A reason to fight

di VeroDowney
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - I fight to keep in touch with real life ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Thanks ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Situation reversed ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - I fight to keep in touch with real life ***


Capitolo 1 - I fight to keep in touch with real life





Tirava pugni a quel sacco senza vita da quasi due ore.
Non sembrava volersi fermare, la sua mente non lo voleva ma le fasciature sulle nocche erano ormai tinte di un colore rossastro, segno che i tagli, nascosti sotto il tessuto, si erano riaperte.

Robert, 45 anni di solitudine, droga e scelte sbagliate, nella vita aveva perso tutto o forse non aveva mai avuto nulla da poter perdere. Viveva in uno squallido appartamento del quartiere più povero di New York, e il suo unico scopo nella vita era quello di combattere.

Solo il dolore lo teneva a contatto con la realtà e sapeva che quei combattimenti avrebbero portato dei soldi, in caso di vittoria, e quel denaro sarebbe servito a comprare la droga che gli avrebbe fatto provare un piacere intenso, quello che gli suscitava l'eroina ogni volta che entrava in circolo.

Stava lì a tirare quei pugni intervallati sempre dallo stesso numero di secondi, come una macchina, la mente vuota riempita solo dal desiderio di droga.

Non era sempre stato così.
Da bambino era vivace e più sveglio rispetto a quelli con la sua stessa età ma con il tempo questa sua caratteristica l'aveva portato alla depressione e soprattutto all'alienazione.


Sarebbe stato meglio essere ignoranti davanti a quello che la vita aveva da offrire ad un uomo proveniente da una piccola famiglia con genitori costretti a fare i doppi turni per riuscire ad arrivare a fine mese.

Così all'età di 13 anni aveva provato il suo primo spinello e quello fu il giorno che decretò l'inizio della sua schiavitù'.

Sotto l'effetto della droga si sentiva più lucido che mai, riusciva a vivere per quelle poche ore in un mondo tutto suo in cui non era costretto a fingere di essere ignorante come la maggior parte delle persone che lo circondavano.

La barba curata denotava quanto lui fosse diverso dagli altri che abitavano il suo quartiere, che non avevano neanche un briciolo di amor proprio per curarsi, almeno un minimo, del loro aspetto.

Aveva iniziato il pugilato all'età di 12 anni per difendersi dai bulli più grandi della scuola, che puntualmente, ad ogni intervallo, lo picchiavano, pretendendo dei soldi che lui non aveva e che non avrebbe mai avuto.
Dopo un anno era già diventato un abile pugile e non tardò a dimostrarlo ai ragazzi che lo perseguitavano e questo gli fece conquistare non solo l'onore che aveva tanto desiderato ma anche l'espulsione dall'unica scuola pubblica del quartiere.



Il sacco sembrò non farcela dopo l'ennesimo colpo e cadde sfilandosi dal gancio che lo teneva attaccato al soffitto.

Era il momento di lasciare la palestra, se così si poteva chiamare un sotterraneo sudicio e dall'aria viziata, dove si radunavano la peggior specie di uomini nullafacenti di quel ghetto, che lasciava che le mogli andassero a lavorare per mantenere il loro vizi.

Sembrava che la realtà fosse ribaltata rispetto alla normalità in quel luogo.

Si tolse le fasce e le sciacquò sotto l'acqua fredda, così a casa non avrebbe dovuto sprecare quella poca di cui disponeva.
Prese la sacca che usava come borsa che conteneva i suoi pochi averi, un portafoglio di suo padre, una foto ormai sbiadita di sua madre, il laccio emostatico e la siringa.

Una volta salito in superficie, aspirò a pieni polmoni l'aria gelida e pungente dell'inverno di NY.

Era ormai buio ma non sapeva che ore fossero, non poteva saperlo, non aveva un orologio.

Erano gli anni 60', non era sicuro uscire di notte a meno che tu fossi un malfattore della peggior specie.
Robert non se ne curava, più volte era stato aggredito da personaggi poco raccomandabili in cerca di soldi facili, ma questi avevano avuto in cambio dal loro bersaglio solo qualche costola rotta e qualche setto nasale fratturato.

