What If? di Ysis Donahue (/viewuser.php?uid=41111)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Beginning ***
Capitolo 2: *** Attraction ***
Capitolo 3: *** Tra rivelazioni, botte da orbi e splendidi sogni ***
Capitolo 4: *** Prove di resistenza e variegate riflessioni ***
Capitolo 5: *** Burning Desire ***
Capitolo 6: *** Together ***
Capitolo 7: *** Passion and Plans ***
Capitolo 8: *** Strategies ***
Capitolo 9: *** Turning Points ***
Capitolo 10: *** Go On ***
Capitolo 11: *** Temptations And Doubts ***
Capitolo 12: *** Troubles ***
Capitolo 13: *** Foward To Time Past I ***
Capitolo 14: *** Foward To Time Past II ***
Capitolo 15: *** Beginning Of A Different Path ***
Capitolo 16: *** What Love Is ***
Capitolo 17: *** Sweet Night ***
Capitolo 18: *** Challenge, Volturi, Emotions ***
Capitolo 19: *** Cracks ***
Capitolo 20: *** Jealousy ***
Capitolo 21: *** A Promise ***
Capitolo 22: *** Volturi's Dangerous Plan ***
Capitolo 23: *** Far Far Away ***
Capitolo 24: *** What's happening and what will happen ***
Capitolo 25: *** Double D: Dating and Decisions ***
Capitolo 26: *** {J}acksonville ***
Capitolo 27: *** Werevolfes, Vampires, Confessions ***
Capitolo 28: *** Rivelazioni ***
Capitolo 29: *** Feelings ***
Capitolo 30: *** BreakDown ***
Capitolo 31: *** 痛み (Pain) ***
Capitolo 32: *** Searching And Destroy ***
Capitolo 33: *** Finally Better ***
Capitolo 34: *** Speechless ***
Capitolo 35: *** Dolcenera ***
Capitolo 36: *** Leaders Of The Wolves ***
Capitolo 37: *** Chess ***
Capitolo 38: *** Masquerade ***
Capitolo 39: *** What If ***
Capitolo 40: *** The End ***
Capitolo 1 *** The Beginning ***
(Edward)
Un’altra ora di lezione, in un giorno identico agli altri.
L’immortalità è un dono veramente
sfibrante.
Toglie la passione e l’interesse per ogni cosa e
tutto diventa grigio tedio e noia. E finisce che non ti appassioni
più a nulla, più niente ti sconvolge o ti rende
felice.
Sì, l’immortalità
è davvero una grandissima fregatura.
Mi riscuoto dai miei tristi pensieri e vedo entrare Bella
Swan, la figlia dell’Ispettore di Polizia di Forks Charlie
Swan, new entry nella piccola comunità della cittadina e
quindi oggetto di mille attenzioni e pettegolezzi.
Niente di particolare. Carina però.
Il professore la fa sedere accanto a me e sono attratto dal
profumo delizioso del suo sangue. Per fortuna mi sono nutrito da poco,
sennò sarebbe stata una tentazione davvero irresistibile.
Per ogni evenienza, mi scosto un po’da lei con la
sedia e incontro, in risposta, il suo sguardo interrogativo.
Dandomi dello stupido cerco di percepire i suoi pensieri per
vedere come mi conviene comportarmi, ma stranamente non
percepisco nulla. Mi concentro maggiormente ma niente, la sua mente
è totalmente isolata dal mio potere.
Un sospiro di sollievo sale alle mie labbra.
Magari fosse così con tutte le persone! A volte,
anzi direi fin troppo spesso, è veramente snervante sentire
ventiquattr’ore su ventiquattro i pensieri degli esseri umani!
Mi dimentico di Bella Swan e del mistero della sua mente muta
e mi impongo di rimanere in classe fino alla fine dell’ora.
So che se chiedessi di andare in bagno sarebbe la fine, non resisterei
alla tentazione e me ne scapperei via, facendo preoccupare e deludendo
Esme e Carlisle.
E non ci tengo.
“Alice, salvami! Ti prego dimmi che domani ci
sarà un sole da spaccare le pietre!” Penso,
focalizzando nella mente il viso di mia sorella. Dopo circa cinque
minuti la sua voce argentina mi trilla acuta in testa, facendomi
storcere il labbro.
“No, mi spiace. Domani sarà una giornata
piuttosto coperta. Pioverà pure!”
Gemo sconsolato.
“Perché? Non sei andato a caccia giusto
stanotte?”
“Si, infatti non intendevo cacciare. Ho scommesso
con Emmett che avrei catturato quattro lupi, questa settimana. Me ne
manca uno solo, e non ho intenzione di perdere!” Sogghigno,
pregustando già la vittoria.
“Ma questo vuol dire che rischierai di invadere il terreno
della Riserva! Lo sai che siamo banditi da lì!”
Comincia Alice, con voce preoccupata.
“Lo so, lo so. Calmati Alice, nessuno lo
verrà mai a sapere! Sarò velocissimo e comunque
non mi nutrirò là, rapirò solo un
animale selvatico! O credi forse che ne tengano
l’elenco?”
“Non comportarti da incosciente Edward! Ma perché
tu ed Emmett dovete sempre andare a caccia di guai?”
“Perché è divertente!”
Alice lancia un urletto frustrato “Edward accidenti, sei
impossibile!”
Rido.
“Perché devi sempre farmi stare in pena con queste
pazzie?”
Mi rabbuio. “Non preoccuparti Alice. Ho la testa sulle
spalle.”
“Lo so, lo so, non offenderti. È solo
che non capisco perché a te e ad Emmett attragga
così tanto l’idea di rompere
l’equilibrio con gli umani! Sapete quanto i Quileute ci
abbiano in antipatia! Basterebbe stuzzicarli quel tanto di troppo per
scatenare le voci! E se anche gli abitanti di Forks la prendessero sul
ridere sai benissimo che i Volturi sarebbero di tutt’altro
avviso! Volete forse dargli uno spunto per venirci a cercare?
Perché non la piantate, una buona volta?”
“Sai bene la risposta, è la stessa che spinge te e
Rose ad seguire con tanta cieca devozione la moda delle ragazzine.
Vogliamo sentirci parte del mondo degli umani, e provare emozioni che
ci facciano credere che la nostra esistenza abbia un qualche
senso.”
Alice tace e io mi concentro su altro, per impedirle di contattarmi
ulteriormente. Essere telepatici consente di vincere tutte le
discussioni, ma provocare Alice non è mai una buona idea.
(Edward,
nel pomeriggio) L’aria scorre tra i miei
capelli, e mi solletica il viso.
Ha un profumo assolutamente delizioso, sa degli ultimi attimi
d’estate, degli ultimi raggi di caldo prima dell’
autunno e dell’inverno.
Mi piace l’estate.
Anche da umano, ricordo che era il periodo
dell’anno che preferivo: niente scuola, un lavoretto in un
ristorantino frequentato da ragazze carine, le nuotate in spiaggia, il
dormire fino a tardi, il sole...
Mi manca essere umano e poter godere di tutte queste semplici
cose. Ora come ora la mia vita mi sembra una prigione eterna. Posso
solo andare avanti allontanando tutto e rifuggendo qualsiasi contatto,
fino al giungere di un’ipotetica fine.
Sto forse avendo una “crisi di mezza
età?” Sarebbe proprio comica.
In verità so che cosa mi manca: compagnia. E non intendo
quella della mia famiglia, ma quella di una persona che mi possa
capire: la compagnia di un amico, di qualcuno diverso da te ma che
è in grado di capirti, sostenerti, e ascoltare le tue
confidenze.
Anche se adoro la mia famiglia e ho un bellissimo rapporto
con i miei fratelli, la verità è che mi sento
molto solo. Sarà anche perché sono
l’unico single da oltre cento anni?
Ma guai a parlare di questo in casa, rischierebbero un colpo per la
tristezza e l’ansia.
E probabilmente Alice organizzerebbe dei casting per trovare la mia
vampira ideale.
Meglio gestire tutto da solo, come sempre.
Mentre rifletto saltello velocemente da un ramo all’altro,
seguendo l’odore della lupa che ho appena stanato.
E’ un magnifico esemplare, degno di Emmett: una grossa madre
che ha da poco partorito quattro cuccioli spelacchiati.
La vedo mentre entra in una stretta grotta, alla base di una spelonca
di roccia, e sospiro.
Pazienza, aspetterò.
Mi siedo per terra, di fronte alla tana, e comincio a
fantasticare. Per come la vedo ora, l’unico vantaggio
dell’Immortalità è l’infinita
quantità di pazienza che dona negli anni. Il tempo scorre
lento ma curiosamente privo di spessore, e due ore passano in un lampo.
"Certo che si potrebbe anche sbrigare" penso. Non deve volerci molto a
sfamare quattro cuccioli, probabilmente si è addormentata.
Cambio posizione e continuo ad attendere, sperando di non dovere
entrare nella grotta.
Non voglio fare più rumore del necessario.
La sera comincia a scendere e grossi nuvolosi si addensano sul monte.
Apro l’automatico un istante prima che la pioggia cominci a
cadere, sorridendo. Tra i vantaggi dell’ essere un vampiro,
ci sono anche i poteri extra dei quali si può disporre.
Ma ora devo per forza entrare nella grotta, sia perché la
pioggia complica in maniera non indifferente il trasporto della lupa e
le potrebbe facilitare la fuga, ma anche perché detesto
bagnarmi.
Ma proprio quando sto per scendere dall’albero, una
serie di passi rapidi e pesanti mi bloccano al mio posto. Mi metto a
scrutare il sottobosco e presto individuo colui che ha intralciato i
miei piani.
É evidentemente un indio: alto, capelli lunghi e neri, pelle
bronzea, fisico allenato ma snello e aria da duro. Sono abbastanza
sicuro che si tratti dell’ultimo Black, il bis bis bis bis
nipote dell’ideatore del Patto, accordo che proibisce ai
Cullen di entrare alla Riserva e che io sto violando con forse
troppa leggerezza.
Per la prima volta mi sento vagamente in colpa per le scherzose
scommesse tra me ed Emmett. Se ci scoprissero nel loro territorio, i
Quileute ci scaccerebbero e comincerebbero a parlare.
E il pericolo che le voci arrivino ai Volturi è
reale, senza contare il fatto che qualche invasato di Forks potrebbe
fare un salto all’ufficio del catasto e notare che,
ciclicamente, una giovane coppia con cinque figli adottivi si
stabilisce in una grande magione nascosta nel bosco.
Dovremmo scappare, e spezzare la serenità che ci
è costata così tanti decenni di fatica,
autocontrollo e astinenza.
Basta questo morso alla bocca dello stomaco, questo senso di colpa
così prepotente, a rendermi questo Black veramente odioso.
Cosa cavolo sarà venuto a fare qui, in una giornataccia come
questa? Non lo vede che piove? Non ce l’ha una ragazza, un
amico, un computer, una copia di Playboy a casa?
Scruto il sottobosco, impaziente, ma non riesco a vederlo e
deduco che si debba essere infilato nella grotta.
Prego che la lupa lo strazi.
Seccato chiudo gli occhi e mi metto ad annusare
l’atmosfera. Sento l’odore della pioggia, del
vento, del bosco, del freddo. Quello dei cuccioli di lupo e della loro
madre. E poi l’odore del giovane indio.
Una fragranza penetrante ma decisamente seducente.
Piego la testa di lato, gli occhi sempre chiusi, e comincio ad
analizzarla. E’ calda e viva, la definirei quasi …
vigorosa.
Ha un dolcissimo aroma di campo, che crea un contrasto meraviglioso col
sentore d tabacco e cuoio che si avverte poi. Vi leggo solitudine,
tristezza, rabbia e dolcezza. Anche una decisa dose di sfrontatezza.
E’ tenue e ruvida in una maniera quasi irresistibile, e mi
mette addosso una sete che non sento da anni.
Un fruscio più pesante della goccia di pioggia sul
sottobosco cattura i miei sensi, e spalanco gli occhi.
Jacob Black è appena apparso esattamente sotto
questo larice e, mentre lo scruto, ipotizzo che debba avere uno stuolo
di ragazzine innamorate che lo seguono ad ogni passo: nonostante il
fisico vigoroso e l’aria tenebrosa ha un viso che, ad attento
esame, si mostra insospettabilmente bello e aperto al sorriso.
E se ora si togliesse dalle palle io sarei libero di onorare la mia
scommessa e tornarmene a casa a riscuotere la penale.
Questo me lo renderebbe leggermente più simpatico.
Non so in virtù di quale benigno gioco del fato, le mie
preghiere vengono esaudite e Mr. Black, dopo aver fumato una sigaretta
con tutta la calma del mondo, si allontana.
Sospiro di sollievo e alzo gli occhi al cielo in segno di gratitudine,
poi scivolo lungo il fusto della pianta e mi introduco nella grotta.
Come avevo immaginato, madre e cuccioli dormono tranquilli.
Inarco un sopracciglio, Black deve essere del tutto matto. Rischiare di
prendersi uno di quei noiosi, eterni e alquanto fastidiosi malanni
umani, per non parlare dell’eventualità di un
attacco da parte della mamma lupa, solo per venire a dare
un’occhiata?
Scuoto il capo, dopodiché afferro la mia preda, me la carico
sulle spalle, ed esco dalla tana, cercando di essere il più
cauto possibile.
La pioggia è aumentata e il paesaggio sarebbe quasi
indistinguibile ad un occhio umano, ma si da il caso che io veda
perfettamente.
Corro veloce nel sottobosco col mio fardello sulla schiena e sono quasi
arrivato alla macchina quando sento un rumore strano,
un’imprecazione e poi più nulla, se non
l’odore del sangue di Jacob Black, che mi suscita un violento
spasmo di desiderio.
Il campione deve avere scoperto, a sue spese, che il muschio bagnato
è scivoloso.
Smetto di respirare e mi metto a cercarlo, orientandomi con
l’udito e la vista e sperando di non metterci troppo.
Fortunatamente lo trovo abbastanza in fretta, sdraiato sotto un larice,
ma c’è un problema: è svenuto.
Cadendo ha battuto la testa su un sasso, e questo basta a risvegliare
il mio animo di medico: potrebbe avere una commozione cerebrale, o un
ematoma e sarebbe meglio che venisse subito visitato.
Senza parlare poi dell’impossibilità di
abbandonarlo di notte, svenuto in mezzo alla foresta e per di
più durante un temporale.
Sospiro, posso fare solo una cosa.
Con una corsa porto di nuovo la lupa alla sua tana,
dopodiché torno dal ragazzo, me lo carico sulla schiena e
corro alla Riserva, pregando di avere un po’ di fortuna.
(Jacob)
Ho tanto freddo che mi sembra di dover congelare da un momento
all’altro e le orecchie mi sibilano, come se fossi in mezzo
ad un ciclone.
Tutto, attorno a me, ondeggia e questo non aiuta il doloroso
pulsare della mia testa, né la sgradevole sensazione di
compressione del mio stomaco.
Realizzo di essere aggrappato a qualcosa che corre come un fulmine, ma
prima che la sensazione si concretizzi del tutto il mondo si ferma
nuovamente e io mi trovo adagiato su una superficie morbida e cedevole.
Mani fredde ed esperte mi tastano il capo con sicurezza e
gentilezza, ci picchiettano sopra qualcosa che brucia, armeggiano
ancora un po’ e poi sembrano svanire nel nulla.
Riesco finalmente ad aprire gli occhi, e capisco di trovarmi
a casa di mio padre.
Provo ad alzarmi, ma la testa mi gira troppo e ricomincia a fare male.
La tasto delicatamente con una mano e sento un grosso cerotto sopra un
sopracciglio e, sotto di esso, un bel bernoccolo.
Cerco di dare un senso a quello che mi è appena
capitato, ma se mi sforzo più del necessario la testa sembra
spaccarmisi in due, quindi mi risolvo a dormirci su.
Chissà che domani non abbia le idee più chiare.
Mi spoglio velocemente e mi infilo sotto le coperte, registrando a
malapena che i vestiti sono bagnati fradici. Prima che possa farmi
qualche altra domanda, però, mi addormento di botto.
(Edward)
Scruto la boscaglia con il mio sguardo infallibile e
ripercorro il percorso del pomeriggio, correndo tanto
velocemente che la pioggia non potrebbe sfiorarmi neppure se fossi
senza ombrello.
Black è a posto, ora voglio concludere l’altra
faccenda.
Individuo l’entrata della caverna, vi penetro, catturo la
madre dei cuccioli e poi esco nel giro di una manciata di secondi,
sospirando.
Un’operazione che sarebbe dovuta durare appena una
mezz’oretta ha richiesto quasi tre ore, accidenti a quel
dannato ragazzo!
Sicuramente Emmett me lo farà ricordare per due o tre
lustri.
Mugolando inizio a correre, e in pochi minuti raggiungo casa.
Mio fratello si fionda al mio fianco e, come previsto, non perde
neppure un secondo per prendermi in giro.
“Ce ne hai messo di tempo, piccolo Ed. Se avessi saputo che
Mamma Lupa ti avrebbe creato tanti problemi ti avrei fatto catturare
creature più docili. Farfalle, ad esempio.”
Alzo gli occhi al cielo, rassegnato, e con tutta la cautela di cui sono
capace poso la mia ultima preda, che ancora dorme, a terra in
modo che la possa vedere bene. Emmett emette un fischio sommesso e
comincia a girarle cautamente attorno, seguito da me.
In effetti, è proprio una splendida bestia: lunga quasi due
metri, alta, con una testa massiccia e una bellissima pelliccia grigia,
folta e morbida. Il suo muso è allungato, le zanne
bianchissime e forti e, anche se mio fratello ancora non li
può vedere, i suoi occhi sono molto belli, e rispecchiano
una grande intelligenza.
“Cosa intendi farne?” Domando, improvvisamente un
po’ restio ad abbatterla.
Lui mi guarda e sogghigna. “Beh, in realtà, mentre
ti aspettavo, ho pensato che sarebbe stato bello, movimentare un
po’ il nostro pasto.”
“In che modo?” Domando, sebbene abbia
già letto il resto dell’idea nei suoi pensieri.
“Hai presente quella foresta vergine a circa tre o
quattrocento chilometri da qui?”
“Epping Rock? Si, naturale.”
“Un posto meraviglioso, sarai d’accordo con me.
Sequoie a non finire, branchi di lupi e umani stanziati solo in poche
aree da pic nic, quasi sempre deserte, per altro …”
“E… ?”
“E beh, che ne diresti di una sfida di caccia? Liberiamo i
lupi e il primo che ne rintraccia il maggior numero in minor tempo
vince!”
Sorrido. “Sembra una buona idea, ma si vince cosa, di
preciso?”
“Non so ancora, improvviseremo poi. Ci stai?”
Domanda, allungandomi il pugno.
Lo faccio scontrare con il mio ed annuisco. “Certo che si. Ma
preparati a subire una sonora sconfitta, controllerò che i
lupi siano effettivamente quelli giusti pelo dopo pelo, se necessario.
E, nel caso ti fossi dimenticato di dieci anni fa, sappi che ti tengo
d’occhio. Non sperare di ingannarmi, fratellino.”
Gli dico, sorridendo e lasciandolo ad occuparsi della lupa.
Non vedo l’ora di farmi una doccia e levarmi questi vestiti
bagnati e odorosi di bosco!
Nel corridoio incrocio Alice e, indicandole i miei vestiti, le dico
“Mi sa che come meteorologa non sei più
così abile!”
E scampo giusto per un pelo alla sua furia omicida rifugiandomi nella
mia stanza, ridendo.
Di ottimo umore, mi libero velocemente dei vestiti, prendo il cambio e
vado in bagno, dove mi perdo, come di consueto, in una lunghissima
doccia.
Una volta ristorato e con indosso i vestiti puliti, torno in camera e
raccolgo gli abiti del pomeriggio, con l’intenzione di
liberarmene prima che l’intera stanza cominci a odorare di
larici e pelo di lupa umido.
Però, mentre raccolgo la maglietta chiara e la scuoto per
liberarmi di eventuali peli ferini, il profumo del ragazzo indio mi
avvolge nuovamente, e ancora una volta rapisce i miei sensi.
Senza neppure rendermene conto, chiudo gli occhi e affondo il
viso nel tessuto, cercando di catturare questo odore paradisiaco, e di
conservarlo nella mia mente per sempre. Non so per quanto tempo rimango
così, ma quando realizzo ciò che sto facendo
lancio nervosamente la maglia su una sedia e respiro a fondo.
“Calma, Edward, calmati. Sei un vampiro vicino al centenario,
non Jean Baptiste Grenouille. Lascia perdere certi cliché da
romanzo Harmony e cerca, piuttosto, un bel film da vederti
stanotte.”
Una volta tanto seguo i miei consigli, e dopo una rapida scelta, mi
sistemo, pronto a vedere uno dei miei film preferiti.
Ma non posso negare di continuare ad essere nervoso, e mentirei se non
ammettessi che spesso, durante la proiezione, mi sono accorto di star
prendendo lunghi respiri, cercando in ogni modo di agganciare la scia
di quel profumo.
(Jacob)
Apro gli occhi lentamente, e sento la pioggia scrosciare sul tetto.
Infastidito mi giro per controllare l’ora dalla sveglia sul
comodino, e lo scoprire che sono le due e mezza del mattino peggiora di
parecchio il mio umore, già messo duramente alla prova da un
fortissimo mal di testa.
Grugnisco, e il mio stomaco brontola come se non vedesse cibo da secoli
e secoli, spingendomi ad alzarmi e a fare un’incursione in
cucina, sperando che Billy abbia fatto un po’ di spesa come
si deve. Fortunatamente in frigo trovo tutto ciò che un
diciottenne affamato come un lupo possa desiderare, e in men che non si
dica mi preparo due giganteschi panini mega farciti.
Li mangio lentamente, cercando di farmeli durare più che
posso visto che un terzo sarebbe probabilmente fatale per le provviste
di mio padre, e intanto penso che se domattina avrò anche
solo la metà del mal di testa che ho ora, la scuola
farà tranquillamente a meno di me. Sciacquo i piatti e
riordino velocemente la cucina, poi torno in camera, desiderando dal
più profondo del cuore di addormentarmi di botto.
Ma, non appena varco la soglia, noto qualcosa che mi fa
passare il sonno e dimenticare il dolore al capo. I vestiti che portavo
ieri pomeriggio sono a terra, orribilmente spiegazzati e, a quanto
sembra vedendoli da qui, piuttosto umidi.
E siccome io detesto sopra ogni cosa che i miei vestiti siano
spiegazzati, c’è decisamente qualcosa che non va.
Perché non li ho sistemati come al solito?
Oramai è un gesto del tutto automatico, lo faccio da che ho
cinque anni, e se manco, solitamente, è perché
sono parecchio ubriaco.
Ma ieri pomeriggio sono semplicemente andato a fare una
passeggiata nella foresta, da solo, e non ho bevuto nulla. Mi gratto
perplesso il capo, e le mie dita scontrano una fasciatura e un
bernoccolo che non ricordavo assolutamente di avere.
Una nuova sferzata di mal di testa mi fa strizzare gli occhi, ma almeno
ora credo di avere ricollegato i pezzi. Nella foresta devo essere
scivolato su del muschio bagnato o qualcosa del genere, e sono caduto
battendo la testa. Qualcuno mi ha ritrovato e mi ha subito portato da
Billy. Hanno visto che non ero ferito gravemente e quindi mi hanno
semplicemente portato a letto, medicato e aiutato a
spogliarmi.
Si, deve per forza essere andata così.
Decisamente più soddisfatto raccolgo e metto ad
asciugare la roba, lisciandola meglio che posso, e quando arrivo alla
maglietta rossa ho una bella sorpresa.
Il lato anteriore emana un buonissimo odore di spezie esotiche, sole e
lillà, come se fossi rimasto appoggiato per parecchio tempo
ad un qualcosa di molto profumato.
Lo inalo a lungo a pieni polmoni, e grazie ad esso prendo rapidamente
sonno.
(Edward)
Le notti dei vampiri sono invariabilmente lunghe, e spesso detestate.
Si, possiamo uscire liberamente, ma il punto è che, una
volta fuori, non c’è nulla da fare.
Senza amici pronti a fare casino e la possibilità di
ubriacarsi anche solo un po’, le discoteche perdono
velocemente quel poco di attrattiva che possiedono. Il resto del mondo
degli umani, logicamente, trascorre le ore di tenebra dormendo, e
rimarca inconsciamente, una volta di più, quanto sia finta e
forzata la nostra esistenza.
I vampiri riempiono le loro notti come possono, ingannando
l’attesa dell’alba, e io stanotte mi sono concesso
un paio di film e un bel viaggio indietro nel tempo. Ho spolverato
ricordi vecchi e ricordi antichi, e alla fine mi sono ritrovato immerso
addirittura in ricordi preistorici, cioè i pochi che sono
rimasti della mia vita umana.
Non ho molte memorie di quando ero un ragazzo, ma la mia infanzia
è ben nitida nella mia mente. Sono stato un bambino
fortunato, e felice: avevo parecchi amici, i miei si volevano bene, non
avevamo problemi economici, e Chicago era un bella città,
piena di cose interessanti da fare.
I momenti più belli, però, li ho sempre
trascorsi con mio nonno. Anthony Masen, del quale porto il nome con
orgoglio e i cui occhi verdi erano così simili ai miei, era
il miglior nonno che si potesse desiderare: bonario, divertente e
sempre pronto ad insegnarmi cose nuove ed interessanti.
Ogni Sabato gli facevamo visita e lui, dopo aver salutato
mamma e papà, mi prendeva per mano e mi portava con
sé a sbrigare tutte le faccende, raccontandomi intanto
storie bellissime e insegnandomi a fare questo e quello. Era un
importante allevatore di bovini e aveva una stratosferica tenuta in
campagna, circondata da campi coltivati da lui in persona,
perché sosteneva che non ci fosse miglior rimedio contro la
vecchiaia che continuare a lavorare la terra, possibilmente fumando
qualche sigaretta tra una faccenda e l’altra.
Per questo, nella sua giubba di cuoio, aveva sempre il
necessario per arrotolare le sigarette e una generosa scorta di
tabacco, e se non ricordo male fu proprio lui a offrirmi le prime
sigarette, stando ben attento a non farsi scoprire da mia madre o mia
nonna. Mio nonno è stato il primo della famiglia a morire di
spagnola.
Avevo appena diciassette anni, all’epoca, e quella fu la
priva vera esperienza che ebbi della morte. Ricordo che piansi per un
giorno intero, ignorando gli sguardi di rimprovero che mi venivano
lanciati, e che pensai che nessuno sarebbe mai stato capace di colmare
il vuoto lasciato da lui.
E mi rendo conto che anche ora, a distanza di più di
ottant’anni, se penso a lui ne sento ancora la mancanza, e
vorrei ardentemente poterlo vedere ancora una volta.
Sospiro e cerco di cacciar via la tristezza accendendo la musica a
tutto volume, aspettando l’alba.
(Jacob)
Per la prima volta nella mia vita, sono grato alla sveglia, che
suonando mi riscuote da un sogno piuttosto strano, che mi ha lasciato
addosso una pessima sensazione. Vado in bagno, mi lavo il viso,
controllo il mio bernoccolo e poi torno in camera.
Medito di saltare scuola, ma se mio padre mi trovasse in casa mi
farebbe sicuramente una predica infinita, che non ho voglia di star a
sentire. Potrei sempre andare a casa di Leah, ma lei è
costretta dal tribunale a frequentare sempre, e quindi sarei comunque
solo.
Sospirando rassegnato cerco dei vestiti
nell’armadio, faccio colazione e prendo la moto, diretto a
quella specie di scatola che è la scuola della Riserva.
(Edward)
Accidenti, è tardissimo! Memorizzo la pagina alla quale sono
arrivato e poi chiudo a malincuore l’horror che sto leggendo,
conscio del fatto che se arrivo in ritardo ancora una volta, la scuola
avviserà Esme e Carlisle.
Ma cosa ci posso fare se sono sempre stato un ritardatario
cronico?
E poi chi non preferirebbe leggere un buon libro piuttosto che sentirsi
ripetere per la trentesima volta le stesse spiegazioni?
Mi vesto velocemente e decido di indossare la maglietta di ieri, in
modo che quel profumo sopraffino mi dia un piccolo incentivo e mi
costringa a rimanere buono in classe fino alla fine delle lezioni.
Esco silenziosamente dalla mia stanza, dribblo abilmente mia mamma e
salgo in macchina, diretto al liceo di Forks.
Mentre guido cerco una stazione che trasmetta musica decente, ma non ho
fortuna e quando arrivo a scuola, giusto in tempo, il mio morale non
è dei migliori.
E a ciò si unisce Bella Swan, ancora una volta seduta al mio
fianco, che non fa altro che scrutarmi indagatrice e nascondersi dietro
ai suoi capelli se solo alzo la testa di mezzo millimetro. Sospetto
abbia qualche carenza mentale, e il fatto che non faccia altro che
inciampare e attentare alla sua vita con gli incidenti più
assurdi ed improbabili me lo conferma.
Sospiro e incasso la testa tra le scapole con aria sconsolata, ma
fortunatamente la scia leggera che proviene dalla mia maglietta mi tira
un po’su il morale.
(Jacob)
Nessuno definirebbe la scuola mista della Riserva come un luogo adatto
all’apprendimento e avrebbe perfettamente ragione. Il
materiale è scarso e scadente, la Preside
pressoché inesistente e i professori hanno talmente paura di
noi che spesso lasciano l’aula dopo dieci minuti.
Hanno capito che gli conviene, soprattutto se io, Leah, e il nostro
gruppo, siamo particolarmente di cattivo umore. Adesso, ad esempio, ci
dovrebbero essere due ore di matematica, ma il prof si è
rinchiuso praticamente subito nell’armadietto, attirando
l’attenzione di Quil ed Embry, che ora lo stanno scuotendo e
tirando in tutti i sensi, ignorando le sue minacce di future
ritorsioni.
Per il resto tutto procede normalmente: Leah e le sue scagnozze
terrorizzano le altre compagne come al solito, Paul ha ingaggiato una
battaglia a colpi di clave fatte di giornali con Klaus e io mi fumo una
sigaretta in santa pace, imitato da altri due o tre compagni.
Finalmente la campanella suona e, dopo aver spento la sigaretta, mi
alzo.
Intimo ai mie compagni di lasciar perdere il prof e loro si limitano ad
annuire, aprendo le ante del mobile, liberando il prof ormai
sull’orlo delle lacrime e ignorando platealmente le sue
fiacche promesse di vendetta. Sorrido, passando un braccio sulle spalle
di Leah, e mi avvio verso la porta, diretto in palestra.
(Edward)
La Swan è un vero e proprio incubo, una persecuzione
demoniaca! Passi il fatto che debba dividere con me le ore di
letteratura, e passi pure il fatto che divida con me bancone e attrezzi
a biologia, perché almeno si limita a stare ferma immobile e
a fissarmi, lasciandomi fare quello che devo senza farmi perdere tempo.
Ma il fatto che divida con me anche le ore di ginnastica è
davvero troppo. Perché non si esoneri, poi, rimane un
inspiegabile mistero.
La sua massa muscolare è pari a quella di un infante, e i
suoi riflessi più lenti di quelli di un koala: se corre
inciampa, se salta la corda si schianta a terra, se le passano la palla
la prende puntualmente in faccia.
Accetti serenamente il fatto di essere una calamità e ci
liberi della sua presenza, una volta tanto!
Scuoto il capo, seccato, e passo con un po’ troppa forza la
palla alla mia compagna, che riesce a pararla ma fa comunque qualche
passo indietro per la forza dell’impatto.
Mi scuso con lei e ricomincio l’esercizio, cercando in tutti
i modi di concentrarmi e rimpiangendo di non essere rimasto a casa, con
la mia musica, i miei libri e i miei film.
(Jacob)
Scarto i miei compagni, faccio rimbalzare la palla, spicco un balzo e
la incestino, atterrando un po’sorpreso. La potenza del salto
non era proporzionata a quella che vi ho impresso, ho fatto un balzo
molto più alto di quanto avessi calcolato.
A pensarci bene ultimamente mi sento sempre un po’strano:
mangio di più, dormo di meno, sono sempre un
po’nervoso e mi sono anche alzato un paio di centimetri.
Sarà la pubertà.
Alzo le spalle e continuo a giocare, ma con mia somma delusione la
partita si conclude 20 a 22 per gli avversari, il che significa che
devo a quello sbruffone di Embry altri dieci dollari. E infatti il mio
amico sta arrivando giusto ora, ansimando e con un gran sorriso che gli
va da un orecchio all’altro.
Mi tira una pacca sulla schiena e mi apostrofa, in tono soddisfatto
“Complimenti Mister Black, ma nonostante i suoi balzi
atletici la vostra squadra ha perso, quindi credo di non sbagliare
affermando che il suo debito nei miei confronti è salito a
ben venti magnifici dollaroni.”
Gli do una spinta scherzosa e gli tiro i capelli, sapendo quanto lo
detesti
“Ricordami di non scommettere mai più contro di
te, hai una fortuna sfacciata. Sistemiamo stasera?”
Lui annuisce e si si gira, dirigendosi verso gli spogliatoi.
Io palleggio ancora un po’ e poi raggiungo gli altri.
Le docce sono tutte occupate, quindi mi accendo una sigaretta
e mi siedo su una panca, osservando le consuete scenette che avvengono
in tutti gli spogliatoi del mondo. Quil si siede pesantemente vicino a
me e mi chiede una sigaretta con voce esausta.
Non appena la ha tra le mani ne aspira una lunga boccata e si lamenta
“Sono esausto, queste partite mi
stroncano…”
“ Beh, se poi ci fumi su non è che migliori le
cose.”
“Figurati! Tu sei fresco come una rosa, eppure fumi come me!
É una semplice questione di fisico.”
“Probabile.” Concedo, dirigendomi verso una doccia
appena lasciata libera.
Mentre mi insapono sto più attento del solito e controllo il
volume dei muscoli, ma non noto nulla di diverso, o anomalo.
Probabilmente sto solo crescendo, e le mie sono paranoie
inutili.
(Edward)
Finisco di sciacquarmi ed esco dalla doccia di ottimo umore, la
giornata è quasi finita! Raccolgo le mie cose con calma, ed
è una vera fortuna perché in questo modo alcuni
miei compagni mi precedono ed escono prima, rivelando quella che
dev’essere la giornata più calda e soleggiata
dell’anno.
“Ragazzi, abbiamo un problema
gigantesco.” Comunico, sintonizzandomi sulle menti dei miei
quattro fratelli, che sicuramente se ne saranno già accorti.
“Non preoccuparti, abbiamo già pensato a
tutto…” Mi risponde Jasper in tono leggero e io
avverto un’inspiegabile sensazione di panico chiudermi la
bocca dello stomaco.
“E cioè? Cosa intendete fare?”
“Uscire di qua assieme agli umani.”
“In maniera sicura?”
“Alice ha controllato, non ci saranno problemi.”
“Si, ma Alice non è
infallibile!”
“Beh, tanto non c’è nulla che
tu possa fare, ormai è innescata.”
“Innescata? Cosa è innescata? Che
diamine…”
Prima che riesca a concludere il pensiero, però, numerose
forti esplosioni squassano l’aria. Imito i miei compagni e mi
rifugio sotto le panche dello spogliatoio, ma se loro tremano per la
paura di un attentato terroristico, la causa dei miei brividi
è esclusivamente rabbia ed incredulità:
perché invece di due fratelli normali mi dovevano capitare
necessariamente un veterano psicopatico e un folle incosciente che si
è fatto mangiare metà faccia da un grizzly ed
è vivo solo grazie al buon cuore di mia sorella?
“Voi siete pazzi! Avete rischiato la vita di trecento persone
senza motivo! Potevamo portare via la mia auto e rintanarci nel
sottotetto! Potevamo uscire tutti imbacuccati e passare per strambi!
Avrebbero dimenticato in fretta, e in caso contrario io e te avremmo
sempre potuto manipolare i loro ricordi!”
“Non dire sciocchezze Edward, sai benissimo anche tu che se
non fossimo usciti regolarmente i più se ne sarebbero
accorti e si sarebbero posti un sacco di domande. Anzi, non
è escluso che , nonostante tutto, i più
intraprendenti decidessero di venirci a cercare. E sai meglio di me che
gli umani sono particolarmente sensibili a certi argomenti: se comincia
a girare la voce che durante le giornate di sole giriamo coperti o,
comunque, non ci facciamo mai vedere, la parola
“vampiri” comincerà a girare a Forks, e
non è escluso che, a quel punto, arrivi velocemente alle
orecchie di Aro. Volevi forse sacrificare l’intera
città? E poi non ho agito alla cieca: ho bombardato solo la
facciata e il porticato, che oltre ad essere deserti erano anche
pericolanti.”
Sospiro e scuoto il capo, rassegnato. É inutile, farlo
ragionare è assolutamente impossibile, soprattutto quando
è così infervorato e convinto.
Intanto il Preside accende tutti gli altoparlanti e ci comunica che
l’attentato sembra essere terminato, che ha contattato la
polizia e che gli agenti gli hanno assicurato che la zona è
sicura. Pertanto noi studenti siamo esortati ad uscire
dall’istituto nel minor tempo possibile, osservando le
regolari misure di sicurezza e coprendoci il più possibile,
onde evitare il contatto con detriti e fumi dovuti alla deflagrazione.
Almeno questa parte del piano è andata come
previsto.
Ritorno alla mia auto e trovo i miei fratelli appoggiati alle
portiere, con un sorriso imbecille stampato in viso. Salgo senza dire
una parola, e non una mosca vola durante il viaggio di ritorno.
Persino Emmett capisce l’antifona, ed evita ogni tipo di
rumore o commento. Esme e Carlisle ci aspettano sul viale, e i loro
lineamenti deformati dalla rabbia non promettono nulla di buono.
(Jacob)
Se c’è una cosa che non sopporto, sono i codardi.
Prendiamo l’esemplare che ho davanti ora, tale Jerry Doe.
Una mezza tacca che peserà si e no trenta chili da
vestito e bagnato, e che se si ergesse in tutta la sua altezza
probabilmente non arriverebbe al mio sterno. Pare che gli piaccia
atteggiarsi da bulletto e spararle grosse sulle sue eroiche gesta,
facendosi bello agli occhi di quei poveri idioti dei suoi amici, che
credono ad ogni parola che esce da quella fogna.
Pare che recentemente abbia dichiarato che non sono altro che
un montato e che se non fosse per il corteo di guardie del corpo che mi
circonda costantemente mi avrebbe già messo al mio posto
grazie alle sue tecniche avanzate di combattimento. La notizia mi era
già arrivata qualche giorno fa e, dopo averci riso su con
Leah e gli altri per un po’, avevo deciso di lasciar perdere.
Non fosse che, proprio stamattina, il piccolo Doe ha deciso di voler
replicare il suo piccolo show rincarando la dose proprio mentre ero a
portata d’orecchio. Un vero peccato, per lui.
Se fosse stato zitto probabilmente ora avrebbe tutti i denti e non si
sarebbe sporcato di sangue la camicia. Lo afferro per i capelli e lo
sollevo a mezz’aria, portando i suoi miopi occhi azzurri al
livello dei miei.
“ Potrei sbagliarmi, ma stamattina mi era sembrato che tu
fossi un vero chiacchierone.”
Lui pigola e si agita, piangendo e implorando perdono senza un briciolo
di ritegno. Lo ignoro tranquillamente e proseguo il mio discorso, con
voce mortalmente seria.
“Mi è sembrato, soprattutto, che tu fossi molto
ben informato sulla mia famiglia: che avessi qualcosa da ridire sul
mestiere di mia madre, sulla natura di mio padre e sulla mia legittima
appartenenza al Clan, ma non credo di aver capito molto
bene…”
“No, no, non lo avrei mai fatto, Jacob, te lo
giuro!”
Lo scrollo violentemente per i capelli e continuo il mio
discorso.
“Perché, se ho capito bene, davi della puttana a
una donna che, oltre ad essere morta da dieci anni, vale un milione di
volte più della tua mammina adorata, dell’idiota a
un uomo che, sebbene invalido, è una delle figure di
riferimento della Riserva, e del bastardo a me, che mi scaldo molto
facilmente se si tocca la mia famiglia.”
“No, no Jacob, io non avrei mai detto seriamente quelle cose,
tu sei come un idolo, qui, tutti ti rispettano! E non mi sarei mai
permesso di offendere te o la tua famiglia!”
“Sai, Jerry, io odio i codardi e detesto i bugiardi. E se uno
è entrambe le cose, beh, allora farebbe meglio a non
avvicinarmisi neppure.” Concludo, fratturandogli il un
braccio e lasciandolo cadere malamente a terra.
“É caduto dondolandosi dalla sedia,
portatelo in infermeria.”
Ordino ai suoi amichetti, che mi guardano terrorizzati e
annuiscono, liberandomi di quel rifiuto umano.
(Edward)
Devo ammettere che non sono un grande esperto di lavate di capo, ma
direi che Carlisle sta esagerando, sono almeno tre ore che non prende
fiato! E il ritornello è sempre lo stesso.
“Siete degli stupidi incoscienti! Come vi è potuto
venire in mente di far saltare in aria la facciata e il porticato del
liceo solo perché non potevate uscire? Vi rendete conto di
quanto abbiate rischiato, e di quanto abbiate fatto rischiare anche a
me e ad Esme? Le probabilità che qualcuno restasse coinvolto
erano alle stelle, e cosa avreste fatto, allora? Sicuramente tu,
Jasper, non avresti avuto problemi, data la forza del tuo auto
controllo! É improbabile, vero, pensare che ti saresti
scatenato e che avresti straziato qualcuno davanti a non meno di
trecento persone. Mi meraviglio di voi! Cinque plurilaureati e neppure
uno in grado di pensare a una soluzione minimamente sensata! E non
tirare di nuovo fuori la storia della struttura scadente e pericolante,
Jasper, guai a te!”
Basta, ho sopportato anche troppo. Prendo un respiro profondo e stacco
totalmente la spina, lasciando mio padre libero di sfogarsi quanto
vuole. In fondo, io con questa storia non c’entro proprio per
niente.
L’ultimo, lievissimo, sentore dell’odore
di Jacob proveniente dalla mia maglietta mi rilassa e mi accompagna
nelle mie fantasticherie.
Mentre mio padre sbraita e strepita io immagino di essere miglia e
miglia lontano, libero finalmente da tutti questi problemi, avvolto dal
profumo di Jacob e alla ricerca del mio destino.
(Jacob)
Io e Leah parcheggiamo vicini e scendiamo dalla moto in sincronia
perfetta, replicando istintivamente l’uno i gesti
dell’altra. Lei porta in casa la spesa e io recupero la
posta, storcendo il naso per le prevedibili ma sempre sgradite bollette.
Almeno non sono molte.
Quando entro sento l’odore di uova strapazzate, prosciutto e
formaggio grigliati spandersi nell’aria e sorrido: oramai
sono quasi dodici anni che io e lei viviamo assieme, ma a volte ancora
mi stupisco di come sappiamo leggerci dentro a vicenda, anche nelle
cose stupide come il pranzo.
Apparecchio rapidamente, accendo la tv, e dopo pochissimo stiamo
divorando tutto, girando distrattamente i canali tv finchè
non ci imbattiamo in una notizia decisamente interessante, soprattutto
per una cittadina sonnacchiosa come Forks: alcuni ignoti hanno
bombardato il liceo della città, causandogli tali danni da
costringerlo alla chiusura per almeno due mesi.
Nel frattempo, gli studenti verranno smistati in varie strutture della
zona, inclusa, ovviamente, anche la scuola integrata della Riserva.
Io e Leah ci guardiamo, ghignando: sarà un vero
piacere avere nuove vittime da tormentare!
La mia amica mette su il caffè e poi va a rispondere al
telefono, mentre io comincio a riordinare e lavare i piatti. Quando
torna in cucina riesce a stento a trattenere le risate.
“Sai chi era? Quella palla al piede di Sam! Ha detto che il
Gran Consiglio ha convocato una riunione, e che siamo tenuti a
partecipare, in quanto argomento del giorno!”
Scoppia in una risata argentina e io la imito, i vecchi devono proprio
essersi bevuti il cervello!
(Edward)
“Allora, questi sorteggi? Sono stufo di aspettare, voglio
mangiare!”
Mugugna Emmett, e Rosalie emette un sibilo incollerito, muovendo
seccamente il mouse e riaggiornando per l’ennesima volta la
pagina.
“Per l’amor di Dio, Emmett, me lo hai chiesto un
secondo fa! Non hai gli occhi in quel tuo dannato testone? Stanno
inserendo i dati in questo momento, lasciagli il tempo di finire! Se
proprio hai tanta fame vai a caccia o bevi una lattina di
sangue!”
Mio fratello bofonchia qualcosa a mezza voce, ma finalmente si
tranquillizza e aspetta paziente.
“Ecco, ci siamo! Dunque, vediamo…”
Mia sorella armeggia con la tastiera per qualche istante, apre un link
e poi lancia un urletto scoraggiato.
“Cosa c’è? Ci trasferiscono
fuori Forks?” Domanda Alice, preoccupata, cercando di
sbirciare da dietro.
“No, ma ci hanno distaccato a quella sottospecie di scuola
che sta alla Riserva Quileute! Quell’affare fa schifo solo a
vederlo, è lercio e pericolante! E poi dicono che sia
davvero terribile.”
“Beh, allora basterà semplicemente far vedere loro
chi comanda, no?” Commento, in tono divertito.
Non ci è andata poi tanto male, e almeno siamo tutti
assieme: se a qualcuno dovesse venire qualche strana idea, sapremo come
affrontarlo.
(Jacob)
Sfrego i capelli con un asciugamano, poi mi vesto ed lancio un urlo in
direzione di Leah, intimandole di sbrigarsi, se non vuole perdersi lo
show.
“Le star protagoniste arrivano sempre in ritardo, non lo
sai?” Mi apostrofa, uscendo da camera sua, e quando vedo come
si è conciata non riesco a trattenere un ghigno.
Indossa una cortissima minigonna di lurex rosso,
auto-reggenti, anfibi e una canotta nera tutta stracciata che lascia
vedere chiaramente il reggiseno di pizzo rosso.
I capelli sono raccolti a formare una specie di ciuffo
cotonato e il trucco è pesantissimo.
“Dici che vado bene?”
“Per infartuarne una metà e scandalizzarne
l’altra? Perfetta!”
Lei ridacchia e usciamo assieme, fumandoci una sigaretta e camminando
lentamente, prendendoci tutto il tempo che vogliamo.
Arriviamo a casa del vecchio Ateara, Capo del Consiglio e nonno di
Quil, e spalanchiamo la porta senza troppe cerimonie. Gli sguardi,
già truci, che mi rivolgono diventano decisamente sprezzanti
quando Leah fa la sua comparsa.
“Siete stati convocati qui a causa dei vostri
comportamenti oltraggiosi! Bere, fumare, picchiare insegnanti, usare
violenza e fornicare con uomini e donne non è un
atteggiamento da uomini, ma da bestie!”
A parlare è stato, ovviamente, Harrison Ateara,
sessant’anni, Capo del Consiglio degli anziani. Un tipo che
non mi è mai piaciuto e che ha, nonostante la sedia a
rotelle, un’aria decisamente pericolosa.
“Ignorateci come facciamo noi con voi e sono sicuro che non
ci saranno problemi.”
Sento Leah ghignare e qualcosa che sta facendo attira lo sguardo del
vecchio. “Spegnila!”
Sibila, scrutandola con odio manifesto. Leah avanza e si para di fronte
a lui, aspirando profondamente il fumo dell’ennesima
sigaretta. Glielo sbuffa in faccia, creando un cerchio perfetto.
“No.”
“Spegni subito quella sigaretta, Leah Clearwater! Essa
è simbolo di colui che ci ha rinchiuso nelle riserve e
profanato la nostra Sacra Madre Terra! Tu non puoi
…”
“Oh, invece posso. Non la spegnerò
vecchio.” Lo ammonisce lei, fissandolo negli occhi grigi.
Ateara sostiene il suo sguardo senza battere ciglio, poi sogghigna. Il
momento dopo Leah è a terra e si contorce urlando.
Mi slancio verso di lei, terrorizzato, ma il vecchio mi blocca la
strada con la sedia a rotelle e mi rivolge un sorriso freddo e
soddisfatto.
“Non le sta succedendo niente di grave, sta semplicemente
Transitando. Succederà anche a te, presto.”
Dopodiché si leva di mezzo e io posso finalmente raggiungere
la mia amica. Ha smesso di contorcersi ed urlare, ma trema come una
foglia, e si sta praticamente stritolando il labbro tra i denti.
Ciononostante si alza da sola, si sistema i vestiti ed esce a testa
alta dalla stanza, mostrando in maniera eloquente un dito.
La seguo fino a casa senza dire una parola, ma sono pronto ad
accoglierla tra le braccia non appena la porta si chiude. Le accarezzo
dolcemente i capelli e la cullo, aspettando che il suo pianto disperato
si calmi un pochino.
“Cosa ti è successo Lenny?” Domando,
dopo un po’, non riuscendo più a trattenermi.
“Non lo so. Ad un certo punto ho come sentito dei brividi
dappertutto, e poi …”
Si interrompe e mi fissa a lungo. “Ho paura che mi prenderai
per una pazza…”
“Non potrei mai prenderti per una pazza, Leah. E poi ho visto
con i miei occhi quanto tu sia stata male! Sarei pazzo pure
io.”
Lei alza l’angolo della bocca, in una smorfia che
adoro, poi continua.
“Mi sono sentita come svenire, e quando sono
rinvenuta, ero in una stanza buia, assieme a una bestia. Ne sentivo
l’odore, capisci? E i respiri, mescolati con i miei. Sono
rimasta immobile, e per un certo periodo è sembrato
funzionare. Ma poi la bestia è corsa verso di me, e ha
cominciato ad attaccarmi.”
La voce della mia amica si spezza, e lacrime spuntano dagli angoli dei
suoi occhi.
“É stato orribile, il dolore era atroce,
e quel che è peggio è che sentivo il mio corpo
cambiare. La lupa non mi stava semplicemente strappando la carne di
dosso, mi stava trasformando in un animale come lei. Ho paura
Jake!”
La prendo in braccio di nuovo e le carezzo i capelli,
rassicurandola. Ipotizzo che l’allucinazione debba essere
stata procurata da una qualche strana droga che Ateara le ha in qualche
modo somministrato e mi appunto di andare a fare un discorsetto a mio
padre.
Ma ora la priorità è Leah. Continuo a cullarla e
a raccontarle storie finchè non si addormenta. Poi la
sistemo a letto, la copro, la bacio sul capo e esco dalla stanza nel
modo più silenzioso possibile.
Non appena sono lontano da lei lascio che la rabbia e la preoccupazione
si manifestino, e corro a casa di mio padre furibondo e decisamente su
di giri.
(Edward)
Danzo nella notte, ammaliato dai suoi profumi e dall’odore
del sangue.
Amo cacciare.
Amo l’eccitazione che scorre nelle vene e il sentire
l’odore della paura delle mie prede.
Inseguire un giovane puma nel pieno della vita e della
salute, braccarlo fino a farlo impazzire dal terrore e infine, solo
quando è veramente esausto, suggere con le mie zanne letali
il sangue che gli pompa furioso nel corpo. Pura estasi.
Il sangue che beviamo entra in circolo mescolandosi al nostro
veleno, e quando raggiunge il nostro cuore fermo, lo rianima
temporaneamente, rubandone alcuni battiti folli ed irregolari. Per un
istante ci sentiamo meravigliosamente pieni di vita, ed è
una sensazione talmente potente ed inebriante che lascia frastornati e
follemente esaltati.
Sento l’odore di un puma e le zanne escono
dall’involucro delle gengive, stillando veleno. Lo localizzo
e comincio a correre, inseguendolo ed innervosendolo con finte e
ruggiti.
Finalmente decide di dare battaglia: si volta, mi soffia
contro e scuote la coda facendo la gobba e rizzando il pelo.
Sorridendo, mi acquatto di fronte a lui, sibilando per sfidarlo.
Il grosso felino risponde e comincia a girarmi attorno in
larghi cerchi, che si stringono rapidamente. Lo lascio fare,
limitandomi a stuzzicarlo: questa, per lui, è la battaglia
per la vita, io invece sto solamente giocando.
E ho già vinto.
Improvvisamente la mia preda mi salta alla gola e mi graffia
il viso con una tremenda zampata, ma tutto ciò che ottiene
è squarciarmi la camicia. Lascio che si faccia le unghie su
di me ancora per un poco, poi lo stritolo tra le mie braccia.
Il puma si divincola furiosamente, facendo raggiungere al suo sangue la
pressione perfetta, ed è allora che mi chino sul suo collo e
vi affondo il viso dentro. I miei canini perforano pelliccia, grasso,
muscoli e tendini come se fossero fatti di carta e il sangue mi riempie
la bocca e il cervello, facendomi vivere di nuovo.
Il mio attimo di Paradiso, però, è rovinato da un
urlo disumano che proviene dal profondo del bosco e da un tremendo
odore di sangue, che annienta la parte umana e fa rinascere il vampiro.
(Jacob)
Non sono ancora arrivato a metà strada, che inizia la crisi.
Svengo e sprofondo in una sorta di nebbia nera, abitata da un
gigantesco lupo nero.
L’animale ha giocato con me come un gatto fa col topo prima
di mangiarlo: ha disegnato cerchi sempre più stretti attorno
a me, mi ha distratto con finte e ruggiti sommessi e infine ha spiccato
il balzo. Mi è piombato addosso e ha cominciato a divorarmi
furiosamente: e se non sono impazzito vedendo la mia stessa carne
venire strappata dalle ossa e poi divorata, allora credo che non
impazzirò mai più.
Il tutto sembra durare ore ed ore e proprio quando credo di aver
raggiunto il limite della sopportazione fisica e della
sanità mentale, improvvisamente cessa. Rinvengo, ma sento
subito che qualcosa non va.
Le mie orecchie sono troppo sensibili, i miei occhi troppo acuti e, in
generale, non mi sento in sintonia con il mio corpo. Provo a tastarmi
il viso e scopro così che le mie mani si sono mutate in
grottesche zampe oblunghe, pelose e munite di artigli, simili in tutto
e per tutto a quelle dei mostri sui set televisivi.
Terrorizzato, scappo nella Foresta e mi rendo conto che il
mio corpo spinge per correre a quattro zampe, mentre la mia mente
rimane inequivocabilmente umana e disgustata da tutto questo. La mia
strana andatura mi fa incespicare e barcollare, tanto che mi schianto
violentemente contro un albero, facendomi un male cane.
La rabbia prende totalmente possesso del mio corpo e capisco di essermi
accanito contro il legno inerme solo quando le mie zampate e i miei
morsi mancano il bersaglio. Allora ritorno un po’ in me e mi
rendo conto di avere praticamente sradicato la pianta a mani nude,
riempendomi di ferite e schegge.
Esausto, scivolo a terra e inizio ad uggiolare senza riuscire a
fermarmi. Prima che possa disperarmi troppo, però, si alza
il vento e mi accorgo che qualcosa mi sta osservando.
Una creatura che emana un profumo paradisiaco e che credo non
avrà vita molto lunga, perché, non appena mi
volto e la vedo, l’animale prende totalmente il controllo sul
mio corpo e si lancia all’attacco.
(Edward)
Nascosto dietro ad un albero, cerco in tutti i modi di trovare un senso
a ciò che vedo, ma la mia mente si rifiuta categoricamente
di accettarlo. A pochi metri da me, quella che sembra in tutto e per
tutto una comparsa scappata dal set di un teen- horror movie ha appena
fatto a pezzi un albero e ora guaisce in maniera talmente straziante
farmi correre un brivido lungo la schiena.
L’istinto mi dice che dovrei andarmene di qua,
eppure non riesco a muovere un sol passo. Quell’essere mi
incuriosisce e mi fa anche pena.
Come al solito, però, temporeggio un attimo di
troppo e il vento che si alza a tradimento alle mie spalle rivela la
mia presenza all’ibrido, presenza che non deve gradire poi
molto, visto il cupo brontolio che sento provenire dalla sua direzione.
Sospiro, addio vincolo di segretezza.
Rimanere nascosto ancora sarebbe decisamente troppo imprudente, visto
che non so cosa sia quella creatura misteriosa né quanto sia
forte, quindi mi faccio coraggio ed esco, esponendomi pienamente alla
luce della luna e prendendomi finalmente il tempo per osservarlo bene.
Due enormi occhi rossicci, folli di paura, zanne come denti
ed artigli al posto delle dita. La pelle è diventata pelo
nero e duro, le parole latrati bestiali e paurosi, ma i suoi pensieri
sono ancora inequivocabilmente umani.
E carichi di una tale paura e disperazione da impedirmi definitivamente
di scappare.
La creatura mi guarda con espressione stupita, e ne ha ogni
motivo: nei miei occhi c’è la morte e sangue su
viso, abiti e mani. La mia pelle riluce debolmente e dalla
mia bocca sporgono due lunghi canini, affilati come pugnali e stillanti
di veleno.
Sono un mostro anch’io.
E fortunatamente sono anche telepatico, perché
quell’ibrido di lupo è veloce e piuttosto forte.
Evito i suoi assalti più e più volte e,
dopo aver osservato per un po’ i suoi movimenti, riesco a
bloccarlo a terra e a sedermi sulla sua schiena. Ignoro i suoi
tentativi di disarcionarmi e, quando è finalmente stanco,
comincio a comunicare telepaticamente con lui, cercando di calmarlo.
Il dialogo inizialmente non è dei più sereni, ma
piano piano riesco ad ottenere la sua attenzione e a tranquillizzarlo
almeno un po’. Ovviamente non posso nulla contro la sua
tempesta emotiva, dubito che persino Jasper potrebbe aiutarlo in un
momento del genere, ma almeno dovrei aver esorcizzato il pericolo di
nuovi attacchi di autolesionismo.
Muovendomi cautamente, scendo dal suo dorso e mi siedo al suo fianco,
tenendolo comunque d’occhio. La creatura, però,
sembra essersi totalmente calmata e dalle spalle tremanti e i
singhiozzi soffocati, capisco che per il momento la natura umana sta
vincendo.
Rimango in attesa, pronto ad intervenire in caso di altri
attacchi di licantropia, ma la notte procede tranquilla.
Dopo qualche ora la creatura si addormenta, e il suo corpo
muta in quello di Jacob Black, il ragazzo indio che ho soccorso non
più tardi di ieri pomeriggio.
Mi intristisce il fatto che debba sopportare una simile
maledizione così giovane, ma la mia parte analitica e
curiosa è anche curiosa di come ciò possa
avvenire.
Mi appunto mentalmente di parlarne con Carlisle,
dopodiché estraggo l’Ipod e comincio a
canticchiare sommessamente, attendendo l’arrivo
dell’alba.
(Jacob)
Il mio risveglio consiste in un sonoro mal di schiena, dovuto alla
scomoda posizione che ho assunto per dormire e negli occhi feriti dalla
luce diretta del sole. Mi alzo grugnendo, ma la consapevolezza di
trovarmi nella Foresta e, soprattutto, il ricordo di ciò che
è successo ieri sera mi risvegliano totalmente in pochi
secondi.
Mi tasto velocemente il viso e scopro, con mio enorme sollievo, che
è tutto a posto. Ciò non toglie, però,
che oggi pomeriggio una bella chiacchierata con mio padre e il vecchio
Ateara non me la tolga nessuno.
Prima , però, è meglio andare a casa a darsi una
sistemata e controllare come sta Leah. Fortunatamente la mia amica non
solo non si è accorta della mia assenza, ma dorme ancora
profondamente, cosa che mi garantisce una doccia lunga e rilassante.
Mi spoglio velocemente e, mentre sfilo la maglietta, il
solito, misterioso, odore fantastico si fa strada in me, facendomi
sospirare estasiato e rilassato.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Attraction ***
(Edward) Quando
salgo in macchina,
una volta tanto perfettamente in orario, l’umore non
è dei migliori: intanto
dovrò fare il viaggio da solo, visto che abbiamo optato per
andare con tre
macchine e in secondo luogo odio l’idea di dovermi
rinchiudere per due interi
mesi in una scatola lurida e fatiscente, a sentire le urla terrorizzate
di
professori inetti e scadenti tiranneggiati da patetici bulletti da due
soldi.
Senza contare, poi, il fatto che la notte passata con
l’indio-lupo mi ha reso
totalmente dipendente dal suo odore, e questo è un
grossissimo problema perché
così non faccio che pensarci, e più ci penso e
peggio sto. Per tentare di
distrarmi un po’, faccio partire un cd di complessi concerti
per orchestra e
cerco di concentrarmi sui movimenti e le strutture dei brani, ma con
scarso
successo. Ciò mi innervosisce parecchio e quando sfondo il
display della radio
pigiando troppo violentemente un tasto, trattengo a stento un ruggito
di
frustrazione. Arrivo nei pressi della scuola, parcheggio con una brusca
sgommata
seminando il terrore tra gli studenti che gironzolano senza meta nel
cortile e
raggiungo i miei fratelli, che mi aspettano appoggiati alla facciata
principale. Per la prima ed unica volta nella vita, anche io ed Emmett
ci siamo
affidati ad Alice e ai suoi consigli di stile come inermi bambolotti,
ma a
giudicare dal brusio psichico invidioso ed ammirato degli studenti,
direi che i
look scelti da nostra sorella hanno fatto colpo e ottenuto il risultato
sperato: affasciniamo e mettiamo in soggezione, nessuno ci
disturberà se
riuscirà ad evitarlo. La campanella suona e ognuno di noi va
a seguire le
proprie lezioni. Raggiungo quella che sarà la mia classe per
le prossime due
ore, mi scelgo un banco in fondo e mi siedo, pregando solo che questi
due mesi
finiscano in fretta.
(Jacob) Ovviamente
il cortile è
molto più trafficato del solito, ma con un po’ di
fantasia e qualche piccola
spintarella creo comunque il posto per la mia moto. Sistemo guanti,
occhiali e
casco, calzo l’Ipod e mi dirigo verso l’entrata,
notando, nel tragitto, tre
macchine da sballo parcheggiate proprio davanti all’ingresso.
Evidentemente
abbiamo trovato qualche nuovo pollo col quale divertirci un
po’. Raggiungo la
classe e vedo che i novellini sono meno di dieci e che in linea di
massima hanno
tutti un’espressione vagamente tesa, cosa che mi fa un gran
piacere. L’unica,
fastidiosa, eccezione è un ragazzo dai capelli rossicci e il
viso
indicibilmente pallido, che riempie un pentagramma di note musicali e
si
comporta come se il resto del mondo non esistesse né lo
riguardasse. Mi siedo
nell’unico posto libero, guarda caso proprio accanto al suo,
e aspetto l’arrivo
dell’insegnante, studiandomi un po’ i nuovi volti.
Finalmente la professoressa
fa il suo ingresso in aula e, dopo aver fatto presentare brevemente gli
studenti dislocati qua, inizia una lezione talmente noiosa che sento le
palpebre chiudermisi dopo non più di tre minuti. Ed
evidentemente non sono il
solo a pensarla in questo modo, dato che persino il mio vicino di
banco, che ho
scoperto essere uno dei Cullen, sbadiglia evidentemente anche mentre
continua a
scrivere paginate e paginate di note. Mi scopro a sbirciarlo, ammirato:
quante diversi
tipi di melodie ci possono essere dentro la sua testa? Ammetto di
essere
piuttosto ignorante in materia, ma anche ai miei occhi inesperti la
sequenza
che sta componendo sembra piuttosto complicata. E per di
più, osservando le
righe con più attenzione, mi accorgo che sta componendo
musiche per più
strumenti quasi simultaneamente. Tanto di cappello, deve avere un
cervello
grande quattro volte la gente normale. Per far passare un po’
il tempo, mi
metto a pianificare dei lavoretti che ho intenzione di fare qua e
là per
guadagnare qualche dollaro extra e, in qualche modo, queste due ore di
agonia
terminano. La campanella suona e tutti si alzano velocemente,
catapultandosi
fuori dall’aula alla velocità della luce. Non
intendevo unirmi alla massa dei
pecoroni, ma dal corridoio sento provenire le urla furibonde di quella
che è
inequivocabilmente Leah, quindi spintono via chiunque mi stia davanti e
schizzo
fuori, seguito a tutta velocità da Cullen, che probabilmente
conosce la rivale
della mia sorellina, visto l’espressione stupita e
preoccupata che ha in volto.
(Edward) Finalmente la campanella
è
suonata, non ce la facevo davvero più! Mai sentita una
lezione tanto noiosa!
Fortunatamente mi sentivo abbastanza ispirato da scrivere un
po’ di musica,
altrimenti non oso immaginare che ne sarebbe di me, adesso. Recupero
velocemente la mia roba, ben deciso ad aspettare che almeno
metà della calca di
studenti abbia lasciato l’aula prima di uscire, ma
improvvisamente sento
Rosalie urlare in corridoio. Sto per scattare fuori dalla classe a
tutta
velocità, fregandomene delle conseguenze, ma fortunatamente
un mio compagno mi
precede e, rapido come un fulmine, fende e sorpassa tutto il gruppo
degli
studenti, che si fanno da parte senza neppure un lamento. Mi intrufolo
rapidamente nella sua scia e gli corro appresso, sinceramente
preoccupato. Mia sorella
sembra davvero furibonda, ma cosa può averle fatto perdere
la pazienza a tal
punto?
L’antipatia
tra Leah Clearwater e Rosalie Hale era stata immediata e
nessuna delle due ne aveva fatto troppo mistero. Erano entrambe belle,
vanitose, competitive e testarde e avevano passato la mattinata intera
a
gareggiare e rivaleggiare per ogni minima sciocchezza, senza che
nessuna delle
due riuscisse però a prevalere chiaramente
sull’altra. Esasperate, al suono
della campanella entrambe si erano alzate e preparate a tempo di record
e si
erano dirette verso la porta con larghe falcate, determinate a
rivaleggiare
anche per una cosa tanto insulsa. A nulla, però, erano valsi
i loro sforzi, e
le due ragazze avevano finito per varcare l’uscio assieme.
Ciò aveva fatto letteralmente
impazzire Leah, da sempre molto fiera della sua velocità, e,
prima che il suo
cervello si potesse rendere conto di quello che stava succedendo, la
sua mano
destra aveva agguantato i capelli lunghissimi e biondi della rivale e
li aveva
strattonati violentemente all’indietro. Rosalie aveva urlato,
più per la
sorpresa e la rabbia che per simulare il dolore che una normale
adolescente
umana avrebbe sicuramente provato in tale frangente, e aveva reagito
d’istinto,
sferrando una gomitata in pieno petto alla ragazza indiana.
Dopodiché calmarsi
e sistemare la cosa civilmente divenne semplicemente impossibile. Leah
sferrò
un pugno in pieno viso a Rosalie, lasciandola stordita per qualche
secondo, e Rosalie,
furibonda, ricambiò il favore alla sua avversaria,
chiudendola in un angolo e
riempendola di calci e pugni. Più di uno studente
provò a fermarle, ma senza
successo, e vani furono i richiami e le minacce dei professori, accorsi
svogliatamente una volte che le segnalazioni di una rissa in corridoio
furono
impossibili da evitare. Le due ragazze sembravano aver dimenticato di
essere al
mondo: erano totalmente concentrate sullo scontro e
sull’altra, tanto da
ignorare persino di essere rimaste praticamente in reggiseno, dato che
delle
loro povere magliette, tirate e strapazzate all’inverosimile,
non erano rimasti
che pochi, scarni, scampoli di tessuto. Improvvisamente, Leah
scattò in avanti
ed azzannò Rosalie al collo, che reagì con un
grido di autentico dolore e una
poderosa artigliata alla schiena della nemica, con la quale
lacerò sia la pelle
che il poco tessuto ancora superstite. La vista del sangue fece uscire
tutti
dall’impasse e, mentre Jasper Hale si caricava la gemella
furibonda su una
spalla e correva a tutta velocità verso il cortile, Jacob
Black prendeva
teneramente in braccio la sua amica, e si dirigeva verso i bagni,
intimando ai
presenti di smettere di ficcare il naso negli affari altrui, sempre che
non
desiderassero anche loro un incontro di boxe. Borbottando perplessi ed
eccitati, gli studenti si diressero nelle rispettive classi, dove lo
scontro fu
raccontato più e più volte, aggiungendo, man
mano, dettagli sempre nuovi.
(Edward) Jasper
apre la portiera
dell’auto e adagia Rose sui sedili posteriori, senza dire una
parola. Mia
sorella è evidentemente ancora sconvolta e furente, e sono
quasi sicuro che non
stia simulando il violento tremore che le scuote le braccia. Mi rifiuto
di
leggere i suoi pensieri e aspetto piuttosto che gli enzimi di Jasper le
facciano effetto, mentre Alice le passa una latta di sangue e intanto
cerca una
nuova maglietta tra le decine di cambi che ama portarsi sempre dietro.
Una
volte rivestita e nutrita, nostra sorella si rilassa e finalmente la
preoccupante luce rossiccia nei suoi occhi si spegne. Emmett si fa
avanti e la
stringe tra le sue braccia, coccolandola dolcemente. Rose gli sorride e
comincia a raccontare, cercando di spiegarci il motivo del suo scatto.
Io
intanto mi faccio strada tra i suoi pensieri e ricordi, rivivendo lo
scontro.
La ragazza che ha attaccato Rose, Leah Clearwater, è
un’indigena, e il secondo
membro della tribù Quileute che ha dimostrato di avere
qualità straordinarie.
Comincio a pensare che la cosa non sia una semplice coincidenza, e che
una
volta terminate le lezioni sia meglio andare a fare delle ricerche
approfondite, chiedendo anche a Carlisle. Per ora, l’unica
cosa sensata da fare
è mantenere la calma ed evitare di ficcarci nei guai.
(Jacob) Ho portato Leah nel bagno
delle ragazze, cacciato fuori le altre occupanti, bloccato la porta e
ora sto meditando
come farla sbollire. Non è per niente semplice, la mia amica
ha un ego ed un
orgoglio giganteschi e la Hale li ha sbriciolati come se nulla fosse.
Per il
momento, è meglio che me ne stia in silenzio e da parte,
limitandomi ad
osservarla. Per ora, si è piazzata davanti allo specchio e,
cercando di stara
dritta e trattenendo lacrime di dolore e umiliazione, si esamina
centimetro
dopo centimetro: controlla i capelli, totalmente arruffati e con
diverse
ciocche in meno rispetto al solito, il trucco demolito, i segni dei
graffi e
delle unghiate e i lividi che, incredibilmente, cominciano
già a far capolino
sulla sua pelle caffelatte. Poi si gira feroce, si libera con uno
strattone dei
brandelli di maglia e reggiseno che le pendono sulla schiena
inutilizzabili e
si esamina con cura la schiena. In effetti, credo che quei graffi
sottili ma
sadicamente profondi siano la ferita più grave e quindi
scendo velocemente dai
lavabi e cerco nell’armadietto dei medicinali il necessario
per fasciarla.
Disinfetto ed incerotto le ferite, lasciando intanto qualche leggero
bacio
sulla nuca della mia amica, e quando ho finito finalmente Leah si
appoggia a
me, grata, e si passa le mie braccia attorno al corpo. Inizia a
piangere e io
la cullo, sussurrandole rassicurazioni. Leah è la persona
più importante della
mia vita, e la più straordinaria che conosca al mondo: non
c’è cosa che non
farei, o non abbia già fatto, per farla star bene e non
c’è aiuto che le
negherei. Le chiedo se non vuole che io e gli altri diamo una lezione
ai
Cullen, ma lei scuote il capo. “Non so cosa mi sia preso,
sono come impazzita.
Tipo l’altra sera da Ateara, solo che questa volta invece di
contorcermi a
terra e urlare, ho riempito di pugni una tizia.” Mi osserva
tramite lo specchio
e solleva un angolo della bocca. “E le ho prese,
anche.” Conclude, con voce ancora tremante ma
sarcastica. Le sorrido e poi mi sfilo velocemente la maglietta,
infilandogliela
con tutta l’attenzione di cui sono capace, per evitare di
farle male. “Se
cambiassi idea, sai che noi non vediamo l’ora di fare un
po’ di casino. Per il
resto come ti senti? Ti sembra che ti debba venire una
crisi?” “No, mi sento
normale. Tutto tranquillo. E tu? Hai strani sintomi?” Scuoto
il capo
“Fortunatamente pare di no, ma di questa cosa voglio parlare
ancora,
possibilmente con i vecchi. Non è affatto
normale.” “No, hai ragione….”
Leah annusa
pensierosamente il collo della mia maglia, poi sorride e si volta verso
di me,
sfoderando i suoi migliori occhi da gatta. “Potrà
un così bel ragazzo andare in
giro per la scuola semi-nudo? Non causerai ingorghi ormonali ad ogni
angolo?
Potrò ancora uscire da casa nostra senza venir travolta da
femmine gelose?” I
suoi occhi sono gialli, schietti e ridenti e vedendola finalmente
serena mi
sento più leggero, felice e bendisposto anche io. Sorridendo
le passo le mani
in vita e sto per un po’ al suo gioco. “No, anzi!
Probabilmente ti giureranno
eterna gratitudine e ti costruiranno una statua per aver fatto sfilare
un tale
splendore. E comunque, meglio i miei pettorali delle tue tette! Anche
se il
novanta per cento della scolaresca ne sarebbe stato entusiasta, temo
che gli assistenti
sociali non ne sarebbero per nulla soddisfatti.”
“Già, lo credo anche io:
quegli uomini sono davvero noiosissimi!” Leah mi fa
l’occhiolino e io le bacio
la punta del naso, sciogliendo poi l’abbraccio.
“Sicura di star bene?” Lei
annuisce poi comincia a frugare nella borsa, recuperando una pastiglia
contro i
dolori che mastica e poi ingoia senz’acqua. “Tutto
ok, sono solo un po’ pesta,
e molto arrabbiata con me stessa.” Sbuffa, iniziando a
pettinarsi i capelli con
le dita. Sollevato mi appoggio al muro e aspetto che abbia finito di
prepararsi, ma mentalmente faccio il punto degli ultimi, strani
avvenimenti e
capisco che è assolutamente necessario andare a fondo alla
cosa.
(Edward) Le
altre due ore sono
persino peggio delle prime: la lezione è di una noia e
banalità sconfortanti, i
pensieri dei miei compagni tremendamente piatti ed insulsi e la mia
ispirazione
musicale è momentaneamente in pausa, quindi non so
più come distrarmi da questa
agonia. Sto seriamente meditando di impiccarmi, quando la situazione
viene
velocemente animata dall’entrata strafottente di Jacob Black
che, per qualche
strano motivo noto solo a lui, non indossa la maglietta e si esibisce
in un
tripudio di muscoli delineati e guizzanti, pelle abbronzata, sguardi e
sorrisi
magnetici. Normalmente questo genere di cose non mi emoziona
particolarmente,
ma in questo caso il problema è che senza la schermatura
della maglietta il
profumo di Jacob colpisce in pieno i miei sensi, che sono ancora troppo
assuefatti dalla nottata, e questo catapulta la mia mente e la mia
fantasia
direttamente nella stratosfera. Inoltre, i pensieri indecenti e
dettagliatissimi che buona parte delle ragazze della classe gli dedica,
non
fanno altro che aggiungere benzina sul fuoco. Prima che me ne possa
rendere
contro, mi scopro intento a torturarmi le labbra e ad umettarle
leggermente col
veleno che mi riempie la bocca come acquolina. Il vampiro mi sussurra
all’orecchio
quelli che sono i trucchi migliori per sedurre e, per una volta, non
censuro i
pensieri della mia “metà oscura”, ma ne
seguo i consigli. La voglia di
immergermi in quel profumo è troppa. Quindi lascio che il
mio corpo si muova in
modo morbido e languido, che i miei occhi si scaldino e i morsi sulle
mie
labbra da famelici diventino sensuali. In fin dei conti, Black deve per
forza
sedersi vicino a me, e chi ben comincia è già a
metà dell’opera. Infatti si
avvicina, e mentre avanza mi osserva di sbieco, incuriosito. Sostengo
il suo
sguardo senza batter ciglio e, ad una folata più intensa del
suo profumo,
lascio sfuggire dalle mie labbra un leggero sospiro, che i miei
compagni non
notano, ma lui si. Da
quel momento
comincia anche lui a guardarmi, in modo non palese ma decisamente
intenso, e
ciò non fa altro che eccitarmi di più. Voglio
divorare quel profumo,
impossessarmene totalmente, ubriacarmene e riempirmici la testa, fino a
non
capire più nulla. Il mio corpo segue ed asseconda gli
impulsi mentali e solo
per una fortuita coincidenza mi rendo conto che i canini hanno bucato
la guaina
delle gengive, e che mancano davvero poco prima che io impazzisca
totalmente e
li affondi nel collo dell’indio urlando di gioia.
L’ultimo briciolo di auto
controllo mi impone di alzarmi, cosa che faccio in maniera tanto
violenta da
far volare banco e sedia a terra con uno schianto mostruoso, e uscire
correndo
dall’aula, ignorando domande gentili ed ordini perentori.
Correndo ben oltre i
limiti concessi dalla natura umana, raggiungo i bagni e mi fiondo in un
cubicolo vuoto. Chiudo la porta alle mie spalle e mi lascio andare
contro la
parete di ceramica, sospirando pesantemente.
(Jacob) Ammetto
di essere vanitoso.
So di essere bello, e adoro che mi venga detto o dimostrato, anche se
non
faccio delle gratificazioni il mio scopo nella vita. Immaginavo che,
entrando
in classe senza maglietta, avrei attirato molte attenzioni e avevo
messo in
conto di venir osservato da buona parte delle mie compagne e forse
dalla
professoressa. L’attenzione di uno come Cullen, notoriamente
bello, ricco,
carismatico, intelligente e con una lista di spasimanti di ambo i sessi
lunga
sicuramente qualche decina di chilometri, invece, non l’avevo
preventivata, ma
non per questo è stata meno apprezzata. Anzi. I suoi occhi
sono mille volte più
intensi di quelli delle ragazze, e più belli.
C’è qualcosa in loro, oltre alla
forma e al colore, che mi ipnotizza e mi attrae come un magnete. E non
solo nei
suoi occhi, a dirla tutta. Un po’ scombussolato, distolgo lo
sguardo e mi vado
a sedere, sforzandomi di comportarmi in maniera naturale e pensare ad
altro.
Però, quando passo vicino a Cullen, lo sento fremere e
rilasciare un sospiro
sommesso ed estremamente erotico, che
manda al diavolo ogni mio buon proposito. Non c’è
modo, ora, che io riesca a
distogliere lo sguardo da lui, e più lo scruto
più noto particolari nuovi ed
eccitanti, che mandano ufficialmente fuori uso il mio auto controllo.
Decine di
fantasie ed immagini erotiche mi scorrono dietro gli occhi senza che io
possa,
o voglia, fare nulla per fermarle. A riscuotermi da questa sorta di
torpore è
proprio Edward, che improvvisamente salta su dalla sedia come se
qualcosa
l’avesse morso e senza dire una parola corre via dalla
classe. Non appena lui è
lontano cerco, per svariati minuti, di riprendere un po’ il
controllo su me
stesso, ma levarmi il Cullen dalla testa si rivela una missione
impossibile.
Seccato dalla mia scarsa autorità e preoccupato per le
conseguenze che stanno
cominciando a manifestarsi sul mio corpo a seguito di tutti questi
pensieri
erotici, chiedo ed ottengo di andare in bagno. Non appena sono dentro,
mi
fiondo verso i lavandini e ficco la testa sotto il getto
dell’acqua fredda.
Rimango così per qualche minuto, e quando finalmente mi
sento sufficientemente
calmo e tranquillo mi tiro su e mi dirigo verso i soffiatori di aria
calda.
Quando sono a metà strada, però, sento il rumore
di una porta che si apre
lentamente e, riflesso nello specchio, vedo il mio compagno emergere
dal
cubicolo, se possibile ancora più sexy di quanto non fosse
in classe.
(Edward) Giunti
a questo punto delle
cose, è ufficiale che in tutto ciò ci debba
essere una volontà superiore. Sennò
perché, di tutte le persone possibili, ad entrare in bagno
è stato proprio
Jacob Black? Perché adesso è ancora
più appetibile di prima? E perché,
sennò, invece
di mostrarsi stupito, imbarazzato o persino disgustato dal mio
interesse per
lui, sembra che non aspetti altro che saltarmi addosso? Non so
rispondere a
queste domande, ma so una cosa, di per certo: un’occasione
così, non posso né
voglio farmela sfuggire. Siamo completamente soli, e lui mi sembra
troppo su di
giri per capire il pericolo al quale si sta esponendo. O la va, o la
spacca.
Faccio un passo in avanti, ma prima che possa decidere da che parte
attaccare,
mi trovo schiacciato tra il muro freddo e squallido del bagno e lo
strato di
pelle e muscoli che ricopre il torace di Jacob Black. Il ragazzo si
è mosso a
velocità fulminea e, prima che possa rendermi effettivamente
conto di cosa stia
accadendo, vedo il suo viso avvicinarsi al mio, e le sue labbra premere
contro
le mie. Sospiro, sorpreso: Jacob Black è l’essere
vivente più caldo che abbia
mai sentito, e le sue labbra sono fantastiche. Sono carnose, morbide al
punto
giusto, e hanno un sapore celestiale. Accantono totalmente i miei
propositi
omicidi e incrocio lee braccia dietro alla nuca dell’indio,
avvicinandolo di
più a me per assaporarlo meglio.
(Jacob) Il mio corpo si è
praticamente mosso da solo,
e questo non è un bene. Me ne dovrò occupare.
Dopo, però. Ora come ora, tutto
ciò che mi interessa è Edward Cullen, la sua
bocca ghiacciata contro la mia, le
sue braccia attorno al mio collo e le sue dita nei miei capelli. Sono
super
eccitato ed iper recettivo, come se non fossi altro che un insieme di
terminazioni nervose che lui manda in tilt persino col gesto
più piccolo. Mi
sento ipnotizzato, o intossicato, come se Edward diffondesse
nell’aria
ferormoni tossici ed irresistibili. Non voglio che questo bacio
finisca, non
voglio staccarmi dalle sue labbra. Persino riprendere fiato mi sembra
uno
spreco assurdo di tempo, e quando Edward mi ci costringe quasi mi
arrabbio,
salvo poi rendermi conto che boccheggiavo come un pesce fuor
d’acqua. Quando me
ne accorgo mi sento avvampare, ma Cullen non sembra darvi molto peso, e
quindi
dopo un po’ mi rilasso anche io. Per ridurre al minimo i
tempi della pausa
forzata, faccio respiri lenti e profondissimi e intanto osservo il mio
compagno
di classe, che ricambia a sua volta. Vorrei dire qualcosa per spezzare
questo
silenzio non esattamente leggero, ma la mia mente è come
svuotata. Riesco solo
a pensare che mi mancano le sue labbra e che voglio baciarlo ancora.
(Edward) Dovrei
erigere un
gigantesco monumento a Jacob. Non solo mi ha impedito di ficcarmi in un
guaio pazzesco
e di costringere la mia famiglia a scappare assieme a me da questo
posto, ma mi
ha anche reso partecipe del bacio più tremendamente
eccitante del mondo, che si
è rivelato essere persino migliore della somma di tutti i
morsi che ho dato
durante la mia seconda, lunga, vita. E ho detto tutto. Il contatto con
lui e il
suo corpo mi toglie il fiato, sono scosso da brividi che non credevo di
poter
più provare e non riesco a impedirmi di cercarlo e toccarlo.
Ha una pelle
fantastica: liscissima, bollente di una sfumatura stupenda e con un
odore che
mi fa letteralmente impazzire. E oltre ad essa ha pure un fisico da
schianto,
un viso splendido, capelli meravigliosi e molto altro, ma a pensarci mi
sto
distraendo un po’ troppo, e la prova di ciò
è che mi accorgo solo ora di quanto
Jacob sia prossimo alla morte per asfissia. Interrompo velocemente il
bacio e
sorrido della sua espressione un po’ seccata. Almeno, ho la
consolazione di non
essere il solo ad aver perso la bussola. Jacob non ci mette poi molto a
riprendere fiato, ma a me sembra un tempo destinato a non finire mai, e
quando
mi si avvicina nuovamente mi scopro fremente di anticipazione. Le
nostre labbra
si uniscono di nuovo, e nuovamente ci assaggiamo con foga e passione.
La sua bocca
è meglio del sangue, dei sensi super potenziati,
dell’iper velocità. É calda,
viva, provocante come niente, nella mia esistenza, potrà mai
essere. Un
campanello d’allarme comincia a risuonarmi dentro il cranio,
ma decido di
ignorarlo e di continuare, piuttosto, la mia opera di seduzione. Le mie
mani si
fanno più seducenti ed audaci, e Jacob mi gratifica con
sospiri compiaciuti e
gemiti contro il collo. Poi passa a ricalcare, con le sue mani, gli
stessi
percorsi sul mio corpo, ed è il mio turno di lasciarmi
andare. Da anni non mi
sentivo così bene e in pace con me stesso e il mondo intero.
Ne voglio molto di
più, ma mi rendo conto che probabilmente abbiamo
già esaurito la nostra scorta
quotidiana di fortuna, visto che è una sorta di miracolo che
nessuno sia ancora
entrato in bagno da più di un’ora a questa parte.
E, dai segnali che sono
nell’aria, credo che se continuiamo così, le cose
si spingeranno ben oltre il
semplice bacio, rendendo impossibile continuare in bagno, per ovvi
motivi di
igiene, pudore e decenza. Mi allontano per la seconda volta dalla bocca
dell’indio e mentre gli carezzo il collo con la punta di un
dito, gli sussurro
all’orecchio la mia proposta. Lui accetta subito con notevole
entusiasmo, mi
riavvicina a sé e, sempre baciandomi, mi conduce verso la
porta, che apre con
una spallata. In ciò, io non riesco a vedere proprio nulla
di male, ma a quanto
pare non è così per tutti. Per
l’ennesima volta, le nostre labbra si separano,
ma questa volta la ragione è che la ragazza indigena che ha
picchiato Rosalie
questa mattina è appena apparsa in corridoio, e la nostra
vista l’ha scioccata.
Jacob si allontana velocemente da me e i due si fissano per un
lunghissimo
istante. Poi lui si le si avvicina lentamente
e lei, per tutta risposta, si volta e corre via
velocemente. Non
abbastanza, però, per nascondere le lacrime che stava
cominciando a versare, né
l’espressione ferita del suo volto. E le deve avere notate
pure Jacob, che si
lanca al suo inseguimento totalmente sconvolto dal panico e dal dolore.
Lo
osservo allontanarsi e, mentre quella rete letale di feromoni che ci
eravamo
cuciti attorno si strappa, riesco a mettere a fuoco la situazione,
preoccupandomi sempre di più. Cosa diavolo stavo facendo?
Come mi è saltato in
mente di sedurre un essere umano e dare spettacolo in un bagno pubblico
baciandolo? Senza contare, poi, che avevo messo in conto di appartarmi
con lui
da qualche parte e fare ben altro! E poi cos’altro
avrei escogitato per
attirare l’attenzione dei Volturi, una dichiarazione alla
stampa locale con
tanto di foto? No, l’arrivo di Leah Clearwater è
stato provvidenziale: quello
che facevamo io e Jacob era indubbiamente sbagliato. Bello da
impazzire,
d’accordo, ma profondamente sbagliato. E
un’ulteriore prova di ciò, sono i
pensieri a dir poco disperati che attraversano la mente di Black mentre
rincorre la sua amica per tutta la scuola. Se fare una cosa ti fa
provare, poi,
sensi di colpa talmente orribili da spingerti a desiderare di non
essere mai
venuto al mondo, non può essere giusta da nessuna
prospettiva la si guardi. Più
abbattuto di quanto non voglia ammettere, ritorno in classe e seguo
svogliatamente la lezione, o almeno ci provo. Cancellare il ricordo dei
baci di
Jacob non è per nulla facile.
(Leah) Percorro
il corridoio a
denti stretti, cercando però di mantenere una posa
totalmente naturale e
rilassata, nonostante le botte prese dalla Hale mi facciano un male
incredibile: ammettere e mostrare di provare dolore sarebbe un colpo
molto più
duro, da digerire, per il mio orgoglio ferito. Sono offesa, furibonda
con me
stessa e con il mio carattere presuntuoso ed impulsivo, e anche
parecchio
dolorante. Decisamente queste non sono le condizioni ottimali per
seguire una
noiosissima lezione di astronomia, quindi mi sono auto prescritta una
lunga
passeggiata per i corridoi della, sperando che mi aiuti a far passare
la
rabbia. Mentre passo davanti al bagno dei ragazzi, vengo attirata da
alcuni
gemiti sommessi, che mi fanno sorridere: evidentemente non sono la sola
ad aver
deciso di prendersi una pausa dalle lezioni! Anzi, sembra che qualcuno
se la
stia passando anche molto meglio di me! La tentazione di restare e
scoprire chi
è la coppietta è irresistibile, quindi mi attardo
nel corridoio il più
possibile, controllando spesso la porta dei bagni, per impedire che mi
scappino. La mia attesa non è molto lunga, dopo nemmeno
cinque minuti sento dei
sussurri complici e la porta si apre violentemente. Ma, non appena
metto a
fuoco le due figure che escono dal bagno, desidero improvvisamente di
non
essere mai uscita dalla classe e anzi, di non essere proprio venuta a
scuola,
oggi. Il problema non sta nel fatto che la coppia è composta
da due ragazzi, ma
nel fatto che uno di loro è Jacob, il mio
Jacob. Quel
ragazzo speciale, col quale ho un rapporto che nessuno capisce fino in
fondo,
una persona bellissima, che adoro e per la quale darei la vita seduta
stante e
più di una volta, se necessario. Quel ragazzo col quale
convivo da quasi dodici
anni, che considero la mia famiglia e che ha visto il meglio e il
peggio di me.
Credevo di conoscerlo a menadito, di sapere tutto di lui: dalle cose
stupide,
come il dopobarba preferito e il grado ideale della cottura della
bistecca, a
quelle importanti come i sogni, le paure e i desideri. Eppure non
sapevo della
sua sessualità, e se ha mentito su quella non ho garanzia
che sia mai stato
sincero su nulla. Il mondo mi crolla addosso, tanto che non riesco a
far altro
se non rimanermene impalata al centro del corridoio, spalancando sempre
più
occhi e bocca. Le bugie di uno qualsiasi degli altri miei amici mi
avrebbero
fatto infuriare e vedere rosso, ma è di Jacob che si tratta,
ed è una cosa
talmente grossa che non so letteralmente come reagire. Quando,
però, Jacob fa
per avvicinarsi e parlarmi, il mio corpo sembra risvegliarsi e reagisco
d’istinto correndo via. Non bado molto a dove vado, e
così finisco per salire
stupidamente sul tetto, dove non ho possibilità di fuga,
tralasciando
ovviamente il salto nel vuoto. Impreco e mi giro per riprendere a
fuggire, ma
ovviamente Jacob mi ha già raggiunto e, dopo aver chiuso la
porta con un boato,
mi strige forte tra le braccia, immobilizzandomi. Furibonda, recupero
il mio
solito caratteraccio e comincio ad urlare minacce e a scalciare,
cercando inutilmente
di divincolarmi. Ma il mio amico non si scompone, e alla fine sono io a
cedere
rimanendo zitta e buona, ma solo perché la sfuriata ha
completamente azzerato
le mie energie. Solo allora mi rendo conto dei sussulti sommessi che
scuotono
il mio amico: mi volte velocemente, temendo che stia avendo una crisi,
e scopro
così che Jacob sta piangendo come non lo vedevo fare da
anni. Allora non posso
fare altro che ingoiare rabbia ed orgoglio e stringerlo a me,
nonostante tutto.
(Edward) Mi
esibisco nel migliore
dei miei sorrisi radiosi e raccolgo velocemente il quaderno che la mia
compagna
di banco ha fatto cadere. Mentre glielo restituisco, noto che si tratta
della
figlia dell’ispettore Swan, che si rivela essere
particolarmente carina mentre
sorride ed arrossisce impacciata. Per curiosità, provo
nuovamente a sondare la
sua mente ma, come ieri, rimane del tutto muta. Ben diversa
è, invece, quella
della sua vicina di banco: Jessica Stanley, una di quelle ragazze che
riescono
ad essere sempre onnipresenti in ogni attività, sia essa
scolastica o
riguardante la comunità cittadina. É decisamente
carina, non lo nego, ma è
anche un tipetto tremendamente ostinato e calcolatore, col pallino di
noi
Cullen. E infatti, non appena ha notato il mio gesto gentile nei
confronti della
Swan, la sua mente è partita in quarta e ha cominciato a
ipotizzare e
pianificare vari attacchi e strategie atti a farsi notare da me. La mia
reazione a tutto questo lavorio, solitamente, è quella di
evitare il più
possibile di avere contatti con l’ideatore, ma in questa
giornata decisamente
strana, mi viene un’altra idea: e se stessi al suo gioco?
Leggere nella sua
mente promette di essere un vero spasso, e non mi farebbe male
intrattenere
qualche rapporto con le ragazze del posto. Mi renderebbe meno sospetto
agli
occhi della comunità. Decisamente soddisfatto, mi appoggio
contro lo schienale
della sedia sorridendo, ma prima che il mio umore possa migliorare
troppo,
arriva il ricordo del bacio con Jacob a rovinare tutto.
(Leah) Abbiamo
risolto tutto, alla
fine. Calmare Jacob ha tranquillizzato anche me, e mi ha reso
più bendisposta
all’ascolto, quindi gli ho permesso di spiegarsi. Ed
è stato un bene, perché nel
corridoio mi ero fatta prendere dal panico e sono subito saltata alle
conclusioni. Jacob, che non mi ha mai mentito né nascosto
nulla in vita sua, ha
provato a spiegarmi come sono andate le cose, anche se neppure lui ha
una
spiegazione razionale per quello che è successo con Cullen.
“Non so come
spiegartelo, non so neppure come giustificarlo a me stesso! So che in
classe mi
stava spogliando con gli occhi, e che quando io l’ho guardato
a mia volta… bam,
mi ha come ipnotizzato! Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso,
era come
se improvvisamente fosse diventato la persona più bella e
sexy sulla faccia
della Terra!” “Mh, credo di poter
capire…” “Credi?”
“Penso proprio di si. In
effetti, è successa una cosa simile anche a me proprio
oggi…” “La tua
scazzottata con Rosalie Hale?” “Esatto. Non
è stato normale scattare così e
prenderla a pugni in quel modo, neppure per una persona con un
carattere come
il mio.” “Già… Credo proprio
che i Vecchi, oggi pomeriggio o al massimo in
serata, ci dovranno parecchie spiegazioni. Sono sicuro che sappiano
molte cose,
se non tutto. E ora sistemiamo un’ultima cosa: nessuno al
mondo mi conosce
meglio di te, e ciò varrà per sempre. Hai sempre
saputo e saprai sempre ogni
cosa di me, sia positiva che negativa. Non ti ho mai mentito, non ti ho
mai
lasciata sola e non lo farò mai, neppure se un domani
incontrassi la mia anima
gemella e mi si sciogliesse il cervello in una melassa di arcobaleni,
unicorni e
cuoricini rosa. Tu sei mia sorella, mia compagna e mia migliore amica.
Giusto?”
Conclude, mostrandomi l’incisione a forma di
“L” che gli segna il polso destro.
“Giusto.” Rispondo io, mostrandogli il mio polso e
la “J” che vi è incisa. Poi
lo abbraccio, farfugliando scuse. Jacob mi consola e mi rassicura e
trascorriamo il resto della giornata scolastica sul tetto, ridendo,
scherzando,
guardando il cielo, fumando sigarette e chiacchierando.
Salve a
tutti! Credo di
dover esplicitare, a questo punto della storia, dei piccoli
"correttivi" che ho applicato alla trama canon, in modo da permettervi
di capire al meglio le situazioni. Non sono
differenze sostanziali, ma si tratta comunque di cose un po' diverse
dalla trama originale.
- Jacob e Leah sono legati da un'amicizia
salda e indistruttibile, oltre che da un passato difficile, e vivono
assieme per motivi che svilupperò meglio col procedere della
storia.
-I Vecchi Quileute hanno conservato molto
bene il segreto della loro natura lupesca, tenendone all'Oscuro sia i
vampiri che le nuove generazioni di indiani. Ufficialmente, i Cullen
hanno sottoscritto il Patto di convivenza con indigeni parecchio
superstiziosi che hanno scoperto la loro natura vampirica per puro
caso, e i giovani della Riserva conoscono solo vaghi ceni delle vecchie
leggende.
Grazie per il tempo che mi
dedicate, per le letture, le recensioni e le condivisioni =)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Tra rivelazioni, botte da orbi e splendidi sogni ***
(Edward)
Le lezioni terminano, le menti
dei miei compagni si
frammentano e diventano molto più facili da escludere, il
cielo è coperto e
Jacob Black non pervenuto.
Tutto sommato, ed escludendo
la parentesi nei bagni alla
quale non voglio neppure pensare, la giornata non è andata
poi tanto male. E per
questo devo ringraziare soprattutto Isabella Swan e Jessica Stanley,
che mi
hanno piacevolmente intrattenuto: la prima con la sua goffaggine senza
pari, e
l’altra per la smisurata potenzialità della mente
piacevolmente astuta, acida e
calcolatrice che si ritrova.
Credo che osservare il modo
in cui pianifica ed
analizza ogni minimo gesto anche nelle più lievi sfumature e
conseguenze
eventuali, sia uno degli spettacoli più affascinanti su cui
abbia posato gli
occhi negli ultimi trent’anni, e sono sicuro che non sarei il
solo della mia
famiglia a pensarla così.
Jasper, ad esempio, ci si
divertirebbe come un matto.
Stuzzicarla è un
piacere praticamente irresistibile, ed è quindi con un gesto
più elegante del solito e con un sorriso più
scintillante del dovuto che raccolgo
e passo alla Swan il quaderno che ovviamente ha fatto cadere.
Immediatamente
Jessica Stanley mette in moto le sue celluline grigie e, dopo un
gioiellino di
battuta al vetriolo che credo neppure Rosalie nelle sue giornate
peggiori
potrebbe emulare, si appresta ad aiutare Bella con il suo materiale,
cinguettando amabilmente e sorridendo come se fosse ad un concorso di
bellezza.
Ciò farà
si che, ai miei occhi, lei risulti un’amica presente,
premurosa ed
affettuosa, oltre che esteticamente piuttosto appetibile.
Sorrido apertamente.
Come si può essere oggetto di tante e tali attenzioni e non
montarsi neppure un
pochino la testa?
(Jacob)
Non
appena la campanella
suona, io e Leah siamo rapidissimi a scendere dal tetto, recuperare la
nostra
roba, montare sulle moto e correre verso casa.
Certo,
vogliamo avere risposte e
cercare di capire qualcosa di quello che sta accadendo il prima
possibile, ma
mentirei a me stesso se non dicessi che il pensiero di vedere ancora
Edward mi
rende parecchio agitato.
Arriviamo in vista della Riserva e freniamo entrambi
bruscamente. Schierati davanti all’ingresso, ci sono tutti i
membri del
Consiglio, disposti a semicerchio attorno al vecchio Harrison Ateara,
che come
al solito trafigge l’aria con i suoi occhi acuti, profondi e
cattivi.
Apro
la
bocca per chiedere spiegazioni, ma il vecchio mi precede.
“Tutto
a tempo
debito, Mastro Black. Dovete esserci tutti, dovete cominciare a
ragionare come
un unico corpo con una mente sola.”
Dopo
questo enigmatico preambolo, Ateara
punta gli occhi all’orizzonte, e non li distoglie
finchè tutti i giovani della
Riserva non sono tornati a casa dalla scuola o dal lavoro.
Il
vecchio ci scruta
con calma uno ad uno e, man mano che il suo sguardo si sposta da un
volto all’altro,
fa un cenno di assenso o diniego con la mano destra, allontanando
alcuni
ragazzi senza, apparentemente un motivo ben preciso.
Dopo aver concluso la sua
ispezione, osserva con aria critica noi
“superstiti”, una decina in tutto, e si
volta, dirigendosi verso casa sua seguito dal resto del Consiglio, che
ci
indica di seguirli.
Osservo
velocemente gli altri e li trovo perplessi quanto
me, ma è abbastanza chiaro il fatto che non possiamo
rifiutarci, e inoltre io ho
un assoluto bisogno di risposte. Quindi giro la chiave nel quadro
d’accensione
e percorro a passo d’uomo i pochi metri che ci separano dalla
casa del vecchio,
seguito man mano dagli altri.
Ateara vive quasi al centro esatto della Riserva,
in una casa che scopriamo essere praticamente solo un gigantesco
soggiorno,
ampio abbastanza a contenere una quarantina di persone senza sforzo.
Le pareti,
il tappeto enorme, il camino e le mensole straripano di disegni tribali
e
oggetti antichi.
Ci sono copricapi di piume, figurine di legno e d’argilla,
utensili fatti a mano, lembi di cuoio e strumenti musicali, quasi come
se fosse
un set cinematografico. Ma queste cose sono evidentemente tutte
autentiche, e
guardarle mi mette addosso una strana sensazione.
Ateara ci lascia liberi di
girare un po’, poi richiama l’attenzione con un
secco colpo di tosse. Ci indica
il pavimento e, mentre sediamo, prende una pipa dal tavolino vicino
alla sua
sedia a rotelle e la accende con metodo.
Cerco lo sguardo di Leah, e non mi
stupisco di vederla mortalmente seria, come sono certo devo apparire
anche io.
Normalmente una visione del genere sarebbe comica, se non addirittura
parodistica, eppure in questo frangente non ci trovo proprio nulla da
ridere.
“Benvenuti
nella mia casa, giovani della Riserva. Questo sarà per voi
un giorno
memorabile. Oggi scoprirete la verità su quello che siete e
sul vostro vero
scopo a questo mondo.”
A queste parole segue un silenzio perplesso ed
angosciato, che nessuno osa interrompere. Ateara traffica ancora un
po’ con la
sua pipa, e poi continua il racconto.
“Immagino che nessuno di voi saprebbe
spiegarmi qualcosa delle nostre tradizioni, o raccontarmi qualche
leggenda. Voi
ignorate totalmente la nostra storia e siete cresciuti senza valori, ma
ora
questo dovrà cambiare. Lo Spirito lo reclama. Lo sentite
anche voi, vero?
Ultimamente siete irrequieti, facilmente irritabili. Mangiate
più voracemente,
dormite di più e più a fondo, i vostri corpi
fremono per un nonnulla e siete
costantemente nervosi, e come in attesa di qualcosa.”
Il vecchio sa di avere
tutti gli sguardi catalizzati addosso, e quindi si interrompe
nuovamente e
cincischia ancora un po’ con quella dannata pipa, giusto per
stressarci di più.
Ma rimane comunque un buon narratore, perché quando sente
che oramai la
tensione è alle stelle riprende a raccontare, sganciando la
bomba.
“Noi
Quileute siamo una tribù legata da sempre alla magia della
Terra. Lei ci
protegge e ci dà di che vivere, e noi in cambio la manteniamo
pura ed intatta,
preservandola dallo scempio della gente Bianca. E questo impegno lo
svolgiamo
percorrendo due strade. La prima ci impone di occuparci materialmente
della
Terra: protestiamo contro il disboscamento selvaggio, ci battiamo
affinché gli
alberi vengano piantati nuovamente e sponsorizziamo con impegno e
convinzione le
cosiddette “soluzioni eco-compatibili.”
C’è
poi la seconda via, quella che solo
pochi membri eletti possono prendere, che è mille volte
più impegnativa ed
importante della prima. Percorrendola, ci assicuriamo che la Terra
rimanga pura
e che non venga deturpata da sangue innocente e da una piaga diabolica
e
corrotta, vecchia di migliaia di anni: il vampirismo. Quelle che
circolano su
quegli esseri sono più di mere leggende o sciocche
superstizioni: essi,
purtroppo, esistono davvero, e sono creature letali ed empie che da
secoli
minacciano la quiete di questa Terra e la corrompono con i loro atroce
delitti
e con la continua pioggia del sangue che versano per nutrirsi. Essi
sono il
vero pericolo che minaccia il delicatissimo equilibrio della Terra, e
il vostro
compito è quello di fermarli, così come in
passato li abbiamo fermati io e le
persone che vedete in questa stanza.”
“Vampiri? Fermarli? E come potremmo
fermarli? Dovremmo forse diventare cacciatori, munirci di paletti di
frassino,
teste d’aglio, croci benedette e…
braccarli?” Domanda Sam Uley, in tono incredulo.
“Dovrete
dar loro la caccia, questo si, ma lasciate perdere tutte quelle
storielle superstiziose. Sarà la Terra a proteggervi ed
aiutarvi, vi darà corpi
migliori, più resistenti e veloci, armi efficaci contro quei
mostri e l’istinto
di veri guardiani predatori.”
“E come potrà, di grazia?” Chiede Embry,
in tono
sarcastico.
“Così, giovane stolto.” Avvertiamo una
scarica di energia riempire
l’aria e una sorta di schiocco esplosivo. Ora, al posto
occupato prima da Ateara,
c’è un lupo magro e scattante dall’aria
decisamente feroce e pericolosa, che ci
scruta con severità.
La
belva apre le fauci e continua il suo simposio,
ignorando il nostro stupore.
“Da generazioni e generazioni gli Indiani Quileute
sono i guardiani prescelti dalla Terra, coloro che Essa riempie con lo
Spirito
e trasforma in esseri invincibili. Avrete forza, velocità,
prontezza e
resistenza fisica talmente sviluppati da riuscire a tenere
tranquillamente
testa a quei demoni succhiasangue. Non gli lascerete scampo, e sarete
eroi
immortali.”
Un mormorio ammirato comincia a serpeggiare tra alcuni dei
presenti, ma lo sguardo che ci lanciamo io, Leah, Quil, Embry e pochi
altri è
tutt’altro che convinto. Questa cosa non ci piace neppure un
po’.
(Edward)
Arriviamo a casa giusto
pochi minuti prima che nostro padre esca, e le espressioni sul nostro
viso sono
sufficientemente preoccupate da convincerlo ad avvertire
l’Ospedale che ha
avuto un imprevisto piuttosto complicato e lungo da risolvere.
Rientriamo in
casa ed Esme si unisce a noi, raggiungendoci nel salone.
Rosalie, col suo
solito stile secco e conciso, fa un veloce riepilogo della mattinata e
uno più
dettagliato sull’aggressione dopodiché io, Jasper
ed Alice tentiamo di spiegare
chiaramente tutte le sensazioni, i pensieri e le immagini che abbiamo
captato.
Le
conclusioni sono state identiche in tutti e tre i casi: In linea di
massima,
gli indiani ci hanno fatto una stranissima impressione e due di loro,
Jacob
Black e Leah Clearwater ovviamente, hanno chiaramente dimostrato di
avere doti
fuori dal comune.
Nostro padre annuisce,
pensieroso, quindi ci chiede di
spostarci nel suo studio, in modo da poter esaminare nostra sorella ed
eventualmente fare già alcuni test.
Quando Rose si toglie la
maglia, il
silenzio cala: la pelle della schiena e del torso è piena di
segni di graffi
piuttosto arrossati e irritati.
“Si direbbe
un’intossicazione…” Mio padre preleva
rapidamente un campione di pelle, e lo esamina a lungo al
microscopio.
