Game over-Quando il gioco si fa duro

di pace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Spero piaccia. So che ci sono storie molto più belle ma spero che questa possa adare un po' di emozione xD
Baci, buona lettura :)) 

.Capitolo 1

Edward passeggiava tranquillo con i suoi amici Emmett e Jasper.
Discutevano sulle moto e cose da ragazzi. Jasper incominciò a disprezzarle un po’ e questo scatenò la furia di Emmett e Edward. Come faceva a non amarle? A non amare quel inconfondibile rumore, suono, melodia che si effondeva nell’aria ogni volta che la si accendeva?
Era un miracolo se era ancora vivo. Jasper stava rischiando di grosso. Però più andava avanti pù si convinceva di quello che diceva. Le moto non erano poi questo granchè, anzi. Erano scomode, come prima cosa e la percentuale di morire era molte volte più raddoppiata rispetto alla macchina.
Il rossiccio e il bruno si guardarono straniti. Il loro amico era davvero un damerino e di certo non perché indossava un maglione a quadri. Dei tre era di certo quello più calmo e tranquillo. Era un biondino niente male. Se fosse stato un cibo, sarebbe stato una bella minestra. Banale ma buona.
Era il vero collante della loro grande amicizia. Il rossiccio era Edward. E non era certamente quello tranquillo. O pacato. O mite. O calmo.
O gentile.
Era un tipo vivi e lascia vivere. Una bella filosofia, certo. Ma se un giorno poi dovesse incontrare un qualcosa o un qualcuno che lo possa sconvolgere?, come diceva sempre Emmett.
Effettivamente, quel giorno l’ho incontrò.
Avevano appena passato un bar e avevano deciso di ritornare indietro per prendersi qualcosa.
-Ed, ti prego, non sto dicendo che le moto fanno schifo…-il rossiccio in questo lo interruppe.
-Anche perché ti taglierei la lingua…
Si guadagnò un’occhiattaccia. –Ma… io preferisco le auto.
-Oh ma fammi il piacere!!, sbottò il brunetto dandogli una manata cosi potente che Jasper barcollò, sai chi la pensa cosi? I damerini come te!
Rise un po’, con il suo gran voce e fece pompare ancora di più il petto scolpito.
Jasper sbuffò. –Ok ok… ho capito…
Disse Edward con aria affranta, sistemandosi sullo sgabello del bar con i suoi migliori amici. –Io non dico che tu ti stia sbagliando ma credo che noi abbiamo ragione. Ma posso capirti, il brivido e l’adrenalina non possono capirla quelli come te!
Il biondino alzò gli occhi al cielo, quasi esasperatamente divertito.
-Quelli come me come??
Li stuzzicò. Edward ed Emmett si fissarono negli occhi, maliziosi. –Damerini…
Sussurrò Edward con aria sensuale. Poi scoppiò a ridere, scompigliando i capelli a Jasper.
Alla fine Jasper rise, gutturale. –Vaffanculo!!
-Nooo, i damerini non dicono parolacce!
Il rossiccio fece finta di essere sconvolto e poi con una mossa teatrale buttò il capo sul tavolo, ridendo. Era uno scherzo che facevano sempre a Jasper e lui non se la prendeva. Era da quando era piccolo forse un metro che Edward gli mostrava la sua amicizia cosi. All’inizio da bambino si offendeva e lo prendeva in giro per i suoi capelli rossicci ma Edward si allargava in un sorriso e lo rincorreva per abbracciarlo mentre Jasper piangeva perché non voleva essere preso. Fu cosi che incontrarono Emmett, che si improvvisò a due anni cacciatore dei “bimbi cattivi”.
Sconfisse Edward con una pugnalata che finse di morire davvero. Il piccolo Edward non sapeva neppure chi fosse ma stette al gioco.
Emmett era per lui un vero amico, lo aveva capito subito. Era riuscito ad approcciarsi con lui senza che il rossiccio dovesse fare chissà che cosa per “attaccare bottone”.
Subito Jasper rise e fu invitato da Emmett a giocare. Edward li seguì e da dietro li stritolò in un abbraccio. –Come siamo grandi!!
-Ehi, Ed!
Lo chiamò Jasper con la mano. –Quelle li ti fissano!
Il rossiccio si puntò lo sguardo avanti a sé,mettendosi la mano tra i capelli.
-Ed ecco che parte la sua spazzolata!
Emmett gli diede una gomitata seguito da Jasper. Edward accennò un piccolo sorriso di lato, ridendo anche con gli occhi. Puntò la biondina, tra le due.
Oppure se le poteva fare tutte due, ancora doveva decidere. Quella li rise e sbattendo le ciglia si sistemò i capelli, tornando a parlare con l’amica. Alcune volte alzava lo sguardo e poi lo riabbassava subito per vederlo.
-Mado’, che gnocche Edward! Me ne dai almeno una??
Emmett incominciò ad agitarsi, imitando il verso della scimmia. Edward lo guardò storto, sorridendo un po’. –Emm, finiscila.
Mentre riprendeva ad adocchiare altra ragazze che lof fissavano passò davanti ai suoi occhi un sedere, avvolto dai jeans che cammina e si allontanava da lui. Lo seguì ammaliato.
Alzando lo sguardo vide una ragazza abbastanza minuta, con i capelli legati in uno chignon che si mordeva il labbro e guardava il menù. Forse era indecisa su cosa scegliere.
Si piegò un po’, mettendosi in avanti con le braccia sulle ginocchia a sorreggerla. Valorizzò senza accorgersene forse le labbra carnose e rosse, per poi passarci la lingua sopra. Borbottò qualcosa ma Edward non sentì nulla. Solo una calda contrazione al bassoventre. Era una di quelle ragazze con il viso dolce e ingenuo, le labbra grandi, il seno piccolo, il culo da urlo ed eternamente indecise.
Si grattò la testa, facendo una smorfia. Era terribilmente dolce. Forse fu la prima volta che davanti ad una ragazza Edward dopo la normale contrazione, sentì come un calda sensazione al cuore che battè veloce. Solo per un istante.
La ragazza che si stava ancora grattando la testa si girò. Aveva due bellissimi occhi che erano grandi quanto il mondo e la bocca da baciare. La ragazza lo fissò. Si fissarono.
Beh in quel momento ancora una volta Edward sentì una tremenda dolcezza al cuore, che riprese a battere veloce.
Pensò fosse desiderio e sorrise, alzando il sopracciglio. La ragazza cercò di dire qualcosa ma si bloccò, diventando completamente rossa. Scappò via, guardando in basso, con ancora la mano sulla testa piegata dalla parte opposta a lui. Notò che aveva una sciarpa più  grande di lei e in un secondo momento quando se ne andò via da lui e dalla sua visuale, ci si nascose la faccia dentro. Ma Edward notò che per un attimo lei le rivolse ancora i suoi occhi timidi.
E gli parve qualcosa di celestiale.
Quasi preso da furia, come se avesse un filo appiccicato alla (al culo, per la precisione) ragazza, sia alzò, dimenticò della biondina e delle altre ragazze deluse che aveva adocchiato.
Emmett e Jasper si guardarono sconvolti. Doveva aver visto o qualche moto o stava inseguendo il sedere di qualcuno non capendo che probabilmente questo apparteneva ad una persona.
-Lo seguiamo?
Jasper scosse la testa. –Non penso sia necessario.
Edward continuava a restare alla calcagna della ragazza, facendosi davvero grande risate. Era abbastanza vicino per sentire la ragazza borbottare tra sé e fare esclamazioni secondo le ovvie per poi ridere come una scema. Si mise le mani sulle guancie, strizzando gli occhi e scuotendo la testa.
Parlava di lui. E questo le fece essere felice.
Come poteva avvicinarsi senza che quella ragazze svenisse? Perché era chiaro che sarebbe svenuta se “uno bello come lui” le si fosse avvicinato.
Avrebbe voluto tanto baciarla. E farci altro!
Vide uno sbocco e lo prese, corse perdifiato e mentre correva si chiedeva perché tanto disturbo per quella ragazza ma vide tra le uscite se lei compariva. Dopo due, svoltò ancora l’angolo trovandosi alla strada di prima e la vide.
Beh, si era bellissima e anche il suo cuore sorrise. La ragazza prese qualcosa dalla borsa e sfilò degli occhiali grandi e con il bordo nero. Gli indossò e sospirò, facendo risaltare le labbra grandi.
Che labbra…
Come scosso, prese a camminare verso di lei. Quel giorno e forse per sempre non avrebbe mai potuto dimenticarla.
 
 
Sbattè contro miliardi di persone per arrivare da lei (veramente solo quattro) ma si fermò perché anche la ragazza lo fece. Aveva notato lo stesso fisico e la stessa maglia del ragazzo del bar e alzando la testa costatò che era il ragazzo del bar.
Sarebbe stato esilarante se non fosse che non lo era. Bella si sentiva confusa.
Aveva le mani ghiacciate.
Perché cavolo aveva le mani ghiacciate?
E poi incrociò quegli occhi. E si, finalmente le successe di provare e di avere quel momento che sempre aveva immaginato nei suoi sogni. Anneggò tra i suoi occhi e mai cosa fu più bella.
Ora capisco cosa prova Darcy per Elisabeth, pensò.
Il rossiccio si allargò in un sorriso, diventando se possibile ancora più perfetto e bellissimo.
Lei era ancora con la bocca aperta e il nasino congelato ma sentì, come al bar, quella stessa sensazione di calore nel cuore. Batteva veloce.
Era velocissimo. Deglutì a fatica, forse anche a Madrid l’aveva sentita, ma cominciò a balbettare qualcosa.
-Ehi!!!
Gridò quasi lui, sentendosi accaldato e facendola sobbalzare. Aveva il fiatone e non solo per la corsa. Era incantevole. Da vicino lo erano ancora di più, con quel mascara che le risaltava le ciglia e le labbra di un rosso naturale. Aveva la pelle bianca ed etera, quasi pallida. Ebbe il grande istinto di farla sua, ancora.
Abbracciala!!!
Non l’abbracciò. Beh, non poteva farlo. Sarebbe sembrato da pazzi.
-Ehi... io mi chiamo Edward. E tu?
Disse più dolce, guardandole ogni minima porzione di pelle accessibile alla sua vista e soprattutto annegando negli occhi. Aveva il viso a cuore e piccolo, era tremendamente dolce.
Per un attimo –e non solo- se la immaginò sotto di se mentre le pompova dentro.
 –Ehi...
Ripeté per la terza volta. Era talmente bella. E con quegli occhiali sembrava una maestrina maliziosa pronta per farli tante belle cosine. Si sentì pervadere da un grande desiderio.
Ma la ragazza balbettò. –B-bella. Bella.
Bella. Wow.
Lo so. Lo so che sei Bella, avrebbe voluto dire ma poi sarebbe stato cosi banale! Ci voleva qualcosa che sconvolgesse quelle bellezza su due gambe –da favola! Ma cosa? Cosa avrebbe potuto dire di intelligente? O perlomeno di non patetico?
-Sei incantevole, effettivamente...
Mormorò scioccato nei suoi occhi. Lei annuì, pensierosa.
Forse stettero per più di dieci minuti a fissarsi.
Esagerato, Edward, si disse.
Quando si riprese disse: –Vorrei...
Il rossiccio aggrottò le sopracciglia. Che cavolo voleva dire?
Bella intanto era sempre più confusa. Quel tizio non era al bar? Che cavolo ci faceva li? E soprattutto perché la cosa sembrava tanto architettata? A meno che lui non era un mago come ci faceva li? E soprattutto perché lei si era messa sulle punte?? E soprattutto perché doveva fare la parte della ragazza ingenua che balbettava?
Si ricompose, mettendosi dietro l’orecchio una ciocca inesistente come gesto di nervosismo, gonfiando le guancie. Guardò il suo petto –adorabile, si disse- e poi lui. Okay, ora andava meglio.
-Vorrei tanto baciarti. Posso?
Sgranò gli occhi. Questo ragazzo non ha mezze misure!
In realtà non era proprio questo che voleva dire Edward. Ma neppure quello che non voleva dire. Era sottile la linea tra le due cose e presto si compiacque per averlo detto. Poi ci ripensò e si diede dello stupido.
Fai il tuo sorriso ammaliatore!
E lo fece. Ma in un modo davvero nervoso. Poi la fissò negli occhi e la vide sorridere. Scosse la testa e si guardò i piedi.
Edward si convinse di aver fatto colpo e cercò i suoi occhi per capire cosa pensasse. La ragazza rise, arrossendo.
Deliziosa..., il rossiccio si sciolse a quella vista.
Poi Bella sospirò ancora sorridendo e come a mo’ di scuse alzò le spalle e andò via. Edward perse il suo sorriso in un attimo e agitato la fermò per un braccio. Pensava di aver fatto colpo!
-Perché vai via?
-Ahm... scusa, non volevo offenderti.
Abbozzò un visino dispiaciuto.
Okay, ti perdono. Bella.
La sua voce cristallina gli arrivò alle orecchie ancora. Cavolo, doveva essere sua.
Pensò di tatuarle “Edward” addosso. Eccitante. Fece il suo sorriso sghembo  e Bella tremò, languida. Oh, com’era bello! Sarebbe stato fantastico, se solo fosse stato vero.
Lui non poteva essere interessato a lei, eh scusa...
Bella, non ti buttare cosi...
In quel momento si sentiva a disagio sotto quei bellissimi occhi verdi e desiderò scomparire. Si sentì inopportuna vicino a lui e si divincolò, diventando triste. Abbassò gli occhi e Edward le baciò la guancia, più precisamente vicino la bocca. Quasi gemette, lei. E anche lui.
Era stato qualcosa di forte. –Vuoi uscire con me, Bella? Ci terrei tanto. Tantissimo.
-Perché dovrei accettare la richiesta di uno sconosciuto, sbottò.
-Perché tu sei bella e io sono simpatico.
Lei aggrottò le sopracciglia,piegando leggermente la testa ed Edward vide una parte di lei non timida. Gli piacque molto, più del cioccolato o le fragole con la panna.
-...e poi perché altrimenti ti bacio. E non ti lascio in pace.
Si affrettò ad aggiungere Edward avvicinandosi al suo viso. Quella gridò. –No no, ci vengo!!!
Bella non aveva mai visto degli occhi cosi belli.

Grazie :)
Recensite se vi va xD

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


.Capitolo 2

Isabella Swan era una ragazza timidissima. Non era timida perché sapeva di non avere niente da  mostrare ma perché pensava di non essere adatta. E poi “tutti la deridevano”.
L’ultimo anno passato era stato terribile poiché aveva perso i suoi amici e si sentiva sola. Era una ragazza speciale ma infondo questo era il parere di sua madre. Con lei aveva un buon rapporto, erano molto unite. Renèe era quasi come una quindicenne quindi era come se fosse Bella quella più grande, dati i suoi diciassette anni.
Stette a guardarsi allo specchio per molto tempo. Non aveva un bel seno, non era grande o prospero anzi! E poi la maglietta nera non lo valorizzava.
Si toccò le guancie e modo delicato e fece un sorriso pensando al ragazzo di ieri. Chi l’avrebbe mai detto che andare in un bar per prendere un gelato –in pieno inverno- alla madre fosse stato ocsi vantaggioso? Beh, nessuno! Neppure Bella Swan. Ma dovette ricredersi ricordando il bellissimo ragazzo dagli occhi verdi.
Sospirando, si disse che probabilmente o se l’era immaginato oppure quel ragazzo la stava prendendo in giro. L’entrata della madre in camera sua le bloccò i pensieri. E i sospiri.
-Tesoro! Come sei bella... perché non ti metti la gonna? Dai!
Renèe prese una gonna azzurra sbarazzina e gliela buttò addosso. Bella la prese ridendo e scuotendo la testa. –No, mamma!
Si guardò allo specchio. Il fuson era meglio.
L’altra gonfiò le guancie, indispettita. –Oh, ma perché? È il tuo primo appuntamento con questo ragazzo, devi essere al meglio!
-Stai dicendo che sono brutta, mamma?
Bella storse il labbro, facendo finta di offendersi. La madre si mise dietro di lei e tutt’e due si osservarono la loro immagine nello specchio. –Oh sciocchina!!
L’abbracciò da dietro e le diede un bacio sulla guancia. –Sembra che tu stia andando ad un funerale, tutta vestita di nero. Mettiti almeno la maglia verde! Sei bellissima con quella maglia, tesoro.
Bella fece finta di pensarci poi appurò che forse non aveva torto. La indossò velocemente e si guardò allo specchio. Si valorizzò i boccoli naturali dei capelli e provò altre pettinature.
-Tesoro? A che ora devi vederti con lui?
Rispose, mentre posava per trovare la pettinatura giusta, che dovevano vedersi alle otto sempre in quel bar.
-Non è un po’ maleducato? Insomma, neppure a casa tua, dai…!!
Bella la guardò storto. –Mi sembrava troppo affrettato, ma lui non voleva farmi andare da sola e quindi ha detto che ci potevamo vedere al bar, visto che è li che siamo incontrati e perché è vicino.
Arrossì un po’. Ora che lo diceva ad alta voce sembrava una cosa pazzesca.
Renèe si sistemò i capelli corti rossi dietro all’orecchio, maliziosa. –Oh che carino!
Bella prese la borsa e corse verso la porta. –Sono le otto meno un quarto. Sarò puntuale... spero...
La madre ancora tra le scale che dividevano la camera sua e quella della figlia con il salotto, si mise le mani tra i capelli. –Una donna deve fare ritardo!
Le porse e il polso e la trascinò sul divano. -Aspetterai fino alle otto. E poi andrai. Tanto più di tanto non farai ritardo, giusto quel minimo per farti aspettare!
-Mammaaa...
Bella era nervosa e cominciò a tremare le gambe. La madre tentò di fermarla ma quella iniziò a mordersi il labbro muovendo le mani tra loro.
Reneè la fissò. –E sta’ ferma!
Bella si alzò come una furia andando vicino alla porta. –No mamma, non ci riesco, sono in ansia e devo andare! Ciao!
Fu bloccata dalla madre sulla soglia della porta. Quella la fissò, mettendole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, sorridendo. Sua figlia era speciale e non voleva che nessuno le facesse del male. L’ultima sua relazione era andata male e ora le sua piccola aveva occasione di essere felice di nuovo. Non poteva lasciarsela scappare.
-Non baciarlo alla prima uscita, mi raccomando...!!
-Mamma!!!
Bella corse a perdifiato verso il loro bar. Si, perché ormai quel bar era solo il loro.
Suo e di Edward.
Edward. Aveva l’aspetto di uno di quei ragazzi “da una botta e via”, un po’ stronzi che non si innamorano mai. Era semplicemente bello pensare che lei avesse potuto colpirlo in qualche modo. E Bella lo pensava. Si chiedeva che cognome avesse, dove abitasse e cosa mangiasse, addirittura. Pensava ad un matrimonio futuro, alle speranze e ai sogni.
Con Jacob non era andata bene e alla fine lui l’aveva lasciata perché gli piaceva un’altra. Era stata male, anzi peggio. E aveva passato un brutto periodo. Edward rappresentava un vento d’aria fresca e non perché era bello o perché aveva un bel fisico. Aveva visto quegli occhi verdi e semplicemente li ha voluto crederci.
Quando arrivò al bar, lo trovò nel suo pantalone beige e la maglia fina color verde militare. Fissava il cellulare appoggiato al bar e si passava la mano tra i capelli. Si sentì pervadere da un ondata di calore e si sentì felice. Sorrise allegramente e poi si spense.
Pensò che almeno non l’aveva presa in giro ma poi pensò anche che forse stava avagando troppo con la mente.
Era bellissimo e incantevole. Sentì ancora quella sensazione di disagio davanti a lui. Lei era bruna, occhi neri, di statura normale, con un fisico improponibile. Lui era... beh diverso.
E mentre si faceva prendere dal dolore di questa consapevolezza lui la vide. Edward si aprì in un sorriso e sentì di essere ancora più colpito da lei. Aveva fatto davvero una buona scelta.
Le fece il cenno con la mano e quasi corse da lei. L’abbracciò stretta e le diede un bacio sulla guancia.
Cavolo, Bella... mamma ha detto di non farti baciare al primo appuntamento!, pensò arrossendo.
-C-ciao...
Sussurrò, il cuore a mille.
Edward le baciò la fronte. Poi la fissò negli occhi. –Scusa... troppo presto?
Bella scosse la testa, ridendo un po’.
La stava facendo ridere? Stava ridendo? Un punto per Edward.
Alle ragazze piace che le si faccia ridere. –Appena ti ho vista ho capito che ti dovevo portare in posto magico. Credimi ti piacerà!
La prese per mano e camminò.
Bella era ancora intontita ma la sensazione che le donava quel ragazzo cosi spigliato la faceva stare troppo bene. La paura di prima era scomparsa e voleva solo godersi il momento.
La mano le sudava e non riusciva a spiccicare parola. Che cavolo poteva dire?
-Spero che tu sia maggiorenne perché ho in mente di portarti dop-Bella lo fissò e senza pensarci disse che non lo era. –Non sono maggiorenne, ho diciassette anni!
Edward ricambiò il suo sguardo e si fermò.
Ecco, ora se ne va..., pensò Bella. Perché la stava fissando? Si era schifato?
Lui aprì la bocca in un espressione di sgomento. –Non ci credo! Sei piccolina! Io ho venticinque anni!
-Quantiii??
Quasi gridò. Bella rimase sconvolta.
Cioè si vedeva che era più grande ma cosi poi...
-Ti avrei dato venti, massimo ventidue...
Lui fece il suo sorriso sghembo. –Oh beh grazie.
Bella ebbe un sussultò e gli fissò la bocca e poi gli occhi. Era davvero un gran bel pezzo di fico!
-Tu invece sei piccola!
La prese per i fianchi, fissandole il corpicino e mandandola in fumo –Cavolo avrei dovuto aspettarmelo...
Bella gli picchio le mani. –Giù le mani!
Se la madre aveva detto non farti baciare al primo appuntamento era implicito anche non farsi toccare. Ma forse aveva esagerato e per questo pensiero divenne rossa.
-Sai che ho un debole per le brune?
Edward gli si avvicinò malizioso e l’abbracciò la vita.
La ragazza in questione si tirò indietro, bordeaux. –Allora sei un maniaco...?
Si fissarono. Edward sgranò gli occhi. – Ma che dici! Saranno... beh... cinque anni di differenza?
Si misero a contare insieme, Bella gli prese le mani poiché il rossiccio stava sbagliando i calcoli e arrivarono al numero otto. –Cavoli!
Bella mise la testa di lato. –Non sei bravo in matematica, vero?
-Si vede tanto, eh?
Si misero a ridere insieme, guardandosi alcune volte negli occhi e attirando l’attenzione di passanti. Era come se facessero l’amore in quel momento.
Quando arrivarono sulla spiaggia, Bella si tolse le ballerine.
-Beh.. io le ballerine non ce l’ho quindi...
La fece ridere.
Due punti per Edward. Quest’ultimo faticava a trattenersi, se avesse potuto le si sarebbe buttato addosso. Fissarono il mare insieme ed Edward volle baciarla.
Quando prima gli aveva preso le mani in modo ingenuo aveva scatenato dentro di sé qualcosa di bestiale sia dentro al petto che nei pantaloni. E ora si trovava a nascondere il suo gradimento, anche se non sapeva come. Ebbe la buona idea di sedersi e mettere la mano sopra, dopo averla convinta a sedersi.
Aveva qualcosa che le altre non avevano. E il bello è che era naturale, si vedeva nei gesti.
Bella storse il labbro, pensierosa.
Il ragazzo ora la vedeva più tranquilla e divenne felice, sarebbe stato un piacere farla sua.
-Allora, questo è il posto che dici di volermi portare? Non bisogna mica essere maggiorenni sai...
Rise, prendendolo in giro.
-Oh no. No no. Volevo portarti in un bar verso mezzanotte ma essendo piccola, avrei la ritirata prima...
Disse maliziosa. La stava stuzzicando e si fissarono negli occhi con segno di sfida.
In realtà Edward non l’aveva detto solo per vedere la sua reazione ma anche perché se lo aspettava. Aveva visto altre sedicenne, diciassettenni ma erano completamente diverse da lei.
Ci poteva scommettere, non era una di quelle poche di buono che andava in giro nei locali a luci rosse. Doveva essere tipo “casa e chiesa”. E non se ne dispiacque più di tanto. Era sempre un piacere poi vedere come le verginelle si trasformavano in pantere aggressive.
Nel mentre faceva questi pensieri, sentiva una parte di lui essere triste per come ne stava parlando. Ma lui era cosi. E non sarebbe cambiato.
-Per tua informazione potrei non essere una di quelle ragazze che vanno in giro in quei locali ma non ho bisogno di sentirmi grande cosi. E non lo vorrei neanche, perché poi devo anche correre il rischio di trovare gente stupida. O no?
Abbozzò un sorriso compiaciuto e mosse la testa in segna di vittoria.
In realtà quella risposta era stata inaspettata per Edward. Non pensava gli potesse dire quelle cose e poi in modo cosi disinvolto visto che la prima volta che l’aveva vista stava morendo per autocombustione.
Voleva fare la difficile. Beh, Edward le tipe come lei se le mangia a colazione!
-Sai hai ragione. È pieno zeppo di gente stupida li, invece fuori beh... ci sono anche le ragazzine per bene...
-Noto un certo sarcasmo...
Edward sorrise. Era proprio un peperino. Aveva i capelli sciolti quel giorno che le incorniciavano il volto a forma di cuore. Inspirava tanta dolcezza.
Mentre la fissava la vide accendersi come una lampadina fissando un punto, gli occhi che brillavano. Il sole stava tramontando e il chiarore portava un certo calore e lucentezza che valorizzava il suo bel visino.
-Sai far rimbalzare una pietra sull’acqua??
Si alzò frettolosa e prese una sassolino bianco un po’ rovinato. Fissò il naso e storse le labbra.
Davvero adorabile.
Edward si alzò pulendosi il pantalone di sabbia e ridendo per la sciocchezza che stava per fare. Non poteva crederci, a venticinque anni a fare queste cose...!
Le mostrò come fare e Bella ci mise tutto l’impegno. Ma non ci riuscì nemmeno una volta, finché il sasso sembrò essere dotato di magia ma fece solo un salto e quindi Bella si rattristò subito.
Ciò che aveva notato Edward era il suo modo ingenuo e spontaneo. Diceva molte volte ciò che le passava per la testa e quasi tutte le volte arrossiva ma non si tirava indietro.
Quella ragazza aveva una grande forza dentro di sé, sembrava essere innamorata di ogni cosa e stupirsi di ogni cosa. E per un attimo si mise a pensare a come poteva essere la vita con lei. Subito scosse la testa toccato. Che cavolo diceva? Lui non pensava certe cose. Lei sarebbe stata una cotta leggera, come le altre. Anche se sentiva il suo profumo dappertutto e aveva voglia di mangiarla.
Quando l’accompagnò a casa, vide dei ragazzi che la fissavano. Si sentì geloso. E poi sorpreso. Strano e angosciato.
Perché cavolo era geloso? Perché cavolo la stava accompagnando fino a casa?
Probabilmente era la prima volta che lo faceva. E l’avrebbe fatto sempre con lei.
Ma questo non lo disse a se stesso.
-E quindi... è qui che abiti.
Bella sorrise. –Eh già, te l’ho detto.
Aveva scoperto che faceva di cognome Cullen. Aveva una compagna di classe con questo cognome e infatti si rivelò la sorella. Era una ragazza tutta pepe che non restava mai un momento zitta. Era bruna ma non insulsa come lei, anzi! Era una bellissima ragazza. Come il fratello.
-Bel posticino!
Edward sorrise sghembo e i avvicinò per prendere il suo premio ma Bella lo scansò.
-Scusa...
Il rossiccio alzò il sopracciglio. –Perché?
Lei divenne rossa e subito Edward sentì una scarica nei pantaloni.
Amico, stai calmo.., si disse.
-B-beh, ecco... perché mi sono scansata e...-la bloccò, scuotendo la testa.
-Ho capito. Dico perché ti sei scansata?
Edward moriva dalla voglia di baciarla. E gli bruciava quella sconfitta. Perché per lui lo era, eli era l’unica che si era scansata per non permettergli di baciarla. Stava perdendo colpi?
Vedeva l’effetto che le faceva, perché cavolo doveva essere cosi pudica?
Si irritò leggermente, passandosi la mano tra i capelli. Si stava anche stancando.
Era tutta la serata che voleva baciarla ma era stato piuttosto calmo godendosi la sua piacevole presenza sapendo che poi alla fine l’avrebbe fatto.
Ma lei si era scansata! Scansata!
Bella abbassò lo sguardo. Aveva rovinato tutto e solo perché aveva ascoltato sua madre.
Quel pezzo di figo la voleva e lei?
E lei niente, in realtà. Lei aveva paura di soffrire. E baciarlo significava rendere ancora più magica e speciale la serata.
-Io...
Sussurrò appena ma venne comunque bloccata da Edward. –Sei una di quelle un po’ chiuse eh? Beh mi piacciono le sfide davvero. Ti farò capitolare. E poi vedrai, sarai tu a venirmi addosso!
Edward mormorava più a se stesso che a lei. La ragazza si sentì confusa.
Era un trofeo? Un gioco?
Che stronzo di merda!
-Ma vaffanculo!
Gridò Bella con una furia e una sicurezza non sue. Girò i tacchi e aprì il portone entrando a casa.
Dalla finestra lo vide che la cercava con lo sguardo per vederla sbucare da qualche parte e quando la notò Bella si pentì di essersi affacciata.
Edward si leccò le labbra per ribadire il concetto e per prenderla in giro. La vide fissarlo truce e abbandonarlo li in mezzo la strada.
Si sentì un po’ solo ma carico. Aveva fatto una stronzata a dirglielo in faccia.
Tornando alla macchina, se lo promise. Quella piccolina sarebbe stata sua. E le sarebbe piaciuto.

