What If?

di Ysis Donahue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Beginning ***
Capitolo 2: *** Attraction ***
Capitolo 3: *** Tra rivelazioni, botte da orbi e splendidi sogni ***
Capitolo 4: *** Prove di resistenza e variegate riflessioni ***
Capitolo 5: *** Burning Desire ***
Capitolo 6: *** Together ***
Capitolo 7: *** Passion and Plans ***
Capitolo 8: *** Strategies ***
Capitolo 9: *** Turning Points ***
Capitolo 10: *** Go On ***
Capitolo 11: *** Temptations And Doubts ***
Capitolo 12: *** Troubles ***
Capitolo 13: *** Foward To Time Past I ***
Capitolo 14: *** Foward To Time Past II ***
Capitolo 15: *** Beginning Of A Different Path ***
Capitolo 16: *** What Love Is ***
Capitolo 17: *** Sweet Night ***
Capitolo 18: *** Challenge, Volturi, Emotions ***
Capitolo 19: *** Cracks ***
Capitolo 20: *** Jealousy ***
Capitolo 21: *** A Promise ***
Capitolo 22: *** Volturi's Dangerous Plan ***
Capitolo 23: *** Far Far Away ***
Capitolo 24: *** What's happening and what will happen ***
Capitolo 25: *** Double D: Dating and Decisions ***
Capitolo 26: *** {J}acksonville ***
Capitolo 27: *** Werevolfes, Vampires, Confessions ***
Capitolo 28: *** Rivelazioni ***
Capitolo 29: *** Feelings ***
Capitolo 30: *** BreakDown ***
Capitolo 31: *** 痛み (Pain) ***
Capitolo 32: *** Searching And Destroy ***
Capitolo 33: *** Finally Better ***
Capitolo 34: *** Speechless ***
Capitolo 35: *** Dolcenera ***
Capitolo 36: *** Leaders Of The Wolves ***
Capitolo 37: *** Chess ***
Capitolo 38: *** Masquerade ***
Capitolo 39: *** What If ***
Capitolo 40: *** The End ***



Capitolo 1
*** The Beginning ***


(Edward) Un’altra ora di lezione, in un giorno identico agli altri.
L’immortalità è un dono veramente sfibrante.
 Toglie la passione e l’interesse per ogni cosa e tutto diventa grigio tedio e noia. E finisce che non ti appassioni più a nulla, più niente ti sconvolge o ti rende felice.
 Sì, l’immortalità è davvero una grandissima fregatura.
 Mi riscuoto dai miei tristi pensieri e vedo entrare Bella Swan, la figlia dell’Ispettore di Polizia di Forks Charlie Swan, new entry nella piccola comunità della cittadina e quindi oggetto di mille attenzioni e pettegolezzi.
 Niente di particolare. Carina però.
 Il professore la fa sedere accanto a me e sono attratto dal profumo delizioso del suo sangue. Per fortuna mi sono nutrito da poco, sennò sarebbe stata una tentazione davvero irresistibile. Per ogni evenienza, mi  scosto un po’da lei con la sedia e incontro, in risposta, il suo sguardo interrogativo.
 Dandomi dello stupido cerco di percepire i suoi pensieri per vedere come mi conviene comportarmi,  ma stranamente non percepisco nulla. Mi concentro maggiormente ma niente, la sua mente è totalmente isolata dal mio potere.
Un sospiro di sollievo sale alle mie labbra.
 Magari fosse così con tutte le persone! A volte, anzi direi fin troppo spesso, è veramente snervante sentire ventiquattr’ore su ventiquattro i pensieri degli esseri umani!
 Mi dimentico di Bella Swan e del mistero della sua mente muta e mi impongo di rimanere in classe fino alla fine dell’ora. So che se chiedessi di andare in bagno sarebbe la fine, non resisterei alla tentazione e me ne scapperei via, facendo preoccupare e deludendo Esme e Carlisle.
 E non ci tengo.
 “Alice, salvami! Ti prego dimmi che domani ci sarà un sole da spaccare le pietre!” Penso, focalizzando nella mente il viso di mia sorella. Dopo circa cinque minuti la sua voce argentina mi trilla acuta in testa, facendomi storcere il labbro.
 “No, mi spiace. Domani sarà una giornata piuttosto coperta. Pioverà pure!”
Gemo sconsolato.
“Perché? Non sei andato a caccia giusto stanotte?”
 “Si, infatti non intendevo cacciare. Ho scommesso con Emmett che avrei catturato quattro lupi, questa settimana. Me ne manca uno solo, e non ho intenzione di perdere!” Sogghigno, pregustando già la vittoria.
“Ma questo vuol dire che rischierai di invadere il terreno della Riserva! Lo sai che siamo banditi da lì!” Comincia Alice, con voce preoccupata.
 “Lo so, lo so. Calmati Alice, nessuno lo verrà mai a sapere! Sarò velocissimo e comunque non mi nutrirò là, rapirò solo un animale selvatico! O credi forse che ne tengano l’elenco?”
“Non comportarti da incosciente Edward! Ma perché tu ed Emmett dovete sempre andare a caccia di guai?”
“Perché è divertente!”
Alice lancia un urletto frustrato “Edward accidenti, sei impossibile!”
Rido.
“Perché devi sempre farmi stare in pena con queste pazzie?”
Mi rabbuio. “Non preoccuparti Alice. Ho la testa sulle spalle.”
 “Lo so, lo so, non offenderti. È solo che non capisco perché a te e ad Emmett attragga così tanto l’idea di rompere l’equilibrio con gli umani! Sapete quanto i Quileute ci abbiano in antipatia! Basterebbe stuzzicarli quel tanto di troppo per scatenare le voci! E se anche gli abitanti di Forks la prendessero sul ridere sai benissimo che i Volturi sarebbero di tutt’altro avviso! Volete forse dargli uno spunto per venirci a cercare? Perché non la piantate, una buona volta?”
“Sai bene la risposta, è la stessa che spinge te e Rose ad seguire con tanta cieca devozione la moda delle ragazzine. Vogliamo sentirci parte del mondo degli umani, e provare emozioni che ci facciano credere che la nostra esistenza abbia un qualche senso.”
Alice tace e io mi concentro su altro, per impedirle di contattarmi ulteriormente. Essere telepatici consente di vincere tutte le discussioni, ma provocare Alice non è mai una buona idea.


(Edward, nel pomeriggio) L’aria scorre tra i miei capelli, e mi solletica il viso.
 Ha un profumo assolutamente delizioso, sa degli ultimi attimi d’estate, degli ultimi raggi di caldo prima dell’ autunno e dell’inverno.
Mi piace l’estate.
 Anche da umano, ricordo che era il periodo dell’anno che preferivo: niente scuola, un lavoretto in un ristorantino frequentato da ragazze carine, le nuotate in spiaggia, il dormire fino a tardi, il sole...
 Mi manca essere umano e poter godere di tutte queste semplici cose. Ora come ora la mia vita mi sembra una prigione eterna. Posso solo andare avanti allontanando tutto e rifuggendo qualsiasi contatto, fino al giungere di un’ipotetica fine.
Sto forse avendo una “crisi di mezza età?” Sarebbe proprio comica.
In verità so che cosa mi manca: compagnia. E non intendo quella della mia famiglia, ma quella di una persona che mi possa capire: la compagnia di un amico, di qualcuno diverso da te ma che è in grado di capirti, sostenerti, e ascoltare le tue confidenze.
 Anche se adoro la mia famiglia e ho un bellissimo rapporto con i miei fratelli, la verità è che mi sento molto solo. Sarà anche perché sono l’unico single da oltre cento anni?
Ma guai a parlare di questo in casa, rischierebbero un colpo per la tristezza e l’ansia.
E probabilmente Alice organizzerebbe dei casting per trovare la mia vampira ideale.
Meglio gestire tutto da solo, come sempre.
Mentre rifletto saltello velocemente da un ramo all’altro, seguendo l’odore della lupa che ho appena stanato. E’ un magnifico esemplare, degno di Emmett: una grossa madre che ha da poco partorito quattro cuccioli spelacchiati.
La vedo mentre entra in una stretta grotta, alla base di una spelonca di roccia, e sospiro.
Pazienza, aspetterò.
 Mi siedo per terra, di fronte alla tana, e comincio a fantasticare. Per come la vedo ora, l’unico vantaggio dell’Immortalità è l’infinita quantità di pazienza che dona negli anni. Il tempo scorre lento ma curiosamente privo di spessore, e due ore passano in un lampo.
"Certo che si potrebbe anche sbrigare" penso. Non deve volerci molto a sfamare quattro cuccioli, probabilmente si è addormentata.
Cambio posizione e continuo ad attendere, sperando di non dovere entrare nella grotta.
Non voglio fare più rumore del necessario.
La sera comincia a scendere e grossi nuvolosi si addensano sul monte. Apro l’automatico un istante prima che la pioggia cominci a cadere, sorridendo. Tra i vantaggi dell’ essere un vampiro, ci sono anche i poteri extra dei quali si può disporre.
Ma ora devo per forza entrare nella grotta, sia perché la pioggia complica in maniera non indifferente il trasporto della lupa e le potrebbe facilitare la fuga, ma anche perché detesto bagnarmi.
 Ma proprio quando sto per scendere dall’albero, una serie di passi rapidi e pesanti mi bloccano al mio posto. Mi metto a scrutare il sottobosco e presto individuo colui che ha intralciato i miei piani.
É evidentemente un indio: alto, capelli lunghi e neri, pelle bronzea, fisico allenato ma snello e aria da duro. Sono abbastanza sicuro che si tratti dell’ultimo Black, il bis bis bis bis nipote dell’ideatore del Patto, accordo che proibisce ai Cullen di entrare alla Riserva e che io sto violando con forse troppa leggerezza.
Per la prima volta mi sento vagamente in colpa per le scherzose scommesse tra me ed Emmett. Se ci scoprissero nel loro territorio, i Quileute ci scaccerebbero e comincerebbero a parlare.
E il pericolo che le voci arrivino ai Volturi è reale, senza contare il fatto che qualche invasato di Forks potrebbe fare un salto all’ufficio del catasto e notare che, ciclicamente, una giovane coppia con cinque figli adottivi si stabilisce in una grande magione nascosta nel bosco.
 Dovremmo scappare, e spezzare la serenità che ci è costata così tanti decenni di fatica, autocontrollo e astinenza.
Basta questo morso alla bocca dello stomaco, questo senso di colpa così prepotente, a rendermi questo Black veramente odioso. Cosa cavolo sarà venuto a fare qui, in una giornataccia come questa? Non lo vede che piove? Non ce l’ha una ragazza, un amico, un computer, una copia di Playboy a casa?
 Scruto il sottobosco, impaziente, ma non riesco a vederlo e deduco che si debba essere infilato nella grotta.
Prego che la lupa lo strazi.
 Seccato chiudo gli occhi e mi metto ad annusare l’atmosfera. Sento l’odore della pioggia, del vento, del bosco, del freddo. Quello dei cuccioli di lupo e della loro madre. E poi l’odore del giovane indio.
Una fragranza penetrante ma decisamente seducente.
Piego la testa di lato, gli occhi sempre chiusi, e comincio ad analizzarla. E’ calda e viva, la definirei quasi … vigorosa.
Ha un dolcissimo aroma di campo, che crea un contrasto meraviglioso col sentore d tabacco e cuoio che si avverte poi. Vi leggo solitudine, tristezza, rabbia e dolcezza. Anche una decisa dose di sfrontatezza. E’ tenue e ruvida in una maniera quasi irresistibile, e mi mette addosso una sete che non sento da anni.
Un fruscio più pesante della goccia di pioggia sul sottobosco cattura i miei sensi, e spalanco gli occhi.
 Jacob Black è appena apparso esattamente sotto questo larice e, mentre lo scruto, ipotizzo che debba avere uno stuolo di ragazzine innamorate che lo seguono ad ogni passo: nonostante il fisico vigoroso e l’aria tenebrosa ha un viso che, ad attento esame, si mostra insospettabilmente bello e aperto al sorriso.
E se ora si togliesse dalle palle io sarei libero di onorare la mia scommessa e tornarmene a casa a riscuotere la penale.
 Questo me lo renderebbe leggermente più simpatico.
Non so in virtù di quale benigno gioco del fato, le mie preghiere vengono esaudite e Mr. Black, dopo aver fumato una sigaretta con tutta la calma del mondo, si allontana.
Sospiro di sollievo e alzo gli occhi al cielo in segno di gratitudine, poi scivolo lungo il fusto della pianta e mi introduco nella grotta. Come avevo immaginato, madre e cuccioli dormono tranquilli.
Inarco un sopracciglio, Black deve essere del tutto matto. Rischiare di prendersi uno di quei noiosi, eterni e alquanto fastidiosi malanni umani, per non parlare dell’eventualità di un attacco da parte della mamma lupa, solo per venire a dare un’occhiata?
Scuoto il capo, dopodiché afferro la mia preda, me la carico sulle spalle, ed esco dalla tana, cercando di essere il più cauto possibile.
La pioggia è aumentata e il paesaggio sarebbe quasi indistinguibile ad un occhio umano, ma si da il caso che io veda perfettamente.
Corro veloce nel sottobosco col mio fardello sulla schiena e sono quasi arrivato alla macchina quando sento un rumore strano, un’imprecazione e poi più nulla, se non l’odore del sangue di Jacob Black, che mi suscita un violento spasmo di desiderio.
Il campione deve avere scoperto, a sue spese, che il muschio bagnato è scivoloso.
Smetto di respirare e mi metto a cercarlo, orientandomi con l’udito e la vista e sperando di non metterci troppo. Fortunatamente lo trovo abbastanza in fretta, sdraiato sotto un larice, ma c’è un problema: è svenuto.
Cadendo ha battuto la testa su un sasso, e questo basta a risvegliare il mio animo di medico: potrebbe avere una commozione cerebrale, o un ematoma e sarebbe meglio che venisse subito visitato.
Senza parlare poi dell’impossibilità di abbandonarlo di notte, svenuto in mezzo alla foresta e per di più durante un temporale.
Sospiro, posso fare solo una cosa.
Con una corsa porto di nuovo la lupa alla sua tana, dopodiché torno dal ragazzo, me lo carico sulla schiena e corro alla Riserva, pregando di avere un po’ di fortuna.



(Jacob) Ho tanto freddo che mi sembra di dover congelare da un momento all’altro e le orecchie mi sibilano, come se fossi in mezzo ad un ciclone.
 Tutto, attorno a me, ondeggia e questo non aiuta il doloroso pulsare della mia testa, né la sgradevole sensazione di compressione del mio stomaco.
Realizzo di essere aggrappato a qualcosa che corre come un fulmine, ma prima che la sensazione si concretizzi del tutto il mondo si ferma nuovamente e io mi trovo adagiato su una superficie morbida e cedevole.
 Mani fredde ed esperte mi tastano il capo con sicurezza e gentilezza, ci picchiettano sopra qualcosa che brucia, armeggiano ancora un po’ e poi sembrano svanire nel nulla.
 Riesco finalmente ad aprire gli occhi, e capisco di trovarmi a casa di mio padre.
Provo ad alzarmi, ma la testa mi gira troppo e ricomincia a fare male. La tasto delicatamente con una mano e sento un grosso cerotto sopra un sopracciglio e, sotto di esso, un bel bernoccolo.
 Cerco di dare un senso a quello che mi è appena capitato, ma se mi sforzo più del necessario la testa sembra spaccarmisi in due, quindi mi risolvo a dormirci su.
Chissà che domani non abbia le idee più chiare.
Mi spoglio velocemente e mi infilo sotto le coperte, registrando a malapena che i vestiti sono bagnati fradici. Prima che possa farmi qualche altra domanda, però, mi addormento di botto.



(Edward) Scruto la boscaglia con il mio sguardo infallibile e ripercorro il percorso del pomeriggio,  correndo tanto velocemente che la pioggia non potrebbe sfiorarmi neppure se fossi senza ombrello.
Black è a posto, ora voglio concludere l’altra faccenda.
Individuo l’entrata della caverna, vi penetro, catturo la madre dei cuccioli e poi esco nel giro di una manciata di secondi, sospirando.
Un’operazione che sarebbe dovuta durare appena una mezz’oretta ha richiesto quasi tre ore, accidenti a quel dannato ragazzo!
Sicuramente Emmett me lo farà ricordare per due o tre lustri.
Mugolando inizio a correre,  e in pochi minuti raggiungo casa. Mio fratello si fionda al mio fianco e, come previsto, non perde neppure un secondo per prendermi in giro.
“Ce ne hai messo di tempo, piccolo Ed. Se avessi saputo che Mamma Lupa ti avrebbe creato tanti problemi ti avrei fatto catturare creature più docili. Farfalle, ad esempio.”
Alzo gli occhi al cielo, rassegnato, e con tutta la cautela di cui sono capace poso la mia ultima preda, che ancora dorme,  a terra in modo che la possa vedere bene. Emmett emette un fischio sommesso e comincia a girarle cautamente attorno, seguito da me.
In effetti, è proprio una splendida bestia: lunga quasi due metri, alta, con una testa massiccia e una bellissima pelliccia grigia, folta e morbida. Il suo muso è allungato, le zanne bianchissime e forti e, anche se mio fratello ancora non li può vedere, i suoi occhi sono molto belli, e rispecchiano una grande intelligenza.
“Cosa intendi farne?” Domando, improvvisamente un po’ restio ad abbatterla.
Lui mi guarda e sogghigna. “Beh, in realtà, mentre ti aspettavo, ho pensato che sarebbe stato bello, movimentare un po’ il nostro pasto.”
“In che modo?” Domando, sebbene abbia già letto il resto dell’idea nei suoi pensieri.
“Hai presente quella foresta vergine a circa tre o quattrocento chilometri da qui?”
“Epping Rock? Si, naturale.”
“Un posto meraviglioso, sarai d’accordo con me. Sequoie a non finire, branchi di lupi e umani stanziati solo in poche aree da pic nic, quasi sempre deserte, per altro …”
 “E… ?”
“E beh, che ne diresti di una sfida di caccia? Liberiamo i lupi e il primo che ne rintraccia il maggior numero in minor tempo vince!”
Sorrido. “Sembra una buona idea, ma si vince cosa, di preciso?”
“Non so ancora, improvviseremo poi. Ci stai?” Domanda, allungandomi il pugno.
Lo faccio scontrare con il mio ed annuisco. “Certo che si. Ma preparati a subire una sonora sconfitta, controllerò che i lupi siano effettivamente quelli giusti pelo dopo pelo, se necessario. E, nel caso ti fossi dimenticato di dieci anni fa, sappi che ti tengo d’occhio. Non sperare di ingannarmi, fratellino.” Gli dico, sorridendo e lasciandolo ad occuparsi della lupa.
Non vedo l’ora di farmi una doccia e levarmi questi vestiti bagnati e odorosi di bosco!
Nel corridoio incrocio Alice e, indicandole i miei vestiti, le dico “Mi sa che come meteorologa non sei più così abile!”
E scampo giusto per un pelo alla sua furia omicida rifugiandomi nella mia stanza, ridendo.
Di ottimo umore, mi libero velocemente dei vestiti, prendo il cambio e vado in bagno, dove mi perdo, come di consueto, in una lunghissima doccia.
Una volta ristorato e con indosso i vestiti puliti, torno in camera e raccolgo gli abiti del pomeriggio, con l’intenzione di liberarmene prima che l’intera stanza cominci a odorare di larici e pelo di lupa umido.
Però, mentre raccolgo la maglietta chiara e la scuoto per liberarmi di eventuali peli ferini, il profumo del ragazzo indio mi avvolge nuovamente, e ancora una volta rapisce i miei sensi.
 Senza neppure rendermene conto, chiudo gli occhi e affondo il viso nel tessuto, cercando di catturare questo odore paradisiaco, e di conservarlo nella mia mente per sempre. Non so per quanto tempo rimango così, ma quando realizzo ciò che sto facendo lancio nervosamente la maglia su una sedia e respiro a fondo.
“Calma, Edward, calmati. Sei un vampiro vicino al centenario, non Jean Baptiste Grenouille. Lascia perdere certi cliché da romanzo Harmony e cerca, piuttosto, un bel film da vederti stanotte.”
Una volta tanto seguo i miei consigli, e dopo una rapida scelta, mi sistemo, pronto a vedere uno dei miei film preferiti.
Ma non posso negare di continuare ad essere nervoso, e mentirei se non ammettessi che spesso, durante la proiezione, mi sono accorto di star prendendo lunghi respiri, cercando in ogni modo di agganciare la scia di quel profumo.  


(Jacob) Apro gli occhi lentamente, e sento la pioggia scrosciare sul tetto. Infastidito mi giro per controllare l’ora dalla sveglia sul comodino, e lo scoprire che sono le due e mezza del mattino peggiora di parecchio il mio umore, già messo duramente alla prova da un fortissimo mal di testa.
Grugnisco, e il mio stomaco brontola come se non vedesse cibo da secoli e secoli, spingendomi ad alzarmi e a fare un’incursione in cucina, sperando che Billy abbia fatto un po’ di spesa come si deve. Fortunatamente in frigo trovo tutto ciò che un diciottenne affamato come un lupo possa desiderare, e in men che non si dica mi preparo due giganteschi panini mega farciti.
Li mangio lentamente, cercando di farmeli durare più che posso visto che un terzo sarebbe probabilmente fatale per le provviste di mio padre, e intanto penso che se domattina avrò anche solo la metà del mal di testa che ho ora, la scuola farà tranquillamente a meno di me. Sciacquo i piatti e riordino velocemente la cucina, poi torno in camera, desiderando dal più profondo del cuore di addormentarmi di botto.
 Ma, non appena varco la soglia, noto qualcosa che mi fa passare il sonno e dimenticare il dolore al capo. I vestiti che portavo ieri pomeriggio sono a terra, orribilmente spiegazzati e, a quanto sembra vedendoli da qui, piuttosto umidi.
E siccome io detesto sopra ogni cosa che i miei vestiti siano spiegazzati, c’è decisamente qualcosa che non va.
 Perché non li ho sistemati come al solito?
Oramai è un gesto del tutto automatico, lo faccio da che ho cinque anni, e se manco, solitamente, è perché sono parecchio ubriaco.
 Ma ieri pomeriggio sono semplicemente andato a fare una passeggiata nella foresta, da solo, e non ho bevuto nulla. Mi gratto perplesso il capo, e le mie dita scontrano una fasciatura e un bernoccolo che non ricordavo assolutamente di avere.
Una nuova sferzata di mal di testa mi fa strizzare gli occhi, ma almeno ora credo di avere ricollegato i pezzi. Nella foresta devo essere scivolato su del muschio bagnato o qualcosa del genere, e sono caduto battendo la testa. Qualcuno mi ha ritrovato e mi ha subito portato da Billy. Hanno visto che non ero ferito gravemente e quindi mi hanno semplicemente portato a letto,  medicato e aiutato a spogliarmi.
 Si, deve per forza essere andata così.
 Decisamente più soddisfatto raccolgo e metto ad asciugare la roba, lisciandola meglio che posso, e quando arrivo alla maglietta rossa ho una bella sorpresa.
Il lato anteriore emana un buonissimo odore di spezie esotiche, sole e lillà, come se fossi rimasto appoggiato per parecchio tempo ad un qualcosa di molto profumato.
Lo inalo a lungo a pieni polmoni, e grazie ad esso prendo rapidamente sonno.



(Edward) Le notti dei vampiri sono invariabilmente lunghe, e spesso detestate.
Si, possiamo uscire liberamente, ma il punto è che, una volta fuori, non c’è nulla da fare.
Senza amici pronti a fare casino e la possibilità di ubriacarsi anche solo un po’, le discoteche perdono velocemente quel poco di attrattiva che possiedono. Il resto del mondo degli umani, logicamente, trascorre le ore di tenebra dormendo, e rimarca inconsciamente, una volta di più, quanto sia finta e forzata la nostra esistenza.
 I vampiri riempiono le loro notti come possono, ingannando l’attesa dell’alba, e io stanotte mi sono concesso un paio di film e un bel viaggio indietro nel tempo. Ho spolverato ricordi vecchi e ricordi antichi, e alla fine mi sono ritrovato immerso addirittura in ricordi preistorici, cioè i pochi che sono rimasti della mia vita umana.
Non ho molte memorie di quando ero un ragazzo, ma la mia infanzia è ben nitida nella mia mente. Sono stato un bambino fortunato, e felice: avevo parecchi amici, i miei si volevano bene, non avevamo problemi economici, e Chicago era un bella città, piena di cose interessanti da fare.
 I momenti più belli, però, li ho sempre trascorsi con mio nonno. Anthony Masen, del quale porto il nome con orgoglio e i cui occhi verdi erano così simili ai miei, era il miglior nonno che si potesse desiderare: bonario, divertente e sempre pronto ad insegnarmi cose nuove ed interessanti.
 Ogni Sabato gli facevamo visita e lui, dopo aver salutato mamma e papà, mi prendeva per mano e mi portava con sé a sbrigare tutte le faccende, raccontandomi intanto storie bellissime e insegnandomi a fare questo e quello. Era un importante allevatore di bovini e aveva una stratosferica tenuta in campagna, circondata da campi coltivati da lui in persona, perché sosteneva che non ci fosse miglior rimedio contro la vecchiaia che continuare a lavorare la terra, possibilmente fumando qualche sigaretta tra una faccenda e l’altra.
 Per questo, nella sua giubba di cuoio, aveva sempre il necessario per arrotolare le sigarette e una generosa scorta di tabacco, e se non ricordo male fu proprio lui a offrirmi le prime sigarette, stando ben attento a non farsi scoprire da mia madre o mia nonna. Mio nonno è stato il primo della famiglia a morire di spagnola.
Avevo appena diciassette anni, all’epoca, e quella fu la priva vera esperienza che ebbi della morte. Ricordo che piansi per un giorno intero, ignorando gli sguardi di rimprovero che mi venivano lanciati, e che pensai che nessuno sarebbe mai stato capace di colmare il vuoto lasciato da lui.
E mi rendo conto che anche ora, a distanza di più di ottant’anni, se penso a lui ne sento ancora la mancanza, e vorrei ardentemente poterlo vedere ancora una volta.
Sospiro e cerco di cacciar via la tristezza accendendo la musica a tutto volume, aspettando l’alba.


(Jacob) Per la prima volta nella mia vita, sono grato alla sveglia, che suonando mi riscuote da un sogno piuttosto strano, che mi ha lasciato addosso una pessima sensazione. Vado in bagno, mi lavo il viso, controllo il mio bernoccolo e poi torno in camera.
Medito di saltare scuola, ma se mio padre mi trovasse in casa mi farebbe sicuramente una predica infinita, che non ho voglia di star a sentire. Potrei sempre andare a casa di Leah, ma lei è costretta dal tribunale a frequentare sempre, e quindi sarei comunque solo.
 Sospirando rassegnato cerco dei vestiti nell’armadio, faccio colazione e prendo la moto, diretto a quella specie di scatola che è la scuola della Riserva.



(Edward) Accidenti, è tardissimo! Memorizzo la pagina alla quale sono arrivato e poi chiudo a malincuore l’horror che sto leggendo, conscio del fatto che se arrivo in ritardo ancora una volta, la scuola avviserà Esme e Carlisle.
 Ma cosa ci posso fare se sono sempre stato un ritardatario cronico?
E poi chi non preferirebbe leggere un buon libro piuttosto che sentirsi ripetere per la trentesima volta le stesse spiegazioni?
Mi vesto velocemente e decido di indossare la maglietta di ieri, in modo che quel profumo sopraffino mi dia un piccolo incentivo e mi costringa a rimanere buono in classe fino alla fine delle lezioni.
Esco silenziosamente dalla mia stanza, dribblo abilmente mia mamma e salgo in macchina, diretto al liceo di Forks.
Mentre guido cerco una stazione che trasmetta musica decente, ma non ho fortuna e quando arrivo a scuola, giusto in tempo, il mio morale non è dei migliori.
E a ciò si unisce Bella Swan, ancora una volta seduta al mio fianco, che non fa altro che scrutarmi indagatrice e nascondersi dietro ai suoi capelli se solo alzo la testa di mezzo millimetro. Sospetto abbia qualche carenza mentale, e il fatto che non faccia altro che inciampare e attentare alla sua vita con gli incidenti più assurdi ed improbabili me lo conferma.
Sospiro e incasso la testa tra le scapole con aria sconsolata, ma fortunatamente la scia leggera che proviene dalla mia maglietta mi tira un po’su il morale.



(Jacob) Nessuno definirebbe la scuola mista della Riserva come un luogo adatto all’apprendimento e avrebbe perfettamente ragione. Il materiale è scarso e scadente, la Preside pressoché inesistente e i professori hanno talmente paura di noi che spesso lasciano l’aula dopo dieci minuti.
Hanno capito che gli conviene, soprattutto se io, Leah, e il nostro gruppo, siamo particolarmente di cattivo umore. Adesso, ad esempio, ci dovrebbero essere due ore di matematica, ma il prof si è rinchiuso praticamente subito nell’armadietto, attirando l’attenzione di Quil ed Embry, che ora lo stanno scuotendo e tirando in tutti i sensi, ignorando le sue minacce di future ritorsioni.
Per il resto tutto procede normalmente: Leah e le sue scagnozze terrorizzano le altre compagne come al solito, Paul ha ingaggiato una battaglia a colpi di clave fatte di giornali con Klaus e io mi fumo una sigaretta in santa pace, imitato da altri due o tre compagni. Finalmente la campanella suona e, dopo aver spento la sigaretta, mi alzo.
Intimo ai mie compagni di lasciar perdere il prof e loro si limitano ad annuire, aprendo le ante del mobile, liberando il prof ormai sull’orlo delle lacrime e ignorando platealmente le sue fiacche promesse di vendetta. Sorrido, passando un braccio sulle spalle di Leah, e mi avvio verso la porta, diretto in palestra.



(Edward) La Swan è un vero e proprio incubo, una persecuzione demoniaca! Passi il fatto che debba dividere con me le ore di letteratura, e passi pure il fatto che divida con me bancone e attrezzi a biologia, perché almeno si limita a stare ferma immobile e a fissarmi, lasciandomi fare quello che devo senza farmi perdere tempo.
Ma il fatto che divida con me anche le ore di ginnastica è davvero troppo. Perché non si esoneri, poi, rimane un inspiegabile mistero.
La sua massa muscolare è pari a quella di un infante, e i suoi riflessi più lenti di quelli di un koala: se corre inciampa, se salta la corda si schianta a terra, se le passano la palla la prende puntualmente in faccia.
Accetti serenamente il fatto di essere una calamità e ci liberi della sua presenza, una volta tanto!
Scuoto il capo, seccato, e passo con un po’ troppa forza la palla alla mia compagna, che riesce a pararla ma fa comunque qualche passo indietro per la forza dell’impatto.
Mi scuso con lei e ricomincio l’esercizio, cercando in tutti i modi di concentrarmi e rimpiangendo di non essere rimasto a casa, con la mia musica, i miei libri e i miei film.



(Jacob) Scarto i miei compagni, faccio rimbalzare la palla, spicco un balzo e la incestino, atterrando un po’sorpreso. La potenza del salto non era proporzionata a quella che vi ho impresso, ho fatto un balzo molto più alto di quanto avessi calcolato.
A pensarci bene ultimamente mi sento sempre un po’strano: mangio di più, dormo di meno, sono sempre un po’nervoso e mi sono anche alzato un paio di centimetri. Sarà la pubertà.
Alzo le spalle e continuo a giocare, ma con mia somma delusione la partita si conclude 20 a 22 per gli avversari, il che significa che devo a quello sbruffone di Embry altri dieci dollari. E infatti il mio amico sta arrivando giusto ora, ansimando e con un gran sorriso che gli va da un orecchio all’altro.
Mi tira una pacca sulla schiena e mi apostrofa, in tono soddisfatto
“Complimenti Mister Black, ma nonostante i suoi balzi atletici la vostra squadra ha perso, quindi credo di non sbagliare affermando che il suo debito nei miei confronti è salito a ben venti magnifici dollaroni.”
Gli do una spinta scherzosa e gli tiro i capelli, sapendo quanto lo detesti
“Ricordami di non scommettere mai più contro di te, hai una fortuna sfacciata. Sistemiamo stasera?”
 Lui annuisce e si si gira, dirigendosi verso gli spogliatoi. Io palleggio ancora un po’ e poi raggiungo gli altri.
 Le docce sono tutte occupate, quindi mi accendo una sigaretta e mi siedo su una panca, osservando le consuete scenette che avvengono in tutti gli spogliatoi del mondo. Quil si siede pesantemente vicino a me e mi chiede una sigaretta con voce esausta.
Non appena la ha tra le mani ne aspira una lunga boccata e si lamenta
“Sono esausto, queste partite mi stroncano…”
“ Beh, se poi ci fumi su non è che migliori le cose.”
“Figurati! Tu sei fresco come una rosa, eppure fumi come me! É una semplice questione di fisico.”
“Probabile.” Concedo, dirigendomi verso una doccia appena lasciata libera.
Mentre mi insapono sto più attento del solito e controllo il volume dei muscoli, ma non noto nulla di diverso, o anomalo.
 Probabilmente sto solo crescendo, e le mie sono paranoie inutili.



 (Edward) Finisco di sciacquarmi ed esco dalla doccia di ottimo umore, la giornata è quasi finita! Raccolgo le mie cose con calma, ed è una vera fortuna perché in questo modo alcuni miei compagni mi precedono ed escono prima, rivelando quella che dev’essere la giornata più calda e soleggiata dell’anno.
 “Ragazzi, abbiamo un problema gigantesco.” Comunico, sintonizzandomi sulle menti dei miei quattro fratelli, che sicuramente se ne saranno già accorti.
 “Non preoccuparti, abbiamo già pensato a tutto…” Mi risponde Jasper in tono leggero e io avverto un’inspiegabile sensazione di panico chiudermi la bocca dello stomaco.
“E cioè? Cosa intendete fare?”
“Uscire di qua assieme agli umani.”
 “In maniera sicura?”
“Alice ha controllato, non ci saranno problemi.”
 “Si, ma Alice non è infallibile!”
 “Beh, tanto non c’è nulla che tu possa fare, ormai è innescata.”
“Innescata? Cosa è innescata? Che diamine…”
Prima che riesca a concludere il pensiero, però, numerose forti esplosioni squassano l’aria. Imito i miei compagni e mi rifugio sotto le panche dello spogliatoio, ma se loro tremano per la paura di un attentato terroristico, la causa dei miei brividi è esclusivamente rabbia ed incredulità: perché invece di due fratelli normali mi dovevano capitare necessariamente un veterano psicopatico e un folle incosciente che si è fatto mangiare metà faccia da un grizzly ed è vivo solo grazie al buon cuore di mia sorella?
“Voi siete pazzi! Avete rischiato la vita di trecento persone senza motivo! Potevamo portare via la mia auto e rintanarci nel sottotetto! Potevamo uscire tutti imbacuccati e passare per strambi! Avrebbero dimenticato in fretta, e in caso contrario io e te avremmo sempre potuto manipolare i loro ricordi!”
“Non dire sciocchezze Edward, sai benissimo anche tu che se non fossimo usciti regolarmente i più se ne sarebbero accorti e si sarebbero posti un sacco di domande. Anzi, non è escluso che , nonostante tutto, i più intraprendenti decidessero di venirci a cercare. E sai meglio di me che gli umani sono particolarmente sensibili a certi argomenti: se comincia a girare la voce che durante le giornate di sole giriamo coperti o, comunque, non ci facciamo mai vedere, la parola “vampiri” comincerà a girare a Forks, e non è escluso che, a quel punto, arrivi velocemente alle orecchie di Aro. Volevi forse sacrificare l’intera città? E poi non ho agito alla cieca: ho bombardato solo la facciata e il porticato, che oltre ad essere deserti erano anche pericolanti.”
Sospiro e scuoto il capo, rassegnato. É inutile, farlo ragionare è assolutamente impossibile, soprattutto quando è così infervorato e convinto.
Intanto il Preside accende tutti gli altoparlanti e ci comunica che l’attentato sembra essere terminato, che ha contattato la polizia e che gli agenti gli hanno assicurato che la zona è sicura. Pertanto noi studenti siamo esortati ad uscire dall’istituto nel minor tempo possibile, osservando le regolari misure di sicurezza e coprendoci il più possibile, onde evitare il contatto con detriti e fumi dovuti alla deflagrazione.
 Almeno questa parte del piano è andata come previsto.
 Ritorno alla mia auto e trovo i miei fratelli appoggiati alle portiere, con un sorriso imbecille stampato in viso. Salgo senza dire una parola, e non una mosca vola durante il viaggio di ritorno.
Persino Emmett capisce l’antifona, ed evita ogni tipo di rumore o commento. Esme e Carlisle ci aspettano sul viale, e i loro lineamenti deformati dalla rabbia non promettono nulla di buono.


(Jacob) Se c’è una cosa che non sopporto, sono i codardi. Prendiamo l’esemplare che ho davanti ora, tale Jerry Doe.
 Una mezza tacca che peserà si e no trenta chili da vestito e bagnato, e che se si ergesse in tutta la sua altezza probabilmente non arriverebbe al mio sterno. Pare che gli piaccia atteggiarsi da bulletto e spararle grosse sulle sue eroiche gesta, facendosi bello agli occhi di quei poveri idioti dei suoi amici, che credono ad ogni parola che esce da quella fogna.
 Pare che recentemente abbia dichiarato che non sono altro che un montato e che se non fosse per il corteo di guardie del corpo che mi circonda costantemente mi avrebbe già messo al mio posto grazie alle sue tecniche avanzate di combattimento. La notizia mi era già arrivata qualche giorno fa e, dopo averci riso su con Leah e gli altri per un po’, avevo deciso di lasciar perdere.
Non fosse che, proprio stamattina, il piccolo Doe ha deciso di voler replicare il suo piccolo show rincarando la dose proprio mentre ero a portata d’orecchio. Un vero peccato, per lui.
Se fosse stato zitto probabilmente ora avrebbe tutti i denti e non si sarebbe sporcato di sangue la camicia. Lo afferro per i capelli e lo sollevo a mezz’aria, portando i suoi miopi occhi azzurri al livello dei miei.
“ Potrei sbagliarmi, ma stamattina mi era sembrato che tu fossi un vero chiacchierone.”
Lui pigola e si agita, piangendo e implorando perdono senza un briciolo di ritegno. Lo ignoro tranquillamente e proseguo il mio discorso, con voce mortalmente seria.
“Mi è sembrato, soprattutto, che tu fossi molto ben informato sulla mia famiglia: che avessi qualcosa da ridire sul mestiere di mia madre, sulla natura di mio padre e sulla mia legittima appartenenza al Clan, ma non credo di aver capito molto bene…”
“No, no, non lo avrei mai fatto, Jacob, te lo giuro!”
 Lo scrollo violentemente per i capelli e continuo il mio discorso.
“Perché, se ho capito bene, davi della puttana a una donna che, oltre ad essere morta da dieci anni, vale un milione di volte più della tua mammina adorata, dell’idiota a un uomo che, sebbene invalido, è una delle figure di riferimento della Riserva, e del bastardo a me, che mi scaldo molto facilmente se si tocca la mia famiglia.”
“No, no Jacob, io non avrei mai detto seriamente quelle cose, tu sei come un idolo, qui, tutti ti rispettano! E non mi sarei mai permesso di offendere te o la tua famiglia!”
“Sai, Jerry, io odio i codardi e detesto i bugiardi. E se uno è entrambe le cose, beh, allora farebbe meglio a non avvicinarmisi neppure.” Concludo, fratturandogli il un braccio e lasciandolo cadere malamente a terra.
 “É caduto dondolandosi dalla sedia, portatelo in infermeria.”
 Ordino ai suoi amichetti, che mi guardano terrorizzati e annuiscono, liberandomi di quel rifiuto umano.

   

 (Edward) Devo ammettere che non sono un grande esperto di lavate di capo, ma direi che Carlisle sta esagerando, sono almeno tre ore che non prende fiato! E il ritornello è sempre lo stesso.
“Siete degli stupidi incoscienti! Come vi è potuto venire in mente di far saltare in aria la facciata e il porticato del liceo solo perché non potevate uscire? Vi rendete conto di quanto abbiate rischiato, e di quanto abbiate fatto rischiare anche a me e ad Esme? Le probabilità che qualcuno restasse coinvolto erano alle stelle, e cosa avreste fatto, allora? Sicuramente tu, Jasper, non avresti avuto problemi, data la forza del tuo auto controllo! É improbabile, vero, pensare che ti saresti scatenato e che avresti straziato qualcuno davanti a non meno di trecento persone. Mi meraviglio di voi! Cinque plurilaureati e neppure uno in grado di pensare a una soluzione minimamente sensata! E non tirare di nuovo fuori la storia della struttura scadente e pericolante, Jasper, guai a te!”
Basta, ho sopportato anche troppo. Prendo un respiro profondo e stacco totalmente la spina, lasciando mio padre libero di sfogarsi quanto vuole. In fondo, io con questa storia non c’entro proprio per niente.
 L’ultimo, lievissimo, sentore dell’odore di Jacob proveniente dalla mia maglietta mi rilassa e mi accompagna nelle mie fantasticherie.
Mentre mio padre sbraita e strepita io immagino di essere miglia e miglia lontano, libero finalmente da tutti questi problemi, avvolto dal profumo di Jacob e alla ricerca del mio destino.



(Jacob) Io e Leah parcheggiamo vicini e scendiamo dalla moto in sincronia perfetta, replicando istintivamente l’uno i gesti dell’altra. Lei porta in casa la spesa e io recupero la posta, storcendo il naso per le prevedibili ma sempre sgradite bollette.
 Almeno non sono molte.
Quando entro sento l’odore di uova strapazzate, prosciutto e formaggio grigliati spandersi nell’aria e sorrido: oramai sono quasi dodici anni che io e lei viviamo assieme, ma a volte ancora mi stupisco di come sappiamo leggerci dentro a vicenda, anche nelle cose stupide come il pranzo.
Apparecchio rapidamente, accendo la tv, e dopo pochissimo stiamo divorando tutto, girando distrattamente i canali tv finchè non ci imbattiamo in una notizia decisamente interessante, soprattutto per una cittadina sonnacchiosa come Forks: alcuni ignoti hanno bombardato il liceo della città, causandogli tali danni da costringerlo alla chiusura per almeno due mesi.
Nel frattempo, gli studenti verranno smistati in varie strutture della zona, inclusa, ovviamente, anche la scuola integrata della Riserva.
 Io e Leah ci guardiamo, ghignando: sarà un vero piacere avere nuove vittime da tormentare!
La mia amica mette su il caffè e poi va a rispondere al telefono, mentre io comincio a riordinare e lavare i piatti. Quando torna in cucina riesce a stento a trattenere le risate.
“Sai chi era? Quella palla al piede di Sam! Ha detto che il Gran Consiglio ha convocato una riunione, e che siamo tenuti a partecipare, in quanto argomento del giorno!”
Scoppia in una risata argentina e io la imito, i vecchi devono proprio essersi bevuti il cervello!


(Edward) “Allora, questi sorteggi? Sono stufo di aspettare, voglio mangiare!”
Mugugna Emmett, e Rosalie emette un sibilo incollerito, muovendo seccamente il mouse e riaggiornando per l’ennesima volta la pagina.
“Per l’amor di Dio, Emmett, me lo hai chiesto un secondo fa! Non hai gli occhi in quel tuo dannato testone? Stanno inserendo i dati in questo momento, lasciagli il tempo di finire! Se proprio hai tanta fame vai a caccia o bevi una lattina di sangue!”
Mio fratello bofonchia qualcosa a mezza voce, ma finalmente si tranquillizza e aspetta paziente.
“Ecco, ci siamo! Dunque, vediamo…”
Mia sorella armeggia con la tastiera per qualche istante, apre un link e poi lancia un urletto scoraggiato.
 “Cosa c’è? Ci trasferiscono fuori Forks?” Domanda Alice, preoccupata, cercando di sbirciare da dietro.
“No, ma ci hanno distaccato a quella sottospecie di scuola che sta alla Riserva Quileute! Quell’affare fa schifo solo a vederlo, è lercio e pericolante! E poi dicono che sia davvero terribile.”
“Beh, allora basterà semplicemente far vedere loro chi comanda, no?” Commento, in tono divertito.
Non ci è andata poi tanto male, e almeno siamo tutti assieme: se a qualcuno dovesse venire qualche strana idea, sapremo come affrontarlo.

 

(Jacob) Sfrego i capelli con un asciugamano, poi mi vesto ed lancio un urlo in direzione di Leah, intimandole di sbrigarsi, se non vuole perdersi lo show.
“Le star protagoniste arrivano sempre in ritardo, non lo sai?” Mi apostrofa, uscendo da camera sua, e quando vedo come si è conciata non riesco a trattenere un ghigno.
 Indossa una cortissima minigonna di lurex rosso, auto-reggenti, anfibi e una canotta nera tutta stracciata che lascia vedere chiaramente il reggiseno di pizzo rosso.
 I capelli sono raccolti a formare una specie di ciuffo cotonato e il trucco è pesantissimo.
 “Dici che vado bene?”
“Per infartuarne una metà e scandalizzarne l’altra? Perfetta!”
Lei ridacchia e usciamo assieme, fumandoci una sigaretta e camminando lentamente, prendendoci tutto il tempo che vogliamo.
Arriviamo a casa del vecchio Ateara, Capo del Consiglio e nonno di Quil, e spalanchiamo la porta senza troppe cerimonie. Gli sguardi, già truci, che mi rivolgono diventano decisamente sprezzanti quando Leah fa la sua comparsa.
 “Siete stati convocati qui a causa dei vostri comportamenti oltraggiosi! Bere, fumare, picchiare insegnanti, usare violenza e fornicare con uomini e donne non è un atteggiamento da uomini, ma da bestie!”
 A parlare è stato, ovviamente, Harrison Ateara, sessant’anni, Capo del Consiglio degli anziani. Un tipo che non mi è mai piaciuto e che ha, nonostante la sedia a rotelle, un’aria decisamente pericolosa.
“Ignorateci come facciamo noi con voi e sono sicuro che non ci saranno problemi.”
Sento Leah ghignare e qualcosa che sta facendo attira lo sguardo del vecchio. “Spegnila!”
Sibila, scrutandola con odio manifesto. Leah avanza e si para di fronte a lui, aspirando profondamente il fumo dell’ennesima sigaretta. Glielo sbuffa in faccia, creando un cerchio perfetto.
“No.”
“Spegni subito quella sigaretta, Leah Clearwater! Essa è simbolo di colui che ci ha rinchiuso nelle riserve e profanato la nostra Sacra Madre Terra! Tu non puoi …”
 “Oh, invece posso. Non la spegnerò vecchio.” Lo ammonisce lei, fissandolo negli occhi grigi.
Ateara sostiene il suo sguardo senza battere ciglio, poi sogghigna. Il momento dopo Leah è a terra e si contorce urlando.
Mi slancio verso di lei, terrorizzato, ma il vecchio mi blocca la strada con la sedia a rotelle e mi rivolge un sorriso freddo e soddisfatto.
“Non le sta succedendo niente di grave, sta semplicemente Transitando. Succederà anche a te, presto.”
Dopodiché si leva di mezzo e io posso finalmente raggiungere la mia amica. Ha smesso di contorcersi ed urlare, ma trema come una foglia, e si sta praticamente stritolando il labbro tra i denti.
Ciononostante si alza da sola, si sistema i vestiti ed esce a testa alta dalla stanza, mostrando in maniera eloquente un dito.
La seguo fino a casa senza dire una parola, ma sono pronto ad accoglierla tra le braccia non appena la porta si chiude. Le accarezzo dolcemente i capelli e la cullo, aspettando che il suo pianto disperato si calmi un pochino.
“Cosa ti è successo Lenny?” Domando, dopo un po’, non riuscendo più a trattenermi.
“Non lo so. Ad un certo punto ho come sentito dei brividi dappertutto, e poi …”
Si interrompe e mi fissa a lungo. “Ho paura che mi prenderai per una pazza…”
“Non potrei mai prenderti per una pazza, Leah. E poi ho visto con i miei occhi quanto tu sia stata male! Sarei pazzo pure io.”
 Lei alza l’angolo della bocca, in una smorfia che adoro, poi continua.
 “Mi sono sentita come svenire, e quando sono rinvenuta, ero in una stanza buia, assieme a una bestia. Ne sentivo l’odore, capisci? E i respiri, mescolati con i miei. Sono rimasta immobile, e per un certo periodo è sembrato funzionare. Ma poi la bestia è corsa verso di me, e ha cominciato ad attaccarmi.”
La voce della mia amica si spezza, e lacrime spuntano dagli angoli dei suoi occhi.
 “É stato orribile, il dolore era atroce, e quel che è peggio è che sentivo il mio corpo cambiare. La lupa non mi stava semplicemente strappando la carne di dosso, mi stava trasformando in un animale come lei. Ho paura Jake!”
 La prendo in braccio di nuovo e le carezzo i capelli, rassicurandola. Ipotizzo che l’allucinazione debba essere stata procurata da una qualche strana droga che Ateara le ha in qualche modo somministrato e mi appunto di andare a fare un discorsetto a mio padre.
Ma ora la priorità è Leah. Continuo a cullarla e a raccontarle storie finchè non si addormenta. Poi la sistemo a letto, la copro, la bacio sul capo e esco dalla stanza nel modo più silenzioso possibile.
Non appena sono lontano da lei lascio che la rabbia e la preoccupazione si manifestino, e corro a casa di mio padre furibondo e decisamente su di giri.



(Edward) Danzo nella notte, ammaliato dai suoi profumi e dall’odore del sangue.
Amo cacciare.
Amo l’eccitazione che scorre nelle vene e il sentire l’odore della paura delle mie prede.
 Inseguire un giovane puma nel pieno della vita e della salute, braccarlo fino a farlo impazzire dal terrore e infine, solo quando è veramente esausto, suggere con le mie zanne letali il sangue che gli pompa furioso nel corpo. Pura estasi.
 Il sangue che beviamo entra in circolo mescolandosi al nostro veleno, e quando raggiunge il nostro cuore fermo, lo rianima temporaneamente, rubandone alcuni battiti folli ed irregolari. Per un istante ci sentiamo meravigliosamente pieni di vita, ed è una sensazione talmente potente ed inebriante che lascia frastornati e follemente esaltati.
Sento l’odore di un puma e le zanne escono dall’involucro delle gengive, stillando veleno. Lo localizzo e comincio a correre, inseguendolo ed innervosendolo con finte e ruggiti.
 Finalmente decide di dare battaglia: si volta, mi soffia contro e scuote la coda facendo la gobba e rizzando il pelo. Sorridendo, mi acquatto di fronte a lui, sibilando per sfidarlo.
 Il grosso felino risponde e comincia a girarmi attorno in larghi cerchi, che si stringono rapidamente. Lo lascio fare, limitandomi a stuzzicarlo: questa, per lui, è la battaglia per la vita, io invece sto solamente giocando.
 E ho già vinto.
 Improvvisamente la mia preda mi salta alla gola e mi graffia il viso con una tremenda zampata, ma tutto ciò che ottiene è squarciarmi la camicia. Lascio che si faccia le unghie su di me ancora per un poco, poi lo stritolo tra le mie braccia.
Il puma si divincola furiosamente, facendo raggiungere al suo sangue la pressione perfetta, ed è allora che mi chino sul suo collo e vi affondo il viso dentro. I miei canini perforano pelliccia, grasso, muscoli e tendini come se fossero fatti di carta e il sangue mi riempie la bocca e il cervello, facendomi vivere di nuovo.
Il mio attimo di Paradiso, però, è rovinato da un urlo disumano che proviene dal profondo del bosco e da un tremendo odore di sangue, che annienta la parte umana e fa rinascere il vampiro.


(Jacob) Non sono ancora arrivato a metà strada, che inizia la crisi. Svengo e sprofondo in una sorta di nebbia nera, abitata da un gigantesco lupo nero.
L’animale ha giocato con me come un gatto fa col topo prima di mangiarlo: ha disegnato cerchi sempre più stretti attorno a me, mi ha distratto con finte e ruggiti sommessi e infine ha spiccato il balzo. Mi è piombato addosso e ha cominciato a divorarmi furiosamente: e se non sono impazzito vedendo la mia stessa carne venire strappata dalle ossa e poi divorata, allora credo che non impazzirò mai più.
Il tutto sembra durare ore ed ore e proprio quando credo di aver raggiunto il limite della sopportazione fisica e della sanità mentale, improvvisamente cessa. Rinvengo, ma sento subito che qualcosa non va.
Le mie orecchie sono troppo sensibili, i miei occhi troppo acuti e, in generale, non mi sento in sintonia con il mio corpo. Provo a tastarmi il viso e scopro così che le mie mani si sono mutate in grottesche zampe oblunghe, pelose e munite di artigli, simili in tutto e per tutto a quelle dei mostri sui set televisivi.
 Terrorizzato, scappo nella Foresta e mi rendo conto che il mio corpo spinge per correre a quattro zampe, mentre la mia mente rimane inequivocabilmente umana e disgustata da tutto questo. La mia strana andatura mi fa incespicare e barcollare, tanto che mi schianto violentemente contro un albero, facendomi un male cane.
La rabbia prende totalmente possesso del mio corpo e capisco di essermi accanito contro il legno inerme solo quando le mie zampate e i miei morsi mancano il bersaglio. Allora ritorno un po’ in me e mi rendo conto di avere praticamente sradicato la pianta a mani nude, riempendomi di ferite e schegge.
Esausto, scivolo a terra e inizio ad uggiolare senza riuscire a fermarmi. Prima che possa disperarmi troppo, però, si alza il vento e mi accorgo che qualcosa mi sta osservando.
Una creatura che emana un profumo paradisiaco e che credo non avrà vita molto lunga, perché, non appena mi volto e la vedo, l’animale prende totalmente il controllo sul mio corpo e si lancia all’attacco.

    

(Edward) Nascosto dietro ad un albero, cerco in tutti i modi di trovare un senso a ciò che vedo, ma la mia mente si rifiuta categoricamente di accettarlo. A pochi metri da me, quella che sembra in tutto e per tutto una comparsa scappata dal set di un teen- horror movie ha appena fatto a pezzi un albero e ora guaisce in maniera talmente straziante farmi correre un brivido lungo la schiena.
 L’istinto mi dice che dovrei andarmene di qua, eppure non riesco a muovere un sol passo. Quell’essere mi incuriosisce e mi fa anche pena.
 Come al solito, però, temporeggio un attimo di troppo e il vento che si alza a tradimento alle mie spalle rivela la mia presenza all’ibrido, presenza che non deve gradire poi molto, visto il cupo brontolio che sento provenire dalla sua direzione. Sospiro, addio vincolo di segretezza.
Rimanere nascosto ancora sarebbe decisamente troppo imprudente, visto che non so cosa sia quella creatura misteriosa né quanto sia forte, quindi mi faccio coraggio ed esco, esponendomi pienamente alla luce della luna e prendendomi finalmente il tempo per osservarlo bene.
 Due enormi occhi rossicci, folli di paura, zanne come denti ed artigli al posto delle dita. La pelle è diventata pelo nero e duro, le parole latrati bestiali e paurosi, ma i suoi pensieri sono ancora inequivocabilmente umani.
E carichi di una tale paura e disperazione da impedirmi definitivamente di scappare.
 La creatura mi guarda con espressione stupita, e ne ha ogni motivo: nei miei occhi c’è la morte e sangue su viso, abiti  e mani. La mia pelle riluce debolmente e dalla mia bocca sporgono due lunghi canini, affilati come pugnali e stillanti di veleno.
Sono un mostro anch’io.
E fortunatamente sono anche telepatico, perché quell’ibrido di lupo è veloce e piuttosto forte.
 Evito i suoi assalti più e più volte e, dopo aver osservato per un po’ i suoi movimenti, riesco a bloccarlo a terra e a sedermi sulla sua schiena. Ignoro i suoi tentativi di disarcionarmi e, quando è finalmente stanco, comincio a comunicare telepaticamente con lui, cercando di calmarlo.
Il dialogo inizialmente non è dei più sereni, ma piano piano riesco ad ottenere la sua attenzione e a tranquillizzarlo almeno un po’. Ovviamente non posso nulla contro la sua tempesta emotiva, dubito che persino Jasper potrebbe aiutarlo in un momento del genere, ma almeno dovrei aver esorcizzato il pericolo di nuovi attacchi di autolesionismo.
Muovendomi cautamente, scendo dal suo dorso e mi siedo al suo fianco, tenendolo comunque d’occhio. La creatura, però, sembra essersi totalmente calmata e dalle spalle tremanti e i singhiozzi soffocati, capisco che per il momento la natura umana sta vincendo.
 Rimango in attesa, pronto ad intervenire in caso di altri attacchi di licantropia, ma la notte procede tranquilla.
 Dopo qualche ora la creatura si addormenta, e il suo corpo muta in quello di Jacob Black, il ragazzo indio che ho soccorso non più tardi di ieri pomeriggio.
 Mi intristisce il fatto che debba sopportare una simile maledizione così giovane, ma la mia parte analitica e curiosa è anche curiosa di come ciò possa avvenire.
 Mi appunto mentalmente di parlarne con Carlisle, dopodiché estraggo l’Ipod e comincio a canticchiare sommessamente, attendendo l’arrivo dell’alba.


(Jacob) Il mio risveglio consiste in un sonoro mal di schiena, dovuto alla scomoda posizione che ho assunto per dormire e negli occhi feriti dalla luce diretta del sole. Mi alzo grugnendo, ma la consapevolezza di trovarmi nella Foresta e, soprattutto, il ricordo di ciò che è successo ieri sera mi risvegliano totalmente in pochi secondi.
Mi tasto velocemente il viso e scopro, con mio enorme sollievo, che è tutto a posto. Ciò non toglie, però, che oggi pomeriggio una bella chiacchierata con mio padre e il vecchio Ateara non me la tolga nessuno.
Prima , però, è meglio andare a casa a darsi una sistemata e controllare come sta Leah. Fortunatamente la mia amica non solo non si è accorta della mia assenza, ma dorme ancora profondamente, cosa che mi garantisce una doccia lunga e rilassante.
 Mi spoglio velocemente e, mentre sfilo la maglietta, il solito, misterioso, odore fantastico si fa strada in me, facendomi sospirare estasiato e rilassato.

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Capitolo 2
*** Attraction ***


(Edward) Quando salgo in macchina, una volta tanto perfettamente in orario, l’umore non è dei migliori: intanto dovrò fare il viaggio da solo, visto che abbiamo optato per andare con tre macchine e in secondo luogo odio l’idea di dovermi rinchiudere per due interi mesi in una scatola lurida e fatiscente, a sentire le urla terrorizzate di professori inetti e scadenti tiranneggiati da patetici bulletti da due soldi. Senza contare, poi, il fatto che la notte passata con l’indio-lupo mi ha reso totalmente dipendente dal suo odore, e questo è un grossissimo problema perché così non faccio che pensarci, e più ci penso e peggio sto. Per tentare di distrarmi un po’, faccio partire un cd di complessi concerti per orchestra e cerco di concentrarmi sui movimenti e le strutture dei brani, ma con scarso successo. Ciò mi innervosisce parecchio e quando sfondo il display della radio pigiando troppo violentemente un tasto, trattengo a stento un ruggito di frustrazione. Arrivo nei pressi della scuola, parcheggio con una brusca sgommata seminando il terrore tra gli studenti che gironzolano senza meta nel cortile e raggiungo i miei fratelli, che mi aspettano appoggiati alla facciata principale. Per la prima ed unica volta nella vita, anche io ed Emmett ci siamo affidati ad Alice e ai suoi consigli di stile come inermi bambolotti, ma a giudicare dal brusio psichico invidioso ed ammirato degli studenti, direi che i look scelti da nostra sorella hanno fatto colpo e ottenuto il risultato sperato: affasciniamo e mettiamo in soggezione, nessuno ci disturberà se riuscirà ad evitarlo. La campanella suona e ognuno di noi va a seguire le proprie lezioni. Raggiungo quella che sarà la mia classe per le prossime due ore, mi scelgo un banco in fondo e mi siedo, pregando solo che questi due mesi finiscano in fretta.

(Jacob) Ovviamente il cortile è molto più trafficato del solito, ma con un po’ di fantasia e qualche piccola spintarella creo comunque il posto per la mia moto. Sistemo guanti, occhiali e casco, calzo l’Ipod e mi dirigo verso l’entrata, notando, nel tragitto, tre macchine da sballo parcheggiate proprio davanti all’ingresso. Evidentemente abbiamo trovato qualche nuovo pollo col quale divertirci un po’. Raggiungo la classe e vedo che i novellini sono meno di dieci e che in linea di massima hanno tutti un’espressione vagamente tesa, cosa che mi fa un gran piacere. L’unica, fastidiosa, eccezione è un ragazzo dai capelli rossicci e il viso indicibilmente pallido, che riempie un pentagramma di note musicali e si comporta come se il resto del mondo non esistesse né lo riguardasse. Mi siedo nell’unico posto libero, guarda caso proprio accanto al suo, e aspetto l’arrivo dell’insegnante, studiandomi un po’ i nuovi volti. Finalmente la professoressa fa il suo ingresso in aula e, dopo aver fatto presentare brevemente gli studenti dislocati qua, inizia una lezione talmente noiosa che sento le palpebre chiudermisi dopo non più di tre minuti. Ed evidentemente non sono il solo a pensarla in questo modo, dato che persino il mio vicino di banco, che ho scoperto essere uno dei Cullen, sbadiglia evidentemente anche mentre continua a scrivere paginate e paginate di note. Mi scopro a sbirciarlo, ammirato: quante diversi tipi di melodie ci possono essere dentro la sua testa? Ammetto di essere piuttosto ignorante in materia, ma anche ai miei occhi inesperti la sequenza che sta componendo sembra piuttosto complicata. E per di più, osservando le righe con più attenzione, mi accorgo che sta componendo musiche per più strumenti quasi simultaneamente. Tanto di cappello, deve avere un cervello grande quattro volte la gente normale. Per far passare un po’ il tempo, mi metto a pianificare dei lavoretti che ho intenzione di fare qua e là per guadagnare qualche dollaro extra e, in qualche modo, queste due ore di agonia terminano. La campanella suona e tutti si alzano velocemente, catapultandosi fuori dall’aula alla velocità della luce. Non intendevo unirmi alla massa dei pecoroni, ma dal corridoio sento provenire le urla furibonde di quella che è inequivocabilmente Leah, quindi spintono via chiunque mi stia davanti e schizzo fuori, seguito a tutta velocità da Cullen, che probabilmente conosce la rivale della mia sorellina, visto l’espressione stupita e preoccupata che ha in volto.                              

(Edward) Finalmente la campanella è suonata, non ce la facevo davvero più! Mai sentita una lezione tanto noiosa! Fortunatamente mi sentivo abbastanza ispirato da scrivere un po’ di musica, altrimenti non oso immaginare che ne sarebbe di me, adesso. Recupero velocemente la mia roba, ben deciso ad aspettare che almeno metà della calca di studenti abbia lasciato l’aula prima di uscire, ma improvvisamente sento Rosalie urlare in corridoio. Sto per scattare fuori dalla classe a tutta velocità, fregandomene delle conseguenze, ma fortunatamente un mio compagno mi precede e, rapido come un fulmine, fende e sorpassa tutto il gruppo degli studenti, che si fanno da parte senza neppure un lamento. Mi intrufolo rapidamente nella sua scia e gli corro appresso, sinceramente preoccupato. Mia sorella sembra davvero furibonda, ma cosa può averle fatto perdere la pazienza a tal punto?

L’antipatia tra Leah Clearwater e Rosalie Hale era stata immediata e nessuna delle due ne aveva fatto troppo mistero. Erano entrambe belle, vanitose, competitive e testarde e avevano passato la mattinata intera a gareggiare e rivaleggiare per ogni minima sciocchezza, senza che nessuna delle due riuscisse però a prevalere chiaramente sull’altra. Esasperate, al suono della campanella entrambe si erano alzate e preparate a tempo di record e si erano dirette verso la porta con larghe falcate, determinate a rivaleggiare anche per una cosa tanto insulsa. A nulla, però, erano valsi i loro sforzi, e le due ragazze avevano finito per varcare l’uscio assieme. Ciò aveva fatto letteralmente impazzire Leah, da sempre molto fiera della sua velocità, e, prima che il suo cervello si potesse rendere conto di quello che stava succedendo, la sua mano destra aveva agguantato i capelli lunghissimi e biondi della rivale e li aveva strattonati violentemente all’indietro. Rosalie aveva urlato, più per la sorpresa e la rabbia che per simulare il dolore che una normale adolescente umana avrebbe sicuramente provato in tale frangente, e aveva reagito d’istinto, sferrando una gomitata in pieno petto alla ragazza indiana. Dopodiché calmarsi e sistemare la cosa civilmente divenne semplicemente impossibile. Leah sferrò un pugno in pieno viso a Rosalie, lasciandola stordita per qualche secondo, e Rosalie, furibonda, ricambiò il favore alla sua avversaria, chiudendola in un angolo e riempendola di calci e pugni. Più di uno studente provò a fermarle, ma senza successo, e vani furono i richiami e le minacce dei professori, accorsi svogliatamente una volte che le segnalazioni di una rissa in corridoio furono impossibili da evitare. Le due ragazze sembravano aver dimenticato di essere al mondo: erano totalmente concentrate sullo scontro e sull’altra, tanto da ignorare persino di essere rimaste praticamente in reggiseno, dato che delle loro povere magliette, tirate e strapazzate all’inverosimile, non erano rimasti che pochi, scarni, scampoli di tessuto. Improvvisamente, Leah scattò in avanti ed azzannò Rosalie al collo, che reagì con un grido di autentico dolore e una poderosa artigliata alla schiena della nemica, con la quale lacerò sia la pelle che il poco tessuto ancora superstite. La vista del sangue fece uscire tutti dall’impasse e, mentre Jasper Hale si caricava la gemella furibonda su una spalla e correva a tutta velocità verso il cortile, Jacob Black prendeva teneramente in braccio la sua amica, e si dirigeva verso i bagni, intimando ai presenti di smettere di ficcare il naso negli affari altrui, sempre che non desiderassero anche loro un incontro di boxe. Borbottando perplessi ed eccitati, gli studenti si diressero nelle rispettive classi, dove lo scontro fu raccontato più e più volte, aggiungendo, man mano, dettagli sempre nuovi.

(Edward) Jasper apre la portiera dell’auto e adagia Rose sui sedili posteriori, senza dire una parola. Mia sorella è evidentemente ancora sconvolta e furente, e sono quasi sicuro che non stia simulando il violento tremore che le scuote le braccia. Mi rifiuto di leggere i suoi pensieri e aspetto piuttosto che gli enzimi di Jasper le facciano effetto, mentre Alice le passa una latta di sangue e intanto cerca una nuova maglietta tra le decine di cambi che ama portarsi sempre dietro. Una volte rivestita e nutrita, nostra sorella si rilassa e finalmente la preoccupante luce rossiccia nei suoi occhi si spegne. Emmett si fa avanti e la stringe tra le sue braccia, coccolandola dolcemente. Rose gli sorride e comincia a raccontare, cercando di spiegarci il motivo del suo scatto. Io intanto mi faccio strada tra i suoi pensieri e ricordi, rivivendo lo scontro. La ragazza che ha attaccato Rose, Leah Clearwater, è un’indigena, e il secondo membro della tribù Quileute che ha dimostrato di avere qualità straordinarie. Comincio a pensare che la cosa non sia una semplice coincidenza, e che una volta terminate le lezioni sia meglio andare a fare delle ricerche approfondite, chiedendo anche a Carlisle. Per ora, l’unica cosa sensata da fare è mantenere la calma ed evitare di ficcarci nei guai.

(Jacob) Ho portato Leah nel bagno delle ragazze, cacciato fuori le altre occupanti, bloccato la porta e ora sto meditando come farla sbollire. Non è per niente semplice, la mia amica ha un ego ed un orgoglio giganteschi e la Hale li ha sbriciolati come se nulla fosse. Per il momento, è meglio che me ne stia in silenzio e da parte, limitandomi ad osservarla. Per ora, si è piazzata davanti allo specchio e, cercando di stara dritta e trattenendo lacrime di dolore e umiliazione, si esamina centimetro dopo centimetro: controlla i capelli, totalmente arruffati e con diverse ciocche in meno rispetto al solito, il trucco demolito, i segni dei graffi e delle unghiate e i lividi che, incredibilmente, cominciano già a far capolino sulla sua pelle caffelatte. Poi si gira feroce, si libera con uno strattone dei brandelli di maglia e reggiseno che le pendono sulla schiena inutilizzabili e si esamina con cura la schiena. In effetti, credo che quei graffi sottili ma sadicamente profondi siano la ferita più grave e quindi scendo velocemente dai lavabi e cerco nell’armadietto dei medicinali il necessario per fasciarla. Disinfetto ed incerotto le ferite, lasciando intanto qualche leggero bacio sulla nuca della mia amica, e quando ho finito finalmente Leah si appoggia a me, grata, e si passa le mie braccia attorno al corpo. Inizia a piangere e io la cullo, sussurrandole rassicurazioni. Leah è la persona più importante della mia vita, e la più straordinaria che conosca al mondo: non c’è cosa che non farei, o non abbia già fatto, per farla star bene e non c’è aiuto che le negherei. Le chiedo se non vuole che io e gli altri diamo una lezione ai Cullen, ma lei scuote il capo. “Non so cosa mi sia preso, sono come impazzita. Tipo l’altra sera da Ateara, solo che questa volta invece di contorcermi a terra e urlare, ho riempito di pugni una tizia.” Mi osserva tramite lo specchio e solleva un angolo della bocca. “E le ho prese, anche.”  Conclude, con voce ancora tremante ma sarcastica. Le sorrido e poi mi sfilo velocemente la maglietta, infilandogliela con tutta l’attenzione di cui sono capace, per evitare di farle male. “Se cambiassi idea, sai che noi non vediamo l’ora di fare un po’ di casino. Per il resto come ti senti? Ti sembra che ti debba venire una crisi?” “No, mi sento normale. Tutto tranquillo. E tu? Hai strani sintomi?” Scuoto il capo “Fortunatamente pare di no, ma di questa cosa voglio parlare ancora, possibilmente con i vecchi. Non è affatto normale.” “No, hai ragione….” Leah annusa pensierosamente il collo della mia maglia, poi sorride e si volta verso di me, sfoderando i suoi migliori occhi da gatta. “Potrà un così bel ragazzo andare in giro per la scuola semi-nudo? Non causerai ingorghi ormonali ad ogni angolo? Potrò ancora uscire da casa nostra senza venir travolta da femmine gelose?” I suoi occhi sono gialli, schietti e ridenti e vedendola finalmente serena mi sento più leggero, felice e bendisposto anche io. Sorridendo le passo le mani in vita e sto per un po’ al suo gioco. “No, anzi! Probabilmente ti giureranno eterna gratitudine e ti costruiranno una statua per aver fatto sfilare un tale splendore. E comunque, meglio i miei pettorali delle tue tette! Anche se il novanta per cento della scolaresca ne sarebbe stato entusiasta, temo che gli assistenti sociali non ne sarebbero per nulla soddisfatti.” “Già, lo credo anche io: quegli uomini sono davvero noiosissimi!” Leah mi fa l’occhiolino e io le bacio la punta del naso, sciogliendo poi l’abbraccio. “Sicura di star bene?” Lei annuisce poi comincia a frugare nella borsa, recuperando una pastiglia contro i dolori che mastica e poi ingoia senz’acqua. “Tutto ok, sono solo un po’ pesta, e molto arrabbiata con me stessa.” Sbuffa, iniziando a pettinarsi i capelli con le dita. Sollevato mi appoggio al muro e aspetto che abbia finito di prepararsi, ma mentalmente faccio il punto degli ultimi, strani avvenimenti e capisco che è assolutamente necessario andare a fondo alla cosa.  

(Edward) Le altre due ore sono persino peggio delle prime: la lezione è di una noia e banalità sconfortanti, i pensieri dei miei compagni tremendamente piatti ed insulsi e la mia ispirazione musicale è momentaneamente in pausa, quindi non so più come distrarmi da questa agonia. Sto seriamente meditando di impiccarmi, quando la situazione viene velocemente animata dall’entrata strafottente di Jacob Black che, per qualche strano motivo noto solo a lui, non indossa la maglietta e si esibisce in un tripudio di muscoli delineati e guizzanti, pelle abbronzata, sguardi e sorrisi magnetici. Normalmente questo genere di cose non mi emoziona particolarmente, ma in questo caso il problema è che senza la schermatura della maglietta il profumo di Jacob colpisce in pieno i miei sensi, che sono ancora troppo assuefatti dalla nottata, e questo catapulta la mia mente e la mia fantasia direttamente nella stratosfera. Inoltre, i pensieri indecenti e dettagliatissimi che buona parte delle ragazze della classe gli dedica, non fanno altro che aggiungere benzina sul fuoco. Prima che me ne possa rendere contro, mi scopro intento a torturarmi le labbra e ad umettarle leggermente col veleno che mi riempie la bocca come acquolina. Il vampiro mi sussurra all’orecchio quelli che sono i trucchi migliori per sedurre e, per una volta, non censuro i pensieri della mia “metà oscura”, ma ne seguo i consigli. La voglia di immergermi in quel profumo è troppa. Quindi lascio che il mio corpo si muova in modo morbido e languido, che i miei occhi si scaldino e i morsi sulle mie labbra da famelici diventino sensuali. In fin dei conti, Black deve per forza sedersi vicino a me, e chi ben comincia è già a metà dell’opera. Infatti si avvicina, e mentre avanza mi osserva di sbieco, incuriosito. Sostengo il suo sguardo senza batter ciglio e, ad una folata più intensa del suo profumo, lascio sfuggire dalle mie labbra un leggero sospiro, che i miei compagni non notano, ma lui si.  Da quel momento comincia anche lui a guardarmi, in modo non palese ma decisamente intenso, e ciò non fa altro che eccitarmi di più. Voglio divorare quel profumo, impossessarmene totalmente, ubriacarmene e riempirmici la testa, fino a non capire più nulla. Il mio corpo segue ed asseconda gli impulsi mentali e solo per una fortuita coincidenza mi rendo conto che i canini hanno bucato la guaina delle gengive, e che mancano davvero poco prima che io impazzisca totalmente e li affondi nel collo dell’indio urlando di gioia. L’ultimo briciolo di auto controllo mi impone di alzarmi, cosa che faccio in maniera tanto violenta da far volare banco e sedia a terra con uno schianto mostruoso, e uscire correndo dall’aula, ignorando domande gentili ed ordini perentori. Correndo ben oltre i limiti concessi dalla natura umana, raggiungo i bagni e mi fiondo in un cubicolo vuoto. Chiudo la porta alle mie spalle e mi lascio andare contro la parete di ceramica, sospirando pesantemente.  

(Jacob) Ammetto di essere vanitoso. So di essere bello, e adoro che mi venga detto o dimostrato, anche se non faccio delle gratificazioni il mio scopo nella vita. Immaginavo che, entrando in classe senza maglietta, avrei attirato molte attenzioni e avevo messo in conto di venir osservato da buona parte delle mie compagne e forse dalla professoressa. L’attenzione di uno come Cullen, notoriamente bello, ricco, carismatico, intelligente e con una lista di spasimanti di ambo i sessi lunga sicuramente qualche decina di chilometri, invece, non l’avevo preventivata, ma non per questo è stata meno apprezzata. Anzi. I suoi occhi sono mille volte più intensi di quelli delle ragazze, e più belli. C’è qualcosa in loro, oltre alla forma e al colore, che mi ipnotizza e mi attrae come un magnete. E non solo nei suoi occhi, a dirla tutta. Un po’ scombussolato, distolgo lo sguardo e mi vado a sedere, sforzandomi di comportarmi in maniera naturale e pensare ad altro. Però, quando passo vicino a Cullen, lo sento fremere e rilasciare un sospiro sommesso ed estremamente erotico,  che manda al diavolo ogni mio buon proposito. Non c’è modo, ora, che io riesca a distogliere lo sguardo da lui, e più lo scruto più noto particolari nuovi ed eccitanti, che mandano ufficialmente fuori uso il mio auto controllo. Decine di fantasie ed immagini erotiche mi scorrono dietro gli occhi senza che io possa, o voglia, fare nulla per fermarle. A riscuotermi da questa sorta di torpore è proprio Edward, che improvvisamente salta su dalla sedia come se qualcosa l’avesse morso e senza dire una parola corre via dalla classe. Non appena lui è lontano cerco, per svariati minuti, di riprendere un po’ il controllo su me stesso, ma levarmi il Cullen dalla testa si rivela una missione impossibile. Seccato dalla mia scarsa autorità e preoccupato per le conseguenze che stanno cominciando a manifestarsi sul mio corpo a seguito di tutti questi pensieri erotici, chiedo ed ottengo di andare in bagno. Non appena sono dentro, mi fiondo verso i lavandini e ficco la testa sotto il getto dell’acqua fredda. Rimango così per qualche minuto, e quando finalmente mi sento sufficientemente calmo e tranquillo mi tiro su e mi dirigo verso i soffiatori di aria calda. Quando sono a metà strada, però, sento il rumore di una porta che si apre lentamente e, riflesso nello specchio, vedo il mio compagno emergere dal cubicolo, se possibile ancora più sexy di quanto non fosse in classe. 

(Edward) Giunti a questo punto delle cose, è ufficiale che in tutto ciò ci debba essere una volontà superiore. Sennò perché, di tutte le persone possibili, ad entrare in bagno è stato proprio Jacob Black? Perché adesso è ancora più appetibile di prima? E perché, sennò, invece di mostrarsi stupito, imbarazzato o persino disgustato dal mio interesse per lui, sembra che non aspetti altro che saltarmi addosso? Non so rispondere a queste domande, ma so una cosa, di per certo: un’occasione così, non posso né voglio farmela sfuggire. Siamo completamente soli, e lui mi sembra troppo su di giri per capire il pericolo al quale si sta esponendo. O la va, o la spacca. Faccio un passo in avanti, ma prima che possa decidere da che parte attaccare, mi trovo schiacciato tra il muro freddo e squallido del bagno e lo strato di pelle e muscoli che ricopre il torace di Jacob Black. Il ragazzo si è mosso a velocità fulminea e, prima che possa rendermi effettivamente conto di cosa stia accadendo, vedo il suo viso avvicinarsi al mio, e le sue labbra premere contro le mie. Sospiro, sorpreso: Jacob Black è l’essere vivente più caldo che abbia mai sentito, e le sue labbra sono fantastiche. Sono carnose, morbide al punto giusto, e hanno un sapore celestiale. Accantono totalmente i miei propositi omicidi e incrocio lee braccia dietro alla nuca dell’indio, avvicinandolo di più a me per assaporarlo meglio. 

(Jacob)  Il mio corpo si è praticamente mosso da solo, e questo non è un bene. Me ne dovrò occupare. Dopo, però. Ora come ora, tutto ciò che mi interessa è Edward Cullen, la sua bocca ghiacciata contro la mia, le sue braccia attorno al mio collo e le sue dita nei miei capelli. Sono super eccitato ed iper recettivo, come se non fossi altro che un insieme di terminazioni nervose che lui manda in tilt persino col gesto più piccolo. Mi sento ipnotizzato, o intossicato, come se Edward diffondesse nell’aria ferormoni tossici ed irresistibili. Non voglio che questo bacio finisca, non voglio staccarmi dalle sue labbra. Persino riprendere fiato mi sembra uno spreco assurdo di tempo, e quando Edward mi ci costringe quasi mi arrabbio, salvo poi rendermi conto che boccheggiavo come un pesce fuor d’acqua. Quando me ne accorgo mi sento avvampare, ma Cullen non sembra darvi molto peso, e quindi dopo un po’ mi rilasso anche io. Per ridurre al minimo i tempi della pausa forzata, faccio respiri lenti e profondissimi e intanto osservo il mio compagno di classe, che ricambia a sua volta. Vorrei dire qualcosa per spezzare questo silenzio non esattamente leggero, ma la mia mente è come svuotata. Riesco solo a pensare che mi mancano le sue labbra e che voglio baciarlo ancora.    

(Edward) Dovrei erigere un gigantesco monumento a Jacob. Non solo mi ha impedito di ficcarmi in un guaio pazzesco e di costringere la mia famiglia a scappare assieme a me da questo posto, ma mi ha anche reso partecipe del bacio più tremendamente eccitante del mondo, che si è rivelato essere persino migliore della somma di tutti i morsi che ho dato durante la mia seconda, lunga, vita. E ho detto tutto. Il contatto con lui e il suo corpo mi toglie il fiato, sono scosso da brividi che non credevo di poter più provare e non riesco a impedirmi di cercarlo e toccarlo. Ha una pelle fantastica: liscissima, bollente di una sfumatura stupenda e con un odore che mi fa letteralmente impazzire. E oltre ad essa ha pure un fisico da schianto, un viso splendido, capelli meravigliosi e molto altro, ma a pensarci mi sto distraendo un po’ troppo, e la prova di ciò è che mi accorgo solo ora di quanto Jacob sia prossimo alla morte per asfissia. Interrompo velocemente il bacio e sorrido della sua espressione un po’ seccata. Almeno, ho la consolazione di non essere il solo ad aver perso la bussola. Jacob non ci mette poi molto a riprendere fiato, ma a me sembra un tempo destinato a non finire mai, e quando mi si avvicina nuovamente mi scopro fremente di anticipazione. Le nostre labbra si uniscono di nuovo, e nuovamente ci assaggiamo con foga e passione. La sua bocca è meglio del sangue, dei sensi super potenziati, dell’iper velocità. É calda, viva, provocante come niente, nella mia esistenza, potrà mai essere. Un campanello d’allarme comincia a risuonarmi dentro il cranio, ma decido di ignorarlo e di continuare, piuttosto, la mia opera di seduzione. Le mie mani si fanno più seducenti ed audaci, e Jacob mi gratifica con sospiri compiaciuti e gemiti contro il collo. Poi passa a ricalcare, con le sue mani, gli stessi percorsi sul mio corpo, ed è il mio turno di lasciarmi andare. Da anni non mi sentivo così bene e in pace con me stesso e il mondo intero. Ne voglio molto di più, ma mi rendo conto che probabilmente abbiamo già esaurito la nostra scorta quotidiana di fortuna, visto che è una sorta di miracolo che nessuno sia ancora entrato in bagno da più di un’ora a questa parte. E, dai segnali che sono nell’aria, credo che se continuiamo così, le cose si spingeranno ben oltre il semplice bacio, rendendo impossibile continuare in bagno, per ovvi motivi di igiene, pudore e decenza. Mi allontano per la seconda volta dalla bocca dell’indio e mentre gli carezzo il collo con la punta di un dito, gli sussurro all’orecchio la mia proposta. Lui accetta subito con notevole entusiasmo, mi riavvicina a sé e, sempre baciandomi, mi conduce verso la porta, che apre con una spallata. In ciò, io non riesco a vedere proprio nulla di male, ma a quanto pare non è così per tutti. Per l’ennesima volta, le nostre labbra si separano, ma questa volta la ragione è che la ragazza indigena che ha picchiato Rosalie questa mattina è appena apparsa in corridoio, e la nostra vista l’ha scioccata. Jacob si allontana velocemente da me e i due si fissano per un lunghissimo istante. Poi lui si le si avvicina lentamente  e lei, per tutta risposta, si volta e corre via velocemente. Non abbastanza, però, per nascondere le lacrime che stava cominciando a versare, né l’espressione ferita del suo volto. E le deve avere notate pure Jacob, che si lanca al suo inseguimento totalmente sconvolto dal panico e dal dolore. Lo osservo allontanarsi e, mentre quella rete letale di feromoni che ci eravamo cuciti attorno si strappa, riesco a mettere a fuoco la situazione, preoccupandomi sempre di più. Cosa diavolo stavo facendo? Come mi è saltato in mente di sedurre un essere umano e dare spettacolo in un bagno pubblico baciandolo? Senza contare, poi, che avevo messo in conto di appartarmi con lui da qualche parte e fare ben altro! E poi cos’altro avrei escogitato per attirare l’attenzione dei Volturi, una dichiarazione alla stampa locale con tanto di foto? No, l’arrivo di Leah Clearwater è stato provvidenziale: quello che facevamo io e Jacob era indubbiamente sbagliato. Bello da impazzire, d’accordo, ma profondamente sbagliato. E un’ulteriore prova di ciò, sono i pensieri a dir poco disperati che attraversano la mente di Black mentre rincorre la sua amica per tutta la scuola. Se fare una cosa ti fa provare, poi, sensi di colpa talmente orribili da spingerti a desiderare di non essere mai venuto al mondo, non può essere giusta da nessuna prospettiva la si guardi. Più abbattuto di quanto non voglia ammettere, ritorno in classe e seguo svogliatamente la lezione, o almeno ci provo. Cancellare il ricordo dei baci di Jacob non è per nulla facile. 

(Leah) Percorro il corridoio a denti stretti, cercando però di mantenere una posa totalmente naturale e rilassata, nonostante le botte prese dalla Hale mi facciano un male incredibile: ammettere e mostrare di provare dolore sarebbe un colpo molto più duro, da digerire, per il mio orgoglio ferito. Sono offesa, furibonda con me stessa e con il mio carattere presuntuoso ed impulsivo, e anche parecchio dolorante. Decisamente queste non sono le condizioni ottimali per seguire una noiosissima lezione di astronomia, quindi mi sono auto prescritta una lunga passeggiata per i corridoi della, sperando che mi aiuti a far passare la rabbia. Mentre passo davanti al bagno dei ragazzi, vengo attirata da alcuni gemiti sommessi, che mi fanno sorridere: evidentemente non sono la sola ad aver deciso di prendersi una pausa dalle lezioni! Anzi, sembra che qualcuno se la stia passando anche molto meglio di me! La tentazione di restare e scoprire chi è la coppietta è irresistibile, quindi mi attardo nel corridoio il più possibile, controllando spesso la porta dei bagni, per impedire che mi scappino. La mia attesa non è molto lunga, dopo nemmeno cinque minuti sento dei sussurri complici e la porta si apre violentemente. Ma, non appena metto a fuoco le due figure che escono dal bagno, desidero improvvisamente di non essere mai uscita dalla classe e anzi, di non essere proprio venuta a scuola, oggi. Il problema non sta nel fatto che la coppia è composta da due ragazzi, ma nel fatto che uno di loro è Jacob, il mio Jacob. Quel ragazzo speciale, col quale ho un rapporto che nessuno capisce fino in fondo, una persona bellissima, che adoro e per la quale darei la vita seduta stante e più di una volta, se necessario. Quel ragazzo col quale convivo da quasi dodici anni, che considero la mia famiglia e che ha visto il meglio e il peggio di me. Credevo di conoscerlo a menadito, di sapere tutto di lui: dalle cose stupide, come il dopobarba preferito e il grado ideale della cottura della bistecca, a quelle importanti come i sogni, le paure e i desideri. Eppure non sapevo della sua sessualità, e se ha mentito su quella non ho garanzia che sia mai stato sincero su nulla. Il mondo mi crolla addosso, tanto che non riesco a far altro se non rimanermene impalata al centro del corridoio, spalancando sempre più occhi e bocca. Le bugie di uno qualsiasi degli altri miei amici mi avrebbero fatto infuriare e vedere rosso, ma è di Jacob che si tratta, ed è una cosa talmente grossa che non so letteralmente come reagire. Quando, però, Jacob fa per avvicinarsi e parlarmi, il mio corpo sembra risvegliarsi e reagisco d’istinto correndo via. Non bado molto a dove vado, e così finisco per salire stupidamente sul tetto, dove non ho possibilità di fuga, tralasciando ovviamente il salto nel vuoto. Impreco e mi giro per riprendere a fuggire, ma ovviamente Jacob mi ha già raggiunto e, dopo aver chiuso la porta con un boato, mi strige forte tra le braccia, immobilizzandomi. Furibonda, recupero il mio solito caratteraccio e comincio ad urlare minacce e a scalciare, cercando inutilmente di divincolarmi. Ma il mio amico non si scompone, e alla fine sono io a cedere rimanendo zitta e buona, ma solo perché la sfuriata ha completamente azzerato le mie energie. Solo allora mi rendo conto dei sussulti sommessi che scuotono il mio amico: mi volte velocemente, temendo che stia avendo una crisi, e scopro così che Jacob sta piangendo come non lo vedevo fare da anni. Allora non posso fare altro che ingoiare rabbia ed orgoglio e stringerlo a me, nonostante tutto.  

(Edward) Mi esibisco nel migliore dei miei sorrisi radiosi e raccolgo velocemente il quaderno che la mia compagna di banco ha fatto cadere. Mentre glielo restituisco, noto che si tratta della figlia dell’ispettore Swan, che si rivela essere particolarmente carina mentre sorride ed arrossisce impacciata. Per curiosità, provo nuovamente a sondare la sua mente ma, come ieri, rimane del tutto muta. Ben diversa è, invece, quella della sua vicina di banco: Jessica Stanley, una di quelle ragazze che riescono ad essere sempre onnipresenti in ogni attività, sia essa scolastica o riguardante la comunità cittadina. É decisamente carina, non lo nego, ma è anche un tipetto tremendamente ostinato e calcolatore, col pallino di noi Cullen. E infatti, non appena ha notato il mio gesto gentile nei confronti della Swan, la sua mente è partita in quarta e ha cominciato a ipotizzare e pianificare vari attacchi e strategie atti a farsi notare da me. La mia reazione a tutto questo lavorio, solitamente, è quella di evitare il più possibile di avere contatti con l’ideatore, ma in questa giornata decisamente strana, mi viene un’altra idea: e se stessi al suo gioco? Leggere nella sua mente promette di essere un vero spasso, e non mi farebbe male intrattenere qualche rapporto con le ragazze del posto. Mi renderebbe meno sospetto agli occhi della comunità. Decisamente soddisfatto, mi appoggio contro lo schienale della sedia sorridendo, ma prima che il mio umore possa migliorare troppo, arriva il ricordo del bacio con Jacob a rovinare tutto.

(Leah) Abbiamo risolto tutto, alla fine. Calmare Jacob ha tranquillizzato anche me, e mi ha reso più bendisposta all’ascolto, quindi gli ho permesso di spiegarsi. Ed è stato un bene, perché nel corridoio mi ero fatta prendere dal panico e sono subito saltata alle conclusioni. Jacob, che non mi ha mai mentito né nascosto nulla in vita sua, ha provato a spiegarmi come sono andate le cose, anche se neppure lui ha una spiegazione razionale per quello che è successo con Cullen. “Non so come spiegartelo, non so neppure come giustificarlo a me stesso! So che in classe mi stava spogliando con gli occhi, e che quando io l’ho guardato a mia volta… bam, mi ha come ipnotizzato! Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, era come se improvvisamente fosse diventato la persona più bella e sexy sulla faccia della Terra!” “Mh, credo di poter capire…” “Credi?” “Penso proprio di si. In effetti, è successa una cosa simile anche a me proprio oggi…” “La tua scazzottata con Rosalie Hale?” “Esatto. Non è stato normale scattare così e prenderla a pugni in quel modo, neppure per una persona con un carattere come il mio.” “Già… Credo proprio che i Vecchi, oggi pomeriggio o al massimo in serata, ci dovranno parecchie spiegazioni. Sono sicuro che sappiano molte cose, se non tutto. E ora sistemiamo un’ultima cosa: nessuno al mondo mi conosce meglio di te, e ciò varrà per sempre. Hai sempre saputo e saprai sempre ogni cosa di me, sia positiva che negativa. Non ti ho mai mentito, non ti ho mai lasciata sola e non lo farò mai, neppure se un domani incontrassi la mia anima gemella e mi si sciogliesse il cervello in una melassa di arcobaleni, unicorni e cuoricini rosa. Tu sei mia sorella, mia compagna e mia migliore amica. Giusto?” Conclude, mostrandomi l’incisione a forma di “L” che gli segna il polso destro. “Giusto.” Rispondo io, mostrandogli il mio polso e la “J” che vi è incisa. Poi lo abbraccio, farfugliando scuse. Jacob mi consola e mi rassicura e trascorriamo il resto della giornata scolastica sul tetto, ridendo, scherzando, guardando il cielo, fumando sigarette e chiacchierando.

 

Salve a tutti!  Credo di dover esplicitare, a questo punto della storia, dei piccoli "correttivi" che ho applicato alla trama canon, in modo da permettervi di capire  al meglio le situazioni. Non sono differenze sostanziali, ma si tratta comunque di cose un po' diverse dalla trama originale.

- Jacob e Leah sono legati da un'amicizia salda e indistruttibile, oltre che da un passato difficile, e vivono assieme per motivi che svilupperò meglio col procedere della storia.
-I Vecchi Quileute hanno conservato molto bene il segreto della loro natura lupesca, tenendone all'Oscuro sia i vampiri che le nuove generazioni di indiani. Ufficialmente, i Cullen hanno sottoscritto il Patto di convivenza con indigeni parecchio superstiziosi che hanno scoperto la loro natura vampirica per puro caso, e i giovani della Riserva conoscono solo vaghi ceni delle vecchie leggende.

Grazie per il tempo che mi dedicate, per le letture, le recensioni e le condivisioni =)

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Capitolo 3
*** Tra rivelazioni, botte da orbi e splendidi sogni ***


(Edward) Le lezioni terminano, le menti dei miei compagni si frammentano e diventano molto più facili da escludere, il cielo è coperto e Jacob Black non pervenuto. 

Tutto sommato, ed escludendo la parentesi nei bagni alla quale non voglio neppure pensare, la giornata non è andata poi tanto male. E per questo devo ringraziare soprattutto Isabella Swan e Jessica Stanley, che mi hanno piacevolmente intrattenuto: la prima con la sua goffaggine senza pari, e l’altra per la smisurata potenzialità della mente piacevolmente astuta, acida e calcolatrice che si ritrova.

Credo che osservare il modo in cui pianifica ed analizza ogni minimo gesto anche nelle più lievi sfumature e conseguenze eventuali, sia uno degli spettacoli più affascinanti su cui abbia posato gli occhi negli ultimi trent’anni, e sono sicuro che non sarei il solo della mia famiglia a pensarla così. 

Jasper, ad esempio, ci si divertirebbe come un matto.

Stuzzicarla è un piacere praticamente irresistibile, ed è quindi con un gesto più elegante del solito e con un sorriso più scintillante del dovuto che raccolgo e passo alla Swan il quaderno che ovviamente ha fatto cadere. Immediatamente Jessica Stanley mette in moto le sue celluline grigie e, dopo un gioiellino di battuta al vetriolo che credo neppure Rosalie nelle sue giornate peggiori potrebbe emulare, si appresta ad aiutare Bella con il suo materiale, cinguettando amabilmente e sorridendo come se fosse ad un concorso di bellezza.

Ciò farà si che, ai miei occhi, lei risulti un’amica presente, premurosa ed affettuosa, oltre che esteticamente piuttosto appetibile.

Sorrido apertamente. Come si può essere oggetto di tante e tali attenzioni e non montarsi neppure un pochino la testa?    

(Jacob) Non appena la campanella suona, io e Leah siamo rapidissimi a scendere dal tetto, recuperare la nostra roba, montare sulle moto e correre verso casa. 

Certo, vogliamo avere risposte e cercare di capire qualcosa di quello che sta accadendo il prima possibile, ma mentirei a me stesso se non dicessi che il pensiero di vedere ancora Edward mi rende parecchio agitato.

Arriviamo in vista della Riserva e freniamo entrambi bruscamente. Schierati davanti all’ingresso, ci sono tutti i membri del Consiglio, disposti a semicerchio attorno al vecchio Harrison Ateara, che come al solito trafigge l’aria con i suoi occhi acuti, profondi e cattivi. 

Apro la bocca per chiedere spiegazioni, ma il vecchio mi precede. 

“Tutto a tempo debito, Mastro Black. Dovete esserci tutti, dovete cominciare a ragionare come un unico corpo con una mente sola.” 

Dopo questo enigmatico preambolo, Ateara punta gli occhi all’orizzonte, e non li distoglie finchè tutti i giovani della Riserva non sono tornati a casa dalla scuola o dal lavoro. 

Il vecchio ci scruta con calma uno ad uno e, man mano che il suo sguardo si sposta da un volto all’altro, fa un cenno di assenso o diniego con la mano destra, allontanando alcuni ragazzi senza, apparentemente un motivo ben preciso.

Dopo aver concluso la sua ispezione, osserva con aria critica noi “superstiti”, una decina in tutto, e si volta, dirigendosi verso casa sua seguito dal resto del Consiglio, che ci indica di seguirli. 

Osservo velocemente gli altri e li trovo perplessi quanto me, ma è abbastanza chiaro il fatto che non possiamo rifiutarci, e inoltre io ho un assoluto bisogno di risposte. Quindi giro la chiave nel quadro d’accensione e percorro a passo d’uomo i pochi metri che ci separano dalla casa del vecchio, seguito man mano dagli altri.

Ateara vive quasi al centro esatto della Riserva, in una casa che scopriamo essere praticamente solo un gigantesco soggiorno, ampio abbastanza a contenere una quarantina di persone senza sforzo.

Le pareti, il tappeto enorme, il camino e le mensole straripano di disegni tribali e oggetti antichi.

Ci sono copricapi di piume, figurine di legno e d’argilla, utensili fatti a mano, lembi di cuoio e strumenti musicali, quasi come se fosse un set cinematografico. Ma queste cose sono evidentemente tutte autentiche, e guardarle mi mette addosso una strana sensazione.

Ateara ci lascia liberi di girare un po’, poi richiama l’attenzione con un secco colpo di tosse. Ci indica il pavimento e, mentre sediamo, prende una pipa dal tavolino vicino alla sua sedia a rotelle e la accende con metodo.

Cerco lo sguardo di Leah, e non mi stupisco di vederla mortalmente seria, come sono certo devo apparire anche io. Normalmente una visione del genere sarebbe comica, se non addirittura parodistica, eppure in questo frangente non ci trovo proprio nulla da ridere. 

“Benvenuti nella mia casa, giovani della Riserva. Questo sarà per voi un giorno memorabile. Oggi scoprirete la verità su quello che siete e sul vostro vero scopo a questo mondo.”

A queste parole segue un silenzio perplesso ed angosciato, che nessuno osa interrompere. Ateara traffica ancora un po’ con la sua pipa, e poi continua il racconto.

“Immagino che nessuno di voi saprebbe spiegarmi qualcosa delle nostre tradizioni, o raccontarmi qualche leggenda. Voi ignorate totalmente la nostra storia e siete cresciuti senza valori, ma ora questo dovrà cambiare. Lo Spirito lo reclama. Lo sentite anche voi, vero? Ultimamente siete irrequieti, facilmente irritabili. Mangiate più voracemente, dormite di più e più a fondo, i vostri corpi fremono per un nonnulla e siete costantemente nervosi, e come in attesa di qualcosa.”

Il vecchio sa di avere tutti gli sguardi catalizzati addosso, e quindi si interrompe nuovamente e cincischia ancora un po’ con quella dannata pipa, giusto per stressarci di più. Ma rimane comunque un buon narratore, perché quando sente che oramai la tensione è alle stelle riprende a raccontare, sganciando la bomba.

“Noi Quileute siamo una tribù legata da sempre alla magia della Terra. Lei ci protegge e ci dà di che vivere, e noi in cambio la manteniamo pura ed intatta, preservandola dallo scempio della gente Bianca. E questo impegno lo svolgiamo percorrendo due strade. La prima ci impone di occuparci materialmente della Terra: protestiamo contro il disboscamento selvaggio, ci battiamo affinché gli alberi vengano piantati nuovamente e sponsorizziamo con impegno e convinzione le cosiddette “soluzioni eco-compatibili.” 

C’è poi la seconda via, quella che solo pochi membri eletti possono prendere, che è mille volte più impegnativa ed importante della prima. Percorrendola, ci assicuriamo che la Terra rimanga pura e che non venga deturpata da sangue innocente e da una piaga diabolica e corrotta, vecchia di migliaia di anni: il vampirismo. Quelle che circolano su quegli esseri sono più di mere leggende o sciocche superstizioni: essi, purtroppo, esistono davvero, e sono creature letali ed empie che da secoli minacciano la quiete di questa Terra e la corrompono con i loro atroce delitti e con la continua pioggia del sangue che versano per nutrirsi. Essi sono il vero pericolo che minaccia il delicatissimo equilibrio della Terra, e il vostro compito è quello di fermarli, così come in passato li abbiamo fermati io e le persone che vedete in questa stanza.”

“Vampiri? Fermarli? E come potremmo fermarli? Dovremmo forse diventare cacciatori, munirci di paletti di frassino, teste d’aglio, croci benedette e… braccarli?” Domanda Sam Uley, in tono incredulo.

“Dovrete dar loro la caccia, questo si, ma lasciate perdere tutte quelle storielle superstiziose. Sarà la Terra a proteggervi ed aiutarvi, vi darà corpi migliori, più resistenti e veloci, armi efficaci contro quei mostri e l’istinto di veri guardiani predatori.”

“E come potrà, di grazia?” Chiede Embry, in tono sarcastico.

“Così, giovane stolto.” Avvertiamo una scarica di energia riempire l’aria e una sorta di schiocco esplosivo. Ora, al posto occupato prima da Ateara, c’è un lupo magro e scattante dall’aria decisamente feroce e pericolosa, che ci scruta con severità. 

La belva apre le fauci e continua il suo simposio, ignorando il nostro stupore.

“Da generazioni e generazioni gli Indiani Quileute sono i guardiani prescelti dalla Terra, coloro che Essa riempie con lo Spirito e trasforma in esseri invincibili. Avrete forza, velocità, prontezza e resistenza fisica talmente sviluppati da riuscire a tenere tranquillamente testa a quei demoni succhiasangue. Non gli lascerete scampo, e sarete eroi immortali.”

Un mormorio ammirato comincia a serpeggiare tra alcuni dei presenti, ma lo sguardo che ci lanciamo io, Leah, Quil, Embry e pochi altri è tutt’altro che convinto. Questa cosa non ci piace neppure un po’.

(Edward) Arriviamo a casa giusto pochi minuti prima che nostro padre esca, e le espressioni sul nostro viso sono sufficientemente preoccupate da convincerlo ad avvertire l’Ospedale che ha avuto un imprevisto piuttosto complicato e lungo da risolvere.

Rientriamo in casa ed Esme si unisce a noi, raggiungendoci nel salone.

Rosalie, col suo solito stile secco e conciso, fa un veloce riepilogo della mattinata e uno più dettagliato sull’aggressione dopodiché io, Jasper ed Alice tentiamo di spiegare chiaramente tutte le sensazioni, i pensieri e le immagini che abbiamo captato.

Le conclusioni sono state identiche in tutti e tre i casi: In linea di massima, gli indiani ci hanno fatto una stranissima impressione e due di loro, Jacob Black e Leah Clearwater ovviamente, hanno chiaramente dimostrato di avere doti fuori dal comune.

Nostro padre annuisce, pensieroso, quindi ci chiede di spostarci nel suo studio, in modo da poter esaminare nostra sorella ed eventualmente fare già alcuni test. 