“
Affascinante…
In questo campione sono presenti cellule che i trattati di medicina
definirebbero, forse, “transgeniche”. Hanno un
aspetto differente da qualsiasi
campione abbia mai osservato, e il loro comportamento è
quantomeno…singolare.
Dovrò fare delle analisi più accurate con i
macchinari del laboratorio
specializzato dell’Ospedale, ma ovviamente non posso
occuparmene prima di
stanotte. Intanto, Rose…”
Carlisle preleva una lattina
di sangue dalla sua
borsa e la porge a mia sorella, che la finisce in un paio di sorsi. Non
appena
il sangue le entra in circolo, i graffi si attenuano e il rossore
scompare.
Carlisle annuisce.
“Come pensavo,
intossicazione. Probabilmente il sangue ha
diluito il veleno, o ha dato al tuo sistema immunitario un surplus di
energia
sufficiente ad avere la meglio su quelle cellule. Potrò
essere più preciso tra
poche ore.”
“Ma secondo te cosa
sta succedendo, caro?” Domanda Esme,
visibilmente preoccupata.
“Le mie non sono che
teorie. É chiaro, oramai, che
gli indiani della Riserva siano molto più di quanto non
appaiano, ma questa non
è che la punta dell’Iceberg. Edward prima ha
accennato a delle mutazioni
riscontrate sul ragazzo Black, ma di che tipo saranno? A cosa saranno
dovute?
Saranno pericolose per noi? E se si, quante probabilità ci
sono che il suo sia
un caso isolato? Per ora ne so quanto voi, ma tra qualche ora
eseguirò quelle
analisi, e una volta ottenuti i risultati potremmo iniziare a
teorizzare e studiare
il da farsi.
Per adesso, non possiamo che
pazientare e usare molta cautela:
sentendo i vostri racconti, credo che i giovani indiani siano al
momento
emotivamente instabili, basterebbe una provocazione anche minima o
involontaria
a farli esplodere e nessuno di noi è in grado di prevedere
cosa potrebbe
succedere. Cacciate lontano dal loro territorio e anche a scuola
cercate di
ignorarli più che potete. Potrebbe andarne della nostra
sicurezza.”
Dopo queste
ultime raccomandazioni segue qualche momento di silenzio assorto,
dopodiché
Emmett si alza ed esce dalla porta, seguito poi da Jasper, Alice, Esme
e
Carlisle.
Nel laboratorio rimaniamo
solo io e Rose, che continua a tormentare i
segni rossi sul suo corpo.
“Ti fanno
male?” Domando, avvicinandomi e porgendole
la sua maglietta. Lei mi sorride e scuote la testa mentre indossa
l’indumento.
“No, no non sento
assolutamente nessun tipo di dolore. Ma non ti nasconderò
che
mi lasciano perplessa, e preoccupata…” Rosalie si
sistema i capelli, e intanto
cerca il riflesso dei miei occhi nello specchio.
“Non mi avevi detto
di aver
visto Black subire delle mutazioni…”
“Perché
non ne ho avuto il tempo, Rose, e
perché prima volevo confrontarmi con Carlisle. E
poi…”
“Poi?” Mi
incalza mia
sorella, osservandomi attentamente.
Sospiro, rassegnato.
“E poi non era per
nulla un bello spettacolo. Dava l’impressione di essere una
cosa dolorosa e
abbastanza spiacevole, e mentalmente parlando era in crisi nera. Ho
avuto
accesso a una sezione molto delicata e privata della sua mente, ieri
notte, e
non mi sento di spiattellarla in giro. Neppure a voi.”
Noto la sua espressione
offesa e mi affretto a cercare un modo per rabbonirla.
“Se non sei troppo
arrabbiata con me, però, mi propongo come tuo accompagnatore
per la cena, e
prometto di offrirtela io, cacciando per te qualsiasi cosa tu
voglia.”
Declamo,
in tono pomposo, facendola ridere. Lei tende la mano destra, assumendo
una posa
caricaturale da damina stizzita, e io sono rapido ad afferrarla e
baciarla. Lieto
di aver evitato una lite, faccio salire mia sorella sulla mia schiena e
poi
usciamo nell’aria leggermente tiepida della sera.
(Jacob) I ragazzi della Riserva
sbuffano e si lamentano, ma Leah li zittisce e li avverte che manca
poco
all’arrivo.
Io ovviamente conosco molto
bene il posto dove ci sta portando: è
una zona della Foresta un po’ troppo folta, poco interessante
e lontana dal
villaggio perché qualche ragazzino intraprendente o qualche
turista la desideri
esplorare, ed è diventata ufficialmente la nostra futura
base per gli
allenamenti.
Il maledetto vecchiaccio ci ha
detto che le prime volte
trasformarsi è molto faticoso e, soprattutto,
pericolosissimo per gli umani
poiché il mix di eccitazione e super forza ci fa sragionare
e più di una volta,
in passato, è capitato che un lupo abbia sfregiato o ucciso
umani innocenti che
si trovavano semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Pertanto,
ci ha ordinato di trovare un posto sicuro e di cominciare a
scazzottarci tra di
noi, in modo da imparare a mantenere il controllo e allenarci evitando,
al
contempo, incidenti mortali.
Finalmente Leah si ferma e i
miei compagni
iniziano ad esplorare la radura, peraltro davvero poco interessante,
con cura
maniacale, stando ben attenti a non avvicinarsi troppo gli una agli
altri.
Il
silenzio è assordante e pesantissimo, e mi ritrovo ad
imprecare mentalmente:
immaginavo che sarebbe stato difficile, ma non pensavo fino a questo
punto!
Normalmente non diremmo di no
a fare la lotta tra amici, ma il pensiero che da
un momento all’altro potremmo perdere il controllo e
trasformarci in lupi
giganteschi, fortissimi e potenzialmente incapaci di autocontrollo
blocca un
po’ tutti.
Incrocio lo sguardo di Leah
e, come al solito, ci capiamo in una
frazione di secondo. Così, mentre io tiro i capelli a Quil,
lei strappa di mano
a Paul il suo adorato telefono nuovo, facendolo imbestialire.
I nostri amici
cadono nel tranello e cominciano a inseguirci, meditando di renderci la
pariglia. Mentre corriamo, sia io che lei stiamo ben attenti travolgere
quanti
più compagni possibile e cerchiamo continuamente di
distrarli e disorientarli,
per evitare che si rendano conto di quello che sta succedendo e
rovinino così
ogni cosa.
Ci facciamo
“catturare” più o meno nello stesso
momento, e
sopportiamo di buon grado il solletico, le scherzose mosse di lotta
libera, le
minacce sibilate tra gli accessi di riso e le solite mosse di arti
marziali che
Paul crede di essere abilissimo a praticare solo perché
appassionato di film.
E
mentre ci rotoliamo tra l’erba e ridiamo come pazzi, succede.
La sensazione è
terrificante, come se un autotreno lungo un migliaio di chilometri
trapassasse
i nostri corpi facendo i quattrocento chilometri
all’ora.
Lo
“Spirito” massacra
le nostre ossa una ad una, le spezza e le riplasma più
leggere e resistenti;
strappa i muscoli dalla carne e li ricuce, rendendoli più
elastici e densi.
Muta gli arti in zampe, le unghie in artigli, la pelle in pelliccia, i
denti in
zanne e finalmente, dopo quelli che sembrano secoli, ci lascia
andare.
I primi
istanti sono uno schifo: le percezioni sono tutte distorte,
così come le
prospettive.
Il naso mi fa male per
l’incredibile quantità di nuovi odori che
percepisco, il mio nuovo campo visivo mi fa venire una tremenda nausea
al
minimo movimento, e in testa ho un terribile guazzabuglio di voci
sommesse e
immagini che non capisco.
Vedo i genitori di Paul che
litigano urlandosi insulti
ed oscenità, Embry e suo padre che riparano il tetto, Quil
che studia per
l’esame di letteratura, Leah che, dopo un bagno a La Push si
fa una veloce
doccia sulla spiaggia, Sam e altri ragazzi che la occhieggia rapiti e
un sacco
di altre scene e vecchi ricordi, che però non riesco a
ricollegare a nessuno in
particolare.
Le immagini e le sensazioni
sembrano semplicemente fluire da un
lupo all’altro senza alcun tipo di controllo e questo, quando
si arriva a
pensieri troppo intimi e privati, comincia a far scaldare
eccessivamente gli
animi.
Preoccupato per
un’eventuale lite, che sento già svolazzare
nell’aria
attendendo solo di potersi scatenare, riesco in qualche modo a
sciogliere la
trasformazione, dando così il buon esempio a Leah, Paul,
Sam, Quil, Embry e gli
altri.
Comincio a parlare, un
po’ banalmente in realtà, di come organizzare gli
allenamenti e le riunioni con il Consiglio e intento ne approfitto per
studiare
gli aspetti e le reazioni dei miei compagni: una volta sicuro del fatto
che non
si squarceranno la gola non appena volteranno l’angolo,
termino il mio sermone
e sparisco tra gli alberi assieme a Leah.
Rimaniamo un po’ in
ascolto, per
assicurarci del fatto che tutti se ne siano effettivamente andati, e
poi
torniamo alla radura confrontando le reciproche impressioni.
La trasformazione
ha spaventato entrambi, ma i membri del Consiglio ci hanno assicurato
che non
sarà sempre così dolorosa, e che abituarsi a
gestire i nostri nuovi corpi sarà
un gioco da ragazzi.
Tutt’altro che
semplice è, invece, la storia delle
immagini e dei ricordi. Ateara ci aveva accennato che avremmo avuto una
sola
mente condivisa, ma non pensavamo in senso così ampio!
In questo modo passa
dall’essere un dono estremamente utile al diventare una
potenziale bomba
innescata.
Con il caratteraccio che ci
sviluppa la trasformazione, basta il
minimo disaccordo a scatenare una lite furibonda, figurarsi che razza
di
effetti potrebbe causare la scoperta improvvisa di un tradimento,
un’ingiustizia o un raggiro da parte di chi pensavamo amico!
E anche per quelli
come me e Leah, che diciamo quello che facciamo e viceversa, questo
dono si
rivela una dannazione incredibile, perché abbiamo ricordi
personali e delicati
che non siamo per nulla intenzionati a condividere. Dovremmo cercare
una soluzione
a questo inconveniente, ma per ora credo proprio sia meglio cercare di
trasformarci ancora e migliorare la mobilità che abbiamo con
questo nuovo
corpo.
(Edward) Afferro l’usignolo
poco
prima che spicchi il volo e lo passo a Rose.
“E per finire, ecco
la ciliegina
sulla torta, madame.” Le dico, facendole
l’occhiolino.
Rosalie sorride e si
avventa sulla creatura, portata finale della ricca e variegata cena che
le ho
offerto oggi. Finisce di bere con calma, seppellisce la carcassa
dell’uccellino
e poi mi ricompensa con un bacio sulla guancia.
“Grazie mille,
Edward.”
“Figurati, non
c’è problema. Avevo semplicemente voglia di
coccolarti un po’,
dopo quello che hai passato oggi.” Le dico, prendendola per
mano e cominciando
a passeggiare nella foresta.
Rose sospira. “Devo
dire che non è stata
un’esperienza per nulla piacevole, anche perché
erano secoli che non perdevo la
ragione a quel modo, letteralmente. L’ultima volta
è successo quando ho fatto
piazza pulita di quel rifiuto umano del mio promesso sposo, e non
è un momento
del mio passato del quale sono molto fiera.”
La sua mano si contrae
leggermente
nella mia e non ho bisogno di guardarla in viso, né di
leggerle nella mente,
per sapere a cosa sta pensando.
Per mia sorella quel trauma
è stato devastante,
tanto che neppure la morte e la sincera adorazione che Emmett prova per
lei
sono riusciti a farle mettere il cuore in pace.
Sebbene siano passati oramai
quasi duecento anni, Rosalie continua a soffrire per quella vecchia
storia,
soprattutto perché ancora oggi non riesce a perdonarsi. Si
incolpa di tutto,
dall’essere stata così frivola ed ambiziosa, al
non essersi accorta di quale
fosse il vero volto dell’uomo che corteggiava con tanta
ostinazione e di non
essere riuscita a resistere al richiamo di un sangue tanto impuro.
Ovviamente
il suo grado di colpevolezza, in questa vicenda, è minimo,
ma non importa
quante volte glielo si spieghi, lei si limita semplicemente ad annuire
e non
ascoltare.
“Tu credi che
costituiranno un pericolo? Parlo dei Quileute…”
Dice
Rosalie, rompendo con mia somma gratitudine quello che si prospettava
come un
silenzio lunghissimo ed imbarazzante.
Mi stringo nelle spalle.
“Chi può dirlo?
Sicuramente quello che abbiamo scoperto negli ultimi giorni
è quantomeno
singolare e merita un’analisi più approfondita, ma
quello che mi sento di
suggerire, per ora, è non fasciarci la testa. In fin dei
conti, con gli indiani
non abbiamo mai avuto grossi problemi e da quanto ho potuto osservare
in questi
giorni, quei ragazzi non mi sembrano né cattivi
né pericolosi…”
“Speriamo abbia
ragione tu… parlami di Jacob, avanti!”
“In che
senso?” Domando, riuscendo
miracolosamente a tenere la voce ferma e neutra ma sentendo al contempo
un
brivido di terrore corrermi lungo la schiena.
“Raccontami della
mutazione!
Insomma, Edward, si può sapere che ti prende? Stai forse
nascondendo qualcosa?”
Rosalie si avvicina e mi scruta con aria indagatrice, a lungo.
“Ovviamente no, ero semplicemente
distratto…”
Replico, con la migliore delle mie facce espressive, anche se so
perfettamente
che non riuscirò a convincere Rosalie: mia sorella ha una
specie di “sesto
senso” per me, riesce sempre a capire a cosa sto pensando e
se nascondo
qualcosa.
Ma deve anche aver capito che
questa volta non sono disposto a dire
nulla, perché insiste un po’ e poi si rassegna,
sospirando. Cambia argomento e
passiamo parecchio tempo passeggiando e spettegolando su questo e
quello.
Siamo
totalmente sazi, e ben lontani dal confine della Riserva, quindi
teniamo bassa
la guardia e non diamo alcun peso a quella leggera sensazione di
fastidio alla
base della nuca.
Un brontolio sordo,
però, ci fa tornare rapidamente alla
realtà.
Davanti a noi sono parati i
due lupi più incredibilmente giganteschi e
feroci che abbia mai visto in tutta la mia vita. Li analizzo dalla
punta delle
orecchie a quella della coda, e realizzo che sono decisamente letali
anche, e
forse soprattutto, per noi.
Faccio per scappare, ma
qualcosa mi blocca: Rosalie, che solitamente è una
delle
persone più prudenti che abbia mai incontrato, ha assunto
una posa d’attacco e
ringhia in direzione di uno dei due lupi, un esemplare argentato e
decisamente
più sottile del suo gigantesco compagno, che ricambia lo
sguardo di mia sorella
con altrettanto odio.
Riesco a malapena a notare
tutti questi dettagli, quando
mia sorella e la belva partono all’attacco, simultaneamente,
lasciandomi la
sola scelta di intervenire il prima possibile.
(Jacob) Inspiro profondamente e il
fumo
leggermente acre mi graffia la gola, ma credo proprio che le leggende
siano
esatte, perché inizio a sentire i miei sensi
dilatarsi.
Divento sempre più
consapevole di essere una creatura calda e vivente, con un cuore che
batte,
sangue che scorre e muscoli che si tendono e contraggono armonicamente.
Visto i
disastrosi esiti del primo tentativo, io e Leah abbiamo deciso di
lavorare
sulle nostre trasformazioni partendo dalla meditazione. A quanto ci
hanno detto
i membri del Consiglio nella riunione di oggi pomeriggio, il solo modo
per
impedire al lupo di prendere improvvisamente il sopravvento sulla
nostra parte
umana è quello di esercitare il ferreo controllo sia della
propria mente che
della propria sfera emotiva.
Cosa che, per due teste calde
come me e Leah, è
difficile più o meno come fare una maratona nel deserto alle
due del pomeriggio
del Ferragosto più caldo della storia del mondo. E farla
senza acqua, con
entrambe le gambe rotte e l’attrezzatura completa da montagna
appresso, per di
più.
Per tentare di limitare i
danni, abbiamo quindi deciso di allenarci da
subito, e di farlo nel modo più
“tradizionale” per noi indiani, sperando che
serva a qualcosa. Abbiamo raccolto legnetti ed erba secca, sacrificato
qualche
scontrino e foglietto inutile, acceso un fuocherello e poi ci siamo
seduti e
rilassati.
L’obbiettivo
è quello di cercare di scavare a fondo dentro noi
stessi, sforzandoci di affrontare tutte quelle questioni che
normalmente si
finisce sempre per lasciare in sospeso perché troppo
complicate.
E questo, tra
l’altro, è un altro dei motivi per i quali non
potrei fare questa cosa se non
con Leah: se anche l’addestramento non dovesse funzionare e
entrambi ci
dovessimo comunque trasformare, lei non scoprirebbe nulla, sul mio
conto, che
non sappia già, e lo stesso vale per me.
Prendo un altro profondo
respiro e
comincio ad elencare le cose che ultimamente mi hanno preoccupato o
fatto
infuriare. Al primo posto, ovviamente, c’è tutta
questa assurda questione dei
“guardiani della Terra”, ma Cullen viene subito
dopo in classifica.
Perché,
oggi, mi sono comportato a quel modo? Non sono mai stato omofobo, ma
dal
rispettare senza alcun problema i gusti altrui al trovarsi
improvvisamente
chiusi in un bagno a baciare una persona del proprio sesso,
c’è un bel po’ di
differenza!
Anche perché
quello che ci siamo scambiati non era un vero e
proprio bacio ma piuttosto un’overdose di ormoni impazziti e
ferormoni
bollenti. Al solo pensiero, tutto il mio corpo avvampa e
comincia a fremere,
chiaro segno del fatto che questo argomento è ancora troppo
ostico e pericoloso
da trattare.
Meglio iniziare con altro.
Inalo ancora un po’
di fumo e mi
concentro sulle piccole e noiose rogne quotidiane, sicuramente meno
interessanti
ma anche molto più sicure. All’inizio mi sembra
tutta una gigantesca perdita di
tempo, ma più continuo più mi rendo conto che
dividere i miei pareri personali
e la realtà oggettiva delle cose diventa molto
più semplice.
Mi si apre un
punto di vista totalmente nuovo, ma l’ebbrezza per il
risultato ottenuto è
destinata a durare poco.
Una violenta scarica di
brividi mi avverte che ci sono
dei vampiri nei paraggi e, un secondo dopo che il mio cervello ha
immagazzinato
questa informazione, il lupo prende violentemente il sopravvento e
riempie il
mio corpo con ferocia.
Pare, però, che
l’allenamento sia servito a qualcosa
perché, sebbene a gestire il mio corpo sia la
volontà della bestia, la parte di
Jacob Black che è umana è ancora ben vigile, e in
grado di pensare, anche se
non di imporsi.
Per questo motivo, le due
figure che appaiono nella radura non
sono semplicemente due vampiri o due nemici, ma si specificano
rapidamente nelle
identità di Rosalie Hale ed Edward Cullen.
E mentre la bionda e Leah,
che non è
riuscita a concentrarsi molto e quindi è schiacciata
totalmente dal lupo, si
guardano in cagnesco ringhiandosi contro, io incrocio gli occhi con il
vampiro
e rimango sbalordito.
Dai discorsi di Ateara e dei
membri del consiglio,
credevo che mi sarei trovato di fronte a una creatura feroce ed
implacabile,
totalmente malvagia e con il solo scopo di seminare morte e distruzione.
Invece
Cullen è evidentemente terrorizzato e sta chiaramente
pensando di scappare.
Prima che ciò possa avvenire, però, Rosalie e
Leah si raggiungono e cominciano
a lottare come delle furie, costringendo sia me che lui a scendere in
campo.
Intervenire,
però, è tutt’altro che semplice: quelle
due stanno lottando come se ne andasse
della loro esistenza, e si colpiscono ad una velocità tale
da rendere difficile
persino capire chi sia chi.
Un orribile rumore
schioccante risuona come un
colpo di pistola e ho appena il tempo di vedere Leah con in bocca
qualcosa di
lungo e bianco che Rosalie Hale la raggiunge in una frazione di secondo
e, con
un pugno diretto sul muso, la scaraventa contro un albero
fracassandole, a giudicare
da rumore, almeno una decina di ossa.
La forza
dell’impatto è talmente elevata,
che la mia amica schianta di netto il fusto dell’albero e va
a sbattere contro
quello che è cresciuto subito dietro, facendomi temere che
gli farà fare la
stessa fine.
Invece, fortunatamente, il
legno regge e mi da il tempo di
raggiungerla.
Con l’impatto ha
perso i sensi e questo ha fatto si che la
mutazione si sciogliesse, ma vederla ridotta in certe condizioni in
forma umana
è, se possibile, anche peggio.
Le ossa della sua schiena,
delle braccia e delle
gambe sono rotte, è piena di squarci ovunque e la puzza del
sangue sparso tutto
attorno mi fa vomitare. Una voce risuona improvvisamente nella mia
testa.
“Permettimi di
visitarla.” Mi giro di scatto e vedo Cullen, fermo immobile a
circa venti metri da me.
“Starai
scherzando!” Ruggisco, con voce rotta e
indignata.
Lui solleva le mani bene in
alto. “Ti assicuro che non ho intenzione
di farle alcun male, ma mi sento responsabile per i danni che mia
sorella ha
provocato: non aveva motivo agire così. Sono un medico,
permettimi di
aiutarla.”
Vorrei rifiutare e mandare al
diavolo lui, la sua laurea e sua
sorella, ma Leah sta talmente male che non riesco quasi a respirare.
Faccio un
brusco cenno col capo e permetto al vampiro di avvicinarsi.
“Ma se provi a
farle del male, ti uccido.”
Edward mi ignora e si china
vicino alla mia Leah:
la esamina rapidamente ma in maniera che, anche ai miei occhi inesperti
risulta
scrupolosa, dopodiché raduna velocemente pezzi
dell’albero distrutto, si
smembra la camicia e comincia a fare steccature e medicazioni.
Dopo circa dieci
minuti è a tre quarti dell’opera, ma
improvvisamente si ferma e guarda
stralunato il viso della mia amica.
Con un lembo di tessuto lo
ripulisce dal
sangue, e allora capisco: le ferite di Leah si stanno rimarginando ad
una
velocità pazzesca.
“Beh, direi che qui
non servo più, se la caverà
egregiamente.” Cullen si allontana velocemente, probabilmente
avendo ben
presente i danni che la sua “paziente” ha causato a
sua sorella, e dopo avermi
rivolto un cenno recupera il braccio mozzato della sorella e svanisce
nel
profondo del bosco.
Mi precipito accanto a Leah,
che intanto sta cominciando a
recuperare i sensi, e intanto mi trovo a fare il punto di una delle
giornate
più stressanti della mia vita.
Le nostre trasformazioni sono
un calvario e i
vampiri avversari decisamente da non sottovalutare. Eppure non riesco a
smettere di ricordare quanto Cullen si sia dimostrato umano, stasera.
Forse, le
cose sono molto più complicate di come le dipinge Ateara.
(Edward) “Rose?
Rose!” Chiamo, con
voce tesa.
Non mi sembra di percepire la
presenza di altri indiani
geneticamente modificati nel bosco, ma è meglio non
rischiare visto i tragici
esiti del primo scontro!
Mia sorella non risponde, ma
alla mia destra sento
provenire un rumore di risucchio ben noto. Mi addentro nella boscaglia
e dopo
qualche metro la trovo, col viso totalmente immerso nella gola
squarciata di un alce.
Tra le radici degli alberi e
la sterpaglia del
sottobosco, individuo almeno altre due carcasse.
Rosalie prosciuga il povero
animale fino all’ultima goccia e poi si volta verso di me.
Il suo bel viso, che
Leah aveva deturpato con una poderosa zampata, è
già molto migliorato rispetto
a pochi minuti fa. Manca ancora qualche pezzo di carne e pelle, ma il
sangue
fresco sembra aver riattivato la rigenerazione cellulare e quindi i
tessuti
rinascono senza troppi problemi e, soprattutto, senza lasciare segni
sospetti.
“Sicura di non voler
dire nulla a nessuno di questa storia?” le domando,
avvicinandomi e sistemandole il moncherino di braccio vicino
all’articolazione
della spalla, che comincia immediatamente a saldare nuovamente
l’arto al posto
che gli spetta.
“Sicura. So che ti
chiedo moltissimo, ma ti prego, non lo dire
a nessuno. Sei riuscito a salvarla? O l’avevo già
uccisa?”
Sorrido e la
abbraccio, baciandole il capo.
“Non hai ucciso
proprio nessuno, a quanto pare
Leah Clearwater non è solo una macchina da guerra, ma
dispone anche di un metabolismo
super potenziato ed accelerato, molto simile al nostro.”
“Dici davvero? Ma
come
è possibile?”
“ A quanto pare, le
mie teorie sono confermate: gli indiani sono
geneticamente modificati, e dopo stasera direi che lo scopo di questa
mutazione
è quello di combattere contro i vampiri. Sei sempre sicura
di non volerlo dire
agli altri?”
“Si.
Papà ha detto che stanotte avrebbe fatto i test sui campioni
che ha prelevato da me oggi pomeriggio, vero? Credi che possano
confermare
quello che abbiamo scoperto stanotte?”
“Senza ombra di
dubbio.”
“Allora nessuno
di noi sarà in pericolo. Ti prego, Edward, non farmi
ammettere davanti ad
Emmett che razza di mostro io sia!”
“Ma non
è stata colpa tua, Rosie! Quello
che succede tra te e la Clearwater è, se le nostre
supposizioni sono esatte,
una cosa assolutamente normale, come un riflesso condizionato! Non
è come se tu
improvvisamente cominciassi ad assalire ragazzine innocenti senza un
motivo!”
“Sarà
come dici tu, ma sta di fatto che è una cosa che sembra
accadere solo a
me. Stasera c’eravate anche tu e quell’altro lupo,
eppure voi non siete venuti alle
mani!”
“Con mia enorme
fortuna, direi, visto che è almeno il doppio della sua
amica e che io non sono nemmeno lontanamente portato come te, Jasper,
Emmett o
Alice nel combattimento. E poi lui era Jacob Black.”
“E
quindi?”
“E quindi, per
qualche strano motivo, riusciamo ad evitare di saltarci addosso. Del
resto,
oggi sono stato seduto vicino a lui per sei ore, e non è
successo nulla.
Probabilmente le mutazioni non sono tutte standardizzate, ma variano a
seconda
del carattere degli indiani. E visto che tu e la Clearwater non vi
potete
vedere, suppongo che sia quasi impossibile evitare che vi saltiate alla
gola.”
“Già.
Dovrò cambiare tutti i mie corsi,
allora…”
“Mi sembra una
buona idea, si.
Allora, come ti senti? Fisicamente mi sembri a posto, ma la sfera
emotiva come
va?”
“Grazie al mio
straordinario fratellone, è tutto ok. Torniamo a
casa?”
“In
realtà, preferirei che andassi solo tu, se te la senti. Ho
sondato i pensieri
di Jacob e ha scoperto che probabilmente, stasera, né lui
né Leah dormiranno a
casa loro. Del resto, la Riserva dista più di tre miglia da
qui ed entrambi
sono a dir poco stravolti. Qua attorno c’è un
bungalow abbandonato, ed è lì che
intendono passare la notte. Visto che è fuori dal confine,
mi sembra
un’occasione irripetibile per ottenere informazioni utili a
rischio zero.”
“Sicuro?”
“Si. Dopo le
emozioni di stanotte, crolleranno addormentati di
schianto. Inoltre, da quanto ho potuto constatare, sono più
veloce di loro.
Allora, te la senti?”
“Si, ma giurami che
sarai prudente!”
“Te lo assicuro.
Tu,
piuttosto, sei tranquilla? Non rischi di avere una crisi?”
“No, non credo.
Arriverò a casa e mi farò coccolare tutta la
notte da Emmett, dribblando sia
Alice che Jasper. In questo modo non dovrebbero esserci
problemi.”
Annuisco e
mi sporgo per baciarla sulla guancia.
Lei ricambia, mi fa una
carezza grata e
poi sfreccia in direzione di casa.
Non appena la so lontana mi
metto a fiutare
l’aria, e in breve tempo localizzo l’edificio, che
raggiungo in una decina di
minuti. Mi assicuro che i due indiani siano effettivamente
addormentati, forzo
la finestra ed entro.
Lo spazio è
piccolo e ambientarsi non è molto difficile.
Mi metto nuovamente in ascolto e individuo la stanza dove dorme Jacob.
Mentre
entro trattengo quasi il fiato, ma tutto è come avevo
previsto.
Il ragazzo
dorme, e la luce della luna è particolarmente generosa con
lui, visto che lo
rende, se possibile, ancora più bello.
Una familiare agitazione
comincia a
scombussolarmi i nervi, ma la scaccio e mi impongo di fare solo e
soltanto ciò
che mi sono prefissato, cioè frugare un po’ nei
suoi pensieri approfittando del
sonno.
Penetro facilmente nella sua
mente, e non ci metto molto a trovare tutti
i dati dei quali ho bisogno.
Ma, siccome ho concluso
rapidamente e sono un
dannato impiccione, decido di lasciare da parte i codici etici e di
intrufolarmi nei suoi sogni.
Solo che, a quanto pare,
l’oggetto delle sue
fantasie notturne non sono auto, moto, belle ragazza o branchi di lupi,
ma
bensì io.
Lo incuriosisco e lo attraggo
e proprio non riesce a fare a meno di
ripensare a quell’ora trascorsa assieme nei bagni.
E visto quanto è
precisa e
vivace la sua memoria, ben presto anche io non riesco a pensare ad
altro.
Ma la
cosa peggiore è che, in risposta alle immagini che sta
vedendo, Jacob ha
iniziato a muoversi e stiracchiarsi nel sonno, e che scoprendosi mi ha
praticamente investito con una folata del suo profumo.
Che è decisamente
troppo
ricco ed irresistibile, soprattutto dopo le ore di astinenza e lo
stress della
serata.
Senza che io possa fare nulla
per impedirlo, il mio corpo si muove e va
ad occupare il poco spazio vuoto disponibile sul materasso da una
piazza e
mezza.
E prima che possa pensare di
alzarmi, Jacob mi si avvicina nel sonno, e
comincia a strusciarmisi contro.
La parte razionale del mio
cervello evapora.
Mi rilasso e mi godo questo
piacevolissimo show, sospirando leggermente ogni
volta che la sua pelle bollente entra in contatto con la mia, e in
breve sono
talmente ammaliato da lui, che anche quando sento che si sta per
svegliare non
riesco a muovere un muscolo.
Jacob apre gli occhi e li
sbarra quando mi vede.
Ma, invece di attaccarmi o chiedermi cosa diavolo ci faccio nel suo
letto, si
limita a sorridere assonnato, mormorando qualcosa su un sogno.
Crede di essere ancora
addormentato!
Sempre sia lodata la
razionalità.
Però è
anche pura follia il
pensare che possa sottrarmi a questo contatto, soprattutto ora che ho
un alibi
perfetto, che mi concede persino di togliermi qualche soddisfazione.
Quella di
accarezzargli il viso ed i capelli, ad esempio.
“Il tuo odore
è incantevole.”
Sospiro, inalandolo senza vergogna. Lui si fa più vicino e
posa il suo naso
nell’incavo della mia gola.
“Anche il
tuo…” Miagola, percorrendo mandibola,
collo e spalla con il viso.
Mi lascia un leggero bacio a
stampo tra il collo e
la clavicola e sorride quando sente la pelle d’oca formarsi
sotto le sue
labbra.
Con un movimento fluido mi
attira a sé, sotto le coperte, e si stende
sopra di me.
Sorrido e gli circondo la
schiena con le braccia, accarezzandola
con i polpastrelli.
L’ho già
detto, vero, che la mia razionalità e il mio buon
senso si sono smarriti lungo la via? Ma sfiderei chiunque a resistere a
un’occasione come questa.
“Decisamente sto
sognando.” Mugugna Jacob,
sorridendomi e baciandomi dolcemente sulle labbra.
“Perché,
non credi che anche
io sia capace di tenerezza? Visto e considerato che sono solo un sogno,
tra
l’altro.” Lo prendo in giro, lisciandogli i capelli
sul collo e soffiandogli un
refolo d’aria fresca sul collo.
Lui ridacchia “No,
anzi. Sono felicemente
sorpreso da me stesso e dalla mia intraprendenza.”
E per sottolineare il
concetto infila una mano sotto la mia felpa e ricalca il contorno dei
miei
muscoli con quelle dita lunghe e calde.
“Soprattutto visto e
considerato che
oggi, nei bagni, credevo di morire di imbarazzo.”
Mormoro qualcosa, soddisfatto
dalla sensazione di calore, ed inverto le posizioni.
“Però
non mi sembravi
affatto imbarazzato.” Commento, accarezzandogli la gola col
naso.
Lui si mette
a ridere. “Beh, mi sarei odiato se avessi sprecato tutto
questo ben di Dio,
quindi cercavo di non pensarci! Ma fare certe cose con un ragazzo
è totalmente
insolito, per me.”
Sorrido e gli bacio le labbra
a mia volta, stando però ben
attento a non esagerare. “Mi trovi perfettamente in accordo,
la stessa cosa vale
anche per me.”
Lui sorride sorpreso e
soddisfatto, e mi ricompensa con parecchi
baci a stampo e certe occhiate che farebbero fondere il marmo.
Ci coccoliamo e
strusciamo l’uno contro l’altro ancora per
parecchio tempo, e per l’ennesima
volta devo ripetermi che non posso assolutamente passare la notte con
lui.
Rosalie
sa dove sono e se non rientrassi a casa si preoccuperebbe e verrebbe
certamente
a cercarmi.
Meglio non tentare la fortuna
e cercare un modo per andarmene.
Peccato che Jacob decida proprio in questo momento di voler diventare
ancora
più audace.
E sinceramente, anche
sforzandomi di immaginare le peggiori
conseguenze possibili, quando sento le sue labbra percorrere umide e
lente il
mio petto, non riesco proprio a dispiacermi della sua improvvisa
intraprendenza.
Mi godo le sue premure per un
bel po’, ma lo tengo d’occhio e ,
quando sembra intenzionato a calcare ancora di più la mano,
prendo rapidamente
il controllo della situazione.
Il suo viso è
accaldato ed eccitato e i suoi
occhi sembrano quasi implorarmi, quindi lo bacio, piuttosto
profondamente
questa volta, e dopo che mi sono staccato dalle sue labbra e lui cerca
di
riprendere fiato, mi concentro sulla pelle morbida del suo collo,
stuzzicandola
appena appena con i denti ma stando ovviamente attento a non morderlo.
Jacob
trema e mormora lascivamente, accarezzandomi il ventre con la punta
delle dita
e le unghie, e quando scendo verso il suo petto freme e socchiude gli
occhi.
Di
nuovo, interrompo i giochi prima che diventino troppo pericolosi e mi
raddrizzo
sul materasso, raggiungendo di nuovo il livello dei suoi
occhi.
Mi fa un
sorriso rilassato, e vedo che sta per crollare del sonno.
“Per stasera
fermiamoci qua.” Sussurro al suo orecchio, accarezzandogli il
lobo con le
labbra.
“Solo se mi
prometti che riprenderemo da qui, la prossima volta.”
“Lo
giuro sul mio onore.”
Lui chiude gli occhi
lentamente e si addormenta senza
problemi. A malincuore, scivolo via da lui e dalla sua camera, e corro
verso
casa.
Mi impedisco di rovinare
questo momento di felicità assoluta pensando a
quanto possa essere considerato sbagliato il mio comportamento e, anche
quando
arrivo a casa, non parlo con nessuno e mi barrico in camera mia.
Calzo l’Ipod,
mi stendo sul letto e aspetto il sorgere del sole rivivendo in un loop
continuo
quella che sicuramente è stata la notte più
meravigliosa della mia intera
esistenza.
Salve a tutti! Questo
capitolo è diventato un piccolo gigante, me ne scuso, ma non
riuscivo proprio a fermarmi! Spero che la scena tra Leah e Rosalie non
abbia sconvolto nessuno, ho cercato di mantenermi un po' sul vago, ma
io fondamentalmente adoro le scene truculente e quelle di sangue,
quindi ho sempre paura di esagerare =) Grazie mille per il supporto, ci
vediamo al prossimo capitolo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Prove di resistenza e variegate riflessioni ***
(Jacob)
Mi
sveglio da solo, di
ottimo umore, e la mia mano destra percorre istintivamente il materasso, come
se cercasse qualcuno, che ovviamente non c’è.
Mi domando il perché del mio comportamento, ma mi
rifiuto di vedere qualche attinenza col sogno di stanotte.
Anzi, a quello non voglio proprio neppure pensare,
è stato solo un brutto scherzo giocatomi dai miei ormoni di
adolescente nel pieno della pubertà e dall’istinto
animalesco del lupo, che suppongo sia pansessuale, come tutti i cani.
Il fatto che Edward sia un figo allucinante e probabilmente
la versione incarnata della definizione “bomba
sexy” è del tutto secondario ed
irrilevante.
Probabilmente, è Leah che cercavo di trovare al mio fianco.
E, a proposito, è meglio che vada a vedere come
sta. Balzo in piedi e raggiungo velocemente la stanzetta dove
l’ho sistemata stanotte, ma quando entro vedo che
è tutto ok. La mia amica sta dormendo, raggomitolata su un
fianco come fa di solito.
Mi volto e faccio per uscire e andare a cercare qualcosa da
mangiare, ma lei deve aver in qualche modo percepito la mia presenza
perché apre gli occhi e mi richiama indietro, invitandomi
con un cenno a sedere sul letto.
La osservo stiracchiarsi, pettinarsi i capelli con le dita, cercare le
sigarette e l’accendino, e capisco che è a disagio
e spaventata per qualcosa.
E credo anche di sapere per cosa.
Mi siedo sul letto e le apro le braccia: Leah sa meglio di chiunque
altro al mondo che parlare non è il mio forte, specie nei
momenti di crisi, ma che sono sempre più che disposto ad
ascoltare i problemi di un amico, e a dare una mano, se posso.
Soprattutto, poi, se l’amico in questione è lei.
“L’ho sognato tutta la notte. La trasformazione, lo
scontro con la Hale, il momento in cui le ho strappato via il
braccio…io non so se ce la faccio, Jake. Questa cosa mi fa
troppa paura, il lupo è troppo forte e non importa quanto mi
possa allenare, riuscirà sempre a prendere il sopravvento su
di me, e mi farà sempre fare cose che, una volta tornata
umana, mi faranno stare malissimo!”
Mi salta in braccio e nasconde il viso nel mio collo, sul
quale la sento singhiozzare. Lentamente, le accarezzo i capelli e la
schiena e cerco di rassicurarla.
“Non credo che possa esistere, a questo mondo o in
qualsiasi altro ipotetico universo alternativo, qualcosa in grado di
opporsi alla tua leggendaria testardaggine. Penso che quello che
è successo sia soprattutto dovuto alla sfortuna di trovarci
davanti due vampiri proprio durante l’allenamento, e
soprattutto al fatto che uno di loro fosse Rosalie Hale, che tu
già odi a prescindere. Sono sicuro che oggi andrà
meglio.”
“Oggi? Ma io…” Leah si allontana
velocemente dalla mia spalla e mi scruta con aria contrariata, ma io la
ignoro e continuo imperterrito il mio discorso.
“Si, oggi. Per la scuola è tardi, e francamente
non ne ho voglia, e inoltre fuori c’è un bel sole:
non rischiamo di trovare vampiri sul nostro cammino. Quale occasione
migliore? Senti, Leah, so che la tua prima trasformazione è
stata parecchio pesante, ma sono sicuro che col tempo
migliorerà! Hai solo bisogno di un po’ di tempo
per concentrarti ed allenarti, e poi sono sicuro che diventerai una
lupa coi fiocchi, una vera regina. Allora, sei d’accordo? Ti
allenerai assieme a me, oggi?”
Lei temporeggia un po’, ma alla fine mi sorride e, seppur
controvoglia, mi segue. Con scarsissime aspettative cerchiamo qualcosa
da mangiare nel mobiletto della cucina, ma ovviamente non troviamo
nulla, quindi ci rassegniamo e usciamo al sole digiuni. Ci sediamo
sull’erba, uno di fronte all’altro, chiudiamo gli
occhi e lasciamo la nostra mente libera di vagare.
(Edward)
Quando è stato chiaro che nessuno di noi oggi sarebbe stato
in grado di uscire, ho tirato un grosso sospiro di sollievo.
Stanotte mi sono comportato come un perfetto idiota patentato, e gli
strascichi li sto pagando tutti ora, mentre la sete e
l’astinenza mi divorano la gola e la mente.
I primi sintomi sono iniziati abbastanza velocemente, pochi minuti dopo
che ho lasciato la casetta nel bosco, e quando sono arrivato a casa la
situazione era già ulteriormente peggiorata, tanto che ho
chiaramente letto la perplessità negli occhi dei miei
familiari mentre facevo una rapida relazione sulle mie scoperte e non
riuscivo in alcun modo a tenere a bada il tremore delle mani.
Ho minimizzato giustificando il tutto con la preoccupazione che mi
causa la delicata situazione alla Riserva, ma se ora qualcuno entrasse
in camera mia e vedesse lo stato nel quale sono ridotto capirebbe
subito che c’è sotto qualcosa di molto diverso.
La prospettiva mi atterrisce ma sebbene, solitamente, io sia fin troppo
abile nell’auto influenzarmi, non riesco proprio ad alzarmi
dal letto. Temo di scoprire nel peggiore dei modi che gli spasmi sono
diventati troppo forti e difficili da controllare.
Sospiro, frustrato ed arrabbiato con me stesso per la mia eterna
superficialità, e mi domando rudemente se davvero
strofinarsi un po’ su un bel ragazzo sia valso tutti questi
fastidi.
Incredibilmente, la risposta è si.
Fisicamente Jacob è il top, praticamente perfetto sotto ogni
angolazione, e inoltre non posso non ricordare la naturalezza con la
quale mi stava vicino. Solitamente gli umani, pur apprezzandoci, si
guardano bene dall’invadere il nostro spazio vitale, e se
proprio devono entrare in contatto con noi sono, giustamente, tesi e
sottopressione.
Jacob, invece, mi ha abbracciato, baciato, accarezzato e coccolato come
se fossi un suo pari, e la sensazione che ne è derivata
è stata così preziosa che persino sopportare
l’astinenza mi sembra un giusto prezzo.
Questa crisi momentanea passerà, e col tempo le cose
miglioreranno sempre di più perché grazie alle
idee folli dei miei fratelli abbiamo davanti a noi almeno tre mesi di
convivenza forzata, e quindi riuscirò ad abituarmi e a
convivere serenamente sia con la sua presenza e che con il suo odore.
Un po’ rincuorato, afferro a caso un libro dal pavimento e
comincio a sfogliarlo distrattamente, giusto per dare
l’impressione, eventualmente, di star facendo qualcosa di
costruttivo.
La mia mente, ovviamente, gira sempre attorno allo stesso argomento, ma
la cosa non mi turba più come prima.
Le mie dita si arrampicano sugli angoli delle pagine e seguono
automaticamente le linee del testo, ma io penso solo a stanotte, e
sorrido appena.
(Jacob)
La lupa mi scruta con aria minacciosa, e dallo stomaco le parte un
brontolio sordo, come monito di tenermi lontano. I muscoli sono tesi e
la coda sferza ripetutamente l’aria, ma il balzo non arriva
mai.
Osservo attentamente il muso e gli occhi
dell’animale, e vedo che è in corso una
serrata battaglia interiore.
Esulto, Leah se la sta cavando egregiamente.
Continuo ad osservarla ancora per un po’, e quando sono
abbastanza sicuro del fatto che stia mantenendo il controllo, tiro
fuori dalla tasca i frammenti di tessuto del vestito della Hale e li
sventaglio nell’aria.
Il lupo ruggisce e fa per scagliarsi in avanti, ma Leah riesce a
bloccarlo appena in tempo. Il grosso animale scuote violentemente il
capo a destra e sinistra, ma alla fine si calma e si sdraia al suolo,
poggiando la testa tra le zampe.
Con uno schiocco, la mutazione si interrompe e il momento dopo Leah mi
si è appesa al collo, urlando di gioia.
Questa volta la trasformazione è andata decisamente meglio,
la mia amica è riuscita a conservare un autocontrollo enorme
e quindi si è rasserenata.
Quando le ho proposto di andare nella radura per cercare qualcosa che
avesse l’odore della Hale mi ha guardato come se fossi pazzo,
ma poi si è convinta e adesso non sta più nella
pelle per la gioia e il sollievo.
Giochiamo sull’erba per un po’ di tempo, poi ci
ricomponiamo e ci sistemiamo nuovamente uno di fronte
all’altra: adesso è il mio turno di allenarmi, e
so per esperienza che Leah sarà una maestra molto severa.
(Edward)
“Posso entrare, fratellino?” Domanda Rosalie,
comparendo nel vano della porta.
“Ma certo, Rosie. Vuoi suonare qualche pezzo
assieme?” Domando sorridendole e andando a tirare fuori le
tastiere dall’armadio.
La crisi, fortunatamente, è passata, ma io continuo a
sentirmi ancora un po’ agitato, e ogni distrazione
è gradita.
“Si, mi annoio. Emmett ha sfidato Jasper a non so che gara da
veri uomini, Alice è chiusa in un mutismo ostinato a causa
di non so che visione e mamma e papà sono a vedere una casa
fuori città.”
Mentre parla ha raggiunto l’archivio dei miei spartiti e,
mentre io collego la tastiera e la taro correttamente, comincia a
sfogliarlo. Siccome non abbiamo voglia delle solite sinfonie, passiamo
rapidamente a fare una ricerca su Internet, dove troviamo pezzi
sufficientemente belli e complicati da accontentare entrambi.
Iniziamo a suonare velocemente, e sorrido nel notare che l'atmosfera,
tra di noi, è sempre la stessa.
Ero preoccupato per l’effetto che l’aggressione
avrebbe potuto avere su di lei, ma mia sorella è una vera
dura, e se l’è cavata egregiamente. Ci
concentriamo sulle note, i motivi e le variazioni e trascorriamo,
così parecchie ore piacevoli e rilassate, a seguito delle
quali decidiamo di continuare in bellezza con una bella rassegna di
film.
Per evitare di litigare ne scegliamo due a testa, ci prepariamo una
gigantesca ciotola di pop-corn, che per quanto immangiabili non possono
mancare davanti ad un film, e ci sdraiamo sul divano.
Il primo film l’ha scelto Rosalie, e non appena vedo i titoli
di testa sospiro, rassegnato: si preannuncia l’immancabile
tragedia amorosa. Con una gomitata nelle costole mia sorella mi impone
di star zitto, e per tutta risposta la stringo a me e la bacio sulla
testa, preparandomi a vedere il film.
Adoro lei e tutta la mia famiglia, per loro farei di tutto.
(Jacob)
Ad un certo punto dell’allenamento sono arrivati anche tutti
gli altri, ed è stato un bene perché Leah ci si
era messa davvero d’impegno e mi stava a dire poco
sfiancando.
Non che mi possa lamentare dei risultati: finalmente mi sembra di aver
capito più o meno come funzioni la mente del branco e come
sia possibile deviarla da argomenti personali e delicati come la
“Questione Edward”, ma ciononostante la pausa
è stata sicuramente beneaccetta.
Sciolgo la mutazione ed aspetto l’arrivo dei nostri amici,
che oggi, fortunatamente, sembrano essere decisamente più
bendisposti e collaborativi di ieri.
Facciamo due chiacchiere sulla giornata e su quel che è
successo a scuola, tanto per rompere il ghiaccio, e poi diamo inizio
allo show. Cerchiamo di sincronizzare le mutazioni e devo dire che il
risultato non è troppo malvagio: inoltre, la mente del
branco oggi è meno aggressiva e complicata da gestire.
Con una certa dose di nervosismo, noto che tutti gli altri sembrano
guardare a me come se fossi il loro capo, e non nego che la cosa mi
causa parecchia perplessità e preoccupazione: in me si
aspettano di trovare un riferimento sicuro, ma a conti fatti ne so
quanto loro.
Non sono un capo, non ne ho il piglio, e sicuramente non saprei cosa
fare in una situazione di emergenza.
Però non so come dirlo, quindi mi rassegno a tacere e a
sperare di non trovarmi mai nella situazione di poter far qualcosa che
risulterebbe letale per i miei amici.
Per evitare che questi miei pensieri poco rassicuranti penetrino nella
mente del branco, propongo di fare qualche minuto di lotta amichevole,
ma vedere come tutti mi ubbidiscano senza replicare non mi rende
più sereno.
(Edward)
Rosalie sbuffa sonoramente e fa per alzarsi dal divano, ma sono rapido
a placcarla e a tenerla ben ferma al suo posto.
Metto in pausa il film e mi volto verso di lei.
“É giunto il momento di fare una bella
chiacchierata.”
“Edward…” Prova a supplicarmi, facendomi
gli occhi più tristi e commoventi del suo repertorio, ma non
mi faccio fregare.
Ho cercato di evitare il problema più che ho potuto, ma vedo
che le cose stanno peggiorando sempre più.
Siamo al terzo film della rassegna, il terzo capitolo della saga dei
Pirati dei Caraibi, e Orlando Bloom e Keira Knightley sono nel pieno di
un dialogo sull’importanza della sincerità nel
rapporto di coppia.
In tutte le loro scene mia sorella è stata stranamente
rigida e tesa, ma solo ora ne capisco il motivo: si sente in colpa.
“Avanti… anche solo dirlo ad alta voce ti
aiuterà.”
“Ok, come vuoi tu! Mi sto comportando in una maniera orribile
con Emmett.” Sussurra, con voce rotta.
“E perché lo stai facendo?”
“Perché…ho paura, credo. Paura,
vergogna e schifo di quello che sono! Questa storia dei lupi mi sta
facendo diventare pazza! Perché mi devo trasformare in un
mostro, in loro presenza? Perché devo essere costretta a
fare cose orribili?” Singhiozza debolmente per qualche
minuto, ma oramai ha preso l’avvio e capisco che
continuerà da sola. “Non posso accettare che
dentro di me ci sia un input che mi obblighi a comportarmi come una
macchina da guerra, e non voglio che nessuno lo sappia. Soprattutto non
lui. Però, se scoprisse che gli sto nascondendo cose
così importanti, sarebbe la fine.”
“E quindi? Cosa conti di fare?”
“Davvero non lo so…” Sussurra, con voce
affranta. “Tu cosa mi consiglieresti? Sii sincero, e anche
brutale, se ti sembra il caso.”
Mi prendo un paio di minuti per riflettere, poi comincio.
“Beh, ci tengo a sottolineare che il mio è solo un
parere, non un ordine imperativo. Dopotutto, Emmett è pur
sempre tuo marito da oltre cinquant’anni, e sicuramente sai
come trattare con lui.
Ma secondo me, stai facendo un grossissimo errore non confidandogli le
tue paure e le tue preoccupazioni. Se ci pensi, in fondo lui questo tuo
“lato violento” lo conosce già molto
bene, anche perché è solo in virtù di
esso che lui è ancora tra di noi!
Inoltre sai meglio di me che Emmett è quel tipo di persona
che accetta e sopporta tutto, in una persona, tranne la mancanza di
sincerità…”
“Già…Ma non gli sto mentendo,
tecnicamente. É più un filtrare la
realtà!”
“Sai che lui non la vede così, Rosalie, andiamo!
Per Emmett è fondamentale che in una famiglia, o a maggior
ragione in una coppia consolidata come la vostra, si possa parlare di
tutto, e che nessuno dei membri abbia segreti o spazi impenetrabili
agli altri.
Come pensi si sentirebbe, se scoprisse che ti stai tormentando su un
problema del quale non vuoi metterlo a parte? E se poi dovesse capire
che io, Jasper ed Alice sapevamo tutto?
Lui sospetta già qualcosa: stanotte ha fiutato su di te
l’odore del lupo, e credo si sia chiesto per tutta la
giornata cosa potesse significare. Suppongo che abbia deciso di non
affrontare l’argomento, e di lasciarti libera di scegliere
come comportarti, ma pensa bene a quella che sarà la tua
decisione.
Per come è fatto, credo che decidere di mantenere ancora il
silenzio potrebbe costarti molto caro…”
Rosalie annuisce, pensierosa, e poi si rizza sulla seduta del divano,
la testa ruotata verso il vialetto.
Rizzo le orecchie pure io, e sento il fuoristrada di mio fratello
avvicinarsi. Mi alzo velocemente in piedi e imbocco le scale, ma prima
le lancio un ultimo consiglio.
“Non ti dico di affrontare necessariamente tutto ora,
né di comportarti seguendo quella che è la mia
linea di pensiero, se non la trovi concorde alla tua. Ma voglio solo
ricordarti che più si scappa dai problemi e più
essi diventano enormi. E che lui ti ama da morire.”
La vedo annuire e, mentre salgo le scale e prego che tutto vada per il
verso giusto, mi ritrovo a pensare all’Amore,
questo misterioso sentimento di cui tutti parlano con estrema stima e
che mi sembra, invece, solo una sorta di tremendo incubo.
Perché le persone sembrano non desiderare altro che provare
questo assurdo sentimento, che avvelena la ragione e rende sciocchi e
deboli?
Come fanno a desiderare di legarsi a una persona tanto profondamente da
finire con l’annientare il proprio “Io”?
Mi butto a corpo morto sul letto, cercando di fornirmi una risposta
logica, ma so già che non ci riuscirò.
Non è la prima volta che mi pongo invano queste domande, e
credo che non sarà neppure l’ultima. Credo che
l’unica cosa che potrebbe farmi comprendere le dinamiche
dell’innamoramento sarebbe l’innamoramento stesso,
ma dubito che potrò mai sperimentarlo.
Sono un po’ troppo vecchio per coltivare certi sogni.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Burning Desire ***
(Jacob)
Io detesto questa scuola: i professori sono scadenti, le lezioni noiose
e il tempo sembra non passare mai.
Finalmente, in qualche modo, le prime due noiosissime ore di
tecnologia terminano e il pensiero di ciò che ci aspetta ora
mi risolleva il morale: la prossima lezione è quella di
educazione fisica, e il prof ha annunciato che faremo un torneo di
basket contro gli studenti del liceo di Forks! Quando ce l’ha
detto, a stento abbiamo trattenuto un urlo di gioia e non tanto per
l’ottimo voto che sarà assegnato ai giocatori
della squadra vincitrice, ma piuttosto per
l’opportunità di mettere al loro posto quegli snob.
Siamo talmente gasati, alla prospettiva, che non solo
raggiungiamo la palestra in religioso silenzio, ma non impieghiamo
più di un paio di minuti per cambiarci e, non appena siamo
pronti, schizziamo fuori e cominciamo subito a palleggiare tra di noi.
Le ragazze come al solito si fanno attendere e, quando
finalmente siamo tutti sul campo, il professore si fa consegnare
anelli, orecchini, collane, orologi e bracciali, fa un rapido ripasso
delle regole del gioco, spedisce le femmine a fare una noiosissima
partita di pallavolo, ci smista in due squadre e, finalmente, fischia
l’inizio del primo tempo.
Prima di cominciare a correre lancio una veloce occhiata a
Cullen, ed esulto nel vedere l’aria determinata del suo
sguardo.
Prevedo che mi divertirò moltissimo, oggi.
(Edward) Generalmente non vado pazzo per gli sport, ma
devo ammettere che la prospettiva di questa partita mi esalta, e
già mi prudono le mani dalla voglia di rubare il pallone al
professore e fare canestro.
Finalmente la tediosa, ed inutile, parte teorica finisce e
l’insegnante lancia la palla, che la mia squadra riesce, con
mia enorme soddisfazione, a guadagnare immediatamente senza troppa
fatica.
I Quileute, però, non si scompongono
più di tanto e passano immediatamente al contrattacco. Devo
ammettere che sono piuttosto bravi, ma anche i miei compagni non sono
niente male, e poi ci siamo io e, soprattutto, Emmett.
Alla fine credo che ieri sera lui e Rosalie abbiano parlato e
quello che ha sentito non deve essergli piaciuto molto, dato che
è scuro in viso e praticamente non apre bocca. Sembra,
però, che giocare lo aiuti a sfogarsi, quindi si impegna
almeno tre volte più del solito, risultando decisamente
temibile.
Infatti, durante un’azione da film, mentre
è circondato e marcato stretto da almeno tre indiani, riesce
a scivolare tra di loro mantenendo il possesso del pallone, corre verso
il canestro, fa qualche finta con Jacob e poi incesta la palla con un
balzo atletico, segnando i primi punti a nostro vantaggio.
Passa la palla indietro e, mentre mi lancio al suo
inseguimento, incrocio brevemente lo sguardo di Jacob: nei suoi occhi
si legge chiaramente che è più che determinato a
vincere, ma anche che se la sta godendo un mondo, e ciò mi
colpisce favorevolmente.
Sorridendo, riesco a guadagnare la palla ma sono costretto a
passarla subito ai miei compagni.
Purtroppo la intercetta York, che è davvero
geniale per quanto riguarda la matematica, la fisica e la biologia ma
è decisamente meno abile negli sport, e quindi gli indiani
non impiegano molto a riappropriarsene. Immediatamente ci lanciamo al
salvataggio e, mentre corro, per un momento ho quasi la sensazione di
essere nuovamente vivo.
(Jacob) I Cullen sono degli ossi duri, ovviamente, e anche
i loro compagni non scherzano.
Noi però adoriamo letteralmente il basket, che
è di gran lunga lo sport preferito alla Riserva, e quindi
non credo che li lasceremo vincere facilmente.
Per il momento sto marcando l’altro fratello, Emmett, e mi
trovo a pensare che è una vera fortuna che la partita sia di
basket e non di football, perché il mio avversario mi sembra
davvero furibondo e, a giudicare dall’energia bruta che usa
per colpire la palla, temo che dovesse placcare qualcuno lo ridurrebbe
in briciole.
Dopo una manciata di secondi, purtroppo, lui riesce a eludere
la mia azione evasiva e, con uno slancio potentissimo, si aggiudica
l’onore di segnare i primi punti. Sbuffo contrariato ma mi
lancio subito all’inseguimento della palla, e fortunatamente
non dobbiamo aspettare molto prima di riuscire a recuperarla.
I miei compagni me la passano rapidamente e, puntando
sull’effetto sorpresa, decido di rischiare e di esibirmi
nella spacconata assoluta di un tiro da metà campo, che
fortunatamente riesce. Sorrido tronfio a causa della raggiunta
parità, ma i ragazzi di Forks ci costringono a riprendere
subito il controllo.
Ora è il turno di Edward di essere marcato da me,
Quil ed Embry ed interiormente esulto, perché mi sembra
molto meno temibile del suo gigantesco fratello.
Forse è proprio per questo malriposto senso di
superiorità che accade, o forse è davvero stato
tutto un caso e io mi sono semplicemente inciampato nei miei piedi:
fatto sta che, in un modo o nell’altro, nel bel mezzo di un
azione perdo l’equilibrio e cado, trascinando Edward con me.
E sebbene tra il momento in cui mi sono accorto di essere in
caduta libera e quello dell’effettivo impatto con il parquet
non siano passati che pochi secondi, una rapida sequenza di immagini
riesce a colpirmi e a imprimermisi nella retina come un marchio
infuocato: il viso di Edward o, meglio, l’infinita gamma di
emozioni e sensazioni che si dipingono sul suo viso durante quei pochi
attimi.
L’espressione accesa, divertita e concentrata che
aveva mentre ci inseguivamo sul campo, l’aria smarrita al
momento dell’impatto, l’attimo di puro terrore con
cui vive la caduta…come può un essere capace di
provare tante e tali emozioni così incredibilmente umane
combaciare con gli orridi ritratti di mostruosi cadaveri senza anima
che Ateara tesse incessantemente durante i nostri incontri?
Le bestie divorate da una sete immonda e dedite solo alla
lussuria e agli stermini sbiadiscono notevolmente, fino ad assumere i
contorni di figure esasperate e parodiate da una mente ignorante, o
forse molto astuta. I miei ragionamenti, però, vengono
distratti dal doloroso impatto della schiena sul pavimento di legno,
dal peso schiacciante del corpo statuario di Edward e, soprattutto, dal
suo viso vicinissimo al mio.
(Edward)
Non saprei dire, esattamente, cosa abbia distratto Jacob e in che modo
io sia riuscito, in un sol colpo, a perdere la palla e infrangere le
leggende sulla proverbiale agilità dei vampiri, ma quel che
conta è che, prima che possa fare qualsiasi cosa per
evitarlo, stiamo entrambi cadendo.
Fortunatamente, Jacob mi fa da cuscinetto umano ed assorbe
così, con mio enorme sollievo, il grosso
dell’impatto e del fracasso che farei io cadendo a corpo
morto sul parquet. Ciò mi permette di tranquillizzarmi un
po’ e di recuperare la mia prontezza di riflessi giusto in
tempo per evitare che Jacob si spappoli il cranio a terra, cosa che
rasserena il dottore plurilaureato che è in me.
Sfortunatamente, però, dopo la tremenda giornata
di ieri , trascorsa per più della metà del suo
corso immerso nell’astinenza più fastidiosa degli
ultimi quindici anni, entrare così inaspettatamente e
profondamente in contatto con il suo odore è una vera e
propria tortura.
É, qui, sotto a me, caldo e vivo in una maniera
quasi insopportabile, e ogni fibra di me stesso si contorce per il
desiderio di averlo.
Muoio dalla voglia di dare sfogo al mio istinto: voglio
annusarlo, toccarlo e, più di ogni altra cosa, baciarlo.
Cerco di evitare di guardarlo e di trovare la forza di alzarmi, ma lui
è ovunque attorno a me, e le mie gambe sono di gelatina.
Non riesco a muoverle, non riesco ad alzarmi e il mix di
panico, stress, imbarazzo e desiderio mi fa sragionare, convincendo
quasi la mia mente che il mio sia un corpo umano vivo: mi sento la
bocca piena di sabbia e ho un tremendo bisogno di deglutire, i pori
della mia pelle pizzicano come se il mio sistema simpatico cercasse
disperatamente di riattivarsi dopo anni e anni di fermo, le mie guance
si illudono di bruciare per l’imbarazzo e quasi percepisco il
cuore, che so essere mummificato nel mio petto, battere forsennato in
gola e nei polsi.
La pelle d’oca e i brividi che mi scuotono invece
sono del tutto reali, così come la percezione delle reazioni
di Jacob che mi travolgono come un’ondata e, mi rendo conto
in un misto di soddisfazione e puro orrore, sono identiche alle mie.
Avverto il suo respiro tra i capelli e percepisco le sue
braccia muoversi lentamente, staccarsi dal pavimento ed esitare, come
se non sapessero se appoggiarsi al suolo per fare leva o se
imprigionarmi contro di lui.
Il professore interviene e, rompendo il momento, ci fischia
una penalità.
Non dobbiamo essere rimasti a terra più di dieci,
quindici secondi al massimo, ma sono bastati.
Sono bastati per capire che ho un dannatissimo problema, e
che devo risolverlo al più presto.
Fingo di essermi fatto abbastanza male al ginocchio da non
poter più giocare, ignoro totalmente le domande telepatiche
di Emmett e le occhiate perplesse che sicuramente mi sta lanciando,
vado negli spogliatoi a cambiarmi e già che ci sono mollo
del tutto la giornata scolastica. Così non va, non va per
niente bene.
(Jacob)
Promemoria per eventuali futuri scontri con i vampiri: cercare in tutti
i modi di evitare che durante la battaglia ti piombino addosso, sono i
più disgustosi falsi magri del mondo.
Il rumore che il peso del corpo di Edward trae dalle mie ossa
è decisamente poco rassicurante e sono praticamente certo
che mi abbia schiantato di netto almeno quattro costole!
Anche il dolore è atroce, ma non mi importa.
Il semplice fatto di averlo steso sopra di me, a meno di
quattro centimetri della mie labbra, mi ripaga di qualsiasi pestata.
Anzi, me ne prenderei volentieri un’altra bella
dose, se così facendo potessi ottenere il permesso di
baciarlo qui, davanti a tutti.
Perché, onestamente, chiedermi di resistere alla
vicinanza, al suo odore, al suo corpo e a l’espressione
tremendamente indifesa e confusa che ha adesso è una vera
idiozia.
Il professore fischia il fallo ed Edward salta su come se lo
avessi morso.
Si avvicina zoppicando alla cattedra, lamenta un tremendo
dolore al ginocchio e si fa esonerare per il resto della partita.
Probabilmente ha ragione ed è la scelta giusta, ma comunque
non riesco ad impedirmi di esserne seccato.
Il gioco riprende, ma della partita non mi importa
più.
Quel che conta è solo il fatto che sto rivivendo
in loop le tre volte che io ed Edward siamo entrati in contatto, e che
fantastico già su una quarta, una quinta ed una sesta.
C’è evidentemente qualcosa che non va, e
devo assolutamente trovare il modo di risolverlo.
Ma come?
(Edward)
Per evitare troppe grane prendo la macchina e giro a vuoto per quasi
quattro ore, sentendo musica e facendo finta che tutta la mia vita sia
una grandissima figata.
Decido di concludere con un giro al minimarket, per fare
scorta di lattine e contenitori nei quali poter travasare gli
“spuntini” e, proprio mentre parcheggio, mi si
affianca un vecchio pick-up rosso che so essere di Jacob.
Sto valutando seriamente la possibilità di
impalarmi con la leva del cambio quando il conducente scende, e io
ricordo che quella specie di furgoncino blindato Billy Black
l’aveva messo in vendita almeno due mesi fa, e che lo
sceriffo Swan l’aveva acquistato per la figlia.
É strano vedere lei, così bassa,
magrolina e carina, scendere da una macchina del genere ma appena si
muove il perché della scelta di suo padre appare chiaro.
Isabella Swan è una vera calamità
attira infortuni: inciampa in tutto, incastra la borsa contro qualsiasi
sporgenza, fa cadere ogni oggetto fragile che si trovi nel suo raggio
d’azione e sembra avere un polo magnetico interno in grado di
attrarre qualsiasi genere di oggetto potenzialmente dannoso sulle sue
mani/braccia/ginocchia/gambe/piedi.
Mi rivolge un timido gesto di saluto ed un sorrisino, e mi
avvicino a lei, chiedendole se posso farle compagnia durante la spesa.
Accetta, arrossendo fino alla punta dei capelli, e mi fa vedere la
lista delle cose che le mancano.
La indirizzo ed iniziamo a parlare di cucina, argomento che
pare piacere tanto a me quanto a lei, visto come appare improvvisamente
più rilassata e a suo agio.
Mi racconta che cucina praticamente da quando era ancora una
bambina, visto che sua madre doveva lasciarla spesso da sola, e che
quando ha scoperto che l’ispettore Swan mangiava praticamente
sempre e solo cibi take away si è presa la
responsabilità di iniziarlo al cibo vero e proprio.
Chiacchieriamo ancora per un po’ del più e del
meno, scambiandoci ricette e aneddoti di vita, terminiamo le sue
commissioni, l’aiuto a caricare la spesa in macchina e la
saluto mentre parte.
E mentre colgo il bagliore dei suoi fanalini di coda mentre
imbocca una curva mi viene in mente l’odore di Jacob, e
realizzo che non l’ho pensato finora.
Forse è questa la soluzione, distrarsi con
qualcos’altro di gradevole finchè questa strana
ossessione non sia passata.
Può essere una buona idea, e credo che ci
lavorerò molto su, stasera.
(Jacob)
Cosa si ottiene se in un bungalow lontano dal centro
abitato si raggruppano tonnellate di cibo, litri di alcool, sigarette,
videogiochi e una dozzina di adolescenti con una tremenda voglia di
sfogarsi?
Semplice, una serata di puro Devasto in pieno stile mannaro,
per di più.
Qualcuno, non mi ricordo più chi, dopo
l’allenamento ha proposto di andare a recuperare il
necessario festeggiare gli enormi progressi che abbiamo fatto nel
controllare i lupi e i due nuovi cadetti, che si sono uniti a noi solo
oggi.
L’idea ci è sembrata brillante e tutti
abbiamo contribuito, dando vita a quello che, domani, si prospetta
essere come il più tremendo dopo sbronza della storia
dell’umanità, ma pazienza.
Al momento attuale, è una delle feste
più fighe alle quali abbia mai partecipato.
Qui siamo soli e possiamo urlare, ballare, scatenarci e, in
breve, fare tutto il casino che vogliamo senza che il solito rompipalle
arrivi sbraitando e minacciando di chiamare l’ispettore Swan.
Mando giù un’altra generosa sorsata dalla
bottiglia che stringo in mano e rido come un babbeo mentre mi godo lo
spettacolo dei miei amici devastati.
Embry si trascina a gattoni da almeno mezz’ora,
seguendo Leah e supplicandola di lasciargli dare almeno una palpatina
al suo sedere meraviglioso. Lei, ovviamente, se ne guarda bene, ma i
ridicoli salamelecchi del nostro amico la fanno ridere a crepapelle.
Sam ed Embry cercando di fare un torneo di videogiochi, ma
sono entrambi talmente sconvolti che non si rendono neppure conto di
non avere acceso la console, e che con i loro joystick stanno solo
cercando di influenzare l’andamento di una puntata di non so
che soap argentina.
Quil, invece, appoggiato in qualche modo al muro, parla
animatamente con Kiowa, una delle due “nuove” e, ne
sono sicuro, cerca di atteggiarsi a gran figo ed intelligentone.
La ragazza, davvero molto sfortunata visto che era venuta qui
per fare visita a dei lontani parenti e si è trovata
invischiata in tutto questo, lo ascolta con aria scettica, ma sorride
abbastanza spesso ed apertamente da farmi supporre che, forse,
l’approccio del mio amico non sia poi tanto male.
Il delirio, comunque, continua tra gare di bevute, simposi
insensati e tante risate.
É una bella serata e, quando sembra che la sua
naturale fine stia per giungere, il solito ignoto propone di andare a
fare un giretto fuori, e tutti accogliamo volentieri la proposta.
Ci sparpagliamo nella notte ridendo ed urlando ed
è a partire da questo momento che la mia notte inizia
davvero.
(Edward)
Sono già cinque ore che sono lontano da Jacob,
eppure non sono ancora riuscito a levarmelo dalla mente.
La cosa è preoccupante, e seccante.
Dannazione.
In lite con il mondo intero, chiudo seccamente il monumentale
trattato di architettura francese che stavo sfogliando e lo scaglio
lontano da me, imprecando. Aspetto per qualche secondo di sentire un
tonfo, ma un familiare pizzicorino alla base della schiena mi avvisa
del fatto che Jasper l’ha intercettato prima che accadesse
l’irreparabile.
“Grazie fratellino. Oggi è davvero una
giornataccia.”
“Lo vedo. E non solo per te, sono pronto ad
assicurartelo. C’è un sacco di
negatività qua attorno.”
“Del tipo?”
“Beh, Emmett è ancora infuriato con
Rosalie, cosa che rende anche lei decisamente intrattabile, e io ed
Alice siamo in lite da ieri. E credo che continueremo ad esserlo a
lungo, visto che questa volta io non mi voglio scusare.”
Jasper incrocia le braccia al petto e fissa ostinatamente fuori dalla
finestra, lasciandomi un po’ a disagio e con un
principio di apprensione.
“Cosa proponi di fare?” Domando, tentando
di spezzare la tensione.
“Che ne dici di un’uscita a tre?
Recuperiamo Emmett, cerchiamo una discoteca opportunamente lontana e ci
divertiamo un po’a torturare gli umani strafatti in cui
incappiamo… Andiamo, Edward, non mi deludere anche tu!
Saranno almeno trent’anni che non facciamo una cosa del
genere!”
“Questo solo perché Carlisle, quella
volta, aveva scoperto tutto e ci aveva fatto una predica
biblica… ma l’idea mi sembra buona, ed accetto la
tua proposta.” Rispondo, ripensando alle mie considerazioni
di fine pomeriggio.
“Evviva! Vado a convincere nostro fratello e
torno!” Esclama Jasper, saltando entusiasticamente in piedi e
precipitandosi fuori come un proiettile, lasciandomi, se lo conosco
bene, appena il tempo di cambiarmi d’abito.
Infatti in meno di mezz’ora siamo vestiti di tutto
punto, sazi di numerose once di sangue animale e stiamo correndo a
tutta velocità verso un locale mediamente frequentato che si
trova a circa duecento chilometri da qui.
Arriviamo rapidamente, parcheggiamo dove ci capita e, dopo
che un paio di banconote e la notevole stazza di Emmett hanno convinto
l’addetto alla sicurezza a farci passare, siamo finalmente
dentro.
Basta una rapida occhiata alle prime tre sale per far
lievitare il nostro umore: questa discoteca è piena di
centinaia e centinaia di ragazzi intenti a ballare, bere, divertirsi e
sballarsi come se non ci fosse un domani. Solo qualche sparuto gruppo
di pecore nere occupa le poltroncine e i tavolini lontani dalla pista,
tutti gli altri sono troppo impegnati per prestare attenzione a
qualsiasi cosa che non siano loro stessi.
Perfetto.
Emmett si lancia subito in pista mentre io e Jasper
preferiamo dirigerci verso il bar. Ordiniamo qualche cocktail e ci
accontentiamo di divertirci entrambi con qualche giochetto
più o meno innocente, almeno finchè mio fratello
non vede che, in un angolo, alcuni ragazzi si stanno sfidando ad una
gara di resistenza alcolica.
E chiedere a Jasper di resistere ad una simile tentazione
è pura e semplice follia.
Lo osservo farsi avanti e prendere posto davanti a un
bestione super pompato, che promette di reggere ben poco anche senza
l’intervento di mio fratello. Infatti il match è
piuttosto rapido e scontato.
Dopo aver umiliato il tizio, Jasper si tampona le labbra con
un tovagliolino, si accende una sigaretta, sbuffa un perfetto anello di
fumo sulla folla e invita con un sorriso seducente il prossimo
contendente, facendomi al contempo un veloce occhiolino.
Gli rispondo divertito e mi butto a mia volta in pista,
aspettando che siano le ragazze a cercarmi. Cinque o sei di loro mi
raggiungono velocemente, come se avessero le ali ai piedi, ed iniziano
a ballare con me e, soprattutto, addosso a me. I loro corpi caldi e
morbidi si schiacciano ad ondate contro il mio, i loro capelli mi
solleticano, gli occhi mi invitano.
Le assecondo e mi muovo assieme a loro, ma mi rendo
conto che, per qualche strano motivo, è tutto
molto meno esaltante del solito.
Non riesco a compiacermi dei loro vestiti scollati e della
loro disponibilità e non riesco neppure ad eccitarmi al
suono e al profumo che il loro sangue scatena mentre scorre su e
giù nei loro corpi, pompato al massimo dai loro cuori.
Vedo quelle ragazze per quello che sono davvero: umane,
imperfette, mortali.
Non le voglio attorno.
Quello che cerco è…
Tento, all’ultimo momento, di fermarmi ma la mia mente ha
preso il via, e ha iniziato a decollare.
Immagino Jacob in discoteca, lo vedo ballare, ridere, bere
diversi cocktail, scostarsi i capelli dal viso accaldato. Immagino il
suo fisico atletico ed asciutto, il modo in cui una bella camicia gli
deve accarezzare le spalle e stringere leggermente la vita e un ruggito
di desiderio mi nasce e muore in gola.
Mi allontano bruscamente dalle ragazze e, con
un’occhiata assassina le convinco a rimanere al loro posto.
Rastrello il locale alla ricerca di Emmett, e lo trovo
affossato in una poltroncina, assorto nelle profondità di un
cocktail. Due o tre ragazze stanno cercando disperatamente di attirare
la sua attenzione, ma potrebbero persino spogliarsi e iniziare una
lotta nel fango, per lui non cambierebbe nulla.
Credo proprio che la serata sia finita.
Cerco Jasper con lo sguardo e lui sospira ed annuisce,
alzandosi dal bancone e raccogliendo la piccola fortuna che
è riuscito ad ottenere.
Recuperiamo anche Emmett e saliamo in macchina.
Jasper si mette alla guida e fa subito partire la musica che
però, stranamente, non mi rapisce. Sono troppo dilaniato dal
desiderio di Jacob.
Dannazione.
A questo punto, credo di non avere alternative: devo
andarmene da Forks, sparire per almeno quindici o vent’anni.
Oramai ci sono dentro con tutta la testa, inutile ammetterlo, e non ha
senso restare qui ed aspettare che avvenga l’irreparabile.
Affondo nel sedile, sospirando, e attirando così
su di me l’attenzione dei miei fratelli, che mi scrutano
intensamente senza fare domande.
Sto già iniziando a delineare il discorso quando,
con la coda dell’occhio, vedo alcuni movimenti nella foresta
e credo di indovinare chi o cosa li stia provocando.
Beh, in fin dei conti, perché non concedermi un
ultimo bacio?
Mi congedo velocemente, saltando giù attraverso la
capote abbassata, e comincio a correre nel buio.
(Jacob)
Stiamo giocando ad un alcolico miscuglio di nascondino,
acchiapparello e mosca cieca, e mentre cerco un nascondiglio un
po’ più lontano di quelli degli altri, inizio a
fremere.
Maledicendo la serata di bagordi cerco di trasformarmi, ma
Edward mi batte in velocità. Appare ai margini del cono di
luce ma resta fermo, immobile, apparentemente senza la minima
intenzione di attaccarmi.
Però mi fissa, e lo fa con una tale
intensità da riportarmi alla mente all’episodio
del bagno, che credevo oramai archiviato, almeno per lui.
Ma non è così, e me ne rendo conto
mentre ci scrutiamo per minuti interi senza muovere un muscolo, di
fatto spogliandoci con lo sguardo.
Compiamo un identico passo in avanti, perfettamente
sincronizzati, e finalmente troviamo il coraggio di guardarci negli
occhi e confrontarci senza parlare.
Capiamo che siamo agitati dagli stessi tormenti, assillati
dagli stessi dubbi e tentati dalla stessa voglia alla quale,
razionalmente, sappiamo di non poter cedere perché in ballo
ci sono ordini e regole molto più grandi di noi.
Eppure ci avviciniamo ancora di un passo e poi di un altro
ancora, finchè “resistere” non
diventa un assurdo insieme di lettere privo di qualunque significato.
Il desiderio ci fa collidere violentemente l’uno
con l’altro,
stordendoci con la sua intensità, e l’ultima cosa
razionale che ricordo
è la tacita promessa che ci scambiamo prima di chiudere gli
occhi sulla
nostra debolezza.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Together ***
E ora cosa cavolo vuole? Dannazione, di solito non mi degna neanche del saluto mattutino!!!!E oggi me lo trovo davanti all’auto, tutto figo ed in anticipo!!!La vita è profondamente ingiusta!!!!!Sospiro, trattengo il fiato e scendo. Mi affido totalmente alla vana speranza di essere un egocentrico montato, convinto che tutto giri attorno a me, e spero che si tratti di un caso. Ma ovviamente non è così. Lo vedo fare una faccia strana e poi, con mia enorme frustrazione, mi raggiunge. Trattengo un ringhio disperato: perché a me?
Sono riuscito ad avvicinarmi ed ora devo farmi coraggio. È ovvio che non sarà lui ad intavolare la conversazione. Mi butto “Devo parlarti.” Secco, diretto. Non sono tipo da fare preamboli. Non muta espressione, ma capisco di averlo colto di sorpresa. Colto di sorpresa e forse pure un po’ infastidito. O intimorito. Comunque, malgrado ciò che possa provare o meno, mi sorride e mi dice “Qui?” “Sarebbe meglio da un’altra parte. Un posto un po’ più riservato” Sorrido pure io, mi sto inaspettatamente rilassando. “Va bene” Acconsente, prende i libri e mi segue. Entriamo a scuola e ci dirigiamo in palestra. Giungiamo negli spogliatoi e ci fissiamo. I suoi occhi sono stupendi, color oro liquido, e mi ipnotizzano.
Quegli occhi. Due mari verdi, cupi e tempestosi. Mi hanno catturato in meno di un attimo e annientato ogni mia difesa. Non sono stato in grado di sottrarmi al loro magnetismo e mi sono trovato in trappola. Giocato come un principiante. Ed il bello è che lui non lo sa. Non vuole ricattarmi o convincermi con la forza. Il suo unico desiderio è un confronto diretto e sincero. Più di quanto possa concedergli, purtroppo. “Di cosa vuoi palarmi, Jacob?” Domando in tono educato e sorpreso. Perfetto. Forse riuscirò a mantenere il giusto distacco. Ma devo concludere in fretta.
“Vorrei parlare con te di ieri notte” Butto fuori, tutto di un fiato. È teso, nervoso. Qualcosa lo preoccupa. Temo di essere io. Mi tiro indietro i capelli, concentrandomi sulla loro morbidezza sulle mani, in modo da tranquillizzarmi. Non mi è piaciuto il tono che ha utilizzato. Sembrava sorpreso, rilassato, ma era una finzione. Non so dire perché, ma so che è così. Non mi convince “Cosa ha significato per te?”Domando, andando dritto al punto.
Un minimo di preavviso accidenti!!!Deglutisco, poi mi sforzo di rispondere. La frase che devo dire è piuttosto semplice, addirittura ridicola. Ma so che lo distruggerebbe. Non lo voglio fare soffrire. Non me lo poso permettere. Non importa di quello che posso permettermi o no. DEVO. Per il bene di tutti. “Ieri notte? Cosa è successo ieri notte?” Lo fisso negli occhi, imprimendo la domanda che gli ho appena posto nei miei. Odiami. Odiami. Ma ti prego, fallo in fretta. Contro di te sono inerme. Rischio di spezzarmi da un momento all’altro.
Sbarro gli occhi e sento come una punta di ghiaccio nel cuore.”Come cosa è successo?I-Io e te, nella radura … ci siamo baciati!!! Per ore!!!Hai detto che ti ero mancato!!!” Mi esce fuori un tono di pigolante accusa abbastanza patetico, ma se mi conosco bene non durerà a lungo. Sento già la rabbia che mi preme nei polsi: crede forse di prendermi in giro?
La sua voce. Mi sta uccidendo. È ferita e cosi piena di dolore. Ma sento anche la sua rabbia, in sottofondo. Perfetto. Scatenarla non sarà difficile, con uno zuccone così focoso. Un sorriso mi si dipinge sul volto. “Ma davvero? Non mi risultava …” Lo scruto con aria rilassata e di superiorità. Vedo distintamente un lampo nei suoi occhi verdi. Da bravo. Arrabbiati come non hai mai fatto prima. Spacca tutto. E lasciami perdere.
Mi sento gelare “C-cosa significa?” Mi sta prendendo in giro? Non è stato un fottutissimo sogno, dannazione!!!! Il suo respiro, la sua pelle, i suoi baci non me li sono immaginati. Di questo ho la certezza assoluta. E neppure tutto quel bel discorso sulla sua invulnerabilità. No cazzo, lui stanotte era con me e mi stava baciando. E bene pure!!! Lo fisso con odio. Non posso provarlo. Ma non dovrei neppure farlo, dannazione!!!
“Mi fa piacere che tu ti sia divertito stanotte e che abbia subito pensato a me come tuo compagno, ma per quanto mi riguarda ieri sera ero in un club. Ho le prove, se vuoi …” Sussurro ironico, traendo il conto delle consumazioni dalla tasca dei Jeans. “Io, Jasper ed Emmett” Indico, mostrando la lista nutrita “Più qualche dolce compagna. Non si fa cenno a baci appassionati scambiati con giovani lupi mannari, spiacente” Sorrido con fare amichevole e mi volto come per andare via. Se non si arrabbia neanche così giuro che gli faccio una foto e lo eleggo a mio santino personale!!!!”
Il suo scontrino mi ha fatto venire una grande idea. Posso provare eccome che eri tu, stronzo. Con un balzo mi frappongo tra lui e la porta. Rendo sensuale la mia espressione, mi sfilo la maglia e gli mostro il mio fisico bronzeo, dove malgrado il tono della pelle i suoi succhiotti spiccano come macchie di inchiostro nero. Nessun umano potrebbe arrivare a tanto e comunque il mio organismo li farebbe sparire in pochi istanti. Ma non quelli che mi ha lasciato lui.
Ce la potevo fare. Era tutto praticamente risolto. Lo avevo quasi annientato. Ma lui ha dovuto rovinare tutto, vero? Fare il saputello sino alla fine, quello che non sbaglia mai. E ora io sono nei guai fino al collo. Il suo dannatissimo odore mi da un’assuefazione immediata, ora che la debole protezione della maglietta è stata gentilmente rimossa da Sua Maestà il Principe Ho Ragione!!!E poi cavolo, non può proprio fare a meno di torturarsi le labbra con quello sguardo sexy?Vuole forse che faccia qualcosa di sconveniente qui ed ora?E sia, prontissimo!!! Mi sono stancato di pensare agli altri. Voglio pensare a me ora. Mi avvicino e incateno il suo sguardo al mio, ora privo della sua rigida maschera di autocontrollo.
Mi si avvicina, con uno sguardo che mi fa battere il cuore nel cervello. Nei suoi occhi, ora diventati color dell’onice con riflessi bluastri, c’è un fuoco divampante, tanto grande che potrei perdermici, tanto caldo che solo a guardarlo mi sembra di sciogliermi. Una scarica potente di eccitazione mi coglie al basso ventre e mugolo di piacere. Non mi ricordo neppure perché eravamo qui. L’unica cosa che conta è lui, e le mute promesse che sento vengono fatte al mio corpo. Un suo tocco e mi perderò nel piacere più enorme e definito dell’universo. Toccami Edward, ti prego. Lo fisso ansimante, fremendo d’anticipazione.
Quello sguardo e la sua tensione sono la molla di tutto. Scatto in avanti e sono sulle sue labbra, nella sua bocca. Non mi sto trattenendo, non sto pensando a null’altro che non sia la sua pelle divina e il suo odore. Con un mugolio soddisfatto lo isso a sedere su un basso mobiletto. Lui mi circonda immediatamente il collo con le braccia e mi lecca le labbra. Gli accarezzo e graffio leggermente lo stomaco e le gambe, mentre mi chino sul suo collo e lo mordo più volte, con passione e attenzione al tempo stesso. Le mie mani risalgono verso il suo inguine in una carezza delicata ed invitante e si fermano lì, percependo un rigonfiamento sensuale. Mando un mugolio erotico e sento i canini uscire dalle guaine e il veleno scorrermi copioso in gola.
Trattengo il respiro e mi inarco contro le sue mani, che ora sono tiepide. I jeans sono abbastanza sottili da farmi sentire la loro pressione. Sento il suo mugolio e gemo a mia volta, eccitato oltre ogni dire. Il mio corpo sembra muoversi di propria autonomia. Le mie mani lo accarezzano e lo toccano frenetiche, sensuali, come se fossero assetate e lui fosse l’acqua; le mie labbra e la mia lingua lo sfiorano e carezzano come se da ciò dipendesse la loro vita. “Anf… Ed… ward… non riesco… ah… respirare…” Sussurro contro il suo orecchio, mordendolo. Lui si scosta un po’ da me e mi fissa negli occhi. Nei suoi appare un’ombra di consapevolezza “Questo è un errore. Un errore gigantesco.” Fa per allontanarsi ancora, ma lo trattengo. “Perché è un errore?Cosa ci vedi di sbagliato?” Non mi guarda. “Edward” Gli ruoto dolcemente il viso e lo fisso negli occhi. “Dimmi cosa non va e farò in modo di aggiustarlo. Qualsiasi cosa sia. Lo farò. Ma parlami, ti prego.” Lo fisso negli occhi, a lungo.
Da lui, dal suo sguardo magnetico, mi arriva tutto ciò che prova: decisione, sicurezza, e un sentimento sconvolgente per me, identico a quello che mi ha catturato fin dalla prima volta in cui l’ho visto. Come al solito i suoi occhi sono la sua arma, inconsapevole arma, migliore e mi fanno capitolare. Sono così verdi, così profondi, così meravigliosi. Mi ci perderei dentro senza esitazione. Mi viene in mente una scenetta romantica, e una volta tanto non faccio nulla per bloccarla. Stare nello stesso letto con Jake ed assistere al suo risveglio la mattina, godere del primo guizzo vitale di quei pozzi di anima, prati sconfinati. Dargli il bacio del buongiorno e coccolarlo un po’. Se proprio mi sentissi in vena potrei persino preparargli la colazione, qualche volta. Magari per farmi perdonare per un litigio. Sospiro e sorrido, poi torno al mondo reale e al mio bellissimo interlocutore. “Non è qualcosa che, nello specifico, riguardi te o me. È più che altro un’abitudine, la condizione nella quale ho vissuto per più di novant’anni.”
“Non capisco. Che condizione?” Gli domando, accarezzandogli leggermente i capelli sulla nuca. Voglio sapere, voglio capire. Qualsiasi sia il problema lo risolverò. Ho scoperto che la mia attrazione proibita è pienamente ricambiata. Intravvedo una possibilità per noi. Voglio concretizzarla più che posso. Non c’è nulla che non farei per il futuro di questa storia.
Sorrido e lo guardo. Il fatto che sia così interessato mi scalda il cuore. Lo bacio su uno zigomo con dolcezza. “Proverò a spiegarti. Essere Cullen significa essere, come posso dire… ben mimetizzati. Dobbiamo risultare assolutamente neutrali, nulla più che un dettaglio del paesaggio. Sia perché è così che possiamo aiutare gli uomini, sia perché è per il nostro stesso bene. Vedi, esiste in Italia una famiglia di vampiri, la più importante ed antica del mondo. Si chiamano Volturi e sono i governanti di tutti noi. Sono loro che hanno deciso le regole, secoli fa, e che le fanno rispettare. Anzi, LA regola. I Vampiri devono rimanere una leggenda. Non dobbiamo in alcun modo permettere che gli umani ci scoprano. Se ciò rischia di verificarsi interviene il loro corpo di guardia, ed elimina sia i vampiri ribelli che gli umani che sanno troppo. Il loro non è un gesto caritatevole, bada bene. Vogliono solo assicurarsi la tranquillità e l’abbondanza dei loro pasti. Ma è una regola sensata, che tutti i vampiri seguono più o meno facilmente. Però il loro sostentamento non è la sola cosa che li interessi. Essi sono, in particolare, attratti dal potere. Lo bramano, lo amano e, per quanto ne detengano, non gli basta mai. Guardano con sospetto tutti i vampiri diversi e cercano in particolar modo di “arruolare” quelli che, come me e i miei fratelli, abbiano doti extra.”
”In che senso doti extra?” Lo interrompo, un po’ preoccupato.
Lo fisso e sento un moto di tenerezza prendermi. Gli carezzo la guancia. “Io, Alice e Jasper abbiamo delle capacità particolari, che gli altri vampiri non possiedono. Si può trattare sia di un residuo di un talento umano, come le visioni di Alice, che di una sublimazione di nostri tratti
naturali, come la mia capacità di leggere nel pensiero e la tattica di Jasper per manipolare i sentimenti, frutto dell’affinamento della nostra sensibilità nei confronti di coloro che ci circondano.”
“Dunque è vero,tu leggi nel pensiero!!!!” Esclamo.
Esatto. Con due sole eccezioni al mondo. Bella Swan e… tu.” Lo fisso, accarezzandogli leggermente le mani.
”Non mi senti? Perché?” Domando confuso. Nella foresta mi HA parlato nella testa, ne sono sicuro!!!
“Non lo so…” Ammetto. “Appena ti ho conosciuto sentivo i tuoi pensieri quanto quelli di chiunque altro. E poi… puff, la tua mente è diventata assolutamente imperscrutabile. Non sono più riuscito a leggere nulla fino alla vostra mutazione”
”Un bel mistero…”
”Come se avessi bisogno di un altro motivo per pensarti tutto il giorno.” Sussurro.
Lo fisso, con il cuore in gola. Mi decido a dirgli quello che, oramai, sto pensando da ieri, quando ho parlato con Leah. “Io… voglio provare a stare con te Edward. Anche se non mi leggi nel pensiero so che senti quello che provo quando ci sei tu. Il mio cuore, il fatto che diventi poco meno che incandescente. So che percepisci ogni singolo sguardo che ti concedo e ogni respiro che prendo nella tua direzione. E…”
Lo interrompo. “Vale anche per me. Ti penso sempre. Ti osservo di sottecchi tutto il giorno. Mi inebrio del tuo profumo. Il mio autocontrollo si scioglie alla tua presenza. Mi manchi tremendamente quando non ci sei. Soffro se ti vedo triste. Il tuo corpo mi attrae, ma ancora di più la tua mente. Voglio sapere cosa pensi e perché lo pensi, perché sono sinceramente interessato a te. Accetto la tua proposta.” Percorro la linea del suo collo con la punta del naso, e aspiro il suo profumo. Sospiro appagato “Ma ti avverto. Non sarà una storia semplice. Io stesso so che cercherò di farti desistere almeno un milione di volte. E so essere molto convincente. Mi vuoi comunque?” Lo fisso negli occhi.
Non desisterò. E non ho paura delle reazioni di chi ci circonda. Sono cambiato per te. Tu… sei un mio diritto.” Concludo, fissandolo negli occhi, ora di un meraviglioso colore tra il nero e l’oro. Sorrido e poi lo bacio, con passione. Il nostro primo vero bacio.
Heilà!!!!!!U.u finalmente uno sviluppo tanto atteso!!!Spero vi piaccia. Scusate la rapidità della mia nota ma sono di superfretta!!!!>-< chiedo venia!Grazie alle mie fan fedeli e arrivederci al prossimo caitolo!. Un bacio
Ysis |
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Passion and Plans ***
Sprofondo nei suoi occhi e nelle sensazioni di questo nostro bacio. Staremo assieme. Più me lo ripeto più le parole mi sembrano inadatte ad esprimere l’enorme portata del concetto. Io, Edward Cullen, vampiro, starò assieme a Jacob Black, licantropo, mio nemico naturale e mia attrazione letale. No, decisamente le parole sono di troppo poco significato. Le sue labbra calde e gonfie, le sue carezze lente e vogliose, la sua lingua maliziosa e timida, i suoi respiri, i suoi sospiri. Queste cose si che spiegano il nostro rapporto, almeno in parte. Dire che siano sconvolgenti, eccitanti, incredibili, non significa nulla. Forse l’unico aggettivo che mi piacerebbe associare alla nostra relazione è… naturale. Naturale ed istintiva. Non potrei trovare un concetto migliore, neppure cercando per il resto della mia esistenza. All’improvviso mi riscuoto, perché sento la bocca di Jacob che sta accarezzando le mie creste iliache con malizia e concentrazione. Mi giunge il pensiero piuttosto definito di essere un idiota. Come posso pensare a qualsiasi cosa che non sia lui, ora? Sospiro e mi inarco verso il mio compagno, in un movimento invitante e languido.
Il fremito del suo corpo ed il suo movimento repentino e languido mi incalzano e i suoi occhi rassicurano quella parte di me che è ancora un po’ impacciata ed imbarazzata dal trasporto che sento verso una persona del mio stesso sesso. Lo bacio con passione e un’ ennesima vampata mi prende. Sto letteralmente bollendo, sia a livello fisico che emozionale. Ogni minimo contatto con lui è una scarica di desiderio che mi artiglia deliziosamente nelle viscere e mi scuote il cervello. Mi sento super rilassato ed al contempo eccitato. Risalgo lungo il suo torace, in un percorso da brivido, e mi poso dolcemente sulle sue labbra. Edward mi circonda i fianchi con le gambe e mi scosta i capelli madidi dal collo, sorridendo dolcemente e mordicchiandomi una guancia. “Sono al livello della Swan?” Domando, sorridendo. Lui si scosta leggermente e mi fissa negli occhi. Mi prende il viso tra le mani e mi accarezza. “Tu sei milioni di volte meglio di lei. Sei un mondo a parte. Il mio mondo personale. Il mio rifugio ed il mio indiscusso dominio.” Sussurra con voce roca, baciandomi la fronte ad occhi chiusi. Il mio cuore accelera i battiti, stabilizzandosi su un ritmo galoppante. Sento qualcosa fremere agli angoli degli occhi. “Ma allora…” comincio, ma mi blocco subito, confuso dai miei stessi ragionamenti e incerto della mia stabilità vocale. “Jake…” sospira, e all’improvviso sono seduto sul mobile affianco a lui. Edward mi osserva un momento di sottecchi e mi sorride brevemente, poi si fissa le mani “La semplice esistenza della mia famiglia costituisce, nell’ottica dei Volturi, un grave pericolo. Sia per le abilità mie, di mio fratello e di mia sorella, ma anche per il buon cuore di Carlisle e per le sue idee e il suo rispetto per quella che loro chiamano la “fonte naturale di nutrimento.” Rabbrividisco impercettibilmente. Lui mi lancia un fugace sguardo di scuse, che mi fa corrucciare. Possibile che non gli sfugga nulla? Non voglio fare la figura della donnina isterica. Sono un vero uomo io!!!!
Il mio sorriso si accentua, ma mi volto per non farglielo notare. È davvero adorabile. Fa tanto l’uomo vissuto e si vergogna di ogni comportamento da umano, di ogni emozione spontanea. Mi verrebbe voglia di stuzzicarlo, ma non è il momento adatto. Il discorso è troppo serio. “Non dobbiamo attirare troppo la loro attenzione. Già ci stanno sul fiato sul collo. Se scoprono di voi Lupi Mannari allora è la fine. Aro, Caius e Marcus hanno dedicato secoli e secoli al vostro sterminio, in Asia. Siete i nostri avversari naturali, i nostri nemici più temibili. Potrebbe scatenarsi una guerra se si venisse a sapere di voi. E loro farebbero di tutto per fomentarla. Potrebbero additarci come traditori, accusarci di accordarci con voi per rovesciarli e convertire tutti i vampiri alle nostre idee malate, oppure usarci come motivo della guerra, in quanto “membri della nostre grande famiglia minacciati da un nemico rozzo e selvaggio.” In ogni caso, la vostra comparsa è un grave pericolo per tutti. E la nostra storia…” comincio, ma lui mi rifila subito un cazzotto sulla spalla “Almeno non cominciare il primo giorno!!!” Mi supplica. Lo fisso negli occhi e non so resistere. Gli appioppo un rapido, dolce bacio sulla bocca. “D’accordo, d’accordo. Fino a mezzanotte sei salvo. Cooomunque “ continuo, dondolando le gambe “la nostra storia è , e deve rimanere così sempre, un segreto. Un segreto a due testimoni. Un patto tra due contraenti o come preferisci definirlo. Solo io so e dovrò mai sapere che sei mio. Solo tu sai e dovrai mai sapere che sono tuo.” “Ma Leah lo ha già capito!!!” Esclama. Digrigno i denti. “Che sia una tomba, o sarà esattamente quello il posto che le spetta. Non è una minaccia. Posso solo immaginare cosa si scatenerà se non dovessimo essere concentrati al massimo su questo segreto. E non è una bella immagine.” “Di Leah mi fido più di chiunque altro al mondo. Non mi tradirebbe più di quanto non la potrei tradire io.” Annuisco. “Perfetto. Mi affido al tuo giudizio. Potrei parlarle, una volta o l’altra?” Sogghigna “Questo dipendo solo ed esclusivamente da lei. Magari potresti mandare Jasper in avanscoperta. La addolcirebbe.” Sorrido. “Proprio degli avversari da manuale. Penso che lui sarebbe persino ben disposto a tale incontro, ma non mi va di dover affrontare una guerra mondiale non appena rientrato a casa. Alice farebbe brandelli di qualunque cosa, inclusa se stessa, se Jasper si dovesse allontanare o distrarre.” “Lo trovo comprensibile, si…” “Pure io... ma tornando a discorsi più seri, e meno piacevoli: tenere il segreto a tutti i costi. Saremo costretti ad insultarci e persino a batterci se le cose dovessero diventare sospette. E quando ci batteremo sarà come tra due nemici. Non avere riguardo per nessuno di noi. Io non ne avrò.” Annuisce vigorosamente “Si capisce. È una messa in scena troppo importante. Ma credo che evitare le nostre mutazioni sia la cosa più saggia e sicura. Quando siamo lupi ogni singolo pensiero, ricordo o sentimento è percepito dagli altri in maniera distinta e impossibile da controllare. Se Paul vedesse nei miei ricordi i nostri baci, sono certo che mi staccherebbe la testa in meno di un secondo.” Faccio una smorfia “Perché?” “È omofobo. Mi staccherebbe la testa e lo verrebbe a sapere tutta la riserve e dopo tutta la città.” “In questo caso sarà meglio evitare di incontrarsi. La mutazione avviene anche per voi in maniera istintiva come per noi, vero?” Vedo che mi scruta con le sopracciglia corrugate “Quando siamo a caccia o ci imbattiamo in un pericolo anche noi vampiri ci trasformiamo. Dal punto di vista fisico non varia nulla. Il cambiamento è interno. In quelle occasioni perdiamo la nostra umanità e la nostra razionalità. Diventiamo istintive macchine di morte. Ed è davvero molto difficile resistere a tale richiamo. Credo che neppure Carlisle vi sia riuscito più di una volta. Spesso siamo talmente simili ad animali da non riuscire neppure a parlare.” Lo vedo annuire vigorosamente. “Quando siamo trasformati anche noi perdiamo umanità e quasi tutti i sentimenti. Rimangono solo le emozioni di base e quelle da predatore, come la gioia della caccia. Dobbiamo evitare di incontrarci, almeno fino a quando non ci sapremo controllare.” Sorrido, sollevato, anche se un sottile filo di preoccupazione mi strizza il cuore. Come farò a stare senza di lui per così tanto?.
Il cuore perde dei battiti al pensiero della lontananza da lui. Ma è per la sicurezza nostra e di chi amiamo. “Dobbiamo distogliere l’attenzione da noi… quindi non ci sarebbe niente di meglio di un camuffamento, giusto?” Comincio, mentre la mia mente vaga a cento all’ora. “Cosa intendi esattamente?” “Dobbiamo depistarli. Fingere che sia tutto ordinario, normale. Ora, che cos’è che rende normali due adolescenti della nostra età?” Sorrido del paradosso che ho creato. Lui mi elargisce una smorfia assolutamente irresistibile “Non saprei..” “Una fidanzata!!!” Esclamo, in tono logico. Lui mi fissa per qualche istante e io comincio a maledirmi. Non ho pensato che avrei potuto ferire i suoi sentimenti. Che scemo che sono!!! Non è affatto un bel modo per iniziare un rapporto, dannazione!!! Inspiegabilmente però lui tira la testa all’indietro e scoppia a ridere, di un riso felice e genuino. Un raggio di sole cade da una delle alte finestrelle proprio sul suo volto, facendolo rilucere di migliaia di piccoli strali. È come vedere un Dio fatto di luce o di acqua. Nel suo vero aspetto alla luce del sole vedo tanta dolcezza, tanta generosità e tanto bisogno di amore che mi commuovo quasi. “Se gli angeli esistono devono per forza essere come lui.” mi ritrovo a pensare, frastornato. Dopo un po’ mi riscuoto e sento che ha smesso di ridere e che mi scruta con occhi d’oro. Arrossisco in fretta e chino il capo, imprecando. Accidenti mi prenderà per una stupida donnicciola alla prima cotta!!! “Perché ridevi?” Domando in tono scontroso, imbarazzato e ormai del colore di un mattone.
“Perché sei incredibilmente dolce” vorrei rispondergli, ma non mi oso. Non voglio sembrare troppo sdolcinato, e poi so che se la prenderebbe troppo a male. Ma era davvero tenerissimo prima, quando mi guardava con quell’espressione così assorta e piena di affetto per me. Avrei l’impulso di baciarlo ma mi domino. Non voglio sembrare una femminuccia. “Avevo avuto pure io un’idea simile, ma avevo qualche remora a proportela. Fortunatamente hai preso tu l’iniziativa. Tra i Volturi pare ci sia una recluta che percepisce i sentimenti di chi le sta davanti che riesca da ciò a determinare le relazioni tra i singoli individui. Se ci incrociasse capirebbe subito che siamo innamorati. E sarebbe un vero e proprio disastro.” Lo vedo sbuffare “non è che questi tizi hanno pure mantello e calzamaglia?? Manco fossero supereroi…” Non riesco a trattenermi “Il mantello lo hanno davvero.” Mi scruta in cagnesco. “Non è divertente.” Mi avvisa. “Su, dai!!!” Lo prego supplicandolo “Cerca di sdrammatizzare!!!” Mi osserva e si lasci andare ad un sorriso. “Ma allora il mio piano è privo di logica!!! Se pure questa recluta ci individuasse con una ragazza capirebbe che non è lei l’oggetto del nostro desiderio!” Mi scruta confuso. “No. Non esattamente. Darebbe per scontato che sia lei, se non dovesse eseguire un’analisi più accurata. Ma in fin dei conti, perché dovrebbe??? Vedrebbe un ragazzo che è innamorato di qualcuno e che trascorre ore piacevoli con una ragazza che è innamorata e con la quale si scambia premure e gesti affettuosi. Darebbe per scontato che l’uno sia il desiderio dell’altra, no?” “È vero!!!” Esclama lui, convinto “Non ci avevo pensato!!!” “Certo, se si concentrasse solo su quella determinata coppia non cadrebbe nell’inganno, ma se il nostro ruolo sarà svolto con precisione non nutrirà il minimo dubbio!” Assente soddisfatto e mi sorride, mostrandomi trentadue denti stupendamente bianchi, iridescenti al contrasto con la sua pelle divina. Sorrido pure io. “Hai già una candidata?” Mi domanda. Esito, poi rispondo “Beh, in verità si. Sarebbero due, per la precisione…” “L’oca e il pulcino…” Sbuffa rassegnato. “Esatto.” Ammetto, un po’ a disagio. “Non far caso a me. Non credo esista candidata che mi potrebbe stare bene. E poi se siamo un po’ ostili meglio, no?” “Grazie.” Gli dico, provando uno slancio di affetto incredibile nei suoi confronti. “E tu? Hai già in mente una possibile fidanzata?” Mi contengo per evitare di sputare il termine. Lo sento odioso in tutti i sensi. “Beh… stavo facendo un pensierino sulla Weber. Non è male.” “No.” Convengo, cercando di sciogliere la morsa di gelosia alla gola e allo stomaco e di darmi un tono neutro. “No, affatto.” Capisco perfettamente quello che ha detto prima. “Ci diamo da fare a partire da oggi?” Domando. Mi strizza un occhio. “Perché no? Facciamo una scommessa!” Ghigno “Del tipo?” “Il primo che conquista una ragazza dovrà… vediamo… essere ai totali ordini dell’altro per un’intera giornata.” “Ci sto.” Rido, battendo il mio pugno chiuso sul suo . Lui mi fissa con una luce diabolica e stuzzicante negli occhi. “Ordini TOTALI. Dovrai fare tutto ciò che ti dirò.” “Perché sei così sicuro di vincere?” Domando. Lui inarca un sopracciglio “Ma perché io sono irresistibile, ovvio!” Scoppio a ridere. “Certo, come no…” “Osi dubitare?” “Diamo tempo al tempo, che ne dici? E a proposito di tempo, siamo rinchiusi qui da due ore. Non credi che dovremmo andare in classe?” “Nooo, ancora cinque minuti…” Mormora, sporgendosi per baciarmi. Sollevo un angolo della bocca e ricambio, con passione. “Solo cinque…” Tento di sembrare risoluto, ma sono già inebriato dalla sua bocca e dai suoi movimenti. Lo afferro delicatamente per i polsi e lo stendo sul mobiletto, sotto di me. Ho l’impressione che i cinque minuti non saranno ESATTAMENTE cinque.