 
I prossimi capitoli saranno Pov Bella o Edward.
Grazie per leggerla e grazie per averla inserita tra le seguite <3
Ditemi i vostri pareri... mi piacerebbe :)
Un bacio,
MissP;) 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Bene, eccovi qui il terzo capitolo, come promessso è un Pov Bella.
Spero vi piaccia e che continuerà a piacervi.
Un bacio,
MissP;)

.Capitolo 3

Pov Bella
Febbraio era un mese piuttosto bello per me. In realtà però era un po’ malinconico ma non ci facevo molto caso.
A scuola con la fine di gennaio si entrò nel secondo quadrimestre e sinceramente non mi sentivo pronta perché ero talmente stanca!
Il primo quadrimestre era stato troppo faticoso ma era andata bene, avevo preso ottimi voti. Ora volevo come minimo dormire, mangiare e dormire. Ma non si poteva! Non potevo neppure tirare un sospiro di sollievo perché in realtà dovevo capire che dovevo ritornare a studiare.
Okay, beh, non dico di amare la scuola. Ma ci tengo ad una mia istruzione!
Presi la mia fedele borsa nera con un po’ di borchie ai lati e mi avviai di corsa a salutare mia madre e a correre verso la “New York High School”. Sarebbe una bella scuola, se non fosse che era una scuola.
La maggior parte dei studenti erano snob, raccomandati e la restante parte infelici. Ecco io ero quella restante parte. Non perché non amassi la vita ma in quel ambiente era difficile essere allegri.
Notai Jessica e Angela all’ingresso della scuola e si aprirono in un sorriso, rispettivamente finto e vero. Jessica Stanley non mi sopportava e la cosa era reciproca. Mi chiedevo perché la nostra comunità ci faceva essere dolci fuori e crudeli dentro. Se ti sto sul cazzo, no problem tesoro, ma non venirmi a salutare con quel sorriso da puttanella, eh!
-Ehi, Bells!
Angela mi fece segno. Lei era sincera o perlomeno cosi sembrava. Eravamo conoscenti, no amiche né migliori amiche. Rapporto basato sul reciproco rispetto.
Sorrisi anch’io, sincera. –Ehi!
All’ingresso di scuola c’era tanti ragazzi che premevano ad entrare, sorridenti e felici. Strano.
-Vieni con noi?
Jessica si mostrò come al suo solito falsa come le sue unghie. Apparteneva alla classe snob-raccomandati. Era un mischio di tutto. Non ero invidiosa di lei, la sua faccia me lo impediva. Non era brutta per carità, ma aveva la tipica faccia da puttanella. Era rossa-castana e non aveva un bel fisico ma a quanto pare non lo capiva perché si metteva sempre vestitini attillati.
Probabilmente non ero la persona adatta per giudicare ma ci sono certe cose che vorrei evitare di vedere. Indossava un pantaloncino nero attillato e una maglietta rossa scollata. Era piena di collane e bracciali. Sembrava una vu-cumbrà.
Angela era più raffinata. Era molto bella però si occultava. Poteva dar molto al mondo, aveva voglia di fare medicina. Era bruna, come me e indossava il jeans e una camicetta azzurra.
Cosi ci avviammo tutt’e tre dentro scuola. Prima lezione: letteratura inglese.
Il professore Banner ci parlò di Romeo e Giulietta e del loro amore. Ci disse di fare un tema di 500 parole e ci cacciò via.
Quando stavo per andarmene, il professore mi fermò.
Era un uomo alto, con i capelli alla Jon Bernthal, e gli occhiali leggeri. Sembrava davvero a Jon Bernthal, in versione brutta.
-Signorina Swan, vorrei complimentarmi con lei per la sua bravura e mi aspetto grandi cose per questo quadrimestre.
Con un sorriso sornione, andai fuori la porta e mi rilassai. C’era un via vai di gente e tanti ragazzi che giocavano con il pallone fuori in giardino.
Mi raggomitolai nel mio giubbotto color grigio e passai nell’altra aula, sistemandomi sul banco vicino la finestra, in terza fila. Ancora non c’era nessuno ma sarebbero arrivati a momenti. Dovevo fare biologia e la voglia era pari a zero.
Incominciai ad aprire il libro e a vedere le ultime cose fatte e confermai i miei sospetti: non solo non ricordavo nulla ma non avevo capito niente!
Sospirando, mi tolsi il giubbotto e sistemai la maglia verde a pipistrello. Avevo i jeans e dei comodi stivali addosso ma mi sentivo comunque a disagio. E la cosa sarebbe aumentata una volta entrati tutti i miei “compagni di scuola”. Non so se ero io asociale o loro lo erano con me.
In realtà avevo un buon rapporto con tutti loro ma sembrava che avessi qualcosa che puzzasse perché non riuscivo mai a trovare delle buone persone!
Entrarono dopo cinque minuti tutti, compreso il professore.
Vidi Alice Cullen che trillando venne verso di me. Salutò alcuni amici e si aprì in un sorriso.
Avrei dovuto scappare?
-Ciao!
Mi fissò, prima di sedersi.
-Ciao.
Le dissi, con entusiasmo. Non pensavo sapesse della mia esistenza.
-Sono Alice. Ma puoi anche chiamarmi all’italiana, Alice.
Annuì distratta. Ma abbozzai una risatina. I suoi capelli scuri corvini mi ispiravano gioia.
Era piccola e minuta, indossava una camicia e sopra un maglione con la scritta “il principe azzurro è gay” ed era la sorella di Edward. Di quel cafone, beduino, maschilista, coglione, parassita...
-Tu sei Bella, vero?
...beh no, non era un parassita.
-Bella, ci sei?
-Oh si, si scusa. Scusami. Si, sono io! Sono Bella.
Sorrisi ancora, contagiata dalla sua aria frizzante. Continuava a saltellare sulla sedia e mi metteva troppa allegria.
Venimmo stoppate dal professore che annunciò “una splendida notizia”.
Lo trucidai con lo sguardo. Stavo facendo amicizia con una persona totalmente carismatica!
Che poi fosse la sorella di quello, era un’altra cosa...
-Abbiamo invitato uno dei “cavalli di battaglia” di questa scuola. Vi seguirà lui nelle prossime lezioni, con o senza di me, a tempo indeterminato. Vorrebbe fare l’insegnate di biologia e sarebbe lieto di incominciare un praticantato qui...
Il professore gesticolava contento ma non ascoltai più le sue parole presa -scioccata- da quello che diceva Alice. –Come ti stavo dicendo prima, vedi?! Oggi viene mio fratello Edward! Non ci posso credere, sono tanto felice!
Non ebbi il tempo di respirare, sconvolgermi, saltare sulla sedia, buttarmi dalla finestra o ammazzare il professore che entrò Edward Cullen.
Uno schianto assoluto,ovviamente, con il suo sorriso sghembo e l’aria da scapestrato.
Trattenni il fiato e diventai rossa.
La prima volta che l’avevo visto era stato per la strada. L’avevo notato quando passeggiava solo o in compagnia di uno bionda o di una ragazza rossa chiaro, con gli occhiali da sole e l’aria da macho. Poi l’avevo incontrato in un bar che mi fissava con gli occhi fuori dalle orbite. Mi aveva perseguitato e mi aveva chiesto se potesse baciarmi e poi mi aveva chiesto se potevamo uscire.
Il mio cuore era a mille, c’era qualcosa che non andava in me perché nonostante la cafonaggine mostrata quella sera mi sentì irrimediabilmente attratta, colpita, infuocata per lui.
Mi notò e mi fissò. Con gli occhi luccicanti e le labbra sottili d’incanto.
Non mi aveva detto che voleva fare il professore! Nessuno me l’aveva detto! Perché nessuno si era preso la briga di dirmelo??!!
Mi morsi il labbro e abbassai gli occhi, sperando che potesse spostare lo sguardo ma non lo fece per bene cinque minuti pieni e catturammo l’attenzione. Il professore lo richiamò e lui con l’aria strafottente si mise a parlare, facendo sospirare tutte le ragazze dell’aula. Se fossimo stati in uno di quei manga giapponesi, a quest’ora ci sarebbero stati i cuoricini che andavano dalle ragazze dell’aula verso di lui.
Avrei voluto urlare “è mio” ma non mi sembrava appropriato.
Continuava a fissarmi malizioso e solo poche volte  guardava altre parti che non fossero il mio viso.
Mi sentivo a disagio, lui mi faceva sentire come se potessi scoppiare in ogni momento. Presi il libro e mi coprì un po’ con quello, ma non tutta per non sembrare patetica. Ma forse era troppo tardi perché sembravo schizzo frenica visto che stringevo gli occhi, giravo la testa, ridacchiavo ed ero rossa come un peperone!
Era bellissimo come sempre. Aveva i muscoli pronunciati ma non troppo, resi visibili dalla camicia blu notte, con gli ultimi bottoni non abbottonati e il pantalone nero tenuto dalla cinta di pelle.
Aveva una grande prestanza e si passava sempre le mani tra i capelli. E di certo non era perché era insicuro! Sapeva che faceva impazzire quando lo faceva, sapeva che tutte le ragazze impazzivano e sapeva anche che essendo una ragazza, anch’io impazzivo!
Non mi aveva colpito perché era bello o perché era perfetto. Avevo notato qualcosa nei suoi occhi verdi, qualcosa di più che andava oltre l’essere bastardo che si era rivelato.
All’inizio del nostro appuntamento non pensavo lo fosse, anzi! Era divertente e solare e mi fece subito sciogliere. Poi capì una cosa: voleva portarmi a letto.
Ecco che voleva! Ma la mia cosina non l’avrebbe avuta mai!
Borbottai qualcosa, sentendomi ardere. Poi vidi Alice pensante e allegra allo stesso tempo. Si girò verso di me e mettendosi anche lei dietro il libro, mi sussurrò: -Ti piace mio fratello, vero? Vi conoscete, lo so! Tu devi essere quella che in questi tre giorni l’ha fatto diventare strano. Vi farò mettere insieme!
Sorrise a trentadue denti come se niente fosse e tornò a sentire le parole di suo fratello.
Dal canto mio, non lo guardavo perché sapevo che sarei scoppiata. –Alice, davvero, hai capito male...
-No no. Alt, riposo. Ho visto come vi siete guardati. Se fossi stata un ghiacciolo, lui sarebbe stato il sole che ti ha appena fatto sciogliere. Non mentire ragazza, saremo ottime amiche nonché cognate!
CHE??!
Mi prese sotto braccio, canticchiando. Mi stava urtando i nervi.
In realtà mi faceva paura, mi aveva sempre fatto paura. Era minuta e bassina ma anche da lontano si capiva che aveva una forza da leone. Non era arrogante, per carità ma dirmi queste cose cosi! Saltellando poi!
Mi girava la testa e sentivo la rabbia e la vergogna bloccarmi il respiro e le parole. Sarei potuta scoppiare tra dieci, nove, otto...
-Bella? Vuoi venire a farci un disegno di una cellula?
Il professore mi fissò. Tutti mi fissarono. Anche Edward Bastardo Cullen.
Alzai la testa a rallenting, stavo ancora fissando Alice sconvolta.
Con il cuore a mille, lasciai il libro e abbozzai un sorriso veloce e nervoso. Bestemmiai in tutte le lingue che conoscevo e mi alzai talmente lentamente che potei sentire e vedere Alice dire “buona fortuna, Bellina, ce la puoi fare!”, facendomi il segno dell’okay. La fissai storto.
“Bellina”???! Avrei voluto tapparla in un buco.
Mi avvicinai alla lavagna, ignorando il fatto che oltre a tutta la classe lui mi stesse fissando. Più precisamente fissava il mio culo.
Brutto figlio di un manigoldo!
Presi il gessetto e aderendo alla lavagna, feci il disegno. La cellula? Che cavolo voleva dire disegnare una cellula?
-Tutti sappiamo cosa sia una cellula. È una cosa elementare. Di sicuro, l'avete fatta alle medie...
Disse Edward, mellifluo guardando prima gli altri poi me, sorridente.
Ti infilo il gessetto nel sederino!
Lo fissai dura e poi trucidai il professore. C’erano una trentina di ragazzi in aula proprio me doveva chiamare??
Ma potevo considerarmi fortunata visto che non avevo né inciampato né sparso sangue da qualche parte. Mi sentivo ancora rossa ma lievemente.
Almeno fino a quel momento, poiché il Bastardo si avvicinò a me. O forse semplicemente solo alla lavagna.
Forse esageravo... forse non ce l’aveva con me.
-Bella, giusto? Perché non mi dici come è fatta una cellula?
Mi fissò negli occhi e quel momento fu nostro.
Beh, si ce l’aveva con me.
Balbettai ma poi mi ripresi decisa a non farmi mettere i piedi in testa, non più di tanto almeno.
-Beh, la... cellula...
La mia voce era insicura e lui non mi aiutava. Il suo sguardo mi perforava l’anima e il suo profumo toglieva il respiro. Era cosi mascolino.
La sua voce e i suoi occhi mi avevano rapita e non riuscivo a capire o ricordare cosa dire. Mi morsi il labbro, perduta completamente.
-La cellula era, è in realtà, composta... Beh è nell’essere animale... in realtà in tutti gli esseri viventi e non, cioè solo nei primi... cioè gli esseri viventi perché quelli non viventi non hanno la cellula e cosi... ecco, gli esseri viventi, negli esseri viventi la cellula è importante. Molto. E costituisce la parte fondamentale, appunto. Ehm... è importante, è formata dal nucleo che è al... cioè al centro... posto al centro c’è il nucleo, nel centro. Nel centro c’è il nucleo.
Annuì perfettamente convinta che questa figura di merda non me la sarai scordata facilmente. Lui mi fissava cercando di capire qualcosa dalle mie parole, con aria stronzesca e perfida. Si mordeva le labbra o annuiva per poi stringere gli occhi per concentrasi. Fissava le mie labbra.
E io le sue.
Gesticolavo e mi passavo la mano tra i capelli. Forse stavo anche sudando.
Sospirai. –Quello che voglio dire è che la cellula costituisce l’unità fondamentale dell’organismo. Al centro vi è il nucleo e poi è rivestita da una membrana. Ci sono diverse caratteristiche in quelle animale e vegetale. Comunque intorno al nucleo c’è il citoplasma che contiene non solo gli organuli ma anche il DNA e l’RNA.
Deglutii, impazzita. Ebbi un capogiro per un momento.
Ero riuscita a dirlo tutto senza balbettare o sputacchiare e mi compiacqui di me stessa poiché pur non perdendo la sua aria stronzesca Edward non disse nulla. Niente di niente.
Prendi questo, stupido arrogante!
Si morse l’interno del labbro e poi rivolgendosi alla classe e battendo le mani disse: -Facciamo un applauso a Bella, che alla fine è riuscita a spiegarci che cosa sia una cellula.
Partì una risata e un battito di mani.
Pezzo di stronzo puzzolente!
 
Finita l’ora più umiliante della mia vita, presi la borsa e corsi via.
Alice cercò di fermarmi ma il suo essere minuscola non l’aiutò e fu schiacciata dagli altri ragazzi che uscirono fuori.
Non seppi che fine aveva fatto Edward, l’avevo lasciato che era ancora in classe. Mi ribolliva il sangue nelle vene al ricordo della faccia strafottente che aveva assunto prima e dopo avermi mandato al mio posto.
Mi chiedevo a questo punto se l’avesse fatto apposta a venire qui a fare praticantato. E sapere che quella non sarebbe stata l’ultima volta che l’avessi visto mi creò un magone in gola e quasi piansi. Ci voleva solo questo! Lui sapeva che scuola facessi, gliel’avevo detto io! A New York c’erano più scuole che persone a momenti ed era impossibile che lui era stato mandato casualmente nella mia. Anche perché il professore ha fatto capire chiaramente che non era frutto della scuola stessa ma una sua volontà. Mi aveva detto di averla frequentata ma sapevo che andava comunque all’università.
Chi se lo sarebbe mai immaginato? Il ragazzo che vedevo in giro – e per cui avevo preso una mezza cottarella - sarebbe diventato il mio incubo. Ma non l’avrebbe vinta lui. Se era qui per torturarmi, si sbagliava di grosso - forse.
Attraversai l’atrio B per raggiungere quello C, sbattendo con diecimila ragazzi. Una volta entrata nell’aula di filosofia mi chiesi se questo avesse avuto mai una fine. Anche se teoricamente, era appena iniziata!
Controllai quando avessi avuto ancora biologia. Constatai che mi sarebbe accaduto anche domani quello strazio, con mia grande gioia.
Le lezioni passarono in fretta e a mensa stetti un po’ con Angela e i suoi amici.
Verso le quattro e mezza tornai a casa con il mio pick-up.
-Mamma, sono a casa!!
Renèe si materializzò davanti a me e mi abbracciò. Odorava di sugo.
-Com’è andata la giornata, tesoro?
-Male, mamma! Che hai preparato di buono?
Seguì il profumo che mi condusse in cucina e quasi mi tuffai nella pentola che bolliva. Adoravo il cibo italiano. Renèe mi guardò sorpresa. –Che cosa è successo amore? Qualche brutto voto?
-No, no mamma.
Morivo dalla voglia di dire a qualcuno ciò che era accaduto quindi alla fine le rivelai di Edward e di ciò che era successo, con tono neutro. Non sapeva che gli morivo dietro, in realtà.
Lei sorrise un po’ ma fece di tutto per nasconderlo. –Oh tesoro...
Girò con il mescolo il sugo e buttò la pasta. –Bella, questo Edward vuole la guerra. E tu non starai di certo con le mani in mano!
Chiacchierammo serenamente di tutto. Ciò che ci univa si era fortificato dalla fuga di Charlie, mio padre. In realtà non ero depressa o triste che lui se ne fosse andato. Portavo il suo cognome per volere di mia madre ma per me era indifferente. Non lo conoscevo quel uomo, se ne era andato quand’ero appena nata e mia madre aveva perso le sue tracce. Ma infondo neppure a lei mancava, non si amavano più. L’unica cosa che mi dispiaceva era che comunque si era trovata solo ad accudirmi. I miei nonni l’avevano aiutata ma forse in quel momento Renèe aveva bisogno di suo marito. Me lo aveva detto lei. E io le credevo.
Si vedeva con uno di nome Phil. Non sapevo più niente di lui, sapevo solo che la rendeva felice e questo era abbastanza e anche più.
Il mattino seguente mi svegliai svogliatamente. Non facendo mai colazione la mattina, mi lavai e indossando sempre il jeans, mettendo le lenti a contatto preferendole agli occhiali, una maglia azzurra e un camicetta nera con le scarpe da ginnastica, fui pronta per andare a scuola, anche se stavo valutando la possibilità di non andarci.
-Tu ci andrai, tesoro! Non lasciarti condizionare...
Sorrisi, mi aveva letto nel pensiero. La mia mamma era davvero unica e mia amica. Ma era soprattutto mia madre.
Ancora sull’uscio della porta, la salutai e salì sul mio pick-up. Alzando gli occhi, vidi Edward Cullen.
 