Quando Rose si toglie la maglia, il silenzio cala: la pelle della schiena e del torso è piena di segni di graffi piuttosto arrossati e irritati. 

“Si direbbe un’intossicazione…” Mio padre preleva rapidamente un campione di pelle, e lo esamina a lungo al microscopio. 

“ Affascinante… In questo campione sono presenti cellule che i trattati di medicina definirebbero, forse, “transgeniche”. Hanno un aspetto differente da qualsiasi campione abbia mai osservato, e il loro comportamento è quantomeno…singolare. Dovrò fare delle analisi più accurate con i macchinari del laboratorio specializzato dell’Ospedale, ma ovviamente non posso occuparmene prima di stanotte. Intanto, Rose…”

Carlisle preleva una lattina di sangue dalla sua borsa e la porge a mia sorella, che la finisce in un paio di sorsi. Non appena il sangue le entra in circolo, i graffi si attenuano e il rossore scompare. Carlisle annuisce. 

“Come pensavo, intossicazione. Probabilmente il sangue ha diluito il veleno, o ha dato al tuo sistema immunitario un surplus di energia sufficiente ad avere la meglio su quelle cellule. Potrò essere più preciso tra poche ore.” 

“Ma secondo te cosa sta succedendo, caro?” Domanda Esme, visibilmente preoccupata. 

“Le mie non sono che teorie. É chiaro, oramai, che gli indiani della Riserva siano molto più di quanto non appaiano, ma questa non è che la punta dell’Iceberg. Edward prima ha accennato a delle mutazioni riscontrate sul ragazzo Black, ma di che tipo saranno? A cosa saranno dovute? Saranno pericolose per noi? E se si, quante probabilità ci sono che il suo sia un caso isolato? Per ora ne so quanto voi, ma tra qualche ora eseguirò quelle analisi, e una volta ottenuti i risultati potremmo iniziare a teorizzare e studiare il da farsi.

Per adesso, non possiamo che pazientare e usare molta cautela: sentendo i vostri racconti, credo che i giovani indiani siano al momento emotivamente instabili, basterebbe una provocazione anche minima o involontaria a farli esplodere e nessuno di noi è in grado di prevedere cosa potrebbe succedere. Cacciate lontano dal loro territorio e anche a scuola cercate di ignorarli più che potete. Potrebbe andarne della nostra sicurezza.”

Dopo queste ultime raccomandazioni segue qualche momento di silenzio assorto, dopodiché Emmett si alza ed esce dalla porta, seguito poi da Jasper, Alice, Esme e Carlisle.

Nel laboratorio rimaniamo solo io e Rose, che continua a tormentare i segni rossi sul suo corpo.

“Ti fanno male?” Domando, avvicinandomi e porgendole la sua maglietta. Lei mi sorride e scuote la testa mentre indossa l’indumento.

“No, no non sento assolutamente nessun tipo di dolore. Ma non ti nasconderò che mi lasciano perplessa, e preoccupata…” Rosalie si sistema i capelli, e intanto cerca il riflesso dei miei occhi nello specchio.

“Non mi avevi detto di aver visto Black subire delle mutazioni…”

“Perché non ne ho avuto il tempo, Rose, e perché prima volevo confrontarmi con Carlisle. E poi…”

“Poi?” Mi incalza mia sorella, osservandomi attentamente.

Sospiro, rassegnato. “E poi non era per nulla un bello spettacolo. Dava l’impressione di essere una cosa dolorosa e abbastanza spiacevole, e mentalmente parlando era in crisi nera. Ho avuto accesso a una sezione molto delicata e privata della sua mente, ieri notte, e non mi sento di spiattellarla in giro. Neppure a voi.”

Noto la sua espressione offesa e mi affretto a cercare un modo per rabbonirla.

“Se non sei troppo arrabbiata con me, però, mi propongo come tuo accompagnatore per la cena, e prometto di offrirtela io, cacciando per te qualsiasi cosa tu voglia.” 

Declamo, in tono pomposo, facendola ridere. Lei tende la mano destra, assumendo una posa caricaturale da damina stizzita, e io sono rapido ad afferrarla e baciarla. Lieto di aver evitato una lite, faccio salire mia sorella sulla mia schiena e poi usciamo nell’aria leggermente tiepida della sera.

(Jacob) I ragazzi della Riserva sbuffano e si lamentano, ma Leah li zittisce e li avverte che manca poco all’arrivo.

Io ovviamente conosco molto bene il posto dove ci sta portando: è una zona della Foresta un po’ troppo folta, poco interessante e lontana dal villaggio perché qualche ragazzino intraprendente o qualche turista la desideri esplorare, ed è diventata ufficialmente la nostra futura base per gli allenamenti. 

Il maledetto vecchiaccio ci ha detto che le prime volte trasformarsi è molto faticoso e, soprattutto, pericolosissimo per gli umani poiché il mix di eccitazione e super forza ci fa sragionare e più di una volta, in passato, è capitato che un lupo abbia sfregiato o ucciso umani innocenti che si trovavano semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Pertanto, ci ha ordinato di trovare un posto sicuro e di cominciare a scazzottarci tra di noi, in modo da imparare a mantenere il controllo e allenarci evitando, al contempo, incidenti mortali. 

Finalmente Leah si ferma e i miei compagni iniziano ad esplorare la radura, peraltro davvero poco interessante, con cura maniacale, stando ben attenti a non avvicinarsi troppo gli una agli altri.

Il silenzio è assordante e pesantissimo, e mi ritrovo ad imprecare mentalmente: immaginavo che sarebbe stato difficile, ma non pensavo fino a questo punto!

Normalmente non diremmo di no a fare la lotta tra amici, ma il pensiero che da un momento all’altro potremmo perdere il controllo e trasformarci in lupi giganteschi, fortissimi e potenzialmente incapaci di autocontrollo blocca un po’ tutti.

Incrocio lo sguardo di Leah e, come al solito, ci capiamo in una frazione di secondo. Così, mentre io tiro i capelli a Quil, lei strappa di mano a Paul il suo adorato telefono nuovo, facendolo imbestialire.

I nostri amici cadono nel tranello e cominciano a inseguirci, meditando di renderci la pariglia. Mentre corriamo, sia io che lei stiamo ben attenti travolgere quanti più compagni possibile e cerchiamo continuamente di distrarli e disorientarli, per evitare che si rendano conto di quello che sta succedendo e rovinino così ogni cosa.

Ci facciamo “catturare” più o meno nello stesso momento, e sopportiamo di buon grado il solletico, le scherzose mosse di lotta libera, le minacce sibilate tra gli accessi di riso e le solite mosse di arti marziali che Paul crede di essere abilissimo a praticare solo perché appassionato di film.

E mentre ci rotoliamo tra l’erba e ridiamo come pazzi, succede.

La sensazione è terrificante, come se un autotreno lungo un migliaio di chilometri trapassasse i nostri corpi facendo i quattrocento chilometri all’ora. 

Lo “Spirito” massacra le nostre ossa una ad una, le spezza e le riplasma più leggere e resistenti; strappa i muscoli dalla carne e li ricuce, rendendoli più elastici e densi. Muta gli arti in zampe, le unghie in artigli, la pelle in pelliccia, i denti in zanne e finalmente, dopo quelli che sembrano secoli, ci lascia andare. 

I primi istanti sono uno schifo: le percezioni sono tutte distorte, così come le prospettive.

Il naso mi fa male per l’incredibile quantità di nuovi odori che percepisco, il mio nuovo campo visivo mi fa venire una tremenda nausea al minimo movimento, e in testa ho un terribile guazzabuglio di voci sommesse e immagini che non capisco.

Vedo i genitori di Paul che litigano urlandosi insulti ed oscenità, Embry e suo padre che riparano il tetto, Quil che studia per l’esame di letteratura, Leah che, dopo un bagno a La Push si fa una veloce doccia sulla spiaggia, Sam e altri ragazzi che la occhieggia rapiti e un sacco di altre scene e vecchi ricordi, che però non riesco a ricollegare a nessuno in particolare.

Le immagini e le sensazioni sembrano semplicemente fluire da un lupo all’altro senza alcun tipo di controllo e questo, quando si arriva a pensieri troppo intimi e privati, comincia a far scaldare eccessivamente gli animi.

Preoccupato per un’eventuale lite, che sento già svolazzare nell’aria attendendo solo di potersi scatenare, riesco in qualche modo a sciogliere la trasformazione, dando così il buon esempio a Leah, Paul, Sam, Quil, Embry e gli altri. 

Comincio a parlare, un po’ banalmente in realtà, di come organizzare gli allenamenti e le riunioni con il Consiglio e intento ne approfitto per studiare gli aspetti e le reazioni dei miei compagni: una volta sicuro del fatto che non si squarceranno la gola non appena volteranno l’angolo, termino il mio sermone e sparisco tra gli alberi assieme a Leah.

Rimaniamo un po’ in ascolto, per assicurarci del fatto che tutti se ne siano effettivamente andati, e poi torniamo alla radura confrontando le reciproche impressioni.

La trasformazione ha spaventato entrambi, ma i membri del Consiglio ci hanno assicurato che non sarà sempre così dolorosa, e che abituarsi a gestire i nostri nuovi corpi sarà un gioco da ragazzi.

Tutt’altro che semplice è, invece, la storia delle immagini e dei ricordi. Ateara ci aveva accennato che avremmo avuto una sola mente condivisa, ma non pensavamo in senso così ampio!

In questo modo passa dall’essere un dono estremamente utile al diventare una potenziale bomba innescata.

Con il caratteraccio che ci sviluppa la trasformazione, basta il minimo disaccordo a scatenare una lite furibonda, figurarsi che razza di effetti potrebbe causare la scoperta improvvisa di un tradimento, un’ingiustizia o un raggiro da parte di chi pensavamo amico!

E anche per quelli come me e Leah, che diciamo quello che facciamo e viceversa, questo dono si rivela una dannazione incredibile, perché abbiamo ricordi personali e delicati che non siamo per nulla intenzionati a condividere. Dovremmo cercare una soluzione a questo inconveniente, ma per ora credo proprio sia meglio cercare di trasformarci ancora e migliorare la mobilità che abbiamo con questo nuovo corpo.     

(Edward) Afferro l’usignolo poco prima che spicchi il volo e lo passo a Rose.

“E per finire, ecco la ciliegina sulla torta, madame.” Le dico, facendole l’occhiolino.

Rosalie sorride e si avventa sulla creatura, portata finale della ricca e variegata cena che le ho offerto oggi. Finisce di bere con calma, seppellisce la carcassa dell’uccellino e poi mi ricompensa con un bacio sulla guancia.

“Grazie mille, Edward.”

“Figurati, non c’è problema. Avevo semplicemente voglia di coccolarti un po’, dopo quello che hai passato oggi.” Le dico, prendendola per mano e cominciando a passeggiare nella foresta.

Rose sospira. “Devo dire che non è stata un’esperienza per nulla piacevole, anche perché erano secoli che non perdevo la ragione a quel modo, letteralmente. L’ultima volta è successo quando ho fatto piazza pulita di quel rifiuto umano del mio promesso sposo, e non è un momento del mio passato del quale sono molto fiera.”

La sua mano si contrae leggermente nella mia e non ho bisogno di guardarla in viso, né di leggerle nella mente, per sapere a cosa sta pensando. 

Per mia sorella quel trauma è stato devastante, tanto che neppure la morte e la sincera adorazione che Emmett prova per lei sono riusciti a farle mettere il cuore in pace.

Sebbene siano passati oramai quasi duecento anni, Rosalie continua a soffrire per quella vecchia storia, soprattutto perché ancora oggi non riesce a perdonarsi. Si incolpa di tutto, dall’essere stata così frivola ed ambiziosa, al non essersi accorta di quale fosse il vero volto dell’uomo che corteggiava con tanta ostinazione e di non essere riuscita a resistere al richiamo di un sangue tanto impuro.

Ovviamente il suo grado di colpevolezza, in questa vicenda, è minimo, ma non importa quante volte glielo si spieghi, lei si limita semplicemente ad annuire e non ascoltare. 

“Tu credi che costituiranno un pericolo? Parlo dei Quileute…” Dice Rosalie, rompendo con mia somma gratitudine quello che si prospettava come un silenzio lunghissimo ed imbarazzante.

Mi stringo nelle spalle. “Chi può dirlo? Sicuramente quello che abbiamo scoperto negli ultimi giorni è quantomeno singolare e merita un’analisi più approfondita, ma quello che mi sento di suggerire, per ora, è non fasciarci la testa. In fin dei conti, con gli indiani non abbiamo mai avuto grossi problemi e da quanto ho potuto osservare in questi giorni, quei ragazzi non mi sembrano né cattivi né pericolosi…”

“Speriamo abbia ragione tu… parlami di Jacob, avanti!”

“In che senso?” Domando, riuscendo miracolosamente a tenere la voce ferma e neutra ma sentendo al contempo un brivido di terrore corrermi lungo la schiena.

“Raccontami della mutazione! Insomma, Edward, si può sapere che ti prende? Stai forse nascondendo qualcosa?” Rosalie si avvicina e mi scruta con aria indagatrice, a lungo.

  “Ovviamente no, ero semplicemente distratto…” Replico, con la migliore delle mie facce espressive, anche se so perfettamente che non riuscirò a convincere Rosalie: mia sorella ha una specie di “sesto senso” per me, riesce sempre a capire a cosa sto pensando e se nascondo qualcosa.

Ma deve anche aver capito che questa volta non sono disposto a dire nulla, perché insiste un po’ e poi si rassegna, sospirando. Cambia argomento e passiamo parecchio tempo passeggiando e spettegolando su questo e quello.

Siamo totalmente sazi, e ben lontani dal confine della Riserva, quindi teniamo bassa la guardia e non diamo alcun peso a quella leggera sensazione di fastidio alla base della nuca.

Un brontolio sordo, però, ci fa tornare rapidamente alla realtà.

Davanti a noi sono parati i due lupi più incredibilmente giganteschi e feroci che abbia mai visto in tutta la mia vita. Li analizzo dalla punta delle orecchie a quella della coda, e realizzo che sono decisamente letali anche, e forse soprattutto, per noi.

Faccio per scappare, ma qualcosa mi  blocca: Rosalie, che solitamente è una delle persone più prudenti che abbia mai incontrato, ha assunto una posa d’attacco e ringhia in direzione di uno dei due lupi, un esemplare argentato e decisamente più sottile del suo gigantesco compagno, che ricambia lo sguardo di mia sorella con altrettanto odio.

Riesco a malapena a notare tutti questi dettagli, quando mia sorella e la belva partono all’attacco, simultaneamente, lasciandomi la sola scelta di intervenire il prima possibile.  

(Jacob) Inspiro profondamente e il fumo leggermente acre mi graffia la gola, ma credo proprio che le leggende siano esatte, perché inizio a sentire i miei sensi dilatarsi. 

Divento sempre più consapevole di essere una creatura calda e vivente, con un cuore che batte, sangue che scorre e muscoli che si tendono e contraggono armonicamente.

Visto i disastrosi esiti del primo tentativo, io e Leah abbiamo deciso di lavorare sulle nostre trasformazioni partendo dalla meditazione. A quanto ci hanno detto i membri del Consiglio nella riunione di oggi pomeriggio, il solo modo per impedire al lupo di prendere improvvisamente il sopravvento sulla nostra parte umana è quello di esercitare il ferreo controllo sia della propria mente che della propria sfera emotiva.

Cosa che, per due teste calde come me e Leah, è difficile più o meno come fare una maratona nel deserto alle due del pomeriggio del Ferragosto più caldo della storia del mondo. E farla senza acqua, con entrambe le gambe rotte e l’attrezzatura completa da montagna appresso, per di più.

Per tentare di limitare i danni, abbiamo quindi deciso di allenarci da subito, e di farlo nel modo più “tradizionale” per noi indiani, sperando che serva a qualcosa. Abbiamo raccolto legnetti ed erba secca, sacrificato qualche scontrino e foglietto inutile, acceso un fuocherello e poi ci siamo seduti e rilassati.

L’obbiettivo è quello di cercare di scavare a fondo dentro noi stessi, sforzandoci di affrontare tutte quelle questioni che normalmente si finisce sempre per lasciare in sospeso perché troppo complicate.

E questo, tra l’altro, è un altro dei motivi per i quali non potrei fare questa cosa se non con Leah: se anche l’addestramento non dovesse funzionare e entrambi ci dovessimo comunque trasformare, lei non scoprirebbe nulla, sul mio conto, che non sappia già, e lo stesso vale per me.

Prendo un altro profondo respiro e comincio ad elencare le cose che ultimamente mi hanno preoccupato o fatto infuriare. Al primo posto, ovviamente, c’è tutta questa assurda questione dei “guardiani della Terra”, ma Cullen viene subito dopo in classifica.

Perché, oggi, mi sono comportato a quel modo? Non sono mai stato omofobo, ma dal rispettare senza alcun problema i gusti altrui al trovarsi improvvisamente chiusi in un bagno a baciare una persona del proprio sesso, c’è un bel po’ di differenza!

Anche perché quello che ci siamo scambiati non era un vero e proprio bacio ma piuttosto un’overdose di ormoni impazziti e ferormoni bollenti.  Al solo pensiero, tutto il mio corpo avvampa e comincia a fremere, chiaro segno del fatto che questo argomento è ancora troppo ostico e pericoloso da trattare.

Meglio iniziare con altro.

Inalo ancora un po’ di fumo e mi concentro sulle piccole e noiose rogne quotidiane, sicuramente meno interessanti ma anche molto più sicure. All’inizio mi sembra tutta una gigantesca perdita di tempo, ma più continuo più mi rendo conto che dividere i miei pareri personali e la realtà oggettiva delle cose diventa molto più semplice.

Mi si apre un punto di vista totalmente nuovo, ma l’ebbrezza per il risultato ottenuto è destinata a durare poco.

Una violenta scarica di brividi mi avverte che ci sono dei vampiri nei paraggi e, un secondo dopo che il mio cervello ha immagazzinato questa informazione, il lupo prende violentemente il sopravvento e riempie il mio corpo con ferocia.

Pare, però, che l’allenamento sia servito a qualcosa perché, sebbene a gestire il mio corpo sia la volontà della bestia, la parte di Jacob Black che è umana è ancora ben vigile, e in grado di pensare, anche se non di imporsi.

Per questo motivo, le due figure che appaiono nella radura non sono semplicemente due vampiri o due nemici, ma si specificano rapidamente nelle identità di Rosalie Hale ed Edward Cullen.

E mentre la bionda e Leah, che non è riuscita a concentrarsi molto e quindi è schiacciata totalmente dal lupo, si guardano in cagnesco ringhiandosi contro, io incrocio gli occhi con il vampiro e rimango sbalordito.

Dai discorsi di Ateara e dei membri del consiglio, credevo che mi sarei trovato di fronte a una creatura feroce ed implacabile, totalmente malvagia e con il solo scopo di seminare morte e distruzione.

Invece Cullen è evidentemente terrorizzato e sta chiaramente pensando di scappare. Prima che ciò possa avvenire, però, Rosalie e Leah si raggiungono e cominciano a lottare come delle furie, costringendo sia me che lui a scendere in campo.

Intervenire, però, è tutt’altro che semplice: quelle due stanno lottando come se ne andasse della loro esistenza, e si colpiscono ad una velocità tale da rendere difficile persino capire chi sia chi.

Un orribile rumore schioccante risuona come un colpo di pistola e ho appena il tempo di vedere Leah con in bocca qualcosa di lungo e bianco che Rosalie Hale la raggiunge in una frazione di secondo e, con un pugno diretto sul muso, la scaraventa contro un albero fracassandole, a giudicare da rumore, almeno una decina di ossa.

La forza dell’impatto è talmente elevata, che la mia amica schianta di netto il fusto dell’albero e va a sbattere contro quello che è cresciuto subito dietro, facendomi temere che gli farà fare la stessa fine.

Invece, fortunatamente, il legno regge e mi da il tempo di raggiungerla.

Con l’impatto ha perso i sensi e questo ha fatto si che la mutazione si sciogliesse, ma vederla ridotta in certe condizioni in forma umana è, se possibile, anche peggio.

Le ossa della sua schiena, delle braccia e delle gambe sono rotte, è piena di squarci ovunque e la puzza del sangue sparso tutto attorno mi fa vomitare. Una voce risuona improvvisamente nella mia testa. 

“Permettimi di visitarla.” Mi giro di scatto e vedo Cullen, fermo immobile a circa venti metri da me.

“Starai scherzando!” Ruggisco, con voce rotta e indignata.

Lui solleva le mani bene in alto. “Ti assicuro che non ho intenzione di farle alcun male, ma mi sento responsabile per i danni che mia sorella ha provocato: non aveva motivo agire così. Sono un medico, permettimi di aiutarla.”

Vorrei rifiutare e mandare al diavolo lui, la sua laurea e sua sorella, ma Leah sta talmente male che non riesco quasi a respirare.

Faccio un brusco cenno col capo e permetto al vampiro di avvicinarsi. “Ma se provi a farle del male, ti uccido.” 

Edward mi ignora e si china vicino alla mia Leah: la esamina rapidamente ma in maniera che, anche ai miei occhi inesperti risulta scrupolosa, dopodiché raduna velocemente pezzi dell’albero distrutto, si smembra la camicia e comincia a fare steccature e medicazioni.

Dopo circa dieci minuti è a tre quarti dell’opera, ma improvvisamente si ferma e guarda stralunato il viso della mia amica.

Con un lembo di tessuto lo ripulisce dal sangue, e allora capisco: le ferite di Leah si stanno rimarginando ad una velocità pazzesca. 

“Beh, direi che qui non servo più, se la caverà egregiamente.” Cullen si allontana velocemente, probabilmente avendo ben presente i danni che la sua “paziente” ha causato a sua sorella, e dopo avermi rivolto un cenno recupera il braccio mozzato della sorella e svanisce nel profondo del bosco.

Mi precipito accanto a Leah, che intanto sta cominciando a recuperare i sensi, e intanto mi trovo a fare il punto di una delle giornate più stressanti della mia vita.

Le nostre trasformazioni sono un calvario e i vampiri avversari decisamente da non sottovalutare. Eppure non riesco a smettere di ricordare quanto Cullen si sia dimostrato umano, stasera.

Forse, le cose sono molto più complicate di come le dipinge Ateara.   

(Edward) “Rose? Rose!” Chiamo, con voce tesa.

Non mi sembra di percepire la presenza di altri indiani geneticamente modificati nel bosco, ma è meglio non rischiare visto i tragici esiti del primo scontro!

Mia sorella non risponde, ma alla mia destra sento provenire un rumore di risucchio ben noto. Mi addentro nella boscaglia e dopo qualche metro la trovo, col viso totalmente immerso nella gola squarciata di un alce.

Tra le radici degli alberi e la sterpaglia del sottobosco, individuo almeno altre due carcasse.

Rosalie prosciuga il povero animale fino all’ultima goccia e poi si volta verso di me.

Il suo bel viso, che Leah aveva deturpato con una poderosa zampata, è già molto migliorato rispetto a pochi minuti fa. Manca ancora qualche pezzo di carne e pelle, ma il sangue fresco sembra aver riattivato la rigenerazione cellulare e quindi i tessuti rinascono senza troppi problemi e, soprattutto, senza lasciare segni sospetti. 

“Sicura di non voler dire nulla a nessuno di questa storia?” le domando, avvicinandomi e sistemandole il moncherino di braccio vicino all’articolazione della spalla, che comincia immediatamente a saldare nuovamente l’arto al posto che gli spetta. 

“Sicura. So che ti chiedo moltissimo, ma ti prego, non lo dire a nessuno. Sei riuscito a salvarla? O l’avevo già uccisa?”

Sorrido e la abbraccio, baciandole il capo. 

“Non hai ucciso proprio nessuno, a quanto pare Leah Clearwater non è solo una macchina da guerra, ma dispone anche di un metabolismo super potenziato ed accelerato, molto simile al nostro.”

“Dici davvero? Ma come è possibile?”

“ A quanto pare, le mie teorie sono confermate: gli indiani sono geneticamente modificati, e dopo stasera direi che lo scopo di questa mutazione è quello di combattere contro i vampiri. Sei sempre sicura di non volerlo dire agli altri?”

“Si. Papà ha detto che stanotte avrebbe fatto i test sui campioni che ha prelevato da me oggi pomeriggio, vero? Credi che possano confermare quello che abbiamo scoperto stanotte?”

“Senza ombra di dubbio.”

“Allora nessuno di noi sarà in pericolo. Ti prego, Edward, non farmi ammettere davanti ad Emmett che razza di mostro io sia!”

“Ma non è stata colpa tua, Rosie! Quello che succede tra te e la Clearwater è, se le nostre supposizioni sono esatte, una cosa assolutamente normale, come un riflesso condizionato! Non è come se tu improvvisamente cominciassi ad assalire ragazzine innocenti senza un motivo!”

“Sarà come dici tu, ma sta di fatto che è una cosa che sembra accadere solo a me. Stasera c’eravate anche tu e quell’altro lupo, eppure voi non siete venuti alle mani!”

“Con mia enorme fortuna, direi, visto che è almeno il doppio della sua amica e che io non sono nemmeno lontanamente portato come te, Jasper, Emmett o Alice nel combattimento. E poi lui era Jacob Black.”

“E quindi?”

“E quindi, per qualche strano motivo, riusciamo ad evitare di saltarci addosso. Del resto, oggi sono stato seduto vicino a lui per sei ore, e non è successo nulla. Probabilmente le mutazioni non sono tutte standardizzate, ma variano a seconda del carattere degli indiani. E visto che tu e la Clearwater non vi potete vedere, suppongo che sia quasi impossibile evitare che vi saltiate alla gola.”

“Già. Dovrò cambiare tutti i mie corsi, allora…”

“Mi sembra una buona idea, si. Allora, come ti senti? Fisicamente mi sembri a posto, ma la sfera emotiva come va?” 

“Grazie al mio straordinario fratellone, è tutto ok. Torniamo a casa?”

“In realtà, preferirei che andassi solo tu, se te la senti. Ho sondato i pensieri di Jacob e ha scoperto che probabilmente, stasera, né lui né Leah dormiranno a casa loro. Del resto, la Riserva dista più di tre miglia da qui ed entrambi sono a dir poco stravolti. Qua attorno c’è un bungalow abbandonato, ed è lì che intendono passare la notte. Visto che è fuori dal confine, mi sembra un’occasione irripetibile per ottenere informazioni utili a rischio zero.” 

“Sicuro?” 

“Si. Dopo le emozioni di stanotte, crolleranno addormentati di schianto. Inoltre, da quanto ho potuto constatare, sono più veloce di loro. Allora, te la senti?”

“Si, ma giurami che sarai prudente!”

“Te lo assicuro. Tu, piuttosto, sei tranquilla? Non rischi di avere una crisi?”

“No, non credo. Arriverò a casa e mi farò coccolare tutta la notte da Emmett, dribblando sia Alice che Jasper. In questo modo non dovrebbero esserci problemi.” 

Annuisco e mi sporgo per baciarla sulla guancia.

Lei ricambia, mi fa una carezza grata e poi sfreccia in direzione di casa.

Non appena la so lontana mi metto a fiutare l’aria, e in breve tempo localizzo l’edificio, che raggiungo in una decina di minuti. Mi assicuro che i due indiani siano effettivamente addormentati, forzo la finestra ed entro.

Lo spazio è piccolo e ambientarsi non è molto difficile. Mi metto nuovamente in ascolto e individuo la stanza dove dorme Jacob.

Mentre entro trattengo quasi il fiato, ma tutto è come avevo previsto.

Il ragazzo dorme, e la luce della luna è particolarmente generosa con lui, visto che lo rende, se possibile, ancora più bello.

Una familiare agitazione comincia a scombussolarmi i nervi, ma la scaccio e mi impongo di fare solo e soltanto ciò che mi sono prefissato, cioè frugare un po’ nei suoi pensieri approfittando del sonno.

Penetro facilmente nella sua mente, e non ci metto molto a trovare tutti i dati dei quali ho bisogno.

Ma, siccome ho concluso rapidamente e sono un dannato impiccione, decido di lasciare da parte i codici etici e di intrufolarmi nei suoi sogni. 

Solo che, a quanto pare, l’oggetto delle sue fantasie notturne non sono auto, moto, belle ragazza o branchi di lupi, ma bensì io.

Lo incuriosisco e lo attraggo e proprio non riesce a fare a meno di ripensare a quell’ora trascorsa assieme nei bagni.

E visto quanto è precisa e vivace la sua memoria, ben presto anche io non riesco a pensare ad altro.

Ma la cosa peggiore è che, in risposta alle immagini che sta vedendo, Jacob ha iniziato a muoversi e stiracchiarsi nel sonno, e che scoprendosi mi ha praticamente investito con una folata del suo profumo.

Che è decisamente troppo ricco ed irresistibile, soprattutto dopo le ore di astinenza e lo stress della serata.

Senza che io possa fare nulla per impedirlo, il mio corpo si muove e va ad occupare il poco spazio vuoto disponibile sul materasso da una piazza e mezza. 

E prima che possa pensare di alzarmi, Jacob mi si avvicina nel sonno, e comincia a strusciarmisi contro.

La parte razionale del mio cervello evapora.

Mi rilasso e mi godo questo piacevolissimo show, sospirando leggermente ogni volta che la sua pelle bollente entra in contatto con la mia, e in breve sono talmente ammaliato da lui, che anche quando sento che si sta per svegliare non riesco a muovere un muscolo.

Jacob apre gli occhi e li sbarra quando mi vede. Ma, invece di attaccarmi o chiedermi cosa diavolo ci faccio nel suo letto, si limita a sorridere assonnato, mormorando qualcosa su un sogno.

Crede di essere ancora addormentato!

Sempre sia lodata la razionalità.

Però è anche pura follia il pensare che possa sottrarmi a questo contatto, soprattutto ora che ho un alibi perfetto, che mi concede persino di togliermi qualche soddisfazione.

Quella di accarezzargli il viso ed i capelli, ad esempio.

“Il tuo odore è incantevole.” Sospiro, inalandolo senza vergogna. Lui si fa più vicino e posa il suo naso nell’incavo della mia gola.

“Anche il tuo…” Miagola, percorrendo mandibola, collo e spalla con il viso.

Mi lascia un leggero bacio a stampo tra il collo e la clavicola e sorride quando sente la pelle d’oca formarsi sotto le sue labbra.

Con un movimento fluido mi attira a sé, sotto le coperte, e si stende sopra di me.

Sorrido e gli circondo la schiena con le braccia, accarezzandola con i polpastrelli.

L’ho già detto, vero, che la mia razionalità e il mio buon senso si sono smarriti lungo la via? Ma sfiderei chiunque a resistere a un’occasione come questa.

“Decisamente sto sognando.” Mugugna Jacob, sorridendomi e baciandomi dolcemente sulle labbra.

“Perché, non credi che anche io sia capace di tenerezza? Visto e considerato che sono solo un sogno, tra l’altro.” Lo prendo in giro, lisciandogli i capelli sul collo e soffiandogli un refolo d’aria fresca sul collo.

Lui ridacchia “No, anzi. Sono felicemente sorpreso da me stesso e dalla mia intraprendenza.”

E per sottolineare il concetto infila una mano sotto la mia felpa e ricalca il contorno dei miei muscoli con quelle dita lunghe e calde. 

“Soprattutto visto e considerato che oggi, nei bagni, credevo di morire di imbarazzo.”

Mormoro qualcosa, soddisfatto dalla sensazione di calore, ed inverto le posizioni.

“Però non mi sembravi affatto imbarazzato.” Commento, accarezzandogli la gola col naso.

Lui si mette a ridere. “Beh, mi sarei odiato se avessi sprecato tutto questo ben di Dio, quindi cercavo di non pensarci! Ma fare certe cose con un ragazzo è totalmente insolito, per me.” 

Sorrido e gli bacio le labbra a mia volta, stando però ben attento a non esagerare. “Mi trovi perfettamente in accordo, la stessa cosa vale anche per me.”

Lui sorride sorpreso e soddisfatto, e mi ricompensa con parecchi baci a stampo e certe occhiate che farebbero fondere il marmo.

Ci coccoliamo e strusciamo l’uno contro l’altro ancora per parecchio tempo, e per l’ennesima volta devo ripetermi che non posso assolutamente passare la notte con lui.

Rosalie sa dove sono e se non rientrassi a casa si preoccuperebbe e verrebbe certamente a cercarmi.

Meglio non tentare la fortuna e cercare un modo per andarmene. Peccato che Jacob decida proprio in questo momento di voler diventare ancora più audace.

E sinceramente, anche sforzandomi di immaginare le peggiori conseguenze possibili, quando sento le sue labbra percorrere umide e lente il mio petto, non riesco proprio a dispiacermi della sua improvvisa intraprendenza.

Mi godo le sue premure per un bel po’, ma lo tengo d’occhio e , quando sembra intenzionato a calcare ancora di più la mano, prendo rapidamente il controllo della situazione.

Il suo viso è accaldato ed eccitato e i suoi occhi sembrano quasi implorarmi, quindi lo bacio, piuttosto profondamente questa volta, e dopo che mi sono staccato dalle sue labbra e lui cerca di riprendere fiato, mi concentro sulla pelle morbida del suo collo, stuzzicandola appena appena con i denti ma stando ovviamente attento a non morderlo.

Jacob trema e mormora lascivamente, accarezzandomi il ventre con la punta delle dita e le unghie, e quando scendo verso il suo petto freme e socchiude gli occhi.

Di nuovo, interrompo i giochi prima che diventino troppo pericolosi e mi raddrizzo sul materasso, raggiungendo di nuovo il livello dei suoi occhi. 

Mi fa un sorriso rilassato, e vedo che sta per crollare del sonno.

“Per stasera fermiamoci qua.” Sussurro al suo orecchio, accarezzandogli il lobo con le labbra.

“Solo se mi prometti che riprenderemo da qui, la prossima volta.”

“Lo giuro sul mio onore.” 

Lui chiude gli occhi lentamente e si addormenta senza problemi. A malincuore, scivolo via da lui e dalla sua camera, e corro verso casa.

Mi impedisco di rovinare questo momento di felicità assoluta pensando a quanto possa essere considerato sbagliato il mio comportamento e, anche quando arrivo a casa, non parlo con nessuno e mi barrico in camera mia.

Calzo l’Ipod, mi stendo sul letto e aspetto il sorgere del sole rivivendo in un loop continuo quella che sicuramente è stata la notte più meravigliosa della mia intera esistenza.

Salve a tutti! Questo capitolo è diventato un piccolo gigante, me ne scuso, ma non riuscivo proprio a fermarmi! Spero che la scena tra Leah e Rosalie non abbia sconvolto nessuno, ho cercato di mantenermi un po' sul vago, ma io fondamentalmente adoro le scene truculente e quelle di sangue, quindi ho sempre paura di esagerare =) Grazie mille per il supporto, ci vediamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Prove di resistenza e variegate riflessioni ***


(Jacob) Mi sveglio da solo, di ottimo umore, e la mia mano destra percorre istintivamente  il materasso, come se cercasse qualcuno, che ovviamente non c’è.
 Mi domando il perché del mio comportamento, ma mi rifiuto di vedere qualche attinenza col sogno di stanotte.
 Anzi, a quello non voglio proprio neppure pensare, è stato solo un brutto scherzo giocatomi dai miei ormoni di adolescente nel pieno della pubertà e dall’istinto animalesco del lupo, che suppongo sia pansessuale, come tutti i cani.
 Il fatto che Edward sia un figo allucinante e probabilmente la versione incarnata della definizione “bomba sexy”  è del tutto secondario ed irrilevante.
Probabilmente, è Leah che cercavo di trovare al mio fianco.
 E, a proposito, è meglio che vada a vedere come sta. Balzo in piedi e raggiungo velocemente la stanzetta dove l’ho sistemata stanotte, ma quando entro vedo che è tutto ok. La mia amica sta dormendo, raggomitolata su un fianco come fa di solito.
 Mi volto e faccio per uscire e andare a cercare qualcosa da mangiare, ma lei deve aver in qualche modo percepito la mia presenza perché apre gli occhi e mi richiama indietro, invitandomi con un cenno a sedere sul letto.
La osservo stiracchiarsi, pettinarsi i capelli con le dita, cercare le sigarette e l’accendino, e capisco che è a disagio e spaventata per qualcosa.
E credo anche di sapere per cosa.
Mi siedo sul letto e le apro le braccia: Leah sa meglio di chiunque altro al mondo che parlare non è il mio forte, specie nei momenti di crisi, ma che sono sempre più che disposto ad ascoltare i problemi di un amico, e a dare una mano, se posso. Soprattutto, poi, se l’amico in questione è lei.
“L’ho sognato tutta la notte. La trasformazione, lo scontro con la Hale, il momento in cui le ho strappato via il braccio…io non so se ce la faccio, Jake. Questa cosa mi fa troppa paura, il lupo è troppo forte e non importa quanto mi possa allenare, riuscirà sempre a prendere il sopravvento su di me, e mi farà sempre fare cose che, una volta tornata umana, mi faranno stare malissimo!”
 Mi salta in braccio e nasconde il viso nel mio collo, sul quale la sento singhiozzare. Lentamente, le accarezzo i capelli e la schiena e cerco di rassicurarla.
“Non credo che possa esistere,  a questo mondo o in qualsiasi altro ipotetico universo alternativo, qualcosa in grado di opporsi alla tua leggendaria testardaggine. Penso che quello che è successo sia soprattutto dovuto alla sfortuna di trovarci davanti due vampiri proprio durante l’allenamento, e soprattutto al fatto che uno di loro fosse Rosalie Hale, che tu già odi a prescindere. Sono sicuro che oggi andrà meglio.”
“Oggi? Ma io…” Leah si allontana velocemente dalla mia spalla e mi scruta con aria contrariata, ma io la ignoro e continuo imperterrito il mio discorso.
“Si, oggi. Per la scuola è tardi, e francamente non ne ho voglia, e inoltre fuori c’è un bel sole: non rischiamo di trovare vampiri sul nostro cammino. Quale occasione migliore? Senti, Leah, so che la tua prima trasformazione è stata parecchio pesante, ma sono sicuro che col tempo migliorerà! Hai solo bisogno di un po’ di tempo per concentrarti ed allenarti, e poi sono sicuro che diventerai una lupa coi fiocchi, una vera regina. Allora, sei d’accordo? Ti allenerai assieme a me, oggi?”
Lei temporeggia un po’, ma alla fine mi sorride e, seppur controvoglia, mi segue. Con scarsissime aspettative cerchiamo qualcosa da mangiare nel mobiletto della cucina, ma ovviamente non troviamo nulla, quindi ci rassegniamo e usciamo al sole digiuni. Ci sediamo sull’erba, uno di fronte all’altro, chiudiamo gli occhi e lasciamo la nostra mente libera di vagare.

     

(Edward) Quando è stato chiaro che nessuno di noi oggi sarebbe stato in grado di uscire, ho tirato un grosso sospiro di sollievo.
Stanotte mi sono comportato come un perfetto idiota patentato, e gli strascichi li sto pagando tutti ora, mentre la sete e l’astinenza mi divorano la gola e la mente.
I primi sintomi sono iniziati abbastanza velocemente, pochi minuti dopo che ho lasciato la casetta nel bosco, e quando sono arrivato a casa la situazione era già ulteriormente peggiorata, tanto che ho chiaramente letto la perplessità negli occhi dei miei familiari mentre facevo una rapida relazione sulle mie scoperte e non riuscivo in alcun modo a tenere a bada il tremore delle mani.
Ho minimizzato giustificando il tutto con la preoccupazione che mi causa la delicata situazione alla Riserva, ma se ora qualcuno entrasse in camera mia e vedesse lo stato nel quale sono ridotto capirebbe subito che c’è sotto qualcosa di molto diverso.
La prospettiva mi atterrisce ma sebbene, solitamente, io sia fin troppo abile nell’auto influenzarmi, non riesco proprio ad alzarmi dal letto. Temo di scoprire nel peggiore dei modi che gli spasmi sono diventati troppo forti e difficili da controllare.
Sospiro, frustrato ed arrabbiato con me stesso per la mia eterna superficialità, e mi domando rudemente se davvero strofinarsi un po’ su un bel ragazzo sia valso tutti questi fastidi.
Incredibilmente, la risposta è si.
Fisicamente Jacob è il top, praticamente perfetto sotto ogni angolazione, e inoltre non posso non ricordare la naturalezza con la quale mi stava vicino. Solitamente gli umani, pur apprezzandoci, si guardano bene dall’invadere il nostro spazio vitale, e se proprio devono entrare in contatto con noi sono, giustamente, tesi e sottopressione.
Jacob, invece, mi ha abbracciato, baciato, accarezzato e coccolato come se fossi un suo pari, e la sensazione che ne è derivata è stata così preziosa che persino sopportare l’astinenza mi sembra un giusto prezzo.
Questa crisi momentanea passerà, e col tempo le cose miglioreranno sempre di più perché grazie alle idee folli dei miei fratelli abbiamo davanti a noi almeno tre mesi di convivenza forzata, e quindi riuscirò ad abituarmi e a convivere serenamente sia con la sua presenza e che con il suo odore.
Un po’ rincuorato, afferro a caso un libro dal pavimento e comincio a sfogliarlo distrattamente, giusto per dare l’impressione, eventualmente, di star facendo qualcosa di costruttivo.
La mia mente, ovviamente, gira sempre attorno allo stesso argomento, ma la cosa non mi turba più come prima.
Le mie dita si arrampicano sugli angoli delle pagine e seguono automaticamente le linee del testo, ma io penso solo a stanotte, e sorrido appena.


(Jacob) La lupa mi scruta con aria minacciosa, e dallo stomaco le parte un brontolio sordo, come monito di tenermi lontano. I muscoli sono tesi e la coda sferza ripetutamente l’aria, ma il balzo non arriva mai.
Osservo attentamente il muso e gli occhi dell’animale, e vedo che è in corso una serrata battaglia interiore.
Esulto, Leah se la sta cavando egregiamente.
Continuo ad osservarla ancora per un po’, e quando sono abbastanza sicuro del fatto che stia mantenendo il controllo, tiro fuori dalla tasca i frammenti di tessuto del vestito della Hale e li sventaglio nell’aria.
Il lupo ruggisce e fa per scagliarsi in avanti, ma Leah riesce a bloccarlo appena in tempo. Il grosso animale scuote violentemente il capo a destra e sinistra, ma alla fine si calma e si sdraia al suolo, poggiando la testa tra le zampe.
Con uno schiocco, la mutazione si interrompe e il momento dopo Leah mi si è appesa al collo, urlando di gioia.
Questa volta la trasformazione è andata decisamente meglio, la mia amica è riuscita a conservare un autocontrollo enorme e quindi si è rasserenata.
Quando le ho proposto di andare nella radura per cercare qualcosa che avesse l’odore della Hale mi ha guardato come se fossi pazzo, ma poi si è convinta e adesso non sta più nella pelle per la gioia e il sollievo.
Giochiamo sull’erba per un po’ di tempo, poi ci ricomponiamo e ci sistemiamo nuovamente uno di fronte all’altra: adesso è il mio turno di allenarmi, e so per esperienza che Leah sarà una maestra molto severa.


(Edward) “Posso entrare, fratellino?” Domanda Rosalie, comparendo nel vano della porta.
“Ma certo, Rosie. Vuoi suonare qualche pezzo assieme?” Domando sorridendole e andando a tirare fuori le tastiere dall’armadio.
La crisi, fortunatamente, è passata, ma io continuo a sentirmi ancora un po’ agitato, e ogni distrazione è gradita.
“Si, mi annoio. Emmett ha sfidato Jasper a non so che gara da veri uomini, Alice è chiusa in un mutismo ostinato a causa di non so che visione e mamma e papà sono a vedere una casa fuori città.”
Mentre parla ha raggiunto l’archivio dei miei spartiti e, mentre io collego la tastiera e la taro correttamente, comincia a sfogliarlo. Siccome non abbiamo voglia delle solite sinfonie, passiamo rapidamente a fare una ricerca su Internet, dove troviamo pezzi sufficientemente belli e complicati da accontentare entrambi.
Iniziamo a suonare velocemente, e sorrido nel notare che l'atmosfera, tra di noi, è sempre la stessa.
Ero preoccupato per l’effetto che l’aggressione avrebbe potuto avere su di lei, ma mia sorella è una vera dura, e se l’è cavata egregiamente. Ci concentriamo sulle note, i motivi e le variazioni e trascorriamo, così parecchie ore piacevoli e rilassate, a seguito delle quali decidiamo di continuare in bellezza con una bella rassegna di film.
Per evitare di litigare ne scegliamo due a testa, ci prepariamo una gigantesca ciotola di pop-corn, che per quanto immangiabili non possono mancare davanti ad un film, e ci sdraiamo sul divano.
Il primo film l’ha scelto Rosalie, e non appena vedo i titoli di testa sospiro, rassegnato: si preannuncia l’immancabile tragedia amorosa. Con una gomitata nelle costole mia sorella mi impone di star zitto, e per tutta risposta la stringo a me e la bacio sulla testa, preparandomi a vedere il film.
Adoro lei e tutta la mia famiglia, per loro farei di tutto.


(Jacob) Ad un certo punto dell’allenamento sono arrivati anche tutti gli altri, ed è stato un bene perché Leah ci si era messa davvero d’impegno e mi stava a dire poco sfiancando.
Non che mi possa lamentare dei risultati: finalmente mi sembra di aver capito più o meno come funzioni la mente del branco e come sia possibile deviarla da argomenti personali e delicati come la “Questione Edward”, ma ciononostante la pausa è stata sicuramente beneaccetta.
Sciolgo la mutazione ed aspetto l’arrivo dei nostri amici, che oggi, fortunatamente, sembrano essere decisamente più bendisposti e collaborativi di ieri.
Facciamo due chiacchiere sulla giornata e su quel che è successo a scuola, tanto per rompere il ghiaccio, e poi diamo inizio allo show. Cerchiamo di sincronizzare le mutazioni e devo dire che il risultato non è troppo malvagio: inoltre, la mente del branco oggi è meno aggressiva e complicata da gestire.
Con una certa dose di nervosismo, noto che tutti gli altri sembrano guardare a me come se fossi il loro capo, e non nego che la cosa mi causa parecchia perplessità e preoccupazione: in me si aspettano di trovare un riferimento sicuro, ma a conti fatti ne so quanto loro.
Non sono un capo, non ne ho il piglio, e sicuramente non saprei cosa fare in una situazione di emergenza.
Però non so come dirlo, quindi mi rassegno a tacere e a sperare di non trovarmi mai nella situazione di poter far qualcosa che risulterebbe letale per i miei amici.
Per evitare che questi miei pensieri poco rassicuranti penetrino nella mente del branco, propongo di fare qualche minuto di lotta amichevole, ma vedere come tutti mi ubbidiscano senza replicare non mi rende più sereno.


(Edward) Rosalie sbuffa sonoramente e fa per alzarsi dal divano, ma sono rapido a placcarla e a tenerla ben ferma al suo posto.
 Metto in pausa il film e mi volto verso di lei. “É giunto il momento di fare una bella chiacchierata.”
“Edward…” Prova a supplicarmi, facendomi gli occhi più tristi e commoventi del suo repertorio, ma non mi faccio fregare.
Ho cercato di evitare il problema più che ho potuto, ma vedo che le cose stanno peggiorando sempre più.
Siamo al terzo film della rassegna, il terzo capitolo della saga dei Pirati dei Caraibi, e Orlando Bloom e Keira Knightley sono nel pieno di un dialogo sull’importanza della sincerità nel rapporto di coppia.
In tutte le loro scene mia sorella è stata stranamente rigida e tesa, ma solo ora ne capisco il motivo: si sente in colpa.
“Avanti… anche solo dirlo ad alta voce ti aiuterà.”
“Ok, come vuoi tu! Mi sto comportando in una maniera orribile con Emmett.” Sussurra, con voce rotta.
“E perché lo stai facendo?”
“Perché…ho paura, credo. Paura, vergogna e schifo di quello che sono! Questa storia dei lupi mi sta facendo diventare pazza! Perché mi devo trasformare in un mostro, in loro presenza? Perché devo essere costretta a fare cose orribili?” Singhiozza debolmente per qualche minuto, ma oramai ha preso l’avvio e capisco che continuerà da sola. “Non posso accettare che dentro di me ci sia un input che mi obblighi a comportarmi come una macchina da guerra, e non voglio che nessuno lo sappia. Soprattutto non lui. Però, se scoprisse che gli sto nascondendo cose così importanti, sarebbe la fine.”
“E quindi? Cosa conti di fare?”
“Davvero non lo so…” Sussurra, con voce affranta. “Tu cosa mi consiglieresti? Sii sincero, e anche brutale, se ti sembra il caso.”
Mi prendo un paio di minuti per riflettere, poi comincio. “Beh, ci tengo a sottolineare che il mio è solo un parere, non un ordine imperativo. Dopotutto, Emmett è pur sempre tuo marito da oltre cinquant’anni, e sicuramente sai come trattare con lui.
Ma secondo me, stai facendo un grossissimo errore non confidandogli le tue paure e le tue preoccupazioni. Se ci pensi, in fondo lui questo tuo “lato violento” lo conosce già molto bene, anche perché è solo in virtù di esso che lui è ancora tra di noi!
Inoltre sai meglio di me che Emmett è quel tipo di persona che accetta e sopporta tutto, in una persona, tranne la mancanza di sincerità…”
“Già…Ma non gli sto mentendo, tecnicamente. É più un filtrare la realtà!”
“Sai che lui non la vede così, Rosalie, andiamo! Per Emmett è fondamentale che in una famiglia, o a maggior ragione in una coppia consolidata come la vostra, si possa parlare di tutto, e che nessuno dei membri abbia segreti o spazi impenetrabili agli altri.
Come pensi si sentirebbe, se scoprisse che ti stai tormentando su un problema del quale non vuoi metterlo a parte? E se poi dovesse capire che io, Jasper ed Alice sapevamo tutto?
Lui sospetta già qualcosa: stanotte ha fiutato su di te l’odore del lupo, e credo si sia chiesto per tutta la giornata cosa potesse significare. Suppongo che abbia deciso di non affrontare l’argomento, e di lasciarti libera di scegliere come comportarti, ma pensa bene a quella che sarà la tua decisione.
Per come è fatto, credo che decidere di mantenere ancora il silenzio potrebbe costarti molto caro…”
Rosalie annuisce, pensierosa, e poi si rizza sulla seduta del divano, la testa ruotata verso il vialetto.
Rizzo le orecchie pure io, e sento il fuoristrada di mio fratello avvicinarsi. Mi alzo velocemente in piedi e imbocco le scale, ma prima le lancio un ultimo consiglio.
“Non ti dico di affrontare necessariamente tutto ora, né di comportarti seguendo quella che è la mia linea di pensiero, se non la trovi concorde alla tua. Ma voglio solo ricordarti che più si scappa dai problemi e più essi diventano enormi. E che lui ti ama da morire.”
La vedo annuire e, mentre salgo le scale e prego che tutto vada per il verso giusto,  mi ritrovo a pensare all’Amore, questo misterioso sentimento di cui tutti parlano con estrema stima e che mi sembra, invece, solo una sorta di tremendo incubo.
Perché le persone sembrano non desiderare altro che provare questo assurdo sentimento, che avvelena la ragione e rende sciocchi e deboli?
Come fanno a desiderare di legarsi a una persona tanto profondamente da finire con l’annientare il proprio “Io”?
Mi butto a corpo morto sul letto, cercando di fornirmi una risposta logica, ma so già che non ci riuscirò.
Non è la prima volta che mi pongo invano queste domande, e credo che non sarà neppure l’ultima. Credo che l’unica cosa che potrebbe farmi comprendere le dinamiche dell’innamoramento sarebbe l’innamoramento stesso, ma dubito che potrò mai sperimentarlo.
Sono un po’ troppo vecchio per coltivare certi sogni.

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Capitolo 5
*** Burning Desire ***



(Jacob) Io detesto questa scuola: i professori sono scadenti, le lezioni noiose e il tempo sembra non passare mai.
 Finalmente, in qualche modo, le prime due noiosissime ore di tecnologia terminano e il pensiero di ciò che ci aspetta ora mi risolleva il morale: la prossima lezione è quella di educazione fisica, e il prof ha annunciato che faremo un torneo di basket contro gli studenti del liceo di Forks! Quando ce l’ha detto, a stento abbiamo trattenuto un urlo di gioia e non tanto per l’ottimo voto che sarà assegnato ai giocatori della squadra vincitrice, ma piuttosto per l’opportunità di mettere al loro posto quegli snob.
 Siamo talmente gasati, alla prospettiva, che non solo raggiungiamo la palestra in religioso silenzio, ma non impieghiamo più di un paio di minuti per cambiarci e, non appena siamo pronti, schizziamo fuori e cominciamo subito a palleggiare tra di noi.
 Le ragazze come al solito si fanno attendere e, quando finalmente siamo tutti sul campo, il professore si fa consegnare anelli, orecchini, collane, orologi e bracciali, fa un rapido ripasso delle regole del gioco, spedisce le femmine a fare una noiosissima partita di pallavolo, ci smista in due squadre e, finalmente, fischia l’inizio del primo tempo.
 Prima di cominciare a correre lancio una veloce occhiata a Cullen, ed esulto nel vedere l’aria determinata del suo sguardo.
 Prevedo che mi divertirò moltissimo, oggi.

(Edward)
Generalmente non vado pazzo per gli sport, ma devo ammettere che la prospettiva di questa partita mi esalta, e già mi prudono le mani dalla voglia di rubare il pallone al professore e fare canestro.
 Finalmente la tediosa, ed inutile, parte teorica finisce e l’insegnante lancia la palla, che la mia squadra riesce, con mia enorme soddisfazione, a guadagnare immediatamente senza troppa fatica.
 I Quileute, però, non si scompongono più di tanto e passano immediatamente al contrattacco. Devo ammettere che sono piuttosto bravi, ma anche i miei compagni non sono niente male, e poi ci siamo io e, soprattutto, Emmett.
 Alla fine credo che ieri sera lui e Rosalie abbiano parlato e quello che ha sentito non deve essergli piaciuto molto, dato che è scuro in viso e praticamente non apre bocca. Sembra, però, che giocare lo aiuti a sfogarsi, quindi si impegna almeno tre volte più del solito, risultando decisamente temibile.
 Infatti, durante un’azione da film, mentre è circondato e marcato stretto da almeno tre indiani, riesce a scivolare tra di loro mantenendo il possesso del pallone, corre verso il canestro, fa qualche finta con Jacob e poi incesta la palla con un balzo atletico, segnando i primi punti a nostro vantaggio.
 Passa la palla indietro e, mentre mi lancio al suo inseguimento, incrocio brevemente lo sguardo di Jacob: nei suoi occhi si legge chiaramente che è più che determinato a vincere, ma anche che se la sta godendo un mondo, e ciò mi colpisce favorevolmente.
 Sorridendo, riesco a guadagnare la palla ma sono costretto a passarla subito ai miei compagni.
 Purtroppo la intercetta York, che è davvero geniale per quanto riguarda la matematica, la fisica e la biologia ma è decisamente meno abile negli sport, e quindi gli indiani non impiegano molto a riappropriarsene. Immediatamente ci lanciamo al salvataggio e, mentre corro, per un momento ho quasi la sensazione di essere nuovamente vivo.

(Jacob)
I Cullen sono degli ossi duri, ovviamente, e anche i loro compagni non scherzano.
 Noi però adoriamo letteralmente il basket, che è di gran lunga lo sport preferito alla Riserva, e quindi non credo che li lasceremo vincere facilmente.
Per il momento sto marcando l’altro fratello, Emmett, e mi trovo a pensare che è una vera fortuna che la partita sia di basket e non di football, perché il mio avversario mi sembra davvero furibondo e, a giudicare dall’energia bruta che usa per colpire la palla, temo che dovesse placcare qualcuno lo ridurrebbe in briciole.
 Dopo una manciata di secondi, purtroppo, lui riesce a eludere la mia azione evasiva e, con uno slancio potentissimo, si aggiudica l’onore di segnare i primi punti. Sbuffo contrariato ma mi lancio subito all’inseguimento della palla, e fortunatamente non dobbiamo aspettare molto prima di riuscire a recuperarla.
 I miei compagni me la passano rapidamente e, puntando sull’effetto sorpresa, decido di rischiare e di esibirmi nella spacconata assoluta di un tiro da metà campo, che fortunatamente riesce. Sorrido tronfio a causa della raggiunta parità, ma i ragazzi di Forks ci costringono a riprendere subito il controllo.
 Ora è il turno di Edward di essere marcato da me, Quil ed Embry ed interiormente esulto, perché mi sembra molto meno temibile del suo gigantesco fratello.
 Forse è proprio per questo malriposto senso di superiorità che accade, o forse è davvero stato tutto un caso e io mi sono semplicemente inciampato nei miei piedi: fatto sta che, in un modo o nell’altro, nel bel mezzo di un azione perdo l’equilibrio e cado, trascinando Edward con me.
 E sebbene tra il momento in cui mi sono accorto di essere in caduta libera e quello dell’effettivo impatto con il parquet non siano passati che pochi secondi, una rapida sequenza di immagini riesce a colpirmi e a imprimermisi nella retina come un marchio infuocato: il viso di Edward o, meglio, l’infinita gamma di emozioni e sensazioni che si dipingono sul suo viso durante quei pochi attimi.
 L’espressione accesa, divertita e concentrata che aveva mentre ci inseguivamo sul campo, l’aria smarrita al momento dell’impatto, l’attimo di puro terrore con cui vive la caduta…come può un essere capace di provare tante e tali emozioni così incredibilmente umane combaciare con gli orridi ritratti di mostruosi cadaveri senza anima che Ateara tesse incessantemente durante i nostri incontri?
 Le bestie divorate da una sete immonda e dedite solo alla lussuria e agli stermini sbiadiscono notevolmente, fino ad assumere i contorni di figure esasperate e parodiate da una mente ignorante, o forse molto astuta. I miei ragionamenti, però, vengono distratti dal doloroso impatto della schiena sul pavimento di legno, dal peso schiacciante del corpo statuario di Edward e, soprattutto, dal suo viso vicinissimo al mio.

(Edward) Non saprei dire, esattamente, cosa abbia distratto Jacob e in che modo io sia riuscito, in un sol colpo, a perdere la palla e infrangere le leggende sulla proverbiale agilità dei vampiri, ma quel che conta è che, prima che possa fare qualsiasi cosa per evitarlo, stiamo entrambi cadendo.
 Fortunatamente, Jacob mi fa da cuscinetto umano ed assorbe così, con mio enorme sollievo, il grosso dell’impatto e del fracasso che farei io cadendo a corpo morto sul parquet. Ciò mi permette di tranquillizzarmi un po’ e di recuperare la mia prontezza di riflessi giusto in tempo per evitare che Jacob si spappoli il cranio a terra, cosa che rasserena il dottore plurilaureato che è in me.
 Sfortunatamente, però, dopo la tremenda giornata di ieri , trascorsa per più della metà del suo corso immerso nell’astinenza più fastidiosa degli ultimi quindici anni, entrare così inaspettatamente e profondamente in contatto con il suo odore è una vera e propria tortura.
 É, qui, sotto a me, caldo e vivo in una maniera quasi insopportabile, e ogni fibra di me stesso si contorce per il desiderio di averlo.
 Muoio dalla voglia di dare sfogo al mio istinto: voglio annusarlo, toccarlo e, più di ogni altra cosa, baciarlo. Cerco di evitare di guardarlo e di trovare la forza di alzarmi, ma lui è ovunque attorno a me, e le mie gambe sono di gelatina.
 Non riesco a muoverle, non riesco ad alzarmi e il mix di panico, stress, imbarazzo e desiderio mi fa sragionare, convincendo quasi la mia mente che il mio sia un corpo umano vivo: mi sento la bocca piena di sabbia e ho un tremendo bisogno di deglutire, i pori della mia pelle pizzicano come se il mio sistema simpatico cercasse disperatamente di riattivarsi dopo anni e anni di fermo, le mie guance si illudono di bruciare per l’imbarazzo e quasi percepisco il cuore, che so essere mummificato nel mio petto, battere forsennato in gola e nei polsi.
 La pelle d’oca e i brividi che mi scuotono invece sono del tutto reali, così come la percezione delle reazioni di Jacob che mi travolgono come un’ondata e, mi rendo conto in un misto di soddisfazione e puro orrore, sono identiche alle mie.
  Avverto il suo respiro tra i capelli e percepisco le sue braccia muoversi lentamente, staccarsi dal pavimento ed esitare, come se non sapessero se appoggiarsi al suolo per fare leva o se imprigionarmi contro di lui.
 Il professore interviene e, rompendo il momento, ci fischia una penalità.
 Non dobbiamo essere rimasti a terra più di dieci, quindici secondi al massimo, ma sono bastati.
 Sono bastati per capire che ho un dannatissimo problema, e che devo risolverlo al più presto.
 Fingo di essermi fatto abbastanza male al ginocchio da non poter più giocare, ignoro totalmente le domande telepatiche di Emmett e le occhiate perplesse che sicuramente mi sta lanciando, vado negli spogliatoi a cambiarmi e già che ci sono mollo del tutto la giornata scolastica. Così non va, non va per niente bene.

(Jacob) Promemoria per eventuali futuri scontri con i vampiri: cercare in tutti i modi di evitare che durante la battaglia ti piombino addosso, sono i più disgustosi falsi magri del mondo.
 Il rumore che il peso del corpo di Edward trae dalle mie ossa è decisamente poco rassicurante e sono praticamente certo che mi abbia schiantato di netto almeno quattro costole!
 Anche il dolore è atroce, ma non mi importa.
 Il semplice fatto di averlo steso sopra di me, a meno di quattro centimetri della mie labbra, mi ripaga di qualsiasi pestata.
 Anzi, me ne prenderei volentieri un’altra bella dose, se così facendo potessi ottenere il permesso di baciarlo qui, davanti a tutti.
 Perché, onestamente, chiedermi di resistere alla vicinanza, al suo odore, al suo corpo e a l’espressione tremendamente indifesa e confusa che ha adesso è una vera idiozia.
 Il professore fischia il fallo ed Edward salta su come se lo avessi morso.
 Si avvicina zoppicando alla cattedra, lamenta un tremendo dolore al ginocchio e si fa esonerare per il resto della partita. Probabilmente ha ragione ed è la scelta giusta, ma comunque non riesco ad impedirmi di esserne seccato.
 Il gioco riprende, ma della partita non mi importa più.
 Quel che conta è solo il fatto che sto rivivendo in loop le tre volte che io ed Edward siamo entrati in contatto, e che fantastico già su una quarta, una quinta ed una sesta.
 C’è evidentemente qualcosa che non va, e devo assolutamente trovare il modo di risolverlo.
 Ma come?

(Edward) Per evitare troppe grane prendo la macchina e giro a vuoto per quasi quattro ore, sentendo musica e facendo finta che tutta la mia vita sia una grandissima figata.
 Decido di concludere con un giro al minimarket, per fare scorta di lattine e contenitori nei quali poter travasare gli “spuntini” e, proprio mentre parcheggio, mi si affianca un vecchio pick-up rosso che so essere di Jacob.
 Sto valutando seriamente la possibilità di impalarmi con la leva del cambio quando il conducente scende, e io ricordo che quella specie di furgoncino blindato Billy Black l’aveva messo in vendita almeno due mesi fa, e che lo sceriffo Swan l’aveva acquistato per la figlia.
 É strano vedere lei, così bassa, magrolina e carina, scendere da una macchina del genere ma appena si muove il perché della scelta di suo padre appare chiaro.
 Isabella Swan è una vera calamità attira infortuni: inciampa in tutto, incastra la borsa contro qualsiasi sporgenza, fa cadere ogni oggetto fragile che si trovi nel suo raggio d’azione e sembra avere un polo magnetico interno in grado di attrarre qualsiasi genere di oggetto potenzialmente dannoso sulle sue mani/braccia/ginocchia/gambe/piedi.
 Mi rivolge un timido gesto di saluto ed un sorrisino, e mi avvicino a lei, chiedendole se posso farle compagnia durante la spesa. Accetta, arrossendo fino alla punta dei capelli, e mi fa vedere la lista delle cose che le mancano.
 La indirizzo ed iniziamo a parlare di cucina, argomento che pare piacere tanto a me quanto a lei, visto come appare improvvisamente più rilassata e a suo agio.
 Mi racconta che cucina praticamente da quando era ancora una bambina, visto che sua madre doveva lasciarla spesso da sola, e che quando ha scoperto che l’ispettore Swan mangiava praticamente sempre e solo cibi take away si è presa la responsabilità di iniziarlo al cibo vero e proprio. Chiacchieriamo ancora per un po’ del più e del meno, scambiandoci ricette e aneddoti di vita, terminiamo le sue commissioni, l’aiuto a caricare la spesa in macchina e la saluto mentre parte.
 E mentre colgo il bagliore dei suoi fanalini di coda mentre imbocca una curva mi viene in mente l’odore di Jacob, e realizzo che non l’ho pensato finora.
Forse è questa la soluzione, distrarsi con qualcos’altro di gradevole finchè questa strana ossessione non sia passata.
 Può essere una buona idea, e credo che ci lavorerò molto su, stasera.

(Jacob)  Cosa si ottiene se in un bungalow lontano dal centro abitato si raggruppano tonnellate di cibo, litri di alcool, sigarette, videogiochi e una dozzina di adolescenti con una tremenda voglia di sfogarsi?
 Semplice, una serata di puro Devasto in pieno stile mannaro, per di più.
 Qualcuno, non mi ricordo più chi, dopo l’allenamento ha proposto di andare a recuperare il necessario festeggiare gli enormi progressi che abbiamo fatto nel controllare i lupi e i due nuovi cadetti, che si sono uniti a noi solo oggi.
 L’idea ci è sembrata brillante e tutti abbiamo contribuito, dando vita a quello che, domani, si prospetta essere come il più tremendo dopo sbronza della storia dell’umanità, ma pazienza.
 Al momento attuale, è una delle feste più fighe alle quali abbia mai partecipato.
 Qui siamo soli e possiamo urlare, ballare, scatenarci e, in breve, fare tutto il casino che vogliamo senza che il solito rompipalle arrivi sbraitando e minacciando di chiamare l’ispettore Swan. Mando giù un’altra generosa sorsata dalla bottiglia che stringo in mano e rido come un babbeo mentre mi godo lo spettacolo dei miei amici devastati.
 Embry si trascina a gattoni da almeno mezz’ora, seguendo Leah e supplicandola di lasciargli dare almeno una palpatina al suo sedere meraviglioso. Lei, ovviamente, se ne guarda bene, ma i ridicoli salamelecchi del nostro amico la fanno ridere a crepapelle.
 Sam ed Embry cercando di fare un torneo di videogiochi, ma sono entrambi talmente sconvolti che non si rendono neppure conto di non avere acceso la console, e che con i loro joystick stanno solo cercando di influenzare l’andamento di una puntata di non so che soap argentina.
 Quil, invece, appoggiato in qualche modo al muro, parla animatamente con Kiowa, una delle due “nuove” e, ne sono sicuro, cerca di atteggiarsi a gran figo ed intelligentone.
 La ragazza, davvero molto sfortunata visto che era venuta qui per fare visita a dei lontani parenti e si è trovata invischiata in tutto questo, lo ascolta con aria scettica, ma sorride abbastanza spesso ed apertamente da farmi supporre che, forse, l’approccio del mio amico non sia poi tanto male.
 Il delirio, comunque, continua tra gare di bevute, simposi insensati e tante risate.
 É una bella serata e, quando sembra che la sua naturale fine stia per giungere, il solito ignoto propone di andare a fare un giretto fuori, e tutti accogliamo volentieri la proposta.
 Ci sparpagliamo nella notte ridendo ed urlando ed è a partire da questo momento che la mia notte inizia davvero.

(Edward) Sono già cinque ore che sono lontano da Jacob, eppure non sono ancora riuscito a levarmelo dalla mente.
 La cosa è preoccupante, e seccante.
 Dannazione.
 In lite con il mondo intero, chiudo seccamente il monumentale trattato di architettura francese che stavo sfogliando e lo scaglio lontano da me, imprecando. Aspetto per qualche secondo di sentire un tonfo, ma un familiare pizzicorino alla base della schiena mi avvisa del fatto che Jasper l’ha intercettato prima che accadesse l’irreparabile.
 “Grazie fratellino. Oggi è davvero una giornataccia.”
 “Lo vedo. E non solo per te, sono pronto ad assicurartelo. C’è un sacco di negatività qua attorno.”
 “Del tipo?”
 “Beh, Emmett è ancora infuriato con Rosalie, cosa che rende anche lei decisamente intrattabile, e io ed Alice siamo in lite da ieri. E credo che continueremo ad esserlo a lungo, visto che questa volta io non mi voglio scusare.” Jasper incrocia le braccia al petto e fissa ostinatamente fuori dalla finestra,  lasciandomi un po’ a disagio e con un principio di apprensione.
 “Cosa proponi di fare?” Domando, tentando di spezzare la tensione.
 “Che ne dici di un’uscita a tre? Recuperiamo Emmett, cerchiamo una discoteca opportunamente lontana e ci divertiamo un po’a torturare gli umani strafatti in cui incappiamo… Andiamo, Edward, non mi deludere anche tu! Saranno almeno trent’anni che non facciamo una cosa del genere!”
 “Questo solo perché Carlisle, quella volta, aveva scoperto tutto e ci aveva fatto una predica biblica… ma l’idea mi sembra buona, ed accetto la tua proposta.” Rispondo, ripensando alle mie considerazioni di fine pomeriggio.
 “Evviva! Vado a convincere nostro fratello e torno!” Esclama Jasper, saltando entusiasticamente in piedi e precipitandosi fuori come un proiettile, lasciandomi, se lo conosco bene, appena il tempo di cambiarmi d’abito.
 Infatti in meno di mezz’ora siamo vestiti di tutto punto, sazi di numerose once di sangue animale e stiamo correndo a tutta velocità verso un locale mediamente frequentato che si trova a circa duecento chilometri da qui.
 Arriviamo rapidamente, parcheggiamo dove ci capita e, dopo che un paio di banconote e la notevole stazza di Emmett hanno convinto l’addetto alla sicurezza a farci passare, siamo finalmente dentro.
 Basta una rapida occhiata alle prime tre sale per far lievitare il nostro umore: questa discoteca è piena di centinaia e centinaia di ragazzi intenti a ballare, bere, divertirsi e sballarsi come se non ci fosse un domani. Solo qualche sparuto gruppo di pecore nere occupa le poltroncine e i tavolini lontani dalla pista, tutti gli altri sono troppo impegnati per prestare attenzione a qualsiasi cosa che non siano loro stessi.
 Perfetto.
 Emmett si lancia subito in pista mentre io e Jasper preferiamo dirigerci verso il bar. Ordiniamo qualche cocktail e ci accontentiamo di divertirci entrambi con qualche giochetto più o meno innocente, almeno finchè mio fratello non vede che, in un angolo, alcuni ragazzi si stanno sfidando ad una gara di resistenza alcolica.
 E chiedere a Jasper di resistere ad una simile tentazione è pura e semplice follia.
 Lo osservo farsi avanti e prendere posto davanti a un bestione super pompato, che promette di reggere ben poco anche senza l’intervento di mio fratello. Infatti il match è piuttosto rapido e scontato.
 Dopo aver umiliato il tizio, Jasper si tampona le labbra con un tovagliolino, si accende una sigaretta, sbuffa un perfetto anello di fumo sulla folla e invita con un sorriso seducente il prossimo contendente, facendomi al contempo un veloce occhiolino.
 Gli rispondo divertito e mi butto a mia volta in pista, aspettando che siano le ragazze a cercarmi. Cinque o sei di loro mi raggiungono velocemente, come se avessero le ali ai piedi, ed iniziano a ballare con me e, soprattutto, addosso a me. I loro corpi caldi e morbidi si schiacciano ad ondate contro il mio, i loro capelli mi solleticano, gli occhi mi invitano.
 Le assecondo e mi muovo assieme a loro, ma mi rendo conto  che, per qualche strano motivo, è tutto molto meno esaltante del solito.
 Non riesco a compiacermi dei loro vestiti scollati e della loro disponibilità e non riesco neppure ad eccitarmi al suono e al profumo che il loro sangue scatena mentre scorre su e giù nei loro corpi, pompato al massimo dai loro cuori.
 Vedo quelle ragazze per quello che sono davvero: umane, imperfette, mortali.
Non le voglio attorno.
 Quello che cerco è…
Tento, all’ultimo momento, di fermarmi ma la mia mente ha preso il via, e ha iniziato a decollare.
 Immagino Jacob in discoteca, lo vedo ballare, ridere, bere diversi cocktail, scostarsi i capelli dal viso accaldato. Immagino il suo fisico atletico ed asciutto, il modo in cui una bella camicia gli deve accarezzare le spalle e stringere leggermente la vita e un ruggito di desiderio mi nasce e muore in gola.
 Mi allontano bruscamente dalle ragazze e, con un’occhiata assassina le convinco a rimanere al loro posto.
 Rastrello il locale alla ricerca di Emmett, e lo trovo affossato in una poltroncina, assorto nelle profondità di un cocktail. Due o tre ragazze stanno cercando disperatamente di attirare la sua attenzione, ma potrebbero persino spogliarsi e iniziare una lotta nel fango, per lui non cambierebbe nulla.
 Credo proprio che la serata sia finita.
 Cerco Jasper con lo sguardo e lui sospira ed annuisce, alzandosi dal bancone e raccogliendo la piccola fortuna che è riuscito ad ottenere.
 Recuperiamo anche Emmett e saliamo in macchina.
 Jasper si mette alla guida e fa subito partire la musica che però, stranamente, non mi rapisce. Sono troppo dilaniato dal desiderio di Jacob.
 Dannazione.
 A questo punto, credo di non avere alternative: devo andarmene da Forks, sparire per almeno quindici o vent’anni. Oramai ci sono dentro con tutta la testa, inutile ammetterlo, e non ha senso restare qui ed aspettare che avvenga l’irreparabile.
 Affondo nel sedile, sospirando, e attirando così su di me l’attenzione dei miei fratelli, che mi scrutano intensamente senza fare domande.
 Sto già iniziando a delineare il discorso quando, con la coda dell’occhio, vedo alcuni movimenti nella foresta e credo di indovinare chi o cosa li stia provocando.
 Beh, in fin dei conti, perché non concedermi un ultimo bacio?
 Mi congedo velocemente, saltando giù attraverso la capote abbassata, e comincio a correre nel buio.
   
(Jacob) Stiamo giocando ad un alcolico miscuglio di nascondino, acchiapparello e mosca cieca, e mentre cerco un nascondiglio un po’ più lontano di quelli degli altri, inizio a fremere.
 Maledicendo la serata di bagordi cerco di trasformarmi, ma Edward mi batte in velocità. Appare ai margini del cono di luce ma resta fermo, immobile, apparentemente senza la minima intenzione di attaccarmi.
 Però mi fissa, e lo fa con una tale intensità da riportarmi alla mente all’episodio del bagno, che credevo oramai archiviato, almeno per lui.
 Ma non è così, e me ne rendo conto mentre ci scrutiamo per minuti interi senza muovere un muscolo, di fatto spogliandoci con lo sguardo.
 Compiamo un identico passo in avanti, perfettamente sincronizzati, e finalmente troviamo il coraggio di guardarci negli occhi e confrontarci senza parlare.
 Capiamo che siamo agitati dagli stessi tormenti, assillati dagli stessi dubbi e tentati dalla stessa voglia alla quale, razionalmente, sappiamo di non poter cedere perché in ballo ci sono ordini e regole molto più grandi di noi.
 Eppure ci avviciniamo ancora di un passo e poi di un altro ancora, finchè “resistere” non diventa un assurdo insieme di lettere privo di qualunque significato.
 Il desiderio ci fa collidere violentemente l’uno con l’altro, stordendoci con la sua intensità, e l’ultima cosa razionale che ricordo è la tacita promessa che ci scambiamo prima di chiudere gli occhi sulla nostra debolezza.

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Capitolo 6
*** Together ***


E ora cosa cavolo vuole? Dannazione, di solito non mi degna neanche del saluto mattutino!!!!E oggi me lo trovo davanti all’auto, tutto figo ed in anticipo!!!La vita è profondamente ingiusta!!!!!Sospiro, trattengo il fiato e scendo. Mi affido totalmente alla vana speranza di essere un egocentrico montato, convinto che tutto giri attorno a me, e spero che si tratti di un caso. Ma ovviamente non è così. Lo vedo fare una faccia strana e poi, con mia enorme frustrazione, mi raggiunge. Trattengo un ringhio disperato: perché a me?

Sono riuscito ad avvicinarmi ed ora devo farmi coraggio. È ovvio che non sarà lui ad intavolare la conversazione. Mi butto “Devo parlarti.” Secco, diretto. Non sono tipo da fare preamboli. Non muta espressione, ma capisco di averlo colto di sorpresa. Colto di sorpresa e forse pure un po’ infastidito. O intimorito. Comunque, malgrado ciò che possa provare o meno, mi sorride e mi dice “Qui?” “Sarebbe meglio da un’altra parte. Un posto un po’ più riservato” Sorrido pure io, mi sto inaspettatamente rilassando. “Va bene” Acconsente, prende i libri e mi segue. Entriamo a scuola e ci dirigiamo in palestra. Giungiamo negli spogliatoi e ci fissiamo. I suoi occhi sono stupendi, color oro liquido, e mi ipnotizzano.

Quegli occhi. Due mari verdi, cupi e tempestosi. Mi hanno catturato in meno di un attimo e annientato ogni mia difesa. Non sono stato in grado di sottrarmi al loro magnetismo e mi sono trovato in trappola. Giocato come un principiante. Ed il bello è che lui non lo sa. Non vuole ricattarmi o convincermi con la forza. Il suo unico desiderio è un confronto diretto e sincero. Più di quanto possa concedergli, purtroppo. “Di cosa vuoi palarmi, Jacob?” Domando in tono educato e sorpreso. Perfetto. Forse riuscirò a mantenere il giusto distacco. Ma devo concludere in fretta.

“Vorrei parlare con te di ieri notte” Butto fuori, tutto di un fiato. È teso, nervoso. Qualcosa lo preoccupa. Temo di essere io. Mi tiro indietro i capelli, concentrandomi sulla loro morbidezza sulle mani, in modo da tranquillizzarmi. Non mi è piaciuto il tono che ha utilizzato. Sembrava sorpreso, rilassato, ma era una finzione. Non so dire perché, ma so che è così. Non mi convince “Cosa ha significato per te?”Domando, andando dritto al punto.

Un minimo di preavviso accidenti!!!Deglutisco, poi mi sforzo di rispondere. La frase che devo dire è piuttosto semplice, addirittura ridicola. Ma so che lo distruggerebbe. Non lo voglio fare soffrire. Non me lo poso permettere. Non importa di quello che posso permettermi o no. DEVO. Per il bene di tutti. “Ieri notte? Cosa è successo ieri notte?” Lo fisso negli occhi, imprimendo la domanda che gli ho appena posto nei miei. Odiami. Odiami. Ma ti prego, fallo in fretta. Contro di te sono inerme. Rischio di spezzarmi da un momento all’altro.

Sbarro gli occhi e sento come una punta di ghiaccio nel cuore.”Come cosa è successo?I-Io e te, nella radura … ci siamo baciati!!! Per ore!!!Hai detto che ti ero mancato!!!” Mi esce fuori un tono di pigolante accusa abbastanza patetico, ma se mi conosco bene non durerà a lungo. Sento già la rabbia che mi preme nei polsi: crede forse di prendermi in giro?

La sua voce. Mi sta uccidendo. È ferita e cosi piena di dolore. Ma sento anche la sua rabbia, in sottofondo. Perfetto. Scatenarla non sarà difficile, con uno zuccone così focoso. Un sorriso mi si dipinge sul volto. “Ma davvero? Non mi risultava …” Lo scruto con aria rilassata e di superiorità. Vedo distintamente un lampo nei suoi occhi verdi. Da bravo. Arrabbiati come non hai mai fatto prima. Spacca tutto. E lasciami perdere.

Mi sento gelare “C-cosa significa?” Mi sta prendendo in giro? Non è stato un fottutissimo sogno, dannazione!!!! Il suo respiro, la sua pelle, i suoi baci non me li sono immaginati. Di questo ho la certezza assoluta. E neppure tutto quel bel discorso sulla sua invulnerabilità. No cazzo, lui stanotte era con me e mi stava baciando. E bene pure!!! Lo fisso con odio. Non posso provarlo. Ma non dovrei neppure farlo, dannazione!!!

“Mi fa piacere che tu ti sia divertito stanotte e che abbia subito pensato a me come tuo compagno, ma per quanto mi riguarda ieri sera ero in un club. Ho le prove, se vuoi …” Sussurro ironico, traendo il conto delle consumazioni dalla tasca dei Jeans. “Io, Jasper ed Emmett” Indico, mostrando la lista nutrita “Più qualche dolce compagna. Non si fa cenno a baci appassionati scambiati con giovani lupi mannari, spiacente” Sorrido con fare amichevole e mi volto come per andare via. Se non si arrabbia neanche così giuro che gli faccio una foto e lo eleggo a mio santino personale!!!!”

Il suo scontrino mi ha fatto venire una grande idea. Posso provare eccome che eri tu, stronzo. Con un balzo mi frappongo tra lui e la porta. Rendo sensuale la mia espressione, mi sfilo la maglia e gli mostro il mio fisico bronzeo, dove malgrado il tono della pelle i suoi succhiotti spiccano come macchie di inchiostro nero. Nessun umano potrebbe arrivare a tanto e comunque il mio organismo li farebbe sparire in pochi istanti. Ma non quelli che mi ha lasciato lui.

Ce la potevo fare. Era tutto praticamente risolto. Lo avevo quasi annientato. Ma lui ha dovuto rovinare tutto, vero? Fare il saputello sino alla fine, quello che non sbaglia mai. E ora io sono nei guai fino al collo. Il suo dannatissimo odore mi da un’assuefazione immediata, ora che la debole protezione della maglietta è stata gentilmente rimossa da Sua Maestà il Principe Ho Ragione!!!E poi cavolo, non può proprio fare a meno di torturarsi le labbra con quello sguardo sexy?Vuole forse che faccia qualcosa di sconveniente qui ed ora?E sia, prontissimo!!! Mi sono stancato di pensare agli altri. Voglio pensare a me ora. Mi avvicino e incateno il suo sguardo al mio, ora privo della sua rigida maschera di autocontrollo.

Mi si avvicina, con uno sguardo che mi fa battere il cuore nel cervello. Nei suoi occhi, ora diventati color dell’onice con riflessi bluastri, c’è un fuoco divampante, tanto grande che potrei perdermici, tanto caldo che solo a guardarlo mi sembra di sciogliermi. Una scarica potente di eccitazione mi coglie al basso ventre e mugolo di piacere. Non mi ricordo neppure perché eravamo qui. L’unica cosa che conta è lui, e le mute promesse che sento vengono fatte al mio corpo. Un suo tocco e mi perderò nel piacere più enorme e definito dell’universo. Toccami Edward, ti prego. Lo fisso ansimante, fremendo d’anticipazione.

Quello sguardo e la sua tensione sono la molla di tutto. Scatto in avanti e sono sulle sue labbra, nella sua bocca. Non mi sto trattenendo, non sto pensando a null’altro che non sia la sua pelle divina e il suo odore. Con un mugolio soddisfatto lo isso a sedere su un basso mobiletto. Lui mi circonda immediatamente il collo con le braccia e mi lecca le labbra. Gli accarezzo e graffio leggermente lo stomaco e le gambe, mentre mi chino sul suo collo e lo mordo più volte, con passione e attenzione al tempo stesso. Le mie mani risalgono verso il suo inguine in una carezza delicata ed invitante e si fermano lì, percependo un rigonfiamento sensuale. Mando un mugolio erotico e sento i canini uscire dalle guaine e il veleno scorrermi copioso in gola.

Trattengo il respiro e mi inarco contro le sue mani, che ora sono tiepide. I jeans sono abbastanza sottili da farmi sentire la loro pressione. Sento il suo mugolio e gemo a mia volta, eccitato oltre ogni dire. Il mio corpo sembra muoversi di propria autonomia. Le mie mani lo accarezzano e lo toccano frenetiche, sensuali, come se fossero assetate e lui fosse l’acqua; le mie labbra e la mia lingua lo sfiorano e carezzano come se da ciò dipendesse la loro vita. “Anf… Ed… ward… non riesco… ah… respirare…” Sussurro contro il suo orecchio, mordendolo. Lui si scosta un po’ da me e mi fissa negli occhi. Nei suoi appare un’ombra di consapevolezza “Questo è un errore. Un errore gigantesco.” Fa per allontanarsi ancora, ma lo trattengo. “Perché è un errore?Cosa ci vedi di sbagliato?” Non mi guarda. “Edward” Gli ruoto dolcemente il viso e lo fisso negli occhi. “Dimmi cosa non va e farò in modo di aggiustarlo. Qualsiasi cosa sia. Lo farò. Ma parlami, ti prego.” Lo fisso negli occhi, a lungo.

Da lui, dal suo sguardo magnetico, mi arriva tutto ciò che prova: decisione, sicurezza, e un sentimento sconvolgente per me, identico a quello che mi ha catturato fin dalla prima volta in cui l’ho visto. Come al solito i suoi occhi sono la sua arma, inconsapevole arma, migliore e mi fanno capitolare. Sono così verdi, così profondi, così meravigliosi. Mi ci perderei dentro senza esitazione. Mi viene in mente una scenetta romantica, e una volta tanto non faccio nulla per bloccarla. Stare nello stesso letto con Jake ed assistere al suo risveglio la mattina, godere del primo guizzo vitale di quei pozzi di anima, prati sconfinati. Dargli il bacio del buongiorno e coccolarlo un po’. Se proprio mi sentissi in vena potrei persino preparargli la colazione, qualche volta. Magari per farmi perdonare per un litigio. Sospiro e sorrido, poi torno al mondo reale e al mio bellissimo interlocutore. “Non è qualcosa che, nello specifico, riguardi te o me. È più che altro un’abitudine, la condizione nella quale ho vissuto per più di novant’anni.”

“Non capisco. Che condizione?” Gli domando, accarezzandogli leggermente i capelli sulla nuca. Voglio sapere, voglio capire. Qualsiasi sia il problema lo risolverò. Ho scoperto che la mia attrazione proibita è pienamente ricambiata. Intravvedo una possibilità per noi. Voglio concretizzarla più che posso. Non c’è nulla che non farei per il futuro di questa storia.

Sorrido e lo guardo. Il fatto che sia così interessato mi scalda il cuore. Lo bacio su uno zigomo con dolcezza. “Proverò a spiegarti. Essere Cullen significa essere, come posso dire… ben mimetizzati. Dobbiamo risultare assolutamente neutrali, nulla più che un dettaglio del paesaggio. Sia perché è così che possiamo aiutare gli uomini, sia perché è per il nostro stesso bene. Vedi, esiste in Italia una famiglia di vampiri, la più importante ed antica del mondo. Si chiamano Volturi e sono i governanti di tutti noi. Sono loro che hanno deciso le regole, secoli fa, e che le fanno rispettare. Anzi, LA regola. I Vampiri devono rimanere una leggenda. Non dobbiamo in alcun modo permettere che gli umani ci scoprano. Se ciò rischia di verificarsi interviene il loro corpo di guardia, ed elimina sia i vampiri ribelli che gli umani che sanno troppo. Il loro non è un gesto caritatevole, bada bene. Vogliono solo assicurarsi la tranquillità e l’abbondanza dei loro pasti. Ma è una regola sensata, che tutti i vampiri seguono più o meno facilmente. Però il loro sostentamento non è la sola cosa che li interessi. Essi sono, in particolare, attratti dal potere. Lo bramano, lo amano e, per quanto ne detengano, non gli basta mai. Guardano con sospetto tutti i vampiri diversi e cercano in particolar modo di “arruolare” quelli che, come me e i miei fratelli, abbiano doti extra.”

”In che senso doti extra?” Lo interrompo, un po’ preoccupato.

Lo fisso e sento un moto di tenerezza prendermi. Gli carezzo la guancia. “Io, Alice e Jasper abbiamo delle capacità particolari, che gli altri vampiri non possiedono. Si può trattare sia di un residuo di un talento umano, come le visioni di Alice, che di una sublimazione di nostri tratti naturali, come la mia capacità di leggere nel pensiero e la tattica di Jasper per manipolare i sentimenti, frutto dell’affinamento della nostra sensibilità nei confronti di coloro che ci circondano.”

“Dunque è vero,tu leggi nel pensiero!!!!” Esclamo.

Esatto. Con due sole eccezioni al mondo. Bella Swan e… tu.” Lo fisso, accarezzandogli leggermente le mani.

”Non mi senti? Perché?” Domando confuso. Nella foresta mi HA parlato nella testa, ne sono sicuro!!!

“Non lo so…” Ammetto. “Appena ti ho conosciuto sentivo i tuoi pensieri quanto quelli di chiunque altro. E poi… puff, la tua mente è diventata assolutamente imperscrutabile. Non sono più riuscito a leggere nulla fino alla vostra mutazione”

”Un bel mistero…”

”Come se avessi bisogno di un altro motivo per pensarti tutto il giorno.” Sussurro.

Lo fisso, con il cuore in gola. Mi decido a dirgli quello che, oramai, sto pensando da ieri, quando ho parlato con Leah. “Io… voglio provare a stare con te Edward. Anche se non mi leggi nel pensiero so che senti quello che provo quando ci sei tu. Il mio cuore, il fatto che diventi poco meno che incandescente. So che percepisci ogni singolo sguardo che ti concedo e ogni respiro che prendo nella tua direzione. E…”

Lo interrompo. “Vale anche per me. Ti penso sempre. Ti osservo di sottecchi tutto il giorno. Mi inebrio del tuo profumo. Il mio autocontrollo si scioglie alla tua presenza. Mi manchi tremendamente quando non ci sei. Soffro se ti vedo triste. Il tuo corpo mi attrae, ma ancora di più la tua mente. Voglio sapere cosa pensi e perché lo pensi, perché sono sinceramente interessato a te. Accetto la tua proposta.” Percorro la linea del suo collo con la punta del naso, e aspiro il suo profumo. Sospiro appagato “Ma ti avverto. Non sarà una storia semplice. Io stesso so che cercherò di farti desistere almeno un milione di volte. E so essere molto convincente. Mi vuoi comunque?” Lo fisso negli occhi.

Non desisterò. E non ho paura delle reazioni di chi ci circonda. Sono cambiato per te. Tu… sei un mio diritto.” Concludo, fissandolo negli occhi, ora di un meraviglioso colore tra il nero e l’oro. Sorrido e poi lo bacio, con passione. Il nostro primo vero bacio.

Heilà!!!!!!U.u finalmente uno sviluppo tanto atteso!!!Spero vi piaccia. Scusate la rapidità della mia nota ma sono di superfretta!!!!>-< chiedo venia!Grazie alle mie fan fedeli e arrivederci al prossimo caitolo!. Un bacio Ysis

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Capitolo 7
*** Passion and Plans ***


Sprofondo nei suoi occhi e nelle sensazioni di questo nostro bacio. Staremo assieme. Più me lo ripeto più le parole mi sembrano inadatte ad esprimere l’enorme portata del concetto. Io, Edward Cullen, vampiro, starò assieme a Jacob Black, licantropo, mio nemico naturale e mia attrazione letale. No, decisamente le parole sono di troppo poco significato. Le sue labbra calde e gonfie, le sue carezze lente e vogliose, la sua lingua maliziosa e timida, i suoi respiri, i suoi sospiri. Queste cose si che spiegano il nostro rapporto, almeno in parte. Dire che siano sconvolgenti, eccitanti, incredibili, non significa nulla. Forse l’unico aggettivo che mi piacerebbe associare alla nostra relazione è… naturale. Naturale ed istintiva. Non potrei trovare un concetto migliore, neppure cercando per il resto della mia esistenza. All’improvviso mi riscuoto, perché sento la bocca di Jacob che sta accarezzando le mie creste iliache con malizia e concentrazione. Mi giunge il pensiero piuttosto definito di essere un idiota. Come posso pensare a qualsiasi cosa che non sia lui, ora? Sospiro e mi inarco verso il mio compagno, in un movimento invitante e languido.

Il fremito del suo corpo ed il suo movimento repentino e languido mi incalzano e i suoi occhi rassicurano quella parte di me che è ancora un po’ impacciata ed imbarazzata dal trasporto che sento verso una persona del mio stesso sesso. Lo bacio con passione e un’ ennesima vampata mi prende. Sto letteralmente bollendo, sia a livello fisico che emozionale. Ogni minimo contatto con lui è una scarica di desiderio che mi artiglia deliziosamente nelle viscere e mi scuote il cervello. Mi sento super rilassato ed al contempo eccitato. Risalgo lungo il suo torace, in un percorso da brivido, e mi poso dolcemente sulle sue labbra. Edward mi circonda i fianchi con le gambe e mi scosta i capelli madidi dal collo, sorridendo dolcemente e mordicchiandomi una guancia. “Sono al livello della Swan?” Domando, sorridendo. Lui si scosta leggermente e mi fissa negli occhi. Mi prende il viso tra le mani e mi accarezza. “Tu sei milioni di volte meglio di lei. Sei un mondo a parte. Il mio mondo personale. Il mio rifugio ed il mio indiscusso dominio.” Sussurra con voce roca, baciandomi la fronte ad occhi chiusi. Il mio cuore accelera i battiti, stabilizzandosi su un ritmo galoppante. Sento qualcosa fremere agli angoli degli occhi. “Ma allora…” comincio, ma mi blocco subito, confuso dai miei stessi ragionamenti e incerto della mia stabilità vocale. “Jake…” sospira, e all’improvviso sono seduto sul mobile affianco a lui. Edward mi osserva un momento di sottecchi e mi sorride brevemente, poi si fissa le mani “La semplice esistenza della mia famiglia costituisce, nell’ottica dei Volturi, un grave pericolo. Sia per le abilità mie, di mio fratello e di mia sorella, ma anche per il buon cuore di Carlisle e per le sue idee e il suo rispetto per quella che loro chiamano la “fonte naturale di nutrimento.” Rabbrividisco impercettibilmente. Lui mi lancia un fugace sguardo di scuse, che mi fa corrucciare. Possibile che non gli sfugga nulla? Non voglio fare la figura della donnina isterica. Sono un vero uomo io!!!!

Il mio sorriso si accentua, ma mi volto per non farglielo notare. È davvero adorabile. Fa tanto l’uomo vissuto e si vergogna di ogni comportamento da umano, di ogni emozione spontanea. Mi verrebbe voglia di stuzzicarlo, ma non è il momento adatto. Il discorso è troppo serio. “Non dobbiamo attirare troppo la loro attenzione. Già ci stanno sul fiato sul collo. Se scoprono di voi Lupi Mannari allora è la fine. Aro, Caius e Marcus hanno dedicato secoli e secoli al vostro sterminio, in Asia. Siete i nostri avversari naturali, i nostri nemici più temibili. Potrebbe scatenarsi una guerra se si venisse a sapere di voi. E loro farebbero di tutto per fomentarla. Potrebbero additarci come traditori, accusarci di accordarci con voi per rovesciarli e convertire tutti i vampiri alle nostre idee malate, oppure usarci come motivo della guerra, in quanto “membri della nostre grande famiglia minacciati da un nemico rozzo e selvaggio.” In ogni caso, la vostra comparsa è un grave pericolo per tutti. E la nostra storia…” comincio, ma lui mi rifila subito un cazzotto sulla spalla “Almeno non cominciare il primo giorno!!!” Mi supplica. Lo fisso negli occhi e non so resistere. Gli appioppo un rapido, dolce bacio sulla bocca. “D’accordo, d’accordo. Fino a mezzanotte sei salvo. Cooomunque “ continuo, dondolando le gambe “la nostra storia è , e deve rimanere così sempre, un segreto. Un segreto a due testimoni. Un patto tra due contraenti o come preferisci definirlo. Solo io so e dovrò mai sapere che sei mio. Solo tu sai e dovrai mai sapere che sono tuo.” “Ma Leah lo ha già capito!!!” Esclama. Digrigno i denti. “Che sia una tomba, o sarà esattamente quello il posto che le spetta. Non è una minaccia. Posso solo immaginare cosa si scatenerà se non dovessimo essere concentrati al massimo su questo segreto. E non è una bella immagine.” “Di Leah mi fido più di chiunque altro al mondo. Non mi tradirebbe più di quanto non la potrei tradire io.” Annuisco. “Perfetto. Mi affido al tuo giudizio. Potrei parlarle, una volta o l’altra?” Sogghigna “Questo dipendo solo ed esclusivamente da lei. Magari potresti mandare Jasper in avanscoperta. La addolcirebbe.” Sorrido. “Proprio degli avversari da manuale. Penso che lui sarebbe persino ben disposto a tale incontro, ma non mi va di dover affrontare una guerra mondiale non appena rientrato a casa. Alice farebbe brandelli di qualunque cosa, inclusa se stessa, se Jasper si dovesse allontanare o distrarre.” “Lo trovo comprensibile, si…” “Pure io... ma tornando a discorsi più seri, e meno piacevoli: tenere il segreto a tutti i costi. Saremo costretti ad insultarci e persino a batterci se le cose dovessero diventare sospette. E quando ci batteremo sarà come tra due nemici. Non avere riguardo per nessuno di noi. Io non ne avrò.” Annuisce vigorosamente “Si capisce. È una messa in scena troppo importante. Ma credo che evitare le nostre mutazioni sia la cosa più saggia e sicura. Quando siamo lupi ogni singolo pensiero, ricordo o sentimento è percepito dagli altri in maniera distinta e impossibile da controllare. Se Paul vedesse nei miei ricordi i nostri baci, sono certo che mi staccherebbe la testa in meno di un secondo.” Faccio una smorfia “Perché?” “È omofobo. Mi staccherebbe la testa e lo verrebbe a sapere tutta la riserve e dopo tutta la città.” “In questo caso sarà meglio evitare di incontrarsi. La mutazione avviene anche per voi in maniera istintiva come per noi, vero?” Vedo che mi scruta con le sopracciglia corrugate “Quando siamo a caccia o ci imbattiamo in un pericolo anche noi vampiri ci trasformiamo. Dal punto di vista fisico non varia nulla. Il cambiamento è interno. In quelle occasioni perdiamo la nostra umanità e la nostra razionalità. Diventiamo istintive macchine di morte. Ed è davvero molto difficile resistere a tale richiamo. Credo che neppure Carlisle vi sia riuscito più di una volta. Spesso siamo talmente simili ad animali da non riuscire neppure a parlare.” Lo vedo annuire vigorosamente. “Quando siamo trasformati anche noi perdiamo umanità e quasi tutti i sentimenti. Rimangono solo le emozioni di base e quelle da predatore, come la gioia della caccia. Dobbiamo evitare di incontrarci, almeno fino a quando non ci sapremo controllare.” Sorrido, sollevato, anche se un sottile filo di preoccupazione mi strizza il cuore. Come farò a stare senza di lui per così tanto?.

Il cuore perde dei battiti al pensiero della lontananza da lui. Ma è per la sicurezza nostra e di chi amiamo. “Dobbiamo distogliere l’attenzione da noi… quindi non ci sarebbe niente di meglio di un camuffamento, giusto?” Comincio, mentre la mia mente vaga a cento all’ora. “Cosa intendi esattamente?” “Dobbiamo depistarli. Fingere che sia tutto ordinario, normale. Ora, che cos’è che rende normali due adolescenti della nostra età?” Sorrido del paradosso che ho creato. Lui mi elargisce una smorfia assolutamente irresistibile “Non saprei..” “Una fidanzata!!!” Esclamo, in tono logico. Lui mi fissa per qualche istante e io comincio a maledirmi. Non ho pensato che avrei potuto ferire i suoi sentimenti. Che scemo che sono!!! Non è affatto un bel modo per iniziare un rapporto, dannazione!!! Inspiegabilmente però lui tira la testa all’indietro e scoppia a ridere, di un riso felice e genuino. Un raggio di sole cade da una delle alte finestrelle proprio sul suo volto, facendolo rilucere di migliaia di piccoli strali. È come vedere un Dio fatto di luce o di acqua. Nel suo vero aspetto alla luce del sole vedo tanta dolcezza, tanta generosità e tanto bisogno di amore che mi commuovo quasi. “Se gli angeli esistono devono per forza essere come lui.” mi ritrovo a pensare, frastornato. Dopo un po’ mi riscuoto e sento che ha smesso di ridere e che mi scruta con occhi d’oro. Arrossisco in fretta e chino il capo, imprecando. Accidenti mi prenderà per una stupida donnicciola alla prima cotta!!! “Perché ridevi?” Domando in tono scontroso, imbarazzato e ormai del colore di un mattone.