Sguardo fisso davanti a sé, non sembrava curarsi delle persone che gli passavano accanto.

Ad un tratto delle grida di aiuto richiamarono la sua attenzione e i suoi occhi si fecero attenti.

Pensò che in fondo non era la prima volta che assisteva alla scena di un uomo che picchiava sua moglie, ma questa volta erano due le voci di uomini che provenivano da una via laterale che Robert aveva appena sorpassato.

Tornò sui suoi passi e in bocco la strada da cui provenivano le grida.
Si avvicinò e vide una ragazza che veniva tenuta ferma da uomo contro il muro sudicio di quel vicolo, mentre un altro era intendo a slacciarsi i pantaloni in preda ad una malsana frenesia.

-Che cazzo vuoi? Vattene non sono affari tuoi- ringhiò uno dei due vedendo che Robert era entrato in quel vicolo a fondo chiuso.

Robert non sembrò farci caso, la sua attenzione era tutta per quella ragazza. Il labbro le sanguinava e uno zigomo era visibilmente gonfio, probabilmente i due avevano fermato la ragazza sbagliata quella sera, non sarebbe stata una preda facile.
Continuava a combattere con tutta sé stessa nonostante sapesse che non aveva alcuna possibilità di avere la meglio su quei due.

Robert si avvicinò a quello che la teneva incollata al muro e come una macchina sferrò il primo gancio alla tempia, con l'effetto della perdita istantanea dei sensi dell'uomo colpito.

Fuori uno.

Il secondo cercò di difendersi, tirò un pugno a Robert che lo schivò con nonchalance e gli immobilizzò la mano destra tenendo per il polso.
-Ti prego lasciami andare, ti do tutti i soldi che ho- lo supplicò l'aggressore ormai impaurito.
-Non mi interessano i tuoi soldi- mentì Robert, gli sarebbero serviti eccome, magari per pagare la bolletta della l'acqua o magari perché no per comprarsi a una dose.

Detto questo lo scaraventò contro il muro, quello dopo un momento di smarrimento si alzò e scappò via in stato di shock sotto gli occhi di pietra di Robert.

La ragazza lo guardava terrorizzata, aveva paura di essere passata dalla padella alla brace, ma la sua paura sparì quando il suo salvatore le rivolse finalmente la parola.
-Ti porto in ospedale- disse sforzandosi di essere gentile.
-No io non ho denaro per pagare la visita- disse mentre il labbro continuava a sanguinare copiosamente -Grazie per avermi aiutato, mi dispiace non poter fare nulla per ricambiare, adesso vado- aggiunse senza mai guardare negli occhi l'uomo.

Non appena si alzò, la testa iniziò a girarle e perse i sensi.
Robert la prese tra le sue braccia riuscendo ad evitarle la collisione con il terreno.

Non sapeva chi fosse quella ragazza, ma di sicuro non se la stava passando bene e non poteva certo lasciarla lì, ferita, in strada. Robert prese l'unica decisione che gli sembrava possibile, l'avrebbe portata a casa sua, l'avrebbe medicata e non appena si fosse svegliata l'avrebbe riportata dove viveva.


Note dell'autrice:
Ciao tutti! Questa è la mia seconda fanfiction, sarà molto più introspettiva e "dark" se così si può definire, la foto iniziale di Robert è l'aspetto con cui mi sono immaginata il Robert di questa storia. Penso che non avrà molti capitoli ma questo dipende anche se vi piacerà o meno nel caso potrei approfondire di più alcuni aspetti che nel mio progetto iniziale non erano considerati.
Quindi a voi le sentenze! Fatemi sapere cosa ne pensate se vi và:)! A presto:)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Thanks ***


Capitolo 2- Thanks


La appoggiò sul letto senza curarsi del male che quel gesto avrebbe potuto procurarle.

Non era abituato ad avere a che fare con le donne, se non quelle che alla fine dei suoi incontri si presentavano nel suo spogliatoio per “omaggiare” il vincitore, quelle per lui non erano "donne" degne di essere definite tali.

