asciugamano, te lo prendo!” “No, non ti...” non feci in tempo a finire che era già scomparso dietro una misteriosa porta.

Il negozio era grande, luminoso e pieno di CD e DVD. Ce n’erano di tutti i tipi: rock anni ‘80, il mio preferito, ma anche classica e musica house. Per non parlare dei film! A bizzeffe!

Ma a cosa pensavo ora?! Akira Sendoh, il ragazzo tanto gentile che avevo conosciuto oggi al campetto da basket, lavorava con Hisashi?!?!?! Io i guai me li vado proprio a cercare...

Tornò quasi con il fiatone e con un asciugamano bianco e celeste.

“Ecco! Asciugati che anche se siamo in primavera la febbre viene lo stesso!” sorrise ancora con quei denti perfetti che avevo già notato stamane.

“Ti ringrazio...” presi l’asciugamano e notai una scritta:

-SQUADRA DI BASKET DEL LICEO RYONAN-

In quel momento la mia mente ritornò in un lampo ad un vaghissimo ricordo della mia adolescenza che pensavo di aver rimosso totalmente.

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

“La smetti di correre come un addannato?!”

“Su su pigrona muoviti! sono in ritardo!”

“Beh...anf anf...come al solito!!”

“Come osi!?!” rallentò affiancandosi a me

“Mi prendi in braccio Hisa-kun?” piagnucolai

“Ma sei pazza così arrivo già stanchissimo alla partita contro il Ryonan!”

“Stronzo! Cosa vorresti dire che sono grassa?!”

Si fermò davanti a me di scatto e sbattei contro il suo petto.

“Anche se fossi la donna mongolfiera ti amerei comunque...”

“Pensi di essere stato romantico Hisashi?” alzai un sopracciglio scettica

Mi prese per i fianchi e mi avvicinò al suo bacino

“No, perchè non ne sono capace...” sorrise. Mi scioglievo davanti a quello sguardo...e lui lo sapeva bene!

Le nostre labbra s’incontrarono. Le schiusi appena sfiorai le sue e sentii subito la sua lingua calda e umida sfiorare la mia, prima delicatamente, poi con più vigore.

Mi distaccai...

“La partita...” e lo baciai sul mento

“Oh! Hai ragione...mi fai dimenticare di tutto tu!” mi lasciò di scatto ed iniziò di nuovo a correre. Poi si fermò e tornò indietro.

“Dai su, sali sulla mia schiena!”

“Sicuro?”

“Dai!”

Quel profumo...quanto l’adoravo e i suoi capelli lisci che carezzavano le mie guance...mi sentivo sempre in paradiso quando avevo un contatto con lui.

“MITSUI!!! ECCOTI FINALMENTE! SEMPRE A BIGHELLONARE! MUOVITIII!!!”

Effettivamente il capitano Akagi era arrabbiato. Hisashi mi lanciò un bacio e corse a cambiarsi. Io mi sedetti vicino ad Ayako ad attendere l’ennesimo show del mio ragazzo.

Delle urla invasero la palestra.

“Oddio, chi è entrato il papa?” chiesi sarcastica vedendo un ragazzo alto davanti la porta della palestra.

“Quasi!” mi rispose Ayako sorridendo come sempre “Quello è Sendoh,l’asso del Ryonan!”

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

“Tu sei Sendoh!! L’asso del Ryonan!!” urlai in faccia a quel ragazzo tanto gentile che mi aveva appena offerto l'asciugamano.

Iniziò a ridere, come quella mattina.

“Si, qualche anno fa forse!” poi tornò più serio “Ma tu come lo sai?”

“Quando tu giocavi a basket nel tuo liceo io frequentavo lo Shohoku, ero in classe con...” stavo per dirlo, ma evitai... “Kogure ed Akagi!”

“Ma tu pensa...” si diede una pacca sulla fronte mettendosi a sedere sul bancone. Ormai il locale era completamente vuoto. C’eravamo solo io e Akira.

“Scusami per stamattina se sono fuggita così all'improvviso...”

“Oh figurati sono io che mi sono sbilanciato” ma cosa dice? Sono io la lunatica! me lo diceva sempre anche James...

“Comunque ci sei andato vicino! Sono una giornalista, ma lavoro al Kanagawa Sport Magazine” sorrisi gentilmente.

“Wow! Complimenti è un ottimo giornale...ecco perchè mi sembravi così esperta di basket!”

“Si, è la mia passione! Ovviamente non lo gioco, ma ne capisco abbastanza!” mi poggiai al bancone al suo fianco. Ero molto più tranquilla ora, chissà perchè...

“T’insegno io a giocare se ti va di provare!”

Ci aveva già pensato qualcuno a suo tempo...senza grandi risultati.

“Non ti preoccupare, preferisco osservarlo che praticarlo!” “Come preferisci. Ma se lo giochi, se lo vivi, lo capisci dieci volte meglio di qualsiasi altro giornalista!” mi voltai e i nostri occhi s’incontrarono. Certo che era proprio un bel ragazzo...si vede che 4 anni fa avevo solo occhi per Hisashi!

Mi sorrise e ricambiai, un pò imbarazzata del silenzio. “Ci penserò allora...”

“Bene! Mi trovi qui tutti i giorni se vuoi dirmi qualcosa...”

“Lavori solo?” niente da fare, non riuscivo proprio a non parlarne... “No, con un’altro ragazzo. Ah! Forse lo conosci anche! Veniva nella tua stessa scuola quando io giocavo nel Ryonan. Si chiama...”

“Mitsui, lo so...”

“Oh...” cadde il silenzio fra noi...

“Posso chiederti un favore Akira?”

“Sicuro!” disse lui ancora sorridendomi

“Non dire nulla a Mitsui che sono passata, ok?” volevo così ormai...

“...come vuoi...”

“Ti ringrazio tanto. Allora a presto! Ciao e grazie per l’asciugamano!” stavo per ridarglielo quando mi bloccò sfiorandomi una mano.

“No, tienilo tu, ti coprirai per tornare a casa. Non ho un ombrello da prestarti...Così hai anche una scusa per ritornare a trovarmi!” ma che fa? Ci prova ora?

“Si...d’accordo! Ciao”

“Ciao...”

Uscii dal negozio che ancora pioveva. Se ne sarà andato da casa di Megu? Beh non potevo stare tutta la notte fuori.

M’incamminai verso casa pregando per tutto il tempo di non incontrarlo ancora una volta...almeno non in quel momento.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il passato, sempre più vicino ***


Era passata una settimana da quando avevo rivisto Hisashi a casa di Megu.

Quel senso di angoscia che non mi aveva permesso di dormire serenamente per alemno 3 notti era ormai completamente svanito...

