Chambara

di Pontomedusa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


1

 

Erano tre giorni che camminava, praticamente senza sosta, attraverso i boschi. La notte era costretta a fermarsi, ma sedersi sull'erba umida con la schiena appoggiata a un tronco o a una pietra non invitava certo al sonno, senza contare che doveva rimanere all'erta in caso di attacchi di animali selvatici. Un fuoco avrebbe aiutato a tenerli lontani, ma non voleva attirare l'attenzione di qualche sbandato come lei, e così aveva rinunciato.

Finalmente, era arrivata a un villaggio. Avrebbe potuto mangiare qualcosa che fosse degno di essere chiamato cibo e dormire in un vero letto...almeno in teoria. Sakura frugò nella bisaccia e ne tirò fuori pochi shu. Avrebbe dovuto scegliere la locanda più scadente del villaggio. Come al solito.

Sakura sospirò, poi si rimise in marcia. All'ingresso del villaggio, le guardie la squadrarono da capo a piedi, come al solito. Una donna vestita da guerriero, e con una katana al fianco, attirava sempre l'attenzione. Le guardie, comunque, sembravano poco più che contadini armati di mazze, quindi Sakura non li degnò di troppa attenzione. Ad ogni modo, la lasciarono passare.

Attraversò il mercato, cercando di non badare troppo agli odori di cibo che si alzavano dalle bancarelle, e provò tre locande prima di trovarne una adatta alle sue tasche. Cenò con riso e un po' di pesce, e poi finalmente, esausta, si lasciò cadere sul letto e si addormentò.

 

La svegliò un acre odore di bruciato. Aprì gli occhi e la sua mente registrò urla e grida. Saltò giù dal letto, si rivestì, prese la spada e uscì dalla stanza.

Nella sala comune della locanda, gli ospiti e i proprietari sembravano tanti topolini terrorizzati. Avevano improvvisato delle barricate per sbarrare le porte e la finestra, ma da fuori qualcuno stava cercando di sfondarle.

“Un attacco?” chiese Sakura, già intuendo la risposta.

“Sì,” le rispose un uomo giovane. “Sono ronin. Hanno messo a ferro e fuoco il villaggio...Noi abbiamo cercato di barricarci qui dentro, ma credo che riusciranno presto a entrare.”

Come a confermare le sue parole, un buco si aprì nel legno di una delle imposte.

Il ragazzo spostò lo sguardo sulla katana di Sakura.

“Ma tu chi sei?” le chiese.

“Sono un ronin anch'io. Un mercenario. Sono disposta a mettermi al vostro servizio; in cambio di un giusto compenso, si capisce.”

Altri tonfi dall'esterno, e altri pezzi di legno crollarono dalle imposte e dalla porta.

“Tutto quello che vuoi!” gridò il locandiere. “Ti daremo tutto quello che abbiamo se riesci a salvarci!”

“Ma pensi di riuscirci da sola?” chiese l'uomo giovane.

“Non so nemmeno quanti sono! Potrebbe farmi comodo un assistente,” disse Sakura, e lanciò un'occhiata eloquente al ragazzo.

“Facciamo a metà?” chiese il ragazzo con un sorrisetto.

“Prima vediamo se riusciamo a uscire vivi da qui. Hai un'arma?”

Il ragazzo aprì le braccia. Sakura si guardò intorno, poi il suo sguardo cadde su un attizzatoio.

“Prendi quello,” disse. “O ti sentiresti più a tuo agio con un coltello?”

“Un coltello andrebbe meglio,” rispose il ragazzo.

“Guarda che combattere con un coltello significa lotta corpo a corpo. Pensi di esserne capace?”

“Sì,” disse il ragazzo, poi corse verso la cucina. Ne uscì pochi istanti dopo con un lungo coltello da macellaio.

“Con questo mi sento abbastanza sicuro,” disse.

“Va bene,” disse Sakura. “Io prendo la porta, tu la finestra. Riusciranno a entrare pochi alla volta, dobbiamo ammazzarli appena mettono la testa dentro. Se riescono a entrare qui, la situazione diventerà troppo difficile da controllare. Te la senti?”