L'unica che avesse mai definito "donna" era stata sua madre, una persona forte che aveva cresciuto lui e suo fratello, dopo che loro padre aveva preso la strada deleteria dell'alcol per non essere cosciente di quello che lo circondava ovvero la più totale disperazione e povertà.
Sua madre era stata la sua ancora di salvezza, lo aveva portato alla prima lezione di pugilato, mentre spendeva tutti i soldi per mantenere suo marito e per il fratello più grande di Robert che sembrava essere la copia sputata del padre.


Adesso era lì, in piedi, davanti al letto sul quale era sdraiata una conosciuta che aveva salvato, senza neanche sapere il perché, l'aveva fatto e basta. Non si era meravigliato tanto di quel fatto, era un tipo impulsivo, lo era sempre stato, la cosa che lo meravigliò fu quella sensazione che provava davanti a quella ragazza, non sapeva come comportarsi, gli era capitato raramente nella sua vita, di solito era un tipo molto deciso e risoluto.


Un odore acre e pungente arrivò alle sue narici, ridestando da quella condizione di stasi.

Sangue.

Notò che le lenzuola si stava impregnando del liquido rossastro, senza pensarci alzò il vestito della ragazza e notò solo in quel momento che aveva un grosso taglio appena sotto il ventre.
Si toccò istintivamente la spalla sul quale l'aveva caricata per portarla a casa. La maglietta era anch'esse impregnata della stessa sostanza.
Non se n'era accorto, ma non se ne meravigliò, del resto aveva imparato ad alienarsi da tutto quello che lo circondava, l'aveva imparato perchè gli tornava utile nei combattimenti, più riusciva a distaccarsi dalla realtà più continuava a combattere incurante delle ossa rotte e dei traumi.
Per questo amava tanto il dolore, perché era l'unica cosa che lo riportasse a contatto con la realtà.

Non perse tempo, si diresse istintivamente verso lo squallido cucinotto, illuminato appena da una lampadina che pendeva dondolando dal soffitto, aprì il cassetto dove teneva il disinfettante e le garze che usa per medicarsi dopo i combattimenti e tornò verso la camera da letto, separata dalla zona cucina solo dal un sottile muro giallastro, dall'intonato incrostato e che cadeva a pezzi.
Versò il disinfettante sopra la ferita e iniziò a tamponare, con tutto quel sangue non riusciva a vedere quanto fosse profondo il taglio.

Passò qualche minuto prima che il sangue iniziò a coagulare sotto l'effetto del disinfettante. Il taglio era molto profondo e dai bordi irregolari, non si sarebbe rimarginato facilmente e non era sicuro che quella ragazza avrebbe superato la notte.

Non ebbe altra scelta che prendere ago e filo e ricucire a mano la ferita.

Glielo aveva insegnato sua madre, non avevano mai avuto soldi per pagare un vero medico e così dovevano fare tutto da sé. Non passò molto tempo che Robert, appena ragazzino, iniziò a far pratica su sua madre, ricucendo i tagli che suo marito le infliggeva ogni volta che perdeva il controllo colpendola con qualsiasi oggetto si trovasse a portata di mano.

Per fortuna quella ragazza era troppo debole per risvegliarsi e se anche fosse stata abbastanza forte avrebbe perso i sensi vittima del dolore che quell'operazione le avrebbe provocato.

Un'ora dopo, Robert aveva finito, i lembi di pelle erano tesi quanto bastava per far sì che non avrebbe avuto una cicatrice troppo vistosa che poco si addiceva ad una bellezza tanto dolce e naturale che caratterizzava quella ragazza.
Si meravigliò lui stesso di quel suo pensiero che poco si addiceva ad un uomo rude come lui.

L'aspetto esteriore, in quel momento non era importante, sarebbe stato sufficiente passare la notte senza complicazioni.

Le coprì le gambe con una coperta leggera, lasciando scoperto il corpo dalla ferita in su, l'ossigeno dell'aria avrebbe aiutato il processo di cicatrizzazione del taglio.


Si sedette sulla vecchia poltrona in fianco al letto, poggiandosi sulle gambe la sua inseparabile sacca.
Con un movimento meccanico, di chi sa già cosa vuole e dove la può trovare, estrasse il laccio emostatico e l'ago.

Sul tavolino di fianco alla poltrona c'erano tutto l'occorrente che gli serviva per entrare in un "stato sovrannaturale di lucidità", così la definiva Robert.