Ansimo e mi sporgo verso Edward, seguendo la sua bocca dannata. Sto impazzendo letteralmente. Ogni sfioramento è un’iniezione di dipendenza e ogni distacco una stilettata rovente. Ansimo senza riguardo e mi struscio contro di lui in maniera forsennata, visto che non posso arrivare a toccarlo. La mia maglietta è nuovamente sparita e di nuovo la sua bocca indugia sul mio torace, lasciando lividi scurissimi. Io mi inarco contro di lui e lancio gemiti rochi, smaniosi. Voglio baciarlo pure io. Con un notevole sforzo ribalto le posizioni e libero le mie mani. Slaccio la sua camicia in un lampo e mi abbasso sul suo petto. Lo annuso, stordendomi con il suo profumo, poi lo accarezzo, lo stuzzico, lo bacio. Sorrido soddisfatto dai gemiti che sento provenire dal mio torturatore. Gli mordo il collo ancora molte volte, marchiandolo, poi mi butto sulla sua bocca, per un bacio lungo ed appassionato. Le sue mani mi percorrono maliziosamente il corpo e così fanno pure le mie. Ci fissiamo negli occhi e ci stacchiamo assieme. Dobbiamo DAVVERO tornare in classe. Mi avvicino nuovamente a lui e gli infilo la camicia, allacciandogli poi i bottoni uno ad uno dolcemente. “Grazie” Mi risponde, col viso illuminato di gioia. Mi scioglie i capelli e me li riacconcia, poi mi infila la maglia. Ci scambiamo un ultimo bacio delicato, poi lui esce. Lo guardo allontanarsi ed il cuore mi si stinge. Non solo perché mi manca già, ma anche e soprattutto perché sono felice. Totalmente. Grazie a lui.
Ecoomi quaaaaa!!!! So di essere imperdonabile e monotona, ma ho avuto un sacco di cose per le testa (si è da poco aggiunto l'esame della patente alla lista ^-^
) Prego solo di essere più costante e di non presentarmi più con questi ritardi non assolutamente tollerabili. Purtroppo non posso scrivere quanto e come vorrei!!! Mille grazie alle lettrici e a chi recensisce con pazienza. VI AMOOO!!! ^.^
Baci Ysis
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Strategies ***
Le ore si dipanano lentamente, nella moria più totale. Coma previsto i prof non riescono a fare lezione ed ampliano la collezione di note personali del mio branco Quileute. Finalmente la tanto agognata campanella di uscita trilla e ci affrettiamo fuori dalla classe di trigonometria. Sto camminando per i fatti miei in corridoio, pensando ad Edward, quando urto una ragazza. Mi volto per scusarmi quando noto che si tratta di Angela Weber in persona. Sento la mia bocca tendersi in un enorme sorriso, e mi affretto a chinarmi per raccogliere i libri che le sono scivolati. Li recupero tutti e glieli porgo, presentandomi poi in tono affabile. “Scusami, sono stato piuttosto distratto. Spero di non aver causato troppi danni. Il mio nome è Jacob Black.” Dalle sue guance rosse capisco che mi conosceva già, quantomeno di fama. “No, no, figurati!!! Non c’è alcun problema, sono solo blocchi di carta. Non rischiano di rompersi purtroppo.” Conclude, gettando un’occhiataccia al libro di geometria analitica, che è il primo della lista. “Compito?” “Si, domani. E ovviamente non capisco neppure come disegnare le iperboli…” Sospira. Sorrido e ringrazio il protettore dei giovani mannari. “Serve una mano?” Domando con voce galante. I suoi occhi si illuminano. “Tu capisci questa robaccia???” “Inspiegabilmente si.” “Ma è un miracolo!!!!” Esclama battendo le mani un paio di volte. “Senza nessun problema. Anche oggi per me andrebbe bene.” “Sul serio???” Domanda e io percepisco la gioia ma anche la titubanza nei suoi pensieri. Teme che la voglia prendere in giro. Quanto mi dispiace constatare la mancanza di fiducia dei miei compagni!!! Decido di non aggiungere nulla e di lasciare decider a lei. Intanto ne approfitto per studiarne l’aspetto ed il look. È alta, magra, con un bel fisico e un bello stile. La canottiera turchese e nera che indossa in questo momento contrasta perfettamente con la pelle pallida ed i capelli nerissimi. Noto che ha tutto abbinato. Canotta turchese, pantaloni neri, accessori neri, tranne gli orecchini turchesi, e trucco nero e turchese. Molto bello. Improvvisamente si riscuote e mi sorride. Capisco che ha preso una decisione. “Sarei molto contenta se mi potessi dare una mano!!! Sicuro di potere???” “”Nessun problema.” La rassicuro “Facciamo alle quattro in biblioteca?” “Per me va benissimo, grazie! Sei veramente gentilissimo.” Mi sorride. “Figurati. La matematica mi viene naturale!” “Che fortuna!!! Io sono portata per le lettere e le cose umanistiche, ma la matematica proprio… mi ripugna, credo che sia una sindrome incurabile!!!” Scoppia a ridere e io mi unisco a lei. È naturale parlare con lei e molto piacevole. All’improvviso sento il mio cuore che aumenta di battito e una potente scarica di brividi mi prende. Edward è dietro di me, dalla parte opposta del corridoio. Non ho bisogno di voltarmi per saperlo. Impreco tra me e me. Mi sento dannatamente in imbarazzo.
Osservo Jacob che parlotta con Angela e sorrido : non ha perso tempo!!! Li osservo con occhio distaccato e critico, come farebbero i Volturi. Sono una coppia credibile. Lei è davvero molto carina e lui si trova a suo agio e continua a sorriderle e a cercare di farla ridere, come farebbe uno spasimante reale. All’improvviso vedo Jake irrigidirsi e scoccare un’occhiata colpevole nella mia direzione. Lo osservo perplesso per un paio di istanti, poi capisco. Mi guardo a destra e a sinistra, per verificare che nessuno mi stia prestando attenzione, poi corro verso di loro. Mi appoggio alla spalla di Jake e lo bacio rapidamente ma con malizia. “ Non ti preoccupare. So che è necessario ed io ho la massima fiducia in te e nei tuoi sentimenti. Fa del tuo meglio. Lo farò pure io.” Poi volo via, scoccandogli un’ ultima occhiata. Jake guarda nella mia direzione e mi strizza l’occhio. Esco dalla scuola e volo verso la macchina. Non posso che essere felice del suo risultato. Ma non voglio certo perdere la scommessa con il mio lupo mannaro. Vedo il pick up della Swan in coda davanti a me e ghigno, mentre delineo un piano per abbordarla. Noto, osservandola attraverso lo specchio, che sta borbottando tra se e se un lunghissimo soliloquio con aria imbronciata. Mi ricorda una minorata mentale, chiusa nel suo mondo. Devo evitare questi commentini acidi però, o non riuscirò a guardare Bella in faccia senza ridere.
“Allora, le basi sono semplicissime. Tanto per cominciare i fuochi dell’ iperbole sono sempre esterni alla curva. Si individuano calcolando il valore di c. Una volta tracciati quelli e completata la formula generica puoi compilare una tabella e disegnare i due rami dell’iperbole. Non è difficile vero?” “No, almeno in teoria …” Concorda Angela, concentrandosi sulla figura. Io intanto la posso osservare. È piuttosto carina, con un viso dolce, un bel fisico ed una grande cascata di capelli neri ondulati. Deve avere una qualche origine asiatica, visti i lineamenti. Ispeziono il suo look, approfittando della sua concentrazione. Leggins neri con sopra una canottiera azzurra a scritte nere. Unghie e scarpe azzurre. Grandi orecchini a cerchio con una stella all’interno, due polsiere argentate alle braccia ed una collana a catena con un cuore brillanti nato come ciondolo. Devo dire che sta proprio bene. Mi ricorda Leah in una versione un po’ più “civilizzata”. “Come procede?” Domando, dopo tre minuti “Ecco, è giusto???” Mi mostra il quaderno. “Si, bravissima! Ora passiamo ai semiassi. Cosa indica la retta delle ascisse?” “Il punto Beta.” “E le ordinate?” “Il punto Alfa.” “Esatto, brava. Come li calcoli?” “”Con le formule inverse e poi con la radice.” Sorrido. “Come fai ad andare male?” Le domando. Sorride e vedo che ha due fossette sotto la bocca, carinissime. “È l’elaborazione che è difficile.” “Allora vediamo di provare a lavorare sui problemi. Facciamo… questo qua!” Indico l’esercizio 23. “Sono nata il ventitré, sai?” Mi informa “Ma dai!!!! Pure io!!! Di che mese?” “Giugno.” “Io Marzo.” Sorride ed io la imito: stare in sua compagnia è semplice e piacevole. Questa ora di studio sta passando velocemente. Risolviamo ancora qualche esercizio, poi l comunico ch secondo me è pronta. “Dici sul serio?” “Mi assumo ogni conseguenza in caso contrario.” “Allora mi fido!!!” Risponde, riponendo i libri nella borsa. Sto per chiederle se ha voglia di prendere un gelato assieme quando, con tempismo perfetto, il suo cellulare suona. La canzone che ha come suoneria mi è nuova ma allo stesso tempo familiare. Ne canticchio il motivetto per la durata della brevissima conversazione, poi le chiedo informazioni. “Davvero ti piace? Si tratta di Poison, di Alice Cooper. La adoro, è la mia canzone preferita!!! Se la vuoi sentire ce l’ho sull’ipod.” Accetto volentieri e calzo le cuffie. Parte la musica e subito dopo una voce roca e graffiante che inizia a cantare. Spalanco gli occhi quasi subito. È Edward. Alice Cooper sta praticamente descrivendo Edward!!!
Your cruel device Your blood like ice One look could kill My pain, your thrill I want to love you, but I better not touch (Don't touch) I want to hold you but my senses tell me to stop
I want to kiss you but I want it too much (Too much) I want to taste you but your lips are venomous
Poison You're poison runnin'thru my veins You're poison, I don't want to break these chains
Your mouth, so hot. Your web, I'm caught. Your skin, so wet. Black lace on sweat. I hear you calling and it's needles and pins (And pins) I want to hurt you just to hear you screaming my name Don't want to touch you but you're under my skin (Deep in)
I want to kiss you but your lips are venomous
Poison You're poison runnin'thru my veins You're poison, I don't want to break these chains Poison
One look could kill My pain, your thrill I want to love you, but I better not touch (Don't touch) I want to hold you but my senses tell me to stop I want to kiss you but I want it too much (Too much) I want to taste you but your lips are venomous
Poison You're poison runnin'thru my veins You're poison, I don't want to break these chains Poison I want to love you, but I better not touch (Don't touch) I want to hold you but my senses tell me to stop I want to kiss you but I want it too much (Too much) I want to taste you but your lips are venomous poison, yeah I don't want to break these chains Poison, oh no
Runnin'deep inside my veins, Burnin'deep inside my veins It's poison I don't want to break these chains
Il tuo crudele piano il tuo sangue è come il ghiaccio un tuo sguardo potrebbe uccidere
il mio dolore, il tuo fremito voglio amarti ma è meglio che non tocchi voglio stringerti ma i miei sensi mi dicono di fermarmi voglio baciarti, ma lo voglio troppo voglio assaporarti ma le tue labbra sono velenose
Veleno il tuo veleno scorre nelle mie vene tu sei veleno, non voglio spezzare queste catene
La tua bocca è così sensuale sono rimasto intrappolato nella tua ragnatela la tua pelle è così umida, pizzo nero sul sudore. Ti sento chiamare e sono aghi e spilli,voglio farti del male
solo per sentirti urlare il mio nome non voglio toccarti ma tu sei sotto la mia pelle (nel profondo) voglio baciarti, ma le tue labbra sono velenose
Veleno il tuo veleno scorre nelle mie vene tu sei veleno, non voglio spezzare queste catene veleno, un tuo sguardo potrebbe uccidere
il mio dolore, il tuo fremito
Voglio amarti ma è meglio che io non ti tocchi voglio stringerti ma i miei sensi mi dicono di fermarmi voglio baciarti, ma lo voglio troppo voglio assaporarti ma le tue labbra sono velenose
Veleno il tuo veleno scorre nelle mie vene tu sei veleno, non voglio spezzare queste catene veleno voglio baciarti, ma è meglio che io non ti tocchi voglio stringerti ma i miei sensi mi dicono di fermarmi voglio baciarti ma lo voglio troppo voglio assaporarti ma le tue labbra sono un veleno velenoso il tuo veleno scorre nelle mie vene
è veleno, non voglio spezzare queste catene.
Parcheggio con la Volvo muso muso contro il pick up della Swan ed entro nel supermercato. Probabilmente compra da mangiare per lei ed il padre. Charlie Swan era famoso a Forks per mangiare pranzo e cena al “Silver Penny”, in Kansas Street. La vedo ferma al reparto macelleria, quindi decido di proseguire e di fermarmi lì solo quando lei se ne sta per andare. Compro della cioccolata e un paio di confezioni di coca cola in lattina,più per nostalgia del mio passato da umano che per altro, poi la controllo con la coda dell’occhio e mi faccio avanti. La saluto con tono affabile e sorpreso e lei ricambia. Do al macellaio l’ordine, mezzo chilo di carne trita, un po’ di costine di mucca ed un grosso taglio per arrosto, e tanto chiacchieriamo. Come immaginavo fa la spesa per il pranzo e la cena. Sentendo i menù le faccio i complimenti e la vedo illuminarsi. Quasi quasi mi fa tenerezza. “Anche tu compri provviste.” Mi fa notare, con un sorrisino imbarazzato. “Ah, si. Ho perso una scommessa con Emmett e quindi ora mi tocca preparargli una bella cenetta.” “Sai cucinare?” “Beh, diciamo che me la cavo. Ultimamente mi sto appassionando di cucina esotica.” “Giapponese e Thailandese?” “Esatto.” “Beh, io la so fare. Se vuoi ti posso dare dei consigli.” “Davvero?” Domando, segnandomi mentalmente quello che forse è il primo punto a favore nei suoi confronti. “Beh, si. Se non ti dispiace, ovvio!” Arrossisce. Che buon odore il suo sangue. Altro punto. “No, anzi, tutt’altro! E magari potrei darti dei consigli anche io, se ti va.” “Mi sembra un’ottima idea, si!” “Ecco la sua carne, signore.” “Grazie.” Prelevo i miei pacchetti e poi mi dirigo verso la cassa, parlando con Bella di culinaria.
“Sono contenta che ti sia piaciuta tanto!!!” Sorride Angela da sopra la sua coppa di gelato. Sorrido ed ingoio una cucchiaiata di ciocco menta. “Già , è una di quelle canzoni che ti sembra di conoscere da sempre, o che ti ricordano qualcosa che non capisci. Ti capita mai?” “In effetti si, con certe capita. Non credo che tu la conosca, ma hai presente “Spring Nicht” dei Tokio Hotel?” “Se la conosco? Io adoro i Tokio Hotel!!!” Esclamo stupito. “Ma vaaa!!! Credevo che tu fossi un altro dei loro fieri avversari.” Storce la bocca. “No, e perché mai? Mi piace molto quello che dicono e il modo in cui lo dicono. E Spring Nicht in particolare è una canzone stupenda!!! Sono persino andato a sentirli al concerto a Houston!!!” “Davvero, ma che fortuna!!! Io dovevo andarli a sentire a Los Angeles ma poi è sfumato tutto. Mi è dispiaciuto un sacco!” “Io ero con Leah, ci siamo divertiti un sacco.” “Leah è quella bella india con la quale sei sempre, vero?” “Esatto. È la mia migliore amica da tutta la vita. Mi è stata vicino in ogni momento, sia triste che felice. E devo dire che ce ne sono stati parecchi, di entrambi i generi.” Angela mi sorride. “Capisco. Anche io e il mio ex, visto che prima di metterci assieme eravamo molto amici, ci confidavamo tutto. Mi sembra ancora così … assurdo. Non posso credere di avere fatto una stronzata simile. Ti do un consiglio non richiesto ma sentito: cerca di non commettere errori. E se ne dovessi fare cerca di fare capire alla tua compagna. Se la ami e tieni a lei è la sola cosa che conta. Tutto l’amore del mondo è inutile senza una spiegazione. Cercate sempre di chiarirvi, anche se non ne avete voglia. Rischiate di perdere davvero troppo.”
-.-" odio le promesse da marinaio,ma la sorte mi è avversa!!! Il mio computer personale si è rotto, quindi sto procedendo su carta e sfruttando i rari attimi liberi che ho tentando di mettermi in pari con la copiatura dlla storia. Ho iniziato anche un nuovo progetto, che presto (spero) posterò. Non ho la minima intenzione di abbandonare questa FF, a lei tengo troppo!!! Milioni di grazie alle mie lettrici e la preghiera che possano continuare a seguirmi pazientemente XD
Un bacio
Ysis |
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Turning Points ***
“Pretendo delle spiegazioni Edward, e le pretendo ora.” Il tono di Carlisle è freddo e distaccato. Mi fa male, ma mi è utile. Inventare sarà più facile. “Mi hanno chiamato da scuola, lamentandosi. Sei entrato due ore dopo e ti sei comportato in maniera inaccettabile con il professore. Dice che non hai voluto dare spiegazioni circa il tuo ritardo e che lo hai trattato con sufficienza.” Sbuffo. “Ma è esagerato!!!Non lo ho trattato in alcun modo particolare e ho persino risposto a quelle domande che non ledevano la mia privacy!” È un messaggio che spero sia recepito chiaramente da tutti. Non risponderò ad alcuna domanda che non ritenga appropriata. Carlisle inarca un sopracciglio e volta la testa, cercando supporto in Esme. I pensieri di mia madre mi scaldano il cuore. “È un ragazzo assennato, Carlisle. È giudizioso ed intelligente. Ci ama alla follia e non farebbe mai nulla che ci possa rendere meno fieri di lui. Sa che se ha qualche problema noi siamo qua. Non preoccupiamoci inutilmente.” Ha pronunciato ad alta voce quello che pensava, parola per parola. “ Ti adoro mamma.” Le sussurro in testa. “ Ti adoro pure io Edward. Spero che il motivo del tuo recente cambiamento sia la tua svolta. Lo desidero così tanto per te, amore mio.” Fisso Carlisle lui fa lo stesso, sorridendomi. “Non credere che non abbia fiducia in te. So esattamente chi e cosa sei. La mia era solo ansia da padre impiccione.” Sorrido a mia volta “ Lo so. La apprezzo molto papà. Ma è il prof che ha esagerato. È che i Quileute non lo rispettano per nulla e quindi fa il severo con gli altri per evitare di diventare lo zimbello anche degli alunni nuovi.” “I Quileute? Sei in classe con alcuni di loro? Con chi precisamente?” “Con … vediamo … Leah Clearwater, Sam Qualcosa, Quil Ateara, Embry Qualcos’altro e … basta credo. Ah, no, mi ero dimenticato di quello sbruffone di Black. Jack, Jacob, comunque si chiami …” Mento in tono disinvolto e sondo il pensiero di tutti i miei parenti. Nessuno dubita di me né delle mie parole, per fortuna. “E dimmi, è successo qualcosa di … strano? Con loro intendo.” “In che senso strano Carlisle?” Domanda Emmett. “Avete sentito una strana sensazione a contatto con loro? Non so, tipo una fitta allo stomaco o una strana elettricità nell’aria o …” “O una strana smania di combattere contro di loro?” Domanda Rosalie. “Quando?” Domanda Carlisle, sbiancando.(In senso lato XD) “Il primo giorno di scuola. Io e Leah Clearwater siamo venute alle mani, nel cortile. È …” cerca la mano di Emmett per trovare sicurezza. Lui la stringe con forza e se la porta alle labbra. “È riuscita a colpirmi e a ferirmi. Mi ha lasciato parecchi lividi, o quanto di più possibile possiamo avere noi. Io a mia volta ho combattuto contro di lei come una vera furia. Le ho squarciato la schiena con un fendente e le ho sferrato parecchi pugni al ventre e alla schiena. L’ho conciata male, insomma.” Generalizza, notando lo sguardo severo e irritato di Carlisle. “Eppure si è rialzata con le sue gambe e, nemmeno un’ ora dopo, la ferita era perfettamente sparita e i lividi schiariti. So … di averle … rotto … una costola.” Ammette piena di vergogna, non osando guardare nostro padre. “Ma all’intervallo successivo, meno di due ore dopo, l’osso si era saldato.” Penso al nostro scontro nel bosco. Tutto collima alla perfezione. È evidente che i lupi hanno un super sistema immunitario. Probabilmente secondo solo al nostro. “Cosa significa Carlisle? Cosa sono loro, esattamente?” “Sono una specie di lupi mannari. Più che altro sono gli Spiriti Protettori delle terre dei Quileute. So di una leggenda molto antica, tramandata dagli indiani di generazione in generazione per secoli. Per quanto essa sia commovente ed interessante da sentire sotto ogni punto di vista, il succo è che, probabilmente in seguito ad una mutazione genetica spontanea, i Quileute hanno sviluppato una specie di ormone che reagisce agli stimoli che noi scateniamo nelle nostre prede. E questo ormone li trasforma in una sorta di … lupi mannari, e come se fossero veri lupi mannari sono in grado di ferirci e ci danno la caccia. Visto i simili istinti animali che possediamo, noi potremmo avvertire la loro presenza immediatamente e loro lo stesso. Ricordate l’accordo stipulato con loro anni fa? Ora è molto più importante che noi, tutti noi, lo rispettiamo ciecamente. I Licantropi non esiteranno ad attaccarci, se gliene daremo la possibilità . Sono giovani, ribelli. Probabilmente, stando alla testimonianza di Rosalie, Leah era prossima al risveglio e probabilmente a quest’ora si è già risvegliata e quindi pure il suo amico Jacob, dato che stanno sempre assieme. Quei due sono famosi per il loro comportamento sconsiderato e per l’ascendente che hanno sui giovani, della riserva e non. Si sentono i padroni della zona e probabilmente è così. Dato che il loro compito è quello di difendere gli esseri umani dalla minaccia dei vampiri, ritengo sia saggio che ogni contatto con loro, per quanto possibile, sia da limitare ed evitare. Anzi, vi proibisco di stare a contatto con loro in qualunque modo. Voglio che d’ora in poi mi aiutiate ogni notte a portare avanti i lavori di riparazione del vostro liceo. Stare a contatto con loro è pericoloso. Un giovane lupo come loro è un più che degno avversario per quelli come noi. Rosalie, che ne hai fatto dei vestiti che indossavi quando hai combattuto contro la ragazza?” “Sono in lavanderia Carlisle.” Informa Esme. Sparisce e riappare con i capi sottobraccio. I miei familiari arricciano il naso. “Santo cielo, che odore tremendo!!!” È il pensiero simultaneo dei miei parenti. Strano. Io sento solo un odore caldo ed intenso, che mi ricorda quello di Jacob, sebbene in una tonalità più femminile. “Come abbiamo fatto a non accorgercene?” Domanda Alice, nascondendo il volto nel collo di Jazz. Cazzo. Cazzo cazzo cazzo. Ecco che iniziano i problemi. Vedo Carlisle che preleva un capello lungo e nero dal corsetto di Rosalie e poi che corre tutto eccitato verso il suo laboratorio privato. Dannazione. Altro che problemi. Un orrendo sospetto mi assale. Volo in camera mia prima che Jasper si distragga da Alice e si concentri sul mio repentino cambio di umore. Fiuto ogni cosa, cercando di individuare l’aroma di Jake. Per fortuna è svanito. Mi siedo sul letto e sbuffo, accendendo il lettore dvd. Spero che “La Città Incantata” riesca a distrarmi.
“Ti supplico Leah!!!” Mugugno nella cornetta. Se fossi a parlarle a quattrocchi mi inginocchierei ai suoi piedi, ma al telefono temo non renda ugualmente bene. Ho appena accompagnato Angela a casa e mi sto dirigendo verso la moto. Edward mi ha mandato un messaggio che rasentava l’isteria. A prima vista sembrava calmo, quasi freddo, ma so leggere piuttosto bene tra le righe. I suoi familiari hanno scoperto delle trasformazioni mie e di Leah e si sono messi sulla difesa. Hanno memorizzato il nostro odore e Carlisle ha impedito ogni rapporto che non sia strettamente indispensabile. Nonostante il nostro rientri perfettamente nella categoria sappiamo molto bene che nessuna delle due famiglie lo accetterà e che, soprattutto, costituirebbe una specie di condanna per tutta la popolazione di Forks e dintorni. Quindi dobbiamo fingere di detestarci, o almeno di ignorarci e le fidanzate posticce ci torneranno piuttosto utili, in questo. Per fortuna con Angela è andato tutto piuttosto bene e non sarà difficile conquistarla. “È una questione di massima importanza!!! Solo tu mi puoi aiutare!” Sospira e la sento rivolgere qualche parola di scuse a chiunque fosse lì con lei in quel momento. Anche se penso di averne un sospetto. “Jake mi hai interrotto nel bel mezzo di un appuntamento con Anthony Trewson, sai quanto ci tenessi!!! Spicciati a parlare!!!” Mi tiro una pacca sulla fronte, dispiaciutissimo “Oddio, scusa!!! Era oggi?” “Mi pare evidente.” Ribatte, acida. Sospiro e mi decido a completare la mia richiesta. “Dovresti darmi una mano a tenere a bada i miei pensieri ed i ricordi mentre sono in forma di lupo.” “Cosa???E da dove salta fuori quest’idea improbabile?” “Da quando sto con Edward ufficialmente.” “COOOSA??? E me lo dici così Mister Tatto?” “Meditavo di organizzare una parata, ma non volevo disturbare l’appuntamento.” Leah sbuffa e capisco che manca veramente poco prima che mi sbatta il telefono in faccia, così mi sbrigo a terminare “Non penserai che te lo volessi tacere!!! Solo che è molto, molto complicato. Ti spiegherò tutto. Però ti prego, ho un bisogno assoluto del tuo aiuto.” “Ma certo, capisco benissimo. Senti vedo un po’, faccio due piani e poi ti so dire, va bene?” “Ti amo Leah, sei assolutamente la persona più fantastica della mia vita!” Lei ride nella cornetta e non mi è difficile immaginare il suo viso bellissimo e disteso. L’ex di Angela si sta veramente godendo uno spettacolo meraviglioso. “Invece io penso proprio di avere un rivale ufficiale!!! Ci sentiamo poi, allora. Baci baci.” Attacca. Sorrido, poi ripongo il telefono, calzo l’ipod e salgo sulla moto, diretto a La Push accompagnato dai Bring Me The Horizon.
“Prendila bella, è tutta per te!!!” lancio una costina sanguinolenta nella gabbia e la mia lupa schiocca le mascelle e la prende al volo. È indubbiamente la più bella e grossa dei tre che ho catturato e quasi quasi mi spiace pensare che sarà il pasto mio o di Emmett dopodomani al massimo. Mio fratello è qui con me, per aiutarmi a sfamare le prede e per memorizzare i loro odori diversi. Un impresa nella quale non sta riuscendo molto, visto il forte, appetitoso odore di sangue che proviene dalle nostre mani e che si è diffuso in tutto il garage. “Ti puoi sempre tirare indietro, Emm, se non ce la fai.” Lo stuzzico,rispondendo telepaticamente ai suoi pensieri scorati. “Puoi sempre imparare a farti i fatti tuoi piccolo Ed.” Ribatte, scontroso. Rido “ Scusa se volevo provare ad evitarti una cocente umiliazione fratellino.” Gli angoli della sua bocca si alzano in un ghigno. “ Imprimerò questo momento nella mia mente, caro, e te lo farò rivivere per almeno vent’anni, una volta che ti avrò sconfitto.” “ Ne sei così sicuro?” “ Sicuro come sono sicuro del fatto che tra pochissimo tempo ti infurierai come una belva.” Assicura con un sorriso enorme. “ Cosa intend …” Inizio, prima che l’intero involto di carne trita mi si spiaccichi addosso, macchiandomi la camicia chiara, il viso e sgusciandomi tra i capelli. Rimango di sale. Non posso credere che abbia osato tanto. “ Ti conviene correre Emmett.” Lo minaccio, scattando poi verso di lui, deciso più che mai a rendergli, come si suol dire, pan per focaccia a colpi di tagli per arrosto. Emmett è l’unico mio simile che riesca, se non proprio ad evitare i miei poteri telepatici, almeno a spiazzarmi a volte, dato che in lui l’istinto è molto più veloce del pensiero. Una dote che in parte lo accomuna al mio ragazzo e alla mia futura ragazza. Speriamo di non attirare simili eccezioni anche tra i nemici!!!
Entro in casa e subito mio padre mi chiama in salotto. Poso il casco sul tavolino e levo gli occhi al cielo: ma perché deve stare sempre a scocciarmi? Mi dirigo con tutta la calma del mondo in salotto e lo vedo, in un evidente stato di ansia. Sento un lieve sussulto di senso di colpa.“ Tranquillo papi, sto bene. Scusa se non ho risposto alla tua chiamata ma avevo dimenticato il telefono sotto il sellino della moto.” Mi avvicino e gli poso una mano sulla spalla. “Ascoltami Jackie, per favore.” Ho una piccolissima fitta alla gola, era mia madre ad usare sempre quel nomignolo. “Dimmi papi.” Mi inginocchio davanti a lui. Sono cresciuto tanto che se sto con la schiena eretta lo fisso negli occhi. “Sai che ti lascio fare tutto quello che ti pare e che non ti ho mai negato il mio sostegno, anche se molto a modo mio. Spero che tu sappia e che ti ricordi sempre che per te ci sono sempre e che ti amo, ti sostengo e ripongo fiducia in te comunque, qualsiasi cosa tu faccia.” “Lo so papi.” Replico, un po’ spaventato. Che cosa vorrà mai dirmi? E perché questo tono così remissivo ed affettuoso, tutt’ad un tratto? “Non hai mai prestato particolare attenzione ai miei consigli e alle mie direttive ed io, dopo che Chantal se ne è andata, non vi ho più insistito come avrei fatto un tempo.” Distoglie un attimo lo sguardo, perché risentire pronunciare ad alta voce il nome di mamma dopo tutto questo tempo è davvero un brutto colpo per entrambi. “Ma questa volta è tutto diverso. Questa volta pretendo che tu mi ascolti e il tuo giuramento di seguire ciò che ti sto per spiegare.” Mi fissa, i suoi occhi color ghiaietto nei miei verdi. “La tua trasformazione, così come quella dei tuoi amici, è avvenuta per un motivo ben preciso. I Cullen rappresentano da un tempo immemorabile una potenziale minaccia per tutta la città e gli umani che vivono nei dintorni, ed è per questo che individui come noi nascono ad ogni generazione. Tuo nonno, un uomo molto saggio, stipulò con i Freddi un patto. Essi non avrebbero ucciso umani, né creato altri esseri della loro stirpe, e noi gli avremmo concesso di rimanere nel nostro territorio finché fosse stato possibile. Tutto ha funzionato allora e continua a funzionare tutt’oggi. Il Dottore e la sua famiglia si sforzano, contro la loro natura, di bere unicamente sangue animale e si prodigano nell’aiutare gli umani. Tuttavia la loro presenza attira qui spesso altri loro simili ed essi non sono vincolati da alcun tipo di accordo. Si nutrono in maniera “tradizionale”, senza rispetto per noi e per gli umani. Se noi diventiamo lupi è proprio per difendere la nostra terra e chi la abita. Questa parte di mondo è solo nostra, benché sia “equamente” abitata da tante altre persone, e quindi anche il compito di proteggerla è essenzialmente nostro. Soprattutto se il nemico è così letale. È questo che ti chiedo: proteggi con i tuoi fedeli la terra che è stata nostra sin dall’inizio del tempo, prenditi cura di chi la abita, salvaguardala dai nostri scelleratissimi nemici. Ci sono stati Ezechiel, Cainus, Ephraim, William. Ora il comando è nelle mani di Jacob. Onora la tua stirpe, figlio mio, onora i tuoi fedeli. Onora tuo padre e tutta la tua famiglia. Onora te stesso. Non c’è nient’altro che desidero da te.” “Onorerò la famiglia, padre, fino a che potrò.” Giuro, chinando il capo. Mio padre vi passa sopra una mano grossa e callosa. “Questo uomo è mio figlio!” Esclama orgoglioso, con le lacrime agli occhi. Anche i miei occhi bruciano, ma trattengo le mie lacrime. Non sono di commozione. Temo che la mia scelta di vita e il giuramento che ho fatto a mio padre non siano cose che possano andare di comune accordo. Cercherò il più possibile di far funzionare tutto. Ma se trovassi ad un bivio, chi e cosa dovrei scegliere?
Mi ricordo improvvisamente dell’invito che ho fatto, più o meno indirettamente, alla Stanley, quindi le mando un messaggio per confermarlo, informando intanto Emmett della nostra imminente gita a Jacksonville. Jessica risponde subito con entusiasmo, ringraziandomi in modo davvero melenso circa due milioni e mezzo di volte. Mi viene in menta l’immagine anni 50 di una ragazza seduta in attesa davanti al telefono di casa e non posso fare a meno di sorridere. “Intanto potremmo comprare il regalo per Esme, che dici?” Provo a convincere Emmett, con voce innocente. Mio fratello posa i pesi, con i quali ovviamente si esercita solo per abitudine, e mi fa un sorrisone. “Temi di non riuscire a controllarti e di saltare addosso alla Stanley?” Domanda sornione. Sorrido. “No, non esattamente. Mi serviva una figura che scoraggiasse qualsiasi approccio e chi meglio di una massa di muscoli come te? In realtà il viaggio doveva essere assieme ad altri compagni, ma poi per un motivo o per l’altro hanno tutti disertato, lasciandomi con una gran piattola!!! Almeno con te mi diverto!” Ammetto, candidamente. “Puoi contarci piccolo Eds. Sarà una cosa davvero da sghigno!” Mi risponde, in tono divertito. “Non sembri Richie Tozier neppure un po’, sai?” Lo avverto. “ “Cosa ne vuoi capire tu!” Ribatte subito, tentando si fingersi offeso. Ma so già che è tutta una messa in scena. “Allora, Uomo dalle mille voci, mi accompagni?” Mio fratello posa i manubri e fissa il soffitto assorto. “Dici che non scatenerei una guerra mondiale?” Mi concentro e sondo i pensieri di Rosalie. “Credo di no, forse.” “Uhm. Vabbè glielo chiederò più tardi, dopo cena magari. A proposito … ” guarda l’orologio. “Accidenti, è quasi l’ora!!! Devo andare a prepararmi!!! Ci vediamo fratellino!!!” Mi schiocca un sorriso e corre in camera. Sorrido e spero proprio che Emmett sappia rendere mia sorella molto comprensiva!!! Non mi va proprio di stare da solo con una Jessica tutta sdolcinata!!!
Il muso della lupa davanti a me è teso, come il suo corpo. Le orecchie sono abbassate e la coda sferza con insistenza il sottobosco, raccogliendo a volte delle foglie con la pelliccia lunga. I suoi occhiacci gialli non mollano i miei da parecchio tempo. Una scarica di adrenalina mi fa vibrate tutta la schiena. “Andiamo, se dici così mi sento un mostro!!!” Sbuffa Leah, nei miei pensieri. Uggiolo. “Beh, sei abbastanza inquietante se la devo dire tutta!!!” Soffia l’aria fuori dai polmoni con un suono stizzito. “Dai, proseguiamo con l’allenamento … non era male, ma devi sembrare naturale al massimo. Se ti sforzi troppo lo sento e non ci vuole molto per capire che stai nascondendo qualcosa. Sai che Paul ha un talento per queste cose, ed è testardo in maniera imbarazzante. Arriverebbe alla verità in pochissimo, se attizzato da un tuo riserbo così serrato. E allora si che sarebbero guai.” “È vero, è vero, hai ragione. Ma concentrati pure tu a mantenere in silenzio certi pensieri. Su di me o anche sugli incontri di sesso con l’ex di Angela.” “Come se tu non avessi mai fato certe cose...” Pensa intono annoiato. Stiracchio le fauci in un ghigno e poi scrollo il capo. La pelliccia così lunga e calda mi fa soffocare!!! “Dai, ancora una volta e poi ce ne andiamo!!!” Mi assicura Leah. “D’accordo” Rispondo, poi mi preparo. Mi tengo occupato con qualche pensiero su Angela e sulla giornata di oggi. Mi concedo un piccolo ripasso della ramanzina di mio padre e per un secondo anche il ricordo del viso di mia madre. Sento che anche Leah si commuove quando la rivede. Mi concentro ed analizzo i suoi pensieri a fondo. È contenta per la storia con Anthony e ho l’occasione di vederlo con i suoi occhi per qualche secondo. Rimango sorpreso. Mi sa proprio che Leah si è presa una cotta con i fiocchi stavolta. Mi affretto a pensare ad altro prima che mi venga in mente in che condizioni l’ha ridotta il suo primo vero amore. Non voglio ricordarle mai più in vita mia quelle scene. “Cosa intende Billy con “Onora la tua famiglia e i tuoi fedeli” ? Mica si aspetterà che ammazziamo tutti i vampiri senza contratto della penisola!!!” “Quelli che calcano le Terre dello Spirito. Sono nostre e dobbiamo proteggerle, stando a quello che afferma il Consiglio.” “Che branco di inutili rompiballe!” “Già. E sarà meglio non irritarli, o non ci lasceranno più vivere. Per un po’ dovremo pattugliare la zona temo. Io, te, Paul e anche gli altri. Credo che tra un po’ saremo in sette o otto. Sarà meglio tenersi pronti.” Sciolgo la trasformazione e mi sistemo i vestiti (Non rimangono nudi dopo una trasformazione, è una cosa che mi da un fastidio atroce nei libri!!! XD) con gesti nervosi. Sento un fruscio accanto a me e Leah si alza in piedi, stringendo i capelli in una coda ad un lato della testa. Spazza via dalla camicetta bianca qualche foglia secca, si sistema la gonna e gli stivali di cuoio. “Andiamo.” Mi dice, tendendomi la mano. Sorrido. Come al solito le parole sono di troppo con lei. Scattiamo e cominciamo a correre, diretti verso la casa del vecchio Ateara. È tempo del nostro primo consiglio. Paul si unisce a noi a metà strada. Appena mettiamo piede nella riserva troviamo il nonno di Embry ad aspettarci. Lo seguiamo. La nostra missione è irreversibilmente iniziata.
Hola!!! Vi ricordate di me vero??? Eccomi qua, con un nuovo capitolo!!! Probabilmente il prossimo aggiornamento sarà più rapido, ma non è una promessa!!! T-T Purtroppo il rapporto sviluppo mentale e grafico non è molto buono, ma spero di riuscire a darmi una mossa!!! Un bacio ed un grosso grazie a tutte le mie lettrici (desme, samara, vi adorooooo <3) e alla prossima!!!
Ysis |
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Go On ***
“Oh, io adoro Katy Perry!!!” Trilla Jessica, brandendo un singolo, la voce acuta come un punteruolo alle mie orecchie. Sento Emmett che sbuffa in tono divertito, sapendo benissimo quanto io la detesti, e poi comincia a chiacchierarne con lei. Parlano a lungo, e tanto decidiamo di andare a mangiare. Da stamattina, quando siamo passati a prendere la nostra ciarliera accompagnatrice con la Volvo, non abbiamo ancora mangiato ed una sosta ci vuole. Vedo un Jack in the box poco lontano dal parcheggio ed è lì che decidiamo di fermarci. Il momento delle ordinazioni è esilarante. Io ed Emmett prendiamo le prime cose che ci capitano senza fare troppe storie dato che in macchina abbiamo le nostre specialissime riserve. Jessica invece, almeno a livello intellettuale, è davvero preda di un terribile dilemma. Continuo a non capacitarmi di tutte le strategie che il suo cervello è in grado di elaborare in pochi secondi: ad esempio, ora ha scartato le insalate, paventando sgradevoli effetti collaterali del tipo particelle verdi incastrate nei denti, e pure gli anelli di cipolla fritta, perché pensa che li potrei trovare troppo grassi, poco femminili e che sarebbero comunque un ingombro nell’eventualità di un bacio inaspettato. Ha quindi deciso che delle carote all’aceto siano la scelta ideale. Poi è passata al menù principale. So che praticamente da quando è entrata non ha fatto altro che corteggiare una specialità del locale: cosce di pollo al chili con peperoni misti. Mi lancia una rapidissima occhiata di sottecchi e poi, con un sospiro di rassegnazione, vi rinuncia. Esamina e scarta cotolette e braciole, troppo grasse, e anche petti di tacchino e pollo ai ferri, troppo magri. Non vuole far la figura della mangiona, ma neppure quello dell’anoressica schizzata. Vede dei nuggets e sento il suo cervello oramai surriscaldato sospirare di sollievo: sono un perfetto equilibrio!!! Fortunatamente la scelta della bevanda è più rapida e possiamo sederci e cominciare il pranzo. Continua a parlare a ruota libera e sia io che Emmett ci fingiamo molto entusiasti e partecipi, mentre io in realtà lo sto mettendo a parte di quanto sia stata sofferta la scelta del menù della nostra compagna. “Quante storie per due piatti amorfi e insapori!!!” Pensa sorpreso, e poi comincia a stuzzicarmi. “Però non è affatto male Eds, che ne dici? Carina, ha un gran bel fisico, ottimi gusti musicali …” “Ti prego Emmett!!! Se tanto mi da tanto allora mi metto con quella vampira folle che abbiamo incontrato un paio di volte da Tanya!!! Lei si che aveva un gran bel personalino e ascoltava della musica davvero degna.” “Posso passarti il personalino e il look, ma quanto alla musica era un disastro!!! Tutti quei gruppi J-Rock!!!” “Sentiva anche gruppi americani!!!” “Si, ma tutta roba gotica!!! Quelle canzoni sulle nebbie mentali e la tristezza …” “Quelli sono gli Evanescence e non ti permetto di offenderli. Amy Lee ha una voce divina ed è bellissima!!!” “Ma se sembra un cadavere, così pallida e amorfa!!! Con quei capelli neri attaccati al viso e quegli occhi troppo azzurri … invece Rihanna, lei si che è bella!!! Quel corpo da urlo e quei vestiti accattivanti … e poi le canzoni sono molto più belle, hanno un gran ritmo.” “ Stai scherzando vero?” Rabbrividisco di disgusto. “Beh, nessuno batte Katy Perry, ma comunque devo ammettere che anche Lady Gaga è piuttosto stimolante …” “Ma per favore …” Mi giro, portando la mia attenzione su Jessica che sta ancora sproloquiando pettegolezzi sulla scuola. Pare che una nostra compagna, che però non è stata dislocata alla sezione di La Push, sia incinta e che si voglia sposare col suo ragazzo. “Ma il padre del bambino non è lui, nessuno ci crede!!! Figurarsi, per tutta la gita non ha fatto altro che civettare con quell’altro tizio, che credo che stia nella banda. Sarà una bella sorpresa per il suo povero ragazzo, tra cinque mesi!!! E avete saputo di Lauren e di Zack? Lui la ha mollata pochi giorni prima dell’anniversario del loro terzo anno assieme!!! Che cattiveria!! E dire che lei gli aveva già comprato un regalo costoso … è proprio inutile, certi uomini sono degli stronzi!!! Pensate che lui ha conosciuto una tipa su una chat e se ne è pazzamente innamorato! Questa qui pare sapesse che era fidanzato e tutto il resto e non voleva neppure vederlo, ma poi lui ha giurato e spergiurato che sarebbe stata una cosa innocente e lei ci è cascata. Ovviamente non e stata una cosa per nulla innocente e la povera Lauren li ha scovati proprio mentre erano a letto!!! Roba da non crederci!!! Era devastata, povera cara. Continuava a colpevolizzarsi, ma poi le abbiamo spiegato che lei non c’entrava proprio per nulla!!! Se il suo ragazzo era un porco lei non ne poteva nulla!!! E pensare che si era fatta tatuare pure la sua iniziale su un fianco … ora rimarrà segnata a vita!!! A proposito di segni, avete notato i lividi di Clarice Coope, l’altro ieri? Lei sostiene di essere caduta in moto, ma secondo me si è fatta rifare il naso: avete visto le stecche? Meglio comunque: con il becco che si ritrovava prima non avrebbe mai attirato un ragazzo, anche se è abbastanza carina, poi. Speriamo che l’intervento le dia sicurezza, povera cara.” Conclude in tono affettuoso, temendo che la ridda di pettegolezzi mi possa aver fatto cambiare il giudizio su di lei. “Beh, se serve a darle sicurezza meglio per lei, anche se io preferisco le belle ragazze al naturale, come te.” Le sorrido. Sento i fusibili del suo cervello che saltano praticamente in aria. Arrossisce “Beh, grazie. Naturalmente anche io ho qualche difettuccio, ma credo che l’accettarsi sia fondamentale per una giovane donna. Ad esempio, ho questa amica che beh, fisicamente potrebbe anche essere più bella … cioè, ha un seno prosperoso ed un bel viso, ma …” Mi sgancio dal discorso e lascio vagare la mente su quello che da circa un mese è ormai il mio soggetto preferito. Chissà ora Jacob che sta facendo. Quasi sicuramente è con Leah. O magari con Angela Weber. Magari sta giocando a calcio con i suoi amici, o si sta facendo un giro in moto. Sorrido, pensarlo mi fa provare una strana sensazione: mi sento come se avessi un laccio che mi stringe il petto e come se, contemporaneamente, mi stessi sciogliendo. Mando giù qualche distratto boccone di Cesar salad, poi mi accorgo che Jessica mi ha rivolto una domanda e mi giro verso di lei, riprendendo la conversazione.
“Quindi in pratica una caccia alla sanguisuga!!!” Esulta Paul, saltando sul posto, un pugno schizzato verso l’alto. Sospiro rassegnato, proprio come temevo. Sarà un bel casino, altroché. Devo vedermi con Edward e chiarire un po’ le cose: non possiamo in nessun modo farci scovare adesso. Pavento l’ipotesi di lasciarlo un po’ perdere, almeno in questi primi tempi, ma lo scaccio subito: stare senza di lui è un qualcosa che esula dalle mie possibilità. “Solo quelli che non hanno il contratto, o quelli che lo violano.” Mi affretto a rimboccarlo. “Si,si, vabbè. Ecco perché i Cullen mi sono sempre stati sull’anima!! Sono nostri nemici naturali!! Evidentemente lo Spirito mi stava indirizzando verso il mio destino.” “Come mai sei diventato così credente tutto d’un tratto Paul?” Domando acido. “Beh, sai, non erano una cazzata le leggende. Erano vere. E allora magari è vero tutto il resto.” “Oh, certo, lo spirito dell’innamorato e bla bla bla facciamoci un tiro di quello buono e parliamo di differenze tra questo, quello e quell’altro. Un sacco di fandonie.” Borbotto, sprofondando ancora di più nella poltrona del suo salotto e bevendo un lungo sorso di birra. “Ti vedo parecchio innervosito, capo.” Sbuffo. Ha cominciato a chiamarmi così ieri sera, quando è venuto fuori che io, in quanto discendente di Ephraim, sono il capo branco. Le mie reticenze non sono servite a nulla, ovviamente. “Stai scherzando ragazzo!!!” Ha biascicato il vecchio Ateara facendo rimbalzare la dentiera da una gengiva scarnificata all’altra e spruzzando gocce di saliva tutt’intorno. “Non puoi fare a meno di essere il capo. Lo Spirito dei tuoi antenati è il più pronto a gestire il rapporto con i Freddi. È innato in te il senso di comando e sei l’unico che può guidare i giovani lupi nel loro processo di metamorfosi. Tu lo hai affrontato da solo e sai quanto sia stato orribile e spaventoso …” “Tutti noi lo abbiamo attraversato da solo.” Latro, abbracciando con un’occhiata Leah che è seduta al mio fianco e Paul, poco dietro. Il vegliardo mi ignora tranquillamente. “Tu hai vissuto la Mezza Metamorfosi …” Riprende, ma Paul lo interrompe “Anche io l’ho vissuta!!!” Esclama Paul, sciogliendo la lunga coda e scuotendo i capelli neri e leggermente ondulati. Li pettina con le dita e li ristringe con l’elastico. “Buon per te.” Lo liquida bruscamente il vecchio Ateara. “E pertanto sarai d’aiuto ai nuovi novizi. Li tranquillizzerai e impedirai che nella transizione il loro spirito si perda.” “ E questo che cosa vuol dire?” “Lo Spirito del Lupo è un’entità dal potere incredibile. Va oltre le ordinarie leggi del mondo, mutando l’aspetto degli eletti. Dona loro una forza e una potenza incredibile. Sarete lupi enormi, potentissimi, inattaccabili. Guarirete da qualsiasi ferita, se non proprio mortale, in pochissimo tempo. Avrete più resistenza. Vi sembrerà di essere invincibili. Il vostro corpo bloccherà la sua crescita e rimarrete eternamente così, per tutto il tempo in cui continuerete a proseguire la vostra missione di protezione. In poche parole l’immortalità e una super potenza. Qualsiasi umano ne sarebbe attratto. Soprattutto un giovane, con idee non ancora temperate dall’esperienza e dalla saggezza . I tuoi amici potrebbero anche tentare di ribellarsi a te. Per questo tu sei l’ Alfa del branco. I tuoi ordini sono legge. Se dirai una cosa, se darai un ordine i tuoi sottoposti, non potranno fare altrimenti. Usciamo.” Ad un gesto stizzito di quella sua manaccia incartapecorita due indi sono pronti e lo portano fuori, sul cortile nascosto dalla casa. Li seguiamo, scrutandoci ansiosi negli occhi. Si fa sistemare all’ombra di un larice. “Leah, Paul, Jake trasformatevi. Ora.” Mi concentro e un attimo dopo, mio malgrado, sono un lupo. Vedo Leah che si trasforma, al mio fianco, e poi Paul, il viso contratto dall’umiliazione. Mi concentro con tutto me stesso sulla protezione dei ricordi che riguardano me ed Edward, dato che le nostre menti dilagano più facilmente durante i primi istanti di trasformazione. Leah e Paul non fanno nulla per trattenere i loro e vengo immediatamente sommerso da milioni e milioni di pensieri, considerazioni, idee, intuizioni, sensazioni. Percepisco l’appagamento di Leah per il sesso scambiato con l’ex di Angela e il disgusto di Paul per il padre, che tradisce la madre in un modo doppiamente repellente. Vedo immagini di Leah, in biancheria, che davanti allo specchio prova e riprova trucchi diversi e acconciature con aria nervosa. Vedo Paul a letto, che fuma una sigaretta e osserva delle foto sul suo computer. La mano di Leah che si muove velocemente, per far asciugare uno strato fresco di smalto vermiglio e le dita lunghe di Paul che schiacciano il mozzicone di sigaretta nel posacenere. Faccio arrivare a loro i ricordi degli ultimi giorni, tralasciando Edward. Mi fisso sul viso di Angela per parecchi istanti e vedo che Paul ne è attratto. Mi spiace per lui, ma non me la posso far scappare. È troppo simpatica, ed è perfetta per me. Mi dispiace illuderla, ma è la sola alternativa che ho. I ricordi dei miei compagni si fanno più slegati, difficili da recepire, e io non mi impegno molto in tal senso, considerando questo aspetto come un’insopportabile invasione della privacy. Percepisco ancora immagini e sensazioni, ma deboli e distanti, come se tra me e loro ci fosse un banco di nebbia o uno spesso muro di vetro. I pensieri però sono chiari come se li stessero urlando a gran voce. Siamo tutti e tre irritati e sulle spine. Il vecchio si fa avvicinare a noi. “Io sono il capo della vecchia guardia, per così dire. A rigor di logica dovrebbe essere tuo padre, mastro Black, ma lui ha deciso di non essere mai più uno di noi, quando morì tua madre. Per questo le sue gambe ora sono paralizzate. Ha rifiutato lo Spirito e non credo che ora potrebbe ritrasformarsi neppure se lo volesse. Comunque non importa. Il capo delle vecchie milizie sono io e ciò continuerà anche se ora ci sei tu. Tu Domini i tuoi sottoposti, ma io posso Dominare anche te. Posso ordinarti di correre come un pazzo, di farti sbranare, di rivelare i tuoi più oscuri segreti davanti a tutti e tu saresti costretto a farlo. Avete già avuto un assaggio di questo pochi istanti fa, quando vi ho ordinato di trasformarvi”. Un lupo grosso, piuttosto smagrito ma con ancora un’aria battagliera e feroce appare al suo posto. Scende dalla sedia a rotelle e ci gira attorno, studiandoci. Leah e Paul mostrano le zanne. “Calmatevi!!!” Latro e loro immediatamente si dominano. “Molto bene mastro Black, molto bene. Hai individuato in me un pericolo e hai saggiamente deciso di non esporre ad esso i tuoi uomini eccitati.” Leah ringhia, la sfioro con un colpetto di coda, ammonendola. Il vecchio lupo bianco esibisce le zanne in un ghigno. “In guerra l’impulsività porta solo alla tomba, Clearwater, e pure l’impudenza.” Gracchia il vecchio. “Io posso controllare il tuo preziosissimo amico Jake. Siete nati e cresciuti insieme, in condizioni normali dareste l’uno la vita per l’altra. Ma se io lo volessi, proprio in questo momento, potrei ordinargli di staccarti la testa, e lui non potrebbe sottrarsi alla mia Dominazione. Ti ucciderebbe senza esitare e poi trascorrerebbe il resto della vita a dannarsi. Stai molto attenta a come mi tratti quindi. Sento Leah tendersi e la blocco, seccato. Lei guaisce e mi fissa con rimprovero, ma capisco che ha capito. “Allora Jake?” Mi chiama Paul e mi distoglie dal ricordo dell’orribile adunanza ch abbiamo avuto ieri. Il nonno di Quil in pratica è un frustato perverso che godrebbe nel vederci tutti morti, visto che disonoriamo la leggi che lui tanto fermamente osserva, nonostante sia quasi il 2009. Che morisse. Potessi vorrei farlo io con le mie zampe. Sentire il cedevole tessuto della gola sotto gli artigli e poi il fiotto caldo del sangue, libero dalle pareti della carotide recise da un mio colpo secco. “Non ho seguito Paul, mi spiace.” Ammetto con un sospiro. “Sei incazzato ancora per ieri, vero?” “Eccome. Quanto vorrei poterlo fare fuori con le mie zampe, quel dannato vecchio!!!” “Potremmo rapirlo e darlo in pasto ai Cullen o a qualche altro vampiro.” Propone in tono spensierato. So che lui è incazzato almeno il doppio di me. Il vecchiaccio lo ha costretto ad attaccarmi e poi ha sbirciato nella sua testa, guardando tutto quello che voleva. Ha svelato a tutti i presenti che suo padre se la fa col suo migliore amico e questo ha distrutto Paul. Sono stato con lui tutta la notte e l’ho fatto sfogare. Gli ho detto che per noi non importa, che ciò non cambia quello che lui è per noi. Continueremo ad amarlo, indipendentemente da quello che fanno i suoi. Abbiamo parlato anche del suo odio per gli omo. “Non lo faccio apposta, ma proprio mi repellono. Mi fanno schifo. Li trovo così … assurdamente sbagliati!!! Fisicamente, concettualmente. Non c’è nessun valido motivo per il quale due uomini o due donne debbano coltivare qualcosa più di una semplice amicizia. So che può sembrare meschino, razzista e bigotto, ma è la mia idea. Probabilmente devo ringraziare anche per questo quel gran bastardo, non so. Ma so che è una delle idee più radicate in me.” Le sue parole sono state pressappoco queste, e starle a sentire è stato orribile, degradante, umiliante. Ho capito che rischiavo di perdere una delle amicizie più serie e fondamentali della mia vita. Ma d’altra parte, l’alternativa è la morte. Oramai la consapevolezza di me ed Edward è diventata parte integrante di me e centro della mia esistenza. Per cosa mi alzerei la mattina se non sapessi che ad aspettarmi c’è lui? Perché avrei accettato questa follia se non perché lo amo e lo voglio? Paul mi riscuote nuovamente dai miei pensieri, ma questa volta non ho perso il filo del discorso. “No, mi spiace, ma Angela è mia e me la tengo!!!” “Ma la corteggi per scommessaaaaa!!!” Sbuffa lui stappandosi una bottiglia di birra. “Ma ora ho scoperto che mi sta davvero simpatica, e ci voglio provare sul serio.” Ribatto, sorridendo. Lui sbuffa e si rintana nella poltrona. Sogghigno e, ignorando i suoi lamenti, mi sintonizzo sul canale dell’Nba, dove stanno per riprendere una partita importantissima.
Eccoci quaaaa!!! Visto che ho aggiornato in fretta??? È un capitolo di passaggio, ma accenna l'inizio di importanti svolte!!! Grazie a chi commenta, alla prossimaaaa!!!! Baci Ysis |
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Temptations And Doubts ***
”Secondo me la vostra mamma sarà assolutamente entusiasta del regalo!!! Del resto è una persona di sicuro così sofisticata, visto il modo in cui decora le case, che non potrà fare a meno di apprezzare questo vaso!!! È classico e moderno allo stesso tempo, davvero originale, una meraviglia in una parola!!!” Le ciance di Jessica si stanno facendo davvero difficili da reggere. Non vedo l’ora di scaricarla a casa. Credevo che fosse impossibile, ma mi ha fatto venire il mal di testa con le sue chiacchiere insulse. Entriamo nel parcheggio e ci dirigiamo verso la Volvo. Non mi è mai sembrata più bella. Sistemiamo i numerosi sacchetti nel bagagliaio e poi io mi metto al volante. La macchina è surriscaldata dalla lunga permanenza nel parcheggio, dato che oggi pomeriggio sebbene il sole fosse coperto faceva piuttosto caldo, e quindi accendo subito il climatizzatore. L’odore di Jessica però è già riempito totalmente l’abitacolo. Aspiro una lunga boccata d’aria e rabbrividisco, questo odore mi stimola la sete in maniera incredibile. Faccio un cenno ad Emmett e lui è svelto a comprendere. Del resto anche per lui questa manciata di secondi è un inferno. Apre lo sportellino dalla parte del passeggero e tira fuori due, a prima vista normalissime, lattine di coca-cola. In realtà sono piene di sangue, le fabbrichiamo noi stessi con una parte del sangue che ricaviamo dalle cacce. Non si può mai stare tranquilli se si è vampiri vegetariani, la sete del sangue umano è facilissima da stimolare anche nei momenti più imprevisti e bisogna sempre essere pronti. Prendo la mia lattina e ne bevo un lungo sorso. Aaaah, che gioia. Il cervello mi si snebbia immediatamente e comincio a fare manovra. “Vuoi una lattina pure tu, Jessica?” Domando, incrociando il suo sguardo durante la retromarcia. “Oh, si, grazie mille!!!” Accetta lei. “Secondo ripiano.” Comunico telepaticamente ad Emmett, che si stava già domandando se non fossi diventato matto. Lui la prende, la apre e poi la porge a Jessica, che ne prende subito un lungo sorso. Continuo a vederla con la coda dell’occhio, anche durante la manovra. È uno spettacolo molto piacevole, vista la sete che stimola i miei istinti più elementari, cioè il nutrimento e il piacere sessuale. Una goccia le sfugge dalle labbra e le disegna un percorso piuttosto sensuale lungo il collo e poi attraverso la scollatura generosa. Mi lecco le labbra, ma cerco di concentrarmi sulla manovra. Io amo Jacob, lo so benissimo. Amo solo lui e non vedo l’ora di farci l’amore, anche se so che dobbiamo andarci cauti tutti e due. Non vogliamo sprecare nulla. Il sesso con questa umana chiacchierona sarebbe, appunto, solo sesso, cioè il soddisfare appetiti puramente fisici. Ma la sete di questo momento mi rende Jessica Stanley, che già normalmente ammetto essere davvero molto carina, una tentazione quasi irresistibile, sia per il pensiero del suo sangue caldo e deliziosamente stuzzicante nella mia bocca sia per quello del suo corpo pieno, tiepido e generoso premuto contro il mio. “Edward …” Mi richiama con dolcezza Emmett, che col suo istinto infallibile ha percepito i miei pericolosi sogni. Lo ringrazio con un sorriso e termino la retromarcia con un po’ più di lucidità. Intavoliamo con Jessica una conversazione circa la musica che le va di sentire in macchina e l’espediente si rivela abbastanza efficace. Per lo meno penso a qualcosa che non sia il suo collo abbronzato. Il cellulare trilla, segno che qualcuno mi ha mandato un messaggino. Faccio scorrere lo schermo piatto verso l’alto e lo leggo. È di Jacob e solo questo mi fa disegnare un sorriso enorme sul viso. Improvvisamente Jessica Stanley, che è viva qui dietro a me e che fino a pochi secondi fa avrei voluto possedere e uccidere, perde consistenza, come un sogno al risveglio mattutino. E da questo momento Jacob, nella mia mente, esiste più che mai. Gli manco, vuole vedermi. Dobbiamo parlare anche di alcune cose, ma principalmente gli manco. Batto in fretta una risposta. Anche lui mi manca, un sacco. Vorrei incontrarlo, il più presto possibile. La sua risposta non si fa attendere a lungo. Stasera, nella radura. Ripongo il telefono e guido per gli ultimi chilometri di ottimo umore e con un gran sorriso. In poco tempo arriviamo davanti a casa di Jessica e mi sembra quasi che l’ultima parte del viaggio, rasserenata dal messaggio di Jacob, sia passata molto velocemente e in maniera piacevole. Scendiamo anche io ed Emmett, la aiutiamo a portare tutte le cose acquistate in casa e poi la salutiamo. Mi sporgo per baciarla sulle guance e sento chiaramente il suo brivido provocato dalla nostra pelle fredda e dal mio odore. Dovrei stare più attento. Già oggi è stato tutto molto rischioso. Ma ho bisogno di un alibi a tutti i costi. Risaliamo in macchina e accendiamo la radio “Carina, non trovi??” Domanda Emmett “Sono stato bene oggi pomeriggio. È una ragazza di compagnia.” “Si, non è antipatica. Magari un po’ troppo frivola però fondamentalmente buona, e di buona compagnia.” “Usciremo assieme ancora?” Ha posto la domanda in questi termini, ma in realtà ho capito benissimo che intendeva “Uscirete ancora?” Emmett si è già interessato ad un’ umana, e la cosa non è finita per niente bene. Ha paura che la stessa cosa possa accadere a me. Sa che dover lasciare Forks per colpa mia sarebbe una cosa che mi segnerebbe un sacco e che mi sentirei in colpa per anni ed anni. “Penso di si. Ma sta tranquillo, fratellone. Ho la testa sule spalle e so benissimo quali sono i rischi del mio comportamento. È che, non so, mi andava di comunicare un po’ con gli umani, di starci un po’ assieme e riscoprire tutta quella parte di noi stessi che abbiamo dimenticato.” Annuisce convinto, so che certe sensazioni mancano molto pure a lui. “Se dovessi rendermi conto che questo tipo di rapporti sta diventando un pericolo li troncherò immediatamente, sta tranquillo.” “Va bene fratellino. Mi fido di te.” Sorride. “Dai fratellone, torniamo a casa. Non vedo l’ora di vedere la faccia di Esme per il nostro regalo. “D’accordo.” Metto una bella canzone dalla soundtrack del castello errante di Howl e sfrecciamo lungo i boschi.
Mi asciugo velocemente, dopo la lunga doccia. Mi tasto le guance e prendo la schiuma da barba. Stasera non voglio essere tutto ispido quando mi incontrerò con Edward. Col rasoio elettrico impiego poco tempo e la mia pelle è in poco tempo di nuovo liscia. E senza gli immancabili taglietti. Mi sciacquo e cerco, con orrore, qualche brufolo. Per fortuna sembra che i miei ormoni abbiano deciso di darmi tregua. Prendo il phon e mi asciugo i capelli, infastidito dal getto caldo. Da quando ci siamo trasformati io e i miei amici mal sopportiamo le fonti di calore. Non siamo mai stati particolarmente freddolosi, ma ora persino il pensiero di un maglioncino di cotone mi fa inorridire. Per fortuna con lui non ho di questi problemi. Il solo pensiero del suo meraviglioso corpo di ghiaccio basta a caricarmi di anticipazione … e apprensione. Lui è semplicemente così bello, sempre perfetto … io sono sempre un umano, dopotutto, e sicuramente sono pieno di difetti. Sconvolto da questa deduzione logica mi fiondo allo specchio e comincio a scrutarmi con crescente ansia. Ecco, il viso è un po’ troppo da bambino, con questa bocca che forse è un po’ troppo piena nel labbro inferiore. Il naso è dritto, di dimensioni normali. Spero. Gli occhi … ecco, quelli sono brutti. Troppo verdi, troppo scontati, dal taglio troppo banale. Sicuramente sono troppo vicini, o troppo lontani, troppo piccoli e con un espressione troppo feroce. La fronte è troppo piccola, i capelli sono spaghetti flosci, le mani sono enormi, con delle nocche rozze. Ecco, ora si che sono nel panico più completo. Mi siedo sul water, sconvolto, poi mi costringo a riflettere. Ho sempre avuto un discreto successo con le ragazze. Ed è probabile, visto il mio comportamento poco ortodosso, che le attirassi per l’aspetto fisico. Anche per quello, se non proprio solamente per quello. Ma sicuramente giocava un ruolo importante nella scorta delle mie armi da seduttore. Quindi forse non sono poi così brutto, sono semplicemente incappato in una bella crisi di sfiducia. Oppure quelle scialbe ragazzine non sono che un gruppo di superficiali, ciniche, femmine in calore. Magari volevano solo un duro nella lista delle loro conquiste. Una parte razionale del mio cervello, però, mi fa notare che anche Jared, Embry e Paul sono dei “duri”, ma che hanno un numero di amanti decisamente più esiguo del mio nei loro palmares. Forse però quelle ragazze erano attirate davvero dal mio aspetto. Va bene. Allora supponiamo sulla mia bellezza, almeno per i loro canoni. La domanda successiva, che la mia mente cinica non ha esitato a pormi, è: può il gusto estetico di una ragazzina ancora giovane e superficiale, mai uscita dallo Stato, essere comparato con quello di uno stupendo vampiro centenario, incredibilmente colto e saggio, magnifico a vedersi e che ha visto nella sua lunga vita le cose più meravigliose e rare? Come posso io, che sono un semplice ragazzone di diciassette anni, soddisfare le sue aspettative? Mi arrovello su queste domande per mezz’ora buona, poi, non senza una certa vergogna ed un enorme fastidio nei miei confronti, mi attacco al telefono e pochi minuti dopo Leah è materializzata nel mio bagno. Si inginocchia davanti a me e mi accarezza le mani con le sue, lunghe e curate. Sorride e comincia a parlare con la voce calda e rassicurante che so essere mia soltanto. “Jacob caro, è diventato così grosso ed importante lo spazio che Cullen ha preso nel tuo cuore?” Mi domanda sorridendo, con questo tono così da “mamma” che ha sviluppato apposta per me fin da quando avevamo appena sette anni e che spesso è stato la mia ancora col mondo, soprattutto quattro anni fa, quando sono rimasto solo. A quel tono non resisto, mi entra dentro e prende tutto quello che c’è, gioia, dolore. È tutto suo, forse perché io stesso lo sono. Così come lei è mia. In due minuti sto piangendo avvinghiato a lei, avvolto nel suo profumo, che è uno dei due che meglio conosco al mondo, consolato dal suo corpo, così bello, che agli altri ispira sesso, ma a me ispira solo puro ed incondizionato amore fraterno, ma soprattutto avvolto e confortato dalla sua sincerità, dalla sua mente, dalle sue idee e dai suoi ragionamenti. Leah. La mia migliore amica in tutti i sensi, la mia compagna fedele, la mia confidente insaziabile ed assoluta. Colei con la quale val la pena litigare solo per il gusto, poi, di fare la pace. La bambina vivace che giocava con me e si prendeva le mie colpe, anche se poi ogni tanto mi affibbiava pure le sue. La ragazzina, pochi anni dopo, che mi ha raccolto dal buio e dalla solitudine, che ha giurato a mia madre sulla sua tomba che avrebbe potuto riposare tranquilla, che ci sarebbe stata lei per me, sempre. La ragazza che pochi anni fa io ho strappato dal baratro e che ora è quasi una donna. La ragazza perfetta, ideale, bellissima, sempre qui al mio fianco, che porta una “J” incisa poco sotto il polso così come io, dallo stesso tempo e nello stesso punto, porto una “L”. Prima di Edward e persino durante Edward lei è, è stata e sempre sarà la ragione per la quale io sono e sto al mondo. So che esisto perché esiste lei. E so che lei esiste perché ci sono io. Non dice nulla, mi stringe solo. Sa che parlerò io quando me la sentirò. “È che … non so, mi sento così inadeguato. Sono così inadeguato. Sono solo un banalissimo essere umano io. Un indiano grande e grosso, non particolarmente intelligente, non particolarmente affettuoso, non particolarmente ricco, non particolarmente generoso, nulla di che. Poco interessante. Lui … ah, lui è così perfetto, e divino. Bellissimo, affascinante, incredibilmente acuto ed intelligente. Ricco. Interessante sotto ogni punto di vista. E oltre a ciò un cacciatore letale, un essere inattaccabile ed eterno, il nemico più temibile che si possa mai immaginare.” Mi trema la voce. “Io, ai suoi occhi, come posso sembrare anche solo degno di nota? Quando sparisco anche agli occhi dei miei stessi simili!!!” Abbasso lo sguardo afflitto. La perfezione del mio nulla si sta facendo dolorosamente strada in me. Leah si alza in piedi e mi prende le mani. Mi fa alzare dolcemente e dolcemente mi tira verso lo specchio. Mi fa alzare lo sguardo ad incontrare i nostri riflessi. “Posso dirti ciò che vedo io. E sai che dico il vero. Io vedo un ragazzo, alto, spavaldo. Un ragazzo grande e grosso, forte come una roccia. Fisicamente parlando con un corpo da favola, assolutamente stupendo, che attira le attenzioni e i desideri di uomini e donne. Vedo un corpo così massiccio, e rassicurante. Quelle braccia muscolose potrebbero dispensare, con eguale facilità, il più confortevole degli abbracci o il più forte dei colpi. Quelle spalle larghe sembrano in grado di sollevare una montagna, se lo desiderano, ma anche che vogliano convincerti a condividere con loro un carico di problemi, di qualunque tipo essi siano. Io vedo un corpo che ispira forza, certo, e anche caparbietà. Ma infonde anche sicurezza, tanta. Se salgo ancora vedo un viso. Un viso che è il più bello che io conosca. Seducente, affascinante, illuminato da una luce scintillante tutta sua. Labbra perfette, a puntino, capaci di inimmaginabili cattiverie o incredibile dolcezza. Un profilo nobile, zigomi delicatamente pronunciati, un naso elegante. Denti candidi, abbaglianti, capaci di frastornare con un solo sorriso. Capelli stupendi, lisci e lucidi come il piumaggio di un corvo, neri come l’ebano. Pelle di bronzo, senza un segno, levigata e morbida come seta pregiata. E, cosa più incredibile di tutte, un pio di occhi assolutamente sensazionali. Il verde più intenso del mondo, il colore di mille e mille prati e del mare in certi giorni. Taglio quasi felino, allungato, affascinante ed ipnotico. Occhi grandi e sinceri, schietti. Occhi che ti mettono davanti alla verità, non te la fanno sfuggire, ti costringono ad affrontarla. Occhi implacabili, a volte severi, a volte feroci. Dolci, soprattutto dolci. Occhi che spezzerebbero qualsiasi corazza, che smaschererebbero ogni bugia. Gli occhi buoni di una persona che è rara e forte e bella e pura come un diamante. Guardati allo specchio Jake. Non vedi ciò che vedo io?” La sua mano indica le nostre figure e, per un attimo, mi sembra di vedermi come lei e gli altri mi vedono, come se io fossi Quil, Embry, o chiunque altro e stessi osservando Jacob Black in piedi davanti a me. E Leah ha ragione. Ritrovo sul mio viso e sul mio corpo tutte le mie certezze, i complimenti che ricevo, i commenti dei miei amici e delle mie ragazze. Vedo su di essi la mia personale impronta, quella che gli ho dato pazientemente con gli anni esprimendo il mio modo di essere. Vedo tutta l’aggressività in me, la dolcezza e la bellezza che solo e soltanto Leah poteva convincermi di avere. Non mi vedo perfetto, non ancora, e menomale, perché io non voglio essere nient’altro che me stesso. Leah ha come al solito soffiato via le mie paure come se fossero nubi e portato un sole di certezze che ora si presentano alla mia mente salde. Amo Edward e la storia con lui voglio che sia vera, e seria. Leah, come al solito, è la mia ragione e la mia razionalità. Ho scoperto che posso dare moltissimo con me, il mio corpo e la mia anima. E che non è vero che cado nell’insignificanza. Leah mi abbraccia forte e io la stringo a me. “La mia vera forza sei solo e soltanto tu, Leah Clearwater,” Sussurro, baciandole la testa.
Holaaaa!!!! Sono in un ritardo vergognoso u.u chiedo perdonooooooooo!!!Che vi sembra di questa versione di Jake, così insicura? A me piace moltissimooo!!! *w* ma le fan siete voi, quindi dovete commentare voi e darmi i pareri. Ci conto!!! Spero di non aver fatto errori di grammatica, ma ho scritto questo caitolo stanotte e mi è piaciuto tamente che ho voluto pubblicarlo subito, senza ripensamenti, correzioni e robe varie. Ringrazio moltissimo le mie due nuove lettrici e le care, affezionate, fan fedeli...siete meravigliose, vi ringrazio molto!!!! A presto, lo prometto (come al solito, ma l'intenzione c'è n.n) Baci, SoRrOw
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Troubles ***
Imprimo
un estremo sforzo nelle mie gambe e percorro gli
ultimi chilometri che mi dividono dalla radura. Sono andato a nutrirmi
ad Epping
Rocks, così ho potuto studiare per bene la foresta. Domani
c’è il sole e io ed
Emmett ci sfideremo. Sono ragionevolmente certo della mia vittoria, a
dire il
vero. Sono più veloce e anche se gli animali non pensano
veri e propri concetti
il loro istinto trasmette al cervello input che io riesco a rilevare
con la
telepatia. E il fatto che abbia catturato io tutte le prede significa
che ne ho
studiato le abitudini. Emmett sa tutte queste cose, ma lui punta a
dimostrare l’efficacia
della sua forza bruta e del suo infallibile istinto animale,
ritenendoli meglio
del ragionamento. Mi torna in mente il pensiero di Jessica nella mia
auto e una
scossa di vera e propria eccitazione mi attanaglia lo stomaco. Lei
è così calda, così
profumata. Oggi, in macchina, il
suo sangue urlava per me. Mi fermo
un secondo ad indugiare in una fantasia dove io mi giravo e le poggiavo
la mano
sul seno sinistro, così meravigliosamente pieno,
così irresistibilmente
sodo, così
dannatamente
e pericolosamente vibrante di vita
e
nutrimento. Immediatamente dopo mi sento uno schifo: non solo sto
progettando
di uccidere una ragazza nel fiore degli anni,ma sto anche pensando di
tradire
il ragazzo di cui mi sono innamorato. Odio essere così.
Così
superficiale,
così schiavo. Schiavo
della sete,
della noia, di ciò che sono. È tutto
così, uguale, tutto così irrimediabilmente
meccanico e ripetitivo. I colori non esistono più, non
esistono più i sapori né
i suoni. Percepisco tutte queste cose con gli occhi, anzi le vedo molto
meglio
di chiunque al mondo, ma essere così sofisticato
è tremendamente sterile. Il Mondo
Reale è terribilmente
lontano da noi. Atterro
vicinissimo al confine Quileute e aspetto dondolandomi nervosamente da
una
gamba all’altra. Jacob si sta avvicinando, lo sento
chiaramente.
Edward
è già nel bosco, lo sento bene, quindi imprimo
più
slancio con le zampe. Amo correre. Fare attività fisica, di
qualsiasi genere,
mi è sempre piaciuto, ma ora che ho a disposizione questa
nuova forma è davvero
esaltante. Non mi stanco mai, non mi fermerei mai, posso sempre andare
un po’
più veloce o arrivare un po’ più
lontano, o saltare un po’ più in alto.
È un
sogno. Rallento gradualmente e arrivo al ruscello che taglia il confine
trotterellando Vedo Edward sull’altra sponda e gli dedico un
sorriso canino,
poi mi muto e lo raggiungo. È con un certo imbarazzo che gli
do il nostro primo
bacio ufficiale sulle labbra e mi sento timido ed impacciato.
Probabilmente
sono pure arrossito. Ma sono tanto felice di stare con lui. E i
problemi di cui
mi ha accennato prima al telefono mi sembrano già piccoli e
semplici da
evitare. Al momento non c’è al mondo cosa
più bella e importante per me della
persona che ho davanti. Gli stringo una mano felice e andiamo a sederci
in una
zona più riparata. Lo fisso di sottecchi, ogni tanto, e la
sua bellezza mi
colpisce sempre una volta di più. Mi sento un po’
una ragazzina frivola al
primo appuntamento. Ci accomodiamo sull’erba e cominciamo a
discutere sui problemi
che sono appena emersi. I Cullen si sono accorti della nostra
esistenza, sa che
ci siamo risvegliati, conoscono il nostro odore. Carlisle ha proibito
ogni contatto
che non sia necessario. Va bene. Sarà complicato ma ce la
faremo. Dovremo solo
essere prudenti al cento per cento. È importante coltivare
la nostra copertura
delle ragazze posticce, perché i Volturi potrebbero decidere
di fare un
sopralluogo adesso che siamo stati scoperti. Si sa che braccano sempre
i
Cullen. Dobbiamo anche essere molto cauti sul dove incontrarci, la
foresta è
troppo vicina e qualche curioso potrebbe sempre trovarci. Le distanze
non sono
un problema per noi, possiamo tranquillamente vederci anche in un posto
a mille
chilometri da qua. “Perfetto,
grazie.”
Mi sussurra all’orecchio, baciandomi l’angolo della
bocca. Trattengo un sospiro
e mi appoggio con la schiena contro di lui. Inaspettatamente mi stringe
tra le
braccia e comincia a darmi piccoli baci freschi sul collo. Mi sento in
Paradiso.
“Sono davvero felice di stare con te Jacob.”
Sussurra.
E
lo sono davvero. Questo ragazzo mi da tutto, la pace, la
vivacità, l’affetto. Mi sembra impossibile pensare
quanto fossi sempre annoiato
e depresso prima di conoscerlo. Voglio stare con lui, la Stanley non
sarà un
problema, la sete non sarà un problema, nulla
sarà un problema. Voglio lui. Che
s’impicchino i Volturi con le loro lotte assurde, che
s’impicchino i vampiri, i
licantropi, i loro stupidi patti. Sono davvero stufo di fingere, di
sentirmi in
colpa di fare finta di stare bene. Esme aveva ragione. La mia svolta
è arrivata
e io non voglio rinunciarvi per nessun motivo. Ho passato cento anni
umani a
nascondermi, ora voglio vivere come vivevo prima.
Hem, eccomi di
nuovo!!!
Il capitolo è cortissimo, lo so, ma voleva essere un atto di
scusa! Non aggiorno davvero da troppo tempo e la cosa non mi andava per
nulla giù. Come già detto nelle mie altre FF
avevo dei motivi, computer rotto, malattia, studio, ma sono
anche stata pigra e di quest mi scuso con tutte le persone che mi
seguono. Spero davvero di non aver perso tutti i sostenitori che avevo.
Comunque io continuerò a seguire questa storia, quindi se
vorrete continuare a leggerla e commentarla mi farete un grosso
piacere! A breve arriverà un nuovo capitolo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Foward To Time Past I ***
Al
suono delle sue parole il cuore mi batte fortissimo in
gola e nei polsi, oltre che nel petto. Sento un grande, dolcissimo,
calore. Mi
sento amato, anche se forse
è troppo
presto per parlare di certi sentimenti, amato da Edward. Mi volto verso
di lui cercando
di mantenere il controllo e lo guardo a lungo in quegli occhi ambrati
così
belli. “Sono anche io molto felice che tu sia qui, e di
essere con te.”
Rispondo, sperando di non essere troppo formale. Non ho mai avuto un
ottimo
controllo sulla gestione dei miei sentimenti, non so bene come
comportarmi
quando non faccio il bullo. Mi sento arrossire come un bambino. Edward
scoppia
in una risata argentina e poi, sempre tenendomi la mano delicatamente,
si
sdraia sull’erba, che è ancora di un verde molto
intenso. Il sorriso non è
sparito dal suo volto. Sento le mie labbra stendersi e mi stendo anche
io,
vicino a lui. Con i sensi da lupo riesco a percepire la sua freddezza e
il suo
odore antico e mi perdo in mille pensieri sconnessi, privi di logica e
lenti. Sono
totalmente rilassato ed appagato. Io, il ragazzo turbolento che non
può
sopportare di stare fermo e tranquillo cinque minuti, il ragazzo col
fuoco
dentro, che gira inesorabile alla ricerca del prossimo giro o della
prossima
rissa, sono sdraiato sull’erba leggermente umida e profumata,
accanto al mio ragazzo,
e osservo il cielo dai
varchi delle chiome degli alberi. Fermo, immobile. E felice
di esserlo. Manca un piccolo dettaglio, poi potrò
chiamare
questo attimo “Paradiso.” Senza neppure aprire gli
occhi prendo il pacchetto di
sigarette dal giubbotto e ne accendo una. Tiro una lunga boccata e
sento il
sapore della nicotina in gola e il fumo che volteggia nella mia gola,
leggero e
piacevole. Sento che Edward annusa con insistenza l’aria e mi
do subito dello
stupido: Non gli ho neppure chiesto se il fumo gli da fastidio!.
“Non è così.”
Mi rassicura lui, carezzandomi la schiena con una mano fresca. Mi
stendo
nuovamente, rassicurato ma anche sbalordito “Ma non avevi
detto che la mia
mente ti era preclusa?” Domando fingendomi irritato e
continuando a fumare.
(Alzi la mano chi ha capito che l’autrice ha una voglia matta
delle sue amate
Black Devil che occhieggiano nere e profumate dalla borsa xD) Edward
apre gli
occhi un istante e mi sorride. “Infatti è
così. Ma io sono un attento lettore
non solo di menti ma anche di atteggiamenti. Amo l’odore del
tabacco” Aggiunge
poi, passandosi l’altra mano tra i capelli ramati.
“Mi ricorda la mia infanzia.
È un bel ricordo. Sono fortunato a possederlo
ancora.” “Perché ancora? Non hai
un super cervello?” “Quello è talento
naturale,sai …” Replica lui con aria
strafottente. “Hai ragione, tutti i vampiri possiedono
un’enorme intelligenza e
memoria, posto che siano intenzionati a svilupparle. Però le
nostre vite
precedenti con la rinascita sbiadiscono e rimangono solo alcuni ricordi
netti. Non
saprei descriverti un’azione che ho compiuto dai dieci anni
in poi. Ricordo
perfettamente però che, da quando avevo circa cinque anni,
ho amato guardare
mio nonno arrotolarsi le sigarette e fumarle. Ricordo anche che avevo
il
fortissimo desiderio di fumare anche io, una volta che fossi stato
nell’età
giusta. Purtroppo non la raggiunsi mai.” Conclude con un
sorriso. Il modo in
cui parla della sua morte, in maniera così tranquilla e
quasi indifferente, mi
fa uno stranissimo effetto. Sto a lungo in silenzio e capisco che mi
sta
studiando. Vorrei fargli una domanda ma temo di essere scortese. Sembra
morbosa
già nella mia testa, figurarsi a pronunciarla!!! Alzo lo
sguardo e vedo il suo
sguardo, ancora perplesso e ora concentro. Sorrido e mi faccio
coraggio. “Ti
risparmio la fatica, Indovino. Come è successo?
Cioè, come hai fatto a ..”
Lascio in sospeso la domanda ma non ho il minimo dubbio che abbia
capito.
Sorrido,
siamo già al punto delle Grandi Rievocazioni. Mi
tiro a sedere e mi appoggio alle braccia, raccogliendo le idee. Ogni
tanto un
raggio di luce mi fa splendere e vedo che Jake è incantato
da quell’effetto, ma
che continua ad aspettare una mia risposta. Poco male, ho sempre amato
parlare
di me. “La mia prima nascita risale al 20 Giugno 1901, a
Chicago. La seconda è
avvenuta sempre a Chicago, ma nel 1918. Avevo diciassette anni e stavo
morendo.
La spagnola stava imperversando, in America come in tutto il mondo. Mio
nonno è
stato il primo della famiglia a morire e pian piano tutti i Masen lo
hanno
seguito. Io ero l’ultimo e avevo i momenti contati. Lo
sapevano tutti, dottori
infermieri, lo aveva capito anche mia madre, prima di morire. Era
Carlisle, già
vampiro da almeno due secoli, a prestarci soccorso nel grande ospedale.
Mia
madre lo aveva colpito per la sua forza di determinazione e nonostante
ci
fossero più di mille pazienti nell’ospedale si
ricordava sempre di visitarla.
Si era ripresa e sembrava pronta a venir dimessa quando ebbe una
ricaduta
tremenda che la debilitò totalmente. Mio padre era
già morto e lei si sentiva
esausta e incapace di continuare e guarire. Ciononostante mi visitava
ogni
giorno, piangendo per la mia sorte. Ero davvero molto grave e tutti
credevano
sarei morto prima di lei. Fu in una di queste visite che
percepì Carlisle per
quello che era e lo supplicò di salvarmi, di rendermi
invulnerabile come lui.
Gli fece promettere che mi avrebbe mutato e che non mi avrebbe
abbandonato una
volta nato. Poi morì. E Carlisle fece esattamente
ciò che aveva promesso. Mi
fece nascere di nuovo. La forza di mia madre lo aveva convinto, ma lui
già da
tempo si sentiva troppo solo. Desiderava qualcuno accanto a
sé, qualcuno che in
quel modo potesse salvare dalla morte. Mia madre fu lo sprono decisivo.
Era
sera, quello lo ricordo perché sentivo la frescura.
Un’ombra scura mi si
avvicina. Io penso che sia una delle infermiere o un dottore, e non mi
sbaglio.
Carlisle si avvicina, si abbassa su di me. Bisbiglia qualcosa che no
comprendo
e poi è un mare di fuoco.” Mi interrompo per
sbirciarlo, voglio vedere le sue
reazioni. Jake non è disgustato né terrorizzato,
solo molto interessato. Siede
abbracciando le ginocchia con le braccia e poggiando sopra esse il
mento. Con
un gesto mi indica di proseguire il mio racconto. “Diventare
vampiri è davvero
molto doloroso Jake.” Rivelo, prendendogliela. Il suo calore
mi renderà più
facile il racconto ora. “È come se una palla di
ferro ti fosse lanciata dentro
e schizzasse qua e là come in un flipper, spezzandoti le
ossa e lacerandoti i
nervi, i muscoli, le carni. Il sangue, ogni goccia, diventa fuoco e
veleno.
Lacera, brucia e scioglie, poi evapora, attaccando tra loro i nervi
impazziti e
facendoli scontrare con mille cose indefinite che li torturano e
torturano te.
Questo martirio dura due o tre giorni, poi tutto finisce. Certi vampiri
patiscono più, altri meno. Io ho avuto due giorni
d’agonia, poi mi sono
svegliato.” Serro la mano su quella di Jake, inorridito dal
mio primo ricordo
della mia nuova vita. “Non devi continuare se non te la senti
Edward …”
Sussurra, avvicinandosi a me e carezzandomi dolcemente l schiena. Mi
calmo
subito. “E lasciarti così in sospeso? Non sia
mai!!!” Esclamo. “Il mio primo
ricordo da vampiro è …. Disorientante e
spaventoso. Mi sono di colpo reso conto
di essere sempre stato cieco, sordo, paralizzato. Con i miei sensi
sentivo
TUTTO, ogni cosa. Percepivo la Vita stessa. In ogni cosa, lontana o
vicina.
Palpitava in tutto, tranne che in me. Ero morto. Eppure non lo ero.
Carlisle mi
spiegò cosa ero diventato e fu un trauma. Rimasi con lui, ad
ogni buon conto. Se
lo avessi abbandonato sarei diventato un
selvaggio mangia uomini. Però era dura. Il sangue animale
non è in grado di
soddisfare la nostra smania, la nostra sete. Ci mantiene in forze, ci
da
razionalità, ma non soddisfa la nostra natura,
ciò che siamo. Il sangue umano
invece …” Chiudo gli occhi e serro la mano di Jake
in una presa ferrea. Jessica
Stanley e il suo profumo delizioso, Bella Swan e il suo odore
fantastico. Un
morso di sete mi brucia la gola e scuoto violentemente la testa per
liberarla
da certi pensieri. Non sono mica una bestia. “Scusa, mi sono
lasciato
trasportare …” Dico al mio ragazzo con aria
colpevole. “Dicevamo? Ah, si, il
sangue. Non sopportavo le imposizioni di mio padre, ero ancora un
neonato e per
circa tre anni dalla nostra nascita, o dalla nostra morte a seconda dei
punti
di vista, siamo creature diverse da quello che sono io oggi.
Più letali, più
forti e veloci. Completamente
senza
anima, o meglio, raziocinio. Il sangue in quel periodo è
l’unica cosa per la
quale viviamo. Il nutrirsi è molto più complesso
che per gli umani. Non solo è
più disgustoso, questo non esito ad ammetterlo io stesso, ma
è anche più colmo
di significati. Con l’evoluzione il nutrirsi per voi vuol
dire andare al
supermercato e comprare frutta, carne, verdura. È
semplicemente prendersi cura
del vostro corpo. Per i vampiri, invece, dissetarsi è tutto.
La lotta con la
preda, la propria affermazione in un mondo che ignora la nostra
esistenza, la
ragione di vita. È tutto veloce nel mio mondo, tutto annoia
troppo in fretta.
Ma dissetarsi è una gioia ogni volta, e sempre una nuova
nascita. Ogni volta è
diverso, tremendo e delizioso assieme. È
un’esperienza che non so davvero come
descrivere.” Mi schiarisco la voce, imbarazzato.
“In breve, vista la mia
giovane età e dato che mio padre aveva trovato in Esme una
compagna per l’eternità,
scappai da loro. Per circa un anno vissi come un giustiziere, ripulendo
dalla
feccia i bassifondi di grandi e piccole città. Ma mi sentivo
solo e avevo
orrore di ciò che stavo diventando. Ritornai dai miei
genitori e vissi con
loro. Sperando di calmare il mio spirito irrequieto mio padre
creò Rosalie, mia
sorella, affinché divenisse per me ciò che era
per lui Esme . Non funzionò mai,
io lei fummo da sempre solo ottimi amici. Pochi anni dopo lei
salvò Emmett
dalla morte e Carlisle lo rese uno di noi. Alice e Jasper sono arrivati
per
ultimi, già come una coppia. Lei lo aveva salvato da una
sorte peggiore della
mia e aveva Visto in noi la speranza per entrambi. In tutti questi anni
ho
letto e studiato molto, mi sono laureato due volte in medicina, ho
imparato una
dozzina di lingue. Ho scritto musica e ne ho sentita per ore ed ore. Ho
suonato
il violino e il pianoforte, ho fatto scommesse con i miei fratelli, ho
studiato
gli umani e ho viaggiato. Insomma, ho occupato il tempo della tu attesa
in
molti modi.” Sussurro, sentendomi un po’ smielato
ma essendo totalmente
sincero.
Eccomi ancora!!! Ho deciso di cercare di pubblicare capitoli magari corti ma costanti xD Tanti auguri a tutti di buona pasqua!!! Visto che finalmente Edward non è più immusonito? Baci a tutti!!! |
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Foward To Time Past II ***
Osservo
Edward a bocca
aperta, felice ed imbarazzato da ciò che mi ha appena detto.
E molto colpito
dalla sua vita. “Tu sei sempre così …
interessante. La mia vita è piuttosto
ordinaria invece …” Lui sorride. “Io non
lo credo.” “Giuro, ti addormenteresti
dalla gran noia dopo due minuti!” Sorrido stendendomi
sull’erba e sbuffando
fumo. Edward mi osserva. “Mettimi alla prova
…” Sussurra, sfidandomi. Apro un
occhio ma mi rendo conto che è serio. Cavolo, mi sono
ficcato in un bel
pasticcio. Odio parlare di me. “La mia vita è un
gran casino …” Comincio
cercando di prendere tempo. Edward si avvicina e si sdraia su di me,
baciandomi
la guancia. “Dai, per favore …” Ora il
collo. Accidenti a lui e ai miei ormoni
che impazziscono alla sua minima provocazione. Alzo lo sguardo al
cielo,
imbronciato, per vedere di trovare un’ispirazione dalla quale
partire. Decido
di mantenermi sul classico. “Allora … Sono nato il
14 Gennaio 1990, nella
riserva Quileute. Mia madre si chiamava Chantal(I nomi che non mi
piacciono e
non sono importanti li ho cambiati, originariamente mi pare che la
madre di
Jack si chiami Sarah e i Genitori di Leah Sue ed Harry) mio padre
è Billy, le
mie sorelle Rebecca e Rachel. Mia madre è morta in un
incidente in macchina quando
avevo circa undici anni e per più di un anno non ho aperto
bocca. È stata Leah
che, passo dopo passo, mi ha fatto ritornare in contatto con il mondo.
Ho
cominciato presto con le zuffe, i problemi con la disciplina e tutto il
resto.
Sono sempre stato piuttosto ribelle, fin da piccolo.”
“Quanto è che la conosci?
Siete molto amici.” Domanda Edward, posandosi la testa sulla
mano sinistra e
osservandomi. “Siamo molto più che amici, a dire
il vero. Lei è la sorella che
mi sono scelto anni e anni fa. I genitori di Leah si sono separati
piuttosto
malamente quando lei aveva cinque o sei anni e così mia
madre, impietosita, la
invitava spessissimo a casa nostra, perché non fosse
eccessivamente turbata
dalle loro urla e dai litigi e potesse stringere amicizia con le mie
sorelle.
Invece siamo stati io e lei a diventare subito amici per la pelle.
Facevamo una
quantità incredibile di danni, rompevamo praticamente tutto
ciò su cui posavamo
le mani ed era un continuo prenderci l’uno le colpe
dell’altro o, se avevamo
bisticciato, scaricarle tutte addosso all’altro. Frequentava
a tal punto casa
nostra che per mia madre era diventata la quarta figlia e lei, per
Leah, una
madre a tutti gli effetti. Ricordo come a volte gliela trovavo
addormentata in
braccio , se i suoi a casa avevano avuto un litigio particolarmente
acceso e si
erano poi rifatti su di lei. A me non dava fastidio, anzi ero contento
che lei
stesse bene perché sapevo quanto fosse grande il suo dolore
e non volevo che
soffrisse. Ma le mie sorelle odiavano Leah ed erano molto gelose
dell’affetto
che lei stava sottraendo a mia madre. Cominciarono a maltrattarla di
nascosto,
facendole scherzi sempre più pesanti e cattivi. Anche se non
mi disse mai nulla
io lo scoprii ugualmente e presi da subito le sue difese, contro la mia
stessa
famiglia. Crescemmo e i dispetti continuarono sempre peggio,
finché non ci fu
la frattura definitiva. Ci fu un litigio terribile dove tutte le
angherie tra
le mie sorelle, Leah e me vennero fuori e che si risolse con Rachel che
partiva
con il suo ragazzo alla volta di Samoa e Rebecca che si trasferiva da
una sua
amica. Per un bel po’ Leah non si fece vedere e allora fu mia
madre ad andarla
a cercare. La trovò da una vecchia zia di sua madre, malata,
alla quale lei era
molto affezionata e che stava accudendo meglio che poteva. Le disse che
le
spiaceva avere due figlie tanto stupide e che sperava che gli altri
suoi due
figli sarebbero stati più amorevoli. Sistemata con il nostro
aiuto la zia, Leah
tornò da noi e tutto fu assolutamente perfetto per
più di un anno. A questo
punto i miei genitori furono coinvolti nell’incidente. Un
tizio ubriaco falciò
la macchina una Domenica mattina, mentre i miei andavano a fare un
pic-nic da
soli. Mio padre si trasformò e portò in salvo mia
madre, ma aveva delle ferite
troppo gravi e morì poco dopo. Per lui il dolore fu talmente
grande che da
allora non si è mai più trasformato, e per questo
alcuni membri della tribù lo
vedono di mal’occhio. Ad ogni modo lui soffriva troppo per
potersi curare di me
nella giusta maniera, così mi trasferii da Leah e da sua zia
Vivemmo assieme
per tre anni, poi lei morì, lasciando Leah erede universale.
Mio padre assunse
la sua tutela, permettendole di conservare
l’eredità perseverandola dalle
follie dei suoi genitori, e io tornai a casa. Ma tutto era cambiato. Io
e mio
padre non ci consideravamo quasi, non per mancanza di affetto, ma di
forza.
Cominciai ad uscire con Leah, che da allora ha sempre vissuto in quella
casa, e
a fare casino con lei. Man mano a noi si sono uniti gli altri ragazzi e
siamo
diventati padroni della riserva e le sue pecore nere. Amiamo
disturbare, fare
casino, scocciare i “grandi.” È una
specie di fuga dalla realtà, lo so bene, e anche
un modo per far notare noi indiani, ma ci va bene e ci piace essere
temuti. E
poi all’interno del gruppo è diverso, è
tutto più facile. Non affronti mai le
cose da solo, se è un vero gruppo come il nostro. E se
qualcuno ha un problema
si è in tanti a farglielo notare e ad aiutarlo. Se si
è soli in due è tutto più
difficile …” Lo scruto di sottecchi e vedo che
è interessato e dispiaciuto.
Arrossisco. “Beh, Detta così sembra che io abbia
vissuto tragedie su tragedie,
e in effetti non ho avuto una vita molto allegra, ma non e mai stata
davvero
così dura. Perché alla fine avevo Leah al mio
fianco e lei è davvero tutto.”
Non riesco ad evitare di sorridere pensando a lei e al rapporto unico
che ho
con la mia migliore amica. “A quanto pare ho una
rivale.” Commenta Edward ma
col sorriso in faccia. Menomale. So benissimo anche io che il mio
legame con
Leah da adito a pettegolezzi di vario genere e in effetti, se dovessi
renderlo
in una maniera abbastanza intensa a parole, direi senza ombra di dubbio
che la
amo infinitamente e che lei ama me. Non come fidanzati, ma come
persone, e faremmo
davvero tutto l’uno per l’altra. Lo abbiamo
già fatto, molte e molte volte. “Non
è facile da spiegare e lo è ancora meno da capire
per chi non lo vive, ma Leah
è tutto per me, davvero, anche se non la amo. Senza lei la
mia felicità è
incompleta. Con lei il dolore non è mai troppo da non poter
essere sopportato.
Daremmo la vita l’uno per l’altra perché
siamo l’uno i punti fisso dell’altra.”
Mi sdraio di nuovo sull’erba e appoggio il viso sulla mano,
fissando Edward
negli occhi. Per me è davvero MOLTO
importante che capisca questo punto perché è
parte integrante di me. “Sai già
delle infanzie mia e di Leah. Non sono state facili, per nulla. Ma ci
hanno
dato l’una all’altro e ci hanno messo nella
condizione di esserci sempre per l’altro,
anche se presi dai nostri problemi. Quando mia madre morì
Leah si trasferì da
sua zia per lasciare a me e a mio padre l’intimità
del nostro dolore, ma era
preoccupata per come l’avevamo presa. Anche lei soffriva
immensamente, ma
sapeva cavarsela e inoltre aveva la zia accanto a lei. Io e mio padre
invece
eravamo allo sbaraglio, sia per quel che riguarda la sfera emotiva sia
quella
pratica. Ci dimenticavamo di mangiare e di lavarci, dormivamo o stavamo
in
catalessi per ore e questo era tutto. Leah aveva un brutto
presentimento e
appena poté venne a trovarci. Trovò la casa semi
abbandonata, trascurata oltre
ogni dire, e noi due che vagavamo come spettri, sporchi, senza aver
mangiato e
senza emettere un suono. All’inizio provò a pulire
e cucinare per noi, ma
occupavamo troppo del suo tempo e rischiava di trascurare la zia, che
stava
peggiorando nella sua malattia. Allora si decise a portarmi con
sé, ma non
aveva abbastanza soldi per comprare due biglietti
dell’autobus. Mi ha preso per
mano e mi ha trascinato fino a casa di sua zia. Qua mi ha sfamato e
lavato i
vestiti. Mi ha messo sotto la doccia ma quando ha visto che non mi
muovevo è
entrata anche lei e mi ha lavato. Lentamente, stando con loro, ho
cominciato a
muovermi un po’ e ad essere quanto meno autosufficiente, ma ancora non riuscivo a
parlare. Leah ha
tenuto duro un anno, poi una sera mi ha messo in mano un mazzo di fiori
avvolto
in carta di giornale e mi ha preso per mano. Mi ha portato fino al
cimitero e
poi fino alla tomba di mia madre. Mi ha costretto a inginocchiarmi
davanti a
lei e mi ha fatto mettere i fiori nel vaso. “È
morta Jake e noi non ci possiamo
fare nulla. Però non mi abbandonare anche tu. Io so di non
essere molto brava a
cucinare e nelle faccende di casa, ma posso sempre migliorare.
Però stai con
me. Perché se te ne vai anche tu a me cosa resta? La zia
Evangeline che sta
morendo e poi? Poi più nulla.” Si è
seduta vicino a me e si è abbracciata le
ginocchia, poi ha cominciato a piangere. E in quel momento, non appena
ho visto
quanto soffriva anche lei, mi sono come risvegliato e sono riuscito ad
esprimere il mio dolore, piangendo anche io e provando a consolarla.
Non avevo
ancora pianto per mia madre e riuscii a dirle addio solo
perché c’era Leah lì
con me. Siamo rimasti per ore lì a singhiozzare e a farci
forza, e prima di
andare via Leah ha giurato a mia madre che avrebbe badato lei a me e di
non
preoccuparsi. Abbiamo vissuto alla grande per tre anni, poi
però sua zia è
morta e noi ci siamo ritrovati nei guai. Leah rischiava, non avendo
l’età per
possedere una casa, che finisse tutto in mano ai suoi genitori e di
dover
tornare a stare con loro. Non potevo permetterlo, dopo tutto quello che
aveva
fatto per me. Allora un giorno andai a parlare con mio padre.
Discutemmo a
lungo e lui si scusò molto dell’atteggiamento che
aveva avuto. Mi disse che
sarebbe dovuto essere un padre più forte, una persona
più forte, ma che dopo la
morte di mia madre tutto aveva perso senso per lui. Accettai solo in
parte le
sue scuse e solo perché mi serviva il suo aiuto: oramai
avevo imparato a fare a
meno di tutto e di tutti tranne che di Leah ed era proprio per
preservare lei
che mi rivolsi a Billy. Mio padre divenne formalmente il suo tutore, e
anche
adesso continua a preservare i suoi beni dalle idiozie di Cyndra ed
Edgar. Leah
abita là da allora e io, sebbene avessi deciso di tornare a
casa per i problemi
di salute di mio padre , ho cominciato a passare sempre più
tempo là. Era
fantastico, potevamo fare quel che volevamo come volevamo, quando
volevamo.
Leah era finalmente libera di vestirsi, pettinarsi, truccarsi come
voleva e il
risultato lo vedi ancora adesso.” Rido pensando ai suoi primi
tentativi. “In
breve io e lei divenimmo un po’ due idoli carismatici della
riserva e attirammo
l’attenzione di un altro gruppo di indiani, quello capeggiato
da Sam. Ci siamo
scontrati e abbiamo fatto amicizia, siccome nessuno dei due riusciva a
prevalere sull’altro, così i due gruppi sono
diventati uno solo. Probabilmente
il gruppo più disapprovato e criticato della zona. Ci piace
divertirci e fare
casino.” Concludo semplicemente. Edward ride.
“Bullo.” Mi prende in giro il mio
ragazzo ridendo. Lo osservo di sottecchi, sembra un angelo. Penso a
quanto Leah
mi abbia aiutato anche in questo, nel non sminuirmi davanti a lui, e
sorrido,
cercando la cicatrice sul mio polso destro. Una Elle per sempre. Edward
segue
il mio sguardo e nota il segno. Capisco che è curioso e che
vorrebbe chiedermi
ma lo vedo desideroso di rispettare la mia privacy e questo mi convince
ad
aprirmi con lui anche su questo fatto, che è noto sinora a
solo due persone al
mondo. Una sono io, ovviamente, l’altra è colei
che mi ha marchiato questa
lettera nella carne. “Avevamo quattordici anni, il gruppo era
formato da
qualche mese ma già ben solido e famoso. Leah era da poco
cambiata secondo il
proprio gusto ed attirava parecchie attenzioni, di vario genere come
puoi bene
immaginare. Per lei non era un problema, ha sempre saputo come
difendersi e
quando qualcosa si spingeva troppo in là bastava la sua
forza. Divertirci però
era difficile a quei tempi, nessuno era abbastanza grande per comprare
alcool o
sigarette e quindi ci infilavamo in bar e pub malfamati, se volevamo
sballarci.
Una sera Leah rimorchia un tizio, Jeff, che ha circa ventidue anni e sa
come
divertirsi e non si fa problemi a procurarci ciò che gli
chiediamo. Leah si
innamora di lui pazzamente, in maniera patologica ed irreversibile. Si
stacca
da noi, da me, e comincia a girare solo con lui e con il suo gruppo. Ci
evita,
non ci risponde. Gli altri dopo un po’ se ne fregano ma io
non posso. Faccio
indagini, chiedo in giro, e scopro tante belle cose. Jeff è
uno spacciatore,
sospettato di ricettazione e sfruttamento della prostituzione. Mi
preoccupo, ne
parlo con Leah ma lei mi aggredisce e non mi vuole ascoltare. Mi accusa
di
essere solo un egoista geloso e di volerla tenere solo per me. Mi
scaccia e io
fingo di stare al gioco, ma solo davanti a lei. Comincio a seguire lei
e il suo
gruppo, a quell’epoca ero più basso e magro e
riuscivo a farmi passare
inosservato. Una sera entrano in una discoteca, io faccio scatenare una
rissa e
mentre sono tutti distratti entro nel locale. Trovo Jeff e la sua
cricca in un
privè. Davanti a loro tante, tante bottiglie di alcolici di
ogni genere vuote.
Lui ha Leah in braccio e la sta costringendo a finire una bottiglia di
vodka in
un sol sorso. Lei sta male, è già parecchio
ubriaca, ma non si tira indietro.
Finisce la bottiglia e Jeff la bacia, poi comincia a toccarla,
lì tra le risate
generali, davanti a tutti. Leah prova a ribellarsi ma è
troppo stravolta e i
suoi tentativi si riducono a una serie di lamenti. Jeff dopo un
po’ si stufa, sbuffa
e tira fuori un sacchetto di roba bianca e un cd. “Avanti
marmocchia, so io
cosa ci vuole per te.” Le dice, sprezzante. Prepara una lunga
striscia di coca
e poi preme la testa di Leah, della mia Leah,
contro quella merda
e la costringe a sniffarla. Tremo di rabbia, vorrei poter fare qualcosa
ma sono
solo, non risolverei nulla. Leah emerge dal pianale del tavolo dopo
quelle che
mi sembrano ore. Ride, ma ha gli occhi vuoti e quando Jeff riprende
quello che
aveva cominciato prima, lei piange silenziosamente. La notte
è ancora lunga e i
ragazzi si vogliono divertire, ma Leah non ce la fa, sta troppo male.