“Perché sei incredibilmente dolce” vorrei rispondergli, ma non mi oso. Non voglio sembrare troppo sdolcinato, e poi so che se la prenderebbe troppo a male. Ma era davvero tenerissimo prima, quando mi guardava con quell’espressione così assorta e piena di affetto per me. Avrei l’impulso di baciarlo ma mi domino. Non voglio sembrare una femminuccia. “Avevo avuto pure io un’idea simile, ma avevo qualche remora a proportela. Fortunatamente hai preso tu l’iniziativa. Tra i Volturi pare ci sia una recluta che percepisce i sentimenti di chi le sta davanti che riesca da ciò a determinare le relazioni tra i singoli individui. Se ci incrociasse capirebbe subito che siamo innamorati. E sarebbe un vero e proprio disastro.” Lo vedo sbuffare “non è che questi tizi hanno pure mantello e calzamaglia?? Manco fossero supereroi…” Non riesco a trattenermi “Il mantello lo hanno davvero.” Mi scruta in cagnesco. “Non è divertente.” Mi avvisa. “Su, dai!!!” Lo prego supplicandolo “Cerca di sdrammatizzare!!!” Mi osserva e si lasci andare ad un sorriso. “Ma allora il mio piano è privo di logica!!! Se pure questa recluta ci individuasse con una ragazza capirebbe che non è lei l’oggetto del nostro desiderio!” Mi scruta confuso. “No. Non esattamente. Darebbe per scontato che sia lei, se non dovesse eseguire un’analisi più accurata. Ma in fin dei conti, perché dovrebbe??? Vedrebbe un ragazzo che è innamorato di qualcuno e che trascorre ore piacevoli con una ragazza che è innamorata e con la quale si scambia premure e gesti affettuosi. Darebbe per scontato che l’uno sia il desiderio dell’altra, no?” “È vero!!!” Esclama lui, convinto “Non ci avevo pensato!!!” “Certo, se si concentrasse solo su quella determinata coppia non cadrebbe nell’inganno, ma se il nostro ruolo sarà svolto con precisione non nutrirà il minimo dubbio!” Assente soddisfatto e mi sorride, mostrandomi trentadue denti stupendamente bianchi, iridescenti al contrasto con la sua pelle divina. Sorrido pure io. “Hai già una candidata?” Mi domanda. Esito, poi rispondo “Beh, in verità si. Sarebbero due, per la precisione…” “L’oca e il pulcino…” Sbuffa rassegnato. “Esatto.” Ammetto, un po’ a disagio. “Non far caso a me. Non credo esista candidata che mi potrebbe stare bene. E poi se siamo un po’ ostili meglio, no?” “Grazie.” Gli dico, provando uno slancio di affetto incredibile nei suoi confronti. “E tu? Hai già in mente una possibile fidanzata?” Mi contengo per evitare di sputare il termine. Lo sento odioso in tutti i sensi. “Beh… stavo facendo un pensierino sulla Weber. Non è male.” “No.” Convengo, cercando di sciogliere la morsa di gelosia alla gola e allo stomaco e di darmi un tono neutro. “No, affatto.” Capisco perfettamente quello che ha detto prima. “Ci diamo da fare a partire da oggi?” Domando. Mi strizza un occhio. “Perché no? Facciamo una scommessa!” Ghigno “Del tipo?” “Il primo che conquista una ragazza dovrà… vediamo… essere ai totali ordini dell’altro per un’intera giornata.” “Ci sto.” Rido, battendo il mio pugno chiuso sul suo . Lui mi fissa con una luce diabolica e stuzzicante negli occhi. “Ordini TOTALI. Dovrai fare tutto ciò che ti dirò.” “Perché sei così sicuro di vincere?” Domando. Lui inarca un sopracciglio “Ma perché io sono irresistibile, ovvio!” Scoppio a ridere. “Certo, come no…” “Osi dubitare?” “Diamo tempo al tempo, che ne dici? E a proposito di tempo, siamo rinchiusi qui da due ore. Non credi che dovremmo andare in classe?” “Nooo, ancora cinque minuti…” Mormora, sporgendosi per baciarmi. Sollevo un angolo della bocca e ricambio, con passione. “Solo cinque…” Tento di sembrare risoluto, ma sono già inebriato dalla sua bocca e dai suoi movimenti. Lo afferro delicatamente per i polsi e lo stendo sul mobiletto, sotto di me. Ho l’impressione che i cinque minuti non saranno ESATTAMENTE cinque.

Ansimo e mi sporgo verso Edward, seguendo la sua bocca dannata. Sto impazzendo letteralmente. Ogni sfioramento è un’iniezione di dipendenza e ogni distacco una stilettata rovente. Ansimo senza riguardo e mi struscio contro di lui in maniera forsennata, visto che non posso arrivare a toccarlo. La mia maglietta è nuovamente sparita e di nuovo la sua bocca indugia sul mio torace, lasciando lividi scurissimi. Io mi inarco contro di lui e lancio gemiti rochi, smaniosi. Voglio baciarlo pure io. Con un notevole sforzo ribalto le posizioni e libero le mie mani. Slaccio la sua camicia in un lampo e mi abbasso sul suo petto. Lo annuso, stordendomi con il suo profumo, poi lo accarezzo, lo stuzzico, lo bacio. Sorrido soddisfatto dai gemiti che sento provenire dal mio torturatore. Gli mordo il collo ancora molte volte, marchiandolo, poi mi butto sulla sua bocca, per un bacio lungo ed appassionato. Le sue mani mi percorrono maliziosamente il corpo e così fanno pure le mie. Ci fissiamo negli occhi e ci stacchiamo assieme. Dobbiamo DAVVERO tornare in classe. Mi avvicino nuovamente a lui e gli infilo la camicia, allacciandogli poi i bottoni uno ad uno dolcemente. “Grazie” Mi risponde, col viso illuminato di gioia. Mi scioglie i capelli e me li riacconcia, poi mi infila la maglia. Ci scambiamo un ultimo bacio delicato, poi lui esce. Lo guardo allontanarsi ed il cuore mi si stinge. Non solo perché mi manca già, ma anche e soprattutto perché sono felice. Totalmente. Grazie a lui.

Ecoomi quaaaaa!!!! So di essere imperdonabile e monotona, ma ho avuto un sacco di cose per le testa (si è da poco aggiunto l'esame della patente alla lista ^-^ ) Prego solo di essere più costante e di non presentarmi più con questi ritardi non assolutamente tollerabili. Purtroppo non posso scrivere quanto e come vorrei!!! Mille grazie alle lettrici e a chi recensisce con pazienza. VI AMOOO!!! ^.^ Baci Ysis

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Capitolo 8
*** Strategies ***


Le ore si dipanano lentamente, nella moria più totale. Coma previsto i prof non riescono a fare lezione ed ampliano la collezione di note personali del mio branco Quileute. Finalmente la tanto agognata campanella di uscita trilla e ci affrettiamo fuori dalla classe di trigonometria. Sto camminando per i fatti miei in corridoio, pensando ad Edward, quando urto una ragazza. Mi volto per scusarmi quando noto che si tratta di Angela Weber in persona. Sento la mia bocca tendersi in un enorme sorriso, e mi affretto a chinarmi per raccogliere i libri che le sono scivolati. Li recupero tutti e glieli porgo, presentandomi poi in tono affabile. “Scusami, sono stato piuttosto distratto. Spero di non aver causato troppi danni. Il mio nome è Jacob Black.” Dalle sue guance rosse capisco che mi conosceva già, quantomeno di fama. “No, no, figurati!!! Non c’è alcun problema, sono solo blocchi di carta. Non rischiano di rompersi purtroppo.” Conclude, gettando un’occhiataccia al libro di geometria analitica, che è il primo della lista. “Compito?” “Si, domani. E ovviamente non capisco neppure come disegnare le iperboli…” Sospira. Sorrido e ringrazio il protettore dei giovani mannari. “Serve una mano?” Domando con voce galante. I suoi occhi si illuminano. “Tu capisci questa robaccia???” “Inspiegabilmente si.” “Ma è un miracolo!!!!” Esclama battendo le mani un paio di volte. “Senza nessun problema. Anche oggi per me andrebbe bene.” “Sul serio???” Domanda e io percepisco la gioia ma anche la titubanza nei suoi pensieri. Teme che la voglia prendere in giro. Quanto mi dispiace constatare la mancanza di fiducia dei miei compagni!!! Decido di non aggiungere nulla e di lasciare decider a lei. Intanto ne approfitto per studiarne l’aspetto ed il look. È alta, magra, con un bel fisico e un bello stile. La canottiera turchese e nera che indossa in questo momento contrasta perfettamente con la pelle pallida ed i capelli nerissimi. Noto che ha tutto abbinato. Canotta turchese, pantaloni neri, accessori neri, tranne gli orecchini turchesi, e trucco nero e turchese. Molto bello. Improvvisamente si riscuote e mi sorride. Capisco che ha preso una decisione. “Sarei molto contenta se mi potessi dare una mano!!! Sicuro di potere???” “”Nessun problema.” La rassicuro “Facciamo alle quattro in biblioteca?” “Per me va benissimo, grazie! Sei veramente gentilissimo.” Mi sorride. “Figurati. La matematica mi viene naturale!” “Che fortuna!!! Io sono portata per le lettere e le cose umanistiche, ma la matematica proprio… mi ripugna, credo che sia una sindrome incurabile!!!” Scoppia a ridere e io mi unisco a lei. È naturale parlare con lei e molto piacevole. All’improvviso sento il mio cuore che aumenta di battito e una potente scarica di brividi mi prende. Edward è dietro di me, dalla parte opposta del corridoio. Non ho bisogno di voltarmi per saperlo. Impreco tra me e me. Mi sento dannatamente in imbarazzo.

Osservo Jacob che parlotta con Angela e sorrido : non ha perso tempo!!! Li osservo con occhio distaccato e critico, come farebbero i Volturi. Sono una coppia credibile. Lei è davvero molto carina e lui si trova a suo agio e continua a sorriderle e a cercare di farla ridere, come farebbe uno spasimante reale. All’improvviso vedo Jake irrigidirsi e scoccare un’occhiata colpevole nella mia direzione. Lo osservo perplesso per un paio di istanti, poi capisco. Mi guardo a destra e a sinistra, per verificare che nessuno mi stia prestando attenzione, poi corro verso di loro. Mi appoggio alla spalla di Jake e lo bacio rapidamente ma con malizia. “ Non ti preoccupare. So che è necessario ed io ho la massima fiducia in te e nei tuoi sentimenti. Fa del tuo meglio. Lo farò pure io.” Poi volo via, scoccandogli un’ ultima occhiata. Jake guarda nella mia direzione e mi strizza l’occhio. Esco dalla scuola e volo verso la macchina. Non posso che essere felice del suo risultato. Ma non voglio certo perdere la scommessa con il mio lupo mannaro. Vedo il pick up della Swan in coda davanti a me e ghigno, mentre delineo un piano per abbordarla. Noto, osservandola attraverso lo specchio, che sta borbottando tra se e se un lunghissimo soliloquio con aria imbronciata. Mi ricorda una minorata mentale, chiusa nel suo mondo. Devo evitare questi commentini acidi però, o non riuscirò a guardare Bella in faccia senza ridere.

“Allora, le basi sono semplicissime. Tanto per cominciare i fuochi dell’ iperbole sono sempre esterni alla curva. Si individuano calcolando il valore di c. Una volta tracciati quelli e completata la formula generica puoi compilare una tabella e disegnare i due rami dell’iperbole. Non è difficile vero?” “No, almeno in teoria …” Concorda Angela, concentrandosi sulla figura. Io intanto la posso osservare. È piuttosto carina, con un viso dolce, un bel fisico ed una grande cascata di capelli neri ondulati. Deve avere una qualche origine asiatica, visti i lineamenti. Ispeziono il suo look, approfittando della sua concentrazione. Leggins neri con sopra una canottiera azzurra a scritte nere. Unghie e scarpe azzurre. Grandi orecchini a cerchio con una stella all’interno, due polsiere argentate alle braccia ed una collana a catena con un cuore brillanti nato come ciondolo. Devo dire che sta proprio bene. Mi ricorda Leah in una versione un po’ più “civilizzata”. “Come procede?” Domando, dopo tre minuti “Ecco, è giusto???” Mi mostra il quaderno. “Si, bravissima! Ora passiamo ai semiassi. Cosa indica la retta delle ascisse?” “Il punto Beta.” “E le ordinate?” “Il punto Alfa.” “Esatto, brava. Come li calcoli?” “”Con le formule inverse e poi con la radice.” Sorrido. “Come fai ad andare male?” Le domando. Sorride e vedo che ha due fossette sotto la bocca, carinissime. “È l’elaborazione che è difficile.” “Allora vediamo di provare a lavorare sui problemi. Facciamo… questo qua!” Indico l’esercizio 23. “Sono nata il ventitré, sai?” Mi informa “Ma dai!!!! Pure io!!! Di che mese?” “Giugno.” “Io Marzo.” Sorride ed io la imito: stare in sua compagnia è semplice e piacevole. Questa ora di studio sta passando velocemente. Risolviamo ancora qualche esercizio, poi l comunico ch secondo me è pronta. “Dici sul serio?” “Mi assumo ogni conseguenza in caso contrario.” “Allora mi fido!!!” Risponde, riponendo i libri nella borsa. Sto per chiederle se ha voglia di prendere un gelato assieme quando, con tempismo perfetto, il suo cellulare suona. La canzone che ha come suoneria mi è nuova ma allo stesso tempo familiare. Ne canticchio il motivetto per la durata della brevissima conversazione, poi le chiedo informazioni. “Davvero ti piace? Si tratta di Poison, di Alice Cooper. La adoro, è la mia canzone preferita!!! Se la vuoi sentire ce l’ho sull’ipod.” Accetto volentieri e calzo le cuffie. Parte la musica e subito dopo una voce roca e graffiante che inizia a cantare. Spalanco gli occhi quasi subito. È Edward. Alice Cooper sta praticamente descrivendo Edward!!!

Your cruel device Your blood like ice One look could kill My pain, your thrill I want to love you, but I better not touch (Don't touch) I want to hold you but my senses tell me to stop I want to kiss you but I want it too much (Too much) I want to taste you but your lips are venomous

Poison You're poison runnin'thru my veins You're poison, I don't want to break these chains

Your mouth, so hot. Your web, I'm caught. Your skin, so wet. Black lace on sweat. I hear you calling and it's needles and pins (And pins) I want to hurt you just to hear you screaming my name Don't want to touch you but you're under my skin (Deep in) I want to kiss you but your lips are venomous

Poison You're poison runnin'thru my veins You're poison, I don't want to break these chains Poison

One look could kill My pain, your thrill I want to love you, but I better not touch (Don't touch) I want to hold you but my senses tell me to stop I want to kiss you but I want it too much (Too much) I want to taste you but your lips are venomous

Poison You're poison runnin'thru my veins You're poison, I don't want to break these chains Poison I want to love you, but I better not touch (Don't touch) I want to hold you but my senses tell me to stop I want to kiss you but I want it too much (Too much) I want to taste you but your lips are venomous poison, yeah I don't want to break these chains Poison, oh no Runnin'deep inside my veins, Burnin'deep inside my veins It's poison I don't want to break these chains

Il tuo crudele piano il tuo sangue è come il ghiaccio un tuo sguardo potrebbe uccidere il mio dolore, il tuo fremito voglio amarti ma è meglio che non tocchi voglio stringerti ma i miei sensi mi dicono di fermarmi voglio baciarti, ma lo voglio troppo voglio assaporarti ma le tue labbra sono velenose

Veleno il tuo veleno scorre nelle mie vene tu sei veleno, non voglio spezzare queste catene

La tua bocca è così sensuale sono rimasto intrappolato nella tua ragnatela la tua pelle è così umida, pizzo nero sul sudore. Ti sento chiamare e sono aghi e spilli,voglio farti del male solo per sentirti urlare il mio nome non voglio toccarti ma tu sei sotto la mia pelle (nel profondo) voglio baciarti, ma le tue labbra sono velenose

Veleno il tuo veleno scorre nelle mie vene tu sei veleno, non voglio spezzare queste catene veleno, un tuo sguardo potrebbe uccidere il mio dolore, il tuo fremito

Voglio amarti ma è meglio che io non ti tocchi voglio stringerti ma i miei sensi mi dicono di fermarmi voglio baciarti, ma lo voglio troppo voglio assaporarti ma le tue labbra sono velenose

Veleno il tuo veleno scorre nelle mie vene tu sei veleno, non voglio spezzare queste catene veleno voglio baciarti, ma è meglio che io non ti tocchi voglio stringerti ma i miei sensi mi dicono di fermarmi voglio baciarti ma lo voglio troppo voglio assaporarti ma le tue labbra sono un veleno velenoso il tuo veleno scorre nelle mie vene è veleno, non voglio spezzare queste catene.

Parcheggio con la Volvo muso muso contro il pick up della Swan ed entro nel supermercato. Probabilmente compra da mangiare per lei ed il padre. Charlie Swan era famoso a Forks per mangiare pranzo e cena al “Silver Penny”, in Kansas Street. La vedo ferma al reparto macelleria, quindi decido di proseguire e di fermarmi lì solo quando lei se ne sta per andare. Compro della cioccolata e un paio di confezioni di coca cola in lattina,più per nostalgia del mio passato da umano che per altro, poi la controllo con la coda dell’occhio e mi faccio avanti. La saluto con tono affabile e sorpreso e lei ricambia. Do al macellaio l’ordine, mezzo chilo di carne trita, un po’ di costine di mucca ed un grosso taglio per arrosto, e tanto chiacchieriamo. Come immaginavo fa la spesa per il pranzo e la cena. Sentendo i menù le faccio i complimenti e la vedo illuminarsi. Quasi quasi mi fa tenerezza. “Anche tu compri provviste.” Mi fa notare, con un sorrisino imbarazzato. “Ah, si. Ho perso una scommessa con Emmett e quindi ora mi tocca preparargli una bella cenetta.” “Sai cucinare?” “Beh, diciamo che me la cavo. Ultimamente mi sto appassionando di cucina esotica.” “Giapponese e Thailandese?” “Esatto.” “Beh, io la so fare. Se vuoi ti posso dare dei consigli.” “Davvero?” Domando, segnandomi mentalmente quello che forse è il primo punto a favore nei suoi confronti. “Beh, si. Se non ti dispiace, ovvio!” Arrossisce. Che buon odore il suo sangue. Altro punto. “No, anzi, tutt’altro! E magari potrei darti dei consigli anche io, se ti va.” “Mi sembra un’ottima idea, si!” “Ecco la sua carne, signore.” “Grazie.” Prelevo i miei pacchetti e poi mi dirigo verso la cassa, parlando con Bella di culinaria.

“Sono contenta che ti sia piaciuta tanto!!!” Sorride Angela da sopra la sua coppa di gelato. Sorrido ed ingoio una cucchiaiata di ciocco menta. “Già , è una di quelle canzoni che ti sembra di conoscere da sempre, o che ti ricordano qualcosa che non capisci. Ti capita mai?” “In effetti si, con certe capita. Non credo che tu la conosca, ma hai presente “Spring Nicht” dei Tokio Hotel?” “Se la conosco? Io adoro i Tokio Hotel!!!” Esclamo stupito. “Ma vaaa!!! Credevo che tu fossi un altro dei loro fieri avversari.” Storce la bocca. “No, e perché mai? Mi piace molto quello che dicono e il modo in cui lo dicono. E Spring Nicht in particolare è una canzone stupenda!!! Sono persino andato a sentirli al concerto a Houston!!!” “Davvero, ma che fortuna!!! Io dovevo andarli a sentire a Los Angeles ma poi è sfumato tutto. Mi è dispiaciuto un sacco!” “Io ero con Leah, ci siamo divertiti un sacco.” “Leah è quella bella india con la quale sei sempre, vero?” “Esatto. È la mia migliore amica da tutta la vita. Mi è stata vicino in ogni momento, sia triste che felice. E devo dire che ce ne sono stati parecchi, di entrambi i generi.” Angela mi sorride. “Capisco. Anche io e il mio ex, visto che prima di metterci assieme eravamo molto amici, ci confidavamo tutto. Mi sembra ancora così … assurdo. Non posso credere di avere fatto una stronzata simile. Ti do un consiglio non richiesto ma sentito: cerca di non commettere errori. E se ne dovessi fare cerca di fare capire alla tua compagna. Se la ami e tieni a lei è la sola cosa che conta. Tutto l’amore del mondo è inutile senza una spiegazione. Cercate sempre di chiarirvi, anche se non ne avete voglia. Rischiate di perdere davvero troppo.”

-.-" odio le promesse da marinaio,ma la sorte mi è avversa!!! Il mio computer personale si è rotto, quindi sto procedendo su carta e sfruttando i rari attimi liberi che ho tentando di mettermi in pari con la copiatura dlla storia. Ho iniziato anche un nuovo progetto, che presto (spero) posterò. Non ho la minima intenzione di abbandonare questa FF, a lei tengo troppo!!! Milioni di grazie alle mie lettrici e la preghiera che possano continuare a seguirmi pazientemente XD Un bacio Ysis

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Capitolo 9
*** Turning Points ***


“Pretendo delle spiegazioni Edward, e le pretendo ora.” Il tono di Carlisle è freddo e distaccato. Mi fa male, ma mi è utile. Inventare sarà più facile. “Mi hanno chiamato da scuola, lamentandosi. Sei entrato due ore dopo e ti sei comportato in maniera inaccettabile con il professore. Dice che non hai voluto dare spiegazioni circa il tuo ritardo e che lo hai trattato con sufficienza.” Sbuffo. “Ma è esagerato!!!Non lo ho trattato in alcun modo particolare e ho persino risposto a quelle domande che non ledevano la mia privacy!” È un messaggio che spero sia recepito chiaramente da tutti. Non risponderò ad alcuna domanda che non ritenga appropriata. Carlisle inarca un sopracciglio e volta la testa, cercando supporto in Esme. I pensieri di mia madre mi scaldano il cuore. “È un ragazzo assennato, Carlisle. È giudizioso ed intelligente. Ci ama alla follia e non farebbe mai nulla che ci possa rendere meno fieri di lui. Sa che se ha qualche problema noi siamo qua. Non preoccupiamoci inutilmente.” Ha pronunciato ad alta voce quello che pensava, parola per parola. “ Ti adoro mamma.” Le sussurro in testa. “ Ti adoro pure io Edward. Spero che il motivo del tuo recente cambiamento sia la tua svolta. Lo desidero così tanto per te, amore mio.” Fisso Carlisle lui fa lo stesso, sorridendomi. “Non credere che non abbia fiducia in te. So esattamente chi e cosa sei. La mia era solo ansia da padre impiccione.” Sorrido a mia volta “ Lo so. La apprezzo molto papà. Ma è il prof che ha esagerato. È che i Quileute non lo rispettano per nulla e quindi fa il severo con gli altri per evitare di diventare lo zimbello anche degli alunni nuovi.” “I Quileute? Sei in classe con alcuni di loro? Con chi precisamente?” “Con … vediamo … Leah Clearwater, Sam Qualcosa, Quil Ateara, Embry Qualcos’altro e … basta credo. Ah, no, mi ero dimenticato di quello sbruffone di Black. Jack, Jacob, comunque si chiami …” Mento in tono disinvolto e sondo il pensiero di tutti i miei parenti. Nessuno dubita di me né delle mie parole, per fortuna. “E dimmi, è successo qualcosa di … strano? Con loro intendo.” “In che senso strano Carlisle?” Domanda Emmett. “Avete sentito una strana sensazione a contatto con loro? Non so, tipo una fitta allo stomaco o una strana elettricità nell’aria o …” “O una strana smania di combattere contro di loro?” Domanda Rosalie. “Quando?” Domanda Carlisle, sbiancando.(In senso lato XD) “Il primo giorno di scuola. Io e Leah Clearwater siamo venute alle mani, nel cortile. È …” cerca la mano di Emmett per trovare sicurezza. Lui la stringe con forza e se la porta alle labbra. “È riuscita a colpirmi e a ferirmi. Mi ha lasciato parecchi lividi, o quanto di più possibile possiamo avere noi. Io a mia volta ho combattuto contro di lei come una vera furia. Le ho squarciato la schiena con un fendente e le ho sferrato parecchi pugni al ventre e alla schiena. L’ho conciata male, insomma.” Generalizza, notando lo sguardo severo e irritato di Carlisle. “Eppure si è rialzata con le sue gambe e, nemmeno un’ ora dopo, la ferita era perfettamente sparita e i lividi schiariti. So … di averle … rotto … una costola.” Ammette piena di vergogna, non osando guardare nostro padre. “Ma all’intervallo successivo, meno di due ore dopo, l’osso si era saldato.” Penso al nostro scontro nel bosco. Tutto collima alla perfezione. È evidente che i lupi hanno un super sistema immunitario. Probabilmente secondo solo al nostro. “Cosa significa Carlisle? Cosa sono loro, esattamente?” “Sono una specie di lupi mannari. Più che altro sono gli Spiriti Protettori delle terre dei Quileute. So di una leggenda molto antica, tramandata dagli indiani di generazione in generazione per secoli. Per quanto essa sia commovente ed interessante da sentire sotto ogni punto di vista, il succo è che, probabilmente in seguito ad una mutazione genetica spontanea, i Quileute hanno sviluppato una specie di ormone che reagisce agli stimoli che noi scateniamo nelle nostre prede. E questo ormone li trasforma in una sorta di … lupi mannari, e come se fossero veri lupi mannari sono in grado di ferirci e ci danno la caccia. Visto i simili istinti animali che possediamo, noi potremmo avvertire la loro presenza immediatamente e loro lo stesso. Ricordate l’accordo stipulato con loro anni fa? Ora è molto più importante che noi, tutti noi, lo rispettiamo ciecamente. I Licantropi non esiteranno ad attaccarci, se gliene daremo la possibilità . Sono giovani, ribelli. Probabilmente, stando alla testimonianza di Rosalie, Leah era prossima al risveglio e probabilmente a quest’ora si è già risvegliata e quindi pure il suo amico Jacob, dato che stanno sempre assieme. Quei due sono famosi per il loro comportamento sconsiderato e per l’ascendente che hanno sui giovani, della riserva e non. Si sentono i padroni della zona e probabilmente è così. Dato che il loro compito è quello di difendere gli esseri umani dalla minaccia dei vampiri, ritengo sia saggio che ogni contatto con loro, per quanto possibile, sia da limitare ed evitare. Anzi, vi proibisco di stare a contatto con loro in qualunque modo. Voglio che d’ora in poi mi aiutiate ogni notte a portare avanti i lavori di riparazione del vostro liceo. Stare a contatto con loro è pericoloso. Un giovane lupo come loro è un più che degno avversario per quelli come noi. Rosalie, che ne hai fatto dei vestiti che indossavi quando hai combattuto contro la ragazza?” “Sono in lavanderia Carlisle.” Informa Esme. Sparisce e riappare con i capi sottobraccio. I miei familiari arricciano il naso. “Santo cielo, che odore tremendo!!!” È il pensiero simultaneo dei miei parenti. Strano. Io sento solo un odore caldo ed intenso, che mi ricorda quello di Jacob, sebbene in una tonalità più femminile. “Come abbiamo fatto a non accorgercene?” Domanda Alice, nascondendo il volto nel collo di Jazz. Cazzo. Cazzo cazzo cazzo. Ecco che iniziano i problemi. Vedo Carlisle che preleva un capello lungo e nero dal corsetto di Rosalie e poi che corre tutto eccitato verso il suo laboratorio privato. Dannazione. Altro che problemi. Un orrendo sospetto mi assale. Volo in camera mia prima che Jasper si distragga da Alice e si concentri sul mio repentino cambio di umore. Fiuto ogni cosa, cercando di individuare l’aroma di Jake. Per fortuna è svanito. Mi siedo sul letto e sbuffo, accendendo il lettore dvd. Spero che “La Città Incantata” riesca a distrarmi.

“Ti supplico Leah!!!” Mugugno nella cornetta. Se fossi a parlarle a quattrocchi mi inginocchierei ai suoi piedi, ma al telefono temo non renda ugualmente bene. Ho appena accompagnato Angela a casa e mi sto dirigendo verso la moto. Edward mi ha mandato un messaggio che rasentava l’isteria. A prima vista sembrava calmo, quasi freddo, ma so leggere piuttosto bene tra le righe. I suoi familiari hanno scoperto delle trasformazioni mie e di Leah e si sono messi sulla difesa. Hanno memorizzato il nostro odore e Carlisle ha impedito ogni rapporto che non sia strettamente indispensabile. Nonostante il nostro rientri perfettamente nella categoria sappiamo molto bene che nessuna delle due famiglie lo accetterà e che, soprattutto, costituirebbe una specie di condanna per tutta la popolazione di Forks e dintorni. Quindi dobbiamo fingere di detestarci, o almeno di ignorarci e le fidanzate posticce ci torneranno piuttosto utili, in questo. Per fortuna con Angela è andato tutto piuttosto bene e non sarà difficile conquistarla. “È una questione di massima importanza!!! Solo tu mi puoi aiutare!” Sospira e la sento rivolgere qualche parola di scuse a chiunque fosse lì con lei in quel momento. Anche se penso di averne un sospetto. “Jake mi hai interrotto nel bel mezzo di un appuntamento con Anthony Trewson, sai quanto ci tenessi!!! Spicciati a parlare!!!” Mi tiro una pacca sulla fronte, dispiaciutissimo “Oddio, scusa!!! Era oggi?” “Mi pare evidente.” Ribatte, acida. Sospiro e mi decido a completare la mia richiesta. “Dovresti darmi una mano a tenere a bada i miei pensieri ed i ricordi mentre sono in forma di lupo.” “Cosa???E da dove salta fuori quest’idea improbabile?” “Da quando sto con Edward ufficialmente.” “COOOSA??? E me lo dici così Mister Tatto?” “Meditavo di organizzare una parata, ma non volevo disturbare l’appuntamento.” Leah sbuffa e capisco che manca veramente poco prima che mi sbatta il telefono in faccia, così mi sbrigo a terminare “Non penserai che te lo volessi tacere!!! Solo che è molto, molto complicato. Ti spiegherò tutto. Però ti prego, ho un bisogno assoluto del tuo aiuto.” “Ma certo, capisco benissimo. Senti vedo un po’, faccio due piani e poi ti so dire, va bene?” “Ti amo Leah, sei assolutamente la persona più fantastica della mia vita!” Lei ride nella cornetta e non mi è difficile immaginare il suo viso bellissimo e disteso. L’ex di Angela si sta veramente godendo uno spettacolo meraviglioso. “Invece io penso proprio di avere un rivale ufficiale!!! Ci sentiamo poi, allora. Baci baci.” Attacca. Sorrido, poi ripongo il telefono, calzo l’ipod e salgo sulla moto, diretto a La Push accompagnato dai Bring Me The Horizon.

“Prendila bella, è tutta per te!!!” lancio una costina sanguinolenta nella gabbia e la mia lupa schiocca le mascelle e la prende al volo. È indubbiamente la più bella e grossa dei tre che ho catturato e quasi quasi mi spiace pensare che sarà il pasto mio o di Emmett dopodomani al massimo. Mio fratello è qui con me, per aiutarmi a sfamare le prede e per memorizzare i loro odori diversi. Un impresa nella quale non sta riuscendo molto, visto il forte, appetitoso odore di sangue che proviene dalle nostre mani e che si è diffuso in tutto il garage. “Ti puoi sempre tirare indietro, Emm, se non ce la fai.” Lo stuzzico,rispondendo telepaticamente ai suoi pensieri scorati. “Puoi sempre imparare a farti i fatti tuoi piccolo Ed.” Ribatte, scontroso. Rido “ Scusa se volevo provare ad evitarti una cocente umiliazione fratellino.” Gli angoli della sua bocca si alzano in un ghigno. “ Imprimerò questo momento nella mia mente, caro, e te lo farò rivivere per almeno vent’anni, una volta che ti avrò sconfitto.” “ Ne sei così sicuro?” “ Sicuro come sono sicuro del fatto che tra pochissimo tempo ti infurierai come una belva.” Assicura con un sorriso enorme. “ Cosa intend …” Inizio, prima che l’intero involto di carne trita mi si spiaccichi addosso, macchiandomi la camicia chiara, il viso e sgusciandomi tra i capelli. Rimango di sale. Non posso credere che abbia osato tanto. “ Ti conviene correre Emmett.” Lo minaccio, scattando poi verso di lui, deciso più che mai a rendergli, come si suol dire, pan per focaccia a colpi di tagli per arrosto. Emmett è l’unico mio simile che riesca, se non proprio ad evitare i miei poteri telepatici, almeno a spiazzarmi a volte, dato che in lui l’istinto è molto più veloce del pensiero. Una dote che in parte lo accomuna al mio ragazzo e alla mia futura ragazza. Speriamo di non attirare simili eccezioni anche tra i nemici!!!

Entro in casa e subito mio padre mi chiama in salotto. Poso il casco sul tavolino e levo gli occhi al cielo: ma perché deve stare sempre a scocciarmi? Mi dirigo con tutta la calma del mondo in salotto e lo vedo, in un evidente stato di ansia. Sento un lieve sussulto di senso di colpa.“ Tranquillo papi, sto bene. Scusa se non ho risposto alla tua chiamata ma avevo dimenticato il telefono sotto il sellino della moto.” Mi avvicino e gli poso una mano sulla spalla. “Ascoltami Jackie, per favore.” Ho una piccolissima fitta alla gola, era mia madre ad usare sempre quel nomignolo. “Dimmi papi.” Mi inginocchio davanti a lui. Sono cresciuto tanto che se sto con la schiena eretta lo fisso negli occhi. “Sai che ti lascio fare tutto quello che ti pare e che non ti ho mai negato il mio sostegno, anche se molto a modo mio. Spero che tu sappia e che ti ricordi sempre che per te ci sono sempre e che ti amo, ti sostengo e ripongo fiducia in te comunque, qualsiasi cosa tu faccia.” “Lo so papi.” Replico, un po’ spaventato. Che cosa vorrà mai dirmi? E perché questo tono così remissivo ed affettuoso, tutt’ad un tratto? “Non hai mai prestato particolare attenzione ai miei consigli e alle mie direttive ed io, dopo che Chantal se ne è andata, non vi ho più insistito come avrei fatto un tempo.” Distoglie un attimo lo sguardo, perché risentire pronunciare ad alta voce il nome di mamma dopo tutto questo tempo è davvero un brutto colpo per entrambi. “Ma questa volta è tutto diverso. Questa volta pretendo che tu mi ascolti e il tuo giuramento di seguire ciò che ti sto per spiegare.” Mi fissa, i suoi occhi color ghiaietto nei miei verdi. “La tua trasformazione, così come quella dei tuoi amici, è avvenuta per un motivo ben preciso. I Cullen rappresentano da un tempo immemorabile una potenziale minaccia per tutta la città e gli umani che vivono nei dintorni, ed è per questo che individui come noi nascono ad ogni generazione. Tuo nonno, un uomo molto saggio, stipulò con i Freddi un patto. Essi non avrebbero ucciso umani, né creato altri esseri della loro stirpe, e noi gli avremmo concesso di rimanere nel nostro territorio finché fosse stato possibile. Tutto ha funzionato allora e continua a funzionare tutt’oggi. Il Dottore e la sua famiglia si sforzano, contro la loro natura, di bere unicamente sangue animale e si prodigano nell’aiutare gli umani. Tuttavia la loro presenza attira qui spesso altri loro simili ed essi non sono vincolati da alcun tipo di accordo. Si nutrono in maniera “tradizionale”, senza rispetto per noi e per gli umani. Se noi diventiamo lupi è proprio per difendere la nostra terra e chi la abita. Questa parte di mondo è solo nostra, benché sia “equamente” abitata da tante altre persone, e quindi anche il compito di proteggerla è essenzialmente nostro. Soprattutto se il nemico è così letale. È questo che ti chiedo: proteggi con i tuoi fedeli la terra che è stata nostra sin dall’inizio del tempo, prenditi cura di chi la abita, salvaguardala dai nostri scelleratissimi nemici. Ci sono stati Ezechiel, Cainus, Ephraim, William. Ora il comando è nelle mani di Jacob. Onora la tua stirpe, figlio mio, onora i tuoi fedeli. Onora tuo padre e tutta la tua famiglia. Onora te stesso. Non c’è nient’altro che desidero da te.” “Onorerò la famiglia, padre, fino a che potrò.” Giuro, chinando il capo. Mio padre vi passa sopra una mano grossa e callosa. “Questo uomo è mio figlio!” Esclama orgoglioso, con le lacrime agli occhi. Anche i miei occhi bruciano, ma trattengo le mie lacrime. Non sono di commozione. Temo che la mia scelta di vita e il giuramento che ho fatto a mio padre non siano cose che possano andare di comune accordo. Cercherò il più possibile di far funzionare tutto. Ma se trovassi ad un bivio, chi e cosa dovrei scegliere?

Mi ricordo improvvisamente dell’invito che ho fatto, più o meno indirettamente, alla Stanley, quindi le mando un messaggio per confermarlo, informando intanto Emmett della nostra imminente gita a Jacksonville. Jessica risponde subito con entusiasmo, ringraziandomi in modo davvero melenso circa due milioni e mezzo di volte. Mi viene in menta l’immagine anni 50 di una ragazza seduta in attesa davanti al telefono di casa e non posso fare a meno di sorridere. “Intanto potremmo comprare il regalo per Esme, che dici?” Provo a convincere Emmett, con voce innocente. Mio fratello posa i pesi, con i quali ovviamente si esercita solo per abitudine, e mi fa un sorrisone. “Temi di non riuscire a controllarti e di saltare addosso alla Stanley?” Domanda sornione. Sorrido. “No, non esattamente. Mi serviva una figura che scoraggiasse qualsiasi approccio e chi meglio di una massa di muscoli come te? In realtà il viaggio doveva essere assieme ad altri compagni, ma poi per un motivo o per l’altro hanno tutti disertato, lasciandomi con una gran piattola!!! Almeno con te mi diverto!” Ammetto, candidamente. “Puoi contarci piccolo Eds. Sarà una cosa davvero da sghigno!” Mi risponde, in tono divertito. “Non sembri Richie Tozier neppure un po’, sai?” Lo avverto. “ “Cosa ne vuoi capire tu!” Ribatte subito, tentando si fingersi offeso. Ma so già che è tutta una messa in scena. “Allora, Uomo dalle mille voci, mi accompagni?” Mio fratello posa i manubri e fissa il soffitto assorto. “Dici che non scatenerei una guerra mondiale?” Mi concentro e sondo i pensieri di Rosalie. “Credo di no, forse.” “Uhm. Vabbè glielo chiederò più tardi, dopo cena magari. A proposito … ” guarda l’orologio. “Accidenti, è quasi l’ora!!! Devo andare a prepararmi!!! Ci vediamo fratellino!!!” Mi schiocca un sorriso e corre in camera. Sorrido e spero proprio che Emmett sappia rendere mia sorella molto comprensiva!!! Non mi va proprio di stare da solo con una Jessica tutta sdolcinata!!!

Il muso della lupa davanti a me è teso, come il suo corpo. Le orecchie sono abbassate e la coda sferza con insistenza il sottobosco, raccogliendo a volte delle foglie con la pelliccia lunga. I suoi occhiacci gialli non mollano i miei da parecchio tempo. Una scarica di adrenalina mi fa vibrate tutta la schiena. “Andiamo, se dici così mi sento un mostro!!!” Sbuffa Leah, nei miei pensieri. Uggiolo. “Beh, sei abbastanza inquietante se la devo dire tutta!!!” Soffia l’aria fuori dai polmoni con un suono stizzito. “Dai, proseguiamo con l’allenamento … non era male, ma devi sembrare naturale al massimo. Se ti sforzi troppo lo sento e non ci vuole molto per capire che stai nascondendo qualcosa. Sai che Paul ha un talento per queste cose, ed è testardo in maniera imbarazzante. Arriverebbe alla verità in pochissimo, se attizzato da un tuo riserbo così serrato. E allora si che sarebbero guai.” “È vero, è vero, hai ragione. Ma concentrati pure tu a mantenere in silenzio certi pensieri. Su di me o anche sugli incontri di sesso con l’ex di Angela.” “Come se tu non avessi mai fato certe cose...” Pensa intono annoiato. Stiracchio le fauci in un ghigno e poi scrollo il capo. La pelliccia così lunga e calda mi fa soffocare!!! “Dai, ancora una volta e poi ce ne andiamo!!!” Mi assicura Leah. “D’accordo” Rispondo, poi mi preparo. Mi tengo occupato con qualche pensiero su Angela e sulla giornata di oggi. Mi concedo un piccolo ripasso della ramanzina di mio padre e per un secondo anche il ricordo del viso di mia madre. Sento che anche Leah si commuove quando la rivede. Mi concentro ed analizzo i suoi pensieri a fondo. È contenta per la storia con Anthony e ho l’occasione di vederlo con i suoi occhi per qualche secondo. Rimango sorpreso. Mi sa proprio che Leah si è presa una cotta con i fiocchi stavolta. Mi affretto a pensare ad altro prima che mi venga in mente in che condizioni l’ha ridotta il suo primo vero amore. Non voglio ricordarle mai più in vita mia quelle scene. “Cosa intende Billy con “Onora la tua famiglia e i tuoi fedeli” ? Mica si aspetterà che ammazziamo tutti i vampiri senza contratto della penisola!!!” “Quelli che calcano le Terre dello Spirito. Sono nostre e dobbiamo proteggerle, stando a quello che afferma il Consiglio.” “Che branco di inutili rompiballe!” “Già. E sarà meglio non irritarli, o non ci lasceranno più vivere. Per un po’ dovremo pattugliare la zona temo. Io, te, Paul e anche gli altri. Credo che tra un po’ saremo in sette o otto. Sarà meglio tenersi pronti.” Sciolgo la trasformazione e mi sistemo i vestiti (Non rimangono nudi dopo una trasformazione, è una cosa che mi da un fastidio atroce nei libri!!! XD) con gesti nervosi. Sento un fruscio accanto a me e Leah si alza in piedi, stringendo i capelli in una coda ad un lato della testa. Spazza via dalla camicetta bianca qualche foglia secca, si sistema la gonna e gli stivali di cuoio. “Andiamo.” Mi dice, tendendomi la mano. Sorrido. Come al solito le parole sono di troppo con lei. Scattiamo e cominciamo a correre, diretti verso la casa del vecchio Ateara. È tempo del nostro primo consiglio. Paul si unisce a noi a metà strada. Appena mettiamo piede nella riserva troviamo il nonno di Embry ad aspettarci. Lo seguiamo. La nostra missione è irreversibilmente iniziata.

Hola!!! Vi ricordate di me vero??? Eccomi qua, con un nuovo capitolo!!! Probabilmente il prossimo aggiornamento sarà più rapido, ma non è una promessa!!! T-T Purtroppo il rapporto sviluppo mentale e grafico non è molto buono, ma spero di riuscire a darmi una mossa!!! Un bacio ed un grosso grazie a tutte le mie lettrici (desme, samara, vi adorooooo <3) e alla prossima!!! Ysis

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Capitolo 10
*** Go On ***


“Oh, io adoro Katy Perry!!!” Trilla Jessica, brandendo un singolo, la voce acuta come un punteruolo alle mie orecchie. Sento Emmett che sbuffa in tono divertito, sapendo benissimo quanto io la detesti, e poi comincia a chiacchierarne con lei. Parlano a lungo, e tanto decidiamo di andare a mangiare. Da stamattina, quando siamo passati a prendere la nostra ciarliera accompagnatrice con la Volvo, non abbiamo ancora mangiato ed una sosta ci vuole. Vedo un Jack in the box poco lontano dal parcheggio ed è lì che decidiamo di fermarci. Il momento delle ordinazioni è esilarante. Io ed Emmett prendiamo le prime cose che ci capitano senza fare troppe storie dato che in macchina abbiamo le nostre specialissime riserve. Jessica invece, almeno a livello intellettuale, è davvero preda di un terribile dilemma. Continuo a non capacitarmi di tutte le strategie che il suo cervello è in grado di elaborare in pochi secondi: ad esempio, ora ha scartato le insalate, paventando sgradevoli effetti collaterali del tipo particelle verdi incastrate nei denti, e pure gli anelli di cipolla fritta, perché pensa che li potrei trovare troppo grassi, poco femminili e che sarebbero comunque un ingombro nell’eventualità di un bacio inaspettato. Ha quindi deciso che delle carote all’aceto siano la scelta ideale. Poi è passata al menù principale. So che praticamente da quando è entrata non ha fatto altro che corteggiare una specialità del locale: cosce di pollo al chili con peperoni misti. Mi lancia una rapidissima occhiata di sottecchi e poi, con un sospiro di rassegnazione, vi rinuncia. Esamina e scarta cotolette e braciole, troppo grasse, e anche petti di tacchino e pollo ai ferri, troppo magri. Non vuole far la figura della mangiona, ma neppure quello dell’anoressica schizzata. Vede dei nuggets e sento il suo cervello oramai surriscaldato sospirare di sollievo: sono un perfetto equilibrio!!! Fortunatamente la scelta della bevanda è più rapida e possiamo sederci e cominciare il pranzo. Continua a parlare a ruota libera e sia io che Emmett ci fingiamo molto entusiasti e partecipi, mentre io in realtà lo sto mettendo a parte di quanto sia stata sofferta la scelta del menù della nostra compagna. “Quante storie per due piatti amorfi e insapori!!!” Pensa sorpreso, e poi comincia a stuzzicarmi. “Però non è affatto male Eds, che ne dici? Carina, ha un gran bel fisico, ottimi gusti musicali …” “Ti prego Emmett!!! Se tanto mi da tanto allora mi metto con quella vampira folle che abbiamo incontrato un paio di volte da Tanya!!! Lei si che aveva un gran bel personalino e ascoltava della musica davvero degna.” “Posso passarti il personalino e il look, ma quanto alla musica era un disastro!!! Tutti quei gruppi J-Rock!!!” “Sentiva anche gruppi americani!!!” “Si, ma tutta roba gotica!!! Quelle canzoni sulle nebbie mentali e la tristezza …” “Quelli sono gli Evanescence e non ti permetto di offenderli. Amy Lee ha una voce divina ed è bellissima!!!” “Ma se sembra un cadavere, così pallida e amorfa!!! Con quei capelli neri attaccati al viso e quegli occhi troppo azzurri … invece Rihanna, lei si che è bella!!! Quel corpo da urlo e quei vestiti accattivanti … e poi le canzoni sono molto più belle, hanno un gran ritmo.” “ Stai scherzando vero?” Rabbrividisco di disgusto. “Beh, nessuno batte Katy Perry, ma comunque devo ammettere che anche Lady Gaga è piuttosto stimolante …” “Ma per favore …” Mi giro, portando la mia attenzione su Jessica che sta ancora sproloquiando pettegolezzi sulla scuola. Pare che una nostra compagna, che però non è stata dislocata alla sezione di La Push, sia incinta e che si voglia sposare col suo ragazzo. “Ma il padre del bambino non è lui, nessuno ci crede!!! Figurarsi, per tutta la gita non ha fatto altro che civettare con quell’altro tizio, che credo che stia nella banda. Sarà una bella sorpresa per il suo povero ragazzo, tra cinque mesi!!! E avete saputo di Lauren e di Zack? Lui la ha mollata pochi giorni prima dell’anniversario del loro terzo anno assieme!!! Che cattiveria!! E dire che lei gli aveva già comprato un regalo costoso … è proprio inutile, certi uomini sono degli stronzi!!! Pensate che lui ha conosciuto una tipa su una chat e se ne è pazzamente innamorato! Questa qui pare sapesse che era fidanzato e tutto il resto e non voleva neppure vederlo, ma poi lui ha giurato e spergiurato che sarebbe stata una cosa innocente e lei ci è cascata. Ovviamente non e stata una cosa per nulla innocente e la povera Lauren li ha scovati proprio mentre erano a letto!!! Roba da non crederci!!! Era devastata, povera cara. Continuava a colpevolizzarsi, ma poi le abbiamo spiegato che lei non c’entrava proprio per nulla!!! Se il suo ragazzo era un porco lei non ne poteva nulla!!! E pensare che si era fatta tatuare pure la sua iniziale su un fianco … ora rimarrà segnata a vita!!! A proposito di segni, avete notato i lividi di Clarice Coope, l’altro ieri? Lei sostiene di essere caduta in moto, ma secondo me si è fatta rifare il naso: avete visto le stecche? Meglio comunque: con il becco che si ritrovava prima non avrebbe mai attirato un ragazzo, anche se è abbastanza carina, poi. Speriamo che l’intervento le dia sicurezza, povera cara.” Conclude in tono affettuoso, temendo che la ridda di pettegolezzi mi possa aver fatto cambiare il giudizio su di lei. “Beh, se serve a darle sicurezza meglio per lei, anche se io preferisco le belle ragazze al naturale, come te.” Le sorrido. Sento i fusibili del suo cervello che saltano praticamente in aria. Arrossisce “Beh, grazie. Naturalmente anche io ho qualche difettuccio, ma credo che l’accettarsi sia fondamentale per una giovane donna. Ad esempio, ho questa amica che beh, fisicamente potrebbe anche essere più bella … cioè, ha un seno prosperoso ed un bel viso, ma …” Mi sgancio dal discorso e lascio vagare la mente su quello che da circa un mese è ormai il mio soggetto preferito. Chissà ora Jacob che sta facendo. Quasi sicuramente è con Leah. O magari con Angela Weber. Magari sta giocando a calcio con i suoi amici, o si sta facendo un giro in moto. Sorrido, pensarlo mi fa provare una strana sensazione: mi sento come se avessi un laccio che mi stringe il petto e come se, contemporaneamente, mi stessi sciogliendo. Mando giù qualche distratto boccone di Cesar salad, poi mi accorgo che Jessica mi ha rivolto una domanda e mi giro verso di lei, riprendendo la conversazione.

“Quindi in pratica una caccia alla sanguisuga!!!” Esulta Paul, saltando sul posto, un pugno schizzato verso l’alto. Sospiro rassegnato, proprio come temevo. Sarà un bel casino, altroché. Devo vedermi con Edward e chiarire un po’ le cose: non possiamo in nessun modo farci scovare adesso. Pavento l’ipotesi di lasciarlo un po’ perdere, almeno in questi primi tempi, ma lo scaccio subito: stare senza di lui è un qualcosa che esula dalle mie possibilità. “Solo quelli che non hanno il contratto, o quelli che lo violano.” Mi affretto a rimboccarlo. “Si,si, vabbè. Ecco perché i Cullen mi sono sempre stati sull’anima!! Sono nostri nemici naturali!! Evidentemente lo Spirito mi stava indirizzando verso il mio destino.” “Come mai sei diventato così credente tutto d’un tratto Paul?” Domando acido. “Beh, sai, non erano una cazzata le leggende. Erano vere. E allora magari è vero tutto il resto.” “Oh, certo, lo spirito dell’innamorato e bla bla bla facciamoci un tiro di quello buono e parliamo di differenze tra questo, quello e quell’altro. Un sacco di fandonie.” Borbotto, sprofondando ancora di più nella poltrona del suo salotto e bevendo un lungo sorso di birra. “Ti vedo parecchio innervosito, capo.” Sbuffo. Ha cominciato a chiamarmi così ieri sera, quando è venuto fuori che io, in quanto discendente di Ephraim, sono il capo branco. Le mie reticenze non sono servite a nulla, ovviamente. “Stai scherzando ragazzo!!!” Ha biascicato il vecchio Ateara facendo rimbalzare la dentiera da una gengiva scarnificata all’altra e spruzzando gocce di saliva tutt’intorno. “Non puoi fare a meno di essere il capo. Lo Spirito dei tuoi antenati è il più pronto a gestire il rapporto con i Freddi. È innato in te il senso di comando e sei l’unico che può guidare i giovani lupi nel loro processo di metamorfosi. Tu lo hai affrontato da solo e sai quanto sia stato orribile e spaventoso …” “Tutti noi lo abbiamo attraversato da solo.” Latro, abbracciando con un’occhiata Leah che è seduta al mio fianco e Paul, poco dietro. Il vegliardo mi ignora tranquillamente. “Tu hai vissuto la Mezza Metamorfosi …” Riprende, ma Paul lo interrompe “Anche io l’ho vissuta!!!” Esclama Paul, sciogliendo la lunga coda e scuotendo i capelli neri e leggermente ondulati. Li pettina con le dita e li ristringe con l’elastico. “Buon per te.” Lo liquida bruscamente il vecchio Ateara. “E pertanto sarai d’aiuto ai nuovi novizi. Li tranquillizzerai e impedirai che nella transizione il loro spirito si perda.” “ E questo che cosa vuol dire?” “Lo Spirito del Lupo è un’entità dal potere incredibile. Va oltre le ordinarie leggi del mondo, mutando l’aspetto degli eletti. Dona loro una forza e una potenza incredibile. Sarete lupi enormi, potentissimi, inattaccabili. Guarirete da qualsiasi ferita, se non proprio mortale, in pochissimo tempo. Avrete più resistenza. Vi sembrerà di essere invincibili. Il vostro corpo bloccherà la sua crescita e rimarrete eternamente così, per tutto il tempo in cui continuerete a proseguire la vostra missione di protezione. In poche parole l’immortalità e una super potenza. Qualsiasi umano ne sarebbe attratto. Soprattutto un giovane, con idee non ancora temperate dall’esperienza e dalla saggezza . I tuoi amici potrebbero anche tentare di ribellarsi a te. Per questo tu sei l’ Alfa del branco. I tuoi ordini sono legge. Se dirai una cosa, se darai un ordine i tuoi sottoposti, non potranno fare altrimenti. Usciamo.” Ad un gesto stizzito di quella sua manaccia incartapecorita due indi sono pronti e lo portano fuori, sul cortile nascosto dalla casa. Li seguiamo, scrutandoci ansiosi negli occhi. Si fa sistemare all’ombra di un larice. “Leah, Paul, Jake trasformatevi. Ora.” Mi concentro e un attimo dopo, mio malgrado, sono un lupo. Vedo Leah che si trasforma, al mio fianco, e poi Paul, il viso contratto dall’umiliazione. Mi concentro con tutto me stesso sulla protezione dei ricordi che riguardano me ed Edward, dato che le nostre menti dilagano più facilmente durante i primi istanti di trasformazione. Leah e Paul non fanno nulla per trattenere i loro e vengo immediatamente sommerso da milioni e milioni di pensieri, considerazioni, idee, intuizioni, sensazioni. Percepisco l’appagamento di Leah per il sesso scambiato con l’ex di Angela e il disgusto di Paul per il padre, che tradisce la madre in un modo doppiamente repellente. Vedo immagini di Leah, in biancheria, che davanti allo specchio prova e riprova trucchi diversi e acconciature con aria nervosa. Vedo Paul a letto, che fuma una sigaretta e osserva delle foto sul suo computer. La mano di Leah che si muove velocemente, per far asciugare uno strato fresco di smalto vermiglio e le dita lunghe di Paul che schiacciano il mozzicone di sigaretta nel posacenere. Faccio arrivare a loro i ricordi degli ultimi giorni, tralasciando Edward. Mi fisso sul viso di Angela per parecchi istanti e vedo che Paul ne è attratto. Mi spiace per lui, ma non me la posso far scappare. È troppo simpatica, ed è perfetta per me. Mi dispiace illuderla, ma è la sola alternativa che ho. I ricordi dei miei compagni si fanno più slegati, difficili da recepire, e io non mi impegno molto in tal senso, considerando questo aspetto come un’insopportabile invasione della privacy. Percepisco ancora immagini e sensazioni, ma deboli e distanti, come se tra me e loro ci fosse un banco di nebbia o uno spesso muro di vetro. I pensieri però sono chiari come se li stessero urlando a gran voce. Siamo tutti e tre irritati e sulle spine. Il vecchio si fa avvicinare a noi. “Io sono il capo della vecchia guardia, per così dire. A rigor di logica dovrebbe essere tuo padre, mastro Black, ma lui ha deciso di non essere mai più uno di noi, quando morì tua madre. Per questo le sue gambe ora sono paralizzate. Ha rifiutato lo Spirito e non credo che ora potrebbe ritrasformarsi neppure se lo volesse. Comunque non importa. Il capo delle vecchie milizie sono io e ciò continuerà anche se ora ci sei tu. Tu Domini i tuoi sottoposti, ma io posso Dominare anche te. Posso ordinarti di correre come un pazzo, di farti sbranare, di rivelare i tuoi più oscuri segreti davanti a tutti e tu saresti costretto a farlo. Avete già avuto un assaggio di questo pochi istanti fa, quando vi ho ordinato di trasformarvi”. Un lupo grosso, piuttosto smagrito ma con ancora un’aria battagliera e feroce appare al suo posto. Scende dalla sedia a rotelle e ci gira attorno, studiandoci. Leah e Paul mostrano le zanne. “Calmatevi!!!” Latro e loro immediatamente si dominano. “Molto bene mastro Black, molto bene. Hai individuato in me un pericolo e hai saggiamente deciso di non esporre ad esso i tuoi uomini eccitati.” Leah ringhia, la sfioro con un colpetto di coda, ammonendola. Il vecchio lupo bianco esibisce le zanne in un ghigno. “In guerra l’impulsività porta solo alla tomba, Clearwater, e pure l’impudenza.” Gracchia il vecchio. “Io posso controllare il tuo preziosissimo amico Jake. Siete nati e cresciuti insieme, in condizioni normali dareste l’uno la vita per l’altra. Ma se io lo volessi, proprio in questo momento, potrei ordinargli di staccarti la testa, e lui non potrebbe sottrarsi alla mia Dominazione. Ti ucciderebbe senza esitare e poi trascorrerebbe il resto della vita a dannarsi. Stai molto attenta a come mi tratti quindi. Sento Leah tendersi e la blocco, seccato. Lei guaisce e mi fissa con rimprovero, ma capisco che ha capito. “Allora Jake?” Mi chiama Paul e mi distoglie dal ricordo dell’orribile adunanza ch abbiamo avuto ieri. Il nonno di Quil in pratica è un frustato perverso che godrebbe nel vederci tutti morti, visto che disonoriamo la leggi che lui tanto fermamente osserva, nonostante sia quasi il 2009. Che morisse. Potessi vorrei farlo io con le mie zampe. Sentire il cedevole tessuto della gola sotto gli artigli e poi il fiotto caldo del sangue, libero dalle pareti della carotide recise da un mio colpo secco. “Non ho seguito Paul, mi spiace.” Ammetto con un sospiro. “Sei incazzato ancora per ieri, vero?” “Eccome. Quanto vorrei poterlo fare fuori con le mie zampe, quel dannato vecchio!!!” “Potremmo rapirlo e darlo in pasto ai Cullen o a qualche altro vampiro.” Propone in tono spensierato. So che lui è incazzato almeno il doppio di me. Il vecchiaccio lo ha costretto ad attaccarmi e poi ha sbirciato nella sua testa, guardando tutto quello che voleva. Ha svelato a tutti i presenti che suo padre se la fa col suo migliore amico e questo ha distrutto Paul. Sono stato con lui tutta la notte e l’ho fatto sfogare. Gli ho detto che per noi non importa, che ciò non cambia quello che lui è per noi. Continueremo ad amarlo, indipendentemente da quello che fanno i suoi. Abbiamo parlato anche del suo odio per gli omo. “Non lo faccio apposta, ma proprio mi repellono. Mi fanno schifo. Li trovo così … assurdamente sbagliati!!! Fisicamente, concettualmente. Non c’è nessun valido motivo per il quale due uomini o due donne debbano coltivare qualcosa più di una semplice amicizia. So che può sembrare meschino, razzista e bigotto, ma è la mia idea. Probabilmente devo ringraziare anche per questo quel gran bastardo, non so. Ma so che è una delle idee più radicate in me.” Le sue parole sono state pressappoco queste, e starle a sentire è stato orribile, degradante, umiliante. Ho capito che rischiavo di perdere una delle amicizie più serie e fondamentali della mia vita. Ma d’altra parte, l’alternativa è la morte. Oramai la consapevolezza di me ed Edward è diventata parte integrante di me e centro della mia esistenza. Per cosa mi alzerei la mattina se non sapessi che ad aspettarmi c’è lui? Perché avrei accettato questa follia se non perché lo amo e lo voglio? Paul mi riscuote nuovamente dai miei pensieri, ma questa volta non ho perso il filo del discorso. “No, mi spiace, ma Angela è mia e me la tengo!!!” “Ma la corteggi per scommessaaaaa!!!” Sbuffa lui stappandosi una bottiglia di birra. “Ma ora ho scoperto che mi sta davvero simpatica, e ci voglio provare sul serio.” Ribatto, sorridendo. Lui sbuffa e si rintana nella poltrona. Sogghigno e, ignorando i suoi lamenti, mi sintonizzo sul canale dell’Nba, dove stanno per riprendere una partita importantissima.

Eccoci quaaaa!!! Visto che ho aggiornato in fretta??? È un capitolo di passaggio, ma accenna l'inizio di importanti svolte!!! Grazie a chi commenta, alla prossimaaaa!!!! Baci Ysis

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Capitolo 11
*** Temptations And Doubts ***


”Secondo me la vostra mamma sarà assolutamente entusiasta del regalo!!! Del resto è una persona di sicuro così sofisticata, visto il modo in cui decora le case, che non potrà fare a meno di apprezzare questo vaso!!! È classico e moderno allo stesso tempo, davvero originale, una meraviglia in una parola!!!” Le ciance di Jessica si stanno facendo davvero difficili da reggere. Non vedo l’ora di scaricarla a casa. Credevo che fosse impossibile, ma mi ha fatto venire il mal di testa con le sue chiacchiere insulse. Entriamo nel parcheggio e ci dirigiamo verso la Volvo. Non mi è mai sembrata più bella. Sistemiamo i numerosi sacchetti nel bagagliaio e poi io mi metto al volante. La macchina è surriscaldata dalla lunga permanenza nel parcheggio, dato che oggi pomeriggio sebbene il sole fosse coperto faceva piuttosto caldo, e quindi accendo subito il climatizzatore. L’odore di Jessica però è già riempito totalmente l’abitacolo. Aspiro una lunga boccata d’aria e rabbrividisco, questo odore mi stimola la sete in maniera incredibile. Faccio un cenno ad Emmett e lui è svelto a comprendere. Del resto anche per lui questa manciata di secondi è un inferno. Apre lo sportellino dalla parte del passeggero e tira fuori due, a prima vista normalissime, lattine di coca-cola. In realtà sono piene di sangue, le fabbrichiamo noi stessi con una parte del sangue che ricaviamo dalle cacce. Non si può mai stare tranquilli se si è vampiri vegetariani, la sete del sangue umano è facilissima da stimolare anche nei momenti più imprevisti e bisogna sempre essere pronti. Prendo la mia lattina e ne bevo un lungo sorso. Aaaah, che gioia. Il cervello mi si snebbia immediatamente e comincio a fare manovra. “Vuoi una lattina pure tu, Jessica?” Domando, incrociando il suo sguardo durante la retromarcia. “Oh, si, grazie mille!!!” Accetta lei. “Secondo ripiano.” Comunico telepaticamente ad Emmett, che si stava già domandando se non fossi diventato matto. Lui la prende, la apre e poi la porge a Jessica, che ne prende subito un lungo sorso. Continuo a vederla con la coda dell’occhio, anche durante la manovra. È uno spettacolo molto piacevole, vista la sete che stimola i miei istinti più elementari, cioè il nutrimento e il piacere sessuale. Una goccia le sfugge dalle labbra e le disegna un percorso piuttosto sensuale lungo il collo e poi attraverso la scollatura generosa. Mi lecco le labbra, ma cerco di concentrarmi sulla manovra. Io amo Jacob, lo so benissimo. Amo solo lui e non vedo l’ora di farci l’amore, anche se so che dobbiamo andarci cauti tutti e due. Non vogliamo sprecare nulla. Il sesso con questa umana chiacchierona sarebbe, appunto, solo sesso, cioè il soddisfare appetiti puramente fisici. Ma la sete di questo momento mi rende Jessica Stanley, che già normalmente ammetto essere davvero molto carina, una tentazione quasi irresistibile, sia per il pensiero del suo sangue caldo e deliziosamente stuzzicante nella mia bocca sia per quello del suo corpo pieno, tiepido e generoso premuto contro il mio. “Edward …” Mi richiama con dolcezza Emmett, che col suo istinto infallibile ha percepito i miei pericolosi sogni. Lo ringrazio con un sorriso e termino la retromarcia con un po’ più di lucidità. Intavoliamo con Jessica una conversazione circa la musica che le va di sentire in macchina e l’espediente si rivela abbastanza efficace. Per lo meno penso a qualcosa che non sia il suo collo abbronzato. Il cellulare trilla, segno che qualcuno mi ha mandato un messaggino. Faccio scorrere lo schermo piatto verso l’alto e lo leggo. È di Jacob e solo questo mi fa disegnare un sorriso enorme sul viso. Improvvisamente Jessica Stanley, che è viva qui dietro a me e che fino a pochi secondi fa avrei voluto possedere e uccidere, perde consistenza, come un sogno al risveglio mattutino. E da questo momento Jacob, nella mia mente, esiste più che mai. Gli manco, vuole vedermi. Dobbiamo parlare anche di alcune cose, ma principalmente gli manco. Batto in fretta una risposta. Anche lui mi manca, un sacco. Vorrei incontrarlo, il più presto possibile. La sua risposta non si fa attendere a lungo. Stasera, nella radura. Ripongo il telefono e guido per gli ultimi chilometri di ottimo umore e con un gran sorriso. In poco tempo arriviamo davanti a casa di Jessica e mi sembra quasi che l’ultima parte del viaggio, rasserenata dal messaggio di Jacob, sia passata molto velocemente e in maniera piacevole. Scendiamo anche io ed Emmett, la aiutiamo a portare tutte le cose acquistate in casa e poi la salutiamo. Mi sporgo per baciarla sulle guance e sento chiaramente il suo brivido provocato dalla nostra pelle fredda e dal mio odore. Dovrei stare più attento. Già oggi è stato tutto molto rischioso. Ma ho bisogno di un alibi a tutti i costi. Risaliamo in macchina e accendiamo la radio “Carina, non trovi??” Domanda Emmett “Sono stato bene oggi pomeriggio. È una ragazza di compagnia.” “Si, non è antipatica. Magari un po’ troppo frivola però fondamentalmente buona, e di buona compagnia.” “Usciremo assieme ancora?” Ha posto la domanda in questi termini, ma in realtà ho capito benissimo che intendeva “Uscirete ancora?” Emmett si è già interessato ad un’ umana, e la cosa non è finita per niente bene. Ha paura che la stessa cosa possa accadere a me. Sa che dover lasciare Forks per colpa mia sarebbe una cosa che mi segnerebbe un sacco e che mi sentirei in colpa per anni ed anni. “Penso di si. Ma sta tranquillo, fratellone. Ho la testa sule spalle e so benissimo quali sono i rischi del mio comportamento. È che, non so, mi andava di comunicare un po’ con gli umani, di starci un po’ assieme e riscoprire tutta quella parte di noi stessi che abbiamo dimenticato.” Annuisce convinto, so che certe sensazioni mancano molto pure a lui. “Se dovessi rendermi conto che questo tipo di rapporti sta diventando un pericolo li troncherò immediatamente, sta tranquillo.” “Va bene fratellino. Mi fido di te.” Sorride. “Dai fratellone, torniamo a casa. Non vedo l’ora di vedere la faccia di Esme per il nostro regalo. “D’accordo.” Metto una bella canzone dalla soundtrack del castello errante di Howl e sfrecciamo lungo i boschi.

Mi asciugo velocemente, dopo la lunga doccia. Mi tasto le guance e prendo la schiuma da barba. Stasera non voglio essere tutto ispido quando mi incontrerò con Edward. Col rasoio elettrico impiego poco tempo e la mia pelle è in poco tempo di nuovo liscia. E senza gli immancabili taglietti. Mi sciacquo e cerco, con orrore, qualche brufolo. Per fortuna sembra che i miei ormoni abbiano deciso di darmi tregua. Prendo il phon e mi asciugo i capelli, infastidito dal getto caldo. Da quando ci siamo trasformati io e i miei amici mal sopportiamo le fonti di calore. Non siamo mai stati particolarmente freddolosi, ma ora persino il pensiero di un maglioncino di cotone mi fa inorridire. Per fortuna con lui non ho di questi problemi. Il solo pensiero del suo meraviglioso corpo di ghiaccio basta a caricarmi di anticipazione … e apprensione. Lui è semplicemente così bello, sempre perfetto … io sono sempre un umano, dopotutto, e sicuramente sono pieno di difetti. Sconvolto da questa deduzione logica mi fiondo allo specchio e comincio a scrutarmi con crescente ansia. Ecco, il viso è un po’ troppo da bambino, con questa bocca che forse è un po’ troppo piena nel labbro inferiore. Il naso è dritto, di dimensioni normali. Spero. Gli occhi … ecco, quelli sono brutti. Troppo verdi, troppo scontati, dal taglio troppo banale. Sicuramente sono troppo vicini, o troppo lontani, troppo piccoli e con un espressione troppo feroce. La fronte è troppo piccola, i capelli sono spaghetti flosci, le mani sono enormi, con delle nocche rozze. Ecco, ora si che sono nel panico più completo. Mi siedo sul water, sconvolto, poi mi costringo a riflettere. Ho sempre avuto un discreto successo con le ragazze. Ed è probabile, visto il mio comportamento poco ortodosso, che le attirassi per l’aspetto fisico. Anche per quello, se non proprio solamente per quello. Ma sicuramente giocava un ruolo importante nella scorta delle mie armi da seduttore. Quindi forse non sono poi così brutto, sono semplicemente incappato in una bella crisi di sfiducia. Oppure quelle scialbe ragazzine non sono che un gruppo di superficiali, ciniche, femmine in calore. Magari volevano solo un duro nella lista delle loro conquiste. Una parte razionale del mio cervello, però, mi fa notare che anche Jared, Embry e Paul sono dei “duri”, ma che hanno un numero di amanti decisamente più esiguo del mio nei loro palmares. Forse però quelle ragazze erano attirate davvero dal mio aspetto. Va bene. Allora supponiamo sulla mia bellezza, almeno per i loro canoni. La domanda successiva, che la mia mente cinica non ha esitato a pormi, è: può il gusto estetico di una ragazzina ancora giovane e superficiale, mai uscita dallo Stato, essere comparato con quello di uno stupendo vampiro centenario, incredibilmente colto e saggio, magnifico a vedersi e che ha visto nella sua lunga vita le cose più meravigliose e rare? Come posso io, che sono un semplice ragazzone di diciassette anni, soddisfare le sue aspettative? Mi arrovello su queste domande per mezz’ora buona, poi, non senza una certa vergogna ed un enorme fastidio nei miei confronti, mi attacco al telefono e pochi minuti dopo Leah è materializzata nel mio bagno. Si inginocchia davanti a me e mi accarezza le mani con le sue, lunghe e curate. Sorride e comincia a parlare con la voce calda e rassicurante che so essere mia soltanto. “Jacob caro, è diventato così grosso ed importante lo spazio che Cullen ha preso nel tuo cuore?” Mi domanda sorridendo, con questo tono così da “mamma” che ha sviluppato apposta per me fin da quando avevamo appena sette anni e che spesso è stato la mia ancora col mondo, soprattutto quattro anni fa, quando sono rimasto solo. A quel tono non resisto, mi entra dentro e prende tutto quello che c’è, gioia, dolore. È tutto suo, forse perché io stesso lo sono. Così come lei è mia. In due minuti sto piangendo avvinghiato a lei, avvolto nel suo profumo, che è uno dei due che meglio conosco al mondo, consolato dal suo corpo, così bello, che agli altri ispira sesso, ma a me ispira solo puro ed incondizionato amore fraterno, ma soprattutto avvolto e confortato dalla sua sincerità, dalla sua mente, dalle sue idee e dai suoi ragionamenti. Leah. La mia migliore amica in tutti i sensi, la mia compagna fedele, la mia confidente insaziabile ed assoluta. Colei con la quale val la pena litigare solo per il gusto, poi, di fare la pace. La bambina vivace che giocava con me e si prendeva le mie colpe, anche se poi ogni tanto mi affibbiava pure le sue. La ragazzina, pochi anni dopo, che mi ha raccolto dal buio e dalla solitudine, che ha giurato a mia madre sulla sua tomba che avrebbe potuto riposare tranquilla, che ci sarebbe stata lei per me, sempre. La ragazza che pochi anni fa io ho strappato dal baratro e che ora è quasi una donna. La ragazza perfetta, ideale, bellissima, sempre qui al mio fianco, che porta una “J” incisa poco sotto il polso così come io, dallo stesso tempo e nello stesso punto, porto una “L”. Prima di Edward e persino durante Edward lei è, è stata e sempre sarà la ragione per la quale io sono e sto al mondo. So che esisto perché esiste lei. E so che lei esiste perché ci sono io. Non dice nulla, mi stringe solo. Sa che parlerò io quando me la sentirò. “È che … non so, mi sento così inadeguato. Sono così inadeguato. Sono solo un banalissimo essere umano io. Un indiano grande e grosso, non particolarmente intelligente, non particolarmente affettuoso, non particolarmente ricco, non particolarmente generoso, nulla di che. Poco interessante. Lui … ah, lui è così perfetto, e divino. Bellissimo, affascinante, incredibilmente acuto ed intelligente. Ricco. Interessante sotto ogni punto di vista. E oltre a ciò un cacciatore letale, un essere inattaccabile ed eterno, il nemico più temibile che si possa mai immaginare.” Mi trema la voce. “Io, ai suoi occhi, come posso sembrare anche solo degno di nota? Quando sparisco anche agli occhi dei miei stessi simili!!!” Abbasso lo sguardo afflitto. La perfezione del mio nulla si sta facendo dolorosamente strada in me. Leah si alza in piedi e mi prende le mani. Mi fa alzare dolcemente e dolcemente mi tira verso lo specchio. Mi fa alzare lo sguardo ad incontrare i nostri riflessi. “Posso dirti ciò che vedo io. E sai che dico il vero. Io vedo un ragazzo, alto, spavaldo. Un ragazzo grande e grosso, forte come una roccia. Fisicamente parlando con un corpo da favola, assolutamente stupendo, che attira le attenzioni e i desideri di uomini e donne. Vedo un corpo così massiccio, e rassicurante. Quelle braccia muscolose potrebbero dispensare, con eguale facilità, il più confortevole degli abbracci o il più forte dei colpi. Quelle spalle larghe sembrano in grado di sollevare una montagna, se lo desiderano, ma anche che vogliano convincerti a condividere con loro un carico di problemi, di qualunque tipo essi siano. Io vedo un corpo che ispira forza, certo, e anche caparbietà. Ma infonde anche sicurezza, tanta. Se salgo ancora vedo un viso. Un viso che è il più bello che io conosca. Seducente, affascinante, illuminato da una luce scintillante tutta sua. Labbra perfette, a puntino, capaci di inimmaginabili cattiverie o incredibile dolcezza. Un profilo nobile, zigomi delicatamente pronunciati, un naso elegante. Denti candidi, abbaglianti, capaci di frastornare con un solo sorriso. Capelli stupendi, lisci e lucidi come il piumaggio di un corvo, neri come l’ebano. Pelle di bronzo, senza un segno, levigata e morbida come seta pregiata. E, cosa più incredibile di tutte, un pio di occhi assolutamente sensazionali. Il verde più intenso del mondo, il colore di mille e mille prati e del mare in certi giorni. Taglio quasi felino, allungato, affascinante ed ipnotico. Occhi grandi e sinceri, schietti. Occhi che ti mettono davanti alla verità, non te la fanno sfuggire, ti costringono ad affrontarla. Occhi implacabili, a volte severi, a volte feroci. Dolci, soprattutto dolci. Occhi che spezzerebbero qualsiasi corazza, che smaschererebbero ogni bugia. Gli occhi buoni di una persona che è rara e forte e bella e pura come un diamante. Guardati allo specchio Jake. Non vedi ciò che vedo io?” La sua mano indica le nostre figure e, per un attimo, mi sembra di vedermi come lei e gli altri mi vedono, come se io fossi Quil, Embry, o chiunque altro e stessi osservando Jacob Black in piedi davanti a me. E Leah ha ragione. Ritrovo sul mio viso e sul mio corpo tutte le mie certezze, i complimenti che ricevo, i commenti dei miei amici e delle mie ragazze. Vedo su di essi la mia personale impronta, quella che gli ho dato pazientemente con gli anni esprimendo il mio modo di essere. Vedo tutta l’aggressività in me, la dolcezza e la bellezza che solo e soltanto Leah poteva convincermi di avere. Non mi vedo perfetto, non ancora, e menomale, perché io non voglio essere nient’altro che me stesso. Leah ha come al solito soffiato via le mie paure come se fossero nubi e portato un sole di certezze che ora si presentano alla mia mente salde. Amo Edward e la storia con lui voglio che sia vera, e seria. Leah, come al solito, è la mia ragione e la mia razionalità. Ho scoperto che posso dare moltissimo con me, il mio corpo e la mia anima. E che non è vero che cado nell’insignificanza. Leah mi abbraccia forte e io la stringo a me. “La mia vera forza sei solo e soltanto tu, Leah Clearwater,” Sussurro, baciandole la testa.

Holaaaa!!!! Sono in un ritardo vergognoso u.u chiedo perdonooooooooo!!!Che vi sembra di questa versione di Jake, così insicura? A me piace moltissimooo!!! *w* ma le fan siete voi, quindi dovete commentare voi e darmi i pareri. Ci conto!!! Spero di non aver fatto errori di grammatica, ma ho scritto questo caitolo stanotte e mi è piaciuto tamente che ho voluto pubblicarlo subito, senza ripensamenti, correzioni e robe varie. Ringrazio moltissimo le mie due nuove lettrici e le care, affezionate, fan fedeli...siete meravigliose, vi ringrazio molto!!!! A presto, lo prometto (come al solito, ma l'intenzione c'è n.n) Baci, SoRrOw

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Capitolo 12
*** Troubles ***


Imprimo un estremo sforzo nelle mie gambe e percorro gli ultimi chilometri che mi dividono dalla radura. Sono andato a nutrirmi ad Epping Rocks, così ho potuto studiare per bene la foresta. Domani c’è il sole e io ed Emmett ci sfideremo. Sono ragionevolmente certo della mia vittoria, a dire il vero. Sono più veloce e anche se gli animali non pensano veri e propri concetti il loro istinto trasmette al cervello input che io riesco a rilevare con la telepatia. E il fatto che abbia catturato io tutte le prede significa che ne ho studiato le abitudini. Emmett sa tutte queste cose, ma lui punta a dimostrare l’efficacia della sua forza bruta e del suo infallibile istinto animale, ritenendoli meglio del ragionamento. Mi torna in mente il pensiero di Jessica nella mia auto e una scossa di vera e propria eccitazione mi attanaglia lo stomaco. Lei è così calda, così profumata. Oggi, in macchina, il suo sangue urlava per me. Mi fermo un secondo ad indugiare in una fantasia dove io mi giravo e le poggiavo la mano sul seno sinistro, così meravigliosamente pieno, così irresistibilmente sodo, così  dannatamente e pericolosamente vibrante di vita e nutrimento. Immediatamente dopo mi sento uno schifo: non solo sto progettando di uccidere una ragazza nel fiore degli anni,ma sto anche pensando di tradire il ragazzo di cui mi sono innamorato. Odio essere così.  Così superficiale, così schiavo. Schiavo della sete, della noia, di ciò che sono. È tutto così, uguale, tutto così irrimediabilmente meccanico e ripetitivo. I colori non esistono più, non esistono più i sapori né i suoni. Percepisco tutte queste cose con gli occhi, anzi le vedo molto meglio di chiunque al mondo, ma essere così sofisticato è tremendamente sterile. Il Mondo Reale è terribilmente lontano da noi. Atterro vicinissimo al confine Quileute e aspetto dondolandomi nervosamente da una gamba all’altra. Jacob si sta avvicinando, lo sento chiaramente.

Edward è già nel bosco, lo sento bene, quindi imprimo più slancio con le zampe. Amo correre. Fare attività fisica, di qualsiasi genere, mi è sempre piaciuto, ma ora che ho a disposizione questa nuova forma è davvero esaltante. Non mi stanco mai, non mi fermerei mai, posso sempre andare un po’ più veloce o arrivare un po’ più lontano, o saltare un po’ più in alto. È un sogno. Rallento gradualmente e arrivo al ruscello che taglia il confine trotterellando Vedo Edward sull’altra sponda e gli dedico un sorriso canino, poi mi muto e lo raggiungo. È con un certo imbarazzo che gli do il nostro primo bacio ufficiale sulle labbra e mi sento timido ed impacciato. Probabilmente sono pure arrossito. Ma sono tanto felice di stare con lui. E i problemi di cui mi ha accennato prima al telefono mi sembrano già piccoli e semplici da evitare. Al momento non c’è al mondo cosa più bella e importante per me della persona che ho davanti. Gli stringo una mano felice e andiamo a sederci in una zona più riparata. Lo fisso di sottecchi, ogni tanto, e la sua bellezza mi colpisce sempre una volta di più. Mi sento un po’ una ragazzina frivola al primo appuntamento. Ci accomodiamo sull’erba e cominciamo a discutere sui problemi che sono appena emersi. I Cullen si sono accorti della nostra esistenza, sa che ci siamo risvegliati, conoscono il nostro odore. Carlisle ha proibito ogni contatto che non sia necessario. Va bene. Sarà complicato ma ce la faremo. Dovremo solo essere prudenti al cento per cento. È importante coltivare la nostra copertura delle ragazze posticce, perché i Volturi potrebbero decidere di fare un sopralluogo adesso che siamo stati scoperti. Si sa che braccano sempre i Cullen. Dobbiamo anche essere molto cauti sul dove incontrarci, la foresta è troppo vicina e qualche curioso potrebbe sempre trovarci. Le distanze non sono un problema per noi, possiamo tranquillamente vederci anche in un posto a mille chilometri da qua.  “Perfetto, grazie.” Mi sussurra all’orecchio, baciandomi l’angolo della bocca. Trattengo un sospiro e mi appoggio con la schiena contro di lui. Inaspettatamente mi stringe tra le braccia e comincia a darmi piccoli baci freschi sul collo. Mi sento in Paradiso. “Sono davvero felice di stare con te Jacob.” Sussurra.

E lo sono davvero. Questo ragazzo mi da tutto, la pace, la vivacità, l’affetto. Mi sembra impossibile pensare quanto fossi sempre annoiato e depresso prima di conoscerlo. Voglio stare con lui, la Stanley non sarà un problema, la sete non sarà un problema, nulla sarà un problema. Voglio lui. Che s’impicchino i Volturi con le loro lotte assurde, che s’impicchino i vampiri, i licantropi, i loro stupidi patti. Sono davvero stufo di fingere, di sentirmi in colpa di fare finta di stare bene. Esme aveva ragione. La mia svolta è arrivata e io non voglio rinunciarvi per nessun motivo. Ho passato cento anni umani a nascondermi, ora voglio vivere come vivevo prima.

Hem, eccomi di nuovo!!!
Il capitolo è cortissimo, lo so, ma voleva essere un atto di scusa! Non aggiorno davvero da troppo tempo e la cosa non mi andava per nulla giù. Come già detto nelle mie altre FF avevo dei motivi,  computer rotto, malattia, studio, ma sono anche stata pigra e di quest mi scuso con tutte le persone che mi seguono. Spero davvero di non aver perso tutti i sostenitori che avevo. Comunque io continuerò a seguire questa storia, quindi se vorrete continuare a leggerla e commentarla mi farete un grosso piacere! A breve arriverà un nuovo capitolo!

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Capitolo 13
*** Foward To Time Past I ***


Al suono delle sue parole il cuore mi batte fortissimo in gola e nei polsi, oltre che nel petto. Sento un grande, dolcissimo, calore. Mi sento amato, anche se forse è troppo presto per parlare di certi sentimenti, amato da Edward. Mi volto verso di lui cercando di mantenere il controllo e lo guardo a lungo in quegli occhi ambrati così belli. “Sono anche io molto felice che tu sia qui, e di essere con te.” Rispondo, sperando di non essere troppo formale. Non ho mai avuto un ottimo controllo sulla gestione dei miei sentimenti, non so bene come comportarmi quando non faccio il bullo. Mi sento arrossire come un bambino. Edward scoppia in una risata argentina e poi, sempre tenendomi la mano delicatamente, si sdraia sull’erba, che è ancora di un verde molto intenso. Il sorriso non è sparito dal suo volto. Sento le mie labbra stendersi e mi stendo anche io, vicino a lui. Con i sensi da lupo riesco a percepire la sua freddezza e il suo odore antico e mi perdo in mille pensieri sconnessi, privi di logica e lenti. Sono totalmente rilassato ed appagato. Io, il ragazzo turbolento che non può sopportare di stare fermo e tranquillo cinque minuti, il ragazzo col fuoco dentro, che gira inesorabile alla ricerca del prossimo giro o della prossima rissa, sono sdraiato sull’erba leggermente umida e profumata, accanto al mio ragazzo, e osservo il cielo dai varchi delle chiome degli alberi. Fermo, immobile. E felice di esserlo. Manca un piccolo dettaglio, poi potrò chiamare questo attimo “Paradiso.” Senza neppure aprire gli occhi prendo il pacchetto di sigarette dal giubbotto e ne accendo una. Tiro una lunga boccata e sento il sapore della nicotina in gola e il fumo che volteggia nella mia gola, leggero e piacevole. Sento che Edward annusa con insistenza l’aria e mi do subito dello stupido: Non gli ho neppure chiesto se il fumo gli da fastidio!. “Non è così.” Mi rassicura lui, carezzandomi la schiena con una mano fresca. Mi stendo nuovamente, rassicurato ma anche sbalordito “Ma non avevi detto che la mia mente ti era preclusa?” Domando fingendomi irritato e continuando a fumare. (Alzi la mano chi ha capito che l’autrice ha una voglia matta delle sue amate Black Devil che occhieggiano nere e profumate dalla borsa xD) Edward apre gli occhi un istante e mi sorride. “Infatti è così. Ma io sono un attento lettore non solo di menti ma anche di atteggiamenti. Amo l’odore del tabacco” Aggiunge poi, passandosi l’altra mano tra i capelli ramati. “Mi ricorda la mia infanzia. È un bel ricordo. Sono fortunato a possederlo ancora.” “Perché ancora? Non hai un super cervello?” “Quello è talento naturale,sai …” Replica lui con aria strafottente. “Hai ragione, tutti i vampiri possiedono un’enorme intelligenza e memoria, posto che siano intenzionati a svilupparle. Però le nostre vite precedenti con la rinascita sbiadiscono e rimangono solo alcuni ricordi netti. Non saprei descriverti un’azione che ho compiuto dai dieci anni in poi. Ricordo perfettamente però che, da quando avevo circa cinque anni, ho amato guardare mio nonno arrotolarsi le sigarette e fumarle. Ricordo anche che avevo il fortissimo desiderio di fumare anche io, una volta che fossi stato nell’età giusta. Purtroppo non la raggiunsi mai.” Conclude con un sorriso. Il modo in cui parla della sua morte, in maniera così tranquilla e quasi indifferente, mi fa uno stranissimo effetto. Sto a lungo in silenzio e capisco che mi sta studiando. Vorrei fargli una domanda ma temo di essere scortese. Sembra morbosa già nella mia testa, figurarsi a pronunciarla!!! Alzo lo sguardo e vedo il suo sguardo, ancora perplesso e ora concentro. Sorrido e mi faccio coraggio. “Ti risparmio la fatica, Indovino. Come è successo? Cioè, come hai fatto a ..” Lascio in sospeso la domanda ma non ho il minimo dubbio che abbia capito.

Sorrido, siamo già al punto delle Grandi Rievocazioni. Mi tiro a sedere e mi appoggio alle braccia, raccogliendo le idee. Ogni tanto un raggio di luce mi fa splendere e vedo che Jake è incantato da quell’effetto, ma che continua ad aspettare una mia risposta. Poco male, ho sempre amato parlare di me. “La mia prima nascita risale al 20 Giugno 1901, a Chicago. La seconda è avvenuta sempre a Chicago, ma nel 1918. Avevo diciassette anni e stavo morendo. La spagnola stava imperversando, in America come in tutto il mondo. Mio nonno è stato il primo della famiglia a morire e pian piano tutti i Masen lo hanno seguito. Io ero l’ultimo e avevo i momenti contati. Lo sapevano tutti, dottori infermieri, lo aveva capito anche mia madre, prima di morire. Era Carlisle, già vampiro da almeno due secoli, a prestarci soccorso nel grande ospedale. Mia madre lo aveva colpito per la sua forza di determinazione e nonostante ci fossero più di mille pazienti nell’ospedale si ricordava sempre di visitarla. Si era ripresa e sembrava pronta a venir dimessa quando ebbe una ricaduta tremenda che la debilitò totalmente. Mio padre era già morto e lei si sentiva esausta e incapace di continuare e guarire. Ciononostante mi visitava ogni giorno, piangendo per la mia sorte. Ero davvero molto grave e tutti credevano sarei morto prima di lei. Fu in una di queste visite che percepì Carlisle per quello che era e lo supplicò di salvarmi, di rendermi invulnerabile come lui. Gli fece promettere che mi avrebbe mutato e che non mi avrebbe abbandonato una volta nato. Poi morì. E Carlisle fece esattamente ciò che aveva promesso. Mi fece nascere di nuovo. La forza di mia madre lo aveva convinto, ma lui già da tempo si sentiva troppo solo. Desiderava qualcuno accanto a sé, qualcuno che in quel modo potesse salvare dalla morte. Mia madre fu lo sprono decisivo. Era sera, quello lo ricordo perché sentivo la frescura. Un’ombra scura mi si avvicina. Io penso che sia una delle infermiere o un dottore, e non mi sbaglio. Carlisle si avvicina, si abbassa su di me. Bisbiglia qualcosa che no comprendo e poi è un mare di fuoco.” Mi interrompo per sbirciarlo, voglio vedere le sue reazioni. Jake non è disgustato né terrorizzato, solo molto interessato. Siede abbracciando le ginocchia con le braccia e poggiando sopra esse il mento. Con un gesto mi indica di proseguire il mio racconto. “Diventare vampiri è davvero molto doloroso Jake.” Rivelo, prendendogliela. Il suo calore mi renderà più facile il racconto ora. “È come se una palla di ferro ti fosse lanciata dentro e schizzasse qua e là come in un flipper, spezzandoti le ossa e lacerandoti i nervi, i muscoli, le carni. Il sangue, ogni goccia, diventa fuoco e veleno. Lacera, brucia e scioglie, poi evapora, attaccando tra loro i nervi impazziti e facendoli scontrare con mille cose indefinite che li torturano e torturano te. Questo martirio dura due o tre giorni, poi tutto finisce. Certi vampiri patiscono più, altri meno. Io ho avuto due giorni d’agonia, poi mi sono svegliato.” Serro la mano su quella di Jake, inorridito dal mio primo ricordo della mia nuova vita. “Non devi continuare se non te la senti Edward …” Sussurra, avvicinandosi a me e carezzandomi dolcemente l schiena. Mi calmo subito. “E lasciarti così in sospeso? Non sia mai!!!” Esclamo. “Il mio primo ricordo da vampiro è …. Disorientante e spaventoso. Mi sono di colpo reso conto di essere sempre stato cieco, sordo, paralizzato. Con i miei sensi sentivo TUTTO, ogni cosa. Percepivo la Vita stessa. In ogni cosa, lontana o vicina. Palpitava in tutto, tranne che in me. Ero morto. Eppure non lo ero. Carlisle mi spiegò cosa ero diventato e fu un trauma. Rimasi con lui, ad ogni buon conto.  Se lo avessi abbandonato sarei diventato un selvaggio mangia uomini. Però era dura. Il sangue animale non è in grado di soddisfare la nostra smania, la nostra sete. Ci mantiene in forze, ci da razionalità, ma non soddisfa la nostra natura, ciò che siamo. Il sangue umano invece …” Chiudo gli occhi e serro la mano di Jake in una presa ferrea. Jessica Stanley e il suo profumo delizioso, Bella Swan e il suo odore fantastico. Un morso di sete mi brucia la gola e scuoto violentemente la testa per liberarla da certi pensieri. Non sono mica una bestia. “Scusa, mi sono lasciato trasportare …” Dico al mio ragazzo con aria colpevole. “Dicevamo? Ah, si, il sangue. Non sopportavo le imposizioni di mio padre, ero ancora un neonato e per circa tre anni dalla nostra nascita, o dalla nostra morte a seconda dei punti di vista, siamo creature diverse da quello che sono io oggi. Più letali, più forti e veloci.  Completamente senza anima, o meglio, raziocinio. Il sangue in quel periodo è l’unica cosa per la quale viviamo. Il nutrirsi è molto più complesso che per gli umani. Non solo è più disgustoso, questo non esito ad ammetterlo io stesso, ma è anche più colmo di significati. Con l’evoluzione il nutrirsi per voi vuol dire andare al supermercato e comprare frutta, carne, verdura. È semplicemente prendersi cura del vostro corpo. Per i vampiri, invece, dissetarsi è tutto. La lotta con la preda, la propria affermazione in un mondo che ignora la nostra esistenza, la ragione di vita. È tutto veloce nel mio mondo, tutto annoia troppo in fretta. Ma dissetarsi è una gioia ogni volta, e sempre una nuova nascita. Ogni volta è diverso, tremendo e delizioso assieme. È un’esperienza che non so davvero come descrivere.” Mi schiarisco la voce, imbarazzato. “In breve, vista la mia giovane età e dato che mio padre aveva trovato in Esme una compagna per l’eternità, scappai da loro. Per circa un anno vissi come un giustiziere, ripulendo dalla feccia i bassifondi di grandi e piccole città. Ma mi sentivo solo e avevo orrore di ciò che stavo diventando. Ritornai dai miei genitori e vissi con loro. Sperando di calmare il mio spirito irrequieto mio padre creò Rosalie, mia sorella, affinché divenisse per me ciò che era per lui Esme . Non funzionò mai, io lei fummo da sempre solo ottimi amici. Pochi anni dopo lei salvò Emmett dalla morte e Carlisle lo rese uno di noi. Alice e Jasper sono arrivati per ultimi, già come una coppia. Lei lo aveva salvato da una sorte peggiore della mia e aveva Visto in noi la speranza per entrambi. In tutti questi anni ho letto e studiato molto, mi sono laureato due volte in medicina, ho imparato una dozzina di lingue. Ho scritto musica e ne ho sentita per ore ed ore. Ho suonato il violino e il pianoforte, ho fatto scommesse con i miei fratelli, ho studiato gli umani e ho viaggiato. Insomma, ho occupato il tempo della tu attesa in molti modi.” Sussurro, sentendomi un po’ smielato ma essendo totalmente sincero.


Eccomi ancora!!! Ho deciso di cercare di pubblicare capitoli magari corti ma costanti xD Tanti auguri a tutti di buona pasqua!!! Visto che finalmente Edward non è più immusonito? Baci a tutti!!!

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Capitolo 14
*** Foward To Time Past II ***


Osservo Edward a bocca aperta, felice ed imbarazzato da ciò che mi ha appena detto. E molto colpito dalla sua vita. “Tu sei sempre così … interessante. La mia vita è piuttosto ordinaria invece …” Lui sorride. “Io non lo credo.” “Giuro, ti addormenteresti dalla gran noia dopo due minuti!” Sorrido stendendomi sull’erba e sbuffando fumo. Edward mi osserva. “Mettimi alla prova …” Sussurra, sfidandomi. Apro un occhio ma mi rendo conto che è serio. Cavolo, mi sono ficcato in un bel pasticcio. Odio parlare di me. “La mia vita è un gran casino …” Comincio cercando di prendere tempo. Edward si avvicina e si sdraia su di me, baciandomi la guancia. “Dai, per favore …” Ora il collo. Accidenti a lui e ai miei ormoni che impazziscono alla sua minima provocazione. Alzo lo sguardo al cielo, imbronciato, per vedere di trovare un’ispirazione dalla quale partire. Decido di mantenermi sul classico. “Allora … Sono nato il 14 Gennaio 1990, nella riserva Quileute. Mia madre si chiamava Chantal(I nomi che non mi piacciono e non sono importanti li ho cambiati, originariamente mi pare che la madre di Jack si chiami Sarah e i Genitori di Leah Sue ed Harry) mio padre è Billy, le mie sorelle Rebecca e Rachel. Mia madre è morta in un incidente in macchina quando avevo circa undici anni e per più di un anno non ho aperto bocca. È stata Leah che, passo dopo passo, mi ha fatto ritornare in contatto con il mondo. Ho cominciato presto con le zuffe, i problemi con la disciplina e tutto il resto. Sono sempre stato piuttosto ribelle, fin da piccolo.” “Quanto è che la conosci? Siete molto amici.” Domanda Edward, posandosi la testa sulla mano sinistra e osservandomi. “Siamo molto più che amici, a dire il vero. Lei è la sorella che mi sono scelto anni e anni fa. I genitori di Leah si sono separati piuttosto malamente quando lei aveva cinque o sei anni e così mia madre, impietosita, la invitava spessissimo a casa nostra, perché non fosse eccessivamente turbata dalle loro urla e dai litigi e potesse stringere amicizia con le mie sorelle. Invece siamo stati io e lei a diventare subito amici per la pelle. Facevamo una quantità incredibile di danni, rompevamo praticamente tutto ciò su cui posavamo le mani ed era un continuo prenderci l’uno le colpe dell’altro o, se avevamo bisticciato, scaricarle tutte addosso all’altro. Frequentava a tal punto casa nostra che per mia madre era diventata la quarta figlia e lei, per Leah, una madre a tutti gli effetti. Ricordo come a volte gliela trovavo addormentata in braccio , se i suoi a casa avevano avuto un litigio particolarmente acceso e si erano poi rifatti su di lei. A me non dava fastidio, anzi ero contento che lei stesse bene perché sapevo quanto fosse grande il suo dolore e non volevo che soffrisse. Ma le mie sorelle odiavano Leah ed erano molto gelose dell’affetto che lei stava sottraendo a mia madre. Cominciarono a maltrattarla di nascosto, facendole scherzi sempre più pesanti e cattivi. Anche se non mi disse mai nulla io lo scoprii ugualmente e presi da subito le sue difese, contro la mia stessa famiglia. Crescemmo e i dispetti continuarono sempre peggio, finché non ci fu la frattura definitiva. Ci fu un litigio terribile dove tutte le angherie tra le mie sorelle, Leah e me vennero fuori e che si risolse con Rachel che partiva con il suo ragazzo alla volta di Samoa e Rebecca che si trasferiva da una sua amica. Per un bel po’ Leah non si fece vedere e allora fu mia madre ad andarla a cercare. La trovò da una vecchia zia di sua madre, malata, alla quale lei era molto affezionata e che stava accudendo meglio che poteva. Le disse che le spiaceva avere due figlie tanto stupide e che sperava che gli altri suoi due figli sarebbero stati più amorevoli. Sistemata con il nostro aiuto la zia, Leah tornò da noi e tutto fu assolutamente perfetto per più di un anno. A questo punto i miei genitori furono coinvolti nell’incidente. Un tizio ubriaco falciò la macchina una Domenica mattina, mentre i miei andavano a fare un pic-nic da soli. Mio padre si trasformò e portò in salvo mia madre, ma aveva delle ferite troppo gravi e morì poco dopo. Per lui il dolore fu talmente grande che da allora non si è mai più trasformato, e per questo alcuni membri della tribù lo vedono di mal’occhio. Ad ogni modo lui soffriva troppo per potersi curare di me nella giusta maniera, così mi trasferii da Leah e da sua zia Vivemmo assieme per tre anni, poi lei morì, lasciando Leah erede universale. Mio padre assunse la sua tutela, permettendole di conservare l’eredità perseverandola dalle follie dei suoi genitori, e io tornai a casa. Ma tutto era cambiato. Io e mio padre non ci consideravamo quasi, non per mancanza di affetto, ma di forza. Cominciai ad uscire con Leah, che da allora ha sempre vissuto in quella casa, e a fare casino con lei. Man mano a noi si sono uniti gli altri ragazzi e siamo diventati padroni della riserva e le sue pecore nere. Amiamo disturbare, fare casino, scocciare i “grandi.” È una specie di fuga dalla realtà, lo so bene, e anche un modo per far notare noi indiani, ma ci va bene e ci piace essere temuti. E poi all’interno del gruppo è diverso, è tutto più facile. Non affronti mai le cose da solo, se è un vero gruppo come il nostro. E se qualcuno ha un problema si è in tanti a farglielo notare e ad aiutarlo. Se si è soli in due è tutto più difficile …” Lo scruto di sottecchi e vedo che è interessato e dispiaciuto. Arrossisco. “Beh, Detta così sembra che io abbia vissuto tragedie su tragedie, e in effetti non ho avuto una vita molto allegra, ma non e mai stata davvero così dura. Perché alla fine avevo Leah al mio fianco e lei è davvero tutto.” Non riesco ad evitare di sorridere pensando a lei e al rapporto unico che ho con la mia migliore amica. “A quanto pare ho una rivale.” Commenta Edward ma col sorriso in faccia. Menomale. So benissimo anche io che il mio legame con Leah da adito a pettegolezzi di vario genere e in effetti, se dovessi renderlo in una maniera abbastanza intensa a parole, direi senza ombra di dubbio che la amo infinitamente e che lei ama me. Non come fidanzati, ma come persone, e faremmo davvero tutto l’uno per l’altra. Lo abbiamo già fatto, molte e molte volte. “Non è facile da spiegare e lo è ancora meno da capire per chi non lo vive, ma Leah è tutto per me, davvero, anche se non la amo. Senza lei la mia felicità è incompleta. Con lei il dolore non è mai troppo da non poter essere sopportato. Daremmo la vita l’uno per l’altra perché siamo l’uno i punti fisso dell’altra.” Mi sdraio di nuovo sull’erba e appoggio il viso sulla mano, fissando Edward negli occhi. Per me è davvero MOLTO importante che capisca questo punto perché è parte integrante di me. “Sai già delle infanzie mia e di Leah. Non sono state facili, per nulla. Ma ci hanno dato l’una all’altro e ci hanno messo nella condizione di esserci sempre per l’altro, anche se presi dai nostri problemi. Quando mia madre morì Leah si trasferì da sua zia per lasciare a me e a mio padre l’intimità del nostro dolore, ma era preoccupata per come l’avevamo presa. Anche lei soffriva immensamente, ma sapeva cavarsela e inoltre aveva la zia accanto a lei. Io e mio padre invece eravamo allo sbaraglio, sia per quel che riguarda la sfera emotiva sia quella pratica. Ci dimenticavamo di mangiare e di lavarci, dormivamo o stavamo in catalessi per ore e questo era tutto. Leah aveva un brutto presentimento e appena poté venne a trovarci. Trovò la casa semi abbandonata, trascurata oltre ogni dire, e noi due che vagavamo come spettri, sporchi, senza aver mangiato e senza emettere un suono. All’inizio provò a pulire e cucinare per noi, ma occupavamo troppo del suo tempo e rischiava di trascurare la zia, che stava peggiorando nella sua malattia. Allora si decise a portarmi con sé, ma non aveva abbastanza soldi per comprare due biglietti dell’autobus. Mi ha preso per mano e mi ha trascinato fino a casa di sua zia. Qua mi ha sfamato e lavato i vestiti. Mi ha messo sotto la doccia ma quando ha visto che non mi muovevo è entrata anche lei e mi ha lavato. Lentamente, stando con loro, ho cominciato a muovermi un po’ e ad essere quanto meno autosufficiente,  ma ancora non riuscivo a parlare. Leah ha tenuto duro un anno, poi una sera mi ha messo in mano un mazzo di fiori avvolto in carta di giornale e mi ha preso per mano. Mi ha portato fino al cimitero e poi fino alla tomba di mia madre. Mi ha costretto a inginocchiarmi davanti a lei e mi ha fatto mettere i fiori nel vaso. “È morta Jake e noi non ci possiamo fare nulla. Però non mi abbandonare anche tu. Io so di non essere molto brava a cucinare e nelle faccende di casa, ma posso sempre migliorare. Però stai con me. Perché se te ne vai anche tu a me cosa resta? La zia Evangeline che sta morendo e poi? Poi più nulla.” Si è seduta vicino a me e si è abbracciata le ginocchia, poi ha cominciato a piangere. E in quel momento, non appena ho visto quanto soffriva anche lei, mi sono come risvegliato e sono riuscito ad esprimere il mio dolore, piangendo anche io e provando a consolarla. Non avevo ancora pianto per mia madre e riuscii a dirle addio solo perché c’era Leah lì con me. Siamo rimasti per ore lì a singhiozzare e a farci forza, e prima di andare via Leah ha giurato a mia madre che avrebbe badato lei a me e di non preoccuparsi. Abbiamo vissuto alla grande per tre anni, poi però sua zia è morta e noi ci siamo ritrovati nei guai. Leah rischiava, non avendo l’età per possedere una casa, che finisse tutto in mano ai suoi genitori e di dover tornare a stare con loro. Non potevo permetterlo, dopo tutto quello che aveva fatto per me. Allora un giorno andai a parlare con mio padre. Discutemmo a lungo e lui si scusò molto dell’atteggiamento che aveva avuto. Mi disse che sarebbe dovuto essere un padre più forte, una persona più forte, ma che dopo la morte di mia madre tutto aveva perso senso per lui. Accettai solo in parte le sue scuse e solo perché mi serviva il suo aiuto: oramai avevo imparato a fare a meno di tutto e di tutti tranne che di Leah ed era proprio per preservare lei che mi rivolsi a Billy. Mio padre divenne formalmente il suo tutore, e anche adesso continua a preservare i suoi beni dalle idiozie di Cyndra ed Edgar. Leah abita là da allora e io, sebbene avessi deciso di tornare a casa per i problemi di salute di mio padre , ho cominciato a passare sempre più tempo là. Era fantastico, potevamo fare quel che volevamo come volevamo, quando volevamo. Leah era finalmente libera di vestirsi, pettinarsi, truccarsi come voleva e il risultato lo vedi ancora adesso.” Rido pensando ai suoi primi tentativi. “In breve io e lei divenimmo un po’ due idoli carismatici della riserva e attirammo l’attenzione di un altro gruppo di indiani, quello capeggiato da Sam. Ci siamo scontrati e abbiamo fatto amicizia, siccome nessuno dei due riusciva a prevalere sull’altro, così i due gruppi sono diventati uno solo. Probabilmente il gruppo più disapprovato e criticato della zona. Ci piace divertirci e fare casino.” Concludo semplicemente. Edward ride. “Bullo.” Mi prende in giro il mio ragazzo ridendo. Lo osservo di sottecchi, sembra un angelo. Penso a quanto Leah mi abbia aiutato anche in questo, nel non sminuirmi davanti a lui, e sorrido, cercando la cicatrice sul mio polso destro. Una Elle per sempre. Edward segue il mio sguardo e nota il segno. Capisco che è curioso e che vorrebbe chiedermi ma lo vedo desideroso di rispettare la mia privacy e questo mi convince ad aprirmi con lui anche su questo fatto, che è noto sinora a solo due persone al mondo. Una sono io, ovviamente, l’altra è colei che mi ha marchiato questa lettera nella carne. “Avevamo quattordici anni, il gruppo era formato da qualche mese ma già ben solido e famoso. Leah era da poco cambiata secondo il proprio gusto ed attirava parecchie attenzioni, di vario genere come puoi bene immaginare. Per lei non era un problema, ha sempre saputo come difendersi e quando qualcosa si spingeva troppo in là bastava la sua forza. Divertirci però era difficile a quei tempi, nessuno era abbastanza grande per comprare alcool o sigarette e quindi ci infilavamo in bar e pub malfamati, se volevamo sballarci. Una sera Leah rimorchia un tizio, Jeff, che ha circa ventidue anni e sa come divertirsi e non si fa problemi a procurarci ciò che gli chiediamo. Leah si innamora di lui pazzamente, in maniera patologica ed irreversibile. Si stacca da noi, da me, e comincia a girare solo con lui e con il suo gruppo. Ci evita, non ci risponde. Gli altri dopo un po’ se ne fregano ma io non posso. Faccio indagini, chiedo in giro, e scopro tante belle cose. Jeff è uno spacciatore, sospettato di ricettazione e sfruttamento della prostituzione. Mi preoccupo, ne parlo con Leah ma lei mi aggredisce e non mi vuole ascoltare. Mi accusa di essere solo un egoista geloso e di volerla tenere solo per me. Mi scaccia e io fingo di stare al gioco, ma solo davanti a lei. Comincio a seguire lei e il suo gruppo, a quell’epoca ero più basso e magro e riuscivo a farmi passare inosservato. Una sera entrano in una discoteca, io faccio scatenare una rissa e mentre sono tutti distratti entro nel locale. Trovo Jeff e la sua cricca in un privè. Davanti a loro tante, tante bottiglie di alcolici di ogni genere vuote. Lui ha Leah in braccio e la sta costringendo a finire una bottiglia di vodka in un sol sorso. Lei sta male, è già parecchio ubriaca, ma non si tira indietro. Finisce la bottiglia e Jeff la bacia, poi comincia a toccarla, lì tra le risate generali, davanti a tutti. Leah prova a ribellarsi ma è troppo stravolta e i suoi tentativi si riducono a una serie di lamenti. Jeff dopo un po’ si stufa, sbuffa e tira fuori un sacchetto di roba bianca e un cd. “Avanti marmocchia, so io cosa ci vuole per te.” Le dice, sprezzante. Prepara una lunga striscia di coca e poi preme la testa di Leah, della mia Leah, contro quella merda e la costringe a sniffarla. Tremo di rabbia, vorrei poter fare qualcosa ma sono solo, non risolverei nulla. Leah emerge dal pianale del tavolo dopo quelle che mi sembrano ore. Ride, ma ha gli occhi vuoti e quando Jeff riprende quello che aveva cominciato prima, lei piange silenziosamente. La notte è ancora lunga e i ragazzi si vogliono divertire, ma Leah non ce la fa, sta troppo male. Jeff la insulta, poi la lascia lì dov’è e se ne va. Io esco dal mio nascondiglio e la prendo in spalla, la porto fino a casa, la faccio vomitare  e poi l’affronto. Le dico ciò che ho scoperto, lei mi accusa di nuovo. Dice che lei ama Jeff, che lo amerà sempre e che lui sa quel che fa. Mi scaccia da casa, ma io non demordo e non demordo neppure quando Jeff, saputo che ronzo attorno alla mia amica, mi fa massacrare dai suoi scagnozzi. Continuo a seguirla ed è un bene perché è sempre peggio. Ora Leah non tira più, si fa direttamente in vena. E Jeff comincia a pretendere soldi in cambio delle dosi. Leah ruba nei negozi dei dintorni, con le mani ci sa fare e per fortuna non la beccano mai, ma a lui non basta mai. Le dice che se non porta più soldi dovrà lasciarla senza droga e lei non può accettarlo. Allora le propone la prostituzione. E lei ci pensa su. Non appena lo scopro la cerco e l’affronto di nuovo, le dico se non ha più un briciolo di rispetto e di amore per e stessa. Lei fa la dura, mi dice che lei appartiene a Jeff e che è lui a decidere che fare di lei, a lei starà bene comunque. Le tiro uno schiaffo, forte, poi le urlo addosso per mezz’ora. Concludo dicendole di fare quello che vuole. E la abbandono. O almeno, così le faccio credere. In realtà non la perdo di vista. Dopo un paio di giorni piomba a casa mia, in lacrime. Ha denunciato Jeff, la polizia ha sequestrato il loro appartamento e tutta la droga e lei non si fa da oramai un giorno ed è al limite. Una crisi d’astinenza la prende proprio mentre è lì con me e io non mi tiro indietro, le preparo una tisana calmante, bado che non si ferisca accidentalmente e mi faccio graffiare quando gli spasmi sono troppo forti. Quando finalmente le è passata la porto a casa sua e mi prendo cura io di lei questa volta, trasferendomi da lei. Curarla dalla dipendenza è stato molto difficile, ad un certo punto l’ho dovuta legare per evitare che scappasse. Lentamente ce l’ho fatta, ma man mano che la dipendenza dalla droga passava aumentava la depressione per la fine del rapporto con Jeff. Leah è passata dal piangere, allo smettere di mangiare e dormire, al tentare il suicidio. Una volta ha inghiottito un flacone di pillole, una volta ha sbattuto la testa al muro fino a svenire. Io continuavo a salvarla per un pelo, ma mi stavo disperando anche io. Vedevo che soffriva ma non potevo fare nulla per lei, ero del tutto inutile. L’ultima volta l’ho trovata in cucina con un grosso coltello in mano e il polso proteso. E allora mi sono arreso, non ce la facevo davvero più. Ero stufo di lottare. Mi sono avvicinato a lei e le ho teso il mio braccio. “Se non ti posso più aiutare a vivere, Leah, allora scelgo senza dubbio di morire con te.” Le dico, poi le bacio la fronte e aspetto il colpo. Che però non arriva, anzi. Il coltello cade dalle mani di Leah e subito dopo lei mi abbraccia tra le lacrime, prendendomi contemporaneamente a pugni. Mi dice che io devo vivere anche per lei ed essere felice. Le rispondo che se lei scomparisse non potrei mai più essere felice, mai. Lei è tutto ciò che ho e che potrei desiderare di avere. Lei mi fissa scioccata per alcuni istanti, poi con un movimento fulmineo si china a terra e imprime col coltello una “J” nella sua pelle. Urlo scioccato, frustrato e arrabbiato. Possibile che quella feccia valga tanto per lei? Ho la nausea. Mi volto, intenzionato ad andarmene, ma lei mi stringe da dietro, macchiandomi la maglia di sangue. “Jacob.” mi chiama e mi fermo di scatto. Non può essere vero. “Scusami, scusami tanto. Come ho potuto essere tanto pazza? Ho rischiato di perdere tutto ciò che ho al mondo per il nulla più assoluto … Non riesco a credere di averti fatto soffrire tanto, sono senza possibilità di perdono.” Dice piangendo. È questione di un minuto. Mi volto verso di lei e le tendo nuovamente il braccio, senza bisogno di parlare. Mi fissa a bocca aperta, io annuisco solamente. Un attimo dopo una “L” insanguinata mi segna per sempre.” Sospiro osservando il mio marchio e guardo Edward. “So benissimo che è una cosa molto strana e difficile da accettare, e ci ha già causato una miriade di problemi in passato. Non posso rinunciare a Leah e neppure a te. Quello che provo per te, l’attrazione, la voglia di conoscerti meglio e di rimanerti sempre accanto, la gelosia, sono cose di una natura diversa rispetto a quelle che provo per Leah. Io ti posso assicurare che ho voglia di te, che sei il mio pensiero fisso, che non ti tradirò mai, né ti ferirò. Ti posso assicurare che Leah non si intrometterà mai tra di noi. Ma non la posso lasciare,lei è parte di me.”