Su un vassoietto, erano posati con un ordine quasi maniacale, il cucchiaio, l'accendino, una bottiglia d'acqua e il succo di limone.

Era tutto pronto.

Iniziò quel rituale che conosceva tanto bene, non poteva farne a meno sopratutto quella notte, se quella ragazza avesse avuto delle complicazione, non avrebbe saputo affrontarle lucidamente, solo l'eroina poteva aiutarlo, solo così sarebbe stato davvero lucido e inebriato da un'ondata di adrenalina.
Sarebbe stato pronto a tutto.

Si legò il laccio emostatico attorno al braccio sinistro, nei momenti come quello preferiva iniettarsi la sostanza nel sinistro, perché sarebbe arrivata prima al cuore che l'avrebbe pompato velocemente in tutto il corpo.
Versò la quantità giusta della polvere tanto agoniata sul cucchiaio da minestra, accompagnato da acqua e qualche goccia di succo di limone per facilitare la solubilità dell'eroina.
Accese la fiamma e il metallo iniziò a scaldarsi facendo sciogliere e amalgamare il tutto, era pura chimica.

Controllò che non ci fossero grumi e aspirò tutto il contenuto con la siringa.
La guardò inebriato brillare alla flebile luce che illuminava la stanza.
Fece penetrare l'ago sottopelle e con calma studiata iniziò a premere lo stantuffo.

5 secondi, solo 5 secondi e sarebbe stato finalmente lucido.

Continuò a vegliare su quella ragazza per i successivi tre giorni.
L'eroina gli aveva tenuto compagnia, non aveva avuto bisogno di altro.




Becky si svegliò di soprassalto, un ultimo ricordo le tormentava la mente, due uomini la stavano aggredendo e uno l'aveva colpita con il coltello, poi un moro comparso dal nulla l'aveva salvato, dopo più nulla, il buio totale.

Forse era stato solo un sogno, o almeno questo si era augurato ripercorrendo quelle immagine ad occhi ancora chiusi.

Un formicolio la tormentava, guidò la mano fino al punto da cui proveniva, nel basso ventre e un dolore lancinante la pervase.
Aprì gli occhi e una luce poderosa la investì.
Ci mise qualche minuto a mettere a fuoco l'immagine che sipresentava alla sua vista.
Non riusciva a capire dove si trovasse.
Spostò lo sguardo intorno a sé e ad un tratto sobbalzò, in fianco al letto, seduto su una poltrona c'era l'uomo che l'aveva salvata nel suo incubo.

Pochi istanti più tardi dovette arrivare alla conclusione che il taglio sul suo basso ventre e la presenza di quell'uomo non potevano solo essere una coincidenza, non poteva essere solo un sogno bensì un brutto ricordo di quello che le era capitato.

La prese una irrefrenabile voglia di scappare.
Doveva andarsene.
Si trovava in una casa con un uomo del quale non sapeva nulla, è vero l'aveva salvata ma chi poteva dirle che non fosse un altro malintenzionato.

Si alzò a fatica, la ferita pulsava oltre ogni misura provocandole ad ogni passo un dolore lancinante.
Guardò l'uomo, la testa reclinata in avanti nella mano destra teneva una siringa mentre il braccio sinistro era stretto nella morsa di un laccio emostatico. Mossa da un senso di compassione e gratitudine sciolse il laccio e sfilò la siringa poggiandola sul mobiletto lì vicino. Prese un bicchiere d'acqua e cercò di farlo bere, doveva essere disidratato e la droga di certo non l'avrebbe dissetato, o almeno non l'avrebbe fatto a livello fisiologico.

L'uomo aprì gli occhi e la fissò facendo un sorriso sghembo e poi ricadde nello stato in cui si trovava prima che Becky si svegliasse. Lo osservò doveva avere poco più di una decina di anni di lei, il viso era rilassato e sembrava essere davvero a suo agio in quello stato in cui si trovava, c'era qualcosa in lui che la affascinava, non capiva che cosa l'avesse spinto a rischiare la vita per salvarla ma sicuramente le era grata per averlo fatto.