Jeff la
insulta, poi la lascia lì dov’è e se ne
va. Io esco dal mio nascondiglio e la
prendo in spalla, la porto fino a casa, la faccio vomitare e poi
l’affronto. Le dico ciò che ho
scoperto, lei mi accusa di nuovo. Dice che lei ama Jeff, che lo
amerà sempre e
che lui sa quel che fa. Mi scaccia da casa, ma io non demordo e non
demordo
neppure quando Jeff, saputo che ronzo attorno alla mia amica, mi fa
massacrare
dai suoi scagnozzi. Continuo a seguirla ed è un bene
perché è sempre peggio. Ora
Leah non tira più, si fa direttamente in vena. E Jeff
comincia a pretendere
soldi in cambio delle dosi. Leah ruba nei negozi dei dintorni, con le
mani ci
sa fare e per fortuna non la beccano mai, ma a lui non basta mai. Le
dice che
se non porta più soldi dovrà lasciarla senza
droga e lei non può accettarlo.
Allora le propone la prostituzione. E lei ci pensa su. Non appena lo
scopro la
cerco e l’affronto di nuovo, le dico se non ha più
un briciolo di rispetto e di
amore per e stessa. Lei fa la dura, mi dice che lei appartiene a Jeff e
che è
lui a decidere che fare di lei, a lei starà bene comunque.
Le tiro uno
schiaffo, forte, poi le urlo addosso per mezz’ora. Concludo
dicendole di fare
quello che vuole. E la abbandono. O almeno, così le faccio
credere. In realtà
non la perdo di vista. Dopo un paio di giorni piomba a casa mia, in
lacrime. Ha
denunciato Jeff, la polizia ha sequestrato il loro appartamento e tutta
la
droga e lei non si fa da oramai un giorno ed è al limite.
Una crisi d’astinenza
la prende proprio mentre è lì con me e io non mi
tiro indietro, le preparo una
tisana calmante, bado che non si ferisca accidentalmente e mi faccio
graffiare
quando gli spasmi sono troppo forti. Quando finalmente le è
passata la porto a
casa sua e mi prendo cura io di lei questa volta, trasferendomi da lei.
Curarla
dalla dipendenza è stato molto difficile, ad un certo punto
l’ho dovuta legare
per evitare che scappasse. Lentamente ce l’ho fatta, ma man
mano che la
dipendenza dalla droga passava aumentava la depressione per la fine del
rapporto con Jeff. Leah è passata dal piangere, allo
smettere di mangiare e
dormire, al tentare il suicidio. Una volta ha inghiottito un flacone di
pillole, una volta ha sbattuto la testa al muro fino a svenire. Io
continuavo a
salvarla per un pelo, ma mi stavo disperando anche io. Vedevo che
soffriva ma
non potevo fare nulla per lei, ero del tutto inutile.
L’ultima volta l’ho trovata in cucina con
un grosso
coltello in mano e il polso proteso. E allora mi sono arreso, non ce la
facevo
davvero più. Ero stufo di lottare. Mi sono avvicinato a lei
e le ho teso il mio
braccio. “Se non ti posso più aiutare a vivere,
Leah, allora scelgo senza
dubbio di morire con te.” Le dico, poi le bacio la fronte e
aspetto il colpo.
Che però non arriva, anzi. Il coltello cade dalle mani di
Leah e subito dopo
lei mi abbraccia tra le lacrime, prendendomi contemporaneamente a
pugni. Mi
dice che io devo vivere anche per lei ed essere felice. Le rispondo che
se lei
scomparisse non potrei mai più essere felice, mai. Lei
è tutto ciò che ho e che
potrei desiderare di avere. Lei mi fissa scioccata per alcuni istanti,
poi con
un movimento fulmineo si china a terra e imprime col coltello una
“J” nella sua
pelle. Urlo scioccato, frustrato e arrabbiato. Possibile che quella
feccia
valga tanto per lei? Ho la nausea. Mi volto, intenzionato ad andarmene,
ma lei
mi stringe da dietro, macchiandomi la maglia di sangue.
“Jacob.” mi chiama e mi
fermo di scatto. Non può essere vero. “Scusami,
scusami tanto. Come ho potuto
essere tanto pazza? Ho rischiato di perdere tutto ciò che ho
al mondo per il
nulla più assoluto … Non riesco a credere di
averti fatto soffrire tanto, sono
senza possibilità di perdono.” Dice piangendo.
È questione di un minuto. Mi
volto verso di lei e le tendo nuovamente il braccio, senza bisogno di
parlare.
Mi fissa a bocca aperta, io annuisco solamente. Un attimo dopo una
“L”
insanguinata mi segna per sempre.” Sospiro osservando il mio
marchio e guardo
Edward. “So benissimo che è una cosa molto strana
e difficile da accettare, e
ci ha già causato una miriade di problemi in passato. Non
posso rinunciare a Leah
e neppure a te. Quello che provo per te, l’attrazione, la
voglia di conoscerti
meglio e di rimanerti sempre accanto, la gelosia, sono cose di una
natura
diversa rispetto a quelle che provo per Leah. Io ti posso assicurare
che ho
voglia di te, che sei il mio pensiero fisso, che non ti
tradirò mai, né ti
ferirò. Ti posso assicurare che Leah non si
intrometterà mai tra di noi. Ma non
la posso lasciare,lei è parte di me.”
Hola Chicosssssssss!!!! Questo capitolo mi ha preso molto tempo e poi altri intoppi molteplici, la maturità incombente, la rottura col mio fidanzato ecc ecc, hanno rallentato ancor più la produzione. Spero che vi piaccia e che apprezziate come l'apprezzo io il rapporto che ho creato tra Leah e Jake. Baci e ringraziamenti profusi ai miei fans, scusate per il ritardo!!! Baci, Sorrow |
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Beginning Of A Different Path ***
Rimango
a lungo in silenzio,
pensoso. La vita del mio ragazzo è stata davvero difficile.
Mi chiedo come
possa essere la persona meravigliosa che è, nonostante abbia
patito tutto ciò.
È indubbiamente capace e desideroso di amare sinceramente e
io posso essere
grato solo a Leah per avergli fatto conservare questa sua
capacità. Sorrido. “A
quanto pare mi dovrò spartire il tuo cuore con quella
piccola selvaggia!”
Esclamo, ma senza rabbia. Lo vedo illuminarsi e accentuo la smorfia
sghemba che
so che ama, è così bello! I suoi occhi e i suoi
capelli scintillano e la sua
pelle è rovente. Gli bacio il naso e la bocca. No, non mi
importa del peso di
Leah nella sua vita, so che ha un rapporto diverso da quello che ha con
me e so
che è stata lei a creare la persona della quale mi sono
innamorato, quindi
glielo devo. Jake ricambia il mio bacio, felice, e mi circonda la
schiena con
le braccia scure e calde. Sorridendo sulla sua bocca mi sistemo sopra
di lui,
dondolando pigramente col bacino premuto sul suo per stuzzicarlo, e
comincio a
tempestarlo di baci, sulla bocca, sul viso, sul collo, sul petto. Le
sue mani
scorrono lente, quasi pigre sulla mia schiena e ne accarezzano ogni
punto,
seguendo il rilievo leggero dei muscoli con le unghie. In risposta al
succhiotto che gli ho appena fatto, il mio ragazzo mi affibbia una
sonora pacca
sul sedere. Rido e gli mordicchio scherzosamente la gola,leccandogli
poi il
punto offeso. Lui mugola e si stiracchia contro di me, provocante e
bellissimo.
Il dondolio dei miei fianchi si fa, in maniera istintiva, molto
più netto e
veloce. Dio quanto mi eccita, anche e soprattutto senza rendersene
conto! Ma a
quanto pare anche io devo suscitare un effetto simile,
perché anche Jacob ora è
più provocatore rispetto a pochi secondi fa. Il mio
maglioncino azzurro vola
via in un lampo, così come la sua maglia attillata, e io mi
trovo sotto un
fascio eccitato di nervi e muscoli racchiusi in un involucro color
bronzo che
preme, deliziosamente ed assurdamente bollente, contro di me. La lingua
di Jake
mi corre lungo la gola in una maniera che mi fa immaginare scene ben
poco caste
e i suoi sospiri eccitati all’orecchio mi fanno contorcere
dal piacere ogni
volta. Ingoio sorsate e sorsate di veleno, il suo profumo inebriante
così
vicino e l’odore della sua eccitazione mi stanno
completamente annebbiando il
cervello. Voglio Jacob.
Edward
mi si spinge sempre
più contro, facendomi rantolare dal piacere quando le nostre
erezioni
scontrano. Già in condizioni normali è super
eccitante, ma vederlo abbandonato
al piacere che io gli sto dando
è
mille volte più bello. È sensuale oltre ogni
lecito e il mio, peraltro già in
condizioni ottimali piuttosto esiguo, autocontrollo è quasi
totalmente spazzato
via dalla sua pelle bianca e sfavillante, dal suo profumo che
profetizza
dolcezze divine, dai suoi occhi che oramai sarebbe un insulto
paragonare
all’oro e dalla sua voce che mi tenta melodiosa. Oramai solo
il semplice
contatto con la sua pelle mi scarica addosso brividi su brividi, ogni
parte del
nostro corpo si cerca, le lingue danzano frenetiche. La sua bocca
è piena di
veleno e questo leggero pizzicore rende i baci ancora più
belli e piacevoli.
Anche la minima quantità di veleno che mi ha inoculato con
il marchio di poco
prima mi punzecchia quasi delicatamente il collo, riempiendolo di
brividi
freschi talmente belli da farmi desiderare di essere morso da lui per
sempre.
Gemendo scorro sul suo petto, oramai tiepido, sfidandolo. Voglio vedere
per
quanto ancora si tratterrà e come risponderà poi
alle mie cure. Mi concentro
sui suoi pettorali, sui capezzoli, desiderando solo strappargli urla di
piacere. Le sue mani mi palpano possessive il sedere e la sua durezza mi fa perdere letteralmente la
testa, provocandomi in gemiti osceni ogni volta che mi preme contro e
scatenandomi pensieri talmente erotici da farmi tremare violentemente
di
desiderio. Lentamente scendo ancora di più sul suo corpo,
che ora sussulta
violentemente, e mi fermo sull’ombelico, alzando gli occhi,
sfidandolo. Ha un
viso talmente eccitato e voglioso che provo una scarica di corrente al
basso
ventre. Mi chino e, lentamente, lo bacio, stuzzicandolo con la lingua.
Lo sento
mugolare il mio nome e ridacchio. È così
profumato, così fresco … lo
voglio.
Jacob
mi fa letteralmente
impazzire ed intendo dimostrarglielo e rendergli ogni singolo gemito.
Possibilmente prima ch quella bocca scenda troppo e mi faccia perdere
del tutto
la razionalità. Al solo pensiero mi eccito ulteriormente e
decido che non posso
più aspettare. Alla velocità della luce inverto
le nostre posizioni, sistemo
Jacob in braccio a me, con la schiena calda e muscolosa appoggiata
totalmente
al mio petto, gli apro i pantaloni e trovo l’oggetto del mio
desiderio. Jacob
emette un sospiro sollevato per la diminuzione della pressione e subito
dopo un
mezzo urletto eccitato, quando con un dito freddo percorro
lentamente,ancora
sopra la leggera microfibra dei suoi boxer, la sua lunghezza,
fermandomi sulla punta. Seriamente, il modo in cui geme
di piacere mi fa impazzire. Prova a dire qualcosa ma non riesce a
trattenere il
respiro per un tempo sufficiente e comunque la sua voce è
troppo spezzata, però
dimena quel sedere sodo e perfetto contro la mia eccitazione in maniera
inequivocabile e fantastica. Attraverso il tessuto sento che si
è irrigidito ancora di
più, per il freddo
improvviso e gemo, la mia razionalità è oramai
totalmente dileguata. Famelico
mi chino verso il suo collo, mordendolo in modo appassionato sebbene mi
trattenga
per non fargli male in alcun modo. Lo sento mugolare e che ora il
contatto con
il suo sedere sexy è decisamente una tortura e poi sento
qualcos’altro, che mi
fa ritornare del tutto in me. Il frastuono ipnotico di un tamburo
impazzito che
si avvicina correndo a tutta velocità sulle sue quattro
zampe. Rimango
paralizzato dalla sorpresa e dalla rapidità con la quale
questa presenza si è
materializzata, tanto che
spreco svariati secondi, nella totale incapacità di fare
alcunché. Poi cerco il
viso di Jacob, quasi per chiedergli tacitamente cosa debba fare, e il
terrore
nei suoi begli occhi verdi è più che sufficiente
per sbloccarmi. Gli lascio un
bacio leggero sulle labbra dischiuse, recupero solo la maglia chiara
che
indossavo sotto il maglione e poi schizzo letteralmente via dal bosco.
Dannazione. Ovviamente di tutto il branco dei lupi proprio lui doveva fare la sua apparizione vero?
Il
cuore di un lupo, anzi il
cuore di Paul, rimbomba nella mia
testa e, complice la mia coscienza sporca, mi sembra uno dei suoni
più
minacciosi che abbia mai sentito nella vita. Mi sono mutato non appena
Edward
ha lasciato la radura ed è un gran bene perché
così la mia mente riesce a
captare i pensieri del mio amico e a darmi lo stimolo giusto per agire
e
giustificare la mia presenza con un Cullen. Freneticamente mi squarcio
i
fianchi in profondità, mi graffio il muso e mi mordo una
zampa. Poi mi avvento
sulla mia maglietta e sul maglioncino che Edward ha lasciato
provvidenzialmente
qui e li riduco a brandelli. Paul irrompe nella conca erbosa pochi
istanti
dopo, a pelo ritto e con le zanne sfoderate. Ho a malapena avuto il
temo di
stendermi a terra con un’aria sofferente nemmeno troppo
artefatta vista la
violenza dei colpi concitati che mi sono inferto poco prima. Lo guardo
con
sguardo seccato ed esclamo, a voce aspra. “Complimenti,
tempismo davvero
perfetto.” Un brontolio rabbioso mi sale dalle viscere mentre
mi lecco via il
sangue dalla zampa, fidandomi dell’istinto da lupo.
“Scusa! Non appena mi sono
mutato e ho sentito il tuo e il suo odore assieme sono corso qui.
Peccato solo
non aver potuto combattere anche io contro il succhiasangue!!! Non vedo
l’ora!
Anche se credo che le occasioni abbonderanno!” Mi scruta con
aria critica. “Chi
ti ha ridotto così comunque?
Quell’armadione?” Sbarro gli occhi. “Paul
ma tu mi
vuoi vedere morto! Già così mi sento come se mi
fosse passata una montagna
addosso e senza il tuo soccorso sarei senza dubbio morto! No, era
quello che si
chiama Edward. Credo che se fosse stato Emmett Cullen quello nel quale
mi sono
imbattuto adesso la mia pelle sarebbe stesa a pelle d’orso
sotto la sua lurida
bara!!!” Calco volutamente la mano, meglio illudere Paul
della pericolosità
letale dei nostri nemici e della loro superiorità nei nostri
confronti
piuttosto che vederlo organizzare spedizioni punitive nei confronti dei
vampiri. Cosa non solo letale per me ed Edward ma anche preoccupante
per un
altro motivo: facendo così il mio amico andrebbe ad
ingrossare le già fin
troppo nutrite file della cricca di quel vecchio pazzo di Ateara. Non
mi piace
per nulla l’aria che tira alla riserva, ci sono molti lupi
che decidono di
sottomettersi alla sua guida diretta e ciò non
farà altro che procurarci danni
a non finire. Le sue idee mi sembrano decisamente troppo tiranniche.
“Cavoli,
il piccoletto rosso?” Domanda intanto il mio amico, stupito.
Sorrido tra me e
me, in effetti Edward sembra più piccolo dei suoi fratelli,
anche se è il più
vecchio dopo il dottore, a quanto ho capito. Ma comunque devo
preoccuparmi
seriamente di Paul, questo scemo è già fin troppo
entusiasta. “Si, lui, e ti
assicuro che non dovresti pregare uno scontro con quei mostri neppure
per
scherzo.” Ribatto con severità. Paul mi osserva,
valutando le mie condizioni, e
io decido di dargli qualche spintarella in più, per essere
proprio certi del fatto
che non si metterà strane idee in testa. Mi baso sui ricordi
dello scontro con
Edward e produco una fantasia abbastanza truce sul nostro ipotetico
scontro di
oggi. Funziona a dovere. Paul è davvero sconvolto dalla
forza devastante di
Edward, dalla sua velocità, e soprattutto ha una paura
fottuta e quanto mai azzeccata
per il suo volto dall’espressione inumana e letale.
“Cazzo Jake …” Comincia,
cercando di tenere a bada la voce. “Non sembra neppure
lui.” Annuisco. “Non lo
era infatti. Anche i vampiri subiscono un processo di mutazione come il
nostro.
Ma invece di cambiare evidentemente a livello fisico, loro mutano
totalmente il
carattere. La loro umanità si volatilizza del tutto ed
è proprio questo a
renderli così spaventosi. Sono, sembrano, donne ed uomini
meravigliosi, non c’è
essere umano che non si fiderebbe di loro o non li seguirebbe. Su di
noi i loro
trucchi non hanno effetto perché sono nostri naturali
avversari, ma
probabilmente anche io sbaverei come un cagnolino dietro a quel gran
pezzo di
bionda della Hale se non sapessi cosa realmente
è.” Paul annuisce, convinto, borbottando qualcosa
come “Io preferirei la Cullen.”
Sorrido. “Però quella non è la loro
vera natura.” Mi sento a disagio in maniera
spaventosa a dire certe cose, sono tutte stronzate. I vampiri sono
tanto umani
quanto lo siamo io e il mio branco, se lo desiderano, e probabilmente
pure di
più. “In realtà” Continuo
“la loro vera natura viene fuori con la loro sete.
Non si controllano e diventano
veri e propri mostri assetati di
sangue, privi di umanità o compassione. Sarebbe
più facile convincere un leone
affamato a non divorarti che convincere uno di loro a fare la medesima
cosa. Ti
giuro Paul che è stata davvero un’esperienza
spaventosa e che ho avuto vero e
proprio terrore dall’inizio alla fine dello scontro. Se non
fossi arrivato tu,
molto probabilmente ci avrei lasciato la pelle, qui. Promettimi che non
farai cose
avventate. Promettimelo di tua spontanea volontà, usare la
forza dell’Alfa in
questo caso sarebbe del tutto inutile e dannoso. Non sono certo io a
voler
imporre un’altra dittatura nel branco.”
“Te lo prometto Jake. Farò il mio
dovere e lo farò bene, ma non andrò di sicuro ad
attaccar briga con i
succhiasangue.” “Bene.” Concludo e poi mi
alzo e comincio a trotterellare
lentamente. “Finiamo il nostro giro di perlustrazione e poi
andiamo a vedere
come occupare la serata.” Decido, sorridendo dei miei
risultati Paul arriccia
il naso, non appena mi avvicino. Capisco immediatamente.
“Ops, scusami tanto.”
Borbotto. Con addosso un malumore assoluto mi rotolo e sfrego nella
terra e
nella polvere, per cancellare da me l’odore paradisiaco di
Edward e sento la
rabbia bruciarmi gli occhi. Ma perché non posso essere me
stesso? Essere sincero
con chi amo? Devo mentire ai miei cari, devo nascondere il mio amore,
devo
onorare la stirpe dei lupi mannari, devo, devo, devo. Sono stufo di
fare ciò
che qualcuno ha deciso debba essere il mio dovere, stufo marcio. Mi
ritornano
in mente le parole di qualche giorno fa di Leah e comincio a pensarci
seriamente su, sarebbe una tale gioia potersi mettere a nudo sapendo
che tutto
andrà bene!!! Sopportare qualche momento di delusione e
rabbia, arrivare anche
a picchiarmi con Paul, con la certezza però che poi tutto si
rimetterebbe a
posto. Ma ci sono i Volturi, con la loro avidità, e la vita
di tante persone in
pericolo. La sincerità è un bene che mi
è precluso.
Furioso
con me stesso e con
il mondo intero salto da un ramo all’altro, a volte in
maniera talmente
violenta da rischiare di spezzarli. Paul, suo padre, i lupi mannari,
Ateara, i
vampiri, tutto, voglio che sparisca tutto. Voglio che al mondo rimanga
solo l’essenza
di Jake, come umano, senza problemi, e la mia. In modo da poter essere
finalmente felici e liberi di
amarci.
Non voglio altro dalla vita se non lui. So che ho addosso il suo odore
e devo
rimediare, non posso più sperare di farla franca con i miei
genitori e i miei
fratelli. Al pensiero di dovermi separare anche di questo minimo
residuo del
contatto con Jacob il mio stomaco viene invaso da un’altra
scarica di rabbia,
calda e ribollente come lava. Sbuffo e scuoto il capo, il mio
comportamento è
nulla più che inutile e dannoso; c’è
una villetta a qualche centinaio di metri
se mi ricordo bene, userò il loro bagno. Dopo pochi secondi,
infatti, la
costruzione, semplice, in legno bianco con una veranda fresca, appare
alla mia
vista. Roso dalla rabbia e dalla smania di levarmi di dosso l’odore della mia colpa entro
come una
furia, non facendo caso a un singolo dettaglio
dell’abitazione. Raggiungo la
stanza da bagno a grandi passi, senza guardarmi attorno, desideroso
solo di
spegnere la rabbia che mi pervade fibra dopo fibra. Ho una voglia
tremenda di
uccidere. Metabolizzato questo pensiero, rimango shockato, nauseato da
ma
stesso. Cosa sto diventando? È la mia natura, che come al
solito complica
tutto. È sempre colpa dell’essere vampiro.
L’impossibilità di stare con chi
amo, la paura di perdere i miei cari, il disgusto verso me stesso e
l’invidia
per i vivi e per i morti. Sono tutto frutto della mia natura. Allora,
forse, l’unica
soluzione sarebbe quella del togliermi la vita. Dovrei pensarci
seriamente una
volta o l’altra. Starei in pace, finalmente. Mi guardo nello
specchio e mi
riscuoto all’improvviso: non posso morire, io ho Jacob, che
amo e voglio vedere
felice con tutto me stesso. E lo voglio vedere felice per sempre. Mi
faccio la
doccia velocemente, sfregandomi tanto forte da squarciare la pelle.
Vorrei
poter parlare con Rose, per quanto riguarda l’odio per
l’essere vampiri nessuno
mi potrebbe capire meglio di lei. Ma cosa penserebbe di Jacob? Temo di
saperlo.
Sbuffando esco dal bagno senza curarmi di asciugarmi e fissare i
capelli e
cerco invece la lavanderia, visto che devo cancellare l’odore
di Jake dalla mia
maglia. Fortunatamente trovo la lavatrice già avviata e,
dopo un po’ di studio,
capisco come bloccare il programma per aggiungere il mio bucato.
Osservo un
paio di giri dell’elettrodomestico, poi mi annoio e comincio
ad esplorare la
casa, leggermente più rilassato per beneficio della doccia.
Cucina, bagno,
salotto, dispensa, studio. È una casa abbastanza grande e
molto di buon gusto,
Esme ne impazzirebbe. Faccio per salire le scale quando un rumore mi
raggela.
Un rumore che avrei già dovuto notare se non fossi uno
stupido bamboccio. Un
cuore che batte e un respiro, lento e profondo. Mi sono introdotto in
un’abitazione
con dentro delle persone. Per la seconda volta in più di
cento anni di
esistenza rimango paralizzato dal terrore.
L’enormità di ciò che ho fatto e
rischiato mi colpiscono come uno schiaffo. Sto perdendo la testa. Forse
me ne
dovrei andare per un po’. Ma al solo pensiero di lasciare
Jacob tutto il mio
corpo si tende in direzione opposta: non posso fare a meno di lui.
Potrei
sempre farlo venire con me! È un pensiero stupido, che si
dissolve subito,
ovviamente. Lui deve guidare il branco e io devo fare in modo che i
Volturi
stiano buoni. E a proposito è proprio il caso che vada a
vedere a casa di chi
sono entrato e perché non mi ha sentito. Che ne so, magari
è una vecchietta che
sta male o qualcosa del genere. Salgo le scale lentamente, nel silenzio
più
assoluto, e un po’ con l’olfatto e un po’
con l’udito rintraccio la fonte del
rumore. Arrivo davanti alla stanza ed entro, la porta è
aperta. Stesa sul
letto, profondamente addormentata, c’è Jessica
Stanley. I ricci le ricadono
morbidi oltre il capo, ha le labbra leggermente socchiuse e
un’espressione
totalmente rilassata. La sua stanza è molto rosa e piena di
fotografie di
famiglia e con le amiche. Guardandole noto una ragazza del tutto
diversa dalla
persona calcolatrice che penso sempre debba essere, vedo una sorella
affettuosa
e una figlia che rende i genitori orgogliosi. Faccio per uscire ma la
stanza è
calda e un leggerissimo strascico di sete mi costringe a voltarmi
nuovamente
verso di lei, in tutto il suo innocente pericolo. Seppure parecchio
bassa è una
bella ragazza, con un fisico slanciato e un seno generoso, che il moto
del
respiro profondo sottolinea alla perfezione. La pelle è
dorata, sicuramente si
fa qualche lampada, e quel tocco di abbronzatura le dona molto,
esaltando la sua
bellezza di fondo. Prima che me ne renda conto sono già
vicino al suo letto,
desideroso di sentire la pelle liscia e i riccioli soffici contro le
mie mani.
E il sangue in bocca. Con un balzo e trattenendo a stento un grido di
rabbia mi
precipito dabbasso a prendere la maglia e scappo da quella casa. Molto
preoccupato.
Hola!!!! Eccomi di
nuovo! Che ne pensate del nostro Eddy? Voglio assolutamente saperlo *-*
Mi scuso per gli aggiornamenti lenti e discontinui e anche per
l'HTML!!! Me lo hanno già fatto notare e cerco di espanderlo
sempre di più ma il mio computer pare sia testardo almeno
quanto me! Ringrazio tutti coloro che mi recensiscono e anche coloro
che mi seguono e basta, siete davvero un mucchio e mi spronate ad
andare avanti!!! Baci baci baci (Di buona notte vista l'ora =) )
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** What Love Is ***
Mi
sveglio di colpo, sentendo
come una corrente d’aria gelida addosso. Mi guardo attorno,
ma non trovo nulla
che la possa giustificare, sebbene le tendine alla mia finestra
ondeggino
ancora debolmente. Perplessa mi alzo e mi stiracchio, ancora
insonnolita e con
il collo indolenzito a causa del libro di storia, che avevo eletto come
cuscino. Chissà perché mi sono svegliata, stavo
facendo un sogno talmente
bello!!! Io ed Edward Cullen stavamo andando a fare una gita in
macchina in un
posto da favola. Lui guidava tenendomi una mano sul ginocchio e
guardandomi di
tanto in tanto con espressione innamorata. Sospirando e con gli occhi a
cuoricino mi butto sul letto, afferrando un cuscino. Mi sa che mi sono
presa proprio
una cotta con i fiocchi. È che di ragazzi così
non ce ne sono molti!! Belli
ricchi, intelligenti e pure simpatici. Edward è praticamente
perfetto, sotto
ogni punto di vista. E sembra proprio che, ultimamente, si sia deciso a
socializzare un po’, finalmente. Poi, il fatto di essere
così spesso in classe
assieme, per via del trasferimento alla Tennessee, ha fatto risvegliare
quella
che era una vecchia cotta che avevo sempre ritenuto irrealizzabile.
Solo che
stavolta, visto che Edward sembra un obbiettivo reale e razionale, mi
sento
molto più attratta e determinata di prima. Voglio che mi
noti e uscirci assieme.
Baciarlo deve essere un’esperienza indimenticabile, e anche
farci l’amore. Al
pensiero arrossisco e sento una stretta allo stomaco. È un
ragazzo
tremendamente eccitante, ed immaginarlo nudo assieme a me è
una vera e propria
delizia, che mi scatena ogni genere di desiderio. Con un calcetto
faccio cadere
il libro di storia dal letto e mi sistemo comoda, continuando a
fantasticare ad
occhi aperti. Oh, come vorrei che fosse qua in questo momento!!!
Accarezzare
quei meravigliosi capelli ramati e baciare quelle labbra delicatamente
gonfie,
che sussurrano con voce roca il mio nome, Jessica,
le sue mani calde che mi accarezzano dolcemente, le sue dita che
giocano con i
miei capelli e che mi fanno venire la pelle d’oca. Scommetto che
sarebbe un ragazzo dolcissimo ed
attento, un vero gentiluomo. Sarebbe davvero fantastico,
un’esperienza
così la ricorderei
per sempre.
Fantastico ancora un po’, poi sento un rumore da basso e mi
riscuoto, un po’ a
malincuore. Scendo le scale e saluto mia madre e la mia nuova
sorellina,
Tabitha, una bimba somala che i miei hanno adottato da poco ma che
già adoro
almeno quanto Aidan, che è invece mio fratello di sangue. La
prendo in braccio
e la porto nella sua cameretta, a giocare, mentre mia madre prepara la
cena
canticchiando. Accontento Tabitha e gioco con le sue bambole per
più di un’ora
ma, anche se le trame complicatissime delle sue storie di solito
assorbono
tutta la mia attenzione, oggi continuo a pensare ad Edward Cullen e al
sogno di
questo pomeriggio.
Per
placare il mio
nervosismo vado in ospedale da Carlisle. Sono un medico anche io e mi
piace
dare una mano, se non ci sono testimoni che possono fare strane
domande. Mio
padre mi accoglie con un sorriso felice e mi fa accomodare nel suo
ufficio, visto
che ha appena finito il suo giro di routine. Mi siedo e lui, dopo
avermi
riempito una tazza di the bollente, si accomoda alla scrivania,
scrutandomi con
perspicacia. Lo ringrazio, scaldandomi distrattamente le mani contro il
recipiente
e poi mi faccio coraggio. “Papà,
com’è essere innamorati?” Non
è uscita proprio
come volevo, ma va bene lo stesso, se è con Carlisle che
devo parlare. Lui
sorride e mi lancia appena un’occhiata di sbieco, poi si
mette ad osservare il
grigio piovoso di Forks, fuori dalla finestra. C’è
un sorriso sul suo volto,
talmente lieve ed enigmatico da far vedere perfettamente tutti i suoi
trecento
e passa anni. “Amare, Edward, è la cosa
più bella che possa capitare agli esseri
viventi. Quando ami qualcuno, tutto ti sembra bello, nuovo, perfetto.
È una sensazione
incredibile, che altera la tua percezione del mondo e ti carica di una
forza
del tutto positiva, che sembra capace di tutto.” Mi muovo
sulla sedia, a
disagio. Tutte queste cose le ho già lette su decine e
decine di libri, in
cento anni, ma speravo che fossero tutte un po’ falsate per
incrementare le
vendite. Che l’amore non fosse per forza tutto zucchero, rose
fiorite e dolci
sentimenti. Speravo che nell’amore ci fosse spazio anche per
la rabbia, il
dolore. Speravo di sentirmi dire che anche i sentimenti che provo sono amore.
Sento lo sguardo di Carlisle
addosso e alzo gli occhi. “Questo, ovviamente, per alcuni
individui fortunati.
L’amore, per altri, è pieno di sentimenti
orribili, di pianti, di urla e di
parole dette per la rabbia. È costellato di gesti
inconsulti, di torture, di
difficoltà. Spesso è impedito con ogni mezzo
possibile e porta più sofferenze
che se non fosse mai giunto.” Guardo Carlisle, stupito dal
repentino cambio di
prospettiva. Lui mi sorride “Non c’è un
modo giusto di essere innamorati,
Edward. A volte va tutto per il meglio e allora è la cosa
più sublime del mondo.
Altre volte tutto è uno schifo e separarsi sembra
l’unica alternativa possibile.
L’amore è il sentimento più assoluto,
è vero, ma non è assolutamente positivo,
né
assolutamente negativo. È condizionato dalle situazioni e
dalle circostanze di
ognuno di noi, e per questo è diverso per ognuno di noi.
Prendi i tuoi
fratelli: Jasper ama Alice perché lei lo ha salvato. Emmett
invece ama Rosalie perché
sente il bisogno di proteggerla da ogni cosa e di darle tutto
ciò che desidera.
E io amo tua madre perche mi ha fatto rivedere la luce dopo anni ed
anni di
buio e di colori grigi. Vedi le differenze?” Si, le vedo, ma
come al solito la
mia famiglia è troppo perfetta. Il loro amore è
tutto giustificato da nobili
intenti e non è turbato dal minimo problema. Nessuno di loro
sa quanta
disperazione c’è nell’amore. Se Emmett
ha voglia di uscire con Rosalie deve
solo entrare nella loro stanza e convincerla, magari coccolandola.
Quando Alice
vuol vedere Jasper ed andare a fare shopping o una scampagnata o a
pattinare
sul ghiaccio, lui la prende per mano e sono pronti così. Non
c’è pericolo di
mettersi troppo in vista agli occhi degli umani, o che qualche nemico
rischi di
ucciderli, o che tutte le persone che li circondano voltino loro le
spalle.
Sarebbero semplicemente un’ammirata, e senza dubbio
invidiatissima, coppia di
adolescenti. O quasi insomma. Ma se io e Jacob uscissimo per Forks mano
nella
mano? Cosa succederebbe allora? Beh, tanto per cominciar tutti gli
umani ci
segnerebbero a dito e in breve non si parlerebbe d’altro a
Forks. Tolleranza
per i diversi gusti sessuali un cavolo, sotto il tipico buonismo
benpensante si
nascondono fiotti di bigotti, specie nelle cittadine come questa. Poi,
naturalmente, tanto parlare incuriosirebbe i Volturi, che verrebbero
qui per un
“controllino”. Allora, ovviamente, sarebbe il turno
dei lupi mannari. E sarebbe
il via di una vera e propria guerra. “Edward?” Mi
chiama mio padre, facendomi
sussultare. Quasi avevo scordato di essere nello studio con lui, tanto
ero
immerso nei miei pensieri. Lo guardo con espressione neutra e lo vedo
scrutarmi
intensamente. Abbasso gli occhi, sentendomi colpevole neanche io so
bene per
cosa, e comincio a torturarmi le mani. Carlisle prende un grosso
respiro. “Ascolta
una storia istruttiva, figliolo. Siamo negli anni sessanta del 1600,
più o
meno. Un giovane sta passeggiando per le stradine più infime
di Londra. Cerca
di passare inosservato, ha sostituito i suoi soliti vestiti da borghese
con
panni umili e laceri e si è sporcato di fuliggine le mani,
il viso e i capelli
dorati. Se si presentasse come è realmente quella stradina
sarebbe troppo
pericolosa per lui. Ma ha qualcosa di più importante della
vita che lo spinge.
Arriva in un vicolo maleodorante ma illuminato da qualche lumicino.
C’è un
edificio sbreccato abbastanza grosso, di fronte a lui, ed è
proprio quello il
suo obbiettivo. Con un sospiro di dolore il ragazzo osserva le finestre
luride,
accecate da tende tarmate, e fin troppo simili ad occhi cavati, alla
luce del
senso di colpa. Ma c’è qualcosa, una sorta di
richiamo segreto, che è più forte
di ogni senso di colpa o promessa. Il giovane entra nel palazzo, che
è in
realtà uno dei bordelli più infimi della
città, paga una lurida ruffiana per il
servizio completo, e sceglie la sua compagna per la notte tra il
mucchio di
povere ragazze che siede in soggiorno. Finge di dover scegliere a
lungo, di
essere impegnato a cercare il meno peggio di quelle povere ragazze rese
poco
attraenti dalla miseria, dalle botte e dalle malattie veneree.
Finalmente fa la
sua scelta, la ruffiana approva con un cenno del capo, e i due
cominciano a
salire le scale che li porteranno ad una squallida stanzetta. Durante
il
tragitto lei lo guarda con odio,meritandosi un’occhiataccia e
un segno di
minaccia da parte della padrona del bordello, ma lui le cammina avanti
e sembra
non notare neppure la sua presenza. Arrivano alla stanza, lui apre la
porta e l’afferra
per il polso, con mano tremante. Lei sorride. La porta della camera
viene
aperta con foga e con altrettanta foga chiusa, e i due ragazzi ora si
stanno
baciando felici ma con un’aria di urgenza. È da
molto che non si vedono e
questo aumenta la fretta e la voracità di ogni gesto, baci,
carezze, parole
sussurrate. Si spogliano con frenesia e hanno un primo rapporto, a
metà tra la
lussuria e la furia, senza neppure preoccuparsi di arrivare allo
squallido
lettaccio. Quando, troppo presto o troppo tardi, i loro corpi hanno
smesso di
chiamarsi e di sussultare, lui l’ha presa in braccio e
l’ha portata sul letto.
E ora, le mani intrecciate e i volti uno ad un tiro di bacio
dall’altro, stesi
su quel letto, parlano e parlano per quelle che sembrano ore. Sono
molto
innamorati, la loro storia va avanti da più un anno, ma non
è una storia
facile. Carrie Red, ladra e prostituta della Londra dei poveri, non
potrà mai
stare assieme a Carlisle Cullen, figlio di un farneticante pastore
protestante
che muove, periodicamente, missioni punitive alle donne come lei,
credendole
incarnazione del demonio. Il loro è un amore impossibile da
portare alla luce,
o da concretizzare in alcun modo. È il 1663 o forse il 64,
la gente ha paura un
po’ di tutto, le divisioni sociali sono nettissime. Carlisle
è destinato a
seguire le orme del suo ottuso padre sin da quando è nato,
Carrie è nata per
essere dimenticata. Figurarsi, il figlio di uno dei più
attivi “Salvatori di Anime”,
come si facevano chiamare allora, che tocca una donna di strada, una
meretrice
impestata che vende il peccato che smerciano tutte le donne e porta
alla strada
per l’Inferno!!!” la voce di mio padre è
neutra, quasi sfumata, ma il suo volto
è rigido e contratto, e il pugno serrato spasmodicamente fa
capire chiaramente
le sue emozioni, anche a trecento anni di distanza. “Eppure
io la amavo, Edward,
la amavo come non ho mai più amato nessun altro in vita, o
nella morte. Carrie
era sensualità sconvolgente e nervi d’acciaio, una
ragazza splendida con un
carattere selvatico e pericoloso. Era nata nella strada e della strada
viveva,
non poteva essere una signorina beneducata, non sarebbe sopravvissuta
un solo
giorno. Mi attirava in ogni senso, in maniera illogica e letale, ma non
potevo
resisterle. Era una forza sovrannaturale e un desiderio primitivo,
quando stavo
con lei emergeva un Carlisle del tutto differente. Ero rude,
possessivo, geloso
sino alla follia. Detestavo il suo lavoro, impazzivo all’idea
che appartenesse
anche ad altri uomini. Lei, d’altro canto, odiava mio padre e
tutti i suoi seguaci,
che avevano perseguitato ed ucciso tante sue amiche, e non mancava di
farmelo
notare. Mi insultava liberamente, arrivava anche ad alzare le mani, se
lo
riteneva necessario, ed io non ero da meno. Era mia nemica, mi faceva
sragionare e diventare una persona del tutto diversa, una persona che
detestavo
e della quale avevo paura, eppure la amavo, e non potevo sottrarmi a
questo.
Volevo che tutto, ogni cosa presente sulla faccia della Terra,
prendesse fuoco
e si dissolvesse. Tutto, eccetto noi due. Liberi da tutte le
ristrettezze
mentali, da tutti i pregiudizi e le recriminazioni, da quel circolo
vizioso di
parole al veleno e baci roventi, liberi di amarci, finalmente. Liberi,
almeno
per quello che mi riguardava, da quell’altro me che tanto mi
spaventava e mi
atterriva.” Fa una lunga pausa e fa roteare il
caffè nella sua tazza, distante
trecento e più anni da questa stanza e da questo Paese. Io
sono fermo immobile,
straziato dall’attesa. Non oso parlare, non oso muovere
neppure una pupilla. “Carrie
fu uccisa da un vampiro qualche tempo dopo quella notte. E fu quello
che mi
spinse, come un pazzo fanatico al pari di mio padre, a dar loro la
caccia e a
segnare il mio destino. Ironia della sorte.” Alza gli occhi
all’improvviso e mi
vede, a bocca spalancata Sorride. “L’amore
è una cosa misteriosa, Edward. L’Amore
Perfetto, quello con la A maiuscola di cui tutti scrivono e sono
follemente
innamorati, non esiste. L’amore è un insieme di
cose talmente diverse e
variegate, è un prisma così assurdamente
sfaccettato da esser assolutamente
impossibile da catalogare ed imbrigliare in definizioni e tipologie. Il
sentimento che provavo per Carrie era quanto di più
doloroso, marcio e
terrificante potessi provare. Ed era anche la cosa più
dolce, più viva e
sublime. Una cosa che mi faceva lottare contro tutto e tutti, persino
contro me
stesso e contro di lei e che mi riempiva e scuoteva peggio di un
tifone. Era amore,
amore vero. L’amore perfetto, rose e fiori, esiste nei
romanzi di fantasia. Nel
mondo reale l’amore è duro e pericoloso. Causa
battaglie, dolori, feriti e fa
nascere sentimenti orribili, che fanno desiderare solo ce tutto
finisca. Ma ne
fa valere la pena, alla fine trova il modo di rendere tutto magico.
Sempre. E
solitamente, più è difficile amare il proprio
compagno, più difficoltà ci si
parano davanti, più è sublime avere quella
persona.”
Dopo
un bellissimo pomeriggio
passato con Angela Weber, per festeggiare i suoi successi
“geometrici”, torno
finalmente a casa, quella vera, da Leah. Mi sembra tantissimo che non
vengo più
qui. La trovo intenta a cucinare la cena, ma sebbene la
quantità di cibo sia a
dir poco generosa, è sempre poca per due lupi mannari.
“Questo perché io ho una
vita sociale, sfigato, e stasera ceno fuori con Anthony. Questa
è la pappa per
te, speravo proprio che saresti venuto.” Mi apostrofa senza
neppure voltarsi,
ma io so che sta sorridendo. Sorrido a mia volta, come al solito sa a
cosa penso
senza neppure guardarmi in faccia. Le arrivo alle spalle e la abbraccio
stretta
stretta, sbirciando intanto la cena. Arrosto e patate al forno,
yummm!!! “Ma
sono a malapena le sette di sera!” Mi lagno. “Si,
ma così mangi tutto caldo e
io posso stare un po’ con te, è tanto che non
venivi qui e mi mancavi. Bentornato
Jake.” Sussurra lei, accarezzandomi le mani e voltando il
capo per baciarmi
sulla guancia. Poi mi ficca una cucchiaiata di sugo in bocca e mi
ingiunge di
andare a “lavarmi le zampe.” Simpatica. Le faccio
notare che tanta acidità le
farà rovinare ogni futuro rapporto possibile e, cercando di
schivare il fiume
di insulti e scarti di verdure che mi lancia appresso, vado in bagno.
Terminate
le mie pulizie torno in cucina e vedo che ha già
apparecchiato per me e che mi
sta aspettando seduta, scegliendo con che colore assurdo smaltarsi le
unghie. Le
elargisco un bacio sulla fronte e lei mi strizza l’occhio,
con fare complice.
Dio, quanto mi manca stare qua con lei! Mio padre ha avuto dei problemi
ultimamente,
e non mi fidavo a lasciarlo solo, ma solo qui, in questa casa, sono
davvero
sereno. Mentre mangio e Leah si fa la manicure chiacchieriamo lungo,
di tantissime cose. Tra Edward,
Anthony, i lupi mannari, Ateara e le fidanzate posticce è
tantissimo che non
riusciamo a ritagliarci un momento soli. Apprendo con sollievo
autentico che
con Anthony va tutto a gonfie vele e lei è felice di sapere
del pomeriggio
trascorso con Edward qualche giorno fa, e delle confidenze che ci siamo
fatti.
Alzo gli occhi al cielo quando mi dice di avere intenzione di cambiare
ancora
una volta taglio e colori di capelli, e lei mi prende in giro quando le
rivelo dove
ho portato Angela a mangiare fuori. Andiamo avanti così fino
alle otto e mezza,
e quando l’ex di Angela passa a prenderla, sebbene sia felice
per lei, un po’
mi spiace vederla andare via. Mi alzo e lavo i piatti, poi decido di
non uscire,
quindi salgo in camera mia. Alla tv faranno, con un po’ di
fortuna, qualcosa di
decente da vedere. E se proprio non trovassi nulla di esaltante, potrei
sempre trastullarmi
a riflettere sull’odiosa rivelazione di oggi pomeriggio. Una
cosa semplice ed
evidente, ma che mi mette addosso un tremendo umor nero e la voglia di
spaccare
qualcosa. Stavo portando, in moto, Angela al ristorantino di cui le
avevo tanto
parlato, quando ho pensato che sarebbe stato bellissimo avere Edward
sul sedile
posteriore, abbracciato a me. Angela era tiepida e morbida, lui invece
sarebbe
una statua fredda e durissima. Sicuramente si lamenterebbe della
lentezza della
moto. Eppure sarebbe bellissimo. Sarebbe un gesto fantastico ed
incredibilmente
intimo.
Sbuffo. Se solo fossimo una
coppia normale!!!Due ragazzi che formano una coppia sono già
un argomento abbastanza
problematico da gestire per alcune persone, come Paul non fa che
ricordarmi
inconsciamente. Se poi i due ragazzi sono anche nemici naturali i
problemi non
possono che aumentare. Ci vogliamo anche aggiungere che da un lato
enormi lupi
mutanti ucciderebbero la coppia e tutti gli altri vampiri, tanto per
gradire, e
che dall’altra sanguinosissimi vampiri pluricentenari
ucciderebbero la coppia,
gli altri vampiri, i lupi mannari e tutti gli abitanti di Forks e della
riserva? Tiro un pugno alla scrivania e sfondo il pianale, ottimo.
Mentre
sibilo di rabbia e frustrazione e mi massaggio le nocche sento un
brivido lungo
la schiena, qualcosa mi osserva. Mi volto e , al di là del
vetro lucido della
finestra, Edward Cullen mi sta osservando.
La
storia di Carlisle mi ha
colpito, e mi ha fatto bene. Ho fatto un po’ di chiarezza nei
sentimenti che
provo, e ho capito che la mia è solo frustrazione e
delusione, non sto
diventando pazzo, né più mostruoso di quanto
già non sia. Afferrato,
finalmente, questo concetto in realtà abbastanza ovvio, ho
avuto una voglia
pazzesca di vedere Jacob e di stare un po’ con lui. Mi manca.
Quindi sono andato
alla riserva, per fargli una sorpresa. Ho seguito il suo profumo,
muovendomi
alla velocità della luce per non correre neppure il minimo
rischio di essere
scoperto, e sono arrivato a casa di Leah. Attraverso la finestra della
sua
stanza ho visto Jacob che spaccava la scrivania con un pugno, e ho
avuto l’impressione
che fosse per il motivo che angustiava me sino a poche ore fa. Pi lui
si è
voltato e mi ha visto. Ed è stato un colpo al cuore.
Perché i suoi occhi hanno
cambiato completamente espressione e colore, al vedermi. Da grigio
verde cupo
sono diventati di un color prato luminosissimo ed abbacinante, e sono
pieni di
vita e felici. Sento anche i miei occhi diventare dorati, e come potrei
mai
evitarlo? Jacob è così evidentemente
felice di vedermi. Sono i suoi occhi, la sua anima stessa, a dirmelo.
Si
avvicina al vetro e apre l’imposta. Scivolo dentro camera sua
e, prima che
possa dire qualsiasi cosa, gli circondo il collo con le braccia e lo
bacio. Sereno,
felice. Perché ho capito che lo amo, e che il mio modo di
amare va bene.
Stringo
Edward tra le mie
braccia ed è una sensazione strana. È come se un
venticello leggero ma poderoso
avesse spazzato via i nuvoloni neri e pesanti del mio malumore. Bacio
anche io
Edward, dolcemente, allacciando le braccia attorno alla sua vita ed
avvicinandolo ancora di più a me. “Mi mancavi
tanto.” Diciamo assieme, e ci
guardiamo perplessi e divertiti. Lo osservo scrutare ogni minimo
centimetro
della mia stanza, e non mi spiace perché così
sono io a poter guadare lui
indisturbato. È davvero un ragazzo bellissimo, e il pensiero
che sia solo mio
mi riempie di orgoglio. Probabilmente mi vede sorridere con la coda
dell’occhio,
perché si volta verso di me, guardandomi incuriosito.
“Nulla, pensavo solo …”
Trattengo il fiato, è un po’imbarazzante dire ad
alta voce quello che ho in
mente. Ma in fin dei conti è quello che provo, e allora cosa
ci può essere di
male? Nulla. Mi faccio coraggio. “Pensavo che tu mi rendi una
persona molto
fortunata, Edward.” Mi sento arrossire sino alla punta dei
capelli e mi
affretto ad abbassare gli occhi sulle mie mani, come se vi avessi
tatuato sopra
chissà quale arcano mistero.
Le
parole di Jacob mi trapassano
e mi rendono un po’ imbarazzato ed estremamente felice e
commosso. “Grazie.”
Gli sussurro all’orecchio con voce roca, poi lo bacio, sempre
con dolcezza ma anche
con quel calore che lui ha risvegliato in me, con quelle semplici
parole.
È
tenero vedere Edward
commosso per le mie parole, è tenero sentire la sua voce
roca dall’emozione.
Penso ad Ateara, a tutti i suoi stupidi pregiudizi sui vampiri, che
sono
secondo lui esseri demoniaci e senz’anima, e di nuovo mi
monta il nervoso, ma
poi Edward mi bacia ancora, e stavolta c’è un
calore diverso sulle sue labbra,
che fa evaporare ogni pensiero scomodo. Rispondo al suo bacio e lo
bacio ancora
molte volte, mentre in me si risvegliano l’istinto e il
desiderio.
Sorridendo
e non mollando
per un solo secondo le labbra di Jake, passo le mani tra i suoi bei
capelli
lisci e li libero dall’elastico, sciogliendoglieli sulle
spalle. Il loro
profumo si spande nell’aria e mi instilla dentro ancor
più voglia di lui. Poche
ore fa siamo stati interrotti, ma ora siamo soli soletti, ed
è sera tardi.
Lentamente ma con determinazione spingo Jake verso il grosso letto al
centro
della stanza. Nessuno oserà interromperci.
Intuisco
le intenzioni di
Edward e lo lascio fare più che volentieri, facendo scendere
di qualche altro centimetro
le mie mani, in modo che possano accarezzargli il sedere. Sento la
bocca di
Edward, che ora è scesa a lambirmi il collo, tendersi in un
sorrisetto e non
posso fare a meno di sorridere pure io, piegando il capo
all’indietro per
lasciargli libero tutto il collo che vuole. Amo i suoi baci
lì, decisamente è
uno dei miei punti deboli e ovviamente lui non ci ha messo molto a
scoprirlo.
Intanto le mie mani scorrono sotto la sua maglietta, sulla sua schiena
nuda e
sul profilo degli addominali, salendo e scendendo dolcemente, cercando
di
costruire, a carezze leggere, la forma di Edward.
Miagolo,
non posso farne a
meno quando sento le sue mani, così deliziosamente bollenti,
percorrere lente
la mia pelle di marmo. È tanto che non provo più
un calore così
piacevole. Non è come scaldarsi con un fuoco o un a coperta,
è
il calore del suo sangue vivo e del suo cuore che mi tocca, e mi scalda
come
nulla potrebbe fare al mondo. Siamo dal letto, finalmente, e lascio che
Jacob
vi si sieda prima di ricominciare a baciarlo. Non
c’è la solita fretta
indiavolata, ma la passione e l’eccitazione si, quelle non
rischiano di passare
mai con lui.
Edward
mi si siede in
braccio e lentamente, dolcemente, mi spinge, a baci e carezze
completamente
steso sul letto. È un letto doppio, io e Leah dormivamo
assieme da piccoli perché
zia Evangeline aveva solo una camera per ospiti con il letto
matrimoniale, ed
ora è perfetto. Blocco Edward su di me abbracciandolo, non
voglio che si
scosti, né che se ne vada. Lo stringo e comincio a baciarlo
in maniera sensuale
sul collo e sul pezzetto di pelle libera che la maglia leggera e
scollata mi
lascia. Lui si inarca e geme dolcemente, premendo il bacino contro il
mio in
maniera dispettosa e sensuale e osservandomi con occhi liquidi.
Mh,
Jacob ha voglia di
giocare, bene bene. Mi godo tutte le sue coccole e i suoi baci, gemendo
sempre
più man mano che si fanno intensi ed umidi, ma non perdo
occasione per stuzzicarlo,
per esempio premendo il bacino contro il suo, che si sta dilatando
oppure, come sto facendo ora, lambendogli leggermente il
collo con la punta della lingua. Jacob si inarca tutto,
soddisfacendomi, so che
lo adora ma è sempre bello sentirsi gratificati. Specie in
maniera tanto palpabile.
Con
un colpo di reni porto
Edward sotto di me e gli levo la maglia. La mia è volata via
non appena ho
alzato la schiena dal materasso. Mi chino a baciarlo, ma sentirlo pelle
contro
pelle è a dir poco fantastico e non riesco a mantenere il
controllo che
osservava lui. Lo bacio con frenesia su ogni centimetro di torace, non
saltando
nemmeno un lembo di pelle, non trascurando nulla, usando i suoi ansiti
e i suoi
sospiri per tracciare una sorta di mappa e scoprire quello che
più gli piace di
più. Premo sempre più il mio bacino contro il
suo, con piccoli movimenti
rotatori che lo fanno gemere senza pudore e che mi proiettano in un
universo
parallelo pieno di pensieri sconci e promesse di lussurie indicibili,
vista la portata
di ciò che sto stuzzicando.
Non
mi spiace poi molto non
condurre. Jacob è una vera e propria calamita da sesso e mi
fa letteralmente impazzire.
Sale, scende, sale, scende ancora. Parecchio. Oddio. La sua bocca
è così vicina
che sto tremando d’anticipazione. Ne ho una voglia pazzesca.
Ma allo stesso
tempo c’è qualcosa che mi frena. Non so se sia il
fatto che lui è il mio primo
ragazzo o il senso di colpa per l’attrazione che provo per
Jessica, ma non
riesco a sentirmi del tutto a posto con me stesso, non posso evitare di
sentirmi in colpa.
Alzo
la testa, ho l’impressione
che ci sia qualcosa che non va in Edward. Che stia avendo dei
ripensamenti su
di noi? O che sia semplicemente la novità della situazione a
renderlo un po’ teso?
Striscio verso l’alto, strappandogli altri gemiti eccitanti,e
cerco i suoi
occhi. Sono sempre dorati ed eccitati, ma forse hanno un tono
più scuro di
prima. O forse mi sbaglio io? Mi mordo il labbro e sto per domandargli
se
qualcosa non va, ma poi mi blocco. E se la risposta fosse si? Se avessi
sbagliato qualcosa?
Vedere
Jake così in ansia mi
intenerisce. Poverino, pensa di essere lui a sbagliare, quando quello
con la
coscienza sporca sono io! Lascio perdere Jessica, i sensi di colpa e
l’imbarazzo
e mi sporgo a baciarlo con passione. È il via che gli serve,
riprende a stuzzicarmi
come prima, mordendomi le labbra e stimolando con intenzione la mia,
oramai
vistosa, erezione con i suoi addominali sodi. Ansimo violentemente e
gli
carezzo la schiena sensualmente, venerando la sua pelle, che
è liscia e morbida
come la seta e che mi manda in visibilio. Esploro la linea soda dei
suoi
muscoli dal basso verso l’alto, mentre la sua bocca percorre
esattamente il
percorso opposto. Quando arriva al punto di non ritorno, le mie mani
sono tra i
suoi capelli. Alza il viso, ansante “Se vuoi fermarmi questa
è l’ultima
possibilità.” Mi avverte. Il mio ruggito bramoso
deve essere una risposta
eloquente, perché prima di riabbassarsi sorride con gli
occhi scintillanti. Mi
lascia un’ultima, deliziosa tortura, un lunghissimo,
lussurioso succhiotto sul
fianco destro, poi mi libera della tortura della biancheria e mi
esplora con la
sua bocca.
Irrazionalmente
ho spesso
pensato a questo momento, a quando sarebbe giunto e come sarebbe stato.
L’attrazione
per Edward è sempre stata talmente prepotente da
costringermi a pormi
quantomeno delle domande in tal senso. Del resto, basta solo pensare
al suo corpo perché mi si accenda
dentro un desiderio bruciante e dirompente. Dal primo momento in cui
l’ho visto
ho pensato che sarebbe stato fantastico fare l’amore con lui.
Una volta
accettato questo pensiero, mi sono trovato a dover fronteggiare una
domanda
abbastanza ovvia: come sarebbe stato? Si sarebbero creati imbarazzi o
incertezze? Sarei stato capace?
Ora,
che mi trovo di fatto in quella situazione, posso dire che i miei
timori erano
infondati, e lo erano per un motivo semplicissimo. Non avevo contato il
sentimento per Edward. Invece è importantissimo,
perché io lo amo,
sono quasi certo di questo. E
quindi non c’è imbarazzo o titubanza nei miei
gesti, ma solo naturalezza e
tanto, tanto desiderio. Di godere, di farlo godere e di essere bravo,
unicamente per lui. E pare proprio che lo sia davvero.
Sono
talmente eccitato che
rischio di combinare un mezzo pasticcio e fare una figura alquanto
misera. Ma,
oddio, Jacob è puro sesso ed erotismo ad ogni mossa,
innocente o calcolata che
sia. Mi fa impazzire, è lento e calmo un minuto e poi veloce
ed impetuoso
quello dopo. È come se mi trovassi su delle altissime
montagne russe, tocco la
vetta e l’abisso di ogni emozione e sensazione. Jacob mi
tortura, mi fa
rincorrere il piacere più e più volte e
finalmente, quando sono oramai allo
stremo e prossimo alla preghiera, la sua lingua tiepida mi guida verso
l’orgasmo
più forte, desiderato e liberatorio di oltre cento anni. O
almeno così credo finché,
col respiro spezzato e il petto che si alza e si abbassa peggio di un
mantice,
fisso Jacob negli occhi e vedo tutto il suo desiderio e quanto sia
oramai al
limite. Allora capisco che il momento massimo del mio orgasmo
sarà far venire
lui.
Vedere
Edward così è stato
appagante oltre ogni dire e lo rifarei ancora per ore, se non fosse che
pure
io, oramai, sono al limite. Mi sono dovuto abbassare i pantaloni mentre
mi
dedicavo al mio ragazzo perché oramai erano diventati una
tortura e anche i
boxer ora sono decisamente troppo stretti. Spero vivamente che Edward
voglia essere
veloce ed intenso, perché sennò rischierei
decisamente l’autocombustione. Sento
uno spostamento d’aria e di colpo mi ritrovo seduto con la
schiena contro il
petto gelido di Edward, le sue labbra che mi torturano il collo e la
schiena
facendomi fremere, una mano che mi percorre il torace ansito per
ansito,
fessura per fessura e l’altra che percorre dolcemente la mia
lunghezza,
facendomi ansimare e dimenare contro il suo bacino. È tutto
esattamente come
alla radura, solo che questa volta non verrà Paul a
disturbarci. Edward mi
sussurra qualcosa nell’orecchio, con voce erotica e un lungo
brivido mi preme
contro di lui. Il ricordo della sua durezza e del suo viso stravolto mi
travolgono totalmente e mi portano al culmine in pochissimo. Poco prima
che io
venga, Edward si sposta in modo che lo posso guardare negli occhi ogni
singolo
istante. Ed è sprofondando nel suo oro liquidi che mi
abbandono al piacere, con
un ruggito di lussuria e il desiderio di potere rimanere
così per sempre.
Eccomi qui di nuovo!!! Sono riuscita finalmente a superare il blocco e spero di tornare ad aggiornare con una certa frequenza. Vorrei dedicare questo capitolo a Luce70, per le parole gentili della sua recensione, i complimenti e soprattutto l'ottimo consiglio che mi ha dato. Non credo di averlo reso in una maniera "tradizionale", ma mi è stato davvero utilissimo!!! Quindi darling questo capitolo è tutto per te, ancora grazie mille e spero sia di tuo gusto ^^
A presto, SoRrOw |
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Sweet Night ***
Rimaniamo
un bel po’
accoccolati a letto, dopo, immersi nella nostra nuvoletta di
felicità. Le mie
mani non smettono di accarezzare i capelli di Jacob, e le sue dita mi
tracciano
disegni astratti e forme geometriche addosso, rilassandomi. Siamo in
silenzio,
ma non è pesante o imbarazzato, non parliamo semplicemente
perché non c’è
bisogno di rovinare la perfezione di questo momento con discorsi vuoti
ed
insensati. Osservo Jacob e, vedendo che si sta per addormentare, faccio
per
metterlo sotto le coperte ma con un cenno mi fa capire che non vuole.
Si
stringe a me come un grosso gatto e nasconde il viso tra il mio collo e
la
spalla, bofonchiando qualcosa. Sorridendo mi adatto ed incrocio le
braccia
dietro il capo, fissando il soffitto. È tanto che non sono
così rilassato e di
buon umore. Dopo un po’ Jake si riscuote e mi si stende
addosso, rubandomi un
bacio intenso e passionale. Poi si scosta. “Ci facciamo una
doccia, che dici?”
Mi domanda. È improbabile che stia usando un tono
volutamente sexy, è più
plausibile che sia io a trovare lui e la doccia una combinazione
assolutamente
irresistibile, quindi lo accontento senza troppi problemi. Arrivati nel
piccolo
bagno turchese diamo inizio ad una buffa battaglia di salamelecchi per
lasciare
la doccia all’altro e alla fine, divertito ed esasperato, lo
afferro per una
mano ed entro nel box, trascinandomelo dietro. Noto la sua espressione
perplessa e rido. “Non ho intenzione di farti nulla di
indecente, tranquillo.”
Lo calmo, aprendo l’acqua e piazzandomi sotto il getto. Lo
sento borbottare
qualcosa, lo spio da sotto gli occhi socchiusi e vedo che ascolta con
aria pensierosa
il forte rumore che producono le gocce cadendo sul mio corpo. Non so
bene se
sia il caso di interromperlo e a ben vedere non saprei neppure cosa
dire.
Limitandomi a sperare di non essere io il problema faccio per prendere
il
flacone del bagnoschiuma per insaponarmi, ma la sua mano bollente mi
blocca con
una carezza. Jacob mi si avvicina e mi da un leggero bacio, poi si
versa il
sapone in mano e comincia a massaggiarmi il collo e la schiena, con
tenerezza
ed attenzione.
Chissà
perché mi sono
fissato tanto con quel giro in moto, oggi. Si, sarebbe fantastico farlo
con
lui, una volta o l’altra, ma non è il solo gesto
intimo che si possa fare in
una coppia, anzi. L’attrazione magnetica che Edward scatena
in me me ne ha
appena suggerito un altro, ma in fondo basta solo essere assieme per
ricreare
la stessa atmosfera, no? Per rendere indimenticabile un qualsiasi
dettaglio
della nostra vita basta spartirlo con qualcuno, no? E poi, davvero, non
so che
mi passi per la testa quando sono con Edward. È come se
fossi una persona
diversa dal Jacob che conosco. Sono rilassato, totalmente, solo
desideroso
delle sue cure e che mi dedichi il suo tempo e la sua attenzione. Non
desidero altro
che toccarlo, guardarlo, parlare con lui, e che lui faccia lo stesso.
Toccarlo
è una delizia. Anche togliendo il brivido che ogni volta mi
da la sua pelle,
opalescente, fredda più di ogni altra cosa al mondo e liscia
come un cristallo,
anche tralasciando tutto l’istinto protettivo che mi
suscitano i suoi occhi
dorati e compiaciuti quando mi perdo ad accarezzagli i capelli, il suo
fisico è
quasi un’opera d’arte. Non è muscoloso
quanto me, ma comunque ogni parte di lui
è definita al punto giusto, ed ha un fascino irresistibile.
Continuo a
massaggiarlo, percorrendo il petto definito e la schiena ampia, poi vi
poggio
la testa, abbracciandolo dolcemente da dietro. La perfezione di questo
momento
mi stordisce quasi. Lui sorride, lo sento. “Cosa
c’è? Ho la schiena troppo
muscolosa e ti devi riposare?” Mi domanda dolcemente.
Annuisco e continuo a
stringerlo, immobile, godendomi l’intimità
perfetta che si respira in questo
istante. Neppure tutti i giri in moto del mondo potrebbero eguagliarla.
Niente
e nessuno, in cento
anni, mi aveva mai ispirato il senso di dolcezza e di protezione che
invece mi
suscita in mille modi Jacob. Stare con lui è un qualcosa che
distorce ogni
parametro spazio temporale. Il tempo vola, le emozioni sono tutte mille
volte
più intense. Quando sono con lui, l’Edward ansioso
e assillato, frustrato e
confuso sparisce. Non posso fare altro che essere felice e godermi
tutto quello
che mi da, e mostrargli quanto sia. Mi godo il suo abbraccio carico di
sentimento
a lungo, poi ruoto dolcemente assieme a lui, invertendo le posizioni, e
lo
faccio sedere sul piatto doccia, mettendomi dietro. Prendo lo shampoo e
comincio a lavargli i capelli, desideroso di farlo sentire bene come ha
fatto lui
pochi minuti fa. Con mia grande soddisfazione lo sento mugolare di
piacere in
risposta al massaggio delle dita sulla cute, e sorrido baciandogli il
collo.
L’acqua calda scroscia su di noi, il vapore e il profumo dei
saponi pervadono
ogni cosa, il tempo non esiste più e
c’è una gran pace.
Mi
rilasso totalmente sotto
il massaggio di Edward, e mi trovo improvvisamente a pensare che ne
vale la
pena. Tutta la gelosia, la rabbia, il pericolo e l’imbarazzo
sono il prezzo da
pagare per poter vivere la cosa più bella e completa della
mia caotica vita. Colui
che dovrebbe essere il mio peggior nemico oramai è diventato
un altro mio punto
fisso. Leah con la sua forza sovrannaturale, la sua tenacia, la sua
caparbietà
e testardaggine e l’affetto immenso che prova per me, Edward
con i suoi scherzi
e le sue battutine, con il suo corpo erotico e il suo animo insicuro e
premuroso. Solo con loro io provo il calore di una famiglia, la
sensazione di
essere amato incondizionatamente, di non dover fingere, di potermi
rilassare e
concedermi di abbassare la guardia. Ho imparato ben presto che se
volevo una
cosa me la dovevo guadagnare e basta, con le mie sole forze. E se non
ero forte
abbastanza, rimanevo senza. Invece con Edward tutto quello che devo
fare è
chiedere. Affetto, protezione, aiuto, amore. Basta chiedere e mi
sarà dato. È
una sensazione che da alla testa, penso.
Non
saprei dire per quanto
tempo siamo rimasti nella doccia, senza aprire bocca ma lasciando che
fossero i
nostri gesti a dire tutto. Non so più chi abbia spento
l’acqua e abbia
trascinato fuori l’altro, né di chi sia stata
l’idea di tornare a letto, in
camera. Ora siamo qui, sotto le coperte e chiacchieriamo. Mi viene in
mente,
non per la prima volta, una domanda da fare a Jake, ma questa volta mi
decido.
Gli prendo la mano destra e la porto dolcemente verso la mia bocca.
Mentre ne
bacio le nocche, oramai del tutto guarite, mi faccio coraggio e gli
domando
“Perché?”
Sospiro,
immaginavo che
prima o poi me lo avrebbe chiesto, ma adesso, dopo la doccia, sono
pronto a
rispondere chiaramente, in modo che anche lui possa capire. Mi sistemo
meglio
sul cuscino, in modo da guardarlo negli occhi.
“Perché tutto questo è
frustrante. Che tu sia tu, che io sia io, che il nostro rapporto rischi
di
causare guerre e dolori ai nostri cari e a un mucchio di persone
innocenti che
neppure conosciamo. Non è giusto. Stare con te mi fa sentire
bene, e completo.
Mi rende felice. Non disturbiamo nessuno noi, con il nostro rapporto, e
allora
perché non possiamo viverlo alla luce del sole? Cosa ci
sarebbe di male
nell’uscire assieme, come una coppia?” Vedo Edward
sospirare, e improvvisamente
capisco che anche lui vive queste stesse identiche sensazioni. Non gli
va giù
essere relegato nei momenti rubati, come quelli di stasera o di oggi
pomeriggio.
Anche lui, mi rendo conto
con un sussulto di gioia, vorrebbe esporsi del tutto “Ero con
Angela Weber
oggi, l’ho portata fuori per festeggiare un suo bel voto in
geometria. Siamo
andati in un locale nuovo ai margini del bosco e ce l’ho
portata con la moto,
visto che le piace tanto. Era seduta dietro di me, con le braccia
attorno ai
miei fianchi, e improvvisamente ho voluto con tutto me stesso che fossi
tu. Era
un gesto così normale, eppure così intimo! E con
te non lo potrò condividere,
mai in tutta la vita. Perché tu sei un vampiro e io il
capoclan della nuova
guardia dei lupi mannari. Però non è giusto. Per
questo mi sono sfogato.”
Annuisco
e gli confido la
mia rabbia di oggi pomeriggio, il mio desiderio di uccidere tutto e
tutti.
Tralascio, ovviamente, il breve attimo di desiderio carnale per
Jessica. Non lo
faccio perché lo ritengo poco importante o perché
il fatto di essermi fermato
lenisca il mio senso di colpa, ma solo perché Jake adesso
è il ritratto della
felicità, e lo sono pure io. Perche questo momento
così perfetto sarà per noi
più unico che raro e non intendo sprecarlo o spezzarlo,
facendo soffrire il mio
ragazzo. Quello di oggi è stato un inconveniente, un
incidente di percorso
dovuto alle emozioni che mi sono sfuggite per la rabbia. Aveva capelli
mori o
biondi, ricci o lisci? È alta o è bassa, ha un
fisico regolare o qualche
caratteristica particolare? Non riesco neppure a ricordare il viso o il
corpo
di Jessica Stanley, non ha importanza, non ne ha mai avuta e non ne
avrà mai. L’unica
cosa che ha un senso, a questo mondo, è Jacob.
È
tardi ormai, è quasi
mattina. Prima o poi Edward se ne dovrà andare, constato con
espressione
seccata. Il mio compagno ridacchia. “le tue facce sono
imperdibili.” Mi spiega,
accarezzandomi una guancia. Mi fissa negli occhi a lungo, poi incrocia
le
braccia dietro la nuca e sorride. “Amo la forma ed il colore
dei tuoi occhi,
Jake. Arrossisco ma sono anche decisamente soddisfatto dal suo
complimento. “Grazie.
Perché?” “Perché sono
assolutamente trasparenti, posso vedere tutto quello che
voglio sapere di te.” “Puoi anche chiedermelo
sai?” Replico, divertito. Lui
sghignazza. “Si, ma è più figo
così no? Come se ti leggessi il pensiero
…”
Inarco le sopracciglia. “E ora a che sto pensando,
allora?” Lui mi scruta, poi
ghigna e si allunga sopra di me, cominciando a baciarmi il collo,
lentamente. “Vuoi
le coccole …” Mormora, solleticandomi con le
labbra. Miagolo soddisfatto “È stato
troppo facile.” Ammetto. Edward sorride, poi alza il viso e
posa il mento sul
mio petto, scrutandomi dal basso. “Sai che gli occhi di mia
madre erano quasi
del tuo stesso colore?” “Davvero?”
Domando, interessato. “E anche i miei.”
Aggiunge. Una frazione di secondo dopo ha in mano una foto. Fischio
ammirato,
non ho neppure avvertito che si fosse alzato da sopra di me.
“Non
per nulla sono il più
veloce della mia famiglia.” Dico, in tono compiaciuto. Jake
sbuffa “Dovrò
cominciare a portare gli occhiali scuri.” Si lamenta,
ammiccando. “Nemmeno per
sogno!!!” Esclamo, portandolo sopra di me. Poi gli mostro la
foto. “Conservo
ancora l’originale in un album, in camera mia, ma prima
l’ho scannerizzata e
modificata al computer, rendendola più nitida e
restituendole i colori di un
tempo, almeno per quello che posso ricordare. Siamo a Chicago, nel
vialetto di
casa, e posiamo davanti alla macchina che finalmente mio padre si
è riuscito a comprare.
È stato un grosso investimento, ma lui è un uomo
d’affari, deve promuovere la
sua immagine, e poi è così utile! Ora finalmente
possiamo andare a trovare mio
nonno in campagna tutte le volte che vogliamo! E posso imparare a
guidare anche
io, a quei tempi non c’era bisogno di prendere la patente,
bastavano un paio di
lezioni in compagnia di un adulto.” “È
bellissima …” Commenta il mio ragazzo,
mangiandola con gli occhi. Osserva mia madre, mio padre, e poi me, a
lungo, sia
in foto che dal vivo. “Sei rimasto praticamente
uguale.” Scoppio a ridere. “Ma
non dire scemenze. La foto rende giustizia, ma in realtà non
ero questo granché
da vivo. Avevo un sacco di acne. E una gamba un po’
storta.” “Non ci credo.” “E
perché no? Anche io ero un normalissimo ragazzo sai?
È normale che avessi
qualche difetto.” “Beh, ma ora sei perfetto,
è per quello che sembra strano …”
“Esternamente,
forse … Dentro sono rimasto esattamente lo stesso normale
ragazzino di
diciassette anni.” “Meglio, mica voglio stare con
un vecchio nonno barboso.”
Ridacchia Jake, facendo sorridere anche me.
“Aspetta.” Mi dice poi, ribaltandomi
con un colpo di reni e alzandosi poi dal letto. Con un sorrisetto esce
dalla
stanza.
Vado
nella camera che usa Leah,
quella di sua zia, e cerco la nostra foto. Come sempre è sul
comodino, ben spolverata
e messa nella cornice più bella della casa. Mia mamma ride e
guarda
direttamente nell’obbiettivo della macchina, tenendo una mano
sulla mia spalla
e una su quella di Leah. Io e lei, manco a dirlo, ci stiamo scrutando
con aria
complice. Con un nodo in gola prendo la cornice e torno da Edward. Gli
faccio
vedere una delle poche foto che ho con mia mamma, che è
anche una delle ultime,
e lui sorride. La guarda con affetto e la sfiora con le dita gelide.
“Era
davvero una donna splendida.” Dice, prendendomi la mano e
trascinandomi sul
letto. Annuisco e mi rannicchio contro di lui, rilassandomi totalmente.
Edward
sorride e mi carezza un braccio. “Dormi Jake, è
tardi …” “Ma tu te ne stai per
andare!!!” Ribatto, seccato e ben deciso a non chiudere
occhio. Edward mi
scruta e poi sospira, in tono rassegnato “Che testa di legno
…” Intanto però la
sua mano corre leggera sui miei muscoli, in una carezza dolcissima e
continua. “Rimarrò
solo altri dieci minuti, va bene? Poi mi faccio una doccia e vado. Ho
un
appuntamento con Emmett, una scommessa di caccia che non voglio
assolutamente
perdere.” “Che scommessa?” Domando
subito, sperando di farlo parlare a lungo.
Dieci minuti sono troppo pochi. Edward si china e mi bacia la fronte.
“Chi
catturerà per prima quattro lupi ad Epping Rocks, una
foresta vergine a qualche
migliaio di chilometri da qui, avrà patria
potestà sull’altro per un giorno
intero. È un modo come un altro per trascorrere una bella
giornata di sole, e
per mangiare un pasto gustoso. Almeno sono tutti tranquilli.”
Mi sorride e mi
bacia la fronte, poi se ne va in bagno. Ascolto l’acqua
scrosciare su di lui e,
mio malgrado, mi addormento cullato da quel rumore musicale e dal suo
profumo rimasto
intrappolato nelle lenzuola.
Salveeeeee!!! Terminata la prima sttimana di Uni, è bellissima ma torno a casa abbastanza tardi, quindi il mio tempo scrittura si assottiglia di molto, mi spiace!!! Chiedo scusa se il capitolo sembrerà un po' "Strano" in certi punti, ma ho scoperto di avere un'allergia tremenda per le scene sdolcinate xD Ringrazio tantissimo luce70, Sharel, Sabatodestroy, dady_black e susyko, i vostri commento sono dolcissimi e mi danno davvero la carica ^-^ Grazie anche a chi legge solo e a chi ha segnato la storia tra le seguite o le preferite, anche senza commenti, vedere delle medie di lettura dei miei capitoli cos`alte mi mette di buon umore! Un bacio a tutti, alla prossima ^^ |
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Challenge, Volturi, Emotions ***
Finalmente
esco dalla doccia, asciugandomi con calma assoluta, e sento che Jake si
è
addormentato. Lo capisco da come respira e da come batte il suo cuore,
lento e
costante. Mi intenerisco pensando a come non ne voleva sapere di
lasciarmi
andare, e un pensiero dopo l’altro tiro le conclusioni di
tutta la notte.
Abbiamo fatto passi da gigante nell’intimità, e
già questo è un bene enorme.
Era un aspetto che mi preoccupava non poco, e anche se non abbiamo
avuto un
rapporto vero e proprio, il petting di stanotte è stato
estremamente
importante. Non solo perché a livello fisico ho provato
brividi e scosse mai
provate prima e perché sono riuscito ad essere un buon
amante per Jake, ma
anche e soprattutto perché sono riuscito a fare quello che
desideravo senza
troppi imbarazzi, alla fine. Jacob
ovviamente non ne ha mostrati mai, neppure all’inizio, ma lui
è un caso a
parte. Per lui le cose sono bianche o nere, l’ho capito bene
oramai. Una volta
che si è
reso conto di provare
attrazione verso di me e che lo ha accettato, credo che non si sia
più posto
domande. Io invece amo sguazzare nei grigi, nelle
possibilità, nelle
eventualità remote. Non riesco a non farmi problemi.
È il mio punto debole, lo
so, ma ho troppa paura del giudizio della gente. Fino ad adesso sono
sempre
stato abituato ad essere visto come un modello, a dare
l’impressione di essere
perfetto, e la cosa mi andava più che bene. Il fatto che
Jake tiri fuori il mio
lato più umano non mi crea solo appagamento e
serenità, ma mi spaventa anche
molto, perché è pieno di imperfezioni. Ed
è fortissimo. Temo che, lentamente,
finirebbe per corrodere tutta la maschera che mi sono creato
faticosamente e
che amo portare. E che la mia parte umana non piaccia a nessuno,
nemmeno a lui.
Non posso saperlo, nessuno l’ha mai vista, nemmeno i miei
genitori. Quando
tornai, dopo i miei anni da “giustiziere della
notte”, mi misi quella maschera
e rinchiusi tutti i dubbi e le paranoie al di fuori, diventando quello
che
tutti conoscono e facendolo senza sforzo e senza rimpianti. Non voglio
che
tutto questo si cancelli. Concludendo così i miei pensieri
entro nella camera
da letto e mi fermo sullo stipite della porta: Jake è
addormentato sul letto,
bello come una divinità. Nel sonno, sorride dolcemente. E io
mi rendo conto di
quanto sia forte, oramai, il legame che sento per lui. In meno di un
secondo
tutto il discorsetto di poco prima svanisce come neve al sole. Si,
è vero, non
voglio che la gente mi veda meno perfetto, ma non posso e non voglio in
alcun
modo rinunciare a Jacob, a quello che spero che sia, da parte sua, un
sentimento più profondo dell’attrazione fisica
perché io oramai mi sto
innamorando di lui sempre di più. Non posso pensare di
rinunciare a tutto
quello che lui e il suo esistere nella mia vita mi comporta, oramai ne
sono
dipendente. Quindi è l’ora che mi metta a
combattere contro le mie paure
seriamente. Sorrido e mi avvicino al letto, incantandomi a guardarlo e
sperando
solo di essere degno per lui. Mi chino e gli poso un ultimo bacio sulle
labbra.
“Dormi bene Jake.” Sussurro, poi apro la finestra e
mi butto, sorridendo. È
tantissimo che non mi sentivo più così euforico.
La radio
sveglia comincia a suonare una canzone melensa, che però
riesce a sottrarmi
comunque dal mio sonno e, soprattutto, dal magnifico sogno che stavo
facendo.
Con un grugnito le assesto una botta e mi premo il cuscino sul viso,
sperando
di riuscire a rivivere almeno per qualche istante la mia fantasticheria
notturna. Io ed Edward alle Hawaii, il sole, i paesaggi meravigliosi, i
baci
sulla sabbia … Arrossisco e mi ammonisco mentalmente, altro
che ritorno di
fiamma, quella per Edward sta diventando una cotta con i controfiocchi! Sbuffando
mi libero dal cuscino, che rischia
di soffocarmi, e mi alzo per preparami. Una veloce occhiatina fuori
dalla
finestra mi fa desiderare di tornare a letto e darmi malata. Per la
prima volta
in diciotto anni di vita mi trovo a detestare profondamente la
rarissima luce
solare che bacia occasionalmente Forks. Sembra quasi una legge della
fisica:
introducendo in un triste e perennemente umido microclima una giornata
di
pallido sole primaverile, il risultato più immediato
sarà quello di causare la
sparizione totale di tutti i membri della famiglia più bella
della zona, causa
uno spiccato spirito salutista che porta tutti i Cullen ad ammazzarsi
di
chilometri a piedi o in bici e me a passare una giornata triste e
imbronciata,
poiché privata della visione dell’oggetto dei miei
pensieri e sogni. Volto, in
maniera abbastanza infantile, la schiena alla finestra e marcio verso
il bagno,
sbuffando e lamentandomi a tutto spiano.
Emmett
accosta ai margini della foresta, e poi scendiamo entrambi dal pickup.
Sul
retro le gabbie con i lupi sono scosse da continui tremiti, gli
animali,
sebbene non possano vedere, hanno senza ombra di dubbio percepito di
essere in
una foresta, e non quella dove sono nati. Io e mio fratello ci
scrutiamo per un
attimo, poi liberiamo le gabbie dai teloni. Tre dei quattro lupi si
slanciano
verso di noi, tentando di morderci e graffiarci malgrado le gabbie
robuste. Il quarto,
che poi è la lupa che mi ha fatto conoscere Jacob, invece
sta stesa calma nella
sua prigione. Ha le orecchie tese e sta scrutando gli alberi che ci
circondano,
sicuramente analizzando l’ambiente. Sogghigno, lei
sarà un osso davvero duro da
riprendere. Con uno sguardo d’intesa io ed Emmett forziamo i
lucchetti e in un
istante uno, due, tre, quattro fulmini neri schizzano giù
dalla macchina e
dentro al bosco, con una selva di gridi e ululati, sparendo subito alla
nostra
vista in quattro direzioni diverse. Rimaniamo qualche secondo ad
annusare l’aria,
poi torniamo in auto. Emmett si siede al posto di guida senza una
parola o una
battutina stupida. Non accende la radio, non mi chiede dove abbia
trascorso la
notte, non tamburella neppure con le dita sul volante per il semplice
gusto di
irritarmi!!! C’è decisamente qualcosa che non va.
“Emmett ..?” Domando,
preoccupato. Ho paura che con il suo istinto infallibile mi abbia
scoperto, e
mi preparo psicologicamente ad essere fatto a pezzi. “Alice
ce lo ha detto
stamattina. I Volturi intendono venire qua al più presto,
per una visita
amichevole.” Il tono è sarcastico ed innervosito,
più che preoccupato. “Ah.”
Replico, stordito dalla notizia. Accidenti, questo mi coglie
impreparato. Speravo
di avere più tempo. A questo punto delle cose, sono
costretto a scegliere qual
delle mie due ragazze posticce scegliere. Mi bastano pochi attimi di
riflessione per decidere. Non riesco a soffrire la Swan, nonostante
abbia un
odorino stuzzicante da morire e l’enorme vantaggio di una
mente muta. Però
proprio quest’ultimo dettaglio potrebbe attirare
eccessivamente le attenzioni
di Aro, perché potrebbe benissimo essere indice di
un’abilità peculiare. E
inoltre mi impedisce di manovrarla, perché scherma tutto
quello che prova.
Niente da fare, la mia scelta deve ricadere per forza su Jessica,
più carina,
più simpatica, e cotta di me a puntino. Mi preoccupa un
po’ l’istinto che
suscita in me la sete, ma non in maniera eccessiva. Basterà
pensare a Jake e
nutrirsi più spesso, e tutto sarà perfetto. E poi
non dovremmo farci vedere
come coppia, basterà fare qualche leggera allusione a nostri
occasionali
incontri, sottolineando come per me sia solo un divertimento e
come sia totalmente esclusa dalla nostra
realtà. Sospiro, questo momento mi aveva terrorizzato per un
sacco di tempo e
invece, ora che ci sono dentro, non è poi così
male. Con un po’ di
organizzazione riusciremo a gestire tutto alla perfezione. Emmett mi
scruta di
sottecchi. “Sei preoccupato?” “Un
po’.” Rispondo “Soprattutto per la
questione
dei lupi della riserva. Se non se ne stanno buoni e zitti, se per caso
i
Volturi spopolano e cacciano nel loro territorio, Forks è
condannata.” Mio
fratello trattiene rumorosamente il fiato. “Non ci avevo
pensato …” Annuisco. “Sarà
meglio parlarne con Carlisle stasera.”
“Già.” Annuisce, poi guarda verso la
foresta. Non ho bisogno di leggergli nella mente per capire quello che
sta
pensando ora. “Dopo la caccia, ovvio.” Mio fratello
mi sorride, con aria
colpevole, poi usciamo dalla macchina e ci dividiamo. Chiudo gli occhi
ed
annuso l’aria umida. La mia lupa è andata verso
sinistra.
Andare a
scuola senza Edward è davvero noioso. Neppure terrorizzare i
compagni e i
professori mi diverte più quanto prima. Ma questo non vuol
dire che smetterò di
farlo. Finalmente l’ora di letteratura termina, Leah lascia
stare le ragazze
della scuola di Forks, Paul ridà al povero Jeffrey Radots
quel che resta del
suo zaino e Sam fa uscire un ragazzino terrorizzato
dall’armadietto. Spengo la
sigaretta sul libro della Swan, che ha osato occupare il posto di
Edward, e mi
alzo di corsa, ricordandomi di colpo che Angela passerà qua
davanti tra poco. Mi
appoggio con noncuranza allo stipite e osservo la scolaresca,
registrando solo
in parte che Leah è al mio fianco. Tra la folla noto
Anthony, l’ex di Angela, e
la mia amica gli si avvicina subito, baciandolo sulle labbra e
strusciandosi su
di lui come un gatto. Sospiro e alzo gli occhi al cielo, divertito,
Leah non è
capace a passare inosservata. Subito dietro ai due novelli fidanzatini,
però, c’è
l’oggetto del mio interesse, con la faccia di chi abbia
appena preso un pugno
nello stomaco. Mi avvicino e le stringo il braccio, solidale. Lei mi
osserva un
istante e poi mi butta le braccia al collo, scoppiando a piangere.
Sospirando,
e ora avendocela anche un po’ con Leah e con la sua continua
esuberanza, la abbraccio
dolcemente e la cullo un po’. Quando mi sembra che si sia un
po’ calmata la
prendo per mano e la porto sul tetto. Lei ha smesso di piangere e ora
si scusa,
dicendo che si è comportata come una stupida. La rassicuro e
le dico che era
una reazione normale, poi le chiedo se vuole parlare. Lei ci pensa un
po’, poi
annuisce. Mi chiede una sigaretta, se l’accende con la mano
ancora leggermente
tremante, e comincia a cercare un fazzolettino nella borsa, per
rimediare al
pasticcio di trucco colato e lacrime che ha in faccia. “Io ed
Anthony siamo
stati assieme per quasi tre anni. Ci siamo fidanzati grazie al
giornalino della
scuola, lui scriveva gli articoli e io facevo le foto e
l’impaginazione. Mi è
piaciuto fin da subito, oltre ad essere bellissimo ed intelligente, era
anche
incredibilmente tenero e gentile con tutti e avevamo gli stessi
interessi. In
breve, è stato il grande amore della mia vita e continua ad
esserlo, malgrado
tutto. Tre anni non sono pochi, e noi vivevamo in un sogno. Era tutto
perfetto,
mai una giornata noiosa, mai un litigio … fino agli ultimi
tre - quattro mesi
circa. Allora tutto è cambiato, improvvisamente.
È come se da un momento all’altro
si fosse tutto rovinato. Lui è diventato super possessivo,
io gelosa di tutto
il tempo che mi sacrificava per gli amici. Siamo passati da zero a
mille litigi,
pieni di rabbia e di cose che non pensavamo, che rivangavano cose
successe
diverso tempo prima. Poi facevamo pace, è vero, ma sempre
più a fatica, e poi
continuavamo a discutere praticamente tutti i giorni, e sempre peggio.
So che
la goccia che ha fatto traboccare il vaso e concludere del tutto il
rapporto è
solo ed esclusivamente una mia colpa, ma non è stato solo
per quello.” Prende
un respiro tremolante e un lungo tiro di sigaretta. “Volevo
andare a ballare
all’Alter Ego, quel nuovo locale a Port Angeles,
perché erano mesi e mesi che
non facevamo nulla e la sera, se ci vedevamo, rimanevamo a casa o al
massimo
andavamo a mangiare una pizza. Invece lui mi ha fatto una scenata
pazzesca, ha
detto che non mi importava nulla di lui, se volevo uscire e andare in
discoteca.
Ha aggiunto che avevo scelto quella serata apposta perché
era quella nella
quale si riuniva la sua crew e che lo volevo tagliare fuori da tutto e
da tutti
ad ogni costo. Abbiamo urlato per oltre un’ora, poi lui
è uscito e anche io.
Lui è andato al suo incontro, e io a ballare. E sono stata
benissimo. Per la
prima volta dopo non so più quanti mesi sono andata in
discoteca e mi sono divertita.
Ho ballato, ho fatto amicizia con qualche ragazzo, ho chiacchierato e
basta,
era tutto perfetto. Poi Anthony ha pensato bene di farsi vivo. Era
furioso perché
ero uscita senza di lui e ha cominciato a tempestarmi di messaggi
allusivi
pieni di insulti. Io gli rispondevo, sempre più fuori di me,
e tra un messaggio
e l’altro bevevo, finché non mi sono ritrovata
appartata in un angolino con un
tipo. So di non avere scuse, ma non ritengo di essere la sola
colpevole. E poi
il fatto che lui si sia consolato così in fretta non fa che
confermarmi che
oramai fosse finita comunque. Ma vederlo con un’altra
… è così doloroso!!!”
Conclude, la voce rotta e gli occhi strizzati per trattenere le
lacrime. Provo
una gran pena per lei, e in un secondo la prendo in braccio e la
stringo a me.
Lei si lascia andare, ancora una volta, e rimaniamo abbracciati a
lungo. Quando
ci separiamo, al suono della campanella, lei mi guarda, fregandosi gli
occhi
rossi, e mi fa un sorriso bellissimo. “Grazie mille Jake. Non
sei cattivo
quanto vorresti sai? Ti voglio bene.” Non rispondo ma
sorrido, felice, e le
accarezzo i capelli.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Cracks ***
Il lupo si
gira, a fatica, e scopre i denti nella mia direzione, ringhiando
ferocemente.
Ghigno, sarà la mia prossima preda e lo sappiamo benissimo
entrambi. L’animale
si volta, mugolando, e continua la sua corsa. Sebbene sia circa
cinquecento
metri avanti a me lo seguo con calma, prendendomela comoda. Non rischio
di
perderlo di vista, si è tagliato un fianco piuttosto
profondamente appena
entrato nella foresta e il rosso sulle foglie più
l’odore che si lascia dietro
sono come una sirena. Percepisco che anche Emmett ha ucciso il suo
lupo, e che
ora si sta nutrendo. Bene, dopo aver abbattuto questo
rimarrà solo la mia
pupilla da catturare. Accelerando leggermente azzero la distanza tra me
e il
mio secondo piatto e ringhio, stuzzicato dall’odore
inebriante del suo sangue.
Il lupo si volta e, con le sue ultime forze o quasi, mi azzanna con
violenza un
braccio, stracciando uno dei miei maglioncini preferiti e facendosi
saltare
tutti i denti. Con un ringhio lo scaglio abbastanza lontano. Il sangue
schizza
dalla sua ferita un po’ dappertutto ed accende in maniera
irrefrenabile la mia
sete, facendomi dimenticare di usare i miei sensi. Così
cozzo contro un muro di
marmo semovente, Emmett ovviamente, che piuttosto divertito mi afferra
per il
colletto e mi lancia tra gli alberi. Rimango pochi secondi sospeso in
volo,
appena possibile mi do la spinta contro un albero e piombo addosso a
mio
fratello come un proiettile, allontanandolo dal lupo. Lui mi ringhia
contro ed
iniziamo a fare la lotta, rotolandoci per terra e dirigendoci sempre
più verso
il margine del bosco. Arriviamo nei pressi del lago e subito schizziamo
tra le
fronde degli alberi. C’è una tenda montata sulla
riva, una tenda con dentro due
umani. Dopo pochi istanti che siamo nascosti tra le foglie, una donna
esce
dall’accampamento. È minuta e abbastanza giovane,
ha i capelli rosso fuoco e
occhi blu. Si avvicina alla riva e comincia a riempire
d’acqua i recipienti,
canticchiando sommessamente. Dopo poco un altro umano esce dalla tenda,
un
giovane uomo che la vede, le si avvicina di soppiatto e le ruba un
bacio. La
coppia passa qualche minuto a ridere e scherzare con l’acqua,
poi tornano
all’accampamento teneramente abbracciati. Io ed Emmett ci
scambiamo un occhiata
e, senza bisogno di parlare, decidiamo di rimanere ad osservare gli
umani,
almeno per un po’. Non siamo pericolosi, abbiamo mangiato a
sazietà, prima, e
le foglie ci nascondono del tutto. Rimaniamo su quegli alberi per ore
ed ore.
Wendy ed Alan sono sposati da sei anni e sembrano il ritratto della
perfetta e
felice famiglia americana. Vanno d’amore e
d’accordo, hanno entrambi un lavoro
che li soddisfa, una bella casa e un sacco di amici. Sono venuti qui ad
Epping
Rocks perché adorno il camping e perché
desideravano portare Tad, il loro
figlioletto di cinque anni, a respirare un po’ di aria
fresca, e al bimbo tutto
questo è straordinariamente piaciuto,
tant’è che non ci eravamo nemmeno accorti
di lui, all’inizio, preso com’era a giocare agli
esploratori, agli indiani e a
chissà cos’altro assieme a Cujo, il gigantesco
cane di famiglia . Io ed Emmett
li guardiamo per ore. Ho sempre pensato che avrei voluto una famiglia
così, con
una moglie carina, un figlio ed un cane, ma non credevo che anche mio
fratello
lo desiderasse tanto. Emmett è sempre così
sarcastico ed ironico, non sembra
prendere mai nulla sul serio, e invece muore dalla voglia di avere un
figlio,
come Rose. Sospiro, a disagio, e poi osservo il cielo, meditando su
quanto sia
comunque crudele la nostra condizione, anche se noi Cullen abbiamo la
fortuna
di essere una famiglia molto unita. Siccome i pensieri di Emmett si
stanno
facendo sempre più oscuri decido di trascinarlo via
dall’albero, e di portarlo
verso l’auto. Corriamo in silenzio fino all’auto,
ci sediamo senza dire una
parola
rimaniamo lì,
sprofondati nei
nostri pensieri. Emmett probabilmente sta rivivendo la sua vita con
Rose, io
penso a quanto mi manca Jacob e a come sarà orribile non
vederlo in questi pochi
giorni. Emmett sospira profondamente e si volta a guardarmi.
“Ok Edward, sputa
il rospo. Che c’è? Anzi, chi c’è?
Non
se ne può più di vederti tutto silenzioso e
mesto.” Ecco, appunto, mio fratello
e il suo infallibile istinto. Mi sembrava troppo bello, già
sono parecchio
sorpreso che Alice non mi abbia fatto un terzo grado sulla mia
relazione con
Jake. “E va bene, va bene … Mi vedo con qualcuno,
ok?” E fin lì se ne sono
accorti più o meno tutti al mondo … La domanda da
un milione di dollari è: con
chi?” “Tanto non lo indovinerai mai
…” “Se, figuriamoci …
è la Swan?” “No.”
“Una della riserva?” “Si, certo,
così mi vado a mettere nelle mani di
quell’idiota di Jacob Black! No.” “Una
professoressa?” “Emmett …” Lo
ammonisco,
col sorriso sulle labbra, ricordandomi di quando, una cinquantina di
anni fa,
per scommessa ci eravamo finti professori al solo scopo di adescare le
giovani
insegnanti. “Va bene, va bene, con chi ti vedi?”
“Con Jessica Stanley.” Cedo,
alla fine. “NO, non ci posso credere!!! Ma se la
detesti!!!” “No, in fondo no …
È una ragazzina carina e anche moderatamente interessante
… ovviamente non è il
grande amore perpetuo della mia esistenza, ma solo una semplice
storiella,
senza complicazioni.” “E nel tuo “Senza
complicazioni” come s’inserisce
l’arrivo dei Volturi?” “Evitando di
stringere la mano ad Aro e di parlare dei
fattacci miei se non strettamente indispensabile. Qualora dovesse
capitare
sottolineerò come lei non sappia assolutamente nulla di
quello che siamo,
ovviamente, e tutto finirà qua.” “Dici
che funzionerà?” Mio fratello è
scettico.
“Certo. Non rischierei mai la vita di una ragazza innocente
per capriccio.” “Va
bene, speriamo vada tutto bene come nei tuoi progetti … Che
facciamo ora? Un
lupo è oramai morto …”
“Lasciamola così, d’accordo? Patta.
Piuttosto, andiamo a
casa, dobbiamo dire a Carlisle della riunione con i lupi, anche se
probabilmente ci avrà già pensato da
solo.” “Va bene, andiamo.” Mette in moto
e
ci dirigiamo a verso casa, dopo aver fatto una piccola deviazione per
gettare
le gabbie vuote. Sono euforico, anche se non dovrei. Ma stasera
vedrò Jacob.
“E
secondo te
questo è un buon motivo per rovinarsi la salute e la vita?
Solo perché un
ragazzo non ti dice ogni giorno che sei bella? La tua amica era
veramente una
scema, dai!” Sbuffo, mettendomi a sedere sulla coperta e
sciogliendomi i
capelli. Angela ridacchia e si prende una bottiglia di birra dalla
borsa.
Valuto, mentre è chinata e mi da le spalle, che ha davvero
un gran bel sedere.
Il belvedere non dura molto, però, la mia amica si raddrizza mi
porga una bottiglia. “No, non lo ritengo
un motivo valido per distruggersi, ma capisco che cosa la ha portata a
farlo.”
“Io no.” Angela sospira e beve un sorso di birra.
“Dai Jake, non è così
difficile! Quando stai con una persona vuoi sempre essere bella e
perfetta per
lui o lei, no? Vuoi che sia fiera di te e che ti reputi il massimo.
Vuoi
sentirti dire quanto sei affascinante. Ora, nei primi mesi questo
capita
normalmente, ma poi ci si rilassa e i ragazzi spesso dimenticano di
fare i
complimenti alle loro ragazze. E questo le manda in crisi e le spinge a
cercare
di migliorarsi per ottenere ancora complimenti ed
approvazione.” “Ok, ma scusa,
perché non aprono la bocca e semplicemente lo chiedono?
Senza lacerarsi il
cervello di paranoie e cazzate e vivendo anche meglio, tra
l’altro.” “Perché
sennò poi i ragazzi comincerebbero a dire che sono
superficiali e vanitose.”
“Non è vero.” “Ma si che lo
è!!! Scusa, se tu avessi una ragazza che ti chiede,
diciamo una volta al giorno, se la trovi bella tu cosa
faresti?” “Le
risponderei in base alla pura e semplice
realtà,no?” “E non saresti mai stufo
di ripeterlo?” “Ma perché dovrei
ripeterlo sempre, poi? Se le dico che è bella
non se ne può convincere e basta, senza chiedere sempre
conferme?” “Una donna
non lo farà mai, purtroppo.” Sospira.
“D’accordo, ma allora torniamo al punto
di prima! Perché non chiede ciò che vuole e si
aspetta che debba essere il suo
compagno ad indovinarlo?La scusa della presunzione non regge, la
verità è che
voi donne amate che gli uomini vi corrano dietro, impazzendo per
voi!”
Commento, intrecciandomi i
capelli. Angela
rimane in silenzio, pensando a cosa dire. Mentre mi fisso la treccia
approssimata che ho annodato la osservo e all’improvviso
avverto un brivido
netto all’altezza della colonna vertebrale, che mi fa fremere
violentemente.
C’è un vampiro nei dintorni. Con fare circospetto
mi guardo in giro e vedo un
luccichio sospetto sfrecciare a qualche metro da noi. Credo che
potrebbe essere
la bionda, Rosalie. Sicuramente mi ha visto, ma finché non
mi da noia non vedo
perché scocciarla, non sono mica uno sgherro di Ateara!! Non
ha superato il
confine, e nutrirsi è un suo diritto. Mi volto verso Angela
e vedo che mi si è
avvicinata parecchio. “Jake?” Mi chiama. Comincia a
battermi il cuore, ho una
stranissima sensazione “Si?” “Dicevi sul
serio quelle cose sulle donne? Che
basta che lo chiedano e possono ottenere tutto?”
“Si, certo.” Alza la testa e
mi guarda. “Quindi se io ti chiedessi di baciarmi, ora? Lo
faresti?” Cavolo, me
lo sentivo!!! Sospiro. In realtà c’è
più di un motivo per il quale non posso
rifiutarle un bacio, ma ho anche altrettanti buoni motivi per farlo.
Devo
proteggere i miei fratelli e Forks, e baciare Angela potrebbe essere
uno dei
modi per riuscirci. D’alto canto però
c’è Edward. Fin dal primo bacio che gli
ho rubato quasi un mese fa, ho capito che non avrei mai più
voluto baciare
nessun altro. Il Bacio, quello con la B maiuscola, può
esistere solo se lo
scambio con lui. E poi c’è Angela stessa. Se la
bacio ora cosa succederà poi? Si
aspetterà qualcosa? O, cosa più probabile,
rimarrà solo ferita e si sentirà
ancora peggio? Non voglio farla star ancora peggio e non voglio
illuderla.
“Angela …” Sospiro, prendendola in
braccio e carezzandole la schiena. “Se io
ora ti bacio, dopo cosa accadrà? Cosa ti aspetti
poi?” “Non lo so …”Sospira
lei, appoggiandosi al mio petto e cominciando a percorrerlo con le
dita.
Annuisco “E se dovessi farti soffrire?” Alza il
viso e mi guarda dolcemente, e
anche con un po’ di tristezza. “Non
soffrirò Jake, tranquillo. Posso avere un
bacio?” Sospiro sommessamente, non ho più scuse.
Lentamente mi sporgo verso di
lei, le scosto delicatamente i capelli dal viso e glieli raccolgo
dietro all’orecchio
sinistro, poi accosto le mie labbra alle sue. Lei chiude gli occhi e mi
posa completamente
le mani sul petto, esitante. Le copro con le mie e poi mi stacco. Sento
di
nuovo l’odore di Rosalie ed ho un altro fremito, ma di nuovo
la mia “nemica” se
ne va senza fare nulla. Angela apre gli occhi e mi sorride, e leggo nel
suo
sguardo quello che ho provato anche io. È stato un bacio
tenero e delicato, ma
per entrambi non ha significato nulla. Apparteniamo entrambi, mente e
cuore, ad
altre persone e non possiamo illuderci che non sia così,
anche se magari a volt
lo desidereremmo. “Come va?” Le domando. Lei
sospira. “Scusa Jake, non avrei
dovuto chiedertelo. Non è colpa tua, ma
…” “Ma anche tu hai in testa solo
un’altra
persona, e anche per te non ha significato nulla.” Concludo,
sorridendo per
farle capire che non sono in collera. I suoi occhi si illuminano e
risponde al
mio sorriso,radiosa, ma poi intravvedo la scintilla della
curiosità e mi rendo
conto di avere parlato un pochino troppo. “Come
“Anche tu”? Vuoi dire che anche
a te piace un’altra persona?”
“Confesso.” Ridacchio, alzando le mani in un
gesto di resa. “Ma allora perché ci provavi con
me? No, anzi, aspetta; mi sono
data la risposta da sola qualche minuto fa, vero?” Annuisco.
“Si, diciamo di
si.” “E posso sapere di chi si tratta?”
“No Angela, mi dispiace. Non lo può
sapere nessuno.” “Va bene.” Commenta lei,
e finisce tutto lì, non mi assilla
con altre domande, non tira ad indovinare. Le scompiglio
affettuosamente i
capelli, mi piace anche per il suo riserbo. “Questo bacio non
cambierà nulla,
vero? Possiamo sempre continuare a vederci come amici?” Mi
domanda. “Ma certo.”
La tranquillizzo. Parliamo ancora qualche ora, come se nulla fosse
successo, e
poi torniamo a casa.
Imbocchiamo
il vialetto di casa che il sole non è ancora tramontato, e
la prima cosa che vediamo
sono Alice e Rosalie che, in piena luce, chiacchierano sul vialetto,
con
davanti una pila enorme di riviste e un servizio da the, ovviamente
vuoto. Quello
delle “chiacchiere fra donne” è un
rituale che ha più di trent’anni, e non lo
cesseranno mai. Mentre scendiamo dalla Jeep un pezzo di conversazione
mi giunge
alle orecchie, smuovendomi qualcosa dentro. “Te lo giuro,
Alice, era Angela
Weber!!! Stava baciando Angela Weber!!!” Improvvisamente il
vialetto mi sembra lunghissimo
da percorrere, la luce troppo forte, l’aria troppo
soffocante. Calma Edward. Ricorda,
fingi indifferenza. “Chi state smembrando vivo, mie adorabili
signore?” Domando
con nonchalance, avvicinandomi e salutando le mie sorelle con un bacio.
“Di
Jacob Black, il fiero lupo condottiero!!!” Mi informa
Rosalie, prima di andare
ad avvinghiarsi ad Emmett e a soffocarlo con uno dei suoi baci.
“Ma non è
fidanzato con quella ragazza del suo gruppo?” Domando ad
Alice, prendendola per
la vita e portandola via dall’indecenza dei pensieri dei miei
fratelli, che
sembrano sempre e costantemente due ragazzini pieni di fregole, se sono
rimasti
separati qualche ora. “No, no pare sia davvero solo la sua
migliore amica … Mentre
era a Caccia Rose lo ha visto assieme alla Weber, impegnati in un
romantico
pic-nic, e ha assistito al loro bacio. Ma io so di per certo che Leah
Clearwater si è appena messa con l’ex di Angela, o
almeno è molto chiaro che c’è
qualcosa di fisico tra di loro, quindi pensiamo che si tratti tutto di
una
scommessa tra amici. È tanto che non chiacchieriamo
fratellone, mi sei mancato.”