“Vedrai,” rispose il ragazzo, e le fece l'occhiolino. Poi, andò appostarsi a lato della finestra, le cui imposte stavano ormai per cedere del tutto. Sakura alzò le spalle e prese il suo posto accanto alla porta.

Gli aggressori riuscirono a sfondare prima la finestra. Il giovane tagliò la gola al primo appena infilò la testa nel pertugio; qualcuno dietro riuscì a spingere il cadavere all'interno della stanza per cercare di entrare a sua volta, ma ci guadagnò solo un coltello piantato nell'occhio.

A questo punto, i ronin dovettero capire che la finestra non era un passaggio sicuro, perché ricominciarono a lavorare per abbattere la porta, e ci riuscirono in pochi minuti. Controllare la porta era più difficile, e per questo Sakura l'aveva tenuta per sé; dalla finestra potevano entrare uno alla volta e dovevano scavalcare, dalla porta invece si riversarono parecchi guerrieri tutti insieme.

Sakura tagliò teste, gambe e braccia con pochi fendenti precisi, approfittando dell'effetto sorpresa; i nemici infatti impiegarono qualche secondo per capire che c'era qualcuno che li stava attaccando, e dove fosse.

Finalmente, uno dei ronin la vide e la indicò agli altri. Sakura indietreggiò; aveva davanti a sé almeno dieci guerrieri armati che non vedevano l'ora di farla a pezzi per vendicare i loro amici.

Sakura attaccò. Ferì un uomo al ventre e con un calcio lo fece cadere addosso ai suoi compari. Diversi uomini caddero a terra, ma altri due le vennero incontro a spade sguainate. Sakura riuscì a evitare un fendente saltando di lato, poi decapitò l'uomo che aveva tentato di colpirla e affondò la spada nel torace dell'altro.

Diversi degli uomini caduti erano riusciti a rialzarsi: Sakura vide due lame tagliare l'aria nella sua direzione e si abbassò, riuscendo a evitare i colpi, poi rotolò di lato per togliersi dalla portata degli aggressori. Non fece in tempo a rialzarsi che vide un'altra lama abbattersi su di lei; riuscì giusto a mettersi in ginocchio e bloccare il colpo, poi si mise seduta e, puntellandosi sulla mano libera, piantò il piede nell'inguine del nemico. Quando questi, per riflesso, si piegò nella sua direzione, gli affondò la lama nel ventre, poi scattò in piedi.

Fece un mezzo giro per evitare un altro colpo e poi immerse la spada nel corpo dell'avversario. Fu a quel punto che sentì un dolore tremendo al braccio sinistro, e cadde a terra.

Dal pavimento, riuscì ad abbattere ancora due degli uomini che si erano precipitati su di lei, ma poi le forze la abbandonarono e la spada le cadde di mano.

Rimase come in trance, inorridita, a guardare la lama che stava per abbattersi sulla sua faccia. Le sembrava che il tempo scorresse più lento del normale, riusciva a vedere ogni dettaglio: il volto dell'uomo che stava per ucciderla, sfigurato da un ghigno rabbioso; la lama della spada, macchiata del sangue di chissà chi, forse del suo; riuscì anche a pensare che meritava di morire per avere lasciato andare la sua spada, da cui un samurai non dovrebbe separarsi mai.

E poi, vide il suo aggressore cadere in ginocchio, e dopo faccia a terra. Il tempo riprese a scorrere col suo ritmo normale. Il ragazzo aveva pugnalato il nemico alla schiena, poi si era voltato rapidamente e aveva tagliato la gola ad un altro. Trascinandosi, Sakura riuscì a riprendere la sua spada. Si sforzò di mettersi in ginocchio, e fu sufficiente per aprire il ventre a un altro ronin. Il ragazzo piantò il pugnale nel petto dell'ultimo.

Era finita.

Il ragazzo si avvicinò a lei e le sorrise.

“Allora, ti ho convinto? Metà e metà?”

Sakura riuscì a restituirgli il sorriso, e poi svenne.

