Principessa del destino

di morphological
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - incubi ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Primo giorno ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Aure e segreti ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Duello con lo squalo ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Danza mortale ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Altra gente ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Luna nuova ***
Capitolo 8: *** depressione ***



Capitolo 1
*** Prologo - incubi ***


Prologo - incubi

Antaŭparolo - koŝmaroj


L a ragazza aprì gli occhi, vedeva stendersi davanti a sé uno strano paesaggio, costituito da un prato di un rosso brillante, lo stesso del cielo. Tutto intorno c’erano picchi di roccia brulla, che galleggiavano nell’aria. Si chiese in che posto fosse finita. Una parte del suo cervello le diceva che tutto quello era un sogno, quello che faceva ogni notte da quando ne aveva memoria. Un’altra invece sentiva di appartenere a quel luogo. Lì, tra quel paesaggio si sentiva più a casa che mai. Aveva passato ogni giorno della sua vita a sentirsi fuori posto dovunque andasse, solo nella terra che vedeva nei suoi sogni sentiva finalmente come se ogni cosa fosse tornata a posto. Tutt’ad un tratto un ragazzo rientrò nel suo campo visivo. Era il più bello che avesse mai visto. I capelli arancioni, tanto simili a quelli della ragazza verso cui camminava, gli stavano ritti in testa. Gli occhi viola trasudavano emozioni profonde come il rammarico e il dolore. Quando le giunse davanti non la guardò negli occhi, ma tenne lo sguardo fisso verso terra. «come hai potuto farmi una cosa del genere?».Cercava di modulare il tono della voce in modo tale da non far capire quello che provava in quel momento. Lei si sentì come se non potesse controllare più i movimenti del suo corpo, infatti disse qualcosa, anche se non aveva idea del perché :«ho dovuto farlo, sai che non sarei mai voluta arrivare a tanto» Il ragazzo per la prima volta la guardò in viso, inchiodandola con quello sguardo straziato «però l’hai fatto, hai tradito me e il tuo mondo» Lei non seppe non rispondere a quell’accusa.«Se tradire il mio mondo vuol dire fare la cosa giusta io lo faccio volentieri, ma non puoi dire che ti ho tradito» «L’hai fatto invece, te ne sei andata con lui» Ecco qual era il problema! «Non l’ho fatto per sentimentalismi, solo perché desideravo aiutarlo, tu lo sai che non c’è mai stato nulla» Il ragazzo fece un amaro sorriso: «ormai non sono più certo di nulla, non so nemmeno se fidarmi di te» Lei sentì che il suo cuore si fermò a quell’insinuazione. Sorrise di rimando al ragazzo; ora si somigliavano più di quanto lei potesse immaginare. «Potrai fidarti sempre di me, come io di te. Questa è stata sempre la nostra unica e sola certezza».Ora i due erano vicinissimi, lei sentiva il calore che emanava il corpo di lui, che portava un abito bizzarro, sembrava quasi un’ armatura, che su di lui stava d’incanto. «Prima era così, ora chissà. Il passato comincia a perdere i suoi contorni, sento come se tutto quello che abbiamo vissuto fin ora stesse sparendo»,lui la osservò con attenzione, quasi come se la stesse analizzando, come se, con un solo sguardo, potesse leggerle l’anima:«di una cosa sono certo però: questo non è il posto adatto a te, tu hai ancora una possibilità, basta che tu me lo dica e io farò in modo che tu non debba restare qui con me, con la mia anima dannata»..A quelle parole si fece ancora più triste, come se chiederglielo fosse un grande sforzo. Lei sapeva cosa sarebbe successo se avesse accettato, ma non aveva ancora intenzione di farlo. Erano secoli che affrontavano quella discussione, ma mai lei aveva ceduto, pur sapendo che il senso di colpa aveva preso possesso del cuore di lui, che piano piano stava diventando più nero di quanto non fosse già. «Lo sai che la mia risposta sarà sempre la stessa, io resto qui con te»Quando voleva sapeva essere testarda. Lui fece un profondo respiro, sconsolato. «Per favore, tu hai ancora una possibilità, sono anni che resti qui senza motivo, sai quanto me che questo non è il posto adatto a te» «Non mi importa, per me la discussione è chiusa». Detto questo lei si voltò. La parte di sé che sapeva cosa sarebbe accaduto cercò di impedirlo, ma non riuscì a interferire né a riprendere possesso del suo corpo, come se non le appartenesse più. La ragazza avvertì due sensazioni diverse quando ciò che doveva accadere si verificò. Prima un gelo penetrante, poi il dolore che si espandeva, dal ventre sino ad ogni altra parte del corpo. Voltò lentamente la testa e vide che lui l’aveva colpita con una spada che ora era caduta a terra. Gli occhi del ragazzo di riempirono di lacrime. «Mi dispiace», fu l’ultima cosa che lui le disse, «ma non potevo più restare a guardare mentre la tua anima si faceva sempre più nera. Credimi, tu sei l’unica vittima che non ho mai voluto mietere».Poi gli occhi le si chiusero da soli, mentre il mondo perdeva piano consistenza. Si svegliò come ogni notte: gridando in preda a tremori incontrollati. Sapeva per esperienza che nessuno sarebbe venuta ad accarezzarla. Da troppo tempo quella casa era vuota, solo lei l’abitava e i suoi genitori che di tanto in tanto tornavano a casa. Non che non le volessero bene, sia ben chiaro, semplicemente avevano tanto da lavorare. I due avevano tanto insistito perché lei avesse qualcuno che l’aiutasse in casa, ma la ragazza aveva sempre rifiutato. Detestava chiedere aiuto agli altri, non l’aveva mai fatto e sicuramente non avrebbe iniziato in quel momento. Sentiva ancora come se ci fosse davvero una spada dentro di sé. Decise di andare a farsi una doccia per scacciare via quella sensazione. Guardò la sveglia sul comodino: le sette meno cinque. Tempismo perfetto, cinque minuti prima che suonasse. Si alzò dal letto e corse in bagno. Quando sentì il getto d’acqua calda contro la pelle si sentì immensamente meglio. Finita la doccia si avvolse in un asciugamano e guardò il suo riflesso allo specchio: occhi celesti, viso piccolo e grazioso, due ciuffi di capelli azzurri come i suoi occhi facevano a pugni col suo colore naturale. Aveva i capelli lunghi fono a metà schiena e di un acceso arancione, sembrava quasi il colore di una carota.  
 
 
 
 
 
 
 

ciao!
come state? io bene, ora che finalmente ho trovato il coraggio di pubblicare questa storia.
vi avverto: ci metterò un po' ad aggiornare questa fic perché ho deciso di stare molto più attenta, cmq i nuovi capitoli saranno pubblicati ogni domenica, se vi può interessare...
vi prego recensite!! è importantissimo per me!
beh, ora vi lascio, ciaoo!!

 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Primo giorno ***


Note autrice: dopo aver appurato che non riesco a non pubblicare un capitolo se ce l'ho pronto vi presento il mio nuovo capitolo!

Capitolo 1 – Primo giorno
ĉapitro 1- unua tago


 
 