Sussurra, salendo sulle punte e abbracciandomi. Ricambio la sua stretta
e mi
sforzo con tutto me stesso di apparire normale. Non voglio pensare ad
Angela e
Jacob che si baciano, sennò sarei capace di andare a casa di
quella stupida
marmocchia e farla a pezzi con una motosega. Arrugginita. Quindi mi
concentro
sul ruolo di perfetto figlio e fratello maggiore e sto con Alice, che
ho volutamente
allontanato in questi giorni paventando il suo potere. Chiacchieriamo
di molte
cose, film, libri, musica, gossip, e alla fine arriviamo al tasto
dolente: i
Volturi. “Che intenzioni hanno veramente?”
“Tranquillo, sono davvero
intenzionati a far solo una semplice visita di cortesia, non sembrano
intenzionati a far partire una guerra.” Sospiro
“Speriamo bene. Senti Alice, mi
è venuta in mente una cosa: non sarebbe meglio dire a
Carlisle di andare presso
la Riserva e fare un discorsetto ai lupi mannari? Ateara mi sembra un
tantino
esagitato e Jacob Black è una testa calda. Se sentono che il
numero dei vampiri
è aumentato rischiano di attaccare battaglia. E se lo fanno
tutta la città è
condannata.” Lei spalanca la bocca. “Hai ragione,
non ci avevo minimamente pensato!
In effetti quelle bestiacce mi sembrano decisamente poco inclini alla
sopportazione Aspetta un secondo, controllo le reazioni che potrebbero
avere.”
Non appena mia sorella chiude gli occhi e si rilassa preparandosi alla
visione,
sento il mio viso cedere. Digrigno i denti e riduco gli occhi in due
fessure,
pensando solo a quanto desidero che Angela muoia in modo orribile.
Temendo che
Jasper appaia da un momento all’altro, però, mi
ricompongo in fretta e vedo che
Alice, pur non avendo aperto gli occhi, ha un’espressione
perplessa e seccata,
e stringe i pugni. Ecco, perfetto, chissà che ha visto ora
… Neppure mi avesse
sentito, mia sorella spalanca gli occhi, lanciandomi uno sguardo di
fuoco, e
comincia a camminare rabbiosa su e giù per il corridoio. La
fisso in silenzio
per qualche momento, poi mi stufo e l’afferro per una spalla,
bloccandola. “Alice,
Alice, Alice, si può sapere che ti prende? Cosa hai visto di
tanto grave?” “Cosa
non
ho visto, vorrai dire!!!”
Strilla, isterica. La fisso con un sopracciglio inarcato, e finalmente
si
decide a parlare. “Non riesco a vedere i lupi, sono come
schermati!!! Io mi
concentro su di loro e all’improvviso vedo solo un gigantesco
muro nero, un
vuoto totale che protegge quelle bestiacce rognose!!!”
Accolgo Alice tra le
braccia e la cullo, per farla calmare. La notizia che mi ha appena dato
dovrebbe riempirmi di sollievo, ma non riesco a non avercela con Angela
e con
Jake, anche se non ne ho il diritto.
Salve a tutti!!! Ho appena finito questo capitolo e ho deciso di pubblicarlo subito, visto che nei prossimi giorni sarò super occupata e via da casa =D Scusate eventuali errori ma sono le due e mezza passate e anche pr un'insonne cronica come me l'ora tarda comporta un calo di attenzione ^-^ Ringrazio come al solito doverosamente luce70 e dady_black, sperando di non deludervi per l'assenza dei Volturi ;) Appariranno, ovviamente, ma per ora non volevo mettere troppa carne al fuoco =D Un bacio e grazie mille per il vostro sostegno <3 |
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Jealousy ***
Torno a casa,
da mio padre, e lo trovo intento a preparare la cena per tutti e due.
Sorrido,
ultimamente sembra che sia atteso a cena da tutti. Lo saluto, mi lavo
le mani e
mi metto ai fornelli, passando il pollo impanato in padella man mano
che lui me
lo porge. Poi inforno la teglia con le patate e mi siedo, bevendo un
bicchiere
d’acqua. Bill insiste per voler impiattare lui, e lo
assecondo volentieri, mi
fa piacere vederlo un po’attivo. Mi passa il piatto ed
iniziamo a mangiare, ma
stranamente non rinchiusi nel nostro solito silenzio. Mio padre
comincia a
parlare, e in breve sto rispondendo a un sottile fuoco di fila di
domande. Si,
mi vedo con una ragazza ultimamente, no, a scuola non ho più
dato grossi
problemi. Si, ieri sera sono stato da Leah e mi ha detto che va tutto
bene e
che i suoi stupidi genitori la lasciano stare, no, i Cullen non mi
stanno dando
alcun tipo di fastidio. Si attengono al patto e così faccio
anche io. “Com’è
Jake? Come vivi l’essere un lupo mannaro?” Mi
domanda, interessato e con voce
trepidante. Piuttosto perplesso alzo la testa dal piatto e mi dondolo
sullo
schienale della sedia, riflettendo sulla risposta da dare.
“Non è poi così male
…” Mi trovo ad ammettere. “Certo, sento
una grandissima responsabilità nei
confronti del mio branco e questo mi mette sottopressione, ma sono
molto fiero
di quello che sono e del compito che ho.” Ammetto,
inaspettatamente. Mio padre
annuisce e mi sorride, felice. Per questo non riesco a dirgli quello
che avevo
pensato di aggiungere. Si, essere capobranco è fantastico,
sebbene impegnativo,
ed è giusto proteggere la mia terra e la mia gente dai
nemici, però c’è
qualcosa, in tutta questa faccenda, che mi spaventa parecchio. Si
tratta di
Ateara. Non mi è mai piaciuto quell’uomo, neppure
prima che costringesse me a
trasformarmi o Leah e Paul e rivelare tutti i loro segreti
più ascosti davanti
a tutti, ma ora ne sono davvero nauseato. E terrorizzato. I suoi
discorsi sulla
supremazia che noi mannari dovremmo conquistare su vampiri ed umani in
virtù
del nostro potere, sono pura follia, e quel che è peggio
è che è pieno zeppo di
giovani lupi appena mutati che scelgono lui, invece di noi. Non mi
sfugge che
sta creando una sorta di esercito formato da giovai esaltati.
È una situazione
che reputo grave e che mi da parecchio da pensare, perché
credo proprio che
presto o tardi questa divisione sarà fonte di grossissimi
problemi. Ma di
questo non parlo con mio padre, come potrei? Conosce Harrison Ateara da
quarant’anni, praticamente tutta la vita, e poi è
estremamente legato alle
tradizioni. Ateara è il capo, ora, e, sebbene io sia suo
figlio, temo
seriamente che Bill si schiererebbe con lui in mio sfavore. Quindi
decido di
tacere, e di tenere per me tutte le mie paure e le mie inquietudini.
Infilo un
grosso pezzo di pollo e me lo porto alla bocca, con
l’acquolina, quando il mio
corpo inizia a fremere. La voce di Ateara mi riempie la testa per
qualche
secondo, Un ordine proferito a voce, “Vieni al
confine.”, e poi la mutazione
forzata. Avverto distintamente sette vampiri schierati immobili lungo
il
confine. Con un ringhio esco da casa e comincio a correre verso il
bosco,
sforzandomi per censurare i miei pensieri. Avverto distintamente il
rumore di
zampe dietro me, e capisco che i miei fratelli mi stanno seguendo.
Arriviamo
alla radura in pochi secondi e la quantità di lupi fedeli ad
Ateara mi
sconvolge. Io e il mio branco siamo sette, loro undici, destinati
probabilmente
ad aumentare ancora parecchio. Il panorama appena oltre il confine non
è
migliore: il signore e la signora Cullen sono al centro, un
po’ più in avanti
rispetto ai loro figli, ma sebbene abbiano un’espressione
cordiale ed una posa
rilassata è chiaro a tutti il loro nervosismo. I figli non
provano neppure ad
osservare un tale contegno pacifico, anzi hanno intenzionalmente
assunto la
posa del riposo militare, sottolineando come i loro ruolo sia quello
delle
guardie del corpo. Le due sorelle proteggono il padre, i due fratelli
la madre.
Edward invece non è schierato dalla parte di nessuno, si
limita a rimanere
fermo immobile all’estrema sinistra di tutto, le gambe
divaricate, la schiena
eretta e le braccia incrociate dietro di essa. I suoi occhi sono
talmente neri
e carichi d’odio da terrorizzare persino me. Cosa cazzo
può essere successo,
ancora?
“Protettori
delle terre Quileute, grazie per aver risposto al nostro invito.
Veniamo in
pace.” Esordisce mio padre, sempre mantenendo quel suo
perfetto controllo, che
sembra suggerire come mai un problema o una preoccupazione lo abbiano
sorpreso
in tutta la sua vita. Beato lui che riesce e fingere così.
Le reazioni
dei lupi alle parole del dottore sono principalmente due: o, come nel
caso dei
miei fratelli e di pochi altri esemplari, ci prepariamo
all’ascolto, o, come fa
la maggioranza degli altri, cominciano a rizzare il pelo e a scoprire
le zanne
ringhiando. Ateara si fa avanti, lento e solenne, e già mi
preparo a sentire la
voce di Edward che interpreta i suoi pensieri quando quel maledetto
vecchio mi
stupisce ancora una volta: apre le fauci e, semplicemente, inizia a
parlare o,
meglio, ad inveire. Dev’essere un trucchetto che ha imparato
molto tempo fa.
“Non sperate davvero che crediamo una simile palla! Noi siamo
i guardiani della
terra dello Spirito, e voi i mostri che la volete corrompere!”
Tutti i miei
fratelli si tendono agli sproloqui del vecchio, e senti gli enzimi di
Jasper
ronzare nell’aria, provando a calmare gli animi. Li avverto
avvicinarsi
debolmente anche a me, ma non riescono a sortire il loro solito
effetto. Non ci
riuscirebbero neppure e Jasper si impegnasse con tutto se stesso
concentrandosi
solo su di me, perché nelle menti di tutti i lupi che mi
stanno di fronte io
vedo Jacob che bacia Angela, Angela che bacia Jacob, loro due che si
baciano,
il mio
ragazzo che bacia un’altra
donna decine e decine di volte. È una tortura atroce ed
insopportabile, e più
vedo quelle scene più odio Angela Weber, perché
lei ha osato posare le labbra
su quello che è solo e soltanto mio.
Sento che i lupi hanno
percepito il mio umore nero e il mio sguardo assassino, ma non faccio
nulla per
mutare la mia espressione, perché almeno ora la tortura
sembra finita e nelle
loro menti non ci sono più il mio ragazzo e l’altra,
ma solo i miei occhi neri, furibondi, esaltati,
terrorizzanti. Ma quell’immagine non si può
cancellare tanto facilmente dalla
mia mente, e più ci penso più mi infurio, e
più mi infurio più spavento e metto
sul chi vive i mannari. So che il mio atteggiamento è
inutile e dannoso, so che
sono uno stupido a prendermela così e che in
realtà dovrei essere felice del
risultato ottenuto cosi in fretta da Jacob, ma non ci riesco, non ci
riesco davvero.
La gelosia mi brucia dentro, portandosi via tutta la mia maschera di
impassibile
perfezione e la mia razionalità. Lui è mio,
e nessuno lo deve sfiorare neppure con il pensiero. “Non
è così, signor Ateara.
Il nostro unico intento è quello di mettervi in guardia.
Rischiate di correre
un pericolo enorme. Stanno per arrivare dei vampiri incredibilmente
potenti,
contro i quali non dovrete combattere per nessuna ragione.”
Dalle mie
labbra esce un ringhio
furibondo, e solo
a fatica riesco ad evitare di guardare Edward. Ecco la ragione del suo
malumore, l’arrivo dei Volturi e tutto lo stress che
comportano! Ringhio, sono
più tranquillo ora ma poteva anche avvisarmi in anteprima,
cavolo! Così è molto
più difficile chiudere la mente, e il rischio che qualcuno
del branco veda
troppo è alle stelle. Fortunatamente il vecchio Ateara
decide di ribattere
proprio in questo momento, attirando l’attenzione di tutti,
me compreso.
“Figurarsi!!! Noi siamo nati per questo! Attaccheremo
chiunque violerà il patto
che è stato stretto centinaia di anni fa. È la
tradizione.”
“Se
combattete contro i Volturi sarete sterminati, dal primo
all’ultimo. Per anni
hanno combattuto contro creature simili a voi, i lupi mannari veri e
propri, e
ne hanno causato l’estinzione quasi totale in tutto il mondo.
Se vi contrerete
con loro, sarà la fine. Per voi e per la città
intera.”
“Che
c’entra
la città?” Abbaia il vecchio, sotto sotto un
po’ preoccupato, grazie a Dio.
Temevo che non si sarebbe smosso di un millimetro, invece adesso sembra
avere
dei ripensamenti. “Chi sono questi vampiri? Perché
vengono qui? Perché voialtri
gli permettete di essere così irrispettosi?”
Sibilo, il
vecchiaccio è proprio un osso duro! E un pazzo, per quanto
posso vedere dai
pensieri dei suoi seguaci. Le sue idee sui vampiri e gli esseri umani
sono
quasi naziste e, anche se ancora non lo ha ammesso, accarezza di sicuro
l’idea
di esercitare una tirannia qui. Non lo ha ancora ammesso ma ho vissuto
troppe
esperienze simili per non riconoscerne
sintomi. Bisogna che parli
con mio padre di questo pericolo. Intanto lui
replica. “Si chiamano Volturi, sono una famiglia italiana di
altissimo
lignaggio che vive, a quanto pare, da mezzo millennio. Sono la nostra
“casata
regnante”, se così si può dire,
rappresentano l’autorità più elevata
del nostro
mondo e regnano nell’ombra, con spie ovunque, controllando
che la regola venga
osservata.”
“Quale
regola?”
“Il
vincolo
della segretezza. Gli umani non devono sapere della nostra reale
esistenza,
devono continuare a credere ai racconti di Stoker e King e vederci come
creature totalmente immaginarie, ricordandosi di noi solo alla presenza
di un
libro fantasy o per la notte di Halloween. Altrimenti procurarsi il
cibo
sarebbe troppo rischioso, troppo elaborato. Gli umani comincerebbero a
braccarci
senza pietà, come accadeva nel Medioevo, e sebbene nulla
possano per ferirci,
sarebbero in grado di rendere la nostra esistenza tremendamente
fastidiosa. I
Volturi amano la comodità, la contemplazione,
l’idea dell’eterno che si srotola
davanti a loro, e faranno di tutto per proteggere tutte queste cose,
anche
sterminare una città intera.”
“Come
se dei
vecchi filosofi sanguinari potessero influenzare le sacre tradizioni
della mia
gente e della mia terra! Voi Cullen avete giurato, non morderete
nessuno finché
vivrete a Forks. Se i vostri sovrani non vogliono sottomettersi
all’accordo
preso da voi e condannare la vostra famiglia e loro stessi, non mi
riguarda
nella maniera più assoluta. Io e i miei lupi non vi daremo
tregua, vi
attaccheremo fino ad annientarvi.”
“Beh,
io non
lo farò.” Esclamo, alzandomi in piedi. Non so
parlare in forma animale come
Ateara, quindi sono dovuto ritornare umano. “Se voi Cullen mi
assicurerete che
i Volturi non si nutriranno degli abitanti di Forks io e il mio branco
non vi
attaccheremo. Avete l parola di Jacob Black. E ora andiamo.”
Dico ai miei
compari, cominciando a dirigermi verso il limite della foresta. Ateara
mi fa
fare si e no cinque passi, poi mi sbatte a terra con il potere
dell’Alfa.
Migliaia di fiamme mi perforano la pelle e una pressa mi sta stringendo
la
testa. Sono tutti trucchetti psicologici, d’accordo, ma il
dolore è cocente e
reale. Ululo e ringhio, contorcendomi a terra tra le foglie secche, e
sento un
ringhio furibondo ed uno schiocco. Grazie alla mente del branco vedo ch
è Leah,
che si è slanciata alla gola del vecchio. Faccio per alzarmi
ma vengo
prontamente sedato da Ateara, che da poi ordine a Jared, una
dannatissima testa
calda che odio, di impartire una dura lezione alla mia amica. Non
appena
realizzo che Leah è in pericolo mi riesco a liberare e mi
slancio contro Jared,
che stava mutilando la mia amica. Prima di dare inizio ad un vero e
proprio
scontro, però, si fa avanti il vampiro biondo miele, con gli
occhi
fiammeggianti. “Ora basta!!!” Strilla, aprendo le
mani davanti a sé, e in breve
una gran calma scende su tutti noi. Ritorno umano e prendo Leah in
braccio,
facendo attenzione a non scontrare le ferite. Se le rimarrà
anche solo un
segnetto Jared morirà. “La mia parola non cambia.
Se proprio i Volturi si
devono nutrire che non lo facciano a Forks o sarà la guerra.
Arrivederci.” E
detto ciò mi allontano, scortato dai miei fratelli.
Tutta questa
sceneggiata è stata molto utile non solo perché
ha parzialmente aperto gli
occhi dei lupi su chi sia veramente Harrison Ateara, ma anche
perché ora lui è
costretto ad accettare la proposta di Jacob, se non vuole risultare
meno
potente di un ragazzino di diciassette anni. Infatti, dopo qualche
momento di
silenzio, il vecchio proferisce due parole, “E
sia.”, e se ne va con la sua
tribù. I miei familiari sospirano sollevati e se ne tornano
a casa, io invece
ho bisogno di pace, silenzio e tranquillità. Devo fare
ordine nei miei
sentimenti e rivedere le mie priorità. Mi siedo sotto una
grossa quercia,
vicino al lago, e noto che è lo stesso albero sotto il quale
ho visto per la
prima volta Jake sottoforma di lupo, o quasi. Prendo
l’immancabile Ipod, calzo
le cuffie, seleziono la cartella strumentale, e mi affido alla musica,
sperando
che possa strappare via la gelosia e la rabbia dal mio cuore e che mi
possa
portare alla giusta soluzione.
“Come
stai
piccola?” Domando alla mia amica, scostandole i capelli dalla
fronte e
porgendole un bicchiere d’acqua fresca, che beve avidamente
ad occhi chiusi.
“Mi fa male la spalla e il petto.” Mi stupirei del
contrario, visto che Jared
ci aveva affondato i denti e che se la stava lavorando a zampate.
“Vuoi
dell’aspirina? Ti ho già medicato, ma preferivo
vederti sveglia prima di
sedarti.” “Si grazie.” Pigola,
socchiudendo gli occhi per guardarmi. Vado a
prendere le medicine ed un altro bicchiere d’acqua, ma prima
di darglieli
l’ammonisco. “Se ti becco un’altra volta
rischiare la pelle per conto mio ti
prendo a calci, Leah Clearwater, sia ben chiaro.” Sciolgo le
compresse e le
passo il bicchiere. “Sei stata davvero fantastica, ma non lo
fare mai più, ti
prego.” “Lo farò ogni volta che
sarà il caso, Jake, quindi rassegnati e pensa
piuttosto a come evitarlo. Magari evita di fare il figo solo per
ingraziarti il
tuo scorbutico ragazzo.” Mi prende in giro. Sospiro.
“Chissà perché era di un
umore così pessimo …” La mia amica
emette un breve ringhio soffocato. “Perché
tra i due l’uomo sei indubbiamente tu, Jake. È
troppo fragilino.” “E tu come lo
sapresti, di grazia?” “Abbiamo fatto due
chiacchiere telepatiche, prima. Ti do
un consiglio: fatti una corsetta nel bosco. Risolverai un sacco di
problemi.”
“E lascio te mezza squarciata tutta sola? Non credo
proprio.” “Oh, si invece.
Non ho mica bisogno del baby-sitter, solo di dormire e di una
sigaretta, magari.
Tu invece devi andare a chiarirti col tuo bello. Forza,
filare!” Mi esorta,
tirandomi un calcio. Sorrido e mi chino a baciarla. “Se
scopro che ti sei
alzata le prendi, è chiaro?”
“Simpatico.” Borbotta, ma so che mi posso fidare e
che non mi farà preoccupare. Mi alzo. “Grazie
Leah, grazie di tutto. Torno
presto, prometto.” “Torna quando avete chiarito. Ti
voglio bene Jake.” Sorrido
ed esco dalla stanza, spegnendo la luce.
“Be
my heart a well of love, flowing free so far above… In my
world, love
is for poet never the famous balcony scene…” Starò
ascoltando questa canzone da circa mezz’ora, e
ancora non mi ha stancato. Tarja Turunen è davvero una dea
del canto. Mi
piacerebbe poterla rendere immortale, e fare in modo che la sua voce
canti per
me per sempre. Mi rilassa, mi consola, mi fa riflettere. Mi convinco
sempre più
di essere stato uno stupido e di aver sbagliato col mio atteggiamento
di
stasera. Sento un rumore e un profumo divino. Apro gli occhi e Jake
è qui,
davanti a me. Ha il fiatone e si sta tormentando le mani, guardandomi
un po’
guardingo. Nemmeno mi fermo a pensare e corro ad abbracciarlo. Come se
non lo
avessi visto solo due ore fa, come se fossi una ragazzina traboccante
di
sentimenti zuccherosi. E in realtà lo sono, almeno ora.
Perché Jacob sabota
ogni mio filtro o maschera, e ora sono solo felice di vederlo, quindi
non c’è
spazio per altro, se non la volontà di chiarirmi e scusarmi
con lui.
“Sei
un po’
instabile Edward, lo sai vero?” Mormoro perplesso, mentre lo
stringo sollevato.
Temevo che mi prendesse a pugni. Lui ride e mi soffia sul collo.
“Si, lo sono,
e sono anche uno scemo. Vieni, ti spiegherò ogni
cosa.” Ci sediamo sotto
l’albero. “Stasera, appena arrivato a casa dopo la
caccia, ho visto nella mente
di mia sorella che avevi baciato Angela.” Non sta usando
nessun tono
particolare, non è arrabbiato, ma io mi sento lo stesso
vagamente in colpa. Ok,
sono le condizioni per avere una storia e continuare a salvaguardare la
città e
i rapporti con le persone che amiamo, ma non posso farne a meno. Come
ho potuto
sperare che non lo venisse a sapere? “Edward, io
…”
“No
no, fammi
finire. Non ti capiterà spesso di sentirmi ammettere di
avere sbagliato. L’ho
visto nella testa di mia sorella e, certo, ero geloso da morire, ma era
ancora
sopportabile. Poi però al confine ho visto e rivisto quella
scena un’infinità
di volte, riflessa nella mente di tutti i lupi, corredata da
commentini,
considerazioni, eccetera eccetera. Quello ma ha fatto impazzire, e mi
ha fatto
comportare come un ragazzino immaturo. Ho persino rischiato di
compromettere
l’esito della riunione di stasera. Di certo, se Ateara non
fosse stato così
poco facile da gestire, tutta la mia famiglia si sarebbe concentrata su
di me e
sul motivo del mio umore. Avrebbero cominciato a fare domande, Alice
avrebbe
potuto vedere qualcosa. Non ho scusanti.” Sospiro e raccolgo
le ginocchia con
le braccia, appoggiandoci poi il mento e guardando il bosco.
“Sono troppo
immaturo.”
“Mi
stai
dicendo che mi vuoi piantare?” Domando, già con la
rabbia che risale su per lo
stomaco.
“No!
Solo che
sono un cretino, e che ho paura di rovinare tutto.”
Sorrido.
“Beh, anche io sono un cretino. Un cretino infantile,
testardo e cocciuto. Non
ho mai detto di volere gente tutta perfettina al mio fianco. E poi le
cose si
rovinano in due no? Se ci succederà di fare qualche casino
ci penseremo
assieme.” Mi stendo sull’erba ed incrocio le
braccia dietro la testa, guardando
il cielo che fa capolino dalle fronde degli alberi.
“Tu
vedi le
cose solo bianche o nere, vero?” Domando, seccato.
“Le
cose sono
bianche o nere, Edward. Una cosa
non può essere giusta e sbagliata allo stesso modo,
così come una persona non
può essere fidata e traditrice allo stesso tempo.”
“Si,
ma io
sono il nemico, un vampiro. Questo mi fa diventare decisamente
nero.”
“E
io sono il
capo di una legione di lupi mannari. Dal tuo punto di vista sono nero
pure io.
Però, per quanto mi riguarda, credo che comunque ne valga la
pena, e tu? Cosa
ti spaventa davvero?”
“C’è
troppo
in ballo e io ho troppa paura di fare qualche errore e rovinare tutto
…”
“Quindi,
in
parole povere, io non conto nulla.” Commento, gelido.
“Non
ho detto
questo! Non lo direi mai! Ma sono più di cento anni che
vivo, e ho fatto tanti
errori, troppi per poter sopportare un altro fallimento per causa
mia!!!”
“Capisco
…”
Mi alzo in piedi, erigendomi per davvero in tutta la mia altezza, sino
al minimo
millimetro. “Quindi io non sono altro che uno stupido
burattino, per te, un
giochino col quale divertirsi un po’ e provare nuove
esperienze, forse. Cos’era,
una scommessa con te stesso o, forse, con i tuoi fratelli? Anzi era la
crisi di
mezz’età, giusto? Correre dietro a dei ragazzini a
novant’anni suonati … che
pena. Comunque d’accordo, meglio così. Addio
Edward Cullen. Non ho bisogno di avere
attorno a me gente debole, e non mi va di trascorrere del tempo con chi
non ha
la convinzione di portare avanti le proprie idee. Senza contare che
odio essere
preso in giro. Salutami la Stanley eh?” Mi giro e faccio per
andarmene, ma
sottovaluto la velocità fulminea di Edward.
Afferro Jacob
per un braccio e lo volto verso di me, imprigionandolo tra il mio corpo
e un
albero che cresce giusto lì dietro. “Vedi?
È proprio questo che intendevo. Non
ti voglio ferire, in nessun modo, ma sono incredibilmente abile nel
farlo,
purtroppo. Non pensare che ti abbia preso in giro, ti prego, le mie
intenzioni
sono più che serie. E non pensare neppure che quella
squallida umana possa
competere con te.” Lentamente appoggio le mani sul suo petto,
avvertendone il
tepore. “Dove altro potrei trovare tanto calore?”
Jake è ancora irrigidito e
sulle sue, eppure vedo un accenno di sorriso nei suoi occhi, ora che
l’ho
tranquillizzato. Così incredibilmente costretto ad
allungarmi per arrivarci, col
mio naso traccio il profilo del suo volto, aspirando il suo profumo e
arrivando
a scompigliargli i capelli. “Come potrei confondere la tua
pelle con quella di
altri, come potrei abituarmi ad un altro profumo? E soprattutto dove
troverei
un altro paio di occhi tanto meravigliosi? Sei mio Jake, rassegnati,
non ti abbandonerò
mai.”
Salve a tutti!!! Scusate il ritardo tremendo, l'Uni mi assorbe tantissimo! Sono felicissima della nuova funzione di risposte delle recensioni, non vedo l'ora! Grazie mille per continuare a seguirmi, commentare, iscrivre nei preferiti e nelle seguite, mi fate felice! Un bacio a tutti, SoRrOw ^-^ |
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** A Promise ***
Apro gli occhi
improvvisamente e faccio per alzarmi, ma un tremendo dolore al seno mi
fa
desistere. Lentamente mi ritorna in mente tutto, la riunione alla
radura,
l’atteggiamento di Cullen, la decisione di Jacob e la
punizione di Ateara.
Facendomi coraggio scosto il collo della maglietta e mi sbircio il
petto dove
Jared mi ha morso, ne sono sicura al cento per cento, con tutta la sua
forza.
Jake ha fasciato con cura tutti i graffi, ma comunque non mi sembrano
molto
gravi. Se però quella carogna mi ha rovinato il
decolté lo faccio fuori.
Stiracchiandomi mi rendo conto di avere vari doloretti qua e
là, a causa
dell’assalto, quindi decido di starmene buona buona a letto.
Girando la testa,
poi, vedo che il mio fratellino prima di uscire mi ha lasciato sul
comodino le
sigarette, dell’acqua, delle merendine, un antidolorifico e
il telefonino,
quindi non ho proprio motivo di muovermi da qui e farlo preoccupare.
Mentre
divoro le cibarie e mi accendo una sigaretta prendo il telefono e trovo
cinque
messaggi di Anthony, che leggo con trepidazione crescente mano a mano
che
diventano sempre più preoccupati. Sorridendo rispondo,
inventandomi una scusa,
e mi rendo conto che oramai è ridicolo cercare di mentirsi
ancora per molto,
quel ragazzo mi piace davvero un sacco. Però questa
ammissione a me stessa fa
tutto tranne calmarmi. Anche se sono passati già quasi tre
anni lo spettro di
Jeff e di come mi ero ridotta per lui continua ad aleggiarmi dentro.
Sono un
tipo focoso, che vive in maniera appassionata ed esagerata tutto.
È più forte
di me, come si è visto prima alla radura; prima ancora di
capire io stessa cosa
stessi facendo, avevo già le zanne a pochi centimetri dal
vecchio pazzo che ci
comanda. Ho paura ad impegnarmi seriamente con Anthony, so che metterei
tutta
me stessa in gioco e che lo amerei alla grande, ma se poi tutto dovesse
finire?
Non voglio ricadere nell’ombra, non voglio mai più
sentirmi così e avere paura
di non riuscire a venirne fuori, stavolta. E soprattutto non voglio che
Jake
debba vivere di nuovo tutto questo, non se lo merita. Dopo la storia
con Jeff,
dopo che lui mi ha salvato da quello che ero diventata, ogni tanto mi
sveglio
piangendo, dopo un incubo tremendo che è sempre lo stesso.
Una me più piccola e
mezza anoressica è in cucina e prova a suicidarsi. Arriva
Jacob e prova a
fermarla, poi tende il braccio, proprio come è successo
nella realtà. Solo che
questa volta vado fino in fondo e squarcio le nostre vene, togliendo la
vita
anche a lui. Non ho ferito solo me stessa in quel periodo, eppure lui
non si è
mai lamentato e mi è sempre stato accanto alla grande,
riuscendo a salvarmi
quando io ormai avevo perso ogni speranza. Non posso e non voglio farlo
soffrire e non permetterò che nessun altro lo faccia. Se
Cullen lo ferirà io lo
ucciderò. Come il mio amore, anche la mia ira e la mia
vendetta non conoscono
misura. Se Edward, per quanto convinto di agire per nobiltà
d’animo e di
pensieri, ferirà il mio Jacob, morirà per mano
mia, costi quel che costi. Io
proteggerò Jacob fino alla mia morte, in qualunque modo
possibile e da
qualsiasi cosa lo possa ferire.
Le figure
sembravano scivolare nella notte, trasparenti e bellissime eppure
terrorizzanti
allo stesso tempo. Stavano sostando da quasi un’ora in un
bosco, attendendo che
le cacciatrici portassero loro il bottino per quella sera, e intanto
chiacchieravano del più e del meno. Il loro vero obbiettivo,
il clan Denali, distava
ancora qualche giorno di cammino, ma ben presto si sarebbero imbattuti
in un
altro clan, ben più interessante. Aro non era tipo da tener
conto dei rifiuti
ed era seriamente convinto del fatto che la persuasione potesse tutto.
Dieci
anni prima i Cullen avevano rifiutato le sue proposte di arruolamento,
ma
chissà, magari qualcosa era cambiato, sebbene il tempo
trascorso fosse così
poco, una quisquilia quasi nella sua ottica che vantava
un’esperienza di ben
cinquecento anni di vita. Ma i grandi cambiamenti, si sa, avvengono in
poco
tempo. E questa volta aveva degli assi nella manica.
Alla fine ho
ceduto alle coccole di Edward, e ora stiamo stesi sull’erba a
vedere le stelle,
scherzando e ridacchiando. “Però sei uno
scemo.” Sottolineo, per l’ennesima
volta, pizzicandogli un fianco. Lui ride con la sua risata
più bella, quella
che sembra mille campane d’argento, e mi pizzica a sua volta.
“Me lo merito, me
lo merito. Però è anche colpa tua. Non mi
scalderei tanto se non fossi tu,
sai?” Si solleva su un gomito. “Sono tremendamente
geloso, di te e di tutto ciò
che ti circonda. So che è un sentimento egoista, ma non
posso farne a meno,
anche se mi pento del mio comportamento da bamboccio.”
Sorrido e non dico nulla,
in realtà l’ho già perdonato, ma voglio
farlo rimanere ancora un po’ con
l’ansia. Edward mi si piazza addosso
comincia a baciarmi
dolcemente tutto il volto, senza saltare nulla: la
fronte, le sopracciglia, gli occhi, il naso, le guance, gli zigomi, le
orecchie, il mento e solo alla fine le labbra, dove lascia anche un
piccolissimo, dolce morso. Le sua mani intanto giocano con i miei
capelli, che
stranamente ha sciolto dalla coda di cavallo, accarezzandoli e
lisciandoli.
Totalmente appagato da tutte le sue cure chiudo gli occhi e mi struscio
contro
di lui, sorridendo. Menomale che fino a pochi istanti fa volevo farlo
soffrire
ancora un po’! “Non sarebbe tanto divertente se tu
ti comportassi sempre come
un signor perfettino. Preferisco di gran lunga cercare di capire il
perché dei
tuoi sbalzi di umore,
e fare il figo
dicendo frasi brillanti e ad effetto.” Commento, ridacchiando
e facendolo
ridere. Edward si china su di me. “L’ho
già detto, ma voglio ripeterlo ancora:
a te tengo tantissimo, Jacob Black, e voglio evitare in tutti i modi di
farti
soffrire. Non posso nulla contro i disegni del caso, ma posso dare una
piccola
mano alle cose sulle quali ho un controllo sicuro, e fare in modo che
esse
vadano sempre per il meglio. Io non bacerò Jessica
Stanley.” Il cuore mi
esplode nel petto e il mondo mi crolla addosso. Quello di Edward
è il più
grande e meraviglioso regalo al mondo, ed è anche una
manifestazione netta di
sentimenti che per scaramanzia non voglio ancora rischiare di nominare,
ma che
di sicuro sono intensissimi. Eppure è una cosa che non posso
accettare né che
lui può promettermi. Anche lui è come me, anche
lui ha, esattamente come li ho
io, responsabilità, doveri e un ruolo che deve osservare. La
sua generosità è ammirevole
e commovente, ma non può darmi realmente quello che pure mi
offre col cuore.
Non baciare Jessica Stanley significa togliere parte del fondamento di
quello
che probabilmente uno dei piani più fragili ed inconsistenti
che siano mai
stati creati. I Volturi sono vicini e i doveri miei e di Edward sono
ora più
importanti che mai, anche più della nostra relazione. Dalla
nostra abilità nel
prenderci gioco di loro risiede la chiave per la sopravvivenza nostra,
dei miei
fratelli, della sua famiglia e di una città di oltre tremila
anime. Se
togliamo
basi e cambiamo le regole, la
disfatta è assicurata. Non lo posso accettare.
Sento Jacob
sospirare e inclino il capo per vederlo meglio. Il suo viso
è triste, i suoi
occhi dispiaciuti. Mi tendo immediatamente. “No, non va bene.
Tu la devi
baciare.” Me lo sibila contro con
determinazione e quasi con rabbia e mi manda in bestia. Mi ritraggo
immediatamente da lui. “Come scusa?” Quasi sputo,
furente. Non posso credere
alle sue parole! Perché mai dovrebbe desiderare che io baci
Jessica? Vuole
forse torturarmi? Vuole che metta alla prova i miei sentimenti? Si
sente forse
in colpa per quello che è accaduto oggi pomeriggio,
perché in fondo baciare
Angela non gli è affatto dispiaciuto?
Ecco, lo
sapevo, l’ha presa parecchio male. Certo che ha proprio un
bel caratteraccio,
quando vuole! Stancamente ripeto, sperando che questa volta il concetto
gli
entri per bene nella zucca. “Tu devi baciare Jessica, Edward.
Devi
farlo anche se io non lo voglio. La
situazione è troppo delicata ora e il nostro piano a
malapena si regge in
piedi! Se mai dovesse fallire …”
“Quindi
non
hai fiducia in me, è questo il punto!” So che sto
tirando in ballo cose ed
argomenti che non c’entrano, ma la rigida
razionalità di Jake ha ferito i miei
sentimenti più di quanto non potessi immaginare, sebbene
razionalmente sappia
benissimo anche io che ho promesso qualcosa che va al di sopra delle
mie
capacità.
Lo guardo a
bocca spalancata. “Ma di cosa stai parlando? Mi fido di te,
ma solo se le tue
idee sono sensate! Un simile rischio è una cosa del tutto
folle, un tentativo
di suicidio! È una cosa insensata!” Sbotto.
“È
una cosa
che faccio solo ed esclusivamente per te, Jacob Black, solo
perché tengo a te!
Possibile che tu non voglia capire? Io non voglio farti soffrire e
voglio
eliminare tutte le cose che potrebbero farlo! Eppure, dal litigio di
qualche
ora fa, mi ero illuso che anche tu capissi!!!” Rispondo,
schizzando in piedi e
fronteggiandolo.
La rabbia per
la reazione di Edward è talmente tanta che riesco a fatica a
trattenere quella
che mi sembra un’esplosione nucleare vera e propria ed evito
di trasformarmi in
un lupo mannaro solo perché non mi sembra il caso di
aggiungere altri problemi.
Ma la furia scatenata che è in me mi fa pompare il sangue
due volte più forte e
correre l’adrenalina cinque volte più veloce.
Rende i miei sensi e il mio
istinto più forti della mia razionalità.
Raggiungo Edward con un balzo e, senza
pensare, lo placco a terra con un tremendo boato, ignorando le sue
proteste, i
ringhi e i tentativi di liberarsi e mi butto sulle sue labbra,
baciandole con
passione.
Per un
istante provo persino a ribellarmi, ma poi vengo miseramente sconfitto.
I suoi
occhi, il suo corpo, tutto in Jacob mi eccita e mi placa. È
veleno e medicina,
follia e razionalità, ferro e velluto e in ogni caso
passione dilagante. Sconvolge
tutte le mie certezze e le mie reazioni, neutralizza la mia maschera e
tira
fuori da me una parte insicura ed umana che avevo dimenticato da anni
ed anni.
L’unico modo per resistergli e rimanere razionale sarebbe non
vederlo, ma ad una
tortura tale non intendo certo sottopormi. Rispondo istintivamente ai
suoi baci
impetuosi ed eccitanti, privi di ogni dolcezza, e la fiamma delle sue
labbra placa
la mia ira e, parzialmente, anche il dolore per il suo giusto rifiuto.
Non
è facile
trovare la forza per staccarmi da lui. I litigi e la corsa sono state
leggere
valvole di sfogo per tutti i problemi che sono venuti fuori oggi, ma
solo le sue
labbra hanno il potere di calmarmi e farmi dimenticare tutto. Se lo
bacio posso
liberarmi da ogni problema, e spiegare il perché della mia
risposta. Prima però
voglio un altro bacio. E poi un altro, e un altro ancora. Voglio decine
di
migliaia di baci, e che il mondo ci ignori, lasciandoci liberi di
rimanere nel
bosco da soli per sempre.
Appagato,
eccitato, e incredibilmente persino accaldato. Possibile che Jacob non
capisca
che è proprio questo il motivo che mi spinge ad evitare di
baciare la Stanley?
Ho anche un po’ di paura per la sete, non lo nego, ma il
motivo principale e
questo. Come potrei mai baciarla, se l’unico vero bacio che
ritengo possibile è
questo? Non farei comunque altro che pensare a lui, ogni singolo
istante.
Ansimando mi
faccio forza e mi stacco dalle labbra del mio ragazzo.
“Edward, io apprezzo
tantissimo il tuo gesto di prima, è stata una proposta
bellissima e mi ha
commosso. Se dipendesse solo da me, Jessica Stanley non potrebbe
neppure vivere
nella tua stessa città tanto ne sono geloso e tanto poco mi
piace l’idea di voi
due assieme. Però questo mondo è reale, Forks
è reale così come lo sono i lupi
mannari, i vampiri, Ateara, i Volturi e tutti i problemi che portano
con loro. Accettare
la tua offerta sarebbe incredibilmente facile, e vorrei farlo dal
più profondo
del cuore, perché sinceramente immaginare voi due che vi
baciate è bruttissimo.
Però non posso farlo. Non posso perché noi
abbiamo dei compiti e delle
responsabilità. Io come capo del mio clan
e tu come perfetto membro
della famiglia Cullen. Anche voi avete a cuore
la salute degli umani che vivono a Forks, sbaglio forse?
Però il semplice fatto
che tu me lo abbia proposto mi ha fatto più piacere di
quanto forse tu possa
immaginare.” Commento, diventando, verso la fine del
discorso, viola per
l’imbarazzo.
“E
il fatto
che tu sia stato molto più maturo di me nelle scelte
dovrebbe farmi riflettere
su quanto io sia stupido, a volte. Mi spiace per quelle scenate da
checca
isterica. È che non so come gestire dei sentimenti
così intensi. È la prima
volta che li provo, in più di cento anni di esistenza, ed
è solo grazie a te.”
Mi confido, chinandomi su di lui e baciandolo con passione, eccitato
dai
sentimenti che abbiamo messo parzialmente a nudo stanotte e dal fatto
che
questo potrebbe essere l’ultimo momento di
intimità per un po’.
Sorrido e non
mi tiro certo indietro: queste saranno le ultime coccole per un bel
po’ di
tempo. Però è strano. Benché,
solitamente, le labbra e le mani di Edward mi
scolleghino totalmente dal mondo non appena mi sfiorano, stanotte non
è così.
La mia maglia è volata via, la sua bocca mi percorre il
torace e lo stomaco e
si avvicina pericolosamente a una determinata zona, eppure non riesco a
lasciarmi
andare del tutto, continuo a pensare a lui e alla Stanley, a quanto non
voglio
che lei possa godere di tutto questo. Il mio ragazzo si accorge in un
secondo
della mia titubanza, ed è subito sopra di me, che mi
accarezza il viso e mi
guarda con i suoi occhioni dorati in attesa di una spiegazione.
Sospiro, ma
perché si accorge sempre di tutto?
“Vorrei chiederti
una cosa che non ho il diritto di domandarti, quindi
fa nulla …”
“E
tu speri
che dopo una risposta così io demorda? Su, che cosa vuoi
chiedermi? Sono
disposto ad ogni cosa, e non ci sono limiti su quello che mi puoi
domandare tu.
E soprattutto dacci un taglio con le frasi da eroe tragico, mi fai
sfigurare!”
Spero di rassicurarlo, mentre lo osservo, pensando alle varie
possibilità.
“Io
… io non
voglio che tu faccia sesso con Jessica, né che la stringa e
la coccoli come stai
facendo con me ora, perché anche io muoio di gelosia. Ci
pensavo mentre venivo
qui: immaginavo te e lei che venite a passeggiare e a sbaciucchiarvi
nel bosco,
dopo una cenetta romantica al lume di candela. Quello lo posso anche
sopportare
senza eccessivi problemi, se continuo a ripetermi che è per
il bene di tutti. Ma
l’idea che poi vi appartiate da qualche parte e lo facciate
mi fa imbestialire.
Non sono pronto per quello. Però, in effetti, ho appena
rifiutato la tua
offerta di prima, che in sostanza mi proponeva le stesse cose, quindi
non ho il
diritto di chiederti questo.” Alzo lo sguardo e vedo Edward
con l’ultima delle
espressioni che mi aspettavo di vedere: ero pronto ad un broncio, a
risate di
scherno o a insulti. Invece gli occhi del mio ragazzo scintillano, e
lui sembra
trattenersi dal sorridere soddisfatto.
“Non
essere
sciocco, certo che hai diritto di chiedermelo Jake. Io sono il tuo
ragazzo, no?
E comunque non volevo fare sesso con lei, è troppo
pericoloso per entrambi.
Innanzitutto lei è troppo fragile e dovrei stare super
attento e inoltre per
gli umani fare sesso con i vampiri è incredibilmente
appagante: metterebbe gli
annunci per tutta la città e causerebbe un sacco di
chiacchiericcio. E poi temo
che fare sesso con un’umana scatenerebbe la mia vera
natura.” Vedo che mi
guarda perplesso e mi affretto a spiegare, anche se parlare con lui di
certe
cose mi imbarazza un po’. Non solo perché sto
parlando al mio ragazzo del sesso
fatto con altre persone, ma anche perché immagino che
comunque in lui ci sia
l’istinto di protezione degli umani. “Da sempre i
vampiri che si nutrono di
sangue umano seducono le loro vittime. Cenare dopo aver fatto sesso
è
delizioso, è molto più appagante del
normale.” “Lo hai fatto spesso?”
“Quando
ero giovane a volte si … Ma ora sono passati
ottant’anni, le mie abitudini
alimentari sono cambiate. E inoltre tu se la sola persona con la quale
voglio
fare l’amore.” Ammetto, sentendomi imbarazzato da
morire, ma anche felice per
essere stato in grado, una volta tanto, di rivelare tutti i miei
sentimenti.
“Davvero?”
Domando, e non faccio nulla per nascondere la nota felice della mia
voce.
“Si,
davvero.”
Mi chino a baciarlo. “Questo posso promettertelo, vero? Non
farò l’amore con
lei, perché desidero solo te e anche perché non
saprebbe eccitarmi un decimo di
quanto fai tu.” Ammetto, succhindogli il lobo
dell’orecchio e facendolo gemere.
Sorrido,
soddisfatto. “Ovviamente anche io farò lo stesso
con Angela. E siccome ti
costringerò a un’astinenza forzata ti prometto fin
da ora che poi farò
perdonare per bene.”
“Sappi
che ci
conto.” Ammicco, allungandomi su di lui, col mio corpo
pienamente risvegliato.
Lo sento gemere e rido. Manca poco all’arrivo dei Volturi,
voglio godermi al
massimo tutto il tempo che ci resta.
Salve
miei cari e mie care! Scusate il tremendo ritardo, ma questo capitolo
è stato davvero duro, e sebbene lo abbia riscritto per
intero almeno otto volte, ancora non riesce a soddisfarmi =(
Mi sembrava sempre di rendere le reazioni esagerate e le parti
romantiche troppo "stridenti" nel contesto. Giuro che i Volturi faranno
finalmente la loro apparizione nel prossimo capitolo! (Anche se
sinceramente ho trovato un altro escamotage per la situazione che avevo
in mente e quindi ora che non hanno più il loro scopo
malvagio sono un po' decaduti xD) Un bacio a tutti e grazie
per le recensioni! Vi piace l'opzione di risposta? A me un sacco *-*
Grazie mille per il vostro sostegno, un bacio grosso, Ysis
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Volturi's Dangerous Plan ***
La giovane
camminava nel buio, ondeggiando leggermente. Non si sentiva
propriamente
ubriaca, ma non era certamente del tutto sobria. Vide una panchina e vi
si
diresse, decisa a stendervisi e a riordinare un po’ gli
eventi della serata.
Dunque, era andata a ballare, e quello era abbastanza facile da
dedurre, le
scarpe col tacco altissimo le stavano uccidendo i piedi e
l’abitino di rouches poco
poteva per ripararla dalla fredda notte autunnale. In discoteca aveva
ballato
con qualche ragazzo e si era fatta offrire qualche drink, e anche
questo lo si
poteva tranquillamente evincere dalla sensazione di leggerezza al capo.
E poi?
Pian piano cominciò a ricordare di un ragazzo
incredibilmente bello, che
l’aveva fatta sciogliere con un solo sguardo dei suoi
stranissimi occhi viola.
Lui si era incredibilmente fatto avanti e lei non aveva di certo
rifiutato la
sua corte: quando mai le sarebbe capitata un’altra occasione
simile? Sapeva di
essere molto attraente, d’altronde si pagava il college
lavorando come modella,
ma simili ragazzi erano rarissimi anche nell’ambiente della
moda, e solitamente
omosessuali. Cosa che lui di certo non era, vista
l’intensità del rapporto che
avevano consumato. Ripensandoci, Simone (è la ragazza,
Simone è un nome anche
femminile ma va pronunciato senza la “e” finale)
capì che probabilmente anche
il sesso con quel ragazzo tanto misterioso era causa, almeno in parte,
del suo
essere così frastornata. Non aveva mai avuto un rapporto
tanto eccitante ed
appagante in vita sua, l’attrazione per quel giovane era
stata tale da farle
vincere il suo disgusto per le sveltine in bagno e, sebbene non ci
potesse
essere nulla di meno concreto e prosaico di quel comunissimo lavabo da
discoteca, mentre avevano il loro rapporto a Simone era parso di vivere
un’esperienza ultraterrena, al di fuori dal mondo. Se fosse
stata una ragazzina
romantica, investita da quel dilagare di urban fantasy che spopolava
nelle
librerie da qualche anno, avrebbe creduto di unirsi con un vampiro.
Sorridendo
dei suoi sciocchi pensieri la giovane fece per alzarsi, ma vide in
lontananza
qualcosa che la fermò. A pochi metri da lei, fermo appena
oltre il cono di luce
del lampione, il ragazzo della discoteca la stava osservando. Anche se
il buio
ne celava parzialmente i tratti Simone lo riconobbe senza esitare, sia
per i
vestiti che per l’eleganza innata, che aveva dimostrato anche
nel Club, muovendosi
sulla pista gremita di ragazzi come un ballerino su una sottile lastra
di
ghiaccio. Il giovane fece un passo in avanti, entrando nella piena
luce, e le
rivolse uno strano sorriso, quasi di scusa, mentre le tendeva la mano.
“Ottimo
lavoro Xavier.” Una fredda voce di bambina risuonò
a pochi millimetri
dall’orecchio di Simone. La ragazza si voltò di
scatto, scuotendo i capelli
rosso fuoco. Fece appena in tempo a scorgere una decina di figure
bellissime e
terrorizzanti, capeggiate da una bambina dagli occhi crudeli. Poi
sentì un
forte dolore al collo e svenne.
Rientro alle
quattro passate a casa di Leah: sono stanchissimo, depresso ed
esaltato. Questa
nottata con Edward è volata ed è stata splendida,
la mia depressione è da
imputare solo al fatto che sarà l’ultima.
Dopodomani al massimo i Volturi
saranno qui ed è bene cominciare a prendere le distanze.
Però, penso sospirando
mentre mi spoglio, ho una voglia pazza di fare l’amore con
lui. Ne abbiamo
parlato stanotte e abbiamo deciso di aspettare ancora un po’,
non solo perché
sarebbe la prima esperienza omo per entrambi, ma anche
perché questo non è
certamente il momento più indicato, visti i poteri dei loro
ospiti. Però il
desiderio di lui non accenna a calare, e il ricordo di quello che
abbiamo fatto
stanotte nel bosco non fa altro che eccitarmi e farmi desiderare di
poter stare
con lui come e quando voglio. È una dolce tortura, e la
voglio tutta per me. Mi
stendo e penso che sono talmente su di giri che non dormirò
per nulla. Invece
non è così, e pochi minuti dopo sono sprofondato
nel mondo dei sogni, popolato
da Edward. E lì ci baciamo, facciamo l’amore e
usciamo alla luce del sole,
tenendoci per mano.
La campanella
suona e mi alzo dalla sedia con vero sollievo: ho sempre detestato
l’algebra!
Esco in corridoio e sospiro, questo è uno degli ultimi
giorni che passo alla
Tennessee perché la ristrutturazione del liceo di Forks
è stata terminata ieri.
Sospiro, non mi farà per nulla piacere lasciare questa
scuola, così le
occasioni di vedere Jacob saranno ancora meno! In fondo al corridoio
vedo Jessica
che sistema i libri nell’armadietto e mi avvicino a lei, dato
che ora i Volturi
sono così vicini devo abituarmi a cercarla costantemente.
Come al solito mi
accoglie con un grosso sorriso e comincia a chiacchierare a ruota
libera,
riuscendo però ad essere abbastanza piacevole ed
interessante. Abbiamo la
prossima ora in comune, quindi ci dirigiamo verso l’aula di
chimica, camminando
affiancati visto che stiamo chiacchierando. Però questo non
deve piacere molto
a Quil, Embry, Paul, Seth e altri due o tre ragazzi della riserva, che,
appena
tornati dal laboratorio di arte, decidono di bersagliarci con gavettoni
di
vernice acrilica. Probabilmente hanno paura che mi voglia tenere la
Stanley
come spuntino. Come che sia, per me non è affatto difficile
evitare i loro
colpi e proteggere Jessica da essi, e comunque pochi minuti dopo
vengono
interrotti dal Preside, che si candida come bersaglio ideale, visto che
indossa
un completo crema e che li sta cercando di rimproverare. La mia
destrezza e
cavalleria però mi ha fatto guadagnare tantissimi altri
punti con Jessica, e
ora i suoi pensieri sono tanto elettrizzati che non posso
più tergiversare.
Poco prima di entrare in aula la afferro per un polso, molto
dolcemente, e le
chiedo se stasera possiamo uscire assieme. Il ritmo impazzito del suo
cuore mi
fa sorridere, sebbene segretamente tema che prima o poi si afflosci a
terra
morta stecchita. “C- certo, con molto piacere.” Mi
riesce a rispondere,
paonazza. Rispondo al suo sorriso e mi piego per lasciarle un bacio
sulla
guancia, mandando il suo cervello in tilt per il piacere almeno per
qualche
ora.
“Jane,
come
procede la raccolta?” “Bene, mio signore. Louis,
Xavier, Mark e Stephen si sono
dati da fare anche ieri e il numero delle neonate è salito a
undici. Il farmaco
sta funzionando come previsto, senza dare alcun problema.”
“Eccellente mia
cara, davvero eccellente. Che ne pensi delle nuove reclute? Incontrano
il tuo
favore?” “Sono incredibilmente belle,
signore.” Rispose la bambina, senza
sbilanciarsi. Era da sempre gelosa di chiunque attraesse a suo
discapito le
attenzioni del suo adorato Aro. Il vampiro sorrise ed annuì.
“Perfetto mia
cara, dopo questa notte direi che può bastare. Domani saremo
dai Cullen, e
vedremo se il nostro piano ha funzionato. Tra di loro
c’è qualcuna con una dote
speciale, oltre alla bellezza?” “Io ed Alec lo
intendiamo verificare non appena
le avremo tutte, mio signore.” “Bene mia cara,
molto bene, anzi perfetto. Sei
come sempre la gioia di questo povero vecchio.” Il vampiro
rise e congedò la bambina,
chiedendole di mandargli la neonata che ritenesse più bella.
Jane annuì e si
congedò, dopodiché percorse stizzita il corridoio
dell’Hotel abbandonato che
avevano eletto come dimora temporanea, ed entrò nelle stanze
delle neonate.
Grazie al farmaco che quella vampira aveva ideato i neonati erano
perfettamente
dominabili, e quindi utilizzabili in maniera molto più
sicura, e per scopi più
sottili del puro e semplice scontro. Le neonate reclutate quelle notti,
Jane lo
aveva capito subito, sarebbero si state utili come supporto nello
scontro per
l’annientamento del clan Denali, ma potevano anche essere uno
strumento per
spaccare l’integrità della famiglia Cullen, e
fungere da esca per reclutare i
tre fratelli più interessanti: Edward, Jasper ed Alice. Aro
contava di
utilizzare la bellezza e la remissività delle vampire per
attrarre i due maschi
in trappola e suscitare l’ira e la gelosia della veggente,
che avrebbe fatto
l’impensabile per salvare il suo uomo. Sarebbe poi bastato un
bacio e sarebbero
finiti anche loro sotto controllo, in maniera irrevocabile. Gli altri
membri
della famiglia non lo sapevano, ma Jane era a conoscenza del fatto che
il
farmaco della dottoressa Belnandes una volta ingerito rendeva tutti i
vampiri,
neonati e non, docili e obbedienti come animaletti domestici in maniera
irrevocabile, e non c’era da stupirsi. In cambio di quella
medicina, e del
giuramento di non darla a nessuno se non ai Volturi, la dottoressa
aveva
barattato la salvezza per sé e per la sua corte di uomini.
Non si poteva
pensare che fosse un rimedio da poco.
Sono
arrivati, senza ombra di dubbio. Sospiro e mi alzo, posando il libro
che stavo leggendo,
“La notte di desideri” di Michael Ende sul
davanzale della finestra. Mentre mi
alzo e raggiungo la porta mi rendo conto di quanto sia spaventato, anzi
di
quanto sia preda del vero e proprio panico. Però devo andare
comunque avanti,
per me, per Jacob e per la mia famiglia. Esco dalla camera, cercando in
tutti i
modi di dominarmi, e vedo Alice. Si mordicchia le unghie nervosa e mi
lancia
uno sguardo di puro panico. Mi avvicino a lei e le cingo la vita,
facendola
dondolare lentamente. “Hai fatto il massimo Alice, abbiamo
visto tutti come tu
quasi non abbia mangiato, da quando hai visto il loro arrivo. Sappiamo
che hai
dato fondo a tutto il tuo potere per vedere nelle loro menti. Se non
hai
trovato nulla, a questo punto, io mi fido.” “Ma se
avessi tralasciato qualcosa?
O se Aro avesse un modo per eludere le mie visioni? Non sappiamo cosa
rischiamo
e solo per colpa mia.” “E perché mai?
Probabilmente non sappiamo nulla solo perché
non c’è nulla da sapere. Non potevi fare di
più o fare meglio di così. E poi,
anche se avessi visto una battaglia cosa cambiava? Non potevi comunque
cambiare
il corso degli eventi sorellina, solo presentarcelo con un
po’ di anticipo.
Andrà tutto bene, vieni.” Insieme percorriamo la
scala, e usciamo sul vialetto
d’accesso, raggiungendo tutti gli altri familiari. Dopo pochi
minuti il
frusciare delle foglie si fa più intenso e i Volturi
compaiono. Non sono in
molti e non hanno neppure assunto la loro solita formazione,
però non sono
tranquillo. Nostro padre si fa avanti, con un sorriso cordiale.
“Aro, mio caro,
quanto tempo dal nostro ultimo incontro! Sono passati almeno dieci
anni, se non
ricordo male!” “Ricordi benissimo mio caro, la tua
memoria rimane impeccabile
come la tua ospitalità.” Commenta Aro, sempre con
un sorriso a trentadue denti
stampato in volto, mentre si avvicina e abbraccia mio padre. Lo
abbraccia
semplicemente, non fa nulla per trattenerlo ed ispezionarlo con i suoi
poteri,
vedo nei suoi pensieri che non è intenzionato a sfruttare i
suoi poteri e ciò
mi tranquillizza, almeno un po’. Ma perché sono
venuti così in pochi? Sono
partiti al gran completo dall’Italia, eppure qui ci sono solo
Aro, Chelsea,
Afton, Heidi, Felix, Alec, una dozzina di giovani bellissime e
ovviamente Jane.
Nessuna traccia di Marcus e Caius, né di Santiago e, ben
più strano, di Renata.
Forse intendono davvero fare una visita di cortesia.
“Purtroppo Caius e Marcus
hanno preferito non fermarsi. Stiamo andando ad affrontare una
situazione
piuttosto grave che si è verificata nel Clan Denali e
preferivano non perdere
tempo. Invece io non ho saputo resistere al desiderio di farti una
visita, e
poi avevo anche una cosa sbalorditiva da mostrarti, visto il tuo amore
per la
medicina e la scienza.” A queste parole, come era ovvio, mio
padre si illumina.
“Ne sono onorato Aro. Ma non rimaniamo qua fuori parlare,
prego accomodiamoci pure in casa.”
Lo squadrone di vampiri sorride e comincia a camminare verso di noi
quando
all’improvviso Jasper fa un balzo in avanti e urla.
“STOP! Quelle ragazze … no,
non posso sbagliarmi, sono neonate!” Tutti sobbalziamo e ci
voltiamo verso i
Volturi. Adesso che Jasper ce lo ha fatto notare è evidente,
e mi domando come
possa esserci sfuggito. Che ci sia lo zampino di Alec sotto?
“Credo che ci
vorrai spiegare, Aro …” Carlisle è
sempre educato, ma ora i suo tono ha una
sfumatura gelida. Il nostro ospite sorride e alza le mani, in un falso
gesto di
resa. “Certo, certo. Dimentico sempre che il tuo ragazzo
è un reduce … State
tranquilli, veniamo in pace. Queste meravigliose bellezze sono neonate,
è vero,
e te le ho portate qua solo per farti vedere di persona gli
straordinari
risultati della mia ricerca: queste neofite sono assolutamente
innocue.”
Compiaciuto dallo stupore che ha saputo creare, Aro entra in casa come
un re,
si siede nella poltrona più maestosa, e comincia a
raccontare.
Mi si sono
addormentate le gambe. Con la massima cautela mi sposto e sospiro.
È evidente
che i Volturi siano arrivati, il puzzo di sangue e morte che si sente
venire
dalla città è atroce. Per questo motivo i miei
fratelli colgono ogni occasione
per lasciare Forks e la riserva, ma io sento di non potermi permettere
tale
privilegio. Non solo perché sono il capo del mio Clan, ma
anche e soprattutto
per il motivo che mi tiene ancorato a questo divano da oltre tre ore
oramai.
Lentamente, delicatamente, alzo le braccia e mi stiracchio, poi stringo
ancora
un po’ Angela a me e le scosto i capelli dalla fronte.
Stavamo guardando un
film, stasera, ed è crollata addormentata contro la mia
spalla. Visto che non
ho nulla di meglio da fare, nessuno con cui distrarmi e un sacco di
ottimi
motivi per non mettere piede in città sono rimasto qui con
lei, e a dirla tutta
lo faccio anche perché sono preoccupato. Questa ragazza ha
due palle grosse
così ed è una testarda pazzesca; visto che
è stata lei la causa scatenante
della rottura con Anthony crede di dover sopportare tutto in silenzio e
mostrarsi capace di andare avanti alla grande da sola, anche se soffre
da
morire. Non è vero, ovviamente, e ho cercato di farglielo
capire in mille modi,
ma non mi vuole dare ascolto. Continua la sua vita regolarmente, ma a
me non
sfugge quanto sia dimagrita. Dal nostro bacio, una settimana fa, ha
perso più
di un chilo, e dovrei essere cieco per non notare le occhiaie tremende
che ha
sempre, nonostante le stucchi come ogni donna che si rispetti sa fare.
Angela
indossa una maschera di sé e recita il suo ruolo, ma
arrivata a casa, quando la
toglie, soffre e si incolpa, privandosi del cibo e del riposo. E come
non posso
fare nulla per costringerla a mangiare, così
impedirò a chiunque e a qualsiasi
cosa di svegliarla, anche dovessi rimanere bloccato in questa posizione
dieci
ore. Anche se sono due persone diverse per razza, carattere, situazione
sociale
eccetera eccetera, un’Angela così teneramente
addormentata mi richiama alla mente
una Leah molto più piccola ed indifesa, quando soffi
perché i
suoi genitori le stavano rovinando la vita.
E anche se sono due cose diverse il richiamo e lo stesso: sono persone
alle
quali voglio bene e che posso aiutare semplicemente con la mia presenza
costante. Né a lei, né a Leah potrei mai
rifiutare qualcosa.
“E
questo è
quanto. La dottoressa è stata ragionevole e mi ha consegnato
le ricette della
pillola, giurando che le avrebbe date solo a me. In cambio lei e la sua
equipe
potranno continuare a vivere.” Capisco … In
effetti si tratta di un ritrovato
davvero incredibile! Ma possiamo essere certi della sua
efficacia?” “Sapevo che
me lo avresti chiesto, quindi propongo di fare un piccolo esperimento
per
convincerti, se i tuoi eccezionali ragazzi accetteranno di prendervi
parte.”
Carlisle si volta verso e di noi, che annuiamo all’unisono.
“Scegliete pure una
delle ragazze.” Noi fratelli ci guardiamo per un
po’, poi Jasper sceglie. “La
giovane con i capelli rossi.” “Ah,
la
nostra bellissima Simone … Vieni avanti cara. Edward, a cosa
sta pensando?”
“Beh, a nulla, in realtà …”
Ammetto, un po’ perplesso. Non c’è
nulla,
assolutamente nulla, né piani per annientarci né
il solito miscuglio di
sensazioni aggrovigliate tipico dei neonati. Non pensa al sangue
né al momento
in cui è mutata. “E tu che mi dici
Jasper?” “Beh, ammetto che non prova né
rabbia, né paura. Non è innervosita dalle nostre
attenzioni e non ci è ostile.
È totalmente rilassata.” “Bene. Emmett,
ora avrei bisogno di te. Non intendo
farti picchiare una ragazza, tranquillo! Voglio solo che sia tu a
testare la
sua forza, visto che sei il più forte dei tuoi
familiari.” Emmett annuisce e si
fa avanti, un po’ impacciato. Simone è davvero una
bellezza mozzafiato, ha un
corpo perfetto e un viso dolcissimo e solare. Non è
difficile rimanere
ammaliati da lei, ed è proprio quello che sta succedendo a
lui, sebbene si
senta anche in colpa. “Cosa dovrei fare?” Borbotta.
Sospiro, non è mai stato
molto capace a nascondere quello che gli passa per la testa. Rose ha
notato
quanto trovi carina quella vampira e si sta ingelosendo. Vedo Chelsea
puntarle
gli occhi addosso, e leggo nella sua mente che se ne è
accorta. Allerto Jasper
che, con un’imprecazione mentale, comincia a calmare nostra
sorella. “Nulla di
che, solo una semplice sfida a braccio di ferro. Propongo di uscire,
però, non
vorrei mai rovinare il bellissimo salotto di Esme.” Usciamo
tutti e arriviamo
fino al greto del fiume, a circa trecento metri da casa. Sulla sponda
c’è un
grosso masso che sembra messo lì apposta, e Emmett e Simone
si accomodano,
impugnando le reciproche mani destre. Il risultato è
ovviamente scontato e in
un attimo non solo Emmett perde, ma il masso stesso si crepa e si
spacca. “E
infine, Jane cara, se volessi avvicinarti a noi …”
“No, lascia stare Aro siamo
tutti assolutamente convinti!” Esclama mio padre in fretta,
cercando
evidentemente di sottrarre quella giovane alla tortura di quel mostro
di
bambina. “No mio caro Carlisle, il contributo di Jane
è fondamentale per
dimostrare la riuscita dell’esperimento. Procedi pure
bambina.” Gli occhi rossi
di quel demonio scintillano di gioia e un istante dopo Simone
è a terra,
urlante. La sua voce è lacerante e mi da
l’impressione di essere io a soffrire
la tortura, tanto è carica di dolore. Però non
muove un muscolo, non reagisce
come farebbe una normale neonata. E nessuno glielo ha ordinato, lo vedo
nei
suoi pensieri. Aro ha davvero fatto una scoperta incredibile.
Angela dorme
ancora, e ora sta venendo sonno pure a me. Alla tv si vede solo la
schermata
iniziale del lettore dvd da quando il film è finito e il
telecomando è troppo
lontano perché possa prenderlo. Visto che non mi resta altro
comincio a pensare
e a fantasticare e, sebbene sia l’ultima delle cose da fare,
comincio a
ricordare me ed Edward, nel bosco. Sospiro, non vedo l’ora
che i Volturi se ne
vadano, mi manca in una maniera assurda. Ho voglia di baciarlo, di
abbracciarlo
e di accarezzarlo. Di ascoltare le mille cose che sa su tutto di
prenderlo un po’ in giro, smontando i suoi
atteggiamenti da figo. Voglio stare assieme a lui tipo su un prato,
rilassati,
a fumare una sigaretta in santa pace e a sentire il suo respiro.
Probabilmente
per il sonno mi viene in mente un manga che leggeva Leah, un
po’ di tempo fa, e
che parlava delle vicende di mi pare fossero tre coppie omosessuali. A
quei
tempi era fissata e aveva costretto anche me a leggerne alcune pagine,
più che
altro per provocarmi. Non era poi così male, in
realtà, e mi era piaciuto
soprattutto il modo in cui fossero diversamente caratterizzate le
coppie. In
quella principale lo studente si innamorava a sua volta del tutor, ma a
differenza sua faceva molta più fatica a dichiarare i suoi
sentimenti, sia a
parole che a fatti. Nella seconda avveniva una situazione simile, solo
che
invece di non dimostrare affatto i propri sentimenti, il professore si
vergognava di quanto fosse diventato dipendente dal suo compagno, e pur
dimostrandogli di amarlo, non riusciva a comportarsi da vero e proprio
innamorato a causa del suo orgoglio. Invece, nell’ultima
coppia, il
protagonista cercava in tutti i modi di non farsi coinvolgere troppo
dai
sentimenti che provava il suo compagno, parecchio più
piccolo e piuttosto
viziato, ma alla fine si trovava costretto a cedere. Mi chiedo, io ed
Edward in
quale categoria potremmo essere inseriti? Forse in una a parte, visto
che non
ci siamo mai neppure confessati il nostro reciproco amore. Sospiro. Io
lo farei
anche, ma se poi questo gli causasse dei problemi? O se lui non mi
amasse
ancora? Sarebbe un colpo tremendo, per entrambi. Ed inoltre, a quanto
ho capito,
anche lui è un po’ restio a confessare
ciò che prova. Mi appunto mentalmente di
affrontare questo discorso con lui, prima o poi, ma mi addormento
all’improvviso,
mentre sono ancora immerso nei miei ragionamenti.
“Quindi
possiamo sperare nel vostro aiuto? Ci vorranno due settimane, non di
più. E
come avete visto è una cosa assolutamente sicura, al cento
per cento.” Mio padre
sospira mentalmente, e sono sicuro che se fosse umano probabilmente si
passerebbe un dito nel colletto della camicia. È chiaro che
vorrebbe rifiutare,
ma ad Aro Volturi non si può dire di no. “Ma
certo. E alcuni di voi possono
essere nostri ospiti, se lo desiderate.” “Davvero?
Sarebbe l’ideale! Proporrei
Simone, Chelsea, Diane e Liv più Jane, se desiderate la sua
protezione.” “No,
ti ringrazio, so quanto le sei legato e mi spiacerebbe separarvi per un
motivo
inutile. Abbiamo visto che le giovani sono del tutto affidabili e
sarà per noi
un vero piacere aiutarle a ricostruire una esistenza normale e
soddisfacente.
Le faremo passare per studentesse iscritte ad un Erasmus,
così potranno
frequentare la scuola assieme ai miei figli e stare a contatto con i
giovani.” “Perfetto,
comunque Felix le terrà sott’occhio e
sarà sempre pronto ad intervenire. Io passerò
a trovarvi ogni sera, per vedere gli sviluppi e i progressi. Ci
ritiriamo, per
ora,e vi assicuro che presteremo fede alla richiesta che ci hai fatto e
non
attaccheremo nessun umano né di Forks, né della
Riserva né di Port Angeles. A
domani Carlisle, Esme, giovani Cullen.” E con un breve
inchino del capo per ciascuno
Aro si volta e attraversa la stanza, svanendo in giardino. Guardo le
quattro
vampire nel salotto di casa mia e ho un brivido improvviso. Non so
ancora
esattamente cosa, ma di sicuro questa storia non finirà poi
così bene, anzi.
Hola
^^ Capitolo di Natale, quindi più lungo! (E in ritardo,
siggh, avrei bisogno anche io di una capo redattrice che mi stressasse
con le scadenze) Grazie per tutto il vostro sostegno, vi auguro un
bellissimo Natale e un felice anno nuovo! Un bacio da Edward, Jake
& Ysis =)PS, spero che il termine "piano" del titolo sia giusto, è troppo tardi per controllare su un dizionario vero e proprio ma non mi fido così ciecamente del traduttore di Google xD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Far Far Away ***
“Wow,
Angela,
la tua cucina è da schianto!” Borbotto, cercando
di non sputacchiare pezzi di
colazione di qua e di là. La mia amica ride e mi versa una
nuova super razione
di uova prosciutto e formaggio nel piatto. “Sono solo delle
uova strapazzate
Jake, mica una cena da grand Hotel! È il minimo che potessi
fare, visto che ti
ho costretto ad essere il mio materasso e cuscino per stanotte! Mi
spiace così
tanto …” “Ma va, tranquilla, non
c’è problema. Mi ha fatto piacere, lo vedo che
sei a pezzi sai? Se posso aiutarti in qualsiasi modo lo faccio ben
volentieri.”
Angela mi si avvicina, sorridendo. “Sei un uomo pericoloso,
sai? Dire queste
cose bellissime alle ragazze … molte potrebbero equivocare,
ed innamorarsi
perdutamente di te.” Mi rimprovera, posandomi un bacio sulla
guancia. “Grazie
di tutto Jake.” Sorrido, un po’ in imbarazzo, e la
guardo negli occhi: sembra
tutto tranquillo. “Figurati. E poi non lo faccio apposta, mi
escono così …” “È
proprio quello il bello, infatti. Non sei per niente costruito Jake, tu
sei
esattamente il tipo di persona che pensa una cosa e la fa
così com’è, senza
sporcarla con calcoli egoistici. È uno dei tuoi tanti lati
affascinanti.” Mi fa
l’occhiolino, mentre si serve un altro piatto di uova, con
mia immensa gioia.
“Edward
questo cos’è?” Domanda Simone,
sfiorando una delle mie amatissime tastiere. “Una tastiera
elettronica, cioè uno
strumento musicale. Tu premi i tasti nel giusto ordine e viene fuori
una
melodia, in questo modo.” Mi alzo dal letto e mi siedo allo
sgabello,
cominciando a sfiorare le levette. Simone chiude gli occhi, deliziata,
e
comincia a muovere il capo seguendo la musica. Da dietro le labbra
distese in
un vago sorrisino le esce un mormorio soave, perfettamente accordato
con la
canzone, che mi incanta. “Vorresti cantare qualcosa per
me?” le chiedo,
sinceramente curioso. “Prima stavo cantando?”
“No, quello di prima più che
altro si chiama mormorare. Cantare è come parlare, ma con
parole ben precise e
che seguano il ritmo della musica. Qui ho qualche testo di canzone,
scegli pure
quello che preferisci.” Le passo il fascicolo e attendo con
trepidazione. Solo
un mormorio mi ha fatto venire la pelle d’oca, non oso
immaginare come andrà
con una canzone intera. “Mh, questa mi ispira
molto.” Vedo, con un po’ di
ansia, che ha scelto una canzone di Tarja Turunen e già mi
viene l’ansia perché
sentire le canzoni che canta lei reinterpretate da altri è
sempre un vero e
proprio dolore. Ma non ho cuore di dirle di no, ha
un’espressione così tenera e
speranzosa! E poi sono curioso. “Va bene, sei pronta? Uno,
due, tre …” Poso le
mani sui tasti e comincio ad impostare la melodia. Quando è
il suo turno, senza
che le debba fare un cenno, Simone comincia a cantare e mi ipnotizza.
Non ho
parole per descrivere la sua voce, non ho parole per dire quello che mi
fa. È un
miracolo vero e proprio, che supera qualsiasi cosa. Il mio corpo e la
mia mente
non sono più nella mia camera, nella casa in mezzo al bosco,
nella penisola di
Olympia o nel mondo, ora io mi muovo come no spirito e seguo la sua
voce,
ovunque mi stia portando. Ho caldo, ho freddo, sono lacerato dal dolore
e dalla
gioia assieme. È come se tutti i sentimenti, le sensazioni e
le normali
reazioni che non ho potuto provare in questi anni mi riempissero tutto
ad un
tratto. Felicità, rabbia, frustrazione, dolore, amore, provo
tutti questi
sentimenti, tutti uniti e fusi in un unico flusso che mi invade.
È come se
fossi nato nuovamente, come se per la seconda volta in vita mia fossi
diventato
un vampiro e mi fossi svegliato in un momento totalmente diverso.
Ovviamente
essendo così sopraffatto, non riesco più a
suonare ma non importa. La voce di
Simone è talmente piena, talmente ricca e densa di
sfumature, da riuscire a
ricreare tutto da sola, da riuscire a sostituire la cadenza data dagli
strumenti e gli accompagnamenti dei cori con una semplice opera di
volontà.
Appaiono delle immagini davanti ai miei occhi, illusioni create dalla
sua voce,
forse, e mi perdo in esse, nelle mille storie che narrano. Vorrei che
non
finisse mai di cantare, non vorrei mai dover tornare nel mondo reale.
Non c’è
nulla, laggiù, che possa competere con quello che vedo qua.
Non voglio tornare.
Sto smontando
e rimontando la mia moto, cercando in tutti i modi di riempire il tempo
nell’attesa che i Volturi se ne vadano, quando
all’improvviso percepisco, in
maniera del tutto netta, che c’è qualcosa che non
va in Edward. Non c’entrano i
superpoteri da lupo o l’ansia per la nostra lontananza
forzata, questa è una
cosa che semplicemente sento dentro, nel petto, in quella parte di
cuore che
appartiene solamente a lui. È una sensazione indefinita, non
so bene cosa possa
voler dire, ma so di sicuro che non promette nulla di buono. Edward
è in
pericolo. E io, poiché sono quel che sono, non posso muovere
un dito per
aiutarlo, sebbene lui sia la persona che ritengo più
importante al mondo. Sono
a meno di un chilometro da lui eppure non posso raggiungerlo e non
posso
toccarlo, posso solo pensarlo. Sotto le luci fredde del neon del mio
garage,
addossato alla mia moto e seduto sul pavimento di cemento, mi risolvo a
fare
tutto quello che posso, in questo momento: penso ad Edward, sperando
che tutto
ciò che sento gli possa in qualche modo arrivare,
così come a me è arrivata la
sensazione che ci fosse qualcosa che non andava.
È
notte, la
luna e le stelle fanno luccicare le onde del mare. Al largo appaiono
delle
sirene e cominciano a giocare con l’acqua. Ballano, e
disegnano cerchi tra le
onde, ridendo. Le fanno galleggiare attorno a loro e sembrano volare
tra gli
spruzzi, libere, bellissime ed eterne. E poi il paesaggio cambia:
c’è un prato
verde e le lune ora sono due e di una strana sfumatura viola e nera.
Una sacerdotessa
ed un demone combattono assieme contro un’infinità
di mostri. In un laboratorio
segreto un ragazzo dalle cui mani esce una fiamma azzurra e un cecchino
dai
capelli bianchi e un occhio bendato, sterminano un contingente di
nemici. Un
ragazzo aspetta qualcuno, seduto sotto la pioggia. Sorride tristemente,
si alza
e se ne va. Non appena scompare, arriva un altro giovane, correndo a
perdifiato. Una ragazza canta su un palco in un teatrino scolastico, e
con la
sua voce incanta tutto il pubblico, che per l’emozione
scoppia a piangere. C’è
un’altra persona che piange, ed è di nuovo una
giovane. Il ragazzo che ama l’ha
appena mollata attraverso il PC e ora lei rimane in lacrime davanti ad
una
schermata MSN, e sente il suo cuore spezzarsi vomitando sangue e
dolore. Un
uomo uccide, squarta e seziona una donna, e poi la appende ad un
albero,
inchiodandola. Una ragazza e una bambola in forma umana, identica in
tutto e
per tutto ad un ragazzo vivo e vegeto, sono innamorati e fanno
l’amore. Lui
morirà tra poco. Un giovane scrive con frenesia dei nomi su
un quaderno e le
persone che li portano muoiono. Un altro mangia chili di dolci mentre
lo
insegue. Sette bambini combattono contro un mostruoso ragno in un
labirinto
sotto una città e vent’anni dopo cinque adulti lo
uccidono. Un poeta sente la
sua musa dire che ha intenzione di camminare da sola e prende una
decisione
piangendo. Una ragazza partorisce e spera che il suo uomo viva per
sempre. Una
dea torna al suo nirvana, assieme all’anima
dell’uomo che finalmente ha accettato
di amare. Una giovane muore, sacrificandosi per i suoi amici, e
un’altra
respinge l’uomo che ama e la possibilità di
guarire per salvare un mondo che ha
fiducia in lei sola. Una bambina rifiuta degli occhi di bottone e un
mondo perfetto
creato apposta per lei, una madre seppellisce sua figlia uccisa dalla
peste. Due
ragazzi fanno sesso in una biblioteca e poi prendono una decisione
importantissima, staranno assieme. Questa volta la scena non cambia, ma
neppure
continua. Rimane semplicemente lì, ferma e statica. E i
protagonisti
incominciano a cambiare. Non sono più il disegno di due
ragazzi giapponesi, ora
i loro corpi e la loro fisionomia cambiano sotto i miei occhi,
trasformando una
scena da manga in una foto, o un ricordo. Entrambi diventano
più alti, e
sebbene uno continui ad esserlo di più, ora la differenza
non è poi tanto
marcata. I loro corpi non sono più sottili ed efebici: in
particolar modo
quello del ragazzo alto diventa una massa di muscoli ambulante. Il suo
viso
diventa più ampio e meno rigido, i tratti si addolciscono,
la pelle si scurisce
parecchio, le labbra si riempiono, gli occhi assumono un taglio diverso
e i
capelli si allungano. Il giovane giapponese è diventato ora
un bellissimo
ragazzo indio, che stringe la mano al suo compagno. Anche lui,
ovviamente, è
cambiato, ma io mi sono perso la trasformazione e la sua
totalità mi lascia
frastornato. Mi trovo davanti a un giovane estremamente attraente, dai
tratti
dolce e virili al tempo stesso. Anche lui è alto e muscoloso
anche se meno del
suo compagno, che è un vero e proprio Maciste, ma ha la
pelle bianca come il
marmo, i capelli ramati e scompigliati ad arte e un paio di stranissimi
occhi
dorati. Gira appena la testa e mi guarda, e all’improvviso io
ricordo tutto:
non sono una semplice parte di questo mondo, un qualcosa che osserva il
susseguirsi eterno delle immagini che la voce crea, io sono una
creatura viva e
reale. Io sono quel ragazzo, e mi chiamo Edward Cullen. Il sogno si
infrange,
la musica cessa. Mi ritrovo in camera mia, a Forks, nella penisola di
Olympia e
nel mondo. Simone è al mio fianco, terrorizzata. Ha paura,
non sa cosa sia
successo e vedo che è stata vittima anche lei delle sue
capacità. Mi accerto
che nella sua mente non ci sia traccia di bugia e poi, con titubanza,
la
consolo e chiamo Jasper e Carlisle, per discutere con loro la mia
scoperta.
È
tutto calmo
ora, tutto è andato a posto. Sospiro, quando
finirà questa situazione? Non ne
posso più e comincio ad aver paura. Che i Volturi stessero
effettivamente
tramando qualcosa e che quindi ora stiano cercando in tutti i modi di
arruolare
Edward e i suoi fratelli, con le buone o le cattive? Estremamente
probabile. Dannazione, perché
non abbiamo preso delle precauzioni quando potevamo, invece di rimanere
ad
aspettare e ad amoreggiare? Non mi va l’idea di lasciare
Edward solo ad
occuparsi dei tranelli di quei dittatori, non mi va l’idea di
averlo così
lontano. Non che non mi fidi di lui, ma temo i Volturi e i loro
tranelli. Li
temo per la sicurezza degli abitanti di Forks, e per il futuro della
nostra
relazione. Ma questa volta non posso fare davvero nulla.
“E
questo è
quanto.” Conclude mio padre. Aro raccoglie le mani sotto il
mento e si chiude
in un silenzio corrucciato. Jane lo osserva di sottecchi, ansiosa, ma
ogni
tanto si volta e scruta Simone con uno sguardo tanto carico di odio che
mi
meraviglio che non sia ancora saltata in aria. “Sono
addoloratissimo per tutto
questo, Carlisle. Ero più che sicuro che Jane avesse svolto
per bene il suo
lavoro, ma a quanto pare non è stato così. Posso
solo rallegrarmi del fatto che
il potere di Simone non si sia rivelato pericoloso o letale per il tuo
ragazzo.
Ora ci prenderemo cura noi di te, piccola.” Termina in tono
più dolce,
rivolgendosi alla neonata con i capelli rossi. Sul suo volto si dipinge
un’espressione
terrorizzata e sento, attraverso Jasper, i suoi sentimenti. Si sente in
colpa
da morire ed è incredibilmente spaventata. Davvero non aveva
idea di quello che
stava facendo. Io e mio fratello decidiamo in un momento, del resto
sappiamo
fin troppo bene che Aro farebbe di tutto pur di addestrarla a
controllare il
suo potere. Simone è una ragazza dolcissima e gentile, non
deve essere
condannata ad un esistenza piena di rimorsi e di sangue versato solo
perché ha
perso il controllo una sola volta. “Aro, per noi non
è un problema continuare
ad ospitarla, anzi. Io e Rosalie siamo ottimi musicisti, potremmo
insegnarle a
cantare senza utilizzare il suo potere. Tutto questo è
probabilmente accaduto
solo perché è ancora giovane ed inesperta. Un
maggiore esercizio sul suo auto
controllo sarà senza dubbio in grado di farle dominare
questa capacità, e non
ci sarà esercizio migliore di quello di stare a contatto con
gi umani.” Aro
annuisce. “Si, hai ragione Edward. Ma cosa dovrebbe accadere
se perdesse ancora
il controllo? Non rischiate enormemente di rimanere intrappolati nel
mondo che
lei crea? Non vorrei mai che la mia centenaria amicizia con vostro
padre
venisse spezzata per causa mia.” “Il potere di
Simone non è pericoloso, è solo
allo stato brado. Mi ha preso alla sprovvista, ma dalle sue illusioni
si può
scappare, se si riesce a concentrarsi su qualcosa di vivo e reale che
abbiamo
ad aspettarci nel mondo.” “Mh … Quello
che dici è molto interessante, giovane
Cullen. Mi permetti di vedere? Sarò così in grado
di valutare il destino
migliore per Simone.” “Ma certo, Aro.”
Rispondo, dandomi dell’imbecille
patentato. L’ho spinto io a toccarmi, che idiota!
Sarò pronto ora? Mi alzo, con
enorme calma, e cammino fino ad Aro, ancora seduto sulla sua poltrona.
Durante
il percorso mi rilasso il più possibile e ripeto tutto
ciò che so su Jessica
Stanley, come un mantra. È bassina e abbastanza carina, ha
dei bellissimi
capelli neri piuttosto ricci e due occhi particolarmente intensi. Ha un
bel
fisico e un seno generoso. Le piace mettersi in mostra, ma sa farlo con
una
certa eleganza e senza dare l’impressione di essere
ossessionata da sé. Ha una
parlantina spigliata e vivace e trova spesso spunti interessanti per
conversare. Ha una bella cotta per me, ma nulla più, e mi
frequenta senza
sperare in un qualcosa di più impegnativo di un
po’ di sesso. Vuole rimanere
libera, e on impegnarsi. Ha molta paura di soffrire. Mentre stringo la
mano ad
Aro penso tutte queste cose, senza concedermi di divagare neppure un
secondo e
cercando di dare non l’impressione che siano sterili dati ma
considerazioni
tratte da una lunga osservazione di sottecchi. E pare proprio che sia
riuscito
a orientare la sua ricerca per il verso migliore, visto che quando
lascia la
presa è genuinamente di ottimo umore. “Molto bene,
se ciò non vi disturba
Simone resterà qua. Purtroppo ora si è fatto
terribilmente tardi e devo andare.
Marcus aveva promesso di aggiornarmi stasera sui movimenti dei Denali.
Miei
cari Cullen, che posso dire? Vi ringrazio infinitamente per la vostra
gentilezza e comprensione. Jane verrà punita per la sua
superficialità e
stupidità. Simone cara, tu esercitati al meglio. Sono
ansioso che tu canti per
me, un giorno. A domani.” Si incammina verso la porta.
Sospiro di sollievo. “Ah,
Edward …” Ecco, appunto, ma perché deve
sempre andare a finire così? “Si Aro?”Domando,
senza un’inflessione nella voce. ”Quella ragazzina
è davvero piuttosto
graziosa, e se le cose perdurano in quella forma non vedo
perché privarti di
una compagnia tanto gradevole. L’hai un po’
trascurata, ultimamente, stasera
invitala ad uscire.” “Ma certo Aro, grazie mille
per la tua comprensione.”
Sorrido, sorrido veramente, mentre mi inchino a mo di ringraziamento.
“Figurati,
grazie a te …” Replica il vampiro, per poi
andarsene.
“Daii,
suu,
ancora un bicchiere!” Ridacchio a sentire la mia voce
impastata mentre riempio
il boccale di Jake. Io sono abbastanza ubriaca, ma lui lo è
molto più di me e
sta per crollare. “Tanto non cederò Angela, lo sai
… sono più grosso di te e reggo
moooolto meglio!” Bofonchia, mentre beve. Poi crolla a terra
ed inizia a
russare. Ridacchiando soddisfatta mi sistemo da qualche parte e guardo
pensosa
nelle profondità, non più molto profonde a dire
il vero, della bottiglia di
vodka. Non ne aprirò un’altra solo per me, non
solo perché non riuscirei a
berla ma, temo, neppure a centrare bene il tappo per aprirla.
Però lasciare questo
quartino tutto solo soletto è proprio uno spreco.
Giù, tutto in un colpo!
Quando ho finito sono soddisfatta, decisamente soddisfatta, ma anche un
po’
malinconica. So che non dovrei bere, i miei sbalzi di umore sono
tremendi
quando mi ubriaco e perdo del tutto il pudore e i freni inibitori.
Inoltre, di
solito, quando sono in questo stato perdo il mio autocontrollo e
comincio a
deprimermi pensando agli errori che ho commesso di recente. Ed ho ben
chiaro in
mente il casino che è successo l’ultima volta.
Ancora posso vedere e sentire
tutto abbastanza chiaramente, nonostante la sbronza, anzi probabilmente
è proprio
il fatto di essere ubriaca che mi fa scivolare nei ricordi on tanta
facilità. La
musica a palla, le luci colorate che si rincorrono, quel bastardo del
mio ex
all’altro capo del telefono e un figo mostruoso che continua
ad offrirmi da
bere qui, in discoteca. Perché rifiutare? Più
litigo con Anthony e più mi sento
accaldata e assetata, e poi non sto sborsando un centesimo, paga tutto
il tizio.
Così i drink da due passano a quatto e poi a sei. Un
po’ troppo anche per una
che regge tanto come me, visto che avevo già bevuto
abbastanza prima e che non
avevo mangiato per il nervoso,eppure non mi fermo. Sto per fare una
cazzata, ed
Anthony, ubriaco pure lui, preme il detonatore. “Certo, certo
come no. Tanto
voi donne siete tutte troie, senza nessuna eccezione. Vaffanculo
amore.” Dopo
aver letto quello perdo la testa. Vorrei fermarmi qui, smettere di
ricordare,
ma oramai ho preso il via e devo andare fino alla fine. Proprio come
allora lui
mi si avvicina e mi bacia. Non è solo un bel ragazzo,
è anche bravo e io sono
su di giri per l’alcool e la rabbia. Lo provoco e non si fa
pregare più di
tanto. E per quanto quel sesso sia stato bello, non ne è
valsa la pena. Volevo
punirmi e farmi male, e l’ho fatto, eccome se l’ho
fatto. Scuoto un braccio
davanti a me, come se potessi cancellare tutto, ma l’unica
cosa che riesco a
fare è scoppiare in lacrime, ottenendo almeno di scappare da
quel ricordo
doloroso. Perfetto, sono una ragazza di diciotto anni grande e grossa
che si fa
venire la sbronza triste e piange sola al buio. Beh, non proprio
sola,mi dico,
sentendo Jacob che russa facendo più rumore di un treno in
corsa. Con parecchia
fatica gattono sino a lui e lo osservo. È davvero carino, e
cosa più importante
è una buona persona, nonostante tutto. È stato
lui a venire qui in casa mia,
stasera, portando parecchio da bere. Sembra che sia in grado di
procurarsi
sempre ciò che vuole, non importa cosa sia. Comunque era
molto triste e già un
po’ fuori, e mi ha chiesto di fargli compagnia. Mi chiedo
come mai, e se gli
sono stata di conforto anche solo un po’. Vedo che non ha
finito la sua vodka e
decido di porre rimedio, tanto oramai ubriaca lo sono già.
Al massimo piomberò
addormentata addosso a lui. In realtà non è un
pensiero divertente, ma sto
talmente male che, pur di non piangere, scoppio a ridere. Con le
lacrime che
scappando dai miei occhi, d’accordo, ma rido. A squarciagola,
sino a sentire
male dappertutto, sino ad avere male alla pancia, agli addominali, alla
gola e
al cuore. Rido sino a svegliare Jake con quel rauco grido, che mi
ostino a
chiamare risata. Apre gli occhi e non so quello che vede, ma so solo
che, anche
se è ubriaco, mi vede dentro e mi apre le braccia,
polverizzando le mie difese.
La tentazione di crollare è forte, lui è un muro
di certezze pronto ad
accogliermi. So che mi consolerebbe, che mi coccolerebbe. Forse mi
bacerebbe
anche, se glielo chiedesse, e farebbe l’amore con me. Mi
piacerebbe tantissimo
e mi sarebbe incredibilmente di conforto. Ma solo per un po’,
e poi sarebbe
anche peggio perché perderei anche lui. Inoltre tutta la
vodka di stasera non
basta a cancellare un’immagine nella mia testa: Jacob che
bussa alla mia porta,
già ubriaco. Ha portato da bere e ha la solita faccia da
duro. Ma appena sotto
c’è un dolore talmente grande che mi soffoca, mi
impedisce di respirare e mi
graffia l’anima come uno spuntone di vetro acuminato. Se
ignorassi questo
dolore sarei davvero la peggiore puttana sulla faccia della Terra,
l’ultima
delle cagne e delle bestie. Se fossi egoista e capricciosa, se
continuassi a
crogiolarmi nell’autocommiserazione, se non facessi nulla per
una persona come
Jake, che mi ha tenuta collegata al mondo in tutti modi,
anche e forse soprattutto causandosi
sofferenza, non avrei più il coraggio di guardarmi allo
specchio. Mi giro verso
di li
vedo tutto, chiaramente, un
bambino di quasi due metri, un colosso di muscoli e atteggiamenti da
figo che
si tiene assieme alla meno peggio Ma la sua corazza è piena
di crepe, e io posso
toccare la sua anima. E lo faccio, per un milione di motivi diversi.
Jacob
Black si piega, si accartoccia, si spezza, e tra le mie braccia, in
lacrime e
tremante, c’è solo Jackie. Un adulto, ma anche un
bambino. Una persona che ha
davvero tanta paura.
Salv
a tuttiii!!! Aggiornamento abbastanza in tempo, merito di Jakefan che
si è presa la briga di fari da editor <3 È
un capitolo dal taglio un po' bizzarro, volevo esprimere un concetto
troppo grande e chissà come ci sono riuscita! Mi piacerebbe
molto che me lo diceste! Prometto che dal prossimo capitolo,
però, ci saranno più azioni veloci, oramai questa
storia rischia di diventare un sofisma -.-" Un bacio a tutte e a tutti,
mi auguro che il vostro Capodanno sia andato bene e che l'anno sia
iniziato al meglio ^^ Baci
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** What's happening and what will happen ***
“E
allora,
Aro, come procede il tuo ambizioso piano?” Marcus ha come al
solito un tono
beffardo, ma vedo il suo interesse sotto la maschera che porta.
“Direi in
maniera eccellente amico mio. La dottoressa Belnandes ha fatto una
scoperta
davvero portentosa, che mi sta permettendo di sfruttare una delle
nostre nuove
reclute al massimo.” “Quale?”
“Simone, la ragazza con i capelli rossi. Come
avevamo già verificato ha un grandissimo potere, e proprio
oggi lo ha testato
su Edward Cullen con risultati ottimi. Il farmaco è davvero
portentoso e mi
permette di sfruttarla come desidero senza il minimo rischio di venire
scoperto! Le ho dato ordini molto precisi su come agire e poi le ho
ordinato di
scordare il fatto che fossero ordini. Le ho detto di agire seguendoli,
ma di
non pensare mai ad essi. Simone oggi ha cantato con la sua voce
speciale perché
glielo avevo ordinato io, ma non lo saprà mai. E il successo
del suo attacco è
stato incredibile. Sebbene Cullen sia un musicista di primissima
qualità, si è
fatto ammaliare dalla sua voce in un paio di minuti, ed è
stato scaraventato nel
suo mondo di illusioni senza che potesse reagire in alcun modo. Visto
che è
ancora inesperta, Simone non è riuscita a trattenerlo
completamente ed è
rimasta lei stessa vittima di sé. Ma con un po’ di
esercizio sono sicuro che
potrà diventare una vera e propria sirena, e che
sarà capace di suscitare ogni
genere di sentimenti attraverso il canto!” “Mh,
suona davvero bene, lo ammetto.
E chi sarà ad educarla? Se non sbaglio nessuno dei vampiri
vicini a te ha
particolari doti nel campo della musica.” “Non
sbagli, nessuno dei miei è
portato per la musica. Per questo saranno Edward Cullen e sua sorella
Rosalie
ad aiutare Simone. Terrorizzati dall’idea che io potessi
farle del male per
educarla, mi hanno promesso solennemente che saranno loro a insegnarle
a
padroneggiare la sua dote, finendo nella mia trappola come avevo
previsto fin
dall’inizio. In questo modo Simone non solo
svilupperà in maniera eccellente le
sue doti naturali, ma carpirà anche dati utilissimi su come
adattare il suo
dono a seconda dei casi e delle prede. Così potrà
sottomettere molta più gente
in molto meno tempo, e con molto meno sforzo. Nessuno potrà
resisterle, e
resistere a noi.” Marcus sorrise ed annuì.
“Ancora una volta, mio caro
fratello, i tuoi piani si rivelano tanto buoni da stupirmi. Ma sei
sicuro che i
Cullen non sospetteranno mai nulla? Li ricordavo insopportabilmente
etici e
buoni, ma non stupidi.” Aro sorrise e reclinò il
capo, lanciandosi un
misterioso sguardo alle spalle. Il vampiro lo seguì e, nel
buio, intravide la
sagoma di un bambino, che osservava con freddezza la casa nel bosco e
fumava
una sigaretta. “Ah, già. Sottovalutavo Alec, a
quanto pare …” “Come hanno fatto
anche i Cullen, del resto.”
Caro Jacob,
è stupido scrivere una lettera
che non ti consegnerò mai? Probabilmente si, e parecchio, ma
sento incredibilmente
la tua mancanza. La provo fin nel profondo del cuore e darei non so
cosa per
poterti avere qui, in questo momento. So bene che questo non
è possibile, e mi è
stato appena dimostrato quanto sia pericoloso anche solo il pensarti ma
tu fai
parte di me e questa è una cosa che non posso e non voglio
evitare. Quindi ho
deciso che ti scriverò una lettera ogni volta che la tua
mancanza si farà
sentire a tal punto da far diventare la mia sete solo un capriccio. Non
potrò farlo
ogni volta che mi mancherai per il semplice fatto che sennò
dovrei vivere in
questa stupida stanza, legato ad una sedia, una scrivania e un
calamaio. Si,
hai capito bene, un calamaio. Odio scrivere con la penna a sfera.
Incredibile, riesco
a divagare persino scrivendo una lettera, sono davvero un caso perso!
Ti
scriverò, dicevo, solo quando il desiderio di te si
farà così totalmente insopprimibile
da lasciarmi annientato e preda dei ricordi. Sono un lusso che in
questo
momento non mi posso concedere e quindi li riverserò qui
sulla carta, dove
saranno lontani dalla mia mente ma sempre vivi. Non posso permettere
che i
nostri momenti assieme finiscano nelle mani dei Volturi, ma non
perché tu sei il
nemico o perché sei un ragazzo. Non posso lasciare che
quegli esseri orribili li
vedano perché quelli sono solo ed esclusivamente istanti
nostri: miei, tuoi e
della coppia che formiamo. Non permetterei a nessuno di vederli neppure
se io e
te fossimo la più ordinaria delle coppie sulla faccia della
Terra. Sono tesori
solamente nostri, e chiunque altro, se non noi, li sporcherebbe. I
Volturi con la
loro avidità e la loro cupidigia, tutti gli altri non
capendoli e studiandoci
sopra per cercare di analizzarli. Rovinerebbero tutto. E non posso
assolutamente accettarlo perché io ti amo, Jacob, ti amo per
davvero. Non è la
lontananza a parlare, non sono né il desiderio né
l’attrazione fisica, è solo
il mio cuore, e la mia mente soprattutto. Non l’ho mai detto
ad alta voce
perché ritengo che affermandolo ti imporrei qualcosa. Sono
certo dei miei
sentimenti, ma non voglio far pressione sui tuoi, voglio che tu sia
libero di
comprenderli e coltivarli con cura prima di confidarmeli, qualunque
essi siano.
Anche se il mio corpo è rimasto fermo a quel lontanissimo
giorno del 1918, la
mia mente è progredita. E sebbene io, troppo spesso, mi
comporti come un
ragazzino, ho accumulato comunque tutta la saggezza dei miei 110 anni
di vita.
Ho capito di amarti molto tempo fa, ho accettato di amarti e vedo che
anche tu
provi un sentimento nei miei confronti. Questo, per ora, mi basta. Non
voglio
farti fretta dichiarandomi, non voglio che tu ti senta in dovere di
darmi la
stessa risposta. Voglio che tu sia sicuro, in modo da non farti
rimpiangere
nulla e da non costringerti, eventualmente, a rovinare le nostre
memorie un
giorno. Qui a casa è tutto molto stressante, i Volturi ci
hanno affibbiato
delle neonate da sorvegliare e rieducare, ma sono assolutamente
innocue, hanno
solo dimenticato come vivono gli umani. Non hanno bisogno del nostro
aiuto per
imparare a stare al mondo,
basterebbe
loro qualche ora di tv, o un giro in centro. Se non fosse impossibile
direi che
Aro stia tramando qualcosa alle nostre spalle, come al solito, ma
questo è solo
un discorso assurdo e paranoico. Abbiamo i nostri poteri a garantirci
sicurezza, perciò stai tranquillo. Abbiamo scoperto che una
delle ragazze, che si
chiama Simone, ha una grande dote che io ho avuto il privilegio di
sperimentare
oggi pomeriggio. Ti prego, nota il sarcasmo. Canta in maniera
ultraterrena e,
involontariamente, ha manifestato il suo dono, imprigionandomi con la
sua voce
in un mondo di illusioni meravigliose. E ti assicuro che sarei
volentieri rimasto
lì per sempre, se qualcosa non mi avesse richiamato qui, in
mezzo agli esseri
viventi. Aro ha voluto sapere cosa mi avesse fatto ritornare, e
così ho
inventato una storiella, ad uso e costume di tutti: ho fatto credere a
tutti
che fosse stato il rapporto con la mia famiglia la molla per voler
tornare, ma ho
mentito. Sono tornato indietro perché qui ci sei tu, e il
mio posto è al tuo
fianco, Jacob Black, anche se forse per te è troppo presto
per parlarne. So che
al mondo non ci sono cose certe ed immutabili e che nella vita non si
può mai
essere certi di nulla, ma in fin dei conti io sono morto, no? E la
morte è già
di per sé una certezza. Quindi, per ciò che sono,
posso giurarti che io non
potrò mai più amare una persona quanto amo te. E
non solo perché il sentimento
dell’amore varia da persona a persona. Ora, purtroppo, ti
devo lasciare. Ho mostrato
ad Aro Jessica, e quindi devo uscire con lei stasera. E mi
toccherà farlo per molte
altre sere. Ancora una volta, nota il mio sarcasmo. Quindi
sarà meglio che ora mi
prepari, e che ceni un po’. Ti devo lasciare. Pensami anche
solo un decimo di quanto
farò io, e sarò felice da morire. Ti amo, tuo
Edward.
Sento la
caffettiera elettrica sibilare e ribollire e mi
precipito in cucina, barcollando e scontrando oggetti a tutto spiano.
Ho gli
occhi aperti solo a metà, mi fa male la testa e mi sento
tutta gonfia e
dilatata: ho assoluto bisogno di un caffè. Poi,
nell’ordine, seguono una doccia
e la necessità di fare il punto dei miei pensieri alla luce
di quello che ho
scoperto stanotte. Anzi, quello è meglio farlo ora, mentre
Jacob dorme ancora.
Verso il caffè nella tazza e mi gingillo con lo zucchero e i
biscotti, raccogliendo
le idee su quello che il mio amico mi ha raccontato. Ho solo questa
occasione
per meditarci su, perché ho capito benissimo che non appena
Jake si sveglierà
dovrò fingere di non saperne nulla ed essere la solita
Angela, altrimenti lo
perderò. Le rivelazioni che mi ha fatto stanotte sono troppo
profonde e private
perché un’amica generica come lo sono io le possa
conoscere. Se Leah fosse
stata in città, ieri sera lui non sarebbe certo venuto da me
e probabilmente
non si sarebbe neppure ubriacato per sfuggire al dolore. Ma lei non
c’era, e
ora io mi trovo in una posizione strana, che richiede un presa di
coscienza e
un po’ di determinazione. Non voglio che Jacob si allontani
da me, e desidero anche
io essergli vicina perché ho visto la sua enorme sofferenza.
Mi piacerebbe molto
che si confidasse con me e che mi parlasse di tutti i suoi problemi, ma
quello
è un ruolo che apparterrà per sempre a Leah
Clearwater, e cercare di
rubarglielo sarebbe meschino, inutile e con tutta
probabilità impossibile. Però
questo non significa che io sia del tutto inutile, come amica! In fin
dei
conti, anche se ora so che lo ha fatto solo perché mi
riteneva una ragazzina facile
da conquistare visto il momento difficile che stavo attraversando,
Jacob mi si
è avvicinato parecchio, mi ha sostenuta in un momento di
crisi profonda e si è
affezionato a me, arrivando a considerarmi una buona amica. Lui, che
detesta la
scuola e lo studio, ha dedicato una parte del suo tempo libro a me e al
mio
rifiuto cronico per la geometria e, benché tutto si possa
dire di Jacob Black
tranne che è uno dal cuore tenero e facile da intenerire, si
è preso cura di me
con una pazienza infinita. È stato divertente, brillante,
simpatico, perfetto e
cavaliere in ogni momento, sebbene il suo cuore stesse sanguinando. Non
mi ha
mai mostrato questo suo lato e, anche se so che dirlo così
suona presuntuoso
oltre ogni dire, lo ha fatto anche per me, per evitare che mi tenessi
tutto
dentro e soffrissi in silenzio per paura di turbarlo ulteriormente.
Queste sono
cose che mi ha detto lui ieri sera, e non ho motivo di dubitare che
siano vere.
Del resto una volta qualcuno ha detto che le parole degli ubriachi sono
chiamate verità dagli uomini sobri, e come non ho dubbi di
ritenere che tutte
le altre cose che mi ha detto corrispondono al vero, così
giudico anche queste
sue ultime parole come una pure e semplice verità. Non sono
per nulla arrabbiata
per il fatto di essere stata avvicinata per interesse e, anzi, questo
accresce
la mia determinazione nello stargli vicino solo e semplicemente come
Angela
Weber. Non la più fidata delle confidenti, forse, ma
un’ amica buona e che realmente
può dirsi utile. In mia compagnia forse non farà
mai nulla di più interessante
che andare in moto, parlare di fotografia e spettegolare, ma almeno
potrà
ritagliarsi momenti di relax, momenti nei quali potrà
staccare la spina e
riposarsi senza doversi sempre preoccupare di questo o quel problema.
Però, forse,
posso insegnargli che può occuparsi anche di se stesso e non
solo ed esclusivamente
degli altri. E sicuramente posso impegnarmi davvero con tutta me stessa
e
superare la fine della storia con Anthony, per dimostrargli che sono
tornata ad
essere la persona solare e positiva di un tempo grazie a lui, e che non
si deve
più preoccupare per me. Certo, mi piacerebbe moltissimo
poter essere colei che
lo sostiene, gli asciuga le lacrime durante i momenti dolorosi e lo
tiene per
mano mentre li attraversa, ma so che non è quello il mio
posto. Però, comunque,
quello che posso fare per lui non è così poco, e
giuro che lo farò mettendoci
tutta me stessa. Soddisfatta bevo il mio caffè e mi trascino
sotto la doccia. Per
la prima volta dopo non so quanto tempo canticchio sotto il getto
dell’acqua e
mi prendo il mio tempo per me, coccolandomi come non succedeva da molto
prima
che rompessi con Anthony.