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


2

 

Sakura percepì la luce attraverso le palpebre e aprì gli occhi.

Rimase con la mente vuota per qualche secondo, poi cominciò a ricordare. Subito, si sforzò di muovere il braccio. Era ancora lì?

Il braccio c'era ancora, anche se muoverlo le faceva un male del diavolo. Si contorse per poterlo guardare, e vide che era stato bendato.

La porta si socchiuse, e Sakura istintivamente cercò la sua spada. La sua spada! Dov'era finita?

Per fortuna, il visitatore era solo il ragazzo del giorno prima. Tuttavia, Sakura non poteva sopportare l'idea di essere stata separata dalla sua spada; era un disonore, per un samurai.

“Ah, sei sveglia! Come ti senti?”

“Dov'è la mia spada?”

“Buongiorno a te,” disse il ragazzo, aggrottando la fronte.

“Scusa. Buongiorno. Dov'è la mia spada?”

Il ragazzo assunse un'aria esasperata e rassegnata insieme e indicò un punto in fondo alla stanza. Sakura cercò di alzarsi ma ricadde miseramente sui cuscini.

“Puoi portarmela qui, per favore?” chiese.

Il ragazzo andò a prendere la spada e gliela portò.

“Guarda che puoi stare tranquilla,” le disse mentre camminava verso di lei. “I ronin li abbiamo fatti fuori tutti.”

Appena fu a portata di mano, Sakura afferrò la spada con il braccio sano, ignorando il dolore che le provocava ogni minimo movimento.

“Non è per questo” disse, dopo avere messo la spada accanto a sé, sotto le lenzuola. “Un samurai non deve mai separarsi dalla sua spada.”

 

Suo padre arriva a svegliarla all'alba, ma Sakura è già sveglia. In realtà, stanotte praticamente non ha dormito. Oggi è il suo tredicesimo compleanno. Il giorno della cerimonia della consegna della spada.

Oggi riceverai la tua katana,” dice suo padre. “Ricorda, un samurai non si separa mai dalla sua spada.”

Sì, padre.”

Da oggi sarai un vero samurai. Quando morirò, servirai tu il nostro Daimyo. Sei l'unica discendente della nostra famiglia, e perpetuerai la nostra stirpe. Non ha importanza che tu sia una donna. Da oggi, sarai prima di tutto un samurai.”

Sarà un onore, padre.”

 

“Quindi è vero...sei un samurai?”

“A dire il vero, un ronin. Mio padre mi ha addestrata come un samurai, ma il Daimyo che la mia famiglia serviva, alla morte di mio padre, ha rifiutato i miei servigi. E così, sono rimasta senza padrone.”

“Ma perché?”

Sakura si rabbuiò.

“Perché sono una donna,” rispose. “Così, sono diventata un ronin. Mi sposto continuamente, mi fermo quando trovo un ingaggio e poi riparto.”

“Uh...che genere di lavoro?”

“Secondo te?” Sakura sogghignò. “Sono un guerriero addestrato per uccidere!” Guardò la faccia del ragazzo, poi scoppiò a ridere. “In realtà in genere mi offro come guardia del corpo o capo delle guardie di qualche villaggio. Coordino le difese, addestro gli abitanti. Cose così. Poi, quando sono in grado di fare da soli, me ne vado e cerco qualcos'altro.”

“Come hai fatto ieri. Potresti fermarti qui. Difendere questo villaggio.”

“Perché no? Se me lo chiedono. Prima, bisogna vedere se guarisco. Un ronin con un braccio solo vale poco.” Fece una smorfia.

“Se ti riposi e non fai stupidaggini, guarirai presto. Ti ho medicato io. Hai perso molto sangue, ma la ferita è pulita. Si sta rimarginando bene, senza infezioni.”

“Sei un medico?”

“Sono uno che si sa arrangiare. Mi chiamo Daisuke.”

“Io Sakura.”

 

Sai perché ti ho chiamata Sakura?”

Sakura scuote la testa. Le piacciono questi momenti di intimità con il padre, alla fine di una lunga giornata di allenamenti.