Si vestì in fretta, non voleva fare tardi. Legò i suoi ciuffi di capelli azzurri dietro la testa, in modo tale da impedire a quelli arancioni di finirle negli occhi. Indossò l’uniforme, drammaticamente rosa, e fece una faccia inorridita quando si accorse della lunghezza della gonna: sì e no dieci centimetri, al massimo dodici. Sapeva che avrebbe dovuto mettere le scarpe corredate all’uniforme, ma detestava indossare qualsiasi cosa tranne gli stivali perciò mise i suoi preferiti, anche se così facendo avrebbe infranto le regole dell’istituto. Quella era circa la milionesima volta che cambiava scuola e sperava disperatamente che fosse quella buona, magari si sarebbe fatta anche degli amici. Non ne aveva mai avuti di veri, questo perché la maggior parte dei suoi coetanei erano intimoriti dalla sua spiccata intelligenza e dal comportamento che pareva freddo. In realtà non era così, lei era semplicemente timida.
Uscì di casa in anticipo, perciò si prese un po’ di tempo per camminare con tranquillità. Quello sarebbe stato il suo primo giorno alle superiori, adesso aveva 14 anni.
Si immerse come al solito nel suo mondo fatto di sogni e colori, dove nessuno soffriva mai. Un mondo perfetto e, proprio per questo, assolutamente irreale.
Sentì delle voci maschili e si girò appena in tempo per vedere due ragazzi, uno magrolino e uno grosso come un armadio, passare accanto a lei. Quello magrolino, che aveva gli occhi rossi e dei capelli di un colore strano, blu con dei ciuffi rosso fragola, la travolse in pieno. Il ragazzo sbatté sonoramente il fondoschiena sul marciapiede, mentre lei mantenne l’equilibrio, abituata com’era a cadere sin da piccola, aveva ormai imparato a non cascare al minimo spostamento d’aria. Quando lui si riprese dalla botta, che a giudicare dalla sua espressione doveva essere stata piuttosto violenta, si rialzò. «Scusami tanto non ti avevo vista!», tese una mano verso la ragazza,«molto piacere, io sono Yuma Tsukumo, tu invece?»
Lei gli strinse la mano con vigore, una stretta ben salda. «Piacere Yuma, io sono Sayuri Reika Matsumoto, ma preferisco essere chiamata Sayuri»
Yuma la guardò stranito, sorpreso dal fatto che Sayuri avesse tanti nomi. Poi notò com’era vestita e un sorriso gli si dipinse sul volto . «Hey, ma quella è l’uniforme della nostra scuola! Non ti ho mai vista, sei nuova per caso?»
Sayuri sperò di essere in classe con quel ragazzino così esuberante, le stava simpatico. «Sì, oggi è il mio primo giorno!».E era così felice di avere conosciuto qualcuno della sua nuova scuola, sapeva che era enorme e aveva una paura matta di perdersi.
Anche l’altro si presentò e disse di chiamarsi Bronk. Solo in quel momento i tre si accorsero di che ore fossero e si affrettarono per non arrivare tardi a scuola, anche se in fondo non mancava poi così poco, potevano tranquillamente farcela.
Fu allora che, svoltando un angolo, un ragzzino cadde addosso a Yuma ed entrambi finirono sulla strada.  Sayuri ebbe un piccolo deja-vu e si chiese se per caso Yuma non fosse uno di quelli che cade in continuazione, anche perché, se così fosse stato, avrebbe avuto tutta la sua comprensione.
Il ragazzino contro cui Yuma era andato a sbattere era piuttosto bizzarro: aveva dei dolcissimi occhi color violetto, un sorriso sincero e aperto, la pelle bianchissima e dei capelli color carota ritti in testa, quasi parevano una carota vera.
A Sayuri ricordò qualcuno, ma non capiva chi.
Intanto il ragazzo si era presentato e scusato e aveva asserito di essere un grande fan di Yuma, il suo nome era Rei Shingetsu. Alla fine si era rivelato un tipo simpatico, sembrava docile come un agnellino. Arrivarono a scuola giusto in tempo – Rei, guarda caso andava nella loro scuola – appena prima che squillasse la campanella.
Non appena i quattro arrivarono a scuola una ragazza della loro età con dei brillanti capelli smeraldini aveva detto «Yuma? Sei arrivato in orario? Sicuro di star bene?». Quelle semplici domande scherzose furono la causa di una discussione tra i due che venne interrotta dal trillo della campanella.
Sayuri si diresse verso quella che le era stata indicata come la segreteria della scuola, dove aveva trovato una gentilissima segretaria che le aveva fornito il nome della sua sezione, 1° C, la stessa di Rei, che era venuto con lei, accompagnato dai ragazzi che avevano incontrato, che anch’essi si trovavano nella stessa classe.
Non appena Sayuri fece il suo ingresso nell’aula tutti gli studenti si zittirono improvvisamente.  Non era strano, anche perché la ragazza era molto carina e aveva il fisico di una modella. L’uniforme rosa, anche se faceva a  pugni col colore dei suoi capelli, sembrava essere stata cucita su misura per lei. Tutti la guardarono sorpresi e la ragazza arrossì violentemente, portando un po’ di colore sulle pallidissime guance.
Proprio in quel momento fece il suo ingresso un uomo che doveva avere circa una trentina d’anni e che con tutta probabilità era il professore.
«Buon giorno ragazzi! Oh, vedo con piacere che abbiamo due nuovi arrivi, molto piacere io sono il professor Kay e insegno matematica! »
Uno dei ragazzini presenti fece un’alquanto strana e insolita domanda «Hey, pel di carota! Quella è tua sorella vero? Se è così mi dai il permesso di uscirci?»
Rei, al quale era rivolto la domanda rispose «eh?». Lui e Sayuri si scambiarono uno sguardo e dissero all’unisono, puntando l’indice  l’uno contro l’altra. «Noi due parenti? Ma sei fuori di testa?»
Il ragazzino che aveva fatto la domanda ci rimase parecchio stupito .«Scusate, ma vi assomigliate come due gocce d’acqua!»
Sayuri rifletté attentamente su quanto affermato da quel tipo e si rese conto che aveva ragione: se non fosse stato per gli occhi sarebbero potuti passare per due gemelli! Era parecchio strano in effetti...
«Spiacente Akiro, ma ti sei sbagliato. Rei e Sayuri non sono parenti», intervenne il professore.«Ora ragazzi, se non vi dispiace venite a presentarvi»
Ecco quello era il momento tanto temuto, la presentazione. Lei era troppo timida e aveva paura di combinare qualche pasticcio, come suo solito del resto. Si avvicinò alla cattedra titubante, mentre il suo viso s’imporporava sempre di più.
«P-piacere i-io s-sono...», a quel punto la voce le si bloccò in gola. Si sentiva addosso gli sguardi di tutti quei ragazzi e non sapeva cosa fare. Fu Rei a tirarla fuori dai guai.«Lei è Sayuri, ma è timidissima. Io invece sono Rei, molto piacere di conoscervi!». Sayuri era sconcertata. Quel ragazzo era un concentrato di energie, sprizzava allegria da tutti i pori.
«Bene, ora potete sedervi, c’è un solo banco libero», detto questo indicò un banco che si trovava in un angolino dell’aula.
I due si diressero verso il banco e presero posto.
Sayuri era troppo sconvolta per parlare, tutto al contrario del suo nuovo compagno, che chiacchierava con lei come se si conoscessero da sempre. Era strano a pensarci bene ma ogni volta che si trovava in sua compagnia sentiva uno strano senso di familiarità.
Quel giorno non sapeva che le prendesse, non riusciva a concentrarsi e non riusciva a prestare alla lezione del professore, nonostante la matematica fosse la sua materia preferita.
Fu un attimo. Percepì una variazione di luce all’interno della classe, come se ci fosse più luce del solito, una cosa assurda. Si guardò in giro e, non appena i suoi occhi si posarono sul banco di Yuma, credette di sognare: proprio sopra la testa del suo amico c’era uno spirito azzurrognolo che fluttuava a mezz’aria. Il corpo etereo era coperto di arabeschi verdini e i capelli, dello stesso colore della pelle, erano tagliati come una mezzaluna. Lo spirito, quasi come se percepisse lo sguardo della ragazza, si voltò nella sua direzione. Lo strano essere aveva gli occhi più strani che avesse mai visto: uno era di un colore ambrato che andava verso l’oro, mentre l’altro era di un colore simile a quello dei capelli e della pelle, un azzurro tanto tenue da parer quasi bianco. La ragazza distolse subito lo sguardo, terribilmente shoccata e imbarazzata. Non sapeva se quello fosse un frutto della sua fervida immaginazione che ogni tanto le giocava qualche brutto tiro oppure fosse reale, sta di fatto che non riusciva a guardarlo negli occhi per più di due secondi.
Vide con la coda dell’occhio che lo strano essere le si avvicinava con circospezione. Non sapeva come reagire, decise quindi di far finta di non vederlo. Quando egli arrivò al suo banco, anche se né lui né Sayuri se ne accorsero, Rei guardò nella sua direzione, perdendo per un istante quell’aria da tonto  per assumerne una seria e fredda.
Comunque nessuno dei due se ne rese conto perché troppo impegnati ad osservarsi a vicenda.
Lo spirito ormai era vicinissimo, tanto vicino che se avesse voluto Sayuri l’avrebbe potuto allungare una mano e toccarlo.
«Tu mi vedi?», chiese il ragazzo, con una voce seria e composta che non lasciava trapelare nessuna emozione.
Lei scrisse qualcosa su un foglio, anche perché era certa che nessuno lo vedesse.
“Sì”, scrisse. “sei reale?”                                
Lui assunse un espressione perplessa. «Certo, il mio nome è Astral, Sayuri»
Le trasalì: come faceva a conoscere il suo nome?
“Come...?”, cercò di scrivere, ma venne interrotta da Astral. «Ho sentito quando lo dicevi a Yuma»
“Eri sempre con lui?”
«Sì, lo sai succede raramente che qualcuno riesca a vedermi, come fai tu?» Ecco, quella sì che era una bella domanda.
“Non lo so, ma questa è solo una delle cose strane che mi accadono”, scrisse lei senza pensarci, quasi istintivamente. Non si era mai aperta così tanto con qualcuno, ma quello strano essere le ispirava fiducia.
«Ad esempio?», ora Astral non riusciva più a mascherare la sua curiosità.
“E’ complicato da scrivere”, rispose semplicemente la ragazza.
Proprio in quel momento la campanella suonò e il professore uscì, salutando tutti gli studenti. Quello era il momento della pausa pranzo. Sayuri si allontanò dal suo banco e si diresse verso il prato che c’era fuori nel cortile, ma prima che potesse raggiungerlo Yuma e altri suoi amici le si piantarono davanti.
«Hey, Sayuri, vedo che hai già conosciuto Astral», disse il ragazzo dagli occhi cremisi, indicando il suo amico.
«Sì e vorrei sapere un po’ di più su di lui»
«Lascia perdere, la storia della mia vita è un salto tra buchi di memoria e missioni di cui nemmeno io so gli obiettivi, una cosa noiosissima». A quanto pareva lo spirito era più interessato a sapere che cosa accadeva alla nuova arrivata, piuttosto che raccontarle le poche cose che si ricordava di sé
«Se dici così m’incuriosisci ancora di più!», protestò la ragazza.
«Allora facciamo così: tu mi racconti qualcosa di te e io di me»
I due fino a quel momento avevano parlato come se ci fossero solo loro, incuranti della presenza degli altri.
«Questa cosa la potreste fare dopo?», chiese Yuma. «Vorrei presentarti i miei amici nonché tuoi compagni di classe!»
Sayuri lo guardò negli occhi e sorrise imbarazzata, mai nessuno si era comportato in modo tanto gentile con lei.
Il ragazzo dalla capigliatura punk cominciò a presentarle tutti. C’era la ragazza dai capelli verde smeraldo che aveva incontrato quella mattina, il suo nome era Tori e sembrava molto dolce. L’altra ragazza del gruppo era parecchio bizzarra: aveva i capelli tagliati in modo che sembrassero delle orecchie da gatto e aveva una coda che penzolava inquieta, come se fosse preoccupata per qualcosa. Oltre a Bronk, che lei aveva già conosciuto, c’era anche Caswell, il mago dell’informatica, Flip l’imbroglione e...
«Shark! Ciao amico, come va?», urlò Yuma ad un ragazzo che passava di là. Il cosiddetto Shark era molto strano, aveva un espressione da duro. I colori della sua uniforme erano diversi dai loro quindi si poteva presumere che fosse più grande. Ma la cosa che colpiva di più erano i suoi capelli. In quella scuola ce n’erano tipi con tagli strani ma il suo superava ogni limite: era  viola scuro e aveva quatto ciuffi laterali che gli incorniciavano il volto che sembravano i tentacoli di un polpo. Era troppo buffo!
Il ragazzo si girò e guardò Yuma «bene, tu che combini di bello?»
«Presento ai mie amici la nostra nuova compagna di classe. Anzi! Ora la presento pure a te!»
Sayuri si avvinò a Shark con circospezione, quasi avesse paura che potesse morderla.
Lui l’osservò per un po’ e lei fece lo stesso. Rimase colpita dagli occhi: un blu profondo come i fondali marini, incredibili. Lui le porse la mano «io sono Reginald Kastle, altrimenti detto Shark»
Lei gliela stinse e non appena lo toccò percepì uno strano calore che dalla mano le attraversò  tutto il corpo. La ragazza non capì cosa fosse successo, ma si convinse che fosse solo una cosa passeggera. «io invece sono Sayuri Reika Matsumoto, altrimenti detta Sayuri», disse riecheggiando di proposito le parole del ragazzo.
Lui sorrise compiaciuto. «piacere di conoscerti Sayuri», si rivolse a Yuma,«hey, Yuma,ti ricordi di Rio? Domani tornerà a scuola»
A quel punto Tori s’intromise «allora si è rimessa! Sono tanto contenta per voi!», quella ragazza era sempre gentile con tutti.
«già ora si sente meglio», detto questo Shark si girò e si diresse verso le scale che c’erano dietro alla combriccola.
“che strano tipo!”, pensò Sayuri, che ancora non si spiegava la sensazione che aveva provato quando aveva toccato Reginald.  Una sensazione sconosciuta. Mai provata prima d’allora.
Un rumore la distolse dai suoi pensieri: il tonfo di qualcuno che cadeva dalle scale. Inconfondibile, almeno per chi è abituata ad inciampare regolarmente. Sayuri si voltò e vide che Rei era a terra ai piedi della scalinata. Sembrava quasi che quel ragazzino non potesse fare un passo senza cadere e portarsi giù con lui un paio di persone, come aveva fatto in quel momento. Sotto di lui infatti c’era il povero Reginald che gli urlava contro «accidenti! Ma vuoi stare più attento a dove metti i piedi?!!»sembrava parecchio arrabbiato e continuò ad urlare fino anche dopo che lui l’ebbe aiutato a rialzarsi.
«scusami, scusami tanto, non ti avevo visto!», il ragazzo sembrava parecchio dispiaciuto.
Molti degli studenti in corridoio si erano fermati per assistere alla scena e confabulavano tra loro. Sentivano aria di guai. Infatti, da come Sayuri poté sentire, Shark era l’ex bullo della scuola ed era uno dei preferiti dalle ragazze. Lei non dava loro torto: quel ragazzo – capelli a parte – non era affatto male. Si rimproverò per aver formulato quel pensiero, non era da lei!
Intanto Reginald  cercava di trattenersi dal fare qualsiasi cosa gli stesse passando per la testa «impara a camminare su una superficie piana!». Il ragazzo si voltò mentre un intimorito Rei cercava di non prendersela a male.
«tranquillo, Shark fa sempre così», gli disse Yuma per cercare di tirarlo su di morale.
Sayuri osservò il ragazzino dai capelli arancio e decise che avrebbe fatto amicizia con lui, timidezza o no. Non sapeva perché ma sentiva che legare con lui era una cosa che doveva assolutamente fare. Si rese conto che troppe cose stavano accadendo senza che lei se ne spiegasse il motivo. Troppi misteri stavano entrando nella sua vita, ma si disse che non poteva farle altro che bene.
Dopo  la pausa pranzo ci fu un po’ di tempo solo per duellare. Sayuri si defilò in quattro e quattr’otto:  non voleva duellare con nessuno. Il vero problema fu riuscire a sfuggire a Yuma, che voleva assolutamente fare un duello con lei. Niente di più facile, direste voi, ma per lei non era facile duellare, accadevano sempre delle cose brutte quando duellava, un ragazzo una volta si era accasciato al suolo non appena i suoi life points si erano azzerati e dal suo cuore era emersa una carta molto particolare, lei le conosceva bene, era una carta Numero. Anche Sayuri ne possedeva una, anche se non si comportava come la maggior parte delle persone che entrava in possesso di uno di quei mostri. Lei aveva una volontà sua.  Non si sarebbe mai fatta comandare da nessuno, men che meno da una carta.
Le altre ore scolastiche passarono tranquille, senza nessun tipo di problema. Strano per lei, che combinava guai dalla mattina alla sera grazie alla sua innata goffaggine. Quando le lezioni finirono si alzò dal suo banco e Yuma la raggiunse.
«hey, Sayuri, io e i miei amici facciamo un giro in città oggi. Ti va di venire con noi?»
Sayuri ci rimase di sasso. Mai nessuno l’aveva invitata a passare un pomeriggio fuori. Era terribilmente indecisa, non sapeva che pesci pigliare. Guardò Astral e vide che faceva un impercettibile sì con la testa. Fu grazie al gesto dell’Astrale che si decise. In fondo non aveva di meglio da fare.
«ma certo Yuma», gli rispose sorridendo.
«va bene allora passiamo davanti casa tua», Sayuri gli diede il suo indirizzo e si misero d’accordo. La ragazza non era mai stata tanto imbarazzata ed entusiasta in vita sua. Era elettrizzata al pensiero di trascorrere una giornata con dei suoi amici. Credeva che niente quel giorno sarebbe potuto andare storto.

 
 
   







Angolo autrice
Eccomi di nuovo, vi avverto che non riesco a rispettare le scadenze, quindi se avrò un capitolo nuovo pronto ve lo presenterò.
Questo capitolo sarà il primo di una serie che spero vi piacerà.
Sono troppo elettrizzata! Non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni!
Vector: sempre che ce ne siano
Io: non portare sfortuna! non  vedo l'ora di sapere che ne pensate!
Ciaoo!!