Non indugiò ulteriormente, uscì velocemente dalla casa e si buttò in strada per capire dove fosse ed orientarsi.
Il sole iniziava a calare.
Era ora di tornare a casa, se così si poteva chiamare la baracca in cui viveva.



Erano passati ormai cinque giorni da quando si era risvegliata nella casa del suo salvatore, così lo chiamava, non aveva un nome per lei, era scappata troppo in fretta per chiederglielo o anche solo per ringraziarlo per quello che aveva fatto.

Era stato davvero un gesto disinteressato.

Non aveva mai smesso di pensare a quella notte, quando l'aveva salvata, e si era ritrovata spesso a sorridere accarezzando i bordi della ferita che stava ormai quasi guarendo. A giudicare dall'ampiezza del taglio sarebbe sicuramente morta dissanguata se quell'uomo non si fosse preso cura di lei.


Uscì quel pomeriggio con un grande cesto, pronta per recarsi al mercato settimanale e fare rifornimenti, per quello che il suo stipendio da sarta le permetteva, erano giorni ormai che non mangiava qualcosa di caldo.
Riempì il cesto di ogni tipo di verdure che aveva trovato a buon prezzo, poi si incamminò verso casa.

Ad un tratto rinsavì, non si ricordava come ci fosse arrivata ma si accorse che sovrappensiero si era incamminata fino alla casa di quel uomo.

Ebbe un attimo di smarrimento.

Tirò fuori dalla tasca un biglietto che aveva scritto durante i giorni che era rimasta a riposo a letto.
Era un biglietto di ringraziamento. Estrasse dal suo cesto un sacchetto di carta e lo riempì con alcune colorate verdure, che le mettevano allegria, lo appoggiò con il biglietto sull'uscio di quella casa.
Fece fronte retro sorridendo, contenta di aver ringraziato come poteva, quell'uomo.
Il sorriso le morì sulle labbra quando girandosi incontrò gli occhi di quell'uomo. Era lì davanti a lei, ricoperto di tagli e con il volto tumefatto in più punti.

Robert socchiuse le labbra come se volesse dire qualcosa ma in quell'esatto momento, cadde a terra come spossato dopo una fatica immane e vittima del dolore fisico che ormai il suo fisico non riusciva più a sopportare.




Note dell'autrice:
Finalmente sono riuscita a scrivere il nuovo capitolo e a pubblicarlo! Penso proprio che non sarà una long-fic, certe storie meritavo di essere scritte in maniera breve e concisa per rappresentare al meglio l'intensità dei personaggi e per descrivere al meglio uno spaccato della loro vita.
Poi sinceramente non ce la farei a tenere in piedi due fanfic dovendo scrivere il seguito/non seguito di "The lesson is: someone can hurt you, but it does not mean that everyone is like him"!
Ringrazio come sempre le fedelissime ragazze che hanno commentato il primo capitolo e tutti quelli che hanno letto:)!
Il prossimo aggiornamento sarà Mercoledì, mentre per quanto riguarda l'altra fanfic pubblicherò come sempre il Lunedì!

A presto:)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Situation reversed ***


Capitolo 3 – Situation reversed


Frugò nelle tasche dell'uomo per cercare la chiave della casa, dopo qualche minuto riuscì a trovarle e senza esitazione corse ad aprire quell'enorme porta rugosa, la spalancò e come se conoscesse da molto tempo quell'abitazione si diresse nella cucina, se così si poteva chiamare quell'angusto spazio che non vedeva la preparazione di un piatto caldo da mesi, se non anni.

Uscì, quell'uomo era ancora accasciato al suolo dove l'aveva lasciato, non accennava a riprendere i sensi, e da sola non sarebbe mai riuscita a sollevarlo per portarlo in casa. Tentò l'unica cosa che le era venuta in mente, gli sollevò la testa e posizionò il bicchiere appena sotto le narici, l'odore forte dell'alcol avrebbe dovuto risvegliarlo anche se solo per qualche minuto.

L'effetto fu quello sperato.

Robert aprì gli occhi, le immagini erano sfuocate e il volto gli pulsava in modo incredibile.

-Cerca di alzarti, appoggiati a me. Ti porto in casa, non puoi rimanere qui- gli disse gentilmente Becky.