Non lo avevo più rivisto, ne tantomeno Megu aveva accennato al discorso dopo che le avevo detto tutto. Mi aveva giurato che tra lei e Mitsui non c’era stato nulla. Si erano solo conosciuti in un pub qualche giorno prima del nostro incontro. Le avevo detto che non doveva assolutamente giustificarsi,anche se dopo il suo resoconto mi sentivo sollevata.

Avevo iniziato a lavorare da Kogure ormai da un paio di giorni, e credo proprio che sia stato il lavoro a distrarmi da tutti quei casini che irrompevano continuamente nei miei pensieri. Avevo già scritto una recensione su una partita, di baseball, che era stata giocata nel nuvo stadio della città. Per ora niente basket. Mi trovavo anche benissimo con lo staff, e rivedere Miyagi mi aveva fatto davvero molto piacere! Avevo un ottimo rapporto con lui al liceo, anche perchè potevo considerarlo uno dei migliori amici di Hisashi. Insomma, era sempre in mezzo ai piedi!

Ma soprattutto l’atmosfera era proprio quella che avevo sempre cercato in ambiente lavorativo. A Chicago stavo bene, si; ma qui il clima era nettamente più sereno, pacato...più...giapponese, ecco!

Insomma in qualche giorno avevo ripreso le mie quotidiane attività che erano diventate parte di me durante quella lunga permanenza negli Stati Uniti.

Ero seduta alla mia scrivania ed aggiornavo il web del giornale, quando mi venne a bussare la mia segretaria personale, Yuri.

“Signorina? Il direttore la cerca...

” “Grazie Yuri. Dì al capo che sarò nel suo studio fra due minuti, il tempo di concludere una pratica”.

Richiusi tutto e mi precipitai da Kogure-san.

“Eccomi, capo!” sorrisi e mi accorsi che Kiminobu non era solo.

“Akira?!” urlai senza rendermene conto

“Ah! Allora te lo ricordi!” disse Kogure mentre offriva un caffè al ragazzo che mi guardava sorridendo.

“Ciao Akiko Evelin!” mi chiamava sempre così. Con tutti e due i nomi...bah!

“Che succede Kogure?” dissi in tono completamente informale.

“Beh avevo in mente di farti intervistare uno di quei campioni che ha dato tanto di quel filo da torcere allo Shohoku, ricordi?” disse dando una pacca sulla spalla al campione che rispose subito

“Reciproca la cosa! Quanta fatica mi ha fatto fare Rukawa!”

Io ero in piedi, lì, ancora un pò confusa...

Notando la mia espressione Akira si alzò dalla comoda sedia di Kogure e mi fece segno di accomodarmi.

Sorrisi e decisi sfacciatamente di accettare.

“Allora!” cercavo di stare calma “A quando questa intervista?”

“Direi domani se per voi va bene..” disse Kogure dando un occhiata al calendario presente sulla sua scrivania.

“Perfetto!” disse Akira “Per te è ok?”

Osservai il volto del mio interlocutore dal basso verso l’alto, e non solo il viso: aveva un corpo davvero snello, ben proporzionato e, a mio parere, perfettamente adatto per il basket!

“Si, certo!”

Mi sorrise ancora. Sorrideva sempre, notai; anche se il sorriso che rivolgeva a me sembrava diverso da quello che faceva a Kogure...impressione? Bah...

“Ora scusate ma il lavoro non aspetta me!”

Mitsui ci sarà? Pensai subito...

“Certo, grazie di tutto Akira è stato un vero piacere ed onore rivederti!”

“Tutto mio Kogure-san!”

Kiminobu si rivolse poi a me

“Lo puoi accompagnare tu alla porta Akiko?”

“C-certamente...!” dissi io alzandomi e andando ad aprire la porta all’ex-asso del Ryonan e lasciando Kogure alle sue scartoffie.

“Sei stato tu a cercare l’intervista o lei ha scovato te?” certe volte la bocca non la sapevo proprio tenere chiusa, ma sembrava davvero strana la coincidenza...

Akira si voltò e, cercando di nascondere goffamente un sorriso, mi rispose

“Ambedue le cose...ma devo ammettere che mi fa molto piacere che a farmi l’intervista sia proprio tu”

“Perchè?” lo stuzzicai mentre entravamo nell’ascensore che ci avrebbe condotto al piano terra dell’edificio.

“Perchè penso tu sia un ottimo reporter...”

“Grazie, ma non esagerare!” risi un pò, ed era da tanto che non lo facevo così esplicitamente

“Come ci mettiamo d’accordo per domani?”

“Ti va al ristorante il piazzetta?” rispose lui di botto.

Rimasi un pò spiazzata “Ristorante? Ma perchè andiamo a cena insieme?” sorrisi un pò divertita.

L’avevo evidentemente imbarazzato, ma seppe gestire bene la situazione

“Pensavo che a stomaco pieno si parlasse e scrivesse meglio, non sei d’accordo?”

Lo fissai negli occhi, in quei bei e strani occhi blu che mi fissavano ormai da quando eravamo usciti dall’ufficio del capo.

“Perchè no...” sorrisi “A che ora? Va bene per le 20.00 lì davanti?”

“Perfetto!” mi disse mentre ancora ci guardavamo sorridenti negli occhi.

A distrarci da tale contemplazione fu l’apertura delle porte dell’ascensore.

“Grazie di avermi accompagnato Akiko Evelin!”

“Ehi ehi...solo Akiko!” dissi portando le braccia sui fianchi.

“Oh...si scusami, Akiko...a domani sera allora!”

“Si, a domani...” risposi lasciando che le porte automatiche dell’ascensore si richiudessero. Che strano. A me sembrava tanto un appuntamento...e non sapevo ancora se mi dispiaceva o meno...

Staccai da lavoro alle 18, come al solito e arrivai a casa prestissimo grazie al passaggio che mi fu gentilmente offerto da Ryota. Salutato il mio amico-collega, salii le scale del palazzo di Megu, ma prima di rendermene conto, qualcuno aspettava seduto sugli ultimi due scalini della rampa.

“Akiko...” Hisashi?! Ecco. Di nuovo quel dolore al petto...

“A-ah...cosa...che vuoi?” cercai di espremermi deglutendo

“Parlare...un pò, se puoi” quell’espressione da cagnolino in cerca di cure non doveva intenerirmi, non poteva!

“Io non so che dire Mitsui...” tagliai corto superandolo agilmente per correre ad aprire la porta di casa.

Mi si fermò in piedi alle spalle

“Mitsui? Ed Hisashi dov’è finito?” me lo chiedevo anch’io a quei tempi sai?!

Ebbi la forza di voltarmi,ma feci un grave errore.

Quelle labbra, quanto le avevo desiderate e...quanto le desideravo ora?

Mi morsi il labbro inferiore mentre cercava i miei occhi con i suoi

“Ti va di fare un giretto qui intorno?” disse con un tono di voce basso e sensuale; o forse era così che lo storpiavo io... “No...non...mi va” bugiarda che ero...