 
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Aure e segreti ***


Capitolo 2 – aure e segreti

ĉapitro 2 - auras kaj Sekretoj



Sayuri tornò a casa molto presto. Era talmente felice che stava quasi per dimenticarsi di mangiare, quasi. Bisogna sapere che la ragazza in questione ama mangiare quasi quanto Yuma, se non di più.
Decise che per l’uscita di quel pomeriggio si sarebbe assolutamente cambiata, non voleva certo fare brutta figura. Decise di mettere i suoi vestiti preferiti: gonna nera lunga fino al ginocchio, maglietta azzurra con tutte le tonalità del turchese e degli stivali beige, quelli che metteva sempre.
Si guardò allo specchi e mentre rimirava la sua immagine si ritrovò a sperare che ci fosse anche Shark. Quel ragazzo le ispirava simpatia. Sembrava un tipo abbastanza scorbutico se non lo conoscevi bene come lei, ma Sayuri era certa che con le persone con cui si fidava era un tipo totalmente diverso. Ecco cosa pensava di lui e di solito non sbagliava mai un giudizio.
All’improvviso un mal di testa atroce la colse e sentì rimbombarle in testa una frase:
il mio cuore ti appartiene, sempre e per sempre.
Non aveva alcun senso. Non aveva mai pensato quelle parole. Anche se era certa che qualcuno gliele avesse rivolte. Era una cosa assurda, lo sapeva, ma era quella la sensazione che aveva.
Proprio in quel momento il campanello suonò e Sayuri andò ad aprire, dimenticandosi totalmente di quello che le era appena successo.
In fondo cosa poteva essere? Solo una frase che qualcuno aveva pronunciato, nulla di preoccupante.
Ma quanto si sbagliava...
Sayuri rispose al citofono. Erano i suoi compagni che le dicevano di scendere.
Quando uscì vide che tutti i ragazzi che aveva conosciuto quella mattina erano lì davanti a lei, allegri e sorridenti.
Rei e Yuma ridevano come matti, mentre gli altri li osservavano perplessi.
«che succede?», Sayuri era desiderosa di sapere perché quei due ridessero così tanto.
«nulla», le rispose Katy,«Rei ha fatto una battuta assurda e lui e Yuma si sono messi a ridere come matti»
La ragazza dai capelli arancioni li osservò attentamente e per un attimo le sembrò che negli occhi di Rei ci fosse una strana luce, una luce cattiva, maligna. La sensazione durò un istante e gli occhi del ragazzo tornarono chiari e limpidi come sempre.
Lei cercò di autoconvicersi che  se l’era solo immaginato,  quel ragazzino non poteva essere cattivo, emanava un’aura di bontà immane.
Eppure non riusciva proprio a scacciare quella sensazione, le sembrava di vedere qualcosa dentro quegli occhi, come delle emozioni negative che gli gravitavano intorno, avvolgendoli in una strana aura maligna che si avvolgeva, danzava, mulinava. Era qualcosa che pulsava, la attraeva in un modo quasi magnetico.
«Sayuri, stai bene?», le chiese Astral, distogliendo l’attenzione della ragazza da ciò che aveva appena visto.
«sì, sto benissimo...», gli rispose la ragazza, distogliendo lo sguardo da quell’aura misteriosa.
«sicura?», si vedeva che lui era preoccupato, e molto anche.
Lei cercò di essere il più convincente possibile. «certo Astral, tranquillo!», lei sorrise allegra.
Lo spirito non sembrò molto convinto, ma decise di rispettare la decisione di lei di non dirgli nulla. Sayuri gliene fu grata.
Si diressero verso il parco divertimenti di Hartland City, la loro meta.
Nonostante la ragazza abitasse in quella città sin da quando era nata non ci era mai passata, non aveva mai avuto nessuno con cui andarci, semplicemente per questo. Passarono una giornata bellissima, tra i mille piccoli e in fondo scherzosi litigi di Yuma e Tori e le epocali cadute di Shingetsu. Anche se Sayuri fece la sua parte in quel campo, furono protagonisti, insieme al ragazzino strano, lei e la sua praticamente inesistente grazia, che era quasi paragonabile a quella di un elefante in un negozio di cristalleria.
Era quasi buio quando la ragazza decise che avrebbe fatto meglio a rientrare e, dato che la sua casa era una delle ultime, rimasero in giro solo lei e Yuma, che si era offerto di accompagnarla asserendo che per lui non era affatto un problema.
«ma ci vivi da sola in quell’immensa casa?», chiese il ragazzino dal taglio punk dopo un po’.
«sì, i miei non ci sono mai, non ho rapporti con loro», era difficile per lei parlare di quella parte della sua vita, quella che aveva passato in più completa solitudine.
«e con chi lo passavi il tuo tempo quando non venivi nella nostra scuola?»
«più che altro a leggere i libri che ci sono a casa mia, sembra quasi di stare in una biblioteca!»
Lei amava leggere, sentire il peso dei libri sulle gambe quando li teneva in grembo e leggeva fino a tarda notte, il meraviglioso profumo dei tomi vecchi che le riportava alla luce episodi della sua infanzia, quando ancora i suoi avevano tutto il tempo del mondo per stare insieme alla loro bambina. Sayuri li ricordava bene quegli anni: credeva che nulla avrebbe potuto rovinare il suo piccolo mondo, fatto di mille momenti quotidiani pieni di felicità. Ma tutto cambiò quando la piccola impresa dei suoi divenne una grande catena di fabbriche del mondo e i genitori della ragazza cominciarono a partire per occuparsi d’affari.
«davvero?», la domanda di Yuma la strappò alle sue considerazioni.
«certo, amo leggere» il sorriso di lei si fece più ampio.
Astral la osservò. Si rese conto che quella ragazza era speciale, non c’era un motivo ben preciso per formulare un pensiero del genere, semplicemente se lo sentiva. 
Però una cosa ancora non gli era tanto chiara: cosa le era successo quel pomeriggio? Si era come fermata per qualche attimo, nei suoi occhi un’aria trasognata, piena di stupore e meraviglia, quasi avesse visto chissà quale incredibile bellezza. Eppure era certo che stesse fissando Rei, il nuovo amico di Yuma. Un altro personaggio incredibilmente particolare che, da quando gli aveva sbattuto contro, seguiva il suo amico dappertutto. Sembrava nutrisse una grande stima per lui, cosa assai strana, considerando di chi si stava parlando. Un’altra cosa su cui rifletté era l’incredibile somiglianza tra quei due, Rei e Sayuri, che sembravano neanche non rendersene conto. Potevano benissimo passare per parenti, come aveva pensato quel compagno di Yuma. Non potevano esistere due persone che si somigliavano tanto, era praticamente impossibile.
«beata te, io mi addormento sempre», stava dicendo il ragazzo dagli occhi cremisi a Sayuri.
«secondo me è perché non sei stato abituato sin da piccolo, ecco perché! Oh, eccoci!», senza che nessuno dei tre se ne fosse accorto erano arrivati proprio davanti all’immensa casa della ragazza.
Sayuri abitava in una villa a tre piani, bianchissima. Tutt’intorno alla casa c’era un piccolo giardinetto curato pieno di gigli. Questo particolare saltò subito agli occhi di Astral, che conosceva benissimo i significati dei nomi giapponesi.
«i gigli sono una coincidenza o è fatto apposta?», chiese alla ragazza.
«che cosa vuoi dire, non capisco»Sayuri era piuttosto confusa.
«il tu nome significa giglio in giapponese, mi chiedevo se quella di far crescere i gigli in giardino fosse stata una scelta fatta per questo motivo»
La ragazza gli sorrise in modo dolce. «sono i miei fiori preferiti, sarà per via del nome, chissà»
Lui osservò quelle bellissime corolle bianchissime. Quei fiori erano molto belli e al chiarore lunare sembrava quasi brillassero di luce propria. Sembravano delle piccole stelle bianche. Astral rimase a guardarle per un po’, sentiva come se un ricordo collegato a quei fiori, o a dei loro simili, cercasse disperatamente di venire a galla, questo però era impossibile, lui poteva ricordare il suo passato solo grazie alle carte Numero.
Fu la voce di Yuma a farlo tornare in sé. La voce del suo migliore amico, quello per cui avrebbe dato la vita e che l’avrebbe data per lui.
I due se ne andarono lasciando Sayuri da sola. La ragazza aprì la porta di casa ed entrò. La casa era immersa in un silenzio che pareva quasi assordante, rispetto alla confusione che aveva regnato intorno a lei nelle ultime ore. Si accasciò sul divano, distrutta. Non le era mai capitato di passare una giornata del genere, ma la speranza che celava nel suo cuore era quella che non fosse l’unica che passava in quel modo.
Solo una cosa le era dispiaciuta: dover mentire così a Yuma. Non se lo meritava, ma lei era certa che fosse più che necessario. Gli aveva detto che leggeva  sempre. Bugia. In realtà quand’era sola a casa si divertiva a chiacchierare con il suo Numero.
Numero 108 “Angelo delle ombre”.
Estrasse la carta dal Deck e, quando lo fece, questa s’illuminò di una luce giallognola. Quando anche la luce fu sparita di fronte alla ragazza c’era un mostro, o meglio, lo spirito di un mostro. Angelo aveva l’aspetto di una comune ragazza, portava degli shorts neri di pelle, una maglietta blu scuro molto corta e degli stivali di pelle. I lunghi capelli erano raccolti in due trecce ai lati della testa che le lasciavano fuori dei ciuffi di capelli neri più corti. La cosa che la distingueva dagli esseri umani erano un paio d’ali totalmente bianche che erano grandi più di lei. Poteva sembrare un mostro non molto forte all’apparenza, ma quando era in duello dimostrava una potenza spaventosa.
«finalmente, credevo che oggi ti fossi dimenticata di me!», si lamentò lo spiritello.
«non potrei mai, è solo che sono uscita»
Angelo la guardò dall’alto in basso con molta attenzione, soffermandosi sull’abbigliamento della ragazza.
«chi è?», chiese dopo un po’.
Sayuri all’inizio non capì: chi era chi?
«ma di che stai parlando?», le domandò con aria interrogativa.
«del ragazzo con cui sei uscita, mi pare ovvio», disse il mostro con nonchalance.
A quelle parole la ragazza arrossì violentemente. «ma che vai a pensare! Sono solo uscita con dei miei compagni di classe!», esclamò.
«allora perché sei arrossita?», chiese con aria malandrina l’altra.
«perché questi discorsi mi mettono in imbarazzo!»
Angelo assunse una finta espressione triste. «allora non hai conosciuto nessun ragazzo carino nella tua nuova scuola?», certe volte era peggio di un’adolescente.
Sayuri non sapeva come risponderle, anche perché non appena la sua amica aveva detto la domanda, subito il nome Reginald le era affiorato alle labbra. Se c’era un ragazzo carino in quella scuola era decisamente lui.
Sayuri arrossì ancora più di prima e il Numero se ne accorse. «ah-ah! Allora qualcuno di carino c’è! Voglio sapere tutto!», esclamò eccitata.
«ma non è successo niente! È solo un amico di un ragazzo che ho conosciuto!»
«non importa, ti piace e si vede lontano un miglio, fallo diventare anche amico tuo! Potresti duellare con lui!», propose lei.
A Sayuri gelò il sangue nelle vene. «non se ne parla, e se avesse un numero?»
«si comporta come uno affamato di potere?», chiese il Mostro.
«no, ma...»
«e allora non ce l’ha! Dai duellaci, in fondo che ti costa?»
Niente, non le costava nulla, solo aveva un brutto presentimento. Non sapeva come spiegarlo, ma la sola idea di affrontare Shark la rendeva nervosa. Però la sua amica aveva ragione: quello era il modo migliore per conoscerlo.
«va bene, domani lo sfido a duello, sei contenta?»
Angelo era talmente contenta che si sarebbe volentieri messa a saltellare dalla gioia. «si! Sono tanto felice! Tu innamorata! E chi se lo sarebbe mai aspettato?»
In fondo il Mostro aveva ragione. Sayuri non si era mai innamorata di nessuno, nessun ragazzo le era mai parso interessante, almeno fino ad ora. Angelo le aveva fatto sempre il terzo grado riguardo a chi le piacesse, ma non aveva mai ricevuto una risposta che la soddisfacesse. Ora invece sembrava finalmente contenta di quello che aveva sentito.
Sayuri non poté non sorridere a sua volta: l’entusiasmo di Angelo era sempre contagioso, portava allegria. Quasi come Yuma, il cui sorriso aiutava sempre a tirare su di morale chi gli stava accanto. Quel ragazzino era un po’ tonto, questo sì, ma non si poteva dire che non fosse buono, chiunque avesse affermato una cosa del genere avrebbe detto la balla più grande dell’universo.
Yuma però non era il solo, anche Rei aveva questa innata capacità.
Non appena pensò il nome del ragazzo non riuscì a pensare ad altro che non fosse quell’aura oscura che aveva visto intorno ai suoi occhi quel pomeriggio. Era davvero una cosa unica. L’aveva attratta in modo strano, come se non potesse fare a meno di guardarla. Decise di parlarne con Angelo, le probabilmente avrebbe saputo aiutarla; o forse no.
Dopo che le ebbe spiegato quello che aveva visto il Mostro si limitò a liquidarla co un “te lo sarai sicuramente immaginato”. Questa risposta non convinse Sayuri, la ragazza era certa che la sua amica le nascondesse qualcosa, ma decise comunque di lasciar perdere: se non gliel’aveva detto aveva sicuramente le sue buone ragioni.
Quando fu il momento di andare a dormire, Sayuri si sentì improvvisamente triste, sapeva che cosa avrebbe sognato e la proposta non l’allettava per nulla.
 
Un bambino  che doveva avere sì e no sei anni stava tranquillamente passeggiando quando all’improvviso sentì un dolore al ginocchio. Si guardò la gamba e vide di essere ferito senza nessun motivo. Sapeva che cosa voleva dire: la sua gemella era di nuovo caduta. Si affrettò a raggiungerla,  sapeva perfettamente dove l’avrebbe trovata.
Esattamente come pensava la trovò sotto un albero di ciliegie che piangeva, non perché si fosse fatta male, ma perché era sola e non sapeva cosa fare.
«sorellina!», esclamò lui non appena fu  abbastanza vicino.
La bambina smise di piangere e lo guardò in viso.
«come hai fatto a farti male?», chiese lui preoccupato.
«sono caduta per terra»
«ce la fai a camminare?». Le gli rispose di sì con un cenno della testa e insieme si avviarono dentro casa. Succedeva sempre che quando uno dei due si facesse male all’altro spuntasse una ferita identica. Era una cosa che era accaduta sin da quando erano ancora in fasce. I due gemelli erano collegati in un modo che nessuno aveva mai compreso, nemmeno loro due, non in quel momento almeno.
Si volevano bene, anche più di un fratello e una sorella normali, ma ancora nessuno dei due era in grado di capire che cosa fosse con precisione il sentimento che provavano.
«come stai fratellone?», chiese dopo un po’ la piccola.
«bene, non sono io che sono caduto»
«ma sei ferito lo stesso», gli fece notare lei.
«non importa, ormai con tutte le cadute che fai ci ho fatto l’abitudine, imbranata», la prese in giro lui.
Lei si sentì ferita nell’orgoglio. «non sono un’imbranata, ho solo poco equilibrio», puntualizzò.
«cioè sei un’imbranata», dedusse lui.
La bambina fece una faccia offesa. «sei cattivo»
«no, non è vero, ti prendo solo un po’ in giro», il piccolo el si avvinò e l’abbracciò forte, «dai ammettilo che on fondo mi vuoi bene»
Lei cercò di resistere all’abbraccio, ma non riusciva ad essere arrabbiata col suo gemello per più di un minuto. «molto, molto in fondo», concesse.
« guarda che non ti crede nessuno», detto questo la sollevò da terra e la fece girare un paio di volte in aria, facendola sbellicare dal ridere.
«ma è ovvio che ti voglio bene!», esclamò alla fine lei, «sei mio fratello, come potrei non volertene?»
 