Robert annuì, ma non rispose, doveva conservare quelle poche forze che gli erano rimaste per fare quei 50 metri che lo separavano dalla sua abitazione.
Tese i muscoli già doloranti e gli chiese un ultimo sforzo, dopo tutte le fatiche che avevano già dovuto sopportare quella sera.
Becky gli tese la mano, facendo perno sui piedi cercò di tirare a sè quell'uomo possente per aiutarlo a reggersi sulle proprie gambe.
Con un ultimo sforzo che gli sembrò sovrumano, Robert riuscì ad alzarsi e Becky fece passare il suo braccio attorno al suo collo mentre lei gli cingeva il fianco, così da caricarsi la maggior parte del peso.
A piccoli passi riuscirono finalmente ad oltrepassare la porta dell'abitazione.

Robert lasciò Becky e si diresse verso la sua camera, era troppo orgoglioso per ammetere che aveva avuto bisogno dell'aiuto di quella donna.
Si buttò sul letto e perse nuovamente i sensi.

Becky chiuse dietro di sé la porta e seguì con lo sguardo quell'uomo, dopo qualche secondo prese coraggio e si diresse verso la camera da letto, avrebbe potuto anche respingerla per quanto ne sapeva ma il suo senso del dovere le imponeva di non abbandonare una persona che in quel momento aveva bisogno di aiuto.

Era il momento di ricambiare il favore.


Gli strappò la canottiera che aveva in dosso, il sangue aveva ormai macchiato tutto l'indumento.
Il torace era costellato da tagli ed ematomi che iniziavano a virare dal rosso al violaceo, segno che qualche ossa si era rotta.
Avrebbe potuto chiamare un medico ma avrebbe dovuto spiegare chi fosse quell'uomo e il perché si trovasse in quello stato, due cose a cui lei non avrebbe saputo rispondere.
Decise così di far ricorso a quelle poche conoscenze che sua madre, infermiera, le aveva impartito fin da quando era bambina, piccole nozioni di pronto soccorso.

Appoggiò delicatamente le dita sul costato dell'uomo dove il gonfiore era più evidente. Premette un po' là dove sapeva che erano posizionate le costole percorrendo per l'intera lunghezza tutte le ossa. Fortunatamente non erano uscite dalla loro sede, ciò voleva dire che erano incrinate e non avrebbe rischiato la vita.

Passò poi ad ispezionare tutte le ferite, fortunatamente non erano tagli profondi ma solo superficiali, questo era facilmente intuibile dal fatto che attorno al taglio si espandeva una nuvola violacea, segno che la ferita era frutto di  una colluttazione e non era stata provocata da un'arma contundente.

Prese l'alcol ed un batuffolo di cotone, due cose che probabilmente gli servivano prima di iniettarsi la sua dose dato che si trovavano sul tavolino insieme al laccio emostatico e alla siringa, disinfettò ogni ferita, poi iniziò a ricucire quelle che sembravano più gravi e che non accennavano a smettere di sanguinare.

Infine prese la canottiera e la divise in tre pezzi, uno più grande e due più piccoli, si diresse di nuovo verso la cucina e aprì il rudere che una volta doveva essere stato un frigo, trovò quello che le serviva, il ghiaccio.
Riempì i pezzi di stoffa con i cubetti e li richiuse per poi tornare nella stanza da letto e posizionarli dove più serviva.

Uno sul volto, dove lo zigomo era orribilmente tumefatto, una sulla mano destra che era terribilmente gonfia, doveva essere destrorso ed infine premette il pezzo di stoffa più grande sul costano, il freddo avrebbe aiutato a ridurre il gonfiore e avrebbe accelerato la guarigione delle costole che sarebbero lentamente ritornate alla loro posizione originale.

Rimase così per un paio d'ore, cambiando il ghiaccio per un paio di volte quando i cubetti si erano completamente sciolti.
Il corpo era molto caldo e la febbre sopraggiunta iniziava a scuotere con dei brividi sempre più ravvicinati l'uomo.

Era un buon segno il corpo stava reagendo.