Non potevo credere a ciò che credevo. Probabilmente dovevo avere una faccia molto buffa perché lui si mise a ridere. Aggrottai le sopracciglia, avvilita. Che cavolo ci faceva sotto casa mia?
Mi venne una folle idea in testa e incazzata, senza pensarci due volte, accesi il motore e feci partire la macchina. Lo vidi sgranare gli occhi e fare in tempo a schivarmi con un balzo un po’ fortunato.
Sorrisi compiaciuta. E anche un po’ spaventata per quello che avevo fatto. Stupido stronzo!
A scuola filò tutto liscio. Non lo vidi per tutta la giornata ma ovviamente si avvicinò l’ora di biologia. Era l’ultima ora e francamente ero esausta. Era venerdì e non vedevo l’ora di passarlo dormendo su qualsiasi superficie soffice e comoda.
Arrivai come sempre quei cinque minuti prima per sistemarmi e, mettendomi all’ultimo banco vicino la finestra, presi il libro di biologia.
C’era ancora il mio disegno sulla lavagna e ora che ci facevo caso avevo fatto un pasticcio. Mi alzai e lo cancellai frettolosamente per poi risedermi. Tanto il giorno precedente non l’avrei potuto dimenticare, né cancellarlo dalla testa con un colpo di cancelletto o di bacchetta.
Come mi sarei dovuta comportare?
Mentre cercavo di trovare le risposte, entrò Alice Cullen. Aveva una minigonna e una maglietta rosa attillata con solo una bretella.
Sulle sue ballerine, quasi volò verso di me. Notai che non si truccava molto, anzi. Solo un po’ di mascara e lucidalabbra. Nel complesso era molto carina. 
-Ciao Bells!
Trillò. Sembravamo amiche di vecchie data.
Sospirando, la salutai. Non volevo apparire asociale o bisbetica ma ero nervosa. Ricordavo cosa aveva detto ieri e a quanto pareva anche lei, perché con faccia triste si scusò. Per il fratello.
-Scusa Edward per ieri, ti prego. È un tale imbecille!
Disse dispiaciuta quasi con aria teatrale mentre si sedeva agile e senza perdere quello spiccato senso di gioia. –Sono sicura che tu gli piaccia! Gli uomini sono cosi infondo e...
Mi fissò, vedendo che scuotevo la testa, dura.
Per quanto ero d’accordo sul fatto che suo fratello fosse un coglione, sull’altra informazione avevo da ridire. Ma soprattutto non avevo voglia di fare anche questa figura di merda; sicuramente Edward mi vedeva come un giocattolino e io non avevo voglia di collezionare altre brutte figure.
Quando le dissi che non volevo che facesse nulla, si mise quasi a piangere ma la sua reazione mi irritò. Io non la conoscevo neppure e lei prima di questo non si era degnata di venire da me neppure una volta. Certo, non mi aveva né evitato né si era comportata male con me ma mi sembrava che stesse avanzando troppe pretese. Forse era mossa da gentilezza, ma io era sicura di quello che dicevo e non volevo assolutamente che Edward pensasse che io lo volessi. Ciò avrebbe contribuito ad aumentare il suo ego e basta. La vita non era certamente una favola!
In realtà, Alice non mi ispirava cattiveria ma incominciavo a sospettare che ci fosse qualcosa sotto. E se era stata mandata dal fratello per farmi capitolare?
Insomma poteva succede no? Forse ero paranoica e lei era semplicemente esuberante. Forse era semplicemente viziata ed abituata ad avere tutto ciò che pensava anche in un secondo.
Come poteva pensare che una ragazza come me potesse essere anche solo presentabile da uno come lui? Mi chiedevo ancora cosa lui ci trovasse in me!
Il mondo stava cadendo in un baratro profondo!
Entrarono tutti gli altri ragazzi e bloccarono Alice dall’aggredirmi. Incominciavo ad amarla e odiarla senza un motivo. Avrei voluto che mi leggesse nel pensiero e capisse ciò che provavo, ma evidentemente non era possibile.
Il professore entrò e si portò dietro anche Edward.
La “chiacchierata” con Alice mi aveva distratta e per un momento finalmente non ero andata in paranoia. Il solo pensiero di vederlo mi aveva scombussolato il sonno, non avevo chiuso occhio. Avevo persino sognato una specie di film con un lieto fine, con noi due che ci rotolavamo tra le lenzuola.
In quel momento ringraziai Dio perché Alice non leggeva i pensieri.
Edward entrò spavaldo e subito mi puntò, con il suo sorriso smagliante. Incominciai a sudare freddo e a ridacchiare come una stupida. Aprì il libro ad una pagina a caso e mi ci nascosi, ignorando il sorrisetto compiaciuto di Alice che poi mi fissò sorniona. –Ahhh, lo sapevo! Almeno provaci, andiamo...
La trucidai con lo sguardo quando ne ebbi il coraggio e la voce del professore mi fece rabbrividire: la lezione stava iniziando.
Ma ebbi un collasso quando vidi la sua figura alta e slanciata avvicinarsi al nostro banco. Al mio banco.
Porca puttana, porca puttana, porca puttana...!!
Mi agitai sulla sedia, decisa ad improvvisare un malumore con conseguente svenimento e anche capocciata al banco; cosi, giusto per rendere la cosa più tragica.
Bella, sta’ calma. Se Cesare aveva potuto “sopportare” quelle ventisette coltellate, tu puoi fare anche di peggio!
Appoggiò la mano sul banco e fu come se fossimo collegati. Alzai lo sguardo nel suo, inevitabilmente e non lo stoccai più. Lui guardava Alice, non mi degnava di una strisciata di sguardo. Abbassai lo sguardo, veloce.
Come era bello... chissà come baciava. Vedendolo mi ricordai di stamattina, quando lo stavo per investire e anche quel giorno in spiaggia. Mi era sembrato cosi dolce...
-Ciao Alice!
La salutò, allegramente. Sorrise dolce e venne contraccambiato da una Alice raggiante che stronzamente si girò verso di me ed esclamò con un gridò che le partì dal cuore: -Conosci Bella, vero?
Alice ed Edward non avevano in comune solo il colore degli occhi ma anche e soprattutto quel velo di strafottenza mista a genuina stronzaggine. Con la panna, insomma, sarebbe stati buoni, quasi.
Lui posò il suo sguardo sul mio, come se fosse la prima volta che mi vedeva e sospirai. 
Si era già scordato dalla sua strozzagine di ieri? O del suo puzzecchiarmi
 costante? Era inevitabile svenire e sbattere la testa contro il banco, ora.
Edward sorrise sghembo. –Tu sei quella della cellula, si...
Si, certo... proprio quella della cellula!
Ridacchiai prendendolo quasi in giro. Attenzione Edward, ho un libro in mano e non ho paura di usarlo!
Se ne andò con la scusa che il professore lo chiamava e mi rilassai.
In realtà ero felice del piccolo contatto avuto ma non volevo ammettere a me stessa. Mi avrebbe dimenticata infondo. Era solo attrazione per lui e avrei finito per scottarmi se l’avessi data a quel bastardo con un bel sedere!
Alice mi fissò. –Okay, che ne dici di fare un po’ di shopping oggi? Verrà pure la mia amica Rosalie, sarà divertente, vedrai!
Mi prese le mani e mi guardò negli occhi. Avevo ancora l’incantesimo del fratello addosso quindi mi ritrovai ad annuire senza sentire bene. Avrei passato un bel venerdì sera infondo...
Stetti a guardarlo – sbafando – per tutta la durata della lezione mentre lui mi lanciava sguardi furtivi. Sembravamo una coppietta che si doveva nascondere per qualche strana ragione. Era bello vederci cosi: come una coppia. Sorrisi malinconica.
Lo vidi allontanarsi, parlando al cellulare. Il movimento del braccio gli fece guizzare i muscoli dalla felpa nera piuttosto aderente. Uscì fuori l’aula, fermandosi in corridoio e ammirai meglio la sua camminata –il suo sedere.
Alla fine della lezione Alice mi attirò da un polso e mi portò da Rosalie Hale. Era una biondona falsa e snob, con la puzza sotto il naso. Mi chiedevo spesso come loro due fossero amiche, da lontano sembravano cosi diverse e infatti lo erano davvero. Rosalie mi fissò e mi salutò atona.
Aveva una voce grave ma forse era tale per la carica di cattiveria con cui aveva pronunciato il saluto. Alice ci illustrò il nostro pomeriggio saltellando, dopo avermi presentata. –Bella non preoccuparti da oggi in poi saremo amiche. Mi spiace non essermi avvicinata prima...
Disse triste, lo sembrava davvero ma poi con aria diversa in un battito di ciglia e anche di meno diventò allegra e continuò a parlare. – Ma ora si cambia registro. Per prima cosa, ti vengo a prendere oggi per le sei; ci dobbiamo fare belle, ancora di più. Forse ci sarà anche Emmett ma lui non sarà un problema, tranquilla. Poi andremo dall’estetista e faremo anche una sosta da Victoria’s Secret.
Mi fece l’occhiolino, trillando. Sembrava che fosse una che chiedeva l’elemosina di affetto!
Sospirai. Un po’ ero felice di passare il tempo con amiche.
-Le hai chiesto almeno se le piace lo shopping? Non sembra molto...
Rosalie mi fissò dalla testa ai piedi, quasi disgustata. Aspetta, aspetta, aspetta... che cosa le avevo fatto a questa?
-No, no. Mi piace!
No, non era vero, l’odiavo. O meglio, mi sarebbe anche potuto piacere ma l’idea di farlo con Alice mi spaventava. Era una ragazza cosi logorroica.
Lei scoppiò in un trillo facendomi sobbalzare. Guardai Rosalie ma lei non ebbe la mia stessa reazione. Forse ne era abituata. La nanetta mi chiese il numero, frettolosa e glielo diedi senza battere ciglio.
A casa decisi cosa mettermi per quella serata. Il problema era che qualunque cosa avessi scelto sarebbe stato o troppo sciatto o troppo pomposo. Sarebbero venute perfette loro, sarebbero state perfette anche con uno straccio, in realtà.
Forse avrei dovuto depilarmi. Certo, depilarsi prima di andare dall’estetista non era intelligente, anche le belle hanno i peli.
Mi buttai sul letto. Erano poco più delle quattro e mezza, ancora.
La sola cosa che volevo era smettere di provare l’angoscia che mi provocava il pensiero di passare un’intera serata con Alice Cullen, sorella di Edward Cullen. E anche con Rosalie.
A detta di Alice avrebbe potuto esserci anche Emmett, ma a quanto pare dovevo “stare tranquilla perché non sarebbe stato un problema”. Se non sbaglio da quello che sentivo a scuola, Emmett McCarty era il ragazzo ventitreenne di Rosalie Hale. E fin qui tutto bene. Sarebbe stato anche lui snob e mi avrebbe snobbato in tutti i sensi. Non l’avevo mai visto, tranne una volta ma da lontano. Forse era bruno e piuttosto alto ma non ne ero sicura. Assomigliava forse al ragazzo con cui stava... il bastardo quel giorno al bar, non l’avevo mai visto con lui prima forse perché la maggior parte delle volte vedevo Edward solo. Non ebbi il tempo di farmi venire le palpitazioni per lui e per il ricordo che vidi che mi era arrivato un messaggio da un numero non salvato: doveva essere Alice.
Sapevo cosa avrebbe detto. –Non si fa più nulla, perché tu sei troppo brutta per stare con noi...
Mormorai, ridacchiando fintamente sarcastica. Che umorismo, Bella...
Lo aprì con il cuore a mille e lo lessi frettolosamente. –Non dovresti essere tanto carina anche di prima mattina, sai?
Cazzo, uno stalker!
-Porca puttana...
Mi morsi il labbro. Un altro messaggio.
Non morderti il labbro.
Sgranai gli occhi, guardandomi attorno. Chi cavolo era?
Mi stavano spiando?
Non ti sto spiando, tranquilla.
Oh, beh, cosi mi consoli! Mi misi seduta, stranamente più serena. Non sapevo perché, ma mi fidavo. Mi venne poi una strana intuizione.
Che si trattasse di...? Naah!
Chi sei?
Scrissi veloce e inviai. Intanto mi dondolavo sul letto. La risposta arrivò velocissima, anche troppo; avrei preferito crogiolarmi nel dolore dell’attesa.
Edward!
Che sincerità! Come sospettavo. Ora lo sapevo per certo, quello li era un maniaco possessivo.
Che cavolo vuoi?
Non si risponde cosi al tuo quasi professore di biologia...
Eccitante nella parte di professore. Ma andiamo avanti.
Mi accorsi di stare sorridendo o meglio di stare ridendo. Ero davvero felice. Nonostante fosse un maniaco, ero felice che mi stesse pensando e che si era preso la briga di rubare il mio numero da qualcuno. Nessun uomo l’avrebbe mai fatto!
Chi cavolo ti ha dato il mio numero?
Scossi la testa. Alice, ovvio. Chi sennò? Probabilmente era vero: la brunetta era in combutta con il fratello maniaco. Ma che ci traeva lei?
Alice <3
Un cuoricino? Rimasi sbigottita poi mi misi a ridere. Come volevasi dimostrare era stata Alice. Ora c’era da chiedersi: per chi cavolo era quel cuore?
Non è come sembra. Il cuore è per te xD Ma comunque non te la prendere con lei, diciamo che è stata costretta a darmelo perché lei non può venire a prenderti quindi devo farlo io. E devo dire che sia lei, sia io siamo felici. E forse lo sei anche tu... :D
Rimasi a bocca aperta, letteralmente. Che scusa patetica...
Era vero che Alice non poteva venire? Bah. Avrei voluto infilzarlo con un forchetta.
Potei sentire il suo tono spiritoso e la sua faccia da schiaffi. Sembrava leggermi nel pensiero: “il cuore è per te”. Sarebbe stato carino, se fosse stato un altro ragazzo! E anche non maniaco!
Allora ci vediamo alle cinque e mezza, bellezza?
Bellezza? Ma che cazz-?
Ho l’appuntamento con Alice alle sei. Quindi vieni alle sei casomai. Se mi dici dove abiti vengo io.
No, no. Ti passo a prendere io alle cinque e mezza, puntuale. Stiamo un po’ insieme, solo mezz’ora tanto... che ti costa?
Morirei piuttosto che restare sola con te!
Dimmi dove abiti!
Nooo!! A più tardi, bimba XD
Con le guancie in fiamme, mi misi a gridare agitandomi sul letto.
Brutto pedofilo!
Avrei voluto tanto prenderlo a pugni, si approfittava di me.
Non avevo il numero di Alice quindi anche volendo non potevo neppure chiederle dove abitasse. Se centrava davvero la nanetta in tutto questo, non ne ero tanto sicura. Edward l’aveva messa in mezzo ma non mi sentivo di addossarle tutta la colpa. Le avrei chiesto spiegazioni oggi ed è per questo che ci andai. Non certo per passare del tempo con lui, no...
In realtà mi rodeva il fatto che lui l’avesse avuta vinta. Proprio non mi andava giù.
Presi le robe che avevo scelto per oggi e mi chiesi se erano adatte. Avevo optato per una camicetta a jeans e un pullover rosso, il leggings e dei stivaletti. Ma in realtà mi vergognavo a farmi vedere da lui vestita in quel modo. Non che indossassi chissà cosa però...
Edward di sicuro nei suoi lunghi venticinque anni aveva visto di meglio ma infondo non mi sarebbe dovuto importare giusto?
Erano le cinque e cinque e mi affrettai a prepararmi. Mi lavai per bene la faccia, i denti e decisi di mettere il mascara, tralasciando la matita e gli occhiali.
Indossai le robe scelte sospirando e guardai che ore fossero: 17.30.
L’ora X. Mi affacciai alla finestra, correndo nel salone e non lo vidi giù. Mi aveva fatto buca! In realtà ero nervosa poiché io con lui da sola anche solo per mezz’ora non ci volevo stare!!
Cavolo gli sarei potuta saltare addosso!
No no, frena Bells. Tu non sei questa e lui ti disgusta.
Lui ti disgusta. Lui ti disgusta. Almeno il suo comportamento, ti disgusta. Annuii tra me e me decisa, mordendomi il labbro e facendo sotto e sopra per la stanza. Cavolo dovevo lasciare i capelli sciolti?
Oh che cavolo me ne importa!
Forse sciolti mi stanno meglio però...
Sbuffando mi affacciai di nuovo alla finestra sentendo il cuore arrivarmi in gola e facendomi rossa. Era qui.
Appena mi vide gli angoli della sua bocca si piegarono in un sorriso e mi sentii felice. Non pensavo di poter provare un sentimento cosi potente per un ragazzo cosi stronzo...
Mi sentii mancare e infuocare in tutte le parti del corpo. Sovrappensiero, mi toccai le labbra pensando ad Edward Cullen, cosi, appoggiato ad una macchina con i mocassini mogano e la giacca di pelle, una maglietta fina sul grigio e perennemente sexy. Avevo il respiro irregolare, porca paletta!!
Mi sentivo le orecchie rosse e pensai che anche mia madre in cucina potesse sentire il battito del mio cuore. Non vedevo l’ora di fissarlo negli occhi e pensare di avere pochi minuti per farlo mi rattristii.
Lo vidi mimarmi qualcosa ma non capii. Allora mi fece segno di scendere, ridendo e aggiustandosi un ciuffo ribelle che gli scendeva sugli occhi. Aveva un sorriso cosi fantastico! Bella, tu lo odi, però...!
Annuì tra me e me.
Questo non andava mai all’università?
Balzai su me stessa e prendendo il capottino e la borsa nera, molto semplice, scesi a velocità della luce senza neppure salutare mia madre. Cavolo, mi ero ridotta a questo? Lui non avrebbe dovuto saperlo!
Prima di uscire completamente, lo fissai attraverso la porta e lo fissai mentre si guardava intorno, con aria pensierosa e da macho.
Sentii le mie gambe abbandonarmi. Dovevo darmi un contegno, non ero innamorata di un tale cafone!
Innamorata? L’ho davvero pensato?
Arrabbiata con me stessa, non ci pensai due volte e aprii con furia il portone attirando il suo sguardo. Sentiti i suoi occhi su di me, arrossii. Nonostante tutto era piacevole la sensazione.
Mi avvicinai a lui, con passo calmo e deciso fingendo superiorità. Bells, rimanistrafottente, come lui!
-Non hai letto il messaggio eh?
Disse con voce roca e ridacchiando. Odoravo quando lo faceva e alzava le sopracciglia. Odorava anche la sua voce, ogni cosa di lui era sexy.
-C-che messaggio?
Mugugnai, balbettando come sempre.
Edward scosse la testa, divertito. Sembravo il pagliaccio del mese per lui. Vita emozionante...
Mi fece segno con aria derisoria di accomodarmi in macchina. –Vuole entrare, signorina?
Pedofilo!
Senza farmi vedere colpita dal suo sguardo, un po’ traballante persi la mia sicurezza man mano che raggiunsi l’altro capo della macchina. Mi dovevo mettere davanti?
-Mettiti davanti...
Mi disse, alzando gli occhi al cielo con aria da saputello.
Rimasi un po’ scioccata. Leggeva nel pensiero o semplicemente ero io ad essere un libro aperto? Con questo dilemma entrai in macchina. Era enorme e metallizzata e dentro i sedili erano di pelle. Avevo sempre odiato quell’aroma che contraddistingueva tutte le auto, mi dava la nausea. Ma quella aveva un buono odore, non era né forte né acre né troppo dolce. Era fresco e genuino misto a colonia e pino. Era il suo odore.
Mi girai verso di lui, rapita e lo scoprii a fissarmi. –Sei cosi bella, sai?
Trattenni il respiro. Lui lo era, solo lui.
Mi morsi il labbro e alzai un sopracciglio, non gli credevo. –Se se...
Mi voltai dall’altra parte ma poi improvvisamente sentii una mano che mi girava il volto in modo delicato e piantai i miei nei suoi occhi color infinito. Non sapevo se era giusto paragonare il verde all’infinito, ma mi sembrava adatto. Vedevo in lui più di quanto volesse mostrare a me. Ma forse vaneggiavo, forse lui era solo uno stronzo, niente di più niente di meno.
-Sei cosi tenace, mi fai impazzire...
Era rapito da me quanto io da lui e mi sentii in imbarazzo perché percepivo la tensione nell’abitacolo e sicuramente anche lui, ma lui non arrossiva di certo. Notai un velo di barba che usciva fuori e gemetti silenziosa. Dopo ciò mi divincolai dalla sua mano e lo fissai dritto negli occhi. –Che facciamo ora?
-Ora ti guardo.
Mi accarezzò la guancia e sentii un brivido di dolcezza, il mio cuore scoppiava. Sorrisi un po'. Ero certa che da quel punto si stesse propagando un calore immenso che dalle mie guancie da rossore si trasformò in eccitazione. Lo vidi avvicinarsi, lento, fissarmi negli occhi e farmi sua. Ero completamente e totalmente sua.
-Vorrei tanto infilarmi nelle tue mutandine, sai?
A quelle parole, sgranai gli occhi. Era a tanto cosi da farmi cadere nella sua trappola, il beduino bastardo. Gli scansai la mano con rabbia, mentre lui rideva a crepapelle, rauco. Era sexy, ma un tale imbecille!
Lo trucidai con lo sguardo sentendo le mie labbra gonfie, come se fossero state toccate. Cercai di calmare il mio cuore ma quello che ottenevo era solo un capogiro. Mi sentii lo stomaco pieno di farfalla contorcersi e arrivare in gola.
-‘fanculo Cullen, non te la darò mai!
Quasi gridai, completamente incazzata, congiungendo le braccia.
Lui si bloccò e mi fissò stralunato ma ancora divertito. –Suona come una sfida...
-La più brutta mezz’ora della mia vita!
Esclamai, isterica.
-Te l’hanno mai detto che sei isterica?
Si informò, attento e con aria seria. Mi sembrò un bimbo, con quei cambiamenti d’umore e quasi mi ispirò tenerezza. Idiota...
Poi partì verso casa di Alice –ok, casa sua-, senza neppure avvertirmi. Ne fui felice comunque. Possibile che dovesse rovinare tutto? Sembrava godere nel vedermi arrabbiata e beh, ora lo stavo accontentando visto che ero incazzata da morire e non lo degnai di uno sguardo. Quasi si fermò, mi buttai più velocemente che potevo fuori la macchina.
Il suo era prendermi proprio per il culo!
-‘fanculo Alice! “Sono sicura che gli piaci!”, ma per piacere!
Borbottai, imitando la vocina fastidiosa della nanetta. In realtà, non ce l’avevo con lei ma infondo avevano lo stesso DNA quindi avevo il diritto di incazzarmi anche con Alice.
Camminai a passo svelto verso qualche parte, ignorando il suo chiamarmi. Non mi sarei girata, anche se il mio nome lo pronunciava cosi bene!
Mi sentii fermai per un braccio e  mi voltai incazzata, sapevo chi era. –Che c’è? Che vuoi?
Sputai con rabbia, fissandolo truce. Aveva ancora il sorrisetto stronzo sul viso. Mi chiedevo se con uno schiaffo gli sarebbe passata tanta voglia di prendermi per il culo.
-Sei anche aggressiva, eh, Isabella? Isabella. Grazioso ma ti si addice di più “bella”. Come la bella addormentata nel bosco. Non sai neppure dov’è casa mia...! Andiamo!
Ridacchiando mi portò dalla parte opposta a dove stavo andando io e nel mentre io appuravo che quello che aveva detto era vero, non sapevo dove fosse casa sua.
Arrossii pensando al modo sensuale e basso con cui aveva pronunciato il mio nome; non sapevo come facesse ma aveva quel carisma che poteva trasformare una parola come “immondizia” in “pace nel mondo”. Diceva tutto ciò che aveva per la testa e questo perché le donne glielo permettevano. Evidentemente queste parole funzionavano davvero.
Che razza di donne frequentava?
Mi ritrovai davanti ad una casa enorme. Era cosi carina che se fossimo stati in un cartone, sarebbe stata una casa di marzapane, senza la strega dentro, ovviamente.
-Allora? Entri o stai li a raccogliere le mosche?
Mi strappai alla sua presa e corsi via da lui e da tutto ciò che comportava ma sbattei contro Alice Cullen. –Tesoro, stai bene??
I suoi capelli corvini mi rassicurarono ma i suoi occhi mi ricordarono il fratello.
Poi vidi una scintilla nei suoi occhi e come se avesse scoperto chissà cosa, fece una grossa “o” con la bocca e trasformò il suo piccolo visino in una palla da football rovesciata. -È stato Edward, non è vero? Che ti ha fatto?
Mise le mani sui fianchi, con aria incazzata. Nonostante fosse minuta, faceva paura e trasmetteva energia.
-Non le ho fatto nulla!
Balzai sentendo la sua voce dietro di me ed emisi un sospiro spostandomi da lui.
Stagli lontana, Bella!
-Non importunare, Bellina, cretino! Va’ via!
Poi, prendendomi a braccetto ci avviammo verso una macchina giallo canarino e si mise a dire che dovevamo raggiungere Rosalie. Ma poi non l’ascoltai più perché girandomi, vidi Edward fissarmi con aria triste, mettendosi le mani dentro le tasche del jeans. Non seppi perché ma sembrò fissarmi con uno sguardo innamorato, come se mi stesse perdendo.
Abbozzò un sorriso alzando solo un lato, né malizioso né birichino. Fu dolce.
Sentii il mio cuore pompare forte vedendo poi la sua mano alzarsi per salutarmi. Non potei lasciarlo andare completamente, neanche volendo ci sarei riuscita ma ciò che mi colpiva era che... neanche lui sembrava volermi lasciare.
In macchina con Alice, cercai il messaggio di cui Edward aveva parlato prima.
Vuoi portare il tuo bel sederino giù, bimba? Ti aspetto <3

Ahahahah, non so come lo trovate voi ma a me fa ridereil comportamente di Edward.
Allora? Che ne dite?
Ringrazio chi la legge, in religioso silenzio ;)
Fatemi sapere però che ne pensate.
Un altro bacio,
MisP ;)