Sayuri si svegliò diversamente dagli altri giorni, per la prima volta non aveva sognato quel tizio strano che la uccideva. Ne era immensamente sollevata. Un altro sogno come quello e avrebbe chiamato lo psicologo. Nonostante non fosse il solito sogno raccapricciante, la turbò ugualmente. Un sacco di domande le giravano in testa, ma quando si accorse di che ore fossero si decise ad alzarsi, la sveglia avrebbe suonato di lì a poco.








Angolo autrice
Heilà! Ecco qui il mio nuovo capitoletto!
Viavviso che per il prossimo ci vorrà un po', dato che sono totalmente impazzita e ho deciso di descrivere un duello. Non so come mi sia venuta questa pazza idea, ma ho pensato che scrivendo su Yu-Gi-Oh non potevo non fare un duello!
Comunque spero che vi piacerà ugualmente
.
Recensite, è molto importante per me! P.S: ho una domanda da farvi: per caso qualcuno conosce bene il deck di Shark? se non riceverò risposta sarò costretta a inventarmi tutte le sue carte. nooooo!!!! non fatemelo fare!
Ciaoo!!

 
 
 

 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Duello con lo squalo ***


Capitolo 3 – duello con lo squalo

ĉapitro 3 - duelo kun la ŝarko



Sayuri arrivò a scuola perfettamente in orario. Quel giorno non aveva incontrato né Yuma né nessun altro per strada, perciò era arrivata anche prima del previsto.
Non appena giunse nel piazzale della scuola i suoi occhi furono subito attratti da una ragazza dai capelli azzurrissimi. Non era lei in sé che le interessava, bensì il ragazzo che le stava accanto. Shark. Lo avrebbe riconosciuto tra mille.
Decise di avvicinarsi per capire meglio la situazione, non voleva certo trarre conclusioni affrettate. Quando arrivò vicino a loro sentì la ragazza dire «Ma come, Reginald! Non mi dici chi è quella che hai conosciuto ieri?»
Sayuri non poté fare a meno di pensare che stessero parlando di lei.
«No, Rio, chi conosco sono fatti miei. E poi la conoscerai sicuramente», tagliò corto lui.
Rio. Quel nome le sembrava familiare, si chiese dove l’avesse sentito. Poi arrivò’illuminazione: il giorno precedente Shark aveva detto che sua sorella si chiamava così. All’apparenza sembrava simpatica e socievole.
«Ciao, Shark!», disse Sayuri per richiamare l’attenzione del ragazzo, il quale si girò per capire chi lo avesse salutato.
«Ciao Sayuri, come stai?», chiese, mantenendo la sua espressione imperscrutabile.
Prima che l’interpellata potesse rispondere, Rio s’intromise nella conversazione. «Allora sei tu!», esclamò, felice come una pasqua, «Reginald mi ha detto che sei nuova della nostra scuola, molto piacere io sono Rio, sua sorella», le disse porgendole una mano.
Sayuri la strinse, ma subito una strana sensazione di familiarità la invase, come se quel gesto l’avesse ripetuto mille volte. Cosa assai improbabile, dato che era la prima volta che vedeva quella ragazza in vita sua. Cercò con tutte le sue forze di non farci caso e concentrarsi sulla cosa più importante, piuttosto che andare appresso alla sua sfrenata fantasia: Shark aveva parlato di lei con sua sorella! La sola idea la rendeva felicissima.
«Il piacere è tutto mio», le rispose sorridendo.
In quel momento la campanella suonò e i due andarono verso le rispettive classi, mentre Sayuri faceva altrettanto.
«Avevi ragione, è proprio carino! Peccato per il taglio di capelli, però!» disse qualcuno alle sue spalle, facendola sobbalzare. La ragazza si girò e vide davanti a sé Angelo, che girava fluttuando tra gli studenti, non vista.
«Angelo!», disse indignata la ragazza, «Che ci fai qui? Mi segui?»
«Sì, tanto no ho di meglio da fare. Ora però sarebbe meglio se tu andassi in classe, non vorrai mica essere in ritardo, spero», la ragazza si rese conto di essere rimasta fuori dall’aula e si affrettò ad entrare. Per fortuna il professore non era arrivato, perciò poteva tranquillizzarsi. Si diresse verso il suo banco e la prima cosa che notò fu che Rei non c’era. Si guardò attorno e si accorse che, nonostante i suoi amici fossero presenti, anche Yuma mancava all’appello. Presumibilmente quei due erano assieme. Nulla di cui preoccuparsi.
Sayuri si sedette al suo banco e, per puro caso, i suoi occhi si posarono sul suo braccio destro. Si accorse di avere un piccolo livido rossastro, anche se non avrebbe mai saputo dire dove se lo fosse procurato. Le accadeva spesso di non accorgersi di farsi male e poi trovare un graffio o un livido da qualche parte.
Proprio in quel momento entrò il professor Kay e subito dopo di lui due ragazzini. Yuma e Rei. Sayuri si chiese cosa fosse successo loro. Infatti i due avevano la divisa tutta impolverata e Rei aveva addirittura un livido sul braccio. Nell’esatto punto in cui lo aveva anche lei.
Insieme a Yuma c’era l’immancabile Astral, con la sua caratteristica espressione seria. Non appena Angelo lo vide impazzì.
«Quanto. È. Carino», disse con voce adorante.
Prima che l’umana potesse chiederle a chi si riferisse, lo spirito azzurro guardò verso il suo banco e, non appena vide Angelo, i suoi occhi si sgranarono. Si diresse verso le due amiche, sempre con un’espressione di puro stupore sul volto.
«Chi sei?», chiese lui allo spirito.
« Io sono Angelo delle Ombre, e tu?»,Sayuri si accorse che non gli aveva detto di essere un Numero, cosa assai strana, visto che lei ci teneva sempre a puntualizzare che non era un semplice mostro xyz.
«Sei lo spirito di una carta vero?», l’essere astrale era davvero dotato di un grande intuito.
«Sì, esatto, ma ancora non mi hai detto il tuo nome», gli ricordò Angelo, che pareva essere tornata la stessa di sempre.
«Astral», rispose semplicemente lui, tornando verso il suo amico.
Sayuri guardò la sua amica e, quando Astral non fu a portata d’orecchio, le chiese «Quanto è carino? Poi dice che sono io quella innamorata!»
Angelo non le rispose e se ne tornò nella sua carta, un po’ perché si era offesa e un po’ perché stava arrivando Rei. Il ragazzino, dopo essersi sorbito una sfuriata insieme a Yuma per via del ritardo, si diresse verso Sayuri.
«Ma perché tu e Yuma siete arrivati così tanto in ritardo?», certe volte Sayuri era proprio curiosissima.
«Non so, io avevo anche proposto di usare una scorciatoia», rispose lui.
Una scorciatoia. Ecco perché erano conciati così. Si ripromise di non fare mai una delle scorciatoie di Rei, ne andava della sua salute. Non ci teneva proprio a farsi male in quel modo. Osservò Rei. Era pieno di piccoli graffietti, niente di preoccupante, ma comunque si preoccupò per lui.
«Ma che ti sei fatta?», la voce di Shingetsu la riportò alla realtà. Il ragazzo dai capelli arancioni stava indicando il suo braccio, più precisamente il livido che si era ritrovata.
«Non saprei, me ne sono accorta solo ora di averlo»
Rei assunse una strana espressione, sembrava quasi preoccupato, una cosa decisamente assurda.
Le lezioni passarono serene, anche se Sayuri non capì nulla di quello che spiegavano i professori. Nonostante potesse sembrare attenta in realtà pensava a tutt’altro. Nello specifico rifletteva sulla strategia da usare contro Shark. Non aveva idea del suo potenziale, ma era certa che fosse molto forte, perciò non poteva permettersi di sottovalutarlo. Voleva vedere in azione le sue carte più forti. Era certa di vincere. Anche se il dubbio che lui potesse avere un numero la rodeva e non le faceva pensare ad altro. Nonostante Angelo le avesse detto che secondo lei non ne aveva uno, Sayuri era invece certa del contrario.
Quando la campanella che segnava l’inizio della ricreazione suonò, la ragazza corse a cercare Shark. Lo trovò vicino a Yuma, che non appena aveva sentito la campanella si era subito fiondato fuori dall’aula. I due chiacchieravano tranquillamente, si vedeva che erano amici.
«Sei pronta?», le chiese Angelo apparendo accanto a lei.
«Sì», le rispose l’altra con decisione. Si avvicinò a Shark e, racimolando tutto il coraggio che possedeva, gli disse«Shark, io ti sfido a duello!», per la prima volta era sicura di sé, in fondo non aveva mai perso un duello, la statistica era dalla sua parte.
Stranamente tutti sentirono la sua sfida, nonostante la confusione. Sayuri poté percepire alcuni bisbigli dei ragazzi, dato che improvvisamente tutti si erano zittiti. A quanto pareva Reginald era stato un finalista di un grande torneo, e per poco non aveva vinto. Nemmeno quei bisbigli la scoraggiarono, era più determinata che mai.
Il ragazzo sorrise. «E io accetto volentieri la tua sfida, ma solo se mi assicuri che non mi annoierò»
Era una provocazione e la ragazza rispose a tono. «Anche se giocherai la tua carta più potente ti darò del filo da torcere, puoi starne certo!»
«Vedremo, anche se non credo che sarà necessario evocare Numero 32»
Numero. Aveva davvero detto Numero? Sayuri guardò la sua amica.
«Non lo sapevo, davvero», era rammaricata.
«Ti assicuro che sarà necessario invece», disse l’umana al ragazzo. Sayuri decise che avrebbe comunque sfidato Reginald, ora non poteva certo tirarsi indietro.
«Davvero? E come mai?»
«Vuoi davvero che ti sveli il mio asso nella manica, pensavo mi facessi più furba. E ora basta parlare»
«Sono d’accordo», il ragazzo estrasse il D-disk e si preparò.
Lei invece  stese il braccio e su di esso apparve un D-disk particolare: era nero, con degli inserti argentei. Il suo Duel Gazer era un tatuaggio a forma di fiore nero stilizzato, che face diventare il suo occhio da azzurro a bianco. Quello di Shark invece era più semplice.
 “Visone a realtà aumentata in funzione”, disse una voce proveniente da chissà dove.
(le carte di Regi sono tutte, o quasi, di mia invenzione così come quelle di Sayuri)
«ti lascio la prima mossa, Reginald, sono curiosa di vedere la tua potenza», a quanto pareva la ragazza era molto sicura di sé.
“mossa sbagliata”, pensò il ragazzo.                                                 
«Va bene, se proprio vuoi soccombere. Pesco!», il ragazzo mise nella mano la carta e si prese qualche secondo di tempo per pensare. Poi giocò.
«Evoco dalla mai mano la carta Mostro degli abissi, di livello quattro», un grandissimo pesce dalla forma strana apparve sul terreno di gioco,«E poi attivo subito il suo potere speciale, che mi permette di evocare due mostri di livello quattro o inferiore direttamente dal mio Deck. Fatevi aventi Sottomarino d’assalto e Pulitore del fondo», sul terreno di Shark apparvero altri due immensi mostri.
Sayuri, come del resto tutti gli altri presenti, sapeva perfettamente cosa il suo avversario stava per fare.
«E ora con questi tre mostri costruisco una rete di sovrapposizioni», i tre si trasformarono in raggi di luce colorata, che volarono su, per poi unirsi insieme«Ed ora ecco il mio mostro Numero:  N° 32 Draghetto Squalo. Ora metto una carta coperta sul terreno e termino il mio turno»
 
DRAGHETTO SQUALO
ATK:  2800
DEF: 2100
 
La ragazza non era sorpresa, non quanto gli altri almeno. Era vero che Shark era riuscito ad evocare subito il suo mostro xyz,ma se pensava di coglierla di sorpresa si sbagliava di grosso.
Lei guardò Angelo e le due si scambiarono un’occhiata d’intesa. «Bene, tocca a me, pesco! », guardò con la coda dell’occhi la carta che aveva appena preso e si concesse un sorriso, era proprio quella che le serviva. Perfetto.«Evoco subito Ombra della Notte», un essere dalla forma vagamente umana, con la pelle nera e viscida, fece il suo ingresso sul terreno. «E adesso per te cominceranno i guai: quando questo mostro viene usato per fare un’evocazione xyz vale doppio! Ora sovrappongo i due ombra della notte, entrambi di livello cinque! Entra in gioco, Numero 108, Angelo delle Ombre!»
 
ANGELO DELLE OMBRE
ATK: 2900
DEF: 1300
 
Shark era sconvolto: un Numero oltre il cento? Com’era possibile?
Rei intanto aveva sgranato gli occhi dallo stupore, anche lui shoccato dall’accaduto. Solo lui e i suoi compari avevano mostri del genere, per non parlare poi del fatto che oltre il 107 non dovevano esistere. Quel mistero andava risolto, e in fretta anche, o avrebbe potuto far saltare i suoi piani.
Comunque non erano solo loro ad essere stupiti, anche Yuma, Astral e tutti i componenti del “Club dei Numeri” erano rimasti senza fiato.
Sayuri interpretò perfettamente l’espressione del suo sfidante. «Cos’è, Reginald? Non ti aspettavi che avessi un numero? Te l’avevo detto che ti avrei dato del filo da torcere! E ora attivo la carta magia Luce della Vita, che conferisce ad un mostro a mia scelta 1000 pt d’attacco e io scelgo Angelo delle Ombre, che arriva così a 3900 pt. Ora, vai all’attacco Angelo delle Ombre, sferra un Attacco contro Draghetto Squalo!»
Una folata di vento colpì Shark e gli tolse 800 lp, ma stranamente il suo mostro rimase in piedi. «Attivo la carta trappola Difesa Disperata, che permette ad un mio mostro di non essere distrutto in battaglia», nonostante fosse in una situazione complessa aveva avuto la prontezza di riflessi di giocare la  sua trappola, anche da questo si notava quanto fosse bravo.
 