Abbassai lo sguardo mentre con le mani nella borsa cercavo le chiavi. Il cuore mi batteva a mille e io lo sentivo sempre più vicino a me, sempre di più. Fra poco potevo rimanere schiacciata fra la porta e il suo petto che emanava calore da tutti i pori.

“Ti prego Hisashi lasciami...sola...ti prego...” stavo quasi per piangere. Non potevo sopportare ancora per molto questa situazione, stavo per crollare.

“Ti ho lasciato sola per tanto di quel tempo, e non me lo perdonerò mai Aki-chan, mai!” Con una mano spostò una ciocca dei miei capelli dietro le orecchie portandomi a guardarlo negli occhi...

Il crollo era vicino, molto più di quanto pensassi. Ebbene si, lo volevo ancora. Desideravo il suo corpo, la sua bocca, la sua lingua...

Socchiusi gli occhi senza nemmeno rendermene conto, e mentre sentivo il suo respiro fondersi con il mio, la portà si spalancò lasciandomi cadere fra le braccia di Megu.

Hisashi rimase con gli occhi spalancati, per la vergogna immaginai.

“Che succede qui?” disse la mia amica in tono accusatorio rivolto all’uomo che pochi secondi prima stava per baciarmi.

Stavo andando a fuoco. Lo guardai un’ultima volta per poi correre in bagno chiudendomi la porta alle spalle.

Mi sciacquai il volto con acqua fredda evitando di fissarmi allo specchio per la vergogna.

Lo sapevo, lo sapevo!!

Non sapevo e tutt’ora non so resistergli...dannata me!

Mi odiavo, mi facevo pena, schifo!! Non lo sapevo bene neppure io...mi lasciai cadere con la schiena poggiata alla vasca da bagno dando sfogo a tutte le mie ansie con un lungo ma silenzioso pianto.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Body and Mind ***


“Ehi dormigliona!! Alzati su! Lo sai che ore sono?! Le 11 passate!! Ho dovuto chiamare io il tuo capo per dirgli che stavi poco bene!! mi senti!?!”

Certo che la sentivo...ma era evidente che l’ultima cosa che volevo fare quella mattina, era chiacchierare con qualcuno, con Megu poi...lei sapeva perchè stavo così...

“Lasciami stare Megu...” l’unica cosa che dicevo da circa 20 minuti.

“Uff...io devo andare a lavoro! Ho ritardato fin troppo l’apertura del negozio. Quando torno devi essere in piedi, bella e scattante. Stasera non hai quell’intervista poi? Beh...ti saluto!”

Richiuse la porta alle sue spalle. Finalmente un pò di silenzio.

Stanotte non avevo chiuso occhio, chissà perchè...

Il mal di testa mi stava uccidendo, e per di più quella sera dovevo anche lavorare! Decisi di seguire il consiglio di Megu. Mi alzai, anche se con la lentezza di un bradipo. Mi feci una doccia, tanto per riprendermi e poi decisi di uscire per fare colazione. Avevo voglia d’aria fresca, e anche di una bella ciambella fritta con tanto zucchero. Entrai nel bar della piazza e mi sedetti al tavolino più nascosto del locale. Non so bene perchè, ma scelsi quello. Mentre aspettavo la mia ordinazione tornai con la mente a ieri sera, al suo viso, alla sua voce, a quel bacio...poi arrivò la mia ciambella.

Il resto della giornata la passai per le vie di Kanagawa, feci anche shopping ma di certo evitai in tutti i modi di passare davanti al negozio di CD.

Ore 20.00. Mentre finivo di recuperare ciò che mi serviva per l’intervista ad Akira Sendoh, Megu rientrò a casa.

“Sei pronta per stasera?” mi disse posando la borsa sul tavolo. Non parlammo assolutamente di quanto la sera prima...e la ringraziai per questo.

“Si devo solo mettermi le Converse ai piedi...”

Si voltò di scatto. “Converse?! Ma...come diavolo ti sei conciata?!”

“Che cos’ho ora? Credevo che jeans e maglietta fosse un look intramontabile...no?” Mentre parlavo mi fissavo allo specchio del bagno...cosa avevo che non andava?

“Direi...tutto! Il look è solo una parte di ciò che non va! Così non rimorchieresti nemmeno Casanova!”

Grazie Megu, tu si che mi fai sentire meglio...ma poi chi dovevo rimorchiare?!

“Ti ricordo che il mio è un incontro di lavoro, non un appuntamento galante, quindi...”

M’interruppe “Quindi fatti sistemare!”

Ci avevo messo 15 minuti in totale per prepararmi ad uscire. Sotto le grinfie di Megu ne passarono 60...e feci tardi come immaginavo. Io, l’amante della puntualità! Fosse dipeso da me...

“Guardati ora tesoro! Sei o non sei rinata?” sorrise e mi spinse verso lo specchio

Ok stavo decisamente meglio con un panatlone di lino, una canottierina di pizzo e un paio di decolté nere, ma non mi sembravo una fogna prima!

“Si grazie Megu, ti restituirò tutto dopo cena...” feci per andarmene ma mi portò di nuovo nel bagno.

“Eh dei capelli? Non dici nulla?”

I capelli...si è vero, la piastra mi stava bene. Lo sapevo, ma non la facevo mai.

“Si sono divini, ora posso andare? Sono in ritardo di 10 minuti!”

“Fallo attendere quel figo di Sendoh!!” E si chiuse in bagno.

E lei come sapeva che...Beh, lasciamo stare.

Scesi le scale e mi precipitai al bar. Come sospettavo era già lì.

Ero sicura di essere fuori luogo così conciata! Infatti giustamente uno sportivo cosa poteva indossare? Akira portava una canottiera bianca e i pantaloni di una tuta. Aveva con se persino il borsone da palestra! Maledetta Megu...

“Ehi!” attirai il suo sguardo verso di me con un cenno della mano “Scusa il ritardo. Problemi...da donne!” sorrisi sistemandomi i capelli a causa del vento.

“...”

“Tutto...ok?” mi fissava in modo...strano.

“...Ehm?” oh, rinato!

“Ciao, eh!”

“Stai...benissimo!” ecco, lo sapevo. Odio farmi notare più del dovuto.

“Ehm...ci sediamo qui?” indicai un tavolo per togliermi da quell’imbarazzante situazione.

Ci sedemmo e dopo pochi minuti arrivò un cameriere che prese le nostre ordinazioni. Non sembrava ma il ragazzo mangiava, e come!

“Bene, passiamo al dovere?” dissi rivolgendo finalmente uno sguardo al mio interlocutore.

“Prima un cincin che ne dici?”

“E a cosa?”

“Mh...” quando pensava aveva l’espressione di un bambino che da un momento all’altro avrebbe combinato qualche pasticcio.

“Al basket!”