Hola Chicosssssssss!!!! Questo capitolo mi ha preso molto tempo e poi altri intoppi molteplici, la maturità incombente, la rottura col mio fidanzato ecc ecc, hanno rallentato ancor più la produzione. Spero che vi piaccia e che apprezziate come l'apprezzo io il rapporto che ho creato tra Leah e Jake. Baci e ringraziamenti profusi ai miei fans, scusate per il ritardo!!! Baci, Sorrow

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Capitolo 15
*** Beginning Of A Different Path ***


Rimango a lungo in silenzio, pensoso. La vita del mio ragazzo è stata davvero difficile. Mi chiedo come possa essere la persona meravigliosa che è, nonostante abbia patito tutto ciò. È indubbiamente capace e desideroso di amare sinceramente e io posso essere grato solo a Leah per avergli fatto conservare questa sua capacità. Sorrido. “A quanto pare mi dovrò spartire il tuo cuore con quella piccola selvaggia!” Esclamo, ma senza rabbia. Lo vedo illuminarsi e accentuo la smorfia sghemba che so che ama, è così bello! I suoi occhi e i suoi capelli scintillano e la sua pelle è rovente. Gli bacio il naso e la bocca. No, non mi importa del peso di Leah nella sua vita, so che ha un rapporto diverso da quello che ha con me e so che è stata lei a creare la persona della quale mi sono innamorato, quindi glielo devo. Jake ricambia il mio bacio, felice, e mi circonda la schiena con le braccia scure e calde. Sorridendo sulla sua bocca mi sistemo sopra di lui, dondolando pigramente col bacino premuto sul suo per stuzzicarlo, e comincio a tempestarlo di baci, sulla bocca, sul viso, sul collo, sul petto. Le sue mani scorrono lente, quasi pigre sulla mia schiena e ne accarezzano ogni punto, seguendo il rilievo leggero dei muscoli con le unghie. In risposta al succhiotto che gli ho appena fatto, il mio ragazzo mi affibbia una sonora pacca sul sedere. Rido e gli mordicchio scherzosamente la gola,leccandogli poi il punto offeso. Lui mugola e si stiracchia contro di me, provocante e bellissimo. Il dondolio dei miei fianchi si fa, in maniera istintiva, molto più netto e veloce. Dio quanto mi eccita, anche e soprattutto senza rendersene conto! Ma a quanto pare anche io devo suscitare un effetto simile, perché anche Jacob ora è più provocatore rispetto a pochi secondi fa. Il mio maglioncino azzurro vola via in un lampo, così come la sua maglia attillata, e io mi trovo sotto un fascio eccitato di nervi e muscoli racchiusi in un involucro color bronzo che preme, deliziosamente ed assurdamente bollente, contro di me. La lingua di Jake mi corre lungo la gola in una maniera che mi fa immaginare scene ben poco caste e i suoi sospiri eccitati all’orecchio mi fanno contorcere dal piacere ogni volta. Ingoio sorsate e sorsate di veleno, il suo profumo inebriante così vicino e l’odore della sua eccitazione mi stanno completamente annebbiando il cervello. Voglio Jacob.

Edward mi si spinge sempre più contro, facendomi rantolare dal piacere quando le nostre erezioni scontrano. Già in condizioni normali è super eccitante, ma vederlo abbandonato al piacere che io gli sto dando è mille volte più bello. È sensuale oltre ogni lecito e il mio, peraltro già in condizioni ottimali piuttosto esiguo, autocontrollo è quasi totalmente spazzato via dalla sua pelle bianca e sfavillante, dal suo profumo che profetizza dolcezze divine, dai suoi occhi che oramai sarebbe un insulto paragonare all’oro e dalla sua voce che mi tenta melodiosa. Oramai solo il semplice contatto con la sua pelle mi scarica addosso brividi su brividi, ogni parte del nostro corpo si cerca, le lingue danzano frenetiche. La sua bocca è piena di veleno e questo leggero pizzicore rende i baci ancora più belli e piacevoli. Anche la minima quantità di veleno che mi ha inoculato con il marchio di poco prima mi punzecchia quasi delicatamente il collo, riempiendolo di brividi freschi talmente belli da farmi desiderare di essere morso da lui per sempre. Gemendo scorro sul suo petto, oramai tiepido, sfidandolo. Voglio vedere per quanto ancora si tratterrà e come risponderà poi alle mie cure. Mi concentro sui suoi pettorali, sui capezzoli, desiderando solo strappargli urla di piacere. Le sue mani mi palpano possessive il sedere e la sua durezza mi fa perdere letteralmente la testa, provocandomi in gemiti osceni ogni volta che mi preme contro e scatenandomi pensieri talmente erotici da farmi tremare violentemente di desiderio. Lentamente scendo ancora di più sul suo corpo, che ora sussulta violentemente, e mi fermo sull’ombelico, alzando gli occhi, sfidandolo. Ha un viso talmente eccitato e voglioso che provo una scarica di corrente al basso ventre. Mi chino e, lentamente, lo bacio, stuzzicandolo con la lingua. Lo sento mugolare il mio nome e ridacchio. È così profumato, così fresco … lo voglio.

Jacob mi fa letteralmente impazzire ed intendo dimostrarglielo e rendergli ogni singolo gemito. Possibilmente prima ch quella bocca scenda troppo e mi faccia perdere del tutto la razionalità. Al solo pensiero mi eccito ulteriormente e decido che non posso più aspettare. Alla velocità della luce inverto le nostre posizioni, sistemo Jacob in braccio a me, con la schiena calda e muscolosa appoggiata totalmente al mio petto, gli apro i pantaloni e trovo l’oggetto del mio desiderio. Jacob emette un sospiro sollevato per la diminuzione della pressione e subito dopo un mezzo urletto eccitato, quando con un dito freddo percorro lentamente,ancora sopra la leggera microfibra dei suoi boxer, la sua lunghezza, fermandomi sulla punta. Seriamente, il modo in cui geme di piacere mi fa impazzire. Prova a dire qualcosa ma non riesce a trattenere il respiro per un tempo sufficiente e comunque la sua voce è troppo spezzata, però dimena quel sedere sodo e perfetto contro la mia eccitazione in maniera inequivocabile e fantastica. Attraverso il tessuto sento che si è irrigidito ancora di più, per il freddo improvviso e gemo, la mia razionalità è oramai totalmente dileguata. Famelico mi chino verso il suo collo, mordendolo in modo appassionato sebbene mi trattenga per non fargli male in alcun modo. Lo sento mugolare e che ora il contatto con il suo sedere sexy è decisamente una tortura e poi sento qualcos’altro, che mi fa ritornare del tutto in me. Il frastuono ipnotico di un tamburo impazzito che si avvicina correndo a tutta velocità sulle sue quattro zampe. Rimango paralizzato dalla sorpresa e dalla rapidità con la quale questa presenza si è materializzata, tanto che spreco svariati secondi, nella totale incapacità di fare alcunché. Poi cerco il viso di Jacob, quasi per chiedergli tacitamente cosa debba fare, e il terrore nei suoi begli occhi verdi è più che sufficiente per sbloccarmi. Gli lascio un bacio leggero sulle labbra dischiuse, recupero solo la maglia chiara che indossavo sotto il maglione e poi schizzo letteralmente via dal bosco. Dannazione. Ovviamente di tutto il branco dei lupi proprio lui doveva fare la sua apparizione vero?

Il cuore di un lupo, anzi il cuore di Paul, rimbomba nella mia testa e, complice la mia coscienza sporca, mi sembra uno dei suoni più minacciosi che abbia mai sentito nella vita. Mi sono mutato non appena Edward ha lasciato la radura ed è un gran bene perché così la mia mente riesce a captare i pensieri del mio amico e a darmi lo stimolo giusto per agire e giustificare la mia presenza con un Cullen. Freneticamente mi squarcio i fianchi in profondità, mi graffio il muso e mi mordo una zampa. Poi mi avvento sulla mia maglietta e sul maglioncino che Edward ha lasciato provvidenzialmente qui e li riduco a brandelli. Paul irrompe nella conca erbosa pochi istanti dopo, a pelo ritto e con le zanne sfoderate. Ho a malapena avuto il temo di stendermi a terra con un’aria sofferente nemmeno troppo artefatta vista la violenza dei colpi concitati che mi sono inferto poco prima. Lo guardo con sguardo seccato ed esclamo, a voce aspra. “Complimenti, tempismo davvero perfetto.” Un brontolio rabbioso mi sale dalle viscere mentre mi lecco via il sangue dalla zampa, fidandomi dell’istinto da lupo. “Scusa! Non appena mi sono mutato e ho sentito il tuo e il suo odore assieme sono corso qui. Peccato solo non aver potuto combattere anche io contro il succhiasangue!!! Non vedo l’ora! Anche se credo che le occasioni abbonderanno!” Mi scruta con aria critica. “Chi ti ha ridotto così comunque? Quell’armadione?” Sbarro gli occhi. “Paul ma tu mi vuoi vedere morto! Già così mi sento come se mi fosse passata una montagna addosso e senza il tuo soccorso sarei senza dubbio morto! No, era quello che si chiama Edward. Credo che se fosse stato Emmett Cullen quello nel quale mi sono imbattuto adesso la mia pelle sarebbe stesa a pelle d’orso sotto la sua lurida bara!!!” Calco volutamente la mano, meglio illudere Paul della pericolosità letale dei nostri nemici e della loro superiorità nei nostri confronti piuttosto che vederlo organizzare spedizioni punitive nei confronti dei vampiri. Cosa non solo letale per me ed Edward ma anche preoccupante per un altro motivo: facendo così il mio amico andrebbe ad ingrossare le già fin troppo nutrite file della cricca di quel vecchio pazzo di Ateara. Non mi piace per nulla l’aria che tira alla riserva, ci sono molti lupi che decidono di sottomettersi alla sua guida diretta e ciò non farà altro che procurarci danni a non finire. Le sue idee mi sembrano decisamente troppo tiranniche. “Cavoli, il piccoletto rosso?” Domanda intanto il mio amico, stupito. Sorrido tra me e me, in effetti Edward sembra più piccolo dei suoi fratelli, anche se è il più vecchio dopo il dottore, a quanto ho capito. Ma comunque devo preoccuparmi seriamente di Paul, questo scemo è già fin troppo entusiasta. “Si, lui, e ti assicuro che non dovresti pregare uno scontro con quei mostri neppure per scherzo.” Ribatto con severità. Paul mi osserva, valutando le mie condizioni, e io decido di dargli qualche spintarella in più, per essere proprio certi del fatto che non si metterà strane idee in testa. Mi baso sui ricordi dello scontro con Edward e produco una fantasia abbastanza truce sul nostro ipotetico scontro di oggi. Funziona a dovere. Paul è davvero sconvolto dalla forza devastante di Edward, dalla sua velocità, e soprattutto ha una paura fottuta e quanto mai azzeccata per il suo volto dall’espressione inumana e letale. “Cazzo Jake …” Comincia, cercando di tenere a bada la voce. “Non sembra neppure lui.” Annuisco. “Non lo era infatti. Anche i vampiri subiscono un processo di mutazione come il nostro. Ma invece di cambiare evidentemente a livello fisico, loro mutano totalmente il carattere. La loro umanità si volatilizza del tutto ed è proprio questo a renderli così spaventosi. Sono, sembrano, donne ed uomini meravigliosi, non c’è essere umano che non si fiderebbe di loro o non li seguirebbe. Su di noi i loro trucchi non hanno effetto perché sono nostri naturali avversari, ma probabilmente anche io sbaverei come un cagnolino dietro a quel gran pezzo di bionda della Hale se non sapessi cosa realmente è.” Paul annuisce, convinto, borbottando qualcosa come “Io preferirei la Cullen.” Sorrido. “Però quella non è la loro vera natura.” Mi sento a disagio in maniera spaventosa a dire certe cose, sono tutte stronzate. I vampiri sono tanto umani quanto lo siamo io e il mio branco, se lo desiderano, e probabilmente pure di più. “In realtà” Continuo “la loro vera natura viene fuori con la loro sete. Non si controllano e diventano veri e propri mostri assetati di sangue, privi di umanità o compassione. Sarebbe più facile convincere un leone affamato a non divorarti che convincere uno di loro a fare la medesima cosa. Ti giuro Paul che è stata davvero un’esperienza spaventosa e che ho avuto vero e proprio terrore dall’inizio alla fine dello scontro. Se non fossi arrivato tu, molto probabilmente ci avrei lasciato la pelle, qui. Promettimi che non farai cose avventate. Promettimelo di tua spontanea volontà, usare la forza dell’Alfa in questo caso sarebbe del tutto inutile e dannoso. Non sono certo io a voler imporre un’altra dittatura nel branco.” “Te lo prometto Jake. Farò il mio dovere e lo farò bene, ma non andrò di sicuro ad attaccar briga con i succhiasangue.” “Bene.” Concludo e poi mi alzo e comincio a trotterellare lentamente. “Finiamo il nostro giro di perlustrazione e poi andiamo a vedere come occupare la serata.” Decido, sorridendo dei miei risultati Paul arriccia il naso, non appena mi avvicino. Capisco immediatamente. “Ops, scusami tanto.” Borbotto. Con addosso un malumore assoluto mi rotolo e sfrego nella terra e nella polvere, per cancellare da me l’odore paradisiaco di Edward e sento la rabbia bruciarmi gli occhi. Ma perché non posso essere me stesso? Essere sincero con chi amo? Devo mentire ai miei cari, devo nascondere il mio amore, devo onorare la stirpe dei lupi mannari, devo, devo, devo. Sono stufo di fare ciò che qualcuno ha deciso debba essere il mio dovere, stufo marcio. Mi ritornano in mente le parole di qualche giorno fa di Leah e comincio a pensarci seriamente su, sarebbe una tale gioia potersi mettere a nudo sapendo che tutto andrà bene!!! Sopportare qualche momento di delusione e rabbia, arrivare anche a picchiarmi con Paul, con la certezza però che poi tutto si rimetterebbe a posto. Ma ci sono i Volturi, con la loro avidità, e la vita di tante persone in pericolo. La sincerità è un bene che mi è precluso.

Furioso con me stesso e con il mondo intero salto da un ramo all’altro, a volte in maniera talmente violenta da rischiare di spezzarli. Paul, suo padre, i lupi mannari, Ateara, i vampiri, tutto, voglio che sparisca tutto. Voglio che al mondo rimanga solo l’essenza di Jake, come umano, senza problemi, e la mia. In modo da poter essere finalmente felici e liberi di amarci. Non voglio altro dalla vita se non lui. So che ho addosso il suo odore e devo rimediare, non posso più sperare di farla franca con i miei genitori e i miei fratelli. Al pensiero di dovermi separare anche di questo minimo residuo del contatto con Jacob il mio stomaco viene invaso da un’altra scarica di rabbia, calda e ribollente come lava. Sbuffo e scuoto il capo, il mio comportamento è nulla più che inutile e dannoso; c’è una villetta a qualche centinaio di metri se mi ricordo bene, userò il loro bagno. Dopo pochi secondi, infatti, la costruzione, semplice, in legno bianco con una veranda fresca, appare alla mia vista. Roso dalla rabbia e dalla smania di levarmi di dosso l’odore della mia colpa entro come una furia, non facendo caso a un singolo dettaglio dell’abitazione. Raggiungo la stanza da bagno a grandi passi, senza guardarmi attorno, desideroso solo di spegnere la rabbia che mi pervade fibra dopo fibra. Ho una voglia tremenda di uccidere. Metabolizzato questo pensiero, rimango shockato, nauseato da ma stesso. Cosa sto diventando? È la mia natura, che come al solito complica tutto. È sempre colpa dell’essere vampiro. L’impossibilità di stare con chi amo, la paura di perdere i miei cari, il disgusto verso me stesso e l’invidia per i vivi e per i morti. Sono tutto frutto della mia natura. Allora, forse, l’unica soluzione sarebbe quella del togliermi la vita. Dovrei pensarci seriamente una volta o l’altra. Starei in pace, finalmente. Mi guardo nello specchio e mi riscuoto all’improvviso: non posso morire, io ho Jacob, che amo e voglio vedere felice con tutto me stesso. E lo voglio vedere felice per sempre. Mi faccio la doccia velocemente, sfregandomi tanto forte da squarciare la pelle. Vorrei poter parlare con Rose, per quanto riguarda l’odio per l’essere vampiri nessuno mi potrebbe capire meglio di lei. Ma cosa penserebbe di Jacob? Temo di saperlo. Sbuffando esco dal bagno senza curarmi di asciugarmi e fissare i capelli e cerco invece la lavanderia, visto che devo cancellare l’odore di Jake dalla mia maglia. Fortunatamente trovo la lavatrice già avviata e, dopo un po’ di studio, capisco come bloccare il programma per aggiungere il mio bucato. Osservo un paio di giri dell’elettrodomestico, poi mi annoio e comincio ad esplorare la casa, leggermente più rilassato per beneficio della doccia. Cucina, bagno, salotto, dispensa, studio. È una casa abbastanza grande e molto di buon gusto, Esme ne impazzirebbe. Faccio per salire le scale quando un rumore mi raggela. Un rumore che avrei già dovuto notare se non fossi uno stupido bamboccio. Un cuore che batte e un respiro, lento e profondo. Mi sono introdotto in un’abitazione con dentro delle persone. Per la seconda volta in più di cento anni di esistenza rimango paralizzato dal terrore. L’enormità di ciò che ho fatto e rischiato mi colpiscono come uno schiaffo. Sto perdendo la testa. Forse me ne dovrei andare per un po’. Ma al solo pensiero di lasciare Jacob tutto il mio corpo si tende in direzione opposta: non posso fare a meno di lui. Potrei sempre farlo venire con me! È un pensiero stupido, che si dissolve subito, ovviamente. Lui deve guidare il branco e io devo fare in modo che i Volturi stiano buoni. E a proposito è proprio il caso che vada a vedere a casa di chi sono entrato e perché non mi ha sentito. Che ne so, magari è una vecchietta che sta male o qualcosa del genere. Salgo le scale lentamente, nel silenzio più assoluto, e un po’ con l’olfatto e un po’ con l’udito rintraccio la fonte del rumore. Arrivo davanti alla stanza ed entro, la porta è aperta. Stesa sul letto, profondamente addormentata, c’è Jessica Stanley. I ricci le ricadono morbidi oltre il capo, ha le labbra leggermente socchiuse e un’espressione totalmente rilassata. La sua stanza è molto rosa e piena di fotografie di famiglia e con le amiche. Guardandole noto una ragazza del tutto diversa dalla persona calcolatrice che penso sempre debba essere, vedo una sorella affettuosa e una figlia che rende i genitori orgogliosi. Faccio per uscire ma la stanza è calda e un leggerissimo strascico di sete mi costringe a voltarmi nuovamente verso di lei, in tutto il suo innocente pericolo. Seppure parecchio bassa è una bella ragazza, con un fisico slanciato e un seno generoso, che il moto del respiro profondo sottolinea alla perfezione. La pelle è dorata, sicuramente si fa qualche lampada, e quel tocco di abbronzatura le dona molto, esaltando la sua bellezza di fondo. Prima che me ne renda conto sono già vicino al suo letto, desideroso di sentire la pelle liscia e i riccioli soffici contro le mie mani. E il sangue in bocca. Con un balzo e trattenendo a stento un grido di rabbia mi precipito dabbasso a prendere la maglia e scappo da quella casa. Molto preoccupato.

 

Hola!!!! Eccomi di nuovo! Che ne pensate del nostro Eddy? Voglio assolutamente saperlo *-* Mi scuso per gli aggiornamenti lenti e discontinui e anche per l'HTML!!! Me lo hanno già fatto notare e cerco di espanderlo sempre di più ma il mio computer pare sia testardo almeno quanto me! Ringrazio tutti coloro che mi recensiscono e anche coloro che mi seguono e basta, siete davvero un mucchio e mi spronate ad andare avanti!!! Baci baci baci (Di buona notte vista l'ora =) )

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Capitolo 16
*** What Love Is ***


Mi sveglio di colpo, sentendo come una corrente d’aria gelida addosso. Mi guardo attorno, ma non trovo nulla che la possa giustificare, sebbene le tendine alla mia finestra ondeggino ancora debolmente. Perplessa mi alzo e mi stiracchio, ancora insonnolita e con il collo indolenzito a causa del libro di storia, che avevo eletto come cuscino. Chissà perché mi sono svegliata, stavo facendo un sogno talmente bello!!! Io ed Edward Cullen stavamo andando a fare una gita in macchina in un posto da favola. Lui guidava tenendomi una mano sul ginocchio e guardandomi di tanto in tanto con espressione innamorata. Sospirando e con gli occhi a cuoricino mi butto sul letto, afferrando un cuscino. Mi sa che mi sono presa proprio una cotta con i fiocchi. È che di ragazzi così non ce ne sono molti!! Belli ricchi, intelligenti e pure simpatici. Edward è praticamente perfetto, sotto ogni punto di vista. E sembra proprio che, ultimamente, si sia deciso a socializzare un po’, finalmente. Poi, il fatto di essere così spesso in classe assieme, per via del trasferimento alla Tennessee, ha fatto risvegliare quella che era una vecchia cotta che avevo sempre ritenuto irrealizzabile. Solo che stavolta, visto che Edward sembra un obbiettivo reale e razionale, mi sento molto più attratta e determinata di prima. Voglio che mi noti e uscirci assieme. Baciarlo deve essere un’esperienza indimenticabile, e anche farci l’amore. Al pensiero arrossisco e sento una stretta allo stomaco. È un ragazzo tremendamente eccitante, ed immaginarlo nudo assieme a me è una vera e propria delizia, che mi scatena ogni genere di desiderio. Con un calcetto faccio cadere il libro di storia dal letto e mi sistemo comoda, continuando a fantasticare ad occhi aperti. Oh, come vorrei che fosse qua in questo momento!!! Accarezzare quei meravigliosi capelli ramati e baciare quelle labbra delicatamente gonfie, che sussurrano con voce roca il mio nome, Jessica, le sue mani calde che mi accarezzano dolcemente, le sue dita che giocano con i miei capelli e che mi fanno venire la pelle d’oca. Scommetto che sarebbe un ragazzo dolcissimo ed attento, un vero gentiluomo. Sarebbe davvero fantastico, un’esperienza così la ricorderei per sempre. Fantastico ancora un po’, poi sento un rumore da basso e mi riscuoto, un po’ a malincuore. Scendo le scale e saluto mia madre e la mia nuova sorellina, Tabitha, una bimba somala che i miei hanno adottato da poco ma che già adoro almeno quanto Aidan, che è invece mio fratello di sangue. La prendo in braccio e la porto nella sua cameretta, a giocare, mentre mia madre prepara la cena canticchiando. Accontento Tabitha e gioco con le sue bambole per più di un’ora ma, anche se le trame complicatissime delle sue storie di solito assorbono tutta la mia attenzione, oggi continuo a pensare ad Edward Cullen e al sogno di questo pomeriggio.

Per placare il mio nervosismo vado in ospedale da Carlisle. Sono un medico anche io e mi piace dare una mano, se non ci sono testimoni che possono fare strane domande. Mio padre mi accoglie con un sorriso felice e mi fa accomodare nel suo ufficio, visto che ha appena finito il suo giro di routine. Mi siedo e lui, dopo avermi riempito una tazza di the bollente, si accomoda alla scrivania, scrutandomi con perspicacia. Lo ringrazio, scaldandomi distrattamente le mani contro il recipiente e poi mi faccio coraggio. “Papà, com’è essere innamorati?” Non è uscita proprio come volevo, ma va bene lo stesso, se è con Carlisle che devo parlare. Lui sorride e mi lancia appena un’occhiata di sbieco, poi si mette ad osservare il grigio piovoso di Forks, fuori dalla finestra. C’è un sorriso sul suo volto, talmente lieve ed enigmatico da far vedere perfettamente tutti i suoi trecento e passa anni. “Amare, Edward, è la cosa più bella che possa capitare agli esseri viventi. Quando ami qualcuno, tutto ti sembra bello, nuovo, perfetto. È una sensazione incredibile, che altera la tua percezione del mondo e ti carica di una forza del tutto positiva, che sembra capace di tutto.” Mi muovo sulla sedia, a disagio. Tutte queste cose le ho già lette su decine e decine di libri, in cento anni, ma speravo che fossero tutte un po’ falsate per incrementare le vendite. Che l’amore non fosse per forza tutto zucchero, rose fiorite e dolci sentimenti. Speravo che nell’amore ci fosse spazio anche per la rabbia, il dolore. Speravo di sentirmi dire che anche i sentimenti che provo sono amore. Sento lo sguardo di Carlisle addosso e alzo gli occhi. “Questo, ovviamente, per alcuni individui fortunati. L’amore, per altri, è pieno di sentimenti orribili, di pianti, di urla e di parole dette per la rabbia. È costellato di gesti inconsulti, di torture, di difficoltà. Spesso è impedito con ogni mezzo possibile e porta più sofferenze che se non fosse mai giunto.” Guardo Carlisle, stupito dal repentino cambio di prospettiva. Lui mi sorride “Non c’è un modo giusto di essere innamorati, Edward. A volte va tutto per il meglio e allora è la cosa più sublime del mondo. Altre volte tutto è uno schifo e separarsi sembra l’unica alternativa possibile. L’amore è il sentimento più assoluto, è vero, ma non è assolutamente positivo, né assolutamente negativo. È condizionato dalle situazioni e dalle circostanze di ognuno di noi, e per questo è diverso per ognuno di noi. Prendi i tuoi fratelli: Jasper ama Alice perché lei lo ha salvato. Emmett invece ama Rosalie perché sente il bisogno di proteggerla da ogni cosa e di darle tutto ciò che desidera. E io amo tua madre perche mi ha fatto rivedere la luce dopo anni ed anni di buio e di colori grigi. Vedi le differenze?” Si, le vedo, ma come al solito la mia famiglia è troppo perfetta. Il loro amore è tutto giustificato da nobili intenti e non è turbato dal minimo problema. Nessuno di loro sa quanta disperazione c’è nell’amore. Se Emmett ha voglia di uscire con Rosalie deve solo entrare nella loro stanza e convincerla, magari coccolandola. Quando Alice vuol vedere Jasper ed andare a fare shopping o una scampagnata o a pattinare sul ghiaccio, lui la prende per mano e sono pronti così. Non c’è pericolo di mettersi troppo in vista agli occhi degli umani, o che qualche nemico rischi di ucciderli, o che tutte le persone che li circondano voltino loro le spalle. Sarebbero semplicemente un’ammirata, e senza dubbio invidiatissima, coppia di adolescenti. O quasi insomma. Ma se io e Jacob uscissimo per Forks mano nella mano? Cosa succederebbe allora? Beh, tanto per cominciar tutti gli umani ci segnerebbero a dito e in breve non si parlerebbe d’altro a Forks. Tolleranza per i diversi gusti sessuali un cavolo, sotto il tipico buonismo benpensante si nascondono fiotti di bigotti, specie nelle cittadine come questa. Poi, naturalmente, tanto parlare incuriosirebbe i Volturi, che verrebbero qui per un “controllino”. Allora, ovviamente, sarebbe il turno dei lupi mannari. E sarebbe il via di una vera e propria guerra. “Edward?” Mi chiama mio padre, facendomi sussultare. Quasi avevo scordato di essere nello studio con lui, tanto ero immerso nei miei pensieri. Lo guardo con espressione neutra e lo vedo scrutarmi intensamente. Abbasso gli occhi, sentendomi colpevole neanche io so bene per cosa, e comincio a torturarmi le mani. Carlisle prende un grosso respiro. “Ascolta una storia istruttiva, figliolo. Siamo negli anni sessanta del 1600, più o meno. Un giovane sta passeggiando per le stradine più infime di Londra. Cerca di passare inosservato, ha sostituito i suoi soliti vestiti da borghese con panni umili e laceri e si è sporcato di fuliggine le mani, il viso e i capelli dorati. Se si presentasse come è realmente quella stradina sarebbe troppo pericolosa per lui. Ma ha qualcosa di più importante della vita che lo spinge. Arriva in un vicolo maleodorante ma illuminato da qualche lumicino. C’è un edificio sbreccato abbastanza grosso, di fronte a lui, ed è proprio quello il suo obbiettivo. Con un sospiro di dolore il ragazzo osserva le finestre luride, accecate da tende tarmate, e fin troppo simili ad occhi cavati, alla luce del senso di colpa. Ma c’è qualcosa, una sorta di richiamo segreto, che è più forte di ogni senso di colpa o promessa. Il giovane entra nel palazzo, che è in realtà uno dei bordelli più infimi della città, paga una lurida ruffiana per il servizio completo, e sceglie la sua compagna per la notte tra il mucchio di povere ragazze che siede in soggiorno. Finge di dover scegliere a lungo, di essere impegnato a cercare il meno peggio di quelle povere ragazze rese poco attraenti dalla miseria, dalle botte e dalle malattie veneree. Finalmente fa la sua scelta, la ruffiana approva con un cenno del capo, e i due cominciano a salire le scale che li porteranno ad una squallida stanzetta. Durante il tragitto lei lo guarda con odio,meritandosi un’occhiataccia e un segno di minaccia da parte della padrona del bordello, ma lui le cammina avanti e sembra non notare neppure la sua presenza. Arrivano alla stanza, lui apre la porta e l’afferra per il polso, con mano tremante. Lei sorride. La porta della camera viene aperta con foga e con altrettanta foga chiusa, e i due ragazzi ora si stanno baciando felici ma con un’aria di urgenza. È da molto che non si vedono e questo aumenta la fretta e la voracità di ogni gesto, baci, carezze, parole sussurrate. Si spogliano con frenesia e hanno un primo rapporto, a metà tra la lussuria e la furia, senza neppure preoccuparsi di arrivare allo squallido lettaccio. Quando, troppo presto o troppo tardi, i loro corpi hanno smesso di chiamarsi e di sussultare, lui l’ha presa in braccio e l’ha portata sul letto. E ora, le mani intrecciate e i volti uno ad un tiro di bacio dall’altro, stesi su quel letto, parlano e parlano per quelle che sembrano ore. Sono molto innamorati, la loro storia va avanti da più un anno, ma non è una storia facile. Carrie Red, ladra e prostituta della Londra dei poveri, non potrà mai stare assieme a Carlisle Cullen, figlio di un farneticante pastore protestante che muove, periodicamente, missioni punitive alle donne come lei, credendole incarnazione del demonio. Il loro è un amore impossibile da portare alla luce, o da concretizzare in alcun modo. È il 1663 o forse il 64, la gente ha paura un po’ di tutto, le divisioni sociali sono nettissime. Carlisle è destinato a seguire le orme del suo ottuso padre sin da quando è nato, Carrie è nata per essere dimenticata. Figurarsi, il figlio di uno dei più attivi “Salvatori di Anime”, come si facevano chiamare allora, che tocca una donna di strada, una meretrice impestata che vende il peccato che smerciano tutte le donne e porta alla strada per l’Inferno!!!” la voce di mio padre è neutra, quasi sfumata, ma il suo volto è rigido e contratto, e il pugno serrato spasmodicamente fa capire chiaramente le sue emozioni, anche a trecento anni di distanza. “Eppure io la amavo, Edward, la amavo come non ho mai più amato nessun altro in vita, o nella morte. Carrie era sensualità sconvolgente e nervi d’acciaio, una ragazza splendida con un carattere selvatico e pericoloso. Era nata nella strada e della strada viveva, non poteva essere una signorina beneducata, non sarebbe sopravvissuta un solo giorno. Mi attirava in ogni senso, in maniera illogica e letale, ma non potevo resisterle. Era una forza sovrannaturale e un desiderio primitivo, quando stavo con lei emergeva un Carlisle del tutto differente. Ero rude, possessivo, geloso sino alla follia. Detestavo il suo lavoro, impazzivo all’idea che appartenesse anche ad altri uomini. Lei, d’altro canto, odiava mio padre e tutti i suoi seguaci, che avevano perseguitato ed ucciso tante sue amiche, e non mancava di farmelo notare. Mi insultava liberamente, arrivava anche ad alzare le mani, se lo riteneva necessario, ed io non ero da meno. Era mia nemica, mi faceva sragionare e diventare una persona del tutto diversa, una persona che detestavo e della quale avevo paura, eppure la amavo, e non potevo sottrarmi a questo. Volevo che tutto, ogni cosa presente sulla faccia della Terra, prendesse fuoco e si dissolvesse. Tutto, eccetto noi due. Liberi da tutte le ristrettezze mentali, da tutti i pregiudizi e le recriminazioni, da quel circolo vizioso di parole al veleno e baci roventi, liberi di amarci, finalmente. Liberi, almeno per quello che mi riguardava, da quell’altro me che tanto mi spaventava e mi atterriva.” Fa una lunga pausa e fa roteare il caffè nella sua tazza, distante trecento e più anni da questa stanza e da questo Paese. Io sono fermo immobile, straziato dall’attesa. Non oso parlare, non oso muovere neppure una pupilla. “Carrie fu uccisa da un vampiro qualche tempo dopo quella notte. E fu quello che mi spinse, come un pazzo fanatico al pari di mio padre, a dar loro la caccia e a segnare il mio destino. Ironia della sorte.” Alza gli occhi all’improvviso e mi vede, a bocca spalancata Sorride. “L’amore è una cosa misteriosa, Edward. L’Amore Perfetto, quello con la A maiuscola di cui tutti scrivono e sono follemente innamorati, non esiste. L’amore è un insieme di cose talmente diverse e variegate, è un prisma così assurdamente sfaccettato da esser assolutamente impossibile da catalogare ed imbrigliare in definizioni e tipologie. Il sentimento che provavo per Carrie era quanto di più doloroso, marcio e terrificante potessi provare. Ed era anche la cosa più dolce, più viva e sublime. Una cosa che mi faceva lottare contro tutto e tutti, persino contro me stesso e contro di lei e che mi riempiva e scuoteva peggio di un tifone. Era amore, amore vero. L’amore perfetto, rose e fiori, esiste nei romanzi di fantasia. Nel mondo reale l’amore è duro e pericoloso. Causa battaglie, dolori, feriti e fa nascere sentimenti orribili, che fanno desiderare solo ce tutto finisca. Ma ne fa valere la pena, alla fine trova il modo di rendere tutto magico. Sempre. E solitamente, più è difficile amare il proprio compagno, più difficoltà ci si parano davanti, più è sublime avere quella persona.”

Dopo un bellissimo pomeriggio passato con Angela Weber, per festeggiare i suoi successi “geometrici”, torno finalmente a casa, quella vera, da Leah. Mi sembra tantissimo che non vengo più qui. La trovo intenta a cucinare la cena, ma sebbene la quantità di cibo sia a dir poco generosa, è sempre poca per due lupi mannari. “Questo perché io ho una vita sociale, sfigato, e stasera ceno fuori con Anthony. Questa è la pappa per te, speravo proprio che saresti venuto.” Mi apostrofa senza neppure voltarsi, ma io so che sta sorridendo. Sorrido a mia volta, come al solito sa a cosa penso senza neppure guardarmi in faccia. Le arrivo alle spalle e la abbraccio stretta stretta, sbirciando intanto la cena. Arrosto e patate al forno, yummm!!! “Ma sono a malapena le sette di sera!” Mi lagno. “Si, ma così mangi tutto caldo e io posso stare un po’ con te, è tanto che non venivi qui e mi mancavi. Bentornato Jake.” Sussurra lei, accarezzandomi le mani e voltando il capo per baciarmi sulla guancia. Poi mi ficca una cucchiaiata di sugo in bocca e mi ingiunge di andare a “lavarmi le zampe.” Simpatica. Le faccio notare che tanta acidità le farà rovinare ogni futuro rapporto possibile e, cercando di schivare il fiume di insulti e scarti di verdure che mi lancia appresso, vado in bagno. Terminate le mie pulizie torno in cucina e vedo che ha già apparecchiato per me e che mi sta aspettando seduta, scegliendo con che colore assurdo smaltarsi le unghie. Le elargisco un bacio sulla fronte e lei mi strizza l’occhio, con fare complice. Dio, quanto mi manca stare qua con lei! Mio padre ha avuto dei problemi ultimamente, e non mi fidavo a lasciarlo solo, ma solo qui, in questa casa, sono davvero sereno. Mentre mangio e Leah si fa la manicure chiacchieriamo  lungo, di tantissime cose. Tra Edward, Anthony, i lupi mannari, Ateara e le fidanzate posticce è tantissimo che non riusciamo a ritagliarci un momento soli. Apprendo con sollievo autentico che con Anthony va tutto a gonfie vele e lei è felice di sapere del pomeriggio trascorso con Edward qualche giorno fa, e delle confidenze che ci siamo fatti. Alzo gli occhi al cielo quando mi dice di avere intenzione di cambiare ancora una volta taglio e colori di capelli, e lei mi prende in giro quando le rivelo dove ho portato Angela a mangiare fuori. Andiamo avanti così fino alle otto e mezza, e quando l’ex di Angela passa a prenderla, sebbene sia felice per lei, un po’ mi spiace vederla andare via. Mi alzo e lavo i piatti, poi decido di non uscire, quindi salgo in camera mia. Alla tv faranno, con un po’ di fortuna, qualcosa di decente da vedere. E se proprio non trovassi nulla di esaltante, potrei sempre trastullarmi a riflettere sull’odiosa rivelazione di oggi pomeriggio. Una cosa semplice ed evidente, ma che mi mette addosso un tremendo umor nero e la voglia di spaccare qualcosa. Stavo portando, in moto, Angela al ristorantino di cui le avevo tanto parlato, quando ho pensato che sarebbe stato bellissimo avere Edward sul sedile posteriore, abbracciato a me. Angela era tiepida e morbida, lui invece sarebbe una statua fredda e durissima. Sicuramente si lamenterebbe della lentezza della moto. Eppure sarebbe bellissimo. Sarebbe un gesto fantastico ed incredibilmente intimo. Sbuffo. Se solo fossimo una coppia normale!!!Due ragazzi che formano una coppia sono già un argomento abbastanza problematico da gestire per alcune persone, come Paul non fa che ricordarmi inconsciamente. Se poi i due ragazzi sono anche nemici naturali i problemi non possono che aumentare. Ci vogliamo anche aggiungere che da un lato enormi lupi mutanti ucciderebbero la coppia e tutti gli altri vampiri, tanto per gradire, e che dall’altra sanguinosissimi vampiri pluricentenari ucciderebbero la coppia, gli altri vampiri, i lupi mannari e tutti gli abitanti di Forks e della riserva? Tiro un pugno alla scrivania e sfondo il pianale, ottimo. Mentre sibilo di rabbia e frustrazione e mi massaggio le nocche sento un brivido lungo la schiena, qualcosa mi osserva. Mi volto e , al di là del vetro lucido della finestra, Edward Cullen mi sta osservando.

La storia di Carlisle mi ha colpito, e mi ha fatto bene. Ho fatto un po’ di chiarezza nei sentimenti che provo, e ho capito che la mia è solo frustrazione e delusione, non sto diventando pazzo, né più mostruoso di quanto già non sia. Afferrato, finalmente, questo concetto in realtà abbastanza ovvio, ho avuto una voglia pazzesca di vedere Jacob e di stare un po’ con lui. Mi manca. Quindi sono andato alla riserva, per fargli una sorpresa. Ho seguito il suo profumo, muovendomi alla velocità della luce per non correre neppure il minimo rischio di essere scoperto, e sono arrivato a casa di Leah. Attraverso la finestra della sua stanza ho visto Jacob che spaccava la scrivania con un pugno, e ho avuto l’impressione che fosse per il motivo che angustiava me sino a poche ore fa. Pi lui si è voltato e mi ha visto. Ed è stato un colpo al cuore. Perché i suoi occhi hanno cambiato completamente espressione e colore, al vedermi. Da grigio verde cupo sono diventati di un color prato luminosissimo ed abbacinante, e sono pieni di vita e felici. Sento anche i miei occhi diventare dorati, e come potrei mai evitarlo? Jacob è così evidentemente felice di vedermi. Sono i suoi occhi, la sua anima stessa, a dirmelo. Si avvicina al vetro e apre l’imposta. Scivolo dentro camera sua e, prima che possa dire qualsiasi cosa, gli circondo il collo con le braccia e lo bacio. Sereno, felice. Perché ho capito che lo amo, e che il mio modo di amare va bene.

Stringo Edward tra le mie braccia ed è una sensazione strana. È come se un venticello leggero ma poderoso avesse spazzato via i nuvoloni neri e pesanti del mio malumore. Bacio anche io Edward, dolcemente, allacciando le braccia attorno alla sua vita ed avvicinandolo ancora di più a me. “Mi mancavi tanto.” Diciamo assieme, e ci guardiamo perplessi e divertiti. Lo osservo scrutare ogni minimo centimetro della mia stanza, e non mi spiace perché così sono io a poter guadare lui indisturbato. È davvero un ragazzo bellissimo, e il pensiero che sia solo mio mi riempie di orgoglio. Probabilmente mi vede sorridere con la coda dell’occhio, perché si volta verso di me, guardandomi incuriosito. “Nulla, pensavo solo …” Trattengo il fiato, è un po’imbarazzante dire ad alta voce quello che ho in mente. Ma in fin dei conti è quello che provo, e allora cosa ci può essere di male? Nulla. Mi faccio coraggio. “Pensavo che tu mi rendi una persona molto fortunata, Edward.” Mi sento arrossire sino alla punta dei capelli e mi affretto ad abbassare gli occhi sulle mie mani, come se vi avessi tatuato sopra chissà quale arcano mistero.

Le parole di Jacob mi trapassano e mi rendono un po’ imbarazzato ed estremamente felice e commosso. “Grazie.” Gli sussurro all’orecchio con voce roca, poi lo bacio, sempre con dolcezza ma anche con quel calore che lui ha risvegliato in me, con quelle semplici parole.

È tenero vedere Edward commosso per le mie parole, è tenero sentire la sua voce roca dall’emozione. Penso ad Ateara, a tutti i suoi stupidi pregiudizi sui vampiri, che sono secondo lui esseri demoniaci e senz’anima, e di nuovo mi monta il nervoso, ma poi Edward mi bacia ancora, e stavolta c’è un calore diverso sulle sue labbra, che fa evaporare ogni pensiero scomodo. Rispondo al suo bacio e lo bacio ancora molte volte, mentre in me si risvegliano l’istinto e il desiderio.

Sorridendo e non mollando per un solo secondo le labbra di Jake, passo le mani tra i suoi bei capelli lisci e li libero dall’elastico, sciogliendoglieli sulle spalle. Il loro profumo si spande nell’aria e mi instilla dentro ancor più voglia di lui. Poche ore fa siamo stati interrotti, ma ora siamo soli soletti, ed è sera tardi. Lentamente ma con determinazione spingo Jake verso il grosso letto al centro della stanza. Nessuno oserà interromperci.

Intuisco le intenzioni di Edward e lo lascio fare più che volentieri, facendo scendere di qualche altro centimetro le mie mani, in modo che possano accarezzargli il sedere. Sento la bocca di Edward, che ora è scesa a lambirmi il collo, tendersi in un sorrisetto e non posso fare a meno di sorridere pure io, piegando il capo all’indietro per lasciargli libero tutto il collo che vuole. Amo i suoi baci lì, decisamente è uno dei miei punti deboli e ovviamente lui non ci ha messo molto a scoprirlo. Intanto le mie mani scorrono sotto la sua maglietta, sulla sua schiena nuda e sul profilo degli addominali, salendo e scendendo dolcemente, cercando di costruire, a carezze leggere, la forma di Edward.

Miagolo, non posso farne a meno quando sento le sue mani, così deliziosamente bollenti, percorrere lente la mia pelle di marmo. È tanto che non provo più un calore così piacevole. Non è come scaldarsi con un fuoco o un a coperta, è il calore del suo sangue vivo e del suo cuore che mi tocca, e mi scalda come nulla potrebbe fare al mondo. Siamo dal letto, finalmente, e lascio che Jacob vi si sieda prima di ricominciare a baciarlo. Non c’è la solita fretta indiavolata, ma la passione e l’eccitazione si, quelle non rischiano di passare mai con lui.

Edward mi si siede in braccio e lentamente, dolcemente, mi spinge, a baci e carezze completamente steso sul letto. È un letto doppio, io e Leah dormivamo assieme da piccoli perché zia Evangeline aveva solo una camera per ospiti con il letto matrimoniale, ed ora è perfetto. Blocco Edward su di me abbracciandolo, non voglio che si scosti, né che se ne vada. Lo stringo e comincio a baciarlo in maniera sensuale sul collo e sul pezzetto di pelle libera che la maglia leggera e scollata mi lascia. Lui si inarca e geme dolcemente, premendo il bacino contro il mio in maniera dispettosa e sensuale e osservandomi con occhi liquidi.

Mh, Jacob ha voglia di giocare, bene bene. Mi godo tutte le sue coccole e i suoi baci, gemendo sempre più man mano che si fanno intensi ed umidi, ma non perdo occasione per stuzzicarlo, per esempio premendo il bacino contro il suo, che si sta dilatando oppure, come sto facendo ora, lambendogli leggermente il collo con la punta della lingua. Jacob si inarca tutto, soddisfacendomi, so che lo adora ma è sempre bello sentirsi gratificati. Specie in maniera tanto palpabile.

Con un colpo di reni porto Edward sotto di me e gli levo la maglia. La mia è volata via non appena ho alzato la schiena dal materasso. Mi chino a baciarlo, ma sentirlo pelle contro pelle è a dir poco fantastico e non riesco a mantenere il controllo che osservava lui. Lo bacio con frenesia su ogni centimetro di torace, non saltando nemmeno un lembo di pelle, non trascurando nulla, usando i suoi ansiti e i suoi sospiri per tracciare una sorta di mappa e scoprire quello che più gli piace di più. Premo sempre più il mio bacino contro il suo, con piccoli movimenti rotatori che lo fanno gemere senza pudore e che mi proiettano in un universo parallelo pieno di pensieri sconci e promesse di lussurie indicibili, vista la portata di ciò che sto stuzzicando.

Non mi spiace poi molto non condurre. Jacob è una vera e propria calamita da sesso e mi fa letteralmente impazzire. Sale, scende, sale, scende ancora. Parecchio. Oddio. La sua bocca è così vicina che sto tremando d’anticipazione. Ne ho una voglia pazzesca. Ma allo stesso tempo c’è qualcosa che mi frena. Non so se sia il fatto che lui è il mio primo ragazzo o il senso di colpa per l’attrazione che provo per Jessica, ma non riesco a sentirmi del tutto a posto con me stesso, non posso evitare di sentirmi in colpa.

Alzo la testa, ho l’impressione che ci sia qualcosa che non va in Edward. Che stia avendo dei ripensamenti su di noi? O che sia semplicemente la novità della situazione a renderlo un po’ teso? Striscio verso l’alto, strappandogli altri gemiti eccitanti,e cerco i suoi occhi. Sono sempre dorati ed eccitati, ma forse hanno un tono più scuro di prima. O forse mi sbaglio io? Mi mordo il labbro e sto per domandargli se qualcosa non va, ma poi mi blocco. E se la risposta fosse si? Se avessi sbagliato qualcosa?

Vedere Jake così in ansia mi intenerisce. Poverino, pensa di essere lui a sbagliare, quando quello con la coscienza sporca sono io! Lascio perdere Jessica, i sensi di colpa e l’imbarazzo e mi sporgo a baciarlo con passione. È il via che gli serve, riprende a stuzzicarmi come prima, mordendomi le labbra e stimolando con intenzione la mia, oramai vistosa, erezione con i suoi addominali sodi. Ansimo violentemente e gli carezzo la schiena sensualmente, venerando la sua pelle, che è liscia e morbida come la seta e che mi manda in visibilio. Esploro la linea soda dei suoi muscoli dal basso verso l’alto, mentre la sua bocca percorre esattamente il percorso opposto. Quando arriva al punto di non ritorno, le mie mani sono tra i suoi capelli. Alza il viso, ansante “Se vuoi fermarmi questa è l’ultima possibilità.” Mi avverte. Il mio ruggito bramoso deve essere una risposta eloquente, perché prima di riabbassarsi sorride con gli occhi scintillanti. Mi lascia un’ultima, deliziosa tortura, un lunghissimo, lussurioso succhiotto sul fianco destro, poi mi libera della tortura della biancheria e mi esplora con la sua bocca.

Irrazionalmente ho spesso pensato a questo momento, a quando sarebbe giunto e come sarebbe stato. L’attrazione per Edward è sempre stata talmente prepotente da costringermi a pormi quantomeno delle domande in tal senso. Del resto, basta solo pensare al suo corpo perché mi si accenda dentro un desiderio bruciante e dirompente. Dal primo momento in cui l’ho visto ho pensato che sarebbe stato fantastico fare l’amore con lui. Una volta accettato questo pensiero, mi sono trovato a dover fronteggiare una domanda abbastanza ovvia: come sarebbe stato? Si sarebbero creati imbarazzi o incertezze? Sarei stato capace? Ora, che mi trovo di fatto in quella situazione, posso dire che i miei timori erano infondati, e lo erano per un motivo semplicissimo. Non avevo contato il sentimento per Edward. Invece è importantissimo, perché io lo amo, sono quasi certo di questo. E quindi non c’è imbarazzo o titubanza nei miei gesti, ma solo naturalezza e tanto, tanto desiderio. Di godere, di farlo godere e di essere bravo, unicamente per lui. E pare proprio che lo sia davvero.

Sono talmente eccitato che rischio di combinare un mezzo pasticcio e fare una figura alquanto misera. Ma, oddio, Jacob è puro sesso ed erotismo ad ogni mossa, innocente o calcolata che sia. Mi fa impazzire, è lento e calmo un minuto e poi veloce ed impetuoso quello dopo. È come se mi trovassi su delle altissime montagne russe, tocco la vetta e l’abisso di ogni emozione e sensazione. Jacob mi tortura, mi fa rincorrere il piacere più e più volte e finalmente, quando sono oramai allo stremo e prossimo alla preghiera, la sua lingua tiepida mi guida verso l’orgasmo più forte, desiderato e liberatorio di oltre cento anni. O almeno così credo finché, col respiro spezzato e il petto che si alza e si abbassa peggio di un mantice, fisso Jacob negli occhi e vedo tutto il suo desiderio e quanto sia oramai al limite. Allora capisco che il momento massimo del mio orgasmo sarà far venire lui.

Vedere Edward così è stato appagante oltre ogni dire e lo rifarei ancora per ore, se non fosse che pure io, oramai, sono al limite. Mi sono dovuto abbassare i pantaloni mentre mi dedicavo al mio ragazzo perché oramai erano diventati una tortura e anche i boxer ora sono decisamente troppo stretti. Spero vivamente che Edward voglia essere veloce ed intenso, perché sennò rischierei decisamente l’autocombustione. Sento uno spostamento d’aria e di colpo mi ritrovo seduto con la schiena contro il petto gelido di Edward, le sue labbra che mi torturano il collo e la schiena facendomi fremere, una mano che mi percorre il torace ansito per ansito, fessura per fessura e l’altra che percorre dolcemente la mia lunghezza, facendomi ansimare e dimenare contro il suo bacino. È tutto esattamente come alla radura, solo che questa volta non verrà Paul a disturbarci. Edward mi sussurra qualcosa nell’orecchio, con voce erotica e un lungo brivido mi preme contro di lui. Il ricordo della sua durezza e del suo viso stravolto mi travolgono totalmente e mi portano al culmine in pochissimo. Poco prima che io venga, Edward si sposta in modo che lo posso guardare negli occhi ogni singolo istante. Ed è sprofondando nel suo oro liquidi che mi abbandono al piacere, con un ruggito di lussuria e il desiderio di potere rimanere così per sempre.

 

Eccomi qui di nuovo!!! Sono riuscita finalmente a superare il blocco e spero di tornare ad aggiornare con una certa frequenza. Vorrei dedicare questo capitolo a Luce70, per le parole gentili della sua recensione, i complimenti e soprattutto l'ottimo consiglio che mi ha dato. Non credo di averlo reso in una maniera "tradizionale", ma mi è stato davvero utilissimo!!! Quindi darling questo capitolo è tutto per te, ancora grazie mille e spero sia di tuo gusto ^^ A presto, SoRrOw

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Capitolo 17
*** Sweet Night ***


Rimaniamo un bel po’ accoccolati a letto, dopo, immersi nella nostra nuvoletta di felicità. Le mie mani non smettono di accarezzare i capelli di Jacob, e le sue dita mi tracciano disegni astratti e forme geometriche addosso, rilassandomi. Siamo in silenzio, ma non è pesante o imbarazzato, non parliamo semplicemente perché non c’è bisogno di rovinare la perfezione di questo momento con discorsi vuoti ed insensati. Osservo Jacob e, vedendo che si sta per addormentare, faccio per metterlo sotto le coperte ma con un cenno mi fa capire che non vuole. Si stringe a me come un grosso gatto e nasconde il viso tra il mio collo e la spalla, bofonchiando qualcosa. Sorridendo mi adatto ed incrocio le braccia dietro il capo, fissando il soffitto. È tanto che non sono così rilassato e di buon umore. Dopo un po’ Jake si riscuote e mi si stende addosso, rubandomi un bacio intenso e passionale. Poi si scosta. “Ci facciamo una doccia, che dici?” Mi domanda. È improbabile che stia usando un tono volutamente sexy, è più plausibile che sia io a trovare lui e la doccia una combinazione assolutamente irresistibile, quindi lo accontento senza troppi problemi. Arrivati nel piccolo bagno turchese diamo inizio ad una buffa battaglia di salamelecchi per lasciare la doccia all’altro e alla fine, divertito ed esasperato, lo afferro per una mano ed entro nel box, trascinandomelo dietro. Noto la sua espressione perplessa e rido. “Non ho intenzione di farti nulla di indecente, tranquillo.” Lo calmo, aprendo l’acqua e piazzandomi sotto il getto. Lo sento borbottare qualcosa, lo spio da sotto gli occhi socchiusi e vedo che ascolta con aria pensierosa il forte rumore che producono le gocce cadendo sul mio corpo. Non so bene se sia il caso di interromperlo e a ben vedere non saprei neppure cosa dire. Limitandomi a sperare di non essere io il problema faccio per prendere il flacone del bagnoschiuma per insaponarmi, ma la sua mano bollente mi blocca con una carezza. Jacob mi si avvicina e mi da un leggero bacio, poi si versa il sapone in mano e comincia a massaggiarmi il collo e la schiena, con tenerezza ed attenzione.

Chissà perché mi sono fissato tanto con quel giro in moto, oggi. Si, sarebbe fantastico farlo con lui, una volta o l’altra, ma non è il solo gesto intimo che si possa fare in una coppia, anzi. L’attrazione magnetica che Edward scatena in me me ne ha appena suggerito un altro, ma in fondo basta solo essere assieme per ricreare la stessa atmosfera, no? Per rendere indimenticabile un qualsiasi dettaglio della nostra vita basta spartirlo con qualcuno, no? E poi, davvero, non so che mi passi per la testa quando sono con Edward. È come se fossi una persona diversa dal Jacob che conosco. Sono rilassato, totalmente, solo desideroso delle sue cure e che mi dedichi il suo tempo e la sua attenzione. Non desidero altro che toccarlo, guardarlo, parlare con lui, e che lui faccia lo stesso. Toccarlo è una delizia. Anche togliendo il brivido che ogni volta mi da la sua pelle, opalescente, fredda più di ogni altra cosa al mondo e liscia come un cristallo, anche tralasciando tutto l’istinto protettivo che mi suscitano i suoi occhi dorati e compiaciuti quando mi perdo ad accarezzagli i capelli, il suo fisico è quasi un’opera d’arte. Non è muscoloso quanto me, ma comunque ogni parte di lui è definita al punto giusto, ed ha un fascino irresistibile. Continuo a massaggiarlo, percorrendo il petto definito e la schiena ampia, poi vi poggio la testa, abbracciandolo dolcemente da dietro. La perfezione di questo momento mi stordisce quasi. Lui sorride, lo sento. “Cosa c’è? Ho la schiena troppo muscolosa e ti devi riposare?” Mi domanda dolcemente. Annuisco e continuo a stringerlo, immobile, godendomi l’intimità perfetta che si respira in questo istante. Neppure tutti i giri in moto del mondo potrebbero eguagliarla.

Niente e nessuno, in cento anni, mi aveva mai ispirato il senso di dolcezza e di protezione che invece mi suscita in mille modi Jacob. Stare con lui è un qualcosa che distorce ogni parametro spazio temporale. Il tempo vola, le emozioni sono tutte mille volte più intense. Quando sono con lui, l’Edward ansioso e assillato, frustrato e confuso sparisce. Non posso fare altro che essere felice e godermi tutto quello che mi da, e mostrargli quanto sia. Mi godo il suo abbraccio carico di sentimento a lungo, poi ruoto dolcemente assieme a lui, invertendo le posizioni, e lo faccio sedere sul piatto doccia, mettendomi dietro. Prendo lo shampoo e comincio a lavargli i capelli, desideroso di farlo sentire bene come ha fatto lui pochi minuti fa. Con mia grande soddisfazione lo sento mugolare di piacere in risposta al massaggio delle dita sulla cute, e sorrido baciandogli il collo. L’acqua calda scroscia su di noi, il vapore e il profumo dei saponi pervadono ogni cosa, il tempo non esiste più e c’è una gran pace.

Mi rilasso totalmente sotto il massaggio di Edward, e mi trovo improvvisamente a pensare che ne vale la pena. Tutta la gelosia, la rabbia, il pericolo e l’imbarazzo sono il prezzo da pagare per poter vivere la cosa più bella e completa della mia caotica vita. Colui che dovrebbe essere il mio peggior nemico oramai è diventato un altro mio punto fisso. Leah con la sua forza sovrannaturale, la sua tenacia, la sua caparbietà e testardaggine e l’affetto immenso che prova per me, Edward con i suoi scherzi e le sue battutine, con il suo corpo erotico e il suo animo insicuro e premuroso. Solo con loro io provo il calore di una famiglia, la sensazione di essere amato incondizionatamente, di non dover fingere, di potermi rilassare e concedermi di abbassare la guardia. Ho imparato ben presto che se volevo una cosa me la dovevo guadagnare e basta, con le mie sole forze. E se non ero forte abbastanza, rimanevo senza. Invece con Edward tutto quello che devo fare è chiedere. Affetto, protezione, aiuto, amore. Basta chiedere e mi sarà dato. È una sensazione che da alla testa, penso.

Non saprei dire per quanto tempo siamo rimasti nella doccia, senza aprire bocca ma lasciando che fossero i nostri gesti a dire tutto. Non so più chi abbia spento l’acqua e abbia trascinato fuori l’altro, né di chi sia stata l’idea di tornare a letto, in camera. Ora siamo qui, sotto le coperte e chiacchieriamo. Mi viene in mente, non per la prima volta, una domanda da fare a Jake, ma questa volta mi decido. Gli prendo la mano destra e la porto dolcemente verso la mia bocca. Mentre ne bacio le nocche, oramai del tutto guarite, mi faccio coraggio e gli domando “Perché?”

Sospiro, immaginavo che prima o poi me lo avrebbe chiesto, ma adesso, dopo la doccia, sono pronto a rispondere chiaramente, in modo che anche lui possa capire. Mi sistemo meglio sul cuscino, in modo da guardarlo negli occhi. “Perché tutto questo è frustrante. Che tu sia tu, che io sia io, che il nostro rapporto rischi di causare guerre e dolori ai nostri cari e a un mucchio di persone innocenti che neppure conosciamo. Non è giusto. Stare con te mi fa sentire bene, e completo. Mi rende felice. Non disturbiamo nessuno noi, con il nostro rapporto, e allora perché non possiamo viverlo alla luce del sole? Cosa ci sarebbe di male nell’uscire assieme, come una coppia?” Vedo Edward sospirare, e improvvisamente capisco che anche lui vive queste stesse identiche sensazioni. Non gli va giù essere relegato nei momenti rubati, come quelli di stasera o di oggi pomeriggio.  Anche lui, mi rendo conto con un sussulto di gioia, vorrebbe esporsi del tutto “Ero con Angela Weber oggi, l’ho portata fuori per festeggiare un suo bel voto in geometria. Siamo andati in un locale nuovo ai margini del bosco e ce l’ho portata con la moto, visto che le piace tanto. Era seduta dietro di me, con le braccia attorno ai miei fianchi, e improvvisamente ho voluto con tutto me stesso che fossi tu. Era un gesto così normale, eppure così intimo! E con te non lo potrò condividere, mai in tutta la vita. Perché tu sei un vampiro e io il capoclan della nuova guardia dei lupi mannari. Però non è giusto. Per questo mi sono sfogato.”

Annuisco e gli confido la mia rabbia di oggi pomeriggio, il mio desiderio di uccidere tutto e tutti. Tralascio, ovviamente, il breve attimo di desiderio carnale per Jessica. Non lo faccio perché lo ritengo poco importante o perché il fatto di essermi fermato lenisca il mio senso di colpa, ma solo perché Jake adesso è il ritratto della felicità, e lo sono pure io. Perche questo momento così perfetto sarà per noi più unico che raro e non intendo sprecarlo o spezzarlo, facendo soffrire il mio ragazzo. Quello di oggi è stato un inconveniente, un incidente di percorso dovuto alle emozioni che mi sono sfuggite per la rabbia. Aveva capelli mori o biondi, ricci o lisci? È alta o è bassa, ha un fisico regolare o qualche caratteristica particolare? Non riesco neppure a ricordare il viso o il corpo di Jessica Stanley, non ha importanza, non ne ha mai avuta e non ne avrà mai. L’unica cosa che ha un senso, a questo mondo, è Jacob.

È tardi ormai, è quasi mattina. Prima o poi Edward se ne dovrà andare, constato con espressione seccata. Il mio compagno ridacchia. “le tue facce sono imperdibili.” Mi spiega, accarezzandomi una guancia. Mi fissa negli occhi a lungo, poi incrocia le braccia dietro la nuca e sorride. “Amo la forma ed il colore dei tuoi occhi, Jake. Arrossisco ma sono anche decisamente soddisfatto dal suo complimento. “Grazie. Perché?” “Perché sono assolutamente trasparenti, posso vedere tutto quello che voglio sapere di te.” “Puoi anche chiedermelo sai?” Replico, divertito. Lui sghignazza. “Si, ma è più figo così no? Come se ti leggessi il pensiero …” Inarco le sopracciglia. “E ora a che sto pensando, allora?” Lui mi scruta, poi ghigna e si allunga sopra di me, cominciando a baciarmi il collo, lentamente. “Vuoi le coccole …” Mormora, solleticandomi con le labbra. Miagolo soddisfatto “È stato troppo facile.” Ammetto. Edward sorride, poi alza il viso e posa il mento sul mio petto, scrutandomi dal basso. “Sai che gli occhi di mia madre erano quasi del tuo stesso colore?” “Davvero?” Domando, interessato. “E anche i miei.” Aggiunge. Una frazione di secondo dopo ha in mano una foto. Fischio ammirato, non ho neppure avvertito che si fosse alzato da sopra di me.

“Non per nulla sono il più veloce della mia famiglia.” Dico, in tono compiaciuto. Jake sbuffa “Dovrò cominciare a portare gli occhiali scuri.” Si lamenta, ammiccando. “Nemmeno per sogno!!!” Esclamo, portandolo sopra di me. Poi gli mostro la foto. “Conservo ancora l’originale in un album, in camera mia, ma prima l’ho scannerizzata e modificata al computer, rendendola più nitida e restituendole i colori di un tempo, almeno per quello che posso ricordare. Siamo a Chicago, nel vialetto di casa, e posiamo davanti alla macchina che finalmente mio padre si è riuscito a comprare. È stato un grosso investimento, ma lui è un uomo d’affari, deve promuovere la sua immagine, e poi è così utile! Ora finalmente possiamo andare a trovare mio nonno in campagna tutte le volte che vogliamo! E posso imparare a guidare anche io, a quei tempi non c’era bisogno di prendere la patente, bastavano un paio di lezioni in compagnia di un adulto.” “È bellissima …” Commenta il mio ragazzo, mangiandola con gli occhi. Osserva mia madre, mio padre, e poi me, a lungo, sia in foto che dal vivo. “Sei rimasto praticamente uguale.” Scoppio a ridere. “Ma non dire scemenze. La foto rende giustizia, ma in realtà non ero questo granché da vivo. Avevo un sacco di acne. E una gamba un po’ storta.” “Non ci credo.” “E perché no? Anche io ero un normalissimo ragazzo sai? È normale che avessi qualche difetto.” “Beh, ma ora sei perfetto, è per quello che sembra strano …” “Esternamente, forse … Dentro sono rimasto esattamente lo stesso normale ragazzino di diciassette anni.” “Meglio, mica voglio stare con un vecchio nonno barboso.” Ridacchia Jake, facendo sorridere anche me. “Aspetta.” Mi dice poi, ribaltandomi con un colpo di reni e alzandosi poi dal letto. Con un sorrisetto esce dalla stanza.

Vado nella camera che usa Leah, quella di sua zia, e cerco la nostra foto. Come sempre è sul comodino, ben spolverata e messa nella cornice più bella della casa. Mia mamma ride e guarda direttamente nell’obbiettivo della macchina, tenendo una mano sulla mia spalla e una su quella di Leah. Io e lei, manco a dirlo, ci stiamo scrutando con aria complice. Con un nodo in gola prendo la cornice e torno da Edward. Gli faccio vedere una delle poche foto che ho con mia mamma, che è anche una delle ultime, e lui sorride. La guarda con affetto e la sfiora con le dita gelide. “Era davvero una donna splendida.” Dice, prendendomi la mano e trascinandomi sul letto. Annuisco e mi rannicchio contro di lui, rilassandomi totalmente. Edward sorride e mi carezza un braccio. “Dormi Jake, è tardi …” “Ma tu te ne stai per andare!!!” Ribatto, seccato e ben deciso a non chiudere occhio. Edward mi scruta e poi sospira, in tono rassegnato “Che testa di legno …” Intanto però la sua mano corre leggera sui miei muscoli, in una carezza dolcissima e continua. “Rimarrò solo altri dieci minuti, va bene? Poi mi faccio una doccia e vado. Ho un appuntamento con Emmett, una scommessa di caccia che non voglio assolutamente perdere.” “Che scommessa?” Domando subito, sperando di farlo parlare a lungo. Dieci minuti sono troppo pochi. Edward si china e mi bacia la fronte. “Chi catturerà per prima quattro lupi ad Epping Rocks, una foresta vergine a qualche migliaio di chilometri da qui, avrà patria potestà sull’altro per un giorno intero. È un modo come un altro per trascorrere una bella giornata di sole, e per mangiare un pasto gustoso. Almeno sono tutti tranquilli.” Mi sorride e mi bacia la fronte, poi se ne va in bagno. Ascolto l’acqua scrosciare su di lui e, mio malgrado, mi addormento cullato da quel rumore musicale e dal suo profumo rimasto intrappolato nelle lenzuola.


Salveeeeee!!! Terminata la prima sttimana di Uni, è bellissima ma torno a casa abbastanza tardi, quindi il mio tempo scrittura si assottiglia di molto, mi spiace!!! Chiedo scusa se il capitolo sembrerà un po' "Strano" in certi punti, ma ho scoperto di avere un'allergia tremenda per le scene sdolcinate xD Ringrazio tantissimo luce70, Sharel, Sabatodestroy, dady_black e susyko, i vostri commento sono dolcissimi e mi danno davvero la carica ^-^ Grazie anche a chi legge solo e a chi ha segnato la storia tra le seguite o le preferite, anche senza commenti, vedere delle medie di lettura dei miei capitoli cos`alte mi mette di buon umore! Un bacio a tutti, alla prossima ^^

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Capitolo 18
*** Challenge, Volturi, Emotions ***


 

Finalmente esco dalla doccia, asciugandomi con calma assoluta, e sento che Jake si è addormentato. Lo capisco da come respira e da come batte il suo cuore, lento e costante. Mi intenerisco pensando a come non ne voleva sapere di lasciarmi andare, e un pensiero dopo l’altro tiro le conclusioni di tutta la notte. Abbiamo fatto passi da gigante nell’intimità, e già questo è un bene enorme. Era un aspetto che mi preoccupava non poco, e anche se non abbiamo avuto un rapporto vero e proprio, il petting di stanotte è stato estremamente importante. Non solo perché a livello fisico ho provato brividi e scosse mai provate prima e perché sono riuscito ad essere un buon amante per Jake, ma anche e soprattutto perché sono riuscito a fare quello che desideravo  senza troppi imbarazzi, alla fine. Jacob ovviamente non ne ha mostrati mai, neppure all’inizio, ma lui è un caso a parte. Per lui le cose sono bianche o nere, l’ho capito bene oramai. Una volta che si  è reso conto di provare attrazione verso di me e che lo ha accettato, credo che non si sia più posto domande. Io invece amo sguazzare nei grigi, nelle possibilità, nelle eventualità remote. Non riesco a non farmi problemi. È il mio punto debole, lo so, ma ho troppa paura del giudizio della gente. Fino ad adesso sono sempre stato abituato ad essere visto come un modello, a dare l’impressione di essere perfetto, e la cosa mi andava più che bene. Il fatto che Jake tiri fuori il mio lato più umano non mi crea solo appagamento e serenità, ma mi spaventa anche molto, perché è pieno di imperfezioni. Ed è fortissimo. Temo che, lentamente, finirebbe per corrodere tutta la maschera che mi sono creato faticosamente e che amo portare. E che la mia parte umana non piaccia a nessuno, nemmeno a lui. Non posso saperlo, nessuno l’ha mai vista, nemmeno i miei genitori. Quando tornai, dopo i miei anni da “giustiziere della notte”, mi misi quella maschera e rinchiusi tutti i dubbi e le paranoie al di fuori, diventando quello che tutti conoscono e facendolo senza sforzo e senza rimpianti. Non voglio che tutto questo si cancelli. Concludendo così i miei pensieri entro nella camera da letto e mi fermo sullo stipite della porta: Jake è addormentato sul letto, bello come una divinità. Nel sonno, sorride dolcemente. E io mi rendo conto di quanto sia forte, oramai, il legame che sento per lui. In meno di un secondo tutto il discorsetto di poco prima svanisce come neve al sole. Si, è vero, non voglio che la gente mi veda meno perfetto, ma non posso e non voglio in alcun modo rinunciare a Jacob, a quello che spero che sia, da parte sua, un sentimento più profondo dell’attrazione fisica perché io oramai mi sto innamorando di lui sempre di più. Non posso pensare di rinunciare a tutto quello che lui e il suo esistere nella mia vita mi comporta, oramai ne sono dipendente. Quindi è l’ora che mi metta a combattere contro le mie paure seriamente. Sorrido e mi avvicino al letto, incantandomi a guardarlo e sperando solo di essere degno per lui. Mi chino e gli poso un ultimo bacio sulle labbra. “Dormi bene Jake.” Sussurro, poi apro la finestra e mi butto, sorridendo. È tantissimo che non mi sentivo più così euforico.

La radio sveglia comincia a suonare una canzone melensa, che però riesce a sottrarmi comunque dal mio sonno e, soprattutto, dal magnifico sogno che stavo facendo. Con un grugnito le assesto una botta e mi premo il cuscino sul viso, sperando di riuscire a rivivere almeno per qualche istante la mia fantasticheria notturna. Io ed Edward alle Hawaii, il sole, i paesaggi meravigliosi, i baci sulla sabbia … Arrossisco e mi ammonisco mentalmente, altro che ritorno di fiamma, quella per Edward sta diventando una cotta con i controfiocchi!  Sbuffando mi libero dal cuscino, che rischia di soffocarmi, e mi alzo per preparami. Una veloce occhiatina fuori dalla finestra mi fa desiderare di tornare a letto e darmi malata. Per la prima volta in diciotto anni di vita mi trovo a detestare profondamente la rarissima luce solare che bacia occasionalmente Forks. Sembra quasi una legge della fisica: introducendo in un triste e perennemente umido microclima una giornata di pallido sole primaverile, il risultato più immediato sarà quello di causare la sparizione totale di tutti i membri della famiglia più bella della zona, causa uno spiccato spirito salutista che porta tutti i Cullen ad ammazzarsi di chilometri a piedi o in bici e me a passare una giornata triste e imbronciata, poiché privata della visione dell’oggetto dei miei pensieri e sogni. Volto, in maniera abbastanza infantile, la schiena alla finestra e marcio verso il bagno, sbuffando e lamentandomi a tutto spiano.

Emmett accosta ai margini della foresta, e poi scendiamo entrambi dal pickup. Sul retro le gabbie con i lupi sono scosse da continui tremiti, gli animali, sebbene non possano vedere, hanno senza ombra di dubbio percepito di essere in una foresta, e non quella dove sono nati. Io e mio fratello ci scrutiamo per un attimo, poi liberiamo le gabbie dai teloni. Tre dei quattro lupi si slanciano verso di noi, tentando di morderci e graffiarci malgrado le gabbie robuste. Il quarto, che poi è la lupa che mi ha fatto conoscere Jacob, invece sta stesa calma nella sua prigione. Ha le orecchie tese e sta scrutando gli alberi che ci circondano, sicuramente analizzando l’ambiente. Sogghigno, lei sarà un osso davvero duro da riprendere. Con uno sguardo d’intesa io ed Emmett forziamo i lucchetti e in un istante uno, due, tre, quattro fulmini neri schizzano giù dalla macchina e dentro al bosco, con una selva di gridi e ululati, sparendo subito alla nostra vista in quattro direzioni diverse. Rimaniamo qualche secondo ad annusare l’aria, poi torniamo in auto. Emmett si siede al posto di guida senza una parola o una battutina stupida. Non accende la radio, non mi chiede dove abbia trascorso la notte, non tamburella neppure con le dita sul volante per il semplice gusto di irritarmi!!! C’è decisamente qualcosa che non va. “Emmett ..?” Domando, preoccupato. Ho paura che con il suo istinto infallibile mi abbia scoperto, e mi preparo psicologicamente ad essere fatto a pezzi. “Alice ce lo ha detto stamattina. I Volturi intendono venire qua al più presto, per una visita amichevole.” Il tono è sarcastico ed innervosito, più che preoccupato. “Ah.” Replico, stordito dalla notizia. Accidenti, questo mi coglie impreparato. Speravo di avere più tempo. A questo punto delle cose, sono costretto a scegliere qual delle mie due ragazze posticce scegliere. Mi bastano pochi attimi di riflessione per decidere. Non riesco a soffrire la Swan, nonostante abbia un odorino stuzzicante da morire e l’enorme vantaggio di una mente muta. Però proprio quest’ultimo dettaglio potrebbe attirare eccessivamente le attenzioni di Aro, perché potrebbe benissimo essere indice di un’abilità peculiare. E inoltre mi impedisce di manovrarla, perché scherma tutto quello che prova. Niente da fare, la mia scelta deve ricadere per forza su Jessica, più carina, più simpatica, e cotta di me a puntino. Mi preoccupa un po’ l’istinto che suscita in me la sete, ma non in maniera eccessiva. Basterà pensare a Jake e nutrirsi più spesso, e tutto sarà perfetto. E poi non dovremmo farci vedere come coppia, basterà fare qualche leggera allusione a nostri occasionali incontri, sottolineando come per me sia solo un divertimento  e come sia totalmente esclusa dalla nostra realtà. Sospiro, questo momento mi aveva terrorizzato per un sacco di tempo e invece, ora che ci sono dentro, non è poi così male. Con un po’ di organizzazione riusciremo a gestire tutto alla perfezione. Emmett mi scruta di sottecchi. “Sei preoccupato?” “Un po’.” Rispondo “Soprattutto per la questione dei lupi della riserva. Se non se ne stanno buoni e zitti, se per caso i Volturi spopolano e cacciano nel loro territorio, Forks è condannata.” Mio fratello trattiene rumorosamente il fiato. “Non ci avevo pensato …” Annuisco. “Sarà meglio parlarne con Carlisle stasera.” “Già.” Annuisce, poi guarda verso la foresta. Non ho bisogno di leggergli nella mente per capire quello che sta pensando ora. “Dopo la caccia, ovvio.” Mio fratello mi sorride, con aria colpevole, poi usciamo dalla macchina e ci dividiamo. Chiudo gli occhi ed annuso l’aria umida. La mia lupa è andata verso sinistra.

Andare a scuola senza Edward è davvero noioso. Neppure terrorizzare i compagni e i professori mi diverte più quanto prima. Ma questo non vuol dire che smetterò di farlo. Finalmente l’ora di letteratura termina, Leah lascia stare le ragazze della scuola di Forks, Paul ridà al povero Jeffrey Radots quel che resta del suo zaino e Sam fa uscire un ragazzino terrorizzato dall’armadietto. Spengo la sigaretta sul libro della Swan, che ha osato occupare il posto di Edward, e mi alzo di corsa, ricordandomi di colpo che Angela passerà qua davanti tra poco. Mi appoggio con noncuranza allo stipite e osservo la scolaresca, registrando solo in parte che Leah è al mio fianco. Tra la folla noto Anthony, l’ex di Angela, e la mia amica gli si avvicina subito, baciandolo sulle labbra e strusciandosi su di lui come un gatto. Sospiro e alzo gli occhi al cielo, divertito, Leah non è capace a passare inosservata. Subito dietro ai due novelli fidanzatini, però, c’è l’oggetto del mio interesse, con la faccia di chi abbia appena preso un pugno nello stomaco. Mi avvicino e le stringo il braccio, solidale. Lei mi osserva un istante e poi mi butta le braccia al collo, scoppiando a piangere. Sospirando, e ora avendocela anche un po’ con Leah e con la sua continua esuberanza, la abbraccio dolcemente e la cullo un po’. Quando mi sembra che si sia un po’ calmata la prendo per mano e la porto sul tetto. Lei ha smesso di piangere e ora si scusa, dicendo che si è comportata come una stupida. La rassicuro e le dico che era una reazione normale, poi le chiedo se vuole parlare. Lei ci pensa un po’, poi annuisce. Mi chiede una sigaretta, se l’accende con la mano ancora leggermente tremante, e comincia a cercare un fazzolettino nella borsa, per rimediare al pasticcio di trucco colato e lacrime che ha in faccia. “Io ed Anthony siamo stati assieme per quasi tre anni. Ci siamo fidanzati grazie al giornalino della scuola, lui scriveva gli articoli e io facevo le foto e l’impaginazione. Mi è piaciuto fin da subito, oltre ad essere bellissimo ed intelligente, era anche incredibilmente tenero e gentile con tutti e avevamo gli stessi interessi. In breve, è stato il grande amore della mia vita e continua ad esserlo, malgrado tutto. Tre anni non sono pochi, e noi vivevamo in un sogno. Era tutto perfetto, mai una giornata noiosa, mai un litigio … fino agli ultimi tre - quattro mesi circa. Allora tutto è cambiato, improvvisamente. È come se da un momento all’altro si fosse tutto rovinato. Lui è diventato super possessivo, io gelosa di tutto il tempo che mi sacrificava per gli amici. Siamo passati da zero a mille litigi, pieni di rabbia e di cose che non pensavamo, che rivangavano cose successe diverso tempo prima. Poi facevamo pace, è vero, ma sempre più a fatica, e poi continuavamo a discutere praticamente tutti i giorni, e sempre peggio. So che la goccia che ha fatto traboccare il vaso e concludere del tutto il rapporto è solo ed esclusivamente una mia colpa, ma non è stato solo per quello.” Prende un respiro tremolante e un lungo tiro di sigaretta. “Volevo andare a ballare all’Alter Ego, quel nuovo locale a Port Angeles, perché erano mesi e mesi che non facevamo nulla e la sera, se ci vedevamo, rimanevamo a casa o al massimo andavamo a mangiare una pizza. Invece lui mi ha fatto una scenata pazzesca, ha detto che non mi importava nulla di lui, se volevo uscire e andare in discoteca. Ha aggiunto che avevo scelto quella serata apposta perché era quella nella quale si riuniva la sua crew e che lo volevo tagliare fuori da tutto e da tutti ad ogni costo. Abbiamo urlato per oltre un’ora, poi lui è uscito e anche io. Lui è andato al suo incontro, e io a ballare. E sono stata benissimo. Per la prima volta dopo non so più quanti mesi sono andata in discoteca e mi sono divertita. Ho ballato, ho fatto amicizia con qualche ragazzo, ho chiacchierato e basta, era tutto perfetto. Poi Anthony ha pensato bene di farsi vivo. Era furioso perché ero uscita senza di lui e ha cominciato a tempestarmi di messaggi allusivi pieni di insulti. Io gli rispondevo, sempre più fuori di me, e tra un messaggio e l’altro bevevo, finché non mi sono ritrovata appartata in un angolino con un tipo. So di non avere scuse, ma non ritengo di essere la sola colpevole. E poi il fatto che lui si sia consolato così in fretta non fa che confermarmi che oramai fosse finita comunque. Ma vederlo con un’altra … è così doloroso!!!” Conclude, la voce rotta e gli occhi strizzati per trattenere le lacrime. Provo una gran pena per lei, e in un secondo la prendo in braccio e la stringo a me. Lei si lascia andare, ancora una volta, e rimaniamo abbracciati a lungo. Quando ci separiamo, al suono della campanella, lei mi guarda, fregandosi gli occhi rossi, e mi fa un sorriso bellissimo. “Grazie mille Jake. Non sei cattivo quanto vorresti sai? Ti voglio bene.” Non rispondo ma sorrido, felice, e le accarezzo i capelli.

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Capitolo 19
*** Cracks ***


Il lupo si gira, a fatica, e scopre i denti nella mia direzione, ringhiando ferocemente. Ghigno, sarà la mia prossima preda e lo sappiamo benissimo entrambi. L’animale si volta, mugolando, e continua la sua corsa. Sebbene sia circa cinquecento metri avanti a me lo seguo con calma, prendendomela comoda. Non rischio di perderlo di vista, si è tagliato un fianco piuttosto profondamente appena entrato nella foresta e il rosso sulle foglie più l’odore che si lascia dietro sono come una sirena. Percepisco che anche Emmett ha ucciso il suo lupo, e che ora si sta nutrendo. Bene, dopo aver abbattuto questo rimarrà solo la mia pupilla da catturare. Accelerando leggermente azzero la distanza tra me e il mio secondo piatto e ringhio, stuzzicato dall’odore inebriante del suo sangue. Il lupo si volta e, con le sue ultime forze o quasi, mi azzanna con violenza un braccio, stracciando uno dei miei maglioncini preferiti e facendosi saltare tutti i denti. Con un ringhio lo scaglio abbastanza lontano. Il sangue schizza dalla sua ferita un po’ dappertutto ed accende in maniera irrefrenabile la mia sete, facendomi dimenticare di usare i miei sensi. Così cozzo contro un muro di marmo semovente, Emmett ovviamente, che piuttosto divertito mi afferra per il colletto e mi lancia tra gli alberi. Rimango pochi secondi sospeso in volo, appena possibile mi do la spinta contro un albero e piombo addosso a mio fratello come un proiettile, allontanandolo dal lupo. Lui mi ringhia contro ed iniziamo a fare la lotta, rotolandoci per terra e dirigendoci sempre più verso il margine del bosco. Arriviamo nei pressi del lago e subito schizziamo tra le fronde degli alberi. C’è una tenda montata sulla riva, una tenda con dentro due umani. Dopo pochi istanti che siamo nascosti tra le foglie, una donna esce dall’accampamento. È minuta e abbastanza giovane, ha i capelli rosso fuoco e occhi blu. Si avvicina alla riva e comincia a riempire d’acqua i recipienti, canticchiando sommessamente. Dopo poco un altro umano esce dalla tenda, un giovane uomo che la vede, le si avvicina di soppiatto e le ruba un bacio. La coppia passa qualche minuto a ridere e scherzare con l’acqua, poi tornano all’accampamento teneramente abbracciati. Io ed Emmett ci scambiamo un occhiata e, senza bisogno di parlare, decidiamo di rimanere ad osservare gli umani, almeno per un po’. Non siamo pericolosi, abbiamo mangiato a sazietà, prima, e le foglie ci nascondono del tutto. Rimaniamo su quegli alberi per ore ed ore. Wendy ed Alan sono sposati da sei anni e sembrano il ritratto della perfetta e felice famiglia americana. Vanno d’amore e d’accordo, hanno entrambi un lavoro che li soddisfa, una bella casa e un sacco di amici. Sono venuti qui ad Epping Rocks perché adorno il camping e perché desideravano portare Tad, il loro figlioletto di cinque anni, a respirare un po’ di aria fresca, e al bimbo tutto questo è straordinariamente piaciuto, tant’è che non ci eravamo nemmeno accorti di lui, all’inizio, preso com’era a giocare agli esploratori, agli indiani e a chissà cos’altro assieme a Cujo, il gigantesco cane di famiglia . Io ed Emmett li guardiamo per ore. Ho sempre pensato che avrei voluto una famiglia così, con una moglie carina, un figlio ed un cane, ma non credevo che anche mio fratello lo desiderasse tanto. Emmett è sempre così sarcastico ed ironico, non sembra prendere mai nulla sul serio, e invece muore dalla voglia di avere un figlio, come Rose. Sospiro, a disagio, e poi osservo il cielo, meditando su quanto sia comunque crudele la nostra condizione, anche se noi Cullen abbiamo la fortuna di essere una famiglia molto unita. Siccome i pensieri di Emmett si stanno facendo sempre più oscuri decido di trascinarlo via dall’albero, e di portarlo verso l’auto. Corriamo in silenzio fino all’auto, ci sediamo senza dire una parola  rimaniamo lì, sprofondati nei nostri pensieri. Emmett probabilmente sta rivivendo la sua vita con Rose, io penso a quanto mi manca Jacob e a come sarà orribile non vederlo in questi pochi giorni. Emmett sospira profondamente e si volta a guardarmi. “Ok Edward, sputa il rospo. Che c’è? Anzi, chi c’è? Non se ne può più di vederti tutto silenzioso e mesto.” Ecco, appunto, mio fratello e il suo infallibile istinto. Mi sembrava troppo bello, già sono parecchio sorpreso che Alice non mi abbia fatto un terzo grado sulla mia relazione con Jake. “E va bene, va bene … Mi vedo con qualcuno, ok?” E fin lì se ne sono accorti più o meno tutti al mondo … La domanda da un milione di dollari è: con chi?” “Tanto non lo indovinerai mai …” “Se, figuriamoci … è la Swan?” “No.” “Una della riserva?” “Si, certo, così mi vado a mettere nelle mani di quell’idiota di Jacob Black! No.” “Una professoressa?” “Emmett …” Lo ammonisco, col sorriso sulle labbra, ricordandomi di quando, una cinquantina di anni fa, per scommessa ci eravamo finti professori al solo scopo di adescare le giovani insegnanti. “Va bene, va bene, con chi ti vedi?” “Con Jessica Stanley.” Cedo, alla fine. “NO, non ci posso credere!!! Ma se la detesti!!!” “No, in fondo no … È una ragazzina carina e anche moderatamente interessante … ovviamente non è il grande amore perpetuo della mia esistenza, ma solo una semplice storiella, senza complicazioni.” “E nel tuo “Senza complicazioni” come s’inserisce l’arrivo dei Volturi?” “Evitando di stringere la mano ad Aro e di parlare dei fattacci miei se non strettamente indispensabile. Qualora dovesse capitare sottolineerò come lei non sappia assolutamente nulla di quello che siamo, ovviamente, e tutto finirà qua.” “Dici che funzionerà?” Mio fratello è scettico. “Certo. Non rischierei mai la vita di una ragazza innocente per capriccio.” “Va bene, speriamo vada tutto bene come nei tuoi progetti … Che facciamo ora? Un lupo è oramai morto …” “Lasciamola così, d’accordo? Patta. Piuttosto, andiamo a casa, dobbiamo dire a Carlisle della riunione con i lupi, anche se probabilmente ci avrà già pensato da solo.” “Va bene, andiamo.” Mette in moto e ci dirigiamo a verso casa, dopo aver fatto una piccola deviazione per gettare le gabbie vuote. Sono euforico, anche se non dovrei. Ma stasera vedrò Jacob.

“E secondo te questo è un buon motivo per rovinarsi la salute e la vita? Solo perché un ragazzo non ti dice ogni giorno che sei bella? La tua amica era veramente una scema, dai!” Sbuffo, mettendomi a sedere sulla coperta e sciogliendomi i capelli. Angela ridacchia e si prende una bottiglia di birra dalla borsa. Valuto, mentre è chinata e mi da le spalle, che ha davvero un gran bel sedere. Il belvedere non dura molto, però, la mia amica si raddrizza  mi porga una bottiglia. “No, non lo ritengo un motivo valido per distruggersi, ma capisco che cosa la ha portata a farlo.” “Io no.” Angela sospira e beve un sorso di birra. “Dai Jake, non è così difficile! Quando stai con una persona vuoi sempre essere bella e perfetta per lui o lei, no? Vuoi che sia fiera di te e che ti reputi il massimo. Vuoi sentirti dire quanto sei affascinante. Ora, nei primi mesi questo capita normalmente, ma poi ci si rilassa e i ragazzi spesso dimenticano di fare i complimenti alle loro ragazze. E questo le manda in crisi e le spinge a cercare di migliorarsi per ottenere ancora complimenti ed approvazione.” “Ok, ma scusa, perché non aprono la bocca e semplicemente lo chiedono? Senza lacerarsi il cervello di paranoie e cazzate e vivendo anche meglio, tra l’altro.” “Perché sennò poi i ragazzi comincerebbero a dire che sono superficiali e vanitose.” “Non è vero.” “Ma si che lo è!!! Scusa, se tu avessi una ragazza che ti chiede, diciamo una volta al giorno, se la trovi bella tu cosa faresti?” “Le risponderei in base alla pura e semplice realtà,no?” “E non saresti mai stufo di ripeterlo?” “Ma perché dovrei ripeterlo sempre, poi? Se le dico che è bella non se ne può convincere e basta, senza chiedere sempre conferme?” “Una donna non lo farà mai, purtroppo.” Sospira. “D’accordo, ma allora torniamo al punto di prima! Perché non chiede ciò che vuole e si aspetta che debba essere il suo compagno ad indovinarlo?La scusa della presunzione non regge, la verità è che voi donne amate che gli uomini vi corrano dietro, impazzendo per voi!”  Commento, intrecciandomi i capelli. Angela rimane in silenzio, pensando a cosa dire. Mentre mi fisso la treccia approssimata che ho annodato la osservo e all’improvviso avverto un brivido netto all’altezza della colonna vertebrale, che mi fa fremere violentemente. C’è un vampiro nei dintorni. Con fare circospetto mi guardo in giro e vedo un luccichio sospetto sfrecciare a qualche metro da noi. Credo che potrebbe essere la bionda, Rosalie. Sicuramente mi ha visto, ma finché non mi da noia non vedo perché scocciarla, non sono mica uno sgherro di Ateara!! Non ha superato il confine, e nutrirsi è un suo diritto. Mi volto verso Angela e vedo che mi si è avvicinata parecchio. “Jake?” Mi chiama. Comincia a battermi il cuore, ho una stranissima sensazione “Si?” “Dicevi sul serio quelle cose sulle donne? Che basta che lo chiedano e possono ottenere tutto?” “Si, certo.” Alza la testa e mi guarda. “Quindi se io ti chiedessi di baciarmi, ora? Lo faresti?” Cavolo, me lo sentivo!!! Sospiro. In realtà c’è più di un motivo per il quale non posso rifiutarle un bacio, ma ho anche altrettanti buoni motivi per farlo. Devo proteggere i miei fratelli e Forks, e baciare Angela potrebbe essere uno dei modi per riuscirci. D’alto canto però c’è Edward. Fin dal primo bacio che gli ho rubato quasi un mese fa, ho capito che non avrei mai più voluto baciare nessun altro. Il Bacio, quello con la B maiuscola, può esistere solo se lo scambio con lui. E poi c’è Angela stessa. Se la bacio ora cosa succederà poi? Si aspetterà qualcosa? O, cosa più probabile, rimarrà solo ferita e si sentirà ancora peggio? Non voglio farla star ancora peggio e non voglio illuderla. “Angela …” Sospiro, prendendola in braccio e carezzandole la schiena. “Se io ora ti bacio, dopo cosa accadrà? Cosa ti aspetti poi?” “Non lo so …”Sospira lei, appoggiandosi al mio petto e cominciando a percorrerlo con le dita. Annuisco “E se dovessi farti soffrire?” Alza il viso e mi guarda dolcemente, e anche con un po’ di tristezza. “Non soffrirò Jake, tranquillo. Posso avere un bacio?” Sospiro sommessamente, non ho più scuse. Lentamente mi sporgo verso di lei, le scosto delicatamente i capelli dal viso e glieli raccolgo dietro all’orecchio sinistro, poi accosto le mie labbra alle sue. Lei chiude gli occhi e mi posa completamente le mani sul petto, esitante. Le copro con le mie e poi mi stacco. Sento di nuovo l’odore di Rosalie ed ho un altro fremito, ma di nuovo la mia “nemica” se ne va senza fare nulla. Angela apre gli occhi e mi sorride, e leggo nel suo sguardo quello che ho provato anche io. È stato un bacio tenero e delicato, ma per entrambi non ha significato nulla. Apparteniamo entrambi, mente e cuore, ad altre persone e non possiamo illuderci che non sia così, anche se magari a volt lo desidereremmo. “Come va?” Le domando. Lei sospira. “Scusa Jake, non avrei dovuto chiedertelo. Non è colpa tua, ma …” “Ma anche tu hai in testa solo un’altra persona, e anche per te non ha significato nulla.” Concludo, sorridendo per farle capire che non sono in collera. I suoi occhi si illuminano e risponde al mio sorriso,radiosa, ma poi intravvedo la scintilla della curiosità e mi rendo conto di avere parlato un pochino troppo. “Come “Anche tu”? Vuoi dire che anche a te piace un’altra persona?” “Confesso.” Ridacchio, alzando le mani in un gesto di resa. “Ma allora perché ci provavi con me? No, anzi, aspetta; mi sono data la risposta da sola qualche minuto fa, vero?” Annuisco. “Si, diciamo di si.” “E posso sapere di chi si tratta?” “No Angela, mi dispiace. Non lo può sapere nessuno.” “Va bene.” Commenta lei, e finisce tutto lì, non mi assilla con altre domande, non tira ad indovinare. Le scompiglio affettuosamente i capelli, mi piace anche per il suo riserbo. “Questo bacio non cambierà nulla, vero? Possiamo sempre continuare a vederci come amici?” Mi domanda. “Ma certo.” La tranquillizzo. Parliamo ancora qualche ora, come se nulla fosse successo, e poi torniamo a casa.