Sayuri: 4000 Shark: 3200
 
«Per questa volta il tuo mostro si è salvato, ma non sarai più così fortunato, detto questo, metto due carte coperte e concludo il mio turno», quando duellava, Sayuri diventava un’altra persona. Forte, decisa e spietata. Era una guerriera nata.
Shark si prese qualche secondo per osservarla. Si chiese cos’altro nascondesse quella ragazzina all’apparenza così dolce, ma che aveva dimostrato di saper come farsi rispettare. Voleva saperne di più.
«È il mio turno, pesco! E ora attivo la carta Elusione Sottomarina, grazie a questa carta, i punti d’attacco del tuo mostro tornano ad essere quelli originali e ti infliggo un danno equivalente ai punti d’attacco che hai perso!», quella volta toccò a Sayuri perdere punti, ma ancora non era finita, la partita era tutta da giocare. «metto due carte coperta sul terreno e ti passo la mano»
 
Sayuri: 3000 Shark: 3200
 
La ragazza assunse un’espressione beffarda «Credi che giocare in difesa ti possa aiutare a vincere? Ti sbagli!», quello era il suo turno, perciò pescò e sorrise, un sorriso che non lasciava trasparire nulla di buono. «Ora attivo il potere speciale del mio mostro: utilizzando un’unità sovrapposta posso annullare gli effetti di tutte le tue carte magia e trappola, quindi la mia carta Luce della Vita fa aumentare di nuovo i punti d’attacco del mio mostro. Poi attivo l carta magia Ribalta della Luce , che azzera i punti d’attacco del tuo mostro per tutta la durata del mio turno. Ora Angelo delle Tenebre, attacca Draghetto Squalo!»
Il Numero 108 colpì in pieno il mostro di Shark, che si frantumò in mille piccoli frammenti di luce, infliggendo a Reginald un danno di ben 3900 punti. Il ragazzo venne sbalzato al suolo da un’onda d’urto.
 
Sayuri: 3000 Shark: o
 
Il duello era concluso e Sayuri aveva vinto. I due si tolsero i rispettivi Duel Gazer, imitati dagli altri studenti che si erano fermati ad assistere.
Sayuri corse ad aiutare Shark, che a quanto pareva non era messo molto bene. Gli porse una mano e lo aiutò ad alzarsi.
«È stato uno dei duelli più belli della mia vita, sei un portento», le disse lui mentre si rialzava.
«Grazie, anch’io mi sono divertita molto», gli rispose lei arrossendo. Ora pareva essere tornata la solita, dolce e distratta ragazzina di sempre.
Rei la guardò parlare con Yuma e gli altri, che si congratularono con lei per la vittoria. Ancora non riusciva a capire come una semplice umana potesse avere un Numero oltre il cento e non essere sotto il suo controllo. Era impossibile, l’aura dei terrestri era tanto facile da piegare alla volontà di qualcun altro. Eppure non la sua.
Suonò la campanella che annunciava il riprendere le lezioni e tutti gli alunni si diressero verso le proprie classi. Anche lui fece lo stesso, unendosi al gruppetto di Yuma e dei suoi amici. Però, nonostante ci provasse, l’espressione di Sayuri quando duellava non lo abbandonò un istante fino ala fine delle lezioni. Decise che non era più il momento di agire da solo, anche gli altri dovevano partecipare al suo piano. Lui era come un burattinaio che muove i suoi burattini per mettere in scena una commedia. Solo che nel suo caso non si trattava di una commedia, bensì della distruzione di un mondo. Una cosa assai più divertente, dal suo punto di vista.









Angolo autrice
visto che alla fina ce l'ho fatta a pubblicare domenica?
beh, ora sarò davvero regolare nel pubblicare, anche perché gli esami si avvicinano.
allora... come vi è sembrato?
il duello non faceva troppo schifo vero?
spero ci no, mi ci sono messa di impegno!
ma lo sapete che Shark ha pochissime carte mostro di livello 4? me le sono dovute inventare (come sicuramente avrete notato) per poter fargli evocare numero 32!
tralasciando questi dettagli... spero che vi sia piacuto!
ciaooo!!! alla prossima domenica!!



 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Danza mortale ***


Capitolo 4 – Danza mortale

ĉapitro 4 - Mortiga danco



La notizia che la nuova alunna della 1° C aveva battuto Shark ci mise meno di mezz’ora a fare il giro della scuola. La notizia era sulla bocca di tutti e sarebbe stata uno degli argomenti più in voga, almeno per quella giornata. Ci sarebbero state numerose versioni, ma solo chi era lì avrebbe saputo che cosa era successo davvero. Molti dicevano che Sayuri aveva battuto Reginald con una benda sugli occhi, altri che lo aveva battuto in un solo turno e cose del genere.
Sayuri non credeva che una sfida con Shark le avrebbe dato tutta questa popolarità, ma andò proprio così. Durante i buchi tra le ore molti studenti vennero nella loro aula per conoscerla, anche se lei si defilava sempre, lasciando che altri raccontassero com’era andata, dato che detestava stare sotto i riflettori.
Quando la scuola finì trasse un sospiro di sollievo. Non vedeva l’ora di andare a casa e riposarsi un po’, ma a quanto pareva ce’era qualcuno che aveva idee diverse. Yuma le si parò davanti «Aspetta! Hai duellato con Shark e non con me! Dai duelliamo», Sayuri non sapeva che fare, sinceramente era il suo ultimo desiderio fare un duello con Yuma.
Proprio in quel momento Rei, che aveva un gran tempismo, decise di fare un’epocale caduta.
La ragazza decise che era meglio filarsela, perciò approfittò del momento di distrazione generale per andarsene.
«Ciao!», dopo questo frettoloso saluto s’incamminò velocemente verso casa.
«Scappi alla chetichella?», chiese Angelo con una risatina.
Con quella domanda riuscì ad ottenere un’occhiataccia. «No, in caso non avrei salutato»
«Dai, non fare così! Tu per me esageri», quel mostro prendeva sempre tutto alla leggera.
Sayuri arrivò a casa prima del previsto, perciò decise che quel giorno avrebbe pranzato in maniera decente.  Sapete, è una seccatura cucinare per una persona, perciò Sayuri non cucinava sempre, solo quando ne aveva voglia. Cioè quasi mai.
 
Rei camminava sul marciapiede, pensava ancora al numero 108 e alla sua proprietaria. Si chiedeva come un’umana potesse controllare un Numero tanto forte come quello. Ma una domanda gli ronzava in testa più di altre: chi era davvero Sayuri?
Scoprire la verità sulla nuova arrivata stava diventando un obiettivo fisso. Era certo che nascondesse qualcosa, forse nemmeno lei se ne rendeva conto. Sin dal primo giorno aveva avvertito una strana sensazione standole accanto, quasi una sorta di familiarità, come se la conoscesse da tempo.
Ridicolo.
Si guardò intorno, notando che non c’era nessuno in strada. Perfetto. Ci mise pochi attimi per concentrarsi, poi le ali gli esplosero sulla schiena. Quel giorno non aveva tempo da perdere. Si alzò in volo in modo tale che nessun passante potesse vederlo. Si diresse verso la periferia di Hartland, verso una casa un po’ speciale. Lui e gli altri Bariani avevano bisogno di un quartier generale per stare sulla terra e quella catapecchia era perfetta. Anche se chiamarla catapecchia era davvero insultarla. Aveva sei stanze da letto e un salone immenso. Anche se lui odiava tutto di quel pianeta, non gli ispirava per niente. Era come se gli evocasse qualcosa di molto, ma molto doloroso accaduto in passato.
Senza che se ne fosse minimamente accorto era già giunto a destinazione. Si diresse verso terra,scendendo in picchiata e fermandosi prima di impattare col suolo e finire esattamente sopra ad un ragazzo dagli occhi verdi e la carnagione abbastanza scura.
«Piantala, mi stavi per ammazzare!», una vocetta stridula, segno che il ragazzo accanto a lui s’era preso un bello spavento.
«Tanto cosa cambierebbe?», a quella domanda pronunciata solo per fargli perdere le staffe, il ragazzo non poté non rispondere, «Voglio proprio vedere che mi fai!»
«Calma, calma Pugile, in fondo non ti ho centrato avrei potuto farlo benissimo, prendilo come un onore che ti ho concesso Arito»
L’altro storse la bocca. «Ma fammi il favore, ma quale onore! Piuttosto: hai scoperto qualcosa?»
Vector si fece pensieroso, «A parte che Shark si è fatto battere dalla mia nuova compagna di classe  e che questa ragazzina possiede un Numero oltre il cento? No, nulla», non perdeva mai il tono sarcastico.
«Che cosa?!», urlò Arito.
«Piantala di urlare, la tua voce si sente fino ad Hartland», s’intromise qualcun altro. «Sai qualcosa su di lei?»
«Ma guarda chi c’è, ciao Mizael», disse Vector, preparandosi mentalmente all’idea di tormentare il ragazzo appena apparso.
Vector squadrò Mizael, era la prima volta che aveva l’ ”onore” di rimirarlo nella sua forma terrestre. Sinceramente ne avrebbe fatto volentieri a meno. Veramente non avrebbe voluto vederlo in generale, ma quello era un desiderio che non si sarebbe mai avverato. Che peccato.
«E io che cosa dovrei sapere? Mica posso starle incollato», strano ma vero, per la prima volta aveva detto qualcosa di normale. Decisamente sospetto.
Mizael alzò un sopracciglio, scettico. «Davvero? E io che credevo non ti facessi scrupoli a fare una cosa del genere», in effetti torto non ne aveva.
«La mia priorità è Tsukumo, non una ragazzina venuta dal nulla che non sembra avere niente di speciale», l’Imperatore cominciava ad infastidirsi.
«Niente di speciale a parte un Numero fuori dal comune. È un’incognita, potrebbe rappresentare una minaccia»
A parlare era stato un ragazzo dai capelli e gli occhi grigi. Presumibilmente Durbe.
Vector sbuffò, non gli piaceva tre contro uno, e soprattutto odiava ammettere di avere torto. «Mi lasciate da solo a scuola?», chiese con finta voce d’angioletto per cambiare argomento.
«Non sei solo, c’è Gilag». A quanto pareva Arito voleva vendicarsi per il tentato barianicidio. 
L’altro fece una smorfia e ritirò le ali. In fondo non dovevano dare nell’occhio. E un ragazzino con le ali non aiutava.
«No, verremo anche noi», il tono che aveva usato Durbe non ammetteva repliche.
«Non ti fidi?», provocare, Vector non sapeva fare altro.
«Chi mai sarebbe così pazzo da farlo?». Mizael non avrebbe mai smesso di rispondergli per le rime, non poteva farne a meno.
Vector si fece pensieroso. «Si fidano di me Tsukumo, l’Astrale, i loro amichetti e Sayuri», non appena pronunciò l’ultima parola si rese conto che aveva chiamato la ragazza per nome senza un motivo preciso, l’aveva fatto d’impulso, senza riflettere.
Quel nome gli sembrava familiare. Durbe aveva come la sensazione di averlo già sentito, anche se non avrebbe mai saputo dire dove. Era strano, eppure aveva un’ottima memoria.
Giglio. Un nome eccentrico. Mizael aveva visto quei fiori una volta sola e subito gli erano parsi degni di nota. Era l’unica cosa su quel pianeta che non disprezzava con tutto sé stesso. Gli evocavano qualcosa, guardandoli aveva sentito come una sensazione di deja-vu. Un ricordo che non ne voleva sapere di tornare a galla. Come lui, anche ad Arito sembrava familiare quel nome. Decise però di ignorare la sensazione che aveva, in fondo era solo lo spettro di un’idea... nulla di importante.
O così i Bariani credevano.
 
Sayuri dormiva, Angelo la guardava e non sfuggiva al suo occhio vigile che ogni tanto la ragazza si agitava nel sonno. Chissà cosa sognava...
 
Sayuri era in un prato verdissimo. Il cielo sopra di lei era di un azzurro terso costellato da qualche piccola nuvoletta solitaria. Era sdraiata e tra le mani aveva un libro: “Vita e morte di Barian”. Non l’aveva mai visto ed era in una lingua a lei sconosciuta.
«Cosa leggi?», chiese qualcuno alle sue spalle.
«Un libro che ho trovato, tu invece che fai?», disse voltandosi e guardando il ragazzo negli occhi.
«Mi alleno, scherma», disse lui con nonchalance, sapeva che lei adorava scherma.
«Mi insegni?», gli chiese con gli occhi che brillavano.
Il ragazzo non seppe come reagire, non si aspettava una domanda del genere. «ecco, non so... », rispose titubante.
«Ti prego!», lo supplicò lei facendo gli occhi da cucciolo.
«E va bene!», non riusciva a resistere quando la guardava così, era troppo bella.
 