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


.Capitolo 4

POV BELLA
Quel giorno mi divertii un sacco. Alla fine, Emmett non era venuto ma Alice e Rosalie si rivelarono più simpatiche di quanto pensassi e mi sentii davvero a mio agio tanto che dimenticai Edward.
I suoi occhi verdi però mi rimanevano incollati addosso e difficilmente sarebbero usciti. Edward mi stava dando qualcuno a cui pensare in questi giorni, non mi era mai capitato. Con Jacob era andata male e con lui aveva sofferto, e non poco. Non voleva fare la stessa fine con Edward Cullen. Avrei voluto essere semplicemente serena ma quel gioco con quel ragazzo mi piaceva troppo. Mi dava fastidio che puntasse solo al mio corpo in realtà, ma non potevo farci nulla. Con lui potevo aspettarmi solo questo.
Fuori il centro commerciale, aiutammo Alice a portare tutte le sue buste in macchina e poi ritornammo a casa dopo aver portato anche le altre buste nella macchina di Rose. Già, Rose. Era cosi che la chiamavo, almeno tra me e me. Sembrava avere abbassato la guardia con me con una sola serata passata all’insegna dello shopping, forse la rilassava. Non andammo da Victoria’s Secret alla fine ma a mangiare. Non me l’aspettavo.
Avevo passato tutta la serata a pensare come sfuggire da quel negozio ma alla fine Dio ci aveva pensato per me.
Ci ritrovammo fuori casa di Alice. Non la smetteva di trillare e saltare. Lei poteva, visto che non portava nessuna busta come me! Vidi loro due camminare avanti a me e io sbiascicavo si e no qualche parola perché tentavo di concentrami nel portare le buste.
-Aliceeee...
Gracchiai finendo in un gridolino poiché le buste caddero a terra. –Scusa, mi spiace!
Le raccolsi veloce ma furono poi Rosalie ed Alice a scusarsi. –Scusaci, tesoro. Ci siamo dimenticate di aiutarti!
Alice mi sorrise a mo’ di scuse e insieme raccogliemmo le buste. –Non preoccuparti!
-Mi spiace anche non essere andata da Victoria’s Secret, ti sarebbe potuto servire con mio fratello...
Annaspai. –Che cav-? No no! Alice... no! Che... uff, no!
Buttai le buste sul divano di casa non accorgendomi nemmeno del luogo in cui ero. –Ti ho già detto che non mi interessa, okay? Davvero! Non mi importa di quello che pensi, se lui mi vuole o se io gli possa piacere!
Feci sotto e sopra, se avessi potuto creare un solco con i miei piedi...!
-E tra parentesi non credo che lui mi voglia affatto! Se stai complottando con lui, beh, sappi che con me hai chiuso. Non voglio avere niente a che fare con il tuo orribile fratello maniaco! Potesse scoppiarmi il cuore nel petto quando lo vedo ma non cadrò mai! Non mi interessa se ha degli occhi bellissimi, davvero, o se ha un sorriso meraviglioso! Non ci voglio avere niente a che fare, chiaro??
Respirai a fatica, fissandola. Alice mi guardava sconvolta tendendo le buste sbatté le palpebre un po’ di volte e io mi rattristii. L’avevo ferita?
-Scusami, Alice! Non volevo... è che tuo fratello mi fa impazzire, ecco...
Mi sorrise, comprensiva e con una luce negli occhi. –Hai appena detto che ti fa impazzire? In che senso?
Posò le buste a terra e solo allora vidi Rosalie guardarmi sorridente. Ridacchiava! Non pensavo sapesse ridere...
La brunetta mi prese le mani e con fare dolcissimo si aprì in un sorriso. –Avanti a me lo puoi confessare! Ti giuro che io e lui non complottiamo nulla. Allora? Ti piace??
Arrossii, incapace di spiccicare parola. Non avevo più fiato e in realtà mi ero sfogata con me stessa. Non volevo offenderla, non pensavo davvero quelle cose. Forse all’inizio si, ma ora...
Un voce materna e calma entrò nelle mie orecchie e mi voltai fulminea. Vidi una donna sulla porta del salotto con un sorriso malizioso, lo stesso di Edward.
-Mamma, ciao! Lei è Bella.
La donna con aria sensuale si avvicinò a me e mi sorrise sincera. Era rossa come il figlio, piuttosto bassina e aveva un corpo favoloso.
-Ciao, Bella! Sono Esme.
Mi porse la mano e io gliela strinsi abbozzando un sorriso imbarazzato.
Indossava un vestito elegante ma serio, era acconciata in maniera non volgare e trasudava bellezza da ogni poro e capello. Aveva delle decolté nere con tacco normale e i capelli le ricadevano lunghi sulle spalle, incorniciandole il viso. Era davvero incantevole e capii da dove venisse la bellezza di Edward e anche di Alice.
Fissò le buste, scuotendo la testa. – Mia figlia ti ha trascinato nelle sue spese folli... oh, beh, scusala da parte mia.
Mi fece l’occhiolino e subito accarezzò la guancia della figlia che un po’ arrossì. Non avevo mai visto Alice arrossire, sembrava un’altra persona.
Esme si aprì in un sorriso sorpreso e divertito. –Oh Rose, non ti avevo vista, scusa!
Congiunse le mani, sparendo dalla nostra vista. Fu allora che mi guardai attorno e vidi l’interno della maestosa “casa di marzapane”.  Ciò che mi colpì fu l’armonia di colori, un po’ di bianco qui, lilla qua, anche rosso e rosa, una casa molto femminile. In realtà erano cosi sistemati bene che mi sentii davvero a mio agio.
Un profumino invitante di pizza mi avvolse e mi brillarono gli occhi quando vidi Esme, con il suo sorriso, che portava un vassoio pieno di pizza.
-Ragazze volete qualcosa? Bella, spero ti piaccia la pizza!
Disse con voce melodiosa, appoggiando il vassoio sul tavolino di vetro di fronte al divano bianco in pelle. Era tutto cosi maestoso! Persino il mio maglioncino rosso in qualche modo si intonava con la casa.
Ci sedemmo entusiaste –anche se io ero un po’ imbarazzata di fronte una donna cosi perfetta- e prendemmo la pizza, ringraziando.
-Alice non ci aspettare. Io e tuo padre andremo ad una cena di lavoro, quindi sta’ attenta e non fare tardi. Piacere di averti conosciuta, Bella, mi spiace di essere maleducata se me ne vado ma mi hai preso alla sprovvista. Fa’ come se fossi a casa tua e non dimenticare di venirmi a trovare un altro giorno.
Mi disse con aria di rimprovero bonario. -Ciao, tesoro! Ciao Rose!
Diede un bacio ad Alice ed elegante se ne andò, sui suoi tacchi con molto classe e senza inciampare.
-Ciao mami!
Trillò Alice, saltellando sul divano.
Ero ancora sconvolto della visione di quella donna, avrei voluto piangere per la gentilezza e la dolcezza che mi aveva emanato. E lo aveva fatto sui tacchi, poi! Senza grugniti di dolore!
-Bella?
Mi voltai verso una Alice rattristata tanto che depositò la pizza nel vassoio. Si leccò le labbra e ad occhi bassi sussurrò impercettibile delle scuse. –Scusa... scusami, comunque. Non volevo farti arrabbiare.
Aggrottai le sopracciglia. Avrei dovuto essere soddisfatta?
No. Alice aveva le lacrime agli occhi e me ne dispiacqui, non volevo farle questo.
-Alice, scusami tu. Non sono arrabbiata con te, okay?
... lo sono con tuo fratello!
Mi allargai in un sorriso rassicurante e poi l’abbracciai con tutto l’affetto che avevo in corpo. –Grazie comunque.
-Beh, che facciamo oggi di bello?
Fu Rosalie a spezzare quel momento e stranamente era sorridente. A quelle parole vidi Alice trillare ed esultare e parlare di un locale con entusiasmo. Era inclusa anche io?
-Allora, Bella, che ne dici tu?
Rosalie e Alice mi fissarono, sorridenti, aspettando una risposta.
-No, che?? Scusate, non vi ho sen-fui bloccato in quel momento da una voce sublime e sensuale alle mie orecchie. –Piccola, ciao...
-Che??
Mi girai di scatto, sentendo un profumo di menta colpirmi in viso e solleticarmi il collo, facendomi rabbrividire. Notai Edward Cullen, che sorrideva spensierato e divertito dal mio spavento e che subito dopo mi depositò un bacio sulla guancia, abbracciandomi al livello del seno da dietro, quasi schiacciandomi.
Fu delicato tuttavia. E anche se non volessi ammetterlo, terribilmente piacevole. Il suo bacio mi rimase per tutto il tempo sulla guancia, come un marchio del fatto che io fossi sua. Sentii le mie guancie infuocarsi e anche il resto del corpo e per un attimo temetti di mettermi a ridere e saltare per tutta la stanza.
Non volevo crederci. Mi appoggiai la mano sul petto, sentendo il suo calore, il suo profumo fresco di pino mentre lui si prendeva un pezzo di pizza e ridendo diceva qualcosa alle ragazze.
Di tanto in tanto Alice mi lanciava occhiatine e sorrideva, ridacchiando.
Cavolo, mi aveva baciata! Sulla guancia, okay... ma era pur sempre un bacio, in altre culture a quest’ora lui mi avrebbe dovuto sposare.
Abbassai gli occhi sentendomi colpita nel cuore. Fu un attimo anche se quei gesti rimasero in me come il tesoro più prezioso. E lo erano. Ma doveva ricordarmi che io lo odiavo!
-Che cavolo...?!! Sei pazzo, chi ti ha detto di...!?
Mi alzai, gesticolando contro di lui ma mi bloccai sul nascere perché non riuscivo a sostenere i suoi occhi verdi. Aveva un pezzo enorme di pizza in bocca ed era un po’ sporco di rosmarino vicino la bocca, mi guardava stralunato ma subito la sua espressione cambiò in “sono il migliore e tu cadrai ai miei piedi”.
Insomma fece il suo sorriso sghembo, masticò per un po’ e poi si tolse con il pollice il rosmarino per poi succhiarlo leggermente. Mi fissò, malizioso. –Non riesci a dirlo, eh? Ti ho baciata, se quello si può chiamare bacio! Ma faremo di meglio, tranquilla...
Aveva un sorriso a trentadue denti che ricopriva il suo viso.
Il mio cuore era in tumulto e restavo zitta sia perché sapevo che aveva ragione sia perché non sapevo invece se ammazzarlo di botte o di baci.
Sospirò, fissandomi estasiato le labbra. -Ti mordi il labbro quando sei imbarazzata, lo sai?
Aveva perennemente quella voce bassa e sexy. E io ce l’avevo stile cornacchia. Sentii Alice trillare qualcosa ma in totale quasi assente silenzio.
Non sapevo se baciarlo per la sua voce, per le sue mani, la sua bocca...
No Bella, basta! Rispondi, che stai facendo la figura dell’imbecille!
-Stai facendo la figura dell’imbeccill... no! Io sto... oh niente!
Gridai, gesticolando, diventando rossa e mettendogli una mano sul viso e poi anche l’altra. Avevo detto a voce alta il mio stesso pensiero! Se già non pensava che io fossi pazza, ora l’avrebbe fatto. Edward cercò di liberarsi dalla mia stretta. –Ehi! Lasciami!!
-NO!
Continuammo cosi per un po’, io che cercavo di infastidirlo e di impedirgli di guardarmi con le mie mani, agitandole e lui che alternava in smorfie adorabili quel magnifico sorriso, cercando di tenermi ferma. –Eh, ferma!!
Cercò di darsi indietro ma io mi protraevo verso di lui, ridacchiando.
-E finiscila!
A quanto pareva odiava essere toccato la faccia o i capelli. Buono a sapersi...
Lo rincorsi tipo cinque metri fino all’inizio della cucina poi forse si accorse che quel atteggiamento di codardia per le mie mani non era proprio da uomo e cercò di prendermi. Si girò di scatto e io andai a finire su di lui. Non ebbi il tempo di arrossire o guardarlo negli occhi che dovetti scappare poiché mi prese dai fianchi, ma per fortuna gli scivolai dalle mani e ridendo andai fuori casa senza neppure accorgermene ignorando –non sentendo proprio- le grida di Alice e le risa di Rose.
Lo sentivo grugnire come un uomo di Neanderthal e quando mi giravo lo vedevo ruggire quasi ridendo e imitando un leone affamato.
Purtroppo con un agile mossa e aiutato dalla mia sbadataggine, mi prese da dietro e mi circondò in un grande abbraccio, appoggiandomi al muro, mettendo la fronte sulla mia.
Mi sentivo piccola piccola tra le sue braccia ma protetta. Non mi ero neppure accorta di aver giocato con lui e adesso mi ritrovavo con il cuore che batteva più di prima- e non per il fiatone-, le ginocchia tremolanti e gli occhi lucidi persi nei suoi verdi verdi -cosi verdi da dirlo due volte.
In quel momento, nei suoi occhi le sue labbra, il suo viso sorridente e malizioso, il suo profumo spezziato...
Probabilmente mi immaginai tutto perché era impossibile. Era un sogno. Mi girava la testa ed ero terribilmente emozionata. Io odiavo quel bel imbusto, no? No?
Lo vidi guardarmi e restare cosi, inerme. Non sorrideva più, potevo sentire il suo cuore battere, il respiro pesante e fresco, le sue dite dietro la mia schiena tremolanti ma poi audaci perché mi accarezzarono la schiena scatenando mille brividi, mille sentimenti. Appoggiai le mie mani sul suo petto, con l’intento di cacciarlo via ma il tocco fu leggero ed intimo e ci causò un sussulto.
E forse, non lo so, forse da lontano sembravamo anche due innamorati.
Poco dopo lui mi lasciò, come scottato, senza smettere di guardarmi, senza smettere di fare l’amore con gli occhi. Mi fissò più audace ed acquistò la sua aria sprezzante.
Contemporaneamente ce ne andammo verso parti opposte.
-Maniaco pervertito!
-Verginella impazzita!
Nervosa a passi profondi grugnì, tappandomi le orecchie. –Coglione! Figlio di un manigoldo pervertito!
Piena di rabbia, di voglia di... di... schiaffeggiarlo, si! Piena di voglia di schiaffeggiarlo, mi girai verso di lui, sentivo in realtà il bisogno di riguardarlo negli occhi. Mai visti occhi cosi verdi. Tanto verdi da dirlo due volte.
Respirai affannosamente e lo cercai per tutto il giardino. Quando lo trovai, stava fumando seduto su un’altalena di ferro, imbottita e ricoperta con un lenzuolo verde scuro, alle spalle dell’ingresso. Anche dietro, il giardino era curato ed era pieni di piccoli fiorellini variopinti.
Appena mi vide, borbottò qualcosa alzando gli occhi al cielo. Sistemò il suo pacchetto di sigarette nella tasca e mi fissò. –Che vuoi?
Sbiascicò con la sigaretta in bocca.
-Da quando fumi?
Chiesi dimentica del perché ero lì e coscia che non mi sarei mai stancata a guardarlo.
Ridacchiò, passandosi la mano nei capelli fatti col gel aggiustandoli, scuotendo la testa e sputando sul parquette.
-Hai sputato sul tuo parquette!!
-E allora!!?
Mi morsi il labbro, stavolta io scuotevo la testa. –Non dovresti fumare...
Perché glielo dicevo? Che mi importava?
In tutta risposta, lui guardando davanti a sé prese una bella boccata di fumo lo trattenne e solo verso di me lo buttò fuori, sorridendo malizioso.
Aggrottai le sopracciglia. Che individuo antiambientalista e maniacale della perversione...
Sospirai. –Non mi piace che ti avvicini cosi a me!
Toccai la sbarra di ferro dell’altalena come per farmi forza fissandolo negli occhi. Solo allora mi calmai e mi caricai subito dopo per una sfuriata coi fiocchi e controfiocchi.
-Non voglio, non sei nessuno per farlo okay? E se credi che io possa dartela un giorno... beh, ti sbagli!
Urlai alla fine con tutta la furia che avevo in corpo. Non lo vidi scomporsi né muovere un muscolo. Fissava davanti a sé, tranquillo e spensierato con la sigaretta in bocca da uomo vissuto e il suo sorriso sghembo da pallone –sexy- gonfiato. Appoggiò il suo sguardo su di me.
-Sembra una sfida...
-Ohhh!!
Mi presi il viso con le mani, infelice di dover parlare ad un beduino maiale. –Senti non è difficile, okay?
-Carta, sasso, forbici?
Si alzò di scatto e con la sua aria da re mi protese il pugno, spensierato. Si tolse la sigaretta dalla bocca in un gesto che non mi toccò minimamente e incominciò a girare il pugno fino a formare dei cerchi in aria e a concentrarsi.
-Che cavolo faiiii???
Gracchia, nervosa.
-Vedi che se non giochi ti prendo con la forza, eh...
Sobbalzai vedendo nei suoi occhi che diceva sul serio. Davvero me la stavo per giocare a carte, sasso e forbici?
Incominciò di nuovo a far girare il pugno e mi affrettai a farlo anch’io. –Ma che cavolo...? Smettila! Non giocherò con te a carta, sasso, forbici, chiaro?!! Non vale niente!
Imbarazzata, trillai le parole quasi come se fossero un ‘vaffanculo’.
Edward mi guardò con la bocca aperta. –Che c’è? Non ti piace il gioco?
Ma era davvero cosi stupido?
-Non è questo!
-E allora gioca, dai!
Come facevo a spiegare ad un bastardo maniaco pervertito possessivo che era immorale ed un offesa giocarmela a carte, sasso e forbici?
Mi prese la mano, me la fece girare in una specie di cerchio e poi buttammo.
Uscì carta e sasso.
Io risi, saltellando. –Ahhh, ho vinto io!!
Il rossiccio di fronte a me restava ancora ad occhi sbarrati a fissare il suo pugno. –Di solito da piccolo vincevo sempre con il sasso...
Sussurrò mentre io ridevo come una pazza.
Non so esattamente cosa avessi vinto e neppure cosa avessi perso, non credevo davvero che lui stava giocando a carta, sasso e forbice con me solo perché mi voleva portare a letto. O meglio ci credevo ma mi sembrava un po’ strano il modo in cui lo stava facendo. Se era una tattica per conquistarmi questa...!
Non mi aspettavo di vincere, avevo la sfiga perenne dietro la schiena ma qualcuno lassù oggi mi voleva bene!
Saltellavo per tutto il giardino ma poi mi detti un contegno. –Aha! Ora devi fare come dico io...
-Non vale, avevo la sigaretta nella mano perché nell’altra avevo la tua di mano...!
Si lamentò come un bambino che vedeva la mamma togliergli le caramelle. Buttò la sigaretta sconfitto. –Che vuoi che faccia?
Disse con aria da pervertito, tentando di avvicinarsi. –Tanto non vale!
Sgranai gli occhi. –C-cosa non vale? Abbiamo giocato, si che vale!
-Tu hai detto di no e quindi no, non vale!
Congiunse le braccia tra di loro con aria superiore e dondolandosi sui piedi.
-Sei un vigliacco...! Se avessi vinto tu, sarebbe valso, ci scommetto quello che vuoi!
Lui si accese. –Cosa? Che ci scommetti??!
Ridacchiò, avvicinandosi e prendendomi il viso con le mani ma io mi allontanai. –Hai perso, Edward! Game over!
Eh cavolo!! Avevo fatto quella pagliacciata assurda e ora che avevo vinto lui doveva lasciarmi in pace. Non avrei dovuto più averlo vicino, sentirlo malizioso o spensierato, guardarlo negli occhi e nel cuore – ma che cavolo dicevo? No, non mi sarebbe mancato!
Lui scosse la testa divertito, facendo di ‘no’ con il dito. –No no, signorina, no no. Il gioco è appena iniziato.
Mi fissò negli occhi, facendomi l’occhiolino e se ne andò via da me.
 