Imbocchiamo il vialetto di casa che il sole non è ancora tramontato, e la prima cosa che vediamo sono Alice e Rosalie che, in piena luce, chiacchierano sul vialetto, con davanti una pila enorme di riviste e un servizio da the, ovviamente vuoto. Quello delle “chiacchiere fra donne” è un rituale che ha più di trent’anni, e non lo cesseranno mai. Mentre scendiamo dalla Jeep un pezzo di conversazione mi giunge alle orecchie, smuovendomi qualcosa dentro. “Te lo giuro, Alice, era Angela Weber!!! Stava baciando Angela Weber!!!” Improvvisamente il vialetto mi sembra lunghissimo da percorrere, la luce troppo forte, l’aria troppo soffocante. Calma Edward. Ricorda, fingi indifferenza. “Chi state smembrando vivo, mie adorabili signore?” Domando con nonchalance, avvicinandomi e salutando le mie sorelle con un bacio. “Di Jacob Black, il fiero lupo condottiero!!!” Mi informa Rosalie, prima di andare ad avvinghiarsi ad Emmett e a soffocarlo con uno dei suoi baci. “Ma non è fidanzato con quella ragazza del suo gruppo?” Domando ad Alice, prendendola per la vita e portandola via dall’indecenza dei pensieri dei miei fratelli, che sembrano sempre e costantemente due ragazzini pieni di fregole, se sono rimasti separati qualche ora. “No, no pare sia davvero solo la sua migliore amica … Mentre era a Caccia Rose lo ha visto assieme alla Weber, impegnati in un romantico pic-nic, e ha assistito al loro bacio. Ma io so di per certo che Leah Clearwater si è appena messa con l’ex di Angela, o almeno è molto chiaro che c’è qualcosa di fisico tra di loro, quindi pensiamo che si tratti tutto di una scommessa tra amici. È tanto che non chiacchieriamo fratellone, mi sei mancato.” Sussurra, salendo sulle punte e abbracciandomi. Ricambio la sua stretta e mi sforzo con tutto me stesso di apparire normale. Non voglio pensare ad Angela e Jacob che si baciano, sennò sarei capace di andare a casa di quella stupida marmocchia e farla a pezzi con una motosega. Arrugginita. Quindi mi concentro sul ruolo di perfetto figlio e fratello maggiore e sto con Alice, che ho volutamente allontanato in questi giorni paventando il suo potere. Chiacchieriamo di molte cose, film, libri, musica, gossip, e alla fine arriviamo al tasto dolente: i Volturi. “Che intenzioni hanno veramente?” “Tranquillo, sono davvero intenzionati a far solo una semplice visita di cortesia, non sembrano intenzionati a far partire una guerra.” Sospiro “Speriamo bene. Senti Alice, mi è venuta in mente una cosa: non sarebbe meglio dire a Carlisle di andare presso la Riserva e fare un discorsetto ai lupi mannari? Ateara mi sembra un tantino esagitato e Jacob Black è una testa calda. Se sentono che il numero dei vampiri è aumentato rischiano di attaccare battaglia. E se lo fanno tutta la città è condannata.” Lei spalanca la bocca. “Hai ragione, non ci avevo minimamente pensato! In effetti quelle bestiacce mi sembrano decisamente poco inclini alla sopportazione Aspetta un secondo, controllo le reazioni che potrebbero avere.” Non appena mia sorella chiude gli occhi e si rilassa preparandosi alla visione, sento il mio viso cedere. Digrigno i denti e riduco gli occhi in due fessure, pensando solo a quanto desidero che Angela muoia in modo orribile. Temendo che Jasper appaia da un momento all’altro, però, mi ricompongo in fretta e vedo che Alice, pur non avendo aperto gli occhi, ha un’espressione perplessa e seccata, e stringe i pugni. Ecco, perfetto, chissà che ha visto ora … Neppure mi avesse sentito, mia sorella spalanca gli occhi, lanciandomi uno sguardo di fuoco, e comincia a camminare rabbiosa su e giù per il corridoio. La fisso in silenzio per qualche momento, poi mi stufo e l’afferro per una spalla, bloccandola. “Alice, Alice, Alice, si può sapere che ti prende? Cosa hai visto di tanto grave?” “Cosa non ho visto, vorrai dire!!!” Strilla, isterica. La fisso con un sopracciglio inarcato, e finalmente si decide a parlare. “Non riesco a vedere i lupi, sono come schermati!!! Io mi concentro su di loro e all’improvviso vedo solo un gigantesco muro nero, un vuoto totale che protegge quelle bestiacce rognose!!!” Accolgo Alice tra le braccia e la cullo, per farla calmare. La notizia che mi ha appena dato dovrebbe riempirmi di sollievo, ma non riesco a non avercela con Angela e con Jake, anche se non ne ho il diritto.


Salve a tutti!!! Ho appena finito questo capitolo e ho deciso di pubblicarlo subito, visto che nei prossimi giorni sarò super occupata e via da casa =D Scusate eventuali errori ma sono le due e mezza passate e anche pr un'insonne cronica come me l'ora tarda comporta un calo di attenzione ^-^ Ringrazio come al solito doverosamente luce70 e dady_black, sperando di non deludervi per l'assenza dei Volturi ;) Appariranno, ovviamente, ma per ora non volevo mettere troppa carne al fuoco =D Un bacio e grazie mille per il vostro sostegno <3

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Capitolo 20
*** Jealousy ***


Torno a casa, da mio padre, e lo trovo intento a preparare la cena per tutti e due. Sorrido, ultimamente sembra che sia atteso a cena da tutti. Lo saluto, mi lavo le mani e mi metto ai fornelli, passando il pollo impanato in padella man mano che lui me lo porge. Poi inforno la teglia con le patate e mi siedo, bevendo un bicchiere d’acqua. Bill insiste per voler impiattare lui, e lo assecondo volentieri, mi fa piacere vederlo un po’attivo. Mi passa il piatto ed iniziamo a mangiare, ma stranamente non rinchiusi nel nostro solito silenzio. Mio padre comincia a parlare, e in breve sto rispondendo a un sottile fuoco di fila di domande. Si, mi vedo con una ragazza ultimamente, no, a scuola non ho più dato grossi problemi. Si, ieri sera sono stato da Leah e mi ha detto che va tutto bene e che i suoi stupidi genitori la lasciano stare, no, i Cullen non mi stanno dando alcun tipo di fastidio. Si attengono al patto e così faccio anche io. “Com’è Jake? Come vivi l’essere un lupo mannaro?” Mi domanda, interessato e con voce trepidante. Piuttosto perplesso alzo la testa dal piatto e mi dondolo sullo schienale della sedia, riflettendo sulla risposta da dare. “Non è poi così male …” Mi trovo ad ammettere. “Certo, sento una grandissima responsabilità nei confronti del mio branco e questo mi mette sottopressione, ma sono molto fiero di quello che sono e del compito che ho.” Ammetto, inaspettatamente. Mio padre annuisce e mi sorride, felice. Per questo non riesco a dirgli quello che avevo pensato di aggiungere. Si, essere capobranco è fantastico, sebbene impegnativo, ed è giusto proteggere la mia terra e la mia gente dai nemici, però c’è qualcosa, in tutta questa faccenda, che mi spaventa parecchio. Si tratta di Ateara. Non mi è mai piaciuto quell’uomo, neppure prima che costringesse me a trasformarmi o Leah e Paul e rivelare tutti i loro segreti più ascosti davanti a tutti, ma ora ne sono davvero nauseato. E terrorizzato. I suoi discorsi sulla supremazia che noi mannari dovremmo conquistare su vampiri ed umani in virtù del nostro potere, sono pura follia, e quel che è peggio è che è pieno zeppo di giovani lupi appena mutati che scelgono lui, invece di noi. Non mi sfugge che sta creando una sorta di esercito formato da giovai esaltati. È una situazione che reputo grave e che mi da parecchio da pensare, perché credo proprio che presto o tardi questa divisione sarà fonte di grossissimi problemi. Ma di questo non parlo con mio padre, come potrei? Conosce Harrison Ateara da quarant’anni, praticamente tutta la vita, e poi è estremamente legato alle tradizioni. Ateara è il capo, ora, e, sebbene io sia suo figlio, temo seriamente che Bill si schiererebbe con lui in mio sfavore. Quindi decido di tacere, e di tenere per me tutte le mie paure e le mie inquietudini. Infilo un grosso pezzo di pollo e me lo porto alla bocca, con l’acquolina, quando il mio corpo inizia a fremere. La voce di Ateara mi riempie la testa per qualche secondo, Un ordine proferito a voce, “Vieni al confine.”, e poi la mutazione forzata. Avverto distintamente sette vampiri schierati immobili lungo il confine. Con un ringhio esco da casa e comincio a correre verso il bosco, sforzandomi per censurare i miei pensieri. Avverto distintamente il rumore di zampe dietro me, e capisco che i miei fratelli mi stanno seguendo. Arriviamo alla radura in pochi secondi e la quantità di lupi fedeli ad Ateara mi sconvolge. Io e il mio branco siamo sette, loro undici, destinati probabilmente ad aumentare ancora parecchio. Il panorama appena oltre il confine non è migliore: il signore e la signora Cullen sono al centro, un po’ più in avanti rispetto ai loro figli, ma sebbene abbiano un’espressione cordiale ed una posa rilassata è chiaro a tutti il loro nervosismo. I figli non provano neppure ad osservare un tale contegno pacifico, anzi hanno intenzionalmente assunto la posa del riposo militare, sottolineando come i loro ruolo sia quello delle guardie del corpo. Le due sorelle proteggono il padre, i due fratelli la madre. Edward invece non è schierato dalla parte di nessuno, si limita a rimanere fermo immobile all’estrema sinistra di tutto, le gambe divaricate, la schiena eretta e le braccia incrociate dietro di essa. I suoi occhi sono talmente neri e carichi d’odio da terrorizzare persino me. Cosa cazzo può essere successo, ancora?

“Protettori delle terre Quileute, grazie per aver risposto al nostro invito. Veniamo in pace.” Esordisce mio padre, sempre mantenendo quel suo perfetto controllo, che sembra suggerire come mai un problema o una preoccupazione lo abbiano sorpreso in tutta la sua vita. Beato lui che riesce e fingere così.

Le reazioni dei lupi alle parole del dottore sono principalmente due: o, come nel caso dei miei fratelli e di pochi altri esemplari, ci prepariamo all’ascolto, o, come fa la maggioranza degli altri, cominciano a rizzare il pelo e a scoprire le zanne ringhiando. Ateara si fa avanti, lento e solenne, e già mi preparo a sentire la voce di Edward che interpreta i suoi pensieri quando quel maledetto vecchio mi stupisce ancora una volta: apre le fauci e, semplicemente, inizia a parlare o, meglio, ad inveire. Dev’essere un trucchetto che ha imparato molto tempo fa. “Non sperate davvero che crediamo una simile palla! Noi siamo i guardiani della terra dello Spirito, e voi i mostri che la volete corrompere!”

Tutti i miei fratelli si tendono agli sproloqui del vecchio, e senti gli enzimi di Jasper ronzare nell’aria, provando a calmare gli animi. Li avverto avvicinarsi debolmente anche a me, ma non riescono a sortire il loro solito effetto. Non ci riuscirebbero neppure e Jasper si impegnasse con tutto se stesso concentrandosi solo su di me, perché nelle menti di tutti i lupi che mi stanno di fronte io vedo Jacob che bacia Angela, Angela che bacia Jacob, loro due che si baciano, il mio ragazzo che bacia un’altra donna decine e decine di volte. È una tortura atroce ed insopportabile, e più vedo quelle scene più odio Angela Weber, perché lei ha osato posare le labbra su quello che è solo e soltanto mio. Sento che i lupi hanno percepito il mio umore nero e il mio sguardo assassino, ma non faccio nulla per mutare la mia espressione, perché almeno ora la tortura sembra finita e nelle loro menti non ci sono più il mio ragazzo e l’altra, ma solo i miei occhi neri, furibondi, esaltati, terrorizzanti. Ma quell’immagine non si può cancellare tanto facilmente dalla mia mente, e più ci penso più mi infurio, e più mi infurio più spavento e metto sul chi vive i mannari. So che il mio atteggiamento è inutile e dannoso, so che sono uno stupido a prendermela così e che in realtà dovrei essere felice del risultato ottenuto cosi in fretta da Jacob, ma non ci riesco, non ci riesco davvero. La gelosia mi brucia dentro, portandosi via tutta la mia maschera di impassibile perfezione e la mia razionalità. Lui è mio, e nessuno lo deve sfiorare neppure con il pensiero. “Non è così, signor Ateara. Il nostro unico intento è quello di mettervi in guardia. Rischiate di correre un pericolo enorme. Stanno per arrivare dei vampiri incredibilmente potenti, contro i quali non dovrete combattere per nessuna ragione.”

Dalle mie labbra esce un ringhio  furibondo, e solo a fatica riesco ad evitare di guardare Edward. Ecco la ragione del suo malumore, l’arrivo dei Volturi e tutto lo stress che comportano! Ringhio, sono più tranquillo ora ma poteva anche avvisarmi in anteprima, cavolo! Così è molto più difficile chiudere la mente, e il rischio che qualcuno del branco veda troppo è alle stelle. Fortunatamente il vecchio Ateara decide di ribattere proprio in questo momento, attirando l’attenzione di tutti, me compreso. “Figurarsi!!! Noi siamo nati per questo! Attaccheremo chiunque violerà il patto che è stato stretto centinaia di anni fa. È la tradizione.”

“Se combattete contro i Volturi sarete sterminati, dal primo all’ultimo. Per anni hanno combattuto contro creature simili a voi, i lupi mannari veri e propri, e ne hanno causato l’estinzione quasi totale in tutto il mondo. Se vi contrerete con loro, sarà la fine. Per voi e per la città intera.”

“Che c’entra la città?” Abbaia il vecchio, sotto sotto un po’ preoccupato, grazie a Dio. Temevo che non si sarebbe smosso di un millimetro, invece adesso sembra avere dei ripensamenti. “Chi sono questi vampiri? Perché vengono qui? Perché voialtri gli permettete di essere così irrispettosi?”

Sibilo, il vecchiaccio è proprio un osso duro! E un pazzo, per quanto posso vedere dai pensieri dei suoi seguaci. Le sue idee sui vampiri e gli esseri umani sono quasi naziste e, anche se ancora non lo ha ammesso, accarezza di sicuro l’idea di esercitare una tirannia qui. Non lo ha ancora ammesso ma ho vissuto troppe esperienze simili per non riconoscerne  sintomi. Bisogna che parli con mio padre di questo pericolo. Intanto lui replica. “Si chiamano Volturi, sono una famiglia italiana di altissimo lignaggio che vive, a quanto pare, da mezzo millennio. Sono la nostra “casata regnante”, se così si può dire, rappresentano l’autorità più elevata del nostro mondo e regnano nell’ombra, con spie ovunque, controllando che la regola venga osservata.”

“Quale regola?”

“Il vincolo della segretezza. Gli umani non devono sapere della nostra reale esistenza, devono continuare a credere ai racconti di Stoker e King e vederci come creature totalmente immaginarie, ricordandosi di noi solo alla presenza di un libro fantasy o per la notte di Halloween. Altrimenti procurarsi il cibo sarebbe troppo rischioso, troppo elaborato. Gli umani comincerebbero a braccarci senza pietà, come accadeva nel Medioevo, e sebbene nulla possano per ferirci, sarebbero in grado di rendere la nostra esistenza tremendamente fastidiosa. I Volturi amano la comodità, la contemplazione, l’idea dell’eterno che si srotola davanti a loro, e faranno di tutto per proteggere tutte queste cose, anche sterminare una città intera.”

“Come se dei vecchi filosofi sanguinari potessero influenzare le sacre tradizioni della mia gente e della mia terra! Voi Cullen avete giurato, non morderete nessuno finché vivrete a Forks. Se i vostri sovrani non vogliono sottomettersi all’accordo preso da voi e condannare la vostra famiglia e loro stessi, non mi riguarda nella maniera più assoluta. Io e i miei lupi non vi daremo tregua, vi attaccheremo fino ad annientarvi.”

“Beh, io non lo farò.” Esclamo, alzandomi in piedi. Non so parlare in forma animale come Ateara, quindi sono dovuto ritornare umano. “Se voi Cullen mi assicurerete che i Volturi non si nutriranno degli abitanti di Forks io e il mio branco non vi attaccheremo. Avete l parola di Jacob Black. E ora andiamo.” Dico ai miei compari, cominciando a dirigermi verso il limite della foresta. Ateara mi fa fare si e no cinque passi, poi mi sbatte a terra con il potere dell’Alfa. Migliaia di fiamme mi perforano la pelle e una pressa mi sta stringendo la testa. Sono tutti trucchetti psicologici, d’accordo, ma il dolore è cocente e reale. Ululo e ringhio, contorcendomi a terra tra le foglie secche, e sento un ringhio furibondo ed uno schiocco. Grazie alla mente del branco vedo ch è Leah, che si è slanciata alla gola del vecchio. Faccio per alzarmi ma vengo prontamente sedato da Ateara, che da poi ordine a Jared, una dannatissima testa calda che odio, di impartire una dura lezione alla mia amica. Non appena realizzo che Leah è in pericolo mi riesco a liberare e mi slancio contro Jared, che stava mutilando la mia amica. Prima di dare inizio ad un vero e proprio scontro, però, si fa avanti il vampiro biondo miele, con gli occhi fiammeggianti. “Ora basta!!!” Strilla, aprendo le mani davanti a sé, e in breve una gran calma scende su tutti noi. Ritorno umano e prendo Leah in braccio, facendo attenzione a non scontrare le ferite. Se le rimarrà anche solo un segnetto Jared morirà. “La mia parola non cambia. Se proprio i Volturi si devono nutrire che non lo facciano a Forks o sarà la guerra. Arrivederci.” E detto ciò mi allontano, scortato dai miei fratelli.

Tutta questa sceneggiata è stata molto utile non solo perché ha parzialmente aperto gli occhi dei lupi su chi sia veramente Harrison Ateara, ma anche perché ora lui è costretto ad accettare la proposta di Jacob, se non vuole risultare meno potente di un ragazzino di diciassette anni. Infatti, dopo qualche momento di silenzio, il vecchio proferisce due parole, “E sia.”, e se ne va con la sua tribù. I miei familiari sospirano sollevati e se ne tornano a casa, io invece ho bisogno di pace, silenzio e tranquillità. Devo fare ordine nei miei sentimenti e rivedere le mie priorità. Mi siedo sotto una grossa quercia, vicino al lago, e noto che è lo stesso albero sotto il quale ho visto per la prima volta Jake sottoforma di lupo, o quasi. Prendo l’immancabile Ipod, calzo le cuffie, seleziono la cartella strumentale, e mi affido alla musica, sperando che possa strappare via la gelosia e la rabbia dal mio cuore e che mi possa portare alla giusta soluzione.

“Come stai piccola?” Domando alla mia amica, scostandole i capelli dalla fronte e porgendole un bicchiere d’acqua fresca, che beve avidamente ad occhi chiusi. “Mi fa male la spalla e il petto.” Mi stupirei del contrario, visto che Jared ci aveva affondato i denti e che se la stava lavorando a zampate. “Vuoi dell’aspirina? Ti ho già medicato, ma preferivo vederti sveglia prima di sedarti.” “Si grazie.” Pigola, socchiudendo gli occhi per guardarmi. Vado a prendere le medicine ed un altro bicchiere d’acqua, ma prima di darglieli l’ammonisco. “Se ti becco un’altra volta rischiare la pelle per conto mio ti prendo a calci, Leah Clearwater, sia ben chiaro.” Sciolgo le compresse e le passo il bicchiere. “Sei stata davvero fantastica, ma non lo fare mai più, ti prego.” “Lo farò ogni volta che sarà il caso, Jake, quindi rassegnati e pensa piuttosto a come evitarlo. Magari evita di fare il figo solo per ingraziarti il tuo scorbutico ragazzo.” Mi prende in giro. Sospiro. “Chissà perché era di un umore così pessimo …” La mia amica emette un breve ringhio soffocato. “Perché tra i due l’uomo sei indubbiamente tu, Jake. È troppo fragilino.” “E tu come lo sapresti, di grazia?” “Abbiamo fatto due chiacchiere telepatiche, prima. Ti do un consiglio: fatti una corsetta nel bosco. Risolverai un sacco di problemi.” “E lascio te mezza squarciata tutta sola? Non credo proprio.” “Oh, si invece. Non ho mica bisogno del baby-sitter, solo di dormire e di una sigaretta, magari. Tu invece devi andare a chiarirti col tuo bello. Forza, filare!” Mi esorta, tirandomi un calcio. Sorrido e mi chino a baciarla. “Se scopro che ti sei alzata le prendi, è chiaro?” “Simpatico.” Borbotta, ma so che mi posso fidare e che non mi farà preoccupare. Mi alzo. “Grazie Leah, grazie di tutto. Torno presto, prometto.” “Torna quando avete chiarito. Ti voglio bene Jake.” Sorrido ed esco dalla stanza, spegnendo la luce.

“Be my heart a well of love, flowing free so far above… In my world, love is for poet never the famous balcony scene…” Starò ascoltando questa canzone da circa mezz’ora, e ancora non mi ha stancato. Tarja Turunen è davvero una dea del canto. Mi piacerebbe poterla rendere immortale, e fare in modo che la sua voce canti per me per sempre. Mi rilassa, mi consola, mi fa riflettere. Mi convinco sempre più di essere stato uno stupido e di aver sbagliato col mio atteggiamento di stasera. Sento un rumore e un profumo divino. Apro gli occhi e Jake è qui, davanti a me. Ha il fiatone e si sta tormentando le mani, guardandomi un po’ guardingo. Nemmeno mi fermo a pensare e corro ad abbracciarlo. Come se non lo avessi visto solo due ore fa, come se fossi una ragazzina traboccante di sentimenti zuccherosi. E in realtà lo sono, almeno ora. Perché Jacob sabota ogni mio filtro o maschera, e ora sono solo felice di vederlo, quindi non c’è spazio per altro, se non la volontà di chiarirmi e scusarmi con lui.

“Sei un po’ instabile Edward, lo sai vero?” Mormoro perplesso, mentre lo stringo sollevato. Temevo che mi prendesse a pugni. Lui ride e mi soffia sul collo. “Si, lo sono, e sono anche uno scemo. Vieni, ti spiegherò ogni cosa.” Ci sediamo sotto l’albero. “Stasera, appena arrivato a casa dopo la caccia, ho visto nella mente di mia sorella che avevi baciato Angela.” Non sta usando nessun tono particolare, non è arrabbiato, ma io mi sento lo stesso vagamente in colpa. Ok, sono le condizioni per avere una storia e continuare a salvaguardare la città e i rapporti con le persone che amiamo, ma non posso farne a meno. Come ho potuto sperare che non lo venisse a sapere? “Edward, io …”

“No no, fammi finire. Non ti capiterà spesso di sentirmi ammettere di avere sbagliato. L’ho visto nella testa di mia sorella e, certo, ero geloso da morire, ma era ancora sopportabile. Poi però al confine ho visto e rivisto quella scena un’infinità di volte, riflessa nella mente di tutti i lupi, corredata da commentini, considerazioni, eccetera eccetera. Quello ma ha fatto impazzire, e mi ha fatto comportare come un ragazzino immaturo. Ho persino rischiato di compromettere l’esito della riunione di stasera. Di certo, se Ateara non fosse stato così poco facile da gestire, tutta la mia famiglia si sarebbe concentrata su di me e sul motivo del mio umore. Avrebbero cominciato a fare domande, Alice avrebbe potuto vedere qualcosa. Non ho scusanti.” Sospiro e raccolgo le ginocchia con le braccia, appoggiandoci poi il mento e guardando il bosco. “Sono troppo immaturo.”

“Mi stai dicendo che mi vuoi piantare?” Domando, già con la rabbia che risale su per lo stomaco.

“No! Solo che sono un cretino, e che ho paura di rovinare tutto.”

Sorrido. “Beh, anche io sono un cretino. Un cretino infantile, testardo e cocciuto. Non ho mai detto di volere gente tutta perfettina al mio fianco. E poi le cose si rovinano in due no? Se ci succederà di fare qualche casino ci penseremo assieme.” Mi stendo sull’erba ed incrocio le braccia dietro la testa, guardando il cielo che fa capolino dalle fronde degli alberi.

“Tu vedi le cose solo bianche o nere, vero?” Domando, seccato.

“Le cose sono bianche o nere, Edward. Una cosa non può essere giusta e sbagliata allo stesso modo, così come una persona non può essere fidata e traditrice allo stesso tempo.”

“Si, ma io sono il nemico, un vampiro. Questo mi fa diventare decisamente nero.”

“E io sono il capo di una legione di lupi mannari. Dal tuo punto di vista sono nero pure io. Però, per quanto mi riguarda, credo che comunque ne valga la pena, e tu? Cosa ti spaventa davvero?”

“C’è troppo in ballo e io ho troppa paura di fare qualche errore e rovinare tutto …”

“Quindi, in parole povere, io non conto nulla.” Commento, gelido.

“Non ho detto questo! Non lo direi mai! Ma sono più di cento anni che vivo, e ho fatto tanti errori, troppi per poter sopportare un altro fallimento per causa mia!!!”

“Capisco …” Mi alzo in piedi, erigendomi per davvero in tutta la mia altezza, sino al minimo millimetro. “Quindi io non sono altro che uno stupido burattino, per te, un giochino col quale divertirsi un po’ e provare nuove esperienze, forse. Cos’era, una scommessa con te stesso o, forse, con i tuoi fratelli? Anzi era la crisi di mezz’età, giusto? Correre dietro a dei ragazzini a novant’anni suonati … che pena. Comunque d’accordo, meglio così. Addio Edward Cullen. Non ho bisogno di avere attorno a me gente debole, e non mi va di trascorrere del tempo con chi non ha la convinzione di portare avanti le proprie idee. Senza contare che odio essere preso in giro. Salutami la Stanley eh?” Mi giro e faccio per andarmene, ma sottovaluto la velocità fulminea di Edward.

Afferro Jacob per un braccio e lo volto verso di me, imprigionandolo tra il mio corpo e un albero che cresce giusto lì dietro. “Vedi? È proprio questo che intendevo. Non ti voglio ferire, in nessun modo, ma sono incredibilmente abile nel farlo, purtroppo. Non pensare che ti abbia preso in giro, ti prego, le mie intenzioni sono più che serie. E non pensare neppure che quella squallida umana possa competere con te.” Lentamente appoggio le mani sul suo petto, avvertendone il tepore. “Dove altro potrei trovare tanto calore?” Jake è ancora irrigidito e sulle sue, eppure vedo un accenno di sorriso nei suoi occhi, ora che l’ho tranquillizzato. Così incredibilmente costretto ad allungarmi per arrivarci, col mio naso traccio il profilo del suo volto, aspirando il suo profumo e arrivando a scompigliargli i capelli. “Come potrei confondere la tua pelle con quella di altri, come potrei abituarmi ad un altro profumo? E soprattutto dove troverei un altro paio di occhi tanto meravigliosi? Sei mio Jake, rassegnati, non ti abbandonerò mai.”

 

 


Salve a tutti!!! Scusate il ritardo tremendo, l'Uni mi assorbe tantissimo! Sono felicissima della nuova funzione di risposte delle recensioni, non vedo l'ora! Grazie mille per continuare a seguirmi, commentare, iscrivre nei preferiti e nelle seguite, mi fate felice! Un bacio a tutti, SoRrOw ^-^

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Capitolo 21
*** A Promise ***


Apro gli occhi improvvisamente e faccio per alzarmi, ma un tremendo dolore al seno mi fa desistere. Lentamente mi ritorna in mente tutto, la riunione alla radura, l’atteggiamento di Cullen, la decisione di Jacob e la punizione di Ateara. Facendomi coraggio scosto il collo della maglietta e mi sbircio il petto dove Jared mi ha morso, ne sono sicura al cento per cento, con tutta la sua forza. Jake ha fasciato con cura tutti i graffi, ma comunque non mi sembrano molto gravi. Se però quella carogna mi ha rovinato il decolté lo faccio fuori. Stiracchiandomi mi rendo conto di avere vari doloretti qua e là, a causa dell’assalto, quindi decido di starmene buona buona a letto. Girando la testa, poi, vedo che il mio fratellino prima di uscire mi ha lasciato sul comodino le sigarette, dell’acqua, delle merendine, un antidolorifico e il telefonino, quindi non ho proprio motivo di muovermi da qui e farlo preoccupare. Mentre divoro le cibarie e mi accendo una sigaretta prendo il telefono e trovo cinque messaggi di Anthony, che leggo con trepidazione crescente mano a mano che diventano sempre più preoccupati. Sorridendo rispondo, inventandomi una scusa, e mi rendo conto che oramai è ridicolo cercare di mentirsi ancora per molto, quel ragazzo mi piace davvero un sacco. Però questa ammissione a me stessa fa tutto tranne calmarmi. Anche se sono passati già quasi tre anni lo spettro di Jeff e di come mi ero ridotta per lui continua ad aleggiarmi dentro. Sono un tipo focoso, che vive in maniera appassionata ed esagerata tutto. È più forte di me, come si è visto prima alla radura; prima ancora di capire io stessa cosa stessi facendo, avevo già le zanne a pochi centimetri dal vecchio pazzo che ci comanda. Ho paura ad impegnarmi seriamente con Anthony, so che metterei tutta me stessa in gioco e che lo amerei alla grande, ma se poi tutto dovesse finire? Non voglio ricadere nell’ombra, non voglio mai più sentirmi così e avere paura di non riuscire a venirne fuori, stavolta. E soprattutto non voglio che Jake debba vivere di nuovo tutto questo, non se lo merita. Dopo la storia con Jeff, dopo che lui mi ha salvato da quello che ero diventata, ogni tanto mi sveglio piangendo, dopo un incubo tremendo che è sempre lo stesso. Una me più piccola e mezza anoressica è in cucina e prova a suicidarsi. Arriva Jacob e prova a fermarla, poi tende il braccio, proprio come è successo nella realtà. Solo che questa volta vado fino in fondo e squarcio le nostre vene, togliendo la vita anche a lui. Non ho ferito solo me stessa in quel periodo, eppure lui non si è mai lamentato e mi è sempre stato accanto alla grande, riuscendo a salvarmi quando io ormai avevo perso ogni speranza. Non posso e non voglio farlo soffrire e non permetterò che nessun altro lo faccia. Se Cullen lo ferirà io lo ucciderò. Come il mio amore, anche la mia ira e la mia vendetta non conoscono misura. Se Edward, per quanto convinto di agire per nobiltà d’animo e di pensieri, ferirà il mio Jacob, morirà per mano mia, costi quel che costi. Io proteggerò Jacob fino alla mia morte, in qualunque modo possibile e da qualsiasi cosa lo possa ferire.

Le figure sembravano scivolare nella notte, trasparenti e bellissime eppure terrorizzanti allo stesso tempo. Stavano sostando da quasi un’ora in un bosco, attendendo che le cacciatrici portassero loro il bottino per quella sera, e intanto chiacchieravano del più e del meno. Il loro vero obbiettivo, il clan Denali, distava ancora qualche giorno di cammino, ma ben presto si sarebbero imbattuti in un altro clan, ben più interessante. Aro non era tipo da tener conto dei rifiuti ed era seriamente convinto del fatto che la persuasione potesse tutto. Dieci anni prima i Cullen avevano rifiutato le sue proposte di arruolamento, ma chissà, magari qualcosa era cambiato, sebbene il tempo trascorso fosse così poco, una quisquilia quasi nella sua ottica che vantava un’esperienza di ben cinquecento anni di vita. Ma i grandi cambiamenti, si sa, avvengono in poco tempo. E questa volta aveva degli assi nella manica.

Alla fine ho ceduto alle coccole di Edward, e ora stiamo stesi sull’erba a vedere le stelle, scherzando e ridacchiando. “Però sei uno scemo.” Sottolineo, per l’ennesima volta, pizzicandogli un fianco. Lui ride con la sua risata più bella, quella che sembra mille campane d’argento, e mi pizzica a sua volta. “Me lo merito, me lo merito. Però è anche colpa tua. Non mi scalderei tanto se non fossi tu, sai?” Si solleva su un gomito. “Sono tremendamente geloso, di te e di tutto ciò che ti circonda. So che è un sentimento egoista, ma non posso farne a meno, anche se mi pento del mio comportamento da bamboccio.” Sorrido e non dico nulla, in realtà l’ho già perdonato, ma voglio farlo rimanere ancora un po’ con l’ansia. Edward mi si piazza addosso  comincia a baciarmi dolcemente tutto il volto, senza saltare nulla: la fronte, le sopracciglia, gli occhi, il naso, le guance, gli zigomi, le orecchie, il mento e solo alla fine le labbra, dove lascia anche un piccolissimo, dolce morso. Le sua mani intanto giocano con i miei capelli, che stranamente ha sciolto dalla coda di cavallo, accarezzandoli e lisciandoli. Totalmente appagato da tutte le sue cure chiudo gli occhi e mi struscio contro di lui, sorridendo. Menomale che fino a pochi istanti fa volevo farlo soffrire ancora un po’! “Non sarebbe tanto divertente se tu ti comportassi sempre come un signor perfettino. Preferisco di gran lunga cercare di capire il perché dei tuoi sbalzi di umore,  e fare il figo dicendo frasi brillanti e ad effetto.” Commento, ridacchiando e facendolo ridere. Edward si china su di me. “L’ho già detto, ma voglio ripeterlo ancora: a te tengo tantissimo, Jacob Black, e voglio evitare in tutti i modi di farti soffrire. Non posso nulla contro i disegni del caso, ma posso dare una piccola mano alle cose sulle quali ho un controllo sicuro, e fare in modo che esse vadano sempre per il meglio. Io non bacerò Jessica Stanley.” Il cuore mi esplode nel petto e il mondo mi crolla addosso. Quello di Edward è il più grande e meraviglioso regalo al mondo, ed è anche una manifestazione netta di sentimenti che per scaramanzia non voglio ancora rischiare di nominare, ma che di sicuro sono intensissimi. Eppure è una cosa che non posso accettare né che lui può promettermi. Anche lui è come me, anche lui ha, esattamente come li ho io, responsabilità, doveri e un ruolo che deve osservare. La sua generosità è ammirevole e commovente, ma non può darmi realmente quello che pure mi offre col cuore. Non baciare Jessica Stanley significa togliere parte del fondamento di quello che probabilmente uno dei piani più fragili ed inconsistenti che siano mai stati creati. I Volturi sono vicini e i doveri miei e di Edward sono ora più importanti che mai, anche più della nostra relazione. Dalla nostra abilità nel prenderci gioco di loro risiede la chiave per la sopravvivenza nostra, dei miei fratelli, della sua famiglia e di una città di oltre tremila anime. Se togliamo  basi e cambiamo le regole, la disfatta è assicurata. Non lo posso accettare.

Sento Jacob sospirare e inclino il capo per vederlo meglio. Il suo viso è triste, i suoi occhi dispiaciuti. Mi tendo immediatamente. “No, non va bene. Tu la devi baciare.” Me lo sibila contro con determinazione e quasi con rabbia e mi manda in bestia. Mi ritraggo immediatamente da lui. “Come scusa?” Quasi sputo, furente. Non posso credere alle sue parole! Perché mai dovrebbe desiderare che io baci Jessica? Vuole forse torturarmi? Vuole che metta alla prova i miei sentimenti? Si sente forse in colpa per quello che è accaduto oggi pomeriggio, perché in fondo baciare Angela non gli è affatto dispiaciuto?

Ecco, lo sapevo, l’ha presa parecchio male. Certo che ha proprio un bel caratteraccio, quando vuole! Stancamente ripeto, sperando che questa volta il concetto gli entri per bene nella zucca. “Tu devi baciare Jessica, Edward. Devi farlo anche se io non lo voglio. La situazione è troppo delicata ora e il nostro piano a malapena si regge in piedi! Se mai dovesse fallire …”

“Quindi non hai fiducia in me, è questo il punto!” So che sto tirando in ballo cose ed argomenti che non c’entrano, ma la rigida razionalità di Jake ha ferito i miei sentimenti più di quanto non potessi immaginare, sebbene razionalmente sappia benissimo anche io che ho promesso qualcosa che va al di sopra delle mie capacità.

Lo guardo a bocca spalancata. “Ma di cosa stai parlando? Mi fido di te, ma solo se le tue idee sono sensate! Un simile rischio è una cosa del tutto folle, un tentativo di suicidio! È una cosa insensata!” Sbotto.

“È una cosa che faccio solo ed esclusivamente per te, Jacob Black, solo perché tengo a te! Possibile che tu non voglia capire? Io non voglio farti soffrire e voglio eliminare tutte le cose che potrebbero farlo! Eppure, dal litigio di qualche ora fa, mi ero illuso che anche tu capissi!!!” Rispondo, schizzando in piedi e fronteggiandolo.

La rabbia per la reazione di Edward è talmente tanta che riesco a fatica a trattenere quella che mi sembra un’esplosione nucleare vera e propria ed evito di trasformarmi in un lupo mannaro solo perché non mi sembra il caso di aggiungere altri problemi. Ma la furia scatenata che è in me mi fa pompare il sangue due volte più forte e correre l’adrenalina cinque volte più veloce. Rende i miei sensi e il mio istinto più forti della mia razionalità. Raggiungo Edward con un balzo e, senza pensare, lo placco a terra con un tremendo boato, ignorando le sue proteste, i ringhi e i tentativi di liberarsi e mi butto sulle sue labbra, baciandole con passione.

Per un istante provo persino a ribellarmi, ma poi vengo miseramente sconfitto. I suoi occhi, il suo corpo, tutto in Jacob mi eccita e mi placa. È veleno e medicina, follia e razionalità, ferro e velluto e in ogni caso passione dilagante. Sconvolge tutte le mie certezze e le mie reazioni, neutralizza la mia maschera e tira fuori da me una parte insicura ed umana che avevo dimenticato da anni ed anni. L’unico modo per resistergli e rimanere razionale sarebbe non vederlo, ma ad una tortura tale non intendo certo sottopormi. Rispondo istintivamente ai suoi baci impetuosi ed eccitanti, privi di ogni dolcezza, e la fiamma delle sue labbra placa la mia ira e, parzialmente, anche il dolore per il suo giusto rifiuto.

Non è facile trovare la forza per staccarmi da lui. I litigi e la corsa sono state leggere valvole di sfogo per tutti i problemi che sono venuti fuori oggi, ma solo le sue labbra hanno il potere di calmarmi e farmi dimenticare tutto. Se lo bacio posso liberarmi da ogni problema, e spiegare il perché della mia risposta. Prima però voglio un altro bacio. E poi un altro, e un altro ancora. Voglio decine di migliaia di baci, e che il mondo ci ignori, lasciandoci liberi di rimanere nel bosco da soli per sempre.

Appagato, eccitato, e incredibilmente persino accaldato. Possibile che Jacob non capisca che è proprio questo il motivo che mi spinge ad evitare di baciare la Stanley? Ho anche un po’ di paura per la sete, non lo nego, ma il motivo principale e questo. Come potrei mai baciarla, se l’unico vero bacio che ritengo possibile è questo? Non farei comunque altro che pensare a lui, ogni singolo istante.

Ansimando mi faccio forza e mi stacco dalle labbra del mio ragazzo. “Edward, io apprezzo tantissimo il tuo gesto di prima, è stata una proposta bellissima e mi ha commosso. Se dipendesse solo da me, Jessica Stanley non potrebbe neppure vivere nella tua stessa città tanto ne sono geloso e tanto poco mi piace l’idea di voi due assieme. Però questo mondo è reale, Forks è reale così come lo sono i lupi mannari, i vampiri, Ateara, i Volturi e tutti i problemi che portano con loro. Accettare la tua offerta sarebbe incredibilmente facile, e vorrei farlo dal più profondo del cuore, perché sinceramente immaginare voi due che vi baciate è bruttissimo. Però non posso farlo. Non posso perché noi abbiamo dei compiti e delle responsabilità. Io come capo del mio clan  e tu come perfetto membro della famiglia Cullen. Anche voi avete a cuore la salute degli umani che vivono a Forks, sbaglio forse? Però il semplice fatto che tu me lo abbia proposto mi ha fatto più piacere di quanto forse tu possa immaginare.” Commento, diventando, verso la fine del discorso, viola per l’imbarazzo.

“E il fatto che tu sia stato molto più maturo di me nelle scelte dovrebbe farmi riflettere su quanto io sia stupido, a volte. Mi spiace per quelle scenate da checca isterica. È che non so come gestire dei sentimenti così intensi. È la prima volta che li provo, in più di cento anni di esistenza, ed è solo grazie a te.” Mi confido, chinandomi su di lui e baciandolo con passione, eccitato dai sentimenti che abbiamo messo parzialmente a nudo stanotte e dal fatto che questo potrebbe essere l’ultimo momento di intimità per un po’.

Sorrido e non mi tiro certo indietro: queste saranno le ultime coccole per un bel po’ di tempo. Però è strano. Benché, solitamente, le labbra e le mani di Edward mi scolleghino totalmente dal mondo non appena mi sfiorano, stanotte non è così. La mia maglia è volata via, la sua bocca mi percorre il torace e lo stomaco e si avvicina pericolosamente a una determinata zona, eppure non riesco a lasciarmi andare del tutto, continuo a pensare a lui e alla Stanley, a quanto non voglio che lei possa godere di tutto questo. Il mio ragazzo si accorge in un secondo della mia titubanza, ed è subito sopra di me, che mi accarezza il viso e mi guarda con i suoi occhioni dorati in attesa di una spiegazione. Sospiro, ma perché si accorge sempre di tutto?  “Vorrei chiederti una cosa che non ho il diritto di domandarti, quindi fa nulla …”

“E tu speri che dopo una risposta così io demorda? Su, che cosa vuoi chiedermi? Sono disposto ad ogni cosa, e non ci sono limiti su quello che mi puoi domandare tu. E soprattutto dacci un taglio con le frasi da eroe tragico, mi fai sfigurare!” Spero di rassicurarlo, mentre lo osservo, pensando alle varie possibilità.

“Io … io non voglio che tu faccia sesso con Jessica, né che la stringa e la coccoli come stai facendo con me ora, perché anche io muoio di gelosia. Ci pensavo mentre venivo qui: immaginavo te e lei che venite a passeggiare e a sbaciucchiarvi nel bosco, dopo una cenetta romantica al lume di candela. Quello lo posso anche sopportare senza eccessivi problemi, se continuo a ripetermi che è per il bene di tutti. Ma l’idea che poi vi appartiate da qualche parte e lo facciate mi fa imbestialire. Non sono pronto per quello. Però, in effetti, ho appena rifiutato la tua offerta di prima, che in sostanza mi proponeva le stesse cose, quindi non ho il diritto di chiederti questo.” Alzo lo sguardo e vedo Edward con l’ultima delle espressioni che mi aspettavo di vedere: ero pronto ad un broncio, a risate di scherno o a insulti. Invece gli occhi del mio ragazzo scintillano, e lui sembra trattenersi dal sorridere soddisfatto.

“Non essere sciocco, certo che hai diritto di chiedermelo Jake. Io sono il tuo ragazzo, no? E comunque non volevo fare sesso con lei, è troppo pericoloso per entrambi. Innanzitutto lei è troppo fragile e dovrei stare super attento e inoltre per gli umani fare sesso con i vampiri è incredibilmente appagante: metterebbe gli annunci per tutta la città e causerebbe un sacco di chiacchiericcio. E poi temo che fare sesso con un’umana scatenerebbe la mia vera natura.” Vedo che mi guarda perplesso e mi affretto a spiegare, anche se parlare con lui di certe cose mi imbarazza un po’. Non solo perché sto parlando al mio ragazzo del sesso fatto con altre persone, ma anche perché immagino che comunque in lui ci sia l’istinto di protezione degli umani. “Da sempre i vampiri che si nutrono di sangue umano seducono le loro vittime. Cenare dopo aver fatto sesso è delizioso, è molto più appagante del normale.” “Lo hai fatto spesso?” “Quando ero giovane a volte si … Ma ora sono passati ottant’anni, le mie abitudini alimentari sono cambiate. E inoltre tu se la sola persona con la quale voglio fare l’amore.” Ammetto, sentendomi imbarazzato da morire, ma anche felice per essere stato in grado, una volta tanto, di rivelare tutti i miei sentimenti.

“Davvero?” Domando, e non faccio nulla per nascondere la nota felice della mia voce.

“Si, davvero.” Mi chino a baciarlo. “Questo posso promettertelo, vero? Non farò l’amore con lei, perché desidero solo te e anche perché non saprebbe eccitarmi un decimo di quanto fai tu.” Ammetto, succhindogli il lobo dell’orecchio e facendolo gemere.

Sorrido, soddisfatto. “Ovviamente anche io farò lo stesso con Angela. E siccome ti costringerò a un’astinenza forzata ti prometto fin da ora che poi farò perdonare per bene.”

“Sappi che ci conto.” Ammicco, allungandomi su di lui, col mio corpo pienamente risvegliato. Lo sento gemere e rido. Manca poco all’arrivo dei Volturi, voglio godermi al massimo tutto il tempo che ci resta.

Salve miei cari e mie care! Scusate il tremendo ritardo, ma questo capitolo è stato davvero duro, e sebbene lo abbia riscritto per intero almeno otto volte, ancora non riesce a soddisfarmi =(  Mi sembrava sempre di rendere le reazioni esagerate e le parti romantiche troppo "stridenti" nel contesto. Giuro che i Volturi faranno finalmente la loro apparizione nel prossimo capitolo! (Anche se sinceramente ho trovato un altro escamotage per la situazione che avevo in mente e quindi ora che non hanno più il loro scopo malvagio sono un po' decaduti xD)  Un bacio a tutti e grazie per le recensioni! Vi piace l'opzione di risposta? A me un sacco *-* Grazie mille per il vostro sostegno, un bacio grosso, Ysis

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Capitolo 22
*** Volturi's Dangerous Plan ***


La giovane camminava nel buio, ondeggiando leggermente. Non si sentiva propriamente ubriaca, ma non era certamente del tutto sobria. Vide una panchina e vi si diresse, decisa a stendervisi e a riordinare un po’ gli eventi della serata. Dunque, era andata a ballare, e quello era abbastanza facile da dedurre, le scarpe col tacco altissimo le stavano uccidendo i piedi e l’abitino di rouches poco poteva per ripararla dalla fredda notte autunnale. In discoteca aveva ballato con qualche ragazzo e si era fatta offrire qualche drink, e anche questo lo si poteva tranquillamente evincere dalla sensazione di leggerezza al capo. E poi? Pian piano cominciò a ricordare di un ragazzo incredibilmente bello, che l’aveva fatta sciogliere con un solo sguardo dei suoi stranissimi occhi viola. Lui si era incredibilmente fatto avanti e lei non aveva di certo rifiutato la sua corte: quando mai le sarebbe capitata un’altra occasione simile? Sapeva di essere molto attraente, d’altronde si pagava il college lavorando come modella, ma simili ragazzi erano rarissimi anche nell’ambiente della moda, e solitamente omosessuali. Cosa che lui di certo non era, vista l’intensità del rapporto che avevano consumato. Ripensandoci, Simone (è la ragazza, Simone è un nome anche femminile ma va pronunciato senza la “e” finale) capì che probabilmente anche il sesso con quel ragazzo tanto misterioso era causa, almeno in parte, del suo essere così frastornata. Non aveva mai avuto un rapporto tanto eccitante ed appagante in vita sua, l’attrazione per quel giovane era stata tale da farle vincere il suo disgusto per le sveltine in bagno e, sebbene non ci potesse essere nulla di meno concreto e prosaico di quel comunissimo lavabo da discoteca, mentre avevano il loro rapporto a Simone era parso di vivere un’esperienza ultraterrena, al di fuori dal mondo. Se fosse stata una ragazzina romantica, investita da quel dilagare di urban fantasy che spopolava nelle librerie da qualche anno, avrebbe creduto di unirsi con un vampiro. Sorridendo dei suoi sciocchi pensieri la giovane fece per alzarsi, ma vide in lontananza qualcosa che la fermò. A pochi metri da lei, fermo appena oltre il cono di luce del lampione, il ragazzo della discoteca la stava osservando. Anche se il buio ne celava parzialmente i tratti Simone lo riconobbe senza esitare, sia per i vestiti che per l’eleganza innata, che aveva dimostrato anche nel Club, muovendosi sulla pista gremita di ragazzi come un ballerino su una sottile lastra di ghiaccio. Il giovane fece un passo in avanti, entrando nella piena luce, e le rivolse uno strano sorriso, quasi di scusa, mentre le tendeva la mano. “Ottimo lavoro Xavier.” Una fredda voce di bambina risuonò a pochi millimetri dall’orecchio di Simone. La ragazza si voltò di scatto, scuotendo i capelli rosso fuoco. Fece appena in tempo a scorgere una decina di figure bellissime e terrorizzanti, capeggiate da una bambina dagli occhi crudeli. Poi sentì un forte dolore al collo e svenne.

Rientro alle quattro passate a casa di Leah: sono stanchissimo, depresso ed esaltato. Questa nottata con Edward è volata ed è stata splendida, la mia depressione è da imputare solo al fatto che sarà l’ultima. Dopodomani al massimo i Volturi saranno qui ed è bene cominciare a prendere le distanze. Però, penso sospirando mentre mi spoglio, ho una voglia pazza di fare l’amore con lui. Ne abbiamo parlato stanotte e abbiamo deciso di aspettare ancora un po’, non solo perché sarebbe la prima esperienza omo per entrambi, ma anche perché questo non è certamente il momento più indicato, visti i poteri dei loro ospiti. Però il desiderio di lui non accenna a calare, e il ricordo di quello che abbiamo fatto stanotte nel bosco non fa altro che eccitarmi e farmi desiderare di poter stare con lui come e quando voglio. È una dolce tortura, e la voglio tutta per me. Mi stendo e penso che sono talmente su di giri che non dormirò per nulla. Invece non è così, e pochi minuti dopo sono sprofondato nel mondo dei sogni, popolato da Edward. E lì ci baciamo, facciamo l’amore e usciamo alla luce del sole, tenendoci per mano. 

La campanella suona e mi alzo dalla sedia con vero sollievo: ho sempre detestato l’algebra! Esco in corridoio e sospiro, questo è uno degli ultimi giorni che passo alla Tennessee perché la ristrutturazione del liceo di Forks è stata terminata ieri. Sospiro, non mi farà per nulla piacere lasciare questa scuola, così le occasioni di vedere Jacob saranno ancora meno! In fondo al corridoio vedo Jessica che sistema i libri nell’armadietto e mi avvicino a lei, dato che ora i Volturi sono così vicini devo abituarmi a cercarla costantemente. Come al solito mi accoglie con un grosso sorriso e comincia a chiacchierare a ruota libera, riuscendo però ad essere abbastanza piacevole ed interessante. Abbiamo la prossima ora in comune, quindi ci dirigiamo verso l’aula di chimica, camminando affiancati visto che stiamo chiacchierando. Però questo non deve piacere molto a Quil, Embry, Paul, Seth e altri due o tre ragazzi della riserva, che, appena tornati dal laboratorio di arte, decidono di bersagliarci con gavettoni di vernice acrilica. Probabilmente hanno paura che mi voglia tenere la Stanley come spuntino. Come che sia, per me non è affatto difficile evitare i loro colpi e proteggere Jessica da essi, e comunque pochi minuti dopo vengono interrotti dal Preside, che si candida come bersaglio ideale, visto che indossa un completo crema e che li sta cercando di rimproverare. La mia destrezza e cavalleria però mi ha fatto guadagnare tantissimi altri punti con Jessica, e ora i suoi pensieri sono tanto elettrizzati che non posso più tergiversare. Poco prima di entrare in aula la afferro per un polso, molto dolcemente, e le chiedo se stasera possiamo uscire assieme. Il ritmo impazzito del suo cuore mi fa sorridere, sebbene segretamente tema che prima o poi si afflosci a terra morta stecchita. “C- certo, con molto piacere.” Mi riesce a rispondere, paonazza. Rispondo al suo sorriso e mi piego per lasciarle un bacio sulla guancia, mandando il suo cervello in tilt per il piacere almeno per qualche ora.

“Jane, come procede la raccolta?” “Bene, mio signore. Louis, Xavier, Mark e Stephen si sono dati da fare anche ieri e il numero delle neonate è salito a undici. Il farmaco sta funzionando come previsto, senza dare alcun problema.” “Eccellente mia cara, davvero eccellente. Che ne pensi delle nuove reclute? Incontrano il tuo favore?” “Sono incredibilmente belle, signore.” Rispose la bambina, senza sbilanciarsi. Era da sempre gelosa di chiunque attraesse a suo discapito le attenzioni del suo adorato Aro. Il vampiro sorrise ed annuì. “Perfetto mia cara, dopo questa notte direi che può bastare. Domani saremo dai Cullen, e vedremo se il nostro piano ha funzionato. Tra di loro c’è qualcuna con una dote speciale, oltre alla bellezza?” “Io ed Alec lo intendiamo verificare non appena le avremo tutte, mio signore.” “Bene mia cara, molto bene, anzi perfetto. Sei come sempre la gioia di questo povero vecchio.” Il vampiro rise e congedò la bambina, chiedendole di mandargli la neonata che ritenesse più bella. Jane annuì e si congedò, dopodiché percorse stizzita il corridoio dell’Hotel abbandonato che avevano eletto come dimora temporanea, ed entrò nelle stanze delle neonate. Grazie al farmaco che quella vampira aveva ideato i neonati erano perfettamente dominabili, e quindi utilizzabili in maniera molto più sicura, e per scopi più sottili del puro e semplice scontro. Le neonate reclutate quelle notti, Jane lo aveva capito subito, sarebbero si state utili come supporto nello scontro per l’annientamento del clan Denali, ma potevano anche essere uno strumento per spaccare l’integrità della famiglia Cullen, e fungere da esca per reclutare i tre fratelli più interessanti: Edward, Jasper ed Alice. Aro contava di utilizzare la bellezza e la remissività delle vampire per attrarre i due maschi in trappola e suscitare l’ira e la gelosia della veggente, che avrebbe fatto l’impensabile per salvare il suo uomo. Sarebbe poi bastato un bacio e sarebbero finiti anche loro sotto controllo, in maniera irrevocabile. Gli altri membri della famiglia non lo sapevano, ma Jane era a conoscenza del fatto che il farmaco della dottoressa Belnandes una volta ingerito rendeva tutti i vampiri, neonati e non, docili e obbedienti come animaletti domestici in maniera irrevocabile, e non c’era da stupirsi. In cambio di quella medicina, e del giuramento di non darla a nessuno se non ai Volturi, la dottoressa aveva barattato la salvezza per sé e per la sua corte di uomini. Non si poteva pensare che fosse un rimedio da poco.

Sono arrivati, senza ombra di dubbio. Sospiro e mi alzo, posando il libro che stavo leggendo, “La notte di desideri” di Michael Ende sul davanzale della finestra. Mentre mi alzo e raggiungo la porta mi rendo conto di quanto sia spaventato, anzi di quanto sia preda del vero e proprio panico. Però devo andare comunque avanti, per me, per Jacob e per la mia famiglia. Esco dalla camera, cercando in tutti i modi di dominarmi, e vedo Alice. Si mordicchia le unghie nervosa e mi lancia uno sguardo di puro panico. Mi avvicino a lei e le cingo la vita, facendola dondolare lentamente. “Hai fatto il massimo Alice, abbiamo visto tutti come tu quasi non abbia mangiato, da quando hai visto il loro arrivo. Sappiamo che hai dato fondo a tutto il tuo potere per vedere nelle loro menti. Se non hai trovato nulla, a questo punto, io mi fido.” “Ma se avessi tralasciato qualcosa? O se Aro avesse un modo per eludere le mie visioni? Non sappiamo cosa rischiamo e solo per colpa mia.” “E perché mai? Probabilmente non sappiamo nulla solo perché non c’è nulla da sapere. Non potevi fare di più o fare meglio di così. E poi, anche se avessi visto una battaglia cosa cambiava? Non potevi comunque cambiare il corso degli eventi sorellina, solo presentarcelo con un po’ di anticipo. Andrà tutto bene, vieni.” Insieme percorriamo la scala, e usciamo sul vialetto d’accesso, raggiungendo tutti gli altri familiari. Dopo pochi minuti il frusciare delle foglie si fa più intenso e i Volturi compaiono. Non sono in molti e non hanno neppure assunto la loro solita formazione, però non sono tranquillo. Nostro padre si fa avanti, con un sorriso cordiale. “Aro, mio caro, quanto tempo dal nostro ultimo incontro! Sono passati almeno dieci anni, se non ricordo male!” “Ricordi benissimo mio caro, la tua memoria rimane impeccabile come la tua ospitalità.” Commenta Aro, sempre con un sorriso a trentadue denti stampato in volto, mentre si avvicina e abbraccia mio padre. Lo abbraccia semplicemente, non fa nulla per trattenerlo ed ispezionarlo con i suoi poteri, vedo nei suoi pensieri che non è intenzionato a sfruttare i suoi poteri e ciò mi tranquillizza, almeno un po’. Ma perché sono venuti così in pochi? Sono partiti al gran completo dall’Italia, eppure qui ci sono solo Aro, Chelsea, Afton, Heidi, Felix, Alec, una dozzina di giovani bellissime e ovviamente Jane. Nessuna traccia di Marcus e Caius, né di Santiago e, ben più strano, di Renata. Forse intendono davvero fare una visita di cortesia. “Purtroppo Caius e Marcus hanno preferito non fermarsi. Stiamo andando ad affrontare una situazione piuttosto grave che si è verificata nel Clan Denali e preferivano non perdere tempo. Invece io non ho saputo resistere al desiderio di farti una visita, e poi avevo anche una cosa sbalorditiva da mostrarti, visto il tuo amore per la medicina e la scienza.” A queste parole, come era ovvio, mio padre si illumina. “Ne sono onorato Aro. Ma non rimaniamo qua fuori  parlare, prego accomodiamoci pure in casa.” Lo squadrone di vampiri sorride e comincia a camminare verso di noi quando all’improvviso Jasper fa un balzo in avanti e urla. “STOP! Quelle ragazze … no, non posso sbagliarmi, sono neonate!” Tutti sobbalziamo e ci voltiamo verso i Volturi. Adesso che Jasper ce lo ha fatto notare è evidente, e mi domando come possa esserci sfuggito. Che ci sia lo zampino di Alec sotto? “Credo che ci vorrai spiegare, Aro …” Carlisle è sempre educato, ma ora i suo tono ha una sfumatura gelida. Il nostro ospite sorride e alza le mani, in un falso gesto di resa. “Certo, certo. Dimentico sempre che il tuo ragazzo è un reduce … State tranquilli, veniamo in pace. Queste meravigliose bellezze sono neonate, è vero, e te le ho portate qua solo per farti vedere di persona gli straordinari risultati della mia ricerca: queste neofite sono assolutamente innocue.” Compiaciuto dallo stupore che ha saputo creare, Aro entra in casa come un re, si siede nella poltrona più maestosa, e comincia a raccontare.

Mi si sono addormentate le gambe. Con la massima cautela mi sposto e sospiro. È evidente che i Volturi siano arrivati, il puzzo di sangue e morte che si sente venire dalla città è atroce. Per questo motivo i miei fratelli colgono ogni occasione per lasciare Forks e la riserva, ma io sento di non potermi permettere tale privilegio. Non solo perché sono il capo del mio Clan, ma anche e soprattutto per il motivo che mi tiene ancorato a questo divano da oltre tre ore oramai. Lentamente, delicatamente, alzo le braccia e mi stiracchio, poi stringo ancora un po’ Angela a me e le scosto i capelli dalla fronte. Stavamo guardando un film, stasera, ed è crollata addormentata contro la mia spalla. Visto che non ho nulla di meglio da fare, nessuno con cui distrarmi e un sacco di ottimi motivi per non mettere piede in città sono rimasto qui con lei, e a dirla tutta lo faccio anche perché sono preoccupato. Questa ragazza ha due palle grosse così ed è una testarda pazzesca; visto che è stata lei la causa scatenante della rottura con Anthony crede di dover sopportare tutto in silenzio e mostrarsi capace di andare avanti alla grande da sola, anche se soffre da morire. Non è vero, ovviamente, e ho cercato di farglielo capire in mille modi, ma non mi vuole dare ascolto. Continua la sua vita regolarmente, ma a me non sfugge quanto sia dimagrita. Dal nostro bacio, una settimana fa, ha perso più di un chilo, e dovrei essere cieco per non notare le occhiaie tremende che ha sempre, nonostante le stucchi come ogni donna che si rispetti sa fare. Angela indossa una maschera di sé e recita il suo ruolo, ma arrivata a casa, quando la toglie, soffre e si incolpa, privandosi del cibo e del riposo. E come non posso fare nulla per costringerla a mangiare, così impedirò a chiunque e a qualsiasi cosa di svegliarla, anche dovessi rimanere bloccato in questa posizione dieci ore. Anche se sono due persone diverse per razza, carattere, situazione sociale eccetera eccetera, un’Angela così teneramente addormentata mi richiama alla mente una Leah molto più piccola ed indifesa, quando soffi perché  i suoi genitori le stavano rovinando la vita. E anche se sono due cose diverse il richiamo e lo stesso: sono persone alle quali voglio bene e che posso aiutare semplicemente con la mia presenza costante. Né a lei, né a Leah potrei mai rifiutare qualcosa.

“E questo è quanto. La dottoressa è stata ragionevole e mi ha consegnato le ricette della pillola, giurando che le avrebbe date solo a me. In cambio lei e la sua equipe potranno continuare a vivere.” Capisco … In effetti si tratta di un ritrovato davvero incredibile! Ma possiamo essere certi della sua efficacia?” “Sapevo che me lo avresti chiesto, quindi propongo di fare un piccolo esperimento per convincerti, se i tuoi eccezionali ragazzi accetteranno di prendervi parte.” Carlisle si volta verso e di noi, che annuiamo all’unisono. “Scegliete pure una delle ragazze.” Noi fratelli ci guardiamo per un po’, poi Jasper sceglie. “La giovane con i capelli rossi.”  “Ah, la nostra bellissima Simone … Vieni avanti cara. Edward, a cosa sta pensando?” “Beh, a nulla, in realtà …” Ammetto, un po’ perplesso. Non c’è nulla, assolutamente nulla, né piani per annientarci né il solito miscuglio di sensazioni aggrovigliate tipico dei neonati. Non pensa al sangue né al momento in cui è mutata. “E tu che mi dici Jasper?” “Beh, ammetto che non prova né rabbia, né paura. Non è innervosita dalle nostre attenzioni e non ci è ostile. È totalmente rilassata.” “Bene. Emmett, ora avrei bisogno di te. Non intendo farti picchiare una ragazza, tranquillo! Voglio solo che sia tu a testare la sua forza, visto che sei il più forte dei tuoi familiari.” Emmett annuisce e si fa avanti, un po’ impacciato. Simone è davvero una bellezza mozzafiato, ha un corpo perfetto e un viso dolcissimo e solare. Non è difficile rimanere ammaliati da lei, ed è proprio quello che sta succedendo a lui, sebbene si senta anche in colpa. “Cosa dovrei fare?” Borbotta. Sospiro, non è mai stato molto capace a nascondere quello che gli passa per la testa. Rose ha notato quanto trovi carina quella vampira e si sta ingelosendo. Vedo Chelsea puntarle gli occhi addosso, e leggo nella sua mente che se ne è accorta. Allerto Jasper che, con un’imprecazione mentale, comincia a calmare nostra sorella. “Nulla di che, solo una semplice sfida a braccio di ferro. Propongo di uscire, però, non vorrei mai rovinare il bellissimo salotto di Esme.” Usciamo tutti e arriviamo fino al greto del fiume, a circa trecento metri da casa. Sulla sponda c’è un grosso masso che sembra messo lì apposta, e Emmett e Simone si accomodano, impugnando le reciproche mani destre. Il risultato è ovviamente scontato e in un attimo non solo Emmett perde, ma il masso stesso si crepa e si spacca. “E infine, Jane cara, se volessi avvicinarti a noi …” “No, lascia stare Aro siamo tutti assolutamente convinti!” Esclama mio padre in fretta, cercando evidentemente di sottrarre quella giovane alla tortura di quel mostro di bambina. “No mio caro Carlisle, il contributo di Jane è fondamentale per dimostrare la riuscita dell’esperimento. Procedi pure bambina.” Gli occhi rossi di quel demonio scintillano di gioia e un istante dopo Simone è a terra, urlante. La sua voce è lacerante e mi da l’impressione di essere io a soffrire la tortura, tanto è carica di dolore. Però non muove un muscolo, non reagisce come farebbe una normale neonata. E nessuno glielo ha ordinato, lo vedo nei suoi pensieri. Aro ha davvero fatto una scoperta incredibile.

Angela dorme ancora, e ora sta venendo sonno pure a me. Alla tv si vede solo la schermata iniziale del lettore dvd da quando il film è finito e il telecomando è troppo lontano perché possa prenderlo. Visto che non mi resta altro comincio a pensare e a fantasticare e, sebbene sia l’ultima delle cose da fare, comincio a ricordare me ed Edward, nel bosco. Sospiro, non vedo l’ora che i Volturi se ne vadano, mi manca in una maniera assurda. Ho voglia di baciarlo, di abbracciarlo e di accarezzarlo. Di ascoltare le mille cose che sa su tutto  di prenderlo un po’ in giro, smontando i suoi atteggiamenti da figo. Voglio stare assieme a lui tipo su un prato, rilassati, a fumare una sigaretta in santa pace e a sentire il suo respiro. Probabilmente per il sonno mi viene in mente un manga che leggeva Leah, un po’ di tempo fa, e che parlava delle vicende di mi pare fossero tre coppie omosessuali. A quei tempi era fissata e aveva costretto anche me a leggerne alcune pagine, più che altro per provocarmi. Non era poi così male, in realtà, e mi era piaciuto soprattutto il modo in cui fossero diversamente caratterizzate le coppie. In quella principale lo studente si innamorava a sua volta del tutor, ma a differenza sua faceva molta più fatica a dichiarare i suoi sentimenti, sia a parole che a fatti. Nella seconda avveniva una situazione simile, solo che invece di non dimostrare affatto i propri sentimenti, il professore si vergognava di quanto fosse diventato dipendente dal suo compagno, e pur dimostrandogli di amarlo, non riusciva a comportarsi da vero e proprio innamorato a causa del suo orgoglio. Invece, nell’ultima coppia, il protagonista cercava in tutti i modi di non farsi coinvolgere troppo dai sentimenti che provava il suo compagno, parecchio più piccolo e piuttosto viziato, ma alla fine si trovava costretto a cedere. Mi chiedo, io ed Edward in quale categoria potremmo essere inseriti? Forse in una a parte, visto che non ci siamo mai neppure confessati il nostro reciproco amore. Sospiro. Io lo farei anche, ma se poi questo gli causasse dei problemi? O se lui non mi amasse ancora? Sarebbe un colpo tremendo, per entrambi. Ed inoltre, a quanto ho capito, anche lui è un po’ restio a confessare ciò che prova. Mi appunto mentalmente di affrontare questo discorso con lui, prima o poi, ma mi addormento all’improvviso, mentre sono ancora immerso nei miei ragionamenti.

“Quindi possiamo sperare nel vostro aiuto? Ci vorranno due settimane, non di più. E come avete visto è una cosa assolutamente sicura, al cento per cento.” Mio padre sospira mentalmente, e sono sicuro che se fosse umano probabilmente si passerebbe un dito nel colletto della camicia. È chiaro che vorrebbe rifiutare, ma ad Aro Volturi non si può dire di no. “Ma certo. E alcuni di voi possono essere nostri ospiti, se lo desiderate.” “Davvero? Sarebbe l’ideale! Proporrei Simone, Chelsea, Diane e Liv più Jane, se desiderate la sua protezione.” “No, ti ringrazio, so quanto le sei legato e mi spiacerebbe separarvi per un motivo inutile. Abbiamo visto che le giovani sono del tutto affidabili e sarà per noi un vero piacere aiutarle a ricostruire una esistenza normale e soddisfacente. Le faremo passare per studentesse iscritte ad un Erasmus, così potranno frequentare la scuola assieme ai miei figli e stare a contatto con i giovani.” “Perfetto, comunque Felix le terrà sott’occhio e sarà sempre pronto ad intervenire. Io passerò a trovarvi ogni sera, per vedere gli sviluppi e i progressi. Ci ritiriamo, per ora,e vi assicuro che presteremo fede alla richiesta che ci hai fatto e non attaccheremo nessun umano né di Forks, né della Riserva né di Port Angeles. A domani Carlisle, Esme, giovani Cullen.” E con un breve inchino del capo per ciascuno Aro si volta e attraversa la stanza, svanendo in giardino. Guardo le quattro vampire nel salotto di casa mia e ho un brivido improvviso. Non so ancora esattamente cosa, ma di sicuro questa storia non finirà poi così bene, anzi.

Hola ^^ Capitolo di Natale, quindi più lungo! (E in ritardo, siggh, avrei bisogno anche io di una capo redattrice che mi stressasse con le scadenze) Grazie per tutto il vostro sostegno, vi auguro un bellissimo Natale e un felice anno nuovo! Un bacio da Edward, Jake & Ysis =)PS, spero che il termine "piano" del titolo sia giusto, è troppo tardi per controllare su un dizionario vero e proprio ma non mi fido così ciecamente del traduttore di Google xD

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Capitolo 23
*** Far Far Away ***


“Wow, Angela, la tua cucina è da schianto!” Borbotto, cercando di non sputacchiare pezzi di colazione di qua e di là. La mia amica ride e mi versa una nuova super razione di uova prosciutto e formaggio nel piatto. “Sono solo delle uova strapazzate Jake, mica una cena da grand Hotel! È il minimo che potessi fare, visto che ti ho costretto ad essere il mio materasso e cuscino per stanotte! Mi spiace così tanto …” “Ma va, tranquilla, non c’è problema. Mi ha fatto piacere, lo vedo che sei a pezzi sai? Se posso aiutarti in qualsiasi modo lo faccio ben volentieri.” Angela mi si avvicina, sorridendo. “Sei un uomo pericoloso, sai? Dire queste cose bellissime alle ragazze … molte potrebbero equivocare, ed innamorarsi perdutamente di te.” Mi rimprovera, posandomi un bacio sulla guancia. “Grazie di tutto Jake.” Sorrido, un po’ in imbarazzo, e la guardo negli occhi: sembra tutto tranquillo. “Figurati. E poi non lo faccio apposta, mi escono così …” “È proprio quello il bello, infatti. Non sei per niente costruito Jake, tu sei esattamente il tipo di persona che pensa una cosa e la fa così com’è, senza sporcarla con calcoli egoistici. È uno dei tuoi tanti lati affascinanti.” Mi fa l’occhiolino, mentre si serve un altro piatto di uova, con mia immensa gioia.

 “Edward questo cos’è?” Domanda Simone, sfiorando una delle mie amatissime tastiere. “Una tastiera elettronica, cioè uno strumento musicale. Tu premi i tasti nel giusto ordine e viene fuori una melodia, in questo modo.” Mi alzo dal letto e mi siedo allo sgabello, cominciando a sfiorare le levette. Simone chiude gli occhi, deliziata, e comincia a muovere il capo seguendo la musica. Da dietro le labbra distese in un vago sorrisino le esce un mormorio soave, perfettamente accordato con la canzone, che mi incanta. “Vorresti cantare qualcosa per me?” le chiedo, sinceramente curioso. “Prima stavo cantando?” “No, quello di prima più che altro si chiama mormorare. Cantare è come parlare, ma con parole ben precise e che seguano il ritmo della musica. Qui ho qualche testo di canzone, scegli pure quello che preferisci.” Le passo il fascicolo e attendo con trepidazione. Solo un mormorio mi ha fatto venire la pelle d’oca, non oso immaginare come andrà con una canzone intera. “Mh, questa mi ispira molto.” Vedo, con un po’ di ansia, che ha scelto una canzone di Tarja Turunen e già mi viene l’ansia perché sentire le canzoni che canta lei reinterpretate da altri è sempre un vero e proprio dolore. Ma non ho cuore di dirle di no, ha un’espressione così tenera e speranzosa! E poi sono curioso. “Va bene, sei pronta? Uno, due, tre …” Poso le mani sui tasti e comincio ad impostare la melodia. Quando è il suo turno, senza che le debba fare un cenno, Simone comincia a cantare e mi ipnotizza. Non ho parole per descrivere la sua voce, non ho parole per dire quello che mi fa. È un miracolo vero e proprio, che supera qualsiasi cosa. Il mio corpo e la mia mente non sono più nella mia camera, nella casa in mezzo al bosco, nella penisola di Olympia o nel mondo, ora io mi muovo come no spirito e seguo la sua voce, ovunque mi stia portando. Ho caldo, ho freddo, sono lacerato dal dolore e dalla gioia assieme. È come se tutti i sentimenti, le sensazioni e le normali reazioni che non ho potuto provare in questi anni mi riempissero tutto ad un tratto. Felicità, rabbia, frustrazione, dolore, amore, provo tutti questi sentimenti, tutti uniti e fusi in un unico flusso che mi invade. È come se fossi nato nuovamente, come se per la seconda volta in vita mia fossi diventato un vampiro e mi fossi svegliato in un momento totalmente diverso. Ovviamente essendo così sopraffatto, non riesco più a suonare ma non importa. La voce di Simone è talmente piena, talmente ricca e densa di sfumature, da riuscire a ricreare tutto da sola, da riuscire a sostituire la cadenza data dagli strumenti e gli accompagnamenti dei cori con una semplice opera di volontà. Appaiono delle immagini davanti ai miei occhi, illusioni create dalla sua voce, forse, e mi perdo in esse, nelle mille storie che narrano. Vorrei che non finisse mai di cantare, non vorrei mai dover tornare nel mondo reale. Non c’è nulla, laggiù, che possa competere con quello che vedo qua. Non voglio tornare.

Sto smontando e rimontando la mia moto, cercando in tutti i modi di riempire il tempo nell’attesa che i Volturi se ne vadano, quando all’improvviso percepisco, in maniera del tutto netta, che c’è qualcosa che non va in Edward. Non c’entrano i superpoteri da lupo o l’ansia per la nostra lontananza forzata, questa è una cosa che semplicemente sento dentro, nel petto, in quella parte di cuore che appartiene solamente a lui. È una sensazione indefinita, non so bene cosa possa voler dire, ma so di sicuro che non promette nulla di buono. Edward è in pericolo. E io, poiché sono quel che sono, non posso muovere un dito per aiutarlo, sebbene lui sia la persona che ritengo più importante al mondo. Sono a meno di un chilometro da lui eppure non posso raggiungerlo e non posso toccarlo, posso solo pensarlo. Sotto le luci fredde del neon del mio garage, addossato alla mia moto e seduto sul pavimento di cemento, mi risolvo a fare tutto quello che posso, in questo momento: penso ad Edward, sperando che tutto ciò che sento gli possa in qualche modo arrivare, così come a me è arrivata la sensazione che ci fosse qualcosa che non andava.

È notte, la luna e le stelle fanno luccicare le onde del mare. Al largo appaiono delle sirene e cominciano a giocare con l’acqua. Ballano, e disegnano cerchi tra le onde, ridendo. Le fanno galleggiare attorno a loro e sembrano volare tra gli spruzzi, libere, bellissime ed eterne. E poi il paesaggio cambia: c’è un prato verde e le lune ora sono due e di una strana sfumatura viola e nera. Una sacerdotessa ed un demone combattono assieme contro un’infinità di mostri. In un laboratorio segreto un ragazzo dalle cui mani esce una fiamma azzurra e un cecchino dai capelli bianchi e un occhio bendato, sterminano un contingente di nemici. Un ragazzo aspetta qualcuno, seduto sotto la pioggia. Sorride tristemente, si alza e se ne va. Non appena scompare, arriva un altro giovane, correndo a perdifiato. Una ragazza canta su un palco in un teatrino scolastico, e con la sua voce incanta tutto il pubblico, che per l’emozione scoppia a piangere. C’è un’altra persona che piange, ed è di nuovo una giovane. Il ragazzo che ama l’ha appena mollata attraverso il PC e ora lei rimane in lacrime davanti ad una schermata MSN, e sente il suo cuore spezzarsi vomitando sangue e dolore. Un uomo uccide, squarta e seziona una donna, e poi la appende ad un albero, inchiodandola. Una ragazza e una bambola in forma umana, identica in tutto e per tutto ad un ragazzo vivo e vegeto, sono innamorati e fanno l’amore. Lui morirà tra poco. Un giovane scrive con frenesia dei nomi su un quaderno e le persone che li portano muoiono. Un altro mangia chili di dolci mentre lo insegue. Sette bambini combattono contro un mostruoso ragno in un labirinto sotto una città e vent’anni dopo cinque adulti lo uccidono. Un poeta sente la sua musa dire che ha intenzione di camminare da sola e prende una decisione piangendo. Una ragazza partorisce e spera che il suo uomo viva per sempre. Una dea torna al suo nirvana, assieme all’anima dell’uomo che finalmente ha accettato di amare. Una giovane muore, sacrificandosi per i suoi amici, e un’altra respinge l’uomo che ama e la possibilità di guarire per salvare un mondo che ha fiducia in lei sola. Una bambina rifiuta degli occhi di bottone e un mondo perfetto creato apposta per lei, una madre seppellisce sua figlia uccisa dalla peste. Due ragazzi fanno sesso in una biblioteca e poi prendono una decisione importantissima, staranno assieme. Questa volta la scena non cambia, ma neppure continua. Rimane semplicemente lì, ferma e statica. E i protagonisti incominciano a cambiare. Non sono più il disegno di due ragazzi giapponesi, ora i loro corpi e la loro fisionomia cambiano sotto i miei occhi, trasformando una scena da manga in una foto, o un ricordo. Entrambi diventano più alti, e sebbene uno continui ad esserlo di più, ora la differenza non è poi tanto marcata. I loro corpi non sono più sottili ed efebici: in particolar modo quello del ragazzo alto diventa una massa di muscoli ambulante. Il suo viso diventa più ampio e meno rigido, i tratti si addolciscono, la pelle si scurisce parecchio, le labbra si riempiono, gli occhi assumono un taglio diverso e i capelli si allungano. Il giovane giapponese è diventato ora un bellissimo ragazzo indio, che stringe la mano al suo compagno. Anche lui, ovviamente, è cambiato, ma io mi sono perso la trasformazione e la sua totalità mi lascia frastornato. Mi trovo davanti a un giovane estremamente attraente, dai tratti dolce e virili al tempo stesso. Anche lui è alto e muscoloso anche se meno del suo compagno, che è un vero e proprio Maciste, ma ha la pelle bianca come il marmo, i capelli ramati e scompigliati ad arte e un paio di stranissimi occhi dorati. Gira appena la testa e mi guarda, e all’improvviso io ricordo tutto: non sono una semplice parte di questo mondo, un qualcosa che osserva il susseguirsi eterno delle immagini che la voce crea, io sono una creatura viva e reale. Io sono quel ragazzo, e mi chiamo Edward Cullen. Il sogno si infrange, la musica cessa. Mi ritrovo in camera mia, a Forks, nella penisola di Olympia e nel mondo. Simone è al mio fianco, terrorizzata. Ha paura, non sa cosa sia successo e vedo che è stata vittima anche lei delle sue capacità. Mi accerto che nella sua mente non ci sia traccia di bugia e poi, con titubanza, la consolo e chiamo Jasper e Carlisle, per discutere con loro la mia scoperta.

È tutto calmo ora, tutto è andato a posto. Sospiro, quando finirà questa situazione? Non ne posso più e comincio ad aver paura. Che i Volturi stessero effettivamente tramando qualcosa e che quindi ora stiano cercando in tutti i modi di arruolare Edward e i suoi fratelli, con le buone o le cattive?  Estremamente probabile. Dannazione, perché non abbiamo preso delle precauzioni quando potevamo, invece di rimanere ad aspettare e ad amoreggiare? Non mi va l’idea di lasciare Edward solo ad occuparsi dei tranelli di quei dittatori, non mi va l’idea di averlo così lontano. Non che non mi fidi di lui, ma temo i Volturi e i loro tranelli. Li temo per la sicurezza degli abitanti di Forks, e per il futuro della nostra relazione. Ma questa volta non posso fare davvero nulla.

“E questo è quanto.” Conclude mio padre. Aro raccoglie le mani sotto il mento e si chiude in un silenzio corrucciato. Jane lo osserva di sottecchi, ansiosa, ma ogni tanto si volta e scruta Simone con uno sguardo tanto carico di odio che mi meraviglio che non sia ancora saltata in aria. “Sono addoloratissimo per tutto questo, Carlisle. Ero più che sicuro che Jane avesse svolto per bene il suo lavoro, ma a quanto pare non è stato così. Posso solo rallegrarmi del fatto che il potere di Simone non si sia rivelato pericoloso o letale per il tuo ragazzo. Ora ci prenderemo cura noi di te, piccola.” Termina in tono più dolce, rivolgendosi alla neonata con i capelli rossi. Sul suo volto si dipinge un’espressione terrorizzata e sento, attraverso Jasper, i suoi sentimenti. Si sente in colpa da morire ed è incredibilmente spaventata. Davvero non aveva idea di quello che stava facendo. Io e mio fratello decidiamo in un momento, del resto sappiamo fin troppo bene che Aro farebbe di tutto pur di addestrarla a controllare il suo potere. Simone è una ragazza dolcissima e gentile, non deve essere condannata ad un esistenza piena di rimorsi e di sangue versato solo perché ha perso il controllo una sola volta. “Aro, per noi non è un problema continuare ad ospitarla, anzi. Io e Rosalie siamo ottimi musicisti, potremmo insegnarle a cantare senza utilizzare il suo potere. Tutto questo è probabilmente accaduto solo perché è ancora giovane ed inesperta. Un maggiore esercizio sul suo auto controllo sarà senza dubbio in grado di farle dominare questa capacità, e non ci sarà esercizio migliore di quello di stare a contatto con gi umani.” Aro annuisce. “Si, hai ragione Edward. Ma cosa dovrebbe accadere se perdesse ancora il controllo? Non rischiate enormemente di rimanere intrappolati nel mondo che lei crea? Non vorrei mai che la mia centenaria amicizia con vostro padre venisse spezzata per causa mia.” “Il potere di Simone non è pericoloso, è solo allo stato brado. Mi ha preso alla sprovvista, ma dalle sue illusioni si può scappare, se si riesce a concentrarsi su qualcosa di vivo e reale che abbiamo ad aspettarci nel mondo.” “Mh … Quello che dici è molto interessante, giovane Cullen. Mi permetti di vedere? Sarò così in grado di valutare il destino migliore per Simone.” “Ma certo, Aro.” Rispondo, dandomi dell’imbecille patentato. L’ho spinto io a toccarmi, che idiota! Sarò pronto ora? Mi alzo, con enorme calma, e cammino fino ad Aro, ancora seduto sulla sua poltrona. Durante il percorso mi rilasso il più possibile e ripeto tutto ciò che so su Jessica Stanley, come un mantra. È bassina e abbastanza carina, ha dei bellissimi capelli neri piuttosto ricci e due occhi particolarmente intensi. Ha un bel fisico e un seno generoso. Le piace mettersi in mostra, ma sa farlo con una certa eleganza e senza dare l’impressione di essere ossessionata da sé. Ha una parlantina spigliata e vivace e trova spesso spunti interessanti per conversare. Ha una bella cotta per me, ma nulla più, e mi frequenta senza sperare in un qualcosa di più impegnativo di un po’ di sesso. Vuole rimanere libera, e on impegnarsi. Ha molta paura di soffrire. Mentre stringo la mano ad Aro penso tutte queste cose, senza concedermi di divagare neppure un secondo e cercando di dare non l’impressione che siano sterili dati ma considerazioni tratte da una lunga osservazione di sottecchi. E pare proprio che sia riuscito a orientare la sua ricerca per il verso migliore, visto che quando lascia la presa è genuinamente di ottimo umore. “Molto bene, se ciò non vi disturba Simone resterà qua. Purtroppo ora si è fatto terribilmente tardi e devo andare. Marcus aveva promesso di aggiornarmi stasera sui movimenti dei Denali. Miei cari Cullen, che posso dire? Vi ringrazio infinitamente per la vostra gentilezza e comprensione. Jane verrà punita per la sua superficialità e stupidità. Simone cara, tu esercitati al meglio. Sono ansioso che tu canti per me, un giorno. A domani.” Si incammina verso la porta. Sospiro di sollievo. “Ah, Edward …” Ecco, appunto, ma perché deve sempre andare a finire così? “Si Aro?”Domando, senza un’inflessione nella voce. ”Quella ragazzina è davvero piuttosto graziosa, e se le cose perdurano in quella forma non vedo perché privarti di una compagnia tanto gradevole. L’hai un po’ trascurata, ultimamente, stasera invitala ad uscire.” “Ma certo Aro, grazie mille per la tua comprensione.” Sorrido, sorrido veramente, mentre mi inchino a mo di ringraziamento. “Figurati, grazie a te …” Replica il vampiro, per poi andarsene.

“Daii, suu, ancora un bicchiere!” Ridacchio a sentire la mia voce impastata mentre riempio il boccale di Jake. Io sono abbastanza ubriaca, ma lui lo è molto più di me e sta per crollare. “Tanto non cederò Angela, lo sai … sono più grosso di te e reggo moooolto meglio!” Bofonchia, mentre beve. Poi crolla a terra ed inizia a russare. Ridacchiando soddisfatta mi sistemo da qualche parte e guardo pensosa nelle profondità, non più molto profonde a dire il vero, della bottiglia di vodka. Non ne aprirò un’altra solo per me, non solo perché non riuscirei a berla ma, temo, neppure a centrare bene il tappo per aprirla. Però lasciare questo quartino tutto solo soletto è proprio uno spreco. Giù, tutto in un colpo! Quando ho finito sono soddisfatta, decisamente soddisfatta, ma anche un po’ malinconica. So che non dovrei bere, i miei sbalzi di umore sono tremendi quando mi ubriaco e perdo del tutto il pudore e i freni inibitori. Inoltre, di solito, quando sono in questo stato perdo il mio autocontrollo e comincio a deprimermi pensando agli errori che ho commesso di recente. Ed ho ben chiaro in mente il casino che è successo l’ultima volta. Ancora posso vedere e sentire tutto abbastanza chiaramente, nonostante la sbronza, anzi probabilmente è proprio il fatto di essere ubriaca che mi fa scivolare nei ricordi on tanta facilità. La musica a palla, le luci colorate che si rincorrono, quel bastardo del mio ex all’altro capo del telefono e un figo mostruoso che continua ad offrirmi da bere qui, in discoteca. Perché rifiutare? Più litigo con Anthony e più mi sento accaldata e assetata, e poi non sto sborsando un centesimo, paga tutto il tizio. Così i drink da due passano a quatto e poi a sei. Un po’ troppo anche per una che regge tanto come me, visto che avevo già bevuto abbastanza prima e che non avevo mangiato per il nervoso,eppure non mi fermo. Sto per fare una cazzata, ed Anthony, ubriaco pure lui, preme il detonatore. “Certo, certo come no. Tanto voi donne siete tutte troie, senza nessuna eccezione. Vaffanculo amore.” Dopo aver letto quello perdo la testa. Vorrei fermarmi qui, smettere di ricordare, ma oramai ho preso il via e devo andare fino alla fine. Proprio come allora lui mi si avvicina e mi bacia. Non è solo un bel ragazzo, è anche bravo e io sono su di giri per l’alcool e la rabbia. Lo provoco e non si fa pregare più di tanto. E per quanto quel sesso sia stato bello, non ne è valsa la pena. Volevo punirmi e farmi male, e l’ho fatto, eccome se l’ho fatto. Scuoto un braccio davanti a me, come se potessi cancellare tutto, ma l’unica cosa che riesco a fare è scoppiare in lacrime, ottenendo almeno di scappare da quel ricordo doloroso. Perfetto, sono una ragazza di diciotto anni grande e grossa che si fa venire la sbronza triste e piange sola al buio. Beh, non proprio sola,mi dico, sentendo Jacob che russa facendo più rumore di un treno in corsa. Con parecchia fatica gattono sino a lui e lo osservo. È davvero carino, e cosa più importante è una buona persona, nonostante tutto. È stato lui a venire qui in casa mia, stasera, portando parecchio da bere. Sembra che sia in grado di procurarsi sempre ciò che vuole, non importa cosa sia. Comunque era molto triste e già un po’ fuori, e mi ha chiesto di fargli compagnia. Mi chiedo come mai, e se gli sono stata di conforto anche solo un po’. Vedo che non ha finito la sua vodka e decido di porre rimedio, tanto oramai ubriaca lo sono già. Al massimo piomberò addormentata addosso a lui. In realtà non è un pensiero divertente, ma sto talmente male che, pur di non piangere, scoppio a ridere. Con le lacrime che scappando dai miei occhi, d’accordo, ma rido. A squarciagola, sino a sentire male dappertutto, sino ad avere male alla pancia, agli addominali, alla gola e al cuore. Rido sino a svegliare Jake con quel rauco grido, che mi ostino a chiamare risata. Apre gli occhi e non so quello che vede, ma so solo che, anche se è ubriaco, mi vede dentro e mi apre le braccia, polverizzando le mie difese. La tentazione di crollare è forte, lui è un muro di certezze pronto ad accogliermi. So che mi consolerebbe, che mi coccolerebbe. Forse mi bacerebbe anche, se glielo chiedesse, e farebbe l’amore con me. Mi piacerebbe tantissimo e mi sarebbe incredibilmente di conforto. Ma solo per un po’, e poi sarebbe anche peggio perché perderei anche lui. Inoltre tutta la vodka di stasera non basta a cancellare un’immagine nella mia testa: Jacob che bussa alla mia porta, già ubriaco. Ha portato da bere e ha la solita faccia da duro. Ma appena sotto c’è un dolore talmente grande che mi soffoca, mi impedisce di respirare e mi graffia l’anima come uno spuntone di vetro acuminato. Se ignorassi questo dolore sarei davvero la peggiore puttana sulla faccia della Terra, l’ultima delle cagne e delle bestie. Se fossi egoista e capricciosa, se continuassi a crogiolarmi nell’autocommiserazione, se non facessi nulla per una persona come Jake, che mi ha tenuta collegata al mondo in tutti  modi, anche e forse soprattutto causandosi sofferenza, non avrei più il coraggio di guardarmi allo specchio. Mi giro verso di li  vedo tutto, chiaramente, un bambino di quasi due metri, un colosso di muscoli e atteggiamenti da figo che si tiene assieme alla meno peggio Ma la sua corazza è piena di crepe, e io posso toccare la sua anima. E lo faccio, per un milione di motivi diversi. Jacob Black si piega, si accartoccia, si spezza, e tra le mie braccia, in lacrime e tremante, c’è solo Jackie. Un adulto, ma anche un bambino. Una persona che ha davvero tanta paura.

 

Salv a tuttiii!!! Aggiornamento abbastanza in tempo, merito di Jakefan che si è presa la briga di fari da editor <3 È un capitolo dal taglio un po' bizzarro, volevo esprimere un concetto troppo grande e chissà come ci sono riuscita! Mi piacerebbe molto che me lo diceste! Prometto che dal prossimo capitolo, però, ci saranno più azioni veloci, oramai questa storia rischia di diventare un sofisma -.-" Un bacio a tutte e a tutti, mi auguro che il vostro Capodanno sia andato bene e che l'anno sia iniziato al meglio ^^ Baci

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Capitolo 24
*** What's happening and what will happen ***


“E allora, Aro, come procede il tuo ambizioso piano?” Marcus ha come al solito un tono beffardo, ma vedo il suo interesse sotto la maschera che porta. “Direi in maniera eccellente amico mio. La dottoressa Belnandes ha fatto una scoperta davvero portentosa, che mi sta permettendo di sfruttare una delle nostre nuove reclute al massimo.” “Quale?” “Simone, la ragazza con i capelli rossi. Come avevamo già verificato ha un grandissimo potere, e proprio oggi lo ha testato su Edward Cullen con risultati ottimi. Il farmaco è davvero portentoso e mi permette di sfruttarla come desidero senza il minimo rischio di venire scoperto! Le ho dato ordini molto precisi su come agire e poi le ho ordinato di scordare il fatto che fossero ordini. Le ho detto di agire seguendoli, ma di non pensare mai ad essi. Simone oggi ha cantato con la sua voce speciale perché glielo avevo ordinato io, ma non lo saprà mai. E il successo del suo attacco è stato incredibile. Sebbene Cullen sia un musicista di primissima qualità, si è fatto ammaliare dalla sua voce in un paio di minuti, ed è stato scaraventato nel suo mondo di illusioni senza che potesse reagire in alcun modo. Visto che è ancora inesperta, Simone non è riuscita a trattenerlo completamente ed è rimasta lei stessa vittima di sé. Ma con un po’ di esercizio sono sicuro che potrà diventare una vera e propria sirena, e che sarà capace di suscitare ogni genere di sentimenti attraverso il canto!” “Mh, suona davvero bene, lo ammetto. E chi sarà ad educarla? Se non sbaglio nessuno dei vampiri vicini a te ha particolari doti nel campo della musica.” “Non sbagli, nessuno dei miei è portato per la musica. Per questo saranno Edward Cullen e sua sorella Rosalie ad aiutare Simone. Terrorizzati dall’idea che io potessi farle del male per educarla, mi hanno promesso solennemente che saranno loro a insegnarle a padroneggiare la sua dote, finendo nella mia trappola come avevo previsto fin dall’inizio. In questo modo Simone non solo svilupperà in maniera eccellente le sue doti naturali, ma carpirà anche dati utilissimi su come adattare il suo dono a seconda dei casi e delle prede. Così potrà sottomettere molta più gente in molto meno tempo, e con molto meno sforzo. Nessuno potrà resisterle, e resistere a noi.” Marcus sorrise ed annuì. “Ancora una volta, mio caro fratello, i tuoi piani si rivelano tanto buoni da stupirmi. Ma sei sicuro che i Cullen non sospetteranno mai nulla? Li ricordavo insopportabilmente etici e buoni, ma non stupidi.” Aro sorrise e reclinò il capo, lanciandosi un misterioso sguardo alle spalle. Il vampiro lo seguì e, nel buio, intravide la sagoma di un bambino, che osservava con freddezza la casa nel bosco e fumava una sigaretta. “Ah, già. Sottovalutavo Alec, a quanto pare …” “Come hanno fatto anche i Cullen, del resto.”

Caro Jacob, è stupido scrivere una lettera che non ti consegnerò mai? Probabilmente si, e parecchio, ma sento incredibilmente la tua mancanza. La provo fin nel profondo del cuore e darei non so cosa per poterti avere qui, in questo momento. So bene che questo non è possibile, e mi è stato appena dimostrato quanto sia pericoloso anche solo il pensarti ma tu fai parte di me e questa è una cosa che non posso e non voglio evitare. Quindi ho deciso che ti scriverò una lettera ogni volta che la tua mancanza si farà sentire a tal punto da far diventare la mia sete solo un capriccio. Non potrò farlo ogni volta che mi mancherai per il semplice fatto che sennò dovrei vivere in questa stupida stanza, legato ad una sedia, una scrivania e un calamaio. Si, hai capito bene, un calamaio. Odio scrivere con la penna a sfera. Incredibile, riesco a divagare persino scrivendo una lettera, sono davvero un caso perso! Ti scriverò, dicevo, solo quando il desiderio di te si farà così totalmente insopprimibile da lasciarmi annientato e preda dei ricordi. Sono un lusso che in questo momento non mi posso concedere e quindi li riverserò qui sulla carta, dove saranno lontani dalla mia mente ma sempre vivi. Non posso permettere che i nostri momenti assieme finiscano nelle mani dei Volturi, ma non perché tu sei il nemico o perché sei un ragazzo. Non posso lasciare che quegli esseri orribili li vedano perché quelli sono solo ed esclusivamente istanti nostri: miei, tuoi e della coppia che formiamo. Non permetterei a nessuno di vederli neppure se io e te fossimo la più ordinaria delle coppie sulla faccia della Terra. Sono tesori solamente nostri, e chiunque altro, se non noi, li sporcherebbe. I Volturi con la loro avidità e la loro cupidigia, tutti gli altri non capendoli e studiandoci sopra per cercare di analizzarli. Rovinerebbero tutto. E non posso assolutamente accettarlo perché io ti amo, Jacob, ti amo per davvero. Non è la lontananza a parlare, non sono né il desiderio né l’attrazione fisica, è solo il mio cuore, e la mia mente soprattutto. Non l’ho mai detto ad alta voce perché ritengo che affermandolo ti imporrei qualcosa. Sono certo dei miei sentimenti, ma non voglio far pressione sui tuoi, voglio che tu sia libero di comprenderli e coltivarli con cura prima di confidarmeli, qualunque essi siano. Anche se il mio corpo è rimasto fermo a quel lontanissimo giorno del 1918, la mia mente è progredita. E sebbene io, troppo spesso, mi comporti come un ragazzino, ho accumulato comunque tutta la saggezza dei miei 110 anni di vita. Ho capito di amarti molto tempo fa, ho accettato di amarti e vedo che anche tu provi un sentimento nei miei confronti. Questo, per ora, mi basta. Non voglio farti fretta dichiarandomi, non voglio che tu ti senta in dovere di darmi la stessa risposta. Voglio che tu sia sicuro, in modo da non farti rimpiangere nulla e da non costringerti, eventualmente, a rovinare le nostre memorie un giorno. Qui a casa è tutto molto stressante, i Volturi ci hanno affibbiato delle neonate da sorvegliare e rieducare, ma sono assolutamente innocue, hanno solo dimenticato come vivono gli umani. Non hanno bisogno del nostro aiuto per imparare a stare al mondo,  basterebbe loro qualche ora di tv, o un giro in centro. Se non fosse impossibile direi che Aro stia tramando qualcosa alle nostre spalle, come al solito, ma questo è solo un discorso assurdo e paranoico. Abbiamo i nostri poteri a garantirci sicurezza, perciò stai tranquillo. Abbiamo scoperto che una delle ragazze, che si chiama Simone, ha una grande dote che io ho avuto il privilegio di sperimentare oggi pomeriggio. Ti prego, nota il sarcasmo. Canta in maniera ultraterrena e, involontariamente, ha manifestato il suo dono, imprigionandomi con la sua voce in un mondo di illusioni meravigliose. E ti assicuro che sarei volentieri rimasto lì per sempre, se qualcosa non mi avesse richiamato qui, in mezzo agli esseri viventi. Aro ha voluto sapere cosa mi avesse fatto ritornare, e così ho inventato una storiella, ad uso e costume di tutti: ho fatto credere a tutti che fosse stato il rapporto con la mia famiglia la molla per voler tornare, ma ho mentito. Sono tornato indietro perché qui ci sei tu, e il mio posto è al tuo fianco, Jacob Black, anche se forse per te è troppo presto per parlarne. So che al mondo non ci sono cose certe ed immutabili e che nella vita non si può mai essere certi di nulla, ma in fin dei conti io sono morto, no? E la morte è già di per sé una certezza. Quindi, per ciò che sono, posso giurarti che io non potrò mai più amare una persona quanto amo te. E non solo perché il sentimento dell’amore varia da persona a persona. Ora, purtroppo, ti devo lasciare. Ho mostrato ad Aro Jessica, e quindi devo uscire con lei stasera. E mi toccherà farlo per molte altre sere. Ancora una volta, nota il mio sarcasmo. Quindi sarà meglio che ora mi prepari, e che ceni un po’. Ti devo lasciare. Pensami anche solo un decimo di quanto farò io, e sarò felice da morire. Ti amo, tuo Edward.