Salve
a tutti! Non sono impazzita, giuro. Sono solo stata colta da un misto
di ispirazione e frenesia isterica. Il risultato è questo e
spero che vi piaccia! Probabilmente
non riuscirò a rispondere alle recensioni perchè
devo preparare un esame (Il primooo, sono in ansiaaaaa C= ) ma sappiate
che le leggerò e rileggerò e che, non appena
avrò tempo, lo farò. Un bacio e buona giornata! Ysis
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Double D: Dating and Decisions ***
Apro gli occhi
e la prima cosa che mi viene in mente
di fare è guardare la sedia dove piego gli abiti. Gli skinny
jeans e il top di
voile rose sono ancora lì, quindi non ho sognato. Ieri sera
sono davvero uscita
con Edward Cullen! Stesa tra le mie amate lenzuola, che hanno disegnato
sopra
un meraviglioso campo fiorito, ripercorro le ultime ore di ieri, felice
e
ancora incredula.
Esme, Rose e
una delle neonate stanno facendo un
rumore tremendo, giù in cucina, e mi distolgono dai miei
pensieri:
l’appuntamento di ieri non è andato affatto male,
Jessica è davvero la compagna
ideale, per questo genere di cose. È abbastanza carina,
abbastanza simpatica
con una conversazione abbastanza interessante e, soprattutto, le posso
leggere
nella mente. Da quando sto con Jake, che a causa del potere
dell’Alfa ne è
immune, non utilizzo quasi più il mio dono e devo ammettere
che non mi spiace,
per quanto riguarda il mio ragazzo, sforzarmi e cercare di capire
quello che
gli passa per la testa senza poteri. Però in situazioni come
questa la
telepatia è davvero una mano santa, che mi da i parametri e
i confini entro i
quali posso muovermi con sicurezza. Però, anche se da quel
punto di vista tutto
è andato davvero bene, c’è una cosa che
proprio non mi va giù. Felix e Chelsea
ci hanno seguito tutta la sera e, anche se non hanno fatto nulla di
strano, la
trovo comunque un invasione della mia privacy assolutamente ridicola.
Aro può
vedere ogni singola cosa che faccio semplicemente sfiorandomi, non vedo
perché mettermi
alle calcagna un armadio tutto muscoli e una ragazza capace di
controllare le
emozioni altrui.
“Esci
anche tu?” Mi apostrofa Leah, mentre si arriccia
i capelli davanti allo specchio. Entro anche io in bagno, annuendo, e mi
lavo la faccia e i denti. “Mi vedo con
Angela tra mezz’ora, andiamo al Sequoia Adventure.”
“Non mi sembra vero che
possa essere una ragazza così mascolina, sotto quel viso da
angelo.” Ridacchia
la mia amica che, posato l’arricciacapelli, ha cominciato a
truccarsi. “E
invece si! Angela è molto diversa da quello che sembra, ti
assomiglia in un
certo senso. Per questo mi ci trovo tanto bene. Tu invece esci ancora
con
Anthony?” “No. Siamo usciti spesso questa
settimana, e sai come la penso. Non
voglio che nessuno dei due cominci a farsi strane idee. Mi vedo con Liz
e
Danielle, faremo un giro a Jacksonville. Certo che spostarsi sempre
è davvero
una scocciatura incredibile, spero che quei vampiri sloggino
presto!” “A chi lo
dici …” Sospiro, sistemandomi i capelli. Gli occhi
della mia amica scintillano,
in una risata muta e maliziosa. “Passerà presto,
vedrai …” “Lo spero. Vado, ci
vediamo dopo. Credo che verrò a dormire d nuovo
qua.” “Va bene, ma è tanto che
non stai un po’ con Billy, vero?” “Se la
caverà, lui ha i suoi amici …” La mia
amica non fa altro che alzare di un ulteriore millimetro le
sopracciglia, ma
tanto mi basta per leggerle dentro. “Poi ne parliamo,
d’accordo?” La blandisco.
Vedo che è scettica, ma non replica e si concentra
sull’eyeliner.
Ringraziandola mentalmente torno in camera, mi vesto, e poi esco.
È tanto che
non vado da Billy perché non so come comportarmi. Credo di
sapere come la pensa
sulla presenza dei vampiri a Forks. E di sicuro non gli farebbe per
nulla
piacere sapere che è stato suo figlio ad accordare il
permesso. E se poi mi
facesse altre domande sull’essere lupi mannari, o su Ateara?
Non me la sento di
mentirgli ancora, ma rivelargli la verità lo farebbe
preoccupare inutilmente, o
lo farebbe infuriare. E non voglio che accada, sono pur sempre suo
figlio, e
anche se non glielo dimostro spesso quanto dovrei, a lui ci tengo.
“Come
è andata la vostra ricognizione?” Abbaia il
vecchio Ateara in direzione dei due lupi che gli siedono ai piedi. Sono
molto
giovani, li ha costretti a mutare con la forza grazie al richiamo
dell’Alfa e
li tiene totalmente in scacco. “No signore, i succhiasangue
sono tranquilli.”
“Mh, stanno tramando qualcosa, me lo sento. E di Black cosa
mi sapete dire?”
“Anche lui è piuttosto tranquillo. Si vede con
Angla Weber e nulla più.” “La
Clearwater?” “Si vede anche lei con un ragazzo, che
pare fosse proprio l’ex di
Angela. Sembra che sia stata lei a fargli arrivare la notizia del
tradimento
della sua ragazza.” “Questo la Weber lo
sa?” “Non so, signore.” “Beh,
cerca di
scoprirlo, allora! Non capite proprio nulla, voi, possibile che vi
debba sempre
spiegare tutto? Leah Clearwater è probabilmente
l’unica persona al mondo capace
di influenzare le decisioni di Jacob Black, dobbiamo sapere tutto su di
lei!
Così, ricattandola, potremmo riuscire a controllare anche
lui. Quel dannato
bamboccio ha troppo carisma, e i suoi seguaci gli sono troppo solidali.
Persino
quell’idiota di mio nipote lo segue e lo venera come un Dio,
invece di
osservare le leggi di suo nonno! Ma se portiamo Jacob Black dalla
nostra parte
sarà fatta, avremo un esercito completo e perfetto, e
scacceremo le maledette
sanguisughe dalla nostra terra! A questo proposito, che avete scoperto
dei
Cullen e dei loro ospiti?” “Sono leali e si
attengono al patto, non c’è nulla
da dire.” “Siete davvero senza speranza! Sono
vampiri, è nella loro natura
tramare qualcosa a danno nostro e della nostra terra! Non avete
osservato
abbastanza! Fatemi vedere!” Il vecchio si muta in un lupo
dall’aria aggressiva
e crudele e poi fissa i suoi occhi penetranti in faccia ai due animali.
La
forza della sua autorità è tale da far crepitare
l’aria. Harrison Ateara vede
Edward Cullen passeggiare romanticamente con un’umana e spera
che prima o poi
quella stupida ci lasci le penne. Altri vampiri li stanno seguendo: una
ragazza
con i capelli corti e rossicci, che sembra concentrata su un qualcosa
che il
lupo non riesce a capire, e un colosso di muscoli con la faccia da
squalo. Il
suo sesto senso, improvvisamente, si mette all’erta e
Harrison Ateara capisce
che c’è un altro vampiro in quel ricordo, un
vampiro che a quegli idioti dei
suoi sottoposti è sfuggito. Lentamente, il vecchio
capobranco comincia ad
osservare tutti i passanti e, dopo un po’ di tempo, nota un
bambino. Ha una
faccia da angelo innocente, ma i suoi occhi sono rossi come tizzoni
ardenti e
sta fumando una sigaretta, sebbene non dimostri più di nove
anni. Nessuno lo
nota, nonostante sembri così piccolo e così
bello, nessuno cerca di togliergli
la sigaretta dalle mani. Semplicemente è come se non
esistesse, come se fosse
avvolto da una nebbiolina sottile capace di nasconderlo. Neppure lui
distoglie
lo sguardo da Cullen, e a ben vedere il figlio del dottore sembra
effettivamente avvolto dalla stessa nebbiolina. Decisamente bizzarro.
Il lupo
torna umano, congeda bruscamente le due reclute e si siede sulla sua
poltrona.
Deve pensare, fare un piano. Ha capito che gli ospiti dei Cullen stanno
facendo
qualcosa di poco pulito, e si chiede se non possa favorire questo
qualcosa,
tanto per agitare un po’ gli animi.
Chelsea non
ricordava dove e quando fosse nata, ma
sapeva di non essere molto più anziana dei
vent’anni che dimostrava.
Probabilmente ne aveva quasi una trentina, ma rimaneva ancora una
ragazza
giovane, e soprattutto un’idealista. Faceva da sempre parte
dei Volturi, era
stato il suo compagno, Afton, a trovarla e portarla presso i tre
vampiri che
l’avevano risparmiata, dato un posto dove stare e, una volta
scoperti i suoi
poteri, arruolata nel corpo di guardia. La gratitudine che nutriva nei
loro
confronti era, e per questo li difendeva con convinzione ed impegno,
mettendo a
disposizione tutti i suoi poteri di giovane vampira. Era una ragazza
tenace e
fedele, anche e soprattutto nelle idee. Ai Volturi doveva tutto, e non
si
sarebbe mai sognata di contravvenire a un loro ordine prima di
conoscere i
Cullen. Ma il vedere quelle persone legate e amorevoli l’un
con l’altro come
una vera famiglia, le aveva smosso qualcosa dentro. Tra i Volturi
c’erano rispetto
e civiltà, ma una grande freddezza di base e, soprattutto,
la necessità di
vivere sempre con un paio d’occhi dietro la testa. I Cullen
invece erano
perfettamente a proprio agio e rilassati gli uni con gli altri, e le
facevano
rinascere dentro sensazioni che doveva aver provato solo nella sua vita
umana:
familiarità, calore fraterno, legami forti ed indissolubili.
Erano un piccolo
gioiello, e lei si sentiva in dovere di proteggerli in ogni modo
possibile. Se
i suoi padroni fossero riusciti, come desideravano, a mettere le mani
su
Edward, Jasper ed Alice, tutto l’equilibro di quella famiglia
si sarebbe
dissolto e ogni cosa sarebbe stata diversa. Sarebbero diventati tutte
guardie,
come lei, e l’essenza così unica dei Cullen
sarebbe svanita nel nulla. Per
questo Chelsea aveva deciso di mentire. Come al solito si era messa
totalmente
a disposizione dei suoi padroni e aveva pedinato Edward, analizzandone
le
emozioni e i legami affettivi con maggiore cura del solito, vista la
protezione
fornita dalla presenza di Alec. Gli ordini che aveva ricevuto erano
estremamente chiari: spiare la relazione tra Edward e l’umana
e usarla come
pretesto per arruolarlo, facendo leva sulla pericolosità di
tali sentimenti.
Aveva osservato Edward per parecchio e aveva tratto le sue conclusioni:
al
giovane non ne poteva importare meno della ragazza che stava
frequentando e
anche la ragazza, per quanto ammaliata dalla sua personalità
e dal suo aspetto,
non era così coinvolta nella relazione, sebbene lo ritenesse
il migliore delle
scelte possibili. Ma allora cos’era quell’insieme
di struggente amore e malinconia
che sentiva provenire dalla sua preda? Era innamorato di qualcuno ma
non della
ragazza che stava frequentando. Chelsea era una ragazza sveglia e, dopo
un
momento di riflessione, era giunta alla conclusione che la giovane
dovesse
essere solo un simulacro, e che il vero destinatario dei sentimenti di
Edward
dovesse essere effettivamente un altro, che lui non voleva
evidentemente
rivelare. Se queste notizie fossero arrivate ad Aro, sicuramente il suo
padrone
avrebbe tentato il tutto e per tutto pur di scoprire chi fosse
veramente la
compagna di Edward, e ricattarlo poi mettendola in pericolo. E questa
volta lei
non se la sentiva. Quindi avrebbe rivelato solo parte della
verità che aveva
scoperto: Edward usciva con l’umana ma era coinvolto al
minimo. Non una bugia
vera e propria, solo un uso un po’ arbitrario e calcolato
della verità. Niente
che Aro potesse usare per distruggere i Cullen. In pace con se stessa
ma
fondamentalmente anche un po’ nervosa, la giovane
entrò nella Hall, prese l’ascensore,
percorse il corridoio e andò a bussare alla porta della
stanza più bella
dell’Hotel, da dove Aro e Jane dirigevano i loro piani.
“Dai
muoviti, lumaca!” Angela Weber, approdata alla
piattaforma costruita sulla sequoia gigante, apostrofò
così Jacob Black, ancora
intento ad armeggiare con il passante della carrucola sulla piattaforma
dell’altro
albero. Il suo gigantesco amico le fece un gesto non proprio
cortesissimo ed una
linguaccia e poi, finalmente soddisfatto dalla sicurezza della propria
carrucola,
si slanciò sul filo, percorrendo i 50 metri che lo
separavano da lei esultando,
incurante della velocità folle. Gli occhi scintillavano e
sprizzavano i soliti
bagliori verdi, l’atteggiamento era rilassato e il sorriso
sul suo volto
perenne e sincero. Angela osservò tutto questo e trasse
alcune conclusioni: la
prima, Jacob davvero non ricordava nulla di quanto le aveva confidato
poche
notti prima e continuava a trattarla nello stesso modo sincero e
premuroso. La
seconda: era assolutamente impossibile, anche volendolo, essere tristi
o
imbronciate in un pomeriggio tanto bello e, soprattutto, mentre si
osservava un
ragazzo alto circa due metri calarsi di albero in albero e di ramo in
ramo che
si impegnava con tutto e stesso per fare il buffone. La terza: Jacob
era
davvero bello, quando era di quell’umore, sembrava quasi che
scintillasse dall’interno.
La quarta: se non si fosse spostata il suo amico l’avrebbe
travolta. Sorridendo
apertamente Angela si voltò, sistemò i lunghi
codini neri e il cappellino
militare, diede uno strattone alla fune e proseguì il
percorso indicato dalla
guida, divertendosi da morire ad arrampicarsi sugli alberi e a
dondolare di
ramo in ramo. L’aria era tiepida e piacevole, profumata di
bosco, il sole non
scottava sulla pelle e il cuore non faceva male. Dietro di lei Jacob,
appena
approdato sulla piattaforma, imprecava contro le scimmie sottoforma di
ragazze
carine ed angeliche e ridacchiava. Angela chiuse per un momento gli
occhi. Era
tutto assolutamente perfetto.
Rientro a casa
dopo una vivace battuta di caccia e
vengo salutato da Rose e da Simone che, sedute al pianoforte in
salotto,
suonano e cantano. Simone ha imparato a controllare il suo dono in
pochissimo
tempo, grazie al nostro aiuto, e ora che non ha più paura di
quello che può
scatenare se perde il controllo, canta appena può. La sua
voce, anche senza
utilizzare il dono, è davvero un’esperienza,
è in grado di realizzare qualsiasi
nota a qualsiasi tonalità ed intensità e riesce
anche ad adattare a piacimento
timbro ed estensione vocale. Non conosco la canzone che stanno
eseguendo ora, e
neppure la capisco visto che le parole sono in giapponese, ma grazie
alla sua
voce mi sembra una melodia incredibilmente rassicurante e familiare,
che mette
subito di buon umore. Finiscono il pezzo e poi si girano verso di me in
cerca
di complimenti, speranzose. Con un grosso sorriso sulle labbra applaudo
e poi
vado a salutarle entrambe con un bacio. “Siete state davvero
bravissime,
complimenti! Che canzone era, Rose?” “Grazie
Edward. Era un esperimento, la
sigla finale di un cartone che mi piace molto. Ho pensato che cantando
una
canzone in una lingua che non conosce avrebbe avuto meno
possibilità di
deconcentrarsi e pare che la mia intuizione sia stata giusta. Sei stata
molto
brava Simone, e non hai usato il tuo dono neppure per
errore.” Le fa un sorriso
enorme e Simone risponde, sprizzando gioia da tutti i pori.
“Che bello, grazie
Rosalie! Lo vado subito a dire a Diane e Liv! Sapete per caso dove
possono
essere?” “Diane è in giardino con Esme,
Liv invece è con il mio ragazzo.” Ci
informa Alice in tono gelido, entrando in salotto con espressione
corrucciata e
lisciandosi inesistenti pieghe sui suoi costosissimi vestiti. Simone la
ringrazia e sgattaiola fuori a testa bassa. “Continua a far
finta di nulla?”
Domanda Rosalie, con aria divertita. “Ti giuro, la ammazzerei
seduta stante.
Non capisce che una coppia ha voglia e bisogno dei suoi spazi, senza
dover
sempre far da baby-sitter ad una neonata fissata con la
storia?” “Liv è
invadente?” Domando, accomodandomi accanto a Rose sul piano.
“Sarebbe usare un
eufemismo!” Protesta mia sorella, sedendosi piuttosto
drammaticamente sul
divano di pelle bianca. “È una patita di storia,
come Jasper, e così quei due
non fanno altro che leggere libri ammorbanti su questa o
quell’altra guerra, o
dittatura, o carestia e ne parlano per ore, con chiunque abbia la
sventura di
passare troppo vicino! Figurarsi, ieri mi hanno tenuto un seminario
sull’importanza della figura femminile nell’antica
Roma e nel Medioevo! E
inoltre questa passione li assorbe talmente tanto che io, che sono
fidanzata da
Jasper da settant’anni, mi trovo messa da parte! Non ha
più tempo per le nostre
passeggiatine né per i nostri viaggetti, ora
c’è solo quella piccola peste e il
suo interesse per la successione degli imperatori romani e le dinastie
carolingie. Hanno persino cominciato a studiare il latino, figurarsi!
Non vedo l’ora
che se ne vadano, giuro!” Io e Rose annuiamo, partecipi, e
cominciamo a suonare
a quattro mani per tirarla su.
Ciao
mie care ^^ Eccomi
qui con un nuovo capitolo, finalmente! Grazie mille per essere state
comprensive con me e per gli auguri per la buona riuscita del mio
esame. Sono felice di potervi dire che ho preso 30 (*-* sono ancora
incredula) Il
prossimo, disgraziatamente, è il 7 o l'8 Febbraio, quindi
credo aggiornerò dopo quella data, salvo cambiamenti
improvvisi ^.^ Grazie
a tutte per il vostro sostegno, per le recensioni e per il tempo che
dedicate alla mia storia ^.^ Un
bacio, Ysis
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** {J}acksonville ***
(Ateara) Il
vecchio sedeva alla sua
poltrona,
osservando il cielo plumbeo fuori dalla finestra con un paio di occhi
altrettanto grigi. Erano giorni e giorni che soppesava lo stesso
concetto, ma
ancora non riusciva ad arrivare ad una soluzione per renderlo
attuabile. Jacob
Black era un pericolo e doveva levarselo dai piedi, quello era
evidente, ma il
problema di tutta la faccenda era trovare il modo.
Provare a ricattare Leah Clearwater si era rivelato inutile,
lei semplicemente aveva riso e slogato il braccio al suo delegato,
aggiungendo
che il vecchio Alfa doveva essere ancora più rimbambito di
quanto pensasse, se
credeva di ottenere qualcosa con un trucchetto del genere. Ateara aveva
incassato
e non aveva ribattuto: al momento era troppo concentrato sulle sue
strategie,
ma una volta sistemato Black quella sgualdrinella della Clearwater
avrebbe
avuto tutto il tempo che desiderava per pentirsi. Il punto focale della
situazione però era che lui, il famosissimo capo del
Consiglio Quileute, noto
per il su carattere di ferro e per la scaltrezza con la quale conduceva
il suo
esercito e raggirava gli avversari, si trovava bloccato e limitato
nell’agire a
causa di un ragazzo immaturo, irresponsabile ed impertinente. Jacob
Black doveva
sparire, senza la sua guida tutto quell’ ammasso di mezzi
delinquenti e buoni a
nulla che costituivano il suo gruppo si sarebbe disgregato e lui
avrebbe
finalmente occupato il posto che gli spettava e che si era guadagnato
con
fatica una decina di anni prima. Ma quel ragazzo sembrava impossibile
da
screditare o rimuovere in qualsiasi modo: per qualche strano ed
incomprensibile
motivo i suoi sottoposti si rifiutavano di tradirlo con tanta tenacia e
fermezza da rendere impossibile costringerli, anche facendo leva sul
comando
dell’Alfa. Assurdo, davvero assurdo: tanta cieca devozione
sprecata per un
soggetto come Jacob Black. Inizialmente la rabbia e la vergogna per il
fallimento dei suoi piani erano state tante e tali da convincerlo quasi
ad
andare contro i suoi principi e il suo orgoglio, e chiedere a quei
Volturi così
spaventosi un aiuto, certo della loro collaborazione. Per la fortuna di
tutti
gli abitanti di Forks, però, il vecchio capo aveva deciso di
sorvegliare per
qualche tempo il contingente nemico e aveva scoperto una cosa
fondamentale: Aro
Volturi era identico, in tutto e per tutto, a lui. Sicuramente li
avrebbe
aiutati e avrebbe studiato con loro un piano perfetto, che permettesse
di
ottenere il massimo risultato possibile. E poi, una volta che i mannari
fossero
stati soddisfatti, il capo dei vampiri li avrebbe fatti cadere in
trappola e annientati
uno ad uno, perché i lupi Quileute erano una minaccia troppo
grande per lui e
la sua amata pace. Non poteva rischiare che esistessero, per quanto
isolati,
esseri in grado di opporsi alla sua corte e al suo esercito, il suo
orgoglio
non lo sopportava. Aro amava vedersi come una divinità scesa
in terra, un
mecenate bellissimo, immortale e letale. Aveva sufficiente potere per
tenere in
vita quest’illusione perpetuamente ed evitare che la
realtà dei fatti lo
contraddicesse, e Ateara aveva capito che non si sarebbe risparmiato
per nessun
motivo al mondo. Li avrebbe braccati dappertutto e, con tutta
probabilità,
sconfitti. I vampiri, a differenza dei suoi mannari, potevano esser
creati a
centinaia al giorno, e Ateara era certo che Aro sarebbero stato capace
di
vampirizzare città intere e sacrificare milioni di suoi
simili, pur di salvarsi
la pelle. Il signore dei vampiri non era avversario contro il quale si
potesse
sperare di vincere giocando secondo le regole, ma la cosa era perfetta
per lui,
che da sempre aveva distorto e piegato le leggi a proprio favore.
Avrebbe
tenuta segreta l’identità del suo Clan e avrebbe
battuto Black in un modo o
nell’altro. E poi, una volta che le acque si fossero calmate,
avrebbe marciato silenziosamente
contro Volterra e, mentre i suoi sottoposti si scontravano con
l’esercito, lui
sarebbe penetrato nella sala del trono, e avrebbe spiccato il capo di
quel
principe tronfio e crudele con immensa gioia.
(Edward)
“Ed,
ci
porti a fare un giro? Ci annoiamo!” Simone, Chelsea, Diane e
Liv sono apparse
nel vano della mia porta e mi supplicano, con aria speranzosa. Con un
sospiro
abbasso il romanzo che sto leggendo e ringrazio il cielo per aver
deciso di
rimandare la lettera che ho intenzione di scrivere a Jacob.
L’appuntamento di
ieri sera è stato niente male, devo ammetterlo, ma per tutta
la serata non sono
riuscito a trattenermi e ho sognato di fare le stesse cose con lui.
Tenerci per
mano mentre andavamo al ristorante, mangiare ridendo e scherzando e
baciarci
dolcemente sulla sabbia, sotto la luce della luna. Mi manca Jacob,
potrei quasi
dire che ho sete di lui, tanto forte sento questo desiderio, e vorrei
poterlo
vedere, anche solo per un minuto. Mi mancano i suoi occhi, il suo viso,
il suo
modo di fare da spaccone eppure dolcissimo, mi manca tutto di lui,
anche quelle
poche cose che solitamente mi urtano. Per sicurezza preferisco non
indulgere in
certi stati d’animo con Chelsea qui presente e quindi, per
distrarla, reggo il
gioco delle piccole. “Con un giro voi intendete shopping,
vero?” Beh, sai com’è,
a Jacksonville ci sono dei saldi incredibilmente vantaggiosi
…” Dice Diane,
sbattendo le ciglia in una parodia di seduzione che mi fa ridacchiare.
Non so perché
ma deciso di accompagnarle, sebbene ritenga che far compagnia a delle
donne
afflitte da febbre da shopping sia in linea di massima una tortura,
quindi mi
alzo e prendo le chiavi della macchina. “E va bene, ma che
siano chiare alcune
cose: è vietato stare più di mezz’ora
in un negozio, è vietato ritornare più
volte nello stesso negozio e alle otto ho un appuntamento.”
“Oh, grazie mille
Edward, sei un angelo!” Strillano le neonate, saltandomi al
collo e baciandomi.
Chelsea, più contenuta, mi fa un occhiolino complice.
Già pentendomi amaramente
della mia bontà d’animo mi dirigo verso il garage,
pensando che almeno questo
giro mi permetterà di concentrarmi maggiormente
sull’appuntamento di stasera.
Non posso sperare che la Stanley sia sempre talmente frastornata da me
da non
accorgersi che in realtà, mentre le parlo, le tengo la mano
o la bacio, sono a
milioni di anni luce distante da lei, tra le braccia di un indio
bellissimo che
mi ha rubato ciò che posso avere di simile ad un cuore.
(Jacob)
“Davvero
mi accompagneresti fino a
Jacksonville? Grazie mille Jake, sei un tesoro, davvero non avrei
saputo come
fare!” Sorrido e passo ad Angela il casco.
“Figurati, mi fa piacere fare un
giro. Ti porto sino alla riserva e poi andiamo fin là in
macchina, ok?” Lei
annuisce, contenta, e io parto, soddisfatto. Fare un giro mi fa davvero
piacere, guidare non mi stanca mai e poi la strada fino alla
città è, si, lunga
ma anche molto riposante. Senza contare che così
avrò altro tempo per evitare
mio padre. Arriviamo alla riserva e la vedo guardarsi attorno,
incuriosita. “Se
ti aspetti di trovare tende di pelle o vecchi intenti a comunicare con
i
segnali di fumo mi sa che rimarrai piuttosto delusa. Le tende sono
scomode e il
capo del Consiglio detesta il fumo.“ La prendo in giro,
mentre entro in casa.
Lei mi fa una linguaccia
e risponde
qualcosa del tipo. “In verità cercavo solo
Pocahontas e John Smith.” Cerco di
fare meno rumore possibile, ma mio padre è solo invalido,
non sordo, e in meno
di un minuto appare al mio fianco. “Ciao Jacob.” Mi
dice, osservandomi. “Ciao
Billy, sono un po’ di fretta a dire il vero. Sono passato
solo a prendere le
chiavi della macchina ...” “Prendile pure, in fin
dei conti e tua. Dove vai?” “A
Jacksonville. Un’amica deve sbrigare una commissione urgente
ed improvvisa, e
ho pensato di accompagnarla, ma tornerò entro stasera e poi
andrò a cena e a
dormire da Leah.” Mio padre continua a fissarmi e, anche se
non dice una
parola, bastano i suoi occhi neri e magnetici a mettermi in soggezione.
“Un’amica?
Non Leah?” “No, una ragazza di Forks che ho
conosciuto a scuola. È simpatica.” “Chi
è?” Sbuffo, contrariato
dall’interrogatorio. “Angela Weber,
papà, la figlia
degli architetti! E, per inciso, mi sta aspettando qua fuori e io
rischio di
farle fare tardi. Hai da mangiare?” Domando poi, un
po’ più dolcemente, sentendomi
in colpa per come lo tratto fin troppo spesso. Lui annuisce e gira la
sedia a
rotelle. “Certo che ho da mangiare, ho ventitre anni
più di te ragazzo, credi
che non me la sappia cavare da solo? Vai pure.” Per un
momento mi sembra che
voglia voltarsi e aggiungere qualcosa, ma sono veloce ad evitarlo:
afferro le
chiavi ed imbocco la porta, senza guardarmi dietro. Conduco Angela
nella mia
officina e la faccio salire in macchina. Faccio manovra per uscire dal
vialetto
stando ben attento, mio malgrado, a non guardare verso casa mia, per
paura di
vedere mio padre che mi osserva dalla finestra del salotto. Sbuffo e
accendo la
musica, innervosito. Probabilmente Angela ha notato il mio cambiamento
d’umore,
ma non lo da a vedere e comincia a chiacchierare, dandomi il tempo di
calmarmi e
di pentirmi, come sempre, per essere un figlio così come
sono.
(Edward)
Due minuti
e trenta secondi dopo aver chiuso le portiere della Volvo ero
già stato
trascinato in una boutique all’ultima moda e se,
all’inizio, vedere quattro
bellissime ragazze provarsi vestiti sexy ed eleganti poteva essere
un’esperienza
piacevole, dopo due ore la cosa ha decisamente perso il suo fascino
originale.
Diane, Liv, Chelsea e Simon sono bellissime qualsiasi vestito
indossino, e non
so proprio più che dire quando mi chiedono pareri sui colori
e le sfumature degli
abiti che indossano. Mio malgrado comincio a distrarmi e a vagare con
la mente
verso quell’unico argomento che non mi stanco mai di
accarezzare. Scommetto che
Jacob, con quella sua aria da duro, non avrebbe mai accompagnato
quattro
ragazze a fare compere. E sicuramente, anche se fosse stato costretto a
farlo,
le avrebbe fatte muovere. Probabilmente avrebbe dato loro un passaggio
e un
punto d’incontro, e avrebbe occupato in altro modo il suo
tempo, magari facendo
un giro per la città. E in effetti potrei proprio fare
così anche io: dare
appuntamento alle ragazze tra due ore al massimo e starmene in santa
pace in
libreria, o in un bar. Magari potrei davvero scrivere quella lettera a
Jacob,
in modo da non essere così ossessionato da lui, stasera.
(Jacob)
Il viaggio
verso la città è stato piacevole come avevo
previsto e io e Angela abbiamo
avuto modo di chiacchierare un altro po’, tra una risata e
l’altra. Purtroppo
però, a causa dell’ora tarda e del fatto che
Jacksonville è molto più grande di
Forks e Port Angeles, trovare un parcheggio non è stato
affatto facile. Angela
è scesa, temendo che il negozio chiudesse e io, dopo aver
finalmente trovato il
tanto agognato parcheggio, decido di girare per la città.
Non vengo qui da
davvero tantissimo, e ripercorrere queste strade è come fare
uno strano viaggio
nel tempo. Nelle stradine piccole ma pittoresche mi rivedo, assieme ai
miei
genitori e alle mie sorelle, dopo un pranzo domenicale o in gita in
primavera,
quando le rondini arrivavano dai paesi più freddi e noi
cinque sedevamo ai
tavolinetti della gelateria più famosa della
città e ci godevamo il loro volo
ridendo e chiacchierando. Rivedo la vasca della fontanella dove una
volta avevo
spinto Rebecca e la grande quercia contro la quale ci addossavamo per
fare la
conta. È una sensazione strana ritornare
qua, dopo tutti questi anni, e vedere quanto sia diversa la mia vita.
Ora mia
madre è morta in un incidente d’auto, mio padre
è un invalido che a quarant’anni
ne dimostra almeno settanta e le mie sorelle se ne sono andate da
parecchi
anni. Rimango solo io, ma neppure io sono quello di un tempo: ora sono
un
ragazzo cresciuto tutto in un colpo, che ha sulle sue spalle la
responsabilità
di guidare un branco di giovani lupi mannari. Il bambino che giocava
con le sue
sorelle di sangue se ne e andato da tanto tempo, forse anche troppo
perché io
mi metta, ora, a ricordarlo. Ma, ancora una volta, devo ammettere che
questi
anni non sono stati poi così pesanti: ho un gruppo di amici
che mi sostengono e
mi seguono fedelmente, ho Leah, che tutto ciò che si possa
desiderare da una madre,
un’amica e una sorella e poi ho Edward, il mio ragazzo,
nonostante tutti i
problemi che questo comporta ad entrambi. Mi piacerebbe che fosse qui,
ora,
così come mi piacerebbe mostrargli questi frammenti della
mia vita passata.
Probabilmente, se la mia esistenza avesse continuato a seguire quei
binari
tranquilli, io e lui non ci saremmo mai innamorati. Probabilmente io mi
sarei
fidanzato con Leah e lui avrebbe trovato l’amore con qualche
sua simile vampira,
o forse avrebbe creato la sua compagna per
l’eternità con le sue mani, mutando
una delle mille ragazze che muoiono per lui. Rimango a lungo a
contemplare il
mio passato e a riflettere sul mio futuro alternativo, e per completare
al
meglio questo momento dolce e un po’ amaro decido di
ritornare in quella
gelateria di tanti anni fa e di concedermi ancora un po’ di
sofismi leccando un
cono al cioccolato fondente. Lentamente comincio a passeggiare tra le
stradine,
che sono cambiate in dieci anni, ma non tanto da impedirmi di
orientarmi.
(Chelsea) Chelsea,
per quanto deliziata dallo shopping, non aveva smesso un attimo di
sorvegliare Edward
e, sebbene non fosse una telepate, capì immediatamente che
il giovane si stava
per alzare e per allontanarsi dal negozio, come del resto era lecito
aspettarsi
da parte di un ragazzo che avesse deciso di accompagnare quattro
ragazze a fare
acquisti. Quella era la sua occasione. Doveva solo badare che le
Simone, Diane
e Liv non si accorgessero della loro assenza. La giovane le
osservò e capì che
sarebbero state completamente assorbite dai vestiti e dalle sfilate nei
camerini ancora per un bel po’. Aveva tutto il tempo. Veloce
come un fulmine,
la vampira si liberò dei capi del negozio e seguì
Edward nella maniera più
discreta e privata possibile, preparandosi intanto il discorso che
aveva
intenzione di fargli. Aveva pazientato a lungo, ma le ultime riunioni
con il
corpo di guardia ed Aro erano state decisive e lei aveva deciso di
tradire. Continuò
a seguire il giovane a distanza, percependo vagamente
l’acutizzarsi delle sue
emozioni verso qualcosa che al momento era fuori dalla sua vista ma non
badandovi eccessivamente.
(Edward) Perso
nel mio mondo di fantasticherie
cammino per le strade di Jacksonville, cercando un bar dove potermi
sedere e
prendere un po’ di tempo per me e per i miei sogni ad occhi
aperti, magari
scaldandomi le mani con una tazza di caffè bollente. Credo
proprio che scriverò
quella lettera, e parlerò a Jacob di tutte le cose che
desidero, seppure le
ritenga totalmente utopiche. Mi piacerebbe fare un viaggio con lui, ad
esempio,
e anche avere un vero appuntamento, come quello di una qualsiasi
coppia, senza
paura di chissà quali drammatiche conseguenze. Ma la cosa
che sopra ogni altra
mi piacerebbe sarebbe, dopo naturalmente il poter venire allo scoperto
come
coppia senza causare massacri e dolori, poter vivere assieme a lui,
passare le
mie notti sentendole scandire dal suo respiro rilassato e dal rumore
del suo
cuore e imparare di nuovo a cucinare solo per vederlo abbuffarsi la
mattina.
Così, dopo tutti questi anni di pura e semplice esistenza,
potrei tornare a
scoprire, grazie a colui che amo, cosa siano davvero la vita reale e le
vere
emozioni e ritornerei, almeno in parte, l’Edward che
l’immortalità ha rubato e
sbiadito un secolo fa. Se penso alla nostra convivenza la immagino come
un
grosso prisma sfaccettato, con momenti di dolcezza e attimi di
spacconerie.
Stuzzicandoci, coccolandoci, tormentandoci e poi riappacificandoci per
l’eternità,
senza mai essere stanchi o costretti a nasconderci da nessuno, noi
potremmo
vivere in eterno come le persone più felici di questo mondo.
Scuoto leggermente
il capo, come per snebbiarlo, e affondo le mani nelle tasche della
giacca:
pensare a queste cose non è il modo giusto per prepararsi
all’appuntamento di
stasera, poiché tutte queste fantasie, per quanto possa
ardentemente desiderare
che diventino realtà, sono solo questo, e cioè
fantasie, desideri infantili.
Indulgere in loro mi farà solo perdere il controllo sulle
emozioni e la realtà.
Alzo il capo, per cercare il bar che è stato poi causa di
tutte queste riflessioni,
e per un momento credo di sognare. Perché
dall’altro capo dell’attraversamento,
a tre passi esatti da me, c’è Jacob, in carne ed
ossa.
(Chelsea)
Poiché
ho
deciso di tenermi a distanza per non essere vista né udita
prima del tempo, non
ho mai smesso di monitorare Edward con il mio potere. Non
perché mi aspetti di
vedere svelata l’identità del suo amore segreto,
ma solo per sicurezza, per
essere proprio certa di non perderlo di vista. Ed ecco che,
all’improvviso,
tutti gli enzimi che avevo liberato nell’aria attorno a lui
cominciano a
vibrare e a fremere come impazziti. Prima Edward non trasmetteva molto
più che
malinconia e rassegnazione, ma ora qualcosa è cambiato
radicalmente. Il suo
cuore mi sta trasmettendo una serie di impulsi e scariche talmente
intensi e
diversi da farmi fisicamente soffrire. Incredulità,
felicità, emozione, ansia,
fretta, passione, rabbia, gioia dilagante, tutte queste emozioni si
fondono
assieme e si propagano in me come una scarica di corrente a mille
miliardi di
volt. Combattuta tra ciò che ritengo etico e la
curiosità tremenda che mi ha
invaso tentenno un po’ e poi mi decido: alzo gli occhi e poi
li sbarro davanti
alla scena che mi si para davanti. Incuranti degli umani che li segnano
a dito
o li guardano schifati e del fatto di essere esattamente in mezzo alla
strada,
Edward e un colosso indio alto quasi due metri e bello come un dio
esotico,
racchiusi in una bolla di puro amore, si stanno baciando. Dolcemente e
delicatamente,
tanto da spezzarmi il cuore nel petto.
Aggiornamento
super rapido, siete contente? Spero
di si! Una
dedica brevissima, visto che sono le 4.33 am e la mia sveglia
è pericolosamente vicina a suonare. Questo
capitolo è tutto per te, J,
sperando davvero che ti piaccia. Credo
di avere capito <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Werevolfes, Vampires, Confessions ***
(Jacob) “Quanto
mi sei mancato, quanto mi sei
mancato, quanto mi sei mancato …” Se Edward
potesse leggere i miei pensieri
ora, troverebbe solo questa frase nella mia testa. Non appena
l’ho visto,
all’altro capo della strada, la mia mente è
rimasta bloccata, paralizzata e
focalizzata solo ed esclusivamente su di lui. I suoi colori, il suo
profumo, la
sua temperatura sono le uniche cose che percepisco. Non appena ho
incrociato i
suoi occhi, prima, e le sue labbra, poi, il concetto di tempo ha perso
ogni
significato: passato, presente e futuro sono diventati immagini del
tutto
estranee ed irrazionali. Per me, soprattutto in questo momento, esiste
solo
lui. Vorrei davvero chiedergli come sta, come va con Jessica, se
è riuscito a
nutrirsi e come ha passato questi ultimi sette lunghissimi giorni, ma
ho paura.
Se mi lasciassi sfuggire le sue labbra, questo nostro eterno istante di
trascendenza svanirebbe, e noi rimarremmo solamente due ragazzi che si
baciano
in mezzo alla strada, attirando le attenzioni di tanta gente.
Né io né Edward vogliamo
o possiamo interrompere questo bacio, e soprattutto non vogliamo che i
nostri
sentimenti e i nostri gesti siano giudicati da persone che di noi non
sanno
assolutamente nulla. E quindi rimaniamo qui, immobili e teneramente
abbracciati, incapaci anche solo di aprire gli occhi.
(Chelsea) È
passato
un bel po’ di tempo da quando Edward e il ragazzo indio si
sono incontrati ed
hanno iniziato a baciarsi, ma io non mi sono mossa di un millimetro.
Non ho più
finto di respirare, sbattuto le palpebre né continuato la
farsa di tutti quei
trucchetti per mescolarci agli umani, e per quanto sia rischioso
continuerò a
farlo. Non oso fare nulla perché quel bacio mi sta
stregando, e se dovesse
interrompersi mi spezzerei. Perché per me quei due ragazzi
non sono solo uno
spettacolo attraente ed affascinante, ma un mondo del tutto nuovo. Se
li osservo
con gli occhi vedo due splendidi giovani che si scambiano un segno
d’amore, e
se invece è il cuore ad avere la meglio penso a me, ad Afton
e all’amore che
esiste al mondo, in tutte le sue forme. Ma quando attivo la mia terza
visione,
quella che mi è resa possibile dal mio dono, allora
è davvero finita. I
sentimenti che sento provenire da loro sono talmente intensi da
stordirmi e
farmi girare la testa. Mi hanno totalmente stregato e, anche se li vivo
solo da
pochi minuti, mi hanno reso dipendente da essi in tutto e per tutto, e
pronta
ad ogni cosa pur di non interromperli e averne sempre più.
Credevo che le
emozioni e i legami umani non avessero più segreti per me e
il mio potere, e mi
rendo conto solo ora che ero arrivata a pensare a loro come semplici
dati che
ero in grado di manipolare per ottenere il miglior risultato possibile.
Edward
e il suo ragazzo, con il loro bacio, si sono insinuati nel mio cuore e
mi hanno
spiegato tante cose. Loro due si amano profondamente, irreversibilmente
e
totalmente, in un modo che io, con i miei magnifici ed insignificanti
superpoteri,
non potrei ricreare neppure se mi ci impegnassi mille e mille anni.
Perché tra
di loro non c’è solo la parte più
famosa e commercializzata dell’amore, quella
rosa e morbida che sa di vaniglia e cioccolata. Tra Edward e quel
ragazzo
scorre anche un sentimento che è del colore nero e violaceo
della benzina e
proprio come essa è pieno di schifezze, altamente esplosivo,
facilmente
infiammabile eppure indispensabile. E proprio come il livello di amore
rosa e
più facile è, tra di loro, incredibilmente alto,
anche la parte dei sentimenti
neri mi appare smisurata e posso ammettere che, nella sua grandezza, mi
affascina ed intristisce al tempo stesso. Non essendo una vera e
propria
veggente non sono in grado di essere più precisa di
così, ma posso dire con
certezza che ciò che li costringe alla fuga e al sotterfugio
è un qualcosa di
incommensurabilmente più grosso del rischio di non venir
accettati a causa dei
diversi gusti sessuali. Loro non temono una brutta litigata con i
propri amici
e parenti, loro si preparano a pagare la verità con la vita,
e non solo con la
loro. Non so come, non so perché, ma lo sento
e questo mi basta. Chi è il ragazzo meraviglioso e tanto
pericoloso che sta
baciando Edward? È sicuramente uno degli abitanti della
riserva Quileute,
quella stessa riserva sulla quale Aro e Jane a volte confabulano in
tono
cospiratorio. Pare che gli indiani credano in strane leggende che
riguardano i
vampiri e creature che, se evocate, li possano sterminare. Inizialmente
Aro se
ne era piuttosto infastidito e preoccupato, ma poi deve aver lasciato
perdere.
O ha forse deciso di agire di nascosto, il che significa solo guai,
generalmente. Però ora il mio padrone non è
l’argomento che mi interessa. Ora
voglio provare a conoscere il ragazzo che ho davanti. Cercando di
essere il più
delicata possibile comincio a ricercare nelle emozioni che mi scorrono
dentro
quelle che posso attribuire a lui. Le individuo e già
esulto, pregustandomi di
poter indagare la sua anima con calma, quando lui apre gli occhi e me
li pianta
in faccia, interrompendo il bacio. E più che quella brusca
separazione, che
fino a qualche momento fa mi avrebbe gettato nello sconforto, sono
proprio i
suoi occhi a destabilizzarmi, tanto da farmi barcollare ed
indietreggiare, spaventata
ed in iperventilazione. E stavolta il respiro affannoso non
è parte della
solita commedia, è reale. Per descriverli potrei dire che
sono due prati
infiniti, o forse due mari tropicali. Potrei paragonarli a due
smeraldi, ai
minuscoli Buddha di giada dei santuari cinesi o magari
all’erba del vicino, che
è poi l’invidia. Ma ancora non sarebbe esatto, e
alla fine neppure così
importante. Certo, il loro colore è parte fondamentale di
essi, ma non è questo
ad avermi colpito. È stato il tipo di sguardo che mi ha
lanciato. Ha incontrato
il mio e, in un secondo, mi ha spogliata e rivoltato completamente,
dandomi
l’impressione di avermi letta e capita nel giro di un battito
di ciglia. La sua
sincerità e la sua schiettezza mi hanno totalmente
sottomesso, e sarei scappata
a gambe levate se non avessi sentito il mio braccio stritolato da una
morsa
omicida. Mi volto, credendo erroneamente di essere pronta al peggio, e
per la
seconda volta un paio di occhi mi sconvolge. Questa volta,
però, la sensazione non
è soggezione o semplice paura, è autentico
terrore atavico . Perché non credevo
che avrei mai potuto vedere mostro più terrorizzante di
Edward Cullen posseduto
dalla furia, con i capelli ritti, i nervi e i tendini in rilievo sulla
pelle
perfetta e il viso deformato dall’odio, dal panico e
dall’ira. La sua maschera
di perfetto umano si è sbriciolata e, dentro di me, posso
solo essere felice
del fatto di starlo nascondendo agli umani col mio corpo. Tremo a
pensiero di
cosa potrebbe fare quella furia impazzita che lo domina, se eccitata da
un urlo
di terrore. Odio i suoi occhi, mi terrorizzano e mi disgustano, ma non
riesco
in alcun modo a smettere di guardarli. Sono vittima di quel fascino
morboso ed
oscuro che si verifica quando ci si trova davanti a qualcosa di
incredibilmente
sbagliato e terrorizzante. Osservo il dettaglio orrendo del suo volto:
la bocca
è contorta in un ghigno asimmetrico, le zanne sono
fuoriuscite dalle gengive e
bucano il labbro inferiore con sadico ed indifferente godimento. Rughe
profonde
come incisioni gli si dipanano dal naso, dalle guance e dalla fronte e
incorniciano,
assieme alle sopracciglia minacciosamente abbassate, gli occhi di un
pazzo.
Fiamme nere, come quelle del centro dell’Inferno, ardono
gemelle in quei tetri
loculi, fiamme invincibili ed implacabili, che promettono di
distruggere ogni
cosa vivente, se solo riescono a sfuggire al controllo.
(Jacob) Mentre
ancora io ed Edward ci baciamo, il senso del lupo mi riporta sulla
Terra.
Qualcuno ci sta osservando. Un vampiro. Apro gli occhi, vedo una
giovane
bellissima che ci osserva rapita e separo velocemente le mie labbra da
quelle
di Edward, preoccupato. Una vampira, evidentemente, che però
non ci sta in
alcun modo minacciando o creando problemi. Anzi, ha sul viso una
profonda
espressione di dispiacere. Non posso fissarla che pochi secondi,
però, perché
Edward si divincola da me, scatta avanti ad una velocità
assurda persino per
uno come lui e la afferra rudemente per un braccio, penetrandole con le
dita la
carne sino all’osso. Sorpreso e sempre più
preoccupato mi slancio anche io
dietro di lui, e lo afferro per la spalla, per impedire che le faccia
male. O
almeno, questo è quello che conto di fare prima di sfiorare
il corpo del mio
ragazzo. Non appena entriamo in contatto una violenta scossa mi fa
ritrarre il
braccio, terrorizzato. L’aura che emana Edward è
aura di morte
distruzione, e sta
risvegliando il mio
istinto di lupo a super velocità. I primi brividi cominciano
a scuotermi con
l’intensità di una frustata e il mio corpo si
surriscalda ad un ritmo
vertiginoso, raccogliendo in pochi secondi l’energia
necessaria per mutarmi.
Percepisco la bestia ululare e scalpitare dentro di me, squassandomi il
cervello, e riesco solo a pensare che non può succedere qui,
se non voglio che
muoiano tutti. “Edward, ti supplico, fermati.”
È il mio ultimo e disperato
tentativo, pronunciato a mezza voce e in tono spezzato, ma percepisco
con
terrore le mie parole scivolare sulla patina di rabbia tremenda che sta
accecando il mio ragazzo.
(Chelsea)
Capisco, per
la prima volta, il significato di quella
frase che cita “Ho
visto passarmi tutta
la vita davanti agli occhi.”
E realizzo che non sono mai stata più vicina a
toccare la morte, nemmeno quando ho combattuto per Aro nel corso degli
anni.
Perché in tutte le analisi attente e minuziose che ho fatto,
non ho considerato
un dato fondamentale: Edward, come tutti i Cullen, è al
momento in un
gravissimo stato di stress e repressione emotiva. Loro lo ignorano,
naturalmente, ma da oramai sette giorni Alec li tiene tutti in scacco,
imprigionando le loro emozioni e le loro percezioni per permettere a me
e alle
neonate di svolgere il nostro sporco lavoro, e ora è una
bomba pronta a
scoppiare. Per la mia vigliaccheria non ho preso una parte
più definita in
questa storia, e ho eseguito alcuni degli ordini di Aro: ho esaminato,
ad
esempio, i legami che uniscono i Cullen e ho fatto di tutto per
sciogliere il
loro pericoloso affiatamento di famiglia e riportarli alla natura
egoista
tipica di noi vampiri. Le neonate, poi, hanno continuato
l’opera, minando i
legami tra le singole coppie e creando quelle crisi di panico e gelosia
che il
mio signore tanto ama. Simone, che in realtà ha imparato a
gestire perfettamente
il suo potere poche ore dopo la sua nascita, non ha smesso un attimo di
cantare, limitando il suo dono non alla creazione di vere e proprie
visioni ma
al suscitare quei sentimenti che Aro le ordinava di far crescere negli
animi
dei Cullen, e Liv e Diane si sono intromesse prepotentemente nelle vite
degli
altri fratelli, minando le relazioni con le loro spose con
l’unico scopo di
renderli vulnerabili e fragili ad ogni tipo di sollecitazioni. E il
compito che
spettava a me, la più esperta e la più fidata,
era quello di far cedere Edward
e di fargli uccidere e possibilmente mutare la giovane umana che lo
accompagna,
dando così il via ad uno scontro tremendo e perso in
partenza. Alec ci ha
fornito la copertura perfetta e ha bombardato costantemente i Cullen
affinché
non percepissero nulla. Per una settimana ha utilizzato il suo potere
giorno e
notte, bloccando ogni loro percezione e facendo in modo che il nostro
lavoro
procedesse per il meglio. Ma ora lui non è qui ed Edward,
stimolato dai
sentimenti che prova per Jacob, si è totalmente liberato del
suo controllo. Le
emozioni che gli abbiamo inibito, la sete che gli abbiamo impedito di
saziare e
i sensi che gli abbiamo anestetizzato sono tornati da lui tutti
assieme, e lo
hanno posseduto nel tragico istante in cui io ho fatto terminare il
bacio. Ora
lui è mosso da questi istinti repressi che si sono
concretizzati in una furia
cieca, desiderosa solo della mia vita. Sono in trappola, dare battaglia
sarebbe
inutile e anzi peggiorerebbe solo tutto, coinvolgendo la
città intera. Il mio
destino è quello di morire qui, lo vedo chiaramente, e sono
pronta ad
accettarlo. Mi spiace solo di essere stata troppo egoista, e di avere
giocato
con i sentimenti delle persone solo perché potevo farlo.
Prima di chiudere gli
occhi, il mio ultimo pensiero va al bacio tra i due ragazzi e, di
riflesso, al
mio amato Afton: quanto mi sarebbe piaciuto poterlo vedere e baciare
una sola
ed ultima volta! Le mie palpebre si chiudono con gratitudine sopra
quella
visione da incubo che mi ha stritolato il braccio, e il mio respiro
esce
un’ultima volta dalle mie labbra schiuse. Sto per morire, lo
sento. Mi preparo
al colpo. E poi precipito in un pozzo, in una luce viola e
dall’altra parte del
mondo, in un villaggio feudale.
(Jacob)
La
trasformazione è imminente, la bestia graffia e morde
perché vuole uscire da
dentro di me e poi uccidere, uccidere ed uccidere. Le sagome davanti a
me
perdono i loro caratteri di splendidi umani e mi sembrano sempre
più mostri
demoniaci e ributtanti, creature vili e serve del male che
però io posso e ho
tutta l’intenzione di fermare. Prima, però, di
perdere totalmente la mia battaglia
e firmare, nei panni del lupo, una condanna a morte non solo mia,
avviene un vero
e proprio miracolo. Sicuramente dall’alto dei cieli, una
creatura così non può
essere meno che divina, ecco giungere un angelo femmina, dalla bellezza
incredibile. Quella visione beata compare all’improvviso
dall’altro capo della
strada, posa gli occhi su di noi e avanza dolcemente, passo dopo passo,
nella
nostra direzione. Ha lunghi capelli rossi e ondulati che guizzano come
fiammelle tiepide e delicate nella scarsa luce del tardo pomeriggio,
grossi
occhi dorati e luminosi, capaci di rassicurare anche il peggiore dei
peccatori,
e pelle candida e scintillante come un milione di diamanti, che ammalia
ammiccando
sotto la luce del sole. L’angelo non interrompe la sua
camminata e ad un certo
punto, mi accorgo che sta cantando. Non appena me ne rendo conto la sua
voce,
in un istante, spazza via ogni cosa turpe e vile, ogni problema. Il
lupo dentro
me si sdraia e riposa, il mostro davanti a me diventa un ragazzo,e vedo
che gli
umani giacciono storditi oppure addormentati sui bordi della strada,
simili a
bambole abbandonate, ma che, sebbene privi di coscienza, continuano a
far
sgorgare lacrime dai loro occhi. La sola donna che è rimasta
vigile è quella
che è di fronte a me. Non appena l’altro ragazzo
la libera e si allontana don
uno scatto vacilla e cade sulle ginocchia, tremando. Incurante del suo
braccio
orribilmente squarciato, lentamente congiunge le mani in un gesto di
preghiera
e, chinando il capo, con voce strozzata e sottile sussurra.
“Simone, Dio mio ti
ringrazio …”
(Edward) Sobbalzo
violentemente e mi sfrego gli
occhi. È una sensazione strana, come quando, parecchi anni
fa, mi capitava di
assopirmi da qualche parte e poi risvegliarmi improvvisamente,
scombussolato e
stordito. Mi guardo attorno cautamente, ma ciò che mi
circonda non fa altro
che
confondermi di
più. Perché tutti
quegli umani sono accasciati ai lati della strada e sembrano dormire?
Perché Chelsea
è inginocchiata davanti a me e in piena crisi? E
soprattutto, dov’è Jake? Mi
strofino la fronte, cercando di trovare un filo logico che mi aiuti a
spiegare
il tutto, e percepisco il mio ragazzo dietro di me. Lui mi prende la
mano e mi
osserva cauto. “Va tutto bene Edward, ne sei
sicuro?” “Io … credo di si. Cosa
è
successo qua?” Jake sospira e si massaggia il collo con una
mano. “Un po’ di
casini, ma sarebbe meglio non parlarne in strada, anche se gli abitanti
di Port
Angeles sono ko. In fondo a questa strada c’è un
bar che fa al caso nostro,
proporrei di andare là e chiarire tutto. Dillo alle tue
amiche, mentre io
avviso Angela.” Con una leggera carezza lascia
la mia mano e si allontana per
telefonare. Faccio per avvicinarmi a Chelsea ma Simone mi blocca.
“Forse è
meglio che ci pensi io, Edward. Saresti così gentile da
andare a chiamare Liv e
Diane invece? Dovrebbero essere in quel negozietto vintage in Union
Square …” “Si,
certo, le vado a chiamare subito. Ma cosa è successo con
Chelsea?” Domando,
sempre più spaventato e convinto di avere fatto qualche
grosso casino. “Nulla
di che, si è solo presa un tremendo spavento. Ti spiegheremo
tutto tra poco, tranquillo,
e sistemeremo ogni cosa.” Con un bel sorriso mi fa
allontanare, e poi si china
verso Chelsea. Mentre corro via sono quasi certo di sentirla
canticchiare
sommessamente.
(Jacob) Fortunatamente
Angela ha incontrato in tintoria una vecchia amica, cosi non mi devo
preoccupare
di portarla a casa ed inventare scuse per non farla venire con me. E
inoltre
non devo neppure evitare le sue domande acute sul perché sia
così preoccupato.
Ho chiuso la chiamata, mettendomi d’accordo con la mia amica
circa quando vederci,
e sono ritornato verso le due ragazze, un po’ in ansia
nonostante tutto. Non
posso farci nulla, in fin dei conti sono sempre un mannaro e anche se
so che,
almeno per ora, non corro alcun pericolo con loro, il mio corpo non fa
che
ricordarmi ch quelle sono delle vampire. Quella con i capelli rossi,
Simone,
sta canticchiando qualcosa all’orecchio della sua amica
cercando di
tranquillizzarla, ma non appena mi avvicino volta il capo verso di me e
mi
regala un bellissimo sorriso. “Come ci riesci?” Le
domando, riferendomi alla
sua voce meravigliosa. Chelsea smette di tremare come una foglia e le
stringe
una mano con gratitudine, Simone ricambia la stretta e poi mi spiega.
“Non è
raro che noi vampiri nasciamo con poteri paranormali, e io sono stata
semplicemente
molto fortunata. Anche prima la mia voce era molto bella e cantare ha
sempre
fatto parte di me, ma ora posso addirittura creare delle illusioni, e
usarle
per fare del bene come è successo prima. È un
qualcosa di istintivo, come
sollevare il braccio per ripararsi da un colpo o chiudere gli occhi
davanti alla
luce, ma mi riempie di gioia e mi fa sentire utile. Ma anche io ho una
domanda
per te, ora: cosa sei? Scusa la domanda diretta, ma sono davvero
curiosa, non
mi era mai capitato nessuno capace di resistere al mio
canto.” “Non credo che adesso
sia il caso di parlarne … Aspettiamo di avere radunato
tutti, va bene?” Lei
annuisce e si concentra di nuovo sulla sua amica, con mia estrema
gratitudine.
Sospiro, i nostri guai sono tutt’altro che terminati
… chissà ora cosa verrà
fuori da questo pasticcio!
Eccomi
qua, di nuovo ^^ Capitolo
che è stato ideato un po' dappertutto, appuntato dove
possibile e poi diligentemente ricopiato =) Spero
vi possa piacere, un bacio C=
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** Rivelazioni ***
“Cosa faremo
ora, Chelsea? Dove ci possiamo
nascondere?” La vampira più anziana
sospirò e non rispose. Le neonate
guardavano a lei con troppa speranza, e questo la spaventava. La
spaventava e
la faceva sentire tremendamente in colpa: in nome del suo senso di
giustizia le
aveva liberate dalle bugie di Aro e aveva svelato loro la
verità circa i piani
e gli ordini del vampiro, ma così facendo le aveva
trascinate inesorabilmente
dalla sua parte, che oramai rappresentava chiaramente quella dei
traditori. Forse
avrebbe fatto meglio a lasciarle nella menzogna, e ad allontanarsi lei
sola. Edward,
come era lecito aspettarsi, le aveva scacciate da casa Cullen senza
accettare
scuse o spiegazioni, e così facendo l’aveva
caricata di un peso in più. Se
fosse stata sola non le sarebbe stato difficile trovare una
sistemazione
momentanea, al limite poteva anche adattarsi a vivere nascosta in un
bosco, ma
con le neonate al seguito cambiava tutto. Intanto quattro
così belle ragazze
attiravano un sacco di attenzioni, e poi non si fidava a portarle in un
bosco.
Simone, Diane e Liv si erano appena riabituate a vivere come delle
ragazze
normali, portarle nel bel mezzo del nulla e costringerle a sopravvivere
basandosi sull’istinto non le sembrava una buona idea, anche
perché l’effetto
della pillola si era già evidentemente indebolito: le ci
mancava solo di dover
badare a tre assassine bramose di sangue, una delle quali tanto potente
da
rinchiuderla in un mondo di illusioni solamente con una sfumatura della
voce.
No, dovevano procedere verso sud a piedi, evitando la luce del sole e
organizzando
un piano.
(Alice) Esco
dal box doccia e mi infilo
l’accappatoio blu notte, quello di Jasper, cominciando a
frizionarmi e
annusandone al contempo il profumo. Ho sempre avuto una grande memoria
olfattiva, da che posso ricordare, adoro identificare le persone anche
in base
al loro profumo e, solitamente, associo vari odori ai diversi stati
d’animo che
vivo. Se sono felice, ad esempio, mi sembra di sentire un delizioso
profumo di
rose, rosmarino e
basilico fresco, mentre,
quando sono spaventata, per me tutto assume l’odore degli
anestetici. Quando mi
arrabbio sento l’odore elettrico delle tempeste magnetiche, e
se sono triste
quello della terra bagnata. Adoro perdermi nel mondo misterioso degli
odori, e
il fatto che i miei sensi da vampira mi permettano di esplorarlo come
mai avrei
potuto fare in vita. Tuttavia, mentre allento i lembi della cintola e
mi prendo
cura del mio corpo con quei trattamenti tanto inutili fisicamente
quanto
rassicuranti a livello psicologico, mi trovo a pensare che, almeno per
oggi, mi
piacerebbe non avere un olfatto. E non solo perché mi sembra
di percepire
dappertutto l’odore prepotente e importuno di quella neonata
chiacchierona, ma
anche perché, così, potrei mentire a me stessa
ancora per un po’. Potrei dirmi
che si, mi sono infilata l’accappatoio di Jasper, ma solo per
un momentaneo
attimo di sdolcinatezza, non perché avessi effettivamente
bisogno del profumo
rassicurante del mio compagno, l’unico al mondo che mi riesce
a calmare e a
darmi l’impressione di essere stretta da un caldo abbraccio.
Invece i fatti mi
smentiscono, e non appena annuso il profumo del mio compagno sento
chiaramente
la tensione che abbandona il mio corpo ma continua ad aleggiarmi
attorno.
Sospiro, è davvero molto tempo che scappo, ma forse ora
è giunto il momento,
finalmente, di guardarsi in faccia. Mi siedo sul pouf e chiudo gli
occhi,
rilassandomi. La mia mente, il mio potere, mi portano indietro di
dieci, venti,
settant’anni. Sono nata da pochi giorni, ma ancora non so
cosa significhi
essere una vampira. Non so nulla del mio dono, o di come si vive
normalmente,
visto che sono sempre stata segregata in un ospedale psichiatrico. Ma
so che ho
un ferro rovente nella gola e che farei di tutto per estinguere questa
sete che
mi brucia dentro, sino all’anima.
(Edward)
Sento
la pioggia battere insistente sul tetto di lamiera e spero che duri
ancora un
po’. Almeno io e Jake potremmo stare assieme ancora qualche
minuto. Oggi
pomeriggio, dopo tutto il casino che è successo, le quattro
vampire hanno
deciso di andarsene immediatamente, e io e Jake siamo rimasti soli. Non
volevamo attirare nuovamente tutte le attenzioni della
città, ma neppure
separarci cosi presto, dopo la tremenda settimana di lontananza
forzata, e
quindi abbiamo deciso di rifugiarci in un posticino isolato da tutto e
tutti.
La scelta è caduta sul sottotetto del palazzo municipale,
che ha compensato la
scarsa romanticità con una vista mozzafiato. Mi avvicino
alle strette feritoie
che intervallano le pareti chiare e osservo la città sotto
di me, avvolta dalla
pioggia e illuminata dalla luce gialla dei lampioni. Jacob si avvicina,
silenziosamente, e mi cinge con le sue braccia color bronzo.
“Sei sicuro che
vada tutto bene? Non è che stai solo facendo il supereroe e
che non appena ti
lascerò solo avrai un’altra crisi?”
Domanda, posando il capo sulla mia spalla e
sfiorandomi la guancia con la sua. Sorrido e strofino il mio viso
contro il
suo. “Si, stai tranquillo, va tutto bene, è stato
solo una specie di shock
emotivo per la troppa repressione. Mi spiace essermi sfogato
così su Chelsea e
le neonate, non volevo spaventarle, e mi chiedo se non abbia esagerato,
scacciandole da casa così, di punto in bianco.”
Jacob sospira. “Non saprei, ma
comunque mi sembrano ragazze sveglie: sono sicuro che sapranno
cavarsela
egregiamente.” “Speriamo … Comunque
questa giornata non è stata poi tanto male.
Almeno …” Concludo, notando la sua faccia scettica
riflessa sul vetro non
proprio pulitissimo della finestra. “ Ti ho potuto rivedere
prima di quanto
pensasi. Mi sei mancato terribilmente in questi giorni,
Jacob.” Lui nasconde il
viso nell’incavo del mio collo e, dal suo calore, capisco che
è arrossito. “Mi
sei mancato tanto anche tu, Edward. Quando pensi che se ne andranno i
Volturi,
a questo punto?” “Non ne saprei fare una previsione
precisa: potrebbero
andarsene addirittura oggi, con la scusa di recuperare Chelsea e le
altre, o
forse tra un po’ di giorni, per sottolineare la loro
innocenza. Poso comunque
dire che la sua permanenza sarà piuttosto breve, senza le
sue spie non è utile
rimanere così lontano da Volterra. Ma Aro è un
tipo di persona piuttosto
difficile da prevedere e assolutamente da non sottovalutare, quindi non
mi
pronuncio. Comunque se ne dovrà andare, e la prima cosa che
intendo fare, una
volta libero dalla sua sorveglianza, è passare una notte con
te.” Gli occhi di
Jake brillano, divertiti ed eccitati, e le sue labbra mi percorrono il
collo in
una carezza leggera e sensuale. “Anche io non vedo
l’ora.” Soffia, facendomi
mugolare. È bello rimanere qui, anche se la stanzetta dove
siamo rinchiusi è
piccola e polverosa, ed è bello perché
c’è lui qui con me. Le parole “Ti amo” mi
affiorano alle labbra, e ho
già aperto la bocca per poterle finalmente liberare quando
il loro peso mi
colpisce, e le ancora in fondo alla gola. E mentre tento con tutto me
stesso di
cavarle fuori, la pioggia diminuisce sempre più, scomparendo
del tutto quando
mi sto per convincere di potercela fare. Jake si stacca da me, guarda
l’ora e
sibila sorpreso. “Sono già quasi le otto,
accidenti! Leah sarà furibonda.”
Borbotta, mentre si infila la maglietta e il giubbotto. Anche io
sobbalzo ne
sentire l’orario, ho totalmente perso la cognizione del
tempo! Ho un
appuntamento con Jessica alle otto e mezza, ma a questo punto decido di
disdire: non riuscirei ad essere a Forks prima delle dieci, e comunque
preferisco andare a casa. Mi sembra più prudente, alla luce
delle rivelazioni
delle vampire e poi non mi va di vedere Jessica dopo che ho passato un
pomeriggio così con Jake. Non voglio essere ingiusto sia nei
suoi confronti sia
in quelli dei miei sentimenti. La avviso con un messaggio cerco la mia
camicia.
Jake me la porge con un sorriso e mi osserva mentre
l’allaccio, legandosi
intanto i capelli. Mentre finisco di sistemarmi lui apre il portoncino
e si
accende una sigaretta, aspettandomi. Guarda fuori con aria pensierosa
e, quando
lo raggiungo e sto per uscire, mi ferma. “Mi fido di te,
quindi ti lascio
andare tranquillamente. Ma ti prego, non fare pazzie. Se ti senti
strano, se ti
sembra che Alec stia ancora manipolando i tuoi sensi, se senti arrivare
un
altro attacco, per favore chiamami subito e io arriverò, a
qualunque costo.” “Non
è che tu mi invoglio proprio ad essere sincero, premettendo
che saresti
disposto a fare irruzione in un covo di vampiri! Ma ti prometto che, se
mi
dovessi accorgere di qualche problema, ti chiamerò subito.
Va bene?” Prometto,
sporgendomi a baciarlo. Lui mi ricambia con passione, staccandosi poi
con un
sorrisino. “Va benissimo.” Mi rassicura, poi prende
la rincorsa e si butta giù
dal tetto del palazzo, mutandosi in aria. Alzo gli occhi al cielo, mio
malgrado
divertito e affascinato dalla sua immortale spacconeria, e salto
giù anche io.
Mentre corro alla macchina e guido verso casa ripasso la versione che
abbiamo
concordato con Chelsea e le altre circa la loro fuga di oggi
pomeriggio, e mi
chiedo intanto quanto siano stati efficaci gli attacchi delle neonate
ai danni
della nostra unione, e soprattutto se la loro successiva opera di
risanamento
sia stata soddisfacente.
(Alice
1948) Lo voglio. Lo
desidero. Ne ho bisogno,
necessità assoluta. Voglio il sangue, il sangue.
È l’unica cosa di cui mi
importi, l’unica cosa che mi tenga in vita. Sangue, sangue,
sangue. San- gue.
La sete brucia e strazia come fiamme d’Inferno, e strappa la
mia gola come
spine di rovi. Nulla mi distoglie dalla mia ossessione, né i
miei sensi
sopraffini né il mio nuovo dono. Voglio solo che scenda la
notte, e potermi
nutrire a mio piacimento, annegando quasi in quella marea di sangue
rosso e
caldo. Voglio braccare le mie prede, e lottare un poco, ma soprattutto
voglio
sentire quegli spruzzi caldi e densi sul volto e sulle mani. Voglio
immergere
le mie labbra riarse nella loro carne morbida, e rubare da loro ogni
minuscola
traccia di vita. Voglio che si agitino e che cadano preda del terrore,
perché
così il loro cuore pomperà più
velocemente del normale e il loro sangue sarà
ricco di sapore e deliziosamente caldo. Voglio sentire i miei polmoni
riprendere vita, anche solo per un istante, e ricordare
com’è avere un cuore
pulsante nel petto. Voglio tutto ciò, ma per ora non posso
far altro che stare chiusa
in questa sorta di loculo e aspettare con impazienza che il sole
tramonti.
Scintillare come polvere di diamante non è esattamente il
modo migliore per
mantenere un profilo basso, soprattutto se si vogliono straziare degli
umani. Sospiro
e mi muovo nel buio, cercando una distrazione. Fino a poco tempo fa
questa
vecchia rimessa lunga e stretta pullulava di grossi ratti, ma
già da qualche
ora non sono più un problema. Mi lecco le labbra, ansiosa ed
impaziente,
sperando di essermi dimenticata anche solo un minuscolo spruzzo di
sangue, ma
già rassegnata, so che è impossibile. Da uno
spiraglio sul soffitto entra un
raggio di luce aranciata, e sembra prendersi gioco di me e delle mia
stupida
nuova pelle, facendola scintillare e sfavillare e ricordandomi che il
momento
della caccia è ancora lontanissimo. Ruggisco, impotente, e
me la prendo con i
granelli di polvere che danzano nell’aria, così
liberi ed aggraziati. La notte
è ancor troppo lontana. E io voglio sangue, sangue sangue.
(Aro)
E quindi è
così, le mie tre neonate si sono ribellate e sono fuggite.
Ho sottovalutato i
Cullen, evidentemente, e anche la giovane età di Chelsea.
“Jane, fai chiamare
Afton.” Ordino, con voce piatta, mente gioco con il
medaglione che contiene le
pillole della dottoressa Belnandes. La mia adorata salta in piedi e
corre alla
porta, quasi danzando. È così evidentemente
felice di causare dolore e problemi
che non può fare altro che intenerirmi. Se solo non fosse
rinchiusa in quel corpo…
Sorridendo dei miei sciocchi pensieri prelevo una delle pillole e
comincio a
giocarci, con aria assorta. Afton arriva nella mia stanza poco dopo, ma
passa
parecchio tempo prima che mi decida di degnarlo d’attenzione,
mentre continuo a
trastullarmi con la pallina di polvere pressata. Mentre la sua ansia si
fa
sempre più profonda e percepibile, mi faccio scorrere il
farmaco tra gli
interstizi delle dita, da una falange all’altra e da una mano
all’altra, sempre
più velocemente. Con la coda dell’occhio vedo che
il vampiro sta dondolando sul
posto, e decido che ha aspettato abbastanza. Sbriciolo la pallina con
intenzione e soffio via la polverina bianca, che investe parzialmente
il mio
ospite. Congiungo le mani sotto il mento e lo invito ad avanzare, con
un cenno
del capo. Non appena è abbastanza vicino gli tendo la mano e
lui si affretta a
stringerla, serrando con forza gli occhi. Mi immergo nella sua mente
lentamente, affondando con decisione le dita della mente nella sua
memoria. Ho
in mente un piano, e non voglio che la mia superficialità lo
possa far fallire.
Questo giovane mi è fedele e leale, ma ama Chelsea e per lei
farebbe di tutto. Vedo
che è preoccupato, teme che gli dica che la sua donna
è morta, e pur sospettando
che la sua compagna possa avere fatto qualcosa di sbagliato, non sa
nulla del suo
tradimento. La conosce davvero bene, e questa non può che
essere una cosa
positiva. Mi sarà parecchio utile, Afton, ma prima devo
sistemare ancora un
dettaglio. Faccio un cenno a Felix, che era nascosto
nell’ombra, e lui
interviene immediatamente, immobilizzando Afton. Gli fa aprire la bocca
e io vi
lascio cadere dentro due o tre compresse. Poi mi chini sul suo
orecchio.
“Chelsea mi ha molto offeso, e gravemente tradito.
Va’, cercala e assicurati
che le tre neonate siano ancora vive, in salute e sotto
l’effetto della mia
medicina. Mandami Simone, la ragazza con i capelli rosso fuoco, e
uccidi tutte
le altre, inclusa Chelsea. Poi, se lo desidererai, potrai toglierti la
vita. È
tutto.” Afton annuisce, lentamente, poi si volta e imbocca la
porta. Seduta sul
divano all’altro capo della suite, Jane mi guarda con
infinita ammirazione. Le
sorrido e poi mi alzo. Andrò dai Cullen, stasera, a recitare
la parte
dell’innocente e a divertirmi un po’.
(Alice 1948) Il sole
è
calato, e io sono libera, finalmente. Volevo spingermi un po’
più lontano, oggi
cacciare in un'altra città, perché in questi
giorni temo di avere davvero esagerato.
Ma la fame e la brama di sangue sono davvero troppe per poter
resistere. Sfondo
la porta con un calcio e sguscio via dal magazzino. Cammino per pochi
metri e
mi imbatto in un bar. Un posto pulito, illuminato bene, pieno di
avventori e
che emana un profumo paradisiaco. Entro nel locale ed immediatamente
accadono
due cose: i canini fuoriescono dalle gengive, pronti ad attaccare e
tutto il
mio corpo si tende, mettendosi in una posizione di difesa. Prima che
possa capire
cosa stia succedendo, un ragazzo biondo, che era seduto in un angolo
buio ed
isolato, mi raggiunge a velocità incredibile e mi trascina
fuori, stringendomi
il gomito. Il suo tocco è incredibilmente fastidioso, mi
trasmette come la
sensazione di venire anestetizzata, perciò mi divincolo e
gli assesto un pugno
nello stomaco, sperando di levarmelo dai piedi. L’impatto lo
spedisce a terra,
ma è piuttosto veloce nel rialzarsi e nel rispondere i miei
attacchi. In breve
mi trovo schiacciata contro un angolo, fiaccata dalla mancanza di
sangue e dai
suoi assalti, e lui ne approfitta. Mi tira un calcio poderoso in pieno
ventre,
tanto forte da sollevarmi e scagliarmi contro la parete di mattoni
sbreccati.
Scivolo lentamente a terra, rovinandomi il vestito che ho rubato ad una
vittima
qualche giorno fa, e decido di rimanere così, ansimante e
sconfitta. Ho
talmente tanta sete che non mi importa di altro. Il ragazzo biondo si
avvicina,
si piega sulle ginocchia e cerca il mio sguardo. “Non voglio
farti altro male,
e non voglio essere tuo nemico. Non ho motivo di picchiarti, se sarai
gentile e
sincera con me. Il mio nome è Jasper, e sono un soldato. Tu
invece sei?” “Alice.”
Sussurro. È l’unica cosa che ricordo di me.
“Bene, Alice, piacere di
conoscerti. Da quanto sei nata?” “Non lo so
… Poco …” “Un po’
vaga come
risposta …” “Sarà, ma
è tutto quello che so!” Scatto, aggressiva.
“Calma, calma
… Va bene, Alice, allora lascia che ti spieghi un
po’ di cose: avrai già capito
di essere una vampira, ma probabilmente non sai di essere una neonata.
Questo
termine significa che sei molto giovane, piuttosto forte, instabile e
completamente ossessionata dal sangue. Non hai ancora abbastanza
controllo su
di te per poter vivere da sola e quindi, a partire da oggi, vivrai
assieme a me.”
“Cosa? Non ci pensare neanche! Neppure ti conosco!”
Lo spingo con violenza e
una stranissima sensazione mi avvolge. Non è quel senso di
progressiva anestetizzazione
che ho sentito prima, questa volta è un qualcosa che
proviene direttamente da
me. Mi vedo in una stanza buia ed angusta, che
non so dove sia e a chi appartenga. Ho
paura e qualcosa, come l’ombra di un ricordo, mi sfiora la
mente. Appoggio le
mani al muro e cammino così, analizzandone il perimetro con
i polpastrelli.
Sento qualcosa di morbido e cedevole, sotto le dita, e lo tiro con
tutte le mie
forze. Oppone resistenza, ma ho troppa paura per cedere e finalmente,
dopo l’ultimo
sforzo, quella che scopro essere una sorta di enorme tenda viene
strappata via,
e la luce irrompe dentro di me. In quella luce mi si presentano mille
immagini:
un uomo bello come un angelo cura gli ammalati di un ospedale, una
donna in
lacrime si butta dalla sommità di una scogliera. Un medico,
troppo aggraziato e
troppo bello per essere reale, si china su di me, mi bacia sulle labbra
e poi
mi morde con dolcezza il collo. Jasper atterra due vampiri
dall’aria famelica e
poi li calma, stendendo e mani sopra di loro. Nell’ombra, una
donna ispanica se
lo mangia con gli occhi. Un assassina in abito da sposa strappa il
cuore dal
petto di un giovane di bell’aspetto e, anni dopo, trasporta
per chilometri e
chilometri un ragazzo in fin di vita, ignorando il sangue che fuoriesce
praticamente da ogni parte del suo corpo e determinata solo a salvarlo.
E poi
vedo una casa enorme e bianca nascosta nel bel mezzo di un bosco scuro,
centinaia
di partite a baseball e infiniti pomeriggi passati sul porticato a bere
tea. Vedo
una famiglia formata da cinque persone, anche se non hanno un legame di
sangue,
e poi mi vedo: fisicamente sono la stessa, ovviamente, ma non sono
più
tormentata dal sangue e questa è una grossa differenza. Sono
bella ed elegante,
porto abiti ricercati ma, soprattutto, sono parte di quella famiglia
assieme a
Jasper, che continua ad essere al mio fianco. Quelle persone mi
vogliono bene,
me ne vogliono davvero e nel senso più ampio del termine.
Con un sussulto mi
riprendo, e vedo che Jasper mi sta guardando perplesso. “Cosa
è successo?” “Una
visione …” Spiego, parlando lentamente. Forse non
subito, ma io
lui possiamo imparare ad
andare d’accordo. E,
una volta pronti, avremo un posto che ci aspetta. Finalmente mi decido
e afferro
la mano di Jasper, stringendola con gratitudine.
Un furioso bussare alla porta
mi riporta ai giorni nostri e a un Jasper preoccupato dal mio lungo
silenzio.
Mi affretto ad aprire e a scusarmi con lui e, dopo averlo
tranquillizzato,
chiudo di nuovo la porta e mi ci appoggio sopra, con le idee oramai
abbastanza
chiare: Possibile che io abbia mentito a me stessa e agli altri per
tutti
questi anni? Che abbia voluto creare forzatamente un sentimento non
vero solo perché
mi sembrava più facile e più adatto? Posso
davvero essere tanto ingrata?
E soprattutto, ora che posso
fare?
Salve
a tutti! Volevo
che questo capitolo fosse un po' "cervellotico" e per contrasto mi
sembra più normale degli altri v-v Vorrei
ringraziare, uno ad uno, tutti i lettori silenziosi, e ricordargli che
se vogliono recensire sono i benvenuti ^^ E
poi, ovvimente, ringrazio le mie fedeli: Jakefan, Paffy, Luce e
Susyko. Rispondo
sempre alle vostre recensioni con incredibile piacere, e
volevo ringraziarvi anche in pubblica sede <3 Un
bacio, Ysis
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** Feelings ***
(Jacob)
Esausto
per tutti gli avvenimenti della giornata, torno a casa. Vedo che Leah
è già
rientrata, ma stranamente non mi corre incontro, sebbene sia sicuro che
mi ha
sentito. Anthony non è qui, lei è sveglia, non
sento musica e l’acqua della
doccia non scorre, eppure la mia amica non mi è venuta
incontro, né mi ha
urlato un saluto dal piano di sopra. Dimentico immediatamente tutti i
miei
problemi e la giornata pesante e corro a cercarla, seriamente
preoccupato. La
trovo in camera mia, seduta a gambe incrociate sul letto, intenta a
torturare i
fili del mio copriletto ricamato. Non sembra aver pianto, ma ha sul
viso
un’espressione talmente delusa e triste da stringermi il
cuore. Senza dire
nulla entro e mi siedo al suo fianco, aspettando che sia lei a parlare.
“Oggi
pomeriggio Anthony mi ha detto che stasera aveva una commissione da
fare e che,
se ne avesse avuto tempo, sarebbe passato qua, una volta
finito.” “E non è
venuto, immagino …” “No, ma non
è questo il problema.” Sospirando Leah si alza
e mi prende una mano con tutte e due le sue. Mi trascina delicatamente
fuori,
attraverso il corridoio e poi davanti alla porta della sua stanza,
davanti alla
quale si blocca. “Questo è il problema.”
Mi avvisa, aprendo. Resto a bocca
aperta: camera sua sembra diventata una romantica alcova, una di quelle
stanze con
le luci soffuse, i petali sul letto, le candele profumate sui
comò, lo stereo con
musica melensa pronto ad essere acceso e tutto il resto. Sospiro e la
abbraccio,
cullandola. “Leah, sono i tuoi sentimenti non ci puoi fare
nulla!” “Si che
posso! Posso combatterli! Io non
intendo farmi condizionare da nessuno, MAI. Vanno bene le storie di
sesso,
vanno bene le coccole e le fasi da coppietta, una volta ogni tanto, ma
non va
assolutamente bene che io molli a metà del pomeriggio le mie
amiche per
organizzare tutto questo, solo perché un tizio qualunque mi
ha detto che forse
verrà a trovarmi! Non va bene che lo abbia aspettato con
l’ansia di una moglie
col marito in guerra, non va bene che abbia ascoltato col fiato sospeso
il
motore di ogni auto che passava per la strada!” “E
perché non va bene?” Le
domando, anche se lo so benissimo. Conosco Leah da undici anni, la
capisco prima ancora
che si capisca lei. Si è presa
davvero una bella cotta, ma se non lo ammetterà e
continuerà a mentirsi sarà
solo peggio per tutti. Se continuerà a portarsi dietro
questa paura di soffrire
e sbagliare non potrà mai crescere davvero. È una
storia che va avanti da un po’troppi
anni, da quando è finita con Jeff, e credo che sia giunto il
momento di
affrontare quello che allora abbiamo solo congelato. La prendo in
braccio,
ignorando le sue proteste, e la stendo prona sul letto. Le carezzo la
testa e
il collo, per tranquillizzarla, poi le sfilo la maglietta e le sgancio
il
reggiseno. “Ora rilassati, ti faccio un bel massaggio.
Sprecare una così bella
atmosfera sarebbe davvero un delitto!” Con lentezza accosto
le mani alla sua
schiena nuda e, per un momento, mi sembrano tanto grosse e sgraziate
contro le
sue spalle sottili, che temo di farle male. Sfioro delicatamente, solo
con i
polpastrelli, la sua pelle caldissima e morbida, disegnandovi sopra
simboli
geometrici e mappe astratte, e Leah sospira rilassata. Poso il palmo
della mano
destra al centro della sua schiena, con le dita ben allargate, e inizio
a
massaggiarla, tracciando cerchi ampi ed esercitando vari livelli di
pressione
con le dita. Leah sta praticamente miagolando, adora i massaggi e
spesso mi
implora di fargliene uno, ma io non ho mai il tempo e la pazienza
necessari a
dedicarmici. Questa sera, però, voglio che sia speciale:
voglio che lei si apra
e che accetti i suoi sentimenti, quindi mi rassegno a sopportare anche
i
massaggi. Continuo così a lungo, con l’unico
rumore delle lenzuola creato da
Leah, quando cambia posizione o si stiracchia, e finalmente i risultati
si
vedono: lentamente, mano a mano che i suoi muscoli si rilassano, le sue
difese
si abbassano e, alla fine, lei mi apre il cuore.
“Perché ho paura.” Sorrido.
“Lo
so, ed è normale visto quanto sei stata male. Ma una ragazza
che fugge non è
Leah. Lei non ha mai paura, e sa sempre come venire fuori da ogni
situazione.
La ragazza che conosco io ha imparato ad andare in moto, sebbene le
facesse
paura, solo per aiutare il suo migliore amico, che ne aveva
l’orrore da quando
sua madre era morta a causa di un motociclista, ed è la
stessa che combatte
senza esitazione contro chiunque minacci la serenità dei
suoi amici. È colei
che a dodici anni è andata ad accudire una donna molto
malata e che ha
cresciuto come un fratello un bambino che era traumatizzato. Ha
sconfitto la
droga, ha sconfitto molti pregiudizi, ha confitto i suoi genitori e
tante altre
cose che avrebbero potuto farle male da morire. E perché ora
è tutto così
diverso? Perché, di fronte ad una remota
probabilità, questa supereroina ha
paura e si tira indietro?” Mi chino su di lei e le poso un
bacio alla base del
collo, nell’incavo della spalla, solleticandole il viso con i
capelli. Mille
piccoli brividi le increspano la pelle, facendole chiudere gli occhi.
Le
accarezzo una guancia, osservandola, e la vedo talmente bella e
straordinaria
che quasi mi commuovo. Il sentimento che provo per lei è
talmente forte che lo
sento venir fuori da ogni parte di me, fortissimo e senza controllo.
Leah è mia
madre, mia sorella, la mia migliore amica e molto altro ancora, e la
cosa
incredibile è che io so di rappresentare, dal suo punto di
vista, esattamente
le stesse cose. Un rapporto come il nostro è davvero unico
al mondo. Vorrei
riuscire a consolarla meglio, e a dirle tutte queste cose, ma le parole
mi
sembrano troppo piccole, e troppo complicate. E quindi, seppure un
po’a
malincuore, rinuncio e le dico solo la conclusione di tutti questi
pensieri
complicati. “Sei senza dubbio la persona più
speciale, fantastica e coraggiosa
che io conosca, Lenny, e sono sicuro che ce la farai, e che con Anthony
starai
benissimo. Non ti farà soffrire e io, comunque, sono qua. Ti
accompagnerò, ti
sosterrò e asciugherò le lacrime che so
già non ci saranno.” Una lacrima le
fugge dalle ciglia. Mi prende una mano e la porta sotto il suo capo,
stringendola tra le sue. “Vorrei che ci fosse, sulla Terra,
un’altra persona
come te, Jake. Qualcuno di cui mi possa innamorare completamente, senza
il terrore
di vedere il mio cuore stracciato, sporcato e buttato via. Vorrei
essere
innamorata di te, e che tu lo fossi di me. Solo così saprei
di essere al sicuro
per sempre.” Mi sorride, un po’ tristemente, e mi
si avvicina, nascondendo il
viso sul mio petto. “Se davvero potesse essere
così, non avremmo un solo
problema al mondo.” La coccolo, sospirando, cullandola e
stringendola a me.
“Però, comunque, preferisco il nostro complicato,
enigmatico, problematico,
frainteso ed indistruttibile legame. Non potresti mai essere un
qualcosa da far
rientrare nelle categorie di “fidanzato”,
“fratello” o “migliore amico”,
tu sei
semplicemente tu.” Sorrido, ad occhi chiusi, e le infilo una
mano tra i
capelli, dividendoli in ciocche e singoli fili. Le sue labbra si posano
sul mio
collo e le sue mani mi accarezzano lentamente. “Ti viene mai
in mente quella
notte?” Mi domanda, e mi fa ridere perché ci stavo
pensando proprio ora. “Certo
che mi viene in mente. E a te?” “Spesso. Te ne sei
mai pentito?” “No, perché
dovrei? È stata quella notte a farci capire del tutto il
nostro rapporto, o
sbaglio?” “No, hai ragione. Hai fame?”
Scuoto il capo, in segno negativo. “Vorresti
rimanere, stanotte?” Non le rispondo ma la stringo forte a
me, posandole un
bacio sui capelli. Certo che voglio, non deve neppure chiederlo.
“Però prima ti
meriti un resoconto dettagliato del pomeriggio più
stressante della storia del
mondo.” La avverto, cominciando a raccontare.
(Chelsea)
Tump,
tump, tump, le mie gambe si sollevano ritmicamente, si tendono, si
alzano e si
abbassano con violenza, sradicando quasi il terreno sopra il quale
impattano così
pesantemente e sgraziatamente. Nelle orecchie sento ancora le urla
disperate
delle mie compagne e il rumore delle loro membra strappate, nel naso ho
l’odore
resinoso dei loro corpi bruciati e negli occhi la figura del loro
assassino, lo
stesso vampiro che ho amato per anni e che ora mi sta inseguendo,
raggiungendomi un centimetro alla volta. Ho sottovalutato i Volturi e
le
trappole di Aro, mi sono adagiata sugli allori, e ora Liv e Diane sono
morte
anche per colpa mia. Spero con tutta me stessa che almeno Simone sia
riuscita a
sfuggirgli, e che ci riesca per sempre. Per quanto mi riguarda sono
condannata:
nonostante tutti gli sforzi la mia andatura ha raggiunto la
velocità massima,
ma non ho speranza contro un vampiro più anziano ed esperto,
che si è nutrito
con sangue umano. Afton mi raggiungerà tra poco,
è solo questione di minuti e
poi so che verrà e che mi ucciderà. Prego solo
che almeno Simone ce la possa
fare, e che riesca a costruirsi una vita in santa pace.
(Leah)
Circa
un’ora fa mi sono svegliata di soprassalto, per un motivo che
ancora ignoro, e
stranamente non riesco proprio a prendere nuovamente sonno. Invece
Jake, che
riposa come un cucciolo al mio fianco, russa tranquillamente, immerso
profondamente
in un sonno che, a giudicare da quello che mi ha raccontato sul suo
pomeriggio,
è meritatissimo. Oggi per lui è stato davvero
tremendo, tra l’apparizione di
Edward, il bacio in pubblico, la tragedia sfiorata, i superpoteri della
neonata
rossa e il racconto del tradimento, e se lo vedo riposare sereno
nonostante
tutto ciò, non posso che dirmi soddisfatta. Se mi fermo due
minuti a pensare a
lui e a tutte le complicazioni che porterebbe il suo amore, se venisse
scoperto,
le mie sciocche paranoie mi sembrano molto piccole e molto infantili.
Eppure
lui mi è sempre accanto, e trova il tempo e la pazienza di
sostenermi anche se
ha problemi molto più seri dei miei. Capisce che per me
accettare nuovamente
certi sentimenti è un qualcosa di difficile e doloroso e mi
aiuta standomi
accanto, non recriminando il fatto che lui sta vivendo un amore mille
volte più
tormentato e pericoloso del mio. Più penso a lui, ad Edward
e a quanto sono
coraggiosi e determinati, più odio il mio stupido
atteggiamento: credevo di
essere una tipa abbastanza tosta, e invece mi comporto come una
signorina viziata,
solo per la paura di soffrire di nuovo. Certo, se con Anthony finisse
ci starei
molto male, ma avrei comunque il sostegno di una marea di persone che
mi vogliono
bene e tengono a me. Edward e Jacob, invece, con loro amore segreto
rischiano
ogni giorno migliaia di vite. Basta una voce, un mormorio di corridoio,
e Forks
e la Riserva sono spacciate. E allora perché sembra che loro
non abbiano paura
di amarsi? Jake stasera mi ha detto che non è una cosa
facile: “Quando ti fermi
a pensarci ti senti uno schifoso egoista, e spesso Edward mi ha fatto
pressioni
per lasciar perdere tutto, soprattutto all’inizio. Se per
caso dovessimo essere
scoperti tutto il nostro mondo ne verrebbe sbriciolato: io perderei con
tutta
probabilità il mio ruolo di Alfa e vi lascerei in balia di
Ateara, per non
parlare poi della reazione tremenda che avrebbe Paul. Edward non sa
come
potrebbe prenderla la sua famiglia, ma è sicuro che quelle
carogne dei Volturi
accorrerebbero in un battito di ciglia per tenermi d’occhio e
cercare di
utilizzarmi come mezzuccio per mettere le mani su di lui, su suo
fratello e
soprattutto su sua sorella, la veggente. E se questo dovesse accadere,
loro si
accorgerebbero immediatamente di cosa siamo e si darebbe il via alla
battaglia.
Ci sono tanti di quegli aspetti negativi, nella nostra storia, che
sarebbe
meglio lasciare perdere, ma non ce la facciamo. Noi siamo,
l’uno per l’altro,
fonte di pace, sicurezze, gioia e serenità. E credo che per
questo risultato vada
bene anche ingoiare rospi a palate.” Loro devono sopportare
un sacco di cose
per ottenere un po’ di pace, io invece la potrei ottenere
semplicemente, solo
pronunciando poche parole. “E allora si può saper
perché ti ostini tanto a fare
la stupida, Leah Clearwater?” Mi apostrofo da sola, mentre mi
divincolo
lentamente dall’abbraccio caldo di Jake. Gli poso un bacio
sulla tempia e poi
vado a prendere il telefonino. È ora che cominci ad essere
sincera con Anthony.
(Chelsea)
È
un miracolo. Un miracolo o un miraggio, non c’è
altra spiegazione, e spero
tanto che la verità sia la prima. Davanti a me, a circa
cento metri, c’è una
roulotte con un filo di fumo che esce dal caminetto. Una casa, con
dentro delle
persone. Cibo. Se riesco a nutrimi forse ho una possibilità:
se riesco a
immettermi un po’ di sangue nelle vene il mio potere
diventerà molto più forte,
e potrei essere in grado di contrastare l’effetto di quel
dannato farmaco. In
fin dei conti Afton mi ama, questo conterà pure qualcosa,
no? Con un grido
disperato spingo le mie gambe ancora per un po’. Mancano
settantacinque metri
alla casa. Ora meno di cinquanta. Venti. Quindici. Dieci. Meno di
cinque. Il
mio braccio sinistro cade a terra. Incredula mi fermo e lo osservo, a
bocca spalancata,
con gli occhi che si dilatano sempre più per il terrore.
Quello che fino a
pochi secondi fa era un braccio che ritenevo indistruttibile ora giace
a terra,
staccatosi di netto apparentemente senza un valido motivo, e si sta
decomponendo ad una velocità terrificante, gettandomi sempre
più nel terrore.
La pelle, in un attimo, da candida e liscia diventa violacea, percorsa
da
malefiche vesciche ed escrescenze bluastre e purulente. La carne
marcisce con
un fetore nauseante, da milioni di ferite invisibili sgorga, a fiotti,
un
liquido giallo in cui galleggiano orde di insetti rivoltanti che
sciamano
allegramente e le ossa che bucano quella pelle corrotta sono nere e
spugnose,
gonfie anche esse di qualche fluido innominabile. Totalmente dimentica
di
quella mia unica possibilità di salvezza, ignoro la roulotte
e me ne sto
semplicemente lì, basita. Apro la bocca per urlare, e questa
volta sono le mie
labbra e tutti i miei denti a crollare impietosamente a terra e a
decomporsi a
quella velocità atroce. E poi seguono i miei capelli, il mio
naso, l’altro
braccio e il mio ventre. Cadono tutti a terra, come se un sadico
macellaio mi
stesse sezionando viva. Un ultimo barlume di raziocinio mi suggerisce
il nome
di Afton, ma poi l’orrore è troppo e spegne la mia
razionalità come un soffio
di vento stronca la fiamma di una candela. Sento dei passi, dietro di
me, e poi
vedo il mio corpo decapitato cadere a terra. È integro. Cado
nel buio.
(Simone) Sento una
lunga serie di schiocchi tremendi,
e poi un grand’odore di resina dolciastro. Questo vuol dire
che quel mostro si
è preso anche Chelsea. Mi dondolo sul ramo della sequoia
sulla quale mi sono
rifugiata quando Chelsea ci ha ordinato di scappare e aspetto, accecata
dalla
rabbia: In teoria, visto che sono ancora una neonata, dovrei essere
abbastanza
forte da ucciderlo anche senza dover ricorrere alla mia voce, che mi
rivelerebbe subito ai Volturi, se fossero nei dintorni. Ma uccidere
questo
vampiro non mi basta, lo voglio torturare e fare soffrire,
perché mi ha privato
delle mie migliori amiche e delle uniche persone che avessi al mondo.
Che ne
sarà di me, ora? Decidendo che dopo avrò tutto il
tempo per pensarci, scivolo
lentamente e silenziosamente giù dal mio rifugio arboreo e
mi concentro sui
rumori e gli odori del bosco. Pare proprio che la mia vittima non si
sia mossa
da dove ha finito Chelsea, e che abbia intenzione di rimanerci ancora a
lungo.
Correndo come una pazza raggiungo il posto e lo vedo mentre fissa con
aria
meditabonda ed assorta il focolare. Tra i rami e le sterpaglie
distinguo ancora
chiaramente le membra di Chelsea, e la furia prende il sopravvento.
Pesto con
intenzione un ramo secco, e faccio voltare l’assassino.
Riconosco in lui il
fidanzato di Chelsea, quello di cui ci ha tanto parlato in tono
speranzoso, e ritorno
un po’ in me: capisco che è tutto uno dei
crudelissimi piani di Aro e provo
pietà per Afton. Ma non appena si muove la bestia che
è dentro di me si fa
sentire di nuovo. Apro la bocca e la voce che esce dalla mia gola fa
paura
anche a me, tanto è carica di rabbia, odio e deformata dal
dolore. Con essa
sotterro Afton nel più orribile degli Inferni e, quando
è oramai sfrenato, mi
avvento contro il suo corpo e lascio la neonata libera di scatenarsi
come
vuole. Alla fine, con un movimento secco e preciso, la mia mano destra
trancia
di netto la testa del mio nemico, e la fa cadere nel fuoco, assieme ai
resti
della sua amata. Ora è tutto finito, e io medito di
allontanarmi subito e di cominciare
a costruire la mia nuova vita da subito. Magari potrei andare dai
Cullen. Non
con l’intenzione di restare, solo per chiedere loro
consiglio, e magari
scusarmi di nuovo. Una folata di vento, però, mi ricorda che
ho ancora qualcosa
da fare. Non posso lasciare le mie amiche così, libere di
disperdersi nel bosco,
senza neppure una tomba e un pensiero. Raduno tutta la cenere che
posso, scavo
una buca e vi pongo tutto quello che resta delle mie amiche. Mi mancano
già
terribilmente, tutte e tre. Vorrei poterle vedere ancora una volta,
anche solo
per dire loro quanto mi dispiace e quanto trovi ingiusto che solo io
sia
sopravvissuta, ma non so come. Non ho mai pregato, e non so se loro
avessero
fede in qualcuno o qualcosa. Però non posso lasciarle andare
così, e quindi
faccio l’unica cosa che mi viene in mente: apro la bocca e
canto per loro,
sperando che la mia voce arrivi ovunque siano.
(Edward) Entro
nella sua stanza senza bussare, e lei immediatamente balza in piedi,
come se si
fosse appena ricordata di qualcosa di grosso che doveva fare. Si
incammina di
corsa verso la porta. “Ciao Edward, scusami ma non ho proprio
tempo ora, mi
sono appena ricordata di avere lezione di …” La
blocco afferrandola per il
braccio e la guardo dritta negli occhi. “Alice sono giorni
che mi sfuggi,
ormai, e sappiamo benissimo il perché. Perché non
ci sediamo e ne parliamo con
calma? Dai anche l’impressione di averne bisogno
…” “Non ho nulla da dire a te,
spiacente. Te ne puoi anche andare.” Ribatte, acida,
sedendosi sull’ottomana
con le braccia incrociate sotto il seno e le labbra contratte.
“Non ho nulla da
fare.” Ribatto candidamente, sedendomi su una poltroncina di
fronte a lei. “Beh,
io invece sono piena di impegni.” Ribatte, slanciandosi
contro la porta. La
intercetto e blocco anche la sua fuga dalla finestra. Mi fulmina con lo
sguardo
e si siede nuovamente, ignorandomi, almeno per un po’.
“E se anche te ne
parlassi? Cosa cambierebbe? Saresti per caso in grado di fare qualcosa?
Hai per
caso uno speciale superpotere di cui non sapevo nulla?”
“Solo quello di
ascoltare mia sorella, e cercare di aiutarla meglio che posso. E poi
credo che
confidarti con me ti convenga: so già tutto, e non hai
neppure bisogno di
parlare ad alta voce.” Mi indico la testa con
l’indice e la vedo cedere. “D’accordo,
se proprio ci tieni ti accontento.” Pensa, con amarezza.
“Non lo amo più, Edward,
non c’è nulla da aggiungere ed è
inutile girarci attorno. Non lo amo più e sto
cominciando a credere di non averlo mai amato davvero. E ora che lo ho
ammesso?
Hai qualche brillante idea? Perché sai, io non so davvero
più cosa fare …” Appoggia
i gomiti alle ginocchia e si rende il viso tra le mani, stropicciandosi
gli
occhi e massaggiandosi le tempie. “Ne sei sicura Alice?
Perché sai, le neonate …”
“No, sono sicura. Ho cercato di dare la colpa al loro, ho
sperato che fosse solo
colpa loro, ma mi sono dovuta arrendere alla verità. Non era
perché Chelsea
logorava i nostri legami e Simone continuava a cantare, e non
è stata nemmeno
colpa di Liv, della sua insistenza e del fatto che fosse praticamente
sempre
appiccicata a Jasper e perfetta per lui. È che ci stavamo
mentendo da troppo
tempo, e io ora, semplicemente, non riesco più a non
pensarci. Ma ora che l’ho
ammesso cosa posso fare? Non lo amerò, ma sono comunque
stata al suo fianco per
settant’anni. A lui ci tengo, e non voglio che soffra,
soprattutto non per
colpa mia. Ma si merita la sincerità, e la
verità, lo so benissimo. E poi ci
siete voi. Se io e lui rompessimo, vi costringeremmo a dividervi, e a
scegliere
una parte. E non posso permettere che tutto questo accada. Piuttosto
che essere
io la causa della nostra divisione come famiglia, continuerei a
mantenere le
apparenze.” Mi avvicino e la prendo in braccio, stringendola
forte. “Povera,
generosa e coraggiosa sorella mia. Se potessi dire o fare qualcosa per
alleviare le tue pene lo farei, te lo assicuro.
C’è solo una cosa che ti posso
assicurare: noi Cullen siamo una vera e propria famiglia. Ci amiamo, ci
difendiamo, ci sosteniamo l’uno con l’altro. Non
avrai mai male da noi, Alice,
e non ci farai mai davvero male, perché ci ami come noi
amiamo te. E sebbene io
non sia un veggente, posso assicurarti dirti che mamma e
papà, così come io,
Emmett e Rose, capiranno ed accetteranno qualsiasi cosa deciderai di
fare, se
sarà la cosa che ritieni più giusta. Anche Jasper
lo farà, solo che gli ci
vorrà più tempo. Ma continueremo ad essere uniti,
e a formare una famiglia,
anche se voi due non starete più assieme.” La
stringo, forte, e cerco di
passarle tutto il mio affetto. Maledetti Volturi, maledetti i loro piani.
Io
e questo capitolo ci odiamo intensamente ed irreversibilmente, e sono
contenta di essere riuscita a finirlo, anche se non è venuto
bene come volevo. È stata
una strenua lotta. Grazie
di cuore a tutti quelli che leggono, commentano, spolliciano e
aggiungono i miei capitoli ai preferiti, ai seguiti o a quelli da
ricordare. Grazie
per il tempo che mi dedicate =) Un
bacio, Ysis
|
Ritorna all'indice
Capitolo 30 *** BreakDown ***
Attenzione:
ho pubblicato un capitolo di questa FF due giorni fa, siate sicuri di
averlo letto, altrimenti potreste avere difficoltà a capire
=)
(Simone) So che
è fisicamente impossibile, ma sono
davvero esausta. Sono tre giorni che corro, e credo proprio di essermi
persa.
Questi boschi sono tutti uguali, hanno tutti gli stessi grandi alberi,
le
medesime rocce chiare e gli stessi ruscelli. E poi non ho mai avuto un
gran
senso dell’ orientamento, neppure da viva. Mi guardo attorno,
cercando
disperatamente qualcosa che mi possa dare una mano ad orientarmi, e
soprattutto mi ripeto di stare calma.
Certo, i Volturi sono avversari fortissimi e scaltri che riuscirebbero
senza
sforzo a trovarmi anche in un bunker di cemento, ma se possibile vorrei
evitare
di facilitargli il lavoro
rimanendo
impalata e terrorizzata in mezzo al bosco. Forse da quella parte non
sono
ancora andata … Mi giro e ricomincio a correre, guardandomi
freneticamente
intorno nella speranza di riconoscere qualcuno o qualcosa, ma niente.
Gli
alberi mi si diradano all’improvviso da davanti, e mi trovo
sulla sommità di
un’enorme crepaccio, quasi un canyon. Mi fermo appena in
tempo per non finire
di sotto e poi mi butto a terra, spaventata e sconfitta. Non so dove
sono, sono
sola al mondo e una banda di soldati vampiro mi sta, probabilmente,
dando la
caccia in tutta la nazione. Difficilmente le cose potrebbero andare
peggio. Un
po’ rassicurata dalle mie considerazioni mi alzo e torno
indietro, sempre
correndo. Ritorno nel punto di prima e prendo un altro sentiero, meno
stretto e
più pulito, probabilmente battuto da umani amanti del
camping. Lo seguo per un
lungo tratto e arrivo in una radura diversa dalle altre. Non
fisicamente,
dentro ci sono gli stessi fiori variopinti e profumati che ornano tutte
le
conche di luce del bosco, ed è circondata dagli stessi
alberi. Ma al centro di
questa radura c’è Alice Cullen, che mi guarda
freddamente e mi sta
evidentemente aspettando. “Sei arrivata, finalmente. Sei
completamente fuori
strada, sai? Un altro paio di chilometri ed avresti varcato il confine.
Su,
seguimi, casa mia è in quella direzione.” Inizia a
corre e, dopo un attimo di
smarrimento, la raggiungo. Dopo tutto quello che ho fatto alla sua
famiglia e
soprattutto a lei è disposta a darmi una mano a scappare?