-ALICE!
Lei mi fissava dispiaciuta dallo specchietto in alto. –Eh, scusa tesoro... ma forse è meglio, si vede che vi volete!
-Lui vuole portarmi a letto, Alice! Okay?
Nella Porsche gialla canarino di Alice Cullen ci dirigevamo con Rose verso l’Eclipse, un locale situato sul mare. E non eravamo sole poiché con noi a quanto pareva, ci sarebbe stati anche i ‘ragazzi’. Probabilmente intendeva taaantissimi ragazzi loro conoscenti ma io capì una sola cosa: anche Edward Cullen sarebbe venuto con noi.
-Te l’ho detto cosa è successo a casa tua e poi lo avrai capito che... beh, insomma, che io non sono proprio a mio agio con le persone di genere umano, figurati con un pervertito maniaco come tuo fratello!!
Dissi, fissandola imbronciata e imbarazzata. -Senza offesa...
 –Tesoro, prima che voi ve ne andavate a fare i piccioncini -occhiataccia mia verso di lei- lui ce l’aveva proposto e tu non hai detto nulla! Quindi non pensavo ti desse fastidio! E poi che ti importa, stai con noi, no? Andiamo, non ci conosciamo da... beh, quasi per niente ma infondo siamo già cosi unite e puoi fidarti! In questi locali si sta bene, non è mica il locale che frequenteremo domani sera!!
Rise e io mi strozzai con l’aria. Domani sera?? LOCALE?? Oh perbacco!
Shakespeare, l’avevi previsto questo?!!
Erano le nove e mezza di sera. Avevo chiamato mia madre un’oretta prima per dire che stavo con amiche e che sarei ritornata un po’ tardi. Lei fu felicissima ma preoccupatissima e mi disse alla fine che mi avrebbe aspettato sveglia. Per andare al locale Alice volle prestarmi uno dei suoi vestitini. Dopo che mi ebbe obbligata e forzata a mettere un suo vestitino, mi sorse un dubbio dubbioso. Mi sarebbe andato il vestito? Lei aveva un fisico da donna, minuta, bassina, tette e culo proporzionati. Io ero piatta, piuttosto altina ed ero più - molto più - robusta di lei! E poi non avevo tutte quelle tette e quel culo.
-Ma va’! Che sembra quel lato B che fanno vedere nei film porno o nei video musicali! Zitta e muta che hai un bel fisico! E poi è un vestito semplice quindi...!!
Alla fine lo misi, lasciai i capelli –a loro parere perfetti- sciolti, sulle spalle e quando tutte fummo pronte ci avviammo. Solo allora Alice si era fatta scappare l’insignificante dettaglio del fratello. Da allora una forza oscura incombeva nel mio cuore!
-Esagerata, Bellina, esagerata...!
Scosse la testa, con aria grave, parcheggiando in un luogo buio e tenebroso.
-Non mi sento più le gambe...
Farfugliai in preda al panico. L’avrei dovuto incontrare?? Respiravo a fatica e non sentivo più il mio cuore nel corpo... se n’era andato via! No, in realtà era in gola e mi sentivo soffocare.
Rosalie si girò e mi fece l’occhiolino. –Tranquilla, starai con me ed Alice tutta la serata!
E sarebbe stata una bella idea se non fosse stato che tutt’e due erano fidanzate!
Questo significa uscire con persone che a mala pena conosci, Isabella Swan!
Quando uscimmo dalla macchina, subito Alice e Rosalie furono prese da due ragazzi –come dicevo! Alice un biondino e Rosalie uno moro. A guardarli bene, erano quei due della sera al bar con Edward.
Chiusi la portiera, rassegnata. Figure di merda in arrivo...
Girandomi vidi altri cinque ragazzi con quattro ragazze avvinghiate ad ognuno di loro. O meglio, due erano su Edward Cullen mentre quella che distinsi essere Kate Denali se la intendeva non solo con quest’ultimo ma anche con un neretto, alto e prestante. Mi ricordava Jacob per certi versi.
Edward Cullen era davanti a me in tutto il suo splendore. Era elegante e semplice, indossava un giubbotto di pelle, camicia spiegazzata e bianca aderente,pantaloni sempre aderenti e neri e mocassini marroni. Deglutii appena in tempo, ancora respirando, perché poi ebbi il suo sguardo addosso.
Mentre abbracciava una biondona con le tette enormi, puntava i suoi occhi color autunno nei miei indossando anche un sorriso malizioso che gli donava quell’aria sensuale che lo contraddistingueva tra tutti i ragazzi.
Sentii Alice farsi avanti, salutando i ragazzi. Poi fece una cosa che non avevo pensato minimamente e quindi a cui non mi ero preparata.
Mi presentò. A tutti.
Per carità, sapevo che doveva farlo ma la mia mente non si era posta il problema e quindi non avevo avuto il tempo di pippe mentali. Conoscevo la metà di loro. Le puttanelle su Edward erano Tanya e Irina Denali, frequentavano la mia scuola ed avevo alcuni corsi con loro. Erano snob tettone biondone sfondate di soldi ancorate con tutti i tentacoli su Edward che naturalmente e da vero gentiluomo mentre toccava il culo ad una ficcava la lingua nell’altra. Ma cavolo, ci sono qui io! E poi quelle due non erano sorelle?
Se ne fregava totalmente e –ahimè- questa cosa mi uccideva. Non solo perché se ne stava fregando della mia presenza ma anche perché se la stava baciando con nonchalance. Aveva venticinque anni e sembrava un bambino.
Cercai di non dare a vedere che mi stava fortemente irritando perché ero sicura che un po’ se ne stava approfittando per farmi incazzare. Giusto? Oppure non pensava totalmente a me?
-James, lei è Bella. Bella, lui è James!
James Hack era sul biondo castano, occhi celesti e viso da stronzo bastardo epico. A scuola si diceva che avesse pestato il preside ma che poi tutto si era taciuto per i soldi di suo padre. Mi presentò “il suo Jasper”, il biondino del bar che abbozzò un sorriso tirato e poi accennò qualcosa ad Edward che mordendosi il labbro e fissandomi, rise e poi ritornò a fissarmi. Parlavano di me!
Stronzo, stronzo, stronzo, stronzo, stronzo, stronzo..., mi dissi cercando il più possibile di non arrossire, fare rumori strani o balbettare.
Quando mi presentò Emmett, quello si mise a fischiare ed io risi per una volta in quel periodo, spensierata. Sentivo sarebbe stata una lunga serata!
Già conoscevo Emmett McCarty e ora che lo vedevo da vicino mi ispirava fiducia e una simpatia signolare.
-Sei uno schianto, Bellina!
Okay, no, non mi è più simpatico! “Bellina” a chi, eh?
Il neretto gli battè la mano sulla spalla. –Wow, si hai ragione, è uno schianto!
Alzai il sopracciglio e vedendo ciò quelli si misero a ridere e alzarono le mani. –Ehi, ehi calma, tigre! Mi chiamo Laurent e sono quello più bello e... antico della comitiva che vedi qui!
Era il più vecchio? Quindi non era Edward quello più vecchio...
-Si e io sono Sam, quello simpatico e bello.
Disse un ragazzo piuttosto bassino, ma per me comunque alto, che con aria scherzosa saltò alle spalle di un moro con i capelli lunghi.
-Piccola, la regola qui è che siamo tutti belli, chiaro?
Fu quello con i capelli lunghi a parlare. Era moro con gli occhi verdi, voce grave ed aveva un sorriso quasi sprezzante. Sembrava James ma moro e dagli occhi verdi per l’appunto.
Notai solo quando Alice mi volle presentare le ragazze che Stronzo Edward Cullen se ne era andato via con le suddette zoccole.
Se prima mi chiedevo che ragazze frequentasse, ora lo sapevo!
Sentii una morsa al cuore e il respiro mozzato. Perché se ne era andato? Che voleva fare con quelle lì?
-Ah, beh, qui devi sapere una cosa: siamo tutti belli ma quello che infila più di tutti è Edward Cullen, il fratello di Alice!
James mi mise una mano sulla spalla e mi parlò all’orecchio come se cercasse di essere sensuale. Non era ancora cominciata la serata ed avevo mal di testa, ci mancava solo l’alito che puzzava di alcool e whisky puro del biondo. Ciò che aveva detto mi turbò e non poco, sperai che Edward stesse semplicemente andando ad aggiustare la macchina, accompagnato dalle due zoccole oppure le stava aiutando a fare... qualcosa. Qualsiasi cosa sarebbe andata bene. Qualsiasi.
Ma perché infondo stavo male? Perché sentivo l’ansia pervadermi, il cuore pesante come un macigno e il respiro mozzato? Perché doveva essere tutto cosi difficile?
Aveva detto che mi voleva. No, non l’aveva detto. Ma io pensavo e credevo che fosse... che non mi stesse mentendo... perché? Sembrava tenerci, no? Anche Alice l’aveva detto!
La visione poi dei tre ragazzi in questione mi allontanò dai miei pensieri e per un attimo mi dimenticai dell’angoscia e dell’ascella puzzolente di James. Mentre mi scostai da questo, vidi Edward Cullen che con grande charme si aggiustava la patta dei pantaloni, tutto trafelato e sorridente, che si avvicinava con le due zoccole. Capii tutto e mi venne da vomitare.
Lui era cosi? La sua vita era questa? La verità mi esplose in faccia, quello che avevo sempre temuto si era avverato.
Girandomi, fissai il viso della rossiccia. Era di un rosso arancio molto chiaro, capelli ricci e lentiggini appena accennate, il tutto enfatizzato da due occhi di ghiaccio. Fu lei a rompere il ghiaccio e a presentarsi come Victoria. Doveva essere grande a giudicare dalla mantellina di pelliccia che portava. Mi limitai ad abbozzare un sorriso e con angoscia mi presentai.
Sentii dei schiamazzi, qualcuno ruttare e saltare addosso ad Edward, dicevano “bentornato, don Giovanni”, Jonh si rivolgeva a Tanya chiedendole di fargli la stessa cosa che aveva fatto ad Edward ma lei lo schiaffeggiava come se avesse qualcosa da difendere.
Avrei voluto picchiarla io. Avrei voluto spezzarle quelle unghie finte, toglierle almeno una taglia di seno e strapparle i capelli. Ma avrei perso con lei e lui avrebbe riso di me.
Decisi di essere forte e carica. Sentii Alice prendere a schiaffi il fratello che tentava di difendersi ma quando lo prese per il polso e lo portò da me, lui abbozzò quel sorriso compiaciuto e soddisfatto tremendamente sexy ed irritante.
-Buonaseraaa! Vuoi fare anche tu un giretto, ah?
Era chiaro cosa intendesse. Puzzava di alcool, non pensavo fosse anche lui ubriaco. In realtà solo lui e James lo erano, gli altri erano perfettamente lucidi.
Alice non mi diede il tempo di rispondere che lo prese e lo porto dentro il locale.
-Forza ragazzi, entriamo!
Rosalie attaccata ad Emmett mi prese per il braccetto e mi fece l’occhiolino cosi entrammo. La ringraziai con un sorriso per questo.
Solo allora notai la musica a palla del locale, non riuscivo a sentire i miei pensieri. Fui colpita dai forti odori come fumo, alcool e sudore. Erano le dieci e c’era chi era già ubriaco fradicio e molti, tra cui vi erano anche le ragazze, si strusciavano su ogni superficie piana e non. Emmett trascinò Rose nella mischia ma quella tentò di divincolarsi restando ancorata a me. Non sentivo cosa dicessero ma capii subito. La lasciai andare subito, coscia che non potevo tenerla con me e lei mi fissò dispiaciuta, mentre veniva trascinata dal ragazzo che prese ad essere parte integrante della festa in quel tripudio di puzza, musica e alcool.
Per un attimo persi anche Alice poi tutti gli altri. Anche Edward era evidentemente troppo impegnato.
L’ansia non mi abbandonava e la musica neppure. Ora pareva più alta e mi faceva tremare il cuore in gola. Deglutii a fatica e sentii qualcuno dietro di me toccarmi la spalla. Mi voltai un po’ spaventata e spaesata.
Quando vidi il ragazzo di fronte a me, sgranai gli occhi e trattenni il respiro.
-Che cavolo ci fai qui, Bells??
Urlò lui, mettendomi la mano sulla spalla.
Sbiascicai qualcosa, sentendomi confusa. Di fronte a me c’era Jacob Black, ex ragazzo ed ex migliore amico. L’ultima casa che volevo era vederlo. E infatti eccolo qui!
Avrei dovuto sentirmi rassicurata, almeno ora non ero più sola.
Quando ripresi il controllò di me, urlai un “ehi” alla Fonzy. Se fossi stata da sola, mi sarei presa in giro. Lui mi fissò, facendomi fare una giravolta. Notai che aveva un’espressione rapita soprattutto dalle mie tette. Indossavo un abito scuro a maniche corte sblusato che ricadeva morbido poco più del sedere, con una fascia sulla vita. Nonostante fossi coperta sul petto, le mie tette erano più grandi della normale e scarsa seconda che avevo. Alice e Rose l’avevano scelto apposta mentre per loro avevano optato rispettivamente per un vestitino rosso attillato ed uno leopardato con annesse scarpe leopardate.
Il suo sguardo mi dette fastidio ma fu anche una specie di rivincita, nel senso “ecco che ti sei perso, coglione!”. Ma non lo dissi, ovviamente.
-Che cavolo ci fai qui??
Ripeté lui al mio orecchio. Puzzava di fumo ma non di alcool. Non ancora.
-Cosa?!! No, sto con amici... tu?
-Anch’io!
Annuii, sorridendo falsamente. Probabilmente era meglio stare soli che con lui. Jacob Black era un doppia faccia, l’avevo capito finalmente e non avevo intenzione di intrattenermi con lui neppure per un secondo. Mi aveva “tradito”, aveva fatto di tutto pur di farmi stare male e ora non si meritava la mia amicizia. Era cambiato totalmente da quando c’eravamo messi insieme due anni fa. Non c’era nulla da dire quindi mi affrettai a salutarlo e ad andarmene. Raggiunsi i divanetti di pelle nera e mi ci sedetti.
A quel punto notai Jacob di nuovo dietro di me.
-Che vuoi?
Dissi quasi senza pensarci e subito me ne pentii, non volevo si accorgesse che lo stavo evitando sia perché poi si attaccava a me e sia perché non volevo fare la parte della ex che aveva dei rimorsi e conservava rancori. Avrei voluto solo che mi lasciasse in pace! Quella serata stava cadendo a pezzi...
Lui allargò le braccia, spazientito. –Come sei aggressiva... non gradisci la mia presenza?
NO!
-Si.
Sorrisi. Mandarlo o no a ‘fanculo?
Lui si sedette a peso morto attaccato a me e mi circondò la vita, dandomi un bacio sulla guancia. –Sei sempre più “Bella”...
Di scatto mi spostai, allontanandolo con la mano ma non perché fosse un brutto ragazzo. Era scuro di carnagione, alto con occhi e capelli scuri. Un tipo anonimo ma che mi aveva fatto del male. Come ho fatto a stare con un tipo del genere ed essergli anche amica?
-Senti, Jake... perché non mi vai a prendere, ehm... un cocktail, eh?
Lui stette per un po’ a fissarmi, mi sentii a disagio. La musica mi stordiva e forse anche a lui. Era sempre stato un tipo possessivo e testardo e fui felice quando si alzò e fece quello che gli avevo chiesto. –Qualche preferenza?
Scossi la testa e finalmente andò via. Bene!
Era il momento di scappare! Ma forse non era una buona idea... non avrei dovuto farlo, l’avrei solo insospettito e poi che poteva succedere?
Mi domandai dove fosse Edward e soprattutto con chi, a fare cosa. Jacob ed Edward in un certo senso erano tali e quali. Tutti e due non solo erano stronzi ma mi avevano “tradita” in qualche modo, dopo avermi fatto illudere. Ero io ad essere attratta da persone cosi o loro che si appiccicava a me? Forse esageravo, parlavo come se Edward fosse stato il mio ragazzo o altro, ma non era cosi. Non era niente, in realtà.
Aveva il diritto di scoparsi chi voleva, di ferire i sentimenti di chi voleva, di allontanarsi da me dopo avermi illuso di qualcosa. Sarei restata in silenzio perché per lui era questo infondo: un gioco. Non sarei potuta essere nient’altro. Che mi aspettavo?
Pensavo che quegli occhi verdi non mi avrebbero tradito e avrebbero potuto amarmi davvero. Ma forse divagavo un po’ troppo. Ricordavo la sua dolcezza spensierata quel giorno in spiaggia oppure quando mi aveva inseguito e mi aveva chiesto se poteva baciarmi. Io lo ricordavo. E lui?
Mi sentivo sciocca e lo ero senza dubbio poiché già innamorata, già fregata. Sarebbe stato solo il fratello di Alice. E mi sarebbe bastato. Non volevo avere a che fare con lui. Non volevo fidarmi di nuovo di un ragazzo per poi sentirmi a pezzi una volta mollata. Nel mio cuore sapevo che comunque con lui sarebbe stato diverso, l’avevo capito dai suoi occhi. Non ne sarei uscita solo male, sarei morta letteralmente. Sospirai, affranta. Da quando ammettevo tutto questo a me stessa?
Intanto Jacob ritornò con in mano chissà quale super alcolico. Me lo perse e io lo bevvi subito senza pensarci. Quel liquido marrone rossastro era forte e pulsava in gola. Mi mandò a fuoco e feci delle esclamazioni. Mentre Jacob beveva il suo, si mise a ridere guardandomi. –Non sapevo ti piacesse...
Alzai gli occhi al cielo. Oh, ecco quel “non sapevo ti piacesse...”. Questo era esattamente il genere cose che volevo evitare. Non mi interessava se lui “non sapesse che!, erano problemi suoi e non doveva neppure farseli ora! Quindi annuì per niente contenta e cambiai dicorso. –Che cavolo è ‘sta cosa??
-Si chiama Black Russian, buono eh?
 L’avevo sentito scorrere giù per gola, attraversare il cuore e irradiarsi in ogni centimetro e vena del mio corpo. –Si si, buono. Buono ma forte!
Ridacchiò per poi fissarmi concentrato. A quel punto si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio uno “scusa”. Annegò nei miei occhi.
Jacob Black aveva sempre avuto un certo ascendente su di me, mi faceva star bene come nessuno e mi sentivo protetta con lui ma non avremmo mai dovuto stare insieme. L’avevo capito troppo tardi. Non mi dispiaceva tuttavia che l’amicizia si fosse deteriorata. Era il mio “Joker”, nemico naturale.
Okay, forse esageravo. Quello era Edward. Joker era Edward. Già.
Più lo guardavo più mi sentivo meno attratta da lui e mi scansai con un sorriso di circostanza. Avevo capito che voleva baciarmi ma io non volevo farlo. Mi sedetti più distante da lui e gli chiesi di restare amici. Sorrisi ancora.
Una parola e un sorriso. Parola, sorriso. Parola, sorriso.
Lui mi guardò. Non sembrava dispiaciuto, nemmeno contento. Fece su con il naso, finì di bere il cocktail e posandolo sul tavolino davanti a noi se ne andò. E mi lasciò sola, di nuovo.
Nonostante tutto, non volevo ritornasse. Volevo che solo una persona venisse da me.
Ma quella persona non sarebbe mai stata al mio fianco.
Mi chiesi perché ero venuta lì se né ballavo e né parlavo o bevevo. Alice e Rose se n’erano andate e anche quella Victoria che mi era apparsa simpatica non c’era. Avrei anche potuto ballare ma... da sola? Non era una buona idea. E se si fosse avvicinato un maniaco?
Pensa, Bells... pensa!
Potevo andarmene semplicemente ma con quale macchina? Mi detti della stupida, sarei dovuta venire con la mia. Anzi, non ci sarei dovuta venire proprio.
Mi guardai in giro non vedendo nessuno che conoscessi. All’improvviso Jacob ritornò, quasi incazzato e fermo. Mi prese il polso con rabbia, stringendolo e mi trascinò via.
-Che fai...?!!
Sbiascicai, tentando di trattenerlo ma più lo facevo più lui mi trascinava con forza. Sentivo il cuore battermi nelle orecchie. Che cavolo voleva fare?
Sbattei contro mille persone e alcune mi mandarono a quel paese, altre all’inferno. Era difficile camminare, correre, con quei tacchi seppur non molti alti. Jacob si destreggiò bene data la sua altezza e mi sballottò a destra e a manca e solo dopo intuì che mi volesse portare fuori. Mi spaventai.
-Jacob...
Non pensavo fosse cosi. Voleva farmi del male? Mi strinse con la forza il polso. –Mi fai male, Jake!!
Aprì la porta con un grugnito e, svoltato l’angolo, mi mise al muro. Per quanto avessi cercato di vincolarmi, ora mi ritrovavo qui e Dio solo sa cosa avesse potuto farmi. Mi fidavo di Jacob, non voleva dare abusare di me o picchiarmi.
Notai una scintilla nei suoi occhi nocciola, di desiderio e ira e quando appoggiò le braccia al muro ai lati della mia testa sospirando, notai che puzzava di alcool ora. Era ubriaco?? Di già? Lo era anche prima? Non sembrava, non puzzava di alcool.
Respirai a fatica e quando sentii le sue labbra sulle mie, emisi un urlo strozzato nella sua bocca. Lo colpì sul petto ma lui non si fece nulla, anzi mi prese per i capelli appoggiandosi al mio corpo e infilando brutale la sua lingua nella mia bocca, mischiando il suo alito saturo di alcool con il mio. Non c’era dolcezza e il mio cuore pompava veloce, la voce persa completamente. Sentivo la sua eccitazione e la sua voglia e mi venne un conato di vomito forte.
Cercai di scalfirlo, fargli male, urlare. Ma era più forte.
Jacob Black frequentava la palestra ventiquattro ore su ventiquattro ed era fatto di mattone.
La testa mi batteva, il sangue circolava veloce. Non mi faceva neppure respirare. L’unica cosa che riuscì a fare era scuotere il capo per non farmi baciare. Annaspai in cerca d’aria ma lui mi prese la testa bloccandomela e infilò ancora la lingua nella mia bocca. Avevo le vertigini.
Ero sola, era tutto buio, era ubriaco ed io non potevo fare nulla. Sentivo solo la sua eccitazione e mi schifai di questo.
Gli morsi la lingua e lui gridò ritraendosi, mentre gli graffiavo le braccia. Fu allora che gli stampai un calcio chissà dove e sentii l’adrenalina scuotermi il corpo e tentai di scappare. Pregai Dio affinché Jacob Black non mi prendesse.
Edward...
Il cuore batté più forte quando lui mi fermò per il polso, anche se quel tocco fu quasi delicato. Con una furia immane e con un strillo, mi voltai e gli stampai uno schiaffo sul viso, tremando.
Lui mi guardò toccandosi la parte colpita, come se non capisse ma non mi mollò. Anzi, rafforzò la presa. -Lasciami!!
Piagnucolai spaventata, picchiandogli il petto. -LASCIAMI!!
Lui mi bloccò i polsi, lasciando stare la sua guancia dove c’era la forma della mia mano. La sentivo bruciare e formicolare e quando ritrovai la forza per gridare, lo feci.
-Per che cavolo urli??? Hai detto tu che volevi fare sesso!
Ringhiai sentendo le sue parole e mentre lo vedevo dolorante. Non ascoltai ciò che diceva, riuscivo solo a pensare di scappare ed rimanere viva e vegeta. Non riuscivo a stare ferma, i capelli si attaccarono al viso e capii solo dopo che stavo sudando. Mi fermai, lo fissai e ringhiai con tutto la forza che avevo in corpo. –Lasciami!!
Lui mi lasciò incazzato. –Che cazzo ti prende?!! La tua amica mi avevi detto che volevi farlo!
-Che cazzo dici??? VAFFANCULO!!
Mi agitai, non riuscivo a smettere di tremare, la testa mi girava.
-Quella Tanya... mi avevi detto che eri sola e che nonostante mi avessi detto che volevi essere solo amica come le avevo spiegato, tu intendessi amici... di letto. Scopamici.
Sbattei le palpebre, sentendomi angosciata. Ero inerme di fronte ad un ragazzo che diceva cosa prive di... senso.
-Tanya...
Biascicai, forse non mi sentì. –Tanya... Denali?
Sentii gli occhi pungermi dalle lacrime.
Lui annuì semplicemente. Sapevo la conoscesse, l’aveva vista molte volte a scuola quando lei e la sorella Irina si avvicinavano a me per parlare di qualcosa di scuola, sempre con sguardo sprezzante.
Fissai il vuoto, il pavimento, poi Jacob. –Mi credi cosi stupida da credere a questa cosa?!!
Gracchiai e lui aggrottò le sopraciglia. –Perché avrebbe dovuto mentirmi??
-PERCHÈ LEI MI ODIA, LO SAI!
Jacob Black sbuffò, alzando gli occhi. –Ma che cavolo...
Lui? Lui alzava gli occhi al cielo?
-Non ti sei accorto che ti ho morso la lingua?? Che cercavo di toglierti di torno, eh??
Sorrise malizioso e perfido, leccandosi le labbra e mi fece ancora di più irritare. –Pensavo ti piacesse il sesso forte...
Tremolante e stordita, mi feci coraggio e traballante mi tolsi i tacchi. Respirai a fatica, poi mi rivolsi verso l’entrata del locale decisa a fare una tirata di capelli a Tanya Denali. Jacob non tentò di trattenermi ed io capì che non gliene fregava un cazzo di me.
Nel locale mi senti soffocare. Dov’era Alice? E Rosalie?
Mi sarebbe bastato guardare Tanya, fissarla negli occhi, picchiarla un po’ e andare a dormire. Non mi importava se quella testa di gallina mi avrebbe potuto battere, io dovevo fare qualcosa. Non solo per quello che aveva detto a Jacob, ma anche perché era bella, bellissima ed era riuscita a piacere ad Edward. No, non valeva la pena.
Cosi mi fermai. Per cosa mi sarei battuta? Per dei coglioni o per la loro cattiveria?
Sapevo il perché. Perché almeno avevo l’opportunità, il fantastico momento di spaccarle la faccia e il culone che aveva! Mi scontrai con dei ragazzi, alcuni tentarono pure di fermarmi e di mettermi le mani addosso e mi venne in mente il momento di prima.
Pensai a Jacob e a ciò che aveva fatto. Non credevo fosse capace di questo. Sapeva benissimo che io e Tanya non eravamo amiche e anche se fosse non sarei mai andata da lei per dirle le cose mie. Ma quella puttana non stava con Edward? Per una volta che il bastardo serviva, ora non stava con lei!
Ero incazzata, sconvolta. Dovevo avere i capelli da pazza e mi accorsi di stare piagnucolando. Stavo per farlo contro voglia con un sudicio ragazzo schifoso che si appellava alle parole di una puttanella pur di portarmi a letto.  Riacquistai la forza e con un respiro mi aggirai per il locale. Non sapevo dove andare né cosa fare esattamente una volta incontrata. Arrivai all’altra entrata/uscita del locale. La musica ancora stordiva, che ora era?
Fuori l’aria pungeva, il freddo congelava. Non me n’ero accorta prima, grazie all’adrenalina. Ora che ci facevo caso il mio corpo era scorso da brividi e quasi non sentivo più le mie gambe. Mi feci forza e mi scaldai abbracciandomi. Era totalmente buio fuori ma la fioca luce dei lampioni illuminò due ragazzi intenti a fare i fatti loro. Per un momento mi imbarazzai, ma subito dopo le mie guancie diventarono rosse solo per rabbia.
Era Tanya Denali la zoccola che si stava facendo trombare fuori il locale da chissà chi.
Chissà chi... era Edward?
No, non era lui. Quando quello finì, si sistemò e se ne andò via dentro il locale senza preoccuparsi di Tanya. Lui non mi notò ma io lo fissai in viso con il batticuore: non era Edward Cullen. Sospirai, almeno un po’ ero sollevata.
Tanya aveva i capelli scomposti, il vestito aderente oro luccicante scomposto e a malapena si reggeva. Borbottò qualcosa e si lamentò per il dolore. La fissai per degli attimi infiniti poi lei alzò lo sguardo e ghignò, come se avesse ancora una dignità. –Piaciuto lo spettacolo?
Non sapevo se avere pietà di lei. No, no di certo.
Si avvicinò a me, traballante. Nonostante non si reggesse in piedi, non si tolse neanche per un momento i tacchi e non distolse lo sguardo. Si aggiustò una ciocca di capelli dall’orecchio e parlò. –Allora, divertita con il tuo bel ragazzone?
-Sei una zoccola, lo sai?
Sputai con rabbia. Per me –e forse anche per lei- non era un’offesa, era un dato di fatto. Dovette infatti prenderla come un complimento perché rise entusiasta. –Che c’è? Non ti ha soddisfatto bene quello lì?
Declinò il capo, poi mi sfiorò la guancia. Mi ritrassi con un grugnito ma prima che potessi rispondere, mi bloccò. –Eppure ricordò che ci sapeva fare, bella prestanza davvero.
Mi agghiacciai. Tanya e Jacob erano stati insieme?
-E già, abbiamo avuto un incontro piacevole. E mi pare che è stato due anni fa, proprio il periodo in cui voi due stavate insieme ma non prendere alla lettera quello che dico. Potrei sbagliarmi.
Mi sorrise e per un attimo mi sembrò quasi dolce.
Bleffava.
 –Naturalmente non ricordo molto. Edward offusca la memoria di tutti gli altri quando poi mi faccio lui.
Rise sarcastica, dandomi un buffetto mentre io annegavo nella verità delle sue parole, il cuore pompava forte nell’orecchie.
-Tu puoi... solo farti le persone ma non...
Lei scosse la testa, facendo di ‘no’ anche con il dito e per quanto mi dolesse ammetterlo, restavo alle sue condizioni. Dov’era finita l’adrenalina di prima?
-No no, piccola, no no.  Non ci siamo. Non mi dire che ti sei innamorata di Edward Cullen?!! Che sono quegli occhi tristi? Oh, andiamo sei intelligente, sai che non puoi. Sai che... tu non sei... beh... credo che la parola adatta sia ‘niente’. Il niente. Lo so, so cosa noti nei suoi occhi. Lo noto anche io, lo notiamo tutte! È bello, eh? Ma non penserai davvero che... oh, andiamo!
Restai sconvolta, ma non lo diedi a vedere, almeno speravo in quel momento. Trattenevo il fiato senza dire una parola. Avrei dovuto prenderla a cazzotti ma non lo feci perché ero interessata alle sue parole che mi colpivano come un pugno.
-Sai, Bella, lui ha parlato di te. Ed è una cosa bella, no? Ne puoi essere contenta.
Ridacchiò, ravvivandosi i capelli e tirandosi fuori uno spiecchietto. –Era cosi entusiasta del suo nuovo giochino che per un attimo si era dimenticato che non eri poi cosi speciale.
Mi toccò i capelli e me li gonfiò. –Ma solo per un attimo.
Sussurrò, andando via.
-Spero allora che tu sia contenta di essere la sua puttanella personale. Credo che questo ti faciliti il compito di fingere di avere un cervello. Non starò qui a combattere per uno come lui. Io non lo voglio, credimi. Se fossi in lui, mi sparerei solo per non starti vicino.
La raggiunsi e all’istante entrai nel locale e scappai via. Solo allora incontrai Alice.
Bene, ora che non serviva. –Bel, si bloccò, che cavolo ti è successo?
Dovevo averlo scritto in faccia il dolore perché lei lo dipinse anche fuori da me e nei suoi occhi, di riflesso. –Alice, ehm... vorrei andare a casa, scusa...
Sentivo la mia voce impercettibile tremare.
Alice era brilla. Anche lei puzzava di alcool, ma forse sentivo ancora l’odore di Jacob addosso, infondo chi non puzzava di alcool qui.
Volevo scomparire da quel posto, mi bastava solo questo.
Alice mi accarezzò uno guancia. –Scusa, Bells, ti ho cercata dappertutto! Ti ho chiamata anche al cellulare ma non rispondevi. Perché non rispondevi? Eri con qualcuno? Per questo sei sconvolta, eh? Dai, a me puoi dirlo.
Biascicò mentre mi diede delle gomitate, maliziosa e sorridente.
Sospirai, stanca e con le lacrime agli occhi le sussurrai: -Alice, vorrei solo andare a casa...
Lei mi fissò negli occhi e io ricambiai lo sguardo. Quando capii la mia situazione, sobbalzò. –Bells, che...?
-Alice...!!
La ripresi, ormai sfinita. Avrei voluto solo andarmene, non mi interessava più di niente. Lei annuì e poi mi abbracciò. –Mi dici tutto domani, vieni che ti accompagniamo.
Prese Jasper che era vicino a lei a ballare ma io la fermai, scuotendo la testa. –Vado... posso andare da sola, non sono ubriaca, io... posso usare la tua auto?
Lei acconsentì, confusa e spaesata. –Tesoro, lascia che ti accompagni... non puoi andare cosi da sola in giro...
Scossi la testa sentendo i nervi a fior di pelle. Avrei dovuto menare Tanya, cosi forse ora sarei stata più calma. –No Alice, resta.
-Allora, vai con Edward. L’ho visto tutto il tempo fuori, oggi poi non è stato con nessuna e voleva andare via quindi...
Mi sorrise. Mentiva, sicuro. Edward non poteva non aver fatto nulla e di sicuro ora si stava divertendo, non potevo e non volevo scomodarlo. Stare con lui e farmi vedere in questo stato sarebbe stata una sconfitta e non mi avrebbe aiutato, ma per qualche strano motivo stetti zitta e mi incamminai fuori il locale. –Lo aspetto fuori...
Tanya Denali me l’avrebbe pagata. Purtroppo però aveva ragione, lei aveva ragione. Ripensavo alle sue parole e a come avrei potuto risponderle, a come picchiarla. Non avrei dovuto lasciarla parlare, non dovevo neppure pensarci perché era lei ad essere niente. Io almeno avevo la mia dignità. Non mi facevo sbattere dal primo che passava.
Come si era permessa a farmi questo? E Jacob?? Oh, quello si che è un coglione con i fiocchi.
La porta del locale si aprì ed Edward Cullen uscì in tutto il suo splendore con una faccia per nulla divertito o entusiasta. Ecco, l’avevo scomodato. Ora mi mandava a quel paese...
Non disse nulla, non mi guardò neppure. Si incamminò solo verso la sua macchina e io lo seguii in religioso silenzio contando i secondi.
Sembrava scocciato e irritato. Puzzava di fumo ed erba da svenire, non era più ubriaco ma probabilmente –anche se non si diceva dai suoi comportamenti- era fatto dalla testa ai piedi perché puzzava parecchio e io mi pentii di aver consentito ad Alice di farmi accompagnare.
-Sali.
Mi ordinò e con le lacrime agli occhi, lo feci.
Tanya aveva ragione. Lui era lontano da me anni luce.
Mise in marcia e partimmo. Restai a guardare il finestrino  per un po’ mentre l’abitacolo si riempiva del suo profumo di pino e colonia mischiato a fumo e Dio solo sa cosa. Mi domandai che avesse fatto e con chi fosse stato ancora una volta. Temetti di impazzire. Sarà stato con Tanya e a farsi chissà quante ragazze. No, non credevo ad Alice e poi lei che ne poteva sapere che non aveva fatto nulla e che addirittura voleva andarsene!!? Mica era stata tutto il tempo a guardarlo.
Era mezzanotte passata, non pensavo fosse cosi tardi.
Le lacrime spingevano per venire fuori e sognai il mio letto ed il mio cuscino su cui avrei pianto una volta a casa. Sarei stata tutto il tempo a pensarlo, a sentire il mio cuore battere, a sognarlo ancora e ancora e ancora fino a non riuscire a pensare più. Di sottecchi lo guardai. La mascella contratta, le nocche bianche, gli occhi limpidi, le labbra sottili e ruvide. Come le sue mani. O il suo corpo prestante. Sentii il mio cuore battere, avrei dovuto essere contenta, significava che fossi viva. Ma non volevo esserlo se alla fine lui voleva starmi lontano.
-Ti ho vista, sai? Con quello lì.
Dichiarò fermo e sprezzante tenendo lo sguardo sulla strada, duro e teso. Vedevo la vena del collo pulsargli.
Quando sentii le sue parole sobbalzai e presa dal capogiro non capii che intendesse. –C-cosa?
-TI HO...
Aveva la voce rauca e quasi gridò ma poi strinse i denti e ringhiò. –Ti ho vista con quello.
Deglutì e si passò la mano tra i capelli. –Ti sei divertita eh?
-Mi hai vista?
Sussurrai in uno spasmo. Per qualche strano e oscuro motivo, sapere che lui mi avesse vista con Jacob mi fece sentire più protetta. Ma... un momento.
Mi aveva vista? E non aveva fatto niente? E perché me lo stava dicendo? Sembrava che la cosa lo toccasse. –E... perché non sei venuto, allora?
Aveva visto la mia faccia spaventata e credeva che io mi fossi divertita? Pensava fossi una squallida zoccola che si faceva sbattere da tutti, come la sua adorabile Tanya?
Lui scosse la testa, divertito. –Ti piacciono le cose a tre, ah? Bene, bene, bene...
Sgranai gli occhi. Edward indurì la mascella, le nocche più bianche. Io non riuscivo neppure a pensare, a collegare quello che stava dicendo. Che stava dicendo?
-C-che stai...?
Posteggiò la macchina di scatto, facendomi bloccare e sbandare. Si tolse la cintura frenetico.
–Bene, disse con aria sprezzante e decisa e, voltandosi, mi prese per i fianchi e poi mi tirò a sé. Urlai quasi quando mi mise sopra di lui e mi fece sentire il suo corpo caldo e forte e la sua eccitazione. Cercai di alzarmi ma lui mi tenne ferma. Stava succedendo di nuovo ma questa volta con la persona che avrei potuto amare davvero.
-Con me, fai tanto la difficile e poi... con lui no, eh?
Sussurrò, contemplandomi negli occhi e anch’io lo feci. Sostenetti il suo sguardo e sentii un brivido lungo la schiena. –Sei impazzito?
Mi dissi che avrei dovuto fare qualcosa e non stare inerme. Per me, Edward Cullen era più importante di quanto pensassi. In quel momento, nei suoi occhi capii che non sarei potuta restare un minuto di più con lui, un minuto di più lontana da lui. Dovevo andarmene.
Lui continuò a fissarmi. Chissà cosa vide in me ma all’improvviso accarezzò le mie labbra con le sue e sentii il cuore battere, la testa girare e le farfalle volare nello stomaco. Tremai, consapevole che quel contatto era diventato vitale.  Il suo alito fresco non puzzava di alcool eccessivamente né di fumo.
Fece su e giù con la testa e mi accarezzò anche il naso con il suo mentre i nostri occhi rimanevano attaccati. Lentamente appoggiò le sue grandi mani sui miei fianchi e mi attirò a sé. Leccò il labbro inferiore ed io sospirai. Lui gemette quando mi morse il labbro pieno, mi prese la testa per avvicinarmi e finalmente mi baciò. Un bacio casto e dolce. Avevo il cuore a mille, gli occhi lucidi e li chiusi piano totalmente assorta. Sentivo le sue labbra piene, morbide contro le mie e mi appesi  alla sua maglia. Sentii la sua lingua premere all’entrata e quando entrò, lo abbracciai stretto.
Non volli lasciarlo più. Mi accarezzò la lingua giocandoci, e i denti per poi uscire con uno schiocco.
Perfetto. Quando aprii gli occhi, mi accorsi che lui aveva un sorriso malizioso stampato in faccia e mi fissava gli occhi e la bocca. Annaspai in cerca d’aria e balbettai qualcosa. –Io devo...
Mi dette un bacio veloce e carico di lussuria infilando la lingua solo per toccare la mia con la punta e mi sentii morire. Il rossore mi colorò le guancie e mi odiai per questo. Perché avrei voluto che quell’attimo non finisse mai.
Aprii lo sportello con una certa difficoltà ma mi fermai quando sentii le sue parole, mentre con prepotenza si appoggiava allo schienale. –Lui ti ha baciato cosi?
Avevo la vista appannata, le ginocchia non mi avrebbero retto.
Mi aveva baciato solo per questo? Solo per invidia e orgoglio?
Cos’era quella luce strana negli occhi che avevo visto prima? Ora era cosi... crudele.
Si passò una mano tra i capelli e non potei far altro che sentirmi male e stanca, totalmente presa e succube del suo potere. Non avrei dovuto baciarlo. –Stammi lontano...
Ringhiai con voce rotta e uscì dalla macchina, lasciandolo con la convinzione che con Jacob fosse andata bene. In realtà, in quel momento con Jacob e in questo volevo soltanto una cosa: lui.
 
Entrai in casa e mi buttai a letto, sentendo le lacrime scorrere e il respiro mozzato. Fissavo il peluche bianco e grigio che avevo sul comodino di fronte a letto e per dei momenti non pensai a nulla.
Poi scoppiai a piangere e a singhiozzare fortemente tanto che temetti che mia madre mi sentisse. Chissà dov’era poi quella...
Sentii le forze abbandonarmi, dovevo avere tutto il trucco sciolto. Mi misi nel letto, vestita e continuando a piangere e a morire dentro presi il cellulare come guidata da una forza.
Dieci messaggi di numeri sconosciuti e delle chiamate da quelli stessi numeri, forse erano i ragazzi, Alice. E poi un messaggio di Edward. Lo aprì.
Credimi, non riesco a starti lontano...