Sento la caffettiera elettrica sibilare e ribollire e mi precipito in cucina, barcollando e scontrando oggetti a tutto spiano. Ho gli occhi aperti solo a metà, mi fa male la testa e mi sento tutta gonfia e dilatata: ho assoluto bisogno di un caffè. Poi, nell’ordine, seguono una doccia e la necessità di fare il punto dei miei pensieri alla luce di quello che ho scoperto stanotte. Anzi, quello è meglio farlo ora, mentre Jacob dorme ancora. Verso il caffè nella tazza e mi gingillo con lo zucchero e i biscotti, raccogliendo le idee su quello che il mio amico mi ha raccontato. Ho solo questa occasione per meditarci su, perché ho capito benissimo che non appena Jake si sveglierà dovrò fingere di non saperne nulla ed essere la solita Angela, altrimenti lo perderò. Le rivelazioni che mi ha fatto stanotte sono troppo profonde e private perché un’amica generica come lo sono io le possa conoscere. Se Leah fosse stata in città, ieri sera lui non sarebbe certo venuto da me e probabilmente non si sarebbe neppure ubriacato per sfuggire al dolore. Ma lei non c’era, e ora io mi trovo in una posizione strana, che richiede un presa di coscienza e un po’ di determinazione. Non voglio che Jacob si allontani da me, e desidero anche io essergli vicina perché ho visto la sua enorme sofferenza. Mi piacerebbe molto che si confidasse con me e che mi parlasse di tutti i suoi problemi, ma quello è un ruolo che apparterrà per sempre a Leah Clearwater, e cercare di rubarglielo sarebbe meschino, inutile e con tutta probabilità impossibile. Però questo non significa che io sia del tutto inutile, come amica! In fin dei conti, anche se ora so che lo ha fatto solo perché mi riteneva una ragazzina facile da conquistare visto il momento difficile che stavo attraversando, Jacob mi si è avvicinato parecchio, mi ha sostenuta in un momento di crisi profonda e si è affezionato a me, arrivando a considerarmi una buona amica. Lui, che detesta la scuola e lo studio, ha dedicato una parte del suo tempo libro a me e al mio rifiuto cronico per la geometria e, benché tutto si possa dire di Jacob Black tranne che è uno dal cuore tenero e facile da intenerire, si è preso cura di me con una pazienza infinita. È stato divertente, brillante, simpatico, perfetto e cavaliere in ogni momento, sebbene il suo cuore stesse sanguinando. Non mi ha mai mostrato questo suo lato e, anche se so che dirlo così suona presuntuoso oltre ogni dire, lo ha fatto anche per me, per evitare che mi tenessi tutto dentro e soffrissi in silenzio per paura di turbarlo ulteriormente. Queste sono cose che mi ha detto lui ieri sera, e non ho motivo di dubitare che siano vere. Del resto una volta qualcuno ha detto che le parole degli ubriachi sono chiamate verità dagli uomini sobri, e come non ho dubbi di ritenere che tutte le altre cose che mi ha detto corrispondono al vero, così giudico anche queste sue ultime parole come una pure e semplice verità. Non sono per nulla arrabbiata per il fatto di essere stata avvicinata per interesse e, anzi, questo accresce la mia determinazione nello stargli vicino solo e semplicemente come Angela Weber. Non la più fidata delle confidenti, forse, ma un’ amica buona e che realmente può dirsi utile. In mia compagnia forse non farà mai nulla di più interessante che andare in moto, parlare di fotografia e spettegolare, ma almeno potrà ritagliarsi momenti di relax, momenti nei quali potrà staccare la spina e riposarsi senza doversi sempre preoccupare di questo o quel problema. Però, forse, posso insegnargli che può occuparsi anche di se stesso e non solo ed esclusivamente degli altri. E sicuramente posso impegnarmi davvero con tutta me stessa e superare la fine della storia con Anthony, per dimostrargli che sono tornata ad essere la persona solare e positiva di un tempo grazie a lui, e che non si deve più preoccupare per me. Certo, mi piacerebbe moltissimo poter essere colei che lo sostiene, gli asciuga le lacrime durante i momenti dolorosi e lo tiene per mano mentre li attraversa, ma so che non è quello il mio posto. Però, comunque, quello che posso fare per lui non è così poco, e giuro che lo farò mettendoci tutta me stessa. Soddisfatta bevo il mio caffè e mi trascino sotto la doccia. Per la prima volta dopo non so quanto tempo canticchio sotto il getto dell’acqua e mi prendo il mio tempo per me, coccolandomi come non succedeva da molto prima che rompessi con Anthony.

Salve a tutti! Non sono impazzita, giuro. Sono solo stata colta da un misto di ispirazione e frenesia isterica. Il risultato è questo e spero che vi piaccia! Probabilmente non riuscirò a rispondere alle recensioni perchè devo preparare un esame (Il primooo, sono in ansiaaaaa C= ) ma sappiate che le leggerò e rileggerò e che, non appena avrò tempo, lo farò. Un bacio e buona giornata! Ysis

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Capitolo 25
*** Double D: Dating and Decisions ***


Apro gli occhi e la prima cosa che mi viene in mente di fare è guardare la sedia dove piego gli abiti. Gli skinny jeans e il top di voile rose sono ancora lì, quindi non ho sognato. Ieri sera sono davvero uscita con Edward Cullen! Stesa tra le mie amate lenzuola, che hanno disegnato sopra un meraviglioso campo fiorito, ripercorro le ultime ore di ieri, felice e ancora incredula.

Esme, Rose e una delle neonate stanno facendo un rumore tremendo, giù in cucina, e mi distolgono dai miei pensieri: l’appuntamento di ieri non è andato affatto male, Jessica è davvero la compagna ideale, per questo genere di cose. È abbastanza carina, abbastanza simpatica con una conversazione abbastanza interessante e, soprattutto, le posso leggere nella mente. Da quando sto con Jake, che a causa del potere dell’Alfa ne è immune, non utilizzo quasi più il mio dono e devo ammettere che non mi spiace, per quanto riguarda il mio ragazzo, sforzarmi e cercare di capire quello che gli passa per la testa senza poteri. Però in situazioni come questa la telepatia è davvero una mano santa, che mi da i parametri e i confini entro i quali posso muovermi con sicurezza. Però, anche se da quel punto di vista tutto è andato davvero bene, c’è una cosa che proprio non mi va giù. Felix e Chelsea ci hanno seguito tutta la sera e, anche se non hanno fatto nulla di strano, la trovo comunque un invasione della mia privacy assolutamente ridicola. Aro può vedere ogni singola cosa che faccio semplicemente sfiorandomi, non vedo perché mettermi alle calcagna un armadio tutto muscoli e una ragazza capace di controllare le emozioni altrui.

“Esci anche tu?” Mi apostrofa Leah, mentre si arriccia i capelli davanti allo specchio. Entro anche io in bagno, annuendo, e  mi lavo la faccia e i denti. “Mi vedo con Angela tra mezz’ora, andiamo al Sequoia Adventure.” “Non mi sembra vero che possa essere una ragazza così mascolina, sotto quel viso da angelo.” Ridacchia la mia amica che, posato l’arricciacapelli, ha cominciato a truccarsi. “E invece si! Angela è molto diversa da quello che sembra, ti assomiglia in un certo senso. Per questo mi ci trovo tanto bene. Tu invece esci ancora con Anthony?” “No. Siamo usciti spesso questa settimana, e sai come la penso. Non voglio che nessuno dei due cominci a farsi strane idee. Mi vedo con Liz e Danielle, faremo un giro a Jacksonville. Certo che spostarsi sempre è davvero una scocciatura incredibile, spero che quei vampiri sloggino presto!” “A chi lo dici …” Sospiro, sistemandomi i capelli. Gli occhi della mia amica scintillano, in una risata muta e maliziosa. “Passerà presto, vedrai …” “Lo spero. Vado, ci vediamo dopo. Credo che verrò a dormire d nuovo qua.” “Va bene, ma è tanto che non stai un po’ con Billy, vero?” “Se la caverà, lui ha i suoi amici …” La mia amica non fa altro che alzare di un ulteriore millimetro le sopracciglia, ma tanto mi basta per leggerle dentro. “Poi ne parliamo, d’accordo?” La blandisco. Vedo che è scettica, ma non replica e si concentra sull’eyeliner. Ringraziandola mentalmente torno in camera, mi vesto, e poi esco. È tanto che non vado da Billy perché non so come comportarmi. Credo di sapere come la pensa sulla presenza dei vampiri a Forks. E di sicuro non gli farebbe per nulla piacere sapere che è stato suo figlio ad accordare il permesso. E se poi mi facesse altre domande sull’essere lupi mannari, o su Ateara? Non me la sento di mentirgli ancora, ma rivelargli la verità lo farebbe preoccupare inutilmente, o lo farebbe infuriare. E non voglio che accada, sono pur sempre suo figlio, e anche se non glielo dimostro spesso quanto dovrei, a lui ci tengo.

“Come è andata la vostra ricognizione?” Abbaia il vecchio Ateara in direzione dei due lupi che gli siedono ai piedi. Sono molto giovani, li ha costretti a mutare con la forza grazie al richiamo dell’Alfa e li tiene totalmente in scacco. “No signore, i succhiasangue sono tranquilli.” “Mh, stanno tramando qualcosa, me lo sento. E di Black cosa mi sapete dire?” “Anche lui è piuttosto tranquillo. Si vede con Angla Weber e nulla più.” “La Clearwater?” “Si vede anche lei con un ragazzo, che pare fosse proprio l’ex di Angela. Sembra che sia stata lei a fargli arrivare la notizia del tradimento della sua ragazza.” “Questo la Weber lo sa?” “Non so, signore.” “Beh, cerca di scoprirlo, allora! Non capite proprio nulla, voi, possibile che vi debba sempre spiegare tutto? Leah Clearwater è probabilmente l’unica persona al mondo capace di influenzare le decisioni di Jacob Black, dobbiamo sapere tutto su di lei! Così, ricattandola, potremmo riuscire a controllare anche lui. Quel dannato bamboccio ha troppo carisma, e i suoi seguaci gli sono troppo solidali. Persino quell’idiota di mio nipote lo segue e lo venera come un Dio, invece di osservare le leggi di suo nonno! Ma se portiamo Jacob Black dalla nostra parte sarà fatta, avremo un esercito completo e perfetto, e scacceremo le maledette sanguisughe dalla nostra terra! A questo proposito, che avete scoperto dei Cullen e dei loro ospiti?” “Sono leali e si attengono al patto, non c’è nulla da dire.” “Siete davvero senza speranza! Sono vampiri, è nella loro natura tramare qualcosa a danno nostro e della nostra terra! Non avete osservato abbastanza! Fatemi vedere!” Il vecchio si muta in un lupo dall’aria aggressiva e crudele e poi fissa i suoi occhi penetranti in faccia ai due animali. La forza della sua autorità è tale da far crepitare l’aria. Harrison Ateara vede Edward Cullen passeggiare romanticamente con un’umana e spera che prima o poi quella stupida ci lasci le penne. Altri vampiri li stanno seguendo: una ragazza con i capelli corti e rossicci, che sembra concentrata su un qualcosa che il lupo non riesce a capire, e un colosso di muscoli con la faccia da squalo. Il suo sesto senso, improvvisamente, si mette all’erta e Harrison Ateara capisce che c’è un altro vampiro in quel ricordo, un vampiro che a quegli idioti dei suoi sottoposti è sfuggito. Lentamente, il vecchio capobranco comincia ad osservare tutti i passanti e, dopo un po’ di tempo, nota un bambino. Ha una faccia da angelo innocente, ma i suoi occhi sono rossi come tizzoni ardenti e sta fumando una sigaretta, sebbene non dimostri più di nove anni. Nessuno lo nota, nonostante sembri così piccolo e così bello, nessuno cerca di togliergli la sigaretta dalle mani. Semplicemente è come se non esistesse, come se fosse avvolto da una nebbiolina sottile capace di nasconderlo. Neppure lui distoglie lo sguardo da Cullen, e a ben vedere il figlio del dottore sembra effettivamente avvolto dalla stessa nebbiolina. Decisamente bizzarro. Il lupo torna umano, congeda bruscamente le due reclute e si siede sulla sua poltrona. Deve pensare, fare un piano. Ha capito che gli ospiti dei Cullen stanno facendo qualcosa di poco pulito, e si chiede se non possa favorire questo qualcosa, tanto per agitare un po’ gli animi.

Chelsea non ricordava dove e quando fosse nata, ma sapeva di non essere molto più anziana dei vent’anni che dimostrava. Probabilmente ne aveva quasi una trentina, ma rimaneva ancora una ragazza giovane, e soprattutto un’idealista. Faceva da sempre parte dei Volturi, era stato il suo compagno, Afton, a trovarla e portarla presso i tre vampiri che l’avevano risparmiata, dato un posto dove stare e, una volta scoperti i suoi poteri, arruolata nel corpo di guardia. La gratitudine che nutriva nei loro confronti era, e per questo li difendeva con convinzione ed impegno, mettendo a disposizione tutti i suoi poteri di giovane vampira. Era una ragazza tenace e fedele, anche e soprattutto nelle idee. Ai Volturi doveva tutto, e non si sarebbe mai sognata di contravvenire a un loro ordine prima di conoscere i Cullen. Ma il vedere quelle persone legate e amorevoli l’un con l’altro come una vera famiglia, le aveva smosso qualcosa dentro. Tra i Volturi c’erano rispetto e civiltà, ma una grande freddezza di base e, soprattutto, la necessità di vivere sempre con un paio d’occhi dietro la testa. I Cullen invece erano perfettamente a proprio agio e rilassati gli uni con gli altri, e le facevano rinascere dentro sensazioni che doveva aver provato solo nella sua vita umana: familiarità, calore fraterno, legami forti ed indissolubili. Erano un piccolo gioiello, e lei si sentiva in dovere di proteggerli in ogni modo possibile. Se i suoi padroni fossero riusciti, come desideravano, a mettere le mani su Edward, Jasper ed Alice, tutto l’equilibro di quella famiglia si sarebbe dissolto e ogni cosa sarebbe stata diversa. Sarebbero diventati tutte guardie, come lei, e l’essenza così unica dei Cullen sarebbe svanita nel nulla. Per questo Chelsea aveva deciso di mentire. Come al solito si era messa totalmente a disposizione dei suoi padroni e aveva pedinato Edward, analizzandone le emozioni e i legami affettivi con maggiore cura del solito, vista la protezione fornita dalla presenza di Alec. Gli ordini che aveva ricevuto erano estremamente chiari: spiare la relazione tra Edward e l’umana e usarla come pretesto per arruolarlo, facendo leva sulla pericolosità di tali sentimenti. Aveva osservato Edward per parecchio e aveva tratto le sue conclusioni: al giovane non ne poteva importare meno della ragazza che stava frequentando e anche la ragazza, per quanto ammaliata dalla sua personalità e dal suo aspetto, non era così coinvolta nella relazione, sebbene lo ritenesse il migliore delle scelte possibili. Ma allora cos’era quell’insieme di struggente amore e malinconia che sentiva provenire dalla sua preda? Era innamorato di qualcuno ma non della ragazza che stava frequentando. Chelsea era una ragazza sveglia e, dopo un momento di riflessione, era giunta alla conclusione che la giovane dovesse essere solo un simulacro, e che il vero destinatario dei sentimenti di Edward dovesse essere effettivamente un altro, che lui non voleva evidentemente rivelare. Se queste notizie fossero arrivate ad Aro, sicuramente il suo padrone avrebbe tentato il tutto e per tutto pur di scoprire chi fosse veramente la compagna di Edward, e ricattarlo poi mettendola in pericolo. E questa volta lei non se la sentiva. Quindi avrebbe rivelato solo parte della verità che aveva scoperto: Edward usciva con l’umana ma era coinvolto al minimo. Non una bugia vera e propria, solo un uso un po’ arbitrario e calcolato della verità. Niente che Aro potesse usare per distruggere i Cullen. In pace con se stessa ma fondamentalmente anche un po’ nervosa, la giovane entrò nella Hall, prese l’ascensore, percorse il corridoio e andò a bussare alla porta della stanza più bella dell’Hotel, da dove Aro e Jane dirigevano i loro piani.

“Dai muoviti, lumaca!” Angela Weber, approdata alla piattaforma costruita sulla sequoia gigante, apostrofò così Jacob Black, ancora intento ad armeggiare con il passante della carrucola sulla piattaforma dell’altro albero. Il suo gigantesco amico le fece un gesto non proprio cortesissimo ed una linguaccia e poi, finalmente soddisfatto dalla sicurezza della propria carrucola, si slanciò sul filo, percorrendo i 50 metri che lo separavano da lei esultando, incurante della velocità folle. Gli occhi scintillavano e sprizzavano i soliti bagliori verdi, l’atteggiamento era rilassato e il sorriso sul suo volto perenne e sincero. Angela osservò tutto questo e trasse alcune conclusioni: la prima, Jacob davvero non ricordava nulla di quanto le aveva confidato poche notti prima e continuava a trattarla nello stesso modo sincero e premuroso. La seconda: era assolutamente impossibile, anche volendolo, essere tristi o imbronciate in un pomeriggio tanto bello e, soprattutto, mentre si osservava un ragazzo alto circa due metri calarsi di albero in albero e di ramo in ramo che si impegnava con tutto e stesso per fare il buffone. La terza: Jacob era davvero bello, quando era di quell’umore, sembrava quasi che scintillasse dall’interno. La quarta: se non si fosse spostata il suo amico l’avrebbe travolta. Sorridendo apertamente Angela si voltò, sistemò i lunghi codini neri e il cappellino militare, diede uno strattone alla fune e proseguì il percorso indicato dalla guida, divertendosi da morire ad arrampicarsi sugli alberi e a dondolare di ramo in ramo. L’aria era tiepida e piacevole, profumata di bosco, il sole non scottava sulla pelle e il cuore non faceva male. Dietro di lei Jacob, appena approdato sulla piattaforma, imprecava contro le scimmie sottoforma di ragazze carine ed angeliche e ridacchiava. Angela chiuse per un momento gli occhi. Era tutto assolutamente perfetto.  

Rientro a casa dopo una vivace battuta di caccia e vengo salutato da Rose e da Simone che, sedute al pianoforte in salotto, suonano e cantano. Simone ha imparato a controllare il suo dono in pochissimo tempo, grazie al nostro aiuto, e ora che non ha più paura di quello che può scatenare se perde il controllo, canta appena può. La sua voce, anche senza utilizzare il dono, è davvero un’esperienza, è in grado di realizzare qualsiasi nota a qualsiasi tonalità ed intensità e riesce anche ad adattare a piacimento timbro ed estensione vocale. Non conosco la canzone che stanno eseguendo ora, e neppure la capisco visto che le parole sono in giapponese, ma grazie alla sua voce mi sembra una melodia incredibilmente rassicurante e familiare, che mette subito di buon umore. Finiscono il pezzo e poi si girano verso di me in cerca di complimenti, speranzose. Con un grosso sorriso sulle labbra applaudo e poi vado a salutarle entrambe con un bacio. “Siete state davvero bravissime, complimenti! Che canzone era, Rose?” “Grazie Edward. Era un esperimento, la sigla finale di un cartone che mi piace molto. Ho pensato che cantando una canzone in una lingua che non conosce avrebbe avuto meno possibilità di deconcentrarsi e pare che la mia intuizione sia stata giusta. Sei stata molto brava Simone, e non hai usato il tuo dono neppure per errore.” Le fa un sorriso enorme e Simone risponde, sprizzando gioia da tutti i pori. “Che bello, grazie Rosalie! Lo vado subito a dire a Diane e Liv! Sapete per caso dove possono essere?” “Diane è in giardino con Esme, Liv invece è con il mio ragazzo.” Ci informa Alice in tono gelido, entrando in salotto con espressione corrucciata e lisciandosi inesistenti pieghe sui suoi costosissimi vestiti. Simone la ringrazia e sgattaiola fuori a testa bassa. “Continua a far finta di nulla?” Domanda Rosalie, con aria divertita. “Ti giuro, la ammazzerei seduta stante. Non capisce che una coppia ha voglia e bisogno dei suoi spazi, senza dover sempre far da baby-sitter ad una neonata fissata con la storia?” “Liv è invadente?” Domando, accomodandomi accanto a Rose sul piano. “Sarebbe usare un eufemismo!” Protesta mia sorella, sedendosi piuttosto drammaticamente sul divano di pelle bianca. “È una patita di storia, come Jasper, e così quei due non fanno altro che leggere libri ammorbanti su questa o quell’altra guerra, o dittatura, o carestia e ne parlano per ore, con chiunque abbia la sventura di passare troppo vicino! Figurarsi, ieri mi hanno tenuto un seminario sull’importanza della figura femminile nell’antica Roma e nel Medioevo! E inoltre questa passione li assorbe talmente tanto che io, che sono fidanzata da Jasper da settant’anni, mi trovo messa da parte! Non ha più tempo per le nostre passeggiatine né per i nostri viaggetti, ora c’è solo quella piccola peste e il suo interesse per la successione degli imperatori romani e le dinastie carolingie. Hanno persino cominciato a studiare il latino, figurarsi! Non vedo l’ora che se ne vadano, giuro!” Io e Rose annuiamo, partecipi, e cominciamo a suonare a quattro mani per tirarla su.

Ciao mie care ^^ Eccomi qui con un nuovo capitolo, finalmente! Grazie mille per essere state comprensive con me e per gli auguri per la buona riuscita del mio esame. Sono felice di potervi dire che ho preso 30 (*-* sono ancora incredula) Il prossimo, disgraziatamente, è il 7 o l'8 Febbraio, quindi credo aggiornerò dopo quella data, salvo cambiamenti improvvisi ^.^ Grazie a tutte per il vostro sostegno, per le recensioni e per il tempo che dedicate alla mia storia ^.^ Un bacio, Ysis

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Capitolo 26
*** {J}acksonville ***


(Ateara)  Il vecchio sedeva alla sua  poltrona, osservando il cielo plumbeo fuori dalla finestra con un paio di occhi altrettanto grigi. Erano giorni e giorni che soppesava lo stesso concetto, ma ancora non riusciva ad arrivare ad una soluzione per renderlo attuabile. Jacob Black era un pericolo e doveva levarselo dai piedi, quello era evidente, ma il problema di tutta la faccenda era trovare il modo. Provare a ricattare Leah Clearwater si era rivelato inutile, lei semplicemente aveva riso e slogato il braccio al suo delegato, aggiungendo che il vecchio Alfa doveva essere ancora più rimbambito di quanto pensasse, se credeva di ottenere qualcosa con un trucchetto del genere. Ateara aveva incassato e non aveva ribattuto: al momento era troppo concentrato sulle sue strategie, ma una volta sistemato Black quella sgualdrinella della Clearwater avrebbe avuto tutto il tempo che desiderava per pentirsi. Il punto focale della situazione però era che lui, il famosissimo capo del Consiglio Quileute, noto per il su carattere di ferro e per la scaltrezza con la quale conduceva il suo esercito e raggirava gli avversari, si trovava bloccato e limitato nell’agire a causa di un ragazzo immaturo, irresponsabile ed impertinente. Jacob Black doveva sparire, senza la sua guida tutto quell’ ammasso di mezzi delinquenti e buoni a nulla che costituivano il suo gruppo si sarebbe disgregato e lui avrebbe finalmente occupato il posto che gli spettava e che si era guadagnato con fatica una decina di anni prima. Ma quel ragazzo sembrava impossibile da screditare o rimuovere in qualsiasi modo: per qualche strano ed incomprensibile motivo i suoi sottoposti si rifiutavano di tradirlo con tanta tenacia e fermezza da rendere impossibile costringerli, anche facendo leva sul comando dell’Alfa. Assurdo, davvero assurdo: tanta cieca devozione sprecata per un soggetto come Jacob Black. Inizialmente la rabbia e la vergogna per il fallimento dei suoi piani erano state tante e tali da convincerlo quasi ad andare contro i suoi principi e il suo orgoglio, e chiedere a quei Volturi così spaventosi un aiuto, certo della loro collaborazione. Per la fortuna di tutti gli abitanti di Forks, però, il vecchio capo aveva deciso di sorvegliare per qualche tempo il contingente nemico e aveva scoperto una cosa fondamentale: Aro Volturi era identico, in tutto e per tutto, a lui. Sicuramente li avrebbe aiutati e avrebbe studiato con loro un piano perfetto, che permettesse di ottenere il massimo risultato possibile. E poi, una volta che i mannari fossero stati soddisfatti, il capo dei vampiri li avrebbe fatti cadere in trappola e annientati uno ad uno, perché i lupi Quileute erano una minaccia troppo grande per lui e la sua amata pace. Non poteva rischiare che esistessero, per quanto isolati, esseri in grado di opporsi alla sua corte e al suo esercito, il suo orgoglio non lo sopportava. Aro amava vedersi come una divinità scesa in terra, un mecenate bellissimo, immortale e letale. Aveva sufficiente potere per tenere in vita quest’illusione perpetuamente ed evitare che la realtà dei fatti lo contraddicesse, e Ateara aveva capito che non si sarebbe risparmiato per nessun motivo al mondo. Li avrebbe braccati dappertutto e, con tutta probabilità, sconfitti. I vampiri, a differenza dei suoi mannari, potevano esser creati a centinaia al giorno, e Ateara era certo che Aro sarebbero stato capace di vampirizzare città intere e sacrificare milioni di suoi simili, pur di salvarsi la pelle. Il signore dei vampiri non era avversario contro il quale si potesse sperare di vincere giocando secondo le regole, ma la cosa era perfetta per lui, che da sempre aveva distorto e piegato le leggi a proprio favore. Avrebbe tenuta segreta l’identità del suo Clan e avrebbe battuto Black in un modo o nell’altro. E poi, una volta che le acque si fossero calmate, avrebbe marciato silenziosamente contro Volterra e, mentre i suoi sottoposti si scontravano con l’esercito, lui sarebbe penetrato nella sala del trono, e avrebbe spiccato il capo di quel principe tronfio e crudele con immensa gioia.

(Edward) “Ed, ci porti a fare un giro? Ci annoiamo!” Simone, Chelsea, Diane e Liv sono apparse nel vano della mia porta e mi supplicano, con aria speranzosa. Con un sospiro abbasso il romanzo che sto leggendo e ringrazio il cielo per aver deciso di rimandare la lettera che ho intenzione di scrivere a Jacob. L’appuntamento di ieri sera è stato niente male, devo ammetterlo, ma per tutta la serata non sono riuscito a trattenermi e ho sognato di fare le stesse cose con lui. Tenerci per mano mentre andavamo al ristorante, mangiare ridendo e scherzando e baciarci dolcemente sulla sabbia, sotto la luce della luna. Mi manca Jacob, potrei quasi dire che ho sete di lui, tanto forte sento questo desiderio, e vorrei poterlo vedere, anche solo per un minuto. Mi mancano i suoi occhi, il suo viso, il suo modo di fare da spaccone eppure dolcissimo, mi manca tutto di lui, anche quelle poche cose che solitamente mi urtano. Per sicurezza preferisco non indulgere in certi stati d’animo con Chelsea qui presente e quindi, per distrarla, reggo il gioco delle piccole. “Con un giro voi intendete shopping, vero?” Beh, sai com’è, a Jacksonville ci sono dei saldi incredibilmente vantaggiosi …” Dice Diane, sbattendo le ciglia in una parodia di seduzione che mi fa ridacchiare. Non so perché ma deciso di accompagnarle, sebbene ritenga che far compagnia a delle donne afflitte da febbre da shopping sia in linea di massima una tortura, quindi mi alzo e prendo le chiavi della macchina. “E va bene, ma che siano chiare alcune cose: è vietato stare più di mezz’ora in un negozio, è vietato ritornare più volte nello stesso negozio e alle otto ho un appuntamento.” “Oh, grazie mille Edward, sei un angelo!” Strillano le neonate, saltandomi al collo e baciandomi. Chelsea, più contenuta, mi fa un occhiolino complice. Già pentendomi amaramente della mia bontà d’animo mi dirigo verso il garage, pensando che almeno questo giro mi permetterà di concentrarmi maggiormente sull’appuntamento di stasera. Non posso sperare che la Stanley sia sempre talmente frastornata da me da non accorgersi che in realtà, mentre le parlo, le tengo la mano o la bacio, sono a milioni di anni luce distante da lei, tra le braccia di un indio bellissimo che mi ha rubato ciò che posso avere di simile ad un cuore.

(Jacob) “Davvero mi accompagneresti fino a Jacksonville? Grazie mille Jake, sei un tesoro, davvero non avrei saputo come fare!” Sorrido e passo ad Angela il casco. “Figurati, mi fa piacere fare un giro. Ti porto sino alla riserva e poi andiamo fin là in macchina, ok?” Lei annuisce, contenta, e io parto, soddisfatto. Fare un giro mi fa davvero piacere, guidare non mi stanca mai e poi la strada fino alla città è, si, lunga ma anche molto riposante. Senza contare che così avrò altro tempo per evitare mio padre. Arriviamo alla riserva e la vedo guardarsi attorno, incuriosita. “Se ti aspetti di trovare tende di pelle o vecchi intenti a comunicare con i segnali di fumo mi sa che rimarrai piuttosto delusa. Le tende sono scomode e il capo del Consiglio detesta il fumo.“ La prendo in giro, mentre entro in casa. Lei mi fa una linguaccia  e risponde qualcosa del tipo. “In verità cercavo solo Pocahontas e John Smith.” Cerco di fare meno rumore possibile, ma mio padre è solo invalido, non sordo, e in meno di un minuto appare al mio fianco. “Ciao Jacob.” Mi dice, osservandomi. “Ciao Billy, sono un po’ di fretta a dire il vero. Sono passato solo a prendere le chiavi della macchina ...” “Prendile pure, in fin dei conti e tua. Dove vai?” “A Jacksonville. Un’amica deve sbrigare una commissione urgente ed improvvisa, e ho pensato di accompagnarla, ma tornerò entro stasera e poi andrò a cena e a dormire da Leah.” Mio padre continua a fissarmi e, anche se non dice una parola, bastano i suoi occhi neri e magnetici a mettermi in soggezione. “Un’amica? Non Leah?” “No, una ragazza di Forks che ho conosciuto a scuola. È simpatica.” “Chi è?” Sbuffo, contrariato dall’interrogatorio. “Angela Weber, papà, la figlia degli architetti! E, per inciso, mi sta aspettando qua fuori e io rischio di farle fare tardi. Hai da mangiare?” Domando poi, un po’ più dolcemente, sentendomi in colpa per come lo tratto fin troppo spesso. Lui annuisce e gira la sedia a rotelle. “Certo che ho da mangiare, ho ventitre anni più di te ragazzo, credi che non me la sappia cavare da solo? Vai pure.” Per un momento mi sembra che voglia voltarsi e aggiungere qualcosa, ma sono veloce ad evitarlo: afferro le chiavi ed imbocco la porta, senza guardarmi dietro. Conduco Angela nella mia officina e la faccio salire in macchina. Faccio manovra per uscire dal vialetto stando ben attento, mio malgrado, a non guardare verso casa mia, per paura di vedere mio padre che mi osserva dalla finestra del salotto. Sbuffo e accendo la musica, innervosito. Probabilmente Angela ha notato il mio cambiamento d’umore, ma non lo da a vedere e comincia a chiacchierare, dandomi il tempo di calmarmi e di pentirmi, come sempre, per essere un figlio così come sono.

(Edward) Due minuti e trenta secondi dopo aver chiuso le portiere della Volvo ero già stato trascinato in una boutique all’ultima moda e se, all’inizio, vedere quattro bellissime ragazze provarsi vestiti sexy ed eleganti poteva essere un’esperienza piacevole, dopo due ore la cosa ha decisamente perso il suo fascino originale. Diane, Liv, Chelsea e Simon sono bellissime qualsiasi vestito indossino, e non so proprio più che dire quando mi chiedono pareri sui colori e le sfumature degli abiti che indossano. Mio malgrado comincio a distrarmi e a vagare con la mente verso quell’unico argomento che non mi stanco mai di accarezzare. Scommetto che Jacob, con quella sua aria da duro, non avrebbe mai accompagnato quattro ragazze a fare compere. E sicuramente, anche se fosse stato costretto a farlo, le avrebbe fatte muovere. Probabilmente avrebbe dato loro un passaggio e un punto d’incontro, e avrebbe occupato in altro modo il suo tempo, magari facendo un giro per la città. E in effetti potrei proprio fare così anche io: dare appuntamento alle ragazze tra due ore al massimo e starmene in santa pace in libreria, o in un bar. Magari potrei davvero scrivere quella lettera a Jacob, in modo da non essere così ossessionato da lui, stasera.

(Jacob) Il viaggio verso la città è stato piacevole come avevo previsto e io e Angela abbiamo avuto modo di chiacchierare un altro po’, tra una risata e l’altra. Purtroppo però, a causa dell’ora tarda e del fatto che Jacksonville è molto più grande di Forks e Port Angeles, trovare un parcheggio non è stato affatto facile. Angela è scesa, temendo che il negozio chiudesse e io, dopo aver finalmente trovato il tanto agognato parcheggio, decido di girare per la città. Non vengo qui da davvero tantissimo, e ripercorrere queste strade è come fare uno strano viaggio nel tempo. Nelle stradine piccole ma pittoresche mi rivedo, assieme ai miei genitori e alle mie sorelle, dopo un pranzo domenicale o in gita in primavera, quando le rondini arrivavano dai paesi più freddi e noi cinque sedevamo ai tavolinetti della gelateria più famosa della città e ci godevamo il loro volo ridendo e chiacchierando. Rivedo la vasca della fontanella dove una volta avevo spinto Rebecca e la grande quercia contro la quale ci addossavamo per fare la conta. È  una sensazione strana ritornare qua, dopo tutti questi anni, e vedere quanto sia diversa la mia vita. Ora mia madre è morta in un incidente d’auto, mio padre è un invalido che a quarant’anni ne dimostra almeno settanta e le mie sorelle se ne sono andate da parecchi anni. Rimango solo io, ma neppure io sono quello di un tempo: ora sono un ragazzo cresciuto tutto in un colpo, che ha sulle sue spalle la responsabilità di guidare un branco di giovani lupi mannari. Il bambino che giocava con le sue sorelle di sangue se ne e andato da tanto tempo, forse anche troppo perché io mi metta, ora, a ricordarlo. Ma, ancora una volta, devo ammettere che questi anni non sono stati poi così pesanti: ho un gruppo di amici che mi sostengono e mi seguono fedelmente, ho Leah, che tutto ciò che si possa desiderare da una madre, un’amica e una sorella e poi ho Edward, il mio ragazzo, nonostante tutti i problemi che questo comporta ad entrambi. Mi piacerebbe che fosse qui, ora, così come mi piacerebbe mostrargli questi frammenti della mia vita passata. Probabilmente, se la mia esistenza avesse continuato a seguire quei binari tranquilli, io e lui non ci saremmo mai innamorati. Probabilmente io mi sarei fidanzato con Leah e lui avrebbe trovato l’amore con qualche sua simile vampira, o forse avrebbe creato la sua compagna per l’eternità con le sue mani, mutando una delle mille ragazze che muoiono per lui. Rimango a lungo a contemplare il mio passato e a riflettere sul mio futuro alternativo, e per completare al meglio questo momento dolce e un po’ amaro decido di ritornare in quella gelateria di tanti anni fa e di concedermi ancora un po’ di sofismi leccando un cono al cioccolato fondente. Lentamente comincio a passeggiare tra le stradine, che sono cambiate in dieci anni, ma non tanto da impedirmi di orientarmi.

(Chelsea) Chelsea, per quanto deliziata dallo shopping, non aveva smesso un attimo di sorvegliare Edward e, sebbene non fosse una telepate, capì immediatamente che il giovane si stava per alzare e per allontanarsi dal negozio, come del resto era lecito aspettarsi da parte di un ragazzo che avesse deciso di accompagnare quattro ragazze a fare acquisti. Quella era la sua occasione. Doveva solo badare che le Simone, Diane e Liv non si accorgessero della loro assenza. La giovane le osservò e capì che sarebbero state completamente assorbite dai vestiti e dalle sfilate nei camerini ancora per un bel po’. Aveva tutto il tempo. Veloce come un fulmine, la vampira si liberò dei capi del negozio e seguì Edward nella maniera più discreta e privata possibile, preparandosi intanto il discorso che aveva intenzione di fargli. Aveva pazientato a lungo, ma le ultime riunioni con il corpo di guardia ed Aro erano state decisive e lei aveva deciso di tradire. Continuò a seguire il giovane a distanza, percependo vagamente l’acutizzarsi delle sue emozioni verso qualcosa che al momento era fuori dalla sua vista ma non badandovi eccessivamente.

(Edward) Perso nel mio mondo di fantasticherie cammino per le strade di Jacksonville, cercando un bar dove potermi sedere e prendere un po’ di tempo per me e per i miei sogni ad occhi aperti, magari scaldandomi le mani con una tazza di caffè bollente. Credo proprio che scriverò quella lettera, e parlerò a Jacob di tutte le cose che desidero, seppure le ritenga totalmente utopiche. Mi piacerebbe fare un viaggio con lui, ad esempio, e anche avere un vero appuntamento, come quello di una qualsiasi coppia, senza paura di chissà quali drammatiche conseguenze. Ma la cosa che sopra ogni altra mi piacerebbe sarebbe, dopo naturalmente il poter venire allo scoperto come coppia senza causare massacri e dolori, poter vivere assieme a lui, passare le mie notti sentendole scandire dal suo respiro rilassato e dal rumore del suo cuore e imparare di nuovo a cucinare solo per vederlo abbuffarsi la mattina. Così, dopo tutti questi anni di pura e semplice esistenza, potrei tornare a scoprire, grazie a colui che amo, cosa siano davvero la vita reale e le vere emozioni e ritornerei, almeno in parte, l’Edward che l’immortalità ha rubato e sbiadito un secolo fa. Se penso alla nostra convivenza la immagino come un grosso prisma sfaccettato, con momenti di dolcezza e attimi di spacconerie. Stuzzicandoci, coccolandoci, tormentandoci e poi riappacificandoci per l’eternità, senza mai essere stanchi o costretti a nasconderci da nessuno, noi potremmo vivere in eterno come le persone più felici di questo mondo. Scuoto leggermente il capo, come per snebbiarlo, e affondo le mani nelle tasche della giacca: pensare a queste cose non è il modo giusto per prepararsi all’appuntamento di stasera, poiché tutte queste fantasie, per quanto possa ardentemente desiderare che diventino realtà, sono solo questo, e cioè fantasie, desideri infantili. Indulgere in loro mi farà solo perdere il controllo sulle emozioni e la realtà. Alzo il capo, per cercare il bar che è stato poi causa di tutte queste riflessioni, e per un momento credo di sognare. Perché dall’altro capo dell’attraversamento, a tre passi esatti da me, c’è Jacob, in carne ed ossa.

(Chelsea) Poiché ho deciso di tenermi a distanza per non essere vista né udita prima del tempo, non ho mai smesso di monitorare Edward con il mio potere. Non perché mi aspetti di vedere svelata l’identità del suo amore segreto, ma solo per sicurezza, per essere proprio certa di non perderlo di vista. Ed ecco che, all’improvviso, tutti gli enzimi che avevo liberato nell’aria attorno a lui cominciano a vibrare e a fremere come impazziti. Prima Edward non trasmetteva molto più che malinconia e rassegnazione, ma ora qualcosa è cambiato radicalmente. Il suo cuore mi sta trasmettendo una serie di impulsi e scariche talmente intensi e diversi da farmi fisicamente soffrire. Incredulità, felicità, emozione, ansia, fretta, passione, rabbia, gioia dilagante, tutte queste emozioni si fondono assieme e si propagano in me come una scarica di corrente a mille miliardi di volt. Combattuta tra ciò che ritengo etico e la curiosità tremenda che mi ha invaso tentenno un po’ e poi mi decido: alzo gli occhi e poi li sbarro davanti alla scena che mi si para davanti. Incuranti degli umani che li segnano a dito o li guardano schifati e del fatto di essere esattamente in mezzo alla strada, Edward e un colosso indio alto quasi due metri e bello come un dio esotico, racchiusi in una bolla di puro amore, si stanno baciando. Dolcemente e delicatamente, tanto da spezzarmi il cuore nel petto.

 

Aggiornamento super rapido, siete contente? Spero di si! Una dedica brevissima, visto che sono le 4.33 am e la mia sveglia è pericolosamente vicina a suonare.  Questo capitolo è tutto per te, J, sperando davvero che ti piaccia. Credo di avere capito <3  

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Capitolo 27
*** Werevolfes, Vampires, Confessions ***


 

 

(Jacob) “Quanto mi sei mancato, quanto mi sei mancato, quanto mi sei mancato …” Se Edward potesse leggere i miei pensieri ora, troverebbe solo questa frase nella mia testa. Non appena l’ho visto, all’altro capo della strada, la mia mente è rimasta bloccata, paralizzata e focalizzata solo ed esclusivamente su di lui. I suoi colori, il suo profumo, la sua temperatura sono le uniche cose che percepisco. Non appena ho incrociato i suoi occhi, prima, e le sue labbra, poi, il concetto di tempo ha perso ogni significato: passato, presente e futuro sono diventati immagini del tutto estranee ed irrazionali. Per me, soprattutto in questo momento, esiste solo lui. Vorrei davvero chiedergli come sta, come va con Jessica, se è riuscito a nutrirsi e come ha passato questi ultimi sette lunghissimi giorni, ma ho paura. Se mi lasciassi sfuggire le sue labbra, questo nostro eterno istante di trascendenza svanirebbe, e noi rimarremmo solamente due ragazzi che si baciano in mezzo alla strada, attirando le attenzioni di tanta gente. Né io né Edward vogliamo o possiamo interrompere questo bacio, e soprattutto non vogliamo che i nostri sentimenti e i nostri gesti siano giudicati da persone che di noi non sanno assolutamente nulla. E quindi rimaniamo qui, immobili e teneramente abbracciati, incapaci anche solo di aprire gli occhi.

(Chelsea) È passato un bel po’ di tempo da quando Edward e il ragazzo indio si sono incontrati ed hanno iniziato a baciarsi, ma io non mi sono mossa di un millimetro. Non ho più finto di respirare, sbattuto le palpebre né continuato la farsa di tutti quei trucchetti per mescolarci agli umani, e per quanto sia rischioso continuerò a farlo. Non oso fare nulla perché quel bacio mi sta stregando, e se dovesse interrompersi mi spezzerei. Perché per me quei due ragazzi non sono solo uno spettacolo attraente ed affascinante, ma un mondo del tutto nuovo. Se li osservo con gli occhi vedo due splendidi giovani che si scambiano un segno d’amore, e se invece è il cuore ad avere la meglio penso a me, ad Afton e all’amore che esiste al mondo, in tutte le sue forme. Ma quando attivo la mia terza visione, quella che mi è resa possibile dal mio dono, allora è davvero finita. I sentimenti che sento provenire da loro sono talmente intensi da stordirmi e farmi girare la testa. Mi hanno totalmente stregato e, anche se li vivo solo da pochi minuti, mi hanno reso dipendente da essi in tutto e per tutto, e pronta ad ogni cosa pur di non interromperli e averne sempre più. Credevo che le emozioni e i legami umani non avessero più segreti per me e il mio potere, e mi rendo conto solo ora che ero arrivata a pensare a loro come semplici dati che ero in grado di manipolare per ottenere il miglior risultato possibile. Edward e il suo ragazzo, con il loro bacio, si sono insinuati nel mio cuore e mi hanno spiegato tante cose. Loro due si amano profondamente, irreversibilmente e totalmente, in un modo che io, con i miei magnifici ed insignificanti superpoteri, non potrei ricreare neppure se mi ci impegnassi mille e mille anni. Perché tra di loro non c’è solo la parte più famosa e commercializzata dell’amore, quella rosa e morbida che sa di vaniglia e cioccolata. Tra Edward e quel ragazzo scorre anche un sentimento che è del colore nero e violaceo della benzina e proprio come essa è pieno di schifezze, altamente esplosivo, facilmente infiammabile eppure indispensabile. E proprio come il livello di amore rosa e più facile è, tra di loro, incredibilmente alto, anche la parte dei sentimenti neri mi appare smisurata e posso ammettere che, nella sua grandezza, mi affascina ed intristisce al tempo stesso. Non essendo una vera e propria veggente non sono in grado di essere più precisa di così, ma posso dire con certezza che ciò che li costringe alla fuga e al sotterfugio è un qualcosa di incommensurabilmente più grosso del rischio di non venir accettati a causa dei diversi gusti sessuali. Loro non temono una brutta litigata con i propri amici e parenti, loro si preparano a pagare la verità con la vita, e non solo con la loro. Non so come, non so perché, ma lo sento e questo mi basta. Chi è il ragazzo meraviglioso e tanto pericoloso che sta baciando Edward? È sicuramente uno degli abitanti della riserva Quileute, quella stessa riserva sulla quale Aro e Jane a volte confabulano in tono cospiratorio. Pare che gli indiani credano in strane leggende che riguardano i vampiri e creature che, se evocate, li possano sterminare. Inizialmente Aro se ne era piuttosto infastidito e preoccupato, ma poi deve aver lasciato perdere. O ha forse deciso di agire di nascosto, il che significa solo guai, generalmente. Però ora il mio padrone non è l’argomento che mi interessa. Ora voglio provare a conoscere il ragazzo che ho davanti. Cercando di essere il più delicata possibile comincio a ricercare nelle emozioni che mi scorrono dentro quelle che posso attribuire a lui. Le individuo e già esulto, pregustandomi di poter indagare la sua anima con calma, quando lui apre gli occhi e me li pianta in faccia, interrompendo il bacio. E più che quella brusca separazione, che fino a qualche momento fa mi avrebbe gettato nello sconforto, sono proprio i suoi occhi a destabilizzarmi, tanto da farmi barcollare ed indietreggiare, spaventata ed in iperventilazione. E stavolta il respiro affannoso non è parte della solita commedia, è reale. Per descriverli potrei dire che sono due prati infiniti, o forse due mari tropicali. Potrei paragonarli a due smeraldi, ai minuscoli Buddha di giada dei santuari cinesi o magari all’erba del vicino, che è poi l’invidia. Ma ancora non sarebbe esatto, e alla fine neppure così importante. Certo, il loro colore è parte fondamentale di essi, ma non è questo ad avermi colpito. È stato il tipo di sguardo che mi ha lanciato. Ha incontrato il mio e, in un secondo, mi ha spogliata e rivoltato completamente, dandomi l’impressione di avermi letta e capita nel giro di un battito di ciglia. La sua sincerità e la sua schiettezza mi hanno totalmente sottomesso, e sarei scappata a gambe levate se non avessi sentito il mio braccio stritolato da una morsa omicida. Mi volto, credendo erroneamente di essere pronta al peggio, e per la seconda volta un paio di occhi mi sconvolge. Questa volta, però, la sensazione non è soggezione o semplice paura, è autentico terrore atavico . Perché non credevo che avrei mai potuto vedere mostro più terrorizzante di Edward Cullen posseduto dalla furia, con i capelli ritti, i nervi e i tendini in rilievo sulla pelle perfetta e il viso deformato dall’odio, dal panico e dall’ira. La sua maschera di perfetto umano si è sbriciolata e, dentro di me, posso solo essere felice del fatto di starlo nascondendo agli umani col mio corpo. Tremo a pensiero di cosa potrebbe fare quella furia impazzita che lo domina, se eccitata da un urlo di terrore. Odio i suoi occhi, mi terrorizzano e mi disgustano, ma non riesco in alcun modo a smettere di guardarli. Sono vittima di quel fascino morboso ed oscuro che si verifica quando ci si trova davanti a qualcosa di incredibilmente sbagliato e terrorizzante. Osservo il dettaglio orrendo del suo volto: la bocca è contorta in un ghigno asimmetrico, le zanne sono fuoriuscite dalle gengive e bucano il labbro inferiore con sadico ed indifferente godimento. Rughe profonde come incisioni gli si dipanano dal naso, dalle guance e dalla fronte e incorniciano, assieme alle sopracciglia minacciosamente abbassate, gli occhi di un pazzo. Fiamme nere, come quelle del centro dell’Inferno, ardono gemelle in quei tetri loculi, fiamme invincibili ed implacabili, che promettono di distruggere ogni cosa vivente, se solo riescono a sfuggire al controllo.

(Jacob)  Mentre ancora io ed Edward ci baciamo, il senso del lupo mi riporta sulla Terra. Qualcuno ci sta osservando. Un vampiro. Apro gli occhi, vedo una giovane bellissima che ci osserva rapita e separo velocemente le mie labbra da quelle di Edward, preoccupato. Una vampira, evidentemente, che però non ci sta in alcun modo minacciando o creando problemi. Anzi, ha sul viso una profonda espressione di dispiacere. Non posso fissarla che pochi secondi, però, perché Edward si divincola da me, scatta avanti ad una velocità assurda persino per uno come lui e la afferra rudemente per un braccio, penetrandole con le dita la carne sino all’osso. Sorpreso e sempre più preoccupato mi slancio anche io dietro di lui, e lo afferro per la spalla, per impedire che le faccia male. O almeno, questo è quello che conto di fare prima di sfiorare il corpo del mio ragazzo. Non appena entriamo in contatto una violenta scossa mi fa ritrarre il braccio, terrorizzato. L’aura che emana Edward è aura di morte  distruzione, e sta risvegliando il mio istinto di lupo a super velocità. I primi brividi cominciano a scuotermi con l’intensità di una frustata e il mio corpo si surriscalda ad un ritmo vertiginoso, raccogliendo in pochi secondi l’energia necessaria per mutarmi. Percepisco la bestia ululare e scalpitare dentro di me, squassandomi il cervello, e riesco solo a pensare che non può succedere qui, se non voglio che muoiano tutti. “Edward, ti supplico, fermati.” È il mio ultimo e disperato tentativo, pronunciato a mezza voce e in tono spezzato, ma percepisco con terrore le mie parole scivolare sulla patina di rabbia tremenda che sta accecando il mio ragazzo.

(Chelsea)  Capisco, per la prima volta, il significato di quella frase che cita “Ho visto passarmi tutta la vita davanti agli occhi.” E realizzo che non sono mai stata più vicina a toccare la morte, nemmeno quando ho combattuto per Aro nel corso degli anni. Perché in tutte le analisi attente e minuziose che ho fatto, non ho considerato un dato fondamentale: Edward, come tutti i Cullen, è al momento in un gravissimo stato di stress e repressione emotiva. Loro lo ignorano, naturalmente, ma da oramai sette giorni Alec li tiene tutti in scacco, imprigionando le loro emozioni e le loro percezioni per permettere a me e alle neonate di svolgere il nostro sporco lavoro, e ora è una bomba pronta a scoppiare. Per la mia vigliaccheria non ho preso una parte più definita in questa storia, e ho eseguito alcuni degli ordini di Aro: ho esaminato, ad esempio, i legami che uniscono i Cullen e ho fatto di tutto per sciogliere il loro pericoloso affiatamento di famiglia e riportarli alla natura egoista tipica di noi vampiri. Le neonate, poi, hanno continuato l’opera, minando i legami tra le singole coppie e creando quelle crisi di panico e gelosia che il mio signore tanto ama. Simone, che in realtà ha imparato a gestire perfettamente il suo potere poche ore dopo la sua nascita, non ha smesso un attimo di cantare, limitando il suo dono non alla creazione di vere e proprie visioni ma al suscitare quei sentimenti che Aro le ordinava di far crescere negli animi dei Cullen, e Liv e Diane si sono intromesse prepotentemente nelle vite degli altri fratelli, minando le relazioni con le loro spose con l’unico scopo di renderli vulnerabili e fragili ad ogni tipo di sollecitazioni. E il compito che spettava a me, la più esperta e la più fidata, era quello di far cedere Edward e di fargli uccidere e possibilmente mutare la giovane umana che lo accompagna, dando così il via ad uno scontro tremendo e perso in partenza. Alec ci ha fornito la copertura perfetta e ha bombardato costantemente i Cullen affinché non percepissero nulla. Per una settimana ha utilizzato il suo potere giorno e notte, bloccando ogni loro percezione e facendo in modo che il nostro lavoro procedesse per il meglio. Ma ora lui non è qui ed Edward, stimolato dai sentimenti che prova per Jacob, si è totalmente liberato del suo controllo. Le emozioni che gli abbiamo inibito, la sete che gli abbiamo impedito di saziare e i sensi che gli abbiamo anestetizzato sono tornati da lui tutti assieme, e lo hanno posseduto nel tragico istante in cui io ho fatto terminare il bacio. Ora lui è mosso da questi istinti repressi che si sono concretizzati in una furia cieca, desiderosa solo della mia vita. Sono in trappola, dare battaglia sarebbe inutile e anzi peggiorerebbe solo tutto, coinvolgendo la città intera. Il mio destino è quello di morire qui, lo vedo chiaramente, e sono pronta ad accettarlo. Mi spiace solo di essere stata troppo egoista, e di avere giocato con i sentimenti delle persone solo perché potevo farlo. Prima di chiudere gli occhi, il mio ultimo pensiero va al bacio tra i due ragazzi e, di riflesso, al mio amato Afton: quanto mi sarebbe piaciuto poterlo vedere e baciare una sola ed ultima volta! Le mie palpebre si chiudono con gratitudine sopra quella visione da incubo che mi ha stritolato il braccio, e il mio respiro esce un’ultima volta dalle mie labbra schiuse. Sto per morire, lo sento. Mi preparo al colpo. E poi precipito in un pozzo, in una luce viola e dall’altra parte del mondo, in un villaggio feudale.

(Jacob)  La trasformazione è imminente, la bestia graffia e morde perché vuole uscire da dentro di me e poi uccidere, uccidere ed uccidere. Le sagome davanti a me perdono i loro caratteri di splendidi umani e mi sembrano sempre più mostri demoniaci e ributtanti, creature vili e serve del male che però io posso e ho tutta l’intenzione di fermare. Prima, però, di perdere totalmente la mia battaglia e firmare, nei panni del lupo, una condanna a morte non solo mia, avviene un vero e proprio miracolo. Sicuramente dall’alto dei cieli, una creatura così non può essere meno che divina, ecco giungere un angelo femmina, dalla bellezza incredibile. Quella visione beata compare all’improvviso dall’altro capo della strada, posa gli occhi su di noi e avanza dolcemente, passo dopo passo, nella nostra direzione. Ha lunghi capelli rossi e ondulati che guizzano come fiammelle tiepide e delicate nella scarsa luce del tardo pomeriggio, grossi occhi dorati e luminosi, capaci di rassicurare anche il peggiore dei peccatori, e pelle candida e scintillante come un milione di diamanti, che ammalia ammiccando sotto la luce del sole. L’angelo non interrompe la sua camminata e ad un certo punto, mi accorgo che sta cantando. Non appena me ne rendo conto la sua voce, in un istante, spazza via ogni cosa turpe e vile, ogni problema. Il lupo dentro me si sdraia e riposa, il mostro davanti a me diventa un ragazzo,e vedo che gli umani giacciono storditi oppure addormentati sui bordi della strada, simili a bambole abbandonate, ma che, sebbene privi di coscienza, continuano a far sgorgare lacrime dai loro occhi. La sola donna che è rimasta vigile è quella che è di fronte a me. Non appena l’altro ragazzo la libera e si allontana don uno scatto vacilla e cade sulle ginocchia, tremando. Incurante del suo braccio orribilmente squarciato, lentamente congiunge le mani in un gesto di preghiera e, chinando il capo, con voce strozzata e sottile sussurra. “Simone, Dio mio ti ringrazio …”

(Edward) Sobbalzo violentemente e mi sfrego gli occhi. È una sensazione strana, come quando, parecchi anni fa, mi capitava di assopirmi da qualche parte e poi risvegliarmi improvvisamente, scombussolato e stordito. Mi guardo attorno cautamente, ma ciò che mi circonda non fa altro che  confondermi di più. Perché tutti quegli umani sono accasciati ai lati della strada e sembrano dormire? Perché Chelsea è inginocchiata davanti a me e in piena crisi? E soprattutto, dov’è Jake? Mi strofino la fronte, cercando di trovare un filo logico che mi aiuti a spiegare il tutto, e percepisco il mio ragazzo dietro di me. Lui mi prende la mano e mi osserva cauto. “Va tutto bene Edward, ne sei sicuro?” “Io … credo di si. Cosa è successo qua?” Jake sospira e si massaggia il collo con una mano. “Un po’ di casini, ma sarebbe meglio non parlarne in strada, anche se gli abitanti di Port Angeles sono ko. In fondo a questa strada c’è un bar che fa al caso nostro, proporrei di andare là e chiarire tutto. Dillo alle tue amiche, mentre io avviso Angela.” Con una leggera carezza  lascia la mia mano e si allontana per telefonare. Faccio per avvicinarmi a Chelsea ma Simone mi blocca. “Forse è meglio che ci pensi io, Edward. Saresti così gentile da andare a chiamare Liv e Diane invece? Dovrebbero essere in quel negozietto vintage in Union Square …” “Si, certo, le vado a chiamare subito. Ma cosa è successo con Chelsea?” Domando, sempre più spaventato e convinto di avere fatto qualche grosso casino. “Nulla di che, si è solo presa un tremendo spavento. Ti spiegheremo tutto tra poco, tranquillo, e sistemeremo ogni cosa.” Con un bel sorriso mi fa allontanare, e poi si china verso Chelsea. Mentre corro via sono quasi certo di sentirla canticchiare sommessamente.

(Jacob) Fortunatamente Angela ha incontrato in tintoria una vecchia amica, cosi non mi devo preoccupare di portarla a casa ed inventare scuse per non farla venire con me. E inoltre non devo neppure evitare le sue domande acute sul perché sia così preoccupato. Ho chiuso la chiamata, mettendomi d’accordo con la mia amica circa quando vederci, e sono ritornato verso le due ragazze, un po’ in ansia nonostante tutto. Non posso farci nulla, in fin dei conti sono sempre un mannaro e anche se so che, almeno per ora, non corro alcun pericolo con loro, il mio corpo non fa che ricordarmi ch quelle sono delle vampire. Quella con i capelli rossi, Simone, sta canticchiando qualcosa all’orecchio della sua amica cercando di tranquillizzarla, ma non appena mi avvicino volta il capo verso di me e mi regala un bellissimo sorriso. “Come ci riesci?” Le domando, riferendomi alla sua voce meravigliosa. Chelsea smette di tremare come una foglia e le stringe una mano con gratitudine, Simone ricambia la stretta e poi mi spiega. “Non è raro che noi vampiri nasciamo con poteri paranormali, e io sono stata semplicemente molto fortunata. Anche prima la mia voce era molto bella e cantare ha sempre fatto parte di me, ma ora posso addirittura creare delle illusioni, e usarle per fare del bene come è successo prima. È un qualcosa di istintivo, come sollevare il braccio per ripararsi da un colpo o chiudere gli occhi davanti alla luce, ma mi riempie di gioia e mi fa sentire utile. Ma anche io ho una domanda per te, ora: cosa sei? Scusa la domanda diretta, ma sono davvero curiosa, non mi era mai capitato nessuno capace di resistere al mio canto.” “Non credo che adesso sia il caso di parlarne … Aspettiamo di avere radunato tutti, va bene?” Lei annuisce e si concentra di nuovo sulla sua amica, con mia estrema gratitudine. Sospiro, i nostri guai sono tutt’altro che terminati … chissà ora cosa verrà fuori da questo pasticcio!

Eccomi qua, di nuovo ^^ Capitolo che è stato ideato un po' dappertutto, appuntato dove possibile e poi diligentemente ricopiato =) Spero vi possa piacere, un bacio C=

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Capitolo 28
*** Rivelazioni ***


“Cosa faremo ora, Chelsea? Dove ci possiamo nascondere?” La vampira più anziana sospirò e non rispose. Le neonate guardavano a lei con troppa speranza, e questo la spaventava. La spaventava e la faceva sentire tremendamente in colpa: in nome del suo senso di giustizia le aveva liberate dalle bugie di Aro e aveva svelato loro la verità circa i piani e gli ordini del vampiro, ma così facendo le aveva trascinate inesorabilmente dalla sua parte, che oramai rappresentava chiaramente quella dei traditori. Forse avrebbe fatto meglio a lasciarle nella menzogna, e ad allontanarsi lei sola. Edward, come era lecito aspettarsi, le aveva scacciate da casa Cullen senza accettare scuse o spiegazioni, e così facendo l’aveva caricata di un peso in più. Se fosse stata sola non le sarebbe stato difficile trovare una sistemazione momentanea, al limite poteva anche adattarsi a vivere nascosta in un bosco, ma con le neonate al seguito cambiava tutto. Intanto quattro così belle ragazze attiravano un sacco di attenzioni, e poi non si fidava a portarle in un bosco. Simone, Diane e Liv si erano appena riabituate a vivere come delle ragazze normali, portarle nel bel mezzo del nulla e costringerle a sopravvivere basandosi sull’istinto non le sembrava una buona idea, anche perché l’effetto della pillola si era già evidentemente indebolito: le ci mancava solo di dover badare a tre assassine bramose di sangue, una delle quali tanto potente da rinchiuderla in un mondo di illusioni solamente con una sfumatura della voce. No, dovevano procedere verso sud a piedi, evitando la luce del sole e organizzando un piano.

(Alice) Esco dal box doccia e mi infilo l’accappatoio blu notte, quello di Jasper, cominciando a frizionarmi e annusandone al contempo il profumo. Ho sempre avuto una grande memoria olfattiva, da che posso ricordare, adoro identificare le persone anche in base al loro profumo e, solitamente, associo vari odori ai diversi stati d’animo che vivo. Se sono felice, ad esempio, mi sembra di sentire un delizioso profumo di rose, rosmarino e  basilico fresco, mentre, quando sono spaventata, per me tutto assume l’odore degli anestetici. Quando mi arrabbio sento l’odore elettrico delle tempeste magnetiche, e se sono triste quello della terra bagnata. Adoro perdermi nel mondo misterioso degli odori, e il fatto che i miei sensi da vampira mi permettano di esplorarlo come mai avrei potuto fare in vita. Tuttavia, mentre allento i lembi della cintola e mi prendo cura del mio corpo con quei trattamenti tanto inutili fisicamente quanto rassicuranti a livello psicologico, mi trovo a pensare che, almeno per oggi, mi piacerebbe non avere un olfatto. E non solo perché mi sembra di percepire dappertutto l’odore prepotente e importuno di quella neonata chiacchierona, ma anche perché, così, potrei mentire a me stessa ancora per un po’. Potrei dirmi che si, mi sono infilata l’accappatoio di Jasper, ma solo per un momentaneo attimo di sdolcinatezza, non perché avessi effettivamente bisogno del profumo rassicurante del mio compagno, l’unico al mondo che mi riesce a calmare e a darmi l’impressione di essere stretta da un caldo abbraccio. Invece i fatti mi smentiscono, e non appena annuso il profumo del mio compagno sento chiaramente la tensione che abbandona il mio corpo ma continua ad aleggiarmi attorno. Sospiro, è davvero molto tempo che scappo, ma forse ora è giunto il momento, finalmente, di guardarsi in faccia. Mi siedo sul pouf e chiudo gli occhi, rilassandomi. La mia mente, il mio potere, mi portano indietro di dieci, venti, settant’anni. Sono nata da pochi giorni, ma ancora non so cosa significhi essere una vampira. Non so nulla del mio dono, o di come si vive normalmente, visto che sono sempre stata segregata in un ospedale psichiatrico. Ma so che ho un ferro rovente nella gola e che farei di tutto per estinguere questa sete che mi brucia dentro, sino all’anima.

(Edward) Sento la pioggia battere insistente sul tetto di lamiera e spero che duri ancora un po’. Almeno io e Jake potremmo stare assieme ancora qualche minuto. Oggi pomeriggio, dopo tutto il casino che è successo, le quattro vampire hanno deciso di andarsene immediatamente, e io e Jake siamo rimasti soli. Non volevamo attirare nuovamente tutte le attenzioni della città, ma neppure separarci cosi presto, dopo la tremenda settimana di lontananza forzata, e quindi abbiamo deciso di rifugiarci in un posticino isolato da tutto e tutti. La scelta è caduta sul sottotetto del palazzo municipale, che ha compensato la scarsa romanticità con una vista mozzafiato. Mi avvicino alle strette feritoie che intervallano le pareti chiare e osservo la città sotto di me, avvolta dalla pioggia e illuminata dalla luce gialla dei lampioni. Jacob si avvicina, silenziosamente, e mi cinge con le sue braccia color bronzo. “Sei sicuro che vada tutto bene? Non è che stai solo facendo il supereroe e che non appena ti lascerò solo avrai un’altra crisi?” Domanda, posando il capo sulla mia spalla e sfiorandomi la guancia con la sua. Sorrido e strofino il mio viso contro il suo. “Si, stai tranquillo, va tutto bene, è stato solo una specie di shock emotivo per la troppa repressione. Mi spiace essermi sfogato così su Chelsea e le neonate, non volevo spaventarle, e mi chiedo se non abbia esagerato, scacciandole da casa così, di punto in bianco.” Jacob sospira. “Non saprei, ma comunque mi sembrano ragazze sveglie: sono sicuro che sapranno cavarsela egregiamente.” “Speriamo … Comunque questa giornata non è stata poi tanto male. Almeno …” Concludo, notando la sua faccia scettica riflessa sul vetro non proprio pulitissimo della finestra. “ Ti ho potuto rivedere prima di quanto pensasi. Mi sei mancato terribilmente in questi giorni, Jacob.” Lui nasconde il viso nell’incavo del mio collo e, dal suo calore, capisco che è arrossito. “Mi sei mancato tanto anche tu, Edward. Quando pensi che se ne andranno i Volturi, a questo punto?” “Non ne saprei fare una previsione precisa: potrebbero andarsene addirittura oggi, con la scusa di recuperare Chelsea e le altre, o forse tra un po’ di giorni, per sottolineare la loro innocenza. Poso comunque dire che la sua permanenza sarà piuttosto breve, senza le sue spie non è utile rimanere così lontano da Volterra. Ma Aro è un tipo di persona piuttosto difficile da prevedere e assolutamente da non sottovalutare, quindi non mi pronuncio. Comunque se ne dovrà andare, e la prima cosa che intendo fare, una volta libero dalla sua sorveglianza, è passare una notte con te.” Gli occhi di Jake brillano, divertiti ed eccitati, e le sue labbra mi percorrono il collo in una carezza leggera e sensuale. “Anche io non vedo l’ora.” Soffia, facendomi mugolare. È bello rimanere qui, anche se la stanzetta dove siamo rinchiusi è piccola e polverosa, ed è bello perché c’è lui qui con me. Le parole “Ti amo” mi affiorano alle labbra, e ho già aperto la bocca per poterle finalmente liberare quando il loro peso mi colpisce, e le ancora in fondo alla gola. E mentre tento con tutto me stesso di cavarle fuori, la pioggia diminuisce sempre più, scomparendo del tutto quando mi sto per convincere di potercela fare. Jake si stacca da me, guarda l’ora e sibila sorpreso. “Sono già quasi le otto, accidenti! Leah sarà furibonda.” Borbotta, mentre si infila la maglietta e il giubbotto. Anche io sobbalzo ne sentire l’orario, ho totalmente perso la cognizione del tempo! Ho un appuntamento con Jessica alle otto e mezza, ma a questo punto decido di disdire: non riuscirei ad essere a Forks prima delle dieci, e comunque preferisco andare a casa. Mi sembra più prudente, alla luce delle rivelazioni delle vampire e poi non mi va di vedere Jessica dopo che ho passato un pomeriggio così con Jake. Non voglio essere ingiusto sia nei suoi confronti sia in quelli dei miei sentimenti. La avviso con un messaggio cerco la mia camicia. Jake me la porge con un sorriso e mi osserva mentre l’allaccio, legandosi intanto i capelli. Mentre finisco di sistemarmi lui apre il portoncino e si accende una sigaretta, aspettandomi. Guarda fuori con aria pensierosa e, quando lo raggiungo e sto per uscire, mi ferma. “Mi fido di te, quindi ti lascio andare tranquillamente. Ma ti prego, non fare pazzie. Se ti senti strano, se ti sembra che Alec stia ancora manipolando i tuoi sensi, se senti arrivare un altro attacco, per favore chiamami subito e io arriverò, a qualunque costo.” “Non è che tu mi invoglio proprio ad essere sincero, premettendo che saresti disposto a fare irruzione in un covo di vampiri! Ma ti prometto che, se mi dovessi accorgere di qualche problema, ti chiamerò subito. Va bene?” Prometto, sporgendomi a baciarlo. Lui mi ricambia con passione, staccandosi poi con un sorrisino. “Va benissimo.” Mi rassicura, poi prende la rincorsa e si butta giù dal tetto del palazzo, mutandosi in aria. Alzo gli occhi al cielo, mio malgrado divertito e affascinato dalla sua immortale spacconeria, e salto giù anche io. Mentre corro alla macchina e guido verso casa ripasso la versione che abbiamo concordato con Chelsea e le altre circa la loro fuga di oggi pomeriggio, e mi chiedo intanto quanto siano stati efficaci gli attacchi delle neonate ai danni della nostra unione, e soprattutto se la loro successiva opera di risanamento sia stata soddisfacente.

(Alice 1948)  Lo voglio. Lo desidero. Ne ho bisogno, necessità assoluta. Voglio il sangue, il sangue. È l’unica cosa di cui mi importi, l’unica cosa che mi tenga in vita. Sangue, sangue, sangue. San- gue. La sete brucia e strazia come fiamme d’Inferno, e strappa la mia gola come spine di rovi. Nulla mi distoglie dalla mia ossessione, né i miei sensi sopraffini né il mio nuovo dono. Voglio solo che scenda la notte, e potermi nutrire a mio piacimento, annegando quasi in quella marea di sangue rosso e caldo. Voglio braccare le mie prede, e lottare un poco, ma soprattutto voglio sentire quegli spruzzi caldi e densi sul volto e sulle mani. Voglio immergere le mie labbra riarse nella loro carne morbida, e rubare da loro ogni minuscola traccia di vita. Voglio che si agitino e che cadano preda del terrore, perché così il loro cuore pomperà più velocemente del normale e il loro sangue sarà ricco di sapore e deliziosamente caldo. Voglio sentire i miei polmoni riprendere vita, anche solo per un istante, e ricordare com’è avere un cuore pulsante nel petto. Voglio tutto ciò, ma per ora non posso far altro che stare chiusa in questa sorta di loculo e aspettare con impazienza che il sole tramonti. Scintillare come polvere di diamante non è esattamente il modo migliore per mantenere un profilo basso, soprattutto se si vogliono straziare degli umani. Sospiro e mi muovo nel buio, cercando una distrazione. Fino a poco tempo fa questa vecchia rimessa lunga e stretta pullulava di grossi ratti, ma già da qualche ora non sono più un problema. Mi lecco le labbra, ansiosa ed impaziente, sperando di essermi dimenticata anche solo un minuscolo spruzzo di sangue, ma già rassegnata, so che è impossibile. Da uno spiraglio sul soffitto entra un raggio di luce aranciata, e sembra prendersi gioco di me e delle mia stupida nuova pelle, facendola scintillare e sfavillare e ricordandomi che il momento della caccia è ancora lontanissimo. Ruggisco, impotente, e me la prendo con i granelli di polvere che danzano nell’aria, così liberi ed aggraziati. La notte è ancor troppo lontana. E io voglio sangue, sangue sangue.

(Aro) E quindi è così, le mie tre neonate si sono ribellate e sono fuggite. Ho sottovalutato i Cullen, evidentemente, e anche la giovane età di Chelsea. “Jane, fai chiamare Afton.” Ordino, con voce piatta, mente gioco con il medaglione che contiene le pillole della dottoressa Belnandes. La mia adorata salta in piedi e corre alla porta, quasi danzando. È così evidentemente felice di causare dolore e problemi che non può fare altro che intenerirmi. Se solo non fosse rinchiusa in quel corpo… Sorridendo dei miei sciocchi pensieri prelevo una delle pillole e comincio a giocarci, con aria assorta. Afton arriva nella mia stanza poco dopo, ma passa parecchio tempo prima che mi decida di degnarlo d’attenzione, mentre continuo a trastullarmi con la pallina di polvere pressata. Mentre la sua ansia si fa sempre più profonda e percepibile, mi faccio scorrere il farmaco tra gli interstizi delle dita, da una falange all’altra e da una mano all’altra, sempre più velocemente. Con la coda dell’occhio vedo che il vampiro sta dondolando sul posto, e decido che ha aspettato abbastanza. Sbriciolo la pallina con intenzione e soffio via la polverina bianca, che investe parzialmente il mio ospite. Congiungo le mani sotto il mento e lo invito ad avanzare, con un cenno del capo. Non appena è abbastanza vicino gli tendo la mano e lui si affretta a stringerla, serrando con forza gli occhi. Mi immergo nella sua mente lentamente, affondando con decisione le dita della mente nella sua memoria. Ho in mente un piano, e non voglio che la mia superficialità lo possa far fallire. Questo giovane mi è fedele e leale, ma ama Chelsea e per lei farebbe di tutto. Vedo che è preoccupato, teme che gli dica che la sua donna è morta, e pur sospettando che la sua compagna possa avere fatto qualcosa di sbagliato, non sa nulla del suo tradimento. La conosce davvero bene, e questa non può che essere una cosa positiva. Mi sarà parecchio utile, Afton, ma prima devo sistemare ancora un dettaglio. Faccio un cenno a Felix, che era nascosto nell’ombra, e lui interviene immediatamente, immobilizzando Afton. Gli fa aprire la bocca e io vi lascio cadere dentro due o tre compresse. Poi mi chini sul suo orecchio. “Chelsea mi ha molto offeso, e gravemente tradito. Va’, cercala e assicurati che le tre neonate siano ancora vive, in salute e sotto l’effetto della mia medicina. Mandami Simone, la ragazza con i capelli rosso fuoco, e uccidi tutte le altre, inclusa Chelsea. Poi, se lo desidererai, potrai toglierti la vita. È tutto.” Afton annuisce, lentamente, poi si volta e imbocca la porta. Seduta sul divano all’altro capo della suite, Jane mi guarda con infinita ammirazione. Le sorrido e poi mi alzo. Andrò dai Cullen, stasera, a recitare la parte dell’innocente e a divertirmi un po’.

(Alice 1948) Il sole è calato, e io sono libera, finalmente. Volevo spingermi un po’ più lontano, oggi cacciare in un'altra città, perché in questi giorni temo di avere davvero esagerato. Ma la fame e la brama di sangue sono davvero troppe per poter resistere. Sfondo la porta con un calcio e sguscio via dal magazzino. Cammino per pochi metri e mi imbatto in un bar. Un posto pulito, illuminato bene, pieno di avventori e che emana un profumo paradisiaco. Entro nel locale ed immediatamente accadono due cose: i canini fuoriescono dalle gengive, pronti ad attaccare e tutto il mio corpo si tende, mettendosi in una posizione di difesa. Prima che possa capire cosa stia succedendo, un ragazzo biondo, che era seduto in un angolo buio ed isolato, mi raggiunge a velocità incredibile e mi trascina fuori, stringendomi il gomito. Il suo tocco è incredibilmente fastidioso, mi trasmette come la sensazione di venire anestetizzata, perciò mi divincolo e gli assesto un pugno nello stomaco, sperando di levarmelo dai piedi. L’impatto lo spedisce a terra, ma è piuttosto veloce nel rialzarsi e nel rispondere i miei attacchi. In breve mi trovo schiacciata contro un angolo, fiaccata dalla mancanza di sangue e dai suoi assalti, e lui ne approfitta. Mi tira un calcio poderoso in pieno ventre, tanto forte da sollevarmi e scagliarmi contro la parete di mattoni sbreccati. Scivolo lentamente a terra, rovinandomi il vestito che ho rubato ad una vittima qualche giorno fa, e decido di rimanere così, ansimante e sconfitta. Ho talmente tanta sete che non mi importa di altro. Il ragazzo biondo si avvicina, si piega sulle ginocchia e cerca il mio sguardo. “Non voglio farti altro male, e non voglio essere tuo nemico. Non ho motivo di picchiarti, se sarai gentile e sincera con me. Il mio nome è Jasper, e sono un soldato. Tu invece sei?” “Alice.” Sussurro. È l’unica cosa che ricordo di me. “Bene, Alice, piacere di conoscerti. Da quanto sei nata?” “Non lo so … Poco …” “Un po’ vaga come risposta …” “Sarà, ma è tutto quello che so!” Scatto, aggressiva. “Calma, calma … Va bene, Alice, allora lascia che ti spieghi un po’ di cose: avrai già capito di essere una vampira, ma probabilmente non sai di essere una neonata. Questo termine significa che sei molto giovane, piuttosto forte, instabile e completamente ossessionata dal sangue. Non hai ancora abbastanza controllo su di te per poter vivere da sola e quindi, a partire da oggi, vivrai assieme a me.” “Cosa? Non ci pensare neanche! Neppure ti conosco!” Lo spingo con violenza e una stranissima sensazione mi avvolge. Non è quel senso di progressiva anestetizzazione che ho sentito prima, questa volta è un qualcosa che proviene direttamente da me. Mi vedo in una stanza buia ed angusta,  che non so dove sia e a chi appartenga. Ho paura e qualcosa, come l’ombra di un ricordo, mi sfiora la mente. Appoggio le mani al muro e cammino così, analizzandone il perimetro con i polpastrelli. Sento qualcosa di morbido e cedevole, sotto le dita, e lo tiro con tutte le mie forze. Oppone resistenza, ma ho troppa paura per cedere e finalmente, dopo l’ultimo sforzo, quella che scopro essere una sorta di enorme tenda viene strappata via, e la luce irrompe dentro di me. In quella luce mi si presentano mille immagini: un uomo bello come un angelo cura gli ammalati di un ospedale, una donna in lacrime si butta dalla sommità di una scogliera. Un medico, troppo aggraziato e troppo bello per essere reale, si china su di me, mi bacia sulle labbra e poi mi morde con dolcezza il collo. Jasper atterra due vampiri dall’aria famelica e poi li calma, stendendo e mani sopra di loro. Nell’ombra, una donna ispanica se lo mangia con gli occhi. Un assassina in abito da sposa strappa il cuore dal petto di un giovane di bell’aspetto e, anni dopo, trasporta per chilometri e chilometri un ragazzo in fin di vita, ignorando il sangue che fuoriesce praticamente da ogni parte del suo corpo e determinata solo a salvarlo. E poi vedo una casa enorme e bianca nascosta nel bel mezzo di un bosco scuro, centinaia di partite a baseball e infiniti pomeriggi passati sul porticato a bere tea. Vedo una famiglia formata da cinque persone, anche se non hanno un legame di sangue, e poi mi vedo: fisicamente sono la stessa, ovviamente, ma non sono più tormentata dal sangue e questa è una grossa differenza. Sono bella ed elegante, porto abiti ricercati ma, soprattutto, sono parte di quella famiglia assieme a Jasper, che continua ad essere al mio fianco. Quelle persone mi vogliono bene, me ne vogliono davvero e nel senso più ampio del termine. Con un sussulto mi riprendo, e vedo che Jasper mi sta guardando perplesso. “Cosa è successo?” “Una visione …” Spiego, parlando lentamente. Forse non subito, ma io  lui possiamo imparare ad andare d’accordo. E, una volta pronti, avremo un posto che ci aspetta. Finalmente mi decido e  afferro la mano di Jasper, stringendola con gratitudine. Un furioso bussare alla porta mi riporta ai giorni nostri e a un Jasper preoccupato dal mio lungo silenzio. Mi affretto ad aprire e a scusarmi con lui e, dopo averlo tranquillizzato, chiudo di nuovo la porta e mi ci appoggio sopra, con le idee oramai abbastanza chiare: Possibile che io abbia mentito a me stessa e agli altri per tutti questi anni? Che abbia voluto creare forzatamente un sentimento non vero solo perché mi sembrava più facile e più adatto? Posso davvero essere tanto ingrata? E soprattutto, ora che posso fare?

Salve a tutti! Volevo che questo capitolo fosse un po' "cervellotico" e per contrasto mi sembra più normale degli altri v-v  Vorrei ringraziare, uno ad uno, tutti i lettori silenziosi, e ricordargli che se vogliono recensire sono i benvenuti ^^ E poi, ovvimente, ringrazio le mie fedeli: Jakefan, Paffy, Luce e Susyko. Rispondo sempre alle vostre recensioni con incredibile piacere,  e volevo ringraziarvi anche in pubblica sede <3 Un bacio, Ysis

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Capitolo 29
*** Feelings ***


 

(Jacob) Esausto per tutti gli avvenimenti della giornata, torno a casa. Vedo che Leah è già rientrata, ma stranamente non mi corre incontro, sebbene sia sicuro che mi ha sentito. Anthony non è qui, lei è sveglia, non sento musica e l’acqua della doccia non scorre, eppure la mia amica non mi è venuta incontro, né mi ha urlato un saluto dal piano di sopra. Dimentico immediatamente tutti i miei problemi e la giornata pesante e corro a cercarla, seriamente preoccupato. La trovo in camera mia, seduta a gambe incrociate sul letto, intenta a torturare i fili del mio copriletto ricamato. Non sembra aver pianto, ma ha sul viso un’espressione talmente delusa e triste da stringermi il cuore. Senza dire nulla entro e mi siedo al suo fianco, aspettando che sia lei a parlare. “Oggi pomeriggio Anthony mi ha detto che stasera aveva una commissione da fare e che, se ne avesse avuto tempo, sarebbe passato qua, una volta finito.” “E non è venuto, immagino …” “No, ma non è questo il problema.” Sospirando Leah si alza e mi prende una mano con tutte e due le sue. Mi trascina delicatamente fuori, attraverso il corridoio e poi davanti alla porta della sua stanza, davanti alla quale si blocca. “Questo è il problema.” Mi avvisa, aprendo. Resto a bocca aperta: camera sua sembra diventata una romantica alcova, una di quelle stanze con le luci soffuse, i petali sul letto, le candele profumate sui comò, lo stereo con musica melensa pronto ad essere acceso e tutto il resto. Sospiro e la abbraccio, cullandola. “Leah, sono i tuoi sentimenti non ci puoi fare nulla!” “Si che posso! Posso combatterli! Io non intendo farmi condizionare da nessuno, MAI. Vanno bene le storie di sesso, vanno bene le coccole e le fasi da coppietta, una volta ogni tanto, ma non va assolutamente bene che io molli a metà del pomeriggio le mie amiche per organizzare tutto questo, solo perché un tizio qualunque mi ha detto che forse verrà a trovarmi! Non va bene che lo abbia aspettato con l’ansia di una moglie col marito in guerra, non va bene che abbia ascoltato col fiato sospeso il motore di ogni auto che passava per la strada!” “E perché non va bene?” Le domando, anche se lo so benissimo. Conosco Leah da undici anni, la capisco prima ancora che si capisca lei. Si è presa davvero una bella cotta, ma se non lo ammetterà e continuerà a mentirsi sarà solo peggio per tutti. Se continuerà a portarsi dietro questa paura di soffrire e sbagliare non potrà mai crescere davvero. È una storia che va avanti da un po’troppi anni, da quando è finita con Jeff, e credo che sia giunto il momento di affrontare quello che allora abbiamo solo congelato. La prendo in braccio, ignorando le sue proteste, e la stendo prona sul letto. Le carezzo la testa e il collo, per tranquillizzarla, poi le sfilo la maglietta e le sgancio il reggiseno. “Ora rilassati, ti faccio un bel massaggio. Sprecare una così bella atmosfera sarebbe davvero un delitto!” Con lentezza accosto le mani alla sua schiena nuda e, per un momento, mi sembrano tanto grosse e sgraziate contro le sue spalle sottili, che temo di farle male. Sfioro delicatamente, solo con i polpastrelli, la sua pelle caldissima e morbida, disegnandovi sopra simboli geometrici e mappe astratte, e Leah sospira rilassata. Poso il palmo della mano destra al centro della sua schiena, con le dita ben allargate, e inizio a massaggiarla, tracciando cerchi ampi ed esercitando vari livelli di pressione con le dita. Leah sta praticamente miagolando, adora i massaggi e spesso mi implora di fargliene uno, ma io non ho mai il tempo e la pazienza necessari a dedicarmici. Questa sera, però, voglio che sia speciale: voglio che lei si apra e che accetti i suoi sentimenti, quindi mi rassegno a sopportare anche i massaggi. Continuo così a lungo, con l’unico rumore delle lenzuola creato da Leah, quando cambia posizione o si stiracchia, e finalmente i risultati si vedono: lentamente, mano a mano che i suoi muscoli si rilassano, le sue difese si abbassano e, alla fine, lei mi apre il cuore. “Perché ho paura.” Sorrido. “Lo so, ed è normale visto quanto sei stata male. Ma una ragazza che fugge non è Leah. Lei non ha mai paura, e sa sempre come venire fuori da ogni situazione. La ragazza che conosco io ha imparato ad andare in moto, sebbene le facesse paura, solo per aiutare il suo migliore amico, che ne aveva l’orrore da quando sua madre era morta a causa di un motociclista, ed è la stessa che combatte senza esitazione contro chiunque minacci la serenità dei suoi amici. È colei che a dodici anni è andata ad accudire una donna molto malata e che ha cresciuto come un fratello un bambino che era traumatizzato. Ha sconfitto la droga, ha sconfitto molti pregiudizi, ha confitto i suoi genitori e tante altre cose che avrebbero potuto farle male da morire. E perché ora è tutto così diverso? Perché, di fronte ad una remota probabilità, questa supereroina ha paura e si tira indietro?” Mi chino su di lei e le poso un bacio alla base del collo, nell’incavo della spalla, solleticandole il viso con i capelli. Mille piccoli brividi le increspano la pelle, facendole chiudere gli occhi. Le accarezzo una guancia, osservandola, e la vedo talmente bella e straordinaria che quasi mi commuovo. Il sentimento che provo per lei è talmente forte che lo sento venir fuori da ogni parte di me, fortissimo e senza controllo. Leah è mia madre, mia sorella, la mia migliore amica e molto altro ancora, e la cosa incredibile è che io so di rappresentare, dal suo punto di vista, esattamente le stesse cose. Un rapporto come il nostro è davvero unico al mondo. Vorrei riuscire a consolarla meglio, e a dirle tutte queste cose, ma le parole mi sembrano troppo piccole, e troppo complicate. E quindi, seppure un po’a malincuore, rinuncio e le dico solo la conclusione di tutti questi pensieri complicati. “Sei senza dubbio la persona più speciale, fantastica e coraggiosa che io conosca, Lenny, e sono sicuro che ce la farai, e che con Anthony starai benissimo. Non ti farà soffrire e io, comunque, sono qua. Ti accompagnerò, ti sosterrò e asciugherò le lacrime che so già non ci saranno.” Una lacrima le fugge dalle ciglia. Mi prende una mano e la porta sotto il suo capo, stringendola tra le sue. “Vorrei che ci fosse, sulla Terra, un’altra persona come te, Jake. Qualcuno di cui mi possa innamorare completamente, senza il terrore di vedere il mio cuore stracciato, sporcato e buttato via. Vorrei essere innamorata di te, e che tu lo fossi di me. Solo così saprei di essere al sicuro per sempre.” Mi sorride, un po’ tristemente, e mi si avvicina, nascondendo il viso sul mio petto. “Se davvero potesse essere così, non avremmo un solo problema al mondo.” La coccolo, sospirando, cullandola e stringendola a me. “Però, comunque, preferisco il nostro complicato, enigmatico, problematico, frainteso ed indistruttibile legame. Non potresti mai essere un qualcosa da far rientrare nelle categorie di “fidanzato”, “fratello” o “migliore amico”, tu sei semplicemente tu.” Sorrido, ad occhi chiusi, e le infilo una mano tra i capelli, dividendoli in ciocche e singoli fili. Le sue labbra si posano sul mio collo e le sue mani mi accarezzano lentamente. “Ti viene mai in mente quella notte?” Mi domanda, e mi fa ridere perché ci stavo pensando proprio ora. “Certo che mi viene in mente. E a te?” “Spesso. Te ne sei mai pentito?” “No, perché dovrei? È stata quella notte a farci capire del tutto il nostro rapporto, o sbaglio?” “No, hai ragione. Hai fame?” Scuoto il capo, in segno negativo. “Vorresti rimanere, stanotte?” Non le rispondo ma la stringo forte a me, posandole un bacio sui capelli. Certo che voglio, non deve neppure chiederlo. “Però prima ti meriti un resoconto dettagliato del pomeriggio più stressante della storia del mondo.” La avverto, cominciando a raccontare.

(Chelsea) Tump, tump, tump, le mie gambe si sollevano ritmicamente, si tendono, si alzano e si abbassano con violenza, sradicando quasi il terreno sopra il quale impattano così pesantemente e sgraziatamente. Nelle orecchie sento ancora le urla disperate delle mie compagne e il rumore delle loro membra strappate, nel naso ho l’odore resinoso dei loro corpi bruciati e negli occhi la figura del loro assassino, lo stesso vampiro che ho amato per anni e che ora mi sta inseguendo, raggiungendomi un centimetro alla volta. Ho sottovalutato i Volturi e le trappole di Aro, mi sono adagiata sugli allori, e ora Liv e Diane sono morte anche per colpa mia. Spero con tutta me stessa che almeno Simone sia riuscita a sfuggirgli, e che ci riesca per sempre. Per quanto mi riguarda sono condannata: nonostante tutti gli sforzi la mia andatura ha raggiunto la velocità massima, ma non ho speranza contro un vampiro più anziano ed esperto, che si è nutrito con sangue umano. Afton mi raggiungerà tra poco, è solo questione di minuti e poi so che verrà e che mi ucciderà. Prego solo che almeno Simone ce la possa fare, e che riesca a costruirsi una vita in santa pace.

(Leah) Circa un’ora fa mi sono svegliata di soprassalto, per un motivo che ancora ignoro, e stranamente non riesco proprio a prendere nuovamente sonno. Invece Jake, che riposa come un cucciolo al mio fianco, russa tranquillamente, immerso profondamente in un sonno che, a giudicare da quello che mi ha raccontato sul suo pomeriggio, è meritatissimo. Oggi per lui è stato davvero tremendo, tra l’apparizione di Edward, il bacio in pubblico, la tragedia sfiorata, i superpoteri della neonata rossa e il racconto del tradimento, e se lo vedo riposare sereno nonostante tutto ciò, non posso che dirmi soddisfatta. Se mi fermo due minuti a pensare a lui e a tutte le complicazioni che porterebbe il suo amore, se venisse scoperto, le mie sciocche paranoie mi sembrano molto piccole e molto infantili. Eppure lui mi è sempre accanto, e trova il tempo e la pazienza di sostenermi anche se ha problemi molto più seri dei miei. Capisce che per me accettare nuovamente certi sentimenti è un qualcosa di difficile e doloroso e mi aiuta standomi accanto, non recriminando il fatto che lui sta vivendo un amore mille volte più tormentato e pericoloso del mio. Più penso a lui, ad Edward e a quanto sono coraggiosi e determinati, più odio il mio stupido atteggiamento: credevo di essere una tipa abbastanza tosta, e invece mi comporto come una signorina viziata, solo per la paura di soffrire di nuovo. Certo, se con Anthony finisse ci starei molto male, ma avrei comunque il sostegno di una marea di persone che mi vogliono bene e tengono a me. Edward e Jacob, invece, con loro amore segreto rischiano ogni giorno migliaia di vite. Basta una voce, un mormorio di corridoio, e Forks e la Riserva sono spacciate. E allora perché sembra che loro non abbiano paura di amarsi? Jake stasera mi ha detto che non è una cosa facile: “Quando ti fermi a pensarci ti senti uno schifoso egoista, e spesso Edward mi ha fatto pressioni per lasciar perdere tutto, soprattutto all’inizio. Se per caso dovessimo essere scoperti tutto il nostro mondo ne verrebbe sbriciolato: io perderei con tutta probabilità il mio ruolo di Alfa e vi lascerei in balia di Ateara, per non parlare poi della reazione tremenda che avrebbe Paul. Edward non sa come potrebbe prenderla la sua famiglia, ma è sicuro che quelle carogne dei Volturi accorrerebbero in un battito di ciglia per tenermi d’occhio e cercare di utilizzarmi come mezzuccio per mettere le mani su di lui, su suo fratello e soprattutto su sua sorella, la veggente. E se questo dovesse accadere, loro si accorgerebbero immediatamente di cosa siamo e si darebbe il via alla battaglia. Ci sono tanti di quegli aspetti negativi, nella nostra storia, che sarebbe meglio lasciare perdere, ma non ce la facciamo. Noi siamo, l’uno per l’altro, fonte di pace, sicurezze, gioia e serenità. E credo che per questo risultato vada bene anche ingoiare rospi a palate.” Loro devono sopportare un sacco di cose per ottenere un po’ di pace, io invece la potrei ottenere semplicemente, solo pronunciando poche parole. “E allora si può saper perché ti ostini tanto a fare la stupida, Leah Clearwater?” Mi apostrofo da sola, mentre mi divincolo lentamente dall’abbraccio caldo di Jake. Gli poso un bacio sulla tempia e poi vado a prendere il telefonino. È ora che cominci ad essere sincera con Anthony.

(Chelsea) È un miracolo. Un miracolo o un miraggio, non c’è altra spiegazione, e spero tanto che la verità sia la prima. Davanti a me, a circa cento metri, c’è una roulotte con un filo di fumo che esce dal caminetto. Una casa, con dentro delle persone. Cibo. Se riesco a nutrimi forse ho una possibilità: se riesco a immettermi un po’ di sangue nelle vene il mio potere diventerà molto più forte, e potrei essere in grado di contrastare l’effetto di quel dannato farmaco. In fin dei conti Afton mi ama, questo conterà pure qualcosa, no? Con un grido disperato spingo le mie gambe ancora per un po’. Mancano settantacinque metri alla casa. Ora meno di cinquanta. Venti. Quindici. Dieci. Meno di cinque. Il mio braccio sinistro cade a terra. Incredula mi fermo e lo osservo, a bocca spalancata, con gli occhi che si dilatano sempre più per il terrore. Quello che fino a pochi secondi fa era un braccio che ritenevo indistruttibile ora giace a terra, staccatosi di netto apparentemente senza un valido motivo, e si sta decomponendo ad una velocità terrificante, gettandomi sempre più nel terrore. La pelle, in un attimo, da candida e liscia diventa violacea, percorsa da malefiche vesciche ed escrescenze bluastre e purulente. La carne marcisce con un fetore nauseante, da milioni di ferite invisibili sgorga, a fiotti, un liquido giallo in cui galleggiano orde di insetti rivoltanti che sciamano allegramente e le ossa che bucano quella pelle corrotta sono nere e spugnose, gonfie anche esse di qualche fluido innominabile. Totalmente dimentica di quella mia unica possibilità di salvezza, ignoro la roulotte e me ne sto semplicemente lì, basita. Apro la bocca per urlare, e questa volta sono le mie labbra e tutti i miei denti a crollare impietosamente a terra e a decomporsi a quella velocità atroce. E poi seguono i miei capelli, il mio naso, l’altro braccio e il mio ventre. Cadono tutti a terra, come se un sadico macellaio mi stesse sezionando viva. Un ultimo barlume di raziocinio mi suggerisce il nome di Afton, ma poi l’orrore è troppo e spegne la mia razionalità come un soffio di vento stronca la fiamma di una candela. Sento dei passi, dietro di me, e poi vedo il mio corpo decapitato cadere a terra. È integro. Cado nel buio.

(Simone) Sento una lunga serie di schiocchi tremendi, e poi un grand’odore di resina dolciastro. Questo vuol dire che quel mostro si è preso anche Chelsea. Mi dondolo sul ramo della sequoia sulla quale mi sono rifugiata quando Chelsea ci ha ordinato di scappare e aspetto, accecata dalla rabbia: In teoria, visto che sono ancora una neonata, dovrei essere abbastanza forte da ucciderlo anche senza dover ricorrere alla mia voce, che mi rivelerebbe subito ai Volturi, se fossero nei dintorni. Ma uccidere questo vampiro non mi basta, lo voglio torturare e fare soffrire, perché mi ha privato delle mie migliori amiche e delle uniche persone che avessi al mondo. Che ne sarà di me, ora? Decidendo che dopo avrò tutto il tempo per pensarci, scivolo lentamente e silenziosamente giù dal mio rifugio arboreo e mi concentro sui rumori e gli odori del bosco. Pare proprio che la mia vittima non si sia mossa da dove ha finito Chelsea, e che abbia intenzione di rimanerci ancora a lungo. Correndo come una pazza raggiungo il posto e lo vedo mentre fissa con aria meditabonda ed assorta il focolare. Tra i rami e le sterpaglie distinguo ancora chiaramente le membra di Chelsea, e la furia prende il sopravvento. Pesto con intenzione un ramo secco, e faccio voltare l’assassino. Riconosco in lui il fidanzato di Chelsea, quello di cui ci ha tanto parlato in tono speranzoso, e ritorno un po’ in me: capisco che è tutto uno dei crudelissimi piani di Aro e provo pietà per Afton. Ma non appena si muove la bestia che è dentro di me si fa sentire di nuovo. Apro la bocca e la voce che esce dalla mia gola fa paura anche a me, tanto è carica di rabbia, odio e deformata dal dolore. Con essa sotterro Afton nel più orribile degli Inferni e, quando è oramai sfrenato, mi avvento contro il suo corpo e lascio la neonata libera di scatenarsi come vuole. Alla fine, con un movimento secco e preciso, la mia mano destra trancia di netto la testa del mio nemico, e la fa cadere nel fuoco, assieme ai resti della sua amata. Ora è tutto finito, e io medito di allontanarmi subito e di cominciare a costruire la mia nuova vita da subito. Magari potrei andare dai Cullen. Non con l’intenzione di restare, solo per chiedere loro consiglio, e magari scusarmi di nuovo. Una folata di vento, però, mi ricorda che ho ancora qualcosa da fare. Non posso lasciare le mie amiche così, libere di disperdersi nel bosco, senza neppure una tomba e un pensiero. Raduno tutta la cenere che posso, scavo una buca e vi pongo tutto quello che resta delle mie amiche. Mi mancano già terribilmente, tutte e tre. Vorrei poterle vedere ancora una volta, anche solo per dire loro quanto mi dispiace e quanto trovi ingiusto che solo io sia sopravvissuta, ma non so come. Non ho mai pregato, e non so se loro avessero fede in qualcuno o qualcosa. Però non posso lasciarle andare così, e quindi faccio l’unica cosa che mi viene in mente: apro la bocca e canto per loro, sperando che la mia voce arrivi ovunque siano.

(Edward) Entro nella sua stanza senza bussare, e lei immediatamente balza in piedi, come se si fosse appena ricordata di qualcosa di grosso che doveva fare. Si incammina di corsa verso la porta. “Ciao Edward, scusami ma non ho proprio tempo ora, mi sono appena ricordata di avere lezione di …” La blocco afferrandola per il braccio e la guardo dritta negli occhi. “Alice sono giorni che mi sfuggi, ormai, e sappiamo benissimo il perché. Perché non ci sediamo e ne parliamo con calma? Dai anche l’impressione di averne bisogno …” “Non ho nulla da dire a te, spiacente. Te ne puoi anche andare.” Ribatte, acida, sedendosi sull’ottomana con le braccia incrociate sotto il seno e le labbra contratte. “Non ho nulla da fare.” Ribatto candidamente, sedendomi su una poltroncina di fronte a lei. “Beh, io invece sono piena di impegni.” Ribatte, slanciandosi contro la porta. La intercetto e blocco anche la sua fuga dalla finestra. Mi fulmina con lo sguardo e si siede nuovamente, ignorandomi, almeno per un po’. “E se anche te ne parlassi? Cosa cambierebbe? Saresti per caso in grado di fare qualcosa? Hai per caso uno speciale superpotere di cui non sapevo nulla?” “Solo quello di ascoltare mia sorella, e cercare di aiutarla meglio che posso. E poi credo che confidarti con me ti convenga: so già tutto, e non hai neppure bisogno di parlare ad alta voce.” Mi indico la testa con l’indice e la vedo cedere. “D’accordo, se proprio ci tieni ti accontento.” Pensa, con amarezza. “Non lo amo più, Edward, non c’è nulla da aggiungere ed è inutile girarci attorno. Non lo amo più e sto cominciando a credere di non averlo mai amato davvero. E ora che lo ho ammesso? Hai qualche brillante idea? Perché sai, io non so davvero più cosa fare …” Appoggia i gomiti alle ginocchia e si rende il viso tra le mani, stropicciandosi gli occhi e massaggiandosi le tempie. “Ne sei sicura Alice? Perché sai, le neonate …” “No, sono sicura. Ho cercato di dare la colpa al loro, ho sperato che fosse solo colpa loro, ma mi sono dovuta arrendere alla verità. Non era perché Chelsea logorava i nostri legami e Simone continuava a cantare, e non è stata nemmeno colpa di Liv, della sua insistenza e del fatto che fosse praticamente sempre appiccicata a Jasper e perfetta per lui. È che ci stavamo mentendo da troppo tempo, e io ora, semplicemente, non riesco più a non pensarci. Ma ora che l’ho ammesso cosa posso fare? Non lo amerò, ma sono comunque stata al suo fianco per settant’anni. A lui ci tengo, e non voglio che soffra, soprattutto non per colpa mia. Ma si merita la sincerità, e la verità, lo so benissimo. E poi ci siete voi. Se io e lui rompessimo, vi costringeremmo a dividervi, e a scegliere una parte. E non posso permettere che tutto questo accada. Piuttosto che essere io la causa della nostra divisione come famiglia, continuerei a mantenere le apparenze.” Mi avvicino e la prendo in braccio, stringendola forte. “Povera, generosa e coraggiosa sorella mia. Se potessi dire o fare qualcosa per alleviare le tue pene lo farei, te lo assicuro. C’è solo una cosa che ti posso assicurare: noi Cullen siamo una vera e propria famiglia. Ci amiamo, ci difendiamo, ci sosteniamo l’uno con l’altro. Non avrai mai male da noi, Alice, e non ci farai mai davvero male, perché ci ami come noi amiamo te. E sebbene io non sia un veggente, posso assicurarti dirti che mamma e papà, così come io, Emmett e Rose, capiranno ed accetteranno qualsiasi cosa deciderai di fare, se sarà la cosa che ritieni più giusta. Anche Jasper lo farà, solo che gli ci vorrà più tempo. Ma continueremo ad essere uniti, e a formare una famiglia, anche se voi due non starete più assieme.” La stringo, forte, e cerco di passarle tutto il mio affetto. Maledetti Volturi, maledetti i loro piani.

Io e questo capitolo ci odiamo intensamente ed irreversibilmente, e sono contenta di essere riuscita a finirlo, anche se non è venuto bene come volevo. È stata una strenua lotta. Grazie di cuore a tutti quelli che leggono, commentano, spolliciano e aggiungono i miei capitoli ai preferiti, ai seguiti o a quelli da ricordare. Grazie per il tempo che mi dedicate =) Un bacio, Ysis

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Capitolo 30
*** BreakDown ***


Attenzione: ho pubblicato un capitolo di questa FF due giorni fa, siate sicuri di averlo letto, altrimenti potreste avere difficoltà a capire =)

(Simone) So che è fisicamente impossibile, ma sono davvero esausta. Sono tre giorni che corro, e credo proprio di essermi persa. Questi boschi sono tutti uguali, hanno tutti gli stessi grandi alberi, le medesime rocce chiare e gli stessi ruscelli. E poi non ho mai avuto un gran senso dell’ orientamento, neppure da viva. Mi guardo attorno, cercando disperatamente qualcosa che mi possa dare una mano ad orientarmi,  e soprattutto mi ripeto di stare calma. Certo, i Volturi sono avversari fortissimi e scaltri che riuscirebbero senza sforzo a trovarmi anche in un bunker di cemento, ma se possibile vorrei evitare di facilitargli il lavoro  rimanendo impalata e terrorizzata in mezzo al bosco. Forse da quella parte non sono ancora andata … Mi giro e ricomincio a correre, guardandomi freneticamente intorno nella speranza di riconoscere qualcuno o qualcosa, ma niente. Gli alberi mi si diradano all’improvviso da davanti, e mi trovo sulla sommità di un’enorme crepaccio, quasi un canyon. Mi fermo appena in tempo per non finire di sotto e poi mi butto a terra, spaventata e sconfitta. Non so dove sono, sono sola al mondo e una banda di soldati vampiro mi sta, probabilmente, dando la caccia in tutta la nazione. Difficilmente le cose potrebbero andare peggio. Un po’ rassicurata dalle mie considerazioni mi alzo e torno indietro, sempre correndo. Ritorno nel punto di prima e prendo un altro sentiero, meno stretto e più pulito, probabilmente battuto da umani amanti del camping. Lo seguo per un lungo tratto e arrivo in una radura diversa dalle altre. Non fisicamente, dentro ci sono gli stessi fiori variopinti e profumati che ornano tutte le conche di luce del bosco, ed è circondata dagli stessi alberi. Ma al centro di questa radura c’è Alice Cullen, che mi guarda freddamente e mi sta evidentemente aspettando. “Sei arrivata, finalmente. Sei completamente fuori strada, sai? Un altro paio di chilometri ed avresti varcato il confine. Su, seguimi, casa mia è in quella direzione.” Inizia a corre e, dopo un attimo di smarrimento, la raggiungo. Dopo tutto quello che ho fatto alla sua famiglia e soprattutto a lei è disposta a darmi una mano a scappare?