(Alice) E
così alla fine sono andata, e ora la sto
addirittura portando da noi. Chissà che peso
avrà, questo, nell’ordine delle
cose. Possibile che io, decidendo di aiutare questa traditrice, abbia
già
deciso la mia sorte? E in che misura, e per che fazione? Sospiro,
è inutile
domandarsi queste cose. Oramai quello che è fatto
è fatto, e non c’è più modo
di cambiarlo. Corro in un silenzio ostile, giusto per chiarire bene le
cose, ma
la neonata non sembra farsi comunque troppe illusioni. Pare una ragazza
abbastanza
sveglia, in fondo. “Probabilmente quello che ti sto per dire
ti farà infuriare,
ma ti ringrazio, e ti chiedo perdono per le cose che ho
fatto.” Sussurra. “Certo
che mi fa infuriare e no, non ti perdono! Non bastano due paroline e
uno
sbatter di ciglia per cancellare tutti i casini che ci hai causato e
che ci
stai ancora causando, mia cara. Per colpa tua non so più
cosa fare della mia vita,
non so dove andare né con chi stare! Con la tua meravigliosa
voce magica tu mi
hai sradicato da quella che è la mia famiglia da
settant’anni oramai, e non
credo che le cose potranno mai ripararsi e tornare esattamente come
prima! Se
ora va tutto così è solo per colpa tua, Simone,
quindi vedi di chiudere la
bocca e muovere le gambe!” Se non fossi troppo stanca gliele
direi davvero,
queste cose. Ma non servirebbero a nulla, non cambierebbero nulla e non
mi
darebbero neppure sollievo, quindi è meglio tacere, e
correre. Loro sono
vicini.
(Simone)
Non
entrerò nella loro casa, non li comprometterò a
tal punto. Chiederò solamente a
Carlisle se vorrà parlare con me, e se la risposta
sarà negativa me ne andrò
semplicemente. Quello che ho fatto a delle persone che sono state
così buone e
pazienti con me non ha scusanti, e temo che, nonostante tutto
l’impegno speso
per riparare i danni, sia io che Chelsea abbiamo fallito, sotto questo
punto di
vista. Finalmente, sotto la guida di Alice, il bosco si dirada e io
metto piede
nel giardino dei Cullen. Mi fermo ed arretro di un passo. La mia
soccorritrice
si ferma e volta appena la testa in mia direzione, poi annuisce. Mi
sembra
quasi di vedere un sorrisino sulle sue labbra, come se avesse capito e,
in
qualche modo, apprezzasse. “Chiamatelo da sola, io ho molte
cose da fare.” Mi
dice e si allontana. Prendo un profondo respiro e tutto il coraggio che
posso,
mi schiarisco la voce e parlo: ”Dottor Cullen, sono Simone.
So che non ho alcun
diritto di presentarmi a casa sua, e mi perdoni se mi faccio vedere
qui, dopo
tutto quello che ho combinato. Ma voi siete gli unici vampiri che
conosca e non
avrei saputo a chi altro chiedere. I Volturi, come era logico
aspettarsi, mi
stanno dando la caccia. Tre giorni fa hanno mandato in missione Afton,
con
l’ordine di ucciderci. Sono riuscita ad abbatterlo, ma non
prima che lui
uccidesse Chelsea, Liv e Diane …” “E
quindi, cosa ti aspetti da noi? Non
ospitalità, voglio sperare.” Il dottore mi
è apparso improvvisamente davanti,
accompagnato dalla moglie. Ha un atteggiamento estremamente civile, ma
si vede
chiaramente che per me prova solo disprezzo ed amarezza. Chino il capo.
“No,
assolutamente. Di quello ho già abusato anche troppo. La mia
richiesta è
semplicemente una: come posso scappare e fare perdere le mie tracce? Di
cosa ho
bisogno, e dove devo andare per procurarmelo? Se avessi saputo come
cavarmela
da sola non sarei mai tornata a disturbarvi. Non vi voglio coinvolgere,
e non
voglio neppure la vostra protezione. Avevo solo bisogno di queste
informazioni,
e desideravo scusarmi ancora, sebbene sappia che le scuse non servono a
nulla.”
“Forse no, ma almeno dimostrano le tue intenzioni. Non sarai
perdonata tanto
facilmente per quello che hai fatto, Simone, anche se non è
dipeso da te, ma in
ogni caso non ti sarà negato l’aiuto, non da noi.
I tuoi occhi sono dorati, e
questo significa che almeno una delle tante cose che ci hai detto
quando eri
qua era vera. Tu vuoi vivere come una di noi, nutrendoti di animali e
cercando
di aiutare gli umani, o almeno di non ferirli. C’è
un ufficio, a Seattle, e un
avvocato che possono fare al caso tuo. Procurati dei soldi, molti
soldi, e
creati un po’ di identità alternative, ma non fare
assolutamente il nostro
nome. Poi sarai libera e potrai scappare e andare molto lontano da qui.
Ti
potrai creare la vita che desideri e, se sarai cauta, potresti anche
non venire
mai trovata. Buona fortuna.” “A sentirti parlare
così, Esme, si direbbe che tu
sottovaluti le capacità dei miei uomini, sai?” Una
voce fredda ed elegante
proviene da dietro di me. Mi volto di scatto e mi trovo a fronteggiare
Aro e
una torma infinita di vampiri. “Ciao mia piccola
Simone.” Sorride lui, con un
lampo di vera e propria gioia in quegli occhi assassini.
(Edward)
Io,
Emmett e Rosalie siamo riuniti in camera loro, intenti a pianificare un
viaggio
per Alice e Jasper, sperando di poterli aiutare in qualche modo a
salvare il
loro rapporto, e all’improvviso li sentiamo. Sono almeno
ottanta, fuori dal
nostro giardino. “Come è possibile?”
Domanda mia sorella, spaventata. Io ed
Emmett rispondiamo insieme, ringhiando. “È tutta
colpa di Alec, di nuovo!”
Corriamo in giardino, più veloci che possiamo. Jasper
è già lì, ma non Alice.
Probabilmente sarà andata da qualche altra parte, a pensare.
Aro ci saluta con
un sorriso smagliante. “Bene, vedo che non manca quasi
nessuno! Meglio, così
potremo fare le cose per bene, con voi come testimoni. La nostra
piccola
Simone, qui, ha ucciso Afton, che io avevo mandato e recuperarla, e poi
è
fuggita. Come ha lei stessa appena ammesso, il suo intento era quello
di
chiedervi consigli su come scappare per sempre e poi metterli in
pratica. Un
idea abbastanza scontata, ma anche la sua unica opzione, lo ammetto.
Esme ha
provveduto a dare parte delle informazioni a questa ragazza ribelle, ma
non ce
n’era bisogno. Simone è mia, e stata creata per
mio volere, e ha un dono
magnifico che userà solo per me. La soggiogherò
per bene, questa volta, e sarà
una delle mie armi più efficaci. E se non si
vorrà piegare la ucciderò. Ma da
ora in poi me ne prenderò cura io. Spero che non abbiate
nulla in contrario, su
questo, perché è un punto che no
discuterò. Soprassederò sul fatto che la
steste aiutando, e se vi dimostrerete docili e ragionevoli lo
dimenticherò del
tutto. Forza Carlisle, per te lei non è nulla.
Consegnatecela, promettete che
non vi lancerete in una di quelle stupide missioni di pace e
salvataggio che
tanto amate, e io vi assicuro che vi lascerò vivere in pace,
nel modo che
preferite. Ho in mente grossi progetti per questi mesi, e distaccare
una parte
del mio esercito per eliminarvi sarebbe davvero un fastidio enorme, e
mi
rallenterebbe, rischiando di scombussolare i miei piani e di farmi
infuriare. Allora,
cosa ne dite? Mi date la vostra parola? Avete la mia.”
“Ma la tua parola è menzogna!”
Dice una voce severa e cristallina. Mi volto e sbarro gli occhi. Mia
sorella
arriva ora da casa, camminando lentamente e portando con sé
alcune grosse
valigie. “Non mentirmi, Aro, io l’ho visto. E
proprio per questo voglio
stringere un patto con te. Questa situazione va avanti da troppo a
lungo.
Prenditi pure questa neonata, noi non siamo nessuno per impedirtelo. E
ti
assicuriamo che non muoveremo un dito per salvarla. E, in cambio della
tua
sincera promessa di non ferire la mia famiglia, prendi me come tua
guardia.”
Boccheggio. “Alice, no!” Lei ci guarda con
espressione triste ma è determinata,
glielo si legge negli occhi. “Oramai la mia decisione
è presa. Sono stanca.”
(Jasper)
Mi
lancio contro Alice, non credendo alle mie orecchie, e la afferro per
le
spalle. Lei mi guarda tristemente. “Jasper
…” Comincia, ma io la interrompo.
“Lo so, non devi dirmi niente. Lo so, l’ho sentito
non appena è successo. E mi
trovo ad ammettere che forse anche per me è così.
Però ti prego, non te ne
andare Alice. Perché non importa se come amica o compagna,
tu ci sei sempre
stata, ed è questo l’importante. Ti prego,
farò quello che vuoi. Farò
l’impossibile, e sai che posso farlo. Posso anche creare
l’amore, se mi lasci
entrare. Ma non te ne andare via da me, ti prego. Senza di te, cosa mi
resta? ”
Lei mi guarda, con sguardo dolorante. “Lo sapevi? Davvero lo
sapevi? E hai
continuato a trattarmi dolcemente come sempre?” “Io
conosco tutte le emozioni,
Alice, e le tue meglio di quelle di chiunque altro. Si, lo sapevo, ma
non mi
importava. Perché anche se non era amore, tu c’eri
comunque. Non mi sono
sentito tradito, piccola, tu non mi hai tradito. Volevamo tutti e due
che fosse
amore e ci abbiamo provato, per anni e anni. Insieme.” La mia
piccola mi
stringe forte e singhiozza. La abbraccio forte, cullandola, e per un
attimo mi
illudi di esserci riuscito. Non mi importa, davvero non mi importa.
Però deve
stare qui, perché non posso neppure immaginare la vita senza
di lei. Mi
stringe, annusa il mio profumo, e poi si allontana. “No
…” La prego, ma lei mi
posa un dito sulle labbra. “Si. È deciso oramai.
Devo andare, e devo capire.
Grazie per tutti questi anni, Jasper, grazie di essere nato, di avermi
trovata
e di avermi fatta diventare ciò che sono. Grazie per avermi
sopportato, per
avermi protetto, per avermi difeso e per avermi insegnato tutto quello
che so.
Grazie per avermi amato, e perché non mi odi neppure adesso
che ti sto
abbandonando.” Mi bacia per un’ultima volta e poi
si allontana. Ignora Simone e
si mette proprio di fronte ad Aro. “Giuro di esserti fedele,
e di mettere a
disposizione il mio dono per te, purché non ti serva per
procurare dolore agli
umani e a questi vampiri. Farò parte del tuo corpo di
guardia e ti sarò fedele,
ma vorrei potere continuare a nutrirmi di animali. E vorrei essere
chiamata
Alice Brandon, invece di Alice Cullen o Alice Volturi, se per te va
bene.” Aro
sorride e le mette una mano sulla spalla. “Normalmente non do
ai miei
sottoposti tutta questa libertà, ma tu sei un caso
particolare. Accetto il tuo
patto e mi impegno nella promessa. Ora andiamo. Puoi prenderti un
minuto per
salutarli.” Si volta e sparisce tra gli alberi, assieme a
Simone e al suo corpo
di guardia. Alice rimane ancora un passo indietro. “Grazie a
tutti, per esserci
stati e avermi accettato e voluto bene. Io ve ne voglio ancora molto, e
spero
che mi riuscirete a perdonare, prima o poi.” E poi si gira e
se ne va. Un pezzo
della mia vita che svanisce così, nel nulla.
(Edward)
Non
so per quanto tempo rimaniamo fermi in giardino, scioccati. Alice
è appena
andata via, e già la sua mancanza si fa sentire in maniera
lacerante. Rose
singhiozza stretta ad Emmett, Esme a Carlisle, e Jasper si prende il
viso tra
le mani e anche se dice nulla le sua spalle tremano. Provo ad
avvicinarmi per
consolarlo ma lui mi blocca a metà strada. “Sto
bene, Edward, grazie. Vorrei
solo restare solo.” Si volta e cammina lentamente verso casa,
ma sulla porta
d’ingresso si ferma. “Mamma …”
Chiama con voce rotta ed Esme lo raggiunge
subito. “Potresti togliere le sue cose? Non me la sento, di
vederle.” “Ma certo
tesoro, dammi un minuto.” Si strofina gli occhi perfettamente
asciutti ed entra
di corsa in casa. Sento il rumore di mobili spostati, armadi aperti,
cassetti
spalancati, e semplicemente non ce la faccio a sopportare tutto
ciò un secondo
di più. Borbottando qualcosa sulla caccia mi congedo dai
miei parenti e corro
nel bosco. La sete mi brucia la gola, le emozioni mi soffocano, e
rimpiango
come non mai il fatto di non poter piangere e liberarmi di parte di
questo peso.
Comincio a correre senza motivo, seguendo l’istinto e
cercando di seminare il
dolore. Voglio stordirmi, dimenticare tutto e provare un po’
di sollievo.
(Rosalie)
Alice,
Alice, sorella mia, perché non mi hai parlato delle tue
pene? Perché non ti sei
confidata con me? Non eravamo forse amiche? Non siamo state, per
cinquant’anni,
come due vere sorelle? Quante notte insonni abbiamo passato a
truccarci, a
spettegolare, a farci i capelli e a raccontarci segreti? Quante volte
ci siamo
lamentate dei nostri rispettivi ragazzi, ci siamo consolate a vicenda e
ci
siamo raccontate stupide storie? Che davvero tutto questo non abbia
avuto peso
per te? No, ora sono ingiusta, scusami. So che probabilmente la tua
è stata una
decisione sofferta, e che ti manchiamo almeno quanto tu manchi a noi.
Ma è dura
senza di te, e sarà sempre peggio, almeno per i primi tempi.
Siamo tutti
sconvolti, ma dovresti vedere Jasper. È come se fosse stato
catapultato in un
mondo totalmente alieno, e ho quasi paura per lui. So quello che pensi,
ma
secondo me avete fatto un errore, tutti e due. Spero solo che tu possa
ritornare, un giorno. Mi manchi sorellina, mi manchi già
tantissimo.
(Leah) “Me
lo confermi Paul? Se ne sono andati
tutti, definitivamente?” “Si capo, hanno
attraversato tutti il confine. Secondo
te che volevano?” “Non lo so ma, se non hanno fatto
casini, devo dire che non
me ne importa neanche nulla. Sono solo contenta che
quell’orrido fetore se ne
sia andato, e di poter tornare a Forks liberamente, senza dover
trattenere il
fiato.” “Già, così puoi
sbaciucchiarti con quel fotografo da due soldi!”
“Che
ti ha rubato da sotto il naso il premio per migliore fotografo
amatoriale del
distretto, non dimentichiamolo.” “Simpatica, come
sempre. Ma perché ci sei tu
al comando? Che fine ha fatto il nostro Alfa?”
“Boh, non ne ho la più pallida
idea, per questo gestisco tutto. Non voglio che il vecchiaccio
maledetto si
impicci e rompa le scatole più del necessario.”
“Missione impossibile.”
“Tentare non nuoce mai. Ti lascio, vado a
“sbaciucchiarmi” col mio fotografo.”
“Ti prego, cerca di contenere i tuoi ricordi alla prossima
mutazione! Non
voglio che mi capiti di vedervi!” “Magari potresti
prendere esempio, invece
…”Lo stuzzico, e poi ritorno umana, lisciando i
miei abiti e ringraziando lo
Spirito perché riesce a mantenerli intatti anche nella
mutazione. Mentre mi
aggiusto il trucco provo a chiamare Jake, ma trovo la segreteria.
Sorrido,
credo proprio di sapere dov’è, visto che ora
Cullen è libero di muoversi come
gli pare.
(Edward) Ruggisco,
lussurioso, e mi avvento su ogni
centimetro della sua pelle scura, bollente e vellutata. La venero, la
lecco, la
mordo e la succhio, suscitando cori di gemiti erotici e tempeste di
brividi a
non finire. I capelli neri e setosi nei quali la mia mano si
è persa, il viso
sconvolto dal piacere
e dall’estasi, il
corpo caldo, profumato ed eccitato: c’è troppo da
vedere e troppo da toccare,
voglio tutto assieme e lo voglio ora. Finalmente la mia mente
è in fiamme ma
silenziosa, e sono il mio corpo e i miei sensi a muovermi, urlando a
squarciagola. Desiderio, desiderio, desiderio brama, lussuria e voglia
irrefrenata. Voglio perdermi, affondare nel suo corpo e prendere tutto
quello
che posso, anche il suo sangue. Soprattutto il suo sangue, la gola arde
disperata, e in un momento di razionalità mi rendo conto di
non mangiare da
tantissimi giorni, ormai. Viene, ancora una volta, e la sua mano si
posa
possessiva sulla mia virilità, facendomi impazzire con il
ritmo veloce che
impone. Recupero la mia mano e passo le sue dita tra le sue labbra
schiuse,
dando via ad un gioco erotico che si rivela la classica goccia che fa
traboccare il vaso, una volta che la sua lingua percorre le mie dita.
Avverto
un peso nel petto ma lo scaccio, è solo
l’eccitazione eccessiva. Inverto le
posizioni, sovrasto il suo corpo tentatore, ho una fitta inspiegabile
al petto
e poi sprofondo, assieme a Jessica Stanley, nel più orribile
dei peccati. Lei
urla, ansima, geme appagata e è sfoga la mia eccitazione.
Con un movimento
rapido e fluido la sollevo e la volto, strappandole un ennesimo grido
all’approfondirsi della penetrazione. I suoi occhi sono
lucidi, le sue guance e
le labbra rosse, e il suo seno nudo e pieno, segnato dai morsi e dai
baci, si
solleva velocemente, freneticamente, al ritmo col suo respiro
impazzito. Mi
chino su di esso, desiderando solo di poterlo divorare, ma lei si
sposta in
avanti, e pone nella traiettoria la sua giugulare calda e vibrante.
Pazza,
quale orribile e deliziosa irresistibile tentazione, quale profumo
divino. I
canini escono dalla loro guaina, il veleno scorre e mi arroventa la
gola. Celo
con un bacio le mie oscure intenzioni, e poso le labbra sulla carne
viva e
pulsante. È così morbida che un leggero contatto
fa scaturire una preziosa,
meravigliosa, goccia di sangue rosso cupo, che lecco avidamente e
lussuriosamente. Spingo in alto i nostri fianchi uniti e spalanco le
fauci,
pronto a nutrirmi. Qualcosa, una voce maschile venata di dolore, mi
ferma “No,
Edward, fermati.” Scuoto violentemente il capo, come a
liberarmene, e mi
preparo ad un secondo assalto. “Edward, ti prego, fermati!
Questo non sei tu!
Fermati.” E questa volta la preghiera funziona, e mi fermo
davvero, recuperando
anche la mia razionalità in un impatto violento. La sete, le
mie emozioni alla
deriva, l’incontro con una Jessica più provocante
del solito, il mio istinto di
predatore che soverchia la mia razionalità. Vengo, assieme a
Jessica, proprio
nel momento in cui realizzo cosa sta accadendo, e di avere appena
tradito la
persona che amo. Jessica piomba ansante sul letto, balbettando parole
sconnesse. Io invece piombo nella disperazione. Mio Dio, che cosa ho
fatto?
Hem,
salve... (si prepara con orrore ad un lancio di ortaggi) Non
credo che ci sia molto da aggiungere. Non
mi liciate nelle recensioni, vi prego! E non
venite a cercarmi per scuoiarmi Ç-Ç Doveva
andare così U-U
|
Ritorna all'indice
Capitolo 31 *** 痛み (Pain) ***
(Jacob)
“Forza
Billy,
ora tira la manopola a destra, ma fallo con delicatezza! È
la prima volta che
monto uno di questi sistemi!” Mio padre sbuffa.
“L’hai fatto di sicuro alla
grande, fammi un po’ divertire, ora!” La Golf si
muove lentamente e cautamente,
avanzando di pochi centimetri, ma questo non basta a rassicurarmi
totalmente.
Sono passati cinque anni dall’ultima volta che Billy ha
guidato, ed è stato
quando mamma è morta. Temo che prima o poi lo shock si
faccia sentire, e che
lui vada nel panico. Salgo sulla macchina, al suo fianco, ed
è una sensazione
stranissima, quasi come se tornassi bambino. Mio padre ha sempre amato
guidare,
e ci portava a fare lunghi giri in
macchina non appena poteva.
Mia mamma diceva che lo faceva anche quando
io e le mie sorelle eravamo piccoli, per farci addormentare se
stentavamo.
Rivederlo alla guida mi fa ritornare indietro nel tempo, ma quelle
manopole
appena sotto il volante mi ricordano che tutto è cambiato
rispetto ad allora.
“Dai, vediamo cosa riesce a fare questo vecchio
rudere” dice mio padre, posando
le mani sul volante e accelerando cautamente. La macchina si muove
sicura, e un
leggero sorriso gli increspa il volto. Accavallo le gambe e guardo,
fuori dal
finestrino, la riserva che scorre sempre più velocemente.
Sento nascere, sul
mio viso, lo stesso sorriso che ha anche lui. Perché devo
sempre essere così
negativo? Mio padre è felice come non lo era da anni, ha di
nuovo il desiderio
di fare una cosa che ama e riesce a farla senza che essa gli procuri
dolore.
Sembra trovarsi bene con il sistema di guida per paraplegici che ho
montato, e
sono felice che abbia chiamato me per farlo. La giornata è
bellissima, io sto
bene e sono giovane, fiducioso ed innamorato. La mia vita non
sarà quella
ideale, ma almeno per adesso tutto sembra tranquillo. La mia
felicità è molto semplice,
ma non per questo meno preziosa.
(Edward)
Noi
vampiri siamo immortali, ma non ci è
impossibile la morte. Certo, venire uccisi è particolarmente
difficile e gli
esseri umani che ci provano sprecano il loro tempo e la loro vita, ma i
metodi
e modi esistono eccome. E io umano non lo sono più da un
pezzo. Se lo fossi,
nulla di tutto questo sarebbe mai accaduto. Sarei morto da anni o
felicemente
al fianco di Jacob, sicuramente non sul cucuzzolo ventoso di una
montagna, tormentato
e disgustato da me stesso, alla folle ricerca di un’erba
medicinale che i
Volturi hanno quasi distrutto. Il vampirismo è davvero una
maledizione, ma il
convivere con sé stessi dopo aver commesso un atto
vergognoso come il mio
tradimento è una maledizione persino peggiore. E la certezza
di dovere passare
l’eternità in sua compagnia, straziati istante
dopo istante dal senso di colpa,
consci del fatto che non si può incolpare solo la propria
natura di predatore, è
semplicemente una cosa impossibile da sopportare, almeno per me.
Chiamatemi
vigliacco, chiamatemi pauroso, insultatemi come vi pare. Ditemi che
dovrei
vivere in eterno e subire tutto il dolore per il mio tradimento,
disprezzatemi
e giudicatemi. Ma io credo che, se foste nei miei panni, fareste la
stessa
cosa. E se anche così non fosse, voi rimanete comunque voi e
io resto io. Io
non riesco a sopportare l’idea di avere stracciato e
calpestato Jacob in
maniera talmente vile, e ho preso la mia decisione definitiva, che
porterò
avanti a qualunque costo. Mi suiciderò, facendo in modo che
lo strazio sia il
più lungo e doloroso possibile, procurandomi una lunga ed
inesorabile agonia e
punendomi per quello che ho fatto e per quello che sono, anche se
ciò non
cancellerà comunque la mia grave colpa. Vivrò
quegli attimi, avvelenandomi il
cuore e la mente oltre che il corpo, per ogni istante di ogni giorno,
disperandomi inutilmente. E spero che questo dolore lancinante
aiuterà Jacob, e
lo renderà in qualche modo felice. Farò in modo
che sappia della mia morte e
della mia punizione, e spero che possa considerarla, se non un
pagamento per
quello che gli ho fatto, almeno una soddisfazione. Il vento, che
stasera è
forte e freddo, e porta l’odore del mare, mi riscuote
parzialmente e mi ricorda
il motivo per il quale sono salito fino a qui. La verbena. Per gli
umani
ucciderci è impossibile: non solo perché la loro
forza e velocità sono
nettamente inferiori alle nostre, ma anche perché le
leggende che si tramandano
sono false per la quasi totalità dei casi. I paletti
conficcati nel cuore e il
morso dei lupi mannari sono tecniche davvero efficaci, ma il segno
della croce,
il nome di Cristo, le preghiere, i corsi d’acqua e i rami di
sorbo non servono
a nulla, sono superstizioni inutili quanto l’aglio e le rose
sanguigne. Ma ,
nonostante ciò, esistono davvero come per tutti gli esseri
viventi, piante ed
erbe in grado di avvelenarci, paralizzarci e persino ucciderci, se
assunte in
dosaggi massicci e per un lunghissimo periodo. La verbena è
una di queste, e
qualche anno fa ne ho scoperta una macchia selvatica, durante una
battuta di
caccia. Non so per quale motivo l’ho lasciata intatta, ma ora
come ora è una
coincidenza che mi va benissimo. Quando finalmente la ritrovo, nascosta
dal
buio della notte incalzante e dalle rocce, mi chino e la colgo a mani
nude,
ignorando l’immediato effetto urticante e il dolore e anzi
quasi cercandolo. Quando
poi ne ho abbastanza telefono a Jacob e gli do appuntamento poco prima
del
confine. Voglio farla finita prima possibile.
(Jacob)
Ho
intercettato la chiamata di Edward proprio all’ultimo
squillo, ed ero talmente
contento di sentire la sua voce che credo di aver fatto una figura
patetica. Mi
ha chiesto se ci possiamo vedere subito, nel bosco, e ho accettato. Il
segnale
era disturbato, come se fosse in un posto estremamente ventoso, ma ho
comunque
avuto impressione che ci fosse qualcosa di strano, nella sua voce. Non
mi
sembrava la solita armonia serena e rassicurante, ma piuttosto un tono
piatto e
monocorde. Ma probabilmente è solo l’effetto del
vento. Esco di casa esaltato,
pronto a passare una notte davvero memorabile.
(Alice)
Siamo
arrivati a Volterra e mi è subito stata mostrata la mia
nuova stanza. È molto
ampia e luminosa, ha una bella vista e Aro mi ha assicurato che la
posso
decorare e ridecorare come desidero. Poso le mie dieci valigie a terra
e mi
guardo attorno, evitando di fare confronti con la mia vecchia stanza.
È tutta
sui toni lavanda, molto piacevole a vedersi, e dalle finestre entra
parecchia
luce, cosa alla quale non sono più abituata da un
po’ e che è una piacevolissima
novità. Imponendomi di non pensare a Forks e alla mia
famiglia mi concentro sui
miei numerosissimi bagagli, aprendo le borse e disponendo parte della
mia
collezione negli armadi, che fortunatamente sono piuttosto capienti. Le
prime
borse sono facili da svuotare, e dividere i capi per stagione, colore,
tessuti
e firme si rivela un compito noioso ma gratificante. Purtroppo,
però, non
abbastanza lungo. Le sette borse si svuotano velocemente, e le tre
rimanenti
sono decisamente più complicate da affrontare. Ne scelgo una
e apro la
cerniera: dentro ci sono un sacco di libri, quelli ai quali tengo di
più e che
ho letto e riletto per anni con amore perché mi erano stati
regalati dalla mia
famiglia. Quante notti abbiamo passato io, Edward e Carlisle a
chiacchierare in
salotto, recensendo questo o quel libro? Quante volte io e Jasper
abbiamo trascorso
i giorni di sole leggendo a letto? Li rivivo tutti uno ad uno,
sospirando, e
sistemando il libri un po’ sugli scaffali e un po’
nei pressi del comodino. Mentre
apro la seconda valigia e, mio malgrado, non appena faccio scivolare la
cerniera le mie labbra si piegano tristemente
all’ingiù, percepisco la presenza
di qualcuno dietro la porta. “Entra pure.” Invito,
ben felice di poter
rimandare quel compito che si preannuncia come piuttosto duro. E poi
non
sarebbe male socializzare con i miei nuovi vicini. Quando
però la porta si apre
ed è Simone a comparire nel vano, mi trovo a pensare che,
forse, era meglio
continuare a disfare le mie valigie. Probabilmente mi vorrà
accusare della
morte delle sue amiche e di averla trascinata qua dentro, e
farà un sacco di
storie. “Ti da fastidio se rimango qui per un po’?
So che mi detesti, ma sono
del tutto sola e non conosco nessuno, mi sento fuori posto
…” Decisamente
stupita le faccio cenno di entrare e sedersi sul letto. “No,
certo, vieni pure.
Stavo mettendo ordine tra le mie cose …”
“Vedo … Hai degli abiti molto belli.”
“La
moda
era la passione mia e di mia
sorella.” Annuisce. “Io mi pagavo il college
sfilando.” “Davvero? Che genere di
sfilate?” “Mah, perlopiù cose di poco
conto, come linee di intimo o outfit di
grandi catene commerciali. Ma era un bel lavoro, e mi
piaceva.” Annuisco e poi mi
siedo sul letto. Mi piacerebbe appianare le cose con lei e non solo
perché per
ora dobbiamo vivere assieme. Oramai la conosco, e mi sembra decisamente
più
affidabile dei Volturi. “Ti va di pararne? Sembra molto
interessante …” Lei mi
fa un grosso sorriso e comincia a chiacchierare a ruota libera.
(Jacob)
Arrivo
correndo, con stampato in faccia un
sorriso enorme ed ebete che non riesco in nessun modo a contenere, e
vedo che
Edward è già arrivato. Seduto su un ceppo con le
mani rigidamente posate sulle
ginocchia e il capo chino. Sembra nervoso, tormentato, ed
incredibilmente
stanco. Alza il capo, ed incontrare il suo sguardo mi trasmette
un’emozione
fortissima, come mi aspettavo. Solo che non credevo che
quell’emozione sarebbe
stata un concentrato di dolore e rammarico tanto forte. Corro verso di
lui, per
cercare di capire, ma qualcosa si risveglia in me. Una sorta di istinto
atavico,
che mi suggerire di voltami e di scappare, lontano da lui e da quello
che
uscirà dalle labbra bianche e fredde del mio ragazzo, che
ora posso vedere
tremare. E per un attimo la tentazione è talmente forte che
le mia gambe si
tendono come a raccogliere lo sprint necessario per partire di scatto
in una
corsa disperata, ma io le fermo. Quello davanti a me non è
un nemico, non è un
mostro spaventoso, è Edward, il ragazzo che amo. Non mi
può venire alcun male
da lui. Avanzo ancora di qualche passo, ma stavolta è lui a
fermarmi. Con una
voce che non è più nemmeno la sua, tanto
è deformata dal dolore, dalla rabbia e
dal rimorso, il mio ragazzo mi strappa il cuore con queste semplici e
crudeli
parole. “Ci dobbiamo lasciare. Io … ti ho
tradito.”
(Edward)
Non
so con quale coraggio, ma sono riuscito a cavare fuori quelle parole. E
mi
rendo conto, guardando Jacob e le sue reazioni, che la verbena e il
ricordo del
tradimento saranno attimi di puro sollievo, in questi mesi. La vera
tortura, il
vero incubo incessante, sarà vedere Jacob, nella sua
interezza, sopraffatto e
sfigurato dal dolore. I miei demoni saranno quel rauco suono che gli
esce dalla
gola, saranno la sua bocca contratta e digrignata e i pugni tesi.
Saranno il suo
corpo da gigante che si piega e si accartoccia e i suoi occhi, pieni di
dolore,
di lacrime, e soprattutto ancora increduli. E sopra ogni cosa, saranno
la
certezza che tutto questo l’ho causato io, con tutte le parti
e le forme del
mio essere.
(Jacob)
Come
è
possibile che il mondo sia ancora qua, normale come sempre, e che la
Terra
continui a girare tranquillamente attorno al proprio asse?
Perché le stelle
sono ancora lì, immobili e sospese nell’infinito?
Perché anche loro non
scoppiano e non esplodono, cancellando tutto? E perché la
forza di gravità mi
tiene ancora ancorato a terra? Perché non mi lascia libero
di cadere all’infinito,
di schiantarmi e spezzarmi contro il cielo e quelle maledette stelle,
che
sembrano ridere di me? Perché il mondo esterno è
così dannatamente uguale al
solito, se il mio mondo è andato in pezzi? Per quale motivo
ha abbassato tutte
le difese, come uno stupido, e ho fatto entrare Edward dentro di me?
Io, che
sono sospettoso per eccellenza, perché non ho mai nutrito il
minimo dubbio
sulla sua fedeltà, pur sapendolo accompagnato da vampire
fighissime e ragazze
carine? Perché, come un coglione, ho creduto
all’amore e a tutte quelle stupidaggini,
fidandomi di lui e dei sentimenti che credevo provasse? E, sopra ogni
cosa, perché
non riesco a reagire? Perché sono scivolato a terra in
lacrime e mi sembra di
non riuscire più ad alzarmi? Lui sta lì, seduto,
e non muove un muscolo, non
batte ciglio. Vaffanculo Edward Cullen. E vaffanculo anche a te, Jacob
Black, perché
gli hai permesso tutto questo come un idiota.
(Edward)
Dio,
ti prego, se ci sei e se mi stai guardando fammi morire ora, in questo
momento.
Riprenditi tutto il tempo che ho rubato alla Morte e straziami,
rinchiudendomi
nell’Inferno di cui parla il tuo credo. Fammi divorare dalle
fiamme, o marcire
nel ghiaccio, o morire di fatica per secoli e secoli. Ma ti prego, ti
supplico,
liberami dal suo dolore, fammi fuggire da lui. Jacob Black piange,
Signore, piange ed è tutta colpa mia. E non
c’è nulla che
io possa fare, se non stare fermo e guardare questa devastazione. Fallo
andare
via, ti prego. Fa che mi sputi in faccia il suo odio, che mi attacchi e
provi
ad uccidermi, che mi urli addosso per ore, però, ti prego,
fai smettere quelle
lacrime. Non permettergli di soffrire, non per me. Dagli la forza di
sollevarsi
e lasciarmi indietro. Fa in modo che mi odi, o che si dimentichi di me
e mi
ignori per il resto dei suoi giorni. Ti prego, Dio, fa che la mia
esistenza non
gli causi più dolore.
(Jacob)
Stai
facendo la figura dell’idiota, Jacob Black. Sei patetico.
Lasciami
in pace
Alzati, che
aspetti! Se per te questa relazione è così
importante perché non combatti per salvarla?
Perché te ne stai lì accucciato in
terra e ti fai vedere così debole e distrutto?
Non
ce la
faccio
Dov’è
finito il
tuo amor proprio, il tuo orgoglio da capobranco Quileute? Che ne
penserebbero i
tuoi fratelli di te? E Ateara? Vuoi forse dimostrargli che sei solo una
donnetta?
Non
mi importa
Alzati,
combatti, chiedi spiegazioni! Dove, come, con chi, quando e soprattutto
perché!
Non amavi forse la persona che ti ha fatto tutto questo? E allora come
puoi
lasciare perdere tutto così?
Perché lui mi ha
rotto
(Edward)
E
finalmente, con gambe tremanti, Jacob si alza e se ne va. Non mi degna
di una parola
e non si volta indietro neppure una volta. E non appena lui sparisce
nella
foresta io cesso di esistere come persona. In un libro o in una storia
ci
sarebbero pagine e pagine di descrizione del mio dolore, mi si vedrebbe
fare
cose come prendere a calci e a pugni gli alberi, o buttarmi a terra ed
urlare.
Ma tutto ciò è inutile, nella vita vera: fare
queste cose non mi riporterebbe indietro
Jacob, non cancellerebbe tutte le mie colpe e non mi darebbe neppure
uno sfogo.
Il dolore che provo è talmente intenso che non riesco a
codificarlo e a
descriverlo, e sinceramente non vedo perché provarci. A
chi può interessare? Io soffro comunque, che
faccia atti tragici o no. E soffro da morire, lo posso assicurare. Il
mio corpo
si alza, si dirige alla mia macchina e prende una bottiglia piena di
acqua e verbena.
Il veleno comincia a fare effetto subito, facendo inarcare e contorcere
il mio
corpo in spasmi violenti. Ma la tortura della mia mente è
diecimila volte più
intensa. La mia mente cade preda dell’incubo.
Salve
a tutti, ecco il nuovo capitolo! Vorrei
fare una precisazione: il Kanji del titolo è la parola
dolore in Giapponese, e voleva essere un piccolo pensiero per tutte le
vittime del sisma e del terribile Tsunami che ne è derivato.
Ho fornito loro anche un aiuto concreto, per quello che posso
nel mio piccolo, ma volevo mandare un pensiero anche tramite questo
canale. Un bacio a tutti, grazie per il tempo che mi dedicate sempre
=)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 32 *** Searching And Destroy ***
(Leah)
Jacob
è
sparito. Non è venuto a scuola, ma ho dato per scontato che
fosse con Cullen,
che volessero stare assieme un bel po’, vista la separazione
abbastanza
difficile che hanno dovuto subire. Ma
ora sono le quattro del pomeriggio, io sono appena rientrata e ancora
di lui
nessuna traccia. Non un biglietto o un messaggio, e il suo telefono e
tutti i
suoi soldi sono qua. Mi sto preoccupando seriamente. Jake è
uscito da qua ieri
mattina, e da allora io non l’ho più visto. Ieri
era a pranzo da Billy, e poi
l’ha aiutato a montare un sistema frenante per paraplegici
sulla loro vecchia
Golf. Hanno fatto un giro in macchina, hanno chiacchierato un
po’ e Jake
sembrava felice e di ottimo umore. Poi, a quanto dice Billy,
è tornato qui ed è
sparito nel nulla. Nessuno l’ha visto allontanarsi dalla
riserva e questo,
oltre all’ultima chiamata sul suo cellulare, effettuata da
Cullen, mi fa
presumere che si siano incontrati. Ma poi? Cosa è successo
poi? Ho provato un
milione di volte a telefonare a Cullen, ma non da segni di vita. Mi
mordo
l’ennesima unghia e non mi fermo neppure quando vedo uscire
il sangue. Dove sei
sparito fratello mio? Mi aggiro per casa come una tigre in gabbia,
aspettando
Anthony. Ho bisogno di una copertura: fosse per me sarei già
alla casa nel
bosco, ma non devo perdere la testa, e soprattutto non devo
insospettire
Ateara. Ora che il nostro capo è sparito, il nostro clan
è debole e se io vado
dai vampiri in un momento del genere offro ad Ateara
l’occasione ideale per
aizzarci contro i suoi esaltati. Devo stare calma, e usare il cervello.
Sento
la ghiaia del vialetto scricchiolare e riconosco i passi di Paul, Seth,
Quil,
Embry e Sam. Esco di casa alla velocità della luce, pur non
facendomi false
illusioni, e capisco dalle loro facce truci che non lo hanno trovato da
nessuna
parte. Non parlano, ma vedo la domanda che aleggia silenziosamente tra
di noi,
e percepisco anche un’altra cosa, che mi spaventa aumenta
le mie ansie: i miei fratelli
guardano a me come ad un capo, ma io non so cosa fare. Non ho strategie
o piani
complicati, ho solo la certezza di doverlo ritrovare.
(Jacob)
Tum
tump, tum tump, tum tump.
Tum
tump, tum
tump, tum tump.
Tum
tump, tum
tump, tum tump.
Tum
tump, tum
tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump.
Tum
tump, tum tump, tum tump.
Tum
tump, tum
tump, tum tump.
Tum
tump, tum
tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump.
Tum
tump, tum tump, tum tump.
Tum
tump, tum
tump, tum tump.
Tum
tump, tum
tump, tum tump. Tum tump, tum tump, tum tump.
Tum
tump, tum tump, tum tump.
Tum
tump, tum
tump, tum tump.
Tum
tump, tum
tump, tum tump. Corro da un
giorno, ormai, e il mio cuore
e il mio respiro si sono accordati al
suono ritmato delle falcate. Corro abbastanza veloce da superare un
treno in
corsa, anche se l’idea di cosa sia un treno si fa sempre meno
nitida con l’andare
dei chilometri. Il lupo ha preso il sopravvento e mi spinge a correre,
correre
e correre. Lo assecondo, docile, e in effetti muovermi senza avere
pensieri è
una medicina per l’anima. Ma cos’è
questo peso che mi strazia da dentro?
(Edward)
Come
se mi stessi trasformando di nuovo, il mio corpo brucia e arde di
febbre. La
verbena lo sta sciogliendo dall’interno, lentamente, e il mio
organismo non
potrà rigenerarsi in eterno, se non mi nutro e continuo ad
assumere quantità anche
minime della pianta. Il tipo di dolore è lo stesso, ma
questa volta non
cesserà, e io non rinascerò. Speravo di poter
avere una morte privata, ma Rosalie
in qualche modo mi ha trovato e mi ha trascinato a casa. Quando mi
hanno visto
ridotto così mi hanno tutti urlato contro almeno un milione
di domande, accuse
e richieste di spiegazioni, ma io non ho risposto a nulla: in parte
perché le
mie corde vocali sono sciolte dall’acido, in parte
perché non ho niente da dir
loro. Io non sono più l’Edward che conoscevano;
lui, qualunque cosa fosse, è
morto in questi due ultimi giorni. Rimane solo il simulacro del suo
corpo, ma
l’anima e sparita, morta nel momento in cui ho tradito e
ferito Jacob. Oramai
non sono che un grosso guscio vuoto, e non vedo proprio
perché dovrei rimanere
ancora qua.
(Leah)
Anche Angela
non ne sa nulla, e Jacob non si fa vivo in nessun modo. Ieri notte il
nostro
branco si è riunito e abbiamo provato a cercarlo, ma senza
alcun risultato.
Sono sicura che si sia mutato, se ho capito, come temo, quello che
è successo,
ma non ci può o vuole sentire. Sono passati due giorni da
quando è sparito, e
non oso immaginare quanto possa essere andato lontano, in forma di lupo
arrabbiato e in fuga da tutto. Farò un ultimo tentativo al
liceo di Forks,
giusto per agitare un po’ le acque e confondere Ateara, e poi
andrò da loro.
Inforco gli occhiali da sole e salgo sulla moto di Jake con una
smorfia, dato
che odio guidare. Arrivo all’edificio in pochi minuti e ci
deve essere
qualcosa, nella preoccupazione spiritata dei miei occhi, che convince
la
segretaria a darmi i registri che ho chiesto senza fare troppe storie
sulla
privacy. Li scorro velocemente e finalmente trovo i nomi che cercavo.
Emmett
Cullen, Rosalie e Jasper Hale risultano presenti, ma Alice ed Edward
Cullen
sono addirittura segnati come ritirati dai corsi! La segretaria mi
spiega che,
se nessuno dei ragazzi Cullen è davvero figlio del dottore e
di sua moglie,
Edward, Alice ed Emmett sono davvero fratelli di sangue,
così come i due
ragazzi Hale sono gemelli. Pare che i genitori dei tre fratelli si
siano fatti
avanti, e che vogliano conoscere quei ragazzi che in
gioventù non sono riusciti
ad allevare e sono stati costretti a dare in adozione. A quanto si dice
Emmett
Cullen si è categoricamente rifiutato, ma Alice ed Edward
no, e sono partiti
alla volta dell’Europa. Ringrazio ed esco. Europa, certo.
Dell’assenza della
ragazza non mi importa nulla, ma Edward è tutta
un’altra storia. Monto di nuovo
sulla moto e sfreccio sulla statale, diretta nel covo del nemico.
L’aria e il
sole sono caldi sulla mia pelle e il motore della moto è
addirittura rovente,
ma tutto ciò è nulla se paragonato
all’ondata di rabbia incendiaria che mi sta
attizzando le viscere.
(Jacob)
Corro,
non
ho smesso un solo attimo. Sono stanco, stanco morto, eppure
c’è qualcosa che mi
spinge a proseguire. Odore di dolce, di inchiostro e libri antichi.
Scintillio
sovrannaturale, giallo caldo color miele. Dove sei? Perché
non mi lasci in
pace? Perché non riesco a lasciarti indietro?
My hands are
searching for you
My arms are outstretched towards you
I feel you on my fingertips
My tongue dances behind my lips for you
Procedo, instancabile,
e la pelle del lupo
mi va sempre più stretta. La mia coscienza umana si
è parzialmente risvegliata,
e la mia mente mi tormenta. Vorrebbe indagare questo peso che mi lacera
da
dentro, vorrebbe chiarire una volta per tutte e dare battaglia, ma il
lupo non
glielo permette, ringhia furioso e mi strangola, spingendomi a correre
fino a
quando il mio corpo non collasserà. Lui capisce, anche se
non sa, e vede che è
meglio non sapere e non ricordare. Sa che finché continuo a
correre come un
pazzo sono al sicuro, e che se mi fermo questa cosa che mi uccide e mi bracca mi
raggiungerà e squarterà il mio cervello.
This fire runs
through my veins
Burning I’m not
used to seeing you
No,
dannazione, non lo permetterò! Non
voglio pensare a nulla, non voglio ricordare, e quindi la questione si
chiude
qui. Ne sono uscito, davvero. Non c’è motivo di
soffrire così tanto ed
inutilmente. Sono arrivato fin qua raccogliendo i miei pezzi, e sto
alla
grande. Sono diverso, ma sto bene così. Si, io sto bene, sto
bene. Davvero.
I'm
alive, I'm alive
L’aria
attorno a me è solo aria, la
temperatura parecchi gradi sopra lo zero e l’unico colore che
vedo è il verde
scuro del bosco. Basta con certe stronzate, la sola ed unica
realtà è questa.
I can feel you all around me
Thickening the air I'm breathing
Holding on to what I'm feeling
Savoring this heart that's healing
Le zampe si
incuneano a terra e il lupo urla senza
sosta. I muscoli si contraggono velocemente avanti e indietro e la
pelliccia
vola, sferzata dal vento che i miei duecento chilometri
all’ora producono. Ho
fame e il lupo mi ha ordinate di andare a caccia. Sto inseguendo un giovane
capriolo, e non fa per niente schifo
come pensavo. È la mia natura, è quello che sono.
L’umano non esiste più, il
dolore non fa male e non ho più ricordi pericolosi. Non
ho più lui.
And so I cry
The light is white
And I see you […]
Lo vedo con la
coda dell’occhio alla mia destra. Lo
sento che mi chiama a sinistra. Guardo avanti, determinato.
È solo il vento che
mi scompiglia la criniera, non sono mani fredde. E il profumo
dell’aria è
quello del capriolo che è sempre più vicino.
Senza bisogno di un ordine il mio
corpo si tende come un arco, spicca il balzo e piomba sulla preda. Le
mie zanne
e le mie zampe fanno scempio del cadavere, la mia lingua lappa il
sangue e le
mie fauci stritolano le carni. La parte umana si è ritirata,
atterrita. Che
possa avere un po’ di pace, finalmente?
You said you would never leave me
I believed You, I believed
No.
(Leah)
L’unica auto
nel viale della grande casa è
la Volvo di Cullen. Spengo la moto, scendo da essa, vedo una finestra
spalancata e spicco il balzo senza neppure pensare.
(Edward)
Per
un istante, un solo istante, ho pensato che fosse lui e sono uscito dal
mio
inferno. Ma poi è stata Leah ad apparire e ora il dolore
è anche più
straziante, perché nella luce accecante della mia stanza
è fin troppo facile
sovrapporli, e rendere il mio ricordo di Jake più vivido e
reale.
(Leah)
Vista
la luce abbacinante credevo che non ci fosse alcun vampiro, in questa
stanza,
ma mi rendo conto di essermi sbagliata quando una cosa si alza velocemente
dalla sua posizione semi-abbandonata su un
divano da strizzacervelli e poi si sdraia nuovamente altrettanto
rapidamente.
Solo dopo moltissime occhiate sospettose mi rendo conto che si tratta
di
Edward. Ricordavo un ragazzo incommensurabilmente bello, alto,
muscoloso e con
i capelli ramati, ma quello che mi ritrovo ad osservare ora
è una sorta di creatura
aliena, che sembra quasi incorporea. Più che vedere un
essere in carne ed ossa,
ho come l’impressione di osservare un qualcosa costituito da
micro particelle metalliche che svolazzano. È
sbiadito ed
evanescente come fumo condensato, e dentro di me si fa strada la
certezza che
se provassi a toccarlo probabilmente la mia mano gli passerebbe
attraverso come
ad un velo di garza. I capelli sono sfibrati e flosci, di una tinta
verdastra,
e gli occhi color rame, velati da una leggera patina di ossido. Rimango
sbalordita qualche secondo, ma poi recupero la mia vitalità.
“Hai un aspetto
terrificante, sanguisuga.” “E tu inquini la mia
aria, sporca lupa.” Sento una
voce roca e rasposa nella mia testa, e capisco che è la sua.
“Che è successo
alla tua voce? Sembri un maniaco. E perché non parli,
poi?” Nessuna risposta.
Senti, Cullen, non ho tempo da perdere con te.
Dov’è?” “Chi?”
“Lui.” Un guizzo
gli illumina per un istante gli occhi, e vedo un’emozione
passarvi attraverso. Di
cosa si trattava? Sorpresa, rabbia, rammarico? Non saprei, non ho avuto
abbastanza tempo per decifrarle, e sinceramente non mi importa tanto.
Io voglio
solo sapere. “Jacob è sparito?”
“Si, da due giorni, dopo averti incontrato.”
Sospiro. “Cosa è successo in
quell’occasione?” Non sono una stupida,
l’ho già
capito, ma voglio sentirlo da lui. “L’ho
lasciato.” Esplodo.
(Edward)
Prima che
me ne renda conto, Leah Clearwater ha già spiccato il balzo,
e solo quando le
sue fauci affondano nelle mie carni mi rendo conto che è
mutata. I suoi denti
mi straziano a fondo, il suo veleno cola direttamente dentro di me
e penetra nel mio organismo, bruciandomi come
la verbena non potrebbe mai fare. È incredibilmente
doloroso, ma troppo troppo
rapido. Non ho ancora sofferto abbastanza, non posso ancora morire. Se
ora mi
muovessi o dessi battaglia la inciterei, e porrei finalmente fine a
tutto, come
il mio corpo desidera. Ma io so di non aver ancora pagato abbastanza, e
quindi
decido di restare immobile, sapendo che mi lascerà andare.
(Leah)
È
come
straziare una bambola fatta di stracci. Il suo corpo sbatacchia qua e
là,
seguendo il ritmo convulso del mio capo, ma non ha reazioni. Non grida,
non
geme, non fa un gesto, e persino il suo veleno non mi urtica. Alzo lo
sguardo e
vedo un’espressione di tale felicità e sofferenza impressa
sul suo volto che mollo la presa
scioccata, ritornando umana. Il ritiro da scuola, questo suo aspetto
tremendo e
tormentato, questa assenza totale delle reazioni che gli sono naturali
… “Tu
stai cercando di ucciderti.” Realizzo in un lampo, sconvolta.
“Alla tua
sinistra, sulla scrivania. Il calamaio. È pieno di una
sostanza che mi è
letale. La bevo da allora, e mi sta divorando da dentro. Per questo non
parlo,
le mie corde vocali sono sciolte.” “È
orribile, è una cosa da pazzi! Ti ha dato
per caso di volta il cervello?” “Tu mi dovresti
capire meglio di altri, Leah
Clearwater. Tu lo sai il perché, tu lo capisci. Lasciami
fare come voglio e vai
da lui, corri. Arriva in tempo, ad ogni costo.” Il mio corpo
si paralizza. “Sai
qualcosa, vedi qualcosa di preciso?” Scuote il capo.
“No. Il mio non è quel
tipo di potere. E comunque su di lui non funzionerebbe. Vai, corri. Ma
prima
prendi queste …” La sua mano scheletrica mi porge
un plico di lettere. “Puoi gettarle,
se vuoi, ma prima leggile. Promettilo.” Lo osservo dubbiosa
per qualche
secondo, poi sospiro ed annuisco. “Lo prometto,
così come prometto che se
quando lo troverò sarà troppo tardi io
ucciderò la tua dannata famiglia davanti
ai tuoi occhi. E così come ti assicuro che questo
è solo un assaggio di quello
che dovrai pagare.” Afferro ed appallottolo un foglio di
carta, gli do fuoco
con l’accendino e lo getto nel suo ventre mutilato. La
fiammata è improvvisa ed
altissima, e libera un orribile odore di vegetazione putrescente tutto
attorno.
Lo guardo in volto, e nei suoi occhi vedo la scintilla di una gioia
senza pari.
Profondamente turbata mi butto dalla finestra e guido fino alla
riserva.
Organizzo un piccolo consiglio con il Clan, Anthony e Billy e decido di
partire
subito. Mentre Billy sistema tutti i dettagli della mia assenza da
scuola in
modo che gli assistenti sociali non possano lamentarsi ed Anthony si
prepara a
reggere la parte, io e i miei fratelli studiamo le carte della zona
circostante
la radura, cercando di capire dove può essere fuggito Jacob
ma senza successo. “Non
importa, io lo troverò. Mi consumerò gambe, naso,
occhi ed orecchie ma ce la
farò.” “Certo. Nessuno potrebbe
riuscirci se non tu.” Mi rassicura Paul,
stringendomi forte, seguito poi dai miei fratelli e da Billy. Anthony
rimane
per ultimo. Ha in mano una borsa che sembra piena zeppa. “Ci
sono cose che ti
potranno tornare utili, tipo soldi, schifezze energizzanti e piene di
zuccheri,
dei vestiti per tutti e due, il tuo telefono e un kit di soccorso.
Spero che tu
riesca a portarlo comunque …”
“Grazie.” Sussurro, commossa. Ho dovuto dire ad
Anthony la verità sulla mia seconda natura per spiegargli il
perché della mia
partenza, e non mi pento di averlo fatto. È presto per
dirlo, ma sembra che lo abbia
capito, ed accettato. “Torneremo.” Prometto, poi
muto – sento il mio ragazzo
trattenere il fiato dall’emozione – e comincio a
correre. La velocità preme la
borsa sul mio dorso, ma l’ho fissata bene e non rischia di
strapparsi. Sotto un
cielo tutto di stelle inizio la mia folle corsa contro il tempo.
Raggiungo in
un attimo la radura, chiudo gli occhi e mi faccio guidare dal mio
cuore, per
ritrovarlo. Vedo la strada e la imbocco. Sto arrivando Jake.
Puff,
eccomi di nuovo xD In teoria non avrei dovuto aggiornare che a fine
mese a causa esame, ma non ce la facevo più
Ç-Ç Quindi questo è il frutto delle
mie fatiche =) Le parole in inglese che rappresentano la parte
razionale di Jacob durante la sua fuga sono una canzone dei Flyleaf,
intitolata All Around Me e non na mia invenzione. Amo quella canzone da
anni ed anni, e devo dire che ho sempre sognato usarla in una
situazione simile, oltre al testo la voce della cantante e la musica
creano in me proprio l'atmosfera perfetta, e sono davvero felice di
essere finalmente riuscita ad inserirla in una mia storia ^-^ Grazie
mille a tutti coloro che mi leggono, recensiscono, o insericono tra
preferiti e ricordati <3 Un bacio =*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 33 *** Finally Better ***
(Edward)
“Dov’è?”
“Chi?” “Lui.” Non faccio altro
che pensare a questo dettaglio della
conversazione che ho avuto con Leah. Che io abbia sbagliato tutto, come
un
idiota? Che abbia sbagliato a giudicare Jacob e i suoi sentimenti,
sottovalutandoli? Sospiro e sollevo il calamaio, pronto a vuotarmi in
gola la
solita dose di verbena ed inchiostro approfittando della momentanea e
brevissima assenza di Emmett, ma mi blocco con il braccio a
mezz’aria. Sono
vivo per miracolo dopo l’attacco di Leah, e se ora bevessi la
verbena morirei al
più tardi dopodomani. Non che non ne abbia più
l’intenzione, ma prima vorrei essere
certo del fatto che lei è riuscita a trovarlo in tempo.
Vorrei poterlo
percepire un’ultima volta prima di morire, perché
sono davvero preoccupato. Esito
ancora un istante, ed è quello fatale. I passi di Emmett
risuonano per il
corridoio, minacciosi. A giudicare dall’odore mi sta portando
il pranzo.
Siccome non farei in tempo a tornare a letto, poso il calamaio in un
angolo e
mi siedo alla scrivania davanti ad uno spartito incompiuto. Mio
fratello entra con
in mano una bottiglia di plastica gigante piena di sangue, ma invece di
lasciala semplicemente da qualche parte ed uscire mi afferra per il
colletto
della camicia, mi sbatte a terra, mi spalanca la bocca e ce la vuota
dentro. Non
appena il sangue sfiora le mie labbra mi divincolo come un indemoniato,
furibondo, finché non spedisco la bottiglia lontano con una
manata. Sputo quel
che ho in bocca e mi infilo violentemente due dita in gola, cercando di
espellere
il sangue prima che il mio fisico lo assimili. Non che ne possa aver
assorbito
più che tanto, considerando come mi ha ridotto Leah, ma
meglio prevenire. “Non
ti azzardare MAI più a fare una cosa simile
Emmett.” Lo minaccio
telepaticamente mandando un cupo ringhio, mentre mi pulisco la bocca
con una
mano. Mio fratello ruggisce violentemente in risposta, afferrandomi per
la
camicia macchiata di sangue e sollevandomi in alto.
“Dannazione Edward, si può
sapere perché ci fai questo? Non bastava la decisione di
Alice, ti ci devi
mettere pure tu a torturare così mamma? Vuoi forse che
impazzisca?” Fa per prendermi
per le spalle e scuotermi, ma lo fulmino con lo sguardo e deve vedere
qualcosa
nei miei occhi che lo convince a lasciarmi perdere. “Fa come
vuoi, allora ...”
Mi apostrofa, prima di uscire sbattendo la porta e lasciando
intenzionalmente qui
la bottiglia quasi vuota e una marea di delizioso sangue versato sul
pavimento.
(Leah)
Non so
più
da quanto tempo sto correndo, ma sento che ho guadagnato terreno ad una
velocità incredibile. Oramai sono talmente vicina a lui che
quasi ho le
allucinazioni, e mi sembra di sentire il suo profumo e vederlo ovunque.
Chissà
se si è accorto che qualcuno lo segue, e se ha capito che
sono io. Non ho fatto
che chiamarlo e chiamarlo ancora, stancando persino la mia mente, ma
temo che
non mi abbia sentito e questo mi riempie d’ansia.
Chissà dov’è il lui che
conosco, ora, e quanto profondamente dorme schiacciato dal lupo. E se
invece
non avesse risposto intenzionalmente? Se Jacob non stesse dormendo ma
scappando
a mente lucida e fredda? Da Edward, da Forks e persino da me, pur di
dimenticare e non soffrire … Non appena realizzo quello che
ho pensato, di
riflesso le mie zampe accelerano in uno spasmo folle, cercando di
raggiungerlo
con una tale disperazione che non mi fa guardare neppure dove vado,
tanto da
lasciare che i rami bassi dei pini mi feriscano e mi si impiglino
dolorosamente
nella criniera. Non mi fermerò più
finché non l’avrò trovato. Io e lui non
esistiamo
separati.
(Edward)
Mi sono
liberato della bottiglia buttandola dalla finestra, ma non posso fare
nulla per
il sangue sul tappeto, visto che non posso uscire dalla mia stanza
senza che
tutti mi diano il tormento e riprovino a realizzare la brillante idea
di Emmett
tutti assieme. E anche se oramai si sta seccando, il suo profumo non
diventa
meno delizioso. Anzi, man mano che passano i giorni è sempre
più difficile
resistergli. I miei sogni sono rossi, e il mio corpo si muove a spasmi,
ricordandomi che per me il sangue è ogni cosa; luce,
calore,acqua e aria. Il
vampiro farebbe di tutto per berne, sarebbe persino disposto ad
umiliarsi e a
leccare ogni centimetro del pavimento pur di averne una goccia. Ma
Edward
Cullen è, non so per quanto ancora, più forte. Si
costringe a rivedere
il dolore e le lacrime di
Jacob, e la sua
fuga disperata. Ricorda a se stesso che è un essere
miserabile, che merita ogni
genere di tormento e neppure una parola di comprensione, neppure dalla
sua
famiglia. Così la tortura supera quello strazio, e il
vampiro non può far altro
che urlare urlare ed urlare. Edward è cocciuto e non
demorde. Quando il bisogno
del sangue è così forte, lui semplicemente apre
le fauci e si squarcia le
braccia a morsi, per resistere. Morirà pur di non cedere. E
io tengo per lui.
(Jacob)
Qualche
giorno fa l’ho sentito. Un rumore lento e ritmato, eterno e
tremendamente
familiare. L’istinto del lupo mi ha detto che quello
è il Respiro
dell’Universo, il grande orologio che scandisce la natura e
amministra il
susseguirsi delle stagioni, del giorno e della notte, del sole e del
cattivo
tempo, della vita e della morte. Un qualcosa che gli umani non
percepiscono
nella stessa maniera, e che regola invece l’esistenza di ogni
animale, pianta,
frana, tempesta o inondazione. È il motore del mondo che non
è umano, e il
fatto che io cominci a percepirlo vuol dire che sono quasi arrivato al
grande
bivio. Se continuo su questa strada, la mia anima umana
parlerà sempre più
piano dentro me, attutita e smorzata da quel grande e lento pulsare. E
quando non
riuscirò più a sentirla, Jacob Black
sarà finito, e cesserà di esistere. È
quello che è successo ai grandi della mia tribù,
quelli che non volevano
ritornare e che sono rimasti in forma animale sino alla fine dei loro
giorni.
Hanno udito il Respiro e lo
hanno accettato,
vivendo in lui e per lui sino alla fine, senza più avere
coscienza di loro
stessi. E ora che ci sono così vicino, non sono
più sicuro di volere questo per
me. Sono davvero pronto a rinunciare per sempre a tutto quello che sono
stato, alla
persona che ho creato con tanta fatica? Ho bisogno di pensare. Freno la
mia
corsa e mi rendo conto di quanto disperatamente urli il mio corpo,
sfiancato
dalla fame, dalla sete e dal mio tormento. Mi accascio per terra,
uggiolando, e
realizzo che non riuscirò ad alzarmi da qui tanto presto.
Sento che qualcosa si
avvicina, ma non capisco se si tratta di quel dolore che mi segue con
tanta
devozione da non so più quanto tempo o di
qualcos’altro, qualcosa di ignoto.
Rassegnato ed impossibilitato a fare altro, chiudo gli occhi ed aspetto.
(Edward) Mi sono
appena ferito per l’ennesima volta quando la porta della mia
camera si apre e
nel vano appare mia madre. I suoi occhi tristi si posano su di me, sul
sangue
versato a terra, sulle mie braccia mutilate, sui i miei oggetti rotti e
smembrati durante le crisi e fremono, mentre lei entra sospirando. Ha
in mano
un grosso secchio pieno di acqua ed ammoniaca e alcuni stracci. Poggia
tutto
sul pavimento, si mette carponi dandomi le spalle e comincia a pulire.
Non dice
una parola ma le sue spalle sussultano come se stesse singhiozzando
mentre mi
libera da quella tortura e mi permette di continuare la mia
distruzione. E
quando leggo nei suoi pensieri che sa quello che sta facendo, che sa
che senza
il tormento di quel sangue ricomincerò ad avvelenarmi, ogni
mia resistenza si
sbriciola e mi arrendo all’infinito amore e rispetto che
prova per me. “Mammina
...” La chiamo telepaticamente, facendola sussultare per la
sorpresa. Alza lo
sguardo su di me, felice e commossa, e le faccio segno di avvicinarsi
al letto.
Si alza, mi raggiunge e si siede ma non mi fa domande o accuse,
semplicemente
mi accarezza. Le sue dita sfiorano il mio viso e le mie ferite con
tutta la
dolcezza e l’amore speciale che accomuna tutte le madri, di
ogni luogo e tempo,
e il senso di colpa che provo per averle causato tanta sofferenza
è talmente
forte, che decido di confidarmi con lei e provare a spiegare il
perché di tutto
il tormento che sto infliggendo anche a loro. Lentamente le racconto
tutto,
omettendo solo l’identità di Jacob: mi sono
innamorato di una persona unica al
mondo, ma la mia natura ha rovinato tutto e, soprattutto, ferito questa
persona
in una maniera talmente grave da non potermi concedere il perdono. Le
spiego
come quel tradimento mi abbia aperto gli occhi su quello che sono
davvero e mi
abbia dimostrato che, sebbene abbia un cuore umano capace e desideroso
di
provare amore, in quanto vampiro non potrò mai ottenere
nulla di buono e
durevole, poiché sarò io stesso a rovinarlo, con
le mie mani e la mia semplice
esistenza. Per questo ho deciso di combattere contro quella parte di me
e di
ucciderla pur di ottenere la vittoria, anche se questo
significherà porre fine
anche alla controparte umana che ho finalmente scoperto di avere. Esme
mi ascolta,
in silenzio, poi mi prende le mani. “Quanti anni avevi quando
sono entrata
nella tua vita? Diciassette o diciotto, vero? Eri già un
adulto, e infatti dopo
poco te ne sei andato via da casa per provare a vivere come ritenevi
più giusto.
Sono entrata nella tua vita quando eri già un adulto ed
è come tale che ti vedo,
quindi non mi posso permettere di importi cosa fare o non fare. Ritengo
che la
tua scelta sia assolutamente sbagliata ma non ho alcun diritto di
intervenire
su di essa, anche perché quella stessa decisione mi ha dato
un’altra
possibilità. Non voglio che tu ti tolga la vita, ma non
riesco neppure più a
sopportare il tuo supplizio sapendo che non posso fare nulla. E se
niente di
quello che sto per dirti riuscirà a convincerti a desistere,
allora ti
accompagnerò fino alla fine, continuando ad amarti istante
dopo istante. Però ci
sono due cose che voglio che tu sappia: la prima è che, con
la tua morte,
porterai sicuramente un immenso dolore alla persona che ami. La seconda
è che
non basterà distruggerti per sconfiggere il vampiro e far
trionfare Edward
Cullen, perché tu sei Edward Cullen proprio
perché sei un vampiro. Pensa: se tu
non fossi tutto ciò che sei, con i tuoi errori, i tuoi
trionfi, i tuoi canini e
la tua personalità questa storia d’amore sarebbe
esistita? La persona che ami
non ti ricambia forse perché le piace ciò che
sei?” Rifletto sulle sue parole e
realizzo, con sgomento, che ha più ragione di quanto, forse
non possa
immaginare. Se non fossi un vampiro, io e Jacob non ci saremmo mai
scontrati, e
quindi conosciuti. Se il sole non fosse così pericoloso per
me, non avrei mai
fatto saltare in aria il tetto della scuola e quindi non mi sarei mai
trovato
in classe con lui. E, realizzo sbarrando gli occhi, se io fossi morto
nel 1918
non lo avrei mai, mai, mai
neppure
conosciuto. Me ne sarei andato dal mondo in un mare di dolore e non
avrei mai
saputo della sua esistenza. Esme mi guarda e sorride con dolcezza.
“Vedi? So
che non è facile, ma il vampiro è parte di te e
anche se tu ti uccidessi lui
non morirebbe. Tu sei sempre Edward. Eppure sei Edward.” Si
alza dal letto e
prende il secchio e gli stracci. Fa per uscire, ma poi si blocca nel
vano della
porta. Vorrebbe dirmi qualcosa, ma poi sospira semplicemente e se ne
va,
lasciandomi solo con i miei pensieri.
(Leah)
È
qui, sto
arrivando. Sto arrivando, è qui. Le mie gambe non reggono
quasi più e la borsa
mi sta uccidendo, ma lui è qui, nelle impronte che ha
lasciato sul terreno, nei
pezzi di corteccia che ha sradicato correndo troppo vicino agli alberi,
nell’odore
che mi riempie il naso, la testa e il cuore. È dappertutto
tranne che nella mia
testa, della mente del branco ancora non c’è
traccia e ancora una volta temo di
essere troppo in ritardo. Digrigno i denti, ignoro il suono lacerante
che viene
dai miei muscoli e la borsa che mi sbatte contro le ossa e accelero
ancora,
entrando alla velocità di un proiettile in una parte di
bosco più fitta ed
ombrosa.
(Jacob)
Un suono
potente
e profondo mi sveglia, ma questa volta non si tratta del Respiro
dell’Universo.
Questo è il ritmo folle di un tamburo da guerra, il battito
di un cuore
appassionato lanciato al galoppo alla ricerca di qualcosa. Percepisco
la terra
tremare sotto la furia di una forza cieca e folle e, man mano che si
avvicina,
sento il mio cuore unirsi a questo battito, discostandosi sempre
più da quel
ritmo lento e cadenzato che aveva cominciato ad assumere con troppa
facilità e
troppo rapidamente. Con enorme sforzo sollevo la testa e rizzo le
orecchie
verso quel suono, spaventato e curioso. E dal cuore nero della foresta,
bianca,
solenne e forte come una regina, appare Leah, la mia Leah. E il Respiro
cessa
quasi totalmente di farsi sentire non appena incrocio i suoi occhi
gialli.
(Leah)
Mentre
correvo, per cercare di mantenermi umana, ho pensato a un milione di
cose: come
voglio tagliarmi i capelli, dove voglio andare a cena con Anthony e,
tra le
altre tante, anche a cosa avrei fatto a Jacob non appena lo avessi
trovato. Nella
lista avevo appuntato di tirargli un pugno, anzi di tirargli una scarica
di pugni e di insultarlo e
urlargli contro per ore, giusto per fargli capire che non si doveva mai
più
azzardare a farmi una cosa così. Ma vederlo vivo, per quanto
rovinato, e
soprattutto vedere nei suoi occhi che ero arrivata in tempo e che la
sua anima umana
era ancora lì, intatta sebbene sofferente, ha sconvolto
tutte le mie reazioni.
E lasciando perdere per una volta il mio orgoglio e la mia solita
corazza, ho
sciolto la mia mutazione per il sollievo, sono corsa incespicando da
lui, ho
nascosto il mio viso tra la criniera del suo collo e ho pianto tutte le
mie
lacrime, di gioia, sollievo, rabbia e dolore, mentre lui uggiolava e mi
carezzava con il suo muso. “Non lo fare più, non
lo fare mai mai più, non mi
abbandonare più, MAI.”
Ho ripetuto
questa cantilena fino ad addormentarmi tra le sue zampe, con le braccia
strette
al suo collo e le nostre lacrime che si mischiavano.
(Esme)
Entro
in bagno armata di secchio, detersivi, stracci e ramazze e comincio a
pulire il
pavimento, che ovviamente più che sporco è
impolverato e basta. Non sono mai
stata una grande amante delle faccende domestiche, ma ora come ora sono
le uniche
cose che mi riesce di fare e che riescono, almeno in parte, a evitarmi
di
pensare. La mia famiglia sta cambiando, si sta spaccando e, sebbene mio
marito
mi rassicuri nelle lunghe notti che passiamo abbracciati, e mi dica che
tutto
si risolverà per il meglio, per la prima volta in quasi un
secolo non riesco a
credergli. L’idea di vedere altri figli morire mi tormenta,
mi soffoca, mi
impedisce di essere la me stessa abituale e fa ricomparire quella donna
che si
è buttata da uno scoglio anni ed anni fa. Allora non avevo
nulla se non mio
figlio, e quando persi anche lui semplicemente non ressi
più. E, sebbene ora
abbia soldi, salute e vita eterna, un lavoro che mi soddisfa e un
marito
meraviglioso, al pensiero che la morte possa comunque portare via
qualcuno che
considero un figlio tutte le mie fortune svaniscono nel nulla, e i
vecchi
incubi mi si ripresentano davanti, incupendo progressivamente la mia
visione
del mondo. Mentre sfrego con furia le piastrelle chiare mi do della
stupida e
della folle, pensando al discorso che ho fatto ad Edward: avrei dovuto
dirgli
chiaro e tondo di non uccidersi, ordinarglielo invece di essere
corretta. Lo
avrei dovuto ricattare, far sentire in colpa e minacciare usurpando un
ruolo
che non mi apparterrà ma che è di fatto il mio.
Invece ho voluto essere giusta
e stargli accanto, e ora la paura mi acceca, batte contro le mie tempie
come
uno stormo di corvi impazziti e voraci; e quello che mangiano
è il mio
equilibrio interiore. Come allora comincio a cadere nelle stesse
vecchie
fisime, come quella di pulire tutto compulsivamente, quasi potessi
purificare
anche la mia mente col mio ossessivo sfregare, grattare e lucidare.
Termino il
pavimento e attacco doccia, sanitari e lavandino, innervosendomi per la
loro
pulizia, perfetta ed esasperante come tutto nella mia vita. Solo il
lavabo di
porcellana mi da qualche soddisfazione, perché è
segnato da strisce bluastre e
ancora umide che, a prima vista, sembrano inchiostro. La macchia
è ancora
fresca e verrà via con facilità, ma vedere
quell’acqua scura sparire nelle
profondità dello scarico sarà consolatore e
liberatorio. Tocco con le dita i
segni scuri e mi esce un sibilo di dolore: l’inchiostro mi ha
bruciato i
polpastrelli. Perplessa mi annuso le dita e, perfettamente mascherato
dall’odore intenso della tinta, sento un lievissimo sentore
di verbena. Ecco
dove l’aveva nascosta Edward, per quello non la riuscivamo a
trovare! Ma se l’ha
versata nel lavandino, allora … Improvvisamente tutte le mie
paure svaniscono,
e mi sento così stordita dalla felicità che devo
sedermi, ignorando la leggera
ferita sulla mia mano e, anzi, percependo le fitte di dolore con gioia.
Edward
ha buttato la verbena! Allora, forse, posso concedermi ancora di
sperare!
(Leah)
Gli alberi
cominciano a sdoppiarsi e ad ondeggiare, . Dannazione, eppure corro da
neppure
tredici ore! Se continuo così non riuscirò mai a
tornare a casa! Percepisco
anche lo stomaco di Jacob brontolare, allora mi arrendo e mi fermo. Mi
abbasso
delicatamente a terra, volto il capo, afferro con tutta la dolcezza di
cui sono
capace il collo della sua maglietta con i denti e poso il mio amico a
terra,
cercando di non farlo scontrare contro niente. Questo scemo ha corso
talmente
tanto e talmente disperatamente da mandare in tilt tutto il suo fisico,
e ora
non può praticamente muoversi. Non appena è a
terra ritorno umana anche io, mi
libero di quella dannata borsa e comincio ad accudirlo. Gli do da bere
e da
mangiare, imboccandolo, cercando di non scontrarlo in nessun modo e
scervellandomi per intavolare una conversazione naturale. Da quando
l’ho
salvato, Jacob si è scusato almeno una dozzina di volte per
la sua fuga, e mi
ha ringraziato per essere corsa a cercarlo, ma sempre in modo
estremamente
formale, come per un atto dovuto. E questa innaturale e nuovissima
atmosfera
gelida tra di noi mi stranisce e mi rende triste, ferita e spaventata.
Quello che
sto soccorrendo non è lui, non del tutto almeno: ha il suo
aspetto, la sua
voce, il suo modo di parlare, ma non è il mio Jacob. Il suo
modo di sorridere è
innaturale e forzato, i suoi occhi sono sempre verdi, ma torbidi e
opachi.
Raramente mi fissano, e quando lo fanno mi sento trapassata da parte a
parte,
come se stessero disperatamente cercando qualcosa. E non ho bisogno di
essere
una psicologa per capire cosa. Ma non mi arrendo. Lo farò
tornare come prima,
come lui ha fatto con me, e non mi importa quanto mi ci
vorrà. Poi braccherò
tutti i Cullen e li ucciderò davanti ad Edward. Lui, invece,
lo farò soffrire
lentamente. E anche se non ne sono fiera, è questo pensiero
che mi da la
determinazione per percorrere le migliaia di chilometri che ci separano
da
Forks senza perdermi d’animo. Corro senza sosta per ore, poi
mi fermo e riposo
un po’, nutro Jacob e riprendo a correre. Arrivo alla riserva
in poco meno di
venti giorni, correndo ininterrottamente gli ultimi dieci, visto che
Jacob ha
riacquistato un po’ di mobilità ed è in
grado di mangiare e bere con le proprie
forze. Finalmente entro nella riserva e trovo Anthony e i miei fratelli
ad
aspettarmi vicino a casa. Faccio scendere Jacob, ritorno umana, vedo
che tutti
sono felici e mi concedo di rilassarmi per la prima volta da quando
Jacob è
sparito, più di un mese fa. Mentre tutti sono felici e
tartassano di domande il
mio migliore amico, io crollo a terra, svenuta per la fatica e il
sollievo.
(Edward)
Esme
è
rimasta in piedi dietro la porta chiusa per almeno mezz’ora,
ma non ha mai
bussato, anche se un paio di volte ci è quasi riuscita. Ho
letto nei suoi
pensieri che finalmente è serena e non più
spaventata come in questi giorni, e
tanto basta. Stanotte Leah è tornata, assieme a Jacob. Ce
l’ha fatta, e ora
tutto quello che voglio è vederlo ancora una volta. Poi
deciderò come
comportarmi.
(Leah) Apro gli
occhi, muovo il collo per vedere l’ora e una sferzata di
dolore lancinante mi
fa gemere dolorosamente. Il dolore si irradia da ogni parte del corpo,
da
muscoli che nemmeno sapevo di avere, e mi stupisco di essere riuscita a
dormire
in queste condizioni. “No no, stai buona Leah. Mi hanno detto
che in questo
mese hai compiuto un’impresa praticamente impossibile
spremendo il tuo corpo
fino al suo limite: ora quindi devi riposarti.” Emily, la
fidanzata di Sam, mi
sorride, mi sistema il cuscino e si siede di nuovo sulla poltrona, col
libro
che stava leggendo posato sulle gambe. “Come sta
Jake?” Domando, cercando di
stare immobile e rilassare al contempo i miei poveri muscoli, gonfi di
acido
lattico e probabilmente anche strappati. “Abbastanza bene,
è in grado di
muoversi e mangiare da solo e tra qualche giorno credo che
riuscirà a camminare
perfettamente. Sebbene si fosse ridotto molto peggio di quanto non
abbia fatto
tu, le tue cure gli sono state fondamentali e il fatto che tu
l’abbia
trasportato nel viaggio di ritorno ha fatto si che il suo corpo potesse
cominciare a riprendersi. E poi lui è il Capobranco, il suo
metabolismo è super
potenziato.” “Capito …” Vorrei
chiedere ancora tante cose su di lui, ma ho
paura delle risposte, e di come potrei reagire ad esse. So che se mi
dicessero
che Jake sta male lo andrei a trovare strisciando sui gomiti, ma mi
rendo conto
che se ora non mi prendo cura del mio corpo rischio grosso.
“Riuscirai a
rimettermi a nuovo?” Domando ad Emily, ricordandomi che
studia medicina quando
mi rendo conto di essere intubata. “Si, non ho dubbi. E se
seguirai alla
lettera i miei ordini …” Scollego completamente il
cervello e la lascio
parlare, mentre sprofondo in una sorta di nebbiosa incoscienza e mi
assopisco
nuovamente.
(Jacob) Leah si
è
finalmente svegliata, la sento lamentarsi e poi parlare con Emily.
Apprendo che
lo sforzo eccessivo al quale si è sottoposta l’ha
fortemente indebolita e che,
per riprendersi, deve passare un lungo periodo di riposo assoluto. E,
pur
sentendomi una persona orribile, sono contento che sia così.
Leah riuscirebbe a
leggermi dentro con troppa facilità, e vedrebbe tutto il mio
dolore senza
sforzi. E allora comincerebbe a tormentarmi, a fare domande, a cercare
di “affrontare
la cosa”, ma io non voglio. Desidero solamente poter
continuare a fingere che
tutto vada bene, ed evitare di essere costretto a pensare. Non lo posso
sopportare. Non voglio che nessuno, e soprattutto Leah, psicanalizzi il
mio
dolore e pretenda di interpretarlo ed aiutarmi a combatterlo facendo
questo o
quello. Non voglio che si possa leggere attraverso le mie bugie e si
possa vedere
come mi senta vuoto, spaesato e frastornato, perché
è una cosa che non riesco
ad ammettere neppure a me stesso. È un qualcosa che va
aldilà della semplice
mancanza, il sentimento che provo ora è una sorta di
estraniazione totale dal
mondo. Se vado avanti è solo perché mi sforzo di
non pensare, e se dovessi
rompere questo equilibrio sento che ne uscirei pazzo. Mi spiace, Leah,
ma non
sono ancora pronto ad affrontarti. Perdonami. Dammi il tempo di
rafforzare le
mie difese e di rendere credibili ai tuoi occhi le mie patetiche bugie.
Permettimi di fuggire ancora. Lasciami illudere di vivere in pace.
Fammi
riposare.
(Leah) Anche se
troppo lentamente per i miei gusti, miglioro ogni giorno un
po’. Emily è stata
una vera aguzzina, a volte, ma almeno non sono più ridotta
ad un vegetale
totale. Le mie articolazioni sono ancora un po’ dure, ma
riesco a muovermi
senza boccheggiare dal dolore e, se continuo a progredire a questo
ritmo, la
mia coach mi ha assicurato che tra non molto potrò di nuovo
camminare e correre
da sola, grazie a Dio. Sto impazzendo qua bloccata, mi sembra
impossibile che i
miei muscoli ci mettano tanto a guarire, considerando che le mie ossa
si
saldano in qualche ora, anche se Emily mi ha spiegato almeno mezzo
milione di
volte che i muscoli sono tessuti infinitamente più
complessi, e che vanno
allenati poco a poco se non si vuole rischiare di comprometterli
definitivamente.
Volto il capo per vedere gli esercizi di oggi, scritti su una lavagna
recuperata
non so dove, e mi metto all’opera. La prima volta che li ho
visti credevo mi
stesse prendendo in giro: la sua lista comprendeva pochi minuti di
esercizi banali
come sollevamenti, torsioni e sospensioni, cose che quasi tutti gli
esseri
umani fanno mille volte al giorno senza rendersene conto. E che agli
inizi,
invece, consumavano gran parte della mia energia. Sbuffo e comincio a
sgranchirmi lentamente le braccia per scaldarmi, notando con orrore
come il
mese di corsa intensiva abbia aumentato il volume della mia
muscolatura. Eseguo
diligentemente tutta la serie annotata sulla tabella, e poi, visto che
non sono
per nulla stanca, decido di allenare anche la presa delle mani, che mi
sembra
molto più compromessa di altre cose. Il comodino
è un ostacolo ancora troppo arduo
da affrontare, piegare il gomito mi provoca dei dolori lancinanti, ma
posso
allenarmi con quello che trovo attorno al letto basso, e visto il mio
proverbiale disordine non è che mi manchi il materiale.
Allungo le braccia fino
a che mi è possibile e poi, un dito alla volta, comincio ad
ispezionare il
pavimento. Non posso accedere ad una porzione molto vasta, ma per
cominciare va
più che bene. Percorro i contorni delle mie cuffie e di un
cd che mi ha fatto
Anthony, mi impiglio nella dozzina di fili dei vari caricatori
sparpagliati qua
e là e accarezzo il dorso di alcune riviste. Scivolo un
po’ più in giù nel
letto e continuo la mia esplorazione, raggiungendo la mia borsa. Provo
a
sollevarla ma pesa decisamente troppo, quindi mi limito a frugarci
dentro alla
cieca. Non che mi aspetti di trovare chissà cosa: lettore
musicale,
portafoglio, chiavi, occhiali da sole e, assolutamente imprevisto, un
plico di
carte. Torco leggermente il braccio con una smorfia, cercando di capire
cosa
possano essere, e quando le mie dita scorrono su margini triangolari
ripiegati
mi ricordo improvvisamente di Edward e delle sue lettere. Avevo detto
che le
avrei buttate senza neppure guardarle ma non ho avuto il tempo e,
bloccata qui
senza poter far nulla, persino la corrispondenza del succhiasangue mi
sembra un
allettante diversivo per combattere la noia. Non che mi interessi nulla
dei
suoi affari privati, ma visto che ha insistito tanto per
consegnarmele... Mi
rassegno e decido di leggerne almeno una, male che vada mi
annoierò e basta. Mi
appoggio al cuscino, mi sistemo comoda, e sprofondo nelle fitte righe
che
vergano le pagine chiare delle lettere di quello strano vampiro.
(Jacob)
“Forza
Embry, più veloce!” Incito il mio amico con una
partecipazione che non provo e
una giovialità che mi sembra inscatolata. I miei fratelli
stanno giocando a
football sul prato e io li guardo dal portico, dove mi hanno portato
per farmi
respirare un po’ di aria fresca. Ho raccontato loro che la
mia fuga è stata
causata da una sorta di attacco di panico per tutte le
responsabilità che mi
sento pesare addosso, e ho lasciato intendere che dietro ci potrebbe
essere
stato lo zampino di Ateara, visto che solitamente ho un gran controllo
sui miei
nervi. Ci sono caduti, grazie al cielo, e non hanno più
sollevato l’argomento.
Basta qualche sorriso e qualche battuta ad imbrogliarli? Si, sembra di
si. E
questo, più di farmi infuriare, mi da sollievo. Se credono
che stia bene mi
lasceranno stare, ed è la sola cosa di cui mi importi. La
mia vita è
assolutamente apatica, sterile ed asettica. Tutto è grigio e
muto, e l’Assenza
è l’unica cosa che la mia mente registra davvero.
Assenza di voci, di profumi,
di colori di
suoni. Maledetta assenza di
lui.
(Leah)
”Voglio
che
tu sia sicuro, in modo da non farti rimpiangere nulla e da non
costringerti,
eventualmente, a rovinare le nostre memorie, un giorno. […]
Ti assicuro che è tremendo: mentre le parlo,
le scosto la sedia dal tavolo o l’aiuto a indossare la
giacca, le tengo la mano
o la bacio, non faccio altro che pensare a te. Ho finito col
convincermi che
prima o poi farò una gaffe tremenda e la chiamerò
col tuo nome. […] Qui è tutto
uguale, e noioso. Le neonate sono praticamente già perfette,
e davvero non
capisco dove voglia andare a parare Aro. […]Sto dando
lezioni di musica a
Simone, e l’unica cosa piacevole di
questi giorni è sentire la sua voce mentre canta. Dopo
quella prima,
spaventosa, volta non ha più usato il suo potere, grazie al
cielo, e darle
lezioni di musica è estremamente gratificante. […]
Pensavo che mi piacerebbe fare un viaggio con
te, solo noi due, in qualche posto bellissimo e lontano come il Nord
Europa.
Passare dieci o quindici giorni di pace assoluta, facendo quello che ci
va
senza temere di condannare, per questo, un’intera cittadina.
Sarebbe davvero
splendido, ma mi chiedo se avrò mai il coraggio di
chiedertelo ad alta voce
senza sentirmi ridicolo. Invidio questo aspetto di te: qualsiasi cosa
tu debba
dire, sia essa sciocca, smielata o crudele, semplicemente apri la bocca
e parli,
senza farti mille problemi. […] Sono
tornato indietro perché qui ci sei tu, e il mio posto
è al tuo fianco, Jacob
Black, anche se forse per te è troppo presto per parlarne.
So che al mondo non
ci sono cose certe ed immutabili e che nella vita non si può
mai essere certi
di nulla, ma in fin dei conti io sono morto, no? E la morte
è già di per sé una
certezza. Quindi, per ciò che sono, posso giurarti che io
non potrò mai più
amare una persona quanto amo te. […] Pensami
anche solo un decimo di quanto farò io, e sarò
felice da morire. Ti amo, tuo
Edward.” Termino
l’ultima di quelle dieci dannate lettere, mi porto le
ginocchia sotto al mento e
comincio a singhiozzare disperatamente, per la rabbia e un dolore
spirituale infinitamente
più intenso di quello che fa bruciare i miei legamenti, che
sforzo con la posizione
che ho assunto. Per quasi due mesi tutto ciò che mi ha
tenuta assieme è stato
il mio odio per Cullen, per quello che era e per ciò che
aveva fatto al mio
migliore amico. Ma, dopo che ho letto il suo cuore, non mi è
rimasto più
nemmeno quello. E la sensazione di condurre un’esistenza
senza scopo mi soffoca.
A cosa è servito tutto quell’odio se poche pagine
di parole mi hanno piegato? A
cosa è servito consumarsi le gambe e lacerasi i muscoli se
la persona per la
quale darei la vita fugge da me e non mi è venuta a trovare
neppure una volta,
seppure sia sveglia da quasi due settimane? Mi sfrego gli occhi
violentemente e
cerco di smetterla di pensare a queste cose e ripetendomi che Jacob
avrà
certamente i suoi buoni motivi, ma non riesco a impedirmelo. La stanza
sembra
rimpicciolirsi tutto attorno a me, cercando di inglobarmi e soffocarmi,
e
intanto le mie stese considerazioni mi pugnalano l’animo: non
c’è nulla che io
possa fare per far star meglio Jacob. Il mio posto nel suo cuore non
vale
quello del vampiro. Non potrò mai battere Edward.
È solo colpa mia se Jacob non
è mai venuto a trovarmi, perché lui mi conosce e
sapeva che avrei cercato di
fargli dimenticare Edward ad ogni costo. Sapeva che con me le bugie che
avevano
ingannato gli altri non sarebbero servite. Sapeva che sarei stata
feroce ed
implacabile e che gli avrei fatto male. Lui sapeva che lo avrei ferito.
L’ho
sempre e solo ferito. Urlerei, ma non ne ho più la forza.
Non servo a nulla. Voglio
uscire di qui. Voglio correre via.
(Jacob)
Un rumore
di passi veloci, la porta della mia stanza che si spalanca, Emily che
irrompe
qua dentro senza aspettare il permesso. La sua voce che mi risveglia
dal mio
torpore, almeno momentaneamente. “Jake, Leah è
scappata.” Le sue parole hanno
un effetto magico, quello di un’orrenda maledizione. Le mie
miserie si
dissolvono davanti ai miei occhi e, mentre Emily ancora balbetta, io
sono già
corso fuori.
(Leah)
Troppo
debole, dannazione sono ancora e sempre troppo debole. Continuo la mia
corsa
dolorosa e priva di significato, ma sento che l’energia del
lupo mi sta
abbandonando. E non ho la più pallida idea di dove sono.
Allarmata da questa
scoperta cerco di correre ed orientarmi assieme, e il risultato
è che rovino a
terra, incapace, almeno in un primo momento, di rialzarmi. Sciolgo con
un
sospiro la mutazione e rimango stesa nel bosco. Lentamente una calma
sovrannaturale si fa largo in me, sprofondandomi in una quiete quasi
apatica e
in una pesante sonnolenza. Poco prima di cadere addormentata mi sembra
di
sentire delle voci familiari.
(Jacob) Corro
fiutando il profumo di Leah, e immagino di non essere molto dissimile
da lei,
un mese fa, quando mi ha cercato in lungo e in largo, salvandomi. E
come
ringraziamento per tutto questo io l’ho evitata, sono passato
sopra a tutte le
cose fantastiche che ha sempre fatto per me e ho lasciato che
affrontasse da
sola la riabilitazione dopo ferite che ho contribuito io stesso a
causarle.
Complimenti Jacob Black, sei davvero il re di tutti i coglioni. Svolto
bruscamente
a destra e mi blocco: Leah dorme, stesa sul prato, con la testa
poggiata sulle
gambe di Jasper Hale. Vedendo che sto per slanciarmi su di lui solleva
una mano
candida e mi fa segno di fermarmi. “Non le sto facendo nulla
di male, te lo
assicuro, ho un codice d’onore piuttosto alto. Ho sentito la
sua sofferenza,
mentre correva, e quando ho visto che il suo corpo era così
debole ho deciso di
aiutarla. Lenire il dolore altrui è un toccasana per me e il
mio potere.” “E
dovrei credere che aiuteresti una nemica in difficoltà senza
un tornaconto?” Lui
non mi risponde, solleva le spalle e sfiora la testa della mia amica
con
dolcezza, congedandomi.
(Edward) Se
Jacob si accorgesse di me ora, così pateticamente nascosto
dietro ad un tronco
d’albero, credo che potrei morire dalla vergogna. Mi sono
rifugiato qua dietro
non appena l’ho sentito arrivare, e l’ho sbirciato
per tutta la durata del
colloquio con Jasper. È cambiato, è dimagrito e
ha il volto tirato dalla
stanchezza, ma è sempre lui, e vederlo così
vicino e reale, finalmente, è come
prendere una boccata d’aria fresca dopo aver trattenuto il
fiato per anni e
anni. È bellissimo e anche incredibilmente doloroso poterlo
spiare senza essere
visti, e se potessi barattare il resto
dell’eternità per prolungare questo
momento, lo farei seduta stante.
(Jacob)
Jasper
inclina la testa da un lato, con gli occhi chiusi, e sorride in maniera
enigmatica. Apre gli occhi, si alza, prende dolcemente Leah in braccio
e prima
che possa anche solo muovermi è sparito. “Avete
tante cose da chiarire, è meglio
che noi leviamo il disturbo.” Le sue ultime parole aleggiano
nell’aria, ma non
faccio quasi in tempo ad interpretarle che lo sento. Il suo profumo. Mi
giro di
scatto, come se mi avessero dato una potente scossa, e lo vedo,
parzialmente
nascosto dietro al tronco di un albero. In un subitaneo dejà
vu mi ritorna in
mente quel folle pomeriggio a Jacksonville. E, proprio come allora, il
mio
corpo e il mio istinto prendono il sopravvento. Mi lancio su di lui, lo
premo a
terra con tutta la mia forza e lo bacio con violenza, con rabbia, con
passione,
senza riuscire a fermarmi. E mentre le nostre labbra si salutano e le
lingue si
parlano, assieme alle mani che si intrecciano irrequiete, i colori, i
profumi,
i suoni e i sentimenti tornano tutti al loro posto. Rinasco, finalmente.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 34 *** Speechless ***
(Edward)
Ti prego, non
smettere di baciarmi. So
che dobbiamo chiarirci, so che ti devo ben più di una
spiegazione e che
ottenere il tuo perdono non sarà semplice, ma troviamo il
modo di farlo ora, mentre
le tue mani mi bloccano con forza a
terra e la tua bocca mi divora e mi manda a fuoco. Troviamo un modo per
chiarirci che esuli dal parlare e dal respirare. Non voglio che tu ti
allontani. Non voglio che il tuo calore e il tuo impeto mi lascino.
Perché è
vero che sono un vampiro e che so di essere morto da più di
cento anni. Ma solo
ora che ti ho ritrovato ho capito che non ricordavo più cosa
significasse
davvero essere vivi.
(Leah)
Riprendo
lentamente i sensi, e scopro che ho due mani gelide
posate delicatamente una sulla fronte e una sul petto, in
prossimità del cuore.
Spalanco gli occhi e scatto in piedi in una posa difensiva, muovendomi
talmente
velocemente da avere la vista oscurata per qualche istante. Quando,
finalmente,
le forme e i colori riprendono il loro solito posto, Jasper Hale
è ancora lì,
seduto sul prato con l’aria serena e rilassata di chi sta
facendo un pic nic in
una bella giornata di sole. “Cosa stavi cercando di fare con
quelle mani?”
Domando, brusca e preoccupata, chiedendomi se per caso, con i suoi
poteri del
cavolo, non mi abbia scombinato qualcosa dentro, oltre a quello che
già mi
tormenta. “Ti stavo solo aiutando…”
“Aiutando? E perché mai tu mi vorresti
aiutare? E come, soprattutto…” “Lenendo
il tuo dolore con i miei poteri.”
“Molto gentile da parte tua, ma ho già abbastanza
problemi così, quindi…” “I
miei poteri agiscono sui sentimenti e le sensazioni della gente, e ho
la
facoltà, se lo desidero, di manipolarle come meglio credo,
anche se non lo
faccio troppo spesso. Gioia, dolore, serenità fiducia in se
stessi, caldo,
freddo sonno: posso fare provare quello che voglio a chi voglio, con
l'unica
eccezione di me stesso, logicamente.” “E quindi?
Che c’entro io? Far del bene
ti fa sentire bene?” Replico innervosita, mentre continuo a
tenere alta la
guardia. “Non esattamente. Non posso condizionarmi direttamente , ma quando mi concentro
davvero molto sulle emozioni
da far nascere in una persona, faccio da canale di comunicazione tra
esse e il
mio obbiettivo e ne assorbo una parte. Ora tu sei disperata e
sfiduciata e io
sto uno schifo, ma se ti aiuto va meglio. Fa meno male. E dopo
più di due mesi
di sofferenza un po’ di sollievo mi sarebbe davvero gradito.
Ma se vuoi continuare
a correre, a scappare e a soffrire prego, non sarò io a
fermarti.” Non ho il
tempo di esitare né di prendere una vera decisione
perché un’altra crisi di
panico mi travolge. L’aria si contrae attorno a me e tenta di
soffocarmi, il
mio cuore batte impazzito e le mie gambe smettono di sorreggermi. Cado
a terra
annaspando, continuando a ripetermi istericamente che sono sola e che
morirò
qui in mezzo al bosco, di fronte ad un vampiro che non
muoverà un dito per
aiutarmi. Invece Jasper si alza e mi cinge da dietro, accogliendomi in
un
abbraccio gelido e incredibilmente confortevole. Non appena le sue mani
mi
sfiorano, i miei polmoni si ricordano come funzionare, il cuore si
calma, i colori
diventano più vividi e l’aria più calda
e profumata. Una leggera scarica di
energia passa da lui a me, e sento che un grosso peso mi è
stato tolto dal
petto. “Va meglio?” Mi domanda, premuroso,
mettendomi a mio agio e facendomi
rimpiangere l’atteggiamento paranoico di poco prima.
“Si, grazie. E tu?” “Molto
molto meglio, quasi bene direi. Era tanto che non mi sembrava di
respirare un’aria
tanto profumata.” Sospira, ispirando a lungo. Si stende sul
prato, tenendomi
solo per una mano, e chiude gli occhi. “Ora mi
riposerò un po’, era molto che
non mi capitava di usare i miei poteri a pieno regime. E anche a te non
farebbe
male un riposino. Tanto, a giudicare da ciò che si sente,
direi che possiamo
lasciarli soli ancora per un po’, almeno per ora.”
Ridacchio, capendo a cosa
allude, e mi stendo accanto a lui, sempre stringendogli la mano. Avrei
molte
domande da fargli, ma lui mi batte sul tempo. “Dopo,
Clearwater, ora dormi, da
brava. Sei stremata.” Gli do retta e poco dopo, del tutto
incurante di trovarmi
totalmente indifesa praticamente tra le braccia di un nemico, mi
addormento e
faccio il primo sonno davvero sereno da quando Jacob è
scappato.
(Jacob)
Lo sto baciando.
Lo sto baciando e, nonostante tutto quello che è
successo, il cuore mi esplode nel petto come la prima volta,
perché lo amo
ancora. Anche se mi ha umiliato, anche se mi ha ferito e tradito, anche
se mi
ha lasciato. L’ho amato e lo amo ancora, ed è per
questo che lo sto baciando, perché
mi fa a pezzi, ma mi fa anche rinascere. Lo sto baciando, dannazione.
Lo sto
baciando, grazie a Dio.
(Edward)
Le labbra di
Jacob mi divorano ancora, nonostante sia passato
molto tempo da quando questo bacio è iniziato, e se potessi
piangerei di gioia,
perché forse questo è uno spiraglio di luce e di
speranza. Forse, se mi bacia,
vorrà anche ascoltarmi. E forse, se riuscirò a
spiegarmi come merita, potrà
capire. Perdonarmi sarà una sua scelta, ma almeno
saprà che quello che ho fatto
è dipeso solo ed esclusivamente dalla mia debolezza, non dal
fatto che non lo
amassi. Senza interrompere il bacio socchiudo gli occhi e lo osservo,
confrontando
il viso che ho sognato due mesi con quello che è a pochi
millimetri dal mio.
Non ho sbagliato neppure un dettaglio, i ricordi e la distanza non
hanno
appannato o esaltato nessuna delle sue caratteristiche e il suo viso
è rimasto
fedelmente impresso nella mia mente e nel mio cuore. Eppure, ora che
è davvero qui,
è come se lo riscoprissi per la prima volta, e non riesco a
saziare i miei
occhi avidi e assetati di lui. Accarezzano i suoi capelli neri, morbidi
e ora davvero
lunghissimi, e sfiorano la sua pelle bollente e liscia come il velluto.
Aiutati
dalla mente ripercorrono le linee dolci e virili del mento, del naso,
della
bocca e, infine, dei suoi stupendi occhi verdi, che ora sono ben
serrati. Sono
loro la cosa che più mi è mancata di lui, e non
solo per il loro taglio ferino
e il colore unico e scintillante. Mi è mancato il modo in
cui ti scavano dentro
cercando la verità, e il loro essere, sempre e comunque,
occhi gentili e
rassicuranti, gli occhi di un grande gigante buono, nonostante tutto.
Sospiro e
sollevo una mano, accarezzando il viso di Jacob e quasi temendo, in un
primo
momento, di sognare in camera mia, stordito dalla fame e dalla verbena,
e di
immaginare quindi lui, questo bacio, e il tocco delle mie dita sulla
sua pelle.
Ma nemmeno tra mille anni potrei ricreare il suo profumo e il suo
calore con
tanta precisione e perfezione. E, non appena le mie dita sfiorano il
suo bellissimo
volto, lui solleva il capo e incatena i suoi occhi nei miei,
guardandomi
attentamente e facendo, come di consueto, svanire tutto il mondo
circostante. Con
una differenza, però. Questa volta, invece di spogliarmi,
sondarmi, e rivelarmi
cose di me che vorrei nascondere anche a me stesso, quelle iridi verdi
mi
mostrano i pensieri e i ricordi del suo padrone. In essi io vedo
l’anima di
Jacob, e tutto quello che ha fatto in questi due mesi, a partire dalla
notte in
cui ha scoperto del mio tradimento.
(Jacob)
Morirei pur di
non ammetterlo, ma non è passato un solo giorno
senza che io mi sia chiesto, almeno una volta, cosa stesse facendo
Edward e
come stesse lui, mentre io soffrivo e scappavo. Non negherò
che ho immaginato,
anzi per un certo momento anche sperato, che stesse male e che fosse
dilaniato
dal senso di colpa, e che questo pensiero mi ha aiutato a preservare
almeno un
minimo di sanità mentale, ma mi domando come avrei reagito
se avessi potuto conoscere
ciò che sto vedendo ora: il mio ragazzo distrutto dal senso
di colpa, consumato
dall’odio verso di sé, determinato più
che mai a togliersi la vita con uno
strazio orribile e lunghissimo. Mentre io correvo lui
si avvelenava, mentre io cercavo di
dimenticarlo e di odiarlo, lui si privava del sangue e
dell’affetto dei suoi
cari. E visto che in qualche misterioso modo io sono connesso alla sua
mente e
lui alla mia, non vedo semplicemente i ricordi di ciò che
è stato, ma provo anche
le emozioni, e le vivo sulla mia pelle. L’ Edward che mi
trovo ad interpretare si
avvicinava alla morte, e tanto più ci si accostava, tanto
più viveva in una
sorta di gioiosa e febbrile esaltazione. Come un kamikaze, come un
folle
suicida. E tutto questo, solo per me, anche se io non lo avrei mai
saputo.
(Edward)
Sono un lupo, un
lupo nero, e corro piangendo senza sapere dove e perché.
Qualcosa mi brucia dentro, una cosa che non posso indagare
né distanziare, perché
è parte di me ma fa troppa paura per poterla combattere.
Metà di me ulula
furiosa, e mi ordina di lasciar perdere e di scordare,
l’altra mi affonda le
dita nella mente e mi sfida a provarci. Se vado avanti così
diventerò pazzo.
Vorrei solo un po’ di silenzio. E correre, e scappare via.
(Jacob)
Bevo una grossa
sorsata di veleno, e sento i tessuti della gola
sciogliersi e precipitare nello stomaco, bruciandolo assieme
all’infuso
diabolico. Ora non dovrò neppure sforzarmi per non parlare,
perfetto. Il dolore
è tremendo, accecante, delizioso e mi sforzo di viverlo in
silenzio, senza farmi
scappare neppure il più piccolo gemito per timore che loro possano intervenire. É
una cosa tra me e il vampiro, una
partita da giocare solo tra me e lui. Il vampiro ha rovinato tutto e io
lo
ucciderò per questo. Morirò anche io,
è vero, ma morirò pulito, da solo vincitore.
Il bruciore del veleno sembra diminuire, e allora la mente si riscuote,
e
comincia a vagare in quei luoghi dove è il dolore a cercarmi
e trovarmi. Questa
volta arriva sotto forma di un pomeriggio trascorso
sull’erba. Il sole è alto
nel cielo, ma ciò che veramente illumina e scalda
è il bellissimo ragazzo indio
sdraiato di fianco a me. Ci godiamo il caldo e il sole, chiacchierando
di noi
ed assaporando per la prima volta la beatitudine, così rara
nelle nostre solite
vite, troppo noiose o frenetiche. E la cosa davvero straordinaria in
tutto
ciò è
che questo benessere lo creiamo
noi, uno per l’altro, con piccoli gesti che ci vengono
abituali. Per me è la
risata muta e fragorosa dei suoi occhi, che scintillano attenti
seguendo il
filo della storia che sto raccontando, e immagino che per lui possa
essere la
mia pelle di diamante, che brilla e sfavilla sotto la luce e attira il
suo
sguardo ad ogni movimento. Cose semplici. Cose vere. Cose che io ho
spezzato
semplicemente esistendo. Eccolo il dolore, finalmente. Più
forte di un treno in
corsa, più aguzzo di punte di freccia. Le sue lacrime, il
suono spezzato della
sua voce e la luce spenta dei suoi occhi.
(Edward)
Lui è
sempre qui, è la mia ossessione. É nel vento,
è nel freddo,
è nella luce ambrata del sole tra le foglie e nello
scintillare della rugiada
al mattino. Non posso cacciarlo in alcun modo, e quindi mi arrendo,
cedo e lo
ricordo, anche se è solo un soffrire sempre più
intenso. Rievoco la notte in
cui mi è stato vicino, anche se non ne aveva alcun motivo, e
mi ha consolato e
fatto coraggio perché aveva visto la mia paura. Ricordo i
suoi baci, le sue
risate, le sua battutine e il suo modo di tranquillizzarmi
semplicemente stando
al mio fianco. Realizzo quanto l’ho amato, quanto mi manchi e quanto sia stato doloroso
il suo tradimento.
Un ferro rovente in mezzo al cuore, uno schiaffo, un pugno, un colpo
basso. Un
dolore stridente, un dolore lacerante, un dolore enorme e acuminato.
Belle
parole e belle immagini, ma troppo artefatte e poco fedeli a quello che è stato. La
realtà è molto più cruda e
semplice: su di lui avevo costruito un mondo, fatto di certezze e
percorsi da
seguire assieme. Avevo ideato progetti, avevo costruito sogni, e poi
tutto è
crollato, come un castello di carte, lasciandomi tra le macerie delle
mie
fantasie. Solo, vergognoso, sfiduciato. Ma incapace di staccarmi
davvero da
lui.