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 :)))))

.Capitolo 5

Quella notte sognai Edward Cullen.
  Mi fissava, semplicemente, con i suoi occhi verdi, il suo sorriso scottante e lo sguardo penetrante. Indossava un abito nero, completamente, anche la maglia sotto. Poi, d'improvviso, lo vidi nel locale di quella sera avvinghiato con Tanya Denali. La baciava, l'abbracciava come se da questo dipendesse la sua vita. Tutti e due mi fissarono e risero maligni.
  In realtà, non sapevo cosa guardassero ma all'improvviso la mia visuale riprese il mio corpo, i miei piedi, gambe, braccia e le vidi pallide e sporche. Quando alzai lo sguardo, lo vidi vestito di nero ancora, che mi fissava ridacchiando con un'espressione superiore. Sentii le mie lacrime scendere e il mio cuore battere veloce quando mi svegliai. Piangevo davvero, forte e sommessamente.
  Piagnucolavo e mi davo della stupida. Perché stavo piangendo? Che senso aveva? 
  Mi sentivo tradita, per qualche ragione. E forse perchè avevo riposto troppa fiducia nel suo attrarmi, avevo finito con il bruciarmi, come avevo previsto. 
  Restai a guardare il soffito, gli occhi gonfi e lucidi, inerme. Sentivo il freddo avvolgermi riempiendomi di brividi e facendomi venire la pelle d'oca, la testa vuota. Non riuscivo a pensare qualcosa di coerente, vedevo solo la scorsa serata passarmi davanti agli occhi ed a ogni ricordo sentii il cuore stringersi in una morsa. Edward Cullen mi aveva baciato.
  Oh, mi aveva baciato. A quel pensiero arrossii e solo sentendo quel calore ebbi la forza di sobbalzare e asciugare le lacrime appiccicose lungo le guancie. Non si fermavano. Edward non mi aveva solo baciato, ma mi era anche entrato dentro, già da un po'. Ripensai ai suoi occhi, al suo sguardo. Al suo modo di essere spensierato, al suo passarsi le mani tra i capelli. Era un dio greco e io non avrei dovuto pensare mai che potessi piacergli.
  Perché? Infondo mi interessava? No, certo che no.
  Allora perché piangevo? Perché sentivo il fiato mancarmi al pensiero di sentirlo distante da me? Lo era, lo era eccome ma non ne valeva la pena.
  Guardai il cielo oltre la finestra. Era appena l'alba e c'erano tanti colori lì fuori che per un attimo sorrisi. Era un nuovo giorno, una nuova possibilità. Quello che avrei dovuto fare era non pensarci più e basta. Ma appena mi misi seduta, sentendo il pavimento freddo, mi venne in mente Tanya e Jacob. Tanya aveva detto che avevano avuto un "incontro piacevole mentre stava con me". Mentiva?
  Non me lo sarei aspettata da Jacob. Sapevo che mi aveva lasciato per un'altra ma... e se fosse stata lei l'altra? Sentii le punte delle dita fredde e decisi di farmi una doccia. Non dovevo pensare, non meritavano questo infondo. Ma Edward Cullen era tutto ciò che volessi e ciò mi spaventava come non mai. Mi attraeva e mi emozionava e quel bacio era impresso sulla mia bocca come un marchio e bruciava. "Credimi, non riesco a starti lontano...". Il suo messaggio, cosa intendeva? Che significava e perché non me lo aveva detto in faccia?
  Strinsi i denti, insaponandomi. Per un attimo, chiusi gli occhi e mi abbandonai contro le spiastrelle fredde della doccia appoggiandovi il mento. Quando li riaprii, sentii una scarica lungo il corpo. Strinsi le labbra e continuai ad insaponarmi e -come se lo facesse lui- mi passai le mani su tutto il corpo. Arrossi per quello che avevo fatto e scuotendo la testa, uscii dalla doccia. Per un attimo mi venne da ridere ma non ce n'era affatto motivo. 
  Mi pettai i capelli, fissandomi allo specchio e guardai l'orologio. 6.30. Tra un po' mia madre doveva svegliarsi.
  Mi finii di asciugare in fretta e cercai di togliermi le occhiaie con il correttore. Per il dolore nei miei occhi, non potevo far nulla. Cinque minuti dopo mentre mi vestivo, sentii mia madre chiamarmi e subito dopo spalancò la porta come se avesse sentito uno sparo. -Ohhh, tesoro!
  Mi venne ad abbracciare, mi baciò le guancia, la bocca. -Oh, tesoro, stai bene! Stai bene.
  Io la fissai. Era una strana donna Renèe Dwyer, una bambina apprensiva. Si sedette sul letto, guardandomi euforica. Indossava ancora il pigiama e, nonostante non fosse truccata, era bellissima la mia mamma.
  A quel pensiero, le sorrisi. Lei si mise quasi a saltellare, battendo le mani sul materasso. Mi ricordava Alice.
  -Allora??!
  -Cosa, mamma?
  Aggrottai le soppracciglia, facendo finta di non capire. Voleva sapere di ieri. Ma cosa avrei dovuto dirle? Lei rimase per un momento scioccata, poi delusa ma subito dopo ritornò alla carica. -Beh, hai detto... che restavi fuori casa ieri, no? Racconta, tesoro! Spero che tu sia stata attenta e che non abbia commessa qualche sciocchezza.
  Sobbalzai e giurai di arrossire. Mugugnai ma mi girai di spalle, continuando a vestirmi.
  -Ah, a proposito. Scusa, tesoro! Ieri mi sono appisolata sul letto mentre vedevo "La ragazza con l'orecchino di perla", come una stupida e quando mi sono svegliata, beh... erano le sei e mezza.
  Ridacchiò, a mo' di scuse.
  Io sospirai, ringraziando Dio e quel benedeto film che l'aveva fatta dormire. -Nulla, mamma.
  -Potevi anche svegliarmi, sai, tesoro? Oh, ma vabbè! Allora, com'è andata? Ti sei divertita almeno? Non ti sarai ubriacata, vero?
  Renèe mi fissò, con occhi e capelli da pazza. Io mi morsi il labbro, negando. Dovevo trovare il modo di fuggire dalla grinfie della mia mammina cara. Mi avvicinai al mio cellulare sul comodino e per qualche strana ragione avevo il cuore in gola.
  6 messaggi, 10 chiamate. Sbarrai gli occhi e questo attirò mia madre. -Oh, tesoro, chi è? Quel Edward?
  Si avvicinò a me ma mantenendo le distanze. Io alzai gli occhi di scatto e diegai forte col capo. -No, no, mamma. Ieri è andata benissimo, mi sono divertita.
  Le sorrisi, vacillante ma non la vidi convinta. -Mamma, ehm... ho fame... perché non prepari la colazione?
  Lei annuì, sorridendo materna e forse capì che non avevo voglia di parlarne perché si avvicinò solamente dandomi un bacio sulla fronte e poi andò via, cosa molto strana per lei. Mi sedetti ansiosa e vidi le chiamate. Nessuna di Edward ma cinque di Alice e quattro di Rose, una di Jacob. Jacob??!
  Sobbalzai. Come si permetteva? Respirai forte e aprii i messaggi, anche lì due erano di Jacob.
  Bells, ti prego se mi vuoi vieni da me ora, ho tanta voglia di scoparti.
  Era un tale coglione. Questo messaggio era stato inviato alle 01.03. Sentii la rabbia ribbollirmi. 
  Bells, cazzo, scusami! Ho un mal di testa fortissimo e ricordo che ti ho baciata con la forza, non volevo! O meglio, volevo ma non pensavo che non volessi. Scusa!
  Alzai gli occhi al cielo e decisi che non l'avrei neppure risposto e non l'avrei pensato. Scorrendo vidi che gli altri erano di Alice e Rose ed erano preoccupate. Volevo chiamarle ma poi vidi un altro messaggio.
  Starai già dormendo, ecco perchè non rispondi, tesoro! Spero che tu sia sana e salva e ricordati di chiamarmi appena puoi!
  Decisi di chiamarla più tardi, non avrei potuto farlo adesso, non dopo che Edward Cullen mi aveva baciata. E soprattutto non dopo che mi era anche piaciuto. Al pensiero arrossii e sobbalzai quando mia madre mi chiamò dalla cucina. In realtà anche se le avevo detto di preparare la colazione, non avevo fame, avevo lo stomaco in subbuglio e me lo sentivo in gola. 
  Scesi comunque e mangiai svogliatamente e senza fame le uova e il bacon, deglutendo a fatica e masticando senza sentirne il sapore. Sentii lo sguardo di mia madre addosso per tutta la durata della colazione mentre quasi vomitavo il cibo.
  -Cos'è successo davvero ieri sera?
  Sputò all'improvviso Renèe; mi fissò materna con un sorriso dolce.
  -Niente di chè, ma'.
  Abbassai lo sguardo, sapendo di mentire. Non potevo dire la verità e pregai Dio di non arrossire.
  -Allora perché hai la faccia sconvolta? Ti sei guardata allo specchio?
  Mi esaminò mentre mettevo i piatti nel lavello. -Grazie, ma', eh.
  Scappai in camera, sentendomi più leggera e strappandole un bacio veloce sulla fronte. Sospirai, lasciandomi scivolare a terra sulla porta chiusa. Sentivo le gambe molli e la testa pulsare allo stesso ritmo del cuore. Edward Cullen mi aveva baciata e la cosa tremendamente irritante era che mi era piaciuto. La scena mi si ripeteva senza che io facessi nulla per farla rievocare e sentivo inevitabilmente le sue labbra sulle mie come una scia dolorosa. Il suo corpo forte, il tremolio della mie mani, il suo viso accostato al mio. Mi resi conto di aver avuto anche la possibilità di scostarmi ma di non averlo fatto. Per questo mi portai le mani sulla bocca, giocandoci. Gli occhi mi brillava e giurai di essere completamente assueffatta da quel bacio. Avrei dovuto chiamarlo? No certo che no! Doveva farlo lui -o meglio poteva, non l'avrebbe fatto sicuro.
  Sentii la testa vorticare al ricordo del suo profumo ma subito dopo, come un flash, la sua immagine si tramutò in quella di Jacob Black, le labbra non erano più le sue, l'odore era diventato puzza d'alcool che sentivo ancora dentro il naso. Ricordai le sue mani su di me e mi abbracciai strizzando gli occhi, disgustata. Come si era permesso quel cafone? Come aveva potuto pensare che io potessi darmi lì e in quel modo? Non l'avevamo fatto neppure quando stavamo insieme...! Jacob Black era solo un approffittatore e, se Tanya non aveva mentito, anche un traditore e non avevo intenzione di stargli vicina in alcun modo.
  Mi alzai, traballante, e presi il cellulare in mano. 1 chiamata: Jacob.
  Alzai gli occhi al cielo quasi senza accorgemene e lo ignorai. Piuttosto chiamai Alice e, non appena sentii il trillio di un "pronto", mi rilassai e sorrisi .
  -Bella!
  -Alic-mi bloccò, diventando logorroica.
  -Bella, che fine hai fatto? Stai bene? Oh ero cosi in pensiero per te, anche Rosalie lo era! Non avrei dovuto lasciarti andare con mio fratello, vero? Oh, lo sapevo! Spero che almeno ti sia divertita, anche... anche se te ne sei andata cosi presto, ma perchè? E' successo qualcosa? Racconta dai! Oh, io ho un tale mal di testa, ma tutto sommato mi sono divertita, tesoro! 
  Ridacchiò, forse perdendosi in qualche ricordo. Di prima mattina dopo una sbornia colossale, era cosi?
  -Sono contenta che ti sia divertita e anche io mi sono divertita. Solo che... non sono abituata a questo genere di cose.
  La voce mi tremava e non ero sicura che lei se la sarebbe bevuta. Meno male che non poteva vedermi. Non sapevo se dirle tutto ciò che era successo, avevo bisogno di raccontarlo a qualcuno ma non proprio alla sorella di Edward Cullen. -Cosa avete fatto poi?
  Continuai frettolosamente per deconcentrarla e ci riuscii. Parlò per una buona mezz'ora sia della sera che del suo mal di testa, il dopo sbronza. Annuii senza ascoltare davvero ma mi stava comunque rilassando. -Bells, oggi si duplica; c'è una bella festa, allora vieni? Tanto non puoi dire di no!
  Mi raggelai e per un attimo persi il respiro. -Alice...
  -Dai, ci divertiremo davvero e ti prometto di starti addosso!
  Ridacchiò ma io non la sentii. Feci finta di avere un impegno e chiusi la chiamata promettendo di farmi sentire per dirgli se venivo a quella stupida festa. In realtà, non sapevo che fare ma decidi di non pensarci.
  Arrivarono le undici e mi guardai un po' la tv, sonnecchiando sul divano quando suonarono alla porta.
  -Tesoro, vedi chi è!
  Mi alzai, pesante e andai ad aprire la porta.
  Jacob Black era davanti a me.

Jacob Black indossava una camicia nera a maniche lunghe piuttosto attilata e i jeans che li pendevano sui fianchi, aveva un sorriso irradiante e per cinque minuti buoni restai a bocca e occhi aperti completamente frastornata.
  Che voleva?
  -Allora, mi fai entrare?
  Sorrise ancora e mi guardò adorante facendomi ancora di più innervosire. Fui tentata di sbattergli la porta in faccia e quando l'idea incominciava a non essere poi cosi poco cortese, arrivò mia madre. Renèe Dwyer era impiastricciata di farina ma subito abbracciò Jacob, alzandosi sulle punte. -Jake! Che ci fai qui? Vieni entra.
  Mi scostò bruscamente con la mano e lo fece entrare. Mamma, ti sei appena beccata un posto sulla mia lista nera!
  Jacob mi sorrise, beffardo ed entrò, quasi abbracciando mia madre. Jacob adorava mia madre e lei adorava lui. Quando le avevo detto di essermi messa con lui era tanto felice ma aveva paura che questo potesse comprommettere la nostra amicizia, ecco perchè mia madre non sapevo che io e lui non avevamo più rapporti e neppure che il bastardo era stato un bastardo, per l'appunto. Alzai gli occhi al cielo, ecco a cosa servono le bugie. Chiusi la porta, fiacca e sentii mia madre gracchiare qualcosa in cucina. 
  -Bella, perchè non vi vedete un po' di tv? Oh, oppure volete uscire!
  Le rivolsi un'occhiattaccia brusca e quasi ringhiai ma lei non se ne accorse -fece finta. Jacob annuì, abbracciandomi e mi trascinò in cucina.
  Il suo tocco era ripugnante e quasi lo azzannai ma tentai di non far notare che stavo cercando di togliermi il suo braccio dalle mie spalle. Borbottai e grugnii, lacerando anche lui con lo sguardo.
  Una cosa che odiavo di Jacob era che non capiva mai al volo. Amico, lo faccio per te! Se ti avvicini, mordo. 
  Appena entrammo in salotto e fuori dagli occhi di mia madre, lo aggredii. -Che ci fai qui?
  -Non rispondi alle chiamate...
  Fece un faccino da cane bastonato ma l'unica cosa che pensai fu "idiota". Ce l'aveva scritto sulla fronte. -E da quanto te ne importa?
  -Da sempre, Bells, bimba.
  Allargò le braccia come se fosse una cosa ovvia.
  -Non chiamarmi bimba.
  -Perché non mi hai più richiamato? Ti ho chiesto scusa, non volevo.
  Si rabbuiò e fece una smorfia di tristezza.
  -Non voglio sentire le tue scuse, non me ne frega niente.
  -Perché sei arrabbiata con me?
  -Non sono arrabbiata con te! O meglio... lo sono, ma non mi importa niente di te quindi sparisci, Jacob!
  Sgranò gli occhi sorpreso dalla mia rabbia, lo ero anch'io. Non mi ero mai comportata cosi, non sapevo dove avevo preso tutta quella forza. Forse ero semplicemente incazzata con Edward e me la stavo prendendo con Jacob, non che lui non avesse fatto nulla, ma... non mi importava più di tanto. Jacob non era più un mio amico, nè il mio ragazzo. Poteva dire addio a tutte le pretese su di me.
  -Non ti importa davvero?
  Vederlo triste non mi colpì più di tanto ma infondo non mi faceva neppure piacere, cosi tentai di ammorbidirmi quel tanto che lo avrebbe potuto rendere tanto felice da lasciarmi in pace e uscire da casa mia -e possibilmente anche dalla mia vita. E' strano però... molte volte ho pensato al fatto che ritornasse e subito mi dicevo che mi sarei messa di nuovo- almeno subito dopo che mi aveva lasciato. Ma ora... non era lui che volevo.
  -Jake, davvero, mi spiace non averti risposto ma non mi assillare. Ci sentiamo un altro giorno se proprio dobbiamo okay?
  Di' di no, ti prego!
  I lati della bocca gli si estesero in un sorriso. -Okay!
  In quel momento, precisa come un orologio svizzero entrò mia madre in cucina. -Allora, Jacob, vuoi unirti a noi per pranzo?
  Trillò.
  Di' di no, Jacob!

Ovviamente, Jacob aveva accettato volentieri, molto volentieri, la richiesta di mia madre per tutta la mia contentezza. E per aumentare la mia gioia ancora di più, Black era seduto vicino a me.
  Interessante, davvero!
  -Vuoi un altro po' di carne?
  Mamma gli passò ancora una volta la pentola con un sorriso a trentamila denti e Jacob, con altrettanto sorriso, annuì gioioso e accettò. Alzai gli occhi al cielo, ero l'unica a non sorridere?
  Lei mi lanciò un'occhiata fulminea ma subito si concentrò sul soggetto indesiderato. Gli chiese tante cose, come la scuola o lavoro, ma nessuna di queste mi interessava. Il punto era che mia madre era totalmente presa da Jacob da dimenticarsi pure di avere una figlia. Insomma, le sto chiedendo da quindici minuti il purè ma lei non me lo passava, dileguandomi con un gesto della mano. 
  Okay, mi sento invisibile!
  Sospirai, alzando per la quarantesima volta gli occhi al cielo. Non finirà mai questo momento...!
  Rivolsi un'occhiata a Mr Ti-voglio-scopare-e-anche-tu-lo-vuoi-perchè-me-l'ha-detto-la-tua-amica-che-non-è-davvero-tua-amica-e-che-mi-sono-scopato, linciandolo e gridando in mente di andare via.
  Dio, voglio un miracolo!
  -Signora, è stato tutto buonissimo! Cucina davvero bene, sa?
  La "signora" ridacchiò per la sviolinata e si alzò per sparecchiare. Mi alzai anche io ma venni bloccata da Jacob. -Non vi preoccupate, vi aiuto io. Renèe, faccio io, tranquilla! E' il minimo e poi sono di casa.
  Le rivolse l'occhiolino e un sorriso. Sono sicura di aver visto uno scintillio tra i denti.
  Mia madre annuì e quando Jake se ne andò in cucina con i piatti in mano, io vorrei strozzarla. Andiamo, ha detto che è di casa! Ma vaffan-, il pensiero viene bloccato da un buffetto di mia madre sul braccio. -Ah! Hai visto com'è carino, eh? Perché vi siete lasciati?
  Diventò triste improvvisamente e mentre la sto azzannando, suonano alla porta. E ora chi è?
  Renèe mi fissò, stittita. -Beh? Non vai ad aprire?
  Alzai ancora gli occhi al cielo e mi alzo. Percorro a piccoli passi il corridoio e sbuffando, aprii la porta.
  La sua faccia era conosciuta... Oh mamma, era Edward! Sgranai gli occhi e il primo istinto fu quello di scappare ma visto che quella era casa mia, sarebbe stato un po' strano. Edward mi sorrise allegro nella sua camicia leggera azzurro e il jeans scolorito. I suoi occhi magnetici mi incatenarono e per un secondo mi dimenticai di quello che stava succedendo.
  Arrossii e capii di dover dire qualcosa. -Ehm... c-che ci fai qui?
  Ridacchiò e la sua risata era celestiale. Si grattò il mento in un qualcosa che sembra più dire "ti voglio" che "mi prude e quindi mi gratto". Era appoggiato allo stipite della porta ma solo per avere il pretesto di entrare dentro. -Allora, posso entrare?
  Entrò infatti in casa scavalcandomi -ormai era diventato un passatempo farlo- e si guardò attorno. -Bella casa...
  Disse sovrapensiero, girandosi appena.
  -Beeella, chi è alla porta?
  Oh, cavolo, mia madre!! Sarebbe svenuta vedendo Edward?
  Di scatto, gli presi un braccio e con aria da pazza gli dissi: -Devi andare via!
  Lui ridacchiò, scuotendo la testa. -No no!
  Renèe fece capolineo e appena vide Edward il suo sorriso scomparve. Calmati Bella, lei non sa quello che tu sai riguardo lui e cosa avete fatto insieme! Mi irrigidii e in quel momento pensai anche a Jacob.
  Cavolo, quei due avevano un tempismo...!
  Renèe sorrise, scutandolo. -Bella, non ci presenti?
  No! Incominciai a sentire la gola secca e con riluttanza sotto lo sguardo compiaciuto di Mr Bellezza, lo presentai a mia madre. -Mamma, lui è Edward Cullen, un... amico e Edward, lei è mia madre, Renèe.
  Terra apriti, ora! Edward le porse la mano e sfoderò uno dei suoi sorrisi strappa-mutandine-e-da-svenimento-assicurato che mi fanno impazzire. Mia madre mi fissò scettica e compiaciuta come per dirmi "è lui quel Edward?" e forse arrossì anche.
  -Prego, entra.
  La voce le si ridusse in un sussurro e quando ci dette le spalle, Edward mi accarezzò una guancia. -Ciao...
  Sentii dei brividi lungo il corpo, il cuore batteva forte. Dio, quanto...
  Jacob era in piedi di fronte la tavola e non appena vide Edward, si tolse quel sorriso stupido che aveva avuto per tutta la durata del pranzo. Per questo -e solo per questo- fui grata ad Edward. Quello salutò il vero indesiderato e anche quello ricambiò. Per un momento si guardarono in cagnesco e capii che Edward l'aveva riconosciuto. Oh, mamma, aspetta un minuto... io e lui c'eravamo baciati!
 Incominciai a sudare ancora di più e a diventare rossa mentre sentivo mia madre scusarsi per il disordine e per non potergli offrire nulla di chè. Edward scosse la testa. -Non voglio niente, signora, non si preoccupi e scusatemi se sono venuto a quest'ora ma Bella mi ha detto che potevo.
  In quel momento tre paia di occhi mi fissarono, in tre modi diversi mentre io guardavo in cagnesco Edward. Io cosa avevo fatto? Ridacchiai, arrossendo e guardandomi intorno. -Eh, già...
  Vedevo Jacob con il fumo alle orecchie e Renèe completamente sconvolta. Edward mi baciò la guancia e prendendomi per il polso, mi trascinò via. -Noi andiamo a studiare. Piacere di averla conosciuto, signora.
  Mi condusse fuori dalla cucina, stringendomi il polso. -Scusa dov'è camera tua? Ah, dev'essere quella!
  Ci entrò e sbattè la lingua sul palato. -Bingo, è questa, vero?
  Ridacchiò e si sporse a prendere un reggiseno nero di pizzo sul comodino. -E questo?
  -Ridammelo!
  Urlai, arrossendo e buttandomi su di lui per riprendere l'oggetto infame. Cavolo, dovevo essere costantemente rossa. Lui ridacchiò e si passò la lingua sulle labbra. 
  -Che cavolo ci fai qui?
  -Che cavolo ci fa il pompato qui?
  Divenne serio e alzò un sopracciglio, scimmiottandomi. Era davvero irritato, una vena gli pulsava dal collo e lo rendeva cosi sexy. Cavolo, Edward Cullen era nella mia camera, sexy e bello da morire e anche se aveva preso il mio reggiseno, non si era schifato!
  Più lo guardavo negli occhi e più sentivo qualcosa di dolce nel cuore. Si avvicinò pericolosamente a me, alle mie mutandine e alla mia bocca. Parlò cauto e sensuale. -Spero che sia solo una coincidenza che quel bellimbusto stia qui e che non centri nulla con il bastardo di ieri sera al locale. L'ho riconosciuto, sai?
  Mi prese in mano una ciocca di capelli e me la mise dietro l'orecchio sfiorandomi con la punta delle dita. Sentii un tremito ed emisi un ansito. -Non è nessuno...
  Sussurrai, sentendomi in dovere di scusarmi.
  -Lo spero proprio...
  Un'altra occhiata strappa-mutandine e poi mi rivolse un sorriso lascivo, guardandosi intorno. -Sei un tipo disordinato, è cosi? Però, tutto sommato è gradevole come stanza.
  Si avvicinò al letto e non potei fare altro che guardarlo muoversi in camera mia e vedere come ci stava bene. Lui si sedette sopra, saltandoci. Mi fissò. -E anche comodo per dormire... per dormire e fare altro.
  Arrossii, diventando di fuoco. -Che cosa ci fai qui?
  La voce traballante, il respiro spezzato.
  -Non posso venire a farti visita?
  -Come sai dove abito?
  -Ti sono venuto a prendere io ieri, ricordi?
  Annuii, sovrapensiero. In un impeto di stizza però dissi: -E che cavolo ci fai qui? Chi ti ha autorizzato ad entrare?
  Si morse il labbro e strinse gli occhi, sembrava che da un momento all'altro dovesse baciarmi. Cavolo, non ho neppure lavato i denti... la sfiga!
  -Sai, dovresti mettere qualcosa di più coprente.
  Mi guardai e anche lui lo fece. Avevo un top a U e un pinocchietto bianco. Che avevo di cosi strano? Lo guardai con aria interrogativa. -Tipo cosa, scusa?
  Fece spallucce. -Tipo un burqa.
  Alzai il sopracciglio. -Che cavolo ci fai qui??
  -E' cosi che accogli quelli che ti baciano? Mi auguro che l'hai fatto anche con il beduino di sotto!
  Allargò le gambe e vi ci appoggiò i gomiti, fissandomi con i suoi grandi occhi verdi. Dal canto mio, arrossii come mio solito un po' per le cose che aveva detto e un po' per la sua presenza. Mi ritornò in mente il bacio e mi sentii surriscaldare. -Non sono affari tuoi.
  Sgranò gli occhi. -Questo vuol dire che è il tuo ragazzo?
  -NO!
  Gridai di riflesso ma subito mi pentii. Avrei potuto dire di si, giusto per farlo ingelosire!
  In realtà, non sapevo come comportarmi dopo quello che era successo ma era una buona cosa se ora era qui con me, no? Mi misi una mano sulla testa, sconvolta. -Mi vuoi dire perchè sei qui?
  Soppesò la mia richiesta e si sporse di poco per prendermi per il polso e per farmi sedere sul letto. Ora eravamo super vicini e io iniziavo a sentire più caldo. Sentii la mia faccia in fiamma e lui se ne accorse perché sorrise. Si mise comodo di fronte a me e anche io, dopo che riuscii a muovermi. -Volevo parlarti di una cosa.
  Aggrottai la fronte per l'aria che aveva assunto. -Spara.
  -La scuola vorrebbe darti una borsa di studio ma solo se prenderai in tutte le materie almeno 8. Ne stanno ancora discutendo. Nella mia -beh, non proprio mia- materia hai solo uno scarso sei. E mi spiace di questo.
  Lo fissai per un po', poi alzai il sopracciglio. -E sei venuto qui per questo?
  Annuii, stringendo le labbra. Feci una smorfia scettica e decisi di andare affondo alla questione. -Okay, ma... cosa dovrei fare?
  -Potrei darti degli aiuti in biologia. Sono bravo, sai?
  Sorrise sghembo e si passò le mani tra i capelli. -Che ne pensi?
  Lui? Dare ripetizioni? A me? Bella Swan?
  -Perchè?
  -Per entrare nelle tue...
  Mi fissò bloccandosi, poi si aprì in un sorriso biricchino. -Simpatie.
  Non riuscii più a trattenermi e scoppiai a ridere per la faccia che aveva assunto. Anche lui ridacchiò e si sporse nel farlo, cosi come me. Sentii il top abbassarsi e quindi mi ritrassi, tenendomi la maglia e diventando rossa. Lui se ne accorse e rimase quasi ferito. -Vedi che non mi spiace se casualmente tu me le facessi vedere...
  Lo picchiai sul braccio, fintamente indignata. Odoravo scherzare con lui. Edward fece finta di farsi male e tentò di bloccarmi. -Anche se considerato quello che ho visto prima, non dovrebbe essere poi tanto da vedere.
  Fece spallucce mentre si riparava dai miei micidiali colpi che diventarono ancora più micidiali quando sentii quello che stava dicendo. -Cretino!
  Ora che ci pensavo ero senza reggiseno e preticamente si vedeva tutto. O meglio, poco visto che Edward aveva ragione. Non ero abbondante di seno ma rifanciarmelo in questo modo. 
  -Tanto rimarrai sempre con il dubbio!
  Mi puntò il dito contro e con aria assolutamente solenne esclamò: -Mai dire mai.
  Alzai gli occhi al cielo. -Non te la do, Cullen.
  Scosse la testa, ancora più serio di prima. -Mai dire mai.

Jacob alla fine se n'era andato ma Edward per la mia vera gioia, no. Renèe andò a fare la spesa e altre commissioni e ci lasciò soli in casa -può una madre farlo?. Erano le quattro di pomeriggio ed Edward voleva vedere la TV. -Non puoi vederla a casa tua!!?
  Scosse la testa e si sedette; poi mi fissò e mi dileguò con la mano. -Vammi a prendere le patatine.
  Alzai gli occhi al cielo. -Non ne ho...
  Mi rivolse un sorriso di sfida e appoggiando la mano sulla spalliera, aprì leggermente le gambe. -Sicura?
  Diventai rossa e mi domandai perché non lo cacciavo fuori. Andai in cucina per non sottopormi al suo sguardo e cercai quelle benedette patatine. Le trovai e ritornai in salotto sedendomi il più possibile lontano da Edward, attaccandomi al bracciolo del divano. Gli passai le patatine e lui annullò le distanze tra noi sedendosi appiccicato a me. Fece zapping e masticò quelle cavole di patatine. Con aria sexy, le magiava una ad una e mi rivolse il pacchetto. -No, non ne voglio.
  Risposi. Lui mi fissò. -Se non mi avessi portato le patatine, avrei preso te.
  Sobbalzai, sentendomi mancare e azzardai senza neppure accorgermene a dire: -Tu dici sempre cosi ma non fai mai niente, alla fine!
  Diventai ancora più rossa e di scatto mi girai verso di lui. Edward alzò un sopracciglio, scrutandomi gli occhi forse per vedere se ero sincera e appoggiando le patatine sul tavolino di fronte, mi prese un fianco. -Come vuoi, piccola. Aspettavo solo un tuo consenso.
  Mi fece l'occhiolino e mi baciò. Fu subito qualcosa di potente e non solo perché Edward era il dio del bacio. Era completamente diverso da quello di ieri, più passionale e aggressivo e che arrivava dritto al dunque. -Facciamo presto, piccola, prima che venga tua madre.
  Sbiascicò tra un bacio e l'altro e persa nella sua bocca e nel suo odore, non capii neppure che intendesse. Sentii un rumore metallico quasi e la sua mano che mi alzava il top, mentre con la lingua accarezzava la mia. Scese ancora più giù e mi toccò il seno. Fu allora che capii dove volesse arrivare. Lo scostai da me, riabbassandomi il top e alzandomi come una furia. -Che cazzo stai facendo?
  Edward aveva gli occhi fuori dalle orbite e la cintura sbottonata con i pantaloni un po' scesi. Si vedeva quella V incredibilmente sexy. Lo fissai negli occhi e vidi una scintilla d'ira. 
  -Che cazzo fai la puritana ora, eh? In questo momento?
  Si puntò, facendomi arrossire ma poi si allacciò la cintura. 
  -Che...? Cosa...? Ti sei impazzito? Io non voglio fare sesso con te!
  Non solo sesso...
  Edward rise, piegandosi e aggiustandosi i capelli in una mossa super sexy. -Questa è bella! Ci stavi ieri e oggi no? Cos'è, oggi ti sei fatta scopare da quell'altro?
  Le sue parole erano dure e spregevoli tanto che sentii gli occhi lucidi. -Stai scherzando...?
  Era venuto qui per scoparmi? Era cosi che faceva? Non potevo mai essere quello che volevo essere per lui e non potevo essere neanche quella che lui voleva. Ma a quanto pareva, Edward mi credeva comunque una zoccola che la dava a tutti.
  -Porca puttana, non puoi lasciarmi in questo stato! Sapevo che non potevo perdere tempo con te, sei una santarellina frigida, avrei dovuto capirlo, 'fanculo!
  Edward Cullen mi guardò con disprezzo e andò via, sbattendo la porta.
  Edward Cullen era la mia rovina.