Perché il sakura, il fiore di ciliegio, è il simbolo della nostra casta. Quando i fiori ricoprono i rami, è uno spettacolo grandioso, come un samurai quando è all'apice della sua potenza. Ma basta un po' di vento per fare cadere tutti i petali, come basta un solo colpo di spada per fare cadere il più maestoso dei samurai. Tuttavia non devi temere la morte in battaglia, Sakura: per un samurai, è l'unica morte onorevole.”

Sakura pensa che lei la morte la teme eccome, in battaglia o altrimenti, ma fa cenno di sì con la testa.

Ricorda,” continua il padre. “Tra i fiori il sakura, tra gli uomini il samurai.”

 

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Capitolo 3
*** 3 ***


3

 

“Devi tendere di più la corda! La cocca deve sfiorarti la punta del naso.”

L'aspirante arciere tirò un po' indietro il gomito destro, con uno sforzo che sembrava sovrumano, a giudicare dalla sua espressione. Sakura si sforzò di trattenere un risolino.

“Così va meglio, ma non stringere forte la corda. Le dita devono essere rilassate.”

L'uomo le rilassò un po' troppo, perché la freccia partì con un sibilo e andò a conficcarsi nel muro di una casa poco lontano. Per fortuna Sakura insisteva sempre perché la linea di tiro venisse lasciata libera, durante gli addestramenti.

“Va bene, Hiro. Diciamo che per oggi abbiamo finito, d'accordo?”

Hiro fece un cenno con il capo, lasciò l'arco e si allontanò con un'espressione da cane bastonato.

“Il materiale umano non è gran che, eh?”

Sakura si voltò verso la voce e vide Daisuke. Non riuscì a fare a meno di sorridere.

“Non sono poi tanto male. Stanno facendo grandi progressi. Perché non ti fai vedere anche tu agli addestramenti, ogni tanto?”

“Io non ne ho bisogno! Ho fatto fuori venti ronin tutti da solo, ricordi?” E le fece l'occhiolino.

“Al massimo saranno stati dieci...se continui a raccontare questa storia in giro, fra un mese saranno diventati cinquanta!”

Daisuke rise.

“Be', forse è vero, ho un po' esagerato, ma comunque devi ammettere che non ho bisogno di addestramenti.”

“Diciamo che te la cavi.”

“E poi ti ho salvato la vita!”

“Parole grosse!”

Ma Sakura sapeva che era vero. Però era bello punzecchiare Daisuke. Era bello passare del tempo con lui. Era bello...

Sakura abbassò lo sguardo, improvvisamente imbarazzata.

“Sarà meglio che vada. È quasi ora di cena. Il lato positivo di questi addestramenti è che il vitto è incluso...finalmente posso mangiare come si deve.”

Daisuke assunse un'espressione comicamente disperata.

“Io invece devo tirare avanti con i soldi che ci hanno dato per avere sconfitto i ronin! Devo farmeli bastare! Solo riso e tè!”

Sakura rise di nuovo.

“D'accordo, d'accordo, quante storie! Stasera cena con me. Offro io.”

 

Sakura aspirò l'aria della notte. Era profumata di fiori.

Daisuke camminava accanto a lei.

“La cena era deliziosa!” disse lui.

“Sono contenta che ti sia piaciuta, ma cerca di non farci l'abitudine!”

“Ma come no, Sakura? Sarò il tuo schiavo fedele! Ti servirò in tutto! Solo in cambio di tre pasti al giorno!”

“Lo sapevo! Sei come certi cagnolini...ti seguono fino a casa e poi non c'è verso di liberarsene!”

Daisuke si fece improvvisamente serio.

“Davvero vorresti liberarti di me?”

Sakura era incredula.

“Ma no, sciocco...scherzavo. Non volevo offenderti, scusa.”

“Non mi hai offeso...solo...”

Le prese la mano.

“Solo...a me piace davvero stare con te,” continuò.

Sakura non sapeva cosa dire. Non sapeva neanche cosa sperare...

E poi lui la baciò. Pochi secondi, le labbra sulle labbra.