Mi piaceva l’idea.

Avvicinai il mio bicchiere al suo, e dopo il “TIN” del vetro bevemmo un sorso di vino.

“Ok...” rientrai nelle mie vesti da reporter “Parliamo un pò degli anni al Ryonan, che ne pensi?”

“Serata romantica, eh? Guarda che luna in cielo!” bene...mi ascoltava molto...

“Si, davvero bella. Ma...ritorniamo al basket. Come ci si sentiva ad essere l’arma segreta della tua squadra?”

“Hai piastrato i capelli, vero?” oh, adesso basta!

“Akira...”

“Si?” disse lui dopo un altro sorso di vino.

“L’intervista. Siamo qui per quella, ricordi?” sorrisi il più gentilmente possibile.

“Oooh! Ma certo, certo...vai pure!”

“Bene...dicevo: partiamo dal tuo rapporto con il basket. Da quanto lo praticavi quando ti segnasti al Ryonan?”

Da quel momento, iniziò seriamente a rispondere alle mie domande, anche se, dovevo ammettere che spesso la distratta ero io. Aveva un modo di parlare, fare, muoversi davvero fuori dal comune. A volte sembrava così ingenuo, a volte invece fortemente sicuro e determinato in quello che diceva. Insomma, quella sera, anche se era una cena di lavoro, non mi annoiai come credevo.

Alla fine della serata, mi riaccompagnò a casa; ma ad un tratto un pensiero mi balenò in testa.

“Accidenti! Il portatile!”

Il mio accompagnatore si fermò insieme a me davanti al palazzo di Megu.

“Come, scusa?”

“Ho dimenticato il portatile in ufficio! Ora come lo scrivo questo cavolo di articolo nel week-end!?” che disastro, tutto per colpa di...di...certe distrazioni non cercate...diciamo.

“Vallo a prendere ora no?” mi disse lui appoggiato al muro mentre fissava il cielo che iniziava ad annuvolarsi.

Questo ragazzo è un genio! Meglio sgattaiolare nell’ufficio del capo un venerdì notte, che prendersi il primo rimprovero dopo meno di 7 giorni di lavoro!

“Ti accompagno!” si fece avanti lui.

“Oh no, no non ce n’è bisogno...”

”Insisto!” mi disse lui convinto e quasi pietrificato di fronte a me.

Per evitare problemi, alla fine acconsentii.

“Ssshhh!! facciamo piano” dissi al mio compare mentre mi sfilavo le scarpe per non fare rumore. Non sapevo se ci fossero allarmi, quindi per sicurezza evitai comunque del trambusto.

Al contrario di me, Akira sembrava più che eccitato.

“Come l’aprirai la porta del capo? Con una forcina? Eh?” esaltato...

“E’ sempre aperta per fortuna...”

“Oh...” sembrava addirittura deluso!

Entrammo nell’ufficio di Kogure, e vidi lì il mio Mac portatile.

“Eccolo! Possiamo and--...” mi bloccai, anzi, qualcun’altro mi bloccò parandomisi davanti.

“Tutto bene Akira...?” Iniziavo ad avere paura. In effetti, chi lo conosceva questo qui? E se era un maniaco sotto copertura? Ma esistono poi i maniaci in borghese?!?!?

“Non so...” mi rispose lui fissandomi negli occhi

“I-in che senso...?” risposi abbassando il tono della voce, non so nemmeno perchè poi!

“Tu mi piaci, Akiko” diretto il ragazzo!

Rimasi per un secondo ad osservarlo. Aveva un anno in meno di me. Ma sembrava davvero molto più piccolo della sottoscritta. E si era appena dichiarato!

“Oh, beh...anche tu, sei un bravo ragazzo e...” mi zittì con un suo dito posato sulle mie labbra.

“So che non ci conosciamo per niente, e che sono anche più piccolo di te di un anno, ma io credo che potremmo stare bene insieme, non ci hai mai pensato in questi giorni? Io ad essere sinceri, sempre...Non ho fatto altro che pensare a te, ai tuoi capelli, al tuo odore, alla prima volta che ti ho vista...!”

Quelle parole. Mi fecero uno strano effetto. Un brivido mi percorse la schiena e le braccia.

“Sei una donna speciale Akiko. Io l’ho capito subito, appena ti ho vista! Non so cosa tu possa pensare di me, soprattutto dopo questa scenata ma...beh, il grosso l’ho già detto. Posso concludere solo in un modo...”

Sapevo cosa intendeva, ma non lo fermai. Anzi, feci un passo in avanti, verso di lui.

“Quale?”

Lo sentii deglutire. Si leccò le labbra e piano si avvicinò con le sue alle mie. Socchiusi gli occhi mentre sentivo le sue affusolate dita sfiorami i fianchi.

A due millimetri dalla mie labbra, fui io a sporgermi un pò sfiorando con il mio seno, il suo petto scolpito.

Ci baciammo, intensamente.

Sentivo la sua lingua farsi spazio nella mia bocca. Lo avvicinai ancora di più a me posandogli una mano dietro la nuca e singendolo verso di me. Intanto le sue mani percorrevano la mia schiena, dal basso verso l’alto; fino ad arrivare ai miei capelli che carezzava dolcemente.

Il bacio si fece più spinto.

E non solo per voler suo.

Iniziai a cercarlo sotto la canottiera, e sentivo quei pettorali marmorei scivolare sotto le mie dita, mentre la sua lingua passò dalla mia, al mio orecchio sinistro. Ad un tratto un’immagine comparve davanti a me, nella mia mente.

Delle scale.

Una porta.

Io.

Hisashi...

Tornai alla realtà, e mi resi conto che...stavo per fare sesso con Akira Sendoh sulla scrivania di Kogure?!?!?!?!

Mi fermai all’istante e scansai l’ormai fin troppo eccitato basketman.

“A-aspetta Akira...cosa...stiamo facendo?”

Respirava più a fatica di me, e ora mi fissava.

“Non credo sia nè il luogo, nè il momento adatto per...” mi vergognavo più a parlarci che a palparlo come prima...

Per un attimo il silenzio fu padrone di casa, anzi d’ufficio...

“Si...” rispose lui ricomponendosi “Hai ragione...usciamo?” Feci di si con il capo e lo sorpassai per uscire dalla stanza.

Per tutto il tragitto non parlò. Nè lo feci io.

Arrivati sotto casa di Megu...

“Akira senti io...”

“Lascia stare Akiko. Lo so, la situazioni non era delle migliori ma...dovevo e volevo dirti tutto...” che dolce... “Sono stata bene...in qualsiasi...momento, dico” per fortuna era buio e il mio rossore in viso non si notava.

Mi sorrise con quel suo fare da piacione- inconsapevole del suo fascino.

“Spero a presto...”

“Si...” risposi io avvicinandomi a lui e baciandolo sulla guancia.