Si svegliò di soprassalto, non sapeva che ore fossero, non c'erano orologi in quella casa, o forse non ci aveva mai fatto caso. Corse in strada lasciando la porta spalancata e capì subito che dovevano essere circa le dieci e mezza del mattino, il campanile di una piccola chiesetta cattolica, situata nel quartiere, suonava il richiamo per la consueta messa domenicale.

Chiuse la porta dietro di sé, e si diresse senza pensarci al mercato della domenica dove si potevano trovare le merci della settimana invendute a prezzi ribassati.
Doveva comprare della carne, ali e cosce di pollo erano tutto quello che si poteva permettere, sarebbe bastato.

Tornò quasi correndo verso l'abitazione dalla quale qualche giorno prima era scappata, aprì la porta e si diresse verso il fornelletto, voleva cucinare.
Non era abbastanza per lei stare vicino a quell'uomo, lui l'aveva salvata due volte e lei avrebbe dovuto ricambiare in maniera adeguata poi avrebbe ripreso la sua normale vita di tutti i giorni.

Spalancò la finestra che dava su un cortile interno, la situazione era peggiore di quello che si aspettava, la penombra in cui era calata quella casa aveva celato le condizioni pietose in cui si trovava l'abitazione.
Becky iniziò a pulire la cucina, dopo di che iniziò a tagliare le verdure e pulì la carne sviscerandola.
Mise tutto in una pentola, la coprì con un coperchio mettendola poi sul fornelletto a gas a fuoco lento.
Ci sarebbe voluta qualche ora prima che la sua ricetta fosse pronta.

Nel frattempo diede una pulita anche al resto della casa, nel salotto notò delle fotografie su un piccolo mobile, ritraevano quell'uomo con una donna più anziana di lui, la abbracciava e sembrava davvero felice. “Chissà come si è ridotto ad essere così, comunque non sono affari miei, faccio tutto questo per ricambiare il favore altrimenti sarei già tornata a casa mia, in fondo mi sto prendendo un bel rischio, se si dovesse svegliare e non apprezzasse quello che sto facendo per lui, potrebbe anche farmi del male, ma correrò il rischio, non ho mai abbandonato nessuno in difficoltà e questa non sarà di certo la prima volta” si ritrovò a pensare Becky, questo lato da "crocerossina" lo aveva ereditato sicuramente dalla madre che l'aveva cresciuta, portandola negli ospedali dell'esercito ai quali arrivavano i soldati reduci dalla guerra contro i nazisti, lì aveva imparato che anche se un uomo è in condizioni disperate vale la pena tentare di salvarlo.
La speranza non l'aveva mai abbandonata.

Tre ore dopo la casa risplendeva, finalmente quello che bolliva sul fornello era pronto.




Robert, iniziò a svegliarsi lentamente, c'era un profumo che gli arrivava alle narici e aveva risvegliato il suo stomaco che iniziava a reclamare cibo, essendo a digiuno da quasi due giorni.

Aprì gli occhi lentamente, non si ricordava come fosse arrivato a casa sua, ma dopotutto gli capitava spesso, l'ultimo suo ricordo risaliva al combattimento contro un grande energumeno francese, che si teneva all'industria tessile del suo quartiere, gli avrebbe fruttato molti soldi un'eventuale vincita peccato che il francese aveva iniziato a giocare sporco fin dall'inizio, i colpi sotto alla cintura erano stati innumerevoli e dall'altra parte nessuno lo aveva fermato, l'arbitro nei combattimenti clandestini non era previsto.

Dopotutto era quello il bello, spesso si trovava faccia a faccia con persone della peggiore specie, diseredati e drogati, come lui del resto, troppo deboli per contrastarlo.
Non fu così quella sera, quel francese era davvero ben piazzato e preparato e boxava come si boxa in Inghilterra, una volta che riesce a colpirti non ti lascia spazio neanche per respirare ed inizia a scaricarti addosso una serie di calci e pugni senza lasciarti via di campo. Questo è lo stile della boxe inglese.

L'ultima cosa che ricordava era un destro potente al volto seguito da un sinistro al torace poi più nulla.
Poco male, adesso era a casa sua, sano e salvo, anche se di sano aveva ben poco a giudicare dal dolore lancinante che gli pervadeva tutto il corpo.