(Jacob)
Ne ho abbastanza
di questo folle dolore, voglio vedere altro,
ricordare cose diverse. Navigo nell’incoscienza per un
po’, poi mi trovo a
rivivere quel pomeriggio a Jacksonville, quando l’ho
incontrato per volere del
destino. Il tempo che si è fermato quando i nostri occhi si
sono incrociati, il
suo gelato che è caduto lentamente a terra, il mio balzo
verso di lui e il
caldo e sicuro anello protettivo delle sua braccia strette attorno a
me. Come
per magia le sua labbra hanno fatto svanire tutta la tensione e i
problemi creati
dai Volturi, e mi hanno fatto ritrovare il vero me stesso. E dopo la
crisi
esplosiva che ha innestato Chelsea e la rabbia e la delusione per il
tradimento
delle neonate ecco di nuovo la pace,
e quel
pomeriggio tutto per noi rinchiusi lassù, sulla torre
dell’orologio. Ore di
carezze e di baci roventi, che sembravano bastare come contrappeso a
tutti i
mali possibili. Eppure, subito dopo il suo saluto e la sua presuntuosa
uscita
di scena, ecco ricomparire di nuovo le tensioni e i problemi, uniti
alla sete e
all’ansia per l’equilibrio della famiglia. La corsa
folle verso casa e la
scoperta che era già troppo tardi. Ed ecco ancora il
baratro, la disperazione e
il senso di colpa. Lo sforzo tremendo e logorante di cercare una
soluzione
immediata, e la sottovalutazione dell’astinenza prolungata,
ignorando in tutti
i modi la sete che mi metteva sempre più radici
nell’animo .
(Edward)
E dopo un
salvataggio per il quale non riesco ad essere del tutto
grato, c’è il brusco ritorno alla vita, la
pantomima per nascondere quanto
tutto ciò che mi circonda sia invisibile ai miei occhi. La
mia ossessione
permane, e brucia anche di più, perché ora il
lupo dorme, e la mia mente folle
urla il suo nome a gran voce. Impazzirò se non lo
potrò più vedere. Morirò
dovessi vederlo.
(Jacob)
É
fuoco nella mia mente, è un’esigenza impossibile
da ignorare. La
sete è talmente forte da divorarmi, e la mia mente troppo
debole per opporsi
più che
tanto, frastornata com’è per il
sacrificio di mia sorella. Segui il mio corpo, che si muove da solo
senza darmi
retta, e l’unico pensiero, dopo il cibo, è Jacob:
Alice mi manca troppo, da
solo non ce la posso fare. Ma se sto con lui, se ne parlo con lui,
potrò
trovare la forza di sopportarlo. É questo quello che penso
mentre mi apposto dietro
un albero e aspetto la mia preda, è questo che penso mentre
i miei denti
affondano nel cuore del daino e la mia sete scema un poco, lasciando
almeno la mia
mente libera di pensare. Prosciugo l’animale del suo sangue e
poi sento un
profumo divino, mentre vago a piedi diretto alla Riserva. Da un cottage
nel
bosco esce Jessica, carina e vestita in maniera provocante, che mi
viene
incontro facendomi grandi feste. Mi ha visto mentre tagliava le mele
per il
dolce di stasera, e le sono apparso davanti talmente
all’improvviso che per lo
spavento si è tagliata leggermente un dito. La mente ci
prova, ci prova con
tutte le sue forze, ma gli istinti e la sete hanno una potenza
soverchiante, e
la schiacciano dopo una breve battaglia. Assisto alla danza seducente
del
vampiro e la vivo, così come vivo la sua caccia e il suo
amplesso. Vedo il mio corpo
mutare in quello di un mostro assassino, vedo la gola della mia preda
pulsare
vitale e realizzo
che non posso resistere,
che non c’è modo per evitare quello che sta per
succedere. La morderò, la
morderà, non c’è niente che ci possa
fermare. E sia che la uccida, sia che la
risparmi, questa è comunque la fine di tutto. Un canino
incide la vena e una
goccia rossa di sangue viene leccata via con lussuria. Oramai
è fatta, ormai è
finita, non c’è più salvezza,
né speranza. Ma c’è una voce,
all’improvviso, che
ci parla, ed è l’unica cosa che riesco a sentire
oltre alle urla della sete perché
è una voce che viene dal cuore. Implora, supplica, e alla
fine riesce a salvare
tutto ciò che può. Era voce calda, era una voce
roca. Era la mia voce. E con
questo l’incanto finisce.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 35 *** Dolcenera ***
(Leah) Quando apro gli
occhi Jasper riposa ancora, e per qualche istante
osservo il suo torace alzarsi e abbassarsi regolarmente, domandandomi
che
effetto debba fare sentire l’aria circolare in polmoni che
sono morti da tempo.
Più in là, nel bosco, sento chiaramente che
Edward e Jacob si stanno ancora
chiarendo, per così dire, e pare proprio che ne avranno
ancora per un po’.
Realizzo che potrei andarmene e che, anzi, sarebbe un’idea
piuttosto saggia. Del
resto non so ancora che fare con Jacob, né capire
esattamente quale sia il nostro
problema, quindi figuriamoci analizzarlo e poi discuterne! Finiremmo
per
urlarci contro cose non vere, o dette nel modo sbagliato, e ci
feriremmo ancora
di più. Sospiro sconfortata, e la mano gelida che avvolge
delicatamente la mia
mi fa ricordare che i vampiri non dormono, fingono solo di farlo.
Sorrido e
ruoto il capo, incontrando gli occhi di Jasper. Qualcosa li anima,
un’emozione
che mi sembra interesse, per quanto assurdo possa sembrare. O forse
pena, che è
anche peggio. “Credevo stessi meglio.” Gli dico,
sciogliendo delicatamente la
presa e cercando di sviare la sua attenzione. “Io si, ma
tu?” “Meglio di prima,
ma non bene. Questo però è un ostacolo che il tuo
potere non può farmi evitare,
è una cosa che devo trovare il modo di affrontare da sola e
a mente lucida, anche
se non mi dispiacerebbe una bella dose di
euforia.” Sorrido, cercando di sdrammatizzare la
mia confessione, e
gli faccio l’occhiolino. Il vampiro ride e
si mette a sedere, poggiandosi sulle mani e osservando il cielo.
Capisco che
non mollerà tanto facilmente, e mi domando il
perché. Che gli stia dando più
giovamento di quanto pensasse? “Non userei mai il mio potere
in una situazione
così delicata, non il solito, almeno.”
“Poter manipolare le sensazioni altrui
non è abbastanza?” Lui sorride. “So
ascoltare le persone, e pare che i miei
consigli siano piuttosto saggi. Non voglio obbligarti a far nulla,
Clearwater,
anche perché credo che sarebbe più facile deviare
un ciclone che farti cambiare
idea, ma se volessi parlare io sono qua. E credo che per te sarebbe
meglio riuscire
a riordinare le idee, prima di vedere Jacob.” “E
chi ha mai detto che il
problema debba essere lui? Ti risulta che io sia una sua
appendice?” Scatto,
nervosa. Perché insiste? So che è abbastanza
sveglio da aver capito che non ne
voglio parlare e poi è un ragazzo, non una comare pettegola,
che diamine! Preferirei
che ci provasse con me, piuttosto che vederlo mentre cerca di aprirmi,
leggermi
dentro e farmi sfogare. Con un cascamorto saprei come giocare e mi
divertirei
persino, ma con qualcuno che desidera capirmi mi sento a disagio, minacciata e spiazzata, soprattutto perché lui è
lui. “I
tuoi sentimenti e le tue reazioni. L’ho appena nominato e il
tuo cuore ha cominciato a battere all’impazzata.”
Continua imperterrito,
facendomi scaldare sempre di più. “É
solo perché sono arrabbiata!” “No,
è
perché sei spaventata. Tu hai paura, paura che lui ti possa
lasciare indietro e
andare talmente avanti da non farsi più raggiungere. Temi di
non essere più
importante, di essere lasciata sola ancora una volta. E sei furibonda
con te
stessa, perché se continuerai ad essere così
debole ed inutile, sarà
inevitabile.” Apro la bocca per rifilargli una risposta
tagliente e intimargli
il silenzio, e invece scoppio in lacrime. Altro che aiutarmi, voleva
solo farmi
a pezzi, e devo dire che ci è davvero riuscito bene. Farebbe
comunque male
vedere la propria inutilità analizzata e sintetizzata
così minuziosamente da un
perfetto estraneo, ma sapere che un nemico ti può vedere
così in profondità e che
non ti uccide solo perché prova pena e sadico piacere,
è più di quanto io possa
e voglia sopportare. Sputo sul mio orgoglio e cedo su tutta la linea,
arrendendomi. “Si, Jacob è tutta la mia vita. Si,
senza di lui io non sono
nulla. É il mio senso dello spazio e
delle dimensioni, il significato delle forme e delle
sfumature nei
colori, il punto fisso di tutta la mia esistenza. Penso di poter
esistere anche
da sola, ma vivere è un’altra cosa, e senza di lui
non ce la posso fare. Si, è
Jacob il problema. Si, sono inutile e debole. Si mi hai umiliato. Sei
soddisfatto ora?” Mi alzo sfregandomi violentemente gli occhi
e tirando su col
naso, intenzionata ad andarmene, ma Jasper mi ferma stringendomi un
braccio. La
sua mano trema leggermente e il suo respiro è pesante.
Ignora i miei tentativi
di liberarmi e mi fa voltare verso di lui, ad incontrare i suoi occhi.
“Io non
voglio il male di nessuno, e specialmente non il tuo, che mi hai
aiutato più di
quanto tu possa probabilmente immaginare. Ora voglio essere io ad
esserti di
conforto, ma tu prima ti devi fidare di me, del mio potere e delle cose
che ti
dirò grazie ad esso. Sai che sono a posto. Non ti ho ucciso,
e mi sono fidato
di te abbastanza da riposare al tuo fianco. Tu puoi avere altrettanta
fiducia
in me?” la mia risposta è il silenzio, ma lui
capisce anche questo. Continua il
suo discorso. “Il legame che sento tra te e lui
è simile a quello che c’era tra Alice
e me. Noi, entrambi, abbiamo
rovinato tutto cercando di identificare questo legame necessariamente
con
l’amore, qualcosa che non lo rispecchiava totalmente e che
alla fine ci ha
spezzato, ferito e separato. L’Eternità ci faceva
paura, noi ci facevamo paura
e per combattere tutto questo, per non rischiare di rimanere soli per
sempre,
abbiamo deciso che l’unica soluzione per essere uniti in
eterno era quella di
amarci. L a credevamo l’unica soluzione che potesse darci
stabilità e quindi ci
abbiamo provato, sacrificando una parte del nostro legame e
imprigionandoci
totalmente in un’altra. Abbiamo sbagliato, e non mi
pentirò mai abbastanza per
questo. Tu e Jacob, però, avete già affrontato e
superato questa fase, e quindi
non hai nulla da temere, perché nient’altro vi
potrà dividere. Avendo capito
subito di essere più che innamorati, di essere addirittura
assoluti, avete
costruito di conseguenza il vostro rapporto. Semplice. Sincero.
Totalizzante.
Non è neanche stato necessario parlarne troppo, è
bastato soltanto vivere l’uno
al fianco dell’altra. E per quanto tempo è andata
avanti così? Quanto hai avuto
da Jacob e quanto ti ha dato lui, negli ultimi anni?” Jasper
sospira, e
continua il suo monologo. “Se fosse potuto continuare
così per sempre sarebbe
stato tuto perfetto, è vero, ma purtroppo la caratteristica
principale della
vita è che cambia, cambia spesso. A volte in meglio, a volte
in peggio, a volte
è semplicemente vista da una prospettiva diversa. E gli
esseri viventi devono
per forza cambiare con lei, e crescere raccogliendo quello che trovano
lungo il
cammino, che siano cose belle, brutte, vili o meravigliose. Vi cambiano
le
morti dei vostri cari, le cose belle che vi succedono, i tradimenti
degli
amici, le piccole gioie inaspettate. Vi cambiano i libri, le
discussioni con
gli amici, la musica ed i film. E, sopra ogni altra cosa, vi cambia
l’amore. L’importante
è ricordarsi che questi cambiamenti non sono mai uno
stravolgere la persona che
uno è sempre stato, ma solo un darle nuovi stimoli e diverse
prospettive,
facendole intraprendere un percorso che, alla fine, è
necessario. Jacob, il
suo, lo ha iniziato quando ha incontrato Edward e ha accettato il
sentimento
inaspettato che è scoccato tra di loro. É stato
coraggioso e determinato. Sai
perché?” “Perché
all’amore non si comanda.” “No.
Perché tu eri dietro di lui, Leah,
pronta a sostenerlo e ad accettarlo. Pensaci bene: Qual è
stata la tua reazione
nello scoprirli? E la sua?” Esito qualche secondo,
raccogliendo le idee. “Beh,
all’inizio non è stato facile. Li ho sorpresi
mentre si baciavano, e l’idea che
lui potesse avermi nascosto per tutti questi anni di essere omo o bi
sessuale
mi ha sconvolto. Gli ho fatto una scenata tremenda e sono corsa via.
Lui mi ha inseguita,
cercando di fermarmi per spiegarmi davvero come stessero le cose, e
alla fine
gli ho dato retta.” “Perché?”
“Perché piangeva, era terrorizzato.
Però ciò non
…” “No, con calma. Fai parlare ancora
per un po’me.” Mi posa un dito sulla
bocca. “Jacob aveva paura di perderti, era disperato
all’idea che tu gli
potessi voltare le spalle e abbandonarlo. Quello con Edward non era
ancora
amore, in quel momento la sua sola preoccupazione eri tu. Non poteva
stare
senza di te, ed è tutt’ora così. Ora
non sei più la sola a spartirti il suo
cuore, questo è vero, ma quel sentimento non è
cambiato, e lo prova il fatto
che Jacob sia venuto immediatamente a cercarti, oggi.”
“Ma se mi fosse stato
vicino da subito, tutto questo non sarebbe successo.”
Ribatto, piccata. “No,
hai ragione. Non sarebbe successo. Ma tu hai mai amato qualcuno per poi
perderlo improvvisamente?” Annuisco. “E cosa hai
fatto, quando è successo?” E
improvvisamente, alla fine, capisco. Come ho fatto ad essere
così stupida? Come
ho potuto non capire quello che stava passando? “La paura fa
fare cose stupide.”
Conclude Jasper, stringendosi nelle spalle. “Se ci lasciasse
la piena possibilità
di razionalizzare non sarebbe tanto male, no? Sono stato un soldato, e
so che
non c’è mostro, minaccia, demone o tortura peggiore
della pura e semplice
paura. Avere paura è una condizione costante della vita
degli esseri umani. Ma
non lasciare che ti sommerga, non le permettere di usarti o dominarti
e,
soprattutto, non lasciare che ti separi da Jacob. Incontralo,
affrontalo, fagli
capire che ti ha fatto soffrire. Ma abbi il coraggio di incontrarlo,
altrimenti
lo perderai davvero. Tu non sei debole, Leah, non lo sei mai stata e
non lo
sarai mai. Non è nella tua natura. Tu sei la Regina
Lupo.” Jasper mi strizza un
occhio e fa per aggiungere qualcosa, ma prima che possa riuscirci le
nostre
teste scattano in sincrono verso il fondo della foresta.
“Quanto?” Domanda. “Meno
di cinque minuti, ma ce la potete ancora fare. Non se ne sono ancora
accorti, l’assenza
di Jacob annebbia i loro sensi, ma ho paura che non siano solo miei
fratelli.
Corri. E grazie, Jasper, grazie davvero.” Lui mi sorride e si
smaterializza con
uno scatto felino. Mentre recupera Edward e si mettono in salvo, io mi
siedo su
una roccia, e aspetto.
(Edward) Quando il bacio
si interrompe è come svegliarsi, ma al contrario.
Questa volta dal sogno precipito nell’incubo della mia
imperfezione e della mie
responsabilità. Devo parlare con lui. Cerco il suo viso, i
suoi occhi, e lo
vedo assorto e concentrato. Vorrei sapere a cosa sta pensando, ma un
ultimo
guizzo di codardia mi ricorda che se non lo interrompo non
dovrò nemmeno
parlargli e spiegargli. So di doverglielo, ma è comunque un
compito difficile,
e che procrastinerei volentieri ancora. Finalmente Jacob alza lo
sguardo, e i
suoi occhi mi studiano lentamente, analizzando ogni centimetro del mio
aspetto
come se lo vedessero ora per il primo momento. Fa per allungare una
mano ma poi
la ritrae, facendomi nascere e morire ancora una volta. Le sue labbra,
compresse in una linea tanto sottile da averle sbiancate, vengono
liberate e la
sua voce mi raggiunge, incredula. “Tutto questo solo per
me?” Domanda. Annuisco
e apro la bocca per cominciare a spiegare, momentaneamente dimentico
dell’handicap che mi sono procurato in questi mesi, ma sento
un suono, e il
braccio di Jasper che mi afferra. “Dobbiamo
andare.” Mentre scappiamo,
accompagnati dal battito ritmato e cadenzato creato dai cuori e dalle
zampe di
un branco di lupi, penso che sono un idiota, e che ho sprecato la mia
ultima
possibilità. Ora posso anche morire. Almeno l’ho
potuto vedere un’ultima volta.
(Leah) Jacob arriva
pochi istanti dopo che Jasper se ne è andato, e si
ferma al limitare della conca erbosa. Poso la mano sulla roccia accanto
a me e
lo invito con un sorriso. Mi raggiunge in un secondo.
“Leah…” “Si, li
sento.” “É
tutta colpa mia, sono stato…” Comincia, con voce
affranta, ma lo blocco subito
posandogli una mano sulla bocca. “Non è vero, io
sono colpevole almeno quanto
te, e avremo poi il tempo per parlare e spiegare. Ora concentrati, il
tempo
stringe.” “Ho paura.” “Lo so.
Anche io ne ho. Ma vedrai che ce la caveremo
anche stavolta.” Gli stringo forte la mano e lui stritola la
mia. Quanto sono stata sciocca. Noi non ci
lasceremo mai.
Capitolo anche noto con
l'amabile nome di "Satana." l'esame non potrebbe essere più
imminente e i miei personaggi si mettono a fare dissertazioni
filosofiche nella mia testa. E vabbè. Almeno interrompo il
gap e, spero, di farvi una sorpresa gradita! Un bacio a tutte, torno
alla mia diletta miniaturistica tardo gotica xD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 36 *** Leaders Of The Wolves ***
(Jasper)
Quando sono sicuro di
aver seminato i mannari, rallento e poso Edward sull’erba.
Lui mi
osserva senza dire nulla, facendomi infuriare. Quando la
pianterà di fare il piccolo eroe tragico?
“Se Rosalie
non fosse stata così dannatamente impicciona sarei
già morto e voi non avreste più
problemi!” Mi rimbecca, con tono cattivo. Poi sospira.
“Scusami
Jasper, e grazie. Non ce l’avrei mai fatta senza di te. Ora
posso anche finire quello che ho iniziato.”
Lo guardo a bocca
spalancata, domandandomi se non sia effettivamente diventato
completamente pazzo, ma ancora una volta mi interrompe intrufolandosi
tra i miei pensieri.
“Sono
sanissimo, almeno mentalmente. É semplicemente una cosa che
devo fare, lo sai meglio di me. Ti ho mostrato quello che ho quasi
fatto a Jessica, no? Non appena Ateara lo verrà a sapere
scatenerà la guerra. E se ciò dovesse avvenire, i
Volturi interverrebbero subito. In tal caso Forks e la Riserva
sarebbero spacciate, e non me la sento di avere anche questo peso sulle
spalle. Quindi preferisco giocare d’anticipo. Se mi consegno
ai lupi, ottengo la vostra salvezza. Mi sembra un buon
compromesso.” “Perché devi essere
così pessimista? Non sono forse il solo a sapere?”
“No, non
più. Prima l’ho detto anche a Jacob.”
“Pensi che
ti potrebbe tradire?”
“No, Jacob
è assolutamente onesto e puro. Non ne sarebbe mai capace. Ma
in questo caso non si tratta solo di essere leali. Per i lupi
è quasi impossibile mantenere un segreto, le menti di tutti
sono collegate. E anche se so che Jacob, in quanto Capobranco,
è perfettamente in grado di chiudere la sua, ciò
non basta a tranquillizzarmi. Tanto per cominciare si, è
vero che lui non andrebbe mai a spifferare quello che ha visto ad
Ateara, ma non è da escludere che i suoi scagnozzi non
abbiano percepito qualcosa già oggi, mentre correvano verso
di noi. Né io né lui stavamo molto attenti a
ciò che ci circondava, del resto. Inoltre è
praticamente certo che Jacob penserà parecchio a
ciò che gli ho mostrato oggi, sarebbe irrealista immaginare
il contrario. Basta che in quel momento ci sia qualche altro lupo in
giro e tutto salta fuori. E poi Ateara potrebbe sempre
costringerlo…”
“Parli di un
ricatto? Jacob mi sembra abbastanza…”
“No, non
pensavo a quello. Avevo in mente la Suggestione
dell’Alfa…”
“In che
senso? Non è prerogativa del Capobranco?”
“Si, ma a
quanto ho capito le gerarchie sono un po’ complicate tra i
lupi, ora come ora. In teoria Jacob sarebbe, in quanto Black, capo
designato. Ma anni fa, quando era al comando, suo padre fu coinvolto in
un tremendo incidente che lo costrinse a cedere il suo ruolo ad
Harrison Ateara, che come abbiamo visto continua ad esercitare la sua
influenza ed è tutt’ora in grado di usare la
Suggestione, anche su Jacob visto che è un
Anziano.”
“E
perché mai dovrebbe volerlo fare?”
“Forza,
Jasper, non fare il finto tonto! Chi meglio di te ha avuto un chiaro
assaggio delle emozioni che animano quel pazzo scatenato? É
un despota, con idee vagamente naziste che implicano lo sterminare
tutti i vampiri, a prescindere. E in più detesta Jacob e
cerca continuamente di screditarlo, perché lui è
una seria minaccia per i suoi progetti! Oggi, non appena Jacob
rimetterà piede nella Riserva, Ateara gli
piomberà addosso e comincerà a bersagliarlo di
domande su come e perché oggi pomeriggio abbia incontrato
dei vampiri. E non è assolutamente detto che lo
lascerà libero di rispondere!”
Sospiro. Edward ha
ragione, la guerra è inevitabile. Ma non
accetterò che vada come vuole lui.
Della sua vita privata
può fare quello che vuole, ma io non permetterò
che un altro membro della mia famiglia mi sia portato via davanti agli
occhi. Studierò la situazione e farò i miei
piani. Poi informerò gli altri e lavoreremo
nell’ombra. Edward non si immolerà, fosse
l’ultima cosa che faccio.
(Jacob)
Il viaggio fino alla
Riserva è andato liscio come l’olio, superando di
gran lunga le mie funeste aspettative, e il merito è tutto
di Leah.
Se non ci
fosse stata lei avrei rovinato tutto, comportandomi come il grosso
scemo che probabilmente sono.
Oggi pomeriggio,
sebbene sapessi perfettamente in che razza di situazione ci stavamo
andando a cacciare, non riuscivo a non pensare ad Edward, al suo bacio
e soprattutto a quelle spaventose visioni. Rivivevo il suo lento
suicidio e le sue torture disumane, ne provavo orrore, eppure non
riuscivo a smettere di ricordarle. Qualcosa mi sfiorava il cuore ogni
volta che vedevo i suoi denti azzannare la carne putrefatta delle
braccia, qualcosa che non era né furia né gioia e
che volevo assolutamente comprendere.
Se fossi stato da
solo, mi sarei fatto beccare come un pivellino e ora Ateara starebbe
scoppiando di gioia.
Ma Leah mi
è venuta incontro anche stavolta.
Anche se
l’ho fatta soffrire, anche se ancora non le ho detto una sola
parola di scusa. Passando sopra ad ogni cosa ha chiuso gli occhi, ha
azzerato la distanza tra di noi poggiando la sua fronte sulla mia, ed
è entrata nella mia mente. Mi ha distolto dolcemente dai
ricordi di Edward e mi ha guidato verso un posto diverso. Un luogo
tiepido e luminoso, profumato di primavera, di fiori e frutti. Due
bambini corrono giù per il leggero declivio di una
collinetta, ridendo e schiamazzando. Stanno giocando ai cowboy, o forse
agli esploratori, e il loro obbiettivo è, evidentemente,
raggiungere la tovaglia apparecchiata per un pic nic che si trova a
valle. Uno dei due ragazzini accelera improvvisamente e stacca
nettamente l’altro, poi si gira a deriderlo. E, nei capelli
corti e sbarazzini e nelle “finestrelle” nel
sorriso, riconosco una piccola Leah, di circa sei o sette anni. Allora
capisco dove mi trovo e mi volto di scatto. Lontano dalla tovaglia
quanto basta per avere un po’ di pace, mio padre e mia madre
siedono sotto un albero, assieme. Lei legge uno dei suoi romanzi
inglesi, lui intaglia qualcosa nel legno. Alzano gli occhi al rumore
dei nostri schiamazzi, vedono che tutto procede per il verso giusto e
si sorridono, complici. Billy le mostra la figurina intagliata nel
legno e, mentre mia mamma la osserva ammirata, le ruba un bacio.
Leah mi cinge la vita
e appoggia il capo alla mia spalla. Ha gli occhi lucidi.
“Questo
è il mio posto felice. Se sono triste, se non mi sento del
tutto a posto, se sono malata, mi prendo due minuti per me stessa e
torno qua. In questo posto e in questo tempo sono stata felice, e sono
stata amata. É un punto fisso che mi aiuta a vivere meglio
il presente, e a guardare con speranza al futuro, non importa quanto
sia funesto. Qui sono stata felice, e potrò sicuramente
esserlo ancora tante volte, in futuro. Prenditi anche tu i tuoi due
minuti, Jackie. Liberati del peso di questi tre mesi, della rabbia, del
dolore. Poi avrai tutto il tempo che desideri per sistemare ed
appianare le cose. Ma adesso, è necessario che tu sia il mio
Capobranco, perché senza di te questa volta siamo davvero
perduti. Non possiamo avere un Capo che non sia tu.”
Grazie al suo aiuto ho
ripreso il controllo appena in tempo e, quando i nostri fratelli e i
lupi sono arrivati, ero il solito Jacob di sempre.
Ovviamente ci sono
state domande sui vampiri, ma nulla che esulasse
dall’ordinario, e sono stato in grado di rispondere con
sufficiente candore.
Dopodiché
la nostra marcia è ripresa e, come ho già detto,
il viaggio è andato piuttosto bene.
Almeno sinora.
Mancano poche decine
di metri all’entrata vera e propria della Riserva e
improvvisamente io e Leah li sentiamo. Ateara ha costretto tutti i lupi
a risvegliarsi, anche quelli incompleti, e li ha fatti schierare in
piazza. Lui, in forma ferina, è al centro e ci aspetta.
Ecco perché
era tutto così tranquillo, la trappola ci stava
già aspettando.
Ma in fondo va bene
anche così, Era durata anche troppo. Tranquillizzo Leah con
un colpetto di coda e poi entro nella Riserva a testa alta, fissando il
vecchio negli occhi.
(Ateara) Ed ecco che il principe
finalmente arriva, come sempre scortato da quella dannata femmina
rompiballe.
Fa il presuntuoso e lo
spaccone come al solito, dimostrando di non aver capito nulla della
situazione.
Per certi versi
è anche un bene, meno capisce e meno durerà
questa pagliacciata, ma ogni tanto sarebbe una ventata d’aria
fresca potersi scontrare con qualcuno che abbia un po’ di
sale in zucca.
Anche se dubito
fortemente che un Black possa dare tali soddisfazioni.
“Beh, che si
dice?”
Nonostante il tono
spavaldo e noncurante i suoi muscoli sono tesi e la mascella rigida. Me
ne rallegro, evidentemente qualcosa capisce, e sente che la situazione
è seria. Inoltre ho la precisa sensazione che mi stia
tentando di nascondere qualcosa, e sbugiardarlo davanti a tutti
sarà davvero un piacere.
“Questo lo
vorrei chiedere io a te, Mastro Black. Sparisci senza un valido motivo
per mesi e mesi, ti fai recuperare da una tua recluta in condizioni
pietose, passi altro tempo barricato in casa e poi, improvvisamente,
fuggi nuovamente nel bosco, senza dire una sola parola ai tuoi
fratelli! É così che adempi al tuo ruolo?
É così che credi di incarnare lo spirito nobile
di un Alfa, di un Capobranco che ha il dovere di proteggere i suoi
Fratelli e la sua Terra? Abbandonando il tuo ruolo e la tua gente,
lasciando tutto nelle mani di un vecchio come me?”
“Non fare la
commedia, qui sanno tutti benissimo cosa sei realmente in grado di
fare. E se non lo sanno è solo perché tu glielo
impedisci opprimendoli. Come Capobranco, il mio dovere è
controllare che l’accordo tra vampiri e lupi venga
rispettato, e proteggere i miei fratelli. So benissimo quali solo le
responsabilità e i doveri che mi legano a loro. E se io non
li opprimo e non li forzo con la Suggestione, è
perché voglio che siano liberi di poter scegliere sotto che
guida mettersi. Negli scontri con i vampiri, vittoria o sconfitta hanno
esattamente le stesse percentuali; se mai mi dovessi trovare in una
simile situazione, non vorrei mai viverla col rimorso di avere
costretto amici e fratelli a morire!”
Ma guarda, la butta
sul sentimentale e prova persino ad accusarmi!
E guarda con che
espressione beata e felice tutti questi mocciosi senza nerbo e queste
ragazzine esaltate si bevono certe scempiaggini!
“Oh, ma
certo. É comodo, vero, nascondersi dietro belle frasi ad
effetto e vecchi accordi stipulati secoli fa! Ma si da il caso che tu
non abbia ancora capito che il Patto non è uno strumento
ideato per permetterti di ignorare quelli che, volente o no, sono tuoi
precisi doveri! Se solo tu fossi un vero capo, lo vedresti come un
incentivo ad essere ancora più prudenti, non come un
pretesto per bighellonare qua e là come una pecora! In fin
dei conti, si tratta sempre di una concessione che permette ai vampiri
di vivere in mezzo alle loro naturali prede e fonti di nutrimento, gli
umani! Come puoi ignorare tutti i rischi e i pericoli che questo
comporta? Come ti puoi fidare di esseri come loro e lasciarli liberi di
scorrazzare per la città? Non capisci che è solo
questione di tempo prima che questa situazione di stallo precipiti nel
baratro? Basta un solo incidente, anche il più banale: una
spruzzatina di sangue e ci troviamo a dover fronteggiare un esercito di
sette folli assassini, capaci di mutare in demoni le loro vittime!
Possibile che tu non te ne voglia rendere conto? E possibile anche che
tra tutti i tuoi sottoposti non ce ne sia uno in grado di aprire gli
occhi? Tu sei inadatto a comandare, Black, e se i lupi della Riserva
continueranno a guardare a te come un capo, finiremo ben presto
sterminati!”
“Sei tu ad
essere cieco e folle, vecchio! Tu e le tue ridicole paure! Sai meglio
di me che i Cullen non si nutrono di sangue umano: è solo
per questo che mio nonno ha stretto il Patto con loro e non li ha
scacciati già un secolo fa!”
“ Se
c’era un folle quello era Ephraim, e tu hai ereditato la
stessa pericolosa degenerazione! Cosa vuoi che sia una parola per
mostri come loro? Che valore puoi attribuire al giuramento di un essere
che è maledetto dalla luce e vive nelle tenebre e nella
corruzione?” Sento un diffuso brusio di sottofondo e mi rendo
conto che il mio discorso sta finalmente entrando in testa a quegli
zucconi. Era anche ora.
Parimenti sento che
Jacob comincia a cedere.
Ho finalmente scoperto
un tasto sensibile, e devo saperne di più prima che lui
abbia il tempo di capire il suo errore e correre ai ripari.
Calo l’asso.
“Come
possiamo fidarci di te, Jacob Black, che ti comporti come se fossi
amico e paladino dei vampiri e li incontri pure in gran segreto? Credi
forse che a qualcuno, qui, sia sfuggito il fatto che tu e quella
femmina scostumata puzzate di vampiro? Ecco perché siate
scappati nel bosco, per incontrarli! E non provate a farci credere che
è stato tutto un caso: mi sembra abbastanza evidente il
fatto che non abbiate dato battaglia, nelle condizioni pietose in cui
vi trovate persino dei Cullen pappamolla vi avrebbero ucciso senza
difficoltà! Quindi, cosa è successo a quella
bella riunione di cervelli? Avete preso un tea e intrecciato delicate
collane di margherite?”
Il bamboccio e la sua
degna compare hanno il buon gusto di tacere e limitarsi a gonfiare un
po’ il pelo, ma gli altri lupi no.
Sono indignati dal
comportamento del loro capo e, grazie anche a una mia piccola
spintarella, si stanno finalmente rendendo conto di quanto sia
pericoloso.
“E quindi,
Jacob Black, amico dei vampiri e traditore dei lupi, perché
tu e quei nemici vi siete riuniti? Di cosa avete parlato? Del tempo che
passa e della crisi economica? O vi siete forse riuniti per discutere
di qualcosa di serio? Non so, magari una revisione del Patto. Forse una
di quelle grosse sanguisughe ha avuto un raptus improvviso o uno scatto
di rabbia e… puff! Ha azzannato il primo umano che
ha trovato!”
Ovviamente sto
bluffando, Black non sarebbe mai capace di tradire, ma in questo
momento non è l’aderenza alla realtà
che mi interessa.
Tutti i lupi della
Riserva, infatti, hanno cominciato a ringhiare, credendo senza indugio
alla mie parole. Black è totalmente screditato.
Mi fulmina con uno
sguardo di fuoco e si guarda intorno, spaesato. É arrivato
il momento dell’ultima mossa.
“
Naturalmente potrei sempre sbagliare. Quindi sii gentile, Jacob Black,
dissipa i nostri dubbi. Mostra a tutti noi quello che è
successo oggi pomeriggio.”
(Jacob) Maledetto vecchio, mi ha
proprio fottuto.
Sono in trappola: non
posso rifiutarmi di mostrare ciò che è
successo oggi, ma se lo facessi sarebbe davvero la fine.
Guardo Ateara, che si
gode tutto tronfio la vittoria e non immagina neppure lontanamente di
avermi rovinato la vita, e l’unica cosa che sento montarmi
dentro è la furia.
Sarà per
questo che il lupo si rifà vivo per la prima volta dopo la
mia fuga, e mi suggerisce un piano per cercare di salvare il salvabile.
Posso mostrare loro,
senza preavviso, solo la parte dei ricordi di Edward e Jessica.
É talmente orribile da scuotere le loro menti e rendermi
più facile liberarle dal controllo di Ateara, che
probabilmente sarà comunque talmente soddisfatto da perdere
molto del controllo che esercita. A quel punto dovrò essere
io, con la mia Suggestione, a trascinare i lupi dalla mia parte.
É il piano
perfetto, ed è anche l’unico possibile, quindi non
ho alternative.
Prendo un respiro
profondo, sfioro con la coda quella di Leah e sacrifico Jacob Black per
una causa superiore, tradendo allo stesso tempo il ragazzo che amo e la
fiducia dei miei amici pur di salvare Forks e la Riserva.
Salve a tutti!
Non ho parole per scusarmi del ritardo, davvero! Sono
tremendamente disorganizzata, ho preparato due esami titanici, il mio
computer ha sperimentato le gioie dell'allagamento e questo capitolo ha
subito più interventi e correzioni di Heidi Montag. Me
tapina. Spero comunque che vi sia piaciuto (Anche se so che Paffy prima
o poi vorrà la mia testa su un piatto) e grazie per la
pazienza! Un bacio, Ysis
PS, grazie anche per il feed che avete dato al MM18.02 <3!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 37 *** Chess ***
(Jasper)
Sospiro e mi allungo nel vuoto, spalancando le braccia come se fossero
ali.
Ondeggio, assecondando il vento che mi soffia sulla pelle e cerco di
liberare la mente più che posso, non pensando a nulla e
seguendo solo le mie sensazioni.
Il vento, i rumori e gli odori sono tutti i maestri dei quali
necessito.
Non ho bisogno di vedere e, soprattutto, non ho bisogno di pensare.
Sennò, finirei nuovamente schiacciato a terra dai miei
problemi; mi sforzerei di trovare subito le soluzioni a tutto e finirei
per commettere qualche grosso e sciocco errore.
Con calma, Jasper, una cosa per volta. Hai tempo.
Lentamente la mia mente si rilassa e i miei sensi sembrano raggiungere
un nuovo livello di sensibilità.
É come ridiventare vampiro, tutto è amplificato e
potenziato ma con la sostanziale differenza che le sensazioni, ora,
sono divise nettamente invece che tutte mescolate assieme.
Respiro l’odore forte del bosco e della terra umida, quello
sgradevole dei combustibili e dello smog cittadino e poi quello molto
più piacevole di cuoio, tabacco e fumo di falò.
Le mie orecchie mi riportano i suoni della risacca e del frangersi
delle onde, i ronzii dei motori e delle apparecchiature elettriche, il
ritmo cadenzato dei lavoratori del legno e tutta un’infinita
gamma di rumori e suoni tipici degli umani.
A Forks c’è parecchio frastuono, gli umani ridono,
gridano e vivono rumorosamente, anche in una cittadina così
piccola.
Alla Riserva, invece, tutto è diverso.
Gli indiani parlano poco e pensano molto. Dalla loro direzione non
provengono né risate né grida, solo un silenzio
pesante ed angosciato, che mi è fin troppo familiare. Hanno
paura, sentono nell’aria che si sta preparando qualcosa di
grosso e pericoloso e le loro menti impaurite non fanno altro che
pensare e rimuginare. Sono agitati, instabili, potenzialmente
pericolosi.
Impossibili da ignorare e troppo imprevedibili per essere incastrati in
un piano.
Stavo osservando le cose da una prospettiva sbagliata.
Invece di preoccuparmi degli istinti suicidi di mio fratello e del modo
di spiegare tutta la faccenda al resto della famiglia senza creare
traumi, avrei fatto meglio a concentrarmi sui lupi, e sul clima che
c’è alla Riserva.
Gli animi mi sembrano abbastanza tesi, e ho un bisogno disperato di
trovare qualcuno che sia disposto a farmi un quadro generale della
situazione.
Per fermare Edward basta tenerlo d’occhio col mio potere e
manomettere le auto, ma contrastare e cercare di prevedere le azioni
dei lupi sarà un lavoro lungo e faticoso, per il quale
avrò bisogno di aiuto. Mi servirebbe una persona
intelligente, ben informata, dotata di carisma e soprattutto
affidabile. E credo di avere in mente un’ottima candidata, se
ho imparato a conoscerla anche solo un po’. Ma ora mi devo
muovere, il tempo stringe.
Apro gli occhi e rilasso i muscoli contratti delle cosce, lasciandomi
cadere dal ramo al quale sono stato appeso per tutto il pomeriggio.
Comincio a correre prima ancora di toccare terra, raccogliendo le idee
e preparandomi un discorso.
Se ho imparato a conoscerla anche solo un po’ convincerla non
sarà difficile, ma farle accettare l’incarico si.
(Leah)
Mentre l’acqua scroscia nell’idromassaggio,
ispeziono il contenuto dell’armadietto laccato e prelevo un
bagnoschiuma a caso tra quelli meticolosamente esposti sugli scaffali.
La pretenziosa etichetta francese e il costo stampato sulla confezione
riaccendono in me le braci di una rabbia e un odio che mi porto dietro
da quando ho sei anni, ed è con una certa dose di
soddisfazione che vuoto l’intero flacone nella vasca,
godendomi lo spreco di quel denaro che dovrebbe spettare a me.
Sono tornata nel luogo dove ho vissuto il periodo più triste
della mia vita, la casa dove un uomo e una donna che si odiavano mi
hanno generato per errore e allevato nel disprezzo.
Ora nessuno vive più stabilmente qui: Edgar e Cynthia
rincorrono le vite dorate e lussuose che hanno sempre sognato e il mio
fratellastro Seth, figlio di mia madre, ci viene solo ogni tanto, a
divertirsi con gli amici o a intrattenere qualche ragazza.
Che sia io l’unica Clearwater che considera questo luogo
è dolorosamente ironico: qui ho percorso parte delle salite
della mia vita, qui ho imparato a sopravvivere, a lottare, ad essere la
mia forza.
Questa casa, l’odio che la impregna e i ricordi tremendi che
la animano, sono stati la mia palestra per la vita e il motivo per cui
in passato ho creato attorno a me una barriera di armi, armature e
scudi, affinché potessi essere la paladina di me stessa.
Questa casa mi ha reso guerriera. Questa casa mi ha reso Leah.
E anche se, grazie a Dio, per anni e anni sono stata protetta e ho
vissuto nell’amore e nella felicità, ora
è giunto il momento di indossare di nuovo le mie vecchie
armi.
Sospirando chiudo l’acqua, mi spoglio ed entro nella vasca,
nascondendomi tra la schiuma.
Mi siedo al centro, tra le bolle e il vapore caldo, raccolgo le
ginocchia al petto, le stringo con le mani e vi poso sopra la fronte,
mentre i miei capelli si aprono nell’acqua in una pozza
scura.
Rifletto.
In quanto lupa non mi piace essere Dominata, sono uno Spirito
Protettore di questa terra e voglio rimanere libera di pensare ed agire
come mi pare. L’essere così legata mi fa mal
sopportare Jacob, e mi rendo conto di non essere la sola: a molti dei
miei simili, specialmente quelli più giovani e difficili da
domare, il morso e le briglie non vanno proprio giù.
Inoltre quei lupi che sono tendenzialmente più violenti e
legati alle idee di Ateara, come Jared, continuano a non accettare la
presenza dei Cullen sul nostro territorio, e portano avanti la campagna
dell’intolleranza e del terrore iniziata dal Vecchio.
Giorno dopo giorno, ora dopo ora, un minuto dietro l’altro,
le loro menti non fanno che ululare quanto siano pericolosi, i vampiri,
e come siano bugiardi. Tutti loro sono diventati indiscriminatamente
nemici spietati, pazzi assassini doppiogiochisti che stanno portando
avanti una finzione da secoli e secoli, col solo scopo di farci
abbassare la guardia per poi annientarci senza pietà.
E a furia di ripeterlo come un mantra continuo, sono riusciti ad
entrare nelle menti dei soggetti più deboli e influenzabili,
ingrossando le loro file ed innescando un effetto domino inarrestabile.
Ora la paura e la diffidenza dilagano, ed è solo una
questione di tempo prima che le singole voci si riuniscano in un
comitato, pronto ad andare a fronteggiare Jacob e a pretendere una
presa di posizione.
E lui, in quanto giovane capo appena insediato, è
praticamente costretto a combattere.
Non è ancora abbastanza conosciuto perché ci si
possa fidare ciecamente di lui e delle sue idee sulla convivenza tra
lupi e vampiri, se vuole essere considerato come Capo deve prima
dimostrare di saper comandare sul campo di battaglia.
Ma l’esito di uno scontro è troppo facile da
prevedere: per quanto civili e rispettosi, i Cullen sono pur sempre una
famiglia di vampiri con anni ed anni di esperienza alle spalle. Se
anche riuscissimo ad attaccarli di sorpresa e anche se ci dovessimo
ritrovare ad affrontare solo i genitori, la biondina con il suo
fidanzato e Jasper, le perdite tra le nostre file sarebbero
consistenti.
Quei lupi così smaniosi di combattere sono come studenti
delle medie: spavaldi abbastanza per fare la voce grossa e spaventare i
bambini, ma non abbastanza da poter reggere il confronto con i ragazzi
del liceo.
Se davvero dovessimo lottare, molti di loro vedrebbero per la prima
volta i vampiri sul campo di battaglia. E come farebbero a concentrarsi
tra il sangue, le urla, l’adrenalina e la paura?
Ho detto e ripetuto a Jacob almeno un milione di volte che doveva
affrontare la situazione fin da subito ed evitare che i tirapiedi di
Ateara seminassero zizzania, ma non mi ha voluto dare retta. Anzi, mi
ha totalmente esclusa dai suoi pensieri e dalle sue decisioni.
E quindi non mi lascia altra scelta.
So che in questo momento è disorientato e confuso, e non
c’è nulla di strano, se si pensa a cosa ha
sacrificato per salvare il branco. E so anche che il ruolo che ha
rivendicato gli impone una maggiore trasparenza, e l’obbligo
ad aderire a certe leggi non scritte.
Ma c’è ancora una chance per evitare la battaglia,
ed è precisamente a quella speranza che mi voglio attaccare.
Devo mettermi in contatto con uno dei Cullen, e avvisarli della brutta
aria che tira qui, consigliando loro di giungere a qualche mediazione o
di lasciare queste terre per qualche anno. L’unico problema
è che per farlo devo lasciare il branco, visto che la
volontà di Jake mi schiaccia.
E, non lo nego, questa decisione mi fa paura.
Non solo per la prospettiva di ritrovarmi totalmente sola ed esclusa da
un momento all’altro, ma anche e soprattutto per la reazione
di Jake. É già abbastanza logorato, e
l’ultima cosa che vorrei è causargli problemi.
Ma è il bene per il branco che mi chiama, ed è un
ordine al quale non mi posso opporre.
É una cosa che posso fare solo io. Distruggerà la
mia vita, troncherà tutti i miei rapporti, mi
bollerà per sempre come una traditrice.
Eppure so che lo farò, che andrò sino in fondo,
perché, e l’ho appena capito, l’essenza
di ciò che siamo è questa: non solamente lupi, ma
soprattutto spiriti protettori.
Amiamo e viviamo questa nostra Terra, e per il suo bene moriamo.
La chiave è questa, e per noi indiani è
così da sempre, anche se non ci avevo mai pensato sinora.
Non importa il fatto di vivere in una Riserva, non importa la voglia di
scappare e il fatto di essere considerati una minoranza: questa terra
è parte di noi e ci tiene legati a lei con un contratto
indissolubile.
É nostra, e dobbiamo proteggerla.
A qualsiasi costo.
(Edward)
Mi guardo allo specchio e non posso che essere contento del fatto che
certe leggende siano, appunto, solamente tali: vedere il mio riflesso,
è motivo di grandissima gioia.
La mia battaglia contro me stesso è quasi terminata.
L’astinenza e il veleno di Leah hanno quasi distrutto il mio
corpo, dopo l’incontro con Jacob il mio animo ha finalmente
trovato pace, e quindi ritengo di essere pronto per compiere
l’ultimo atto del mio grande trionfo, il momento della mia
morte.
Inspiro lentamente, assaporando il pieno significato delle mie
vittorie, e una sorta di estasi mistica s’impossessa di me.
Né in vita né nella morte ho mai assunto droghe,
eppure adesso mi sento davvero “strafatto” di gioia
e trionfo.
Io ho vinto, io.
Non Edward Cullen, non il vampiro. Io.
Io. Io. Io.
Io con la mia volontà, io con la mia determinazione, io
nella mia pazzia, io adesso, nella gioia malata dei miei ultimi
istanti.
Io.
Solo, semplicemente, e per sempre io.
Addio.
(Jasper)
Non avrò mai le capacità di Alice, questo
è un dato di fatto; le visioni rimarranno sempre, per me,
una dimensione oscura.
Ma in tanti anni ho imparato a riconoscere le sensazioni, e a fidarmi
dell’istinto. E adesso sento che devo muovermi e correre
verso di lei.
Me lo urla ogni singola fibra del corpo e dell’anima.
E non solo perché dobbiamo parlare di cose importantissime,
ed è meglio farlo di persona, o perché voglio
vederla per assicurarmi che stia davvero bene.
Qualcosa di più sovrannaturale della mia natura muove le mie
gambe e indirizza i miei piedi, e sono sicuro che una cosa simile sta
accadendo anche a lei.
Siamo pedine del Destino, di un qualcosa di più grande di
tutti noi, che ha semplicemente deciso che questo era il giorno e
questa l’ora.
É inutile opporsi, è inutile cercare di
ribellarsi.
Era scritto così, questo è quanto.
Ci incontriamo al confine e lei si rifugia tra le mie braccia,
provvidenzialmente aperte. Tira su col naso e cerca in tutti i modi di
non piangere. Vorrebbe parlare e spiegarmi la situazione, ma le poso un
dito sulle labbra.
So già tutto, e credo che lo abbia capito anche lei.
Sentiamo le cose mettersi in moto, i sensi dei lupi attivarsi e la
gioia incontenibile di Ateara.
Sentiamo il terreno fremere e rimbombare sotto il rumore delle zampe
lanciate nella corsa e ci stringiamo la mano, facendoci coraggio.
Finalmente arrivano.
Leah mi si para davanti e si trasforma, combattendo assieme a me contro
di loro.
E per un momento mi dimentico che tutto è già
stato scritto e ho davvero l’illusione di poter vincere
assieme a lei.
Ma è questione di un attimo.
Un lupo le squarcia un fianco e, mentre mi giro per soccorrerla, un
altro mi azzanna alla gola. Non abbastanza forte da uccidermi, ma quel
tanto che basta per avvelenarmi e stordirmi.
Perdiamo entrambi i sensi, e veniamo trascinati alla Riserva.
Scacco.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 38 *** Masquerade ***
(Edward)
Chiudo l’anta dell’armadio sulle mie tastiere e
comincio a raccogliere i pochi spartiti sopravvissuti alle mie crisi
d’astinenza.
Voglio cancellare ogni mia traccia da questa stanza in modo che, un
giorno, Esme non debba soffrire troppo rientrando qui. Il dolore che le
provocherà la mia decisione è già
abbastanza.
Quando sono soddisfatto del mio lavoro, mi dirigo verso lo specchio e
comincio a sistemarmi: certo, con tutto il veleno che ho in circolo il
mio aspetto non potrà mai essere impeccabile, ma voglio che
la mia ultima uscita sia almeno più che dignitosa. E quindi,
mentre mi preparo, curo più del solito l’aspetto
dei capelli e la scelta di orologio, pantaloni e scarpe. Non voglio
sfruttare il fascino del vampiro, voglio morire semplicemente come
Edward. Mi preparo con finta calma e studiata lentezza, e quando
finalmente non riesco più ad inventare pieghe da lisciare e
particolari da sistemare, capisco di essere pronto.
Senza fare lunghe riflessioni di commiato, e senza languide occhiate,
esco dalla mia stanza e chiudo la porta sull’ultimo capitolo
della mia seconda, lunga vita.
Ora non mi resta che il tanto agognato epilogo. Che si
concluderà nella più totale solitudine e
segretezza, anche perché, a questo punto delle cose, sono
davvero esausto, e desidero solo farmi trasportare dal corso della
natura.
Fuori dalla porta della mia vecchia stanza, ho lasciato una lettera
indirizzata ai miei familiari, e uno spartito per ognuno di loro.
E spero vivamente che possano servire, se non a farmi perdonare per la
mia decisione, almeno a spiegare che loro non c’entrano nulla
con quello che sta per accadere.
Probabilmente era scritto, e mi va bene così.
Apro una finestra e mi calo lungo la grondaia, arrivando
silenziosamente nel giardino sul retro.
Percorro con passo tranquillo e disinvolto parecchi metri, ma quando
sto per scattare un lupo grigio dall’aria maligna mi si para
davanti.
E non ci vuole certo un genio per capire che non è un
normale canide.
Gemo e mi preparo in posizione difensiva, pur sapendo di dover sembrare
tremendamente ridicolo, nelle mie attuali condizioni. Il lupo
però, con mia grande sorpresa, non si fa sotto e, eccettuata
una contrazione nervosa del muso, rimane fermo ed immobile.
Anzi, mi coglie del tutto impreparato quando apre le fauci ed inizia a
parlare.
“Per tua fortuna il mio Capo mi ha dato ordini ben precisi ai
quali attenermi. Devo solo consegnare un messaggio. E strapazzare uno
scarto ambulante come te non mi darebbe nessuna
soddisfazione.”
“Qual è questo messaggio?” Domando in
tono altezzoso, passando sopra alla sua cortese riflessione e
seccandolo ancora di più.
“Tuo fratello ha rotto il patto e varcato il Confine per
incontrarsi con quella sporca cagna traditrice. Li abbiamo catturati ed
imprigionati. Il mio Capo li giustizierà personalmente oggi.
Vedo che non avrai bisogno di fare passaparola con i tuoi
simili.”
Il lupo sparisce tra gli alberi, e io mi volto a fronteggiare la mia
famiglia. Non so se sia stata la mia lettera o la presenza del lupo a
spingerli qui, ma ora non importa. La priorità, ora,
è Jasper.
(Jasper)
La prima sensazione, non appena riesco a recuperare un briciolo di
coscienza, è quella del veleno che mi brucia
dall’interno, e la reazione è quella di
appoggiarmi al muro e vomitare in un angolo, cercando di farlo nella
maniera più privata possibile: non voglio dare a quelle
bestie la soddisfazione di sentirmi soffrire.
Dannato veleno e stramaledetti branchi di mannari teste calde.
Fossero stati un po’ meno avrei fatto fusciacche delle loro
pellicce.
Dopo un tempo che mi sembra eterno, il mio fisico decide di darmi un
po’ di requie, quindi mi appoggio alla parete e comincio a
guardarmi attorno. I miei sensi sono tutti intorpiditi, tanto che mi
sembra di avere un velo nebuloso davanti agli occhi e cotone su
polpastrelli, naso, bocca ed orecchie, ma comunque riesco a capire di
trovarmi in una stanza piuttosto squallida isolata da tutto e tutti.
Probabilmente si tratta di una vecchia cascina abbandonata,
perché non percepisco nessuno dei tipici rumori degli umani.
Sforzando la mia vista mi faccio un’idea
dell’ambiente che mi circonda, ma il quadro rimane
sconfortante: una specie di scatola di legno senza finestre e,
apparentemente, senza porte.
Ma, visto che per entrare da qualche parte devo pur essere passato, una
porta ci deve essere.
In qualche modo riesco ad alzarmi in piedi e, con l’ausilio
della parete, trovo anche un minimo di equilibrio.
Ma non appena tento di muovere un passo, piombo violentemente a terra;
e la colpa non è tanto delle mie gambe malferme, quanto
della corda spessa e corta che mi cinge la vita e della quale non mi
ero accorto, tanto il veleno mi fa sragionare.
Imprecando una volta di più contro i lupi, la strattono con
una mano ed immediatamente sento la pelle tirare e bruciare, mentre
sinistre piaghe colanti mi si aprono su quello che fino a qualche
secondo fa consideravo un arto indistruttibile.
Mi apro profondi squarci nelle labbra per impedirmi di urlare, e
intanto mi insulto mentalmente.
Solo uno stupido poteva credere che i lupi non avessero preso adeguate
contromisure, e non notare che la corda era rossa di sangue mannaro.
E tu, Jasper Hale, sei così dannatamente stupido che
è un miracolo che sia sopravvissuto tanti anni
nell’esercito!
Furioso, tiro un pugno alla parete e la sbriciolo senza troppa fatica,
scoprendo una stanzetta attigua alla mia. E che non sono solo.
Anche l’altra “cella” è
occupata da un’ospite, una giovane ragazza.
É coperta di lividi, tagli, segni di morsi e zampate, e le
sue gambe sono inequivocabilmente spezzate.
Ma sotto i segni blu e il sangue coagulato, il suo viso ha la solita
espressione di sfida e, circondati da macchie scure che non sono certo
di matita o ombretto, i suoi occhi gialli sono beffardi, e mandano
lampi.
Anche ridotta così, Leah Clearwater è una forza
della natura.
Ed è bellissima.
(Leah)
Quando sento il muro crollare sobbalzo ed impreco, sapendo bene che
persino un lupo appena risvegliato potrebbe battermi in queste
condizioni.
Ma, rifletto cercando di assumere una posizione di difesa nonostante le
fratture e i dolori vari, questo non significa che venderò
meno cara la mia pelle.
Quando le schegge e delle sporadiche nuvolette di intonaco finiscono di
svolazzare nell’aria, alzo il capo per vedere il mio
carnefice, e rimango stupita.
Nella stanza accanto non c’è un’orda di
lupi pronti a finire quello che hanno lasciato a metà
qualche ora fa, bensì un altro prigioniero.
É appoggiato alla parete superstite, con il capo biondo
reclinato all’indietro e gli occhi chiusi. Le braccia e le
gambe sono scomposte, e i vestiti sporchi di sangue e tutti strappati.
Eppure, anche in queste condizioni, Jasper Hale rimane di una bellezza
ed armonia disarmanti, e vederlo è un balsamo per
l’anima.
Apre gli occhi, mi guarda e io dimentico delle gambe rotte e
di tutto il resto: stringo i denti e mi trascino verso di lui.
Jasper allunga una mano a sfiorare la mia e, non appena la distanza
glielo permette, mi accoglie tra le sue braccia, cercando di essere il
più delicato possibile.
Grazie al suo potere e alle sue premure non ho più dolore
né paura.
E anche se non ho concluso nulla, anche se siamo entrambi feriti e
anche se so che è probabile che verremo uccisi, sentendo il
tocco fresco delle sue mani sulle mie non riesco ad evitare che una
bolla di dolcezza mi formi al centro del petto.
Pur senza un valido motivo, mi sento completamente, assurdamente e
vergognosamente felice.
(Edward)
Corriamo in formazione compatta, infrangiamo il confine e ci fermiamo
solo quando veniamo circondati dai lupi.
“Cosa ci fate qui?” Jacob è a dir poco
furibondo, tanto da sembrare, anche in forma umana, almeno tre volte
più grosso del normale.
Ci osserva intensamente uno ad uno, e le nostre facce lo devono seccare
parecchio, perché abbaia, letteralmente.
“Allora? Mi auguro che il motivo sia serio, visto che avete
infranto il Patto.”
“Che gioco stai facendo? Sei tu che ci hai fatto venire
qua!” Sbotta Emmett, fremendo per trattenersi ed evitare di
saltargli addosso.
“Cosa avrei fatto io? E quando, soprattutto, Mister Muscolo?
Non mi sono mosso da qui.”
“Un tuo sottoposto è venuto a casa nostra meno di
mezz’ora fa: ci ha detto espressamente che veniva a portare
un messaggio da parte del Capo, e cioè che Jasper era stato
catturato e che lo avresti giustiziato stasera. Era grigio, di media
taglia, con un orecchio un po’ accartocciato. E sapeva
parlare.”
“É vero, Jared?” Ringhia Jacob,
voltandosi verso le retrovie.
Il branco di apre sotto il suo sguardo e in disparte rimane
un unico lupo.
Di mezza taglia, col pelo grigio e un orecchio accartocciato.
Lancia a tutti uno sguardo di sfida, poi alza il capo e apre
orgogliosamente le fauci.
“Si, è tutto vero, sono stato io. E ho
obbedito agli ordini del Mio Capo. Ho sorvegliato il Confine, ho visto
il succhiasangue avvicinarsi e l’ho intercettato con
l’aiuto di alcuni compagni. Abbiamo combattuto e poi lo
abbiamo portato dove Lui ci ha ordinato. E ora starà per
morire, assieme a quella cagna vogliosa e traditrice della nostra
razza!”
Jacob ruggisce e gli si scaglia contro al lupo, placcandolo a terra.
Denti canini spuntano nella sua bocca, ma prima che possa affondarli
nel collo del traditore, una voce dolcissima e crudele gela tutti sul
posto:
“Domina la tua impulsività, Capo dei
lupi.”
Qualcosa si muove nel profondo della Foresta, nascondendosi tra
l’oscurità delle fronde con malizia. E questo
qualcosa sa di tomba, di morte e di orrende devastazioni e gioisce nel
percepire la paura che affonda le radici nei nostri ventri.
Fumo sanguigno si srotola dagli alberi in pigre e dense volute, e
striscia verso di noi inscenando una macabra rappresentazione.
Vampiri e uomini lupo assistono ad uno spettacolo di follia ed orrore
che va oltre ogni immaginazione, e non si vergognano di tremare e
gemere all’unisono.
Le figure dei fantasmi di fumo mostrano torture diaboliche, insensati
stermini, bagni di sangue e gironi infernali di mutilazioni,
esperimenti e violenze. Le due razze assistono a racconti di
avvelenamenti, strangolamenti, crocifissioni e impiccagioni, sono
testimoni di suicidi indotti dal terrore e di spietate caccie
all’uomo, alla donna, ai bambini e a qualsiasi cosa si muova,
persino gli animali, il vento e le onde del mare. E tra le urla, le
maledizioni, le lacrime, il sangue e la violenza, i protagonisti di
questo sinfonico delirio, gli istrioni amanti del sangue, sono
l’orrida, giubilante costante.
Tranciano, affettano, squartano, sfasciano, scuoiano.
Torturano ed avvelenano.
Ingannano.
E sono qui, e si avvicinano.
Ridono apertamente del nostro terrore, e mettono enfasi nei loro passi.
Le cime degli alberi fremono, ed ecco apparire Kataverik.
Alto quattro metri e largo due, osserva il mondo con lo sguardo cattivo
dell’unico occhio superstite nel viso scuoiato, e scava un
profondo solco con la pesante catena che gli imprigiona le gigantesche
braccia. Sadico macellaio tenuto assieme da odio e sbadate cuciture;
non è difficile catalogarlo come
“mostro”.
Abadon, invece, è tutta un’altra storia.
Alto, elegante, bello ed affascinante quanto il fratello è
orrido e ripugnante. La sua pelle è perfetta, i suoi capelli
oro colato, i suoi occhi verdissima giada.
Divino come un angelo, soave come musica ultraterrena, capace di
sciogliere con un cenno e far impazzire con un solo sguardo.
Ma qualcosa è andato terribilmente storto durante la sua
creazione, e ora la sua mente è dominata dalla
più oscura e incontrollabile delle follie.
Ciò lo rende un mostro diecimila volte più
temibile del fratello, tanto che persino il suo Principe ne ha paura,
quando perde la ragione.
“Vi porgo i miei omaggi, Protettori della terra, e saluto
voi, Esseri Eterni.” Dice con voce morbida e fredda
quell’angelo inorganico, e si inchina profondamente.
“Il mio padrone è un geniale, nobile Principe,
signore della vita e della morte. Ha creato me e mio fratello
come sua guardia armata, e ora ha una richiesta per voi: dovete cessare
di combattere. Immediatamente.”
Dalle fila dei lupi si alza un borbottio, ma Jacob lo tacita con uno
sguardo, guadagnandosi un’occhiata di approvazione dal messo
infernale.
Carlisle, dopo un rapido scambio di sguardi con lui e con noi Cullen,
prende la parola.
“E a voi e al vostro Sire vanno i nostri migliori omaggi, e
le nostre rassicurazioni. Non vogliamo combattere, il nostro Clan
è pacifico e i Protettori sotto una guida giusta e
comprensiva.”
“Eppure potrei giurare di aver interrotto l’inizio
di una battaglia, non è vero? Non provate a mentirmi, ne
sento l’odore nell’aria.”
“Beh, anche tra i migliori vicini capita di litigare qualche
volta.”
“Questo è vero, mio affascinante e diplomatico
difensore, ma tuttavia a voi questo privilegio non è
concesso. Il mio Signore ha grandi piani, e sarebbe orribile se voi li
rovinaste. Sarebbe, se mi concedete, un errore devastante. Tenete
chete le acque e mantenete i rapporti civili che sono sempre stati
osservati. Se ci sono conflitti risolveteli usando il cervello, che
è dote che vedo possedete su entrambi i fronti. Non mi fate
ritornare tra di voi, e non concedete al loro sguardo di posarsi su di
voi e su questa razza che ancora non conoscono.”
“Intendete forse dire…”
“Esattamente, mio caro amico, l’obbiettivo del mio
Principe è la cellula armata dei Volturi. Il loro squallore
è un affronto al suo genio smisurato, e a ciò va
posto un rimedio.
Inoltre sono tremendamente eccitato all’idea di affrontare la
Guardia al completo, e competere con loro in
abilità!”
Un folle sorriso gli distorce i lineamenti, e ci costringe a
distogliere lo sguardo.
Abadon ci fa un cenno di scuse e ci volta le spalle, pronto ad
andarsene.
“Non vi perdonerei, se mi rovinaste il divertimento, e
guadagnarsi il mio rancore non è consigliabile. Soprattutto
se siete razze contro le quali non ho mai avuto l’occasione
di combattere.
Per non parlare di Kataverik. Cosa pensate che farebbe a quei covi di
umani, se dovesse scoprire che ha spezzato per nulla le pesanti catene
che lo imprigionano?”
Si gira per lanciarci un sorriso gelido, ben consapevole di averci
messo tutti in trappola, e deve trovare spassose le nostre espressioni
tirate, perché si avvicina nuovamente.
“Facciamo le cose secondo le vostre regole, vi va? Per
dimostrarci le vostre buone intenzioni, due di voi rinnoveranno il
vostro Patto di coesistenza davanti a me e a Kataverik, e noi ci
impegniamo a non uccidere nessun membro di questi clan di vampiri,
Spiriti Protettori e umani.”
“Accetto.” Risponde Jacob con un ringhio
controllato.
Carlisle apre la bocca per giurare a sua volta ma Abadon ci ferma con
un gesto.
“Se permetti, mio illustre compare, preferirei scegliere io
qualcuno del tuo clan. Vedo che voi, a differenza dei lupi, non avete
gerarchie. Vi fidate di tutti alla stessa maniera.”
“Si, siamo una famiglia.”
“Encomiabile. Allora, se permetti, credo che
sceglierò quel giovane dall’aspetto
singolare.”
Poso una leggera carezza sulla spalla di mia madre e mi faccio avanti,
interiormente esultante: forse le mie speranze di morte non sono del
tutto infrante.
Abadon sorride, invitando me e Jaco di fronte a lui e
contemporaneamente congedando tutti gli altri.
Quando è certo che nei dintorni non ci sia più
ombra di lupi o vampiri, sospira e si porta una mano al capo, chiudendo
gli occhi con espressione sollevata.
“Finalmente, temevo che non ce l’avrei mai
fatta.”
L’ultima sillaba della frase rimane sospesa
nell’aria per qualche istante, tintinnando come un prezioso
cristallo per poi infrangersi all’improvviso. Ed ecco che i
due mostri svaniscono e al loro posto appaiono due bellissime, giovani,
donne.
Simone ed Alice.
“Oh, Edward, riuscirai mai a vivere serenamente un solo
giorno di questa tua vita?” Sbotta mia sorella singhiozzando
e nascondendo il viso nel mio petto.
La accarezzo, frastornato, e quando comincio a capire la stringo forte
a me.
(Jacob)
Tutto ciò che riesco a fare è osservare
alternativamente Edward, sua sorella e la ragazza dai capelli
fiammeggianti, chiedendomi cosa diavolo stia succedendo e
perché non possa vivere una normale adolescenza con gli
sbalzi ormonali e i motori truccati come unici problemi al mondo.
Fortunatamente la ragazza sembra avere un minimo di compassione per
questo povero bestione, e mi si avvicina gentilmente.
“Non so se ti ricordi di me, il mio nome è Simone,
e sono una vampira. Ci siamo conosciuti quattro mesi fa.”
É difficile recuperare i ricordi di prima della mia fuga, ma
dopo un po’ ci riesco ed annuisco.
“Port Angeles, giusto?”
“Giusto. E situazione spinosa, anche allora. Edward aveva
perso il controllo, e stava trascinando anche te con lui.”
Annuisco, ancora una volta.
“Ti ricordi cosa è successo, allora?”
“Non esattamente… So solo che pregavo che qualcuno
facesse qualcosa, qualsiasi cosa. E poi…”
“E poi per fortuna sei arrivata in tempo e mi hai recuperato
appena in tempo grazie al tuo potere.” Conclude per me
Edward, che si è avvicinato assieme a sua sorella. Simone
annuisce e poi si rivolge direttamente a me.
“La mia voce è molto speciale, mi permette di
creare ogni tipo di illusioni e di suscitare qualunque emozione. A Port
Angeles per salvarvi è stato sufficiente calmarvi, oggi
invece ho dovuto terrorizzare tutti.”
“Tu hai creato quei due mostri…”
“Mentre correvamo qui dall’Italia non sapevamo
praticamente nulla della situazione attuale. Avevo previsto che presto
Jasper sarebbe stato sconfitto in uno scontro, ma nulla di
più. Eravamo totalmente impreparate, e quindi abbiamo
pensato che la cosa migliore fosse creare un diversivo di proporzioni
epiche, che potesse servire a più di uno scopo. Dovevamo
salvare tutta la mia famiglia e dovevamo salvare tutta Forks.”
“E ora cosa contate di fare?”
“Di salvare voi, ovviamente. Te ed Edward.”
Mi volto di scatto verso Simone.
“Si, hai capito bene, salvarvi. E non mettere su
quell’aria da duro. Come Alice non fa che ripetermi
da giorni e giorni, probabilmente il casino attuale non è
dovuto del tutto a me, ma io so che ruolo ho avuto nella vicenda, e so
che quello che ho fatto, poco o tanto che sia stato, è
imperdonabile.
Certo, erano ordini ed ero soggiogata ad obbedire, ma non posso
nascondermi dietro ad una scusa così debole.
Non davanti a te, in ogni caso.
E se per ciò che è Passato oramai non posso
nulla, posso comunque intervenire nel Presente.
E, di conseguenza, lasciarvi liberi di decidere il vostro
Futuro.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 39 *** What If ***
(Edward)
Mi sento evanescente e
incorporeo, come mutato in nebbia, e la cosa peggiore
è che la sensazione non si ferma solo al malessere
fisico.
Anche la mia mente è provata, debole e incostante
come se fosse riarsa da una tremenda febbre tropicale, e sembra vagare
in luoghi lontani.
Lentamente recupero, almeno in parte, le mie solite
facoltà e finalmente apro gli occhi. La mia mente ci mette
un po’ ad elaborare quello che vede, ma quando lo fa
sprofondo nel terrore: sono nel Nulla.
Niente paesaggio, niente suoni, nessun tipo di odore o
sensazione tattile.
Che la Morte, quella vera, non sia altro che questo?
Nulla, e nient’altro che esso, fino alla fine del
tempo?
No, mi rifiuto categoricamente di accettarlo!
Mi alzo di scatto e comincio a guardarmi febbrilmente attorno,
follemente determinato, cercando un appiglio di qualsiasi genere, una
via di fuga qualunque. Trascorro quelle che devono essere ore battendo
palmo a palmo il Nulla e sprofondando sempre più nella
frustrazione ma impedendomi categoricamente di demordere, e la mia
dedizione deve aver smosso Qualcosa, perché infine, dopo
tanto cercare, scorgo una via, perfettamente mimetizzata con il Nulla
che la circonda ma inequivocabilmente reale.
La seguo, euforico, camminando forse per giorni e giorni, ma
non mi importa: qualunque cosa, purché esista.
Mi ritrovo davanti ad un trivio, e il mio buon umore scema
un poco: quale sarà la strada giusta?
Ne esisterà davvero una?
Quanto mi costerà la scelta sbagliata?
E potrò rimediare?
Mentre mi faccio queste domande cerco, invano, un indizio qualsiasi ma
non trovo assolutamente nulla.
Allora mi rassegno: se proprio devo decidere a scatola
chiusa, scelgo la via di mezzo.
Muovo qualche timido passo in quella direzione e il Nulla si
colma all’improvviso, lasciandomi disorientato e, poi,
letteralmente senza fiato. Non so ancora se la strada che ho preso
è quella Giusta, ma quello che i miei occhi vedono, ora, mi
fa sperare nel meglio.
Lo spazio vuoto e desolato è stato riempito da un
verde paesaggio, che vibra di vita sotto la luce di una timida aurora.
Nelle narici ho il profumo dei fiori, nelle orecchie il lento
rumore del mare, e i miei occhi sono colmi della vita che mi circonda,
e della vista di una semplice casetta, appoggiata sulla linea
dell’orizzonte.
Mi dirigo nella sua direzione, camminando buon passo, e la
riesco a raggiungere, ansante, solo quando il sole inizia a tramontare.
Una piccola veranda mi seduce con aria invitante, ma sebbene
durante la mia lunga passeggiata non abbia desiderato altro che
sedermici e godermi il paesaggio, ora che sono all’ombra di
questa casa una parte della mia mente si riscuote, e comincia a
tintinnare con urgenza. Scariche di adrenalina mi corrono sottopelle,
dietro agli occhi, nei delicati e finissimi sensori delle orecchie e
tutto il mio essere pulsa e trema, polarizzato verso quella misteriosa
Cosa nascosta in quella casa.
Non aspetto un secondo di più ed entro, muovendomi
con sicurezza in ambienti a me totalmente estranei.
La mia mente vibra e tintinna come un metal detector e mi
indirizza immediatamente al piano superiore, senza farmi perdere
neppure un istante in vane ricerche. Salgo le scale, mi dirigo
istintivamente verso una delle quattro identiche porte bianche serrate,
la apro silenziosamente, entro e poi lo vedo.
E capisco.
Sdraiato su un grosso letto matrimoniale, Jacob Black dorme
profondamente, con i capelli mezzi sfuggiti dalla coda sparpagliati sul
cuscino e il possente torace che va su e giù piano piano. Il
suo viso è sereno, quasi femmineo, e guardandolo mi sembra
di capire tutto: il Nulla, le tre vie, questo posto e la strana smania
di prima.
Ma so che è una sensazione effimera, destinata a
sparire, perché i miei occhi sono pesanti, le membra stanche
e la mia mente di nuovo debole.
Provo a resistere, ma come prima non ho scampo, e posso solo
arrendermi e crollare addormentato.
(Jacob)
É la luce a svegliarmi, e il suono di un respiro profondo
mescolato al mio.
Ancora parzialmente addormentato, ipotizzo sia Leah e quindi
continuo a crogiolarmi beato nel mio dormiveglia, protetto dal profumo
e dal calore delle coperte. Solo dopo qualche minuto ricordo della
tremenda lite che io e la mia amica abbiamo avuto, e di come lei abbia
lasciato il branco.
Allora spalanco gli occhi e mi volto sul fianco, ma quello
che vedo mi fa credere di essere ancora nel bel mezzo di un sogno.
Steso sulla schiena, Edward Cullen dorme beato, ignorando il
sole che gli batte sul viso. I suoi capelli sono di nuovo ramati e la
sua pelle è tornata lattea e perfetta.
Ma, mi accorgo con una certa sorpresa, la luce del sole non
la fa più scintillare.
Ed è calda e morbida, come mi conferma una lieve
carezza sulla sua guancia.
Edward fa un verso sommesso, scostandosi un po’, e
io ritiro la mano come se mi fossi ustionato.
Sono forse impazzito? Che bella figura da idiota ci avrei
fatto, se si fosse svegliato!
Per impedirmi di fare altre sciocchezze, mi metto seduto e
comincio a guardarmi attorno, osservando l’ambiente e
cercando di capire dove mi trovo.
Con la coda dell’occhio, però, non perdo
Edward di vista e assisto così al suo risveglio. Si
stiracchia sbadigliando, tenendo gli occhi ben chiusi, e quindi non si
accorge subito della mia presenza. Ma quando lo fa spalanca gli occhi e
poi si ritrae velocemente, come se lo volessi picchiare.
Sbuffo, alzando gli occhi al cielo, e ho già un
rimprovero acido e sarcastico sulle labbra quando noto due cose che mi
congelano le parole in gola, e mi fanno spalancare la bocca stupito.
La prima è che la pelle di Edward, ora, non solo
è calda, morbida e priva di scintillii, ma è
anche in grado di arrossire, come mi prova il suo viso, paonazzo per
l’imbarazzo.
La seconda è che i suoi occhi sono di un verde
intenso e luminosissimo, incredibilmente simili ai miei.
“Cosa significa questo?” sussurro a mezza voce.
Lui aggrotta la fronte e si passa la mano sul viso,
perplesso. Deve intuire qualcosa perché si alza di scatto e
si dirige velocemente verso la specchiera in fondo alla camera,
percorrendo un tratto di stanza che è pienamente illuminato
dalla luce del mattino.
Anche questa volta la sua pelle non ha reazioni, ma lui non
se ne accorge perché è troppo occupato a studiare
il suo riflesso.
Si allontana, si avvicina, si guarda in tutte le angolazioni
possibili e finalmente si volta verso di me. Il viso è
attonito e gli occhi spalancati ed increduli. Mi guarda per un
lunghissimo istante e poi sgancia la bomba.
“Credo… credo di essere tornato
umano.”
Sbarro a mia volta gli occhi e lo raggiungo in quattro balzi,
osservando alternativamente sia lui che il suo riflesso allo specchio.
In effetti sembrerebbe così, ma non può
essere vero.
“Dai, Edward, sai anche tu che è
assolutamente…”
Mentre sto parlando, però, realizzo qualcosa alla quale
prima non avevo dato molto peso.
Non sento il lupo dentro me.
Non sta dormendo da qualche parte, non si è
ritirato in profondità, schiacciato dall’ Uomo
Jake.
É semplicemente svanito, come se non mi fossi mai
mutato in vita mia.
Improvvisamente, le sciocchezze di Edward non sembrano
più così sciocche.
Mi siedo sul letto, appoggiando i gomiti alle ginocchia e il
mento sulle nocche delle mani, cercando di capire come possa essere
possibile.
Ignoro Edward, ma lo sento passeggiare nervosamente per la stanza e,
dopo una lunga esitazione, sedersi sul letto, stando però
ben attento a non avvicinarmisi troppo.
“É successo anche a te, vero?”
Annuisco, in segno di risposta, e mi do dello stupido una
volta di più.
Il mio atteggiamento è infantile e ridicolo, ma
sebbene abbia capito tutti i motivi e le ragioni che stanno dietro al
suo tradimento, non riesco proprio a far finta di niente.
(Edward)
Non capisco, non ha il minimo senso.
Cos’è questo posto, e come è
possibile che possa cambiare la nostra natura a tal punto?
Do una rapida occhiata a Jacob e sorrido amaramente: fino a
qualche mese fa avremmo dato ogni cosa per poter essere soli in una
stanza, umani e lontani da tutto.
Invece, ora, la mia presenza lo infastidisce e la sua irrita
me, perché mi rende restio a portare a termine il mio
compito proprio quando suicidarsi sarebbe più facile che mai!
Stupido destino beffardo.
Un’ulteriore rapida occhiata a Jacob e il mio odio
per il vampiro si rinvigorisce, dando mi la spinta che cercavo:
perché invece di guardare Jake di sottecchi e da lontano non
posso avvicinarmi e stringerlo a me? Perché posso solo
ricordare quanto siano morbidi i suoi capelli e calda la pelle?
Perché un nostro bacio deve per forza essere una mia
irrealizzabile fantasia?
Io non avrei mai tradito la persona che amo, la colpa
è solo del cadavere succhiasangue.
Attaccarsi a certe minuzie, però, è
effimero e privo di senso.
Quel che conta è che l’atto è
stato compiuto da colui che è noto come Edward Cullen, e
appurare da quale delle sue mutevoli nature è solo un
inutile cavillo.
E di quell’atto e delle sue gravi conseguenze,
qualcuno deve rispondere.
Un qualcuno che non può essere altri che Edward
Cullen, quale che sia la sua natura, al momento.
Quindi devo morire, anche se non è giusto, e tanto
vale farlo qui, ora.
Ho visto un bel tagliacarte elegante ed appuntito mentre mi
specchiavo, e con autentica soddisfazione lo raggiungo, camminando con
passo felpato.
Lo soppeso brevemente, ne stringo l’impugnatura
cesellata, miro alla gola e una morsa di ferro mi stritola
l’altro braccio, ricavando cupi scricchiolii dalle ossa.
Un violento strattone mi fa ruotare su me stesso, e mi trovo a
fronteggiare una furia.
(Jacob)
É già la seconda volta che impedisco ad una
persona che amo di suicidarsi, potrei quasi farne una professione.
O forse è meglio di no, perché la prima
sensazione che provo, dopo, non è sollievo, ma il puro e
semplice desiderio di finire l’opera con le mie mani.
La reazione al vedere il polso squarciato di Leah
è stata rabbia, il ricordare il luccichio della lama e la
traiettoria fulminea verso il collo di Edward, invece, è
un’esplosione di furia.
Il ritmo snaturato del cuore si mischia al furioso ribollire
di sangue e adrenalina, creando un rombo di turbina che assorda la mia
mente e la incita a picchiare.
Prima che questo avvenga, fortunatamente, la consapevolezza si fa
strada in me, e fa scemare un po’ quell’orribile
fracasso.
I muscoli si rilassano, la morsa sul braccio diventa quasi una carezza,
il ritmo del cuore rallenta un pochino e smette di essere
così doloroso.
Ma il fuoco non può sparire così, nel
nulla: in qualche modo è necessario che venga spento.
Oppure, mi dico osservando la serie di emozioni eterogenee
che si dipingono sul viso di Edward, riconvertito.
Con Leah è stato così, e ha funzionato:
andrà bene anche per lui?
Chino bruscamente il capo e cerco di scoprirlo, con un bacio
che sicuramente non è molto aggraziato ma è di
certo desiderato e apprezzato.
Spalancando gli occhi verdi, Edward mi bacia e si fa baciare,
prendendo fuoco tra le mie braccia e incendiando me.
I suoi intenti suicidi vanno in cenere assieme alle mie
stupide prese di posizione e al mio inutile orgoglio, e da esse rinasce
un desiderio tiranno di unione e comunione.
Lui è schiacciato tra me e la parete, e le sue
braccia e le sue gambe sono avvinghiate ad ogni centimetro del mio
corpo, ma siamo ancora troppo troppo lontani e separati.
Ci baciamo forsennatamente, appassionatamente, cercando di
annullare tutto, ogni cosa che non sia Noi.
Siamo fuoco e bisogno disperato, oceano ed impeto, terra e
forza bruta, aria e necessità vitale: le menti tacciono, i
corpi urlano e strillano ordini imperiosi e perentori.
Si muovono all’unisono, con coordinazione antica e
perfetta, e ci insegnano una danza ancestrale.
Non siamo mai stati più umani e non lo saremo mai
più meno.
Ci mangiamo, ci beviamo, ci colmiamo e poi urliamo, storditi
dal piacere, dalla felicità e dalla completezza.
Ci calmiamo, ci ritroviamo, rallentiamo, culminiamo e finiamo.
Ci baciamo, e ci abbracciamo.
Troppe parole.
Ci Amiamo.
(Edward)
Poi abbiamo parlato per ore.
Sapevamo già tutto, ma certe cose assumono un
significato del tutto speciale, se dette ad alta voce, e
così è stato.
Ci siamo spiegati, interrogati, giustificati, e abbiamo
chiarito tutte le cose, o almeno tutte quelle più importanti.
Non sappiamo ancora dove siamo, ad esempio, ma per ora non
conta.
Quello che conta è che io ho potuto fare il mio
atto di espiazione, e che Jacob mi ha perdonato.
Conta che finalmente ci sentiamo liberi, leggeri, e
così felici che temiamo di scoppiare come grossi palloncini
pieni di gioia.
Ora sappiamo che possiamo, che davvero possiamo tutto
ciò che ci viene in mente, senza timore che un sorriso
diventi un’arma e un bacio una condanna a morte, ed
è una sensazione che da alla testa.
E quindi viviamo felici e sereni, ridendo, scherzando,
esplorando questo posto e soprattutto danzando.
Quel fuoco non è mai scemato, e concederglisi
senza paura di finire carbonizzati è l’Estasi
più straordinaria del mondo.
Danziamo spesso e a lungo, indulgendo nei vari passi, e anche
se è la centesima, o forse la millesima volta, che questo
ballo si ripete, è sempre diverso, nuovo, e non delude mai.
(Jacob)
E’ notte, siamo distesi nudi sull’erba, ci diamo la
mano e osserviamo lo strano cielo di questo strano posto: le stelle,
invece di scintillare fisse e gelide nello spazio blu, si rincorrono
l’un l’altra, vorticando come le decorazioni di una
trottola che gira forsennatamente.
Non parliamo, ma sappiamo che stiamo pensando la stessa cosa:
è tempo di prendere una decisione.
In questo strano angolo di Universo, Spazio e Tempo sono
categorie astratte e casuali, che non corrispondono in alcun modo alle
leggi della Terra. Qui luce e tenebre, pioggia e sole, montagne
innevate e deserti roventi, natura umana e natura vampirica, o
licantropa, sono perfettamente intercambiabili e liberi di coesistere
contemporaneamente.
Questo posto è la terra della libertà e
delle opportunità, dove tutto è possibile.
Potremmo davvero rimanere qui per sempre.
Eppure, sappiamo benissimo che questa è una cosa
infattibile.
Anche se, a livello puramente teorico, non ci sarebbe alcun
tipo di problema, siamo tutti e due troppo consapevoli
dell’importanza dei nostri ruoli.
Io devo guidare i miei fratelli, proteggerli dalle idee
pericolose di Ateara e onorare i miei antenati dimostrandomi un capo
degno dei Black.
Edward invece deve onorare il suo status di
“Cullen” e soprattutto il rapporto di profondo
affetto e gratitudine che lo lega ai suoi familiari.
Non può abbandonarli così.
Quindi dobbiamo tornare.
La mano calda che stringe la mia si contrae brevemente.
“Non possiamo fare altrimenti, vero?”
Domanda, con voce soffocata.
Scuoto il capo, sapendo che, con il groppo che mi si
è bloccato in gola quando ho realizzato come stavano le
cose, parlare non è facile né lusinghiero.
Lo vedo annuire con espressione risoluta, poi volta il capo e
mi guarda con una dolcezza disarmante.
É rosso in viso, gli occhi gli illuminano il buio,
e nella sua voce c’è un lieve tremolio.
“Allora c’è una cosa che ti
devo assolutamente dire. In realtà l’ho
già capita molto tempo fa, ma nel nostro mondo non potevo
dirtela.
Ti amo, Jake.”
Le mie difese crollano, polverizzate, e piango persino un
po’, sopraffatto dall’enorme gioia che le sue
parole mi hanno dato, ma anche dalla tristezza.
Lui sembra capire, perché mi stringe tra le
braccia senza dire nulla, e mi culla dolcemente.
“Esteriormente e nei modi sembro un ragazzino di
appena diciassette anni, ma in realtà sono vecchio.
Vecchio e saggio.
A lungo mi sono chiesto come fosse possibile che una tale
congiura di problemi ed imprevisti si abbattesse così
tenacemente su di noi, che non desideravamo altro che vivere
tranquillamente e liberamente un sentimento straordinario e prezioso
come l’Amore, ma osservando gli umani ho trovato una risposta.
Siamo diversi.
Troppo diversi.
Tu hai una vita intera da vivere ed assaporare fino in fondo.
Hai un futuro come Capobranco, come meccanico e probabilmente
anche come marito esemplare e padre amorevole.
Per te è previsto mutare nel tempo, diventare
adulto, invecchiare, e alla fine spegnerti, al termine di una vita
lunga, piena e luminosa.
Io, invece, sono uno spettro incarnato e niente
più.
Non sono vivo ma non sono neppure propriamente morto e,
malgrado conduca una qualche strana esistenza, non faccio comunque
parte del mondo.
Non di quello del 2011, almeno.
Io sono nato nel 1901 e morto nel 1918, la mia sola, vera,
vita è stata quella.
L’Edward Cullen che osserva il tempo scorrere
lentamente da più di ottant’anni è
un’ombra, niente più di una falena imprigionata
nell’ambra.
Bellissimo, con una famiglia perfetta e colmo di salute,
intelligenza, fascino, soldi e potere: come può qualcuno con
simile fortune essere vivo?
Ma se la resina del gioiello d'ambra viene rotta,
ciò che resta in mano non è altro che polvere ed
antichi resti.
E lo stesso discorso vale per quello che c'è in me oltre
l'apparenza.
Noi dovremo saperlo meglio degli umani, e per questo ci teniamo
generalmente lontani da loro, impedendo sul nascere che situazioni
simili possano avvenire e fuggendo alle prime pericolose avvisaglie.
Ma io ho sbagliato.
La prima volta che ti ho visto è stato nel bosco,
prima che ti mutassi. Pioveva forte e tu eri scivolato sul muschio,
svenendo.
Ti ho soccorso, ti ho portato a casa, ti ho medicato e mi
sono fregato con le mie stesse mani: il tuo odore mi ha stregato e da
quel momento in poi non ho fatto che pensare ad esso, e a te.
Poi ci hanno messo in classe assieme, e ogni giorno che
passava pensavo sempre più a quanto mi sembrassi bello e
carismatico, nonostante l’aria sfrontata.
La tua mutazione improvvisa, quel giorno, ha solo accelerato le cose
facendo realizzare i miei desideri.
Ma anche dopo quel bacio non ne volevo sapere: ho continuato
a raccontarmi bugie, a dirmi che la mia era solo semplice attrazione
sessuale e che non c’era nulla di pericoloso.
Invece mi sono innamorato sul serio.”
Mi posa un bacio leggero sulla fronte e mi fa un sorriso.
“Incredibile fino a che punto si possa mentire a se
stessi, vero?
Comunque, non avrei mai dovuto permettere che una cosa simile
potesse accadermi.
Nell’amore non c’è solo
l’affinità e la fisicità, ma tutto un
lungo e complesso percorso che porta la coppia a creare certezze e
maturare assieme.
Io sono bloccato in una dimensione che è fuori dal
tempo, e sono immutabile.
Non posso costruire nulla, anche se lo vorrei, e non posso
maturare, né invecchiare.
Se stessimo insieme, non farei altro che tarparti le ali, e
incatenarti a me;
e morirei pur di non farti vivere così.
Inoltre tu hai compiti e doveri che sono molto più
importanti e delicati dei miei.
Devi occuparti del Clan, guidarlo rettamente, preoccuparti
del suo futuro e dell’armonia tra le specie.
Non posso portarti via da tutto ciò, anche se non
c’è altro che desideri, al mondo, se non averti al
mio fianco.”
Sento una goccia calda sul viso, e capisco che Edward sta
piangendo.
La rabbiosa protesta che mi stava nascendo dal cuore, evapora
in un attimo, e viene schiacciata dalla consapevolezza.
Ha ragione, ha perfettamente ragione.
Io non posso, davvero non posso abbandonare i miei fratelli.
Ho reclamato il mio posto di Alfa e devo onorare questa via, e tutto
quello che comporta, anche se il sacrificio, per adesso, mi sembra
disumano.
Altre lacrime affiorano ai miei occhi, e cadono al suolo
assieme alle sue mentre mi volto e mi alzo, per baciarlo sulle labbra
un’ultima volta.
Vorrei dirgli tante cose, ma non saprei da che parte
iniziare, e forse possono bastare anche solo quattro parole.
Sono certo che lui capirà.
“Anche io ti amo, Edward. Scusa. Grazie”
Finally! Giusto
giusto in tempo per Natale! Il mio è stato orribile,
francamente, ma non poteva essere altrimenti, quindi ok =) Ma mi auguro
che il vostro sia stato, invece, molto piacevole! Questo
è il penultimo capitolo di What If, ma ci credete? Un
bacione e buone vacanze!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 40 *** The End ***
(Alice)
Scendo
precipitosamente le scale di cemento del garage di Harrison Ateara,
sobbalzando ad ogni rumore, inclusi quelli che produco io. Le mie mani
tremano in maniera incontrollabile e, nonostante i guanti di plastica
spessa mi garantiscano un’ottima presa, rischio
più di una volta di farmi sfuggire le grosse bottiglie piene
di sangue che sto trasportando.
Salto giù dall’ultimo gradino e mi ritrovo in un
corridoio buio, tetro, stretto e apparentemente senza fine. Un singulto
scoraggiato mi sale alle labbra ma prendo un profondo respiro e mi
impongo di non farmi prendere dal panico: in questo momento Jasper ha
un disperato bisogno di aiuto e posso essere solo io a darglielo.
Mi faccio coraggio e comincio a percorrere il corridoio avanti e
indietro, senza però riuscire a scorgere neppure una
porticina. Non demordo e mi metto carponi, tastando ogni centimetro di
muro disponibile con una mano.
Finalmente, trovo un’apertura: una sorta di rettangolo
ritagliato dal compensato, alto poco più di mezzo metro e
sigillato da un pezzo di compensato di medesima forma, colore e
dimensione. Riesco a liberarmene senza fare troppo rumore ed entro
nella cella, appena rischiarata dalla fiochissima luce di
un’economica lampadina priva di paralume e completamente
impolverata. Intuisco solo a malapena le due sagome umane che ho di
fronte e stando a ciò che ho estorto ad Ateara, forse
è meglio così. Recupero le bottiglie di sangue e
mi avvicino circospetta.
Leah Clearwater è messa davvero male: è
totalmente ricoperta di ferite, sangue coagulato e lividi e lo stato
delle sue, una volta splendide, gambe mi strappa un gemito di puro
orrore. É aggrappata con forza alla mano destra di Jasper,
ma non può fare altro, oltre a questo, e lui non
è certo messo meglio. É appoggiato in qualche
modo alla parete, ma le sue membra sono buttate a caso qua e
là e il modo in cui tiene piegato il collo è
decisamente innaturale.
Allungo una mano per toccargli il viso, ma una serie di violenti spasmi
lo scuote da capo a piedi, facendolo dibattere in maniera orribile.
Solo ora mi accorgo della corda corta e spessa che gli stritola i
fianchi e di come fumi al contatto con la sua pelle.
Digrigno i denti, sono stata fin troppo buona con quello scarto umano
di Ateara.
Stacco rapidamente quell’orrida sanguisuga dal corpo di
Jasper e comincio a nutrirlo, cercando intanto di capire quanto siano
gravi le condizioni di Leah. Sicuramente è stata attaccata
con ferocia inaudita, ma al momento non è
l’entità delle ferite a preoccuparmi: quello che
mi spaventa è il fatto che abbia passato almeno sette ore in
questo posto sporco e disgustoso, senza ricevere le cure adeguate.
Sicuramente il suo super organismo le avrà permesso di far
rimarginare la maggior parte dei tagli, ma temo che comunque essi
abbiano avuto tutto il tempo per infettarsi e causarle una setticemia.
E sono assolutamente certa che fosse questo quello a cui puntava
Ateara.
Alla luce di ciò, sfondare il muro al quale Jasper era
addossato si rivela un’operazione molto più
semplice e liberatoria del previsto. Una volta fatto mi carico Leah in
spalla, prendo Jasper per mano ed esco finalmente da
quell’orribile prigione.
(Edward)
Apro gli occhi e il
senso di tremenda debolezza che mi pervade mi informa che sono
ritornato alla Realtà.
Sospirando rassegnato, mi metto a sedere stiracchiandomi e mi guardo
attorno. Jacob dorme ancora e Simone siede all’ombra di un
grosso albero, ai margini della radura. Alzo gli occhi al cielo e la
posizione del, poco, sole mi rivela che non è passato poi
molto tempo da quando “Abadon” ci ha trattenuto.
Finora nessuno ci è venuto a cercare, ma è meglio
non tirare troppo la corda.
Ho ancora al massimo mezz’ora di tempo, dovrei cominciare ad
incamminarmi verso casa.
Mi alzo svogliatamente e, mentre sistemo i vestiti umidi e spiegazzati,
quella che deve essere la voce della mia coscienza mi fa una
rivelazione: posso anche non tornare.
In fondo, io ho sempre odiato Forks, ed è evidente che qui
non c’è più niente per me. La mia
famiglia è spezzata e Jacob irraggiungibile: che motivo ho
di stare qui a piangermi addosso?
Perché, invece di ammazzare il tempo fingendo di vivere una
vita che non mi appartiene, non posso viaggiare e vedere il mondo?
Mi guardo attorno in cerca di ispirazione, e il mio sguardo si posa su
Jacob, che dorme ancora: cosa farebbe lui, se fosse nei miei panni?
Cosa mi consiglierebbe?
Osservo il suo bel viso, dolce ma incredibilmente determinato persino
mentre dorme, e mi trovo a pensare che probabilmente lui mi spingerebbe
a partire: non perché non sentirebbe la mia mancanza, ma
perché mi ama e vorrebbe il meglio per me. E lo stesso
discorso vale anche per i miei genitori.
Improvvisamente deciso e determinato, mi alzo e comincio a camminare.
Per evitare di cadere in tentazione non mi fermo a guardare indietro e
rallento il passo solo per salutare e ringraziare silenziosamente
Simone, che mi lancia un’occhiata penetrante e poi mi augura
buona fortuna.
Mi addentro nel fitto del bosco, e ben presto i dubbi tornano a
tormentarmi.
Una volta tanto, però, mi rifiuto di scappare e proseguo per
la mia strada, ignorando i sensi di colpa e il cuore che mi sprofonda
nel petto ad ogni passo.
Arriva la sera e mi trovo nei pressi di un porto: le luci della
città sono più intense rispetto a quelle di Forks
e danno al cielo e al mare una bellissima sfumatura giallina e calda
che non avevo mai visto in vita mia.
Mi siedo e osservo il paesaggio, immerso in una quiete irreale, conscio
finalmente di aver fatto la scelta giusta.
(Jacob)
Apro gli occhi e, con
la stessa consapevolezza che ho di essere sveglio, sento che Edward ha
lasciato Forks.
Il primo impatto è traumatico e passo svariati minuti con
gli occhi sbarrati verso l’alto.
Non sento rabbia, ma una nostalgia già così
intensa e prepotente che, almeno all’inizio, mi fa desiderare
solo di mutarmi e abbandonare tutto e tutti.
Fortunatamente, poi, il buon senso ha la meglio e mi permette
di vedere le cose con maggiore lucidità. Edward mi ha sempre
spronato ad onorare i miei doveri, quindi mi sembra quantomeno doveroso
lasciargli la libertà di fare le sue scelte. Conoscendolo,
credo che per lui questa decisione sia stata molto difficile da
prendere e se alla fine ha deciso di intraprendere questo viaggio, non
posso che pensare che sia la scelta giusta e il meglio per lui.
Tanto mi deve bastare.
Pensando a tutte le cose che devo fare e sistemare alla Riserva, mi
alzo e in un battito di ciglia Simone mi appare accanto.
Mi rivolge un sorrisino incerto e poi mi porge un foglietto
scritto in grafia elegante.
“Alice Cullen ha risolto ogni cosa: la tua amica Leah
è al sicuro, e per il momento dimora a questo indirizzo.
E’ pressoché guarita da tutte le ferite dello
scontro con gli accoliti di Ateara ed è assistita da una
persona fidata, quindi puoi stare tranquillo.”
“E chi sarebbe questa persona?”
“Jasper Hale.”
Alzo il capo, sorpreso, ma Simone non sembra intenzionata a
dire nulla di più sull’argomento quindi mi limito
a prendere il foglietto bofonchiando un ringraziamento. Mi volto per
andarmene, ma una mano fredda mi si posa sul braccio.
“Mi dispiace per come è andata a finire.
Avrei voluto fare di più, ma sembra che il mio potere non
sia poi così utile…”
“Gli occhi di Edward sono verdi, quasi identici ai miei, e i
capelli un po’ più scuri del colore al quale sono
abituato. Ho scoperto che dorme tutto appallottolato, generalmente sul
fianco sinistro, e che soffre un po’ di bassa pressione,
sicché la mattina presto non è esattamente
brillante e gli ci vuole un bel caffè forte per carburare.
La sua cucina è un qualcosa di paradisiaco e come
ciò sia possibile è un vero mistero, visto quanto
è negato nelle attività pratiche. É
spesso totalmente tra le nuvole, è un ritardatario cronico e
non sa stare neppure mezz’ora senza fare una domanda,
generalmente tanto astrusa, specifica e separata dal contesto da farti
chiedere da dove l’abbia pescata. Se tu non avessi creato per
noi quell’ultima illusione, non avrei mai scoperto tutte
queste cose. Non avrei mai conosciuto il vero Edward e ora sarei a
pezzi, furibondo e sfiduciato, perché il mio grande amore
sarebbe andato totalmente sprecato. Invece, grazie a te, io e lui siamo
davvero stati assieme e i ricordi che ho di quel periodo ne sono la
prova. E quando sarò preoccupato perché
avrò a che fare con lupi particolarmente ribelli, o
dovrò mettermi a studiare complicate strategie o che so io,
mi verranno in mente e alleggeriranno tutto, ricordandomi che ne
è valsa la pena. Tu e il tuo potere siete stati molto
più che indispensabili e né io né lui
potremo mai sdebitarci, o ringraziarti abbastanza per quello che ci hai
regalato.”
“Sei una persona straordinaria, Jacob Black, quindi non ho
dubbi che sarai anche un capo eccellente. Doti come la tua
bontà e la tua grandezza d’animo non si trovano
tutti i giorni e sono molto più preziose di quanto si possa
immaginare. Ti auguro il migliore dei futuri possibili, e di essere
felice e realizzato come Capobranco e come persona. Io…
credo che prima o poi tornerà.”
“Già, è quello che spero anche
io…”
(Leah)
Stesa sul letto del
Posto Sicuro nel quale Alice ci ha portato, mi concentro
spasmodicamente per cercare di capire il senso delle frasi sussurrate
che mi arrivano da dietro la porta.
Alice e Jasper stanno discutendo di qualcosa, e io muoio di
curiosità ed apprensione. Vorrei tanto potermi
mutare per sentire meglio, ma sono completamente sfiancata dai farmaci
e poi temo che sarebbe come lanciare un razzo da segnalazione; e visto
che ho un’idea abbastanza chiara di quali siano i sentimenti
della comunità mannara nei miei confronti, meglio evitare.
La mia concentrazione, però, viene interrotta da una
presenza lupesca che, stando ai miei sensi, si avvicina a tutta
velocità a questo caseggiato.
Non ho neppure il tempo di mettermi seduta che Jasper ed Alice entrano
nella stanza e si schierano ai lati del mio letto: la posa che assumono
è forzatamente amichevole e rilassata, ma la tensione
nell’aria è inequivocabile e il cuore comincia a
rullarmi nel petto.
L’aura di questo lupo è potente e sconosciuta,
eppure allo stesso tempo stranamente familiare: si ferma esattamente
sotto a questo palazzo, rimane quasi in attesa per qualche istante e
poi sfuma nel nulla, indicando che il suo proprietario è
ritornato umano. Infatti, dopo poco, sentiamo il campanello suonare
perentorio ed Alice, dopo averci lanciato un’occhiata
obliqua, si precipita ad aprire.
Il nervosismo distorce i miei sensi, quindi lo schiocco del portone mi
sembra uno sparo e il rumore dei passi pesanti sulle scale, una marcia
funebre.
“Leah…”
É il sussurro ammonitore di Jasper a farmi rilasciare il
fiato, e la sua mano che avvolge la mia ciò che mi fa
ricordare come respirare correttamente.
Abbasso lo sguardo per osservarle, ma in questo momento di
totale nervosismo ed incertezza neppure le nostre dita intrecciate mi
sembrano un simbolo di forza.
Anzi, il contrasto tra tonalità e temperatura mi colpisce
come mai prima d’allora e mi fa pensare che tutto questo non
sia altro che un’assurda pazzia. Alice ha visto e ci ha
riferito quel che è successo tra Edward e Jacob:
perché, invece, tra me e lui le cose dovrebbero essere
differenti?
“Devo ricordarmi che sei una vera e propria forza della
natura, ma che non sei in grado di gestire
l’ansia.”
Sussurra Jasper, in tono vagamente strafottente e quando mi giro
inviperita, pronta a rispondergli per le rime, lui mi stupisce: si
piega su di me e mi sfiora le labbra con un bacio.
La tensione svanisce in un battito di ciglia e, mentre la mia
temperatura interna raggiunge molto rapidamente quella del magma
rovente, registro che ora i battiti forsennati del mio cuore sono
dettati dall’emozione.
Vorrei dire, e fare, molte cose ma la confusione del momento mi fa
perdere istanti preziosi e, quando finalmente ho deciso di volerlo
baciare anche io, la porta si apre e Jacob entra nella stanza.
Anzi, forse sarebbe più corretto dire che Jacob domina
la stanza e ne riempie ogni più minuto centimetro con la
forza e il carisma che sembrano avvolgerlo ed illuminarlo di una luce
nuova.
Non c’è da stupirsi che non abbia riconosciuto la
sua aura.
Le sensazioni che traggo dal vederlo sono sicurezza,
determinazione, autorità e non c’è
traccia di tutto il dolore e l’amarezza che temevo lo
avrebbero divorato.
Jacob è sereno, pacato, consapevole, e solo ora capisco cosa
gli è successo: ha preso coscienza di ciò che
è e di quello che può fare ed è pronto
ad essere il Capo migliore che la tribù Quileute abbia mai
avuto.
Eppure rimane sempre il mio adorato Jackie, e lo ritrovo facilmente nel
modo in cui ha accartocciati tra di loro i manici del sacchetto di
plastica della farmacia e nell’espressione dispiaciuta ed
imbarazzata che mi rivolge.
Come se non avessi anche io un milione di cose per le quali
farmi perdonare.
Dimenticando l’intontimento farmacologico e le
raccomandazioni del dottor Cullen, balzo in piedi e gli corro in
braccio, abbracciandolo stretto.
E quando lui mi fa volteggiare per la stanza ridendo e intanto scambia
un occhiolino complice con Jasper, capisco che tutto andrà a
posto e che nonostante tutto la mia vita è perfetta.
******************************************************************************************************************************
(Due
anni dopo)
“Sei sicura di avere tutto sotto controllo?”
Leah mi fulmina con un’occhiataccia, ma annuisce.
“Per l’ennesima volta, Jacob, si! Andrà
tutto bene, vedrai. Ti ho mai deluso in qualità di
vice?”
“Non mi hai mai deluso e basta.”
Le concedo con un sorriso, dopodiché mi sistemo lo zaino
sulla schiena e mi sporgo a baciarla.
Lei mi fa un enorme sorriso “Sei sicuro di non volerti
fermare qualche giorno di più? É passato molto
tempo dal vostro ultimo incontro.”
“Non ti preoccupare, quattro giorni saranno più
che sufficienti. Non mi voglio approfittare di te, e poi chi lo sa,
magari Jasper ha qualcosa in serbo per te e fermandomi di
più gli romperei le uova nel paniere.”
Sorrido della sua espressione stupefatta, le faccio un ultimo
cenno di saluto e poi mi trasformo, iniziando subito a correre.
Non è la prima volta che faccio questo viaggio, ma
ogni volta mi da sempre la stessa emozione.
Non vedo l’ora di vederlo, corrergli incontro, baciarlo e
stare a sentire quello che ha fatto nell’ultimo periodo.
Naturalmente mi tiene aggiornato tramite lettera, così come
faccio io con lui, ma sentire le cose raccontate da lui ha un fascino
tutto speciale ed irrinunciabile.
I chilometri scorrono veloci sotto le mie zampe e le tre ore di viaggio
mi sembrano durare poche manciate di minuti.
Quando arrivo al posto il sole sta tramontando e lo trovo ad aspettarmi
sul patio.
Mi raggiunge e, prima che abbia il tempo di sciogliere la mutazione, mi
abbraccia stretto.
“Mi sei mancato tanto, Jake.” Sussurra.
“Mi sei mancato tanto anche tu, Edward”.
E
finalmente, dopo quattro lunghi, lunghissimi anni, “What
If” vede scritta la parola Fine. Credevo che sarei stata
più “fredda” mentre scrivevo queste
ultime righe, ma come sempre le mie emozioni mi prendono in
contropiede, e ora mi scopro molto emozionata e incapace di scrivere
delle frasi di senso compiuto. “What If”
è nata come sfogo adolescenziale e è poi
cresciuta assieme a me, diventando molto altro: adesso è un
progetto finito e del quale sono molto orgogliosa. Per me è
molto difficile portare a termine quello che inizio, ma se in questo
caso ce l’ho fatta è anche e soprattutto merito
vostro, che l’avete ricordata (5), seguita (39) recensita(+/-
140), inserita nelle storie preferite (35) e soprattutto e letta e
riletta. Avete fatto voi “What If”, e vi ringrazio
profondamente per averla resa quello che è. Vi abbraccio
tutti, Isabella.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=258891
|