 Enjoy xD

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Scusate per la scrittura, in realtà non è proprio cosi come la vorrei ma non so come cambiarla :/
Comunque spero piaccia xD E fate attenzione ai dettagli!

Piccola parentesti:
Vorrei scrivere un'altra storia, sempre Ed&Bella in cui lei è una prostrituta che alla fine ammalia completamente il cuore del nostro Edward, che ne vite? Vi piace?
Se non vi piace, la metterò lo stesso xD
Scherzo, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! 
Se volete un piccolo spoiler di questa storia, ditelo ^.^
Buona lettura :DD


.Capitolo 6

Cos'è, oggi ti sei fatta scopare da quell'altro?
  Sentii le lacrime scendere copiose dai miei occhi senza che io potessi fare nulla per fermarle.
  Porca puttana, non puoi lasciarmi in questo stato! Sapevo che non potevo perdere tempo con te, sei una santarellina frigida, avrei dovuto capirlo, 'fanculo!
  Le sue parole non smettevano di tormentarmi e me le ripetevo in testa analizzando ogni suono, ogni attimo. Non riuscivo a dimenticarmi delle sue parole e non solo perché era successo pochi attimi fa. Odiamo me stessa e odiavo lui perché mi aveva catturata in un modo travolgente e mi faceva restare in linea perfetta con il mondo. Semplicemente con lui mi vedevo bene, felice. Ma per lui, ovviamente, non era la stessa cosa.
  Che strano! Ora che avevo trovato una amica sincera, quella era la sorella del ragazzo di cui ero innamorata. Perché io ero innamorata di Edward e c’era poco da fare. Sentivo sempre mancarmi l’aria quando stavo con lui e al tempo stesso era come se solo in quei momenti con lui potessi stare bene. Chi prendevo in giro? Non ero bella né attraente o formosa e anche se lo fossi stata almeno un po’, ci sarebbero state altre ragazze migliori di me. Il mio cuore piangeva, si stringeva, non trovava pace. Avrei voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa per non soffrire in questo modo.
  Non mi pentivo del tutto di non averlo accettato. Non volevo solo quello da lui. Se l’avessi fatto con Edward, avrei dovuto essere sicura che almeno un po’ ci tenesse a me ma siccome questo non era contemplabile, morirò vergine e zitella.
  Mi sedetti sul divano, abbracciandomi, sentendo il grande bisogno di urlare: lo feci. Piansi, disperata. Non sapevo che fare. Ero semplicemente triste. Nascosi la testa tra le gambe mettendomi in posizione fetale e decisi di crogiolarmi nel mio dolore almeno per un po’.
  Porca puttana, non puoi lasciarmi in questo stato! Sapevo che non potevo perdere tempo con te, sei una santarellina frigida, avrei dovuto capirlo, 'fanculo!
  Le sue parole continuavano a vorticarmi nel cervello e ormai le lasciavo passare, rassegnata.
  Sei una santarellina frigida, avrei dovuto capirlo, 'fanculo!
  Erano cosi terribili per il mio cuore quelle parole, struggenti. Vedevo troppe storie d’amore in cui questo trionfava e il figo della situazione si innamorava della sfigata della situazione. Beh, l’amore non era cosi nella vita reale. Vedevo troppi film, ecco tutto.
  Sapevo che non potevo perdere tempo con te.
  Perché? Non ero importante. Ricordavo il suo bacio e la sua passione in macchina, il gioco a casa sua e il suo sguardo addosso, i suoi messaggi. Era come un ricordo lontano che rappresentava un’amara rassegnazione. Tutto quello che siamo stati in realtà non era vero, perché non era sentito da lui. Aveva giocato con me, semplicemente.
  Sapevo che non potevo perdere tempo con te.
  Come una lama, dei coltelli, le sue parole si conficcavano nel cuore, nella mente. Non sarei dovuta arrivare cosi in alto perché ora che sapevo come ci si trovava lassù, non mi sembrava di avere una grande visuale da qui sotto. Alzai il capo, sopraffatta.
  Sentii il telefono squillare. Edward? Si,certo. Era Alice, infatti. Oh, Alice!
  -Tesoro! Allora? Non mi hai più fatto sapere per oggi, devi venire alla festa? Non accetto un no, eh!
  Esplose in una risata fragorosa e divertita. Come mi sarei dovuta comportare con lei? Avrei dovuto dirle “è meglio non essere amiche” oppure allontanarmi senza accennare nulla? Era giusto abbandonarla? Sentii un magone alla gola e non riuscii a parlare. –Bella? Bella, ci sei?
  Dovevo risponderle, era preoccupata. Emisi un sibilio stordito. Dai, Bella!!
  -S-si, Alice, sono qui. Purtroppo ho avuto un impegno e quindi non ho potuto avvisarti. E... non posso venire perché devo fare... tante cose, proprio oggi.
  Ci fu un silenzio imbarazzante e interminabile. Il mio cuore esplose dal petto...
  -Okay, va bene.
  ... per poi ritornarci. Aveva risposto ma era accondiscende. Alice accondiscende? Davvero? Era delusa, tutto qui. Forse era meglio cosi. Forse era meglio farglielo capire invece di dirle tutta la storia. Ma io non volevo perderla! Piagnucolai un po’ ma alla fine rassegnata, emisi un sospiro.
  -Beh, ciao Alice, divertiti.
  Sorrisi e mentre stavo riattaccando lei rispose. –Bella... se vuoi... per qualunque cosa, io ci sono.
  Alle sue parole, mi morsi il labbro. Cavolo, vorrei sfogarmi con qualcuno! Ma no, non era Alice quel qualcuno anche se avrei voluto tanto che lo fosse. Lei sapeva o perlomeno aveva capito che mentivo. Perdonami, Alice, non vorrei mai mentirti davvero. Capisci, ti prego.
  Annuii, rimanendo in attesa di non so cosa. Riattaccai, senza aggiungere più nulla perché senza parole. Mi aspettava tanto dolore adesso.
 
Per le sei venne Renèe. Mi chiese se dovessi uscire e dove era andato quel “bellissimo giovanotto rossiccio di nome Edward”. Mi chiese se era il mio ragazzo ma io le ricordai che si trattava di quel Edward e quindi fece una faccia angustiata ma non più di tanto: non sapeva esattamente cosa fosse successo ma le avevo detto che era finita male con lui.
  -Beh, se è venuto fin qui...
  Si, beh, mamma, lui vuole portarmi a letto, ecco perché è venuto “fin qui”. Per portarmi a letto! Ma non glielo dissi, ovviamente.
  In camera, lessi tutti i messaggi che mi aveva mandato, completamente persa e per questo tenni inconsapevolmente un sorrisone che non finiva più. Ero una delle tante, che cascava nella sua rete super sexy e ammaliante. Quei messaggi stupidi, come lui, e quello stupido sguardo e quel sorriso...
  Sapevo che non potevo perdere tempo con te.
  No, non dovevo pensarci. Ma che potevo fare? Cosa potevo fare per non pensarci? Ormai tutta sapeva di lui, anche la stanza. Il letto aveva il suo odore quindi mi ci raggomitolai e inspirando affondo, mi feci prendere dal dolore e piansi, finché non mi addormentai.
  Quando mi risvegliai, avevo la bocca impastata e non ricordavo nemmeno chi fossi. Poi nel buio assoluto mi resi conto di dov’ero: la mia stanza. Ero nel letto e dovevo essermi addormentata pesantemente. Non ricordavo molto, oltre al fatto di Edward.
  Edward... stretta al cuore. Mi sembrava di essere in un romanzetto rosa o in anime giapponese tutto cuoricini e amori. Che cosa insegnano alle persone? A sognare! Come se nella vita si potesse raggiungere almeno un minimo di quello che raccontano.
  Feci una smorfia, stavo diventando pessimista. Erano le 4 di notte e tutto taceva. C’era la finestra chiusa anche se mi ricordavo che l’avevo lasciata aperta e avevo una coperta addosso. Un’unica spiegazione: mamma. Che tenera...
  Ieri era stata una serpe ma si poteva perdonare.
  Mi alzai, decidendo di lavarmi i denti. Mia madre ormai era a letto e non avevo voglia di vedere il cellulare anche se sentivo di doverlo fare. Dormicchiando, mi diressi in bagno senza accendere la luce. Accesi una luccetta che emetteva comunque troppa luce per i miei gusti ma era necessaria. Mi lavai per bene e sempre assonnata, riposi lo spazzolino. Sentii dei colpi fuori, come se qualcuno battesse su un doppio vetro ma non ci feci caso, troppo assonnata. Non appena aprii la porta, quasi urlai non appena vidi Edward Cullen fuori la finestra. La mia domanda non fu “che ci facesse lì” o “come ci era arrivato” ma se era consapevole di quello che faceva e se era a conoscenza dell’ora. A quel punto mi svegliai completamente.
  Nonostante fossero le quattro di notte, era bello da morire e la luce della luna lo colpiva in viso. Fu allora che mi chiesi come era salito. Continuava a battere al finestrino con una certa urgenza e mi mimava “apri” con la bocca mentre tremava, forse per il freddo.
  Fu allora che decisi. Sorrisi malefica e mi avvicinai alla finestra regalandogli un bel dito medio e abbassando la tapparella. Buonanotte, Cullen!!
  Soddisfatta per la sua faccia terrorizzata, andai a dormire improvvisamente assonnata. Non ricordavo di essere cosi audace, forse era per il sonno. Mi faceva bene, allora! Sentii ancora dei colpi e delle grida strozzate ma non ci badai. Mi misi il pigiama e mi ficcai sotto le coperte, completamente stanca. Non seppi se mi addormentai fatto sta che sentivo comunque dei rumori a lontananza: colpi. Spalancai gli occhi, irritata. Doveva per forza continuare a battere??
  Alzai la tapparella, leggermente incazzata. Gridò un “fammi entrare”. Anche lui era incazzato ma non ne aveva il diritto e poi ero io ad avere per la prima volta il coltello dalla parte del manico. Non dovevo farlo entrare, mi stava facendo passare il sonno. Notai solo allora che era su di un  albero e che si stava sporgendo da questo. Non avevo neppure notato l’albero in questi anni.
  Era contratto dall’angoscia e dal dolore e continuava a guardare giù con la coda dell’occhio: era una situazione ridicola in un certo senso. Era ubriaco? Che strano... non era andato alla festa?
  Senza pensarci come avrei dovuto fare, aprii la finestra pentendomene subito. Avrebbe dovuto morirci lì sopra! Esalò un respiro e con un agile mossa mi ritrovai Edward Cullen per la seconda volta in camera mia e per la seconda volta ci stava bene. Lo fissai nella penombra e vidi i suoi capelli scompigliati –come facevo a non innamorarmene? Si mise in piedi un po’ malconcio e borbottando. Inveiva contro di me e m guardava truce.
  Per darmi un tono sotto il suo sguardo ammaliatore, congiunsi le braccia ma senza particolare decisione.
  Sapevo che non potevo perdere tempo con te.
  -Mi spieghi per che cavolo non hai aperto subito?
  Sibilò, senza urlare e con una nota di frustrazione e di gioia per non essere caduto. –Hai idea di come sia pericoloso su quel albero?
  Rimasi impalata, in attesa di qualcosa. No, dovevo parlare. I suoi occhi mi inchiodarono e quasi non sentii puzza d’alcool. –Sei ubriaco??
  Per un momento mi pentii di averlo lasciato lì ma perché non puzzava cosi forte e come mai era riuscito a rimanere in bilico? Sgranai gli occhi, sentendomi mancare.
  Vedendo il mio sguardo, proruppe in un sorriso pungente. –Che c’è? Ora hai paura per me?
  Si sedette sul letto, di nuovo. Non me l’aveva chiesto neppure ora. Irritante.
  -Stavi dormendo?
  No, assolutamente non era a conoscenza dell’ora. Alzai gli occhi al cielo e lo invogliai ad alzarsi dal letto per non stropicciarmi le coperte. –Oh, come sei perfettina!
  Ridacchiò, profondamente divertito e in tono derisorio. Arrossii.
  Indossava il jeans e un giubbotto piuttosto imbottito, forse nero o marrone. Non era un abbinamento da festa, assolutamente. Però sentivo puzza d’alcool. –Sei ubriaco o no?
  Mi fissò negli occhi, struggente. Alzò il sopracciglio e poi negò col capo.
  -Brillo?
  Ridacchiò.
  -Perché ridi?
  -Perché sai cosa significa “brillo”!
  Aggrottai le sopracciglia osservandolo ridere. –Tutti lo sanno.
  -Tutti ma... anche tu! Una santarellina come te!
  Continuò a ridere mentre il mio cuore tornava ad essere pesante. “Sapevo che non potevo perdere tempo con te.”  Era tornato qui per deridermi e farmi male? Ma non aveva un cuore?
  Di colpo sentii le lacrime spingere per venir fuori ma mi trattenni perché assolutamente non doveva vedermi piangere. Però lui vide qualcosa dentro i miei occhi –come io nei suoi- e quindi si rabbuiò. –Senti, non volevo fare quello che ho fatto... ehm, prima. Ieri.
  Restai calma e impassibile. Doveva soffrire di qualche grave malattia mentale che cambiava umore! –Te lo ripeto...
  -Cosa?
  Alzai il dito medio con un’inspiegabile nonchalance umettando le labbra. Speriamo che cosi ti sia chiaro, stronzo. Edward alzò gli occhi al cielo, divertito. –Te lo mangio quel dito!
  Feci spallucce e mentre stavo per ritornare sotto le coperte, mi girai a guardarlo. –Perché mi fissi?
  -Sei bella...
  Arrossii. –Lo so.
  Fu lui ad alzare gli occhi al cielo. –Non in quel senso. Dico... sei bellissima. Mi spiace per prima.
  -Non costringermi ad alzare il dito di nuovo...!
  E mentre con aria di stizza stavo realmente per farlo, lui si buttò quasi su di me e mi prese il dito. Se lo portò alla bocca e succhiò ad occhi chiusi. –Mi piace il tuo sapore...
  Emise un mugolio di piacere – o forse ero io? - e puntò i suoi occhi limpidi nei miei. Rimanevo senza fiato accanto a lui, tremante. Avrei tanto voluto che mi baciasse ma mi ricordai della mia dignità e ritrassi malvolentieri la mano. Era troppo vicino tanto che notai un tatuaggio piccolissimo tra il collo e la spalla con due ‘E’ intrecciate. Era davvero bello.
  Mi scostai e balbettando qualcosa andai vicino la finestra. –Dovresti andartene.
  Sussurrai melliflua. Il mio corpo mi tradiva. Da dietro sembrava perfetto: schiena e sedere da urlo. Quando si girò vidi tutto lo scuro nei suoi occhi e qualcosa che si era entusiasmata un po’ troppo. Lo vidi strofinarsi il dito sul labbro inferiore e abbozzare un sorriso.
  Non sapevo neppure perché fosse qui. Perché a quest’ora!? Era un gesto... un gesto...
  -Mi piacerebbe rimanere.
  -Col cavolo.
  Fece una smorfia di tristezza, come un bambino e la sua amata caramella sfuggente. –Andiamo, perché no? Non faccio nulla davvero!
  Si difese allargando le mani e assumendo un aria lamentosa. Alzai ancora gli occhi al cielo. –No, Edward.
  -E perché??
  Stridette quasi come una macchina che sterza bruscamente. Non era una situazione divertente, non in prima mattina –o meglio, notte. Che capelli avevo?
  Scossi la testa. –Voglio che tu vada via.
  No, non era vero. La sola cosa che desideravo era averlo vicino ed era strano dire il contrario. Mi sarei aspettata di tutto ma pregarlo di andarsene da casa mia perché “non lo volessi”... era disdicevole, ecco! Ma se lo meritava. Era già troppo se non gli facevo una sfuriata.
  Si avvicinò pericolosamente a me e alle mie mutandine. Il cervello emise l’allarme anti-Edward, il mio cuore balzò nel petto e le mie tette fecero la giravolta. Mi accarezzò un guancia e con un sorriso straffottente mi fissò. –Mi spiace davvero per prima. Vorrei tanto restare.
  Si accostò di più al mio viso e mi picchiai mentalmente perché al posto del calcio nelle palle gli permettevo tutto questo. No, non doveva più avvicinarsi a me. Chiusi gli occhi per un attimo per poi riaprirli e quando lo feci la mia mano si mosse da sola e lo colpì sulla guancia. Trattenni il fiato per secondi quando lo vidi strabuzzare gli occhi non certo per il dolore ma per la sorpresa. Non se lo aspettava e nemmeno io. Le mie tette a quel punto si accasciarono.
  Avevo paura. Non che alzasse le mani ma che mi ferisse ancora con le sue parole e con il suo disgusto. Si portò la mano sulla parte dolorante, poi la rimise sul fianco.
  Mi raggomitolai su me stessa pronta a sentirne di tutti i colori. Almeno non farti vedere passiva...!
  Sospirò, grattandosi la nuca e sorridendo un poco affranto. –Me lo sono meritato...
  Sgranai gli occhi. –Davvero?
  Lui ridacchiò e annuì sincero. –Si, davvero, me lo sono meritato. Anche se nessuna l’aveva mai fatto... per cosi poco poi...
  Lo trucidai con lo sguardo. –“Cosi poco”? “COSI POCO”?
  Edward divenne spaventato e scosse la testa balbettando un po’. –Non volevo dire questo!
  Sbuffai, rimettendomi al letto, lasciandolo in piedi vicino la finestra e girandomi dalla parte opposta a lui. –Posso venire nel letto con te?
  -No.
  Attimo di silenzio.
  -Se lo faccio comunque, mi...?
  -... ti picchio.
  Lo sentii sorridere. –Beh, detto così, suona eccitante...
  Mi girai come una furia. –Va’ via!
 
Quella domenica mi alzai riposata e quasi felice. Decisi di fare un po’ di compiti per poi fare una lunga chiacchierata con Alice. La piccoletta c’era rimasta male perché alla fine non ero andata alla festa e perciò aveva detto che dovevamo per forza vederci oggi pomeriggio per una giornata di “shopping, cose da donne e mangiare schifezze”. E io avevo accettato. Nonostante fossi ancora un po’ giù, non volevo abbattermi. Forse perché la sera prima era venuto Edward...
  No, assolutamente! Non era mica per quello che stavo bene...
  Quella mattina chiamò anche Black. Mi disse che gli mancavo e che era stato bene con me fin quando poi non era venuto “il rossiccio”. “Si chiama Edward”, gli ho detto e lui “lo so come si chiama il ‘rossiccio’”. Alla fine ho chiuso la chiamata dicendo che non potevo – in realtà non volevo - più parlare. Aveva detto che voleva rivedermi ma poco importava ciò che voleva lui. Jacob Black per me era un capitolo chiuso e finito, ormai da tempo.
  Questo periodo era “periodo Edward”.
  No, assolutamente, questa cosa rimaneva tra me e me. Non mi sarei mai concessa a quel bastardo, mai. Avrei aspettato semplicemente che si dimenticasse di me.
  -Ci siamo divertite cosi tanto, Bells!
  Alice e Rose erano entusiaste per la festa di ieri e in ogni secondo non perdevano momento per ribadirlo.
  -Saresti dovuto venire!
  Continuò la brunetta mentre Rose annuiva fortemente convinta di quello che diceva l’amica.
  -Oggi però vieni?
  -Dove?
  Eravamo al bar “Night&Day” e sorseggiavamo tè e caffè. In quel locale c’era un atmosfera cosi intima e giovanile e infatti c’erano solo ragazzi principalmente. Erano appena passate le quattro e Alice e Rose avevano addosso già abiti succinti e minigonne da urlo con tacchi annessi. Io? Io avevo una camicia jeans e il maglioncino beige, jeans e le mie fedelissime Converse.
  Alice sbatté le ciglia perfettamente allungate. –Organizzo una festa a casa mia! Non te l’ho detto?
  Incominciò a blaterare di una festa in piscina.
  -Avete una piscina?
  Non l’avevo notata.
  Lei annuì poi Rose mi prese le mani. –Ci sarà anche Edward.
  Mi fece l’occhiolino e io arrossii.
  -Oh, andiamo! Sappiamo che ti piace! Mio fratello è un bel figo e non ci posso davvero far nulla.
  Ridacchiò con fare teatrale. –I miei non ci sono ovviamente...
  Anche Alice mi fece l’occhiolino. –Dovrai per forza scatenarti, tesoro!
  -Ci saranno anche Mike, Jessica, Angela ed Eric. Li ho invitati perché sono tuoi amici...
  Guardò in basso il suo cocktail, stringendo le labbra; l’aveva fatto solo per farmi sentire più a mio agio, non perché fossero “popolari” o altro, in realtà non sapevo neppure se definirli miei amici. Si aspettava un grazie comunque? –Ci saranno anche tanti, tanti bei ragazzi.
  Mi fecero l’occhiolino questa volta insieme. Non mi sentivo per nulla bene. Ragionai cosi tanto nei miei pensieri che non mi accorsi dell’arrivo di una ragazza. Nel bar era entrata una strafiga castana con un fisico da urlo fasciato da un vestitino sbarazzino lilla che le copriva a malapena il sedere e non appena vide Alice e Rose si avvicinò, chiamata anche da queste. Si salutarono calorosamente ma poi si girò verso di me.
  -Ciao, sono Emily, la ragazza di Edward!
  Mi rivolse uno splendido sorriso ma non riuscii a muovermi. Ragazza?
  Alice ridacchiò. –Ma non è vero, Bells! Non l’ascoltare.
  Emily aveva un neo sopra le labbra carnose e il viso incorniciato da una cascata di capelli lisci e fluenti che finivano sul seno. Sembrava una dea dagli occhi di ghiaccio.
  Quando rise, ebbi un esplosione al petto. Quella ragazza era perfetta. –Certo che lo sono, lo sono all’età di 4 anni. Ed Edward lo sa. Agli occhi di tutti io sono la sua ragazza.
  Non riuscii neppure a ridere, a fingere. Che cavolo stava dicendo? Per un attimo pensai che fosse solo una delle tante galline che gli ronzavano intorno e mi venne voglia di spennarla.
  Aveva una carnagione piuttosto scura e gli occhi grandi ed espressivi.
  -Ma che dici!
  Rose annuì nervosa, fissandomi. Anche Alice lo fece forse per vedere come reagissi.
  -E’ vero!
  Alzò gli occhi al cielo e spostando lo sguardo notai lo stesso identico piccolo tatuaggio sul collo di Edward. Due ‘E’ intrecciate in nero.
  Emily ed Edward.
  I due “fidanzati”.


Enjoy xD
Ricordo la mia prima ff "Orgoglio" su Kanata e Miyu, di Ufo Baby, e anche una ff che sto leggendo "This crazy love". E' solo che è da tanto che non recensisce l'autrice >.<
Ma vabbè xD Oppure Anime Perse di OpunziaEspinosa <3 
Non me l'hanno chiesto, è una cosa che faccio con il cuore!
Beh, ce ne sono tante in realtà, basta andare un po' in giro xD


Enjoyyy xD

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Bene, ecco il mio bellissimo regalo per Pasqua... che se in ritardo xD
Passate bene le vacanze? Si lo sono che non sono ancora finite... tra un po' viene anche estate xD
Consideratelo allora un capitolo che deve bastare per un po' anche se forse è un po' più corto rispetto agli altri.
Colpi di scena?? Giàààà xD
Un'altra cosa: penso di postare al più presto la'ltra mia ff e spero che delle mie piccole fan si ritrovino anche lì... consideratelo un vostro regalo di Pasqua per me xD No, non è vero. Io so che ci siete e questo mi basta :)
                       Enjoyyyyy xD

.Capitolo 7

Alla festa in piscina doveva venire anche Emily, la ragazza di Edward.
  Analizziamo. Edward non mi aveva mai parlato di una probabile ragazza e questa puttanella ora si credeva tale? E fin qui, tutto okay. Insomma, forse ce n’erano tante che si credevano chissà chi. Ma come mi spiegavo allora il tatuaggio? E le parole di Alice? Potevo chiedere spiegazioni al diretto interessato. Ma poi non avrei voluto sembrare troppo appiccicata! Anche se pensavo che avrebbe dovuto dirmelo lui stesso. Beh, non proprio. Non stavamo mica insieme quindi...
  -Bella, mi ascoltiiii??
  Alice mi sventolò la mano davanti agli occhi e si abbassò alla mia altezza. –Ti ho chiesto quale dei due dovrei mettermi.
  Mi fece vedere un vestitino a campanella rosso e un pantalone a zampa di elefante con un canotta a mazze maniche con le pailettes. –Il pantalone...
  Alzò il sopracciglio. –Okay, opto per il vestino.
  Aggrottai le sopracciglia ma poi rinunciai ad ogni commento. Alzai gli occhi al cielo.
  -Sai cosa metterti?
  Mi domandò Rose dal bagno. Eravamo a casa di Alice - ed Edward – e mi stavo facendo le paranoie visto che ogni cinque minuti le due pazze uscivano per mostrarmi qualche capo d’abbigliamento.
  -In realtà...
  Avrei voluto dire “no, non so cosa mettermi e non voglio venirci alla festa”. –No, non so cosa mettermi...
  ... e non voglio venirci alla festa. Vabbè, lo dico solo a me stessa allora.
  Alice mi fissò e con uno schiocco di dita richiamò Rose. Si guardarono negli occhi esaminandomi. Annuirono sorridendo e mi presero per le mani. Mi trascinarono in bagno e sotto le mie lamentele giocarono letteralmente con la mia faccia, con pizzicotti, buffetti e tirate di labbra. Risero un po’ mentre io cercavo di elaborare un modo per chiederli qualcosa di più su Emily. Non avevano detto più niente e mi sembrava strano. Avevo bisogno di sapere, il cuore in gola. Ma come?
  -Ahm...
  Alice mi tirò uno schiaffetto sulla guancia. –Shhh, non parlare!
  Strinsi le labbra, alzando gli occhi al cielo mentre le vedevo trafficare con mascara, matite, eyeliner e chissà quale robaccia.
  La festa sarebbe durata tutta la notte fino la mattina seguente. Voi direte: cosa potrebbero mai fare dei ragazzi senza la supervisione di un adulto in una casa dotata di piscina e camere da letto per una notte intera?? Sarà una noia mortale.
  No, seriamente. Non mi andava di stare con persone fumatrici, canniste e pedofili, non di certo. E quando glielo dissi ad Alice, lei rise. –Nessuno è pedofilo!
  Ecco, pedofilo no, ma cannista, fumatore, maniaco e arrapato si! E parlo di tuo fratello.
  -Beh, poi ci sono troie come quella Emily...!
  Sbuffò.
  Bingo. Alice ha tirato fuori l’argomento Emily. Perfetto Bella, buttati! Che cosa potrei dire?
  -Perché troia?
  Dissi con finto interesse ma in realtà stavo morendo dentro infatti la voce mi si era incrinata.
  Rose prese dei vestiti. –Ti interessa, eh?
  Alice annuì mentre io arrossii. –No!
  Beccata! Cavolo!
  -Si vede lontano da un miglio che vuoi sapere di Emily e certamente sei una ragazza o troppo orgogliosa o troppo stupidina. Hai tirato per ben tre ore senza chiedere nulla!
  La bionda mi diede un buffetto sulla guancia, sghignazzando seguita da Alice. –Comunque non ti diremo nulla. Sarà lui a farlo.
  -Ohhh, e la solidarietà femminile?? Andiamo!
 