Lo guardai allontanarsi. Ero stata davvero bene con lui, a cena e in ufficio. Sentivo che c’era affinità e anche il mio istinto mi spiengeva verso di lui.

Ma allora perchè quell’immagine era fissa nella mia testa anche in un momento così delicato?!

Perchè, perchè non mi lasciavi in pace Hisashi?!?

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Pericolo ***


“Capo! io ho finito di là e le ho lasciato tutto nella cartellina rossa sulla sua scrivania.” dissi sullo stipite della porta mentre mi sventolavo con un vecchio articolo dello scorso numero.
“Si, grazie Akiko...puoi andare allora...” Kogure, che ricordavo soffrisse il caldo più di un pinguino nel Sahara, si era tolto la giacca e con la camicia sbottonata prendeva tutto il vento del ventilatore in faccia.
“Ma un condizionatore capo, no eh?” dissi sorridendo di fornte a quella scena “Non dico in tutto l’ufficio, ma qui da lei almeno...”
“Me li presti tu i soldi, Aki?” mi disse aprendo appena gli occhi e sorridendo con tanto di quello sforzo, che capii che l’avrei dovuto lasciare solo alle sue sofferenze.
“A domani Kogure! Se non ti sciogli prima...” risi di me stessa.
“Simpatica...” replicò con un cenno di mano.
Per fortuna non si era accorto minimamente che la notte prima ero entrata di soppiatto nel suo studio e che soprattutto io e Akira...
Beh ma alla fine a lui cosa fregava? L’articolo l’avevo scritto ed ora era in seconda pagina sul numero di oggi, con tanto di foto...e che foto...
Accidenti, doveva essere davvero bravo. Qui è immortalato in un salto spaventosamente alto e pericoloso a mio parere! Ma poi l’espressione...così rilassata come se stesse pescando in riva ad un lago in piena estate! Che tipo, pensai...
Non avevo sensi di colpa per la sera precedente. Io lo volevo come lui voleva me, di questo ne ero certa.
Ma...quell’immagine mi ha spiazata. Questo voleva forse dire che io stavo usando Akira per ritornare ai bei momenti con Hisashi? Naaa...non è possibile. Anche perchè l’Hisashi delle superiori e l’Akira che conoscevo oggi erano totalemente differenti. Cos’avrebbero avuto in comune? Il basket? E allora? Non è mica una caratteristica della propria personalità. Sono fissata con gli atleti, c’è qualcosa di male?!
Mentre mi perdevo nei miei più remoti, quanto strampalati pensieri, mi accorsi di aver sbagliato strada. Con questa non sarei mai arrivata a casa!
Accidenti...beh, torniamo indietro, mi dissi...
Appena mi voltai sbattei il viso contro qualcosa di tremendamente duro.
Come faceva ad esserci un muro lì, dov’ero appena passata? Infatti, nessun muro...
“Oh! mi scusi...non l’avevo sentita arrivare” sorrisi imbarazzata a quella montagna di muscoli piazzata di fronte a me. Irremovibile.
Alzai lo sguardo e subito mi pentii di averlo fatto...
L’avrei riconosciuto fra mille, il tuo volto non lo avrei mai dimenticato, Tetsuo...
Non sapendo cosa fare, e sperando che la mia espressione non l’avesse insospettito, lo scansai e affrettai il passo nella stessa direzione da cui arrivavo. Mi fermò per un braccio e il mio cuore sobbalzò.
“Aspetta un pò carina...noi due per caso ci conosciamo?”
“N-non penso proprio...sono qui da pochi giorni...mi scusi” cercavo di divincolarmi ma mi strattonò ancora.
“Sei venuta a letto con me qualche sera fa per caso? Eh? Che ne dici di un bis, o magari di una prima volta...” lo sentii sfiorarmi i capelli con quelle luride mani.
“Si sta proprio sbagliando e per di più ho molto da fare...” non dovevo dargli corda. Questo l’avevo imparato tanti anni prima.
Per sbaglio lo guardai e notai la sua espressione...no,non era possibile. Non poteva essere che...
“Ma invece io ti conosco...” iniziò a sghignazzare mentre mi voltava per guardarmi meglio in faccia “Tu sei quella tipetta del liceo Shohoku...si si, quella che qualche anno fa si faceva Mitsui, no?” con un dito mi sfiorò una guancia. Tremavo come una foglia.
“Non mi toccare verme! Oh giuro che mi metto ad urlare!” non ce la facevo a restare calma.
“ Oooh sai che paura! Ti faccio chiudere la bocca in meno di un secondo...” posò la sua mano sulla mia bocca forzando quel movimento e spingendomi indietro finchè con la schiena non toccai il muro freddo.
Non poteva succedere ancora. Era esattamente come tanto tempo fa. Ma stavolta non avrei abbassato la guardia. A Chicago avevo seguito per alcuni mesi un corso di kung-fu, e stavolta Tetsuo non mi avrebbe toccato...di nuovo. Feci per mordergli forte quella mano ma una figura alle sue spalle mi distrasse.
“Cosa cazzo fai, verme?” la sua espressione era seria, incuteva paura...
Quella bestia si voltò verso Hisashi e un ghigno si disegnò sul suo volto.
“Ma tu guarda chi si rivede...quel codardo di Mitsui!” rise e lasciò la presa su di me.
“Levati dalle palle Tetsuo” si guardò attorno annusando l’aria “che tanfo qui...oh già! Dimenticavo...la tua presenza!”
“Ma hai visto chi è tornato?” si rivolse ad Hisashi indicamndomi con un cenno di capo. Cercavo di apparire il più sicura possibile di me stessa, ma il passato continuava a farmi male.
“Lasciala in pace, hai capito pezzo di merda che non sei altro?!” lo prese per il colletto della t-shirt e lo scaraventò lontano da me.
“Non finisce così Mitchy!!” urlò lui mettendosi a ridere. Poi si voltò verso di me e mi lanciò un bacio prima di sparire dietro il vicolo da cui era comparso.
Rimanemmo in silenzio per qualche secondo. Non riuscivo ad ammetterlo ma mi aveva salvata.
“Tutto bene...?” chiese lui come intimidito dalla mia presenza. Infondo l’avevo cacciato in malo modo qualche giorno prima.
“S-si...” risposi spostandomi una ciocca dei capelli dietro l’orecchio e guardandolo solo di sfuggita “Senti Hisashi...” ehi, cosa stavo facendo?! “Mi dispiace per come ti ho trattato l’ultima volta che ti ho visto...” non abbassare la guardia Akiko...
Anche se non lo posso provare con certezza, sentii un suo sorriso posarsi sul mio viso che guardava la strada dalla quale ero arrivata.
“Fa nulla...certo hai messo su un bel caratterino in questi anni, oltre alla carrozzeria ovvio!” non si smentiva mai...
Alzai un sopracciglio in senso di disapprovazione per poi scuotere la testa osservando l’aria da uomo soddisfatto che emanava da tutti i pori.
La sua presenza mi agitava e rilassava allo stesso tempo.
Si fece più cupo “Hai ripensato a quel giorno, per caso?”
Sapevo che me l’avrebbe chiesto. “No...ora sono una persona diversa. Non ho più paura della gente come Tetsuo...” sospirai.
“E...di me?”si avvicinò a me che ancora poggiavo al muro.
Lo guardai fissa nei suoi occhi “Non ho mai avuto paura di te...nemmeno quando sapevo di averti completamente perso...” faceva male ricordare...
Deglutì e poi mi rispose “N-non mi hai mai realmente perso. Ma a quei tempi non sapevo distinguere l’amore per il basket, da quello che provavo per te...” mi sorrise amaramente, ed io non seppi resistergli. Gli sfiorai con le dita una guancia senza nemmeno accorgermene, e lui la strinse fra le sue osservandomi sempre da più vicino.
Sentivo il cuore palpitarmi quasi in gola. Mi risvegliai.
“Scusa, io...devo andare ora...” anche se...
“Certo...capisco...” mi disse rattristandosi
Sorrisi imbarazzata da quella situazione, e con la mani feci un cenno per salutarlo. Ricambiata, mi voltai ed iniziai a camminare
“Domenica!” mi urlò alle spalle facendomi saltare su me stessa.
“Cosa?!” lo guardavo interrogativa
“La domenica, gioco sempre al solito campetto fino al tramonto...vieni se vuoi...” mi disse sorridendo più rilassato.
Ricambiai, ma non risposi mentre mi allontanavo da lui.
Rientrai a casa con ben due ore di ritardo e dovetti sopportare l’ansia e la preoccupazione della mia nuova mamma: Megu. Insomma, ero fuggita tanto tempo fa da questo posto proprio perchè i miei genitori mi soffocavano, ed ora tutto era tornato alla normalità, compreso il pensiero di una certa persona nella mia mente...