Quando lui si staccò da lei, Sakura rimase immobile per qualche istante. Poi, girò sui tacchi e si allontanò, senza correre.

Daisuke non poté vederlo, ma Sakura stava sorridendo.

 

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Capitolo 4
*** 4 ***


4

 

Sakura, quella notte, riuscì a dormire molto poco.

Era innamorata di Daisuke. Questo le era chiaro. Era diventato chiaro nel momento in cui lui l'aveva baciata.

Si rendeva conto che di lui non sapeva molto. Aveva capito che viveva di espedienti. D'accordo, ma non si poteva dire lo stesso di lei? Daisuke era in gamba, coraggioso e, anche se lei non lo avrebbe mai ammesso in sua presenza, le aveva davvero salvato la vita. L'aveva anche curata.

Era innamorata di Daisuke. E Daisuke meritava quell'amore.

Albeggiava appena, quando Sakura uscì a cercarlo.

 

Daisuke abitava ancora nella locanda dove avevano passato la prima notte al villaggio. Sakura, invece, dopo essere stata ingaggiata come capo delle guardie aveva ottenuto una piccola casa nel centro del paese.

La locanda, invece, era vicina alle mura, discosta dalle altre costruzioni. Quando Sakura arrivò abbastanza vicina da poterla vedere, notò degli strani movimenti vicino all'edificio.

Nella luce incerta dell'alba, non era chiaro cosa stesse succedendo. Sakura si avvicinò il più silenziosamente possibile, cercando di non attirare l'attenzione. Istintivamente, poggiò la mano sull'elsa della spada.

Due uomini stavano lottando. Uno dei due era vestito da samurai. Un ronin? L'altro invece era...

Era Daisuke! Sakura corse verso di loro, senza più preoccuparsi di non fare rumore. Il ronin stava colpendo Daisuke al viso. Il ragazzo incassò diversi colpi, ma poi cadde a terra.

Il ronin lo sovrastava. Si chinò su di lui. Sicuramente, voleva dargli il colpo di grazia.

Invece, la testa del ronin rotolò sul selciato. Poi, anche il corpo crollò. Dietro di lui, c'era Sakura, la spada sguainata, la lama grondante di sangue.

Daisuke cercò di alzarsi in piedi, ma riuscì solo a mettersi seduto. Era ancora stordito dai colpi.

“Sakura! Tu...tu mi hai salvato!”

Sakura sorrise.

“Siamo pari,” disse. Poi, indicò il corpo a terra.

“Sai cosa voleva da te?” chiese.

“Veramente...”

Sakura spostò la testa col piede, per guardarla meglio. E sbiancò.

“Dimmi cosa voleva da te,” ripeté. Adesso la sua voce era fredda, lo sguardo duro.

“Io...non lo so,” balbettò Daisuke. “Davvero, ti giuro...”

“Non ti credo,” sibilò Sakura. “Io quell'uomo lo conosco. Lo...conoscevo. Ci allenavamo insieme, da ragazzi. Non era un ronin. Era un samurai.”

 

Sakura ha finito gli allenamenti. Oggi, insieme a lei c'è Akira. È il figlio di un amico di suo padre, e anche lui diventerà un samurai. Ha qualche anno più di lei, e per questo a Sakura sembra molto saggio.

Sono esausta!” dice Sakura.

Un samurai non è mai stanco, non sente il dolore, né la fame, né la sete!” proclama Akira, ma poi sorride. “Sei stata brava oggi,” le dice.

Sakura si sente piena di orgoglio. “Grazie,” dice. “Ma non sono ancora abbastanza forte. E la virtù del samurai è la forza!”

Non è così,” dice Akira. “La forza è importante, ma la virtù più importante di un samurai è un'altra.”

Quale?” chiede Sakura.

L'onore,” dice Akira.

 

“Era un uomo d'onore,” disse Sakura. E poi si accorse che degli uomini a cavallo si stavano avvicinando.

Gli uomini li circondarono. Erano tutti samurai.