Ad un tratto una figura entrò nella sua visuale di campo.
-Ti sei svegliato finalmente, ti ho preparato del brodo di carne, è un ottimo tonico nei momenti di debilitazione fisica, adesso ti aiuto a sollevarti un po' così ti do una mano a berlo-

Robert ancora una volta non rispose, non capiva perché fosse ancora lì quella donna, chi l'aveva fatta entrare? E perché era tornata dopo essere scappata senza neanche ringraziarlo? Tutte domande che affollavano la mente di Robert, ma a cui in aveva ancora voglia di dar voce.

Obbedì e quella donna che gli mise un cuscino dietro la schiena.
-Io sono Becky, scusami se sono scappata via senza ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me, non so perché tu l'abbia fatto ma la cosa importante è che sono riuscita a ricambiare-
-Perché sei qui?- chiese freddo, dopotutto non era abituato ad essere meno rude del solito in presenza di una donna. -Sono tornata per lasciarti qualche verdura e un biglietto per ringraziarti e proprio mentre stavo per tornare a casa tu sei comparso dietro di me e ti sei accasciato al suolo, non so cosa ti sia successo ma ti ho ricucito le ferite più gravi e ho applicato il ghiaccio sul volto, sulla tua mano e sulle costole né hai un paio inclinate a proposito, ma nulla di rotto sei stato fortunato-
-Grazie- era sincero, anche continuava a pensare che tutto quello che aveva fatto per lui non fosse necessario, avrebbe potuto benissimo cavarsela da solo.
-Ora mangia, ti aiuto io, è meglio che tu non ti muova troppo-

Becky prese un generoso cucchiaio di brodo e lo portò alla bocca di Robert, e continuò così finché nel piatto rimase solo qualche goccia del liquido ristoratore.
Durante quei minuti Becky non distolse lo sguardo da Robert e viceversa, si osservavano come se uno volessero accedere ai pensieri dell'altro, ma non osassero aprire bocca, non volevano rovinare quel momento così surreale.

-Adesso devo tornare a casa mia, di là c'è una pentola intera di brodo e quando sarai abbastanza in forze potrai mangiare anche il bollito-
-Io sono Robert- disse quasi meccanicamente interrompendola. Non si era ancora presentato da quando si erano incontrati, non ne aveva avuto l'occasione.
-Beh Robert, riprenditi, spero che non ti dispiaccia ma ho dato una pulita alla casa, ne aveva bisogno- disse accennando un sorriso.

Sentendo quella frase, lo sguardo di Robert corse subito al mobiletto, dove c'era tutto il necessario per farsi la sua dose quotidiana.
Era tutto intatto, come lui lo aveva lasciato.
Tirò un sospiro di sollievo.

Becky, senza aspettare una risposta, si alzò portando con sé il cucchiaio e il piatto, lo posò in cucina e prese la sua borsa, era giunto il momento di lasciare quella casa.

Si fermò con la mano appoggiata sulla maniglia della porta d'ingresso, la strinse e ne saggiò la consistenza, assaporando mentalmente la sensazione di freddezza che le trasmetteva.
Fece scivolare le dita come indecisa su cosa fare e poi la lasciò per poi dirigersi verso la camera da letto.
Si affacciò sull'uscio della porta della stanza
-Grazie Robert-

Adesso poteva dirsi soddisfatta e poteva chiudere questo capitolo, se pur breve e senza dubbio strano, della sua vita.





Note dell'autrice:
Capitolo strano, lo ammetto! E' un pò un capitolo di transizione questo, ma il perchè lo sia lo capirete solo leggendo il capitolo 4! Diciamo che Becky si sbaglia, questo 'capitolo della sua vita' non è del tutto chiuso, ma non posso spoilerare altro:p! Ci saranno risvolti interessanti (oddio ho spoilerato ancora :p?)!
Grazie come sempre a tutti quelli che mi seguono e che recensiscono con tanta passione (esagero? No siete fantastiche:))!
Ci vediamo/leggiamo/scriviamo Lunedì con il capitolo della mia nuova fanfic e Mercoledì con il nuovo capitolo di questa storia:)!
Grazie a tutti:)
A presto:)

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