Quella mattina la sveglia fu traumatica.
Per una volta non si era svegliata per colpa di uno dei suoi incubi, perciò era ancora un po’ intontita. Il sogno di quella notte fu strano, pieno di nomi francesi e figure complesse di scherma. Non capiva, non aveva mai studiato scherma quindi non avrebbe dovuto conoscere quelle mosse.
Si preparò in fretta, inveendo contro chiunque avesse inventato la scuola. Quel giorno non si curò nemmeno di legare i capelli e lasciò i ciuffi azzurri liberi di muoversi.
Stava per uscire di casa quando vide che sul comodino c’era una lettera. Senza esitazioni la aprì e con sua grande sorpresa si ritrovò a guardare dei caratteri sconosciuti. Un’altra lingua.
La prese e se la infilò dentro lo zaino, voleva osservarla meglio e non ce la faceva ad aspettare fino al pomeriggio quando sarebbe arrivata a casa.
Uscì dalla casa in orario perfetto e durante il tragitto incontrò Tori e Katy. Quelle due erano molto strane: prima non si guardavano e poi chiacchieravano assieme come due buone amiche. La prima cosa accadeva solo quando Yuma era nelle vicinanze. Solo allora il suo cervello fece il collegamento. Entrambe erano... innamorate di Yuma. A Sayuri venne da ridere. Certo, quel ragazzo era simpatico, ma era parecchio tonto a volte.
Decise di far finta di non saperlo, anche se era chiaro a tutti i loro amici che era così.
Quando arrivarono nel piazzale della scuola c’erano molti ragazzi radunati in un punto. Le tre si avvicnarono per capire cosa destasse tanto scalpore e la prima cosa che videro furono tre ragazzi. Uno dai capelli grigio e gli occhi del medesimo colore che aveva tutta l’aria da secchione, questo anche grazie agli occhiali rettangolari che portava. Uno invece aveva il fisico atletico, con i muscoli degli avambracci ben delineati, aveva gli occhi verdini e la carnagione molto scura. L’ultimo era un ragazzo molto bello, con un incredibile paio di occhi azzurro ghiaccio che emanavano freddezza e dei capelli biondo oro lunghissimi. Tutti e tre avevano un’espressione seria in volto.
Si allontanarono, a nessuna di loro interessavano quei tipi.
Sayuri invece cercò nel piazzale una persona ben precisa, che individuò accanto all’inseparabile Yuma, aveva un’aria così assorta che sembrava quasi tagliato fuori dal mondo circostante. Astral era sempre pensieroso, quasi come se dentro di lui stesse avvenendo una battaglia interiore. Si diresse verso di loro, ma proprio in quell’istante suonò la campanella, sempre al momento meno opportuno. Si avviarono tutti in classe. Quando arrivarono il professor Kay disse loro che non avevano bisogno di sedersi perché quel giorno avrebbero avuto una lezione molto particolare.
«Oggi i titolari della squadra di scherma di Hartland sono venuti a faci visita e a proporci una lezione prova»
L’entusiasmo degli studenti era palpabile, e nessuno aveva mai fatto scherma ed erano tutti molto curiosi.
Scesero nella palestra dove trovarono davanti a loro una ragazza con una tuta da ginnastica e un fischietto di metallo. Accanto a lei c’era un stand con tante tute color argento e un mucchio di fioretti.
«Buongiorno ragazzi, mettetevi le tute e cominciamo subito», disse lei con un sorriso.
Gli studenti si diressero verso gli spogliatoi e qualche minuto dopo portavano tutti quelle strane divise.
La ragazza si presentò e disse di chiamarsi Serena. Spiegò le mosse base della scherma. Sembravano piuttosto facili, ma Sayuri era certa che non fosse così. Serena si muoveva leggiadra sulla pedana, era bravissima.
«Allora signor Kay», disse quando finì di spiegare. «Ho bisogno di due ragazzi»
L’insegnante parve pensarci un attimo. «Facciamo i due nuovi arrivati, Sayuri e Rei»
I due interpellati si guardarono negli occhi, la stessa confusione nello sguardo.
«Venite», li incoraggiò Serena mentre porgeva loro due maschere per proteggere il viso. I due le presero e le indossarono. Si misero l’uno davanti all’altra .
Sayuri non sapeva che fare, anche se la ragazza le aveva mostrato le mosse principali non aveva idea di come metterle in pratica.
Dato che indossando la maschera nessuno poteva scorgere il suo viso, Rei si concesse un sorrisetto. Si sarebbe divertito un po’ con quella ragazzina.
«En garde!», disse Serena fischiando.
I due ragazzi cominciarono a muoversi in circolo, studiandosi a vicenda.
Il primo ad attaccare fu Rei . fece un affondo in avanti, colpendo la ragazza alla spalla, ottenendo così il primo punto.
«Touché», disse Serena, compiaciuta.
Ripresero. Sayuri sapeva che non sarebbe mai riuscita a sopraffarlo. Lo capiva dal modo in cui teneva in mano il fioretto, come se fosse un estensione de suo braccio, dal modo in cui si muoveva. Era certa che lui sapesse già farlo, non si è bravi così tanto la prima volta. O forse era lei troppo scarsa.
Decise che avrebbe  dovuto dare il massimo, non poteva farsi battere, proprio no. Mirò alla spalla del l’avversario, ma nel farlo lasciò il fianco sinistro scoperto. L’altro ne approfittò: scartò di lato e la colpì sul fianco.
«Manca solo un punto», annunciò il ragazzo trionfante. Probabilmente si stava già pregustando la vittoria.
Fu allora che, mentre i due tornavano in posizione, lei sentì dentro di sé un istinto che non sapeva di avere che le suggeriva di lasciare a lui la prima mossa. Decise istintivamente di seguirlo. Tanto che aveva da perdere?
Il ragazzo non si fece attendere, certo di avere la vittoria in pugno, si sbilanciò in avanti. Sayuri non perse tempo, fece un giro su sé stessa e schivò l’attacco. Lui non fece in tempo a girarsi che la ragazza aveva appoggiato la punta della sua lama sulla sua schiena.
«Impara a non sottovalutarmi», gli disse. Rei fece un sorrisetto. Chiunque l’avesse visto in viso in quel momento non l’avrebbe riconosciuto, tranne i bariani naturalmente. Nei suoi occhi c’era lo stesso sguardo che avrebbe avuto una tigre che gioca con la preda. Il problema era che Sayuri non era da meno.
I due ragazzi non sentivano più nulla se non i loro respiri affannosi e i loro cuori  che battevano all’unisono.
Cominciarono a scambiarsi una serie di colpi rapidissimi, erano tanto veloci che a stento riconoscevi l’uno dall’altro.
Se lei cercava di colpirlo alle spalle, Rei scartava di lato, preparando un colpo alla schiena che Sayuri schivava abbassandosi.
Sayuri cercò di eseguire una delle complesse figure che aveva visto nei suoi sogni e con suo immenso stupore funzionò.
La ragazza ottenne così il secondo punto.
 Da quel momento entrambi cercarono di prevalere sull’altro, ma con scarsi risultati. Compivano movimenti complessi e allo stesso tempo aggraziati. Sembrava quasi una danza, un ballo che sapeva di morte e che aveva un magnetismo irresistibile. Tutti i presenti non riuscivano a distogliere lo sguardo, perfino Serena, che li osservava incantata.
Con una seri di movimenti veloci che nessuno riuscì a mettere bene a fuoco, Rei e Sayuri si ritrovarono di fronte, le spade di entrambi contro la gola dell’avversario. Se quello fosse stato un vero duello entrambi sarebbero stati mori stecchiti.
I due ragazzi erano vicinissimi. I loro petti so sollevavano allo stesso ritmo.
Abbassarono i fioretti e si tolsero le maschere. Occhi viola in occhi azzurri, nessuno dei due aveva assolutamente intenzione di interrompere il contatto visivo.
Subito scrosciò un applauso.
Sayuri aveva le guance arrossate e un sorriso sulle labbra; Rei aveva acquistato la solita espressione che utilizzava quando era con Yuma e i suoi amichetti, non avrebbe mai rischiato di farsi saltare la copertura. Entrambi sentivano qualcosa dentro, un antico richiamo che li spingeva ad abbracciarsi. Ma dato che non aveva alcun senso tennero le distanze. Lei allungò il braccio verso di lui. «Sei stato bravissimo»
«Grazie», lui allungò il braccio e nell’esatto momento in cui le loro dita si sfiorarono sentì una scossa. Una potente scossa elettrica che dalla mano si espandeva fino al resto del corpo. Sayuri fu pervasa da una sorta di eccitazione e sentì uno strano peso formarsi nel basso ventre. Le loro mani si intrecciarono e nessuno dei due sembrava voler far cessare il contatto.
Sayuri avvertì una violentissima fitta alla testa, si sentì come se qualcosa volesse trapanarle il cervello. Avvertì un bruciore alla spalla destra. In quella spalla aveva una voglia molto bizzarra, ma non le era mai successo che le facesse male.
Lasciò il ragazzo e si sedette sul pavimento per riprendere fiato. Sentiva una specie di borbottio indistinto, era come se qualcuno le stesse cercando di dire qualcosa. Si concentrò sul singolare suono e quello che sentì la lasciò senza fiato:
è stato solo un sogno, non c’è nulla di cui preoccuparsi, lo sai che sarò sempre qui al tuo fianco sorellina.
                                           





Angolo Autrice
Allora... sto pubblicando prima perché domenica e domani avrò ospiti e non mi sembra carino mettere storie in presenza di altri....
eccoci qua... Sayuri continua a fare sogni strani e i Bariani sembrano collegati a questa ragazzina.... che cos'altro accadrà?
recensite vi prego! sono troppo curiosa di sapere che ne pensate!
ciaoo!!!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Altra gente ***


Capitolo 5 – altra gente
ĉapitro 5 - aliaj homoj

Sayuri si rimise in piedi ancora un po’ barcollante e sorrise a Rei, che – si vedeva lontano un miglio – era molto preoccupato.
I due si guardarono negli occhi, nessuno di loro era intenzionato a distogliere lo sguardo.
«Molto bravi ragazzi, davvero», disse Selena, «Dato che l’ora è quasi finita potete andare a rimettervi l’uniforme»
Gli alunni non se lo fecero ripetere due volte: accompagnati dal ronzio delle conversazioni i ragazzi si ritirarono negli spogliatoi per cambiarsi.
Tori e Katy stordirono Sayuri con le loro chiacchiere. «Sayuri!», esclamò la prima, «Non ci avevi detto di essere così brava a scherma»
La ragazza dai capelli color carota si sentì un po’ in imbarazzo quando rispose che nemmeno lei lo sapeva. Le altre due erano sconvolte della sua bravura. Purtroppo stava diventando molto popolare, il suo nome circolava sulla bocca degli studenti sin da quando aveva battuto Shark, e ora, ci avrebbe messo una mano sul fuoco, i pettegolezzi sarebbero ricominciati, pettegolezzi su lei e Rei. Questa era la cosa che più di tutte la preoccupava, non voleva che gli altri si facessero una strana idea su quello che era successo. Nonostante questi suoi pensieri, però, anche lei non faceva altro che pensare a quel magnetismo che sentiva quando il ragazzo era vicino, a quella luce che gli aveva visto danzare negli occhi.
Grazie a questi pensieri la mente della giovane si dimenticò totalmente della frase misteriosa e dell’inspiegabile mancamento. Era certa che era stato qualcosa di passeggero, magari solo un lieve calo di pressione, prese quell’avvenimento come uno dei tanti fatti inspiegabili che di solito le accadevano intorno, oramai erano quasi uno al giorno.
Però, anche se Sayuri non si preoccupava, c’era qualcuno che lo faceva al suo posto.
Il “dolce” Rei infatti era sempre più dubbioso. Cominciava a non capirci più nulla e rischiava seriamente di dare di matto davanti a tutti, cosa non precisamente consigliabile visto che dare di matto significava trasformarsi in un bariano e ucciderli tutti quegli stupidi ragazzini terrestri.
Cercò di darsi una calmata e si concentrò sulla riuscita del suo piano, niente doveva andare storto, e non sarebbe stata certo una ragazzina a rovinare tutto.
Mentre si dirigeva agli spogliatoi decise che avrebbe fatto meglio a concentrarsi piuttosto che perdere tempo a capire che cosa accadeva intorno a quell’umana. Il motivo principale per cui non ci riusciva però era che, nello stesso istante in cui Sayuri era caduta, anche lui aveva percepito una frase rimbombargli nella mente e annullare qualsiasi altro pensiero:
resta con me, per sempre.
 
Nella biblioteca della scuola una ragazza era disperata: stava cercando da più di mezz’ora il libro su cui doveva scrivere una relazione per il giorno dopo, e ancora non l’aveva trovato. Si ritrovò di nuovo a maledire la sua insegnante perché non aveva semplicemente fatto scaricare sui duel gazer il libro, sarebbe stato tutto molto più semplice!
Si ritrovò a controllare lo stesso scaffale per la centesima volta. Si disse che era inutile e che non lo avrebbe mai trovato. Sbuffò infastidita e si diresse verso la porta con una piccola ruga di preoccupazione che le solcava il viso. Come avrebbe fatto con i compiti?
Era molto bella: i capelli azzurri le arrivavano alle spalle e il suo viso era incorniciato da meches blu viola e bianche. Da dietro alcune ciocche spuntavano delle orecchie che avevano una particolarità: erano appuntite come quelle degli elfi dei racconti di fantasia. Gli occhi grigi brillavano come perle alla luce solare e di solito aveva un dolce sorriso sulle labbra.
Il suo nome era Battatsuri Minako, che significava “bellissima bambina”, una descrizione che le calzava a pennello. Però più della sua bellezza colpiva la sua dolcezza; era sempre cordiale con tutti, adorava essere gentile. Quello era il suo carattere, ma quando si arrabbiava non ci vedeva più, cambiava totalmente.
Fu allora che il ragazzo seduto in una delle postazioni multimediali e che sin da prima che lei arrivasse stava leggendo un libro, si alzò e si diresse verso di lei.
Minako non sapeva come reagire. Si guardò intorno per cercare di capire verso che si stesse dirigendo, perché era ovvio che non stava venendo verso di lei, giusto?
E invece la ragazza si sbagliava, perché il ragazzo dai capelli grigi che aveva visto nel piazzale della scuola era diretto verso di lei. Quando fu ad una distanza ragionevole, Durbe si fermò e le porse il libro che stava leggendo. «Cerchi questo?», le chiese con voce atona, priva di qualsivoglia emozione.
La ragazza sbirciò il titolo e vide che era proprio quello che stava cercando. «Sì», rispose semplicemente Minako, leggermente stupita dal singolare comportamento di quel ragazzo.
Lui glielo mise tra le mani e si allontanò con andatura tranquilla. Prima che potesse andare troppo lontano, la ragazza gli chiese quale fosse il suo nome.
«Durbe», le rispose il bariano sbirciandola un’ultima volta, per poi attraversare la porta e infilarsi nel via vai di cui era composto il corridoio.
“Che strano ragazzo”, pensò Minako mentre cominciava a stendere la relazione.
 