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Confessioni e rivelazioni ***


Lo sapevo che non ci sarei dovuta andare, lo sapevo e come...
Ma, come si dice ‘al cuor non si comanda’...anche se non era davvero da me pensarla in questo modo.
L’odore della primavera aveva un potere particolare sulla mia persona: sapeva farmi sorridere anche nei momenti più tristi e problematici della mia vita. In un certo senso in tali istanti era sempre stata accanto a me: quando era morta mia nonna da piccola, quando lasciai Kanagawa e la mia adolescenza, quando abbandonai Chicago, ed anche ora quindi che sembravo davvero pronta a vivere di nuovo il mio passato.
A passo deciso mi dirigevo al campetto, senza esitare. Gli alberi di ciliegio erano scossi dal vento e i petali di quei fiori così dolci e delicati cadevano soavemente sui miei capelli. Avevo indosso solo un leggerissimo vestitino verde-acqua e forse anche per quello mi sentivo fortemente in sisntonia con la natura. Mentre meditavo sulla mia forma di panismo, non mi accorsi di essere arrivata a meta.
Entrai nel campo, me non c’era nessuno. Stupida, così t’impari ad illuderti! Era destino allora? O solo sfortuna che come al solito la sottoscritta attirvava come fa un magnete con il suo corrispettivo ferromagnetico?
Un pò delusa, un pò più rilassata mi voltai per andarmene quando sentii un fischio prolungato venire dal lato del campetto. Mi voltai d’istinto e appoggiato alla recinsione, seduto a terra con la palla fra le mani, vidi Akira che mi sorrideva. Come avevo fatto a non notarlo? Ad un certo punto pensai addirittura che la mia mente era così offuscata dall’immagine d’Hisashi che non avrei notato neanche il papa se fosse stato lì...
Sorridendo mi avvicinai al ragazzo che ora mi guardava dal basso verso l’alto.
“Una pausa dopo l’allenamento mattutino?” dissi coprendomi la vista dal sole.
“Eh si...poi fa caldo stamane! E tu come mai qui?”
La verità? Pensai...non era davvero il caso. “Facevo solamente due passi, e poi sai quanto sono affezionata a questo sport!”
“Si, lo so...” detto ciò si levò da terra e si pose di fronte a me coprendomi persino dal sole accecante “Senti Akiko...io non so proprio come affrontare il discorso, riguardo quella sera...”
Lo interruppi prima che il discorso, infittendosi, diventasse ancora più complesso.
“Akira...io, beh per correttezza mi sento di doverti dire alcune cose...”
La sua espressione si rilassò e mi fece segno di seguirlo per sederci su una panchina fuori dal campo.
Presi fiato, e coraggio, e affrontai quegli occhi blu profondi e tanto sinceri...
“Tu m’interessi molto,come persona e uomo in generale...” i discorsi 'intimi' non erano il mio forte “Compresa quella sera, sono sempre stata bene con te, e devo ammettere che le tue lusinghe le ho sempre accettate anche con un pò di entusiasmo ed eccitazione...” Aki, mi meraviglio di te! “Ma devi conoscere una storia prima di trarre conclusioni affrettate...”
Gli raccontai tutto. Per filo e per segno. A partire dall’inizio della mia relazione con Hisashi, fino al mio trasferimento, passando per episodi belli e brutti che comunque coronavo la mia adolescenza, ormai passata.
“E questo è tutto...io, ci tenevo ad essere sincera con te, a farti capire che il mio cuore soffre ancora, soprattutto ora che...insomma l’ho rivisto”
Rimase in silenzio per un pò, sfiorandosi il mento con le dita con fare pensoso. Poi, finalmente, proferì parola... “Lo sapevo che non sarebbe stata cosa facile con te...” mi guardò sorridendo.
“I-in che senso scusami?”
“Ma non mi arrendo...sappilo” si alzò di scatto e con un cenno della mano mi salutò, per poi correre a prendere la sua palla e fuggire da me alla velocità dal vento. Ma possibile che la mia vita, quanto complicata possa essere, non si risolve mai? Anzi! Peggiora solamente!
Cosa mi significava ora quell’atteggiamento di sfida? Io con questa ‘storiella’ della mia vita non volevo certo intimidirlo, ma nemmeno caricarlo!
La mia testa sarebbe scoppiata da un momento all’altro ne ero più che certa! E chissà se non sarebbe stato meglio così...
Ora la domanda era una, cara la mia Aki...
Passato o futuro?
E che domanda...
Da una parte, paura di tornare a soffrire; dall’altra incertezza di un qualcosa ancora poco maturo...
Ma infondo, l’amore è un sentimento così vago, impossibile da definire, da rinchiudere in una teca di cristallo per mantenerlo, proteggerlo, curarlo...
La sicurezza è l’antitesi del sentimento amoroso.
Ma per una fifona come me, non esisteva una scorciatoia?!
M’incamminai verso la piazza della città per fare un giro quando mi venne in mente un particolare del quale involontariamente non avevo parlato ad Akira: Hisashi lavorava con lui al negozio di CD! E Akira non lo sapeva! Un bene? O un male? Bah...forse averlo dimenticato era ancora un segno del mio istinto che ultimamente faceva acqua da tutte le parti...
Mi fermai al parco e mentre leggevo una rivista di moda, presa in prestito dal negozio di Megu, senza rendermene conto mi addormentai con la schiena poggiata al tronco di un ciliegio.
Sognai Chicago. Io nel mio appartamento con Jamie che, come tutte le sere mi presentava una ragazza diversa.
Mi sentivo felice, rilassata dentro. E forse l’immaginazione mi aiutò anche ad allontanare l’ansia che mi accomapagnava da giorni ormai.
Quando mi svegliai il cielo era rossastro e il sole stava per scomparire definitivamente dietro le montagne che circondavano Kanagawa. Erano quasi le 7 e mezza. Mi levai da terra e, dopo aver sgrullato un pò il mio abito che era ormai ricoperto di petali rosa, decisi d’incamminarmi verso casa. Megu mi stava sicuramente aspettando.
Affrettai il passo non sospettando minimamente quello che mi sarebbe accaduto di lì a pochi secondi.
Due ragazzi ridevano e scherzavano davanti al negozio di CD della città, due ragazzi qualunque per molti, ma non per me...
Mi fermai di scatto pregando che non mi avessero vista, voltai le spalle a quella scena ma due voci all’unisono mi bloccarono...
“Akiko!”
Poi silenzio.
Mi voltai e posso giurare che i loro volti interrogativi rivolti l’uno verso l’altro non li avrei mai dimenticati...