(Alice) E così alla fine sono andata, e ora la sto addirittura portando da noi. Chissà che peso avrà, questo, nell’ordine delle cose. Possibile che io, decidendo di aiutare questa traditrice, abbia già deciso la mia sorte? E in che misura, e per che fazione? Sospiro, è inutile domandarsi queste cose. Oramai quello che è fatto è fatto, e non c’è più modo di cambiarlo. Corro in un silenzio ostile, giusto per chiarire bene le cose, ma la neonata non sembra farsi comunque troppe illusioni. Pare una ragazza abbastanza sveglia, in fondo. “Probabilmente quello che ti sto per dire ti farà infuriare, ma ti ringrazio, e ti chiedo perdono per le cose che ho fatto.” Sussurra. “Certo che mi fa infuriare e no, non ti perdono! Non bastano due paroline e uno sbatter di ciglia per cancellare tutti i casini che ci hai causato e che ci stai ancora causando, mia cara. Per colpa tua non so più cosa fare della mia vita, non so dove andare né con chi stare! Con la tua meravigliosa voce magica tu mi hai sradicato da quella che è la mia famiglia da settant’anni oramai, e non credo che le cose potranno mai ripararsi e tornare esattamente come prima! Se ora va tutto così è solo per colpa tua, Simone, quindi vedi di chiudere la bocca e muovere le gambe!” Se non fossi troppo stanca gliele direi davvero, queste cose. Ma non servirebbero a nulla, non cambierebbero nulla e non mi darebbero neppure sollievo, quindi è meglio tacere, e correre. Loro sono vicini.

(Simone) Non entrerò nella loro casa, non li comprometterò a tal punto. Chiederò solamente a Carlisle se vorrà parlare con me, e se la risposta sarà negativa me ne andrò semplicemente. Quello che ho fatto a delle persone che sono state così buone e pazienti con me non ha scusanti, e temo che, nonostante tutto l’impegno speso per riparare i danni, sia io che Chelsea abbiamo fallito, sotto questo punto di vista. Finalmente, sotto la guida di Alice, il bosco si dirada e io metto piede nel giardino dei Cullen. Mi fermo ed arretro di un passo. La mia soccorritrice si ferma e volta appena la testa in mia direzione, poi annuisce. Mi sembra quasi di vedere un sorrisino sulle sue labbra, come se avesse capito e, in qualche modo, apprezzasse. “Chiamatelo da sola, io ho molte cose da fare.” Mi dice e si allontana. Prendo un profondo respiro e tutto il coraggio che posso, mi schiarisco la voce e parlo: ”Dottor Cullen, sono Simone. So che non ho alcun diritto di presentarmi a casa sua, e mi perdoni se mi faccio vedere qui, dopo tutto quello che ho combinato. Ma voi siete gli unici vampiri che conosca e non avrei saputo a chi altro chiedere. I Volturi, come era logico aspettarsi, mi stanno dando la caccia. Tre giorni fa hanno mandato in missione Afton, con l’ordine di ucciderci. Sono riuscita ad abbatterlo, ma non prima che lui uccidesse Chelsea, Liv e Diane …” “E quindi, cosa ti aspetti da noi? Non ospitalità, voglio sperare.” Il dottore mi è apparso improvvisamente davanti, accompagnato dalla moglie. Ha un atteggiamento estremamente civile, ma si vede chiaramente che per me prova solo disprezzo ed amarezza. Chino il capo. “No, assolutamente. Di quello ho già abusato anche troppo. La mia richiesta è semplicemente una: come posso scappare e fare perdere le mie tracce? Di cosa ho bisogno, e dove devo andare per procurarmelo? Se avessi saputo come cavarmela da sola non sarei mai tornata a disturbarvi. Non vi voglio coinvolgere, e non voglio neppure la vostra protezione. Avevo solo bisogno di queste informazioni, e desideravo scusarmi ancora, sebbene sappia che le scuse non servono a nulla.” “Forse no, ma almeno dimostrano le tue intenzioni. Non sarai perdonata tanto facilmente per quello che hai fatto, Simone, anche se non è dipeso da te, ma in ogni caso non ti sarà negato l’aiuto, non da noi. I tuoi occhi sono dorati, e questo significa che almeno una delle tante cose che ci hai detto quando eri qua era vera. Tu vuoi vivere come una di noi, nutrendoti di animali e cercando di aiutare gli umani, o almeno di non ferirli. C’è un ufficio, a Seattle, e un avvocato che possono fare al caso tuo. Procurati dei soldi, molti soldi, e creati un po’ di identità alternative, ma non fare assolutamente il nostro nome. Poi sarai libera e potrai scappare e andare molto lontano da qui. Ti potrai creare la vita che desideri e, se sarai cauta, potresti anche non venire mai trovata. Buona fortuna.” “A sentirti parlare così, Esme, si direbbe che tu sottovaluti le capacità dei miei uomini, sai?” Una voce fredda ed elegante proviene da dietro di me. Mi volto di scatto e mi trovo a fronteggiare Aro e una torma infinita di vampiri. “Ciao mia piccola Simone.” Sorride lui, con un lampo di vera e propria gioia in quegli occhi assassini.

(Edward) Io, Emmett e Rosalie siamo riuniti in camera loro, intenti a pianificare un viaggio per Alice e Jasper, sperando di poterli aiutare in qualche modo a salvare il loro rapporto, e all’improvviso li sentiamo. Sono almeno ottanta, fuori dal nostro giardino. “Come è possibile?” Domanda mia sorella, spaventata. Io ed Emmett rispondiamo insieme, ringhiando. “È tutta colpa di Alec, di nuovo!” Corriamo in giardino, più veloci che possiamo. Jasper è già lì, ma non Alice. Probabilmente sarà andata da qualche altra parte, a pensare. Aro ci saluta con un sorriso smagliante. “Bene, vedo che non manca quasi nessuno! Meglio, così potremo fare le cose per bene, con voi come testimoni. La nostra piccola Simone, qui, ha ucciso Afton, che io avevo mandato e recuperarla, e poi è fuggita. Come ha lei stessa appena ammesso, il suo intento era quello di chiedervi consigli su come scappare per sempre e poi metterli in pratica. Un idea abbastanza scontata, ma anche la sua unica opzione, lo ammetto. Esme ha provveduto a dare parte delle informazioni a questa ragazza ribelle, ma non ce n’era bisogno. Simone è mia, e stata creata per mio volere, e ha un dono magnifico che userà solo per me. La soggiogherò per bene, questa volta, e sarà una delle mie armi più efficaci. E se non si vorrà piegare la ucciderò. Ma da ora in poi me ne prenderò cura io. Spero che non abbiate nulla in contrario, su questo, perché è un punto che no discuterò. Soprassederò sul fatto che la steste aiutando, e se vi dimostrerete docili e ragionevoli lo dimenticherò del tutto. Forza Carlisle, per te lei non è nulla. Consegnatecela, promettete che non vi lancerete in una di quelle stupide missioni di pace e salvataggio che tanto amate, e io vi assicuro che vi lascerò vivere in pace, nel modo che preferite. Ho in mente grossi progetti per questi mesi, e distaccare una parte del mio esercito per eliminarvi sarebbe davvero un fastidio enorme, e mi rallenterebbe, rischiando di scombussolare i miei piani e di farmi infuriare. Allora, cosa ne dite? Mi date la vostra parola? Avete la mia.” “Ma la tua parola è menzogna!” Dice una voce severa e cristallina. Mi volto e sbarro gli occhi. Mia sorella arriva ora da casa, camminando lentamente e portando con sé alcune grosse valigie. “Non mentirmi, Aro, io l’ho visto. E proprio per questo voglio stringere un patto con te. Questa situazione va avanti da troppo a lungo. Prenditi pure questa neonata, noi non siamo nessuno per impedirtelo. E ti assicuriamo che non muoveremo un dito per salvarla. E, in cambio della tua sincera promessa di non ferire la mia famiglia, prendi me come tua guardia.” Boccheggio. “Alice, no!” Lei ci guarda con espressione triste ma è determinata, glielo si legge negli occhi. “Oramai la mia decisione è presa. Sono stanca.”

(Jasper) Mi lancio contro Alice, non credendo alle mie orecchie, e la afferro per le spalle. Lei mi guarda tristemente. “Jasper …” Comincia, ma io la interrompo. “Lo so, non devi dirmi niente. Lo so, l’ho sentito non appena è successo. E mi trovo ad ammettere che forse anche per me è così. Però ti prego, non te ne andare Alice. Perché non importa se come amica o compagna, tu ci sei sempre stata, ed è questo l’importante. Ti prego, farò quello che vuoi. Farò l’impossibile, e sai che posso farlo. Posso anche creare l’amore, se mi lasci entrare. Ma non te ne andare via da me, ti prego. Senza di te, cosa mi resta? ” Lei mi guarda, con sguardo dolorante. “Lo sapevi? Davvero lo sapevi? E hai continuato a trattarmi dolcemente come sempre?” “Io conosco tutte le emozioni, Alice, e le tue meglio di quelle di chiunque altro. Si, lo sapevo, ma non mi importava. Perché anche se non era amore, tu c’eri comunque. Non mi sono sentito tradito, piccola, tu non mi hai tradito. Volevamo tutti e due che fosse amore e ci abbiamo provato, per anni e anni. Insieme.” La mia piccola mi stringe forte e singhiozza. La abbraccio forte, cullandola, e per un attimo mi illudi di esserci riuscito. Non mi importa, davvero non mi importa. Però deve stare qui, perché non posso neppure immaginare la vita senza di lei. Mi stringe, annusa il mio profumo, e poi si allontana. “No …” La prego, ma lei mi posa un dito sulle labbra. “Si. È deciso oramai. Devo andare, e devo capire. Grazie per tutti questi anni, Jasper, grazie di essere nato, di avermi trovata e di avermi fatta diventare ciò che sono. Grazie per avermi sopportato, per avermi protetto, per avermi difeso e per avermi insegnato tutto quello che so. Grazie per avermi amato, e perché non mi odi neppure adesso che ti sto abbandonando.” Mi bacia per un’ultima volta e poi si allontana. Ignora Simone e si mette proprio di fronte ad Aro. “Giuro di esserti fedele, e di mettere a disposizione il mio dono per te, purché non ti serva per procurare dolore agli umani e a questi vampiri. Farò parte del tuo corpo di guardia e ti sarò fedele, ma vorrei potere continuare a nutrirmi di animali. E vorrei essere chiamata Alice Brandon, invece di Alice Cullen o Alice Volturi, se per te va bene.” Aro sorride e le mette una mano sulla spalla. “Normalmente non do ai miei sottoposti tutta questa libertà, ma tu sei un caso particolare. Accetto il tuo patto e mi impegno nella promessa. Ora andiamo. Puoi prenderti un minuto per salutarli.” Si volta e sparisce tra gli alberi, assieme a Simone e al suo corpo di guardia. Alice rimane ancora un passo indietro. “Grazie a tutti, per esserci stati e avermi accettato e voluto bene. Io ve ne voglio ancora molto, e spero che mi riuscirete a perdonare, prima o poi.” E poi si gira e se ne va. Un pezzo della mia vita che svanisce così, nel nulla.

(Edward) Non so per quanto tempo rimaniamo fermi in giardino, scioccati. Alice è appena andata via, e già la sua mancanza si fa sentire in maniera lacerante. Rose singhiozza stretta ad Emmett, Esme a Carlisle, e Jasper si prende il viso tra le mani e anche se dice nulla le sua spalle tremano. Provo ad avvicinarmi per consolarlo ma lui mi blocca a metà strada. “Sto bene, Edward, grazie. Vorrei solo restare solo.” Si volta e cammina lentamente verso casa, ma sulla porta d’ingresso si ferma. “Mamma …” Chiama con voce rotta ed Esme lo raggiunge subito. “Potresti togliere le sue cose? Non me la sento, di vederle.” “Ma certo tesoro, dammi un minuto.” Si strofina gli occhi perfettamente asciutti ed entra di corsa in casa. Sento il rumore di mobili spostati, armadi aperti, cassetti spalancati, e semplicemente non ce la faccio a sopportare tutto ciò un secondo di più. Borbottando qualcosa sulla caccia mi congedo dai miei parenti e corro nel bosco. La sete mi brucia la gola, le emozioni mi soffocano, e rimpiango come non mai il fatto di non poter piangere e liberarmi di parte di questo peso. Comincio a correre senza motivo, seguendo l’istinto e cercando di seminare il dolore. Voglio stordirmi, dimenticare tutto e provare un po’ di sollievo.

(Rosalie) Alice, Alice, sorella mia, perché non mi hai parlato delle tue pene? Perché non ti sei confidata con me? Non eravamo forse amiche? Non siamo state, per cinquant’anni, come due vere sorelle? Quante notte insonni abbiamo passato a truccarci, a spettegolare, a farci i capelli e a raccontarci segreti? Quante volte ci siamo lamentate dei nostri rispettivi ragazzi, ci siamo consolate a vicenda e ci siamo raccontate stupide storie? Che davvero tutto questo non abbia avuto peso per te? No, ora sono ingiusta, scusami. So che probabilmente la tua è stata una decisione sofferta, e che ti manchiamo almeno quanto tu manchi a noi. Ma è dura senza di te, e sarà sempre peggio, almeno per i primi tempi. Siamo tutti sconvolti, ma dovresti vedere Jasper. È come se fosse stato catapultato in un mondo totalmente alieno, e ho quasi paura per lui. So quello che pensi, ma secondo me avete fatto un errore, tutti e due. Spero solo che tu possa ritornare, un giorno. Mi manchi sorellina, mi manchi già tantissimo.

(Leah) “Me lo confermi Paul? Se ne sono andati tutti, definitivamente?” “Si capo, hanno attraversato tutti il confine. Secondo te che volevano?” “Non lo so ma, se non hanno fatto casini, devo dire che non me ne importa neanche nulla. Sono solo contenta che quell’orrido fetore se ne sia andato, e di poter tornare a Forks liberamente, senza dover trattenere il fiato.” “Già, così puoi sbaciucchiarti con quel fotografo da due soldi!” “Che ti ha rubato da sotto il naso il premio per migliore fotografo amatoriale del distretto, non dimentichiamolo.” “Simpatica, come sempre. Ma perché ci sei tu al comando? Che fine ha fatto il nostro Alfa?” “Boh, non ne ho la più pallida idea, per questo gestisco tutto. Non voglio che il vecchiaccio maledetto si impicci e rompa le scatole più del necessario.” “Missione impossibile.” “Tentare non nuoce mai. Ti lascio, vado a “sbaciucchiarmi” col mio fotografo.” “Ti prego, cerca di contenere i tuoi ricordi alla prossima mutazione! Non voglio che mi capiti di vedervi!” “Magari potresti prendere esempio, invece …”Lo stuzzico, e poi ritorno umana, lisciando i miei abiti e ringraziando lo Spirito perché riesce a mantenerli intatti anche nella mutazione. Mentre mi aggiusto il trucco provo a chiamare Jake, ma trovo la segreteria. Sorrido, credo proprio di sapere dov’è, visto che ora Cullen è libero di muoversi come gli pare.

(Edward) Ruggisco, lussurioso, e mi avvento su ogni centimetro della sua pelle scura, bollente e vellutata. La venero, la lecco, la mordo e la succhio, suscitando cori di gemiti erotici e tempeste di brividi a non finire. I capelli neri e setosi nei quali la mia mano si è persa, il viso sconvolto dal piacere  e dall’estasi, il corpo caldo, profumato ed eccitato: c’è troppo da vedere e troppo da toccare, voglio tutto assieme e lo voglio ora. Finalmente la mia mente è in fiamme ma silenziosa, e sono il mio corpo e i miei sensi a muovermi, urlando a squarciagola. Desiderio, desiderio, desiderio brama, lussuria e voglia irrefrenata. Voglio perdermi, affondare nel suo corpo e prendere tutto quello che posso, anche il suo sangue. Soprattutto il suo sangue, la gola arde disperata, e in un momento di razionalità mi rendo conto di non mangiare da tantissimi giorni, ormai. Viene, ancora una volta, e la sua mano si posa possessiva sulla mia virilità, facendomi impazzire con il ritmo veloce che impone. Recupero la mia mano e passo le sue dita tra le sue labbra schiuse, dando via ad un gioco erotico che si rivela la classica goccia che fa traboccare il vaso, una volta che la sua lingua percorre le mie dita. Avverto un peso nel petto ma lo scaccio, è solo l’eccitazione eccessiva. Inverto le posizioni, sovrasto il suo corpo tentatore, ho una fitta inspiegabile al petto e poi sprofondo, assieme a Jessica Stanley, nel più orribile dei peccati. Lei urla, ansima, geme appagata e è sfoga la mia eccitazione. Con un movimento rapido e fluido la sollevo e la volto, strappandole un ennesimo grido all’approfondirsi della penetrazione. I suoi occhi sono lucidi, le sue guance e le labbra rosse, e il suo seno nudo e pieno, segnato dai morsi e dai baci, si solleva velocemente, freneticamente, al ritmo col suo respiro impazzito. Mi chino su di esso, desiderando solo di poterlo divorare, ma lei si sposta in avanti, e pone nella traiettoria la sua giugulare calda e vibrante. Pazza, quale orribile e deliziosa irresistibile tentazione, quale profumo divino. I canini escono dalla loro guaina, il veleno scorre e mi arroventa la gola. Celo con un bacio le mie oscure intenzioni, e poso le labbra sulla carne viva e pulsante. È così morbida che un leggero contatto fa scaturire una preziosa, meravigliosa, goccia di sangue rosso cupo, che lecco avidamente e lussuriosamente. Spingo in alto i nostri fianchi uniti e spalanco le fauci, pronto a nutrirmi. Qualcosa, una voce maschile venata di dolore, mi ferma “No, Edward, fermati.” Scuoto violentemente il capo, come a liberarmene, e mi preparo ad un secondo assalto. “Edward, ti prego, fermati! Questo non sei tu! Fermati.” E questa volta la preghiera funziona, e mi fermo davvero, recuperando anche la mia razionalità in un impatto violento. La sete, le mie emozioni alla deriva, l’incontro con una Jessica più provocante del solito, il mio istinto di predatore che soverchia la mia razionalità. Vengo, assieme a Jessica, proprio nel momento in cui realizzo cosa sta accadendo, e di avere appena tradito la persona che amo. Jessica piomba ansante sul letto, balbettando parole sconnesse. Io invece piombo nella disperazione. Mio Dio, che cosa ho fatto?

   

Hem, salve... (si prepara con orrore ad un lancio di ortaggi) Non credo che ci sia molto da aggiungere. Non mi liciate nelle recensioni, vi prego! E non venite a cercarmi per scuoiarmi Ç-Ç Doveva andare così U-U

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Capitolo 31
*** 痛み (Pain) ***


(Jacob) “Forza Billy, ora tira la manopola a destra, ma fallo con delicatezza! È la prima volta che monto uno di questi sistemi!” Mio padre sbuffa. “L’hai fatto di sicuro alla grande, fammi un po’ divertire, ora!” La Golf si muove lentamente e cautamente, avanzando di pochi centimetri, ma questo non basta a rassicurarmi totalmente. Sono passati cinque anni dall’ultima volta che Billy ha guidato, ed è stato quando mamma è morta. Temo che prima o poi lo shock si faccia sentire, e che lui vada nel panico. Salgo sulla macchina, al suo fianco, ed è una sensazione stranissima, quasi come se tornassi bambino. Mio padre ha sempre amato guidare, e ci portava a fare lunghi giri in  macchina non appena poteva. Mia mamma diceva che lo faceva anche quando io e le mie sorelle eravamo piccoli, per farci addormentare se stentavamo. Rivederlo alla guida mi fa ritornare indietro nel tempo, ma quelle manopole appena sotto il volante mi ricordano che tutto è cambiato rispetto ad allora. “Dai, vediamo cosa riesce a fare questo vecchio rudere” dice mio padre, posando le mani sul volante e accelerando cautamente. La macchina si muove sicura, e un leggero sorriso gli increspa il volto. Accavallo le gambe e guardo, fuori dal finestrino, la riserva che scorre sempre più velocemente. Sento nascere, sul mio viso, lo stesso sorriso che ha anche lui. Perché devo sempre essere così negativo? Mio padre è felice come non lo era da anni, ha di nuovo il desiderio di fare una cosa che ama e riesce a farla senza che essa gli procuri dolore. Sembra trovarsi bene con il sistema di guida per paraplegici che ho montato, e sono felice che abbia chiamato me per farlo. La giornata è bellissima, io sto bene e sono giovane, fiducioso ed innamorato. La mia vita non sarà quella ideale, ma almeno per adesso tutto sembra tranquillo. La mia felicità è molto semplice, ma non per questo meno preziosa.

(Edward)  Noi vampiri siamo immortali, ma non ci è impossibile la morte. Certo, venire uccisi è particolarmente difficile e gli esseri umani che ci provano sprecano il loro tempo e la loro vita, ma i metodi e modi esistono eccome. E io umano non lo sono più da un pezzo. Se lo fossi, nulla di tutto questo sarebbe mai accaduto. Sarei morto da anni o felicemente al fianco di Jacob, sicuramente non sul cucuzzolo ventoso di una montagna, tormentato e disgustato da me stesso, alla folle ricerca di un’erba medicinale che i Volturi hanno quasi distrutto. Il vampirismo è davvero una maledizione, ma il convivere con sé stessi dopo aver commesso un atto vergognoso come il mio tradimento è una maledizione persino peggiore. E la certezza di dovere passare l’eternità in sua compagnia, straziati istante dopo istante dal senso di colpa, consci del fatto che non si può incolpare solo la propria natura di predatore, è semplicemente una cosa impossibile da sopportare, almeno per me. Chiamatemi vigliacco, chiamatemi pauroso, insultatemi come vi pare. Ditemi che dovrei vivere in eterno e subire tutto il dolore per il mio tradimento, disprezzatemi e giudicatemi. Ma io credo che, se foste nei miei panni, fareste la stessa cosa. E se anche così non fosse, voi rimanete comunque voi e io resto io. Io non riesco a sopportare l’idea di avere stracciato e calpestato Jacob in maniera talmente vile, e ho preso la mia decisione definitiva, che porterò avanti a qualunque costo. Mi suiciderò, facendo in modo che lo strazio sia il più lungo e doloroso possibile, procurandomi una lunga ed inesorabile agonia e punendomi per quello che ho fatto e per quello che sono, anche se ciò non cancellerà comunque la mia grave colpa. Vivrò quegli attimi, avvelenandomi il cuore e la mente oltre che il corpo, per ogni istante di ogni giorno, disperandomi inutilmente. E spero che questo dolore lancinante aiuterà Jacob, e lo renderà in qualche modo felice. Farò in modo che sappia della mia morte e della mia punizione, e spero che possa considerarla, se non un pagamento per quello che gli ho fatto, almeno una soddisfazione. Il vento, che stasera è forte e freddo, e porta l’odore del mare, mi riscuote parzialmente e mi ricorda il motivo per il quale sono salito fino a qui. La verbena. Per gli umani ucciderci è impossibile: non solo perché la loro forza e velocità sono nettamente inferiori alle nostre, ma anche perché le leggende che si tramandano sono false per la quasi totalità dei casi. I paletti conficcati nel cuore e il morso dei lupi mannari sono tecniche davvero efficaci, ma il segno della croce, il nome di Cristo, le preghiere, i corsi d’acqua e i rami di sorbo non servono a nulla, sono superstizioni inutili quanto l’aglio e le rose sanguigne. Ma , nonostante ciò, esistono davvero come per tutti gli esseri viventi, piante ed erbe in grado di avvelenarci, paralizzarci e persino ucciderci, se assunte in dosaggi massicci e per un lunghissimo periodo. La verbena è una di queste, e qualche anno fa ne ho scoperta una macchia selvatica, durante una battuta di caccia. Non so per quale motivo l’ho lasciata intatta, ma ora come ora è una coincidenza che mi va benissimo. Quando finalmente la ritrovo, nascosta dal buio della notte incalzante e dalle rocce, mi chino e la colgo a mani nude, ignorando l’immediato effetto urticante e il dolore e anzi quasi cercandolo. Quando poi ne ho abbastanza telefono a Jacob e gli do appuntamento poco prima del confine. Voglio farla finita prima possibile.

(Jacob) Ho intercettato la chiamata di Edward proprio all’ultimo squillo, ed ero talmente contento di sentire la sua voce che credo di aver fatto una figura patetica. Mi ha chiesto se ci possiamo vedere subito, nel bosco, e ho accettato. Il segnale era disturbato, come se fosse in un posto estremamente ventoso, ma ho comunque avuto impressione che ci fosse qualcosa di strano, nella sua voce. Non mi sembrava la solita armonia serena e rassicurante, ma piuttosto un tono piatto e monocorde. Ma probabilmente è solo l’effetto del vento. Esco di casa esaltato, pronto a passare una notte davvero memorabile.

(Alice) Siamo arrivati a Volterra e mi è subito stata mostrata la mia nuova stanza. È molto ampia e luminosa, ha una bella vista e Aro mi ha assicurato che la posso decorare e ridecorare come desidero. Poso le mie dieci valigie a terra e mi guardo attorno, evitando di fare confronti con la mia vecchia stanza. È tutta sui toni lavanda, molto piacevole a vedersi, e dalle finestre entra parecchia luce, cosa alla quale non sono più abituata da un po’ e che è una piacevolissima novità. Imponendomi di non pensare a Forks e alla mia famiglia mi concentro sui miei numerosissimi bagagli, aprendo le borse e disponendo parte della mia collezione negli armadi, che fortunatamente sono piuttosto capienti. Le prime borse sono facili da svuotare, e dividere i capi per stagione, colore, tessuti e firme si rivela un compito noioso ma gratificante. Purtroppo, però, non abbastanza lungo. Le sette borse si svuotano velocemente, e le tre rimanenti sono decisamente più complicate da affrontare. Ne scelgo una e apro la cerniera: dentro ci sono un sacco di libri, quelli ai quali tengo di più e che ho letto e riletto per anni con amore perché mi erano stati regalati dalla mia famiglia. Quante notti abbiamo passato io, Edward e Carlisle a chiacchierare in salotto, recensendo questo o quel libro? Quante volte io e Jasper abbiamo trascorso i giorni di sole leggendo a letto? Li rivivo tutti uno ad uno, sospirando, e sistemando il libri un po’ sugli scaffali e un po’ nei pressi del comodino. Mentre apro la seconda valigia e, mio malgrado, non appena faccio scivolare la cerniera le mie labbra si piegano tristemente all’ingiù, percepisco la presenza di qualcuno dietro la porta. “Entra pure.” Invito, ben felice di poter rimandare quel compito che si preannuncia come piuttosto duro. E poi non sarebbe male socializzare con i miei nuovi vicini. Quando però la porta si apre ed è Simone a comparire nel vano, mi trovo a pensare che, forse, era meglio continuare a disfare le mie valigie. Probabilmente mi vorrà accusare della morte delle sue amiche e di averla trascinata qua dentro, e farà un sacco di storie. “Ti da fastidio se rimango qui per un po’? So che mi detesti, ma sono del tutto sola e non conosco nessuno, mi sento fuori posto …” Decisamente stupita le faccio cenno di entrare e sedersi sul letto. “No, certo, vieni pure. Stavo mettendo ordine tra le mie cose …” “Vedo … Hai degli abiti molto belli.” “La moda  era la passione mia e di mia sorella.” Annuisce. “Io mi pagavo il college sfilando.” “Davvero? Che genere di sfilate?” “Mah, perlopiù cose di poco conto, come linee di intimo o outfit di grandi catene commerciali. Ma era un bel lavoro, e mi piaceva.” Annuisco e poi mi siedo sul letto. Mi piacerebbe appianare le cose con lei e non solo perché per ora dobbiamo vivere assieme. Oramai la conosco, e mi sembra decisamente più affidabile dei Volturi. “Ti va di pararne? Sembra molto interessante …” Lei mi fa un grosso sorriso e comincia a chiacchierare a ruota libera.

(Jacob)  Arrivo correndo, con stampato in faccia un sorriso enorme ed ebete che non riesco in nessun modo a contenere, e vedo che Edward è già arrivato. Seduto su un ceppo con le mani rigidamente posate sulle ginocchia e il capo chino. Sembra nervoso, tormentato, ed incredibilmente stanco. Alza il capo, ed incontrare il suo sguardo mi trasmette un’emozione fortissima, come mi aspettavo. Solo che non credevo che quell’emozione sarebbe stata un concentrato di dolore e rammarico tanto forte. Corro verso di lui, per cercare di capire, ma qualcosa si risveglia in me. Una sorta di istinto atavico, che mi suggerire di voltami e di scappare, lontano da lui e da quello che uscirà dalle labbra bianche e fredde del mio ragazzo, che ora posso vedere tremare. E per un attimo la tentazione è talmente forte che le mia gambe si tendono come a raccogliere lo sprint necessario per partire di scatto in una corsa disperata, ma io le fermo. Quello davanti a me non è un nemico, non è un mostro spaventoso, è Edward, il ragazzo che amo. Non mi può venire alcun male da lui. Avanzo ancora di qualche passo, ma stavolta è lui a fermarmi. Con una voce che non è più nemmeno la sua, tanto è deformata dal dolore, dalla rabbia e dal rimorso, il mio ragazzo mi strappa il cuore con queste semplici e crudeli parole. “Ci dobbiamo lasciare. Io … ti ho tradito.”

(Edward) Non so con quale coraggio, ma sono riuscito a cavare fuori quelle parole. E mi rendo conto, guardando Jacob e le sue reazioni, che la verbena e il ricordo del tradimento saranno attimi di puro sollievo, in questi mesi. La vera tortura, il vero incubo incessante, sarà vedere Jacob, nella sua interezza, sopraffatto e sfigurato dal dolore. I miei demoni saranno quel rauco suono che gli esce dalla gola, saranno la sua bocca contratta e digrignata e i pugni tesi. Saranno il suo corpo da gigante che si piega e si accartoccia e i suoi occhi, pieni di dolore, di lacrime, e soprattutto ancora increduli. E sopra ogni cosa, saranno la certezza che tutto questo l’ho causato io, con tutte le parti e le forme del mio essere.

(Jacob) Come è possibile che il mondo sia ancora qua, normale come sempre, e che la Terra continui a girare tranquillamente attorno al proprio asse? Perché le stelle sono ancora lì, immobili e sospese nell’infinito? Perché anche loro non scoppiano e non esplodono, cancellando tutto? E perché la forza di gravità mi tiene ancora ancorato a terra? Perché non mi lascia libero di cadere all’infinito, di schiantarmi e spezzarmi contro il cielo e quelle maledette stelle, che sembrano ridere di me? Perché il mondo esterno è così dannatamente uguale al solito, se il mio mondo è andato in pezzi? Per quale motivo ha abbassato tutte le difese, come uno stupido, e ho fatto entrare Edward dentro di me? Io, che sono sospettoso per eccellenza, perché non ho mai nutrito il minimo dubbio sulla sua fedeltà, pur sapendolo accompagnato da vampire fighissime e ragazze carine? Perché, come un coglione, ho creduto all’amore e a tutte quelle stupidaggini, fidandomi di lui e dei sentimenti che credevo provasse? E, sopra ogni cosa, perché non riesco a reagire? Perché sono scivolato a terra in lacrime e mi sembra di non riuscire più ad alzarmi? Lui sta lì, seduto, e non muove un muscolo, non batte ciglio. Vaffanculo Edward Cullen. E vaffanculo anche a te, Jacob Black, perché gli hai permesso tutto questo come un idiota.

(Edward) Dio, ti prego, se ci sei e se mi stai guardando fammi morire ora, in questo momento. Riprenditi tutto il tempo che ho rubato alla Morte e straziami, rinchiudendomi nell’Inferno di cui parla il tuo credo. Fammi divorare dalle fiamme, o marcire nel ghiaccio, o morire di fatica per secoli e secoli. Ma ti prego, ti supplico, liberami dal suo dolore, fammi fuggire da lui. Jacob Black piange, Signore, piange ed è tutta colpa mia. E non c’è nulla che io possa fare, se non stare fermo e guardare questa devastazione. Fallo andare via, ti prego. Fa che mi sputi in faccia il suo odio, che mi attacchi e provi ad uccidermi, che mi urli addosso per ore, però, ti prego, fai smettere quelle lacrime. Non permettergli di soffrire, non per me. Dagli la forza di sollevarsi e lasciarmi indietro. Fa in modo che mi odi, o che si dimentichi di me e mi ignori per il resto dei suoi giorni. Ti prego, Dio, fa che la mia esistenza non gli causi più dolore.

(Jacob) Stai facendo la figura dell’idiota, Jacob Black. Sei patetico.

                                                                                                   Lasciami in pace

Alzati, che aspetti! Se per te questa relazione è così importante perché non combatti per salvarla? Perché te ne stai lì accucciato in terra e ti fai vedere così debole e distrutto?

                                                                                                    Non ce la faccio

 Dov’è finito il tuo amor proprio, il tuo orgoglio da capobranco Quileute? Che ne penserebbero i tuoi fratelli di te? E Ateara? Vuoi forse dimostrargli che sei solo una donnetta?

                                                                                           Non mi importa

 Alzati, combatti, chiedi spiegazioni! Dove, come, con chi, quando e soprattutto perché! Non amavi forse la persona che ti ha fatto tutto questo? E allora come puoi lasciare perdere tutto così?

                                                             Perché lui mi ha rotto

 

(Edward) E finalmente, con gambe tremanti, Jacob si alza e se ne va. Non mi degna di una parola e non si volta indietro neppure una volta. E non appena lui sparisce nella foresta io cesso di esistere come persona. In un libro o in una storia ci sarebbero pagine e pagine di descrizione del mio dolore, mi si vedrebbe fare cose come prendere a calci e a pugni gli alberi, o buttarmi a terra ed urlare. Ma tutto ciò è inutile, nella vita vera: fare queste cose non mi riporterebbe indietro Jacob, non cancellerebbe tutte le mie colpe e non mi darebbe neppure uno sfogo. Il dolore che provo è talmente intenso che non riesco a codificarlo e a descriverlo, e sinceramente non vedo perché provarci.  A chi può interessare? Io soffro comunque, che faccia atti tragici o no. E soffro da morire, lo posso assicurare. Il mio corpo si alza, si dirige alla mia macchina e prende una bottiglia piena di acqua e verbena. Il veleno comincia a fare effetto subito, facendo inarcare e contorcere il mio corpo in spasmi violenti. Ma la tortura della mia mente è diecimila volte più intensa. La mia mente cade preda dell’incubo.

Salve a tutti, ecco il nuovo capitolo! Vorrei fare una precisazione: il Kanji del titolo è la parola dolore in Giapponese, e voleva essere un piccolo pensiero per tutte le vittime del sisma e del terribile Tsunami che ne è derivato. Ho fornito loro anche un aiuto concreto, per quello che posso nel mio piccolo, ma volevo mandare un pensiero anche tramite questo canale. Un bacio a tutti, grazie per il tempo che mi dedicate sempre  =)

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Capitolo 32
*** Searching And Destroy ***


(Leah) Jacob è sparito. Non è venuto a scuola, ma ho dato per scontato che fosse con Cullen, che volessero stare assieme un bel po’, vista la separazione abbastanza difficile che hanno dovuto subire.  Ma ora sono le quattro del pomeriggio, io sono appena rientrata e ancora di lui nessuna traccia. Non un biglietto o un messaggio, e il suo telefono e tutti i suoi soldi sono qua. Mi sto preoccupando seriamente. Jake è uscito da qua ieri mattina, e da allora io non l’ho più visto. Ieri era a pranzo da Billy, e poi l’ha aiutato a montare un sistema frenante per paraplegici sulla loro vecchia Golf. Hanno fatto un giro in macchina, hanno chiacchierato un po’ e Jake sembrava felice e di ottimo umore. Poi, a quanto dice Billy, è tornato qui ed è sparito nel nulla. Nessuno l’ha visto allontanarsi dalla riserva e questo, oltre all’ultima chiamata sul suo cellulare, effettuata da Cullen, mi fa presumere che si siano incontrati. Ma poi? Cosa è successo poi? Ho provato un milione di volte a telefonare a Cullen, ma non da segni di vita. Mi mordo l’ennesima unghia e non mi fermo neppure quando vedo uscire il sangue. Dove sei sparito fratello mio? Mi aggiro per casa come una tigre in gabbia, aspettando Anthony. Ho bisogno di una copertura: fosse per me sarei già alla casa nel bosco, ma non devo perdere la testa, e soprattutto non devo insospettire Ateara. Ora che il nostro capo è sparito, il nostro clan è debole e se io vado dai vampiri in un momento del genere offro ad Ateara l’occasione ideale per aizzarci contro i suoi esaltati. Devo stare calma, e usare il cervello. Sento la ghiaia del vialetto scricchiolare e riconosco i passi di Paul, Seth, Quil, Embry e Sam. Esco di casa alla velocità della luce, pur non facendomi false illusioni, e capisco dalle loro facce truci che non lo hanno trovato da nessuna parte. Non parlano, ma vedo la domanda che aleggia silenziosamente tra di noi, e percepisco anche un’altra cosa, che mi spaventa  aumenta le mie ansie: i miei fratelli guardano a me come ad un capo, ma io non so cosa fare. Non ho strategie o piani complicati, ho solo la certezza di doverlo ritrovare.

(Jacob) Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump. Corro da un giorno, ormai, e il mio cuore e il mio respiro si sono accordati al suono ritmato delle falcate. Corro abbastanza veloce da superare un treno in corsa, anche se l’idea di cosa sia un treno si fa sempre meno nitida con l’andare dei chilometri. Il lupo ha preso il sopravvento e mi spinge a correre, correre e correre. Lo assecondo, docile, e in effetti muovermi senza avere pensieri è una medicina per l’anima. Ma cos’è questo peso che mi strazia da dentro?

(Edward) Come se mi stessi trasformando di nuovo, il mio corpo brucia e arde di febbre. La verbena lo sta sciogliendo dall’interno, lentamente, e il mio organismo non potrà rigenerarsi in eterno, se non mi nutro e continuo ad assumere quantità anche minime della pianta. Il tipo di dolore è lo stesso, ma questa volta non cesserà, e io non rinascerò. Speravo di poter avere una morte privata, ma Rosalie in qualche modo mi ha trovato e mi ha trascinato a casa. Quando mi hanno visto ridotto così mi hanno tutti urlato contro almeno un milione di domande, accuse e richieste di spiegazioni, ma io non ho risposto a nulla: in parte perché le mie corde vocali sono sciolte dall’acido, in parte perché non ho niente da dir loro. Io non sono più l’Edward che conoscevano; lui, qualunque cosa fosse, è morto in questi due ultimi giorni. Rimane solo il simulacro del suo corpo, ma l’anima e sparita, morta nel momento in cui ho tradito e ferito Jacob. Oramai non sono che un grosso guscio vuoto, e non vedo proprio perché dovrei rimanere ancora qua.

(Leah) Anche Angela non ne sa nulla, e Jacob non si fa vivo in nessun modo. Ieri notte il nostro branco si è riunito e abbiamo provato a cercarlo, ma senza alcun risultato. Sono sicura che si sia mutato, se ho capito, come temo, quello che è successo, ma non ci può o vuole sentire. Sono passati due giorni da quando è sparito, e non oso immaginare quanto possa essere andato lontano, in forma di lupo arrabbiato e in fuga da tutto. Farò un ultimo tentativo al liceo di Forks, giusto per agitare un po’ le acque e confondere Ateara, e poi andrò da loro. Inforco gli occhiali da sole e salgo sulla moto di Jake con una smorfia, dato che odio guidare. Arrivo all’edificio in pochi minuti e ci deve essere qualcosa, nella preoccupazione spiritata dei miei occhi, che convince la segretaria a darmi i registri che ho chiesto senza fare troppe storie sulla privacy. Li scorro velocemente e finalmente trovo i nomi che cercavo. Emmett Cullen, Rosalie e Jasper Hale risultano presenti, ma Alice ed Edward Cullen sono addirittura segnati come ritirati dai corsi! La segretaria mi spiega che, se nessuno dei ragazzi Cullen è davvero figlio del dottore e di sua moglie, Edward, Alice ed Emmett sono davvero fratelli di sangue, così come i due ragazzi Hale sono gemelli. Pare che i genitori dei tre fratelli si siano fatti avanti, e che vogliano conoscere quei ragazzi che in gioventù non sono riusciti ad allevare e sono stati costretti a dare in adozione. A quanto si dice Emmett Cullen si è categoricamente rifiutato, ma Alice ed Edward no, e sono partiti alla volta dell’Europa. Ringrazio ed esco. Europa, certo. Dell’assenza della ragazza non mi importa nulla, ma Edward è tutta un’altra storia. Monto di nuovo sulla moto e sfreccio sulla statale, diretta nel covo del nemico. L’aria e il sole sono caldi sulla mia pelle e il motore della moto è addirittura rovente, ma tutto ciò è nulla se paragonato all’ondata di rabbia incendiaria che mi sta attizzando le viscere.

(Jacob) Corro, non ho smesso un solo attimo. Sono stanco, stanco morto, eppure c’è qualcosa che mi spinge a proseguire. Odore di dolce, di inchiostro e libri antichi. Scintillio sovrannaturale, giallo caldo color miele. Dove sei? Perché non mi lasci in pace? Perché non riesco a lasciarti indietro?

My hands are searching for you
My arms are outstretched towards you
I feel you on my fingertips
My tongue dances behind my lips for you

Procedo, instancabile, e la pelle del lupo mi va sempre più stretta. La mia coscienza umana si è parzialmente risvegliata, e la mia mente mi tormenta. Vorrebbe indagare questo peso che mi lacera da dentro, vorrebbe chiarire una volta per tutte e dare battaglia, ma il lupo non glielo permette, ringhia furioso e mi strangola, spingendomi a correre fino a quando il mio corpo non collasserà. Lui capisce, anche se non sa, e vede che è meglio non sapere e non ricordare. Sa che finché continuo a correre come un pazzo sono al sicuro, e che se mi fermo questa cosa che mi uccide e mi bracca mi raggiungerà e squarterà il mio cervello.

This fire runs through my veins

Burning I’m not used to seeing you

No, dannazione, non lo permetterò! Non voglio pensare a nulla, non voglio ricordare, e quindi la questione si chiude qui. Ne sono uscito, davvero. Non c’è motivo di soffrire così tanto ed inutilmente. Sono arrivato fin qua raccogliendo i miei pezzi, e sto alla grande. Sono diverso, ma sto bene così. Si, io sto bene, sto bene. Davvero.

I'm alive, I'm alive

L’aria attorno a me è solo aria, la temperatura parecchi gradi sopra lo zero e l’unico colore che vedo è il verde scuro del bosco. Basta con certe stronzate, la sola ed unica realtà è questa.

I can feel you all around me
Thickening the air I'm breathing
Holding on to what I'm feeling  
Savoring this heart that's healing

Le zampe si incuneano a terra e il lupo urla senza sosta. I muscoli si contraggono velocemente avanti e indietro e la pelliccia vola, sferzata dal vento che i miei duecento chilometri all’ora producono. Ho fame e il lupo mi ha ordinate di andare a caccia. Sto inseguendo un giovane capriolo, e non fa per niente schifo come pensavo. È la mia natura, è quello che sono. L’umano non esiste più, il dolore non fa male e non ho più ricordi pericolosi. Non ho più lui.


And so I cry
The light is white
And I see you […]

 

Lo vedo con la coda dell’occhio alla mia destra. Lo sento che mi chiama a sinistra. Guardo avanti, determinato. È solo il vento che mi scompiglia la criniera, non sono mani fredde. E il profumo dell’aria è quello del capriolo che è sempre più vicino. Senza bisogno di un ordine il mio corpo si tende come un arco, spicca il balzo e piomba sulla preda. Le mie zanne e le mie zampe fanno scempio del cadavere, la mia lingua lappa il sangue e le mie fauci stritolano le carni. La parte umana si è ritirata, atterrita. Che possa avere un po’ di pace, finalmente?

 

You said you would never leave me

I believed You, I believed 

No.

(Leah) L’unica auto nel viale della grande casa è la Volvo di Cullen. Spengo la moto, scendo da essa, vedo una finestra spalancata e spicco il balzo senza neppure pensare.

 

(Edward)  Per un istante, un solo istante, ho pensato che fosse lui e sono uscito dal mio inferno. Ma poi è stata Leah ad apparire e ora il dolore è anche più straziante, perché nella luce accecante della mia stanza è fin troppo facile sovrapporli, e rendere il mio ricordo di Jake più vivido e reale.

 

(Leah)  Vista la luce abbacinante credevo che non ci fosse alcun vampiro, in questa stanza, ma mi rendo conto di essermi sbagliata quando una cosa si alza velocemente dalla sua posizione semi-abbandonata su un divano da strizzacervelli e poi si sdraia nuovamente altrettanto rapidamente. Solo dopo moltissime occhiate sospettose mi rendo conto che si tratta di Edward. Ricordavo un ragazzo incommensurabilmente bello, alto, muscoloso e con i capelli ramati, ma quello che mi ritrovo ad osservare ora è una sorta di creatura aliena, che sembra quasi incorporea. Più che vedere un essere in carne ed ossa, ho come l’impressione di osservare un qualcosa costituito da micro particelle  metalliche che svolazzano. È sbiadito ed evanescente come fumo condensato, e dentro di me si fa strada la certezza che se provassi a toccarlo probabilmente la mia mano gli passerebbe attraverso come ad un velo di garza. I capelli sono sfibrati e flosci, di una tinta verdastra, e gli occhi color rame, velati da una leggera patina di ossido. Rimango sbalordita qualche secondo, ma poi recupero la mia vitalità. “Hai un aspetto terrificante, sanguisuga.” “E tu inquini la mia aria, sporca lupa.” Sento una voce roca e rasposa nella mia testa, e capisco che è la sua. “Che è successo alla tua voce? Sembri un maniaco. E perché non parli, poi?” Nessuna risposta. Senti, Cullen, non ho tempo da perdere con te. Dov’è?” “Chi?” “Lui.” Un guizzo gli illumina per un istante gli occhi, e vedo un’emozione passarvi attraverso. Di cosa si trattava? Sorpresa, rabbia, rammarico? Non saprei, non ho avuto abbastanza tempo per decifrarle, e sinceramente non mi importa tanto. Io voglio solo sapere. “Jacob è sparito?” “Si, da due giorni, dopo averti incontrato.” Sospiro. “Cosa è successo in quell’occasione?” Non sono una stupida, l’ho già capito, ma voglio sentirlo da lui. “L’ho lasciato.” Esplodo.

 

(Edward) Prima che me ne renda conto, Leah Clearwater ha già spiccato il balzo, e solo quando le sue fauci affondano nelle mie carni mi rendo conto che è mutata. I suoi denti mi straziano a fondo, il suo veleno cola direttamente dentro di me  e penetra nel mio organismo, bruciandomi come la verbena non potrebbe mai fare. È incredibilmente doloroso, ma troppo troppo rapido. Non ho ancora sofferto abbastanza, non posso ancora morire. Se ora mi muovessi o dessi battaglia la inciterei, e porrei finalmente fine a tutto, come il mio corpo desidera. Ma io so di non aver ancora pagato abbastanza, e quindi decido di restare immobile, sapendo che mi lascerà andare.

 

(Leah) È come straziare una bambola fatta di stracci. Il suo corpo sbatacchia qua e là, seguendo il ritmo convulso del mio capo, ma non ha reazioni. Non grida, non geme, non fa un gesto, e persino il suo veleno non mi urtica. Alzo lo sguardo e vedo un’espressione di tale felicità e sofferenza  impressa sul suo volto che mollo la presa scioccata, ritornando umana. Il ritiro da scuola, questo suo aspetto tremendo e tormentato, questa assenza totale delle reazioni che gli sono naturali … “Tu stai cercando di ucciderti.” Realizzo in un lampo, sconvolta. “Alla tua sinistra, sulla scrivania. Il calamaio. È pieno di una sostanza che mi è letale. La bevo da allora, e mi sta divorando da dentro. Per questo non parlo, le mie corde vocali sono sciolte.” “È orribile, è una cosa da pazzi! Ti ha dato per caso di volta il cervello?” “Tu mi dovresti capire meglio di altri, Leah Clearwater. Tu lo sai il perché, tu lo capisci. Lasciami fare come voglio e vai da lui, corri. Arriva in tempo, ad ogni costo.” Il mio corpo si paralizza. “Sai qualcosa, vedi qualcosa di preciso?” Scuote il capo. “No. Il mio non è quel tipo di potere. E comunque su di lui non funzionerebbe. Vai, corri. Ma prima prendi queste …” La sua mano scheletrica mi porge un plico di lettere. “Puoi gettarle, se vuoi, ma prima leggile. Promettilo.” Lo osservo dubbiosa per qualche secondo, poi sospiro ed annuisco. “Lo prometto, così come prometto che se quando lo troverò sarà troppo tardi io ucciderò la tua dannata famiglia davanti ai tuoi occhi. E così come ti assicuro che questo è solo un assaggio di quello che dovrai pagare.” Afferro ed appallottolo un foglio di carta, gli do fuoco con l’accendino e lo getto nel suo ventre mutilato. La fiammata è improvvisa ed altissima, e libera un orribile odore di vegetazione putrescente tutto attorno. Lo guardo in volto, e nei suoi occhi vedo la scintilla di una gioia senza pari. Profondamente turbata mi butto dalla finestra e guido fino alla riserva. Organizzo un piccolo consiglio con il Clan, Anthony e Billy e decido di partire subito. Mentre Billy sistema tutti i dettagli della mia assenza da scuola in modo che gli assistenti sociali non possano lamentarsi ed Anthony si prepara a reggere la parte, io e i miei fratelli studiamo le carte della zona circostante la radura, cercando di capire dove può essere fuggito Jacob ma senza successo. “Non importa, io lo troverò. Mi consumerò gambe, naso, occhi ed orecchie ma ce la farò.” “Certo. Nessuno potrebbe riuscirci se non tu.” Mi rassicura Paul, stringendomi forte, seguito poi dai miei fratelli e da Billy. Anthony rimane per ultimo. Ha in mano una borsa che sembra piena zeppa. “Ci sono cose che ti potranno tornare utili, tipo soldi, schifezze energizzanti e piene di zuccheri, dei vestiti per tutti e due, il tuo telefono e un kit di soccorso. Spero che tu riesca a portarlo comunque …” “Grazie.” Sussurro, commossa. Ho dovuto dire ad Anthony la verità sulla mia seconda natura per spiegargli il perché della mia partenza, e non mi pento di averlo fatto. È presto per dirlo, ma sembra che lo abbia capito, ed accettato. “Torneremo.” Prometto, poi muto – sento il mio ragazzo trattenere il fiato dall’emozione – e comincio a correre. La velocità preme la borsa sul mio dorso, ma l’ho fissata bene e non rischia di strapparsi. Sotto un cielo tutto di stelle inizio la mia folle corsa contro il tempo. Raggiungo in un attimo la radura, chiudo gli occhi e mi faccio guidare dal mio cuore, per ritrovarlo. Vedo la strada e la imbocco. Sto arrivando Jake.

Puff, eccomi di nuovo xD In teoria non avrei dovuto aggiornare che a fine mese a causa esame, ma non ce la facevo più Ç-Ç Quindi questo è il frutto delle mie fatiche =) Le parole in inglese che rappresentano la parte razionale di Jacob durante la sua fuga sono una canzone dei Flyleaf, intitolata All Around Me e non na mia invenzione. Amo quella canzone da anni ed anni, e devo dire che ho sempre sognato usarla in una situazione simile, oltre al testo la voce della cantante e la musica creano in me proprio l'atmosfera perfetta, e sono davvero felice di essere finalmente riuscita ad inserirla in una mia storia ^-^ Grazie mille a tutti coloro che mi leggono, recensiscono, o insericono tra preferiti e ricordati  <3 Un bacio =*

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Capitolo 33
*** Finally Better ***


(Edward) “Dov’è?” “Chi?” “Lui.” Non faccio altro che pensare a questo dettaglio della conversazione che ho avuto con Leah. Che io abbia sbagliato tutto, come un idiota? Che abbia sbagliato a giudicare Jacob e i suoi sentimenti, sottovalutandoli? Sospiro e sollevo il calamaio, pronto a vuotarmi in gola la solita dose di verbena ed inchiostro approfittando della momentanea e brevissima assenza di Emmett, ma mi blocco con il braccio a mezz’aria. Sono vivo per miracolo dopo l’attacco di Leah, e se ora bevessi la verbena morirei al più tardi dopodomani. Non che non ne abbia più l’intenzione, ma prima vorrei essere certo del fatto che lei è riuscita a trovarlo in tempo. Vorrei poterlo percepire un’ultima volta prima di morire, perché sono davvero preoccupato. Esito ancora un istante, ed è quello fatale. I passi di Emmett risuonano per il corridoio, minacciosi. A giudicare dall’odore mi sta portando il pranzo. Siccome non farei in tempo a tornare a letto, poso il calamaio in un angolo e mi siedo alla scrivania davanti ad uno spartito incompiuto. Mio fratello entra con in mano una bottiglia di plastica gigante piena di sangue, ma invece di lasciala semplicemente da qualche parte ed uscire mi afferra per il colletto della camicia, mi sbatte a terra, mi spalanca la bocca e ce la vuota dentro. Non appena il sangue sfiora le mie labbra mi divincolo come un indemoniato, furibondo, finché non spedisco la bottiglia lontano con una manata. Sputo quel che ho in bocca e mi infilo violentemente due dita in gola, cercando di espellere il sangue prima che il mio fisico lo assimili. Non che ne possa aver assorbito più che tanto, considerando come mi ha ridotto Leah, ma meglio prevenire. “Non ti azzardare MAI più a fare una cosa simile Emmett.” Lo minaccio telepaticamente mandando un cupo ringhio, mentre mi pulisco la bocca con una mano. Mio fratello ruggisce violentemente in risposta, afferrandomi per la camicia macchiata di sangue e sollevandomi in alto. “Dannazione Edward, si può sapere perché ci fai questo? Non bastava la decisione di Alice, ti ci devi mettere pure tu a torturare così mamma? Vuoi forse che impazzisca?” Fa per prendermi per le spalle e scuotermi, ma lo fulmino con lo sguardo e deve vedere qualcosa nei miei occhi che lo convince a lasciarmi perdere. “Fa come vuoi, allora ...” Mi apostrofa, prima di uscire sbattendo la porta e lasciando intenzionalmente qui la bottiglia quasi vuota e una marea di delizioso sangue versato sul pavimento.

 

(Leah) Non so più da quanto tempo sto correndo, ma sento che ho guadagnato terreno ad una velocità incredibile. Oramai sono talmente vicina a lui che quasi ho le allucinazioni, e mi sembra di sentire il suo profumo e vederlo ovunque. Chissà se si è accorto che qualcuno lo segue, e se ha capito che sono io. Non ho fatto che chiamarlo e chiamarlo ancora, stancando persino la mia mente, ma temo che non mi abbia sentito e questo mi riempie d’ansia. Chissà dov’è il lui che conosco, ora, e quanto profondamente dorme schiacciato dal lupo. E se invece non avesse risposto intenzionalmente? Se Jacob non stesse dormendo ma scappando a mente lucida e fredda? Da Edward, da Forks e persino da me, pur di dimenticare e non soffrire … Non appena realizzo quello che ho pensato, di riflesso le mie zampe accelerano in uno spasmo folle, cercando di raggiungerlo con una tale disperazione che non mi fa guardare neppure dove vado, tanto da lasciare che i rami bassi dei pini mi feriscano e mi si impiglino dolorosamente nella criniera. Non mi fermerò più finché non l’avrò trovato. Io e lui non esistiamo separati.

 

(Edward) Mi sono liberato della bottiglia buttandola dalla finestra, ma non posso fare nulla per il sangue sul tappeto, visto che non posso uscire dalla mia stanza senza che tutti mi diano il tormento e riprovino a realizzare la brillante idea di Emmett tutti assieme. E anche se oramai si sta seccando, il suo profumo non diventa meno delizioso. Anzi, man mano che passano i giorni è sempre più difficile resistergli. I miei sogni sono rossi, e il mio corpo si muove a spasmi, ricordandomi che per me il sangue è ogni cosa; luce, calore,acqua e aria. Il vampiro farebbe di tutto per berne, sarebbe persino disposto ad umiliarsi e a leccare ogni centimetro del pavimento pur di averne una goccia. Ma Edward Cullen è, non so per quanto ancora, più forte. Si costringe a rivedere  il dolore e le lacrime di Jacob, e la sua fuga disperata. Ricorda a se stesso che è un essere miserabile, che merita ogni genere di tormento e neppure una parola di comprensione, neppure dalla sua famiglia. Così la tortura supera quello strazio, e il vampiro non può far altro che urlare urlare ed urlare. Edward è cocciuto e non demorde. Quando il bisogno del sangue è così forte, lui semplicemente apre le fauci e si squarcia le braccia a morsi, per resistere. Morirà pur di non cedere. E io tengo per lui.

 

(Jacob) Qualche giorno fa l’ho sentito. Un rumore lento e ritmato, eterno e tremendamente familiare. L’istinto del lupo mi ha detto che quello è il Respiro dell’Universo, il grande orologio che scandisce la natura e amministra il susseguirsi delle stagioni, del giorno e della notte, del sole e del cattivo tempo, della vita e della morte. Un qualcosa che gli umani non percepiscono nella stessa maniera, e che regola invece l’esistenza di ogni animale, pianta, frana, tempesta o inondazione. È il motore del mondo che non è umano, e il fatto che io cominci a percepirlo vuol dire che sono quasi arrivato al grande bivio. Se continuo su questa strada, la mia anima umana parlerà sempre più piano dentro me, attutita e smorzata da quel grande e lento pulsare. E quando non riuscirò più a sentirla, Jacob Black sarà finito, e cesserà di esistere. È quello che è successo ai grandi della mia tribù, quelli che non volevano ritornare e che sono rimasti in forma animale sino alla fine dei loro giorni. Hanno udito il Respiro e  lo hanno accettato, vivendo in lui e per lui sino alla fine, senza più avere coscienza di loro stessi. E ora che ci sono così vicino, non sono più sicuro di volere questo per me. Sono davvero pronto a rinunciare per sempre a tutto quello che sono stato, alla persona che ho creato con tanta fatica? Ho bisogno di pensare. Freno la mia corsa e mi rendo conto di quanto disperatamente urli il mio corpo, sfiancato dalla fame, dalla sete e dal mio tormento. Mi accascio per terra, uggiolando, e realizzo che non riuscirò ad alzarmi da qui tanto presto. Sento che qualcosa si avvicina, ma non capisco se si tratta di quel dolore che mi segue con tanta devozione da non so più quanto tempo o di qualcos’altro, qualcosa di ignoto. Rassegnato ed impossibilitato a fare altro, chiudo gli occhi ed aspetto.

 

(Edward) Mi sono appena ferito per l’ennesima volta quando la porta della mia camera si apre e nel vano appare mia madre. I suoi occhi tristi si posano su di me, sul sangue versato a terra, sulle mie braccia mutilate, sui i miei oggetti rotti e smembrati durante le crisi e fremono, mentre lei entra sospirando. Ha in mano un grosso secchio pieno di acqua ed ammoniaca e alcuni stracci. Poggia tutto sul pavimento, si mette carponi dandomi le spalle e comincia a pulire. Non dice una parola ma le sue spalle sussultano come se stesse singhiozzando mentre mi libera da quella tortura e mi permette di continuare la mia distruzione. E quando leggo nei suoi pensieri che sa quello che sta facendo, che sa che senza il tormento di quel sangue ricomincerò ad avvelenarmi, ogni mia resistenza si sbriciola e mi arrendo all’infinito amore e rispetto che prova per me. “Mammina ...” La chiamo telepaticamente, facendola sussultare per la sorpresa. Alza lo sguardo su di me, felice e commossa, e le faccio segno di avvicinarsi al letto. Si alza, mi raggiunge e si siede ma non mi fa domande o accuse, semplicemente mi accarezza. Le sue dita sfiorano il mio viso e le mie ferite con tutta la dolcezza e l’amore speciale che accomuna tutte le madri, di ogni luogo e tempo, e il senso di colpa che provo per averle causato tanta sofferenza è talmente forte, che decido di confidarmi con lei e provare a spiegare il perché di tutto il tormento che sto infliggendo anche a loro. Lentamente le racconto tutto, omettendo solo l’identità di Jacob: mi sono innamorato di una persona unica al mondo, ma la mia natura ha rovinato tutto e, soprattutto, ferito questa persona in una maniera talmente grave da non potermi concedere il perdono. Le spiego come quel tradimento mi abbia aperto gli occhi su quello che sono davvero e mi abbia dimostrato che, sebbene abbia un cuore umano capace e desideroso di provare amore, in quanto vampiro non potrò mai ottenere nulla di buono e durevole, poiché sarò io stesso a rovinarlo, con le mie mani e la mia semplice esistenza. Per questo ho deciso di combattere contro quella parte di me e di ucciderla pur di ottenere la vittoria, anche se questo significherà porre fine anche alla controparte umana che ho finalmente scoperto di avere. Esme mi ascolta, in silenzio, poi mi prende le mani. “Quanti anni avevi quando sono entrata nella tua vita? Diciassette o diciotto, vero? Eri già un adulto, e infatti dopo poco te ne sei andato via da casa per provare a vivere come ritenevi più giusto. Sono entrata nella tua vita quando eri già un adulto ed è come tale che ti vedo, quindi non mi posso permettere di importi cosa fare o non fare. Ritengo che la tua scelta sia assolutamente sbagliata ma non ho alcun diritto di intervenire su di essa, anche perché quella stessa decisione mi ha dato un’altra possibilità. Non voglio che tu ti tolga la vita, ma non riesco neppure più a sopportare il tuo supplizio sapendo che non posso fare nulla. E se niente di quello che sto per dirti riuscirà a convincerti a desistere, allora ti accompagnerò fino alla fine, continuando ad amarti istante dopo istante. Però ci sono due cose che voglio che tu sappia: la prima è che, con la tua morte, porterai sicuramente un immenso dolore alla persona che ami. La seconda è che non basterà distruggerti per sconfiggere il vampiro e far trionfare Edward Cullen, perché tu sei Edward Cullen proprio perché sei un vampiro. Pensa: se tu non fossi tutto ciò che sei, con i tuoi errori, i tuoi trionfi, i tuoi canini e la tua personalità questa storia d’amore sarebbe esistita? La persona che ami non ti ricambia forse perché le piace ciò che sei?” Rifletto sulle sue parole e realizzo, con sgomento, che ha più ragione di quanto, forse non possa immaginare. Se non fossi un vampiro, io e Jacob non ci saremmo mai scontrati, e quindi conosciuti. Se il sole non fosse così pericoloso per me, non avrei mai fatto saltare in aria il tetto della scuola e quindi non mi sarei mai trovato in classe con lui. E, realizzo sbarrando gli occhi, se io fossi morto nel 1918 non lo avrei mai, mai, mai neppure conosciuto. Me ne sarei andato dal mondo in un mare di dolore e non avrei mai saputo della sua esistenza. Esme mi guarda e sorride con dolcezza. “Vedi? So che non è facile, ma il vampiro è parte di te e anche se tu ti uccidessi lui non morirebbe. Tu sei sempre Edward. Eppure sei Edward.” Si alza dal letto e prende il secchio e gli stracci. Fa per uscire, ma poi si blocca nel vano della porta. Vorrebbe dirmi qualcosa, ma poi sospira semplicemente e se ne va, lasciandomi solo con i miei pensieri.

 

(Leah) È qui, sto arrivando. Sto arrivando, è qui. Le mie gambe non reggono quasi più e la borsa mi sta uccidendo, ma lui è qui, nelle impronte che ha lasciato sul terreno, nei pezzi di corteccia che ha sradicato correndo troppo vicino agli alberi, nell’odore che mi riempie il naso, la testa e il cuore. È dappertutto tranne che nella mia testa, della mente del branco ancora non c’è traccia e ancora una volta temo di essere troppo in ritardo. Digrigno i denti, ignoro il suono lacerante che viene dai miei muscoli e la borsa che mi sbatte contro le ossa e accelero ancora, entrando alla velocità di un proiettile in una parte di bosco più fitta ed ombrosa.

 

(Jacob) Un suono potente e profondo mi sveglia, ma questa volta non si tratta del Respiro dell’Universo. Questo è il ritmo folle di un tamburo da guerra, il battito di un cuore appassionato lanciato al galoppo alla ricerca di qualcosa. Percepisco la terra tremare sotto la furia di una forza cieca e folle e, man mano che si avvicina, sento il mio cuore unirsi a questo battito, discostandosi sempre più da quel ritmo lento e cadenzato che aveva cominciato ad assumere con troppa facilità e troppo rapidamente. Con enorme sforzo sollevo la testa e rizzo le orecchie verso quel suono, spaventato e curioso. E dal cuore nero della foresta, bianca, solenne e forte come una regina, appare Leah, la mia Leah. E il Respiro cessa quasi totalmente di farsi sentire non appena incrocio i suoi occhi gialli.

 

(Leah) Mentre correvo, per cercare di mantenermi umana, ho pensato a un milione di cose: come voglio tagliarmi i capelli, dove voglio andare a cena con Anthony e, tra le altre tante, anche a cosa avrei fatto a Jacob non appena lo avessi trovato. Nella lista avevo appuntato di tirargli un pugno, anzi di tirargli una scarica di pugni e di insultarlo e urlargli contro per ore, giusto per fargli capire che non si doveva mai più azzardare a farmi una cosa così. Ma vederlo vivo, per quanto rovinato, e soprattutto vedere nei suoi occhi che ero arrivata in tempo e che la sua anima umana era ancora lì, intatta sebbene sofferente, ha sconvolto tutte le mie reazioni. E lasciando perdere per una volta il mio orgoglio e la mia solita corazza, ho sciolto la mia mutazione per il sollievo, sono corsa incespicando da lui, ho nascosto il mio viso tra la criniera del suo collo e ho pianto tutte le mie lacrime, di gioia, sollievo, rabbia e dolore, mentre lui uggiolava e mi carezzava con il suo muso. “Non lo fare più, non lo fare mai mai più, non mi abbandonare più, MAI.” Ho ripetuto questa cantilena fino ad addormentarmi tra le sue zampe, con le braccia strette al suo collo e le nostre lacrime che si mischiavano.

 

(Esme)  Entro in bagno armata di secchio, detersivi, stracci e ramazze e comincio a pulire il pavimento, che ovviamente più che sporco è impolverato e basta. Non sono mai stata una grande amante delle faccende domestiche, ma ora come ora sono le uniche cose che mi riesce di fare e che riescono, almeno in parte, a evitarmi di pensare. La mia famiglia sta cambiando, si sta spaccando e, sebbene mio marito mi rassicuri nelle lunghe notti che passiamo abbracciati, e mi dica che tutto si risolverà per il meglio, per la prima volta in quasi un secolo non riesco a credergli. L’idea di vedere altri figli morire mi tormenta, mi soffoca, mi impedisce di essere la me stessa abituale e fa ricomparire quella donna che si è buttata da uno scoglio anni ed anni fa. Allora non avevo nulla se non mio figlio, e quando persi anche lui semplicemente non ressi più. E, sebbene ora abbia soldi, salute e vita eterna, un lavoro che mi soddisfa e un marito meraviglioso, al pensiero che la morte possa comunque portare via qualcuno che considero un figlio tutte le mie fortune svaniscono nel nulla, e i vecchi incubi mi si ripresentano davanti, incupendo progressivamente la mia visione del mondo. Mentre sfrego con furia le piastrelle chiare mi do della stupida e della folle, pensando al discorso che ho fatto ad Edward: avrei dovuto dirgli chiaro e tondo di non uccidersi, ordinarglielo invece di essere corretta. Lo avrei dovuto ricattare, far sentire in colpa e minacciare usurpando un ruolo che non mi apparterrà ma che è di fatto il mio. Invece ho voluto essere giusta e stargli accanto, e ora la paura mi acceca, batte contro le mie tempie come uno stormo di corvi impazziti e voraci; e quello che mangiano è il mio equilibrio interiore. Come allora comincio a cadere nelle stesse vecchie fisime, come quella di pulire tutto compulsivamente, quasi potessi purificare anche la mia mente col mio ossessivo sfregare, grattare e lucidare. Termino il pavimento e attacco doccia, sanitari e lavandino, innervosendomi per la loro pulizia, perfetta ed esasperante come tutto nella mia vita. Solo il lavabo di porcellana mi da qualche soddisfazione, perché è segnato da strisce bluastre e ancora umide che, a prima vista, sembrano inchiostro. La macchia è ancora fresca e verrà via con facilità, ma vedere quell’acqua scura sparire nelle profondità dello scarico sarà consolatore e liberatorio. Tocco con le dita i segni scuri e mi esce un sibilo di dolore: l’inchiostro mi ha bruciato i polpastrelli. Perplessa mi annuso le dita e, perfettamente mascherato dall’odore intenso della tinta, sento un lievissimo sentore di verbena. Ecco dove l’aveva nascosta Edward, per quello non la riuscivamo a trovare! Ma se l’ha versata nel lavandino, allora … Improvvisamente tutte le mie paure svaniscono, e mi sento così stordita dalla felicità che devo sedermi, ignorando la leggera ferita sulla mia mano e, anzi, percependo le fitte di dolore con gioia. Edward ha buttato la verbena! Allora, forse, posso concedermi ancora di sperare!

 

(Leah) Gli alberi cominciano a sdoppiarsi e ad ondeggiare, . Dannazione, eppure corro da neppure tredici ore! Se continuo così non riuscirò mai a tornare a casa! Percepisco anche lo stomaco di Jacob brontolare, allora mi arrendo e mi fermo. Mi abbasso delicatamente a terra, volto il capo, afferro con tutta la dolcezza di cui sono capace il collo della sua maglietta con i denti e poso il mio amico a terra, cercando di non farlo scontrare contro niente. Questo scemo ha corso talmente tanto e talmente disperatamente da mandare in tilt tutto il suo fisico, e ora non può praticamente muoversi. Non appena è a terra ritorno umana anche io, mi libero di quella dannata borsa e comincio ad accudirlo. Gli do da bere e da mangiare, imboccandolo, cercando di non scontrarlo in nessun modo e scervellandomi per intavolare una conversazione naturale. Da quando l’ho salvato, Jacob si è scusato almeno una dozzina di volte per la sua fuga, e mi ha ringraziato per essere corsa a cercarlo, ma sempre in modo estremamente formale, come per un atto dovuto. E questa innaturale e nuovissima atmosfera gelida tra di noi mi stranisce e mi rende triste, ferita e spaventata. Quello che sto soccorrendo non è lui, non del tutto almeno: ha il suo aspetto, la sua voce, il suo modo di parlare, ma non è il mio Jacob. Il suo modo di sorridere è innaturale e forzato, i suoi occhi sono sempre verdi, ma torbidi e opachi. Raramente mi fissano, e quando lo fanno mi sento trapassata da parte a parte, come se stessero disperatamente cercando qualcosa. E non ho bisogno di essere una psicologa per capire cosa. Ma non mi arrendo. Lo farò tornare come prima, come lui ha fatto con me, e non mi importa quanto mi ci vorrà. Poi braccherò tutti i Cullen e li ucciderò davanti ad Edward. Lui, invece, lo farò soffrire lentamente. E anche se non ne sono fiera, è questo pensiero che mi da la determinazione per percorrere le migliaia di chilometri che ci separano da Forks senza perdermi d’animo. Corro senza sosta per ore, poi mi fermo e riposo un po’, nutro Jacob e riprendo a correre. Arrivo alla riserva in poco meno di venti giorni, correndo ininterrottamente gli ultimi dieci, visto che Jacob ha riacquistato un po’ di mobilità ed è in grado di mangiare e bere con le proprie forze. Finalmente entro nella riserva e trovo Anthony e i miei fratelli ad aspettarmi vicino a casa. Faccio scendere Jacob, ritorno umana, vedo che tutti sono felici e mi concedo di rilassarmi per la prima volta da quando Jacob è sparito, più di un mese fa. Mentre tutti sono felici e tartassano di domande il mio migliore amico, io crollo a terra, svenuta per la fatica e il sollievo.

 

(Edward) Esme è rimasta in piedi dietro la porta chiusa per almeno mezz’ora, ma non ha mai bussato, anche se un paio di volte ci è quasi riuscita. Ho letto nei suoi pensieri che finalmente è serena e non più spaventata come in questi giorni, e tanto basta. Stanotte Leah è tornata, assieme a Jacob. Ce l’ha fatta, e ora tutto quello che voglio è vederlo ancora una volta. Poi deciderò come comportarmi.

 

(Leah) Apro gli occhi, muovo il collo per vedere l’ora e una sferzata di dolore lancinante mi fa gemere dolorosamente. Il dolore si irradia da ogni parte del corpo, da muscoli che nemmeno sapevo di avere, e mi stupisco di essere riuscita a dormire in queste condizioni. “No no, stai buona Leah. Mi hanno detto che in questo mese hai compiuto un’impresa praticamente impossibile spremendo il tuo corpo fino al suo limite: ora quindi devi riposarti.” Emily, la fidanzata di Sam, mi sorride, mi sistema il cuscino e si siede di nuovo sulla poltrona, col libro che stava leggendo posato sulle gambe. “Come sta Jake?” Domando, cercando di stare immobile e rilassare al contempo i miei poveri muscoli, gonfi di acido lattico e probabilmente anche strappati. “Abbastanza bene, è in grado di muoversi e mangiare da solo e tra qualche giorno credo che riuscirà a camminare perfettamente. Sebbene si fosse ridotto molto peggio di quanto non abbia fatto tu, le tue cure gli sono state fondamentali e il fatto che tu l’abbia trasportato nel viaggio di ritorno ha fatto si che il suo corpo potesse cominciare a riprendersi. E poi lui è il Capobranco, il suo metabolismo è super potenziato.” “Capito …” Vorrei chiedere ancora tante cose su di lui, ma ho paura delle risposte, e di come potrei reagire ad esse. So che se mi dicessero che Jake sta male lo andrei a trovare strisciando sui gomiti, ma mi rendo conto che se ora non mi prendo cura del mio corpo rischio grosso. “Riuscirai a rimettermi a nuovo?” Domando ad Emily, ricordandomi che studia medicina quando mi rendo conto di essere intubata. “Si, non ho dubbi. E se seguirai alla lettera i miei ordini …” Scollego completamente il cervello e la lascio parlare, mentre sprofondo in una sorta di nebbiosa incoscienza e mi assopisco nuovamente.

 

(Jacob) Leah si è finalmente svegliata, la sento lamentarsi e poi parlare con Emily. Apprendo che lo sforzo eccessivo al quale si è sottoposta l’ha fortemente indebolita e che, per riprendersi, deve passare un lungo periodo di riposo assoluto. E, pur sentendomi una persona orribile, sono contento che sia così. Leah riuscirebbe a leggermi dentro con troppa facilità, e vedrebbe tutto il mio dolore senza sforzi. E allora comincerebbe a tormentarmi, a fare domande, a cercare di “affrontare la cosa”, ma io non voglio. Desidero solamente poter continuare a fingere che tutto vada bene, ed evitare di essere costretto a pensare. Non lo posso sopportare. Non voglio che nessuno, e soprattutto Leah, psicanalizzi il mio dolore e pretenda di interpretarlo ed aiutarmi a combatterlo facendo questo o quello. Non voglio che si possa leggere attraverso le mie bugie e si possa vedere come mi senta vuoto, spaesato e frastornato, perché è una cosa che non riesco ad ammettere neppure a me stesso. È un qualcosa che va aldilà della semplice mancanza, il sentimento che provo ora è una sorta di estraniazione totale dal mondo. Se vado avanti è solo perché mi sforzo di non pensare, e se dovessi rompere questo equilibrio sento che ne uscirei pazzo. Mi spiace, Leah, ma non sono ancora pronto ad affrontarti. Perdonami. Dammi il tempo di rafforzare le mie difese e di rendere credibili ai tuoi occhi le mie patetiche bugie. Permettimi di fuggire ancora. Lasciami illudere di vivere in pace. Fammi riposare.

 

(Leah) Anche se troppo lentamente per i miei gusti, miglioro ogni giorno un po’. Emily è stata una vera aguzzina, a volte, ma almeno non sono più ridotta ad un vegetale totale. Le mie articolazioni sono ancora un po’ dure, ma riesco a muovermi senza boccheggiare dal dolore e, se continuo a progredire a questo ritmo, la mia coach mi ha assicurato che tra non molto potrò di nuovo camminare e correre da sola, grazie a Dio. Sto impazzendo qua bloccata, mi sembra impossibile che i miei muscoli ci mettano tanto a guarire, considerando che le mie ossa si saldano in qualche ora, anche se Emily mi ha spiegato almeno mezzo milione di volte che i muscoli sono tessuti infinitamente più complessi, e che vanno allenati poco a poco se non si vuole rischiare di comprometterli definitivamente. Volto il capo per vedere gli esercizi di oggi, scritti su una lavagna recuperata non so dove, e mi metto all’opera. La prima volta che li ho visti credevo mi stesse prendendo in giro: la sua lista comprendeva pochi minuti di esercizi banali come sollevamenti, torsioni e sospensioni, cose che quasi tutti gli esseri umani fanno mille volte al giorno senza rendersene conto. E che agli inizi, invece, consumavano gran parte della mia energia. Sbuffo e comincio a sgranchirmi lentamente le braccia per scaldarmi, notando con orrore come il mese di corsa intensiva abbia aumentato il volume della mia muscolatura. Eseguo diligentemente tutta la serie annotata sulla tabella, e poi, visto che non sono per nulla stanca, decido di allenare anche la presa delle mani, che mi sembra molto più compromessa di altre cose. Il comodino è un ostacolo ancora troppo arduo da affrontare, piegare il gomito mi provoca dei dolori lancinanti, ma posso allenarmi con quello che trovo attorno al letto basso, e visto il mio proverbiale disordine non è che mi manchi il materiale. Allungo le braccia fino a che mi è possibile e poi, un dito alla volta, comincio ad ispezionare il pavimento. Non posso accedere ad una porzione molto vasta, ma per cominciare va più che bene. Percorro i contorni delle mie cuffie e di un cd che mi ha fatto Anthony, mi impiglio nella dozzina di fili dei vari caricatori sparpagliati qua e là e accarezzo il dorso di alcune riviste. Scivolo un po’ più in giù nel letto e continuo la mia esplorazione, raggiungendo la mia borsa. Provo a sollevarla ma pesa decisamente troppo, quindi mi limito a frugarci dentro alla cieca. Non che mi aspetti di trovare chissà cosa: lettore musicale, portafoglio, chiavi, occhiali da sole e, assolutamente imprevisto, un plico di carte. Torco leggermente il braccio con una smorfia, cercando di capire cosa possano essere, e quando le mie dita scorrono su margini triangolari ripiegati mi ricordo improvvisamente di Edward e delle sue lettere. Avevo detto che le avrei buttate senza neppure guardarle ma non ho avuto il tempo e, bloccata qui senza poter far nulla, persino la corrispondenza del succhiasangue mi sembra un allettante diversivo per combattere la noia. Non che mi interessi nulla dei suoi affari privati, ma visto che ha insistito tanto per consegnarmele... Mi rassegno e decido di leggerne almeno una, male che vada mi annoierò e basta. Mi appoggio al cuscino, mi sistemo comoda, e sprofondo nelle fitte righe che vergano le pagine chiare delle lettere di quello strano vampiro. 

 

(Jacob) “Forza Embry, più veloce!” Incito il mio amico con una partecipazione che non provo e una giovialità che mi sembra inscatolata. I miei fratelli stanno giocando a football sul prato e io li guardo dal portico, dove mi hanno portato per farmi respirare un po’ di aria fresca. Ho raccontato loro che la mia fuga è stata causata da una sorta di attacco di panico per tutte le responsabilità che mi sento pesare addosso, e ho lasciato intendere che dietro ci potrebbe essere stato lo zampino di Ateara, visto che solitamente ho un gran controllo sui miei nervi. Ci sono caduti, grazie al cielo, e non hanno più sollevato l’argomento. Basta qualche sorriso e qualche battuta ad imbrogliarli? Si, sembra di si. E questo, più di farmi infuriare, mi da sollievo. Se credono che stia bene mi lasceranno stare, ed è la sola cosa di cui mi importi. La mia vita è assolutamente apatica, sterile ed asettica. Tutto è grigio e muto, e l’Assenza è l’unica cosa che la mia mente registra davvero. Assenza di voci, di profumi, di colori  di suoni. Maledetta assenza di lui.

 

(Leah) ”Voglio che tu sia sicuro, in modo da non farti rimpiangere nulla e da non costringerti, eventualmente, a rovinare le nostre memorie, un giorno. […]  Ti assicuro che è tremendo: mentre le parlo, le scosto la sedia dal tavolo o l’aiuto a indossare la giacca, le tengo la mano o la bacio, non faccio altro che pensare a te. Ho finito col convincermi che prima o poi farò una gaffe tremenda e la chiamerò col tuo nome. […] Qui è tutto uguale, e noioso. Le neonate sono praticamente già perfette, e davvero non capisco dove voglia andare a parare Aro. […]Sto dando lezioni di musica a Simone,  e l’unica cosa piacevole di questi giorni è sentire la sua voce mentre canta. Dopo quella prima, spaventosa, volta non ha più usato il suo potere, grazie al cielo, e darle lezioni di musica è estremamente gratificante. […]  Pensavo che mi piacerebbe fare un viaggio con te, solo noi due, in qualche posto bellissimo e lontano come il Nord Europa. Passare dieci o quindici giorni di pace assoluta, facendo quello che ci va senza temere di condannare, per questo, un’intera cittadina. Sarebbe davvero splendido, ma mi chiedo se avrò mai il coraggio di chiedertelo ad alta voce senza sentirmi ridicolo. Invidio questo aspetto di te: qualsiasi cosa tu debba dire, sia essa sciocca, smielata o crudele, semplicemente apri la bocca e parli, senza farti mille problemi. […]  Sono tornato indietro perché qui ci sei tu, e il mio posto è al tuo fianco, Jacob Black, anche se forse per te è troppo presto per parlarne. So che al mondo non ci sono cose certe ed immutabili e che nella vita non si può mai essere certi di nulla, ma in fin dei conti io sono morto, no? E la morte è già di per sé una certezza. Quindi, per ciò che sono, posso giurarti che io non potrò mai più amare una persona quanto amo te. […]  Pensami anche solo un decimo di quanto farò io, e sarò felice da morire. Ti amo, tuo Edward.”  Termino l’ultima di quelle dieci dannate lettere, mi porto le ginocchia sotto al mento e comincio a singhiozzare disperatamente, per la rabbia e un dolore spirituale infinitamente più intenso di quello che fa bruciare i miei legamenti, che sforzo con la posizione che ho assunto. Per quasi due mesi tutto ciò che mi ha tenuta assieme è stato il mio odio per Cullen, per quello che era e per ciò che aveva fatto al mio migliore amico. Ma, dopo che ho letto il suo cuore, non mi è rimasto più nemmeno quello. E la sensazione di condurre un’esistenza senza scopo mi soffoca. A cosa è servito tutto quell’odio se poche pagine di parole mi hanno piegato? A cosa è servito consumarsi le gambe e lacerasi i muscoli se la persona per la quale darei la vita fugge da me e non mi è venuta a trovare neppure una volta, seppure sia sveglia da quasi due settimane? Mi sfrego gli occhi violentemente e cerco di smetterla di pensare a queste cose e ripetendomi che Jacob avrà certamente i suoi buoni motivi, ma non riesco a impedirmelo. La stanza sembra rimpicciolirsi tutto attorno a me, cercando di inglobarmi e soffocarmi, e intanto le mie stese considerazioni mi pugnalano l’animo: non c’è nulla che io possa fare per far star meglio Jacob. Il mio posto nel suo cuore non vale quello del vampiro. Non potrò mai battere Edward. È solo colpa mia se Jacob non è mai venuto a trovarmi, perché lui mi conosce e sapeva che avrei cercato di fargli dimenticare Edward ad ogni costo. Sapeva che con me le bugie che avevano ingannato gli altri non sarebbero servite. Sapeva che sarei stata feroce ed implacabile e che gli avrei fatto male. Lui sapeva che lo avrei ferito. L’ho sempre e solo ferito. Urlerei, ma non ne ho più la forza. Non servo a nulla. Voglio uscire di qui. Voglio correre via.

 (Jacob) Un rumore di passi veloci, la porta della mia stanza che si spalanca, Emily che irrompe qua dentro senza aspettare il permesso. La sua voce che mi risveglia dal mio torpore, almeno momentaneamente. “Jake, Leah è scappata.” Le sue parole hanno un effetto magico, quello di un’orrenda maledizione. Le mie miserie si dissolvono davanti ai miei occhi e, mentre Emily ancora balbetta, io sono già corso fuori.

(Leah) Troppo debole, dannazione sono ancora e sempre troppo debole. Continuo la mia corsa dolorosa e priva di significato, ma sento che l’energia del lupo mi sta abbandonando. E non ho la più pallida idea di dove sono. Allarmata da questa scoperta cerco di correre ed orientarmi assieme, e il risultato è che rovino a terra, incapace, almeno in un primo momento, di rialzarmi. Sciolgo con un sospiro la mutazione e rimango stesa nel bosco. Lentamente una calma sovrannaturale si fa largo in me, sprofondandomi in una quiete quasi apatica e in una pesante sonnolenza. Poco prima di cadere addormentata mi sembra di sentire delle voci familiari.

(Jacob) Corro fiutando il profumo di Leah, e immagino di non essere molto dissimile da lei, un mese fa, quando mi ha cercato in lungo e in largo, salvandomi. E come ringraziamento per tutto questo io l’ho evitata, sono passato sopra a tutte le cose fantastiche che ha sempre fatto per me e ho lasciato che affrontasse da sola la riabilitazione dopo ferite che ho contribuito io stesso a causarle. Complimenti Jacob Black, sei davvero il re di tutti i coglioni. Svolto bruscamente a destra e mi blocco: Leah dorme, stesa sul prato, con la testa poggiata sulle gambe di Jasper Hale. Vedendo che sto per slanciarmi su di lui solleva una mano candida e mi fa segno di fermarmi. “Non le sto facendo nulla di male, te lo assicuro, ho un codice d’onore piuttosto alto. Ho sentito la sua sofferenza, mentre correva, e quando ho visto che il suo corpo era così debole ho deciso di aiutarla. Lenire il dolore altrui è un toccasana per me e il mio potere.” “E dovrei credere che aiuteresti una nemica in difficoltà senza un tornaconto?” Lui non mi risponde, solleva le spalle e sfiora la testa della mia amica con dolcezza, congedandomi.

(Edward) Se Jacob si accorgesse di me ora, così pateticamente nascosto dietro ad un tronco d’albero, credo che potrei morire dalla vergogna. Mi sono rifugiato qua dietro non appena l’ho sentito arrivare, e l’ho sbirciato per tutta la durata del colloquio con Jasper. È cambiato, è dimagrito e ha il volto tirato dalla stanchezza, ma è sempre lui, e vederlo così vicino e reale, finalmente, è come prendere una boccata d’aria fresca dopo aver trattenuto il fiato per anni e anni. È bellissimo e anche incredibilmente doloroso poterlo spiare senza essere visti, e se potessi barattare il resto dell’eternità per prolungare questo momento, lo farei seduta stante.

(Jacob) Jasper inclina la testa da un lato, con gli occhi chiusi, e sorride in maniera enigmatica. Apre gli occhi, si alza, prende dolcemente Leah in braccio e prima che possa anche solo muovermi è sparito. “Avete tante cose da chiarire, è meglio che noi leviamo il disturbo.” Le sue ultime parole aleggiano nell’aria, ma non faccio quasi in tempo ad interpretarle che lo sento. Il suo profumo. Mi giro di scatto, come se mi avessero dato una potente scossa, e lo vedo, parzialmente nascosto dietro al tronco di un albero. In un subitaneo dejà vu mi ritorna in mente quel folle pomeriggio a Jacksonville. E, proprio come allora, il mio corpo e il mio istinto prendono il sopravvento. Mi lancio su di lui, lo premo a terra con tutta la mia forza e lo bacio con violenza, con rabbia, con passione, senza riuscire a fermarmi. E mentre le nostre labbra si salutano e le lingue si parlano, assieme alle mani che si intrecciano irrequiete, i colori, i profumi, i suoni e i sentimenti tornano tutti al loro posto. Rinasco, finalmente.

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Capitolo 34
*** Speechless ***


(Edward) Ti prego, non smettere di baciarmi. So che dobbiamo chiarirci, so che ti devo ben più di una spiegazione e che ottenere il tuo perdono non sarà semplice, ma troviamo il modo di farlo ora,  mentre le tue mani mi bloccano con forza a terra e la tua bocca mi divora e mi manda a fuoco. Troviamo un modo per chiarirci che esuli dal parlare e dal respirare. Non voglio che tu ti allontani. Non voglio che il tuo calore e il tuo impeto mi lascino. Perché è vero che sono un vampiro e che so di essere morto da più di cento anni. Ma solo ora che ti ho ritrovato ho capito che non ricordavo più cosa significasse davvero essere vivi.

(Leah) Riprendo lentamente i sensi, e scopro che ho due mani gelide posate delicatamente una sulla fronte e una sul petto, in prossimità del cuore. Spalanco gli occhi e scatto in piedi in una posa difensiva, muovendomi talmente velocemente da avere la vista oscurata per qualche istante. Quando, finalmente, le forme e i colori riprendono il loro solito posto, Jasper Hale è ancora lì, seduto sul prato con l’aria serena e rilassata di chi sta facendo un pic nic in una bella giornata di sole. “Cosa stavi cercando di fare con quelle mani?” Domando, brusca e preoccupata, chiedendomi se per caso, con i suoi poteri del cavolo, non mi abbia scombinato qualcosa dentro, oltre a quello che già mi tormenta. “Ti stavo solo aiutando…” “Aiutando? E perché mai tu mi vorresti aiutare? E come, soprattutto…” “Lenendo il tuo dolore con i miei poteri.” “Molto gentile da parte tua, ma ho già abbastanza problemi così, quindi…” “I miei poteri agiscono sui sentimenti e le sensazioni della gente, e ho la facoltà, se lo desidero, di manipolarle come meglio credo, anche se non lo faccio troppo spesso. Gioia, dolore, serenità fiducia in se stessi, caldo, freddo sonno: posso fare provare quello che voglio a chi voglio, con l'unica eccezione di me stesso, logicamente.” “E quindi? Che c’entro io? Far del bene ti fa sentire bene?” Replico innervosita, mentre continuo a tenere alta la guardia. “Non esattamente. Non posso condizionarmi direttamente , ma quando mi concentro davvero molto sulle emozioni da far nascere in una persona, faccio da canale di comunicazione tra esse e il mio obbiettivo e ne assorbo una parte. Ora tu sei disperata e sfiduciata e io sto uno schifo, ma se ti aiuto va meglio. Fa meno male. E dopo più di due mesi di sofferenza un po’ di sollievo mi sarebbe davvero gradito. Ma se vuoi continuare a correre, a scappare e a soffrire prego, non sarò io a fermarti.” Non ho il tempo di esitare né di prendere una vera decisione perché un’altra crisi di panico mi travolge. L’aria si contrae attorno a me e tenta di soffocarmi, il mio cuore batte impazzito e le mie gambe smettono di sorreggermi. Cado a terra annaspando, continuando a ripetermi istericamente che sono sola e che morirò qui in mezzo al bosco, di fronte ad un vampiro che non muoverà un dito per aiutarmi. Invece Jasper si alza e mi cinge da dietro, accogliendomi in un abbraccio gelido e incredibilmente confortevole. Non appena le sue mani mi sfiorano, i miei polmoni si ricordano come funzionare, il cuore si calma, i colori diventano più vividi e l’aria più calda e profumata. Una leggera scarica di energia passa da lui a me, e sento che un grosso peso mi è stato tolto dal petto. “Va meglio?” Mi domanda, premuroso, mettendomi a mio agio e facendomi rimpiangere l’atteggiamento paranoico di poco prima. “Si, grazie. E tu?” “Molto molto meglio, quasi bene direi. Era tanto che non mi sembrava di respirare un’aria tanto profumata.” Sospira, ispirando a lungo. Si stende sul prato, tenendomi solo per una mano, e chiude gli occhi. “Ora mi riposerò un po’, era molto che non mi capitava di usare i miei poteri a pieno regime. E anche a te non farebbe male un riposino. Tanto, a giudicare da ciò che si sente, direi che possiamo lasciarli soli ancora per un po’, almeno per ora.” Ridacchio, capendo a cosa allude, e mi stendo accanto a lui, sempre stringendogli la mano. Avrei molte domande da fargli, ma lui mi batte sul tempo. “Dopo, Clearwater, ora dormi, da brava. Sei stremata.” Gli do retta e poco dopo, del tutto incurante di trovarmi totalmente indifesa praticamente tra le braccia di un nemico, mi addormento e faccio il primo sonno davvero sereno da quando Jacob è scappato.

(Jacob) Lo sto baciando. Lo sto baciando e, nonostante tutto quello che è successo, il cuore mi esplode nel petto come la prima volta, perché lo amo ancora. Anche se mi ha umiliato, anche se mi ha ferito e tradito, anche se mi ha lasciato. L’ho amato e lo amo ancora, ed è per questo che lo sto baciando, perché mi fa a pezzi, ma mi fa anche rinascere. Lo sto baciando, dannazione. Lo sto baciando, grazie a Dio.

(Edward) Le labbra di Jacob mi divorano ancora, nonostante sia passato molto tempo da quando questo bacio è iniziato, e se potessi piangerei di gioia, perché forse questo è uno spiraglio di luce e di speranza. Forse, se mi bacia, vorrà anche ascoltarmi. E forse, se riuscirò a spiegarmi come merita, potrà capire. Perdonarmi sarà una sua scelta, ma almeno saprà che quello che ho fatto è dipeso solo ed esclusivamente dalla mia debolezza, non dal fatto che non lo amassi. Senza interrompere il bacio socchiudo gli occhi e lo osservo, confrontando il viso che ho sognato due mesi con quello che è a pochi millimetri dal mio. Non ho sbagliato neppure un dettaglio, i ricordi e la distanza non hanno appannato o esaltato nessuna delle sue caratteristiche e il suo viso è rimasto fedelmente impresso nella mia mente e nel mio cuore. Eppure, ora che è davvero qui, è come se lo riscoprissi per la prima volta, e non riesco a saziare i miei occhi avidi e assetati di lui. Accarezzano i suoi capelli neri, morbidi e ora davvero lunghissimi, e sfiorano la sua pelle bollente e liscia come il velluto. Aiutati dalla mente ripercorrono le linee dolci e virili del mento, del naso, della bocca e, infine, dei suoi stupendi occhi verdi, che ora sono ben serrati. Sono loro la cosa che più mi è mancata di lui, e non solo per il loro taglio ferino e il colore unico e scintillante. Mi è mancato il modo in cui ti scavano dentro cercando la verità, e il loro essere, sempre e comunque, occhi gentili e rassicuranti, gli occhi di un grande gigante buono, nonostante tutto. Sospiro e sollevo una mano, accarezzando il viso di Jacob e quasi temendo, in un primo momento, di sognare in camera mia, stordito dalla fame e dalla verbena, e di immaginare quindi lui, questo bacio, e il tocco delle mie dita sulla sua pelle. Ma nemmeno tra mille anni potrei ricreare il suo profumo e il suo calore con tanta precisione e perfezione. E, non appena le mie dita sfiorano il suo bellissimo volto, lui solleva il capo e incatena i suoi occhi nei miei, guardandomi attentamente e facendo, come di consueto, svanire tutto il mondo circostante. Con una differenza, però. Questa volta, invece di spogliarmi, sondarmi, e rivelarmi cose di me che vorrei nascondere anche a me stesso, quelle iridi verdi mi mostrano i pensieri e i ricordi del suo padrone. In essi io vedo l’anima di Jacob, e tutto quello che ha fatto in questi due mesi, a partire dalla notte in cui ha scoperto del mio tradimento.

(Jacob) Morirei pur di non ammetterlo, ma non è passato un solo giorno senza che io mi sia chiesto, almeno una volta, cosa stesse facendo Edward e come stesse lui, mentre io soffrivo e scappavo. Non negherò che ho immaginato, anzi per un certo momento anche sperato, che stesse male e che fosse dilaniato dal senso di colpa, e che questo pensiero mi ha aiutato a preservare almeno un minimo di sanità mentale, ma mi domando come avrei reagito se avessi potuto conoscere ciò che sto vedendo ora: il mio ragazzo distrutto dal senso di colpa, consumato dall’odio verso di sé, determinato più che mai a togliersi la vita con uno strazio orribile e lunghissimo. Mentre io correvo  lui si avvelenava, mentre io cercavo di dimenticarlo e di odiarlo, lui si privava del sangue e dell’affetto dei suoi cari. E visto che in qualche misterioso modo io sono connesso alla sua mente e lui alla mia, non vedo semplicemente i ricordi di ciò che è stato, ma provo anche le emozioni, e le vivo sulla mia pelle. L’ Edward che mi trovo ad interpretare si avvicinava alla morte, e tanto più ci si accostava, tanto più viveva in una sorta di gioiosa e febbrile esaltazione. Come un kamikaze, come un folle suicida. E tutto questo, solo per me, anche se io non lo avrei mai saputo.

(Edward) Sono un lupo, un lupo nero, e corro piangendo senza sapere dove e perché. Qualcosa mi brucia dentro, una cosa che non posso indagare né distanziare, perché è parte di me ma fa troppa paura per poterla combattere. Metà di me ulula furiosa, e mi ordina di lasciar perdere e di scordare, l’altra mi affonda le dita nella mente e mi sfida a provarci. Se vado avanti così diventerò pazzo. Vorrei solo un po’ di silenzio. E correre, e scappare via.

(Jacob) Bevo una grossa sorsata di veleno, e sento i tessuti della gola sciogliersi e precipitare nello stomaco, bruciandolo assieme all’infuso diabolico. Ora non dovrò neppure sforzarmi per non parlare, perfetto. Il dolore è tremendo, accecante, delizioso e mi sforzo di viverlo in silenzio, senza farmi scappare neppure il più piccolo gemito per timore che loro possano intervenire. É una cosa tra me e il vampiro, una partita da giocare solo tra me e lui. Il vampiro ha rovinato tutto e io lo ucciderò per questo. Morirò anche io, è vero, ma morirò pulito, da solo vincitore. Il bruciore del veleno sembra diminuire, e allora la mente si riscuote, e comincia a vagare in quei luoghi dove è il dolore a cercarmi e trovarmi. Questa volta arriva sotto forma di un pomeriggio trascorso sull’erba. Il sole è alto nel cielo, ma ciò che veramente illumina e scalda è il bellissimo ragazzo indio sdraiato di fianco a me. Ci godiamo il caldo e il sole, chiacchierando di noi ed assaporando per la prima volta la beatitudine, così rara nelle nostre solite vite, troppo noiose o frenetiche. E la cosa davvero straordinaria in tutto ciò  è che questo benessere lo creiamo noi, uno per l’altro, con piccoli gesti che ci vengono abituali. Per me è la risata muta e fragorosa dei suoi occhi, che scintillano attenti seguendo il filo della storia che sto raccontando, e immagino che per lui possa essere la mia pelle di diamante, che brilla e sfavilla sotto la luce e attira il suo sguardo ad ogni movimento. Cose semplici. Cose vere. Cose che io ho spezzato semplicemente esistendo. Eccolo il dolore, finalmente. Più forte di un treno in corsa, più aguzzo di punte di freccia. Le sue lacrime, il suono spezzato della sua voce e la luce spenta dei suoi occhi.

(Edward) Lui è sempre qui, è la mia ossessione. É nel vento, è nel freddo, è nella luce ambrata del sole tra le foglie e nello scintillare della rugiada al mattino. Non posso cacciarlo in alcun modo, e quindi mi arrendo, cedo e lo ricordo, anche se è solo un soffrire sempre più intenso. Rievoco la notte in cui mi è stato vicino, anche se non ne aveva alcun motivo, e mi ha consolato e fatto coraggio perché aveva visto la mia paura. Ricordo i suoi baci, le sue risate, le sua battutine e il suo modo di tranquillizzarmi semplicemente stando al mio fianco. Realizzo quanto l’ho amato, quanto mi manchi  e quanto sia stato doloroso il suo tradimento. Un ferro rovente in mezzo al cuore, uno schiaffo, un pugno, un colpo basso. Un dolore stridente, un dolore lacerante, un dolore enorme e acuminato. Belle parole e belle immagini, ma troppo artefatte e poco fedeli a quello che  è stato. La realtà è molto più cruda e semplice: su di lui avevo costruito un mondo, fatto di certezze e percorsi da seguire assieme. Avevo ideato progetti, avevo costruito sogni, e poi tutto è crollato, come un castello di carte, lasciandomi tra le macerie delle mie fantasie. Solo, vergognoso, sfiduciato. Ma incapace di staccarmi davvero da lui.

(Jacob) Ne ho abbastanza di questo folle dolore, voglio vedere altro, ricordare cose diverse. Navigo nell’incoscienza per un po’, poi mi trovo a rivivere quel pomeriggio a Jacksonville, quando l’ho incontrato per volere del destino. Il tempo che si è fermato quando i nostri occhi si sono incrociati, il suo gelato che è caduto lentamente a terra, il mio balzo verso di lui e il caldo e sicuro anello protettivo delle sua braccia strette attorno a me. Come per magia le sua labbra hanno fatto svanire tutta la tensione e i problemi creati dai Volturi, e mi hanno fatto ritrovare il vero me stesso. E dopo la crisi esplosiva che ha innestato Chelsea e la rabbia e la delusione per il tradimento delle neonate ecco di nuovo la pace,  e quel pomeriggio tutto per noi rinchiusi lassù, sulla torre dell’orologio. Ore di carezze e di baci roventi, che sembravano bastare come contrappeso a tutti i mali possibili. Eppure, subito dopo il suo saluto e la sua presuntuosa uscita di scena, ecco ricomparire di nuovo le tensioni e i problemi, uniti alla sete e all’ansia per l’equilibrio della famiglia. La corsa folle verso casa e la scoperta che era già troppo tardi. Ed ecco ancora il baratro, la disperazione e il senso di colpa. Lo sforzo tremendo e logorante di cercare una soluzione immediata, e la sottovalutazione dell’astinenza prolungata, ignorando in tutti i modi la sete che mi metteva sempre più radici nell’animo .