Intanto la campanella della ricreazione era suonata e la maggior parte degli studenti si era riversata nel cortile, approfittando di quella pausa per duellare e scambiarsi confidenze.
Quel giorno però, Sayuri non aveva voglia di fare né l’una né l’altra cosa, voleva semplicemente rilassarsi e stare per conto suo.
Nonostante amasse stare in compagnia delle altre persone, a volte le piaceva stare nel più completo silenzio, limitandosi ad ascoltare i rumori intorno a lei e smettendo totalmente di pensare.
Per sua fortuna trovò un posticino dove nessuno si era ancora sistemato,una sorta di giardinetto interno segreto, costituito da siepi che formavano un labirinto. Il posto perfetto per lei.
Si sedette vicino ad un’aiuola ed estrasse dallo zaino la lettera che aveva trovato quella mattina. Le scritte di cui era composta, sebbene prima fossero illeggibili, ora erano perfettamente chiare e scritte nell’idioma di uso corrente, almeno la prima frase, il resto era ancora scritto in un’altra lingua.
Quello era l’ultimo segnale, l’ultimo avvertimento che le diceva che la sua vita era cambiata e che niente sarebbe più stato come prima. Ma Sayuri era pronta, sapeva che aprendo quella lettera un nuovo capitolo della sua vita sarebbe cominciato, se lo sentiva.
Non seppe mai dove trovò il coraggio di leggere quella lettera, ma si da il caso che riuscì a farcela.
La lettera era scritta con una calligrafi precisa ed ordinata, anche se il foglio non aveva le righe tutte le parole erano scritte dritte.
 
Io sono Reika, l’Oracolo del regno d’occidente
 
Reika. Era solo una coincidenza che la ragazza che aveva scritto la lettera aveva quel nome? Oppure c’era un motivo ben preciso per cui era stata recapitata proprio a lei?
Non ebbe il tempo di riflettere sulle domanda che si era posta perché qualcuno la prese alle spalle, cogliendola di sorpresa.
Da un momento all’altro una testa arancione comparve nel su campo visivo, di capo sotto. «Ciao Sayuri», disse Rei, «Che fai?»
La ragazza riuscì a stento a ricacciare indietro l’urlo che le saliva dalla gola. Quel ragazzino aveva il magico potere di scatenare reazioni assurde in lei, nonostante il suo carattere dolce e cordiale riusciva sempre a spaventarla.
Sayuri cadde all’indietro e si ritrovò sdraiata sull’erba mentre il suo compagno la fissava con evidente curiosità.
Shingetsu si sedette accanto a lei, aspettando che gli desse spiegazioni per il suo bizzarro comportamento; che non si fecero attendere molto.
«Rei! », esclamò indignata la ragazza, «Ti sembra modo di apparire questo? Mi hai spaventata a morte».
Il ragazzo esultò tra sé. Era proprio quello il suo scopo.
Però non doveva assolutamente darlo a vedere, perciò indossò la sua maschera da bravo ragazzo e si affrettò a rispondere. «Scusami Sayuri, non volevo».
La ragazza si drizzò e lo guardò malissimo. «Ma tu, prima di fare qualcosa ci rifletti trenta volte?», gli rispose sarcastica, cercando di mascherare il fastidio che provava.
«Devo risponderti?»
Sayuri fece un sospiro. «Meglio se eviti, non voglio saperlo. Dimmi invece... ma ti diverti proprio a spaventarmi, vero?»
«Ehm...», rispose lui con un tono colpevole nella voce.
«Farò finta di non averti sentito». Secondo lei quel ragazzino era irrecuperabile.
«Ora me lo dici che fai?», chiese lui per sviare il discorso.
«Leggo questa», la ragazza, senza pensarci due volte gli mise la lettera in mano per fargliela vedere da vicino. Non era giusto che solo lei impazzisse per cercare delle risposte, meglio coinvolgere anche qualcun altro.
L’arancio osservò attentamente la lingua in cui era scritto il corpo della lettera, riconoscendola immediatamente. Quell’idioma era molto similare al bariano antico, probabilmente lo era.
Lui non era mai stato capace di tradurlo, se un qualsiasi essere era in grado di farlo, quello era Durbe.
Non che il quattrocchi fosse chissà quale esperto, ma semplicemente si divertiva nel fare quel genere di traduzioni.
Idiota.
La voce di Sayuri riportò Vector alla realtà, distogliendo i suoi pensieri dagli insulti verso il suo compagno. Non si poteva dire che il bariano facesse tanto gioco di squadra.
«Per caso tu ne sai qualcosa?», chiese lei in attesa.
«No, mi dispiace Sayuri, non ho proprio idea di che cosa voglia dire», mentì spudoratamente l’altro.
Sayuri assunse un’espressione triste, voleva assolutamente sapere che cosa c’era scritto, non le bastava leggere il primo rigo.
Decise di mascherare la sua delusione.«Beh, non importa. Sarà meglio che andiamo, se rimaniamo qui potremmo non sentire la campanella»
Rei si alzò e tese una mano a Sayuri per aiutarla a rialzarsi.
La giovane la prese senza esitazioni.
Le piaceva la strana sensazione che le dava il tocco di lui, la mano di Rei era caldissima, scottava.
Dopo che l’ebbe aiutata a rialzarsi, Sayuri avrebbe dovuto lasciare il ragazzo, ma non lo fece, anzi strinse la presa sulle sue dita, come se quella fosse la sua unica ancora di salvezza.
Sayuri aveva bisogno di qualcosa di certo nella sua vita, specialmente dopo la lettera.
Non seppe dire perché  e come successe, eppure mentre si diressero in classe il volto del ragazzo che vedeva nei suoi sogni andò a delinearsi e finalmente capì chi era quel giovane.
L’arancio era stupito, shoccato e... lieto. Nonostante il suo istinto da bariano gli dicesse di lasciarla andare subito lui non lasciò la mano della ragazza. La sua mente elaborò una scusa nel tempo di un respiro umano: se avesse continuato a comportarsi così con lei, Sayuri si sarebbe fidata ancora di più di lui.
Entrarono in classe poco prima del professore. Nessuno dei due faceva caso agli sguardi dei loro compagni di classe, erano entrambi troppo presi dai loro pensieri.
Ma qualcuno nel corridoio li aveva notati: Mizael, che non riusciva proprio a capire che cosa stesse facendo Vector mano manina a una mortale.
Si disse che quello che faceva il serpente non erano affari suoi ed entrò nella sua classe.
Andare sulla terra secondo lui era stata una pessima idea; il mescolarsi agli esseri umani non lo allettava per niente, ma doveva fare buon viso a cattivo gioco.
Durante le prime ore di lezione era stato presentato alla classe come nuovo alunno, e l’insegnante gli aveva chiesto di presentarsi per fare amicizia. Ovviamente si era rifiutato. Non era un tipo socievole, preferiva stare per i fatti propri, specialmente se aveva a che fare con i terrestri.
Insieme a lui, quel giorno era arrivato a scuola un altro ragazzo.
Aveva gli occhi dorati come quelli di un gatto e i capelli erano di un marrone caldo, un bel color teck, e alcuni ciuffi dello stesso colore dei suoi occhi continuavano imperterriti a cadergli sul volto. Egli, con un gesto studiato apposta per far colpo, ogni volta se li discostava dalla fronte.
Aveva un’aria da spaccone, tipica di che è convinto che tutto gli era dovuto. La camicia gli stava molto aderente e metteva in risalto il corpo muscoloso.
Sin dal primo sguardo si capiva che quello era un tipo che amava scherzare e che spesso e volentieri non prendeva nulla sul serio.
Il suo nome era Ryo, e non era un ragazzo come gli altri.
 
Anche quella giornata scolastica passò in fretta e in men che non si dica i nostri amici si ritrovarono fuori dalle aule.
Per Sayuri quella era stata una giornata strana, alcune parti non le avrebbe ami volute ripetere, di altre invece avrebbe desiderato scolpirne il ricordo nel cuore e non lasciarlo andare mai più.
«Sayuri che dici, ti va di venire?», chiese Yuma.
«Dove?»
«ma a che cosa stavi pensando?», disse Cathy con uno strano tono di voce.
Sayuri arrossì fino alle punte dei capelli, «Che cosa vorrebbe dire quel tono?»
«Ah, niente», rispose la ragazza-gatto con nonchalance, «semplicemente immaginavo che fosse qualcosa di molto bello per averti distratta così tanto»
Il viso dell’arancia divenne se possibile ancora più rosso, «Non pensavo a niente!», esclamò con convinzione.
«Basta Cathy, lasciala in pace, non vedi che la metti in imbarazzo?», s’intromise Shingetsu, che vedendo la sua amica in difficoltà non aveva potuto far altro che immischiarsi nella conversazione.
«Voi due mi state nascondendo qualcosa, e io scoprirò che cosa!»
Sayuri la guardò con aria interrogativa, senza minimamente cogliere l’allusione della ragazza.
Ad un certo punto, una luce nera apparve sul fianco della ragazza, andando a prendere una forma vagamente umana.
«Sayuri devi tornare a casa», disse Angelo.
«E perché?»
«Perché oggi riceverai visite, ti vorrei ricordare»
La giovane si sbatté la mano sul viso. Come aveva potuto dimenticarlo?
I suoi l’avevano avvisata tanto tempo prima che in quei giorni sarebbe venuta una sua lontana cugina ma le era totalmente passato di mente.
Salutò in fretta e furia i suoi amici mentre loro la osservavano confusi. Si diresse verso casa correndo, ma nella fretta non si accorse che proprio davanti a lei c’era una ragazza che camminava nella direzione contraria alla sua.
«Ahi, ahi», disse Sayuri, che era caduta sul marciapiede.
L’arancia alzò lo sguardo e vide dinnanzi a sé due grandi occhi viola che la fissavano incuriositi.





angolo autrice
sì, lo so... il titolo è della serie "fantasia portami via" ma non sapevo che altro inventarmi!
se pensate che ora che ho cancellato l'inserto temporaneo "richieste" non potrete mandarmi i vostri OC vi sbagliate: avete tempo fino alla pubblicazione del capitolo 7 per farlo!
vi ricordo che dovete compilare questa lista:

nome:
cognome:
età:
razza:
famiglia: (se il vostro pg ha fratelli o sorelle)
forma umana:
-occhi
-capelli+
-segni particolari
altra forma: (se siete alieni)
-pelle
-occhi:
-capelli
-segni particolari
carattere:
cuore: (se il personaggio da voi sceltoè occupato ve lo farò sapere. campo NON obbligatorio)


mi dispiace se non sono apparsi tutti i vostri personaggi, ma in un capitolo non potevo farceli entrare tutti...
vi assicuro però che spunteranno poco a poco
oggi abbiami avuto l'onore di conoscere Minako, OC di Frost lily, e Ryo, MIO Oc!
nel prossimo... non vi faccio spoiler, ma chi di voi conoscono e hanno letto le storie dell'autrice cui si ispira il pg a cui ho accennato verso la fine sa gà chi sarà la prossima...
ora vado, che a momenti l'angolino dell'autrice è più lungo del capitolo!
ciaoo!!


 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Luna nuova ***


Capitolo 6 – Luna nuova
Ĉapitro 6 - New Moon




Stai bene?», le chiese la ragazza dagli occhi viola.
Sayuri annuì e, mentre si rialzava e chiedeva scusa per non aver prestato attenzione a dove metteva i piedi, osservò attentamente la sconosciuta. I capelli viola erano lisci e arrivavano a sfiorare terra. Portava dei vestiti molto dark e aveva un incarnato pallidissimo.
«Questa tipa mi piace!», commentò Angelo, e come al solito Sayuri la ignorò. Per fortuna il mostro numero poteva scegliere se farsi sentire oppure no dalle persone che le stavano intorno, in questo modo le persone che sentivano i suoi commenti inopportuni erano ridotte a chi voleva lei.
«Mi scuso ancora per averti travolto, ora devo andare», detto q1uesto, Sayuri corse via, senza però accorgersi che le era caduta la lettera dalla borsa.
La ragazza, il cui nome era Yulin Fantasy, raccolse la lettera e, non conoscendo né l’indirizzo né il nome della ragazza, la infilò dentro la borsa che portava, ripromettendosi di restituirla alla prima occasione.
Yulin si diresse verso casa, la sua meta prima di scontrarsi con quella ragazza dai capelli arancioni. “che tipa bizzarra” si ritrovò a pensare, e in fondo non aveva tutti i torti: a chi non la conosceva – e anche ai suoi amici – pareva una ragazza sempre persa per aria. Ma in realtà non era affatto così.
Non appena arrivò a casa, Yulin sentì come se quella lettera la attraesse. Un istinto misterioso la induceva ad aprirla. La giovane cercò di dominarlo continuando a ripetersi che era maleducato e irrispettoso aprire la posta altrui, e che non erano affari suoi. Nonostante questo però, le era sempre più difficile crederci.
La curiosità ebbe la meglio, così Yulin aprì la busta. Davanti a sé vide dei caratteri strani, che però pian piano, mentre li osservava, acquisivano un senso. La lesse tutta d’un fiato e quello che lesse la sconvolse. Calde lacrime cominciarono a scenderle dagli occhi senza un valido motivo, mentre la realtà sfumava sempre di più e il suo cuore cullava ogni parola appena letta. Mai in tutta la sua vita aveva provato nulla di simile. Tute le sensazioni e le situazioni descritte nella lettera le riempirono il cuore e si sentì come se tutto quello lo avesse visto e provato davvero lei.
Prese il foglio di carta e lo rimise con cura nella busta, come se non lo avesse mai letto. Eppure ormai il danno era fatto e sapeva benissimo che non avrebbe mai potuto scordare quello che c’era scritto. Chiunque l’aveva scritta doveva essere molto innamorato, più di qualsiasi altra persona avesse mai conosciuto.
 