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** La resa dei conti ***


“Ah...ragazzi...s-sera...” deglutii nervosamente...e ora?

“Vi conoscete?” chiese Hisashi guardandomi interrogativo. Akira invece non parlava.

“Si! Certo...lo conosco dai tempi del liceo, Hisashi!” risi con fare nervoso e i miei due uomini se ne accorsero. Akira mi venne vicino e, senza farsi notare dal suo collega mi sussurò...

“E’ lui vero?” cacchio i ragazzi d’oggi sono davvero perspicaci...

Si voltò e, mi mise una mano dietro le spalle cingendomi a lui.

“Beh se è per questo ci frequentiamo....ora!”

Pazzo!

Ma che diavolo gli era saltato in mente!? Qui c’era poco da scherzare, Hisashi l’avrebbe fatto fuori in meno di due secondi...

Non feci in tempo ad aprire bocca che il sorrisetto sarcastico di Hisashi mi spiazzò...

“Certo, che scemo...perchè non ci avevo pensato! Siete proprio una bella coppia!”

No. Un attimo. Qui tutti sanno che io ed Akira stiamo insieme, tranne la sottoscritta?!?!?

“Ma veramente...” cercai di ribellarmi a tale situazione “Si tesoro hai ragione è ora di andare!” mi precedette il porcospino umano “Ciao Hisa-kun a domani mattina!” quasi mi spostò di peso mentre un mio ultimo sguardo si posò sul volto ‘nero’ del mio ex.

Girato l’angolo diedi uno strattone così forte che mi liberai immediatamente dalla presa di Akira.

“Ma si può sapere che significa tutto questo? Non pensavo avessimo mai fatto questi discorsi così seri fra noi due!” “E' vero. Ma vuoi si o no abbandonarlo questo passato che ti perseguita e dedicarti al tuo futuro? Io ti sto solo dando una mano!”

“Beh mio caro, nessuno te lo ha chiesto! Decido io, e solo io che vita voglio, chiaro? E non mi piace mentire, per niente! Lo sapevo che aprirti il mio cuore sarebbe stato un grandissimo errore...” abbassai lo sguardo, mi stavo davvero sfogando.

Akira si avvicinò a me e con due dita sollevò il mio mento verso l’alto per permettermi di guardarlo negli occhi. “Io te l’avevo detto che non sarei rimasto a guardare”. Detto ciò mi sorrise e voltandomi le spalle se ne andò lasciandomi lì a riflettere su l’accaduto. Pochi secondi e mi ricordai di aver lasciato Hisashi senza un briciolo di spiegazione. Corsi indietro ma era troppo tardi. Se n’era andato.

Passarono giorni da quell’episodio apparentemente innocuo ma che mi aveva parecchio scossa. Per una persona insicura come me vedersi la vita e le proprie scelte scivolare davanti a lei come acqua è più che un trauma, lo posso assicurare. Nè Akira nè Hisashi si fecero vivi in quei giorni, fortunatamente. Ma infondo Sendo aveva ragione: dovevo fare chiarezza una volta per tutte nei miei sentimenti.

Ma come?

Testa o croce?

La conta?

Uff...ma chi voglio prendere in giro? Lo sapevo benissimo che fra Akira e Hisashi non poteva esservi confronto! La mia unica paura era ritornare a fidarmi di lui...di Hisashi! Akira non avrebbe mai potuto sostituire quell’amore che provai e che forse provo ancora per il mio ex.

Ora lo vedevo più sereno, aveva addirittura iniziato a lavorare. Sembrava prendersi finalmente cura di se stesso. Forse aveva finalemente maturato come persona, come uomo. Ma la certezza? Io esigevo la certezza di non dover più soffrire. Cosa impossibile da ottenere, lo so bene. L’amore è rischio. E io non stavo forse rischiando andandolo a trovare a casa?

Bussai alla porta, visto che il campanello non c’era. Una, due volte. Nulla.

Non era in casa molto probabilmente. Infondo non conoscevo mica la sua routine quotidiana! Mi voltai rassegnata e iniziai a scendere le scale quando me lo ritrovai davanti all’ascensore pieno di buste per la spesa.

Hisashi al supermarket!?!? Pensai evitando di ridere a quella visione.

“Ciao!” dissi io sorridendo e scendendo quegli ultimi scalini rimasti.

“Oh!” fu la sua unica parola. Poi, accigliato, tornò ad occuparsi delle sue buste.

“Ero venuta a trovarti” dissi sforzandomi di evitare il suo sguardo contrariato alla mia presenza “Anzi, più precisamente a parlarti...”

“Non me ne frega nulla di te e Sendo...” mi ghiacciò lui “Ah si? Beh sappilo, nemmeno a me!”

A quelle parole levò il suo sguardo verso il mio, convinto e glaciale.

“In che senso?” mi chiese con fare interessato.

Feci per rispondere quando un suono acuto segnalò la presenza dell’ascensore al piano terra, ovvero dove io e il PV ci trovavamo.