Alice e Rosalie alla fine non mi diressero nulla di Emily ma mi diedero un bel costumino - ma proprio ‘ino’ - da indossare - infondo è un costume, no? Mica deve coprire! - e un vestitino color pesca a campana.
  “Perché mi devo truccare se è una festa in piscina?”, mi dicevo.
  Erano le nove di sera e gli invitati sarebbero arrivati a momenti. Tutto era pronto. Alice aveva un il vestitino di cui mi aveva “chiesto il parere” e Rose indossava una canottiera bianca e un pantaloncino con sotto un costume leopardato.
  Alice aveva optato per un costume sempre a due pezzi a fascia e il tanga.
  Eravamo pronte. O meglio, lo erano.
  Esme e Carlisle, il padre, erano fuori per lavoro e sarebbero ritornati due giorni dopo. Io intanto mi stavo cacando sotto perché avrei visto Edward e Emily. Avevo deciso di non parlargli per tutta la serata ma appena lo vidi mi dimenticai del mio nome. Possibile che dovevo sempre fare la parte della ragazzina con gli ormoni a mille e la bava alla bocca?
  Entrò con James, Emmett, Jasper e altri che conoscevo ma che non ricordavo il nome ma erano gli stessi di quel giorno al locale.
  Il bruno e il biondo baciarono appassionatamente le loro ragazze mentre una mandria di ragazzi e della musica a tutto volume entravano e si diffondevano nella casa.
  -Ci baciamo anche noi?
  Edward mi mise il braccio intorno al collo e mi indicò Emmett e Rose e Jasper ed Alice.
  Mi scostai da lui ricordando la notte scorsa. Era stato cosi carino. Mi era difficile sentire i miei pensieri in realtà con quella musica che si alzava sempre di più man mano che passava il tempo.
  -Sei davvero una strafiga con questo vestitino. Perché non lo togliamo?
  Mi sussurrò all’orecchio, scatenando forti brividi. Lo guardai storto, fulminandolo e cercando di ucciderlo con la mente. Insopportabile!
  Lui si mise le mani davanti, alzando il sopracciglio, divertito. –Ehi, ehi. Calmati, tigre.
  Mi diede un buffetto sul naso e un bacio. –Tanto lo so che non puoi stare lontana da me.
  Mi fece l’occhiolino e mi diede un pacca sul sedere. Sgranai gli occhi, irritata dal suo comportamento. –Sei un idiota.
  Gli tirai uno schiaffo sul braccio che non lo scalfì neppure un po’. Qualcuno mi prese da dietro e con grande agilità mi fece svolazzare. –Ahhh!
  -Caspita, sei pesante Bella. Non sembra.
  Mi rimise a terra e con il suo vocione mi salutò. Girandomi vidi che era Emmett, il ragazzo di Rose. Era tanto simpatico con quelle fossette e quel sorriso infantile. Edward spinse l’ammasso di muscoli – come cacchio fece?? – e quello con fare teatrale andò addosso alla povera Rose, che sbraitò.
  -Sta’ lontano dalla mia ragazza!
  Sobbalzai. Era Edward che aveva parlato e aveva detto davvero... “mia ragazza”? Scossi la testa fingendo noncuranza anche se dentro, stavo morendo. Diventai rosso peperone inevitabilmente, mentre Emmett e Rose bisticciavano. Edward intanto annuì. –Si, sei la mia ragazza, ti spiace?
  -Che dichiarazione!
  Alzai gli occhi al cielo ma dentro di me avevo i fuochi d’artificio e stappavo tanto tanto champagne. Diceva sul serio? Si stava prendendo gioco di me?
  Mi prese per le spalle, incominciando a camminare. Confusa, mi girai verso gli altri e vidi Alice e Rose agitare la manina e farmi l’occhiolino. Sentii le guancie imporporarsi mentre chiedevo ad Edward dove mi stesse portando.
  -C-come??? Non ti fidi di me?
  Finse di sentirsi male e quasi svenne. Io ridacchiai. –No, no certo, mi fido.
  Arrivammo alla piscina dove c’era gente nuda e non che ballava a ritmo di musica. –Vuoi farti un tuffo?
  Gridò alle mie orecchie per poi fissarmi speranzoso con i suoi grandi occhi verdi. Non potei far altro che annuire e avere sulla faccia un sorriso da ebete. Incominciò a togliersi il pantaloncino e la maglietta attillata, rimanendo in boxer e costume.
  Non sbafare, non sbafare, non sbafare!!
  Era bellissimo con il suo fisico non molto palestrato ma ben dotato sotto ogni punto di vista. Ci starebbe bene con la panna!! Era leggermente abbronzato e non come me bianca e pallida.  Incominciai ad abbassarmi la spallina e a non pensare che tecnicamente dovevo restare nuda davanti a lui. Beh, in realtà davanti a tutti i ragazzi presenti. La musica continuava più forte ed Edward fu costretto ad avvicinarsi per parlarmi. Appoggiò una mano sul mio fianco e andai in fibrillazione. Edward mi sta toccaaaandoooo!!!
  -Devi toglierti anche il costume. Guarda lì!!!
  Mi indicò un cartone con su scritto “Solo ragazze nude” vicino la piscina. Mi stava dicendo che dovevo spogliarmi??
  Lo fissai a bocca aperta e si allargò in un sorriso pieno di sfida. Porca puttana io non faccio ‘ste cose! Non voglio denudarmi. Scossi la testa ripetutamente. –No, no, no!!
  Negai con il dito e con tutto ciò che avevo a disposizione.
  Edward alzò gli occhi al cielo, per nulla sorpreso. –Okay, tanto lo sapevo che non lo facevi. Sei Bella, infondo...
  Fece spallucce. Dovevo prenderla come un’offesa?
  Mi accigliai e lui se ne accorse. –Ehi, non fare quel musetto lì altrimenti statti sicura che oggi ti spoglierai eccome! Comunque, fa niente ma solo perché sei tu. Puoi tenerti il costume.
  Dichiarò con aria solenne e io mi rilassai, sospirando. Beh, sempre meglio di niente. Mi tolsi piano il vestitino rimanendo in costume. Era un due pezzi a fascia blu e la mutandina era un tanga. Diventai rosa in men che non si dica sotto il suo sguardo sbalordito ma soddisfatto. –Wow.
  Alzai lo sguardo vedendolo piacevolmente colpito. Il vestitino era a terra e le mani congiunte.
  -E tutto questo lo vuoi tenere per te?
  Alzò il sopracciglio, quasi rimproverandomi. –Ti sta d’incanto il blu.
  Sussurrò all’orecchio, lasciandovi un bacio. Ero squagliata. Grazie Dio per aver inventato la ceretta. Mi prese per mano e arrivammo al bordo della piscina. –Sai nuotare?
  Mi urlò. Io annuii, non sapendo cos’altro fare, imbarazzata. Era fantastico stare con lui in quel modo, non mi aspettavo questo comportamento.
  Un ragazzo in piscina che si stava abbracciando una stupida biondona nuda e ridacchiante mi urlò. –Ehi, devi spogliarti, tesoro.
  Edward gli allungò il dito medio e non disse nulla. Il tipo continuò a ridere e bere dal bicchiere, toccando la bionda che si strusciava su di lui. In quel momento successe una cosa: io e Edward ci guardammo, capendoci al volo. Avevamo criticato quella tipa e il suo salsiccione vivente. Sono cose che fanno le coppie, no? Intendo criticare le persone!!
  Ridemmo insieme, poi si girò. –Pronta? Al mio tre. Uno...
  Si buttò di scatto, trascinandomi e facendomi urlare. Strinsi appena in tempo gli occhi sentendo l’acqua intorno a me e la pressione nell’orecchie. Feci un po’ fatica a risalire e una volta in superficie inspirai. Notai che ancora stringeva la mia mano.
  -Sei pazzo? E il due e il tre?
  Rise a crepapelle e mi appoggiò al bordo piscina. I suoi occhi erano diventati liquidi e intensi, di un verde pulito. Le goccioline gli cadevano sulle spalle e se mentre alcune si fermavano, altre rientravano in acqua. Era talmente sexy. I capelli scompigliati, il fiato leggero e fresco. Mi mise le mani ai lati della testa e si appoggiò completamente al mio corpo, facendomi sentire tutto in modo dettagliato.
  Santo cielo, quello che sentivo... era reale?? Beh, già da prima si vedeva che era ben messo...
  Strinsi gli occhi, sarei andata all’inferno per tutti ‘sti pensieri sconci.
  Mi baciò la fronte con un sorriso stampato in faccia. Sai che mostro ero? Mi controllai il trucco e costatai che non era sbafato. Tornai nei suoi occhi e vidi una scintilla maliziosa che mi fece rabbrividire - e non per il freddo.
  Scivolai lo sguardo sulla sua bocca, gli zigomi, il petto, i bicipiti e... il collo. Il tatuaggio. Due ‘E’ incrociate stile fiaba. Ritornai nei suoi occhi ancora una volta e lo vidi perplesso.
  Era il momento.
  -Che significa quel tatuaggio?
  Solo pura curiosità. Parlai prima che l’azione mi arrivò al cervello e infatti un secondo dopo me ne pentii. Chi ero io per chiederlo?
  Alzò un sopracciglio allontanandosi di qualche millimetro. Si passò la mano nei capelli e schizzò delle goccioline. Beate loro...
  Fece spallucce sfuggendo al mio sguardo. Era quello che pensavo allora. Era un ‘Edward & Emily’.
  Strinsi i denti, trattenendo il respiro. Forse c’era un’altra spiegazione. –Cos’è allora? Interessa per caso una tua amica?
  Oh cavolo! Era impazzita? Da dove veniva questa audacia? Beh, ormai è fatta... tanto vale proseguire. Male che vada, mi manda al diavolo.
  Aprì la bocca sinceramente sorpreso. Sbiascicò qualcosa e si guardò attorno scuotendo la testa. Poi si grattò la guancia ridacchiando. –È gelosia la tua?
  Umettai le labbra, fingendo noncuranza. Fissai il pelo dell’acqua. –No.
  Lasciò cadere una mano e appoggiò il gomito sul bordo mantenendosi la testa. Con uno sguardo ammaliatore inclinò il capo. –Mi stai mentendo.
  -Affatto.
  Mi fissò interrogativo.
  -Forse tu mi stai mentendo.
  -Hai il tipico sguardo della donna che sta indagando perché troppo gelosa.
  Diventai rossa. Il tipico cosa?? Ma che stava a dire.
  -Ti mordi il labbro quando sei nervosa, sai?
  Gli guardai le labbra sottili. Lui fece lo stesso. –So cosa stai pensando...
  Sussurrò ebro di maliziosità. –So cosa pensi.
  -A cosa?
  Ci fissammo, sfidandoci con lo sguardo.
  -Tu vuoi baciarmi. Tanto quanto lo voglio io.
  Colpita e affondata. Deglutì rumorosamente e giurai di essere diventata bordeaux. Ci furono pochi attimi di silenzio in cui io evitavo il suo sguardo.
  -Mmh... ho capito.
  Sussurrò come se avesse davvero compreso qualcosa che lo avrebbe aiutato nel suo scopo. Mi prese il viso tra il pollice e l’indice e annegò nei miei occhi.
  -Vuoi essere la mia ragazza?
  Sgranai occhi, bocca, persino il naso. COSA?????
  Balbettai qualcosa di incomprensibile mentre Edward non mostrava nessun segno di scomponimento. Anzi, rimaneva con il suo sorriso cazzuto su quella faccia cazzuta in un modo assolutamente sexy.
  Il cervello era in tilt. Forse avrei dovuto dire semplicemente si.
  -NO.
   Balbettai spaventata. Aspetta... COSA???
  Ho detto no? Cervello perché hai detto no?
  Anche li sembrò sorpreso e finalmente si scompose un poco. Probabilmente non ne era abituato. Rimase a fissarmi e poi mi chiese perché. Bella domanda.
  No, no. Io lo sapevo perché. Era semplice. 
  Non avrei mai potuto dire di si ad uno come Edward. Anche se avessi voluto. 
  -Scusami.
  Sussurrai senza guardarlo negli occhi e avviandomi fuori la piscina. Combattei con tutti i ragazzi che incontravo, andandoci a sbattere e finalmente salii le scalette. E il mio motto “carpe diem”?
  Qualcuno mi prese per il polso e capii che si trattava di Edward neppure senza girandomi.
  -Ma che cazzo ti prende?
  Il suo non era un tono aggressivo ma confuso e forse in qualche modo triste. Mi si strinse il cuore. Feci spallucce, cosa avrei potuto fare? –Devo... devo pensarci.
  -Non ti ho chiesto di sposarci...
  Mi irrigidii. Alzò gli occhi al cielo.
  -Sembra che qualcuno ti abbia infilato una scopa nel...
  -Okay, senti, lo interruppi,  ci sono troppe cose che vorrei sapere e...
  -Frequentiamoci. Poi vediamo come va.
  Mi fissò negli occhi. Sembrò implorarmi.
  Avevo tanta voglia di dirgli di sì. Ma sarei stata all’altezza? –Va bene.
  Dissi, sconfitta. Mi sorrise, visibilmente rilassato e passandosi le mani tra i capelli. –Cazzo! Allora ho il permesso di palparti un po’?
  -NO!


Enjoy again xD


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Bentornati xD
Non dico nulla solo che ho pubblicato un'altra mia storia, semre su Twilight, "Overdid".
Mi piacerebbe se voi mi diceste cosa ne pensate :))
Bacio, MissP;)


.Capitolo 8

Passò una settimana da quel giorno della festa e per chi se lo sta chiedendo io ed Edward eravamo arrivati ad un impasse. Era da una settimana che non lo vedevo questo perché a scuola saltavo biologia e sviavo Alice e Rose in qualunque modo. Mi sono dovuta infilare anche in un cassonetto. Certo, non me l’ha detto il dottore di farlo ma lui era lì di fronte a me e io...! Io ho avuto paura. E quindi mi sono infilata nel cassonetto.
  Chi non l’ha fatto almeno una volta?
  La nota positiva era che quella domenica avevo incontrato un’amica e lei mi aveva detto che i suoi cercavano una commessa. “La Bella Italia” era un ristorante molto affollato che riscuoteva tanto successo in tutte le età ed era stato appena comprato dalla famiglia Jones. E io, culata ragazza di soli 17 anni che - combinazione – cercava un lavoro, aveva colto la palla al balzo. Non vedevo da un po’ Elena e probabilmente non mi era mancata.
  Era piuttosto frivola come ragazza e anche viziata. I suoi genitori era benestanti e quindi passava il tempo a farsi le unghie e a controllare se fossero tutte intatte.
  Il lunedì sarebbe stato il mio primo giorno di lavoro e non vedevo l’ora. Avrei guadagnato qualche soldino per andare in gita quel anno, in Italia. Avevo voglia di vedere Venezia oppure Napoli.
  Alla fine quel lunedì arrivò subito e preso un respiro mi avviai con un’ora in anticipo alla “Bella Italia”. Presi il pick-up e sfrecciai sulla strada che a quel ora di pomeriggio era abbastanza deserta. Mi fermai a prendere un caffè in un bar.
  -Un caffè macchiato, grazie.
   Accennai un sorriso e il tipo al bancone si dileguò in un lampo. Sorrisi, tra poco sarei diventata anche io ufficialmente un impiegata e sfruttata per qualche lavoretto!! Che sensazione!
  Sorseggiai il mio caffè e poi presi una mentina. Dovevo apparire perfetta. I genitori mi conoscevano quindi non avevano bisogno di colloqui di lavoro. Meglio per me!
  All’uscita del bar, erano ancora le quattro e quarto del pomeriggio e il turno iniziava alle cinque spaccate. Ne approfittai per sedermi su di una panchina e mangiare una barretta al cioccolato. Inspirai affondo, tranquilla. Di fronte a me c’era un parco dove bambini su bambini giocano su una distesa verde con alcuni fiorellini. Era un luogo molto piacevole.
  A fine barretta mi ricordai di prendere altre tre mentine. Cavolo, mi scordavo sempre che dovevo mantenere il mio alito a prova bomba!! Misi le auricolari e mi sentii Love me again di Jonh Newman. In quel momento mi domandai perché Edward non si era fatto vivo e soprattutto perché io gli ero sfuggita per tutto questo tempo. In realtà lo spiavo. Quella volta – dal cassonetto –avevo sporto di poco la testa per vederlo passare e chiacchierare con una ragazza. Era bruna da dietro e all’inizio pensai che fosse Emily. Ma non era lei. Quindi c’era un’altra ragazza...
  Edward era pieno di ragazze, perché avrebbe dovuto perdere tempo con me? Avevamo detto di frequentarci ma niente. Ero troppo stupida per fare la prima mossa e mi limitavo a guardarlo da lontano. Sarebbe dovuta cambiare quella situazione. Avrei dovuto farlo io il primo passo? Non doveva farlo l’uomo?
  Teoricamente Edward era il mio insegnante. Quindi quella situazione era come... un incesto!! No no, che centra l’incesto? Okay, basta. Chissene frega!! Giusto?
  -Vedi un po’ chi si vede!
  Girandomi verso quella voce, mi scontrai con due grandi occhi verdi.
  -Chi non si nasconde si vede, eh?
  Sobbalzai, diventando rossa e facendo finta di non sentire la sua ultima battuta.  Era in tuta, incappucciato e forse puzzava pure. Ma era bellissimo e sexy da morire, faceva male agli occhi e al cuore.
  Si sedette di fianco a me, stiracchiandosi. Si grattò la nuca e sentii il suo odore. Cavolo, non puzzava affatto!!
  -Che ci fai qui?
  -Lo dovrei dire io a te...
  Sbiascicai, non capendo neppure perché lo dissi. Edward mi guardò in modo interrogativo. –E perché?
  Già, e perché?
  Feci spallucce, stoppando la musica che ormai non sentivo da quando l’avevo visto e riposai i miei occhi a terra. Era un po’ sudato ma i capelli erano perfettamente in ordine.
  -Anche tu jogging?
  Mi diede una gomitata, servendomi il suo sorriso preferito da me, quello sghembo.
  -In jeans?
  Dissi, chiaramente ironica.
  Fu lui a fare spallucce questa volta e strinse le labbra, strofinandoci le mano. –A quanto pare per vederti io devo farlo invece...
  Mi morsi il labbro e con una vocina acuta mi girai a tutta fretta verso di lui scontrandomi con i suoi occhi. La sua vicinanza mi destabilizzava. Il mio cuore faceva “bum bum”.
  -C-che intendi dire?
  Mi fissò di sbieco con aria offesa. –Pensi che non mi sia accorto che mi eviti?
  -Io non ti evito!
  Alzò gli occhi al cielo. –Bella, ti sei ficcata in un cassonetto!
  Disse con fare ovvio, allargando le braccia. Finsi di essere stizzita ma in realtà non sapevo se piangere o ridere. –Non è vero!
  Urlacchiai, sentendo il sangue pulsarmi nelle tempie per i suoi occhi verdi. Lo stomaco borbottava e dentro di me si era appena iniziato uno spettacolo: le mie tette ballavano la salsa mentre le gambe in seconda fila il gechegè.
  -E anche se fosse, cosa che non è, non l’ho fatto mica per te...
  Borbottai per nulla convinta, mentendo.
  -E per chi allora?
  Scosse la testa, sorridendo malizioso. Che grande figura di merda... se n’era accorto!
  -Non devo mica darti spiegazioni perché mi sono infilata in un cassonetto!
  -Penso invece di sì, visto che il soggetto per cui l’hai fatto sono io.
  -Scommetto che sei assillante anche con le altre ragazze.
  -Non mi è mai capitato che una di loro si infili in un cassonetto ma... si.
  Mi fece l’occhiolino. –Di solito sono io che mi infilo- lo interruppi.
  -Non mi interessa!
  Mi misi le mani sulle orecchie e mi alzai in fretta e furia verso “La Bella Italia”.
  -Dove vaiiii??
  Mi urlò quasi dietro, seguendomi al mio stesso passo. Irritata gli intimai di starmi lontano.
  -Allora... mi dici dove andiamo?
  -No!!
  Si mise a correre a fianco a me.
  -Lo fai apposta a fare il giro del parco?
  -SI!
  Quella situazione era tragicomica.
  -Le persone ci prendono per pazzi...
  -Perché mi segui?
  Mi fermai fissandolo negli occhi.
  -Perché tu scappi.
  Non seppi se quella era una domanda o meno e non ci pensai troppo perché la sua bocca e i suoi occhi mi avevano rapita e mi tentavano. Anche lui mi osservava con un sorriso bastardo sulla bocca e si avvicinò sempre di più alla mia faccia. Gli urlai contro e scappai a occhi chiusi. Quando li riaprii vidi di sbieco dei bambini con le mamme guardarmi sbalorditi.
 
  Alla fine quando entrai nel ristorante erano le cinque e mezza ma i Jones non se ne accorsero poi molto. Meglio, non sapevo che dirgli se fosse stato qualcosa. “Sa, signori Jones, ho fatto il giro dell’isolato trenta volte prima di scappare da Edward, un maniaco psicopatico che mi perseguita”. Avevo una domanda tuttavia. O meglio... ne avevo tante. Innanzitutto perché scappavo da lui? Il che ci riporta ad un’altra domanda: ero io la psicopatica?
  Il turno iniziò subito e mi fecero vedere un po’ quello che dovevo fare e come farlo mentre l’altra ragazza – Nancy, se non sbaglio – si accollava anche il mio turno. Avrei finito alle undici ma mi stava bene. Non potevo mica lamentarmi no?
  I signori Jones erano persone buone in un certo senso. Avevo visto miliardari comportarsi in modo molto più superbo e aggressivo del loro e mi trattarono bene. Avevo già fatto la cameriera quindi sapevo un po’ cosa mi aspettava. Mi misi il grembiule e sorridendo a Nancy iniziai il turno.
  Per un’ora andò bene ma poi... lo rividi. Si guardò intorno cercando qualcosa e quando mi vide sorrise. Lo feci anch’io, inspiegabilmente.
  Mi era mancato.
 
  -Vorrei un... un appuntamento con te, grazie.
  Sorrise sornione ridandomi il menù che gli avevo consegnato un secondo fa e che lui aveva tenuto aperto anche meno. Alzai gli occhi al cielo, prendendo il menù e posandolo di nuovo sulla tovaglia. –Questo deve stare qui.
 Congiunse le braccia e mi fissò giocherellone. Dio, quella sua aria spensierata era... era...
  -Sto lavorando, Ed.
  Scossi le spalle, dispiaciuta. Mi ero trasformata in budino o sbaglio? Sbalzi d’umore... mi doveva venire il ciclo. Gli feci gli occhi da pesce lesso mentre lui fu scosso da qualcosa. –Come mi hai chiamato??
  Sgranò gli occhi mentre io diventai rossa. –Ed...
  Sussurrai. Lui sorrise ancora, annuendo. –Magnifico.
  Forse mi era sbagliato su Edward.
  -Quanto sei scemo...
  Scossi la testa, in un impeto di dolcezza. Avevo voglia di baciarlo, strapazzarlo e abbracciarlo forte forte forte. Come avevo fatto a stare senza di lui per una settimana.
  -Lo sai che sei un po’ lunatica?
  Disse, divertito. Lo fissai, trucidandolo con lo sguardo. Era vero però...
  -Non è vero.
  Mentì, fissando il blocchetto e la penna in mano.
  -Bella, finora mi hai picchiato, quasi investito, urlato contro e... beh, tanto altro.
  Fece un gesto con la man come se dovesse liberarsi da un insetto fastidioso e ritornò con lo sguardo su di me.
   -Beh... però mi sono infilata in un cassonetto per te!
   -Allora lo ammetti, eh?
  Alzò il sopracciglio sexy. Era ancora in tuta ma trasudava tutta la sua bellezza.
  Sospirai. –Senti... allora che vuoi?
  -Te l’ho detto.
  Fece spallucce guardandomi con fare ovvio.
  -Edward, ti spiego come vanno le cose se stai in un ristorante barra bar barra pizzeria. Si ordina qualcosa!
  Dissi canzonatoria e lui gradì la battuta, ridendo. La sua risata... ohhh!!
  -E anche un po’ di mancia se vuoi.
  Ridacchiai anche io, pensando non sapevo perché a Emily.
  -Ti do la mancia se tu vieni a cena con me oggi.
  -Stacco alle undici.
  Dissi mortificata e quasi con il labbro tremulo.
  -Domani?
  Trattenni il respiro, fissandolo negli occhi e trovandovi conforto. Mi mancava cosi tanto...
  -Abbiamo detto di frequentarci ma poi ci siamo persi.
  Azzardò una faccina triste che mi fece lacrimare quasi e mi venne voglia di abbracciarlo. Feci una smorfia. –Perché non mi hai chiamata allora??!
  -Ti nascondevi da me, pensavo non volessi.
  Alzai gli occhi al cielo, cercando di non arrossire. –Ti dico che non mi nascondevo...
  Mi guardò con sospetto alzando un sopracciglio e storcendo il labbro. Possibile che in ogni sua mossa dovesse essere cosi maledettamente sexy? –Ne abbiamo già parlato... ti ho visto, sai? Mi domando perché lo facevi?
  All’improvviso ebbe un’illuminazione che non mi diede neppure tempo di pensare ad una risposta. –Ti vergogni!
  Gli brillarono gli occhi e schioccò la lingua sul palato. –Di’ la verità!
  Feci finta di non sentirlo e guardai il menù. -Cosa ti porto allora??
  -Sei piccina... non hai mai avuto storie?
  Si fece più attento alla mia espressione e a ciò che dicevo tanto che mi fece venire forte lo stimolo della pipì. Negai col capo, fingendo noncuranza. –Allora che ti porto??
  Ripetei flebile ma lui mi ignorò deliberatamente. –Sei stata già con qualcuno?
  -Dobbiamo parlare per forza di questo? Se non sei qui per ordinare, vattene.
  Dissi a denti stretti e subito andai verso un altro tavolo che mi richiamava senza vedere la sua risposta. Forse stavo esagerando ma con lui avevo sempre il cuore a mille, non riuscivo a controllare me o le mie emozioni. Mi avvicinai al tavolo e una coppietta ordinò due frappè alla fragola e il bambino in mezzo a loro – probabilmente il figlio – un pezzo di torta al cioccolato. Dondolava i piedini e sorrideva ai genitori, felice. E anche loro lo erano.
  Forse un giorno anche io sarò mamma. Forse proprio con Edward. Per quel pensiero mi feci rossa e corsi al bancone per dare gli ordini ma qualcuno mi prese per il polso. -È solo che non ho intenzione di dividerti con nessuno, Bells.
  Guardandolo negli occhi, mi venne l’unica risposta che potevo dargli, gelosa com’ero. –Neanche io.
 Ridacchiò scuotendo la testa. –Tu non ti devi proprio preoccupare!
  -Ah si? Chi è Emily?
  La sua faccia divenne glaciale e mi lasciò il polso. –Co-come sai il suo nome?
  -Perché? Ha importanza?
  Cominciavo a preoccuparmi. Quella storia – se c’era mai stata – tra loro stava diventando più grande e imponente e io non riuscivo a venirne più fuori. Da lì in poi qualsiasi cosa avesse detto, avrebbe potuto strapparmi il cuore. Incominciò ad innervosirsi, guardandosi in giro.
  Quello che avevo capito di Edward Cullen era che era estremamente impulsivo ed istintivo. Si toccava i capelli quando era nervoso o agitato oppure quando doveva abbordare qualcuna.
  Come volevasi dimostrare, se li scompigliò a regola d’arte. Non mosse lo sguardo su di lui e forse passarono anche attimi. Non riuscivo a parlare, a dirgli “caspita, di’ qualcosa”. Non muovevo un solo dito, neanche per sbaglio.
  Qualcuno mi chiamò, forse la coppietta. Rilasciai il respiro trattenuto e non lo guardai più.
  Non so cosa pensasse lui ma di sicuro sarebbe stato un duro colpo per me sapere qualunque cosa c’era da sapere su quella Emily.
  L’avevo capito ormai.

Enjoy xD

 

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