Sakura era stordita da tutta l'assurdità della situazione, e ci mise qualche istante a riconoscere l'uomo alla testa del gruppo di cavalieri. Era Tokugawa Eizo. Il suo daimyo.

Anche Tokugawa Eizo sembrava sorpreso di vederla.

“Sei tu? Nakajima Sakura?”

Sakura chinò la testa.

Adesso il daimyo sembrava, più che sorpreso, sbalordito.

“Adesso ho capito di avere sbagliato a rifiutare i tuoi servigi perché eri una donna. Vedo il tuo valore come guerriero. Ma ora so che avrei dovuto rifiutarli per la tua mancanza di fibra morale! Cosa sei diventata? La complice di un ladro, di un assassino! Un'assassina tu stessa! Cosa direbbe tuo padre se ti vedesse?”

“Io...io...” Sakura crollò in ginocchio e si prostrò davanti a Tokugawa Eizo.

“Perdonatemi, daimyo. Non avevo riconosciuto Akira. E quest'uomo è un mio amico...credevo lo fosse. Pensavo fosse stato aggredito da un malintenzionato. Non avrei mai pensato...”

“Quell'uomo è Murakami Daisuke,” disse il Daimyo. “Ha derubato diversi membri della nobiltà. Una volta è stato sorpreso, e ha ucciso la ragazza che lo aveva visto. Era una fanciulla di appena tredici anni.”

Sakura, incredula, si voltò a guardare Daisuke. Lui si limitava a tenere la testa china. Sakura capì che era tutto vero.

“Quest'uomo sarà arrestato e impiccato. Io credo nella tua buona fede, Sakura, ma capisci anche tu che non posso certo ignorare ciò che hai fatto. Tuttavia, per rispetto alla memoria di tuo padre e poiché si è trattato di un errore, ti offro la possibilità di morire con onore, e non giustiziata come una comune criminale.”

Sakura chinò la testa. Sapeva che era giusto, ma sentiva le lacrime che le pungevano gli occhi.

E il terrore. Non voleva morire.

“Comprendi, Sakura? Puoi scegliere il jigai. Te ne andrai con onore.”

“No!” gridò Sakura.

 

La virtù del samurai è l'onore,” dice Akira.

È vero,” interviene il padre di Sakura. “L'onore è più importante anche della vita stessa, e pur di preservare il primo il samurai è disposto a rinunciare alla seconda.”

Improvvisamente, Sakura si sente triste. Tuttavia, accenna di sì con la testa.

Ma questo vale per tutti,” dice Sakura. “Fin da piccoli, ci hanno insegnato che, piuttosto che cadere nelle mani del nemico, dobbiamo praticare il jigai.”

Certo Sakura,” dice suo padre. “Ma il jigai è solo un modo per sfuggire una morte più orribile, o un destino peggiore della morte. In fondo è semplice...tagliarsi la gola con un coltello. Dura un attimo. Ma un samurai deve scegliere la morte anche quando l'alternativa è una vita senza onore. E lo fa con il seppuku. Usando la sua spada.”

Sakura rabbrividisce. Tuttavia sa che il padre ha ragione.

Perché un samurai non si separa mai dalla sua spada,” dice.

Il padre sorride, e le scompiglia i capelli.

Esatto,” dice. “E non si separa mai dal suo onore.”

 

“No!” gridò Sakura. “Non lo farò col jigai, come un bambino...o una donna. Permettetemi di scegliere il seppuku, daimyo. Solo quella può essere una morte onorevole per me. La morte di un samurai.”

Tokugawa Eizo inarcò le sopracciglia, tuttavia fece un cenno di assenso.

Sakura adesso non aveva più paura. Sarebbe morta come avrebbe voluto vivere. Da samurai.

E mentre la lama della spada affondava nelle sue viscere, pochi istanti prima che, in un gesto di pietà, uno degli uomini del daimyo le tagliasse la testa, le sembrò di vedere suo padre, fiero di lei, come quando era bambina.

 

Un samurai non si separa mai dalla sua spada e non si separa mai dal suo onore.”

Tra i fiori il sakura, tra gli uomini il samurai.”

 

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