Distratti dall’evento, aiutai Hisashi ad entrare nell’abitacolo con quelle enormi due buste, ma prima che mi potessi ritrarre, le porte si richiusero chiudendomi all’interno con lui. L’ambiente era più che piccolo. Eravamo stretti e l’uno di fronte all’altro. Sentivo benissimo il suo respiro affannato, forse per il caldo forse per altro...

“Dicevi?” disse lui calmo, come al solito.

“I-io ed Akira non stiamo affatto insieme...” finalmente ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi e fu inevitabile non notare una strana luce in essi.

“A me lui sembrava piuttosto convinto!”

“Poteva sembrare visto che...ci siamo...baciati una sera...” solo, Aki? “Ma non è così, io non voglio stare con lui!”

Sentii le sue dita sfiorarmi una guancia. Non posso provarlo, ma sono sicuramente arrossita.

“E cosa vuoi allora?” chiese a bassa voce. Intanto l’ascensore avanzava nella sua corsa. Forse agitata per la situazione, ed in ansia che qualcuno potesse vederci quando l’ascensore sarebbe arrivato a meta, spinsi lo ‘Stop’ e di scatto la struttura si bloccò, esattamente fra il 3 e il 4 piano.

“Ma cosa..” Hisashi non capiva, o forse non mi riconosceva più. Beh non sei l’unico mio caro...

“Voglio essere felice...ecco cosa voglio! Voglio vivere la mia vita, voglio continuare a scrivere, voglio sognare ancora di poter intervistare qualche star dell’NBA americana, voglio poter essere felice di come sono diventata solo grazie a me stessa, e voglio...”

Lo guardai ancora e con quasi le lacrime agli occhi... “Voglio l’Hisashi di un tempo, il mio Hisa-kun di un tempo...”

Il silenzio cadde per pochi secondi interrotto solamente dai miei singhiozzi e dai sempre miei tentativi di non fare cadere lacrime in quel momento tanto delicato, davanti a lui.

“Mi dispiace...” la sua voce ruppe il silenzio.

“Quell’Hisashi non c’è e non ci sarà mai più” Con una mano sollevò il mio volto costringendomi a guardarlo ancora una volta “Ora ci sono io, l’Hisashi che ha mandato a quel paese l’alcool e le brutte compagnie, quello che ha smesso di fumare, che ha iniziato ormai da due anni fisioterapia, quello che ha iniziato a lavorare e a prendersi cura di se stesso, quello che però è ancora pazzamente e perdutamente innamorato di te, Akiko...”

Rimasi letteralmente a bocca aperta. Oltre tutte queste novità Hisashi aveva anche fatto un corso di relazioni umane o sbaglio? Non aveva mai confidato così apertamente ciò che provava. Ero meravigliata e sconvolta allo stesso tempo.

“E tu dici che la nuova Akiko e il nuovo Hisashi possono...potranno...”

Non mi rispose, si avvicinò lentamente alle mie labbra con le sue per poi baciarmi, e la prima cosa che pensai fu solamente “Finalmente!”

Il caldo, il rumore del minifrigo acceso e la luce soffusa che proveniva dalle fessure della sua finestra erano gli unici elementi dell’ambiente che riuscivo a percepire mentre le sue mani esploravano il mio corpo accaldato sdraiato sul suo futon. Era cambiato si, e anche fisicamente. Quei muscoli tonici però erano sempre ‘perfettamente perfetti’, li sentivo sudare sotto le mie dita affusolate che scivolavano dai suoi capelli alla sua schiena possente. I nostri respiri, i nostri gemiti, riecheggiavano nella stanza e quando finalemente raggiungemmo l’apice di quel piacere, ricordai come ci si sentiva dopo una notte passata con l’amore della propria vita.

EPILOGO

“HIRO! VIENI QUI! LASCIA STARE PER UN SECONDO QUELLA PALLA PER FAVORE!!”

Accidenti ogni volta mi doveva far sgolare!

Uscii fuori in giardino con le mani ancora sporche di sapone.

“Hiro! Ma non senti che ti sto chiamando da un’ora?!? Devi andare dal dentista muoviti!!”

“Un attimo mamma, solo un attimo sono quasi arrivato a 50!” Basket, basket sempre basket...

“Io ci rinuncio. Ti cresceranno i denti storti!”

Rientrai in casa sbuffando e osservandolo lì, in panciolle sul divano.

“Potresti anche darmi una mano, in fondo è anche tuo figlio o sbglio?!”

Hisashi sollevò gli occhi dal settimanale sportivo. “Oh dai non farla lunga! Andremo più tardi dal dentista, lascialo giocare!”

“Allenare vorrai dire...” mi sciacquai le mani per poi sedermi finalmente accanto a mio marito. Ebbene si, dopo aver chiarito con Akira, anche se con fatica, e dopo due anni di rapporto indistruttibile ci siamo trasferiti in america, precisamente a Chicago dove la sottoscritta ha ripreso a lavorare al suo vecchio giornale con i suoi cari vecchi colleghi, mentre Hisashi è stato finalmente contattato da un ottima squadra del paese.

Tra una cosa e l’altra ci è ‘scappata’ anche una piccola peste di nome Hiro, che ormai ha quasi 7 anni.

“Ci parli tu con il dottore, eh! Non mi interessa...” misi il muso mentre osservavo mio figlio correre di qua e di là cercando in tutti i modi di imitare suo padre.

Mi sentii sfiorare una spalla...

“Sei proprio una brava mammina lo sai?” sorrise al suo dire e nemmeno io seppi resistere. Gli stampai un bacio sulle labbra per poi aggiungere

“Tu invece sei un pessimo marito! Stai sempre qui a leggere riviste di basket, a guardare in TV partite di basket, ad allenarti con tuo figlio a basket, insomma sposatelo questo basket!”

“In effetti vorrei...” cosa?!? “Ma ho già te!” mi baciò facendomi stendere sul divano.

“S-smettila subito animale! C’è Hiro di là, cosa penserebbe se ci vedesse?”

“Mmh...che gli daremmo un fratellino?”

“Sorellina forse!”

“Ok ok...una bella cheerleader!”

Ridemmo così forte da attirare la nostra creatura in casa “Mamma? Papà? Che fate lo ‘cose zozze’ insieme?”

COSA?!?!?

Al contrario di Hisashi che scoppiò in una sonora risata, rimasi alquanto allibita!

“Ma dove le senti tu queste cose, eh?”

“Ovunque mamma, ormai sono un uomo!”

“Ah si, eh? Ma non sarà che sei geloso che do i bacini a papà e a te no?”

Sapevo a cosa andavo incontro...

“Io odio i baci mamma!”

Mi alzai dal divano e con uno scatto felino presi in braccio Hiro che si dimenava urlando

“Nooo!! le coccole noooo!! Non sono da campione di basket!” Gli stampai un enorme bacio sulla guancia.

“Bleah! che schifo!!”

Tutto suo padre...

-FINE-

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=248406