 
 
Sayuri arrivò a casa sua sfinita per la corsa. Aveva fatto tutto il tragitto senza mai fermarsi, a parte lo scontro avuto con la sconosciuta dai capelli viola. Davanti al portone c’era una bambina dai capelli castani e gli occhi verdi, che non appena la vide le corse incontro.
«Ciao!», esclamò la bimba tutta contenta con la sua vocetta acuta e tanto dolce.
«Hey, Itsuki, come stai?», le chiese l’altra ricambiando la stretta.
«Bene, e tu?»
«Già Sayuri», s’intromise Ryo, che era accanto alla bambina, «raccontaci un po’ come stai. Dimmi: ce l’hai il ragazzo?», chiese con aria furbetta.
Sayuri alzò gli occhi al cielo «Se anche fosse, non sarebbero fatti tuoi, e poi che ci fai tu qua, non dirmi che...», non appena vide l’espressione del cugino sbiancò.
«Oltre a mia sorella, dovrai ospitare anche me in questi giorni», disse con un sorriso che la diceva lunga.
“no!”, pensò la ragazza, disperata. Conosceva bene Ryo e sapeva quanto potesse essere fastidioso, petulante, inopportuno e tutta una serie di aggettivi non troppo positivi. Oltretutto sapeva che non le avrebbe dato tregua con la storia del fidanzato, questo solo perché lo divertiva moltissimo vederla in difficoltà.
Sayuri aprì la porta con un sospiro, e fece accomodare i due ragazzi. Fece fare loro il giro della casa, indicando in quali stanze avrebbero dormito. Quella di Itsuki vicino alla cugina, mentre Ryo il più lontano possibile. Non voleva che le desse fastidio anche di notte, e soprattutto non voleva che la sentisse quando parlava nel sonno.
 
 
 
 
Era un pomeriggio assolato sulla terra e Silver, nonostante tutte le promesse che quel ragazzo gli aveva fatto, non aveva alcuna voglia di andare a quel benedetto incontro, in realtà voleva solo camminare e andare nella foresta, l’unico luogo in cui si sentiva sicuro e lontano da occhi indiscreti. Ma aveva preso un impegno e ora doveva rispettarlo, anche se non gli andava.
Ci mise circa mezz’ora ad arrivare nel posto indicato glia da quel tale... Rei. Anche se gli aveva detto che se avesse accettato gli avrebbe rivelato parecchie cose che non sapeva. Tsk. Come se lui non fosse a conoscenza della guerra che imperversava tra Astrali e Bariani. In realtà era più informato di quanto si potesse credere.
Davanti a lui si stendeva una grande distesa di terra brulla con qualche sporadico albero che spuntava. Si chiese se fosse davvero nel posto giusto, ma la casa davanti a lui parlava chiaro.
«Non mi aspettavo che tu venissi, Silver Wolf, mi hai sorpreso». Quella voce. Non poteva essere. Ma pareva proprio la sua, anche se con qualche nota meno dolce, come se quella a scuola fosse stata solo una farsa. Solo allora il suo cervello si rese conto che quella era davvero una farsa e che il ragazzino che aveva avuto davanti a scuola non era davvero lui, ma una copia buona di lui.
«Ora ci alleiamo anche con loro? Dico, ma sei impazzito? Non abbiamo bisogno di altri collaboratori!»
Silver si girò e vide dinanzi a lui due giovani totalmente diversi, uno di carnagione scura e con il viso un po’ scemotto, ma che in fondo poteva essere anche simpatico; accanto a quest’ultimo, quello strano ragazzino dai capelli a forma di carota che gli aveva parlato quella mattina, solo con un’espressione diversa, molto più cattiva.
«Senti, Arito, non devo rispondere né a te né a nessun altro di quello che faccio», dichiarò l’arancio seccato, come se quelle contestazioni gli dessero fastidio.
«Mi dite che cosa volete da me? O mi avete interpellato solo per fare una chiacchierata? Se è così potevate dirlo». Silver si sentì in dovere di parlare: non potevano interpellarlo e poi ignorarlo, non era questo il modo di comportarsi.
Vector emise una risatina. «Mi sembra giusto. Ma dovrai attendere ancora un po’, manca qualcuno», poi si diresse verso quella casa abbandonata, seguita a ruota dall’altro bariano.
«Certo, invitiamo il primo che passa a entrare, mi sembra una cosa ovvia», si lamentò Arito, esprimendo le sue preoccupazioni in merito alla provenienza di Silver, anche se il ragazzo non se ne preoccupava molto. Chiunque fosse a conoscenza della sua provenienza si comportava in un modo tanto diffidente. E in fondo, come dargli torto?
Il ragazzo li seguì, pur non essendo invitato. Nessuno dei due gli disse di andarsene, perciò non lo fece, e continuò ad andare avanti in quel labirinto. La casa gli pareva quasi una di quelle infestate e abbandonate dei film dell’orrore e c’era un’atmosfera da brivido. Si addentrarono fino a raggiungere una stanza dalla porta rossa, Vector spinse la porta e Silver si trovò in una stanza che era un enorme portale; era rosso, giallo e mille colori tutti insieme che vorticavano verso il centro, di un color rosso vino che pareva quasi nero senza mai diventarlo. Dal portale veniva un vento fortissimo, che risucchiava tutto al suo interno, tanto che Silver dovette tenersi allo stipite, per non essere catapultato al suo interno.
«Ancora non capisco il vostro piano, non è che per caso volete eliminarmi?», come al solito, faceva battute sceme per stemperare l’atmosfera, non poteva farne a meno, era nel suo carattere.
Arito alzò un sopracciglio, scettico. «Ti avrebbe ammazzato in un vicolo, qui chi sporca pulisce, e il sangue non va certo via facilmente». Il moro s’infilò dentro il portale e sparì, lasciando quei due da soli.
Notando come il ragazzo guardava oltre la porta, Vector indicò con il braccio il portale e lo invitò a entrare. «Non vieni?», disse mentre seguiva il suo compagno di missione. Silver fu costretto a fare lo stesso. “abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno”, pensò mentre si tuffava in quel mare vorticante e sentiva il suo corpo scomporsi in mille particelle.
Si ritrovò in una grande sala fatta in cristalli rossi, lo stesso scarlatto di cui era fatto tutto quel mondo. Rosso era il cielo, il mare e anche il sole, uno spettacolo davvero singolare. Il ragazzo si avvicinò a uno dei cristalli e vide il suo riflesso nello specchio: i capelli argentati gli ricadevano sulle spalle, e i suoi ciuffi neri gli coprivano gli occhi ambrati. In altezza era quasi paragonabile ai cristalli che lo circondavano, quindi arrivava quasi a un metro e ottanta. La sua presenza non passava certo inosservata, sia per l’immane altezza sia perché non era troppo magro.
Passò oltre e vide dinanzi a sé un trono, anch’esso rosso, al di sopra una scalinata che era posta alla fine della sala. Vicino a esso, accanto ad alcuni cristalli, due figure dialogavano mantenendo toni molto bassi per non farsi sentire, ma non appena si accorsero della loro presenza, smisero immediatamente. Una avevano la pelle di un giallo canarino, l’altra grigio perla, entrambi maschi.
Silver contò mentalmente: uno, due, tre e quattro. Mancava un imperatore bariano all’appello.
«Vector», disse quello con la pelle grigia con voce calma e autoritaria, «Ti sembra il momento di farti vivo? Che cosa hai fatto in questo tempo?», nessun’emozione in quelle parole, quell’essere era assolutamente stoico. O almeno fu quello che pensò Silver quando sentì quelle parole dette con tanto gelo.
«Se vi svelassi i miei segreti dove sarebbe il divertimento?», in un attimo anche il ragazzino dai capelli arancioni si era trasformato e aveva assunto la sua forma aliena, che faceva oltremodo risaltare la follia che si leggeva nei suoi occhi.
L’altro Imperatore guardò malissimo Vector e a stento si trattenne dall’aggredirlo, ma sebbene ci provasse, il suo tono di voce lasciava trasparire l’antipatia che provava. «Noi non siamo qui per ubbidire ai tuoi capricci e non possiamo aspettare i tuoi comodi», poi Mizael degnò Silver della sua attenzione, «E    lui?».
«Lui, ha un nome. Silver Wolf, ti presento Mizael e Durbe», con un cenno della mano indicò i due, che non diedero la minima impressione di volergli stringere la mano. Pazienza, neanche lui ne aveva molta voglia. «Gli ho chiesto di partecipare a questa riunione, magari la proposta che voglio fargli gli interessa». Parlava del ragazzo come se non ci fosse.
«Tu che chiedi aiuto? E da quando?», Mizael pareva sorpreso, una cosa che, dalla sua espressione, non gli doveva succedere troppo spesso.
«Da adesso», dichiarò, «Ma ora veniamo ad affari, caro il mio Lupo, vorrei sapere se ti andrebbe di allearti con i bariani»
«E io che ci guadagno?»
«Più di quanto potresti immaginare», disse Vector con aria ambigua.
Nel sentire quelle parole Arito avvertì un brutto presentimento: se fosse stato in quel tipo non avrebbe mai accettato.
«Soprattutto potremo aiutarti a trovare un modo per rendere la tua trasformazione nulla, renderti normale», ecco che il grande talento oratorio di Vector entrava in azione. Conoscere i punti deboli delle sue vittime era solo il primo passo, poi bisognava trovare l’occasione giusta per farli venire a galla, come aveva appena fatto in quel momento.
Gli occhi dell’argento si sgranarono per un attimo, poi si chiusero. «Vi farò sapere, prima devo capire contro chi mi sto mettendo», ci pensò un attimo, «Anche se sarebbe meglio sapere con chi ho a che fare», i suoi occhi si illuminarono di rosso per un istante.
«Piuttosto», si espresse Durbe, «tu sei quello che credo?»
«Sì, io sono un mezzo lupo mannaro»
 
 
 
 
Sempre nel mondo bariano, una ragazza era seduta sul promontorio più alto di Barian, a strapiombo sul mare. Se solo si fosse sporta un altro po’ e non fosse stata sufficientemente attenta sarebbe potuta cadere giù e spaccarsi qualche osso.
Osservava con aria strana l’orizzonte, il sole scarlatto che tramontava su un mare ancora più rosso, circondato da sabbia arancione acceso. Quel mondo aveva proprio una colorazione strana.
Ad un certo punto la ragazza vide una figura dalla pelle di un azzurro tendente al bianco che si dirigeva verso di lei, sormontata da un paio d’ali dal piumaggio bianco e nero e varie gemme incastonate sulla loro superficie.
«Sapevo di trovarti qui», disse tormentando i ciuffi bianchi con le punte nere che le incorniciavano il viso, arriciandosele con le dita. 
«Cosa c’è K? Perché mi cercavi?», volutamente la ragazza usò solamente l’iniziale del nome dell’altra, perché se qualcuno le avesse sentite – se mai una cosa del genere potesse succedere – non le avrebbe riconosciute dal nome.
«Volevo chiederti... ma sei certa che sia necessario? Voglio dire, in fondo questa è casa nostra», K squadrò la sua amica e come al solito si sorprese dal vederla ancora più dimagrita del solito, ma era sempre molto bella, con quegli occhi azzurri più penetranti del ghiaccio. 
«Io lo farò, tu se vuoi vieni con me», si alzò e aprì un passaggio interdimensionale per il luogo che aveva scelto e che riteneva idoneo per essere casa sua. I capelli nocciola ondeggiavano al vento che soffiava sul promontorio.
«Ma dai S, non puoi trattarmi così, anch’io sono immischiata in questa faccenda, non ti puoi permettere di lasciarmi indietro», dichiarò con decisione K.
S alzò gli occhi al cielo. «Allora verrai?»
«Sì», le si affiancò ed entrambe entrarono dentro il passaggio.
 
 




Angolo autrice
Premessa: la prima di voi che mi chiede nelle recensioni o nei messaggi personali, in modo ossessivo “il mio personaggio lo metti presto? E il mio personaggio quando arriva?”. Ditemi questo e giuro che il vostro personaggio non si vedrà nemmeno se citato in questa storia. Poi vi vengo a cercare e vi sbrano.
 
Finalmente pubblico qualcosa! Quanto era passato dall’ultima volta che aggiornavo in questa storia? Mesi, sì... mi spiace. Tra vacanze e altro non ho avuto proprio tempo... ma ora basta con le scuse! Passiamo alle cose serie: i vostri OC.
Finora sono apparsi *fa un conto* , due miei e cinque vostri.
E ora, colleghiamo autrici (perché siete solo ragazze) ad OC:
Minako: Frost lily
Yulin Fantasy; (indoviniamo?) Yulin
Silver Wolf Mizui: (credo che i piani di chi l’ha creato fossero diversi, ma il mio cervello ha deciso altrimenti) stardust94
S: (il nome non ve lo dico, lo saprete più in là) Damned_Angel (ma ora tutti avete capito chi è se non lo avevate fatto prima)
K: Keyra Hanako D Hono (anche il suo nome facilmente indovinavibile)
 
Allora... DarkMist, LolaKastle22, Evil Devil e _Xima, voi dovrete aspettare un po’, mi spiace ma bisogna procedere con ordine.
Ora vi saluto.
Ciaoo!!!
Sakura
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** depressione ***


Salve ragazzi. Mi Duole informarvi che questa storia è sospesa fino a data da destinarsi perché io, l'autrice, sono caduta in depressione e mi sono scoraggiata dopo aver visto un fandom di storie bellissime e assolutamente non banali. "E questo cosa c'entra con le sue storie?" Vi starete chiedendo voi. Semplice: mi sono resa conto che le mie fiction sono sempre la stessa storia banale mareggiata e rimaneggiata. E questo non mi va giù. Pertanto non aspettatevi tanto presto di rivedermi su questo fandom. Quindi vado via, alla scoperta di nuovi orizzonti misteriosi. E magari qualche volta potrei anche aggiornare.

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