(Edward) E dopo un salvataggio per il quale non riesco ad essere del tutto grato, c’è il brusco ritorno alla vita, la pantomima per nascondere quanto tutto ciò che mi circonda sia invisibile ai miei occhi. La mia ossessione permane, e brucia anche di più, perché ora il lupo dorme, e la mia mente folle urla il suo nome a gran voce. Impazzirò se non lo potrò più vedere. Morirò dovessi vederlo.

(Jacob) É fuoco nella mia mente, è un’esigenza impossibile da ignorare. La sete è talmente forte da divorarmi, e la mia mente troppo debole per opporsi più  che tanto, frastornata com’è per il sacrificio di mia sorella. Segui il mio corpo, che si muove da solo senza darmi retta, e l’unico pensiero, dopo il cibo, è Jacob: Alice mi manca troppo, da solo non ce la posso fare. Ma se sto con lui, se ne parlo con lui, potrò trovare la forza di sopportarlo. É questo quello che penso mentre mi apposto dietro un albero e aspetto la mia preda, è questo che penso mentre i miei denti affondano nel cuore del daino e la mia sete scema un poco, lasciando almeno la mia mente libera di pensare. Prosciugo l’animale del suo sangue e poi sento un profumo divino, mentre vago a piedi diretto alla Riserva. Da un cottage nel bosco esce Jessica, carina e vestita in maniera provocante, che mi viene incontro facendomi grandi feste. Mi ha visto mentre tagliava le mele per il dolce di stasera, e le sono apparso davanti talmente all’improvviso che per lo spavento si è tagliata leggermente un dito. La mente ci prova, ci prova con tutte le sue forze, ma gli istinti e la sete hanno una potenza soverchiante, e la schiacciano dopo una breve battaglia. Assisto alla danza seducente del vampiro e la vivo, così come vivo la sua caccia e il suo amplesso. Vedo il mio corpo mutare in quello di un mostro assassino, vedo la gola della mia preda pulsare vitale  e realizzo che non posso resistere, che non c’è modo per evitare quello che sta per succedere. La morderò, la morderà, non c’è niente che ci possa fermare. E sia che la uccida, sia che la risparmi, questa è comunque la fine di tutto. Un canino incide la vena e una goccia rossa di sangue viene leccata via con lussuria. Oramai è fatta, ormai è finita, non c’è più salvezza, né speranza. Ma c’è una voce, all’improvviso, che ci parla, ed è l’unica cosa che riesco a sentire oltre alle urla della sete perché è una voce che viene dal cuore. Implora, supplica, e alla fine riesce a salvare tutto ciò che può. Era voce calda, era una voce roca. Era la mia voce. E con questo l’incanto finisce.

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Capitolo 35
*** Dolcenera ***


(Leah) Quando apro gli occhi Jasper riposa ancora, e per qualche istante osservo il suo torace alzarsi e abbassarsi regolarmente, domandandomi che effetto debba fare sentire l’aria circolare in polmoni che sono morti da tempo. Più in là, nel bosco, sento chiaramente che Edward e Jacob si stanno ancora chiarendo, per così dire, e pare proprio che ne avranno ancora per un po’. Realizzo che potrei andarmene e che, anzi, sarebbe un’idea piuttosto saggia. Del resto non so ancora che fare con Jacob, né capire esattamente quale sia il nostro problema, quindi figuriamoci analizzarlo e poi discuterne! Finiremmo per urlarci contro cose non vere, o dette nel modo sbagliato, e ci feriremmo ancora di più. Sospiro sconfortata, e la mano gelida che avvolge delicatamente la mia mi fa ricordare che i vampiri non dormono, fingono solo di farlo. Sorrido e ruoto il capo, incontrando gli occhi di Jasper. Qualcosa li anima, un’emozione che mi sembra interesse, per quanto assurdo possa sembrare. O forse pena, che è anche peggio. “Credevo stessi meglio.” Gli dico, sciogliendo delicatamente la presa e cercando di sviare la sua attenzione. “Io si, ma tu?” “Meglio di prima, ma non bene. Questo però è un ostacolo che il tuo potere non può farmi evitare, è una cosa che devo trovare il modo di affrontare da sola e a mente lucida, anche se non mi dispiacerebbe una bella dose di  euforia.” Sorrido, cercando di sdrammatizzare la mia confessione,  e gli faccio l’occhiolino. Il vampiro ride e si mette a sedere, poggiandosi sulle mani e osservando il cielo. Capisco che non mollerà tanto facilmente, e mi domando il perché. Che gli stia dando più giovamento di quanto pensasse? “Non userei mai il mio potere in una situazione così delicata, non il solito, almeno.” “Poter manipolare le sensazioni altrui non è abbastanza?” Lui sorride. “So ascoltare le persone, e pare che i miei consigli siano piuttosto saggi. Non voglio obbligarti a far nulla, Clearwater, anche perché credo che sarebbe più facile deviare un ciclone che farti cambiare idea, ma se volessi parlare io sono qua. E credo che per te sarebbe meglio riuscire a riordinare le idee, prima di vedere Jacob.” “E chi ha mai detto che il problema debba essere lui? Ti risulta che io sia una sua appendice?” Scatto, nervosa. Perché insiste? So che è abbastanza sveglio da aver capito che non ne voglio parlare e poi è un ragazzo, non una comare pettegola, che diamine! Preferirei che ci provasse con me, piuttosto che vederlo mentre cerca di aprirmi, leggermi dentro e farmi sfogare. Con un cascamorto saprei come giocare e mi divertirei persino, ma con qualcuno che desidera capirmi mi sento a disagio, minacciata e spiazzata, soprattutto perché lui è lui. “I tuoi sentimenti e le tue reazioni. L’ho appena nominato e il tuo cuore ha cominciato a battere all’impazzata.” Continua imperterrito, facendomi scaldare sempre di più. “É solo perché sono arrabbiata!” “No, è perché sei spaventata. Tu hai paura, paura che lui ti possa lasciare indietro e andare talmente avanti da non farsi più raggiungere. Temi di non essere più importante, di essere lasciata sola ancora una volta. E sei furibonda con te stessa, perché se continuerai ad essere così debole ed inutile, sarà inevitabile.” Apro la bocca per rifilargli una risposta tagliente e intimargli il silenzio, e invece scoppio in lacrime. Altro che aiutarmi, voleva solo farmi a pezzi, e devo dire che ci è davvero riuscito bene. Farebbe comunque male vedere la propria inutilità analizzata e sintetizzata così minuziosamente da un perfetto estraneo, ma sapere che un nemico ti può vedere così in profondità e che non ti uccide solo perché prova pena e sadico piacere, è più di quanto io possa e voglia sopportare. Sputo sul mio orgoglio e cedo su tutta la linea, arrendendomi. “Si, Jacob è tutta la mia vita. Si, senza di lui io non sono nulla. É il mio senso dello spazio e  delle dimensioni, il significato delle forme e delle sfumature nei colori, il punto fisso di tutta la mia esistenza. Penso di poter esistere anche da sola, ma vivere è un’altra cosa, e senza di lui non ce la posso fare. Si, è Jacob il problema. Si, sono inutile e debole. Si mi hai umiliato. Sei soddisfatto ora?” Mi alzo sfregandomi violentemente gli occhi e tirando su col naso, intenzionata ad andarmene, ma Jasper mi ferma stringendomi un braccio. La sua mano trema leggermente e il suo respiro è pesante. Ignora i miei tentativi di liberarmi e mi fa voltare verso di lui, ad incontrare i suoi occhi. “Io non voglio il male di nessuno, e specialmente non il tuo, che mi hai aiutato più di quanto tu possa probabilmente immaginare. Ora voglio essere io ad esserti di conforto, ma tu prima ti devi fidare di me, del mio potere e delle cose che ti dirò grazie ad esso. Sai che sono a posto. Non ti ho ucciso, e mi sono fidato di te abbastanza da riposare al tuo fianco. Tu puoi avere altrettanta fiducia in me?” la mia risposta è il silenzio, ma lui capisce anche questo. Continua il suo discorso. “Il legame che sento tra te e lui  è simile a quello che c’era tra Alice e me. Noi, entrambi, abbiamo rovinato tutto cercando di identificare questo legame necessariamente con l’amore, qualcosa che non lo rispecchiava totalmente e che alla fine ci ha spezzato, ferito e separato. L’Eternità ci faceva paura, noi ci facevamo paura e per combattere tutto questo, per non rischiare di rimanere soli per sempre, abbiamo deciso che l’unica soluzione per essere uniti in eterno era quella di amarci. L a credevamo l’unica soluzione che potesse darci stabilità e quindi ci abbiamo provato, sacrificando una parte del nostro legame e imprigionandoci totalmente in un’altra. Abbiamo sbagliato, e non mi pentirò mai abbastanza per questo. Tu e Jacob, però, avete già affrontato e superato questa fase, e quindi non hai nulla da temere, perché nient’altro vi potrà dividere. Avendo capito subito di essere più che innamorati, di essere addirittura assoluti, avete costruito di conseguenza il vostro rapporto. Semplice. Sincero. Totalizzante. Non è neanche stato necessario parlarne troppo, è bastato soltanto vivere l’uno al fianco dell’altra. E per quanto tempo è andata avanti così? Quanto hai avuto da Jacob e quanto ti ha dato lui, negli ultimi anni?” Jasper sospira, e continua il suo monologo. “Se fosse potuto continuare così per sempre sarebbe stato tuto perfetto, è vero, ma purtroppo la caratteristica principale della vita è che cambia, cambia spesso. A volte in meglio, a volte in peggio, a volte è semplicemente vista da una prospettiva diversa. E gli esseri viventi devono per forza cambiare con lei, e crescere raccogliendo quello che trovano lungo il cammino, che siano cose belle, brutte, vili o meravigliose. Vi cambiano le morti dei vostri cari, le cose belle che vi succedono, i tradimenti degli amici, le piccole gioie inaspettate. Vi cambiano i libri, le discussioni con gli amici, la musica ed i film. E, sopra ogni altra cosa, vi cambia l’amore. L’importante è ricordarsi che questi cambiamenti non sono mai uno stravolgere la persona che uno è sempre stato, ma solo un darle nuovi stimoli e diverse prospettive, facendole intraprendere un percorso che, alla fine, è necessario. Jacob, il suo, lo ha iniziato quando ha incontrato Edward e ha accettato il sentimento inaspettato che è scoccato tra di loro. É stato coraggioso e determinato. Sai perché?” “Perché all’amore non si comanda.” “No. Perché tu eri dietro di lui, Leah, pronta a sostenerlo e ad accettarlo. Pensaci bene: Qual è stata la tua reazione nello scoprirli? E la sua?” Esito qualche secondo, raccogliendo le idee. “Beh, all’inizio non è stato facile. Li ho sorpresi mentre si baciavano, e l’idea che lui potesse avermi nascosto per tutti questi anni di essere omo o bi sessuale mi ha sconvolto. Gli ho fatto una scenata tremenda e sono corsa via. Lui mi ha inseguita, cercando di fermarmi per spiegarmi davvero come stessero le cose, e alla fine gli ho dato retta.” “Perché?” “Perché piangeva, era terrorizzato. Però ciò non …” “No, con calma. Fai parlare ancora per un po’me.” Mi posa un dito sulla bocca. “Jacob aveva paura di perderti, era disperato all’idea che tu gli potessi voltare le spalle e abbandonarlo. Quello con Edward non era ancora amore, in quel momento la sua sola preoccupazione eri tu. Non poteva stare senza di te, ed è tutt’ora così. Ora non sei più la sola a spartirti il suo cuore, questo è vero, ma quel sentimento non è cambiato, e lo prova il fatto che Jacob sia venuto immediatamente a cercarti, oggi.” “Ma se mi fosse stato vicino da subito, tutto questo non sarebbe successo.” Ribatto, piccata. “No, hai ragione. Non sarebbe successo. Ma tu hai mai amato qualcuno per poi perderlo improvvisamente?” Annuisco. “E cosa hai fatto, quando è successo?” E improvvisamente, alla fine, capisco. Come ho fatto ad essere così stupida? Come ho potuto non capire quello che stava passando? “La paura fa fare cose stupide.” Conclude Jasper, stringendosi nelle spalle. “Se ci lasciasse la piena possibilità di razionalizzare non sarebbe tanto male, no? Sono stato un soldato, e so che non c’è mostro, minaccia, demone o tortura peggiore della pura e semplice paura. Avere paura è una condizione costante della vita degli esseri umani. Ma non lasciare che ti sommerga, non le permettere di usarti o dominarti e, soprattutto, non lasciare che ti separi da Jacob. Incontralo, affrontalo, fagli capire che ti ha fatto soffrire. Ma abbi il coraggio di incontrarlo, altrimenti lo perderai davvero. Tu non sei debole, Leah, non lo sei mai stata e non lo sarai mai. Non è nella tua natura. Tu sei la Regina Lupo.” Jasper mi strizza un occhio e fa per aggiungere qualcosa, ma prima che possa riuscirci le nostre teste scattano in sincrono verso il fondo della foresta. “Quanto?” Domanda. “Meno di cinque minuti, ma ce la potete ancora fare. Non se ne sono ancora accorti, l’assenza di Jacob annebbia i loro sensi, ma ho paura che non siano solo miei fratelli. Corri. E grazie, Jasper, grazie davvero.” Lui mi sorride e si smaterializza con uno scatto felino. Mentre recupera Edward e si mettono in salvo, io mi siedo su una roccia, e aspetto.

(Edward) Quando il bacio si interrompe è come svegliarsi, ma al contrario. Questa volta dal sogno precipito nell’incubo della mia imperfezione e della mie responsabilità. Devo parlare con lui. Cerco il suo viso, i suoi occhi, e lo vedo assorto e concentrato. Vorrei sapere a cosa sta pensando, ma un ultimo guizzo di codardia mi ricorda che se non lo interrompo non dovrò nemmeno parlargli e spiegargli. So di doverglielo, ma è comunque un compito difficile, e che procrastinerei volentieri ancora. Finalmente Jacob alza lo sguardo, e i suoi occhi mi studiano lentamente, analizzando ogni centimetro del mio aspetto come se lo vedessero ora per il primo momento. Fa per allungare una mano ma poi la ritrae, facendomi nascere e morire ancora una volta. Le sue labbra, compresse in una linea tanto sottile da averle sbiancate, vengono liberate e la sua voce mi raggiunge, incredula. “Tutto questo solo per me?” Domanda. Annuisco e apro la bocca per cominciare a spiegare, momentaneamente dimentico dell’handicap che mi sono procurato in questi mesi, ma sento un suono, e il braccio di Jasper che mi afferra. “Dobbiamo andare.” Mentre scappiamo, accompagnati dal battito ritmato e cadenzato creato dai cuori e dalle zampe di un branco di lupi, penso che sono un idiota, e che ho sprecato la mia ultima possibilità. Ora posso anche morire. Almeno l’ho potuto vedere un’ultima volta.

(Leah) Jacob arriva pochi istanti dopo che Jasper se ne è andato, e si ferma al limitare della conca erbosa. Poso la mano sulla roccia accanto a me e lo invito con un sorriso. Mi raggiunge in un secondo. “Leah…” “Si, li sento.” “É tutta colpa mia, sono stato…” Comincia, con voce affranta, ma lo blocco subito posandogli una mano sulla bocca. “Non è vero, io sono colpevole almeno quanto te, e avremo poi il tempo per parlare e spiegare. Ora concentrati, il tempo stringe.” “Ho paura.” “Lo so. Anche io ne ho. Ma vedrai che ce la caveremo anche stavolta.” Gli stringo forte la mano e lui stritola la mia. Quanto sono stata sciocca. Noi non ci lasceremo mai.

Capitolo anche noto con l'amabile nome di "Satana." l'esame non potrebbe essere più imminente e i miei personaggi si mettono a fare dissertazioni filosofiche nella mia testa. E vabbè. Almeno interrompo il gap e, spero, di farvi una sorpresa gradita! Un bacio a tutte, torno alla mia diletta miniaturistica tardo gotica xD

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Capitolo 36
*** Leaders Of The Wolves ***


(Jasper) Quando sono sicuro di aver seminato i mannari, rallento e poso Edward sull’erba.
 Lui mi osserva senza dire nulla, facendomi infuriare. Quando la pianterà di fare il piccolo eroe tragico?
“Se Rosalie non fosse stata così dannatamente impicciona sarei già morto e voi non avreste più problemi!” Mi rimbecca, con tono cattivo. Poi sospira.
“Scusami Jasper, e grazie. Non ce l’avrei mai fatta senza di te. Ora posso anche finire quello che ho iniziato.”
Lo guardo a bocca spalancata, domandandomi se non sia effettivamente diventato completamente pazzo, ma ancora una volta mi interrompe intrufolandosi tra i miei pensieri.
“Sono sanissimo, almeno mentalmente. É semplicemente una cosa che devo fare, lo sai meglio di me. Ti ho mostrato quello che ho quasi fatto a Jessica, no? Non appena Ateara lo verrà a sapere scatenerà la guerra. E se ciò dovesse avvenire, i Volturi interverrebbero subito. In tal caso Forks e la Riserva sarebbero spacciate, e non me la sento di avere anche questo peso sulle spalle. Quindi preferisco giocare d’anticipo. Se mi consegno ai lupi, ottengo la vostra salvezza. Mi sembra un buon compromesso.” “Perché devi essere così pessimista? Non sono forse il solo a sapere?”
“No, non più. Prima l’ho detto anche a Jacob.”
“Pensi che ti potrebbe tradire?”
“No, Jacob è assolutamente onesto e puro. Non ne sarebbe mai capace. Ma in questo caso non si tratta solo di essere leali. Per i lupi è quasi impossibile mantenere un segreto, le menti di tutti sono collegate. E anche se so che Jacob, in quanto Capobranco, è perfettamente in grado di chiudere la sua, ciò non basta a tranquillizzarmi. Tanto per cominciare si, è vero che lui non andrebbe mai a spifferare quello che ha visto ad Ateara, ma non è da escludere che i suoi scagnozzi non abbiano percepito qualcosa già oggi, mentre correvano verso di noi. Né io né lui stavamo molto attenti a ciò che ci circondava, del resto. Inoltre è praticamente certo che Jacob penserà parecchio a ciò che gli ho mostrato oggi, sarebbe irrealista immaginare il contrario. Basta che in quel momento ci sia qualche altro lupo in giro e tutto salta fuori. E poi Ateara potrebbe sempre costringerlo…”
“Parli di un ricatto? Jacob mi sembra abbastanza…”
“No, non pensavo a quello. Avevo in mente la Suggestione dell’Alfa…”
“In che senso? Non è prerogativa del Capobranco?”
“Si, ma a quanto ho capito le gerarchie sono un po’ complicate tra i lupi, ora come ora. In teoria Jacob sarebbe, in quanto Black, capo designato. Ma anni fa, quando era al comando, suo padre fu coinvolto in un tremendo incidente che lo costrinse a cedere il suo ruolo ad Harrison Ateara, che come abbiamo visto continua ad esercitare la sua influenza ed è tutt’ora in grado di usare la Suggestione, anche su Jacob visto che è un Anziano.”
“E perché mai dovrebbe volerlo fare?”
“Forza, Jasper, non fare il finto tonto! Chi meglio di te ha avuto un chiaro assaggio delle emozioni che animano quel pazzo scatenato? É un despota, con idee vagamente naziste che implicano lo sterminare tutti i vampiri, a prescindere. E in più detesta Jacob e cerca continuamente di screditarlo, perché lui è una seria minaccia per i suoi progetti! Oggi, non appena Jacob rimetterà piede nella Riserva, Ateara gli piomberà addosso e comincerà a bersagliarlo di domande su come e perché oggi pomeriggio abbia incontrato dei vampiri. E non è assolutamente detto che lo lascerà libero di rispondere!”
Sospiro. Edward ha ragione, la guerra è inevitabile. Ma non accetterò che vada come vuole lui.
Della sua vita privata può fare quello che vuole, ma io non permetterò che un altro membro della mia famiglia mi sia portato via davanti agli occhi. Studierò la situazione e farò i miei piani. Poi informerò gli altri e lavoreremo nell’ombra. Edward non si immolerà, fosse l’ultima cosa che faccio.

(Jacob) Il viaggio fino alla Riserva è andato liscio come l’olio, superando di gran lunga le mie funeste aspettative, e il merito è tutto di Leah.
 Se non ci fosse stata lei avrei rovinato tutto, comportandomi come il grosso scemo che probabilmente sono.
Oggi pomeriggio, sebbene sapessi perfettamente in che razza di situazione ci stavamo andando a cacciare, non riuscivo a non pensare ad Edward, al suo bacio e soprattutto a quelle spaventose visioni. Rivivevo il suo lento suicidio e le sue torture disumane, ne provavo orrore, eppure non riuscivo a smettere di ricordarle. Qualcosa mi sfiorava il cuore ogni volta che vedevo i suoi denti azzannare la carne putrefatta delle braccia, qualcosa che non era né furia né gioia e che volevo assolutamente comprendere.
Se fossi stato da solo, mi sarei fatto beccare come un pivellino e ora Ateara starebbe scoppiando di gioia.
Ma Leah mi è venuta incontro anche stavolta.
Anche se l’ho fatta soffrire, anche se ancora non le ho detto una sola parola di scusa. Passando sopra ad ogni cosa ha chiuso gli occhi, ha azzerato la distanza tra di noi poggiando la sua fronte sulla mia, ed è entrata nella mia mente. Mi ha distolto dolcemente dai ricordi di Edward e mi ha guidato verso un posto diverso. Un luogo tiepido e luminoso, profumato di primavera, di fiori e frutti. Due bambini corrono giù per il leggero declivio di una collinetta, ridendo e schiamazzando. Stanno giocando ai cowboy, o forse agli esploratori, e il loro obbiettivo è, evidentemente, raggiungere la tovaglia apparecchiata per un pic nic che si trova a valle. Uno dei due ragazzini accelera improvvisamente e stacca nettamente l’altro, poi si gira a deriderlo. E, nei capelli corti e sbarazzini e nelle “finestrelle” nel sorriso, riconosco una piccola Leah, di circa sei o sette anni. Allora capisco dove mi trovo e mi volto di scatto. Lontano dalla tovaglia quanto basta per avere un po’ di pace, mio padre e mia madre siedono sotto un albero, assieme. Lei legge uno dei suoi romanzi inglesi, lui intaglia qualcosa nel legno. Alzano gli occhi al rumore dei nostri schiamazzi, vedono che tutto procede per il verso giusto e si sorridono, complici. Billy le mostra la figurina intagliata nel legno e, mentre mia mamma la osserva ammirata, le ruba un bacio.
Leah mi cinge la vita e appoggia il capo alla mia spalla. Ha gli occhi lucidi.
“Questo è il mio posto felice. Se sono triste, se non mi sento del tutto a posto, se sono malata, mi prendo due minuti per me stessa e torno qua. In questo posto e in questo tempo sono stata felice, e sono stata amata. É un punto fisso che mi aiuta a vivere meglio il presente, e a guardare con speranza al futuro, non importa quanto sia funesto. Qui sono stata felice, e potrò sicuramente esserlo ancora tante volte, in futuro. Prenditi anche tu i tuoi due minuti, Jackie. Liberati del peso di questi tre mesi, della rabbia, del dolore. Poi avrai tutto il tempo che desideri per sistemare ed appianare le cose. Ma adesso, è necessario che tu sia il mio Capobranco, perché senza di te questa volta siamo davvero perduti. Non possiamo avere un Capo che non sia tu.”
Grazie al suo aiuto ho ripreso il controllo appena in tempo e, quando i nostri fratelli e i lupi sono arrivati, ero il solito Jacob di sempre.
Ovviamente ci sono state domande sui vampiri, ma nulla che esulasse dall’ordinario, e sono stato in grado di rispondere con sufficiente candore.
Dopodiché la nostra marcia è ripresa e, come ho già detto, il viaggio è andato piuttosto bene.
Almeno sinora.
Mancano poche decine di metri all’entrata vera e propria della Riserva e improvvisamente io e Leah li sentiamo. Ateara ha costretto tutti i lupi a risvegliarsi, anche quelli incompleti, e li ha fatti schierare in piazza. Lui, in forma ferina, è al centro e ci aspetta.
Ecco perché era tutto così tranquillo, la trappola ci stava già aspettando.
Ma in fondo va bene anche così, Era durata anche troppo. Tranquillizzo Leah con un colpetto di coda e poi entro nella Riserva a testa alta, fissando il vecchio negli occhi.

(Ateara) Ed ecco che il principe finalmente arriva, come sempre scortato da quella dannata femmina rompiballe.
Fa il presuntuoso e lo spaccone come al solito, dimostrando di non aver capito nulla della situazione.
Per certi versi è anche un bene, meno capisce e meno durerà questa pagliacciata, ma ogni tanto sarebbe una ventata d’aria fresca potersi scontrare con qualcuno che abbia un po’ di sale in zucca.
Anche se dubito fortemente che un Black possa dare tali soddisfazioni.
“Beh, che si dice?”
Nonostante il tono spavaldo e noncurante i suoi muscoli sono tesi e la mascella rigida. Me ne rallegro, evidentemente qualcosa capisce, e sente che la situazione è seria. Inoltre ho la precisa sensazione che mi stia tentando di nascondere qualcosa, e sbugiardarlo davanti a tutti sarà davvero un piacere.
“Questo lo vorrei chiedere io a te, Mastro Black. Sparisci senza un valido motivo per mesi e mesi, ti fai recuperare da una tua recluta in condizioni pietose, passi altro tempo barricato in casa e poi, improvvisamente, fuggi nuovamente nel bosco, senza dire una sola parola ai tuoi fratelli! É così che adempi al tuo ruolo? É così che credi di incarnare lo spirito nobile di un Alfa, di un Capobranco che ha il dovere di proteggere i suoi Fratelli e la sua Terra? Abbandonando il tuo ruolo e la tua gente, lasciando tutto nelle mani di un vecchio come me?”
“Non fare la commedia, qui sanno tutti benissimo cosa sei realmente in grado di fare. E se non lo sanno è solo perché tu glielo impedisci opprimendoli. Come Capobranco, il mio dovere è controllare che l’accordo tra vampiri e lupi venga rispettato, e proteggere i miei fratelli. So benissimo quali solo le responsabilità e i doveri che mi legano a loro. E se io non li opprimo e non li forzo con la Suggestione, è perché voglio che siano liberi di poter scegliere sotto che guida mettersi. Negli scontri con i vampiri, vittoria o sconfitta hanno esattamente le stesse percentuali; se mai mi dovessi trovare in una simile situazione, non vorrei mai viverla col rimorso di avere costretto amici e fratelli a morire!”
Ma guarda, la butta sul sentimentale e prova persino ad accusarmi!
E guarda con che espressione beata e felice tutti questi mocciosi senza nerbo e queste ragazzine esaltate si bevono certe scempiaggini!
“Oh, ma certo. É comodo, vero, nascondersi dietro belle frasi ad effetto e vecchi accordi stipulati secoli fa! Ma si da il caso che tu non abbia ancora capito che il Patto non è uno strumento ideato per permetterti di ignorare quelli che, volente o no, sono tuoi precisi doveri! Se solo tu fossi un vero capo, lo vedresti come un incentivo ad essere ancora più prudenti, non come un pretesto per bighellonare qua e là come una pecora! In fin dei conti, si tratta sempre di una concessione che permette ai vampiri di vivere in mezzo alle loro naturali prede e fonti di nutrimento, gli umani! Come puoi ignorare tutti i rischi e i pericoli che questo comporta? Come ti puoi fidare di esseri come loro e lasciarli liberi di scorrazzare per la città? Non capisci che è solo questione di tempo prima che questa situazione di stallo precipiti nel baratro? Basta un solo incidente, anche il più banale: una spruzzatina di sangue e ci troviamo a dover fronteggiare un esercito di sette folli assassini, capaci di mutare in demoni le loro vittime! Possibile che tu non te ne voglia rendere conto? E possibile anche che tra tutti i tuoi sottoposti non ce ne sia uno in grado di aprire gli occhi? Tu sei inadatto a comandare, Black, e se i lupi della Riserva continueranno a guardare a te come un capo, finiremo ben presto sterminati!”
“Sei tu ad essere cieco e folle, vecchio! Tu e le tue ridicole paure! Sai meglio di me che i Cullen non si nutrono di sangue umano: è solo per questo che mio nonno ha stretto il Patto con loro e non li ha scacciati già un secolo fa!”
“ Se c’era un folle quello era Ephraim, e tu hai ereditato la stessa pericolosa degenerazione! Cosa vuoi che sia una parola per mostri come loro? Che valore puoi attribuire al giuramento di un essere che è maledetto dalla luce e vive nelle tenebre e nella corruzione?” Sento un diffuso brusio di sottofondo e mi rendo conto che il mio discorso sta finalmente entrando in testa a quegli zucconi. Era anche ora.
Parimenti sento che Jacob comincia a cedere.
Ho finalmente scoperto un tasto sensibile, e devo saperne di più prima che lui abbia il tempo di capire il suo errore e correre ai ripari.
Calo l’asso.
“Come possiamo fidarci di te, Jacob Black, che ti comporti come se fossi amico e paladino dei vampiri e li incontri pure in gran segreto? Credi forse che a qualcuno, qui, sia sfuggito il fatto che tu e quella femmina scostumata puzzate di vampiro? Ecco perché siate scappati nel bosco, per incontrarli! E non provate a farci credere che è stato tutto un caso: mi sembra abbastanza evidente il fatto che non abbiate dato battaglia, nelle condizioni pietose in cui vi trovate persino dei Cullen pappamolla vi avrebbero ucciso senza difficoltà! Quindi, cosa è successo a quella bella riunione di cervelli? Avete preso un tea e intrecciato delicate collane di margherite?”
Il bamboccio e la sua degna compare hanno il buon gusto di tacere e limitarsi a gonfiare un po’ il pelo, ma gli altri lupi no.
Sono indignati dal comportamento del loro capo e, grazie anche a una mia piccola spintarella, si stanno finalmente rendendo conto di quanto sia pericoloso.
“E quindi, Jacob Black, amico dei vampiri e traditore dei lupi, perché tu e quei nemici vi siete riuniti? Di cosa avete parlato? Del tempo che passa e della crisi economica? O vi siete forse riuniti per discutere di qualcosa di serio? Non so, magari una revisione del Patto. Forse una di quelle grosse sanguisughe ha avuto un raptus improvviso o uno scatto di rabbia e…  puff! Ha azzannato il primo umano che ha trovato!”
Ovviamente sto bluffando, Black non sarebbe mai capace di tradire, ma in questo momento non è l’aderenza alla realtà che mi interessa.
Tutti i lupi della Riserva, infatti, hanno cominciato a ringhiare, credendo senza indugio alla mie parole. Black è totalmente screditato.
Mi fulmina con uno sguardo di fuoco e si guarda intorno, spaesato. É arrivato il momento dell’ultima mossa.
“ Naturalmente potrei sempre sbagliare. Quindi sii gentile, Jacob Black, dissipa i nostri dubbi. Mostra a tutti noi quello che è successo oggi pomeriggio.”

(Jacob) Maledetto vecchio, mi ha proprio fottuto.
Sono in trappola: non posso rifiutarmi di mostrare  ciò che è successo oggi, ma se lo facessi sarebbe davvero la fine.
Guardo Ateara, che si gode tutto tronfio la vittoria e non immagina neppure lontanamente di avermi rovinato la vita, e l’unica cosa che sento montarmi dentro è la furia.
Sarà per questo che il lupo si rifà vivo per la prima volta dopo la mia fuga, e mi suggerisce un piano per cercare di salvare il salvabile.
Posso mostrare loro, senza preavviso, solo la parte dei ricordi di Edward e Jessica. É talmente orribile da scuotere le loro menti e rendermi più facile liberarle dal controllo di Ateara, che probabilmente sarà comunque talmente soddisfatto da perdere molto del controllo che esercita. A quel punto dovrò essere io, con la mia Suggestione, a trascinare i lupi dalla mia parte.
É il piano perfetto, ed è anche l’unico possibile, quindi non ho alternative.
Prendo un respiro profondo, sfioro con la coda quella di Leah e sacrifico Jacob Black per una causa superiore, tradendo allo stesso tempo il ragazzo che amo e la fiducia dei miei amici pur di salvare Forks e la Riserva.

Salve a tutti!  Non ho parole per scusarmi del ritardo, davvero! Sono tremendamente disorganizzata, ho preparato due esami titanici, il mio computer ha sperimentato le gioie dell'allagamento e questo capitolo ha subito più interventi e correzioni di Heidi Montag. Me tapina. Spero comunque che vi sia piaciuto (Anche se so che Paffy prima o poi vorrà la mia testa su un piatto) e grazie per la pazienza! Un bacio, Ysis
PS, grazie anche per il feed che avete dato al MM18.02 <3!

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Capitolo 37
*** Chess ***



(Jasper) Sospiro e mi allungo nel vuoto, spalancando le braccia come se fossero ali.
Ondeggio, assecondando il vento che mi soffia sulla pelle e cerco di liberare la mente più che posso, non pensando a nulla e seguendo solo le mie sensazioni.
Il vento, i rumori e gli odori sono tutti i maestri dei quali necessito.
Non ho bisogno di vedere e, soprattutto, non ho bisogno di pensare.
Sennò, finirei nuovamente schiacciato a terra dai miei problemi; mi sforzerei di trovare subito le soluzioni a tutto e finirei per commettere qualche grosso e sciocco errore.
Con calma, Jasper, una cosa per volta. Hai tempo.
Lentamente la mia mente si rilassa e i miei sensi sembrano raggiungere un nuovo livello di sensibilità.
É come ridiventare vampiro, tutto è amplificato e potenziato ma con la sostanziale differenza che le sensazioni, ora, sono divise nettamente invece che tutte mescolate assieme. 
Respiro l’odore forte del bosco e della terra umida, quello sgradevole dei combustibili e dello smog cittadino e poi quello molto più piacevole di cuoio, tabacco e fumo di falò. Le mie orecchie mi riportano i suoni della risacca e del frangersi delle onde, i ronzii dei motori e delle apparecchiature elettriche, il ritmo cadenzato dei lavoratori del legno e tutta un’infinita gamma di rumori e suoni tipici degli umani.
A Forks c’è parecchio frastuono, gli umani ridono, gridano e vivono rumorosamente, anche in una cittadina così piccola.
Alla Riserva, invece, tutto è diverso.
Gli indiani parlano poco e pensano molto. Dalla loro direzione non provengono né risate né grida, solo un silenzio pesante ed angosciato, che mi è fin troppo familiare. Hanno paura, sentono nell’aria che si sta preparando qualcosa di grosso e pericoloso e le loro menti impaurite non fanno altro che pensare e rimuginare. Sono agitati, instabili, potenzialmente pericolosi.
Impossibili da ignorare e troppo imprevedibili per essere incastrati in un piano.
Stavo osservando le cose da una prospettiva sbagliata.
Invece di preoccuparmi degli istinti suicidi di mio fratello e del modo di spiegare tutta la faccenda al resto della famiglia senza creare traumi, avrei fatto meglio a concentrarmi sui lupi, e sul clima che c’è alla Riserva.
Gli animi mi sembrano abbastanza tesi, e ho un bisogno disperato di trovare qualcuno che sia disposto a farmi un quadro generale della situazione.
Per fermare Edward basta tenerlo d’occhio col mio potere e manomettere le auto, ma contrastare e cercare di prevedere le azioni dei lupi sarà un lavoro lungo e faticoso, per il quale avrò bisogno di aiuto. Mi servirebbe una persona intelligente, ben informata, dotata di carisma e soprattutto affidabile. E credo di avere in mente un’ottima candidata, se ho imparato a conoscerla anche solo un po’. Ma ora mi devo muovere, il tempo stringe.
Apro gli occhi e rilasso i muscoli contratti delle cosce, lasciandomi cadere dal ramo al quale sono stato appeso per tutto il pomeriggio.
Comincio a correre prima ancora di toccare terra, raccogliendo le idee e preparandomi un discorso.
Se ho imparato a conoscerla anche solo un po’ convincerla non sarà difficile, ma farle accettare l’incarico si.


(Leah) Mentre l’acqua scroscia nell’idromassaggio, ispeziono il contenuto dell’armadietto laccato e prelevo un bagnoschiuma a caso tra quelli meticolosamente esposti sugli scaffali. La pretenziosa etichetta francese e il costo stampato sulla confezione riaccendono in me le braci di una rabbia e un odio che mi porto dietro da quando ho sei anni, ed è con una certa dose di soddisfazione che vuoto l’intero flacone nella vasca, godendomi lo spreco di quel denaro che dovrebbe spettare a me.
Sono tornata nel luogo dove ho vissuto il periodo più triste della mia vita, la casa dove un uomo e una donna che si odiavano mi hanno generato per errore e allevato nel disprezzo.
Ora nessuno vive più stabilmente qui: Edgar e Cynthia rincorrono le vite dorate e lussuose che hanno sempre sognato e il mio fratellastro Seth, figlio di mia madre, ci viene solo ogni tanto, a divertirsi con gli amici o a intrattenere qualche ragazza.
Che sia io l’unica Clearwater che considera questo luogo è dolorosamente ironico: qui ho percorso parte delle salite della mia vita, qui ho imparato a sopravvivere, a lottare, ad essere la mia forza.
Questa casa, l’odio che la impregna e i ricordi tremendi che la animano, sono stati la mia palestra per la vita e il motivo per cui in passato ho creato attorno a me una barriera di armi, armature e scudi, affinché potessi essere la paladina di me stessa.
Questa casa mi ha reso guerriera. Questa casa mi ha reso Leah.
E anche se, grazie a Dio, per anni e anni sono stata protetta e ho vissuto nell’amore e nella felicità, ora è giunto il momento di indossare di nuovo le mie vecchie armi.
Sospirando chiudo l’acqua, mi spoglio ed entro nella vasca, nascondendomi tra la schiuma.
Mi siedo al centro, tra le bolle e il vapore caldo, raccolgo le ginocchia al petto, le stringo con le mani e vi poso sopra la fronte, mentre i miei capelli si aprono nell’acqua in una pozza scura.
Rifletto.
In quanto lupa non mi piace essere Dominata, sono uno Spirito Protettore di questa terra e voglio rimanere libera di pensare ed agire come mi pare. L’essere così legata mi fa mal sopportare Jacob, e mi rendo conto di non essere la sola: a molti dei miei simili, specialmente quelli più giovani e difficili da domare, il morso e le briglie non vanno proprio giù.
Inoltre quei lupi che sono tendenzialmente più violenti e legati alle idee di Ateara, come Jared, continuano a non accettare la presenza dei Cullen sul nostro territorio, e portano avanti la campagna dell’intolleranza e del terrore iniziata dal Vecchio.
Giorno dopo giorno, ora dopo ora, un minuto dietro l’altro, le loro menti non fanno che ululare quanto siano pericolosi, i vampiri, e come siano bugiardi. Tutti loro sono diventati indiscriminatamente nemici spietati, pazzi assassini doppiogiochisti che stanno portando avanti una finzione da secoli e secoli, col solo scopo di farci abbassare la guardia per poi annientarci senza pietà.
E a furia di ripeterlo come un mantra continuo, sono riusciti ad entrare nelle menti dei soggetti più deboli e influenzabili, ingrossando le loro file ed innescando un effetto domino inarrestabile. Ora la paura e la diffidenza dilagano, ed è solo una questione di tempo prima che le singole voci si riuniscano in un comitato, pronto ad andare a fronteggiare Jacob e a pretendere una presa di posizione.
E lui, in quanto giovane capo appena insediato, è praticamente costretto a combattere.
Non è ancora abbastanza conosciuto perché ci si possa fidare ciecamente di lui e delle sue idee sulla convivenza tra lupi e vampiri, se vuole essere considerato come Capo deve prima dimostrare di saper comandare sul campo di battaglia.
Ma l’esito di uno scontro è troppo facile da prevedere: per quanto civili e rispettosi, i Cullen sono pur sempre una famiglia di vampiri con anni ed anni di esperienza alle spalle. Se anche riuscissimo ad attaccarli di sorpresa e anche se ci dovessimo ritrovare ad affrontare solo i genitori, la biondina con il suo fidanzato e Jasper, le perdite tra le nostre file sarebbero consistenti.
Quei lupi così smaniosi di combattere sono come studenti delle medie: spavaldi abbastanza per fare la voce grossa e spaventare i bambini, ma non abbastanza da poter reggere il confronto con i ragazzi del liceo.
Se davvero dovessimo lottare, molti di loro vedrebbero per la prima volta i vampiri sul campo di battaglia. E come farebbero a concentrarsi tra il sangue, le urla, l’adrenalina e la paura?
Ho detto e ripetuto a Jacob almeno un milione di volte che doveva affrontare la situazione fin da subito ed evitare che i tirapiedi di Ateara seminassero zizzania, ma non mi ha voluto dare retta. Anzi, mi ha totalmente esclusa dai suoi pensieri e dalle sue decisioni.
E quindi non mi lascia altra scelta.
So che in questo momento è disorientato e confuso, e non c’è nulla di strano, se si pensa a cosa ha sacrificato per salvare il branco. E so anche che il ruolo che ha rivendicato gli impone una maggiore trasparenza, e l’obbligo ad aderire a certe leggi non scritte.
Ma c’è ancora una chance per evitare la battaglia, ed è precisamente a quella speranza che mi voglio attaccare. Devo mettermi in contatto con uno dei Cullen, e avvisarli della brutta aria che tira qui, consigliando loro di giungere a qualche mediazione o di lasciare queste terre per qualche anno. L’unico problema è che per farlo devo lasciare il branco, visto che la volontà di Jake mi schiaccia.
E, non lo nego, questa decisione mi fa paura.
Non solo per la prospettiva di ritrovarmi totalmente sola ed esclusa da un momento all’altro, ma anche e soprattutto per la reazione di Jake. É già abbastanza logorato, e l’ultima cosa che vorrei è causargli problemi.
Ma è il bene per il branco che mi chiama, ed è un ordine al quale non mi posso opporre.
É una cosa che posso fare solo io. Distruggerà la mia vita, troncherà tutti i miei rapporti, mi bollerà per sempre come una traditrice.
Eppure so che lo farò, che andrò sino in fondo, perché, e l’ho appena capito, l’essenza di ciò che siamo è questa: non solamente lupi, ma soprattutto spiriti protettori.
Amiamo e viviamo questa nostra Terra, e per il suo bene moriamo.
La chiave è questa, e per noi indiani è così da sempre, anche se non ci avevo mai pensato sinora.
Non importa il fatto di vivere in una Riserva, non importa la voglia di scappare e il fatto di essere considerati una minoranza: questa terra è parte di noi e ci tiene legati a lei con un contratto indissolubile.
É nostra, e dobbiamo proteggerla.
A qualsiasi costo.


(Edward) Mi guardo allo specchio e non posso che essere contento del fatto che certe leggende siano, appunto, solamente tali: vedere il mio riflesso, è motivo di grandissima gioia.
La mia battaglia contro me stesso è quasi terminata.
L’astinenza e il veleno di Leah hanno quasi distrutto il mio corpo, dopo l’incontro con Jacob il mio animo ha finalmente trovato pace, e quindi ritengo di essere pronto per compiere l’ultimo atto del mio grande trionfo, il momento della mia morte.
Inspiro lentamente, assaporando il pieno significato delle mie vittorie, e una sorta di estasi mistica s’impossessa di me. Né in vita né nella morte ho mai assunto droghe, eppure adesso mi sento davvero “strafatto” di gioia e trionfo.
Io ho vinto, io.
Non Edward Cullen, non il vampiro. Io.
Io. Io. Io.
Io con la mia volontà, io con la mia determinazione, io nella mia pazzia, io adesso, nella gioia malata dei miei ultimi istanti.
Io.
Solo, semplicemente, e per sempre io.
Addio.
 

(Jasper) Non avrò mai le capacità di Alice, questo è un dato di fatto; le visioni rimarranno sempre, per me, una dimensione oscura.
Ma in tanti anni ho imparato a riconoscere le sensazioni, e a fidarmi dell’istinto. E adesso sento che devo muovermi e correre verso di lei.
Me lo urla ogni singola fibra del corpo e dell’anima.
E non solo perché dobbiamo parlare di cose importantissime, ed è meglio farlo di persona, o perché voglio vederla per assicurarmi che stia davvero bene.
Qualcosa di più sovrannaturale della mia natura muove le mie gambe e indirizza i miei piedi, e sono sicuro che una cosa simile sta accadendo anche a lei.
Siamo pedine del Destino, di un qualcosa di più grande di tutti noi, che ha semplicemente deciso che questo era il giorno e questa l’ora.
É inutile opporsi, è inutile cercare di ribellarsi.
Era scritto così, questo è quanto.
Ci incontriamo al confine e lei si rifugia tra le mie braccia, provvidenzialmente aperte. Tira su col naso e cerca in tutti i modi di non piangere. Vorrebbe parlare e spiegarmi la situazione, ma le poso un dito sulle labbra.
So già tutto, e credo che lo abbia capito anche lei.
Sentiamo le cose mettersi in moto, i sensi dei lupi attivarsi e la gioia incontenibile di Ateara.
Sentiamo il terreno fremere e rimbombare sotto il rumore delle zampe lanciate nella corsa e ci stringiamo la mano, facendoci coraggio.
Finalmente arrivano.
Leah mi si para davanti e si trasforma, combattendo assieme a me contro di loro.
E per un momento mi dimentico che tutto è già stato scritto e ho davvero l’illusione di poter vincere assieme a lei.
Ma è questione di un attimo.
Un lupo le squarcia un fianco e, mentre mi giro per soccorrerla, un altro mi azzanna alla gola. Non abbastanza forte da uccidermi, ma quel tanto che basta per avvelenarmi e stordirmi.
Perdiamo entrambi i sensi, e veniamo trascinati alla Riserva.
Scacco.

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Capitolo 38
*** Masquerade ***


(Edward) Chiudo l’anta dell’armadio sulle mie tastiere e comincio a raccogliere i pochi spartiti sopravvissuti alle mie crisi d’astinenza.
Voglio cancellare ogni mia traccia da questa stanza in modo che, un giorno, Esme non debba soffrire troppo rientrando qui. Il dolore che le provocherà la mia decisione è già abbastanza.
 
Quando sono soddisfatto del mio lavoro, mi dirigo verso lo specchio e comincio a sistemarmi: certo, con tutto il veleno che ho in circolo il mio aspetto non potrà mai essere impeccabile, ma voglio che la mia ultima uscita sia almeno più che dignitosa. E quindi, mentre mi preparo, curo più del solito l’aspetto dei capelli e la scelta di orologio, pantaloni e scarpe. Non voglio sfruttare il fascino del vampiro, voglio morire semplicemente come Edward. Mi preparo con finta calma e studiata lentezza, e quando finalmente non riesco più ad inventare pieghe da lisciare e particolari da sistemare, capisco di essere pronto.

Senza fare lunghe riflessioni di commiato, e senza languide occhiate, esco dalla mia stanza e chiudo la porta sull’ultimo capitolo della mia seconda, lunga vita.
Ora non mi resta che il tanto agognato epilogo. Che si concluderà nella più totale solitudine e segretezza, anche perché, a questo punto delle cose, sono davvero esausto, e desidero solo farmi trasportare dal corso della natura.
Fuori dalla porta della mia vecchia stanza, ho lasciato una lettera indirizzata ai miei familiari, e uno spartito per ognuno di loro.
E spero vivamente che possano servire, se non a farmi perdonare per la mia decisione, almeno a spiegare che loro non c’entrano nulla con quello che sta per accadere.
Probabilmente era scritto, e mi va bene così.
Apro una finestra e mi calo lungo la grondaia, arrivando silenziosamente nel giardino sul retro.
Percorro con passo tranquillo e disinvolto parecchi metri, ma quando sto per scattare un lupo grigio dall’aria maligna mi si para davanti.
E non ci vuole certo un genio per capire che non è un normale canide.
Gemo e mi preparo in posizione difensiva, pur sapendo di dover sembrare tremendamente ridicolo, nelle mie attuali condizioni. Il lupo però, con mia grande sorpresa, non si fa sotto e, eccettuata una contrazione nervosa del muso, rimane fermo ed immobile.
Anzi, mi coglie del tutto impreparato quando apre le fauci ed inizia a parlare.
“Per tua fortuna il mio Capo mi ha dato ordini ben precisi ai quali attenermi. Devo solo consegnare un messaggio. E strapazzare uno scarto ambulante come te non mi darebbe nessuna soddisfazione.”
“Qual è questo messaggio?” Domando in tono altezzoso, passando sopra alla sua cortese riflessione e seccandolo ancora di più.
“Tuo fratello ha rotto il patto e varcato il Confine per incontrarsi con quella sporca cagna traditrice. Li abbiamo catturati ed imprigionati. Il mio Capo li giustizierà personalmente oggi. Vedo che non avrai bisogno di fare passaparola con i tuoi simili.”
Il lupo sparisce tra gli alberi, e io mi volto a fronteggiare la mia famiglia. Non so se sia stata la mia lettera o la presenza del lupo a spingerli qui, ma ora non importa. La priorità, ora, è Jasper.

(Jasper) La prima sensazione, non appena riesco a recuperare un briciolo di coscienza, è quella del veleno che mi brucia dall’interno, e la reazione è quella di appoggiarmi al muro e vomitare in un angolo, cercando di farlo nella maniera più privata possibile: non voglio dare a quelle bestie la soddisfazione di sentirmi soffrire.
Dannato veleno e stramaledetti branchi di mannari teste calde.
Fossero stati un po’ meno avrei fatto fusciacche delle loro pellicce.
Dopo un tempo che mi sembra eterno, il mio fisico decide di darmi un po’ di requie, quindi mi appoggio alla parete e comincio a guardarmi attorno. I miei sensi sono tutti intorpiditi, tanto che mi sembra di avere un velo nebuloso davanti agli occhi e cotone su polpastrelli, naso, bocca ed orecchie, ma comunque riesco a capire di trovarmi in una stanza piuttosto squallida isolata da tutto e tutti.
Probabilmente si tratta di una vecchia cascina abbandonata, perché non percepisco nessuno dei tipici rumori degli umani.
Sforzando la mia vista mi faccio un’idea dell’ambiente che mi circonda, ma il quadro rimane sconfortante: una specie di scatola di legno senza finestre e, apparentemente, senza porte.
Ma, visto che per entrare da qualche parte devo pur essere passato, una porta ci deve essere.
In qualche modo riesco ad alzarmi in piedi e, con l’ausilio della parete, trovo anche un minimo di equilibrio.
Ma non appena tento di muovere un passo, piombo violentemente a terra; e la colpa non è tanto delle mie gambe malferme, quanto della corda spessa e corta che mi cinge la vita e della quale non mi ero accorto, tanto il veleno mi fa sragionare.
Imprecando una volta di più contro i lupi, la strattono con una mano ed immediatamente sento la pelle tirare e bruciare, mentre sinistre piaghe colanti mi si aprono su quello che fino a qualche secondo fa consideravo un arto indistruttibile.
Mi apro profondi squarci nelle labbra per impedirmi di urlare, e intanto mi insulto mentalmente.
Solo uno stupido poteva credere che i lupi non avessero preso adeguate contromisure, e non notare che la corda era rossa di sangue mannaro.
E tu, Jasper Hale, sei così dannatamente stupido che è un miracolo che sia sopravvissuto tanti anni nell’esercito!
Furioso, tiro un pugno alla parete e la sbriciolo senza troppa fatica, scoprendo una stanzetta attigua alla mia. E che non sono solo.
Anche l’altra “cella” è occupata da un’ospite, una giovane ragazza.
É coperta di lividi, tagli, segni di morsi e zampate, e le sue gambe sono inequivocabilmente spezzate.
Ma sotto i segni blu e il sangue coagulato, il suo viso ha la solita espressione di sfida e, circondati da macchie scure che non sono certo di matita o ombretto, i suoi occhi gialli sono beffardi, e mandano lampi.
Anche ridotta così, Leah Clearwater è una forza della natura.
Ed è bellissima.

(Leah) Quando sento il muro crollare sobbalzo ed impreco, sapendo bene che persino un lupo appena risvegliato potrebbe battermi in queste condizioni.
Ma, rifletto cercando di assumere una posizione di difesa nonostante le fratture e i dolori vari, questo non significa che venderò meno cara la mia pelle.
Quando le schegge e delle sporadiche nuvolette di intonaco finiscono di svolazzare nell’aria, alzo il capo per vedere il mio carnefice, e rimango stupita.
Nella stanza accanto non c’è un’orda di lupi pronti a finire quello che hanno lasciato a metà qualche ora fa, bensì un altro prigioniero.
É appoggiato alla parete superstite, con il capo biondo reclinato all’indietro e gli occhi chiusi. Le braccia e le gambe sono scomposte, e i vestiti sporchi di sangue e tutti strappati.
Eppure, anche in queste condizioni, Jasper Hale rimane di una bellezza ed armonia disarmanti, e vederlo è un balsamo per l’anima.
 Apre gli occhi, mi guarda e io dimentico delle gambe rotte e di tutto il resto: stringo i denti e mi trascino verso di lui.
Jasper allunga una mano a sfiorare la mia e, non appena la distanza glielo permette, mi accoglie tra le sue braccia, cercando di essere il più delicato possibile.
Grazie al suo potere e alle sue premure non ho più dolore né paura.
E anche se non ho concluso nulla, anche se siamo entrambi feriti e anche se so che è probabile che verremo uccisi, sentendo il tocco fresco delle sue mani sulle mie non riesco ad evitare che una bolla di dolcezza mi formi al centro del petto.
Pur senza un valido motivo, mi sento completamente, assurdamente e vergognosamente felice.

(Edward) Corriamo in formazione compatta, infrangiamo il confine e ci fermiamo solo quando veniamo circondati dai lupi.
“Cosa ci fate qui?” Jacob è a dir poco furibondo, tanto da sembrare, anche in forma umana, almeno tre volte più grosso del normale.
Ci osserva intensamente uno ad uno, e le nostre facce lo devono seccare parecchio, perché abbaia, letteralmente.
“Allora? Mi auguro che il motivo sia serio, visto che avete infranto il Patto.”
“Che gioco stai facendo? Sei tu che ci hai fatto venire qua!” Sbotta Emmett, fremendo per trattenersi ed evitare di saltargli addosso.
“Cosa avrei fatto io? E quando, soprattutto, Mister Muscolo? Non mi sono mosso da qui.”
“Un tuo sottoposto è venuto a casa nostra meno di mezz’ora fa: ci ha detto espressamente che veniva a portare un messaggio da parte del Capo, e cioè che Jasper era stato catturato e che lo avresti giustiziato stasera. Era grigio, di media taglia, con un orecchio un po’ accartocciato. E sapeva parlare.”
“É vero, Jared?” Ringhia Jacob, voltandosi verso le retrovie.
Il branco di apre sotto il suo sguardo e  in disparte rimane un unico lupo.
Di mezza taglia, col pelo grigio e un orecchio accartocciato.
Lancia a tutti uno sguardo di sfida, poi alza il capo e apre orgogliosamente le fauci.
“Si, è tutto vero, sono stato io. E  ho obbedito agli ordini del Mio Capo. Ho sorvegliato il Confine, ho visto il succhiasangue avvicinarsi e l’ho intercettato con l’aiuto di alcuni compagni. Abbiamo combattuto e poi lo abbiamo portato dove Lui ci ha ordinato. E ora starà per morire, assieme a quella cagna vogliosa e traditrice della nostra razza!”
Jacob ruggisce e gli si scaglia contro al lupo, placcandolo a terra.
Denti canini spuntano nella sua bocca, ma prima che possa affondarli nel collo del traditore, una voce dolcissima e crudele gela tutti sul posto:
“Domina la tua impulsività, Capo dei lupi.”
Qualcosa si muove nel profondo della Foresta, nascondendosi tra l’oscurità delle fronde con malizia. E questo qualcosa sa di tomba, di morte e di orrende devastazioni e gioisce nel percepire la paura che affonda le radici nei nostri ventri.
Fumo sanguigno si srotola dagli alberi in pigre e dense volute, e striscia verso di noi inscenando una macabra rappresentazione.
Vampiri e uomini lupo assistono ad uno spettacolo di follia ed orrore che va oltre ogni immaginazione, e non si vergognano di tremare e gemere all’unisono.
Le figure dei fantasmi di fumo mostrano torture diaboliche, insensati stermini, bagni di sangue e gironi infernali di mutilazioni, esperimenti e violenze. Le due razze assistono a racconti di avvelenamenti, strangolamenti, crocifissioni e impiccagioni, sono testimoni di suicidi indotti dal terrore e di spietate caccie all’uomo, alla donna, ai bambini e a qualsiasi cosa si muova, persino gli animali, il vento e le onde del mare. E tra le urla, le maledizioni, le lacrime, il sangue e la violenza, i protagonisti di questo sinfonico delirio, gli istrioni amanti del sangue, sono l’orrida, giubilante costante.
Tranciano, affettano, squartano, sfasciano, scuoiano.
Torturano ed avvelenano.
Ingannano.
E sono qui, e si avvicinano.
Ridono apertamente del nostro terrore, e mettono enfasi nei loro passi.
Le cime degli alberi fremono, ed ecco apparire Kataverik.
Alto quattro metri e largo due, osserva il mondo con lo sguardo cattivo dell’unico occhio superstite nel viso scuoiato, e scava un profondo solco con la pesante catena che gli imprigiona le gigantesche braccia. Sadico macellaio tenuto assieme da odio e sbadate cuciture; non è difficile catalogarlo come “mostro”.
 Abadon, invece, è tutta un’altra storia.
Alto, elegante, bello ed affascinante quanto il fratello è orrido e ripugnante. La sua pelle è perfetta, i suoi capelli oro colato, i suoi occhi verdissima giada.
Divino come un angelo, soave come musica ultraterrena, capace di sciogliere con un cenno e far impazzire con un solo sguardo.
Ma qualcosa è andato terribilmente storto durante la sua creazione, e ora la sua mente è dominata dalla più oscura e incontrollabile delle follie.
Ciò lo rende un mostro diecimila volte più temibile del fratello, tanto che persino il suo Principe ne ha paura, quando perde la ragione.
“Vi porgo i miei omaggi, Protettori della terra, e saluto voi, Esseri Eterni.” Dice con voce morbida e fredda quell’angelo inorganico, e si inchina profondamente.
“Il mio padrone è un geniale, nobile Principe, signore della vita e della morte. Ha creato me e  mio fratello come sua guardia armata, e ora ha una richiesta per voi: dovete cessare di combattere. Immediatamente.”
Dalle fila dei lupi si alza un borbottio, ma Jacob lo tacita con uno sguardo, guadagnandosi un’occhiata di approvazione dal messo infernale.
Carlisle, dopo un rapido scambio di sguardi con lui e con noi Cullen, prende la parola.
“E a voi e al vostro Sire vanno i nostri migliori omaggi, e le nostre rassicurazioni. Non vogliamo combattere, il nostro Clan è pacifico e i Protettori sotto una guida giusta e comprensiva.”
“Eppure potrei giurare di aver interrotto l’inizio di una battaglia, non è vero? Non provate a mentirmi, ne sento l’odore nell’aria.”
“Beh, anche tra i migliori vicini capita di litigare qualche volta.”
“Questo è vero, mio affascinante e diplomatico difensore, ma tuttavia a voi questo privilegio non è concesso. Il mio Signore ha grandi piani, e sarebbe orribile se voi li rovinaste. Sarebbe, se mi concedete, un errore devastante. Tenete chete le acque e mantenete i rapporti civili che sono sempre stati osservati. Se ci sono conflitti risolveteli usando il cervello, che è dote che vedo possedete su entrambi i fronti. Non mi fate ritornare tra di voi, e non concedete al loro sguardo di posarsi su di voi e su questa razza che ancora non conoscono.”
“Intendete forse dire…”
“Esattamente, mio caro amico, l’obbiettivo del mio Principe è la cellula armata dei Volturi. Il loro squallore è un affronto al suo genio smisurato, e a ciò va posto un rimedio.
Inoltre sono tremendamente eccitato all’idea di affrontare la Guardia al completo, e competere con loro in abilità!”
Un folle sorriso gli distorce i lineamenti, e ci costringe a distogliere lo sguardo.
Abadon ci fa un cenno di scuse e ci volta le spalle, pronto ad andarsene.
“Non vi perdonerei, se mi rovinaste il divertimento, e guadagnarsi il mio rancore non è consigliabile. Soprattutto se siete razze contro le quali non ho mai avuto l’occasione di combattere.
Per non parlare di Kataverik. Cosa pensate che farebbe a quei covi di umani, se dovesse scoprire che ha spezzato per nulla le pesanti catene che lo imprigionano?”
Si gira per lanciarci un sorriso gelido, ben consapevole di averci messo tutti in trappola, e deve trovare spassose le nostre espressioni tirate, perché si avvicina nuovamente.
“Facciamo le cose secondo le vostre regole, vi va? Per dimostrarci le vostre buone intenzioni, due di voi rinnoveranno il vostro Patto di coesistenza davanti a me e a Kataverik, e noi ci impegniamo a non uccidere nessun membro di questi clan di vampiri, Spiriti Protettori e umani.”
“Accetto.” Risponde Jacob con un ringhio controllato.
Carlisle apre la bocca per giurare a sua volta ma Abadon ci ferma con un gesto.
“Se permetti, mio illustre compare, preferirei scegliere io qualcuno del tuo clan. Vedo che voi, a differenza dei lupi, non avete gerarchie. Vi fidate di tutti alla stessa maniera.”
“Si, siamo una famiglia.”
“Encomiabile. Allora, se permetti, credo che sceglierò quel giovane dall’aspetto singolare.”
Poso una leggera carezza sulla spalla di mia madre e mi faccio avanti, interiormente esultante: forse le mie speranze di morte non sono del tutto infrante.
Abadon sorride, invitando me e Jaco di fronte a lui e contemporaneamente congedando tutti gli altri.
Quando è certo che nei dintorni non ci sia più ombra di lupi o vampiri, sospira e si porta una mano al capo, chiudendo gli occhi con espressione sollevata.
“Finalmente, temevo che non ce l’avrei mai fatta.”
L’ultima sillaba della frase rimane sospesa nell’aria per qualche istante, tintinnando come un prezioso cristallo per poi infrangersi all’improvviso. Ed ecco che i due mostri svaniscono e al loro posto appaiono due bellissime, giovani, donne.
Simone ed Alice.
“Oh, Edward, riuscirai mai a vivere serenamente un solo giorno di questa tua vita?” Sbotta mia sorella singhiozzando e nascondendo il viso nel mio petto.
La accarezzo, frastornato, e quando comincio a capire la stringo forte a me.

(Jacob) Tutto ciò che riesco a fare è osservare alternativamente Edward, sua sorella e la ragazza dai capelli fiammeggianti, chiedendomi cosa diavolo stia succedendo e perché non possa vivere una normale adolescenza con gli sbalzi ormonali e i motori truccati come unici problemi al mondo.
Fortunatamente la ragazza sembra avere un minimo di compassione per questo povero bestione, e mi si avvicina gentilmente.
“Non so se ti ricordi di me, il mio nome è Simone, e sono una vampira. Ci siamo conosciuti quattro mesi fa.”
É difficile recuperare i ricordi di prima della mia fuga, ma dopo un po’ ci riesco ed annuisco.
“Port Angeles, giusto?”
“Giusto. E situazione spinosa, anche allora. Edward aveva perso il controllo, e stava trascinando anche te con lui.”
Annuisco, ancora una volta.
“Ti ricordi cosa è successo, allora?”
“Non esattamente… So solo che pregavo che qualcuno facesse qualcosa, qualsiasi cosa. E poi…”
“E poi per fortuna sei arrivata in tempo e mi hai recuperato appena in tempo grazie al tuo potere.” Conclude per me Edward, che si è avvicinato assieme a sua sorella. Simone annuisce e poi si rivolge direttamente a me.
“La mia voce è molto speciale, mi permette di creare ogni tipo di illusioni e di suscitare qualunque emozione. A Port Angeles per salvarvi è stato sufficiente calmarvi, oggi invece ho dovuto terrorizzare tutti.”
“Tu hai creato quei due mostri…”
“Mentre correvamo qui dall’Italia non sapevamo praticamente nulla della situazione attuale. Avevo previsto che presto Jasper sarebbe stato sconfitto in uno scontro, ma nulla di più. Eravamo totalmente impreparate, e quindi abbiamo pensato che la cosa migliore fosse creare un diversivo di proporzioni epiche, che potesse servire a più di uno scopo. Dovevamo salvare tutta la mia famiglia e dovevamo salvare tutta Forks.”
“E ora cosa contate di fare?”
“Di salvare voi, ovviamente. Te ed Edward.”
Mi volto di scatto verso Simone.
“Si, hai capito bene, salvarvi. E non mettere su quell’aria da duro.  Come Alice non fa che ripetermi da giorni e giorni, probabilmente il casino attuale non è dovuto del tutto a me, ma io so che ruolo ho avuto nella vicenda, e so che quello che ho fatto, poco o tanto che sia stato, è imperdonabile.
Certo, erano ordini ed ero soggiogata ad obbedire, ma non posso nascondermi dietro ad una scusa così debole.
Non davanti a te, in ogni caso.
E se per ciò che è Passato oramai non posso nulla,  posso comunque intervenire nel Presente.
E, di conseguenza, lasciarvi liberi di decidere il vostro Futuro.”

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Capitolo 39
*** What If ***



(Edward) Mi sento evanescente e incorporeo, come mutato in nebbia, e la cosa peggiore è  che la sensazione non si ferma solo al malessere fisico.
 Anche la mia mente è provata, debole e incostante come se fosse riarsa da una tremenda febbre tropicale, e sembra vagare in luoghi lontani.
 Lentamente recupero, almeno in parte, le mie solite facoltà e finalmente apro gli occhi. La mia mente ci mette un po’ ad elaborare quello che vede, ma quando lo fa sprofondo nel terrore: sono nel Nulla.
 Niente paesaggio, niente suoni, nessun tipo di odore o sensazione tattile.
 Che la Morte, quella vera, non sia altro che questo?
 Nulla, e nient’altro che esso, fino alla fine del tempo?
 No, mi rifiuto categoricamente di accettarlo!
Mi alzo di scatto e comincio a guardarmi febbrilmente attorno, follemente determinato, cercando un appiglio di qualsiasi genere, una via di fuga qualunque. Trascorro quelle che devono essere ore battendo palmo a palmo il Nulla e sprofondando sempre più nella frustrazione ma impedendomi categoricamente di demordere, e la mia dedizione deve aver smosso Qualcosa, perché infine, dopo tanto cercare, scorgo una via, perfettamente mimetizzata con il Nulla che la circonda ma inequivocabilmente reale.
 La seguo, euforico, camminando forse per giorni e giorni, ma non mi importa: qualunque cosa, purché esista.
  Mi ritrovo davanti ad un trivio, e il mio buon umore scema un poco: quale sarà la strada giusta?
 Ne esisterà davvero una?
 Quanto mi costerà la scelta sbagliata?
 E potrò rimediare?
Mentre mi faccio queste domande cerco, invano, un indizio qualsiasi ma non trovo assolutamente nulla.
 Allora mi rassegno: se proprio devo decidere a scatola chiusa, scelgo la via di mezzo.
 Muovo qualche timido passo in quella direzione e il Nulla si colma all’improvviso, lasciandomi disorientato e, poi, letteralmente senza fiato. Non so ancora se la strada che ho preso è quella Giusta, ma quello che i miei occhi vedono, ora, mi fa sperare nel meglio.
 Lo spazio vuoto e desolato è stato riempito da un verde paesaggio, che vibra di vita sotto la luce di una timida aurora.
 Nelle narici ho il profumo dei fiori, nelle orecchie il lento rumore del mare, e i miei occhi sono colmi della vita che mi circonda, e della vista di una semplice casetta, appoggiata sulla linea dell’orizzonte.
 Mi dirigo nella sua direzione, camminando buon passo, e la riesco a raggiungere, ansante, solo quando il sole inizia a tramontare.
 Una piccola veranda mi seduce con aria invitante, ma sebbene durante la mia lunga passeggiata non abbia desiderato altro che sedermici e godermi il paesaggio, ora che sono all’ombra di questa casa una parte della mia mente si riscuote, e comincia a tintinnare con urgenza. Scariche di adrenalina mi corrono sottopelle, dietro agli occhi, nei delicati e finissimi sensori delle orecchie e tutto il mio essere pulsa e trema, polarizzato verso quella misteriosa Cosa nascosta in quella casa.
 Non aspetto un secondo di più ed entro, muovendomi con sicurezza in ambienti a me totalmente estranei.
 La mia mente vibra e tintinna come un metal detector e mi indirizza immediatamente al piano superiore, senza farmi perdere neppure un istante in vane ricerche. Salgo le scale, mi dirigo istintivamente verso una delle quattro identiche porte bianche serrate, la apro silenziosamente, entro e poi lo vedo.
 E capisco.
 Sdraiato su un grosso letto matrimoniale, Jacob Black dorme profondamente, con i capelli mezzi sfuggiti dalla coda sparpagliati sul cuscino e il possente torace che va su e giù piano piano. Il suo viso è sereno, quasi femmineo, e guardandolo mi sembra di capire tutto: il Nulla, le tre vie, questo posto e la strana smania di prima.
 Ma so che è una sensazione effimera, destinata a sparire, perché i miei occhi sono pesanti, le membra stanche e la mia mente di nuovo debole.
 Provo a resistere, ma come prima non ho scampo, e posso solo arrendermi e crollare addormentato.



(Jacob) É la luce a svegliarmi, e il suono di un respiro profondo mescolato al mio.
 Ancora parzialmente addormentato, ipotizzo sia Leah e quindi continuo a crogiolarmi beato nel mio dormiveglia, protetto dal profumo e dal calore delle coperte. Solo dopo qualche minuto ricordo della tremenda lite che io e la mia amica abbiamo avuto, e di come lei abbia lasciato il branco.
 Allora spalanco gli occhi e mi volto sul fianco, ma quello che vedo mi fa credere di essere ancora nel bel mezzo di un sogno.
 Steso sulla schiena, Edward Cullen dorme beato, ignorando il sole che gli batte sul viso. I suoi capelli sono di nuovo ramati e la sua pelle è tornata lattea e perfetta.
 Ma, mi accorgo con una certa sorpresa, la luce del sole non la fa più scintillare.
 Ed è calda e morbida, come mi conferma una lieve carezza sulla sua guancia.
 Edward fa un verso sommesso, scostandosi un po’, e io ritiro la mano come se mi fossi ustionato.
 Sono forse impazzito? Che bella figura da idiota ci avrei fatto, se si fosse svegliato!
 Per impedirmi di fare altre sciocchezze, mi metto seduto e comincio a guardarmi attorno, osservando l’ambiente e cercando di capire dove mi trovo.
 Con la coda dell’occhio, però, non perdo Edward di vista e assisto così al suo risveglio. Si stiracchia sbadigliando, tenendo gli occhi ben chiusi, e quindi non si accorge subito della mia presenza. Ma quando lo fa spalanca gli occhi e poi si ritrae velocemente, come se lo volessi picchiare.
 Sbuffo, alzando gli occhi al cielo, e ho già un rimprovero acido e sarcastico sulle labbra quando noto due cose che mi congelano le parole in gola, e mi fanno spalancare la bocca stupito.
 La prima è che la pelle di Edward, ora, non solo è calda, morbida e priva di scintillii, ma è anche in grado di arrossire, come mi prova il suo viso, paonazzo per l’imbarazzo.
 La seconda è che i suoi occhi sono di un verde intenso e luminosissimo, incredibilmente simili ai miei.
“Cosa significa questo?” sussurro a mezza voce.
 Lui aggrotta la fronte e si passa la mano sul viso, perplesso. Deve intuire qualcosa perché si alza di scatto e si dirige velocemente verso la specchiera in fondo alla camera, percorrendo un tratto di stanza che è pienamente illuminato dalla luce del mattino.
 Anche questa volta la sua pelle non ha reazioni, ma lui non se ne accorge perché è troppo occupato a studiare il suo riflesso.
 Si allontana, si avvicina, si guarda in tutte le angolazioni possibili e finalmente si volta verso di me. Il viso è attonito e gli occhi spalancati ed increduli. Mi guarda per un lunghissimo istante e poi sgancia la bomba.
 “Credo… credo di essere tornato umano.”
 Sbarro a mia volta gli occhi e lo raggiungo in quattro balzi, osservando alternativamente sia lui che il suo riflesso allo specchio.
 In effetti sembrerebbe così, ma non può essere vero.
 “Dai, Edward, sai anche tu che è assolutamente…”
Mentre sto parlando, però, realizzo qualcosa alla quale prima non avevo dato molto peso.
 Non sento il lupo dentro me.
 Non sta dormendo da qualche parte, non si è ritirato in profondità, schiacciato dall’ Uomo Jake.
 É semplicemente svanito, come se non mi fossi mai mutato in vita mia.
 Improvvisamente, le sciocchezze di Edward non sembrano più così sciocche.
 Mi siedo sul letto, appoggiando i gomiti alle ginocchia e il mento sulle nocche delle mani, cercando di capire come possa essere possibile.
Ignoro Edward, ma lo sento passeggiare nervosamente per la stanza e, dopo una lunga esitazione, sedersi sul letto, stando però ben attento a non avvicinarmisi troppo.
 “É successo anche a te, vero?”
 Annuisco, in segno di risposta, e mi do dello stupido una volta di più.
 Il mio atteggiamento è infantile e ridicolo, ma sebbene abbia capito tutti i motivi e le ragioni che stanno dietro al suo tradimento, non riesco proprio a far finta di niente.


(Edward) Non capisco, non ha il minimo senso.
 Cos’è questo posto, e come è possibile che possa cambiare la nostra natura a tal punto?
 Do una rapida occhiata a Jacob e sorrido amaramente: fino a qualche mese fa avremmo dato ogni cosa per poter essere soli in una stanza, umani e lontani da tutto.
 Invece, ora, la mia presenza lo infastidisce e la sua irrita me, perché mi rende restio a portare a termine il mio compito proprio quando suicidarsi sarebbe più facile che mai!
 Stupido destino beffardo.
 Un’ulteriore rapida occhiata a Jacob e il mio odio per il vampiro si rinvigorisce, dando mi la spinta che cercavo: perché invece di guardare Jake di sottecchi e da lontano non posso avvicinarmi e stringerlo a me? Perché posso solo ricordare quanto siano morbidi i suoi capelli e calda la pelle? Perché un nostro bacio deve per forza essere una mia irrealizzabile fantasia?
 Io non avrei mai tradito la persona che amo, la colpa è solo del cadavere succhiasangue.
 Attaccarsi a certe minuzie, però, è effimero e privo di senso.
 Quel che conta è che l’atto è stato compiuto da colui che è noto come Edward Cullen, e appurare da quale delle sue mutevoli nature è solo un inutile cavillo.
 E di quell’atto e delle sue gravi conseguenze, qualcuno deve rispondere.
 Un qualcuno che non può essere altri che Edward Cullen, quale che sia la sua natura, al momento.
 Quindi devo morire, anche se non è giusto, e tanto vale farlo qui, ora.
 Ho visto un bel tagliacarte elegante ed appuntito mentre mi specchiavo, e con autentica soddisfazione lo raggiungo, camminando con passo felpato.
 Lo soppeso brevemente, ne stringo l’impugnatura cesellata, miro alla gola e una morsa di ferro mi stritola l’altro braccio, ricavando cupi scricchiolii dalle ossa.
Un violento strattone mi fa ruotare su me stesso, e mi trovo a fronteggiare una furia.



(Jacob) É già la seconda volta che impedisco ad una persona che amo di suicidarsi, potrei quasi farne una professione.
 O forse è meglio di no, perché la prima sensazione che provo, dopo, non è sollievo, ma il puro e semplice desiderio di finire l’opera con le mie mani.
 La reazione al vedere il polso squarciato di Leah è stata rabbia, il ricordare il luccichio della lama e la traiettoria fulminea verso il collo di Edward, invece, è un’esplosione di furia.
 Il ritmo snaturato del cuore si mischia al furioso ribollire di sangue e adrenalina, creando un rombo di turbina che assorda la mia mente e la incita a picchiare.
Prima che questo avvenga, fortunatamente, la consapevolezza si fa strada in me, e fa scemare un po’ quell’orribile fracasso.
I muscoli si rilassano, la morsa sul braccio diventa quasi una carezza, il ritmo del cuore rallenta un pochino e smette di essere così doloroso.
 Ma il fuoco non può sparire così, nel nulla: in qualche modo è necessario che venga spento.
 Oppure, mi dico osservando la serie di emozioni eterogenee che si dipingono sul viso di Edward, riconvertito.
 Con Leah è stato così, e ha funzionato: andrà bene anche per lui?
 Chino bruscamente il capo e cerco di scoprirlo, con un bacio che sicuramente non è molto aggraziato ma è di certo desiderato e apprezzato.
 Spalancando gli occhi verdi, Edward mi bacia e si fa baciare, prendendo fuoco tra le mie braccia e incendiando me.
 I suoi intenti suicidi vanno in cenere assieme alle mie stupide prese di posizione e al mio inutile orgoglio, e da esse rinasce un desiderio tiranno di unione e comunione.
 Lui è schiacciato tra me e la parete, e le sue braccia e le sue gambe sono avvinghiate ad ogni centimetro del mio corpo, ma siamo ancora troppo troppo lontani e separati.
 Ci baciamo forsennatamente, appassionatamente, cercando di annullare tutto, ogni cosa che non sia Noi.
 Siamo fuoco e bisogno disperato, oceano ed impeto, terra e forza bruta, aria e necessità vitale: le menti tacciono, i corpi urlano e strillano ordini imperiosi e perentori.
 Si muovono all’unisono, con coordinazione antica e perfetta, e ci insegnano una danza ancestrale.
 Non siamo mai stati più umani e non lo saremo mai più meno.
 Ci mangiamo, ci beviamo, ci colmiamo e poi urliamo, storditi dal piacere, dalla felicità e dalla completezza.
 Ci calmiamo, ci ritroviamo, rallentiamo, culminiamo e finiamo.
 Ci baciamo, e ci abbracciamo.
 Troppe parole.
 Ci Amiamo.



(Edward) Poi abbiamo parlato per ore.
 Sapevamo già tutto, ma certe cose assumono un significato del tutto speciale, se dette ad alta voce, e così è stato.
 Ci siamo spiegati, interrogati, giustificati, e abbiamo chiarito tutte le cose, o almeno tutte quelle più importanti.
 Non sappiamo ancora dove siamo, ad esempio, ma per ora non conta.
 Quello che conta è che io ho potuto fare il mio atto di espiazione, e che Jacob mi ha perdonato.
 Conta che finalmente ci sentiamo liberi, leggeri, e così felici che temiamo di scoppiare come grossi palloncini pieni di gioia.
 Ora sappiamo che possiamo, che davvero possiamo tutto ciò che ci viene in mente, senza timore che un sorriso diventi un’arma e un bacio una condanna a morte, ed è una sensazione che da alla testa.
 E quindi viviamo felici e sereni, ridendo, scherzando, esplorando questo posto e soprattutto danzando.
 Quel fuoco non è mai scemato, e concederglisi senza paura di finire carbonizzati è l’Estasi più straordinaria del mondo.
 Danziamo spesso e a lungo, indulgendo nei vari passi, e anche se è la centesima, o forse la millesima volta, che questo ballo si ripete, è sempre diverso, nuovo, e non delude mai.



(Jacob) E’ notte, siamo distesi nudi sull’erba, ci diamo la mano e osserviamo lo strano cielo di questo strano posto: le stelle, invece di scintillare fisse e gelide nello spazio blu, si rincorrono l’un l’altra, vorticando come le decorazioni di una trottola che gira forsennatamente.
 Non parliamo, ma sappiamo che stiamo pensando la stessa cosa: è tempo di prendere una decisione.
 In questo strano angolo di Universo, Spazio e Tempo sono categorie astratte e casuali, che non corrispondono in alcun modo alle leggi della Terra. Qui luce e tenebre, pioggia e sole, montagne innevate e deserti roventi, natura umana e natura vampirica, o licantropa, sono perfettamente intercambiabili e liberi di coesistere contemporaneamente.
 Questo posto è la terra della libertà e delle opportunità, dove tutto è possibile. Potremmo davvero rimanere qui per sempre.
 Eppure, sappiamo benissimo che questa è una cosa infattibile.
 Anche se, a livello puramente teorico, non ci sarebbe alcun tipo di problema, siamo tutti e due troppo consapevoli dell’importanza dei nostri ruoli.
 Io devo guidare i miei fratelli, proteggerli dalle idee pericolose di Ateara e onorare i miei antenati dimostrandomi un capo degno dei Black.
 Edward invece deve onorare il suo status di “Cullen” e soprattutto il rapporto di profondo affetto e gratitudine che lo lega ai suoi familiari.
 Non può abbandonarli così.
 Quindi dobbiamo tornare.
 La mano calda che stringe la mia si contrae brevemente.
 “Non possiamo fare altrimenti, vero?” Domanda, con voce soffocata.
 Scuoto il capo, sapendo che, con il groppo che mi si è bloccato in gola quando ho realizzato come stavano le cose, parlare non è facile né lusinghiero.
 Lo vedo annuire con espressione risoluta, poi volta il capo e mi guarda con una dolcezza disarmante.
 É rosso in viso, gli occhi gli illuminano il buio, e nella sua voce c’è un lieve tremolio.
 “Allora c’è una cosa che ti devo assolutamente dire. In realtà l’ho già capita molto tempo fa, ma nel nostro mondo non potevo dirtela.
 Ti amo, Jake.”
 Le mie difese crollano, polverizzate, e piango persino un po’, sopraffatto dall’enorme gioia che le sue parole mi hanno dato, ma anche dalla tristezza.
 Lui sembra capire, perché mi stringe tra le braccia senza dire nulla, e mi culla dolcemente.
 “Esteriormente e nei modi sembro un ragazzino di appena diciassette anni, ma in realtà sono vecchio.
 Vecchio e saggio.
 A lungo mi sono chiesto come fosse possibile che una tale congiura di problemi ed imprevisti si abbattesse così tenacemente su di noi, che non desideravamo altro che vivere tranquillamente e liberamente un sentimento straordinario e prezioso come l’Amore, ma osservando gli umani ho trovato una risposta.
 Siamo diversi.
 Troppo diversi.
 Tu hai una vita intera da vivere ed assaporare fino in fondo.
 Hai un futuro come Capobranco, come meccanico e probabilmente anche come marito esemplare e padre amorevole.
 Per te è previsto mutare nel tempo, diventare adulto, invecchiare, e alla fine spegnerti, al termine di una vita lunga, piena e luminosa.
 Io, invece, sono uno spettro incarnato e niente più.
 Non sono vivo ma non sono neppure propriamente morto e, malgrado conduca una qualche strana esistenza, non faccio comunque parte del mondo.
 Non di quello del 2011, almeno.
 Io sono nato nel 1901 e morto nel 1918, la mia sola, vera, vita è stata quella.
 L’Edward Cullen che osserva il tempo scorrere lentamente da più di ottant’anni è un’ombra, niente più di una falena imprigionata nell’ambra.
 Bellissimo, con una famiglia perfetta e colmo di salute, intelligenza, fascino, soldi e potere: come può qualcuno con simile fortune essere vivo?
Ma se la resina del gioiello d'ambra viene rotta, ciò che resta in mano non è altro che polvere ed antichi resti.
E lo stesso discorso vale per quello che c'è in me oltre l'apparenza.
Noi dovremo saperlo meglio degli umani, e per questo ci teniamo generalmente lontani da loro, impedendo sul nascere che situazioni simili possano avvenire e fuggendo alle prime pericolose avvisaglie.
Ma io ho sbagliato.
 La prima volta che ti ho visto è stato nel bosco, prima che ti mutassi. Pioveva forte e tu eri scivolato sul muschio, svenendo.
 Ti ho soccorso, ti ho portato a casa, ti ho medicato e mi sono fregato con le mie stesse mani: il tuo odore mi ha stregato e da quel momento in poi non ho fatto che pensare ad esso, e a te.
 Poi ci hanno messo in classe assieme, e ogni giorno che passava pensavo sempre più a quanto mi sembrassi bello e carismatico, nonostante l’aria sfrontata.
La tua mutazione improvvisa, quel giorno, ha solo accelerato le cose facendo realizzare i miei desideri.
 Ma anche dopo quel bacio non ne volevo sapere: ho continuato a raccontarmi bugie, a dirmi che la mia era solo semplice attrazione sessuale e che non c’era nulla di pericoloso.
 Invece mi sono innamorato sul serio.”
 Mi posa un bacio leggero sulla fronte e mi fa un sorriso.
 “Incredibile fino a che punto si possa mentire a se stessi, vero?
 Comunque, non avrei mai dovuto permettere che una cosa simile potesse accadermi.
 Nell’amore non c’è solo l’affinità e la fisicità, ma tutto un lungo e complesso percorso che porta la coppia a creare certezze e maturare assieme.
 Io sono bloccato in una dimensione che è fuori dal tempo, e sono immutabile.
 Non posso costruire nulla, anche se lo vorrei, e non posso maturare, né invecchiare.
 Se stessimo insieme, non farei altro che tarparti le ali, e incatenarti a me;
 e morirei pur di non farti vivere così.
 Inoltre tu hai compiti e doveri che sono molto più importanti e delicati dei miei.
 Devi occuparti del Clan, guidarlo rettamente, preoccuparti del suo futuro e dell’armonia tra le specie.
 Non posso portarti via da tutto ciò, anche se non c’è altro che desideri, al mondo, se non averti al mio fianco.”
 Sento una goccia calda sul viso, e capisco che Edward sta piangendo.
 La rabbiosa protesta che mi stava nascendo dal cuore, evapora in un attimo, e viene schiacciata dalla consapevolezza.
 Ha ragione, ha perfettamente ragione.
 Io non posso, davvero non posso abbandonare i miei fratelli. Ho reclamato il mio posto di Alfa e devo onorare questa via, e tutto quello che comporta, anche se il sacrificio, per adesso, mi sembra disumano.
 Altre lacrime affiorano ai miei occhi, e cadono al suolo assieme alle sue mentre mi volto e mi alzo, per baciarlo sulle labbra un’ultima volta.
 Vorrei dirgli tante cose, ma non saprei da che parte iniziare, e forse possono bastare anche solo quattro parole.
 Sono certo che lui capirà.
 “Anche io ti amo, Edward. Scusa. Grazie”


Finally! Giusto giusto in tempo per Natale! Il mio è stato orribile, francamente, ma non poteva essere altrimenti, quindi ok =) Ma mi auguro che il vostro sia stato, invece, molto  piacevole! Questo è il penultimo capitolo di What If, ma ci credete? Un bacione e buone vacanze!

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Capitolo 40
*** The End ***


(Alice) Scendo precipitosamente le scale di cemento del garage di Harrison Ateara, sobbalzando ad ogni rumore, inclusi quelli che produco io. Le mie mani tremano in maniera incontrollabile e, nonostante i guanti di plastica spessa mi garantiscano un’ottima presa, rischio più di una volta di farmi sfuggire le grosse bottiglie piene di sangue che sto trasportando.
Salto giù dall’ultimo gradino e mi ritrovo in un corridoio buio, tetro, stretto e apparentemente senza fine. Un singulto scoraggiato mi sale alle labbra ma prendo un profondo respiro e mi impongo di non farmi prendere dal panico: in questo momento Jasper ha un disperato bisogno di aiuto e posso essere solo io a darglielo.
Mi faccio coraggio e comincio a percorrere il corridoio avanti e indietro, senza però riuscire a scorgere neppure una porticina. Non demordo e mi metto carponi, tastando ogni centimetro di muro disponibile con una mano.
Finalmente, trovo un’apertura: una sorta di rettangolo ritagliato dal compensato, alto poco più di mezzo metro e sigillato da un pezzo di compensato di medesima forma, colore e dimensione. Riesco a liberarmene senza fare troppo rumore ed entro nella cella, appena rischiarata dalla fiochissima luce di un’economica lampadina priva di paralume e completamente impolverata. Intuisco solo a malapena le due sagome umane che ho di fronte e stando a ciò che ho estorto ad Ateara, forse è meglio così. Recupero le bottiglie di sangue e mi avvicino circospetta.
Leah Clearwater è messa davvero male: è totalmente ricoperta di ferite, sangue coagulato e lividi e lo stato delle sue, una volta splendide, gambe mi strappa un gemito di puro orrore. É aggrappata con forza alla mano destra di Jasper, ma non può fare altro, oltre a questo, e lui non è certo messo meglio. É appoggiato in qualche modo alla parete, ma le sue membra sono buttate a caso qua e là e il modo in cui tiene piegato il collo è decisamente innaturale.
Allungo una mano per toccargli il viso, ma una serie di violenti spasmi lo scuote da capo a piedi, facendolo dibattere in maniera orribile.
Solo ora mi accorgo della corda corta e spessa che gli stritola i fianchi e di come fumi al contatto con la sua pelle.
Digrigno i denti, sono stata fin troppo buona con quello scarto umano di Ateara.
Stacco rapidamente quell’orrida sanguisuga dal corpo di Jasper e comincio a nutrirlo, cercando intanto di capire quanto siano gravi le condizioni di Leah. Sicuramente è stata attaccata con ferocia inaudita, ma al momento non è l’entità delle ferite a preoccuparmi: quello che mi spaventa è il fatto che abbia passato almeno sette ore in questo posto sporco e disgustoso, senza ricevere le cure adeguate. Sicuramente il suo super organismo le avrà permesso di far rimarginare la maggior parte dei tagli, ma temo che comunque essi abbiano avuto tutto il tempo per infettarsi e causarle una setticemia.
E sono assolutamente certa che fosse questo quello a cui puntava Ateara.
Alla luce di ciò, sfondare il muro al quale Jasper era addossato si rivela un’operazione molto più semplice e liberatoria del previsto. Una volta fatto mi carico Leah in spalla, prendo Jasper per mano ed esco finalmente da quell’orribile prigione.

(Edward) Apro gli occhi e il senso di tremenda debolezza che mi pervade mi informa che sono ritornato alla Realtà.
Sospirando rassegnato, mi metto a sedere stiracchiandomi e mi guardo attorno. Jacob dorme ancora e Simone siede all’ombra di un grosso albero, ai margini della radura. Alzo gli occhi al cielo e la posizione del, poco, sole mi rivela che non è passato poi molto tempo da quando “Abadon” ci ha trattenuto. Finora nessuno ci è venuto a cercare, ma è meglio non tirare troppo la corda.
Ho ancora al massimo mezz’ora di tempo, dovrei cominciare ad incamminarmi verso casa.
Mi alzo svogliatamente e, mentre sistemo i vestiti umidi e spiegazzati, quella che deve essere la voce della mia coscienza mi fa una rivelazione: posso anche non tornare.
In fondo, io ho sempre odiato Forks, ed è evidente che qui non c’è più niente per me. La mia famiglia è spezzata e Jacob irraggiungibile: che motivo ho di stare qui a piangermi addosso?
Perché, invece di ammazzare il tempo fingendo di vivere una vita che non mi appartiene, non posso viaggiare e vedere il mondo?
Mi guardo attorno in cerca di ispirazione, e il mio sguardo si posa su Jacob, che dorme ancora: cosa farebbe lui, se fosse nei miei panni?
Cosa mi consiglierebbe?
Osservo il suo bel viso, dolce ma incredibilmente determinato persino mentre dorme, e mi trovo a pensare che probabilmente lui mi spingerebbe a partire: non perché non sentirebbe la mia mancanza, ma perché mi ama e vorrebbe il meglio per me. E lo stesso discorso vale anche per i miei genitori.
Improvvisamente deciso e determinato, mi alzo e comincio a camminare.
Per evitare di cadere in tentazione non mi fermo a guardare indietro e rallento il passo solo per salutare e ringraziare silenziosamente Simone, che mi lancia un’occhiata penetrante e poi mi augura buona fortuna.
Mi addentro nel fitto del bosco, e ben presto i dubbi tornano a tormentarmi.
Una volta tanto, però, mi rifiuto di scappare e proseguo per la mia strada, ignorando i sensi di colpa e il cuore che mi sprofonda nel petto ad ogni passo.
Arriva la sera e mi trovo nei pressi di un porto: le luci della città sono più intense rispetto a quelle di Forks e danno al cielo e al mare una bellissima sfumatura giallina e calda che non avevo mai visto in vita mia.
Mi siedo e osservo il paesaggio, immerso in una quiete irreale, conscio finalmente di aver fatto la scelta giusta.
 
(Jacob) Apro gli occhi e, con la stessa consapevolezza che ho di essere sveglio, sento che Edward ha lasciato Forks.
Il primo impatto è traumatico e passo svariati minuti con gli occhi sbarrati verso l’alto.
Non sento rabbia, ma una nostalgia già così intensa e prepotente che, almeno all’inizio, mi fa desiderare solo di mutarmi e abbandonare tutto e tutti.
 Fortunatamente, poi, il buon senso ha la meglio e mi permette di vedere le cose con maggiore lucidità. Edward mi ha sempre spronato ad onorare i miei doveri, quindi mi sembra quantomeno doveroso lasciargli la libertà di fare le sue scelte. Conoscendolo, credo che per lui questa decisione sia stata molto difficile da prendere e se alla fine ha deciso di intraprendere questo viaggio, non posso che pensare che sia la scelta giusta e il meglio per lui.
Tanto mi deve bastare.
Pensando a tutte le cose che devo fare e sistemare alla Riserva, mi alzo e in un battito di ciglia Simone mi appare accanto.
 Mi rivolge un sorrisino incerto e poi mi porge un foglietto scritto in grafia elegante.
“Alice Cullen ha risolto ogni cosa: la tua amica Leah è al sicuro, e per il momento dimora a questo indirizzo. E’ pressoché guarita da tutte le ferite dello scontro con gli accoliti di Ateara ed è assistita da una persona fidata, quindi puoi stare tranquillo.”
 “E chi sarebbe questa persona?”
“Jasper Hale.”
 Alzo il capo, sorpreso, ma Simone non sembra intenzionata a dire nulla di più sull’argomento quindi mi limito a prendere il foglietto bofonchiando un ringraziamento. Mi volto per andarmene, ma una mano fredda mi si posa sul braccio.
 “Mi dispiace per come è andata a finire. Avrei voluto fare di più, ma sembra che il mio potere non sia poi così utile…”
“Gli occhi di Edward sono verdi, quasi identici ai miei, e i capelli un po’ più scuri del colore al quale sono abituato. Ho scoperto che dorme tutto appallottolato, generalmente sul fianco sinistro, e che soffre un po’ di bassa pressione, sicché la mattina presto non è esattamente brillante e gli ci vuole un bel caffè forte per carburare. La sua cucina è un qualcosa di paradisiaco e come ciò sia possibile è un vero mistero, visto quanto è negato nelle attività pratiche. É spesso totalmente tra le nuvole, è un ritardatario cronico e non sa stare neppure mezz’ora senza fare una domanda, generalmente tanto astrusa, specifica e separata dal contesto da farti chiedere da dove l’abbia pescata. Se tu non avessi creato per noi quell’ultima illusione, non avrei mai scoperto tutte queste cose. Non avrei mai conosciuto il vero Edward e ora sarei a pezzi, furibondo e sfiduciato, perché il mio grande amore sarebbe andato totalmente sprecato. Invece, grazie a te, io e lui siamo davvero stati assieme e i ricordi che ho di quel periodo ne sono la prova. E quando sarò preoccupato perché avrò a che fare con lupi particolarmente ribelli, o dovrò mettermi a studiare complicate strategie o che so io, mi verranno in mente e alleggeriranno tutto, ricordandomi che ne è valsa la pena. Tu e il tuo potere siete stati molto più che indispensabili e né io né lui potremo mai sdebitarci, o ringraziarti abbastanza per quello che ci hai regalato.”
“Sei una persona straordinaria, Jacob Black, quindi non ho dubbi che sarai anche un capo eccellente. Doti come la tua bontà e la tua grandezza d’animo non si trovano tutti i giorni e sono molto più preziose di quanto si possa immaginare. Ti auguro il migliore dei futuri possibili, e di essere felice e realizzato come Capobranco e come persona. Io… credo che prima o poi tornerà.”
“Già, è quello che spero anche io…”


(Leah) Stesa sul letto del Posto Sicuro nel quale Alice ci ha portato, mi concentro spasmodicamente per cercare di capire il senso delle frasi sussurrate che mi arrivano da dietro la porta.
Alice e Jasper stanno discutendo di qualcosa, e io muoio di curiosità ed apprensione. Vorrei tanto  potermi mutare per sentire meglio, ma sono completamente sfiancata dai farmaci e poi temo che sarebbe come lanciare un razzo da segnalazione; e visto che ho un’idea abbastanza chiara di quali siano i sentimenti della comunità mannara nei miei confronti, meglio evitare.
La mia concentrazione, però, viene interrotta da una presenza lupesca che, stando ai miei sensi, si avvicina a tutta velocità a questo caseggiato.
Non ho neppure il tempo di mettermi seduta che Jasper ed Alice entrano nella stanza e si schierano ai lati del mio letto: la posa che assumono è forzatamente amichevole e rilassata, ma la tensione nell’aria è inequivocabile e il cuore comincia a rullarmi nel petto.
L’aura di questo lupo è potente e sconosciuta, eppure allo stesso tempo stranamente familiare: si ferma esattamente sotto a questo palazzo, rimane quasi in attesa per qualche istante e poi sfuma nel nulla, indicando che il suo proprietario è ritornato umano. Infatti, dopo poco, sentiamo il campanello suonare perentorio ed Alice, dopo averci lanciato un’occhiata obliqua, si precipita ad aprire.
Il nervosismo distorce i miei sensi, quindi lo schiocco del portone mi sembra uno sparo e il rumore dei passi pesanti sulle scale, una marcia funebre.
“Leah…”
É il sussurro ammonitore di Jasper a farmi rilasciare il fiato, e la sua mano che avvolge la mia ciò che mi fa ricordare come respirare correttamente.
 Abbasso lo sguardo per osservarle, ma in questo momento di totale nervosismo ed incertezza neppure le nostre dita intrecciate mi sembrano un simbolo di forza.
Anzi, il contrasto tra tonalità e temperatura mi colpisce come mai prima d’allora e mi fa pensare che tutto questo non sia altro che un’assurda pazzia. Alice ha visto e ci ha riferito quel che è successo tra Edward e Jacob: perché, invece, tra me e lui le cose dovrebbero essere differenti?
“Devo ricordarmi che sei una vera e propria forza della natura, ma che non sei in grado di gestire l’ansia.”
Sussurra Jasper, in tono vagamente strafottente e quando mi giro inviperita, pronta a rispondergli per le rime, lui mi stupisce: si piega su di me e mi sfiora le labbra con un bacio.
La tensione svanisce in un battito di ciglia e, mentre la mia temperatura interna raggiunge molto rapidamente quella del magma rovente, registro che ora i battiti forsennati del mio cuore sono dettati dall’emozione.
Vorrei dire, e fare, molte cose ma la confusione del momento mi fa perdere istanti preziosi e, quando finalmente ho deciso di volerlo baciare anche io, la porta si apre e Jacob entra nella stanza.
Anzi, forse sarebbe più corretto dire che Jacob domina la stanza e ne riempie ogni più minuto centimetro con la forza e il carisma che sembrano avvolgerlo ed illuminarlo di una luce nuova.
Non c’è da stupirsi che non abbia riconosciuto la sua aura.
 Le sensazioni che traggo dal vederlo sono sicurezza, determinazione, autorità e non c’è traccia di tutto il dolore e l’amarezza che temevo lo avrebbero divorato.
Jacob è sereno, pacato, consapevole, e solo ora capisco cosa gli è successo: ha preso coscienza di ciò che è e di quello che può fare ed è pronto ad essere il Capo migliore che la tribù Quileute abbia mai avuto.
Eppure rimane sempre il mio adorato Jackie, e lo ritrovo facilmente nel modo in cui ha accartocciati tra di loro i manici del sacchetto di plastica della farmacia e nell’espressione dispiaciuta ed imbarazzata che mi rivolge.
 Come se non avessi anche io un milione di cose per le quali farmi perdonare.
Dimenticando l’intontimento farmacologico e le raccomandazioni del dottor Cullen, balzo in piedi e gli corro in braccio, abbracciandolo stretto.
E quando lui mi fa volteggiare per la stanza ridendo e intanto scambia un occhiolino complice con Jasper, capisco che tutto andrà a posto e che nonostante tutto la mia vita è perfetta.


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(Due anni dopo) “Sei sicura di avere tutto sotto controllo?”
Leah mi fulmina con un’occhiataccia, ma annuisce.
“Per l’ennesima volta, Jacob, si! Andrà tutto bene, vedrai. Ti ho mai deluso in qualità di vice?”
“Non mi hai mai deluso e basta.”
Le concedo con un sorriso, dopodiché mi sistemo lo zaino sulla schiena e mi sporgo a baciarla.
Lei mi fa un enorme sorriso “Sei sicuro di non volerti fermare qualche giorno di più? É passato molto tempo dal vostro ultimo incontro.”
“Non ti preoccupare, quattro giorni saranno più che sufficienti. Non mi voglio approfittare di te, e poi chi lo sa, magari Jasper ha qualcosa in serbo per te e fermandomi di più gli romperei le uova nel paniere.”
 Sorrido della sua espressione stupefatta, le faccio un ultimo cenno di saluto e poi mi trasformo, iniziando subito a correre.
Non è la prima volta che faccio questo viaggio, ma ogni volta mi da sempre la stessa emozione.
Non vedo l’ora di vederlo, corrergli incontro, baciarlo e stare a sentire quello che ha fatto nell’ultimo periodo.
Naturalmente mi tiene aggiornato tramite lettera, così come faccio io con lui, ma sentire le cose raccontate da lui ha un fascino tutto speciale ed irrinunciabile.
I chilometri scorrono veloci sotto le mie zampe e le tre ore di viaggio mi sembrano durare poche manciate di minuti.
Quando arrivo al posto il sole sta tramontando e lo trovo ad aspettarmi sul patio.
Mi raggiunge e, prima che abbia il tempo di sciogliere la mutazione, mi abbraccia stretto.
“Mi sei mancato tanto, Jake.” Sussurra.
“Mi sei mancato tanto anche tu, Edward”.



E finalmente, dopo quattro lunghi, lunghissimi anni, “What If” vede scritta la parola Fine. Credevo che sarei stata più “fredda” mentre scrivevo queste ultime righe, ma come sempre le mie emozioni mi prendono in contropiede, e ora mi scopro molto emozionata e incapace di scrivere delle frasi di senso compiuto. “What If” è nata come sfogo adolescenziale e è poi cresciuta assieme a me, diventando molto altro: adesso è un progetto finito e del quale sono molto orgogliosa. Per me è molto difficile portare a termine quello che inizio, ma se in questo caso ce l’ho fatta è anche e soprattutto merito vostro, che l’avete ricordata (5), seguita (39) recensita(+/- 140), inserita nelle storie preferite (35) e soprattutto e letta e riletta. Avete fatto voi “What If”, e vi ringrazio profondamente per averla resa quello che è. Vi abbraccio tutti, Isabella.  

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